Lambdin, Introduzione All'Ebraico Biblico, Gregorian & Biblical Press

August 9, 2017 | Author: gua88o | Category: Syllable, Consonant, Phonology, Hebrew Language, Grammatical Gender
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Risorsa per l'introduzione allo studio dell'ebraico e ad un primo approccio ai testi biblici......

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all’ebraico biblico Edizione italiana a cura di Elzbieta M. Obara

C K K C i O R l A N & n i l I M C A r . l'K K SS

Tho m as O . La m b d in

Introduzione all’ebraico biblico Edizione italiana a cura di Elzbieta M. O bara Traduzione di G iovanni Lo G iudice

GREGORIANAB1BUGALPRESS

L'edizione italiana delia presente opera è corredata di flashcard elettroniche per l’apprendim ento del vocabolario ebraico di base. Le flashcard sono disponibili gratuitam ente sul sito w eb Quizlet.com

Cover: Serena Aureli Layout; Usanti Srl - Roma Pearson Education, Ine. C opyright© 1972 ©2013 Pontificai Biblical Institute Gregorian & Biblical Press Piazza della Pilotta 35, 00187 - Roma www.gbpress.net - [email protected] ISBN 978-88-7ó53-665~ó

P r e f a z io n e a l l ’e d iz io n e it a l ia n a

Sono passati oltre quarantanni dalla pubblicazione della grammatica ebraica Introduction io Biblical Hebrew di T.O. Lambdin. L’edizione ita­ liana che ho curato e ora ho il piacere di presentare risponde al bisogno di un vasto pubblico — composto soprattutto da studenti e appassionati della lin­ gua ebraica — desideroso di avere un accesso più agevole a un’opera di­ ventata ormai un classico per lo studio dell5ebraico biblico. Il fatto stesso che r Introduction abbia conosciuto numerose ristampe e traduzioni, e continui ancora oggi a essere adottata come libro di testo in diverse e qualificate isti­ tuzioni, ne testimonia il grande valore. Si tratta, infatti, di un manuale che presenta le strutture grammaticali in modo chiaro e scientifico. In quanto strumento di base, non si propone di ab­ bracciare ogni possibile questione, ma di offrire un solido fondamento per eventuali passi successivi. I contenuti coprono alPincirca le lezioni di un corso di studio annuale e mirano ad abilitare gli utenti alla lettura e alla comprensione personale dei testi narrativi della Bibbia Ebraica. L’impostazione metodologica che caratterizza l’opera è particolarmente adatta all’apprendimento perché, sin dall’inizio, consente l’immersione nella vitalità della lingua, attraverso un procedimento lineare e progressivo. La traslitterazione che accompagna i termini ebraici e i paradigmi delle forme flesse è di innegabile utilità per chi affronta, per la prima volta, lo studio dì una lingua con un alfabeto diverso da quello usuale. La scelta, poi, di pre­ stare un’attenzione particolare alle forme Qal - le più frequenti nella Bibbia Ebraica - permette di affrontare con maggiore facilità le rimanenti coniuga­ zioni. Insieme agli elementi di fonetica e morfologia, il manuale offre anche una buona esposizione di alcuni costrutti fondamentali della sintassi ebraica. Infine, il vocabolario e gli esercizi che accompagnano ogni lezione rappre­ sentano uno strumento utilissimo per il consolidamento e la verifica delle nozioni apprese. Grazie a tale organizzazione, lo studente diventa ben presto capace di leggere e comprendere interi brani tratti dalla Bibbia, prima in una versione leggermente semplificata e poi in tutto il loro spessore letterario. Nel corso del mio insegnamento della lingua ebraica, ho acquisito l’abitudine di dedicare la prima lezione alla presentazione dei valori e, in­ sieme, degli ostacoli insiti nell’apprendimento dell’ebraico. La difficoltà più avvertita dai principianti è la percezione di addentrarsi in un mondo com­

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pletamente diverso, che affascina ma anche distanzia. Si potrebbe parlare di un vero e proprio incontro-scontro con l’alterità: l’alterità della lingua e della cultura che una lingua veicola. Proprio per questo è opportuno ribadire che, nonostante il disorientamento iniziale, la percezione dell’alterità è indispen­ sabile per un approccio rispettoso alle Scritture. Il testo biblico, infatti, va affrontato in quanto “altro” rispetto al lettore: solo così si evitano grossolane interferenze e manipolazioni di significato; solo così il testo può dispiegare pienamente il suo fascino e la sua fecondità e lo studio diventa passione. In questa prefazione mi permetto perciò, ancora una volta, di rivolgermi soprattutto agli studenti e a coloro che, per un particolare interesse personale, desiderano intraprendere lo studio delPebraico: la soglia che ci si accinge a varcare non è del tutto agevole, ma il desiderio di fare esperienza personale dell’incontro con il Primo Testamento, anche nella sua veste linguistica ori­ ginale, permetterà di superare le crisi che si potrebbero presentare nel cam­ mino. A coloro, dunque, che affronteranno lo studio dell’ebraico biblico ser­ vendosi di questo strumento, vorrei ricordare che la conoscenza della lingua originale non è certamente il fine ultimo della loro fatica, ma può rivelarsi un mezzo insostituibile per infondere nuova vitalità a una Parola che, sebbene conosciuta, talvolta diventa un po’ sbiadita a causa de ir abitudine, di una lettura superficiale o, ancora peggio, a motivo dell’errato convincimento che i dotti commenti siano da preferire alla nudità del Testo. Le discipline lingui­ stiche insegnano che la condivisione di uno stesso codice è il primo, necessa­ rio elemento per un’autentica comunicazione; ebbene, conoscere il codice linguistico dell’ebraico biblico può costituire il primo fondamentale passo per un incontro autentico, e favorire quello scambio comunicativo grazie al quale non solo noi leggiamo la Scrittura, ma in qualche modo anche la Scrittura legge noi, postulando una risposta interpretativa e operativa in­ sieme. Concludendo, vorrei anche esprimere il mio ringraziamento alle persone verso le quali rimango, in qualche modo, debitrice. Anzitutto un grazie sentito e sincero a Giovanni Lo Giudice, ex-alunno di uno dei corsi di ebraico da me tenuti presso la Pontificia Università Gregoriana. La tradu­ zione e l’impaginazione di questo volume sono opera della sua passione e del suo impegno. La sua instancabile dedizione, la creatività e la precisione del suo lavoro hanno reso la collaborazione piacevole e fruttuosa.

P r e f a z io n e

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Un ringraziamento particolare va alla G&B Press e al P. J.M. Àbrego De Lacy, Rettore del Pontificio Istituto Biblico e Direttore di Subsidia Biblica, che ha accettato di inserire 1*Introduzione all’ebraico biblico in questa pre­ stigiosa collana. Con grande piacere dedico questo volume al Prof. Santiago Bretón, SJ, fine conoscitore della lingua ebraica ed esegeta, che ha appena concluso il suo quasi trentennale (1984-2013) servizio di docenza di ebraico biblico presso il Pontificio Istituto Biblico e la Pontificia Università Gregoriana, sa­ pendo sempre coniugare il rigore scientifico e la finezza umana.

Roma, 15 Settembre 2013

Elzbieta M. Obara

P r e f a z io n e

Questo manuale è concepito per un corso universitario annuale di ebraico biblico elementare. Nelle sue scelte grammaticali e lessicali è essenzialmente un'introduzione alla prosa, ma non al linguaggio poetico. Sebbene mia in­ tenzione sia stata quella di includere solo tutto ciò che ritengo necessario per una lettura grammaticalmente intelligente dei testi sui quali il lavoro è ba­ sato, gli insegnanti esperti possono nondimeno espandere o condensare una parte o l’altra secondo le necessità dei loro propri corsi e i problemi partico­ lari dei loro studenti. Avendo tenuto la discussione grammaticale ad un li­ vello relativamente accessibile ho provato inoltre a rendere il libro il più pratico possibile per coloro che vogliono studiare la lingua ebraica senza un insegnante. Nonostante la presente opera cada chiaramente all*interno della categoria delle grammatiche tradizionali, ci sono diverse caratteristiche nel modo in cui si presenta che richiedono un breve commento. L’uso abbondante della traslitterazione si propone di servire tre propositi: rendere lo studente capace di percepire Pebraico come una lingua e non come un esercizio di decifra­ zione; rimuovere gli abituali ostacoli dell’inizio, in cui allo studente è richie­ sto di gestire innumerevoli pagine di dettagli fonologici e ortografici piutto­ sto astratti prima di aver imparato anche una sola frase della lingua; facilitare la memorizzazione dei paradigmi, in cui le caratteristiche essenziali sono, secondo la mia opinione» messe in maggiore rilievo rispetto ai testi conven­ zionali. La morfologia del verbo è presentata in modo da sfruttare al meglio le similarità delle varie forme, a prescindere dal tipo di radice; ciò permette l’introduzione dei verbi più comuni sufficientemente presto nel corso della grammatica e permette anche che la trattazione delle “coniugazioni” derivate non venga impedita da restrizioni ad esempi tratti da radici regolari. Più spa­ zio possibile è stato assegnato alla trattazione sistematica della morfologia del sostantivo e al verbo con suffissi oggetto; la semplificazione di questi ambiti che viene tentata in molte grammatiche elementari costituisce in realtà un cattivo servizio allo studente. Infatti, quando questi comincia ad af­ frontare la sua prima pagina di letture non semplificate, trova che ciò che avrebbe dovuto imparare sistematicamente deve essere invece imparato frettolosamente, con scarso profitto e non poca difficoltà. E infine, speciale attenzione è stata data a un’ordinata presentazione della sintassi della prosa,

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cominciando con una caratterizzazione dei vari tipi di proposizioni indivi­ duali e procedendo verso le sequenze di proposizioni interrelate. Allo stadio iniziale della preparazione di questo libro sono stato grande­ mente aiutato nella selezione del vocabolario da GEORGE M. Landes , A Student ’s Vocabulary o f Bìbìical Hebrew (New York 1961)1, che in quel tempo mi fu fornito in bozza dall’autore, al quale adesso vorrei esprimere i miei ringraziamenti. Nei quasi dieci anni trascorsi da quel periodo gli innu­ merevoli suggerimenti e correzioni inviatemi dai miei studenti e dai miei colleghi che lavoravano con varie bozze del libro sono state dì enorme aiuto per il miglioramento della qualità del prodotto finale. Sono soprattutto grato, comunque, al Dott. Avi Hurwitz, adesso alPUniversità Ebraica, per la sua grande gentilezza e per aver dato ad una precedente bozza di questo libro una lettura critica accurata, fornendomi molte correzioni. Gli errori rimasti sono dovuti ovviamente a mie personali sviste. La disposizione del testo ebraico con la punteggiatura e con segni speciali che ne marcano gli accenti si rivela sempre un lavoro difficile, anche in quest’epoca di meraviglie tecnologiche. Vorrei ringraziare l'editore e il tipo­ grafo per i loro generosi sforzi, tesi ad assicurare la maggior correttezza pos­ sibile della stampa.

Cambridge, Mass. Maggio 1971

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Thomas O, Lambdin

N.d.T. Un’edizione aggiornata del volume citato dall’Autore è ora pubblicata dalla Society of Bìblica} Lìteraiure con il titolo seguente: GEORGE M. Landes, Building Your Biblìcal Hebrew Vocabulary, Atlanta 2001.

I n t r o d u z io n e

La Bibbia Ebraica (l’Antico Testamento cristiano) è una collezione di scritti la cui composizione si estende per quasi tutto il millennio che va dal 1200 a.C, al 200 a.C. circa. Poiché una lingua parlata non rimane costante per un periodo di tempo così lungo, dobbiamo considerare l’ebraico biblico come una forma del linguaggio parlato standardizzata in un tempo partico­ lare e perpetuata in seguito come mezzo letterario fisso. Si assume general­ mente che l’ebraico biblico, nella misura in cui è linguisticamente omoge­ neo, sia una approssimazione vicina alla lingua del periodo monarchico che ha preceduto l’esilio babilonese (587 a.C.), durante il quale la maggior parte della letteratura biblica fu compilata e composta. Le scarse iscrizioni del pe­ riodo che va dai IX fino al VII secolo a.C. corroborano questa visione, ma non ci permettono di stabilire limiti più precisi. Nel periodo post-esilico l’ebraico parlato subì la forte influenza di altre lingue, specialmente l’aramaico, ma anche del persiano e, successivamente, del greco, La lingua letteraria degli scritti biblici di questo periodo rimase relativamente libera da tale influenza, che si mostra più chiaramente nelle fonti post-bibliche come l’ebraico rabbinico della Mishna e altre opere tradizionali che esulano dall’ambito di questa grammatica. È diffìcile se non impossibile determinare esattamente quando l’ebraico cessò di essere una lingua parlata, ma con tutta probabilità la sua scomparsa fu concomitante alla devastazione della Giudea, avvenuta durante le rivolte giudaiche contro il dominio romano nei primi due secoli d.C. L’ebraico è membro della vasta famiglia delle lingue semitiche, le cui principali suddivisioni sono le seguenti: 1) Semitico nord-orientale: babilonese e assiro (accadico); 2) Semitico sud-orientale: antico arabo del sud e relative lingue mo­ derne del sud dell’Arabia e dell’Etiopia; 3) Semitico del sud-occidentale: arabo classico e il gran numero dei re­ lativi dialetti arabi moderni; 4) Semitico del nord-occidentale: comprendente a. l’aramaico b, il cananeo (ugaritico, fenicio, ebraico) La nostra conoscenza dell’ebraico bìblico dipende direttamente dalla tradi­ zione giudaica orale e, di conseguenza, dallo stato di quella tradizione du­

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rante e dopo le varie dispersioni degli israeliti dalla Palestina. Tale dipen­ denza sorge da una peculiare incompletezza ortografica di cui soffre il testo biblico: esso è essenzialmente senza vocali o, al più, vocalicamente ambiguo (vedi sotto, §8). L ’attuale pronuncia della lingua è stata trasmessa oralmente e quando gli israeliti lasciarono o furono espulsi dalla Palestina e formarono nuove comunità in Babilonia, in Egitto e in tutto il resto del mondo civiliz­ zato, la lettura tradizionale dei testi biblici cominciò gradualmente a diver­ gere da qualsiasi norma potesse essere esistita prima di tale dispersione. Lo stesso testo consonantico raggiunse una forma finale autorevole attorno alla fine del I secolo d.C. Questo testo fu promulgato con successo tra tutte le comunità ebraiche, così che i testi successivi a questa data non differiscono tra loro in nessun particolare importante. Prima della fissazione del testo autorevole, comunque, la situazione era alquanto differente, e il lettore dovrà fare riferimento all’Appendice E per le informazioni bibliografiche relative ad alcune opere che lo possano introdurre ai complessi problemi delle ver­ sioni e dei testi antichi. Le versioni a stampa moderne della Bibbia ebraica derivano da diverse fonti essenzialmente simili, che riflettono tutte l’attività grammaticale degli studiosi ebrei (o dei Masoreti tradizionalisti) a Tiberiade, i quali durante il IX e il X sec. d.C. perfezionarono un sistema di notazione vocalica e l’aggiunsero ai testi consonantici ricevuti. Poiché il sistema vocalico di que­ sto tipo di notazione non coincide esattamente con quello della tradizione usata in altre località, dobbiamo riconoscere che la grammatica ebraica, così come basata sul testo masoretico vocalizzato a Tiberiade, è né più né meno autentica di quella che sarebbe derivata da altre tradizioni: quello di Tibe­ riade è semplicemente il testo meglio preservato e ha ricevuto il sigillo dell’autorità attraverso l’adozione universale. Una trattazione dell’at­ testazione frammentaria dì tradizioni diverse da quella di Tiberiade esula dalle finalità di una grammatica elementare. Il testo masoretico standard è conosciuto anche come testo di Ben Asher, a causa del nome di famiglia de­ gli studiosi di Tiberiade ai quali si attribuisce la sua redazione finale. La Biblìa Hebraica (3a edizione, Stuttgart, 1937) usata dalla maggior parte degli studenti e degli studiosi moderni è basata sulla copia di un manoscritto Ben Asher ora a Leningrado e risalente al 1008/9 d.C. Molte altre Bibbie ebrai­ che a stampa si basano fondamentalmente sul testo della Seconda Bibbia Rabbinica (Venezia, 1524-25); le fonti manoscritte di quest’opera non sono state interamente identificate, ma il suo testo non differisce sostanzialmente

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da quello della Biblia Hebraica. Una nuova edizione della Bibbia ebraica è in corso di sviluppo in Israele; utilizzerà il Codice di Aleppo, parzialmente distrutto, che è considerato, per ragioni molto convincenti, un manoscritto autentico della famiglia Ben Asher. Un numero limitato di varianti è indicato a margine nel testo Masoretico. Comunemente ci si riferisce ad esse come kdtib-q9ré> cioè una parola è scritta (kdtib) nel testo consonantico ma un’altra deve essere letta (qaré), come indicato a margine.

F o n e t ic a

[Nota; il materiale di questa sezione viene presentato come un ’unità per fa ­ cilitarne la consultazione. Dopo aver studiato i §§ 1-3 il lettore dovrà co­ minciare la Lezione 1 (p. 35). La lettura degli altri paragrafi di questa se­ zione sarà indicata quando si renderà necessaria.] 1 .1 suoni dell’ebraico biblico Come affermato nell’Introduzione, non possiamo determinare in maniera as­ soluta i suoni delPebraico biblico del periodo in cui fu fissato il linguaggio letterario. La pronuncia adottata in questo libro è stata scelta per preservare il più fedelmente possibile le distinzioni consonantiche e vocaliche ricono­ sciute dai Masoreti ma, allo stesso tempo, per fare il meno possibile violenza a ciò che conosciamo della pronuncia più antica, È stato pòi adottato un si­ stema uniforme di traslitterazione che tenta di rappresentare l’ortografia ebraica in modo semplice e accurato. a.

Consonanti2

Tipo Labiale

Labio-dentale Interdentale

Traslitterazione b P m w b P t d

Pronuncia [b] come in barca fp] come in pace [m] come in male [w] come nell’inglese well [v] come in vaso [f] come in faccia [9] come nell’inglese ih in [5] come nell’inglese this

2 N.d.T. Data la relativa povertà di fonemi consonantici tipica della lingua italiana rispetto ad altre lingue (semitiche o meno), traduciamo il paragrafo relativo allo spelling delle consonanti ebraiche con adattamenti minimi per la lingua italiana, mantenendo per la maggior parte in questa sede i riferimenti fonologici e lessicali del volume inglese originale. 3 Le parentesi quadre includono in questo caso i simboli fonetici usati correntemente. Tali simboli fonetici non vanno confusi con quelli della traslitte­ razione.

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In t r o d u z io n e

Dentale o alveolare d s r

S

Prepalatale

z n s V

y Palatale

k g>g k

Velare

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

t] come in tempo d] come in dente s] come in sale z] come in zona n] come in nono [/] come nell’inglese show y] come nell’inglese yes k] come nell’inglese king g] come in gatto x] come nel tedesco Bach

q]

Nella lingua italiana (così come in quella inglese), tale suono non esiste. È un tipo di [k] che si pronuncia però con il contatto tra la lingua e la parte più arretrata possibile del palato. Gutturale h (

h

[?] pausa glottidale [h] come nell’inglese house [?] fricativa faringale sonora [ h ] fricativa epiglottale sorda

La pausa glottidale [?] è utilizzata anche in inglese, ma non come una parte regolare del suo sistema di suoni. E costituita da un completo arresto del re­ spiro nella gola e può essere udita in certe pronunce orientali di parole come bottle e battle, in cui la pausa glottidale sostituisce la t normale, in modo da avere [ba?l], [bae?l]. Il suono [h] è un suono h, ma accompagnato da un forte restringimento tra la base della lingua ed il retro della gola, così da produrre una frizione molto più aspra di una normale h. Lo [£] viene prodotto in modo simile, ma con la caratteristica addizionale della sonorità. La maggior parte dei moderni lettori dell’ebraico biblico non usano questi due suoni, sosti­ tuendoli rispettivamente con [x] e [?]. Coloro che operano una tale semplifi­ cazione devono prestare attenzione a non confondere questi quattro suoni nello spelling. I quattro suoni che chiameremo gutturali lungo il corso di questo libro sono designati più precisamente come glottidali o glottidali faringali, ma poiché la terminologia moderna è spesso applicata in maniera incoerente non abbiamo alcuna stringente ragione per abbandonare la designazione più tra­ dizionale.

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F o n e t ic a

Liquida Dentale modificata

r 1 t §

[r] come in ramo [1] come in linea [t] come in tempo [1s] come in marzo

La pronuncia indicata per t e s è una sostituzione moderna standard per i suoni originali, la cui vera natura può essere solo congetturata come [t] e [s] accompagnate da un restringimento nella gola (faringalizzazione o glottalizzazione), in modo da produrre un suono più teso e sordo. b. Vocali4 Nella trattazione delle vocali ebraiche si è soliti parlare di lunghezza oltre che di qualità delle vocali. Nonostante la distinzione sia probabilmente va­ lida per la pronuncia più antica, è dubbio che la quantità abbia giocato un ruolo importante nel sistema masoretico originale. I segni diacritici usati nella nostra trascrizione vanno considerati come dispositivi che riflettono lo spelling ebraico e non necessariamente come indicatori della lunghezza reale delle vocali. Al



1,1 i è, è e, e a à, a

[i] come in mach/ne fi] come in it [e] come in they [e] come in bet [a] come in fcther oppure [a] come in thot [a] come in father oppure [o] come in bawght

ù, ù u ò, ò 0 3

[u] come in mood [u] come in hook [o] come in note [o] come in bowght [o] come in «bove, e di durata molto breve

Dovrebbero essere fatte alcune distinzioni tra le due vocali a v a , dal mo­ mento che esse devono essere sempre chiaramente distinte nello spelling.

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N.d.T. In italiano, a differenza di altre lingue, la lunghezza (durata) delle vocali

non ha valore fonologico, Anche se nel parlato accurato si osserva il fenomeno di una maggiore lunghezza di alcune vocali che sì trovano in certe posizioni, tale lunghezza relativa non comporta distinzioni dì significato e generalmente non viene percepita da parlante e ascoltatore. Data tale particolarità insieme alla relativa povertà di fonemi del sistema vocalico italiano, traduciamo il paragrafo relativo allo spelling delle vocali ebraiche senza alcun adattamento per la lìngua italiana, mantenendo i riferimenti fonologici e lessicali del volume inglese originale.

In t r o d u z io n e

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La scelta viene lasciata al lettore: o si distingue [a] rispetto a [a] oppure [a] rispetto a fo]. In aggiunta alle vocali elencate sopra ne esìstono altre tre (à è o) che, in­ sieme con a, sono conosciute come vocali ridotte. Esse sono di durata molto breve ma possiedono la stessa qualità delle corrispondenti vocali piene: à è una a molto breve, è è una e molto breve e anche 6 è una o molto breve. Le seguenti combinazioni dittongali, formate da una vocale + y o w, ri­ corrono frequentemente al termine di parola: tw èw, éw àw, àw aw ày ay óy, 5y ùy, ùy

la vocale t + una [u] molto breve. Anche pronunciata [iv], come nell’inglese eve. è/è + [u]. Anche [ev], come nelPinglese save. a + [u] come ou di house, oppure come [aw] o [av] a + [u], oppure come [av] o [av] [ay] come y di sky\ oppure [oy], simile a oy di loy. [ay] o [ay] [oy], simile a owy di showy, ma senza w, [uy] in qualche modo simile a uey di gluey.

A fini descrittivi ci riferiremo alle vocali secondo la classificazione seguente, senza per questo pregiudicare la lunghezza reale delle vocali in questione: 1. 2. 3. 4.

immutabili lunghe: mutabili lunghe; brevi: ridotte:

f è ó u e a volte ó

èà6 ieaou 3aè6

2. Divisione in sillabe

Con pochissime eccezioni una sillaba comincia con una singola consonante, seguita almeno da una vocale. Questa regola è sufficiente da sola per l’accurata divisione di una parola in sillabe. Si considerino gli esempi se­ guenti: midbàr (deserto): ’àbiw (suo padre): ddbàrim (parole): mimménm (da me): gibbórim (guerrieri): yislàhéni (egli mi manderà):

mid-bàr ’à-biw dd-bà-rim mim-mén-ni gib-bó-rim yis-là-hé-nt

[miS'bcir] [’a'viw ] [dova'rim] [mim1menni] [gibbo'rim] [yiJla'Heni]

F o n e t ic a

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malkdkà (il tuo re): malkèkem (i vostri re):

tnal-ka-ka mal-kè-kem

[malica'xa] [malxe'xem]

In nessuno di questi esempi è possibile una qualsiasi altra divisione in sillabe senza violare la regola di base. Le sillabe sono di due tipi: aperte e chiuse. Una sillaba aperta finisce per vocale; una sillaba chiusa termina per consonante. Sillabe contenenti ditton­ ghi possono essere considerate come chiuse, prendendo la y o la w come una consonante. La distinzione è in questo caso irrilevante. Quando si determina la divisione in sillabe si osservi che una consonante doppia, come -bb—o - mm-, è sempre da dividere nel mezzo, come avviene anche in italiano. Ciò non significa che nella pronuncia vi sia una pausa per­ cepibile tra le sillabe: una consonante doppia dura semplicemente più a lungo di una consonante singola. Si confronti, ad esempio, la n lunga dell’inglese meanness con la breve n normale di any. Alcuni esempi sono libbakà (il tuo cuore): mimmdkà (da te): hassàmàyim (i cieli):

lib-bd-kà mim-ma-kà has-sà-mà-yim

[hbbs'xa] [mimma'xa] [hajja'mayim]

3. Accento Le parole sono accentate o suirultima o sulla penultima sillaba. Il primo caso è il più frequente. - ultima sillaba - penultima sillaba

dabàr (parola); ddbarim (parole); nàbì’ (profeta) mélek (re); làylàh (notte); nahòset (bronzo)

In questo libro sarà segnato solo l’accento sulla penultima. La sillaba accentata viene spesso chiamata tonica, e le due sillabe che la precedono rispettivamente pretonica e propretonica. 4 . Le consonanti conosciute come begadkepat

Due serie di sei suoni ciascuna sono strettamente relazionate l’una all’altra, entrambe, sia nel suono che nella distribuzione. Le sei occlusive b, g, d, k,p> t da un lato e le loro controparti aspirate b, gy d, k, p, e t dall’altra. Benché non sia possibile fissare regole per la scelta tra l’una o l’altra delle due serie

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In t r o d u z io n e

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di suoni senza dover ricorrere a notevoli eccezioni, le osservazioni che se­ guono costituiscono una guida sicura nella maggior parte dei casi. a. Delle due serie solo le occlusive ricorrono raddoppiate. Di conse­ guenza troviamo -b b - (come in habbàyit, la casa), -d d - (haddélet, la porta), -k k - (hakkdli, il vaso), ecc., ma mai -bb-, ~gg—, -dd—, ecc. b. Le occlusive è, g, d%k, p , t ricorrono (escludendo il raddoppiamento menzionato sopra) solo all’inizio di una sillaba quando questa è preceduta immediatamente da un’altra consonante:

ma

malki (mio re): mélek (re):

inal-kì mé-lek

Altrove si trovano le corrispondenti consonanti aspirate, le quali, attraverso un semplice processo di eliminazione, ricorrono (a) soprattutto alla chiusura di una sillaba, o (b) airinizio di una sillaba quando il suono precedente è una vocale, Si confronti, ad esempio, la b di midbàr (mid-bàr) con la b di nàbi' (nà-bi')5. Quando una parola inizia con uno di questi suoni, essa ha di solito la con­ sonante occlusiva se essa ricorre isolata (come in bàyìt, una casa), ma quando viene prefisso alla parola qualche elemento che termina in vocale, l’occlusiva viene automaticamente sostituita dall’aspirata corrispondente. Il lettore sia certo di comprendere chiaramente gli esempi che seguono: bàyìt kdli délet

una casa un vaso una porta

ma

kdhàyit ùkslì tedélet

come una casa e un vaso a una porta

AlFinterno di una frase, per garantire la presenza di una consonante aspirata è sufficiente il mero fatto che la parola che preceda la consonante termini per vocale; così,

non

banu bàyìt bànù bàyìt

essi costruirono una casa

Esistono, comunque, molte eccezioni, che dipendono dal grado di relazione grammaticale tra le parole in questione. 5 Si noti che quanto stabilito sopra non preclude la possibilità che ima consonante aspirata ricorra all’inizio di una sillaba preceduta da un’altra consonante: malkèkem (i vostri re).

F o n e t ic a

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Sarebbe meglio, almeno in via teorica, considerare come due suoni di­ stinti la consonante occlusiva g e la consonante aspirata g, nonostante nes­ suna delle moderne tradizioni linguistiche - eccetto quella Yemenita - abbia preservato la differenza. 5. Riduzione vocalica Molti dei cambiamenti che caratterizzano la flessione ebraica seguono schemi chiari e prevedibili, il più regolare dei quali è quello della riduzione vocalica. a. Riduzione propretonica, Le vocali à ed è sono regolarmente ridotte in 9 nelle sillabe propretoniche aperte. Ciò significa che tale riduzione ha luogo quando, nel corso di una flessione, l’accento si sposta in modo che le vocali in questione si vengano a trovare in posizione propretonica. Ad esem­ pio, aggiungendo la desinenza plurale -im al tema del sostantivo nàbV (pro­ feta), l’accento si viene a trovare sulla sillaba finale (cioè proprio sulla desi­ nenza), lasciando la à in posizione propretonica. Abbiamo così,

nabì"

+

-im

—> *na-bi- im

—> mbi im

Con è:

lébàb

+

-ót

—> *lè-bà-bót

—> hbàbót

Altri esempi:

màqóm zaqèn

+ +

-ót -im

-

— » — ►

f

^

M

*m à-qó-m ót *zà-qé-nim

1

A M

—> ntDqómót — > zdqènim

Questo tipo di riduzione si trova normalmente nella flessione dei sostantivi e degli aggettivi, ma è meno comune tra i verbi diversi da quelli con suffissi pronominali oggetto. b. Riduzione pretonica. Un secondo schema di riduzione, spesso in contrasto con quello descritto sopra, implica la riduzione di à o è in sillaba aperta pretonica. Nelle flessioni del sostantivo ciò avviene principalmente per quelle parole la cui prima sillaba (propretonica) è immutabile (cioè o è una sillaba chiusa o contiene una delle vocali immutabili lunghe) e la cui sillaba pretonica contiene è\ sópét

-I-

-im—» sdpdtim

La riduzione della vocale in posizione pretonica è molto frequente tra i verbi, indipendentemente dalla vocale che vi si viene a trovare:

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I n t r o d u z io n e

yiktób yìttèn yisma '

+ + +

A

u A-

U A.

u

—> yiktsbu —> yittanù —► yisma 'u

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

(essi scriveranno) (essi daranno) (essi ascolteranno)

Abbiamo richiamato l’attenzione su questi due schemi di riduzione dal mo­ mento che uno o l’altro compaiono nella maggior parte delle flessioni che studieremo, Sfortunatamente, però, non è sempre possibile prevedere accu­ ratamente quale modello verrà seguito, cosi che ciascun paradigma dovrà es­ sere attentamente analizzato. L a REGOLA DELLO SHEWA. Una sequenza di due sillabe, ciascuna con d

(shewa) non viene tollerata nella lingua ebraica. Quando, nel corso di una flessione o nella combinazione di varie parole o elementi, sarebbe attesa una simile sequenza viene eseguita la sostituzione seguente: cons. Così

le (a)

+ d + cons. +

+ d

nabli (il mio profeta)

—» cons. —►

+ i + cons.

linbi’i (non lambì'i)

6. Caratteristiche speciali delle consonanti gutturali e del Resh a. Le gutturali ed r non ricorrono mai raddoppiate. b. Le gutturali non sono mai seguite direttamente da a. Queste due caratteristiche rendono conto di certe deviazioni regolari dalla norma attesa. Per esempio, dal momento che l’articolo determinativo davanti alle consonanti non gutturali è costituito da ha + il raddoppiamento della consonante seguente, ci aspetteremmo che l’articolo sia in qualche modo dif­ ferente davanti a parole che iniziano per gutturale o r. Vedremo nel corso delle lezioni che in alcuni casi ricorre ha-, mentre in altri ricorre ha- senza raddoppiamento. Ogni volta che una vocale lunga (à è ò) ricorre davanti ad una consonante gutturale o r e corrisponderebbe formalmente ad una vocale breve davanti a una consonante non gutturale raddoppiata, la vocale viene detta lunga per allungamento compensatorio, cioè per compensare il man­ cato raddoppiamento della consonante gutturale. Quando una vocale breve {a i u o) ricorre davanti ad una consonante gutturale in situazioni simili, la consonante gutturale viene detta virtualmente raddoppiata.

F o n e t ic a

23

Quanto alla seconda caratteristica annotata sopra, la presenza di una gut­ turale implica la sostituzione dello d atteso con à (meno comunemente con è o Ó), Ad esempio hàkàm hàzàq

(persona saggia) (persona forte)

+ +

-tm -im

—» hàkàmim —►hàzàq tm

(non hdkàrmm) (non hazàqim)

È conveniente pensare ad a è ed ó come varianti di a da usare dopo conso­ nanti gutturali e considerare che una parola come hàlóm (sogno) possiede essenzialmente lo stesso schema vocalico di bakór (primogenito). Quando una parola termina per V n h o H h (nei casi in cui quest’ultima non è una lettera di vocale; vedi §8), un’eventuale i è u ó precedente è se­ guita da un elemento semivocalivo a non sillabico. Ne consegue che sus kòteb gàdól

(cavallo) (che scrive) (grande)

ma ma ma

luah sólifh gàbóah

(tavola) (che invia) (alto)

L a REGOLA DELLO SHEWA applicata a sequenze che comprendono conso­

nanti gutturali: cons. Es.

bd (in)

+ 3 + gutt. +

+ à—+ cons.

hàlómt (il mio sogno)

—>

+ a + gutt.

+ à

bahàìómi (nel mio sogno)

La regola viene applicata in maniera simile con é e Ó, Un’altra sequenza che deriva da riduzione vocalica è illustrata da hàkàm + è (che richiede una dop­ pia riduzione) —> *hàkdmè —> hàkmè. Cioè

gutt.

+ à + cons.

+ a

—*

gutt.

+ a + cons.

N.B. Le regole date nella grammatica per spiegare le peculiarità delle guttu­ rali non si applicano a r a meno che non sia specificato espressamente. 7. L’alfabeto ebraico L’alfabeto usato per scrivere tutti i testi tradizionali dell’Antico Testamento, ad essere prefcisi, è aramaico più che ebraico. La situazione è sintetizzata dalla tabella nella pagina seguente. L’alfabeto fu inventato nell’area siro-palestinese in un momento impreci­ sato della prima metà del secondo millennio avanti Cristo. Tale alfabeto era

In t r o d u z io n e

24

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

una creazione originale, che non si basava direttamente su nessun altro si­ stema di scrittura allora in uso, ma sembra essere stato chiaramente influen­ zato da certe caratteristiche della scrittura geroglifica egizia, specialmente nella mancanza di simboli per rappresentare le vocali. Il ramo più prolifico dell’alfabeto fu il fenicio, attestato nelle iscrizioni dall’undicesimo secolo circa in avanti. Gli ebrei presero in prestito i caratteri dai fenici nel decimo secolo avanti Cristo, e questo nuovo alfabeto “ebraico”, divergendo successivamente dal progenitore fenicio, fu usato in vari tipi di iscrizione fino all’inizio dell’era cristiana. Con l’eccezione, tutta­ via, della tradizione manoscritta della setta dei samaritani, che impiega an­ cora una forma di questi caratteri ebraici originari, il vecchio alfabeto fu so­ stituito, specialmente nell’uso manoscritto, da una forma corsiva di grafia del vecchio alfabeto aramaico, essa stessa figlia del progenitore fenicio e più o meno coeva dell’ebraico. Proto-Alfabeto

a.C. 1500

/ \ . Proto-Semitico Sinaitico del Sud

1000

Ebraico y

A Arabo del Nord

Prototipo Fenicio

Greco antico

Arabo del Sud

500

Etrusco, Latino, ecc.

Samaritano#^ d.C.

Presente

0

Prototipo Ugaritico

Prototipo Etiopico

Ebraico mod.

È questa la grafia aramaica manoscritta che è già impiegala nei papiri e nelle pergamene ebraiche del secondo e del primo secolo avanti Cristo ed è attestata come l’alfabeto normale per la scrittura dell’ebraico da quel tempo fino al presente.

F o n e t ic a

25

A l f a b e t o E b r a ic o N ome

Lettera

’àlep bèt

N 2 2 *

gimel dalet hè wàw zóyìn hit tèt yód kap

sàdèh qdp rés fa sin sin tàw

b b

T n t3 ■» D

làmed mèm nùn sàmek 'àyin pèh

f

1 7 n

3 V a :

1 1 D

1

D

y s D P

Trascrizione

g g d d h w z hk t• y k k 1 m n s

V alore fonetico

pausa glottidale o zero [b] [v] [g] [g] [d] [5] [h] o zero [w] o zero [z] [H] [t] [y] o zero M W [1] [m] [n] M m

*1 n

P P

w

r

? q r

[ts]

r

S

V ti

S

FI n

t t

ra

[q] [r] [s] m ra [e ]

8. Alcune caratteristiche deir ortografia ebraica a. L ’ebraico è scritto da destra a sinistra, b. Cinque lettere hanno una forma speciale, usata solo al termine di pa­ rola: “I k, D m, ) n, Hp t y s.

26

In t r o d u z io n e

a l l ’ e b r a ic o b ib l ic o

c. Nelle iscrizioni ebraiche e fenicie più antiche (X sec. a.C.) non venivano indicate le vocali. Di conseguenza parole come mélek (re), mólék (regnante), màlak (egli regnò), malkàh (essi regnarono), ecc. sarebbero state scritte semplicemente come mlk. Dal IX al VI sec. (cioè prima della ca­ duta di Gerusalemme nel 587 a.C. e dell’esilio babilonese) le consonanti *>y, ì weT) h furono usate al termine di parola per indicare vocali finali: 1w 'y 7] h

= u “ i ■= altre vocali

es. es. es.

màfaku malki malkàh

essi regnarono il mio re regina

Nel periodo post-esilico 1y e 1 w furono usate come indicatori di vocale anche all’interno di parola, e acquisirono valori leggermente diversi da quelli citati sopra: ty La lettera H h venne ancora usata a fine parola come una lettera vocalica rap­ presentante qualsiasi vocale diversa da quelle appena menzionate. Le tre lettere y, 1 w e Ti /?, nella loro funzione di indicatori vocalici sono chiamate mater lectionìs (letteralmente, madre di lettura), seguendo la terminologia grammaticale tradizionale dell’ebraico. d. Il testo masoretico (TM) in generale riflette questo stadio dello svi­ luppo ortografico. Presenta, comunque, alcune incoerenze e irregolarità che vanno considerate: (1) in alcuni casi in cui ce li aspetteremmo, ' y e 1 w mancano. La grafia più corta è chiamata grafia difettiva mentre quella più lunga è chiamata gra­ fìa piena. Si osservi che la sola distinzione tra le vocali trascritte come w, w; f, J e o, 6 è che la prima di ogni coppia è rappresentata nella scrittura da una mater lectionìs mentre la seconda non lo è. Piena Dipi yaqum □“H1 yàrtm 'i m gàdól

Difettiva np* yàqmn egli sorgerà □T yàrim egli solleverà *77* gàdól grande

(2) Una à finale non è sempre indicata da H h: es. ^ tekà (a te), ptìpfì tiktóbnà (essi scriveranno).

F o n e t ic a

(3)

27

X ’ in molti casi non viene pronunciato, ma è sempre parte integrante

dello spelling: WìCl rós (testa), NXB màsa(') (egli trovò). Non appartiene, tut­ tavia, alla categoria delle matres lectionis discusse sopra dal momento che il suo apparire è limitato principalmente a quelle parole le cui radici ricorrono altrove nella lingua con X ’ mantenuto nella pronuncia. Generalmente nella nostra traslitterazione abbiamo comunque indicato lo X ’ quiescente. A volte, al fine di una maggiore chiarezza, l’abbiamo collocato tra parentesi, come sopra in màsaC). I punti (2) e (3) saranno menzionati più avanti nella sezione che tratta le forme grammaticali in cui si trovano comunemente tali irregolarità. 9. Il Daghesh I Masoreti impiegano un punto dentro una lettera per indicare a. che la consonante in questione è una doppia: hammélek il re b. che, nel caso delle lettere ambigue n D D ì } quella col punto è l’occlusiva mentre quella senza punto fosse la corrispondente aspirata: 2 b o bb * gogg *7 d o dd c.

2 A 1

b g d

che una n finale è da considerarsi non una lettera vocalica ma una conso­ nante morfologicamente significativa. Si confronti malica(h)

una regina

malkàh

il suo (f.) re

naa bàndh rna gàbcf h

egli costruì alto

[H è una mater lectionis per la -à finale] [PI è parte del suffisso che signi­ fica “il suo (f.)”] [H è una mater lectionis] [n è una consonante radicale, che qui viene pronunciata]6

6 È dubbio che ad ogni n con mappiq sia da assegnarsi il valore consonantico di [h]. La distinzione tra [regina] e pd*?» [il suo (f.) re] era probabiUnente solo grafica e non fonologica.

28

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

Quando il punto indica il raddoppiamento, è chiamato daghesh forte. Quando indica, invece, la consonante occlusiva anziché quella aspirata, è chiamato daghesh lene (debole). Il solo uso del daghesh in cui è possibile una certa confusione è il caso delle lettere bdgadlopaL Tecnicamente dovremmo attenderci due daghesh quando questi rappresentano consonanti doppie, uno per mostrare il raddop­ piamento (daghesh forte) e uno per mostrare b e non b. Ma, dal momento che le aspirate segnalate da queste sei lettere non ricorrono mai raddoppiate, un secondo punto è superfluo e non viene mai scritto. 10.1 punti vocalici Seguendo la loro pronuncia tradizionale, i Masoreti aggiunsero punti voca­ lici al testo ebraico (vedi l’Introduzione). Poiché tali punti furono sovrascritti su un testo che aveva già un sistema rudimentale per indicare la vocalizza­ zione, cioè le matres lectionis, si creò un gran numero di combinazioni (da cui l’apparente complessità della nostra traslitterazione). La tabella che se­ gue mostra la forma dei segni vocalici e la loro posizione in relazione alle consonanti (qui 3 b e n h)\ Nome del segno

Ordinario

Con mater lectionis 'y

pàtah qàmes hireq sere SdgÒl hólem qibbus

5 3 3 2 3 3 2 T

ba bd o bo bi (o bt) bè be ho bù





r2 bà (raro) '2 bi '2 bé bè

1w —







T









nh (solo finale) —

n3 T













13 bd 13 bù

bah

-----

712 beh n:p beh n'3 bóh (raro) —

5 le vocali ridotte:

?

bd

0

ha

0 he

C 0l ho

Osservazioni: 1. Vengono usati i segni vocalici per ì e u nel caso di scritture difettive, in cui vengano significati f o u ma non siano presenti nel testo né y né w. La

F o n e t ic a

29

vocale ì (3) è chiamata sùreq. Si noti che le vocali ridotte à è ed ó sono rap­ presentate da una combinazione del segno che sta per s e quello della vocale non ridotta corrispondente. I nomi delle vocali ridotti sono sawà (il nostro Shewa), hàtep pàtah, hàtep sdgdl e hàtèp qàmes rispettivamente. 2. La distinzione tra o = à (qàmes) q o = o {qàmes hàjup) è solitamente chiara: 9 ~ o in sillabe chiuse non accentate (es. somri\ yosmad) e 9 = à in tutti gli altri casi. C'è ambiguità quando la consonante seguente è punteggiata con O: ad es., deve essere letto màhku o molimi Per risol­ vere simili ambiguità, viene usato il cosiddetto metheg (vedi §11). 3. Quando una consonante chiude una sillaba (eccetto che alla fine di una parola), i Masoreti vi collocano sotto il segno dello shewa: mal-ki (il mio re). Per lo studente principiante ciò costituisce uno dei problemi prin­ cipali nella lettura dell’ebraico: quando il segno Q rappresenta la vocale a e quando invece non rappresenta nulla (cioè segnala la fine di una sillaba)? La risposta a questa domanda non è semplice; infatti tra i grammatici ebraici tradizionali vi sono diverse scuole di pensiero. Non entreremo nella disputa, dal momento che è totalmente irrilevante per la comprensione della lingua e per la traduzione, ma adotteremo piuttosto le semplici convenzioni che se­ guono: (a) Quando due segni di shewa ricorrono sotto consonanti consecutive (eccetto che alla fine di parola), la prima ha valore zero (e segnala la chiu­ sura di una sillaba) mentre la secondà ha valore di 9\ yìsmdru

(non yisamru o yisamdru)

(b) Quando una sillaba precedente presenta una delle vocali lunghe (w/w, olà, ili, èie, e,a), il segno di shewa rappresenta a: lapin « la n t

huqdmu essi furono stabiliti bórdku essi furono benedetti ydstmakà egli ti porrà yèrddù essi scenderanno satdtàh ella bevve (vedi § 11)

Ma dopo qualsiasi altra vocale esso ha valore zero: sìmkà malkè yismorkà

il tuo nome re egli ti guarderà

30

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

Sotto la prima di due consonanti identiche il segno di shewa rappresenta sempre la vocale a, indipendentemente dal tipo di vocale presente nella sil­ laba precedente: sihlè

(non siile)

(c) Sotto la prima consonante di una parola il segno di shewa rappre­ senta sempre la vocale a: ÌT}

bdyàdó

nelle sue (m.) mani

[Le varie forme del numero due (f.) sono le uniche eccezioni: stàyìrn

sté\

4. La semivocale a (vedi §6) è rappresentata dal segno o, posizionato sotto la consonante gutturale finale ma pronunciato prima di essa: S9mda\ sàtnerh. Tale segno è tradizionalmente chiamatopàtah furtivum. 5. Il segno vocalico di hólem può coincidere con uno dei punti che di­ stinguono sin e sin; i testi stampati possono presentare variazioni. Es. naso’ (sollevare); $3 bós (vergognarsi). 6. La coincidenza di una mater lectionis *y e di uno ' y consonantico è frequente: rìHDJ nokìiyàh (potrebbe essere trascritto anche come nokriyyàh). 1. La consonante "] alla fine di parola presenta sempre un segno di shewa se non ha altra vocale; abbiamo di conseguenza làk (a te - f), ma ^*7 hkà (a te - m.). 8. Nella situazione piuttosto rara in cui una sillaba finale chiuda una parola con due consonanti, es. wayyébk (ed egli pianse), il segno di shewa è posizionato sotto entrambe le consonanti: 11. Il Metheg Il metheg è un piccolo tratto perpendicolare posizionato sotto la consonante e a sinistra del segno vocalico (se è presente). Esso serve a diversi scopi or­ tografici, dei quali i seguenti sono i più importanti: 1. Poiché le vocali à q è sono regolarmente sostituite da s in sillabe aperte che precedono di due o tre posizioni l’accento principale, il loro pre­ sentarsi in tali posizioni può essere considerato come anomalo. Esse sono segnalate di solito con un metheg:

F o n e t ic a

31

’DJN •

IT

'anóìd io béraktàni tu mi hai benedetto _

2. Di fatto, qualsiasi vocale lunga che ricorre due o tre sillabe prima dell’accento principale può essere marcata allo stesso modo, sebbene i di­ versi manoscritti non siano coerenti nel farlo. Si confronti yu^ìn hósa ' ■ ’SiPWill hósfent

•v

salva! salvami!

........

.

Quest’uso è particolarmente importante con la vocale 9 , che ha il valore di una o breve [0] in sillabe chiuse non accentate e di una a lunga nel resto dei casi. Il metheg è usato con 0 = à in qualsiasi posizione dubbia per assicurare la lettura corretta: ydbàrakéni egli mi benedirà (non ydborkéni). [Un altro espediente usato in una parola come quella appena vista per assicu­ rarne la corretta lettura è di punteggiare con Q piuttosto che O:

ydbàràkèni. Quest’uso di à al posto di a è irregolare, dal momento che la consonante sotto cui appare non è una gutturale.] 3. Le vocali brevi prima dell’accento principale ricorrono di solito in sillabe chiuse. In tuttiicasi in cui succede il contrario, la vocalepuò essere segnata con il metheg: ta ’àmdd ella starà in piedi ’oholó la sua (m.) tenda Quest’ultimo esempio, cono = o, sembrerebbe eliminare l’utilità del metheg, menzionata sopra, per distinguere tra i due valori di O. In realtà, ciò non ac­ cade spesso giacché il segno o = à solo di rado è seguito da Q = ó nella sil­ laba successiva, al posto del più comune Q = à: ad es. Ì1Q2 bdhàru (essi scel­ sero). 4. Il metheg con una vocale breve in quella che sembra essere una sìl­ laba chiusa indica che il raddoppiamento normale della consonante seguente è stato tralasciato: hamraggdlim (le spie) al posto di hammdraggdlim, In questo libro il metheg sarà usato sistematicamente solo con O per segnalare la distinzione tra il valore di o e di a. Di conseguenza

T

1

T

’àkdlàh ’oklàh —

ella mangiò cibo

32

I n t r o d u z io n e

a l l ' e b r a ic o b ib l ic o

Il metheg sarà usato anche in maniera sporadica per segnalare al lettore una divisione sillabica che altrimenti potrebbe sfuggirgli.

I n t r o d u z io n e a l l ’E b r a ic o B ib l ic o

L e z io n e 1

[Leggere i §§ 1-3 della sezione “Fonetica", pp, 15-19] 12.11 sostantivo: il genere Quasi tutti i sostantivi ebraici appartengono a una delle due categorie gram­ maticali chiamate generi: maschile e femminile. I sostantivi che denotano esseri animati hanno di solito il genere grammaticale corrispondente al ge­ nere naturale (sesso), ma in altri casi non c’è una chiara correlazione tra ge­ nere e significato. Per esempio "IH har (montagna) è maschile, mentre Hina gib 'ah (collina) è femminile. Ci sono poi alcune indicazioni formali del genere: i sostantivi che fini­ scono in -ah, -et, -ai sono quasi sempre femminili, come ad esempio

ns

malkàh bai

regina figlia

nttì

dà 'ai tip ’éret

conoscenza gloria

1 sostantivi che non presentano queste finali sono generalmente maschili, ma esistono importanti eccezioni, come ad esempio nK 'ében TV ‘ir 'éres

pietra (f.) città (f.) terra (f.)

ni

E necessario pertanto imparare il genere di ciascun sostantivo, dal momento che esso non può essere dedotto in maniera sicura dalla forma o dal signifi­ cato. Tutti i sostantivi che terminano in -ah, -et e -at e che vengono fomiti nei vocabolari delle lezioni, devono essere considerati come femminili, mentre tutti i vocaboli rimanenti come maschili, a meno che non sia indicato il contrario, Un elenco tipico si presenterà come segue n$N ’issah “IZH dàbàr

parola

7|“n

dérek

donna’éres terra (f.) via (m. o f.)

L’ultima voce significa che dérek può essere usato sia come maschile che come femminile; parole di questo tipo costituiscono una classe molto ri­ stretta.

I n t r o d u z io n e

36

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

13. Il numero In ebraico si distinguono tre categorie dì numero: singolare, duale e plurale. Mentre il duale e il plurale sono segnalati da desinenze particolari, non av­ viene così nel caso del singolare: Singolare 7J Di'1 13 113

Duale

yàd yóm ben bai

yàdàyim yomàyìm — —

Plurale rriT

yàdót yamim □^3 banìm niB bandi

mano giorno figlio figlia

Il duale ha un uso molto ristretto e viene usato soprattutto quando si riferisce a membra doppie del corpo umano (es, le mani) e per determinate espres­ sioni di tempo o numero, come “200”, “due volte” e “due anni”. Per dettagli, vedi sotto il §92. Il plurale è indicato dalle desinenze -im e -ót (o -of). Sfortunatamente, esso non viene sempre formato attraverso la semplice aggiunta di una dì queste desinenze al tema del singolare. In un gran numero di sostantivi av­ vengono cambiamenti nella forma del tema: mélek ’is QV yom

re uomo giorno

plurale:

□‘0 *7$ mslàktm ’ànàsim EPfò; yamim

L’unica osservazione generale da farsi riguardo alle desinenze plurali è che la maggior parte dei sostantivi femminili ha il plurale in -ót e la maggior parte dei sostantivi maschili in -im. Questa è solo un’indicazione ap­ prossimativa come appare evidente dalle eccezioni che seguono: nK n$N

’àb ’ìssàh

padre donna

plurale:

niHK ’àbót nasini

(maschile) (femminile)

Sì osservi che un sostantivo mantiene il suo genere indipendentemente dalle desinenze che presenta nel plurale. Nelle lezioni successive prenderemo in esame i più importanti tipi di sostantivi e le loro forme plurali. Per poterli usare negli esercizi verranno introdotte nel vocabolario le forme plurali di alcuni sostantivi molto frequenti (e spesso irregolari) prima che il tipo gene­

37

L e z io n e 1

rale al quale appartengono venga studiato in dettaglio. È consigliabile impa­ rare queste forni e man mano che saranno presentate. 14. L’articolo determinativo L’articolo determinativo ebraico trova una stretta corrispondenza nell’uso e nel significato dell’articolo determinativo italiano. Nella sua forma di base l’articolo è ha- al quale si aggiunge il raddoppiamento della consonante che lo segue. L ’articolo viene prefìsso direttamente al sostantivo che intende de­ terminare: rpà bayit HJ7Ì nà 'ar itti mélek

una casa un giovane un re

fpàn habbàyit “lyan hannà ’ar hammélek

la casa il giovane il re

In ebraico non esiste l’articolo indeterminativo; bayit può essere tradotto come “casa” o “una casa”. Il sostantivo con l’articolo determinativo è usato anche per esprimere il vocativo: hammélek O re! 15. Preposizioni Da un punto di vista puramente formale, nella lingua ebraica troviamo tre tipi di preposizioni. a. Le preposizioni che si aggiungono direttamente alla parola che segue e sono scritte come parte di questa. A questa categoria appartengono ^ bd (in), ) fo (a) e 3 fo (come): mélek bdmélek

un re in un re

hmélek ^1*?^ kamélek

ad un re come un re

Quando un sostantivo è determinato per mezzo dell’articolo, queste tre preposizioni si combinano con l’articolo formando una singola sillaba che mantiene la stessa vocale dell’articolo: 7[^5

hammélek il re bammélek nel re

lammélek kammélek

al re come il re

b. Le preposizioni che si aggiungono alla parola che segue mediante un trattino chiamato maqqèp. A questa categoria appartengono ’el- (a, verso), "Vv 'al- (su, sopra), e min- (da):

I n t r o d u z io n e

38

rròn-^y

'al-habbàyit ’el-habbàyil rP?rn& min-habbàyit

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

sulla casa alla (verso la) casa dalla casa

Il maqqép indica che queste preposizioni sono proclitiche, cioè che non hanno un proprio accento ma sono pronunciate come prima sillaba dell’intero sintagma. c. Il terzo e più grande gruppo è formato da preposiziopi che vengono scritte come parole separate: rràrt ^ k □UH

’e?el habbàyit néged ha ’àm lìpnè hammélek

vicino (presso) la casa di fronte al popolo alla presenza del re

Esistono molte combinazioni appartenenti a questo tipo e verranno an­ notate nel vocabolario di ciascuna lezione. Le preposizioni del terzo gruppo possono essere occasionalmente unite alle parole che seguono col maqqèp. Questa pronuncia proclitica è dovuta a regole d'accento, piuttosto complicate, che non saranno trattate qui. Il lettore dovrà atte­ nersi agli esempi presenti negli esercizi; tali esempi metteranno in evi­ denza gli usi più comuni, 16. Frasi con predicati avverbiali In ebraico, un sostantivo e un sintagma preposizionale (o un avverbio di luogo) giustapposti costituiscono una proposizione. 1V33 ivfo

hannà ’ar babbàyit

II giovane è nella casa.

Tali frasi non contengono un preciso corrispondente del verbo “essere” ita­ liano e assumono il valore temporale determinato dal contesto in cui sono inserite. Le frasi isolate degli esercizi dovrebbero essere preferibilmente tra­ dotte in italiano con il presente indicativo. Il normale ordine delle parole è: soggetto (cioè sostantivo) - predicato (cioè sintagma preposizionale o avver­ bio). Un avverbio interrogativo, invece, come ad esempio ’ayyèh (dove?), si trova sempre all’inizio della frase: "Win 7\%

’ayyèh hannà 'ar

Dov’è il giovane?

39

L e z io n e 1

17. Vocabolario 1 Sostantivi:

iv i nà'ar IH zàqén

Preposizione:

A vverbi: Congiunzione :

bàyit nàhàr sàdeh Ttf dérek al­ ? ba ’ésel D# sàm ’ayyèh 1 wa

giovane, ragazzo, giovinetto; usato anche nel senso di domestico, servitore vecchio, anziano (di una città) casa fiume campo strada, via (m. o f.) su, sopra, contro, riguardo a, a causa di (vedi § 15a) in, con (nel senso di “per mezzo di”) vicino, accanto, presso lì, in quel posto dove? in quale posto? e [viene prefisso direttamente alla parola seguente: wahannà 'ar, e il giovane]

Esercizi (a) Dividi in sillabe ciascuna delle parole seguenti; mikkókabè samà 'ini dabàràw n r n waydabbaru biqqastìkà salósim yosmadu ìnSip? yittanéhu bàràkéni oynVrty sadótèkem ya 'amdù 'grnan higgadtàni ziqnéhem n rti wayyàmot (b) Traduci oralmente in ebraico: 1. una casa, la casa, nella casa, vicino la casa 2. un campo, in un campo, nel campo 3. una strada, su una strada, sulla strada 4. Dov’è il ragazzo? - il vecchio? - la casa? 5. Il ragazzo (il vecchio, la casa) è lì. 6. il vecchio e il ragazzo; la casa e il campo. (c) Traduci: 1. ’ayyeh hannà'ar? hannà'ar babbàyiL

.ivi? "IVin ."lV3n !TK

1

40

I n t r o d u z io n e

2. 3. 4. 5. 6.

’ayyèh hazzàqén? hazzàqén sam. ’ayyèh habbàyit? habbàyit ’ésel hannàhàr. hassàdeh ’ésel hannàhàr. hannà 'ar wdhazzàqén bassàdeh. ’ayyèh hazzàqén? hazzàqén 'al-haddérek

(d) Scrivi in ebraico: 1. La casa e il campo sono vicino al fiume. 2. Il giovane è sulla strada. 3. Dove sono il ragazzo e il vecchio? 4. Il ragazzo è nel campo. 5. Il fiume è vicino alla casa.

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

.nw ii>Tn .ii>Tn n>N 2 rran .rràn rrK 3 .*inan

rn&n lì?Tni nyin ì m *li?ID n »

4 5 6

L e z io n e 2

[Leggere i §§ 4-6 della sezione “Fonetica ”, pp. 19-23] 18. L’articolo determinativo (cont.) Davanti a parole che iniziano con una consonante gutturale (X\ 17', PI h, n h) o con la “1 r l’articolo determinativo ha una forma leggermente diversa da quella esposta nella lezione precedente. a. Davanti a K’ e 1 r l’articolo è Pi hà-

*

njn T

T

’is rà 'db ~

uomo

Iì^npì ha’is

l’uomo

carestia

HSHPì hard 'db

la carestia



T

T

T T

b. Davanti a V l’articolo di norma è n ha-, ma se V' è seguito da à non ac­ centata, l’articolo è T) heTS7 'ir d n y ’àrim *)Dy 'dpàr •

città TS?n w città (pi.) O'HVO he 'àrim polvere 1DUD he'àpàr *

r

la città le città la polvere

c. Davanti a PI h e n h l’articolo di norma è Pi ha- (senza raddoppiamento). Ma se PI h è seguita da à non accentata, o se n h è seguita da à accentata o non accentata, l’articolo è p hehèkàl héreb □DH hàkam V

M

T

T

onn • T

hdrim

palazzo spada un u omo saggio monti

3iqn

hahèkàl hahéreb hehàkàm

il palazzo la spada l’uomo saggio

□nw

heharim

i monti

Come già detto al §15a le preposizioni 3 bd,^ h e 3 kd sono aggiunte di­ rettamente al sostantivo cui si riferiscono. Davanti a un sostantivo con l ’articolo determinativo la consonante della preposizione sostituisce la h dell’articolo. La vocale dell’articolo, che cambia secondo le regole ap­ pena esposte, non è in alcun modo alterata da questa variazione:

42

I n t r o d u z io n e

IZ/'Kn ha‘is heharim

l’uomo V'ÌÒ la ’ìs le montagneD'H.n^ behàrim

a l l ’ e b r a ic o b ib l ic o

alPuomo nelle montagne

19.11 plurale dei sostantivi Si osservino i seguenti gruppi di sostantivi: a. b.

bdkòr hàlóm “137 dàbàr li?! zàqèn Dlpip mdqóm liD} T

plurale:

T

D'HlD} bdkórim ni»V?q ha lomot ddbàrim Q^i?ì zaqènim mdqòmòt ni

primogenito sogno parola vecchio luogo

Nel primo gruppo (a) i temi del singolare e del plurale sono identici, ma nel secondo gruppo (b) la a della prima sillaba è ridotta in a secondo il principio esposto al §5. Si noti che nel gruppo (a) la vocale della prima sillaba è già a (o un suo equivalente) al singolare; ne consegue che essa non può andare in­ contro ad ulteriori riduzioni vocaliche nel plurale. Un secondo tipo di sostantivo, molto frequente e composto da due sillabe, è rappresentato dal gruppo che segue:

rnf

mélek zébah séper nò 'ar , ’ébed

plurale:

nidlàkìm EPrQJ zdbàhìm o n w sspàrim cny} nràn

rpN

Ty:p Datori Eripjtfà I . n n "iv3n .*?mn rràa wn , i

-T

- - —

.4

4

52

In t r o d u z io n e

6. 7. 8. 9. 10. 11. 12;

‘ayyéh hammélek? h u' bahékàl haggàdól. mi tób? tóbàh hà ’issàh hayyàpàh. haddàbàr tób md ’dd. gàdól hàrà 'ab bà 'ir. hà 'àbàdim rà 'im md ’dd. hazzdqénim ’é$el habbàyit. he 'àrim haqqdtamót ’ésel hannàhàr haggàdól.

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

■ ^ 3 n»i?

6

.aito '’B .hd-ti n#Nn pqìd .ito zriD -n^n .t s g nv“in Viìa .ito? n^vi .iran n'i\pjri in |n niaDpn onyp .*?iìan

7

(d) Scrivi in ebraico: 1. Le donne sono molto belle. 2. La città è molto grande. 3. La casa è vicino a un piccolo campo. 4. Gli uomini e le donne sono sulla strada. 5. Le grandi case sono nella città. 6. Le donne sono malvagie. 7. L’affare è poco importante (lett. piccolo). 8. Il piccolo giardino è vicino la strada.

T T -

*

T

T



T

T

TT

T

T

8 9 10 11 12

L e z io n e 4

[Leggere il § 7 nella sezione “Fonetica”, pp. 23-25] 25. Sostantivi plurali (cout.) 1 sostantivi composti da due sillabe, la cui prima sillaba è chiusa o contiene un vocale immutabile lunga e la seconda sillaba è vocalizzata con à o e, for­ mano il loro plurale in due modi: la prima sillaba rimane immutata; nella se­ conda sillaba, invece, la è è ridotta in 9, mentre la à viene di solito mante­ nuta, I sostantivi seguenti illustrano i tipi più rilevanti: (a) sostantivi con la prima sillaba chiusa: mispàf m al’ak najfò mìzbtfh

plurale:

mispàtim m al’àkim nirpT» mizbahót

giudizio messaggero altare

(b) sostantivi con una vocale immutabile lunga nella prima sillaba: ’dyéb irp kóhèn DDÌ3 kókàb hékàl

plurale:CPT’N ’óydbim kóhànim tPnDto kókàbim hèkàltm

nemico sacerdote stella tempio

Una situazione particolare si riscontra in alcune parole, come ad esempio, "fiy 7wwér KD3 kissè ’

plurale:

D'H'IV 'iwrim nlNpS kìs’ót

cieco (agg.) trono

In questi casi, la consonante doppia del singolare è semplificata al plurale con il risultato della perdita di una sillaba: non abbiamo infatti né 'ìwwarim né kissd ’ót ma ’iwrim e kis ’ót. Le irregolarità di questo tipo verranno sempre segnalate nei vocabolari delle diverse lezioni. 26. Il Participio attivo In ebraico, tutte le forme verbali e la maggior parte dei sostantivi possono essere scomposte analiticamente in almeno due parti: una radice e un modulo vocalico formativo. Nel gruppo di parole ■qrD bàruk rm mdbàrék

benedetto (agg.) benedicente (verbo)

54

I n t r o d u z io n e

borale Tia bérék bdràkah

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

egli fu benedetto egli benedisse benedizione (sost.)

la sequenza di consonanti BRK porta con sé la nozione di “benedire”. Una sequenza di questo tipo è chiamata radice delle forme. Si noti che la radice è un’astrazione grammaticale da gruppi di parole e non viceversa; in altri ter­ mini, una radice non ha alcuna esistenza autonoma al di fuori della sua in­ corporazione nelle parole e dire che le parole derivano da una radice è in qualche modo fuorviante rispetto alla comprensione della natura della lin­ gua. Il modulo delle vocali collegato ad una parola data può avere o meno un significato proprio. Per esempio, dalla parola mélek (re), malkah (regina), malkut (regno), màlak (egli regnò), homlak (egli fu fatto regnare), ecc. pos­ siamo astrane una radice MLK che ha a che fare con le nozioni di “regnare” o “governare”. Nondimeno, dire che la parola mélek sia formata dalla radice MLK e da un modulo vocalico formativo e-e (che indicherebbe colui che compie ciò che viene specificato dalla radice) ha un fondamento piuttosto debole. Il modulo vocalico e-e non costituisce infatti uno schema regolare per la formazione di sostantivi d’agente. Ora però si consideri il seguente gruppo di parole: DrD kóteb yóseb TjVn hólèk 7T yòréd

scrivente che siede, seduto andante, che cammina che scende

Il modulo vocalico ò-è è uno schema consueto per la formazione del partici­ pio attivo nel caso delle radici composte da tre consonanti, come quelle ap­ pena illustrate. Tuttavia, mentre dal punto di vista analitico è sempre legit­ timo isolare radici e moduli formativi, bisogna essere sempre cauti nell’assegnare significati specifici a questi ultimi. Inizieremo lo studio del verbo ebraico con la forma del participio men­ zionata sopra. Per quel che concerne la sintassi e la flessione, il participio è come un aggettivo sotto quasi tutti gli aspetti: Singolare m. f.

yóseb yósébet

Plurale yósdbim nlnt^ yósdbót

che siede, seduto

55

L e z io n e 4

La prima vocale è immutabile lunga; la vocale della seconda sillaba è è e pertanto suscettibile di mutamento. Si osservi la forma femminile singolare con -et finale e il corrispondente cambiamento vocalico nella sillaba tema­ tica finale. Meno frequentemente si riscontra la forma na^'’ yóssbàh. Il participio può essere usato come attributivo, DJpn tó^xn ha ’is hakkòtèb

l’uomo scrivente o l’uomo che sta scrivendo

o predicativo, nn’3 tf^XH ha ’is kóteb

L’uomo sta scrivendo.

Questi due usi non si discostano in alcun modo dalla sintassi dell’aggettivo trattata nella lezione precedente. Il participio, sia come attributo che come predicato, indica di solito un’azione continuata, nel suo svolgersi, per cui viene meglio tradotto con tempi e forme che implicano una sfumatura progressiva: in italiano col parti­ cipio, col gerundio perifrastico o con forme equivalenti. Il tempo verbale, come nelle frasi aggettivali della lezione precedente, deve essere ricavato dal contesto. Le frasi participiali negli esercizi dovrebbero essere tradotte al pre­ sente o al futuro immediato (egli sta per...): 00*7 }T}Ì UTXH ha ’is noten léhem laddallàh L’uomo sta dando (sta per dare) del pane alla povera donna. 27. L’indicatore dell’oggetto diretto "J18 ’etQuando l’oggetto diretto di un verbo è un sostantivo determinato (cioè ha l’articolo determinativo) o è un nome proprio, è di solito preceduto dall’indicatore dell’oggetto diretto ’DX 'et- (o, senza maqqép, fiX ’èt): rninrrn$

tt^XH ha ’is sómér ’et-hattóràh L’uomo sta osservando la Legge. T ir nX nn'X DJm hà ’àm ’ohèb ’et-Dàwid Il popolo ama Davide. • T

V

«

T

T





Se invece l’oggetto è privo dell’art. determin., l’indicatore non viene usato: m i nris ttrxn T

T

••

*

T

hà ’is kótèb dàbàr L’uomo sta scrivendo una parola. “



L’indicatore può essere ripetuto davanti a ciascun membro di un oggetto diretto composto:

I n t r o d u z io n e

56

rnìflrrnK U'yjU} ni^D Tim

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

hà ’ànàsim somdrim ’et-hattóràh Wd *et-hammiswdt Gli uomini stanno osservando la Legge e icomandamenti.

28. Vocabolario 4 Sostantivi:

V erbi:

Preposizioni:

N03 arp Vdk irii TjVn

m -m

sopét mal ’àk kissè ’ kdtèb •dm nólèn holék yóseb et ’eth’el-

bd 'énè

(pi. -im) giudice (pi. -im) messaggero, angelo (pi. irreg. niKQS kis’óì) trono (ptc. att.) scrivere (ptc. att.) mangiare (ptc. att.) dare, collocare, posizionare (ptc. att.) andare, camminare (ptc. att.) sedere, risiedere, abitare indicatore dell’oggetto diretto (vedi §27) indicatore dell’oggetto diretto (vedi §27) a, per (in senso dativo); come su, verso (implica di solito movimento o attraversamento di spazio, ma spesso è sinonimo di h-) agli occhi di, ad opinione di, secondo, per quanto concerne

Esercizi (a) Costruisci il plurale dei seguenti sostantivi: “1DD sópèr {-‘im) i r ò mó 'ed {-im) miskàn (-im)

scriba tempo fissato tabernacolo

(b) Traduci oralmente in ebraico: 1. il giudice sta seduto 2. il re sta scrivendo 3. il ragazzo sta camminando 4. la donna sta dando 5. il messaggero sta andando 6. l’uomo sta dando

a» ic1?#

gcmnàb (-im) sulhàn (-ót) miqdàs (-im)

ladro tavolo santuario

L e z io n e 4

57

7. lo schiavo sta mangiando 8. la donna sta andando (c) Volgi al plurale ogni elemento deir esercizio precedente. Es.: i giudici sono seduti. (d) Trasforma gli elementi dell’esercizio (b) in locuzioni attributive (sostan­ tivo + ptc. in forma attributiva), come ne “il giudice (che è) seduto”. (e) Traduci: 1. hassópèt nótèn ’et-hasséper là ’ts. 2.

ha ’issah yosébei ws ’dkélet babbàyit. ha ’ànàsim hóhktm 'el-hahèkàl haggàdól.

3.

hammélekyóséb wdkótèb basséper. hammal ’àkim hótekfm ’el-hahékdl.

4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 1

1

.

12.

ra ' haddàbàr bd 'èné ha 'arri, hanm 'àrim hóhkim ’el-hannàhàr. hammélek yóséb 'al-hakkissé’ bahèkàl ha 'am yóséb bà ’ares haggddólàh. ha ’is Wdhà ’issàh yósdbim bà Ir hàrà 'ah.

npórrn^ )rìi ddwh

2 3 .Mu n ì? y n T ìi# .“1903 rupi 2^ ^ $ n

4

c r^ n o'ON'parf

5

.□yn T y a nrnn yn nnyjn

6 7

K03n“*7y

8

T -

T T

13.

hù 1kdtèb ’et-hadddbàrfm ’alhassèper.

14. 15.

’épóh yosdbót hannosim? tobim ha abadim bd ene hammélek , A l

7

— f

w T



7*

I

f

A



T

*

»

T

-

¥

T -

-

T^én T

••



. n ^ n ri& ì y # ' QVO n$Nn 1

“in|n

9 10

.nym Tya D ^w n

11

tn ^ ri

12

T

hassdpstim hóhkim fel~hannàhàr. haylàdìm yósdbim ’ésel hannàhar haqqàtón.

1

TT



• P

i ?

T

n

□n^rt-riK nns «in .“i^érrVy .o^an nint^ n'D’w ^py:? Dnn^n a n io Ts tifo

13 14 15

58

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

(d) Scrivi in ebraico:

1. 2. 3. 4. 5. 6.

I ragazzi stanno andando alla città. Gli schiavi sono seduti vicino le case piccole. Il ragazzo sta dando il libro all’uomo, L ’uomo e la donna siedono nel giardino. Gli uomini stanno dando al re il piccolo campo e il giardino. Il popolo sta dimorando in una buona terra.

L e z io n e 5

[Leggere i §§ 8-9 nella sezione "Fonetica ”, pp. 25-28] 29. Le preposizioni 3 ba-,

kz-

La forma di queste tre preposizioni è determinata dalla prima consonante o sillaba della parola alla quale sono prefissate: a. Se il sostantivo comincia con la sillaba ' y9, le forme attese *beyd, *hyd e *loyd sono sostituite da bi, li e la:

•-

1

•— T

»



ydrusàlàim birusalàim lirusàlàim kirusàlàim

Gerusalemme in Gerusalemme a Gerusalemme come Gerusalemme

b. Se il sostantivo comincia con qualsiasi altra consonante seguita da d, le preposizioni assumono la vocale i\ sdmu ’èl bismù ’él lismu ’èl

Samuele in Samuele a Samuele come Samuele

Si noti che lo d del sostantivo cade nella pronuncia: si avrà così la silla­ bazione bis-mu- ’él, e non bì-sd-mu- ’él. c. Se il sostantivo comincia con una consonante gutturale seguita da una vocale ridotta (a, è o o), le preposizioni assumono la vocale breve corri­ spondente: hàlóm un sogno in un sogno nftpa bahàlóm a un sogno lahàlóm kahàlòm come un sogno ’émét verità in verità n $ P be ’émét a verità m i le ’émét come verità nftfcp ke ’émét

I n t r o d u z io n e

60

rp]$

’Óniyàh bo ’óniyah

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

una nave m una nave, ecc.

d. Davanti a parole che hanno l’accento sulla prima sillaba (quindi soprat­ tutto davanti a parole monosillabiche) le preposizioni sono facoltativa­ mente vocalizzate con a. Esempi di queste forme piuttosto limitate sa­ ranno fatte notare quando ricorreranno. e.

Così come affermato in precedenza, queste tre preposizioni si possono combinare con l'articolo determinativo, che perde le sua PI h iniziale. La vocale dell’articolo rimane immutata.

f.

Al di là dei casi particolari esposti nei paragrafi precedenti, le preposi­ zioni ricorrono semplicemente come £ bd-, ^ ldkz>-\ -pya

30. La preposizione

bd 'ir kdmélek ld ’is

in una città come un re a un uomo

m in

a. Davanti all’articolo determinativo questa preposizione può avere sia la forma me-, unita direttamente alla parola che la segue, o p min-, che è congiunta di solito alla parola che la segue col maqqép: dal re min-hammélek o mèhammélek

T j^ rn a

b. Davanti a sostantivi che iniziano con una consonante gutturale o con r, la preposizione prende la forma di me- ed è unita direttamente alla pa­ rola che la segue; TV 'ir tt/NH rd(')s

una città una testa

Tllft me 'ir tiWlQ méróOs

da una città da una testa

c. Davanti a tutti gli altri sostantivi la forma è & mi + il raddoppiamento della prima consonante: mélek

un re

Tl’piftt mimmélek

da un re

L e z io n e 5

61

La sequenza miyye- è comunemente contratta in mi-, come in rTJìnV? mihùdàh (per *miyy9htìdàh) da Giuda. 31. Il comparativo

,

Per esprimere il grado comparativo l’aggettivo non viene alterato nella sua forma. Viene usata, invece, la preposizione ìfp min davanti al sostantivo che funge da secondo termine di paragone, ivintt con tì^XH hà ’is hàkàm mèhannà ’ar L’uomo è più saggio del ragazzo. ------

T

T



T

*“

Sono possibili, ma non usuali, altri ordini di parole nella frase: HWXH HEP yàpàh hà ’issàh mèhanna 'àràh La donna è più bella della ragazza. La stessa costruzione può essere tradotta con “troppo.. .per...”. Es.: n i’tes?? n$i?

qàsàh hà ’àbódàh méhà ’is Il lavoro è troppo duro per l’uomo.

La scelta tra il comparativo e la traduzione “troppo...per” dipende da quale delle due forme sia in grado di rendere meglio il senso della frase. 32. Il pronome relativo

’àser

In ebraico, diversamente dall’italiano, il sintagma preposizionale non è posto di solito accanto al sostantivo cui si riferisce. Mentre noi possiamo dire “il libro sul tavolo” o “la fontana nel parco”, dove “sul tavolo” e “nel parco” si riferiscono rispettivamente a “libro” e ‘fontana”, in ebraico espressioni di questo tipo sono più frequentemente introdotte dalla parola “1$$ ’àser, che di norma equivale ai pronomi relativi italiani il quale, la quale e che, TV21 *■)$$ f 1X3

hà ’is ’àser bà 'ir Qyn hà 'àm ’àser bà ’àres

l’uomo nella città, o l’uomo che è nella città il popolo nel paese, o il popolo che è nel paese.

La parola 1$% ’àser non è condizionata dal genere o dal numero di quella che la precede:

I n t r o d u z io n e

62

ha ‘m ah ’àser bahèkàl

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

la dolina nel tempio.

*1$$ ’àser non è normalmente impiegato davanti ad aggettivi o participi. Ne deriva che la proposizione italiana “l'uomo che è saggio” venga resa come Qpnn W-Wn hà ’is hehàkàm (usando semplicemente l’aggettivo in forma attributiva), o solamente con DDH^i hehàkàm. E ancora - per indicare un altro esempio - “L 'uomo che è seduto” è UWtiT! hà ’is hayyoséb. Il participio può essere usato da solo, anche senza l’articolo determinativo, come equi­ valente delPitaliano uno che, qualcuno che, chiunque, egli che: T^'n holék be ’émèi

colui che (o chiunque) cammina nella verità

33. Vocabolario 5 S ostantivi;

3HT zahab hokmàh HO? késep r r à y 'àbódàh r t

ITO v

A ggettivi:

.<

1?: p' w

n?i? yun N omi Propri:

A ltro :

TB

'ésàh yàqàr yàsàr saddìq qàseh rasa' Dàwlcj Samu ’èl Ydrusàlàim

min-

’àser

oro sapienza argento, denaro lavoro, compito, schiavitù (cfr. •ébed) consiglio, avvertimento prezioso integro, retto giusto difficile, duro, severo malvagio, empio, criminale Davide Samuele Gerusalemme [Si noti che nella sillabazione ebraica manca il secondo 1 y. Ciò potrebbe indicare un’antica variante dialettale di pronuncia: Yarusàlèm] (prep.) da; usato anche come partitivo: mèhà’ànàsim, alcuni degli uomini. (pronome relativo) il quale, la quale, che

63

LEZIONE 5

Esercizi (a) Preponi la preposizione 2 bd- alle seguenti parole; prima poi con l’articolo. Esempio: késep, bdkésep, bakkésep. mdlàkìm rid 'artm DH3Ì7 'àbàdim o m o hàdàrim D“ny 'àrtm ’àdàmàh ydìàdim rnft ’óniyàh QpTf ddràkim ■T

senza l’articolo,

(camere) (suolo) (nave)

(b) Traduci oralmente in ebraico le seguenti espressioni. Usa l’aggettivo nella forma singolare maschile: 1. migliore del ragazzo 2. più grande della casa 3. più grande del fiume 4. più piccolo di un campo 5- peggiore degli uomini 6. più preziosi dell’oro 7. più giusto del re (c) Traduci oralmente in ebraico le seguenti espressioni. Trasformale poi in sintagmi che usino ’aser. Esempio: La città è nel paese

1. 2. 3. 4. 5.

—> la città che è nel paese

Il ragazzo è nel campo grande. Le parole sono nel libro. La donna è sulla strada. L ’oro è nel tempio. L ’argento è nella casa.

(d) Traduci: 1. ydqàràh hohnàh mizzàhàb. 2. qàsàh hà 'àbòdàh méhà ’ànàsim. 3. yasàrim hà ‘àbàdtm mehammdlalani.

.nn-TS Httpn mj??

1

IT7Ì!l^n ' 2 .D'OCHE CT“l$? 3

64

I n t r o d u z io n e

4. 5.

Dàwid yàsàr md 'od. hù ' nótèn hokmàh lammélek hayyóséb ’al-hakkissè ’. 6. r à fim hadddbàrim ’àser basséper. 7. tóbah lióbnàh mikkésep. 8. yssàrim hà ’ànàsim. 9. Dàwìd wdhà ’ànàsim ydssbim birùsàlàim. 10. mi ?addiq missdmù ’èl? 11. hà ’èsàh rà 'ah md ’dd. , 12. ’ayyèh haysàrim wdhassaddiqim?

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

.7X& ^ Ì 1Ì t?.$? n?DDn irù m I

.-idó5

T

T

• T

n n ^ n nnn n ^ n rniu .e tta r i in *— T

.c p ^ n i

4 5 6 7 .8 9

»

n n nvvs nsN

(e) Scrivi in ebraico: 1. Il re sta dando Toro e l’argento agli uomini che sono nel palazzo. 2. La sapienza è più preziosa dell’argento (traduci senza articoli). 3. Sono molto cattivi i messaggeri in Gerusalemme. 4. Samuele e Davide sono retti e giusti. 5. Il lavoro è troppo difficile per il ragazzo. 6. Il campo è più grande del giardino vicino alla casa. 7. I giudici sono più malvagi dei re.

10 11 12

L e z io n e 6

[Leggere il § 10 nella sezione “Fonetica ”, pp. 28-30] 34. Sostantivi plurali (cont.) Dal punto di vista dei cambiamenti del tema, i sostantivi monosillabici si di­ vidono al plurale in due tipi: (a) quelli senza cambiamento, e (b) quelli che hanno un raddoppiamento della consonante finale: V A

Tt p sir DÌO sus nix ’ót Dì dàm T

n ay ro pn

'ès 'am hès hóq

v a

sirim D’QÌO susim niniN ’ótót dàmun 'ésim 'ammim crsn hissim D'IPt! huqqim

n'yu?

*

T

canzone cavallo segno sangue albero popolo freccia statuto

Si presti attenzione ai seguenti particolari: (1) I sostantivi con le vocali tematiche w, i, ó e di solito anche quelli con à non alterano il tema davanti alla desinenza plurale. (2) I sostantivi con la vocale tematica è si comportano in uno di questi due modi: a. il tema resta immutato, come in 'és - 'ésim b. la consonante finale del tema viene raddoppiata ed è viene sosti­ tuita da i, come in hès - hissim. (3) I sostantivi in a sono simili a quelli precedenti: a. quando la consonante finale del tema è una gutturale o r, la vo­ cale tematica è “allungata” in à, come in har - hàrìm b. altrimenti la consonante finale del tema è raddoppiata e la vocale tematica rimane la stessa, come in 'am - "ammim. (4) I sostantivi con la vocale tematica 6 seguono solitamente il modello di hóq - huqqim. Spesso, comunque, 6 costituisce una scrittura difettiva di 3 la ai

rab

(ptc. att.) gridare (nell’angoscia) (ptc. att.) inviare (ptc. att.) piantare (ptc. att.) partire, uscire (prep.) sotto; al posto di (cong.) perché, poiché, a causa di; che (agg.) molto, molti, numeroso (forme in § 22)

Esercizi (a) Traduci oralmente in ebraico: 1. L’uomo anziano sta andando via. 2. La donna sta piantando. 3. Il giudice sta inviando. 4. Il popolo sta gridando. 5. Il servo sta andando via. (b) Volgi al plurale ciascuna delle frasi dell’esercizio (a). (c) Traduci: 1. hi3’ànàsim nótd 'im rèsim rabbim 'al-hàhàr.

ì .in .r^ y n^ai T

2. 3.

hannà 'arydsèb tàhat hà ’és ’àser baggàn. gddólim h à 'èsim ’àser behàrim méhà 'èsim ’àser ’ésel hannàhàr.

T

rvn nné

-

*

-

iy|n

2

-ÌW 3

c ra n ."inan T T ”

4.

'ammim rabbim yósdbim bà ’ares ki hà ’àres tóbah ma ’dd,

dw

5.

hà fàm sd ’àqim baqól gàdól ki qàsàh ma ’dd hà 'àbódàh.

.■ma naitj f1KH *>:>Vn$ Vipa d$»s?x ay? .n in y n ì 'nq nwp

6. 7.

miyósè *mìn-hà 'ir hàrà ’àh? rà 'im hadddbàrim bd ’ènè hammélek hayyàsàr.

.nyin t v it i ?? ^ ti’póo ’T»? □na^n e v i .it^ n

4 5 6

7

I n t r o d u z io n e

8. 9,

hà ’issàh yósè(’) t mèhabbàyìt. hà 'àbàdim nòta 'im kérem qàtón ’èsel hassàdeh.

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

.rrsna m p nttfan Ib i? D i i

8 9

.niton

Scrivi in ebraico: 1. Il re sta inviando i messaggeri al giudice che è in città. 2. Il popolo sta andando via da Gerusalemme perché la carestia è molto grande, 3. Chi sta gridandando nella casa? 4. La vigna e il giardino sono vicino alla casa. 5. Egli è seduto sotto un grande albero. 6. Gli uomini sono buoni, ma i servi sono cattivi. 7. I servi sono migliori dei messaggeri.

L e z io n e 7

[Leggere il § 11 nella sezione “Fonetica", pp, 30-32] 37. Predicato di esistenza Al fine di asserire che qualcosa esiste la lingua ebraica impiega la particella yés, comunemente tradotta con “c’è (ci sono)”. tt/*’** W W

yés ’is yés ’issàh yès ’ànàsim

C’è un uomo. C’è una donna. Ci sono degli uomini.

In questa parola non avviene alcun cambiamento in relazione al numero o genere dell’oggetto predicato. La particella negativa fN *èn esprime invece la non-esistenza: Non c’è alcun uomo. Non c’è alcuna donna.

| • ^ V' — I

issah

Questo tipo di frase compare frequentemente per esprimere il possesso: *103 l’S ’èn la ’is késep nWN1? yès ’is là ’issàh T

'

T



«

^

L’uomo non ha argento. La donna ha un marito.

Nelle lezioni precedenti abbiamo trattato le frasi con un predicato avver­ biale. Tutti gli esempi usati, sia nelle lezioni che negli esercizi, avevano come soggetto sostantivi determinati. Una frase di questo genere ma con soggetto indeterminato, come “Un uomo è nella casa”, è virtualmente equi­ valente a quella che esprime esistenza “C’è un uomo nella casa”. Di conse­ guenza, le frasi che esprimono esistenza e quelle che hanno predicati avver­ biali risultano a volte identiche: sogg. deter. sogg. indeter.

rpÌ3 UPNri hà’is babbàyit rpà2 ^ yés ’is babbàyit

sogg. indeter.

ivàll

T*K

en ’is babbàyit

L’uomo è... Un uomo è... C’è un uomo... Nessun uomo è.,. Non c’è alcun uomo...

70

I n t r o d u z io n e

38. Le preposizioni

fo-,

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

b - e Tlfc? 'et- con i suffissi pronominali

Quando è l’oggetto di una preposizione, il pronome personale viene aggiunto come suffisso direttamente alla preposizione: *? li hkà làk i1? lo rò làh T

a me a te (m.) a te (f.) a lui a lei

lanù lakém n?1? làkén lahém in> làhén

a noi a voi (m.) a voi (f.)] ad essi, a loro (m.) ad esse a loro (f.)

Qui, come altrove nella lingua ebraica, esiste una distinzione per genere nella seconda e nella terza persona. Ci sono pertanto due pronomi ebraici corrispondenti all’italiano “te”, due pronomi ebraici corrispondenti all’italiano “voi” e due pronomi ebraici corrispondenti airitaliano “loro”. La preposizione ? bs con i suffissi pronominali si presenta analogamente alla precedente. Nel caso della 3a persona plurale viene anche usata la forma alternativa 03 barn per 003 bahém. I pronomi che svolgono la funzione di complemento oggetto di un verbo possono ricorrere come suffissi aggiunti alPindicatore deH’oggetto diretto, nel modo che segue: oti ’òtdkà ■qn'K ’Ótàk inX ’ótó ’ótàh T

me te (m.) te (f.) lui, lo lei, la

urto T

nm um T

’ótànu ’etkem ’etken ’ótàm ’dtàn

noi, ci voi, vi (m.) voi, vi (f.)] loro, li (m.) loro, le (f.)

Le forme delia 3a persona plurale ricorrono anche come ’ethen. Ecco alcuni esempi di utilizzo: Dfl'p I}1? in‘3 ti'ìl'n

’ethem e

ha ’is nótèn lànu léhem L’uomo ci sta dando del pane. ’pK ’èn li késep Non ho argento, ìftìj DI# yés lahem mélek Essi hanno un re. T y T 1^ onx hammélek s5li?h ’òtàm fel-ha Ir Il re li sta mandando alla città.

71

L e z io n e 7

39. Vocabolario 7 só(')n

SOSTANTIVI: "li??

V erbi: A ggettivi:

Tf *

T

PARTICELLE: rx

bàqàr gàmàl léhem yòréd 'àsir dal yès en #

(senza pi.) termine collettivo per bestiame piccolo (pecore e capre) (senza pi.) termine collettivo per bestiame grosso (tori, giovenchi, mucche, ecc.) (pi. irreg. gomallim) cammello (senza pi.) pane, cibo (ptc. att.) scendere, discendere ricco povero c ’è, ci sono non c’è, non ci sono

Esercizi (a) Traduci oralmente in ebraico: 1. Io ho un/una_____________ . (casa, giardino, campo, vigna) 2. Ella non h a ______________(marito, schiavi, denaro, libri) 3. Non abbiamo____________ . (re, giudice, città, cammelli) 4. L ’uomo non ha moglie. 5. Essi hanno_________ . (bestiame piccolo, cammelli, oro, argento) 6. Non ci sono alberi sulla montagna. 7. Ci sono molte case nella città 8. Ci sono molti messaggeri qui. 9. Egli ci sta inviando. 10. Egli sta scrivendo a noi. 11. Egli cì sta dando del pane. 12. Egli sta abitando in esso. 13. Ella li sta inviando. 14. Ella lo sta piantando per loro. (b) Traduci: ’èn ’isyósèb 'al-hakkissé 1. yès sèper sàm. 2. 3. ’èn sópétyàsàr bà 'ir. 4. hammal ’àkim yóradim mèhàhàr ki ’èn làhem léhem sàm.

.Koarr1™ 3 # ,>tfnjt *px . m i 5p w .TV3 "IttT DDW*pX ^ “inna n 'i y .□tf ujf? nd) r«

1 2 3 4

72

I n t r o d u z io n e

5.

hà 'àsirim notemm léhem laddallim hayyosdbim sàm. 6. hà ’ànàsim yósd ’im min-hà 'ir wdhóldkim 'el-hàhàr. I. hannàsim yòsd 'ót mèhà 'ir wDyórBdót \el-hannàhàr. 8 . yès lànu bàyit gàdól wzgan qàfdn, 9. mi hà ’ànàsim hahóhkim 'el-hà'ir? 10. haylàdim yosdbim ws ’oksHm bakkérem. II. hu’ ’àsir ma ’òd; yès lo késep wdzàhàb.

a l l ’ e b r a ic o b ib l ic o

no1? D^rù .d$ n ^ n T y n -p d^ ' 1 D ^ n n ìx p .Ibi? )ì ) □r?ynn

n iìtl rrè u 1? w

q’^ k i n 'ytf' o n > n .D*tèa ‘ò w .ixq tuty.w n

5 6 7 8 9 10 il

(c) Scrivi in ebraico; 1. Il re non ha città e non ha terra. 2. Dove siedono e mangiano i giovani? 3. I ricchi hanno pane ma i poveri non hanno pane. 4. I poveri stanno gridando perché non hanno cibo. 5. I giudici stanno inviando al re i libri, perché in essi ci sono molte cose buone. 6. Il re mi sta inviando al giudice perché ha un problema (=cosa) diffi­ cile. 7. Qui ci sono molti cammelli.

L e z io n e 8

40. Aggettivi e pronomi dimostrativi Singolare m. f.

ni zeh rm? zó(')t

m. f.

m

hu hi*

Plurale

questo questa

’élleh

questi/queste

quello quella

hèm hénnàh

quelli quelle

nan T

I dimostrativi hanno un uso analogo a quello dell’aggettivo. n-jn irò n ntfrn nwKn

ha ’is hazzeh h à ’issàh hazzó(')t hà ’ànàsim hà ’élleh hannàsim hà ’élleh

quest’uomo questa donna questi uomini queste donne

wnn K’nn n^Kri dnn nan;i D’r à

hà ’ts hahu ' h à ’issàh hahi’ hà ’ànàsim hàhém hannàsim hàhénnàh

quell’uomo quella donna quegli uomini quelle donne

-

T

■ T

In una serie di aggettivi, i dimostrativi si posizionano per ultimi; njn S t a fiNTH naitin ri$xn

hà ’is hattób hazzeh h à’issàh hattóbàhhazzò(’)t

questo buon uomo questa buona donna

La forma senza l’articolo ha lo status di pronome (si confronti quest’uso con quello dell’aggettivo predicativo): n| zeh h à ’is nWKH DN'T zóC)t hà ’issàh ’élleh hadddbàrfm

Questo è l’uomo. Questa è la donna. Queste sono le parole.

Si noti la concordanza in genere e numero, come nel caso dell’aggettivo.

74

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

41. Participi (cont.) Singolare m. f.

Plurale

n£l bdneh HÌa bònah bóniyàh)

EH'a bònìm ni 32 bónót

La H h finale della forma H32 bòneh è una mater lectionis per la vocale fi­ nale, non una terza consonante radicale. La radice, in questa classe di verbi, deve essere considerata di forma variabile, a volte BN-, a volte BNY. Si os­ servi che il femminile ha due forme nel singolare; l’una o l’altra possono es­ sere usate ma bóniyah è piuttosto rara. 42. Vocabolario 8 SOSTANTIVI:n ra

binali p i i sédeq m es X’g j nàbV VERBI:nla bòneh n^y ‘òleh nòpel T



intelligenza, intuito giustizia (cfr. saddiq) (senza plurale) fuoco (f.) (pi. -im) profeta (ptc. att.) costruire, edificare (ptc. att.) ascendere, salire, andar su (ptc. att.) cadere

Esercizi (a) Traduci oralmente in ebraico: 1. questa carestia 2. queste case 3. quella città 4. questo denaro 5. quel lavoto

6. 7. 8. 9.

questo consiglio queste città queste montagne quei popoli

(b) Trasforma le espressioni dell’esercizio (a) in frasi complete, secondo il modello: questa carestia —>Questa è la carestia. (c) Traduci: 1. dal hannàbi’ hazzeh wd ’én lo léhem. 2, h à ’ànasim h a ’élleh'òlim ’el-heharim.

.Qlj*? i1? ■pX’] n-JH D^y n’jxn .□ 'H nrr^

1 2

75

LEZIONE 8

3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

hantidbi’im haysàrim hóhkim bafédeq. binàh wdhokmàh tóbót mizzàhàb. hà’és nópélet 'al-habbàyit ’àser ’ésel hahèkàl. hà ’ànàsim bónim bayit gàdól bà 'ir hahi\ ra 'im hà 'àm ki ’èn làhem binàh hu ’sóle’h lànu nàbi’ saddiq. ’èn mélek birusàlàim.

□■gyn □,n ^ n Daziari

3

.anta ninìu r r o ni n rs

4 5

T

*•



y

**

Tya .nra uri) r? nyn a r n .p’ìx 10:13 v'ì nVw mn

(d) Scrivi in ebraico: 1. Questi cammelli sono miei (lett. a me) e quei cammelli sono tuoi. 2. Non hai intelligenza. 3. Egli sta salendo verso il bestiame che è sulle montagne. 4. Ella sta cadendo. 5. I ragazzi stanno costruendo una piccola casa vicino al giardino. 6. Il popolo abita (ptc.) in questa terra perché è grande e bella. 7. Egli sta dando fuoco alla città malvagia.

6 7 8 9

L e z io n e 9 43. Il perfetto di 3D3 kàtab Per ogni verbo ebraico esistono due flessioni verbali complete per persona, genere e numero. La prima, chiamata perfetto, è formata aggiungendo i suf­ fissi pronominali a un tema relativamente stabile, come illustrato qui sotto ana kàtab ■ ’npna kàtàbti

egli scrisse io scrissi.

Nella seconda flessione, chiamata imperfetto, viene usato un tema differente e persona, numero e genere vengono contrassegnati da particelle sìa prefisse che suffisse, come in arp? yìktòb nprori tiktóbnàh

egli scriverà esse scriveranno.

Cominceremo lo studio del verbo con il perfetto, la cui flessione completa è la seguente: ana -

T

w S? w ? ’npna lana r it

tw ? ra w upna

kàtab kàtdbàh kàtàbtà kàtabt kàtàbti

egli scrisse ella scrisse tu (m.) scrivesti tu (f.) scrivesti io scrissi

kàtdbù kdtabtem kdtabten kàtàbnù

essi scrissero voi (m.) scriveste voi (f.) scriveste noi scrivemmo

Si presti attenzione ai seguenti particolari: (1) In ebraico, l’ordine tradizionale di un paradigma verbale comincia con la terza persona e procede fino alla prima. (2) Nel perfetto, c’è una distinzione per genere nella forma della seconda e della terza persona del singolare e della secona persona plurale. Le altre forme, inclusa la prima persona singolare e la prima persona plurale, non distinguono il genere del soggetto. (3) Le desinenze nel paradigma dato sono comuni per quasi tutti i verbi della lingua ebraica. Si noteranno molte variazioni nei temi dei vari tipi

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I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

di verbi ma le desinenze in se stesse rimangono abbastanza costanti. La 2a persona maschile singolare ricorre anche con una mater lectionis fi­ nale: HFgri-i katàbtàh. (4) Il tema del verbo kàtab cambia in accordo con la forma della desinenza che viene aggiunta: a.

Davanti alle desinenze non accentate -tà, -/, -ti e -nù il tema rimane lo stesso come nella terza persona maschile singolare.

b. L’aggiunta delle desinenze -ah e -u, entrambe accentate e compo­ ste da una vocale, rende aperta la sillaba finale del tema. Davanti a queste desinenze la seconda vocale tematica è regolarmente sosti­ tuita da (ridotta in) a. c.

Le desinenze -lem e -ten sono sempre accentate. Poiché esse ini­ ziano con una consonante, la seconda sillaba del tema rimane chiusa e immutata. La prima vocale tematica, se è in una sillaba aperta come nel paradigma che stiamo prendendo in considera­ zione, è ridotta in a.

(5) Quando la consonante finale della radice è identica a quella con cui comincia la desinenza, si scrive solo una lettera, ma con il daghesh forte\ di conseguenza, da rn s (egli tagliò) otteniamo '’l r ò kàràtti (io tagliai) e da (egli si stabilì) otteniamo 135$ sàkànnu (noi ci stabilimmo). I verbi le cui radici contengono una consonante gutturale, o quelli le cui radici hanno altre peculiarità fonologiche, come nel caso di bóneh, si disco­ stano dal paradigma dato sopra e saranno trattati nelle lezioni successive. I verbi che hanno radici prive di particolari caratteristiche fonologiche sono a volte chiamati verbi triconsonantici forti o regolari. 44. Il significato del perfetto Vedremo nel corso di questo libro che la traduzione dei tempi ebraici di­ pende largamente dal tipo di frase o di proposizione in cui il verbo è usato. Nelle frasi isolate degli esercizi di queste lezioni si danno solo due o tre pos­ sibili traduzioni del perfetto: (1) Tutti i verbi al perfetto, indipendentemente dal loro significato, possono essere tradotti con il passato remoto italiano (“io scrissi”) o con il pas­ sato prossimo (“io ho scritto”).

LEZIONE 9

79

(2) Tutti i verbi al perfetto che indicano una percezione, un atteggiamento o una disposizione del soggetto verso un oggetto (piuttosto che un’azione diretta eseguita sull’oggetto) possono essere tradotti con il presente indi­ cativo: ■ ’rgrm •>riyr

’àhàbti yàda'ti

io amo (o, come sopra, io amai, io ho amato) io so (o io seppi, io ho saputo).

(3) Tutti i verbi al perfetto che indicano stati mentali o fìsici del soggetto, e che di conseguenza non hanno un oggetto diretto, possono essere tradotti con un predicato nominale al presente indicativo (“essere” + aggettivo): zàqànti

io sono vecchio (o io sono invecchiato).

(4) Frequentemente in poesia e nelle espressioni proverbiali (ma più rara­ mente in prosa) il perfetto è usato per esprimere un’attività abituale senza uno specifico valore temporale. Questo tipo d’uso è tradotto gene­ ralmente in italiano con il presente (“io scrivo”). 45. L’ordine delle parole nella frase verbale Nella frase verbale, il verbo è collocato di solito al primo posto, seguito dal soggetto, dal complemento oggetto e da vari elementi avverbiali. “DT zàkar hà ’is ’iet-hadddbàrim L’uomo ricordò le parole. "l^è? ■'QìrrnN! W'Wn urD kàtab hà’is ’et-haddàbàr basséper L’uomo scrìsse le parole nel libro. Non è inusuale trovare il soggetto o qualche altro elemento prima del verbo, ma un tale ordine nella frase è spesso condizionato da relazioni specifiche tra proposizioni diverse (di cui si tratterà in seguito) o da enfasi posta sull’ele­ mento che è posizionato per primo. Il verbo concorda in persona, numero e genere con il suo soggetto. I sog­ getti pronominali sono implicati dalla stessa forma verbale. “DT zàkar ’et-hadddbàrim Egli ricordò le parole. n*pT zàfaràh ’et-hadddbàrim Ella ricordò le parole, rttiwn rnDT zàksràh ha ’issàh ’et-hadddbàrim La donna ricordò le parole.

I n t r o d u z io n e

80

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

Nel caso di complementi oggetto determinati si usa la particella ’et-, come spiegato in precedenza. Il perfetto viene negato con lo \ che è sempre posto immediatamente prima del verbo: -n^n-nsj ’n-|5J vb

15 ' zàkàrti ’et-haddàbàr Non ricordai la parola.

L’oggetto indiretto, sempre indicato dalla preposizione /a-, tende a prece­ dere l’oggetto diretto quando l’oggetto indiretto è pronominale e l’oggetto diretto nominale: n^KrnnS; i1?

nàtan lo 'et-hà ’issàh Egli gli diede la donna.

Altrimenti, oggetto diretto seguito dall’oggetto indiretto rappresenta l’ordine consueto: i*7 Pin'N iri3 n$Kn"D^ inj

nàtan ’òtàh lo h ’ìssàh Egli la diede a lui come moglie. nàtan 'et-hà ’issàh là ’is Egli diede la donna all’uomo.

46. Le forme della congiunzione 1 waCome le preposizioni bd-, h - e ka-, la congiunzione *] wd- (e) cambia forma a seconda dell’inizio della parola alla quale è unita: a) Davanti alle consonanti labiali 2 b, Dp o 73 m, la sua forma è ì ù-\ ]Tà bayit n‘S poh màyim

una casa qui acqua

fPDÌ ùbàyit HDÌ ùpóh ETÓì ùmàyim

e una casa e qui e acqua

b) Davanti a una parola che inizia con ] ya-, la congiunzione e la prima sil­ laba della parola si contraggono in "’l wi-; ydhùdàh Giuda 30^1? ydàa ’tem voi sapeste

HYirPI wihùdàh OFiyTI wida ’tem

e Giuda e voi sapeste

c) Davanti a una parola che inizia con una qualsiasi consonante (eccetto 1y) accompagnata da a, la forma è ì w-: sdmu ’èl

Samuele

ùs(d)mù ’èl

e Samuele

L e z io n e 9

81

d) Davanti a una consonante gutturale accompagnata da à, è o ò la congiun­ zione è rispettivamente ] wa-, \ we- o 1 wo-: niin$ n'rg

’àrasót ’éddm

terre Edom flotta

ninnai

w a ’àrasót w e ’édóm w o ’óm

e terre ed Edom e una flotta

47, Vocabolario 9 S o s t a n t iv i :

Di'*

yóm làylah

Diptt

màqóm sàmàyìm

Ì li

y^lad

f3j?

qàbas

“IDI —T

zàkar

A g g e t t iv i :

ìn x

’ehàd

P r e p o s iz io n i:

*pa

V e r b i:



bén

i\m

A v v e r b i:

batók T]ina m ittók DA gam

t i?

159

(pi. irreg. D1??^ yam tm ) giorno; si noti Divi hayyóm , oggi. (m.; pi. raro) notte [SÌ osservi la posi­ zione dell’accento]. (pi. -ót) posto; luogo (pi.) cielo, cieli generare, partorire raccogliere ricordare uno (f. irreg. ITO ’ahat); 7n$ ’ehàd min uno di tra, fra; “tra A e B” può essere espresso con ben À ùbèn B o ben A wdB . in mezzo a dal mezzo di anche, perfino, pure [Viene posto di­ rettamente davanti alla parola che mo­ difica, come in gam -ham m élek , anche il re, perfino il re]. no, non [Avverbio di negazione gene­ rale; viene inserito davanti alla parola di cui indica la negazione

Esercizi (a) Indica oralmente il paradigma completo del perfetto per ciascuno dei verbi che seguono: Ì T 2$ ’ “Dì (b) Scrivi in ebraico le seguenti espressioni con speciale attenzione alla forma della congiunzione “e”: 1. oro e argento 2. sapienza e conoscenza

82

I n t r o d u z io n e

3. 4. 5. 6. 7. 8.

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

consiglio e lavoro bestiame piccolo e bestiame grande servi e cammelli; cammelli e servi un uomo grande e ricco una donna povera e insignificante (piccola) un uomo e una donna

(c) Traduci: 1. yasab ha ’is bèn-hannàhàr ubèn-hassàdeh. 2. qàbas hannabi’ ’et-hà'àm ’ésel hahékàl haggàdól. bayyóm hahu ' nàpalàh ’ès 3. m in-hassàmàyim. 4. halakù hà ’àm ’el-hassdpèt hayyàsàr waló ’ hàlakù ’el-hannàbi’ hàràsà \ mi hannabi ’im hahólakim 5. ’el-hà 'ir? 6. ballàylàh hahu’yàradu hà ’ànàsim mèhehàrim. 7. yàsàbnù batók hà 'ir waló ’ hàlóknù min-hammàqóm hahu \ 8. yàladàh hà ’issàh yalàdim rabbini wayàpim. lami qàbàstà ’et-hakkésep 9. wa ’et-hazzàhàb? 10. lo ’nàpal ’ehàd méhanna 'àrim.

—T

1

.rntorrrgi N'ori n i?

2

TT— I»»

■p wx rfftì mnn dì*? .crówn Dyri

3 4

.snzhn T TT 5 .T y n -^ vrpTNinn n’??1?? .D'nnna ìà) Ty? .wnn nipan'in ntéxn nf?’

6 7 8

T

t o ì?

9

.aOjrrnSl

(d) Scrivi in ebraico: 1. Egli diede sapienza e intelligenza ai profeti. 2. Essi mandarono l’oro e l’argento agli uomini nel tempio. 3. Questo lavoro è molto difficile perché non abbiamo intelligenza. 4. Oggi gli uomini stanno costruendo una casa nella città. 5. Dove scrissero quelle parole? 6. Ricordo che egli mi diede il libro. 7. C’è male in questo luogo. 8. Una delle donne sta lasciando la città.

10

L e z io n e 10 48. Il perfetto dei verbi con consonanti gutturali in radice La presenza di consonanti gutturali nella radice di un verbo provoca leggere modifiche nella flessione del perfetto. Tutte queste variazioni sono semplici e prevedibili, ad eccezione di quelle che riguardano le radici la cui terza con­ sonante è N (da qui in poi, tali radici saranno designate semplicemente come verbi III-Àlephj1, la cui flessione sarà presa in considerazione separatamente. 3 m. s. 3 f. s. 2 m. s. 2 f. s. 1 s. 3 pi. 2 m. pi. 2 f. pi. lp l.

■ ’rqóy n

j f f i

m m «Té?

'amaci ’àmddàh ’àmàdtà 'àmadt amàdti ’àmddù 'àmadtem 'àmadten 'àmàdnu

in a -

T

^ 103 n

p

s

□mo? w m «n ò3

bahar bàhàràh bàhàrtà bàhàrt bah órti bàhàru bdhartem bdharten bàhàrnù

sàma' n v m sàma 'ah sàma ’tà nmui (sàma 7) TOÓW sama U — T

T

T

1

t

IT

T

V —

»

1

-

r r

T

sànrj w sama ’tem sama ’ten sàma 'nu

Nei verbi I-gutturale (cioè quelli la cui prima consonante radicale è una gutturale) l’unica variazione rispetto al paradigma standard è la sostituzione di a con a nelle forme della 2a pers. plurale. Questa sostituzione dovrebbe già essere familiare al lettore grazie agli esempi dati in precedenza.La stessa regola vale per i verbi li-gutturale, in cui troviamo a al posto di a nelle forme bàhàràh e bàhàrit. L ’unica forma nel paradigma di sàma ' (Ili-gutturale) che richiede com­ mento è essa, così com’è, è anomala. Probabilmente questo tipo di scrittura è stata usata da coloro che hanno inserito la punteggiatura per me­ stare la possibilità di scelta: potremmo leggere o sàmà'at, ignorando così il daghesh, o sàma 7, ignorando la seconda a.

7 Molte grammatiche ebraiche utilizzano le lettere D, V e *? per designare rispettivamente la prima, la seconda e la terza consonante radicale. Di conseguenza, il nostro \YL-Aleph corrisponde alla più usuale designazione Lamedh-Aleph.

84

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

49. Il perfetto di *|Jia natati Questo verbo ha delle peculiarità nella sua flessione: la seconda n della ra­ dice è sempre assimilata alla consonante iniziale della particella pronominale ad esso suffissa. Si studino attentamente le forme che seguono; il daghesh è forte ed indica il raddoppiamento.

m

nàtan nàtanàh nàtàttà nàtati nàtàtti

egli diede ella diede tu (m.) desti tu (f.) desti io diedi

m ago? m urn

nàtdnu natattem mtatten nàtannu

essi/esse diedero voi (m.) deste voi (f.) deste noi demmo

m

- T

50. Sostantivi plurali (cont.) (a) I sostantivi bisillabi con la sequenza ~àyi- mostrano una contrazione regolare nel tema del plurale: fPT zàyit ’àyil

ulivo ariete

plurale:

CPJVT zètìm D',)7,,K ’èlim

Il sostantivo IV? bàyìt (casa) ha forma irregolare: CPIte bàttim. Si noti la a in una sillaba chiusa non accentata; il fenomeno è pressoché unico e si verifica quasi esclusivamente con questa parola. (b) Ci sono molti sostantivi di due sillabe i cui temi del singolare e del plurale sono identici. Si tratta di sostantivi in cui entrambe le sillabe non sono soggette ai mutamenti illustrati nei paragrafi precedenti. Ne sono esempi: )V2$ ’ebyón “IÌ3A gìbbór saddiq 7ÌB57 'ammùd

povero plurale: guerriero uomo giusto colonna

D’gipN; ’ebyónim D1'1Ì3^ gìbbórim O'p'TS saddiqim LP7TO 'ammùdim

Si osservi come entrambe le sillabe di questi sostantivi siano o chiuse o contengano una vocale immutabile lunga.

85

L e z io n e 10

(c) Un piccolo gruppo di sostantivi termina in -eh al singolare. Nono­ stante questa terminazione non sia un suffisso ma parte integrante della ra­ dice della parola, essa non viene mantenuta nel tema del plurale; roto sàdeh rptjtt mahàneh

campo accampamento

plurale:

nììto sàdót niìptì mahànót

A questa classe appartengono anche i sostantivi che sono originariamente participi di verbi III-Hé (cioè quelli la cui terza consonante radicale viene indicata come n): ró ’eh, pi. 0'iy‘‘1 rd'im, pastore. 51. Vocabolario 10 S o s t a n t iv i :-lina

gibbór nyiià gib ’àh màyim

V e r b i :n n s

mahàneh milhàmàh p3ri bàhar

XX) harag 1?T yàda ' làqah 7DV ’àmad “’JD'? lipné -

P r e p o s iz io n i :

T

(pi. -ìm) guerriero, eroe, uomo valo­ roso collina acqua [come un plurale senza singolare] (pi. -ót) accampamento battaglia, guerra frutto scegliere [questo verbo può reggere il complemento oggetto per mezzo di *nx ’et-, ma più comunemente lo regge con ^ bd: “’S “105 bàhar bt egli scelse me] uccidere, ammazzare sapere prendere stare davanti, prima, di fronte a, alla pre­ senza di

E se r c iz i

(a) Coniuga i seguenti verbi al perfetto: (b) Traduci oralmente in ebraico: 1. Essi piantarono molti alberi. 2. Ella stette vicino alle case. 3. Tu mi scegliesti.

pVH

nbttf

17D3

86

In t r o d u z io n e

4. 5. 6. 7. 8. 9.

Essi non scelsero te. Io presi il denaro. Essi uccisero il giovane. Tu (f. s.) prendesti l’acqua. Voi (m. p.) avete mangiato il pane, Noi mandammo i messaggeri dal giudice.

(c) Traduci: nata u ha ’ànasim kérem gadól 'al-haggib 'àh. yàdà 'ti kt hu hàrag ’et-hannàbi\ ’àmddù ha 'abàdim hardàà ’im lipnè hammélek bàhàrti bdkà hméìek ’aì-hà ’àm haggàdól hazzeh. napslù gibbórim rabbim bammilhàmàh hah i’. yés mahàneh bèn-hannàhàr ùbèn-hehàrim. mi sdìah ’dtekà ’eì-hammaqóm hazzeh? mi harag 'et-ha 'ànàsim hà ’éllek? làqdhàh ha Hssàh méhappdri wdnàtenàh ’dtó là ’ts. bahàriì ha ’àm 'et-Dàwìd làhem hmélek 1

2

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

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1

0

(d) Scrivi in ebraico: 1. Egli piantò un albero nel mezzo di questo giardino. 2. Essi gridarono a gran voce a causa di questo duro lavoro, 3. Essi si (= a loro) scelsero una terra e vi dimorarono. 4. Gli uomini presero l’oro e l’argento dal tempio. Essi uccisero anche i profeti che (erano) lì. 5. Ella sapeva che quelle parole (erano) molto cattive. 6. Uno dei giovani cadde in quella battaglia. 7. Essi mi diedero pane e acqua, ma io non diedi loro il denaro.

L e z io n e 11 52. Il perfetto dei verbi III-Aleph: NStó musa ’

'miti}

mùs3 'ah màsa(’)tà màsà(')t màsà{')tì

egli trovò ella trovò tu (m.) trovasti tu (f.) trovasti io trovai

m irn

mdsB ’u m9sà(>)tem mD$à(')ten màsa^)nù

essi/esse trovarono voi (m.) trovaste voi (f.) trovaste noi trovammo

t

Nei verbi III-Aleph, la seconda sillaba del tema nel perfetto presenta a in­ vece che a nelle forme alle quali è aggiunto un suffisso pronominale che ini­ zia per consonante. Ciò è dovuto al fatto che, ogni volta che originariamente Yaleph chiudeva una sillaba, esso veniva a cadere, provocando come conse­ guenza rallungamento della vocale della seconda sillaba. Ualeph viene in­ vece preservato quando si trova all’inizio alla sillaba, come in màsd'àh e màsd’u. Si ricordi, comunque, che Valeph si trova sempre nella traslittera­ zione, anche quando non viene pronunciato. Si faccia attenzione anche al fatto che scompare il daghesh lene dalle n dei suffissi, dal momento che ora, nella pronuncia, essi sono preceduti non più da una consonante ma da una vocale. 53. Sostantivi plurali (cont.) La maggioranza dei sostantivi femminili che terminano in -ah non mostra alcun cambiamento nel tema davanti alla desinenza plurale: sànàh m in tóràh ’ammah bdràkàh HOT bdhémàh ntmiji tabuJah n^Dn tdpillàh nnstftà mispdhàh T T

T

T

■ 1

anno plurale: legge cubito benedizione animale prodotto preghiera famiglia

a ■gw n nifi rà x n tn ? niari} rrixnjji nV?DJji

sànim tórót ’ammót bdràkót bshèmót tdbu ’ót tdpìllót mispàhót

I n t r o d u z io n e

88

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

Invece, i sostantivi che seguono il modello generale CvCCàh1, in cui le due consonanti contigue sono diverse (come ad es. in malkàh, regina, e non come sopra nel caso di ’ammàh), hanno un diverso tema del plurale: i

malkàh nypa gìb'àh nsin herpàh

regina collina rimprovero

plurale:

niD ^

mdlàkót [si noti la a]

nìyaa gdbà ’ót fliDip hàràpót

Un caso particolare è quello di miswàh, pi.miswót, dove la prefisso e quindi non fa parte della radice.

è un

54. La particella interrogativa Tj hàQualsiasi frase può essere convertita in una domanda premettendo alla prima parola una forma adeguata della particella rj ha-: W’Wn rpìttq

hàsàlah hà ’is... hatóbàh hà ’àres

L’uomo ha mandato...? È buona la terra?

Davanti alle gutturali la forma della particella interrogativa è normalmente H ha-. ìO'un

ha ’ómèd hà ’is

L’uomo sta in piedi?

Ma se la consonante gutturale è seguita da à o o la forma usata è Dhe-: he ’àkaltà

Hai mangiato?

Davanti a consonanti non gutturali seguite da a la forma è ancora H ha-: DflZiriDn

hak(d)tabiem

Avete scritto?

Raramente si incontra il raddoppiamento della consonante che segue la par­ ticella, fenomeno già visto nel caso dell’articolo: DJ£in?n 55. Ancora su

hakkatablem

Avete scritto?

’àser

Abbiamo visto sopra (§32) che la particella ’àser indica che l’intero sin­ tagma che la segue si riferisce alla parola che precede la particella. Questo è vero anche per intere proposizioni, come mostrano gli esempi seguenti: 1C = consonante; v = a, i, e, o.

L e z io n e 11

89

“n ìT n K

"1$N ’jn’sn

■‘l’pén nVtt* "It^

hakkóhèn ’àser kàtab ’et-haddàbàr il sacerdote che scrisse la parola hammal ’àk ’àser sàlah hammélek il messaggero che il re inviò

56, Vocabolario 11 S o s t a n t iv i :

rrp -

"T

rois W T\W mTin Nim Nia T T

V e r b i:

T

T

«ìi?

semes yàre^h kókàb 'ànàn ÒBràkàh sdnàh tóràh màsa’ bara’ gòra’

“ItìK

W nbK1? lè(')mór -

Congiunzioni:

T

sole luna (pi. -fw) stella nube (pi. -o/) benedizione (pi. -ftw) anno (pi. -ót) legge, istruzione, la Legge trovare creare chiamare, nominare; convocare; di­ chiarare, leggere ad alta voce [con ’el: chiamare, invocare (qualcuno); con h: convocare (qualcuno)] dire, parlare introduce una citazione diretta dopo verbi del dire; non viene tradotto in italiano

E se r c iz i

(a) Costruisci il plurale dei sostantivi che seguono, così come descritto al

§53: rra n1?ir nnja T T

T

ny?i? hVpìj T T

*

-

rm ni?t] nVipto T

**

sarah olàh minhàh ’eglah qdlalàh mdsillàh marniakàh 'ésàh huqqàh simlàh

(-ót) angoscia (-ót) olocausto (-ót) offerta, dono (-ót) giovenca (-ót) maledizione (-ót) strada, via (-ót) regno (-ót) consiglio (-ót) statuto (-ót) mantello

I n t r o d u z io n e

90

rDHÌ? nVin}

'àràbàh bdtulàh magiIIah

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

(-ót) deserto, steppa (-ót) vergine (-ót) rotolo

(b) Traduci oralmente in ebraico le seguenti espressioni. Converti poi ognuna di esse in una domanda con l’aggiunta del prefìsso t} ha- nella sua forma appropriata: 1. Egli stette davanti al re. 2. Essi ammazzarono i guerrieri nella battaglia. 3 . Voi (m.) sapevate che la città (era) su una collina. 4. Io ho preso il frutto. 5. Tu ci hai scelto. 6. Non abbiamo acqua. 7. L ’uomo ricco ha bestiame grosso e cammelli. 8. Tu sei sceso al fiume. 9. Tu (m.) mangiasti il pane, (c) Traduci: .wnn io s a K*>D|n aria

.r è n .nV^a nTni o r a

.iW 'ìq

D 'n ap n$c

1

vxsfò kV| Tyg-S# rata

2

,n ti nT.TD^ n?ówa

3

.nw) Q^ai cpaaia \p n^a-oa

4

.t r a i n ' i m 1*793 nvih m $ a .□yn 'isf? ìa y n1?# Tatò iVàn 1*7 “ia$

5

,D?ó$n-n$ Kia ’ai n f c r n$ x ia ,na *1# $ cn a^ n □'aiu'i rninn nato .13VO ito a .nynn tv to

6

7

8 9 10

11

Dnyjn Yn$ □‘•vi "ibN1? Viia *7ip? ovn-1?^ ioaan ktjj 12 (d) Scrivi in ebraico: 1. Egli creò il sole, la luna e le stelle, 2. Hai trovato il libro nella casa? 3. Ha detto loro che (ki) la legge è giusta? 4. Questa benedizione è per noi e per coloro che dimorano in mezzo a questo popolo.

L e z io n e 11

5. 6. 7. 8.

91

La nube stette sopra la terra. Dove ha trovato (m.) il bestiame piccolo? Il re convocò il profeta, ma il profeta non andò al palazzo. Avete ricordato (m.) questa legge e le parole che io ho scritto in essa per voi?

i

L e z io n e 12

57. Il perfetto dei verbi III-Hé: »133 bànàh rm rum h'fo rrfo 'n 'h

bànàh bànatàh bànità bànit bàniti

egli costruì ella costruì tu (m.) costruisti tu (f.) costruisti io costruii

arpaa m ì w fo

bànu banitem bdnìten baninu

essi/esse costruirono voi (m.) costruiste voi (f.) costruiste noi costruimmo

T T

T 1 IT

T

* T

' T



V

• T

» 1

• T

Si noti che la vocale tematica nella prima sillaba si comporta in maniera piuttosto regolare. Il tema stesso è variabile (bànàh, bànat-, barn-, barn-, bàn-)\ bisogna poi ribadire che la n della 3a persona maschile singolare non è propriamente una consonante radicale ma una mater lectionìs della vocale finale. Conviene, comunque, seguire la grammatica tradizionale e parlare di questa classe di verbi come III -He. Quando un verbo \l\-Hé è anche I-gutturale, nelle forme della 2a persona plurale si trova la sostituzione regolare di a con à: ay'?y, IO’1??

'àlitem 'aliten

voi (m.) saliste voi (f.) saliste

Il verbo ITTI hàyàh (essere) si coniuga regolarmente come appartenente alla classe dei verbi lll-Hè; solo la 2a persona plurale mostra una peculiarità, con è al posto di à: hèyìtem

voi (m.) foste

58. Suffiso di direzione no -àh Il suffisso -ah aggiunto ad un sostantivo indica il movimento o moto a luogo. Esso si incontra sia con nomi propri che con nomi comuni; in quest’ultimo caso, con o senza rarticoio. Questo suffisso non è mai accentato e si diffe­ renzia perciò dalla desinenza femminile -àh. Poiché il suffisso -àh di dire­ zione non può essere aggiunto a tutti i sostantivi, è preferibile imparare indi­

I n t r o d u z io n e

94

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

vidualmente ciascuna forma, senza attardarsi nell’analisi dettagliata di tutti i cambiamenti minori che si producono nel tema. La lista che segue contiene le più importanti parole utilizzate con questo suffisso e i relativi significati; Sostantivo

Sostantivo con suffisso di direzione

’éres

verso la terra, verso il paese, al suolo habbàytàh i verso la casa, bàytàh verso casa verso la montagna, m nn hàhàràh \ verso i monti n iè héràh verso il deserto midbaràh verso la città nTvn hà ’tràh verso il cielo n&’ròtèn hassàmàymàh misràymàh verso l’Egitto n&'ptfn? ydrusàlà(y)màh verso Gerusalemme négbàh verso il Neghev1, m verso sud

ru&

bayit in

har

midbàr TV ir w m ) sàmàyim misràyim ydrùsàlà(y)im négeb * -

T

1àrsàh

nn *

§d‘dl

T

TP

-

* T

T

-

ss ’ólàh

rtfky

verso lo Sheol

Si faccia attenzione poi in modo particolare all'utilizzo della particella negli avverbi di direzione: ’anàh sammàh D^n hénnah

verso dove? verso quale luogo? là» verso quel luogo qui, qua, verso questo luogo

(si confronti con iTK) (si confronti con □$) (si confronti con n’S)

Similmente si noti l’uso della particella con i termini indicanti i punti cardi­ nali: sàpón Bìì? qédem tèmàn tr yàm T

nord est sud mare, ovest

niióK sàpónàh qedmàh tèmànàh hep yàmmàh

verso sud

T T

1Parte meridionale della Palestina; il Sud in generale. La residenza dei morti.

95

L e z io n e 12

59. Vocabolario 12 Nota speciale: i titoli utilizzati più di frequente nell’AT per designare Dio sono Cp;??8 ’elóhim e mrP Yhwh. (1) è una parola plurale, generalmente utilizzata come singolare. Può significare “dèi, divinità” quando è usata come plurale e “Dio” quando è usata come singolare o come plurale, con o senza l’articolo. (2) mrP è il nome di Dio. Per ragioni di osservanza religiosa o di supersti­ zione nirP era letto come ’àdónày (lett. “miei signori, mio Signore”). Non è certo quando questa pratica abbia avuto inizio ma è probabile che sia precedente all’era cristiana. I masoreti indicarono questa sostituzione appli­ cando a mrP i punti vocalici - leggermente modificati - di ’àdónày, da cui nin?. L’interpretazione letterale di quest’ultima forma come Yahòwàh Jehovah risale ai tempi moderni. Entrambi questi termini si comportano in maniera irregolare quando vi si prefiggono delle preposizioni: lo N iniziale nella pronuncia si perde: bè{')lóhim U'thìÒ lè(')lòhtm CPrfriO kè(')lóhim

mrP3 ba(')dónày mrp'? la(')dónày niTTS ka(')dónày

Coloro che desiderano leggere mrP come Yahweh, la pronuncia originaria più probabile, devono ricordare di punteggiare queste preposizioni come bdYahweh, hYahweh, ecc. Quando il nome nirp ricorre insieme con il primo viene letto e punteggiato come Hlr£. Questo accorgimento serve per evitare la ripetizione ’àdónày ’adónày che altrimenti si avrebbe nella lettura. S o s t a n t iv i :

V e r b i:

nn-i bdrit ÌD hèn nsnun ydsu 'ah simhàh nfcw ’àsàh nio rà ’àh mjD kàrat you nàsa' □V ’im ? kd T

T

T

T

- *

P r e p o s iz io n i :

alleanza, patto (f.) grazia, benevolenza (pi. -ót) salvezza, liberazione, vittoria (pi. -ót) gioia fare, produrre, agire, svolgere vedere tagliare; ITO fare un’alleanza partire, viaggiare con, insieme con come, così come, secondo

96

I n t r o d u z io n e

m "flN

et ’et-

a l l ’ e b r a ic o b ib l ic o

con, insieme con

N ota:

Sì faccia attenzione all’espressione idiomatica come in TV? 10 T!! Davide trovò grazia agli occhi del re. oppure II re si affezionò a Davide. Il re fu ben disposto verso Davide. Esercizi (a) Traduci oralmente in ebraico le seguenti espressioni: 1. In quel giorno egli fece un’alleanza con il re. 2. 11 ragazzo trovò grazia agli occhi del profeta. 3. Una grande voce si levò verso il cielo. 4. Essi salirono verso la città con il popolo. 5. Essi costruirono una casa in quel luogo. 6. Chi ha fatto questa cosa cattiva? 7. Hai agito secondo le parole che sono li? 8. La donna cadde al suolo. 9. Essi partirono dal mezzo della città verso la montagna. 10. Anche quegli uomini non ricordarono. (b) Traduci: .nvb rftiìi n s n i m n ntoy

1

.snn tò'iò zrn’r a

rx

2

.njn irta ? .DvrrnK mrr m_| n n sn -n ^ o r p f n .ntf m rp ^ ^ .m in w fo Tyn n*?n^ .nvix rVpSi rrótèn» n iT m ■ ’ivìn

3 4 5 6 7

T T

-T

T

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I

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* -

*•

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T T

I

I

■nr&i 1H3

.uyqrus n n ì |

rr-gn-n$ n-]òi tò

(d) Scrivi in ebraico: 1. Chi ti ha detto che l’accampamento è vicino al fiume? 2. L ’uomo è un giudice giusto.

8

11

L e z io n e 12

3. 4. 5. 6. 7. 8.

Hai visto la luna e le stelle? Dio non trovò un uomo retto nella città malvagia. Queste sono le parole che abbiamo visto nella legge. Grande e buona è la terra che il Signore ha creato. In queir anno il popolo partì da quella terra. La donna trovò grazia agli occhi del re.

L e z io n e 13 60. Frasi con predicato nominale Uno dei più semplici tipi di frase in ebraico è quello in cui due sostantivi (o due sintagmi nominali) sono giustapposti per formare una proposizione: Dàwìd mélek {ób Davide è un buon re.

(1)

I pronomi dimostrativi h u \ N'H h i\ e i loro plurali sono spesso usati in frasi di questo tipo nel modo seguente: DÌO Nin

7V7 Dàwìd hu ’ mélek tób TI} Dàwìd mélek fòb hu ‘

(2) (3)

Nonostante sia probabile che l’uso dei pronomi dimostrativi ponga una mag­ giore enfasi su un particolare elemento della frase, è impossibile determi­ narne tale sfumatura con accuratezza, dal momento che non sono ovvia­ mente disponibili individui che parlano l’ebraico biblico. È verosimile che la (2) risponda alla domanda “Chi è un buon re?” e la (3) alla domanda “Chi è Davide?”, mentre il tipo (1) è una semplice asserzione di fatto, che non pre­ suppone alcuna domanda specifica. 61. Il verbo rnrj hàyàh (essere) Nelle lezioni precedenti abbiamo studiato quattro tipi di frasi non verbali: (1) (2) (3) (4)

con predicato con predicato con predicato con predicato

aggettivale: avverbiale: di esistenza: nominale:

31D tó b h à ’is ha 'is babbàyit urx yès ’is aio Dàwìd mélek tób

Nessuna di queste frasi ha uno specifico valore temporale, il quale dipende piuttosto dal contesto in cui esse ricorrono. Tutte, però, possono essere con­ vertite in frasi verbali utilizzando il verbo ITH hàyàh, che al perfetto ha la va­ lenza temporale propria di quella forma:

(1)

DÌD Irà n rrn

hayah ha 'is tób

L ’uomo era buono.

100 (2) (3) (4)

I n t r o d u z io n e

rp?5 W’Xn rrn

hàyàh hà ’is babbàyit hàyàh késep n;n TH Dàwid hàyàh mélek tób

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

L’uomo era nella casa, C’era dell’argento. Davide fu un buon re.

Ognuna di queste frasi può essere trasformata in negativa con ìò 15 \ Si noti che W viene sostituito da PPH in (3) e che una frase con predicato di non-esistenza come »10| IN diventa n p | n;n In frasi del tipo 2ÌD

71*7 n;n

hàyàh Dàwid hmélek tób

la preposizione aggiunge al verbo “essere” la sfumatura del “diventare”. No­ nostante una frase di questo tipo stabilisca un rapporto di equivalenza tra due elementi nominali, come nella frase di tipo (4), essa appartiene comunque al tipo (2). Si faccia attenzione all’uso seguente di *?: n m ) OrnilN'? mTWnirn

hàydtàh Sàràh te ’Abràhàm h ’issàh

La frase può essere tradotta come “Sara divenne la moglie di Abramo” o “Sara era la moglie di Abramo”. Se dovessimo sostituire con :p, la sfuma­ tura di significato sarebbe invece quella di “agire al posto di o con il potere di, ma non esserlo veramente”: iv i1?

rrn hàyàh hà ’is lannà 'ar kd ’àb Oppure

L’uomo era come un padre per il giovane. L’uomo divenne come il padre del giovane.

Certamente l’espressione ITI!, in quanto forma al passato di *p tiP , può es­ sere utilizzata per tradurre l’idea di possesso al tempo passato: n ^ K 1? irta n;?

hàyàh $ò(')n te ’Abràhàm Abram possedeva/aveva del bestiame

Frasi il cui predicato è un participio, come ad esempio Hip W’Nn, “l’uomo sta (stava) scrivendo”, vengono trasformate con l’uso di n ^ solo raramente. Il motivo di ciò diverrà chiaro più avanti quando avremo iniziato la sintassi della narrativa ebraica.

101

L e z io n e 13

62. Sostantivi plurali (conclusione) I sostantivi femminili che terminano in -et, -at, -àt, -ìt, -ót, o -ut mostrano grande varietà di forme nel plurale. Le parole che seguono costituiscono un campione sufficientemente esemplificativo di questo gruppo. Le forme dei sostantivi appartenenti a questo gruppo devono essere imparate una per una man mano che si presentano. Nessuna di esse, infatti, rappresenta un tipo frequente. figlia tempo. porta servizio, ufficio peccato lancia regno

na nv n^ì

bat et délet mìsméret DNtin hattàt rnt] hànit malkùt T

-

*

* *

plurale:

niB bànót DTO 'ìttim nìnVr dslàtót mismàrót rnatan haftà ’ót hànttim malkùyót T



63. Vocabolario 13 S o s t a n t iv i :

V e r b i:

rr a n hattà()t DV?q hàlorn fD bat ’émàh siphàh h m ’àmàh T

-

hàyàh kdh hàtà ' D^n hàlam lakad rrn T T

T

T

-

T

(pi. nlNftn) peccato (f.) (pi. -ót) sogno (pi. niB) figlia paura, timore, terrore, spavento (pi. -ót) serva, schiava (pi. irreg. ’àmàhót ninttt$) domestica, schiava essere, diventare (con ‘j») peccare (contro: *7) sognare catturare, fare prigioniero

Esercizi (a) Traduci oralmente in ebraico: 1. Samuele è un giudice giusto. 2. Gerusalemme è una grande città. 3. Questo servo è un uomo retto. 4. Il sole e la luna stanno nei cieli. 5. La benedizione che egli ha pronunciato è buona.

102

I n t r o d u z io n e

6. 7. 8. 9.

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

La nuvola è molto grande. Ci sono molte stelle nel cielo. Egli ha molte figlie. I guerrieri sono nel 1’accampamento.

(b) Rendi le frasi delIPesercizio (a) al tempo passato utilizzando la forma ap­ propriata del verbo rPH. (c) Traduci: .IO?

nvn-n^'m ) ^ n n

spiìfin

^

nnyo-nj*

o V ? tjn n n o V ? q

.anyDvm

2

nn^rf-ni$ n$xn rin1?#

3

rriri niB ■»’? Q^VÌ ^*0 iò

5 6

*>•)nSr*?? n*?ii r m

.cp;f?*ò m y n .a^n “1# $ ai*7cj5 n n

n ftis

1

1

n to n n nlsn

8

an ^ rrn ì* - 19Ó5 uro

9

(d) Scrivi in ebraico: 1. Non abbiamo fatto alcuna alleanza con questo popolo. 2. Non c’era gioia nella città quel giorno. 3. Non trovammo favore agli occhi del profeta. 4. Dove ti hanno trovato? 5. Queste parole sono una grande benedizione per il popolo. 6. Il re è un uomo giusto e retto.

L e z io n e 14 64. Il perfetto di Dj? qàm e IO bà* I due verbi qàm (egli si alzò) e N3 bà ' (egli venne) rappresentano un nuovo tipo di radice verbale, non menzionato prima. Per quanto concerne la loro flessione verbale, questi verbi hanno essenzialmente radici biconsonantiche, ma poiché a volte sono associati ad essi sostantivi che presentano un’altra forma della medesima radice, cioè radici che hanno come seconda consonante radicale un Waw o uno Yodh, nelle grammatiche tradizionali queste radici sono classificate come II-Waw o Ìl-Yodh. Essi sono anche chiamati Verbi Vuoti. In un tipico dizionario d’ebraico biblico 0j? e N2 sono elencati sotto le radici Dlp e *03 rispettivamente. La distinzione tra radici IIWaw e W-Yodh diverrà chiara solo più avanti, quando alcune particolari forme saranno prese in considerazione; al momento la distinzione è irrile­ vante. Dp verrà considerato come il modello di questa classe: Dj? qàm qamàh qàmtà FiQP_ qàmt qàmti

egli si alzò ella si alzò tu (m.) ti alzasti tu (f.) ti alzasti io mi alzai

itti? qàmu OFtfpì? qamtém ]ri&ì? qamtén ìjaj? qàmnù

essi/esse si alzarono voi (m.) vi alzaste voi (f.) vi alzaste noi ci alzammo

Si osservi che la vocale tematica è breve per tutte le persone eccetto che per la 3a. La lunghezza della vocale tematica dipende quasi esclusivamente dal fatto che la sillaba tematica sia aperta o chiusa. Diversamente dai verbi stu­ diati in precedenza, nelle forme della 3a femminile singolare e della 3a plu­ rale l’accento rimane sul tema. Poiché N3 presenta K come consonante finale della radice, troviamo qui lo stesso tipo di variazioni già osservate per NXfc. Il paradigma completo di questo importante verbo è il seguente: N3 HN3 nN3 DN3 V1N3

bà’ ba ’àh bà(')tà bà(')t bà(')tì

egli venne ella venne tu (m.) venisti tu (f.) venisti io venni

ÌN3 b a u

essi/esse vennero

DriN3 bà(’)tem voi (m.) veniste iflxa bà(’)ten voi (f.) veniste ÌJN3 bà{^)nù noi venimmo

104

I n t r o d u z io n e

a l l ’ e b r a ic o b ib l ic o

Il tema del participio in questi verbi è lo stesso di quello della 3a persona maschile singolare del perfetto: Singolare m. f.

Plurale

Q[? qàm qàmàh

qàmìm nittj? qàmót

In queste forme l’accento cade regolarmente sull’ultima sillaba. Si faccia at­ tenzione al fatto che la forma femminile singolare del participio si distingue dalla 3a femminile singolare del perfetto solo per la posizione dell’accento: qàmàh, ella si alzò, ma nDf? qàmàh, alzandosi. Nel caso di una frase come □l? hà ’is qàm, - se non abbiamo a disposizione il contesto in cui la frase ricorre - possiamo tradurre “l’uomo si alzò” (perfetto) o “l’uomo sì sta alzando” (participio). L ’unico criterio che può essere applicato ad una frase isolata è che il perfetto più spesso precede il soggetto, mentre il participio lo segue. La forma ver­ bale nella frase di sopra allora, in assenza di altre informazioni, è più proba­ bilmente un participio. 65. Le preposizioni 'im W

m in e | fa con suffissi pronominali

mimménm mimnwka mimmék mimménnu mimménnàh

da me da te (m.) da te (f.) da lui da lei

v

□£73 □!Tìfò lllìp naflfr T •>

^103 •

T

T

T

T

kàmónt kàmókà kàmók kàmóhù kàmóhà

come me come te (m.) come te (f.) come lui come lei

*

«

mimménnu da noi da voi (m.) mikkem da voi (f.) mikken da loro (m.) mèhem méhen *da loro (f.) mehénnàh

kàmónù DD3 kàkem kàken □D3 kàhem 15? kàhen T

V

T

come noi come voi (m.) come voi (f.) come loro (m.) come loro (f.)

Le forme dei suffissi pronominali aggiunti a queste due preposizioni sono piuttosto diverse da quelle già studiate. Nonostante una comparazione possa

L e z io n e 14

105

essere d’aiuto, la cosa migliore è imparare queste forme come un nuovo pa­ radigma. Le forme kàmóni ecc. possono essere usate nel senso quasi-pronominale di “qualcuno come me” ecc. ’èn kamóhù ba ’àres Non c’è nessuno come lui sulla terra. Oppure Non c’è (nessuno) uguale a lui sulla terra. 66. Vs kòl La parola V3 kól in una forma o nell’altra corrisponde più o meno all’italiano “ciascuno, ognuno, ogni, tutti (es. i giorni), l’intero (es. giorno)”. Si tratta di una forma invariabile, che precede il sostantivo cui si riferisce e che può es­ sere unita ad esso con il maqqèp nella forma -k73 kol- oppure rimanere sepa­ rata nella forma *73 kól. Gli esempi che seguono rappresentano il suo uso ti­ pico. Si presti molta attenzione alle differenze tra le costruzioni tradotte con “ciascuno, ognuno, ogni” e quelle tradotte con “tutto, l’intero”. DV'*73 kol-yóm □ p r r ^ kol-hayyóm D 'w rr^ kol-hayyàmim T

• T -



■Ad

< 1 1

■J

T y 1?? kol- 'ir T y rr1?;? kol-hà 'ir kol-he *àrim __________________1

a

T

ciascun giorno, ogni giorno tutto il giorno, l’intero giorno tutti i giorni ciascuna città, ogni città tutta la città, l’intera città tutte le città.

L’espressione kol-’àser è usata come una locuzione relativa “tutto ciò che (o tutto quel che)”. Quando svolge la funzione di oggetto di un verbo, essa è preceduta da 3et-: natan lo ’et-kol- ’àser qanah Egli gli diede tutto ciò che aveva acquistato. Insieme a un aggettivo ^3 assume un senso pronominale indefinito: Wip-1??

qualcosa di nuovo

I n t r o d u z io n e

106

a l l ’ e b r a ic o b ib l ic o

67. Vocabolario 14 S o s t a n t iv i :

”?? kalt T f i 'éreb v t w sulhàn béqer

V e r b i:

°i? qàm ÙÌD sàm N3 b à 1 T

DS T

sàm *

"U gàr IV

sàtàh 'ad

*73

kól

nriW A l t r i:

(pi. irreg. D111??) vaso, utensile sera (pi. -ót) tavolo mattino alzarsi, levarsi, sorgere mettere, situare, collocare venire, entrare (può essere seguito da un complemento di luogo senza una preposizione) digiunare soggiornare bere (prep.) a, fino a (distanza), vicino, fino a quando tutto, ciascuno, ogni

Esercizi (a) Traduci oralmente in ebraico: 1. egli è migliore di me 2. non c’è nessuno come noi 3. egli prese da noi il denaro 4. hai visto una donna come lei? 5. in tutta la terra che è davanti al popolo 6. ogni gioia e ogni salvezza che vi ho dato 7. tutti i peccati che tu hai peccato 8. ogni patto che ho fatto con il popolo 9. tutto l’oro e tutto l’argento 10. tutto ciò che possiedo (lett. tutto ciò che è a me) (b) Traduci: . y $ r ™ xinn Di’n-^3 iò) n r .o$ a n'K ÌÒ3 o ^ n r a 1#$ t y r ò vn dh rp h t o D,'??n"n^ w v nyitf ? nn?n rfrm nnzpwa nTÌ?n nyri r ó .D?Ó Wlty □!$ *01 DVH"1?? 13^

1

2 3 4 5

107

L e z io n e 14

.njrj avo vn a onan .f5?5» n ^ rrn ^ n'D^ .Ti^n n'D rp wj;»T^ nan □'niaan-bo wa .Dfl1? l*7DK“D>‘| D?Ó ÌTltf .^ÓV o # ttfnn? ^ t ^ n ni (c) Scrivi in ebraico: 1. Ella non vide gli uomini che venivano sulla strada verso la città. 2. I retti stanno digiunando giorno e notte. 3. Oggi Dio ci ha dato una grande vittoria. 4. A sera egli partì per Gerusalemme. 5. Il Signore è Dio, e non c’è nessuno come Lui sulla terra e nei cieli. 6. Misero un grande tavolo di fronte al re. 7. Sedettero lì tutta la notte fino al mattino. 8. I peccati che abbiamo commesso sono molti e grandi.

6 7 8 9 io

L e z io n e 15

68.1) perfetto di 33D sabab La radice verbale di questo tipo è particolare per il fatto di avere identiche la seconda e la terza consonante. Il perfetto si presenta come segue: ano m o niào niao ’ntào — T

T ”

T

T



sàbab sàbàbàh sabbóta sabbòt sabbòti

sàbàbù sabbò{em IDtaO sabbóten Ulào sabbónù

egli circondò ella circondò tu (m.) circondasti tu (f.) circondasti io circondai essi/esse circondarono voi (m.) circondaste voi (f.) circondaste noi circondammo

Qui troviamo una nuova particolarità: davanti a tutti i suffissi che comin­ ciano per consonante il tema è sabbó-. Nei casi rimanenti le forme sono relativamente regolari; tuttavia, si faccia attenzione alla à al posto di a, in ac­ cordo con § 11 (2). Quando le ultime due consonanti della radice sono una gutturale o r, le forme nelle quali ci aspetteremmo un raddoppiamento sono sostituite da forme che mostrano un allungamento di compensazione.

T 1N m ix ninx ninx Vii*™

'arar ’àràrah ’àrotà ‘àrót ’arati

egli maledisse ella maledisse tu (m.) maledicesti tu (f.) maledicesti io maledissi

rm □niix le m m x

’àràrù ’àrótem ’aróten ’àrónu

essi/esse maledissero voi (m.) malediceste voi (f.) malediceste noi maledicemmo

—T

T

T

1T

T

T



V

T

T

110

In t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

*

w w m n&y

con me con te (m.) con te (f.) con lui con lei

*3

fimmi 'immdkà 'imrnàk *immó 'immàh

u

69. Le preposizioni UV 'im e "X1M ’et con suffissi pronominali

wv □$y w

’immanù Hmmàkem ’immàken 'immàm ’ìmmàn

con noi con voi (m.) con voi (f.) con loro (m.) con loro (f. )

Una variante altrettanto comune della la persona singolare è '’ìfty 'immadì, con me; come lo è EDEV 'immcihem> con loro, della 3a persona plurale ma­ schile D&y ’immàm.

im inx T\m T



’itti ’ittdkà ’ittàk ’ittó ’ittàh

con me con te (m.) con te (£)] con lui con lei

D?w Dm nm T

nm



’ittànu ’itidkém ’ittdkén ’ittàm ’ittàn

Si noti il singolare contrasto tra D3E>y che si presenta con a e senta con a.

con noi con voi (m.) con voi (f.)] con loro (m.) con loro (f.)] c^e si Pre_

70. Osservazioni finali su Dal momento che in ebraico normalmente, non è retto da alcuna preposizione, espressioni italiane come “a cui, al quale, per cui, per il quale” e simili devono essere espresse in maniera differente. Ciò avviene per mezzo di un pronome “riassuntivo” collocato all*interno della stessa proposizione relativa, come illustrato negli esempi seguenti; l’uomo al quale ho dato l’argento —>l’uomo che ho dato l’argento a lui 1*7 ■ ’fl/o hà ’is ’àser nàtàtti ló ’et-hakkésep la città dalla quale essi sono venuti —> la città che essi sono venuti da essa "l$t$ TS?n hà'ir ’àseryàsd’u mìmménnàh l’uomo con il quale essi sedettero —i► l’uomo che sedettero con lui inN UW’ hà ’is ’àser yàsabiì ’ittó

111

L e z io n e 15

In alcuni casi specifici, gli avverbi un pronome:

e

possono essere usati al posto di

la città nella quale egli si stabilì —» T?n

la città che egli si stabilì là ha 'ir ’àseryàsab sàm

la città alla quale egli andò —* la città che egli andò colà T’VD hà *r àser hàlak sàmmàh Il pronome riassuntivo retto del verbo:

è facoltativo quando

l’uomo che ho mandato iritf

si riferisce alFoggetto di­

—► l’uomo che ho mandato lui ha ’is ’àser sàlàhti ’ótó

o semplicemente (e di norma) In questo paragrafo e nei precedenti (§§ 32, 55) abbiamo presentato l’uso più comune di in quanto corrispondente all’uso dei pronomi relativi dell’italiano. Si possono incontrare però molti casi nell’uso di “1$$ che non trovano corrispondenza nell’esposizione data qui. La maggior parte di questi casi, tuttavia, può essere affrontata se si tengono a mente due tendenze gene­ rali: ( 1) tende ad assumere il significato della locuzione relativa “ciò che”. Come tale, esso può trovarsi come congiunzione all’inizio di una pro­ posizióne con il significato di “il fatto che...” e può assumere di conse­ guenza il significato di “dal momento che, poiché” o di qualche altra con­ giunzione che in italiano introduce una proposizione subordinata. Una classi­ ficazione esaustiva di tutti questi usi va oltre la finalità di una grammatica elementare come questa. (2) Dal momento che può assumere uno status di pronome indipen­ dente (“ciò che”), può essere trovato occasionalmente con una preposizione che lo precede, contrariamente a quanto previsto dall’uso comune. Esempi di queste tendenze sono le espressioni seguenti, utilizzate nor­ malmente come congiunzioni IV? 1$ ^ *nt|H "1 ^ 3

y& an 'àser ’ahàrè ’àser ka’àser

perché, a causa di (lett. a causa del fatto che) dopo come, secondo, quando

112

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

Infine, nonostante la maggior parte delle proposizioni relative sia segna­ lata dalla presenza di "1$$, è sempre possibile usare una proposizione che si riferisce ad un sostantivo precedente senza aggiungere alcuna indicazione formale della relazione tra di essi (per descrivere questo fenomeno viene usato il termine asindeto): Gn 15,13 ISam 6,9

DD*? N'1? U1? rPH Nin

in una terra (che) non (è) loro Fu un caso fortuito (che) capitò a noi.

Questo tipo di proposizione relativa è più frequente in poesia che in prosa, soprattutto dopo un antecedente indeterminato che dopo uno determinato per mezzo dell’articolo. 71. Vocabolario 15 S o s t a n t iv i :

r m miswdh “liN or W * hòsek ’óyèb TX sàbab W m x 'arar DII? ’azab "DV 'cibar 9

V e r b i:

—T

- T

-

T

yàras n:>tf sàkah ka ’àser C o n g iu n z io n e : 1 ^ 3 ”T

*•

T

~Òt) comandamento (pi. -ini) luce oscurità, tenebre ( p i -im) nemico circondare, girare, aggirare maledire abbandonare attraversare (un luogo); trasgredire (un comandamento) ereditare dimenticare come, secondo, quando (pi.

Esercizi (a) Traduci oralmente in ebraico: 1. il vaso in cui c’è acqua 2. l’uomo che il re ha convocato 3. la casa in cui trovammo un tavolo 4. la sera in cui mangiammo e bevemmo 5. il popolo con cui egli sta dimorando 6. il giorno durante il quale (lett. in cui) digiunammo

L e z io n e 15

7. 8. 9. 10.

113

la nuvola dalla quale uscì il fuoco Fanno in cui molti caddero in battaglia la legge in cui (ci) sono benedizioni e saggezza i cieli in cui egli creò il sole, la luna e le stelle

(b) Traduci: .nyn

Ntian nw sm

nty*?rrn$ N"Pf ayrrriì$i ™

i 2

.D^nV^o iti i m n x n m'T 3 .erótto n^Dìsn-nx ^ k i ini niVcj Hinn rfr?f3 4 .nix dd1? PX "3 op*pn DVP 5 .dì1 «li? “ìlxft T|$iV? a^n'^ xij? 6 xmi nirp*? n ia i niKtpn ’nxón ^ mrr»& nyìtf? ^ rx i t o n^n 7 .^V ayrnis'ì ^nx n x .n y n ^ rn x irim Tyn_n$ a ^ 'x n 1330 ^ w ìti d$&i nypan^y U7óy 8 .VD^nna D ^ r r ^ - n s inpym 'i Tyn_n§ 9 .□ ^ ìa x n m ? inx ayn-^Di «in “inw-nK -ny ij?33 10 (c) Scrivi in ebraico: 1. La luce è migliore delle tenebre. 2. Hai dimenticato le parole che io ti avevo scritto nel libro? 3. Ho trasgredito tutte le leggi e tutti i comandamenti che tu mi hai dato. 4. Il Signore maledisse la città cattiva e tutto il popolo malvagio che era in essa. 5. Non ci sono nemici in questo paese (lett. terra). 6. Il vecchio mi diede un buon consiglio, perché sapeva che io non avevo fatto quelle cose cattive.

L e z io n e 16 72. La catena costrutta Nell’ebraico biblico non esistono preposizioni che abbiano la stessa gamma di significato espressa in italiano dalla preposizione “di”. La relazione geni­ tivale, il genitivo delle lingue classiche, trova il suo corrispondente nella ca­ tena costrutta: Vip gol hannàbì' n & i ìW mélek hà *ares

la voce del profeta il re della terra

Come mostrano questi esempi, la giustapposizione di due sostantivi serve ad esprimere una relazione tra essi. Il primo sostantivo in una catena di questo tipo è detto “in stato costrutto”. Per usare una terminologia più moderna, in casi dì questo tipo, sì dice che, rispetto alla forma “normale o libera (asso­ luta)” usata altrove, il primo sostantivo ricorre in forma “legata”. La forma costrutta o legata di un sostantivo è spesso diversa da quella as­ soluta. Tale differenza sorge principalmente a causa dei mutamenti dell’accento implicati dallo stato costrutto: il primo sostantivo perde il suo accento abituale e diventa proclitico rispetto al secondo. La perdita dell’accento può essere completa, come avviene comunemente con (si noti il maqqèp): ben-hammélek

il figlio del re

sebbene di solito il primo sostantivo mantenga il suo accento: n fc t ^

mélek hà ’àres

il re della terra

Più importante delle modifiche d’accento è comunque il cambiamento che si riscontra nella vocalizzazione di molte parole: T3T ddbar hammélek

la parola del re

L’argomento sarà preso in considerazione più avanti. In una catena costrutta, solo il sostantivo finale può avere l’articolo de­ terminativo, Il fatto che l’intera espressione sia determinata dipende dal se­ condo sostantivo: se esso è determinato per mezzo dell’articolo o è un nome proprio, anche il primo sostantivo risulterà determinato: N'gan Vip

qól hannàbì‘

la voce del profeta

I n t r o d u z io n e

116

*?ìp qól SDmù ’él

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

la voce di Samuele

mentre invece N'QJ *7Ìp

qól nabi’

una voce di un profeta

In questo modo, la relazione tra i sostantivi di una catena costrutta corri­ sponderà generalmente alle espressioni “il... del...” o “un... di un...”, Per dire esplicitamente “un... del...” si usa la preposizione (spesso con *!$$) con la forma normale (assoluta) di un sostantivo: (l$t$) "137 dabàr ( ’àser) lammélek i l i 1? "IÌE>|& mizmór hDàwTd

una parola del re un salmo di Davide

Ciascuno dei sostantivi della catena costrutta può essere reso al plurale. Le forme caratteristiche dei plurali costrutti saranno trattate alla Lezione 18. Per il momento si consideri che dibrè è la forma costrutta di □‘*‘197: □’ÌOIiari "137 ddbar hanndbi’im n .}*7 dibrè hannàbi’ D’W ^ n ’H in dibrè hann9bi’tm

la parola dei profeti le parole del profeta le parole dei profeti

Gli eventuali aggettivi che qualifichino l’uno o l’altro dei sostantivi si collocheranno in fondo all’intera catena. In certi casi possono sorgere delle ambiguità ma la concordanza in genere e numero - insieme al contesto gene­ rale - è di solito una guida sufficiente per risolverle. Si osservino bene i se­ guenti esempi in modo che risultino chiari (n$N e sono le forme costrutte di e rispettivamente): jn_rj t r a n "137 la parola del profeta malvagio oppure la parola malvagia del profeta CPinn le parole malvagie del profeta □’W'Oan "07 la parola dei profeti malvagi U to n$N la moglie dell’uomo buono rniBnn$N la buona moglie dell’uomo nlD’H le belle mogli dell’uomo □‘’Djn le mogli degli uomini belli La lingua ebraica vieta l’uso di due aggettivi che si riferiscano a sostantivi diversi della catena. Ma due aggettivi diversi possono riferirsi ad uno solo dei sostantivi della catena, come in

L e z io n e 16

117

Dion •q'?àn a r a t a ^ é n vp ì

le parole del re buono e giusto le parole buone e giuste del re

La catena costrutta può essere estesa a tre o più sostantivi; tuttavia esempi di quattro o più sostantivi sono molto rari: N a rrili

la moglie del figlio del profeta

Anche in questi casi valgono le regole viste sopra a proposito dell’aggettivazione e dell’uso dell’articolo. Qualche volta, e di solito in espressioni stereotipate, il primo o il secondo sostantivo di una catena costrutta possono essere sostituiti da un sintagma più lungo. I seguenti casi sono anomali e non verranno usati negli esercizi: Y'l^rr]

i l re del cielo e della terra (il secondo sostantivo è sostituito da sostantivo + sostantivo) le parole e le azioni del re (il primo sostantivo è sostituito da sostantivo + sostantivo) T?ì?5 nnati? la gioia della (o nella) mietitura (con il secondo sostantivo è usata la preposi­ zione; probabilmente una contaminazione con la locuzione verbale sàmè?h bd gioire in)

I participi attivi possono essere costruiti con complemento oggetto in diversi modi o ( 1) in quanto verbi rninrrriK 1

colui che (adesso) sta osservando la legge

o (2) in relazione costrutta in quanto sostantivi m ta

colui che (in generale) osserva la legge.

Come suggerito dalle traduzioni di sopra, ciò comporta frequentemente una differenza nel significato: nell’uso verbale del participio, il riferimento è concreto e preciso; nell’uso sostantivato, il riferimento è generale e manca di precisione. Il significato preciso della catena costrutta è difficile da definire. Sebbene una traduzione approssimativa, con l’uso del “di” o del possessivo, come nell’espressione “il figlio del re”, sia spesso sufficiente, ci sono molti casi in cui è preferibile l’uso di un aggettivo o di un sintagma preposizionale:

I n t r o d u z io n e

118

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

13& ni1? una tavola di pietra p&n la tavola di pietra una santa montagna CPÓ '’V? 1111 vaso Per l’acqua Lo studente dovrebbe tenere a mente il fatto che in una catena costrutta il se­ condo sostantivo modifica o restringe in qualche modo il significato del primo; partendo da questa regola generale si può procedere ad una corretta traduzione così come richiesto dal contesto o dal comune uso dell’italiano. Dovrebbe essere invece evitata l’aderenza pedissequa ad un singolo modello di traduzione. 73. La forma del costrutto singolare La forma costrutta di un sostantivo singolare (esclusi i femminili in -àh e po­ chi altri) può essere ricavata dalla forma assoluta attraverso l’applicazione delle regole seguenti: 1) é e à non accentati vengono sostituiti da a. 2) à in una sillaba finale chiusa viene sostituita da a. 3) é in una sillaba finale chiusa rimane di solito invariata, ma in un pic­ colo gruppo di parole viene sostituita da a. Sotto sono elencati alcuni esempi dei più frequenti tipi di sostantivo: Assoluto V yàd Dipa màqóm nàbi’ roto kòkàb hèkàl mispàf gannàb "Dì dàbàr 1ì?ì zàqèn voti sdpét lébàb mélek "150 séper nà'ar T

• T

V

T -

■r

r

Costrutto V yad tri pz? maqóm m i ndbV kókab 'W d hèkal mispat gannab ddbar m zdqan DD$ sdpét hbab mélek séper nà'ar

Regola applicata 2 1 1 2 2 2 2 1e 2 1 e 3 (con cambio) 3 (senza cambio) 1e 2 nessuna nessuna (la è è accentata) nessuna

L e z io n e 16

119

74. Vocabolario 16 S o s t a n t iv i :

’ében dàg

(pi. -ini) pietra (f.) (pi. -im) pesce [Il f. dàgàh è usato come termine collettivo]. (senza plurale) metà fyàsì (pi. □'’fò? yammìm) mare; si noti HEP D1 yàm yammàh verso il mare, verso ovest. (pi. -ót) tavola Di'? luah rDìÒZ? mdlà(')kàh occupazione, lavoro ty*— (coll., senza plurale) uccelli, volatili op nìv 'èseb (coll.) erba, vegetazione erbacea (pi. -tm) immagine, somiglianza sélem rompere, spezzare “D # sàhar sàma' udire, ascoltare; con o prestare attenzione a, badare a, ascoltare; con / 3 obbedire. cessare, riposare r o t f sàbat làmmàh Perché? [Davanti alle gutturali N, H e n i$ V viene preferita la forma rró*? 138 n T

T

V e r b i:

— T

-

A l t r i:

T

lam ah].

Esercizi (a) Forma il costrutto singolare dei sostantivi seguenti (secondo le regole menzionate sopra): • ZPft “i m

“1ÌK T T

n $ u

“in □V?q

ir à TZ$ Ili

in

nnt T T

kg ?

QV

li?T

3 DÌ3

n ipa TV

Km * T 1W

*?1p

rv .

□ j?

n?

P ii

IO1?#

nsn T T

120

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

(b) Traduci oralmente in ebraico: 1. un vaso d ’argento 2, la montagna del Signore 3. il cammello dell’uomo 4. il giardino della donna 5. il tempio della città 6. il sogno del ragazzo 7. l’argento degli uomini 8. la voce del servo 9. la luce delle stelle 10. il pane del bambino 11. il fiume di quella terra

(c) Traduci: 7 8 9 10 11 12

“ì^Vvi “l’VO ^ n ^ ìn nsn Viian o?ó#n )iv, ani

n? ian f s? p p n ^ K n ia inn n$xn t^N nsnnrrateniz^N D5?n tiDW —T

T



T



T

T T

T



i 2 3 4 5 6

T■

(d) Traduci: .ix$ tpy$1 =pn ^ r a r i Vip1? oyn ìò .□V*? irto in; x1?! is&n D^rni* K^an “n # .rrnVana oratf na1? .KÌH *73 ttVT *?Ì73LD*?i Wftl Hìnn T5n .cg1? lana onìn-n^ QFi^^n ."ta np^ avfàn niy .n&p'pB1? naqan .D',nl7^n K^-n^ d$ ux&d vfr) nTvn mi .in^rrVv' nninn “i§ó"ni$ insn nto .rnz^n -\y§ aibqn w x-i n ^ rrn ^ nVi ip ia w p .k o st Vv oyn ni ,n$xn Vip-1?» v m ti? *^&D1 ^È rr ^e?1? nuton nxà m jaa nvr T ll? o ^ l trrf^ n Vip-1?» EpyzpW ito?» n ftfe .do1? ina T

*

l - T

I

T

V

T

V

I

S

-

*•

»

T

V T

V



T



I

TT

-

T

-

T

T

»

T



i

2 3 4 5 6 7 8 9 io il 12 13

L e z io n e 16

121

(e) Scrivi in ebraico: 1. Egli attraversò la strada della città. 2. Perché mi hai abbandonato al nemico? 3. Chi ha rotto questo vaso? 4. Egli ci ha maledetto perché abbiamo dimenticato la parola della legge, 5. Il re malvagio prese prigioniero il popolo di Gerusalemme. 6. Egli mi ha abbandonato perché ho peccato contro di lui e non l’ho ascoltato. 7. Non si riposarono fino a sera.

L e z io n e 17 75. Il costrutto singolare: tipi minori a)

I termini e tìX hamio -i come suffisso nella forma costrutta,e regolare riduzione della vocale tematica: ’àbi, 'ahi. b) Tutti i sostantivi che seguono il modello di JVÌ e n*|Óhanno nel costrutto una contrazione regolare (ayi —►è e àwe —» ó): n?± nió

bàyit mawet

costr.:

iva bèt nift mot

c) La forma costrutta di 13 è di solito proclitica: “13 (con e). Un forma si­ mile si trova per 0$ ma è meno frequente. d) Un piccolo gruppo di sostantivi, apparentemente identici al tipo di 1|7T (costr. zaqarì), ha un forma costrutta insolita; questo gruppo include katèp TJT yàrèk

costr.:

qró kétep Tp* yérek

spalla coscia

e) I sostantivi che terminano in -eh hanno la forma costrutta in -eh. Gli altri mutamenti sono conformi alle regole già esposte: ITJ&

sàdeh mahàneh

costr.:

niif? sddéh rnrjfò mahànéh

Ci sono poche altre eccezioni rispetto alle regole di base date nella lezione 16. Nessuna di esse, tuttavia, è abbastanza frequente da rappresentare una categoria separata; quando necessario le differenze particolari saranno se­ gnalate nei vocabolari. 76. Il costrutto singolare dei sostantivi femminili che terminano in -ah Nel caso dei sostantivi femminili che terminano in -ah avviene la sostitu­ zione della desinenza finale con -at, Per il resto essi si conformano normal­ mente alle regole indicate nella lezione precedente. sànàh 'ésàh malkàh

anno consiglio regina

costr.: ro'ptt

ssnat 'osai malkat

regola 1 regola 1 senza ulteriori cambiamenti

124

In t r o d u z io n e

HKìDr1 tdbu ’ah raccolto nVpn topillah preghiera bdràkàh benedizione

a l l ’ e b r a ic o b ib l ic o

nMIiri tebu’at tapilla t J13”|Z1 birkat

^ 3 ? nabélah cadavere

regola 1 e regola dello shewa (§ 5) 1

ri1?}] niblat

Gli ultimi due esempi dovrebbero essere chiari; la riduzione di a in a se­ condo la regola 1 porta a *b9rskat, che, in seguito alla regola dello shewa, diventa birkat. Sono comuni due tipi di variazione rispetto alla norma: 1) La maggior parte dei sostantivi trisillabici che cominciano con una sil­ laba chiusa hanno forme costrutte con l’accento sulla penultima sillaba: nn§V»

mìlhàmah mispàhàh

guerra costr.: milhémel famiglia nnólfto mispàhat

2) A volte l’attesa riduzione di è o di a in 3 non avviene. Ciò non può es­ sere previsto e richiede speciale attenzione. rra

bzrekàh sàràh

stagno angoscia

costr.: rm

riD"l3 bdrékat sarai

La maggior parte dei sostantivi femminili terminanti - nella forma assoluta in -at, -et, - ut,, -ìt, ecc. non è suscettibile di ulteriori cambiamenti nella forma costrutta. E quelli che invece lo sono, seguono le regole consuete. La forma costrutta di n$N è del tutto irregolare: n$X ’éset. 77. Vocabolario 17 S o s ta n tiv i:

srj?“i

ràqìa '

nato1 yabbàsdh ab un rm ’àh 13 ben malkàh T

T —

T

T

il firmamento (a quanto pare, conce­ pito dai cosmografi della Genesi come una barriera solida) terra asciutta (pi. ~ót) padre (pi. irreg. D^nK ’ahim) fratello (pi. irreg. banim) figlio (pi. -ót) regina

1 Si noti l’inusuale regressione di k in k. Ci si aspetterebbe invece

daghesh lene.

senza il

L e z io n e 17

AGGETTIVI:

125

ÙW sem risón 'iti séni salisi T T \ rabi'i njtojq Ramisi 'al-panè 1? kèn V

Al t r i:

Ta v a

(pi. -ót) nome primo (f. risóndh) secondo (f. senti') terzo (f. salisti) quarto (f. IFSPyi rabi'it) quinto (f. D ^ t ) bàmisit) (prep.) sulla superficie di, di fronte a (aw.) così, in questo modo (riferito a ciò che è stato menzionato prima).

Esercizi (a) Traduci: ntf pn trà n m tay n n m n nsntf’ *onn n ^ n nyna T

Pt

-

*



T

-

1

*





i

V™ uà ntfrn n x n ntf n 'y f à naqa

8 9 10 il 12 13 14

K^an m ■ T -

••

niimri m in nyn

1 2 3 4 5 6 7

(b) Traduci oralmente in ebraico: 1. il campo dell ’uomo ricco 2. il padre del re 3. la terza battaglia dell’anno 4. il più giovane (= piccolo) fratello del profeta 5. la quinta parola della legge 6. la benedizione del Signore 1. la sapienza del re 8. la prima casa della città 9. il firmamento dei cieli 10. l’immagine di Dio (c) Lettura: La creazione N.B. La narrazione originale dell’ebraico biblico richiede l ’utilizzo dì una forma

verbale che non verrà trattata prima della lezione 22. Le letture selezionate nelle

126

I n t r o d u z io n e

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

lezioni 17-22 dovranno dì conseguenza essere considerate come semplici sequenze di frasi isolate, legate per quanto riguarda il significato ma non per quanto ri­ guarda la sintassi.

^ f ì i ‘m i nnn nn?n n t o - n f c r n s i o?ó$n-ri$ j q j ptfxin dì»? nfry 13 .n*??1? *qj? ìy fb ] nv nix1? *aTj? .liNirnis n n 1?^ .n ^n dìs5 Q'rfrfó a ltè ri nnn

D?ón ■pa T?y spì?l?1 D^n

-i y ^ i D’n'V^ nwy

dì5?

d1»3 ntoy i? . d ^ s v i 1? «li? .D ^ r r ^ y i$é$ D?àn yyi kiti7 nttG?1? .™ aipa-1?^ d t o h nnn .r y - ^ - n ^ n S ? n ^sr^-n a; tq a

D?7§rrnì<

n i?

Di’?

o l^ 'o a .d*isp ìoj? d^ ’?*) n $

(d) Scrivi in ebraico: 1. La casa di pietra non cadde. 2. La gioia del popolo è nella legge del Signore. 3. Metà dei giovani cadde in battaglia quel giorno. 4. Bevetti l’acqua da un vaso di pietra e mangiai il cibo che era su un tavolo di legno. 5. Ho dimorato col popolo di quella terra (per) molti anni. 6. Nel mattino egli partì verso ovest. 7. Il nome di questo re è Davide.

1 tóhu wàbóhui una designazione del caos primordiale; “senza forma e vuota” è

una traduzione accettabile per questa frase pressoché oscura.

L e z io n e 18

78. Le forme costrutte dei sostantivi plurali in -tm Nella forma costrutta dei sostantivi plurali in -irn, questa desinenza è sosti­ tuita da -è. Le riduzioni vocaliche che hanno luogo avvengono in accordo con le regole date al §73. Assoluto yamùn tn a hcmlm n ^ n hissim ‘ammim □'DIO sùsim j zetim nniD-i bdkórtm gdbùlim gdtnallim a n y r dabàrtm D 'r ó ’ànàsim zsqènìm kèlìm kókàbim □ ^ n hékàlìm mìspàtim kohànim • T

► T

j\

■ T

*

T

»

/\

Costrutto ydtnè bariè ’3tn hìssè ’ammè •’DID susè zete bakórè ''im gabùlé gdmallè dibrè \anse ^i?T zìqnè Itdlè kókdbè 4 ? ’n hèkdlé mispdtè kdhànè >■ i

Regola applicata 1 1

M*

••

t

1 e regola dello a 1 e regola dello s 1 e regola dello d 1 1 1 1

I sostantivi bisillabici con accento sulla penultima sillaba (del tipo di mélek) devono essere distinti da quelli di sopra e fatti oggetto di particolare atten­ zione. Nonostante essi abbiano un plurale assoluto che segue uno schema comune, la forma costrutta non può essere ottenuta attraverso le solite re­ gole: a) Sostantivi del tipo di (con é) hanno a o ì nella sillaba tematica del plurale costrutto. La vocale corretta deve essere appresa separatamente per ciascuna parola. La lista che segue riporta la forma costrutta plurale di tutte le parole di questo gruppo che sono state menzionate fino a que-

I n t r o d u z io n e

128

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

sto punto. D’ora in avanti la vocale specifica dì ogni sostantivo sarà se­ gnalata nei vocabolari. malkè 'abdé ■»»13 karmé 'ir. yaldè darhé ’abné ■TS3 na 'are

orato n-'inv,

■j

;u -u

vii: onw

* T !

b) Sostantivi del tipo di “I5 Ó (con e) hanno la vocale i (a volte e): Ó

19

•nè

nnD p

■n.99 sìpré

o '-to

sibtè t i ? ’edrè

tribù greggi

c) Sostantivi del tipodi tV~)p (con 0) hanno invece la

vocale o: radici

sorse

Esistono numerosi sostantivi le cui irregolarità nella forma del plurale co­ strutto devono essere brevemente commentate: D'WNI ràsim 'arim a n n hàrim •

r

• T

* T

Le forme costrutte di

'r ò l ns? nn ••

t

- T

**T

rase 'are hàré

Senza riduzione Senza riduzione Senza riduzione

e a^Ó sono rispettivamente

samè e '0 me.

79. Le forme costrutte dei sostantivi plurali in -òt La desinenza -ót dei sostantivi plurali rimane tale e quale nella forma co­ strutta. Per il resto viene applicata la stessa regola (1) di riduzione già men­ zionata. Anche in questo caso, se sostantivi del tipo di mélek, séper, sóres (o nà ’ar, zéra \ ’órah) hanno le forme plurali in -ót, la vocale tematica non può essere semplicemente prevista sulla base delle regole. a# ±> a iti

samót nia1?J1Ì31? libbót napsót nirnt] n l r j o harbót

regola 1 non prevedibile

L e z io n e 18

nix Qipa

129

’arsót 'orhót mdqómót nìDin birkót nlitp éddót

niiqx nirqx

nls-fó nirn^ niDis niìto T !

T

non prevedibile

1 e regola dello a 1

I plurali costrutti di sostantivi femminili come nypà e rD ^ assumono la stessa vocale che mostrano al singolare: fiìy ^ ma 80. Vocabolario 18 S o st a n t iv i :

adàm

d ik

’àdàmàh

bdhèmàh W l

rémes

zàkàr nsqébàh natf sabbàt 'VfVf SlSSl S3DI l ’ahèr im "Dì

■*

A g g et t iv i :



^

V

V e r b i:

• V

l A t *

yàsar

(1) il nome proprio Adamo; (2) ter­ mine collettivo (senza pi.) umanità; (3) sostantivo singolare (senza pi.) uomo [ 'àdàm caratterizza l’uomo op­ posto a ciò che non è umano, mentre ’is è l’uomo in opposizione alla donna e al bambino]. terra, terreno, suolo, proprietà terriera [a volte sinonimo di era?, che però contiene un significato più geografico o politico piuttosto che agricolo], (costr. fittala behémat) (pi -ót) bestia, animale, spesso usato come collettivo (senza, pi.) termine collettivo per indi­ care tutti gli esseri che strisciano (pi. -im) maschio femmina (pi. irreg. nifOT) sabato (f.) sesto (f. n W sissit) settimo (f. rpyzi^ sdbVit) altro, un altro (f. ril£iX ’ahéret; m. pi. t H 0$ ’àhèrim, f. pi. ’àhèrói) plasmare, formare

Si osservi attentamente: le tre parole che seguono vengono spesso confuse tra loro (1)*>n hay un aggettivo le cui forme sono date al §22; “vivo, vivente” (2)rpn hayyàh un sostantivo (pi. -ót) usato come termine gene­ rico per ogni “essere vivente o animale”

130

(3) n«n

I n t r o d u z io n e

hayyim

a l l ’e b r a ic o b ib l ic o

un sostantivo usato solo alla forma plurale ma con il significato singolare di “vita, la durata della vita”

Esercizi (a) Traduci i seguenti sintagmi, Assicurati di capire chiaramente tutte forme costrutte. 15 Tyn 16 rninn nini1? 17 D'r fW ^ ny? '7 $ 18 □yri nin? T»n »t t ot 19 n f e ! nì»?j 20 i§én n y i Dwgjn nirna 21 T u' ta Tyn T7 * 22 m/n TT niaa •• * H b ’!
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