Manuale di Pronuncia-LINCOM(2007).pdf

July 13, 2017 | Author: Perica Ognjenovics | Category: Phonetics, Phonology, Phoneme, Consonant, Human Voice
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Manuale di pronuncia Italiana, inglese, francese, tedesca, spagnola, portoghese, russa, araba, hindi, cinese, giapponese, esperanta

Luciano Canepari Università di Venezia

Dedicato a chi aveva capíto che i millenni cominciano con 1, non coll’«anno zero» (2000)… La precisione non è un «optional».

2007 LINCOM

Copyright © by LINCOM GmbH, Gmunder Str. 35, D-81379 München Prima edizione: 2003 Seconda edizione: 2005 Terza edizione: 2007

[email protected] http://home.t-online.de/home/LINCOM.EUROPA www.lincom-europa.com webshop: lincom.at

Copyright © 2007 by LINCOM GmbH. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può esser fotocopiata, riprodotta, archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo – elettronico, meccanico, reprografico, digitale.

Stampato a Biessenhofen.

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Indice p. √¤

Prefazione

Manuale di pronuncia Italiana, inglese, francese, tedesca, spagnola, portoghese, russa, araba, hindi, cinese, giapponese, esperanta 1

1 16 20 22 27 34 35 35 37 39

1. Preludio Sintesi di fonetica e tonetica "naturale& Le trascrizioni Il contenuto del MaP (e dell'FTN/MaF) Osservazioni sulla terminologia fonetica Guida alle figure Guida ai tipi di trascrizione Trascrivere a mano Simboli generici La tabella u‚ciale dell'IPA Simboli canIPA e corrispondenti uƒIPA

44

2. Italiano

70

3. Inglese (americano, britannico e altri accenti)

145

4. Francese (neutro e altri accenti)

179

5. Tedesco (neutro e altri accenti)

224

6. Spagnolo (iberico e americano)

249

7. Portoghese (brasiliano e lusitano)

277

8. Russo

308

9. Arabo

324

10. Hindi

338

11. Cinese (mandarino)

362

12. Giapponese

384

13. Esperanto

410 422 425

Bibliografia utilizzabile Indice analitico Indice delle lingue

1. Preludio Sintesi di fonetica e di tonetica "naturale& 1.1.1. Aiutandoci con alcuni, indispensabili, diagrammi (perlopiù tratti dall'FTN/MaF, ma con semplificazioni e alcune modifiche), diamo l'essenziale per utilizzare adeguatamente le ricche potenzialità della Fonetica, per quanto riguarda le 12 lingue trattate in questo volume: italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, arabo, hindi, cinese, giapponese, esperanto. Dobbiamo, soprattutto, considerare la sonorità, le vocali, le consonanti e l'intonazione (compresi i toni). Per approfondimenti, bisogna rinviare all'FTN/MaF. 1.1.2. La f 1.1 mostra la glottide (cioè lo spazio fra le pliche vocali) e le posizioni assunte per i tipi di fonazione che c'interessano. Oltre al respiro, abbiamo l'occlusione ((ö), che, tecnicamente, non può essere né sonora, né non-sonora, ma ha più a‚nità con quest'ultimo tipo, e schematicamente rappresentiamo con Ï ), poi la non-sonorità ((f), Á ) e la sonorità ((v), Ë ). Inoltre, troviamo la non-sonorità e la sonorità leni (o lenite, rispettivamente (É, v), Ù, È ), e la fonazione mista (o semi-sonorità, (Ñ), con tre icone schematiche, che ora vedremo), in cui metà del fono interessato è sonora, l'altra metà è non-sonora. Generalmente, la "scelta& –fra le tre– dipende dalla posizione, cioè dal contef 1.1. ≈pi di fonazione e posizioni della glottide.

å. respiro

∫. occlusione

(){}

(ö, P)

Ï

(f, s, ·)

(É, s, h, ), A)

+

2

Ù

3

Á

∂. sonorità

(v, z, â, m, a)

Ë

+

1

™. non-sonorità lene

©. non-sonorità

+ +

Ÿ. sonorità lene

(v, z, H, ")

È

ƒ. fonazione mista

∆. cricchiato

(Ca)

Ú

(Ñ, Ω, ≈, Ø) {1 Î (pbX ), 2 Í (bpX b), 3 Û (bpX )}: 1 (|'Êa, ap'Êa)÷ 2 (&aÊa'Êa)÷ 3 (aÊ'pa, 'aÊ|)

¤. falsetto

(Úma)



»

2

manuale di pronuncia

sto: dopo una pausa (o silenzio), o una C non-sonora, anche la prima metà è non-sonora; mentre, la seconda, in contatto con foni sonori, è sonora: ( Î ), come in tedesco: Bett /'bEt/ ('ÊEt). Invece, davanti a pausa, o a C non-sonora, abbiamo lo scambio delle due metà: ( Û ), come in inglese: bed /'bEd/ ('b™;fl). D'altra parte, all'interno di parola o frase, tra foni sonori, la metà non-sonora è quella centrale, mentre i due margini, ciascuno per un quarto della durata totale, sono sonori: ( Í ), come nell'italiano napoletano: dato /'dato/ ('dA;√&∂ø). Abbiamo messo più particolari, nella f 1.1, dove troviamo pure due tipi di fonazione peculiari: il cricchiato ( Ú ) e il falsetto ( ∏ ), utili, rispettivamente, per cinese e hindi. Nei § 4.1.7-12 del M F, si spiega come verificare e controllare la presenza o meno della "voce&, a seconda delle vibrazioni delle pliche vocali, durante la produzione di certi foni. Nella f 1.2, si mostra l'applicazione dei vari tipi di fonazione, limitatamente alle 12 lingue "màpiche&. f 1.2. Diversi tipi fonatòri illustrati da alcune lingue: italiano (con due varianti regionali: Nàpoli e Roma); inglese, americano e britannico (con varianti britanniche mediatiche); francese; portoghese (lusitano); tedesco; cinese (mandarino); hindi; giapponese.

ÁËËËË ËËËËËËËÁË ËËÁËËÁËËËÁË ÁËËËÈ ('fa:va) fava

(u˙'gwan:to)

(&u˙kan'tan:te)

un guanto

ËÁÁÁÙ

ÁËÁËËÁË

('sud:H, -d:È) ('Es:th, -tÈ)

un cantante

sud

(sa'pe:te) sapete

est

(ital.)

ËËÁËÁÁËÁÁÁË ËËÙËÁÙËÁÁÙË ËËÈËËÈËËËÈË ÁËÍËËÍË ÁËÈËËÈË (&ilkap'pOt:to)

(&ilk√p'pOt:ùo)

il cappotto

il cappotto (~å)

(&u˙g√n'dan:de)

un cantante (~å)

(s√'Êe;I∂e) sapete (~å)

(sa'be:de) sapete (®µ) (reg.)

ÁÙËË

ÁÁËË ËËË

ËËÛ

ÁÙËËË

ÙËÛÁËÁ

('pha;Ù)

('spa;Ù)

('ba;Ù)

('b¤;Ê)

('phl™;I)

('h™;fl&S¤p)

pie

spy

buy

bib

play

headship (ingl. {amer./brit.})

ËÁÁË/ËÏÁË ËËÁÁ/ËËÏÁ

ËÏÁÁË ËËÏÁÁ

('πkTå, 'π∏Tå) ('w¤ks, 'w¤∏s) actor

('Eökça) ('w¤öks) (ingl. brit.)

wicks

actor

wicks (ingl. brit. mediatico)

ÁÎË ÁÎË ÁÎË ÁÎË ÁËÁÙ ÁÎËÁÙ ÁËÁÁ

ËÛÁÙ

('p¿e) ('p#Å) ('pÎi) ('púÅ) ('p§pa) ('püis)) ('©ÅtX)

('AÓtu)

pied

alto (port. lus.)

poids

puis

plat

peuple

prisme

quatre (fran.)

ÁÙËËË ÎËËËË ËËËÁÎËÁ ÏËËËË ÏËÁÎËËÁ ÛËËÁÎËËÁ ('phaen) ('Êaen)

('li:púIÂ)

('öa:b…)

('öap&ÊIlt)

('ÊE‰k&∂ø‰f)

Pein

Bein

lieblich

aber

Abbild

Bergdorf

ÁÁËË

ÁÙËËÁÚÚÚ

ÁÁËËËËÁÚÚÚ

ÁËË

ÎËËÁÁÚÚ

ÁÚËÚ

(5p·aÉ)

(—phaÉ[ßøøU)

(5t·¤,2bu[tUU¥)

(4paÉ)

(ÒÊaÉ7q·aË)

(7pa3bå)

pai

paishœu

tingbudœng

bái

báicài

bàba (cinese)

(ted.)

ÁËËË ÁÙËËË ËËËË ËÈËËË

∏∏∏

ÁÙÁË

('kaan) ('khaan)

('gaan)

('gHaan)

(¿Ú'mì™21)

(3Âi'Âi)

kaan

gaan

ghaan

mãq? (hindi)

chichi (giap.)

khaan

1. preludio

3

1.1.3. Per quanto riguarda le vocali, ricordiamo che, foneticamente, è più conveniente usare il termine (maschile) vocoidi, e riservare il termine più tradizionale ai fonemi e ai grafemi, oltre che per esposizioni più generali, come all'inizio dell'FTN/MaF. Le f 1.3-5 aiuteranno a "ricostruire& le modalità tipiche per la produzione e l'identificazione dei vocoidi, o foni vocalici, per i quali ci sono tre componenti fondamentali, che –ricordando sinteticamente– sono: l'avanzamento e l'elevazione del dorso della lingua (col contributo dell'apertura mascellare) e la posizione delle labbra, giacché l'arrotondamento raddoppia il numero di vocoidi. f 1.3. Orogrammi coi punti estremi per l'articolazione dei vocoidi.

å

π

i

u

f 1.4. Vocogramma coi punti estremi per l'articolazione dei vocoidi (e labiogrammi relativi). u i

å

π

an te r an iori te r ce oce nt nt ra ra po li li ste po roc ste en r tr an ior ali te i ro an -lab te ro iat ce cen i nt r tro po o-la -lab ste bia . t po roce i ste nt ro ro -la -la bi b. at i

f 1.5. Classificazione dei vocoidi (coi labiogrammi di quelli alti).

0

1

2

M [*] û [ï] X [Ú] x [¢] √ ∏ A å 3

4

Y y è Y [∏] ° [π] # [œ] § [ì] π 5

6

% T + ê @ ∏

¯ ¨ P Ö ∏ ù

u U o ø O Ø

7

8

9

alti (å)

≥ å©©ø߆¤ semi-alti (∫) medio-alti (©) medio-bassi (∂)

≥ µ™∂¤

Û˙…˙M

Y˙{%˙¯}

semi-bassi (™) ≥ å𙮆¤ y˙{%˙¯}˙u bassi (ƒ)

= +

… ¢ È ‘ å a

±

Û ¤ Ù É Ä Å



i I e ™ E π

= ±

i

Inoltre, la f 1.6 completa la panoramica, fornendo tutti i vocoidi possibili, in orogrammi che contengono dei vocogrammi in miniatura, proprio per aiutare a vedere meglio le sfumature e le di‡erenze. Per i vocoidi, la sonorità è la norma, tant'è vero che l'eventuale non-sonorità è considerata marcata. Anche l'eventuale aggiunta della nasalizzazione è marcata (® f 1.7; nel § 11.17 dell'FTN/MaF, si spiega come verificare e controllare l'esatta produzione dei vocoidi nasalizzati).

4

manuale di pronuncia

f 1.6. Orogrammi dei vocoidi.

non-arrotondati

i

Û



M

{{*}}

I

¤

¢

û

{{ï}}

e

Ù

È

X

{{Ú}}



É



x

{{¢}}

E

Ä

å





π

Å

a

A

å

arrotondati

Y

y

%

¯

u

è

Y

T

¨

U

{{∏}}

°

+

P

o

{{π}}

#

ê

Ö

ø

{{œ}}

§

@



O

{{ì}}

π



ù

Ø

1. preludio

5

Per gli otto vocoidi che appaiono in orogrammi senza sfondo grigio, e coi simboli tra parentesi doppie, non sono stati trovati ancora idiomi che li usino sistematicamente. La f 1.8 mostra le varie posizioni delle labbra, tramite labiogrammi. f 1.7. Vocoidi orali (o normali) e vocoidi nasalizzati.

i

a

u

i

Å

u

f 1.8. Labiogrammi per i vari vocoidi. distese (o stese)

neutre (o normali)

semi-arrotondate

arrotondate verticalm.

arrotondate (o tonde)

i

Û … M {{*}}

{¨ ˚ W}

Y {% ¯}

y {% ¯} u

I

¤ ¢ û {{ï}}

{Ù : w}

è {T ¨}

Y {T ¨} U

e

Ù È X {{Ú}}

{È , „}

{{∏}} {+ P}

° {+ P} o



É ‘ x {{¢}}

{Í Ï ∑}

{{π}} {ê Ö}

# {ê Ö} ø

E

Äå√∏

{É † ,}

{{œ}} {@ ∏}

§ {@ ∏} O

π

ÅaAå

{Ω Ä a}

{{ì}} {∏ ù}

π {∏ ù} Ø

1.1.4. Anche per le consonanti, abbiamo una terminologia più scientifica, che definisce contoidi (masc.) i foni consonantici, e riserva il termine consonanti ai fonemi e ai grafemi, oltre che per esposizioni più generali. Le tre componenti fondamentali, per la produzione e l'identificazione dei contoidi, sono: il modo e il punto d'articolazione, e il tipo di fonazione, che è estremamente utile, per i contoidi, dato che la presenza o meno di sonorità ne raddoppia il numero, a scopi distintivi, fonem(at)ici, come avviene, spesso, per (t, d÷ c, G÷ f, v), che formano coppie difoniche, che si distinguono solo per il diverso tipo di fonazione. I modi d'articolazione fondamentali sono sette: nasale, occlusivo, occlu-costrittivo, costrittivo, approssimante, vibrante, laterale. Tradizionalmente (e nonostante un'evidente di‚coltà oggettiva, invece dei più chiari termini articolatòri, che usiamo qui), sono ancora piuttosto di‡usi alcuni d'origine uditiva, come "a‡ricato&,

6

manuale di pronuncia

per occlu-costrittivo, e "fricativo&, per costrittivo. A seconda delle lingue, si possono avere alcune suddivisioni interne, come quella fra costrittivi (e anche occlu-costrittivi) solcati, che sono marcati rispetto a quelli semplici, dai quali si possono distinguere per l'aggiunta d'un solco sulla parte longitudinale della lingua; sono solcati, per esempio, (s, z÷ S, Z÷ q, Q÷ c, G). Un'altra suddivisione importante riguarda i vibranti, come (r, K), con due battiti (rispettivamente dell'apice della lingua o dell'uvula), e i vibrati (in inglese tap), come (R, ç), con un solo battito; ci sono anche i vibratili (in inglese flap), come ([, ®), che producono un rapido contatto, tramite un movimento di passaggio da dietro in avanti, come si vede dall'illustrazione (f 1.14.3). Le f 1.9-15 presentano, secondo i sette modi (con suddivisioni interne), le articolazioni consonantiche trattate per le 12 lingue descritte nei m 2-13, comprese le varianti indicate; per questo, chiamiamo le sinossi d'orogrammi "contoidi màpici&: per ricordare sia la completezza del MaP (in sé), sia che queste articolazioni consonantiche non sono tutte quelle esistenti. Anzi, essendo "solo& quasi 200, rispetto alle 464 dell'FTN/MaF˚ sono meno della metà (ovviamente, sempre come "articolazioni&, giacché, potenzialmente, ognuna può produrre una coppia difonica, con due elementi distinti per la sonorità; raddoppiando, quasi, il numero e‡ettivo dei foni, che sono 283, nel MaP, ma 774, nell'FTN/MaF]˘ f 1.9.1. Contoidi nasali. ˝ )/m

/[

/m

/M

/‹

˝ /M

/“

/"

/M



/n

˝ £/n

/N







/n

“ /n

˝ /N

/n



/~

/√

˝ /N

/∞

/”

˝ /˙



/\



/m

˝ /,

1. preludio

7

Gli orogrammi che, nelle f 1.9-15, sono segnati con un asterisco, a otto punte, indicano le poche articolazioni che corrispondono a quelle canoniche e u‚ciali; quelli segnati da "“& hanno, vicino, un altro orogramma con articolazione leggermente diversa, che si rappresenta, però, con lo stesso simbolo. In queste sinossi, diamo i simboli più precisi, proprio per abbinare l'articolazione al simbolo, anche se, poi, per alcuni di questi, si possono usare simboli più comuni (come si può vedere nei § 10.2-8 dell'FTN/MaF]˘ Inoltre, le f 1.16-7, coi loro labiogrammi, dorsogrammi e palatogrammi, sono l'aiuto necessario, per distinguere –e osservare bene– tutte le sfumature, che contribuiscono a di‡erenziare i contoidi dati.

/M

/∫



/n

f 1.9.2. Contoidi semi-nasali. /«

˝ p/b

(/{

Q/Á

p/b

]/7

˝ t/d

t/d

4/7

T/D

B/∫

˝ ˛/Ã

T/D

t/d

+/_

˝ ©/á

£/8

´/Ò

˝ k/g

$/¢

f 1.10. Contoidi occlusivi.

˝ ›/

˝ ö

˝ p/

˝ ∫/

˝ ‡/ƒ

./…

˝ k/›

%/

∞/

˝ w/

˝ ∑/

k/

f 1.11.1.å. Contoidi occlu-costrittivi (non-solcati).

8

manuale di pronuncia

f 1.11.1.∫. Contoidi occlu-costrittivi solcati. ˝ q/Q

˝ q/Q

ç/Ç

˝ fi/"

C/‚

˝ c/G

&/1

˝ C/G

c/g

v/∆

⁄/Á

˝ Â/©

f 1.11.2. Contoidi occlu-semi-costrittivi (solcati e no).

ú/∂

˜/

º/Ÿ

å/6

˝ f/v

5/ç

f/v

w/W

˝ †/∑

/D

Q/z





˝ Â/J

…/

¢/Ú

˝ x/Ÿ

/)

˝ X/º

f 1.12.1.å. Contoidi costrittivi (non-solcati).

˝ h/

·

˝ s/z

˝ s/z

†/Ã

ß/fi

˝ ß/Ω

∑/

ë/ò

˝ S/Z

«/»

X/5

x/ç

‹/¶

./÷

//\

S/q

À/=

˝ ¿/B

f 1.12.1.∫. Contoidi costrittivi solcati.

1. preludio

9

f 1.12.2. Contoidi semi-costrittivi (solcati e no).

ƒ/√

fl/∂

∂/d

À/ö

»/«

/,

/y

/m

f 1.13.1. Contoidi approssimanti. ˝ F/B



˝ /V



/◊

Ï/ƒ

≈/¸

/⁄

˝ â/j

˝ /¥

˝ /µ



∆/V

˝ W/w

˜/˜

x/‰

˝ /H

˝ h

+

˝ H



f 1.13.2. Contoidi semi-approssimanti. /b

/d



/%

/F



/=

/j

f 1.13.3. Contoidi approssimanti lateralizzati: ‰ semiapprossim.÷ ¬, ù, § approssim. semilaterali.

/S ˝ />

+

+



+



+ /‰





+ +

+



+

+ ˝ /<



+ /<

+



+

10

manuale di pronuncia

“ /5

˝ /r ˝ '/K

º/˜

˝ /R

“ /R

/5

{/D

f 1.14.1. Contoidi vibranti ({º, ˜} sono anche costrittivi).

˝ /e

/R

f 1.14.2. Contoidi vibrati. [/ç

3/r

f 1.14.3. Contoidi vibratili.

+ Ó/[

r/m



{V}/e

f 1.15.1. Contoidi (bi)laterali (e due semilaterali (ù, ))).

+

/R

/l ˝ /ı ˝ /$ ˝ /L

+

+

+ /Ï

+

+

/l

+

˝ /ı

Ñ/¬

/L

+ /ù

+

+

/)

+

+

f 1.15.2. Contoidi unilaterali.





f 1.15.3. Contoidi laterali vibrati.

+

+

+ /¯

˝ /¬

+ +

/∞

/]

+

˝ a/l

+

+ /»

I punti d'articolazione sono, ovviamente, di più, anche se ci limitiamo a quelli necessari per le nostre 12 lingue, per ognuna delle quali, nel capitolo relativo, c'è una tabella, che comprende tutti i contoidi necessari, per la pronuncia neutra d'ognuna di quelle lingue, con le definizioni.

1. preludio

11



=+

f 1.16.1. Labiogrammi consonantici (due prospettive). ± m, p b

M, f v

S Z, c G





+

[, ( {

= ±

±

±

+ +

±

w, u

« », & 1

ë ò, C ‚

j, i

f 1.16.2. Altri labiogrammi consonantici (solo frontali). s z, q Q

td

l

n, T D

r

R

L

N, Â

k g, ˙, x

¿ B, Â ©

f 1.16.3. Orogrammi consonantici con diverse posizioni labiali.

ëò

SZ

¿B

«»

f 1.17. Dorsogrammi e palatogrammi consonantici. costr. solcato

costr. non-solc.

approssiman.

laterale (appr.)

unilat. (appr.)

(uni)later. costr.

s, z÷ ß, Ω÷ S, Z

†, ∑÷ Â, J÷ x, Ÿ

¸, j, w

l, {L}

ô

!, ¡

q, Q

c, G

†, ∑

s, z

S, Z

T, D

‡, ƒ

l

ô

!, ¡

Comunque, la tabella della f 1.18 dà questi contoidi (tranne 7 coarticolazioni complesse, presenti negli orogrammi), per un utile confronto, anche sinottico. Le f 1.19 “ f 1.20 mostrano i meccanismi di tre tipi particolari d'esplosione: laterale, nasale e inudibile, rispettivamente, d'un occlusivo seguìto da un contoide omorganico laterale, o nasale; oppure da un altro occlusivo diverso, con una fase intermedia, costituita da un'articolazione con due occlusioni simultanee.

12

manuale di pronuncia

@

@

@

å 6

F B b

> fv 5 ç

ƒ √



Ñ M ö >) m[ mM‹M p ( p ] F > 7≥ @ b { b ∫ p

`

@

Ô

&

ƒ



_

`

ß

´

ã

ó

˘

Â







Æ æ

S " ˙ n t 4 >d 7 >‡ƒ

q q QQ

f w† v W ∑ > fl∂ > sz sz > ∂d Ï ◊ > ƒ d Ã

l R

ç Ç

∫ > £n N ¸ º ª n t T B d D≥ ∫ . ≥ … ˛

fi > " ú > ∂

Ã

»

ø

Í > ˛

e ®

π [n] N

ß > Ω

Q D z≥

† ß Ã fi≥



ù § 5

R V ≥ e

ı ∞ l $ ] ÷

≈≥ ¸

¸|¬ [5] [5] r

[R] [R] R Ó ≥ [ r m≥ a [Ï] l ≥

ô ¬

n [T] [t] [D] [d]

Cc & C cv ‚G 1Gg∆

~ + _

⁄ ≥ Á©

> {D

> [ç

>Ѭ

∑ ë S « X x ‹ . / S À ¿ >ò Z »5 ç ¶ ÷ \ q = B À » > ö «

¯ L

« n √N∞ ” ˙ Ñ \m , k › >© £ ´ ≥ ≥ á 8 Ò g k% ∞ w ∑k > › ˜ > ºŸ

 … >J ,

> âj 3 ¥ ã % F

L

¢ Ú

< x >Ÿ ) ym

∆W µ ° V w≥ = j

ı

X º

> ˜˜ x‰ H hH ∆

< '≥ K º ≥ ˜ 3≥ r

ö



f 1.18. Tabella dei contoidi "màpici&. (@ indicano modi d'articolazione "intermedi& non presenti qui, ® m 10 dell'FTN/MaF]˘

bilabiali bilabio-labiati bilabio-palatali bilabio-uvulari bilabio-labiodentali labiodentali labiodento-labiati labiodento-postalveo-lab. labiodento-palatali labiodento-uvulari prodentali dentali dentalveolari dento-velari dento-uvulari alveolari alveo–bilabiali alveo-labiodentali alveo-semilabiali alveo-semi-labio-palatali alveo-velari alveo-velo-labiati alveo-uvulari postalveolari postalveo-labiati postalveo-velari postalveo-palatali (p. bas.) postalveo-palato-prolab. postalveo-palato-iperlab. postalveo-palatali (p. alta) postalveo-palato-prolab. postalveo-palato-iperlab. postalveo-prevelari postalveo-prevelo-prolab. postalveo-velo-prolabiati prepalatali prepalato-bilabiati prepalato-labiodentali palatali pospalatali pospalato-labiati prevelari prevelo-postalveo-labiati provelari provelo-labiati velari velo-labiati velo-labiodentali velo–bilabiali velo–alveolari velo-uvulo-postalveo-lab. uvulari uvulo-faringali faringali laringali laringo-labiati

Ñ ö

F

`

@

Ô

&

ƒ



_

`

ß

´

ã

ó

˘

Â







Æ æ

1. preludio

13

f 1.19. Esplosione laterale (å) e nasale (∫). f 1.20. Esplosione non udibile.

(å) tl, tÍ, t® ((Tæl, TæÍ, Tæı))

(∫) tn, tó ((Tæn, Tæó))

pt ((pæT))

kt ((kæT))

1.1.5. L'intonazione è l'aspetto più sfuggente delle lingue e (forse anche per questo), di solito, è trattato molto male e senza concretezza, quando non sia completamente ignorato (e, a volte, è meglio così: piuttosto di far danni o di confondere e basta). In questa sintesi, le f 1.21-3 ci aiutano a presentare l'intonazione, senza inutili complicazioni – assurde, dannose e scoraggianti. Infatti, senza spaventare (ma anche senza confondere e deviare), la f 1.21 mostra, in modo molto intuitivo, i movimenti tonetici normali, in pronuncia italiana neutra, per le quattro tonie della nostra lingua, oltre alle due protonie più comuni (fra le quattro complessive). L'intonia comprende un certo numero di sillabe (formate da foni/fonemi; quindi, sono fono-sillabe), raggruppate in modo da costituire delle ritmie (o gruppi accentuali), formate dalle parole contenute in un particolare enunciato. A sua volta, l'intonia più normale e più frequente è composta di due parti: la protonia e la tonia. La protonìa, ovviamente, precede la tonìa, che riguarda l'ultimo accento forte dell'intonia. Ci sono tre tonie marcate: conclusiva /./, interrogativa /?/, e sospensiva /÷/, e una non-marcata, continuativa /,/. Le prime due, come ci mostrano i primi due esempi della f 1.21, s'impiegano, rispettivamente, per a‡ermare e interrogare; la seconda si definisce domanda totale, perché la risposta –che riguarda tutta quanta la domanda, nella sua totalità– dev'essere Sì oppure No (o Forse˚ Non so˚ Â]˘ f 1.21. Esempi "icono-tono-grafici&. 1

3

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[Se non] ci vediamo do

Ci ve dia mo do me nica. 2

Ci ve d ia mo do me ni c

[Per ché non] ci ve dia mo do me ni ca?

a?

me ni c

a… [perdiamo tut t

o.]

5

[Se non] ci vediamo do me nica… [non im porta.]

1.1.6. Il terzo esempio è una domanda parziale, perché chiede informazioni sul perché (dando per scontato, o noto, il resto) e la risposta non può essere un semplice Sì o No. Quindi c'è solo una parte di domanda: quella contraddistinta dalla parola interrogativa (come anche: chi, come, quanto, quando, dove, che cosa˚ Â]\ Perché non ci vediamo domenica? Come si vede dai movimenti del terzo esempio, la tonia che si deve usare, nelle domande parziali, non è a‡atto quella interrogativa (come, però, ci vuole far credere la scuola, con le sue grammatiche, e perfino le registrazioni dei corsi didattici di

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lingue!); è, invece, conclusiva, mentre è davvero interrogativa la protonia. Però, ci pare sorprendente notare che perfino un gran numero di "generativi& (linguisti generativisti) si comporti come i "parlanti ingenui&, usando /?/ in domande parziali, nel loro parlato spontaneo; mentre, da parte loro, ci s'aspetterebbe un controllo linguistico assoluto (secondo le loro intenzioni dichiarate). Ma si sa, l'esecuzione concreta del livello superficiale, in fondo, gl'interessa poco… e questo li espone all'accusa corrente (scherzosa o no) di "degenerativismo&. Infatti, un'a‡ermazione come Perché non ci vediamo domenica (in risposta a una possibile domanda quale Come mai non prepari tutto? o Come mai non guardi gli orari dei treni?] è distinguibile dalla domanda data sopra, fin dall'inizio, proprio perché usa, regolarmente, la protonia normale, diversa da quella interrogativa (e c'è pure qualche di‡erenza nella forza accentuale: è maggiore su Perché…? che su Perché…). Pragmalinguisticamente, un'altra possibilità concreta per l'a‡ermazione (e per la domanda 3, nella fig. 1.21) sarebbe senz'altro con un inciso per domenica (se il fatto fosse già noto), per cui la tonia conclusiva sarebbe su vediamo. La protonia interrogativa comincia con /¿ / (¿ ), mentre quella normale non ha nessun simbolo particolare. (Lo spazio posto dopo il simbolo, qui, aiuta a identificare la protonia, anche se, poi, negli esempi, non lo si mette più.) Gli ultimi due esempi illustrano la tonia sospensiva, /÷/, che s'impiega per richiamare l'attenzione su ciò che si sta per dire (o che si tace), in una sorta di suspense, e quella continuativa, /,/, che, invece, non produce questo risultato, servendo semplicemente a dividere l'enunciato (per continuare, appunto), sia per non avere stringhe troppo lunghe, sia per suddividerlo in blocchi, che presentino coesione semantica fra gli elementi d'un gruppo, rispetto a quelli d'un altro gruppo. f 1.22. Le quattro tonie italiane neutre.

conclusiva /./ (2 ' 2 3)

interrogativa /?/ (2 ' 2 1)

f 1.23. Due protonie italiane neutre. normale //()

sospensiva /÷/ (2 5 1 2)

continuativa /,/ (2 ' 2)

interrogativa /¿ / (¿ )

1.1.7. Ora si possono vedere, o rivedere, con attenzione, i tonogrammi delle tonie e delle protonie, dati nella f 1.22-3; questo serve anche per fare delle prove, per verificare quanto ci avviciniamo, oppure no, secondo la nostra pronuncia spontanea che, molto probabilmente, sarà più o meno regionale. È facile che le di‡erenze maggiori siano reperibili soprattutto per la tonia sospensiva, che è la più varia e "fantasiosa&. Nei m 2-13, si danno sempre anche le protonie imperativa, /¡ /, ed enfatica, /˚ /, che, rispettivamente, s'impiegano, soprattutto, per dare ordini, imprecare… oppure per esclamare, declamare… Infine, osserviamo che la tonia continuativa può sostituire quella conclusiva,

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quando si voglia attenuare l'impatto di quest'ultima, per essere meno categorici, o più gentili, come avviene anche in domande parziali, come Che ora è? o Come ti chiami/si chiama? rivolte a estranei. Per tante altre cose, come pure per la parafonica (che riguarda stati d'animo, atteggiamenti…), si rimanda, necessariamente, all'FTN/MaF, o al MaPI. Aggiungiamo solo la f 1.24, che mostra le modifiche tonali degl'incisi (bassi e medi, e delle citazioni), che ricorrono nel testo La tramontana e il sole, usato per le trascrizioni alla fine d'ogni capitolo. f 1.24. Tonogrammi degl'incisi e della citazione.

inciso basso: (ì œ) /ì œ/

inciso medio: (‘ ’) /‘ ’/

citazione: (^ Œ) /^ Œ/

1.1.8. La f 1.25 ci aiuta a capire quale sia il rapporto delle lingue a ton(em)i coll'intonazione: infatti, i vari toni (che realizzano i tonemi, per esempio, del cinese), ovviamente, hanno le loro proprie caratteristiche, come si può vedere dalla f 1.26. Perciò, l'intonazione s'aggiunge ai toni, modificandoli nelle protonie, secondo quanto mostrato nella f 1.25, nei cui tonogrammi, le parti grigie indicano come le protonie deformino, leggermente, le tonalità lessicali (delimitando gli àmbiti disponibili). Rispetto alla protonia enfatica, /˚ /, quella normale, / /, è più compressa verso il centro, quella interrogativa, /¿ /, è sollevata, mentre quella imperativa, /¡ /, è discendente. Ovviamente, anche nelle tonie, ci sono delle modifiche (pure maggiori, ® f 13.19 dell'FTN/MaF]˚ che sono indicate dai rispettivi tonogrammi, per il cinese e il giapponese (m 11-2; oppure, nelle fonosintesi del MaF, per le varie lingue tonali date). Quanto presentato qui, per l'intonazione, naturalmente, vale per le varie lingue trattate, con le dovute di‡erenze, a livello tonetico, indicate da eventuali osservazioni e dai tonogrammi relativi, in paragrafi che potrebbero sembrare troppo brevi e sintetici, ma che, in realtà, forniscono tutto ciò che serve, quando si conosca bene il metodo tonetico, che fa parte integrante –e necessaria– del metodo fonetico (all'interno della fonetica naturale). f 1.25. Le quattro protonie per lingue tonali. / / ( ) ((” ))

/¡ / (¡ ) ((»’ ))

/¿ / (¿ ) ((» ))

/˚ /(˚ ) ((ˇ ))

f 1.26. I quattro ton(em)i basici del cinese (mandarino).

1 /5/ (5) >1≥

2 /•/ (4) >Q≥

3 /¶/ ([) >5≥

4 /6/ (7) >Z≥

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I simboli tonemici, /¿ ¡ ˚ . ? ÷ ,/, valgono per tutte le lingue, giacché le funzioni intonative sono comuni, anche se sono diversissime le manifestazioni tonetiche concrete, come si vede nei singoli tonogrammi dati. Le trascrizioni 1.2.1. Quando si tratta d'analizzare la pronuncia d'una lingua, per l'apprendimento e l'insegnamento, è necessario usare due tipi fondamentali di trascrizione: quella fonetica e quella fonemica (o fonologica). È bene che entrambe partano, più che da considerazioni intralinguistiche, da vere e proprie strategie interlinguistiche. Infatti, una trascrizione intralinguistica è finalizzata esclusivamente all'impiego d'una sola lingua e –soprattutto– per parlanti nativi. Perciò, si limita a ciò che è meramente fonemico, senza preoccupazioni per confronti con altre lingue. Tutto ciò è, comunque, legittimo – se non s'aspira a nessun collegamento con altre lingue. In questo caso, si possono usare simboli anche molto generici, purché ogni fonema ne abbia uno diverso da quelli di tutti gli altri fonemi. In teoria, potrebbe bastare indicare dittonghi italiani quali (ai, au) come "/aj, aw/& e magari, invece, le sequenze (ja, wa), come "/iá, uá/&. Oppure, in inglese, si potrebbero trascrivere i dittonghi (Ii, ™I, aÙ, øÙ, aÖ, ‘¨/ø¨, ¯u/Uu) (le varianti dopo la barra sono americane), semplicemente come "/i:, e:, ai, oi, au, o: u:/& (se non addirittura come "/ij, ej, aj, oj, aw, ow, uw/&). In questa "logica&, anche i dittonghi tedeschi ((ae, ao, OY)) potrebbero andar "bene& se indicati come "/aj, aw, oj/&. 1.2.2. Però, appare sùbito evidente che –trattandosi di descrizioni e d'insegnamento– indicazioni come "/aj, aw/& sono decisamente poco fedeli e alquanto fuorvianti, per realtà diverse come l'italiano (ai, au) (con secondi elementi decisamente alti), l'inglese (aÙ, aÖ) (con secondi elementi molto più bassi e centralizzati) e il tedesco (ae, ao) (con secondi elementi, ugualmente, non-alti, ma periferici). Per "/oj/& tedesco, poi, s'ignorerebbe (o si nasconderebbe) completamente il fatto che anche il secondo elemento –nella pronuncia neutra– è arrotondato (oltre che non completamente alto, né completamente anteriore): (OY). Per l'inglese, si vorrebbe sperare –una volta per tutte– che non si continuasse a celare il fatto evidente che, non solo, (™I, ‘¨/ø¨) sono dei dittonghi, ma che lo sono anche (Ii, ¯u/Uu). Le trascrizioni interfonemiche, invece, vogliono tenere nel giusto conto le caratteristiche delle singole lingue, pur all'interno d'un inventario di simboli meno ricco e meno preciso, che sfrutti meglio, però, le somiglianze e le di‡erenze fra le varie lingue. Perciò, in italiano, avremo /ai, au/; ma, in inglese, /aE, aO/; e, in tedesco, /ae, ao/ (l'attenta analisi dei vocogrammi dei m 3 “ 5 farà capire meglio il perché della di‡erenza notazionale fra inglese e tedesco). Inoltre, per completare le serie date sopra, abbiamo: inglese, /Ii, EI, OE, OU, Uu/; tedesco, /OY/.

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1.2.3. Le trascrizioni fonetiche più e‚caci sono quelle tassofoniche, che ricorrono a tutti i simboli utili (fra quelli disponibili dei vari foni: vocoidi e contoidi) e tutti gli elementi prosodici più precisi, in modo da arrivare a indicare le sfumature necessarie. Solo così si possono fare dei veri confronti validi, fra pronunce di‡erenti (di lingue diverse; o di regioni diverse, per una stessa lingua); altrimenti è tutto approssimativo e decisamente meno utile, giacché si può credere di fare un buon lavoro, ma –di solito– è una mera illusione. Anche semplificare troppo le cose, per "venire incontro& agli studenti, non è la soluzione più adatta, per insegnare–apprendere davvero bene la pronuncia. Quando, per esempio, i fonetisti inglesi continuano a usare (È) anche in trascrizioni più precise (magari con diacritici), per tutte le ricorrenze di /È/ (e di "/ÈU/&), perdono l'occasione d'indicare la realtà, come in to go˚ the man˚ further˚ resi come "(tÈ'gÈU, ∑È'mπn, 'f‘:∑È) (o ('fÈ:∑È))&, in pronuncia britannica, invece degli e‡ettivi (Tû'g‘;¨, ∑È'mπ;n, 'f‘;∑å) (come succede per i –più volte segnalati– casi di "(i:, u:)& per (Ii, ¯u/Uu)). 1.2.4. Perciò, per chi maneggia più lingue, ma anche per chi utilizza una sola lingua straniera, le trascrizioni fonemiche più consigliabili sono quelle interfonemiche, perché usano i simboli in modo meno arbitrario. Infatti, non appiattiscono la realtà, mostrando solo le funzionalità, ma mantengono molto meglio le relazioni fra lingue diverse, insistendo sulle somiglianze e anche sulle di‡erenze. In giapponese è senz'altro meglio usare /M/ piuttosto di "/u/&, anche se non c'è la possibilità di confonderli, giacché questa lingua non ha /u/; però, l'impiego di /M/ mostra bene le di‡erenze con altre lingue che hanno /u/. È importante, pure, il tipo di trascrizione diafonemica (sempre di base interfonemica; anche se è possibile ricorrere pure a una base intrafonemica, però, con tutti i difetti che ciò implica). Il diafonema è fondamentale per trascrivere simultaneamente accenti parzialmente diversi d'una stessa lingua, perché ricorda che ci sono delle di‡erenze e permette d'indicare, in un solo tipo di trascrizione, e in meno spazio, le variazioni sistematiche (senza dover ripetere le stesse parole, per cambiare solo i simboli delle parti che di‡eriscono). In questo modo, per esempio, /Uu, OU/ rappresentano (e riconducono a) (¯u, ‘¨) (britannico) e (Uu, ø¨) (americano): two /'tUu/ ('Th¯;u, 'ThU;u), go /'gOU/ ('g‘;¨, 'gø;¨). Ugualmente, abbiamo: /π;/ per (A:) (br.) e per (π) (am.): last /'lπ;st/ ('lA;sT, 'lπsT); oppure, /Ø;/ per (Ø) (br.) e per (O:) (am.): lost /'lØ;st/ ('lØsT, 'lO;sT); o ancora, /ù, ≤/ in /'lEùÈ≤/ per ('l™Tå) (br.) o per ('l™m≥) (am.). 1.2.5. Qualunque sia la trascrizione fonemica usata, per passare a quella fonetica (e, quindi, a una pronuncia adeguata), bisogna considerare ognuno degli elementi distintivi –ogni fonema– come uno d'un certo numero di punti determinati dello spazio fonemico, vocalico o consonantico, d'una determinata lingua. Ognuno di questi punti, o elementi, è necessariamente diverso da tutti gli altri per funzione, e anche diverso da una "ricorrenza zero&; cioè /a/, per esempio, è di-

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verso da /i/, o da /o/, Â, ma è anche diverso da /`/. Infatti, fa /fa/ di‡erisce da la /la/, ma pure da a/ha /a/ (o /`a/, per mostrarne la relazione). Anche il processo inverso, la decodificazione d'un messaggio orale, s'esegue secondo questi princìpi. Ogni fono d'un determinato enunciato –pure in base al significato globale e al sistema fonico del parlante– va assegnato a un determinato fonema (come sua realizzazione) e questo va collocato, come s'è detto, in un determinato spazio fonemico. 1.2.6. È importante ricordare la di‡erenza che c'è tra fonema, fono e suono. Il fonema ha valore distintivo, all'interno d'una data lingua, perché riesce a cambiare il significato delle parole, come in italiano: (le) fosse /'fOsse/ e (se) fosse /'fosse/, o dire /'dire/ e dare /'dare/, oppure fare /'fare/ e dare /'dare/. Il fonema, come s'è detto, ha la funzione di distinguersi da tutti gli altri fonemi d'una data lingua, d'esser diverso da tutti gli altri, cioè di non essere ciò che sono gli altri: è pura forma. Il fono, invece, ha valore identificativo, in una lingua o in più lingue, perché contribuisce a caratterizzarne la pronuncia, tramite segmenti più o meno tipici e riconoscibili, al di là delle semplici rappresentazioni fonemiche. In una lingua, o in accento, si può avere, per il fonema /s/, un'articolazione dentale, (s) (come in italiano neutro o in spagnolo sudamericano), oppure alveolare, (ß) (come, spesso, nell'italiano settentrionale, e come nello spagnolo castigliano, del centro-nord della Spagna). In inglese, e francese, /s/ è realizzato, più spesso, tramite un'articolazione dentalveolare, intermedia fra (s) e (ß), rappresentabile sempre con (s); ma, se lo si ritiene opportuno, si può ricorrere al simbolo più specifico, (s), almeno per mostrare, nelle prime fasi dell'apprendimento, la di‡erenza (per avvertire che c'è, anche se non è così facilmente percepibile; tanto più che non pochi parlanti nativi di queste lingue usano, invece, proprio il tipo dentale). La funzione del fono è quella di mantenere una costante coerenza fra gli elementi d'una data pronuncia: è sostanza. 1.2.7. Il suono, d'altra parte, ha un valore puramente trasmissivo, con la funzione di rendere possibile la comunicazione umana tramite onde sonore. Quindi, un suono è un'emissione unica, praticamente irripetibile nello stesso identico modo, anche per la stessa persona; e può oscillare molto, con realizzazioni, non raramente, abbastanza diverse: è materia. Come si può vedere nel § 2.4 dell'FTN/MaF, si può cercare d'alludere al fatto che i singoli suoni sono –parzialmente– sempre diversi fra di loro, rappresentandoli, per esempio con caratteri (font) di‡erenti: o, o, o, o… Perciò, molti suoni diversi, ma simili, in definitiva, costituiscono dei foni. E vari foni, parzialmente diversi (ma secondo determinate regole sistematiche, che si possono/ devono ricavare ed esporre compiutamente), all'interno d'un idioma particolare, vengono a costituire i fonemi di quella lingua, con tutti i loro eventuali tassofoni (o foni combinatòri, o "allofoni& {con termine più vago e meno consigliabile, perché, di per sé, non indica necessariamente la modifica per combinazione,

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ma semplicemente una qualche di‡erenza, con motivazioni diverse e –magari– pure occasionali, non sistematiche}). Per stabilire l'inventario dei foni, che realizzano i fonemi d'una data lingua, durante l'analisi dei materiali registrati, a volte, si deve operare anche qualche eliminazione, che si rende necessaria, a causa dell'eccessiva di‡erenza –occasionale– nell'escursione possibile, da parte dei singoli parlanti. Lo scopo è quello di considerare soprattutto ciò che è più tipico e più frequente. 1.2.8. Quindi, i suoni sono praticamente infiniti; e, sarebbe decisamente complicato far fonetica e fonologia, se non si potesse contare sulla sistematicità dei foni, che costituiscono già una classificazione e strutturazione (all'interno dell'irripetibilità d'uno stesso suono), al livello di tipi riconoscibili e rappresentabili, tramite simboli fonetici precisi e particolari, indipendentemente dalle singole lingue. Ciò che ricorre di simile, nelle varie lingue e nei dialetti, si concretizza tramite i foni e i loro simboli, che rendono confrontabili i diversi idiomi (e, perciò, descrivibili e apprendibili). La rappresentazione fonemica di singoli idiomi, poi, necessariamente, si serve d'una scelta di simboli (fonemici), con funzioni e scopi distintivi, anche se, ovviamente, spesso, si hanno simboli comuni, ma con valori fonetici abbastanza diversi. Perciò, i semplici simboli fonemici (che, generalmente, sono scelti fra i più generici, come quelli dell'IPA u‚ciale, International Phonetic Alphabet, o uƒIPA) non rappresentano esattamente la pronuncia, ma semplicemente la relazione che intercorre fra i fonemi di quella lingua; e sono utili, più che altro, per tenere separato il livello della scrittura corrente dal livello fonico. Quindi, le trascrizioni fonemiche riescono a far evitare le interferenze determinate dalla non-conoscenza delle "regole& ortografiche o dalla non-coerenza di tali regole. Però, l'esatta pronuncia, da apprendere e insegnare, si può indicare solo con le trascrizioni accurate, coerenti e sistematiche (perché normalizzate) d'un alfabeto fonetico come il canIPA. 1.2.9. Generalmente, nei pochi libri che non la trascurino completamente, si tratta l'intonazione dopo le vocali, le consonanti e l'accento (e altre caratteristiche prosodiche, come la durata), proprio a causa delle maggiori di‚coltà o‡erte dall'intonazione stessa. Però, ovviamente, non la si deve trascurare, o relegare per ultima nell'insegnamento, perché è inseparabile –nella lingua e‡ettiva– dagli altri aspetti. Perciò, la trascrizione fonetica, in senso stretto, è un po' una forzatura della realtà, che viene resa solo parzialmente; o, meglio, è come se s'indicasse, sempre, una tonia continuativa: ('tan:to2), ('tEm:po2), (a˙'ko:Ra2). (Il punto d'altezza media indica, appunto, la presenza anche dell'intonazione, pur se di tipo non-marcato, cioè quella continuativa {e pure della durata}.) D'altra parte, in trascrizioni tonetiche e fonotonetiche, una notazione come (') indica decisamente anche tono medio, sia per l'intonazione, sia per i toni, in contrapposizione ad altri segni come (5), (ç), (6), (¶), Â.

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Gli esempi forniti, anche nei capitoli delle 12 lingue, sono di tipo fonetico, con eventuali durate, ma senza l'intonazione. Per esempio, in francese, a una trascrizione come (pÅ'ºi) /pa'Ki/ Paris˚ bisognerà aggiungere una tonalità adatta, come se fosse, poniamo, in tonia conclusiva; perciò, invece, dovremmo avere (pÅçºi) (perlomeno; essendoci anche un'altra piccola di‡erenza, ® § 4.3.5). Però, siccome la tonalità bassa, su (çºi), dipende dal fatto di trovarsi nella sillaba accentata della tonia conclusiva, in realtà, bisognerebbe arrivare a una trascrizione come (pÅçºi3 3), dalla quale riceviamo un'informazione intonativa, che s'aggiunge quando serve (come, appunto, in tonia conclusiva), purché si sappia già quali sono le caratteristiche dell'intonazione della lingua. 1.2.10. Quindi, non è certo male avere anche, fin dall'inizio dello studio della pronuncia d'un idioma, almeno l'idea dei movimenti tonetici di quella lingua, e di saperli (ri)produrre adeguatamente e d'esser anche in grado di ritrovarne i tonogrammi, nel libro, ogni volta che servano (al di là della pigrizia e anche dell'illusione di non averne bisogno). Però, l'indicazione della tonalità nelle trascrizioni di singole parole, per lingue non-tonali (cioè "senza ton(em)i&, non –certo– "senz'intonazione&!), potrebbe far credere che tutte le sillabe accentate del francese siano di tonalità bassa; ma, nelle altre tonie, e nelle protonie, in francese, non è così. Perciò, la soluzione equa al problema, in conclusione, stabilisce che, per tutte le lingue non-tonali, si segna l'intonazione solo nelle frasi˚ presentate come esempi d'enunciati e‡ettivi; mentre, per quelle tonali (pur non indicando, ugualmente, l'intonazione), è necessario segnare, invece, tutti i ton(em)i, giacché fanno parte del sistema fonologico, distintivo, non dell'intonazione (pur servendosi sempre della tonalità). Infatti, i tonemi sono ugualmente dei fonemi (non a livello segmentale, ma sovrasegmentale), come si può vedere dagli esempi collegati alla f 1.26: (5ma) /5ma/ ma "madre&, (4ma) /•ma/ má "canapa&, ([maa) /¶ma/ m∑ "cavallo&, (7ma) /6ma/ mà "inveire&˘ (Nel m 11, si vedrà che il cinese mandarino ha anche un tonema "zero&, con tassotoni molto importanti.) Il contenuto del MAP (e dell'FTN/MAF) 1.3.1. Si tratta di fonetica applicata, che dà (come s'è già detto al § 1.1.1) la descrizione accurata, e piuttosto estesa, di 12 lingue (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, arabo, hindi, cinese, giapponese ed esperanto), utilizzando compiutamente quanto esposto nell'FTN/MaF, compresa l'indispensabile componente fonologica, costituita dalla fonetica funzionale, che si manifesta tramite la trascrizione fonemica, che s'aggiunge alla trascrizione fonetica, per mostrare le relazioni fra i fonemi e i foni. A questi due tipi di notazione fonica, s'a‚anca la grafia u‚ciale d'ogni lingua (oppure la traslitterazione, per le quattro lingue asiatiche trattate); posta, però, per

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ultima, per influenzare il meno possibile l'e‚cacia del metodo fonetico, tramite trascrizioni (arrivando alla scrittura solo dopo aver fissato le strutture foniche, per evitare l'interferenza grafica). Come si vedrà, si danno anche varianti di pronuncia, che sono utili per lo studio. Il modo migliore per approfondire concretamente le ricche potenzialità della fonetica naturale, che è una scienza artistica, dopo le necessarie premesse fondamentali, è quello d'applicare le conoscenze e le tecniche a lingue per le quali c'è grande richiesta d'insegnamento–apprendimento. Infatti, si può insegnare ad altri, o si può imparare per sé stessi (anche se, per poter insegnare adeguatamente, bisogna aver –prima– imparato bene). Perciò, conviene avviare l'analisi fonetica, cominciando dalla propria lingua, anche perché –senz'altro– se ne conosce una variante regionale, più o meno marcata; quindi, capire come funziona la pronuncia neutra (o "standard&) della propria lingua, in contrapposizione alla propria pronuncia regionale, aiuta a costruire la consapevolezza delle proprie abitudini, confrontandole con quelle della pronuncia neutra, che ogni lingua di cultura ha, anche se i parlanti –e la società stessa– non ne hanno, di solito, un'idea precisa e netta – né opinioni concordanti. 1.3.2. In ogni società, soprattutto in quelle con una lingua scritta e con produzione letteraria, esiste –quindi– la pronuncia neutra, che è quella che usano i professionisti della dizione (in particolare: attori, presentatori e annunciatori seri). Il linguista danese Otto Jespersen diceva che parla la "miglior& lingua chi lascia capire il più tardi possibile la propria provenienza regionale e sociale. La pronuncia neutra attua questo "miracolo&, anche fino a rendere completamente impossibile l'identificazione geosociale. I "fautori& delle pronunce regionali, quelli che dicono che è bene che la pronuncia individuale mantenga le caratteristiche "genuine& (anche nel caso di persone con professioni "pubbliche&), in realtà, mentono (anche a sé stessi), a causa degl'insuccessi nei tentativi di migliorarsi (che richiederebbero impegno e costanza). Oppure, non sanno comprendere l'importanza della possibilità di liberarsi d'un gravoso fardello (spesso, decisamente indesiderato, a livello inconscio), senza che questo significhi rinunciare alle proprie origini, o alla propria identità. Infatti, tutto ciò si mostra molto meglio, ricorrendo (in modo competente e, soprattutto, per scelta volontaria) al proprio dialetto o alla vera lingua nazionale, alternando volutamente, non usando un ibrido, che non è né una cosa né l'altra (e che non si riesce a dominare), essendone semplicemente prigionieri! Negli altri 12 capitoli del MaP, quindi, s'applica il metodo fonetico, che consiste nel confronto attento e rigoroso dei fonemi, dei foni e dell'intonazione delle lingue, ricorrendo, oltre che a buone registrazioni, ai due tipi di trascrizione (-ètica e -èmica), alle figure fonetiche e all'impegno personale. Ovviamente, anche quest'ultimo è indispensabile, ché non basta la semplice voglia di sapere: ci vuole anche la costanza d'apprendere, secondo un metodo adeguato. 1.3.3. È molto importante raggiungere una grande precisione nell'individuazione e indicazione –e perciò nella notazione tramite trascrizione– delle vere realizza-

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zioni dei vari fonemi, grazie a un inventario su‚cientemente ricco di tassofoni, che possano rappresentare adeguatamente la realtà vera, non quella presunta. Implicitamente, in questo modo, s'ingloba anche la "base articolatoria&, cioè l'insieme delle abitudini fono-tonetiche di ciascuna lingua, pur senza fare altri complicati sforzi (più mirati e più gravosi, ma –di solito– con risultati meno soddisfacenti). Fra l'altro, non servirà trascrivere sistematicamente la parziale nasalizzazione in casi come cantando (kan'tan:do), ((kÄn'tÄn:do)), a meno che non divenga più evidente, come sarebbe in (kÅn'tÅn:do); ugualmente, in casi come mamma ('mam:ma), (('mÄm:ma)), se diverso da ('mÅm:ma). Basterà far osservare –una volta per tutte– il fatto che una leggera nasalizzazione è, praticamente, inevitabile. Anche per l'intonazione, le macchine mescolano le varie componenti (pur potendo arrivare a estrarre, o misurare, singole caratteristiche, in fasi separate), ma senza potersi sostituire alla percezione esperta che, di nuovo, si libera del superfluo per concentrarsi su ciò che davvero conta. Per questo, è impossibile accettare i risultati acustici grezzi delle curve melodiche, a meno che non ci si metta a filtrarli in imitazione dell'orecchio umano, che riesce benissimo a compensare i tanti dislivelli, sia oggettivi che accidentali, e a normalizzare il tutto, in tonogrammi, che risultino dalle medie di svariate esecuzioni. Osservazioni sulla terminologia fonetica 1.3.4. Dato che anche per la terminologia, il rigore scientifico è d'aiuto (contrariamente alla vaghezza e all'approssimazione di certe tradizioni sorpassate e con poche basi scientifiche), in tutte le pagine del MaP usiamo i termini, i concetti e il metodo esposti nell'FTN/MaF. Per esempio, tonico si deve riferire solo a tono e non ad accento. Un dittongo deve contenere solo elementi vocalici, come ('ai), non consonantici e vocalici, come ('ja), altrimenti, anche ('la, 'ma, 'sa) sarebbero dei dittonghi; infatti, mentre (a, i, u) sono elementi vocalici, (j, l, m, s, t, r, h) non sono che consonanti; ma, al contrario dell'opinione di‡usa dai grammatici, è un vero dittongo anche ('ia) (® il § 5.2-3 dell'FTN/MaF). Pure il concetto di sillaba fonetica è ancora troppo soggetto all'influsso della scrittura e della tradizione grammaticale e metrica. È inevitabile che libri di linguistica o dialettologia trattino anche dell'aspetto fonico e usino trascrizioni; però, ci vorrebbe un minimo di rigore, perché rischiano di di‡ondere e di far sedimentare veri errori, che compromettono e scoraggiano la conoscenza e‡ettiva. Tra l'altro, nel terzo millennio avviato, si pubblicano ancora libri che forniscono la tabella IPA provvisoria (del 1993) con tanto d'abbagli (corretti nel 1996), mentre sarebbe su‚ciente scaricare, o riprendere, dal sito u‚ciale, quella –per il momento– definitiva. Ovviamente, non s'otterrebbe nulla di più della posizione u‚ciale, tutt'altro che soddisfacente, ma almeno s'eviterebbero grossolani errori… X (cioè, il monogramma C'è, poi, anche chi arriva a produrre prodezze come "/c/& con in più l'"ombrello&, per il normale /c/, o per l'eventuale "/tXS/&).

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1.3.5. Bisogna tener sempre ben presente che fare fonetica significa dare un simbolo a un suono. Ma la cosa non è così banale come potrebbe pensare l'uomo della strada, e magari anche il fonetista acustico e pure il fonologo teorico. Infatti, dare un simbolo a un suono presuppone alcune fasi successive e concatenate, che attivano l'udito, la mimesi, la cinestesia, il confronto, l'aggiustamento e l'archiviazione mnemonica. Prima di tutto, è necessario essere in grado di percepire su‚cientemente quel suono, fino a ricondurlo a un fono ben preciso, che lo possa rappresentare adeguatamente. Sùbito dopo, bisogna esser in grado di riprodurre quel suono, tramite il fono adeguato, soprattutto grazie all'imitazione, anche immediata, cioè dopo averlo sentito. In terzo luogo, è indispensabile riuscire a produrre quel fono, sulla base della cinestesìa (o consapevolezza dei movimenti articolatòri e fonatòri necessari), anche in assenza dello stimolo uditivo immediato; guidandosi, però, con la memoria uditiva: particolare di quel suono d'una lingua precisa, o generale, determinata dal confronto coi foni simili, sulla base dell'esperienza d'ascolto e produzione di foni di molte lingue. In questo modo, è possibile produrre un fono pure dopo giorni, mesi, anni (e anche –con buone probabilità– per una lingua non ancora sentita). Il segreto d'una buona notazione è d'essere realistica e, quindi, davvero utile. Infatti, il quarto punto fondamentale –e definitivo– è proprio quello, come si diceva, di riuscire a simboleggiare quel fono particolare, trovando il simbolo più adatto, fra qualche centinaio (non solo qualche decina) d'elementi. Se poi, a ragion veduta, nessuno dei simboli disponibili è in grado di rappresentare degnamente un fono particolare, bisogna riuscire a identificarne la posizione, rispetto a tutti gli altri noti, in modo da capire se davvero costituisce un altro fono, per il quale servirà un simbolo adeguato, da escogitare secondo i criteri generali della necessità, della distinguibilità e della disponibilità (come emerge dall'FTN/MaF]˘ 1.3.6. Quindi, fare fonetica significa riuscire a entrare davvero nel sistema fonico d'una o più lingue, anche grazie alla ricchezza dei simboli impiegati. Quelli dell'IPA u‚ciale (uƒIPA = u‡!/u‡a! – ® § 7.4 dell'FTN/MaF) non sono a‡atto su‚cienti e fanno illudere di riuscire a fare fonetica, mentre, al massimo, si fa un po' di fonologia; troppo spesso, senza la minima consapevolezza di che cosa sia la struttura fonetica. Chiaramente, è la fonologia che fa parte della fonetica (® § 1.9 e, soprattutto, § 3.1.3 dell'FTN/MaF]÷ non il contrario, come si crede, a volte. Infatti, all'interno dell'analisi e descrizione fonetica, c'è la componente funzionale. Perciò, la fonetica funzionale (o fonologia) è una parte indispensabile, ma solo una parte. Si farebbe ben poco solo con la fonologia, come si fa poco solo con l'acustica. Invece, ci vuole una visione globale: articolatoria, uditiva, funzionale, descrittiva e contrastiva (con verifiche acustiche). A questo proposito, è interessante notare che i dati fonotonetici dell'FTN/MaF, e del MaP, sono stati confrontati con un buon numero di dati acustici di corpora

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diversi, o –a volte– d'uno stesso corpus, d'autori diversi: praticamente c'è una piena corrispondenza, non solo nel caso di corpora uguali, ma anche quando si trattava di registrazioni diverse, ma con analisi acustiche accurate e normalizzate, cioè frutto della media di vari parlanti e di molte ricorrenze in svariati contesti, con considerazioni fonologiche e l'esclusione di campioni non adeguati. Anche le "scoperte& della sociolinguistica vanno, necessariamente, normalizzate; altrimenti, si rischia, irrimediabilmente, di confondere le idee, pur con dati "scientifici&, com'è stato dimostrato, responsabilmente, in alcuni lavori recenti, che non indichiamo (come "esempi da seguire&), perché questo dovrebbe essere il modo normale di procedere, non quello "allarmistico& o "scoopistico& di fin troppe pubblicazioni. 1.3.7. Secondo quest'impostazione globale, ogni sistema fonico è un organismo a sé; completo e autonomo. Ha i suoi fonemi, con tutti i tassofoni, e ha i prosodemi, con le realizzazioni particolari (per durata, accento, toni e intonazione). Per fare un semplice esempio, un elemento vocalico d'un idioma, per quanto simile a quello d'un altro idioma, dev'essere in relazione solo con gli altri elementi vocalici (ma anche consonantici e prosodici) del proprio sistema fonico, nel proprio spazio fonemico (® § 1.5 dell'FTN/MaF]˘ Perciò, se si deve codificare (: pronunciare, o trascrivere), ma anche decodificare (: ascoltare, o tras-leggere), bisogna fare sempre riferimento costante solo a ciò che fa parte del sistema specifico della lingua che si vuole usare. Il termine tras-leggere va preso molto sul serio, giacché indica "lèggere una trascrizione in modo adeguato&, ricorrendo ai veri foni (nonché toni e intonazione) che appartengono alla lingua trascritta. Non significa, al contrario, "leggere una trascrizione alla buona&, semplicemente coi foni del proprio accento personale. 1.3.8. Quindi, nella pronuncia d'una lingua particolare, si deve far molta attenzione a usare solo i foni e gli elementi prosodici di quella lingua. Non si devono utilizzare, infatti, quelli della propria lingua materna, aggiungendone qualcuno dell'altro idioma, quando siano inesistenti nella propria. Certo, il principio grezzo è quello di completare l'inventario, per quanto riguarda ciò che manca; ma, in realtà, bisogna operare esclusivamente all'interno d'un unico sistema, anche per le parti che contengono elementi simili nelle due lingue. In e‡etti, per quanto simili, gli elementi d'una lingua non saranno mai esattamente come quelli dell'altra; se non altro, per i rapporti diversi che intercorrono con gli altri elementi. Per esempio, l'/i/ italiano è simile a quello dello spagnolo, o del portoghese (brasiliano o lusitano), o del francese; però, l'/i/ spagnolo s'oppone solo ad altri quattro fonemi vocalici (/e, a, o, u/), quello brasiliano s'oppone ad altri sei (/e, E, a, O, o, u/), quello lusitano ad altri otto (/e, E, a, A, O, o, u, e/, che, in un sistema non diafonemico, ma esclusivamente lusitano, si presenterebbero come /e, E, a, å, O, o, u, …/, sempre oltre a /i/). A prima vista, il sistema brasiliano potrebbe sembrare esattamente uguale a quello italiano, con /i, e, E, a, O, o, u/; invece, i due sistemi sono diversi, almeno perché in brasiliano (e anche in lusitano, ma con ulteriori di‡erenze) sono previste

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pure realizzazioni nasalizzate ((i, e/™, 4, 9/Ú, u), e seguìte da (ö), cioè da un elemento consonantico nasale), senza le quali la pronuncia non sarebbe genuina. Per quanto riguarda il francese, poi, l'/i/ s'oppone ad altri quattordici fonemi vocalici (/e, E, a, O, o, u, y, °, §÷ í, Õ, Ú, ^/ e /ù/, cioè "/È/& della tradizione), compresi i quattro nasalizzati (/í, Õ, Ú, ^/), che sono veri e propri fonemi, in francese, non semplici tassofoni. Oltre a tutto ciò, l'e‡ettive realizzazioni fonetiche non sono esattamente le stesse, anche se usiamo lo stesso fono (i), come si può vedere, confrontando i vocogrammi (o quadrilateri vocalici) di queste lingue, nei capitoli relativi (m 2-13). Lo stesso vale per gli altri elementi "corrispondenti&. 1.3.9. Se, poi, consideriamo il tedesco e l'inglese, anche senza scendere in troppi particolari (che si potranno trovare, ovviamente, nei loro capitoli), sùbito dobbiamo fare i conti con la durata fonemica; mentre, nelle lingue romanze viste, la durata è –praticamente– solo fonetica (ma già con di‡erenze notevoli, a seconda delle lingue, ritrovabili sempre nei capitoli specifici o, per un'osservazione più immediata, nelle trascrizioni alla fine dei capitoli stessi). In tedesco e in inglese, l'"/i/& ("i breve&) è decisamente più aperta che nelle lingue romanze, rispettivamente: (I) (ted.), (¤) (ing.); ma ciò che interessa –ancora di più– il sistema fonico è che, nelle lingue germaniche, è pertinente (cioè: fonemica, distintiva) anche l'opposizione di durata: tedesco /I, i:/ (Schi‡˚ schief /'SIf, 'Si:f/ ('SIf, 'Si:f)); inglese /I, Ii/ (bit˚ beat /'bIt, 'bIit/ ('b¤T, 'bIiT); come abbiamo osservato in più punti, noi preferiamo una notazione meno astratta, rispetto a quella che ancora predomina e che –meno utilmente– continua a dare, per esempio, "/i:/& anche per l'inglese, Â). Questo la dice lunga su quelle grammatiche e quei corsi didattici che "descrivono& l'/i/ tedesco –o, peggio ancora, inglese– dicendo: "i breve, come in fitto&; se poi si pensa che parecchie pronunce regionali italiane non hanno a‡atto un'i breve, anche in parole come fitto, l'assurdo glottodidattico è palese! Spesso, il silenzio è d'oro… 1.3.10. Gli accenti stranieri e quelli regionali, in fondo, altro non sono che pronunciare una lingua nazionale secondo il sistema fono-tonetico d'una zona (Ó d'un gruppo sociale) particolare, localizzabile e riconoscibile. Perciò, si dovrebbe cominciare –in modo sistematico– a esaminare la propria pronuncia, per puntare a quella cui si mira. Bisogna imparare ad analizzare i suoni che s'emettono, per identificarli in foni precisi (trascrivendoli con simboli adeguati), che –naturalmente– rientrano in particolari fonemi. Poi, si deve avere a disposizione una descrizione attendibile –e accurata– del sistema della lingua che si vuole apprendere, per iniziare a fare tutti i confronti necessari, in modo oggettivo e sistematico. Ovviamente, non si può prescindere da un congruo numero d'esercitazioni, mirate e controllate, ascoltando buone registrazioni e registrandosi per verifiche "impietose&, senza barare, altrimenti è tutto inutile. Gl'italiani, per la diagnosi iniziale della propria situazione fonica, per sapere quanto regionale sia la loro pronuncia, possono contare su sette capitoli del MaPI

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(che trattano delle pronunce regionali). Per (cercare d') arrivare alla pronuncia neutra italiana, gl'italiani (e pure gli stranieri) hanno a disposizione il resto del MaPI (comprese le due audiocassette allegate) e anche il DiPI. Queste due sigle si riferiscono a due opere del presente autore (Manuale di pronuncia italiana e Dizionario di pronuncia italiana, come si ricava dalla bibliografia). 1.3.11. In questo manuale, proponiamo anche d'usare l'esperanto (® m 13: la lingua internazionale pianificata e ausiliaria, cioè adatta per essere la seconda lingua di tutti {certo, non l'unica lingua, che sarebbe un assurdo}), per procedere all'applicazione del metodo fonetico. Si tratta d'arrivare a produrre i suoni e l'intonazione dell'esperanto, che, rispetto a quelli d'altre lingue, sono senz'altro più semplici. (Il confronto, ovviamente, vale –e più ancóra– anche per gli aspetti morfo-sintattici e semantico-lessicali. Infatti, il confronto strutturale, a tutti i livelli, fra esperanto e lingue di studio, compresa la propria lingua nazionale, è molto rivelatorio e, soprattutto, prepara meglio ai grossi problemi dell'interferenza, aiutando a vederli in concreto e sistematicamente, non solo come scomodi incidenti occasionali. La glottodidattica dovrebbe recepire, e utilizzare in modo adeguato, quest'opportunità.) È un'esercitazione doppiamente utile, perché richiede un impegno contenuto che, però, è pur sempre un cómpito da assolvere bene. Inoltre, è piuttosto di‚cile aver potuto sentire, prima, la pronuncia neutra dell'esperanto, perché, anche se s'è già ascoltato qualcuno parlare questa lingua, senz'altro si saranno sentite delle pronunce individuali, o regionali, o etniche, o nazionali. Perciò, si deve arrivare ad avvicinarsi alla pronuncia neutra dell'esperanto, solo in base alle descrizioni, alle figure e alle spiegazioni fornite qui (m 13). Ci potrà essere, allora, il dilemma dell'autovalutazione: come si potrà esser sicuri d'aver raggiunto la vera meta, cioè la pronuncia esperanta neutra? Anche questo fa parte del metodo fonetico, nel quale la sola imitazione (con tutti i suoi problemi di fedeltà e di genuinità) non è a‡atto lo scopo principale, pur se, ovviamente, resta sempre fondamentale, per le lingue naturali, avere un sicuro modello sonoro da seguire. Del resto, sappiamo bene che anche le trascrizioni sono dei modelli attendibili, quanto (e, a volte, più d') una registrazione, purché fedeli e serie, specie se dotate pure d'intonazione, notata in modo oggettivo e concreto. Però, la vera forza del metodo fonetico sta proprio nella consapevolezza di ciò che si deve fare, per arrivare alla pronuncia (molto meglio se neutra) d'una certa lingua, o di più lingue. È così, perché, ormai, non siamo più nelle condizioni del bambino, felicemente adatte a un completo apprendimento fonotone(ma)tico –nonché parafonico– comprese certe peculiarità regionali, di cui faremmo volentieri a meno; ma quello è il "metodo biologico&! Quindi, la consapevolezza, a guardar bene, ha anche quest'altro vantaggio: di permettere di scegliere, fra le varie possibilità, quelle che si ritengano più consigliabili.

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Guida alle figure 1.4.1. Gli orogrammi del MaP (come quelli dell'FTN/MaF) hanno dei segni convenzionali, che aiutano a comprenderli (e a distinguerli fra loro). Perciò, è importante conoscerli bene, per utilizzare –al meglio– il ricco apparato iconografico fornito. Non riusciamo proprio a comprendere quei libri di "fonetica& che riportano solo poche illustrazioni, o magari nessuna. È pur vero che, piuttosto di dare illustrazioni approssimative (o, addirittura, errate), è meglio non darne a‡atto. Meglio ancora sarebbe non produrre proprio certi libri… Negli orogrammi vocalici (® f 1.7), è importantissimo osservare attentamente dov'è collocato il segnale che indica il centro del dorso della lingua. Ancora più importante è osservare la posizione precisa nel vocogramma bianco (o trasparente) in miniatura, al centro della cavità buccale (rispetto ai vocogrammi normali, più grandi) e la forma assunta da tutto il dorso, al fine di confrontare i vari orogrammi vocalici fra di loro (o una parte di loro, come –per esempio– quelli riguardanti una data lingua). Ugualmente importanti, perché connessi fra loro, sono pure l'osservazione della posizione delle labbra (soprattutto per i vocoidi arrotondati) e dell'apertura mandibolare, che è ricavabile dallo spazio visibile fra gl'incisivi superiori e inferiori. Tutto questo deve portare alla vera conoscenza delle articolazioni vocoidali e dei vari movimenti che contribuiscono a determinarle, al fine d'averne una panoramica attiva – e non semplicemente passiva. Le conoscenze passive e puramente mnemoniche, in fonetica, non servono a gran che: solo a confondere e a scoraggiare! Ovviamente, la vera analisi e descrizione dei vocoidi d'una data lingua avviene tramite i vocogrammi veri e propri˚ che riescono a mostrare le sfumature in modo molto accurato (come si può vedere nei m 2-13, e anche dalle fonosintesi dei m 1623 dell'FTN/MaF˚ e dal MaPI˚ con tutte le pronunce regionali date). 1.4.2. Perciò, ora, consideriamo ciò che si può "trovare& nei vocogrammi, che vanno osservati con molta calma, analizzandoli e scrutandoli, in tutte le loro sfumature, che sono ricchissime di particolari, senza i quali non si riesce –minimamente– ad avvicinarsi allo "spirito& d'una lingua, che si manifesta, soprattutto, tramite i vocoidi, poi la tonalità e, infine, i contoidi. Anche un semplice millimetro fa la sua bella di‡erenza s'un vocogramma (come s'un orogramma o s'un tonogramma). Questa è la "magia& della fonetica; infatti, chi non riesce a provarla, inevitabilmente, taccia la fonetica d'esser fredda, arida, incomprensibile, di‚cile e –anche– inutile… Invece, è utilissima –fondamentale– e, perfino, divertente! I vocogrammi sono divisi in 30 caselle, dove si collocano i segnali adeguati, a seconda della forma data alle labbra. Quindi, i segnali rotondi indicano labbra arrotondate (come per (u, o, O)), e quelli quadrati, labbra neutre (o stese, comunque, non-arrotondate, come per (i, e, E, a)), ® f 1.4, f 1.7-8. È pur vero che, anche negli orogrammi vocalici (con vocogrammi piccoli), i segnali sono rotondi o quadrati, in corrispondenza alle labbra, ma si vedono, decisamente, meglio quelli dei vocogrammi (grandi), dove è fondamentale usarli adeguatamente (® f 1.27). Si possono trovare anche dei segnali "quadrotati& (: quadrati e rotati di 45°: $),

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per indicare posizioni labiali semi-arrotondate, intermedie fra rotonde e neutre (come per (˚), ® § 8.10 dell'FTN/MaF]˘ Oltre alla forma dei segnali, è molto importante la loro colorazione: quella bianca indica vocoidi non-accentati (o anche, a seconda degl'idiomi, semi-accentati, ma non completamente accentati), come quelli rappresentati da >o≥ in: poiché˚ grido (pøi'ke, 'gri:dø); quella nera indica vocoidi sempre accentati, come in: no ('nO) (® f 1.27). Ovviamente, ci sono anche vocoidi che possono ricorrere accentati o non-accentati; per questi, i segnali sono nero-bianchi, cioè neri col centro bianco, come avviene in italiano per (i, e, a, o, u): lidi˚ rete˚ casa˚ solo˚ cultu(ra) ('li:di, 're:te, 'ka:za, 'so:lo, kul'tu:{Ra}). f 1.27. Segnali diversi. semi-arrotondato (˚), o coincidente (…, %) non-arrotondati: accentato o non-accentato (e) non-accentato (™) accentato (E)

arrotondati: accentato o non-accentato (o) non-accentato (ø) accentato (O)

f 1.28. Segnali per varianti.

accentato o non-accentato (e) non-accentato (™) accentato (E)

accentato o non-accentato (o) non-accentato (ø) accentato (O)

1.4.3. La colorazione può anche essere grigia, per indicare varianti (contestuali {: i fondamentali tassofoni, che si realizzino tramite foni peculiari}, oppure possibili, come quelle degli accenti regionali {: i geofoni}, o di gradazioni sociali, più o meno marcate {: i sociofoni}). In italiano neutro, i tassofoni rientrano nei 9 foni ((i, e, ™, E, a, O, ø, o, u)), che realizzano i 7 fonemi vocalici (/i, e, E, a, O, o, u/). In inglese, invece, ci sono non pochi tassofoni, specie se seguìti da (ı), come per esempio in feel ('fi;¤ı) (ma feeling ('fIil¤˙)), che non è più possibile continuare a ignorare nei vocogrammi e nelle trascrizioni fonetiche. ≈pici geofoni italiani possono essere diverse realizzazioni regionali, per esempio, del fonema /a/ (a), fra cui: (Å, A, ù, ∏, Ä, å, √), che possono rappresentare anche dei sociofoni, in quanto più tipiche degli accenti (più) marcati, rispetto a quelli meno marcati (come si può vedere dal MaPI, per entrambi i casi). Anche i segnali grigi possono avere il centro bianco, se si riferiscono a vocoidi che ricorrano anche non-accentati. A volte, può esser necessario escogitare qualche di‡erenza iconica, o cromatica, per poter indicare alcune realizzazioni tipiche (senza dover aggiungere vocogrammi supplementari), in dipendenza dalla posizione nella parola, rispetto ai confini,

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o all'accento, o alla struttura sillabica, o alla minore frequenza d'uso, come la semplice possibilità di ricorrere (cioè, senz'obbligo d'applicazione), che saranno chiare, osservando i contesti indicati (attorno al vocogramma), o spiegate verbalmente (nel testo). La soluzione più frequente è l'impiego di bordi tratteggiati, soprattutto per "vocoidi bianchi&, non-accentati. Si vedano, per esempio, i vocogrammi dell'accento francese "internazionale& (® § 4.4.1) o di quello francese meridionale (® § 4.4.3), o quelli di tedesco (e degli accenti presentati, m 5), o di portoghese brasiliano, di russo, o d'arabo (® m 710, o d'alcuni idiomi nelle fonosintesi dei m 16-21 dell'FTN/MaF]˘ 1.4.4. Ma passiamo all'indicazione dei dittonghi (ovviamente formati da due vocoidi tautosillabici {cioè: nella stessa sillaba}, ® § 5.2-3 dell'FTN/MaF), che si mostrano tramite il segnale adeguato per il punto di partenza, che viene fatto proseguire, fino alla posizione esatta del secondo elemento del dittongo, ottenuto seguendo la linea nera continua (® f 1.29-31). Se il punto d'arrivo è un vocoide non-arrotondato, è su‚ciente la linea; se, invece, è un vocoide arrotondato, s'aggiunge, alla fine, un pallino piccolo. Se il punto d'arrivo d'un dittongo è semi-arrotondato, il segnale piccolo da usare è "quadrotato& ($), come lo sarebbe pure l'eventuale segnale grande del primo elemento, con analoga posizione labiale. D'altra parte, attorno al vocogramma, si collocano le trascrizioni fonemiche e fonetiche, che completano le informazioni. f 1.29. Dittonghi (accentati e no). esteso (ai) ristretto (a™)

esteso, con 2° elemento arrotondato (au) ristretto, con 2° elemento arrotondato (aø) monotimbrico (aa)

1.4.5. I dittonghi possono essere estesi, quando hanno una linea abbastanza lunga, oppure ristretti, quando la linea è piuttosto corta. Oltre a questi dittonghi ditimbrici, con vocoidi diversi all'inizio e alla fine, ce ne possono essere di monotimbrici, con secondo elemento uguale a quello iniziale, ma collocato in un punto diverso della rispettiva casella. Questi ultimi sono senz'altro parecchio ristretti e, spesso, la linea è brevissima, tanto che, soprattutto nel caso di dittonghi monotimbrici, che corrispondano quasi a dei fonemi vocalici lunghi, la linea tratteggiata si può, benissimo, ridurre a un breve segmento, o al semplice pallino, se il secondo elemento è arrotondato. Per completare la panoramica, dobbiamo aggiungere anche la geminazione vocalica, o sdoppiamento vocoidale, quando si tratti di vocoidi non brevi, ma nemmeno di dittonghi monotimbrici; quindi, è lo stesso vocoide ripetuto, nella fonosillaba, ma senza il benché minimo spostamento all'interno della casella del vocogramma: (aa) (® f 1.30).

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Quando un dittongo ha il primo elemento uguale a quello d'un monottongo, presente nello stesso vocogramma, s'indicano simultaneamente il monottongo e il dittongo, grazie all'impiego d'una linea tratteggiata, invece che continua (che indicherebbe semplicemente un dittongo). Eventuali varianti di dittonghi, inoltre, sono indicate con un segnale grigio e con la linea continua (oppure, se si tratta d'una variante non-accentata, il segnale sarà bianco col bordo nero tratteggiato, come la linea). f 1.30. Monottonghi (brevi o lunghi) e dittonghi con primo elemento uguale (qui, tutti accentati). monottongo (breve o monottongo (breve o lungo) lungo) e dittongo e dittongo (esteso) con 2° (esteso) (a, a:, ai) elemento arrotondato (a, a:, au) monottongo (breve o lungo) e ditmonottongo (breve o tongo (ristretto) con 2° elemento lungo) e dittongo arrotondato (a, a:, aø) (ristretto) (a, a:, a™) monottongo (breve o lungo) e dittongo monotimbrico (a, a:, aa)

1.4.6. Inoltre, a seconda della direzione presa, i dittonghi si possono classificare in tre tipi: d'apertura (quando il secondo elemento è più basso), di chiusura (col secondo elemento più alto), e di centratura (quando si passa a (È), o a (‘)). Nella f 1.31 (in cui tutti i segnali sono non-arrotondati, per pura semplicità) i dittonghi con la linea con tre segmenti, presenti nel primo e terzo vocogramma, (a‘), o nel secondo e terzo, (…È), possono esser considerati di chiusura/apertura, oppure di centratura, a seconda dell'interpretazione fonologica e anche se lo stesso idioma presenta, o no, dittonghi simili in altre posizioni del vocogramma. Per esempio, se (a‘) è accompagnato pure da (π™, Øø) (oppure (…È) da (ie, uo)), anche (a‘) sarà di chiusura, o (…È) d'apertura. D'altra parte, sempre in base a considerazioni strutturali, anche dittonghi con secondo elemento non proprio centrale medio: (Ù, É, X, x÷ °, #, P, Ö) (e (¤, ¢, û÷ Ä, å, √÷ Y, T, ¨÷ §, @, ∏)) potrebbero esser considerati, vantaggiosamente, di centratura. Per esempio, in inglese britannico, fanno parte dello stesso gruppo, sia hearing /'hIÈ ≥– racchiudono elementi parafonici, se si tratta di simboli, o di diacritici, come per §õ@; oppure, elementi grafemici, se si tratta di segni ortografici, come per >a≥. Simboli non racchiusi tra parentesi quadre, o fra barre oblique, come nei diagrammi dati finora, rappresentano foni, per trattazioni di fonetica generale. Invece, nelle tabelle consonantiche (dei m 2-13 e delle fonosintesi, nei m 16-23

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dell'FTN/MaF]˚ i simboli, anche se non racchiusi tra barre oblique, indicano fonemi, pur se rappresentati con simboli piuttosto specifici (per non sacrificare la precisione, ma senza appesantire l'e‡etto visivo, tanto più che indicano anche i foni). D'altra parte, per indicare i fonemi, nelle trascrizioni fonologiche che accompagnano quelle fonetiche, si possono utilizzare simboli più generici, com'è stato fatto nei m 2-13 (avendo indicato le corrispondenze, pure nelle tabelle consonantiche). Trascrivere a mano 1.5.3. Un'ultima, ma fondamentale, osservazione va fatta sulle trascrizioni eseguite a mano. Bisogna cominciare, fin dall'inizio, a tracciare ogni simbolo –e ogni diacritico– esattamente come lo si trova a stampa, in questo manuale (in cui usiamo il bel carattere Garamond Simoncini˚ nella nostra versione ßimon¸ani]˘ È necessario fare molta attenzione a non confondere un simbolo con un altro simile, ma –ovviamente– diverso e con valore di‡erente. Per primissima cosa, le trascrizioni vanno eseguite non in corsivo (nei due sensi comuni): infatti, contrariamente alla scrittura corrente, non si devono legare i simboli fra loro, che vanno, invece, tenuti ben separati, come a stampa; né bisogna semplificare la forma di certi simboli, confondendo, per esempio, n con u, o m con æ; o l con æ oppure con a; ancora, non si devono omettere i puntini, per cui non si deve scrivere ª per i, oppure ñ per j. Né si devono fare aggiunte o modifiche "stilistiche&, giacché d deve rimanere diverso da ∂ o da ´; come ä di‡erisce dal grafema g, e h da Ü; lo stesso vale in casi come: z diverso da Z o Ë. Inoltre, anche (L, r, R, Ÿ) sono ben diversi da (ô/H, ¸, [, y), Â. Ovviamente, non si deve nemmeno scrivere a stampatello, giacché (Å, ∫, ™, I, G, ì, ,, Ì, K) sono simboli di‡erenti da (a/A, b, e/E, i/¤, g, l, n, p, r). Quindi, bisogna accantonare qualsiasi pratica abituale, che porterebbe a confondere un simbolo con altri. La strategia migliore, per raggiungere questo scopo essenziale, è di cominciare a osservare ogni simbolo, con molta attenzione, "con occhio tipografico&: badando bene a tutti i particolari, come la grandezza e l'orientamento d'un tratto ((t, T, ˛, †), (B, 6)), o d'un simbolo ((e, Ù, È), (K, º, ˜, ‰), (A, Ø÷ a, å), (™, É÷ E, ‘), (X, x÷ v, √÷ ©, O), (r, 1 ≥1 ˇ1 ≤1 pa-sta!≥˚ ('par:te) /'par-te/ parte >par-te≥˚ ('al:to) /'al-to/ alto >al-to≥˚ ('pas:-so) /'pas-so/ passo >pas-so≥ (ma: ('ma:-Rjo) /'ma-rjo/ Mario >Ma-rio≥˚ ('a:-kwi-la) /'a-kwi-la/ aquila >a-qui-la≥˚ ('a:pRo) /'a-pro/ apro >a-pro≥˚ ('du:-pli-c™) /'du-pli-ce/ duplice >du-pli-ce≥. È pur vero, che nell'italiano settentrionale, specie negli accenti regionali più tipici e marcati, le strutture /0j, 0w, 0r, 0l/, dopo V accentata, molto spesso, sono eterosillabiche: ('a;k-wi-la) per ('a:-kwi-la) /'a-kwi-la/ aquila˚ ('a;p-Ro) per ('a:-pRo) /'apro/ apro˚ ('ma;R-jo) per ('ma:-Rjo) /'ma-rjo/ Mario˚ ('du;p-li-c™) per ('du:-pli-c™) /'dupli-ce/ duplice. Quest'aspetto può essere di‚cile da cogliere, specie se non si fa ricorso a trascrizioni accurate (e, ovviamente, ad ascolti adeguati); perciò, non è infrequente come problema, anche per non pochi attori, doppiatori e presentatori, d'origine settentrionale, che –quindi, come "professionisti della voce&– sono alquanto lacunosi: piuttosto dei "semi-professionisti&, purtroppo… Come s'è visto, fonicamente, abbiamo (bas-'ta:-Re) /'bas-ta-re/ bastare, ma anche (las-'tO:-Rja) /las-'tO-rja/ la storia÷ perciò, abbiamo pure (s'tO:-Rja) /s'tO:rja/ storia˚ con (s't) /s't/, giacché, quando c'è una V davanti, la fono-sillabazione è (s-'t) /s-'t/, come nel secondo esempio [la storia]˘ Anche i dati acustici confermano il fatto che (|s'té) /|s'té/ (dopo pausa, o "silenzio&) fanno parte della stessa sillaba (un po' particolare, se vogliamo, per la scala di sillabicità, ma niente di veramente sorprendente); mentre, ovviamente, (és'té) /és'té/ costituiscono due fono-sillabe col confine fra le due C (® § 12.2-6 dell'FTN/MaF). 2.3.1.4. Dal punto di vista fonetico, l'italiano neutro, in tonia, ha un allungamento dell'ultimo elemento della fono-sillaba (con la sola eccezione che vedremo sùbito): ('fa:-Re) /'fa-re/ fare˚ (de-'ci:-zø) /de-'ci-zo/ deciso˚ (Ri-'pE:-te-Re) /ri-'pE-te-re/ ripetere˚ (&Ri-ka-&pi-to-'la:-Re) /ri-ka-pi-to-'la-re/ ricapitolare÷ ('kan:-to) /'kan-to/ canto˚ ('mol:-to) /'mol-to/ molto˚ ('ver:-de) /'ver-de/ verde˚ ('pos:-to) /'pos-to/ posto (>po-sto≥!), (&i˙-kon-'tran:-do) /in-kon-'tran-do/ incontrando˚ (aR-&Ri-ve-'der:-ci) /ar-ri-ve-'der-ci/ arrivederci. Bisogna far attenzione a non fraintendere il significato di "in tonia&, che si deve intendere come in posizione prominente nell'enunciato; ciò non significa solo

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"alla fine della frase&, ma "ogni volta che c'è una tonia& an>e all'interno delle frasi sintattiche, che –in definitiva– hanno ben poco a che vedere con le frasi foniche, che sono decisamente più ricche e più variabili di quelle della grammatica tradizionale (ma anche di quelle della "grammatica generativa&). L'eccezione (alla regola della durata fonetica) è costituita da V semplice accentata finale, che è sempre breve (tranne che per eventuali motivi enfatici o comunicativi): (ko'zi) /ko'zi*/ così˚ (kaf'fE) /kaf'fE*/ ca‡è÷ però: (poR'ta;i) /por'tai/ portai˚ (&paRa'ti;a) /para'tia/ paratia, come anche all'interno di parola: ('ka;uza) /'kauza/ causa˚ (in'trO;ito) /in'trOito/ introito. Un'eccezione parziale è costituita dalla sequenza /érò/ finale accentata, in tonia: ('fa:r{e}) /'far{e}/ far(e)˚ (&Rive'de:r{e}) /rive'der{e}/ riveder(e)÷ in altri contesti, non è così: (pe'Ro:Ra, peR'di:R™) /pe'rora, per'dire/ per ora˚ per dire˘ Le altre C finali, in tonia, s'allungano come nelle sillabe caudate accentate, all'interno di parola: (peR'don:÷ peR'do:no) /per'don{o}/ perdon(o)˚ (ka'nal:÷ ka'na:le) /ka'nal{e}/ canal(e). Anche le C geminate, in tonia, hanno un allungamento del primo elemento: ('sas:so) /'sasso/ sasso˚ ('vet:ta) /'vetta/ vetta˚ ('son:no) /'sonno/ sonno˚ ('brac:co) /'bracco/ braccio˚ ('daq:qjo) /'daqqjo/ dazio˚ ('peS:Se) /'peSSe/ pe&e˘ In qualsiasi altra posizione, come prima dell'accento, non c'è l'allungamento supplementare: (sas'set:to, vet'to:Re, son'nam:bulo, &peSSo'li:nø) /sas'setto, vet'tore, son'nambulo, peSSo'lino/ sassetto˚ vettore˚ sonnambulo˚ peßolino, oppure in protonia: ('sasso pe'zan:te, 'vetta ele'va:ta, 'sonno pRo'fon:do, 'bracco 'lu˙:gø, 'daqqjo ob&bliga'tO:Rjo, 'peSSe 'frit:tø) /'sasso pe'zante, 'vetta ele'vata, 'sonno pro'fondo, 'bracco 'lungo, 'daqqjo obbliga'tOrjo, 'peSSe 'fritto/ sasso pesante˚ vetta elevata˚ sonno profondo˚ braccio lungo˚ dazio obbligatorio˚ pe&e fritto˘ In posizione diversa dalla tonia, come anche in protonia, pure le durate vocaliche si ridimensionano, perdendo il semicrono ((;)): (kau'za:Re) /kau'zare/ causare˚ ('kauze &natu'ra:li) /'kauze natu'rali/ cause naturali (® ('ka;uza) /'kauza/ causa). 2.3.1.5. In italiano neutro, però, non tutte le C sono geminabili; infatti, sono sempre semplici /z, j, w/ (ageminabili, come anche lo xenofonema /Z/, integrato nel sistema fonologico italiano, ormai da secoli): ('pO:za) /'pOza/ posa˚ ('kwO:jo) /'kwOjo/ cuoio˚ (a'Zu:r) /a'Zur/ à jour˘ Comunque, foneticamente, nei contesti adeguati, abbiamo l'allungamento di /z/: ('riz:ma) /'rizma/ risma. Ci sono anche cinque C autogeminanti (/N, S, L÷ q, Q/), che, in posizione posvocalica, sono necessariamente geminate; però, senza possibilità d'opposizione fonologica con la C semplice: ('baN:No) /'baNNo/ ba√o˚ ('laS:So) /'laSSo/ laßo˚ ('vOL:Lo) /'vOLLo/ vo˙o˚ ('viq:qi) /'viqqi/ vizi˚ ('viq:qjø) /'viqqjo/ vizio˚ (oQ'QO:no) /oQ'QOno/ ozono˘ Il motivo di questo fatto sta nel latino; infatti, questi cinque fonemi non c'erano in quella lingua, e derivano, in genere, da due o più C (o da altre lingue); perciò, per assimilazione, il risultato è una C geminata (® i § 5.6.1-7 del MaPI “ il § 1.6 del DiPI). Osserviamo che (solo) la fonetica può fornire la spiegazione alla regola grammaticale ("scomoda& per stranieri e anche per gl'italiani settentrionali), per la quale si devono impiegare gli articoli (&uno, lo, Li) /&uno, lo, Li/ uno˚ lo˚ ˙ in casi come: (&unoS'Se:mø, loQ'Qa;ino, LiQ'Qi;i, LiN'NOk:ki) /unoS'Semo, loQ'Qaino, LiQ'Qii, LiN-

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'NOkki/ uno &emo˚ lo zaino˚ ˙ zii˚ ˙ √ocº (come pure (&unos'trac:co, los'kOp:pjo, Lis'kOL:Li) /unos'tracco, los'kOppjo, Lis'kOLLi/ uno straccio˚ lo &oppio˚ ˙ &o˙). Si tratta, infatti, di due consonanti, eterosillabiche, per cui, la struttura dell'italiano neutro tollererebbe male sequenze più complesse, che appesantirebbero troppo la realizzazione delle sillabe. Le rimanenti 15 C, /m, n÷ p, b, t, d, k, g÷ c, G÷ f, v, s÷ r÷ l/, in posizione posvocalica, possono essere semplici o geminate, distintivamente, come mostrano gli esempi scelti: ('va:no) /'vano/ vano e ('van:no) /'vanno/ vanno˚ ('fa:to) /'fato/ fato e ('fat:to) /'fatto/ fatto˚ ('mO:Go) /'mOGo/ mogio e ('mOG:Go) /'mOGGo/ moggio˚ ('be:ve) /'beve/ beve e ('bev:ve) /'bevve/ bevve˚ ('ka:Ro) /'karo/ caro e ('kar:Ro) /'karro/ carro˚ ('pa:la) /'pala/ pala e ('pal:la) /'palla/ palla˘ Osserviamo che non costituiscono coppia minima ('ka:za) /'kaza/ casa e ('kas:sa) /'kassa/ cassa, nella pronuncia neutra moderna (ma solo in quella tradizionale oppure… graficamente). 2.3.1.6. Regionalmente, in tutt'Italia, è piuttosto frequente, in sillaba caudata in tonia, che la durata sia spostata sull'elemento vocalico, invece che su quello consonantico: ('pa;sso, 'paasso) /'passo/ passo˚ ('pa;sta, 'paasta) /'pasta/ pasta˚ ('ka;nto, 'ka;˙to, 'ka;«to, 'kaa-) /'kanto/ canto˚ ('di;rti, 'diirti) /'dirti/ dirti˚ ('mo;lto, 'moolto) /'molto/ molto˚ per il neutro ('pas:so, 'pas:ta, 'kan:to, 'dir:ti, 'mol:to). Soprattutto al Sud, è tipico il dittongamento, o lo sdoppiamento, del vocoide (anche in sillaba caudata e pure in protonia), ma soprattutto in sillaba non-caudata (che qui rendiamo genericamente; però, si possono vedere i m 9-15 del MaPI e anche le fonosintesi dialettali del m 16 dell'FTN/MaF): ('pa;ane, 'pa;åne) /'pane/ pane˚ ('ve;Ido, 've;edo) /'vedo/ vedo˚ ('do;Uve, 'do;ove) /'dove/ dove˚ per il neutro ('pa:ne, 've:do, 'do:ve)… Al Nord, spesso, le geminate non hanno una durata su‚ciente, anche dove quella vocalica non presenti l'allungamento visto all'inizio di questo paragrafo: (af'fatto, af'fa;tto) /af'fatto/ a‡atto. Al Centro-Sud, ci possono essere altre consonanti autogeminanti (® § 2.3.1.5); più di‡usamente, ciò avviene per /b, G/; in parti del Centro anche per /j/: ('rOb:ba, 'rO;bba) /'rOba/ roba˚ (lab'bar:ka, lab'ba;rka) /la'barka/ la barca˚ ('viG:Gil™, 'vi;GGil™) /'viGile/ vigile˚ (laG'Gak:ka, laG'Ga;kka) /la'Gakka/ la giacca˚ ('nOj:ja, 'nO;jja) /'nOja/ noia˚ (daj'jE:Ri) /da'jEri/ da ieri˚ per il neutro ('rO:ba, la'bar:ka, 'vi:Gil™, la'Gak:ka, 'nO:ja, da'jE:Ri). A Roma (e in altre zone del Centro), invece, c'è la degeminazione di /r/, negli accenti marcati e tipici: ('ko:ReRe) /'korrere/ correre˚ (e'ro:Re) /er'rore/ errore˚ (a'ro:ma) /ar'roma/ a Roma (con co-geminazione, ® § 2.3.2.1), per il neutro ('kor:ReRe, eR'ro:Re, aR'ro:ma). Co-geminazione 2.3.2.1. Brevemente, introduciamo un fenomeno di geminazione consonantica interlessicale, scegliendo tra altri tipi simili, ricorrenti in italiano neutro, il più significativo. È tradizionalmente (più) noto come "ra‡orzamento sintattico& o "raddoppiamento fonosintattico&, ma è definito meglio come co-geminazione, il fenomeno per cui, in pronuncia neutra, abbiamo: (ak'ka:za) /ak'kaza/ a casa˚ (faf-

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'fred:do) /faf'freddo/ fa freddo˚ (™v've:Ro) /Ev'vero/ è vero. Per spiegare il fatto, conviene considerare, prima, esempi come (Gak'ke, tRep'pjE:de) /Gak'ke*, trep'pjEde/ giac>é˚ treppiede, che non pongono problemi, poiché la pronuncia e la grafia corrispondono. Però, troviamo pure casi come (Gak'kjEs:to, tRep'pjE:di) /Gak'kjEsto, trep'pjEdi/ già ºesto˚ tre piedi. Inoltre, abbiamo pure: (am'met:to) /am'metto/ ammetto e anche (am'me) /am'me*/ a me, che derivano entrambi dalla sequenza latina /dm/ –admitto˚ ad me– dando /mm/, per assimilazione, che operava all'interno di parola e pure tra parole. Quindi, una o più consonanti finali s'assimilavano a una consonante iniziale della parola seguente, come c'era l'assimilazione di certe consonanti diverse interne di parola; infatti, anche septem e octo hanno dato, in italiano, sette e otto (/pt, kt/ = /tt/). Perciò, come abbiamo avuto /am'me*/ da ad me, così /trek'kapre/ deriva da tres capræ. Anche /E*/ è (da est] causa la cogeminazione, come in è vero˚ visto sopra. Isolatamente, in trascrizione fonemica, queste parole sono indicate, come s'è appena visto, con /*/: /'tre*, E*/ (qui, tre ha l'accento fonico segnato, perché, generalmente è accentato, come in (&sono'tre) /sono'tre*/ sono tre, a meno che non preceda immediatamente un altro accento, come, appunto, in tre capre÷ mentre è viene dato senza /'/, perché, di solito, non è accentato, nelle frasi. Non tutti i monosillabi italiani hanno questa caratteristica; per esempio, la preposizione di non cogemina (e non ha accento), /di»/, mentre il sostantivo dì cogemina, /'di*/; d'altra parte, l'imperativo di' può cogeminare, come seconda scelta /'di», 'di*/: (di'kwes:ta) /di'kwesta/ di questa, ('dik kwa'lu˙:kw™) /'dik kwa'lunkwe/ (un) dì qualunque, ('di kwal'kO:za, 'dik k-) /'di kwal'kOza, 'dik k-/ di' qualcosa. 2.3.2.2. Tra i monosillabi cogeminanti (attivanti) più frequenti, troviamo a /a*/˚ è /E*/˚ e /e*/˚ né /ne*/˚ se (cong.) /se*/˚ già /Ga*/˚ più /pju*/˚ là /la*/˚ lì /li*/˚ qua /kwa*/˚ qui /kwi*/˚ º /ki*/˚ >e /ke*/˚ tre /tre*/: /ammi'lano/ a Milano˚ /Ek'kjaro/ è ºaro, /ep'pOi/ e poi, /net'tun nel'lui/ né tu né lui, /sep'parti/ se parti, /Gad'detto/ già detto, /pjut'tEmpo/ più tempo, /las'sopra/ là sopra, /kwikkon'lEi/ qui con lei, /kikko'noSSi/ º conoß, /kettene'pare/ >e te ne pare, /'trep pun'tini/ tre puntini. La preposizione da non cogemina nella pronuncia moderna: /dafi'rEnqe/ da „renze (contrariamente a quella tradizionale {e toscana}: /daffi'rEnqe/). Cogeminano pure dà˚ do˚ fa˚ fu˚ ha˚ ho˚ può˚ sa˚ so˚ sta˚ sto˚ va: /midarra'Gone/ mi dà ragione, /fam'male/ fa male, /Oppa'ura/ ho paura, /pwOssa'lire/ può salire, /sat'tutto/ sa tutto, /stOvve'nEndo/ sto venendo, /vas'solo/ va solo. Tra i monosillabi ageminanti (inattivanti) bisogna includere senz'altro di /di»/, de' /de»/, i /i»/, la /la»/, le /le»/, li /li»/, lo /lo»/, ˙ /{*}Li»/, ˙e /{*}Le»/, mi/me /mi», me»/, ti/te /ti», te»/, si/se /si», se»/, ci/ce /ci», ce»/˚ vi/ve /vi», ve»/, ne /ne»/, 'sta /sta»/, 'sto /sto»/, 'ste /ste»/, 'sti /sti»/, oltre ai monosillabi latini (a˚ de˚ pro˚ quo˚ si˚ tu˚ væ): /di'nOtte/ di notte, /de'mEdici/ de' Medici, /i'gatti/ i gatti, /la'lana/ la lana, /le'reti/ le reti, /li'prEndo/ li prendo, /losa'pevo/ lo sapevo, /Lirak'konta/ ˙ racconta, /cisene'rEnde 'konto/ ci se ne rende conto, /sta'sera/ 'sta sera÷ /kwO'vadis/ quo vadis˚ /vE'viktis/ væ victis. I polisillabi ultimali (cioè accentati sull'ultima sillaba, o "tronchi&) cogemina-

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no, anche se possono perdere l'accento (per motivi ritmici): (kaf'fEk kolom'bja:no, sa&Rappar'ti:tø, &toRnøt'tar:di) /kaf'fEk kolom'bjano, sarappar'tito, tornOt'tardi/ ca‡è colombiano˚ sarà partito˚ tornò tardi. L'esposizione sistematica del fenomeno (e d'altri simili, connessi, ma diversi, spesso confusi con la co-geminazione, in moltissime trattazioni precedenti {oppure in tutte quelle che perpetuano acriticamente lo stato ipotetico delle cose}) è data nei § 5.6-9 (e § 4.8.1) del MaPI˚ e anche –lemma per lemma– nel DiPI). 2.3.2.3. La co-geminazione fa parte della pronuncia neutra, esattamente come la geminazione lessicale, che viene segnata nell'ortografia, come in: ('Ot:to) /'Otto/ otto. Tuttavia, al Nord non c'è (nativamente, tranne che in qualche espressione frequente e fissa, come è vero˚ ha detto, da parte di giovani allevati con massiccia esposizione alla televisione) e viene erroneamente considerata alla stregua d'una caratteristica regionale del Centro-Sud. Quest'opinione, ma soprattutto il fatto che la cogeminazione non sia resa nella scrittura (se non nel caso di forme cristallizzate, come giac>é, davvero, soprattutto), spesso, fa credere –anche ai centro-meridionali– che si tratti di qualcosa da evitare; ma allora si dovrebbe considerare abnorme e sconveniente anche la normale geminazione lessicale (che è distintiva, ® § 2.3.1.5). Ovviamente, al Centro-Sud, ci sono di‡erenze regionali, anche contrarie all'uso neutro. In particolare, l'impiego più sistematico e massiccio è riscontrabile in Toscana (che, comunque, non è del tutto omogenea), seguìta da Roma; vengono dopo le altre zone del Centro-Sud, sempre con di‡erenze locali, più o meno forti. Il tipo di co-geminazione più normale, nella pronuncia neutra moderna, rappresenta, in generale, una specie di compromesso, o di media, basato più sull'uso romano (compresi i casi di de-geminazione d'articoli e pronomi, costituiti da /lé/: la˚ lo˚ le˚ li˚ l']˚ con ulteriori semplificazioni. Il tipo di co-geminazione più simile a quello della pronuncia tradizionale (® § 2.3.5.3), si rifà all'uso toscano. Qui, ci limitiamo a fornire qualche altro esempio, compreso uno di de-geminazione (dato per ultimo): (pjuf'fOr:te) /pjuf'fOrte/ più forte˚ (cit&takkos'tjE:Ra) /cittakkos'tjEra/ città costiera˚ (&tRenta'trek koRRi'do:Ri) /trenta'trek korri'dori/ trentatré corridori˚ (™l'la:na) /El'lana/ è lana˚ (&™los'tes:so) /Elos'tesso/ è lo stesso. Nella pronuncia neutra moderna, è co-geminante anche come (appositivo e comparativo con nomi e pronomi): (&komek'ka:ni, &komev've;Ri 'ka:ni, &komet'te) /komek'kani, komev'veri 'kani, komet'te*/ come cani˚ come veri cani˚ come te˘ Accento 2.3.3.1. In italiano, generalmente, l'accento viene assegnato alle ritmie, secondo gli accenti di parola (lessicali). Le ritmie sono gruppi accentuali (® § 3.2.7, 6.4.2, 12.1, 13.2-3 dell'FTN/MaF) costituiti da una sillaba con accento forte, o primario, e altre con accenti deboli oppure secondari, come in: (&peRfetta'men:te) /perfetta'mente/ perfettamente˚ (in'trE:no) /in'trEno/ in treno˚ (&peRil'ka:ne) /peril'kane/ per il cane˚ (&v™Rsola&finedel'me:ze, &v™Rsola'fi;ne del'me:ze) /vErsolafinedel'meze, vEr-

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sola'fine del'meze/ verso la fine del mese˘ L'ultimo esempio mostra che, a seconda delle prominenze date a certe parti dell'enunciato, il numero delle ritmie può cambiare, come anche in (un&nwøvo'li:bRø) /unnwOvo'libro/ un nuovo libro˚ rispetto a (un'nwO;vo 'li:bRø) /un'nwOvo 'libro/, graficamente sempre uguale [un nuovo libro]˚ ma con una diversa prominenza, in corrispondenza d'una sfumatura semantica, per cui, nel secondo caso, nuovo acquista un'importanza maggiore. Ancora maggiore può essere l'importanza comunicativa data a nuovo, in un enunciato che, graficamente, resta –ancora una volta– uguale (date le notevoli carenze della scrittura corrente): (un'nwO:vo2 'li:bRø23) /un'nwOvo, 'libro./. Qui, è stato necessario introdurre la (pos)tonia continuativa ((2) /,/) e quella conclusiva ((23) /./), perché la nuova maggiore prominenza è data, in questo caso, dalla presenza di due tonie, per un unico enunciato (si noti anche la presenza del crono pieno, pure nella prima ritmia, con tonia continuativa, (O:)). Usando, d'altra parte, una tonia conclusiva, anche per la prima ritmia, la prominenza comunicativa aumenterebbe ancora: (un'nwO:vo23 'li:bRø23) /un'nwOvo. 'libro./. 2.3.3.2. Ritornando agli esempi di ritmie dati sopra, osserviamo che le sillabe non-accentate (o, meglio, con accento debole) e quelle semi-accentate (con accento medio, o secondario), s'alternano, in modo da avere una o due fono-sillabe deboli fra altre con accento secondario (o primario). Gli accenti secondari sono assegnati ritmicamente, tenendo presenti –per quanto possibile– le posizioni degli accenti delle forme originarie (quelle fondamentali, da cui sono derivate {non certo in senso evolutivo, dal latino}), come avviene nei composti lessicali: (&pøRtasa'po:ne) /pOrtasa'pone/ portasapone˚ (pu&liSSis'kar:pe) /puliSSis'karpe/ puliß&arpe. Nei derivati, invece, l'origine conta meno dei motivi ritmici, anche se, in caso di duplice possibilità (ritmica oppure originaria), l'accento della forma originaria può esercitare un influsso decisivo: (&pata'ti:n™) /pata'tine/ patatine (nonostante (pa'ta:ta) /pa'tata/ patata), (&atten'qjo:ne) /atten'qjone/ attenzione (nonostante (at'tEn:to) /at'tEnto/ attento]˘ Per le sillabe che seguono quella accentata d'una parola, inoltre, si comportano come segue: ('fab:bRo) fabbro, ('fab:bRika) fabbrica, ('fab:bRika&no, 'fab:bRika&mi) fabbricano˚ fabbricami, ('fab:bRikame&lo) fabbricamelo (aggiungiamo pure un improbabile ('fab:bRika&mice&lo) fabbricamicelo – ® la fine del § 6.4.2 dell'FTN/MaF]˘ 2.3.3.3. Per quanto riguarda le sillabe della parola, che precedono quella accentata, si viene a formare, spontaneamente, un'alternanza ritmica di sillabe deboli e semiforti, risalendo verso l'inizio della parola, a partire dalla sillaba forte, del tipo: (ò{&à}à&àà&àà'à). Dato, però, che le parole polisillabiche sono generalmente derivate o composte, c'è una chiara e determinante tendenza a collocare gli accenti secondari sulle stesse sillabe su cui le forme semplici del lessema hanno in origine l'accento di parola. L'unica eccezione, per così dire, è costituita dalla tendenza ritmica che interrompe sia sequenze troppo lunghe di sillabe deboli, introducendo qualche accento secondario, sia sequenze di sillabe accentate (forti e semiforti), sopprimendo qualche

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accento secondario, o spostandolo d'una sillaba o due. Ecco degli esempi: (&soce'ta) società, (ka&paci'ta) capacità, (pRo&babili'ta) probabilità, (be&ati'tu:din™) beatitudine, (&Raqqjo&naliQ&Qabili'ta) razionalizzabilità, (aR&tifi&cali'ta) artificialità, (u&tilita&Ristika'men:te) utilitaristicamente, (e&zeRcita'to:Re) esercitatore, (aR&tikolaq'qjo:ne) articolazione, (as&socaq'qjo:ne) associazione, (o&ceano'gra:fiko) oceanografico, (ka&RatteRiQ'Qa:bile) caratterizzabile, (in&telliGen'tis:sima) intelligentissima, (oS&Sillo'gram:ma) oßllogramma, (ef&feRveSSen'tis:simø) e‡erve&entissimo˘ Altri esempi: (do&loRo&zissima'men:te) dolorosissimamente, (as&tuta'men:te) astutamente, (im&maGinaq'qjo:ne) immaginazione, (mo&difikaq'qjo:ne) modificazione, (kom&poziq'qjo:ne) composizione, (ak&kjappafaR'fal:le) acºappafarfalle, (e~&c™falo'gram:ma) encefalogramma, (&ultRakon&seRva'to:Re) ultraconservatore, (&inteRkon&tinen'ta:le, -&konti-) intercontinentale, (&pRemedi&tata'men:te, pRe&me-) premeditatamente, (pRe&køce'men:te, &pReko-) precocemente. 2.3.3.4. A considerare le parole isolate, l'accentazione secondaria normale (neutra, spontanea) risponde alle regole di composizione e derivazione lessicale. Però, ovviamente, ci sono anche di‡erenze nella distribuzione degli accenti secondari, dovute al contesto ritmico in cui le varie parole si vengono a trovare di volta in volta. Perciò, se –isolatamente– una forma come partitocrazia è (paR&titokRaq'qi;a)– mentre (&paRti%tokRaq'qi;a) è una "stonatura&, derivante dalla mancata analisi compositiva– nelle frasi e‡ettive c'è una certa alternanza: (&lapaR&titokRaq'qi;a, la&paRti&tokRaq'qi;a) la partitocrazia˚ ('molto as&tuta'men:te) molto astutamente, (pRo'cE;deRe &astuta'men:te)˚ procedere astutamente˚ ('vE˙go &m™Rkole'di) vengo mercoledì˚ (can'drOm meR&kole'di) ci andrò mercoledì˘ Non entriamo nel merito d'accentazioni lessicali duplici, come: /dia'triba ˙ di'atriba/ diatriba˚ /skle'rOzi ˙ s'klErozi/ &lerosi˚ /te'zEo ˙ 'tEzeo/ Teseo˚ /e'dipo ˙ 'Edipo/ Edipo; dobbiamo rimandare alla consultazione del DiPI. 2.3.3.5. L'italiano neutro non accetta a‡atto accenti forti su due sillabe contigue (nell'intonia), ma attenua il primo, pure spostandolo o, eventualmente, lo sposta (anche senz'attenuazione), come nelle terze (e quarte) varianti date, che sono possibili, però meno correnti: /fa'rOk 'kwesto = farOk'kwesto/ (&faRøk'kwes:to), (fa&Røk'kwes:to), ('faRøk 'kwes:to), ('fa;Røk 'kwes:to) farò questo, /skoper'kjO il'tetto = skoperkjOil'tetto/ (s&kopeRkjøil'tet:to), (s&kopeR&kjøil'tet:to), (s'kopeRkjø il'tet:to), (s'ko;peRkjø il'tet:to) &operºò il tetto, /nonnepo'tep 'pju* = nonnepotep'pju*/ (&nonne&potep'pju), (&nonnepo&tep'pju), (&nonne'potep 'pju), (&nonne'po;tep 'pju) non ne poté più, /bEn'kek k'reda = bEnkek'kreda/ (&b™˙kek'kre:da), (b™˙&kek'kre:da), ('bE˙kek 'kre:da) ben>é creda, /me'tad 'dOze = metad'dOze/ (&metad'dO:ze), (me&tad'dO:ze), ('metad 'dO:ze), ('me;tad 'dO:ze) metà dose˘ Un aspetto dell'attenuazione, dovuta sempre a motivi ritmici, può riguardare anche la posticipazione dell'accento ridotto, come si vede negli esempi seguenti: /'vEngo 'dopo di'te* = 'vEngo dopodi'te*/ ('vE˙go &dopodi'te), ('vE˙go do&podi'te) vengo dopo di te˚ /'karo pa'pa* = karopa'pa*/ ('ka;Ro pa'pa), (&kaRopa'pa), (ka&Ropa'pa) caro papà˚ /lo'facco 'anke per'te* = lo'facco ankeper'te*/ (lo'facco &a˙kepeR'te), (lo'facco∞a˙&kepeR'te) lo faccio an>e per te˚ /si'kjama 'forse ko'zi = si'kjama forseko'zi*/ (si'kja;ma &foRseko'zi), (si'kja;ma foR&seko'zi) si ºama forse così?

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2.3.3.6. Nel caso di sintagmi come //fuG'Gi z'vElto// /fuGGiz'vElto/ (&fuGGiz'vEl:to, &fuGGiz'vEl:to÷ fuG&Giz'vEl:to) fuggì svelto, rispetto ad altri simili come //'fuGGi z'vElto// /'fuGGiz 'vElto/ ('fuGGiz 'vEl:to) fuggi svelto, ci sono delle lievi di‡erenze fonetiche e prosodiche, che però, da sole, non sono sempre in grado di mantenere la distinzione, dato che anche nel caso di fuggi svelto, ci può essere attenuazione del primo accento, soprattutto in pronuncia veloce (&fuGGiz'vEl:to). Non c'è cogeminazione con /éò_0é/, giacché la sillabazione è /é_˘0é/. Nel caso di //fuG'Gis 'subito// /fuGGis'subito/ (&fuGGis'su:bitø÷ fuG&Gis'su:bitø) fuggì sùbito, rispetto a /'fuGGi 'subito/ ('fuGGi 'su:bitø) fuggi sùbito, la co-geminazione contribuisce, invece, a distinguere meglio, nella pronuncia neutra, come anche in: //pa'gOt 'tutto// /pagOt'tutto/ (&pagøt'tut:tø, 'pagøt 'tut:tø, 'pa;gøt 'tut:tø÷ pa&gøt'tut:tø) pagò tutto˚ /'pago 'tutto/ ('pa;go 'tut:tø, &pago'tut:tø) pago tutto÷ //losen'tim 'male// /losentim'male/ (lo&sentim'ma:le, lo'sentim 'ma:le÷ &losen&tim'ma:le) lo sentì male˚ /lo'sEnti 'male, losEnti'male/ (lo'sEnti 'ma:le, lo&s™nti'ma:le) lo senti male˘ Infine: //lostrap'pOv 'via// /lostrappOv'via/ (los&tRappøv'vi;a, los'trappøv 'vi;a÷ &lostRap&pøv'vi;a) lo strappò via˚ /los'trappo 'via, lostrappo'via/ (los'trappo 'vi;a, los&tRappo'vi;a) lo strappo via˘ Intonazione 2.3.4. La f 2.3 mostra le protonie e le tonie dell'italiano neutro (sia moderno che tradizionale), che illustriamo con semplici esempi: /./: (Ri'partono 'tutti 'sa:bato23) /ri'partono 'tutti 'sabato./ Ripartono tutti sabato. /?/: (¿Ri'partono 'tutti 'sa:bato21) /¿ri'partono 'tutti 'sabato?/ Ripartono tutti sabato? /÷/: (&seRRi'partono 'tutti 5sa:bato12| &mene'va;do a˙'ki;ø23) /serri'partono 'tutti 'sabato÷ mene'vado an'kio./ Se ripartono tutti sabato, me ne vado an>'io. L'intonazione regionale ha, al Nord, movimenti consistenti e molto vari; al Sud, sono piuttosto ripetitivi; mentre, al Centro, sono più contenuti (e, generalmente, più simili a quelli neutri). Le di‡erenze maggiori si riscontrano per la tonia sospensiva, /÷/, come si può vedere anche dalle fonosintesi del m 16 dell'FTN/MaF (e dai m 10-15 del MaPI]˘ f 2.3. Le protonie e le tonie italiane. / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ' 2 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 5 1 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

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Pronuncia neutra tradizionale 2.3.5.1. Come s'è già avuto modo di dire (al § 2.0.1), la "pronuncia neutra tradizionale& è quella che si rifà massicciamente all'uso toscano, in particolare fiorentino, e risale –a ben vedere– all'unificazione d'Italia; quindi, a circa un secolo e mezzo fa, come veniva riportata nei dizionari che, all'epoca, si definivano di "lingua toscana&, più spesso che "italiana&. Le peculiarità della pronuncia tradizionale, perciò, sono più rigide di quelle della pronuncia moderna (avendo meno varianti {e, qui, riportiamo soprattutto le più "strane&}, e –allo stesso tempo– più "capricciose&), anche se le varianti seguìte da * appaiono solo in certi repertori. Per quanto riguarda i fonemi vocalici /e, E÷ o, O/, riportiamo qualche esempio di parole e desinenze. Segn(i)amo, coi semplici accenti grafici ("ortofonici&), le forme più curiose: A√èse˚ annèsso˚ auróra*˚ Bertóldo*˚ cè‡o˚ cócca (estremità, tacca), collètta˚ connètto˚ crèsima˚ enórme˚ esòso˚ fólla˚ Giórgio˚ gótta˚ gróppo˚ lèttera˚ mòccolo˚ nèsso˚ nórma*˚ órgano*˚ rócca (filatoio), Rómolo˚ sgómino˚ siète˚ stòrpio˚ strènna˚ tè&hio÷ inoltre le desinenze: amaró√olo˚ stètti˚ stèttero… Per la distribuzione di /q, Q/, la caratteristica tradizionale maggiore riguarda /q/ iniziale per molte parole, come: zampa˚ zio˚ zoppo˚ zuc>ero˚ zucca÷ e, invece, /Q/ interno, in casi come: aguzzino˚ amazzone˚ brezza˚ ªribizzo˚ intirizzito˚ lazzi˚ lezzo˚ olezzo˚ pettegolezzo˚ ribrezzo˚ rubizzo˚ &orza˚ Ωarzo*˚ sozzo*˘ 2.3.5.2. La di‡erenza maggiore, comunque, riguarda l'impiego di /s/ semplice, interna di parola, fra V (anche se con /j, w/ davanti alla seconda). I casi più significativi (compresi i derivati) sono: asino˚ casa˚ ºesi˚ ºuso˚ cosa˚ così˚ desidero˚ desiderio˚ (il) fuso˚ mese˚ naso˚ peso˚ Pisa˚ posa˚ raso˚ riposo˚ riso, e le desinenze aggettivali -ese˚ -oso˚ e verbali -esi˚ -osi\ /in'glese/ in∫ese (ma /fran'ceze/ francese!) /cinese'ria/ cineseria (ma /borge'zia/ bor!esia!), /go'loso/ goloso˚ /cellu'losa/ cellulosa˚ /kurjosi'ta*/ curiosità÷ /'presi, -sero, -so/ presi˚ presero˚ preso (ma /'lezi, -zero, -zo/ lesi˚ lesero˚ leso!), /impre'sarjo/ impresario˚ /'rosi, -sero, -so/ rosi˚ rosero˚ roso˚ /ris'posi, -sero/ risposi˚ risposero˚ /ro'sikkjo/ rosicºo (ma /ero'zjone/ erosione!). Però, anche in pronuncia tradizionale, si ha /z/ in casi come: biso√o˚ caso˚ ºesa˚ muso˚ paese˚ quasi˚ sposa˚ viso˚ misi˚ misero˚ (io) fusi˚ fusero˚ (ho) fuso˚ incisi˚ incisero˚ inciso… 2.3.5.3. La co-geminazione tradizionale è più sistematica e più estesa di quella moderna; infatti, ha un numero maggiore di forme attivanti (come da\ da Milano /dammi'lano/; per la moderna: /dami'lano/), e non prevede de-geminazioni (come in è la mia /Ella'mia/; moderna: /Ela'mia/), perdipiù, sono sempre cogeminanti anche come˚ dove˚ qual>e˚ sopra (purché non usati come sostantivi): come si fa? dove vai? qual>e volta˚ sopra quel tavolo /komessi'fa, dovev'vai, kwalkev'vOlta, soprakkwel'tavolo/ (ma: il sopra del tavolo /il'sopra del'tavolo/); moderna: /komesi'fa*, dove'vai, kwalke'vOlta, soprakwel'tavolo/). Per quanto riguarda l'accentazione, non ci sono peculiarità particolari; le di‡erenze eventuali sono dovute al fatto che è passata qualche generazione e, si sa, le accentazioni di termini e nomi dotti sono soggette a ondate di preferenze, più o

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meno condivisibili, ma non discutibili: sono solo documentabili (® fine § 2.3.3.4). L'intonazione non cambia, salvo per l'eventuale possibile adozione (da parte d'alcuni) delle protonie di tipo toscano (® le fonosintesi relative, nel m 16). 2.3.5.4. Tutte le caratteristiche della pronuncia tradizionale sono, comunque, reperibili, nel MaPI e nel DiPI; questo segna le varianti del Centro (linguisticamente; ma, l'Abruzzo appartiene all'Alto-Sud) per quanto riguarda la distribuzione di /e, E÷ o, O÷ s, z÷ q, Q/ (compresa qualche accentazione peculiare), indicando la Toscana, l'Umbria, le Marche, il Lazio e Roma, rispettivamente, con: †, ¨, µ, ¬, ® (fra parentesi quadre). Le pronunce tradizionali sono identificate, nel DiPI, per il fatto che appaiono dopo un punto, che le separa da quelle moderne, date per prime (se diverse, altrimenti coincidono), come, per esempio: "lettera /'lettera. -Et-/ {† E, ¨µ¬® e}&, cioè /'lEttera/ in Toscana, e /'lettera/ nel resto del Centro. A volte ci sono varianti più intricate, per esempio: "storpio /s'torpjo. -O-/ {† O/o, ¨ o/O, µ¬® o}&. Però, tutto il Centro concorda nell'avere solo: "bene /'bEne/&… Testo 2.4.0. Il brano in trascrizione, Il vento di tramontana e il sole (d'Esopo, § 2.4.1), viene dato nell'accento neutro moderno (§ 2.4.2), poi in quello neutro tradizionale (§ 2.4.3); seguono due versioni mediati>e (: radio-televisione): settentrionale/milanese (§ 2.4.4) e centrale/romana (§ 2.4.5), che sono meno marcate, per aspetti segmentali e intonativi, di quelle presentate –con vocogrammi e tonogrammi– nei m 10 “ 12 del MaPI (nel quale ci sono 23 versioni regionali, nei m 10-14). Una prima indicazione utile può venire anche dalle relative fonosintesi (dialettali) nel m 16 dell'FTN/MaF (guardando il milanese, § 16.5, e il romano, § 16.42). Nel mediatico settentrionale, frequentemente gli occlu-costrittivi (anche /c, G/) si realizzano come sequenze: (ts, dz÷ TS, DZ) (meglio coi simboli speciali: ((tS, dZ))). Infine, si fornisce anche l'accento manierato (snobistico, § 2.4.6), con l'"r moscia& (generalmente un approssimante, labiodentale, (V), o uvulare, (˜), o labiodentale uvularizzato, (◊), che scegliamo come tipo rappresentativo, dotato d'entrambe le componenti), e altre caratteristiche legate a quel tipo di pronuncia, come V più "tese&, ma anche più "detese&, allo stesso tempo (® f 2.4). Infatti, sono realizzate –tendenzialmente– tramite vocoidi più alti e più avanzati del normale, che, in sillaba accentata (anche in protonia), sono dittongati, però, con secondi elementi piuttosto centrali nelle proprie caselle del vocogramma, terminando, quindi, in modo diverso –opposto– rispetto a quello iniziale. Inoltre, /c, G÷ S, {Z}/ sono postalveo-palato-iperlabiati, (&, 1, «, {»}); ci sono anche "strascicamenti& e sdoppiamenti delle sillabe toniche –nel vero senso tonetico– e postoniche (a volte pure di quelle precedenti), in particolare davanti a pausa, e soprattutto per tonie diverse da quella conclusiva. Infine, notiamo un'estensione tonale maggiore (che rendiamo, parafonicamente, con §(ˇ)@, all'inizio d'ogni capoverso) e il cricchiato in tonia (: tonica e postoni-

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che), che rappresentiamo col diacritico specifico: (ü). Nei capitoli successivi (3-13), forniamo sempre anche la pronuncia italiana delle lingue date, nonché una o più pronunce straniere dell'italiano; infatti, sono parte essenziale del metodo fonetico (® § 3.2 dell'FTN/MaF). f 2.4. Realizzazioni manierate delle vocali italiane. /i/ (i[i]) /e/ (e[e]), ({'ii/'uu…)™ò) /E/ (EE), (™{…'})

/u/ (u[u]) /o/ (o[o]), ({'ii/'uu…)øò) /O/ (OO), (ø{…'})

/a/ (a[a])

Testo grafemico 2.4.1. Si bisticciavano un giorno il vento di tramontana e il sole, l'uno pretendendo d'esser più forte dell'altro, quando videro un viaggiatore, >e veniva innanzi, avvolto nel mantello. I due litiganti decisero allora >e sarebbe stato più forte º fosse riußto a levare il mantello al viaggiatore. Il vento di tramontana cominciò a so‚are con violenza; ma, più so‚ava, più il viaggiatore si stringeva nel mantello; tanto >e alla fine il povero vento dovette desistere dal suo proposito. Il sole allora si mostrò nel cielo, e poco dopo il viaggiatore, >e sentiva caldo, si tolse il mantello. E la tramontana fu costretta così a ricono&ere >e il sole era più forte di lei. T'è piaciuta la storiella? La vo˙amo ripetere? Pronuncia neutra moderna 2.4.2. (si&bistic'ca:va&no2 ìu~'Gor:no2œ| il'vEnto di&tRamon'ta:na2| eil'so:le23 ì'lu:nø2 &pReten'dEndo &d™sseRpjuf'fOr:te2 del'lal:tRo23œ &kwando'vi;de&Ro uMvi&aGGa'to:Re23 &kevve'ni;va in'nan:qi2 av'vOlto &nelman'tEl:lo23|| i&dueliti5gan:ti12 de'ci:zeRø2 ìal'lo:Ra2œ &kessa&R™bbes'ta;to pjuf5fOr:te12| kif&fosseRiuS'Si:tø2 alle'va;Re ilman'tEl:lo2 alvi&aGGa'to:Re23|| il'vEnto di&tRamon'ta:na2 &komi~'cO assof'fja:Re23 ì&koMvio'lEn:qa23œ| map'pjus sof5fja:va12| &pjuilvi&aGGa'to:Re2 &sistRi~'Ge;va &nelman'tEl:lo23\ 'tan:to2 ìke&alla5fi:n™12œ il'pO;veRo 'vEn:to2 do'vette de'zis:teR™23 ìdal&suopRo'pO:zito23œ|| il'so:le2 ìal'lo:Ra2œ &simos'trOn ne¬'cE:lo23| ep&pøko'do:po2 ilvi&aGGa5to:Re12 ì&kessen'ti;va 'kal:do2œ ˚si'tOl:se23 ˚ilman'tEl:lo23| &ela&tRamon5ta:na12 &fukkos'tret:ta2 ìko'zi2œ| aR&Riko5noS:SeRe12| keil'so:le2\ &™Rapjuf'fOr:te23 ìdi'lE;i23œ|| ¿&t™ppja'cu:ta21 ¿&lasto'rjEl:la2| ¿&lavoL'La;mo Ri'pE:teRe21|||)

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Pronuncia neutra tradizionale 2.4.3. (si&bistic'ca:va&no2 ìu~'Gor:no2œ| il'vEnto di&tRamon'ta:na2| eil'so:le23 ì'lu:nø2 &pReten'dEndo &d™sseRpjuf'fOr:te2 del'lal:tRo23œ &kwando'vi;de&Ro uMvi&aGGa'to:Re23 &kevve'ni;va in'nan:qi2 av'vOlto &nelman'tEl:lo23|| i&dueliti5gan:ti12 de'ci:zeRø2 ìal'lo:Ra2œ &kessa&R™bbes'ta;to pjuf5fOr:te12| kif&fosseRiuS'Si:tø2 alle'va;Re ilman'tEl:lo2 alvi&aGGa'to:Re23|| il'vEnto di&tRamon'ta:na2 &komi~'cO assof'fja:Re23 ì&koMvio'lEn:qa23œ| map'pjus sof5fja:va12| &pjuilvi&aGGa'to:Re2 &sistRi~'Ge;va &nelman'tEl:lo23\ 'tan:to2 ìke&alla5fi:n™12œ il'pO;veRo 'vEn:to2 do'vEtte de'sis:teR™23 ìdal&suopRo'pO:zito23œ|| il'so:le2 ìal'lo:Ra2œ &simos'trOn ne¬'cE:lo23| ep&pøko'do:po2 ilvi&aGGa5to:Re12 ì&kessen'ti;va 'kal:do2œ ˚si'tOl:se23 ˚ilman'tEl:lo23| &ella&tRamon5ta:na12 &fukkos'tret:ta2 ìko'si2œ| aR&Riko5noS:SeRe12| keil'so:le2\ &™Rapjuf'fOr:te23 ìdi'lE;i23œ|| ¿&t™ppja'cu:ta21 ¿&lasto'rjEl:la2| ¿&lavoL'La;mo Ri'pE:teRe21|||) Pronuncia mediatica settentrionale (milanese) 2.4.4. (ßi&bißtit'tSa:vano2 ìu«d'Zo;Rno2œ| ilève«to di&tRamo«'ta:na2| eilèßo:le3 3 ì'lu:no2 &pRete«ède«do &dj™ßßeRpju'fO;Rte2 delèla;ltRo3 3œ &kwa«doèvi;deRo u«&vjaddZaèto:Re3 3 &keveèni;va in'na;«tsi2 avèvO;lto &n™lma«ètE;llo3 3|| i&duelitièga;«ti32 det'Si:fieRo2 ìal'lo:Ra2œ &keßa&R™bbeß'ta;to pjuèfO;Rte32| ki&foßßeRiu'Si:to2 ale'va;Re ilma«'tE;llo2 al&vjadZaèto:Re3 3|| ilève«to di&tRamo«'ta:na2 &komi«'tSO aßofèfja:Re3 3 ì&ko«vjoèle;«tsa3 3œ| ma'pju ßofèfja:va32| &pjuilvjaddZa'to:Re2 &ßißtRi«èdZe;va &n™lma«ètE;llo3 3\ 'ta;«to2 ìke&allaèfi:ne32œ ilèpO;veRo 've;«to2 doèvEtte deèfii;ßteRe3 3 ìdal&ßuopRoèpO:fiito3 3œ|| il'ßo:le2 ìal'lo:Ra2œ &ßimoß'tRO n™¬ètSe:lo3 3| e&pøko'dO:po2 il&vjaddZaèto:Re32 ì&keße«èti;va 'ka;ldo2œ ˚ßiètO;lße3 3 ˚ilma«ètE;llo3 3| &ela&tRamo«èta:na32 &fukoß'tRE;tta2 ìko'fii;2œ| a&Rikoèno:SeRe32| keil'ßo:le2\ &eRapjuèfO;Rte3 3 ìdièlE;i3 3œ|| ¿&tj™pjaètSu:ta21 ¿&laßto'RjE;lla2| ¿&lavo¬èja;mo Rièpe:teRe21|||) Pronuncia mediatica centrale (romana) 2.4.5. (sib&bistic'ca:vano2 ìu~'Go;rno2œ| il'vEnto di&∂Ramon'ta:na2| eil'qo:le23 ì'lu:no2 &ÊRe∂en'dEndo &d™sseRpãuf'fO;rte2 de'la;ltRo2œ &âwando'vi;de&Ro uMvi&aGGa'∂o:Re23 &âevve'ni;va in'na;nqi2 av'vOlto &nelman'tE;llo23|| i&dueli∂i5ga;nti2 2 de'Si:seRo2 ìal'lo:Ra2œ &âessa&Rebbes'ta;∂op pãuf5fO;rte2 2| kif&fosseRiuS'Si:∂o2 alle'va;Re ilman'tE;llo2 alvi&aGGa'∂o:Re23|| il'vEnto di&∂Ramon'ta:na2 &âomi~'cO assof'fãa:Re23 ì&âoMvio'lE;nqa23œ| map'pãus sof5fãa:va2 2| &pãuilvi&aGGa'∂o:Re2 &sistRi~'Ge;va &nelman'tE;llo23\ 'ta;nto2 ìâe&ala5fi:ne2 2œ il'pO;veRo 'vE;nto2 do'vette de'si;steRe23 ìdal&quoÊRo'ÊO:si∂o23œ|| il'qo:le2 ìal'lo:Ra2œ &simos'trO ne¬'cE:lo23| ep&pøâo'dO:Êo2 ilvi&aGGa5∂o:Re22 ì&âessen'ti;va 'âa;ldo2œ ˚si'tO;lqe23 ˚ilman'tE;llo23| &ela&∂Ramon5ta:na22 &fukkos'tre;tta2 ìâo'si;2œ| a&Riâo5noS:SeRe22| âeil'qo:le2\ &™Rappãuf'fO;rte23 ìdi'lE;i23œ|| ¿&t™ppãa'Su:∂a21 ¿&lasto'rãE;lla2| ¿&lavoj'ja;mo Ri'ÊE:∂eRe21|||)

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Pronuncia manierata (® § 2.4.0) 2.4.6. §(ˇ)@ (si&bisti&'&a;aÑa&co2 ìu~'1oo¸coo2œ| il'vEnto di&t◊amon'ta;acaa2| eil'so;oVe23 ì'lu;ucø2 &p◊eten'dEEndo &d™sse◊pjuf'fOO¸te2 del'laaVt¸o23œ &kwando'vi;ide&◊o uMvi&a11a'to;o¸e23 &kevve'ni;iva in'naacqi2 av'vOOlto &nelman'tEEVVo23|| i&dueliti5gaacti12 de'&i;iëe¸ø2 ìal'lo;o¸a2œ &kessa&◊™bbes'taato pjuf5fOO¸tee12| kif&fosse◊iu«'«i;itø2 alle'va;a◊e ilman'tEEVVo2 alvi&a11a'to;o¸e23|| §(ˇ)@ il'vEEnto di&t◊amon'ta;aca2 &komi~'&OO assof'fja;a¸e23 ì&koMvio'lEEcqa23œ| map'pjus sof5fja;aÑaa12| &pjuilvi&a11a'to;o¸e2 &sist◊i~'1e;eva &nelman'tEEVVo23\ 'taacto2 ìke&alla5fi;ic™12œ il'pOOve◊o 'vEEcto2 do'veette de'ziiste¸™23 ìdal&suop◊o'pO;Oëito23œ|| il'so;oVe2 ìal'lo;o¸a2œ &simos't◊OOn ne¬'&E;EVo23| ep&pøko'do;opo2 ilvi&a11a5to;o¸e12 ì&kessen'ti;iva 'kaaVÃo2œ ˚si'tOOVse23 ˚ilman'tEEVVo23| &ela&t◊amon5ta;aca12 &fukkos't◊eetta2 ìko'zii2œ| a◊&◊iko5noo««e¸ee12| keil'so;oVe2\ &™◊apjuf'fOO¸te23 ìdi'lEEi23œ|| §(ˇ)@ ¿&t™ppja'&u;uta21 ¿&lasto'◊jEEVVaa2| ¿&lavoL'La;amo ◊i'pE;Ete¸ee21|||) Dizionari e grammatiche d'italiano e la (non) cura per la pronuncia 2.5.0. Si deve vedere come i dizionari indicano la pronuncia e se sono accurati nel darla; e bisogna considerare se forniscono varianti o no. Oltre a questo, un indizio sicuro per accertare se curano l'aspetto della pronuncia oppure l'a‚dano a frettolosi incompetenti (che seguono criteri diversi Ó non si preoccupano di verificare ciò che fanno) consiste nel cercare il lemma gliommero /'LOmmero/. Ci sono tre tipi di dizionari: quelli che non mettono la parola o non si preoccupano di distinguere fra /L/ e /gli/, come in glioma /gli'Oma/; poi vengono quelli che per false deduzioni filologiche o etimologiche "inventano& */gli'Ommero/, o lo scopiazzano da qualche sciagurato predecessore; infine, vengono quelli che a‚dano l'ortoepia ai veri esperti che –ovviamente– danno /'LOmmero/. In napoletano, il "gomitolo& è gliòmmero /'LOmmÈrÈ/, anche se deriva da glomerum, con /gl/, come d'altra parte "ghiandola& è gliànnola /'LannÈla/, pur venendo da glandulam. Né si deve dar troppa fiducia alla maggior parte delle grammatiche: basta sfogliarle con attento occhio critico. E il giudizio non dev'essere a‡atto influenzato dal fatto che siano molto di‡use e note, magari anche all'estero. Ma, se trattano di fonologia e fonetica solo "per dovere&, purtroppo non ci si può aspettare molto di buono, come quando "inventano& anche delle possibilità inesistenti e francamente assurde, quali distinzioni per alleviamo o spariamo, che sono perfettamente uguali pur trattandosi di verbi diversi: allevare e alleviare, sparare e sparire, cioè sempre e solo /alle'vjamo, spa'rjamo/ (mentre vorrebbero farci credere che, per i secondi d'ogni coppia, si abbia */allevi'amo, spari'amo/). Ugualmente assurdo sarebbe seguire coloro che ipotizzano pronunce diverse per i numerali sei, sette, otto, rispetto a (tu) sei, (le) sette (religiose), Otto…

3. Inglese 3.0. In questo capitolo, diamo gli accenti "neutri& americano e britannico, nonché una proposta didattica per un accento "internazionale& dell'inglese, utilizzabile proficuamente in manuali e dizionari di pronuncia (e anche "normali&), come pure nell'insegnamento corrente. Si procede tramite la trascrizione diafonemica, elaborata espressamente a tale scopo, con le relative trascrizioni fonetiche e fonotonetiche. Alla fine, sono considerati anche gli accenti "mediatici& (: della televisione) che, ormai, si sentono frequentemente come quelli neutri, sia nei notiziari, sia nei film, sia nelle canzoni. Vocali 3.1.1. csto l'alto numero di fonemi vocalici dell'inglese, conviene senz'altro procedere per gruppi, piuttosto che mettere tutto insieme (anche per facilitare il confronto coll'italiano ed evitare possibili confusioni). L'essenza dei fonemi vocalici inglesi è: monottonghi (brevi e lunghi) /I, E, π, A:, √, Ø, O:, U, È:, È/ e dittonghi /Ii, EI, aE, OE, aO, OU, Uu/; ci sono, inoltre, /i, u/ non-accentati e i diafonemi /π;, A;, Ø;, O;, È;, ¢/ (e qualche altro meno importante – ® § 3.6.7 per un confronto con altri sistemi). Ma, nel volume English Pronunciation˙ ˚ usiamo /ii, uu÷ X, [:, ], r:, ˘:÷ å/, più convenienti di /Ii, Uu÷ π;, A;, Ø;, O;, È;÷ √/. Monottonghi americani 3.1.2.1. Tenendo sempre presente il vocogramma italiano, coi suoi nove foni e sette fonemi (f 2.1), consideriamo ora il vocogramma americano (f 3.1, sùbito dopo viene anche quello britannico, f 3.2), cominciando dagli otto segnali neri˚ che indicano le realizzazioni dei corrispondenti otto fonemi vocalici (in sillaba accentata o no): (¤) /I/, (™) /E/, (π) /π/, (A:) /A:/, (A) /Ø/, (√) /√/, (O:) /O:/, (¨) /U/. Sebbene, nell'accento "mediatico& (® § 3.4.2.2), /A:/ e /Ø/ siano neutralizzati, realizzandosi (A[:]); nel neutro americano, li manteniamo separati, per tre buoni motivi: sono e‡ettivamente diversi, anche se solo per la durata, soprattutto; inoltre, per mantenere il legame diafonemico col neutro britannico; infine, per evidenziare le caratteristiche d'altri accenti, partendo da basi confrontabili, anche se condivise soltanto da una minoranza di parlanti. Ribadiamo, infatti, che la pronuncia neutra viene sempre appresa volontariamente. Esemplifichiamo, ora, i fonemi della f 3.1 (ricordiamo che le trascrizioni, anche fonemiche, hanno l'accento, pure sui monosillabi, a meno che non si tratti di parole che, normalmente, ricorrano senz'accento, nella frase, come la preposizione in ]Ò

3. inglese

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/In/ (¤n), rispetto all'avverbio in /'In/ ('¤n:), o al sostantivo inn /'In/ ('¤n:) "locanda&): ('h¤T) /'hIt/ hit, ('j™s) /'jEs/ yes, ('mπ;n) /'mπn/ man, ('fA;∑≥) /'fA:∑È≤/ fa`er, ('lAT) /'lØt/ lot, ('÷ C[h]>, ‚>÷ c[h]>, G>)b. Inoltre, è possibile avere la realizzazione costrittiva (omorganica) per /-, 'Ch>-, 'ch>-, '˛hø-)b /'ti, -ú>i, -fi>i, -C>i, -c>i, -˛øi)b /'k√nt¤nT¤fl)b /mIs'p™;flæ)b /'®, -Ï>-, -ö˛>-) /'pEtimn\. Normalmente hanno protensione labiale, e sono articolati, più spesso, a punta alta, ma può esser più conveniente non usare i simboli speciali ((c, g)). Inoltre, /G/ (come gli altri fonemi sonori in coppia difonica) si desonorizza davanti a pausa o a C non-sonora: ('G√;ä)a ('Gå;ä)b /'G√G/ judge. Un'osservazione importante, per una buona pronuncia, è che contrariamente agli occlusivi inglesi, /c, G/ non devono mai essere inesplosi, nemmeno davanti a C e, soprattutto davanti a "sé stessi& (solo qui segn(i)amo l'esplosione, (0$)): ('wAc$ 'kh™≥fÍi÷ 'wO;c$)a ('wØc$ 'kh™‘fÍi)b /'wØ;c 'kEÈ≤fÈli/ wab carefulI˚ ('w¤c$ 'chI;iΩ÷ 'W¤c$÷ 'hw-) /'·wIc 'cIiz/ whi> >eese˚ (È'lA:, ('s‘;cT, -¸T, -öcT) /'sÈ:≤ct/ sear>ed, ('s‘;cmi, -¸mi, -öcmi) /'sÈ:≤cmi/ sear> me, ('f™c¤T, -¸¤T, -öc¤T) /'fEcIt/ feb it, ('Th¤icå, -¸å, -öcå) /'tIicÈ≤/ tea>er. Infine, soprattutto in britannico, davanti a pausa o C˚ si può avere anche /c/ = (öS): ('f™öS, 'b™~öS, 's‘;öST, 's‘;öSmi) (esempi già visti) e ('khπc÷ 'khπöS) /'kπc/ cab˚ (¿5w¤c 'b¨k3 3÷ ¿5w¤öS 'b¨k3 3) /'w·Ic 'bUk/ whi> book? Costrittivi 3.2.8.1. Ci sono quattro coppie (difoniche), /f, v÷ †, ∑÷ s, z÷ S, Z/ (f, v÷ †, ∑÷ s, z÷ S, Z). Per /f, v/ si veda quanto detto a proposito di /pf, bv/ (§ 3.2.2.2). Qui, aggiungiamo alcuni esempi che mostrano la frequente riduzione o caduta di /v/: (aÙ'khπ[;]m bÈ'lI;iv&∑πT, -iV&∑-, -i&∑-)a (-A;m b¤-)b /aE'kπ;nù b¢'lIiv∑πt/ I can't believe `at˚ ('g¤vmi 'fa;ÙÑ, 'g¤Vmi, 'g¤mi) /'gIvmi 'faEv/ give me five!˚ (aÙÑ'Sø;¤-)b /∑EÈ≤'laEvz È≤'tEur> will be full÷ would\ (wûD¤pbi'g¨;fl, -öb-, -Tb-) would it be good?˚ (∑™ID'DU;u÷ ∑™IÈD-÷ -wûD-)a (-¯;u)b `\ would do [`\'d]˚ (hiâ'kh√m:, -fl'k-÷ hiûâ÷ hiÈfl-÷ hiwû-)a (-åm:)b he would come [he'd]˚ (¤[Èbbi'naÙs, -Db-÷ ¤pwû-÷ ¤Twû-)a (¤TÈ-)b it would be nice [it'd], ('GI;im wûd's™;I&sø¨, -n Èd-)a (-‘¨)b Jean would sZ so÷ you\ (¤fjÈ'DU;u, -j¯-)a (-¯;u)b if you do˚ (aÉı'Th™¬j√, -j¯, ,ı-÷ aÉûı-÷ aÙwûı-)a …(-j¯, √ı-)b I will tell you [I'll]˚ ('†π˙kj¯, -j√)a (-j¯)b `ank you˚ ('A;ø;bˇi, -b>i)b ®rYberry /-bŒån-¤˙)b /'¤k)b /'mEtÈT)b /'πkjÈØk-w®)b /'Øk-li)b /'¤p-li)b /'i)b} /'kπnùÈ≤bŒ™ITå)…b elevator operator˚ ('laÙT&haÖs 'khIip≥, 'laÙT&haÖs“khIip≥, 'laÙThaÖs&khIip≥)a (-å)…b ligh`ouse keeper÷ si noti: ('laÙT 'haÖs&khIip≥)a (-å)b light housekeeper˘ 3.3.4.3. In fondo, per sapere l'accentazione dei composti, bisogna ricorrere a dizionari attendibili; ma non sempre quelli di pronuncia (che vanno, comunque, senz'altro consultati) sono i migliori, per quest'aspetto. Segnaliamo volentieri i dizionari della Random House che, per l'accentazione secondaria, sono quasi perfetti; ovviamente l'accentazione fornita è americana, ma può andar bene, in generale, anche per la pronuncia britannica, che, nel frattempo, può aver aggiunto, Ó mantenuto, qualche altra variante possibile (generalmente, più da "collocazione& che da "composto& e, quindi, meno utile: weekend˚ icecream˚ N[ York˚ N[ Zealand˚ N[ Hamp´ire…). Inoltre, i dizionari "Advanced& della Oxford indicano i casi "marcati& (e piuttosto imprevedibili, per uno straniero) dell'accentazione primaria di parecchie collocazioni lessicali. In una trascrizione (dia)fonemica, come la nostra, i composti più tipici e nume-

3. inglese

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rosi sono indicati con un solo accento primario /'àà/; quello secondario si ricava facilmente, in quanto il secondo lessema ha il suo accento secondario. Invece, nella maggior parte dei dizionari stampati in America, si segnano pure gli accenti secondari, "/'à&à/&; ma, generalmente, le trascrizioni non-IPA˚ segnano gli accenti dopo la sillaba accentata, purtroppo, non davanti˚ e tramite una semplice di‡erenza di spessore (che non è evidente, a volte, nemmeno con entrambi in præsentia); per cui troviamo, per es., "in scrib’& invece che /In'sk i'bl¯;u32| ∑È5mø: 'khl‘¨sli2 &D¤d∑È'˛h>πvlå2\ 5fÖ;¨ıD ¤Ω'khl‘¨k û'>aÖnD¤m3 3| ìÈn[D]Èö'lA;sT2œ\ ∑È5nø;† 'w¤˙:2 5g™;Iv 'åp ∑iÈ'Th™mpT3 3|| ì'∑™n:2œ ∑È5sån 'SØn 'aÖT3 3 ì'wø;mli3 3œ| Èn¤'mIiDiÈTli2\ ˚∑È5˛h>πvl‘ 'Th¨k 'Øf3 3 ˚¤Ω'khl‘¨k3 3|| ìó's‘;¨2œ ∑È5nø;† 'w¤n:D2 wûzÈ5bla;Ùä TûkûM'f™s2| ∑Èt∑È'sån:3 3 wÇ∑È's˛>Ø˙g‘>3 3 ìÈv∑È'Th¯;u3 3œ|| ¿&D¤G¯'laÙk21 ¿∑È'sTø;>i2| ¿Dj¯5wØn TÈ'h¤È>¤T û'g™n:21|||) Pronuncia inglese "internazionale& 3.5.2.3. (∑È'nø;‰† 'w¤n:D2 Èn∑È'sån:2 wȉD¤'spjuuT¤˙ 'w¤c wÈz∑È'sc) (in tutti gli accenti). Occasionalmente, si può avere "/O:È≤/&, per /O:≤/ (sia "/Or/&, sia "/or/&). I trittonghi non s'attenuano in dittonghi. Anche nel neutro, si ha /I˙/ (¤˙) (non "(Ù˙, ¢˙)&). In Nuova Zelanda, /π;, A;/ = /A:/, /Ø;, O;/ = /Ø/, /¢/ = /È, ±I/ (: /I/ è solo una scelta volontaria); fini´ /'fInIS/ ('fÙnÙS÷ 'f¢n¢S), visit /'vIz¢t/ ('vÙzÈT, 'v¢zÈT). La caratteristica più tipica consiste in (Ù, e) per /I, E/, nel neutro (ma (¢, ¤), negli altri accenti), oltre alla pronuncia dei dittonghi /Ii, EI, aE, OE, aO, OU, Uu/ (simile a quella dell'australiano, del britannico mediatico e del Cockney), come si vede dai rispettivi vocogrammi. Inoltre, /È:-ès˚ -et˚ -Pe˚ -a¤˚ -P(en)t≥, che, però, è piuttosto faticosa, strutturalmente, dato che le altre si sono neutralizzate: infatti, non c'è (più) di‡erenza tra p› e pot˚ entrambi sono ('pP) /'po/, né tra pS e pSx\ ('p°) /'p°/, e, ormai, nemmeno tra bat e bø\ ('bÅ) /'ba/. Abbiamo, per esempio: ('kúe) /'kle/ clé V ('kúE) /'klE/ clPe˚ ('püe) /'pKe/ pré V ('püE) /'pKE/ près˚ ('fe) /'fe/ fée V ('fE) /'fE/ fPt˚ (vÅ'le) /va'le/ vallée V (vÅ'lE) /va'lE/ vallet˚ (på˜'le) /paK'le/ parler V (på˜'lE) /paK'lE/ parla¤˚ (sÅ've) /sa've/ savez V (sÅ'vE) /sa'vE/ savPt˘ È prevalentemente tramite la scuola e la grafia che tale opposizione perdura, essendo utile soprattutto per distinguere certe forme verbali: (&\#på˜'le, /p-) /ZùpaK'le, Sp-/ je parlP (passato: "parlai&) V (&\#på˜'lE, /p-) /ZùpaK'lE, Sp-/ je parla¤ (imperfetto: "parlavo&) e (\#&på˜l#'ºe, /&p-) /ZùpaKlù'Ke, Sp-/ je parlerP (futuro: "parlerò&) V (\#&på˜l#'ºE, /&p-) /ZùpaKlù'KE, Sp-/ je parlera¤ (condizionale: "parlerei&). Per quanto riguarda -P˚ abbiamo: ('\e) /'Ze/ j'P (ma ('\E) /'ZE/ j'Pe]÷ ('áe, 'áE) /'ge, 'gE/ gP˚ ('©e, '©E) /'ke, 'kE/ quP÷ ('bE÷ -e) /'bE÷ -e/ bP˚ ('mE÷ -e) /'mE÷ -e/ mP˚ ('vºE÷ -e) /'vKE÷ -e/ vrP÷ inoltre, troviamo ('mE) /'mE/ ma¤ (con (m™, me) /mE, me/ in protonia), come pure per ('E) /'E/ tu π [il e®]˚ ('fE) /'fE/ je fa¤ [il fPt]˚ ('sE) /'sE/ je/tu sa¤ [il sPt]˚ ('vE) /'vE/ je va¤˚ con (™, e÷ f™, fe÷ s™, se÷ v™, ve) /-E, -e/ in protonia: (&il™'lÅ, -e-) /ilE'la, -e/ il e® là˚ (m™'sÅ2 ‘Å'l∏:˜2’) {(me-)} /mE'sa, ‘a'lOK,’/ {/me-/} ma¤ ça, alors! Vocali nasalizzate 4.1.1.5. Ovviamente, restano le quattro V "nasali& (che è più rigoroso definire nasalizzate), con le loro 6 realizzazioni (o tassofoni), ('ì, ’3) /í/, ('^, ’}) /^/, (Œ) /Õ/, (Ú) /Ú/: (&3s™Æ'tì) /ísEK'tí/ incertPn˚ (}'bº^) /^'bK^/ un brun˚ (pŒ'dŒ) /pÕ'dÕ/ pen-

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manuale di pronuncia

dant˚ (mÚ'nÚ) /mÚ'nÚ/ mon nom÷ accentati e in sillaba caudata, abbiamo: ('pì:dX) /'pídK/ pRndre˚ ('^:ba) /'^bl/ humble˚ ('lŒ:p) /'lÕp/ lampe˚ ('nÚ:bX) /'nÚbK/ nombre˘ Un esempio "curioso&: (}'bÚ 'vì 'blŒ) /^'bÚ 'ví 'blÕ/ un bon vin blanc˘ Questi fonemi possono anche esser seguìti da N: (Œ'~¥i) /Õ'n¥i/ ennui˚ (nÚ'nEtX) /nÚ'nEtK/ non-être˚ (Œm'ne) /Õm'ne/ emmener. Va osservato che, nei vari dizionari e manuali, s'usano solo quattro simboli (uguali, sia che se ne faccia un impiego fonemico, oppure fonetico): "/í, ^, ˙, Ó/&; di questi, per la pronuncia neutra moderna, solo /^/ può andare; gli altri rispecchiano una pronuncia vecchia d'oltre un secolo (quando, appunto, nacque l'Associazione Fonetica Internazionale), durata fino agli anni '950, come neutro. Oggi che il neutro è cambiato, la si ritrova in varie pronunce regionali, anche se, come vedremo, "/í, ^, ˙, Ú/& possono esser utili come rappresentanti d'una pronuncia "internazionale&, meno legata a Parigi e al neutro d'origine parigina (® 4.2). Certi testi (e alcuni dizionari), per i primi tre, usano addirittura "/e, J, Å/&. Nelle trascrizioni del Dizionario di francese (di R. Boch: Zanichelli, 1995’), chi scrive ha messo /í, ^, Õ, Ú/, come qui. Nei libri che usano un solo tipo di trascrizione (spesso un ibrido fra fonetico e fonemico), probabilmente, è più conveniente dare "/π, ^, Õ, Ú/&. La pronuncia neutra moderna mantiene saldamente questi quattro fonemi vocalici nasalizzati, come –del resto– la maggior parte delle pronunce regionali (anche se con timbri diversi, più tradizionali). Invece, per Parigi (col Centro e l'Ovest) /^/ confluisce in /í/, perciò, lì, /'bKí/ vale per brin e anche per brun (nel neutro, rispettivamente, ('bºì, 'bº^)). Ovviamente, anche l'accento "mediatico& perde un fonema, unificando queste forme, e altre simili. Per tutto ciò si veda più avanti (§ 4.4.2.1-2 “ § 4.5.2.3). Altre peculiarità delle vocali francesi 4.1.2.1. Per quanto riguarda le V non-accentate, sarà bene dare alcune indicazioni cui attenersi, per produrre il risultato più conveniente. Infatti, le trascrizioni dei dizionari e dei manuali non concordano che parzialmente, perché ci sono vari fattori in gioco. Per rendere più semplice l'esposizione, diciamo che –indipendentemente dalla grafia e dalle trascrizioni dei dizionari– ci sono i seguenti "adeguamenti vocalici&: per /’E/ (cioè l'arcifonema di /e, E/), si ha (e) /e/, in pretonica non-caudata, se è seguìta da una V (più) "chiusa& (: /i, y, u÷ e, °, o÷ Ú/}: (e'te) /e'te/ été˚ (me'zÚ) /me'zÚ/ ma¤on˚ (le'z,°) /le'zj°/ lπ ySx˚ (&ºepe'te) /Kepe'te/ répéter˘ Si ha, invece, (™) /E/, in pretonica non-caudata, quando sia seguìta da una V (più) "aperta& (: /E, §, O÷ a÷ í, ^, Õ/) e anche in sillaba caudata (indipendentemente dal contesto): (™'tE) /E'tE/ éta¤˚ (™'tŒ) /E'tÕ/ étant˚ (l™'z∏m) /lE'zOm/ lπ hommπ˚ (&ºep™'tE) /KepE'tE/ répéta¤÷ e (&ev™n'mŒ) /evEn'mÕ/ événement˚ (m™t'sì) /mEt'sí/ médecin˚ (p™ú'te) /pEl'te/ pelleter˚ (p™˜'_y) /pEK'dy/ perdu˚ (™d'mi) /Ed'mi/ et demi˚ (t™Æ'p∏:˜) /tEK'pOK/ tπ reports˚ (s™ú'sÚ) /sEú'sÚ/ sπ leçons˚ (&l™sp™©'tÅka) /lEspEk'takl/ lπ spectaclπ˚ (d™p'n°) /dEp'n°/ dπ pne¨˘ Per ex-˚ πC- (iniziali) c'è una forte tendenza ad avere /e/: (™á'zŒ:pa, e-) /Eg'zÕpl, e-/ exemple˚ (&™s©Å'¬,e, &e-) /Eska'lje, e-/ πcaliers˘

4. francese

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Gli esempi di sillabe caudate, mostrano (volutamente), nei due casi visti, che il timbro della V che segue non ha importanza (essendo, qui, proprio l'opposto). Si ricordi sempre che l'ortografla (non essendo a‡atto una trascrizione fedele della struttura fonica) può giocare brutti scherzi… Per -err-˚ si ha /’EK/, ma ci può essere anche l'adeguamento: (t™'ºiba, te-) /tE'Kibl, te-/ terrible˚ (s™'ºe, se-) /sE'Ke, se-/ serrer˚ ma (&p™˜Ö'©E) /pEKO'kE/ perroquet÷ inoltre, (&Ppü#&m,™ ˜™'tÅ:\) /opKù'mjE KE'taZ/ au premier étage˚ (&}l™'\™ ˜Œ'~¥i) /^lE'ZE KÕ'n¥i/ un léger ennui (nonostante (pü#'m,e, le'\e) /pKù'mje, le'Ze/ premier˚ léger]˘ Ci sono oscillazioni possibili per -er + V- e per la grafia é (verso /e/): (&}le'\e ˜Œ'~¥i, &Ppü#&m,e ˜e'tÅ:\)÷ e, per P˚ Z (verso /E/): (púe'zi:˜, pú™-) /ple'ziK/ pla¤ir˘ 4.1.2.2. D'altra parte, le forme isolate influiscono spesso su quelle contestualizzate, pure in sillaba caudata, come in (&\evizi't™l nÅ'vi:˜, -tel) /Zevizi'tEl na'viK, -tel/ j'P v¤ité le navire˚ anche per -ez\ (&v¯lÅ'v™Æ kÖ'ny) /vula'vEK kO'ny, -eK/ vo¨ l'avez reconnu, nonché per i monosillabi proclitici in -π\ (t™Æ'p∏:˜, teÆ-) /tEK'pOK, teK-/ tπ reports˚ (s™ú'sÚ, seú-) /sEl'sÚ, sel-/ sπ leçons˚ (&l™sp™©'tÅka, les-) /lEspEk'takl, les-/ lπ spectaclπ˚ (d™p'n°, dep-) /dEp'n°, dep-/ dπ pne¨÷ anche (™d'mi, ed-) /Ed'mi, ed-/ et demi˘ Infine, osserviamo che l'e‡etto dell'adeguamento vocalico, in sillaba non-caudata, può risalire anche oltre la pretonica, purché non intervengano sillabe con V di timbri diversi: (&ºepe'te) /Kepe'te/ répété˚ (&º™p™'tÅ) /KEpE'ta/ répéta÷ (&beáe',e) /bege'je/ bégZer˚ (&b™á™'mŒ) /bEgE'mÕ/ bégPement˘ Anche per /’◊/ (da non confondere con (`), "zero&), in sillaba non-caudata [fonicamente˚ è ovvio; e, sempre, indipendentemente dalle trascrizioni che si trovano in giro), abbiamo (°) /°/ + V (più) "chiusa& e (#) /§/ + V (più) "aperta&: (pú#'v°Å:˜) /pl§'vwaK/ plSvoir˚ (pú°'ºe) /pl°'Ke/ plSrer; mentre per /’O/, in sillaba non-caudata, si ha generalmente (Ö) /O/, tranne quando sia seguìto immediatamente da /z/, o da sillaba con /o/, o non derivi da /o/ e in -otion\ (&mÖnÖ't∏n) /mOnO'tOn/ monotone˚ (&sÅlÖ'pEt) /salO'pEt/ salopette˚ (bÖ'se) /bO'se/ bosser˚ ma (\P'zEf) /Zo'zEf/ Josè#e˚ (bP'bP) /bo'bo/ bobo˚ (ºP'ze) /Ko'ze/ rosée˚ (&gºPs¿™Æ'te) /gKosjEK'te/ grossièreté˚ (&emP's¿Ú) /emo'sjÚ/ émotion˘ Anche per le grafie ô˚ au (non-accentate), più spesso c'è /O/: (&Öpi'tÅl) /Opi'tal/ hôpital˚ (Ö'º∏:˜) /O'KOK/ aurore˚ (mÖ'ºis) /mO'Kis/ Maurice˚ (Ö˜'v°Å:˜) /OK'vwaK/ au revoir˘ In aujourd'hui˚ la preposizione articolata tiene bene; invece, è la seconda sillaba che cede di più, anche a causa di /’uK˘/: (&P\¨˜'_¥i, -\Ö˜-) /oZuK'd¥i, -OK-/; ma si può sentire anche (&Ö\Ö˜-, &¯\¨˜-) "/OZOK-, uZuK-/&. Per b›coup [b› + coup] si ha, ovviamente, (bP'k¯) /bo'ku/, ma la tendenza ad avere /’O/ è talmente forte che, siccome sarebbe abbastanza assurdo un */bO'ku/, si finisce coll'avere, spessissimo, (b¯'k¯) "/bu'ku/&. Anche surtout e au fur et à mesure presentano la frequente pronuncia colloquiale (s¨˜'tU, P&f#˜Åm'zy:˜), per (sY˜'tU, P&fy˜eÅm'zy:˜) /syK'tu, ofyKeam[ù]'zyK/. Pure per /°, §/, la forma base conta abbastanza: (d°'z,Em) /d°'zjEm/ dSxième˚ (b#'ºe) /b§'Ke/ bSrrer˘ In sillaba caudata, troviamo, in entrambi i casi, (#) /§/, (Ö) /O/: (s#l'mŒ) /s§l'mÕ/ sSlement˚ (pÖs'te) /pOs'te/ po®er˘ Per /’^, ’Õ/, e per /’iK˘, ’yK˘, ’uK˘/, s'è già detto sopra (§ 4.1.1: si rivedano gli esempi). In tutti gli altri casi, nella pronuncia neutra moderna, in sillaba non-accentata, si ha (i, y, ¯÷ Å÷ Œ, Ú) /i, y, u÷ a÷ Õ, Ú/.

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manuale di pronuncia

4.1.2.3. Un'altra peculiarità interessante del francese neutro moderno è la tendenza alla desonorizzazione, in certi contesti, di /i, y, u/; questa tendenza è ancora più consistente per le C˚ come si vedrà sotto. Quindi, tra C non-sonore, o tra queste e una pausa successiva, più o meno frequentemente troviamo (i, Û, U): (&püÖfi'te) /pKOfi'te/ profiter˚ (påÆ&+i©y'¬,e) /paKtiky'lje/ particuliers˚ (m™Æ'si) /mEK'si/ merci˚ (tŒ'pi) /tÕ'pi/ tant p¤˚ (pÛ't#Å) /py'twa/ puto¤˚ (&ÅkUs'+i©) /akus'tik/ acou®ique˚ (påÆ'tU) /paK'tu/ partout˚ nonché il pittoresco ('°i, '°î, '°îâ) /'wi/ ("/'wih/&) oui!˚ ('°îâ2 '\Em 5b,ì1 1 füŒ's#Å; %zŘ'_îâ2) /'wi, 'ZEm 'bjí÷ fKÕ'swa zaK'di,/ oui, j'Pme bien Franço¤e Hardy˘ Davanti a pausa, la desonorizzazione può avvenire anche dopo C sonora, ma solo parzialmente, (î, ÿ, û): (må˜'_î) /maK'di/ mardi˚ (&ŒtŒ'_ÿ) /ÕtÕ'dy/ entendu˚ (d#'bû) /dù'bu/ debout˘ Anche tra C non-sonora e una sonora, /i, y, u/, frequentemente, si desonorizzano: (&l#påÆ'+î d[#]) /lùpaK'ti d[ù]/ le Parti de…˚ (Å©&+îvi'te) /aktivi'te/ activité˚ (&kÚfÿ'z,Ú) /kÚfy'zjÚ/ conf¨ion˚ (&dekû'pÅ:\) /deku'paZ/ découpage˘ Più raramente, tra C non-sonore e pausa, anche /e, °, o/ possono esser desonorizzati: (&ºÅkÚ'tE) /KakÚ'te/ raconté˚ (le'd‚) /le'd°/ lπ dSx˚ (pÅú't≥) /pal'to/ paletot˘ Consonanti 4.2.0. La tabella della f 4.2 dà le articolazioni consonantiche del francese, che sono necessarie per una pronuncia adeguata di tale lingua. Le f 1.9-15 danno, invece, gli orogrammi, raggruppati per modi d'articolazione, di tutti i contoidi dati nei capitoli di questo volume, anche come varianti secondarie, occasionali, o regionali, per le 12 lingue trattate. Quest'esposizione rende più immediati i necessari confronti fra idiomi diversi.

n (˙) ö m F pb t d (T D) ƒ f v _ s z ß ó (l) l ‹

(n)

(~) N (+ _) (© á) (,)

uvulari

velari

provelo-labiati

pospalato-labiati

palatali

prepalatali

postalveo-prevelo-prolabiati

alveo-velari

alveolari

dentali

labiodentali

bilabiali

f 4.2. Tabella delle consonanti francesi.

{˙} kg (X º)

/ \ (â) /j/ ¥ (¬)

°

(˜) /K/

4. francese

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Nasali 4.2.1. In francese ci sono tre fonemi tradizionali: /m, n, N/. È bene mantenere anche l'ultimo, sebbene abbia, ormai, quasi perso la sua fonematicità, confluendo in /nj/ (come, da tempo, ha fatto /L/, che non c'è più, in francese, confluito in /j/): (mÅ'mŒ) /ma'mÕ/ maman˚ (nÅ'nŒ) /na'nÕ/ nanan˚ (pÅ'~,e) /pa'nje/ panier˚ (Å'NP, Å'~,P) /a'No/ agn›˚ (&Œs™N'mŒ÷ -~,#-) /ÕsEN'mÕ/ ensRgnement˚ (mÚ'tÅN÷ -Å~,) /mÚ'taN/ montagne˘ Il passaggio a /nj/ è più frequente (e per molti, ormai, normale) davanti a V˘ Se /N/ sta perdendo piede, c'è uno xenofonema (inglese) che si sta facendo posto (e, teoricamente –almeno, vìstane la distribuzione limitata– l'equilibrio del sistema fonologico si potrebbe ristabilire, con la sostituzione tra questi due N]˚ comunque, al momento, la realizzazione di -ing inglese, come in camping˚ oscilla parecchio; la pronuncia considerata più consigliabile è velare, (-i˙) (all'inglese), o prevelare, (-i”) (per assimilazione parziale): (kŒ'pi˙, -”); o anche palatale, (-iN) (soprattutto per anziani); troviamo anche (-i˙g, -i”Ò, -iNá) (come resa più autoctona). Per /nj, n¥/ (tautosillabici), abbiamo (~,, ~¥): (pÅ'~,e) /pa'nje/ panier˚ (y'~,∏l) /y'njOl/ une yole˚ (Œ'~¥i) /Õ'n¥i/ ennui. (Popolarmente, troviamo che /nj/ e /N/ tendono a confondersi in (N): (mÅ'~,E:˜) /ma'njEK/ manière diviene (må'NE:‰, mÅ-), ma ciò non va imitato.) Normalmente, /n/ non s'assimila a una C eterosillabica seguente (come avviene, invece, nella maggior parte delle lingue), per cui abbiamo (compreso ((yn$-)), quasi (&yn#-), con stacco piuttosto evidente): (yn'p∏m) /yn'pOm/ une pomme˚ (yn'bŒ:©) /yn'bÕk/ une banque˚ (yn'mE:˜) /yn'mEK/ une mère˚ (&ynp™Æ's∏n pÅ's¿Œ:t) /ynpEK'sOn pa'sjÕt/ une personne patiente˚ (yn'fi,) /yn'fij/ une fille˚ (&ynvÅ'li:z) /ynva'liz/ une val¤e˚ (yn'/E:z) /yn'SEz/ une >a¤e˚ (yn'No:l) /yn'Nol/ une gnôle˚ (mÅn'©ì) /man'kí/ mannequin˚ (&yn©Å'ºEs) /ynka'KEs/ une carπse˚ (yn'g¯t) /yn'gut/ une goutte÷ e (&yn+y'lip) /ynty'lip/ une tulipe˚ (yn&_,ÅgÖ'nÅl) /yndjagO'nal/ une diagonale˚ (&ynºe'pÚ:s) /ynKe'pÚs/ une réponse. Solo in pronuncia spesso valutata come non-neutra, o quasi, si possono avere delle coarticolazioni per /n/ davanti a C dorsali: (~) (a punta alta) + (N, ©, á) e (n) + (k, g÷ º, ˜): (y~'No:l, mÅ8'©ì, &y8©Å'ºEs, yn'g¯t, &ynºe'pÚ:s). ccino a C non-sonora, come già visto in alcuni esempi, le N si desonorizzano, fino all'assordimento completo davanti a pausa: (}p'n°) /^p'n°/ un pnS˚ ('püis)) /'pKism/ pr¤me˘ Occlusivi 4.2.2. I fonemi sono tre coppie (difoniche): /p, b÷ t, d÷ k, g/, con importanti coppie di tassofoni: prepalatale, /t, d/ (+, _), davanti a /i, y÷ j, ¥/ (e, meno sistematicamente, anche davanti a /e, °/); un'altra, alveolare (meno importante), per /t, d/ (T, D), davanti a /S, Z/ (mentre, davanti a /s, z/, restano dentali); e una palatale o, meglio, pospalatale, per /k, g/ (©, á) (simboli più adatti sono ((£, 8)), ma non è proprio necessario usarli), davanti a V anteriori (compresi /a, ù/), davanti a /j, ¥/ e an-

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che in fine di sillaba o di ritmia, davanti a pausa. Negli altri casi, l'articolazione "velare&, (k, g), può essere anche prevelare, ((´, Ò)), ma non è –ugualmente– necessario usare simboli speciali. Ma vediamo degli esempi: (p¯'pe) /pu'pe/ poupée˚ (be'be) /be'be/ bébé˚ ('t¯t) /'tut/ toute˚ (d¯'d¯n) /du'dun/ doudoune˚ (+y'_i) /ty'di/ tu d¤˚ ('+¿ì) /'tjí/ tiens˚ (kÚ'_¥i:˜) /kÚ'd¥iK/ conduire˚ (e'te÷ e'+e) /e'te/ été˚ ('d°÷ '_°) /'d°/ dSx˚ (©Å¯T'/U) /kaut'Su/ caout>ouc˚ (&ÅD\™©'+if) /adZEk'tif/ adjectif˚ (&s3mÖ'ºits) /símO'Kits/ SPnt-Moritz˚ (pid'zÅ) /pid'za/ pizza˚ (pi©'ni©) /pik'nik/ pique-nique˚ ('k∏©) /'kOk/ coq˚ (áÅ'áÅ) /ga'ga/ gaga˚ ('lŒ:á) /'lÕg/ langue˚ ('gºP) /'gKo/ gros˚ ('gºi) /'gKi/ gr¤˚ ('kúÅ©) /'klak/ clac! Davanti a C tautosillabica, restano (k, g) ({pro}velari), come si vede da alcuni di questi esempi. C'è l'assimilazione completa di sonorità, al secondo elemento (se difonico), in casi come: (&Ån™á'd∏t) /anEk'dOt/ anecdote˚ (&º™T/P'se) /KEdSo'se/ rez-de->a¨sée˚ (m™t'sì) /mEd'sí/ médecin˚ (&ÅpsÖ'ly) /absO'ly/ absolu˚ (&s™d'dÅm) /sEt'dam/ cette dame˚ ('k¯b d#/Œ'pÅN) /'kup dùSÕ'paN/ coupe de >ampagne˚ (/Åg'\¯:˜) /Sak'ZuK/ >aque jour˚ (&Åv™á'v¯) /avEk'vu/ avec vo¨. In questi casi, un rallentamento della pronuncia può portare a un'assimilazione solo parziale: (&Ån™ˆ'd∏t, &º™fl/P'se, m™∂'sì, &ÅÊsÖ'ly, &s™∂'dÅm, 'k¯Ê d#/Œ'pÅN, &Åv™ˆ'v¯). È per questo che, nelle trascrizioni fonemiche, manteniamo i fonemi etimologici, mentre per le V indichiamo senz'altro i timbri e‡ettivi, visto che utilizziamo simboli più precisi (nonostante le trascrizioni dei dizionari –anche di pronuncia– che, però, non considerano articolazioni intermedie!). Invece, se il secondo segmento non è difonico (compreso /j/), non c'è l'assimilazione di sonorità appena considerata: (&Åv™©'n¯) /avEk'nu/ avec no¨˚ (&Åv™©'1¥i) /avEk'l¥i/ avec lui˘ Costrittivi 4.2.3.1. Ci sono tre coppie (difoniche), /f, v÷ s, z÷ S, Z/, oltre a due fonemi sonori isolati, /j, K/ (invece dei più "legittimi& simboli "/J, º/&), che vedremo in séguito. Osserviamo che /s, z/, di solito, sono articolati con la punta (della lingua) alta, per cui, volendo evidenziare questo fatto, a fini contrastivi e didattici, si potrebbe ricorrere ai simboli supplementari ((s, z)); ma, la caratteristica maggiore riguarda /S, Z/, che, generalmente, sono postalveo-prevelo-prolabiati, (/, \) (con un timbro più cupo, dovuto all'abbassamento del dorso della lingua fra le due strette articolatorie, postalveolare e prevelare). Esempi: ('fE:˜) /'fEK/ fPre˚ ('vif) /'vif/ vif˚ ('sŒ) /'sÕ/ cent˚ ('vÅ:z) /'vaz/ vøe˚ ('/Å) /'Sa/ >at˚ ('pÅ:\) /'paZ/ page˘ L'assimilazione di sonorità (al secondo elemento) riguarda anche le coppie difoniche di costrittivi: (n¯v'zÚ) /nuf'zÚ/ no¨ fa¤ons˚ ('ºP;s påÆfy'me) /'Koz paKfy'me/ rose parfumée˚ ('vÅ\ 'v,E,) /'vaS 'vjEj/ va>e viRlle˚ (/'sE) /Z'sE/ je sa¤÷ però, abbiamo (/f) /Sv/: (/'fÅl) /S'val/ >eval˚ (Å/'fe) /aS've/ a>evé˘ Rallentando, anche qui, possiamo avere (n¯Ñ'zÚ, 'ºP;Ω påÆfy'me, 'vÅ? 'v,E,, ?'sE÷ /'ÑÅl, Å/'Ñe). D'altra parte, parlando velocemente, abbiamo casi come: (/™'pÅ) /Z{ùn}sE'pa/ je (ne) sa¤ pø. Per /j/, va sùbito detto che, più che un vero costrittivo, è un "semi-costrittivo&,

4. francese

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(,), infatti si colloca a metà strada fra l'approssimante, (j), e il costrittivo (sonoro) vero e proprio, (J) (decisamente più raro nelle lingue del mondo): (',E:˜, i',E:˜) /'jEK, i'[j]EK/ hier˚ (©Å',e) /ka'je/ cahier˚ ('p¿e) /'pje/ pied˚ (,P',P) /jo'jo/ yo-yo˚ (&Åt#'¬,e) /at§'lje/ atelier˚ (fÅ'mi,) /fa'mij/ famille˚ (sÖ'lE,) /sO'lEj/ solRl˚ (f#¿'tÚ) /f§j'tÚ/ fSilleton˘ Davanti a pausa, spesso si ha (¿): (fÅ'mi¿, sÖ'lE¿). La fonotassi francese, contrariamente a quella italiana, ha anche /Sj, Zj/: ('/¿ì) >ien˚ (ºe'\,Ú) région˘ Sequenze come //0Ki'é, 0li'é// sono realizzate con (i',é), e quindi anche la trascrizione fonemica più conveniente e più moderna dà /i'jé/: (püi',e) prier˚ (püi',§:˜) priSr˚ (púi',Å) plia˚ (&sÅbli',e) sablier˘ Perciò, (bºi',Œ) indica sia brillant che Briand÷ ma –eventualmente– si può avere (bºi'Œ) /bKi'Õ/ per Briand˚ in pronuncia controllata. Inoltre, abbiamo: (pe'i, pe',i) /pe'[j]i/ pZs˚ (&Åbe'i, -e',i) /abe'[j]i/ abbZe˘ 4.2.3.2. Per quanto riguarda /K/, la pronuncia neutra ha due tassòfoni (con desonorizzazioni, e altre possibilità, che indicheremo): il costrittivo uvulare sonoro, (º), davanti a V accentata, dopo consonante (tauto- o etero-sillabica) e dopo pausa; e l'approssimante uvulare (sonoro), (˜), davanti a V non-accentata, davanti a consonante (eterosillabica) e davanti a pausa. Esempi del costrittivo: (ºÅ'_,P) /Ka'djo/ radio˚ ('ºy) /'Ky/ rue˚ (pÅ'ºi) /pa'Ki/ Par¤˚ ('tüE) /'tKE/ très˚ (&püevi'z,Ú) /pKevi'zjÚ/ prév¤ions˚ (&p™lºi'nÅ:\) /pElKi'naZ/ pèlerinage˚ ('©ÅtX) /'katK/ quatre˚ ('s¯fX) /'sufK/ soufre˚ (º#'püŒ:dX) /Kù'pKÕdK/ reprendre÷ gli esempi mostrano le desonorizzazioni tipiche e anche l'assordimento completo, in (X), tra C (pure sonora) e pausa. Rallentando, o precisando la pronuncia, tra C sonora e pausa, si può avere anche (ºï): ('li:vX, -vºï) /'livK/ livre˘ Esempi dell'approssimante: (&Ři've) /aKi've/ arriver˚ (&lŘÅ'_,P) /laKa'djo/ la radio˚ (påÆ'+i:˜) /paK'tiK/ partir˚ (Ö˜'v°Å:˜) /OK'vwaK/ au revoir˘ Va, sùbito, aggiunto che una variante frequente di (º) è il vibrante uvulare sonoro, (K) (e questo può spiegare perché usiamo /K/, che, genericamente, indica il punto d'articolazione uvulare, per aiutare a evitare realizzazioni straniere): ('Ky, pÅ'Ki, 't»E, &p»evi'z,Ú, &p™lKi'nÅ:\, '©Åt', K#'p»Œ:d', 'li:v', -Kï); ciò è frequente dopo C tautosillabica, soprattutto /p, t, k/, ('k»°Å:˜) /'kKwaK/ croire˚ mentre dopo /b, d, g/ si ha anche il vibrato uvulare (sonoro): ('bº^÷ 'br-÷ 'bK-) /'bK^/ brun˚ (dºÅ'pP÷ dr-÷ dK-) /dKa'po/ drap›˚ ('gºŒ÷ 'gr-÷ 'gK-) /'gKÕ/ grand˘ Per enfasi, (º, K) possono sostituire anche (˜): ('fE:˜÷ -º÷ -K) /'fEK/ fPre˘ A volte, si può avere anche il vibrante, o vibrato, costrittivo uvulare, (˜, Í) (e il non-sonoro (º)), specie dopo /p, t, k/: ('g˜Œ, 'gÍŒ, 'tÜE, '©Åtº). D'altra parte, si può trovare anche un semi-costrittivo velare sonoro (col costrittivo velare non-sonoro, nel contesto di desonorizzazione): ('gyŒ, 't@E, '©Åtx). Approssimanti 4.2.4. A parte il tassofono (˜) di /K/ (appena trattato, coi costrittivi), abbiamo due fonemi approssimanti centrali, (¥) /¥/ (pospalato-labiato) e (°) /w/ (provelo-labiato, per il quale si potrebbe usare, abbastanza tranquillamente, il simbolo (w) del velo-labiato, come in altre varietà di pronuncia, trattate alla fine del capitolo;

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ma si perderebbe l'occasione di mostrare una sfumatura non trascurabile): ('s¥i) /'s¥i/ su¤˚ ('~¥i) /'n¥i/ nuit˚ ('¬¥i) /'l¥i/ lui˚ ('l°i) /'lwi/ Lou¤˚ ('m°Å) /'mwa/ mo¤˚ ('p#Å) /'pwa/ po¤˚ ('s#Å:˜) /'swaK/ soir˘ Gli esempi mostrano pure assimilazioni di sonorità (e di punto d'articolazione), oltre al fatto importante che /¥/ e /w/ sono due fonemi diversi, anche da /j/. Nel caso di /lw/, si può avere, per assimilazione, (]°), con /l/ realizzato come semi-velare. Le sequenze di /0K, 0l/ + /y, u/ restano tali, senza l'inserimento d'approssimanti (contrariamente a quanto avviene per //é'i, i'é//, che normalmente passano a /é'ji, i'jé/, § 4.2.3): (&Öpstüy'e) ob®ruer˚ (gly'Œ) gluant˚ (kú¯'e) clouée˚ (tü¯'Œ) trouant˘ Laterali 4.2.5. C'è un solo fonema laterale (oggi, ® § 4.2.1), (l) /l/, che s'assimila per la sonorità (e, davanti a /j/, per il punto d'articolazione): ('lyn) /'lyn/ lune˚ ('p#Ål) /'pwal/ poil˚ (Å'le) /a'le/ aller˚ ('bl°) /'bl°/ blS˚ ('kúe) /'kle/ clef˚ ('fúy) /'fly/ flux˚ (Åú'pì) /al'pí/ alpin˚ (™á'zŒ:pa) /Eg'zÕpl/ exemple˚ ('Ú:ka) /'Úkl/ oncle˚ ('Ú:ga) /'Úgl/ ongle˚ ('s¯fa) /'sufl/ sou·e˘ Rallentando o precisando la pronuncia, tra C sonora e pausa, si può avere anche (lï): ('Ú:ga÷ -lï). A volte, si può sentire qualcosa a metà strada, con (Í): ('ÚkÍ, 'Ú:gÍ). In /lj, l¥/ si ha l'articolazione prepalatale: (s¯'¬,e) /su'lje/ soulier˚ ('¬,°) /'lj°/ liS˚ ('¬¥i) /'l¥i/ lui. Spesso, in pronuncia non-neutra, /lj/ e /j/ tendono a confondersi in /j/: (mi'¬,Ú÷ mi',Ú) million˚ (mi'¬,°÷ mi',°) miliS˚ per cui (s¯'¬,e) soulier e (&fyzi'¬,e) f¨ilier possono corrispondere a (s¯',e) souiller˚ (&fyzi',e) f¨iller˘ Strutture 4.3.0. Fra i segmenti, i problemi maggiori sono dati dal fonema vocalico non-accentato, graficamente reso con e (tranne in qualche caso eccezionale, come monsiSr˚ fa¤ons); mentre, al livello della fonìa –o del parlato connesso– è tipico il fenomeno della lia¤on (§ 4.3.3.1-3). Il fonema /ù/ (instabile) 4.3.1.1. Nella pronuncia neutra moderna, /ù/ s'articola come /§/ non-accentato: (#) (f 4.1). Ci sono vari termini, più o meno impropri, per indicarlo, come: "schwa, e caduc, e muet&. Il suo uso e la sua distribuzione costituiscono una delle caratteristiche principali del sistema fonologico del francese, anche se il suo status fonemico può esser discutibile. Il più delle volte, sembra che /ù/ (#) sia introdotto, nella pronuncia, per evitare lunghe sequenze di C di‚cili da pronunciare; perciò, da una trascrizione fonemica come //msj°, ddÕ, at'lje//, Â, si potrebbero ottenere gli e‡ettivi: (m#'s¿°, d#'dŒ, &Åt#'¬,e) monsiSr˚ dedans˚ atelier˚ come forme isolate; nella catena parlata, poi, le forme più normali sono, per esempio: (}≈'s¿°)

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/^m'sj°/ un monsiSr˚ (lÅd'dŒ) /lad'dÕ/ là dedans˚ mentre atelier resta invariato. Oppure, si potrebbe partire da una forma "piena&, o "isolata&, che conserva tutte queste ™ in®abili (che è la più comune nella lettura tradizionale dei versi e, più spinta ancora, nelle parlate del Sud della Francia, il Midi]˚ dalla quale si farebbero cadere tutte le /ù/ possibili, senza complicare la pronuncia con gruppi di‚cili o impossibili: //bOnù'tKi// bonnetrie˚ //ZùtùlùKù'di// je te le red¤˚ per i normali (bÖn'tüi, &/t#lº#'_i÷ &\#tú#˜'_i). Generalmente, si conservano, nelle trascrizioni fonemiche dei dizionari, gli /ù/ che non cadono nella pronuncia delle forme isolate, tralasciando gli altri; perciò, ora vedremo quando possono cadere anche quelli normalmente segnati. 4.3.1.2. Praticamente, la caduta d'uno o più /ù/ può avvenire se i gruppi consonantici, che vengono in contatto, possono ricorrere già all'interno di parola, per esempio: /lst, ksj, kskl, kspK, ksplw, Kkw, Ks¥, KstK, Kmn/, Â, come in: (sÖús'tis) /sOls'tis/ sol®ice˚ (&™ázÅ©'s¿Ú) /Egzak'sjÚ/ exaction˚ (&™kskúÅ'me) /Ekskla'me/ exclamer˚ (&™kspüi'me) /EkspKi'me/ exprimer˚ (™ks'pú°Å) /Eks'plwa/ exploit˚ (p¨Æ'k#Å) /puK'kwa/ pourquoi˚ (p¨Æ'sÎit) /puK's¥it/ poursuite˚ (&syp™Æs'tüÅ) /sypEKs'tKa/ super®rat˚ (&ip™˜mne'zi) /ipEKmne'zi/ hypermnésie. Generalmente, si può aumentare il numero dei C in contatto, se la caduta di /ù/ comporta l'aggiunta –prima o dopo– di costrittivi, approssimanti, laterali e nasali (ma anche d'occlusivi): (©is'sE;Æt 'sÅ÷ &©is#'s-) qui se sert de ça?˚ (\#n&l#˜_i'pÅ, \&n#lº#-) je ne le red¤ pø˚ (&ynp+it'fi,) une petite fille˚ (&+ynsüÅ'pÅ) tu ne serø pø˚ ([&i¬],Å&bPk¯d'mÚ:d) il y a b›coup de monde˚ (&Únpå˜'lE ©#t'sÅ) on ne parlPt que de ça˚ (&™s©#&\#úsÅ'vE, ™zá&\#ú-) e®-ce que je le sava¤?˚ (\mŒ'fi/) je m'en fi>e! Inoltre: (/&kü°Å'b,ì) je cro¤ bien˚ (s&n™pÅ'sy:˜) ce n'e® pø sûr˚ (s&©i[ú]t#'fP, s©it'fP) ce qu'il te faut˚ (s&tü3'lÅ) ce trPn là˚ (/&sÎikÚ'tŒd lÅ'v°Å:˜) je su¤ content de la voir [de l'avoir]˚ (/t#ld'mŒ:d, /&t#ld#'m-) je te le demande˚ (&s™á\#n&t#ldv™'pÅ, -d#v™-, s™©/&t#l) c'e® que je ne te le deva¤ pø˚ (lve'v¯, &l#-) levez-vo¨!˚ (m&nem°Å'lÅ, m#&ne-) menez-moi là!˚ (\'_i kúemÖ'+iv dlŒ'fŒn sÚpÅ'bÚ, -+if) je d¤ que lπ motifs de l'enfant ne sont pø bons˚ (&sY˜l#'bŒ, syl-) sur le banc˚ (si&\#nt#l_i'pÅ, &si/t#l-) si je ne te le d¤ pø˚ (il&m#ldmŒt'pÅ, in&m-, &inm#l&d#-) il ne me le demande pø. All'interno di parola, troviamo: (bÖn'tüi) bonneterie˚ (©Ås'ü∏l) cøserole˚ (Åm'ne) amener˚ (Å'púe) appeler˚ (\¯'ºe) jouerP˚ (pú™n'mŒ) plRnement÷ ma: (&Œgl#'tE:˜) Angleterre˚ (&m™Ækü#'_i) mercredi˚ (&på˜l#'mŒ) parlement˚ (&fÖÆt#'mŒ) fortement˚ (&Œpú#'mŒ) amplement˘ Per parle-m'en, si ha più spesso (på˜l'mŒ), che si può sentire pure per parlement˚ in discorso veloce, o no. 4.3.1.3. Per gl'italiani è importante tener presente la di‡erenza che c'è col francese, per sequenze di /0/ + /m, n, K, l/ + /j/, che sarebbero troppo pesanti, per cui c'è un /ù/ stabile: (&sÖm#'¬,e) sommelier˚ (&n¯s#'m,Ú) no¨ semions˚ (&sŒt#'~,e) centenier˚ (&v¯t#'~,e) vo¨ teniez˚ (&n¯s#'º,Ú) no¨ serions˚ (&v¯/Œt#'º,e) vo¨ >anteriez˚ (&ºi/#'¬,°) Ri>eliS˚ (&n¯zÅp#'¬,Ú) no¨ appelions˚ ma (©Ås'p¿e) cøse-pieds˚ (s™t'p¿Es) cette pièce˚ (bÖn'+¿e) bonnetier˚ (/åÆ'+¿e) >arretier˚ (p™ú'+¿e) pelletier˘ Lo stesso avviene per /¥, w/: (/e&s#¬¥i'si) >ez celui-ci˚ (}&b¯d#'l°Å) un bout de loi÷ anche se non è raro sentire: (&/es¥i'si) >ez celui-ci˚ (&}b¯'dl°Å), (&l#\°'dl°Å) le jS de l'oie˚ e simili.

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Generalmente, non c'è caduta di /ù/ nella prima sillaba di nomi propri: ('l°i ˜#'nP) /'lwi Kù'no/ Lou¤ Renault˚ (&Ř#'nÅ:˜) /aKù'naK/ à Renard˚ nemmeno per de\ (&d#lÅ'ºi:v) /dùla'Kiv/ De la Rive˚ (m#&s¿°d#'gP:l) /mùsj°dù'gol/ M. De Gaulle÷ ma, se è possibile semplificare, spesso lo si fa, anche alla radio e televisione, pure se è un po' stigmatizzato, come in: de De Gaulle che è quasi sempre (d#d'gP:l). Di solito, i cognomi, resistono meglio dei nomi, infatti, Renaud e Den¤, spesso, nei contesti adeguati, sono: (˜'nP, d'ni). Però, regolarmente, si ha: (}˜'nÅ:˜) /^K'naK/ un renard˚ (snÚ'lÅ2 &v,ìd'gP:l) {(s#n-)} /sùnÚ'la, vjíd'gol/ ce nom-là vient de "Gaule&˚ (\&nepÅd'gP:l) /Znepad'gol/ je n'P pø de gaulπ (in senso proprio o figurato), (P&bÖ˜dlÅ'ºi:v) /obOKdla'Kiv/ au bord de la rive÷ ma: (ºi/'lE) /KiS'lE/ Ri>elet (ovviamente, il caso di (&ºi/#'¬,°) /KiSù'lj°/ Ri>eliS è diverso). Lo stesso avviene davanti a /*é/ (: V iniziale "disgiuntiva&, rappresentata, di solito, dalla cosiddetta h "aspirata& e dai nomi dei numeri): (l#e'ºP) /lùe'Ko/ le héro˚ (l#'Ú:z) /lù'Úz/ le onze˘ Tassofonica 4.3.2.1. Nella frase, il comportamento di /ù/, per il suo mantenimento o inserimento o caduta, ha delle peculiarità, rispetto alla posizione interna di parola. Senz'altro, in questi casi, la pronuncia subisce anche l'influsso della grafia, con le sue e interne; mentre quelle finali di parola, che di solito non si pronunciano, nelle forme isolate, possono spingere a (credere di doverne) preferire la caduta anche nei sintagmi, nei composti e nelle frasi comuni. In certe parole, /ù/ non cade, anche se il risultato della caduta darebbe un gruppo consonantico piuttosto semplice: (&n¯p#'zÚ) no¨ pπons˚ ma (n¯v'zÚ) no¨ fa¤ons÷ (&lÅ©#'ºEl) la querelle˚ ma (&}púÖ'tÚ) un peloton÷ (&def#'mEl) dπ femellπ˚ ma (l™f'nEtX) lπ fenêtrπ˘ Inoltre, a causa dell'h disgiuntiva, (&yns©yú'+y:˜) une sculpture˚ ma (&yn#'Ú:t) une honte÷ (&s™tspúŒ'd§:˜) cette splendSr˚ ma (&s™t#å˜'_,Es) cette hardiπse (si può avere anche (&s™t-å˜'_,Es)). Ci sono anche casi come (d™'bEús 'üi:z) dπ bellπ cer¤π˚ (&d#nº#v'ni;Æ ©#ú's#Å:˜) de ne revenir que le soir÷ d'altra parte, la grafia senza -e porta a ritenere superiori pronunce come: ('pŘá d™'püì:s, 'pÅÆ©) Parc dπ Princπ˚ ('Řá d#tüi',Ú:f, 'ÅÆ©) arc de triom#e˚ (&¯˜z'blŒ) ours blanc˚ ('fil≈ pÖlÖ'nE) film polona¤˚ (+i'/§˜D '\P:n) T-shirt jaune˚ invece delle più naturali ('pÅÆ©# d™'püì:s, 'ÅÆ©# &d#tüi',Ú:f, '¯Æs# 'blŒ, 'film# &pÖlÖ'nE, +i'/§ÆT# '\P:n), spesso considerate, quindi, meno buone, a causa della grafia, mentre, soprattutto ('¯Æs# 'blŒ), per motivi anche ritmici, è più che legittimo; ('ÅÆ©#t tüi',Ú:f) (con -C Ce (0#0)) viene, a volte, addirittura stigmatizzato, come popolare o incolto. Normalmente, casi come i seguenti si hanno in pronuncia lenta e attenta; altrimenti, in pronuncia veloce, prevale la caduta: ('p∏st ü™s'tŒ:t, -t# ˜-) /'pOst KEs'tÕt/ po®e re®ante˚ ('Åúp ≈Ři'+im, -p# mÅ-) /'alp maKi'tim/ Alpπ Maritimπ˚ ('/Řl d#'gP:l, -l# d#-) /'SaKl dù'gol/ ≥arlπ de Gaulle˘ Si considerino, inoltre, esempi (dovuti a motivi ritmici) come: (&pÖÆt≈ŒtP, -Æt#m-) /pOKt[ù]mÕ'to/ porte-mant›˚ (&pÖÆtküe',Ú, -Æt#k-) /pOKt[ù]kKe'jÚ/ porte-crZon˚ con /[ù]/, ma (&pÖÆt#'púym) /pOKtù'plym/ porte-plume÷ e, quindi, anche

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(&©ÅÆt#'d∏:˜) /kaKtù'dOK/ carte d'or˚ e non certo *(kaR'dO:r) (anche) della pubblicità italiana, per Carte d'Or (che sarebbe, in francese, car d'or (&©Å˜'d∏:˜)}; però, si può dire anche (&©Å˜d'd∏:˜). Sono in aumento i casi in cui, davanti a pausa, si pronuncia un /ù/ non etimologico, non presente nella grafia, soprattutto dopo C sonore, in particolare le sonanti: (P'tEl, -l#, Ö-) /o'tEl, O-/ hôtel˚ (s™˜'vi:˜, -˜#) /sEK'viK/ servir˚ (bÚ'\¯:˜, -˜#) /bÚ'ZuK/ bonjour! 4.3.2.2. Quando, nella catena parlata, una parola che finisce con /0Kò, 0lò/ e è seguìta, a sua volta, da un'altra che comincia con /ò0/, in pronuncia lenta e sorvegliata, s'inserisce /ù/; ma, normalmente, si fa cadere anche /K, l/: ('©Åt 'fÅm÷ '©Åtü#) /'katK 'fam/ quatre femmπ˚ (&ynPt'f#Å÷ y&nPtü#-) /ynotK'fwa/ une autre fo¤˚ (&m™ddP'tEl÷ 'mEtü# d-) /mEtKdo'tEl/ maître d'hôtel˚ (l#'pP;v bÖ'n∏m, ú'p-÷ l#'pP;vº#) /lù'povK bO'nOm/ le pauvre bonhomme˚ (i≈'sŒ;p ©#'nÚ÷ &ilm#'sŒ;bl#) /ilmù'sÕbl kù'nÚ/ il me semble que non˚ (&3pÖ'sib d#ú'fE:˜÷ -ibl#) /ípO'sibl dùl'fEK/ impossible de le fPre˚ (ú'p§b _itÅ'li÷ l#'p§pú#) /lù'p§pl dita'li/ le pSple d'Italie˘ In casi come /vOtKùp'n°/ votre pnS˚ oltre a un lento e sorvegliato (&vÖtü#p'n°), abbiamo anche (vÖp'n°, -t'n°, vÖtp'n°), e (&vÖtp#'n°), ritenuto piuttosto popolare, per la solita di‡erenza con la grafia. Decisamente popolare (e intenzionalmente scherzoso) è (&™©s#'püE, -e) per (™ks'püE) exprès˚ mentre (™s'püE, -e) è piuttosto colloquiale veloce. S'è visto (al paragrafo precedente) che, all'interno di parola, dobbiamo avere /0ùùj/ (/ù/ indica sonanti: /m, n, K, l/), però ciò non è valido nella frase: (s™l'm,ì) c'e® le mien˚ (&i[ú]fPl'~,e, fP-) il faut le nier˚ (&i[l]zŒ'+¿En '¬,°) ils en tiennent liS˚ (in'vÅl 'º,ì, &iln#-) ils ne valent rien˘ Però, si può senz'altro avere anche: (&d#n#'º,ì 'fE:˜) de ne rien fPre˚ (&\#nd#'mŒ;d# 'º,ì) je ne demande rien˚ e pure: (&s™l#'m,ì), (&i[ú]fPl#'~,e, fP-), (&i[l]zŒ'+¿En# '¬,°), (in'vÅl# 'º,ì, &iln#-). Si considerino anche: (&bÖnÅpåÆt#'mŒ '/P) bon appartement >aud˚ (&bÖnÅ'pÅÆt ≈Œ'/P, -t#) Bonaparte man>ot˘ In assenza d'ambiguità contestuale, si può benissimo avere bon appartement >aud (&bÖnÅpåÆt'mŒ '/P). 4.3.2.3. Per sequenze di monosillabi con /ùò/ [le˚ je˚ me˚ te˚ se˚ ce˚ de˚ ne]˚ ci sono spesso delle chiare preferenze generali, ma non assolute, come: (\#n÷ \n#) je ne˚ (\#m, \m#) je me˚ (\#l, \l#) je le˚ (d#l) de le˚ (d#n) de ne˚ (d#m) de me˚ (d#t) de te˚ (d#s) de se˚ (d#s, ts#) de ce˚ (©#l) que le˚ (©#n) que ne˚ (©#m) que me˚ (©#s) que se/ce˚ (©#t) que te˚ (s©#) ce que\ (&d#nº#v'ni;Æ ©#ú's#Å:˜) de ne revenir que le soir˚ (&m°Å\#n&s™©#d'_i:˜) moi je ne sa¤ que te dire˚ (&\#ns™'º,ìt s#tüy'kúÅ) je ne sa¤ rien de ce truc là˘ Per /Z/ in je me le demande˚ troviamo (&\#ml#d'mŒ:d) e (\&m#ld#'mŒ:d)÷ quest'ultimo, a volte, è valutato come meno consigliabile; ugualmente per le seconde forme in: (\l#'v°, \#l'v°) je le vSx˚ (\#≈'+¿ì, \m#-) je me tiens˚ (/&tÅv™'_id v#'ni;˜, -'_i d#v'ni:˜) je t'ava¤ dit de venir (la grafia influisce sulla "scelta& di mantenere preferibilmente /ù/ interni di parola). Pure "popolari& sono, perciò, le seconde forme in: (/'kü°Å÷ #/'kü°Å) je cro¤˚ (\mŒ'fU÷ &#\-) je m'en fo¨˚ (l™'mEá d#lÅ'ºy, l™'mE ©#dlÅ'ºy) lπ mecs de la rue˚ (&dek¯-

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'vºi;˜ l#'mÚ:d, &dek¯'vºi; ˜#l'mÚ:d) découvrir le monde˚ ('püŒd l#me'tüP, 'püŒ d[º]#l-) prendre le métro˚ (i'mEt ú#'püi, i'mEt [ü]#ú'püi) y mettre le prix (se c'è rischio d'ambiguità con ils mettent le prix (i'mEt ú#'püi), l'/K/ non cade), (i[ú]'/EÆ/ s#©i[l]'v°, i[ú]'/EÆ/#s ©i[l]'v°) il >er>e ce qu'il vSt÷ in realtà, spesso le seconde forme sono più "naturali&, ma –ahimè– diverse dalla grafia! Nel caso di forme come (&Åb°Å'mŒ) aboiement˚ (\n™'t#Å) je nettoie˚ (i[l]'v°Å) ils voient˚ (/pe'ºe) je pZerP [pPerP]˚ (©i[ú]'s#Å) qu'ils soient˚ (&©#+y'E, ©#'+ÎE, ©#'tE) que tu Pπ˚ sono senz'altro "popolari& forme come: (&Åb°Å,'mŒ, \n™'t#Å,, i[l]'v°Å,, /p™,'ºe, ©i[ú]'s#Å,) e (&©#+y'E,, ©#'+ÎE,, ©#'tE,). 4.3.2.4. In alcuni casi, in francese, si hanno C geminate all'interno di parole derivate: (&tü°Åz¿™m'mŒ) tro¤ièmement˚ (n™t'te) netteté˚ (&ekú™˜'ºÅ, &™-) éclPrera (® (&ekú™'ºÅ, &™-) éclPra]÷ nel futuro e condizionale di courir˚ mourir˚ quérir (e prefissati, ma non altri verbi con -rr-): (/k¯˜'ºE) je courra¤ (® l'imperfetto (/k¯'ºE) je coura¤˚ e anche (/p¯'ºE) je pourra¤]÷ inoltre, in casi come: (lÅd'dŒ) là-dedans (® (lÅ'dŒ) la dent], (+ym'mŒ) tu me mens (® (+y'mŒ) tu mens˚ (&+ynmŒ'pÅ) tu ne mens pø], (&™llÅ'_i) elle l'a dit (® (&™lÅ'_i) elle a dit]÷ ovviamente, anche: (&p#+it'tÅba) petite table˚ (&p#+itÅ'blP) petit tabl›˘ Infine, abbiamo la geminazione (o l'allungamento) per enfasi: (˚1s™pÌpÅÆ£fE3 3, ˚1s™Ìp:Å-) c'e® parfPt! La geminazione è possibile, se si vuole mantenere la distinzione, nel caso dell'imperfetto indicativo e del presente congiuntivo, rispetto al presente indicativo: (&n¯kü°Å,',Ú) no¨ croyions˚ (&v¯kü°Å,',e) vo¨ croyiez (® (&n¯kü°Å',Ú) no¨ croyons˚ (&v¯kü°Å',e) vo¨ croyez]÷ per evitare l'ambiguità in casi come: (&lÅssi'ºi) l'Assyrie˚ (&lÅsi'ºi) la Syrie÷ per insistere s'un prefisso (specie negativo): (&illi'ziba) ill¤ible˘ La troviamo perfino dove non ce n'è bisogno, per delle geminate grafiche, in parole libresche (ma la pronuncia spontanea e non artificiosa evita accuratamente tale geminazione): (vi'lÅ, -l'lÅ) villa˚ (gºÅ'mE:˜, -m'm-) grammPre˚ (&Å_i's¿Ú, &Åd_i-) addition˚ (i'lystX, il'l-) illu®re÷ ugualmente indebita, ma di livello popolare, è la geminazione del pronome l' (che la pronuncia neutra, ovviamente, evita) in casi come: (&\#lle'vy, &+yllÅ'_i, n¯l&lÅvÚ'sÛ), per: (\le'vy) je l'P vu˚ (&+ylÅ'_i) tu l'ø dit˚ (n¯&lÅvÚ'sÛ) no¨ l'avons su˘ 4.3.2.5. Il francese ha sequenze consonantiche con punti d'articolazione diversi, che presentano problemi non indi‡erenti per gl'italiani; qui è utile l'esempio appena visto di (&Å_i's¿Ú, &Åd_i-) addition˚ oltre a (&Ån™á'd∏t) anecdote˚ (Å©&+ivi'te) activité˚ (/'kü°Å) je cro¤˚ e tanti esempi precedenti e seguenti. Un fatto notevole e tipico è l'assimilazione degli occlusivi sonori, tra V (orale o nasalizzata) e C˚ che diventano N (tranne che in pronuncia molto sorvegliata, troppo succube della grafia): (}n&mi©i'lP) /^dmiki'lo/ un demi kilo˚ (Ån'mì) /ad'mí/ à demPn˚ (t¯n'mEm) /tud'mEm/ tout de même˚ (Œ&tü3nmŒ'\e) /ÕtKídmÕ'ZE/ en trPn de manger˚ (yn'gºŒ;n me'zÚ) /yn'gKÕd me'zÚ/ une grande ma¤on˚ (lŒn'mì) /lÕd'mí/ lendemPn˚ (d™'gºŒ;n 'dÅm) /dE'gKÕd 'dam/ dπ grandπ damπ˚ (lÅ'/Œ;m dÅ'mi) /la'SÕb[K] da'mi/ la >ambre d'am¤˚ (kÚ'm,ì) /kÚ'bjí/ combien˚ (&intÚ;≈'pÅ, &iút-, il&n#-) /ilnùtÚb'pa/ il ne tombe pø˚ (l™'lŒ;˙ mÖ'dE˜n) /lE'lÕg mO'dEKn/ lπ languπ modernπ˚ (yn'lÚ;˙ 'áE:˜) /yn'lÚg 'gEK/ une longue guerre˘

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Per gli occlusivi non-sonori, abbiamo ugualmente l'assimilazione di modo d'articolazione, mentre possiamo avere sonorità, desonorizzazione, o non-sonorità, per il tipo di fonazione (sempre oltre a una possibilità più lenta o sorvegliata, corrispondente alla trascrizione fonemica): (&}≈+i'k¯, &})-) /^pti'ku/ un petit coup˚ (m3n'nŒ, -n'nŒ, -£'nŒ, m3'nŒ) /mít'nÕ/ mPntenant˚ (v3n'd°, -n'd°, -£'d°) /vít'd°/ vingt-dSx˚ ('bŒ;~ pe&˜ife'ºi©, -) p-) /'bÕk peKife'Kik/ banque péri#érique˚ (\#n&m#tüÚm'pÅ, -≈'pÅ, -)'pÅ) /ZùnmùtKÚp'pa/ je ne me trompe pø˘ Infine, quest'assimilazione può avvenire anche davanti a V\ (pŒ'nŒ) /pÕ'dÕ/ pendant˚ (t¯l&mÚn™'lÅ) /tulmÚdE'la/ tout le monde e® là˚ come pure davanti a pausa: (t¯l'mÚn) /tul'mÚd/ tout le monde˚ (mÅ'lŒ:˙) /ma'lÕg/ ma langue˘ La si può trovare anche tra V non-nasalizzata e N\ (&mÅnm°Å'zEl) /madmwa'zEl/ mademo¤elle˚ (&m™nm°Å'zEl) /mEdmwa'zEl/ mπdemo¤ellπ˚ (&º#nmŒ'de) /KùdmÕ'de/ redemander˚ (&Ånmi'ºe) /admi'Ke/ admirer˚ (&_,ÅNnÖs'+i©, -˙n-) /djagnOs'tik/ diagno®ic˚ (&Œ\Œm'mŒ) /ÕZÕb'mÕ/ enjambement˚ e -ment avverbiale: (fü°Ån'mŒ) /fKwad'mÕ/ froidement˚ (vÅ˙'mŒ) /vag'mÕ/ vaguement˚ (&kÚpú™n'mŒ, -n'mŒ, -£'mŒ) /kÚplEt'mÕ/ complètement˘ Si notino anche casi come (l°i'©Em püÖ'/ì, -mp p-) /lùwi'kEnd pKO'Sí/ le week-end pro>Pn˘ 4.3.2.6. Nel parlare corrente, familiare, ci sono determinate riduzioni (anche accentuali), che semplificano l'enunciazione, senza compromettere la comunicazione; invece, rallentando l'enunciazione, la pronuncia può corrispondere alla trascrizione fonemica: (s't∏m) /sE'tOm/ cet homme˚ (st#'fÅm) /sEt'fam/ cette femme˚ (Ås't§:˜) /asE't§K/ à cette hSre˚ (stÅ'_i:˜) /sEta'diK/ c'e®-à-dire˚ ({m™}p&t™t, -tX) /{mE}p°'tEtK/ [ma¤] pSt-être˚ (Å&°Å:˜) /a'vwaK/ avoir˚ (°Å'lÅ, v'lÅ) /vwa'la/ voilà˚ (vlÅPT'/P:z, &°ÅlÅ-) /vwalaotK'Soz/ voilà autre >ose˚ (≈&s¿°, )'s-, p's-) /mù'sj°/ monsiSr˚ (&k¯te'm°Å) /ekute'mwa/ écoutez-moi˚ (s©yz™'m°Å) /Ekskyze'mwa/ exc¨ez-moi˚ (s¿¯&púE) /silvu'plE/ s'il vo¨ plaît˘ In protonia, /swa'sÕt/ soixante si riduce, correntemente, a ('s#Œ;t), specie nei composti: (s#Œt'sis, &s#Œd_iz'n§f, -n_-) 66˚ 79˘ Inoltre: (pÅs'©#, &pÅs©#, &pÅs©, &Ås©, s©#, s©, sk) /paKs[ù]kù/ parce que˚ (&™s©#, s©#) /Eskù, skù/ e®-ce que {(p¨Æ'k#Ås ©#&+y_i'sÅ) pourquoi e®-ce que tu d¤ ça?]˚ (sÎi'si) /sùl¥i'si/ celui-ci˚ (&pi) /'p¥i/ pu¤˚ (&pis©#, -s©, -sk) /'p¥isk/ pu¤que˚ ([™]'bì) "/[E]'bí/& [eh] bien (meglio sarebbe: bin˚ bi'n]˚ ('pÛ) /'ply/ pl¨ (eventualmente: p'¨]˚ (mŒ&fì) /mEÕ'fí/ ma¤ enfin [m'enfin]˚ (mÅ&l∏;˜) /mEa'lOK/ ma¤ alors [m'alors]˚ (&bŒ) "/'bÕ/& bon! (meglio sarebbe: ban!]˚ (&nŒ) "/'nÕ/& non! (meglio: nan!]˚ ('°™, -E, -e, -É) /*'wE, -e/ oua¤!˚ (&k∏;˜) /Õ'kOK/ encore˚ (st#&mŒ, /t#-) /Zystù'mÕ/ ju®ement˘ Altri esempi: (dmÅ&~,E;˜, t≈-) /dùtutma'njEK/ de toute manière˚ (tfÅ&sÚ) /dùtutfa'sÚ/ de toute façon˚ (Æ&k#Å) /puK'kwa/ pourquoi˚ (+y˜™l&mŒ) /natyKEl'mÕ/ naturellement˚ (s&≈Œ) /s§l'mÕ/ sSlement˚ (D&\¯:˜) /tu'ZuK/ toujours˚ (s&pÅ, &pÅ) /nEs'pa/ n'e®-ce pø?˚ (D&\Å) /de'Za/ déjà˚ (D\°'ne) /deZ°'ne/ déjSner˚ (™s&púi©Å's¿Ú, s&p-) /Eksplika'sjÚ/ explication˚ (\™'s¿Ú) /ZEs'tjÚ/ ge®ion˚ (&©Åt) /'katK/ quatre˚ (©™©'f#Å) /kElkù'fwa/ quelquefo¤˚ (©™©'/P:z) /kElkù'Soz/ quelque >ose˚ (†tÅ'kU) /tuta'ku/ tout à coup˚ (†tÅ'l§:˜) /tuta'l§K/ tout à l'hSre˚ (†tP'púy[s]) /tuto'ply[s]/ tout au pl¨˚ (Å™á'v¯) /avEk'vu/ avec vo¨˘

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E ancora: (/Îi'lÅ, /sÎi-, //i-) /Zùs¥i'la/ je su¤ là˚ (\¥ie'_i÷ \,e-) /Zùl¥ie'di/ je lui P dit˚ (&tŘe'zÚ) /tyaKe'zÚ, t¥a-/ tu ø ra¤on˚ (t™'f¯, te-) /tyE'fu, t¥E-/ tu π fou˚ (t&s™) /ty'sE/ tu sa¤˚ (&+yÅv™'_i, &+¥Å-, &tÅ-) /tyavE'di, t¥a-, ta-/ tu ava¤ dit˚ (l™'b,ì) /ilE'bjí/ il e® bien˚ (v&zÅve'vy) /vuzave'vy/ vo¨ avez vu˚ (v*&zŘe'te) /vuvuzaKe'te/ vo¨ vo¨ arrêtez?˚ (nó&zŒnÅ'lÚ) /nunuzÕna'lÚ/ no¨ no¨ en allons˚ (&isÚ'bÚ) /ilsÚ'bÚ/ ils sont bons˚ (&izÚ'püi) /ilzÚ'pKi/ ils ont pr¤˚ (,Å) /ilja, ja/ il y a˚ (&,ŒnÅ'vE) /iliÕna'vE, ilj-, j-/ il y en avPt (popolarmente anche (&,ÅnÅ'vE)). Nel parlato non lento, y˚ si˚ ni˚ tu˚ ou, oú˚ davanti a V˚ spesso e normalmente, hanno le varianti consonantiche (non raramente condannate dalla scuola, solo a causa della grafia mascheratrice): (si™l'v°, s¿™-) /siEl'v°, sjE-/ si elle vSt˚ (niÅ'n¯, ~,Å-) /nia'nu, nja-/ ni à no¨˚ (¯Å'¬,Ú, °Å-) /ua'ljÚ, wa-/ ou à Lyon˚ (¯™'tEl, °™-) /uE'tEl, wE-/ oú-e®-elle?˚ (i[ú]&fPiÅ'le, -P,Å-, -P+-) /ilfoia'le, -oja-, -ot-/ il faut y aller˘ Nel parlato rapido, tra V nasalizzate, le C continue si possono nasalizzare un po', ma non è il caso di trascrivere questo fenomeno, che è quasi impercepibile: (&mÚ\Œ'bÚ) /mÚZÕ'bÚ/ mon jambon˚ (Œ'vì) /Õ'ví/ en vPn; lo stesso avviene per le V orali precedute e seguìte da N: (nÖ'nEt) /nO'nEt/ nonnette˚ (y&nÅnimi'te) /ynanimi'te/ unanimité˘ D'altra parte, in altre lingue, come l'italiano, la nasalizzazione –di V tra N– è più evidente, ma –ugualmente– non è il caso di segnarla, trattandosi d'un fatto automatico. Si può aver un semi-laterale alveolare, /l/ (¬), per i grammemi (articoli o pronomi) le˚ la˚ les˚ lui (non-finale) preceduti dai grammemi par˚ pour˚ sur˚ vers: (&på˜l™f'nEtX, -˜¬™-÷ &p¨˜¬¥i'_i:˜, -˜¬¥i-÷ &sY˜lÅ'tÅba, -˜¬Å-÷ &v™˜l#'s°Å:˜, -˜¬#-) /paKlef'nEtK, puKl¥i'diK, syKla'tabl, vEKlù'swaK/ par les fenêtres˚ pour lui dire˚ sur la table˚ vers le soir˘ La "liaison& 4.3.3.1. Per l'importante fenomeno della lia¤on˚ bisogna dire che riguarda, in misura diversa, tutti i tipi di pronuncia: da un minimo di legamenti della parlata familiare, a un massimo che ritroviamo nella lettura dei versi classici (lingua decisamente più elaborata). Nel mezzo, grosso modo, troviamo la conversazione corrente (la lingua vera). La lia¤on avviene solo all'interno delle ritmìe, tra parole legate dal punto di vista morfosintattico e semantico. Alcune sono obbligatorie, altre impossibili, altre ancora facoltative, dipendendo dallo stile di dizione e dalle scelte del parlante. Le legature più normali e frequenti sono con /z/ [s˚ x˚ z]˚ /t/ [t˚ d]˚ /n/ [n]\ (&lezÅ'mi) lπ am¤ (“ mπ˚ tπ˚ sπ˚ dπ˚ cπ]˚ (&d°'z§:˜) dSx hSrπ˚ (™&+ilÅ'le) e®-il allé?˚ (&}gºŒ't∏m) un grand homme˚ (&p¿etÅ'tE:˜) pied-à-terre˚ (&Œne'te) en été˚ (&mÚnÅ'mi) mon ami (“ ton˚ son÷ un tempo era neutro (&mÖnÅ-), oggi non lo è più, pur essendo una pronuncia ancora molto di‡usa), (&ÚnÅ'tŒ) on attend˚ (&}nP'tEl) un hôtel (“ aucun hôtel]˚ (&º,3nÅ'fE:˜) rien à fPre˚ (&b,3nÅ'se) bien øsez˘ Altre forme con V nasalizzate non legano, tranne bon e gli aggettivi come plRn˚ vPn˚ ancien˚ certPn˚ pro>Pn˚ soudPn˚ vilPn (ma perdono la nasalità): (&bÖnÅ'mi) bon ami˚ (&Œpú™'nE:˜) en plRn Pr˚ (l#&m°Å,™'nÅ:\) le Moyen-Âge˘ Non c'è mai lia¤on dopo et˚ né davanti ai nomi dei numeri e all'h "disgiuntivo&

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(o "aspirato&, perché pronunciato… secoli fa!) e, generalmente, davanti a w˚ y\ (eÅ'l∏:˜) et alors˚ (¬¥ie'El) lui et elle˚ (&iúsÚ'Ú:z) ils sont onze˚ (l#'^) le un˚ (l#'¥it) le huit˚ (dee'ºP) dπ héros˚ (Œ'P) en haut˚ (&}°is'©i) un wh¤ky˚ (}',P:t, }',∏t, }',Å©) un ya>t÷ anche: (}'°i) un oui˘ Sono obbligatòrie, anche nella conversazione corrente, le legature tra un sostantivo e i "determinanti& che lo precedono: (le'z∏m) lπ hommπ˚ (&sez°Å'zP) cπ o¤›x˚ (te'z,°) tπ ySx˚ (le&zPtü#'z∏m, &lezPd'z∏m) lπ autrπ hommπ˚ (&l#˜zÅ'mi) lSrs amiπ˚ (&d°zÅ'mi) dSx am¤˚ (°ºŒ'z∏m) dπ grands hommπ˚ (}&gºŒtÅ'mi) un grand ami˘ Si legano i pronomi soggetto e i verbi: (&n¯zÅ'vÚ) no¨ avons˚ (&v¯zÅ'le) vo¨ allez˚ (il'zEm, i'zEm) ils Pment (® (i'lEm) il Pme]˚ (&ÚnÅ'vE) on avPt˚ (\Œ&nepå˜'le) j'en P parlé˚ (™&+ilv#'ny, &™+iv'ny) e®-il venu?˚ (&Ú+il'vy, &Ú+i'vy) ont-ils vu?˚ (p°'tÚ) pSt-on? 4.3.3.2. È bene ricordare il caso in cui la pronuncia influisce sulla grafia, come per quasi tutti gl'imperativi, isolatamente senza -s, ma con /z/ per i pronomi y e en: vø-y (vÅ'zi), pensπ-y (&pŒs#'zi), mangπ-en (&mŒ\#'zŒ)… Accanto a forme come va-t'en!, poi (con t' forma elisa del pronome te]˚ troviamo delle t analogiche "eufoniche& nelle domande con inversione del soggetto: e®-il?˚ ma Pme-t-on?˚ viendra-t-elle?˚ convPnc-t-il?… Ugualmente, si legano gli avverbi très˚ tout˚ bien con gli aggettivi (o avverbi) da questi modificati: (&tü™zy'+il) très utile˚ (&t¯tŒ'+¿e) tout entier˚ (b,3&nÅtŒ'+if) bien attentif˘ Invece, pø˚ pl¨˚ moins˚ trop˚ fort˚ øsez˚ jama¤ possono legare o no; ma, nella conversazione normale, di solito, non legano: (&pÅ[z]Œ'k∏:˜) pø encore˚ (&tüPetü°Åt'≈Œ, tüÖ&pe-) trop étroitement˘ Ovviamente, nelle formule fisse, legano; per esempio, pl¨˚ come in (&púyz¯'m°ì) pl¨ ou moins˚ che è sempre così. Si legano, alle forme che le seguono, le preposizioni o congiunzioni (monosillabiche): (&Œni'vE:˜) en hiver˚ (&dŒz}'m°Å) dans un mo¤˚ (sŒ'zEl) sans elle˚ (/e'z°) >ez Sx˚ (/e&z}nÅ'mi) >ez un ami÷ (kŒ&+il™v'ny) quand il e® venu (però, la legatura è solo possibile coll'avv. interr., come in (kŒ&[t]™s©il™v'ny) quand e®-ce qu'il e® venu?÷ e non avviene a‡atto in ('kŒ ™+ilv#'ny, ™+iv'ny) quand e®-il venu?˚ per evitare /tété/). Se le preposizioni e le congiunzioni sono polisillabiche, la lia¤on è, ugualmente, solo possibile: (&Åpü™Å&v°ÅÆ/Œ'te, Å&pü™zÅ&v°ÅÆ/Œ'te) après avoir >anté˚ (d#&vŒynme'zÚ, -Œ+y-) devant une ma¤on˘ Legano anche dont˚ en\ (l#/'fÅl dÚ+i&lÅpå˜'le) le >eval dont il a parlé÷ e hanno una "pré-liaison& en˚ y\ (&pü#nÚ'zŒ) prenons-en˚ (&n¯zi's∏m) no¨ y sommπ˘ Con gli ausiliari e i semiausiliari, la lia¤on è sempre più rara nella conversazione corrente, anche se possibile. La si fa quasi sempre tra e® (e spesso sont˚ ont] e aggettivo o participio passato seguente, specie con allé\ (s™&t3pÖ'siba) c'e® impossible˚ (i[ú]&sÚtÅ'le) ils sont allés˚ (&i[l]lÚ'+Û) ils l'ont S (e ils l'ont tu). Ci sono, poi, dell'espressioni fisse in cui ci vuole la legatura: (le&/Œzeli'ze) lπ ≥amps-Élyséπ˚ (&leze&tÅzy'ni) lπ États-Un¤˚ (&vizÅ'vi) v¤-à-v¤˚ (d#&tŒzŒ'tŒ) de temps en temps˘ 4.3.3.3. Al livello popolare˚ la lia¤on ha dei comportamenti particolari, in quanto è meno frequente, ma con estensioni analogiche non-neutre; inoltre, è perlopiù

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marca del plurale. Quindi, legano i monosillabi in /z/: (le'z,°) lπ ySx (tanto che ySx è "normalmente& ('z,°), anche isolato), (&izÅ'ºi:v) ils arrivent÷ dei verbi ausiliari monosillabici non legano ont˚ sont˚ mentre su¤ e e® lo fanno facoltativamente: (&izÚ'y) ils ont S˚ (™[ú]&sÚÅ'le) ellπ sont alléπ˚ (i&l™Å˜i've, -™tÅ-) il e® arrivé˚ (/Îie'te, -ize-) je su¤ été (di livello popolare, per j'P été÷ ma (/Îi&Åbºy'+i) je su¤ abruti]÷ lega l'aggettivo e il nome: (&bÚzÅ'mi) bons am¤˚ ma può non legare sans\ (sŒÅ'v°Å:˜, &sŒzÅ-) sans avoir÷ legano tout e on˚ mon˚ ton˚ son\ (&t¯t™'b,ì) tout e® bien˚ (Ú'nÅ) on a˚ (&mÚnÅ'mi) mon ami˘ Ci sono, poi, i casi indebiti analogici, come: *(&p°za'p°) /p°a'p°/ pS à pS˚ *(i&vÅte'v,ì) /ilvae'vjí/ il va et vient˚ *(&ifP&dºÅtÅ'le) /ilfodKaa'le/ il faudra aller˚ *(le&zŘi'kP) /leaKi'ko/ lπ haricots˚ *(&s™tÚ't°) /sEÚ't°/ c'e® hontSx˚ *(/Îi&te˜3'te) /Zùs¥ieKí'te/ je su¤ érRnté˚ *(t™l'mŒ zÅmy'zŒ) /tEl'mÕ amy'zÕ/ tellement am¨ant˚ *('vì 'z∏m) /'ví 'tOm/ vingt hommπ˚ *('©Åd zÖfi's¿e) /'katK Ofi'sje/ quatre o‚ciers˚ *('sŒ 'z§f) /'sÕ 't°/ cent œufs˘ Riflessioni sull'accento 4.3.4.1. Soltanto teoricamente, in francese c'è solo un accento primario alla fine d'ogni ritmia. Gli esempi precedenti hanno mostrato, abbastanza compiutamente, l'impiego dell'accento secondario nelle ritmie francesi; generalmente, s'alternano, risalendo dall'accento primario. Ora, consideriamo qualche altro esempio e alcune di‡erenze strutturali. Normalmente, troviamo: (&mŒ\eŒ'k∏:˜) mangez encore˚ (yn&p#+it'fi,) une petite fille˚ (&lÅmit'p¿E:˜) l'ami de Pierre˚ a meno che non s'abbiano due ritmie (per insistere maggiormente sulla prima parte, per qualche scopo particolare): (mŒ'\e Œ'k∏:˜, &ynp#'+it 'fi,, lÅ'mi d#'p¿E:˜). Si notino pure casi come: (&lÅmÖÆ'sy:˜) la morsure˚ (lÅ&mÖÆ'sy:˜, lÅ'm∏;Æ 'sy:˜) la mort sûre÷ (Ú&sŒde'g¯t) on s'en dégoûte˚ (Ú'sŒ de'g¯t) on sent dπ gouttπ÷ (&lÅk¯'l§:˜) la coulSr˚ (&_yv3'º¯:\) du vin rouge˚ (&lÅk¯'l§;˜ _yv3'º¯:\) la coulSr du vin rouge˚ (\v¯'dºE _y'vì 'º¯:\) je voudra¤ du vin rouge˘ L'insegnamento tradizionale descrive l'accento francese nelle ritmie come segue: in mancanza d'enfasi, c'è un accento primario sull'ultima sillaba, e, per il resto della ritmia, i lessemi riducono il loro accento a secondario, mentre i grammemi lo perdono completamente. Ai parlanti nativi, questa distribuzione suona un po' troppo "precisa&, "da libro stampato&; è, infatti, una specie di via di mezzo tra i due tipi di trascrizione per gli esempi, visti sopra, rispettivamente con una o con più tonie: (mŒ&\eŒ'k∏:˜, ynp#&+it'fi,, lÅ&mit'p¿E:˜). In realtà, come abbiamo, visto, ci sono determinate esigenze di ritmo, per cui l'impiego degli accenti secondari è ben diverso. 4.3.4.2. L'accento enfatico, poi, si manifesta tramite l'aggiunta (più che lo "spostamento&) d'un accento forte sulla prima sillaba della parola (diversa da quella accentata) e la geminazione (o l'allungamento, specie se tra V] della C che l'inizia; anche se graficamente la parola comincia con V˚ la C c'è lo stesso, in quanto abbiamo V (öé).

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Tradizionalmente si parla d'"accent d'insistance a‡ective& (cioè con protonia imperativa e prima protonica semi-alta): (¡1s™fÌfÖ˜%mi£dÅba3 3, ¡1s™Ìf:Ö-) c'e® formidable!˚ (¡Ìm:Å%Ni£fi©3 3, ¡1mÌmÅ-) magnifique!˚ (¡1s™tÌtÖ£_,°3 3, ¡1s™öÌöÖ£_,°3 3, -™Ìt:-, -™Ìö:-) c'e® odiSx!˚ (¡1©™úÌk:üe£tì3 3÷ -úkÌkü-) quel crétin!˚ e d'"accent d'insistance intellectuelle& (cioè con protonia enfatica): (˚yn'ºEga2\ 'ö:Åp%sÖ£ly3 3) une règle absolue!˚ (˚s#&si™p'pÅÆf™%t#"mŒ %k∏£ºEkt3 3, -™'p:Å-) ceci e® parfPtement correct! In casi come c'e® odiSx! si sente anche (¡1s™tÌöÖ-), soprattutto come assurdo "vezzo& tipico di chi lavora nei media. Intonazione 4.3.5. La f 4.3 dà le protonie e le quattro tonie del francese neutro. Si noterà che, rispetto alle altre lingue (e varianti stesse del francese), invece di quattro protonie, ne abbiamo cinque; infatti, per le domande parziali, oltre alla normale anticipazione (a eco) dell'ascesa interrogativa, troviamo un movimento generale discendente, dal semi-alto (simile a quello della protonia imperativa, tranne che per l'ovvia e doverosa di‡erenza dell'anticipazione a eco). Una soluzione più "strutturata&, piuttosto d'aggiungere una quinta protonia, avrebbe preferito uno sdoppiamento in due (qualcosa come "/»¿/& e "/”¿/&, oppure anche "/¿/& e "/¿¿/&, o "/¿¡/&, o "/¡¿/&), lasciando all'osservazione, Ó a spiegazioni, il compito di chiarire la "stranezza&. S'è preferita una maggiore concretezza (® § 11.9). Un attento esame di tutte le protonie (e tonie), nonché dei simboli, è rivelatore. Si farà bene a osservare la collocazione della pretonica delle tonie conclusiva e continuativa: pur non arrivando a esser veramente alta, è significativamente sollevata, e anche l'e‡etto uditivo è notevole (pur se non immediato), tanto da contribuire a dare agli enunciati una sorta di prominenza, (troppo) spesso scambiata per un accento. Come vedremo, per l'accento "mediatico&, tale prominenza è aumentata dal semi-allungamento della V della pretonica (sempre senza nessun'accentazione particolare). f 4.3. Protonie e tonie del francese neutro moderno. / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (% ç 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 • 1 1)

/& / (& 1 1 Ì 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 5 1 1)

/¡ / (¡ 1 1 Ì 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (% ' 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

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Forniamo solo esempi per le tre tonie marcate (rimandando al § 4.3.4 per le protonie imperativa ed enfatica). Come si vede nelle trascrizioni del testo (§ 4.5), c'è anche l'inciso "medio& (® § 13.24 dell'FTN/MaF): /./: (\v°Å'le Psi%neçmÅ3 3) /Zv°a'le osine'ma./ Je vSx aller au cinéma. /?/: (¿[&™s©#]v¯&på˜%le'b,ì füŒ•sE1 1) /¿[Eskù]vupaKle'bjí fKÕ'sE?/ [E®-ce que] vo¨ parlez bien frança¤? – (¿på˜&le%v¯'b,ì füŒ•sE1 1) /¿paKlevu'bjí fKÕ'sE?/ Parlez-vo¨ bien frança¤? – (&1kÖÌmŒ tÅleçv¯3 3) /&kO'mÕ tale'vu./ Comment allez-vo¨? /÷/: (Ú&p°i%Å'le Œv°Å5+y:˜1 1 %¯Å'p¿e3 3) {(-°%,Å-, %°Å-)} /Úp°ia'le Õvwa'tyK÷ ua'pje./ On pSt y aller en voiture, ou à pied. Altri accenti 4.4.0. Sarà interessante confrontare quanto abbiamo detto finora, sulla pronuncia neutra, con altre che presentano caratteristiche più o meno diverse. L'accento "internazionale& 4.4.1.1. Didatticamente, l'accento "internazionale& può essere ancora più adatto di quello neutro, visto finora, in quanto decisamente meno influenzato da Parigi e, quindi, senz'altro più vicino a molte delle altre varietà di pronuncia, una volta epurate da peculiarità marcate. Quindi, una pronuncia "internazionale& potrebbe essere addirittura più consigliabile (e, generalmente, più facile da acquisire e dominare), dando risultati indiscutibilmente apprezzabili, purché ci sia coerenza interna fra tutti gli elementi e non improvvisazione o oscillazione tra tipi diversi (compresa la solita interferenza, non solo fonologica, ma anche per motivi grafici). /u/ (u[:])

/i/ (i[:]), /y/ (y[:]) /e/ (e), /°/ (°[:]) /ù/ (#) /E, í/ (E[:], í[:]) {(’™, ’™)} /§, ^/ (§[:], ^[:]) {(’#, ’})} /a/ (a[:])

/o, Ú/ (o[:], Ú[:]) /O/ (O[:]) {/’O/ (ø)} /Õ/ (ú[:]) / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ç 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 5 1 1)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

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Il vocogramma di questa sezione dà le articolazioni vocaliche "internazionali& che, come si vedrà sùbito dal confronto con la f 4.1, sono meno marcate; ciò vale, in particolare, per (u, o, O) che sono posteriori e non posterocentrali; anche (a) è meno peculiare, giacché è centrale, anche se avanzata. Le vocali nasalizzate restano quattro, (í, ^, ú, Ú). Nella figura, ci sono due segnali grigi, per /’E, ’í, ’O/ (non-accentati, un terzo sarebbe per /’§, ’^/, che coincide, però, con /ù/); ma si potrebbero togliere, per semplificare la struttura. Infatti, ci sono due soluzioni pratiche soddisfacenti, giacché, data la mancanza d'accento, o s'ottiene già, abbastanza spontaneamente, il timbro medio-basso ((™, ™, #, }, ø), che noi preferiamo usare); oppure, può essere accettabile, quello semi-basso ((E, í, §, ^, O)), se indebolito. A maggior ragione, non s'introducono i tassofoni meno importanti, conservando (i, y, u, a) nel contesto /’éK˘/: (&oZu˜'d¥i) aujourd'hui÷ evitando anche le desonorizzazioni. E vediamo degli esempi, solo per i casi in cui ci sia di‡erenza fonetica col neutro (dato tra parentesi tonde): ('lu) {('l¯)n} loup˚ ('o) {('P)n} ›˚ ('nOt) {('n∏t)n} note˚ ('la) {('lÅ)n} là˚ (d#'dú) {(d#'dŒ)n} dedans˚ ('bjí) {('b,ì)n} bien˚ (bj™'to) {(b,3'tP)n} bientôt˚ (pa˜'ti) {(påÆ'+i)n} parti˘ 4.4.1.2. Anche per le consonanti, l'accento "internazionale& presenta delle semplificazioni più generali e naturali; infatti, i nasali preconsonantici possono essere omorganici, e possono mancare tutti i tassofoni peculiari, come quelli degli occlusivi; inoltre, /j, K/ potranno essere sempre approssimanti, (j, ˜) (oppure, eventualmente, anche (K); meno bene andrà l'uso consistente di (º)); /w/ è velo-labiato, (w). Anche per /S, Z/, sono su‚cienti (S, Z) (invece di (/, \)). Non serviranno nemmeno le frequenti desonorizzazioni dei sonanti, mentre per quelle delle coppie difoniche potrà bastare una via di mezzo: (yM'fam) {(yn'fÅm)n} une femme˚ (&y˙k˜a'vat) {(&ynküÅ'vÅt)n} une cravate˚ (ty'di) {(+y'_i)n} tu d¤˚ (kaut'Su) {(©Å¯T'/U)n} caout>ouc˚ ('kOk) {('k∏©)n} coq˚ ('gid) {('áid)n} guide˚ ('pje) {('p¿e)n} pied˚ ('kij) {('©i,)n} quille˚ ('˜a:˜÷ 'Ka:K) {('ºÅ:˜)n} rare˚ ('t˜u, 'tKu) {('tü¯)n} trou˚ ('mwa) {('m°Å)n} mo¤÷ (m™∂'sí, &an™â'dOt) {(m™t'sì, &Ån™á'd∏t)n} médecin˚ anecdote˘ La durata vocalica e consonantica corrisponde a quella neutra, ma può essere più attenuata, puntando soprattutto a evitare le di‡erenze di durata dovute a interferenze dalla lingua materna. Le liaisons possono esser meno frequenti e l'intonazione, meno peculiare, è data nel tonogramma riportato. L'accento "mediatico& 4.4.2.1. Quest'accento è quello di‡uso dalla televisione e dalla radio. Si basa sull'accento parigino, e condivide –col neutro moderno– parecchie caratteristiche, pur mostrando ulteriori evoluzioni, che l'allontanano maggiormente dall'accento "internazionale& (§ 4.4.1). Presenta anche delle oscillazioni, sia verso il neutro, sia lontano da quello; però, lo presentiamo nella sua forma più tipica, indicando anche alcune di‡erenze interne, come d'un livello (più) popolare o periferico (peculiarità della banliSe parigina).

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In questa sezione, si dà il vocogramma delle vocali, per le quali ci sono senz'altro sfumature (confrontandolo con la f 4.1, del neutro); qui richiamiamo l'attenzione sulle di‡erenze maggiori. È evidente l'avanzamento di /u, O/ (%, @) (e /’O/ (ê), non-accentato); altrettanto evidente è la rotazione (antioraria) di /í, Õ, Ú/ (a, _, œ), (e /’Õ/ (Ô)), come pure l'assenza di /^/ che confluisce in /í/ (a), oppure oscilla tra i due, pure con la realizzazione intermedia (non mostrata esplicitamente nel vocogramma) (8), con arrotondamento leggero. (Nelle oscillazioni verso il neutro, si ha anche (£)÷ o (Õ), con cui indichiamo un leggero dearrotondamento.) Le sequenze /EK, §K, OK/ molto spesso slittano indietro d'una casella: (Ä[:]‰, ’ɉ÷ @[:]‰, ’ê‰÷ ∏[:]‰ ’Ö‰÷). Inoltre, si notino, nel vocogramma, i valori per a\ generalmente si mantiene (anche se con oscillazioni individuali) la distinzione tra /a/ e /A/, che il neutro tradizionale aveva adottato. Però i timbri (parigini e) dell'accento "mediatico& sono: /a/ (å), ma (Ä) per /aK[0]é, wa/, e /'A[0]ò/ (å), ma /’A/ (A) (nella banliSe˚ abbiamo /wa/ (’°A, '°å), spesso /aKò/ (å:‰) ar(C)˚ spessissimo /ajò/ (å:,), ma (ås¿œò) per /AsjÚ/ -ation˚ del neutro tradizionale). Ma ecco degli esempi (in cui t indica il neutro tradizionale): ('t°) {('tU)n} tout˚ ('n@t) {('n∏t)n} note˚ (bê'n@:‰) {(bÖ'n§:˜)n} bonhSr˚ (&P\T‰'_¥i, -ê‰-) {(&P\¨˜'_¥i)n} aujourd'hui˚ ('b,a) {('b,ì)n} bien˚ (\Ô't_) {(\Œ'tŒ)n} j'entend˚ ('bœ) {('bÚ)n} bon˚ (P'©a, -8) {(P'©^)n} aucun˘ Altri: ('pÄ:‰) {('pE:˜)n} père˚ ('p@:‰) {('p§:˜)n} pSr˚ ('p∏:‰) {('p∏:˜)n} port˚ ('p@ú 's∏:‰) {('p∏ú 's∏:˜)n} Paul sort˚ (pÄ'‰i) {(pÅ'ºi)n} Par¤˚ (pÄ”'+i:‰) {(påÆ'+i:˜)n} partir˚ (v°Ä'lå) {(v°Å'lÅ)n} voilà˚ ('s#Ä:‰) {('s#Å:˜)n} soir˚ ('©å:‰) {('©Å:˜)n} car˘ Ancora: (på'på) {(pÅ'pÅ)n} papa˚ (pA'så:\) {(pÅ'sÅ:\)n} pøsage˚ ('g‰å) {('gºÅ)n, ('gºA)t} grø˚ ('g‰å:s) {('gºÅs)n, ('gºA:s)t} grøse˚ ('_,å:ba) {('_,Åba)n, ('_,A:ba)t} diable˘ Per l'accento della banliSe\ (v°A'lå) {(v°Å'lÅ)n} voilà˚ ('s#A:‰) {('s#Å:˜)n} soir˚ /i/ (i[:], ’I‰˘) /u/ (%[:], ’T‰˘) (+/’OK˘/) /y/ (y[:], ’Y‰˘) /e/ (e), /°/ (°[:]) /o/ (P@[:]), /Ú/ (œ#[:]) /’§, ù/ (#) /O/ (@[:], ’ê) {/OK/+(∏[:]‰, ’Ö‰)} /E/ (E[:], ’™) {/EK/+(Ä[:]‰, ’ɉ)} /Õ/ (_@[:], ’Ô@) /§/ (§[:], ’#) {/§K/+(@[:]‰, ’ê‰)} /A/ (å[:0]ò, ’A) /aK{0}é, wa/ (Ä[:]), /a/ (å[:]), /í, ^/ (a[:]) /Eò/ (E, ≠e), -aiò (vb.) (e, ±≠™, ≠E) / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (% ç 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/& / (& 1 1 Ì 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 5 2 2)

/¡ / (¡ 1 1 Ì 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (% ' 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

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('kå:‰) {('©Å:˜)n} car˚ ('på:,) {('pÅ,)n} pPlle˚ (t”å'vå:,) {(tüÅ'vÅ,)n, (-A:,)t} travPl˚ (p”ê&nœs¿å's¿œ) {(püÖ&nÚs¿Å's¿Ú)n, (-s¿A-)t} prononciation˘ C'è una forte tendenza a unificare /eò, Eò/ in /e/ (ma con molte oscillazioni ipercorrettistiche e d'incertezza; c'è anche chi usa il timbro intermedio, (™), sempre o soprattutto per -P): (p%'le) /pu'lE/ poulet˘ 4.4.2.2. Per le C˚ oltre a /K/ (già visto in alcuni esempi), che tipicamente è (‰), ma può essere (oltre che come nel neutro), anche (˜), specie per enfasi: ('‰y) {('ºy)n} rue˚ ('t”%) {('tü¯)n} trou˚ ('©åtx) {('©ÅtX)n} quatre÷ va aggiunto che, a un livello popolare, la "palatalizzazione& di /t, d÷ k, g/ è molto più consistente, passando le articolazioni da occlusive a occlu-costrittive, (⁄, Á÷ ›, k): (⁄y'Ái) {(+y'_i)n} tu d¤˚ ('mEk) {('mE©)n} mec˚ ('›id) {('áid)n} guide; /w/ è provelo-labiato, (°): ('m°Ä) /'mwa/ mo¤. La durata, nell'accento mediatico, oltre a quanto già detto per il neutro, presenta un tipico semiallungamento del vocoide della sillaba pretonica non-caudata, cioè: la sillaba che precede quella accentata in tonia (spesso, questo fenomeno prosodico è descritto, male, come spostamento d'accento dalla posizione ultimale a quella penultimale nella ritmia): (%pÄ;'‰i) {(%pÅ'ºi)n} Par¤˚ (&pÄ%‰i;'z,a) {(&pÅ%˜i'z,ì)n} par¤ien (in questi esempi, anche per il neutro, segn(i)amo esplicitamente l'altezza marcata della pretonica, che è quasi semi-alta nei due accenti, ma in quello "mediatico& c'è anche il semiallungamento). Il tonogramma dà l'intonazione dell'accento "mediatico&: si facciano tutte le considerazioni necessarie, con un (bel) po' d'attenzione. L'accento meridionale (Marsiglia) 4.4.3.1. Vediamo, ora, uno degli accenti più diversi da quello neutro (ma anche dall'"internazionale& e dal "mediatico&): il marsigliese, in rappresentanza della pronuncia del Midi˘ Come si vede dal vocogramma, le V sono poche: sette, più /ù/. Non c'è opposizione fonematica tra /e, E÷ °, §÷ o, O/; né, tanto meno, tra /a, A/. Per /E, ◊, O/ abbiamo sempre (e, °, o) (anche in sillaba non-accentata), tranne che in sillaba accentata seguita da C (con o senza /ù/), dove troviamo (™, #, ø). Per /a/ c'è un timbro centrale, (a). L'articolazione di /ù/ è centrale non-arrotondata, (È), tranne che in contatto con /K/, dove c'è l'arrotondamento, (+); corrisponde a ogni e grafico (tranne che per Ve\ amie = ami˚ (a'mi)}, e spesso appare anche tra C. Inoltre, le V nasalizzate, /í, ^, Ú, Õ/, non sono che una sequenza di vocale orale e un contoide nasale omorganico alla C seguente (ma, davanti a pausa, troviamo il semi-provelare, («); il timbro delle vocali "nasalizzate& è: (e, °, o, å) in sillaba non-accentata, (™, #, ø, a) in sillaba accentata, ma (™e, #°, øo, aå) in sillaba (accentata) finale assoluta. L'unico allungamento normale, a parte l'enfasi, è il semiallungamento, in tonia, della V (seguìta da una C˚ con o senza /ù/), e il dittongamento delle "nasalizzate& in posizione finale assoluta davanti a pausa. In pronuncia meno marcata, le dura-

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te possono avvicinarsi a quelle del neutro (come pure i timbri e le distribuzioni di /'E, '§, 'O÷ ’E0, ’§0, ’O0/}. Ecco gli esempi interessanti: ('tu) {('tU)n} tout˚ ('tre) {('tüE)n} très˚ (te'r™e«) {(t™'ºì)n} terrPn˚ (s°l'maå«) {(s#l'mŒ)n} sSlement˚ (&promÈ'nadÈ) {(püÖm'nÅd)n} promenade˚ ('v™e«) {('vì)n} vin˚ (&bjene'me) {(&b,3ne'me)n} bien-Pmé˚ ('m™ns) {('mì:s)n} mince˚ (o'k#°«) {(P'©^)n} aucun˚ (l°n'di) {(l}'_i)n} lundi˚ ('#mblÈ) {('^:ba)n} humble˚ (mo«'nøo«) {(mÚ'nÚ)n} mon nom˚ ('nømbr+) {('nÚ:bX)n} nombre˚ (òån'taå«) {(\Œ'tŒ)n} j'entend˚ ('lampÈ) {('lŒ:p)n} lampe˚ ('di;r) {('_i:˜)n} dire˚ ('vwa;r) {('v°Å:˜)n} voir˚ (pÈ'n°) {(p'n°)n} pnS˚ (&òÈtÈ&lÈdÈ'mandÈ) {(/&t#ld#'mŒ:d)n} je te le demande˚ (&òÈnÈ&tÈl+&r+dÈ'mandÈ 'pa) {(\#n&t#lº#d&mŒn'pÅ)n} je ne te le redemande pø˘ L'accento meno marcato può avere delle V parzialmente nasalizzate in sillaba accentata: ('m™ens) {('mì:s)n} mince˚ (ëi'™e«) {('/¿ì)n} >ien˚ ('#JmblÈ) {('^:ba)n} humble˚ ('br#J«) {('bº^)n} brun˚ ('laAmpÈ) {('lŒ:p)n} lampe˚ ('baA«) {('bŒ)n} banc˚ ('nøÚmbr+) {('nÚ:bX)n} nombre˚ ('bøÚ«) {('bÚ)n} bon. /i/ (i), /y/ (y)

/u/ (u)

/e, E/ (eò, ™0, ™0È, ’e) /°, §/ (°ò, #0, #0È, ’°) /í/ (™ö0, ™e«ò, ’eö) /^/ (#ö0, #°«ò, ’°ö) /a/ (a)

/o, O/ (oò, ø0, ø0È, ’o) /ù/ (È, r+, +r) /Ú/ (øö0, øo«ò, ’oö) /Õ/ (aö0, aå«ò, ’åö) / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ' 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 Ì 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

4.4.3.2. Per le consonanti, osserviamo che non ci sono tutti i tassofoni del neutro; inoltre: /n/+/0/ (m, M, n, ~, N, ˙), /nm, nK/ («m, «r), /S, Z/ (ë, ò), /j/ (j), /w/ (°), /N, nj/ (~j), /Ni/ (ni), /lj, l¥/ (¬j, ¬¥), /'[0]/+/jé, ¥é, wé/ ([0])+(i'é, y'é, u'é), /K/ (r) (anche (‰), specie non prevocalico; e, nell'accento meno marcato, pure (K, ˜)}: (åM'v™;r) {(Œ'vE:˜)n} envers˚ ('ba˙kÈ) {('bŒ:©)n} banque˚ (å«'ri) {(Œ'ºi)n} Henri˚ (òÈ'ë™rëÈ) {(\#'/EÆ/)n} je >er>e˚ (&trava'je) {(&tüÅvÅ',e)n} travPller˘ L'accento della banlieu ha /t, d/ (+, _) + /i, j, y, ¥/, e /K/ tendenzialmente non-sonoro (3) (e (x, ', ˜)). Inoltre: (mon'ta~jÈ) {(mÚ'tÅN)n} montagne˚ (&ma~je'rizmÈ) {(&mÅ~,e'ºis))n} maniér¤me˚ (¬je'zøo«) {(¬,e'zÚ)n} lia¤on˚ (k¥i'zi;nÈ) {(©Îi'zin)n} cu¤ine˚ (&òÈsy'i) {(\#'sÎi, /'sÎi)n} je su¤˚ (ly'i) {('¬¥i)n} lui˚ (lu'i) {('l°i)n} Lou¤˚ (bi'™e«) {('b,ì)n} bien˚ ('ra;r+, '‰a;‰+) {('ºÅ:˜)n} rare˘ Quindi, (j) si mantiene bene solo davanti a V non finale;

4. francese

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infatti, generalmente, abbiamo: ('p™i) {('pE,)n} pZe˚ (pe'i) {(pe',i)n} pZs˘ I gruppi consonantici vengono semplificati, come in: (di'r™;k) {(_i'ºEkt)n} direct˚ (di'r™;t) {(_i'ºEkt)n} directe˚ (os'ky;r) {(Öp's©y:˜)n} obscur˚ (&aòek'ti;f) {(&ÅD\™©'+if)n} adjectif˚ (se'tambr+) {(s™p'tŒ:bX)n} septembre÷ (a've) {(Å'vE©)n} avec÷ ma: (sò) in parole come: dix˚ six˚ alors˚ lors˚ gens˚ Sx˚ cSx˚ cours˚ vers˚ jad¤˚ av¤˚ moins˚ Roux˚ Poux˚ †iers˚ Arno¨˘ Non ci sono desonorizzazioni, come si può vedere dagli esempi dati, né per le V˚ né per le C˘ La lia¤on è rara, infatti, avviene praticamente solo con /z/ degli articoli, pronomi e aggettivi plurali maschili; però, non c'è il concetto di "h disgiuntiva&, per cui si fanno legature ed elisioni, per esempio: (le'zø;mÈ) {(l™'z∏m)n} lπ hommπ˚ (&meza'mi) {(&mezÅ'mi)n} mπ am¤˚ (&noza'mi) {(&nPzÅ'mi)n} nos am¤˚ (&l°rza'f™;r+) {(&l#˜zÅ'fE:˜)n} lSrs a‡Prπ˚ (&vuzi're) {(&v¯zi'ºe)n} vo¨ irez˚ (&i[l]za've) {(&i[l]zÅ'vE)n} ils avPent˚ (&diza'mi) {(&_izÅ'mi)n} dix amiπ˘ Ancora: ('gro zani'mo) {('gºP zÅni'mP)n} gros animaux˚ ('gran zåM'faå«) {('gºŒ zŒ'fŒ)n} grands enfants˚ (i[l]&nuzåm'parlÈ) {(i[l]&n¯zŒ'pŘl)n} il no¨ en parlent÷ anche: (le&zari'ko) {(&leŘi'kP)n} lπ haricots˚ (&°ne'ro) {(}e'ºP)n} un héro˘ Nelle frasi, l'identità dei lessemi resta distinta, senza risillabificarsi, contrariamente a quanto succede coi grammemi: (°m'b™l wa'zo) {(}'bE l°Å'zP)n} un bel ois›˚ ('bø« ape'ti) {('bÖ nÅpe'+i)n} bon appétit˚ (&°«-wa'zo) {(&}-n°Å'zP)n} un ois›˚ (™&laòy're) {(™&lÅ\y'ºe)n} elle a juré˘ Il tonogramma dà l'intonazione dell'accento marsigliese. L'accento canadese (Québec) 4.4.4.1. L'accento che descriviamo è quello normale, o "neutro canadese&. Ci sono non poche altre varianti (che riempiono due ulteriori vocogrammi, dati al § 4.6.3), sia più marcate (e anche decisamente più marcate, o popolari), sia meno marcate, che puntano piuttosto al neutro europeo, o all'internazionale; ci sarebbero tante cose (e abbastanza diverse) da aggiungere, ma ci è parso meglio semplificare e presentare omogeneamente quest'accento, come s'è fatto per altri. Faranno, comunque, parte d'una monografla specifica di pronuncia francese. Prima di vedere bene i timbri delle vocali, bisogna dire che in Canada ci sono ancora sia /A/ che /E:/ e, addirittura, troviamo anche /e:/. Per /A/, oltre ai casi tradizionali (ancora trascritti nei dizionari), come: ('på∏t) {('pÅt)n, ('pA:t)t} pâte˚ ('tå∏/) {('tÅ/)n, ('tA:/)t} tâ>e˚ ('må∏l) {('mÅl)n, ('mA:l)t} mâle, rispetto a ('pÅt) {('pÅt)n} patte˚ ('tÅ/) {('tÅ/)n} ta>e˚ ('mÅl) {('mÅl)n} malle÷ (&påqi'sªe) {(&pÅ+i's¿e)n, (&pA-)t} pât¤sier÷ abbiamo anche un'espansione della sua frequenza, praticamente, a tutti i casi di /a|, wa|, av|, az|, as|, aZ|, aj|, aö|, aK|, ’aK/ (con possibili oscillazioni, specie per /av|, az|/ e -ation˚ che hanno sia /A/ che /a/). C'è anche neutralizzazione e‡ettiva, come per: ('kå) che vale sia per ('©Å) {('kA)t} cø˚ che per ('©Å) {('©Å)t} k÷ però, la distribuzione contestuale –con "/A/& in tonia– porta a situazioni come: ('sÅ '\E≈ 'så) ça… j'Pme ça˘ C'è oscillazione tra (wå|) e (wÅ|) (quest'ultimo è, generalmente, valutato come più popolare), fino a (w™), decisamente dialettale: ('mwå÷ 'mwÅ÷ 'mw™) moi˘ È salda la "vecchia& opposizione tra /E/ e /E:/, abbiamo, per esempio: ('mEt5) /'mEtK/

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mettre˚ ('mE™t5) /'mEtK/ {/'mE:tK/t} maître÷ ('fEt) /'fEt/ fPte˚ ('fE™t) /'fEt/ {/'fE:t/t} fête˚ ('sEn) /'sEn/ sPne˚ ('sE™n) /'sEn/ {/'sE:n/t} scène (ormai, nel neutro europeo solo: ('mEtX, 'fEt, 'sEn)n); mentre, per questa "nuova& opposizione, costituita da "/e:/&, abbiamo esempi come: ('neI\) "/'ne:Z/& nRge˚ ('bReI©) "/'bKe:k/& bréque (o brake] (/'nEZ, 'bKEk/n ('nE:\, 'bºE©)n). /i/ (i, I, Ii), /y/ (y, Y, Yy)

/u/ (u, U, Uu)

/e/ (e, eI), /°/ (°, °Y) /í/ ('™e, ™e', ’™), /ù/ (+) /E/ (E, E™, ’™) /§/ (§, §#, ’#), /^/ ('}J, }J', ’}) /a/ (Å, Åå), /Õ/ ('ÅA, ÅA', ’Å)

/o/ (o, oU) /O/ (O, @ @Oø, ’ø) @ /Ú/ ('/Ó9, Ó9' / , ’Ó) / /A/ (å, å∏)

/ / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ' 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 Ì 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

4.4.4.2. In sillaba accentata caudata in /v, z, Z, K, vK/, tutte le V che ricorrono si realizzano come dittonghi (diamo solo alcuni esempi): ('lIiv5) /'livK/ livre˚ ('pYyR) /'pyK/ pur˚ ('RUu\) /'KuZ/ rouge˚ ('Rå∏\, 'RÅå\) /'KaZ/ rage (('li:vX, 'py:˜, 'º¯:\, 'ºÅ:\)n). Lo stesso avviene per /E:, e, °, o, A/ in tonia per qualsiasi sillaba caudata (senza ripetizioni d'esempi): ('f°Yt5) /'f°tK/ fStre˚ ('\oUn) /'Zon/ jaune (('f°:tX, '\P:n)n), e anche in pretonia per sillaba non-caudata (sempre senza ripetizioni): (&ÅR™e'te) /aKe'te/ arrêter˚ (neI'\e) /ne'Ze/ nRger˚ (f°Y'tÍe) /f°'tKe/ fStré˚ (\oU'nå∏t5) /Zo'natK/ jaunâtre˚ (få∏'/e) /fa'Se/ fâ>é ((&Ře'te, ne'\e, f°'tüe, \P'nÅtX, fÅ'/e)n). Nell'accento più marcato, o popolare, c'è anche una fusione di queste due caratteristiche, per cui, in sillaba pretonica non-caudata, le V spesso si dittongano se seguìte da /v, z, Z, K, v K/ (il primo vocogramma del § 4.6.3 mostra (™e', #°', øo')): (&ÅqIi'Re) /ati'Ke/ attirer˚ (\Yy\'mÅA) /ZyZ'mÕ/ jugement˚ (&epUu'ze) /epu'ze/ épo¨ée˚ (t™e'R™e) /tE'Kí/ terrPn˚ (b#°'Re) "/b§'Ke/& bSrrée˚ (°Y'R°) /°'K°/ hSrSx˚ (&øRløo'\E™R) /OKlO'ZEK/ horlogère˚ (&ekÍÅå'ze, -å∏-) /ekKa'ze/ écrøé÷ o se sono /e, °, o/ (anche senza rapporti di derivazione, e in sintagmi): (leI'pªe) /le'pje/ lπ pieds˚ (d°Y'm™e) /d°'mí/ dSx mPns˚ (soU'få) /so'fa/ sofa˘ Le V nasalizzate si dittongano in tonia (cioè in sillaba tonica e pretonica), ma sono brevi in protonia: ('f™e) /'fí/ fin˚ (s™e'qYyR) /sí'tyK/ cRnture˚ (o'©}J) /o'k^/ aucun˚ (}J'\UuR) /^'ZuK/ un jour˚ (mÓ9'nÓ9) /mÚ'nÚ/ mon nom˚ (\ÅA'tÅA) /ZÕ'tÕ/ j'entends÷ (&™fi'ni) /ífi'ni/ infini˚ (&}nÅ'mi) /^na'mi/ un ami˚ (&mÓnÅ'mi) /mÚna'mi/ mon amie˚ (Å&nÅtÅA'dÅA) /ÕnÕtÕ'dÕ/ en entendant (('fì, s3'+y:˜, P'©^, }'\¯:˜, mÚ'nÚ, \Œ'tŒ÷ &3fi'ni, &}nÅ'mi, &mÚnÅ'mi, Œ&nŒtŒ'dŒ)n).

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4.4.4.3. Altra peculiarità notevole è che /i, y, u/ in sillaba caudata (accentata o no), sono semi-alti: ('vIf) /'vif/ vif˚ ('lYn) /'lyn/ lune˚ ('tUt) /'tut/ toute {('vif, 'lyn, 't¯t)n), come pure nella prima sillaba non-caudata di parola o di ritmia: (fI'lIp) /fi'lip/ Philippe˚ (Y'nI©) /y'nik/ unique˚ (kU'zIn) /ku'zin/ co¨ine˚ e anche in altre sillabe non-caudate successive, in parole o ritmie che terminano in sillaba caudata: (&pÍImI'qIiv, pÍI≈'q-) /pKimi'tiv/ primitive˚ (&\YRI'QI©, \YR'Q-) /ZyKi'dik/ juridique÷ altri esempi: (&mInIs'tE™R, mIns-) /minis'tEK/ mini®ère˚ (&Åk.s'qI©) /akus'tik/ acou®ique {(fi'lip, y'ni©, k¯'zin÷ &püimi'+i:v, &\y˜i'_i©÷ &minis'tE:˜, &Åk¯s'+i©)n). L'accento meno marcato può limitare la ricorrenza di (I, Y, U) alle sole sillabe caudate, o anche solamente alle caudate accentate; l'accento decisamente meno marcato, e più sorvegliato, può non avere a‡atto (I, Y, U). Sempre /i, y, u/ presentano anche altre due peculiarità (tranne che in parlata lenta o sorvegliata); infatti, non-accentate, si desonorizzano tra C non-sonore, in sillaba caudata o no: (&kÓfN'qYyR) /kÚfi'tyK/ confiture˚ (&åÍqNs'qI©) /aKtis'tik/ arti®ique˚ (&QIspÛ'te) /dispy'te/ d¤puté˚ (&deku'på∏\) /deku'paZ/ découpage {(&kÚfi'+y:˜, &ÅÆ+is'+i©, &_ispy'te, &dek¯'pÅ:\)n). Possono cadere tra costrittiva o sonante e altra C˚ o tra occlusiva e non-occlusiva (anche altre V˚ soprattutto /e/): (&pÍøfe's§#R, pÍøf's-) /pKOfE's§K/ profπsSr˚ (&Yniv™Ísi'te, &Ynv™Ís'te) /ynivEKsi'te/ université˚ (&Åbili'te, &ÅbIú'te) /abili'te/ habilité˚ (&mÅNI'fI©, mÅ˚'-, mÅJ'-, mÅ9'-) /maNi'fik/ magnifique˚ (bI'zå∏R, b'z-) /bi'zaK/ bizarre˚ (pø&pylå∏'sªÓ9, &pøpúå∏-) /pOpyla'sjÚ/ population˚ (e&pyRå∏'sªÓ9, &epÍå∏-) /epyKa'sjÚ/ épuration˚ (&bujø'ne, bjø-) /bujO'ne/ bouillonner˚ (&pinÅ'je, pnÅ-) /pina'je/ pinPller˚ (&øRe'je, øR'je) /OKe'je/ orRller˚ (&lÅkø'mOd, lÅ©'≈Od) la commode {(&püÖf™'s§:˜, &yni&v™Æsi'te, Å&bili'te, &mÅNi'fi©, bi'zÅ:˜, pÖ&pylÅ's¿Ú, e&py˜Å's¿Ú, &b¯,Ö'ne, &pinÅ',e, &Ö˜e',e, &lÅkÖ'm∏d)n). Anche /ù/ cade più spesso che in francese europeo: ('lY© s+pÍø'mEn, 'lYks p-) Luc se promène {('ly© s#püÖ'mEn)n}, e presenta pure distribuzioni che, nell'europeo, spesso, sono considerate popolari, come: ('fE™R+ú 'f¨) fPre le fou {('fE;˜ l#'fU)n}. Inoltre, generalmente, non c'è nessun adeguamento vocalico: (™'me, ™'mE) –accento più marcato (™e-)– {(e'me, ™'mE)n} Pmé˚ Pma¤˘ 4.4.4.4. Per le C˚ oltre agli esempi già dati, osserviamo che /nj, n¥/ sono (~j, ~¥) (al livello marcato, popolare /nj/ passa a /N/): (pÅ'~je) /pa'nje/ panier˚ (ÅA'~¥i) /Õ'n¥i/ ennui {(pÅ'~,e, Œ'~¥i)n); /N/ oscilla tra (N) e (J): (mÓ9'tå∏N, -'tå∏J) /mÚ'taN/ montagne˚ (&Ås™N'mÅA, &Ås™J'-) /ÕsEN'mÕ/ ensRgnement {(mÚ'tÅN, &Œs™N'mŒ)n). Inoltre, /w/ è (w): ('mwå) /'mwa/ mo¤˘ Tra le occlusive, /t, d/ presentano la tipica realizzazione occlu-costrittiva, (q, Q), davanti a /i, y÷ j, ¥/: ('qIp) /'tip/ type˚ ('QYyR) /'dyK/ dur˚ ('qª™e) /'tjí/ tiens˚ (kÓ9'Q¥IiR) /kÚ'd¥iK/ conduire {('+ip, '_y:˜, '+¿ì, kÚ'_¥i:˜)n)÷ quest'articolazione può non estendersi oltre la ritmia o la parola: (s™'tIl, s™'qIl) /sE'til/ Sept-Îlπ (® ('sE 'tIl) /'sE 'til/ sept îlπ]˚ (dI'må∏\, QI-, -Åå\) /di'maZ/ d'imagπ (® ('Qi 'må∏\, -Åå\) /'di 'maZ/ dix magπ]˘ Al livello popolare si possono avere anche (+, _) davanti a /e, E, a, í, Õ/: (dÅ'te, _Å'+e) dater {(dÅ'te)n), e pure (⁄, Á) davanti a /j, ¥/: ('⁄ª™e, kÓ9'Á¥IiR). Anche in canadese, troviamo /k, g/ (©, á) (con (k, ›) a livello popolare) davanti a V anteriori (fino /Õ, ù/) e davanti a pausa: ('á§l) /'g§l/ guSle˚ ('kO©) /'kOk/ coq˘ Davanti a pausa, le occlusive possono essere inesplose: ('©Åp, -pæ) /'kap/ cap˚ ('dÅt,

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-tæ) /'dat/ date˚ ('RO©, -©æ) /'KOk/ roque˚ ('lÅAá, -áæ) /'lÕg/ langue˚ ('RYd, -dæ) /'Kyd/ rude˘ A volte, /p, t, k/ possono essere "aspirate&, dopo pausa o iniziali di sillaba accentata (che segn{i}amo, solo qui, con (0·)): (p·÷'p·It5) /py'pitK/ pupitre˚ (t·ø&tÅli't·e, &t·øtÅú't·e) /tOtali'te/ totalité˚ (&k·åRÅ'k·Ol) /kaKa'kOl/ caracole {(py'pitX, tÖ&tÅli'te, &©Å˜Å'k∏l)n). Anche nelle molte parole inglesi, correnti nel francese canadese, /tS, dZ/ restano sequenze (T/, D\): (T'/Iip, T'/Ip) /t'Sip/ >eap˚ (D'\Iin, D'\In) /d'Zin/ jeans÷ le seconde varianti sono più assimilate, come avviene anche per: ('qIim, 'qIm) /'tim/ team˘ In canadese, /j/ è approssimante; /K/ è tipicamente vibrato alveolare, (R): ('Rå∏R) /'KaK/ rare, che costituisce la pronuncia canadese tradizionale e neutra; ma, spesso, è uvulare (approssimante, vibrante o costrittivo, (˜, K, º), specie in pronuncia meno marcata, o mediatica, o anche tendenzialmente moderna, con epicentro nella città di Québec). In parole inglesi, spesso troviamo l'approssimante velo-uvulare (o quello prevelare – entrambi anche con leggera postalveolarizzazione e labializzazione, come nelle pronunce inglesi canadesi), (˚ (('âe:g|&va‰4)) /'ge:gôvaKt/ Gegenwart˘ Per /0ó/ (0ô) + /t, d, q, z, n, l/, abbiamo il velare dentalveolarizzato˚ ((˘)): (('âe:g˘&4hael)) /'ge:gôtael/ GegentRl˚ ((&âe;g˘'7ºae)) /ge:gô'dKae/ gegen drR˚ ((&âe;g˘'qhñae)) /ge:gô'qvae/ gegen zwR˚ ((&âe;g˘'zEks)) /ge:gô'zEks/ gegen se7˚ ((&âe;g˘'nOYn)) /ge:gô'nOYn/ gegen nSn˚ (('âe:g˘&laes4U,)) /'ge:gôlaestU˙/ GegenlR®u«˘ 5.2.1.7. Nel caso di /0ó/ (0è) + /∫, f, v/, ovviamente, le cose non cambiano: (m¢t'Sa‰fè 'fo:tos) /mIt'SaKfó 'fo:tos/ mit (arfen Fotos÷ ugualmente, per /0ó/ (0è)

5. tedesco

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+ /t, d, q, z, n, l/: (m¢t'Sa‰fè 'qh™:nó÷ 'qhE:-) /mIt'SaKfó 'qE:nó/ mit (arfen Zähnen˘ Invece, per /0ó/ (0è) + /k, g, K/, abbiamo il labiodentale velarizzato˚ ((ô)): ((m¢t'Sa‰fô 'khúI˙ô)) /mIt'SaKfó 'klI˙ó/ mit (arfen Kli«en˘ Per /0ó/ (0«) + /p, b, m/, troviamo, per la quarta volta, il bilabio–dentalveolare˚ ((!)): (('m™:+Â!&p™nz,o&na;4, -a˙-, -Å˙-, -Å-, -s,-÷ 'mE:+-)) /'mE:tÂópenzjona:t, -a˙-, -sj-/ Mäd>enpensionat÷ inoltre, + /∫, f, v/, abbiamo l'alveolare labiodentalizzato˚ ((/)): (('m™:+Â/&füOYntúIÂ÷ 'mE:+-)) /'mE:tÂófKOYntlIÂ/ mäd>enfrSndli>÷ poi, + /k, g/, abbiamo l'alveolare velarizzato˚ ((¡)): (('m™:+¡&khúas¢÷ 'mE:+-)) /'mE:tÂóklasÈ/ Mäd>enklasse˘ Per /0ó/ (0?) + /p, b, m/, abbiamo, per la terza volta, il velo–bilabiale˚ ((õ)): (('qhae4U˙õ &publi'qhi:º?, -º¡, -‰,, -‰n)) /'qaetU˙ó publi'qi:Kó/ ZRtu«en publiz¤ren˘ Per /0ó/ (0?) + /∫, f, v/, troviamo ancora il velare babiodentalizzato˚ ((|)): (('qhae4U˙| f…'khaofè)) /'qaetU˙ó fÚ'kaofó/ ZRtu«en verkQfen˘ Infine, per /0ó/ (0?) + /t, d, q, z, n, l/, ricorre, un'altra volta, il velare dentalveolarizzato˚ ((˘)): (('qhae4U˙˘ 'le:zó)) /'qaetU˙ó 'le:zó/ ZRtu«en lesen˘ In grammemi (e lessemi frequenti), come in˚ Rn˚ von˚ ins˚ uns˚ dann˚ (on˚ Montag, nel parlato corrente, non è a‡atto raro che /én/ + /[0]˘, [0]˘/ passi a (◊n, –n, –) (con nasalizzazione progressivamente maggiore, fino alla scomparsa di /n/): (öIns'khi:no, öIs-) /Ins'ki:no/ ins Kino… Occlusivi 5.2.2.1. Ci sono tre coppie difoniche, /p, b÷ t, d÷ k, g/, con la peculiarità che, in posizione finale di parola (e posnucleare, ma con alcune "curiosità& che vedremo), ricorre solo l'elemento non-sonoro; inoltre, /p, t, k/, dopo pausa e in sillaba accentata (non preceduta da /s, S/ appartenente allo stesso lessema), sono "aspirati&. Inoltre, /t, d/ sono dentalveolari (a rigore, i simboli più adatti sarebbero ((4, 7)), ma è su‚ciente l'impiego di (t, d), a meno che non si voglia insistere particolarmente sulla sfumatura). Ecco degli esempi: (pha'phi:‰) /pa'pi:K/ Pap¤r˚ ('phúaq) /'plaq/ Pla˛˚ ('SpüE«) /'SpKEÂó/ spre>en˚ ('halp) /'halp/ halb˚ ('öapt) /'apt/ Abt˚ (öIÂ'pha‰k¢) /IÂ'paKkÈ/ i> parke˚ ('öUnt) /'Unt/ und˚ ('lu:p¢) /'lu:pÈ/ Lupe˚ ('öEb¢) /'EbÈ/ Ebbe˚ ('ÊIt¢) /'bItÈ/ bitte÷ ('tho:t) /'to:t/ Tod˚ ('thüe:tó) /'tKe:tó/ treten˚ ('Stüa:s¢) /'StKa:sÈ/ Stra•e˚ ('laet) /'laet/ LRd˚ (¢s'thüI˙kt) /Ès'tKI˙kt/ es trinkt˚ ('laed…) /'laedÚ/ lRder˚ ('∂a˙kô) /'da˙kó/ danken˚ ('khInt) /'kInt/ Kind˚ ('khüaes) /'kKaes/ KrRs˚ (∂ås'khi:no) /das'ki:no/ das Kino˚ ({öae˙}k'nal) /{aen}k'nal/ (Rn) Knall˚ (â¢'bI‰g¢) /gÈ'bIKgÈ/ Gebirge˚ ('âI˙) /'gI˙/ gi«˘ 5.2.2.2. Ciò che troppo spesso viene descritto come "aspirazione& degli occlusivi davanti a pausa, in realtà, altro non è che l'"esplosione& dei foni (che mostriamo solo qui, con ($)), non un'"aspirazione&, che è cosa diversa: ('skalp$) /'skalp/ Skalp˚ ('tha:t$) /'ta:t/ Tat˚ ('khEk$) /'kEk/ ke$˘ C'è chi arriva anche a indicare qualcosa come "('thaphth¢, 'ºYthl¢)&, per ('thapt¢) /'taptÈ/ tappte˚ ('ºYtú¢) /'KYtlÈ/ rüttle˚ intendendo semplicemente alludere al fatto che la transizione da un occlusivo a un altro, o a qualsiasi altro fono, può essere udibile, cioè "esplosa&, (('4hap$4$¢, 'ºY4$ú¢)); ma non è, certo, il caso di segnare tali cose.

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Per assimilazione, in /pf, pv/, abbiamo (]) + /f, v/: ('öa]&fal) /'apfal/ Abfall (diverso da (∫) /∫/)˚ ('öa]&Ñe;‰tó) /'apve:Któ/ abwerten˘ Inoltre, come s'è visto per /n/ (§ 5.2.1), anche /t, d/ s'assimilano alla C seguente: ('mIk&âIft) /'mItgIft/ Mitgi⁄˚ ('mIk&kømõ) /'mItkOmó/ mitkommen˚ ('mIp&ʺI˙ô) /'mItbKI˙ó/ mitbri«en˚ ('mIp&≈™nS) /'mItmEnS/ Mitmen(˚ ('ʺo:k&khaofè) /'bKo:tkaofó/ Brot kQfen˚ ('ʺo:p&ʺI˙ô) /'bKo:tbKI˙ó/ Brot bri«en÷ abbiamo (+) in: ('m™:+«÷ 'mE:+-) /'mE:tÂó/ Mäd>en˘ 5.2.2.3. Inoltre, consideriamo: ('öap&úaot) /'aplaot/ AblQt˚ ('öapúa&ti;f) /'aplati:f/ Ablativ˚ ('öap&üu;f) /'apKu:f/ Abruf˚ (öat'ÑE‰p) /at'vEKp/ Adverb˚ (&öat≈i'ºa:l) /atmi'Ka:l/ Admiral˚ ('Sto:f&úaen) /'Sto:flaen/ StovlRn˚ ('li:p&úo;s) /'li:plo:s/ l¤blos˚ ('ºe:k&úo;s) /'Ke:klo:s/ reglos˚ ('m°:kúIÂ) /'m°:klIÂ/ mögli>˚ ('ni:túIÂ) /'ni:tlIÂ/ n¤dli>˚ ('hantúU,) /'hantlU˙/ Handlu«˚ ('öy:púIÂ) /'y:plIÂ/ übli>˚ ('va:knIs) /'va:knIs/ Wagnis˚ ma: ('laebnIq) /'laebnIq/ LRbniz˚ ('ºe:dn…) /'Ke:dnÚ/ Redner˚ ('âe:gn…) /'ge:gnÚ/ Gegner˚ ('va:gn…) /'va:gnÚ/ Wagner˚ ('öa:dl…) /'a:dlÚ/ Adler˚ ('öa:dlIÂ) /'a:dlIÂ/ adlig˚ ('öa:dlIg¢) /'a:dlIgÈ/ Adlige˚ ('O‰dnU,) /'OKdnU˙/ Ordnu«˚ ('ºe:gl…) /'Ke:glÚ/ Regler˚ (zIg'na:l) /zIg'na:l/ Signal˚ (&zIgna'thu:‰) /zIgna'tu:K/ Signatur˚ ('öe:bn¢) /'e:bnÈ/ ebne˚ ('öy:bºIÂ) /'y:bKIÂ/ übrig˘ In e‡etti, in questo secondo gruppo di forme, le sequenze consonantiche sono sonore perché appartengono allo stesso lessema (con eventuale caduta diacronica di /È/ -e-]\ reden˚ gegen˚ Wagen˚ Adel˚ Regel˚ Orden˚ eben˚ über÷ mentre, nel primo gruppo, abbiamo combinazioni (evidenti oppure opache) con grammemi (prefissi o su‚ssi), per cui consideriamo solo tre casi: Ab-[lQt]˚ [üb]-li>˚ da üben˚ e [Wag]-nis˘ Le parole d'origine dotta e straniera mantengono, generalmente, l'occlusivo sonoro davanti a sonanti: /bl/ Double˚ mobl¤ren˚ Problem˚ publik˚ Republik˚ sublim˚ Tablett˚ Variable÷ /bK/ Algebra˚ Fabrik˚ Kabrio˚ Kobra˚ Libretti®˚ Soubrette˚ Vibration˚ Zebra˚ però /bK, pK/ Abrasion˚ Abrasit e /pK, bK/ abrupt÷ /dK/ Adresse˚ Hydrant˚ Madrider˚ Madrigal˚ Melodrama˚ Quadrant˘ Altri casi: /gm/ Dagmar˚ Dogma˚ Egmont˚ Fragment˚ Magma˚ Paradigma˚ Phlegma˚ Pigment˚ Pragmatik˚ Pygmäe˚ Segment˚ Sigma˚ Stigma÷ /gn/ Agno®iker˚ Diagnose˚ ignor¤ren˚ indign¤rt˚ kognitiv˚ Magnat˚ Magnol¤˚ Magnus˚ Physiognom¤˚ prägnant˚ Stagnation˚ e /gn, ˙n/ inkognito˚ Magnesit˚ Magnesium˚ magneti(˚ Signal˚ signikant÷ /gl/ eglomis¤ren˚ H¤rogly#e˚ Iglu˚ Negligé˚ e /˙l/ e«li(˚ Jü«li«˚ lä«li(˚ e /˙Í/ Si«le÷ /gK/ agrari(˚ Agronom¤˚ Allegro˚ Diagramm˚ Emigrant˚ Migräne˚ Regress˚ Sa«ria˚ Telegraf˘ Però, abbiamo: /tm/ Admiral˚ Kadmium˘ Inoltre: /p, b/ Abort [= Abtritt]˚ aboral˚ abort¤ren˚ e /kn, gn/ ErRgnis˚ nonostante /kn/ Befugnis˚ Wagnis˚ ZSgnis˘ 5.2.2.4. Dagli esempi forniti, s'è visto che in tedesco c'è anche l'occlusivo "glottale& (oppure, "colpo di glottide&; ma meglio: occlusivo laringale), (ö): (&öyb…'öal, &öY-) /y[:]bÚ'al/ überall˚ (â¢'öO‰k) /gÈ'OKk/ Georg (più frequentemente, ('âe:ø‰k) /'ge:OKk/), (Ê¢'öaeló) /bÈ'aeló/ beRlen˚ (the'öa:t…) /te'atÚ/ Theater˚ (f…'öaen) /fÚ'aen/ VerRn˚ ('vael [ö]IÂ'öaos&öa‰baet¢) /'vael IÂ'aosaKbaetÈ/ wRl i> QsarbRte˚ ('öIs 'öaoX &öaen[ó]'öa∫Í) /'Is 'aox aenó'a∫Í/ iss Q> Rnen Aπel˘ Questo fono precede ogni V iniziale di sillaba (quindi, senz'alcuna C davanti, sempre nella stessa sillaba), accentata o no, in lessemi o grammemi, anche nella

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frase; è più notevole dopo pausa e in sillaba accentata; se la pronuncia si fa più rilassata, può mancare solo in sillaba completamente non-accentata (qui indicato con ([ö])), purché la composizione non sia evidente. Come si vede, ricorre, inoltre, anche all'interno dei lessemi, nel contesto /é'é/ (é'öé), ma non più se l'accento manca: ('öaf¢) /'afÈ/ A‡e˚ ('öap&öa;‰t) /'apa:Kt/ Abart˚ (f…'öaXtó) /fÚ'axtó/ vera>ten˚ (Ê¢'öaXtó) /bÈ'axtó/ bea>ten˚ (d™s&öavu'öi:º?, -º¡, -‰n, -‰,) /dEsavu'i:Kó/ desavou¤ren˚ (∂e'öEMfazIs) /de'EmfazIs/ Deem#asis˚ (öant'öa:qidUm) /ant'a:qidUm/ Antacidum˚ (&öant[ö]a'qhi:t) /anta'qi:t/ Antacid˚ ('öaosö…≤zó) /'aosÚle:zó/ Qserlesen˚ ('mUnt&öa;‰tó) /'mUnta:Któ/ Mundarten÷ abbiamo, quindi, (thea'thüa:lIS) /tea'tKa:lIS/ theatrali(˚ ma (&theöa-) solo in pronuncia un po' teatrale… Inoltre, si trova (ö) pure se la V è "profonda& o assimilata, come in (…) /Ú/, per //ÈK//, purché si tratti di nucleo sillabico iniziale: ({qhu}ö…'fa:º?, -º¡, -‰n, -‰,) /{qu}Ú'fa:Kó/ [zu] erfahren˘ Però, abbiamo: (öae'nand…) /ae'nandÚ/ Rnander˚ con sillabazione non morfemica, riconosciuta anche dalla nuova ortografia. Altri esempi utili: (&ö…'öa‰&baetó) /ŒK'aKbaetó/ erarbRten˚ ('öaofö…&Ste;U,) /'aofŒKSte:U˙/ Aufer®ehu«˚ ('vi:d…ö…&öo;b…,, -…n) /'vi:dÚŒKo:bÚn/ w¤dererobern˚ ('âlat&öaes) /'glataes/ GlattRs˚ (la˙'ne:z¢&öaes) /la˙'ne:zÈaes/ La«neseRs˚ ('âa˙&öa;‰t) /'ga˙a:Kt/ Ga«art˚ ('qhOlö…&h°;U,) /'qOlÚh°:U˙/ Zollerhöhu«˚ (khlo'öa:k¢) /klo'a:kÈ/ Kloake˚ (&öide'öa:l) /ide'a:l/ ideal˘ 5.2.2.5. L'esistenza di coppie come (f…'öaezó) /fÚ'aezó/ verRsen˚ (f…'ºaezó) /fÚ'Kaezó/ verrRsen˚ potrebbe far pensare che (ö) sia un fonema, /ö/; ma non è così, anche perché può esser omesso, come avviene generalmente in Svizzera, Alto Adige, Austria e Baviera. Pure nella parlata familiare neutra, si mantiene meglio in sillaba pienamente accentata: (∂i[ö]…'gEnqU,) /diÚ'gEnqU˙/ d¤ Ergänzu«˚ ('StU‰m [ö]Un'dºa˙, [ö]¢n-, -'∂-) /'StUKm Unt'dKa˙/ Sturm und Dra«˚ (&öIÂ[ö]…'öa‰&baet¢) /IÂÚ'aKbaetÈ/ i> erarbRte˘ Comunque, normalmente, non c'è mai (ö) davanti ai pronomi posverbali: ([öI]Â'vaes¢s) /IÂ'vaesÈs/ i> wR• es˚ ('le:zIÂ, -Ω-) /'le:z[È]IÂ/ les' i>˘ D'altra parte, in sillaba semi-accentata finale, dopo V˚ si può avere, senz'altro: ('mIÂa&ö™l, -&öe;l). È assolutamente da evitare il banale errore (anche d'autori e redattori) di non considerare (ö) un "suono&, per il semplice fatto che non corrisponde a nessun grafema! Per fare bene fonetica, ci vogliono idee chiare, e soprattutto usare l'orecchio, non l'occhio… Perciò, non si deve parlare d'"attacco vocalico&, per (öé), in opposizione all'"attacco aspirato&, (hé), come, per esempio, in: (f…'öaltó) /fÚ'altó/ veralten˚ (f…'haltó) /fÚ'haltó/ verhalten˘ Foneticamente, non sono diversi da (f…'faló) /fÚ'faló/ verfallen\ sono tutti (0é), anche se la trascrizione fonemica stessa non impiega "/ö/&, ma solo per semplicità. In e‡etti, a scopi didattici, potrebbe essere più utile, se già –per principio– non le s'a‚ancasse la trascrizione fonetica. Però, se s'impiega un solo tipo di trascrizione, è decisamente più consigliabile segnare anche (ö) o /ö/, soprattutto nei casi più importanti. Una variante possibile di (öé{:/0}, ö…) è (ü, ü:, üó, 0): (&öIÂö…'öa‰&baet¢, &öIÂö™‰'ö-), (&IÂ0'aé&baet¢, &I™é'aé-) /IÂŒK'aKbaetÈ/ i> erarbRte˚ (öIÂ'öant&Ñø‰t¢), (IÂ'act-) /IÂ'ant-

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vOKtÈ/ i> antworte˚ (&ide'a:l) /ide'a:l/ ideal˘ Abbiamo, quindi, (ö) che si fonde coi segmenti sonori della sillaba, realizzandoli come cricchiati; questo tipo di fonazione, per i parlanti nativi, assomiglia alle sequenze viste. (In danese, succede una cosa simile, anche se in direzione opposta: lo ®@d {® § 17.36 dell'FTN/MaF} comporta un cricchiato distintivo per fonemi sonori, (ü, ó); però, certi parlanti trasformano questi foni in sequenze, (éö, 0ö), con (ö) al secondo posto.) 5.2.2.6. C'è anche un'interessante comparsa di (ö), in sostituzione soprattutto di /t/ (ma anche di /d, p, k/), preceduto Ó seguìto da /ö, M/; ci sono anche varianti con segmenti nasali intensi cricchiati ((≠, =, ±)), che rappresentano una frequente via di mezzo, come si vedrà. Lo spunto e buona parte degli esempi sono tratti da Kohler (1994), con integrazioni e modifiche, sia per le trascrizioni sia per i contesti in cui il fenomeno ricorre: ('öaeMf…&Standó, -nn=, -nöó) /'aenfŒKStandó/ Rnver®anden˚ ('fo:‰&handó, -nn=, -nöó) /'fo:Rhandó/ vorhanden˚ ('StUndó, -nn=, -nöó) /'StUndó/ Stunden˚ ('öEndó, -nn=, -nöó) /'Endó/ Enden˚ ('öEntó, -nöó, -nn=) /'Entó/ Enten˚ ('kh§ntó, -nöó, -nn=) /'k§ntó/ könnten˚ ('∂a˙kô, -˙öô, -˙~±) /'da˙kó/ danken˘ Altri esempi: ('lOYÂp&pU˙któ, -˙tó, -˙öô, -˙~±) /'lOYÂtpU˙któ/ LS>tpunkten˚ ('qhEntn…, -nön…) /'qEntnÚ/ Zentner˚ ('khlEmpn…, -mön…) /'klEmpnÚ/ Klempner˚ ('thaozõp '≈e;t…, -õö '≈-, -≠ 'm-) /'taozótme:tÚ/ tQsend Meter˚ (Ê¢'öamtó, -mptó, -möõ, -m≈≠) /bÈ'amtó/ Beamten (non per (Ê¢'öamt¢, -mpt¢) /bÈ'amtÈ/ Beamte]˘ Ancora: (&öInöaen'nOYÈs 'öamt 'öaeM&fy;º?, -ampt, -amp, -º¡, -‰,, -‰n) /Inaen'nOYÈs 'amt 'öaenfy:Kó/ in Rn mSes Amt Rnführen˚ ('phU˙któ, -˙tó, -˙öô, -˙~±) /'pU˙któ/ Punkten˚ ('lOYtnant, -ön-) /'lOYtnant/ LStnant˚ (mIp'≈Ind¢stós, mIö-) /mIt'mIndÈstós/ mit minde®ens˚ ('hIntó, -nöó, -nn=) /'hIntó/ hinten˚ (&mItnõ, -önõ) /&mItnõ/ mit 'nem˚ ('öaX&qhe;ntó, -öó, -n=, -&qen-, -q™n-, -q¢n-, -qó-) /'axqe:ntó/ a>˛ehnten˘ 5.2.2.7. Inoltre: ('khOmt ∂aeM'füOYnt&≈It, -mp&≈It, -mö&≈-) /'kOmt daen'fKOYntmIt/ kommt dRn FrSnd mit?˚ (öe‰'khOmt 'nIÂt, -mö, ö™‰'-, ö…'-) /e:K'kOmt 'nIÂt/ er kommt ni>t˚ (&zInt≈aen¢'Su:¢ 'hi:‰, -mp≈-, -mö≈-) /zIntmaenÈ'Su:È 'hi:K/ sind mRne S>uhe h¤r?˚ (&vI‰zót'nu:‰ 'qhñae, -óö'n-) /vIKzInt'nu:K 'qvae/ wir sind nur zwR˘ Aggiungiamo, quindi, il contesto di /tó/ non preceduto da /n/, ma da altro fonema sonoro (e anche non-sonoro): ('ható, -öó) /'ható/ hatten˚ ('ÊItó, -öó) /'bItó/ bitten˚ ('Êi:tó, -öó) /'bi:tó/ b¤ten˚ ('va‰tó, -‰öó) /'vaKtó/ warten˚ ('vOltó, -löó) /'vOltó/ wollten˚ ('vUstó, -öó) /'vUstó/ wus®en˚ ('lYftó) /'lYftó, -öó/ lü⁄en˘ Nell'incontro di (=òö), si può avere il passaggio a (öòö): (öUnt&öIlUstüa'qh¿o:nó, öUnö&öI-) /UntIlUstKa'qjo:nó/ und Illu®rationen˚ ('füae&tha;k 'öa:bõt, -a;ö 'öa:-) /'fKaeta:k 'a:bót/ FrRtag abend˚ (mIt&öInt…'sIti, mIö&öIn-) /mItIntÚ'sIti/ mit Intercity˚ (mIt&öi‰,'öElt…,, mIö&ö-) /mIt'i:Kó 'EltÚn/ mit ihren Eltern˘ Occlu-costrittivi 5.2.3.1. In tedesco ci sono tre occlu-costrittivi, tutti non-sonori, (∫, q, c) /∫, q, c/. Descrittivamente e didatticamente, non è bene escluderli dall'inventario dei fo-

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nemi per considerarli delle sequenze (di fonemi) come "/pf, ts, tS/&, anche perché tali sequenze esistono nella lingua (come si vedrà)! Più spesso, /q/ è articolato a punta bassa, ma /c/ a punta alta (però, non è necessario usare il simbolo speciale (c)). Tutti e tre sono "aspirati& dopo pausa e in sillaba accentata, tranne che dopo /s/ tautomorfemico: ('∫hEf…) /'∫EfÚ/ Pfe‡er˚ ('∫húanq¢) /'∫lanqÈ/ Pflanze˚ ('SIM∫è) /'SIm∫ó/ (imπen˚ ('khO∫) /'kO∫/ Koπ÷ ('qhaet) /'qaet/ ZRt˚ (na'qh¿o:n) /na'qjo:n/ Nation˚ ('nIÂq) /'nIÂq/ ni>_˚ ('sqe:n¢) /'sqe:nÈ/ Szene÷ ('chE¢) /'cEÂÈ/ T(e>e˚ ('chElo÷ 'SE-) /'cElo÷ 'SE-/ Cello˚ ('∂OYc) /'dOYc/ dS˛˚ ('phac¢) /'pacÈ/ Pa˛e˘ Vediamo, ora, dei casi di /pf, tS/ (]f, tS): ('öa]f…&la˙ô) /'apfÚla˙ó/ abverla«en˚ (ö™nt'SpInó, ö¢n-) /Ent'SpInó/ en_pinnen˚ (ö™nt'SúUs, ö¢n-) /Ent'SlUs/ En˛luss˘ Però, in pronuncia veloce, possono passare a (∫, c): ('öa∫…&la˙ô, ö™nc'pInó, ö¢n-, ö™nc'úUs, ö¢n-) (generalmente, senz'"aspirazione& degli occlu-costrittivi, o degli occlusivi seguenti, come anche in: (ö™nt'SUldIgU,, -n'cU-, ö¢n-) /Ent'SUldIgU˙/ En˛uldigu«˚ ® anche § 5.3.2.5). Invece, non c'è "/G/&, ma /tZ/, che ricorre in prestiti: (t'Ëi:ns) /t'Zi:ns/ Jeans˚ (&khilimant'Ëa:ºo) /kilimant'Za:Ko/ KilimanÃaro˚ ([öIm]t'ËU˙Í) /[Im]t'ZU˙Í/ [im] D(u«el÷ specie in pronuncia corrente, (tË) /tZ/ può oscillare con /tS, c/. Costrittivi 5.2.4.1. Ci sono cinque coppie difoniche: (f, v÷ s, z÷ S, Z÷ Â, ,÷ º, X). Più spesso, /s, z/ sono articolati a punta bassa, ma /S, Z/ a punta alta (però, non è necessario usare i simboli speciali (x, ç)). A rigore, (Â) potrebbe non esser considerato fonema (con la "semplice& introduzione d'un "fonema di giuntura&, come vedremo sùbito); inoltre, a rigore, (,) è un "semi-costrittivo& (anche se, eventualmente, lo s'indicasse con (J)); d'altra parte, funzionalmente, (º) appartiene alla categoria particolare dei sonanti, gruppo dei "vibra(n)ti&; in e‡etti, una delle realizzazioni possibili è proprio (K) /K/. L'importante è conoscere chiaramente le connessioni tra i vari elementi costrittivi. Perciò, non è di‚cile –in questo caso, grazie pure alla grafia– vedere che (Â, X) sono in distribuzione (quasi) complementare; d'altra parte, anche (,) ha dei rapporti stretti (soprattutto nelle parlate settentrionali) con (Â) e anche con (X, k) (come pure con (g, Ÿ), che lì realizzano /g/ assieme a (,), che appartiene pure al fonema /j/). Ma vediamo degli esempi: ('fYMf) /'fYnf/ fünf˚ ('vas) /'vas/ was˚ ('ºaesó) /'Kaesó/ rR•en˚ ('ºaezó) /'Kaezó/ rRsen˚ ('zo:n) /'zo:n/ Sohn˚ ('S°:n) /'S°:n/ (ön˚ ('Staen) /'Staen/ StRn˚ ('thIS) /'tIS/ ‰(˚ (Ze'ni:) /Ze'ni:/ Gen¤˚ (e'tha:Z¢) /e'ta:ZÈ/ Etage˚ ('Êu:X) /'bu:x/ Bu>˚ ('Êy:Â…) /'by:ÂÚ/ Bü>er˚ ('ÊaX) /'bax/ Ba>˚ ('ÊE¢) /'bEÂÈ/ Bä>e˚ ('ºu:IÂ) /'Ku:IÂ/ ruhig˚ ('ºaoºIs) /'KaoKIs/ RQris˘ 5.2.4.2. Ci sono tre altri tassofoni approssimanti per i costrittivi non-solcati, che ricorrono davanti a /s, S/, ma segn(i)amo anche con la variante "impegnata& (più faticosa), perché non sono veramente necessari, anche se molto frequenti e "tipizzanti&; non sarebbe male acquisirli, per una pronuncia più sciolta: (&, â, ˜) /f, Â, x/: ('öao&&Sibõ, 'öaof&Sibõ) /'aofSi:bó/ Qf(¤ben˚ ('h°:âst, 'h°:Âst, -ÂÀt) /'h°:Âst/

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hö>®˚ ('ºaoX&Sp™k, 'ºao˜&Sp™k) /'KaoxSpEk/ RQ7pe$˘ In posizioni protoniche (cioè non in tonia), forme come Qf˚ i>˚ mi>˚ di>˚ si>˚ -ig˚ -i>˚ -li>˚ -zig˚ S>˚ Q>˚ do>˚ no>˚ nella parlata corrente, hanno spesso (&, â, ˜) /f, Â, x/, indipendentemente dal contesto appena visto. Giustamente, i dizionari di pronuncia tedesca indicano, chiaramente, sia (Â) /Â/, sia (X) /x/: bisogna dare indicazioni precise, non misteriose formule algebriche. Infatti, in nessun modo, se non tramite un'adeguata conoscenza morfonologica, si potrebbe ricavare la di‡erenza tra ('thao«) /'taoÂó/ TQ>en [->en] "cordicella& e ('thaoX?) /'taoxó/ tQ>en "immergersi&, oppure ('khu:«) /'ku:Âó/ Kuh>en [->en] "mucchina& e ('khu:X?) /'ku:xó/ Ku>en "torta&. 5.2.4.3. Il su‚sso -ig è (IÂ) /IÂ/, anche se seguìto da C (tranne che di su‚sso contenente (Â)): ('kh°:nIÂ) /'k°:nIÂ/ König˚ ('öaenIâst, -Âst, -ÂÀt) /'aenIÂst/ Rnig®˚ (f…'öaenIÂt) /fÚ'aenIÂt/ verRnigt˚ ('qhñanqIâst¢, -Âst¢, -ÂÀt¢) /'qvanqIÂstÈ/ zwanzig®e÷ ma: ('kh°:nIkúIÂ) /'k°:nIklIÂ/ königli>˚ ('kh°:nIk&üaeÂ) /'k°:nIkKaeÂ/ KönigrR>˚ ('kh°:nIgIn) /'k°:nIgIn/ Königin˘ Ma si può avere anche ('kh°:nIÂ&üaeÂ), come pure –abbastanza sistematicamente– (Ik) /Ik/: ('kh°:nIk, 'öaenIkst, f…'öaenIkt, 'qhñanqIkst¢), che è l'unica pronuncia accettata nel sud della Germania, in Austria e in Svizzera, anche in posizione iniziale: ('Âe:mIS, 'k[h]-) >emi(˚ ('Âi:na, 'k[h]-) ≥ina˘ Alla sequenza grafica 7 corrispondono due strutture foniche: all'interno di lessema c'è (ks) /ks/: ('vEksÍn) /'vEksÍn/ we7eln˚ ('vaeksÍ) /'vaeksÍ/ WR7el˚ ('öOks¢) /'OksÈ/ O7e˚ ('zEks) /'zEks/ se7˚ ('fUks) /'fUks/ Fu7˚ (∂…'daks) /dÚ'daks/ der Da7 "il tasso (zool.)& mentre abbiamo (Xs) e (âs, Âs, ÂÀ) /xs, Âs/, quando l's è un grammema: (∂¢s'∂aXs) /dÈs'daxs/ des Da7 "del tetto&, (∂¢s'phEâs, -Âs, -ÂÀ) /dÈs'pEÂs/ des Pe7 "della pece&. Perlopiù, /s, z/ sono articolati con punta bassa, però, per /sÂ/ si ha (ÀÂ): ('ÊIÀ«) /'bIsÂó/ bis(en÷ e, per /sS, sZ/, tranne che parlando lentamente, si ha (SS, SË): ('öaeS&Süa˙k) /'aesSKa˙k/ Eis(rank˚ ([öI]Â≈US'SnEl 'vEk) /IÂmUs'SnEl 'vEk/ i> muss (nell weg˚ (&∂aSËe'ni:) /dasZe'ni:/ das Gen¤; /S, Z/ sono a punta alta (((x, ç))). Inoltre, nelle sequenze /kv, qv, Sv/, /v/ si realizza più spesso come bilabiale, (6): ('khñac) /'kvac/ Qua˛˚ ('qhñae) /'qvae/ zwR˚ ('SñEst…) /'SvEstÚ/ S>we®er˘ Nel tedesco neutro, /j/ è semi-costrittivo, in tutti contesti: (',a:‰) /'ja:K/ Jahr˚ (&ma,o'n™:z¢÷ -E:-) /majo'nE:zÈ/ Majonäse/MayonnPse˚ (öIn&tona'qh¿o:n) /Intona'qjo:n/ Intonation˘ 5.2.4.4. Per /K/, dobbiamo aggiungere senz'altro delle osservazioni, sia sulla notazione, sia sull'interpretazione fonologica. Il simbolo fonemico "generico& ci pare utile per indicare il punto d'articolazione più normale (e più consigliabile didatticamente), quello uvulare. Per quanto riguarda il modo d'articolazione, il più normale (e più consigliabile) è quello costrittivo sonoro: (º). Per enfasi, o per peculiarità individuali, si può senz'altro avere il vibrante uvulare (sonoro): (K); mentre, in sillabe deboli, non è raro l'approssimante uvulare sonoro: (˜). D'altra parte, fra i nativi, non è raro neppure il vibrato, (R), o il vibrante, (r), alveolari sonori (soprattutto al Sud e in Austria e Svizzera). Comunque, davanti a V˚ accentata o no, trascriviamo solo (º) /K/: ('ºaoºIs) /'KaoKIs/ RQris˚ ('ʺI˙ô) /'bKI˙ó/ bri«en.

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Dopo V tautosillabica, invece, trascriviamo sempre (‰) (approssimante uvulo-faringale sonoro) per /K/, intenso dopo C o dopo dittongo, (…) /Ú/: ('vi:‰) /'vi:K/ wir˚ ('vI‰) /'vIK/ wirr˚ ('mae…) /'maeÚ/ MRr (uguali a MRer˚ Meyer]˚ ('ÊEs…) /'bEsÚ/ besser˚ (h…'fo:‰) /hÚ'fo:K/ hervor. Tradizionalmente è stato considerato //ÈK//, soprattutto in parallelo con //Èn, Èm, Èl//, che noi preferiamo trascrivere e interpretare come (ó, õ, Í) /ó, õ, Í/, pur sapendo bene che, in pronuncia più lenta o più enfatica, possiamo avere (¢n, ¢m, ¢l), e anche (Ⱥ÷ ÈK÷ Ș) – e perfino "(¢R)&, o meglio (ÙR, ÙR) (in Svizzera) e (Ù‰, Ùº, Ù˜) (in Austria). Contrariamente a quanto facciamo noi, e pure Kohler (1977, 1995”) e altri, c'è anche chi distingue tra (éº) e (é:‰) (cioè, "/ér/& e "/é:å/&, soprattutto nei testi didattici), ma non ci pare la proposta migliore, anche perché più complessa e lungi dall'essere la più di‡usa (® pure § 5.1.1). Per i prefissi er-˚ her-˚ ver-˚ zer-˚ notiamo ({0}…) /{0}Ú/, dato che è la pronuncia più normale e consigliabile, sebbene nei dizionari (tranne il Ÿ∂∑å) si dia ancora "/{0}Er, {0}Eå/&; la pronuncia lenta, attenta, o enfatica, con ({0}™‰) /{0}EK/, si può dedurre, tranquillamente, anche dalla nostra notazione; eventualmente, si potrebbe ricorrere a /{0}Œ‰/, diafonemicamente. Approssimanti 5.2.5. Il più importante, di questo modo d'articolazione, è senz'altro (h) /h/, che spesso ha la variante sonora, in sillabe più deboli (specie con accento più debole del primario), tra foni sonori: ('haos) /'haos/ HQs˚ (â¢'haem) /gÈ'haem/ gehRm˚ ('da:&ha;b/vI‰, -H-) /'da:ha:bóvi:K/ da haben wir…˚ ('öUn&hael, -H-) /'Unhael/ UnhRl˚ ('vIlh™lm, -H-) /'vIlhElm/ Wilhelm÷ si notino, però, casi come: ('âe:ó) /'ge:ó/ gehen˚ ('ºu:IÂ) /'Ku:IÂ/ ruhig˚ ('za:) /'za:/ sah˘ Graficamente, h è un espediente usato spesso per indicare la lunghezza della V precedente, soprattutto davanti a m˚ n˚ l˚ r (il cosiddetto "Dehnungs-h&): ('ne:mõ) /'ne:mó/ nehmen˘ Oltre alla variante di /v/, (6), nelle sequenze /kv, qv, Sv/ (§ 5.2.4.3), accenniamo alla possibilità d'altre varianti approssimanti per /0j, yé, u'öé, o'a/: ('fe:º,«, -ºjó) /'fe:Kjó/ Fer¤n˚ (na'qh¿o:n, -'qhªo:n, -qi'o:n) /na'qjo:n/ Nation˚ (qhya'no:z¢, qh¥a-) /qya'no:zÈ/ Zyanose˚ (&manu'öEl, -u'El, -'njEl, -'nwEl) /manu'El/ manuell˚ (thoa'lEt¢, thja-, thwa-) /toa'lEtÈ/ Toilette˘ Laterali 5.2.6. Nella pronuncia neutra troviamo solo (l) /l/ (coll'intenso corrispondente, (Í) /Í/) e la variante (¬), davanti a (Â, ,) (quest'ultimo, eterosillabico): ('lant) /'lant/ Land˚ ('fOl) /'fOl/ voll˚ (fa'mi:l,¢) /fa'mi:ljÈ/ Famil¤˚ (va'nI¬,¢) {((-nI¬-,¢)) e (-Il¢)} /va'nIl[j]È/ Vanille˚ ('mI¬Â) /'mIlÂ/ Mil>˚ ('hElt) /'hElt/ Held˚ ('öe:zÍ) /'e:zÍ/ Esel˚ ('∂u:dÍn) /'du:dÍn/ dudeln˘

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manuale di pronuncia

Strutture 5.3.0. In questa sezione, facciamo le osservazioni necessarie per la pronuncia delle parole inserite in frasi. Trattiamo, quindi, fenomeni d'assimilazione, di riduzione, d'accento e d'intonazione. Forme ridotte 5.3.1.1. Nella lingua spontanea, i grammemi (come articoli, pronomi personali, aggettivi possessivi, particelle, a‚ssi, preposizioni, congiunzioni e avverbi brevi, ausiliari e modali – e qualche altra forma simile, come geworden˚ spaz¤ren˚ e saluti), oltre a ridurre gradualmente l'accento, possono attenuare pure il timbro vocalico e perdere qualche consonante, o sillaba. Di séguito, diamo alcuni esempi, traendoli perlopiù da Kohler (1977, 1995”, § 6.3.2), modificando e completando sia l'inventario e le varianti, sia le trascrizioni (che, nell'originale, sono limitate ai segmenti in questione, adeguandole anche al nostro stile). Gli esempi servono a mostrare i meccanismi e le possibilità, più che una necessità assoluta. (&mI[t]∂õ'hUnt) mit dem Hund (∂ó'gu:tó 'gast) den guten Ga® (&Inõ'ga‰tó) in dem Garten (&öIst#'vI‰kúIÂ) i® es wirkli>? (&has∂¢sâ¢'ze:ó) ha® du's gesehen? (…&hatódI'qhaetU˙ g¢'Saot) er hat in d¤ ZRtu« ge(Qt (…&zøldó'fa:t…&ºu;fè) er soll den Vater rufen (∂…'man [ö]¢ndI'füao) der Mann und d¤ FrQ ([I]Â'úasó 'ºe:dó) i> lass ihn reden ([I]Â&[h]abõ g¢'ze:ó, Âamg-) i> hab' ihn gesehen ([I]Â'phakôm…&ma;l) i> pa$ ihn mir mal ('las« ',U,? &døX'üe:dó) lass den Ju«en do> reden ('âi:põ 'khInd…n&døX våsqU'öEsó) gib den Kindern do> was zu essen ('phakô 'khInd…n&døX våsqU'öEsó&öaen) pa$ den Kindern do> was zu essen Rn ([I]Â&kanó nIÂ[t]'se:ó, -'Ω-) i> kann ihn ni>t sehen (…Is'öalb…n, -…,) er i® albern˚ (…"öIs 'öalb…n, -…,) er ì® albern (…Is&nIÂIn…'la:g¢) er i® ni>t in der Lage˚ (…Is"nIÂ[t ö]In…'la:g¢) er i® nì>t in der Lage (vås&[h]as[t]∂¢g¢'za:kt) was ha® du gesagt? (&hå[t]∂…'le:º… g¢'SpüOX?) hat der Lehrer gespro>en? (zI'vo:nt &öIn[d]…'Stat) s¤ wohnt in der Stadt (&vI‰zó&öIn[d]I'Statâ¢&fa;º?, -º¡, -‰n, -‰,) wir sind in d¤ Stadt gefahren (&vI‰zó&öaof[∂]…'Stüa:s¢) wir sind Qf der Stra•e ('mo:ni&kas â¢'khOmõ) Monika i® gekommen ('phe:t…s â¢'khOmõ) Peter i® gekommen

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(&™…sâ¢'khOmõ) er i® gekommen ('khU‰tIs â¢'khOmõ, -t#) Kurt i® gekommen ('haenºIÂIs â¢'khOmõ, -Â#) HRnri> i® gekommen (zo;&hat…g¢'SpüOX?) so hat er gespro>en˚ (zo;&hat¢™‰g¢'SpüOX?) so hatte er gespro>en (zo;&ha;pt…g¢'za:kt) so habt ihr gesagt˚ (zo;&hat…I‰g¢'za:kt) so hat er ihr gesagt (&hapt…M&vasâ¢'h°:‰t) habt ihr denn was gehört? (&has∂¢&I‰dè&vasâ¢'ge:bõ) ha® du ihr denn was gegeben? (&has∂ó&d™˙g¢'ze:ó) ha® du ihn denn gesehen? (&has∂õd™M&vasâ¢'ge:bõ) ha® du ihm denn was gegeben? ('ve:‰ håtó&d™˙g¢'ze:ó) wer hat ihn denn gesehen? (&vas'ÑOlóz¢&d™n, &vas'ÑOlózó) was wóllen S¤ denn?˚ (&vas'ÑOló 'zi:&d™n) was wollen Sìe denn? (&vas'ÑOlóz¢d™n&da;, &vas'ÑOlózó&da;) was wóllen S¤ denn da?˚ (vås&Ñøló'zi:dó&da;, vås&Ñøló'zi:n&da;) was wollen Sìe denn da? (vås'≈aX∂ó 'phe:t…) was ma>t denn Peter?˚ (vås'≈aX[p] 'phe:t…&d™n) was ma>t Peter denn? (vås'ÑOlt…m d™˙'ge:bõ) was wollt ihr ihm denn geben? (vås'sOlIÂI‰ d™˙'ge:bõ, vås'ΩOlI‰˙ 'ge:bõ, -s'Ω-, -'s-) was soll i> ihr denn geben? (™‰&ha∂åsâ¢'maXt) er hat das gema>t (zI&ha∂åsâ¢'maXt) s¤ hat das gema>t (&hat…&∂asâ¢'maXt) hat er das gema>t? (&hats¢&∂asâ¢'maXt) hat s¤ das gema>t? (∂…'le:º… &hatós'hOYt¢ 'nIÂq 'öaofâ¢≥bõ) der Lehrer hat uns hSte ni>_ Qfgegeben (∂ó'thIS 'StElèvI‰ öIndI'öEk¢2| ∂ó'Süa˙kô dI'öandȺ¢3 3) den ‰( ®ellen wir in d¤ E$e, den S>rank in d¤ andere (∂…'thIS ‘∂™‰öódI'öEk¢&Ste;t’) der ‰(, der in d¤ E$e ®eht… (∂ó'thIS ‘∂¢MvI‰ódI'öEk¢ g¢'StElt&haõ’) den ‰(, den wir in d¤ E$e ge®ellt haben… (vås'≈aX?&did™n&da;) was ma>en d¤ denn da? (∂ås'≈Us∂e;‰&zaen, &∂as≈Us'∂e:‰&zaen) das muss der sRn (öI‰&hapt'So:˙ g¢'tha:n) ihr habt (on getan ('ha;pt… &dasâ¢'maXt) habt ihr das gema>t? ([I]&ÂapI‰dåsâ¢'ge:bõ, [I]&Âap…-) i> hab' ihr das gegeben ([I]&ÂabõI‰'fo:‰g¢&St™lt) i> hab' ihn ihr vorge®ellt (zI&hatI‰'khúaetâ¢&vaSó) s¤ hat ihr KlRd gewa(en ('h°:º?vI‰ns '≈O‰gô 'füy:, 'h°:ºèv-, -ós) hören wir uns morgen früh ('vOlózi [z]IÂ'thüEfè) wollen S¤ si> tre‡en? (vi'ge:ts, -q) w¤ geht's? [-t es?] (ö™‰&[ö]IstIndô'khEl…&öae~g¢&dºU,?, &ö™‰s[ö]I˙ô-) er i® in den Keller R«edru«en (ö™‰&[ö]IstIn¢ô'khEl…&öae~g¢&dºU,?, &ö™‰s[ö]Iôô-, -˙ô-) er i® in Rnen Keller R«edru«en (ö™‰&ha∂…&,a;g¢'za:kt2 ∂ås…'khOmt) er hat dir ja gesagt, dass er kommt

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manuale di pronuncia

(∂ås&hat…g¢'thüOYmt) das hat er getrTmt (&∂a;hå∂…&öapa'ºa:tâ¢&Stüaekt) da hat der Apparat ge®rRkt (∂a&hapt…&vasÑ…'zOYmt) da habt ihr was versTmt ('thy:‰n 'tho:‰) Tür und Tor ('le:bõõ 'tho:t, -õó) Leben und Tod ('vaen¢˙ g¢'za˙) WRn und Gesa« (∂ås'ha:põ 'gu:t) das Hab und Gut ('öE∫Íõ 'bI‰nó) ∏πel und Birnen (öaen'thIS¢n [ö]aem'bEt, -Un) Rn ‰( und Rn Bett ('fYMf¢n 'qhñanqIÂ, -Mvè, -mõ) fünfundzwanzig ('nOYn¢n 'qhñanqIÂ, -nó) nSnundzwanzig ('zi:bõm 'qhñanqIÂ, -mõ) s¤benundzwanzig ('qhñae HUn…'qhñanqIÂ, n¢-) zwRhunder˛wanzig (&v™n¢s5üe:gn¢t1 1 ∂¢M'fa:ºèvI‰2 &mI∂…'ba:n3 3) (v¢ns-) wenn es regnet, dann fahren wir mit der Bahn˘ 5.3.1.2. Ecco una lista di forme ridotte, piuttosto completa, che potrà sembrare fin troppo analitica; però, è fondamentale esaminare attentamente le varie modifiche, proprio per entrare nell'essenza del meccanismo. È ovvio che le forme più "normali&, nella lista, non siano le prime date, bensì alcune delle successive, in condizioni adeguate. aber ('öa:b…, &öa;b…, &öab…, &ab…, &a6…) also ('öalzo, &öalzo, &alzo, &azo) an ('öan, &öan, an, ån), (-m, -M, -~, -˙, -,) am˚ an dem ('öandõ, &öandõ, &adõ, 'öaõ, 'öam, &öam, am, åm) ans˚ an's˚ an das ('öandås, &öandås, &andås, 'öans, &öans, ans, åns) an'n˚ an den ('öandó, &öandó, &andó, 'öanó, &öanó, &anó, aó, an:, ån:) an'r˚ an der ('öand…, &öand…, &and…, 'öan…, &öan…, &an…) an die ('öandi, &öa-, &a-, -ani, -I, -¢) auf ('öaof, &öaof, &aof, aof, åof) aufs˚ -f's˚ -f das ('öaof∂as, 'öaof∂ås, &öaof¢s, &öaof#, &öaofs, &aofs, öaofs, aofs, åofs) aufm˚ auf'm˚ -f dem ('öaof∂õ, 'öaofõ, &öaofõ, &aofõ) aufn˚ auf'n˚ -f den ('öaof∂ó, 'öaofè, &öaofè, &aofè) auf der˚ -f'r ('öaof∂…, 'öaof…, &öaof…, &aof…) auf die˚ -f'ie ('öaof∂i, -fi, &öao-, &ao-, -I,

-¢) auf Wiedersehen! (öaof'Ñi:d…&ze;ó, -&ze;n, -zen, öåof-, ≥'Ñid…-, 'Ñid…-, 'Ñi‰-) aus ('öaos, &öaos, &aos, aos, åos) ausm˚ -s'm˚ -s dem ('öaos∂õ, 'öaosõ, &öaosõ, &aosõ) ausn˚ -s'n˚ -s den ('öaos∂ó, 'öaosó, &öaosó, &aosó) aus der˚ -s'r ('öaos∂…, 'öaos…, &öaos…, &aos…) bR ('Êae, &Êae, Êae, Êåe), (b-) bRm˚ -i dem ('Êaedõ, &Êaedõ, 'Êaeõ, 'Êaem, &Êaeõ, &Êaem, Êaem, Êåem), (b-) bR'n˚ -i den ('Êaedó, &Êaedó, &Êaeó, &Êaen, Êaeó, &Êaen, Êaen, Êåen), (b-, -m, -M, -~, -˙, -,) bR'r˚ -i der ('Êaed‰, &Êaed‰, 'Êae‰, &Êae‰, Êae‰, Êåe‰, Êå‰), (b-) bin ('ÊIn, &ÊIn, ÊIn, Ê¢n, Êõ), (b-) bist ('ÊIst, &ÊIst, ÊIs, Ê¢s, Ê#, 6Is, 6¢s, 6#), (b-) da ('∂a:, &∂a;, &∂a, ∂a, ∂å), (d-) da- (∂a-, ∂å-, ∂¢-), ('∂a:&-, 'da:&-), (d-)

5. tedesco

[-bR˚ -na>˚ -von˚ -vor˚ -zu˚ …) (∂a'º-, ∂å'º-, ∂È'º-), ('∂a:&º-, 'da:&º-), (d-) [-ran˚ -rauf˚ -raus˚ -rin˚ -rum˚ …) dann ('∂an, &∂an, ∂an, ∂ån, ∂¢n), (d-, -m, -M, -~, -˙, -,) das˚ 's ('∂as, &∂as, ∂as, ∂ås, ∂¢s, ¢s, #, s), (d-), ([-) (solo dopo V] das (rel.) ('∂as, &∂as, ∂as, ∂ås, ∂¢s), (d-) das (dim.) ('∂as, &∂as, ∂as), (d-) dass ('∂as, &∂as, ∂as, ∂ås), (d-) dRn ('∂aen, &∂aen, ∂aen, ∂åen), (d-, -m, -M, -~, -˙, -,) dRne ('∂aen¢, &∂aen¢, &∂åen¢, &∂ån¢), (d-) dRnem˚ dR'm ('∂aenõ, &∂aenõ, &∂aemõ, &∂åenõ, &∂åemõ, &∂ånõ, &∂åmõ, ∂aem:, ∂åem), (d-) dRnen˚ dR'n ('∂aenó, &∂aenó, ∂aen:, ∂aen, ∂åen), (d-÷ -m, -M, -~, -˙, -,) dRner ('∂aen…, &∂aen…, &∂åen…, &∂ån…, &∂¢n…, &∂ó…), (d-) dRnes ('∂aen¢s, &∂aen¢s, &∂åen¢s, &∂ån¢s, &∂¢n¢s, &∂ó¢s), (d-) dem˚ 'm ('∂e:m, &∂e;m, &∂em, ∂em, ∂™m, ∂¢m, ∂õ, öõ, õ), (d-), ([-) (solo dopo V] dem (rel.) ('∂e:m, &∂e;m, &∂em, ∂em, ∂™m, ∂¢m, ∂õ), (d-) dem (dim.) ('∂e:m, &∂e;m, &∂em, ∂em), (d-) den˚ 'n ('∂e:n, &∂e;n, &∂en, ∂en, ∂™n, ∂¢n, ∂ó, öó, ó), (d-, -m, -M, -~, -˙, -,), ([-) (solo dopo V] den (rel.) ('∂e:n, &∂e;n, &∂en, ∂en, ∂™n, ∂¢n, ∂ó), (d-, -m, -M, -~, -˙, -,) den (dim.) ('∂e:n, &∂e;n, &∂en, ∂en), (d-, -m, -M, -~, -˙, -,) denen ('∂e:nó, &∂e;nó, &∂enó, ∂en:, ∂en, ∂™n, ∂¢n), (d-÷ -m, -M, -~, -˙, -,) denn ('∂En, &∂™n, ∂™n, ∂¢n, ∂ó, ó, n), (d-÷ m, M, ~, ˙, ,) (le forme più ridotte non s'usano se precedute da parole in N÷ mentre, in posizione finale, s'usano, se ricorrono dopo pronome non-accentato; in posizione non-finale˚ invece, anche dopo pronome

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accentato) der˚ 'r ('∂e:‰, &∂e;‰, &∂e‰, ∂e‰, ∂™‰, ∂…), (d-), ([-) (solo dopo V] der (rel.) ('∂e:‰, &∂e;‰, &∂e‰, ∂e‰, ∂™‰), (d-) der (dim.) ('∂e:‰, &∂e;‰, &∂e‰, ∂e‰), (d-) deren ('∂e:º?, &∂e;º?, &∂eº?, -º¡, ∂e‰,, ∂™‰,, -‰n, ∂…,, ∂…n), (d-, -m, -M, -n, -~, -˙) des˚ 's ('∂Es, &∂™s, ∂™s, ∂¢s, ∂#, ∂s, #, s), (d-), ([-) (solo dopo V] des (rel.) ('∂Es, &∂™s, ∂™s, ∂¢s), (d-) des (dim.) ('∂Es, &∂™s, ∂™s), (d-) dessen ('∂Esó, &∂™só, &∂¢só), (d-) desto ('∂Esto, &∂™sto, &∂™so), (d-) di> ('∂IÂ, &∂IÂ, ∂IÂ, ∂Iâ), (d-), ([-) (solo dopo V] die ('∂i:, &∂i;, &∂i, ∂i, ∂I, ∂¢), (d-), ([-) (solo dopo V] die (rel.) ('∂i:, &∂i;, &∂i, ∂i, ∂I), (d-) die (dim.) ('∂i:, &∂i;, &∂i, ∂i), (d-) diese ('∂i:z¢, &∂i;z¢, &∂iz¢, &∂Iz¢), (d-) diesem ('∂i:zõ, &∂i;zõ, &∂izõ, &∂Izõ), (d-) diesen ('∂i:zó, &∂i;zó, &∂izó, &∂Izó), (d) dieser ('∂i:z…, &∂i;z…, &∂iz…, &∂Iz…), (d-) dieses ('∂i:z¢s, &∂i;z¢s, &∂iz¢s, &∂Iz¢s), (d-) dir ('∂i:‰, &∂i;‰, &∂i‰, ∂I‰, ∂…), (d-), ([-) (solo dopo V÷ le forme più ridotte non ricorrono in posizione finale) do> ('∂OX, &∂øX, ∂øX, ∂¢X), (d-) du ('∂u:, &∂u;, &∂u, ∂u, ∂U, ∂¢), (d-), ([-) (solo dopo V÷ le forme più ridotte non ricorrono in posizione finale) dur> ('∂U‰Â, &∂U‰Â, ∂U‰Â), (d-) dur>s˚ -h das ('∂U‰Â∂ås, '∂U‰Â∂¢s, '∂U‰Â#, '∂U‰Âs, &∂U‰Âs, ∂U‰Âs, -ÂÀ, -âs), (d-) dur>'n˚ -h den ('∂U‰Â∂ó, &∂U‰Â∂ó, '∂U‰Â«, &∂U‰Â«), (d-) dur> die ('∂U‰Â∂i, &∂-, -I, -¢), (d-) eben ('öe:bõ, &öe;bõ, &öebõ, öeõ, öem, em) Rn˚ 'n ('öaen, &öaen, aen, ¢n, ó), (-m, -M, -~, -˙, -,) Rne˚ 'ne ('öaen¢, &öaen¢, &aen¢, &ån¢, &¢n¢,

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ó¢, n¢) Rnem˚ R'm˚ 'nem ('öaenõ, &öaenõ, &aenõ, &aemõ, &ånõ, &åmõ, öaem:, aem:, aem, åem, åm, n¢m, ¢m, õ) Rnen˚ R'n˚ 'nen ('öaenó, &öaenó, &aenó, öaen:, öaen, aen, åen, ån, n¢n, nó, ó), (-m, -M, -~, -˙, -,) Rner˚ 'ner ('öaen…, &öaen…, &aen…, &åen…, &ån…, &¢n…, ó…, n…) Rnes˚ 'nes ('öaen¢s, &öaen¢s, &aen¢s, &åen¢s, &ån¢s, &¢n¢s, ó¢s, n¢s) Rnmal ('öaen&ma;l, &öaenmal, -ål, -å, -mm-, &óm-, &õm-) ent- (ö™nt-, ™nt-, ¢nt-, ót-) [-wi$eln˚ -gegen˚ …) er ('öe:‰, &öe;‰, &öe‰, e‰, ™‰, …) ((…) solo se non preceduto da (¢, ‰, …) /È, K, Ú/÷ le forme più ridotte non ricorrono in posizione finale) er- (ö™‰'ö-, ™‰'ö-, …'ö-) [-arbRten˚ -übrigen˚ …) (ö™‰'-, ™‰'-, …'-) [-klären˚ -saufen˚ …) es˚ 's ('öEs, &ö™s, ™s, ö¢s, ¢s, #, s) (le forme più ridotte ricorrono anche in posizione finale, in molti casi) eu> ('öOYÂ, &öøYÂ, öøYÂ, øYÂ, øYâ, ÖYÂ, ÖYâ) euer ('öOY‰, &öøY‰, öøY‰, øY‰, ÖY‰) eure ('öOY‰, &öøY‰, öøY‰, øY‰, ÖY‰) eurem ('öOYºõ, &öøY-, &öøY‰m, öøY-, öøYõ, øY-, ÖY-) euren ('öOYº?, -º¡, &öøY-, &öøY‰,, -‰n, öøY-, øY-, ÖY-) eurer ('öOYº…, &öøY-, öøY…, øY…, ÖY…) eures ('öOYº¢s, &öøY-, &öøY‰s, öøY‰s, øY-, ÖY-) für ('fy:‰, &fy;‰, &fy‰, fY‰, fY, f…) fürs˚ -r's˚ -r das ('fy:‰dås, 'fy:‰d¢s, 'fy:‰d#, 'fy:‰s, &fy;‰s, &fy‰s, fY‰s, fYs, f…s) für den˚ -r'n ('fy:‰dó, 'fy:‰?, 'fy:‰,, &fy;‰,, &fy‰,, fY‰,, f…,, fYn), (-m, -M, -n, -~, -˙) für die ('fy:‰di, &fy;-, &fy-, &fY-, -I, -¢) gar ('âa:‰, &âa;‰, &âa‰, âa‰, âa, â…), (g-) gegen ('âe:gó, -gô, ≥-, &ge-, âeô), (g-)

manuale di pronuncia

gegens˚ -n's˚ -n das ('âe:gódås, 'âe:gód¢s, 'âe:gós, -gôs, ≥-, &ge-, âeôs), (g-) gegen die ('âe:gódi, -ón-, -ó-, ≥-, &ge-, -I, -¢), (g-) geworden (â¢'vO‰dó, â¢&vø‰dó, â¢&vø‰,), (g-÷ -m, -M, -n, -~, -˙) guten Abend! ('âu:tó 'öa:bõt, &âu;tó'ö-, &âut-, &âUt-, &âUd-, âUn'ö-, âô'ö-, ô'ö-, ó'ö-, [-]'öa:mt, [-]'öamt), (g-) guten Morgen! ('âu:tó 'mO‰gô, &âu;tó'm-, &âut-, &âUt-, &âUd-, -õ'm-, âUn'm-, -m'm-, âô'm-, ô'm-, ó'm-, õ'm-, 'm-, [-]'mO‰,, [-]'mO,), (g-) guten Tag! ('âu:tó 'tha:k, &âu;tó'tha:k, &âut-, &âUt-, &âUd-, âUn'th-, âô'th-, ô'th-, ó'th-, 'th-, -ak, -aö), (g-) habe˚ -b' ('ha:b¢, &ha;b¢, &hab¢, &ha6¢, hab, håb, &a6¢, ab, åb) (le forme con /h/ = (`) non ricorrono in posizione iniziale di ritmia) haben ('ha:bõ, &ha;bõ, &habõ, haõ, ham, am, åm, õ, m) (le forme con /h/ = (`) non ricorrono in posizione iniziale di ritmia; le ultime, più ridotte, ricorrono dopo wir] habt ('ha:pt, &ha;pt, &hapt, hapt, håpt, apt, åpt) (le forme con /h/ = (`) non ricorrono in posizione iniziale di ritmia) hast ('hast, &hast, hast, has, ast, as, åst, ås) (le forme con /h/ = (`) non ricorrono in posizione iniziale di ritmia) hat ('hat, &hat, hat, håt, at, åt, t) (le forme con /h/ = (`) non ricorrono in posizione iniziale di ritmia; l'ultima, più ridotta, ricorre dopo er] her- (h™'º-, hÈ'º-) [-an˚ -auf˚ -aus˚ -Rn˚ -über˚ -unter˚ …) (h™‰'-, h…'-) [-bR˚ -na>˚ -vor˚ -zu˚ …) Herren˚ mRne Damen und (&maen¢'da:mó öUnt'hEº?, -º¡, måen¢-, m¢n¢-, ¢n'hE‰,, -‰n) hin- (hI'n-, h¢'n-) [-an˚ -auf˚ -aus˚ -Rn˚ -über˚ -unter˚ …) ('hIn&ö-) [-arbRten˚ …) (hIn'-, h¢n-') [-zu˚ …)˚ (-M'-) [-weg˚ …)

5. tedesco

('hIn&-) [-rR>en˚ …)˚ (-m&-) [-passen˚ …)˚ (-˙&-) [-kommen˚ …) hier- (hi'º-), ('hi:&º-) [-an˚ -auf˚ -aus˚ -in˚ -über˚ -unter˚ …) (hi‰'-), ('hi:‰&-) [-bR˚ -dur>˚ -her˚ -mit˚ -vor˚ -zu˚ …) hier ('hi:‰, &hi;‰, &hi‰, &hI‰, hi‰, hI‰) hinter ('hInt…, &hInt…) hinterm˚ -r dem ('hInt…dõ, 'hInt…õ, 'hInt…m, &hInt…m) hintern˚ -r den ('hInt…dó, 'hInt…?, 'hInt…,, &hInt…,), (-m, -M, -~, -˙) hinters˚ -r das ('hInt…dås, 'hInt…d¢s, 'hInt…d#, 'hInt…s, &hInt…s) hinter die ('hInt…di, -I, -¢) -hundert (-&hUnd…t, -hUn…t, -HUn…t, -HUn…t, -Un…t) -hundert- (-&hUnd…t-, -hUn…t-, -HUn…t-, -HUn…-, -Un…-, -¢n…-, -n…-, -n¢-) i> ('öIÂ, &öIÂ, IÂ, Â) ((Â) + verbo: i> wR•; verbo + (IÂ): wR• i>) ihm ('öi:m, &öi;m, &öim, im, Im, ¢m, õ) (le forme più ridotte non ricorrono in posizione finale) ihn ('öi:n, &öi;n, &öin, in, In, ¢n, ó), (-m, -M, -~, -˙, -,) (le forme più ridotte non ricorrono in posizione finale) ihnen˚ I- ('öi:nó, &öi;nó, &öinó, öin:, öin, in, In), (-m, -M, -~, -˙, -,) ihr ('öi:‰, &öi;‰, &öi‰, I‰, …) ((…) solo se non preceduto da (¢, ‰, …) /È, K, Ú/; inoltre, (…) solo se enclitico immediatamente dopo un verbo; le forme più ridotte non ricorrono in ritmie in tonia, nella pronuncia neutra) ihr (poss.) ('öi:‰, &öi;‰, &öi‰, I‰) ihre ('öi:º¢, &öi;º¢, &öiº¢, &Iº¢) ihrem ('öi:ºõ, &öi;ºõ, &öiºõ, &Iºõ, öi‰m, I‰m) ihren ('öi:º?, &öi;º?, &öiº?, &Iº?, -º¡, öi‰,, i‰,, I‰,, -‰n), (-m, -M, -~, -˙) ihrer˚ I- ('öi:º…, &öi;º…, &öiº…, &Iº…) ihres ('öi:º¢s, &öi;º¢s, &öiº¢s, &Iº¢s) in ('öIn, &öIn, In, ¢n, ó), (-m, -M, -~, -˙) im˚ in dem ('öIndõ, &öIndõ, &öInõ, &öImõ, 'öIõ, 'öIm, &öIm, Im, ¢m, õ)

197

ins˚ in das ('öIndås, 'öInd¢s, 'öInås, 'öIn¢s, 'öIn#, 'öIns, &öIns, Ins, ¢ns, ós) in den˚ in'n ('öIndó, &öIndó, &Indó, 'öInó, &öInó, &Inó, Ió, In:, ¢n, ó), (-m, -M, -~, -˙, -,) in der˚ in'r ('öInd…, &öInd…, &Ind…, 'öIn…, &öIn…, &In…, I…, ¢…) in die ('öIndi, &öI-, &I-, &Inni, &Ini, -I, -¢, óI) ist ('öIst, &öIst, öIst, Ist, Is, ¢s, #, s) (solo V o C intensa + (s)) ja (',a:, &,a;, ,a, ja, jå) jedo> (,e'dOX, ,™-, ,¢-, j-) je˛t (',Eqt, &,™qt, ,™q, ,¢q, j-) mal ('ma:l, &ma;l, &mal, mal, mål, ma, må) -mal (-ma;l, -mal, -mål, -ma, -må) mehr ('me:‰, &me;‰, &me‰, m™‰) mRn ('maen, &maen, maen, måen), (-m, -M, -~, -˙, -,) mRne ('maen¢, &maen¢, &måen¢, &mån¢) mRnem˚ mR'm ('maenõ, &maenõ, &maemõ, &måenõ, &måemõ, &månõ, &måmõ, maem:, måem) mRnen˚ mR'n ('maenó, &maenó, maen:, maen, måen), (-m, -M, -~, -˙, -,) mRner ('maen…, &maen…, &måen…, &mån…, &m¢n…, &mó…) mRnes ('maen¢s, &maen¢s, &måen¢s, &mån¢s, &m¢n¢s, &mó¢s) mi> ('mIÂ, &mIÂ, mIÂ, mIâ) mir ('mi:‰, &mi;‰, &mi‰, mI‰, m…) (le forme più ridotte non ricorrono in una ritmia in tonia, nella pronuncia neutra, nemmeno enclitiche dopo verbo) mit ('mIt, &mIt, mIt, m¢t) mit dem˚ -t'm ('mIt∂õ, 'mItõ, &mItõ, &mI∂õ, &mIdõ, &mI[õ, &mIpõ, &mIÊõ, &mIbõ, mIõ, mIm) mit den˚ -t'n ('mIt∂ó, 'mItó, &mItó, &mI∂ó, &mIdó, &mI[ó, mIó, mIn), (-m, -M, -~, -˙, -,) mit der˚ -t'r ('mIt∂…, 'mIt…, &mIt…, &mI∂…, &mId…, &mI[…, mI…, mI‰) musste ('mUst¢, &mUst¢, &mUs¢) na> ('na:X, &na;X, &naX, naX, nåX)

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na> dem˚ -h'm ('na:X∂õ, 'na:Xõ, &na;Xõ, &naXõ) na> den˚ -h'n ('na:X∂ó, 'na:X?, &na;X?, &naX?) na> der˚ -h'r ('na:X∂…, 'na:X…, &na;X…, &naX…) neben ('ne:bõ, ≠bõ, &nebõ, &neõ, nem) nebens˚ -n's˚ -n das ('ne:bõdås, 'ne:bõd¢s, 'ne:bõd#, 'ne:bõs, ≠bõs, &nebõs, &neõs, nems) neben dem˚ -n'm ('ne:bõdõ, 'ne:bõbõ, 'ne:bõõ, 'ne:bõm, ≠bõm, &nebõm, &neõm, neõ, nem) neben den˚ -n'n ('ne:bõdó, 'ne:bõõ, 'ne:bõn, ≠bõn, &nebõn, &neõn, neõm, neõ, nem), (-m, -M, -~, -˙, -,) neben der˚ -n'r ('ne:bõd…, 'ne:bõ…, ≠bõ…, &nebõ…, &neõ…, &nem…) neben die ('ne:bõdi, ≠bõdI, &nebõI, &neõI, &nemI, -¢) nRn ('naen, &naen, naen, nåen), (-m, -M, -~, -˙, -,) ni>t ('nIÂt, &nIÂt, nIÂ) ni>_ ('nIÂq, &nIÂq, &nIÂs) (il familiare nix ('nIks) /'nIks/ è un allotropo, non una forma ridotta di ni>_) nie ('ni:, ∋, &ni, ni, nI) nun ('nu:n, νn, &nun, nun, nUn, n¢n, nU), (-m, -M, -~, -˙, -,) nur ('nu:‰, ν‰, &nu‰, nu‰, nU‰) oder ('öo:d…, &öo;d…, &öod…, &od…, &ød…, &¢d…, -[…) ohne ('öo:n¢, &öo;n¢, &öon¢, &on¢) (on ('So:n, &So;n, &Son, Son, Søn, S¢n, Só), (-m, -M, -~, -˙, -,) sRd ('zaet, &zaet, zaet, zået) sRn ('zaen, &zaen, zaen, zåen), (-m, -M, -~, -˙, -,) sRne ('zaen¢, &zaen¢, &zåen¢, &zån¢) sRnem˚ sR'm ('zaenõ, &zaenõ, &zaemõ, &zåenõ, &zåemõ, &zånõ, &zåmõ, zaem:, zaem, zåem) sRnen˚ sR'n ('zaenó, &zaenó, zaen:, zaen, zåen), (-m, -M, -~, -˙, -,)

manuale di pronuncia

sRner ('zaen…, &zaen…, &zåen…, &zån…, &z¢n…, &zó…) sRnes ('zaen¢s, &zaen¢s, &zåen¢s, &zån¢s, &z¢n¢s, &zó¢s) sRt ('zaet, &zaet, zaet, zået) si> ('zIÂ, &zIÂ, zIÂ, zIâ, IÂ, Iâ) (le ultime due dopo sie/Sie] sie˚ S- ('zi:, &zi;, &zi, zI, z¢) sind ('zInt, &zInt, zIn, z¢n, zó), (-m, -M, -~, -˙, -,) so ('zo:, &zo;, &zo, zo, zø, z¢) soll ('zOl, &zøl, zøl, zø) sonst ('zOnst, &zønst, zøns, z¢ns) -tägigen (-&th™;gIgô, -t™g-, -g¢g-, -ggô, -gô) [zwR-˚ drR-˚ …) über (non-accentato) (&öyb…-, &öY-, -6-) überm˚ -r'm˚ -r dem ('öy:b…dõ, &öy;b…dõ, 'öy:b…õ, 'öy:b…m, &öy;b…m, &öyb…m, &Yb…m, -6…m) übern˚ -r'n˚ -r den ('öy:b…dó, &öy;b…dó, 'öy:b…?, 'öy:b…,, &öy;b…,, &öyb…,, &Yb…,, -6…,), (-m, -M, -n, -~, -˙) übers˚ -r's˚ -r das ('öy:b…dås, 'öy:b…d¢s, 'öy:b…d#, 'öy:b…s, &öy;b…s, &öyb…s, &Yb…s, -6…s) über die ('öy:b…di, -I, -¢, &öy;-, &öy-, &Y-, -6…-) um ('öUm, &öUm, Um) ums˚ um's˚ um das ('öUmdås, 'öUmd¢s, 'öUmd#, 'öUms, &öUms, Ums) um'n˚ um den ('öUmdó, 'öUmõ, &öUmõ, Uõ, Um:, Um) um die ('öUmdi, &öU-, U-, -I, -¢) und ('öUnt, &öUnt, &öUn, Un, ¢n, ó), (-m, -M, -~, -˙, -,) -und- (-&öUnt-, -&öUn-, -Unt-, -Un-, -¢n-, -ó-), (-m-, -M-, -~-, -˙-, -,-) uns ('öUns, &öUns, &Uns, ¢ns, ós, ns) (le forme più ridotte non ricorrono in una ritmia in tonia, nella pronuncia neutra) unser ('öUnz…, &öU-, &U-) unsere ('öUnzȺ¢, &öU-, &U-, -zº¢) unserem ('öUnzȺõ, &öU-, &U-, -zº-, -…m, -zõ) unseren ('öUnzȺ?, -º¡, &öU-, &U-, -zº-,

5. tedesco

-…,, -zó) unserer ('öUnzȺ…, &öU-, &U-, -zº…, -…‰) unseres ('öUnzȺ¢s, &öU-, &U-, -zº¢s, -z¢s) unter ('öUnt…, &öUnt…, &Unt…) untern˚ -r den ('öUnt…dó, 'öUnt…,, &öUnt…,, &Unt…,), (-m, -M, -n, -~, -˙) unterm˚ -r'm˚ -r dem ('öUnt…dõ, 'öUnt…m, &öUnt…m, &Unt…m) unters˚ -r's˚ -r das ('öUnt…dås, 'öUnt…d¢s, 'öUnt…d#, 'öUnt…s, &öUnt…s, &Unt…s) ver- (f™‰'ö-, f…'ö-) [-Rsen˚ -arbRten˚ …) (f™‰'-, f…'-) [-rRsen˚ -lassen˚ …) von ('fOn, &føn, føn, f¢n, fó), (-m, -M, -~, -˙, -,) vom˚ -n dem ('fOndõ, 'fOnõ, 'fOmõ, 'fOm, &føm, føm, f¢m, fõ) von'n˚ -n den ('fOndó, 'fOnó, &fønó, føó, føn:,), (-m, -M, -~, -˙, -,) von'r˚ -n der ('fOnd…, 'fOn…, &føn…) vor ('fo:‰, &fo;‰, &fo‰, fo‰, fø‰, f…) vorn˚ -r den ('fo:‰dó, 'fo:‰,, &fo;‰,, &fo‰,, fo‰,, fø‰,, f…,), (-m, -M, -n, -~, -˙) (® avv. ('fO‰n, &fø‰n)} vors˚ -r das ('fo:‰dås, 'fo:‰d¢s, 'fo:‰d#, 'fo:‰s, &fo;‰s, &fo‰s, fo‰s, fø‰s, f…s) vor'm˚ -rm˚ -r dem ('fo:‰dõ, 'fo:‰nõ, 'fo:‰mõ, 'fo:‰m, &fo;‰m, &fo‰m, fo‰m, fø‰m, f…m) vor'r˚ -r der ('fo:‰d…, 'fo:…, &fo;…, &fo…, fo…, fø…) vor die ('fo:‰di, &fo;-, &fo-, -I, -¢) vor- (fo'º-) [-an˚ -auf˚ -aus˚ -in˚ -über˚ …) (fo‰'ö-) [-ab˚ -Rnst÷ -arbRten˚ -Rlig˚ …) (fo‰'-) [-bR˚ -weg˚ …) (fo‰'-), ('fo:‰&-) [-her˚ -hin˚ -zu˚ …) während ('v™:º?t, &v™;-, -º¡t, 'v™:‰,t, -‰nt, &v™;-, v™-÷ 'vE:-) was (non interrogativo) ('vas, &vas, vas, vås) wegen ('ve:gô, &ve;gô, &vegô, veô) wRl ('vael, &vael, vael, våel, vål) wem ('ve:m, &ve;m, &vem, vem, v™m) wen ('ve:n, &ve;n, &ven, ven, v™n), (-m, -M, -~, -˙, -,) wenn ('vEn, &v™n, v™n, v¢n), (-m, -M,

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-~, -˙, -,) wer ('ve:‰, &ve;‰, &ve‰, ve‰, v™‰) werden ('ve:‰dó, &ve;‰dó, &ve‰dó, &ve:‰n, ve‰n, v™‰n, -‰,), (-m, -M, -n, -~, -˙) werde ('ve:‰d¢, &ve;‰-, &ve‰-, ve‰t) werdet ('ve:‰d¢t, &ve;‰-, &ve‰-) wider ('vi:d…, &vi;d…, &vid…, &vId…) wider- (non-accentato) (&vid…-, &vId…-) wie ('vi:, &vi;, &vi, vi, vI) wie viel ('vi:fil, vi'fi:l, &vifIl, vI&fil, &vifÍ) wieder ('vi:d…, &vi;d…, &vid…, &vId…) wieder- (non-accentato) (&vid…-, &vId…-) will ('vIl, &vIl, vIl, vI) wir ('vi:‰, &vi;‰, &vi‰, vI‰, v¤‰, v¢‰, v…) (le forme più ridotte non ricorrono in una ritmia in tonia, nella pronuncia neutra, nemmeno enclitiche dopo verbo) wird ('vI‰t, &vI‰t, vI‰t, v¤‰t, v¢‰t, v…t) wirst ('vI‰st, &vI‰st, vI‰st, v¤‰st, v¢‰st, v…st, -s) wo ('vo:, &vo;, &vo, vo, vø) wo- (vo'-, vø'-, v¢'-) [-bR˚ -her˚ -hin˚ -vor˚ -zu˚ …) (vo'º-, vø'-, vÈ'-), ('vo:&º-) [-ran˚ -rauf˚ -raus˚ -rüber˚ -runter˚ …) worden ('vO‰dó, &vø‰dó, vø‰n, -‰,), (-m, -M, -~, -˙) wurden ('vU‰dó, &vU‰n, vU‰n, -‰,), (-m, -M, -~, -˙) wurde ('vU‰d¢, &vU‰-, &v…-) wurdest ('vU‰d¢st, &vU‰-, &v…-, -s) wurdet ('vU‰d¢t, &vU‰-, &v…-) würden ('vY‰dó, &vY‰n, vY‰n, vT‰n, -‰,), (-m, -M, -~, -˙) würde ('vY‰d¢, &vY-, vY‰t, vT‰t) würdest ('vY‰d¢st, &vY-, -s) würdet ('vY‰d¢t, &vY-) -zehn (-qe:n, -qe;n, -qen, -q™n, -q¢n, -qó), (-m, -M, -~, -˙) -zehnte (-qe:nt¢, -qe;n-, -qen-, -q™n-, -q¢n-, -qó-) zer- (q™‰-, q…-) [-fahren˚ -rinnen˚ …) zu ('qhu:, &qu;, qu;, qu, qU, q¢) zum˚ zu dem ('qhu:dõ, &qu;dõ, &qudõ, &qUõ, 'qhUm, &qUm, qUm, q¢m,

200

qõ) zur˚ zu der ('qhu:d…, &qu;d…, &qud…, 'qhu:‰, &qu;‰, qu;‰, qu‰, qU‰, qw…, q…) zu'n˚ zu den ('qhu:dó, 'qu;dó, 'qudó, 'qhu:ó, 'qhu:n, &qu;n, qu;n, qun, qUn, q¢n, qó), (-m, -M, -~, -˙, -,) -zu- (-qu-, -qU-, -q¢-) [ab…holen˚ …)

manuale di pronuncia

zusammen (qhu'zamõ, qu-, qU-, q¢-) zwar ('qhña:‰, &qña;‰, &qña‰, qña‰, qña, qñ…) -ren˚ -r'n (dopo V accentata, breve o lunga, in cui /Kó/ (º?, º¡) passa a /Kn/ (‰,), attraverso "/Ún/&) (-'é[:]º?, -'é[:]º¡, -'é[:]‰,, -'é[:]‰n), (-m, -M, -~, -˙).

Tassofonica 5.3.2.1. Ci sono varie altre forme di semplificazione delle parole, e soprattutto delle frasi, che rendono il parlato più fluente e scorrevole, ma meno "chiaro& agli stranieri. Bisogna, perciò, conoscere i meccanismi che entrano in gioco, sia per capire meglio, sia per avvicinarsi di più alla pronuncia genuina dei nativi, e esser capìti meglio; partendo da Kohler (1977, 1995”, § 6.3.1), diamo vari casi, integrandoli e completandoli adeguatamente. Abbiamo già visto che sequenze di (MM) /MM/ sono possibili, nel parlato veloce, solo in protonia: (∂I'öapâ¢S&nItóó 'ºo:zó) d¤ abge(nittenen Rosen˚ ma: ('nIm dI'öapâ¢S&nItó¢n) nimm d¤ abge(nittenen˘ 5.3.2.2. L'-e (¢) /È/ della prima persona singolare del presente cade spesso, purché ciò non causi un (M): ([öI]Â'≈aX) /IÂ'max[È]/ i> ma>'˚ ('maXIÂ) /'max[È]IÂ/ ma>' i>˚ ([öI]Â'hab¢s â¢'ze:ó, -Ê-) /IÂ'hab[È] ÈsgÈ'ze:ó/ i> hab' es gesehen˚ ('ha:bIÂ, -ÊIÂ) /'ha:b[È]IÂ/ hab' i>˚ ('le:zIÂ, -ΩIÂ) /'le:z[È]IÂ/ les' i>˚ e ('ö§fnIÂ) /'§fn[È]IÂ/ ö‡n' i>, ('öa:t≈IÂ) /'a:tm[È]IÂ/ atm' i>˚ ma: ([öI]Â'ö§fn¢) /IÂ'§fnÈ/ i> ö‡ne, ([öI]Â'öa:t≈¢) /IÂ'a:tmÈ/ i> atme; al passato, -e (¢) /È/ può cadere, davanti a i> enclitico, purché il verbo non finisca in -ete (¢t¢) /ÈtÈ/: ('maXtIÂ) /'maxt[È]IÂ/ ma>t' i>˚ ('∂U‰ftIÂ) /'dUKft[È]IÂ/ dur⁄' i>˚ ma: ('ö§fn¢t¢&öIÂ) /'§fnÈtÈIÂ/ ö‡nete i>˚ ('öa‰&baet¢t¢&öIÂ) /'aKbaetÈtÈIÂ/ arbRtete i>˘ Anche l'-e (¢) /È/ di forme sostantivali può cadere spesso e avere ugualmente il tipo di fonazione sonoro o semi-sonoro per la C: ('li:bUn 'laet, -Ê-) /'li:b[È] Unt'laet/ L¤b' und LRd˘ Per l'assimilazione di punto d'articolazione alla C seguente, in particolare per /t, d, n, ó, s/, s'è già visto ai § 5.2.1-2 “ 5.2.4; anche per alternanze, specie per approssimanti e per /K/, s'è accennato nei § 5.2.4-5. 5.3.2.3. Come s'è visto, un /ó/ s'assimila alla C precedente; ma /n/ resta invariato, quando ci sia la caduta d'un -e- /È/ (¢) (e la C sonora finale di sillaba, ma interna di lessema, non passa a non-sonora): ('khOmõ) /'kOmó/ kommen˚ ('le:bõt) /'le:bót/ lebend˚ ('öe:bõ) /'e:bó/ eben (ma: ('öe:bn¢) /'e:bnÈ/ ebne˚ invariato); ('fa˙ô) /'fa˙ó/ fa«en˚ (',u:gôt) /'ju:gót/ Jugend˚ (f…'lo:gô) /fÚ'lo:gó/ verlogen (ma: (f…'lo:gn¢) /fÚ'lo:gnÈ/ verlogne˚ invariato). C'è anche assimilazione duplice (ma non in tonia): (öaof'öe:bõõ 'Stüa:só) /aof'e:bóÈn 'StKa:só/ Qf ebenen Stra•en˚ (∂I'öae˙g¢&Súa:gôô 've:g¢) /di'ae˙geSla:góÈn/ d¤ R«e(lagenen Wege˘

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Anche dopo nasale (intenso oppure no), /t, d/ si possono assimilare, se inesplosi: ('hEmt, -mpæ) /'hEmt/ Hemd˚ ('hEmdó, -mbõ) /'hEmdó/ Hemden˚ (∂I',u:gót 'öaM&fOY…n, ∂I',u:gôkæ) /di'ju:gót 'anfOYÚn/ d¤ Jugend anfSern˚ (∂I'ge:gót 'öan&ze:ó, ∂I'ge:gôkæ) /di'ge:gót 'anze:ó/ d¤ Gegend ansehen˚ (∂I'ge:gódó 'öan&ze:ó, ∂I'ge:gôgô) /di'ge:gódÈn 'anze:ó/ d¤ Gegenden ansehen˚ (Ê¢'öamtó, -mpõ) /be'amtó/ Beamten˚ (Ê¢'haoptó, -ppõ, -põ) /bÈ'haoptó/ behQpten˚ (∂I'le:bódó 'laedó, -bõbõ) /di'le:bódÈn 'laedó/ d¤ Lebenden lRden˘ 5.3.2.4. Anche la sequenza /gn/ s'assimila frequentemente (e pure /bn, dn/, anche se preceduti da N˚ con conseguente riduzione): (#'üe:gn¢t, #'üe:˙n¢t) /Ès'Ke:gnÈt/ es regnet˚ ('öagn™s, 'öa˙n™s) /'agnEs/ Agnes˚ (mag&nifi'qhEnq, ma˙&n-, -IfI-) /magnifi'qEnq/ Magnifizenz˚ (zIg'na:l, zI˙'na:l) /zIg'na:l/ Signal, ('va:gn…, 'va:˙n…) /'va:gnÚ/ Wagner÷ ('öe:bn¢, 'öe:mn¢) /'e:bnÈ/ ebne˚ ('le:bót, -mõt) /'le:bót/ lebend˚ ('ºe:dn…, 'ºe:nn…) /'Ke:dnÚ/ Redner˚ ('ve:‰dó, -nó) /'ve:Kdó/ werden˚ ('fIndó, 'fInó) /'fIndó/ finden˚ ('hEmdó, -mbõ, -mõ) /'hEmdó/ Hemden (® poco sopra). Pure le sequenze di N + occlusivo sonoro si possono assimilare per la nasalità: (no'vEmb…, -mm…) /no'vEmbÚ/ November˚ ('öUmb¢&haltó, 'öUmm¢-) /'UmbÈhaltó/ umbehalten˚ (qhUm'bae&Spi;l, -m'm-) /qUm'baeSpi:l/ zum BRsp¤l˚ ('ÊUnd¢s&Êa˙k, 'ÊUnn¢s-) /'bUndÈsba˙k/ Bundesbank˚ ('vandȺ…, 'vannÈ-) /'vandÈKÚ/ Wanderer˚ ('vUnd…&ba;‰ 'vUnn…-) /'vUndÚba:K/ wunderbar˚ (qhU'mInd¢st, -Inn¢st) /qu'mIndÈst/ zuminde®˚ ('öU˙g¢&vIs, 'öU˙˙¢-) /'UngÈvIs/ u«ewiss˚ ('öa˙g¢≥bõ, 'öa˙˙¢-) /'a˙gÈge:bó/ a«egeben˚ ('öa˙≥bõ, 'öa˙&˙e;-) /'a˙ge:bó/ a«eben˚ ('öU˙ga‰, 'öU˙˙a‰) /'öU˙gaK/ U«ar˘ 5.3.2.5. Quando /t/ è tra C˚ nel parlato non lento, generalmente cade: ('ºEsúIÂ) /'KEstlIÂ/ re®li>˚ ('SüIfúIÂ) /'SKIftlIÂ/ (ri⁄li>˚ ('ºEÂúIÂ) /'KEÂtlIÂ/ re>tli>˚ (Ê¢'öaXúIÂ) /bÈ'axtlIÂ/ bea>tli>˚ ('öEnlIÂ) /'EntlIÂ/ endli>˚ ('vEl&khu;gÍ) /'vEltku:gÍ/ Weltkugel (ma: ('halp&khu;gÍ) /'halpku:gÍ/ Halbkugel˚ ('halp&qhaet) /'halpqaet/ HalbzRt]˚ ('vI‰tSaf ö¢Mfi'nanqó) /'vIKtSaft Untfi'nanqó/ Wir˛a⁄ und „nanzen˚ ('öEM&vU‰f) /'EntvUKf/ Entwurf˚ ('öaens 'StüItó, -nS 'S-, -n 'S-) /'aenst 'StKItó/ Rn® ®ritten˚ (qhU'mInd¢s 'qhñae) /qu'mIndÈst 'qvae/ zuminde® zwR˚ (',Eq qU'haoz¢) /'jEqt qu'haozÈ/ je˛t zu HQse˚ (ÊÈ'ºEÂtIÂt¢, -ÂI¢) /bÈ'KEÂtIÂtÈ/ bere>tigte˘ In posizione non-accentata, abbiamo frequentemente forme ridotte (® § 5.3.1.2), senza /tò/, per i®˚ ni>t˚ und˘ Anche /q/, dopo C˚ si può ridurre a (s): ('glanq, -ns) /'glanq/ Glanz˚ (…'hElqt, -lst) /Ú'hElqt/ erhält®˚ ('sqe:n¢, 'sse:-, s'se:-) /'sqe:nÈ/ Szene˚ (qhU'mInd¢s 'sñae) /qu'mIndÈst 'qvae/ zuminde® zwR˚ (',Eq sU'haoz¢) /'jEqt qu'haozÈ/ je˛t zu HQse˚ (&∂asqU'StEndIg¢, &∂assU-) /dasqU'StEndIgÈ/ das zu®ändige˚ ('h°:Âst qU'füi:dó, -Âs sU-) /'h°:Âst qu'fKi:dó/ hö>® zufr¤den˘ Il caso più frequente è dopo /ö/, per occlusivi e occlu-costrittivi: (…'hEltst, -lqt, -lst) /Ú'hEltst/ erhält®÷ e, ancora: ('khaM∫, -M]f, -Mf) /'kam∫/ Kamπ˚ ('glanq, -nts, -ns) /'glanq/ Glanz˚ ('ganq, -nts, -ns) /'ganq/ ganz˚ (ö™M'∫ha˙ô, ö™M]'fa-, ö™M'fa-) /Em'∫a˙ó/ emπa«en˚ ('thüEnc, -nS) /'tKEnc/ Tren>÷ e: ('mUmps, -ms) /'mUmps/ Mumps˚ ('phüOmpt, -mt) /'pKOmpt/ prompt˚ (ö™nt'SUldIgô, ö™n'S-) /Ent'SUldIgó/ en˛uldigen (® anche § 5.2.3.1), ('sfI˙ks, -˙s) /'sfI˙ks/ S#inx˚ ('phU˙kt, -˙t) /'pU˙kt/ Punkt˘

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manuale di pronuncia

5.3.2.6. Parlando velocemente, tra vocali e in sillaba non-accentata, /b, g/ si possono realizzare come (6, Ÿ): ('ha:b¢, -6¢) /'ha:bÈ/ habe˚ ('le:g¢, -Ÿ¢) /'le:gÈ/ lege÷ eventualmente, /t/ può passare a ([): ('ÊIt¢, 'ÊI[¢) /'bItÈ/ bitte÷ nelle stesse condizioni, gli occlusivi e costrittivi non-sonori possono avere il tipo di fonazione intermedio o anche pienamente sonoro: (∂ås&hat…'dOX â¢'maXt, -∂-, -d-) /dashatÚ'dOx gÈ'maxt/ das hat er do> gema>t˚ (∂åS'Sa:fI '∂OX&nIÂt, -Ñ-, -v-, ∂å'S-) /das'SafI 'dOxnIÂt/ das (a‡' i> do> ni>t˚ (∂ås&≈UsIÂ'≈aX?, -Ω-, -z-) /dasmUsIÂ'maxó/ das muss i> ma>en˚ (∂ås'≈aXI '∂OX&nIÂt, -ü-, -º-) /das'maxI 'dOxnIÂt/ das ma>' i> do> ni>t (ovviamente, se c'è ambiguità, per i nativi {¡che non coincide, però, coll'ambiguità per gli stranieri!} non si ricorre a questa neutralizzazione, tipica del parlato veloce). Dopo pausa i fonemi costrittivi sonori restano tali; mentre, dopo C non-sonora, diventano semi-sonori (però, /z/, più spesso, passa a non-sonoro): ('vi:n) /'vi:n/ W¤n˚ (∂ås'Ñas…) /das'vasÚ/ das Wasser˚ ('qhñanqIÂ) /'qvanqIÂ/ zwanzig˚ ('zi:bõ) /'zi:bó/ s¤ben˚ ('ºa:t&sa;m, -t'Ω-) /'Ka:tza:m/ ra_am˚ (&ZU‰na'lIst) /ZUKna'lIst/ Journali®˚ (t'ËU˙Í) /t'ZU˙Í/ D(u«el˚ (',a:) /'ja:/ ja˚ (∂ås'¿a:‰) /das'ja:K/ das Jahr˚ ('ºo:t) /'Ko:t/ rot˚ ('Süa˙k) /'SKa˙k/ 6rank÷ dopo occlusivi non-sonori, /K/ può passare a (X) (pur restando fonotatticamente /FK/): ('phüaes, 'phXaes) /'pKaes/ PrRs˚ ('thüe:tó, 'thXe:tó) /'tKe:tó/ treten˚ ('khüaes, 'khXaes) /'kKaes/ KrRs˘ Gli occlusivi sonori si realizzano come semi-sonori sia dopo pausa che dopo C non-sonora: ('ÊU‰k) /'bUKk/ Burg˚ ('mEs&Êa;‰) /'mEsba:K/ messbar˚ ('∂e:nU,) /'de:nU˙/ Dehnu«˚ (&∂as∂u'öEt) /dasdu'Et/ das Duett˚ ('âu:t) /'gu:t/ gut˚ ('öaos&âe:ó) /'aosge:ó/ Qsgehen˘ 5.3.2.7. Le geminate, sia normali che con elemento intenso, si possono semplificare. Le N, in posizione finale: ('khOmõ, -m:, -m) /'kOmó/ kommen˚ ('öe:bõ, -mõ, -m:, -m) /'e:bó/ eben˚ ('nEnó, -n:, -n) /'nEnó/ nennen˚ ('hE˙ô, -˙:, -˙) /'hE˙ó/ hä«en˚ ('le:gô, -˙ô, -˙:, -˙) /'le:gó/ legen (tanto che kommen e nennen possono diventare uguali a komm! e nenn! – però, in caso d'ambiguità, ovviamente, le forme sono distinte). Quelle derivate da assimilazione si possono ridurre se sono tra sillaba accentata e sillaba debole: ('li:bõs&Ñe;‰t, -mõ-, -õ-, -m-) /'li:bósve:Kt/ l¤benswert˚ ('ÊUnd¢s≈inIs&te;º,Um, -nn-, -n-, -mI-) /'bUndÈsminIste:KjUm/ Bundesmini®erium˚ ('öand…s, -nn-, -n-) /'and…s/ anders˚ ('öa˙g¢≥bõ, -˙˙-, -˙-) /'angÈge:bó/ a«egeben˘ Oltre a ('Stüo:&m™˙¢) /'StKo:mE˙È/ Strohme«e˚ possiamo avere anche ('Stüo:m&m™˙¢, -&m-) /'StKo:mmE˙È/ Stromme«e˚ con possibile riduzione; però, in caso d'ambiguità, non si riduce. Le occlusive geminate si possono ridurre al secondo elemento, se sono molto simili: ('öap&ÊIlt, 'öa&ÊIlt) /'apbIlt/ Abbild˚ ('ºa:t&∂aM∫…, 'ºa:&∂-) /'Ka:tdam∫Ú/ Raddamπer˚ ('mIt&thaeló, 'mI&th-) /'mIttaeló/ mittRlen˚ ('mIt&qh™;ló, 'mI&qh-) /'mItqE:ló/ mi˛ählen˚ ('vEk&khømõ, 'vE&kh-) /'vEkkOmó/ wegkommen˚ ('vEk&âe:ó, 'vE&â-) /'vEkge:ó/ weggehen˘ Lo stesso vale per i costrittivi solcati: (∂ås'sElb¢, ∂ås'Ω-, ∂å's-) /das'zElbÈ/ dasselbe˚ (∂ås'SIf, ∂åS'S-, ∂å'S-) /das'SIf/ das 6i‡˚ ('öaes&Süa˙k, -S&S-, -&S-) /'aesSKa˙k/ Eis(rank˘ Invece, la sequenza /Âs/, come s'è già visto, ha un paio di varianti possibili: ('h°:Âst, -âst, -ÂÀt) /'h°:Âst/ hö>®˚ mentre /sÂ/ si modifica solo leggermente: ('ÊIÀ«) /'bIsÂó/ bis(en˘ 5.3.2.8. Da quanto visto, la di‡erenza di tipo di fonazione può diventare quasi funzionale in tre modi: ('öap&ÊIlt, 'öa&ÊIlt) /'apbIlt/ Abbild˚ rispetto a ('öa:pÍ) /'a:pÍ/

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Apel e ('öa:bÍ) /'a:bÍ/ Abel˘ Si considerino anche: ('mEndÍ&zo;n) /'mEndÍzo:n/ Mendelsohn˚ ('mEndÍs&so;n, -Ís&Ω-, -Í&s-) /'mEndÍszo:n/ Mendelssohn˘ Se le geminate derivano da assimilazione di luogo d'articolazione, si possono ridurre (purché la sillaba del primo elemento non sia accentata): (&öImmu'ze:ó, &öImu-) /Immu'ze:ó/ in Museen˚ (mIk'kha‰l, mI'kh-) /mIt'kaKl/ mit Karl˚ (&magnifi'qhEnq, &ma˙n-, &ma˙˙-, &ma˙-, -IfI-) /magnifi'qEnq/ Magnifizenz˚ (qhUm'bae&Spi;l, -m'm-, -'m-) /qUm'baeSpi:l/ zum BRsp¤l˚ (qhu&mInd¢s'∂as&∂a;, -Inn-, -In-) /qu'mIndÈst 'dasda:/ zuminde® das da˘ Ma abbiamo: ('öam&m™ldó) /'anmEldó/ anmelden˚ ('mIk&khømõ) /'mItkOmó/ mitkommen˚ ('ʺo:k&khaofè) /'bKo:tkaofó/ Brot kQfen˚ ('ºa:kâ¢&fa:º?, -º¡, -&fa;‰,, -‰n) /'Ka:tgÈfa:Kó/ Rad gefahren˚ ('öam&bIndó, 'öam&m-) /'anbIndó/ anbinden˚ ('öagn™s, -˙n-, -˙˙-) /'agnEs/ Agnes˚ ('öa˙≥bõ, 'öa˙&˙-, -e;mõ, -e;õ, -e;m) /'ange:bó/ a«eben˚ ('ÊUnd¢s, -nn-) /'bUndÈs/ Bundes˚ ('vandȺ…, -nn-) /'vandÈKÚ/ Wanderer˘ 5.3.2.9. Nelle sequenze di /n, l/ + costrittivo non-sonoro, si possono inserire degli occlusivi omorganici (e omo-fonici; questa caratteristica denota una pronuncia meno attenta e, perciò, non va seguìta): ('öamt, -mpt) /'amt/ Amt˚ ('âams, -mps) /'gams/ Gams˚ ('ºamS, -mpS) /'KamS/ Ram(˚ ('zEMf, -M]f) /'zEnf/ Senf˚ ('âans, -nts, -nq) /'gans/ Gans, ('∂i:nst, -ntst, -nqt) /'di:nst/ D¤n®˚ ('mEnS, -ntS, -nc) /'mEnS/ Men(˚ ('ma~Â, -~+Â, -~k) /'manÂ/ man>˚ ('hE˙t, -˙kt) /'hE˙t/ hä«t˚ ('hE˙st, -˙kst) /'hE˙st/ He«®˚ (…'hElst, -ltst, -lqt) /Ú'hElst/ erhell®˘ Anche per /nz, lz/, questo succede frequentemente: ('öUnz…, -ndz…, -nQ…) /'UnzÚ/ unser˚ ('öalzo, -dzo, -Qo) /'alzo/ also˘ 5.3.2.10. Le trascrizioni, viste finora, avranno senz'altro aiutato a separare, convenientemente, la scrittura dalla struttura fonica del tedesco, che potrà sembrare, allo straniero, parecchio strana; ma la realtà è così. Ecco altri esempi per la riflessione: ('öap&üaez¢) AbrRse˚ ('th™:kúIÂ÷ 'thE:k-) tägli>˚ ('mUnt&öa‰tó) Mundarten˚ ('öUn&öaofüIÂtIÂ, -f&üIÂ-) unQfri>tig˚ (f…'öap&üe;dU,) Verabredu«˚ (Ê¢'öa:p≈õ, -t≈õ) beatmen… Per essere più utili, esemplifichiamo anche le deformazioni all'italiana: *(a'bra;ize, 'tE:-gliS, mun'dar:ten, &u-nau'fRiS:tig, &fe-Ra'brE:du˙g, be'at:men); confrontando le trascrizioni, con quelle date sopra, la di‡erenza è lampante anche per un non-udente. È, poi, evidente che in tedesco, le sequenze consonantiche sono molto complesse; qui, facciamo solo un esempio: ('hE‰ps[t]&Êl™t…) Herb®blätter˘ Si noti anche, per sh /s˘h/: ('land¢s&haos÷halt) /'landÈshaoshalt/ LandeshQshalt Accento 5.3.3.1. Nelle parole lunghe e nelle frasi, ci sono delle sillabe non-accentate che s'alternano a quelle accentate e semi-accentate. Anche le ritmie seguono lo stesso criterio; e tutto ciò si vede già dalle trascrizioni date. Le parole composte del tedesco hanno degli schemi particolari. Quello più di‡uso e normale mostra l'accento primario sulla sillaba prominente del primo lessema e accenti ridotti sulle sillabe ex-prominenti dei lessemi successivi.

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Ecco degli esempi di composti con due lessemi: ('SIf&fa;‰t) 6i‡fahrt˚ ('∂aM∫&SIf) Damπ(i‡˚ ('Êa:n&ho;f) Bahnhof˚ ('öaezó&ba;n) Eisenbahn˚ ('ho:X&∂OYc) Ho>dS˛˚ ('füy:&StYk) Früh®ü$˚ ('öaoto&ba;n) Autobahn˚ (fa'mi:l,ó&na;m¢) Famil¤nname˚ ('mUntha‰&mo;ni&ka) Mundharmonika˚ ('Su:&maX…) 6uma>er˘ Non è superfluo osservare che le trascrizioni fonologiche, che non segnano gli accenti secondari, sottintendono tale realtà. Perciò, sono pronunce da straniero quelle che, soprattutto per composti bisillabici, usano il solo accento primario, come in (dove diamo anche i segmenti italiani): *('Sif:faRt, 'dam:Sif, 'ba:nof, 'Ok:døic). Non possiamo non finire con un'osservazione sul cognome 6uma>er˚ che divenendo sempre più noto, è passato da un *(Su'ma:keR) all'italiana, a un brutto ibrido, che non è più né italiano, né tedesco: *('Su:maxeR). 5.3.3.2. Si considerino anche: (Âe'mi:&fa;z…) ≥em¤faser˚ (Âe'mi:&v™‰k) ≥em¤werk˚ ('â°:t¢&öInsti&thu;t) GoethRn®itut˚ ('fa:‰&phúa;n) Fahrplan˚ ('öan&Stalt) An®alt˚ ('mIt&tha;k) Mittag˚ ('fa:t…&lant) Vaterland˚ ('fElt&≈a‰Sal) Feldmar(all (e, spesso, ('fElt≈a‰&Sal, &fElt'≈a‰Sal) per motivi ritmici). Con tre lessemi (l'accento che qui segn{i}amo con (÷) è più debole di (&) e, normalmente, non si segna, anche perché si può ridurre completamente, pur se la sillaba mantiene le caratteristiche di durata, timbro vocalico e consistenza consonantica, compresa l'eventuale "aspirazione&): (Âe'mi:÷fa;z…&v™‰k) ≥em¤faserwerk˚ ('mIt÷tha;ks&qhaet) MittagszRt˚ ('fa:t…÷lants&li;b¢, -nq-) Vaterlandsl¤be˘ Ancora: ('vIlt÷Sñae˙s&khø∫) Wild(wRnskoπ˚ ('SñIm&öan÷Stalt) 6wimman®alt˚ ('na:X&≈It÷tha;k) Na>mittag˚ ('öalt&ho;X÷∂OYc) Altho>dS˛˚ ('haopt&öaof÷âa;b¢) HQptQfgabe˚ ('StOY…&öaen÷ne;m…) StSerRnnehmer˚ ('vElt&öan÷SaoU,) Weltan(Qu«˚ ('âElt&öan÷la;g¢) Geldanlage˚ ('na:X&öa‰÷baetó) na>arbRten˘ 5.3.3.3. Però, il ritmo spesso apporta delle modifiche, soprattutto in tonia; per cui sono, in realtà, più frequenti accentazioni come le seguenti, anche se non sempre sono còlte (e accolte): ('SñIm÷öan&Stalt, 'na:X÷≈It&tha;k, 'öalt÷ho:X&∂OYc, 'haopt÷öaof&âa;b¢, 'StOY…÷öaen≠m…, 'vElt÷öan&SaoU,, 'âElt÷öan&la;g¢, 'na:X÷öa‰&baetó), e anche (&vIlt'Sñae˙&khø∫). Con quattro lessemi, possiamo avere: ('öaezó÷ba;M&fa;‰÷phúa;n) Eisenbahnfahrplan˚ ('na:X÷≈It÷tha;ks&qhaet) Na>mittagszRt÷ ma, spesso, il ritmo fa preferire: ('na;X÷≈It&tha;ks÷qhaet), o anche (na;X'≈It÷tha;ks&qhaet). Con cinque oppure sei: ('khüaft&fa;‰&qhOYk 'haft&∫húIÂtf…&zIÂȺU,) Kra⁄fahrzSgha⁄pfli>tversi>eru«˚ ('Spi:l&va;º? 'öaosó&handÍsâ¢&z™l÷Saft) Sp¤lwarenQ•enhandelsgesell(a⁄˚ ('ho:X&ÑakuUm 'lIÂt&Êo;gô&S≈™lq÷öo;fè) Ho>vakuum-Li>tbogen-6melzofen÷ generalmente attenuano l'inizio, passando a: (&khüaft÷fa;‰'-, &Spi;l÷va;º?'-, &ho;X÷ÑakuUm'-). 5.3.3.4. Ci sono dei casi in cui è l'accento secondario a determinare il significato d'un dato composto: ('∂aM∫÷SIf&fa;‰t) Damπ(i‡fahrt "viaggio in piroscafo&, ('∂aM∫&SIf÷fa;‰t) Damπ(i‡fahrt "navigazione a vapore&; in questi casi, l'oscillazione ritmica è, chiaramente, meno frequente, anche se il contesto può/deve aiutare molto.

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Troviamo anche dei composti che non hanno l'accento principale sul primo lessema, come: (&,a;‰'qhe:nt) Jahrzehnt˚ (&öo;st…'mo:n&ta;k) O®ermontag˚ (&Sña‰q'Ñaes) (warzwR•˚ (&ºo;t'khüOYq&Sñ™st…) RotkrSz(we®er˚ (&za;‰'bºYkô) Saarbrü$en÷ e altri che hanno più d'un accento primario: ('Êlao 'gºy:n) blQ-grün, ('∂Um 'StOlq) dumm-®olz˚ ('Súe:sñI 'hOlStaen) 6leswig-Hol®Rn÷ che, però, possono passare a (&Êlao'gºy:n, &∂Um'StOlq, &Súe;sñIÂ'hOlStaen), specie in protonia. Osserviamo: ('Êlao 'gºy:n) blQ-grün "verdeblù, verde-blu (: due colori accostati, come in una bandiera o maglietta sportiva)& e ('Êlao&gºy:n) blQgrün "verde e blu, verdazzurro, verde acqua (: due colori, fusi assieme, come fanno i pittori)&. 5.3.3.5. Più si parla veloce, più si possono ridurre Ó cancellare accenti non-primari, specie in protonia; al contrario, rallentando, possono riemergere. In particolare, in tonia, l'ultimo accento non-forte si può, spesso, rinforzare (noi lo segn{i}amo, solo qui, tramite (“)): ('öaoto“ba;n÷ 'öan“Stalt÷ 'öalt&ho;X“∂OYc÷ 'haopt&öaof“âa;b¢)÷ anche ('öaezó÷ba;M&fa;‰“phúa;n, -“fa;‰÷phúa;n÷ &Spi;l&va;º?'öaosó&handÍsâ¢&z™l“Saft, -⢓z™l÷Saft÷ &ho;X&ÑakuUm'lIÂt&Êo;gô&S≈™lq“öo;fè, -“S≈™lq÷öo;fè). Ci sono frequenti casi di composti (omografi) con un grammema prefissale accentato oppure no, che (nella forma unita, non flessa) costituisce il maggior elemento di di‡erenziazione semantica: überse˛en »('öy:b…&z™qó) "traghettare&, ”(&öyb…'zEqó, &öY-) "tradurre&, umfahren »('öUM&fa;º?, -º¡, -a;‰,, -a;‰n) "travolgere&, ”(öUM'fa:º?, -º¡, -a:‰,, -a:‰n) "girar attorno&. I composti con un grammema su‚ssale monosillabico non-accentato generalmente hanno /I, È, ó, õ, Í, Ú/, e non hanno nemmeno accenti secondari (tranne che per motivi ritmici quando ci siano varie sillabe non-accentate in sequenza, come avviene anche per (-laen) -lRn˚ (-U,) -u«]\ ('v§Â«túIÂ) wö>entli> (('v§Â«t&úI«, -÷úI«) wö>entli>en]. 5.3.3.6. Altri su‚ssi monosillabici non-accentati hanno sempre un accento secondario: [(-&ba;‰) -bar˚ (-&haft) -ha⁄˚ (-&haet) -hRt˚ (-&kaet) -kRt˚ (-&la˙) -la«˚ (-&lI˙) -li«˚ (-&lo;s) -los˚ (-&ma;l) -mal˚ (-&za;l) -sal˚ (-&za;m) -sam˚ (-&Saft) -(a⁄˚ (-&tu;m) -tum˚ (-&føl) -voll˚ (-&v™‰q) -wär_]÷ per esempio: ('ºaen&haet) RRnhRt˚ ('öEnt&úo;s) endlos˘ Consideriamo, inoltre (e notiamo che non hanno "aspirazione& i grammemi non completamente accentati): (-IÂ&kaet) -igkRt˚ (-&haftIÂ÷kaet) -ha⁄igkRt˚ (-&lo;zIÂ÷kaet) -losigkRt˚ e altre oscillazioni ritmiche: ('öam&m™‰kU,?, 'öamm™‰&kU,?) Anmerku«en˚ ('öa‰&baetÈ&ºInó, 'öa‰baetÈ&-) ArbRterinnen÷ soprattutto con un-\ ('öUn&öan÷St™ndIÂ, 'öUn÷öan&St™ndIÂ) unan®ändig˚ ('öUM&fo‰÷zIÂtIÂ, 'öUM÷fo‰&zIÂtIÂ) unvorsi>tig˚ come per unQfri>tig (fine § 3.2), per i quali l'enfasi o l'emozione, spesso, producono: (&öUnöan'St™ndIÂ, &öUnöaof'üIÂtIÂ, &öUMfo‰'zIÂtIÂ). Ricordiamo, infine, che le parole tedesche non sono tutte accentate sulla prima sillaba (come, sbrigativamente, "si racconta& spesso nei libri), soprattutto per forme prefissate o prestiti, anche se d'antica data: (zo'fO‰t) sofort˚ (â¢'nao) genQ˚ (â¢'fUndó) gefunden˚ (mo'mEnt) Moment˚ (ma'Si:n¢) Ma(ine÷ (phüo'fEso‰) Professor (col plurale "scomodo& (&phüof™'so:º?, -º¡, -‰,, -‰n) Professoren]˘ Inoltre, ci sono forme come: (∂a'bae) dabR˚ (hI'naos) hinQs˚ (vo'he:‰) woher˚ che per enfasi diventano: ('∂a&bae, 'hI&naos, 'vo&he;‰).

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manuale di pronuncia

5.3.3.7. Un'altra caratteristica dell'accentazione tedesca è la "deaccentazione& finale di forme verbali, soprattutto ausiliari e modali (e simili), infiniti e participi passati. Infatti, invece della "prevedibile& accentazione, che normalmente si può trovare, nelle varie lingue, alla fine d'un'intonia, abbiamo questa "deaccentazione& secondo la tipologia seguente. Con le forme verbali compo®e (quindi, anche futuro, condizionale, passivo, modali con infiniti dipendenti): das 'dür⁄e 'ri>tig &sRn÷ s¤ 'mag 'Re>t &haben÷ s¤ 'soll &sehr 'tü>tig &sRn÷ i> &habe 'Cola be&®ellt÷ er i® '(lafen ge&ga«en÷ i> &habe es 'ni>t ge&wollt÷ i> &bin na> 'Rom ge&fahren÷ er wird 'wohl zu 'HQse &sRn÷ er &i® ver'ha⁄et &worden˘ Anche: er &hat ihn 'fahren &lassen÷ s¤ &hatten mir den 'Br¤f '(rRben &helfen÷ das 'Auto &wird bis 'morgen repa&r¤rt÷ i> muss 'je˛t na> 'HQse &gehen÷ i> &würde 'gern 'Rot&wRn &trinken÷ i> &habe ihn 'fahren ge&lehrt÷ &will® du ins 'Kino &gehen? Naturalmente l'e‡etto "strano& della deaccentazione aumenta se le forme infinite sono più d'una: 'Karin hat den 'Br¤f &(rRben &müssen÷ s¤ &hätten 'ni>t &kommen &sollen÷ i> &habe um '3 &Uhr '(lafen &gehen &müssen˘ 5.3.3.8. Sono interessanti anche casi come: 'ma>en S¤ d¤ 'Re>nu« &fertig˚ 'halten s¤ d¤ 'Pässe be&rRt˚ in cui la parte non coniugata del verbo è un aggettivo indeclinato; la vecchia ortografia dava: fertigma>en˚ berRthalten˚ invece di: fertig ma>en˚ berRt halten˘ Per le frasi secondar¤˚ abbiamo le forme coniugate in ultima posizione, le infinitive con um … zu: s¤ 'kann 'ni>t &kommen, &wRl s¤ 'morgen &sehr 'früh 'Qf&®ehen &muss (salvo che gl'infiniti dipendenti siano due: s¤ i® &sehr 'müde, &wRl s¤, 'hSte 'Morgen, 'sehr &früh hat 'Qf&®ehen &müssen÷ i> 'ho‡e, &dass er d¤ 'Re>nu« &hat be'zahlen &können÷ i> 'ho‡e, &dass s¤ &Rne 'nSe 'Wohnu« hat 'finden &können]÷ i> 'für>te, &dass er 'Re>t &hat÷ der 'Arzt &wollte 'wissen, &ob er '‡ber ge&habt &habe÷ s¤ 'sagt, dass &ihre 'Kinder im 'Garten &sp¤lten÷ i> 'glQbe, &dass s¤ 'ni>t 'h¤r &i®÷ i> 'wR•, dass er vor &zwR 'Jahren &ope'r¤rt &worden &i®÷ i> 'brQ>e 'ni>t zu &antworten÷ es i® 'immer 'besser, 'pünktli> &anzu&kommen÷ um 'pünktli> &anzu&kommen, &müssen wir d¤ 'U&Bahn &nehmen˘ Si noti anche la costruzione con modali e verbo all'infinito in ultima posizione: du 'sollte® zum 'Arzt &gehen˘ Coi verbi separabili flessi, la particella posposta ha generalmente un accento primario ((')); però, spesso è più debole, fino al secondario; perciò, qui, l'indichiamo con (“): s¤ 'kommt 'morgen {an˚ i> 'lege es {bR˚ du 'ruf® {an˚ er 'gab den 'Kamπ {Qf˚ das 'Da> 'spri«t {über˘ Forniamo altri esempi emblematici, perché il concetto espresso da qualche parola, per motivi comunicativi, può/deve emergere: 'Anna darf 'ni>t &mitkommen÷ der 'Br¤f &wurde von 'mir ge&(r¤ben. Ancora: &kann man 'h¤r 's>wimmen? (due concetti), però: 'können S¤ Kla'v¤r &sp¤len? come "pianettare&; 'morgen˚ &muss i> 'fl¤gen÷ i> muss 'morgen &fl¤gen [fl¤gen è già noto). In assenza di complementi e predicati, la deaccentazione senz'altro non avviene, come nelle frasi che seguono, in cui il verbo è preceduto solo da parole (e concetti) che recano scarsa informazione: 'kann i> 'mal telefo'n¤ren?÷ er 'fuhr in d¤ 'Fer¤n, um &si> zu er'holen÷ er 'l¤• das Re®Q'rant, 'ohne zu be'zahlen÷ 'bitte, 'blRben

5. tedesco

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S¤ &do> 'si˛en˘ Inoltre, si considerino i seguenti esempi: das i® be'®immt 'unab&si>tli> ge&(ehen÷ er hat ge'sagt, dass es 'unab&si>tli> ge&(ehen &i®÷ er hat ge'sagt, dass es 'unab&si>tli> ge&ma>t &worden &i®÷ er hat ge'sagt, dass es 'unab&si>tli> ge&ma>t &worden sRn &kann÷ er hat ge'sagt, dass es 'unab&si>tli> ge&ma>t &worden sRn &könnte˘ Qui la particolare struttura sintattica delle secondarie tedesche, con il gruppo verbale a fine frase, fa sì che l'ultimo accento primario d'un enunciato possa essere seguìto da un notevole numero di sillabe. Intonazione 5.3.4. La f 5.4 dà l'intonazione del tedesco neutro; tutti i tonogrammi vanno analizzati con molta attenzione. Qui forniamo, semplicemente, esempi per le tre tonie marcate. Nel § 5.3.1.1, il terzo e quarto enunciato, del secondo blocco d'esempi, prima della lista delle forme ridotte, mostrano l'inciso medio (® § 13.24 dell'FTN/MaF), tipico del tedesco e del francese; eccone un altro: … und, &wenn es 'mögli> zu 'ma>en &wäre, …; altri sono nelle trascrizioni del testo (§ 5.5): /./: (öIÂ'su:X¢ öaem'm°:bÍg¢&S™ft3 3) /IÂ'zu:xÈ aen'm°:bÍgÈSEft./ I> su>e Rn Möbelge(ä⁄. /?/: (¿'khOmõzi öaos'ö°:st…&ºaeÂ1 1) /¿'kOmózi aos'°:stÚKaeÂ?/ Kommen S¤ Qs Ö®errR>? /÷/: (¿'fa:º?zi naX5∂YsÍ&dø‰f1 1| {ö&o;d…'mak∂¢&bU‰k3 3}) /¿'fa:Kózi na:x'dYsÍdOKf÷ {o:dÚ'makdÈbUKk.}/ Fahren S¤ na> Düsseldorf oder Magdeburg? f 5.4. Protonie e tonie tedesche. / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ' 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 1 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 5 1 1)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

Altri accenti 5.4.0. Come già anticipato, riteniamo importante presentare, oltre alla pronuncia neutra, almeno qualche accento, non solo per utili confronti, ma anche per esser pronti a cogliere le caratteristiche di pronuncia del tedesco fuori dall'ex Germania occidentale, a partire dall'ex ∂∂® (ex Germania orientale, cioè il nordest dell'attuale Germania riunificata), fino all'Austria, alla Svizzera e all'Alto Adige (o ≈rolo meridionale), per capire più prontamente accenti diversi. Queste osservazioni potrebbero servire anche per assumere un accento più tipico fra questi tre ultimi, soprattutto per chi volesse/dovesse avere contatti preferen-

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ziali coi loro abitanti, più che coi tedeschi di Germania. Si possono vedere anche le fonosintesi –nell'FTN/MaF– per quanto riguarda il tedesco della Pennsylvania (Pennsylvania German˚ o "Penns. Dub&˚ § 21.12) e vari dialetti germanici d'Italia, Svizzera, Austria e Germania, § 17.20-2 (zurighese, alsaziano e lussemburghese), § 17.27-8 (bavarese di Monaco e viennese). Tedesco della Germania nordorientale 5.4.1.1. Il primo vocogramma dà le vocali dell'accento mediatico (e neutro) dell'ex ∂∂®; non è, però, la pronuncia locale di Berlino, o quella della Sassonia. Come si vedrà sùbito, confrontandola con la f 5.1, le V lunghe accentate, sono, in realtà, dei dittonghi monotimbrici, o sdoppiamenti, con un leggero movimento verso l'alto; inoltre, /E, E:, §, O/ sono leggermente più chiusi, quanto basta per usare simboli fonetici diversi: (™, ™™, #, ø). Diamo solo alcuni esempi, per mostrare direttamente la di‡erenza, grazie alle trascrizioni fonetiche: ('fi;il) /'fi:l/ v¤l˚ ('ze;eó) /'ze:ó/ sehen˚ ('Sp™;™t) /'SpE:t/ spät˚ e: ('Êa;an) /'ba:n/ Bahn˚ ('zo;o) /'zo:/ so˚ ('âu;ut) /'gu:t/ gut˚ ('thy;y‰) /'ty:K/ Tür˚ ('S°;°n) /'S°:n/ (ön˘ Le due realizzazioni di /È/ sono leggermente più basse: ('öUnz‘ºÈ, -ndz-, -nQ-) /'UnzÈKÈ/ unsere÷ mentre, l'eventuale vocalizzazione di /K, Ú/ è più alta: ('vas…, -x‰, -x˜, -xº, -x) /'vasÚ/ Wasser˘ /u:, ’u/ (u;u, u) /U/ (U) /o:, ’o/ (o;o, o) /È/ (È, ‘˘º, º‘, ºÈò) /O/ (ø, ’ø) /Ú/ (…) {“ (x)}

/i:, ’i/ (i;i, i), /y:, ’y/ (y;y, y) /I/ (I), /Y/ (Y) /e:, ’e/ (e;e, e), /°:, ’°/ (°;°, °) /E/ (™, ’™), /§/ (#, ’#)÷ /E:/ (™;™, ’™;) /a/ (a), /a:/ (a;a)

/oU/* (o;o, ±øU) /OY/ (ø+) {(’Ö+)} {/’a/ (å)} /ao/ (aP) {(’åP)}

/eI/* (e;e, ±™I) /ae/ (aÙ) {(’åÙ)} / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ' 2 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 5 2 1)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

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5.4.1.2. Per i dittonghi, confrontando il vocogramma dato, si vedrà che il secondo elemento di /ae, ao, OY/ è più centrale (e anche più basso per /OY/): (aÙ, aP, ø+); inoltre, soprattutto, il primo elemento di /ao/ è un po' più arretrato e il primo di /OY/ è leggermente più alto, sconfinando nella casella superiore: ('öaÙs) /'aes/ Eis˚ ('ÊlaP) /'blao/ blQ˚ ('nø+) /'nOY/ nS˘ C'è poca di‡erenza per i due xenofonemi /eI, oU/; inoltre, coincidono, per (å), anche i possibili /’ae, ’ao, ’a/ di forme ridotte, compreso /’OY/. Per le C˚ aggiungiamo che è piuttosto frequente il passaggio dei costrittivi non-sonori (e /z/), dopo /n, l/, a sequenze omorganiche d'occlusivo + costrittivo, o a veri occlu-costrittivi, ® § 5.3.2.9. Infine, /kò/, davanti a pausa, si può realizzare come occlu-costrittivo (pre)velare, (w, ∞): ('khüi;ik, -w, -∞) /'kKi:k/ Kr¤g˚ ('tha;ak, -w, -∞) /'ta:k/ Tag˚ ('qhu;uk, -w, -∞) /'qu:k/ Zug˘ Si tratta, comunque, per tutte, di realizzazioni non tanto consigliabili. Il tonogramma dà l'intonazione, che risulta un po' meno peculiare di quella neutra "occidentale&, più verso qualcosa d'"internazionale&. Tedesco austriaco 5.4.2.1. Quest'accento è il "mediatico&, che prevale alla radio e televisione; è una via di mezzo tra il meno e il più marcato, attingendo da un nostro fono-archivio in continua espansione (senza fare espliciti riferimenti regionali, in questa sede); qua e là faremo, però, qualche cenno a fenomeni più particolari, decisamente non-neutri. Osserviamo i monottonghi; quelli "lunghi& sono, invece, sdoppiati, o geminati, e di durata inferiore, anche la geminazione dà un'impressione di maggior corposità, che quasi eguaglia la lunghezza vera: non (é:), ma (éé). Sùbito si coglie anche il fatto che le articolazioni corrispondenti a /I, Y, U÷ E[:], §, O/ sono più chiuse che in tedesco neutro, tanto che si rappresentano coi simboli (i, y, u÷ ™[™], #, ø) (nell'accento meno marcato troviamo (I°, Y°, U°÷ E[E]°, §°, O°), con le varianti non-accentate (™, #, ø), leggermente più chiuse nella pronuncia più neutra): ('fiS) /'fIS/ „(˚ ('fyMf) /'fYnf/ fünf˚ ('hunt) /'hUnt/ Hund˚ ('™lf) /'Elf/ elf˚ ('Sp™™t) /'SpE:t/ spät˚ ('q6#lf) /'qv§lf/ zwölf˚ ('øft) /'Oft/ o⁄˘ Certe parole hanno /e:/ (ee) per /E:/. 5.4.2.2. Sia /a/ che /a:/ sono postero-centrali: ('StAt) /'Stat/ Stadt˚ ('StAAt) /'Stat/ Staat (nell'accento meno marcato si ha (a, aA) (e, in quello ricercato, (Å, ÅÅ)), mentre in quello più marcato abbiamo (å, åå) e anche (Ø, ØØ) (che non mancano di colpire sùbito). I dialetti austriaci hanno generalmente opposizione fonematica tra un a posteriore e uno più anteriore, sia brevi che lunghi; tale distinzione timbrica, la si può ritrovare anche in lingua, dove il timbro posteriore è usato nelle parole tradizionali, mentre quello anteriore viene usato per prestiti e neologismi, come, per esempio, avviene per Bank\ /'bA˙k/ ('ÊA˙k) "panca, banco di lavoro&, /'ba˙k/ ('Êa˙k) "banca, banco da gioco&. L'accento molto marcato ha /e:, °:, o:/ (eÙ, #°, øo): ('vee, ≠'veÙ) /'ve:/ weh˚ ('Ê°°, ≠'Ê#°) /'b°:/ Bö˚ ('soo, ≠'søo) /'zo:/ so˘

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5.4.2.3. Le realizzazioni di /È/ sono: (Ù, È), coll'eventuale vocalizzazione di /K, Ú/ (anche con le appendìci consonantiche) (å); quindi abbiamo: ('unsȺÙ) /'UnzÈKÈ/ unsere e ('vAs…, -å‰, -å˜, -åº, -å) /'vasÚ/ Wasser˘ Il simbolo (å) corrisponde a quello correntemente impiegato, con meno rigore, anche in tedesco neutro, per (√), che è, invece, adatto per l'accento austriaco meno marcato, che ha (√ï) (e anche (x÷)), mentre, quello più marcato presenta (a[í]). S'osservi che (Ù) /È/ è antero-centrale, notevolmente più avanzato che in tedesco neutro; l'accento più ricercato può arrivare a (Ùº, Ù√) per /ÈK, Ú/ (penultimo vocogramma). Passiamo ai dittonghi. Mentre /OY/ è solo più alto per il primo elemento, /ae, ao/ sono decisamente diversi, (ÄÙ, åø): ('ÄÙs) /'aes/ Eis˚ ('Êlåø) /'blao/ blQ˚ ('nøY) /'nOY/ nS÷ l'accento meno marcato ha, rispettivamente, (ÅÙ, Aø, O°) e, quello più marcato, (EÙ, ∏ø, √Y) (come a cenna, anche con (πÉ, Øø, ∏ê); pure (O,), come compromesso e perfino (@°, §°)). Gli xenofonemi sono leggermente più chiusi che in tedesco neutro: /eI, oU/ (ee, ™i÷ oo, øu). 5.4.2.4. Nel secondo vocogramma, sono evidenti altri due dittonghi tipici (anche se segnati in grigio, perché ricorrono solo in cognomi e toponimi locali), (iÙ, uÙ) /iÈ, uÈ/: ('∂iÙks, '∂iiks) D¤x˚ ('ºuÙq, 'ºuu™q) Rue˛˘ Non si danno varianti di /ae, ao, OY/ in forme ridotte, giacché tendono a rimanere come indicato; però, è segnata la collocazione di /’a/ (√), che è possibile nelle forme ridotte. Rispetto al tedesco neutro, ci sono anche delle di‡erenze di durata fonemica, come in: ('Alt…&tum) /'altÚtu:m/ Altertum˚ ('Spiil&Êa‰) /'Spi:lba:K/ sp¤lbar˚ ('hA‰q) /'ha:Kq/ Harz˚ ('ÊA‰S) /'ba:KS/ Bar(˚ ('Sust…) /'Su:stÚ/ 6u®er÷ (âÙ'Sloos) /gÈ'SlOs/ Ge(loss/-o•˘ I due ultimi vocogrammi mostrano sia realizzazioni vocaliche meno marcate ((±)), fino ad alcune ricercate ((±±)), sia, al contrario, realizzazioni più marcate ((≠)). 5.4.2.5. Per le C˚ troviamo che, spesso, /˙ò, ˙0/ passano a /˙kò, ˙k0/ (ma non sono consigliabili): ('qÄÙtu˙, -˙k) /'qaetU˙/ ZRtu« (comunque, anche senza (k), l'articolazione del nasale è sempre velare, non uvulare, pure per /Kó/: (SpA'qiiºô, -ii‰˙, -ii‰n)). L'articolazione di /t, d/ è più dentale che dentalveolare: (∂e't™kto‰) /de'tEktoK/ Detektor÷ spesso /kò, kl, gl/ possono essere prevelari o palatali arretrati (e /kò/ può esser anche occlu-costrittivo, ma è meglio evitare queste varianti): ('tAAk, -´, -∞, -©, -k) /'ta:k/ Tag˚ ('∂u˙kl…, -”´l-, -N©-) /'dU˙klÚ/ dunkler˚ ('ºeeâl…, -"l-, -ˆl-) /'Ke:glÚ/ Regler˘ Gli occlusivi non-sonori, e gli occlu-costrittivi, non sono "aspirati& (tranne che in pronuncia meno marcata), come s'è appena visto per /q/: ('pool) /'po:l/ Pol˚ ('toon) /'to:n/ Ton˚ ('kint) /'kInt/ Kind˚ ('∫unt) /'∫Unt/ Pfund˚ ('cAko) /'cako/ T(ako˘ Gli occlusivi sonori sono semi-sonori, (Ê, ∂, â); ma anche (b, d, g), tra foni sonori, come sempre, nell'accento meno marcato; però, in quello più marcato, troviamo generalmente i non-sonori, (p, t, k): ('ÊuuÊÙ, -6Ù) /'bu:bÈ/ Bube (spesso abbiamo (é6é) /ébé/), ('∂uu∂ó) /'du:dó/ Duden˚ ('âeeâô) /'ge:gó/ gegen. D'altra parte, all'interno di parola, b˚ d˚ g˚ seguìte da /n, l/ eterosillabiche, possono essere /b, d, g/ (invece di /p, t, k/, come nella pronuncia tedesca neutra, che ha la neutralizzazione): ('ø‰∂nu˙) /'OKdnU˙/ Ordnu«˚ ('m°°âliÂ) /'m°:klIÂ/ mögli>.

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Non c'è l'occlusivo laringale, tranne che nell'accento meno marcato: (iÂ'™sÙ) /IÂ'EsÈ/ i> esse˚ (te'AAt…) /te'a:tÚ/ Theater˘ /u:, ’u/ (uu, u) /U/ (u) f /o:, ’o/ (oo, o) /È/ (Ù, ºÙò, ºÈ, È˘º) /O/ (ø, ’ø) /Ú/ (…) {“ (å)} /a/ (A), /a:/ (AA)

/i:, ’i/ (ii, i), /y:, ’y/ (yy, y) f /I/ (i), /Y/ (y) /e:, ’e/ (ee, e), /°:, ’°/ (°°, °) /E/ (™, ’™), /§/ (#, ’#), /E:/ (™™, ’™;)

/uÈ/* (uÙ)

/iÈ/* (iÙ)

/oU/* (oo, ±øu) /OY/ (øY) {/’a/ (√)} /ao/ (åø)

/eI/* (ee, ±™i) /ae/ (ÄÙ)

/i:, ’i/ (±ii, ±i), /y:, ’y/ (yy, y) /I/ (±I), /Y/ (Y) /e:, ’e/ (±ee, ±e), /°:, ’°/ (±°°, ±°) /E/ (±E, ±’™), /§/ (±§, ±’#) /E:/ (±EE, ±’™;)

/e:/ (≠≠eÙ, ee), /°:/ (≠≠#°) /ae/ (±ÅÙ, ≠EÙ, ≠≠πÉ) /…/ (±±Ù√, ±x, ≠a)

/ / (2 2 Ç 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/./ (2 ' 2 3)

/¿ / (¿ 2 2 Ç 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/?/ (2 Ç 1 2)

/¡ / (¡ 2 2 Ç 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/÷/ (2 ' 2 1)

/˚ / (˚ 2 2 Ç 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/,/ (2 ' 2) /u:, ’u/ (±uu, ±u) /U/ (±U) /o:, ’o/ (±oo, ±o) /È/ (±Ù, ±ºÙò, ±Èº, ±ºÈ) /O/ (±O, ±’ø) /Ú/ {(…) “) (±√) /a/ (±a), /a:/ (±aA)

/ÈK-/ (±±Ùº-) /o:/ (≠≠øo) /OY/ (O°, O,, ≠√Y, ≠≠∏ê, ≠≠@°, ≠≠§°) /ao/ (±Aø, ≠∏ø, ≠≠Øø) /a[:]/ (±±Å[Å], ≠å[å], ≠≠Ø[Ø])

5.4.2.6. Per i costrittivi, c'è più variazione (che in tedesco neutro) per v˚ specie iniziale: ('v™‰s, 'f-) /'fEKs/ Vers˚ ('fiip…, 'v-) /'vi:pÚ/ Viper÷ /z/ è normalmente /s/ (s) (mentre, troviamo (Ω, z) solo nell'accento meno marcato e più facilmente dopo

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manuale di pronuncia

C]\ ('sAAgô) /'za:gó/ sagen˚ ('Also) /'alzo/ also˚ ('ºÄÙsó) /'Kaezó/ rRsen (uguale, quindi, a ('ºÄÙsó) /'Kaesó/ rR•en]˘ In parole come Stil˚ Strateg¤˚ contrariamente al tedesco neutro, si preferisce /st/ a /St/: ('stiil) /'Sti:l/˚ (&stºAte'gii) /StKate'gi:/ (pur essendo usati entrambi, nei due accenti). Inoltre, /j/ è approssimante (j): ('jAA) /'ja:/ ja; generalmente, /x/ è velare (x): ('nAAx) /'na:x/ na>; per /KÂ/ si ha /Kx/: ('∂u‰x) /'dUKÂ/ dur>; per /-IÂ/ si ha /-Ik/: ('q6Anqik) /'qvanqIÂ/ zwanzig˚ per /òÂ/ si ha /k/: ('kiinA) /'Âi:na/ ≥ina˚ ma: (me&lA~Âo'lii) /mela˙ko'li:/ Melan>ol¤˘ Spesso si realizza come pospalatale, (…), specie a cenna. L'articolazione più di‡usa per /K/ è costrittiva uvulare, con la possibilità di vocalizzazione posnucleare (vista nella prima parte del presente paragrafo), che convive anche con un abbastanza di‡uso vibrante, o vibrato, alveolare, (R, r) (anche con velarizzazione, (R, 5)), caratteristica soprattutto non-urbana (ma anche viennese, pur se in oscillazione con (º, K)), che è meglio evitare, anche se non colpisce molto: ('ºAA‰÷ 'RAAR, 'rAAr, -AAå) /'Ka:K/ rar˘ Pur non facendo parte della pronuncia neutra, ovviamente, ricordiamo che la tipica l viennese è un unilaterale alveo-velare, (÷), che può ricorrere in tutte le posizioni, anche se alterna, normalmente, con (l), pure nei parlanti più marcati e tipici. Nell'accento marcato (come in dialetto, ® la fonosintesi del viennese, § 17.28 dell'FTN/MaF), nelle sequenze /kl, gl÷ kÍ, gÍ/, si ha (ı, ”), velare. In pronuncia viennese, oltre a (“) (e (”)), si ha spesso la vocalizzazione in (,) (come in dialetto): ('Spiiâ”, -â,, 'ees“, -s,) /'Spi:gÍ, 'e:zÍ/ Sp¤gel˚ Esel. 5.4.2.7. In pronuncia non-neutra, all'interno di parola, le /0/ semplici non-sonore intersillabiche, dopo V (brevi) accentate, si realizzano con una geminazione contenuta (ma evidente), che indichiamo coll'esponente del primo elemento, nella variante segnata solo qui, (00): ('Støpõ÷ 'Støppõ) /'StOpó/ ®oppen˚ ('v™t…÷ 'v™tt…) /'vEtÚ/ Wetter˚ ('tA∫…÷ 'tA∫∫…) /'ta∫Ú/ taπer˚ ('siqó÷ 'siqqó) /'zIqó/ si˛en˚ ('vAs…÷ 'vAss…) /'vasÚ/ Wasser˚ ('vASó÷ 'vASSó) /'vaSó/ wa(en˚ ('siÂ…÷ 'siÂÂ…) /'zIÂÚ/ si>er˚ ('mAxô÷ 'mAxxô) /'maxó/ ma>en˘ È possibile, ma non veramente di‡uso, il fenomeno dell'inserimento d'un occlusivo omorganico tra /n, l/ e i costrittivi non-sonori o /z/ (® § 5.3.2). Ci sono di‡erenze d'accentazione: (kA'fee) /'kafe÷ ka'fe:/ Ka‡ee˚ ('lAAÊø‰, lA'Êoo‰) /la'bo:K/ Labor˚ (tA'ÊAk) /'ta[:]bak÷ ta'bak/ Tabak˚ (pø‰'tii‰, pø‰'tjee) /pOK'tje:/ Port¤r÷ Motor ('mootø‰, mo'too‰) /'mo:to:‰, mo'to:‰/˘ L'intonazione austriaca si riconosce, presto, per le protoniche semi-basse un po' ascendenti e intertoniche medie discendenti; anche la tonia interrogativa, soprattutto, e la sospensiva hanno dei movimenti piuttosto peculiari: si veda bene la figura. Tedesco svizzero 5.4.3.1. Anche per quest'accento, aggiungiamo, quand'è il caso, ma senza figure ulteriori, altre peculiarità non-neutre, tratte dal nostro fono-archivio. Si tratta dell'accento mediatico: una via di mezzo tra quelli più locali e una forma non-marcata, neutralizzata, appresa appositamente.

5. tedesco

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Il primo vocogramma dà i "monottonghi& brevi e lunghi; in realtà, in quest'accento, quelli "lunghi& sono dei dittonghi con brevi spostamenti: ('fiil) /'fi:l/ v¤l˚ ('f5yy) /'fKy:/ früh˚ ('âuut) /'gu:t/ gut˚ ('Êeet) /'be:t/ Beet˚ ('°°l) /'°:l/ Öl˚ ('Ñoo) /'vo:/ wo˚ ('SpEEt) /'SpE:t/ spät (che è molto stabile e tipico) ('StaAt) /'Sta:t/ Staat˘ Questi due ultimi hanno le varianti marcate, non-neutre: (πE) e (åå) (nonché (åA), tipico di Berna, e (ù∏), di Zurigo). (Si vedano, nella fonosintesi del § 17.20 dell'FTN/MaF, le caratteristiche dello 6wyzertü˛ di Zurigo, parlata alemannica, con realizzazioni più diverse ancora.) Per le V brevi, ci sono timbri chiusi per /I, Y, U/ (i, y, u): ('fiS) /'fIS/ „(˚ ('fyMf) /'fYnf/ fünf˚ ('hun∂) /'hUnt/ Hund÷ e relativamente aperti per /E, §, O/: ('Elf) /'Elf/ elf˚ ('q6§lf) /'qv§lf/ zwölf˚ ('Oft) /'Oft/ o⁄ (con le varianti non-accentate (™, #, ø)); per la grafia ä˚ c'è anche la realizzazione marcata, non-neutra, (π): ('fElt, ≠'fπlt) /'fElt/ fällt÷ /a/ è posterocentrale, (A) (in pronuncia marcata, è anche arrotondato, (ù), o posteriore pieno, (å)): ('StAt) /'Stat/ Stadt˘ /i:, ’i/ (ii, i), /I/ (i) /y:, ’y/ (yy, y), /Y/ (y)

/u:, ’u/ (uu, u), /U/ (u) /o:, ’o/ (oo, o)

/e:, ’e/ (ee, e), /°:, ’°/ (°°, °) /È/ (Ù, ÙR, RÙ), /Ú/ (ÙR) /E/ (E, ’™), /§/ (§, ’#), /E:/ (EE, ’™;)

/O/ (O, ’ø) /a:/ (aA), /a/ (A) /uÈ/ (uÙ)

/iÈ/ (iÙ), /yÈ/ (yÙ) /eI/* (ee, ±ei)

/oU/* (oo, ±ou) /OY/ (OI) {(’ÖI)} {/’a/ (√)} /ao/ (Ao) {(’åo)}

/ae/ (aÙ) {(’åÙ)}

/I/ (±I), /Y/ (±Y) /E/ (≠™), /§/ (≠#) /ae/ (≠EI, ≠ÄI, ≠Åi) /E:, E/ >ä≥ (≠πE, ≠π)

/ / (2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/./ (2 ç 2 3)

/¿ / (¿ 2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/?/ (2 Ì 1 2)

/¡ / (¡ 2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/÷/ (2 ç 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/,/ (2 ' 2)

/U/ (±U) /OY/ (≠êi, ≠∏i, ≠øI, ≠oÙ) /O/ (≠ø) /ao/ (≠ÄU, ≠å¯, ≠åo, ≠∏U) /a:/ (≠ù∏, ≠åå, ≠åA) /a/ (≠ù, ≠å)

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manuale di pronuncia

5.4.3.2. Per /È/ abbiamo (Ù), in tutti i contesti, giacché /K/ non è uvulare: (âÙ'5aA∂Ù) /gÈ'Ka:dÈ/ gerade˚ ('unsÙRÙ) /'UnzÈKÈ/ unsere˚ ('unsÙR) /'Unz…/ unser˘ Inoltre, generalmente, si ha (-Ùn, -Ùm, -Ùl) per /ó, õ, Í/: ('faARÙn) /'fa:Kó/ fahren˚ ('looΩÙm) /'lo:zõ/ losem˚ ('eeΩÙl) /'e:zÍ/ Esel˘ Solo in pronuncia molto attenta si può avere (ó, õ, Í), come pure (…, √‰, √˜, √º), anche da parte di chi non abbia /K/ (º). I dittonghi svizzeri neutri sono /ae, ao, OY/ (aÙ, Ao, OI): ('aÙΩ) /'aes/ Eis˚ ('ÊlAo) /'blao/ blQ˚ ('nOI) /'nOY/ nS÷ nell'accento più marcato abbiamo /ae/ (EI, ÄI), /ao/ (ÄU, ∏U), /OY/ (êI, oÙ). Gli xenofonemi sono decisamente più chiusi che in tedesco neutro: /eI, oU/ (ee, ei÷ oo, ou). Sempre nel secondo vocogramma, sono evidenti (anche se segnati in grigio, perché ricorrono solo in cognomi e toponimi locali) altri tre dittonghi tipici, (iÙ, yÙ, uÙ) /iÈ, yÈ, uÈ/: ('∂iÙt) D¤th˚ ('5yÙâ) Rüegg˚ ('huÙp) Huep˘ Spesso, tranne che in pronuncia meno marcata, o ricercata, /y:, y, yÈ/ passano a /i:, i, iÈ/. Nella stessa figura, sono segnate le possibili realizzazioni, in forme ridotte, di /ae, ao, OY, a/ (åÙ, ao, Ö¤, √). Rispetto al tedesco neutro, ci sono delle parole con V brevi, come in: ('A5t) /'a:Kt/ Art˚ ('flOs) /'flo:s/ √o• [√oss\ in Svizzera non s'usa •] ('jAâ∂) /'ja:kt/ Jagd˚ ('nun) /'nu:n/ nun˚ ('∫E5∂) /'∫e:Kt/ Pferd˚ ('fO5) /'fo:K/ vor˚ ('ÑE5∂Ùn) /'ve:Kdó/ werden˚ ('E5∂Ù) /'e:KdÈ/ Erde˚ ('Ñuks) /'vu:ks/ Wu7˚ ('qE5tliX, -á) /'qhE:‰tlIÂ/ zärtli>˘ L'ultimo vocogramma mostra realizzazioni marcate di /E, E:, a, a:÷ ae, ao, OY/ (e meno marcate di /I, Y, U/). 5.4.3.3. Per le C˚ va detto che l'articolazione /t, d/ è decisamente dentale: (∂e'tEktoR) /de'tEktoK/ Detektor÷ mentre, /k/ è (k, w, ∑, k): ('kin∂, 'w, '∑-, 'k-) /'kInt/ Kind˚ ('sAk, -w, -∑, -k) /'zak/ Sa$; si noti che, nella trascrizione del § 5.5.2.4 (e § 5.5.1.2), segn(i)amo (∑), per insistere su questa realizzazione tipica (anche se in pronuncia neutra si cerca d'evitarla, magari ricorrendo all'occlu-semi-costrittivo velare, (˜), che è una via di mezzo tra (k) e gli altri occlu-costrittivi indicati). Non c'è "aspirazione& di /p, t, k÷ ∫, q, c/ (a meno che non sia usata volontariamente): ('pool) /'po:l/ Pol˚ ('toon) /'to:n/ Ton˚ ('kuu, 'w, '∑-, 'k-) /'ku:/ Kuh˚ ('∫un∂) /'∫Unt/ Pfund˚ ('qeen) /'qe:n/ zehn˚ ('cAkko) /'cako/ T(ako. Inoltre, manca (ö), tranne che nell'accento meno marcato e meno tipico: (te'aAtÙR) /te'a:tÚ/ Theater˚ (iX'EssÙ, iá-) /IÂ'EsÈ/ i> esse÷ come si vede, i confini dei lessemi e dei grammemi vengono, però, rispettati; solo in pronuncia molto marcata si può avere risillabificazione: (i'XEssÙ, i'á-). Le C sonore delle coppie difoniche sono, in realtà, semisonore, (Ê, ∂, â÷ Ñ, Ω, Ë), anche davanti a pausa o finali di sillaba (dove, in tedesco neutro, si ha neutralizzazione con passaggio a /p, t, k÷ f, s, S/). Però, si ha generalmente /s/ per /z/, dopo pausa o C\ ('ÊuuÊÙ) /'bu:bÈ/ Bube˚ ('ÊuuÊ) /'bu:p/ Bub˚ ('∂uu) /'du:/ du˚ ('un∂) /'Unt/ und˚ ('5ee∂Ùn) /'Ke:dó/ reden˚ ('ÊooâÙn) /'bo:gó/ Bogen˚ ('taAâ) /'ta:k/ Tag˚ (âÙ'Ñin) /gÈ'vIn/ Gewinn˚ ('leeΩÙn) /'le:zó/ lesen˚ ('saAâÙn) /'za:gó/ sagen˚ ('ÊinsÙ) /'bInzÈ/ Binse˚ ('paAËÙ) /'pa:ZÈ/ Page˘ 5.4.3.4. Spesso, si ha /f/ per /v/ del neutro: (no'fEmÊÙR) /no'vEmbÚ/ November˚ (f™n'tiil) /vEn'ti:l/ Ventil˚ (ful'kaAn, -w, -∑-, -k-) /vUl'ka:n/ Vulkan˘ Per sp˚ ®˚ interni o finali si ha /sp, st/, ma nell'accento marcato /Sp, St/: (k'nOspÙ,

5. tedesco

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≠-SpÙ) /k'nOspÈ/ Knospe˚ (Êist, ≠-iSt) /bIst/ bi®˚ ('âEstÙRn, ≠-St-) /'gEstÚn/ ge®ern÷ generalmente, per /S/ interno (dopo V accentata breve, come per le altre C] si ha (SS): ('muSSÙl) /'mUSÍ/ Mu(el÷ per 7 /ks/, in pronuncia marcata si può avere abbastanza spesso "/xs/&: ('fuks, ≠-Xs, ≠-ás) /'fUks/ Fu7˘ Solo nel parlato meno marcato, si può avere /Â/ (ma, articolato come pospalatale (…), o prevelare (¢)); mentre, normalmente, si ha /x/ (X, á): ('milX, -á÷ ±-…, -±-¢) /'mIlÂ/ Mil>˚ ('AoX, -á) /'aox/ Q>÷ per -ig˚ si ha, regolarmente, /Ik/ (cioè "/Ig/&; mentre /IÂ/ è decisamente raro e d'impiego volontario): ('q6Anqiâ) /'qvanqIÂ/ zwanzig÷ e /òÂ/ è, normalmente, /k/: ('kiinA, 'w-, '∑-, 'k-) /'Âi:na/ ≥ina÷ /j/ è approssimante, /j/: ('jaA) /'ja:/ ja˘ 5.4.3.5. L'articolazione tipica di /K/ è alveo-uvulare, vibrante in sillaba accentata, (5), e vibrato in sillaba non-accentata, (R), in tutti i contesti, anche dopo V\ ('5aA5) /'Ka:K/ rar˚ (Re'Akto[o]R) /Ke'akto:K/ Reaktor÷ in pronuncia regionale (o, al contrario, volontaria, per influsso del neutro), si possono avere realizzazioni uvulari: (º, K, ˜). L'articolazione di /l/ neutra è sempre alveolare, mentre in pronuncia non-neutra è spesso (], ı), davanti a pausa o a C\ ('AllÙ) /'alÈ/ alle˚ ('leeÊÙn) /'le:bó/ leben˚ ('ÑOlf) /'vOlf/ Wolf˚ ('hEl) /'hEl/ hell˘ 5.4.3.6. All'interno di parola, nella pronuncia neutra svizzera, le /0/ semplici intersillabiche, dopo V brevi accentate (sia non-sonore che sonore e geminate nella scrittura >pp˚ bb÷ tt˚ dd÷ gg÷ ‡÷ ss÷ mm˚ nn÷ rr÷ ll≥, o rappresentate da digrammi >$÷ π÷ ˛÷ >÷ «≥ o tri/quadri-grammi >(˚ ˛≥), si realizzano con una geminazione contenuta, ma percepibile, che indichiamo coll'esponente del secondo elemento, (00), quindi: ('immÙR) /'ImÚ/ immer˚ ('innÙn) /'Inó/ innen˚ ('hu˙˙ÙR) /'hU˙Ú/ Hu«er÷ e ('StOppÙn) /'StOpó/ ®oppen˚ ('k5AÊÊÙ) /'kKabÈ/ Krabbe˚ ('ÑEttÙR) /'vEtÚ/ Wetter˚ ('Ñi∂∂ÙR) /'vIdÚ/ Widder˚ ('5OââÙn) /'KOgó/ Roggen˚ ('sOkkÙn, -˜˜-, -ww-, -∑∑-, -kk-) /'zOkó/ So$en÷ ('tA∫∫ÙR) /'ta∫Ú/ taπer˚ ('siqqÙn) /'zIqó/ si˛en˚ ('â5EccÙn) /'gKEcó/ grä˛en÷ ('AffÙ) /'afÈ/ A‡e˚ ('ÑAssÙR) /'vasÚ/ Wasser˚ ('ÑASSÙn) /'vaSó/ wa(en˚ ('siXXÙR) /'zIÂÚ/ si>er˚ ('mAXXÙn) /'maxó/ ma>en÷ ('hA5RÙ) /'haKó/ harren÷ ('k6EllÙ) /'kvElÈ/ Quelle˘ Per l'accentazione, abbiamo casi come: ('AotooR, Ao'too5) /'aoto:K/ Autor˚ ('lAÊoo‰, lA'Êoo‰) /la'bo:K/ Labor˚ ('mootøR, mo'too5) /'mo:to:‰, mo'to:‰/ Motor˚ ('Êuff™t, Êuf'fEt) /bY'fe:/ Bu‡et˚ ('hOtt™l, ho'tEl) /ho'tEl/ Hotel˚ (nOI'jaA5) /'nOYja:K/ NSjahr˘ Inoltre, sono interessanti parole come: (A&ÊønnÙ'mEnt) /abOnÈ'ma˙, -Å:/ Abonnement˘ L'intonazione svizzera si riconosce, prestissimo, per le protoniche basse un po' ascendenti e le intertoniche medie che continuano il movimento (almeno nella protonia normale); anche le tre tonie marcate hanno dei movimenti piuttosto peculiari: si veda bene la figura. Tedesco altoatesino 5.4.4.1. Il primo vocogramma mostra i monottonghi brevi e lunghi della pronuncia mediatica altoatesina. Anche per quest'accento, si coglie sùbito il fatto che

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manuale di pronuncia

le articolazioni corrispondenti a /I, Y, U÷ E[:], §, O/ sono più chiuse che in tedesco neutro, tanto che si rappresentano coi simboli (i, y, u÷ ™[:], #, ø) (nell'accento meno marcato troviamo (I°, Y°, U°÷ E[:]°, §°, O°), con le varianti non-accentate (™, #, ø), un po' più chiuse nella pronuncia più neutra): ('fiS) /'fIS/ „(˚ ('fyMf) /'fYnf/ fünf˚ ('hunt) /'hUnt/ Hund˚ ('™lf) /'Elf/ elf˚ ('Sp™:t) /'SpE:t/ spät˚ ('qV#lf) /'qv§lf/ zwölf˚ ('øft) /'Oft/ o⁄˘ 5.4.4.2. Si vede che /a:/ è dittongata: ('Stat) /'Stat/ Stadt˚ ('StaAt) /'Stat/ Staat (nell'accento meno marcato /a, a:/ sono più simili tra di loro: (a, a:); mentre in un accento più marcato, vicino al dialetto, possiamo avere anche (ù, Ø:) (che non mancano di colpire sùbito; ® il § 16.15 dell'FTN/MaF, che dà la fonosintesi del dialetto {sud}tirolese dell'Alto Adige). I dialetti tirolesi di solito hanno opposizione fonematica tra un a non-anteriore e uno posteriore arrotondato, sia brevi che lunghi; tale distinzione timbrica, la si può ritrovare anche in lingua, dove il timbro posteriore è usato nelle parole tradizionali, mentre quello non-anteriore viene usato prevalentemente per prestiti e neologismi, come, per esempio, avviene per Ball\ /'pØl/ ('pùl, 'pAl) "palla&, /'pal/ ('pal) "ballo&. L'accento molto marcato ha /e:, o:/ (eI, oU) (come in dialetto): ('ve:, ≠'veI) /'ve:/ weh˚ ('soo, ≠'soU) /'zo:/ so (a questi s'aggiunge /°:/ (°Y): ('p°°, ≠'p°Y) /'b°:/ Bö˚ che non fa parte del dialetto genuino (che storicamente ha unificato la serie antero-centro-labiata con quella anteriore); mentre il dialetto borghese di Bolzano ha reintrodotto, per influsso del tedesco, /y:, Y, °:, §, OY/ (y:, y, °:, #, øY), compreso /yÈ/ (yÙ, iÈ), per analogia strutturale). 5.4.4.3. Le realizzazioni di /È/ sono: (Ù, É), con la vocalizzazione di /K, Ú/ (anche con le appendìci consonantiche) (√), e, in pronuncia più marcata, pure (∏), come in dialetto (® la fonosintesi); quindi abbiamo: ('unsɺÙ) /'UnzÈKÈ/ unsere e ('vas…, -√‰, -√˜, -√º, -√÷ 'vùss∏, -∏‰, -∏˜, -∏º) /'vasÚ/ Wasser˘ S'osservi che (Ù, É) /È/, nell'accento meno marcato, dato nell'ultimo vocogramma, hanno realizzazioni un po' diverse (come anche altre V]˚ pur essendo rappresentate con gli stessi simboli. L'-e (non solo nei verbi) e la prima in -ere(C)ò tendono a cadere (tranne che in Val Pusteria), soprattutto in pronuncia non sorvegliata: ('ty:pÙ, 'ty:p) /'ty:pÈ/ Type (che può venire, quindi, a coincidere con ('ty:p) /'ty:p/ Typ]˘ Il secondo vocogramma mostra i dittonghi del tedesco altoatesino. Mentre /OY/, rispetto al tedesco neutro, di‡erisce soprattutto per il secondo elemento, che non è arrotondato, (O¤); /ae, ao/ sono decisamente meno estesi, (aÙ, aP): ('aÙs) /'aes/ Eis˚ ('plaP) /'blao/ blQ˚ ('nO¤) /'nOY/ nS÷ in dialetto, per /ae, ao/, abbiamo (aÙ, AP), ma anche (aP), che sono ancora meno estesi; e, solo per Bolzano, pure /OY/ (ø¤); mentre, in sudtirolese, è confluito in /ae/ (aÙ), o è rappresentato da /ui, oi/: ('nui) /'nui/ nui {= nS}, ('foiR) /'foiK) foir {= FSer}. Gli xenofonemi sono usati piuttosto raramente (e, eventualmente, in modo del tutto intenzionale): /eI, oU/ (e:, ±ei÷ o:, ±ou). 5.4.4.4. Nel secondo vocogramma, sono evidenti altri due dittonghi tipici (anche se segnati in grigio, perché ricorrono –in lingua– solo in cognomi e toponimi locali), (iÙ, uX) /iÈ, uÈ/: ('tiÙtÍ, ±'∂iitÍ) D¤tl˚ ('wuXns, ±'ku:ns) Kuens˘ Nella stessa figura, sono

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segnate le possibili realizzazioni, in forme ridotte, di /ae, ao, OY, a/ (åÙ, åP, Ö¤, å). Come si diceva, l'ultimo vocogramma mostra le realizzazioni vocaliche meno marcate ((±)), parecchio simili a quelle del tedesco neutro; però, la pronuncia resta pur sempre identificabile, giacché le caratteristiche prosodiche hanno delle di‡erenze tipiche. Ci sono anche distribuzioni diverse, come, per esempio, /E/ in ('™‰st, 'E-÷ ≠'™∏St) /'e:Kst/ er®˚ ('∫™‰t, 'E-÷ ≠'∫™∏t) /'∫e:Kt/ Pferd (in tedesco neutro con /e:/: ('öe:‰st, '∫he:‰t)). ff /i:, ’i/ (i:, i), /I/ (i) /y:, ’y/ (y:, y), /Y/ (y)

/u:, ’u/ (u:, u), /U/ (u) f

/e:, ”e/ (e:, e), /°:, ’°/ (°:, °)

/o:, ’o/ (o:, o) /O/ (ø, ’ø) /Ú/ (…) {//ÈK// “ (√)} /a/ (a), /a:/ (aA)

/E/ (™, ’™), /§/ (#, ’#), /E:/ (™:, ’™;) /È/ (Ù, ºÙò, ɺ-, ºÉ-)

/uÈ/* (uX)

/iÈ/* (iÙ) /eI/* (e:÷ ±ei)

/oU/* (o:÷ ±ou)

{/’a/ (å)}

/OY/ (O¤) {(’Ö¤)}

/ae/ (aÙ) {(’åÙ)}

/ao/ (aP) {(åP)}

/i:, ’i/ (±i:, ±i), /y:, ’y/ (±y:, ±y) /I/ (±I), /Y/ (±Y) /e:, ’e/ (±e:, ±e), /°:, ’°/ (±°:, ±°) /E/ (±E, ±’™), /§/ (±§, ±’#) /E:/ (±E:, ±’™;) /a/ (±a)÷ ƒ /a:/ (±a:) ‡

/ / (2 2 Ì 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/./ (2 ' 2 3)

/¿ / (¿ 2 2 Ì 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 Ì 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/÷/ (2 ' 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 Ì 2 2 Ç 2 2 Ç 2)

/,/ (2 ' 2) /u:, ’u/ (±u:, ±u) /U/ (±U) /o:, ’o/ (±o:, ±o) /È/ (Ù, ºÙò, ±Éº-, ±ºÉ-) /O/ (±O, ±’ø) /Ú/ (…) {“ (±Éº, ±√)}

5.4.4.5. Per le C˚ troviamo che, generalmente, /˙/ interno passa a /˙g/ (ma non è così nell'accento meno marcato): ('pºi˙âÙn, ±'ʺI˙ô) /'bKI˙ô/ bri«en (comunque, anche senza (g), come in pronuncia meno marcata, l'articolazione del nasale è sempre velare, non uvulare). Soprattutto in sillaba caudata in N (specie in posizione accentata), le V si nasalizzano, in pronuncia marcata: ('vi:n, 'vi:n) /'vi:n/ W¤n˚ ('fa˙, 'fÅ˙) /'fa˙/ Fa«˘

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manuale di pronuncia

L'articolazione di /t, d/ è dentale: (te't™kto‰) /de'tEktoK/ Detektor÷ spesso /òk, kò, kô/ sono occlu-costrittivi, o anche occlu-semi-costrittivi, velari (o pospalatali, vicino a V anteriori): ('kømõ, 'w-, '˜-) /'kOmõ/ kommen˚ ('søkô, 'søwÙn, -˜-) /'zOkô/ So$en˚ ('tik, -w, -˜, -k, -%) /'dIk/ di$˘ Gli occlusivi non-sonori, e gli occlu-costrittivi, non sono "aspirati& (generalmente anche in pronuncia meno marcata), come s'è appena visto per /k/: ('po:l) /'po:l/ Pol˚ ('to:n) /'to:n/ Ton˚ ('kint, 'w-, 'k-) /'kInt/ Kind˚ ('∫unt) /'∫Unt/ Pfund˚ ('cako) /'cako/ T(ako˘ Gli occlusivi fonologicamente sonori sono non-sonori nella pronuncia tipica, ma semi-sonori, (Ê, ∂, â), nella pronuncia meno marcata; però, tra foni sonori, sono semi-sonori, (Ê, ∂, â) (tranne che, di solito, in dialetto, che ha, perlopiù, (p, t, k/w), come nell'accento più marcato; oppure, nell'accento meno marcato, sono sonori, (b, d, g)): ('pu:ÊÙ, ±-bÈ) /'bu:bÈ/ Bube˘ Si possono avere i semi-sonori anche davanti a /n, l/ interne: ('O‰∂nu˙, 'm°:âliÂ) /'OKdnU˙, 'm°:klIÂ/ Ordnu«˚ mögli>. (A Bolzano, possiamo avere (éBé, éƒé, éŸé) /ébé, édé, égé/: ('Êu:BÙ).) Non c'è l'occlusivo laringale, tranne che nell'accento meno marcato, dove, comunque, è meno evidente che in tedesco neutro (e potremmo, eventualmente, segnarlo ricorrendo al simbolo speciale (,)): (iÂ'™sÙ, ±,IÂ',EsÈ) /IÂ'EsÈ/ i> esse˚ (te'a;At…, ±te',a:-) /te'a:tÚ/ Theater˘ 5.4.4.6. Per i costrittivi, si deve osservare che /z/ è normalmente /s/ (s) (generalmente, anche nell'accento meno marcato, pure a Bolzano): ('sa;Aâô) /'za:gó/ sagen˚ ('also) /'alzo/ also˚ ('ºaÙsó) /'Kaezó/ rRsen (che diventa uguale a ('ºaÙsó) /'Kaesó/ rR•en]˘ Iniziale, davanti a C˚ praticamente non c'è mai /s/ (ma /S/); e, per quanto riguarda /st/ interni e finali, nell'accento marcato, come in dialetto, troviamo tipicamente /St/: ('li:pstó, ≠-Stó) /'li:pstó/ l¤b®en˚ ('sønst, ≠-nSt) /'zOnst/ son®÷ però, nel caso in cui siano eterolessemici, abbiamo /st/: ('sams&taAw) /'zamsta:k/ Sam®ag (come in dialetto: ('sams&tiw, 'sùms&tik) /'samstik/ sam®ig]˘ Per /˘0v/ (tautosillabiche), c'è (0V): ('SV™st…) /'SvEstÚ/ 6we®er˚ ('qVaÈ) /'qvae/ zwR˚ ('kV™l) /'kvEl/ Quell÷ per /f/, si può avere /v/, oltre che in forme come Vize (che, pure in tedesco, possono avere la variante, però minoritaria, con /v/), anche per vò˚ contro le regole fonologiche, in casi come positiv\ ('vi:qÙ, &posi'tiÑ). Inoltre, /j/ è approssimante (j): ('ja;A) /'ja:/ ja; generalmente, /x/ è velare (x): ('na;Ax) /'na:x/ na>; si mantiene /Â/ (anche davanti a /K/, contrariamente a quanto avviene in Austria): ('tu‰Â) /'dUKÂ/ dur>; ma, per /-IÂ/ si ha /-Ik/ (tranne che in pronuncia meno marcata) ('qVanqik, -w, -k) /'qvanqIÂ/ zwanzig÷ per /òÂ/ si ha sistematicamente /k/: ('ki:na, 'w-, 'k-) /'Âi:na/ ≥ina˘ Però, in dialetto, tranne che a Bolzano, non c'è a‡atto (Â) /Â/. L'articolazione più di‡usa per /K/ è costrittiva uvulare, che convive anche con un abbastanza di‡uso vibrante uvulare, (K), con la possibilità di vocalizzazione posnucleare, che, come abbiamo già visto, è posterocentrale (√) (o posteriore, (∏), in dialetto e nell'accento più marcato). In posizione finale assoluta, dopo V accentata, in dialetto e nell'accento più marcato, si ha (R): ('ºa;A‰÷ -a;A√÷ ≠-a;AR÷ ≠-Ø:R) /'Ka:K/ rar˚ ('hi:‰÷ 'hi:√÷ ≠'hi:R) /'hi:K/ h¤r˘

5. tedesco

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5.4.4.7. Nella pronuncia non-neutra altoatesina, all'interno di parola, le /0/ semplici (non-sonore, nasali e laterale) intersillabiche, dopo V (brevi) accentate, si realizzano con una geminazione contenuta (ma abbastanza evidente), che indichiamo coll'esponente del primo elemento, nella variante segnata solo qui, (00): ('im…÷ 'imm…) /'ImÚ/ immer˚ ('Støpõ÷ 'Støppõ) /'StOpó/ ®oppen˚ ('v™t…÷ 'v™tt…) /'vEtÚ/ Wetter˚ ('ta∫…÷ 'ta∫∫…) /'ta∫Ú/ taπer˚ ('siqó÷ 'siqqó) /'zIqó/ si˛en˚ ('vas…÷ 'vass…) /'vasÚ/ Wasser˚ ('vaSó÷ 'vaSSó) /'vaSó/ wa(en˚ ('siÂ…÷ 'siÂÂ…) /'zIÂÚ/ si>er˚ ('maxô÷ 'maxxô) /'maxó/ ma>en˚ ('kV™lÙ÷ 'kV™llÙ) /'kvElÈ/ Quelle˘ È possibile, ma non veramente di‡uso, il fenomeno dell'inserimento d'un occlusivo omorganico tra /n, l/ e i costrittivi non-sonori o /z/ (® § 5.3.2). In parole dotte o straniere, è frequente l'influsso di strutture italiane: /gn/ = /nj/: (pºo~'jo:sÙ) /pKog'no:zÈ/ Prognose˚ (si~'ja;Al) /zIg'na:l/ Signal˚ (&ºesi~'ji:ºô, -º¡, -'ji:‰n, -‰n) /KezIg'ni:Kó/ resign¤ren÷ /t/ = /q/: (ti&ploma'qi:) /diploma'ti:/ Diplomat¤˚ (&kaºan'qi:) /gaKan'ti:/ Garant¤÷ /q/ = /c/: (m™‰'ce:∂™s) /mEK'qe:dEs/ Mercedes˚ (&pa‰ce'lo:na) /baKqe'lo:na/ Barcelona÷ /S/ = /sk/: ('ske:ma) /'Se:ma/ S>ema˚ (&skiqo'fºe:n) /Siqo'fKe:n, sÂi-/ S>izo#ren÷ /Z/ = /dZ/: (&tËu‰na'list) /ZUKna'lIst/ Journali®÷ /kv/ = /kw/ (kj) (oltre a (kV)): (kja‰'t™t) /kvaK'tEt/ Quartett÷ per le V˚ troviamo: /y/ = /u/: (pu&ºokºa'qi:) /byKokKa'ti:/ Bürokrat¤÷ /Oy/ = /eu/: (eu'ºo:pa) /OY'Ko:pa/ Europa˚ (neu'tºa;Al) /nOY'tKa:l/ nStral˘ L'intonazione altoatesina si riconosce, facilmente, per le protoniche semi-basse, tranne la prima, che è semi-alta; pure la tonia interrogativa, soprattutto, e la sospensiva hanno movimenti peculiari, dati nel tonogramma.

Testo 5.5.0. Il vento di tramontana e il sole è qui riportato in diverse versioni, sempre "normalizzate&. Prima c'è quella in italiano (® § 2.4.1) con accento tedesco neutro, come primo accostamento metodologico (e in italiano con accento svizzero e altoatesino, per confronti utili); poi c'è la traduzione tedesca, in pronuncia neutra, seguìta dall'accento nordorientale, da quelli austriaco, svizzero e, infine, altoatesino. Le trascrizioni sarebbero state (visivamente) più diverse, l'una dall'altra, se avessimo usato per i tedeschi di Germania anche i simboli "speciali& ((4, 7, fl)) (dentalveolari) e, al posto di (‰, …) (per /K, Ú/), rispettivamente: (√) (neutro), (x) (nordorientale), (å, a) (austriaco), (5, R) (svizzero), (√, ∏) (altoatesino). Alla fine, come sempre, c'è anche la versione che dà la pronuncia italiana del tedesco, da parte dell'italofono neutro, fluente in tedesco (per lungo apprendimento in immersione fra nativi, ma senza il metodo fonetico), che abbia appreso adeguatamente le prominenze relative, ma che usi, per il resto, gli elementi segmentali e sovrasegmentali tipici dell'italiano neutro. Ovviamente, lo stesso principio vale per le pronunce straniere dell'italiano, date per prime.

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manuale di pronuncia

Pronuncia tedesca (dell'italiano) 5.5.1.1. (zi&bIstI'cha:vano2 ‘öUnt'ËO‰no2’ öIl'fEnto dI&tüamøn'tha:na2| öeIl'zo:l¢3 3 ì'lu:no2 &püet™n'dEndo di'öEs… piu'fO‰t¢2 d™l'öaltüo3 3œ 'khñando 'fi:dȺo &öUMfi&atËa'tho:º¢3 3 k¢f¢'ni:va öI'nanqi2 öa'fOlto &n™lman'thElo3 3| öi&du¢liti5ganti1 1 d¢'chi:zȺo2 ‘öa'lo:ºa2’ &keza&º™b¢'sta:to piu5fO‰t¢1 1| khi&føsȺiu'Si:to2 &öal¢'fa:º¢ &öIlman'thElo2 &öalfi&atËa'tho:º¢3 3|| öIl'fEnto dI&tüamøn'tha:na2 &komIn'cho: öa&zøfi'öa:º¢3 3 ì&køMfio'lEnqa3 3œ| &mapi'öu zøfi5öa:va1 1| phi'öu öIlfi&atËa'tho:º¢2 &zIstüInt'Ëe:va &n™lman'thElo3 3\ 'thanto2 ‘k¢&öala5fi:n¢1 1’ öIl'pho:vȺo 'fEnto2 do'fEt¢ d¢'zIstȺ¢3 3 ìdal&zuopºo'pho:zito3 3œ|| öIl'zo:l¢2 ‘öa'lo:ºa2’ &zimøs'tüo: n™l'che:lo3 3| öe&po;ko'do:po2 &öIlfi&atËa5tho:º¢1 1 ‘&kez™n'thi:va 'khaldo2’ ˚zi'thOlz¢3 3 ˚&öIlman'thElo3 3| &öela&tüamøn5tha:na1 1 &fUkø'stüEta2 ‘ko'zi:2’| öa&ºiko5no:SȺ¢1 1| kheIl'zo:l¢2\ &öeºapiu'fO‰t¢3 3 ìdi'l™i3 3œ|| ¿thi&öepia'chu:ta1 1 ‘¿la&stoºi'öEla2’| ¿&lafo'lja:mo ºi'phe:tȺ¢1 1|||) Pronuncia austriaca (dell'italiano) 5.5.1.2. (si&Êisti'cAAv√no2 ‘unt'Ëøåno2’ ilÇf™nto ∂i&tºAmøn'tAAn√2| ™il'soolÙ23 ì'luuno2 &pºet™nÇ∂™n∂o ∂iÇ™så piu'føåtÙ2 ∂™l'Altºo23œ Çk6An∂o Çfii∂Ⱥo &uMfi&AtË√'tooºÙ23 kÙfÙÇniiv√ i'nAnqi2 √fÇølto &n™lm√n't™lo23| i&∂uÙliti'âAnti21 ∂Ù'ciisȺo2 ‘√'looº√2’ &kes√&º™ÊÙÇstAAto piu'føåtÙ21| ki&føsȺiu'Siito2 &AlÙÇfAAºÙ &ilm√n't™lo2 &Alfi&AtË√'tooºÙ23|| ilÇf™nto ∂i&tºAmøn'tAAn√2 &kominÇcoo √&søfi'AAºÙ23 ì&køMfio'l™nq√23œ| &mApiÇu søfi'AAv√21| piÇu ilfi&AtË√'tooºÙ2 &sistºintÇËeev√ &n™lm√n't™lo23\ 'tAnto2 ‘kÙ&Al√'fiinÙ21’ ilÇpoovȺo 'f™nto2 ∂oÇf™tÙ ∂Ù'sistȺÙ23 ì∂√l&suopºo'poosito23œ|| il'soolÙ2 ‘√'looº√2’ &simøsÇtºoo n™l'ceelo23| e&pooko'∂oopo2 &ilfi&AtË√'tooºÙ21 ‘&kes™nÇtiiv√ 'kAl∂o2’ ˚si'tølsÙ23 ˚&ilm√n't™lo23| &el√&tºAmøn'tAAn√21 &fukø'stº™t√2 ‘ko'sii2’| √&ºiko'nooSȺÙ21| k™il'soolÙ2\ &eº√piu'føåtÙ23 ì∂i'l™i23œ|| ¿ti&epi√Çcuut√12 ‘¿l√&stoºi'™l√2’| ¿&lAfoÇljAAmo ºiÇpeetȺÙ12|||) Pronuncia svizzera (dell'italiano) 5.5.1.3. (si&Êistic'caAvAno2 ‘unt'ËO5no2’ ilçfEnto ∂i&tRAmøn'taAnA2| eilçsoolÙ23 ì'luuno2 &pRet™nç∂En∂o ∂içEssÙR piu'fO5tÙ2 ∂™lçlAltRo23œ ç∑6An∂o çfii∂ÙRo &uMfi&AttËA'tooRÙ23 ∑ÙfÙçniivA i'nnAnqi2 AfçfOlto &n™lmAnçtEllo23| i&∂uÙlitiçâAnti2 2 ∂Ù'ciiΩÙRo2 ‘Al'looRA2’ &∑eΩA&R™ÊÊÙçstaAto piuçfO5tÙ2 2| ∑i&føssÙRiu'Siito2 &AlÙçfaARÙ &ilmAn'tEllo2 &Alfi&AttËAçtooRÙ23|| ilçfEnto ∂i&tRAmøn'taAnA2 &∑ominçcoo A&ΩøffiçaARÙ23 ì&∑øMfioçlEnqA23œ| &mApiçu ΩøffiçaAvA2 2| piçu ilfi&AttËA'tooRÙ2 &ΩistRintçËeevA &n™lmAnçtEllo23\ 'tAnto2 ‘∑Ù&AllAçfiinÙ2 2’ ilçpoovÙRo 'fEnto2 ∂oçfEttÙ ∂ÙçΩistÙRÙ23 ì∂Al&suopRoçpooΩito23œ|| il'soolÙ2 ‘Al'looRA2’ &Ωimøsçt5oo n™lçceelo23| e&poo∑o'∂oopo2 &ilfi&AttËAçtooRÙ2 2 ‘&∑eΩ™nçtiivA '∑Al∂o2’ ˚Ωi-

5. tedesco

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çtOlsÙ23 ˚&ilmAnçtEllo23| &elA&tRAmønçtaAnA2 2 &fu∑ø'st5EttA2 ‘∑o'Ωii2’| A&Ri∑oçnooSÙRÙ2 2| ∑eil'soolÙ2\ &eRApiuçfO5tÙ23 ì∂içl™i23œ|| ¿ti&epiAÌcuutA12 ‘¿lA&stoRi'EllA2’| ¿&lAfoçljaAmo RiÌpeetÙRÙ12|||) Pronuncia altoatesina (dell'italiano) 5.5.1.4. Per quanto strano possa sembrare, nell'italiano tipico e marcato degli altoatesini, si ritrovano anche dei foni che raramente ricorrono nel loro tedesco corrente, ma che possono far parte delle scelte stilistiche per una pronuncia tedesca meno marcata. Ci sono, inoltre, altre di‡erenze, rispetto all'italiano e al tedesco, che risultano da un'elaborazione locale. 5.5.1.5. (sI&ÊistIc'cha;åVånø2 ‘[,]U~'äoºnø2’| [,]IlÌVento ∂I&tºåmon'ta;ånå2| [,]eIl'so;Ul™23 ì'lu;¯nø2 &pºetÙnÇ∂en∂o &∂j™ssɺpjU'fOºt™2 ∂Ùl'laltºø23œ &kVan∂oÌViÛ∂ɺo [,]UM&Vjaääå'to;Uº™23 &keVÙÌniÛVå In'nanqi2 [,]åvÌvOlto &nelmån'tEllø23| [,]I&∂uÙlItI'âanti2 2 ∂Ù'chi;ÛΩɺø2 ‘[,]ål'lo;Uºå2’ &keså&º™ÊÊÙsÌtaåtÙ pjU'fOºt™2 2| kI&fossɺIU'Si;Ûtø2 [&,]ålÙÌVaåºÙ [&,]Ilmån'tEllø2 [,]ål&Vjaääå'to;Uº™23|| [,]IlÌVento ∂I&tºåmon'ta;ånå2 &womI~'chO [,]åsof'fja;庙23 ì&woMVjo'lenqå23œ| måÌpju sof'fja;åVå2 2| pjUIl&Vjåääå'to;Uº™2 &sistºI~ÌäeIVå &nelmån'tEllø23\ 'tantø2 ‘kÙ&[,]allå'fi;Ûn™2 2’ [,]IlÌpoUVɺ٠'Ventø2 ∂oÌVettÙ ∂Ù'Ωistɺ™23 ì∂ål&suopºo'pO;øΩItø23œ|| [,]Il'so;Ul™2 ‘ål'lo;Uºå2’ &simosÌtºO nÙ¬'che;Ilø23| [,]Ù&pøko'∂O;øpø2 [,]Il&Vjaääå'to;Uº™2 2 ‘&kesÙnÌtiÛVå 'wal∂ø2’ ˚sI'tOls™23 ˚[&,]Ilmån'tEllø23| &[,]elå&tºamon'ta;ånå2 2 &fuwos'tºettå2 ‘wo'Ωi2’| [,]å&ºiwo'no;USɺ™2 2| keIl'so;Ul™2\ &[,]eºåpjU'fOºt™23 ì∂I'lE;I23œ|| ¿tI&[,]™pjå'chu;¯tå12 ‘¿&lasto'ºjEllå2’| ¿&laVoÌLaåmo ºI'pe;Itɺ™12|||) Testo tedesco 5.5.2.0. Ein® ®ritten si> Nordwind und Sonne, wer von ihnen bRden wohl der Stärkere wäre, als Rn Wanderer, der in Rnen warmen Mantel gehüllt war, des Weges daherkam. S¤ wurden Rnig, dass derjenige für den Stärkeren gelten sollte, der den Wanderer zwi«en würde, sRnen Mantel abzunehmen. Der Nordwind bl¤s mit aller Ma>t, aber je mehr er bl¤s, de®o fe®er hüllte si> der Wanderer in sRnen Mantel Rn. Endli> gab der Nordwind den Kamπ Qf. Nun erwärmte d¤ Sonne d¤ Lu⁄ mit ihren frSndli>en Strahlen, und (on na> wenigen Augenbli$en zog der Wanderer sRnen Mantel Qs. Da mus®e der Nordwind zugeben, dass d¤ Sonne von ihnen bRden der Stärkere war. Hat dir d¤ Ge(i>te gefallen? Wollen wir s¤ w¤derholen? Pronuncia tedesca neutra 5.5.2.1. ('öaenS2 'StüItózI 'nO‰t&ÑInt2 öUn'zOn¢2| &ve‰f¢nöi!'baed/&vo;l d…'StE‰kȺ¢&v™;º¢3 3| &öalsåeM'vandȺ…2 ‘&de‰öInöaen/'va‰mõ 'mantÍ g¢'hYlt&Ña;‰2’ ∂¢s'Ñe:g¢s2 ∂å'he:‰-

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manuale di pronuncia

&kha;m3 3|| zI&vU‰dó'öaenIÂ2| ∂as'∂e:‰&,e;nIg¢2 ‘&fY[‰]dó'StE‰kȺô 'gEltó&zølt¢2’ &de‰d/'vandȺ… 'qhñI˙|&vY‰d¢2 &zaen!'mantÍ 'öapq¢≠mõ3 3|| ∂…'nO‰t&ÑImp 'Êli:s2\ mIt'öal…2 'maXt3 3|| &öab…,e'me:‰ ö™‰5bli:s1 1| &∂™sto'fEst…2 'hYlt¢zI d…'vandȺ…2 ˚öIn&zaen!'mantÍ 'öaen3 3|| 'öEntúIÂ2 'âa:p ∂…'nO‰t&ÑIn2 ∂¡'khaM∫ 'öaof3 3|| 'nu:n2\ …'vE‰mt¢ dI'zOn¢2 dI'lUft2| mIti‰M'füOYntúI«2 'Stüa:ló3 3|| öUn'So:n2 ‘na;X'Ñe:nIgô 'öaogõ&blIkô2’| ˚'qho:k3 3 ∂…'vandȺ…2 ˚&zaen!'mantÍ 'öaos3 3|| '∂a:2\ &mUst¢d…'nO‰t&ÑIn2 'qhu:≥bõ2\ &das∂I'zOn¢2| ‘&fønöi!'baedó2’| ∂…'StE‰kȺ¢&va;‰3 3|| ¿hat&∂I‰dIg¢'SIÂt¢2 ¿g¢'faló1 1| ¿'vOl/vI‰ zI'vi:d…&ho;ló1 1|||) Pronuncia tedesca nord-orientale neutra 5.5.2.2. ('öaÙnS2 'StüItózI 'nø‰t&ÑInt2 öUn'zønÈ2| &ve‰fÈnöi!'baÙd/&vool d…'St™‰k‘ºÈ&v™™ºÈ23| &öalsåÙM'vand‘º…2 ‘&de‰öInöaÙn/'va‰mõ 'mantÍ gÈ'hYlt&Ñaa‰2’ ∂Ès'Ñe;egÈs2 ∂å'he;e‰&khaam23|| zI&vU‰dó'öaÙnIÂ2| ∂as'∂e;e‰&,eenIgÈ2 ‘&fY[‰]dó'St™‰k‘ºô 'g™ltó&zøltÈ2’ &de‰d/'vand‘º… 'qhñI˙|&vY‰dÈ2 &zaÙn!'mantÍ 'öapqÈ&neemõ23|| ∂…'nø‰t&ÑImp 'Êli;is2\ mIt'öal…2 'maXt23|| &öab…,e'me;e‰ ö™‰5bli;is21| &∂™sto'f™st…2 'hYltÈzI d…'vand‘º…2 ˚öIn&zaÙn!'mantÍ 'öaÙn23|| 'ö™ntúIÂ2 'âa;ap ∂…'nø‰t&ÑIn2 ∂¡'khaM∫ 'öaPf23|| 'nu;un2\ …'v™‰mtÈ dI'zønÈ2 dI'lUft2| mIti‰M'füø+ntúI«2 'Stüa;aló23|| öUn'So;on2 ‘naaX'Ñe;enIgô 'öaPgõ&blIkô2’| ˚'qho;ok23 ∂…'vand‘º…2 ˚&zaÙn!'mantÍ 'öaPs23|| '∂a;a2\ &mUstÈd…'nø‰t&ÑIn2 'qhu;u&geebõ2\ &das∂I'zønÈ2| ‘&fønöi!'baÙdó2’| ∂…'St™‰k‘ºÈ&vaa‰23|| ¿hat&∂I‰dIgÈ'SIÂtÈ2 ¿gÈ'faló21| ¿'vøl/vI‰ zI'vi;id…&hooló21|||) Pronuncia austriaca neutra 5.5.2.3. ('ÄÙnS2 ÇStºitósi 'nø‰t&vint2 un'sønÙ2| &ve‰fÙni!'ÊÄÙ∂/&vool ∂…'St™‰kȺÙ&v™™ºÙ23| &AlsÄÙM'vAn∂Ⱥ…2 ‘&∂e‰inÄÙn/ÇvA‰mõ ÇmAntÍ âÙ'hylt&vAA‰2’ ∂Ùs'veeâÙs2 ∂√'hee‰&kAAm23|| si&vu‰∂ó'ÄÙnik2| ∂As'∂ee‰&jeeniâÙ2 ‘&fy[‰]∂óÇSt™‰kȺô 'â™ltó&søltÙ2’ &∂e‰∂/ÇvAn∂Ⱥ… 'q6i˙|&vy‰∂Ù2 &sÄÙn!ÇmAntÍ 'ApqÙ&neemõ23|| ∂…Çnø‰t&vimp 'Êliis2\ mit'Al…2 'mAxt23|| &AÊ…jeÇmee‰ ™‰'Êliis21| &∂™sto'f™st…2 ÇhyltÙsi ∂…'vAn∂Ⱥ…2 ˚in&sÄÙn!'mAntÍ 'ÄÙn23|| '™ntliÂ2 ÇâAAp ∂…'nø‰t&vin2 ∂¡'kAM∫ 'åøf23|| 'nuun2\ …Çv™‰mtÙ ∂i'sønÙ2 ∂i'luft2| miti‰M'fºøYntli«2 'StºAAló23|| un'Soon2 ‘nAAxÇveeniâô 'åøâõ&Êlikô2’| ˚'qook23 ∂…'vAn∂Ⱥ…2 ˚&sÄÙn!'mAntÍ 'åøs23|| '∂AA2\ &mustÙ∂…'nø‰t&vin2 'quu&âeeÊõ2\ &∂As∂i'sønÙ2| ‘&føni!'ÊÄÙ∂ó2’| ∂…'St™‰kȺÙ&vAA‰23|| ¿hAt&∂i‰∂iâÙ'SiÂtÙ2 ¿âÙÇfAló12| ¿Çvøl/vi‰ siÇvii∂…&hooló12|||) Pronuncia svizzera neutra 5.5.2.4. ('aÙnS2 çSt5ittósiX 'nO5t&vint2 un'sOnnÙ2| &veRfÙni!'ÊaÙ∂/&vool ∂ÙRçStE5∑ÙRÙ&v™™RÙ23| &AlsåÙM'vAn∂ÙRÙR2 ‘&∂eRinaÙn/çvA5mõ çmAntÍ âÙ'hylt&vaAR2’ ∂Ùs'veeâÙs2 ∂√-

5. tedesco

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çhee5&∑aAm23|| si&vuR∂ó'aÙni∑2| ∂As'∂ee5&jeeniâÙ2 ‘&fyR∂óçStE5∑ÙRó 'âEltó&søltÙ2’ &∂eR∂/çvAn∂ÙRÙR 'q6i˙|&vyR∂Ù2 &ΩaÙn!çmAntÍ çApqÙ&neemõ23|| ∂ÙRçnO5t&vimp 'Êliis2\ mit'AllÙR2 çmAXt23|| &AÊÙRjeçmee5 ™RçÊliis2 2| &∂™sto'fEstÙR2 çhyltÙΩiX ∂ÙR'vAn∂ÙRÙR2 ˚in&saÙn!çmAntÍ 'aÙn23|| 'EntliX2 çâaAp ∂ÙR'nO5t&vin2 ∂¡ç∑AM∫ 'Aof23|| 'nun2\ ÙRçvE5mtÙ ∂i'ΩOnnÙ2 ∂i'luft2| mitiRM'f5OIntliX?2 çSt5aAló23|| un'Soon2 ‘naAXçveeniâô 'Aoâõ&Êli∑∑?2’| ˚çqoo∑23 ∂ÙR'vAn∂ÙRÙR2 ˚&saÙn!çmAntÍ 'Aos23|| '∂aA2\ &mustÙ∂ÙR'nO5t&vin2 'quu&âeeÊõ2\ &∂As∂i'ΩOnnÙ2| ‘&føni!'ÊaÙ∂ó2’| ∂ÙRçStE5∑ÙRÙ&vaAR23|| ¿hAt&∂iR∂iâÙ'SiXtÙ2 ¿âÙÌfAlló12| ¿çvOll/viR siÌvii∂ÙR&hooló12|||) Pronuncia altoatesina neutra 5.5.2.5. ('aÙnS2 'Stºitósi 'nø‰t&vint2 un'sønÙ2| &ve‰fÙni!'ÊaÙ∂/&vo;l ∂…'St™‰wɺÙ&v™;ºÙ3 3| &alsåÙM'van∂ɺ…2 ‘&∂e‰inaÙn/'va‰mõ 'mantÍ âÙ'hylt&vaA‰2’ tÙs've:âÙs2 tå'he:‰&waAm3 3|| si&vu‰∂ó'aÙnik2| tas'te:‰&je;niâÙ2 ‘&fy[‰]∂ó'St™‰wɺô 'â™ltó&søltÙ2’ &∂e‰∂/'van∂ɺ… 'qVi˙|&vy‰∂Ù2 &saÙn!'mantÍ 'apqÙ≠mõ3 3|| t…'nø‰t&vimp 'pli:s2\ mit'al…2 'maxt3 3|| &aÊ…,e'me:‰ ™‰5Êli:s1 1| &t™sto'f™st…2 'hyltÙsi ∂…'van∂ɺ…2 ˚in&saÙn!'mantÍ 'aÙn3 3|| '™ntliÂ2 'wa;Ap t…'nø‰t&vin2 t¡'waM∫ 'aPf3 3|| 'nu:n2\ …'v™‰mtÙ ∂i'sønÙ2 ∂i'luft2| miti‰M'fºøYntli«2 'Stºa;Aló3 3|| un'So:n2 ‘naAx've:niâô 'aPâõ&Êlikô2’| ˚'qo:w3 3 t…'van∂ɺ…2 ˚&saÙn!'mantÍ 'aPs3 3|| 'ta;A2\ &mustÙ∂…'nø‰t&vin2 'qu:&âe;Êõ2\ &∂asti'sønÙ2| ‘&føni!'ÊaÙ∂ó2’| t…'St™‰wɺÙ&vaA‰3 3|| ¿hat&ti‰∂iâÙ'SiÂtÙ2 ¿âÙ'faló1 1| ¿'vøl/vi‰ si'vi:∂…&ho;ló1 1|||) Pronuncia italiana del tedesco 5.5.3. ('ainst$ s'tritten 'siS nøRd'vin:d$ und$'sOn:ne23 'vEr fo'ni;nem 'ba;iden 'vOl:2 deRs'tErkeRe 'vE:Re23 'al saiM'vandeReR2 'dERi 'naineM 'varmem 'man:tel2 ge'jult$ 'va:r2 d™z'vE:ges daeR'kam:$23| si'vurde 'na;inig$2 &dazde'rjE:nige2 &fjuRdens'tErkeRen 'gElten 'sOl:te12| 'dEr deM'vandeReR2 Q'vi˙gen 'vjurde2 &sainem'man:tel2 &abQu'nE:men$23| &deRnøRd'vin:d$2 'blis:2 mit'talleR 'mak:$t$23| 'a:beR2 je'mE; ReR5blis:12| &d™sto'fEs:teR2 'julte 'siS:2 deR'van:deReR2 in&sainem'mantel 'la;in$23|| 'En:dliS2 'gab:$2 deRnøRd'vin:d$2 de˙'kamp$ 'fa;uf23|| &nuneR'vErm$te di'sOnne di'luf:t$2| mit'ti;ReM 'frOindliSSen s'tra:len$23| und'SOn: nak'vE;nige &naugem'blik:ken2 'QOg:$ deR'van:deReR2 sainem'mantel 'la;us23| 'da2 'muste &deRnøRd'vin:d$2 Qu5gE:ben$12| &dazdi'sOn:ne2 fo&ninem'ba;iden2 deRs'tErkeRe 'va:r23|| ¿at'dir digeS'SiS:te2 ¿ge'fal:len$21| ¿&vølleM'vir si&vide'rO:len$21|||)

6. Spagnolo 6.0. L'accento di spagnolo che tratteremo è quello neutro nella versione iberica e in quella (centro-sud-) americana. Le di‡erenze, all'interno della pronuncia neutra, sono davvero poche; non serve, quindi, una trascrizione diafonemica (come, invece, per il portoghese e l'inglese); semplicemente, la variante americana ha due fonemi in meno: /†, L/, che confluiscono in /s, J/. I primi due simboli, comunque, hanno un impiego diafonemico, visto che distinguono i due accenti. Se si volesse ricorrere a simboli con una qualche indicazione, per rammentare meglio la situazione, si potrebbe ricorrere a /†, L/, o –propendendo per una trascrizione di tipo più internazionale– a /s, J/. D'altra parte, sempre per aiutare gl'italiani (oppure gli stranieri in genere), è bene indicare con /b, ò, g/ i fonemi /b, d, g/, nei contesti in cui si realizzano come (B, ƒ, Ÿ). Non è a‡atto un buon uso quello (d'alcuni testi e di dizionari con trascrizione) di mettere /B, ∑, Ÿ/: perché non sono fonemi, e perché nella flessione del lemma le cose non restano sempre costanti. Per quanto ci sia, anche per lo spagnolo, un numero di parlanti decisamente più consistente per l'accento "americano&, che non per quello iberico, preferiamo considerare "primario& quest'ultimo accento, perché è più vicino alla scrittura; perciò, è più consigliabile, anche didatticamente, pure per una grafia più coerente, che, d'altra parte, fa da guida più sicura alla pronuncia. Ovviamente, pure l'accento americano ha tante varianti interne, che qui consideriamo non-neutre, sebbene, spesso, siano più di‡use della pronuncia neutra, che (come avviene in ogni lingua) è decisamente minoritaria. Generalmente, queste varianti non hanno la stigmatizzazione delle pronunce più facilmente localizzabili, né connotazioni negative, giacché, per ogni nazione, in e‡etti, si tratta d'accenti "nazionali& in aggiunta alle varianti regionali. In un lavoro più ampio sulla pronuncia dello spagnolo, infatti, si daranno delle macro-coinè (almeno sette per l'America), da considerare "neutre&, oltre alle varianti regionali, più specifiche. D'altronde, le caratteristiche non-neutre dello spagnolo sono condivise dalla maggior parte delle nazioni ispanofone, sia in America che in Europa, da rendere gli accenti non-neutri meno dissimili fra di loro, anche se individuabili. Per questo, per lo spagnolo, non si presenteranno altri accenti, oltre i due neutri (come s'è fatto, invece, per il tedesco, che ha accenti ben più distinti, soprattutto in Svizzera e in Austria). Si stanno, comunque, raccogliendo registrazioni per una descrizione sistematica degli accenti e‡ettivi dello spagnolo. Intanto si potrà vedere la fonosintesi dell'andaluso orientale (nel § 17.9 dell'FTN/MaF]˘

””[

6. spagnolo

225

Vocali 6.1.1.1. Lo spagnolo ha solo cinque fonemi vocalici, realizzati come nel primo vocogramma della f 6.1, (i÷ '™, ’e÷ a÷ 'ø, ’o÷ u) /i, e, a, o, u/. Per e˚ o˚ nell'accento neutro ibero-americano, in sillaba accentata, sono normali (™, ø), ma, in sillaba non-accentata, (e, o). Abbiamo, quindi, esempi come: ('ßi)i ('si)a /'si/ sì˚ ('kRi;ßiß)i (-sis)a /'kRisis/ cr¤¤˚ ('mil) /'mil/ mil˚ (†eR'n™R)i (s-)a /†eR'neR/ cerner˚ (pa'p™l) /pa'pel/ papel˚ ('tj™Rr:a) /'tjeRr:a/ tierra˚ ('ß™iß)i ('s™is)a /'seis/ se¤˚ ('r:™ßto)i ('r:™s-)a /'r:esto/ rπto˚ ('t™;Xa)i (-xa)a /'texa/ teja˚ (de'XaR)i (-x-)a /òe'xaR/ dejar˚ ('ßj™mpRe)i ('s-)a /'sjempRe/ siempre˚ (a't™nto) /a'tento/ atento˚ (uß't™‡)i (us-)a /us'teò/ ¨ted˚ ('p™†)i (-s)a /'pe†/ pez˚ ('d™fiƒe)i (-z-)a /'òesòe/ dπde˚ ('k™;ßo)i (-so)a /'keso/ ¢πo˘ E: ('p™;Co) /'peco/ pe>o˚ (kom'pR™) /kom'pRe/ compré˚ ('anda) /'anda/ anda˚ (pa'ta;ta) /pa'tata/ patata˚ ('gøRr:a) /'goRr:a/ gorra˚ ('øi) /'oi/ hoy˚ ('r:ø;ßa)i (-sa)a /'r:osa/ rosa˚ ('ø;Xa)i (-xa)a /'oxa/ hoja˚ (mo'XaR)i (-x-)a /mo'xaR/ mojar˚ (fa'BøR) /fa'boR/ favor˚ ('ßøl)i ('s-)a /'sol/ sol˚ (r:a'†øn)i (-s-)a /r:a'†on/ razón˚ ('gølpe) /'golpe/ golpe˚ ('pø;Lo)i (-,o)a /'poLo/ poıo˚ (La'mø)i (,a-)a /La'mo/ ıamó˚ (de'kø;Ro) /òe'koRo/ decoro˚ ('tu;Bo) /'tubo/ tuvo˚ (r:u'møR) /r:u'moR/ rumor˘ 6.1.1.2. Descrizioni più "sofisticate&, come quelle di Navarro Tomás sono in realtà eccessive; infatti, perfino i dati acustici (che, spesso, indicano di‡erenze non utilizzate dall'orecchio umano {nemmeno da quello dei nativi}), generalmente, concordano nel segnalare solo cinque realizzazioni. In epoca prefonematica, Navarro Tomás rappresentava con simboli diversi i vocoidi accentati e quelli non-accentati, comprese sfumature dipendenti dalla loro collocazione in sillaba caudata o no, o per influsso contestuale, pur riconducendoli tutti a cinque soli elementi. Normalmente, comunque, le sfumature iperdi‡erenziate rientrano nei foni accentati (i, ™, a, ø, u) e in quelli non-accentati (i, e, a, o, u) (® sempre la f 6.1, sinistra). f 6.1. Vocali spagnole (v testo per il secondo vocogramma). /i/ (i) /i/ (i) /u/ (u) {((I))} /e/ (™, »™, ’e) /a/ (a)

/o/ (ø, »ø, ’o)

/e/ (™) {((e, E))} /a/ (a) {((a, q÷ å))}

/u/ (u) {((u))} /o/ (ø) {((o, O))} /we/ (w™, wÉ, w‘, jê, ê÷ ’we, ’wÙ, ’wÈ, ’j+, ’+)

Ricorrendo a simboli speciali (® f 8.12 dell'FTN/MaF]˚ che indicano sfumature intermedie fra i nostri vocoidi fondamentali, però, si potrebbero utilmente recuperare importanti indicazioni, non solo in riferimento al secondo vocogramma dato (per il quale sarebbero senz'altro più utili), ma anche per (i§, u§) ((I, u)) e per (a@, a#÷ a°) ((a, q÷ å)) (dato che sarebbe eccessivo usare (I, U÷ Å, A÷ å), e, per quelli dati di séguito, (e, E÷ o, O)). Per l'articolazione di e˚ o˚ accentati nella pronuncia, c'è parecchia oscillazione

226

manuale di pronuncia

(per parlanti Ó parole; ® il secondo vocogramma della f 6.1); infatti, a volte, si trovano (E°÷ O°) ((E, O)), specie in sillaba caudata, o nelle sequenze /ei, oi÷ r:e, r:o÷ ex, ox/; oppure, (™°/e§) ((e)), (ø°/o§) ((o)), soprattutto in sillaba non-caudata; e anche per /e/ in sillaba caudata in /m, n÷ d÷ †, s/. Ma non è necessario segnarli, dato che il timbro regolare, in posizione accentata, (™, ø), è normale e sicuro, da veri nativi (nonostante le oscillazioni). In sillaba non-accentata, negli stessi contesti, al posto di ((E, O)), ovviamente, appaiono (™, ø). Per curiosità, e solo qui, riportiamo i casi pertinenti degli esempi appena visti, adattati: ((†™R'nER)) /†eR'neR/ cerner˚ ((pa'pEl)) /pa'pel/ papel˚ (('tjERr:a)) /'tjeRr:a/ tierra˚ (('ßEiß))i (('sEis))a /'seis/ se¤˚ (('r:Eßto))i (('r:Es-))a /'r:esto/ rπto˚ (('tE;Xa))i (-xa)a /'texa/ teja˚ ((d™'XaR))i (-x-)a /òe'xaR/ dejar˚ (('ßjempRe))i ('s-)a /'sjempRe/ siempre˚ ((a'tento)) /a'tento/ atento˚ ((uß'te[‡]))i (us-)a /us'teò/ ¨ted˚ (('pe†))i (-s)a /'pe†/ pez˚ (('defiƒe))i (-z-)a /'òesòe/ dπde˚ (('ke;ßo))i (-so)a /'keso/ ¢πo˘ E: (('pe;Co)) /'peco/ pe>o˚ ((kOm'pRe)) /kom'pRe/ compré˚ (('gORr:a)) /'goRr:a/ gorra˚ (('Oi)) /'oi/ hoy˚ (('r:O;ßa))i (-sa)a /'r:osa/ rosa˚ (('O;Xa))i (-xa)a /'oxa/ hoja˚ (mø'XaR)i (-x-)a /mo'xaR/ mojar˚ ((fa'BOR)) /fa'boR/ favor˚ (('ßOl))i ('s-)a /'sol/ sol˚ ((r:a'†On))i (-s-)a /r:a'†on/ razón˚ (('gOlpe)) /'golpe/ golpe˚ (('po;Lo))i (-,o)a /'poLo/ poıo˚ ((La'mo))i (,a-)a /La'mo/ ıamó˚ ((de'ko;Ro)) /òe'koRo/ decoro˚ ((r:u'mOR)) /r:u'moR/ rumor˘ Anche per /i, a, u/: ((ßen'tIR)) (ßen'tiR)i (s-)a /sen'tiR/ sentir, ((&aßIŸ'naR)) (&aßiŸ'naR)i (-s-)a /asig'naR/ øignar, (('I;Xo)) ('i;Xo)i (-xo)a /'ixo/ hijo, (('mIRr:å)) ('miRr:a) /'miRr:a/ mirra, (('r:I;ko)) ('r:i;ko) /'r:iko/ rico; (('ka;Nå)) ('ka;Na) /'kaNa/ caña, (('ma;Co)) ('ma;Co) /'maco/ ma>o, (('ma;,o)) ('ma;,o) /'maJo/ mayo, (('ka;Le)) ('ka;Le)i (-,e)a /'kaLe/ caıe, (('baile)) ('baile) /'baile/ baile; (('qlto)) ('alto) /'alto/ alto, (('mq;Xå)) ('ma;Xa)i (-xa)a /'maxa/ maja, ((kq'XOn)) (ka'Xøn) /ka'xon/ cajón, (('kqußå)) ('kaußa)i (-sa)a /'kausa/ ca¨a, ((q'un)) (a'un) /a'un/ aùn, ((bIl'Bqo)) (bil'Bao) /bil'bao/ Bilbao, ((q'O;Rå)) (a'ø;Ra) /a'oRa/ ahora; (('tuRko)) ('tuRko) /'tuRko/ turco, (('Xuntå)) ('Xunta)i ('x-)a /'xunta/ junta, (('lu;Xo)) ('lu;Xo)i (-xo)a /'luxo/ lujo, ((tuR'r:On)) (tuR'r:øn) /tuR'r:on/ turrón, ((r:u'mOR)) (r:u'møR) /r:u'moR/ rumor. 6.1.1.3. Dopo /'i, 'u/, /eò|, oò|/ restano (e, o), anche se, a volte, si possono trovare (’™, ’ø) (pure nella pronuncia neutra): (fe'li;†eß)i (-ses)a /fe'li†es/ felicπ˚ ('r:i;ko) /'r:iko/ rico˘ Anche in sillaba non-accentata, soprattutto vicino a /x, r:/, si possono avere i timbri (™, ø), ma, per una pronuncia neutra, (e, o) sono regolari e su‚cienti: (&Xela'ti;na)i (&x-)a /xela'tina/ gelatina˚ (koR'r:™o) /koR'r:eo/ correo. Indichiamo anche una pronuncia che si può sentire, soprattutto in parole d'uso frequente, nella pronuncia non lenta, la sequenza /we/ si può pronunciare (wÉ) (realizzando un vocoide antero-centrale); mentre, in pronuncia più veloce o meno curata, la sequenza si può ridurre a un solo vocoide (centro-labiato (ê)), attraverso spostamenti progressivi: ('pw™;Blo, 'pwÉ;-÷ 'pw‘;-÷ 'pjê;-÷ 'pê;-) /'pweblo/ pueblo˚ ('nw™;Be, 'nwÉ;-÷ 'nw‘;-÷ 'njê;-÷ 'nê;-) /'nwebe/ nueve˚ (&aßta'lw™;Ÿo, -wÉ;-÷ -w‘;-÷ -jê;-÷ -ê;-)i (&as-)a /asta'lwego/ høta luego˚ (kweß'tjøn, -wÙ-÷ -wÈ-÷ -j+-÷ -+-)i (-s-)a /kwes'tjon/ cuestión˘ Non è, comunque, il caso di cercare d'assumerla attivamente, questa particolare pronuncia (indicata nella parte centrale del secondo vocogramma della f 6.1).

6. spagnolo

227

Dittonghi 6.1.2.1. I vari dittonghi possibili sono sequenze bifonematiche, con realizzazioni fonetiche corrispondenti a quelle dei monottonghi, combinati assieme, come in italiano: ('l™i) /'lei/ ley˚ (pei'na;ƒo) /pei'naòo/ peinado˚ ('øiŸo) /'oigo/ oigo˚ (&boiko't™o) /boiko'teo/ boicoteo˚ ('baile) /'baile/ baile˚ ('aula) /'aula/ aula˚ (au'ƒa†)i (-s)a /au'òa†/ audaz˚ ('d™uƒa) /'òeuòa/ deuda˚ (eu'X™;njo)i (-x-)a /eu'xenjo/ Eugenio˚ ('bøu) /'bou/ bou˚ compresi (di'Ria) /òi'Ria/ dirìa˚ (na'Bioß)i (-s)a /na'bios/ navìos˚ (&konti'nuo) /konti'nuo/ continùo… A proposito dei dittonghi, dobbiamo insistere parecchio perché (per quanto strano possa sembrare, nel terzo millennio), sono incredibilmente radicate convinzioni errate, che si trascinano da secoli, e sono particolarmente "accreditate& perfino dai fonetisti ispanici. Si fa(rebbe), però, presto a vedere come stanno e‡ettivamente le cose, semplicemente considerando ciò che è fonetico esclusivamente in termini di fonetica. Invece, imperversano ancora misture dell'onnipresente (e invadente) grafia e di considerazioni grammaticali (e diacroniche), nonché metriche, col solo risultato di creare il caos in una materia che si distingue(rebbe) per la chiarezza oggettiva e oggettuale. 6.1.2.2. Come si diceva, le trattazioni ispaniche (non che siano le uniche – ¡purtroppo!) dedicano molto impegno nel complicare ciò che è semplice. Infatti, invece di tre comunissime strutture, come il vero dittongo (('éé, &éé, ’éé)), l'iato ((é'é, é&é)) e la sequenza eterofonica ((0é), come appunto, (jé), (wé), e simili), continuano a considerarne solo due, "dittongo& ("sineresi&, nella parola, e "sinalefe&, tra parole) e "iato& ("dieresi& e "dialefe&, rispettivamente), però, con forzature medievali, di tipo grafico-grammaticale e grafico-metrico. Infatti (a meno che non si pretenda di fare la "magìa& di far fonetica secondo categorie grafico-grammaticali), in termini fonetici, è assurdo parlare di "dittongo& nel caso di (—jé, —wé) (('bj™n) /'bjen/ bien˚ ('gwa;pa) /'gwapa/ %apa]. Infatti, solamente (—éi, —éu) (('aiRe) /'aiRe/ aire˚ ('kaußa)i (-sa)a /'kausa/ ca¨a] sono veri dittonghi, come qualsiasi sequenza ('éé, &éé, ’éé) (('auto) /'auto/ auto˚ (&auto'Buß)i (-s)a /auto'bus/ autobùs˚ (au't™ntiko) /au'tentiko/ auténtico]˚ e è altrettanto assurdo parlare di "iato& per ('ié, 'ué), dato che solo (i'é, u'é) sono veri iati, come qualsiasi altra sequenza (é'é, é&é) ((pa'iß)i (-s)a /pa'is/ paìs]˚ rispetto a (pai'ßa;no)i (-s-)a /pai'sano/ pa¤ano˚ vero dittongo. Non ci si può, quindi, fidare di trattazioni che usano due sole categorie (: dittongo e iato) e, per di più, le mescolano pericolosamente, fino a includere le sequenze eterofoniche in "dittongo&, e il vero dittongo in "iato&… Ovviamente, i trittonghi (veri) sono sequenze di tre vocoidi ('ééé) (con prominenza sul primo), non certo (é'éé, éé'é), né –tanto meno– ('jéé, 'wéé), o (éjé, éwé), che ricorrono, invece, in ('bw™i) /'bwei/ buey˚ (&paRa'Ÿwai) /paRa'gwai/ Para%ay˘

228

manuale di pronuncia

Consonanti 6.2.0. La f 6.2 dà le articolazioni consonantiche, dei due accenti neutri, necessarie per rendere adeguatamente la pronuncia spagnola. Le f 1.9-15 danno, invece, gli orogrammi, raggruppati per modi d'articolazione, di tutti i contoidi dati nei capitoli di questo volume, anche come varianti secondarie, occasionali, o regionali, per le 12 lingue trattate.

C {‚}

†i (∑)i sa (z)a (ß)i (fi)i (ƒ) R|r: (l) l

(˙) k g

(›) /J/|(,)

uvulari

velo-labiati

N

velari

(~)

prevelari

alveolari

n

palatali

(n) t d

postalveopalatali

ö m (M) F pb Ô ƒ f _ ß (B) ó ‹

dentali

labiodentali

bilabiali

f 6.2. Tabella delle consonanti spagnole.

(,)i

xa (Ÿ)

(X)i

(ò) j|(ã) (¬)

(F)

w|(j)

Li

+ (N, M, M, º, ∫) ® testo

Nasali 6.2.1.1. Ci sono tre fonemi nasali, /m, n, N/, con vari tassofoni per /n/ (m, M, n, ~, N, «, ˙, ,) (f 1.9.1-2; («) è semi-provelare, senza contatto pieno; si potrebbe aggiungere ((˙)), dentale, davanti a /t, d÷ †/, per il quale, però, è su‚ciente (n); più sotto, aggiungiamo altri cinque tassofoni, (N, M, º, M, ∫), per sequenze eterorganiche di N]\ ('ma;no) /'mano/ mano˚ ('ni;No) /'niNo/ niño˚ (um'p™Rr:o) /um'peRr:o/ un perro˚ (im'bj™Rno) /im'bjeRno/ invierno˚ (iM'fj™l) /in'fjel/ infiel˚ (&konten'd™R) ((-˙te˙-)) /konten'deR/ contender˚ (kon'†™ñto) ((-˙'†-))i (-s-) ((-˙'s-))a /kon'†ebto/ concepto˚ (kon'ß™;Xo)i (-s™;xo) ((-˙'s-))a /kon'sexo/ consejo˚ ('ønr:a) /'onr:a/ honra˚ ('a~Co) ((-nC-)) /'anco/ an>o˚ ('køN›uXe)i (-xe)a /'konJuxe/ cónyuge˚ (uN'›u˙ke) /un'Junke/ un yun¢e˚ (&koNLe'BaR)i (-N›-, -NJ-)a /konLe'baR/ conıevar˚ (u«'w™;Bo) /un'webo/ un huevo˚ ('ba˙ko) /'banko/ banco˚ ('t™˙go) /'tengo/ tengo˚ ('fRa,Xa)i (-˙xa)a /'fRanxa/ franja˘ L'articolazione di /N/ è palatale, come in italiano, ma breve (non auto-geminante, come in italiano neutro; anche se, a volte, può essere un po' geminata (NN), dopo V accentata, che, allora, è breve): ('ba;No÷ 'baNNo) /'baNo/ baño (® l'italiano ('baN:No) /'baNNo/ bagno]˘ Come per /nòw/, anche nei prefissi cons-˚ ins-˚ trans-˚ l'articolazione più normale e consigliabile è con («): (&ko«ßtRu◊'†jøn)i (-«stRu◊'sj-)a /konstRug'†jon/ construcción˚ (i«ß'tante)i (-s-)a /ins'tante/ instante˚ (&tRa«ßfoR'maR)i (-s-)a /tRansfoR'maR/ transformar÷ rientrano in questo caso, ovviamente, anche forme come: (&†iRku«ß'tan†ja)i (&siRku«s'tansja)a /†iRkuns'tan†ja/ circunstancia.

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Per quanto riguarda i primi elementi delle sequenze /mn, nm/, abbiamo vari altri tassofoni, con articolazioni doppie ((N), bilabio-alveolare, nella pronuncia più precisa, mentre sarebbe estremamente pedantesca, "˝&, un'esecuzione corrispondente alla struttura fonemica), oppure con coarticolazioni ((M, º), rispettivamente bilabio-semi-alveolare e alveo-semi-bilabiale) o con semi-articolazioni ((M, ∫)), in pronuncia più spontanea e meno controllata (f 1.9.1-2): ('iNno, 'iMno, 'iMno÷ ˝'imno) /'imno/ himno˚ (koN'mi;Ÿo, koM-, koº-, ko∫-÷ ˝kon-) /kon'migo/ conmigo˘ Per /nò/, la pronuncia neutra ha (n), sebbene sia molto di‡usa, soprattutto in America, la realizzazione velare, che resta non-neutra; per la grafia -m˚ si può trovare anche (N, M, M, º, ∫) (la labializzazione a causa della scrittura), sebbene (n) sia neutro e valutato più tradizionale: (a◊'†jøn)i (-sj-)a /ag'†jon/ acción˚ ('alBun, -uN, -uM, -uM, -uº, -u∫) /'albun/ álbum˘ Piuttosto, è importante notare che, davanti a pausa, la vibrazione delle pliche vocali cessa simultaneamente allo stacco dell'apice dagli alveoli (perciò, non è a‡atto accettabile qualcosa come (-nÈ, -n…, -nO)). Occlusivi 6.2.2.1. Lo spagnolo ha tre coppie difoniche d'occlusivi, (p, b÷ t, d÷ k, g) /p, b÷ t, d÷ k, g/: ('pa;ßo)i (-so)a /'paso/ pøo˚ ('b™;ßo)i (-so)a /'beso/ bπo˚ (um'b™;ßo)i (-so)a /um'beso/ un bπo˚ (tu't™o) /tu'teo/ tuteo˚ (do'løR) /òo'loR/ dolor˚ (&kondo'løR) /kondo'loR/ con dolor˚ ('kaldo) /'kaldo/ caldo˚ ('kø;Ce) /'koce/ co>e˚ (go'Ri;la) /go'Rila/ gorila˚ (&u˙go'Ri;la) /ungo'Rila/ un gorila˘ Gli occlusivi sonori, però, si realizzano come tali solo dopo pausa, dopo nasale e nella sequenza (omorganica) /ld/, come mostrano gli esempi precedenti. Infatti, negli altri contesti, la realizzazione "normale& è approssimante, (B, ƒ) /b, d/, o costrittiva, (Ÿ) /g/ (a meno che non si parli lentamente, con precisione o con enfasi): ('lø;Bo) /'lobo/ lobo˚ (eß&ta'Bj™n)i (es-)a /es'ta 'bjen/ πtá bien˚ ('b™RBo) /'beRbo/ verbo˚ ('alBa) /'alba/ alba˚ ('pø;BRe) /'pobRe/ pobre˚ (&añßo'lu;to)i (-ñs-)a /abso'luto/ absoluto˚ (ßu'Bli;me)i (s-)a /su'blime/ sublime˚ (&ßuB-le'BaR)i (&s-)a /sub-le'baR/ sublevar (in quest'esempio, il prefisso è sentito ancora come qualcosa di separato), (oñ'taR) /ob'taR/ optar (sia b che v sono sempre /b/ (b, B): lo spagnolo non ha "/v/&). Ancora: ('tø;ƒo) /'toòo/ todo˚ (peR'ƒ™R) /peR'òeR/ perder˚ ('ma;ƒRe) /ma'òRe/ madre˚ ('d™fiƒe)i (-z-)a /'òesòe/ dπde÷ (lofi'ƒ™;ƒoß)i (loz'ƒ™;ƒos)a /los'òeòos/ los dedos˚ (&aƒmi'RaR) /aòmi'RaR/ admirar˚ (aƒ'møßfeRa)i (-s-)a /aò'mosfeRa/ atmósfera˚ (&a‡Xe'ti;Bo)i (&a‡xe-)a /aòxe'tibo/ adjetivo÷ ('i;Ÿo) /'igo/ higo˚ (la'Ÿ™Rr:a) /la'geRr:a/ la %erra˚ ('a;Ÿwa) /'agwa/ a%a˚ (el'Ÿølpe) /el'golpe/ el golpe˚ ('kaRŸo) /'kaRgo/ cargo˚ ('ßi;Ÿlo)i ('s-)a /'si-glo/ siglo˚ ('diŸno, 'di˙no) /'òig-no/ digno˚ ('t™Ÿnika, -˙n-) /'tegnika/ técnica (per /gn, kn/, è possibile anche (-«n-)), (a◊'tøR) /ag'toR/ actor˚ (&di◊†jo'na;Rjo)i (-◊s-)a /òig†jo'naRjo/ diccionario˘ Davanti a V anteriori e a /j/, /k, g, g/ si realizzano come prevelari, per normale assimilazione, ma non è necessario usare sistematicamente i simboli speciali ((´, Ò, Ú)): (ki'taR) /ki'tar/ ¢itar˚ ('kj™;Ro) /'kjeRo/ ¢iero˚ ('gia) /'gia/ %ìa˚ ('a;Ÿila) /'agila/ á%ila˘ In posizione e‡ettivamente intervocalica, correntemente si ha un'articolazione semicostrittiva, ((y)) (e ((g))): ('a;Ÿo) (('a;yo)) /'ago/ hago (e ('a;Ÿila) ((-gi-)) /'agila/ á%ila]˘

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6.2.2.2. In posizione finale di parola, (‡) /ò/ è indebolito (cioè articolato con minore tensione, ((d)), oltre che desonorizzato, ((D)), a meno che non sia seguìto da foni sonori): ('ß™‡)i ('s-)a /'seò/ sed˚ (a'Bla‡) /a'blaò/ hablad÷ spesso cade in: (uß't™[‡])i (us-)a /us'te[ò]/ ¨ted˚ (ma'ƒRi[‡]) /ma'òRi[ò]/ Madrid, e in sostantivi in /éòò/ (non monosillabici): (beR'ƒa[‡]) /beR'òaò/ verdad˚ (biR'tu[‡]) /biR'tuò/ virtud˘ Inoltre, nella desinenza maschile -ado(s)˚ l'articolazione è ugualmente più attenuata (fino a (`), "zero&, in pronuncia familiare, soprattutto iberica, ma non sistematicamente; in quella americana, generalmente, la caduta è considerata non-neutra): (Le'Ÿa[;ƒ]o)i (,e'Ÿa;ƒo)a /Le'gaòo/ ıegado˚ (ßol'da[;ƒ]oß)i (sol'da;ƒos)a /sol'daòos/ soldados˘ Come s'è visto, davanti a C non-sonora (e davanti a eventuale pausa), /b, ò, g/ sono desonorizzati: (oñ'taR, &a‡Xe'ti;Bo, a◊'tøR) (ripresi dal paragrafo precedente). Per eccessivo influsso della scrittura, soprattutto nell'accento americano, c'è chi articola come (p, b÷ t, d÷ k, g) (con sonorità secondo la grafia) i /b, ò, g/ davanti a C eterosillabiche (che, invece, rappresentano una normalissima neutralizzazione): (oñ'taR, op-), (&ßuB-le'BaR, -b-)i (&s-)a, (&aƒmi'RaR, &ad-), (aƒ'møßfeRa, at-)i (-s-)a, (&a‡Xe'ti;Bo, &ad-)i (-xe-)a÷ ('diŸno, 'dig-), (a◊'tøR, ak-). Sempre per lo stesso motivo, con un ulteriore (e più grave) allontanamento dalla vera struttura fonica, per indebito influsso dell'ortografia (o a causa d'accenti regionali, come il valenziano, (v), e il paraguaiano, (V)), specie in pronuncia americana, c'è chi introduce il "fonema /v/& in spagnolo, che non l'ha più da secoli: (&embi'aR÷ ≠&eMvi'aR) /embi'aR/ enviar˘ È evidente che l'uso che facciamo di /b, ò, g/ non è diafonemico˚ giacché i due accenti coincidono sostanzialmente; è, piuttosto, interfonemico, perché si preoccupa di mostrare dove la loro realizzazione non è occlusiva, per avviare lo straniero a un impiego adeguato, senza deduzioni forzate (e, spesso, errate – e, quindi, fonte di problemi inutili). Occlu-costrittivi 6.2.3. C'è un solo fonema occlu-costrittivo, postalveo-palatale non-sonoro, (C) /c/ (che, rispetto a (c) /c/ postalveo-palato-prolabiato, dell'italiano neutro, non ha la protensione labiale): ('l™;Ce) /'lece/ le>e˚ (mu'Ca;Co) /mu'caco/ mu>a>o˚ (&CaCa'Ca) /caca'ca/ >a->a->ᢠIl passaggio regionale di /c/ a (ë) è tipico andaluso e caraibico. Foneticamente, c'è un altro occlu-costrittivo, palatale sonoro, (›), realizzazione del fonema costrittivo /J/, che ricorre solo dopo pausa o dopo /n, l/: ([koN]'›™Rr:o) /[kon]'JeRr:o/ (con] hierro˚ (&iN›™◊'†jøn)i (-sjøn)a /inJeg'†jon/ inyección˚ ([eL]'›u˙ke) /[el]'Junke/ (el) yun¢e˘ Spesso, in pronuncia familiare (pure neutra), dopo pausa si ha anche (J) (vero costrittivo), oppure un semi-occlu-costrittivo, (W), o anche un occlu-semi-costrittivo, (Ÿ): ('J™Rr:o, 'Ju˙ke÷ 'W-, 'Ÿ-); lo stesso può succedere, nell'ordine (›, Ÿ, W, J), dopo /n, l/: (koN'›™Rr:o, koN'Ÿ-, koN'W-, koN'J-), (&iN›™◊'†jøn, &iNŸ™-, &iNW™-, &iNJ™-)i (-sjøn)a, (eL'›u˙ke, eL'Ju-).

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Costrittivi 6.2.4.1. I fonemi costrittivi sono cinque; quattro non-sonori: (f) /f/, (†i, sa) /†/, (ßi, sa) /s/ e (Xi, xa) /x/; mentre (,) /J/ è (palatale) sonoro e, a dire il vero, solo semi-costrittivo, essendo a metà strada fra l'approssimante, (j), e il vero costrittivo ((J); ma più raro, nelle varie lingue). Non pone problemi (f) /f/, anche se, spesso, parlanti americani ed iberici lo realizzano come bilabiale (costrittivo, (å), o approssimante, (F)): ([&uM]fa'BøR÷ [&um]åa-÷ [&um]Fa-) /[un]fa'boR/ (un) favor˘ 6.2.4.2. Per gli altri, c'è bisogno di qualche spiegazione. Infatti, (†) /†/i è neutro solo nell'accento iberico, mentre in quello americano confluisce in /s/: (†a'pa;to)i (sa-)a /†a'pato/ zapato˚ ('†j™;lo)i ('sj-)a /'†jelo/ cielo˚ ('di;†e)i (-se)a /'òi†e/ dice˚ ('lu†)i ('lus)a /'lu†/ luz˘ Partendo da una trascrizione di tipo americano, o internazionale, potrebbe esser più conveniente usare il diafonema /s/: /sa'pato, 'sjelo, 'òise, 'lus/. Davanti a C sonore, l'articolazione diventa sonora: (Xu∑'ŸaR)i (xuz'ŸaR)a /xu†'gaR/ juzgar˚ ('lu∑ ƒo'Ra;ƒa)i ('luz)a /'lu† òo'Raòa/ luz dorada÷ naturalmente, davanti a sonanti, nell'accento americano, si preferisce (s) (come per /s/; ® il paragrafo successivo): ('dj™∑mo)i (-smo)a /'òje†mo/ diezmo˘ 6.2.4.3. Per /s/, cambia il punto d'articolazione, da un accento all'altro, giacché /s/ è (apico)alveolare in iberico, (ß)i, ma (lamino)dentale in americano, (s)a: (eß'ta;ƒoß)i (es'ta;ƒos)a /es'taòos/ πtados˚ ('ßøl)i ('s-)a /'sol/ sol˚ ('pi;ßo)i (-so)a /'piso/ p¤o˘ (Dopo V accentata, oltre al normale –e più consigliabile– ('é;ßé)i ('é;sé)a, si può avere anche ('éßßé)i ('éssé)a: ('pißßo)i ('pisso)a.) Davanti a C sonore difoniche eterosillabiche (/b, d, g/), /s/ diventa sonora, (fi)i (z)a: (lofi'BuRr:oß)i (loz'BuRr:os)a /los'buRr:os/ los burros˚ ('d™fiƒe)i ('d™zƒe)a /'òesòe/ dπde˚ (difi'Ÿußto)i (-z'Ÿus-)a /òis'gusto/ d¤g¨to˘ Nelle sequenze /st, sò/, nella pronuncia neutra iberica, si mantiene (ß, fi), come si vede dagli esempi dati; l'articolazione dentalveolare (dentale a punta alta, ((s, z))) è solo possibile, mentre è necessaria nella pronuncia (sempre iberica) della sequenza /s†/: (es'†™;na) /es'†ena/ πcena (che, in pronuncia americana, è (e's™;na) /e'sena/, da //es'sena//). Però, davanti a C eterosillabiche non-difoniche (/m, n, N÷ J÷ w÷ l, L/; per /s/ + /r:/, si veda alla fine di questo paragrafo), abbiamo un comportamento diverso, anche se complementare: nell'accento iberico prevale la sonorizzazione, (fi, Ü, ß); mentre, in quello americano, prevale la non-sonorizzazione, (s, Ω, z) (anche se noi segn{i}amo solo la prima realizzazione per ciascun accento): ('mifimo)i (-s-)a /'mismo/ m¤mo˚ ('ifila)i (-s-)a /'isla/ ¤la˚ (lofi'w™;ßoß)i (-s'w™;sos, -'sw-)a /los'wesos/ los huπos˚ ('døò ',™Rr:oß)i ('døë)a /'òos 'JeRr:os/ dos hierros˘ L'ultimo esempio mostra la normale articolazione di tipo postalveo-palatale, (ò)i (ë)a, davanti a /J/, come pure davanti a /L, N/: (laò'Lu;Bjaß)i (laë',u;Bjas)a /las'Lubjas/ lø ıuviø˚ (loò'Nø;Noß)i (loë-, -os)a /los'NoNos/ los ñoños. Se le C sonore che seguono sono tautosillabiche (cioè, quando fanno parte della stessa sillaba), /s/ resta non-sonoro, come pure davanti a V˚ /sòé/ (essendo iniziale di fonosillaba): ('ßj™ßta)i ('sj™s-)a /'sjesta/ siπta˚ ('ßw™;lo)i ('s-)a /'swelo/ suelo˚ (&loßa-

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'mi;Ÿoß)i (-sa'mi;Ÿos)a /losa'migos/ los amigos˚ (&mißeR'ma;noß)i (-seR'ma;nos)a /miseR'manos/ m¤ hermanos˘ (I catalani sonorizzano, invece, anche in spagnolo, dicendo (&lofia'mi;Ÿoß, &mifieR'ma;noß).) Per /sòr:/ (anche /s˘r:/) le articolazioni più normali sono (Ír:, Rr:, §r:, ¸r:, ͸:, R¸:) (comunque, trascriviamo solo (Ír:), ma /sr:/, anche se un'e‡ettiva pronuncia con (ßi, sa) è decisamente eccessiva, più da "stranieri& {sia non-ispanici che ispanici}): (laÍ'r:w™;ƒaß)i (-s)a /las'r:weòas/ lø ruedø˚ (&iÍr:a'™l) /isr:a'el/ Israel˘ Nella trascrizione fonemica, usiamo /s/, giacché, parlando in modo lento o enfatico, per (fii, za), la pronuncia e‡ettiva può senz'altro essere non-sonora anche in pronuncia iberica. 6.2.4.4. Il criterio adottato qui considera solo due tipi di pronuncia neutra; ma, descrivendo le pronunce delle singole nazioni, sarà inevitabile allargare i criteri, fino a inglobare, adeguatamente, le caratteristiche d'ogni singola nazione (pur con tutte le varianti non-neutre che, ovviamente, ogni zona presenta). Perciò, accenniamo a una variante, non-neutra, per /s˘/ (americana, canaria e andalusa), molto attenuata: è l'approssimante laringale (non-sonoro, (h), e sonoro, (H), davanti a foni sonori), che, generalmente, s'accompagna a ciò che, tradizionalmente (ma inesattamente), è definito "aspirazione& di /s/ (che, da un punto di vista fonetico rigoroso, significherebbe (sh), come (th)…), davanti a pausa, o a C, o anche davanti a V˘ Si realizza, cioè, come se fosse "/h/&. Per esempio: (lah'kw™htah) /las'kwestas/ lø cuπtø˚ ('d™Hƒe) /'òesòe/ dπde˚ ('ihlah, 'iH-) /'islas/ ¤lø˚ (&loha'mi;Ÿoh) /losa'migos/ los amigos (in pronuncia neutra: (laß'kw™ßtaß)i (las'kw™stas)a, ('d™fiƒe)i (-z-)a, ('ifilaß)i ('islas)a, (&loßa'mi;Ÿoß)i (-sa'mi;Ÿos)a]˘ Tale pronuncia può arrivare anche a trasformare (h, H) in (`), "zero&. 6.2.4.5. Sempre in pronunce non-neutre ci possono essere anche "colorature& di (h) (non-sonoro), a seconda del timbro vocalico precedente. Ciò accade, spesso, in argentino (dove il fenomeno si verifica normalmente; e, solo nella parlata più formale, si riesce a evitarlo; ma, davanti a pausa, è sentito come molto popolare e, quindi, evitato con più attenzione): ('liâta) (palatale) /'lista/ l¤ta˚ ('kw™hta) (laringale) /'kwesta/ cuπta˚ ('pa∆ta) (velare) /'pasta/ pøta˚ ('tø∆ta) (laringo-labiato) /'tosta/ tosta˚ ('guWta) (velo-labiato) /'gusta/ %sta÷ ('iHla, 'd™Hƒe, 'aHma, 'øHmosis, tuH'ƒj™ntes) /'isla, 'òesòe, 'asma, 'osmosis, tus'òjentes/ ¤la˚ dπde˚ øma˚ ósmos¤˚ t¨ dientπ˘ In pronuncia neutra, abbiamo: ('lißta, 'kw™ßta, 'paßta, 'tøßta, 'gußta)i (-s-)a e ('ifila, 'd™fiƒe, 'afima, 'øfimoßiß, tufi'ƒj™nteß)i ('is-)a˘ In pronuncia argentina neutra, /s/, nei contesti /s˘, sò/, comunque, solo di rado è pienamente (s, z), bensì semi-costrittivo solcato, dentale, (∂, d): ('d™dƒe, lo∂'p™Rr:o∂) /'òesòe, los'peRr:os/ dπde˚ los perros. (Le due pronunce neutre, trattate qui, hanno (fi, ß)i (z, s)a. Una pronuncia argentina meno neutra, ma curata, ha (≈) per (∂, d) – ® f 1.918.) Un'altra caratteristica, ancora più marcata, tipica soprattutto di parti dell'Andalusia e dell'America (in particolare, delle zone caraibica e meridionale), fonde /sÊ/ in (=): (miz'ƒ™;ƒos÷ miH'ƒ™;ƒoh÷ mi+'ƒ™;ƒoh÷ mi'Ï™-÷ mi'†™-÷ -o∆) /mis'òeòos/ m¤ dedos˚ (&tRez'Bailes÷ &tReH'Baileh÷ &tRe='Bai-÷ &tRe'åai-÷ &tRe'Fai-) /'tRes 'bailes/ trπ bailπ˚ (laz-

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'Bø;tas÷ laH'Bø;tah÷ la´'Bø-÷ la'åø-÷ la'Fø-÷ -a∆) /las'botas/ lø botø˚ (loz'Ÿa;,os÷ loH'Ÿa;,oh÷ lo≠'Ÿa-÷ lo'xa-÷ lo'∆a-÷ -o∆) /los'gaJos/ los gaıos˚ (tuz'Ÿa;tos÷ tuH'Ÿa;toh÷ tu±'Ÿa-÷ tu'xa-÷ tu'∆a-÷ -o∆) /tus'gatos/ t¨ gatos ((=) e derivati hanno il tipo di fonazione intermedio tra (h) e (H)). La pronuncia neutra è: (mifi'ƒ™;ƒoß, &tRefi'Baileß, lafi'Bø;taß, lofi'Ÿa;,oß, tufi'Ÿa;toß)i (-z-, -s)a˘ Oppure, coi son(or)anti (/m, n÷ l÷ r:/), può cambiare anche in (Ò0, =0): ('mizmo, 'miΩ-, 'mis-÷ 'miH-, 'mi+-÷ 'mi≈-, 'mi)-) /'mismo/ m¤mo˚ ('azno, 'aΩ-, 'as-÷ 'aH-, 'a´-÷ 'an-÷ 'a£-) /'asno/ øno˚ ('izla÷ 'iΩ-, 'is-÷ 'iH-÷ 'i+-÷ 'iú-÷ 'ia-) /'isla/ ¤la˚ (&iÍr:a'™l, &i-5) /isr:a'el/ Israel˘ La pronuncia neutra è: ('mifimo, 'afino, 'ifila)i (-s-)a (&iÍr:a'™l)˘ 6.2.4.6. Il semi-costrittivo palatale sonoro, (,) /J/ (già introdotto nel § 6.2.4.1; ® anche 6.2.4.3), ricorre tra V˚ nella parola o nella frase (cioè nei contesti diversi da quelli "forti& del § 6.2.3, ma, come s'è già detto lì, è possibile pure in quelli): ('ba;,a) /'baJa/ vaya˚ ('ø;,e) /'oJe/ oye˘ Per /J/, c'è una pronuncia che può forse rientrare nel neutro (dal tipo familiare, fino a quello energico), molto frequente, in entrambi gli accenti: (‚); articolatoriamente, corrisponde a (C) /c/, che viene a formare una coppia difonica, quindi, rendendo più naturale e coerente il sistema consonantico. Pur non essendo ancora completamente neutra, la si potrebbe usare in una specie d'accento "internazionale&, più semplice e più funzionale (anche con (s, ,) /s, J/ per /†, L/; indicati, quindi, coi diafonemi /s, J/, ® § 6.0); questa pronuncia sarebbe giustificata e sorretta dall'uso e‡ettivo di tanti parlanti iberici (tra cui i madrileni) e americani: ('ba;‚a, 'ø;‚e). Nell'ottica di questo capitolo, il passaggio di /J/ a (ë, ò) è senz'altro regionale (e tipico, per esempio, dell'argentino, il cui neutro locale ha, però, (ò) per /J, L/). Sempre in americano e andaluso, soprattutto, /J/ si può realizzare spesso come un approssimante, (j), ma tale pronuncia stenta a rientrare nel neutro (per quanto piccola sia la di‡erenza, giacché (,) è solo un semi-costrittivo); un uso sistematico di (j) è regionale, o straniero. 6.2.4.7. Anche per /x/, cambia il punto d'articolazione, da un accento all'altro (pure all'interno del neutro), giacché /x/ è, rispettivamente, uvulare, (X)i, e velare, (x)a: (Xa'møn)i (xa-)a /xa'mon/ jamón˚ (Xe'miR)i (xe-)a /xe'miR/ gemir˚ ('di;Xe)i (-xe)a /'òixe/ dije÷ finale è più debole, passando ad approssimante dello stesso punto d'articolazione, o anche laringale: ('bø˜, -h)i ('bø∆, -h)a /'box/ boj÷ correntemente si perde in: (r:e'lø[˜], -ø[h])i (r:e'lø[∆], -ø[h])a /r:e'lox/ reloj˘ Nei due accenti, per /x/, si possono avere delle varianti, che rientrano ancora nel neutro: rispettivamente, un'articolazione più energica ((º)i, vibrante costrittivo uvulare non-sonoro), o meno energica ((∆)a, approssimante velare non-sonoro), che segnaliamo solo qui. Invece, il passaggio a (h) (laringale), molto di‡uso in America e in Andalusia, non può esser considerato neutro, secondo i criteri adottati qui.

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Approssimanti 6.2.5.1. I fonemi approssimanti spagnoli sono /j, w/: ('†j™;lo)i ('sj™-)a /'†jelo/ cielo˚ ('w™;Bo) /'webo/ huevo˚ (&awe'kaR) /awe'kaR/ ahuecar÷ sono dialettali (o straniere) realizzazioni desonorizzate dopo C non-sonore: ('tj™;ne÷ ≠'tª-) /'tjene/ tiene˚ ('kwa;tRo÷ ≠'k‹-) /'kwatRo/ cuatro˘ Generalmente, /j/ ricorre solo dopo C tautosillabica, come negli esempi ora visti, e in ('r:j™;Ÿo) /'r:jego/ riego. Invece, in posizione iniziale di sillaba, abbiamo esclusivamente /J/ (§ 6.2.4.6, 6.2.4.1, 6.2.3), tranne che in zone dell'America, come l'Argentina, dove lo troviamo per hiV-: ('›™;lo, ',-)i ('›-, ',-÷ 'j-)a /'Jelo/ hielo˚ ('›™RBa, ',-)i ('›-, ',-÷ 'j-)a /'JeRba/ hierba˚ contro ('›™RBa, ',-)i ('›-, ',-)a /'JeRba/ yerba (indipendentemente dalla riduzione, non-neutra, di /J/ a (j), in certe zone). Per /é[ò]bwé, é[ò]gwé/, in pronuncia familiare, si può avere una semplificazione, tramite un approssimante bilabio-velare, (ñ), per il primo caso; o un costrittivo, ()) (o (Ÿ), ® § 9.14 dell'FTN/MaF), oppure un semi-costrittivo, (m), fino all'approssimante (w), velo-labiati: (a'Bw™;lo, a'm™-, a'ñ™-, a'w™-) /a'bwelo/ abuelo˚ (la'Bw™lta, la'm™-, la'ñ™-, la'w™-) /la'bwelta/ la vuelta˚ ('a;Ÿwa, 'a;)a, 'a;ma, 'a;wa) /'agwa/ a%a˚ (la&Ÿwape'tø;na, la&)a-, la&ma-, la&wa-) /lagwape'tona/ la %apetona˘ Invece, per /òw, éw/, in pronuncia familiare, è frequente una realizzazione più energica (rispetto alla trascrizione fonemica): (')™;Bo, 'm™-, 'ñ™-) /'webo/, (&a)e'kaR, &ame-, &añe-) /awe'kaR/. Anche nella combinazione /nòw/ (® § 6.2.1.1), si può avere quest'articolazione più energica: (u«'w™;Bo, u«')™-, u«'m™-, u«'ñ™-) /un'webo/ un huevo˘ In tutti questi casi, si sentono anche realizzazioni scomposte sintagmaticamente, (Ÿw, Bw) (e anche (˙gw, mbw), per l'ultimo caso), ma è senz'altro meglio evitarle. 6.2.5.2. Oltre a (j, w) e (B, ƒ) (/j, w/, /b, ò/), ci sono altri tre (tasso)foni approssimanti, che realizzano, nel parlato spontaneo –normale, e nient'a‡atto trascurato– /e, o, a/, nelle sequenze /0eé, 0oé, 0aé/; abbiamo, quindi, /e/ (ã) (semi-palatale), /o/ (j) (semi-velo-labiato) e /a/ (F) (semi-prevelare): ('pãøR) /pe'oR/ peor˚ ('tãa;tRo) /te'atRo/ teatro˚ ('pj™;ta) /po'eta/ poeta˚ (&kjaŸu'laR) /koagu'laR/ coa%lar˚ (u'nFø;Xa)i (-xa)a /una'oxa/ una hoja˚ ('lFø;tRa pa'Ra;ƒa) /la'otRa pa'Raòa/ la otra parada˘ In parlata più lenta o solenne, abbiamo senz'altro (pe'øR, te'a;tRo, po'™;ta, &koaŸu'laR, &una'ø;Xa, la'ø;tRa pa'Ra;ƒa)i (-xa)a, come indica la trascrizione fonemica. Sono, invece, pronunce correntemente considerate popolari: ('pjøR, 'tja;tRo, 'pw™;ta, &kwaŸu'laR); la di‡erenza c'è, e è più che su‚ciente per distinguere le tre realizzazioni diverse, anche se potrebbe sembrare irrisoria quella tra (ã, j) e (j, w) (non solo agli stranieri, ma pure a nativi che scrivono articoli e libri, limitandosi alle due sole possibilità estreme, anche per mancanza di simboli adeguati). Vibranti 6.2.6.1. Lo spagnolo ha un vibrante alveolare /r:/ (r:), con tre battiti dell'apice contro gli alveoli (per cui sarebbe su‚ciente usare (r;), ma l'esperienza fa preferire (r:)), e un vibrato /R/ (R), con un solo battito alveolare: ('r:a;Ro) /'r:aRo/ raro˘ È im-

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portante, in trascrizioni interfonemiche (che riguardano più lingue), segnare anche il crono/cronema, perché altrimenti se ne maschererebbe la natura, rischiando di farlo passare per un semplice vibrante (a due battiti, come in italiano, in sillaba accentata: ('ra:Ro)it /'raro/ raro]˘ I due tipi spagnoli ((R, r:)) si combinano anche, tra di loro, dando, per esempio: ('tj™Rr:a) /'tjeRr:a/ tierra (® l'italiano ('tEr:Ra) /'tErra/ terra]˚ (laR'r:a;ƒjo) /laR'r:aòjo/ la radio (® l'italiano (la'ra:djo)it /la'radjo/ la radio]˘ Inoltre, in spagnolo, i due tipi sono distintivi (anche se con di‡erenze di durata, pure vocaliche), tra V\ ('ka;Ro) /'kaRo/ caro˚ ('kaRr:o) /'kaRr:o/ carro÷ ('p™;Ro) /'peRo/ pero˚ ('p™Rr:o) /'peRr:o/ perro÷ (&en†e'RaR)i (-s-)a /en†e'RaR/ encerar˚ (&en†eR'r:aR)i (-s-)a /en†eR'r:aR/ encerrar˘ Nella nostra analisi fone(ma)tica, (Rr:) /Rr:/ sono sequenze eterosillabiche, costituite da (R˘) /R˘/ (finale di sillaba) e (Rò) /Rò/ (finale di parola) + (r:) /r:/, con un battito + tre (o quattro, per enfasi); non segmenti semplici come "/R, r/& (nella tradizione ispanica "r˚ r&). 6.2.6.2. Ora, vediamo (sistematicamente), le distribuzioni dei due tipi. Oltre che nel contesto intervocalico, appena visto, con (Rr:) /Rr:/, in cui l'uso è fonemico, troviamo (r:) anche dopo pausa e dopo C eterosillabiche (/n, l, s/): (r:a'tøn) /r:a'ton/ ratón˚ ('ønr:a) /'onr:a/ honra˚ (un'r:a;mo) /un'r:amo/ un ramo˚ (al&r:eƒe'ƒøR) /alr:eòe'òoR/ alrededor˚ (el'r:™i) /el'r:ei/ el rey˚ (&iÍr:ae'li;ta) /isr:ae'lita/ ¤raelita˚ (miÍ'r:ø;paß)i (-s)a /mis'r:opas/ m¤ ropø˘ Negli altri contesti, è normale (R), anche davanti a pausa, dove la vibrazione delle pliche vocali cessa simultaneamente allo stacco dell'apice dagli alveoli (perciò, non è a‡atto accettabile qualcosa come (-RÈ, -R…, -RO)): ('mi;Ra) /'miRa/ mira˚ ('miRlo) /'miRlo/ mirlo˚ ('øRƒen) /'oRòen/ orden˚ ('tR™n) /'tRen/ tren˚ (a'BRiR) /a'bRiR/ abrir˚ (&ofRe'†™R)i (-s™R)a /ofRe'†eR/ ofrecer˚ (peR'ƒ™R) /peR'òeR/ perder˚ (&poRfa'BøR) /poRfa'boR/ por favor˚ ('iR po'Ra;Ÿwa) /'iR po'Ragwa/ ir por a%a˘ In tutti i casi, (R) /R/ può esser indebolito, nella pronuncia familiare, sostituendolo con (¸): ('mi;¸a, 'mi¸lo, 'ø¸ƒen, 't¸™n, a'B¸i§, &of¸e'†™§)i (-s™§)a, (pe¸'ƒ™§, &po§fa'Bø§, 'i§ po'¸a;Ÿwa). Invece, in pronuncia più energica o enfatica, per /R˘, Rò/, si può avere anche un ra‡orzamento, in (r): ('mirlo, 'ørƒen, a'BRir, &ofRe'†™r)i (-s™r)a, (per'ƒ™r, &porfa'Bør, 'ir po'Ra;Ÿwa). Però, nessuno di questi due foni è indispensabile per una pronuncia "genuina&. Laterali 6.2.7. Ci sono due fonemi laterali nello spagnolo neutro iberico, (l, L)i /l, L/; mentre, nel neutro americano, il secondo confluisce in /J/ – (l, ,)a /l, L/; inoltre, /l/ ha dei tassofoni che vanno usati adeguatamente, (¬, L) (non serve segnare esplicitamente ((l)), purché l'articolazione sia dentale): ('la;ƒo) /'laòo/ lado˚ (ka'løR) /ka'loR/ calor˚ (kol'ŸaR) /kol'gaR/ colgar˚ ('alto) {((-lto))} /'alto/ alto˚ (el'†i;ne)i {((el'†-))} (el'si;ne)a {((el's-))} /el'†ine/ el cine˚ (ko¬'Cøn) ((-L'C-)) /kol'con/ col>ón˚ (eL'Nø;No) /el'NoNo/ el ñoño˚ (eL'›u˙ke, eL'J-) /el'Junke/ el yunke˚ ('kla;ße)i (-se)a /'klase/ cløe˚ ('dø;Ble) /'òoble/ doble˚ (e'la;Ÿwa) /e'lagwa/ el a%a˚ (La'maR)i (,a-)a /La'maR/ ıamar˚ ('ba;-

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Le)i (-,e)a /'baLe/ vaıe˚ (&koNLe'Bando)i (-N›-, NJ-)a /konLe'bando/ conıevando˘ Foneticamente, anche l'accento americano ha (L), davanti a palatali, pur non avendo il fonema /L/, e /J/ s'articola come vero costrittivo, (J), oltre che come occlu-costrittivo, (›). Davanti a pausa, anche per /l/ (come per /n, R/, e pure /ò/), la vibrazione delle pliche vocali cessa simultaneamente allo stacco dell'apice dagli alveoli (perciò, non è a‡atto accettabile qualcosa come (-lÈ, -l…, -lO)): ('ßøl)i ('s-)a /'sol/ sol˚ (lau'R™l) /lau'Rel/ laurel˘ Strutture 6.3. Tratteremo le caratteristiche degl'incontri di parole nella frase e, poi, soprattutto, l'accento di frase (giacché la grafia spagnola è parecchio esplicita, per quest'aspetto, anche se non è proprio esente da dubbi e incertezze, comprese oscillazioni possibili). Tassofonica 6.3.1.1. Per quanto riguarda le assimilazioni consonantiche, s'è detto nei singoli paragrafi delle rispettive parti. Qui tratteremo, soprattutto, degl'incontri vocalici nelle parole e tra parole nelle frasi. All'interno di parola˚ due V uguali tendono a ridursi a una sola, tranne che nel parlare formale, lento o accurato: (&alBa'a;ka, al'Ba;ka) /alba'aka/ albahaca˚ (a†a'aR, -'†aR)i (-s-)a /a†a'aR/ azahar˚ (&akRee'ƒø;Reß, &akRe'-) /akRee'òoRes/ acreedorπ˚ (bee'm™n†ja, be'-)i (-sja)a /bee'men†ja/ vehemencia˚ (nii'lißta, ni'-) /nii'lista/ nihil¤ta˚ (&alko'øl, al'køl) /alko'ol/ alcohol˚ (&koope'RaR, ko&o-, &kope-) /koope'RaR/ cooperar˚ (&†oolo'Xia, &†olo-)i (&so-, -'xia)a /†oolo'xia/ zoologìa˘ Però, certe parole, che altrimenti non verrebbero facilmente riconosciute, non si riducono: (kRe'™n†ja)i (-sja)a /kRe'en†ja/ creencia˚ (mo'ø;ßo)i (-so)a /mo'oso/ mohoso˚ (lo'øR) /lo'oR/ loor÷ altre parole si possono ridurre tranne che in tonìa: (le'™R, 'l™R) /le'eR/ leer˚ ('l™e, 'l™) /'lee/ lee˚ (kRe'™, 'kR™) /kRe'e/ creé˚ (paße'™;moß, pa'ßã™;-, pa'ß™;-) /pase'emos/ pøeemos˘ Con V diverse, abbiamo: (ko&aŸu'la;ƒo, &kja-) /koagu'laòo/ coa%lado˚ (aR'X™nteo, -tão)i (-x-)a /aR'xenteo/ argénteo˚ (leo'paRƒo, lão-) /leo'paRòo/ leopardo˘ 6.3.1.2. Al contrario, nel parlare più formale, lento o accurato, (j, ã÷ w, j) possono passare ai vocoidi (i, e÷ u, o): ('bja;Xe÷ bi'a-)i (-xe)a /'bjaxe/ viaje˚ ('ßwa;Be÷ ßu'a-)i ('swa-)a /'swabe/ suave˚ ('bju;ƒa÷ bi'u-) /'bjuòa/ viuda˚ ('r:wi;ƒo÷ r:u'i-) /'r:wiòo/ ruido÷ (al'dãa;no÷ &alde'a-) /alde'ano/ aldeano˚ (lãal'ta‡÷ leal-) /leal'taò/ lealtad˚ ('li;nãa÷ -nea) /'linea/ lìnea˚ ('tja;La÷ to'a-)i (-,a)a /to'aLa/ toaıa˚ (&kjaŸu'laR÷ ko&a-÷ &koa-) /koagu'laR/ coa%lar˚ ('r:ãal÷ r:e'al) /r:e'al/ real˘ Si ricorda che c'è di‡erenza tra la normale pronuncia (non lenta): ('tãa;tRo, &empão'RaR, 'pj™;ta, &kjaŸu'laR) {/te'atRo, empeo'RaR, po'eta, koagu'laR/ teatro˚ empeorar˚ poeta˚ coa%lar] e quella "popolare&: ('tja;tRo, &empjo'RaR, 'pw™;ta, &kwaŸu'laR), oltre

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che rispetto a quella lenta: (te'a;tRo, &empeo'RaR, po'™;ta, &koaŸu'laR, ko&a-). Salvo che in casi particolari, per motivi ritmici (come si vedrà fra poco), è decisamente popolare (anche se molto di‡usa, specie in America latina) la pronuncia con dittonghi "abusivi&: (pa'iß, ≠'paiß)i (-s)a /pa'is/ paìs˚ (ma'i†, ≠'mai†)i (-s)a /ma'i†/ maìz˚ (ba'ul, ≠'baul) /ba'ul/ baùl˘ Ugualmente popolare è il passaggio di /ae, ao/ a /ai, au/: ('kaen÷ ≠'kain) /'kaen/ caen˚ (tRae'Ran÷ ≠tRai-) /tRae'Ran/ traerán˚ (bil'Bao÷ ≠-au÷ ≠-aU) /bil'bao/ Bilbao˚ (&baka'lao÷ ≠-au÷ ≠-aU) /baka'lao/ bacalao÷ in casi come (&e[◊]ßtRa&oRƒi'na;Rjo, e[◊]ß&tRaoR-)i (-s-)a /e[k]stRaoRòi'naRjo/ extraordinario˚ abbiamo anche la possibilità di: (&e[◊]ßtRFoR-, e[◊]ß&tRFoR-)i (-s-)a. 6.3.1.3. Non si ricava automaticamente il valore vocalico (/i, u/) o consonantico (/j, w/) di i˚ u nelle sequenze CiV˚ CuV÷ /i, u/ sono decisamente più probabili vicino all'accento e alla fine della parola: (r:eß'fRio)i (-s-)a /r:es'fRio/ rπfrìo˚ (&r:eßfRi'aR)i (-s-)a /r:esfRi'aR/ rπfriar˚ ma: (&eMfRja'm™nto) /enfRja'mento/ enfriamento (e anche: (r:eß'fRja;ƒo)i (-s-)a /r:es'fRjaòo/ rπfriado]˚ (flu◊'tuo) /fluk'tuo/ fluctùo˚ (&flu◊tu'aR) /fluktu'aR/ fluctuar (e anche: (&flu◊tu'ø;ßo)i (-so)a /fluktu'oso/ fluctuoso˚ oltre a (flu◊'twø;ßo)i (-so)a /fluk'twoso/, come suntuoso˚ virtuoso˚ che hanno solo (-'twø;ßo)i (-so)a /-'twoso/) ma: (&flu◊twa'†jøn)i (-'sj-)a /fluktwa'†jon/ fluctuación˘ Gl'infiniti con /i, u/ (prevalentemente corti e i loro derivati, anche quando non ci sia più la forma semplice originaria) sono: (re-, mal-)criar˚ fiar˚ rπfriar˚ enfriar˚ liar˚ (ex-)piar˚ (π-, ¤-)triar˚ %iar˚ (dπ)viar˚ enviar˚ reenviar÷ puar˚ ruar˚ fluctuar÷ concluir˚ excluir˚ incluir˚ ocluir˚ recluir˚ (a-, in-, re-)fluir˚ diluir˚ (re)huir˚ (π)muir˚ (re)construir˚ instruir˚ πtatuir˚ (re)constituir˚ dπtituir˚ instituir˚ rπtituir˚ s¨tituir˚ intuir˘ Per ui˚ è frequente anche la pronuncia con /'wi/. Altri casi di /i, u/ appaiono per forme corte o composte: (&aBi'øn) /abi'on/ avión˚ (bi'™;njo) /bi'enjo/ bienio˚ (biu'ni;Boko) /biu'niboko/ biunìvoco˚ (tRi'™;njo) /tRi'enjo/ trienio˚ (tRi'a˙gulo) /tRi'angulo/ trián%lo˚ (&dje†i'ø;Co, &dj™-)i (-si-)a /òje†i'oco/ diecio>o˚ (&beinti'ø;Co, &b™i-) /beinti'oco/ veintio>o˚ (gi'øn) /gi'on/ %ión˚ (i'a;to) /i'ato/ hiato˚ (pRi'øR) /pRi'oR/ prior˚ (kRi'an†a)i (-sa)a /kRi'an†a/ crianza˚ (fi'an†a)i (-sa)a /fi'an†a/ fianza˚ (fi'a;ƒo) /fi'aòo/ fiado˚ (fi'ambRe) /fi'ambRe/ fiambre˚ (pi'a;no) /pi'ano/ piano˚ ma: (&tRja˙gu'laR) /tRjangu'laR/ trian%lar˚ (kRja'tu;Ra) /kRja'tuRa/ criatura˚ (fja'ƒøR) /fja'òoR/ fiador˚ (koM'fjan†a)i (-sa)a /kon'fjan†a/ confianza˚ (fjam'bR™;Ra) /fjam'bReRa/ fiambrera˚ (pja'nißta)i (-sta)a /pja'nista/ pian¤ta˘ Si noti, inoltre, logicamente: ('Cja;paß)i (-s)a /'cjapas/ ≥iapø (senz'alcuna perdita di /j/ dopo /c/). Abbiamo ancora: (u'i;ƒa) /u'iòa/ huida (come huir]˚ (di'uRno, 'dju-) /òi'uRno, 'òju-/ diurno (ma: (dju'tuRno) /òju'tuRno/ diuturno]˚ (Xu'i;†jo, 'Xwi-)i (xu'i;sjo, 'xwi-)a /xu'i†jo, 'xwi-/ juicio (ma: (Xwi'†jø;ßo, 'Xw™†)i (xwi'sjø;so, 'xw™s)a /xwi'†joso, 'xwe†/ juicioso˚ juez]˚ (tRi'uMfo) /tRi'unfo/ triunfo˚ (tRiuM'fal, tRju-) /tRiun'fal, tRju-/ triunfal˘ Per muy si ha, normalmente, ('mwi) /'mwi/, ma anche ('mui) /'mui/ è frequente (anche se, spesso, è ritenuto dialettale). Hanno preferibilmente /'wi/, ma è comune anche la pronuncia con /u'i/, parole come le seguenti: circuito˚ fortuito˚ gratuito˚ suizo˚ cøu¤ta˚ ruido˚ ruin˚ ruina˚ arruino˘ Comunque, nel parlato veloce, le forme con /u'é, i'é/ passano facilmente a /'wé, 'jé/: (&deßtRu'iR, deß'tRwiR)i (-s-)a /òestRu'iR/ dπtruir˚ (&ko«ßtRu'i;ƒo, ko«ß'tRwi;ƒo)i (-s-)a /konstRu'iòo/ construido˚ (fi'a;moß, 'fja;moß)i (-s)a /fi'amos/ fiamos˚ (&a◊tu'aR, a◊'twaR)

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/agtu'aR/ actuar˚ (&kaRi'a~Co, ka'Rja~Co) /kaRi'anco/ carian>o˚ (&beinti'u ;no, bein'tju;no) /beinti'uno/ veintiuno˘ 6.3.1.4. Tra parole˚ gl'incontri di V sono più vari e più numerosi, ma i criteri sono gli stessi. Con V uguali, la riduzione è molto favorita: (laaR'r:™;Ÿlo, lFaR-, laR-) /laaR'r:eglo/ la arreglo˚ (lee[◊]ß'pli;ko, lãeß-, leß-)i (-s-)a /lee[k]s'pliko/ le explico˚ (&loolBi'ƒ™, &ljo-, &lo-) /loolbi'òe/ lo olvidé˚ ('a˙gulo oñ'tußo) /'angulo ob'tuso/ án%lo obt¨o˚ (&impla'ka;Ble e˙'kø;no, &impla'ka; Ble˙-) /impla'kable en'kono/ implacable encono÷ (la'pR™;ßa 'a;†e u'na~CoR r:e'manßo, la'pR™; 'ßa;†e)i (-sa, -se, -so)a /la'pResa 'a†e u'nancoR r:e'manso/ la prπa hace un an>o remanso˚ (e'laiRe 'entRa ßil'Bando, e'lai 'Ren-)i (sil-)a /e'laiRe 'entRa sil'bando/ el aire entra silbando˚ (&mafi'B™˙2 'kwa;tRo 'ø;Xoß2 ke'ƒøß, &kwa'tRø;-)i (&maz-, -xos, -øs)a /mas'ben 'kwatRo 'oxos ke'òos/ más ven cuatro ojos ¢e dos˘ Se le V sono diverse, abbiamo: (loaR'r:™;Ÿlo, ljaR-) /loaR'r:eglo/ lo arreglo˚ (la&oñßeR'B™, &lFo-)i (-s-)a /laobseR'be/ la observé˚ (loe[◊]ß'pli;ko, ljeß-)i (-s-)a /loe[k]s'pliko/ lo explico˚ (lae[◊]ß'pli;ko, lFeß-)i (-s-)a /lae[k]s'pliko/ la explico˚ (loim'pli;ko, ljim-) /loim'pliko/ lo implico˚ (laim'pli;ko, lFim-) /laim'pliko/ la implico˚ ('tø;ƒo a'k™;Lo, 'tø; ƒja-)i (-,o)a /'toòo a'keLo/ todo a¢eıo˚ ('tRißte o'ka;ßo, 'tRiß tão-)i (-is-, -so)a /'tRiste o'kaso/ tr¤te ocøo˚ (&entReilu'ßjø;neß, &entRi-)i (-sjø;nes)a /entReilu'sjones/ entre il¨ionπ˚ ('pu;ƒo außen'taRße, 'pu; ƒjau-)i (-sen'taRse)a /'puòo ausen'taRse/ pudo a¨entarse˚ ('™;Roe iNmoR'tal, '™;Rje, iº-, i∫-, '™; Rjãi-) /'eRoe inmoR'tal/ héroe inmortal˚ (pa'la;†jo au'Ÿußto, pa'la; †jjau-)i (-sjo, -sto)a /pa'la†jo au'gusto/ palacio au%sto÷ (ße'Ÿun ße&ano'ta;ƒo, ßãano-)i (s-, s-)a /se'gun seano'taòo/ segùn se ha notado˚ (de'ambofi 'mø;ƒoß, 'dãam-)i (-s)a /òe'ambos 'moòos/ de ambos modos˘ Ovviamente, conta anche la funzione degli elementi vocalici che vengono in contatto. Nel parlato veloce, la V finale d'un grammema risulta piuttosto ridondante; perciò, può dileguarsi completamente, anche dove la sua funzione morfologica potrebbe sembrare importante (però, ci sono tutti gli altri elementi, che compensano adeguatamente). Quindi, si può arrivare, tranquillamente, pure allo "zero&, anche con V diverse: (la&aBRi'R™, &lFa-, &laB-) /laabRi'Re/ la abriré˚ (lo'ø;ƒjo, 'ljø;-, 'lø;-) /lo'oòjo/ lo odio˚ (mi'i;Xo, 'mãi;-, 'mi;-)i (-xo)a /mi'ixo/ mi hijo˚ (laeß'pø;ßa, lFeß-, leß-)i (-s'pø;sa)a /laes'posa/ la πposa˚ (la'ø;Ra, 'lFø;-, 'lø;-) /la'oRa/ la hora˚ (lai'Xi;ta, lFi-, li-)i (-x-)a /lai'xita/ la hijita˚ (lo'u;niko, 'lju;-, 'lu;-) /lo'uniko/ lo ùnico˚ (lou'nj™;Ron, lju-, lu-) /lou'njeRon/ lo unieron˚ (me'i;Ba, 'mãi;-, 'mi;-) /me'iba/ me iba˚ (me&ima'Xi;no, &mei-, &mãi-, &mi-)i (-x-)a /meima'xino/ me imagino˘ 6.3.1.5. Anche gl'incontri di varie V sono frequenti in questi esempi (tratti da Navarro Tomás, ma ritrascritti e completati): (&eßka'l™;Ra aR'r:i;Ba, -'l™; RaR'r:i-)i (&eska-)a /eska'leRa aR'r:iba/ πcalera arriba˚ (a'ma;ƒa eß'pø;ßa, a'ma; ƒFeß-, ƒeß-)i (-s-)a /a'maòa es'posa/ amada πposa˚ (o'f™Rta i,'Xußta, o'f™R tFi,-, -ti,-)i (-˙'x-)a /o'feRta in'xusta/ oferta inj¨ta˚ (pa'la;BRa o'ßa;ƒa, pa'la; BRFo-, BRo-)i (-s-)a /pa'labRa o'saòa/ palabra osada˚ ('ka;ßa u'milde, 'ka; ßFu-, ßu-)i (-s-)a /'kasa u'milde/ cøa humilde˚ ('kj™;Re a'BlaR, 'kj™; Rãa-, -Ra-) /'kjeRe a'blaR/ ¢iere hablar˚ ('pw™;ƒe eßkRi'BiR, 'pw™; ƒãeß-, ƒeß-)i (-s-)a /'pweòe eskRi'biR/ puede πcribir˘

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Anche: ('nømbRe i'lußtRe, 'nøm bRãi-, bRi-) /'nombRe i'lustRe/ nombre il¨tre˚ ('tj™;ne oR'Ÿu;Lo, 'tj™; não-, no-)i (-,o)a /'tjene or'guLo/ tiene or%ıo˚ ('X™nte u'milde, 'X™n tãu-÷ tu-)i ('x-)a /'xente u'milde/ gente humilde˚ ('ka;ßi apa'Ÿa;ƒo, 'ka; ßja-)i (-si, sj-)a /'kasi apa'gaòo/ cøi apagado˚ (mi&eßpe'Ran†a, &mieß-, &mjeß-)i (-es-, -sa)a /miespe'Ran†a/ mi πperanza˚ ('ka;ßi impo'ßi;Ble, 'ka; ßim-)i (-si, si-)a /'kasi impo'sible/ cøi imposible˚ (mio&BliŸa'†jøn, mjo-)i (-'sj-)a /miobliga'†jon/ mi obligación˚ (&niuna'B™†, ni&u-, &nju-)i (-™s)a /niuna'be†/ ni una vez˘ Ancora: ('gRi;to a'Ÿu;ƒo, 'gRi; tja-) /'gRito a'guòo/ grito a%do˚ ('pø;ko eß'fw™R†o, 'pø; kjeß-÷ keß-)i (es-, -so)a /'poko es'fweR†o/ poco πfuerzo˚ ('n™;ŸRo iM'fj™Rno, 'n™; ŸRjiM-, ŸRiM-) /'negRo in'fjeRno/ negro infierno˚ ('kwaRto oß'ku;Ro, 'kwaR tjoß-, toß-)i (-s-)a /'kwarto os'kuRo/ cuarto oscuro˚ (e˙'ga;No u'ma;no, e˙'ga; Nju-, Nu-) /en'gaNo u'mano/ engaño humano˚ (&ßuamiß'ta‡, &ßwa-)i (&s-, &s-)a /suamis'taò/ su am¤tad˚ ('impetu &eßpan'tø;ßo, -&tu eß-, -pe &tweß-)i (-es-, -so)a /'impetu espan'toso/ ìmpetu πpantoso˚ ('tRi;Bu i˙'gRa;ta, 'tRi; Bwi˙-) /'tRibu in'gRata/ tribu ingrata˚ (&poRßuo'nøR, -ßwo-)i (-s-)a /poRsuo'noR/ por su honor˚ (eß'pi;Ritu u'ma;no, -Ri tu-)i (-s-)a /es'piRitu u'mano/ πpìritu humano˚ ('L™;Ÿa aaƒo'RaR, 'L™;Ÿa aƒo-, 'L™; Ÿaƒo-)i (',™-)a /'Lega aaòo'RaR/ ıega a adorar˚ ('i;Ba aen†en'd™R, 'i;Ba en-)i (-s-)a /'iba aen†en'deR/ iba a encender˘ Altri: (be˙'gan†a ai'Ra;ƒa, -an †Fai-, -an †ai-)i (-sa, s-)a /ben'gan†a ai'Raòa/ venganza airada˚ (eß'ta;Ba ao'Ÿa;ƒa, -eß'ta; BFao-, Bao-)i (es-)a /es'taba ao'gaòa/ πtaba ahogada˚ (r:o'ßa;ƒa au'Rø;Ra, r:o'ßa; ƒFau-, ƒau-)i (-s-)a /r:o'saòa au'RoRa/ rosada aurora˚ ('kulta eu'Rø;pa, 'kul tFeu-, teu-) /'kulta eu'Ropa/ culta Europa˚ (a'pR™nde aa'BlaR, a'pR™n dãaa-, dãa-) /a'pRende aa'blaR/ aprende a hablar˚ ('auRea eß'pa;ƒa, 'auRãa, &au RãFeß'pa;ƒa)i (-s-)a /'auRea es'paòa/ áurea πpada˚ ('mw™Rte ai'Ra;ƒa, 'mw™R tãai-, tai-) /'mweRte ai'Raòa/ muerte airada˚ (pRe'ßu;me aon'daR, pRe'ßu; mãaon-)i (-s-)a /pRe'sume aon'daR/ prπume ahondar˚ ('fR™nte au'Ÿußta, 'fR™n tãau-, tau-)i (-s-)a /'fRente au'gusta/ frente au%sta˚ (biR'Xi;neo e˙'kanto, -nãjo, -não)i (-x-)a /biR'xineo en'kanto/ virgìneo encanto˘ 6.3.1.6. Continuano gli esempi d'incontri vocalici nella frase: (no'ti;†ja a'l™;ŸRe, no'ti; †ja'l™-)i (-s-)a /no'ti†ja a'legRe/ noticia alegre˚ ('r:™Xja eß'tiRpe, 'r:™; XjFeß-, Xjeß-)i (-x-, -s-)a /'r:exja es'tiRpe/ regia πtirpe˚ ('glø;Rja iNmoR'tal, iº-, i∫-, 'glø; RFi-) /'gloRja inmoR'tal/ gloria inmortal˚ (eß'tan†ja o'kulta, eß'tan †jFo-, †jo-)i (es-, -sja)a /es'tan†ja o'kulta/ πtancia oculta˚ (Xuß'ti;†ja u'ma;na, Xuß'ti; †jFu-, †ju-)i (xus'ti;s-)a /xus'ti†ja u'mana/ j¨ticia humana˚ ('na;ƒje a'ku;ƒe, 'na; ƒja-) /'naòje a'kuòe/ nadie acude˚ ('X™;njo aß'tu;to, 'X™; njjaß-)i ('x™-, -s-)a /'xenjo as'tuto/ genio øtuto˚ (ßi'l™n†jo elo'kw™nte, ßi'l™n †jje-)i (si-, -sjo)a /si'len†jo elo'kwente/ silencio elocuente˚ ('ø;†jo i'nu;til, 'ø; †jji-)i (-sjo)a /'o†jo i'nutil/ ocio inùtil˘ Anche: ('n™;†jo oR'Ÿu;Lo, 'n™; †jjoR-, '†joR-)i (-sj-, -,o)a /'ne†jo oR'guLo/ necio or%ıo˚ ('ßi;tjo um'bRø;ßo, 'ßi; tjjum'-)i ('si-, -so)a /'sitjo um'bRoso/ sitio umbroso˚ ('bw™lBo aa'taRlo, -Bo a't-, 'bw™l Bja't) /'bwelbo aa'taRlo/ vuelvo a atarlo˚ ('b™˙go aempe'†aR, 'b™˙ gjaem-, gjFem-, gjem-)i (-saR)a /'bengo aempe'†aR/ vengo a empezar˚ ('kw™Rpo ai'Rø;ßo, 'kw™R pjFi-, pjai-) /'kweRpo ai'Roso/ cuerpo airoso˚ (diß'pw™ßto ao&Beƒe'†™R, diß'pw™ß tjFo-, tjao-)i (-s'pw™s-, -s™R)a /òis'pwesto aobeòe'†eR/ d¤puπto a obedecer˚ ('faußto auß'pi;†jo, 'fauß tjFuß-, tjauß-)i (-st-, -s'pi;sjo)a /'fausto aus'pi†jo/ fa¨to a¨picio˘ Ancora: (an'ti;Ÿwa alti'B™†, an'ti; Ÿwal-)i (-™s)a /an'tigwa alti'be†/ anti%a altivez˚ ('l™˙gwa e[◊]ß'tRa;Na, 'l™˙ gwFe-)i (-s-)a /'lengwa e[k]s'tRaNa/ len%a extraña˚ (eß'ta;twa

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manuale di pronuncia

iN'mø;Bil, iº-, i∫-, eß'ta; 'twFi-)i (es-)a /es'tatwa in'mobil/ πtatua inmóvil˚ ('a;Ÿwa olo'Rø;ßa, 'a; ŸwFo-) /'agwa olo'Rosa/ a%a olorosa˚ ('fa;twa u&mani'ƒa‡, 'fa; twFu-) /'fatwa umani'òaò/ fatua humanidad˚ ('mu;two a'møR, 'mu; twja-) /'mutwo a'moR/ mutuo amor˚ ('aRƒwo em'p™;No, 'aR ƒwjem-) /'aRdwo em'peNo/ arduo empeño˚ (peR'p™;two im'p™;Rjo, peR'p™; twjim-) /peR'petwo im'peRjo/ perpetuo imperio˚ (kon'ti;nwo e'lø;Xjo, kon'ti; nwje-)i (-xjo)a /kon'tinwo e'loxjo/ continuo elogio˘ Infine: ('fa;two oR'Ÿu;Lo, 'fa; twjoR-, twoR-)i (-,o)a /'fatwo oR'guLo/ fatuo or%ıo˚ ('mønßtRwo u'ma;no, 'mønß tRwju-, tRwu-)i (-s-)a /'monstRwo u'mano/ monstruo humano˚ ('r:™;Xja au&toRi'ƒa‡, 'r:™; XjFu-, Xjau-)i (-x-)a /'r:exja autoRi'òaò/ regia autoridad˚ (koR'r:jø aeßpe'RaRlo, Feß-, eß-)i (-s-)a /koR'r:jo aespe'RaRlo/ corrió a πperarlo˚ (pa'la;†jo au'Ÿußto, pa'la; †jjau-, †jjFu-)i (-sjo, -us-)a /pa'la†jo au'gusto/ palacio au%sto˚ (i'ni;kwo au'Ÿu;Rjo, i'ni; kwjau-, kwjFu-) /i'nikwo au'guRjo/ inicuo au%rio˚ (em'bi;ƒjo aeu'ß™;Bjo, em'bi; ƒjjaeu-, ƒjaeu-, ƒjFeu-, ƒjjeu-)i (-s-)a /em'biòjo aeu'sebjo/ envidio a E¨ebio˘ 6.3.1.7. Le congiunzioni y˚ o (e le varianti e˚ u], tra V di parole diverse (anche se con /wé/), normalmente si realizzano come (j, w) /j, w/ (ma anche con (ã, j)): ('ka;ßa 'jw™Rta, 'ãw™-)i (-sa)a /'kasa 'jwerta/ cøa y huerta˚ ('a;Ÿwa 'jaiRe, 'ãa-) /'agwa 'jaiRe/ a%a y aire˚ (ßa˙'gRj™nta 'ja~Ca, 'ãa-) /san'gRjenta 'janca/ sangrienta y an>a˚ (a'pa;Ÿa jen'†j™nde, ãe-)i (-sj-)a /a'paga jen'†jende/ apaga y enciende˚ ('ka;Le jeß'ku;Ce, ãe-)i (-,e jes-, ãe-)a /'kaLe jes'kuce/ caıe y πcu>e˚ (ßo'BRi;na 'ji;Xa, 'ãi-)i (so-, -xa)a /so'bRina 'jixa/ sobrina e hija˚ (r:i'k™;†a jin'dußtRja, ãin-)i (-sa, -st-)a /r:i'ke†a jin'dustRja/ ri¢eza e ind¨tria˚ ('™ßta wa'k™;La, ja-)i ('™s-, -,a)a /'esta wa'keLa/ πta o a¢eıa˚ ('bla˙ka wa'†ul, ja-)i (-sul)a /'blanka oa'†ul/ blanca o azul˚ ('ßj™;te 'wø;Co, 'jø-)i ('sj-)a /'sjete u'oco/ siete u o>o˚ ('u;no 'wø;tRo, 'jø-) /'uno u'otRo/ uno u otro˘ La lingua vera (quella parlata) mostra che la grammatica complica inutilmente le cose, visto che la pronuncia normale per le quattro forme grafiche [y˚ e÷ o˚ u] è la stessa (per e c'è anche (ã)). Naturalmente, poi, la scuola ha rinforzato la "necessità& della distinzione, forzandola anche nella pronuncia; quindi, rallentando l'emissione, o facendo attenzione (alla grafia), o per chiarezza possono riemergere /i, e÷ o, u/. 6.3.1.8. Regolarmente (tranne che nel parlare lento), una C finale, seguìta da una V iniziale, in parole senza pause, si risillabifica: (e'lø;Ro) /e'loRo/ el oro˚ (u'nømbRe) /u'nombRe/ un hombre˚ ('muCo ßo'nø;Reß)i (so-, -es)a /'muco so'noRes/ mu>os honorπ˚ ('lu †ama'Ri;La)i (sa-, -,a)a /'lu †ama'RiLa/ luz amariıa˘ Perciò, non c'è di‡erenza tra: helado e el hado (e'la;ƒo) /e'laòo/, elegido e el ejido (&ele'Xi;ƒo)i (-x-)a /ele'xiòo/, hele>o e el he>o (e'l™;Co) /e'leco/, heleno e el heno (e'l™;no) /e'leno/, la sabπ e lø avπ (la'ßa;Beß)i (la'sa;Bes)a /la'sabes/, ena%ø e en a%ø (e'na;Ÿwaß)i (-s)a /e'nagwas/, enojo e en ojo (e'nø;Xo)i (-xo)a /e'noxo/˘ In pronuncia enfatica, o energica, o nel canto, dopo V accentata, le C non-difoniche continue (sonore: /m, n, N÷ l, L/, e non-sonore: /f, †, s, x/ – ma non /R, Rr:/, per le quali la durata è essenziale), invece della struttura normale, con ('é;0é), spesso, hanno ('é00é): ('u ;mo, "ummo) /'umo/ humo˚ ('a;na, "anna) /'ana/ Ana˚ ('ba;le, "balle) /'bale/ vale˚ ('X™;fe, "X™ffe)i (x™-)a /'xefe/ jefe˚ ('di;†e, "di††e)i (-se, -sse)a /'òi†e/ dice˚ ('ka;ßa, "kaßßa)i (-sa, -ssa)a /'kasa/ cøa˚ ('i;Xo, "iXXo)i (-xo, -xxo)a /'ixo/ hijo˘

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6.3.1.9. Due C uguali, foneticamente, si realizzano come una geminazione contenuta, /00/ (00): (i&nnume'Ra;Ble) /innume'Rable/ innumerable˚ (&ßinne&†eßi'ƒa‡)i (&sinne&se-)a /sinne†esi'òaò/ sin necπidad˚ ('øBBjo) /'obbjo/ obvio˚ (&ßuBBen'†jøn)i (&su-, -'sj-)a /subben'†jon/ subvención˚ (e'ƒaƒ ƒi'Cø;ßa)i (-sa)a /e'òaò òi'cosa/ edad di>osa˚ (&XuBen'tuƒ ƒo'Ra;ƒa)i (xu-)a /xuben'tuò òo'Raòa/ juventud dorada˚ (koR'†™l li'X™;Ro)i (-'s™l li'x™-)a /koR'†el li'xeRo/ corcel ligero˚ (el'lø;Bo) /el'lobo/ el lobo˚ ('lu† †eni'tal)i (-s s-)a /'lu† †eni'tal/ luz cenital˚ ('dj™† †i'ŸaRr:oß)i (-s s-, -os)a /'òje† †i'gaRr:os/ diez cigarros˚ (&loß ße'Nø;Reß)i (-s s-, -es)a /losse'NoRes/ los señorπ˚ ('døß ßo'BRi;noß)i (-s s-, -os)a /'òos so'bRinos/ dos sobrinos˘ La di‡erenza tra (0) e (00) è più che su‚ciente (e necessaria), per distinguere casi come: (&uno'Bi;Lo)i (-,o)a /uno'biLo/ un oviıo e (&unno'Bi;Lo)i (-,o)a /unno'biLo/ un noviıo˚ (ßo'nømbReß)i (s-, -s)a /so'nombRes/ son hombrπ e (ßon'nømbReß)i (s-, -s)a /son'nombRes/ son nombrπ˚ (a&k™'lø;Ro) /a'ke 'loRo/ a¢el oro e (a&k™l'lø;Ro) /a'kel 'loRo/ a¢el loro˚ ('ma 'ßø;BRan)i ('s-)a /'ma 'sobRan/ más obran e ('maß 'ßø;BRan)i (-s 's-)a /'mas 'sobRan/ más sobran˘ Il prefisso /sub/ sub-˚ davanti a /r:/, ovviamente, è eterosillabico: (&ßuB-r:a',aR) /sub-r:a'JaR/ subrayar÷ lo stesso avviene, con altre C˚ quando l'a‚sso sia chiaramente percepito: (&ßuB-limi'nal)i (&s-)a /sub-limi'nal/ subliminal˘ Per -dl-˚ la sillabazione è /ò-l/: (mi'Raƒ-lo) /mi'Raòlo/ miradlo÷ per -tl-˚ prevale "/tl/i& (cioè /ò-l/i) e /-tl/a: ('a‡laß)i ('a;tlas)a /'aòlas, 'atlas/ atlø˚ (a‡'l™;ta)i (a'tl™;ta)a /aò'leta, a'tle-/ atleta˘ 6.3.1.10. Come s'è già detto, la pronuncia spontanea e normale, per le occlusive eterosillabiche (sonore o no) ha la realizzazione non-occlusiva, sonora davanti a C sonore; e semi-sonora, desonorizzata, davanti a C non-sonore: ('añto) /'abto, -pt-/ apto˚ (do◊'tøR) /òog'toR, -k't-/ doctor˚ (&oñte'n™R) /obte'neR/ obtener˚ (&a‡ki'RiR) /aòki'RiR/ ad¢irir˚ (&aBƒi'kaR) /abòi'kaR/ abdicar˚ (&aƒBeR'tiR) /aòbeR'tiR/ advertir˚ (&ekliñ'ßaR)i (-s-)a /eklib'saR, -p's-/ eclipsar˚ (&kon†eñ'†jøn)i (-señ'sjøn)a /kon†eb'†jon, -p'†-/ concepción˚ (&ßuB-,u'ŸaR)i (s-)a /subJu'gaR/ subyugar˚ (&aƒ-,a'†™nte)i (-s-)a /aòJa'†ente/ adyacente˚ (a◊'†jøn)i (-s-)a /ag'†jon, ak-/ acción˚ (e◊'ßa;men)i (-s-)a /eg'samen, ek-/ examen˚ (aB&neŸa'†jøn)i (-sjøn)a /abnega'†jon/ abnegación˚ (aƒ'møßfeRa)i (-s-)a /aò'mosfeRa, at'm-/ atmósfera˚ (&aƒmi'Ra;Ble) /aòmi'Rable/ admirable˚ ('t™Ÿnika, -«n-) /'tegnika, -kn-/ técnica˚ ('diŸno, -«no) /'òigno/ digno˚ (&ßuBma'Ri;no) /subma'Rino/ submarino÷ la realizzazione occlusiva è tipica dell'enfasi e dell'attenzione (alla grafia). Vediamo, infine, alcuni casi di gruppi consonantici complessi: (oñß'ta;kulo)i (-s-)a /obs'takulo/ obstáculo˚ (a‡ß'kRi;to)i (-s-)a /aòs'kRito/ adscrito˚ (ko«ß'tante)i (-s-)a /kons'tante/ constante˘ Accento 6.3.2.1. Per l'indicazione dell'accento di parola˚ l'ortografia spagnola è piuttosto soddisfacente; restano, comunque, alcuni dubbi, per incontri di VV grafiche, specie con i˚ u÷ ci sono, inoltre, oscillazioni possibili, e anche di‡erenze coll'italiano. La posizione dell'accento è distintiva (e troviamo pure triplette fonemiche, le

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manuale di pronuncia

prime delle quali sono sostantivi, sempre indicate graficamente), come in: ('a;nimo) /'animo/ ánimo˚ (a'ni;mo) /a'nimo/ animo e (&ani'mø) /ani'mo/ animó; (kon'ti;nwo) /kon'tinwo/ continuo˚ (&konti'nuo) /konti'nuo/ continùo e (&konti'nwø) /konti'nwo/ continuó; ('li;mite) /'limite/ lìmite˚ (li'mi;te) /li'mite/ limite˚ (&limi't™) /limi'te/ limité÷ (de'pø;ßito)i (-s-)a /òe'posito/ depósito˚ (&depo'ßi;to)i (-s-)a /òepo'sito/ deposito˚ (de&poßi'tø)i (-s-)a /òeposi'to/ depositó˘ Per le oscillazioni d'accento, forniamo qualche esempio: acné˚ acne÷ aeróstato˚ aerostato÷ ambrosìa˚ ambrosia÷ atmósfera˚ atmosfera÷ a¨triaco˚ a¨trìaco÷ bala¨tre˚ balaùstre÷ cartomancia˚ cartomancìa (ma solo farmacia]÷ cìclope˚ ciclope÷ conclave˚ cónclave÷ dinamo˚ dìnamo÷ elixir˚ elìxir÷ etìope˚ etiope (ma solo miope]÷ gladìolo˚ gladiolo÷ ìbero˚ ibero÷ m¤il˚ mìsil÷ olimpiada˚ olimpìada÷ orgìa˚ orgia÷ ósmos¤˚ osmos¤÷ pelìcano˚ pelicano÷ pensil˚ pénsil÷ pentagrama˚ pentágrama÷ perìodo˚ periodo÷ policromo˚ polìcromo÷ polìgloto˚ poligloto÷ radar˚ rádar÷ reptil˚ réptil÷ reuma˚ reùma÷ termostato˚ termóstato÷ utopìa˚ utopia÷ varicπ˚ váricπ˘ 6.3.2.2. I composti lessicali e gli avverbi in -mente˚ mantengono un'accentazione piuttosto evidente anche sul primo elemento (secondo la scala: ('), (“), (&)): (“køRta'Bølßaß)i (-sas)a /'koRta'bolsas/ cortabolsø (® (&koRta'ƒø;Ra) /koRta'òoRa/ cortadora), (“i˙ka'pj™) /'inka'pje/ hincapié˚ (“entRe'ƒøß)i (-s)a /'entRe'òos/ entredós (® (&entRe'ƒøfi mu'Ca;Coß)i (-os)a /entRe'òos mu'cacos/ entre dos mu>a>os), (r:e&al'm™nte) /r:e'al'mente/ realmente˚ (&beRƒa“ƒ™Ra'm™nte) /beRòa'òeRa'mente/ verdaderamente˚ (“fa†il'm™nte)i (-s-)a /'fa†il'mente/ fácilmente˘ Anche: (“tøƒa'Bia) /'toòa'bia/ todavìa˚ (a&ßi'mifimo)i (a&si'mis-)a /a'si'mismo/ øim¤mo (come si vede dall'ultimo esempio, se un primo /'/ è seguìto immediatamente da un altro /'/, diventa (&); d'altra parte, invece, se la forma fosse con un solo /'/, "/asi'mismo/&, dovremmo avere "(&aßi'mifimo)i (&asi'mis-)a&). Per avviare al riconoscimento d'accentazioni diverse, rispetto all'italiano, diamo alcuni esempi utili: (ultimali) acentùo˚ amplìo˚ varìo˚ (penultimali) limpio e abdico˚ altero˚ animo˚ celebro˚ certifico˚ computo˚ convoco˚ denomino˚ deposito˚ d¤puto˚ edifico˚ indico˚ integro˚ interrogo˚ medito˚ modifico˚ modulo˚ penetro˚ significo /signi'fiko/, termino˚ venero˚ violo /'bjolo/, v¤ito /bi'sito/, limpio /'limpjo/. Inoltre: (a'n™;mja) /a'nemja/ anemia˚ (bi'Ÿa;mja) /bi'gamja/ bigamia˚ (&kaRam'bø;la) /kaRam'bola/ carambola˚ (diß'pu;ta)i (-s-)a /òis'puta/ d¤puta˚ (e'l™;na) /e'lena/ Elena˚ (en&†iklo'p™;ƒja)i (-&si-)a /en†iklo'peòja/ enciclopedia˚ (faR'ma;†ja)i (-s-)a /faR'ma†ja/ farmacia˚ ('mjø;pe) /'mjope/ miope˚ (pa'Rø;ƒja) /pa'Roòja/ parodia˚ (te'Ra;pja) /te'Rapja/ terapia÷ ovviamente, sono meno rischiose, almeno leggendo, forme come: (a'p™ndi†e)i (-se)a /a'pendi†e/ apéndice˘ Si notino, anche: (r:a'†øn)i (-s-)a /r:a'†on/ razón˚ (r:a'†ø;neß)i (-'sø;nes)a /r:a'†ones/ razonπ˚ ('biRXen)i (-x-)a /'biRxen/ virgen˚ ('biRXeneß)i (-xenes)a /'biRxenes/ vìrgenπ˚ e, infine: (ka'Ra◊teR) /ka'RagteR, -kt-/ carácter˚ (&kaRa◊'t™;Reß)i (-s)a /kaRag'teRes, -k't-/ caracterπ˚ ('r:™;Ximen)i (-x-)a /'r:eximen/ régimen˚ (r:e'Xi;meneß)i (-x-, -s)a /r:e'ximenes/ regìmenπ˘ 6.3.2.3. Anche in spagnolo, nella frase, ci sono parole normalmente de-accentate; gli articoli sono tra queste: (e'lømbRe) /e'lombRe/ el hombre˚ (&elal'kalde) /elal-

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'kalde/ el alcalde˚ (la'ka;ßa)i (-sa)a /la'kasa/ la cøa˚ (laß'Ci;kaß)i (-s'Ci;kas)a /las'cikas/ lø >icø˚ (&una'mi;Ÿo) /una'migo/ un amigo˚ (&unaß'tR™inta peR'ßø;naß)i (&unas-, -'sø;nas)a /unas'tReinta peR'sonas/ unø treinta personø˘ Poi, vengono forme (anche plurisillabiche), come salvo˚ excepto˚ mediante˚ durante÷ e locutive, come rπpecto a˚ junto a˚ encima de˚ delante de\ (a'ma;laŸa) /a'malaga/ a Málaga˚ (ko'n™;La)i (-,a)a /ko'neLa/ con eıa˚ (&empa'Riß)i (-s)a /empa'Ris/ en Parìs˚ (&ßinßom'bR™;Ro)i (&sinsom-)a /sinsom'bReRo/ sin sombrero˚ (&ante'tø;ƒo) /ante'toòo/ ante todo˚ (&baXolo'ßaRBoleß)i (-xolo's-, -es)a /baxolo'saRboles/ bajo los árbolπ˚ (&kontRa&mißa'mi;Ÿoß)i (-sa'mi;Ÿos)a /kontRamisa'migos/ contra m¤ amigos˚ (&defiƒe'øi)i (-z-)a /òesòe'oi/ dπde hoy˚ (&entRelo'ßø;Xoß)i (-'sø;xos)a /entRelo'soxos/ entre los ojos˘ Inoltre: (&aßta'ki, -Fa-, -aa-)i (&as-)a /astaa'ki/ høta a¢ì˚ (&a†jael'pw™Rto, -†jFel-)i (-sj-)a /a†jael'pweRto/ hacia el puerto˚ (&paRa&nweßtRofi'w™ßpeƒeß)i (-stRos'w™speƒes)a /paRanwestRos'wespeòes/ para nuπtros huéspedπ˚ (&ßoBRel'ßø;BRe)i (&soBRel's-)a /sobReel'sobRe/ sobre el sobre˚ (e◊&†eñto'ƒøß)i (-&señto'ƒøs)a /eg†ebto'òos, ek†epto-/ excepto dos˚ (&Xuntoala'pw™Rta, -tja-)i (&xu-)a /xuntoala'pweRta/ junto a la puerta˘ Ancora: (en&†ima&ƒela'ka;ßa)i (-si-, -sa)a /en†imaòela'kasa/ encima de la cøa˚ (de&lanteƒe'mi) /òelanteòe'mi/ delante de mì˘ Anche in serie più o meno lunghe: (&paRa&entReno'ßø;tRoß, pa&RFen-)i (-'sø;tRos)a /paRaentReno'sotRos/ para entre nosotros˚ (&poRen&†imaƒe'tø;ƒo)i (-'si-)a /poRen†imaòe'toòo/ por encima de todo˚ (&poRƒe&lante&ƒelXaR'ƒin)i (-x-)a /poRòelanteòelxaR'òin/ por delante del jardìn˚ (&defiƒepo&RentRelo'ßaRBoleß)i (&dez-, -'saRBoles)a /òesòepoRentRelo'saRboles/ dπde por entre los árbolπ˘ Generalmente sono de-accentate anche le congiunzioni (pure locutive, come en cuanto (¢e)˚ puπto ¢e˚ supuπto ¢e), tranne ora˚ ya˚ bien (disgiuntive), øì (consecutiva), no obstante˚ con todo˚ fuera de (avversative), en efecto˚ por tanto˚ por consi%iente˚ øì ¢e (consecutive), apenø˚ aùn no˚ no bien˚ ya ¢e˚ luego ¢e˚ dπpués ¢e˚ en tanto ¢e (temporali), a no ser ¢e˚ dado ¢e˚ con tal ¢e (condizionali), por más ¢e˚ a pπar de ¢e˚ mal ¢e˚ ya ¢e (concessive), (&pweßtoke&noloßa'Bia)i (-sto-, -sa-)a /pwestokenolosa'bia/ puπto ¢e no lo sabìa˘ È accentata y all'inizio di domande ellittiche: (¿'i tuçpa;ƒRe21)i (-'pa;-)a /¿'i tu'paòRe?/ ¿Y tu padre? 6.3.2.4. Non sarà superfluo osservare che c'è di‡erenza, anche accentuale, tra: (e&koße'Ca;ƒo)i (-s-)a /ekose'caòo/ he cose>ado e ('™;ko ßo'nø;Ro) /'eko so'noRo/ eco sonoro˚ (&aLe'Ÿa;ƒo)i (&a,-)a /aLe'gaòo/ ha ıegado e ('a;No 'ma;lo) /'aNo 'malo/ año malo˚ (&eßto'ma;ƒo)i (&es-)a /esto'maòo/ π tomado e ('™ßto 'pi;ƒo)i ('™s-)a /'esto 'piòo/ πto pido˚ (ßo&naƒmi'Ra;ƒoß)i (s-, -s)a /sonaòmi'Raòos/ son admirados e ('ßø naRmo'njø;ßo)i ('s-, -so)a /'so naRmo'njoso/ son armonioso˘ Sono de-accentati i pronomi personali oggetto, la˚ le˚ lo˚ lø˚ lπ˚ los˚ me˚ nos˚ os˚ se˚ te\ (me'pa;Ro ami'RaR, me'pa; Rja-) /me'paRo ami'RaR/ me paro a mirar˚ (ofi'Bi;mofi Be'niR)i (oz'Bi;moz)a /os'bimos be'niR/ os vimos venir˚ (ße&leßpeR'ƒjø)i (se&les-)a /selespeR'òjo/ se lπ perdió÷ sono, invece, accentati i pronomi personali soggetto e complemento indiretto: ('›ø 'ß™)i ('s™)a /'Jo 'se/ yo sé˚ ('tu 'pw™;ƒeß)i (-s)a /'tu 'pweòes/ tù puedπ˚ ('™l 'di;†e)i (-se)a /'el 'di†e/ él dice˚ (poR'mi) /poR'mi/ por mì˚ (&paRa'ti) /paRa'ti/ para ti˘ Gli aggettivi possessivi sono de-accentati: (&mißeR'ma;noß)i (-se-, -os)a /miseR'manos/ m¤ hermanos˚ (tu'ßø;Xoß)i (-'sø;xos)a /tu'soxos/ t¨ ojos˚ (ßu'ma;ƒRe)i (s-)a /su'maòRe/ su madre˚ (&nweßtRo'tj™mpo)i (-s-)a /nwestRo'tjempo/ nuπtro tiempo˘

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manuale di pronuncia

Gli aggettivi dimostrativi, generalmente, sono de-accentati (ma, dal punto di vista pragmatico, si possono considerare potenzialmente accentabili): (&eßte'li;BRo, “™ß-)i (-s-)a /este'libRo/ πte libro˚ (&eße'p™Rr:o, “™-) /ese'peRr:o/ πe perro˚ (a&keLamu'X™R, a“k™-)i (-,amu'x-)a /akeLamu'xeR/ a¢eıa mujer˘ 6.3.2.5. I pronomi relativi [¢e˚ ¢ien{π}˚ cual{π}˚ cuyo{s}] sono de-accentati (contrariamente agl'interrogativi e agli esclamativi): (e'lømbRe ke'Bi;moß)i (-s)a /e'lombRe ke'bimos/ el hombre ¢e vimos˚ (e˙&ku,o'ka;ßo)i (-so)a /enkuJo'kaso/ en cuyo cøo÷ sono accentati cual˚ cualπ coll'articolo e tal˚ talπ: ('t™˙go uneR'ma;no2 el'kwaL 'L™;Ÿa 'øi2 ke)i (-L ',-)a /'tengo u'neRmano, el'kwal 'Lega 'oi/ tengo un hermano, el cual ıega hoy, ¢e…˚ (le'ƒi;Xo 'tal 'kø;ßa)i (-xo, -sa)a /le'òixo 'tal 'kosa/ le dijo tal cosa˘ Sono de-accentati anche gli avverbi relativi [como˚ cuando˚ cuanto˚ donde]˚ contrariamente a quelli interrogativi ed esclamativi: (&kwandoe'laiRe ße'kalma, -dje-) /kwandoe'laiRe se'kalma/ cuando el aire se calma˚ (la'pla;†a &ƒondeß&tatu'ka;ßa)i (-sa, -s&t-, -sa)a /la'pla†a òondeestatu'kasa/ la plaza donde πtá tu cøa˘ Mentre gl'indefiniti [algo˚ algùn˚ al%no˚ al%ien˚ nadie˚ ningùn˚ nin%no˚ otro] sono accentati, cada generalmente non lo è: (&kaƒa'ƒia) /kaòa'òia/ cada dìa˘ Anche tan non è accentato, contrariamente a tanto˚ tanta˘ Usati come congiunzioni, sono de-accentati gli avverbi: luego˚ mientrø˚ aùn (che diventa /'aun/), más˚ menos˚ cøi÷ lo è anche l'avverbio medio (contrariamente all'aggettivo corrispondente). 6.3.2.6. Le forme di "tratamiento&, don˚ doña˚ fray˚ sor˚ san˚ santo˚ santa˚ sono sempre de-accentate davanti al nome: (do˙'kaRloß)i (-s)a /òon'kaRlos/ don Carlos˚ (&doNaƒo'lø;Reß)i (-s)a /òoNaòo'loRes/ doña Dolorπ˚ (&ßantoƒo'mi˙go)i (&s-)a /santoòo'mingo/ santo Domingo÷ ugualmente, sono de-accentate, nei vocativi, señor˚ señora˚ señorita˚ padre˚ madre˚ hermano˚ hermana˚ tìo˚ tìa\ (ße&NoRmaR'ti;ne†)i (s-, -s)a /seNoRmaR'tine†/ señor Martìnez˚ (ße&NoRama'Ria)i (s-)a /seNoRama'Ria/ señora Marìa˚ (&paƒRean'dR™ß, -ƒRãan-)i (-s)a /paòRean'dRes/ padre Andrés˚ (tio'Xwan)i (-x-)a /tio'xwan/ tìo Juan÷ però, al di fuori delle forme di "tratamiento&, abbiamo, regolarmente: (&una'ßanta mu'X™R)i (-s-, -x-)a /una'santa mu'xeR/ una santa mujer˚ ('bi;no elße'NøR maR'ti;ne†)i (-s-, -s)a /'bino else'NoR maR'tine†/ vino el señor Martìnez˚ (aeß'kRi;to el'tio 'Xwan)i (aes-, 'x-)a /aes'kRito el'tio 'xwan/ ha πcrito el tìo Juan˘ Anche in vocativi locuzionali, si ha la de-accentazione: (bwe'nømbRe) /bwe'nombRe/ ¡buen hombre!˚ (&mala'l™˙gwa) /mala'lengwa/ ¡mala len%a!˚ (gRam'pi;kaRo) /gRam'pikaRo/ ¡gran pìcaro!˚ (djofi'mio)i (-s-)a /djos'mio/ ¡Dios mìo! Pure nei nomi (di persona e di luogo) composti, c'è l'attenuazione del primo elemento: (Xwa˙'kaRloß)i (x-, -s)a /xwan'kaRlos/ Juan Carlos˚ (ma&RiaXo'ß™;fa)i (-xo's-)a /ma&Riaxo'sefa/ Marìa Josefa˚ (&ßantoƒo'mi˙go)i (&s-)a /santoòo'mingo/ Santo Domingo˚ (&toRr:eƒel'kønde) /toRr:eòel'konde/ Torre del Conde˘ 6.3.2.7. Sono ugualmente de-accentate certe locuzioni frequenti: (&boka'BaXo)i (-xo)a /boka'baxo/ boca abajo˚ (&pataßaR'r:i;Ba) /patasaR'r:iba/ patø arriba˘ Nei numeri composti con y˚ il primo elemento è de-accentato: (&tReintai'†i˙ko)i (-'s-)a /tReintai'†inko/ treinta y cinco˚ (kwa&Rentai'ßj™;te)i (-'s-)a /kwaRentai'sjete/ cua-

6. spagnolo

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renta y siete÷ anche cien(to) davanti a mil è de-accentato: (†jeN'mil, -M'm-, -º'm-, -M'm-, -∫'m-)i ('s-)a /†jen'mil/ cien mil˚ (&oCo&†jentafi'mil pe'ß™;taß)i (-&sj-, -as-, -'s™;tas)a /oco†jentas'mil pe'setas/ o>ocientø mil pπetø˘ I numeri semplici sono accentati, anche se monosillabici e vicino a un accento: ('døfi 'Ÿa;toß)i (-z 'Ÿa;tos)a /'òos 'gatos/ dos gatos˚ ('tR™ß ka'Ba;Loß)i (-s ka'Ba;,os)a /'tRes ka'baLos/ trπ cabaıos˚ ('un 'li;BRo) /'un 'libRo/ un libro (rispetto all'articolo: (un'li;BRo) /un'libRo/ un libro). 6.3.2.8. Ovviamente, in parole lunghe, come nella frase, s'introducono degli accenti secondari, per motivi ritmici: ('kømpRame&lo) /'kompRamelo/ cómpramelo˚ (a'Na;ƒaße&le)i (-s-)a /a'Naòasele/ añádøele˚ (&entRe'Ÿandoße&lo)i (-s-)a /entRe'gandoselo/ entregándoselo˘ Parole come aun¢e˚ con¢e˚ por¢e˚ sino˚ sono normalmente /'aunke, a'unke÷ 'konke÷ 'poRke÷ 'sino/, però, la loro composizione può portare, nella frase, anche accentazioni come: (&au˙ke, a&u˙ke, au˙&ke, au˙'k™÷ &ko˙ke, ko˙&ke, ko˙'k™÷ &poRke, poR&ke, poR'k™÷ &ßino, ßi&no, ßi'nø)i (s-)a, sebbene, spesso, siano ritenute non corrette, soprattutto per motivi grafici. L'enfasi, in particolare negl'imperativi con pronomi enclitici, può modificare notevolmente la struttura (soprattutto) accentuale, come in: ('da;melo, "da:melo, "da;me&lo, "da;me'lø, 'da;me'lø, &dame'lø) /'òamelo/ ¡dámelo! 6.3.2.9. Le parole (a'ø;Ra) /a'oRa/ ahora˚ (a'i) /a'i/ ahì˚ (a'un) /a'un/ aùn/aun˚ quando non sono in tonia e sono legate a quelle che seguono, hanno la frequente variante ('aoRa, 'ai, 'aun): (a'ø;Ra 'Bj™;ne, 'aoRa) /a'oRa 'bjene/ ahora viene˚ (a'i eß'ta, 'ai)i (-s-)a /a'i es'ta/ ahì πtá˚ (a'um mi 'pa;ƒRe, 'aum) /a'un mi'paòRe/ aun mi padre˚ (a'un no'ßale, 'au)i (-s-)a /a'un no'sale/ aùn no sale˘ Nel caso di /'jé[s]ò/, in tonia (più spesso con pausa), è piuttosto frequente una pronuncia (neutra) che, spesso, colpisce come se fosse "/'ié[s]ò/&, mentre, generalmente, è solo /i'é[s]ò/: (paR'tjø, &paRti'ø) /par'tjo/ partió˚ (a'ƒjøß, &aƒi'øß)i (-s)a /a'òjos/ adiós˚ (lim'pj™, &limpi'™) /lim'pje/ limpié˚ (em'pj™, &empi'™) /em'pje/ en pie÷ però, occasionalmente, si può senz'altro avere la struttura ('i&é), anche in pronuncia neutra: (paR'ti&ø, a'ƒi&øß, lim'pi&™, em'pi&™)i (-s)a. 6.3.2.10. Nel parlare veloce e familiare, è frequente che, in protonia, parole comuni e nomi propri con ('ia) /'ia/ ìa passino a ('ja) /'ja/: (al'dia ßi'Ÿj™nte, al'dja, al&djaßi'-) /al'dia si'gjente/ al dìa si%iente˚ ('pø;kofi 'ƒiafi ƒeß'pw™ß, 'ƒjafi, 'pø;kofi&ƒjafi)i (-z, -z, -s-, -s)a /'pokos 'òias òes'pwes/ pocos dìø dπpués˚ (ßu'tia ƒo'lø;Reß, ßu'tja, ßu&tjaƒo'-)i (s-, -s)a /su'tia òo'loRes/ su tìa Dolorπ˚ (&doNama'Ria maR'ti;ne†, &doNama'Rja, &doNama&RjamaR'-)i (-s)a /doNama'Ria maR'tine†/ doña Marìa Martìnez˚ (gaR'†ia Ÿu'tj™Rr:e†, gaR'†ja, gaR&†jaŸu'-)i (-s-, -s)a /gaR'†ia gu'tjeRr:e†/ Garcìa Gutiérrez˚ (&noßeR'Bia paRa'na;ƒa, -'Bja, -&BjapaRa'-)i (-s-)a /noseR'bia paRa'naòa/ no servìa para nada˘ Altri: (ßea&Bia'pw™ßto ƒe'pj™, ßea&Bja'-, ßãa-)i (s-)a /seabia'pwesto òe'pje/ se habìa puπto de pie˚ (&eßta'Ria˙ kan'ßaƒoß, -'Rja˙, -&Rja˙kan'-)i (&es-, 'sa;ƒos)a /esta'Rian kan'saòos/ πtarìan cansados˚ (&nopo'ƒRiaN Le'Ÿa; Ra'tj™mpo, -'ƒRjaN, -&ƒRjaNLe'-)i (,-)a /nopo'òRian Le'gaR a'tjempo/ no podrìan ıegar a tiempo˘

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manuale di pronuncia

Intonazione 6.3.3. La f 6.3 mostra le protonie e le tonie del neutro iberico e di quello americano. Perciò, vediamo semplicemente gli esempi fondamentali: /./: (me'Bøi ma'Na;na poR&lama'Na;na3 3)i (me'Bøi ma'Na;na poR&lamaÇNa;na3 3)a /me'boi ma'Nana poRlama'Nana./ Me voy mañana por la mañana. /?/: (¿eß'ta nuß't™;ƒeß konçt™ntoß21)i (¿es'ta nus't™;ƒes kon't™ntos21)a /¿es'ta nus'teòes kon'tentos?/ ¿Están ¨tedπ contentos? /÷/: (&ßima'Na;na &noRr:e'†i;Bo no'ti;†ja1 1| leß&kRiBi'R™ ƒe'nw™;Bo3 3)i (&sima'Na;na &noRr:e'si;Bo noÌti;sja2 2| les&kRiBi'R™ ƒeÇnw™;Bo3 3)a /sima'Nana noRre'†ibo no'ti†ja÷| leeskRibi'Re òe'nwebo./ Si mañana no recibo noticia, le πcribiré de nuevo. f 6.3. Protonie e tonie iberiche. / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ' 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ç 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 ' 1 1)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

f 6.4. Protonie e tonie (ispano)americane. / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 Ç 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 Ì 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

Testo 6.4.0. Il brano in trascrizione, Il vento di tramontana e il sole, viene dato nei due accenti neutri, iberico e americano; come sempre, prima viene il testo italiano (® § 2.4.1) con accento straniero marcato, poi quello in spagnolo. Alla fine, come al solito, c'è anche la versione che dà la pronuncia italiana dello spagnolo, da parte dell'italofono neutro, fluente in spagnolo (per lungo apprendimento in immersione fra nativi, ma senza il metodo fonetico), che abbia appreso adeguatamente le prominenze relative, ma che usi, per il resto, gli elementi seg-

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mentali e sovrasegmentali tipici dell'italiano neutro. Ovviamente, lo stesso principio vale per le pronunce straniere dell'italiano, date per prime. Pronuncia iberica (dell'italiano) 6.4.1.1. (ßi&Bißti'Ca;Bano2 ìuN'›øRno2œ| il'B™nto ƒi&tRamon'ta;na2| eil'ßø;le3 3 ì'lu;no2 &pReten'd™ndo &ƒeßeRpju'føRte2 ƒe'laltRo3 3œ &kwando'Bi;ƒeRo um&bja,a'tø;Re3 3 &keBe'ni;Ba i'nantßi2 a'Bølto &nelman't™;lo3 3| i&ƒueliti'Ÿanti1 1 ƒe'Ci;ßeRo2 ìa'lø;Ra2œ &keßa&ReBeß'ta;to pju'føRte1 1| ki&foßeRr:ju'ßi;to2 ale'Ba;Re ilman't™;lo2 al&Bja,a'tø;Re3 3|| il'B™nto ƒi&tRamon'ta;na2 &komi~'Cø aßo'fja;Re3 3 ì&kombjo'l™nt†a3 3œ| ma'pju ßo'fja;Ba1 1| &pjuilBja,a'tø;Re2 &ßjeßtRiN'›™;Ba &nelman't™;lo3 3\ 'tanto2| ì&kãala'fi;ne1 1œ il'pø;BeRo 'B™nto2 ƒo'B™;te ƒe'ßißteRe3 3 ìƒal&ßwopRo'pø;ßito3 3œ|| il'ßø;le2 ìa'lø;Ra2œ &ßimoß'tRø ne¬'C™;lo3 3| e&poko'ƒø;po2 il&Bja,a'tø;Re1 1 ì&keßen'ti;Ba 'kaldo2œ ˚ßi'tølße3 3 ˚ilman't™;lo3 3| &ela&tRamon'ta;na1 1 &fukoß'tR™;ta2 ìko'ßi2œ| aR&r:iko'nø;ßeRe1 1| keil'ßø;le2\ &eRapju'føRte3 3 ìƒi'l™i3 3œ|| ¿&tjepjaçCu;ta21 ¿&lFeßto'Rj™;la2| ¿&laBo'La;moR r:içp™;teRe21|||) Pronuncia americana (dell'italiano) 6.4.1.2. (si&Bisti'Ca;Bano2 ìuN'›øRno2œ| il'B™nto ƒi&tRamon'ta;na2| eilÇsø;le3 3 ì'lu;no2 &pReten'd™ndo &ƒeseRpju'føRte2 ƒeÇlaltRo3 3œ &kwando'Bi;ƒeRo um&bja,aÇtø;Re3 3 &keBe'ni;Ba i'nantsi2 a'Bølto &nelmanÇt™;lo3 3| i&ƒuelitiÌŸanti2 2 ƒe'Ci;seRo2 ìa'lø;Ra2œ &kesa&ReBes'ta;to pjuÌføRte2 2| ki&foseRr:ju'si;to2 ale'Ba;Re ilman't™;lo2 al&Bja,aÇtø;Re3 3|| il'B™nto ƒi&tRamon'ta;na2 &komi~'Cø asoÇ'fja;Re3 3 ì&kombjoÇl™ntsa3 3œ| ma'pju soÌfja;Ba2 2| &pjuilBja,a'tø;Re2 &sjestRiN'›™;Ba &nelmanÇt™;lo3 3\ 'tanto2| ì&kãalaÌfi;ne2 2œ il'pø;BeRo 'B™nto2 ƒo'B™;te ƒeÇsisteRe3 3 ìƒal &swopRoÇpø;sito3 3œ|| il'sø;le2 ìa'lø;Ra2œ &simos'tRø ne¬ÇC™;lo3 3| e&poko'ƒø;po2 il&Bja,aÌtø;Re2 2 ì&kesen'ti;Ba 'kaldo2œ ˚siÇtølse3 3 ˚ilmanÇt™;lo3 3| &ela&tRamonÌta;na2 2 &fukos'tR™;ta2 ìko'si2œ| aR&r:ikoÌnø;seRe2 2| keil'sø;le2\ &eRapjuÇføRte3 3 ìƒiÇl™i3 3œ|| ¿&tjepja'Cu;ta21 ¿&lFesto'Rj™;la2| ¿&laBo',a;moR r:i'p™;teRe21|||) Testo spagnolo 6.4.2.0. El viento norte y el sol porfiaban sobre cuál de eıos era el más fuerte, cuando acertó a pøar un viajero envuelto en an>a capa. Convinieron en ¢e ¢ien antπ lograra obligar al viajero a ¢itarse la capa serìa considerado más poderoso. El viento norte sopló con gran furia, pero cuanto más soplaba, más se arrebujaba en su capa el viajero; por fin el viento norte abandonó la emprπa. Entoncπ briıó el sol con ardor, e inmediatamente se dπpojó de su capa el viajero; por lo ¢e el viento norte hubo de reconocer la superioridad del sol. ¿Te ha %stado el cuento? ¿Vamos a repetirlo?

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Pronuncia iberica neutra 6.4.2.1. (el'Bj™nto 'nøRte2 jel'ßøl2\ poR'fja;Ban2 &ßoBRe'kwal 'd™;Loß2\ &eRael'maß 'fw™Rte3 3| &kwandoa†eR'tø apa'ßa; Rumbja'X™;Ro2 em'bw™lto e'na~Ca 'ka;pa3 3| &kombi'nj™;Ron2 e˙&kekje'nantefi lo'ŸRa;Ra2 oBli'Ÿa; RalBja'X™;Ro2 aki'taRße la'ka;pa1 1| ße'Ria kon&ßiƒe'Ra;ƒo2 'maß poƒe'Rø;ßo3 3|| el'Bj™nto 'nøRte2\ ßo'plø ko˙'gRaM2 'fu;Rja3 3| &peRo'kwanto 'maß ßo'pla;Ba1 1| 'maß ßãaR&r:eBu'Xa;Ba2 enßu'ka;pa3 3 ì[e]lBja'X™;Ro3 3œ|| poR'fin2\ el'Bj™nto 'nøRte2 a&Bando'nø lFem'pR™;ßa3 3|| en'tøn†efi1 1\ BRi'Lø el'ßøl3 3 ìkonaR'ƒøR3 3œ| eiNme“ƒjata'm™nte2 ˚ße&ƒeßpo'Xø3 3 ˚ƒeßu'ka;pa3 3 ì[e]lBja'X™;Ro3 3œ|| &poRlo&kel'Bj™nto 'nøRte1 1\ 'u ;Bo ƒeR&r:ekono'†™R3 3 la&ßupe&RjoRi'ƒaƒ ƒel'ßøl3 3|| ¿&tãaŸußçta;ƒo21 ¿el'kw™nto2| ¿'ba;mo ßaR&r:epeçtiRlo21|||) Pronuncia (centro-sud-) americana neutra 6.4.2.2. (el'Bj™nto 'nøRte2 jel'søl2\ poR'fja;Ban2 &soBRe'kwal 'd™;,os2\ &eRael'mas Çfw™Rte3 3| &kwandoaseR'tø apa'sa; Rumbja'x™;Ro2 em'bw™lto e'na~Ca Çka;pa3 3| &kombi'nj™;Ron2 e˙&kekje'nantes lo'ŸRa;Ra2 oBli'Ÿa; RalBja'x™;Ro2 aki'taRse laÌka;pa2 2| se'Ria kon&siƒe'Ra;ƒo2 'mas poƒeÇRø;so3 3|| el'Bj™nto 'nøRte2\ so'plø ko˙'gRaM2 Çfu;Rja3 3| &peRo'kwanto 'mas soÌpla;Ba2 2| 'mas sãaR&r:eBu'xa;Ba2 ensuÇka;pa3 3 ì[e]lBjaÇx™;Ro3 3œ|| poR'fin2\ el'Bj™nto 'nøRte2 a&Bando'nø lFemÇpR™;sa3 3|| enÌtønses2 2\ BRi',ø elÇsøl3 3 ìkonaRǃøR3 3œ| eiNme“ƒjata'm™nte2 ˚se&ƒespoÇxø3 3 ˚ƒesuÇka;pa3 3 ì[e]lBjaÇx™;Ro3 3œ|| &poRlo&kel'Bj™nto ÌnøRte2 2\ 'u;Bo ƒeR&r:ekonoÇs™R3 3 la&supe&RjoRi'ƒaƒ ƒelÇsøl3 3|| ¿&tãaŸus'ta;ƒo21 ¿el'kw™nto2| ¿'ba;mo saR&r:epe'tiRlo21|||) Pronuncia italiana dello spagnolo 6.4.3. (el'vjEnto 'nOr:te2 iel'sOl:2| poR'fja;van &søbRe'kwal de'eLLos2 &™Rael&mas'fwEr:te23 &kwandoaseR'tO apa'sa; RuMvia'kE:Ro2 eM'vwElto e'na~ca 'ka:pa23| &koMvi'njE;Ro ne˙'ke kje'nantez lo'gra:Ra2 obli'ga; Ralvia'kE:Ro2 aki'tarse la5ka:pa12| se'ria kon&side'ra;do &maspode'ro:zo23|| el'vjEnto 'nOr:te2 so'plO ko˙gRaM'fu:Rja23| 'pE;Ro 'kwanto 'mas so5pla:ba12| 'mas seR&Rebu'ka:va2 ensu'ka:pa2 &elvia'kE:Ro23| poR'fin:2 el'vjEnto 'nOr:te2 a&bando'nO laem'pre:za23| en'tOn:ses2 bRiL'LO el'sOl:2 konaR'dO:r23| eimme&djata'men:te2 se&despo'kO desu'ka:pa23 elvia'kE:Ro23| &poRlo'ke2 el'vjEnto 'nOr:te2 'u;bo &deRe&kono'sE:r2 la&supe&RjoRi'dad del'sOl:23|| ¿te&agus'ta:do21 ¿el'kwEn:to2| ¿'va;mos [s]a&Repe'tir:lø21|||)

7. Portoghese 7.0.1. Presentiamo il portoghese brasiliano e quello lusitano (neutri), in quest'ordine, anche se non separati, per dei buoni motivi. La trascrizione diafonemica più conveniente (che serva per entrambi gli accenti), per quanto riguarda le V˚ deve utilizzare sette fonemi e quattro (o cinque) diafonemi. Quindi i sette fonemi del brasiliano, /i, e, E, a, O, o, u/, più /e, È, A, ì, ™/. Con questa trascrizione, se s'ignorano o s'eliminano i punti sotto i diafonemi (pure per certe C]˚ abbiamo anche la trascrizione per una pronuncia "internazionale& più aderente alla grafia e senza le peculiarità specifiche sia del brasiliano che del lusitano, come vedremo. Gli esempi indicano le pronunce, non gli usi e‡ettivi. E è giusto privilegiare il brasiliano neutro (che ha le sue varianti regionali, come le ha pure il lusitano, ma che qui non tratteremo), giacché è più semplice, con meno fonemi, con meno "sorprese&, più vicino alla grafia e, quindi, anche più "comprensibile&, oltre che decisamente più di‡uso, con una proporzione di 18 a 1! D'altra parte, i brasiliani stessi possono aver di‚coltà a capire il lusitano. 7.0.2. Se, invece, si procedesse inversamente, privilegiando il lusitano, sempre per le V˚ bisognerebbe avere nove fonemi: "/i, e, E, a, O, o, u, …, å/&, compresi "/E, a, O/&, anche in sillaba non-accentata, e con una grande ricorrenza di "/…, å/&, quasi esclusivamente in sillaba non-accentata, specie il primo. Ciò che tradizionalmente è unificato in "/å/&, per e˚ cioè, /e˘/ + /N, L, S, Z, j/, nonché per ei /ei/, in realtà, pur essendo molto simile (specie per certe persone), ha una "leggera& di‡erenza, che si vede chiaramente nel nostro vocogramma, dove, anzi, non appare tanto leggera (contrariamente all'impostazione tradizionale con un quadrilatero più grossolano: /e/ (in questi contesti) ('É, ’Ù) e /å/ ('å, ’‘)). Quindi, il lusitano centrale, e ormai neutro, ha /e/ ('3Iö, ’’Iö, 'ÉI, ’ÙI÷ 'Éã, 'ÉN, 'ÉL, 'ÉS, 'ÉZ) (contro /e/ ('™Iö, ’eIö÷ 'eI÷ 'eJ), del resto del Portogallo e del Brasile), che, troppo spesso, gli stranieri rendono con /E/, perdendo, quindi, un'opposizione funzionale, non trascurabile per i nativi (d'entrambi gli accenti). Concludiamo questa premessa, necessaria per inquadrare bene il problema, richiamando l'attenzione sulla complessità quasi assurda (qui ci limitiamo a parlare del portoghese {non, ovviamente, d'inglese, danese, o anche francese…}) di voler illustrare la pronuncia, soprattutto lusitana, procedendo coi grafemi, invece che con le trascrizioni, come si continua a fare; d'altra parte, per il portoghese, non è ancora stato fatto un vero e proprio dizionario di pronuncia, per cui, bisogna anche… adeguarsi. 7.0.3. Come si vedrà dalle trascrizioni fonemiche, la nostra analisi non considera distintiva la nasalizzazione delle V˚ che va, comunque, indicata in trascrizione fonetica, giacché è chiaramente percepibile (soprattutto nel brasiliano) e tipica ”[Ô

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del portoghese (ma, nel lusitano, solo in sillaba caudata, in N]˚ anche se la sua mera assenza –come spesso succede nella pronuncia degli stranieri– non compromette la comprensione; tanto più che, in Portogallo, non raramente la nasalizzazione vocalica può esser poco percepibile, mentre il contoide nasale è ben presente. Infatti, si tratta sempre d'una sequenza di V (nasalizzata) e di N÷ quest'ultima viene a mancare (foneticamente, ma non fonemicamente) solo quando una (–), finale di parola, sia seguìta da (é) o (–), iniziale della parola seguente (invece di cadere per fusione, giacché, appunto, finisce in C\ /ö/). Il contoide nasale è omorganico, nel caso d'occlusivi ((m, n, ˙), e d'occlu-costrittivi, in brasiliano, (~)+(C, ‚) tassofoni di /t, d/), mentre è un semi-provelare ((«)) davanti ad altri contoidi o davanti a pausa (come si vedrà sistematicamente nella sezione delle N˚ § 7.2.1). Vocali 7.1.1.1. La f 7.1 dà le realizzazioni vocaliche del brasiliano neutro. Ci sono anche parecchi dittonghi in questa lingua, ma siccome i punti di partenza e d'arrivo corrispondono a quelli d'alcuni dei vocoidi già presenti, basterà elencarli e farne degli esempi adeguati; però, /ei, o™/ sono presenti nel vocogramma, con le varianti accentate e non-accentate, non perché siano considerati monofonematici, ma perché hanno movimenti un po' particolari. Ci sono, quindi, sette fonemi, /i, e, E, a, O, o, u/ (i, e, E, a, O, o, u), con dei tassofoni, come (Au, A∞˘, ’å[s]ò) per /'au, 'aı˘, ’Au, ’Aı˘, ’a[s]ò/ e (iö÷ ’eö, '™ö÷ Aö÷ '9ö, ’Úö÷ uö) per /iö, eö, aö, oö, uö/, cioè, per le sequenze VN˚ sia in sillaba caudata (/éö˘0é/) che non-caudata (/é˘öé/). Per quanto riguarda /’a[s]ò/, va detto che (’å[s]ò) vale per -a(s) finale di ritmìa, seguìta o no da pausa, per una sorta d'attenuazione. D'altra parte, c'è sempre anche la variante (a°), più tipica della pronuncia tradizionale, ugualmente possibile (purché non sia realizzata troppo bassa); però, è più consigliabile (å), come segn(i)amo in questo capitolo. Ci sono anche tre segnali bianchi tratteggiati, che indicano articolazioni possibili, ma non necessarie, pure nell'accento neutro, per /i, a, u/ (I, x, U), in sillaba non-accentata finale di ritmìa (con o senza -s). Inoltre, nella stessa posizione di (x), ci può essere anche (≈ö), variante possibile di (Aö) /aö/ (accentata o no). 7.1.1.2. Ecco i primi esempi (s'ignorino, per ora, i punti sottoscritti dei diafonemi): (‚i'fi;si∞)b /òe'fisiı/ di˙cil˚ ('e;]i)b /'eıe/ ele˚ ('E;]å)b /'Eıa/ ela˚ (ba'ta;tå)b /ba'tata/ batata˚ ('nO;vå)b /'nOva/ nova˚ ('no;vu)b /'novu/ novo˚ ('ëu;vå)b /'Suva/ >uva˘ Si rifletta, però, su (A): ('pAu) /'pau/ pau˚ (Au'das)b {(Au'ƒaS)l] /Au'òas/ audaz˚ ('mA∞)b {('mAı)l] /'maı/ mal˚ (A∞'tu;Rå)b {(AÓ'tu;R‘)l] /Aı'tuRa/ altura˘ È importante distinguere: seca ('se;kå)b /'seka/» "asciutta& e ('sE;kå)b /'sEka/” "asciuga, siccità, seccatura&, cerco ('se˜ku)b /'seKku/» "assedio& e ('sE˜ku)b /'sEKku/” "chiudo&, lobo (']o;bu)b /'ıobu/» "lupo& e (']O;bu)b /'ıObu/” "lobo&, fosso ('fo;su)b /'fosu/» "fossa& e ('fO;su)b /'fOsu/” "(io) scavo&. Con nasalizzazione, abbiamo: ('si«)b /'sin/ sim˚ (&]e˙ga']™˙gå)b /ıenga'ıenga/ len-

7. portoghese

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galenga˚ ('b™I«)b /'bein/ bem˚ ('9;meI«)b /'ìmein/ homem˚ (&AmA'NA«)b /Ama'Nan/ amaˆã˚ (bÚm'b9U«)b /bom'boun/ bombom˚ ('9«˜å)b /'onKa/ honra˚ (A∞'gu«s)b /Aı'guns/ al%ns÷ (kA'mi;Nu)b /ka'miNu/ camiˆo˚ (fe'n9;menu)b /fe'nìmenu/ fenômeno˚ (&te]efÚ'n™;må)b /te]efo'nema/ telefonema˚ ('u;niku)b /'uniku/ ùnico˘ f 7.1. Elementi vocalici brasiliani. /i/ ({'}i) {(’I)}, /i{˘}ö/ (iö) /e/ (e), /e{˘}ö/ (™ö, ’eö) /ei/ (eI), /eiö˘/ (™Iö, ’eIö) /E/ (E, ’™) /a/ (a, Au, Aı, ’å[s]ò) {/’a/ (å)}

/u/ ({'}u) {(’U)}, /u{˘}ö/ (uö) /o/ (o), /o{˘}ö/ (9ö, ’Úö) /o™/ (oU, o), /oö˘/ (9Uö, ’ÚUö) /O/ (O, ’ø) /a[i/u]{˘}ö/ (A[i/u]{˘}ö) {(≈[i/u]{˘}ö)}

7.1.1.3. Osserviamo che la nasalizzazione fa cambiare un po' certi timbri rispetto al simbolo diafonemico: in particolare /aö/ (Aö) (per il quale, come s'è già visto, è possibile anche (≈ö)), e /'eö, 'Èö, 'oö, 'ìö/ (™ö, 9ö) (accentati, a volte si possono sentire pure (eö, Úö)). Inoltre, in posizione finale di parola, si hanno dei dittonghi per ciò che –troppo spesso e troppo sbrigativamente– è trascritto semplicemente come "/e, Ú/&, cioè /ein, oun/ ('™I«, ’eI«÷ '9U«, ’ÚU«); invece, nella stessa posizione, /anò/ s'oppone al dittongo /aunò/: ('O˜fA«) /'OKfan/ órfã˚ ('O˜fAu«) /'OKfaun/ órfão˘ Poi vedremo altri dittonghi, orali e anche (foneticamente) nasalizzati. Dobbiamo precisare che nella pronuncia brasiliana neutra moderna, la nasalizzazione del vocoide è sempre più evidente (anche nei dittonghi); e avviene, come s'è detto, quand'è seguìto da una consonante nasale, nella stessa sillaba o no; quindi, sia in sillaba caudata, sia non-caudata; e, soprattutto, sia in sillaba accentata che non-accentata: (&AmA'NA«)b /Ama'Nan/ amaˆã˚ ('bA;Nu)b /'baNu/ baˆo˚ ('fi;nu)b /'finu/ fino˘ Invece, in pronuncia brasiliana neutra tradizionale, la nasalizzazione avviene solo in sillaba caudata (in nasale), accentata o no, con la scomoda possibilità d'averla, o di non averla, in sillaba accentata non-caudata seguìta da /N/ (e con /'aöé/ ('åöé)): (&ama'NA«)b;t /Ama'Nan/ amaˆã˚ ('bA;Nu, 'bå;Nu)b;t /'baNu/ baˆo˚ ('fi;nu)b;t /'finu/ fino˘ Infine, nella pronuncia mediatica, la nasalizzazione avviene, oltre che nelle sillabe caudate (in N˚ accentate o no), anche in quelle accentate non-caudate seguìte da N˚ con la scomoda possibilità di poterla avere pure in /’éNé/ (sillaba non-accentata, non-caudata, seguìta da /N/): (&amA'NA«, &ama-)b;m /Ama'Nan/ amaˆã˚ ('bA;Nu)b;m /'baNu/ baˆo˚ ('fi;nu)b;m /'finu/ fino˘ Peculiarità lusitane 7.1.2.1. Passiamo, ora, alla f 7.2, per vedere le realizzazioni vocaliche del portoghese lusitano neutro. È bene fare un confronto attento delle due figure; infatti

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(tralasciando i segnali bianchi tratteggiati, delle varianti brasiliane non necessarie, (I, U, x÷ ≈): ('e;]i, -I÷ 'E;]å, -x÷ 'no;vu, -U÷ &AmA'NA, &≈m≈'N≈)b]˚ si noterà che in lusitano ci sono più tassofoni, ma anche più fonemi, almeno due in più (che, in trascrizione fonemica esclusivamente lusitana, sarebbero "/…, å/& –esulando dai simboli u‚ciali, s'avrebbe, meglio, "/¢, å/&; ma, più tradizionalmente, "/È, å/&)– per (’¢, ’Û÷ '¢ò), ('å, ’‘)÷ oltre a (Åö) /—Aö/ e (Aö˘) /'aö˘/, in occasionale opposizione tra loro (che sarebbero da rappresentare con "/aö, åö/&, lusitanamente). Ancora, servono (’™, ’a, ’ø) /È, A, ì/, soprattutto, ma non solo, in qualche sillaba pre-accentuale (per fusione diacronica di cui, però, non c'è più traccia nella grafia attuale: /éé/ = /é/, da un'altra struttura precedente, /é0é/, con caduta della C]˚ oltre a /’Èı˘, ’ìı˘, ’Aı˘; ’ÈKò, ’ìKò, ’AKò/, come si vedrà (e /’Au/, nonché /’Ai/). Sono casi particolari, inoltre, /’-Èe2÷ ’-ì™2÷ ’-e, ’-È/, come in: (ab'd9;meI«)b (‘B'ƒO;m’I«, ±-™n)l /ab'òìmÈe2/ abdômenb˚ -ómenl˚ ('ipsi]ÚU«)b (-î]ÚU«, ±-øn)l /'ipsiıì™2/ ìpsilon˚ (&i˙k]u'zi;vi)b (&i~k9u-, -v[¢], ±-v™)l /inkıu'zive, -È/ incl¨ive˘ f 7.2. Elementi vocalici lusitani. /e, ’e/ (¢), (Û) in contatto con (N, L, S, Z, ã) “ (ãÛò, ã¢ò), ma /e/ (¢) tra (], º) “ (S, Z) /i/ (i), /iö˘/ (iö)

/u, ’o/ (u), /uö˘/ (uö)

/'e/ (e), /È/ (’™), /eö˘/ (™ö, ’eö) /o/ (o), /ì/ (’ø), /oö˘/ (9ö, ’Úö) /ei/ (ÉI, ’ÙI), /eiö˘/ (3Iö˘, ’’Iö) /o™/ (o, oU), /ouöò/ (9Uö, ’ÚUö) /'e˘/+/N, L, S, Z, j/ (É) /O/ (O, ’ø) /E/ (E, ’™) /a[i/u]ö˘/ (A[i/u]ö, ’4[i/u]ö) /’a, a'i/ (‘@), /’aò/ (‘, å|), /'a˘ö/ (åö) /A˘ö/ ('a˘ö), /Aö/ ({'}Åö), /A/ (’a, {'}ai, {'}Au, {'}Aı)

7.1.2.2. Colpisce sùbito la notevole riduzione lusitana dei timbri in sillaba non-accentata, dove abbiamo (¢, Û) /e, e/ (o, in trascrizione fonemica esclusivamente lusitana, "/…/&)÷ (u) /u/÷ (‘, å|) /a/ (® § 7.4.0)÷ e, più raramente, (i) /i/ (che, però, ha la complicazione d'oscillare con (’¢, ’Û), come si vedrà). Analizzando bene la trascrizione diafonemica, sarà chiaro che è solo apparente la contraddizione tra i diafonemi sottopuntati e i foni e‡ettivi; infatti, per /a/, si sussume che, in lusitano, si abbia (‘) in sillaba non-accentata, ma (å), in sillaba accentata, quando sia seguìta da N˚ in sillaba caudata (con nasalizzazione (Aö˘)) o non-caudata (senza nasalizzazione (å˘ö)). Tutte le eccezioni sono indicate da /A/ (oltre all'altro suo impiego, non fondamentale, benché deducibile, in contatto con /u, ı/, già visto): ('E;]‘)l /'Eıa/ ela˚ (b‘'ta;t‘)l /ba'tata/ batata˚ ('nO;v‘)l /'nOva/ nova÷ (‘'su;kaR, -‘R)l /a'sukAK/ {(a'su;ka˜)b} açùcar˚ (&am‘'NA«)l /Ama'Nan/ amaˆã˚ ('sAmb‘) /'samba/ samba˚ ('kå;m‘) /'kama/ cama˘ Però, c'è un caso eccezionale in cui, al normale /'aöé/ con ('å;öé) s'oppone ('a;öé) {/'Aöé/}, come in: (f‘']å;m¨S) /fa'ıamus/ falamos "parliamo& (f‘']a;m¨S) /fa'ıAmus/ falámos "parlammo&; ovviamente, in brasiliano, sono entrambi (fa']A;mus). 7.1.2.3. Ecco altri casi notevoli, in lusitano, di /A/, per contrazione: (a) /A/ à ["a a&]˚ (a'ke;]¢) /A'keıe/ à¢ele˚ (ka'vÉIR‘) /kA'veiRa/ caveira ((a, a'ke;]i, ka'veIRå)b]÷ do-

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po CC semplificate o no nella pronuncia (e nella grafia): (a'sAu«)l /A'saun/ a(c)ção˚ (fa'tu;R‘)l /fA'tuRa/ fa(c)tura˚ (fak'ti;sªu)l /fAk'tisju/ fa(c)tìcio ((a'sAu«, fa'tu;Rå, fa'Ci;sãu)b]˘ Anche (ka'm9i”S)l /kA'moins/ Camões. Prima di vedere i due fonemi "in più&, consideriamo la pronuncia lusitana degli altri esempi già dati in quella brasiliana (in cui appare già qualcosa): (d¢'fi;siı)l /òi'fisiı/, ('e;]¢)l /'eıe/, ('E;]‘)l /'Eıa/, (b‘'ta;t‘)l /ba'tata/, ('nO;v‘)l /'nOva/, ('no;vu)l /'novu/, ('Su;v‘)l /'Suva/÷ ('pAu)l /'pau/, (Au'ƒaS)l /Au'òas/, ('mAı)l /'maı/, (AÓ'tu;R‘)l /Aı'tuRa/÷ ('se;k‘)l /'seka/», ('sE;k‘)l /'sEka/”, ('seÍku)l /'seKku/», ('sEÍku)l /'sEKku/”, (']o;Bu)l /'ıobu/», (']O;Bu)l /'ıObu/”, ('fo;su)l /'fosu/», ('fO;su)l /'fOsu/”. Aggiungiamo, qui (nei due accenti): (ka'da;ve˜)b (k‘'ƒa;v™R)l /ka'davÈK/ cadáver˚ ('sO;Ro˜)b (-øR)l /'sORìK/ sóror˚ (a'ma;ve∞)b (‘'ma;v™ı)l /a'mavÈı/ amável˚ ('A∞kjo∞)b ('AÓkˆøı)l /'aıkwìı/ álcool˚ (vo∞'ta˜)b (vøÓ'taR)l /vìı'taK/ voltar˘ Ovviamente, per la sola pronuncia brasiliana, anche in questi casi, non servirebbero i diafonemi sottopuntati, non essendoci di‡erenza di realizzazione tra /e, È÷ o, ì/ (e) e (o). 7.1.2.4. Per la nasalizzazione (tenendo sempre presente che, in lusitano, la si trova solo in sillaba caudata; e, a volte, è talmente leggera e poco percepibile che la si potrebbe segnare (◊ö), invece di (–ö)), abbiamo: ('si«)l /'sin/ sim, (&]e˙g‘']™˙g‘)l /ıenga'ıenga/ lengalenga, ('b3I«)l /'bein/ bem, ('O;m’I«)l /'ìmÈin/ homem, (&am‘'NA«)l /Ama'Nan/ amaˆã, (bÚm'b9U«, -ÚU«)l /bom'boun/ bombom, ('9«º‘)l /'onKa/ honra, (Aı'Ÿu”S)l /Aı'guns/ al%ns÷ (k‘'mi;Nu)l /ka'miNu/ camiˆo, (f¢'nO;m¢nu)l /fe'nìmenu/ fenómenol˚ (&t¢]¢f¨'ne;m‘)l /teıefo'nema/ telefonema, ('u;niku)l /'uniku/ ùnico˘ Un'altra piccola "scomodità& del lusitano fa sì che abbiamo, per contrazione diacronica di più V˚ anche "/Å/& (oltre a "/A/&), in sillaba accentata o no: ('Å”f¨R‘)l (a'A«foRå)b /a'anfoRa/ a ânfora˚ (Å;n'ti;Ÿ‘)l (aA~'Ci;gå)b /aan'tiga/ à antiga˘ 7.1.2.5. Ecco, quindi, degli esempi specifici, che mostrano maggiormente le di‡erenze tra i due accenti. Per render conto della pronuncia del centro del Portogallo, con Lisbona come punto d'espansione, e quindi anche della pronuncia neutra lusitana, dobbiamo sapere che /e/ in sillaba accentata, seguìta da /N, S, Z, L, j, i/, ha assunto la pronuncia (É), vicina alla realizzazione del fonema lusitano "/å/& (ma dobbiamo insistere che non è a‡atto uguale {anche se, occasionalmente, per alcune parole o parlanti specifici, la di‡erenza è minima}). Dobbiamo, però, avvertire che è neutra [\ neutra accettabile] anche la pronuncia –più regolare ed etimologica– corrispondente a quella brasiliana, con /e, ei/ (e, eI), che si mantiene saldamente fuori dalle zone d'influsso lisbonese, con Coimbra in testa. Esempi: ('vÉ;Nu)l ('v™;Nu)b /'veNu/ veˆo˚ ('fÉ;Su)l ('fe;ëu)b /'feSu/ fe>o˚ ('vÉ;Zu)l ('ve;òu)b /'veZu/ vejo˚ ('tÉ;Zu)l ('te;òu)b /'teZu/ Tejo˚ (?S'pÉ;Lu)l (is'pe;Lu)b /es'peLu/ πpeºo˚ ('sÉ;ãu)l ('se;ãu)b /'seju/ seio˚ ('sÉIS)l ('seIs)b /'seis/ se¤÷ oltre a ('s3I«)l ('seI«)b /'sein/ sem÷ ('kÉ;Zu kÚU']ÉIt¢ ƒo'vÉ;L‘)l ('ke;òu kÚU']eICi ‚ão've;Lå)b /'keZu koun'leite òeo'veLa/ ¢eijo com leite de oveºa˘ In sillaba non-accentata, rimane /ei/ (ÙI)l (eI)b: (']ÉItu)l (']eItu)b /'ıeitu/ leito˚ (]ÙI'toR)l (]eI'to˜)b /ıei'toK/ leitor˘ 7.1.2.6. L'altra caratteristica lusitana per eccellenza, in trascrizione puramente lusitana, ricorrerebbe al fonema "/…/& per (¢), col tassofono (Û) in contatto con /N,

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L, S, Z, j/ o seguìto da /s, a/. Però, nella nostra interpretazione diafonemica, abbiamo /’e/ all'interno di parola, corrispondente a /’e/ brasiliano e alla grafia -e- (ma non per e-˚ iniziale = /i/, in entrambi gli accenti, né per -e˚ finale = /e/ (¢)l (i)b): (nÛ'Nu«)l (ne-)b /ne'Nun/ neˆum˚ (mÛ'LOR)l (me'LO˜)b /me'LOK/ meºor˚ (f?'SaR)l (fe'ëa˜)b /fe'SaK/ fe>ar˚ (SZ'ŸaR)l (ëe'ga˜)b /Se'gaK/ >egar˚ (&tZZ‘'ƒi;Lu)l (&teòa'‚-)b /teZa'òiLu/ tejadiºo˚ ('o;ZÛ)l ('o;òi)b /'oZe/ hoje˚ (]Û'ãå;m¨S)l (]e'ãA;mus)b /ıe'jamus/ leiamos˚ (&i]¢'ŸAnt˙)l (&i]e'gA~Ci)b /iıe'gante/ elegante˚ (dÛZ&v¢Ít¢'BRaR)l (dez&ve˜te'bRa˜)b /òeaveKte'bRaK/ dπvertebrar˚ ('pi;RZS)l ('pi;Ris)b /'piRes/ pirπ˚ (i'E;]‘, 'ãE;]‘)l (i'E;]å, 'ãE;]å)b /i'Eıa/ e ela˘ Se, però, le sequenze /’e/ (Û) + /N, L, S, Z÷ s, a/ sono precedute da /ı, K/ (]÷ º, ˜) (vista la loro componente dorsale), il tassofono è (¢): (&i]¢'ZeR)l (&i]e'òe˜)b /iıe'ZeK/ eleger˚ ('to;º¢S)l ('to;˜is)b /'toKes/ torrπ˘ In questi stessi contesti, /’i/ -i- normalmente resta tale (/i/, ma correntemente passa a /e/): (]iZ'Bo‘, ]Û-)l (]iz'boå)b /ıia'boa/ L¤boa˚ ('fE;]îS, -]ZS, -]îks)l ('fE;]is, -ks)b /'fEıis/ Félix˚ (mi'LAu«, mÛ-)l (mi'LAu«)b /mi'Laun/ miºão˚ (di'NÉIRu, dÛ-)l (‚i'NeIRu)b /di'NeiRu/ diˆeiro˘ Anche per /’e˘ö/ si ha (¢˘ö), mentre /’eö˘/ è (eö˘): (&t¢n¢'BRo;zu)l (&tene'bRo;zu)b /tene'bRozu/ tenebroso˚ (&te≈p¢'Ra;ƒu)l (&tempe'Ra;du)b /tempe'Raòu/ temperado˘ 7.1.2.7. Un'altra "curiosità& lusitana è il passaggio di sequenze di /’i/ (i) -i- (non /iö˘/ (iö)), in sillabe contigue, a "/…/&, cioè a /e/ (tranne l'ultima, accentata o no, e la prima, se iniziale assoluta, cioè senza C-]\ (&d¢v¢'ƒiR, d¢v'-)l (&‚ivi'‚i˜)b /òeve'òiK/ dividir˚ (m[¢]'niStÍu)l (mi'nistRu)b /me'nistRu/ min¤tro˚ (&in[¢]'mi;Ÿu)l (&ini'mi;gu)b /ine'migu/ inimigo˚ (pÍ¢&vi][¢]'Zãa;ƒu)l (pRi&vi]e'òãa;du)b /pReviıÈ'Zjaòu/ privilegiado (nell'ultimo esempio, la sequenza (-]Û'Z-) /-ıÈ'Z-/ è dovuta a quanto detto poco sopra). Ci sono, però, le seguenti eccezioni, per cui l'i /’i/, corrispondente all'/'i/ originaria, rimane /’i/ nei derivati, come nel condizionale dei verbi in -ir: (d[¢]&v¢ƒi'Ri‘m¨S)l (‚i&vi‚i'RiAmus)b /òeveòi'Riamus/ dividirìamos÷ e nei superlativi: (&d¢fî'si;]imu)l (&‚ifi'si;]imu)b /òefi'siıimu/ dificìlimo˘ Per le rare sequenze di /u/, abbiamo lo stesso fenomeno, per cui dobbiamo ricorrere al diafonema /™/ per poter render conto di questo fatto lusitano, possibile: (f˙'tu;Ru, f¢-, f¢-, fu-, f¨-, fu-)l (fu'tu;Ru)b /f™'tuRu/ futuro˘ 7.1.2.8. In lusitano, /’o/ (non /’oö˘/ (Úö˘)) corrisponde a /’u/: (&upÍu'BRão;zu, &ø-)l –e‡ettivamente, [h]o[CV]- può essere (u)l oppure (ø)l– (&opRo'bRão;zu)b /opRo'bRjozu/ oprobrioso˚ (&munut¨'ni‘)l (&mÚnotÚ'niå)b /monoto'nia/ monotonia˚ (mÚ”'sAu«)l (mÚ«'sAu«)b /mon'saun/ monção÷ però, se c'è composizione lessicale, per -o-˚ abbiamo /’ì/: (&mønøsî']a;Bîku)l (&mÚnosi']a;biku)b /mìnìsi'ıabiku/ monossilábico˚ (']uzø fÍ4”'seS)l (']uzo fRA«'ses)b /'ıuzìfRan'ses/ l¨o-francês˘ 7.1.2.9. Un impiego diafonemico di /È, ì/ riguarda il fatto lusitano di poter avere, prima dell'accento, timbri distinti, (™, ø); ciò avviene soprattutto –come s'è già visto per a– quando ci sia contrazione diacronica o dopo CC semplificate o no nella pronuncia (e nella grafia): (vø'se)l (vo'se)b /vì'se/ você (da vossemecê˚ vossa mercê {come in dialetti del Sud d'Italia vossìa˚ da vos(tra) signorìa}), (kÍ™'ƒoR)l (kRe'do˜)b /kRÈ'òoK/ credor˚ (&‘k™'seR)l (&ake'se˜)b /akÈ'seR/ a¢ecer˚ (&‘f™'ti;vu)l (&afe'Ci;vu)b /afÈ'tivu/ afe(c)tivo˚ (f9™k'sAu«)l (f]ek'sAu«)b /fıÈk'saun/ flexão˚ (kø'Ra;ƒu)l (ko'Ra;du)b /kì'Raòu/ corado˚ (møR'ƒo;mu)l (mo˜'d9;mu)b /mìK'òomu/ mordomo˚ (&‘ƒø'ti;vu)l

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(&ado'Ci;vu)b /aòì'tivu/ ado(p)tivo˚ (øp'sAu«)l (op'sAu«)b /ìp'saun/ opção÷ anche (bo'ãaR)l (bo'ãa˜)b /bì'jaK/ boiar (da /oi/). Inoltre, il fenomeno si manifesta nei composti e in certi derivati, con elementi più "staccati& semanticamente (come s'è visto poco fa, pure per o]\ (pÍ™'tO;nîku)l (pRe't9;niku)b /pRÈ'tìniku/ pretónicol˚ pretô-b, ma anche in parole (più) dotte: (º™'tO;Rîk‘)l (˜e'tO;Rikå)b /KÈ'tORika/ retórica˘ Si notino, poi, le seguenti coppie minime lusitane: (pÍ¢'ŸaR)l /pRe'gaK/ "inchiodare&˚ (pÍ™'ŸaR)l /pRÈ'gaK/ "predicare& entrambe pregar ((pRe'ga˜)b) e (&k¨R‘'sAu«)l /koRa'saun/ "cuore&, (&køR‘'sAu«)l /kìRa'saun/ "colorazione& coração ((&koRa'sAu«)b]˘ Dittonghi 7.1.3.1. Per quanto riguarda i "dittonghi& delle grammatiche e della tradizione, chiariamo sùbito che li trattiamo come sequenze bifonematiche, e non come entità fonologiche unitarie, dato che i loro estremi coincidono, generalmente, cogli elementi vocalici noti. Inoltre, vogliamo precisare, fin dall'inizio, che i veri dittonghi sono solo quelli costituiti da due vocoidi, /éé/, come /ai/, in ('pai) /'pai/ pai˚ non certo le sequenze di contoide e vocoide, /0é/, come /ja/, in ('pãa˜)b ('pªaR)l /'pjaK/ piar˘ D'altra parte, non sono dittonghi nemmeno sequenze come /é'é/: (pa'is)b (p‘'iS)l /pa'is/ paìs˚ contro ('pais)b ('paiS)l /'pais/ pa¤˘ Ribadito questo, insistiamo anche sul fatto che non sia bene rappresentare i "veri& dittonghi come se fossero sequenze di vocale più consonante, /é0/, come "/aj/&, giacché non sono a‡atto equiparabili a sequenze come /as, aı, aK, an/, strutturalmente molto diverse; né, tanto meno, sono "dittongo + vocale& o "vocale + dittongo& le sequenze di vocale più consonante e vocale, /é0é/, come /aja/, in (ka'ãa˜)b (k‘'ãaR)l /ka'jaK/ caiar˚ ('sa;ãå)b (-‘)l /'saja/ saia˘ 7.1.3.2. Quindi, riferendoci costantemente alle f 7.1-2 (per i due accenti: brasiliano e lusitano), vediamo d'indicare i dittonghi che ricorrono in portoghese, anche se nei vocogrammi compaiono solo (eI, eI, ™I, oU, ÚU, 9U)b (ÉI, ÙI, 3I, ’I÷ oU, 9U, ÚU÷ 4i, 4u)l {/ei, o™/, giacché hanno come secondo elemento (I, U), che non sono la realizzazione vera e propria dei fonemi /i, u/; per il lusitano, sono messi anche (4i, 4u), nel vocogramma, perché hanno il primo elemento più chiuso, come avviene, però, anche per /’aö/ (4ö)). Dapprima li elenchiamo foneticamente e diafonemicamente: (eI)b (ÉI, ’ÙI)l /ei/, (Ei, ’™i) /Ei/, (ai) /ai/÷ (ui) /ui/, (oi) /oi/, (Oi, ’øi) /Oi/÷ (iu) /iu/, (eu) /eu/, (Eu, ’™u) /Eu/, (Au) /au/, (oU, o)b (o, oU)l /o™/ ((o) /ì™/ non-accentato). Ecco degli esempi concreti: ('˜eIs)b ('ºÉIS)l /'Keis/ re¤˚ (]eI'ë9i«s)b (]ÙI'S9i”S)l /ıei'Soins/ Leixõπ˚ ('˜Eis)b ('ºEiS)l /'KEis/ ré¤˚ (&˜™i'zi;tus)b (&º™i'zi;tuS)l /'KEi'zitus/ reizitos˚ ('vai) /'vai/ vai÷ ('fui) /'fui/ fui˚ ('sois)b ('soiS)l /'sois/ so¤˚ ('sOis)b ('sOiS)l /'sOis/ só¤˚ (i“RøikA'm™~Ci)b (i“Røik‘'m™nt˙)l /i'ROika'mente/ heroicamente÷ ('viu) /'viu/ viu (e anche vi-o˚ giacché la supposta di‡erenza tra i due non ha nulla di fonico, nella pronuncia neutra, derivando esclusivamente dal desiderio di mantenere distinte for-

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me morfologiche diverse), ('seu) /'seu/ seu˚ (&ëap™u'zi;Nu)b (&S‘p™u'zi;Nu)l /SapEu'ziNu/ >apeuziˆo÷ (ëa'pEu)b (S‘-)l /Sa'pEu/ >apéu˚ ('mAu) /'mau/ mau˚ ('voU, —vo) /'vo™/ vou÷ per quest'ultimo, la pronuncia lusitana preferisce l'ordine inverso ('vo, 'voU). Invece, la semplificazione di ('eI)b ('ÉI, ’ÙI)l /ei/ col passaggio a ('e) non appartiene alla pronuncia neutra, anche se è abbastanza di‡usa, soprattutto in brasiliano (e nel lusitano meridionale). Naturalmente, vanno considerati anche altri dittonghi e‡ettivi come i seguenti: (i«'f]uu)b (i”'f9-)l /in'fıuu/ influo˚ ('mou) /'mou/ moo˚ (']uå)b (-‘)l /'ıua/ lua˚ ('˜iå)b ('ºi‘)l /'Kia/ ria˚ ('boå)b (-‘)l /'boa/ boa÷ incluse combinazioni come nei veri trittonghi derivanti da /i+ei, i+au/: ('vieIs)b ('viÙIS)l /'vieis/ vìeis, ('˜ieIs)b ('ºiÙIS)l /'Kieis/ rìeis, ('˜ieI«)b ('ºi’I«)l /'Kiein/ riem, ('˜iAu«)b ('ºi4u«)l /'Kiaun/ riam. 7.1.3.3. La trascrizione diafonemica deve mostrare adeguatamente anche il comportamento in sillaba non-accentata, giacché, anche in lusitano, i dittonghi non subiscono riduzioni dei loro elementi; si vedano (oltre a reizitos˚ heroicamente˚ >apeuziˆo]\ ('faseIs)b (-ÙIS)l /'faseis/ fáce¤˚ (pai'zi;Nu)b (pai'zi;Nu)l /pAi'ziNu/ paiziˆo˚ (f]ui'des)b (f9ui'ƒeS)l /fıui'òes/ fluidez˚ (oi'ta;vu) /ìi'tavu/ oitavo˚ (miu'di;Nu)b (miu'ƒi;-)l /miu'òiNu/ miudiˆo˚ (&adeu'zi;Nu)b (&‘ƒeu'zi;-)l /aòeu'ziNu/ adeuziˆo˚ (kAu'tE;]å)b (-]‘)l /kAu'tEıa/ cautela÷ per /ì™/ si preferisce il monottongo (o), senza riduzione a (u), in lusitano: (˜o'ba˜)b (ºo'BaR)l /Kì™'baK/ roubar˘ L'unica eccezione apparente è il proclitico ao(s)˚ che non è "/Au[s]/&, ma semplicemente /a u[s]/÷ la sua vera natura è un po' mascherata dalla grafia, che unisce i due grammemi, che potrebbero essere tranquillamente "a o(s)&; d'altra parte, non è *au(s)! Ciò vale sia per il lusitano che per il brasiliano; infatti, pronunce come (Au) sono eccessive e pedanti, contro la normale realizzazione (au)b (åu)l. Anche nella forma nasalizzata, in lusitano, si ha (Auö, ’4uö), per coarticolazione; anzi, nella lingua corrente, luso-brasiliana, si ha normalmente (ø) /O/: (au']a;du, ao-, ø-)b (åu']a;ƒu, åo-, ø-)l /au'ıaòu/ ao lado˚ (&auzA'mi;gus, &ao-, &ø-)b (&åuz‘'mi;Ÿ¨S, &åo-, &ø-)l /auza'migus/ aos amigos˘ È importante, quindi, segnare /'au, ’Au÷ 'ai, ’Ai/, per non esser tratti ancora in inganno e lasciar credere che, in sillaba non-accentata, in lusitano, si possano ridurre a "/åu, åi/& (come si legge in qualche testo). Osserviamo, rapidamente (e senza indicarlo nei vocogrammi {cosa che si dovrà fare, invece, in una monografia dedicata alla pronuncia del portoghese}), che per /E, O/, semiallungati in sillaba non-caudata (o anche caudata, ma per enfasi), oltre ai normali monottonghi (E;, O;), possiamo trovare –con maggiore frequenza in brasiliano– delle realizzazioni sdoppiate o dittongate, con breve estensione. Rispetto alle articolazioni mostrate nelle f 7.1-2, queste possono partire da un punto leggermente più sollevato, per arrivare a quello indicato, (EE§, OO§), oppure partire da quello per abbassarsi un po', sconfinando nel fono sottostante (nel vocogramma), (Eπ°, OØ°) – compresi movimenti intermedi, comunque, sempre d'apertura (per quanto limitata), cioè ((Ep, OQ)). 7.1.3.4. Passando alle versioni nasalizzate, troviamo, invece, (Aiö)b ('Aiö, ’4iö)l /aiö/, (Auö)b ('Auö, ’4uö)l /auö/: ('mAi«)b ('mAi«)l /'main/ mãe˚ (&mAi«'zi;Nå)b

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(&mAi«'zi;N‘)l /'main'ziNa/ mãeziˆa˚ (&fa]a'RAu«)b (&f‘]‘'RAu«)l /faıa'Raun/ falarão˚ (fa']a;RAu«)b (f‘']a;R4u«)l /fa'ıaRaun/ falaram˘ (Per i timbri vocalici, nei dittonghi nasalizzati, (&) come realizzazione d'un /'/, seguìto –nei composti– da un altro, corrisponde a /'/, ma (&) / / –ritmico– corrisponde a /’/.) Come abbiamo già visto (§ 7.1.1.3), il dittongo /aunò/ s'oppone a /anò/: ('O˜fAu«)b ('OÍf4u«)l /'OKfaun/ órfão˚ ('O˜fA«)b ('OÍf4«)l /'OKfan/ órfã˘ Si deve notare che, anche in lusitano, c'è una (non piccola) di‡erenza tra /aiö/ e /eiö/, più notevole in sillaba non-accentata (anche se /aiö/ non è mai proprio disaccentato, ricorrendo poco nel vocabolario portoghese e sempre in lessemi, non in grammemi): ('kAi«s)b ('kAi”S)l /'kains/ cãπ˚ (&mAi«'zi;Nå)b (&mAi«'zi;N‘)l /'main'ziNa/ mãeziˆa˚ ('s™I«)b ('s3I«)l /'sein/ sem˚ (seI«'vi˜)b (s’I«'viR)l /sein'viK/ sem vir˘ Nella forma accentata lusitana la di‡erenza tra /aiö/ e /eiö/ non è solo nel primo elemento, che è (A) (semibasso centrale) e (3) (mediobasso anterocentrale), rispettivamente, ma anche nel secondo (anteriore): (i) (alto) e (I) (semialto). Per /’eiö/ e /'eiö/, invece, la di‡erenza è solo nel primo elemento (anterocentrale), che è (’’) (medioalto) e ('3) (mediobasso); per quest'ultimo, in brasiliano, abbiamo (’e) e ('™), che sono della stessa altezza, ma anteriori, invece che anterocentrali, mentre, per /aiö/, come primo elemento, il brasiliano ha (A) (semibasso, con la variante possibile (≈)), contro (A, ’4) (mediobasso se non-accentato) del lusitano, entrambi centrali (ma (≈) è postero-centrale). 7.1.3.5. Gli altri dittonghi nasalizzabili (oltre a ('Aiö) /aiö/, ('™Iö, ’eIö)b ('3Iö, ’’Iö)l /—eiö/) sono\ ('uiö) /'uiö/, ('9iö) /'oiö/, ('9Uö, ’ÚUö) /—ouö/: ('v™I«s)b ('v3I”S)l /'veins/ vens˚ ('vãa;òeI«s)b ('vãa;Z’I”S)l /'vjaZeins/ viagens˚ ('muintu)b ('muintu)l /'muintu/ muito (unico caso e‡ettivo, che varia con ('mäi-)), (]i's9i«s)b (-”S)l /ıi'soins/ liçõπ˚ ('s9U«) /'soun/ som˚ (&kÚU˙ka']o˜)b (-~k‘']oR)l /kounka'ıoK/ com calor˘ Si sono già visti i casi marginali come: (ab'd9;meI«)b (‘B'ƒO;m’I«, ±-™n)l /ab'òìmÈe2/ abdômenb˚ -ómenl˚ ('ipsi]ÚU«)b (-î]ÚU«, ±-øn)l /'ipsiıì™2/ ìpsilon˘ Sono un po' curiose forme, con veri trittonghi e quadrittonghi, come: ('p9ieI«, 'p9i«)b ('p9i’I«, 'p9i«)l /'poi[ei]n/ põem˚ ('v™IeI«, 'v™eI«, 'v™I«)b ('v3I’I«, 'v3’I«, 'v3I«)l /'vei[ei]n/ vêm˚ ('veIeI«, 'veeI«, 'v™I«)b ('veI’I«, 've’I«÷ 'v3I«)l /'v[ei]ein/ vêem˘ Ovviamente, gli altri "trittonghi& delle grammatiche e della tradizione altro non sono che sequenze dei due tipi /0éé, é0é/ (anche + /ö/), come, per esempio: ('fãeIs)b ('fªÉIS)l /'fjeis/ fie¤˚ (']ãais)b (']ãaiS)l /'ıjais/ lea¤˚ ('pjeIRå)b ('pˆÉIR‘)l /'pweiRa/ poeira˚ ('sa;ãu) /'saju/ saio˚ ('me;ãå)b ('mÉ;ã‘)l /'meja/ meia÷ (']qAu«)b (']qAu«)l /'ıjaun/ leão˚ ('pq9i«s)b ('p'9i”S)l /'pjoins/ peõπ˘ Consonanti 7.2.0. La f 7.3 dà le consonanti luso-brasiliane, che vedremo sistematicamente, secondo i modi d'articolazione. Le f 1.9-15 danno, invece, gli orogrammi, raggruppati per modi d'articolazione, di tutti i contoidi dati nei capitoli di questo volume, anche come varianti secondarie, occasionali, o regionali, per le 12 lingue trattate.

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manuale di pronuncia

uvulari

velo-labiati

velari

provelari

palatali

postalveo-palato-prolabiati

alveo-velari alveo-velolabiati postalveopalatali

alveolari

dentali

labiodentali

bilabiali

f 7.3. Tabella delle consonanti portoghesi.

(~) N («) (˙) ö m (M) (n) n F pb (© á)b t d kg (C ‚)b Ô ƒ f v (Ÿ)l (º)l _ s z (ë ò)b Sl Zl /w/(j) (˜)b ß (B)l (ƒ)l /j/(ã) R /K/ ó ‹ (])|ı (∞)b L /b/ (b, Bl), /t, d/ (t, Cb÷ d, ‚b, ƒl), /k, g/ (k, ©b÷ g, áb, Ÿl), /K/ (˜b, ºl)

Nasali 7.2.1.1. Il portoghese ha tre fonemi nasali: (m, n, N) /m, n, N/: ('kA;mås)b ('kå;m‘S)l /'kamas/ camø˚ ('kA;nås)b ('kå;n‘S)l /'kanas/ canø˚ ('kA;Nås)b ('kå;N‘S)l /'kaNas/ caˆø˘ Ci sono, inoltre, dei tassofoni per /ö0, ö˘, öò/, sui quali è bene so‡ermarsi un po', giacché troppe descrizioni continuano ancora a ignorarli del tutto o in parte: infatti, trascrizioni come "('Ki, 'ıesu, 'ıA, 'bRAku, 'sÚ, 'us/'uS)& hanno l'unico risultato di far credere che il portoghese suoni quasi come il francese –il che è decisamente fuorviante– insistendo su caratteristiche fonologiche che non hanno fondamento. Come s'è già avuto modo di dire, la nasalizzazione vocalica portoghese è un fatto fonetico importante, più forte in brasiliano (tant'è vero che ricorre anche in sillaba non-caudata seguìta da NV] che non in lusitano (che ce l'ha solo in sillaba caudata in N˚ dove è molto leggera, e a volte davvero di‚cile da percepire {sebbene gli strumenti la possano ugualmente indicare, come, d'altra parte, nelle lingue in cui nessuno si sognerebbe di trascriverla, in quanto automatica}). 7.2.1.2. Quindi, trascrizioni come quelle ora accennate non hanno attendibilità, a meno che non puntino (però, è di‚cilissimo da credere) sul fatto che lo straniero, inevitabilmente, aggiunga un'appendìce consonantica, producendo qualcosa di simile al dovuto (purché non sia francofono settentrionale, ma, allora, avrebbe ben altri problemi); d'altra parte, questa sarebbe decisamente una fonodidattica scadente. Perciò, i tassofoni, assolutamente necessari nella trascrizione adeguata del portoghese (e per una riproduzione soddisfacente), sono, comprese le varianti desonorizzate soprattutto per il lusitano (davanti a C non-sonore): (m) + /p, b/: ('t™mpu)b ('t™≈pu)l /'tempu/ tempo˚ ('s9mbRå)b ('s9mbR‘)l /'sombRa/ sombra÷ (n) + /t, d/ (nella variante dentale, che si potrebbe rappresentare con ((˙)), ma il simbolo normale è più che su‚ciente) e (~) (per il brasiliano, davanti a (C, ‚) + (i, ã), /t, d/ + /i,

7. portoghese

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e, j/): ('A~Cis)b ('Ant?S)l /'antes/ antπ˚ ('v™ndå)b ('v™nd‘)l /'venda/ venda˚ ('9~‚i)b ('9nd¢)l /'onde/ onde÷ (˙) + /k, g/: ('nu˙kå)b ('nu~k‘)l /'nunka/ nunca˚ (']i˙gjå)b (']i˙gj‘)l /'ıingwa/ lìn%a˘ 7.2.1.3. Infine, è molto importante il tassofono "semi-provelare&, che ricorre davanti a tutte le altre consonanti (possibili fonotatticamente, dalle quali è esclusa /R/), realizzate dai contoidi costrittivi˚ (f, v÷ s, z÷ ëb, Sl, òb, Zl÷ º): (i«'fi«÷ e«-)b (-”'f-)l /in'fin÷ en-/ enfim˚ ('d™«su)b ('d™”su)l /'densu/ denso˚ ('kAi«s)b ('kAi”S)l /'kains/ cãπ˚ ('9«˜å)b ('9«º‘)l /'onKa/ honra (eventualmente anche davanti alla possibile realizzazione vibrante –alveolare– di /K/: ('9«r[:]å)b ('9«r[:]‘)l]÷ approssimanti˚ (ã÷ j÷ ˜): (']A« ãA∞gu'dAu«)b (']A« ãAıŸu'ƒAu«)l /'ıan iAıgu'òaun/ lã e algodão˚ (&seI«jA'mi;gu)b (&s’I«j‘'mi;Ÿu)l /sein-ua'migu/ sem o amigo (“ ® honra]÷ e laterali˚ (]): (u«']a;du)b (-ƒu)l /un'ıaòu/ um lado÷ e così pure davanti a pausa\ ('si«) /'sin/ sim˚ ('nAu«) /'naun/ não˘ Invece, per /[é]éöò/ seguìti da N o V(N)˚ la realizzazione e‡ettiva è (–òö, –òé, –ò–), dove («ò) cade, ma non c'è elisione vocalica (® § 7.3.2.2, Tassofonica]˘ Occlusivi 7.2.2.1. Ci sono tre coppie difoniche, già emerse dai vari esempi, (p, b÷ t, d÷ k, g) /p, b÷ t, d÷ k, g/, con (t, d) dentali che, in brasiliano, si realizzano come occlu-costrittivi ((C, ‚), visti precedentemente), davanti a /i, e, j/: ('p9mbå)b (-‘)l /'pomba/ pomba˚ ('kA˙gå)b ('kA˙g‘)l /'kanga/ canga˚ ('t™ndå)b (-‘)l /'tenda/ tenda˚ ('Ci;midu)b ('ti;miƒu)l /'timiòu/ tìmido˚ (sAu'da;‚i)b (sAu'ƒa;ƒ¢)l /sAu'òaòe/ saudade˚ ('Cãa;tRu)b ('tªa;tÍu)l /'tjatRu/ teatro˘ Davanti a V anteriori o a /j/, l'articolazione di /k, g/ è prevelare, ((´, Ò÷ Úl)), per coarticolazione, ma non serve indicarla appositamente, tranne che per il brasiliano davanti a /i, e, j/, dove abbiamo (©, á): ('©intu)b ('kintu)l /'kintu/ ¢into˚ ('tO;©i)b ('tO;k˙)l /'tOke/ to¢e˚ (iN'©ãE;tu)b (i~'kªE;tu)l /in'kjEtu/ in¢ieto˚ ('áiå)b ('gi‘)l /'gia/ %ia˘ La peculiarità lusitana più interessante (e più complicata per lo straniero, ma anche per il brasiliano che volesse "parlar lusitano&) è costituita dagli occlusivi sonori, /b, d, g/, che si realizzano proprio come occlusivi, (b, d, g), solo dopo pausa, dopo N (come si vede dagli esempi precedenti), e per /ıd/ (ıd), con contatto apicale, essendo le due articolazioni omorganiche, oppure per enfasi, o precisione: ('b9U«) /'boun/ bom˚ ('da) /'òa/ dá˚ ('ga;tu)l (-u)b /'gatu/ gato˚ ('kAıdu)l (-∞-)b /'kaıdu/ caldo÷ (p¢'ƒi;ƒu)l (pe'‚i;du)b /pe'òiòu/ pedido÷ con enfasi: (p¢"di:du)l… 7.2.2.2. In tutti gli altri casi, abbiamo le realizzazioni continue (due approssimanti e l'ultima costrittiva), (B, ƒ, Ÿ) (la trascrizione diafonemica indica /òb, òò, òg/, proprio per insistere sulla di‡erenza e per far apprendere adeguatamente la distribuzione {senz'obbligare a deduzioni forzate, che rischiano di far sedimentare concezioni errate}). Ovviamente, la notazione /b, ò, g/ (iniziale) è "potenziale&, in lusitano, nel senso che corrisponde a (b, d, g) o a (B, ƒ, Ÿ) a seconda del contesto e‡ettivo, non in

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assoluto. Inoltre, bisogna ammettere che, nel caso di /ıb, ıg/, nonché di /Rb, Rò, Rg/, e dei gruppi consonantici (più) dotti, non sono rare le realizzazioni occlusive, (ıb, ıg÷ Rb, Rd, Rg), anche senz'enfasi o desiderio di precisione. Esempi: ('a;B‘)l ('a;bå)b /'aba/ aba˚ (u'BRi~ku)l (u'bRi˙ku)b /u'bRinku/ o brinco˚ (]iZ'Bo‘, ]ÛZ-)l (]iz'boå)b /ıia'boa/ L¤boa˚ ('AıBu«, 'Aıb-)l ('A∞bu«)b /'aıbun/ álbum˚ (‘R'Bi;tͪu, ‘R'b-)l (a˜'bi;tRãu)b /aK'bitRju/ arbìtrio˚ (&‘Bƒi'kaR, &‘bd-)l (&ab‚i'ka˜)b /abòi'kaK/ abdicar˚ (&um‘ƒ¢'ƒa;ƒ‘)l (&umade'da;då)b /umaòe'òaòa/ uma dedada˚ (p‘'ƒRAu«)l (pa'dRAu«)b /pa'òRaun/ padrão˚ ('aRƒju, 'aRd-)l ('a˜dju)b /'aKòwu/ árduo˚ (dÛZ'ƒ3I«)l (dez'd™I«)b /òea'òein/ dπdém˘ E: (™'Ÿa;Ÿu)l (™'ga;gu)b /E'gagu/ é gago˚ (Aı'ŸOS, Aı'g-)l (A∞'gOs)b /Aı'gOs/ algoz˚ ('veZŸu)l (-zgu)b /'veagu/ vπgo˚ (‘'ŸRa;s‘)l (a'gRa;så)b /a'gRasa/ a graça˚ (&‘RŸ‘'ma;s‘, &‘Rg-)l (&a˜gA'ma;så)b /aKga'masa/ argamøsa˘ 7.2.2.3. Inoltre, è tipica del brasiliano, anche neutro, l'aggiunta d'un /e/ (i÷ I), per separare occlusivi + C (diversa da /R, ı/) o finali: (op'ta˜, &opi'ta˜, &opî-)b (øp'taR)l /ìp'taK/ optar˚ (&advo'ga;du, &a‚iv-)b (&‘ƒvu'Ÿa;ƒu)l /aòvo'gaòu/ advogado˚ ('˜itmu, '˜i;Cimu)b ('ºit≈u)l /'Kitmu/ ritmo˚ (p'neus, pi'-)b (p'neuS)l /p'neus/ pne¨˘ Altri esempi: ('kaƒmãu, -dm-)l ('kadmãu, -‚imãu)b /'kaòmju/ cádmio˚ (‘'miŸƒ‘]‘, -gd-)l (A'migda]å÷ -áid-)b /a'migòaıa/ amìgdala˚ ('diŸnu, -gnu)l ('‚ignu, -áinu)b /'òignu/ digno˚ ('dOŸm‘, -gm‘)l ('dOgmå÷ -áimå)b /'òOgma/ dogma˚ (iŸ'ze;m‘, ig-)l (ig'z™;må, &iái-)b /ig'zema/ eczema˘ Anche in lusitano c'è qualche caso simile: (ob'òE;tu, &obi-)b (uB'ZE;tu÷ &uBÛ'Z-)l /ob'ZEtu/ objeto˚ (bi']ak, -']a;©i, -©î)b (bi']ak÷ -k˙)l /bi'ıak/ Bilac. Infine, rientrano fra i gruppi consonantici di‚cili per i brasiliani anche casi come: ('aftå, 'afitå, -fîtå)b ('aft‘)l /'afta/ afta˚ ma anche ('k]a;Ru, ©i']-)b ('k9a;Ru)l /'kıaRu/ claro (per la di‡erenza nel punto d'articolazione primario). Costrittivi 7.2.3.1. Ci sono tre coppie difoniche di fonemi costrittivi, più una coppia di diafonemi (/s, a/, che vedremo sùbito dopo): (f, v÷ s, z÷ ëb, Sl, òb, Zl) /f, v÷ s, z÷ S, Z/: ('fa;su)b (-su)l /'fasu/ faço˚ ('po;vu) /'povu/ povo˚ ('su∞)b (-ı)l /'suı/ sul˚ (te«'sAu«)b (-”-)l /ten'saun/ tensão˚ ('vA∞så)b (-Ós‘)l /'vaısa/ valsa˚ ('pE˜så)b ('pEÍs‘)l /'pERsa/ persa˚ (pa'se;ãu)b (p‘'sÉ;ãu)l /pa'seju/ pøseio˚ ('va;zu) /'vazu/ vøo˚ (a'za˜)b (‘'zaR)l /a'zaK/ azar˚ (u'zi~‚ãus)b (u'zindã¨S)l /u'zindjus/ os ìndios˚ (ëe'Res)b (SÛ'ReS)l /Se'Res/ xerez˚ ('ëE˜ëis)b ('SERS?S)l /'SEKSes/ Xerxπ˚ ('o;òi)b ('o;ZÛ)l /'oZe/ hoje˘ I diafonemi /s, a/ si comportano come /s, z/ in brasiliano neutro, con distribuzione /s|, s[ò]=, z[ò]Ê, zòé/, mentre, in lusitano, corrispondono a /S|, S[ò]=, Z[ò]Ê, zòé/ (come pure nell'accento "carioca&, di Rio de Janeiro, però, ovviamente, con realizzazione (ë|, ë[ò]=, ò[ò]Ê, zòé)): ('tRas)b ('tÍaS)l /'tRas/ trás˚ (us'pais)b (uS'paiS)l /us'pais/ os pa¤˚ (i'sE∞su)b (?S'sEÓsu)l /is'sEısu/ excelso˚ (bas'ta˜)b (b‘S'taR)l /bas'taK/ bøtar˚ (pes'ka;då)b (p?S'ka;ƒ‘)l /pes'kaòa/ pπcada˚ (az'mAi«s)b (‘Z'mAi”S)l /aa'mains/ ø mãπ˚ ('azmå)b ('aZm‘)l /'aama/ øma˚ (az']A«s)b (‘Z']A”S)l /aa'ıans/ ø lãs (altri esempi appaiono in altre sezioni).

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Approssimanti 7.2.4.1. Ci sono due approssimanti, (ã, j) /j, w/ (semi-palatale e semi-velo-labiato), che corrispondono a >i˚ e≥ e >u˚ o≥ non-accentati prevocalici: ('mão;]u) /'mjoıu/ miolo˚ ('g]O;Rãå)b (-‘)l /'gıORja/ glória˚ ('pq9;nãå)b ('pªO;nã‘)l /'pjìnja/ peôniab˚ peó-l˚ ('pqAu«)b ('p'Au«)l /'pjaun/ peão˚ (i'dE;ãå)b (i'ƒE;ã‘)l /i'òEja/ ideia˚ (ko'˜e;ãu)b (k¨'ºÉ;ãu)l /ko'Keju/ correio˚ (kÚm'bO;ãu) /kom'bOju/ comboio˚ (sAm'pa;ãu)b (sA≈-)l /sam'paju/ Sampaio÷ ('a;gjå)b ('a;Ÿj‘)l /'agwa/ á%a˚ ('pjE;tå)b ('pˆE;t‘)l /'pwEta/ poeta˚ ('va;kju)b (-kˆu)l /'vakwu/ vácuo˚ (a˜'gji˜)b (‘R'ŸjiR, ‘R'g-)l /aK'gwiK/ ar$irb˚ -%irl˚ ('käimbRå)b ('kîimbR‘)l /'kwimbRa/ Coimbra˘ Rallentando la pronuncia, o per chiarezza, o enfasi, (ã, j) /j, w/ possono passare (attraverso (j, w)) a (i, u) (e anche a (e, o), secondo la grafia): ('g]O;Riå)b (-i‘)l, (pi'9;niå, pe-)b (pi'O;ni‘, pe-)l˚ (pi'Au«, pe-), (i'dE;iå)b (i'ƒE;i‘)l, (ko'˜e;Iu)b (k¨'ºÉ;Iu)l, (kÚm'bO;iu), (sAm'pa;iu)b (sA≈-)l÷ ('a;guå)b ('a;Ÿu‘)l, (pu'E;tå, po-)b (-‘), ('va;kuu, -u¨), (&a˜gu'i˜)b (&‘RŸu'iR, -g-), (ku'im-, ko-). Vari esempi mostrano che, per assimilazione, in lusitano, abbiamo desonorizzazione, dopo C non-sonore, e nasalizzazione, davanti a V nasalizzate, (ª, ˆ÷ ', î÷ q, ä); in brasiliano, generalmente, troviamo solo la nasalizzazione, (q, ä). Vibranti 7.2.5.1. Trattiamo sotto questo modo d'articolazione, oltre al vibrato alveolare (R) /R/, anche il teorico vibrante uvulare /K/, e il diafonema /K/. Per il primo, (R) /R/, non c'è molto da dire, se non che, come mostra anche la trascrizione (dia)fonemica, ha un solo bàttito, anzi, può passare all'approssimante alveolare (¸); in luso-brasiliano, ricorre tra V (nella stessa parola), dove s'oppone distintivamente a /K/ e dopo C tautosillabica: ('ka;Ru) /'kaRu/ caro (® ('ka;˜u)b (-ºu)l /'kaKu/ carro]˚ ('bRa;su)b (-su)l /'bRasu/ braço˚ ('fRiu)b ('fÍ-)l /'fRiu/ frio˘ Inoltre (come realizzazione di /K/) (R) ricorre, in brasiliano, anche finale di parola seguìto da V iniziale della parola successiva, con risillabificazione e trattamento come all'interno di parola (: /éKòé/=/é˘Ré/), mentre in lusitano ricorre (finale) pure davanti a pausa o a C\ (']e 'RA∞gu)b (']e 'RAıŸu, -gu)l /'ıeK 'aıgu/ ler algo˚ (']e˜ 'poUku, 'po-)b (']eÍ 'poku, 'poU-)l /'ıeK 'po™ku/ ler pouco˚ (nAu«']e˜)b (n4u«']eR)l /naun'ıeK/ não ler˘ 7.2.5.2. Il fonema /K/ ricorre iniziale di parola, anche dopo C o V e, all'interno di parola, dopo /é÷ n, ı, s/ (: C eterosillabiche); si realizza, in brasiliano neutro, tramite l'approssimante uvulare non-sonoro (˜), indipendentemente dal contesto (con le varianti, sempre indipendenti dai foni vicini, esposte in ordine di frequenza: costrittivo uvulare sonoro (º), o vibrante uvulare sonoro (K), o desonorizzati (ü, »). Inoltre, ci sono altre due varianti, meno neutre: vibrante costrittivo uvulare non-sonoro (º) e, infine, vibrante alveolare sonoro (r:), che dopo /é[ò]/ può passare a (Rr:): ([éR]r:). In lusitano, questo stesso fonema è (º), con le varianti, sempre frequenziali, (˜, K, », ü, Ü) (in cui (˜) è il sonoro di (º)), oltre a ([éR]r:) che, un secolo fa, era l'u-

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nica pronuncia neutra, mentre oggi è minoritaria, o provinciale, o rustica. Esempi: ('˜uå)b ('ºu‘)l /'Kua/ rua˚ (az'˜uås)b (‘Z'ºu‘S)l /aa'Kuas/ ø ruø˚ (u«'˜a;tu)b (u«'ºa;tu)l /un'Katu/ um rato˚ ('tE;˜å)b ('tE;º‘)l /'tEKa/ terra˚ ('mE∞˜u)b ('mEıºu)l /'mEıKu/ melro˚ ('t™«˜u)b ('t™«ºu)l /'tenKu/ tenro˘ Chi ha (r[:]) /K/ può avere /sòK, aòK/ (Rr[:]), ma anche (zz): (‘R'r[:]u‘S, ‘z'zu‘S)l; l'assimilazione, o la caduta, di /s, a/ è frequente pure con l'/K/ neutra: (a[˜]'˜uås)b (‘[º]'ºu‘S)l. 7.2.5.3. Il diafonema /K/ ricorre anche in posizione finale di sillaba interna di parola, e corrisponde a /K/, in brasiliano, ma a /R/, in lusitano (con la possibilità, non necessaria, d'avere (r) davanti a /m, n, ı/); anche in brasiliano, /K/ può avere la variante (R), pure accettabile (oppure (¸), che non è neutra, però): (']a˜gu÷ ']aR-)b (']aRŸu÷ -gu)l /'ıaKgu/ largo˚ ('pO˜tå÷ 'pOR-)b ('pOÍt‘)l /'pOKta/ porta˚ ('a˜må÷ 'aR-)b ('aRm‘÷ 'ar-)l /'aKma/ arma˚ ('ka˜ni÷ 'kaR-)b ('kaRn¢÷ 'kar-)l /'kaKne/ carne˚ ('ka˜]us÷ -R]-)b ('kaR]¨S÷ -r]-)l /'kaKıus/ Carlos˘ In brasiliano corrente, piuttosto popolare, /Kò/ (˜) può cadere (magari allungando un po' il vocoide precedente), soprattutto negl'infiniti; in lusitano, invece, /Kò/ è /R/, spesso desonorizzato, (Í, §), o seguìto da un (¢) più o meno breve Ó desonorizzato: (fa'ze˜÷ -e;÷ -e)b (f‘'zeR, -Í, -§, -R¢, -R¢)l /fa'zeK/ fazer˚ ('ma˜)b ('maR, -Í, -§, -R¢, -R¢)l /'maK/ mar˘ Vari esempi mostrano che, in lusitano, abbiamo (Í) in contatto con C non-sonore. Laterali 7.2.6.1. Ci sono due fonemi laterali, in entrambi gli accenti, /ı, L/. Per il primo, preferiamo il simbolo /ı/, a quello più generico /l/, giacché, pure davanti a V˚ è alveolare semi-velarizzato, (]) (o anche (ı), cioè alveo-velare {alveolare velarizzato non attenuato}, anche se può essere pure (l), che era la pronuncia lusitana neutra tradizionale, ormai solo facoltativa). Dopo V˚ davanti a pausa o a C˚ è, in brasiliano, alveo-velo-labiato (∞) (alveolare velarizzato e con arrotondamento labiale); ha una frequente variante vocalizzata, (u) –che, però, è al limite del neutro– e spesso è scambiata per (∞). In lusitano, abbiamo (ı) (e la variante possibile, alveo-uvulare, (l)): (']eICi)b (']ÉIt˙)l /'ıeite/ leite˚ ('k]a;Ru)b ('k9a;-)l /'kıaRu/ claro˚ (a'zu ]is'ku;Ru)b (‘'zu ]ZS'ku;Ru)l /a'zuı is'kuRu/ azul πcuro˚ ('sA∞tu÷ 'sAutu)b ('sAÓtu)l /'saıtu/ salto˚ (òe'RA∞÷ -Au)b (ZÛ'RAı)l /Ze'Raı/ geral˚ ('ta;Lu) /'taLu/ taºo˘ Mentre in brasiliano, come s'è detto, /ıò, ı0/ può passare a (u); in lusitano, /ıò/ può esser seguìto da un (¢) più o meno breve Ó desonorizzato: ('mA∞, -u)b ('mAı, -Ó, -]¢, -]¢)l /'maı/ mal˘ Vari esempi mostrano che, in lusitano, troviamo (9, Ó) in contatto con C non-sonore.

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Strutture 7.3.0. Gli argomenti interessanti, per questa sezione, sono: metafonia, parole nella frase, accento e intonazione. Tassofonica 7.3.1.1. Nell'àmbito del sistema vocalico portoghese, c'è un importante fenomeno da considerare: l'adeguamento vocalico (o "metafonìa&, o "metafonèsi&), che riguarda il timbro delle vocali accentate in dipendenza dalle vocali che si presentano nella desinenza. Si tratta d'un fenomeno diacronico, risalente alla fase arcaica del portoghese, per influsso delle desinenze latine. I parlanti nativi, sia brasiliani che lusitani, l'utilizzano automaticamente e con grande omogeneità, anche se ha un'applicazione lacunosa e categoriale, complicata ulteriormente da non poche eccezioni. Per lo straniero, è uno degli scogli maggiori sulla via d'una buona acquisizione della pronuncia portoghese; infatti, sarebbe fondamentale poter contare s'un dizionario di pronuncia, con trascrizione diafonemica (in modo da trattare simultaneamente entrambi gli accenti), che rendesse conto anche della metafonìa. 7.3.1.2. Semplificando un po' l'esposizione, possiamo dire che la metafonìa s'applica, in modo parzialmente diverso, ai nomi (sostantivi e aggettivi, nonché certi pronomi) e anche ai verbi. Bisogna, inoltre, distinguere tra e e o˘ Per i non-nomi con e accentata, le desinenze che possono far chiudere i timbri sono -o˚ os /-u, -us/: (ka'pe;]u[s])b (k‘'pe;]u, -¨S)l /ka'peıu[s]/ capelo(s)˚ ma (ka'pE;]å[s])b (k‘'pE;]‘[S])l /ka'pEıa[s]/ capela(s)˘ Non ci si deve, però, aspettare che tutte le forme femminili abbiano /E/; infatti, molto spesso non è così: ('ze;bRå)b (-BR‘)l /'zebRa/ zebra˚ ('se;då)b (-ƒ‘)l /'seòa/ seda÷ né, d'altra parte, che tutte le forme maschili abbiano /e/, infatti: ('bE;]u) /'bEıu/ belo˚ contro ('ne;gRu)b (-Ÿ-)l /'negRu/ negro (anche plurali e femminili). 7.3.1.3. Per i nomi con o accentata, solo -o /-u/ (masc. sing.) può far chiudere: ('po˜ku)b ('poÍku)l /'poKku/ porco˚ mentre abbiamo ('pO˜kus)b ('pOÍkuS)l /'pOKkus/ porcos e anche ('pO˜kå[s])b ('pOÍk‘[S])l /'pOKka[s]/ porca(s); inoltre, ('no;vu) /'novu/ novo˚ ma ('nO;vus)b (-¨S)l /'nOvus/ novos e ('nO;vå[s])b (-‘[S])l /'nOva[s]/ nova(s)˚ (fo˜'mo;zu)b (f¨R-)l /foK'mozu/ formoso˚ ma (fo˜'mO;zus)b (f¨R-, -¨S)l /foK'mOzus/ formosos e (fo˜'mO;zå[s])b (f¨R-, -‘[S])l /foK'mOza[s]/ formosa(s)÷ però, troviamo: (is'po;zu[s])b (?S-, -u, -¨S)l /es'pozu[s]/ πposo(s) e (is'po;zå[s])b (?S-, -‘[S])l /es'poza[s]/ πposa(s)˚ ma (is'pO;zus)b (?S-, -¨S)l /es'pOzus/ πposos per la "coppia&. Per di più, troviamo anche parecchi casi senza variazione, come: (a'do;bu[s])b (‘'ƒo;Bu, -¨S)l /a'òobu[s]/ adobo(s)˚ ('go˜du[s], -å[s])b (-Rƒu[S], -‘[S])l /'goKòu[s], -a[s]/ gordo(s)˚ -a(s)˘ E, naturalmente, ci sono pure casi con /O/: ('mO;du[s])b ('mO;ƒu, -¨S)l /'mOòu[s]/ modo(s)˚ ('fO;ku[s])b (-ku[S])l /'fOku[s]/ foco(s)÷ e pure femminili con /o/: ('go;tå[s])b (-‘[S])l /'gota[s]/ gota˚ ('fo˜så[s])b ('foÍs‘[S])l /'foKsa[s]/ força(s)˘

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7.3.1.4. Per i verbi˚ le desinenze che chiudono sono -o˚ -a˚ -ø˚ -am /-u, -a, -as, -an/ (per le forme, accentate sul tema, della seconda coniugazione): ('de;vu, 'mo;vu {-å, -ås, -A«}b ({‘, ‘S, -4«})l /'òevu, 'movu {-a, as, an}/ devo˚ movo… In sillaba caudata in N˚ l'e‡etto si neutralizza: ('v™ndu, 'v™~‚i)b ('v™ndu, 'v™nd¢)l /'vendo, 'vende/ vendo˚ vende÷ però, in sillaba non-caudata, in lusitano c'è la distinzione, che manca in brasiliano a causa della nasalizzazione: ('t™;mu, 't™;mi)b ('te;mu, 'tE;m¢)l /'temu, 'tÈme/ temo˚ teme˚ ('k9;mu, 'k9;mi)b ('ko;mu, 'kO;m¢)l /'komu, 'kìme/ como˚ come˘ Per lo stesso motivo, abbiamo questo comportamento anche coi nomi: ('s™;não˜)b ('sE;nãøR)l /'sÈnjìK/ sênior/sénior˚ ('k9;miku)b ('kO;mîku)l /'kìmiku/ cômico/cómico (con ripercussioni, tutt'altro che indiscutibili, sulla grafia, sempre sopravvalutata). Infine, abbiamo i pronomi ('e;]i[s], 'E;]å[s])b (-¢, -¢S, -‘[S])l /'eıe[s], 'Eıa[s]/ ele(s) ela(s)˚ ('esCi[s], 'Estå[s])b ('eSt˙, -?S, 'ESt‘[S])l /'este[s], 'Esta[s]/ πte(s)˚ πta(s) e derivati. Per altre indicazioni, ed eccezioni, le buone grammatiche (soprattutto non recenti) rispondono abbastanza esaustivamente. 7.3.1.5. In brasiliano colloquiale (in parole comuni, non dotte), è frequente un altro tipo d'adeguamento vocalico, sincronico, per il quale e˚ o pre-accentuali si possono realizzare come /i, u/ (i, u), spesso (I, U) (® f 7.1), quando la vocale accentata seguente sia /i, u/: (me'ni;nu, mi-, mI-)b (m¢'ni;nu)l /me'ninu/ menino˚ (&a]e'gRiå, &a]i-, &a]I-)b (&‘]¢'ŸRi‘)l /aıe'gRia/ alegria˚ (so'˜i;zu, su-, sU-)b (s¨'ºi;zu)l /su'Kizu/ sorr¤o˚ (ve']u;du, vi-, vI-)b (v¢']u;ƒu)l /ve'ıuòu/ veludo˘ Inoltre, le stesse vocali si possono realizzare, invece, come (™, ø) quando l'accento sia su V più aperte: (˜e']O;òãu, ˜™-)b (º¢']O;Zãu)l /Ke'ıOZju/ relógio˚ (ko'˜E;tu, kø-)b (k¨'ºE;tu)l /ko'KEtu/ correto/correcto˘ L'impiego costante di /e, o/ può dare un'impressione d'eccessiva attenzione (e, magari, formalità); d'altra parte, il ricorso sistematico a (i/I÷ u/U÷ ™, ø) dà senz'altro risultati "eccessivi&, non-nativi, giacché le parole dotte o rare devono restare inalterate. Inoltre, abbiamo, per esempio, foºiˆa /fo'LiNa/ (fu'Li;Nå)b (f¨'Li;N‘)l "calendario& ma (fo'Li;Nå)b (f¨'Li;N‘)l "fogliolina&, perché sentita come un derivato, contrariamente all'altra. Parole nella frase 7.3.2.1. Gl'incontri di /éòé/ [V finale {anche di monosillabi non-accentati: me˚ te˚ se˚ ºe˚ ¢e˚ e˚ de˚ o˚ do, no} + V iniziale) producono delle semplificazioni all'interno delle intonìe, non solo nelle ritmìe. Generalmente, /e, i/ e /u/ si realizzano, rispettivamente, come /j, w/, o cadono: (en'tRe;]is)b (en'tÍe;]¢S)l /entRe'eıes/ entre elπ˚ ('da;gjå, '‚ãa;-)b ('da;Ÿj‘)l /òe'agwa/ de á%a˚ ('ãoUtRå 'koizå, 'ão;-)b ('ão;tÍ‘ 'koiz‘, 'ãoU-)l /i'o™tRa 'koiza/ e outra co¤a˚ (si˙'k]i;nå)b (sí~'k9i;n‘)l /sein'kıina/ se inclina˘ Altri esempi: ('to; d[j]esCi't™mpu)b ('to; ƒ[j]eSt˙'t™≈pu)l /'toòu este'tempu/ todo πte tempo˚ (sãa'vi;Ris)b (sª‘'vi;RZS)l /sia'viRes/ se a virπ˚ (&ist[j]™u«'˜oUbu, -'˜o;-)b (?St[ˆ]™u«'ºo;Bu, -oU-)l /estuEun'Ko™bu/ ¤to é um roubo˚ (äA'mi; gjita']ãA;nu)b (j‘'mi;

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Ÿjît‘']ãå;nu)l /ua'migu ita'ıjanu/ o amigo italiano˘ Ancora: (nAum'po; '‚[ã]i˜)b (n4u≈'po; 'ƒ[ã]iR)l /naumpoòe'iK/ não pôde ir˚ (©ã™'muin t[j]a']E;gRi)b (kª™'muin t[ˆ]‘']E;ŸR¢)l /keE'muintu a'ıEgRe/ ¢e é muito alegre˚ ('‚i;si L[ã]a'e;]i)b ('di;sZ L[ã]‘'e;][¢])l /'òiseLe a'eıe/ d¤se-ºe a ele˚ ('deIë[is] 'ta˜)b ('dÉIS[?S] 'taR)l /'òeiSe is'taK/ deixe πtar˚ ('òu; R[ã]i'd9;nãu)b ('Zu; R[ã]i'ƒO;nãu)l /'ZuRi i'òìnju/ jùri idôneo/idóneo˘ Inoltre: ('be;b[j]u 'to;du)b ('be;B[j]¨ 'to;ƒu)l /'bebuu 'toòu/ bebo-o todo˚ ('t[j]u;zåz 'muin 't[j]i;su)b ('t[ˆ]u;z‘Z 'muin 't[ˆ]i;su)l /tu'uzas 'muintu 'isu/ tu ¨ø muito ¤so˚ ('gRA~ ‚ão'˜o˜, -n do-)b ('gRAn d[ã]u'ºoR)l /'gRande o'KoK/ grande horror˚ (äAn't9;nãu)b (j4n'tO;nãu, ä4n-)l /uan'tìnju/ o Antônio/António˘ 7.3.2.2. Quando le V sono due /a/, in lusitano si ha /aa/ = (’a) "/A/& (con allungamento maggiore, soprattutto se una è accentata; però, lo si mantiene solo per chiarezza): ('to;då [a]'ò™~Ci)b ('to;ƒa 'Z™nt˙)l /'toòa a'Zente/ toda a gente˚ (aA'mi;gå, A;'m-, Å;'m-)b (a'mi;Ÿ‘)l /aa'miga/ a amiga˚ (a'a;gjå)b ('a:Ÿj‘, ‘'a;-)l /a'agwa/ a á%a˚ (a[;]'a;gjå)b ('a:;Ÿj‘, a'a:-)l /A'agwa/ à á%a˚ ('vi[å] An'da˜)b ('vi Ån'daR)l /'via an'daK/ vi-a andar˚ (a'A∞må)b ('A;ım‘, ‘'Aı-)l /a'aıma/ a alma˚ (a'A∞må, a;'A∞-)b ('A:ım‘, a'A;ı-)l /A'aıma/ à alma˘ Altri casi: (&™]a'E;Rå, ™']E;Rå)b (&™]‘'E;R‘, ™']E;R‘)l /Eıa'ERa/ ela era˚ (u'mO;Rå, &uma'O-)b (u'mO;R‘, &um‘'O-)l /uma'ORa/ uma hora˚ (&aoRa'sAu«, &øRa-)b (&åuR‘'sAu«, &øR‘-)l /auRa'saun/ a oração˚ ('da;vau, -vø)b ('da;våu, -vø)l /'òavau/ dava-o˚ ('p9;Nå u&seuëa'pEu, 'p9; Nø&seu-)b ('po;N‘ u&seuS‘'pEu, 'po; Nø&seu-)l /'poNa useuSa'pEu/ poˆa o seu >apéu˚ ('nu˙kå o'vi fa']a˜ 'ni;su, 'nu˙ kø'vi)b ('nu~k‘ o'vi f‘']aR 'ni;su, 'nu~ kø'vi)l /'nunka ì™'vi fa'ıaK 'nisu/ nunca ouvi falar n¤so˘ Come s'è già accennato (§ 7.2.1), /[é]éöò/ seguìti da /ö, éö˘, é/ si realizzano –rispettivamente– come ([–]–òö, [–]–ò–, [–]–òé), dove («ò) cade, ma protegge la V dall'elisione: (']A natu'RA∞)b (']A n‘t¨'RAı)l /'ıan natu'Raı/ lã natural˚ (&kÚUni˙'g™I«)b (-3I«)l /kounnin'gein/ com nin%ém÷ (']A A~'Ci;gå, ']A;~ 'C-)b (']A 4n'ti;Ÿ‘, ']A;n 't-)l /'ıan an'tiga/ lã antiga˚ (kÚU'A«sãå)b (kÚU'A”sª‘)l /koun'ansja/ com ânsia÷ (']A a'zu∞, ']A; 'z-)b (']A ‘'zuı, ']A; 'z-)l /'ıan a'zuı/ lã azul˚ (kÚU'i;su)b (-su)l /koun'isu/ com ¤so˚ (u'9;meI 'A∞tu, 'ä9;-)b (u'O;m’I 'AÓtu, 'äO;-)l /un'ìmein 'aıtu/ um homem alto÷ (se'qE;]å)b (s’'qE;]‘)l /sein'Eıa/ sem ela˚ (nA'äE)b (n4'äE)l /naun'E/ não é˘ 7.3.2.3. Quando le sillabe che s'incontrano hanno C uguali o simili, possiamo trovare delle geminate, per la caduta dell'elemento vocalico: ('fi;©[i] kÚ'mi;gu)b ('fik[˙] k¨'mi;Ÿu)l /'fike ko'migu/ fi¢e comigo˚ (da&ke][i]']a;du)b (d‘&ke][¢]']a;ƒu)l /òa'keıe 'ıaòu/ da¢ele lado˚ ('k9;m[i] 'muintu)b ('kO;m[¢] 'muintu)l /'kìme 'muintu/ come muito˚ ('k9mpRuCi 'tu;du, -t 't-)b ('k9≈pÍut[˙] 'tu;ƒu)l /'kompRute 'tuòu/ compro-te tudo˚ ('kAmp[u] peRi'go;zu)b ('kA≈p[u] p¢Ri'Ÿo;zu, -p pÍi-)l /'kampu peRi'gozu/ campo perigoso˘ Ancora: (us'peIëi zis&tAuna'dAndu, -eIë ëis-)b (uS'pÉISZ zZS&t4un‘'ƒAndu, -ÉIS S?S-)l /us'peiSe zistaunna'òandu/ os peixπ πtão nadando˚ ('oUv[i] 'vO;zis, 'o;-)b ('o;v[¢] 'vO;zZS, 'oU-)l /'o™ve 'vOzes/ ouve vozπ˚ ('pa;s[i] 'se;du)b ('pa;s[˙] 'se;ƒu)l /'pase 'seòu/ pøse cedo˚ ('pE;‚[i] 'tu;du, -∂ 't-)b ('pE;ƒ[¢] 'tu;ƒu, -‡ 't-)l /'pEòe 'tuòu/ pede tudo˚ ('s™~C[i] 'bu;Lå, -n∂ 'b-)b ('s™nt[˙] 'Bu;L‘, -n∂ 'b-)l /'sente 'buLa/ sente buºa˘

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Soprattutto quando le sillabe contengono /t, ò/, ne può cadere una completamente: (&faku∞'da;[‚i] ‚i']e;tRås, -a‚ ‚i-)b (&f‘k¨ı'da;[ƒ¢] ƒ¢']e;tÍ‘S, -aƒ ƒ¢-)l /fakuı'daòe òe'ıetRas/ faculdade de Letrø˚ ('pO;[‚iz &]dez]i'ga˜, 'pOd d-)b ('pO;[ƒÛZ &]ƒÛZ]i'ŸaR, 'pOƒ ƒ-)l /'pOòea òeaıi'gaK/ podπ dπligar˚ ('kA∞[du] ‚i'kA;nå)b ('kAı[du] d¢'kå;n‘)l /'kaıdu òe'kana/ caldo de cana˘ Altri esempi: ('ò™~[Ci] ‚i'fO;Rå)b ('Z™nt¢ ƒ¢'fO;R‘, -n d¢-)l /'Zente òe'fORa/ gente de fora˚ ('ò™~[Ci] ‚i'ReItå)b ('Z™nt¢ ƒ¢'RÉIt‘, -n d¢-)l /'Zente òe'Reita/ gente direita÷ anche ('ba;[Ci]Ci, -CCi)b ('ba;[t˙]t˙, -tt˙)l /'batete/ bate-te˚ ('vEs[Ci]Ci, -sCCi)b ('vES[t˙]t˙, -tt˙)l /'vEstete/ vπte-te˘ 7.3.2.4. In lusitano, soprattutto, anche nella frase, /eò/ tende a cadere, pure dopo C sonore: (f˙']i;p[˙])l (fi']i;pi)b /fe'ıipe/ Filipe˚ (']a;v[¢])l (']a;vi)b /'ıave/ lave÷ d'altra parte, anche /uò/ ha questa tendenza: ('ti;p[u])l ('Ci;pu)b /'tipu/ tipo˚ (']a;v[u])l (']a;vu)b /'ıavu/ lavo˘ Però, generalmente, resta una di‡erenza, abbastanza percepibile, tra forme come /'ıave/ e /'ıavu/, perché l'/u/, pur cadendo, labializza la C precedente, anche se sia bilabiale o labiodentale; infatti, a rigore, abbiamo: (']a;ç, 'ti;()l, e così per tutte le altre C possibili, comprese /s, z/ che, quindi, foneticamente, possono apparire anche davanti a pausa (con arrotondamento o meno): ('sint¢z[¢])l ('sintezi)b /'sinteze/ sìntπe˚ (ºu'mA”s[˙])l (˜o'mA«si)b /Ko'manse/ romance˚ (&duvi'ƒo;z[u], -z)l (&duvi'do;zu)b /òuvi'òozu/ duvidoso˚ ('pa;s[u], -s)l ('pa;su)b /'pasu/ pøso˚ di contro a ('pa;s[˙])l ('pa;si)b /'pase/ pøse… Normalmente, usiamo una trascrizione più "semplice&, tranne quando si voglia insistere sul fatto. Le sequenze /0jeò, éjeò/, in lusitano, oltre alla pronuncia secondo la grafia, conservano la possibilità, un tempo più sistematica, di fondere i due ultimi elementi: ('sE;RãÛ, -Rã¢, -RÛ, -Ri)l ('sE;Rãi)b /'sERje/ série˚ ('ka;ãÛ, -ã¢, -a;Û, -a;i)l ('ka;ãi)b /'kaje/ caie (l'allungamento può essere l'unica di‡erenza rispetto a ('kai) /'kai/ cai]˘ Sempre in lusitano, i rari casi di /’iò/ oscillano tra /i/ (più moderno e vicino alla grafia) e /e/ (più tradizionale): ('taksi, -s˙)l ('taksi)b /'taksi/ táxi÷ forme come /'ZuRi/ jùri e /'ZuRe/ jure (uguali in brasiliano: ('òu;Ri)b] possono essere, in lusitano, uguali: ('Zu;R¢)l, o diverse: ('Zu;Ri)l (-R¢)l (rispettivamente). 7.3.2.5. Quando, ai confini di parole vicine, si trovano /KòK, ıòı/, normalmente si semplificano: ('ma[˜] '˜ãA∞)b ('ma[R] 'ºãAı)l /'maK 'Kjaı/ mar real˚ ('ma[˜] ˜umo'Ro;zu)b ('ma[R] ºumu'Ro;zu)l /'maK Kumo'Rozu/ mar rumoroso˚ (kA'nA[∞] ']impu)b (k‘'nA[ı] ']i≈pu)l /ka'naı 'ıimpu/ canal limpo˚ (kA'nA[∞] ]imi'ta;du)b (k‘'nA[ı] ]¢mî'ta;ƒu)l /ka'naı ıemi'taòu/ canal limitado˘ Lo stesso avviene per /sòs, aòz, sòS, aòZ/ quando sono uguali: ('de[s] 'sE;ku]us)b ('deS 'sE;k¨]¨S)l /'òes 'sEkuıus/ dez séculos˚ ('des 'ëa;]is)b ('de[S] 'Sa;]¢S)l /'òes 'Saıis/ dez xalπ˚ (a[z]'z9;nås)b (‘Z'zo;n‘S)l /aa'zonas/ as zonø˚ (&azòA'nE;]ås)b (&‘[Z]Z‘'nE;]‘S)l /aaZa'nEıas/ ø janelø÷ troviamo, invece, (Ss)l (s)b /ss/ in casi come: (&?Ss¢']™nt˙)l (&ise']™~Ci)b /isse'ıente/ excelente˚ (kÍZS'seR)l (kRe'se˜)b /kRes'seK/ crπcer˘ 7.3.2.6. In lusitano, le sequenze /0ı, 0R/, spesso, si realizzano come (0¢], 0¢R) (anche se è meglio evitare tale pronuncia): ('f9oR÷ f¢']-÷ ≠f¢']-)l ('f]o˜)b /'fıoK/ flor˚ ('k9a;-

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Ru÷ k¢']-÷ ≠k¢']-)l ('k]a;Ru)b /'kıaRu/ claro˚ ('g]O;Rã‘÷ g¢']-÷ ≠g¢']-)l ('g]O;Rãå)b /'gıORja/ glória÷ d'altra parte, le sequenze /0eı, 0eR, 0oı, 0oR/, facendo l'opposto, arrivano a dare risultati simili, anche se, in questo caso, si tratta d'una pronuncia utilizzabile senza timore (purché non sia lenta). Esempi: (k¢'Ri‘÷ k'Íi‘÷ 'kÍi‘)l (ke'Riå)b /ke'Ria/ ¢eria˚ (ko'Ro‘÷ k'Ro‘÷ 'kÍo‘)l (ko'Roå)b /ko'Roa/ coroa˚ (f¢'ROS, f'ÍOS, 'fÍOS)l (fe'ROs)b /fe'ROs/ feroz˚ (&m¢R¢'seR, m¢Í'seR)l (&meRe'se˜)b /meRe'seK/ merecer÷ è normale, nel parlare corrente, ridurre le preposizioni articolate pelo(s)˚ pela(s) a /pıé, pé/, anche in brasiliano ["p'lo˚ po&]\ (p]A'mAi«, &pe]A-)b (p9‘'mAi«, &p¢]‘-)l /p[e]ıa'main/ pela mãe˚ ('p]ja˜, p]u'a˜, &pe]u-)b ('p9jaR, p9u'aR, &p¢]u-)l /p[e]ıu'aK/ pelo ar˘ Si confrontino, poi, pára ('pa;Rå)b (-‘)l /'paRa/ e para (&paRa, pRaò0, paò0, paRòé, pRòé)b (&p‘R‘, pÍ‘ò0, p‘ò0, p‘Ròé, pÍòé)l /&paRa, pRaò0, paò0, paRòé, pRòé/: (&paRa'ka, pRa'ka÷ &paRa'©i, pRa'©i)b (&p‘R‘'ka, pÍ‘'ka÷ &p‘R‘'ki, pÍ‘'ki)l /para'ka, pRa'ka÷ para'ki, pRa'ki/ para cá˚ para aqui; anche cada è generalmente (&kada)b (&k僑)l /&kaòa/. Si tratta di forme riaccentate, quando isolate (come avviene nell'uso metalinguistico), rispetto a quelle normali, che non hanno accento primario, ma secondario, oppure debole. Lo stesso vale per a(s)˚ da(s), na(s)… (a{s}, da{s}, na{s})b (‘{S}, d‘{S}, ‘{S})l /a{s}, òa{s}, na{s}/, e anche per mas (mas)b (m‘S)l /mas/ (con eventuale accento secondario per motivi ritmici, (&måS)l). Sempre in lusitano, anche /0es, 0es/, in particolare nella desinenza -π˚ si possono ridurre abbastanza, fino a un contoide intenso ("sillabico&; ma la caduta del vocoide è popolare): ('f9o;RZS, -R°÷ -ÍS)l ('f]o;Ris)b /'fıoRes/ florπ (combinando anche quanto appena visto sopra, in pronuncia lusitana piuttosto popolare, s'arriva pure a (f¢']o;ÍS)l), (ºu'mA”s?S, -”s°)l (˜Ú'mA«sis)b /Ko'manses/ romancπ˚ (&º¢StAu'RAnt?S, &º°t-, -nt°)l (&˜estAu'RA~Cis)b /Kestau'Rantes/ rπtaurantπ˘ Pure le sequenze /peK, pRe/ spesso ricevono un contoide intenso, in lusitano, confondendosi tra loro (com'è avvenuto per per%ntar˚ rispetto allo spagnolo pre%ntar]˚ perciò (p”'fÉItu)l può valere per (pe˜'feItu, pRe'feItu)b /peK'feitu, pRe'feitu/ perfeito˚ prefeito (oltre a (p¢Í'fÉItu, pÍ¢'fÉItu)l]. 7.3.2.7. In entrambi gli accenti, la preposizione com /koun/, seguìta dagli articoli, si riduce a /kon-/ (kÚ), e anche a (ku, kj, kä): (kÚu'pai, käu-, kju-)b (kÚu'pai, kîu-, kˆu-)l /kon-u'pai/ com o pai˚ (kÚ&umAmu'LE˜, käu-)b (kÚ&um‘mu'LER, kîu-)l /kon-umamu'LEK/ com uma muºer˚ (kÚaz'mAu«s, käaz-, kjaz-)b (kÚ‘Z'mAu”S, kî‘Z-, kˆ‘Z-)l /kon-az'mauns/ com ø mãos˚ (kÚuz']o;bus, kuz-)b (-Z']o;B¨S)l /kon-uz'ıobus/ com os lobos˘ Anche em si riduce in modo consistente, fino a "/in/&: (eIm&pu˜tu'ges, im-)b (’I≈&p¨Ít¨'ŸeS, i≈-)l /ÈimpuKtu'ges/ em portu%ês˚ (eI˙'ka;zå, i˙-)b (’I~'ka;z‘, i~-)l /Èin'kaza/ em cøa˚ (&eqAu'si;]ãu, iAu-, q-)b (’qAu'si;]ãu, …)l /Èin-au'siıju/ em auxìlio˘ Il trattino messo davanti a V˚ nella trascrizione diafonemica, potrebbe anche mancare, senza creare inconvenienti, visto che si tratta di forme, in qualche modo, riconoscibili, a causa anche del simbolo sottopuntato, /ko™n, Èin/. Oppure, si potrebbe usare /«/, come diafonema (ma, sistematicamente; quindi, per tutti i casi di /éöò/); però, ciò appesantirebbe la trascrizione e complicherebbe l'analisi fonologica. Nelle ritmie, le sequenze /ééòé/ = (éò0é): (u&mejA'mi;gu)b (u&mej‘'mi;Ÿu)l /umeua'migu/ o meu amigo.

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7.3.2.8. In lusitano neutro, come si sarà visto dai vari esempi, troviamo sistematicamente (oltre a (≈, n, ~, ”, Ó, 9, Í, ª, ˆ), tranne che in pronuncia lenta e molto precisa) anche (˙, ?÷ u), tra C non-sonore, o tra queste e pausa e viceversa; è piuttosto comune sentire cose come: (uS&pͨf˙'so;RZS &p¨Ít¨'Ÿe;zZS)l (us&pRofe'so;Ris &po˜tu'ge;zis)b /uspRofe'soRes poKtu'gezes/ os profπsorπ portu%ππ˘ La desonorizzazione, anche completa, di /eò, uò/ avviene, abbastanza regolarmente, in lusitano, fino alla loro caduta (anche dopo C sonora), che avviene, per /’e/, anche all'interno di parola e di ritmìa: (∂S'kuÓp, d?S'kuÓp˙)l (‚is'ku∞pi)b /òes'kuıpe/ dπculpe˚ (&t–vi'zAu«, &t¢ıv-, &t¢]¢-)l (&te]evi'zAu«)b /teıevi'zaun/ telev¤ão˚ (‘p'tE;s, &‘p˙'tE;s˙)l (&ape'tE;si)b /ape'tEse/ apetece˚ (∂°'pOÍt°, ∂?S'pOÍtuS)l (‚is'pO˜tus)b /òes'pOKtus/ dπportos˘ Ancora: (S'pÍaR, &?Sp¢'RaR)l (&espe'Ra˜)b /ispe'RaK/ πperar˚ (St‘'tAı, &?S-)l (&ista'tA∞)b /ista'taı/ πtatal˚ (Sk‘'seR, &°k-, &?S-)l (&iska'se˜)b /iska'seK/ πcøser˚ (&'Bå;Nu, º¢)l (˜e'bA;Nu)b /Ke'baNu/ rebaˆo˚ (‘&supÍãuRi'ƒa[ƒ] ƒu'sOı, ‘&s¨p¢&Rãu-)l (a&supeRãoRi'da[‚i] du'sO∞, -'dad du-)b /asupeRjoRi'òaòe òu'sOı/ a superioridade do sol˚ (u'fin ∂s'≈å;n‘, ∂s¢-, d¢s¢-)l (u'fi~ ‚ise'mA;nå)b /u'fin dese'mana/ o fim de semana˚ (p‘'RE;s ≈um‘'Bo‘ i'ƒE;ã‘, p‘'RE;s ≈u-, p‘'RE;s¢ m-, p‘'RE;s¢ mãu-)l (leggendo: (pa'RE;semi uma'boa i'dE;ãå, -se mqu-)b} /pa'REseme uma'boa i'òEja/ parece-me uma boa ideia˘ 7.3.2.9. Vediamo, ora, degli esempi di /0uò/ = (±ò) (per /0eò/ i simboli sarebbero più normali, come in ('k™nt)l ('k™~Ci)b /'kente/ ¢ente]\ ('a;tî[[°])l ('a;Cimu[s])b /'atimu[s]/ átimo(s)˚ ('p9å;“[°])l ('p]A;nu[s])b /'pıanu[s]/ plano(s)˚ ('bå;”[°])l ('bA;Nu[s])b /'baNu[s]/ baˆo(s)˚ ('t™≈([°])l ('t™mpu[s])b /'tempu[s]/ tempo(s)˚ ('tÍi;Ì[°])l ('tRi;bu[s])b /'tRibu[s]/ tribu(s)˚ ('paÍT[°])l ('pa˜tu[s])b /'paKtu[s]/ parto(s)˚ ('sa;k[°])l ('sa;ku[s])b /'saku[s]/ saco(s)˚ (']a;)[°])l (']a;gu[s])b /'ıagu[s]/ lago(s)˘ Inoltre: ('tu;5[°])l ('tu;fu[s])b /'tufu[s]/ tufo(s)˚ ('po;ç, 'pO;ç°)l ('po;vu, 'pO;vus)b /'povu, 'pOvus/ povo(s)˚ ('po;s, 'pO;s°)l ('po;su, 'pO;sus)b /'posu, 'pOsus/ poço(s)˚ ('ka;z[°])l ('ka;zu[s])b /'kazu[s]/ cøo(s)˚ ('ºo;«[°])l ('˜o;ëu[s])b /'KoSu[s]/ roxo(s)˚ ('bÉI»[°])l ('beIZu[s])b /'beiZu[s]/ beijo(s)˚ ('mÉ;’[°])l ('me;ãu[s])b /'meju[s]/ meio(s)˚ ('ka;∂[°])l ('ka;Ru[s])b /'kaRu[s]/ caro(s)˚ ('ka;R[°])l ('ka;˜u[s])b /'kaKu[s]/ carro(s)˚ ('ºo;3[°])l ('˜o;]u[s])b /'Koıu[s]/ rolo(s)˚ ('fi;¯[°])l ('fi;Lu[s])b /'fiLu[s]/ fiºo(s)˘ In brasiliano neutro, questa desonorizzazione è piuttosto rara; ma ci può essere, soprattutto dopo C non-sonora davanti a pausa, in particolare per /e, u/: ('k™~Ci, Cî, -Ci)b ('k™nt˙)l /'kente/ ¢ente˚ ('po;su, -s¨, -su)b (-su)l /'posu/ poço˘ 7.3.2.10. Una V (orale) seguìta da una V nasalizzata, si può nasalizzare, soprattutto in pronuncia corrente: (&åimpRe'sAu«, &Aim-)b (&‘i≈pÍ¢'sAu«, &4i≈-)l /aimpRe'saun/ a imprπsão˚ (™'impãu, ™im-)b (-≈pªu)l /E'impju/ é ìmpio˘ Accento 7.3.3.1. La posizione dell'accento è indicata con buona precisione dalla grafia, una volta che si conoscano le regole, esposte in tutte le grammatiche. Dal punto di vista fonetico, ricorrono degli accenti secondari, distribuiti alternativamente, per

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motivi ritmici, in modo simile a quanto avviene in italiano o, meglio, in spagnolo. Generalmente sono disaccentati (salvo che per accenti secondari ritmici, appunto) i grammemi monosillabici (e simili): articoli [o˚ a˚ os˚ ø˚ um˚ uns]˚ pronomi personali [me˚ te˚ se˚ o˚ a˚ ºe˚ nos˚ vos˚ os˚ ø˚ ºπ˚ e combinazioni mo˚ ta˚ ºos {…}; anche eu˚ tu˚ se deboli), aggettivi possessivi [meu˚ te¨˚ sua {…}), preposizioni [a˚ com˚ de˚ em˚ por˚ sem˚ sob]˚ preposizioni articolate [à˚ ao˚ da˚ do˚ na˚ no˚ num {…}, pro/prò = "para o& {…}, plo/p'lo = "pelo& {…}), congiunzioni [e˚ ou˚ mø˚ nem˚ ¢e˚ se]˚ il pronome relativo ¢e˚ ausiliari [sou˚ és˚ é˚ so¤˚ são˚ tens˚ tem˚ têm˚ (es)tou˚ (es)tás˚ (es)tá]˚ le forme di "tratamento& [dom˚ frei˚ são˚ seu = "senhor&), altre [cem˚ grão˚ ¢ão˚ tão÷ há impersonale). 7.3.3.2. Ci sono, poi, i composti lessicali, veri e propri, che mantengono sul primo elemento un accento abbastanza forte, oscillante tra il primario e un secondario rinforzato (secondo la scala ('), (“), (&)), che riguarda un primo /'/ seguìto da un altro, che si realizza come (“) (oppure (&), se contiguo all'accento primario): (“gja˜da'˜oUpå, -o;-)b (-Rƒ‘'ºo;p‘, -oU-)l /'gwaKòa'Ko™pa/ %arda-roupa˚ (“agja'fO˜Ci)b (“aŸj‘'fOÍt˙)l /'agwa'fOKte/ á%a-forte˚ (“A∞Ci'baiëu)b (“AÓtî'BaiSu)l /'aıti'baiSu/ altibaixo˚ (&mA∞'kRãa;du)b (&mAÓ'kÍãa;ƒu)l /'maı'kRjaòu/ malcreado˚ (“pAu~‚i']O)b (“pAund¢']O)l /'paunde'ıO/ pão-de-ló˚ (“]uzobRazi']eIRu)b (-øBR‘zi']ÉI-)l /'ıuzìbRazi'ıeiRu/ l¨o-brøileiro˘ Ci sono, pure, dei composti particolari, ancora percepiti come tali (più che come delle cristallizzazioni), che mantengono abbastanza indipendenti i due elementi; primi fra tutti, ci sono gli avverbi in /-'mente/ -mente: (“òustA'm™~Ci)b (“ZuSt‘'m™nt˙)l /'Zusta'mente/ j¨tamente˚ (“]indA'm™~Ci)b (“]ind‘'m™nt˙)l /'ıinda'mente/ lindamente˚ (&fRiA'm™~Ci)b (&fÍi‘'m™nt˙)l /'fRia'mente/ friamente˚ (ko˜&tez'm™~Ci)b (k¨Í&teZ'm™nt˙)l /koK'tea'mente/ cortesmente˚ (“fasi∞'m™~Ci)b (“fasîı'm™nt˙)l /'fasiı'mente/ facilmente˘ 7.3.3.3. Inoltre, gli alterati coll'infisso /-z-/ -z- hanno lo stesso schema: (mu&L™˜'zi;Nå)b (mu&L™R'zi;N‘)l /mu'LEK'ziNa/ muºerziˆa˚ (ku&L™˜'zi;Nå)b (k¨&L™R'zi;N‘)l /ku'LEK'ziNa/ coºerziˆa˚ (“ø˜fA«'zi;Nå)b (“øÍf4«'zi;N‘)l /'OKfan'ziNa/ orfãziˆa˚ (“ëavena'zi;Nå)b (“Sav¢n‘'zi;N‘)l /'Savena'ziNa/ >avenaziˆa˚ (a&vø'zi;Nå)b (‘&vø'zi;N‘)l /a'vO'ziNa/ avoziˆa˚ (a&vo'zi;Nu)b (‘&vo'zi;Nu)l /a'vo'ziNu/ avoziˆo˚ (&pai'zi;Nu)b (-'zi;Nu)l /'pai'ziNu/ paiziˆo˚ (“9meI«'zi;Nu)b (“øm’I«'zi;Nu)l /'ìmein'ziNu/ homenziˆo˚ (“9meI«za'˜Au«)b (“øm’I«z‘'ºAu«)l /'ìmeinza'Kaun/ homenzarrão˚ (˜a&pa'ze;Lu)b (º‘&pa'zÉ;Lu)l /Ka'pa'zeLu/ rapazeºo˚ (]e«&sø∞'zi;tu)b (]e”&søı'zi;tu)l /ıen'sOı'zitu/ lençolzito˘ (Un tempo si scriveva un accento grafico grave in composti di questo tipo.) Per quanto riguarda l'accentazione (fonica) dei verbi, s'osservino bene i seguenti esempi piuttosto significativi (e non esenti da seri dubbi se si parte solo dall'ortografia), dati solo in trascrizione diafonemica: /li'mitu, li'mita{s}, li'mitaun/ limito, limita(s)˚ limitam; /'bailu, 'baila{s}, 'bailaun/ bailo, baila(s), bailam; /'kauzu, 'kauza{s}, 'kauzaun/ causo, causa(s), causam. Inoltre: /aK'kwaK/ arcuar, /aK'kuu/ arcuo, /aK'kua{s}/ arcua(s); /in'flwiK/ influir, /in'fluu/ influo, /in'flui{s}/ influi(s), /in'flwi/ influì, /in'flwiu/ influiu, /in'flwia{s}/ influìa(s); /pa'sjaK/ passear, /pa'seju/ passeio, /pa'seja{s}/ passeia(s), /pa'sejaun/ passeiam; /'KiK/ rir, /'Kiu/ rio, /'Kiu/ riu, /'Kia{s}/ ria(s), /'Kiein/ riem, /'Kiaun/ riam; /òi'zia/ dizia, /òi'Ria/ diria, /òi'Rei/ direi. Ora, osserviamo molto bene i seguenti: /sa'iK/ sair, /sa'iòu/ saìdo, /sa'indu/ sain-

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manuale di pronuncia

do, /'sai{s}/ sai(s), /sa'i{s}/ saì(s), /'saju/ saio, /'saja{s}/ saia(s), /sa'iu/ saiu, /sa'ia{s}/ saìa(s), /sa'iaun/ saìam, /'saein/ saem, /sa'iRaun/ saìram, /sai'Riaun/ sairiam, /sai'Raun/ sairão, /sai'Ria{s}/ sairia(s), /sai'Rei{s}/ sairei(s), /sa'iReis/ saìreis, /sai'Rieis/ sairìeis. Infine, abbiamo il futuro e il condizionale "infissati& (curiosamente {per stranieri e pure brasiliani}) (&se']jÉI)l /'se'ıwei/ sê-lo-ei˚ (tÍ‘&taÍ'sªa)l /tRa'taK'sja/ tratar-se-á˚ (&diR'LjaS)l /'òiK'Lwas/ dir-ºo-ás˚ (kÚn&ta']jAu«)l /kon'ta'ıwaun/ contá-lo-ão˚ (&faR'L[ã]i‘)l /'faK'Ljia/ far-ºe-ia˚ (pu&ƒeÍ's[ª]i‘)l /po'òeK'sjia/ poder-se-ia˚ (&di']ji‘S)l /'òi'ıwias/ di-lo-iø˚ (kÚn&ta']äi4«)l /kon'ta'ıwian/ contá-lo-iam (leggendo: (&se']jeI, tRa&ta˜'sãa, &‚i˜'Ljas, kÚn&ta']jAu«, &fa˜'L[ã]iå, po&de˜'s[ã]iå, &‚i']jiås, kÚn&ta']äiA«)b). Intonazione 7.3.3.4. Le f 7.4-5 danno le protonìe e le tonie delle due pronunce portoghesi neutre; si facciano tutti i confronti, tra questi due accenti e coll'italiano: /./: (çt™;Nu äAçmi;gu çmuintu simçpa;Ciku3 3)b ('tÉ;Nu ä‘'mi;Ÿu 'muintu si≈Çpa;tiku3 3)l /'teNu un-a'migu 'muintu sim'patiku./ Teˆo um amigo muito sìmpatico. /?/: (¿&useçNo; R™¶mE;‚iku12)b (¿&usZ'No; R™'mE;ƒîku21)l /¿use'NoK E'mEòiku?/ O seˆor é médico? /÷/: (¿&AmAçNA ™çsa;badu2 2 ¿odÚçmi˙gu3 3)b (¿&am‘'NA ™'sa;B‘ƒu2 2 ¿oƒuÇmi˙gu3 3)l /¿Ama'Nan E'sabaòu÷ ¿o™òo'mingu./ Amaˆã é sábado, ou domingo? f 7.4. Protonie e tonie brasiliane. / / (2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/./ (2 ç 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/?/ (2 ¶ 1 2)

/¡ / (¡ 2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/÷/ (2 ç 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 ç 2 2 ç 2 2 ç 2)

/,/ (2 ' 2)

/ / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 Ç 2)

/./ (2 Ç 3 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 Ç 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 Ç 2)

/÷/ (2 ' 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 Ç 2)

/,/ (2 ' 2)

f 7.5. Protonie e tonie lusitane.

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Accento "internazionale& 7.4.1. Ora, forniamo anche la pronuncia "internazionale& del portoghese. Ovviamente, è più basata sull'accento brasiliano (che su quello lusitano, con tutte le sue "fisime& fonetiche), anche considerando le quantità di parlanti nativi e‡ettivi. Comunque, anche rispetto all'accento brasiliano, s'accantonano le peculiarità più marcate (pure fra le varianti all'interno del Brasile), sia in un'ottica –o in un'"acustica&– più internazionale. Perciò, la pronuncia "internazionale& del portoghese non si rifà a quella "carioca& di Rio de Janeiro, ma più in generale a quella della città di São Paulo e delle grandi città degli stati del Sud del Brasile. In e‡etti, questo tipo di pronuncia s'allontana meno dalla grafia, a tutto vantaggio dell'internazionalità. 7.4.2. Chiaramente, i nativi (anche lusitani) la capiranno senza problemi. Non si può, certo, dire lo stesso per gli stranieri a contatto con la pronuncia lusitana. Ma, è importante poter indicare, per l'apprendimento, un tipo di pronuncia che non sia il semplice frutto d'uno studio approssimativo e parziale (soggetto a tante interferenze alloglotte, dovute anche a "regole& ortografiche talmente diverse, come generalmente avviene per gli stranieri che studiano la lingua portoghese senza un adeguato approccio fonico). Al contrario, si tratta del risultato d'un'approfondita meditazione, fondata su criteri di naturalezza fonica, ma anche d'autentica tipicità (che non "suoni straniera&). Volendo, ci si potrà avvicinare maggiormente alle peculiarità locali dei due neutri (brasiliano e lusitano, o anche di qualche variante regionale), rendendo la propria pronuncia più "nativa&, sebbene quella indicata come "internazionale& non suoni a‡atto strana ai nativi. I lusitani la potranno considerare appartenente al tipo brasiliano (col suo numero di parlanti molto più consistente), ma senza le peculiarità tipiche del Sud, Centro, o del Nord del Brasile. 7.4.3. Come si vede dalla figura, le vocali sono (i÷ e÷ 'E, ’™÷ a÷ 'O, ’ø÷ o÷ u) /i, e, E, a, O, o, u/ (usiamo sempre la trascrizione diafonemica): ('vi, 'e;li, &™la'dE;vi, 'ga;ta, 'pO;su, &pøsu'daR, 'o;ku, 'u;va) /'vi, 'eıe, Eıa'òEve, 'gata, 'pOsu, pOsu'òaK, 'oku, 'uva/ vi˚ ele˚ ela deve˚ gata˚ posso˚ posso dar˚ oco˚ uva; compresi i tassofoni nasalizzati (i, e, A, Ú, u): ('si˙, pen'denti, 'kAntu, 'kÚnta, 'mundu) /'sin, pen'dente, 'kantu, 'konta, 'mun/i/ (i, iö)

/u/ (u, uö)

/e/ (e, eö)

/o/ (o, Úö)

/E/ (E, ’™)

/O/ (O, ’ø)

/a/ (a, Aö)

/ai, au/ (ai, au÷ Aiö, Auö)

/ / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ç 3 3)

/?/ (2 ' 1 2)

/÷/ (2 Ç 2 2)

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du/ sim˚ pendente˚ canto˚ conta˚ mundo. Ovviamente, per quanto "scomodi& siano per gli stranieri, si devono mantenere distinti i timbri di /e, E÷ O, o/, compreso l'altro grosso problema vocalico per gli stranieri –la metafonìa– altrimenti, la pronuncia sarebbe davvero straniera. Alle grafie e˚ o, corrispondono sempre /e, o/ (pure per esC-); mentre, solo per -e(s)˚ -o(s) finali, abbiamo /e, u/: ('lentis, 'mu;Rus) /'ıentes, 'muRus/ lentes˚ muros˘ 7.4.4. Anche i dittonghi sono più semplici; infatti, hanno tutti (i, u) per secondo elemento: (ei, Ei, ai, Oi, oi, ui÷ iu, eu, Eu, au, ou), /ei, Ei, ai, Oi, oi, ui÷ iu, eu, Eu, au, ou, o™/: ('rei, 'vou) /'Kei, 'vo™/ rei˚ vou; coi tassofoni nasalizzati (ei, Ai, Úi, ui÷ Au): ('bei˙, 'mAi˙, 'pÚi˙, 'muintu, 'nAu˙) /'bein, 'main, 'poin, 'muintu, 'naun/ bem˚ mãe˚ põe˚ muito˚ não. Non si potrebbe, però, proporre (Å), per i dittonghi nasalizzati, né per /a/ nasalizzato, perché troppo lontano dalla realtà nativa (sebbene questo non impedirebbe di certo la comprensione). D'altra parte, una pronuncia pur sempre internazionale, ma un po' meno "autentica&, potrebbe rinunciare alla nasalizzazione causata da /ö/ in sillaba caudata (sebbene in non poche pronunce lusitane tale nasalizzazione sia molto ridotta, tanto da corrispondere a quella, puramente fonetica, che naturalmente non manca in sequenze /éö/, nella maggior parte delle lingue prive di nasalizzazione distintiva, fonemica; nelle quali, normalmente, non vien a‡atto indicata). 7.4.5. Ai dittonghi fonologici "u‚ciali&, va aggiunta una nuova serie di dittonghi provenienti dalle realizzazioni vocalizzate delle sequenze di //él0, élò// (diafonemicamente indicate come /éı0, éıò/). Per cui, aggiungendo esplicitamente solo quello che non coincide già coi dittonghi "u‚ciali&, abbiamo, in più (Ou): come in (bRa'ziu, 'feutRu, 'mEu, 'sau, 'sOu, 'soutu, 'suu) /bRa'ziı, 'feıtRu, 'mEı, 'saı, 'sOı, 'soıtu, 'suı/ Brasil˚ feltro˚ mel˚ sal˚ sol˚ solto˚ sul. In e‡etti, le realizzazioni dittongali sono più convenienti per semplicità articolatoria e per comprensibilità del portoghese parlato, perché preparano già gli stranieri al "dilemma& dell'interpretazione di /éı/ come (éu) (coincidente con molti dittonghi fonologici /éu/). 7.4.6. Per quanto riguarda le consonanti, come già anticipato, la pronuncia internazionale non ricorre a tassofoni particolari, peculiari degli accenti nativi del portoghese, ma non su‡ragati da una su‚cientemente di‡usa "universalità naturale&. Quindi, abbiamo regolarmente l'assimilazione di /n0/, con contoidi sempre nasali pieni (e non attenuati, come invece i semi-nasali), davanti a tutte le consonanti: ('sAmba, 'fRA~Za, 'fRAngu) /'samba, 'fRanZa, 'fRangu/ samba˚ franja˚ frango. Inoltre, alla fine di parola ricorre (˙), pure davanti a vocale o a nasale iniziale d'una parola seguente: (nAu˙'E, 'lA˙ a'zuu, u˙'o;vu, u˙'mau) /nau˙'E, 'ıa˙ a'zuı, un'ovu, un'maı/ não é˚ lã azul˚ um ovo˚ um mal (sebbene, in questo solo caso, le pronunce neutre, brasiliana e lusitana, abbiamo (–ò)). Si confrontino ('wo;vu, u'mau) /u'ovu, u'maı/ o ovo˚ o mal.

7. portoghese

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7.4.7. Non si trovano nemmeno i tassofoni brasiliani di /t, d÷ k, g/ + /i, j/, (C, ‚÷ ©, á): (di'kinta) /de'kinta/ de quinta; né tantomeno i tassofoni continui di /b, d, g/ (del lusitano, (B, ƒ, Ÿ), indicati come /b, ò, g/): (&obRi'ga;du) /obRi'gaòu/ obrigado. A maggior ragione, /s{ò}0, z{ò}0/ e /sò/ (diafonemicamente /s, a/) si realizzano proprio come (s, z), senza mutare la loro articolazione: ('pas, 'dezdi) /'pas, 'òeaòe/ paz˚ desde (così vistose in lusitano: ('paS, 'deZƒ¢) e in carioca: ('paë, 'deòGi)). Perciò, abbiamo (S, Z) /S, Z/ solo per le grafie ch˚ x˚ j˚ g: ('Sa, 'Si;kaRa, 'Za, Ze'Rau) /'Sa, 'SikaRa, 'Za, Ze'Raı/ chá˚ xìcara˚ já˚ geral˘ 7.4.8. Anche gli approssimanti, più naturalmente, sono tali, (j, w) /j, w/ (e non semi-approssimanti, (ã, j)): ('glO;Rja, 'li˙gwa) /'gıORja, 'ıingwa/ glória˚ lìngua˘ Per quanto riguarda /R/, ovviamente, abbiamo (R) (anche finale di parola davanti a pausa o C, che in brasiliano neutro è (˜) /K/); mentre, per /K/, conviene il più "naturale& (r) (dopo C\ /n, l, s/, diafonemicamente /n, ı, s/): ('Únra, &u˙ra'pas, 'biuru, ra'laR) /'onKa, unKa'pas, 'biıKu, Ka'ıaK/ honra˚ um rapaz˚ bilro˚ ralar, e (Rr), dopo V: ('kaRru, &uRra'pas) /'kaKu, uKa'pas/ carro˚ o rapaz÷ quindi, anche iniziale di parola; mentre abbiamo (˜)b, (º)l (con tante altre varianti, ® § 7.2.5.2). Si mantiene /L/: ('vE;Lu) /'vELu/ velhu; però, più naturalmente, abbiamo (lé), ma (éu) (come già visto), che diafonemicamente sono /ıéı/): ('ljau) /'ıjaı/ leal. L'accentazione e le durate coincidono con quelle neutre; mentre l'intonazione è un compromesso fra i due tipi neutri. Per semplicità, diamo solo la protonia non-marcata e le tonie marcate. Testo 7.5.0. Il brano in trascrizione, Il vento di tramontana e il sole, viene dato nei due accenti neutri (brasiliano e lusitano) e internazionale; sempre, prima il testo italiano (® § 2.4.1) con accento straniero marcato, poi quello in portoghese. Le segnalazioni di varianti, tra parentesi, potrebbero richiedere leggeri ritocchi d'adeguamento, sui quali s'invita a riflettere, a seconda che ci siano o no determinati segmenti. Nel testo, per l'accento lusitano, segnamo (å|) /’aò/, davanti a pausa (anche se negli esempi isolati abbiamo messo semplicemente (‘ò), per mostrare meglio la di‡erenza coll'accento brasiliano). Alla fine, come sempre, c'è anche la versione che dà la pronuncia italiana del portoghese, da parte dell'italofono neutro, fluente in portoghese (per lungo apprendimento in immersione fra nativi, ma senza il metodo fonetico), che abbia appreso adeguatamente le prominenze relative, ma che usi, per il resto, gli elementi segmentali e sovrasegmentali tipici dell'italiano neutro. Ovviamente, lo stesso principio vale per le pronunce straniere dell'italiano, date per prime. Pronuncia brasiliana (dell'italiano) 7.5.1. (si&bisCi'ëa;vAnu2 ìu«'òO˜nu2œ| i∞çv™ntu ‚i&tRAmÚn'tA;nå2| eI∞çsO;]i3 3 ì']u;nu2 &pRetençd™ndu &‚ã™se˜pãu'fO˜Ci2 ‚iç]A∞tRu3 3œ &käAnduçvi;deRu u«&vãaòaçto;Ri ©iveçni;vA i-

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manuale di pronuncia

'nA«si2 açvo∞tu &ne∞mAnçtE;]u3 3| i&due]iCiçgA~Ci2 2 ‚i'ëi;zeRu2 ìa']O;Rå2œ &©isa&R™bisçta;tu pãuçfO˜Ci2 2| ©i&føsi˜ãu'ëi;tu2\ &a]eçva;Ri i∞mAn'tE;]u2 A∞&vãaòaçto;Ri3 3|| i∞çv™ntu ‚i&tRAmÚn'tA;nå2 &kÚmi«çëoU asoçfãa;Ri3 3 ì&kÚ«vãoç]™«så3 3œ| maçpãu soçfãa;vå2 2| çpãui∞ vãaòa'to;Ri2 &sistRi«çòe;vå &ne∞mAnçtE;]u3 3\ 'tAntu2 ì&©ãa]åçfi;ni2 2œ i∞çpO;veRu 'v™ntu2 doçvE;Ci ‚içzisteRi3 3 ìdA∞&sjopRoçpO;zitu3 3œ|| i∞'sO;]i2 ìa']O;Rå2œ &simosçtRoU ne∞çëe;]u3 3| i&poku'do;pu2 i∞&vãaòaçto;Ri2 2 ì©ise~çCi;vå 'kA∞du2œ ˚siçtO∞si3 3 ˚i∞mAnçtE;]u3 3| &i]a&tRAmÚnçtA;nå2 2 &fukos'tRE;tå2 ìko'zi2œ| a&˜ikÚçnO;ëeRi2 2| ©i∞'sO;]i2\ &™RapãuçfO˜Ci3 3 ì‚iç]Ei3 3œ|| ¿&Cã™pãa¶ëu;tå12 ¿&]asto'RãE;]å2| ¿&]avoçLA;mu ˜i¶pE;teRi12|||) Pronuncia lusitana (dell'italiano) 7.5.2. (s¢&BZSti'Sªa;v‘nu2 ìu«'ZãORnu2œ| iı'v™ntu ƒî&tÍ‘mÚn'tå;nå2| ãiÓÇsO;]¢3 3 ì']u;nu2 &pÍ¢ten'd™ndu &ƒ[ã]™s¢Ípªu'fOÍt¢2 ƒ¢Ç]AÓtÍu2œ &kî4ndu'vi;ƒ¢Ru u«&vã‘Zã‘'to;R¢ &k¢v¢'ni;v‘ i'nA”sî2 ‘'voÓt¨ &n™ım4nÇtE;]u3 3| i&ƒu¢]¢tî'ŸAntî2 2 ƒZ'Si;z¢Ru2 ì‘']O;R‘2œ k˙s‘&R™B¢S'ta;tu pª¨'fOÍt˙2 2| ki&føs¢ºã¨'Si;t¨2 &‘]¢'va; Riım4n'te;]u2 Aı&vã‘Zã‘Çto;R¢3 3|| iı'v™nt¨ ƒî&tÍ‘mÚn'tå;n‘2 &k¨mi”'Sªo ‘suÇfªa;R¢3 3 ì&kÚ«vãuÇ]™”så3 3œ| m‘'pª¨ su'fªa;vå2 2| 'pªuiı vã‘Zã‘'to;R¢2 &s?StÍi«'Ze;v‘ &n™ım4nÇtE;]u3 3\ 'tAntu2 ìkª‘]‘'fi;n¢2 2œ iÓ'pO;v¢Ru 'v™nt¨2 ƒu'vE;t[¢] ƒ¢ÇziSt¢R¢3 3 ìƒAÓ&sˆ¨pͨÇpO;zîtu3 3œ|| iÓ'sO;]¢2 ì‘']O;R‘2œ &sîm¨S'tÍo n™ÓÇSªe;]u3 3| î&pok¨'ƒo;p¨2 iı&vã‘Zã‘'to;R¢2 2 ì&k˙sen'tiv‘ 'kAıd¨2œ ˚sîÇtOÓs¢3 3 ˚iım4nÇtE;]u3 3| &i]‘&tÍ‘mÚn'tå;n‘2 2 &fukuS'tÍE;t‘2 ìk¨'zi2œ| ‘&ºîk¨'nO;S¢R¢2 2| kîÓ'sO;]¢2\ &™R‘pªuÇfOÍt¢3 3 ìƒiÇ]Ei3 3œ|| ¿&tª™pª‘'Sªu;t‘21 ¿&]‘St¨'RãE;]å2| ¿&]‘vu'Lå;mu ºî'pE;t¢R¢21|||) Testo portoghese 7.5.3. O vento norte e o sol porfiavam sobre ¢al dos do¤ era o ma¤ forte, ¢ando sucedeu pøsar um viajante envolto numa capa. Ao vê-lo, põem-se de acordo em como a¢ele ¢e primeiro conse%¤se obrigar o viajante a tirar a capa seria considerado o ma¤ forte. O vento norte começou a soprar com muita fùria, mø ¢anto ma¤ soprava, ma¤ o viajante se embruºava na sua capa, até ¢e o vento norte dπ¤tiu. O sol briºou então com todo o πplendor, e imediatamente o viajante tirou a capa. E øsim o vento norte teve de recoˆecer a superioridade do sol. Você gostou da h¤toriˆa? Queremos repetì-la? Pronuncia brasiliana 7.5.4. (uçv™ntu çnO˜Ci ãu'sO∞2 po˜çfãa;vAu« &sobRiçkjA∞ duz'dois2\ ™R9&maisçfO˜Ci3 3| çkäAndu &suseçdeu paçsa; Ru«vãa'òA~Ci2\ e«çvo∞tu &numaçka;på3 3| ø've;]u2 'p9i[’I]«si ‚ãa'ko˜du2 eI˙çk9; mjaçke;]i &©ipRiçmeIRu2 &kÚ«seçái; sãobRiçga; Ruvãa'òA~Ci2 aCiçRa; Raçka;på2 2 se&RiakÚ«&sideçRa;du2 u&maisçfO˜Ci3 3||

7. portoghese

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uçv™ntu 'nO˜Ci2 &kÚmeçsoU aso'pRa˜2 kÚçmuintå çfu;Rãå3 3| masçkäAntu çmai[s] soçpRa;vå2 2| çmai zuvãa'òA~Ci2 &sãimbRuçLa;vå &nasjaçka;på3 3| a'tE2 ©ãuçv™ntu 'nO˜Ci2 &‚izisçCiu3 3|| uçsO∞ bRiçLoU en'tAu«2 kÚnçto;du [u]sp]ençdo˜3 3| &ãime“‚ãatA'm™~Ci2 uvãaçòA~[Ci]2 ˚CiçRoU3 3 ˚açka;på3 3| ãa'si2 uçv™ntu çnO˜Ci2 2\ çte;vi &‚i˜e&kÚNe'se˜2\ a&supe&RãoRiçda;[‚i]3 3 duçsO∞3 3||) ¿vo'se gos¶toU12 ¿&daisto'Ri;Nå2| ¿keçR™;mu[s] &˜epe¶Ci;]å12|||) Pronuncia lusitana 7.5.5. (u'v™ntu 'nOÍt˙ ãu'sOÓ2 puÍ'fªa;v4u” &soBR¢'kˆAı duZ'ƒoiS2\ ™Rø&maiSÇfOÍt˙3 3| 'kîAndu &sus˙'ƒeu p‘'sa; Ru«vã‘'ZAnt[˙]2\ i«'voÓtu &num‘Çka;på3 3| ø've;]u2 'p9i[’I]”s[˙] ƒ‘'koRƒu2 ’I~'ko; mj‘'ke;][˙] &k˙pÍî'mÉIRu2 &kÚ”s[˙]'Ÿi; &sªuBRi'Ÿa; Ruvã‘'ZAnt[˙]2 ‘tî'Ra; R‘'ka;p‘2 2 s˙&Ri‘kÚ”&siƒ¢'Ra;ƒu2 u&maiSÇfOÍt[˙]3 3|| u'v™nt[u] 'nOÍt[˙]2 &kum¢'so ‘su'pÍaÍ2 kÚ'muint‘ Çfu;Rãå3 3| m‘S'kîAntu 'maiS su'pÍa;vå2 2| 'mai zuvã‘'ZAnt[˙]2 &sªimbRu'La;v‘ &n‘sˆ‘Çka;på3 3| ‘'tE2 kª¨'v™nt[u] 'nOÍt[˙]2 &ƒ¢z?SÇtiu3 3|| u'sOı BRi'Lo en'tAu~2 kÚn'to; ƒ[j]¨Sp9enÇdoR3 3| &ãim¢“ƒãat‘'m™nt[˙]2 uvã‘'ZAn[t˙]2 ˚tîÇRo3 3 ˚‘Çka;på3 3| ã‘'si2 u'v™nt[u] 'nOÍt[˙]2 2\ 'te;v[¢] ƒ¢º¢&kuNÛ'seR2\ ‘&sup˙&RãoRiǃa;[ƒ¢]3 3 ƒuÇsO;ı3 3|| ¿vo'se Ÿ¨S'to21 ¿&ƒ[‘]ZStu'Ri;Nå2| ¿k˙'Re;mu[Z] &º¢p˙'ti;]å21|||) Pronuncia internazionale

7.5.6. (u'ventu 'nORti ju'sOu2 poR'fja;vAun &sobRi'kwau duz'dois2\ ™Rau&maisçfORti3 3| 'kwAndu &suse'deu pa'sa; RuMvja'ZAnti2\ eM'voutu &numaçka;pa3 3| au've;lu2 'pÚinsi dja'koRdu2 ei˙'ko; mwa'ke;li &kipRi'meiRu2 &kÚnse'gi; sjobRi'ga; Ruvja'ZAnti2 ati'Ra; RaÇka;pa2 2 se&RiakÚn&side'Ra;du2 u&maisçfORti3 3|| u'ventu 'nORti2 &kome'sou aso'pRaR2 kÚ˙'muinta çfu;Rja3 3| mas'kwAntu 'mais soÇpRa;va2 2| 'mai zuvja'ZAnti2 &sjimbRu'La;va &naswaçka;pa3 3| a'tE2 kju'ventu 'nORti2 &dizisçtiu3 3|| u'sOu bRi'Lou en'tAu˙2 kÚn'to;du usplençdoR3 3| &jime“djata'menti2 uvja'ZAnti2 ˚tiçRou3 3 ˚açka;pa3 3| ja'si˙2 u'v™ntu ÇnORti2 2\ 'te;vi &diRre&koNe'seR2\ a&supe&RjoRiçda;di3 3 duçsOu3 3|| ¿vo'se gos'tou12 ¿&daisto'Ri;Na2| ¿ke'Re;muz &repe'ti;la12|||)

Pronuncia italiana del portoghese 7.5.7. (o'vEnto 'nOr:te2 eo'sOl:2 poR'fja;van &søbRe'kwal doz'dO;is2 &™Raomais'fOr:te23 &kwando&suse'dEu pa'sa; RuMvia'Zan:te2 eM'vOlto &numa'ka:pa23| ao5vE:lo12| 'pOense dea'kOrdo e˙'kO:mo a'ke;le &kepRi'mE;iRo2 &konse'gi;se obRi'ga:r2 ovja'Zante ati'ra; Ra5ka:pa12| se&Riakonside'ra:do2 omais'fOr:te23|

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o'vEnto 'nOr:te2 kome'sOu aso'pra:r2 kom'muinta 'fu:rja23| mas'kwanto 'mais so5pra:va12| 'mai sovia'Zan:te2 se&embRuL'La;va nasua'ka:pa23| a'tE keo'vEnto 'nOr:te2 &dezis'ti;u23| o'sOl:2 bRiL'LO;u23 en'tau˙2 kon'tO;do oesplen'dO:r23| eime&djata'men:te2 ovia'Zan:te2 ˚ti'rOu23 ˚a'ka:pa23|| eas'sim:2 o'vEnto 'nOr:te2 'tE;ve &deRe&koNNe'sE:r2 a&supe&RjoRi'da;de do'sOl:23|| ¿vo'sE gos'tOu21 ¿daisto'riN:Na2| ¿ke'rE;muz &Repe'ti:la21|||)

8. Russo 8.0.1. La pronuncia russa data in questo capitolo è la neutra moderna, decisamente più attuale e meno lontana dalla grafia (che non si può, certo, definire proprio "amichevole&, in particolare per la pronuncia tradizionale, che aveva un numero di discrepanze ancora maggiore). Comunque, daremo anche le di‡erenze tra la pronuncia moderna e quella tradizionale (§ 8.3.2), perlopiù coincidente con la "vecchia pronuncia moscovita&, e anche altre variazioni più recenti, che sono reperibili, in modo più o meno (a)sistematico, pure in parlanti ritenuti "neutri&, che possono presentare oscillazioni tra il moderno, il tradizionale e l'"alternativo&. In ogni caso, il neutro moderno è ben definibile e riconoscibile, nonché apprezzabile, anche se, frequentemente, mescolato con gli altri due tipi. La nostra interpretazione fonologica, inoltre, si discosta da quelle d'ispirazione russa, perché bada più al concreto che a considerazioni (più) astratte e più lontane dal vero sentimento linguistico dei nativi, a meno che non siano "deviati& da schemi preconcetti, vetero-sovietici, fino ad accettare senza discutere proposte poco convenienti. Inoltre, questa nostra analisi è più vicina alla grafia u‚ciale, con grandi vantaggi che compensano per le molte altre discordanze tra scrittura e pronuncia. Ovviamente, anche altri hanno preferito quest'impostazione; tra costoro, Trofimov “ Jones (1923), che non avevamo ancora "scoperto& all'epoca della nostra giovanile interpretazione, presentata per la prima volta nel 1975, nella dispensa universitaria, confluita poi in Canepari 1979, e mantenuta qui, con a‚namenti (anche fonetici, rispetto alle scelte iniziali, che coincidevano con quelle in Trofimov “ Jones). Purtroppo, in Jones “ Ward (1969), stranamente, l'impostazione è del tipo "fanta-sovietico& (dato il coinvolgimento diretto di Ward col mondo sovietico/russo e un inspiegabile –per noi– ripensamento, sulla bontà dell'impostazione del 1923 da parte del Jones, morto due anni prima della pubblicazione); comunque, tutto sommato, quello di Jones “ Ward resta il migliore trattato –esteso– sull'argomento, decisamente superiore alla pesantissima e (quasi) immutabile produzione sovietica. La maggior parte degli esempi che forniamo sono tratti dai vari testi indicati in bibliografia, ritrascrivendoli (o trascrivendoli completamente, quand'erano solo grafemici o parziali) sempre sia foneticamente che fonemicamente, secondo i nostri princìpi e metodi. Richiamiamo qui l'attenzione anche s'un'altra di‡erenza notazionale: quella tra le nostre trascrizioni (canIPA˚ sia fonetica che fonemica) e quella uƒIPA (u‚ciale, dopo la riforma fatta nel 1993/96): ('Áe8) /'djenj/ {/'dJenJ/uƒ} denì˚ (='ÁeÀ) /z'djesj/ {/'zJdJesJ/uƒ} ‘decì˚ (='Á™;ıx⁄) /z'djelatj/ {/'zJdJElÈtJ/uƒ} cdelatì˚ (&⁄i¬i'vi;Ái~i[ã]I) /tili'vidiniji/ {/tJIlJI'vJidJInJIjI/uƒ} teleb$den$e˚ (x&jiÀ⁄Ist'v™;÷ -iÀ⁄'v™;) /ajistist'vje/ {/a”]]

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jIsJtJI'sJtJvJE/uƒ;t, u‚ciale e tradizionale) o ectectbe÷ ci pare piuttosto ovvio che l'eccesso di (J) nuoce anche alla leggibilità, e non poco. 8.0.2. Si ritiene opportuno mostrare, all'inizio, l'alfabeto cirillico, sia tondo sia corsivo, soprattutto quest'ultimo, giacché la forma d'alcune lettere può trarre in inganno, dapprincipio, rispetto a quelle latine d'eventuali traslitterazioni, date fra parentesi (nelle quali sarà bene evitare di ricorrere all'ambiguo ch per /x/, giacché kh è decisamente più adatto, riservando ch per /c/, se non si sceglie, invece, d'usare –molto meglio– £ /c/ e x /x/). Per il cirillico, si faccia molta attenzione, in particolare, ai tondi >b, e, n, p, c, y, x≥, e ai corsivi >e, $, π, p, c, t, y, x≥. a, a [a] ('Fa;) /'a/ ∫, ∫ [b] ('bF™;) /'be/ b, b [v] ('vF™;) /'ve/ g, g [g] ('gF™;) /'ge/ d, d [d] ('dF™;) /'de/ e, e [e˚ je˚ ye] ('j™;) /'je/ e/É, e/É [ë˚ jo˚ yo] ('jø;) /'jo/ µ, µ [`˚ zh] ('qF™;) /'qe/ ‘, ‘ [z] ('zF™;) /'ze/ $, $ [i] ('i;) /'i/ =, = [j˚ ¤] (&ik'RFatkx[ã]I) /“ik'ratkaji/ $ kpatkoe k, k [k] ('kFa;) /'ka/ l, l [l] ('F™1, -Ó) /'el/ m, m [m] ('F™≈) /'em/ n, n [n] ('F™n) /'en/ o, o [o] ('jø;) /'o/ π, π [p] ('pF™;) /'pe/ p, p [r] ('F™Í) /'er/

c, c [s] ('F™s) /'es/ t, t [t] ('tF™;) /'te/ y, y [u] ('ju;) /'u/ f, f [f ] ('F™f) /'ef/ x, x [x˚ 9˚ h˚ >! {® u}) ('∆Fa;) /'xa/ z, z [c˚ _] ('qF™;)/'qe/ u, u [£˚ >] ('Cã™;) /'ce/ w, w [∞˚ ´] ('SFa;) /'Sa/ ∑, ∑ [3˚ (˚ ´>] (ë'ëãa;) /S'Sa/ œ, œ [≤] (t'vøRd¢iz&nak,' j™Í) /t'vjord…iznak, 'jer/ tbepdv= ‘nak v, v [y˚ y] ('F…;, jI'RF…;) /…, ji'r…/ ì, ì ['] ('mÅâ©iiz&nak, 'ma©©ii-, 'jeÌ) /'mjaxkiiznak, 'mjakkii-, 'jerj/ mrgk$= ‘nak $≥ dopo V˚ e >e≥ in sillaba non-accentata), l'elemento più importante è, invece, l'apparire del semi-approssimante prevelare (F) davanti a /e, a, …/ accentati e del semi-approssimante velo-labiato (j) davanti a /o, u/ accentati (tutti preceduti, o no, da C diversa da /j, c, SS, ZZ/); quindi, le V diverse da /i/ si realizzano come sequenze di (F) + (™, a, …), o di (j) + (ø, u); ciò avviene, in particolare, in sillaba accentata, e, comunque, anche nei composti e nella frase, quando si hanno timbri distinti; cioè, pure con /’e, ’o/. Ovviamente, (F, j) sono meno "evidenti& degli approssimanti pienamente prevelare e velo-labiato, (j, w); (w) è quello che ricorre in italiano: ('kwal:ke, 'twO:no) /'kwalke, 'twOno/ qualche˚ tuono÷ ma, (F, j) sono tutt'altra cosa anche rispetto allo zero fonico, (`) (sebbene i russofoni linguisticamente ingenui giurino di sentire proprio (`)), come in italiano: ('E:Ra, 'ka:ne, 'tOt:, 'u:nø) /'Era, 'kane, 'tOt, 'uno/ era˚ cane˚ tot˚ uno˘ In sillaba non-accentata, però, gli approssimanti (F, j) non appaiono, come si vedrà dagli esempi che seguiranno. È importante spiegare anche, e fin dall'inizio, la funzione palatalizzante che hanno, sulle C che li precedono, i fonemi /i, j/. Ma dobbiamo anticipare, qui, la triplice ripartizione delle C russe. Ci sono, quindi, le "normali&, che sono palatalizzabili\ /m, n÷ r÷ l/ (m, m÷ n, ~÷ R, ç÷ ı, ¬), /p, b÷ t, d÷ k, g/ (p, p÷ b, b÷ t, ⁄÷ d, Á÷ k, ©÷ g, á), /f, v÷ s, z÷ x/ (f, f÷ v, v÷ s, À÷ z, =÷ ∆, â)÷ poi, ci sono le palatali˚ vere e proprie (nel senso generale che hanno una vera componente "palatale&, nonostante l'e‡ettive realizzazioni): /j, c, S[S], ZZ/ (j, ã÷ C[ã], ‚÷ ë[ë], ëë[ã]÷ òò); e le non-palatali\ /q÷ S, q/ (q÷ S, q), che non si palatalizzano mai (anche se si possono trovare grafie come >z$, we, µì≥: (S'ju;) /S'ju/ wìù). Va sempre tenuto presente, quindi, che */qi÷ Si, qi/ non ricorrono (più) nel russo attuale, ma vengono sostituiti da /q…÷ S…, q…/, nonostante le grafie storiche con >z, w, µ≥ seguìte da >$, e, r, ù, ì≥˘ 8.1.3. In fondo, basterebbero /i, j/ (con /c÷ S, Z/) per spiegare adeguatamente il funzionamento del sistema fonologico russo, tanto tipico per via della palatalizzazione˘ Quindi, possiamo rappresentare (in generale, come categoria funzionale, soprattutto nelle sintetiche formule fonologiche) le C a componente palatale ((j) /j/, (C) /c/, (ë[ë]) /S[S]/, (òò) /ZZ/) tramite /J/, che ingloba, nelle formule, anche i tipici dittonghi, (éi) /éi/ >V=≥]˚ come se fossero "/éj/&, rappresentazione più astratta, spesso usata, ma non da noi; l'unica nostra concessione all'astrattezza è, appunto,

8. russo

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l'impiego di /J/ nelle formule, anche per /éi/. Un'altra possibilità (più astratta), tradizionale e frequente nelle traslitterazioni, darebbe //Sc// per /S[S]/. Quindi, le C "normali&, se seguìte da /i, j/, si realizzano come "palatalizzate& (assorbendo /j/): (m, ~÷ ç÷ ¬), (p, b÷ ⁄/+, Á/_÷ ©, á) ((⁄, Á) ricorrono davanti a V e a C eterorganiche÷ (+, _), davanti a C omorganiche), (f, v÷ À, =÷ â)÷ e, ovviamente, senza l'aggiunta dei semi-approssimanti, (F, j), prima delle V˘ Perciò abbiamo: ('miÍ) /'mir/ m$p, ('vjø;Ài)) /'vosimj/ bocemì, ('~™;bx) /'njeba/ ne∫o, (kå8'©i;) /kanj'ki/ konìk$, ('çis) /'ris/ p$c, ('zjøÌkx) /'zorjka/ ‘opìka, ('kjøÌ) /'korj/ kopì, ('¬™s) /'ljes/ lec, (bå1'Sjøi) /balj'Soi/ ∫olìwo=, ('sjø1) /'solj/ colì, ('p™Ó) /'pjel/ πel, ('tjøp) /'topj/ toπì, ('bust) /'bjust/ ∫ùct, ('⁄™;ıx) /'tjela/ telo, ('mFa⁄) /'matj/ matì, (+'¬a;) /t'lja/ tlr, ('Áe;⁄I) /'djeti/ det$, (d'v™;, Á'-) /d'vje/ dbe, (_¬I'nFa;) /dli'na/ dl$na, ('©it) /'kit/ k$t, (&mx~i'©juÍ) /mani'kjur/ man$kùp, ('njø;áI) /'nogi/ nog$, ('fi;~Ik) /'finik/ f$n$k, (k'Rjøf) /k'rofj/ kpobì, ('veÀ) /'vjesj/ becì, (å'À™;) /f'sje/ bce (anche (å'Àø;) /f'sjo/ "bcÉ&) ('gjuÀ) /'gusj/ gycì, (=I'mFa;) /zi'ma/ ‘$ma, ('⁄i;âii) /'tixii/ t$x$=˘ Ovviamente, valgono come Ç anche: (C, 'Cãé, ‚) /c/, (ë[ë]) /S[S]/ (e (òò) /ZZ/): ('Cã™k) /'cek/ uek, (∆å'Cãu;) /xa'cu/ xouy, (C'¬™n) /c'ljen/ ulen, (åı‚'bFa;) /alc'ba/ alu∫a, (ë'ëit) /S'Sit/ ∑$t, (Ië'ëãu;) /iS'Su/ $∑y, (tå'vFa;çië[ë]) /ta'variS[S]/ tobap$∑˘ Il fonema (òò) /ZZ/ è minoritario e tipico d'una pronuncia piuttosto tradizionale e sorpassata: ('vjøòòI) /'voZZi/ boµµ$, ('jeòòu) /'jeZZu/ e‘µy÷ la pronuncia più moderna, e più consigliabile, ha (qq) /qq/, nella quasi totalità delle parole: ('vjøqq¢, 'j™qqu) /'voqq…, 'jeqqu/. È Ç per eccellenza /j/ iniziale, o dopo V (tenendo ben presente che >e, r, É, ù≥ valgono /j/ + /e, a, o, u/, essendo semplicemente delle sequenze di C + V˚ non dei "dittonghi&): (jI'zF…k) /ji'z…k/ r‘vk, ('j™Ó) /'jel/ el, ('ja;) /'ja/ r, ('jøS) /'joS/ eµ, ('juk) /'juk/ ùg, (må'ja;) /ma'ja/ mor, (så'jus) /sa'jus/ coù‘, (d'vjø[;ã]I) /d'voji/ dboe, ('njø;vxãx) /'novaja/ nobar, ('Ài;~i[ã]I) /'siniji/ c$nee˘ 8.1.4. I quattro fonemi vocalici /e, a, o, u/ possono ricorrere tra Ç˚ e si realizzano più chiusi Ó avanzati, come mostrano i segnali grigi, (e, Å, P, ¯) (sempre nella f 8.1): ('je1) /'jelj/ elì, ('pÅ⁄) /'pjatj/ πrtì, ('⁄P;⁄x) /'tjotja/ tetr, (⁄¯'fak) /tju'fjak/ tùfrk˘ Per /[0]iJ/, l'avanzamento e il sollevamento sono decisamente più limitati, (iï) (e, nel vocogramma, non c'è un segnale apposito, diverso da quello per (i) normale, per non appesantire la figura): ('bi⁄) /'bitj/ ∫$tì˘ Invece, /…/ non ricorre in questo contesto; e tale fenomeno ha fatto sorgere il mito della complementarità di (i, …), raggruppati, perciò, nello stesso fonema, /i/, con la falsa illusione d'aver trovato un sistema fonologico "migliore&, mentre è esattamente l'opposto. La scolarizzazione "deviata& è dura da rimuovere, soprattutto per quanto riguarda la scrittura u‚ciale (coi suoi problemi, noti e meno noti) e la "parascrittura&, utilizzata anche a scuola, oltre che nelle opere "scientifiche&, con ambizioni fonologiche; vorrebbe trovare soluzioni, quasi alchemiche, con formule complesse e iconogrammi esoterici (che ci guardiamo bene dal riportare). Nella f 8.1, sono visibili anche tre dittonghi fonetici "potenziali&, (™Ä, aå, ø∏), che possono sostituire (™;, a;, ø;) (con la variante "interpalatale&, (ÅÄ), per (Å;)), so-

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prattutto in tonia, in sillaba non-caudata, finale o interna: (å'À™;, å'À™Ä÷ -ø;, -ø∏) /f'sje÷ -jo/ bce, ('F™;∆x, 'F™Ä∆x) /'exa/ ay≥: ('fFaust) /'faust/ Fayct˘ In sillaba non-accentata, abbiamo (sempre con (éi)): ('ju;¬ii) /'uljii/ yle=, (Cii'kjøås©ii) /cii'kofskii/ Ua=kobck$=, (tåi'gFa;) /tai'ga/ ta=ga, ('Á™;ıxi⁄I) /'djelaiti/ dela=te, (ui'dju;) /ui'du/ y=dy, (Á¯i'mjøåkx) /djui'mofka/ dù=mobka, ('b™;ı¢i) /'bjel…i/ ∫elv=˘ Non corrispondono a‡atto a dei fono-dittonghi˚ invece, i "dittonghi& puramente grafici come >$$˚ $r˚ e$˚ ee˚ ae˚ ar˚ aù˚ oe˚ ve≥˚ tranne quando il semi-approssimante (dato fra parentesi tonde, (é[ã]é)) cade completamente; però, in questo caso, se l'ultimo elemento vocalico è /i/, si mantiene il fono (I) (invece d'avere (i), come nei dittonghi fonologici, a meno che non sia seguìto, nella frase, da (J) o da /i/): (vI'tFa;¬i[ã]I, v¢-) /vi'taliji, v…-/ b *tal$$, (vRåÀ'Ài[;ã]I) /vras'siji/ b Pocc$$, ('¬i;¬i[ã]x) /'lilija/ l$l$r, (mu'=e[;ã]I) /mu'zjeji/ my‘e$/-ee (® (mu'=ei) /mu'zjei/ my‘e=], (å'Àe~~i[ã]I) /a'sjenniji/ ocennee, (6'ma[;ã]I) /v'maji/ b mae, (&~IRu'SF…;mxãx) /niru'S…maja/ nepyw$mar, (z'nFa;ãu) /z'naju/ ‘naù, ('njø;vx[ã]I) /'novaji/ noboe˚ ('juqn¢[ã]I) /'juqn…ji/ ùµnve˘ Sono bisillabici esempi come: (på'juk) /pa'uk/ πayk, (må'ãi;) /ma'ji/ mo$, (på'F™t) /pa'et/ πonœ≥, almeno all'interno di parola; però, non lo fa…

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Occlusivi 8.2.2. Ci sono tre coppie difoniche, che non s'oppongono davanti a pausa o a C non-sonora: /p, b÷ t, d÷ k, g/ (p, p, b, b÷ t, ⁄, +, d, Á, _÷ k, ©, g, á). L'articolazione di /t, d/ "palatalizzati& è prepalatale e occlu-costrittiva, ma occlusiva davanti a C omorganiche (o quasi; a volte, si ha (+) anche davanti a pausa): ('pjøt) /'pot/ πot, ('ıjøp) /'lop/ lo∫, ('peC) /'pjec/ πeuì, ('tjøp) /'topj/ toπì, ('gjø;ıup) /'golupj/ goly∫ì, ('bF…t) /'b…t/ ∫vt, (å'bF™;tx≈) /a'betam/ o∫ ì≥), che precede la V\ (S'jøt) /S'jot/ wìet, (S'ju;) /S'ju/ wìù, ('ıjøqju) /'loqju/ loµìù˘ Inoltre, l'approssimante palatale può apparire pure dopo (J), allora è geminato, fonologicamente, /jj/, e può avere anche valore distintivo: (s¢ç'jø;) /s…rj'jo/ cvpìe, (p'ju;) /pj'ju/ πìù, (Á'ja;vxÓ) /dj'javal/ dìrbol, (v'jut) /vj'jut/ bìùt, (IL'jiC) /ilj'jic/ *lì$u˘ Si possono trovare pure /sjj, zjj/, ma indicati da >œ≥ (anche se non sempre, come in cœeµ$tìcr, dato alla fine di questo paragrafo): (À'j™;∆x⁄) /sj'jexatj/ cœexatì, (I='jÅ⁄) /izj'jatj/ $‘œrtì˘ Lo stesso avviene per /Jj/: (C'ja;) /c'ja/ uìr (® ('Cãat) /'cat/ uad, in cui la di‡erenza si nota anche per la diversa strutturazione sillabica). Le sequenze /ljj, njj/ si realizzano (Lj, Nj) (o anche (¬j, ~j), già su‚cientemente diversi): (L'jøt) /lj'jot/ "versa& lìet (® ('¬øt) /'ljot/ "ghiaccio& led o "(il) volo& let]˚ (L'ju;) /lj'ju/ lìù, (vRåN'jø;) /vranj'jo/ bpanìe, (sviN'ja;) /svinj'ja/ cb$nìr˘ Ci sono anche casi in cui la (0) resta separata e ininfluenzata da /j/ che la segue, per cui è necessario, e su‚ciente, introdurre un trattino nella trascrizione fonemica (come la grafia ricorre a >œ≥), quando non ci sia già il segno dell'accento: (åb'j™;∆x⁄) /ab'jexatj/ o∫œexatì, (s'jø;q¢qx) /s'joq…qa/ cœeµ$tìcr, (d&vu∆'ja;Rusn¢i) /d“vux-

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'jarusn…i/ dbyxœrpycnv=, (t“RansjI6Rå'peis©ii) /t“rans-jivra'pjeiskii/ tpancœebpoπe=ck$=, (&m™q'ja;Rusn¢i) /“mjeq'jarusn…i/ meµœrpycnv=˘ 8.2.5.3. L'altro approssimante, /x/, nonostante il simbolo u‚ciale (di costrittivo), si realizza come (∆, â) (rispettivamente, velare e palatale, non-sonori); inoltre, per assimilazione a una C sonora seguente, abbiamo (y), semi-costrittivo (velare), che si distingue dall'elemento non-fonemico (F), meno evidente e meno invadente, inserito automaticamente davanti /'e, 'a, '…/ nella pronuncia genuina e tipica (come avviene per (j), davanti a /'o, 'u/, ® § 8.1.2): ('∆ju;q¢) /'xuq…/ xyµe, ('mjø∆) /'mox/ mox, ('âit-R¢i) /'xitr…i/ x$tpv=, (gå'Rjøyq¢) /ga'roxq…/ gopox µe˘ Foneticamente, quindi, il russo ha sei foni approssimanti (o semi-approssimanti): (j, ã) /j/÷ (∆, â) /x/; (F, j) /`/, e due semi-costrittivi: (y) /x/ e (,) (variante possibile di /j/, ® § 8.2.5.1). Vibranti 8.2.6. Nel sistema fonologico del russo, c'è un solo fonema "vibrante& che si realizza come vibrato alveolare (R), o prepalatale (ç), a seconda del contesto. Per enfasi, o parlando in modo lento e chiaro, come nell'insegnamento, è possibile avere le varianti vibranti, (r, D), che si possono usare, in quelle situazioni; ma, per una buona pronuncia, non sono indispensabili; invece, è più importante rispettare la desonorizzazione normale (® § 8.3.1.7): ('RFat) /'rat/ pad, ('pFaÍk) /'park/ πapk, ('pøt5, -;t”) /'pjotr/ ∏etp, ('çis) /'ris/ p$c, ('çat) /'rjat/ prd, (få'nFaÌ) /fa'narj/ fonapì, (Ài~'⁄abÌ, -;bh) /sin'tjabrj/ centr∫pì, ('vi∆[, -;∆·) /'vixrj/ b$xpì, ('jøb-Rxs) /'obras/ o∫pa‘, ('Fad-çIs) /'adris/ adpec˘ Laterali 8.2.7. C'è un solo fonema laterale, /l/, con tre tassofoni, (ı, ¬, L), sempre indipendentemente dalla desonorizzazione (® § 8.3.1.7); (ı) è alveo-velare, ma diventa dento-velare (eventualmente rappresentabile con ((Ï))), per assimilazione, davanti a /t, d÷ q÷ s, z/: ('ıF…;q¢) /'l…q…/ lvµ$, (s'ıjø;vx) /s'lova/ clobo, ('djuÓ) /'dul/ dyl, ('igÓ, 'i;g®) /'igl/ $gl, (s'mF…sñ, -;s∆) /s'm…sl/ cmvcl, ('¬i;qx) /'liqa/ l$za, ('qFa1) /'qalj/ µalì, ('tjø1kx) /'toljka/ tolìko, ('pFa¬mx) /'paljma/ πalìma, ('Rjub1, -;bˆ) /'rublj/ py∫lì, ('mF…ÀÑ, -;À∆) /'m…slj/ mvclì, (&pjøı'¬it-Rx) /“pol'litra/ πol-l$tpa (qui, la composizione lessicale mostra il prevalere sulla fonologia, dato che /l+l/ restano separati, (ı¬), invece di fondersi in (¬¬)), (L'jut) /lj'jut/ lìùt˘ Certi parlanti possono avere, in tutti i casi, (ı) dento-velare (o dentalveo-velare, invece che alveo-velare), non solo davanti alle articolazioni dentali.

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Strutture 8.3. In questa sezione, trattiamo soprattutto delle di‡erenze tra la struttura fonica e la scrittura, che presenta inevitabilmente delle "sorprese&, giacché la pronuncia cambia, mentre la grafia resta immobile, salvo riforme u‚ciali (comunque, sempre insu‚cienti e parziali, come quelle di Pietro il Grande {1708-1710}, dell'Accademia delle Scienze {1735, 1738, 1758} e di Lenin {1917} – ('¬e;~In) /'ljenin/ Len$n). Tratteremo anche alcune distribuzioni diverse dei vari fonemi, nella formazione delle parole russe. Tassofonica 8.3.1.1. Cominciamo contrapponendo alcune strutture (simili, ma non uguali), che lo straniero potrebbe confondere, compromettendo ciò che dice. La divisione in grafo-sillabe è abbastanza elastica, secondo la grammatica russa, per esempio: /sis'tra/ (ÀIs'tRFa;) ce-ctpa˚ cec-tpa˚ cect-pa÷ perciò, sorprende un bel po' che, per la divisione in fono-sillabe˚ invece, le impostazioni prevalenti s'ostinino a voler proporre (e imporre) */si'stra/, ® § 8.0.3). Nel caso delle geminate grafiche, abbiamo, per esempio: An-na /'anna/, ma foneticamente ('Fannx). 8.3.1.2. Il russo ha una fonotassi (: raggruppamento dei fonemi) particolare, ovviamente; e daremo alcuni esempi di strutture diverse: ('vjøtkx) /'votka/ bodka, (g'Á™;) /g'dje/ gde, (s'vFaÁbx) /s'vadjba/ cbadì∫a, (t'kFaC) /t'kac/ tkau, (åp'pFaCkx⁄) /ap'packatj/ o∫πaukatì, (p'⁄i;qx) /p'tiqa/ πt$za, (pIt'njø;) /pit'no/ πrtno, (s'pju+~Ik) /s'putnik/ cπytn$k, (pi+'¬a;, pIt-, 'pe+-¬x) /pit'lja, 'pjetlja/ πetlr, (påd'møtkx) /pad'mjotka/ πodmetka, (À'⁄ep) /s'tjepj/ cteπì, (tk'nju⁄) /tk'nutj/ tknytì, (d'qjut) /d'qut/ dµyt, ('bju⁄kx) /'butjka/ ∫ydì-ka, (t'veÌ÷ ⁄'v-) /t'vjerj/ Tbepì, (+'¬a;) /t'lja/ tlr, (d'v™;÷ Á'v™;) /d'vje/ dbe, (_'~a;) /d'nja/ dnr, (k'v™Í∆u) /k'vjerxu/ kbepxy, (S'kju;Rx) /S'kura/ wkypa, (k'ıFaÀ⁄) /k'lastj/ klactì, ('©ja∆tx) /'kjaxta/ Krxta, (t'©jøt) /t'kjot/ tket, (ås'kjø;çI) /fs'kori/ bckope, (å⁄I'nu⁄) /fti'nutj/ btrnytì, (&påÍt'fe¬) /part'fjelj/ πoptfelì, (v'vøÓ) /v'vjol/ bbel, (v'jøt) /vj'jot/ bìet, ('©ju;gu, 'kju-) /'kjugu/ k ùgy, (k'~i;gx) /k'niga/ kn$ga, (6z'g¬at) /vz'gljat/ b‘glrd˘ In pronuncia di tipo tradizionale, la palatalizzazione di /k, g/ s'estende anche a casi come gli ultimi due: (k'~i;gx)m (©'~i-)t /k'niga/ kn$ga, (6z'g¬at)m (-á¬at)t /vz'gljat/ b‘glrd˘ Altri esempi: (s'RFa;zu) /s'razu/ cpa‘y, (s'pRFa;vx) /s'prava/ cπpaba, ('zFaåtRx) /'zaftra/ ‘abtpa, (zRå'Cãøk) /zra'cok/ ‘pauok, (å'ÀÅ;©ii) /f'sjakii/ bcrk$=, (À'j™Ó) /sj'jel/ cœel, (6'=Å⁄) /v'zjatj/ b‘rtì, (='¬iqqx) /z'liqqa/ ‘l$tìcr, (='Á™;ıx⁄) /z'djelatj/ cdelatì, (dRu='ja;) /druzj'ja/ dpy‘ìr, (S'ju;) /S'ju/ wìù, (&åtSå'gFa⁄) /atSa'gatj/ otwagatì, (q'dFa⁄) /q'datj/ µdatì, (q'Áøt) /q'djot/ µdet, (q'qFa⁄) /q'qatj/ cµatì, (C'Cã™tnx) /c'cetna/ t∑etno, (∆'¬PëëI) /x'ljoSSi/ xlectue, (IS'SjøÓkx) /iS'Solka/ $‘ welka, (À⁄i'âi;) /sti'xi/ ct$x$, (∆'vjøst) /x'vost/ xboct, (Rås'qv™t) /ras'qvjet/ paczbet, (C'¬™n) /c'ljen/ ulen, (kåp'Cãø;n¢i) /kap'con…i/ koπuenv=, (CçIz'm™Rnx) /criz-

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'mjerna/ upe‘mepno, (&åCëI'vjø;) /atci'vo/ otuego, (⁄'mFa;) /tj'ma/ tìma˘ Altri esempi ancora: (m'gıFa;) /m'gla/ mgla, (m'njøi) /m'noi/ mno=, (m'ıFatS¢i) /m'latS…i/ mladw$=, (m'~e;~i[ã]I) /m'njeniji/ mnen$e, (≈'ëãe;~i[ã]I) /m'Seniji/ m∑en$e, (m'RFa;mxÍ) /m'ramar/ mpamop, (≈'Cãaqqx) /m'caqqa/ muatìcr, (çIå'¬iz≈, -;zõ) /ria'lizm/ peal$‘m, (ÁIåf'RFag≈, -;gõ) /diaf'ragm/ d$afpagm, ('veÁ≈, -;Áõ) /'vjedjm/ bedìm, (d'RFa∆), -;∆M) /d'raxm/ dpaxm, ('me;ÀIq) /'mjesiq/ mecrz, (å'pçÅm) /f'prjamj/ bπprmì, ('kFa=8, -;=«) /'kaznj/ ka‘nì, ('peÀ}, -;À¯) /'pjesnj/ πecnì, (ı'bFa;) /l'ba/ l∫a, (ı'gFa⁄) /l'gatj/ lgatì, ('igÓ, 'i;g®) /'igl/ $gl, ('RF…∆ñ, -;∆%) /'r…xl/ pvxl, (b'¬™dn¢i) /b'ljedn…i/ ∫lednv=, (S'¬a;px) /S'ljapa/ wlrπa, (Í'tFa;) /r'ta/ pta, (R'qF…;) /r'q…/ pµ$, (R've;~i[ã]I) /r'vjeniji/ pben$e, ('~™gÍ, -;g“) /'njegr/ negp, (åpi'çøt) /fpi'rjot/ bπeped, (ç'ja;nxÀ⁄) /rj'janastj/ pìrnoctì, (6'njut[, -;t·) /v'nutrj/ bnytpì˘ S'osservi anche, per finire: (åspıåk'nju⁄) /fsplak'nutj/ bcπlaknytì˘ 8.3.1.3. In russo, generalmente (ma non necessariamente, come in pronuncia veloce), gli occlusivi e gli occlu-costrittivi in sequenze eterorganiche hanno soluzione udibile ((0$0)), mentre quelle in sequenze omorganiche l'hanno non udibile ((0æ0); solo qui, usiamo i diacritici relativi): (kå'Rjøp$kx) /ka'ropka/ kopo∫ka, (p$'⁄i;qx) /p'tiqa/ πt$za, (kup$'qju;) /kup'qu/ kyπzy, ('jøt$pusk) /'otpusk/ otπyck, (t$'kFaC) /t'kac/ tkau, (ë'ëãøt$kx) /S'Sotka/ ∑etka, (åd$'gFat$kx) /ad'gatka/ otgadka, (s'vFaÁ$bx) /s'vadjba/ cbadì∫a, (åÀig$'dFa;) /fsig'da/ bcegda, (g$'Á™;) /g'dje/ gde, (påd$'møt$kx) /pad'mjotka/ πodmetka, (zåt$'me;~i[ã]I) /zat'mjeniji/ ‘atmen$e, ('áib$nu⁄) /'gibnutj/ g$∫nytì, (k$'~i;gx) /k'niga/ kn$ga, (ÀiÁ$'mjøi) /sidj'moi/ cedìmo=, (d$'veÌ, Á$'veÌ) /d'vjerj/ dbepì˚ (kåg$'dFa;) /kag'da/ kogda, ('⁄øg$b¢) /'tjogb…/ tek ∫v˘ Ancora: (pItæ'njø;) /pit'no/ πrtno, ('b™dæn¢i) /'bjedn…i/ ∫ednv=, (&vxRå+æ'~ik) /varat'nik/ bopotn$k, (pi+æ'¬a;, pItæ-, 'pe+æ¬x) /pit'lja, 'pjetlja/ πetlr, (fu+æ'¬aÍ) /fut'ljar/ fytlrp. Inoltre: (åp'pFaC$kx⁄) /ap'packatj/ o∫πaukatì, (åt'tju;dx) /at'tuda/ ottyda, (åq'qFa;) /at'qa/ otza, (&å⁄⁄I'njuÓ) /atti'nul/ ottrnyl, (å⁄'⁄u;dx) /at'sjuda/ otcùda (anche (åt'Àu-), e pure (åt'su-) /at'su-/), (&åCCI'vjø;) /atci'vo/ otuego (le geminate fonemiche –e sequenze omorganiche simili– si realizzano come delle geminate fonetiche con durata limitata del secondo elemento: ((0æ0))). 8.3.1.4. Oltre a /q, c/ (q, Q÷ C[ã], ‚), ci sono anche sequenze come /ts, dz÷ tS, dq/ (ts, dz÷ tS, dq) (generalmente, però, /ts, dz/ (ts, dz) passano a /q/ {(q) e (Q)}, tranne che nella composizione, soprattutto coi prefissi): (&åts¢'ıFa;ãu) /ats…'laju/ otcvlaù, (påts'ıju;SxÓ) /pats'luSal/ πodclywal, (nåts'mjøt5, -;t”) /nats'motr/ nadcmotp, ('jødz¢f) /'odz…f/ ot‘vb, (&pxdzxgå'ıjø;vxk) /padzaga'lovak/ πod‘agolobok, (nåd'zjøÍ) /nad'zor/ nad‘op, (åt'SF™¬~Ik) /at'Seljnik/ otwelìn$k, (&åbvIt'SFa;ı¢i) /abvit'Sal…i/ o∫betwalv=, (&pxdq¢'gFa⁄) /padq…'gatj/ πodµ$gatì, ('tjødq¢) /'todq…/ tot µe, (d'qju˙g¬I) /d'qungli/ dµyngl$÷ (&gxRåq'kjøi, -ts'k-) /garats'koi/ gopodcko=, (så'v™q©ii, -ts©-) /sa'vjetskii/ cobetck$=, (ku'pFaqqx, -atsx) /ku'paqqa, -atsa/ kyπatìcr, ('Á™qtvx, -tst-) /'djetstva/ detctbo (solo in pronuncia attenta, si possono avere le ultime varianti date, e soprattutto per influsso grafico). Si notino le di‡erenze tra /vj, vvj, v-j/ (v, vvj, vj), in: ('vøÓ) /'vjol/ bel, (v'vøÓ) /v'vjol/ bbel, (v'jøÓku, 'vø-) /v'jolku/ b elky; quest'ultima, (vj), passa facilmente a (v); ma possono restare distinte, nel parlare attento, soprattutto (più) tradizionale.

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8.3.1.5. Oggi, per influsso delle forme base con desinenza non palatalizzante, come ('ıFa≈px) /'lampa/ lamπa, ('bjømbx) /'bomba/ ∫om∫a, abbiamo anche ('ıFa≈pI) /'lampi/ lamπe, ('bjømbI) /'bombi/ ∫om∫e, mentre nella pronuncia tradizionale s'aveva ('ıFa)pI, 'bjømbI). In ogni caso, si ha sempre: (Im'biÌ) /im'birj/ $m∫$pì, (åm'bi;q¢ãx) /am'biq…ja/ am∫$z$r˘ 8.3.1.6. La geminazione consonantica è fonologica, anche se limitata e realizzata come semplice allungamento fonetico, piuttosto contenuto, che può mancare in pronuncia più veloce, a meno che non si ritenga importante mantenere la di‡erenza (negli ultimi due esempi, a nn corrisponde /n/ (n)): ('SF…⁄) /'S…tj/ w$tì e (S'SF…⁄) /S'S…tj/ cw$tì, oppure (på'Á™Rqxn¢i) /pa'djerqan…i/ πodepµannv= e (påÁ'Á™Rqxn¢i) /pad'djerqan…i/ πoddepµannv=˘ Quest'allungamento ricorre solo in posizione iniziale di parola (anche dopo pausa) o tra V\ (f&fIv-Rå'¬™;) /ffivra'lje/ b febpale, (ss¢'ıFa⁄) /ss…'latj/ ccvlatì, (Iq'qjø;gx) /iq'qoga/ $‘µoga, ('qFa⁄) /q'qatj/ cµatì, (quq'qFa⁄) /quq'qatj/ µyµµatì, ('dFann¢i) /'dann…i/ dannve, ('jø⁄⁄ipi1) /'ottipilj/ otteπelì, (zå'bju⁄⁄I) /za'but[j]ti/ ‘a∫ydìte, (åÁ'Áe¬n¢i) /ad'djeljn…i/ otdelìnv=, ('jødd¢∆) /'odd…x/ otdvx. Per /S[S]/ (ë[ë]), abbiamo: (ë'ëit) /S'Sit/ ∑$t, (Ië'ëãu;) /iS'Su/ $∑y, ('bjøÍë) /'borS/ ∫op∑, (tå'vFa;çië[ë]) /ta'variS[S]/ tobap$∑; quindi: dopo C˚ è breve; finale dopo V˚ è breve (o leggermente geminato). 8.3.1.7. Come s'è visto da vari esempi, i fonemi consonantici sonori difonici vengono sostituiti dai corrispondenti non-sonori, davanti a pausa, o davanti a C non-sonore: (d'Rjuk) /d'ruk/ dpyg, ('vjøtkx) /'votka/ bodka, (&bIskx¬I'ba;~ii) /biskali'banii/ ∫e‘ kole∫an$=÷ al contrario, i fonemi non-sonori sono sostituiti dai corrispondenti sonori (o dai foni sonori, nel caso di /q, c/ (Q, ‚)), davanti a C difonica sonora: (&å~Ig'djøt) /anig'dot/ anekdot, (&å6gx~Is'tFan) /avganis'tan/ Afgan$ctan, (g'djø;mu) /g'domu/ k domy, (å'⁄™Qb¢Ó) /a'tjeqb…l/ otez ∫vl˘ Però, >b≥ /v/ da sola non basta per render sonora una C non-sonora precedente, infatti, deve esser seguìta da una C difonica sonora (come /z, d, g/): (åd6'zg¬a;dx) /adv'zgljada/ ot b‘glrda (ma (åt'vıFaÀ⁄I) /at'vlasti/ ot blact$]˚ (g6då'v™;) /gvda'vje/ k bdobe (ma (k6'nju;ku) /kv'nuku/ k bnyky, (k'vFa≈) /k'vam/ k bam]˘ Le uniche C sonore che ricorrono davanti a pausa, o davanti a C non-sonore, sono le sonanti, /m, n, r, l/ (anche se parzialmente desonorizzate, a meno che non siano precedute da C non-sonore, nel qual caso si desonorizzano completamente; ma solo parzialmente, se sono intense): ('tFa≈) /'tam/ tam, (s'mjøt5, -;t”) /s'motr/ cmotp, ('tF™≈p) /'temp/ temπ, (1'À⁄i⁄) /lj'stitj/ lìct$tì˘ Non sarà male insistere sul fatto che questa desonorizzazione non è, e non dev'essere, completa, se la C che precede è sonora; l'importante è che, davanti a pausa, non si pronunci una specie di (È), perciò, la fonazione deve finire prima che si completi la tenuta della C in questione; un altro espediente, abbastanza utile, per indicare il fatto, potrebbe essere l'impiego del diacritico di "non-esplosione& (æ), per contrastare l'aggiunta del vocoide non-fonemico (È), bloccando e‡ettivamente l'articolazione; ma è meno frequente, tra i nativi. Anche le V non-accentate (tra C non-sonore o tra queste e pausa) si possono de-

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sonorizzare, ma meno frequentemente delle C˚ e soprattutto nel parlare veloce, perciò le segn(i)amo solo qui (e con desonorizzazione solo parziale): ('vF…stáåkx, -txåká) /'v…stafka/ bvctabka, (pátå'mjuStá, &pxtå-) /pata'muSta/ πotomy uto, ('Á™;vuS¢k) /'djevuS…k/ debywek; questo può succedere anche per /i/ >=≥ dei dittonghi, davanti a pausa (pur precedendo una V {sonora}, invece che una C non-sonora), come pure per V solo seguìte da C non-sonora: ('=im~iî) /'zimnii/ ‘$mn$=, ('Cãe;çÙp) /'cerip/ uepeπ˘ Succede anche in sillaba accentata (davanti a pausa): (mu'=eî) /mu'zjei/ my‘e=, (tRåM'vaî) /tram'vai/ tpamba=. 8.3.1.8. Le C geminate grafiche (e >∑≥) sono fonicamente brevi davanti a pausa o davanti a C: (g'RFa≈) /g'ram/ gpamm, ('vFan) /'van/ bann, (d'qF…n) /d'q…n/ dµ$nn, (k'ıFas) /k'las/ klacc, (p'ıFaë) /p'laS/ πla∑, (pRåg'RFamn¢i) /prag'ramn…i/ πpogpammnv=, ('Rjus©ii) /'ruskii/ pycck$=, (g'Rjupkx) /g'rupka/ gpyππka, ('mjøën¢i) /'moSn…i/ mo∑nv=˘ Nei lessemi, le C geminate graficamente si possono realizzare come contoidi leggermente geminati (00): (&åsså'nFans) /assa'nans/ acconanc, ('vFannx) /'vanna/ banna, ('kFassx) /'kassa/ kacca, ('tjønnx) /'tonna/ tonna˘ Però, più spesso, le CC si pronunciano brevi: (&å⁄Is'tFat) /atis'tat/ attectat, (bå'ıjøn) /ba'lon/ ∫allon, (bå'Àein) /ba'sjein/ ∫acce=n, (gRå'mFa;⁄Ikx) /gra'matika/ gpammat$ka, (d&çiÀI'Rjøåkx) /drisi'rofka/ dpecc$pobka, (I'¬¯;=i[ã]x) /i'ljuzija/ $llù‘$r, (&kx¬Ik'⁄if) /kalik'tif/ kollekt$b, (&mi¬i'm™t5, -;t·) /mili'mjetr/ m$ll$metp, (&åku'pFa;q¢ãx) /aku'paq…ja/ okkyπaz$r, (&pxRå'¬e1) /para'ljelj/ πapallelì, (pI'Rjøn) /pi'ron/ πeppon, (&çIq¢'ÀøÍ) /riq…'sjor/ peµ$ccep, ('tF™;~Is) /'tenis/ tenn$c, (&⁄içI'tjø;çi[ã]x) /tiri'torija/ tepp$top$r, (tRå'¬eibus) /tra'ljeibus/ tpolle=∫yc, (I'À™nq¢ãx) /i'sjenq…ja/ u˚ ∑˚ tì…≥), passa a /…/, ma spesso resta /i/; mentre, in pronuncia moderna, abbiamo (I) /’i/ (e, soprattutto in quella alternativa, (™) "/’e/&), sia per l'iniziale assoluta, sia con Cò precedente: (å&tI¬I'vFa;txRx, &åt™¬I-)m (&åt¢¬i-, &åtI¬i-)t /at-ili'vatara/ ot e≥ /’i[ò]/ (É)a, /’0iJ/ (Ù)a, >e, r≥ pretoniche (comprese >ua˚ ∑a≥, ma non per >$≥, che ha /i'/ (iï')); tutte queste, nella pronuncia moderna, hanno /i'/ (I', i'+J)): (ÁÙ'¬i⁄)t (Ái'¬i⁄)m /di'litj/ del$tì, (~ÙÀ'⁄i;)t (~iÀ'⁄i;)m /nis'ti/ nect$, (tçÙÀ'⁄i;)t (tçiÀ'⁄i;)m /tris'ti/ tprct$, (CÉ'sF…;)t (CI'sF…;)m /ci's…/ uacv÷ si considerino, quindi, (¬i'sFa;)t (¬I'sFa;)m /li'sa/ l$ca e (¬É'sFa;)t:a (¬I'sFa;)m /li'sa/ leca˘ Nel contesto /J≤'/, appare solo un altro fonema neutro moderno /u/ (u, ¯): (Àu'dFa;)m:t /sju'da/ cùda, (¬¯'bi⁄)m (¬%'bi⁄)t /lju'bitj/ lù∫$tì˘ La pronuncia moderna ha /i, òji, éji/ per >e≥ in sillaba non-accentata e /i/ per >òg≥ vale /v/: ('b™;ıxvx) /'bjelava/ ∫elogo, (jI'vjø;) /ji'vo/ ego÷ è, quindi, solo apparente la stranezza di (ÀI'vjø_~x) /si'vodnja/ cegodnr "oggi& (= "di questo giorno&). 8.3.2.11. Qui esponiamo, ricavandole da Shapiro (1968), le di‡erenze tra le pronunce moderna e tradizionale, per quanto riguarda le V delle sillabe postaccentua-

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li, con /’…/ (‘) per /i/ (>e≥˚ generalmente descritte come "/È/&, esattamente come /’a/, di >a˚ o≥ non-accentate, falsando alquanto la realtà fonetica). Per il nominativo e accusativo neutro singolare dei sostantivi, -e: ('pjø;¬I)m (-¬‘)t /'poli/ πole, ('mjø;çI)m (-ç‘)t /'mori/ mope, ('ve;CI)m (-C‘)t /'vjeci/ beue, (q¢'¬iëëI)m (-ëC‘)t /q…'liSSi/ µ$l$∑e, (z'dFa;~i[ã]I)m (-[ã]‘)t /z'daniji/ ‘dan$e. Nel genitivo, dativo e locativo singolare di sostantivi e aggettivi, -e-: ('Ài;~Ivx)m (-~‘-)t /'siniva/ c$nego, ('Ài;~Imu)m (-~‘-)t /'sinimu/ c$nemy, (å'Ài;~I≈)m (-~‘≈)t /f'sinim/ b c$nem. Nel nominativo e accusativo neutro, singolare e plurale, d'aggettivi e pronomi, -e: (z'ljø[;ã]I)m (-[ã]‘)t /z'loji/ ‘loe, (z'ıF…[;ã]I)m (-[ã]‘)t /z'l…ji/ ‘lve, (tå'kjø[;ã]I)m (ta'kjø[;ã]‘)t /ta'koji/ takoe, (tå'©i[;ã]I)m (ta'©i[;ã]‘)t /ta'kiji/ tak$e, (¬i'ba;qjI)m (-j‘)t /li'bjaqji/ le∫rµìe, ('vjøÓCjI)m (-j‘)t /'volcji/ boluìe. Per i numerali collettivi, -e\ (d'vjø[;ã]I)m (-[ã]‘)t /d'voji/ dboe, (t'Rjø[;ã]I)m (-[ã]‘)t /t'roji/ tpoe˘ Nei comparativi, -ee: (smi'¬e[;ã]I)m (Àmi'¬e;ã‘)t /smi'ljeji/ cmelee, (vIR'~e[;ã]I)m (viR'~e[;ã]‘)t /vir'njeji/ bepnee. Per lo strumentale singolare non-femminile e genitivo plurale, -em, -eb: (u'Ci;⁄i¬I≈)m (-‘≈)t /u'citilim/ yu$telem, ('pıFa;CI≈)m (-‘≈)t /'placim/ πlauem, (q¢'¬iëëI≈)m (q…'¬ië C‘≈)t /q…'liSSim/ µ$l$∑em, (b'RFa;⁄jIf)m (-‘f)t /b'ratjif/ ∫patìeb, ('SF…LjIf)m (-‘f)t /'S…ljjif/ w$lìeb. Per lo strumentale dei sostantivi plurali, -Çam$: ('kFap-¬imI)m (-¬‘mI)t /'kaplimi/ kaπlrm$, ('tju;CimI)m (-‘mI)t /'tucimi/ tyuam$, ('RjøëëimI)m (-ëë‘mI)t /'roSSimi/ po∑am$.

Accento 8.3.3.1. Per quanto riguarda l'e‡ettiva forza accentuale sulle varie sillabe delle parole nelle frasi russe, dobbiamo chiarire la situazione, giacché, anche su quest'aspetto, circolano idee confuse e fuorvianti. Infatti, la prominenza d'una certa sillaba non coincide necessariamente con la sua accentazione˘ Come si sa, la prominenza (che fa emergere una data sillaba sulle altre vicine) non è costituita solo dall'accento; è, invece, un gioco complesso di forza accentuale, di durata, d'altezza tonale e di timbro dei vari segmenti della sillaba. Ora, in russo, i vocoidi della sillaba pretonica (cioè quella che precede immediatamente la sillaba tonica d'una ritmia: la "prima pretonica& dei testi russi) hanno un'articolazione abbastanza netta e distinta, anche se un po' meno di quella delle sillabe accentate; il fatto è più evidente per /a/, infatti, abbiamo, per esempio, (&gxıå'vFa;) /gala'va/ goloba˘ Però, non bisogna confondere il timbro vocalico col grado d'accentazione, giacché, per motivi ritmici, la prima sillaba di questa parola riceve l'accento secondario, non la seconda. Ognuna di quelle sillabe ha una sua prominenza peculiare: (&gx) per l'accento ritmico (nonostante un timbro decisamente più attenuato, meno periferico nel vocogramma); (ıå) per il timbro semi-attenuato e una tonalità consistentemente diversa da quella della tonica che la segue, anche se non indica-

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ta da un simbolo particolare (® f 8.4); ('vFa;) per l'accento primario, per il timbro pieno e anche per il semiallungamento (in sillaba non-caudata, oltre che per l'inserimento di (F)). Troppo spesso, si legge, anche in manuali specifici, che la sillaba pretonica, (ıå), avrebbe il secondo grado d'accentazione, mentre tutte le altre sarebbero più deboli, soprattutto quelle dopo l'accento; però, in (s'tFa;Rxãx) /s'taraja/ ctapar˚ abbiamo, per le ultime due sillabe, attenuazione del timbro (come per (&gx)) e debolezza accentuale (come per (ıå)), che le potrebbe far sembrare d'un grado inferiore rispetto alle altre due, ma non è così; il loro eventuale indebolimento è dovuto al fatto che, generalmente, le parole d'esempio vengono considerate in tonia (anche se involontariamente), con la conseguente riduzione dell'intensità articolatoria e intonativa sulle postoniche. 8.3.3.2. L'accento nelle parole russe è soggetto a variazioni anche d'ordine grammaticale, infatti i vari paradigmi (nominali {: sostantivi, aggettivi} e verbali) costituiscono una grande di‚coltà, soprattutto per lo straniero, che può trovare aiuto nelle grammatiche e nei dizionari. Ecco alcuni esempi d'accentazione distintiva (coppie minime fonologiche): ('Rju;©I) /'ruki/ "mani& e (Ru'©i;) /ru'ki/ "della mano& pyk$, ('Fat-ıxs) /'atlas/ "atlante& e (åt'ıFas) /at'las/ "raso, satin& atlac, ('mju;kx) /'muka/ "tormento& e (mu'kFa;) /mu'ka/ "farina& myka, ('pFa;çi⁄) /'paritj/ "cuocere (al vapore)& e (på'çi⁄) /pa'ritj/ "planare& πap$tì, ('pFa;çu) /'parju/ "cuocio (al vapore)& e (på'çu;) /pa'rju/ "plano& πapù. Le seguenti sono coppie subminime fonologicamente, ma ugualmente funzionali linguisticamente: ('jøRgxn) /'organ/ "organo (di stampa…)& e (åR'gFan) /ar'gan/ "organo (strumento musicale)& opgan, (s'vjøistvx) /s'voistva/ "caratteristica& e (svåist'vjø;) /svaist'vo/ "a‚nità per matrimonio& cbo=ctbo, ('zFa;mxk) /'zamak/ "castello& e (zå'mjøk) /za'mok/ "serratura& ‘amok, (k'Rjø;ãu) /k'roju/ "ricopro& e (kRå'ju;) /kra'ju/ "taglio (un vestito)& kpoù, ('pjø;tx≈) /'potam/ "sudore (caso strumentale)& e (på'tjø≈) /pa'tom/ "allora, dopo& πotom, ('ju;q¢) /'uq…/ "più stretto& e (u'qF™;) /u'qe/ "già& yµe, ('∆aøs) /'xaos/ "caos (primordiale)& e (∆å'jøs÷ '∆aøs) /xa'os÷ 'xaos/ "confusione& xaoc, ('pFa∆nu⁄) /'paxnutj/ "odorare& e (på∆'nju⁄) /pax'nutj/ "so‚are, spirare& πaxnytì. Consideriamo, ora, alcuni casi in cui la variazione accentuale è tra pronuncia neutra e pronuncia "dialettale& o "gergale&: (då'bF…;Cx) /da'b…ca/ e ('djø;b¢Cx)d /'dob…ca/ do∫vua, (&åb¬Ik'Ci⁄) /ablik'citj/ e (åb'¬™kCi⁄)d /ab'ljekcitj/ o∫legu$tì, (&mi¬i'm™t5, -;t”) /mili'mjetr/ e (mi'¬i;mIt5, -t”)d /mi'limitr/ m$ll$metp; oppure "popolare&: (kRå'Ài;vi[ã]I) /kra'siviji/ e (&kRxÀi've[;ã]I)p /krasi'vjeji/ kpac$bee, (zvå'~iS) /zva'niS/ e (z'vjø;~IS)p /z'voniS/ ‘bon$wì. Oppure, la di‡erenza può essere di livelli stilistici letterari, come "folkloristico& (usato nelle favole e nei racconti tradizionali): (&mxıå'Á™q) /mala'djeq/ e ('mjø;ıxÁIq)f /'moladiq/ molodez, (Ái'vi;qx) /di'viqa/ e ('Áe;vIqx)f /'djeviqa/ deb$za, (&ÀiçIb'Rjø;) /sirib'ro/ e ('Àe;çIb-Rx)f /'sjeribra/ cepe∫po, ('SjøÓkxv¢i) /'Solkav…i/ e (S¢Ó'kjø;v¢i)f /S…l'kov…i/ welkobv=, ('sFa;∆xRn¢i) /'saxarn…i/ e (så'∆FaRn¢i)f /sa'xarn…i/ caxapnv=, (&bxgå'tF…Ì) /baga't…rj/ e (bå'gFa;t¢Ì)f /ba'gat…rj/ ∫ogatvpì; oppure un li-

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vello "aulico&: ('nFa;CIt¢i) /'nacit…i/ e (nå'Cãa;t¢i)a /na'cat…i/ nauatv=, ('izbRxnn¢i) /'izbrann…i/ e (Izb'RFann¢i)a /izb'rann…i/ $‘∫pannv=, ('¬¯;biëëii) /'ljubiSSii/ e (¬¯'bÅëëii)a /lju'bjaSSii/ lù∫r∑$=, (∆'vFa;¬iëëii) /x'valiSSii/ e (∆vå'¬Åëëii)a /xva'ljaSSii/ xbalr∑$=, (m¢S'¬e;~i[ã]I) /m…S'ljeniji/ e ('mF…S¬i~i[ã]I)a /'m…Sliniji/ mvwlen$e. Infine, ci sono anche casi di duplice accentazione neutra: (t'vjø;Rxk, två'Rjøk) /t'vorak, tva'rok/ tbopog, (I'nFa;CI, 'i;nxcI) /i'naci, 'inaci/ $naue, ('jø;bu∆, å'bju∆) /'obux, a'bux/ o∫yx, (p'Rjø;bIÓ, pRå'biÓ) /p'robil, pra'bil/ πpo∫$l˘ Considerando anche la variazione nel paradigma, possiamo vedere: ('Áe;çIvx) /'djeriva/ depebo, (Ái'çev-jx) /di'rjevjja/ depebìr, (&ÁiçI'vFa;) /diri'va/ depeba÷ comprese pronunce meno consigliabili (che appaiono dopo ";&), o indicate "errate& (qui indicate da "≠&) nei dizionari di pronuncia (che mettiamo solo nelle trascrizioni fonetiche): ('jøddxÓ, åd'dFaÓ) /'oddal, ad'dal/ otdal, (&åddå'ıFa;, ≠'jøddxıx, ≠åd'dFa;ıx) /adda'la/ otdala, ('jøddxıx, åd'dFa;ıx÷ &åddå'ıjø;) /'oddala, ad'dala/ otdalo, ('jøddx¬I, åd'dFa;¬I) /'oddali, ad'dali/ otdal$˘ 8.3.3.3. Nei composti, ogni elemento (prima dell'ultimo, che mantiene saldamente l'accento primario, /'/ (')) tende a conservare un certo accento, che segn(i)amo /“/ (“) (o (&), se in contatto con ('), corrispondente a quello ritmico eventuale). Anche il timbro vocalico si mantiene bene, senza le neutralizzazioni tipiche delle sillabe non-accentate: (&sxm哬øtxstRå'je;~i[ã]I) /sama“ljotastra'jeniji/ camoletoctpoen$e, (kåÍ“tjøfi¬ikå'pFaÓkx) /kar“tofilika'palka/ kaptofelekoπalka, (“bjøÍtpRxvå_'~ik) /“bortpravad'nik/ ∫optπpobodn$k, (s“pjøÍtkRu'qjøk) /s“portkru'qok/ cπoptkpyµok, (å“F™Rx“fjøtåÀ'~i;mxk) /a“era“fotas'nimak/ a/ er˘ Continuando la rassegna delle peculiarità della fonetica alla "cinese& (fatta in Cina), basata sul pinyin, e di derivazione karlgrenica (per vedere, dopo, una descrizione fonetica vera, di cui anticipiamo, già qui, i simboli adeguati, tra ( )). In occidente, si può arrivare a raddrizzare qualcosa, ma se ne pasticcia, generalmente, qualche altra… Le vocali sarebbero, quindi, sette: i (i, I, ¤) /i/, ma con due "varianti& aggiuntive –erroneamente collocate tra le anteriori (a causa del grafema i]– "q& (M) /M/, in zi (qM) /qM/, ci (qhM) /qhM/, si (sM) /sM/, e "Q& (Ö) /ˇ/, in ˜i (fiÖ) /fiˇ/, >i (fihÖ) /fihˇ/, ´i (ßÖ) /ߡ/, ri (⁄Ö) />ˇ/; però, sono dei veri fonemi, non delle "varianti&. Poi, ü (y, Y) /y/ e u (u, U) /u/, con la "variante& aggiuntiva (y, Y) /y/, ’’

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in yu˚ ju˚ qu˚ xu÷ dove l'unica variante sarebbe il grafema: u per ü˚ dopo grafemi consonantici "palatali&, dato che, come fonema /y/ è sempre /y/, comunque sia rappresentato graficamente. 11.0.4. Ancora, e (X, É, ‘, x, ∑) /X/, con la "variante& (™) /e/, in contatto con /j, ¥, i/, e (É) in /ae/; ma è decisamente meglio considerare /X/ e /e/ due fonemi separati, data la grande di‡erenza fonetica, per questioni interfonemiche (anche se, intrafonemicamente, cioè all'interno della sola lingua cinese, si potrebbero/dovrebbero considerare tassofoni d'uno stesso fonema). Inoltre, o (ø, Ö) /o/, con la "variante& (U) /u/: fonema diverso, invece; mentre si potrebbe considerare o˚ in contatto con labiali [mo˚ bo˚ po˚ fo˚ ou˚ wo/Cuo]˚ variante di /X/, come fanno molti fonologi cinesi, che usano "(X, È)&; però, l'esistenza delle (pur rare) sillabe o˚ yo˚ lo, richiede l'istituzione del fonema /o/, che viene utilizzato, ovviamente, anche vicino a labiali. Abbiamo, poi, a (a, Å, A) /a/, con le varianti (jEn, ¥Än), per ian˚ üan˘ Infine, la "fonetica alla cinese& ha perfino la "vocale (grafica) zero&, quando il pinyin fa una "furbissima& economia, scrivendo un per /wXn/ (w‘n), e iu per /jou/ (jPU), ui per /wei/ (wÙI), dove la vocale c'è, fonicamente, eccome! Grazie ai diafonemi, poi, più realisticamente, avremo anche i dittonghi /ae, ao/ (ÅÉ, AÖ), invece dei più astratti /ai, au/: ai˚ ao (col pinyin "a cavallo&: -i˚ -o)! 11.0.5. Presentiamo, ora, la romanizzazione u‚ciale (in grafia latina); e cominciamo dalle (consonanti) iniziali, che sono 23 (con una doppia ricorrenza di y˚ per due valori diversi), presentandole non alfabeticamente, ma per gruppi fonici logici, con la trascrizione fonemica e quella fonetica "semplice&, cioè con una sola variante (mentre, in séguito, si daranno tutti i particolari necessari): b /p/ (p), p /ph/ (ph), m /m/ (m), f /f/ (f)÷ d /t/ (t), t /th/ (th), n /n/ (n), z /q/ (q), c /qh/ (qh), s /s/ (s), l /l/ (l)÷ ˜ /fi/ (fi), > /fih/ (fih), ´ /ß/ (ß), r />/ (⁄)÷ j /q/ (Â), q /qh/ (Âh), x /s/ (¿)÷ g /k/ (k), k /kh/ (kh), h /h/ (˜)÷ w /w/ (w), y /j/ (j) “ /¥/ (¥). 11.0.6. Le finali, che sono 39 (con una tripla ricorrenza di i˚ per tre valori diversi), vengono presentate in base al nucleo sillabico grafico; in ordine alfabetico, questa volta, anche nei sette casi in cui la romanizzazione è stata infelice (come non mancheremo di segnalare fra >" &≥). Ricorrono anche le esclamazioni e /e/ (™), yo /jo/ (jø) (con vari tonemi compreso lo "zero&). Le tre finali che non ricorrono senza un'iniziale sono contrassegnate da un asterisco (*): å a /aò/ (a), ia˚ òya /jaò/ (ja), ua˚ òwa /waò/ (wa)÷ ai /ae/ (ÅÉ), uai˚ òwai /wae/ (waÉ); òyai /jae/ (unica parola, yái) an /an/ (Ån), ian˚ òyan /jan/ (jEn), uan˚ òwan /wan/ (wÅn), üan˚ òyuan (j/q/x + uan) /¥an/ (¥Än)÷ a« /a˙/ (a,), ia«˚ òya« /ja˙/ (ja,), ua«˚ òwa« /wa˙/ (wA,)÷ ao /ao/ (AÖ), iao˚ òyao /jao/ (jaÖ).

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™ e /Xò/ (X, Xx|, ’x|), ie˚ òye /jeò/ (j™), üe˚ òyue (j/q/x + ue) /¥eò/ (¥™)÷ ei* /ei/ (™I) {(ÉI)}, en /Xn/ (Én), er /X>/ (X⁄)÷ e«* /X˙/ (x,), ue«˚ òwe« /wX˙/ (w∑,) {(wø,)}. ¤ i /iò, òjiò/ (i, ji), (s-/z-/c-) /Mò/ (M) >"ï& (con ü]≥, (´-/˜-/>-) /ˇò/ (Ö) >"ï&≥÷ in˚ òyin /in/ (In, òjIn)÷ i«˚ òyi« /i˙/ (¤˙, òj¤˙)÷ ui˚ òwei /wei/ (wÙI) {(w¤i)} >"uei&≥. ø o /oò/ (ø, øx|), ou /ou/ (øU) {(∑U)}, uo˚ òwo /woò/ (wø, wøx|) {(w∑, w∑x)}÷ o«* /u˙/ (U,) >"u«&≥, io«˚ òyo« /ju˙/ (jU,) {(¥U,)} >"iu«˚ yu«&≥. ¨ u˚ òwu /uò, òwuò/ (u, wu)÷ ü˚ òyu (j/q/x + u) /yò, ò¥yò/ (y, ò¥y)÷ un˚ òwen /wXn/ (w‘n) >"uen&≥; ün˚ òyun (j/q/x + un) /yn, ò¥yn/ ([ò¥]Yn) {([ò]¥In, [òj]Yn)}÷ iu˚ òyou /jou/ (jPU) {(j¨u)} >"iou&≥. Vocali 11.1.1. Nella nostra analisi, quindi, il cinese ha otto fonemi vocalici: /i, y, M, u÷ e, X, o÷ a/ (f 11.1). Invece, le f 11.2.å-∫ mostrano i tredici tassofoni, varianti contestuali (segnali grigi), molto importanti per una buona pronuncia neutra del cinese mandarino. D'altra parte, la f 11.8 presenta le realizzazioni più consigliabili per una pronuncia "internazionale&, un po' semplificata, ma non snaturata. La pronuncia "internazionale&, che già semplifica le strutture, non ricorrerà, ovviamente, alle realizzazioni date alle f 11.2-7, che sono, però, molto importanti, se si conoscono, per l'aiuto che danno nel capire il cinese parlato (magari anche senza usarle davvero – f 11.6-7). Cominciamo, quindi, vedendo sistematicamente fonema per fonema, con tutti i tassofoni della pronuncia neutra (indicando anche qualche variante fonetica possibile, più per poterla riconoscere, che per usarla attivamente – f 11.4). 11.1.2. Troviamo il fonema anteriore accosto, /i/: /[òj]i, [òj]in, [òj]i˙/ ([òj]i, [òj]In, [òj]¤,) (C/y)i˚ (C/y)in˚ (C/y)i«\ (5ji) /5ji/ yi˚ ([~ii) /¶ni/ n`˚ (4jIn) /•jin/ yìn˚ (5ÂIn) /5qin/ jin˚ (7j¤¥) /6ji˙/ yí«˚ (5¤,) /5qi˙/ ji«˘ L'antero-centro-labiato accosto, /y/, ha una distribuzione abbastanza limitata, ju˚ qu˚ xu˚ yu˚ nü˚ lü (con o senza -n), /[¥]y, [¥]yn/ (¥y, ¥Yn) [varianti, con -n˚ (¥In, jYn)]: (5Ây) /5qy/ ju˚ ([·yy) /¶qhy/ qà˚ (7¿y) /6sy/ xú˚ ([¥yy) /¶¥y/ yà˚ (5ÂYn, 5Â¥In) /5qyn/ jun˚ (4·Yn, 4·¥In) /•qhyn/ qùn˚ (7¿Yc, 7¿¥Ic) /6syn/ xún˚ (4¥Yn, 4¥In, 4jYn) /•¥yn/ yùn˘ Più convenientemente, il pinyin avrebbe potuto usare "zü˚ cü˚ sü˚ yü&˚ interpretando fonemicamente queste sillabe, come facciamo noi: (Ây, Âhy, ¿y) /qy, qhy, sy/. Avrebbe potuto anche evitare d'introdurre l'allografo senza dieresi, usando yü pure per l'u‚ciale yu (¥y) /¥y/ (quest'ultima potrebbe essere anche /jy/; ma il fonema /¥/ c'è e, quindi, lo s'impiega adeguatamente, potendo mostrare, se lo si ritenga

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opportuno, anche fonemicamente, le oscillazioni possibili tra (¥Yn, jYn, ¥In): /¥yn/, e "/jyn, ¥in/&). Perciò, si sarebbe potuto scrivere "z/c/siu«&˚ invece degli u‚ciali j/q/xio« per (ÂjU,, ÂhjU,, ¿jU,) /qju˙, qhju˙, sju˙/ (e, quindi, anche "-u«&˚ invece dell'u‚ciale -o« per (0U,) /0u˙/). 11.1.3. Il postero-centrale accosto (senz'arrotondamento labiale!), /M/, ricorre solo in /qM, qhM, sM/ (qM, qhM, sM) zi˚ ci˚ si\ (7qœ) /6qM/ zí˚ (4q·M) /•qhM/ cì˚ (5sM) /5sM/ si (ma lo si potrebbe estendere anche al posto di /ˇ/, nella sequenza fonemica "/M>/&, per /fiˇ, fihˇ, ߡ, >ˇ/ (fiÖ, fihÖ, ßÖ, ⁄Ö) ˜i˚ >i˚ ´i˚ ri\ ([fiÎÎ) /¶fiˇ/ ˜`˚ (5fi·Ö) /5fihˇ/ >i˚ (4ßÖ) /•ßˇ/ ´ì˚ (7⁄Î) /6>ˇ/ rí]˘ L'ultimo fonema accosto è postero-labiato, /u/ (u, U), e si deve ricorrere a due grafemi diversi, a causa della natura della pinyinizzazione: u˚ o« (invece d'un più logico u«]\ ([wuu) /¶wu/ wà˚ (4lu) /•lu/ lù˚ (5kU,) /5ku˙/ go«˚ (7fiU¥) /6fiu˙/ ˜ò«˘ f 11.1. Vocali mandarine. /[òj]iò/ ([òj]i) (òy)i /[ò¥]yò/ ([ò¥]y) (l/n)ü˚ yu (“ j/q/x + u] /jeò/ (j™) ie˚ òye /¥eò/ (¥™) (l/n)üe˚ òyue (“ j/q/x + ue]

/M/ (M) (z/c/s)i /[òw]uò/ ([òw]u) (òw)u /Xò/ (X, Xx|) (ò)e˚ /X>/ (X⁄) (ò)er /[w]oò/ ([w]ø, [w]øx|) (u)o˚ ò(w)o

/aò/ (a) (ò)a÷ /jaò/ (ja) ia˚ òya÷ /waò/ (wa) ua˚ òwa f 11.2.å. Tassofoni importanti. /[òj]in/ ([òj]In) (òy)in

/jan/ (jEn) ian˚ òyan /¥an/ (¥Än) yuan (“ + j/q/x + un, “ lüan]

/[ò¥]yn/ ([ò¥]Yn) {([ò]¥In), [òj]Yn)} yun (“ j/q/x + un, “ lün) /Xn/ (Én) (ò)en /wXn/ (w‘n) un˚ òwen /[w]an/ ([w]Ån) (u)an˚ ò(w)an

f 11.2.∫. Altri tassofoni importanti. /[òj]i˙/ ([òj]¤,) (òy)ing /X˙/ (x,) eng /’Xò|/ (x) e /[j]a˙/ ([j]a,) (i)ang˚ ò(y)ang

/u˙/ (U,) ong /ju˙/ (jU˙) {(¥U,)} iong˚ òyong {/[w]oò/ ([w]∑, [w]∑x|) (u)o˚ ò(w)o] /wX˙/ (w∑,) {(wø,)} ueng˚ òweng /wa˙/ (wA,) uang˚ òwang

11.1.4. L'inventario dei fonemi vocalici del cinese neutro continua con tre V medie. Abbiamo /e/ (™) e˚ sempre nelle sequenze /jeò, ¥eò/ (j™, ¥™) ye/Cie˚ yue/Cüe\ (4j™) /•je/ yé˚ (5tj™) /5tje/ die˚ ([¿¥™™) /¶s¥e/ xu‘˚ (7¥™) /6¥e/ yuè. Poi, /X/, con la seguente distribuzione /Xò, X>, [w]Xn, [w]X˙/ (öX[x|], öX⁄, Én, w‘n, x,, w∑,) e˚ er˚ en˚ un/wen˚ e«˚ ue«/we« – per l'ultimo, c'è la variante (wø,) (che

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si potrebbe, in caso, indicare come /wo˙/): (7ö$[*|]) /6X/ è˚ (5öÉn) /5Xn/ en˚ (4öX⁄) /•X>/ ér˚ (7fËc) /6fXn/ fèn˚ ([w‘‘c) /¶wXn/ w‘n˚ (7f*¥) /6fX˙/ fè«˚ (5w∑,÷ 5wø,) /5wX˙/ we«˚ (7w≤¥÷ 7wø¥) /6wX˙/ wè«˘ L'ultimo è /o/ (öø[x|]) o˚ che può ricorrere nelle sillabe /o, jo/ (ø[x|], jø[x|]), oltre che nelle più normali /mo, po, pho, [0]wo/ ([ø[x|], (ø[x|], (hø[x|], [0]wø[x|]), mo˚ bo˚ po˚ wo/Cuo\ (5[ø[x|]) /5mo/ mo˚ (4(ø[x|]) /•po/ bó˚ (7(·ø[*|]) /6pho/ pò˚ ([wøø, [wø*|) /¶wo/ wœ˚ (5fiwø) /5fiwo/ ˜uo˚ (Ò˜A,5jø) /•ha˙5jo/ há«yo˚ (7öø[*|]) /6o/ ò! Finali, davanti a pausa, /X, o/ hanno, normalmente, l'appendìce (x), come si vede dai vari esempi. Invece di /mo, po, pho/, potremmo anche mettere /mwo, pwo, phwo/, per ([ø[x|], (ø[x|], (hø[x|]), mantenendo invece /mou, phou/ (møU, phøU) (/pou/ non ricorre), per dissimilazione. 11.1.5. Infine, abbiamo la V aperta, /a/, con le sue distribuzioni e i suoi vari tassofoni, /[0]aò, jan, ¥an, [w/0]an, [j]a˙, wa˙/ (öa, jEn, ¥Än, [w/0]Ån, [j]a,, wA,): (5öa&ëa) /5aqa/ aza˚ (7t·a) /6tha/ tà˚ (4jEn) /•jan/ yán˚ ([tjEEc) /¶tjan/ di∑n˚ (7¥Éc) /6¥an/ yuàn˚ (5·¥Än) /5qh¥an/ quan˚ ([öÅÅc) /¶an/ ∑n˚ (4p·Ån) /•phan/ pán˚ (4p·a,) /•pha˙/ pá«˚ ([wÅÅc) /¶wan/ w∑n˚ (5ja,) /5ja˙/ ya«˚ ([wAA¥) /¶wa˙/ w∑«˘ Dittonghi 11.1.6. Passando ai dittonghi (® f 11.3), abbiamo /[w]ei, [w]ae, [j]ao, [j]ou/ (™I, wÙI, ÅÉ, waÉ, jaÖ, AÖ, øU, jPU) ei˚ ui˚ (u)ai˚ (i)ao˚ ou˚ iu÷ per /[w]ei, [j]ou/ ci sono anche le varianti possibili (mostrate nella f 11.4, non necessarie per una buona pronuncia, che indichiamo solo qui), (ÉI, w¤i, ∑U, j¨u): (5f™I÷ 5fÉI) /5fei/ fei˚ (5twÙI÷ 5tw¤i) /5twei/ dui˚ ([öÅÅË) /¶ae/ ∑i˚ (7waË) /6wae/ wài˚ ([öAAÖ) /¶ao/ ∑o˚ ([˜AAÖ) /¶hao/ h∑o˚ (4jaÖ) /•jao/ yáo˚ (5öøU÷ 5ö∑U) /5ou/ Ou˚ ([møøU÷ [m≤≤U) /¶mou/ mœu˚ (5tjPU÷ 5tj¨u) /5tjou/ diu˘ f 11.3. Dittonghi mandarini.

/wei/ (wÙI) ui˚ òwei /ei/ (™I) ei /ae/ (ÅÉ) (ò)ai /wae/ (waÉ) uai˚ òwai

/jou/ (jPU) iu˚ òyou /ou/ (øU) (ò)ou /jao/ (jaÖ) iao˚ òyao /ao/ (AÖ) (ò)ao

f 11.4. Varianti possibili di dittonghi. {/wei/ (w¤i) ui˚ òwei] {/ei/ (ÉI) ei]

{/jou/ (j¨u) iu˚ òyou] {/ou/ (∑U) (ò)ou]

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Vocali con finale in />/ (⁄) -r 11.1.7. Si tratta d'una caratteristica tipica di Pechino; prestigiosa, ma di dubbia accettazione nella lingua neutra, pàto«huà, che pure l'indica regolarmente nei dizionari e nelle grammatiche. Infatti, i pechinesi stessi cercano d'evitarla, spesso; mentre gli altri cinesi (mandarini e non-mandarini) ne hanno un dominio poco sicuro e oscillante. Comunque, la vera distribuzione genuina mostra consistentissime neutralizzazioni, giacché i segmenti che ricorrono e‡ettivamente (oltre a /ˇ/, preceduto da /fi[h]-, ß-, >-/: (fiÖ, fihÖ, ßÖ, ⁄Ö) ˜i˚ >i˚ ´i˚ ri, già visto nel § 11.1.3) sono, come si vede dalla f 11.5 (che comprende (öX⁄) /X>/ er˚ § 1.4) /X>, X˙>, a>, a˙>/ (X⁄, ≈⁄, å⁄, ˙⁄), rappresentati nel pinyin da e(n)r˚ e«r˚ a(n)r˚ a«r˚ ma pure dalle sillabe originarie coll'aggiunta di -r˚ anche se la pronuncia le riduce, appunto, alle quattro viste, che possono esser precedute dalle C mediane /j, ¥, w/, spesso provenienti da /i, y, u/ originarie. Vediamo sùbito i quattro tipi: (5kX⁄) /5kX>/ ger˚ ([p$$Y) /¶pX>/ b‘nr˚ (4˜≈⁄) /•hX˙>/ hé«r˚ ([nååY) /¶na>/ n∑r˚ (7påY) /6pa>/ bànr˚ (5q˙⁄) /5qa˙>/ za«r÷ (5˜wå⁄) /5hwa>/ huar˚ (7mjåY) /6mja>/ miànr˘ Ora consideriamo quelli con grafia etimologica, ma che si realizzano sempre come /X>, X˙>, a>, a˙>/ (X⁄, ≈⁄, å⁄, ˙⁄), precedute –o no– da /j, ¥, w/ (a volte /¥, w/ corrispondono a ü e u/o]\ (4p·å⁄) /•pha>/ páir˚ (7·¥$Y) /6qh¥X>/ qúr˚ (7ßw$Y) /6ßwX>/ ´úr˚ (7q·$Y) /6qhX>/ cír˚ ([q$$Y) /¶qX>/ z`r˚ (5kwå⁄) /5kwa>/ guanr˚ (5kw≈⁄) /5kwX˙>/ go«r˚ (5sw‘n&~¥X⁄, -~&~-) /5swXnn¥X>/ sunnür˚ (4¿i&fwX⁄) /•sifwX>/ xìfur˚ (^fiÖ4ljX⁄) /5fiˇ•ljX>/ ˜iliùr˚ (4ÂjX⁄) /•qjX>/ jiér˚ (5˜a2bå[t·w$$Y) /5hapa¶thwX>/ habatu`r˚ (7tU¥œ¸j/ dò«ji«r˚ (7j$Y) /6jX>/ yínr˚ ([s$$Y) /¶sX>/ s`r˚ (5˜X⁄) /5hX>/ heir˚ (5t·jå⁄) /5thja>/ tianr˚ (4mjå⁄) /•mja>/ miáor˚ (7q·w$Y) /6qhwX>/ cuòr˚ (4t·wX⁄) /•thwX>/ tóur˚ (^ßÅm5p·wX⁄) /5ßan5phwX>/ ´anpor˘ f 11.5. Vocali con />/ (⁄) -r.

/X>/ (X⁄) -e(n)r… /X˙>/ (≈⁄) -engr… /a>/ (å⁄) -a(n)r…

/a˙>/ (˙⁄) -angr…

11.1.8. La grafia u‚ciale mantiene distinte le forme, che nei caratteri cinesi sono, infatti, "normali& più ér˘ Perciò, i non-mandarini tendono a pronunciare le due sillabe separate e col loro tono (come in una specie di mandarino "internazionale&); invece, molti mandarini non-pechinesi fondono le due sillabe in una sola, però, con minori neutralizzazioni, per cui si hanno (oltre alle quattro sillabe genuine, con o senza le mediane) anche le seguenti, escludendo quelle con V anteriori accoste, /i, y/ (i, I, ¤÷ y, Y), che non s'adattano articolatoriamente a (⁄), che è postalveolare (perciò, le contraddistinguiamo con un asterisco, per indicare che, pur potendole sentire pronunciate così da cinesi, non rientrano nella pronuncia neutra):

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*(7ßuY) /6ßwX>/ ´úr˚ *(5kU⁄÷ 5kÚ⁄) /5kwX˙>/ go«r˚ *(4¿i&fu⁄) /•sifwX>/ xìfur˚ *(^fiÖ4ljPU⁄÷ -4lj¨u⁄) /5fiˇ•ljX>/ ˜iliùr˚ *(4Âj™⁄÷ 4ÂjÉ⁄) /•qjX>/ jiér˚ *(5˜abå[t·wÙÙY) /5hapa¶thwX>/ habatu`r˚ *(5˜™⁄÷ 5˜É⁄) /5hX>/ heir˚ *(4mjaÖ⁄) /•mja>/ miáor˚ *(7q·wøY÷ 7q·w≤Y) /6qhwX>/ cuòr˚ *(4t·øU⁄÷ 4t·∑U⁄) /•thwX>/ tóur˚ *(^ßÅm5p·ø⁄) /5ßan5phwX>/ ´anpor˘ Si tratta, comunque, di pronunce da non imitare. Riduzioni vocaliche 11.1.9. Nelle sillabe con tonema neutro/zero (® § 11.3.3.4), si hanno delle riduzioni timbriche, oltre che di durata, soprattutto in posizione diversa da quella finale di parola, in tonia, quindi. Infatti, nella lingua e‡ettiva, cioè tranne che in parlata lenta e accurata, avvengono anche delle neutralizzazioni, che è fondamentale conoscere, almeno per capire (bene) il cinese parlato. Non è necessario usarle attivamente, anche se un impiego adeguato migliora decisamente la pronuncia. Per poter mostrare adeguatamente il comportamento delle varie sillabe non-accentate (per le riduzioni vocaliche, consonantiche e tonali), a volte, s'è dovuto ricorrere anche a parole rare, piuttosto d'omettere qualcosa di significativo. La f 11.6 mostra le riduzioni più importanti, che avvengono, appunto, per le sillabe non-toniche (nel vero senso di "priv{at}e d'uno dei quattro tonemi basilari&, ® § 11.3.3.1-3, non certo nel senso prescientifico dato a "tonico& e "atono&, per accentato e non-accentato). Gli esempi dati si devono intendere in una sorta di scala decrescente, partendo dalla posizione prepausale, in tonia (le prime varianti), fino alle modifiche prodotte all'interno di frase, in protonia (le altre date). Come si può vedere, (¤) sta per /i[n/˙], y[n]/: (7tiœ∂i), (-3d¤) /6titi/ dídi˚ (5kwÅ~&ñi), (-3B¤) /5kwansi/ guanxi˚ (7¿jaœ¸y), (-3¸i, -3©¤) /6sjaqy/ xiàqu÷ e (û), per /M[>], u[˙]/: (7jiœΩœ), (-3zŒ) /6jisM/ yísi˚ (7⁄Ë∫œËÎ), (-3ΩŒ) /6>Xnߡ/ rèn´i˚ (5ßu&Ñu), (-vû) /5ßufu/ ´ufu˘ f 11.6. Riduzioni in sillabe con tono "zero& (nel parlato rapido, non in tonia; mentre in tonia sono usati i timbri distinti delle f 11.1-3).

/i, y/ (¤) /Xn, e/ (È), /[w]ei/ ([j]Ȥ) /a[n]/ (å[n]), /[w]ae/ ([j]åÉ)

/M, u/ (û) /X[˙], o/ (X), /[j]ou/ ([ã]X¨) /a˙/ (√,), /[j]ao/ ([ã]√Ö)

11.1.10. Inoltre, (È), per /[j/¥]e, [w]Xn/, e (Ȥ) per /[w]ei/: ([Âj™™^©ã™), (-1©ã™, -1©ãÈ) /¶qjeqje/ ji‘jie˚ (7öÅËœ⁄Ëc), (-3⁄Ëc, -3⁄Èc) /6ae>Xn/ àiren˚ (7m™Iœm™I), (-3mȤ) /6meimei/ mèimei÷ poi (X), per /X, [w]X˙, [w]o/, e ([j]X¨), per /[j]ou/: (5kX&âX), (-2gX) /5kXkX/ gege˚ (çt¤¥^2X), (-1"X) /¶ti˙fiX/ d`«˜e˚ (5¿jEN&Ëx,), (-2ΩX,) /5sjanßX˙/ xian´e«˚ (7Âj™œm$), (-3m$) /6qjemo/ jièmo˚ (çnwÅ©^∆jø), (-1hjX) /¶nwanhwo/ nu∑nhuo˚ (7¥U¥œ∂øU), (-3d$¨) /6¥u˙tou/ yò«tou˚ (4p·x,&jøU), (-2ãX¨) /•phX˙jou/ pé«you˘

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Infine, abbiamo: (å) in /a[n], [w]a, [w]ae/: (7paœÊa), (-3bå) /6papa/ bàba˚ (5ma&ma), (-2må) /5mama/ mama˚ (ç¿i^∆wan), (-1hjån) /¶sihwan/ x`huan˚ (7t·ÅËœthaË), (-3tåË) /6thaethae/ tàitai÷ e (√) in /a˙, [j]ao/: ([wÅÅ∫^Ëa,), (-1Ω√,) /¶wanßa˙/ w∑n´a«˚ (5fiÖ&∂AÖ), (-2d√Ö) /5fiˇtao/ ˜idao˘ 11.1.11. Nella f 11.7, sono indicate altre attenuazioni, o anche neutralizzazioni, possibili soprattutto nel parlato ancora più rapido, ma sempre "normale e genuino&. Troviamo (¢) per /i, y, M, u÷ >/ (z/c/s˚ ˜/>/´)i˚ ü˚ u\ (7tiœ∂i), (-3d¤, -3d^) /6titi/ dídi˚ (5kwÅ~&ñi), (-2B¤, -2B^) /5kwansi/ guanxi˚ (7¿jaœ¸y), (-3©i, -3©¤, -3©^) /6sjaqy/ xiàqu˚ (7jiœΩœ), (-3zŒ, -3z^) /6jisM/ yísi˚ (7⁄Ë∫œËÎ), (-3ΩŒ, -3Ω^) /6>Xnߡ/ rèn´i˚ (5ßu&Ñu), (-2vŒ, -2v^) /5ßufu/ ´ufu÷ e (∑) per /ou, uo, ao/: (çnwÅ©^∆wø), (-1hjX, -1h∑) /¶nwanhwo/ nu∑nhuo˚ (7¥U¥œ∂øU), (-3d$¨, -3d≤) /6¥u˙tou/ yò«tou˚ (4p·x,&jøU), (-2ãX¨, -2ã∑) /•phX˙jou/ pé«you˚ (5fiÖ&∂AÖ), (-2d√Ö, -2d∑) /5fiˇtao/ ˜idao˘ Inoltre, (É) in /ae, ja/ (É, ãÉ): (7t·ÅËœthÅË), (-3tåË, -3tË) /6thaethae/ tàitai˚ (4⁄É~&¸ãa), (-2©ãå, -2©ãÉ) /•>Xnqja/ rénjia÷ e (‘) per /X/ e per ogni altra /a/ a: (5kX&âX), (-2g‘) /5kXkX/ gege˚ (çt¤¥^ËX), (-1Ω‘) /¶ti˙ßX/ d`«˜e˚ (7öÅËœ⁄*c), (-3⁄‘c) /6ae>Xn/ àiren˚ (5¿jEN&Ëx,), (-2Ω‘,) /5sjanßX˙/ xian´e«˚ (7paœÊa), (-3bå, -3b‘) /6papa/ bàba˚ (5maœma), (-3må, -3m‘) /5mama/ mama˚ (ç¿i^∆wan), (-1hjån, -1hj‘n, -1hÏn) /¶sihwan/ x`huan˚ (çwÅ∫^Ëa,), (-1Ωå,, -1Ω‘,) /¶wanßa˙/ w∑n´a«˘ f 11.7. Altre riduzioni in sillabe con tono "zero& (nel parlato ancora più rapido, non in tonia; sono possibili, allora, pure in tonia, le realizzazioni date alla f 11.6).

/i, y, M[>], u/ (¢) /ae/ (É), /ja/ (jÉ)

/ou, uo, ao/ (∑) /X, -X-÷ a, -a-/ (‘)

Vocali mandarine "internazionali& 11.1.12. La f 11.8 mostra le realizzazioni vocaliche su‚cienti per una pronuncia "internazionale& del cinese, senza tassofoni (e, quindi, anche senza le attenuazioni e neutralizzazioni date alle f 11.6-7; ugualmente, non segn{i}amo nemmeno il cricchiato, "superfluo& in una pronuncia internazionale). Sono solo otto monottonghi (e quattro dittonghi, ottenuti dalla combinazione di cinque dei precedenti), che rappresentano un risultato soddisfacente, una volta acquisiti anche (M, x). Abbiamo, quindi: (5ji) /5ji/ yi˚ ([~ii) /¶ni/ n`˚ (•jin) /•jin/ yìn˚ (5Âin) /5qin/ jin˚ (7ji˙) /6ji˙/ yí«˚ (5Âi˙) /5qi˙/ ji«˘ Poi: (5Ây) /5qy/ ju˚ ([Âhyy) /¶qhy/ qà˚ (7¿y) /6sy/ xú˚ ([¥yy) /¶¥y/ yà˚ (5Âyn) /5qyn/ jun˚ (•Âhyn) /•qhyn/ qùn˚ (7¿yn) /6syn/ xún˚ (•¥yn) /•¥yn/ yùn˘ Inoltre: ([wuu) /¶wu/ wà˚ (•lu) /•lu/ lù˚ (5ku˙) /5ku˙/ go«˚ (7fiu˙) /6fiu˙/ ˜ò«

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(•j™) /•je/ yé˚ (5tj™) /5tje/ die˚ (7¥™) /6¥e/ yuè˚ ([¿¥™™) /¶s¥e/ xu‘÷ e (7öx) /6X/ è˚ (5öxn) /5Xn/ en˚ (•öX⁄) /•X>/ ér˚ (7fxn) /6fXn/ fèn˚ ([wxxn) /¶wXn/ w‘n˚ (7fx˙) /6fX˙/ fè«˚ (5wx˙) /5wX˙/ we«˚ (7wx˙) /6wX˙/ wè«˘ Ancora: (5mø) /5mo/ mo˚ (•pø) /•po/ bó˚ (7phø) /6pho/ pò˚ ([wøø) /¶wo/ wœ˚ (5fiwø) /5fiwo/ ˜uo˚ (Òha˙5jø) /•ha˙5jo/ há«yo˚ (7öø) /6o/ ò! e (5öa&qa) /5aqa/ aza˚ (7tha) /6tha/ tà˚ (•jan) /•jan/ yán˚ ([tjaan) /¶tjan/ di∑n˚ (7¥an) /6¥an/ yuàn˚ (5Âh¥an) /5qh¥an/ quan˚ ([öaan) /¶an/ ∑n˚ (•phan) /•phan/ pán˚ (•pha˙) /•pha˙/ pá«˚ ([waan) /¶wan/ w∑n˚ (5ja˙) /5ja˙/ ya«˚ ([waa˙) /¶wa˙/ w∑«˘ 11.1.13. E, con />/: ([fiÖÖ) /¶fiˇ/ ˜`˚ (5fihÖ) /5fihˇ/ >i˚ (•ßÖ) /•ßÖ/ ´ì˚ (7⁄Ö) /6>ˇ/ rí÷ (5kx⁄) /5kX>/ ger˚ ([pxx⁄) /¶pX>/ b‘nr˚ (•h≈⁄) /•hX˙>/ hé«r˚ ([naa⁄) /¶na>/ n∑r˚ (7pa⁄) /6pa>/ bànr˚ (5qÅ⁄) /5qa˙>/ za«r÷ (5hwa⁄) /5hwa>/ huar˚ (7mja⁄) /6mja>/ miànr÷ e (•pha⁄) /•pha>/ páir˚ (7Âh¥x⁄) /6qh¥X>/ qúr˚ (7ßwx⁄) /6ßwX>/ ´úr˚ (7qhx⁄) /6qhX>/ cír˚ ([qxx⁄) /¶qX>/ z`r˚ (5kwa⁄) /5kwa>/ guanr˚ (5kw≈⁄) /5kwX˙>/ go«r˚ (5swxn&n¥x⁄) /5swXnn¥X>/ sunnür˚ (•¿i&fwx⁄) /•sifwX>/ xìfur˚ (^fiÖ•ljx⁄) /5fiˇ•ljX>/ ˜iliùr˚ (•Âjx⁄) /•qjX>/ jiér˚ (^ha2pa[thwxx⁄) /5hapa¶thwX>/ habatu`r˚ (7tu˙œÂj≈⁄) /6tu˙qjX˙>/ dò«ji«r˚ (7jx⁄) /6jX>/ yínr˚ ([sxx⁄) /¶sX>/ s`r˚ (5hx⁄) /5hX>/ heir˚ (5thja⁄) /5thja>/ tianr˚ (•mja⁄) /•mja>/ miáor˚ (7qhwx⁄) /6qhwX>/ cuòr˚ (•thwx⁄) /•thwX>/ tóur˚ (^ßam5phwx⁄, -n5p-) /5ßan5phwX>/ ´anpor˘ Per i dittonghi, abbiamo: (5f™i) /5fei/ fei˚ (5tw™i) /5twei/ dui˚ ([öaa™) /¶ae/ ∑i˚ (7wa™) /6wae/ wài˚ ([öaaø) /¶ao/ ∑o˚ ([haaø) /¶hao/ h∑o˚ (•jaø) /•jao/ yáo˚ (5öøu) /5ou/ Ou˚ ([møøu) /¶mou/ mœu˚ (5tjøu) /5tjou/ diu˘ 11.1.14. Anche le riduzioni vocaliche non sono così necessarie in una pronuncia di tipo "internazionale&; perciò, avremo (abbastanza tranquillamente): (7ti3ti) /6titi/ dídi˚ (5kwa~&¿i, -n&¿i) /5kwansi/ guanxi˚ (7¿jaœÂy) /6sjaqy/ xiàqu÷ e (7jiœsM) /6jisM/ yísi˚ (7⁄xNœßÖ, -nœßÖ) /6>Xnߡ/ rèn´i˚ (5ßu&fu) /5ßufu/ ´ufu˚ ([Âj™™^Âj™) /¶qjeqje/ ji‘jie˚ (7öa™œ⁄xn) /6ae>Xn/ àiren˚ (7m™iœm™i) /6meimei/ mèimei. Inoltre: (5kx&kx) /5kXkX/ gege˚ (çti˙^fix) /¶ti˙fiX/ d`«˜e˚ (5¿jaN&ßx˙, -n&ßx˙) /5sjanßX˙/ xian´e«˚ (7Âj™œmø) /6qjemo/ jièmo˚ (çnwa˙^hwø, çnwan-) /¶nwanhwo/ nu∑nhuo˚ (7¥u˙œtøu) /6¥u˙tou/ yò«tou˚ (•phx˙&jøu) /•phX˙jou/ pé«you÷ ancora, (7paœpa) /6papa/ bàba˚ (5ma&ma) /5mama/ mama˚ (ç¿i^hwan) /¶sihwan/ x`huan˚ (7tha™œtha™) /6thaethae/ tàitai÷ e (çwaN^ßa˙, -n^ßa˙) /¶wanßa˙/ w∑n´a«˚ (5fiÖ&taø) /5fiˇtao/ ˜idao˘ f 11.8. Vocali del cinese mandarino "internazionale&. /i[n/˙]/ ([òj]i[n/˙]) /y[n]/ ([ò¥]y, [ò¥]yn) /je/ (j™), /¥e/ (¥™), /[w]ei/ ([w]™i) /[j/¥/w]a[n/˙], [w]ae, [j]ao/ ([j/¥/w]a[n/˙], [w]a™, [j]aø)

/M/ (M) /u/ ([òw]u), /[j]u˙/ ([j]u˙) /X/ (x), /[w]Xn/ ([w]xn), /[w]X˙/ ([w]x˙) /[w]o/ ([w]ø), /[j]ou/ ([j]øu)

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Consonanti 11.2.0. Il sistema consonantico del cinese (mandarino) ha delle peculiarità interessanti, come vedremo, con alcune possibilità alternative d'analisi fonologica. La più importante è la decisione sullo status fonemico di (Â, Âh, ¿); infatti, il pinyin ha optato per un loro riconoscimento "u‚ciale& –j˚ q˚ x– a discapito delle V˚ rese con i˚ u˚ dopo (Â, Âh, ¿), col valore di /i, y÷ j, ¥/. Sarebbe bastato, invece, usare ï˚ ü sistematicamente (invece d'oscillare tra yu˚ ju˚ qu˚ xu e nü˚ lü]÷ cioè, sempre yü˚ jü˚ qü˚ xü˚ nü˚ lü (tanto, con nü˚ lü˚ bisogna usare sia la dieresi che gli accenti per i toni), come pure zï˚ cï˚ sï˚ (fiM, fihM, ßM), ottenendo anche una maggiore coerenza (che non è mai inutile; anzi, sempre gradita). Di conseguenza, si sarebbe dovuto usare anche ˜ï˚ >ï˚ ´ï˚ rï (per i corrispondenti u‚ciali del pinyin\ ˜i˚ >i˚ ´i˚ ri]˚ col valore di (fiÖ, fihÖ, ßÖ, ⁄Ö). A questo punto, visto l'inventario fonemico delle vocali (che abbiamo stabilito, ® § 11.1.1-5), è ovvio che la nostra analisi preferisce considerare (Â, Âh, ¿) come il risultato dell'assimilazione di /q, qh, s/ in contatto con /i, y÷ j, ¥/. Tutto ciò, indipendentemente da considerazioni morfonologiche, di derivazione lessicale, in quanto tutt'altro che assolute (anzi, piuttosto capricciose) e, quindi, di limitati (o apparenti) vantaggi, anche per i nativi; perciò, troviamo molto meno preferibile l'eventualità di considerare (Â, Âh, ¿) in alternanza fonemica con /k, kh, h/, anche se non ricorrono le sequenze */ki, khi, hi, ky, khy, hy/, per cui ci sarebbe distribuzione complementare. La fonologia, per essere davvero utile, dev'essere esplicita, e nient'a‡atto esoterica (sebbene diacronicamente non errata). Nella tabella della f 11.9, che dà le articolazioni consonantiche del cinese mandarino, indichiamo con /05/, per risparmio di spazio, mentre qui usiamo "/0[h]/& = /0, 0h/, le C che si possono distinguere, opponendosi fonologicamente, cioè le C semplici e quelle in sequenze d'"aspirazione& (® Occlusivi, § 11.2.2, e Occlu-costrittivi, § 11.2.3). Le f 1.9-15 danno, invece, gli orogrammi, raggruppati per modi d'articolazione, di tutti i contoidi dati nei capitoli di questo volume, anche come varianti secondarie, occasionali, o regionali, per le 12 lingue trattate.

ö F Ô ƒ _ ß ‹

m ([) (M) p5 (b) ((5 {)

(n) n (N) t5 (d) q5 (Q) fi5 (")

(~)* (Â5 ©)

(˙) k5 (g)

laringali

uvulari

velolabiati

velari

pospalato-labiati

palatali

prepalato-bilabia. (* prepalatale)

postalveolari

alveolari

dentali

labiodentolabiati

labiodentali

bilabio-labiati

bilabiali

f 11.9. Tabella delle consonanti cinesi.

,

f (v) (5 ç)

(ö) (·)

s (z)

ß (Ω) ⁄

(¿ B)

j|(ã) ¥|(%) (∆) l /˙/ (,), />/ (⁄), /h/ (·, h, ˜, ∆)

w|(j) (˜)

h

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manuale di pronuncia

Nasali 11.2.1.1. Ci sono tre fonemi nasali, /m, n, ˙/ (m, [÷ M, n, N, ~, ˙÷ ,) m˚ n˚ «˘ Finali di sillaba, ricorrono solo /n, ˙/, e quest'ultimo mantiene sempre la sua articolazione uvulare ((,)) anche davanti a qualsiasi C÷ mentre, invece, /n/ s'assimila regolarmente (tranne che in pronuncia molto lenta e attenta), anche se solo parzialmente per /nj, n¥, nw/ (~j, ~¥, ˙w) (invece dei teorici *(Nj, N¥/”¥, ˙w)). Si notino, però, le forme ridotte di wœmen e tamen, che divengono monosillabi con /mò/ (® § 11.3.1.2). La tendenza di /nò/ all'assimilazione è tale che si possono avere casi come: (¿ÒÂj™5˜j‘n2lX&ma31, -j‘l2lX-) /•qje5hwXnlXma?/ Jié hun le ma? Il mandarino ha /n/ (~) + /i, y÷ j, ¥/ (anche se il pechinese presenta, invece, (n), che si può usare abbastanza tranquillamente). D'altra parte, non serve usare il simbolo più specifico ((˙)), davanti ai dentali /t, th, q, qh, s/. È, invece, bene usare ([) in /mo/ (che si potrebbe rendere con /mwo/ ([ø[x]), mentre /mou/ è (møU), per dissimilazione). I nasali finali hanno sempre soluzione non-udibile, anche davanti a pausa: ((næ, ,æ)) (come avviene anche per altre lingue orientali, come cantonese, thai, laotiano, cambogiano, vietnamita, tagalog, malese e indonesiano, pure per gli occlusivi non-sonori finali, che il mandarino moderno non ha più). 11.2.1.2. Ecco degli esempi: (5mAÖ) /5mao/ mao˚ (5[ø) /5mo/ mo˚ ([nAAÖ) /¶nao/ n∑o˚ (4p·Én) /•phXn/ pén˚ (4p·x,) /•phX˙/ pé«÷ (œ˜Ëc7ö$[*|]) /¶hXn6X/ h‘n è˚ (Ò·¥Än[t·ii) /•qh¥an¶thi/ quánt`˚ (œÂIc[qAAÖ) /¶qin¶qao/ j`nz∑o˚ (0twÅn7ljEc) /6twan6ljan/ duànliàn˚ (Ò⁄Ém4mIn) /•>Xn•min/ rénmìn˚ (Òlw‘m5pÅn) /•lwXn5pan/ lùnban˚ (0k·aü[faa) /6khan¶fa/ kànf∑˚ (^pjE~4Âi) /5pjan•qi/ bianjì˚ (0ÂI∫[fiÎÎ) /6qin¶fiˇ/ jín˜`˚ (0p·ÅÊ4Â¥™) /6phan•q¥e/ pànjué˚ (œpjEÊ4¥y) /¶pjan•¥y/ bi∑nyù˚ (ÒkÅ∫[⁄ÅÅc) /¶kan¶>an/ g∑nr∑n˚ (ÒpI˙[kwÅÅc) /5pin¶kwan/ bingu∑n˚ (0ÂjE˙7wA¥) /6qjan6wa˙/ jiànwà«˚ (ÒljE,5˜wÅn) /•ljan5hwan/ liánhuan˘ Con /˙/: (Òji7lu Òp·¤,5öÅn) /•ji6lu •phi˙5an/ yìlú pì«'an˚ (^fx,7mjEc) /5fX˙6mjan/ fe«miàn˚ (œk·U¥7pu) /¶khu˙6pu/ kœ«bú˚ (0la,7f™I) /6la˙6fei/ là«fèi˚ (^fx,[tii) /5fX˙¶ti/ fe«d`˚ (œk·U¥7¿i) /¶khu˙6si/ kœ«xí˚ (Òp·¤,4¥y) /•phi˙•¥y/ pì«yù˚ (^ßx,7⁄Î) /5ßX˙6>ˇ/ ´e«rí˚ (^fx,7ßÅc) /5fX˙6ßan/ fe«´àn˚ (Òp·¤,[kwøø, -[kwø*|) /•phi˙¶kwo/ pì«guœ˘ In una pronuncia di tipo "internazionale&, basterà usare (˙), invece di (,), e (n) anche davanti a /i, y÷ j, ¥/ (e, possibilmente, anche davanti ad altre C]˘ Occlusivi 11.2.2.1. Abbiamo tre fonemi non-sonori, /p, t, k/, che ricorrono sia semplici (/0/), sia nelle sequenze d'"aspirazione& /0h/, con valore distintivo. Prima di vedere degli esempi, dobbiamo chiarire la natura e la consistenza sia della non-sonorità, sia dell'"aspirazione&. Infatti, tranne che nel parlato lento (o molto accurato), /pé, té, ké/, si realizzano (p, t, k) solo in sillaba pienamente accentata (o dopo pausa), mentre, in sillaba semi-accentata sono (Ê, ∂, â), e addirittura (b, d, g), in sillaba non-accentata; d'altra parte, e parallelamente, /phé, thé, khé/, in sillaba pienamente accentata (o

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dopo pausa), sono sequenze d'occlusivo e di costrittivo laringale (decisamente "forte&) non-sonori, (p·, t·, k·) (anche se si può avere pure il semi-costrittivo ((0Ö)), meno forte); le sequenze sono coll'approssimante laringale˚ in sillaba semi-accentata, (ph, th, kh); mentre, in sillaba non-accentata, si può arrivare al semplice occlusivo, (p, t, k), che è la scelta di trascrizione normalizzata che preferiamo adottare (anche se le oscillazioni sono frequenti, come con le sequenze col semi-approssimante laringale non-sonoro, ((0h))). La distintività tra "aspirazione& e "non-aspirazione& è, comunque, assicurata, in quanto abbiamo: /0h/ ('=·, &=h, ’=), /0/ ('=, &Ò, ’Ê), con gli estremi forti e deboli che si toccano, (=), coincidendo, ma mantenendosi distinti funzionalmente. Davanti a /o/ (non /ou/, per dissimilazione) abbiamo ((), che suona ben diverso dal normale (p) d'altre lingue. 11.2.2.2. Vediamo gli esempi seguenti: (5pIn) /5pin/ bin˚ (4(ø) /•po/ bo˚ (7(·ø) /6pho/ pò˚ (4tj™) /•tje/ dié˚ (4k·wÙI) /•khwei/ kuì˚ (^p·¤,5p·a,) /5phi˙5pha˙/ pi«pa«˚ (0t·jAÖ[wuu) /6thjao¶wu/ tiàowà˚ (5k·x,) /5khX˙/ ke«÷ (7paœÊa|, 7pa3bå) /6papa/ bàba˚ (7tiœ∂i|, 7ti3dI) /6titi/ dídi˚ (5kX&âX|, 5kX2gÈ) /5kXkX/ gege˚ (7ßÎœphÅË|, 7ßÎ3påË) /6ߡphae/ ´ípai˚ (4p·u&thAÖ|, 4p·u2t√Ö) /•phuthao/ pùtao˚ (4p·u2t√Ö[ÂjÕÕU÷ -2t∑-) /•phuthao¶qjou/ pùtaojià˚ (7q·œœkh$|, -3kÈ) /6qhMkhX/ cíke˘ Come s'è già visto (§ 11.0.2 “ § 11.2.1), c'è anche l'occlusivo laringale, (ö), non fonemico, ma importante (con le varianti alternative, meno consigliabili, (y, H, r, «)), per far mantenere adeguatamente l'individualità articolatoria delle C finali (/n, ˙, >/) davanti a V iniziali. Occlu-costrittivi 11.2.3. Per quanto riguarda questo modo d'articolazione, nella nostra analisi, abbiamo (con le stesse caratteristiche normalizzate, per sonorità e "aspirazione&, date per gli occlusivi) /q, qh/ ('q, &ë, ’Q÷ 'q·, &qh, ’q) z˚ c˚ nonché ('Â, &¸, ’©÷ '·, &Âh, ’Â) j˚ q˚ davanti a /i, y÷ j, ¥/ (® § 11.2.0), e /fi, fih/ ('fi, &2, ’"÷ 'fi·, &fih, ’fi) ˜˚ >˘ Ecco, quindi, degli esempi (scelti appositamente con sillaba finale senza tonema): (5qÅÉ) /5qae/ zai˚ (7q·wÅc) /6qhwan/ cuàn˚ (5Ây) /5qy/ ju˚ (4·¥U,÷ 4·jU,) /•q¥u˙/ qió«˚ (7fi™I) /6fiei/ ˜èi˚ (4fi·Ö) /•fiˇ/ >ì÷ (4pi&ëM|, 4pi2Qû) /•piqM/ bìzi˚ (4¥Yn&qhÅÉ|, 4¥Yn2qåÉ÷ 4jYn-) /•¥ynqhae/ yùncai˚ (7tjEÊœ¸i|, 7tjEÊ2©¤) /6tjanqi/ diànji˚ (5t·jE~&Âhi|, 5t·jE~¤) /5thjanqhi/ tianqi˚ (4q·ÅÉ&2Ö|, 4q·ÅÉ2"Ö) /•qhaefiˇ/ cái˜i˚ (4p·™I&fihÉn|, 4p·™I2fiÈn) /•pheifihXn/ péi>en˘ Costrittivi 11.2.4. Ci sono tre fonemi costrittivi; anche questi tutti fonologicamente non-sonori, ma con le solite sonorizzazioni, dipendenti dall'attenuazione della forza accentuale sillabica; abbiamo, quindi, /f/ ('f, &Ñ, ’v) f, /s/ ('s, &Ω, ’z) s e ('¿, &ñ, ’B) x, /ß/ ('ß, &Ë, ’Ω) ´\ (4fu) /•fu/ fù˚ (4ma&ÑÅn|, 4mavån) /•mafan/ máfan˚ (7swÙI÷ 7sw¤i) /6swei/ suí˚ (5fx,&Ωu|, 5fx,2zû) /5fX˙su/ fe«su˚ (4¿¥™&ñi|, 4¿¥™2B¤) /•s¥esi/ xuéxi˚ (5ßu) /5ßu/ ´u˚

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manuale di pronuncia

(4lja,&ËÖ|, 4lja,2ΩÖ) /•lja˙ߡ/ liá«´i˘ Davanti a /o/ (non /ou/) abbiamo (5) (come avviene per gli altri fonemi labiali): (45ø{x}) /•fo/ fó˘ Perciò, si potrebbe ugualmente dare /fwo/ invece di /fo/ (ma /fou/ (føU), per dissimilazione). Approssimanti 11.2.5.1. Il cinese ha cinque fonemi approssimanti, nella nostra analisi; il primo è />/ (⁄) (postalveolare {non-contratto lateralmente}): (4⁄Én) /•>Xn/ rén˚ (4⁄w‘c) /•>wXn/ rún˚ (4öX⁄) /•X>/ ér˚ ([ßÎÎ) /¶ßˇ/ ´`˘ Inoltre, abbiamo /j/ (j, ’ã), /¥/ (¥, ’%), /w/ (w, ’j), con le varianti "attenuate& in sillaba debole, non-accentata perché con tonema "zero& (purché non davanti a pausa), rispettivamente: semi-palatale (ã), semi-pospalato-labiato (%), e semi-velo-labiato (j): (5ja,) /5ja˙/ ya«˚ (4tj™) /•tje/ dié˚ (5Âj™) /5qje/ jie˚ (çli^ÊjEn|, çli1bãEn, -1bãÉn) /¶lipjan/ l`bian÷ ([¥yy) /¶¥y/ yà˚ (7·¥™) /6qh¥e/ què˚ (7tiœñ¥U¥|, 7ti3B%U¥) /6tis¥u˙/ díxio«÷ (4wA,) /•wa˙/ wá«˚ (5˜wÙI÷ 5˜w¤i) /5hwei/ hui˚ (çt·AÖ^lw‘n|, çt·AÖ1ljÈn) /¶thaolwXn/ t∑olun˘ Infine, troviamo /h/ ('˜é, &∆é, ’hé) (e, già visto per gli occlusivi e occlu-costrittivi, ('0·, &0h, ’0`)): ([˜AAÖ) /¶hao/ h∑o˚ (5öÉ˙&∆AÖ|, 5öÉn2h√Ö) /5Xnhao/ enhao˘ In teoria, si potrebbero anche inventariare due fonemi diversi, "/x, h/&, con "/x/& = ('˜é, &∆é, ’hé); però, è più consigliabile averne uno solo, coi tassofoni visti (diversi, pur se, uditivamente, abbastanza simili, ma con un fono di contatto, (h)). Tradizionalmente, i cinesi preferiscono considerare le C iniziali in modo unitario, con "/05/& diverso da /0/, intrafonemicamente; ma tale impostazione non presenta veri vantaggi in un'ottica interfonemica, che s'interessa di svariate lingue del mondo, al contrario! Consonanti mandarine "internazionali& 11.2.5.2. In una pronuncia di tipo internazionale (come per le V˚ ® § 11.1.1214), basterà usare sempre le forme basilari, indipendentemente dalla forza dell'accento: (j, ¥, w), pure per (ã, %, j), e possibilmente (h) per /h/, senza variazioni, anche in /0h/ (0h) (contro /0/ (0)), come pure le V non cricchiate: (5ja˙) /5ja˙/ ya«˚ (çli^pjan) /¶lipjan/ l`bian÷ ([¥yy) /¶¥y/ yà˚ (7tiœ¿¥u˙) /6tis¥u˙/ díxio«÷ (4wa˙) /•wa˙/ wá«˚ (5hw™i) /5hwei/ hui˚ (çthaÖ^lwxn) /¶thaolwXn/ t∑olun˘ Bisogna, però, stare pronti a cogliere le realizzazioni diverse, per capire (meglio) il cinese parlato. Ovviamente, per avvicinarsi il più possibile alla pronuncia genuina, sarebbe decisamente meglio acquisire e usare adeguatamente tutte le caratteristiche che descriviamo. Laterali 11.2.6. Per l'ultimo modo d'articolazione necessario per il mandarino, abbiamo un solo fonema, /l/ (l) (che resta così anche davanti a /i, y÷ j, ¥/): (4lÅÉ) /•lae/ lái˚ (4lU,) /•lu˙/ ló«˚ ([ljEEc) /¶ljan/ li∑n˚ (7ly) /6ly/ lǢ

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Strutture 11.3.0. Tratteremo, in particolare, i tipici toni (tonèmi˚ in quanto distintivi) compreso quello "zero&, e le loro varianti combinatorie (tassòtoni), oltre alle gradazioni d'accento e, infine, l'intonazione, che si sovrappone alle caratteristiche dei toni, modificandoli ulteriormente (come si vedrà). La tipica pronuncia cinese mandarina ha un'impostazione parafonica particolare, con laringe sollevata §Æ@, non solo per le donne. Altre lingue cinesi, invece, presentano la normale impostazione laringale (modale), oppure quella opposta, con laringe abbassata. Queste di‡erenze parafoniche possono essere un buon indizio per identificare l'origine dei parlanti cinesi, anche quando usano l'italiano o altre lingue straniere. Tassofonica 11.3.1.1. Per quanto riguarda le riduzioni possibili, soprattutto in sillaba debole, abbiamo già illustrato quelle dei timbri vocalici e anche consonantici, in particolare, nei § 11.1.9-11 e f 11.6-7, e qua e là nei § 11.2.0-6. Qui osserviamo che, in protonia, nel parlato veloce, si possono avere altri due tipi di riduzione, che possono rendere meno agevole la comprensione del cinese. L'importante è conoscerne i meccanismi; se, poi, si vogliano anche applicare, adeguatamente, ci guadagna la naturalezza. Quindi, ovviamente sempre non in tonia, dopo C diverse dalle sonanti (cioè dopo /p[h], t[h], k[h]÷ q[h], fi[h]÷ f, s, ß, h/), e col tono 4 (soprattutto se completo, /6/ (7), ® sotto), le V accoste, /i, y, M, u/ (i, I, ¤÷ y, Y÷ M÷ u, U), possono essere desonorizzate, (î, Ù, î÷ ÿ, Î÷ ¯÷ ¨, Û) (cosa che mostriamo solo qui, e per una desonorizzazione solo parziale): (0p·î4⁄u) /6phi•>u/ pírù˚ (0p¨[faa) /6pu¶fa/ búf∑˚ (0t·î5ßÉn) /6thi5ßXn/ tí´en˚ (0t¨[k·øøU) /6tu¶khou/ dúkœu˚ (0Âÿ4t·wÅn) /6qy•thwan/ jútuán˚ (0k·¨[fi·aa) /6khu¶fiha/ kú>∑˚ (0k¨7k·$) /6ku6khX/ gúkè˚ (0q·¯5Âi) /6qhM5qi/ cíji˚ (0q¯[muu) /6qM¶mu/ zímà˚ (0fi·¨7fÅc) /6fihu6fan/ >úfàn˚ (0Âî,7qwø) /6qi˙6qwo/ jí«zuò˚ (0f¨7pu) /6fu6pu/ fúbú˚ (0¿ÙÊ[jaa¥) /6sin¶ja˙/ xíny∑«˚ (0¿ÿ[·yy) /6sy¶qhy/ xúqà˚ (0ߨ4fu) /6ßu•fu/ ´úfù˚ (0˜¨7fiAÖ) /6hu6fiao/ hú˜ào˘ Inoltre, in sillabe con tono "zero&, e non in tonia, si possono avere le realizzazioni approssimanti: (¸, ã), per /s/ (s, z÷ ¿, B), e (⁄) per /ß/ (ß, Ω), ma anche per (q[h], Q÷ Â[h], ©) e (fi[h], "): (7kAÖœzœ|, 7kAÖ3¸Œ, -3¸^) /6kaosu/ gàosu˚ (5p™I&QM|, 5p™I2¸û, -2¸¢) /5peiqM/ beizi˚ (4q·øU&QøU|, 4q·øU2¸û, -2¸¢) /•qhouqhou/ cóucou˚ (5tU,&Bi|, 5tU,2ã¤, -2ã¢) /5tu˙si/ do«xi˚ (çjaa¥^©¤,|, çjaa¥1ã¤,, -1ã¢,) /¶ja˙qi˙/ y∑«ji«˚ (5fi·u&Ây|, 5fi·u2ã¤, -2ã¢) /5fihuqhy/ >uqu˚ (5fiÖ&ΩÖ|, 5fiÖ2⁄Ö) /5fiˇßˇ/ ˜i´i˚ (5pa,&"u|, 5pa,2⁄û, -2⁄¢) /5pa˙fiu/ ba«˜u˚ (5·¤,&fiu|, 5·¤,2⁄û, -2⁄¢) /5qhi˙fihu/ qi«>u˘ 11.3.1.2. Le parole cinesi sono formate di sillabe costituite da iniziali e finali, come s'è detto. Però, le combinazioni hanno delle limitazioni; infatti, fra tutte le possibilità teoriche, solo un 55% viene utilizzato e‡ettivamente, per poco più di 400 sillabe tipiche (che sono regolarmente indicate nei testi didattici, con qualche oscillazione per le meno frequenti). Qui, ci limitiamo a segnalare le caratteristiche più notevoli.

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Ricorre senz'alcun'iniziale (öX⁄) /X>/ er÷ /f/ è abbastanza limitato: non ricorre davanti a /i, j÷ y, ¥÷ w/ e qualche altro fonema; mentre, solo in parole straniere, si ha l'aggiunta di /v/ (xenofonema, quindi, a‚ancato al tassofono (v) di /f/). Inoltre, (Â[h], ¿) (con le altre varianti viste) sono tassofoni di /q[h], s/ che ricorrono solo davanti a /i, j÷ y, ¥/, segnati j˚ q˚ x˘ Ugualmente, /M/ ricorre solo dopo /q[h], s/; e /ˇ/ dopo /fi[h], ß, >/÷ /o/, solo dopo /m, p[h], f, w/ (e in forme particolari dopo /j, l/ o con "zero&); e /y/, solo dopo /j, ¥÷ l/, /n/ (~), e dopo /q[h], s/ (Â[h], ¿). Infine, aggiungiamo che /m, p[h], f/ non ricorrono davanti a /X, M, w÷ y, ¥÷ >÷ [j]u˙/, e qualche altro; né /fi[h], ß/ davanti a /i, j÷ y, ¥/, e qualche altro; e neppure /k[h], h/ davanti a /i, j÷ y, ¥/ e a /o, wX˙/. Ci sono alcune altre limitazioni più specifiche; ma lo spirito della fonotassi mandarina è questo; con /n, ˙/ quali uniche C finali di sillaba, piuttosto frequenti (e />/, piuttosto rara). Sono notevoli le riduzioni (normali, tranne che in tonia o nella lingua formale) di parole come: (4ßXm, 4ßXõ, 4ßX2mÈ, 4ßX2mX) /•ßXnmX/ ´énme˚ ([q$$C, çq$1õ, çq$1mÈ, çq$1mX) /¶qXnmX/ z‘nme˚ ([wøøC, çwøøõ, çwø1mÈn, -1mÉn) /¶womXn/ wœmen˚ (5t·am, 5t·aõ, 5t·amÈn, -mÉn) /5thamXn/ tamen˘ Contrariamente ad altre lingue cinesi, è un po' eccezionale, in mandarino, la ricorrenza di /m/ finale, come pure quella di (õ), che troviamo in: (4õ) /•Xm/ µ "davvero?&, "cosa??&, (7≠) /6Xm/ û "sì&, "capisco&. Accento 11.3.2.1. Alla fine del paragrafo precedente, come pure nei § 11.1.9-11, abbiamo visto delle parole con sillabe anche "deboli&, cioè senza tonema e senz'accento forte (al massimo avevano un accento secondario in postonia). Sotto vedremo che le sillabe deboli possono essere anche prima dell'ultima, in una parola, e che generalmente sono deboli anche i grammemi (o particelle grammaticali). Invece, la maggior parte delle parole mandarine presentano uno dei quattro tonemi marcati su ogni sillaba (® § 11.3.3.1-3); tra queste, le parole di due sillabe hanno la struttura accentuale (&I'I): (^fiÖ4¥Än) /5fiˇ•¥an/ ˜iyuán˚ (ÒljE~7¿i) /•ljan6si/ liánxí˚ (^˜™I[pÅÅc) /5hei¶pan/ heib∑n˚ (0ÂjAÖ5ßÖ) /6qjao5ߡ/ jiào´i˘ Anche se la grafia cinese ha caratteri ("ideogrammi&) staccati, ma senza separazione per parole, sintagmi e frasi, tranne la punteggiatura (che comprende pure una "mini-virgola& (˝), destinata a separare le parole d'un elenco, ma che è sempre meno usata), nel caso di trisillabi, senza sillabe deboli, abbiamo la struttura ('I&I'I): (5jPU0[ø[kÅÅc) /5jou6mo¶kan/ youmòg∑n˚ (•fx,0⁄ËÊ5Âi) /•fX,6>Xn5qi/ fé«rènji˚ (ç˜wø^fihX7fiÅc) /¶hwo5fihX6fian/ huœ>e˜àn˘ Estendendo il numero delle sillabe nelle parole cinesi, per quattro o cinque (sillabe), la composizione lessicale viene a coincidere abbastanza con la composizione sintattica; giustapponendo, cioè, le varie componenti. Però, c'è un modo per riuscire a mostrare meglio la lessicalizzazione, all'interno delle frasi. Infatti, se abbiamo, separatamente, per esempio, (0qœ[muu) /6qM¶mu/ zímà "lettera, grafema&, (^p·I~5jIn) /5phin5jin/ pinyin "sillabificazione, combinare suoni in sillabe&, quando mettiamo assieme le due parole, otteniamo (5p·I~^jIn 0ëœ[muu) /5phin5jin 6qM¶mu/ pinyin zímà "romanizzazione, traslitterazione, scrittura alfabe-

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tica (per indicare la pronuncia)&, invece d'un "semplice&, ma più artificioso, (^p·I~5jIn 0ëœ[muu); si condideri pure (6ti0∂i0∂AÖ7tAÖ) /6ti6ti6tao6tao/ dídídàodào˘ 11.3.2.2. Nelle frasi, comunque (come si vedrà anche dal testo del § 11.4.2.2), ci sono frequenti oscillazioni per quanto riguarda l'e‡ettiva forza accentuale sulle varie sillabe, sia per motivi ritmici sia per giochi di prominenza a fini comunicativi, anche se non "distintivi&. Perciò, come, per esempio, /5ßa˙¶kan¶fiu6ji¶fiX/ ´a«g∑n˜ày협 può avere due realizzazioni frequenti, (5ßa,œâÅ∫çfiu0ji[fi$$, 5ßa,œâÅ∫œ2u7jiœ2$), così, frequentemente, oscillano anche forme come: (0ji[tjEEc, 7jiœ∂jEc) /6ji¶tjan/ yídi∑n˚ (0(ø4f™I, 7(ø&Ñ™I) /6po•fei/ pòféi˚ (^qM7wÙI, 5qM0wÙI) /5qM6wei/ ziwèi˚ (0¿Iü[fuu, 7¿IüœÑu) /6sin•fu/ xínfù˚ (^ÂIn5t·jEn, 5ÂIn^thjEn) /5qin5thjan/ jìntian˚ (0öÅË[lii, 7öÅËœli) /6ae¶li/ àil`˚ (^kÅm5p™I, 5kÅm^Ê™I) /5kan5pei/ ganbei! Tutto ciò può succedere in tonia o in protonia. E, per di più, sono frequenti anche i casi opposti, cioè sillabe con tono "zero& che prendono l'accento principale, con tonalità tendente al medio (sempre indipendentemente dalla tonia): (4p·x,&jPU, &p·x,'jPU) /•phX˙jou/ pé«you˚ (7tÅ∫œËÎ, 0∂Å∫'ßÖ) /6tanߡ/ dàn´i˚ (4ßÖ&∆øU, &ßÖ'˜øU) /•ßÖhou/ ´ìhou÷ inoltre, s'indeboliscono anche forme che hanno un tono (pure scritto), come i grammemi e i locativi degli esempi che seguono: (5fiwø0Ëa¥, -&Ëa,) /5fiwo 6ßa˙/ ˜uo ´à«˚ (6ti0ñja, -&ñja) /6ti 6sja/ dí xià˚ (5wuœli, 5wu&li) /5wu ¶li/ wu l`˚ (4t·¤,œli, -&li) /•thi˙ ¶li/ tì« l`˘ Toni 11.3.3.1. L'aspetto più notevole delle lingue cinesi (e uno dei problemi maggiori per gli stranieri) risiede nell'impiego dei "toni&. Infatti, si tratta di lingue tonali, nelle quali il variare della tonalità d'una sillaba è in grado di farle cambiare il significato. Perciò, si deve parlare di tonemi˚ in quanto elementi distintivi nel sistema fonologico, e di toni˚ cioè delle realizzazioni concrete dei tonemi stessi, come si può vedere dagli esempi forniti sotto. Però, per richiamare l'attenzione sulla loro importanza, e non confondere i concetti e le parole, facciamo l'esempio di ([mÅÅË) /¶mae/ m∑i "comprare& e (7mÅË) /6mae/ mài "vendere&; aggiungiamo i classici: (5ma) /5ma/ ma "madre&, (4ma) /•ma/ má "canapa&, ([maa) /¶ma/ m∑ "cavallo&, (7ma) /6ma/ mà "inveire&˘ Anticipiamo (come s'è potuto vedere già da molte trascrizioni fonotonetiche) che i tonemi 3 e 4 si realizzano con voce cricchiata (o laringalizzata), quando hanno le varianti "basse&: ([), (ç) e (7), ma non con quelle "alte&: (•) e (6); i tonemi 1 e 2, che sono "alti&, (5), (4), hanno sempre voce normale. Un'avvertenza prudenziale è necessaria, per quanto riguarda i diagrammi apparsi anche in certe pubblicazioni (non solo italiane) di tipo "turistico&, giacché troppo spesso sono decisamente errate e non aiutano certo il malcapitato lettore… Ci sono, inoltre, dei tassotoni˚ varianti combinatorie, contestuali, come vedremo sùbito. Rispetto ad altre lingue cinesi, il mandarino è relativamente semplice, anche per quanto riguarda i toni. Infatti, i tonemi marcati mandarini sono solo quattro, tradizionalmente indicati ed elencati come 1 (5) /5/ >1≥ o\ (5ji) /5ji/ yi÷ 2 (4)

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manuale di pronuncia

/•/ >Q≥ ó\ (4wu) /•wu/ wù÷ 3 ([) /¶/ >5≥ œ\ ([¿¥™™) /¶s¥e/ xu‘÷ 4 (7) /6/ >Z≥ ò (con accento secondario, (0)): (7·ja¥) /6qja˙/ qià«˘ La f 11.10 mostra, per i quattro tonemi marcati, i quattro toni basilari oltre a tre allotoni, altrettanto importanti foneticamente: in aggiunta al "3=2& (= 3+3 = 3+2) (•) /¶/ >5≥ œ (cioè un 3 che ricorra davanti a un altro 3, che diventa quasi un 2 {anche se di solito, ma falsamente, viene identificato con un vero 2}), abbiamo il "mezzo 3&, (ç) /¶/ >5≥ œ (un 3 davanti agli altre tre tonemi marcati), e il "mezzo 4&, (6) /6/ >Z≥ ò (un 4 davanti a un altro 4)˘ Come si vede, sia dai tonogrammi, sia dalle trascrizioni tonetiche che seguiranno, gli ultimi due si realizzano e‡ettivamente come la prima metà della rispettiva forma piena. In una pronuncia di tipo "internazionale&, il tonema 2 si può realizzare (•) (invece di (4) ((-1))), come il tassotono u‚ciale di /¶/ seguìto da un altro /¶/. Le altre caratteristiche tonali dovrebbero essere molto vicine a quelle u‚ciali, anche per il tonema "zero&, come abbiamo fatto nelle trascrizioni (sebbene, per quest'ultimo potrebbe, in qualche modo, bastare un'esecuzione di tonalità media, (2), sempre in questo tipo di pronuncia "internazionale& {che è una semplificazione}). f 11.10. Tonemi e toni mandarini.

1 /5/ (5) >1≥ 2 /•/ (4) >Q≥

3 /¶/ ([) >5≥ 3‘ /¶/ (ç) >5≥ 3“ /¶/ (•) >5≥ 4 /6/ (7) >Z≥ 4‘ /6/ (6) >Z≥

11.3.3.2. Ovviamente, anche se tutto ciò, dapprincipio, può sembrare una complicazione inutile, a guardar bene, invece, fornisce una facilitazione per l'e‡ettiva realizzazione contestuale. Si tratta, infatti, d'una semplificazione, dal punto di vista tonetico, concreto, indicato solo nella trascrizione fonetica (o, meglio, fonotonetica]˚ mentre la trascrizione fonemica [fonotonemica], come pure quella grafemica, non cambiano a‡atto, dato che l'entità, l'essenza, resta la stessa. Come si vede dagli esempi seguenti, e –soprattutto– dalla f 11.11, gli allotoni dei tonemi 3 e 4 presentano una semplificazione, per assimilazione. f 11.11. Tassotoni fondamentali. /¶ 5/

=

(– 5)

/¶ •/

=

(– 4)

/¶ ¶/

=

(Ò [)

/¶ 6/

=

(– 7)

/6 6/

=

(0 7)

11. cinese

355

Infatti, il tonema 3, ([) = (ç), /¶/ >5≥˚ s'accorcia (pure come durata segmentale), quando ricorra davanti ai tonemi diversi da sé stesso: (œ˜wø5fi·X) /¶hwo5fihX/ huœ>e˚ (œt*¥4¥y) /¶tX˙•¥y/ d‘«yù˚ (œk·AÖ7ßÎ) /¶khao6ߡ/ k∑o´í÷ d'altra parte, davanti a sé stesso, /¶ ¶/ >5 5≥˚ ha il tassotono (•): (ÒßøU[pjAAÖ) /¶ßou¶pjao/ ´œubi∑o˘ Anche in questo caso, è giusto mantenere inalterata la rappresentazione tonemica e grafemica, giacché, se le modificassimo, farebbero pensare a un'altra struttura, diversa, non solo dal punto di vista fonico, ma anche lessicale e, quindi, semantico. Il tonema 4 ricorre al tassotono (dimezzato) davanti a sé stesso: (0fa,7Âja) /6fa˙6qja/ fà«jià˘ I tonemi 1 e 2 non hanno varianti; e, anche se il tassotono del 3 (+ 3) è, toneticamente, (più) simile al tonema 2, resta pur sempre un tassotono del 3 (tranne che nell'accento "internazionale&). f 11.12. Tassotoni di sequenze tonemiche particolari. /5 • 5/ =

/5 5 5/ (5 — 5)

/5 • •/ =

/5 5 •/ (5 — 4)

/5 • ¶/ =

/5 5 ¶/ (5 — [)

/5 • 6/

=

/5 5 6/ (5 — 7)

/• • 5/ =

/• 5 5/ (4 — 5)

/• • •/ =

/• 5 •/ (4 — 4)

/• • ¶/ =

/• 5 ¶/ (4 — [)

/• • 6/ =

/• 5 6/ (4 — 63)

f 11.13. Tassotoni d'altre sequenze tonemiche.

f 11.14. Ulteriori tassotoni di sequenze tonemiche. /5¶ ¶/ =

(5 Ò [) =

(5 — [)

/•¶ ¶/ =

(4 Ò[) =

(4 — [)

/¶ ¶ ¶/ =

(• Ò[) =

(• — [)

11.3.3.3. Per quanto riguarda sequenze di tre tonemi, ricorrono (e vanno indicate, e applicate) certe di‡erenze rispetto alla rappresentazione tonemica (e grafemica). La f 11.12 mostra cosa succede per le sequenze di /5 •/ seguìte da uno degli

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manuale di pronuncia

altri quattro tonemi: (5tU,^nÅM5fx,) /5tu˙•nan5fX˙/ do«nán-fe«˚ (5sÅ~^~jE~4Âi) /5san•njan•qi/ sannián-jì˚ (5¿jEN^⁄É~[Âjaa¥) /5sjan•>Xn¶qja˙/ xianrén-ji∑«˚ (5¿i^∆U,7ßÎ) /5si•hu˙6ߡ/ xihó«´í. Nella f 11.13, sono indicate le sequenze di /• •/ seguìte dagli altri quattro tonemi: (4m™I^laM5fa,) /•mei•lan5fa˙/ Méi Lánfa«˚ (4˜ÅÉ^m™I4lÅÉ) /•hae•mei•lae/ hái méi lái˚ (4wÅ~^Âh¥Än[tUU¥) /•wan•qh¥an¶tu˙/ wánquán dœ«˚ (4¿Y~^ja,7ÂjEc) /•syn•ja˙6qjan/ xùnyá«-jiàn˘ Infine, la f 11.14 mostra il comportamento della sequenza /¶ ¶/ preceduta da uno dei primi tre tonemi: (5sÅ~^jEn[Âjulái rèrerde yì ´ài, nèi zœudàorde m∑´à« jiú b∑ páozi tuole xiàlai. Suœy` b‘ife« bú né« bú >é«rèn dàod` hái´i tàiyá« b` ta b‘n´i dà. N` x`huan ˜ège gú´í ma? Wœmen zài ´uo yì biàn ma? Pronuncia mandarina neutra 11.4.2.2. §Æ #@ (ìœjÕU7jiœ∆wÙI^œ| œÊ™I5fx,2 2gÉn7t·ÅË&ja,2\ 6fix,&ëÅÉ3nåY ^2x,7lw‘c13| 4ß™I2dX çpË∫1ΩÖ 7ta13|| ì5ßwø2"X^ßwø2"X2œ| 4lÅÉ2lX &ãi2gXœëøU7tåY3d$13|| 5ßÉN&Ëa,2 5fi·wÅN2"X2 4ji0¸jE¥ 7˜øU 4p·AÖ2Qû13|| 5t·am [ljaa2\ 0¸jÕU5ßa,2lja, ç˜AÖ1lX 5ßwøx2|| ^4ß™I &nx,5¿jE~0¸jAÖ2\ 7fi$3g$œëøU7tåY3d$2| œpa5t·a2dX 4p·AÖ2Qû2| 5t·wø2lX 7¿ja3lÅËœa2|| 0¸jPU7swÅ∫2 4ß™I2dX çpË∫1ΩÖ 7ta13Œ|| [˜AAÖ^|| œp™I5fx,2 0¸jÕUçßÎ1©i 7ta2 7ÂIc&lÅÉ2 œ¸I©5kwa2 œ¸I©5kwa13|| çk·$1ΩÖ5t·a^|| 5kwa2dX 7¥™ 7li3hÅË2 0n™I3g$4⁄Én^|| [paa2| 4p·AÖ2Qû2 çkwø1dX 0¥™[ÂIIc13|| 7tAÖ 0[ø[ljååY^|| œp™I5fx, 4m™I2lX 4fa2Qû13|| 4fiÖœ∆AAÖ2 0ÂjÕU7swÅc3l$13|| 0ji[˜w$$Y^|| 7t·ÅËœja, 0¸jÕU5fi·u&lÅÉ2|| 0⁄$5⁄X⁄2dX Òji7ßÅË13|| nȤœëøU7tåY3d$2|| œma7ßa¥2 0ÂjÕU[paa 4p·AÖ2Qû2 5t·wø2lX 7¿ja3lÅË13|| ì•swøœji2œ| œp™I5fx,2|| 0pu4nx,0Êu Òfihx,7⁄Ëc^|| ì7tAÖœ∂ii2œ 4˜ÅÉΩÖ 7t·ÅË&ja,2| œpi5t·a2 çpË∫1ΩÖ 7ta13|| ¿Ò~iç¿i^∆wÅN 7fi$3g$ 0âu7ßÎ3ma31|| ¿œwøC7qÅË2 ¿5ßwø Òji7pjEC3ma31|||) Pronuncia mandarina "internazionale& 11.4.2.3. (ìçjøu0ji4hw™i^œ| œp™i5fx˙2 kxn0tha™4ja˙2\ 0fix˙7qa™3na⁄ ^fix˙7lwxn13| 4ß™i2tx çpxN1ßÖ 7ta13|| ì5ßwø2fix 5ßwø2fix2œ| 4la™2lx 4ji2kx œqøu7ta⁄3tx13|| 5ßxN&ßa˙2 5fihwaN2fix2 Òji7Âjan 7høu 4phaø2qM13|| 5tham[xn] [ljaa2\ 0Âjøu5ßa˙2lja˙ çhaø1lx 5ßwø2|| ^4ß™i &nx˙5¿ja~ 7Âjaø2\ 7fiX3kX œqøu7ta⁄3tx2| œpa5tha2tx 4phaø2qM2| 5thwø2lx 7¿ja3la™œa2|| 0Âjøu7swaN2 4ß™i2tx çpxN1ßÖ 7ta13Œ|| [haaø^|| œp™i5fx˙2 0ÂjøuçßÖ1Âi 7ta2 0Âin4la™ œÂi˙5kwa2 œÂi˙5kwa13|| çkhx1ßÖ5tha^|| 5kwa2tx 7¥™ 7li3ha™2 7n™i3kx 4⁄xn^|| [paa2| 4phaø2qM2 çkwø1tx 0¥™[Âiin13|| 7taø 0mø[ljaa⁄^||

11. cinese

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œp™i5fx˙2 4m™i2lx 4fa2qM13|| ÒfiÖ[haaø2 0Âjøu7swan3lx13|| 0ji[hwxx⁄^|| 0tha™4ja˙ 7Âjøu^fihu4la™2|| 0⁄x5⁄x⁄2tx Òji7ßa™13|| n™iœqøu7ta⁄3tx2|| œma7ßa˙2 0Âjøu[paa 4phaø2qM2 5thwø2lx 7¿ja3la™13|| ìÒswø[jii2œ| œp™i5fx˙2|| 7pu&nx˙7pu Òfihx˙7⁄xn^|| ì0taø[tii2œ 4ha™ßÖ 0tha™4ja˙2| œpi5tha2 çpxN1ßÖ 7ta13|| ¿•ni œ¿i5hwaN 0fix3kx 0ku7ßÖ3ma31|| ¿œwø2m[xn]7qa™2 ¿5ßwø Òji7pjam3ma31|||) Pronuncia italiana del cinese 11.4.2.4. (ì&joui'wei2œ| bei'fa˙:2 &genta'ja˙:g$2\ can'qainaR ca˙'glwEn:23| 'SEide 'bE~Si 'da23|| ì&Swø;GeS'SwO:Ge2œ| 'laile 'i;geQ Qou'daorde23|| 'SE~Sa˙:g$2 'cwa~:Ge2 i'Ga nou'paoQQi23|| 'ta;men 'lja2\ GuS'Sanlja 'naoleS 'SwO2|| ^'SEi na~'Sa~ 'Ga;o2| 'cE;geQ Qou'daorde2| ba'ta;de 'paoQQi2| 'twO;leS 'Sa:laja2|| Gu'swa~:2 'SEite 'bE~Si 'da23Œ|| 5a;o12|| bei'fa˙:g$2 GuS'Serci 'ta2 Gin'lai Gi˙'gwa Gi˙'gwa23|| 'keSSer 5ta12|| 'gwa;de 'jwE 'liai2 'nEige 5rEn:$12|| 'ba2| 'paoQQi2 'gwO;de jwe'Gin:$23|| 'dao mo5ljaor12|| bei'fa˙:g$2 'mEile 'faQ:Qe23|| Ge'ra;o2 Gu'swanle23|| i5wi:r12|| ta'ja~ Gucu'lai2|| Re'rErde iS'Sa;i23|| 'nEiQ Qou'daorde2|| maS'Sa˙:g$2 Gu'ba 'paoQQi2 'twO;leS 'Sa:lai23|| ìswo'i2œ| bei'fa˙:g$2|| &bunam'bu ca˙5grEn:$12|| ìdao'di2œ aiS'Ser ta'ja˙:g$2| bi'ta2 'bE~SeR 'ta23|| ¿'niS Si'wa~ 'ce;'ge guS'Ser:ma21|| ¿'wO;men 'Qa;iS2 ¿'Swø i'bjamma21|||) Una piccola appendìce 11.4.2.5. (6ta0ëM7pAÖ) /6ta6qM6pao/ dàzíbào˚ (5kU,&Ñu) /5ku˙fu/ go«fu ("kung fu&, ® § 11.1.9 per (-2vû)), (0·i5kU,) /6qhi5ku˙/ qígo«˚ (7tAÖ) /6tao/ dào˚ (4Âj™ÒÂh¥Än7tAÖ) /•qje•qh¥an6tao/ jiéquándào ("jeet kune do&), (5t·ÅÉÒ¸i4·¥Än) /6thae•qi•qh¥an/ tàijìquán˚ (5pa0âwa[fiaa¥) /5pa6kwa¶fia˙/ baguà˜∑«˘ Inoltre: (^fiU,4kwø[x]) /5fiu˙•kwo/ ˆo«guó "Cina&˚ (œp™I5¤,) /¶pei5qi˙/ B‘iji«, (5t·jEn^öÅm4mÉ˙ ÒâwA¥[fi·aa¥) /5thjan5an•mXn ¶kwa˙¶fiha˙/ Tian'anmén Gu∑«>∑«˚ (0sœ5fi·wÅn) /6sM5fihwan/ Sí>uan˚ (Òt·ÅÉ5wÅn) /•thae5wan/ Táiwan˚ (œkwA¥5tU,) /¶kwa˙5tu˙/ Gu∑«do« "Canton&˚ (0ßa¥[˜ÅÅË) /6ßa˙¶hae/ Øà«h∑i˘ Altri: (4mAÖ^ëX5tU,) /•mao•qX5tu˙/ Máo Zédo«˚ (4¥ÄN0⁄ÉN7fiAÖ) /•¥an6>Xn6fiao/ Yuán Rèn ˆào (tradizionalmente: "Yuen Ren ≥ao&]˚ (5fiøU ^öÉn4lÅÉ) /5fiou 5Xn•lae/ ˆou Enlái˚ (7t*¥ œñjAÖ4p·¤,) /6tX˙ ¶sjao•phi˙/ Dè« Xi∑opì«˚ (ÒlIm5pjAÖ) /•lin 5pjao/ Lìn Biao˚ (•ljPU œËAÖ4·i) /•ljou ¶ßao•qhi/ Liù Ø∑oqì˘ Infine: (5sÅnœli4t·w‘n, -4t·wX⁄) /5san¶li•thwXn, -•twX>/ Sanl`tùn(r)˚ (0ku5kU,) /6ku5ku˙/ Gúgo«˚ (Òfi·a,4fi·x,) /•fiha˙•fihX˙/ ≥á«>é«˚ (4jiÒ∆X4¥Än) /•ji•hX•¥an/ Yìhéyuán˚ (5fia, 0ji4[øU) /5fia˙ 6ji•mou/ ˆa« Yímóu˚ (œkU¥7li) /¶ku˙6li/ Gœ« Lí˚ (^öøU5fiøU) /5ou5fiou/ Ou˜ou "Europa&, (6ji0∂a7li) /6ji6ta6li/ Yídàlí "Italia&, (Òlø[maa) /•lo¶ma/ Lóm∑ "Roma&, (5wÙI^~i5sM) /5wei•ni5sM/ Weinìsi "Venezia&, (Òlw‘n5tw‘n) /•lwXn5twXn/ Lùndun "Londra&, (—j¤,4kwø[x]) /5ji˙•kwo/ Yi«guó "Inghilterra&, (5suÒâX4lÅn) /5su•kX•lan/ Sugélán "Scozia&, (7p™I—∂wø5fÉn) /6pei5two5fXn/ Bèiduofen "Beethoven&.

12. Giapponese 12.0.1. Si fornisce la pronuncia neutra moderna del giapponese, basata su quella di Tokyo. La traslitterazione usata evita i diacritici per le vocali, indicando le lunghe come ii˚ ee˚ aa˚ oo˚ uu (invece che come i˚ e˚ a˚ o˚ u˚ o come î˚ ê˚ â˚ ô˚ û]˘ Per quanto riguarda le consonanti, poi, ricorriamo al sistema più largamente impiegato (dai giapponesi stessi: quello Hepburn, coll'eccezione –metodologicamente non trascurabile– della scelta d'usare n anche davanti a m˚ p˚ b˚ invece di m]˚ lasciando alla trascrizione fonemica il compito d'indicare la strutturazione sistemica÷ mentre la trascrizione fonetica, ovviamente, mira a una grande precisione, senza la quale tutto sarebbe approssimativo e, francamente, inutile. Perciò, avremo: (qM) /tM/ _u˚ (FM) /hM/ fu˚ (¿i) /si/ ´i˚ (¿jå) /sja/ ´a˚ (¿jø) /sjo/ ´o˚ (¿jM) /sjM/ ´u˚ (Âi) /ti/ >i˚ (ªå) /tja/ >a˚ (ªø) /tjo/ >o˚ (ªM) /tjM/ >u˚ (©i, Bi) /zi/ ji˚ (©jå, Bjå) /zja/ ja˚ (©jø, Bjø) /zjo/ jo˚ (©jM, BjM) /zjM/ ju˚ (QM, zM) /zM/ zu÷ ma preferiamo usare il più "logico& c> (ÂÂ[ª]) /tt[j]/ (e meno eurocentrico di t>]˚ e n (con n' + V o y] (P, õ, ó, «, ô) /ô/ (che qualcuno rende sistematicamente con â˚ risolvendo "grafonologicamente& il piccolo problema di n'˚ davanti a V e y˚ e quello di m˚ davanti a m˚ p˚ b]˘ Inoltre, abbiamo (˙) /˙/, che rendiamo con g˚ che può oscillare con (g) /g/, come si vedrà sotto, ® § 12.2.1.1-2 (qualcun altro ricorre a ä˚ per compensare l'assenza di trascrizioni). La lunghezza, che è distintiva sia per le consonanti che per le vocali, viene indicata geminando i simboli fonemici: /kappoo/, e quelli grafemici: kappoo÷ in trascrizione fonetica, per l'allungamento dei contoidi, bisogna inserire anche (:): (3kåp'p:øø) (ma, come si vede e si sente, dopo il secondo elemento). 12.0.2. In giapponese, è distintiva anche la tonalità delle varie more, che costituiscono le sillabe (e le parole, nonché le frasi). L'esempio appena visto fa capire che la tonalità non è segnata nella grafia, cioè nella traslitterazione, come pure nella normale scrittura hiragana˚ (3âi'må2˙åœnå, 3âi'må3˙åœnå÷ 3âi'må2˙å&nå) /hiRaù˙aùna÷ -naå (che s'aggiunge ai caratteri, "ideogrammi&, presi –a suo tempo– dal cinese). Normalmente, ciò non avviene nemmeno nell'altro tipo di scrittura, katakana˚ (3kÄ'tå3kåœnå, 3kÄ'tå2kåœnå) /kataùkaùna/, usato, di solito, in testi didattici e scientifici, per "suggerire& la pronuncia di termini onomatopeici e di parole straniere recenti (più recenti di quelle cinesi, già nipponizzate da tempo), o per scopi stilistici. Invece, in trascrizione fonotonemica, indichiamo, con Å, il punto dopo cui si passa dal tono medio a quello basso, che definiamo akusento (® § 12.3.2.1), usando il termine entrato in giapponese dall'inglese [accent]˚ per indicare questo particolare fenomeno tonale, non accentuale (anche se, in realtà, come vedremo, sono perlopiù la struttura tonale e la consistenza segmentale –o "peso& sillabico– che determinano l'accento d'intensità, ® § 12.3.2.5-14). E questi punti possono essere anche più d'uno, come si vede dai due esempi precedenti. Tali punti, però, van’•”

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no intesi come varianti possibili, in opposizione paradigmatica, tipica dei fonemi, che si manifestano sull'asse sintagmatico, tipico delle parole e delle frasi; cioè, se ne deve "scegliere& uno˚ a esclusione degli altri. La trascrizione fonotonetica, invece, mostra più concretamente l'altezza di tutte le sillabe d'una parola, o d'una ritmia, giacché ci sono schemi precisi per il giapponese neutro (come vedremo meglio più avanti, § 12.3.2.2), anche se con varianti. Infatti, per la parola hiragana˚ abbiamo ben tre possibilità, come s'è appena visto (sebbene l'ultima sia meno attuale), e due per katakana÷ mentre, per una parola come katana˚ c'è un solo tonema neutro possibile, (3kÄ'tå2nå) /katanaå (/kataùna/ è regionale). Preferiamo usare ( ) Å (invece del più di‡uso, ma meno soddisfacente, (^ Œ) /Œ/), perché, in e‡etti, la tonalità marcata è bassa, mentre quella non-marcata è media, non alta (come farebbe pensare la notazione più tradizionale, che è basata s'un criterio più tonemico che tonetico, considerando "alto& ciò che non è "basso&). Vocali 12.1.1. Il giapponese ha solo 5 vocali, che possono essere –distintivamente– brevi o lunghe (o, meglio, sdoppiate, cioè realizzate quasi come dei dittonghi monotimbrici, come avviene nella sillaba iniziale di veemenza (vee'mEn:qa) /vee-'mEnqa/, trisillabo), e si possono anche combinare in sequenze di vario tipo. Troppo spesso si "racconta& che le V giapponesi sono pronunciate "all'italiana&; però, solo due di queste (/i, e, E, a, O, o, u/, sette!) possono corrispondere alle cinque/dieci… del giapponese, che vediamo sùbito. La f 12.1 mostra l'e‡ettiva articolazione delle cinque vocali: (i, ™, å, ø, M÷ ii, ™™, aa, øø, MM) /i, e, a, o, M÷ ii, ee, aa, oo, MM/ i˚ e˚ a˚ o˚ u÷ ii˚ ee˚ aa˚ oo˚ uu˘ Visto che le "lunghe& sono sequenze fonemiche (e geminazioni fonetiche), il segnale di /a/ (å) (breve) è grigio, dato che s'articola meno aperto (anche in sillaba accentata). La vocale giapponese più problematica è (M) /M/ u˚ che non ha l'arrotondamento labiale tipico di (u), e è articolata, inoltre, con la lingua in posizione postero-centrale; quindi, più avanti dell'/u/ italiana. Nella pronuncia, soprattutto, delle generazioni più giovani, /M/ è articolato più avanti, come centrale alto –e con arrotondamento parziale, (˚), oppure anche completo, (%)– ma noi segn(i)amo sempre (M), giacché si tratta di pronunce giovanili che, generalmente, passano, poi, a (M); e la cosa continua a riproporsi nel tempo, senza cambiamenti definitivi. Le pronunce non-neutre sono, ovviamente, un'altra cosa. Vediamo degli esempi, per ogni fonema: (3i'™) /ieå ie˚ (Çáiô2køø) /giôkoo/ ginkoo˚ (3så'6i3¿ii) /sabisiùi/ sabi´ii÷ (Ç™i2™P) /eieô/ eien˚ ('™3˙åø) /eù˙ao/ egao˚ (3kå'må2t™) /kaRate/ karate÷ (Çåi) /aùi/ ai÷ (çQå¿2¿:i) /zassi/ zas´i˚ (3må'tø) /mato/ mato÷ ('n™3kø) /neùko/ neko˚ (3ø'©i3mM) /okiùRM/ okiru˚ (3ø'tø2kø) /otokoå otoko÷ (3sM'mi) /sMmiå sumi˚ (2åçkM3må) /aùkMma/ akuma˚ (3mM'¿i) /mMsiå mu´i.

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12.1.2. Per ei e ou (quest'ultimo, generalmente, traslitterato oo] monomorfemici è normale avere /ee, oo/ (™™, øø): (3s™PÇs™™) /seôseùe/ sensei˚ (3sM'i™™) /sMiee/ suiei˚ (Ç™™2©ªøø) /eekjoo/ eikyoo÷ (Çøø3¿jMM) /oùosjMM/ oo´uu÷ (Çøø2gøP) /oogoô/ oogon˚ (Çøø2™P) /ooeô/ ooen˘ Per ei e ou eteromorfemici è normale, invece, avere /ei, oM/ (™i, øM): (Çk™i2tø) /keito/ keito˚ (Çs™i) /seùi/ sei˚ (3å2måÇsøM) /aRasoùM/ arasou˚ (ÇsøM) /soM/ sou˘ f 12.1. Vocali giapponesi. /i/ (i), /ii/ (ii)

/e/ (™), /ee/ (™™) /a/ (å)

/M/ (M), /MM/ (MM) /o/ (ø), /oo/ (øø) /aa/ (aa)

12.1.3. Il giapponese neutro ha, inoltre, la peculiarità di presentare la desonorizzazione dei vocoidi. In realtà, si tratta di due gradi parzialmente diversi. Il primo tipo è completo, e dà vocoidi non-sonori˚ cioè senza vibrazione delle pliche vocali, come avviene anche per molte consonanti, come (s) /s/ (non-sonora) rispetto a (z) /z/ (sonora). Più precisamente, i V non-sonori sono leni, o leniti, giacché le aritenoidi sono aperte (come per (h)). Riguarda (i, ¨) tra consonanti non-sonore, oppure tra consonante non-sonora e pausa, se in sillaba con tonalità bassa (ma occasionalmente anche non-bassa, comunque mai sulla mora "accentata&, dopo la quale si passa alla tonalità bassa), e mai in postonia interrogativa (che ha un innalzamento della tonalità di base): (3©i'¿i) /kisiå ki´i˚ (3k¨2Âi'6i2mM) /kMtibiRM/ ku>ibiru˚ (3hå'nå2¿i) /hanasiå hana´i˚ (3âi'tø3q¨) /hitoùtM/ hito_u. Il secondo tipo, o grado, di desonorizzazione è quello semi-sonoro, che riguarda le altre tre V˚ ma opera meno sistematicamente; infatti, si ha (Ä, ), specie nella prima sillaba della parola, se seguìti da sillaba con la stessa vocale (più raramente, si semi-desonorizza anche /e/ (É)): (3kÄ'tå2nå) /katanaå katana˚ (3t'kø2mø) /tokoRo/ tokoro÷ (3kÉ'så2nåi) /kesanai/ kesanai˘ Sempre il secondo tipo, riguarda, invece, tutte le V davanti a pausa, breve o lunga che sia, precedute da qualsiasi C (ovviamente, se si tratta di /i, M/, nelle condizioni per la desonorizzazione totale, nel contesto (=é|), si ha (i, ¨)). Perciò, a queste condizioni, davanti a pausa, l'ultima V˚ è: (î, É, Ä, , ¯) (anche in dittonghi). Bisogna precisare, sùbito, che si tratta d'un tipo di desonorizzazione sintagmatica; ciò significa che abbiamo un unico vocoide –non due– che comincia sonoro e finisce non-sonoro; quindi la prima parte è sonora, la seconda è non-sonora: ((é‚)), com'è, d'altra parte, suggerito dal contesto pausale, anche se la pausa è breve. Esempi, relativi a questo fenomeno, si trovano nel brano della sezione del Testo˚ § 12.4. In termini più semplici, si potrebbe dire che l'e‡etto uditivo è quasi quello d'un vocoide seguìto da un brevissimo (h), ((éh)) o un semiapprossimante ((éh)). Per enfasi, vera e propria (e per altre implicazioni parafoniche legate agli stati

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d'animo), s'arriva, spesso, alla vera sequenza (éh|): (˚Çsøø3d™3s¨œkåh2) /˚soùodesMka,/ Soo desu ka?! Consonanti 12.2.0. Correntemente si dice che le consonanti del giapponese si pronunciano "all'inglese&. Questa falsa informazione, rinforzata dalla di‡usione della traslitterazione con >˚ j˚ ´˚ f˚ _ (che noi stessi usiamo, per pura semplicità), va ridimensionata parecchio, a cominciare dal fatto che >˚ j˚ ´ stanno, in e‡etti, per (ª÷ ©j, Bj÷ ¿j), senza nessun assorbimento di (j) /j/; inoltre˚ f non è (f), bensì (F). C'è, poi, («), che, come vedremo (® § 12.2.1.2), è semi-nasale provelare intenso ("sillabico&): (P) /ô/. La tabella della f 12.2 dà le articolazioni consonantiche del giapponese, che sono necessarie per una pronuncia adeguata di tale lingua. Le f 1.9-15 danno, invece, gli orogrammi, raggruppati per modi d'articolazione, di tutti i contoidi dati nei capitoli di questo volume, anche come varianti secondarie, occasionali, o regionali, per le 12 lingue trattate. Quest'esposizione rende più immediati i necessari confronti fra idiomi diversi.

m (n) n (~) (N) ö F p b t d (© á) (q Q) (Â ©) Ô ƒ (6) s z (¿ B) _ ß (F) (â) j /r/ m|(¬) ‹

«

µ

laringali

velari

provelari

pospalatali

palatali

prepalatobilabiati

prepalatali

alveolari

dentali

bilabiali

f 12.2. Tabella delle consonanti giapponesi.

˙ k g {(w)}

(ö)

{(∆)}

h {(H)}

Nasali 12.2.1.1. Il giapponese, all'inizio di sillaba, ha tre fonemi consonantici nasali: /m/ (m) m (bilabiale), /n/ (n) n (alveolare; realizzato, però, come prepalatale, (~), davanti a /i, j/, per assimilazione): (3~i'mø2nø) /nimono/ nimono˚ e /˙/ (˙) g (velare): (3å'˙å3k¨) /a˙aùkM/ agaku˚ che in giapponese ricorre davanti a vocale, contesto estraneo alla fonotassi italiana. Bisogna, però, dire sùbito che, all'interno di parola, /˙/ (˙) g (a volte traslitterato ä) può essere sistematico solo nella pronuncia più neutra, dopo /é, ô/; infatti, oggi è di‡usissima l'oscillazione tra /g ˙ ˙/ (g ˙ Ÿ ˙ ˙), ma con moltissima fluttuazione tra persone e parole; però, nessun nativo ha sistematicamente solo (g) /g/. In posizione iniziale (di frase, di lessema, o di grammema), c'è (g) /g/, anche per chi abbia (˙) /˙/; per ga (enclitico) c'è normalmente (˙å) /˙a/; per ga (congiunzione) c'è (gå), ma si può avere anche (˙å), pure dopo pausa.

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Si ha (g) /g/ anche –soprattutto– nei prestiti, nelle onomatopee, nelle reduplicazioni di parole cinesi e dopo certi proclitici (che, ovviamente, sono eteromorfemici): ('ái3˙å) /giù˙a/ giga˚ (Çáiô3˙å) /giùô˙a/ ginga; (3mi'ái) /migi/ migi˚ (3må'gM2mø) /magMRo/ maguro˚ (3møôÇg™P) /moôgeùô/ mongen˚ (3må'gø) /magoå mago˘ 12.2.1.2. Un problema fonico ancora maggiore per i nasali è dato da un quarto fonema giapponese, l'"n moraico&, /ô/ (a volte traslitterato â]˚ che ricorre sempre in coda sillabica, e ha come realizzazione prevalente l'articolazione semi-provelare (senza contatto del dorso della lingua con la volta palatale). Foneticamente è intenso, cioè più energico, (P), e ricorre (1) davanti alle consonanti continue (quelle senz'occlusione completa nella cavità orale), cioè /s, z÷ j, µ÷ h/ (s ˙ ¿, z ˙ B÷ j, µ÷ h ˙ F ˙ â), (2) davanti a V (ovviamente eterosillabica) e (3) finale di parola davanti a pausa (o davanti a C continue, o a V]\ (3™P'såP) /eôsaô/ ensan˚ (Çhå«2¿jå) /haôsja/ han´a˚ (ÇMN2jM) /MôjM/ un'yu˚ (ÇkåP2µå) /kaôµa/ kanwa˚ (3s™™ÇsåP3âi) /seesaùôhi/ seisanhi˚ (Çs™P3âjå3k¨) /seùôhjakM/ senhyaku˚ (3gø's™P3F¨) /goseùôhM/ gosenfu˚ (ÇtåP3i) /taùôi/ tan'i˘ Però, per assimilazione, /ô/ ha anche altre realizzazioni. Infatti, s'articola come un nasale omorganico (alla C che segue, e è sempre intenso): (1) (õ, ó÷ ›, ô), davanti agli occlusivi corrispondenti /p, b÷ t, d/ (p, b÷ t, d) e /k, g/ (k, ©÷ g, á): (Çsåõ3pø) /saùôpo/ sanpo˚ (Ç¿iõ2bMP) /siôbMô/ ´inbun˚ (ÇMó2t™P) /Môteô/ unten˚ (Çt™N3©i) ((-3£i)) /teùôki/ tenki˚ (Çtåô3kå) /taùôka/ tanka÷ e (2) (ó, «) davanti ai tassofoni occlu-costrittivi dentali o prepalato-bilabiati di /t, z/ (q, Q) e (Â, ©): (3båóÇQåi) /baôzaùi/ banzai˚ (Ç™«2ªøø) /eôtjoo/ en>oo˚ (Ç~i«2©iP) /niôziô/ ninjin÷ e, logicamente, (ô) anche davanti alla frequente variante occlu-(semi)-costrittiva, (wå, ˜å), di /ka/ (kå) ka\ (Çtåô3wå, -3˜å) /taùôka/ tanka. Inoltre, abbiamo (3) (õ, ó, «, ô) davanti alle nasali /m, n, ˙/ (m n g) e ancora (ó) davanti a r /R/ (¬), per es.: (ÇMõ3m™™) /Mùômee/ unmei˚ (3åóÇnåi) /aônaùi/ annai˚ (Ç~i«2~i2k¨) /niônikM/ ninniku˚ (Çåô2˙åi, -3˙åi) /aô˙ai, aôù-/ angai˚ e (3åó'¬å2k[¨]3¿i) /aôRakMùsi/ anraku´i˘ Occlusivi 12.2.2.1. Il giapponese ha tre coppie difoniche (di sonorità) per gli occlusivi: i non-sonori sono /p, t, k/ (p, t, k) (spesso /k/ è (w, ˜) + /a{a}/; occasionalmente /t/ passa a (th) + /a{a}, o{o}/; e, spesso, /p/ è (ph), nel contesto tra /ô/ e /i{i}, a{a}/): (3kåõ'påi, 3wå-, 3˜å-, -'phåi) /kaôpai/ kanpai˚ ('tå3kø÷ 'thå-) /taùko/ tako˚ (3©ip'p:M) /kippM/ kippu˚ (3µå'tå÷ -'thå) /µataå wata˚ (Çk™õ3pøø) /keùôpoo/ kenpoo (/p/ iniziale di parola ricorre solo in prestiti e onomatopee). Per enfasi, l'"aspirazione& è più di‡usa. La maggiore "stranezza& per /t/ (t) è che, per assimilazione, davanti a /i, j/ (i, j), si realizza tramite l'occlu-costrittivo prepalato-bilabiato (Â) (traslitterato >˚ anche se /j/ (j) resta, ma va osservato che la labializzazione è ridotta, per assimilazione a /i, j/, comunque, il fono è diverso da (⁄)): (3Âi'Âi) /titiå >i>i˚ (Ǫåó2tø) /tjaôto/ >anto˘ Inoltre, ancora più "stranamente&, /t/ (t), davanti a /M/ (M) si realizza tra-

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mite l'occlu-costrittivo dentale (q) (traslitterato _): (3qM'Ni) ((-∞i) /tM˙i/ _ugi˘ È senz'altro il caso d'osservare, una volta per tutte, che le realizzazioni "palatali& (©, á, N), per /k, g, ˙/, sono piuttosto "pospalatali&, o palatali arretrate, meglio rappresentabili con simboli "specialistici&, ((£, 8, ∞)), che si possono usare tranquillamente (anche se, più spesso, si ricorre, a (©, á, N)), dopo aver avvertito che sono realizzati nella parte posteriore del loro spazio articolatorio, definibile "pospalatale&, che resta, comunque, diverso dall'articolazione "prevelare&, (´, Ò, ”), tipica della maggior parte delle lingue, davanti a V anteriori e a (j). Perciò, avremo ((3£ip'p:M, 3mi'8i, 3qM'∞i)) /kippM, migi, tM˙i/ kippu˚ migi˚ _ugi˚ oppure (3©ip'p:M, 3mi'ái, 3qM'Ni), purché (Ni) resti diverso da (~i) (quindi, non è bene rendere /ni/ (~i) come se fosse *(Ni), che, pur, si trova in certi lavori). 12.2.2.2. Per /b/ (b) b˚ è più normale la variante (6) (costrittivo bilabiale sonoro), che ricorre dopo V˚ soprattutto in pronuncia non lenta né formale (meno frequentemente si trova (B), l'approssimante corrispondente): (3sM'6™3mM) /sMbeùRM/ suberu˚ (Çbåi2kåi) /baikai/ baikai˚ (Ç©jMõ3bi) /zjMùôbi/ junbi˘ Il fonema /d/ (d) d non pone problemi, tranne il fatto che in parole genuine giapponesi non ricorrono *di, *dyV e *du˚ sostituite da ji˚ /zi/ (©i, Bi) jV˚ /zjé/ (©jé, Bjé) e zu˚ /zM/ (QM, zM): (Çdåi3BiP÷ -3©iP) /daùiziô/ daijin˚ (3©jM'zM÷ -'QM) /zjMzMå juzu˘ La distribuzione normale, non enfatica né lenta, è (éB[j]÷ |©[j], «©[j]). Anche /g/ (g) g non ha problemi, a parte la distribuzione complementare (o alternativa) con /˙/ (˙) [g˚ che, a volte, è traslitterato ä˚ come s'è già detto): ('gø3gå3k¨) /goùgakM/ gogaku˘ V iniziali di parola, sia all'inizio che all'interno di frase, sono generalmente precedute dall'occlusivo laringale (ö), soprattutto per enfasi o per separare V di parole contigue. Questo fatto sarà indicato prevalentemente nelle trascrizioni continue, come quelle del § 12.4. Inoltre, soprattutto nella pronuncia femminile (ma non solo), le V brevi finali d'enunciato, più spesso con tonia sospensiva, possono esser seguìte da (ö[æ]) (con o senza esplosione), in alternativa alla più "normale& semi-desonorizzazione dell'ultimo vocoide: ('[ö]ø3kÉ|, '[ö]ø3k™[ö]|) /oùke/ oke˚ (3[ö]å'sM|, 3[ö]å'sM[ö]|) /asMå asu˘ Nel brano del § 12.4.2.3, sono indicati un paio di casi. Costrittivi 12.2.3. Il giapponese ha una coppia di costrittivi dentali solcati /s, z/ (s, z) s˚ z˘ Il non-sonoro, /s/ (s) s˚ si realizza come prepalato-labiato, (¿) (con labializzazione ridotta, per coarticolazione), davanti a i˚ /i/ (i) (traslitterato ´) e a yV˚ /jé/ (jé) (traslitterato ´V˚ anche se /j/ (j) non sparisce a‡atto): (3¿jå'¿iP) /sjasiô/ ´a´in˘ Il sonoro corrispondente, /z/ z˚ è (éz) (lento Ó accurato: (éQ)) e (|Q, óQ); si realizza, quindi, come costrittivo dentale tra V˚ nella parola o nella frase, nel parlato normale e veloce; ma, dopo pausa o dopo /ô/, si ha la realizzazione occlu-costrittiva: (3kå'z™) /kaze/ kaze (lento Ó accurato (3kå'Q™)), (3QM'åP) /zMaô/ zuan˚ (Çs™ó3Qø) /seùôzo/ senzo˘

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Inoltre, abbiamo /z/, davanti a i˚ /i/ (i) (traslitterato j˚ invece che z] e davanti a yV˚ /jé/ (jé) (traslitterato jV˚ anche se /j/ (j) resta), che si realizza come prepalato-labiato (sempre con labializzazione ridotta) (éBi, éBjé) (lento Ó accurato: (é©i, é©jé)) e (|©i, |©jé÷ «©i, «©jé): ('FM3Bi) /hMùzi/ fuji˚ (3©i't™P) /ziteô/ jiten˚ (Çkå«2©i) /kaôzi/ kanji˘ Approssimanti 12.2.4.1. Il giapponese ha tre approssimanti. Il primo, /j/ (j) y˚ è palatale (sonoro): (3så2jø'nå3må, -2må, 3så2jøø'nå3må) /sajonaùRa, -Ra, sajoonaùRa/ sayonara (-yoo-)˚ (3jå2¿i'©i, 3jå¿:'©i) /jasikiå ya´iki˚ (3mi'å2kø) /mijako/ miyako˚ (Çjøø2©ªMM) /jookjMM/ yookyuu˚ (Ç¿jMM3¿i) /sjMùMsi/ ´uu´i˘ Come si vede dagli esempi, in posizione iniziale di parola /òjé/ (òjé), resta invariato, mentre si realizza foneticamente come "zero&, (`), se preceduto da i˚ /i/: /ijé/ = (ié). Nel parlato non lento, si può avere altrettanto per /ejé/ = (™é), oppure (™ãé); per cui, segneremo (™ãé) (usando il semi-approssimante palatale): (3h™'ãå) /hejaå heya. Dopo i fonemi occlusivi non-sonori /pjé, tjé, kjé/, /j/ si desonorizza, (ª): (pª, ª, ©ª); mentre resta (j) dopo le altre consonanti (anche non-sonore /s, h/ (¿, â) s˚ h]˚ senz'essere assorbito da /t, s, z, h/: (ª, ¿j, Bj, ©j, âj) (nonostante traslitterazioni come >, ´, j). Non ricorrono le sequenze *yi, *ye. 12.2.4.2. Il secondo approssimante giapponese, /µ/ (µ) w (che ricorre nella sillaba wa), è provelare (sonoro), diverso da (w), che è velo-labiato; ha lo stesso rapporto con /M/ (M) u˚ come avviene per /w, u/ (w, u) u (italiano): (3µå'tå2¿i) /µatasi/ wata´i˚ (3kå'µå) /kaµa/ kawa˚ (3M'µå2så) /Mµasa/ uwasa˚ (Çd™P2µå) /deôµa/ denwa˘ Il terzo, /h/ (h) h˚ è laringale non-sonoro; però, in pronuncia rapida (h) può essere sonoro, (H), dopo V; ma, la cosa più notevole è che, per assimilazione, /hM/ è (FM) (approssimante bilabiale non-sonoro, traslitterato fu]˚ e che in /hi, hjé/ (âi, âjé) abbiamo un approssimante palatale non-sonoro. Inoltre, per /ha{a}/ è frequente l'approssimante velare non-sonoro, (∆): (3hå'høP, 3∆å'HøP) /hahoô/ hahon˚ (3hå'h™P, 3∆å'H™P) /haheô/ hahen˚ (3F¨Çkøø) /hMkoùo/ fukoo˚ (3âi'˙™) /hi˙e/ hige˚ (3âjå'kM) /hjakMå hyaku˘ "Vibranti& 12.2.5. Il giapponese ha un fonema di tipo "vibrante&, simile all'r /r/ (R) dell'italiano neutro in sillaba non-accentata: ricevere˚ /ri'cevere/ (Ri'ce:veRe). Questa realizzazione potrebbe bastare per una pronuncia abbastanza buona del giapponese, tanto più che è una delle possibili realizzazioni statisticamente accertata. Però, conviene apprendere le due articolazioni date sùbito dopo (sempre alveolari sonore), più tipiche e genuine, per usarle sistematicamente, al posto di (R).

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Il primo tassofono di /R/, r˚ è (m), vibratile laterale (o vibratile lateralizzato; può esser utile vedere la f 10.13 dell'FTN/MaF), che ricorre dopo V (anche all'interno di frase): (3kå'µå2må) /kaµaRa/ kawara˚ (3™'mi) /eRiå eri (lo stesso fono ricorre normalmente anche nell'inglese americano, davanti a (≥), per esempio, in ('b™m≥) /'bEùÈ≤/ better]˘ Si può avere anche il vibratile non lateralizzato, ([): (3kå'µå2[å) /kaµaRa/ kawara˚ (3™'[i) /eRiå eri (questo è il fono principale dell'americano, che ricorre in tutti contesti senza (≥), per esempio, in ('b™[i) /'bEùi/ Betty]˘ In giapponese, conviene usare (m), anche se ([, R) restano possibili. Il secondo tassofono di /R/ r è (¬), laterale vibrato (o laterale vibratizzato), e ricorre dopo /ô/ (anche all'interno di frase) e dopo pausa: (Çb™ó2¬i) /beùôRi/ benri˚ (3¬M'i2Bi, -2©i) /RMizi/ ruiji˚ (3¬™2©i'¿i, -©:'¿i) /Rekisi/ reki´i˚ (Ǭøó3¬i) /RoùôRi/ ronri˘ Per semplicità, potremmo dire che la di‡erenza tra le due realizzazioni consiste nel fatto che, per (m), la lateralizzazione è minore, essendo la componente aggiuntiva, secondaria (diciamo 1ˇ’); mentre, per (¬), è prevalente, primaria (diciamo 2ˇ’). Occasionalmente, si possono sentire anche realizzazioni laterali, (l), e postalveolari (di vari modi d'articolazione; rispettivamente: vibratile, vibrato, occlusivo, laterale vibrat{izzat}o, laterale): (®, e, Ã, », $). Ovviamente, questi foni non vanno appresi attivamente; basta, semplicemente, poterli riconoscere. La "palatalizzazione& 12.2.6.1. Davanti a /i, j/, i fonemi /n, ˙÷ t, k, g÷ s÷ z÷ h/ hanno realizzazioni peculiari e necessarie: (~i, Ni) /ni, ˙i/ ni, gi÷ (Âi, ©i, ái) /ti, ki, gi/ >i, ki˚ gi÷ (¿i÷ Bi, |©i, «©i÷ âi) /si÷ zi÷ hi/ ´i÷ ji÷ hi\ (Ç~i«2©jMM) /niôzjMM/ ninjuu˚ (3kå'Ni2mM) /ka˙iRM/ kagiru÷ (3Âi'™) /tieå >ie˚ (3©i'™2mM) /kieRM/ kieru˚ (3ái'µå2k¨) /giµåkM/ giwaku÷ (3¿i'må) /simåå ´ima÷ (3å'Bi) /azi/ aji˚ (3©i'mi) /zimiå jimi˚ ('må3âi) /maùhi/ mahi˘ Inoltre, abbiamo: (~j, Nj) ((∞i)) /nj, ˙j/ ny, gy÷ (ª, ©ª, áj) /tj, kj, gj/ >, ky˚ gy÷ (¿j÷ Bj, |©j, «©j÷ âj) /sj÷ zj÷ hj/ ´÷ j÷ hy\ (Ç~jMM2˙å2k¨) /njMM˙akM/ nyuugaku˚ (ÇåN2Njå) /aô˙ja/ angya÷ (ǪMM3ªø) /tjMùMtjo/ >uu>o˚ (3©ªMMÇ©ªMM3¿jå) /kjMMkjMùMsja/ kyuukyuu´a˚ (ÇájMM2~jMM) /gjMMnjMM/ gyuunyuu÷ (3¿i«Ç~jMM3s™™) /siônjMùMsee/ ´innyuusei÷ (ÇkåN2jMM) /kaôjMM/ kan'yuu˚ (3©iÇdøø3¿jå) /zidoùosja/ jidoo´a˚ (3âjå'kM) /hjakMå hyaku˘ Si ricordi che, per /k, g, ˙/ + /i, j/, l'articolazione e‡ettiva è "pospalatale& ((£, 8, ∞)) (più che palatale piena, (©, á, N)), e che (j) non è assorbito. 12.2.6.2. Tutte le altre consonanti non hanno "palatalizzazioni& (nonostante certi linguisti e fonologi dicano il contrario, per eccesso di teorismo); quindi, abbiamo regolarmente: (émi, |¬i, ó¬i) /Ri/ ri÷ (mi, pi) /mi, pi/ mi, pi÷ (bi, 6i) /bi/ bi. Perciò: (3ø26i'™2mM) /obieRM/ obieru˚ (3mi'nø2mi) /minoRi/ minori˚ (3¬i'sø2k¨) /RisokM/ risoku˚ (Ç¿ió3¬i) /siùôRi/ ´inri˚ (Ç™õ2pi2q¨) /eôpitM/ enpi_u˘ Inoltre, /0jé/ (0jé) CyV, ChV\ (mj, |¬j, ó¬j) /Rj/ ry÷ (mj, pª) /mj, pj/ my˚ py÷ (bj, 6j) /bj/ by: (Ç™ó3¬jø) /eùôRjo/ enryo˚ (ǬjMM) /RjMùM/ ryuu˚ (3¬øp'p:ªå2k¨) /RoppjakM/ roppyaku˚ (Çbjøø) /bjoùo/ byoo˚ (ÇbMõ2mjå2k¨) /bMômjakM/ bunmyaku˚ (3QåiÇmjøø) /zaiRjoùo/ zairyoo˘

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I "gairaigo&: prestiti stranieri 12.2.7. Come in tutte le lingue, anche in giapponese, i prestiti lessicali stranieri (la stragrande maggioranza dei quali sono inglesi) richiedono adattamenti alla struttura sillabica (che, in giapponese, è sillabico-moraica) e l'introduzione di nuove combinazioni fonemiche per nuovi suoni. Per gli adattamenti tipici, consideriamo due esempi: (2kMçmå36M) /kMùRabM/ "club&˚ (3s[¨]tøÇmåi3©[i]) /sMtoRaùiki/ "strike, sciopero&˚ (3s[¨]tøÇmåi3k[¨]) /sMtoRaùikM/ "strike, battuta (baseball)&; si vede bene come la struttura sillabica giapponese trasformi dei monosillabi, con gruppi consonantici, in veri polisillabi. Tra le combinazioni nuove, nella fonotassi tradizionale (piuttosto rigida e sillabicamente abbastanza limitata), le più comuni sono: (Çpaa3ti) /paùat-i/ "party&˚ (3di'm™3k[¨]3taa) /d-iReùkMtaa/ "director&˚ (ÇÂ[ª]™«3©i) /tjeùôzi/ "change&˚ (Ç©[j]™t3t:ø) /djeùtto/ "jet&˚ ('¿[j]™3F[¨]) /sjeùhM/ "chef&˚ (3FM'i2mM2mM, -3mM3mM, 'âi-, 'Fµi-, 'Fi-) /hMiRMmM, h[M]iùRMmM/ "film&˚ (Ç¿iõ3Fø3~ii) /siùôhMonii/ "symphony&˚ (3kåóÇqøø3n™) /kaôtMoùone/ "canzone (letteraria)&. Da alcuni esempi, si può vedere che, oltre a introdurre alcuni foni in nuove combinazioni, certe sequenze vengono un po' de-nipponizzate (come la possibile assenza, in queste parole, ma non in quelle genuine, di (j) dopo le articolazioni prepalato-labiati), divenendo più "internazionali&. Strutture 12.3.0. Tratteremo, in particolare, dell'akusento giapponese, che è tonale (anche se non privo di caratteristiche d'intensità), e dell'intonazione, che vi si sovrappone, modificandolo un po'. La tipica pronuncia giapponese ha un'impostazione parafonica particolare, con laringe abbassata §æ@, specialmente per gli uomini. Tassofonica 12.3.1.1. Le cose necessarie sono già state dette. Infatti, abbiamo trattato i vocoidi desonorizzati (® § 12.1.3), come pure le non molte caratteristiche tassofoniche riguardanti le C giapponesi. Geminazione 12.3.1.2. Specifichiamo che la "mora& coincide con una sillaba leggera˚ come quella costituita da una V breve (/i, e, a, o, M/), o da /ô/, oppure dal primo elemento d'una C geminata (/é-0-0é/ (0-0:)). Una sillaba semipesante corrisponde a una V geminata (/ii, ee, aa, oo, MM/) o a un dittongo, oppure a una V breve seguìta da /ô/ (/éô/) o dal primo elemento d'u-

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na C geminata (il cui secondo elemento fa parte della sillaba seguente, con la sua V]˘ Invece, una sillaba pesante presenta una V geminata (o un dittongo) + /ô/ (/ééô/) o + il primo elemento d'una C geminata: /éé0[-0é]/. Come s'è potuto vedere da vari esempi precedenti, in giapponese, oltre alla durata vocalica –vocali brevi e vocali "lunghe& o, meglio, geminate (o sdoppiate): (sø) /so, soå so (una sola mora), (Çsøø) /soo, soùo/ soo (due more); ('tø3©i) /toùki/ toki, (Çtøø3©i) /toùoki/ tooki– è presente, distintivamente, anche la durata consonantica, come per (3©i't™) /kite/ (da kiru /kiRM/ "indossare&) e /kiteå kite (da kuru /kMRM/ "venire&), entrambe due more; (3©it't:™) /kitte[ù]/ ("francobollo&) e ('©it3t:™, 3©it't:™) /kiùtteå kitte (da kiru /kiùRM/ "tagliare&), entrambi con tre more: /ki-t-te/; (3gå'kå) /gaka/ gaka "artista&, (3gåk'k:å) /gakka/ gakka "lezione&. Foneticamente va osservato che la consonante geminata costituisce due more: la prima mora coincide col primo elemento della geminazione (anche se, e‡ettivamente, è il più breve, (t)), mentre il secondo (decisamente più lungo, in quanto allungato, (t:)) costituisce un'altra mora assieme alla V che lo segue: (©it-t:™) (tralasciando, qui, i fatti tonetici, dati sopra); infatti, /sotto/ è (3søt't:ø) sotto (mentre in italiano abbiamo sotto /'sotto/, in tonia ('sot:to); e sottoli /sot'tOli/, in tonia (sot'tO:li)). S'osservi bene –e s'ascolti ancora meglio– la di‡erenza tra (0:0) e (00:). Per il giapponese /sotto/ o per l'italiano /'sotto/, si tratta sempre, comunque, di due fonosillabe; anche se, in giapponese, /sotto/ conta tre more. L'n "moraica& è sempre posvocalica, ma può esser seguìta anche da V (in traslitterazione è indicata con Vn' V˚ per far capire che si tratta di /éôé/ (éP-é), non di VnV /éné/ (é-né), e così pure per Vn'yV /éôjé/ (éP-jé), diverso da VnyV /énjé/ (é-~jé)): (Çt™ó3døø) /teùôdoo/ tendo (®, in italiano, tendo /'tEndo/, e ('tEn:do) in tonia). Però, in giapponese, oltre a /éôé/ (éP-é) e a /éné/ (é-né), come in (ÇåP3i) /aùôi/ an'i˚ ('å3~i) /aùni/ ani, possiamo avere anche /éô˙é/ (éô-˙é) (che è la combinazione di /éô/ e /˙é/): (Ç™N2Ni) /eô˙i/ engi e pure /éôné/ (éó-né) (combinazione di /éô/ e /né/): (Çåó2nå) /aôna/ anna˚ (Çå«3~i) /aùôni/ anni (® italiano: /'anna, 'anni/ ('an{:}na, 'an{:}ni) Anna, anni]÷ aggiungiamo quest'esempio, non inutile: (ÇhøP3jå) /hoùôja/ hon'ya˘ Quindi, la struttura di /ô/ (õ, ó, «, N, ô, P) (una mora) è diversa da quella delle geminate /0-0é/ (due more, o tre con la prima V\ /é-0-0é/); però, per il conteggio moraico, non fa di‡erenza. L'"accento& giapponese: akusento 12.3.2.1. Sia le trascrizioni fonemiche, che quelle fonetiche, come s'è visto anche nel paragrafo precedente, indicano che in giapponese l'akusento è in realtà un accento tonale. Non siamo di fronte a dei veri e propri toni (e tonemi), come per il cinese o il vietnamita, sillaba per sillaba, anche mobili o composti; si tratta, invece, d'una struttura che s'estende sull'intera parola, o sull'intero gruppo ritmico (o ritmìa),

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formato da una o più parole e dalle relative sillabe funzionali enclitiche (strettamente connesse). Il termine akusento˚ (2å3k[¨]çs™ó3tø) /aùkMseôto/, indica il punto, la mora, dopo cui c'è l'abbassamento tonale, cioè il passaggio dalla tonalità media a quella bassa, indicato nelle trascrizioni fonemiche da Å, dopo la mora interessata. Tutte le more prima dell'akusento sono di tonalità media, tranne la prima assoluta che è bassa. Se non c'è akusento la prima mora è bassa e tutte le successive sono medie, senza tornare alla tonalità bassa, secondo lo schema (limitato, qui, a quattro more). 12.3.2.2. Solo nello schema seguente (in riferimento alla f 12.3), indichiamo il modo tonemico (å) e quello tonetico (∫, in cui (3ø) indica una sillaba bassa, col timbro vocalico di /o/; mentre (2ø) indica una tonalità media) che riteniamo più utili e convenienti, per descrivere e per apprendere/insegnare, oltre a quello (©) più consigliabile in una traslitterazione (che non trascuri l'akusento), in mancanza di trascrizioni. Secondo i criteri generali, di non segnare esplicitamente, nelle trascrizioni, gli elementi prosodici non-marcati, si potrebbe/dovrebbe sottintendere la notazione (2), per la tonalità media; però, è decisamente più utile indicarla, tanto più che, in definitiva, negli esempi e‡ettivi, ingombra molto meno che nello schema dato sotto (nel tipo ∆, invece, viene sottintesa). Per confronti, diamo pure i modi finora più di‡usi in traslitterazioni (∂, ™), quello in trascrizione moràica katakana (ƒ, con complessità grafiche tipicamente orientali), oltre a un modo fonotonetico reso più "ortodosso& (Ÿ, a partire dal tipo ™). Per ogni mora, utilizziamo qui (ø), /o/, o˚ $ (quest'ultimo per "indicare& il katakana, in ƒ): å ∫ © ∂ ™ ƒ Ÿ ∆

/oooo/ (3ø2ø2ø2ø) oooo oooo o^ooo $999 (øœøøø) (3øøøø)

/ooooå (3ø2ø2ø2ø) oooò ooooŒ o^oooŒ $990 (øœøøøì) (3øøøø)

/oooùo/ (3ø2ø2ø3ø) ooòo oooŒo o^ooŒo $90$ (øœøøìø) (3øøø3ø)

/ooùoo/ (3ø2ø3ø3ø) oòoo ooŒoo o^oŒoo $0$$ (øœøìøø) (3øø3ø3ø)

/oùooo/ (2ø3ø3ø3ø) òooo oŒooo ^oŒooo 0$$$ (œøìøøø) (ø3ø3ø3ø)

f 12.3. Schemi accentuali tonetici.

/oooo/ (3øøøø)

/ooooå (3øøøø)

/oooùo/ (3øøø3ø)

/ooùoo/ (3øø3ø3ø)

/oùooo/ (ø3ø3ø3ø)

12.3.2.3. Nella trascrizione tonetica di tipo å, il primo caso (/oooo/) si distingue dal secondo (/ooooå), perché indichiamo –in quest'ultimo– pure l'abbassamento successivo (assente, per ovvi motivi, nella trascrizione di tipo ∫), come, d'altra parte, oggettivamente, manca nella realtà, se non c'è nessuna parola dopo (come ve-

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dremo in séguito). Nella traslitterazione di tipo ©, l'accento potrebbe anche essere acuto [ó]˚ ma quello grave è preferibile perché può indicare meglio il movimento e‡ettivo, col passaggio alla tonalità bassa. Le traslitterazioni di tipo ∂ ed ™ rispecchiano, più astrattamente, le prime trascrizioni: tonemica e tonetica (å, ∫); anche la traslitterazione –o "trascrizione&– katakana (ƒ) mostra le stesse caratteristiche, sempre in modo meno concreto, rispetto alle vere e proprie trascrizioni (å, ∫, Ÿ). Non utilizziamo trascrizioni del tipo /oŒooo/ (^øŒøøø), che pure sono usate (sulla scia delle traslitterazioni ∂ ed ™), perché, infatti, se davvero si pronunciassero le sillabe/more sulla fascia alta, invece che su quella media, il risultato non sarebbe certo convincente. Aggiungiamo che, in certi testi, si possono trovare sia i segni di tipo ∂ e ™ coi katakana, sia quelli di tipo ƒ con le trascrizioni. Per quanto riguarda l'indicazione di varianti tonemiche, come s'è fatto nel § 12.0.2, per hiragana ((3âi'må2˙åœnå, 3âi'må3˙åœnå÷ 3âi'må2˙å&nå) /hiRaù˙aùna÷ -naå) e katakana ((3kÄ'tå3kåœnå, 3kÄ'tå2kåœnå) /kataùkaùna/), l'importante è indicarle (a meno che non ci siano di‡erenze d'uso); la trascrizione fonotonetica ne mostra anche la maggiore o minore di‡usione e consigliabilità (graduale, dalla prima in avanti). D'altra parte, in un dizionario di pronuncia˚ che sarebbe auspicabile pubblicare in traslitterazione seguìta, tra parentesi, dalla scrittura u‚ciale e dalla trascrizione IPA˚ certamente fonemica, si potrebbero/dovrebbero mostrare le preferenze, indicando /hiRa˙aùna, hiRaù˙ana, hiRa˙anaå e /kataùkana, katakaùna/, ovviamente in forma abbreviata: /hiRa˙aùna, -Raù-÷ -naå e /kataùkana, -kaù-/. 12.3.2.4. Una sillaba breve, mono-moraica, può avere due possibilità tonemiche: /ne/ ne "tono& (assenza d'akusento), /neå ne "radice& (presenza d'akusento), però toneticamente sono entrambe "non-basse& (cioè di tonalità media): ('n™); come pure per /ki/ ki "spirito&, /kiå ki "albero&, ('©i), e /ha/ ha "foglia&, /haå ha "dente&, ('hå). Nel caso di due more possiamo avere (Çsøø) /soùo/ soo "monaco&, (Çsøø) /soo/ soo "villetta& (monosillabici, realizzati –appunto– come (Çsøø), con tonalità semi-bassa; ma, rispettivamente, un po' discendente, oppure un po' ascendente, combinando, infatti, le tonalità media e bassa, o bassa e media – ® f 12.4). Nelle sillabe bimoraiche non-accentate, si ha (3) (basso, ma sollevato fino al confine con la fascia media, come si vede dalla stessa figura, rispetto all'"altezza& di (ç)), come in: (3s™PÇs™™) /seôseùe/ sensei˚ (Çkøø3âii) /koohiùi/ koohii. Per due sillabe formate aggiungendo –a un monosillabo monomoraico– una particella, come (˙å, µå) /˙a, µa/ ga˚ wa˚ che sono senz'akusento (perché la loro tonalità dipende da ciò che precede, anche se {da sole, pronunciate metalinguisticamente} sono ('˙å, 'µå) /˙a, µa/, com'è evidente), otteniamo, rispettivamente: (3n™'˙å) /ne˙a/ ne ga e ('n™3˙å) /neù˙a/ ne ga, (3©i'˙å) /ki˙a/ ki ga e ('©i3˙å) /kiù˙a/ ne ga, (3hå'˙å) /ha˙a/ ha ga e ('hå3µå) /haùµa/ ha wa. È fondamentale non credere che il giapponese abbia due "tonemi&, uno basso e l'altro medio. Infatti, l'akusento non è a‡atto una tonalità (come non è neppure un accento d'intensità). Invece, è una discesa, una caduta, di tonalità; è una specie di "punto catatonico&, dopo il quale la tonalità scende alla fascia bassa, come mo-

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strano chiaramente gli esempi. E, soprattutto, l'akusento o c'è, oppure non c'è. In italiano, l'accento è fonematico (mentre non lo è in giapponese), e la tonalità dipende solo dall'intonazione e dalla parafonica; mentre, in giapponese, la tonalità è fonematica e fondamentale. In questa lingua, si ha la tonalità media, finché non arriva l'akusento, dopo il quale si passa a quella bassa; se questo non c'è, la tonalità continua media (mentre l'accento intensivo, in giapponese, non è fonemico e dipende da un complesso gioco di fattori vari, come la presenza o meno d'akusento, dalla sua collocazione e dalle strutture sillabiche della ritmia). Ovviamente, i tonogrammi evidenziano su‚cientemente che, in una ritmia (o in una parola isolata), la prima mora è bassa e contrasta con la seconda, che è media; sempre che (come s'è già visto) la prima mora non sia seguìta dall'akusento, nel qual caso essa è media e ciò che segue è basso. Sempre per due more, abbiamo anche ('hå3nå) /haùna/ hana "estremità&, (3hå'nå) /hanaå hana "fiore&, (3hå'nå) /hana/ hana "naso& (bisillabici), come per gli esempi di monosillabi con particella, dati sopra. Se aggiungiamo la particella, l'e‡etto dell'akusento si manifesta sùbito: (3n™'µå) /neµa/ ne wa "tono&, ('n™3µå) /neùµa/ ne wa "radice&, ('hå3nå3˙å) /haùna˙a/ hana ga "estremità&, (3hå'nå3˙å) /hanaù˙a/ hana ga "fiore&, (3hå'nå2˙å) /hana˙a/ hana ga "naso&; e così di séguito. f 12.4. Movimenti tonetici su sillabe con more di tonalità diversa. " "

& /éé, éô/ = & /éùé, éùô/ =

≥ (Çéé, ÇéP),

(3éé, 3éP)

L'accento d'intensità in giapponese 12.3.2.5. Pur non essendo distintivo, in giapponese, l'accento –cioè una forza maggiore s'una sillaba delle parole o, meglio, delle ritmìe– ha una sua funzione fonetica, tutt'altro che trascurabile. D'altra parte, quando un nativo acculturato parla d'accento giapponese, intende senz'altro quello melodico, tonale –akusento– che è distintivo; però, in modo automatico, il nativo, anche non acculturato, inevitabilmente, usa gradazioni diverse d'intensità, sulle varie sillabe delle frasi. Per il fatto di non essere distintivo, l'accento intensivo può oscillare e si può spostare nella frase e nelle ritmie, in dipendenza anche di fattori comunicativi, pragmatici, parafonici, emotivi. Può cambiare anche a seconda dei monosillabi aggiunti. Comunque, qui, daremo un'indicazione del fenomeno dell'accento, giacché non ci pare possibile continuare a ignorarlo; come, purtroppo, succede da sempre. Andando con ordine, e cominciando dai monosillabi, riflettiamo sul fatto che parole bimoraiche, come le seguenti, sono, in e‡etti, monosillabiche (nonostante confuse indicazioni contrarie): (Çii) /iùi/ ii˚ (ÇåM) /aùM/ au˚ (Çbåi) /baùi/ bai˚ (Çkø™)

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/koùe/ koe˚ (Ç©ªøø) /kjoùo/ kyoo˚ (ÇbMP) /bMùô/ bun˚ (Çøøi) /ooùi/ ooi˚ (Çbaai) /baai/ baai˚ (Çbjøø2iP) /bjooiô/ byooin (quest'ultimo esempio ha quattro more, ma non quattro sillabe – anzi una soltanto!). Qui, la sillaba accentata è sempre semibassa, ma è leggermente discendente (derivando dalla combinazione della tonalità media più quella bassa, nella stessa sillaba), tranne che negli ultimi due esempi, dove è, invece, leggermente ascendente (perché viene dalla combinazione di tonalità bassa più quella media, tautosillabiche; ® f 12.4). 12.3.2.6. I veri problemi cominciano coi bisillabi; infatti, sono diversi sia (3å'm™) /ame/ ame "caramella&, ('å3m™) /aùme/ ame "pioggia&, sia (3n™'mM) /neRM/ neru "dormire&, ('n™3mM) /neùRM/ neru "flanella&. I bisillabi di due more, cioè con due sillabe leggère, hanno l'accento sulla seconda, a meno che l'akusento non sia con la prima, che è, allora, accentata (intensivamente): (3k'kø) /koko/ koko˚ (3å'Bi) /azi/ aji˚ (3M'™) /Me/ ue˚ (3i'M) /iM/ iu˚ (3ø'i) /oi/ oi e (3ø'tø) /otoå oto˚ (3å'¿i) /asiå a´i˚ (3mM'må) /mMRaå mura˚ (3qM'Ni) /tM˙iå _ugi˚ (3¿i'ø) /sioå ´io˚ (3i'™) /ieå ie˘ Però, abbiamo: ('dø3m™) /doùRe/ dore˚ ('å3©i) /aùki/ aki˚ ('qM3må) /tMùma/ _uma˚ Â. Passando ai bisillabi di tre more, l'accento cade –con alcune oscillazioni, che indicheremo– sulla sillaba più pesante (cioè con più more). Si notino bene le di‡erenze d'akusento (accento tonale), nelle trascrizioni fonematiche, giacché, a volte, sono le uniche divergenze (ma si tenga presente la f 12.4): (3ø'møi) /omoi/ omoi˚ (3øÇmøi) /omoùi/ omoi˚ (3kå'søø) /kasoo/ kasoo˚ (3kåÇsøø) /kasoùo/ kasoo˚ (3i'måi) /iRai/ irai˚ (2içmåi) /iùRai/ irai˚ (3å'øi) /aoi/ aoi˚ (3åÇøi) /aoùi/ aoi˚ (3¿i'åi) /siai/ ´iai˚ (3©i'nøø) /kinoo/ kinoo˚ (3jø't™™) /jotee/ yotei˚ (2âiç˙åi) /hiù˙ai/ higai (ma ('©i3Njøø) /kiù˙joo/ kigyoo]˚ (2kMçmøø) /kMùRoo/ kuroo˚ (2båçm™™) /baùRee/ baree˘ Ancora: (3©iÇkåi) /kikaùi/ kikai˚ (3¿iÇk™P) /sikeùô/ ´iken˚ (2içk™P) /iùkeô/ iken˚ (3i'k™P) /ikeô/ iken˚ (2gøçz™P) /goùzeô/ gozen˚ (2QMç6øP) /zMùboô/ zubon˚ (Çkøø2Bi) /koozi/ kooji˚ (Çkøø3Bi) /koùozi/ kooji˚ (Ç™N2Ni) /eô˙i/ engi˚ (Çåi2då) /aida/ aida˚ (Çhåi3mM) /haùiRM/ hairu˚ (Ç©ªøø3tø) /kjoùoto/ Kyooto˚ (Çkåi2Ni) /kai˙iå kaigi˚ (Çdåi3k¨) /daùikM/ daiku˚ (Çb™ó3¬i) /beùôRi/ benri˚ (Çmió2nå) /miôna/ minna˚ (3miq'q:M) /miqqMå mit_u˚ (3åk'k:å) /akka/ akka (ma: ('åk3k:å) /aùkka/ akka˚ ('¬™¿3¿:jå) /Reùssja/ res´a˚ con prevalere della tonalità su altri fattori). Per i bisillabi di quattro more, l'accento è generalmente sulla prima sillaba, a meno che essa non sia leggera (cioè d'una sola mora) oppure non ci sia l'akusento tonale sulla seconda (o la prima sia solo "semipesante&, cioè caudata con (=˘=:)): (Ç©jMM26jøø) /zjMMbjoo/ juubyoo˚ (Ç©jMM36jøø) /zjMùMbjoo/ juubyoo˚ (Çhøø2køø) /hookoo/ hookoo˚ (Ç©jMM3døø) /zjMùMdoo/ juudoo˚ (Çkøø2Bjøø) /koozjoo/ koojoo˚ (3køøÇBjøø) /koozjoùo/ koojoo˚ (3tåiÇFMM) /taihMùM/ taifuu˘ Ancora: (Çk™ó2tøø) /keôtoo/ kentoo˚ (3k™óÇtøø) /keôtoùo/ kentoo˚ (Çs™ó2tøø) /seôtoo/ sentoo˚ (Çs™ó3tøø) /seùôtoo/ sentoo˚ (3s™PÇs™™) /seôseùe/ sensei˚ (Ç©iP2™P) /kiôeô/ kin'en˚ (ÇjMM26iP) /jMMbiô/ yuubin˚ (3gåk'k:øø) /gakkoo/ gakkoo˚ (3tø©'©:ªMM) /tokkjMM/ tokkyuu (ma: (ÇbøÂ3Â:ªåP) /boùttjaô/ boc>an]˚ (3™'©iiP) /ekiiô/ ekiin˚ (3¿ip'p:åi, 3¿i-) /sippai/ ´ippai˚ (Çtøø2©ªøø) /tookjoo/ Tookyoo˘

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12.3.2.7. I trisillabi di tre more hanno l'accento sulla seconda sillaba, a meno che essa non abbia la V desonorizzata, che lo fa spostare prima (se c'è l'akusento) o dopo: (3©i'mø2nø) /kimono/ kimono˚ (3jM'6i2µå) /jMbiµa/ yubiwa˚ (3Âi'kå2må) /tikaRaå >ikara˚ (3F¨'tå2mi) /hMtaRi/ futari˚ (2åçmå3¿i) /aùRasi/ ara´i˘ Inoltre: (3kå'™2mi) /kaeRiå kaeri˚ (3kå'™2mM) /kaeRM/ kaeru˚ (3kå'™3mM) /kaeùRM/ kaeru (ma (Çkå™3mM) /kaùeRM/ kaeru), (2tåçø3mM) /taùoRM/ taoru˚ (3M'™2©i) /Meki/ ueki˚ (3¿i'kå2kM) /sikakMå ´ikaku÷ (2kåçzø3k¨) /kaùzokM/ kazoku (con questa struttura tonemica, specie con /i, M/ non desonorizzati nella penultima sillaba, si può avere anche: ('dø3Âi3må) /doùtiRa/ do>ira˚ ('d™3˙M3Âi) /deù˙Mti/ degu>i]÷ ('k™3¿i3©i) /keùsiki/ ke´iki˚ ('i3k¨3qM) /iùkMtM/ iku_u˚ ('pø3s¨3tø) /poùsMto/ posuto˚ (3µå2F¨'kM) /µahMkM/ wafuku˚ (3å2¿i'tå) /asitaå a´ita˚ (3jå2k¨'¿jø) /jakMsjo/ yaku´o˘ Con quattro more, i trisillabi hanno l'accento sulla prima sillaba, a meno che essa non sia leggera: (Çkåi2mø2nø) /kaimono/ kaimono˚ (Çøø2så2kå) /oosaka/ Oosaka˚ (Çsaa36i3s¨) /saùabisM/ saabisu˚ (Ç¿jøø2Bi3©i, -2Bi2©i) /sjooziùkiå ´oojiki˚ (Çt™õ2pM2må) /teôpMRa/ tenpura˚ (ÇQ™ô3kø3k¨) /zeùôkokM/ zenkoku˚ (2¿içmøø3tø) /siùRooto/ ´irooto˚ (3bM'qM2zøø) /bMtMzoo/ butuzoo˚ (3s™'©i2~iP) /sekiniô/ sekinin˚ (2åçkå3ªåP) /aùkatjaô/ aka>an˚ (3må'™M2mi) /maeMRi/ maeuri˚ (3ø'i2µåi) /oiµai/ oiwai˚ (3M'™2©iå) /Mekija/ uekiya˘ Ancora: (3sM'i2s™P) /sMiseô/ suisen (però: (3øø'å3m™) /ooaùme/ ooame˚ (3¬øø'må3Bi) /Roomaùzi/ roomaji˚ (3kåP'˙ø3F¨) /kaô˙oùhM/ kangofu˚ (3¬øø'sø3k¨, -'sø2kM) /RoosoùkMå roosoku˚ (3©jMM'˙å2qM) /zjMM˙atMå juuga_u˚ col prevalere dell'akusento). Ancora, regolarmente, (3~i'høP2˙ø) /nihoô˙o/ Nihongo˚ (3på'Âiô2kø) /patiôko/ pa>inko˘ Si ha, di solito, una struttura apparentemente irregolare, nei composti, come: (3båõ'm™2¿i) /baômesi/ banme´i˚ (3gåi'kø2kM) /gaikokM/ gaikoku˚ (3jMM'då2Âi) /jMMdati/ yuuda>i˚ (3håi'zå2må) /haizaRa/ haizara˘ 12.3.2.8. I quadrisillabi giapponesi di quattro more hanno tendenzialmente l'accento sulla seconda sillaba dall'inizio: (3kå'mi2då&må) /kamidama/ kamidama˚ (3nå'˙å2˙M2q¨, -&qM) /na˙a˙MtM/ nagagu_u˚ (3nø'mi2mø&nø) /noRimono/ norimono˚ (3bM'tå2~i&kM, -ik¨) /bMtanikM/ butaniku˚ (3så'kå2nå&jå) /sakanaja/ sakanaya˚ (3¿i'åµå&s™) /siaµase/ ´iawase˚ (3å'm™2mi&kå) /ameRika/ Amerika˚ (3M'mi2©i&m™) /MRikiRe/ urikire˚ (3tø'mø2då&Âi) /tomodati/ tomoda>i˚ (3M'k™2q¨2k™, -2qM&k™) /MketMke/ uke_uke˚ (3Âi'kå3¿i3qM, -iœqM) /tikaùsitM/ >ika´i_u˚ (3øô'˙å2k¨3kåi, -2kMœkåi) /oô˙akMùkai/ ongakukai˘ Ancora: (3kM'då3møœnø) /kMdaùmono/ kudamono˚ (3tå'6M3kMœmø) /tabMùkMRo/ tabukuro˚ (3kå'nå2zMœÂi) /kanazMùti/ kanazuti˚ (3âi'mø2¿i&må) /hiRosima/ Hiro´ima˚ (3hå'nå2¿i2t™, -i&t™) /hanasiteå hana´ite˚ (3tå'nø2¿i&mi) /tanosimi/ tano´imi˚ (3kå'n™2mø&Âi) /kanemotiå kanemo>i˚ (3i'n™2mM&mi) /inemMRiå inemuri˚ (2©i't™P2¿jå&jå) /ziteôsjaja/ jiten´aya˚ (3høP's™2©i3Âi) /hoôsekiùti/ honseki>i˘ Però, l'accento è generalmente sulla penultima, quando essa è pesante, o ha l'akusento tonale, o quando la seconda abbia una V desonorizzata; perlopiù, lo stesso avviene con -_u˚ -ri finali e nei composti evidenti: (œå2så'n™36øø) /asaneùboo/ asaneboo˚ (œgåi2kø'kM3BiP, -3©iP) /gaikokMùziô/ gaikokujin˚ (œå2mMÇ6åi3tø) /aRMbaùito/ arubaito˚ (œg™2qMÇjøø36i) /getMjoùobi/ ge_uyoobi˚ (œmø2kMÇjøø36i) /mokMjoùobi/ mokuyoobi˚ (&bi3mMçdiô3˙M) /biùRMdiô˙M/ birudingu˚ (œ~i2µå'kaa3m™) /niµakaaùme/

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niwakaame˚ (œÂªø2køÇm™™3tø) /tjokoReùeto/ >okoreeto˚ (œÂªMM2˙ø'kM2˙ø) /tjMM˙okM˙o/ >uugokugo (ma (3gåi'kø2kM&˙ø) /gaikokM˙o/ gaikokugo]˘ Inoltre: (3ø2F¨'kM2mø, œø2FM-) /ohMkMRo/ ofukuro˚ (3jå2k¨'sø2kM, œjå2kM-) /jakMsokM/ yakusoku˚ (3kå2©i'kå2tå, œkå2©i-) /kakikataù, -ùta/ kakikata˚ (3jø2q¨'kå2dø, œjø2qM-) /jotMkado/ yo_ukado˚ (œtø2¿i'ø2mi) /tosijoRiå to´iyori˚ (œkå2mi'nå2mi, -3mi) /kaminaùRiå kaminari˚ (œså2måi'˙™2qM, -2q¨) /saRai˙etM/ saraige_u˚ (œhå2Âi'˙å2qM) /hati˙atMå hatiga_u˚ (œ¿i2Âi'˙å2qM, œ¿i-) /siti˙atMå ´itiga_u˚ (œ©jMM2~i'˙å2qM) /zjMMni˙atMå juuniga_u˚ (œå2så'm™2¿i) /asamesi/ asame´i˚ (œi2mM'm™2¿i) /iRMmesi/ irume´i˚ (œøó2nåçnø3kø) /oônaùnoko/ onnanoko˚ (œd™N2©iÇgåi3¿jå, -Ç˙åi-) /deôkigaisja, -˙ai-/ denkigai´a˚ (œâi2©i'då2¿i, 3âi-) /hikidasi/ hikida´i˚ (œkå2¿i'då2¿i) /kasidasi/ ka´ida´i˚ (œhå2tå'mi2Âi) /hatamiti/ hatami>i˘ 12.3.2.9. Per parole di cinque sillabe, che generalmente non sono parole semplici, l'accento tende a essere decisamente sulla penultima, tranne composizioni particolari e desonorizzazioni: (3kå&tå2zM'k™3mM) /katazMkeùRM/ katazukeru˚ (3i&nå26içkå3mi) /inabiùkaRi/ inabikari˚ (3ø&tø2køçnø3kø) /otokoùnoko/ otokonoko˚ (3n™&Bi2måçµå3¿i) /nezimaùµasi/ nejimawa´i˚ (3jå&må2nøç6ø3mi) /jamanoùboRi/ yamanobori˚ (3ø&kM2mi'mø2nø) /okMRimono/ okurimono˚ (3ø&©ªå2kM'så2må, œø2©ªå2k¨-) /okjakMsama/ okyakusama˚ (3ø&t™3qMçdåi3såP) /oteùtMdaisaô/ ote_udaisan˚ (3å&m™2mi'kå3BiP, -3©iP) /ameRikaùziô/ amerikajin˘ Ancora: (3s™ó&tå2kM'mø2nø) /seôtakMmono/ sentakumono˚ (3i&Âi2~i'Âi2BjMM) /itinitizjMM/ i>ini>ijuu˚ (œd™N2©i2s¨'tøø36M) /deôkisMtooùbM/ denki-sutoobu˚ (œÂªMM2˙ø2kMÇmjøø3mi) /tjMM˙okMRjoùoRi/ >uugokuryoori˚ (œkøø2då«Ç©jMM3tå3k¨) /koodaôzjMùMtakM/ koodan-juutaku˚ (œdåõ2bøø's™3qM36i, çdåõ2bøø 's-) /daôbooseùtMbi/ danboo-se_ubi˚ (œø2må'µå2mi&såP) /omaùµaRisaô/ omawarisan˚ (3~jMM&˙å2kM2¿iÇk™P) /njMM˙akMsikeùô/ nyuugaku-´iken˚ (œmå2ÂiÇåi2¿i3qM, -i3q¨) /matiaùisitM/ ma>iai´i_u˘ 12.3.2.10. I verbi in -ru hanno generalmente l'accento d'intensità e di tonalità sulla sillaba precedente: (œø26ø'™3mM) /oboeùRM/ oboeru˚ (œkåô2˙å'™3mM) /kaô˙aeùRM/ kangaeru˚ (œå2qM'må3mM) /atMmaùRM/ a_umaru˚ (œ¿i2må'6™3mM) /siRabeùRM/ ´iraberu˚ (œkø2¿i2kå'k™3mM) /kosikakeùRM/ ko´ikakeru÷ ma (3å'må2µå3s¨) /aRaµaùsM/ arawasu˚ (3Âi'kå2zå3k¨) /tikazaùkM/ >ikazaku˘ Gli aggettivi, generalmente, hanno l'accento sull'ultima o sulla penultima sillaba: (3å&tå2tåÇkåi) /atatakaùi/ atatakai˚ (œmM2¿iåÇqMi) /mMsiatMùi/ mu´ia_ui˚ (3jå&kå2måÇ¿ii) /jakamasiùi/ yakama´ii˚ (3å'6M2nåi) /abMnai/ abunai˚ (Çøi2¿ii) /oisii/ oi´ii˚ (Ç©ii2møi) /kiiRoi/ kiiroi˚ (3å'kå2mMi) /akaRMi/ akarui˚ (3qM'm™2tåi) /tMmetai/ _umetai÷ non mancano, però, casi come: (3mM'zM2kå&¿ii) /mMzMkasii/ muzuka´ii˚ (3å'tå2m圿ii) /ataRasiùi/ atara´ii˚ (3ø'mø2¿iœmøi) /omosiRoùi/ omo´iroi˚ (3mM'¿iå2qMi) /mMsiatMùi/ mu´ia_ui˚ (3m™ó'døø2k¨œsåi) /meôdookMsaùi/ mendookusai˘ Le forme iterate hanno accento (intensivo e tonale) iniziale: ('mM3zMœmM3zM) /mMùzMmMzM/ muzumuzu˚ ('µå3z圵å3zå) /µaùzaµaza/ wazawaza˘ Vediamo, infine, qualche forma senz'akusento\ (3så'µåRM, 3qM'˙åRM, M'k™RM) /saµaRM, tM˙aRM, MkeRM/ sawaru˚ _ugaru˚ ukeru˘

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12.3.2.11. Visto che non ci sono vere regole per l'accentazione (tonale e intensiva) dei composti, specie per quelli meno estesi, ci limitiamo a fornire alcuni esempi, per la riflessione (anche sull'importanza che avrebbe un vero dizionario di pronuncia, in IPA˚ per l'akusento˚ per l'accento, per i segmenti, per la desonorizzazione, Â): (3FMjM'˙™3¿[i]3©i) /hMjM˙eùsiki/ huyuge´iki˚ da (3FM'jM) /hMjMå huyu˚ ('k™3¿[i]3©i) /keùsiki/ ke´iki˘ Altri: (3jM&~jMM2kM'då3mø3nø) /jMnjMMkMdaùmono/ yunyuukudamono˚ da (3jM'~jMM) /jMnjMM/ yunyuu˚ (3kM'då3mø3nø) /kMdaùmono/ kudamono÷ e ancora: (œjMM2jå2k™'zø3må) /jMMjakezoùRa/ yuuyakezora˚ da (ÇjMM2jå2k™) /jMMjake/ yuuyake˚ ('sø3må) /soùRa/ sora÷ (3så&tø2˙øçkø3mø) /sato˙oùkoRo/ satogokoro˚ da (3så'tø) /sato/ sato˚ (3k'kø3mø) /kokoùRo/ kokoro. Inoltre: (3~i'˙M3mM3må) /ni˙MùRMma/ niguruma˚ da ('~i) /niå ni˚ (3kM'mM2må) /kMRMma/ kuruma÷ (3å'så3kå3z™) /asaùkaze/ asakase˚ da ('å3så) /aùsa/ asa˚ (3kå'z™) /kaze/ kaze÷ (3iP2s[¨]&tåó2tøÇkøø3âii) /iôsMtaôtokoùohii/ insutantokoohi˚ da (3iP2s[¨]Çtåó3tø) /iôsMtaùôto/ insutanto˚ (Çkøø3âii) /koohiùi/ koohi÷ (œgåi2kø'kM3BiP, -3©iP) /gaikokMùziô/ gaikokujin˚ da (Çgåi2kø2k¨) /gaikokM/ gaikoku˚ (Ç©iP) /ziùô/ jin÷ (œgåi2kø&kM2BióÇtøø3mø3k¨, -2©ió-) /gaikokMziôtoùoRokM/ gaikokujin-tooroku˚ da (œgåi2kø'kM3BiP, -3©iP) /gaikokMùziô/ gaikokujin˚ (Çtøø2mø2k¨) /tooRokM/ tooroku˘ 12.3.2.12. La formazione delle frasi giapponesi presenta delle modifiche per quanto riguarda l'akusento (e, un po', anche per l'accento {intensivo}) delle ritmie, che le compongono. Consideriamo gli esempi seguenti, per vederne il funzionamento, osservando attentamente la tonalità delle sillabe della seconda ritmia. Infatti, di norma, le ritmie non separate da pausa, dopo ritmia con akusento˚ passano alla tonalità bassa; mentre, se l'akusento manca, restano su quella media, continuando la tonalità della precedente. E vediamo delle frasi: (3µå'tå2k¨2¿i&nø 2nå'må™) /µatakMsino namae/ wataku´i no namae (in (3nå'må™) /namae/, na- passa a (2nå), per assimilazione alla tonalità della sillaba precedente), ('bø3kMœnø 3s™Pçs™™) /boùkMno seôseùe/ boku no sensei (in (3s™PÇs™™) /seôseùe/, -see passa a basso), (3~i'hø« 'Âi3zM) /nihoô tiùzM/ Nihon >izu (senza modifiche). Altre: (2åçså36åP) /aùsa baô/ asa ban (da ('å3så) /aùsa/ e (ÇbåP) /baô/: con unificazione in una sola ritmia e abbassamento di ban]˚ (3jå'så2¿ii ÇhøP) /jasasiùi hoùô/ yasa´ii hon (senza modifiche), (Çii 3Biç6i3©i, 3©i-) /iùi zibiki/ ii jibiki (da (3©i'6i2©i) /zibikiå: con abbassamento di -biki]˚ (3sM'zM3¿ii 3h™çãå) /sMzM¿iùi hejaå suzu´ii heya (in (3h™'ãå) /hejaå, c'è abbassamento di -ya]˚ (3s™PÇs™™œd™3s¨, -s:, -s) /seôseùe desM/ sensei desu (con attenuazione accentuale di ('d™3s¨, -s:, -s) /deùsM/ e abbassamento di de-]˘ Ancora: (3tø't™2mø 2ø'mø2¿iœmøi çhøP) /totemo omosiRoùi hoùô/ totemo omo´iroi hon (da (3ø'mø2¿iœmøi), con sollevamento di o- e abbassamento di hon]˚ (3âi'Bjøø2~i 2F¨&kM2zå'qM2nå 'møó2dåi) /hizjooni hMkMzatMna moôdai/ hijoo ni fukuza_una mondai (con sollevamento di fu- e mon-]˚ ('møt3t:ø 3jåçsMi çhøP) /moùtto jasMùi hoùô/ motto yasui hon (con abbassamento di -sui e hon]˚ (3ø'hå2jøø 2gø'zåi2må3s¨, -s:, -s) /ohajoo gozaimaùsM/ ohayoo gozaimasu (con sollevamento di go-]˘ Altre ancora: (3å'mi3˙å3tøø 3gøçzåi3s¨, -s:, -s) /aRiù˙atoo gozaimaùsM/ arigatoo gozaimasu (con abbassamento di -zaima-\ è tutto basso, tranne -ri-]˚ (Çdøø3mø 3åçmi3˙å-

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3tøø 3gøçzåi3må3s¨, -s:, -s) /doùomo aRiù˙atoo gozaimaùsM/ doomo arigatoo gozaimasu (con abbassamento di -ri- e -zaima-\ tutto basso, tranne doo-˚ semibasso). Inoltre: (çM2Âi 'kå2må '™3©i çmå3d™| 3å&mM2©i'må3s¨, -s:, -s) (eventualmente, senz'interruzione, nel parlare veloce: (çM2Âi 'kå2må '™3©i çmå3d™ 3åœmM3©içmå3s¨, -s:, -s); ma, separatamente, parola per parola: (3M'Âi, 3kå'må, '™3©i, 'må3d™, 3å&mM©i'må3s¨, -s:, -s)} /Mti kaRa eùki maùde aRMki maùsM/ u>i kara eki made arukimasu (si noti il cambiamento d'accento nelle prime due ritmie, soprattutto a causa della desonorizzazione di /i/). Anche: ('~i3Bi&kå3må\ Çså«3©i çmå3d™| 3©i'mM3¿jø3~i\ 3içmå3s¨, -s:, -s)÷ eventualmente, nel parlare meno lento, con meno interruzioni: ('~i3Biœkå3må çså«3©i çmå3d™| 3©i'mM3¿jø3~i 3içmå3s¨, -s:, -s); d'altra parte, per ritmie separate: ('~i3Bi, 3kå'må, Çså«3©i, 'må3d™| 3©i'mM3¿jø3~i, 3i'må3s¨, -s:, -s) (con modifiche su kara]˚ /niùzi kaRa saùôzi maùde ziùmMsjoni imaùsM/ niji kara sanji made jimu´o ni imasu÷ ('jø3Bi 3måçd™3~i\ 3k'kø2~i 2©i't™ 2kM2dåÇsåi) (più lento: ('jø3Bi 3måçd™3~i\ 3kø'kø2~i\ 2©i't™ 2kM2dåÇsåi); d'altra parte, per ritmie separate: ('jø3Bi, 3måçd™3~i, 3kø'kø~i, 3©i't™, 3kM2dåÇsåi), con modifiche d'accento su made ni˚ rispetto a made]˚ /joùzi maùdeni kokoni kite kMdasaùi/ yoji made ni koko ni kite kudasai˘ 12.3.2.13. Altri esempi di modifica dell'accento, nella formazione di ritmie: (2måçd™3~i–µå) /maùdeniµa/ made ni wa˚ (3ø'©i2nå2µå) /okinaµa/ Okinawa˚ ma (3ø&©i2nå'µå2µå) /okinaµaµa/ Okinawa wa… Ovviamente, non è sempre facile distinguere prontamente fra l'e‡etto della prominenza tonale e di quella intensiva; quando il tono medio coincide coll'accento, la prominenza è piuttosto evidente. Se tutto ciò si combina con una sillaba piuttosto pesante, la prominenza è ancora più evidente; però, se più sillabe vicine hanno le stesse caratteristiche, risulta meno facile distinguere chiaramente. Comunque, la tonalità resta l'elemento più importante, essendo quello distintivo, anche se, indubbiamente, l'accento (intensivo) ha una parte tutt'altro che trascurabile. L'importante è trovare un adeguato bilanciamento degli elementi, anche se le oscillazioni sono possibili, e pure normali. In un esempio come (œtå26™'må3¿i3tåœkå31) /¿tabemaùsitaka?/ tabema´ita ka?˚ il tono basso e l'accento secondario della sillaba ta- e il tono medio e l'accento debole della sillaba -be- possono dare un e‡etto di prominenza piuttosto simile; ma, certo, inferiore a quella della sillaba -ma-˚ e decisamente inferiore a quella di -ta˚ e ancora di più rispetto a quella di -´i-˚ con la desonorizzazione, fino alla perdita della sillabicità, (3¿i, 3¿:, 3¿). Nel caso dei prestiti stranieri, l'abbinamento di tonalità e intensità (nonché di peso sillabico e di localizzazione dell'akusento] subisce, spesso, un rovesciamento gerarchico, avvicinandosi di più alla struttura (intensiva) originaria: (Çkøø3âii) /koohiùi/ koohii ("co‡ee, ca‡è&), (2høçt™3mM) /hoùteRM/ hoteru ("hotel&). 12.3.2.14. Nel parlato corrente, si hanno, ovviamente, dei fenomeni di riduzione, anche in giapponese. Qui, ne consideriamo alcuni fra i più "normali&. Le particelle no e ni˚ in particolare, si riducono spesso a /ô/: ('kM3mMó 'nå3må) /kMùRMno naùRa/ kuru no nara˚ (ç©i2miP 2M'Âi) /kimino Mtiå kimi no u>i˚ (Çg™›2©ió 'nå3mM) /geùôkini naùRM/ genki ni naru˘ Al negativo, forme con -r-V-nai˚ cambiano /Ré/ in /ô/:

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(3¿ió'nåi) /siRanai/ ´iranai˚ (3ø2kMó'nåi) /okMRenai/ okurenai˘ Più frequentemente, ci possono essere anche contrazioni come: (2miçªåM) /miùte simaM/ mite ´imau˚ (2jø«ç©jåM) /joùôde simaM/ yonde ´imau˘ Intonazione 12.3.3.1. Quando si pronunciano frasi e‡ettive giapponesi, le tonalità delle singole ritmie vengono parzialmente modificate (anche) dall'intonazione, che s'aggiunge con le sue caratteristiche, secondo i quattro tipi di tonia. La f 12.5 fa vedere le protonie e le tonie giapponesi, con le loro caratteristiche. Le protonie costringono le tonalità dei singoli toni, incanalandole nelle forme indicate (che, in notazione più sofisticata di quanto sia necessario fare, si potrebbero indicare anche con dei pallini vuoti, come vedremo di séguito). La protonia normale è compressa (/ / ( ), ((” ))), quella interrogativa è sollevata (/¿ / (¿ ), ((» ))), mentre quella imperativa è discendente (/¡ / (¡ ), ((»’ ))); infine, la protonia enfatica è estesa, non-compressa, (/˚ / (˚ ), ((ˇ ))). Sempre dalla f 12.5, si vedono le modifiche delle tonie: la conclusiva è discendente (/./ (13)), l'interrogativa è ascendente (/?/ (31)), la sospensiva è estesa (/÷/ (^)), mentre la continuativa è compressa (/,/ (2)). La f 12.6 mostra le modifiche, subìte dalle sillabe leggère e da quelle pesanti (su due more di tonalità diversa {® f 12.4}), quando si sovrappongono le quattro tonie giapponesi, che riguardano soprattutto l'ultima sillaba della tonia, accentata (come in questi schemi) o no. Come si può vedere, la tonia conclusiva fa abbassare e scendere leggermente l'ultima sillaba; quella interrogativa la fa sollevare dandole un evidente movimento ascendente. La tonia sospensiva non modifica, praticamente, nulla; mentre, quella continuativa la comprime un po' verso la fascia media. f 12.5. Protonie e tonie giapponesi. / / ( ) ((” ))

/./ (13)

/¿ / (¿ ) ((» ))

/?/ (31)

/¡ / (¡ ) ((»’ ))

/÷/ (^)

/˚ / (˚ ) ((ˇ ))

/,/ (2)

Prima di passare agli esempi illustrativi, osserviamo che, in giapponese, le domande si fanno aggiungendo alla fine la particella ka˚ (kå) /ka/, e usando la tonia interrogativa con le domande totali, ma quella conclusiva (o quella continuativa, per gentilezza) con le domande parziali. Questo è il modo più normale e consigliabile. Però, visto che ka è riconoscibilissimo, come elemento interrogativo, si può usare semplicemente la tonia conclusiva, anche con le domande totali, oppure

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quella interrogativa anche con le domande parziali. Infine, soprattutto colloquialmente, si può non usare a‡atto ka˚ nel qual caso, allora, la tonia interrogativa è necessaria con le domande totali. Ecco, infine, tre esempi per illustrare l'uso più consigliabile delle tonie marcate: /./: (3µå&kå2mi2måÇs™óœd™3¿i3tå13) /µakaRimaseùô desita./ Wakarimasen desita. /?/: (¿3µå&kå2mi'må3¿i3tå3kå31) /¿µakaRimaùsitaka?/ Wakarimasita ka? /÷/: (3FM'jM çdåt3t:å 3k™çm™3døö^ 3i2©i'må3¿i3tå13) /hMjMù datta keRedo÷ ikimaùsita./ Fuyu datta keredo, ikimasita. f 12.6. Movimenti tonetici per sillabe giapponesi, leggère o pesanti, nelle diverse tonie. /çé/ =

(çé13)

(çé31)

(çé^)

(çé2)

/'é/ =

('é13)

('é31)

('é^)

('é2)

/çéé/ =

(Çéé13)

(Çéé31)

(Çéé^)

(Çéé2)

/'éé/ =

(Çéé13)

(Çéé31)

(Çéé^)

(Çéé13)

Testo 12.4.0. Ecco ora, secondo il metodo fonetico, il testo de La tramontana e il sole˚ prima in italiano con pronuncia giapponese (il testo scritto è dato al § 2.4.1), seguìto dalla versione giapponese, nella pronuncia neutra, coll'aggiunta della trascrizione fonemica, giacché è importante vedere, in questa lingua, l'akusento e la resa fonotonetica vera e propria, per utili riflessioni. Alla fine, come sempre, c'è anche la versione che dà la pronuncia italiana del giapponese, da parte dell'italofono neutro, fluente in giapponese (per lungo apprendimento in immersione fra nativi, ma senza il metodo fonetico), che abbia appreso adeguatamente le prominenze relative, ma che usi, per il resto, gli elementi segmentali e sovrasegmentali tipici dell'italiano neutro. Ovviamente, lo stesso principio vale per la pronuncia straniera dell'italiano, data per prima. La tipica pronuncia giapponese ha un'impostazione parafonica particolare, con laringe abbassata §æ@, specialmente per gli uomini. Pronuncia giapponese (dell'italiano) 12.4.1. §æ@ (3¿i&6i2s¨2ÂiÂ'Â:ªå26å2nø2 ì3öM«'©jø3m¯3n2œ| œöi2m¯'6™ó2tø &Bi2t¯&må2møó'thå2nÄ2| œö™2öi2m¯'sø3m™13 ì'¬M2nø2 3p¯&m™2t™ó'd™ó2dø Bi&ö™s2s:™2m™2pªM'Fø3m¯3t™2 3d™'må3mM3t¯3mø13œ œk|åó2dø'6i2d™2mø &öMP26i&å©2©:jå'tø3m™13 œk™26™'~i26å 2öió'nå«2Âi2 3öå'6ø2m¯2tø &n™2m¯2måó't™3m13|| 3öi&dM™2mi2Âi'˙å«2Âi^ 3d™'Âi2z™2mø2 ì3öå'mø2må2œ œk™2så&m™b2b:™2s¨'thå-

382

manuale di pronuncia

2tø 2pªM'Fø2m¯2tÉ^| 3©i&Føs2s:™2miM'¿i2tø2 3öå2m™'6å2m™ &öi2m¯2måó't™2mø2 œöå2m¯26i&å©2©:jå'tø2mÉ13|| œöi2m¯'6™ó2tø &Bi2t¯&må2møó'thå2nå2 œkø2mi«'ªø 2öå&søF2F:i'å3m™13 ìœkøP26iø'm™ó3qÄ13œ| 3må'pªM 2søF2F:i'å26Ä^| œpªM2öi2m¯26i&å©2©:jå'tø2m™2 œ¿i2s¨2t¯2mi«'©j™26å &n™2m¯2måó't™2m13\ 'thåó3tø ìk™&öå2må'Fi2n™^œ œöi2m¯'pø26™2mø '6™ó3tø2 3dø'6™t2t:™ 2d™'Bi2s¨3t™3m™13 ìœdå2m¯&sMø2p¯2mø'pø3Bi3t13œ|| œöi2m¯'sø2m™2 ì3öå'mø2må2œ 3¿i&mø2s¨2t¯'mø 2n™2m¯'ª™3m13| 3ö™&pø2kø'dø2pø2 œöi2m¯26i&å©2©:jå'tø2m™^ ìœk™2s™«'Âi26å 'wå3m¯3dø2œ ˚3¿i'tø2m¯2s™13 ˚œöi2m¯2måó't™3m13| œö™2må2t¯&må2møó'thå2nå^ 3F¨&kø2s¨2t¯'m™t2t:å2 ì3kø'Bî2œ| 3öå&mi2kø'nø2¿j™2mÉ^| œk™2öi2m¯'sø2mÉ2\ œö™2må2pªM'Fø3m¯3t™13 ì3BiÇm™î13œ|| ¿Âiœö™p2ªå'ªM2tå31 ¿œmå2s¨2tø2mi'™2mÄ2| ¿œ¬å26ø'mjå2mø 2mi'p™3t™3mÉ31|||) Testo giapponese 12.4.2.1. Arutoki Kitakaze to Taiyoo ga >ikara-kurabe o ´ima´ita. Tabibito no gaitoo o nugaseta hoo ga ka>i to yuu koto ni kimete, mazu Kitakaze kara hajimema´ita. Kitakaze wa, "Nani, hitomakuri ni ´ite miseyoo&, to, hage´iku fukitatema´ita. Suru to tabibito wa, Kitakaze ga fukeba fuku hodo gaitoo o ´ikkari to karada ni kut_ukema´ita. Kondo wa Taiyoo no ban ni narima´ita. Taiyoo wa kumo no aida kara yasa´ii kao da´ite, atatakana hikari o okurima´ita. Tabibito wa dandan yoi kokoromo>i ni natte, ´imai ni wa gaitoo o nugima´ita. Soko de Kitakaze no make ni narima´ita. Kono hana´i omo´irokatta? Moo i>ido yomu? Trascrizione fonotonemica 12.4.2.2. /aùRMtoki,| kitakazeto taùijoo˙a, tikaRakMùRabeo simaùsita.|| tabibitono gaitooo,\ nM˙aùseta hoùo˙a,\ katiù tojMM, kotoùni kimete.|| maùzM,| kitakaze kaRa, hazimemaùsita.|| kitakazeµa÷| ^naùni,| hitomaùkMRini site, misejoùo,Œ| to÷| ha˙eùsikM, hMkitatemaùsita.|| sMRMto,\ tabibitoµa÷| kitakaze˙a hMkeùba,\ hMkMùhodo÷| gaitooo,\ sikkaùRito,\ kaRadani kMttMkemaùsita.|| koùôdoµa, taùijoono baùôni, naRimaùsita.|| taùijooµa,\ kMùmono aida kaRa. jasasii÷\ kaoo daùsite,| atataùkana hikaRiùo, okMRimaùsita.|| tabibitoµa,| daôdaô "joùi,\ kokoRomotini naùtte.|| simainiùµa,\ gaitooo nM˙imaùsita.|| sokode÷\ kitakazeno,\ makeni naRimaùsita.|| ¿kono hanasiù, ¿omosiùRokatta?| ¿moùo itidoù, ¿joùmM?|||/

12. giapponese

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Trascrizione fonotonetica 12.4.2.3. §æ@ (2åçmM3tø3©i2| 3©i&tå2kå'z™2tø 2tåiçøø3˙å2 3Âi&kå2må'kM3må36™œø 3¿i'må3¿i3tÄ13|| 3tå'6i26i&tø2nø Çgåi2tø;2\ 3nM'˙å3s™3tå Çhøø3˙Ä2\ 3kå2Âiçtø3jMM2 3kø'tø3~i 3©i'm™2tÉ2|| 'må3z¯2| 3©i'tå2kå&z™ 2kå'må2 3hå&Bi2m™'må3¿i3tÄ13|| 3©i&tå2kå'z™2µÄ^| ^'nå3~î2| 3âi&tø2måçkM3mi3~i3¿i3t™2 3mi's™3ãø2Œ| 'tøö^|| 3hå'˙™3¿i3kM2 3F¨&©i2tå2t™'må3¿i3tÄ13|| 3sM'mM2t2\ 3tå'6i26i&tø2µÄ^| 3©i&tå2kå'z™2˙å 2F¨'k™36Ä2\ 3F¨'kM3høœdøö^| Çgåi2tø;2\ 3¿ik2k:åçmi3t2\ 3kå'må2då&~i 3k¨q&q:M2k™'må2¿i3tÄ13|| Çkøó2dø2µå2 Çtåi3øø3nø Çbå«3~i2 3nå2mi'må3¿i3tÄ13| 2tåiçøø3µÄ2\ 2kMçmø3nø Çåi2då 2kå'må13 3jå'så2¿iî^\ 3kå'øø2 'då3¿i3tÉ2| 3å&tå2tåçkå3nå 3âi'kå2miœø2 3öø&kM2mi'må3¿i3tÄ13|| 3tå'6i26i&tø2µÄ2| Çdåó2dåP ∞jøî2\ 3k&kø2mø2mø'Âi2~i 'nåt3t:É13|| 3¿i'måi2~i3µÄ2\ Çgåi2tø;ø 3nM2Ni'må3¿i3tÄ13|| 3s2kø'dÉ^\ 3©i&tå2kå2z™'n2\ 3må'k™2~i œnå2mi'må3¿i3tÄ13|| ¿3kø'nø 2hå'nå2¿i2 ¿3ø&mø2¿i2møçkåt3t:Ä31| ¿Çmøø 3i2Âi'd2 ¿'jø3m¯31|||) Pronuncia italiana del giapponese 12.4.3. (a'ru:toki2| ki&taka'zE;to ta'jO:ga2 ci&kaRa'ku;Rabe&øS Si'maS:ta23|| ta'bi:bi&tono 'ga;itoo2\ nu'ga;seta 'O:ga2\ &kaci'tO:ju2 ko'tO;ni ki'mE:te2|| 'ma:zu2| ki'ta;kaze ka'ra2 a&Gime'maS:ta23|| ki&taka5zE:wa12| ^'na:ni2| i&toma'ku;Ri 'niSte mi'sE:jo2Œ| 5tO12|| a'gES:ku &fuki&tate'maS:ta23|| su'ru:to2\ ta5bi:bito&wa12| ki&taka'zE;ga fu'kE:ba2\ fu5ku;odo12| 'ga;ito2\ &Sikka'ri:tø2\ ka'ra;dani &kuqquke'maS:ta23|| 'kOn:dowa2 ta'jO;no 'ban:ni2 &naRi'maS:ta23| ta'jO:wa2\ ku'mO;no a'i;da ka'ra23 ja5saS:Si12\ ka'O2 'daS:te2| a&tata'ka;na i&kaRi'O2 o&kuRi'maS:ta23|| ta'bi:bitowa2| 'dandan "jO;i2\ ko&køRomo'ci;ni 'nat:te23|| Si'ma;iniwa2\ 'gaitoo &nugi'maS:ta23|| so5kO:de12\ ki&taka'zE:no ma'kE;ni naRi'maS:ta23|| ¿ko'nO a'naS:Si2 ¿o&moSSiRo'kat:ta21| ¿'mO ici'dO2 ¿'jO:mu21|||)

13. Esperanto 13.0.1. L'esperanto è un fatto sociale, una lingua vivente, una lingua accessibile senza troppi sforzi, e in poco tempo; e può servire ugualmente bene negli ambienti della cultura, come in quelli del lavoro, del commercio e del turismo. In particolare, l'esperanto è l'ideale come lingua della scienza, per una vera di‡usione mondiale, per conoscere e far conoscere, a tutte le persone d'ogni nazione, qualsiasi argomento, senza i problemi e i costi delle traduzioni. È adattissima pure come base generale per lo studio delle lingue straniere, con tutte le loro complicazioni storiche, e anche per riflettere sulle strutture e sul funzionamento della propria lingua, nazionale e materna. Forse è ancora lontano il giorno in cui popoli e governi possano rendersi conto che una lingua ausiliaria internazionale (cioè come seconda lingua di tutti, non certo in sostituzione delle varie lingue attuali) può avere molti vantaggi; tanto più, che non si tratta d'una semplice lingua veicolare, a livelli grezzi, ma può rispondere anche alle esigenze quotidiane, oltre a quelle tecnico-scientifiche e culturali in genere. Il vantaggio più evidente è quello di non essere la lingua materna di nessuno, ma la seconda lingua di tutti: ognuno la deve studiare; senza che ci sia nessuno che non lo deve fare, perché tutti gli altri accettano d'"imparare& e usare la sua lingua. Con una lingua che sia seconda per tutti, nessuno ha più privilegi linguistici, che gli consentano d'approfittarsi degli altri… L'apprendimento dell'esperanto non è complicato come quello delle altre lingue, perché la grammatica è semplice, logica e regolare, senza nessuna delle "capricciose& eccezioni delle lingue naturali. Anche lessicalmente, non ci sono sorprese come uomo˚ uomini, o esco˚ usciamo, o vado˚ andiamo; né ambiguità semantiche, determinate dalla polisemia; proprio per questo, sarebbe adattissima anche per Internet. L'unico inconveniente è costituito dalla scrittura originale, che ricorre a sei lettere con diacritici particolari, che danno combinazioni diverse da quelle delle altre lingue: c˚ g (c, G), s˚ j (S, Z), h (x)˚ ¨ (w, u). Se queste lettere permettono d'identificare sùbito l'esperanto, ne costituiscono, appunto, anche uno dei limiti maggiori alla di‡usione tramite stampa e mezzi informatici. 13.0.2. Comunque, l'impiego importante dell'esperanto, a scopi fonetici, consiste nell'utilizzarlo come esercitazione attiva, per l'applicazione del metodo fonetico a una realtà, che presenta minori ostacoli di qualsiasi altra lingua. Infatti, anche la pronuncia è "regolare&, senza eccezioni, e piuttosto naturale, come vedremo (pur essendo una lingua "artificiale&, cioè "pianificata&). Chiaramente, questo vale pure per la grafia; il vero problema è costituito da certi grafemi specifici (che in altre lingue possono avere valori diversi) e dai foni particolari (giacché le lingue del mondo hanno i loro sistemi fonici, con loro regole e loro realizzazioni peculiari, non necessariamente uguali a quelle dell'esperanto). ’Ò

13. esperanto

385

Quindi, un po' d'impegno, per acquisire la pronuncia neutra dell'esperanto è un ottimo esercizio per passare all'apprendimento della pronuncia anche delle lingue naturali, o "etniche&. La scarsa attenzione riservata all'importanza della pronuncia, da parte della società e della scuola, ovviamente, fa sì che anche gli esperantisti "maltrattino& –e non poco– la pronuncia dell'esperanto stesso (oltre che delle proprie lingue materne). In e‡etti, ognuno lo pronuncia a modo suo, o meglio, secondo la sua personale pronuncia della propria lingua; quindi, partendo da pronunce e‡ettive, nonostante le regole semplici dell'esperanto, ognuno lo rende coi foni e coll'intonazione della propria pronuncia regionale (pur non rendendosene conto, ovviamente). Ciò non toglie nulla al valore scientifico del nostro esperimento fonetico. Contrariamente a quanto s'è fatto per le altre lingue (a meno che non si trattasse di coppie minime, utili all'esposizione), diamo il significato degli esempi che forniamo, tanto più che non ci sono vere possibilità d'ambiguità, come, invece, succede nelle lingue etniche, per molte parole (per le quali, dare una glossa adeguata è sempre problematico e rischioso). Vocali 13.1 L'esperanto (: l'E-o] ha solo i cinque fonemi vocalici più normali e naturali (più di‡usi nelle varie lingue): (i, ™, a, ø, u) /i, e, a, o, u/ (® f 13.1). Le cinque vocali dell'E-o si realizzano in modo simile alle vocali italiane, nella pronuncia neutra, non regionale, in parole come: ('vi:mini, 'fi:l™, &m™QQa'lu:na, 'ra:na, &køpRi'Gun:tø, &uzufRu'i:R™) /'vimini, 'file, mEQQa'luna, 'rana, kOpri'Gunto, uzufru'ire/ vimini˚ file˚ mezzaluna˚ rana˚ coprigiunto˚ usufruire. Ai grafemi e˚ o corrisponde, nella pronuncia più internazionale dell'esperanto, sia in sillaba accentata che non-accentata, sempre un timbro intermedio – (™, ø) – che è tra quello dei due relativi timbri normali in italiano in sillaba accentata: (e, E÷ o, O) (® f 2.1) che troviamo in ('ve:la, 'mEQ:Qo, 'do:ve, 'kO:pRo) /'vela, 'mEQQo, 'dove, 'kOpro/ vela˚ mezzo˚ dove˚ copro. Ecco cinque esempi esperanti: ('tRi˙ki, '™b-l™, 'ka;Ra, 'dø;mø, 'u ;nu) /'trinki, 'eble, 'kara, 'domo, 'unu/ trinki˚ eble˚ kara˚ domo˚ unu "bere, forse, caro/amato (-a), casa, uno (numer.)& – l'articolo indeterminativo s'esprime con lo zero: (skRu'pu;lø) /skru'pulo/ skrupulo "uno scrùpolo&. /i/ (i)

/u/ (u)

/e/ (™)

/o/ (ø)

f 13.1. Vocali esperante.

/a/ (a)

I dittonghi esperanti u‚ciali sono del tipo (éi, éu) /éi, éu/, rappresentati da Vj˚ V¨ (anche se, naturalmente, ci sono altre sequenze vocaliche, che costituiscono,

386

manuale di pronuncia

ugualmente, dei dittonghi, veri {® § 2.1.2-3 – e FTN/MaF: § 1.16 “ § 2.10-1}, come, per esempio, /eo, io/ in (&g™øgRa'fiø) /geogra'fio/ geografio "geografia&). Data la natura della grafia esperanta, la soluzione più logica "Vi, Vu& non era disponibile, a causa della regola d'assegnazione dell'accento di parola (come vedremo al § 13.3.4).

velo-labiati

laringali

S Z* R|(r) l

w

h (H)

(˙) k g

cG

s z (l)

(~)

velari

(n)

palatali

n

prepalatali

postalveo-palato-prolabiati

(n) t d q

alveolari

ö m (M) F pb Ô ƒ f v _ ß ó ‹

dentali

labiodentali

bilabiali

f 13.2. Tabella delle consonanti esperante.

x* j

(L)

Consonanti 13.2.0. La f 13.2 dà le articolazioni consonantiche dell'esperanto neutro originale, o tradizionale (comprese le due più rare, (Z, x), seguìte da *, che sarebbe bene togliere, per rendere la lingua più moderna, più funzionale e ancora più semplice e di‡ondibile (® § 13.4.3-4); giacché, nelle lingue naturali, l'opposizione fonologica fra (Z, G) e (x, h) non è certo delle più frequenti o favorite, a meno che non siano inserite in serie complete e correlate, oppure /x/ non sia decisamente più "energico& d'un semplice costrittivo velare, magari anche vibrante). In toscano e in arabo, per esempio, (Z, G) non s'oppongono; in tedesco, (x, h) non sono esenti da problemi e variazione geo-sociale, e si potrebbero considerare anche in distribuzione complementare… Le f 1.9-15 danno gli orogrammi, raggruppati per modi d'articolazione, di tutti i contoidi dati nei capitoli di questo volume, anche come varianti secondarie, occasionali, o regionali, per le 12 lingue trattate. Quest'esposizione rende più immediati i necessari confronti fra idiomi diversi. Nasali 13.2.1. In esperanto abbiamo due fonemi nasali, /m, n/ (m, n): ('mø;nø, 'f™ndi) /'mono, 'fendi/ mono˚ fendi "denaro, spaccare&. Mentre /m/ non s'assimila mai: (™m'fa;zø, &m™mkøn's™Rvø) /em'fazo, memkon'servo/ emfazo˚ memkonservo "enfasi, autoconservazione&, ci sono varie possibilità d'assimilazione per /n/ (M, ~, ˙), che rendono la pronuncia più fluente e naturale: (iM'f™;Ra, 'ma~Gi, si~'jø;Rø, 'SRa˙kø)

13. esperanto

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/in'fera, 'manGi, sin'joro, 'Sranko/ infera˚ mangi˚ sinjoro˚ sranko "infernale, mangiare, (un) signore, armadio& (compresi (n, ~) ((˙, n)): ('s™ndi, 'ma~Gi) /'sendi, 'manGi/ sendi˚ mangi "inviare, mangiare&). Però, tra lessemi (compresi i prefissi) non c'è assimilazione (anzi, c'è pure un accento secondario, anche in sillaba contigua a quella accentata): (&kun'm™;ti, &kun'v™;ni, &s™n'pa;ga) /kun'meti, kun'veni, sen'paga/ kunmeti˚ kunveni˚ senpaga "unire, incontrarsi, gratùito&. Però, abbiamo: (køm'pR™;ni, &siamman't™;løn) (con accento secondario ritmico) /kom'preni, siamman'telon/ kompreni˚ sian mantelon "capire, il proprio mantello (accus.)& (® (si'a;mam man't™;løn) /si'aman man'telon/ siaman mantelon "(un) mantello siamese (accus.)&). In pronuncia normale, corrente, rilassata, il grammema /-n/ >-n≥ (dell'accusativo), non-accentato, s'assimila regolarmente (solo in pronuncia formale e solenne si può avere (si'a;man man't™;løn) /si'aman man'telon/). Ciononostante, la tendenza generale è quella di tenere le parole isolate, sia per influsso delle lingue etniche, sia perché si tratta d'una lingua "altra&, non ancora interiorizzata adeguatamente (senza interferenze). Senza queste regole, ognuno, inevitabilmente, userà le strutture che più gli sono familiari; perché, soggettivamente, "naturali&. Occlusivi 13.2.2. L'esperanto ha tre coppie difoniche d'occlusivi: /p b, t d, k g/ (p b, t d, k g). L'osservazione più importante da fare riguarda g che va sempre pronunciata velare, anche davanti a i e e (come in italiano: ('gi:Rø) /'giro/ ghiro, non come in: ('Gi:Rø) /'Giro/ giro}: (gi'gantø, &g™øgRa'fiø) /gi'ganto, geogra'fio/ giganto˚ geografio "gigante, geografia&; ('p™nsi, ba'bi;li, 'tr™;ti, d™'qi;di, 'kRa;ki, 'ga;gø) /'pensi, ba'bili, 'treti, de'qidi, 'kraki, 'gago/ pensi˚ babili˚ treti˚ decidi˚ kraki˚ gago "pensare, chiacchierare, calpestare, decidere, crepitare, gag&. Occlu-costrittivi 13.2.3. Ci sono, inoltre, tre occlu-costrittivi: /q÷ c, G/ (gli ultimi due formano una coppia difonica): (q) c (come in italiano: (s'tan:qa) /s'tanqa/ stanza, non in: ('QO:na) /'QOna/ zona); /q/ è sempre breve, (q), in E-o: ('pa;qø) /'paqo/ paco "pace& (mentre nell'italiano neutro, z in posizione posvocalica è autogeminante: ('paq:qo, 'daq:qjo) /'paqqo, 'daqqjo/ pazzo˚ dazio}; poi, (c) c e il sonoro corrispondente, (G) g (entrambi presenti nell'italiano (ci'ljE:Ga) /ci'ljEGa/ ciliegia). Mantengono sempre il valore visto, davanti a qualsiasi vocale o consonante: ('q™nt, 'pa;qø) /'qent, 'paqo/ cent˚ paco "cento, pace&, (c™'va;lø, f™'li;ca) /ce'valo, fe'lica/ cevalo˚ felica "cavallo, felice&, (GaR'd™;nø, 'pa;Gø) /Gar'deno, 'paGo/ gardeno˚ pago "giardino, pagina&. La grafia dz rappresenta una sequenza (rara), (dz), non il corrispondente sonoro di c (che sarebbe (Q)}: ('™dzø) /'edzo/ edzo "marito

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manuale di pronuncia

(s. m.)& ("mi marito& sarebbe: (mi&™dzi'ni;Gas) /miedzi'niGas/ mi edzinigas; ma, "m'ammoglio&, (mi™d'zi;Gas) /mied'ziGas/ mi edzigas). Costrittivi 13.2.4. Ci sono tre coppie difoniche di costrittivi e un raro non-sonoro velare (che andrebbe convenientemente abolito, nell'esperanto moderno e futuro, ® § 13.4.3-4): /f, v÷ s, z÷ S, Z÷ x/ (f,v÷ s, z÷ S, Z÷ x). Basterà ricordare che s è sempre (s) (non-sonoro, come nell'italiano: ('sEn:so) /'sEnso/ senso˚ non come in: ('mu:zø, z'met:tø) /'muzo, z'metto/ muso˚ smetto]˚ mentre z è sempre (z) (sonoro, proprio come in italiano muso˚ smetto˚ e non occlu-costrittivo come in: ('dan:qa, 'QO:na) /'danqa, 'QOna/ danza˚ zona]\ ('mu;zø, 'mu;sø, 'sli;pø) /'muzo, 'muso, 'slipo/ muzo˚ muso˚ slipo "musa, topo, scheda&. Inoltre, anche (S, Z) /S, Z/ s, j sono sempre come in italiano: ('kO~:So, &aba'Zu:r) /'kOnSo, aba'Zur/ conscio˚ abat-jour (in francese (&ÅbÅ'Z¯:˜)}: ('fi;Sø, ZuR'na;lø) /'fiSo, Zur'nalo/ fiso˚ jurnalo "pesce, giornale&. Mentre, in italiano neutro, (S) posvocalico è geminato, perché autogeminante: ('peS:Se, laS'SE:na) /'peSSE, laS'SEna/ pesce˚ la scena; in E-o, è sempre breve, come s'è visto. L'ultimo costrittivo è il suono più raro in E-o (e praticamente inutile, tanto che potrebbe meglio essere abolito, confluendo in k o h˚ com'è già avvenuto per non poche forme); si tratta di h (x), velare non-sonoro, come in tedesco austriaco ('Êax) Bach: (mø'na;xø) /mo'naxo/ monaho "mònaco&. Approssimanti 13.2.5.1. Tra gli approssimanti (che presentano un passaggio dell'aria fonoespiratoria più libero, rispetto ai costrittivi, e quindi con un ridottissimo rumore di frizione, molto forte, invece, nei costrittivi), troviamo il laringale /h/ (h) h. Questo può vantaggiosamente essere pronunciato sonoro (H), invece che non-sonoro (h), di‡erenziandosi maggiormente dallo scomodo e disutile (x) (ma ciò richiede riflessioni foniche particolari). C'è chi, per distinguere su‚cientemente tra h e h˚ (x, h), invece d'attenuare il secondo, sonorizzandolo (h = H), preferisce rinforzare il primo, trasformandolo da velare a uvulare (x = X), ricorrendo quindi all'aggiunta, nel sistema consonantico, d'un ulteriore punto d'articolazione, per un fono quasi altrettanto raro quanto (H), che però resta laringale. L'importante, soprattutto per i neolatini, è di non tralasciare completamente il fonema /h/, infatti, ('hø;Rø) /'horo/ horo "ora& (ovviamente, il sostantivo "(un')ora&, giacché -o indica i sostantivi, mentre l'avverbio in E-o è ('nun) /'nun/ nun] è ben diverso da ('ø;Rø) /'oro/ oro "oro&; come è diverso pure da ('xø;Rø) /'xoro/ horo "coro& (ormai spesso sostituito, saggiamente, con koruso (kø'Ru;sø)), e anche da ('kø;Rø) /'koro/ koro "cuore&. 13.2.5.2. Gli altri due approssimanti, /j, w/ (j, w), sono rappresentati da j e ¨˚ e corrispondono agl'italiani ('jE:Ri, 'wO:vo) /'jEri, 'wOvo/ ieri˚ uovo\ ('j™s, 'vø;jø, si~-

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'jø;Rø, 'w™stø) /'jes, 'vojo, sin'joro, 'westo/ jes˚ vojo˚ sinjoro˚ ¨esto "sì, (una) via, (un) signore, occidente&. Però, quando j e ¨ non sono seguiti da vocale nella stessa parola, si realizzano come le vocali corrispondenti /i, u/ (i, u) (e bisogna evitare che la grafia faccia pensare di dover mantenere delle consonanti in queste posizioni, invece delle normalissime vocali): ('tui, 'Raitøi, 'nau, 'laudi) /'tui, 'raitoi, 'nau, 'laudi/ tuj˚ rajtoj˚ na¨˚ la¨di "sùbito, diritti (sost.), nove, lodare&. A parte quest'ultimo caso, di maggior naturalezza fonetica, vanno sempre distinti i e u da j e ¨ davanti a vocale: (mi'™;lø) /mi'elo/ mielo "miele&, ('mj™;lø) /'mjelo/ mjelo "midollo spinale&, (fi'askø, &mani'™;Rø) /fi'asko, mani'ero/ fiasko˚ maniero "fiasco/insuccesso, maniera&. Si considerino anche i casi seguenti, per i quali (come si vedrà al § 13.2.5.2) j è costretto ad avere due valori diversi a causa della regola dell'assegnazione dell'accento: ('pl™idø) /'pleido/ plejdo "plaid&, ma (pl™'ja;do) /ple'jado/ Plejado "Pleiade&. Nella derivazione lessicale, quando ¨ è seguìto da vocale, abbiamo due possibilità, /w, u/: ('na;wa, 'naua) /'nawa, 'naua/) na¨a "nono&; e così per (bal'da;wa, -aua) /bal'dawa, -aua/) balda¨a "imminente&, da ('baldau) /'baldau/) balda¨ "presto/fra poco&; però, nella composizione, si ha solo ¨ /u/: (lau'i;gi) /lau'igi/) la¨igi "conformare&. Tutto questo, nonostante le diverse estensioni analogiche delle varie lingue etniche, che non devono avere il sopravvento. 13.2.5.3. Inoltre, anche per l'accentazione, si considerino casi (che anticipiamo qui) come: ('j™s, 'jam) /'jes, 'jam/ jes˚ jam "sì, già& e ('i™s, 'iam) /'ies, 'iam/ ies˚ iam "di qualcuno, un tempo&, e (sø'i;fi, 'søilø, ba'lau, 'baldau) /so'ifi, 'soilo÷ ba'lau, 'baldau/ soifi˚ sojlo˚ balau!˚ balda¨ "aver sete, soglia, scopa!/spazza!, presto/fra poco&. La scrittura di ¨ ha sempre posto notevoli problemi per la stampa e con la macchina da scrivere (e, oggi, col computer, a meno che non si siano installati font particolari). La prima pubblicazione esperanta u‚ciale di Zamenhof è del 1887. L'Associazione Fonetica Internazionale nacque nel 1886 e, l'Alfabeto Fonetico Internazionale (僤, ¤πå), nel 1888. Queste coincidenze spiegano la mancanza di conoscenza reciproca; ma –oggi– il parallelismo tra (j, w) e j˚ w è fin troppo evidente per non portare spontaneamente alla sostituzione di ¨ con w˚ a tutto vantaggio dell'E-o. Non è a‡atto un cedimento, né un tradimento… Sarebbe solo buon senso! Vibranti 13.2.6. C'è un vibrato alveolare, (R) (che, per enfasi, può variare col vibrante vero e proprio (r), sempre alveolare): ('Ra;nø, 'køRpø, 'tR™;) /'rano, 'korpo, 'tre/ rano˚ korpo˚ tre "rana, corpo, molto&. Qualsiasi altra pronuncia di /r/ (per quanto frequente, a causa delle lingue nazionali dei parlanti) non è neutra. Laterali 13.2.7. Infine, c'è un laterale alveolare puro, (l), senza nessuna sfumatura particolare, nemmeno di velarizzazione, come (ı) (in russo, ('ıjuk) lyk/luk˚ o, in certi

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contesti, in inglese, ('w™ı:{Ω}) well(s)]\ ('la;nø, mul't™;ga) /'lano, mul'tega/ lano˚ multega "lana, moltissimo&. Neanche una leggera palatalizzazione ((¬), magari davanti a /i/) sarebbe accettabile: ('li;gi) /'ligi/ legi "legare&. L'unica assimilazione normale è davanti a dentali, (l) ((l)), e a postalveo-palato-prolabiati, all'interno di lessema o in grammemi non-accentati, (¬) ((L)): ('alta, 'fa¬ci) /'alta, 'falci/ alta˚ falci "alto, falciare&. Strutture 13.3.0. Oltre che per la realizzazione dei segmenti (: vocalici e consonantici, come nei paragrafi precedenti), la lingua internazionale dev'essere il più possibile libera da peculiarità microstrutturali (: sillabazione, assimilazione, accentazione, ritmo e intonazione) tipiche di lingue particolari; deve, perciò, avere delle regole fisse, coerenti e sistematiche, senza cedimenti verso nessuna lingua, o gruppo di lingue. Soprattutto, andrebbero evitate le peculiarità della propria lingua materna, giacché, se nessuno fa così, alla fine, ogni esperantista ha il suo "dialetto& dell'E-o, come avviene, in e‡etti, quando si fa E-o senza considerarne l'aspetto fonetico; per cui, il risultato s'avvicina molto alla babele linguistica, che l'E-o mira a risolvere. Nella pronuncia neutra dell'esperanto si ha un semiallungamento del vocoide semplice in sillaba accentata non-caudata, interna o finale, in posizione di rilievo, cioè in tonia, come alla fine della frase: ('sa;na, 'a;) /'sana, 'a/ sana˚ a "sano, a (lettera dell'alfabeto)& – mentre l'allungamento è pieno nell'italiano neutro, ma assente se finale: ('sa:na, 'a) /'sana, 'a/ sana˚ a. In sillaba accentata caudata, interna o finale, l'italiano ha l'allungamento della consonante: ('par:to) /'parto/ parto, che manca, invece, in esperanto: ('paRtø) /'parto/ parto "parte&. I dittonghi hanno il primo elemento sempre breve in esperanto; mentre, in italiano, c'è un semiallungamento in sillaba accentata non-caudata in tonia: ('™uRø) /'euro/ e¨ro; ma, in italiano: ('E;uRo) /'Euro/ euro. Gruppi consonantici 13.3.1. Le sequenze consonantiche non s'assimilano per la sonorità, né si semplificano nella pronuncia (tranne l'assimilazione di punto d'articolazione per n interna di lessema o in grammema non-accentato); tutto va pronunciato secondo i singoli valori dei vari elementi segnati: (&s™n'nø;ma, &mal'lø˙ga, &huf'f™;Rø, &dis'sølvø, &lip'ha;Røi, 'gli;ti, 'digna, d™s'q™ndi, 'kna;bø, 'kvin, 'li˙gvø) sennoma˚ mallonga˚ hu‡ero˚ dissolvo˚ lipharoj˚ gliti˚ digna˚ descendi˚ knabo˚ kvin˚ lingvo "anonimo, corto, ferro di cavallo ("f. da zoccolo&), dissoluzione, ba‚, scivolare, degno/dignitoso, scendere, ragazzo, cinque, lingua/idioma&. Un aspetto più moderno e internazionale deriverebbe all'E-o dall'uso delle varianti ('kwin, 'li˙gwø) (al posto di (kv, gv)}, con grafia corrispondente: k¨in˚ ling¨o˚ o, meglio ancora, finalmente, kwin˚ lingwo (e (p™Rs'va;di) /pers'vadi/ persvadi "persuadere& = (p™R'swa;di) /per'swadi/

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pers¨adi = perswadi). L'assimilazione consonantica, di punto d'articolazione, per /n/ + /0/, avviene solo in due casi: all'interno di lessema: ('si˙ki) /'sinki/ sinki "a‡ondare/scendere lentamente&, come implicitamente mostra (køm'pR™;ni) /kom'preni/ kompreni "comprendere/capire&, contrariamente a (&kun'pR™;ni) /kun'preni/ kunpreni "prender con sé&, (&kun'm™;ti) /kun'meti/ kunmeti "unire&, (&s™n'pa;ga) /sen'paga/ senpaga "gratùito&; e in grammemi non-accentati pragmaticamente: (miam'pla˙køn) /mian'plankon/ mian plankon "il mio pavimento (accus.)&; in (&siamman't™;løn) /sianman'telon/ sian mantelon "il proprio mantello (accus.)&, l'accento secondario è ritmico. D'altra parte, per enfasi, abbiamo: (&mian'pla˙køn) (in cui l'accento secondario non è ritmico), oppure anche ('mian 'pla˙køn) /'mian 'plankon/ mian plankon. Qui di séguito, mostriamo che le consonanti sonore e non-sonore non s'influenzano minimamente nella pronuncia neutra (come, invece, in molte lingue etniche): (™k'zisti, &absø'lu;t™, &naz'tu;kø, &økd™k'du;) /ek'zisti, abso'lute, naz'tuko, okdek'du/ ekzisti˚ absolute˚ naztuko˚ okdek du "esistere, assolutamente, fazzoletto, ottantadue&. 13.3.2. Alcuni esperantisti si sforzano di seguire "alla lettera& le indicazioni che Zamenhof (1962•, l'inventore dell'E-o) forniva ai vari quesiti d'appassionati e dubbiosi. Bisogna, però, capire che la sua insistenza sul fatto che "si debba pronunciare ogni lettera distintamente separata da quelle vicine&, basata com'è su teorie non certo d'avanguardia ed espressa in termini tutt'altro che rigorosamente fonetici (e ancora meno fonemici!) aveva come unico scopo non quello di (far) riflettere sulla struttura fonica dell'E-o, bensì di cercar di far evitare pronunce troppo marcatamente etniche (senza {pre}occuparci qui anche dell'accentazione, che pure ai migliori esperantisti càpita –a volte– di deformare) come quelle date dopo l'asterisco, per le quali è su‚ciente osservare la di‡erenza nei simboli che è ben visibile, ma ancora più marcata all'ascolto e‡ettivo. Ecco alcuni esempi: (™u'Rø;pø) E¨ropo *(°'˜∏pP, j¨È'>‘¨p‘¨)÷ ('laudi) la¨di *('l∏_i, 'lø;DIi, 'lAÈdi, 'laodi, 'ıOudi)÷ ('pa~-jø) panjo *('pa;No, 'phπni‘¨)÷ ('lø˙g™) longe *('lØ˙, 'lO˙¢, 'lA˙™I)÷ ('vøRtø) vorto *('vO‰to, 'vø;T‘U, 'føi, 'stØORi)÷ (la't™mpø) la tempo *(ı√'tEm:b‘, l√'thEmp{h}P)÷ (in't™nsa) intensa *(in'dEn:Qa, ì'tÕ:sa, in't™nså)÷ (la'pa;qø) la paco *(la'Faq:qP, la'baqqso, lÅ'pÅt†o)÷ (mi'Gø;jas) mi gojas *(miG'GOj:jasse, mi'Z∏:jasse)÷ (™b'l™;qø) ebleco *(eb'b]™q:qø, ji'b¬™;qå)÷ (la'ku;bø) la kubo *(la'guubbo, la'h¯:BP)÷ (li'b™;lo) libelo *(ıib'bE;™ı‘, li'B™;lo)÷ ('kRu;cø) kruco *('kru:So, k'Rju;Cx)÷ ('pa;Si) pasi *('paS:Si, 'paaßi)÷ (mi'p™;tas) mi petas *(mi'bE;Edas:, mi'phe:t{h}as)÷ ('j™s) yes *('á™ß, 'jÄEÀ). Un'attenzione eccessiva alla scrittura può portare a sforzarsi inutilmente per garantire al grafema n un'articolazione innaturale, sempre come (n), in tutti i contesti, giacché la grafia sembra volerlo, mentre altre di‡erenze, ancora più evidenti, però, sfuggono al controllo, perché prodotte inconsapevolmente, come quelle ora viste. Però, il fatto di scrivere n davanti a tutte le consonanti tranne che p˚ b non significa a‡atto che s'intenda mantenere illogicamente (n), di contro a (mp, mb), bensì il contrario anche se espresso rudimentalmente. Infatti, le lingue con /ö/ o-

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morganico alla consonante seguente (cioè con (mp, Mf, ~c, Ná, ˙k) Â) manifestano questo fatto ricorrendo all'unico altro grafema unitario che sia allo stesso tempo anche fonema: m /m/; altrimenti scriverebbero pure np˚ nb, come si fa nelle grafie serie di dialetti eterorganici (come, in genere, quelli dell'Italia settentrionale). Terminando con degli esempi esperanti, abbiamo, decisamente: ('kømbi, køm'pR™;ni) /'kombi, kom'preni/ kombi˚ kompreni "pettinare, comprendere/capire&, (køM'v™;ni, køM'f™;si) /kon'veni, kon'fesi/ konveni˚ konfesi "convenire/addirsi, confessare/professare&, (køn'du;ki, 'køntRau) /kon'duki, 'kontrau/ konduki˚ kontra¨ "condurre/guidare, di fronte a/in cambio di&, (kø~'c™Rtø) /kon'certo/ koncerto "composizione musicale&, (kø˙'gR™;sø, kø˙'ka;va) /kon'greso, kon'kava/ kongreso˚ konkava "congresso, còncavo&. Ma (&kunm™'t™b-la, &kun&pRøduk'ta;dø, &kun&bata'lantø) /kunme'tebla, kunproduk'tado, kunbata'lanto/ kunmetebla˚ kunproduktado, kunbatalanto "componibile, coproduzione, commilitone&, in quanto appartenenti a lessemi diversi, essendo dei composti. Divisione sillabica 13.3.3. Nella pronuncia neutra dell'esperanto, all'interno di parola, la divisione sillabica fonetica avviene regolarmente tra due consonanti, anche nel caso in cui l'italiano si comporti diversamente (dall'esperanto e da tante altre lingue!), come avviene con (sC, Cr, Cl, Cj): ('R™s-ti, 'lib-Rø, '™b-l™, 'sig-nø, si~'jø;Rø, ™d'zi;nø) /'resti, 'libro, 'eble, 'signo, sin'joro, ed'zino/ resti˚ libro˚ eble˚ signo˚ sinjoro˚ edzino "restare, libro, forse, segno, signore, moglie&. Invece, ai confini di lessema, si mantiene l'integrità delle sequenze: (mi'blø;vis) /mi'blovis/ mi blovis "so‚ai, so‚avo&, (mi'sqias) /mi'sqias/ mi scias "so&, (lian&taw™n'i;Ris, -au™n'-) /liantawen'iris, -auen'-/ li anta¨eniris "(lui) avanzava/veniva avanti&, (&Sisa'lu;tis23 'antau øl&føR'i;Ri23) /Sisa'lutis. 'antau olfor'iri./ si salutis anta¨ ol foriri "(lei) salutò prima di partire/d'andar via&. Il rispetto della formazione lessicale aiuta a comprendere meglio il significato; oppure, viceversa, l'adeguata comprensione aiuta ad analizzare bene la formazione stessa; per esempio: (&vøRt'a;Rø) /vort'aro/ vortaro "dizionario = insieme [ar-] di parole [vort-)&. Come si vede, le sillabe accentate mantengono separati i lessemi, le radici, ma non i grammemi, infatti, non si ha *(&vøRt'aR-ø) */vort'ar-o/. È, comunque, altrettanto ovvio che la trascrizione impiegata non allude a‡atto a pronunce eccessive come *(&vøRt'öaRöø). Naturalmente, come non rispetterebbe l'internazionalità della lingua una pronuncia "alla tedesca& come *(&vøRt'öa;Rø), così, non lo farebbe una pronuncia più "romanza& come *(&vøR'ta;Rø); la soluzione giusta, per tutti i popoli, è la via di mezzo, appunto: (&vøRt'a;Rø) (altrimenti, si ha il prevalere di strutture di certe lingue particolari, giacché ogni singolo parlante tende a ritenere più "giuste& le soluzioni che gli sono più familiari, come per gli accenti stranieri e regionali). Quando ci sono più consonanti contigue, la divisione avviene secondo criteri di naturalezza fonetica: ('™ks-t™R, ™ks'qi;ti, ™s'tRa;do) /'ekster, eks'qiti, es'trado/ ekster˚ eksciti˚ estrado "fuori di, eccitare/commuovere, palco/rialzo&.

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Nella composizione lessicale, la pronuncia neutra divide i lessemi, ma non i grammemi desinenziali (che, quindi, si risillabificano in strutture più naturali, anche modificando i confini): fervojisto˚ malanta¨e˚ bankroti (&f™R-vø'jistø, &mal-an'ta;w™, -au™, &ba˙k'Rø;ti) /fervo'jisto, malan'tawe, -aue, bank'roti/ "ferroviere, indietro, fallire/far bancarotta& (senza introdurre –anche qui– separazioni brusche come l'occlusivo laringale, (ö): *(&f™R-vøö'jistø, -voi'öis-÷ &malöan'taöw™, -auö™)}. Accento di parola 13.3.4. L'accento in esperanto non ha nessun'eccezione, contrariamente alla maggior parte delle lingue etniche: è invariabilmente sulla penultima vocale delle parole (ovviamente non monosillabiche), anche se ciò può comportare di‡erenze apparentemente "strane& o "curiose& per forme simili nelle varie lingue: fra¨lo ('fRaulø) "scapolo&, praulo (&pRa'u;lø) "antenato&, balda¨ ('baldau) "presto&; balai (ba'lai) "scopare/spazzare&, soifi (so'i;fi) "aver sete&, sojlo ('søilø) "soglia&; masino (ma'Si;nø) "màcchina&, muziko (mu'zi;ko) "mùsica&, tragedio (&tRag™'diø) "tragèdia&, sukero (su'k™;Rø) "zùcchero&, logika (lø'gi;ka) "lògico&, emfazo (™m'fa;zø) "ènfasi&, stacio (sta'qiø) "stazione&, jam ('jam) "già&, iam ('iam) "un tempo&. Non sono rari, perciò, casi come sabato (sa'ba;tø) {"sabato&, in italiano: ('sa:bato)}, o oceano (&øq™'a;nø) {"oceano&, in italiano: (o'cE;ano)}! Parlare, invece, della penultima sillaba, per l'assegnazione dell'accento, è estremamente impreciso, dato che si seguono ancora criteri completamente diversi e contrastanti sull'e‡ettiva valutazione e natura della sillaba, troppo spesso considerata solo dal punto di vista grafico-grammaticale-metrico, incredibilmente soggettivo e variabile da lingua a lingua, quando non totalmente assurdo. Accento di frase 13.3.5. Due parole, ora, sull'accentazione degli enunciati. Come, nelle lingue etniche, sarebbe assurdo accentare ogni singola parola presente nelle frasi, così anche in E-o i grammemi (le parole grammaticali, che non hanno un vero valore semantico) non hanno nessun accento, a meno che non si vogliano mettere in enfasi, per qualche motivo particolare. In italiano, per una frase come Non so di chi sia quel tè lì˚ non abbiamo certo un accento per ogni parola: *('non 'sOd 'di 'kis 'sia 'kwel 'tEl 'li), ma piuttosto: (non'sOd dikis'sia kwel[&]t™l'li) (con le cogeminazioni della pronuncia neutra italiana). In esperanto, ugualmente, per Mi estas la amiko de via frato "Sono l'amico di tuo fratello&, non avremo certo *('mi; 'ö™stas 'la; öa'mi;kø 'd™; 'via 'fRa;tø), che farebbe –e giustamente– detestare l'E-o come qualcosa d'insopportabile! (D'altra parte, anche per le lingue straniere, non raramente si sentono cose del genere, ma ciò è dovuto a un'acquisizione incompleta, oltre che a una di‡usa ignoranza della fonetica e dei suoi vantaggi.) Un'esecuzione più adeguata, dell'esempio dato, sarebbe: (mi&™stasl{a}a'mi;kø &d™via'fRa;tø).

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Come si vede da trascrizioni precedenti, anche nei composti, c'è una gradazione nell'accentazione dei componenti, a seconda della loro importanza semantica, fermo restando che l'accento principale del composto va sulla vocale tematica dell'ultimo elemento. È più che evidente la monotonìa e pesantezza che deriva da un'esposizione lenta, stentata, e con troppi accenti anche sui grammemi e, vista l'inevitabile alta frequenza dell'ausiliare (unico) esti˚ ben presto può diventare un vero incubo, se estas˚ estis˚ estos… sono sempre accentati meccanicamente. Perciò, i parlanti attenti evitano accuratamente di cadere in questa pessima abitudine, e deaccentano, quindi, anche completamente, le forme di esti˚ arrivando alla finezza stilistica d'usarne, invece, gli allòtropi in 'st-: (&mistas&ci'ti™, &listøsf™'li;ca) /mistasci'tie, listosfe'lica/ Mi 'stas ci tie˚ Li 'stos felica "(io) sono qui&, "(lui) sarà felice& (o solo nella pronuncia, oppure anche nella scrittura – fornendo un aiuto mnemonico-visivo non da poco). Anche l'espressione (tiø'™stas) /tio'estas/ tio estas "cioè&, quando non è enfatizzata, ci guadagna se diviene (&tiøstas…) /'tiostas/ tio 'stas, mentre, ovviamente, è tutto l'opposto per: (¿&cu'™sti2| ¿&au"n™; '™sti23) /¿cu'esti,| ¿au"ne 'esti./ Cu esti, a¨ ne esti? "Essere, o non essere?&. Purtroppo, generalmente, non si segue pienamente quest'uso, giacché le retrograde concezioni che caratterizzano la maggior parte dell'insegnamento linguistico (a cominciare da quello della propria lingua) non riescono a separare chiaramente il livello grafico (: secondario) da quello fonico (: primario), e s'arriva a credere che le forme ridotte siano indice di lingua corrotta e indegna. Ciò succede in italiano, in casi come: (du&naltRan'na:ta) d'un'altr'annata˚ o in inglese: (&aÙSDÈÑ'ThÖ¨ıDÈm, -ø¨-) I sh'd've told'em, ritenuti, erroneamente, inferiori a di una altra annata o I should have told them˚ mentre, in realtà, è ciò che le persone competenti (e non imbrigliate dalla scrittura) dicono e‡ettivamente, se non parlano lentamente. Lo stesso succede in esperanto, quando si crede di mostrare coll'elisione, nella letteratura, il parlato degl'incolti o degli stranieri, oppure per criticare l'eccessiva disinvoltura o la contestazione giovanile. Al contrario, si critica ciò che è giusto, solo perché si è vincolati alla grafia, senza riuscire a separarla dal livello della lingua vera, che è, prima di tutto, pronuncia (e, soprattutto, pronuncia non "impagliata&). 13.3.6. Tornando all'esempio iniziale, avremo la seguente realizzazione: (&mistasla'mi;kø d™&via'fRa;tø); rappresentabile graficamente come: Mi 'stas l'amiko de via frato (la possibilità d'elisione di la è più che u‚ciale, anche se, di solito, erroneamente limitato all'àmbito poetico). I pronomi personali, che spesso sono alla fine delle frasi, ugualmente non vanno accentati sempre e meccanicamente, anzi: solo per enfasi, o contrasto, ricevono l'accento forte, altrimenti sono deaccentati ed enclitici (pur essendo scritti separati), e così anche altre particelle monosillabiche: (Si'vi;dis&lin) /Si'vidislin/ si vidis lin "(lei) l'ha visto&, ('da˙kønal&vi) /'dankonalvi/ dankon al vi "ti/vi ringrazio, grazie&, ('tiø&ci) /'tioci/ tio ci "questo&, (¿'cu;&n™21) /¿'cune?/ cu ne? "no?/eh?&. Si confrontino, però, i casi seguenti: (Si'vi;dis 'lin) /Si'vidis 'lin/ si vidis lin "(lei)

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ha visto lui&, ('da˙køn al'vi;) /'dankon al'vi/ dankon al vi "grazie a te/voi&, (&tiø'ci;) /tio'ci/ tio ci "questo qui&, (¿&cu'n™;21) /¿cu'ne?/ cu ne? "non è così?&. È molto interessante, per l'accentazione, il caso di ju (mal)pli…, des (mal)pli…\ ('ju; &plivipa'Rø;las2 2 'd™s &malpli&mikøm'pR™;nas23) /'ju plivipa'rolas÷ 'des malplimikom'prenas./ ju pli vi parolas, des malpli mi komprenas "più parli, meno capisco&, ('ju; &pli'mult™2 2 'd™s &pli'bø;n™23) /'ju pli'multe÷ 'des pli'bone/ ju pli multe˚ des pli bone "più siamo, meglio è&. Intonazione 13.3.7. La f 13.3 mostra le protonie e le tonie dell'esperanto neutro (esente da influssi delle lingue etniche), per cui vediamo solo gli esempi fondamentali: /./: (&ili'øft™ køn'sultas &l{a}™sp™'RantaM &vøRt'a;Røn23) /ili'ofte kon'sultas l{a}espe'rantan vort'aron./ Ili ofte konsultas la esperantan vortaron "Consultano spesso il vocabolario (d')esperanto& /?/: (¿&cu&ili'øft™ køn'sultas &l{a}™sp™'RantaM &vøRt'a;Røn21) /¿cuili'ofte kon'sultas l{a}espe'rantan vort'aron./ Cu ili ofte konsultas la esperantan vortaron? "Consultano spesso il vocabolario (d')esperanto?&. /÷/: (&ili'øft™ køn'sultas &l{a}™sp™'RantaM &vøRt'a;Røn2 2| &s™d'tu;t™ &s™n'fRukt™23) /ili'ofte kon'sultas l{a}espe'rantan vort'aron÷| sed'tute sen'frukte./ Ili ofte konsultas la esperantan vortaron, sed tute senfrukte "Consultano spesso il vocabolario (d')esperanto, ma del tutto inutilmente.& f 13.3. Protonie e tonie esperante. / / (2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/./ (2 ' 2 3)

/¿ / (¿ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/?/ (2 ' 2 1)

/¡ / (¡ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/÷/ (2 ' 2 2)

/˚ / (˚ 2 2 ' 2 2 ' 2 2 ' 2)

/,/ (2 ' 2)

13.3.8. Oltre che nelle domande totali, cu è usata anche nelle interrogative indirette, con valore subordinativo: (&min™'sqias &culi'v™;nøs) /mine'sqias culi'venos/ mi ne scias, cu li venos "non so se verrà&, e nelle disgiuntive, con valore coordinativo: cu li, cu si "o lui, o lei&. In questi casi –nei quali, tra l'altro, non si scrive il punto di domanda finale– chiaramente non si deve usare un'intonazione interrogativa (ascendente), che diventa allora importante, determinante, tutt'altro che ridondante o inutile. D'altra parte, nell'uso colloquiale, espressivo, a volte si può omettere cu interrogativo: (¿li'døRmas21) /¿li'dormas?/ li dormas? "dorme (lui)?&, (¿'v™;R™21) /¿'vere?/ vere? "davvero?&; perciò, l'intonazione interrogativa è fondamentale.

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(L'omissione di queste particelle, sia iniziali che finali, o altro, è possibile anche in tutte le lingue etniche del mondo, in casi del genere.) Nelle domande parziali, invece (con\ ('kiu, 'kiui, 'kiø, 'kia, 'ki™s, 'kial, 'kiam, 'ki™, 'ki™l, 'kiøm) /'kiu, kiui, 'kio, 'kia, 'kies, 'kial, 'kiam, 'kie, 'kiel, 'kiom/ kiu, e kiuj, "chi& (e "chi& plurale), kio "che cosa&, kia "di che tipo&, kies "di chi&, kial "perché&, kiam "quando&, kie "dove&, kiel "come&, kiom "quanto&), la tonia più naturale da usare è quella conclusiva (discendente, (2 ' 23)), ma con protonia interrogativa regolare (tendenzialmente ascendente): (¿'kial &ili'øft™ køn'sultas &l{a}™sp™'RantaM &vøR'ta;Røn23) /¿'kial ili'ofte kon'sultas l{a}espe'rantan vort'aron./ Kial ili ofte konsultas la esperantan vortaron? "Perché consultano spesso il vocabolario (d')esperanto?&. Nel caso di comandi, e ordini, si ha una protonia imperativa, nella quale è anticipato il movimento discendente della tonia conclusiva, sempre in forma piuttosto limitata (come per quella interrogativa, ma d'andamento opposto): (¡'øft™ køn'sultu &l{a}™sp™'RantaM &vøR'ta;Røn23) /¡'ofte kon'sultu l{a}espe'rantan vort'aron./ Ofte konsultu la esperantan vortaron! "Consultate spesso il vocabolario (d')esperanto!&. Grafia e internazionalità 13.4.1. Una riflessione sulla scrittura dell'E-o, nel terzo millennio, non può non riguardare le sei lettere "col cappello& {(ca&p™l'i;tai li't™;Røi) /capel'itai li'teroi/ capelitaj literoj]. Infatti, bisognerebbe ammettere, e definitivamente, che costituiscono il principale ostacolo, come s'è già detto (§ 13.0.1), alla pubblicazione e di‡usione di stampa esperanta. Col computer, poi, è necessario disporre di font (: set di caratteri) speciali, o di particolari programmi che ne permettano l'elaborazione e l'impiego. Ma anche così, non c'è la possibilità d'utilizzare la funzione del computer per ordinare alfabeticamente e per correggere l'ortografia. Non tutte le macchine da scrivere disponevano, poi, del "tasto morto& per 4, che, fra l'altro, poteva andar bene per le minuscole, ma, certo, non per le maiuscole. E non parliamo, invece, di T, per ¨, che resta un puro segno di sogno, al massimo sostituito con 5, o Z, o Q, o 4: à, ú˚ ù˚ û (a meno che non lo si riesca a ottenere con qualche acrobazia e con software adatto). Si potrebbe risolvere il problema con una semplice modifica non della lingua (!), né della sua fonologia (!), ma semplicemente della sua scrittura, che, però, per molti, invece, significa proprio "alterare& l'essenza stessa dell'esperanto (ma la stessa cosa avviene per le lingue naturali)! È più che logico che sia l'evoluzione e la semplificazione strutturale, accompagnata dall'incremento lessicale, come nelle lingue naturali. La via era stata indicata da Zamenhof stesso, anche se andrebbe applicata con criteri rigorosi. D'altra parte, c'è un invitante e tranquillizzante parallelismo con l'Alfabeto Fonetico Internazionale, consistente nell'impiego (già suggerito da vari studiosi) di w˚ x˚ invece che ¨˚ h÷ anche per c˚ g˚ j˚ s, già Zamenhof stesso si rendeva conto dell'antimodernismo insito in questi segni, e suggeriva che si potevano sostituire, nel caso (tutt'altro che ipotetico) di di‚coltà tipografiche, con ch˚ gh˚ jh˚ sh˚ hh˚ u (per h˚ ¨].

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Ma, come al solito, è di‚cile riuscire a separare l'imperante livello grafico dal misconosciuto livello fonico. Ancora più di‚cile è separare l'emotività personale dall'oggettività linguistica. 13.4.2. A parte l'evidente inopportunità della confusione tra ¨ e u (soprattutto avendo lì, pronta, la w!), anche negli altri casi doveva esser fin troppo chiara la possibilità di composti, che sono all'ordine del giorno in E-o, come (&mus'ha;Rø, &paq'hu;lø) /mus'haro, paq'hulo/ musharo˚ pachulo "pelo di topo, onda della pace&, da non confondere assolutamente con (&muS'a;Rø, pa'cu;lø) /mu'Saro, pa'culo/ musaro˚ paculo "sciame di mosche, patchouli&. D'altra parte, c'è l'uso forzoso di digrammi mediante un'altra lettera latina, che non potrà essere h˚ come s'è visto, ma una che non abbia nessun valore in E-o, una che non sia già usata, ma che sia comune e normale. Perciò, visto che si tratta di suoni con una notevole componente palatale, aggiuntiva articolatoriamente all'impostazione principale (che è lamino-postalveolare), la lettera che dovrà servire da diacritico non può essere che y\ agyo˚ ajyo˚ kacyo˚ kasyo. In e‡etti, da sola non avrà nessun valore, tranne che eventualmente nella scrittura di cognomi stranieri, assieme alle altre caratteristiche, atte a identificarne adeguatamente la lingua. Non è che un diacritico, senza possibilità di ambiguità; certo non è più sopra, ma sùbito dopo; e questo è il suo vantaggio-svantaggio: di non avere più nessun limite tecnologico per la stampa e per le comunicazioni internazionali tramite ogni mezzo basato sull'alfabeto latino, senza ulteriori complicazioni. (Per Internet la "lettera-diacritico& è x˚ evidentemente più per influsso mnemonico-visivo {infatti la parte bassa di x può ricordare 4˚ e quella alta, T; tanto più che in molte lingue x è piuttosto rara}, che non per sane riflessioni fonico-grafemiche.) Per quanto riguarda c (q), che nell'IPA ha un valore diverso, resterà così com'è, come nelle lingue slave. L'esperanto "26& 13.4.3. Certo la soluzione più moderna, e più utile all'E-o stesso, sarebbe d'arrivare all'esperanto "26&, (&™sp™'Rantø &dud™k's™s), cioè all'impiego delle sole ventisei lettere dell'alfabeto latino (non del latino!), rinunciando, con maggiori guadagni che perdite, ai due suoni più rari e meno utili: (x, Z) /x, Z/ h˚ j. Si semplifica, così, l'inventario fonico, eliminando la principale fonte di problemi, se consideriamo i diversi sistemi fonologici delle varie lingue del mondo: non è sempre agevole distinguere (e poche lingue lo fanno) (h, x÷ G, Z). Ovviamente, non è su‚ciente cancellare, bisogna far confluire le forme che contengono quei due segni (e suoni) con quelle che hanno i più simili. Ciò significa: (x) = (k÷ h), (Z) = (G÷ j). È ormai pratica di‡usa attuare la prima sostituzione: (x) = (k), come per kaoso˚ kemio˚ jakto "caos, chimica, yacht&; anche il passaggio (Z) = (G) è già attestato: jazo = gazo "jazz&. Si tratta di generalizzarne l'applicazione. Quando esistano già delle parole simili che contengano (k, G), si potrà ricorrere

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a (h, j), o modificare un po' la forma, o sostituirla, eventualmente. Nel caso di horo "coro&, essendoci già horo "ora& e koro "cuore&, s'è a‚ancato, al fine della sostituzione definitiva, koruso÷ per holero "colera&, dato che esiste kolero "collera&, ci sono soluzioni come: holero˚ o kolro ("26&). Nella serie d'opposizioni come justa "giusto, equo& e gusta "giusto, preciso&, si possono inserire anche juro "diritto (giur.)& juro = guro "giuramento&, jako "giacca&, jako = gako "jack&. Per quanto riguarda jeto "jet&, geto "gettata (mar.)&, jeto "getto, lancio&, passando quest'ultimo a ('G™;tø) yeto ("26&), il meno frequente secondo elemento della tripletta potrà tranquillamente divenire (G™'t™ø) yeteo ("26&), avvicinandosi all'a‚ne (mø'l™ø) moleo "molo&. Un caso e‡ettivamente concreto riguarda ajo "cosa, oggetto& (e il su‚sso corrispondente aj˚ con significato analogo, e piuttosto usato) e ago "età&. Qui, per non rischiare di sovrapporsi all'esclamazione aj! "ahi!&, dalla quale in E-o è più che possibile trarre ajo "grido di dolore&, e senza pensare di cambiare sostanzialmente tutta una serie di parole già ottenute con aj˚ e altre ottenibili in futuro, si potrebbe senza problemi modificare ('a;Zø) in ('a;Gø) [ajo = ago = ayo "26&), e ('a;Gø) in ('aiGø) [ago = ajgo = ajyo "26&), o, forse meglio ancora, in ('™iGø) [ago = ejgo = ejyo "26&). 13.4.4. Una volta che il numero dei suoni (distintivi) sia convenientemente sceso a ventisei, si tratta di vedere come abbinare i suoni alle "nuove& lettere, come è già stato mostrato tra parentesi. Il vantaggio di non doversi più preoccupare dei diacritici farà senz'altro superare alcune perplessità iniziali (lasciando da parte tutte le considerazioni sullo "snaturamento& della lingua, che non sono a‡atto naturali, né necessarie). Ovviamente, come visto sopra, ¨ passerebbe a w (w), ('na;wa, 'naua) [na¨a = nawa "26&), "nono&; però g diventerebbe y (G), senza grossi scandali, dato che anche in spagnolo, in molti contesti e varianti, troviamo per y una pronuncia molto simile, ('pa;Gø) [pago = payo "26&) "pagina&. Inoltre, c diventerebbe q (c), e anche qui troviamo pronunce simili in cinese e in albanese, (c™'va;lø) [cevalo = qevalo "26&) "cavallo&. (D'altra parte, non vuole l'esperanto essere la seconda lingua per "tutti& i popoli?) Infine, x (non avendo più la necessità d'indicare (x) o di fungere da diacritico) verrebbe usato per (S), che ha un suono simile in portoghese, catalano, basco, cinese, maltese e siciliano (e spagnolo antico), ('fi;Sø) [fiso = fixo "26&) "pesce&. Si tratterebbe d'abituarsi al valore delle nuove lettere; in fondo, solo per gli slavisti è veramente familiare c per (q), ('q™;lø) celo "scòpo, mèta, bersaglio&. E per gl' italiani, e per qualche altro popolo, non è forse h un vero "nulla& ('ha;vi) havi "avere& (e, conseguentemente, un vero problema)? Chi difenda la conservazione di (Z, x), perché utili per rendere nomi di persona e di luogo di certe lingue (con suoni simili, ma non uguali), si dovrebbe preoccupare, però, anche di tutti gli altri suoni (molti di più) che l'esperanto non riesce a rendere… Molto meno vicino all'IPA e all'uso di tante lingue, sebbene più in sintonia con una molto di‡usa tradizione anglo-grafemica, potrebbe essere lo scambio di j e y, col valore di j /G/, y /j/…

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Testo 13.5.0. Il brano in trascrizione, Il vento di tramontana e il sole, viene dato in una serie d'accenti, soprattutto a scopo esemplificativo e introduttivo al metodo fonetico. Come sempre, prima viene il testo italiano (§ 13.5.1, ® § 2.4.1) con accento esperanto tipico; poi, diamo il testo esperanto vero e proprio con la pronuncia neutra dell'esperanto (§ 13.5.2.1). Infine, aggiungiamo 12 accenti italiani (: neutro e 11 regionali, § 13.5.3.1-12) e 12 accenti stranieri (§ 13.5.4.1-12). Pronuncia esperanta (dell'italiano) 13.5.1. (si&bistic'ca;vanø2 ì&u~Gi'øRnø2œ| il'v™ntø di&tRamøn'ta;na2| ™il'sø;l™23 ì'lu;nø2 &pR™t™n'd™ndø &d™ss™Rpi&u'føRt™2 d™l'laltRø23œ ku&andø'vi;d™Rø &uMvi&aGGia'tø;R™23 &k™v™'ni;va in'nanqi2 av'vøltø &n™lman't™llø23| i&du™liti'ganti22 d™'ci;s™Rø2 ìal'lø;Ra2œ &k™sa'R™bb™ &statøpi&u'føRt™2 2| ki&føss™Riu'Si;tø &al™'va;R™ &ilman't™llø &alvi&aGGia'tø;R™23|| il'v™ntø di&tRamøn'ta;na2 &kømi~'cø; a&søffi'a;R™23 ì&køMviø'l™nqa23œ| &mapi&usøffi'a;va22| pi&uilvi&aGGia'tø;R™2 &sistRi~'G™;va &n™lman't™llø23\ 'tantø2| ìk™&alla'fi;n™22œ il'pø;v™Rø 'v™ntø2 dø'v™tt™ d™'sist™&R™23 ìdal&suøpRø'pø;si&tø23œ|| il'sø;l™2 ìal'lø;Ra2œ &simøs'tRø; n™¬ci'™;lø23| ™'pø;kø 'dø;pø2 ilvi&aGGia'tø;R™2 2 ì&k™s™n'ti;va 'kaldø2œ ˚si'tøls™23 ˚&ilman't™llø23| &™la&tRamøn'ta;na2 2 &fukøs'tR™tta2 ìkø'si;œ| a&Rikø'nø;S™R™2 2| k™il'sø;l™2\ &™Rapi&u'føRt™23 ìdi'l™i23œ|| ¿ti&™piaci'u;ta21 ¿la&støRi'™lla2| ¿&lavø¬'ja;mø Ri'p™;t™&R™21|||) Testo esperanto 13.5.2.0. Iam, la norda vento kaj la suno disputis, car ciu el la du asertis esti pli forta ol la alia. En tiu momento, ili ekvidis vojaganton, kiu anta¨eniris volvite en sia mantelo. La du disputantoj, do, decidis, ke konsideratos pli forta tiu el la du kiu sukcesos igi la vojaganton forpreni sian mantelon. La norda vento ekblovis tre forte; sed, ju pli gi blovis, des pli la vojaganto mallozigis sian mantelon, kaj, finfine, la kompatinda vento devis rezigni. Tiam, la suno montrigis en la cielo, kaj, mallonge poste, la vojaganto, al kiu estis varme, forprenis la mantelon. Tiel, la norda vento devis agnoski, ke la suno estas pli forta el la du. Cu vi satis la historion? Cu ni ripetu gin? Pronuncia esperanta 13.5.2.1. ('iam2 la'nøRda 'v™ntø2 &kaila'su;nø2| dis'pu;tis23 'caR2 ìciu &™lla'du;2 a's™Rtis23 &™sti&pli'føRta2 &øll[a]a'lia23œ| ™n&tiumø'm™ntø2 2| &ili&™k'vi;dis23 &vøja'Gantøn23 &kiuan&taw™n'i;Ris23 vøl'vit™ ™n&siaman't™;lø23|| la'du &dispu'tantøi2 ì'dø;2œ d™'qi;dis23 &k™køn&sid™'Ra;tøs2 &pli'føRta2 2|| &tiu™lla'du;2| &kiusuk'q™;søs2 &igila&vøja'Gantøn2 2| &føR'pR™ni &siamman't™;løn23||

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la'nøRda 'v™ntø2 2| &™k'bløvis &tR™'føRt™23| 's™d2 'ju; &pliGi'blø;vis2 2| 'd™s2 &plila&vøja'Gantø2 &mallø'zigis &siamman't™;løn23| &kaifiM'fi;n™2| la&kømpa'tinda 'v™ntø2| &d™visR™'zigni23|| 'tiam2| la'sunø møn'tRi;Gis2 &™nlaci'™;lø23| &kaimal'lø˙g™ 'pøst™2 2| la&vøja'Gantø2 ìal&kiu[™]stis'vaRm™2 2œ ˚&føR'pR™;nis23 ˚&laman't™;løn23|| 'ti™l2| la'nøRda 'v™ntø2 ˚&d™vis-ag'nøski23 &k™la'su;nø2 ˚&™stas&pli'føRta23 ì&™lla'du;23œ|| ¿&cuvi'Sa;tis21 ¿la&histø'Riøn2| ¿&cuniRi'p™;tu&Gin21|||) Pronunce italiane dell'esperanto 13.5.3.0. Come s'è già detto al § 13.5.0, la tendenza e‡ettiva è di pronunciare, anche l'esperanto, coi suoni e l'intonazione del proprio accento regionale (forse ancora più che per le lingue straniere, per le quali s'ascoltano anche i nativi, magari alla radio-televisione). Pronuncia italiana (neutra) 13.5.3.1. ('i;am$2 la'nOrda 'vEn:to2 &kaila'su:nø2| dis'pu:tis23 'ca:r2 ì'ciu ella'du2 a'sEr:tis23 &™stipli'fOr:ta2 &øllaa'li;a23|œ en&tiumo5men:tø12| &iliek'vi:diz23 &voja'Gan:to˙23 kiu&antawe'ni:Riz23 vol'vi;te en&siaman'tE:lo23|| la'du[d] dispu'tantoi2 ì'dO[d]2œ deq'qi:dis23 &kekkon&side'ra:tos2 pli[f]5fOr:ta12|| &tiuella'du2| &kiusuk'qE:sos2 'i;gi la&voja5Gan:ton12| foR'prE;ni &siamman'tE:lon23|| la'nOrda 5vEn:to12| ek$'blO;vis tR™'fOr:te23| 'sEd:$2 'ju[p] pli[G]Gi5blO:vis12| 'dEs:2 pli[l]la&voja'Gan:to2 &mallo'zi;gis &siamman'tE:lon$23| &kaifiM'fi:n™2| la&kompa'tinda 'vEn:to2| &d™vizRe'zig:$ni23|| 'ti;am2| la'su;no mon'tri:Gis2 &enla'cE:lo23| &kaimal'lO˙ge 5pOs:te12| la&voja'Gan:to2 ìal&kiu'Estis 5var:me12œ ˚foR'prE:niz23 ˚&laman'tE:lon$23| 'ti™l2| la'nOrda 'vEn:to2 ˚&d™vi-sag$'nOs:ki23 &ke[l]la'su:nø2 ˚&™staspli[f]'fOr:ta23 ì&ella'du23œ|| ¿&cu[v]viS'Sa:tis21 ¿la&isto'ri;øn2| ¿cu[n]&niRi'pE:tu21 ¿'Gin:2|||) Pronuncia torinese 13.5.3.2. ('iIam2 1la¶nør3da 'v™É«tø2 ^kai3la'su;Unø2| 1dißÇpu;Utiß3 3 '⁄aAr2 ì¶⁄iu ™l3la'duU2 3aÇß™Értiß3 3 ^™ßti3pli'føÖrta2 &øl3laAÇliIa3 3|œ 1™«&tiu3mø¶m™É«tø2 2| ^i3li™kÇvi;Idifi3 3 ^vø3ãaÇÁaA«tø«3 3 1kiu&a«ta3j™Çni;Irifi3 3 1vøl¶viIt™ ™«&ßia3ma«Çt™;Élø3 3|| 1la¶duU diß3pu'taA«tøi2 ì'døÖ2œ 3d™tÇsi;Idiß3 3 ^k™kø«&ßi3d™'ra;Atøß2 1pli¶føÖrta2 2|| ^tiu™l3la'duU2| ^kiu3ßuk'ts™;Éßøß2 ¶iIgi la&vø3ãa¶ÁaA«tø«2 2| 1før¶pr™Éni &ßia«3ma«Çt™;Élø«3 3|| 1la¶nør3da ¶v™É«tø2 2| 1™k¶bløÖviß 3tr™ÇføÖrt™3 3| 's™Éd2 'ãuU 1pli3Ái¶blø;Öviß2 2| 'd™Éß2 plila&vø3ãa'ÁaA«tø2 ^mallø¶fiiIgiß &ßia«3ma«Çt™;Élø«3 3| ^kai3fi«'fi;In™2| 1la&kø«pa¶ti«3da

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'v™É«tø2| ^d™vifi3r™ÇfiiIgni3 3|| 'tiIam2 1la¶ßuUnø 3mø«'tri;IÁiß2 &™«3laÇ⁄™;Élø3 3| ^kaimal¶lø«3g™ ¶pøÖßt™2 2| 1la&vø3ãa'ÁaA«tø2 ì1al&kiu¶™ß3tifi ¶vaArm™2 2œ ˚1førÇpr™;Énifi3 3 ˚^la3ma«Çt™;Élø«3 3| 'ti™l2| 1la¶nør3da 'v™É«tø2 ˚^d™viß3agÇnøÖßki3 3 ^k™3la¶ßu;Unø2 2 ˚^™ßtaß3pliÇføÖrta3 3 ì^™l3laÇduU3 3œ|| ¿^⁄u3vi¶ëa;Atiß21 ¿1la&iß3tø'riIø«2| ¿1⁄u&niri¶p™;Étu21 ¿'ÁiI«2|||) Pronuncia genovese 13.5.3.4. ('ÛiÅm2 1]aènøR1da 've™«to2 ^kaÛ1]a's¯;uno2| 1dÛsèp¯;utÛs3 3 'cëaAR2 ìècëÛ¯ e]1la'd¯u2 1aèsÄ™RtÛs3 3 ^estÛplÛ'føÖRta2 &o]1laAèlÛia3 3|œ 1e«&tÛ¯1mo¶me™«to2 2| ^Û1lÛekèvÛ;idÛz3 3 ^vo1jaèGòa˙«tÚ«3 3 1kÛ¯&Å«ta1weènÛ;iRÛfi3 3 1vo]èvÛite e«&sÛa1mÅ«ète;™]o3 3|| 1]aèd¯u dÛs1p¯'ta˙«toÛ2 ì'døÖ2œ 1detèsÛ;idÛs3 3 ^kekÚ«&sÛ1de'Ra;Atos2 1plÛ¶føÖRta2 2|| ^tÛ¯e]la'd¯u2| ^kÛ¯1s¯k'tse;™sos2 èÛigÛ ]a&vo1ja¶Gòa˙«tÚ«2 2| 1foRèpRe™nÛ &sÛÅ«1mÅ«ète;™]Ú«3 3|| 1]aènøR1da ¶ve™«to2 2| 1ekèb]øÖvÛs 1tR™èføÖRte3 3| 'sÄ™d2 'j¯u 1plÛG1òÛ¶b]ø;ÖvÛs2 2| 'dÄ™s2 1plÛ]a&voja'Gòa˙«to2 ^ma]loèzÛigÛs &siÅ«1mÅ«ète;™]Ú«3 3| ^kaÛfœ«'fÛ;ine2| 1]a&kÚ«paètœ«1da 've™«to2| ^devÛz1ReèzÛignÛ3 3|| 'tÛiÅm2 1]aès¯uno 1mÚ«ètRÛ;iGòÛs3 3 ^e«1]aècëe;™]o3 3| ^kaÛma]èl9«1ge ¶pøÖste2 2| 1]a&voja'Gòa˙«to2 ì1a]&kÛ¯èes1tÛz ¶vaARme2 2œ ˚1foRèpRe;™nÛz3 3 ˚^]a1mÅ«ète;™]Ú«3 3| 'tÛe]2| 1]aènøR1da 've™«to2 ˚^devÛs1agènøÖskÛ3 3 ^ke1]a¶s¯;uno2 2 ˚^estas1plÛèføÖRta3 3 ì^e]3laèd¯u3 3œ|| ¿^cë¯1vÛ¶Sa;AtÛs21 ¿1]a&Ûsto'RÛiÚ«2| ¿1cë¯&nÛRÛ¶pe;™t¯21 ¿'GòÛi«2|||) Pronuncia milanese 13.5.3.3. ('i;Åm2 1laènORda 'vee«to2 ^kaila'ßu;uno2| 1dißèpu;utiß3 3 'caaR2 ìèciu ™lla'duu2 aèßEERtiß3 3 ^™ßtipli'fOORta2 &ollaaèli;a3 3|œ 1e«&tiumUèmee«to32| ^ili™kèvi;idifi3 3 ^vojaçGaÅ«tÚ«3 3 1kiu&Å«taweèni;iRifi3 3 vUlèviite e«&ßiamÅ«ète;elo3 3|| 1laèduu dißpu'tÅ«tUi2 ì'dOO2œ detèsi;idiß3 3 ^kekU«&ßide'Ra;atUß2 1plièfOORta32|| ^tiu™lla'duu2| ^kiußukètse;eßoß2 èiigi la&vojaèGaÅ«tÚ«2 2| 1fURèpreeni &ßiÅ«mÅ«ète;elÚ«3 3|| 1laènORda èvee«to32| 1™kèblOOviß tR™èfOORte3 3| 'ßEEd2 'juu 1pliGièblO;Oviß32| 'dEEß2 1plila&voja'GaÅ«to2 ^mallUèfiiigiß &ßiÅ«mÅ«ète;elÚ«3 3| ^kaifi«'fi;ine2| 1la&kU«paètii«da 'vee«to2| ^devifiReèfiiigni3 3|| 'ti;Åm2 1laèsuunU mU«ètRi;i‚iß3 3 ^e«laèCe;elo3 3| ^kaimalèlÓ˙ge èpOOßte32| 1la&voja'GaÅ«to2 ì1al&kiuèEßtifi èvaaRme32œ ˚1fURèpRe;enifi3 3 ˚^lamÅ«ète;elÚ«3 3| 'ti™l2| 1laènORda 'vee«to2 ˚^deviß-agènOOßki3 3 ^kelaèßu;uno32 ˚^™ßtaßplièfOORta3 3 ì^™llaèduu3 3œ|| ¿^cuvièSa;atifi21 ¿1la&ißtU'RiiÚ«2| ¿1cu&niRièpe;etu21 ¿'Gii«2|||)

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manuale di pronuncia

Pronuncia veneziana 13.5.3.5. ('i;am2 1laçnO¸da 've;«tO2 ^kaila'ßu:nO2| 1dißçpu:tiß3 3 'Ca:¸2 ìçCiu ella'du2 1açßE;¸tiß3 3 ^™ßtipli'fO;¸ta2 &ol3la;çli;a3 3|œ 1e«&tiu3moçme;«tO32| ^i3liekçvi:difi3 3 ^vo3jaçGa;«to«3 3 1kiu&a«ta3weçni:®ifi3 3 1volçvi;te e«&ßia3ma«çtE:lo3 3|| 1laçdu dißpu'ta«toi2 ì'dO2œ 1detçsi:diß3 3 ^keko«&ßi3de'®a:toß2 1pliçfO;rta32|| ^tiuella'du2| ^kiußukçtsE:ßoß2 çi;gi la&vo3jaçGa;«to«32| 1fo¸çpRE;ni &ßia«3ma«çtE:lo«3 3|| 1laçnO¸da çve;«tO32| 1ekçblO;viß 3tR™çfO;¸te3 3| 'ßE;d2 'ju 1pli3GiçblO:viß32| 'dE;ß2 1plila&voja'Ga;«to2 ^malloçfii;giß &ßia«3ma«çtE:lo«3 3| ^kaifi«'fi:nE2| 1la&ko«paçti«da 've;«tO2| ^d™vifi3Reçfii;gni3 3|| 'ti;am2 1laçsu;no mo«çtRi:‚iß &e«3laçCe:lO3 3| ^kaimalçlO˙3ge çpO;ßte32| 1la&voja'Ga;«to2 ì1al&kiuçEß3tifi çva;¸me32œ ˚1fo¸çpRE:nifi3 3 ˚^la3ma«çtE:lo«3 3| 'tiEl2| 1laçnO¸da 've;«tO2 ˚^d™viß3agçnO;ßki3 3 ^ke3laçsu:nO32 ˚^™ßtaß3pliçfO;¸ta3 3 ì^el3laçdu3 3œ|| ¿^Cu3viÌëa:tifi2 2 ¿1la&ißto'®i;O«2| ¿1Cu&ni®iÌpE:tu2 2 ¿'‚i;«2|||) Pronuncia bolognese 13.5.3.6. ('ÛiÅm2 1]ÅÌnÖrdÅ 'vÙe«tP2 ^kÅi]Å'À¯;unP2| 1dÛÀÌp¯;utÛÀ23 'éÅår2 ìÌCÛ¯ Ù]lÅ'd¯u2 1ÅÌÀÙertÛÀ23 ^ÉÀtÛp]Û'fÖørtÅ2 &P]3lÅåÌlÛiÅ23|œ 1Ù«&tÛ¯3mPÌmÙe«tP2 2| ^Û3]ÛÉkÌvÛ;idÛë23 ^vP3jÅÌ0Åå«tP«23 1kÛ¯&Å«tÅ3wÙÌnÛ;irÛë23 1vP]ÌvÛitÙ Ù«&ÀÛÅ3mÅ«ÌtÄ;E]P23|| 1]ÅÌd¯ dÛÀp¯'tÅ«tPÛ2 ì'dÖø2œ 1dÙflÌsÛ;idÛÀ23 ^kÙkP«&ÀÛdÙ'rÅ;åtPÀ2 1p]ÛÌfÖørtÅ2 2|| ^tÛ¯Ù]lÅ'd¯u2| ^kÛ¯À¯kÌflÙ;eÀPÀ2 ÌÛigÛ ]Å&vP3jÅÌ0Åå«tP«2 2| 1fPrÌprÙenÛ &ÀÛÅ«3mÅ«ÌtÄ;E]P«23|| 1]ÅÌnÖr3dÅ ÌvÙe«tP2 2| 1ÙkÌb]ÖøvÛÀ 3trÉÌfÖørtÙ23| 'ÀÄEd2 'j¯u 1p]Û30ÛÌb]Ö;øvÛÀ2 2| 'dÄEÀ2 1p]Û]Å&vPjÅ'0Åå«tP2 ^mÅ]lPÌëÛigÛÀ &ÀÛÅ«3mÅ«ÌtÄ;E]P«23| ^kÅÛfÛ«'fÛ;inÙ2| 1]Å&kP«pÅÌtÛ«dÅ 'vÙe«tP2| ^dÙvÛërÙÌëÛignÛ23|| 'tÛiÅm2 1]ÅÌÀ¯unP mP«ÌtrÛ;i0ÛÀ &Ù«3]ÅÌéÙ;e]P23| ^kÅÛmÅ]ÌlP˙gÙ ÌpÖøÀtÙ2 2| 1]Å&vPjÅ'0Åå«tP2 ì1Å]&kÛ¯ÌÄÀ3tÛë çvÅårmÙ2 2œ ˚1fPrÌprÙ;enÛë23 ˚^]Å3mÅ«ÌtÄ;E]P«23| 'tÛÉ]2| 1]ÅÌnÖrdÅ 'vÙe«tP2 ˚^dÙvÛÀ3ÅgÌnÖøÀkÛ23 ^kÙ3]ÅÌÀ¯;unP2 2 ˚^ÉÀtÅÀ3p]ÛÌfÖørtÅ23 ì^Ù]3lÅÌd¯u23œ|| ¿^é¯3vÛÌëÅ;åtÛë1 1 ¿1]Å&ÛÀtPÌrÛiP«2| ¿1é¯&nÛrÛÌpÙ;et¯1 1 ¿'0Ûi«2|||) Pronuncia fiorentina 13.5.3.7. ('i;√m:e2 l√Ìn∏rd√ 'vEn:tP2 &hail√'s¯:nP2| dis'p¯:Ïis3 3 'ca:r2 ìÌci¯ ell√'d¯;2 √'sEr:tis3 3 &™stiFlif'f∏r:t√2 &Pll√'li;√3 3|œ en&ti¯mP5men:tP12| &iliekke'vi:diz3 3 &vPj√'Zan:tP˙3 3 ki¯&ant√we'ni:Riz3 3 vPlÌvi;Ïe en&si√m√n'tE:lP3 3|| l√Ìdu disp¯'ÏantPi2 ì'd∏d2œ deq'qi:dis3 3 &kekkPn&side'ra:ÏPs2 plif5f∏r:t√12|| &ti¯ell√'d¯;2| &ki¯s¯kkeq'qE:sPs2 'i;gi l√&vPja5Zan:tPn$12| fPrÌprE;ni &si√mm√n'tE:lon$3 3|| l√Ìn∏rd√ 5vEn:tP12| &ekkeÌbl∏;vis tR™'f∏r:te3 3| 'sEd:$2 'j¯p pliGGi5bl∏:vis12| 'dEs:2 plill√&vPj√'Zan:tP2 &malloÌzi;gis &si√mm√n'tE:lon$3 3| &kaifiM'fi:ne2| l√&hPmp√ÌÏind√ 'vEn:tP2|

13. esperanto

403

&d™vizRe'zig:$ni3 3|| 'ti;√m:e2| l√Ìs¯;nP mPn'tri:Zis2 &enl√'SE:lP3 3| &kaim√lÌl∏˙ge 5F∏s:te12| l√&vPj√'Zan:tP2 ì√l&ki¯ÌEstiz 5var:me12œ ˚fPr'prE:niz3 3 ˚&lam√n'tE:lPn3 3| 'ti;el$2| l√Ìn∏rd√ 'vEn:tP2 ˚&d™vi-s√g$'n∏s:ki3 3 &hell√'s¯:nP2 ˚&™stasplif'f∏r:t√3 3 ì&ell√'d¯;3 3|| ¿&c¯vviS'Sa:Ïis21 ¿l√&istP'ri;Pn$2| ¿c¯n&niRi'FE:ϯ21 ¿'Zin:e2|||) Pronuncia romana 13.5.3.8. ('i;am:$2 la'nOrda 'vE;nto2 &gaila'su:no2| dis'pu:dis23 'cSa:r2 ì'cSiu ella'du2 a'sE;rtis23 &™stiblif'fO;rta2 &olla'li;a23|œ en&tiumo25me;nto2 2| &iliekke'vi:diz23 &vojjaG'GZa;nto˙23 kiu&antawe'ni:Riz23 vol'vi;de en&qsiaman'tE:lo23|| la'du dispu'da;ntoi2 ì'dOd2œ deq'qsi:dis23 &kekkon&qside'ra:dos2 plif25fO;rta2 2|| &tiuella'du2| &kiusukkeq'qsE:sos2 'i;gi la&vojjaG25GZa;nton$2 2| foR'prE;ni &siamman'tE:lon$23|| la'nOrda 25vE;nto2 2| &ekke'blO;vis tR™'fO;rte23| 'sE;d$2 'jup pliGGZib25blO:vis2 2| 'dE;s2 plila&vojjaG'GZa;nto2 &mallo'si;gis &siamman'tE:lon23| &kaifiM'fi:ne2| la&gompa'dinda 'vE;nto2| &devizRe'si;g$ni23|| 'ti;am:$2| la'su;no mon'tri;GGis2 &enla'SE:lo23| &kaimal'lO˙ge 25bO;ste22| la&voãaG'GZa;nto2 ìal&kiu'Estiz 25va;rme2 2œ ˚foR'prE:niz23 ˚&laman'tE:lon23| 'ti;el:$2| la'nOrda 'vE;nto2 ˚&devi-sag'nO;ski23 &gela'su:no2 ˚&™stasplif'fO;rta23 ì&ella'du23œ|| ¿&cSuvviS'Sa:dis21 ¿la&isto'ri;on:$2| ¿cSun&niRi'bE:duG21 ¿'GZi;n:$2|||) Pronuncia napoletana 13.5.3.9. ('Ii√m:$2 l√6nOrd√ 'vEn:d‘2 &âail√'ΩU;u&nø2| diS'pU;u∂is3 3 'cA;√r2 ì'ciu e]la'dUu2 √'ΩEr:ùis3 3 &™sùiÊlif'fOr:ù√2 &o]l√'lIi&√3 3|œ en&diumo6mEn:&dø2 2| &iliekk‘'vI;idis3 3 &voj√G'Gan:dø˙3 3 giu&and√we'nI;iRiz3 3 vo]6vIi∂‘ en&ssi√m√n'dE;™&lø3 3|| l√6dUu diSpu'∂an:doi2 ì'dO2œ deQ'QI;idis3 3 &keâon&sside'rA;√∂os2 plif6fOr:&ù√2 2|| &ùiue]l√'dUu2| &kiuΩukk‘q'∆E;™Ωos2 6Iigi l√&voj√G6Gan:&don$2 2| foR6prE™ni &Ωi√mm√n'dE;™&løn$3 3|| l√6nOrd√ 6vEn:&dø2 2| &ekk‘b6blOøvis tR™'fOr:&ù™3 3| 's™d:$2 'jup pliGGib6blO;ø&vis2 2| 'dEs:2 plil√&voj√G'Gan:&dø2 &ma]lo6ΩIigis &si√mm√n'dE;™&løn$3 3| &kaifiM'fI;i&n™2| l√&âomb√6dind√ 'vEn:&dø2| &devizRe'ΩIig$&ni3 3|| 'ùIi&√m:$2| l√6ΩUun‘ mon'driG:Gis2 &enl√'Sje;I&lø3 3| &kaim√]6lO˙g‘ 6ÊOs:&fl™2 2| l√&voj√G'Gan:d‘2 ì√]&kiu6Esfliz 6var:&m™2 2œ ˚foR'prE;™niz3 3 ˚&lam√n'dE;™&løn3 3| 'ùIi&™]:$2| l√6nOrd√ 'vEn:d‘2 ˚&devi&Ω√gg‘'nOs:ki3 3 &âel√'ΩU;un‘2 ˚&™sfl√splif'fOr:t√3 3 ì&e]l√'dUu3 3œ|| ¿&cuviS'SA;√∂is12 ¿l√&isflo'rIi&øn$2| ¿cu&niRi'ÊE;™∂uG12 ¿'GIin:$2|||) Pronuncia barese 13.5.3.10. ('iÛåm:$2 lå6nOr1då 'vEÉndÙ2 &kÅÛ1lå'su;¯nÙ2| 1dÛs6pu;¯ùÛs23 'cÅ;år2 ì6ciu el1lå'du¯2 1å6sEÉrùÛs23 &™sùÛ1plÛf'fOÖrùå2 &Pl1lå'liÛå23|œ Ùn&diu1mP6mEÉndP2 2 &ilÛÙk1kÈ6vi;ÛdÛs23 &vP-

404

manuale di pronuncia

1jåG6G∏√ndP˙23 âiu&åndå1wÙ6ni;ÛRÛz23 vPl6viÛùÙ Ùn&ëiå1mån6dE;ÉlP23|| lå6du¯ dÛsp¯'ù∏√ndPÛ2 ì'dOÖ2œ 1dÙQ6Qi;ÛdÛs23 &kÙkPn&ëÛ1dÙ'rÅ;åùPs2 plif6fOÖrùå2 2|| &ùiuÙllå'du¯2| &kius¯kkÈq'∆E;ÉsPs2 6iÛgÛ lå&vPjåG6G∏√ndPn$2 2| fPR6pre¤nÛ &siåmmån6de;¤lPn$23|| lå6nOr1då 6vEÉndP2 2| &ek1kÈb6blOÖvÛs 1tR™6fOÖrùÙ23| 'sEÉd$2 'jup plÛG1GÛb6blO;ÖvÛs2 2| 'dEÉs2 plÛ1lå&vP1jåG'G∏√ndP2 &m∏l1lP6siÛgÛs &siåm1mån6de;¤lPn$23| &kÅÛ1fÛM'fi;ÛnÙ2| lå&kPm1då6ùin1då 'vEÉndP2| &devÛz1RÙ6siÛgnÛ23|| 'ùiÛåm:$2| 1lå6s¯unP 1m∏n'driÛGGÛs2 &Ùn1lå6cje;¤lP23| &kÅÛ1mål6lO˙1gÙ 6pOÖsùÙ2 2| lå&vP1jåG6G∏√ndP2 ìål^kiu6Es1ùÛz 6v∏√rmÙ2 2œ ˚1fPR6pre;¤nÛz23 ˚&la1mån6de;¤lPn$23| 'ùiÛel:$2| 1lå6nOr1då 'vEÉndÙ2 ˚&de1vÛ&såg1gÈ6nOÖskÛ23 &kÙ1lå'su;¯nP2 ˚&™sùås1plÛf6fOÖrùå23 ì&Ùl1lå6du¯23œ|| ¿&cu1vÛS6SÅ;åùÛs12 ¿lå&is1ùP'riÛPn$2| ¿c¯&ni1RÛ6pe;¤ù¯G12 ¿'GiÛn:$2|||) Pronuncia palermitana 13.5.3.11. ('I¤√m:$2 ]√'nørd√ 'v™Än∂ø2 &ka¤l√'sU;¨nø2| d¤À'pU;¨ù¤s23 'ca;√r2 ì'cI¨ ™]]√'dU¨2 √'s™Ärt¤s23 &™st¤p]¤f'fø∏rt√2 &ø]]√']I¤√23|œ ™n&∂I¨mø52m™Än∂ø2 2 &I]¤™kk¤'vI;¤d¤s23 &vøj√G'Ga√n∂ø˙23 ⤨&√n∂√j™'nI;¤R¤z23 vø]'vI¤ù™ ™n&ëI√m√n'∂™;Ä]ø23|| ]√'dU¨ d¤Àp¨'ùa√n∂ø¤2 ì'dø∏2œ d™Q'QI;¤d¤s23 &k™køn&ëId™'ra;√ùøs2 pl¤f52fø∏rt™2 2|| &tI¨™]]√'dU¨2| &kI¨s¨kk¤q'q™;Äsøs2 'I¤g¤ ]√&vøj√G52Ga√n∂øn$2 2| føR'pr™Än¤ &sI√mm√n'∂™;Ä]on$23|| ]√'nørd√ 52v™Än∂ø2 2| &™kk¤b'b]ø∏v¤s .™'fø∏rt™23| 's™Äd$2 'jUp p]¤GG¤b52b]ø;∏v¤s2 2| 'd™Äs2 p]¤]√&vøj√G'Ga√n∂ø2 &ma]]ø'sI¤g¤s &si√mm√n'∂™;Ä]øn$23| &kaIf¤M'fI;¤n™2| ]√&kømÊ√'ùI¤nd√ 'v™Än∂ø2| &d™v¤zz™'sI¤g¤nI23|| 'tI¤√m$2| ]√'sU¨nø møn'.I¤GG¤s2 &™nl√SI'™;Ä]ø23| &kaIma]']ø˙g™ 52pø∏st™2 2| ]√&vøj√G'Ga√n∂ø2 ì√]&kI¨'™st¤z 52va√rm™2 2œ ˚føR'pr™;Än¤z23 ˚&lam√n'∂™;Ä]øn23| 'tI™]$2| ]√'nørd√ 'v™Än∂ø2 ˚&d™v¤s&s√gg¤'nø∏sk¤23 &k™]√'sU;¨nø2 ˚&™st√sp]¤f'fø∏rt√23 ì&™]]√'dU¨23œ|| ¿&cUv¤S'Sa;√ù¤s12 ¿]√&Istø'rI¤øn$2| ¿c¨&nIzz¤'p™;Äù¨G12 ¿'GI¤n:$2|||) Pronuncia cagliaritana 13.5.3.12. ('i;ama2 1lan'nORdav 'vE;ntok2 ^kaillas'su;nno2| 1disçpu;ttis3 3 'ca;R2 ì'ciu ellad'du2 1asçse;Rtis3 3 ^estipplif'fO;Rta2 &ollaalçli;a3 3|œ 1en'tiummom'mE;nto32 ^illiekkevçvi;ddis3 3 ^vojjaGçGa;nto˙3 3 kiu&antawwençni;RRiz3 3 1vol'vi;tte en&siammançtE;llo3 3|| 1lad'dud disput'ta;ntoid2 ì'dOd2œ 1det'si;ddis3 3 ^kekkon&siddeR'Ra;ttos2 1plifçfO;Rta32|| ^tiuellad'du2| ^kiussukkut'sE;ssos2 'iggil lav&vojjaGçGa;ntonno32| 1foR'pRe;nnis &siammançtE;llonno3 3|| 1lan'nORdav çvE;nto32| ^ekkeb'blo;vvis tR™fçfO;Rte3 3| 'sEde2 'jup 1pliGGibçblo;vvis32| 'dEs2 1plillav&vojjaG'Ga;nto2 &malloz'zi;ggis &siammançtE;llono3 3| &kaiffiM'fi;nn™2| lak&kompat'tindav 'vE;nto2| &devvizziRRez'zigginni3 3|| 'tiam2| las'sunnom mon'tRi;GGizzi2 &enlacci'E;llo3 3| &kaimmal'lO˙gep çpO;ste32| 1lav&vojjaG'Ga;nto2 ì1al&kiu'estiz çva;Rmef32œ ˚1foRçpRe;nniz3 3 ˚^lammançtE;l-

13. esperanto

405

lonno3 3| 'ti;el2 1lan'nORdav 'vE;ntod2 ˚^devvizzaggançno;skik3 3 ^kellas'su;nno2 ˚^EstasplifçfO;Rta3 3 ì^ellad'du3 3œ|| ¿^cuvviSçSa;ttis21 ¿la&istoR'Ri;onno2| ¿1cun&niRRipçpe;ttuG21 ¿'Gi;nni2|||) Pronunce straniere dell'esperanto 13.5.4.0. Le stesse osservazioni fatte per gl'italiani (® § 13.5.3.0), ovviamente, valgono anche per chi parla lingue diverse dall'italiano: ognuno pronuncia, anche l'esperanto, secondo la propria variante regionale. Qui, però, ci limitiamo alle pronunce neutre. Pronuncia britannica 13.5.4.1. ('IiÈm2 lÈ5nø;Då 'v™nT‘¨2 &khaÙlÈ's¯un‘¨2| D¤'sp¯uT¤s3 3 'chA:2 ì5chIi¯ ™ılÈ'D¯;u2 È's™‘T¤s3 3 &™sTi&phlIi'fø;T√2 &ø;ılåÈ'lIiå3 3|œ ™n&ThIi¯mÈ'm™nT‘¨32| &Iili™k'vIiD¤s23 &vøÙÈ'GA;nTØ˙3 3 5khIi¯ ån&Tåw™n'¤È>¤s3 3 vØı5vIiT™I ™n&sIiÈmmÈn'Th™l‘¨3 3|| lÈ5D¯u &D¤spÈ'ThA;nTøÙ2 ì'Dø:2œ D¤'tsIiD¤s3 3 kh™I&khØns¤DÈ'>A;TØs2 &phlIi'fø;Tå32|| &ThIi¯™ılÈ'D¯;u2| &khIi¯s¨k'ts™sØs2 5Iigi &låvøÙÈ'GA;nTØn32| fø;5ph™I'fø;T™I3 3| 's™;fl2 'j¯;u &phlIiGIi'bl‘¨v¤s32| 'D™s2 &phlIilÈvøÙÈ'GA;nT‘¨2 &mA;ıl‘¨5zIig¤s &sIiÈmmÈn'Th™lØn3 3| &khaÙf¤M'fIin™I2| lû&khØmpÈ'ThIinDå 'vEnT‘¨2| &D™v¤s>¤'zIigni3 3|| 'ThIiÈm2| lÈ5s¯;un‘¨ mØN'˛h>IiG¤s2 &™nlÈci'™l‘¨3 3| &khaÙmåı5lØ˙g™I 'phØsT™I32| lÈ&vøÙÈ'GA;nT‘¨2 ìåı&khIi¯5™sT¤s 'vA;m™I32œ ˚fø;'ph>™n¤s3 3 ˚&låmÈn'Th™lØn3 3|| 'ThIi™ı2| lÈ5nø;Då 'v™nT‘¨2 ˚&D™v¤sûg'nØski3 3 &kh™IlÈ's¯un‘¨2 ˚&™sTÈs&phlIi'fø;Tå3 3 ì&™ılÈ'D¯;u3 3œ|| ¿&ch¯uvi'SA;T¤s21 ¿lÈ&h¤sTÈ'>IiÈn2| ¿ch¯&nIi>¤'ph™T¯&GIin21|||) Pronuncia americana 13.5.4.2. ('IiÈm2 lÈ'nø;
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