WOZZECK

September 4, 2017 | Author: Amir | Category: Entertainment (General), Business
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WOZZECK...

Description

Il Teatro alla Scala ringrazia gli abbonati sostenitori Stagione 2007/2008

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(Il presente elenco è in fase di aggiornamento)

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ALBO DEI FONDATORI

Stato Italiano

Banca Popolare di Milano

RegioneLombardia

Fondazione di diritto privato

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Presidente

Letizia Moratti Sindaco di Milano

Consiglieri

Stéphane Lissner Francesco Micheli Filippo Penati Alessandro Profumo Renato Ravasio Paolo Scaroni Carlo Secchi Fiorenzo Tagliabue

Vice Presidente

Bruno Ermolli

Stéphane Lissner Sovrintendente e Direttore artistico Gastón Fournier-Facio Coordinatore artistico

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI

Presidente

Angelo Provasoli

Membro supplente

Nadia Palmieri

Membri effettivi

Marco Aldo Amoruso Mario Cattaneo

Wozzeck Opera in tre atti Libretto di Alban Berg da Georg Büchner Musica di Alban Berg

EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA

TEATRO ALLA SCALA PRIMA RAPPRESENTAZIONE

Martedì 19 febbraio 2008, ore 20 REPLICHE

Febbraio 22 ore 20 - Turno F 24 ore 20 - Turno E 26 ore 20 - Turno A 28 ore 20 - Turno B Marzo Mercoledì 5 ore 20 - Turno C Domenica 9 ore 20 - Turno D Venerdì Domenica Martedì Giovedì

In copertina: Albert Bloch. Sachgasse, 1917 (Torino, Galleria d’arte moderna e contemporanea).

SOMMARIO 4

Wozzeck. Il libretto

traduzione italiana di Maria Teresa Mandalari

66 Il soggetto (ital. - franc. - ingl. - ted. - giapp.)

a cura di Alberto Bentoglio

76 L’opera in breve

di Cesare Fertonani

78 ... la musica

di Andrea Malvano

83 Introduzione a Wozzeck

di Paolo Petazzi

123 La dimensione visiva e la localizzazione del significato in Wozzeck

di Gianmario Borio

151 Alban Berg

di Elias Canetti

158 Wozzeck alla Scala dal 1952 al 2000

a cura di Andrea Vitalini

186 A colloquio con Jürgen Flimm

a cura di Alberto Triola

195 Alban Berg. Cronologia della vita e delle opere

a cura di Lidia Bramani

198 Letture

di Paolo Petazzi

202 Discografia

a cura di Luigi Bellingardi

207 L’Orchestra del Teatro alla Scala 208 Il Coro del Teatro alla Scala 209 Allievi del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio “G. Verdi” di Milano / I Mimi

Alban Berg

Wozzeck Oper in drei Akten (15 Szenen) nach Georg Büchner op. 7 Alma Maria Mahler zugeeignet

PERSONEN Wozzeck Tambourmajor Andres Hauptmann Doktor 1. Handwerksbursch 2. Handwerksbursch Der Narr Marie Margret Mariens Knabe

Soldaten und Burschen davon ein Soldat

Mägde und Dirnen Kinder

Bariton und Sprechstimme Heldentenor Lyrischer Tenor und Sprechstimme Tenorbuffo Baßbuffo Tiefer Baß und Sprechstimme Hoher Bariton (ev. Tenor) Hoher Tenor Sopran Alt womöglich Singstimme (III. Akt, 5. Szene)

{

}

Tenor I und II Bariton I und II sechsstimmig Baß I und II Solotenor (II. Akt, 5. und III. Akt, 3. Szene) Soprane und Alte, zweistimmig einstimmig

Edizioni Universal, Vienna; rappr. per l’Italia Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano

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Alban Berg

Wozzeck Opera in tre atti (15 scene) da Georg Büchner op. 7 dedicata a Alma Maria Mahler Traduzione italiana di Maria Teresa Mandalari

PERSONAGGI Wozzeck Il Tamburmaggiore Andres Il Capitano Il Dottore Primo garzone Secondo garzone Il Pazzo Maria Margherita Il Bimbo di Maria

Soldati e garzoni tra cui un Soldato

Serve e prostitute Bambini

baritono e voce recitante tenore drammatico tenore lirico e voce recitante tenore comico basso comico basso profondo e voce recitante baritono acuto (ev. tenore) tenore acuto soprano contralto possibilm. cantante (atto terzo, scena quinta)

{

tenore primo e secondo baritono primo e secondo basso primo e secondo tenore solista (atto secondo, scena quinta, e atto terzo, scena terza)

}

sei voci

soprani e contralti, due voci unisono

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Struttura formale di Wozzeck

SCENE Atto primo

Scena prima: Stanza del Capitano

Wozzeck e il Capitano

Scena seconda: Aperta campagna, sullo sfondo la città

Wozzeck e Andres

Scena terza: Stanza di Marie

Marie, Margherita e il bambino; più tardi Wozzeck

Scena quarta: Studio del Dottore

Wozzeck e il Dottore

Scena quinta: Strada davanti all’abitazione di Marie

Marie e il Tamburmaggiore

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VICENDA

MUSICA

Esposizione (Wozzeck in relazione al mondo che lo circonda)

Cinque pezzi caratteristici

Come ogni giorno il soldato Franz Wozzeck sta radendo il Capitano che non perde occasione per deriderlo e accusarlo di immoralità poiché convive con Marie, una ex prostituta, dalla quale ha avuto un figlio. Senza successo, Wozzeck tenta di esporre le proprie ragioni.

“Il Capitano” Suite: Preludio, Pavana, Cadenza 1 (viola sola), Giga, Cadenza 2 (controfagotto solo), Gavotta – Double I/II, Ripresa del Preludio in andamento retrogrado Postludio orchestrale (Cambiamento di scena)

Aiutato dal commilitone Andres, Wozzeck raccoglie la legna. Ma ben presto il paesaggio che lo circonda diviene per lui un incubo minaccioso e insostenibile.

“Andres” Rapsodia su tre accordi e canzone di caccia in tre strofe di Andres Postludio orchestrale e inizio della banda militare (Cambiamento di scena)

Marie osserva affascinata la prestanza fisica del Tamburmaggiore che sta passando nei pressi della sua abitazione a capo della banda militare. Margherita, sua vicina di casa, ironizza pesantemente sulla condotta di Marie. Rimasta sola, Marie culla teneramente il suo bambino. Al sopraggiungere di Wozzeck, in preda a uno stato allucinatorio, la donna cerca di distrarlo parlandogli del figlio. Ma il soldato non la ascolta e si allontana precipitosamente.

“Marie” Marcia militare, Ninnananna

In cambio di un modesto compenso, Wozzeck si è offerto come cavia per gli esperimenti parascientifici che il Dottore conduce su di lui al fine di evidenziarne i segni della pazzia. Con cinica soddisfazione, il Dottore osserva l’acutizzarsi in Wozzeck di uno stato di aberratio mentalis partialis.

“Il Dottore” Passacaglia (o Ciaccona): tema di dodici note con 21 variazioni

Accortosi dell’ammirazione di Marie, il Tamburmaggiore non esita a farle concrete proposte d’amore. Dopo un breve indugio, la donna acconsente.

“Il Tamburmaggiore” Andante affettuoso (quasi Rondò)

Transizione orchestrale (Cambiamento di scena)

Preludio orchestrale (Cambiamento di scena)

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SCENE Atto secondo

Scena prima: Stanza di Marie

Marie e il bambino; più tardi Wozzeck

Scena seconda: Strada della città

Il Capitano e il Dottore; più tardi Wozzeck

Scena terza: Strada davanti all’abitazione di Marie

Marie e Wozzeck

Scena quarta: Giardino d’una locanda

Garzoni, soldati e serve, il 1° e il 2° garzone, Andres, il Tamburmaggiore e Marie; un po’ più tardi Wozzeck; alla fine il Pazzo

Scena quinta: Corpo di guardia in caserma

Soldati, Wozzeck e Andres; più tardi il Tamburmaggiore

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VICENDA

MUSICA

Sviluppo drammatico (Peripezia)

Sinfonia in cinque movimenti

Marie ammira gli orecchini che il Tamburmaggiore le ha regalato: a Wozzeck ella dice di averli trovati casualmente. Dopo averle raccomandato di occuparsi del bambino, Wozzeck consegna a Marie la paga e si allontana.

Introduzione orchestrale Movimento in forma-sonata: esposizione (primo e secondo tema, tema conclusivo), ripetizione dell’esposizione, sviluppo, ripresa Postludio orchestrale (Cambiamento di scena)

Wozzeck incontra il Dottore e il Capitano, i quali ironizzano sulla condotta di Marie, dandogli la certezza di essere stato tradito. Il Dottore elenca tutti i sintomi del progressivo stato di pazzia di Wozzeck.

Invenzione e fuga sopra tre temi

Accecato dalla gelosia, Wozzeck si scontra violentemente con Marie. La donna gli dichiara il proprio disgusto.

Largo (orchestra da camera con lo stesso organico della Sinfonia da camera op. 9 di Arnold Schönberg)

Battute di transizione, poi introduzione, con orchestra da camera (Cambiamento di scena)

Battute di transizione e Preludio orchestrale (Ländler) (Cambiamento di scena) Fra donne equivoche e soldati ubriachi, Wozzeck riconosce Marie che balla con il Tamburmaggiore. Egli vorrebbe affrontare il rivale, ma non ne ha la forza. Mentre un garzone improvvisa una predica senza senso, un pazzo si avvicina a Wozzeck e gli sussurra: “Sento odore di sangue”.

Scherzo: Scherzo I (Ländler), Trio I (Canzone del primo garzone), Scherzo II (Valzer), Trio II (Coro di caccia dei garzoni e Canzone di Andres); Ripresa: Scherzo I (Ländler variato), Trio I (Canzone del primo garzone, variata in forma di mélodrame), Trio II (abbreviato), Scherzo II (Valzer variato con sviluppo) Postludio orchestrale (Continuazione del Valzer) (Cambiamento di scena)

Narrandogli il tradimento di Marie, il Tamburmaggiore insulta Wozzeck. Poi lo colpisce, gettandolo a terra.

Rondò marziale con Introduzione

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SCENE Atto terzo

Scena prima: Stanza di Marie

Marie e il bambino

Scena seconda: Sentiero nel bosco presso lo stagno

Wozzeck e Marie (Morte di Marie)

Scena terza: Osteria

Garzoni, Prostitute, Wozzeck e Margherita

Scena quarta: Sentiero nel bosco presso lo stagno

Morte di Wozzeck; più tardi il Capitano e il Dottore

Scena quinta: Strada davanti all’abitazione di Marie

Bambino di Marie, bambini

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VICENDA

MUSICA

Catastrofe ed epilogo

Sei invenzioni

Dopo avere raccontato a suo figlio una favola, Marie, colpita dalle parole del Vangelo, invoca la pietà di Dio.

Invenzione su un tema: tema, 7 variazioni e doppia fuga Postludio orchestrale (Continuazione della fuga) (Cambiamento di scena)

In luogo solitario, Wozzeck uccide Marie con un colpo di coltello.

Invenzione su una nota (Si) Transizione orchestrale (nota Si) (Cambiamento di scena)

Wozzeck ubriaco corteggia sfrontatamente Margherita. Insospettita dalle macchie di sangue che ha notato sulla sua divisa, la donna lo interroga. Wozzeck dapprima si schermisce, poi fugge impaurito.

Invenzione su un ritmo (Scherzo): Polka veloce, Lied (Wozzeck), Polka veloce, Lied (Margherita)

Cercando il coltello con cui ha ucciso Marie, Wozzeck si lascia sommergere dalle acque dello stagno. Il Dottore e il Capitano, che hanno udito dei gemiti, si allontanano impauriti.

Invenzione su un accordo di sei note

Il bambino di Marie sta giocando. Alcuni compagni gli annunciano la morte della madre. Ma egli non comprende e continua innocentemente a giocare.

Invenzione su un movimento regolare di crome (Perpetuum mobile)

Postludio orchestrale (Cambiamento di scena)

Epilogo orchestrale: Invenzione su una tonalità (re minore) (Cambiamento di scena)

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ERSTER AKT Vorhang auf ERSTE SZENE Zimmer des Hauptmanns. Frühmorgens Hauptmann (auf einem Stuhl vor einem Spiegel) Wozzeck (rasiert den Hauptmann) Hauptmann: Langsam, Wozzeck, langsam –! Eins nach dem Andern! (unwillig) Er macht mir ganz schwindlich... (bedeckt Stirn und Augen mit der Hand) Wozzeck (unterbricht seine Arbeit) Hauptmann (wieder beruhigt): Was soll ich denn mit den zehn Minuten anfangen, die Er heut’ zu früh fertig wird? Wozzeck (rasiert – mit Unterbrechungen – weiter) Hauptmann (energischer): Wozzeck, bedenk’ Er, Er hat noch seine schönen dreißig Jahr’ zu leben! Dreißig Jahre: macht dreihundert und sechzig Monate und erst wieviel Tage, Stunden, Minuten! Was will Er denn mit der ungeheuren Zeit all’ anfangen? (wieder streng) Teil’ Er sich ein, Wozzeck! Wozzeck: Jawohl, Herr Hauptmann! Hauptmann (geheimnisvoll): Es wird mir ganz angst um die Welt, wenn ich an die Ewigkeit denk’. “Ewig,” das ist ewig! (das sieht Er ein.) Nun ist es aber wieder nicht ewig, sondern ein Augenblick, ja, ein Augenblick! – Wozzeck, es schaudert mich, wenn ich denke, daß sich die Welt in einem Tag herumdreht: drum kann ich auch kein Mühlrad mehr sehn, oder ich werde melancholisch! Wozzeck: Jawohl, Herr Hauptmann! Hauptmann: Wozzeck, Er sieht immer so verhetzt aus! Ein guter Mensch tut das nicht. Ein guter Mensch, der sein gutes Gewissen hat, tut alles langsam... Red’ Er doch was, Wozzeck. Was ist heut für ein Wetter? Wozzeck: Sehr schlimm, Herr Hauptmann! Wind! Hauptmann: Ich spür’s schon, ’s ist so was Geschwindes draußen; so ein Wind macht mir den Effekt, wie eine Maus. (pfiffig) Ich glaub’, wir haben so was aus Süd-Nord? Wozzeck: Jawohl, Herr Hauptmann! Hauptmann (lacht lärmend): Süd-Nord! (lacht noch lärmender) Oh, Er ist dumm, ganz abscheulich dumm! (gerührt) Wozzeck, Er ist ein guter Mensch, (setzt sich in Positur) aber... Er hat keine Moral! (mit viel Würde) Moral: das ist, wenn man moralisch ist! (Versteht Er? Es ist ein gutes Wort.) (mit Pathos) Er hat ein Kind ohne den Segen der Kirche, Wozzeck: Jawo... (unterbricht sich) Hauptmann: wie unser hochwürdiger Herr Garnisonsprediger sagt: “Ohne den Segen der Kirche” – (das Wort ist nicht von mir.) Wozzeck: Herr Hauptmann, der liebe Gott wird den armen Wurm nicht d’rum ansehn, ob das Amen darüber gesagt ist, eh’ er gemacht wurde. Der Herr sprach: “Lasset die Kleinen zu mir kommen!” Hauptmann (wütend aufspringend): Was sagt Er da?! Was ist das für eine kuriose Antwort? Er macht mich ganz konfus! Wenn ich sage: “Er,” so mein’ ich “Ihn,” “Ihn...” Wozzeck: Wir arme Leut! Sehn Sie, Herr Hauptmann, Geld, Geld! Wer kein Geld hat! Da setz’ einmal einer Seinesgleichen auf die moralische Art in die Welt! Man hat auch sein Fleisch und Blut! Ja, wenn ich ein Herr wär’, und hätt’ einen Hut und eine Uhr und ein Augenglas und könnt’ vornehm reden, ich wollte schon tugendhaft sein! Es muß was Schönes sein um die

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ATTO PRIMO Sipario SCENA PRIMA Stanza del Capitano. Di buon mattino Capitano (seduto su una sedia davanti a uno specchio) Wozzeck (gli fa la barba) Capitano: Adagio, Wozzeck, adagio! Una cosa alla volta! (irritato) Mi fa girar la testa... (si copre con la mano la fronte e gli occhi) Wozzeck (interrompe il suo lavoro) Capitano (di nuovo calmo): Che ne farò dei dieci minuti che mi restano perché lei finirà troppo presto? Wozzeck (continua a raderlo – interrompendosi a tratti) Capitano (con piú energia): Wozzeck, rifletta che lei ha ancora almeno trent’anni buoni da vivere! Trent’anni: fanno trecentosessanta mesi e chissà quanti giorni, ore, minuti! Che ne farà, dica un po’, di tutto questo enorme tempo? (di nuovo severo) Bisogna che si organizzi, Wozzeck! Wozzeck: Signorsí, signor Capitano! Capitano (con aria di mistero): Mi viene l’angoscia nei confronti del mondo, se penso all’eternità. “Eterno,” è eterno! (se ne rende conto.) Ma ecco che l’eterno non c’è, c’è solo l’attimo, sí, un attimo! – Wozzeck, rabbrividisco al pensiero che il mondo gira su se stesso in un sol giorno: è perciò che non sopporto la vista della ruota d’un mulino, senza immalinconirmi! Wozzeck: Signorsí, signor Capitano! Capitano: Wozzeck, lei ha sempre un’aria cosí agitata! Un uomo buono non si comporta cosí. Un uomo buono, che ha la coscienza a posto, fa tutto con calma... E dica qualcosa, Wozzeck. Che tempo fa oggi? Wozzeck: Bruttissimo, signor Capitano! Vento! Capitano: Eh lo sento, c’è un’atmosfera di furia, fuori: un vento simile mi fa l’effetto di un topo. (con aria astuta) E cosí abbiamo vento in direzione SudNord, eh? Wozzeck: Signorsí, signor Capitano! Capitano (ride rumorosamente): Sud-Nord! (ride ancora piú rumorosamente): Oh, lei è proprio stupido, disgustosamente stupido! (commosso) Wozzeck, lei è un buon uomo, (si mette in posa) ma... non ha moralità! (con molta dignità) Moralità: significa essere una persona morale! (Capisce? è una bella espressione.) (con pathos) Ha un bambino senza la benedizione della Chiesa, Wozzeck: Signors... (s’interrompe) Capitano: ... come dice il nostro reverendo signor cappellano militare: “senza la benedizione della Chiesa” – (l’espressione non è mia.) Wozzeck: Signor Capitano, il buon Dio non starà a guardare per quella povera creaturina se sia stato detto l’amen prima che fosse fatta. Il Signore ha detto: “Lasciate che i piccoli vengano a me!” Capitano (balzando su furibondo): Che cosa sta dicendo? Che strana risposta è mai questa?! Mi fa confondere le idee! Quando dico “lei,” intendo “lui,” “lui...” Wozzeck: Noi povera gente! Vede, signor Capitano, denaro, denaro! E chi non ha denaro?! Come si fa a mettere al mondo in modo morale un proprio simile! Siamo anche noi di carne e ossa! Sí, se io fossi un signore, e avessi un cappello e un orologio e un occhialetto e sapessi parlare fino, allora sí che saprei essere virtuoso! Dev’essere una bella cosa la virtú, signor Capitano.

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In queste e nelle pp. 32, 33, 58, 59: i modellini di Erich Wonder per le scene di Wozzeck, Teatro alla Scala, stagione 1996-97. Atto I.

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Tugend, Herr Hauptmann. Aber ich bin ein armer Kerl! Unsereins ist doch einmal unselig in dieser und der andern Welt! Ich glaub’, wenn wir in den Himmel kämen, so müßten wir donnern helfen! Hauptmann (etwas fassungslos): Schon gut, schon gut! Ich weiß: (beschwichtigend) Er ist ein guter Mensch, (übertrieben) ein guter Mensch. (etwas gefaßter) Aber Er denkt zu viel, das zehrt; Er sieht immer so verhetzt aus. (besorgt) Der Diskurs hat mich angegriffen. Geh’ Er jetzt, und renn’ Er nicht so! Geh’ Er langsam die Straße hinunter, genau in der Mitte und nochmals, geh’ Er langsam, hübsch langsam! Wozzeck (ab) Verwandlung Orchester-Nachspiel

ZWEITE SZENE Freies Feld, die Stadt in der Ferne. Spätnachmittag Andres und Wozzeck (schneiden Stöcke im Gebüsch) Wozzeck: Du, der Platz ist verflucht! Andres (weiter arbeitend): Ach was! (singt vor sich hin) Das ist die schöne Jägerei, Schießen steht Jedem frei! Da möcht ich Jäger sein: Da möcht ich hin. Wozzeck: Der Platz ist verflucht! Siehst Du den lichten Streif da über das Gras hin, wo die Schwämme so nachwachsen? Da rollt Abends ein Kopf. Hob ihn einmal Einer auf, meint’, es wär’ ein Igel. Drei Tage und drei Nächte drauf, und er lag auf den Hobelspänen. Andres: Es wird finster, das macht Dir angst. Ei was! (hört mit der Arbeit auf, stellt sich in Positur und singt) Läuft dort ein Has vorbei, Fragt mich, ob ich Jäger sei? Jäger bin ich auch schon gewesen, Schießen kann ich aber nit! Wozzeck (unterbricht auch seine Ar- Andres (singt weiter): Saßen dort zwei beit): Still, Andres! Das waren die Hasen, fraßen ab das grüne (Gras) Freimaurer! Ich hab’s! Die Freimau- (unterbricht den Gesang) rer! Still! Still! (Beide lauschen angestrengt) Andres (selbst etwas beunruhigt, wie um Wozzeck [und sich] zu beruhigen) Sing lieber mit! Fraßen ab das grüne Gras bis (wird unterbrochen) (setzt fort) auf den Rasen.

Wozzeck (stampft auf) (ebenso): Hohl! Alles hohl! Ein Schlund! Es schwankt... (er taumelt) Wozzeck: Hörst Du, es wandert was mit uns da unten! (in höchster Angst) Fort, fort! (will Andres mit sich reißen) Andres (hält Wozzeck zurück): He, bist Du toll? Wozzeck (bleibt stehn): ’s ist kurios still. Und schwül. Man möchte den Atem anhalten... (starrt in die Gegend)

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Ma io sono un povero diavolo! Noi altri siamo infelici sia in questo che nell’altro mondo! Credo che se andassimo in paradiso, saremmo costretti a dare una mano per far tuonare! Capitano (un po’ sconcertato): Bene bene, sí, va bene! Io so (per placarlo) che lei è un buon uomo, (con esagerazione) un buon uomo. (piú sostenuto) Ma pensa troppo, il che consuma: ha sempre un’aria cosí agitata. (preoccupato) Questo discorso mi ha affaticato. Vada adesso, e non corra tanto! Vada giú per la strada lentamente, camminando al centro, e ancora le ripeto, cammini adagio, adagino, adagino! Wozzeck (esce) Cambiamento di scena Postludio orchestrale

SCENA SECONDA Aperta campagna, sullo sfondo la città. Tardo pomeriggio Andres e Wozzeck (tagliano bacchette dai cespugli) Wozzeck: Ehi tu, questo posto è maledetto! Andres (continuando a lavorare): Macché! (canticchia tra sé) Bello è fare il cacciatore, sparare ognuno può! Anch’io farò il cacciatore: e cosí sparerò! Wozzeck: Questo posto è maledetto! Vedi quella striscia di luce sopra l’erba, là dove crescono i funghi? Là, di sera, c’è una testa che rotola. Una volta, un tale l’ha raccattata, credendo si trattasse di un riccio. Dopo tre giorni e tre notti, stava chiuso tra quattr’assi. Andres: Si fa buio, e questo ti mette paura. Va’ là! (smette di lavorare, si mette in posa e canta) Ecco una lepre corre laggiú, chiede forse se son cacciatore? Ma sí che son stato cacciatore, sparare però non so! Wozzeck (interrompe il lavoro anche Andres (continua a cantare): Ecco là lui): Zitto, Andres! Erano i frammas- due lepri, mangiavano l’erba (verde) soni! Sí, è cosí! I frammassoni! Zitto, (interrompe il canto) zitto! (Entrambi si concentrano in ascolto)

Wozzeck (pestando i piedi): Vuoto! Tutto vuoto! Una voragine! Ondeggia... (barcolla)

Andres (anche lui un po’ inquieto, quasi a voler tranquillizzare Wozzeck e se stesso): Canta con me, invece! Mangiavano l’erba verde (viene interrotto) (continuando) sul prato.

Wozzeck: Lo senti, qualcuno cammina insieme con noi qui sotto! (con grandissima paura) Via, via! (fa per tirarsi dietro Andres) Andres (trattenendo Wozzeck): Ehi, sei ammattito? Wozzeck (s’arresta): C’è uno strano silenzio. E un’afa! Vien voglia di trattenere il fiato... (fissa intorno lo sguardo)

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In queste e nelle pp. 20, 21, 36, 37, 42, 43, 44, 45: i figurini di Florence von Gerkan per i costumi di Wozzeck, Teatro alla Scala, stagione 1996-97.

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Andres (nach einer Pause): Was? (Die Sonne ist im Begriff unterzugehen. Der letzte scharfe Strahl taucht den Hori- Wozzeck: Ein Feuer! Ein Feuer! Das zont in das grellste Sonnenlicht, dem fährt von der Erde in den Himmel ziemlich unvermittelt die [wie tiefste und ein Getös’ herunter wie PosauDunkelheit wirkende] Dämmerung nen. Wie’s heranklirrt! folgt, an die sich das Auge allmählich gewöhnt.) Andres (mit geheuchelter Gleichgültigkeit): Die Sonn’ ist unter, drinnen trommeln sie. (packt die geschnittenen Stöcke zusammen) Wozzeck: Still, alles still, als wäre die Welt tot. Andres: Nacht! Wir müssen heim! (Beide gehen langsam ab) Verwandlung Orchester-Nachspiel und beginnende Militärmusik hinter der Szene

DRITTE SZENE Mariens Stube. Abends Die Militärmusik nähert sich Marie (mit ihrem Kinde am Arm beim Fenster, spricht): Tschin Bum, Tschin Bum, Bum, Bum, Bum! Hörst Bub? Da kommen sie! Die Militärmusik – mit dem Tambourmajor an der Spitze – gelangt in die Straße vor Mariens Fenster Margret (auf der Straße, sieht zum Fenster herein und spricht mit Marie): Was, ein Mann! Wie ein Baum! Marie (spricht zum Fenster hinaus): Er steht auf seinen Füßen wie ein Löw’. Der Tambourmajor (grüßt herein) Marie (winkt freundlich hinaus) Margret: Ei was freundliche Augen, Frau Nachbarin! So was is man an ihr nit gewohnt!... Marie (singt vor sich hin): Soldaten, Soldaten sind schöne Burschen! Margret (immer zum Fenster hereingesprochen): Ihre Augen glänzen ja! Marie: Und wenn! Was geht Sie’s an? Trag’ Sie ihre Augen zum Juden und laß Sie sie putzen: vielleicht glänzen sie auch noch, daß man sie für zwei Knöpf’ verkaufen könnt’. Margret: Was Sie, Sie “Frau Jungfer”! Ich bin eine honette Person, aber Sie, das weiß Jeder, Sie guckt sieben Paar lederne Hosen durch! Marie (schreit sie an): Luder! (schlägt das Fenster zu) Die Militärmusik ist plötzlich – als Folge des zugeschlagenen Fensters – unhörbar geworden Marie (allein mit dem Kind): Komm, mein Bub! Was die Leute wollen! Bist nur ein arm’ Hurenkind und machst Deiner Mutter doch so viel Freud’ mit Deinem unehrlichen Gesicht! (wiegt das Kind) Eia popeia...

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Andres (dopo una pausa): Che? (Il sole sta per tramontare. L’ultimo raggio vivido immerge l’orizzonte in un’accecante luce solare, cui segue quasi improvvisamente un crepuscolo [che sembra fitta oscurità], cui l’occhio si abitua solo a poco a poco.)

Wozzeck: Un fuoco! Un fuoco! Va dalla terra al cielo, e un frastuono come di trombe! Come stridono!

Andres (con simulata indifferenza): Il sole è calato, laggiú rullano i tamburi. (afferra in un fascio le bacchette tagliate) Wozzeck: Silenzio, tutto è silenzio, come se il mondo fosse morto. Andres: Notte! Dobbiamo rincasare! (Entrambi se ne vanno lentamente) Cambiamento di scena Postludio orchestrale mentre inizia la banda militare dietro la scena

SCENA TERZA La stanza di Maria. Sera La banda militare si avvicina Maria (col bambino sul braccio alla finestra, parla): Cin-búm, cin-búm, búm, búm, búm! Senti ragazzo? Ecco che vengono! La banda militare – col Tamburmaggiore in testa – arriva nella strada davanti alla finestra di Maria Margherita (sulla strada, guarda dentro la finestra e parla con Maria): Eh, che uomo! Sembra un albero! Maria (parla fuori dalla finestra): Sta su dritto come un leone. Il Tamburmaggiore (fa un saluto dentro la finestra) Maria (risponde con un cenno cordiale) Margherita: Che occhi gentili gli fa, signora vicina! Non è il suo solito, peraltro... Maria (canticchia tra sé): Soldati, soldati, son dei bei ragazzi! Margherita (sempre parlando dentro la finestra): Ma i suoi occhi luccicano! Maria: E quand’anche fosse! A lei che importa? Porti i suoi dall’ebreo a farli ripulire: forse luccicheranno di nuovo, e potrà venderli come bottoni! Margherita: Ecché, lei, “signora donzella”! Io sono una persona onesta, ma lei, lo sanno tutti, trapassa con gli occhi sette pantaloni di pelle! Maria (le urla in faccia): Sgualdrina! (sbatte la finestra) La banda militare – poiché la finestra è stata chiusa di botto – improvvisamente non si ode piú Maria (sola col bambino): Vieni, ragazzo mio! Ma che vuole la gente! Sei soltanto un povero figlio di puttana, eppure dài tanta gioia a tua madre col tuo visetto disonesto! (culla il bambino) Ninna oh! ninna oh!

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Mädel, was fangst Du jetzt an? Hast ein klein Kind und kein Mann! Ei, was frag’ ich darnach, Sing’ ich die ganze Nacht: Eia popeia, mein süßer Bu’, Gibt mir kein Mensch nix dazu! Hansel, spann’ Deine sechs Schimmel an, Gib sie zu fressen auf’s neu – Kein Haber fresse sie, Kein Wasser saufe sie, Lauter kühle Wein muß es sein! Lauter kühle Wein muß es sein! Das Kind ist eingeschlafen, Marie in Gedanken versunken. Es klopft am Fenster Marie (zusammenfahrend): Wer da? (aufspringend) Bist Du’s, Franz? (das Fenster öffnend) Komm herein! Wozzeck (zum Fenster hereinsprechend): Kann nit! Muß in die Kasern’! Marie: Hast Stecken geschnitten für den Major? Wozzeck: Ja, Marie. Ach... Marie: Was hast Du, Franz? Du siehst so verstört? Wozzeck: Pst, still! Ich hab’s heraus! Es war ein Gebild am Himmel, und Alles in Glut! Ich bin Vielem auf der Spur! Marie: Mann! Wozzeck: Und jetzt Alles finster, finster... Marie, es war wieder was, (er überlegt) vielleicht... (geheimnisvoll) Steht nicht geschrieben: “Und sieh, es ging der Rauch auf vom Land, wie ein Rauch vom Ofen.” Marie: Franz! Wozzeck: Es ist hinter mir hergegangen bis vor die Stadt. (in höchster Exaltation) Was soll das werden?! Marie (ganz ratlos, versucht ihn zu beruhigen): Franz! Franz! (hält ihm den Buben hin) Dein Bub... Wozzeck (geistesabwesend): Mein Bub... (ohne ihn anzusehn) Mein Bub... Jetzt muß ich fort. (hastig ab) Marie (geht vom Fenster weg, allein mit dem Kind, betrachtet es schmerzlich): Der Mann! So vergeistert! Er hat sein Kind nicht angesehn! Er schnappt noch über mit den Gedanken! Was bist so still, Bub. Fürch’st Dich? Es wird so dunkel, man meint, man wird blind; sonst scheint doch die Latern’ herein! (ausbrechend) Ach! Wir arme Leut. Ich halt’s nit aus... Es schauert mich... (stürzt zur Tür) Verwandlung Orchester-Überleitung

VIERTE SZENE Studierstube des Doktors. Sonniger Nachmittag Wozzeck (tritt ein) Doktor (eilt hastig dem eintretenden Wozzeck entgegen): Was erleb’ ich, Wozzeck? Ein Mann ein Wort? Ei, ei, ei! Wozzeck: Was denn, Herr Doktor? Doktor: Ich habs gesehn, Wozzeck, Er hat wieder gehustet, auf der Straße gehus-

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E che farai adesso, ragazza? Hai un bambinello e nessun marito! Oh, ma io me ne infischio, canterò tutta la notte: ninna, bambino mio dolce, alla gente non chiedo di piú! Hansel, attacca i tuoi sei cavalli, dàgli a mangiare ancora – Non mangiano avena, non bevono acqua, Solo vino fresco vogliono! Solo vino fresco vogliono! Il bambino si è addormentato. Maria è immersa nei suoi pensieri. Bussano alla finestra Maria (trasalendo violentemente): Chi è là? (balzando su) Sei tu, Franz? (aprendo la finestra) Vieni dentro! Wozzeck (parlando dentro dalla finestra): Non posso! Devo andare in caserma! Maria: Hai tagliato bacchette per il maggiore? Wozzeck: Sí, Maria. Oh... Maria: Che hai, Franz? Sembri stravolto! Wozzeck: Sst, zitta! Ho capito di che si tratta! C’è stata un’apparizione in cielo, e tutto era di fuoco! Sto per scoprire molte cose! Maria: Che dici! Wozzeck: E ora tutto è buio, buio... Maria, forse si trattava, (riflette) forse di nuovo... (con aria di mistero) Non sta scritto: “E vedi, dal paese salí un fumo, come il fumo di una fornace.” Maria: Franz! Wozzeck: Mi ha seguito fino davanti alla città. (nella massima esaltazione) Come andrà a finire? Maria (tutta sgomenta, cerca di calmarlo): Franz! Franz! (gli tende il bambino) Il tuo bimbo... Wozzeck (assorto): Il mio bimbo... (senza guardarlo) Il mio bimbo... Ora devo andarmene. (via in fretta) Maria (si allontana dalla finestra, sola col bambino, lo contempla dolorosamente): Quell’uomo! Cosí spiritato! Non ha guardato il suo bambino! Finirà con l’ammattire a furia di pensare! Perché sei tanto quieto, ragazzo? Hai paura? C’è cosí buio che si pensa di diventar ciechi; di solito, entra la luce della lanterna! (dando in smanie) Oh! Noi poveracci. Non ci resisto... Mi vengono i brividi... (si precipita fuori dalla porta) Cambiamento di scena Collegamento orchestrale

SCENA QUARTA Studio del Dottore. Pomeriggio pieno di sole Wozzeck (entra) Dottore (gli si affretta incontro): Ma che vedo, Wozzeck! Un uomo, una parola? Oh, oh, oh! Wozzeck: Perché, signor Dottore? Dottore: Ho visto, Wozzeck, che ha di nuovo tossito, ha tossito nella strada, ab-

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tet, gebellt wie ein Hund! Geb’ ich Ihm dafür alle Tage drei Groschen? Wozzeck! Das ist schlecht! Die Welt ist schlecht, sehr schlecht! (stöhnend) Oh! Wozzeck: Aber Herr Doktor, wenn einem die Natur kommt! Doktor (auffahrend): Die Natur kommt! Die Natur kommt! Aberglaube, abscheulicher Aberglaube! Hab’ ich nicht nachgewiesen, daß das Zwerchfell dem Willen unterworfen ist? (wiederauffahrend) Die Natur, Wozzeck! Der Mensch ist frei! In dem Menschen verklärt sich die Individualität zur Freiheit! (kopfschüttelnd, mehr zu sich) (Husten müssen!) (wieder zu Wozzeck) Hat Er schon seine Bohnen gegessen, Wozzeck? Wozzeck (nickt bejahend) Doktor: Nichts als Bohnen, nichts als Hülsenfrüchte! Merk’ Er sich’s! Die nächste Woche fangen wir dann mit Schöpsenfleisch an. Es gibt eine Revolution in der Wissenschaft: (an den Fingern aufzählend) Eiweiß, Fette, Kohlenhydrate; (große Geste) und zwar: Oxyaldehydanhydride... (plötzlich empört) Aber, Er hat wieder gehustet... (tritt auf Wozzeck zu) ... (sich plötzlich beherrschend) Nein! – Ich ärgere mich nicht, ärgern ist ungesund, ist unwissenschaftlich! Ich bin ganz ruhig, mein Puls hat seine gewöhnlichen Sechzig, behüt, wer wird sich über einen Menschen ärgern! (mit Wärme) Wenn es noch ein Molch wäre, der einem unpäßlich wird. (wieder heftig) Aber, aber, Wozzeck, Er hätte doch nicht husten sollen! Wozzeck (den Doktor beschwichtigend): Seh’n Sie, Herr Doktor, manchmal hat man so ’nen Charakter, so ’ne Struktur; aber mit der Natur ist’s was ander’s. Doktor: Wozzeck, Er philosophiert (knackt mit den Fingern) Seh’n Sie, wieder! (Wozzeck imitierend) Was? mit der Natur... das ist so... wie soll ich denn sagen... zum Beispiel: Wenn die Wenn die Natur?... Natur... wenn die Natur aus ist, wenn die Welt so finster wird, daß man mit den Händen an ihr herumtappen muß, daß man meint, sie verrinnt wie Spinnengewebe. Ach, wenn was is und doch nicht is! Ach! Ach, Marie! Wenn Alles dunkel is, und (macht mit ausgestreckten Armen ein paar große SchritDoktor: Kerl, Er tastet mit seinen te durchs Zimmer) nur noch ein roter Füßen herum, wie mit Spinnenfüßen. Schein im Westen, wie von einer Esse: an was soll man sich da halten? (bleibt nahe beim Doktor stehen, vertraulich) Herr Doktor. Wenn die Sonne im Mittag steht, und es ist, als ging’ die Welt in Feuer auf, hat schon eine fürchterliche Stimme zu mir geredet. Doktor: Wozzeck, Er hat eine aberratio... Wozzeck (unterbricht den Doktor): Die Schwämme! Haben Sie schon die Ringe von den Schwämmen am Boden gesehn? Linienkreise – Figuren – Wer das lesen könnte! Doktor: Wozzeck, Er kommt ins Narrenhaus. Er hat eine schöne fixe Idee, eine köstliche aberratio mentalis partialis, zweite Spezies! Sehr schön ausgebildet! Wozzeck, Er kriegt noch mehr Zulage! Tut Er noch Alles wie sonst? Rasiert seinen Hauptmann? Fängt fleißig Molche? Ißt seine Bohnen? Wozzeck: Immer ordentlich, Herr Doktor; denn das Menagegeld kriegt das Weib: Darum tu’ ich’s ja! Doktor: Er ist ein intressanter Fall, halt’ Er sich nur brav! Wozzeck, Er

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baiando come un cane! È per questo che le do ogni giorno tre soldi? Wozzeck! È male questo! Il mondo è cattivo, molto cattivo! (gemendo) Oh! Wozzeck: Ma, signor Dottore, quando interviene la natura! Dottore (impetuosamente): Interviene la natura! Interviene la natura! Superstizione, orribile superstizione! Non ho dimostrato forse che il diaframma è sottoposto alla volontà? (di nuovo con impeto) La natura, Wozzeck! L’uomo è libero! Nell’uomo, l’individualità si trasfigura in libertà! (scuotendo il capo, piú tra sé) (dover tossire!) (di nuovo a Wozzeck) Ha già mangiato i suoi fagioli, Wozzeck? Wozzeck (assentisce) Dottore: Nient’altro che fagioli, nient’altro che legumi! Se lo ricordi! La settimana prossima cominceremo poi con la carne di montone. C’è una rivoluzione nella scienza: (contando sulle dita) proteine, grassi, idrati di carbonio; (grandi gesti) e cioè: ossialdeidanidride... (improvvisamente indignato) Ma, ha di nuovo tossito... (si accosta a Wozzeck) ... (dominandosi a un tratto) No! – Non mi arrabbio, arrabbiarsi è malsano, non è scientifico! Sono calmissimo, il mio polso ha i consueti sessanta battiti, Dio mi guardi, e chi vorrà arrabbiarsi per un individuo! (con calore) Si trattasse ancora di un tritone, che fosse a un tratto indisposto! (ridiventando violento) Ma insomma, Wozzeck, non avrebbe dovuto tossire! Wozzeck (cercando di placare il Dottore): Vede, signor Dottore; càpita che si ha un certo carattere, una certa struttura; ma con la natura le cose vanno diversamente. (fa crocchiare le Dottore: Wozzeck, lei filosofeggia di dita) Vede, la natura... le cose stanno... nuovo! (imitando Wozzeck) Cosa? come devo dire... ad esempio: quando Quando la natura?... la natura... quando la natura è finita, quando il mondo diventa cosí buio che si è costretti a procedere a tastoni, che si crede si sfilacci come una ragnatela. Oh, quando una cosa è e non è! Oh! Ohimè, Maria! Quando tutto è buio, e (fa con le braccia stese alcuni grandi passi nella stanza) c’è soltanto un riflesso rosso a occidente, come Dottore: Ehi, che fa, va tastando coi d’una fucina: a che cosa ci si può sopiedi, come fossero zampe di ragno. stenere? (s’arresta vicino al Dottore confidenzialmente) Signor Dottore. Quando il sole sta a mezzodí, e sembra che il mondo sia tutto un fuoco, una voce tremenda ha già talvolta parlato a me. Dottore: Wozzeck, lei ha una aberratio... Wozzeck (interrompe il Dottore): I funghi! Ha mai visto gli anelli dei funghi per terra? Cerchi – figure – oh poterli leggere! Dottore: Wozzeck, lei va a finire in manicomio. Ha una bella idea fissa, una stupenda aberratio mentalis partialis, di seconda specie. Molto ben definita! Wozzeck, avrà un supplemento! Fa tutto come al solito? cioè rade il suo capitano? acchiappa con zelo tritoni? mangia i suoi fagioli? Wozzeck: Sempre con diligenza, signor Dottore: perché i soldi per la casa vanno alla mia donna: è perciò che lo faccio! Dottore: Lei è un caso interessante, si comporti bene, mi raccomando! Woz-

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kriegt noch einen Groschen mehr Zu- Wozzeck (ohne sich um den Doktor zu lage. Was muß Er aber tun? Was muß kümmern): Ach Marie! Marie! Ach! Er tun? Was? Doktor: Bohnen essen, dann Schöpsenfleisch essen, nicht husten, seinen Hauptmann rasieren, dazwischen die fixe Idee pflegen! (immer mehr in Ekstase geratend) Oh! meine Theorie! Oh mein Ruhm! Ich werde unsterblich! Unsterblich! Unsterblich! (in höchster Verzückung) Unsterblich! (plötzlich wieder ganz sachlich, an Wozzeck herantretend) Wozzeck, zeig’ Er mir jetzt die Zunge! Wozzeck (gehorcht) Verwandlung Orchester-Einleitung

FÜNFTE SZENE Straße vor Mariens Tür. Abenddämmerung Tambourmajor (in Positur) Marie (steht bewundernd vor ihm): Geh einmal vor Dich hin! Tambourmajor (macht einige Marschschritte) Marie: Über die Brust wie ein Stier und ein Bart wie ein Löwe. So ist Keiner! Ich bin stolz vor allen Weibern! Tambourmajor: Wenn ich erst am Sonntag den großen Federbusch hab’, und die weißen Handschuh! Donnerwetter! Der Prinz sagt immer: “Mensch! Er ist ein Kerl!” Marie (spöttisch): Ach was! (tritt vor ihn hin, bewundernd) Mann! Tambourmajor: Und Du bist auch ein Weibsbild! Sapperment! Wir wollen eine Zucht von Tambourmajors anlegen. Was?! (er umfaßt sie) Marie: Laß mich! (will sich losreißen) (Sie ringen miteinander) Tambourmajor: Wildes Tier! Marie (reißt sich los): Rühr mich nicht an! Tambourmajor (richtet sich in ganzer Größe auf und tritt nahe an Marie heran; eindringlich): Sieht Dir der Teufel aus den Augen?! (er umfaßt sie wieder, diesmal mit fast drohender Entschlossenheit) Marie: Meinetwegen, es ist Alles eins! (sie stürzt in seine Arme und verschwindet mit ihm in der offenen Haustür) (Leere Bühne) Der Vorhang fällt langsam

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zeck, riceverà un soldo in piú di sup- Wozzeck (senza curarsi del Dottore): plemento. Ma cos’è che deve fare? Oh Maria, Maria! Ohimè! Cos’è che deve fare? Eh, cosa? Dottore: Mangiare fagioli, poi mangiare carne di montone, non tossire, radere il suo capitano, nel frattempo curare l’idea fissa! (andando sempre piú in estasi) Oh! la mia teoria! Oh la mia fama! Diverrò immortale! Immortale! Immortale! (nel massimo rapimento) Immortale! (improvvisamente tornando al tono freddo e positivo, si accosta a Wozzeck) Wozzeck, mi mostri la lingua, adesso! Wozzeck (obbedisce) Cambiamento di scena Preludio orchestrale

SCENA QUINTA Strada davanti alla porta di Maria. Al crepuscolo Tamburmaggiore (in posa) Maria (gli sta davanti in ammirazione): Fa’ un po’ qualche passo! Tamburmaggiore (esegue alcuni passi di marcia) Maria: Hai un petto da toro e una barba da leone. Nessuno è come te! Sono fiera di fronte a tutte le donne! Tamburmaggiore: Quando poi la domenica ho il grosso ciuffo di piume, e i guanti bianchi! Corpo di Bacco! Il principe dice sempre: “Accipicchia! Che tipo in gamba!” Maria (ironica): Macché! (gli si pianta davanti, ammirata) Maschio! Tamburmaggiore: E anche tu sei una bella femmina! Per diana! Faremo un allevamento di tamburmaggiori. Eh? (l’abbraccia) Maria: Lasciami! (fa per liberarsi) (Lottano insieme) Tamburmaggiore: Bestia selvaggia! Maria (si strappa via): Non mi toccare! Tamburmaggiore (si drizza in tutta la sua altezza e si accosta stretto a Maria; con intenzione): Hai il demonio negli occhi?! (l’abbraccia di nuovo, stavolta con decisione quasi minacciosa) Maria: E sia pure, per me fa lo stesso! (si precipita nelle sue braccia e scompare con lui dentro la porta di casa aperta) (Scena vuota) Il sipario cala lentamente

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ZWEITER AKT Kurze Orchester-Einleitung Vorhang auf ERSTE SZENE Mariens Stube. Vormittag, Sonnenschein Marie (sitzt, ihr Kind auf dem Schoß, hält ein Stückchen Spiegel in der Hand und besieht sich darin): Was die Steine glänzen? Was sind’s für welche? Was hat er gesagt? (überlegt) (zu ihrem Buben, der sich bewegt hat) Schlaf, Bub! Drück die Augen zu, [Das Kind versteckt die Augen hinter den Händen] fest. Noch fester! Bleib so! [Das Kind bewegt sich wieder] Still, oder er holt Dich! Mädel, mach’s Lädel zu! ’s kommt ein Zigeunerbu’, Führt Dich an seiner Hand Fort ins Zigeunerland. Das Kind hat – in höchster Angst – seinen Kopf in den Falten des Kleides seiner Mutter verborgen, wo es ganz still hält Marie (besieht sich wieder im Spiegel): ’s ist gewiß Gold! Unsereins hat nur ein Eckchen in der Welt und ein Stückchen Spiegel. (ausbrechend) Und doch hab’ ich einen so roten Mund, als die großen Madamen mit ihren Spiegeln von oben bis unten und ihren schönen Herrn, die ihnen die Hände küssen; aber ich bin nur ein armes Weibsbild! [Das Kind richtet sich auf] (ärgerlich) Still! Bub! Die Augen zu! (blinkt mit dem Spiegel) Das Schlafengelchen; wie’s an der Wand läuft... [Das Kind gehorcht nicht] (fast zornig) Mach die Augen zu! Oder es sieht Dir hinein, daß Du blind wirst... (blinkt wieder mit dem Spiegel) Wozzeck (tritt herein, hinter Marie) Marie (die regungslos [wie das eingeschüchterte Kind] die Wirkung ihres Spiels mit dem Spiegel abwartet, sieht Wozzeck anfangs nicht. Plötzlich fährt sie auf, mit den Händen nach den Ohren) Wozzeck: Was hast da? Marie: Nix! Wozzeck: Unter Deinen Fingern glänzt’s ja. Marie: Ein Ohrringlein, – hab’s gefunden – Wozzeck (schaut das Ohrringlein prüfend an): Ich hab so was noch nicht gefunden, (etwas drohend) zwei auf einmal. Marie: Bin ich ein schlecht Mensch? Wozzeck (beschwichtigend): ’s ist gut, Marie! ’s ist gut – (wendet sich zum Bu-

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ATTO SECONDO Breve introduzione orchestrale Sipario SCENA PRIMA La stanza di Maria. È mattina, c’è il sole Maria (seduta, col bambino in grembo, tiene un pezzetto di specchio in mano e si rimira): Come brillano le pietre! Che pietre saranno? Che ha detto? (riflette) (al ragazzo, che si è mosso) Dormi, ragazzo! Chiudi gli occhi!... [Il bambino nasconde gli occhi con le mani] ... forte. Piú forte! Stai cosí! [Il bambino torna a muoversi] Zitto, altrimenti viene a prenderti! Chiudi, o bimba, la finestrella! Ché verrà lo zingarello, per la mano ti prenderà, al suo paese ti porterà. Il bambino, spaventatissimo, ha nascosto la testa tra le pieghe della veste materna, dove se ne sta quieto quieto Maria (torna a rimirarsi nello specchio): È certo oro! Gente come noi non ha che un cantuccio al mondo, e un pezzetto di specchio. (dando in smanie) Eppure, io ho una bocca rossa come quella delle gran dame, coi loro specchi dall’alto al basso e i loro bei signori che gli baciano le mani; ma io son soltanto una povera femmina! [ll bambino si raddrizza] (seccata) Buono! Ragazzo! E occhi chiusi! (lampeggia con lo specchio) Il folletto del sonno: come corre lungo il muro... [Il bambino non obbedisce] (quasi rabbiosa) Chiudi gli occhi! Altrimenti, con un’occhiata, ti farà diventar cieco... (lampeggia di nuovo con lo specchio) Wozzeck (entra, alle spalle di Maria) Maria (che immobile [come il bambino intimidito] attende l’effetto del gioco con lo specchio, da principio non vede Wozzeck. A un tratto sussulta, portandosi le mani alle orecchie) Wozzeck: Che hai lí? Maria: Niente! Wozzeck: Sotto le tue dita qualcosa brilla, però! Maria: Un piccolo orecchino – l’ho trovato – Wozzeck (esamina con attenzione l’orecchino): Io non ho mai trovato una cosa simile, (un po’ minaccioso) e due in una volta. Maria: Son forse una donnaccia? Wozzeck (con tono conciliante): E va bene, Maria! va bene – (si volge al ragaz-

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Atto II.

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ben) Was der Bub immer schläft! Greif ihm unter’s Ärmchen, der Stuhl drückt ihn. Die hellen Tropfen stehn ihm auf der Stirn... Nichts als Arbeit unter der Sonne, sogar Schweiß im Schlaf. Wir arme Leut! (in ganz verändertem Ton) Da ist wieder Geld, Marie, (zählt es ihr in die Hand) die Löhnung und was vom Hauptmann und vom Doktor. Marie: Gott vergelts, Franz. Wozzeck: Ich muß fort, Marie... Adies! (ab) Marie (allein): Ich bin doch ein schlecht Mensch. Ich könnt mich erstechen. – Ach! was Welt! Geht doch Alles zum Teufel: Mann und Weib und Kind! Verwandlung Orchester-Nachspiel

ZWEITE SZENE Straße in der Stadt. Tag Der Hauptmann und der Doktor begegnen sich Hauptmann (schon aus der Entfernung): Wohin so eilig, geehrtester Herr Sargnagel? Doktor (sehr pressiert): Wohin so langsam, geehrtester Herr Exercizengel? Hauptmann: Nehmen Sie sich Zeit! (will den Doktor, der rasch weitergeht, einholen) Doktor (eilt weiter): Pressiert! Hauptmann: Laufen Sie nicht so! Uff! (schöpft tief und geräuschvoll Atem) Laufen Sie nicht! Ein guter Mensch geht nicht so schnell. Ein guter Mensch... Doktor: Pressiert, pressiert! Hauptmann: Ein guter... (immer atemloser) Sie hetzen sich ja hinter dem Tod d’rein! Doktor (im Gehen etwas einhaltend, so daß ihn der Hauptmann einholt, ärgerlich): Ich kann meine Zeit nicht stehlen. Hauptmann: Ein guter Mensch... Doktor: Pressiert, pressiert, pressiert! Hauptmann (erwischt den Doktor einigemale am Rock): Aber rennen Sie nicht so, Herr Sargnagel! Sie schleifen ja Ihre Beine auf dem Pflaster ab. (hält den Doktor endlich fest) (zwischen den einzelnen Worten tief keuchend) Erlauben Sie, daß ich ein Menschenleben (sich langsam beruhigend) rette – (tiefer Atemzug) Doktor (langsam weitergehend, entschließt sich, dem Hauptmann Gehör zu schenken): Frau, in vier Wochen tot! (bleibt wieder stehen, geheimnisvoll) Cancer uteri. Habe schon zwanzig solche Patienten gehabt – In vier Wochen – (will weitergehen) Hauptmann: Doktor, erschrecken Sie mich nicht! Es sind schon Leute am Schreck gestorben, am puren hellen Schreck! Doktor: In vier Wochen! – Gibt ein intressantes Präparat. Hauptmann: Oh – oh – oh... Doktor (ganz stehenbleibend, kaltblütig den Hauptmann prüfend): Und Sie selbst! Hm! Aufgedunsen, fett, dicker Hals, apoplektische Konstitution! Ja, Herr Hauptmann, (geheimnisvoll) Sie können eine apoplexia cerebri kriegen; Sie können sie aber vielleicht nur auf der einen Seite bekommen. Ja! Sie können nur auf der einen Seite gelähmt werden, (wieder sehr geheimnisvoll) oder im besten Fall nur unten! Hauptmann (stöhnend): Um Gottes... Doktor (überströmend, begeistert): Ja! Das sind so ungefähr Ihre Aussichten auf

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zo) Quanto dorme questo bimbo! Mettigli la mano sotto il braccino, la sedia gli fa male. Ha la fronte tutta imperlata... Nient’altro che lavoro sotto il sole, e sudore perfino nel sonno. Noi povera gente! (in tono completamente mutato) Eccoti altro denaro, Maria, (glielo conta nella mano) la paga e qualcosa dal Capitano e dal Dottore. Maria: Dio te ne renda merito, Franz. Wozzeck: Devo andar via, Maria... Addio! (via) Maria (sola): Sono davvero una donnaccia. Vorrei trafiggermi – Oh! Che storie! Tanto, andrà tutto al diavolo: uomo e donna e bambino! Cambiamento di scena Postludio orchestrale

SCENA SECONDA Strada in città. Giorno Il Capitano e il Dottore s’incontrano Capitano (fin da lontano): Dove si va cosí in fretta, signor Chiodo-di-bara? Dottore (in gran fretta): E dove si va cosí lentamente, signor Angelo-di-piazzad’armi? Capitano: Si prenda tempo, su! (fa per raggiungere il Dottore, che prosegue rapidamente) Dottore (continuando la corsa): Urgente! Capitano: Non corra tanto! Uffa! (respira profondamente e rumorosamente) Non corra! Un buon uomo non va cosí in fretta. Un buon uomo... Dottore: Urgente, urgente! Capitano: Un buon... (sempre piú senza fiato) Non fa altro che correr dietro alla morte, cosí! Dottore (rallentando un po’ il passo, in modo che il Capitano riesce a raggiungerlo, seccato): Non posso rubare il mio tempo. Capitano: Un buon uomo... Dottore: Urgente, urgente, urgente! Capitano (riesce ad agguantare il Dottore per la giacca, un paio di volte): Ma non corra cosí precipitosamente, signor Chiodo-di-bara! Non fa che consumare le gambe sul selciato! (riesce ad arrestare il Dottore) (ansimando profondamente tra una parola e l’altra) Permetta che io salvi una (calmandosi a poco a poco) vita umana – (profondo respiro) Dottore (proseguendo lentamente, si decide a dare ascolto al Capitano): Una donna, fra un mese morta! (torna a fermarsi, con aria di mistero) Cancer uteri. Ne ho avute già venti di pazienti simili – Tra un mese – (fa per proseguire) Capitano: Dottore, non mi spaventi! C’è stata gente ch’è morta di spavento, di puro e semplice spavento! Dottore: Tra un mese! – C’è un preparato interessante. Capitano: Oh – oh – oh... Dottore (fermandosi del tutto ed esaminando freddamente il Capitano): E lei stesso! Hm! Gonfio, grasso, collo grosso, costituzione apoplettica! Sí, signor Capitano, (con aria di mistero) lei può essere colpito da una apoplexia cerebri: può darsi però che la colpisca soltanto da un lato. Sí! Può restare paralizzato da un lato solo, (di nuovo con aria di mistero) o nel migliore dei casi soltanto sotto! Capitano (gemendo): Per l’amor... Dottore (traboccando d’entusiasmo): Sí! Queste sono, press’a poco, le sue pro-

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die nächsten vier Wochen! Übrigens kann ich Sie versichern, daß Sie einen von den intressanten Fällen abgeben werden und wenn Gott will, daß Ihre Zunge zum Teil gelähmt wird, so machen wir die unsterblichsten Experimente. (will mit rascher Wendung enteilen) Hauptmann (langt schnell nach dem Doktor und hält ihn fest): Halt, Doktor! Ich lasse Sie nicht! Sargnagel! Totenfreund! In vier Wochen? – (schon ganz atemlos) Es sind schon Leute am puren Schreck... Doktor! (hustet vor Aufregung und Anstrengung) Doktor (klopft dem Hauptmann auf den Rücken, um ihm das Husten zu erleichtern) Hauptmann (gerührt): Ich sehe schon die Leute mit den Sacktüchern vor den Augen. (immer gerührter) Aber sie werden sagen: Er war ein guter Mensch, ein guter Mensch – Wozzeck (geht rasch vorbei, salutiert) Doktor (der peinlich berührt ist und abzulenken sucht, sieht Wozzeck): He, Wozzeck! Wozzeck (bleibt stehen) Doktor: Was hetzt Er sich so an uns vorbei? Wozzeck (salutiert und will wieder gehen) Doktor: Bleib Er doch, Wozzeck! Wozzeck (bleibt schließlich stehen und kommt langsam zurück) Hauptmann (wieder gefaßt, zu Wozzeck): Er läuft ja wie ein offenes Rasiermesser durch die Welt, man schneidet sich an Ihm! (betrachtet Wozzeck näher, der stumm und ernst dasteht. Wendet sich daher – etwas beschämt – zum Doktor. Mit Anspielung auf dessen [Voll-]Bart) Er läuft, als hätt er die Vollbärte aller Universitäten zu rasieren, und würde gehängt, so lang noch ein letztes Haar... Ja richtig, (pfeift) die langen Bärte... (was wollte ich doch sagen?) (nachsinnend, hie und da in Gedanken pfeifend) die langen Bärte? – Doktor (zitierend): “Ein langer Bart unter dem Kinn” (hm!), schon Plinius spricht davon, – Hauptmann (kommt durch die Anspielung des Doktors darauf und schlägt sich auf die Stirn): Ha! Ich habs – Doktor (mit Anspielung): man muß ihn den Soldaten abgewöhnen – Hauptmann (sehr bedeutsam): die langen Bärte! Was ist’s, Wozzeck? Doktor (hört von hier an belustigt dem Hauptmann zu und summt hie und da sein Thema, indem er mit seinem Spazierstock [gleich einem Tambourstab] den Takt dazu markiert) Hauptmann (zu Wozzeck): Hat Er nicht ein Haar aus einem Bart in seiner Schüssel gefunden? Haha! Er versteht mich doch? Ein Haar von einem Menschen, vom Bart eines Sappeurs, oder eines Unteroffiziers, oder eines Tambourmajors. Doktor: He, Wozzeck? Aber Er hat doch ein braves Weib?! Wozzeck: Was wollen Sie damit sagen, Herr Doktor, und Sie, Herr Hauptmann?! Hauptmann: Was der Kerl für ein Gesicht macht! Nun! Wenn auch nicht grad in der Suppe, aber wenn Er sich eilt und um die Ecke läuft, so kann Er vielleicht noch auf einem Paar Lippen eins finden! Ein Haar nämlich! (süß) Übrigens, ein Paar Lippen! – Oh, ich habe auch einmal die Liebe gefühlt! Aber, Kerl, Er ist ja kreideweiß! Wozzeck: Herr Hauptmann, ich bin ein armer Teufel! Hab’ sonst nichts auf dieser Welt! Herr Hauptmann, wenn Sie Spaß machen – Hauptmann (auffahrend): Spaß?! Ich? Daß Dich der... Wozzeck: Hauptmann: Doktor: Herr Hauptmann, die Spaß! Erd’ ist Manchem höl- Kerl – lenheiß – die Hölle ist

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spettive per il prossimo mese! Peraltro, posso assicurarle che rappresenterà un caso particolarmente interessante, e se Dio concede che la sua lingua rimanga in parte paralizzata, faremo degli esperimenti imperituri! (fa per scappar via, con una brusca giravolta) Capitano (afferra in fretta il Dottore e lo trattiene): Fermo, Dottore! Non la lascio! Chiodo-di-bara! Amico-dei-morti! Tra un mese? – (ansimando già) C’è gente che per un semplice spavento... Dottore! (tossisce per l’agitazione e lo sforzo) Dottore (dà al Capitano colpetti sulla schiena per alleviargli la tosse) Capitano (commosso): Vedo già la gente coi fazzoletti davanti agli occhi. (con crescente commozione) Ma diranno: era un buon uomo, un buon uomo – Wozzeck (passa in fretta e fa il saluto) Dottore (ch’è fortemente imbarazzato e cerca di sviare il discorso, vede Wozzeck): Ehi, Wozzeck! Wozzeck (si ferma) Dottore: Dove si precipita con tanta furia, passandoci davanti? Wozzeck (fa il saluto e vuol riprendere la strada) Dottore: Resti qui dunque, Wozzeck! Wozzeck (finisce col fermarsi e torna indietro lentamente) Capitano (che si è ripreso, a Wozzeck): Corre come un rasoio aperto per le vie, che si finisce per tagliarsi! (guarda piú attentamente Wozzeck, che sta lí serio e muto. Si volge poi – un po’ confuso – al Dottore. Alludendo alla barba di quest’ultimo) Corre come se dovesse radere le barbe di tutte le università e lo impiccassero finché un sol pelo... Sí giusto, (fischia) le barbe lunghe... (ma che volevo dire?) (meditando, pensieroso, con qualche fischio) le barbe lunghe –? Dottore (citando): “Una lunga barba sotto il mento” (hm!), ne parla già Plinio. Capitano (aiutato dall’allusione del Dottore si dà un colpetto in fronte): Ah! Ecco qua – Dottore (alludendo): bisogna toglierne l’abitudine ai soldati – Capitano (con intenzione) le barbe lunghe! Che ne dice, Wozzeck? Dottore (ascolta da ora divertito il Capitano, mugolando il suo tema e segnandone il ritmo col suo bastone da passeggio [come si trattasse della bacchetta d’un tamburo]) Capitano (a Wozzeck): Non ha trovato per caso il pelo d’una barba nella sua scodella? Ahah! Mi capisce, no? Il pelo di un uomo, della barba di un geniere, o di un sottufficiale, o di un tamburmaggiore. Dottore; Ehi, Wozzeck? Ma la sua è una brava donna, nevvero?! Wozzeck: Che cosa intende dire, signor Dottore, e lei, signor Capitano? Capitano: Che faccia fa, costui! Be’! Se non proprio nella minestra, se però si affretta un po’ e gira l’angolo, forse potrà ancora trovarne uno su un paio di labbra! Voglio dire, un pelo! (dolcemente) A proposito, un paio di labbra! – Oh, anch’io una volta ho provato l’amore! Ma, diamine, lei è bianco come un lenzuolo! Wozzeck: Signor Capitano io sono un povero diavolo! Non ho nient’altro in questo mondo! Signor Capitano, se lei vuol scherzare – Capitano (saltando su): Scherzare?! Io? Che ti colga... Wozzeck: Capitano: Dottore: Signor Capitano, a molti Scherzare! la terra brucia in modo Benedett’uomo – infernale – sí che l’infer-

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kalt dagegen. – Herr...

(entreißt seine Hand dem Doktor) Herr Hauptmann... (vor sich hin, aber mit Steigerung) Es ist viel möglich... Der Mensch... Es ist viel möglich...

Kerl, will Er sich er- Den Puls, Wozzeck! (erschießen? Er sticht mich greift Wozzecks Puls) Klein... hart... arhythja mit seinen Augen! misch –

Ich mein’s gut mit Ihm, weil Er ein guter Mensch ist, Wozzeck, (gerührt) ein guter Mensch!

(betrachtet Wozzeck prüfend) Gesichtsmuskeln starr, gespannt, Augen stier.

Wozzeck: Gott im Himmel! Man könnte Lust bekommen, sich aufzuhängen! Dann wüßte man, woran man ist! (stürzt, ohne zu grüßen, davon. Ab) Hauptmann (blickt Wozzeck betreten nach): Wie der Kerl läuft und sein Schatten hinterdrein! Doktor: Er ist ein Phänomen, dieser Wozzeck! Hauptmann: Mir wird ganz schwindlich (näselnd) vor dem Menschen! Und wie verzweifelt! (gewöhnlich) Das hab ich nicht gern! Ein guter Mensch ist dankbar gegen Gott; Doktor (der einen neuen Gefühlsausbruch befürchtet, setzt sich bei diesem Wort des Hauptmanns – als besänne er sich der Eile zu Anfang der Szene – in Bewegung) Hauptmann: ein guter Mensch hat auch keine Courage! (mit Beziehung auf Wozzeck) Nur ein Hundsfott hat Courage! (schließt sich dem Doktor an. Schon im Abgehen) Nur ein Hundsfott!... (hinter der Szene) Hundsfott... Verwandlung Einige Schluß-, bzw. überleitende Takte und Kammerorchester-Einleitung DRITTE SZENE Straße vor Mariens Wohnungstür. Trüber Tag Marie (steht vor ihrer Tür) Wozzeck (kommt auf dem Gehsteig rasch auf sie zu) Marie: Guten Tag, Franz. Wozzeck (sieht sie starr an und schüttelt den Kopf): Ich seh’ nichts, ich seh’ nichts. O, man müßt’s seh’n, man müßt’s greifen können mit den Fäusten! Marie: Was hast, Franz? Wozzeck (wie früher): Bist Du’s noch, Marie?! Eine Sünde, so dick und breit – das müßt’ stinken, daß man die Engel zum Himmel hinausräuchern könnt’. Aber Du hast einen roten Mund, einen roten Mund – keine Blase drauf? Marie: Du bist hirnwütig, Franz, ich fürcht’ mich... Wozzeck: Du bist schön – “wie die Sünde.” Aber kann die Todsünde so schön sein, Marie? (zeigt plötzlich auf eine Stelle vor der Tür, auffahrend) Da! Hat er da gestanden, (in Positur) so, so? Marie: Ich kann den Leuten die Gasse nicht verbieten... Wozzeck: Teufel! Hat er da gestanden? Marie: Dieweil der Tag lang und die Welt alt ist, können viele Menschen an einem Platze stehn, einer nach dem andern. Wozzeck: Ich hab ihn gesehn!

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no è freddo in confronto. Ecché, vuole spararsi? Il polso, Wozzeck! (af– Signor... Mi trapassa con gli occhi! ferra il polso di Wozzeck) Piccolo... duro... aritmico – (strappa la mano al Dottore) Signor Capitano... (tra sé, con agitazione crescente) Molte cose sono possibili... Quell’uomo... Molte cose sono possibili...

Io ho buone intenzioni (considera ed esaminei suoi confronti, perché na Wozzeck) Muscoli faclei è un buon uomo, Woz- ciali contratti, tesi, occhi zeck, (commosso) un fissi. buon uomo! Wozzeck: Dio del cielo! Verrebbe la voglia di impiccarsi! Cosí si saprebbe a che punto si è! (parte precipitosamente, senza salutare. Via) Capitano (stranito, segue con lo sguardo Wozzeck): Come corre, il tipo, e la sua ombra dietro! Dottore: È un fenomeno, questo Wozzeck! Capitano: Mi fa proprio girare la testa (con voce nasale) quell’individuo! E com’è disperato! (con voce normale) Questo non mi piace! Un buon uomo è riconoscente a Dio; Dottore (il quale teme una nuova effusione sentimentale, a queste parole del Capitano si mette in moto, come si ricordasse della sua fretta iniziale) Capitano: un buon uomo non ha nemmeno coraggio! (riferendosi a Wozzeck) Solo un farabutto ha coraggio! (si accompagna al Dottore. Andandosene) Solo un farabutto!... (dietro la scena) farabutto... Cambiamento di scena Alcune misure musicali conclusive e di trapasso, poi Introduzione (orchestra da camera) SCENA TERZA Strada davanti alla porta di casa di Maria. Giornata grigia Maria (sta davanti alla sua porta) Wozzeck (viene rapidamente alla sua volta, sul marciapiede) Maria: Buon giorno, Franz. Wozzeck (la guarda fisso e scuote la testa): Non vedo niente, non vedo niente. Oh, bisognerebbe vedere, bisognerebbe poterlo toccare coi pugni! Maria: Che hai, Franz? Wozzeck (come sopra): Sei tu ancora, Maria?! Un peccato, grosso e largo cosí – dovrebbe puzzare da far scappare impestati gli angeli dal cielo! Ma tu hai una bocca rossa, una bocca rossa – nessuna bollicina sopra? Maria: Sei matto nel cervello, Franz, io ho paura... Wozzeck: Tu sei bella – “come il peccato.” Ma può essere cosí bello il peccato mortale, Maria? (indica a un tratto un punto, davanti alla porta, sussultando) Qua! Qua stava, eh, (in posa) cosí, cosí? Maria: Io non posso vietare la strada alla gente... Wozzeck: Diavolo! Stava proprio qua? Maria: Poiché il giorno è lungo e il mondo è vecchio, molte persone possono stare in un medesimo posto, una dopo l’altra. Wozzeck: Io l’ho visto!

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Marie: Man kann viel sehn, wenn man zwei Augen hat und wenn man nicht blind ist und wenn die Sonne scheint. Wozzeck (der sich immer weniger beherrschen kann, ausbrechend): Du bei ihm! Marie: Und wenn auch! Wozzeck (geht auf sie los, schreiend): Mensch! Marie: Rühr’ mich nicht an! Wozzeck (läßt langsam die erhobene Hand sinken) Marie: Lieber ein Messer in den Leib, als eine Hand auf mich. (im Abgehen) Mein Vater hats nicht gewagt, wie ich zehn Jahr alt war... (ins Haus ab) Wozzeck (sieht ihr starr nach): “Lieber ein Messer...” (scheu flüsternd) Der Mensch ist ein Abgrund, es schwindelt Einem, wenn man hinunterschaut... (im Abgehen) mich schwindelt... (ab) (Leere Bühne) Verwandlung Orchester-Vorspiel (Ländler)

VIERTE SZENE Wirtshausgarten. Spät abends Die Wirtshausmusik auf der Bühne beendet soeben den Ländler des OrchesterVorspiels. Burschen, Soldaten und Mägde auf dem Tanzboden, teils tanzend, teils zusehend. Unter ihnen Marie, der Tambourmajor und Andres 1. Handwerksbursche: Ich hab’ ein Hemdlein an, das ist nicht mein, 2. Handwerksbursche (den 1. Handwerksburschen imitierend): Das ist nicht mein... 1. Handwerksbursche: Und meine Seele stinkt nach Branntewein. Die Burschen, Soldaten und Mägde verlassen gemächlich den Tanzboden und sammeln sich in Gruppen. Eine Gruppe um die zwei betrunkenen Handwerksburschen 1. Handwerksbursche: Meine Seele, meine unsterbliche Seele, stinket nach Branntewein! Sie stinket, und ich weiß nicht, warum? Warum ist die Welt so traurig? Selbst das Geld geht in Verwesung über! 2. Handwerksbursche: Vergiß mein nicht! Bruder! Freundschaft! (umarmt den 1. Handwerksburschen) Warum ist die Welt so schön! – Ich wollt’ unsre Nasen wären zwei Bouteillen, und wir könnten sie uns einander in den Hals gießen. Erster: Meine Seele, meine unsterbli- Zweiter: Die ganze Welt ist rosenrot! che Seele stinket. Oh! Das ist traurig, Branntewein, das ist mein Leben! traurig, traurig, trau- (schläft ein) Burschen, Soldaten und Mägde begeben sich wieder auf den Tanzboden und beginnen zu tanzen. Unter ihnen wieder Marie und der Tambourmajor Wozzeck (tritt – nach einiger Zeit – hastig auf, sieht Marie, die mit dem Tambourmajor vorbeitanzt): Er! Sie! Teufel! Marie (im Vorbeitanzen): Immer zu, immer zu! Wozzeck: “Immer zu, immer zu!” (sinkt auf eine Bank in der Nähe des Tanzbodens. Vor sich hin) Dreht Euch! Wälzt Euch! Warum löscht Gott die Son-

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Maria: Molte cose è possibile vedere, quando si hanno due occhi e quando non si è ciechi e quando splende il sole. Wozzeck (sempre piú incapace di dominarsi, esplodendo): Tu accanto a lui! Maria: E quand’anche! Wozzeck (si scaglia su di lei, urlando): Femmina! Maria: Non mi toccare! Wozzeck (lascia ricadere lentamente la mano alzata) Maria: Preferisco un coltello in corpo che una mano sopra di me. (andandosene) Non l’ha osato mio padre, quando avevo dieci anni... (via in casa) Wozzeck (la segue con lo sguardo fisso): “Preferisco un coltello”... (bisbigliando timidamente) L’essere umano è un abisso, vengono le vertigini a guardare giú... (andandosene) vengono le vertigini... (via) (Scena vuota) Cambiamento di scena Preludio orchestrale (Ländler)

SCENA QUARTA Giardino d’una locanda. Tarda sera L’orchestrina della locanda sul palcoscenico termina per l’appunto il ländler del preludio orchestrale. Garzoni, soldati e serve sulla pista da ballo: in parte ballano, in parte stanno a guardare. Tra essi Maria, il Tamburmaggiore e Andres Primo garzone: Ho indosso una camiciolina, che non è mia. Secondo garzone (imitando il primo): Che non è mia... Primo garzone: E l’anima mia puzza di acquavite. I garzoni, i soldati e le serve lasciano pian piano la pista da ballo, radunandosi a gruppi. Un gruppo si fa intorno ai due garzoni ubriachi Primo garzone: L’anima mia, l’anima mia immortale, puzza di acquavite! Puzza e non so perché?! Perché il mondo è cosí triste? Perfino il denaro va in putrefazione! Secondo garzone: Non ti scordar di me! Fratello! Amicizia! (abbraccia il Primo garzone) Perché è cosí bello il mondo! – Vorrei che i nostri nasi fossero due bottiglie e potessimo versarceli l’un l’altro dentro il collo. Primo: L’anima mia, l’anima mia im- Secondo: Tutto il mondo è color di romortale puzza. Oh! È una cosa triste, tri- sa! Acquavite, ecco la vita mia! ste, triste, tri- (s’addormenta) Garzoni, soldati e serve ritornano sulla pista da ballo e ricominciano a ballare. Tra loro, di nuovo Maria e il Tamburmaggiore Wozzeck (dopo un po’, entra precipitosamente, vede Maria, che passa ballando col Tamburmaggiore): Lui! Lei! Diavolo! Maria (passa ballando): Sempre piú, sempre piú! Wozzeck: “Sempre piú, sempre piú!” (cade sopra una panca vicino alla pista da ballo. Tra sé) Girate! Voltolatevi! Perché Dio non spenge il sole? Tutto si

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ne nicht aus? Alles wälzt sich in Unzucht übereinander: Mann und Weib, Mensch und Vieh! (sieht wieder auf den Tanzboden hin) Weib! Weib!... Das Weib ist heiß! ist heiß! heiß! (fährt heftig auf) Wie er an ihr herumgreift!! An ihrem Leib! Und sie lacht dazu!... Marie und der Tambourmajor (mitten unter den Tanzenden): Immer zu! Immer zu! Wozzeck (gerät in immer größere Aufregung): Verdammt! (kann schließlich nicht mehr an sich halten und will auf den Tanzboden stürzen) Ich – (unterläßt es aber, da der Tanz beendet ist und die Burschen, Soldaten und Mägde den Tanzboden verlassen. Er setzt sich wieder) Burschen und Soldaten: Ein Jäger aus der Pfalz Ritt einst durch einen grünen Wald! Halli, Hallo! Halli, Hallo! Ja lustig ist die Jägerei, Allhie auf grüner Haid! Halli, Hallo! Halli, Hallo! Andres (die Gitarre ergreifend, spielt sich als Dirigent des Chores auf und gibt ein ritardando, so daß er in den verklingenden Akkord des Chores einsetzen kann [leiernd]): O Tochter, liebe Tochter, Was hast Du gedenkt, Daß Du Dich an die Kutscher Und die Fuhrknecht hast gehängt?! Burschen und Soldaten: Andres: Ja lustig ist die Jägerei, Allhie auf grüner Haid! Halli, Hallo! Hallo! Halli, Hallo! (gibt die Gitarre dem Spieler von der Hallo! Wirtshausmusik zurück und wendet sich zum Wozzeck) Wozzeck: Wie viel Uhr? Andres: Elf Uhr! Wozzeck: So? Ich meint’, es müßt später sein! Die Wirtshausmusik hat indessen einen Ländler begonnen, zu dem wie früher getanzt wird Wozzeck: Die Zeit wird Einem lang bei der Kurzweil – Andres: Was sitzest Du da vor der Tür? Wozzeck: Ich sitz’ gut da. Es sind manche Leut’ nah an der Tür und wissen’s nicht, bis man sie zur Tür hinausträgt, die Füß’ voran! Andres: Du sitzest hart. Wozzeck: Gut sitz’ ich, und im kühlen Grab, da lieg’ ich dann noch besser – Andres: Bist besoffen?... Wozzeck: Nein, leider, bring’s nit z’sam. Andres (gelangweilt und mit den Gedanken schon mehr bei Tanz, wendet sich pfeifend von Wozzeck ab) Der Tanz hat indessen geendet. Die Burschen und Soldaten verlassen den Tanzboden und wenden sich zum 1. Handwerksburschen, der inzwischen aufgewacht ist; er steigt auf einen Tisch und beginnt – von der Wirtshausmusik auf der Bühne begleitet – zu predigen

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voltola sottosopra in lascivia: uomo e donna, individuo e animale! (guarda di nuovo la pista da ballo) Donna! Donna!... La donna è calda! è calda! calda! (sobbalza con impeto) Come la va tastando!! Per tutto il corpo! E lei ci ride!... Maria e il Tamburmaggiore (in mezzo alle coppie): Sempre piú! Sempre piú! Wozzeck (con agitazione crescente): Dannazione! (non riesce infine a dominarsi piú e fa per precipitarsi sulla pista) Io – (ma vi rinuncia, poiché il ballo è terminato e garzoni, soldati e serve lasciano la pista. Torna a sedersi) Garzoni e Soldati:

Un cacciatore della Pfalz va cavalcando per il bosco! Oilí, oilà! Oilí, oilà! La caccia è allegra, sí! in mezzo al verde, sí! Oilí, oilà! Oilí, oilà! Andres (afferra la chitarra, s’improvvisa direttore del coro e impone un “ritardando,” attaccando sulle ultime note del coro [con tono di nenia]): O figlia, cara figlia, che t’eri immaginato quando ti sei attaccata a carrettieri e vetturali?! Garzoni e Soldati: La caccia è allegra, sí! in mezzo al verde, sí! Oilí, oilà! Oilí, Oilà!

Andres: Oilà! Oilà (restituisce la chitarra al sonatore della locanda e si rivolge a Wozzeck)

Wozzeck: Che ora è? Andres: Le undici! Wozzeck: Ah sí? Credevo fosse piú tardi! Intanto l’orchestrina della locanda ha attaccato un ländler, e tutti ballano di nuovo Wozzeck: Non passa mai il tempo, in questi spassi – Andres: Perché te ne stai seduto lí davanti alla porta? Wozzeck: Sto bene seduto qui. Ci sono molte persone che stanno vicine alla porta e non lo sanno, finché non li portano fuori, coi piedi avanti! Andres: È duro il tuo sedile. Wozzeck: No, sto bene, e nel sepolcro fresco, starò ancor meglio – Andres: Sei sbronzo?... Wozzeck: No, purtroppo non ci riesco. Andres (annoiato, coi pensieri rivolti piú al ballo, si distoglie fischiando da Wozzeck) Nel frattempo, il ballo è terminato. I garzoni e i soldati lasciano la pista e si rivolgono al Primo garzone, che intanto si è svegliato: questi monta sopra il tavolo e comincia a predicare, accompagnato dall’orchestrina sul palcoscenico

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1. Handwerksbursche (anfangs etwas leiernd): Jedoch, wenn ein Wanderer, der gelehnt steht an dem Strom der Zeit, oder aber sich die göttliche Weisheit vergegenwärtigt und fraget: Warum ist der Mensch? (mit Pathos) Aber wahrlich, geliebte Zuhörer, ich sage Euch: (verzückt) Es ist gut so! Denn von was hätten der Landmann, der Faßbinder, der Schneider, der Arzt leben sollen, wenn Gott den Menschen nicht geschaffen hätte? Von was hätte der Schneider leben sollen, wenn Er nicht dem Menschen die Empfindung der Schamhaftigkeit eingepflanzt hätte? Von was der Soldat und der Wirt, wenn Er ihn nicht mit dem Bedürfnis des Totschießens und der Feuchtigkeit ausgerüstet hätte? Darum, Geliebteste, zweifelt nicht; denn es ist Alles lieblich und fein... Aber alles Irdische ist eitel; selbst das Geld geht in Verwesung über, (verfällt allmählich in seinen larmoyanten Ton wie zu Beginn der Szene, um im Ländlertempo zu endigen) Und meine Seele stinkt nach Branntewein. Allgemeines Gejohle! Der Redner wird umringt und von einem Teil der Burschen abgeführt. Die Übrigen begeben sich singend teils zum Tanzboden, teils zu den Tischen im Hintergrund Burschen und Soldaten:

Ja lustig ist die Jägerei... Halli! Andres (ebenfalls im Hintergrund abgehend): O Tochter, liebe Tochter... Der Narr (taucht plötzlich auf und nähert sich dem Wozzeck) Wozzeck (ist währenddessen immer – teilnahmlos an den Vorgängen – auf der Bank vorn gesessen) Der Narr (drängt sich an Wozzeck heran) Die Instrumentalisten der Wirtshausmusik beginnen ihre Instrumente zu stimmen Der Narr (ganz nahe bei Wozzeck): Lustig, lustig... Wozzeck (beachtet den Narren anfangs nicht) Das Stimmen der Instrumente der Wirtshausmusik ist beendet Der Narr (listig): aber es riecht – Wozzeck: Narr, was willst du? Der Narr: Ich riech, ich riech Blut! Wozzeck: Blut? – Blut, Blut! In diesem Augenblick setzt der Walzer der Wirtshausmusik ein. Die Burschen, Mägde und Soldaten (unter ihnen Marie und der Tambourmajor) beginnen wieder zu tanzen Wozzeck: Mir wird rot vor den Augen. Mir ist, als wälzten sie sich alle übereinander... Verwandlung Orchester-Nachspiel (Walzer) Hierauf als Einleitung der folgenden Szene: Wortloser Chor der schlafenden Soldaten (anfangs bei geschlossenem Vorhang)

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Primo garzone (da principio, lamentoso): Tuttavia, quando un viandante che sta appoggiato al fiume del tempo, ovvero evoca alla propria mente la Sapienza divina e si domanda: perché esiste l’uomo? (con pathos) Ma in verità, cari ascoltatori, io vi dico: (trasfigurato) bene che sia cosí! Perché di che cosa avrebbero dovuto vivere l’agricoltore, il bottaio, il sarto, il medico, se Dio non avesse creato l’uomo? Di che cosa avrebbe dovuto vivere il sarto, se Egli non avesse instillato nell’uomo il senso della vergogna? Di che cosa il soldato e l’oste, se Egli non lo avesse munito della tendenza a sparare e all’umidità? Per tal ragione, miei amatissimi, non dubitate: poiché tutto è piacevole e ben fatto... Ma tutto ciò ch’è terreno, è vano: perfino il denaro va in putrefazione, (ricade a poco a poco nel suo tono lagrimoso come all’inizio della scena, per finire a ritmo di ländler) E l’anima mia puzza di acquavite. Urlío generale! L’oratore è circondato e condotto via da una parte dei garzoni. Gli altri si avviano cantando in parte alla pista da ballo, in parte ai tavoli nel fondo Garzoni e Soldati:

La caccia è allegra, sí!... Oilí! Andres (dirigendosi anche lui verso il fondo): O figlia, cara figlia... Il Pazzo (spunta improvvisamente e si avvicina a Wozzeck) Wozzeck (nel frattempo, se ne è stato sempre seduto sulla panca al proscenio, indifferente a tutto quanto accadeva) Il Pazzo (si accosta a Wozzeck) I sonatori dell’orchestrina cominciano ad accordare gli strumenti Il Pazzo (vicinissimo a Wozzeck): Allegro, allegro... Wozzeck (da principio non fa attenzione al Pazzo) I sonatori hanno finito di accordare gli strumenti Il Pazzo (furbescamente): ma c’è odore – Wozzeck: Pazzo, che vuoi? Il Pazzo: Odoro, odoro sangue! Wozzeck: Sangue? – Sangue, sangue! In questo momento, attacca il valzer dell’orchestrina. I garzoni, le serve e i soldati (tra cui Maria e il Tamburmaggiore) ricominciano a ballare Wozzeck: Vedo rosso, vedo rosso. Mi sembra che tutti si voltolino l’uno sopra l’altro... Cambiamento di scena Postludio orchestrale (valzer) Segue come introduzione della scena successiva: Coro senza parole dei soldati addormentati (in principio a sipario calato)

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FÜNFTE SZENE Wachstube in der Kaserne. Nachts Die Soldaten (liegen auf hölzernen Pritschen und schlafen) Andres (liegt mit Wozzeck auf einer Pritsche und schläft) Wozzeck (stöhnt im Schlaf): Oh – oh – (auffahrend) Andres! Andres! Ich kann nicht schlafen. Bei den Worten Wozzecks werden die schlafenden Soldaten unruhig, ohne aber aufzuwachen Wozzeck (immer zu Andres): Wenn ich die Augen zumach’, dann seh’ ich sie doch immer, und ich hör’ die Geigen immerzu, immerzu. Und dann spricht’s aus der Wand heraus – Hörst Du nix, Andres? Wie das geigt und springt?! Andres (verschlafen): Laß sie tanzen – Wozzeck: Und dazwischen blitzt es immer vor den Augen wie ein Messer, wie ein breites Messer! Andres: Schlaf, Narr! Wozzeck: Mein Herr und Gott (betet) “und führe uns nicht in Versuchung, Amen!” Die schlafenden Soldaten (wortloser Gesang) Der Tambourmajor (poltert [stark angeheitert] herein): Ich bin ein Mann! Ich hab’ ein Weibsbild, ich sag’ Ihm, ein Weibsbild! Zur Zucht von Tambourmajors! Ein Busen und Schenkel! und alles fest! Die Augen wie glühende Kohlen. Kurzum ein Weibsbild, ich sag’ Ihm... Andres: He! Wer ist es denn? Tambourmajor: Frag’ Er den Wozzeck da! (zieht eine Schnapsflasche aus der Tasche, trinkt daraus und hält sie dem Wozzeck hin) Da Kerl, sauf’ – Ich wollt’, die Welt wär Schnaps, Schnaps, der Mann muß saufen! (trinkt wieder) Sauf’, Kerl, sauf’ – Wozzeck (blickt weg und pfeift) Tambourmajor (schreiend): Kerl, soll ich Dir die Zung’ aus dem Hals zieh’n und sie Dir um den Leib wickeln? Sie ringen miteinander Wozzeck (unterliegt) Tambourmajor (würgt den am Boden liegenden Wozzeck): Soll ich Dir noch so viel Atem lassen, als ein Altweiberfurz? (über Wozzeck gebeugt) Soll ich... Wozzeck (sinkt erschöpft um) Tambourmajor (läßt von Wozzeck ab, richtet sich auf und zieht die Schnapsflasche aus der Tasche): Jetzt soll der Kerl pfeifen! (trinkt wieder) Dunkelblau soll er sich pfeifen! (pfeift dieselbe Melodie wie früher Wozzeck) (triumphierend) Was bin ich für ein Mann! (wendet sich zum Fortgehen und poltert zur Tür hinaus) Die Tür schlägt zu Szene ohne den Tambourmajor Wozzeck (hat sich indessen langsam erhoben und auf seine Pritsche gesetzt) Ein Soldat (auf Wozzeck deutend): Der hat sein Fett! Andres: Er blut’. Wozzeck: Einer nach dem Andern!

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SCENA QUINTA Corpo di guardia in caserma. Notte I Soldati (distesi su tavolacci, dormono) Andres (è disteso insieme con Wozzeck su un tavolaccio e dorme) Wozzeck (geme nel sonno): Oh – oh (balzando su) Andres! Andres! Non posso dormire. Alle parole di Wozzeck, i soldati che dormono si rigirano inquieti, senza però destarsi Wozzeck (sempre ad Andres): Quando chiudo gli occhi, non faccio che vederla, e sento i violini, sempre piú, sempre piú. E poi c’è una voce che parla dal muro – Non odi nulla, Andres? I violini e i salti?! Andres (assonnato): Lascia che balli – Wozzeck: E a tratti sembra che mi baleni davanti agli occhi un coltello, un coltello largo! Andres: Dormi, pazzo! Wozzeck: Signore mio Dio, (prega) “e non ci indurre in tentazione, Amen!” I Soldati addormentati (canto senza parole) Il Tamburmaggiore (entra rumorosamente [molto alticcio]): Che maschio sono io! Ho una femmina, ti dico, una femmina! Per l’allevamento di tamburmaggiori! Un petto e cosce! e tutto sodo! Gli occhi come carboni ardenti. Insomma una bella femmina, ti dico... Andres: Ehi! e chi è dunque? Tamburmaggiore: Chiedilo qui a Wozzeck! (tira fuori dalla tasca una bottiglia di grappa, beve e la porge a Wozzeck) Qua, su, trinca – Vorrei che il mondo fosse grappa, grappa, il maschio deve trincare! (beve ancora) Trinca, su, trinca – Wozzeck (guarda altrove e fischia) Tamburmaggiore (urlando): Furfante, devo tirarti fuori la lingua dal collo e attorcigliartela al corpo? Lottano insieme Wozzeck (soggiace) Tamburmaggiore (tenta di strozzare Wozzeck, che giace al suolo): Vuoi che ti lasci fiato quanto un peto di vecchia? (chino su Wozzeck) Vuoi... Wozzeck (cade a terra sfinito) Tamburmaggiore (lascia libero Wozzeck, si raddrizza e tira fuori dalla tasca la bottiglia di grappa): Fischi pure, il furfante, adesso! (beve ancora) Paonazzo deve diventare, a furia di fischiare! (fischia la stessa melodia fischiata da Wozzeck) (trionfante) Che maschio che sono, io! (si volge per andarsene e si allontana rumorosamente) La porta si richiude sbattendo Scena senza il Tamburmaggiore Wozzeck (nel frattempo, si è alzato lentamente e seduto sulla sua branda) Un Soldato (indicando Wozzeck): Ha il fatto suo! Andres: Sanguina. Wozzeck: Uno dopo l’altro!

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Der eine Soldat (legt sich um und schläft ein) Andres (legt sich ebenfalls um und schläft ein) Die anderen Soldaten (die sich während des Ringkampfes etwas aufgerichtet hatten, haben sich nach dem Abgang des Tambourmajors – einer nach dem andern – niedergelegt und schlafen nunmehr alle wieder) Wozzeck (bleibt sitzen und starrt vor sich hin) Die Musik hört auf Etwas später fällt der Vorhang

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Il Soldato (si rivolta e s’addormenta) Andres (si rivolta anche lui e s’addormenta) Gli altri Soldati (che durante la lotta si erano un po’ drizzati, dopo l’uscita del Tamburmaggiore si ricoricano, uno dopo l’altro, e dormono ora tutti) Wozzeck (resta seduto, con lo sguardo fisso nel vuoto) La musica cessa Dopo un po’, cala il sipario

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DRITTER AKT

Vorhang auf ERSTE SZENE Mariens Stube. Es ist Nacht. Kerzenlicht Marie (sitzt am Tisch, blättert in der Bibel; das Kind in der Nähe) (liest in der Bibel) “Und ist kein Betrug in seinem Munde erfunden worden...” Herr-Gott, Herr-Gott! Sieh mich nicht an! (blättert weiter) “Aber die Pharisäer brachten ein Weib zu ihm, so im Ehebruch lebte.” “Jesus aber sprach: So verdamme ich dich auch nicht, geh’ hin, und sündige hinfort nicht mehr.” Herrgott! (schlägt die Hände vors Gesicht) Das Kind (drängt sich an Marie) Marie: Der Bub gibt mir einen Stich in’s Herz. Fort! (stößt das Kind von sich) Das brüst’ sich in der Sonne! (plötzlich milder) Nein, komm, komm her! (zieht das Kind an sich) Komm zu mir! (erzählend) “Es war einmal ein armes Kind und hatt’ keinen Vater und keine Mutter – war Alles tot und war Niemand auf der Welt, und es hat gehungert und geweint Tag und Nacht. Und weil es Niemand mehr hatt’ auf der Welt...” Der Franz ist nit kommen, gestern nit, heut’ nit... (blättert hastig in der Bibel) Wie steht es geschrieben von der Magdalena?... “Und kniete hin zu seinen Füßen und weinte und küßte seine Füße und netzte sie mit Tränen und salbte sie mit Salben...” (schlägt sich auf die Brust) Heiland! Ich möchte Dir die Füße salben – Heiland, Du hast Dich ihrer erbarmt, erbarme Dich auch meiner!... Verwandlung Orchester-Nachspiel

ZWEITE SZENE Waldweg am Teich. Es dunkelt Marie (kommt mit Wozzeck von rechts): Dort links geht’s in die Stadt. ’s ist noch weit. Komm schneller. Wozzeck: Du sollst dableiben, Marie. Komm, setz’ Dich. Marie: Aber ich muß fort. Wozzeck: Komm (sie setzen sich) Bist weit gegangen, Marie. Sollst Dir die Füße nicht mehr wund laufen. ’s ist still hier! Und so dunkel. – Weißt noch, Marie, wie lang es jetzt ist, daß wir uns kennen? Marie: Zu Pfingsten drei Jahre. Wozzeck: Und was meinst, wie lang es noch dauern wird? Marie (springt auf): Ich muß fort. Wozzeck: Fürchst Dich, Marie? Und bist doch fromm? (lacht) Und gut! Und treu! (zieht sie wieder auf den Sitz) (neigt sich – wieder ernst – zu Marie) Was Du für süße Lippen hast, Marie! (küßt sie) Den Himmel gäb’ ich drum und die Seligkeit, wenn ich Dich noch oft so küssen dürft! Aber ich darf nicht! – Was zitterst? Marie: Der Nachttau fällt.

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ATTO TERZO

Sipario SCENA PRIMA La stanza di Maria. È notte. Lume di candela Maria (sta seduta al tavolo, sfoglia la Bibbia; il bambino è vicino a lei) (legge nella Bibbia) “E nessuna frode fu trovata nella bocca di lui...” Signore Iddio, Signore Iddio! Non mi guardare! (continua a sfogliare) “Ma i Farisei condussero a lui una donna, che viveva in adulterio.” “Gesú però disse: Nemmeno io ti condanno, va’, e non peccare piú.” Signore Iddio! (si nasconde il viso con le mani) Il Bambino (si stringe a Maria) Maria: Il ragazzo mi dà una fitta al cuore. Via! (spinge via il bambino) Si pavoneggia al sole! (a un tratto, con piú dolcezza) No, vieni, vieni qui! (tira a sé il bambino) Vieni da me! (narrando) “C’era una volta un povero bambino, che non aveva né padre né madre – tutti erano morti e non aveva nessuno al mondo, e moriva di fame e piangeva giorno e notte. E perché non aveva piú nessuno al mondo...” Franz non è venuto, né ieri, né oggi... (sfoglia in fretta la Bibbia) Come sta scritto della Maddalena?... “E s’inginocchiò ai suoi piedi e pianse e baciò i suoi piedi e li asciugò con le lagrime e li unse di unguenti...” (si batte il petto) Redentore! Vorrei ungere i tuoi piedi – Redentore, tu hai avuto pietà di lei, abbi pietà anche di me!... Cambiamento di scena Postludio orchestrale

SCENA SECONDA Sentiero nel bosco presso lo stagno. Annotta Maria (viene da destra con Wozzeck): Di là a sinistra si va in città. È lontano ancora. Andiamo piú in fretta. Wozzeck: Devi restar qui, Maria. Vieni, siediti. Maria: Ma devo andarmene. Wozzeck: Vieni (si siedono) Hai fatto molta strada, Maria. Non devi piú piagarti i piedi a camminare. Che silenzio qui! E cosí buio. – Ti ricordi, Maria, quanto tempo è che ci conosciamo? Maria: A Pentecoste tre anni. Wozzeck: E che pensi, quanto durerà ancora? Maria (balza in piedi): Devo andare. Wozzeck: Hai paura, Maria? Eppure sei pia! (ride) E buona! E fedele! (la tira giú a sedere) (ridivenuto serio, si china su di lei) Che labbra dolci hai tu, Maria! (la bacia) Darei il cielo e ogni beatitudine se potessi baciarti ancora spesso, cosí! Ma non posso! – Perché tremi? Maria: C’è la rugiada notturna.

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Atto III.

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Wozzeck (flüstert vor sich hin): Wer kalt ist, den friert nicht mehr! Dich wird beim Morgentau nicht frieren. Marie: Was sagst Du da? Wozzeck: Nix. Langes Schweigen. Der Mond geht auf Marie: Wie der Mond rot aufgeht! Wozzeck: Wie ein blutig Eisen! (zieht ein Messer) Marie: Was zitterst? (springt auf) Was willst? Wozzeck: Ich nicht, Marie! Und kein Andrer auch nicht! (packt sie an und stößt ihr das Messer in den Hals) Marie: Hilfe! (sinkt nieder) Wozzeck (beugt sich über sie) Marie (stirbt) Wozzeck: Tot! (richtet sich scheu auf und stürzt geräuschlos davon) Verwandlung Kurze Orchester-Überleitung

DRITTE SZENE Eine Schenke. Nacht. Schwaches Licht Dirnen (unter ihnen Margret) und Burschen tanzen eine wilde Schnellpolka Von einem der Burschen wird ein verstimmtes Pianino ungemein roh gespielt Wozzeck (an einem der Tische): Tanzt Alle; tanzt nur zu, springt, schwitzt und stinkt, es holt Euch doch noch einmal der Teufel! (stürzt ein Glas Wein hinunter) (den Klavierspieler überschreiend) Es ritten drei Reiter wohl an den Rhein, Bei einer Frau Wirtin da kehrten sie ein. Mein Wein ist gut, mein Bier ist klar, Mein Töchterlein liegt auf der... Verdammt! (springt auf) Komm, Margret! (tanzt mit Margret ein paar Sprünge. Bleibt plötzlich stehen) Komm, setz Dich her, Margret! (führt sie an seinen Tisch und zieht sie auf seinen Schoß nieder) Margret, Du bist so heiß... (drückt sie an sich) (läßt sie los) Wart nur, wirst auch kalt werden! Kannst nicht singen? Margret (vom Klavierspieler auf der Bühne begleitet, singt): In’s Schwabenland, da mag ich nit, Und lange Kleider trag ich nit, Denn lange Kleider, spitze Schuh, Die kommen keiner Dienstmagd zu. Wozzeck (auffahrend): Nein! keine Schuh, man kann auch bloßfüßig in die Höll’ geh’n! Ich möcht heut raufen – raufen – Margret: Aber was hast Du an der Hand? Wozzeck: Ich? Ich? Margret: Rot! Blut! Wozzeck: Blut? Blut? Es stellen sich Leute um sie

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Wozzeck (bisbiglia tra sé): Chi è freddo, non sente piú il freddo! Quando cadrà la rugiada mattutina, non avrai piú freddo. Maria: Che stai dicendo? Wozzeck: Niente. Lungo silenzio. Sorge la luna Maria: Come sorge rossa la luna! Wozzeck: Come un coltello insanguinato! (tira fuori un coltello) Maria: Perché tremi? (balza in piedi) Che vuoi? Wozzeck: Io niente, Maria! E anche nessun altro! (l’afferra e le spinge il coltello nel collo) Maria: Aiuto! (cade) Wozzeck (si china su di lei) Maria (muore) Wozzeck: Morta! (si alza guardingo e parte a precipizio, silenziosamente) Cambiamento di scena Breve interludio orchestrale

SCENA TERZA Un’osteria. Notte. Luce debole Prostitute (tra cui Margherita) e garzoni ballano una veloce polka selvaggia Uno dei garzoni pesta rozzamente su un pianino stonato Wozzeck (a uno dei tavoli): Ballate tutti; ballate su, saltate, sudate e puzzate, verrà a portarvi via il diavolo, un giorno! (butta giú un bicchiere di vino) (urlando da soverchiare il pianista) Tre cavalieri galoppavano al Reno, fecero tappa da una bella ostessa. È buono il mio vino, la birra è chiara, la mia figlioletta giace sulla... Dannazione! (balza in piedi) Vieni, Margherita! (balla con Margherita quattro salti. Arrestandosi d’un tratto) Vieni, siediti qui, Margherita! (la conduce al suo tavolo e se la tira sulle ginocchia) Margherita, sei tanto calda... (la stringe a sé) (poi lasciandola) Aspetta, diventerai fredda anche tu! Non sai cantare? Margherita (canta, accompagnata dal pianista in scena): Non voglio andare in Svevia, no, Né vesti lunghe voglio, no, Ché vesti lunghe, scarpine a punta, Non sono adatte a una serva. Wozzeck (indignandosi): No! niente scarpe, anche a piedi nudi si può andare all’inferno! Oggi vorrei azzuffarmi – azzuffarmi – Margherita: Ma che hai qui alla mano? Wozzeck: Io? Io? Margherita: Rosso! Sangue! Wozzeck: Sangue? Sangue? Qualcuno si stringe intorno a loro

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Margret: Freilich – Blut. Margret: Die Burschen: Wozzeck: Ich glaub’, ich hab’ mich geschnitten, da an der rechten Wie kommt’s denn Mit der Hand – Ich hab’s zum Ellenbogen? rechten daran abgewischt. Hand am Was wollt Ihr? Puh! Puh! rechten Was geht’s Da stinkt’s nach Arm? Euch an? Bin ich ein Mör- Menschenblut! Blut, Blut, der? Blut, Blut! Platz! oder es geht wer zum Teufel! (stürzt hinaus) Verwandlung

Dirnen:

Freilich, da stinkt’s nach Menschenblut!

Kurzes Orchester-Nachspiel

VIERTE SZENE Waldweg am Teich. Mondnacht wie vorher Wozzeck (kommt schnell herangewankt. Bleibt suchend stehen): Das Messer? – Wo ist das Messer? – Ich hab’s dagelassen. – Näher, noch näher. – Mir graut’s – da regt sich was. Still! – Alles still und tot. – Mörder! Mörder!! Ha! Da ruft’s. Nein – ich selbst. (wankt suchend ein paar Schritte weiter und stößt auf die Leiche) Marie! Marie! Was hast Du für eine rote Schnur um den Hals? Hast Dir das rote Halsband verdient, wie die Ohrringlein, mit deiner Sünde! Was hängen Dir die schwarzen Haare so wild – ?! – Mörder! Mörder!! Sie werden nach mir suchen. Das Messer verrät mich! (sucht fieberhaft) Da, da ist’s! (am Teich) So! Da hinunter! (wirft das Messer hinein) Es taucht ins dunkle Wasser wie ein Stein. Der Mond bricht blutrot hinter den Wolken hervor (blickt auf) Aber der Mond verrät mich – der Mond ist blutig. Will denn die ganze Welt es ausplaudern?! – Das Messer, es liegt zu weit vorn, sie finden’s beim Baden oder wenn sie nach Muscheln tauchen. (geht in den Teich hinein) Ich find’s nicht. Aber ich muß mich waschen. Ich bin blutig. Da ein Fleck – und noch einer. (klagend) Weh! Weh! Ich wasche mich mit Blut – das Wasser ist Blut... Blut... (ertrinkt) Der Doktor (tritt auf) Der Hauptmann (folgt ihm): Halt! Doktor (bleibt stehen): Hören Sie? Dort! Hauptmann: Jesus! Das war ein Ton. (bleibt ebenfalls stehen) Doktor (auf den Teich zeigend): Ja, dort! Hauptmann: Es ist das Wasser im Teich. Das Wasser ruft. Es ist schon lange Niemand ertrunken. Kommen Sie, Doktor! Es ist nicht gut zu hören! (will den Doktor mit sich ziehen)

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Margherita: Certo – sangue. Margherita: Wozzeck: Credo di essermi tagliato, qui alla mano destra. – Com’è arrivato al Me la son pulita gomito? cosí. – Voi che volete? Puh! Che ve ne impor- Puh! ta? Sono forse un C’è odore di sanassassino? – Lar- gue umano! go! o qualcuno andrà al diavolo! (esce a precipizio)

I Garzoni:

Con la mano destra al braccio destro?

Prostitute:

Certo, c’è odore di sangue umano!

Sangue, sangue, sangue, sangue!

Cambiamento di scena Breve postludio orchestrale

SCENA QUARTA Sentiero nel bosco presso lo stagno. Notte di luna come prima Wozzeck (s’avanza rapidamente barcollando. Si arresta cercando): Il coltello? – Dov’è il coltello? – L’ho lasciato qui. – Piú vicino, ancora piú vicino. – Ho terrore – là si muove qualcosa. Silenzio! – Tutto è silenzio e morte. – Assassino! Assassino!! Ah! Ecco gridano. No – sono io stesso. (barcollando s’inoltra di alcuni passi e urta la salma) Maria! Maria! Cos’è quel laccio rosso che hai intorno al collo? Ti sei guadagnata la collana rossa, come gli orecchini col tuo peccato! Come son scarruffati selvaggiamente i tuoi capelli neri – ?! – Assassino! Assassino!! Andranno in cerca di me. Il coltello mi tradisce! (cerca febbrilmente) Eccolo, è qua! (presso lo stagno) Cosí! Qua dentro! (getta dentro il coltello) Sprofonda nell’acqua scura come una pietra. La luna spunta a un tratto color rosso-sangue fuor dalle nuvole (guarda in su) Ma la luna mi tradisce – la luna è insanguinata. Vuol spifferarlo a tutto il mondo, dunque?! – Il coltello è troppo avanti, lo troveranno facendo il bagno o tuffandosi a cercare conchiglie. (entra nello stagno) Non lo trovo. Ma devo lavarmi. Sono insanguinato. Qua una macchia – e un’altra ancora. (lamentandosi) Ohimè! Ohimè! Mi lavo col sangue – l’acqua è sangue... sangue.. (annega) Il Dottore (s’avanza) Il Capitano (lo segue): Fermo! Dottore (s’arresta): Sente? Là! Capitano: Gesú! Era un suono, questo. (s’arresta anche lui) Dottore (indicando lo stagno): Sí, là! Capitano: È l’acqua dello stagno. L’acqua chiama. Da tempo nessuno è piú annegato. Venga, dottore! Non è bene stare a sentire! (vuol tirarsi dietro il Dottore)

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Doktor (bleibt aber stehen und lauscht): Das stöhnt – als stürbe ein Mensch. Da ertrinkt Jemand! Hauptmann: Unheimlich! Der Mond rot und die Nebel grau. Hören Sie? – jetzt wieder das Ächzen. Doktor: Stiller, – jetzt ganz still. Hauptmann: Kommen Sie! Kommen Sie schnell! (zieht den Doktor mit sich) (beide ab) Verwandlung Orchester-Zwischenspiel (Epilog)

FÜNFTE SZENE Straße vor Mariens Tür. Heller Morgen, Sonnenschein Kinder (spielen und lärmen) Mariens Knabe (auf einem Steckenpferd reitend) Die spielenden Kinder: Ringel, Ringel, Rosenkranz, Ringelreih’n! Ringel, Ringel, Rosenkranz, Rin... (unterbrechen Gesang und Spiel) Andere Kinder (stürmen herein) Eins von ihnen: Du Käthe! – Die Marie... Zweites Kind: Was is? Erstes Kind: Weißt’ es nit? Sie sind schon Alle ’naus. Drittes Kind (zu Mariens Knaben): Du! Dein Mutter ist tot! Mariens Knabe (immer reitend): Hopp, hopp! Hopp, hopp! Hopp, hopp! Zweites Kind: Wo is sie denn? Erstes Kind: Draus liegt sie, am Weg, neben dem Teich. Drittes Kind: Kommt – anschaun! (alle Kinder laufen davon) Mariens Knabe (reitet): Hopp, hopp ! Hopp, hopp! Hopp, hopp! (zögert einen Augenblick und reitet dann den anderen Kindern nach) (Leere Bühne) Der Vorhang fällt Einige Schlußtakte des Orchesters

Universal Edition A.G., Wien rappr. per l’Italia: Casa Ricordi, Milano

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Dottore (resta però fermo, in ascolto): Sono lamenti – come se morisse un uomo. C’è qualcuno che annega! Capitano: Lugubre! La luna rossa e le nebbie grigie. Sente? – ecco ancora i gemiti. Dottore: Piú lievi, – ora tutto è silenzio. Capitano: Venga! Venga presto! (tira il Dottore via con sé) (entrambi via) Cambiamento di scena Interludio orchestrale (Epilogo)

SCENA QUINTA Strada davanti alla porta di Maria. È mattino chiaro. Splende il sole Bambini (giocano e fanno chiasso) Il Bimbo di Maria (cavalca un bastone come un cavalluccio) I Bambini che giocano: Giro-giro-tondo giriamo intorno al mondo! Giro-giro-tondo Gir... (interrompono canto e gioco) Altri Bambini (entrano di corsa) Uno di loro: Ehi Käthe! – La Maria... Secondo Bambino: Che c’è? Primo Bambino: Non lo sai? Son già andati tutti fuori. Terzo Bambino (al figlio di Maria): Ehi tu! Tua madre è morta! Il Bimbo di Maria (sempre cavalcando): Hopp, hopp! Hopp, hopp! Hopp, hopp! Secondo Bambino: E dov’è? Primo Bambino: Giace là fuori, sul sentiero, vicino allo stagno. Terzo Bambino: Venite – a vedere! (tutti i bambini corrono via) Il Bimbo di Maria (cavalca): Hopp, hopp! Hopp, hopp! Hopp, hopp! (esita un istante e galoppa poi dietro agli altri bambini) (Scena vuota) Cala il sipario Alcune misure finali dell’orchestra

Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 1977 Dal libro di Paolo Petazzi Alban Berg. La vita, l’opera, i testi musicati

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Il soggetto a cura di Alberto Bentoglio

Atto primo Camera del Capitano. Come ogni giorno il soldato Franz Wozzeck sta radendo il Capitano che non perde occasione per deriderlo e accusarlo di immoralità poiché convive con Marie, una ex prostituta, dalla quale ha avuto un figlio. Senza successo, Wozzeck tenta di esporre le proprie ragioni. Aperta campagna. Aiutato dal commilitone Andres, Wozzeck raccoglie la legna. Ma ben presto il paesaggio che lo circonda diviene per lui un incubo minaccioso e insostenibile. Camera di Marie. Marie osserva affascinata la prestanza fisica del Tamburmaggiore che sta passando nei pressi della sua abitazione a capo della banda militare. Margret, sua vicina di casa, ironizza pesantemente sulla di lei condotta. Rimasta sola, Marie culla teneramente il suo bambino. Al sopraggiungere di Wozzeck in preda a uno stato allucinatorio, la donna cerca di distrarlo parlandogli del figlio. Ma il soldato non la ascolta e si allontana precipitosamente.

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Studio del Dottore. In cambio di un modesto compenso, Wozzeck si è offerto come cavia per gli esperimenti parascientifici che il Dottore conduce su di lui al fine di evidenziarne i segni della pazzia. Con cinica soddisfazione il Dottore osserva l’acutizzarsi in Wozzeck di uno stato di aberratio mentalis partialis. Strada davanti alla porta dell’abitazione di Marie. Accortosi dell’ammirazione di Marie, il Tamburmaggiore non esita a farle concrete proposte d’amore. Dopo un breve indugio, la donna acconsente.

Atto secondo

Atto terzo

Camera di Marie. Marie ammira gli orecchini che il Tamburmaggiore le ha regalato: a Wozzeck ella dice di averli trovati casualmente. Dopo averle raccomandato di occuparsi del bambino, Wozzeck consegna a Marie la paga e si allontana.

La camera di Marie. Dopo aver raccontato a suo figlio una favola, Marie, colpita dalle parole del Vangelo, invoca la pietà di Dio.

Strada di città. Wozzeck incontra il Dottore e il Capitano, i quali ironizzano sulla condotta di Marie dandogli la certezza di essere stato tradito. Il Dottore elenca tutti i sintomi del progressivo stato di pazzia di Wozzeck. Strada davanti alla porta dell’abitazione di Marie. Accecato dalla gelosia, Wozzeck si scontra violentemente con Marie. La donna gli dichiara il proprio disgusto. Giardino di osteria. Fra donne equivoche e soldati ubriachi, Wozzeck riconosce Marie che balla con il Tamburmaggiore. Egli vorrebbe affrontare il rivale, ma non ne ha la forza. Mentre un garzone improvvisa una predica senza senso, un pazzo si avvicina a Wozzeck e gli sussurra: “Sento odore di sangue”.

Sentiero nel bosco presso uno stagno. In luogo solitario, Wozzeck uccide Marie con un colpo di coltello. Un’osteria. Wozzeck ubriaco corteggia sfrontatamente Margret. Insospettita dalle macchie di sangue che ha notato sulla sua divisa, la donna lo interroga. Wozzeck dapprima si schermisce, poi fugge impaurito. Sentiero nel bosco presso uno stagno. Cercando il coltello con cui ha ucciso Marie, Wozzeck si lascia sommergere dalle acque dello stagno. Il Dottore e il Capitano, che hanno udito dei gemiti, si allontanano impauriti. Strada davanti alla porta dell’abitazione di Marie. Il bambino di Marie sta giocando. Alcuni compagni gli annunciano la morte della madre. Ma egli non comprende e continua innocentemente a giocare.

Corpo di guardia in caserma. Narrandogli il tradimento di Marie, il Tamburmaggiore insulta Wozzeck. Poi lo colpisce, gettandolo a terra.

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Argument

Premier acte Chambre du Capitaine. Comme tous les jours, le soldat Franz Wozzeck est en train de faire la barbe au Capitaine. Celui-ci ne perd pas une occasion de se moquer de lui et de l’accuser de mener une vie immorale avec Marie, une ex-prostituée, dont il a eu un fils. Wozzeck essaie vainement de lui expliquer ses raisons. En pleine campagne. Wozzeck ramasse du bois, aidé de son compagnon d’armes Andres. Mais bien vite il ne peut plus supporter le paysage qui l’entoure et qui lui semble un lieu menaçant et hostile. Chambre de Marie. Marie observe, fascinée, la belle prestance du Tambour-major qui défile devant chez elle à la tête de la fanfare militaire. Margret, sa voisine, ne cesse de lui faire des remarques peu obligeantes sur sa conduite. Restée seule, Marie berce tendrement son enfant. Lorsque Wozzeck entre comme en proie à des hallucinations, Marie lui parle de leur fils pour essayer de le distraire. Mais le soldat ne l’écoute pas et sort précipitamment.

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Cabinet du Docteur. En échange d’une modeste rétribution, Wozzeck a accepté de servir de cobaye pour les expériences soit-disant scientifiques que le Docteur tente sur lui afin d’en étudier les symptômes de la folie. Avec une satisfaction cynique, le Docteur observe chez Wozzeck l’aggravation d’un état de aberratio mentalis partialis. Route devant la maison de Marie. Conscient de l’admiration que lui porte Marie, le Tambour-major n’hésite pas à lui faire des propositions. Après un moment d’hésitation, Marie le fait entrer.

Deuxième acte

Troisième acte

Chambre de Marie. Marie, tout en admirant les boucles d’oreilles que le Tambour-major lui a offertes, dit à Wozzeck qu’elle les a trouvées par hasard. Après avoir recommandé à Marie de prendre soin de l’enfant, Wozzeck lui remet sa solde et s’en va.

La chambre de Marie. Après avoir raconté une histoire à son fils, Marie, frappée par les paroles de l’Évangile, invoque la pitié de Dieu.

Une rue en ville. Wozzeck rencontre le Docteur et le Capitaine. Leurs moqueries sur la conduite de Marie le persuadent que celle-ci l’a trompé. Le Docteur énumère tous les symptômes de la folie croissante de Wozzeck. Route devant la maison de Marie. Aveuglé par la jalousie, Wozzeck a une discussion violente avec Marie, qui lui déclare alors tout son dégoût. Jardin d’une taverne. Parmi des femmes au comportement équivoque et des soldats ivres, Wozzeck reconnaît Marie qui est en train de danser avec le Tambour-major. Il voudrait affronter son rival, mais il n’en a pas la force. Tandis qu’un serveur improvise un sermon sans queue ni tête, un fou s’approche de Wozzeck et lui murmure: “Je sens une odeur de sang”.

Sentier dans un bois près d’un étang. Dans un lieu solitaire, Wozzeck tue Marie d’un coup de couteau. Une taverne. Wozzeck, complètement ivre, courtise Margret. Ayant remarqué des taches de sang sur son uniforme, celle-ci l’interroge, pleine de soupçons. Sentier dans un bois près d’un étang. Tandis qu’il cherche le couteau avec lequel il a tué Marie, Wozzeck se laisse engloutir par les eaux de l’étang. Le Docteur et le Capitaine, en entendant des gémissements, s’éloignent effrayés. Route devant la maison de Marie. Le fils de Marie est en train de jouer. D’autres enfants lui annoncent la mort de sa mère. Mais lui ne comprend pas et continue de jouer. (Traduzione di G. Viscardi)

Corps de garde à la caserne. Le Tambour-major insulte Wozzeck et lui révèle la trahison de Marie. Puis il le frappe et le fait tomber à terre.

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Synopsis

Act I The Captain’s room. The ordinary soldier Franz Wozzeck is shaving the Captain, as he does every day. The Captain loses no opportunity to deride the man and to accuse him of immorality for living with Marie, a former prostitute who has had a child by him. Wozzeck attempts, without success, to explain his reasons. In the countryside. Helped by his fellow-soldier Andres, Wozzeck is collecting firewood. But very soon the landscape around him turns into an ominous and unbearable nightmare. Marie’s room. Marie watches with fascination the fine bearing of the Drum Major, as he marches past her house at the head of a military band. Margret, her neighbour, makes cutting remarks about her conduct. Alone, Marie tenderly rocks her baby. When Wozzeck bursts in, suffering from hallucinations, his mistress tries to distract him by talking about their child. But he rushes out without listening.

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The Doctor’s clinic. In exchange for a modest sum, Wozzeck has offered himself as a guinea-pig for the parascientific experiments which the Doctor practises on him to reveal signs of madness. With cynical satisfaction, the Doctor observes that Wozzeck’s state of aberratio mentalis partialis has become acute. A street, outside the door of Marie’s home. Having noticed Marie’s admiration for him, the Drum Major soon makes unambiguous advances to her until, after some brief hesitation, she succumbs.

Act II

Act III

Maries’s bedroom. Marie is admiring the ear-rings which the Drum Major has given her. She tells Wozzeck that she found them by chance. After reminding her to keep an eye on the child, Wozzeck hands his pay to Marie and goes out.

Marie’s room. After telling a fairy-tale to her child, Marie is struck by what she has been reading in the Bible and invokes the mercy of God.

A street. Wozzeck encounters the Doctor and the Captain, who make quips about Marie’s conduct. The soldier is now certain he has been cuckolded. Meanwhile the Doctor lists all the symptoms of Wozzeck’s progressive madness. A street outside the door of Marie’s home. Blinded by jealousy, Wozzeck clashes violently with Marie, who is disgusted by his behaviour. Garden of a tavern. Among loose women and drunken soldiers, Wozzeck recognizes Marie who is dancing with the Drum Major. He would like to face his rival, but doesn’t feel up to it. While an errandboy improvises a senseless sermon, a madman comes up to Wozzeck and whispers in his ear: “I smell blood”. A guardroom at the barracks. Boasting to Wozzeck about Marie’s infidelity, the Drum Major insults him and knocks him down.

A path in a wood near a pond. In this lonely spot, Wozzeck stabs Marie to death. A tavern. Wozzeck is drunk and impudently courting Margret. Suspicious of the bloodstains that she has noticed on his uniform, the woman interrogates him. At first Wozzeck tries to ward off her insinuations, but then escapes in terror. A path in the wood near a pond. While searching for the knife with which he killed Marie, Wozzeck slips and falls into the pond. The Doctor and the Captain hear his cries for help but go off in fear. A street outside the door of Marie’s home. Marie’s child is playing. Some other children tell him that his mother is dead. But he does not understand and carries on innocently playing. (Traduzione di Rodney Stringer)

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Die Handlung

Erster Akt Das Zimmer des Hauptmanns. Wie an jedem Tag rasiert der Soldat Franz Wozzeck seinen Hauptmann. Dieser versäumt keine Gelegenheit, um ihn zu verspotten und der Unmoral zu zeihen, denn Wozzeck lebt mit Marie, einer früheren Prostituierten, zusammen, von der er ein Kind hat. Vergeblich versucht Wozzeck seine Gründe zu erklären. Freies Feld. Mit der Hilfe seines Kameraden Andres sammelt Wozzeck Holz. Aber bald wird die ihn umgebende Landschaft zu einem drohenden und bedrückenden Alptraum. Mariens Stube. Marie bewundert den stattlichen Tambourmajor, der nahe ihrem Haus mit der Militärkapelle vorbeizieht. Margret, ihre Nachbarin, hat höhnische Worte für ihr Benehmen. Allein geblieben, wiegt Marie zärtlich ihr Kind. Wozzeck erscheint in einem offensichtlichen Zustand der Verstörung, und die Frau versucht ihn abzulenken, indem sie ihm vom Kind erzählt. Aber der Soldat hört nicht zu und verschwindet so schnell, wie er gekommen ist.

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Studierstube des Doktors. Gegen einen bescheidenen Lohn hat sich Wozzeck als Versuchsobjekt für die pseudowissenschaftlichen Experimente des Doktors zur Verfügung gestellt. Es soll bei ihm eine Geisteskrankheit nachgewiesen werden. Mit zynischer Genugtuung beobachtet der Doktor, wie sich bei Wozzeck ein Zustand der aberratio mentalis partialis verstärkt. Gasse vor Mariens Wohnung. Der Tambourmajor hat die Bewunderung Mariens für ihn bemerkt und zögert nicht, ihr unmissverständliche Anträge zu machen. Nach kurzem Zögern willigt die Frau ein.

Zweiter Akt

Dritter Akt

Mariens Stube. Marie bewundert die Ohrringe, die ihr der Tambourmajor geschenkt hat; zu Wozzeck sagt sie, sie habe sie gefunden. Sie solle das Kind gut behandeln, meint Wozzeck, und übergibt ihr seinen Lohn.

Mariens Stube. Nachdem Marie dem Kind ein Märchen erzählt hat, blättert sie in der Bibel. Einige Worte treffen sie tief, und sie ruft Gottes Vergebung an.

Strasse in der Stadt. Wozzeck trifft den Doktor und den Hauptmann. Beide spotten über das Verhalten Mariens und überzeugen Wozzeck einmal mehr, dass er betrogen wurde. Der Doktor zählt alle Symptome der fortschreitenden Geisteskrankheit Wozzecks auf. Gasse vor Mariens Wohnung. Blind vor Eifersucht hat Wozzeck einen heftigen Streit mit Marie. Die Frau erklärt ihm ihren ganzen Abscheu. Wirtshausgarten. Unter den Frauen von zweifelhaftem Ruf und den betrunkenen Soldaten erkennt Wozzeck Marie, die mit dem Tambourmajor tanzt. Er möchte sich auf den Rivalen stürzen, aber es fehlt die Kraft. Während ein Junge eine Predigt ohne Sinn von sich gibt, tritt ein Verrückter zu Wozzeck und flüstert ihm zu: “Ich rieche Blut”.

Waldweg am Teich. An einem einsamen Ort tötet Wozzeck Marie mit einem Messerstich. Eine Schenke. Wozzeck ist betrunken und umwirbt Margret in frecher Weise. Die Frau wird misstrauisch, als sie die Blutflecken auf seiner Uniform bemerkt, und horcht ihn aus. Wozzeck wehrt sich zunächst, dann entflieht er angstvoll. Waldweg am Teich. Wozzeck sucht nach dem Mord-Messer und geht immer tiefer in den Teich. Der Doktor und der Hauptmann haben das Stöhnen einer Person gehört und entfernen sich rasch. Gasse vor Mariens Wohnung. Das Kind Mariens spielt. Die anderen Kinder sagen, dass seine Mutter tot ist, aber der Junge versteht nicht und spielt voller Unschuld weiter. (Traduzione di Lieselotte Stein)

Wachstube der Kaserne. Der Tambourmajor beleidigt Wozzeck und brüstet sich mit dem Verrat Mariens. Er schlägt Wozzeck und wirft ihn zu Boden.

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(Traduzione di Wakae Ishikawa)

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L’opera in breve di Cesare Fertonani

Se c’è un’opera più di ogni altra emblematica del primo Novecento, decisiva nel concentrare le tensioni culturali e le aspirazioni più radicali della nuova musica questa è senza dubbio Wozzeck. Faticosa, la genesi dell’opera protrae per parecchi anni. Il 5 maggio 1914 Berg assiste a Vienna alla rappresentazione del dramma Wozzeck di Georg Büchner riportandone un’impressione folgorante (benché composto nel 1836-37, il dramma frammentario era stato pubblicato per la prima volta nel 1879 nell’adattamento di Karl Emil Franzos che lo aveva intitolato con il nome del protagonista letto per errore “Wozzeck” anziché “Woyzeck”). Il compositore inizia subito a stendere le prime idee per un’opera su libretto proprio, trovandosi tuttavia costretto ad abbandonare ben presto il progetto, tra l’altro per portare a termine i Drei Orchesterstücke op. 6; con lo scoppio della Prima guerra mondiale, nel 1915 Berg è chiamato alle armi e soltanto due anni dopo avrà modo di tornare a occuparsene seriamente. Ma anche una volta terminato il conflitto, il lavoro procede con lentezza e lunghe interruzioni. Nel 1919 Berg ha concluso il primo atto ma riuscirà a portare a compimento il lavoro solo nel 1921, completandone l’orchestrazione nell’aprile dell’anno successivo. A questo punto, pubblicata grazie al sostegno di Alma Mahler la riduzione per canto e pianoforte (a cura di Fritz Heinrich Klein), l’opera aspetta solo di essere rappresentata ma, sebbene Berg abbia

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firmato un contratto con l’Universal Edition, nessun teatro è davvero intenzionato a metterla in scena. Così il compositore accetta l’invito di Hermann Scherchen a prepararne qualche estratto per la sala da concerto: il clamore suscitato dall’esecuzione dei Drei Bruchstücke aus “Wozzeck” a Francoforte sul Meno, il 15 giugno 1924, induce diversi teatri a richiedere la prima rappresentazione dell’intera opera, che però è già stata nel frattempo programmata dalla Staatsoper di Berlino. Qui, il 14 dicembre 1925, la prima diretta da Erich Kleiber riscuote un considerevole successo a dispetto della campagna di stampa scatenata dalla critica più reazionaria; Wozzeck conoscerà poi ampia diffusione in Europa, almeno sino all’avvento del nazismo, e negli Stati Uniti (nel 1942 c’è anche la prima italiana, diretta a Roma da Tullio Serafin). Nel rielaborare il dramma, Berg si basò sulla versione di Franzos, a sua volta risistemata (1909) da Paul Landau (quando nel 1921 venne a conoscenza della prima edizione critica, pubblicata l’anno precedente, la composizione era ormai a uno stadio troppo avanzato per poterla utilizzare come testo di riferimento). D’altro canto, le manipolazioni e i travisamenti dell’adattamento di Franzos furono determinanti per la recezione in chiave espressionistica del dramma sino al 1920 e dunque anche per la sua interpretazione da parte di Berg, che mira a focalizzare il mondo di allucinata, tragica alienazione sociale ed esistenziale in cui sono

costretti a vivere – e a morire – Wozzeck e Marie. Il libretto impiega per lo più direttamente il testo dell’edizione Landau, limitandosi a distribuirne le scene (ridotte da ventisei a quindici) in tre atti di cinque scene ciascuno e a introdurre tagli e ritocchi. L’intento di comporre una musica drammatica che rappresentasse in modo pregnante l’azione scenica senza nel contempo venir meno alle prerogative della sua autonomia indusse Berg a dare al problema formale una soluzione ingegnosa: ovvero concepire l’opera come un sistema di forme chiuse, in cui ciascun atto e ciascuna scena all’interno di ogni atto costituiscono un’unità strutturale indipendente. Dal punto di vista dell’architettura su vasta scala l’atto centrale, il più strettamente elaborato, è incorniciato da due atti che si corrispondono nell’articolazione meno serrata (secondo una sorta di grande forma ABA). Il primo atto, l’esposizione del dramma, presenta i cinque personaggi principali eccetto Wozzeck, delineandone il rapporto che li lega al protagonista, ed è costruito come una serie di pezzi di carattere: una suite per il Capitano (scena 1); una rapsodia per Andres (scena 2); una marcia e ninnananna per Marie (scena 3); una passacaglia per il Dottore (scena 4); un rondò per il Tam-

burmaggiore (scena 5). Il secondo atto, la peripezia, è una sinfonia in cinque movimenti: forma sonata (scena 1); fantasia e fuga (scena 2); Largo (scena 3); scherzo con due trii (scena 4); rondò (scena 5). Il terzo atto, la catastrofe, consta di sei invenzioni su singoli elementi musicali: un tema (scena 1); una nota (scena 2); un ritmo (scena 3); un accordo di sei note (scena 4); una tonalità (interludio conclusivo); una regolare scansione ritmica (scena 5). È comunque ovvio che, per Berg, queste strutture rigorose riguardano la forma intrinseca dell’opera, che come tale non deve essere necessariamente colta dal pubblico; d’altronde l’elemento unificante più chiaramente percepibile è dato dalla rete dei Leitmotive, identificati con personaggi e situazioni drammatiche il cui ricorrere sottolinea associazioni e corrispondenze nel corso dell’opera, e dagli interludi. Utilizzando le risorse di un libero linguaggio cromatico denso di allusioni e reminiscenze tonali, di tutte le opzioni espressive della voce (canto, Sprechgesang, parlato), di una straordinaria pluralità di livelli e piani stilistici (inclusa l’ironia e la parodia), Berg realizza un’opera dove l’impressionante complessità è perfettamente commisurata alla più incandescente forza drammaturgica ed espressiva.

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...la musica di Andrea Malvano

Che molto del dramma di Wozzeck avvenga lì sotto, nella fossa dell’orchestra, ancor prima che sul palcoscenico, si intuisce anche solo sfogliando la partitura. Berg sceglie di suddividere l’opera in quindici scene, che rimandano esplicitamente alle strutture formali della grande tradizione strumentale. Verrebbe spontaneo pensare alla musica che invadeva la Vienna delle luccicanti sale da concerto, dei salotti altolocati in cui il Settecento scopriva i fiori più belli del repertorio cameristico. Ma la scrittura di Wozzeck abita in un altro emisfero, quello in cui il passato riappare tra le macerie di un inconscio collettivo che non lascia più spazio alla riflessione razionale e oggettiva. Berg non vuole riprendere con distacco neoclassico le strutture della forma sonata o dell’antico contrappunto; la sua intenzione è quella di individuare nei retaggi della tradizione le radici di una scrittura musicale condivisa da un’intera generazione di compositori: le intime rappresentazioni di un pensiero collettivo stratificato nel tempo. Della Vienna asburgica resta solo più l’anima: Berg la rievoca, la osserva con l’angoscia del tempo moderno, e ne trae suggestioni destinate a rimanere codificate negli strati più inconsapevoli del suo linguaggio musicale. Il primo atto, definito dall’autore “Esposizione”, è formato da cinque pezzi caratteristici: ogni sezione introduce un personaggio nuovo, presentando Wozzeck a confronto con tutti gli attori del dramma. L’apertura è affidata a una suite: Berg costruisce una successione di

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danze (preludio, pavana, cadenza, giga, cadenza, gavotta, aria, ripresa), alludendo a una delle più diffuse forme strumentali settecentesche. A quell’orizzonte stilistico rimandano l’orchestrazione cameristica, che nelle due cadenze lascia addirittura spazio a interventi solistici (prima la viola, poi il controfagotto), e l’uso di tempi storicamente legati ai movimenti di danza. Il Capitano si muove su un registro isterico e nervoso, come se fosse perennemente in bilico tra la compostezza del suo ruolo e un’irrequietudine esistenziale che nemmeno una divisa riesce ad arginare; Wozzeck, invece, esprime quel desiderio di canto che lo accompagna per tutta l’opera, quel lirismo sistematicamente frustrato che lo rende il più umano di tutti i personaggi. Un denso tessuto di intrecci tematici percorre il loro dialogo, isolando alcune cellule melodiche destinate a divenire ricorrenti nel corso delle scene successive: una luce abbagliante evidenzia l’intervallo di settima maggiore che compare in corrispondenza del «Wir arme Leut» («Noi povera gente») intonato da Wozzeck. Tre accordi dal sapore inquietante stanno alla base della rapsodia successiva. Andres compare in tutta la sua ingenua baldanza, accompagnato da un fiero tema di marcia: la rassicurante bandiera dietro cui si nasconde chi non ha la sensibilità per porsi interrogativi problematici. Wozzeck dialoga in Sprechgesang, quella tecnica di emissione delle note a metà tra il canto e la recitazione che Arnold Schönberg aveva introdotto a partire dai Gurrelieder. La sua

umanità emerge anche da questo aspetto vocale: un declamato che rifiuta ogni forma di artificio, proprio come se volesse alludere alla lingua parlata dalla “povera gente”. Marie entra in scena sulle note di una marcia militare: una banda interna, dietro le quinte, disegna in lontananza un tema marziale. La sua è una vocalità lirica: melodie intense, sistematicamente soffocate dalla violenza dei personaggi circostanti. La dimensione irreale del suo universo emotivo le consente di abbandonarsi all’ingenuità di una ninnananna, cullata da un ritmo di siciliana che sembra riesumato da una raccolta clavicembalistica del Settecento. Il suo tema (laa-fa-mi), schiacciato in un intervallo di quarta diminuita, è lo specchio di una personalità imprigionata tra le mura dell’indifferenza collettiva. Un ulteriore risvolto del registro vocale prende forma con l’apparizione del Dottore: nessuna incertezza, timbro crudo, tagliente, analitico. Il Dottore osserva Wozzeck con distacco e il suo canto procede con freddezza, senza concedersi nessuno slancio lirico. A questo profilo analitico Berg affianca la passacaglia, uno dei procedimenti formali più rigorosi di tutta la tradizione musicale: un tema formato da dodici suoni (particolarmente interessante, visto che la dodecafonia all’epoca della stesura dell’opera non era ancora stata codificata da Schönberg) dà vita a ventuno brevi variazioni, ognuna delle quali è identificata da una precisa fisionomia timbrica. Ma anche in questo caso il passato si adagia su uno strato di sottile inconsapevolezza: le varia-

zioni si succedono con estrema fluidità, rendendo impossibile, all’ascolto, individuare le articolazioni della struttura formale. Chiude il primo atto un rondò: un tema aspro e grottesco, disegnato da due oboi accoppiati, si ripresenta più volte nel corso della scena, sottolineando la cruda insensibilità del Tamburmaggiore. Per la prima volta Berg abbandona la strumentazione cameristica, per raffigurare con il timbro roboante della grande orchestra l’incontrollabile violenza che domina i due personaggi. Il dialogo tra Marie e Wozzeck che apre il secondo atto (Peripezia) rievoca lo schema della forma sonata: un’esposizione composta da tre gruppi tematici, due riprese e uno sviluppo, costituisce il primo dei cinque movimenti di sinfonia proposti da Berg nel secondo atto. La strutturasimbolo dell’antica dialettica tra libertà dell’invenzione e necessità della forma cerca invano corrispondenze con una tensione drammatica che non può trovare una risoluzione: Marie e Wozzeck procedono dritti verso la catastrofe; il loro dialogo è l’emblema di un’incomunicabilità esistenziale. Solo la riapparizione del motivo Wir arme Leut, al culmine dello sviluppo, ha il potere di annichilire qualunque dialettica: la sua epifania è sottolineata da un accordo di do maggiore sussurrato dagli archi, che suona come una coltellata in un contesto sistematicamente atonale. Niente di più straniante: una cellula anomala inserita in un organismo dissonante ci ricorda

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il destino di Marie e Wozzeck, costretti a vivere in un mondo che non è il loro. Alla forma più seriosa di tutta la tradizione musicale Berg affianca una delle scene più grottesche di tutta l’opera. Il Dottore, il Capitano e Wozzeck si stuzzicano con battute lancinanti, e la musica scivola in una ruvida fuga, basata su tre distinti soggetti. La scrittura polifonica è piuttosto rigorosa, ma Berg cerca nel contrappunto uno strumento del dramma: è come se la fuga, inghiottita dalla tessitura strumentale, si trasformasse in un’immagine subcosciente, sforzandosi invano di prendere una forma precisa nella mente dell’ascoltatore. Un groviglio di interventi cameristici intesse il successivo Largo: Marie e Wozzeck tentano inutilmente di comunicare, ma sono entrambi sopraffatti dalla violenza. Berg riutilizza l’organico usato dal suo maestro Arnold Schönberg nella Kammersymphonie, con l’intenzione di mettere in scena un dialogo profondamente drammatico tra ensemble cameristico e intera orchestra. Ne risulta un crocevia di tensioni, che trovano uno sfogo nelle parole «Der Mensch ist ein Abgrund» («L’uomo è un abisso»), cui segue un vertiginoso disegno dell’intera orchestra, spento da un agghiacciante colpo di timpani e gran cassa. Lo spettro dell’assassinio si è ormai pienamente materializzato; e il successivo ribaltamento in una chiassosa scena all’osteria (lo Scherzo) ne accentua i tratti inquietanti. C’è tutto quello che serve per creare un clima spensierato: suadenti ritmi di Ländler, un grazioso valzer suonato da un’or-

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chestrina sulla scena, un coro di soldati che puzza di fumo e di alcool, la serenata di un incauto cantore alle prese con la sua chitarra, la predica tragicomica di un garzone con manie di grandezza. Eppure, proprio come accade negli Scherzi delle Sinfonie di Mahler, niente suona più sinistro di quei suoni di festa. I due organici (sul palco e nella fossa) procedono parallelamente, realizzando una inquietante sovrapposizione di stati emotivi contrastanti (anche Mozart sembra svolazzare su questa scena, rievocando il finale del primo atto di Don Giovanni). L’apparizione del Pazzo ne è l’inevitabile conseguenza, e il silenzio di tutta l’orchestra alla parola “Blut” (Sangue) è più spaventoso di un assordante urlo a pieno organico. Come il primo atto, anche il secondo si chiude con un atto di violenza del Tamburmaggiore (Rondò marziale). Questa volta a lottare non è più Marie, ma Wozzeck, che tra gli stanchi sbadigli di un coro di soldati in caserma, sfoga la sua rabbia in una vana zuffa tra ubriachi. Ma quando i rumori e la confusione svaniscono nell’ombra, piantato nella memoria del fruitore resta solo l’impatto in pianissimo tra le note cantate dal coro maschile (fa, sola, sol naturale) e il verso spettrale del clarinetto basso (sol #). Difficile immaginare un presagio di sangue più raccapricciante. È quel suono a rimanere vivo anche quando tutto si spegne in una calma di ghiaccio: 4 battute di pausa in 2/4 che si specchiano fedelmente nelle 2 battute di silenzio in 4/4 su cui si apre il terzo atto.

Già dall’apertura silenziosamente a specchio, il terzo atto (la Catastrofe) si presenta come un’immagine rovesciata del secondo. La gaudente sicurezza della classe vincente si ribalta nella spaventosa tragedia della povera gente. Berg, dopo aver affrontato la volgare superficialità del mondo, si concentra su Wozzeck e Marie, sul loro dramma esistenziale; e lo fa scrivendo sei invenzioni musicali, basate su altrettanti soggetti. Si comincia con un’invenzione su un tema: Marie si confronta con la sua problematica spiritualità, e la musica ricorre alla polifonia, da sempre lo strumento più sfruttato dal repertorio sacro. Ma ormai è troppo tardi per una riflessione serena sul trascendente; sulla scena si allungano le ombre della tragedia nelle gravi punteggiature del clarinetto basso, negli inquietanti trilli del corno e nelle contorte melodie degli archi. Wozzeck non ha più scelta: deve sfogare su se stesso tutta la violenza che il mondo lo ha costretto a reprimere; e la prima vittima deve essere Marie, l’emblema di quella purezza che si annida anche nei sotterranei della sua anima. E così la musica: nessuna scelta, ma una sola nota (un si), che funge da pedale per tutta la scena, continuando a riemergere come un delirio ricorrente. Alla rapidità convulsa dell’assassinio segue una riflessione orrenda: un roboante crescendo dell’intera orchestra trasforma la nota “si” da presagio a rappresentazione dell’assassinio. E anche qui, come nel secondo atto, il successivo ribaltamento in una scena all’osteria non fa che caricare le tinte mostruose

del crimine appena consumato. Il riverbero dell’intera orchestra non si è ancora estinto, quando un pianino verticale attacca la sua polka da birreria. Il colpo di scena introduce un’invenzione su una figurazione ritmica, che circola continuamente in orchestra; ma il vero elemento raggelante appare in corrispondenza della rabbiosa canzone di Wozzeck, che si apre con le stesse note della ninnananna cantata da Marie nel primo atto. Wozzeck annega nello stesso sangue di cui si è sporcato le mani. A dipingere la sua fine è un’invenzione su un accordo di sei note, che si spegne in un cromatismo ascendente degli archi. Ma, dopo la scomparsa di Wozzeck, il presente non ha più alcun interesse; e l’unica soluzione è un’invenzione sulla tonalità di re minore, che parla la lingua di Mahler. Berg si volta indietro a osservare il linguaggio del passato; ma questa volta non lo fa con l’intenzione di trattenere un ricordo soggiacente; la nostalgia del decadentismo dipinge il rammarico di un’intera generazione, che vede il suo volto riflesso nelle acque in cui annega Wozzeck. Un destino di disadattamento che non si spegne tra il fango di quello stagno, ma che è destinato a continuare, per sempre. Lo conferma il raggelante «Hopp, Hopp» del figlio di Marie, emarginato dai suoi compagni di gioco, nella successiva invenzione, che si chiude su un disegno ripetitivo di flauto e celesta da eseguire “senza ritardando”: proprio come se la storia fosse destinata a ripetersi e a cristallizzarsi nell’eterna cornice di un’angosciante rappresentazione mitica.

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Alban Berg fotografato in controluce. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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Introduzione a Wozzeck Paolo Petazzi

Una lettera di Rilke e altre testimonianze Una cosa straordinaria scritta più di ottant’anni fa (G. Büchner era il fratello prematuramente scomparso del più noto Ludwig B.), null’altro che il destino di un comune soldato [...] che pugnala l’amante infedele; ma vi si rappresenta potentemente come intorno all’essere più insignificante, per il quale perfino l’uniforme di un normale fante sembra troppo imponente, come anche intorno alla recluta Wozzek [sic] stia tutta la grandezza dell’esistere, come egli non possa impedire che qui o là, davanti o dietro, ai lati della sua anima tormentata gli orizzonti si squarcino spalancandosi sull’abnorme, sul mostruoso, sull’infinito; un dramma senza pari, in cui quest’uomo vittima di ogni abuso sta nella sua giubba da stalliere nell’universo, malgré lui, sotto l’infinito manto delle stelle. Questo è teatro, così dovrebbe essere il teatro...

Così manifestava le sue prime impressioni su Wozzeck Rainer Maria Rilke, dopo aver visto il dramma a Monaco, in una lettera del 9 luglio 1915 alla principessa Marie von Thurn und Taxis. Berg conobbe Wozzeck un anno prima a Vienna. Per molti altri nello stesso periodo la scoperta dell’ultimo, incompiuto dramma di Büchner era stata una folgorazione: pubblicato per la prima volta nel 1879 (a cura di Emil Franzos con gravi manipolazioni, come vedremo), questo testo era giunto sulle scene soltanto nel novembre 1913, al Residenztheater di Monaco, con la regia di Eugen Killian, le scene di Alfred Roller e con protagonista Albert Steinrück. Una ventina d’anni dopo, nella sezione riguardante Büchner della antologia di lettere Deutsche Menschen (Uomini tedeschi), Walter Benjamin osservava: La riscoperta di Büchner alla vigilia della prima guerra mondiale appartiene ai pochi avvenimenti politico-letterari dell’epoca che non siano stati svalutati nel 1918 e la cui attualità deve apparire lampante ai contemporanei...1

Nel momento di quella riscoperta si colloca la genesi della prima opera di Alban Berg, e la sua stessa eccezionale fortuna negli anni 1925-32 non è separabile dal rilievo che nel volgere di pochi anni la figura di Büchner assunse nella cultura tedesca. Soltanto nel 1981 è stata resa nota una testimonianza di Paul Elbogen, che il 5 maggio 1914 assisteva alla prima viennese del dramma di Büchner:

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Quattro file dietro di me sedeva Alban Berg, che salutai entrando perché lo conoscevo bene da anni.

Alla fine dello spettacolo, incontrai Alban Berg. Era mortalmente pallido e sudava abbondantemente. «Che ne dici?» – ansimò, fuori di sé – «Non è fantastico, incredibile?... Qualcuno deve metterlo in musica».2

Questa tardiva testimonianza offre una ulteriore conferma della folgorante immediatezza con cui si impose a Berg l’idea di comporre Wozzeck. Genesi e prime rappresentazioni Al suo primo progetto teatrale Berg pose mano subito, limitandosi però a qualche abbozzo, perché il 1914 fu dedicato per la maggior parte ai Tre pezzi per orchestra op. 6 (finiti nel 1915). Soltanto dopo la fine del primo conflitto mondiale Berg, che aveva dovuto mettere da parte il progetto nel 1915 per riprenderlo nel 1917, poté dedicarsi intensamente al nuovo lavoro, che portò a termine a metà ottobre 1921 per quanto riguarda la composizione vera e propria, finendo la strumentazione nell’aprile 1922. Berg aveva allora 37 anni ed era poco conosciuto: dovette pubblicare a proprie spese (e poté farlo grazie al generoso aiuto di Alma Mahler) la prima edizione dello spartito, che solo in seguito, nel 1923, la Universal accolse nel proprio catalogo. Il successo del Quartetto op. 3 al Festival di Salisburgo nell’agosto 1923 e l’interesse che cominciava a suscitare il nuovo lavoro cambiarono la situazione: decisivo fu l’intervento del grande Erich Kleiber, che dopo aver letto Wozzeck decise di assumersi il compito della prima rappresentazione a Berlino, dove era Generalmusikdirektor alla Staatsoper. La prima fu anticipata dall’esecuzione in concerto dei tre frammenti che Berg estrasse dall’opera: li diresse Hermann Scherchen a Francoforte nel giugno 1924. A Berlino Wozzeck andò in scena il 14 dicembre 1925, con un successo che cambiò la vita di Berg, garantendogli per alcuni anni elevati diritti d’autore. Il primo teatro che allestì l’opera dopo Berlino fu l’Opera Nazionale Ceca di Praga (11 novembre 1926), suscitando violente contestazioni di natura non musicale, ma politico-nazionalistica. Nel giugno 1927 Wozzeck trionfò a Leningrado; ma decisivo per la fortuna dell’opera fu soprattutto l’allestimento del teatro di Oldenburg (5 marzo 1929) con la direzione di Johannes Schüler: infatti il trionfo a Oldenburg dimostrò che le difficoltà della partitura non erano affatto insormontabili anche per i mezzi di un piccolo teatro “di provincia”. Oltre ai numerosi allestimenti in teatri tedeschi ci furono quelli di Philadelphia e New York (con Stokowski sul podio) e di Bruxelles nel 1932. L’ascesa del partito nazionalsocialista in Germania arrestò il cammino trionfale dell’opera, che Erich Kleiber volle coraggiosamente riproporre a Berlino il 30 novembre 1932: fu l’ultima messa in scena in Germania prima della fine del conflitto mondiale. Negli anni 1933-45 ci furono soltanto l’esecuzione in forma di concerto a Londra con i complessi della BBC diretti da Adrian Boult nel 1934 e l’allestimento dell’Opera di Roma nel novembre 1942 con Tullio Serafin sul podio e Tito Gobbi protagonista (nella traduzione di Alberto Mantelli), nell’ambito di una “stagione di opere moderne” voluta dal Ministero

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Denuncia

Mondi stravolti, miseria e perdita d’identità, fino all’annientamento. Brividi, visioni, abissi dell’inconscio. Un omicidio rituale. Alla fine incubi rosso sangue risucchiati in uno stagno melmoso. Le parole s’ingorgano per descriverlo. Opera di denuncia sociale, a favore dei diseredati che subiscono uno spregiudicato sfruttamento da parte di schegge impazzite delle classi superiori, rimaste purtroppo impunite. La segreta alchimia musicale di Berg ha tradotto per gli ascoltatori le deformazioni della follia con una forza e una pietà che continuano a impressionare da oltre ottant’anni a questa parte.

Il manifesto per la prima rappresentazione di Wozzeck di Alban Berg a Berlino, 14 dicembre 1925.

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Interno del Residenztheater di Monaco di Baviera. Qui fu rappresentato per la prima volta il dramma di Georg Büchner, Woyzeck, l’8 maggio 1913.

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Albert Steinrück, il primo interprete del dramma di Georg Büchner, Woyzeck, rappresentato a Monaco di Baviera, l’8 maggio 1913.

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della Cultura Popolare. Ciò che dai nazisti era rigorosamente vietato come “arte degenerata” poteva senza problemi venir rappresentato nell’Italia fascista: esempio non unico della sostanziale indifferenza con cui il regime evitò, in campo musicale, di assumere una posizione ideologica rigida e radicale e di trarne precise conseguenze.

«...un dramma di così eccezionale tragicità che sembrava escludere la musica...» Il progetto di Wozzeck, che Berg aveva sentito subito come una necessità, parve inizialmente a Schönberg improponibile e destinato al fallimento. Per Schönberg la musica si sarebbe dovuta occupare piuttosto di angeli che di attendenti, ed egli stesso, a distanza di molti anni, nel 1949, in un breve testo dedicato all’allievo e amico prematuramente scomparso, ricordò le proprie perplessità: Fui molto sorpreso quando questo giovane timido e dall’animo delicato ebbe il coraggio di impegnarsi in un’impresa che sembrava destinata al fallimento: comporre Wozzeck, un dramma di così eccezionale tragicità che sembrava escludere la musica. Ancora di più: comprendeva scene di vita quotidiana che erano in contrasto con la concezione dell’opera ancora basata su costumi stilizzati e su caratteri convenzionali. Ebbe successo. Wozzeck fu uno dei maggiori successi operistici.3

La personalità di Berg nel 1914 era già ben definita nella sua autonomia rispetto a quelle di Schönberg e di Webern: capolavori come il Quartetto op. 3 (1910), gli Altenberg-Lieder op. 4 (1912) e soprattutto i Tre pezzi per orchestra op. 6 (1914-15) offrono esempi compiuti della complessità della poetica del compositore viennese, della sua vocazione all’eterogeneo e al labirintico, controllati con sovrana coscienza stilistica, e quindi anche della sua possibile attitudine al teatro musicale. La densità del linguaggio orchestrale dell’op. 6, le prospettive apocalittiche dischiuse dal suo organico proliferare, il rapporto con l’eredità di Mahler sono tutti aspetti che documentano la vicinanza non soltanto cronologica di Wozzeck al primo capolavoro sinfonico di Berg, non per caso composto nell’anno stesso in cui conobbe il dramma di Büchner. Non è dunque sorprendente l’originalità della scelta berghiana rispetto a Schönberg e nel contesto operistico del tempo, negli anni dei trionfi, in Germania, di Strauss con Salome (Dresda, 1905), Elektra (Dresda, 1909), Der Rosenkavalier (Dresda, 1911) o di Schreker con Der ferne Klang (Francoforte, 1912). E tuttavia ciò che a Schönberg appariva impossibile nasceva dalla immediata, geniale intuizione dell’attualità dell’ultimo capolavoro di Büchner negli anni dell’Espressionismo, una intuizione che peraltro fu condivisa, qualche anno dopo, da Manfred Gurlitt.4

Storia di un frammento A Woyzeck Büchner lavorò dall’autunno 1836 fino alla morte improvvisa, per una febbre tifoide, il 19 febbraio 1837. Il dramma fu dunque l’ultimo, incompiuto frutto della febbrile attività letteraria cui Büchner (nato presso Darmstadt il 17 ottobre 1813) si

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dedicò soltanto nell’ultima fase della sua brevissima vita, a partire dal 1835, a Darmstadt, Strasburgo e Zurigo. Nella città francese si era dovuto rifugiare dal marzo 1835 in seguito alla diffusione clandestina del manifesto rivoluzionario Der Hessische Landbote (Il Messaggero dell'Assia, 1834), scritto da Büchner a Giessen con la collaborazione del pastore Weidig (che intervenne per attenuarne i contenuti, e che non riuscì a sfuggire all’arresto finendo suicida in carcere). La forzata rinuncia all’attività politica aveva portato alla rapidissima stesura di Dantons Tod (La morte di Danton), tragedia scritta in poche settimane a Darmstadt fra la fine di gennaio e il 21 febbraio 1835, della novella Lenz (autunno 1835) e della commedia Leonce und Lena (1836), mentre Büchner concludeva anche i suoi studi medico-scientifici, pubblicava una tesi sui nervi del cranio, otteneva la laurea e la libera docenza all’Università di Zurigo (3 settembre 1836). Nella genesi di Woyzeck ebbe un rilievo essenziale il caso medico-giudiziario di Johann Christian Woyzeck (Lipsia, 1780-1824), condannato a morte per aver ucciso, il 21 giugno 1821, la sua amante Johanna Christiane Woost: un omicidio per gelosia, secondo il giudizio del tribunale, un gesto dove si mescolavano gelosia, ribellione, vendetta, estremo avvilimento, un’azione compiuta in uno stato di sostanziale irresponsabilità secondo coloro che difesero Woyzeck, sottolineando le disperate condizioni di vita dell'assassino. La sua vicenda fu oggetto di perizie mediche e di un dibattito scientifico che proseguì anche dopo l’esecuzione della condanna (Woyzeck fu decapitato a Lipsia il 27 agosto 1824); Büchner ebbe sicuramente modo di conoscere a fondo il “caso Woyzeck”, come dimostrano gli elementi che accolse nel suo dramma: l’attività del protagonista (barbiere e soldato) e i fatti principali, ma anche numerosi dettagli assai precisi e significativi, desunti prevalentemente dalle perizie stese dal dottor Johann Christian August Clarus nel 1821 e nel 1824. Per Büchner il “caso Woyzeck” (come altri affini che verosimilmente conobbe) non poneva soltanto un problema di natura medico-legale: egli vi cercava il rapporto tra azione individuale e struttura sociale, trovandovi materiale per riflettere su interrogativi simili a quelli di una sua famosa lettera alla fidanzata, Wilhelmine Jaeglé, che Lehmann data dopo il 10 marzo 1834 e Poschmann nel gennaio 1834: mi sentivo come annientato dall’orribile fatalità della storia. Nella natura umana trovo un’uguaglianza terribile, nei rapporti umani una violenza inevitabile, concessa a tutti e a nessuno. Il singolo è soltanto spuma sull’onda, la grandezza un puro caso, la supremazia del genio una farsa da marionette, una continua, ridicola lotta contro una legge ferrea: riconoscerla è quanto di più alto ci sia, dominarla impossibile. [...] Il deve è una delle maledizioni con cui l’uomo è stato battezzato... Cos’è in noi che mente, uccide, ruba? 5

Con la massima lucidità, con la più incisiva evidenza Büchner ci mostra la condizione alienata di Woyzeck, il suo gesto disperato e autodistruttivo e i rapporti con i suoi aguzzini come la conseguenza di un sistema di relazioni sociali. Partendo da fatti appartenenti alla cronaca, ma liberamente ricreati a mostrarne la verità più profonda, Büchner li fa rivivere sulla scena in un linguaggio la cui incisiva sobrietà sembra in ogni momento trasfigurarsi in tensione visionaria, e si vale di una drammaturgia originalissima, in cui la continuità narrativa naturalistica è superata dall’intensità e dall’au-

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tosufficienza di ogni frammento, di ogni scena. Il linguaggio e la drammaturgia di Woyzeck non hanno riscontro ai tempi di Büchner: tanto più esplosivi dovettero apparire all’epoca della tardiva scoperta dello scrittore, di cui durante la vita era stata pubblicata soltanto la Morte di Danton in forma parziale. Passò quasi inosservata come la pubblicazione di Lenz e Leonce und Lena, curata da Karl Gutzkow poco dopo la morte di Büchner. Una attenzione limitata si ebbe anche quando nel 1850 il fratello Ludwig diede alle stampe una raccolta di scritti, escludendo l’ultimo, incompiuto dramma, perché ai suoi occhi appariva troppo frammentario e di grafia illeggibile. I frammenti di Woyzeck furono pubblicati soltanto nel 1879, nella edizione delle opere di Büchner curata da Emil Franzos (con il titolo Wozzeck per una errata lettura della difficile grafia del manoscritto). Tale pubblicazione condizionò tutta la fase determinante della scoperta di Büchner, da Hauptmann a Wedekind, agli espressionisti, allo stesso Berg: le successive edizioni (fino al 1920) ne seguirono il testo proponendo soltanto nuovi ordinamenti delle scene. Così per circa 40 anni nessuno ebbe notizia o sospetto delle manipolazioni di Franzos e mancarono le informazioni essenziali sullo stato dei manoscritti di Büchner e sui problemi che comportava una edizione attendibile. L’edizione critica di Fritz Bergemann fu la prima, nel 1922, a dar conto della complicata situazione dei frammenti manoscritti. Di Woyzeck infatti possediamo tre stesure e alcuni frammenti sparsi, comprendenti un variabile numero di scene: 21 nel primo manoscritto, 9 nel secondo, mentre i frammenti sparsi contengono soltanto 2 scene isolate, che non appaiono altrove, e il quarto manoscritto, la “bella copia” provvisoria, è di 17 scene. Le diverse stesure, tutte frammentarie, mostrano con eloquente chiarezza il progredire della nitida costruzione della vicenda all’interno di un sistema sociale: il primo manoscritto racconta la nuda storia di gelosia e di assassinio (ed è l’unico che presenti una narrazione abbastanza estesa, fino alla morte di Marie e alla ricerca del coltello nello stagno); ma soltanto nel secondo manoscritto appaiono per la prima volta le figure del Dottore e del Capitano (che in quanto esponenti rispettivamente del ceto borghese professionale e di quello militar-feudale non hanno il nome proprio, riservato ai personaggi “inferiori”). Nella provvisoria bella copia le parti del Capitano e del Dottore sono ulteriormente sviluppate, e assai più chiaro e compiuto appare l’inserimento dell’azione “inevitabile” del protagonista nel sistema di relazioni sociali. Ai nostri occhi l’incompiutezza e la frammentarietà di Woyzeck si presentano quindi con un carattere del tutto particolare, che non ha forse altro riscontro nella storia della letteratura: l’ultimo dramma di Büchner non ci appare semplicemente come un torso, ma come un processo di lavoro, che possiamo seguire con precisa conoscenza soltanto nelle edizioni critiche di Werner R. Lehmann (1967) e poi di Henri Poschmann (1992), che riproducono separatamente le diverse stesure manoscritte. In Büchner il processo non è portato a termine; ma i suoi momenti hanno una propria autosufficienza, sono frammenti di incredibile intensità, schegge folgoranti.

Woyzeck e Wozzeck: fedeltà a un testo manipolato Berg si era riproposto la massima fedeltà a Büchner, e nelle scene che aveva scelto per musicarle aveva compiuto tagli e rielaborazioni di varia entità, limitando però mol-

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Cartellone per la prima rappresentazione di Wozzeck di Alban Berg a Berlino, Staats-Theater, 14 dicembre 1925.

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La “prima” assoluta

Con una grande eco della stampa Wozzeck andò in scena a Berlino il 14 dicembre 1925 diretto da Erich Kleiber, direttore generale del Teatro dell’Opera “Unter den Linden”. Il successo di pubblico fu sensazionale e l’interesse della critica tale che la casa editrice di Berg, l’Universal, pubblicò una selezione delle approfondite argomentazioni pubblicate sui giornali. Berg, abituato a fischi e urla, ne fu addirittura insospettito: nessuna opera moderna di Schönberg, il suo maestro, aveva mai avuto un simile successo. Da allora Wozzeck è entrato stabilmente nei cartelloni dei principali teatri e festival.

Panos Aravantinos. Due bozzetti per le scene di Wozzeck di Alban Berg a Berlino, Staats-Theater, 14 dicembre 1925. In alto: Lo studio del Dottore, atto I, scena 4. Da: George Perle, The Operas of Alban Berg, Berkeley, 1980. A destra: Strada davanti alla porta dell’abitazione di Marie, atto I, scena 5. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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to i suoi interventi. Tuttavia per comprendere la natura della fedeltà di Berg, la prospettiva in cui si colloca il rapporto tra il musicista e il testo, dobbiamo tenere ben presente che egli scoperse Büchner attraverso l’edizione Franzos (rielaborata, per ciò che riguarda la disposizione delle scene, da Paul Landau). Molte differenze tra il Woyzeck di Büchner e il Wozzeck di Berg, a cominciare dal nome del protagonista nel titolo, dipendono non da interventi del compositore, ma dalle arbitrarie manipolazioni di Franzos, sul cui testo si basarono tutte le successive edizioni di Büchner prima di quella di Witkowski (1920). Berg lavorò sull’edizione di Paul Landau (1909) riprodotta in un volumetto della Insel Verlag (Lipsia, 1913): ci è rimasta la copia di questo libro appartenuta al compositore, e i suoi appunti autografi dimostrano, fra l’altro, che definizione del libretto e concezione della musica procedevano parallelamente. Servendosi dell’edizione Landau, Berg ne seguì anche la disposizione delle scene, omettendone nove. Abbiamo già ricordato che la genesi dell’opera fu lunga, perché si intrecciò con la tragedia della guerra e anche perché la complessità della poetica di Berg non gli consentì mai ritmi di lavoro rapidi. Chiamato alle armi, Berg non resse fisicamente alle prove impostegli nell’ottobre 1915 nel campo di addestramento di Bruck an der Leitha (una esperienza che per sua stessa dichiarazione lo spinse a identificarsi quasi autobiograficamente con il suo protagonista) e nel 1916 fu impiegato a Vienna presso il Ministero della Guerra. La fase più intensa del lavoro al Wozzeck si colloca dopo la fine del conflitto, e dovette conoscere un momento di incertezza quando, nel 1920, Witkowski pubblicò la sua edizione di Woyzeck, la prima controllata sui manoscritti originali e non basata su Frazos, di cui svelò gli arbitrii. Secondo la persuasiva ipotesi di Peter Petersen,6 soltanto nel 1921, quando era già avanzata la composizione del II atto, Berg prese visione dell’edizione Witkowski e si rese conto di aver lavorato su un testo manipolato, dove anche il nome del protagonista era stato letto in modo errato. Conservando consapevolmente il titolo Wozzeck, Berg volle probabilmente lasciare una indicazione sulla fonte di cui si era servito: poté tener conto in qualche dettaglio dell’edizione Witkowski; ma una correzione sistematica avrebbe comportato sostanziosi rifacimenti nella composizione. Un solo esempio: nella quarta scena del I atto le ultime parole del Dottore, «Wozzeck, mi mostri la lingua», aggiunte da Franzos, avevano suggerito una soluzione musicale impensabile con un altro testo. Nessuno vorrebbe rinunciare alla musica che conclude questa scena; ma nel contesto della tesa concisione di Büchner la battuta aggiunta da Franzos è una sottolineatura superflua. Non è tuttavia il peggiore tra i suoi interventi, che oggi suonano come sbavature, come attenuazioni della essenzialità e della lucida tensione dell’originale. Franzos mise in bocca a Wozzeck qualche espressione religiosa e anche parole quasi autogiustificative (rigorosamente escluse da Büchner, dato che il personaggio è vittima della inevitabilità del suo agire). Ad esempio nella quinta scena del II atto dell’opera, quando Wozzeck non riesce a dormire, e confida ad Andres di veder sempre davanti agli occhi un coltello, è tutta di Franzos la frase Mein Herr und Gott, «und führe uns nicht in Versuchung. Amen!» (Signore mio Dio, «e non ci indurre in tentazione. Amen!»). E quando Wozzeck sta per uccidere Marie (nell’opera, III atto, scena 2) le parole che le rivolge sono in gran parte manipolate da Franzos: in particolare non sono di Büchner le ironiche osservazioni “giustificative” Und bist doch fromm? Und gut! Und treu! (Eppure sei pia? E buona! E fedele!).

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Franz Rederer fotografato mentre ritrae Alban Berg. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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Franzos taglia, deforma e banalizza cambiandole completamente le parole di Wozzeck sconvolto dalle insinuazioni del Capitano e del Dottore sul tradimento di Marie (II atto, scena 2), là dove il protagonista dice che nel cielo così bello, fermo e pesante verrebbe voglia di piantare un chiodo e impiccarcisi, “solo per quel trattino, fra sì e ancora sì, e no”. Forse anche per difficoltà di lettura, Franzos elimina l’immagine del cielo bello fermo e pesante (ein schön, festen groben Himmel) e l’inquietante trattino tra il sì e il no, e scrive invece: «Dio nel cielo! verrebbe voglia di piantarci un chiodo e impiccarcisi! Così si saprebbe dove si è». Nella scena di Marie che legge il Vangelo (nell’opera, atto III, scena 1), oltre a introdurre altri mutamenti, Franzos aggiunge proprio alla fine una frase (musicata da Berg). Mentre Büchner conclude con «Salvatore! vorrei ungere i tuoi piedi!», Franzos ribadisce insistendo: «Salvatore, hai avuto pietà di lei, abbi pietà anche di me!...». Gli esempi potrebbero continuare. Altri problemi sono creati dal fatto che Franzos non privilegia la bella copia provvisoria, recuperando materiali dalle stesure precedenti. Di particolare interesse è la conclusione della terza scena del II atto, che si colloca al centro dell’opera, quella in cui Wozzeck rinfaccia a Marie il suo tradimento. Nella bella copia provvisoria la scena è brevissima e Wozzeck non reagisce alla implicita ammissione di Marie. Nella seconda stesura (e in Franzos, e nell’opera di Berg), Wozzeck compie un gesto minaccioso, e subito è fermato dalle parole della donna: «meglio un coltello in corpo che la tua mano su di me». Nella risposta di Wozzeck la ripetizione «meglio un coltello...» è una aggiunta di Franzos; ma la successiva riflessione («L’uomo è un abisso; vengono le vertigini a guardarci dentro») appartiene a Büchner (seconda stesura). Questa frase sembra essenziale per una lettura di tipo espressionistico esistenziale, per il rapporto di Berg e dei suoi contemporanei con Woyzeck. Per l’immagine di Büchner cara agli espressionisti, e per il rapporto tra Berg e il testo, fu rilevante anche la disinvoltura con cui Franzos (come pure, in modo diverso, Landau) cercò di trarre un dramma compiuto da frammenti di stesure diverse, senza rendere conto delle varie fasi della scrittura di Woyzeck. Decisiva fu l’idea di Franzos (oggi rifiutata da quasi tutti gli studiosi büchneriani) di far concludere il dramma con la morte del protagonista, cui verosimilmente Büchner non avrebbe risparmiato il calvario del processo e della condanna. Questa conclusione (nel contesto della lettura in chiave espressionistica che caratterizzò allora la fortuna di Büchner) ebbe certamente rilievo nello spingere Berg a sottolineare le dimensioni nichilistico-esistenziali del dramma. Il compositore operò una semplificazione (escludendo alcune scene essenziali) per ottenere un libretto in 3 atti di 5 scene ciascuno, rispondente a esigenze di concisione narrativa e di serrata unità, organizzato nella successione “Esposizione - Peripezia - Catastrofe” che Berg stesso sottolinea nella conferenza7 sulla propria opera (preparata nel 1929 in occasione dell’allestimento di Wozzeck al teatro di Oldenburg). In nome delle esigenze della drammaturgia musicale berghiana vanno perdute dimensioni importanti del testo di Büchner, straordinariamente ricco di complesse implicazioni nella densità di significato che di volta in volta racchiudono le brevi, rapide scene da cui è costituito. Non c’è nulla in Woyzeck che si possa tagliare senza determinare una menomazione, e forse l’omissione più clamorosa è quella delle scene davanti e dentro la baracca, con lo spettacolo del cavallo ammaestrato. Sono tuttavia sempre evidenti le ragioni che spinsero Berg, talvolta dopo molte incertezze e ripensamenti, a rinunciare

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a diverse scene di grande rilievo: appare chiara la preoccupazione di eliminare tutto ciò che può deviare, arrestare o rallentare il serrato incalzare degli eventi che portano al compiersi della tragedia. E allora scompaiono non soltanto scene apparentemente non necessarie alla vicenda principale (come le citate scene davanti e nella baracca), ma anche quelle che fanno presagire il tragico epilogo (la breve scena in cui Wozzeck acquista il coltello dal rigattiere ebreo e quella in cui consegna ad Andres le poche cose che possiede). In nome della più incisiva rapidità Berg sacrificò pagine büchneriane di cui certamente non rifiutava i contenuti drammaturgici. Va solo notato che risale in parte a un intervento di Franzos, in parte ad un taglio di Berg la indifferenza che sembra manifestare Andres: l’eliminazione della scena in cui Wozzeck gli lascia le sue cose si risolve in una sottolineatura della disperata solitudine del protagonista. È tutta di Berg l’idea geniale di far assistere inconsapevolmente alla morte di Wozzeck il Capitano e il Dottore, e non due anonimi passanti. Di minore importanza sono alcuni interventi che Berg fece per attribuire all’infelice soldato qualche tratto autobiografico: si spiegano così, facendo riferimento alle esperienze di Berg a Bruck an der Leitha, alcune varianti nella dieta prescritta a Wozzeck dal Dottore. Sono quasi tutte di Berg, infine, le minuziose didascalie sull’azione scenica, sul cui rilievo si legga, in questo volume, il saggio di Gianmario Borio.

Strutture drammatiche e formali Un minuzioso elenco dei tagli (e dei pochi interventi) di Berg risulterebbe in questa sede troppo lungo; ma non modificherebbe il dato essenziale e centrale, il fatto cioè che il compositore perseguì, compatibilmente con le proprie esigenze drammaturgicomusicali, una sostanziale fedeltà a Büchner (ovviamente in rapporto all’immagine che il musicista poteva averne nel 1914). Da questa consapevole fedeltà sono inseparabili alcuni caratteri essenziali di Wozzeck. La “eccezionale tragicità” che Schönberg considerava inadatta alla musica era quella di una vicenda ambientata in una squallida quotidianità, in una condizione oppressa e soffocata, che non è e non può essere oggetto di trasfigurazione e che neppure può essere intesa in chiave semplicisticamente naturalistica. Ci troviamo di fronte al disgregarsi di una coscienza, a una perdita di identità e alla situazione sociale che ad essa conduce. In una lettera a Webern del 19 agosto 1918 Berg si dichiarava profondamente colpito dallo Stimmungsgehalt, dal contenuto di atmosfera, dal clima espressivo e dall’intensità delle singole scene. Il compositore coglieva così un aspetto essenziale dell’originalità del frammento büchneriano, dove l’azione si frantuma in atomi drammatici di incisiva rapidità, in improvvise folgorazioni affioranti dal buio, in nuclei intensissimi e irripetibili: ogni scena è uno di questi nuclei, in sé compiuto e significante. Dalla comprensione di questi caratteri del testo nasce la specificità della soluzione formale ideata da Berg per la sua opera, che anche dal punto di vista musicale poneva problemi particolari, essendo la prima di ampio respiro che rinunciava alle possibilità costruttive garantite dal sistema tonale. Berg si distaccò dalla tradizione post-wagneriana conferendo a ogni scena una propria autonomia formale musicalmente coerente, in sé conclusa, che non gli impedisse tuttavia una adesione al testo momento per momento; mirò inoltre a creare

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Alban Berg nel 1935.

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anche una tesa, serrata continuità in ogni atto collegando le scene con interludi e con una fitta rete di temi e motivi ricorrenti. Individuando con una specifica soluzione formale ogni scena, Berg ne esalta lo Stimmungsgehalt, sottolineandone le accese illuminazioni drammatiche. Il compositore fa esplodere le potenzialità espressive, la forza visionaria e allucinata del linguaggio di Büchner (dove ogni parola, ogni gesto si configura come una sorta di “centro esplosivo”), e colma così, come notò Adorno, il divario cronologico con il testo attraverso l’intuizione della sua attualità espressionista. La intensità di questa adesione alla parola büchneriana in ogni frammento drammatico, e insieme la preoccupazione di una serrata continuità, coesistono in Wozzeck in un modo peculiare. Di tale peculiarità il compositore era ben consapevole quando dichiarava di non aver mai pensato di “riformare la struttura artistica dell’opera”:8 il teatro musicale del Novecento non può fondare tradizioni né servirsene aproblematicamente, e la sua storia è fatta, in un certo senso, di capolavori isolati (anche Berg in Lulu creò soluzioni musicali e drammaturgiche diverse da quelle di Wozzeck). Berg ebbe subito chiaro il rapporto tra i caratteri del testo di Büchner e le soluzioni stilistico-formali della propria opera, come dimostra la lettera a Webern dell’agosto 1918: Non è solo il destino di quest’uomo sfruttato e perseguitato da tutti che mi tocca tanto da vicino, ma anche l’inaudito contenuto di atmosfera (Stimmungsgehalt) delle singole scene. Naturalmente mi attirava anche l’unione di 4-5 scene in un atto attraverso interludi orchestrali (qualcosa di simile trovi nel Pelléas di Maeterlinck-Debussy). In corrispondenza alla diversità del carattere di queste singole scene ho anche ideato un grande avvicendamento nelle loro forme musicali. Così ad esempio vi sono normali scene d’opera con elaborazione tematica continua, e poi scene prive di ogni tematica al modo di Erwartung (comprendimi bene: solo dal punto di vista formale, non c'è imitazione stilistica!), forme di Lied, variazioni ecc.9

Il riferimento a Pelléas et Mélisande documenta l’interesse per Debussy che Berg coltivò indipendentemente dall’insegnamento di Schönberg, mentre quello a Erwartung (Attesa), il “monodramma” che Schönberg aveva composto nel 1909, rimanda a una partitura che Berg aveva studiato a fondo, e che si è soliti chiamare “atematica” per il suo frantumarsi in una repentina e sempre mutevole successione di eventi sonori. Con questi e con altri riferimenti Berg sembra implicitamente rivelare la propria disponibilità a un procedere sincretistico, aperto a soluzioni formali di diverso genere in rapporto alle sollecitazioni del testo, ma sorvegliato con una consapevolezza stilistica e una coerenza rigorose. Con le soluzioni formali di volta in volta adottate, che non si possono ricondurre a criteri unitari, Berg perseguiva (e di fatto raggiunse) una perfetta coincidenza tra ragioni drammatiche e ragioni musicali. Berg recupera forme della tradizione strumentale (il I atto è costituito da cinque “pezzi caratteristici”, il II è una sinfonia in cinque tempi) per farne un uso che non ha nulla di “neoclassico”, e che appare anzi labirintico nella estrema densità e complessità della scrittura: il ripensamento di schemi della tradizione strumentale non comporta mai una loro adozione passivamente ortodossa. Non c’è mai contraddizione tra le preoccupazioni riguardanti la costruzione musicale e l’adesione alle suggestioni del testo. Le spiegazioni di Berg nella

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Arnold Schönberg. Ritratto di Alban Berg (Vienna, Historisches Museum der Stadt).

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Arnold Schönberg. Autoritratto, 1935. Da: Schönberg pittore, catalogo della mostra, Torino, 2003.

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Berg soldato

Il giovane musicista, raffinato borghese, ebbe la brutta avventura della vita in caserma. Malgrado il disagio, insopportabile per un malato d’asma come Berg, fu un’esperienza fondamentale per la nascita della sua prima opera, il cui protagonista è un soldato. Nel campo di addestramento di Bruck an der Leitha il musicista visse situazioni che lo portarono a identificarsi col suo protagonista.

Alban Berg in divisa di allievo ufficiale nel 1915.

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sua conferenza non rendono pienamente giustizia alla complessità e alla ricchezza con cui si intrecciano, si pongono in rapporto fra loro e si fondono le strutture drammatiche e quelle musicali, e su questi aspetti la partitura di Wozzeck si presta a infinite analisi. Berg ricorre inoltre a una fitta rete di Leitmotive, ma non ne fa un uso wagneriano, non li tratta in modo pervasivo come il fondamento del tessuto orchestrale; mira alla coerenza unitaria per altre vie, che sono innanzitutto, come ebbe a osservare Dahlhaus, quelle della “variazione elaborativa”, in grado di garantire una coesione indipendentemente dalla tonalità: da qui la necessità di riferirsi a forme della tradizione strumentale. Altri aspetti Indipendentemente dalla tonalità: Wozzeck è la prima opera atonale di ampio respiro, e già in precedenza Berg aveva manifestato la propria vocazione a creare percorsi labirintici, ad accumulare complessi materiali in strutture di vaste e articolate dimensioni, come quelle del Quartetto op. 3 (composto nel 1910, quando la ricerca di Webern e di Schönberg sembrava rivolgersi alla estrema concentrazione di pagine brevissime) o dei Pezzi op. 6. In queste strutture potevano trovar posto pagine che adombravano in modo allusivo (e illusorio) rapporti con centri tonali, secondo una ambivalenza caratteristica della poetica berghiana. E anche in Wozzeck vi sono zone che sembrano suggerire un'interpretazione tonale e subito la smentiscono (con l’eccezione di un frammento della prima scena del III atto, per precise ragioni drammaturgiche, e del celebre interludio in re minore). Non persuadono i tentativi di analisi in senso tonale dell’opera; ma nel suo essere “atonale” si riconoscono diversi gradi di ambiguità, dall’allusione subito smentita alla vertigine della totale dissoluzione, sempre con esiti di straordinaria efficacia espressiva. Questa ambiguità non è che un aspetto della vocazione berghiana a far coesistere soluzioni e piani stilistici diversi, con un sincretismo sempre legato a una precisa esigenza di individuazione drammatica e alieno da ogni concessione all’eclettismo. Da questo punto di vista è evidentissima in Wozzeck l’eredità delle lacerazioni del mondo di Mahler: si pensi alla presenza di marce, danze, musica di consumo, stravolte allusioni al canto popolare. Per inciso notiamo che la presenza nel testo di Büchner di molte citazioni di canzoni (che non hanno funzione esornativa, ma concorrono in modo essenziale a definire lo sfondo sociale in cui si colloca la vicenda), poneva a Berg un problema particolare, quello di creare in un’opera atonale una specifica dimensione stilistica che evocasse la semplicità del canto popolare: il risultato, come il compositore stesso fece notare nella già citata conferenza, fu ottenuto attraverso la predilezione per la struttura simmetrica dei periodi e dei temi, il ricorso all’armonia per terze e specialmente per quarte, l’uso di melodie nelle quali la scala a toni interi e la quarta giusta hanno una parte rilevante.

Del canto popolare talvolta Berg accoglie anche reminiscenze: reminiscenze, evocazioni o allusioni sono comunque stravolte in modo da creare immagini di una innocenza perduta, testimonianze di una condizione umana oppressa e infelice.

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La relativa semplicità di questa dimensione stilistica si colloca in un contesto eccezionalmente denso e complesso. Fra gli aspetti che maggiormente determinano la intensità visionaria del linguaggio di Wozzeck andrebbe citata in primo luogo la scrittura orchestrale, non lontana da quella magistralmente definita nell’op. 6. La grande orchestra si frantuma talvolta in una enorme varietà di complessi cameristici, seguendo le intuizioni di una invenzione timbrica rivelatrice, capace di aderire in modo essenziale alla articolazione drammatica e formale. Dalle più delicate trasparenze ad addensamenti caotici l’orchestra dà vita a una infinita gamma di situazioni; Berg parlò di una “PianoOper mit Ausbrüchen”, di un’opera cioè tenuta su un livello dinamico spesso “piano”, ma “con esplosioni”: all’interno di questa contrapposizione le sfumature e le varianti non si contano, quasi che l’orchestra fosse un sensibilissimo sismografo dello svolgersi del dramma.

Vocalità e personaggi Una gamma assai ampia e sottilmente differenziata presentano anche i comportamenti vocali, all’interno della distinzione fondamentale in canto, Sprechgesang e semplice parlato. Il canto è il mezzo d’espressione normale per tutti i personaggi, con tipi di vocalità di volta in volta nettamente individuati e differenziati. Lo Sprechgesang è il “canto parlato” divenuto famoso grazie a Pierrot lunaire di Schönberg: l’interprete dovrebbe intonare le altezze delle note scritte, ma con emissione “parlata”, rispettando rigorosamente il ritmo. Ne risulta una sorta di canto estraniato, alienato, e nella partitura di Wozzeck Berg volle evidentemente che fosse inteso in questo modo, conferendogli una funzione particolare. Lo Sprechgesang infatti è riservato soltanto a Wozzeck e a Marie, ai due personaggi che in modi diversi cercano di sfuggire all’ordine sociale entro cui li si vuol costringere (fa eccezione solo la predica del garzone ubriaco nella scena dell’osteria del II atto). Naturalmente anche nel canto i comportamenti vocali di Wozzeck e di Marie sono assai diversi da quelli dei rappresentanti dell’autorità, il Capitano e il Dottore; ma un elemento di differenziazione in più è dato dal fatto che in momenti particolari i due personaggi che verranno schiacciati ricorrono allo Sprechgesang: in termini sintetici e un po’ schematici possiamo dire che Wozzeck usa lo Sprechgesang quando è al culmine dell’inquietudine o dell’angoscia (si pensi alla seconda scena del I atto, o alla seconda del III, in cui Wozzeck uccide l’amata), Marie invece in situazioni diverse, ma sempre in qualche modo eccezionali (ad esempio, la lettura della Bibbia nel III atto, o la fiera risposta a Wozzeck nella terza scena del II atto, il gesto di sfida che per la prima volta gli fa balenare in mente l’idea di ucciderla). I due personaggi più umani, più autentici dell’opera hanno dunque a disposizione una più vasta gamma espressiva già nell’ambito della vocalità. Di per sé la loro caratterizzazione vocale rivela la partecipe solidarietà, l’adesione di Berg alla loro tragedia. Della conculcata umanità di Wozzeck egli offre un ritratto straordinariamente ricco e complesso, la cui analisi di per sé dimostrerebbe una profonda, consapevole fedeltà a Büchner. È naturale che sia Wozzeck a intonare alcune delle idee più intensamente liriche dell’opera: suo è fra l’altro il primo momento di effusione cantabile nell’Aria della scena d’apertura, dove le riflessioni sulle conseguenze della povertà evocano qual-

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La musica di Berg

Berg era un moderno che amava molto quel mondo espressivo del romanticismo che si prefiggeva di superare. Nella sua musica si fondono drammaticamente passato e futuro, convivono tradizione e innovazione, combattono l’amore per il repertorio romantico e la necessità di cambiare in modo radicale. Il fascino irripetibile di Wozzeck sta tutto nei due piani acustici sovrapposti e continuamente intersecati, dello strazio dissonante e del suadente patetismo irrimediabilmente perduto.

Edith Czischeck. Ritratto di Alban Berg, disegno, 1934. Da: Erich Alban Berg, Der unverbesserliche Romantiker. Alban Berg 1885-1935, Wien, 1985.

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che tratto di solennità bachiana, come ha osservato Bo Ullmann10 riferendosi alla Matthäuspassion. E anche il delirio di Wozzeck è visto da Berg come conseguenza della sua confusa intuizione di un’oppressione intollerabile, dell’inquietante percezione di una condizione alienata: anche gli aspetti più tesi, stravolti e allucinati della sua vocalità rivelano il doloroso anelito a una compiuta effusione melodica. Tuttavia soprattutto a Marie, l’altra vittima della tragedia, guardata da Berg con infinita tenerezza, sono riservati gli accenti di più sofferto e meditativo lirismo. E non solo: Marie assume nell’opera (grazie alla musica, e prima ancora grazie alle scelte del testo) un rilievo maggiore di quello che ha in Büchner ed è ritratta con affascinante compiutezza, nella selvaggia voglia di vivere e nella disillusa disperazione (che caratterizzano la sua breve, illusoria ricerca di felicità nelle braccia del Tamburmaggiore), nei gesti di ribellione e nei ripiegamenti di straziata interiorità (culminanti nella solitaria meditazione all’inizio del III atto). Nettissima è la caratterizzazione dei due personaggi che rappresentano l’autorità costituita e sono gli aguzzini di Wozzeck, il Capitano (“Tenorbuffo”) e il Dottore (“Baßbuffo”): né all’uno né all’altro Büchner concede l’individuazione con un nome proprio. La instabilità fatta di scatti e sussulti della vocalità del Capitano (con i suoi grotteschi acuti in falsetto) riflette l’isterica insicurezza e l’assoluta vacuità del personaggio, ritratto con tagliente sarcasmo, ma anche con una vena di umorismo macabro e di comicità caricaturale. Va notato che in questa incisiva caratterizzazione Berg trovò modo di inserire (di propria iniziativa, non ne troviamo cenno in Büchner) un aspetto di ispirazione autobiografica, quello dei disturbi all’apparato respiratorio, con i grotteschi colpi di tosse minuziosamente segnati in partitura (Berg soffriva di asma). Alla vacuità del Capitano si contrappone quella del Dottore, caratterizzata da un frenetico efficientismo pseudoscientifico: il Dottore, che usa Wozzeck come cavia, è devoto al culto di una scienza i cui “esperimenti immortali” preannunciano l’orrore di quelli nazisti nei campi di sterminio. E la tagliente definizione del personaggio ce lo mostra nello sforzo di autoreprimersi, così che talvolta scatti frenetici rompono la forzata, artificiosa regolarità di un canto che cerca di essere controllato, regolare, spiegato. Una caratterizzazione ironica è anche quella del tronfio Tamburmaggiore come Heldentenor, tenore eroico.

Una conclusione sospesa Questi schematici cenni sui principali lineamenti della vocalità dei protagonisti dovrebbero essere integrati con l’esame del materiale tematico riferito a ognuno di loro (con particolare ricchezza di idee e di sfaccettature nel caso di Wozzeck). L’uso di questo materiale ha un preciso rilievo semantico, anche se non corrisponde alla tecnica wagneriana del Leitmotiv (che ne è, ovviamente, un presupposto), perché, come già si è detto, non pervade il tessuto sinfonico, la cui elaborazione è determinata da procedimenti diversi. La partitura di Wozzeck si presta ad analisi inesauribili, tale è la complessità della scrittura berghiana, la minuziosa definizione strutturale di ogni dettaglio in un contesto eccezionalmente denso. Decisivo aspetto di tale complessità è anche la fitta rete di collegamenti, associazioni e sviluppi cui danno vita temi e motivi, tra in-

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trecci ed elaborazioni che all’analisi si rivelano densi di significato quanto capaci di immediata evidenza espressiva. Berg sembra presupporre un ascoltatore capace di cogliere il significato di ogni allusione implicita nel ritorno di un tema o di un motivo, e ogni dettaglio della densa partitura può essere analizzato dal punto di vista semantico. Vi si possono trovare, fra l’altro, precise conferme della partecipe adesione di Berg alla polemica politico-sociale di Büchner, e insieme agli aspetti di nichilistico pessimismo della visione büchneriana, da Berg in un certo senso sottolineati. A questo proposito si dovrà ricordare anche la particolare risonanza che l’incontro con Büchner poteva destare nella sensibilità di Berg, di cui Adorno ebbe a dire, dopo averne ricondotto la musica a una disincantata immagine dello svanire: Se ci si immerge nella musica di Berg si ha talvolta l’impressione che la sua voce parli con un suono fatto di un miscuglio di tenerezza, nichilismo e confidenza con la massima caducità...11

In questa luce va letta anche la scena con cui il compositore volle concludere il suo Wozzeck. L’opera non finisce infatti con la morte del protagonista, né con la grande perorazione sinfonica dell’interludio seguente, un pezzo il cui pathos diretto vuol avere un carattere di commento personale e di appello al pubblico. Un simile appello è un caso isolato di allontanamento dallo spirito di Büchner; 12 ma crea un immediato contrasto con l’ultima scena, quella con i bambini e il figlio di Wozzeck e Marie, la “Invenzione su un perpetuum mobile”, basata sull’indifferente regolarità di un uniforme andamento in ottavi. Anche in una mirabile pagina di Mahler, il Lied Des Antonius von Padua Fischpredigt e nella sua ampliata versione sinfonica inserita nella Seconda Sinfonia, la regolarità di un andamento ostinato aveva un significato inquietante. In Wozzeck la scena finale non serve soltanto a un sapiente effetto di anticlimax, con le sue sonorità aeree, gelide e diafane, con il suo clima lontano, sospeso e rarefatto. Le terzine di ottavi scorrono indifferenti, in una atmosfera mortale che è ormai al di là della stessa tensione emotiva, pur se venata di lontana tenerezza, fino a dissolversi nel pianissimo degli accordi finali, fino all’estinguersi in una situazione aperta, come accade nella mortale pagina conclusiva della Lyrische Suite. Nella sua conferenza Berg osservò: Sembra quasi che la musica debba continuare: effettivamente le battute iniziali dell’opera potrebbero senz’altro riconnettersi a queste battute finali, e così il ciclo sarebbe chiuso.

Queste affermazioni, e ancor più il carattere della musica dell’ultima scena, ben diversa dalla perorazione con cui Berg non volle concludere l’opera, sembrano sanzionare una prospettiva di radicale pessimismo.

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Cfr. W. Benjamin, Uomini tedeschi, trad. di Clara Bovero, Milano, Adelphi, 1979, p. 114. Cit. in D. Jarman, Alban Berg. “Wozzeck”, Cambridge University Press, 1989, p. 1. 3 La testimonianza di Schönberg è stampata nell’originale inglese e in traduzione tedesca in H. F. Redlich, Alban Berg. Versuch einer Würdigung, Wien, Zürich, London, Universal Edition, 1957, pp. 328-329. 4 Manfred Gurlitt (1890-1973), compositore e direttore d’orchestra di formazione berlinese, lavorò al suo Wozzeck tra il 1920 e il 1925, servendosi anch’egli del testo manipolato da Franzos e scegliendo 19 scene, in gran parte coincidenti con le 15 di Berg: ne diresse la prima rappresentazione a Brema il 22 aprile 1926. Nello stesso anno il suo Wozzeck fu ripreso a Magonza, poi fu cancellato dal successo e dalla grandezza di quello di Berg. Inoltre dal 1939 Gurlitt aveva lasciato la Germania e si era stabilito in Giappone, dove proseguì la sua attività di compositore e direttore fino alla morte. Soltanto nel 1985 una esecuzione a Vienna riportò alla luce la partitura del Wozzeck di Gurlitt, che secondo l’autore era stato composto ignorando completamente l’esistenza del capolavoro di Berg. Non è un’affermazione del tutto credibile; ma è vero che le due partiture sono molto diverse. Se si prescinde da impossibili paragoni, si notano nell’opera di Gurlitt qualità degne di attenzione. In Büchner Gurlitt aveva trovato stimolo per un profondo rinnovamento stilistico: si era lasciato alle spalle la tradizione postwagneriana da cui era partito, e aveva prosciugato il proprio linguaggio scrivendo un’opera con una piccola orchestra, nel cui eclettismo trova spazio un sobrio lirismo, ma anche l’inclinazione a un’asciutta oggettivazione vicina al gusto degli anni Venti. L’insistenza frequente su una nitida e veloce scrittura contrappuntistica è uno degli aspetti interessanti della partitura, che appare invece un poco uniforme nella caratterizzazione vocale dei personaggi, sostanzialmente mancata, soprattutto nelle sinistre e grottesche figure del Capitano e del Dottore, risolte con un declamato un po’ anonimo. È evidente e interessante la tendenza a conferire a ogni scena una certa compattezza formale: significativamente l’originalità della concezione teatrale di Büchner stimola Gurlitt nella stessa direzione di Berg, anche se con esiti diversi (assai più vicini, fra l’altro, alla sintassi tonale tradizionale, sebbene non manchi la ricerca di caute innovazioni in tale ambito); tuttavia, soprattutto nelle ultime scene, Gurlitt cerca di ripristinare una certa continuità narrativa. Nel grande testo di Büchner egli legge soprattutto l’appello all’umana compassione, dandone una lettura semplificata, molto meno inquietante e complessa di quella di Berg. Citiamo solo un punto di contatto e una profonda differenza nella conclusione. In entrambi dopo la morte di Wozzeck si commenta con intensa partecipazione emotiva il destino del protagonista (una scelta estranea allo spirito di Büchner, che non ammette commenti in prima persona). Poi in Gurlitt il coro riprende le parole «Noi povera gente!» (cantate da Wozzeck nella prima scena) nella rapida conclusione. In Berg invece l’ultima scena è quella dei bambini e del figlio di Wozzeck e Marie. 5 Cfr. G. Büchner, Opere, a cura di Giorgio Dolfini, Milano, Adelphi, 1963, p. 221. Dolfini data questa lettera novembre 1833. 6 P. Petersen, Alban Berg: “Wozzeck”. Eine semantische Analyse unter Einbeziehung der Skizzen und Dokumente aus dem Nachlaß Bergs, Musik-Konzepte, Sonderband, München, edition text+kritik, 1985, pp. 34-38. 7 Insieme con altri scritti di Berg, la conferenza è stampata in appendice a L. Rognoni, La scuola musicale di Vienna. Espressionismo e dodecafonia, Torino, Einaudi, 1966, pp. 461-478. Nel 1995 ne è uscita una nuova traduzione, basata su un testo più ampio, nel volume Suite lirica (Milano, Il Saggiatore) comprendente tutti gli scritti di Berg a cura di Anna Maria Morazzoni, nel cui ampio e documentatissimo commento si dà conto, fra l’altro, delle diverse versioni esistenti del testo della conferenza. 8 A. Berg, Das “Opernproblem”, in “Neue Musik Zeitung”, XLIX, Stuttgart, 1928, riprodotto in W. Reich, Alban Berg, Zürich, Atlantis Verlag, 1963, p. 59; trad. it. in L. Rognoni, op. cit., p. 438, e in Suite lirica, cit., p. 11. 9 La lettera è citata molto spesso, ma in forma più estesa, in E. Hilmar, Wozzeck von Alban Berg. Entstehung - erste Erfolge - Repressionen (1914-1935), Wien, Universal Edition, 1975, p. 21. 10 Bo Ullmann, Produktive Rezeption ohne Mißverständnis, in Zeitgenosse Büchner, a cura di L. Finscher, Stuttgart, Verlag Klett-Cotta, 1977. 11 T. W. Adorno, Berg - Der Meister des kleinsten Übergangs, Wien, Verlag Elisabeth Lafite, 1968 (trad. it. Milano, Feltrinelli, 1983, p. 12). 12 Si pensi a queste osservazioni di Elias Canetti, tratte dal saggio su Büchner pubblicato in La coscienza delle parole (Milano, Adelphi, 1984, pp. 324-325): «Büchner è riuscito, con il Woyzeck, a operare un totale capovolgimento nella letteratura: sua infatti è la scoperta del misero. Questa scoperta presuppone la pietà, ma solo se la pietà viene tenuta nascosta, se è una pietà muta e non proclamata, solo allora il misero è intatto. Lo scrittore che fa sfoggio dei suoi sentimenti, che enfatizza pubblicamente la figura del misero ostentando pietà nei suoi confronti in realtà lo contamina e lo distrugge. Woyzeck invece, che pure è braccato dalle voci e dalle parole degli altri, è lasciato intatto dallo scrittore. In questo pudore di fronte alla miseria, non c’è a tutt’oggi un solo scrittore che possa essere messo alla pari con Büchner». 1 2

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Elk Miethke Juttenegg. Caricatura di Alban Berg nel 1909, al suo ritorno da Bayreuth, dove aveva assistito a una rappresentazione di Parsifal.

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Lo specchio tragico

Nel 1911 Vassilij Kandinskij intitolò Diluvio una delle sue prime opere “non-oggettive” (come egli stesso le definì). Era un dipinto su vetro, oggi perduto, che Kandinskij rielaborò in disegni e in un acquarello per giungere alla monumentale tela Composizione VI, datata 5 marzo 1913. Un anno dopo scoppiava la prima guerra mondiale e si sarebbe tentati di attribuire un valore profetico a questo quadro, in cui il dissolvimento della realtà oggettiva potrebbe prefigurare il dissolvimento di istituzioni politiche e sociali conseguente alla guerra. A partire dal 1911 Kandiskij e Arnold Schönberg, prima ancora di conoscersi personalmente, si erano scambiati numerose lettere in cui, in un fitto intreccio di idee e di pensieri, la necessità di una radicale rinnovazione di tutte le arti. La concordanza di intenti non giunse mai fino ad una conformità di scelte. Alla ricerca di una “spiritualità nell’arte” teorizzata da Kandinskij, Schönberg preferì, nella sua attività pittorica, mantenere le forme figurative sia nel contesto visionario di uno Sguardo allucinato, sia negli inquietanti Paesaggi,

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sia nella ossessiva serie di Autoritratti. In seguito, negli anni della guerra e di un doloroso dopoguerra, la pittura di area germanica diventa una sorta di specchio tragico in cui si riflettono incubi angosciosi. Dominante è il senso di una solitudine ineludibile: solo è l’unico passante nella Sachgasse di Bloch, ma soli in mezzo alla folla sono anche i personaggi de La strada di Beckmann, e quelli che emergono dalla Esplosione di Meidner, da La guerra di Dix; sole, tra case spoglie e incombenti, sono le figure umane di Grosz, di Felixmüller; perfino i due innamorati di Baluschek sono incasellati in un paesaggio urbano talmente tetro da smentire il titolo del quadro, Sera festiva, nel suo “alienante squallore” (Metropolis 1910-1920, catalogo della mostra, Torino 2006). La data è 1925, l’anno stesso della prima rappresentazione di Wozzek a Berlino; una circostanza casuale ma che permette di immaginare l’esistenza di un segreto parallelismo tra due modi di dare voce e presenza visibile a chi vive senza speranze in una situazione di degrado ambientale e sociale. M.V.F.

Vassilij Kandinsky. Composizione n. VI, 1913 (San Pietroburgo, Ermitage).

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Arnold Schönberg. Sguardo. Da: Schönberg pittore, catalogo della mostra, Torino, 2003.

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Arnold Schönberg. Paesaggio. Da: Schönberg pittore, catalogo della mostra, Torino, 2003.

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Ludwig Meidner. Esplosione sul ponte, 1914, incisione. Da: Metropolis, catalogo della mostra, Torino, 2006.

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Otto Dix. La guerra, 1914 (Düsseldorf, Kunstmuseum).

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A sinistra: George Grosz. Bettola, 1916-17, incisione (Berlino, Akademie der Künste, Kunstsammlung). A destra: George Grosz. Notte di luna, 1916-17, incisione (Berlino, Akademie der Künste, Kunstsammlung).

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Albert Bloch. Sachgasse, 1917 (Torino, Galleria d’arte moderna e contemporanea).

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Max Beckmann. La strada, 1919, incisione dalla cartella “L’Inferno” (Hannover, Sprengel Museum).

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C. Felixmüller. Distretto della Ruhr II, 1920 (Münster, Westphälisches Landesmuseum für Kunst und Kulturgeschichte).

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George Grosz. Senza titolo, 1920 (Düsseldorf, Kunstsammlung Nordrhein-Westfaler).

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Hans Baluschek. Sera festiva, 1925 (Berlino, Stiftung Stadtmuseum Berlin).

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Locandina per la rappresentazione di Wozzeck a Praga, Národní divadlo (Teatro Nazionale), 11 novembre 1926.

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La dimensione visiva e la localizzazione del significato in Wozzeck Gianmario Borio

Da Wagner a Berg, convergenze e divergenze nella drammaturgia Una delle questioni, spesso dibattute e mai pienamente risolte nella fiorente saggistica su Wozzeck, è quale posizione occupi il primo lavoro per il teatro di Berg nel quadro dei problemi drammaturgici delineatosi con le opere e gli scritti di Wagner. Tale questione è di primaria importanza per definire i principi su cui poggia il “dramma moderno” in musica, del quale Wozzeck è considerato uno dei paradigmi accanto a opere altrettanto influenti come Pelléas et Mélisande di Debussy, Salome ed Elektra di Strauss, Il castello del duca Barbablù di Bartók. Il cammino che riporta a Wagner è storicamente logico, ma dal punto di vista di Berg pieno di asperità. La fonte del libretto è un testo letterario, il Woyzeck di Büchner, pervenuto come un insieme non ordinato di scene singole che Berg dispose in una successione lineare di numeri chiusi. Questo comportamento sembra rinviare a una tradizione del teatro musicale precedente o comunque lontana dal dramma wagneriano, fa cioè affiorare la preoccupazione di restituire un decorso drammatico di tipo aristotelico; non a caso i tre atti in cui si articola l’opera venivano intesi dall’autore come «esposizione, svolgimento e catastrofe».1 D’altra parte l’opzione per un testo di impronta realistica e innervato da tensioni sociali male si accorda con l’orientamento verso l’ambientazione favolistica, i personaggi extrastorici e l’esplorazione della psiche che caratterizzano la fase post-wagneriana. Inoltre l’impiego che Berg fa della tecnica del Leitmotiv è svincolato dagli obiettivi che aveva in mente Wagner: la messa a fuoco di una specifica atmosfera o la delineazione di un orizzonte di idee. In Berg il Leitmotiv – se così lo si può chiamare – è maggiormente legato ai personaggi e alle loro reazioni emotive; spesso si tratta di strutture sonore con funzione semantica più che di vere e proprie melodie. Infine le modalità con cui viene messo in musica il testo – che raramente si configurano in ampi archi melodici e spesso si concentrano in una breve formula oppure fanno ricorso al recitativo, allo Sprechgesang e al parlato – sembrano distanti dalle intenzioni di un’impostazione “strumentale” della voce umana, che era uno dei capisaldi di Wagner. L’insieme di queste osservazioni ci spinge verso un’ipotesi un po’ paradossale: se vi è un àmbito in cui l’influsso di Wagner si manifestò nel lavoro di Berg, esso va ricercato nella concezione di Gesamtkunstwerk. L’annosa problematica se in un’opera di teatro musicale l’elemento primario debba

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essere la parola o la musica non fu elusa da Wagner; anzi egli propose una soluzione innovativa decretando che entrambi, il testo poetico e il suono strumentale, devono stare al servizio di uno scopo superiore: il “dramma”. Nel celebre saggio L’opera d’arte dell’avvenire il dramma viene definito come grande opera totale, che deve comprendere tutti i generi e poi consumare, annullare ciascuno di questi generi per raggiungere il fine ultimo di essi, cioè la rappresentazione immediata e incondizionata della natura umana nella sua totalità.2

Si può discutere se tale unità delle arti debba essere intesa come addizione, sintesi o trascendimento delle singole componenti; è comunque fuori di dubbio che la teoria e la pratica di Wagner avevano lanciato una sfida, stabilendo l’ideale di un equilibrio delle dimensioni mediali che avrà enormi ripercussioni nel pensiero artistico del secolo successivo. Berg registrò questa situazione e con Wozzeck offrì un esempio di un intreccio strutturale a cui testo, musica, azione e scena contribuiscono in modo analogo e talvolta paritetico. In quella che potremmo chiamare la gestione centralizzata delle componenti performative l’attività scritturale assume un ruolo fondamentale: 1. Berg seleziona episodi staccati di un dramma incompiuto e li riordina in una successione logica e cronologica; 2. crea musiche specifiche per personaggi, luoghi e situazioni, attribuendo proprietà semantiche a porzioni del materiale musicale (scale, aggregati, ritmi ecc.); 3. correda la partitura con una mole, inusuale all’epoca, di indicazioni per la disposizione scenica e i gesti degli interpreti. La concezione wagneriana del Gesamtkunstwerk implica che le componenti della scena e del gesto non siano ausiliari rispetto a un testo primariamente fissato nella partitura, bensì partecipino alla sostanza dell’opera d’arte non meno che le parole e la musica. Almeno sul piano estetico Wagner attribuiva a queste componenti un peso addirittura maggiore; infatti la realizzazione piena, la sostanza ultima del dramma musicale consisteva per lui nell’azione rappresentata sulla scena, un fine rispetto al quale il testo letterario e la musica composta erano considerati semplici mezzi. Nel saggio su Beethoven del 1870 il compositore esprime la convinzione che non sono i versi del poeta librettista, fossero pure di Goethe e di Schiller, che possono determinare la musica; insomma, non il poema drammatico può far ciò, ma il dramma che realmente si svolge e si agita sotto gli occhi nostri quale proiezione parallela alla musica, in cui dunque la parola e il discorso non appartengono più al pensiero poetico, ma unicamente all’azione.3

L’inflessibilità con cui il Festival di Bayreuth difese la tradizione interpretativa inaugurata da Wagner non soltanto nell’àmbito della direzione orchestrale e dello stile canoro ma anche per la messa in scena non è altro che il versante pubblico di una concezione dell’opera d’arte musicale che travalicava i confini della musica e inglobava la dimensione visiva. La consapevolezza di tale nesso potrebbe essere il motivo di fondo della polemica che Berg rivolse alle rappresentazioni di Tristan und Isolde nello stile della Neue Sachlichkeit.4

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In alto: Vlatislav Hofman. Giardino della taverna, atto II, scena 4, per Wozzeck a Praga, 1926. A sinistra: Otakar Ostrcˇíl, che diresse Wozzeck a Praga, 1926, disegno (Praga, Narodni Muzeum).

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La fortuna

Wozzeck era giunto a Praga nel 1926, a Leningrado nel 1927, a Philadelphia nel 1931. È curioso osservare che in Italia la prima esecuzione di Wozzeck sia avvenuta a Roma nel 1942, in piena guerra, quando l’opera, ben conosciuta nei paesi di lingua tedesca, era assolutamente vietata da quasi un decennio nella Germania nazista. Alla Scala arrivò, presente la vedova di Berg Helene, nel 1952, salutata da un diluvio di proteste del pubblico. A Torino si era ascoltata qualche scena nel 1949, e nel 1965 si vide l’allestimento completo al Teatro Nuovo. Il riscatto a Milano avvenne negli anni 1971, 1977 e 1979, quando Claudio Abbado la portò a un sensazionale successo di pubblico di cui molti appassionati hanno ancora indelebile memoria.

Václav Novák, interprete di Wozzeck a Praga, 1926. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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L’indifferenza che molti registi della nostra epoca mostrano nei confronti delle indicazioni sceniche non è però unicamente riconducibile all’ansia di adattare il messaggio al quadro storico attuale oppure di rendere la nuova produzione appetibile in un mercato sempre più competitivo. Wozzeck dimostra che, sebbene il ruolo delle indicazioni sceniche non possa essere ridimensionato a quello di un “testo secondario”, il loro grado di normatività non raggiunge mai quelli della musica e del testo letterario. Il motivo di questo scompenso risiede nel diverso sviluppo che le componenti di una partitura operistica hanno vissuto nel corso dell’Ottocento. Il mutamento sancito da Wagner (ma anche da Verdi) riguarda anche l’imporsi della volontà d’autore, che si manifesta nel carattere vincolante riconosciuto alla partitura nel suo complesso; a differenza dell’epoca precedente, essa non viene più intesa come materiale di base per un’esecuzione che dovrà essere adattata alle necessità del luogo e degli interpreti ma come opera d’arte finita e non modificabile. Questa esigenza di integrità ha avuto considerevoli conseguenze sul piano della musica e delle parole: anche in una sfera legata alle contingenze del sistema produttivo come il teatro musicale si è affermata la concezione enfatica di testo. Malgrado ciò una porzione del testo, le indicazioni sceniche, è rimasta in secondo piano; un caso come quello di Wozzeck richiede che tale disparità venga eliminata. D’altra parte, come vedremo, l’ostinata fedeltà al modello scenico del compositore potrebbe determinare un appiattimento sullo stile teatrale di inizio Novecento, uno stile che era caratterizzato da un naturalismo a sfondo sociale che rischia di mettere in ombra le componenti psicologiche del dramma di Berg. Le documentazione fotografica conservata presso la casa editrice Universal di Vienna conferma che il naturalismo era il comune denominatore delle rappresentazioni di Wozzeck negli anni Trenta.5 La nostra disamina dovrà pertanto partire da due premesse correlate in modo talvolta contraddittorio: 1. che le indicazioni di regia rappresentino una parte integrante dell’opera non meno che la notazione musicale e il testo poetico (e pertanto debbano essere oggetto di interpretazione); 2. che la fissazione scritturale dia origine a campi interpretativi di diversa ampiezza e flessibilità a seconda che si tratti della parola, del suono o dell’immagine. Le indicazioni di regia che si trovano nella partitura di Wozzeck riguardano sette àmbiti: luogo e fase del giorno; momenti e tempi di apertura/chiusura del sipario; illuminazione; requisiti scenici; disposizione della scena; espressione dei cantanti e loro movimenti.6 Esse coincidono solo in piccola parte con quelle che il compositore ha trovato nell’edizione del dramma a cui attinse. Berg non ha solamente messo in musica il testo ma ha, per così dire, “composto” la percezione globale dell’opera. In alcuni passi della partitura si trovano delle frecce verticali che servono a indicare il punto esatto in cui va compiuto un determinato gesto o deve mutare l’intensità della luce; questo accorgimento potrebbe essere l’indizio di una precoce consapevolezza della comunicazione audiovisiva e forse anche del fatto che Berg era interessato agli sviluppi del cinema, le cui problematiche si intersecano in molti punti con quelle del dramma musicale.7 Il messaggio audiovisivo tende a una piena integrazione delle dimensioni mediali che avviene primariamente, anche se non esclusivamente, sul piano delle relazioni temporali: le funzioni basilari della musica nel cinema – commento, contrappunto e collegamento tra episodi8 – si espletano mediante la gestione dell’asse del tempo. Un saggio, redatto dopo la rappresentazione di Wozzeck allo Städtisches Opernhaus di Essen nel

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1929, rivela quanta attenzione Berg prestasse alla coordinazione tra passi musicali ed eventi scenici.9 Il compositore si sofferma qui su problemi che, decenni più tardi, saranno al centro dei dibattito sulle arti multimediali: la mutevole gerarchia delle dimensioni mediali, cioè il loro diverso peso nelle varie fasi del dramma; la distinzione tra campi liberi di sincronizzazione e snodi fissi; i “margini di autonomia” dello scenografo e del regista.10 Se si prendono sul serio le riflessioni di Berg, la partitura di Wozzeck si presenta come un testo polistratificato che offre indicazioni circa la realizzazione del dramma nella totalità delle sue componenti. Tuttavia, come ogni testo, esso mostra gradi di apertura a diversi livelli, punti di indeterminazione che vanno riempiti con un progetto interpretativo coerente e globale.

Una scena e le sue rappresentazioni In un breve scritto del 1928 Berg offre alla problematica che stiamo affrontando una risposta piuttosto sibillina: Come immagino il rapporto reciproco tra musica, parola e scena? --- a2+b2 = c2 … dove si deve rilevare che in questo rapporto triangolare la musica non deve occupare sempre il posto dell’ipotenusa, anche se questa è la situazione ideale di tale sezione aurea, tanto per la composizione, quanto per la rappresentazione!11

Per tentare di districarsi in questa descrizione metaforica, può essere utile prendere in esame la struttura di una particolare scena e le modalità con cui essa è stata resa in alcuni allestimenti. Tale analisi deve partire dall’organizzazione del materiale musicale per poi estendersi alle sue relazioni con il testo e infine affrontare il significato specifico che si costituisce sotto l’effetto delle indicazioni sceniche. La scena su cui condurrò questa analisi è la seconda del primo atto: nel tardo pomeriggio Wozzeck e Andres sono intenti a tagliare rami di salice per il Capitano; mentre l’amico canta un’allegra canzone, Wozzeck è colto da una crescente inquietudine causata dalla peculiarità del luogo e dai mutamenti ambientali; egli sente minacciosi rumori provenienti dal terreno e i raggi del sole calante gli provocano la visione del mondo in fiamme. Questa scena è rivelatrice per uno dei livelli simbolici più importanti dell’opera, quello che Leo Treitler riconduce al tema dell’Apocalisse e che viene esplicitamente evocato nella scena successiva con la citazione di un passo del Libro della genesi: «Und sieh, es ging der Rauch auf vom Land, wie ein Rauch vom Ofen» [«E vedi, dal paese salì un fumo, come il fumo di una fornace»] (primo atto, batt. 444-446).12 L’opera è attraversata dal senso di attesa nei confronti di una profezia che non si conosce, ma di cui si sa che si avvererà; la disperata ricerca di senso del protagonista si confronta continuamente con immagini di oscurità e silenzio. L’osservazione «Still, alles still, als wäre die Welt tot» [«Silenzio, tutto è silenzio, come se il mondo fosse morto»], con cui si conclude questa scena, trova non solo una corrispondenza simbolica ma anche il suo significato profondo in «Alles still und tot» [«Tutto silenzio e morte»] nella quarta scena del terzo atto (batt. 231-232), quando Wozzeck prende coscienza di essere un assassino e ogni prospettiva residua si spegne.

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Nella tabella riassuntiva delle forme musicali e del trattamento del testo, redatta da Fritz Mahler sotto la supervisione di Berg e allegata alla prima edizione della riduzione per pianoforte nel 1922, la seconda scena viene definita Rapsodia sulla successione di tre accordi, inoltre canzone di caccia di Andres in 3 strofe.13

In un saggio sulle forme musicali impiegate in Wozzeck, il compositore informa che il pezzo è basato sulla successione di tre accordi – quasi un tema – sulla quale è costruita l’intera evoluzione della scena con libere variazioni; inoltre la chiarezza della sua articolazione è assicurata dal fatto che le singole tre strofe e il ritornello di una canzone di caccia – in stile popolare, corrispondente al vero carattere della rapsodia – sono inseriti a distanze ben calcolate dal punto di vista costruttivo.14

Nella “Conferenza su Wozzeck”, egli aggiunge che i tre accordi hanno funzioni analoghe a quelle di tonica, dominante e sottodominante, anche se il modo di presentare questi accordi e queste successioni accordali è molteplice e sempre variato.15

Si tratta di tre pentacordi, presentati dai fiati in apertura, che assumono un peso particolare nell’economia dell’opera: il primo (x) contiene un tetracordo ottatonico, il secondo (y) è basato su terze minori e tritono, il terzo (z) è una collezione esatonale con un intervallo cromatico.16 Questi aggregati rappresentano uno stadio specifico nell’elaborazione del materiale e si ritroveranno in punti successivi in forma parziale o ampliata.

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Manifesto per la rappresentazione di Wozzeck a Leningrado, Teatro Mariinskij, 1927.

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Se si parte dalla premessa, conforme alla dichiarazione di Berg sul “rapporto triangolare”, che alla musica spetti una sorta di funzione guida per la drammaturgia, occorre chiarire che cosa egli intendesse per rapsodia e quali funzioni svolgano quei tre accordi nella dinamica formale. Alla rapsodia Schönberg dedicherà, molti anni dopo Wozzeck, alcune illuminanti osservazioni misurandosi con opere di Brahms e Liszt; al maestro di Berg essa appariva una composizione di tipo improvvisativo con alcuni elementi di forma sonata e una forte tendenza alla modulazione in regioni lontane, dunque un significativo esempio di bilanciamento tra le forze strutturanti e gli impulsi istantanei.17 È probabile che Berg l’abbia concepita in modo analogo; in generale tutte le forme della musica strumentale, che vengono abbondantemente usate – importate quasi come merce di contrabbando – in quest’opera per il teatro, vanno intese non in senso letterale ma come modalità di articolazione temporale, intelaiature, campi di svolgimento delle azioni. A questo proposito Theodor W. Adorno aveva osservato: Esse [le forme] garantiscono l’organizzazione del decorso temporale su grandi superfici, ma non hanno bisogno di essere percepite in quanto tali, e non devono esserlo, sono invece quasi invisibili, analogamente, in seguito, alla serie di una buona composizione dodecafonica.18

Il medesimo carattere propulsore può essere attribuito ai tre pentacordi; infatti Berg li impiega – malgrado la sua affermazione – in un modo estraneo alla funzionalità armonica, come punti di riferimento o nuclei generatori di configurazioni motiviche alquanto differenziate. Ad esempio, le battute iniziali, fino all’intervento di Andres, consistono nella successione x-y-x-x-z-y-x-y-x-y; per contro, le linee melodiche sono tetracordi cromatici discendenti. Questa flessibilità era necessaria a un testo concitato, fatto di brevi battute e repentini cambiamenti di atmosfera. L’ordine formale viene recuperato mediante la costruzione di una forma a incastro, in cui si alternano sezioni della rapsodia e strofe della canzone di caccia. Le due zone formali sono chiaramente marcate: la prima si dispiega con un metro di 3/4 e il testo viene interpretato da Wozzeck in Sprechgesang; la seconda è in 6/8 e il testo viene cantato da Andres. In questa forma ad alternanza si riflette, secondo Gorge Perle, l’opposizione tra superstizione e leggerezza oppure tra visionarietà e realismo.19 Il primo climax della scena è rappresentato musicalmente dalla sovrapposizione delle due zone nel momento in cui Wozzeck individua surrettiziamente nei massoni l’origine della minaccia (batt. 257); questo ispessimento dà origine a una situazione polimetrica. Nel passaggio di maggiore intensità sonora, quando Wozzeck barcolla come sotto l’effetto di un terremoto, si sente una nuova formula accordale x-y-x-z che lascia in un certo senso la situazione aperta (batt. 269-270, con il colpo di gong). Dopo la pausa generale che segue alla considerazione «Man möchte den Atem anhalten» [«Vien voglia di trattenere il fiato»] (batt. 284) inizia un episodio multimediale in cui Berg ha dosato sapientemente tutti i registri. Proprio mentre il sole sta per tramontare, un raggio si insinua e illumina per un attimo l’intero orizzonte. Il momento di massimo chiarore è marcato da Berg con una freccia (batt. 292) che coincide con uno spostamento strumentale verso l’acuto e l’esecuzione in ff dell’accordo z (mentre Wozzeck compie un salto alla sua nota più acuta, il Fa centrale: «Das fährt von der Erde in den Himmel»

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[«Va dalla terra al cielo»]). Nell’economia dell’opera è interessante notare che proprio in questo punto – che peraltro è evidenziato con una freccia di sincronizzazione – l’accordo z viene trasformato con l’aggiunta di un Do acuto in uno degli esacordi più importanti dell’opera; lo si ascolterà in forma melodica come segmento della passacaglia (primo atto, quarta scena) e in un punto saliente della scena dell’assassinio (terzo atto, seconda scena). Questo culmine drammatico è seguito da un graduale oscuramento della scena, che si dispiega in due stadi, a distanza di tre battute, marcati da frecce di sincronizzazione: il primo corrisponde al raggiungimento del Mia, “fondamentale”, dell’accordo y (batt. 295); il secondo segue a un’altra ondata di agitazione culminante con l’entrata dei tamburi rullanti e dell’accordo z, che viene poi lungamente tenuto con un passaggio dinamico al ppp. Su questo suono prolungato si passa all’interludio (con cambio di scena) in 4/4: «Still, alles still als wäre die Welt tot» [«Silenzio, tutto è silenzio, come se il mondo fosse morto»]. In questa fase i rapporti tra gli accordi si sono capovolti; è quello z che assume le vesti di “tonica”. Un’elaborazione così minuziosa di ogni singolo passaggio sui piani di parola, suono, gesto e illuminazione manifesta senza ombra di dubbio l’intenzione di rendere il contenuto del dramma nella forma di un’esperienza complessa che investe e attiva diversi livelli percettivi simultaneamente. Non tutto in Wozzeck è organizzato secondo i principi della comunicazione audiovisiva; tuttavia si può parlare di una tendenza generale dell’opera che trae in tal modo conseguenze del tutto peculiari dalla teoria del Gesamtkunstwerk. Le problematiche del moderno “teatro di regia” diventano qui ancora più intricate. Una delle sue premesse è infatti che la sostanza di un’opera in musica sia depositata nel “testo principale”, cioè nel libretto e nei pentagrammi, mentre il “testo secondario” (le indicazioni su scena e gesto) sarebbe piuttosto testimonianza delle convenzioni rappresentative dell’epoca in cui essa fu composta: se si vuole rendere percettibile il significato dell’opera nell’hic et nunc, bisogna in qualche modo tradurre il “testo secondario” in un linguaggio teatrale più vicino alla pratica attuale. Per Wozzeck Berg raccomandava una rappresentazione realistica, che permetta di riconoscere immediatamente e inequivocabilmente il luogo in cui si svolge ogni scena e di vederlo nel suo insieme.20

In tal senso erano concepite le sue indicazioni sceniche e il messaggio era inteso in senso globale come nesso delle sue componenti. Se un regista non ritiene vincolante il “testo secondario”, non rischia di modificare la sostanza del messaggio? I mezzi di registrazione e archiviazione dell’era elettronica permettono di affrontare problematiche di questo genere non più solamente su un piano teorico ma anche in una prospettiva storica e sulla scorta di eventi documentati. Tenterò dunque di fornire una risposta alla precedente domanda attingendo ad alcuni recenti allestimenti conservati su VHS e DVD.21 La rappresentazione che più si avvicina all’immaginario audiovisivo di Berg è quella curata da Adolf Dresen alla Staatsoper di Vienna nel 1987.22 Il regista segue in modo sistematico, anche se non pedissequo, le indicazioni di Berg; l’ambientazione è realistica e ogni scena appare come un piccolo quadro in cui oggetti, gesti e movimenti sono disposti in vista della comunicazione di un messaggio semplice e inequivoco. Nel caso della nostra scena, essa si svolge in una luce crepuscolare; il pal-

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In alto: Alban Berg fotografato tra gli interpreti di Wozzeck al Teatro Regionale di Oldenburg, 5 marzo 1829. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998. In basso: Ernst Rufer. La casa di Maria, atto I scena 2, nell’edizione di Wozzeck a Oldenburg. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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In alto: Wozzeck a Vienna, Operntheater, 30 marzo 1930. La locandina. A destra: Wozzeck a Berlino, Staats-Oper, 30 novembre 1932. La locandina.

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coscenico è delimitato dalle mura della città che si confondono quasi con il cielo plumbeo; in primo piano, a destra, si vedono i cespugli da cui Wozzeck e Andres tagliano i rami. Dresen deve avere colto il modo specifico con cui la musica si pone in relazione con le immagini: essa rappresenta la prospettiva soggettiva (nel senso di un’inquadratura “in soggettiva” delle riprese cinematografiche), rispetto a cui l’evolversi della scena è l’immagine oggettiva; la musica veicola cioè i significati più direttamente connessi all’interiorità di Wozzeck, alle sue angosce e allucinazioni. Il regista enfatizza la discrepanza tra realtà e immaginazione, aggiungendo gesti che non sono previsti nella partitura: quando pronuncia per la seconda volta «Der Platz ist verflucht!» [«Questo posto è maledetto!»], Wozzeck si getta addosso ad Andres quasi impaurito dai pentacordi ripetuti dai tromboni (batt. 224-226); quando poi comincia a percepire rumori sotterranei, si getta a terra e rimane per un po’ con l’orecchio appoggiato sul suolo. Malgrado questa attenzione alla costruzione multimediale del significato, che va oltre la semplice acribia filologica, l’effetto dell’illuminazione appare piuttosto fiacco; comunque Dresen fa entrare in gioco già qui il colore rosso che nel corso dell’opera verrà sempre più precisamente collegato al sangue e alla morte. Il punto di gravitazione dell’allestimento di Wozzeck, che Patrice Chéreau ideò per la Staatsoper di Berlino nel 1994,23 è rappresentato dai personaggi. L’attenzione del fruitore si concentra sui loro movimenti in un palcoscenico che nelle prime due scene rimane completamente vuoto; si potrebbe dire che il significato scaturisce dall’interazione tra la musica e un gioco dei corpi progettato fin nei minimi dettagli. L’unico requisito della seconda scena sono le scope con cui i due amici puliscono il pavimento; del rapporto città-campagna, così importante in Büchner, è dunque rimasto qui solo il concetto di lavoro manuale; non vi è traccia neppure dell’artificio visivo del tramonto, anzi l’illuminazione, un raggio bianco che cade da sinistra sui due personaggi, rimane costante fino alla fine della scena. Tuttavia non si può dire che Chéreau ignori completamente le indicazioni sceniche di Berg; ne conserva in qualche modo l’intelaiatura temporale che gli permette di articolare la scena mediante segni visivi conformi a quelli musicali. Ad esempio, Wozzeck interrompe l’attività lavorativa quando gli sorge il sospetto sui massoni, capovolge la scopa e percuote con il bastone il suolo proprio nel momento segnalato con una freccia nella partitura (batt. 265-266, nelle indicazioni di Berg il protagonista avrebbe dovuto battere i piedi). Ancora diversa è l’interpretazione proposta da Peter Mussbach nell’allestimento di Francoforte del 1993.24 Mussbach, che si è addottorato in medicina con una tesi sul morbo di Creutzfeld-Jacob e ha lavorato come neurologo all’ospedale di Monaco di Baviera, intende l’opera moderna come «arte della psicopatologia e della follia».25 In Wozzeck, come in altre opere da lui messe in scena, egli mira a dispiegare nelle minime gradazioni i conflitti tra i personaggi e all’interno dei personaggi; questa ricchezza di sfumature viene conseguita grazie all’impiego di tecniche attoriali che risalgono al teatro della crudeltà di Antonin Artaud e dalle “azioni totali” di Jerzy Grotowski. I personaggi appaiono come figure grottesche definite tramite abbigliamenti stravaganti, vistosi trucchi e talvolta maschere. Le scene si svolgono in un cubo, i cui quattro lati esterni sono evidenziati da tubi di neon blu; lo spettatore viene dunque indotto nell’atteggiamento dell’osservatore non partecipe, che è una delle costanti delle recenti rappresentazioni teatrali del dramma di Büchner.26 Mussbach configura la seconda scena

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del primo atto di Wozzeck su un piano inclinato che spicca per la colorazione gialla sullo sfondo nero; la polarità tra le allucinazioni di Wozzeck e i richiami al mondo reale di Andres viene resa con la modulazione del rapporto distanza/vicinanza tra i due personaggi, cioè con la drammatizzazione di spazio e fisicità. La sequenza del barcollamento e poi della caduta di Wozzeck (batt. 270-278) assomiglia a un filmato che documenta l’acuirsi dei sintomi di uno schizofrenico; al primo climax («Fort, fort!» [«Via, via!»], batt. 278) Wozzeck, ormai fuori di sé, getta a terra l’amico; in tal modo egli si assume la funzione di terapeuta che sarà, in seguito e con altre modalità, un tratto qualificante del Dottore. La sequenza successiva, per la quale Berg aveva previsto lo spettacolo di luci, viene interpretata come un secondo climax, parallelo al precedente. Nella produzione del DVD, Mussbach ha potenziato il percorso drammatico usando accorgimenti di natura cinematografica come primi piani e carrelli. La sensazione che la partitura di Wozzeck contenga almeno in nuce una componente filmica deve essere stato il motore iniziale dell’allestimento che Rolf Liebermann curò alla Staatsoper di Amburgo nel 1970, poi ridotto per la televisione del Norddeutscher Rundfunk da Joachim Hess.27 I movimenti della telecamera si sovrappongono alla regia teatrale, fedele alle indicazioni di Berg, soprattutto per svelare i processi psicologici all’interno dei personaggi. In conformità all’impostazione realistica, la seconda scena del primo atto è girata in esterno; i movimenti e i gesti di Wozzeck e Andres rimangono nei limiti previsti dalla partitura, il che determina non solo un quadro generale piuttosto statico ma anche un maggiore peso della musica nella fruizione audiovisiva. La produzione televisiva di Hess ha un aspetto ibrido proprio perché, a dispetto del trionfo della visibilità che si compie nel medium televisivo, lascia spazio alla forza semantica della musica in quanto musica. Mentre però il teatro realistico attinge all’illusione come sua linfa e dunque esalta il lavoro scenografico, la televisione è già di per sé realistica, fotografia del mondo; l’effetto del repentino bagliore che squarcia il cielo come se fosse un messaggio ultraterreno non è realizzabile con i tradizionali mezzi televisivi e la sequenza dell’allucinazione perde di intensità espressiva proprio per eccesso di realismo. Il film Woyzeck di Werner Herzog (1979, con Klaus Kinski nel ruolo del protagonista) propone il testo di Büchner senza tagli in un tributo alla recitazione teatrale; tuttavia il regista evita le contraddizioni menzionate poc’anzi, modificando il testo in modo strategico. La più importante variante riguarda il passaggio del climax, che nel testo di Büchner suona: «Andres! Wie hell! Ein Feuer fährt von der Erde in den Himmel und ein Getös herunter, wie Posaunen. Wie’s heranklirrt!» [«Va dalla terra al cielo, e un frastuono, come di tromboni. Come stridono!»]. Il fatto che Herzog l’abbia cassato rivela l’intenzione di spostare l’accento dalla visione all’ascolto: le allucinazioni di Wozzeck sono puramente acustiche e l’espressione specifica di questa scena dipende in grande misura dal contrasto che si crea tra i rumori evocati nelle sue parole e la quiete quasi assoluta del paesaggio che viene afferrata con inesorabile realismo dal regista.

La partitura di Wozzeck e la comunicazione audiovisiva Se il percorso drammatico implicato dalla partitura di Wozzeck è di tipo audiovisivo, il significato si localizza nei punti di tangenza tra parola, suono e immagine. Trasfe-

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Robert Edmond Jones. Bozzetti delle scene per Wozzeck a Philadelphia, Grand Opera Company, 19 marzo 1931. In alto: Lo studio del Dottore, atto I, scena 4. In basso: Strada di città, atto II, scena 2.

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Locandina della rappresentazione di Wozzeck a Philadelphia.

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Alban Berg con Anne Roselle, inteprete di Marie a Philadelphia. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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rendo il linguaggio tecnico del cinema al teatro musicale, si può definire la scena come un’unità organica e formalmente chiusa che consta di diverse sequenze; nell’esempio appena discusso i limiti di tali “sequenze” sono marcati sul piano musicale da mutamenti di tempo e spesso anche di metro. Per proseguire l’indagine sulla dimensione visiva e sul suo ruolo nel processo comunicativo, conviene volgere l’attenzione all’unità sintattica superiore: l’atto. Dopo avere selezionato e ordinato 15 scene, Berg le ha distribuite equamente in tre atti; questo equilibrio di tipo quantitativo non deve però distogliere dalla dinamica specifica che caratterizza ciascun atto. Il suo fattore determinante è la musica o, più esattamente, le forme della musica strumentale che il compositore ha intenzionalmente usato per conferire unità alle scene. In tale prospettiva il “rapporto triangolare”, di cui parlava Berg, risulta capovolto: la costruzione musicale appare come un mezzo per affinare situazioni il cui contenuto è già pienamente delineato nel libretto e nella scenografia. Le forme musicali a cui Berg fa ricorso nei tre atti sono di natura diversa; le sue scelte dipendono in ampia misura dagli obiettivi del progetto drammaturgico. Il primo atto mira a presentare i personaggi (Capitano, Andres, Marie, Dottore e Tamburmaggiore) e ad articolarne le relazioni con il protagonista; giacché questi personaggi sono affidati a ruoli specifici della storia dell’opera (tenore buffo, tenore lirico, soprano, basso buffo e tenore eroico), la loro entrata implica la messa in gioco di figure simboliche e prospettive mentali. Berg impiega qui forme musicali che ben si accordano con l’impostazione descrittiva: suite di danze, canzoni, marcia militare, ciclo di variazioni e rondò. Il terzo atto rappresenta l’epilogo e la risoluzione: ciascuna delle scene rappresenta un fatto che segna il compimento di un processo; la loro unità è garantita dalla predominanza di un certo materiale (tema, nota singola, accordo, ritmo). Anche nell’atto conclusivo, come nel primo, il compositore non ha bisogno di escogitare tecniche di collegamento tra le scene, in quanto la successione è data dalla logica teatrale stessa. Il secondo atto è invece quello in cui i caratteri e i simboli presentati nel primo si intrecciano ed entrano in conflitto; Berg ha dunque bisogno di una forma flessibile che però non perda la sua coesione nel dispiegamento anche estremo delle forze in gioco. Egli l’ha strutturato attingendo al modello della musica strumentale più avanzato della sua epoca: la sinfonia; il riferimento specifico è rappresentato dal livello di sviluppo e differenziazione che questo genere aveva raggiunto in Gustav Mahler, al quale Berg si avvicina in certi passi anche sul piano dello stile strumentale e della configurazione motivica. Qui il triangolo subisce una nuova traslazione: è la musica che diventa forza trainante della drammaturgia. Il secondo atto si sviluppa nell’arco di una giornata: inizia al mattino nella camera di Marie e finisce a notte fonda nella caserma. Alcuni elementi permettono di capire come Berg abbia fissato i limiti dei tre atti: le prime due scene del primo atto possono essere considerate come quadri introduttivi, dal momento che la vicenda vera e propria prende le sue mosse solo dalla terza scena (Marie con il bambino in braccio alla finestra); il terzo atto inizia anch’esso con Marie, che di notte legge la Bibbia in preda ai rimorsi; da ciò si può concludere che le inquadrature della donna nella propria abitazione fungano da pilastri sui quali si articolano le curve narrative. È dunque ovvio che la prima scena del secondo atto – in cui Marie ammira gli orecchini ricevuti in regalo dal Tamburmaggiore – doveva avere un carattere perentorio ed essere sorretta da una forma musicale di grande rigore. Berg ha optato per la forma sonata. Le sue proporzioni

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Stefano Pekary. La casa di Marie, bozzetto per l’atto I, scena 3, e atto III, scena 1, di Wozzeck a Roma, Teatro Reale dell’Opera, 3 novembre 1942. Fu questa l’unica esecuzione dell’opera tra il 1934 (a Londra, in forma di concerto) e il 1948 (Düsseldorf, Teatro dell’Opera).

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dipendono in parte significativa dal libretto e dalla curva drammatica: l’esposizione viene ripetuta in forma variata e Wozzeck fa la sua comparsa proprio all’inizio dello sviluppo, in cui vengono elaborati tre motivi simbolicamente correlati a Marie, Wozzeck e al bimbo. La ritransizione coincide con il momento in cui Wozzeck consegna la sua paga settimanale alla compagna, un momento statico su un pedale di Do maggiore, e poi abbandona la scena. La ripresa continua dopo la chiusura del sipario, assumendo le funzioni di musica per il cambiamento di scena. La seconda scena è un collage di forme diverse la cui scelta è strettamente legata al carattere degli eventi scenici: quando il Capitano e il Dottore si incontrano sulla strada, sentiamo diverse sovrapposizioni dei loro Leitmotive (che erano già stati esposti nel primo atto); quando il Dottore pronuncia un infausto giudizio sullo stato di salute del Capitano, Berg scrive un duetto del tutto tradizionale; quando Wozzeck viene fermato dai due mentre sfreccia per la strada, l’orchestra presenta per tre volte un motivo a lui collegato che in seguito entra in relazione con gli altri due grazie alla tecnica della fuga. La terza scena, in cui Wozzeck dà fondo a tutta la sua gelosia, rappresenta il centro del secondo atto e dell’intera opera. Berg l’ha organizzata in conformità alla forma tripartita di Adagio, che in Mahler aveva raggiunto un grado straordinario di espansione e differenziazione. Berg ha ripreso qui il testo di Büchner nella sua totalità, aggiungendo alcune indicazioni sceniche che articolano ulteriormente l’episodio. Lo spostamento di luogo dai locali interni alla soglia dell’abitazione di Marie rivela l’intenzione di creare una parodia della scena tra Marie e il Tamburmaggiore nel primo atto; Perle ha notato a questo proposito che Marie fa finta di non sapere ma la musica ci informa che ella sa benissimo ciò di cui parla Wozzeck.28 Le battute iniziali della sezione A, che contengono i motivi principali, fungono da musica di cambiamento di scena; di conseguenza Berg può impiegare il materiale tematico, dopo l’alzata del sipario e l’irruzione di Wozzeck, per rendere incalzante e intenso il confronto tra i due personaggi. L’alterco assume un’intensità particolare nella sezione B (batt. 387-397) grazie alla suddivisione dell’organico strumentale in due gruppi distinti anche nello spazio: un ensemble di 15 strumenti (quelli della Kammersymphonie op. 9 di Schönberg) che sostengono le parole di Wozzeck e l’orchestra che interviene insieme a Marie. Il climax viene raggiunto nel momento in cui Wozzeck alza la mano su Marie, la quale esclama «Rühr mich nicht an!» [«Non mi toccare!»], ripetendo tal quale un passaggio del diverbio con il Tamburmaggiore; mentre il compagno si arresta, lei aggiunge «Lieber ein Messer in den Leib als eine Hand auf mich!» [«Preferisco un coltello in corpo che una mano sopra di me!»](batt. 395-396, in ritardando). La scena si conclude con Wozzeck solo, che comincia a vacillare sulla frase «Der Mensch ist ein Abgrund» [«L’uomo è un abisso»], mentre l’orchestra ripropone frammenti del tema; il sipario si chiude con il retrogrado del segmento con cui si era aperto – artificio con cui Berg la mette quasi in una cornice a sé stante. Alla terza scena, che è centrale sia sul piano musicale sia su quello del significato, segue un altro lungo movimento in forma di doppio Scherzo. La musica per il cambiamento di scena corrisponde alla sezione A di un Ländler, la cui ripresa introduce la riapertura di sipario: sul palcoscenico arredato da osteria, un complessino da ballo accompagna due garzoni che cantano in stato di ebbrezza per un’allegra compagnia di operai, soldati e cameriere. Per tutta la scena Berg articola abilmente i rapporti tra mu-

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sica diegetica ed extradiegetica, ora distinguendo due strati differenti e ora giungendo a momenti di fusione. Lo Scherzo II è un valzer: Marie e il Tamburmaggiore, che il fruitore scopre essere tra i festanti, danzano appassionatamente mentre Wozzeck, che nel frattempo è sopraggiunto, osserva la situazione con ira crescente. Anche la forma della quinta scena, che si svolge nel dormitorio della caserma, è composita: la prima sezione mostra Wozzeck che, insonne, lotta contro i cattivi pensieri. Questo pezzo funge da introduzione a un “Rondo marziale” che inizia con la rumorosa entrata del Tamburmaggiore; ubriaco fradicio, l’ufficiale esibisce di fronte ai soldati tutta la sua potenza sociale e fisica finché, nella sezione centrale del rondò, provoca e riempie di pugni il povero Wozzeck. In queste cinque scene, organizzate in un’unità di tipo sinfonico, Berg ha espresso musicalmente i dissidi sociali e psicologici che stanno alla base del tragico epilogo: l’incapacità di Wozzeck e Marie di opporsi ai poteri costituiti, la tronfia alleanza tra scienza e autorità militare, la gelosia e l’impotenza di fronte all’infedeltà, la ricerca di distrazione di una società alienata, la violenza gratuita ed esibizionista di chi detiene il potere. Tra gli allestimenti che abbiamo preso in considerazione, quello di Chéreau mi sembra rendere, malgrado le drastiche trasgressioni delle direttive sceniche di Berg, nel modo più appropriato l’unità delle differenze che nel secondo atto si istituisce soprattutto grazie all’organizzazione musicale. Se è vero che – come ho affermato poc’anzi – in questo atto la musica diventa forza trainante della drammaturgia, allora la testura audiovisiva rende disponibile maggiore spazio all’interpretazione scenica. Chéreau si oppone alle strategie illusionistiche del teatro naturalista, svuotando letteralmente il palcoscenico che diventa così campo di azione degli interpreti. Mantenendo costantemente lo sfondo scuro e orientando i fari di luce sui personaggi, egli rinuncia a uno dei più importanti fattori unificanti delle cinque scene: il passaggio graduale dal mattino alla notte. Una rilevante porzione di significato, che la partitura fissa mediante indicazioni su requisiti, gesti e movimenti, viene per così dire “trascritta” dal regista. Nella prima scena ad esempio manca qualsiasi riferimento alla casa di Marie; bastano gli orecchini e lo specchio rotto a evocare lo stato di animo principale e il battibecco con il figlioletto viene reso unicamente mediante i movimenti sull’avantiscena a sipario chiuso (il sipario si apre significativamente all’entrata di Wozzeck). Al culmine della terza scena, Wozzeck, anziché alzare le mani sulla compagna, cade in ginocchio mostrando la sua impotenza; dopodiché Marie si rivolge all’esterno con il proposito di fuggire per poi adagiarsi anche lei a distanza; contrariamente alle indicazioni di Berg, è lei l’ultima a lasciare la scena. Questo passaggio è realizzato con la piena consapevolezza del suo carattere di svolta: dopo che Marie è uscita, si chiude il sipario e si spengono tutte le luci; la musica per il cambio di scena, la sezione A del Ländler, si ascolta nell’oscurità assoluta, è come un gigantesco segno di interpunzione al centro dell’atto, un “due punti” con cui si apre la seconda parte di un ragionamento. Basandosi primariamente sull’insieme di parola e musica, Chéreau ha costruito un paesaggio interiore di estrema efficacia; ha riscritto la “partitura scenica” mettendo in movimento le figure e visualizzando le loro reazioni psicofisiche. Il rapporto tra individuo e ambiente sociale – una delle cifre per comprendere Büchner – viene trasformato in quello tra attante e spazio d’azione; l’allestimento non mostra il mondo esterno nella sua concretezza bensì attraverso il filtro della coscienza interiore del protagonista.

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Copertina dello spartito per canto e pianoforte, Vienna, Universal Edition, 1970.

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Autoritarismo e dittatura

Wozzeck è una testimonianza artistica sui pericoli dell’autoritarismo scriteriato e ingiustamente tollerato dalla società, quando non addirittura incoraggiato nelle dittature. Il testo, che aveva lasciato inizialmente perplesso Schönberg, non è una semplice descrizione di un fatto di cronaca nera, ma l’analisi approfondita di un inconscio devastato.

George Grosz. «Se i soldati...», vignetta della serie Abrechnung folgt!, Berlino, 1923.

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Per evocare il clima da osteria nella quarta scena, il regista si limita ad aprire il sipario su un’orchestrina; gli avventori non sono un gruppo festante bensì individui anonimi che percorrono in lungo e in largo, smarriti e in ordine sparso, l’intera superficie del palcoscenico. Questo accorgimento permette di trasferire sul piano visivo uno strato di significato che è situato interamente nella musica: il piacere dei convenuti è puramente apparente e il quadro è pervaso da un’atmosfera desolante. Per due volte, all’inizio e alla fine dello Scherzo II, la compagnia si scinde in due gruppi, di soli maschi e di sole femmine, evidenziando il motivo della “lotta tra i sessi”, che Berg aveva accolto dalle letture di Strindberg e Weininger. L’interpretazione di Chéreau è coerente con le strategie compositive di Berg che presenta il noto (Ländler, valzer e canzonette) in forma straniata. Wozzeck rappresenta una pietra miliare nella storia del teatro musicale non solamente perché è la prima opera la cui tecnica compositiva non si fonda più sul linguaggio tonale – anzi oggi, a distanza di quasi un secolo e visto il rapporto dialogico che Berg istituisce con il sistema tonale, questo appare come un aspetto di superficie. Le istanze di innovazione risiedono proprio dove non ce le si aspetta: nell’idea di fornire una nuova configurazione ai rapporti tra parola, musica e immagine, nella quale trova eco l’insegnamento di Wagner. Il passo compiuto da Berg riguarda innanzitutto l’intuizione di un tracciato temporale delle immagini, che può essere segmentato con criteri analoghi a quelli validi per il testo letterario e la musica, un tracciato che pone sempre questioni circa i punti di sincronizzazione o sfasamento, le coincidenze semantiche o espressive, le dissonanze o consonanze con i restanti livelli mediali. La scena non ha semplice funzione decorativa né è un supporto per un significato collocato altrove. Si pone pertanto il problema della notazione di questo tracciato; il compositore attinge al suo mezzo prediletto, la scrittura, e diventa “regista ideale”.29 Tuttavia l’aspetto più rilevante della riflessione di Berg è l’avere intuito che, nel dramma musicale, la gerarchia tra le dimensioni mediali non è un dato inamovibile ma una struttura variabile; come nel cinema moderno, la musica può essere subordinata a un percorso definito dall’insieme parola-immagine oppure fungere da forza trainante del senso complessivo. La partitura di Wozzeck appare come un testo polistratificato, che si articola per intersezioni sintattico-semantiche e dà origine a molteplici campi di interpretazione. Così come, sul piano musicale, la forma sonata è una forma più rigorosa di una rapsodia, le sezioni in cui la dimensione visiva diventa predominante sono caratterizzate da un elevato livello di organizzazione scenica. Analizzare questa partitura significa immaginare una catena di eventi multimediali.

Alban Berg, “Conferenza su Wozzeck”, in id., Suite lirica. Tutti gli scritti, a cura di Anna Maria Morazzoni, Il Saggiatore, Milano, 1995, p. 32. 2 Richard Wagner, “Das Kunstwerk der Zukunft”, in Wagner, Gesammelte Schriften und Dichtungen, Band 3, Leipzig, 1907, p. 60. 3 Richard Wagner, “Beethoven”, in id., Scritti su Beethoven, trad. it. di A. Ulm e G. della Sanguigna, Passigli, Firenze, 1991, p. 168. Su questa problematica cfr. Carl Dahlhaus, “Die Bedeutung des Gestischen in Wagners Musikdramen”, in id., Gesammelte Schriften, Band 7, hrsg. von Hermann Danuser in Verbindung mit Hans-Joachim Hinrichsen und Tobias Plebuch, Laaber, Laaber, 2004, pp. 337-351. 1

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Capolavoro espressionista

La Via Crucis del protagonista – quella che il teatro dell’Espressionismo chiamava Stationendrama, il progressivo sprofondare verso la fine – è stata organizzata da Berg con studiata esattezza drammatica. Le quindici scene di Wozzeck hanno tutte una struttura precisa: si tratta di forme derivate per lo più dalla musica strumentale. I tre atti, di cinque scene ciascuno, vennero riassunti dall’autore in altrettanti programmi espressivi: “Esposizione”, “Peripezia”, “Catastrofe”. La geometria formale che stritola il sistema nervoso del protagonista è di segno inequivocabilmente espressionistico, come lo sono le urla angosciate di Wozzeck, imprigionato in rigide gabbie sonore.

Edvard Munch. Disperazione (Oslo, Munch-Museet).

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Alban Berg, “Allestimenti moderni per Wagner”, in id., Suite lirica..., cit., p. 21. Cfr. Douglas Jarman, Alban Berg: Wozzeck, Cambridge University Press, Cambridge, 1989, pp. 92-109. 6 Cfr. Peter Petersen, Aban Berg. Wozzeck. Eine semantische Analyse unter Einbeziehung der Skizzen und Dokumente aus dem Nachlass Bergs (Musik-Konzepte. Sonderband), hrsg. von Heinz-Klaus Metzger und Rainer Riehn, edition text+kritik, München, 1985, p. 59. 7 Le riflessioni di Béla Balász – che tra l’altro scrisse il libretto di Il castello del duca Barbablù di Bartók – sulla svolta verso la visibilità impressa dall’arte cinematografica possono essere uno spunto per comprendere alcuni aspetti del teatro musicale di Berg; cfr. Balász, “L’uomo visibile”, in Leggere il cinema, a cura di A. Barbera e R. Turigliatto, Mondadori, Milano, 1978, pp. 108-110. 8 Cfr. Theodor W. Adorno, Hanns Eisler, La musica per film, Newton Compton, Roma, 1975, e Siegfried Kracauer, Teoria del film, Il Saggiatore, Milano, 1995. 9 Cfr. Alban Berg, “Istruzioni pratiche per lo studio di Wozzeck”, in id., Suite lirica..., cit., pp. 23-30. 10 Cfr. Sara Gennaro, Gianmario Borio, “Multimedialità e metamorfosi del concetto di opera”, in Storia dei concetti musicali, vol. 2 (Espressione, forma, opera), a cura di Gianmario Borio e Carlo Gentili, Carocci, Roma, 2007, pp. 335-353. 11 Alban Berg, “Teatro d’opera”, in id., Suite lirica..., cit., p. 19. 12 Cfr. Leo Treitler, “Wozzeck and the Apocalypse: An Essay in Historical Criticism”, in Critical Inquiry, 3/2 (1976), pp. 251-270. 13 Pubbl. in Berg, Suite lirica..., cit., p. 373. 14 Alban Berg, “Le forme musicali nella mia opera Wozzeck”, in id., Suite lirica, cit., p. 7. 15 Berg, “Conferenza su Wozzeck”, cit., p. 42. 16 Contrassegno questi pentacordi con le lettere impiegate da George Perle nel suo The Operas of Alban Berg, vol. 1 (Wozzeck), University of California Press, Berkeley, 1989, p. 138. Per la set theory essi appartengono agli insiemi 5-Z17, 5-19 e 5-15 (cfr. Janet Schmalfeldt, Berg’s Wozzeck. Harmonic Language and Dramatic Design, Yale University Press, New Haven/London, 1983, p. 97). 17 Cfr. Arnold Schönberg, Funzioni strutturali dell’armonia, a cura di Luigi Rognoni, Il Saggiatore, Milano, 1985, pp. 238-245. 18 Theodor W. Adorno, Alban Berg. Il maestro del minimo passaggio, a cura di Paolo Petazzi, Feltrinelli, Milano, 1983, p. 113. 19 Cfr. Perle, The Operas of Alban Berg, cit., p. 153. 20 Berg, “Istruzioni pratiche per lo studio di Wozzeck”, cit., p. 26. 21 Nella discussione degli esempi attingerò talvolta alle analisi di Jürgen Kühnel, “Wozzeck im Fernsehen. Vergleichende Analyse dreier Inszenierungen und ihrer Fernsehadaptionen”, in Alban Bergs Wozzeck und die Zwanziger Jahre, hrsg. von Peter Csobádi et al., Müller-Speiser, Salzburg, 1999, pp. 375-399. 22 DVD B00005U1WK. L’orchestra è diretta da Claudio Abbado; gli interpreti principali sono Franz Grundheber (Wozzeck), Walter Raffeneiner (Tamburmaggiore), Philip Landridge (Andres), Hienz Zednik (Capitano), Aage Haugland (Dottore), Hildegard Behrens (Marie). 23 DVD B00004CTQW. Si tratta di una coproduzione del Théâtre du Châtelet di Parigi, del Lyric Opera Chicago e della Deutsche Staatsoper Unter den Linden di Berlino. L’orchestra è diretta da Daniel Barenboim; gli interpreti principali sono Franz Grundheber (Wozzeck), Mark Baker (Tamburmaggiore), Endrik Wottrich (Andres), Graham Clark (Capitano), Günther von Kannen (Dottore), Waltraud Meier (Marie). 24 DVD B000ENC402. L’orchestra è diretta da Sylvain Cambreling; gli interpreti principali sono Dale Duesing (Wozzeck), Ronald Hamilton (Tamburmaggiore), Barry Banks (Andres), Dieter Bundshuh (Capitano), Frode Olsen (Dottore), Christine Ciesinski (Marie). 25 Cit. dall’intervista “Rausch aus der Rauschanstalt - Peter Mussbach über die Oper”, in http://www.crescendo.de/blog/?p=100. 26 Cfr. Freddie Rokem, “Witnessing Woyzeck: Theatricality and the Empowerment of the Spectator“, in SubStance, 31, 2-3 (2002), pp. 167-183. 27 DVD B000NIWI9A. L’orchestra è diretta da Bruno Maderna; gli interpreti principali sono Toni Blankenheim (Wozzeck), Richard Cassilly (Tamburmaggiore), Peter Haage (Andres), Gerhard Unger (Capitano), Hans Sotin (Dottore), Sena Jurinac (Marie). 28 Cfr. Perle, The Operas of Alban Berg, cit., p. 41. 29 Alban Berg, “Il problema dell’opera”, in id., Suite lirica..., cit., p. 13. 4 5

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“Da capo”

Quando, alla fine dell’opera, un gruppo di bambini trova il cadavere sgozzato di Marie – la donna di Wozzeck – con loro sta giocando anche il figlio della coppia, per il quale è facile immaginare un analogo destino di diseredato sociale, come se l’opera dovesse ricominciare da capo. Berg fece osservare che la risoluzione naturale della sonorità sospesa con cui termina Wozzeck potrebbe essere l’attacco dell’opera stessa, che si potrebbe eseguire in una sorta di perenne ritornello, di eterno e allegorico “da capo”.

Edvard Munch. Bambini nel viale (Oslo, Munch-Museet).

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Alban Berg giovinetto nella sua stanza. Da: K. Monson, Berg, Boston, 1979.

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Alban Berg Elias Canetti

O

ggi mi sono riguardato con commozione alcune immagini di Alban Berg. Non oso ancora adesso parlare dei miei rapporti con lui. Voglio soltanto accennare ad alcuni incontri, e lo farò, per così dire, solo dall’esterno. L’ultima volta l’ho visto al Café Museum poche settimane prima della sua morte, e fu un breve incontro notturno, dopo un concerto. Io lo ringraziai di una sua bellissima lettera, lui mi domandò se qualcuno aveva già recensito il mio libro. Gli dissi che era ancora troppo presto, ma lui non sembrava d’accordo ed era pieno di sollecitudine verso di me. Senza dirlo espressamente, voleva avvertirmi di un pericolo a cui dovevo prepararmi. Era in pericolo lui stesso, e tuttavia voleva proteggermi. Sentivo il calore che aveva per me fin dal nostro primo incontro. «Ma che cosa può succedere di tanto grave», gli dissi, «quando si è ricevuta una lettera come la sua?» Si schermì, sebbene fosse contento di quel che dicevo. «A sentire lei, sembrerebbe che la lettera gliel’abbia scritta Schönberg», disse, «ma è soltanto una lettera mia.» Non che mancasse di amor proprio. Sapeva benissimo chi era. Ma c’era un uomo che con fede incrollabile metteva sopra di sé: Arnold Schönberg. Io gli volevo bene per quella generosa ammirazione di cui era capace. Ma avevo motivo di volergli bene per molte cose. Allora non sapevo che Berg soffriva da mesi di foruncolosi, non sapevo che gli restavano solo poche settimane di vita. A Natale, improvvisamente, ebbi da Anna la notizia che era morto il giorno prima. Il 28 dicembre 1935 andai al cimitero di Hietzing per assistere alla sepoltura. Non vi trovai tutto il movimento che mi ero aspettato, non c’erano persone che camminassero in una determinata direzione. A un piccolo becchino deforme domandai dove si teneva la cerimonia per Alban Berg. «La salma Berg è lassù a sinistra», strillò a gran voce. Mi spaventai, ma seguii la direzione indicata e trovai un gruppo di forse trenta persone. C’era Ernst Krenek, c’erano Egon Wellesz e Willi Reich.1 Dei diversi discorsi ricordo soltanto che Reich si rivolse al defunto come al suo maestro, con la dimestichezza di un allievo. In verità non fu un gran discorso, ma era pieno ancora di umiltà davanti al maestro scomparso, e furono le sole parole che in quel momento non mi diedero fastidio. Gli altri, quelli che parlarono in maniera più intelligente e composta, non li ascoltai, non volevo ascoltarli perché non mi sentivo di ammettere che eravamo lì a seppellire Alban Berg. Lo vedevo davanti a me, lo vedevo ondeggiare lievemente dopo un concerto in cui

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La sala da pranzo della famiglia Berg. Da: Erich Alban Berg, Der unverbesserliche Romantiker. Alban Berg 1885-1935, Wien, 1985.

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lo avevano commosso alcuni poèmes di Debussy. Alto com’era, camminava piegato in avanti, e quando poi cominciò quell’ondeggiare pareva che il vento gli soffiasse intorno, così che lui somigliava a un lungo stelo. Disse «meraviglioso», ma la parola gli rimase a metà in gola, sembrava quasi ubriaco. Era un balbettio che racchiudeva in sé un elogio, una confessione ondeggiante. Quando andai a trovarlo la prima volta a casa sua – gli ero stato raccomandato da H.2 – mi colpì l’allegria con la quale mi accolse. Famoso nel mondo, lebbroso a Vienna – mi ero immaginato un uomo di spettrale ritrosia. Me lo figuravo lontano dal suo ambiente di Hietzing e non mi domandavo perché abitasse lì. Non lo collegavo con Vienna, se non sotto un aspetto: lui, grande compositore, era lì per sperimentare il disprezzo della città musicale per eccellenza. Pensavo che Berg doveva essere così, che le opere meritevoli di attenzione potevano nascere solamente in una simile atmosfera di ostilità; e non facevo differenza tra compositori e scrittori, negli uni e negli altri c’era la stessa capacità di resistenza, una qualità fondamentale nella loro natura. Mi sembrava che quella resistenza scaturisse da un’unica fonte, che quella forza si alimentasse alla sorgente di Karl Kraus. Non ignoravo l’importanza che Karl Kraus aveva per Schönberg e per i suoi allievi. All’inizio, forse, dipendeva da questo la buona opinione che avevo di loro. Ma nel caso di Alban Berg si aggiungeva il fatto che aveva scelto il Wozzeck come soggetto della sua opera. Ero andato da lui con le più grandi speranze, immaginando però una persona ben diversa: quando mai si riesce a immaginare esattamente un uomo eccezionale? Ma Alban Berg è l’unico che, dopo avermi ispirato tante speranze, non mi abbia deluso. Rimasi sbalordito dalla sua naturalezza. Non pronunciava grandi frasi. Era curioso perché di me non sapeva niente. Domandò che cosa avevo fatto fino allora, se era possibile leggere qualcosa di mio. Dissi che non avevo pubblicato neanche un libro, soltanto l’edizione di Nozze per il teatro. In quel momento cominciò a volermi bene, anche se in realtà me ne sono reso conto solo più tardi. Ciò che provai allora fu un calore improvviso, quando mi disse: «Dunque non c’è nessuno che si sia fidato. Potrei leggere il dramma?». Nella domanda non c’era un’enfasi particolare, e tuttavia non si poteva dubitare che dicesse sul serio, perché subito aggiunse per farmi coraggio: «A me è successo esattamente lo stesso. Vuol dire che c’è qualcosa che vale». Con questo accostamento non sminuiva se stesso, ma con una frase simile mi riempiva di speranza, mi faceva il dono più grande. Non era la speranza che H. dispensava con la sua abilità organizzativa, la speranza che ti lasciava freddo o ti deprimeva, la speranza che H. si affrettava a trasformare in strumento di potere: era qualcosa di personale, di semplice, senza nessuna apparente pretesa, anche se presupponeva una richiesta. Gli promisi il testo del dramma e non ebbi alcun dubbio sulla sincerità del suo interessamento. Gli raccontai in quale stato d’animo mi ero imbattuto nel Wozzeck a ventisei anni e quante volte avessi letto e riletto quel frammento durante una sola notte. Venne fuori che Berg aveva ventinove anni quando aveva vissuto l’esperienza della prima rappresentazione del Wozzeck a Vienna. L’aveva visto molte volte e aveva subito deciso di farne un’opera. Io gli dissi anche come il Wozzeck avesse preparato la strada a Nozze: non c’era una connessione diretta, ma io solo sapevo quanto il mio dramma fosse legato a quello di Büchner.

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Poi, nel corso della conversazione, mi permisi alcune temerarie osservazioni su Wagner, e lui le rintuzzò deciso, ma senza asprezza. Del Tristano aveva un concetto che sembrava immutabile. «Lei non è un musicista», disse, «altrimenti non parlerebbe così.» Mi vergognai della mia impertinenza, ma come si vergognerebbe uno scolaro che ha dato una risposta sbagliata, e non ebbi la sensazione che il mio passo falso avesse intiepidito l’interesse che Berg mi aveva dimostrato. Subito dopo, infatti, per togliermi dall’imbarazzo, mi pregò di nuovo di fargli avere il testo di Nozze. Non fu quella la sola occasione in cui Berg intuì ciò che stava accadendo in me. A differenza di molti musicisti non era sordo alle parole. Le accoglieva in sé quasi come la musica, capiva il linguaggio degli uomini non meno di quello degli strumenti. Già dopo il primo incontro sapevo che Berg apparteneva a quel piccolo gruppo di musicisti che vedono gli uomini nello stesso modo degli scrittori. Quando ero andato a trovarlo ero per lui un perfetto sconosciuto, e questa circostanza mi rivelò il suo amore per gli esseri umani, un amore così forte che Berg poteva difendersene soltanto con la sua inclinazione alla satira. Nel viso aveva sempre un tratto di ironia, intorno alla bocca e agli occhi, e gli sarebbe bastato poco per alzare una barriera di asprezza davanti alla propria cordialità. Preferiva invece servirsi dei grandi satirici, ai quali rimase fedele per tutta la vita. Vorrei parlare di ogni mio singolo incontro con Alban Berg, e non furono tanto rari nel corso dei pochi anni della nostra conoscenza. Ma su tutti si è allungata l’ombra della sua morte precoce: morì, come Gustav Mahler, prima di arrivare al cinquantunesimo anno. Così tutti i colloqui di cui conservo il ricordo hanno perduto colore, e io temo di alterare la serenità di Berg con la tristezza che continuo a provare per lui. Penso a una frase contenuta in una lettera a un suo allievo, della quale venni a sapere solo molti anni dopo: «Uno, due mesi ho ancora da vivere ma poi? – Non penso ad altro e non mi arrovello che su questo – sono dunque profondamente depresso». Questa frase non si riferiva alla malattia, ma all’urgenza della minaccia che incombeva. Negli stessi giorni Berg mi scriveva la meravigliosa lettera sul mio romanzo, che aveva letto in quella condizione di spirito. Soffriva atrocemente e temeva per la vita stessa, ma non buttò via il libro, se ne lasciò opprimere, era risoluto a rendere giustizia all’autore e gli rese giustizia; perciò la sua lettera, la prima che io abbia ricevuto su quel libro, mi è rimasta la più cara di tutte. Sua moglie Helene gli è sopravvissuta per più di quarant’anni. C’è gente che trova da ridire su questo e in particolare contesta il fatto che Helene possa essere rimasta in comunicazione col marito per tutti quegli anni. Anche se lei era prigioniera di un’illusione, anche se lui le parlava solo dentro di lei e non dall’esterno, questa è pur sempre una forma di sopravvivenza per la quale io provo rispetto e ammirazione. Io stesso vidi Helene trent’anni dopo la morte di Berg, al termine di una conferenza di Adorno a Vienna. Usciva dalla sala, piccola e rattrappita, una donna decrepita, così assente che dovetti farmi coraggio per rivolgerle la parola. Non mi riconobbe, ma quando le dissi il mio nome rispose: «Ah, signor C.! È passato tanto tempo. Alban parla sempre di lei». Ero imbarazzato e talmente commosso che mi congedai subito. Rinunciai a farle una visita, sebbene mi sarebbe veramente piaciuto ritornare nella casa di Hietzing in cui lei abitava tuttora. Non volevo disturbare l’intimità del dialogo in cui era sempre assorta, tutto quello che era avvenuto tra loro due continuava ad avvenire come se fos-

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Il drammaturgo

Georg Büchner, medico e drammaturgo tedesco morto di tifo nel 1837 a soli ventiquattro anni, nel suo dramma narrava dell’esercito del suo tempo, ma la realtà umiliante del soldato non era sostanzialmente cambiata all’epoca di Berg. Si trattava di una pièce mai rappresentata fino al 1913. Il titolo originale era Woyzeck, e riprendeva un autentico caso medico-giudiziario di alienazione mentale dei primi anni Venti dell’Ottocento. Nella prima edizione del dramma, pubblicato solo nel 1879, il curatore Franzos lo aveva chiamato Wozzeck, perché nel manoscritto era difficile distinguere la “yz” dalla doppia “z”.

Georg Büchner. Autoritratto. Da: Georg Büchner, Atti del seminario, Goethe Institut, Palermo, 1985.

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Helene Nahowski. Alban Berg la sposò il 3 maggio 1911. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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se oggi. Quando si trattava delle opere del marito, lei gli chiedeva consiglio e lui le dava la risposta che lei si immaginava. Qualcuno crede forse che altri conoscessero meglio i desideri di Berg? Ci vuole moltissimo amore per dare vita a un morto in modo che non scompaia mai più, in modo da udirne la voce, da parlare con lui e conoscere i desideri che egli avrà sempre, poiché gli si è data la vita.

B. F. Dolbin. Alban Berg e Arnold Schönberg assistono a una prova del Quartetto Kolisch nel 1923, disegno (Parigi, Raccolta André Meyer).

© 1985 Carl Hanser Verlag, München-Wien © 1985 Adelphi Edizioni s.p.a., Milano 471458 Da: Elias Canetti, Il gioco degli occhi - Storia di una vita (1931-1937), trad. it. di Gilberto Forti.

Ernst Krenek (1900-1991), compositore, e secondo marito di Anna Mahler; Egon Wellesz (1885-1974), compositore e musicologo; Willi Reich (1898-1980), autore di importanti studi su Berg. Si tratta di Hermann Scherchen (1891-1966), direttore d’orchestra, che favorì l’incontro di Canetti con Alban Berg. 1

2

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Wozzeck alla Scala dal 1952 al 2000

(a cura di Andrea Vitalini)

5 giugno 19521 4 rappresentazioni (repliche: 7, 9, 11 giugno)

27 marzo 1971 6 rappresentazioni (repliche: 29 marzo; 1, 3, 5, 6 aprile)

Maestro Concertatore e Direttore Dimitri Mitropoulos Maestro del Coro Vittore Veneziani Regia Herbert Graf Bozzetti Gianni Ratto Figurini Ebe Colciaghi Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Concertatore e Direttore d’Orchestra Claudio Abbado Maestro per il Coro Augusto Parodi Regia Karel Jernek Scene Josef Svoboda Costumi Vittorio Rossi Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI

INTERPRETI

Wozzeck Tito Gobbi

Tambourmajor Mirto Picchi

Andres Petre Munteanu

Hauptmann Hugues Cuenod

Doktor Italo Tajo

2 Handwerksburschen Carlo Badioli Enrico Campi

Der Narr Luciano Della Pergola Margret Eugenia Zareska Ein Soldat Luigi Fort

Marie Dorothy Dow Mariens Knabe Silvana Fasola Ein Bursche Vittorio Pandano

Wozzeck Gerd Nienstedt / Tony Blankenheim

Tambourmajor Ticho Parly / Gianfranco Manganotti

Andres Josef Hopferwieser / Herbert Handt

Hauptmann Mirto Picchi / Herbert Handt

Doktor Paolo Montarsolo / Angelo Nosotti

2 Handwerksburschen Federico Davià / Teodoro Rovetta Alfredo Giacomotti / Bruno Grella

Der Narr Saverio Porzano Margret Laura Zannini / Laura Bocca Ein Soldat Gianfranco Manganotti / Regolo Romani

1

Prima rappresentazione a Milano. Edizione in lingua italiana (traduzione di A. M.).

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Marie Evelyn Lear / Alexandra Hunt Mariens Knabe Lorena Fasoli Ein Bursche Gianfranco Manganotti / Regolo Romani

3 aprile 1977 9 rappresentazioni (repliche: 5, 7, 9, 12, 15, 17, 21, 23 aprile)

15 maggio 1979 4 rappresentazioni (repliche: 16, 18, 19 maggio)

Concertatore e Direttore d’Orchestra Claudio Abbado Maestro Direttore del Coro Romano Gandolfi Regia Luca Ronconi Scene Gae Aulenti Costumi Gae Aulenti Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Concertatore e Direttore d’Orchestra Claudio Abbado Direttore del Coro Romano Gandolfi Regia Luca Ronconi Scene Gae Aulenti Costumi Gae Aulenti Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI

INTERPRETI

Wozzeck Guglielmo Sarabia / Gottfried Hornik Andres Gerald English / Franco Castellana Doktor Paolo Montarsolo / Angelo Nosotti Der Narr Saverio Porzano

Tambourmajor Carlo Bini

Wozzeck Guglielmo Sarabia

Hauptmann Gerhard Unger / Gerald English

Andres Gerald English / Philip Lengridge

2 Handwerksburschen Federico Davià Alfredo Giacomotti

Doktor Helmut Berger-Tuna / Nikolaus Hillebrand

Marie Wendy Fine / Gloria Lane

Der Narr Saverio Porzano

Margret Laura Zannini / Laura Bocca

Mariens Knabe Cristian Gandolfi / Simone Fasoli

Ein Soldat Gianfranco Manganotti

Ein Bursche Gianfranco Manganotti

Tambourmajor Karl Walter Böhm / Ruggero Orofino Hauptmann Gerhard Unger / Gerald English 2 Handwerksburschen Hans Tschammer / Francesco Ruta Alfredo Giacomotti

Margret Laura Zannini

Marie Janis Martin / Wendy Fine

Ein Soldat Gianfranco Manganotti

Mariens Knabe Laura Mazzola Ein Bursche Gianfranco Manganotti

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28 febbraio 1997 6 rappresentazioni (repliche: 2, 4, 6, 8, 9 marzo)

15 febbraio 2000 5 rappresentazioni (repliche: 18, 20, 22, 24 febbraio)

Concertatore e Direttore d’Orchestra Giuseppe Sinopoli Direttore del Coro Roberto Gabbiani Regia Jürgen Flimm Scene Erich Wonder Costumi Florence von Gerkan Orchestra e Coro 2 del Teatro alla Scala

Concertatore e Direttore d’Orchestra James Conlon Maestro del Coro Roberto Gabbiani Regia Jürgen Flimm Regia ripresa da Giovanna Maresta Scene Erich Wonder Costumi Florence von Gerkan Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI

INTERPRETI

Wozzeck Franz Grundheber

Tambourmajor Kim Begley

Wozzeck Peter Weber

Der Narr Jörg Holm

Andres Michael Howard

Hauptmann Jyrki Niskanen

Tambourmajor Wolfgang Schmidt Peter Straka

Marie Waltraud Meier

Doktor Kurt Rydl

2 Handwerksburschen Bodo Schwanbeck Silvestro Sammaritano

Andres David Kübler

Marie Catherine Malfitano

Hauptmann Graham Clark

Mariens Knabe Agostino Oddo / Marco Stefano Vicario

Doktor Günther von Kannen

Der Narr Jörg Holm Margret Natasha Petrinsky Ein Soldat Ernesto Gavazzi

Ein Bursche Ernesto Gavazzi

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2 Handwerksburschen Andreas Macco Markus Eiche

Margret Ute Döring Mariens Knabe Vittoria Tarenzi Ein Soldat Lasha Nikabadze Ein Bursche Lasha Nikabadze

Wozzeck a Milano, Teatro alla Scala, 5 giugno 1952. Direttore Dimitri Mitropoulos, bozzetti di Gianni Ratto, figurini di Ebe Colciaghi, regia di Herbert Graf. In questa pagina e nelle seguenti: alcuni bozzetti di Gianni Ratto. Lo studio del Dottore, atto I, scena 4.

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In alto: atto II, scena 4. In basso: atto II, scena 5.

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Foto Erio Piccagliani

Dimitri Mitropoulos si rivolge al pubblico che contesta lo spettacolo.

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Foto Erio Piccagliani

Wozzeck a Milano, Teatro alla Scala, 27 marzo 1971. Direttore Claudio Abbado, regia di Karel Jernek, scene di Josef Svoboda. In questa pagina e in quella di fronte: alcuni momenti dell’azione.

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165 Foto Erio Piccagliani

Foto Erio Piccagliani

Wozzeck (Gerd Nienstedt) e il Capitano (Mirto Picchi) nell’atto I, scena 1.

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Foto Erio Piccagliani

Wozzeck (Gerd Nienstedt) e il Dottore (Paolo Montarsolo) nell’atto I.

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Wozzeck a Milano, Teatro alla Scala, 3 aprile 1977. Direttore Claudio Abbado, regia di Luca Ronconi, scene e costumi di Gae Aulenti. Gae Aulenti. Bozzetto dell’impianto di base della scena.

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Gae Aulenti. Figurini per i costumi di Wozzeck e di Marie.

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Alcuni momenti dell’azione.

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Foto Erio Piccagliani

Foto Erio Piccagliani

Foto Erio Piccagliani Foto Erio Piccagliani

In alto: Wozzeck (Guglielmo Sarabia) e il Capitano (Gerhard Unger) nell’atto I. In basso: Wozzeck (Guglielmo Sarabia) e il Dottore (Paolo Montarsolo) nell’atto I.

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Foto Guido Harari Foto Guido Harari

Wozzeck al Teatro alla Scala, 28 febbraio 1997. Direttore Giuseppe Sinopoli, regia di Jürgen Flimm, scene di Erich Wonder, costumi di Florence von Gerkan. In alto: atto I, Franz Grundheber (Wozzeck) e Jyrki Niskanen (Capitano). In basso: atto I, Michael Howard (Andres) e Franz Grundheber (Wozzeck).

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Foto Guido Harari Foto Guido Harari

In alto: atto I, Catherine Malfitano (Marie) e Franz Grundheber (Wozzeck). In basso: atto I, Franz Grundheber (Wozzeck) e Kurt Rydl (Dottore).

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Foto Guido Harari

Atto I, Franz Grundheber (Wozzeck) e Kurt Rydl (Dottore).

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Foto Guido Harari Foto Guido Harari

In alto: atto I, Catherine Malfitano (Marie) e Jyrki Niskanen (Capitano). In basso: atto II, Jyrki Niskanen (Capitano) e Kurt Rydl (Dottore).

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Foto Guido Harari Foto Guido Harari

In alto: atto II, Catherine Malfitano (Marie) e Agostino Oddo (il figlio di Marie). In basso: atto II, Kurt Rydl (Dottore), Franz Grundheber (Wozzeck) e Jyrki Niskanen (Capitano).

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Foto Guido Harari

Atto II, Franz Grundheber (Wozzeck) e Natascha Petrinsky (Margret).

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Foto Andrea Tamoni Foto Andrea Tamoni

Wozzeck al Teatro alla Scala, 15 febbraio 2000. Direttore James Conlon, regia di Jürgen Flimm, scene di Erich Wonder, costumi di Florence von Gerkan. In alto: una scena dell’atto I. In basso: atto I, scena 2. David Kübler (Andres) e Peter Weber (Wozzeck).

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Foto Andrea Tamoni Foto Andrea Tamoni

Atto I, scena 4. Peter Weber (Wozzeck) e Günther von Kannen (Dottore).

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Foto Andrea Tamoni Foto Andrea Tamoni

In alto: atto I, scena 4. In basso: atto I, scena 5. Waltraud Meier (Marie).

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Foto Andrrea Tamoni

Atto II, scena 1. Jörg Holm (Il matto).

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Foto Andrea Tamoni Foto Andrea Tamoni

In alto: atto II, scena 1. Waltraud Meier (Marie). In basso: atto II, scena 3.

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Foto Andrea Tamoni Foto Andrea Tamoni

In alto: atto II, scena 4. In basso: atto II, scena 4. Jörg Holm (Il matto) e Peter Weber (Wozzeck).

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Foto Andrrea Tamoni

Atto II, scena 4. Peter Weber (Wozzeck).

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Atto III, scena 3.

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Foto Andrea Tamoni

Foto Andrea Tamoni

A colloquio con Jürgen Flimm a cura di Alberto Triola

C

osa ci può dire del suo personale approccio al capolavoro di Alban Berg? Devo subito premettere di avere con l’opera di Büchner un rapporto privilegiato, di amore e frequentazione approfondita; ne ho messo in scena tutti i lavori, da Dantons Tod a Leonce und Lena, due volte Woyzeck e persino Lenz, che è una novella e non propriamente un dramma. Lo ritengo indubbiamente uno dei più grandi autori della storia letteraria e teatrale tedesca, e il mio approccio alla messa in scena di questo Wozzeck non poteva pertanto prescindere da questo personale sentimento di grande affinità e familiarità. Studiando la versione musicale del dramma, ho trovato soprattutto interessante il modo in cui Alban Berg, ereditato il testo büchneriano, incompiuto, lo ha portato a una perfetta conclusione, straordinariamente in linea e in sintonia con lo spirito originario.

Come si potrebbe spiegare questa affinità elettiva? Tale impressionante affinità deriva a mio parere da una coincidenza storico-culturale che avvicina i due artisti al di là di quanto non dica l’anagrafe. Ai tempi in cui Berg componeva, l’opera di Büchner era stata completamente dimenticata, praticamente nessuno lo ricordava più. Berg s’imbatté quasi per caso nel dramma Woyzeck. Fu un incontro immediato di anime e di geni. Ne rimase affascinato, anche se l’edizione di cui poté disporre era incompleta, frammentaria e spuria. Büchner, pur essendo anagraficamente collocato nel pieno dell’età romantica, si era trovato in realtà a testimoniare l’esplodere di una nuova era di teatro, quello moderno e realista, che già risentiva, preannunciandone i temi, il grande clima della scoperta dell’inconscio e della psicoanalisi. Allo stesso modo, Alban Berg si colloca all’inizio di una nuova età musicale: allievo di Schönberg, è protagonista di una diversa concezione della musica e del teatro musicale. Come Büchner apre la porta di un nuovo mondo teatrale, il realismo, così Berg spalanca quella di un nuovo universo musicale, in cui il linguaggio dell’armonia aderisce come una seconda pelle alle vertigini dell’anima umana. Entrambi sono stati voluti dalla storia in corrispondenza di un punto di rottura, ciascuno per il proprio genere espressivo. E, pur vivendo con quasi settanta anni di scarto, si incontrarono in un punto, in modo incredibile. La linea drammatica büchneriana aderisce perfettamente allo sviluppo musicale di Berg. Come lo scrittore scandaglia l’animo

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dei suoi personaggi con straordinaria acutezza d’indagine psicologica, così il musicista, inventando un linguaggio e una struttura formale assolutamente particolari, esalta le potenzialità introspettive del dramma originario. Se ascoltiamo la musica, troviamo esattamente la stessa capacità di analisi. C’è qualcosa in particolare che accomuna il lavoro dei due artisti? Sì. In entrambi riscontro un forte istinto protettivo nei confronti dei propri personaggi; un’implorazione, non diretta, a considerarne i destini con umana pietas. Nel soggetto si parla di esperimenti clinici con un realismo anche esasperato; si tratta anche di una vicenda che oggi definiremmo di cronaca nera, ma tanto nell’opera quanto nel dramma c’è molto altro. La materia non si limita al soggetto clinico-giudiziario. Emerge un mondo senza Dio. Paradossalmente si parla molto di Bibbia; Büchner fa ricorso spesso e volentieri a temi, parole e immagini tratti dal linguaggio biblico, e questo codice esaspera ancora di più il clima di un mondo dove non v’è traccia di Dio. Veniamo ai personaggi del dramma: persone o simboli? Questo è un altro aspetto molto interessante; ci sono quattro personaggi al centro del dramma: Wozzeck, Marie, Andres e Margret, che fanno parte del mondo degli umili. Poi vengono gli altri: il Capitano, il Dottore, il Tamburmaggiore, il Pazzo; da notare che questi ultimi, gli “oppressori”, sono tutti senza nome, come a rappresentare una società opprimente e anonima, il grigio indistinto della massa: sono ombre, incubi. I primi sono i poveri diavoli, che parlano e tentano di comunicare fra loro. Sono indubbiamente degli individui: Wozzeck in particolare cerca di spiegare all’amico Andres le proprie sensazioni, ma è un’impresa disperata. Non esistono amici tali da poterti comprendere. In realtà egli non può neanche comunicare con Marie. Eppure sono personaggi potenzialmente positivi, ricchi, sfaccettati. Il soldato Wozzeck, uno dei grandi protagonisti della cultura letteraria e musicale moderna. Come lo ha visto nella sua regia? Quando ho pensato a Wozzeck, ho subito intuito la sua natura virtuale di artista: se fosse nato altrove e in un’altra situazione storica, sociale e culturale, avrebbe certamente potuto esprimere la propria sensibilità in una forma compiuta di creatività. È un uomo la cui pelle è sottile e molto ricettiva rispetto agli stimoli e ai segnali della natura: sente tutto ciò che si muove attorno, sotto e sopra di lui. In un altro senso ancora potrebbe essere visto come una sorta di profeta, un secondo Giovanni Battista. Non si tratta quindi di un semplice disadattato... È il mondo attorno a lui a essere fuori luogo; è la società che è stonata: pensiamo alla scena iniziale con il Capitano, che gli ripete continuamente di “non correre”, di “andare piano”. In realtà Wozzeck non corre per niente, si esprime poco e lentamente, con animo pacato; è piuttosto il Capitano che risulta vittima di una frenesia psicopatica del tutto innaturale. Solo nel momento in cui il Capitano tocca l’argomento più privato di Wozzeck, intendo dire suo figlio, allora il povero soldato reagisce e ha modo e forza di parlare veramente, di dire la sua. Vediamo benissimo come la pazzia non stia in Wozzeck ma negli altri che lo giudicano pazzo. Completamente pazzo è infatti pure il Dot-

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tore, e un’altra forma maniacale è anche quella del Tamburmaggiore, vittima della propria virilità esibita. Wozzeck è un’anima semplice e naturale: ama la sua donna, lavora come un dannato, si dà come cavia volontaria al Dottore e si presta come barbiere per il Capitano per arrotondare la propria paga. Il bimbo di Marie è forse il simbolo di un mondo nuovo, di un’alba, di un’inattesa apertura al futuro o cos’altro? In verità il tono, il colore dell’ultimo quadro senza ombra di dubbio è tutto nel registro della tristezza, dell’abbandono, della solitudine. Il bimbo resta assolutamente solo sulla scena. Penso che in questa desolazione non vi sia spazio per nessun futuro: la musica, il ritmo sono bloccati da Berg sulla formula del galoppo infantile: “Hop hop!”, iterata e immobile. È una visione di totale pessimismo. Nel dramma di Büchner il bimbo resta in scena con un piccolo giocattolo, che è elemento di fantasia e quindi di apertura, di creatività, di compagnia, di simpatia. In Wozzeck invece non resta neanche il segno, il simbolo dell’infanzia. Il codice linguistico è differente nei vari personaggi? Nel dramma teatrale sicuramente e chiaramente, ricorrendo Büchner anche all’uso del dialetto dell’Assia per il personaggio di Woyzeck. Nell’opera musicale in misura molto meno riconoscibile, anche se il linguaggio del Dottore e del Capitano si distingue per la sterile vacuità: essi non esprimono in realtà nulla, limitandosi a pronunciare parole, suoni scollegati e frammentari. Il loro linguaggio è come un guscio vuoto, puro atteggiamento esteriore, borioso e rude, laddove Wozzeck e Marie rivelano un linguaggio conciso e pregnante, fortemente simbolico e denso. Per gli umili il linguaggio non è un atteggiamento, ma una necessità esistenziale. Esiste allora una reale possibilità di dialogo fra i diversi personaggi? Esiste a mio avviso un segno di speranza, piccolo, debole e forse sterile: mi pare che i personaggi diseredati abbiano una sorta di simpatia reciproca, vivano un barlume di sintonia. Come del resto il gruppo stesso degli oppressori, che hanno un linguaggio comune, quello della malattia mentale e della mania. E sulla scena cosa vedremo? Ho voluto realizzare una assoluta continuità: abbiamo un impianto fisso, costituito da uno spazio concavo, malandato, logoro, indefinito; non dovendo prevedere cambi di scena, possiamo rispettare al massimo la continuità musicale pensata da Berg. Il sipario cala esclusivamente alla fine dei singoli atti. Ho voluto evidenziare il flusso ininterrotto del dramma e della tensione psicologica che porta l’ascoltatore dall’inizio concitato alla scena finale, desolata, immobile, irrisolvente. Parliamo dell’espressionismo di Wozzeck. La sua regia privilegia la componente fisica, materiale oppure quella simbolica, astratta e metafisica? Io sono sempre interessato a mettere in scena uomini, persone fisiche. Gli attori sono portatori di un corpo e sono limitati e connotati in senso materiale. Il teatro è la forma di comunicazione di idee più perfetta in questo senso perché si avvale di persone fisiche

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effettivamente agenti sulla scena. Il pubblico richiede al teatro questo riscontro di vita. Il contatto principale è con gli attori, non con il regista o con lo scenografo. Per questo motivo la mia poetica teatrale è senza dubbio riconducibile a una ispirazione di tipo realista e non astratto o simbolico. L’oggetto della mia indagine e del mio training è focalizzato sul comportamento di attori e cantanti sulla scena, sulle reazioni fisiche, corporee e psicologiche agli stimoli che l’ambiente rappresentato suscita nel loro essere uomini e interpreti. Ciò non significa dover riprodurre in scena tutte le deformazioni, le brutture meschine e volgari della corporeità. Significa però non dimenticare mai la natura eminentemente fisica e umana del teatro. Anche il mio lavoro su questo Wozzeck è stato quindi focalizzato sulle particolarità fisiche, attoriali, psicologiche, comportamentali degli artisti che ho avuto a disposizione, rifuggendo da una lettura aprioristica, astratta e simbolica. L’interpretazione si sviluppa dall’incontro fra la mia idea e la loro attitudine particolare. In questo incontro di nature differenti è il senso più profondo della creatività teatrale. Naturalmente un capolavoro costituisce un insostituibile e prezioso supporto, si tratti di un dramma teatrale o di un’opera del teatro musicale. Il bello dell’interpretazione è che non si conosce l’approdo, o la direzione verso cui si navigherà, prima di aver incontrato gli interpreti e di aver lavorato con loro durante le prove. Come vede l’universo di Wozzeck? È un mondo a colori urlati o piuttosto un incubo in bianco e nero? Non lo vedo come una tavolozza di colori forti e violenti, di carattere espressionista. Non è neppure un gorgo nero: mi pare che un grigio indistinto e anonimo sia il tono che più si avvicina all’atmosfera dell’opera. E la dimensione del tempo e dello spazio? Il luogo è definito eminentemente dalle persone che vi agiscono, è un Ort der Seele [“luogo dell’anima”, n.d.r.]. Il tempo, che Berg scandisce in modo molto preciso nelle didascalie dell’opera, passando dalla luce di pieno giorno ai tramonti e ai crepuscoli (si possono contare tre giorni solari), è definito dal flusso della musica. È un tempo scandito dall’azione, soprattutto interna, psicologica. Fra i tanti possibili, quale risulta essere il messaggio più forte di Wozzeck per noi, uomini di oggi? Il messaggio fondamentale di tutto il teatro occidentale è sempre lo stesso, dall’origine della sua storia a oggi. Dai drammi di Eschilo, Sofocle, alle Nozze di Figaro di Beaumarchais/Mozart, da Fidelio ai capolavori di Cˇ echov, a Woyzeck, su su fino ai contemporanei. Si tratta di un messaggio molto semplice: se ammettiamo che Dio non esiste, se cioè decidiamo di situarci in una visione del mondo laica e immanente, è necessario poter contare su un sentimento di simpatia reciproca, di condivisione del dolore e forse, anche, di solidarietà. Ciascuno di noi ha una pena segreta, un dolore: l’unico modo di sopravvivere è quello di condividere, mettere in comune, comunicare. L’alternativa è l’universo maniacale, allucinato, psicotico e disperato di Wozzeck.

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Daniele Gatti.

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Foto Marco Brescia

Jürgen Flimm.

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Foto Johannes Ifkovitz

Erich Wonder.

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Foto Beyerlev

Florence von Gerkan.

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La famiglia Berg. Da: Franco Pulcini, Alban Berg, Torino, De Sono, 1998.

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ALBAN BERG CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE a cura di Lidia Bramani

1885 Nasce a Vienna il 9 febbraio, terzo dei quattro figli di Conrad Berg (1846-1900), un commerciante di Norimberga che si era stabilito a Vienna, e di Johanna Braun (18511926). Nello stesso anno, il 29 luglio, nasce Helene Nahowski, che diventerà nel 1911 moglie di Berg. 1901 Compone i primi Lieder (Der heilige Himmel, su testo di Franz Evers, e altri su testi di S. Fleischer, H. Ibsen e W. von der Vogelweide). Ha compiuto studi di pianoforte, ma per la composizione è completamente autodidatta. Probabili destinatari di queste prime pagine sono il fratello Charly e la sorella Smaragda, pianista, allieva di Teodor Leszetycki. 1903 Non è ammesso all’esame di maturità e deve ripetere l’ultimo anno della scuola media superiore. In settembre tenta il suicidio per una delusione amorosa. 1904 Supera l’esame di maturità e si avvia alla carriera di impiegato statale: segue un corso universitario e lavora presso la Niederösterreichische Statthalterei. In ottobre conosce Schönberg e comincia con lui a studiare composizione. 1905 Compone tra l’altro due dei Lieder che in seguito pubblicherà tra i Sieben frühe Lieder (Im Zimmer e Die Nachtigall). Il 29 maggio assiste alla rappresentazione privata, organizzata da Kraus, del Vaso di Pandora di Wedekind. 1906 Le condizioni economiche della famiglia, migliorate in seguito a una eredità, gli consentono di dimettersi dall’impiego statale per dedicarsi interamente alla composizione. A quest’anno risale Liebesode (che diventerà il n. 6 dei Frühe Lieder). Assiste a Graz alla prima di Salome di R. Strauss.

1907 Conosce Helene Nahowski, figlia di una dama di corte, Anna Nowak, e di un alto ufficiale, Franz Nahowski. Pare però che Helene sia nata da una lunga relazione tra la madre e lo stesso Kaiser Francesco Giuseppe. Probabilmente è destinata a Helene la composizione del Lied Schliesse mir die Augen beide. Con Schönberg conclude lo studio del contrappunto. Comincia a comporre la Sonata per pianoforte. Alcune sue pagine sono presentate a un concerto di allievi della scuola di Schönberg il 7 novembre. 1908 Finisce la Sonata che pubblicherà nel 1910 come op. 1. Compone gli ultimi dei Frühe Lieder. È esonerato dal servizio militare. 1909 Finisce di comporre i Quattro Lieder op. 2, iniziati l’anno precedente. Ascolta Parsifal a Bayreuth. 1910 Compone il Quartetto op. 3. Lavora alla riduzione per canto e pianoforte dei Gurrelieder di Schönberg e dell’opera Der ferne Klang di Schreker. 1911 Finisce lo studio con Schönberg. Il 3 maggio sposa Helene Nahowski, dopo aver superato l’opposizione di Franz Nahowski alle nozze. In novembre va a Monaco ad ascoltare la prima esecuzione del Lied von der Erde di Mahler, morto pochi mesi prima. 1912 Compone gli Altenberg-Lieder op. 4; cura la redazione di un volume sull’opera di Schönberg, cui contribuiscono Webern e altri allievi e amici (tra cui Kandinsky). Scrive una guida ai Gurrelieder (di cui solo nel 1912 finì la riduzione per canto e pianoforte). Compone i Pezzi op. 5 per clarinetto e pianoforte, che finisce nel 1913.

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1913 Collabora istruendo il coro alla prima esecuzione dei Gurrelieder, diretti da Schreker a Vienna il 23 febbraio. Il 31 marzo Schönberg dirige a Vienna un concerto di musiche proprie, di Webern, Zemlinsky e Berg. Due degli Altenberg-Lieder suscitano reazioni tali che il concerto viene sospeso. 1914 Vede a Vienna una rappresentazione di Woyzeck di Büchner il 14 maggio. Si pone subito al lavoro per trarne un’opera. Compone i Tre pezzi per orchestra op. 6, iniziati nel 1913 e finiti nel 1915. Allo scoppiare del conflitto mondiale viene in un primo momento giudicato inabile. 1915 In agosto viene richiamato, e in ottobre inviato in un campo di addestramento a Bruck an der Leitha. Un mese dopo è rimandato a Vienna, dopo un vero e proprio tracollo fisico. 1916 Da quest’anno alla fine del conflitto mondiale è impiegato a Vienna presso il Ministero della Guerra. In questo periodo il progetto di Wozzeck viene portato avanti, sia pure con lentezza. 1918 Schönberg fonda a Vienna, alla fine dell’anno, il Verein für musikalische Privataufführungen (Associazione per esecuzioni musicali private), con lo scopo di far conoscere la musica moderna. Insieme con Webern, Berg lavora per l’Associazione (curando la preparazione dei concerti e seguendone le prove) fino all’agosto 1921. Alla fine del 1921 l’iniziativa si conclude per mancanza di fondi. Negli stessi anni Berg segue l’amministrazione di alcuni beni di famiglia per conto della madre. Scrive nel 1918 una guida alla Kammersymphonie e nel 1920 a Pelleas und Melisande di Schönberg. 1920 Assume la redazione della rivista della Universal Edition, i «Musikblätter des Anbruchs», che lascia l’anno successivo. Scrive un articolo polemico contro Pfitzner, in risposta al suo attacco a Busoni e alla musica nuova. 1922 Conclude la strumentazione di Wozzeck e ne può stampare lo spartito grazie all’aiuto di Alma Mahler, da tempo amica di Berg e della moglie.

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1923 A Salisburgo il Quartetto op. 3 ottiene un successo di vasta risonanza. Erich Kleiber si interessa alla partitura di Wozzeck. Berg inizia una nuova composizione. 1924 Scherchen dirige a Francoforte i Tre frammenti da Wozzeck (che Berg aveva estratto per anticiparne la diffusione in concerto); viene decisa la rappresentazione dell’opera a Berlino. Berg scrive una analisi delle prime battute del Quartetto op. 7 di Schönberg. 1925 Berg finisce in luglio la composizione del Kammerkonzert per violino, pianoforte e fiati, iniziato nel 1923. Nella stessa estate scrive il suo primo pezzo dodecafonico, il breve Lied Schliesse mir die Augen beide, sullo stesso testo di Storm che aveva musicato nel 1907, e comincia a comporre la Lyrische Suite. Questo pezzo, e probabilmente anche il Lied, si lega a un fatto nuovo nella vita privata di Berg, l’amore per Hanna FuchsRobettin, sorella di Franz Werfel, conosciuta a Praga nel maggio 1925. A lei è segretamente dedicata la Lyrische Suite, e con lei Berg rimase in raro contatto epistolare per molti anni. Il 14 dicembre va in scena a Berlino Wozzeck: dirige Erich Kleiber, le scene sono di Panos Aravantinos e la regia di Karl Ludwig Hörth. Al successo berlinese seguono numerosi allestimenti dell’opera, in diverse città d’Europa e in molti centri tedeschi, fino al 1932. 1926 In maggio Berg finisce di comporre la Lyrische Suite, che verrà presentata a Vienna dal Quartetto Kolisch l’anno successivo. 1927 Ottiene un contratto dalla Universal Edition; cerca il soggetto per una nuova opera. Prima esecuzione della Lyrische Suite (Vienna, 8 gennaio) e del Kammerkonzert (Berlino, 20 marzo). 1928 Comincia a comporre Lulu. Orchestra sette Lieder giovanili, che vengono eseguiti a Vienna (6 novembre) e pubblicati con il titolo Sieben frühe Lieder. 1929 Compone su commissione del soprano R. Herlinger l’aria da concerto Der Wein (su tre liriche di Baudelaire). Rivede i Tre pezzi op. 6.

1930 In occasione della “prima” viennese di Wozzeck riceve il premio «Città di Vienna». In settembre acquista un’automobile (una Ford): i diritti derivanti dall’esecuzione delle sue opere, in particolare di Wozzeck, gli consentono per alcuni anni una certa agiatezza (finché il nazismo non metterà al bando la sua musica nel 1933). Scrive un canone per festeggiare il cinquantesimo anniversario dell’Opera di Francoforte, che aveva messo in scena nel 1930 Von heute auf morgen di Schönberg.

1932 In ottobre acquista una casa in Carinzia, presso Velden sul Wörthersee: è il «Waldhaus», dove si ritirerà per lunghi periodi per dedicarsi con la massima concentrazione alla composizione di Lulu.

1935 In febbraio interrompe il lavoro a Lulu per comporre il Concerto per violino, su commissione del violinista americano Louis Krasner. Lo finisce l’11 agosto. Oltre che a Krasner il pezzo è dedicato «Alla memoria di un angelo», cioè al ricordo della diciottenne figlia di Alma Mahler e di Gropius, Manon, morta il 22 aprile 1935. In agosto Berg riprende la strumentazione di Lulu; in una lettera a Webern lamenta le conseguenze dolorose di una puntura d’insetto che gli ha prodotto un ascesso. Si ritiene possibile che da qui sia partita la setticemia che gli sarà fatale; indebolito e febbricitante, Berg non può recarsi in settembre a Praga per l’esecuzione dei pezzi sinfonici di Lulu diretti da O. Kabasta. Il 17 dicembre viene ricoverato; nei giorni successivi due operazioni non valgono ad arrestare l’infezione ormai diffusa. Muore nella notte tra il 23 e il 24 dicembre.

1933 Fa ancora parte di una giuria SIMC a Monaco. Segue il Congresso Internazionale di Musica a Firenze, dove era stato invitato per la prima edizione del Maggio Musicale Fiorentino.

1937 Il 2 giugno a Zurigo va in scena Lulu in forma di frammento (2 atti e le parti del terzo incluse nella Suite), sotto la direzione di Robert Denzler, regia di Karl SchmidBloss, scene di Roman Clemens.

1934 Il 6 maggio annuncia a Webern che la composizione di Lulu è nelle linee essenziali terminata. Inizia il lavoro di revisione e strumentazione e prepara una suite («Pezzi sinfonici dall’opera Lulu») che Erich Kleiber dirige a Berlino il 30 novembre. È l’ultima esecuzione di musica di Berg nella Germania nazista: Kleiber lascia la Germania all’inizio del 1935.

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1931 Fa parte della giuria della Società Internazionale di Musica Contemporanea a Cambridge.

Il 30 agosto muore Helene Berg.

1979 Il 24 febbraio va in scena all’Opéra di Parigi Lulu, per la prima volta rappresentata integralmente con il terzo atto sistemato e completato da Friedrich Cerha: dirige Pierre Boulez, regia di Chéreau, scene di Peduzzi e costumi di Schmidt.

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Letture di Paolo Petazzi

Su Büchner e Woyzeck La più recente edizione completa delle opere di Büchner in lingua originale è quella curata da Henri Poschmann in due volumi pubblicati nel 1992 e nel 1999 e ristampati in edizione economica nel 2006 (Deutscher Klassiker Verlag, Frankfurt am Main). Per attendibilità del testo, completezza e ricchezza della documentazione e del commento è oggi il primo punto di riferimento indispensabile. Se ne sono serviti i curatori delle più recenti edizioni italiane di Woyzeck, Giulio Schiavoni (BUR, R.C.S., Milano, 1995) e Giuliano Corti (I grandi libri Garzanti, Milano, 1999). Il testo base per le due traduzioni (con testo a fronte) è la “versione combinata” di Poschmann (che, come tutti i precedenti editori di Woyzeck, offre al lettore una ricostruzione del frammentario testo basata sulla combinazione delle scene delle diverse stesure manoscritte originali); ma l’edizione di Schiavoni è l’unica che offre al lettore italiano anche la possibilità di conoscere esattamente i frammenti di Büchner come ci sono pervenuti, presentando il testo e la traduzione di tutte le stesure. L’edizione di Corti propone in appendice il libretto del Wozzeck di Berg. Nell’uno e nell’altro volume si trovano validi apparati informativi e ampie, sistematiche bibliografie. Tra le precedenti traduzioni italiane di Woyzeck va ricordata quella di Claudio Magris nell’edizione con testo a fronte a cura di Hermann Dorowin (Marsilio, Ve-

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nezia, 1988). Per una conoscenza d’insieme degli scritti di Büchner in italiano si può segnalare la raccolta curata da Giorgio Dolfini (Büchner, Opere, Adelphi, Milano, 1963). A Dolfini e a Luciano Zagari si devono i primi libri italiani su Büchner.

Su Berg e Wozzeck In primo luogo qualche indicazione su ciò che è disponibile in lingua italiana. La conferenza e gli articoli su Wozzeck e gli altri scritti di Berg possono essere letti in italiano nella traduzione di Anna Maria Morazzoni in Berg, Suite lirica. Tutti gli scritti, a cura di A. M. Morazzoni, Il Saggiatore, Milano, 1995. Particolarmente ricca e accurata la documentazione che accompagna ogni testo. Il primo volume monografico dedicato ad Alban Berg uscì due anni dopo la sua morte, nel 1937, a cura di Willi Reich con contributi di T. W. Adorno e Ernst Krenek. I capitoli sul teatro erano di Reich, il musicologo allievo di Berg e di Webern (che è omonimo, ma non ha nulla a che vedere con il quasi coetaneo psicoanalista autore di The Sexual Revolution e studioso della “energia orgonica”). Anche Adorno era stato allievo di Berg (l’epistolario fra i due è pubblicato, per ora solo in tedesco), e i contributi adorniani al volume del 1937 molti anni dopo entrarono a far parte del suo libro su Berg, pubblicato nel 1968. Non ha un carattere organico, raccoglie scritti di epoche e caratteri diffe-

renti (non tutti quelli che Adorno dedicò a Berg, ma solo quelli non pubblicati in altri volumi), ed è arricchito da due capitoli scritti appositamente (sul “tono” della musica di Berg e “Ricordo”). Basterebbero anche soltanto questi capitoli a rendere il libro di Adorno indispensabile per chi vuol conoscere Berg, a qualunque livello. Nel 1983 il libro è uscito in traduzione italiana a cura di Paolo Petazzi.

è stata pubblicata a Parma nel 1988 per iniziativa del Teatro Regio a cura di Claudio Del Monte e Raffaele Segreto. Da segnalare la traduzione della breve monografia di Volker Scherliess del 1975 (Il discanto, Fiesole, 1981); da evitare la pettegola biografia di Karen Monson. Un suggestivo volume di foto e documenti è stato curato da Franco Pulcini per De Sono, Torino, 1998).

Per molti anni in Italia il testo indispensabile per una prima conoscenza di Berg, Schönberg e Webern era stato Espressionismo e dodecafonia di Luigi Rognoni, pubblicato da Einaudi nel 1954, soprattutto nel rifacimento e sostanzioso ampliamento del 1966, La scuola musicale di Vienna. Espressionismo e dodecafonia. In appendice vi sono anche alcuni dei principali scritti di Berg (compresi quelli su Wozzeck). La prima monografia italiana dedicata al solo Berg risale al 1977 (Feltrinelli, Milano) ed è dell’estensore di queste note, che in seguito ne ha completamente riscritto e ampliato alcuni capitoli (anche quello dedicato a Wozzeck), pubblicandoli nella raccolta Percorsi viennesi e altro Novecento (Sonus Edizioni Musicali, Potenza, 1997). Un saggio di Leo Treitler, “Wozzeck” e l’Apocalisse: saggio di esegesi storica, è tradotto nel volume antologico La drammaturgia musicale a cura di Lorenzo Bianconi (Il Mulino, Bologna, 1986). Una consistente raccolta di saggi su Berg

Non sono abitualmente citati nelle bibliografie su Berg, ma offrono anche al lettore italiano molti spunti di riflessione sulla “attualità” del compositore viennese, alcuni scritti di Pierre Boulez, brevi e di carattere occasionale, ma significativi per il radicale mutamento di prospettiva che rivelano (le traduzioni sono tutte pubblicate da Einaudi). In Relevés d’apprenti (Note di apprendistato, 1966), la prima raccolta di scritti di Boulez, qualche paginetta del 1948 (Incidenze attuali di Berg) è tutta permeata di intransigente insofferenza (e, ad esempio, di Wozzeck ricorda solo la presenza di una marcia militare come insopportabile manifestazione di «una certa estetica eclettica che non ha mai dato nulla di buono»). Nelle conversazioni con Célestin Deliège del 1975, Par volonté et par hasard (Per volontà e per caso), un capitoletto è intitolato Difesa di Berg, e Boulez compie una esplicita ritrattazione, e ricorda di aver cambiato opinione fin dai tempi in cui a Basilea aveva tenuto un corso su Wozzeck, nel 1960. Qualche pagina su Wozzeck e su

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Lulu si può leggere in Points de repère (Punti di riferimento, 1981); ma qui vorrei ricordare di quali argomenti si vale Boulez per la sua palinodia nelle conversazioni con Deliège. Berg lo affascina per la “polivalenza dei livelli di lettura” che ne caratterizza le opere e che le rende dense, complesse, sfuggenti, inesauribili: «un universo che non è mai finito, un universo sempre in espansione, un universo così profondo, così denso e così ricco, e che implica una tale conoscenza dell’opera per analizzarla, che si può tornarvi quattro cinque volte». Gli studi berghiani degli ultimi decenni sembrano voler mostrare la straordinaria ricchezza e complessità dell’universo di cui parla Boulez: non per caso, credo, da decenni non viene più tentata una monografia completa, dopo quelle (di differente ampiezza e livello) di Hans Ferdinand Redlich (1957), di Willi Reich (1963), di Mosco Carner (1975), di Dominique Jameux (1980), mentre si moltiplicano le analisi, le raccolte di saggi, gli studi su singole opere. Significativamente in questi lavori, ovviamente diversi per metodo, impostazione e carattere, non si trova più traccia dei semplificatori luoghi comuni su Berg “umano”, “romantico” e “musicale”, che mandavano in bestia il giovane Boulez. Non avrebbe senso qui un elenco completo; ma prima di ricordare i principali volumi interamente dedicati a Wozzeck, vorrei citare almeno la bellissima sintesi di Douglas Jarman, The Music of Alban Berg (Faber and Faber, London,

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1979) e il Berg Companion da lui curato nel 1989, con contributi, fra gli altri, di studiosi come Mark DeVoto, Christopher Hailey, Patricia Hall. Significativamente anche il più recente libro monografico su Berg, Alban Berg und seine Zeit, curato da Anthony Pople per Laaber Verlag (Regensburg, 2000, edizione inglese Cambridge University Press) è anch’esso una raccolta di saggi, di contributi parziali. Fra gli aspetti che la complessità della musica di Berg invita ad approfondire c’è la possibilità di leggervi implicazioni semantiche. Accade nei suoi capolavori strumentali, a maggior ragione in quelli teatrali, se non altro per il rapporto con il testo e per la presenza di un fitto sistema di Leitmotive, che si prestano a indagini a diversi livelli. Una guida all’ascolto e alla lettura della partitura dalla prima all’ultima scena è quella di Pierre Jean Jouve e Michel Fano, risalente al 1953 e ripubblicata nel 1985 nella collana L’Avant Scène Opéra, probabilmente il testo più accessibile per i non addetti ai lavori. A loro si rivolge anche, in una certa misura, il pregevole volume su Wozzeck dei Cambridge Opera Handbooks, pubblicato nel 1989 e dovuto a Douglas Jarman, con notizie introduttive, proposte di interpretazione, antologia di documenti, e l’analisi della quarta scena del III atto. Come altri libri della stessa collana non ha pretese di organica completezza. Ad essa non aspirano ovviamente i con-

tributi al convegno di Graz per i 50 anni della prima rappresentazione, i cui atti sono stati pubblicati a Graz nel 1978 con il titolo 50 Jahre Wozzeck von Alban Berg a cura di Otto Kolleritsch. Uno specifico problema analitico si pone Janet Schmalfedt nell’ampio Berg’s Wozzeck. Harmonic Language and Dramatic Design, Yale University Press, 1983. In precedenza, nel 1980, un insigne studioso berghiano, George Perle, aveva raccolto e organizzato in volume i suoi studi su Wozzeck (The Operas of Alban Berg. I.

Wozzeck, University of California Press). Interamente nuovo è invece il libro su Wozzeck di Peter Petersen pubblicato nel 1985 nella collana Musik-Konzepte. Intende essere, come rivela il sottotitolo, una “analisi semantica”: dopo aver accuratamente esaminato le implicazioni legate al fatto che Berg si era servito dell’edizione manipolata da Franzos, compie una ricognizione sistematica dei temi e degli altri “vocaboli” che in Wozzeck assumono un significato proponendone interpretazioni di grande interesse.

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DISCOGRAFIA a cura di Luigi Bellingardi

Personaggi Wozzeck; Tambourmajor; Andres; Hauptmann; Doktor; Erster Handwerksbursch; Zweiter Handwerksbursch; Der Narr; Marie; Margret; Mariensknabe; Ein Soldat; Drei Knaben. 1949 Tito Gobbi; Hans Beirer; Petre Munteanu; Luigi Fort; Mario Petri; Dimitri Lopatto; Gerardo Gaudioso; Gianni Avolanti; Suzanne Danco; Edmea Limberti; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro San Carlo, dir. Karl Böhm. Premiere Opera CDNO 105-2 (2 compact) Live Opera 01364 (2 compact) 1951 Mack Harrel; Frederick Jagel; David Lloyd; Joseph Mordino; Ralph Herbert; Adolph Anderson; Hubert Norville; Joseph Mordino; Eileen Farrell; Edwina Eustis; Bess Ann Herdt; Joseph Mordino; non indicati. Children’s Chorus, Members of High School of Music and Art Chorus, Chorus of the Schola Cantorum, Philharmonic-Symphony Orchestra of New York, dir. Dimitri Mitropoulos. Enterprise Palladio ENTPD 4126 (2 compact) - Andromeda ANR 2514 (2 compact) Sony MH2K 62759 (2 compact) 1952 Marko Rothmüller; Thorsteinn Hannesson; Edgar Evans; Parry Jones; Frederick Jagel; Michael Langdon; Ronald Lewis; David Tree; Christel Goltz; Monica Sinclair; non indicati. Coro e Orchestra della Royal Opera House Covent Garden, dir. Erich Kleiber. Omega Opera Archive 958 (2 compact) 1953 Jess Walthers; Thorsteinn Hannesson; Edgar Evans; Parry Jones; Frederick Jagel; Michael

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Langdon; Ronald Lewis; David Tree; Marea Wolkowsky; Monica Sinclair; non indicati. Coro e Orchestra della Royal Opera House Covent Garden, dir. Erich Kleiber. Omega Opera Archive 956 (2 compact) 1954-55 Tito Gobbi; Mirto Picchi; Petre Munteanu; Hugues Cuenod; Italo Tajo; Carlo Badioli; Dimitri Lopatto; Luciano della Pergola; Dorothy Dow; Maria Teresa Mandalari; non indicati. Coro e Orchestra Sinfonica di Roma della Radiotelevisione Italiana, dir. Nino Sanzogno. Myto Records MCD 71122 (2 compact) Ponto Recordings PO 1053 (2 compact) 1955 Josef Hermann; Max Lorenz; Murray Dickie; Peter Klein; Karl Dönch; Harald Pröglhoff; Marjan Rus; William Wernigk; Christel Goltz; Polly Batic; non indicati. Coro e Orchestra della Staatsoper di Vienna, dir. Karl Böhm. Andante AND 3060 (2 compact) 1959 Hermann Uhde; Kurt Baum; Charles Anthony; Paul Franke; Karl Dönch; Ezio Flagello; Calvin Marsh; Alessio de Paolis; Eleanor Steber; Margaret Roggero; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Karl Böhm. Omega Opera Archive 1058 (2 compact) 1963 Walter Berry; Hans Beirer; Loren Driscoll; Helmut Melchert; Walter Dicks; non indicato; non indicato; non indicato; Kerstin Meyer; non indicati. Coro e Orchestra della Deutsche Oper di Berlino, dir. Heinrich Hollreiser. Canyon Classics PCCL 00061 (2 compact) 1963 Walter Berry; Fritz Uhl; Murray Dickie;

Gerhard Stolze; Karl Dönch; Ludwig Welter; Harald Pröglhoff; Erich Majkut; Christa Ludwig; Dagmar Hermann; non indicati. Coro e Orchestra della Staatsoper di Vienna, dir. Leopold Ludwig. Omega Opera Archive 1697 (2 compact) 1964 Dietrich Fischer-Dieskau; Helmut Melchert; Fritz Wunderlich; Gerhard Stolze; Karl Christian Kohn; Kurt Böhme; Robert Koffmane; Martin Vantin; Evelyn Lear; Alice Oelke; non indicato; Walter Muggelberg; non indicati. Schöneberger Sängerknaben, Chor und Orchester der Deutschen Oper Berlin, dir. Karl Böhm. Deutsche Grammophon 435 705-2 (2 compact) 1964 Geraint Evans; Edgar Evans; John Dobson; Kenneth MacDonald; Otakar Kraus; Ronald Lewis; Dennis Wicks; Robert Bowman; Marilyn Horne; Noreen Berry; non indicati. Coro e Orchestra della Royal Opera House Covent Garden, dir. John Pritchard. Omega Opera Archive 1667 (2 compact) 1966 Walter Berry; Fritz Uhl; Richard Van Vrooman; Albert Weikenmeier; Karl Dönch; Walter Poduschka; Raymond Steffner; Gerard Dunan; Isabel Strauss; Ingeborg Lasser; non indicati. Children’s Chorus of the Paris National Opéra, Chorus of the Paris National Opéra, Orchestra of the Paris National Opéra, dir. Pierre Boulez. Sony Classical M2K 79251 (2 compact) 1969 Geraint Evans; Robert Nagy; Charles Anthony; Paul Franke; Donald Gramm; Richard Best; Russell Christopher; Andrea Velis; Evelyn Lear; Louise Pearl; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Colin Davis. Omega Opera Archive 1150 (2 compact) The Opera Lovers WOZ 196901 (2 compact) 1970-72 Toni Blankenheim; Richard Cassily; Peter Haage; Gerhard Unger; Hans Sotin; Kurt Moll; Franz Grundheber; Kurt Marschner; Sena Jurinac; Elisabeth Steiner; non indicati.

Chor und Orchester der Hamburgischen Staatsoper, dir. Bruno Maderna. Regia di Rolf Liebermann, scene di Herbert Kirchhoff, costumi di Helmuth Jürgens. Ripresa video di Joachim Hess. Dreamlife DLVC 1101 (1 Dvd) - Arthaus Musik 101 277 (1 Dvd) 1971 Geraint Evans; Fritz Uhl; Loren Driscoll; Helmut Melchert; Hans Krämer; Zoltan Kelemen; Klaus Hirte; Jean van Ree; Anja Silja; Gertrud Jahn; non indicati. Chor der Wiener Staatsoper, Wiener Philharmoniker, dir. Karl Böhm. Opera d’Oro OPD 1257 (2 compact) 1972 Walter Berry; Fritz Uhl; Loren Driscoll; Helmut Melchert; Hans Krämer; Zoltan Kelemen; Siegfried Rudolf Frese; Jean van Ree; Anja Silja; Gertrud Jahn; non indicati. Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, Wiener Philharmoniker, dir. Karl Böhm. Link 613 25 (2 compact) 1973 Theo Adam; Reiner Goldberg; Helmuth Klotz; Horst Hiestermann; Konrad Rupf; Rolf Wollrath; Ekkehard Wlaschiha; Horst Hiestermann; Gisela Schröter; Gisela Pohl; Norbert Klese; Alyos Tinschert; Monika Vahle - Heidrun Zienecker - Franz Grundel. Sängerknaben der Dresdner Staatskapelle, Chor und Symphonie-Orchester des Rundfunks Leipzig, dir. Herbert Kegel. Berlin Classics BC 2068 (2 compact) 1979 Eberhard Wächter; Hermann Winkler; Horst Rüdiger Laubenthal; Heinz Zednik; Alexander Malta; Alfred Sˇramek; Franz Wächter; Walter Wendig; Anja Silja; Gertrud Jahn; non indicato; Michael Pabst; non indicati. Chor der Wiener Staatsoper, Wiener Philharmoniker, dir. Christoph von Dohnányi. Decca 417 348-2 (2 compact) 1987 Franz Grundheber; Walter Raffeiner; Philip Langridge; Heinz Zednik; Aage Haugland; Alfred Sˇramek; Alexander Maly; Peter Jelosits; Hildegard Behrens; Anna Gonda; Viktoria Lehner; Werner Kamenik; non indicati. Wie-

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ner Sängerknaben, Wiener Staatsopernchor, Wiener Philharmoniker, dir. Claudio Abbado. Regia di Adolf Dresen, scene di Herbert Kapplmüller, costumi di Margit Bardy. Ripresa video di Brian Large. Arthaus Musik 100 256 (1 Dvd) - Deutsche Grammophon 423 587-2 (2 compact)

der; Stuart Kale; Clive Bailey; Leslie John Flanagan; Iain Paterson; John Graham-Hall; Josephine Barstow; Jean Rigby; non indicati. Susan Singh Choristers, The Geoffrey Mitchell Choir, Philharmonia Orchestra, dir. Paul Daniel. Chandos CHAN 3094 (2 compact)

1994 Franz Grundheber; Mark Baker; Endrik Wottrich; Graham Clark; Günther von Kannen; Siegfried Vogel; Roman Trekel; Peter Menzel; Waltraud Meier; Dalia Schaechter; Henrik Zauber; non indicati. Kinderchor und Chor der Deutschen Staatsoper Berlin, Staatskapelle Berlin, dir. Daniel Barenboim. Regia di Patrice Chéreau, scene di Richard Peduzzi, costumi di Moidele Bickel. Ripresa video di Bernard Sobel. Teldec 0630-14108-2 (2 compact) - Teldec 0630-16338-3 (1 Vhs)

2005 Franz Hawlata; Wolfgang Schmidt; non indicato; Michael Roider; Walter Fink; non indicato; non indicato; non indicato; Deborah Polaski; non indicati. Chor und Orchester der Wiener Staatsoper, dir. Seiji Ozawa. The Opera Lovers WOZ 200 501 (2 compact)

1996 Dale Duesing; Ronald Hamilton; Barry Banks; Dieter Bundschuh; Frode Olsen; Bodo Schwanbeck; Alexandre Sperman; William Sactre; Kristine Ciesinski; Linda Ormiston; non indicati. Choeur d’enfants, Choeurs de l’Opéra de Francfort, Museumorchestre de Francfort, dir. Sylvain Cambreling. Regia e scene di Peter Mussbach, costumi di Benedikt Ramm. Arthaus Musik 102 031 (1 Dvd) 1998 Bo Skovhus; Jan Blinkhof; Jürgen Sacher; Chris Merritt; Frode Olsen; Konrad Rupf; Kay Stiefermann; Frieder Stricker; Angela Denoke; Renate Spingler; non indicati. Chor der Hamburgischen Staatsoper, Philharmonisches Staatsorchester Hamburg, dir. Ingo Metzmacher. EMI Classics 5 56865 2 (2 compact) 2000 Karl Johann Falkman; Lennart Stregärd; Klas Hedlund; Ulrik Qvale; Sten Wahlund; Jens Malmkvist; Ola Eliasson; Niklas Björling Rygert; Katarina Dalayman; Marianne Eklöf; Henry Törnblom; non indicati. Chorus and Orchestra of the Royal Opera Stockholm, dir. Leif Segerstam. Naxos 8.660076 (2 compact) 2002 Andrew Shore; Alan Woodrow; Peter Bron-

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2006 Franz Hawlata; Reiner Goldberg; David Kuebler; Hubert Delamboye; Johann Tilli; non indicato; non indicato; non indicato; Angela Denoke; Vivian Tierney; non indicati. Vivaldi Chorus, Petit Cantors de Catalunia, Coro e Orchestra del Gran Teatro del Liceu di Barcellona, dir. Sebastian Weigle. Regia di Calixto Bieito, scene di Alfons Flores, luci di Xavi Clot. Opus Arte OA 0985 D (1 Dvd) Il numero delle edizioni fonografiche di Wozzeck è destinato ad aumentare tra breve tempo, non soltanto per la pubblicazione di nuove incisioni ma per la disponibilità imminente, secondo reiterati annunci, della seguente emissione: quella “dal vivo” dell’esecuzione del 3 ottobre 1965 al West-Deutscher-Rundfunk sotto la direzione di Ferdinand Leitner, sul podio dei complessi artistici di Radio Colonia con questi cantanti, nell’ordine: Walter Berry; Fritz Uhl; Alfred Vökt; Albert Weikenmeier; Karl Christian Kohn; Heiner Horn; Alfons Holte; Helmut Krebs; Isabel Strauss; Claudia Hellmann; Wilfried Müller; Richard van Vrooman: l’allestimento era curato dalla regia di Hans Hartleb, con scene di Ekkehard Grübler e costumi di Brigitte Scholz; la durata 97 minuti circa. Un’altra edizione, più volte preannunciata, è quella condotta da Mark Elder all’English National Opera nel 1990, in lingua inglese nella traduzione di Erik Blackaile e di Vida Hartford: parteciparono allo spettacolo, con regia di David Pountney, scene di Nicky Bowie e costumi di Stefanos Lazaridis, con ripresa video di Barrie Gavin, gli interpreti vocali, nell’ordine: Donald Max-

well; John Treleaven; Peter Bronder; Richard Angas; Alan Woodrow; Michael Druiett; Anthony Cunningham; Edward Byles; Kristine Ciesinski; Ethna Robinson; Jonathan Urwin: durata dell’esecuzione 96 minuti. E anche forse probabile è quella firmata il 22 marzo 1997 al Festival di Pasqua di Salisburgo da Claudio Abbado con il Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, i Berliner Philharmoniker, la regia di Peter Stein, le scene di Stefan Mayer, i costumi di Moidele Bickel, i cantanti, nell’ordine: Albert Dohmen; Jon Villars; Alexander Fedin; Hubert Delamboye; Aage Haugland; Andreas Macco; Wolfgang Koch; Kurt Azesberger; Deborah Polaski; Margit Neubauer; Konradin Schuchter; Kurt Azesberger: durata 95 minuti. Un notevole numero di registrazioni di Wozzeck è legato alla ripresa “dal vivo” d’uno spettacolo teatrale. A cominciare da quello d’una recita dell’allestimento al Teatro San Carlo di Napoli tra il 26 e il 31 dicembre 1949: in lingua italiana nella traduzione di Alberto Mantelli, sul podio Böhm (Premiere Opera - Live Opera). Seguono: l’emissione condotta da Kleiber il 22 gennaio 1952 a Londra, al Teatro Covent Garden, in lingua inglese, trasmessa dalla BBC, 3° programma (Omega Opera Archive); quella diretta da Kleiber, in lingua inglese, al Covent Garden il 21 maggio 1953, trasmessa dalla BBC il 25 maggio 1953 (Omega Opera Archive); quella con la direzione di Sanzogno sul podio dei complessi artistici di Roma della RAI il 30 settembre 1954, trasmessa il 2 gennaio 1955, in lingua italiana nella traduzione di Alberto Mantelli (Myto Records - Ponto Recordings); quella condotta da Böhm il 25 novembre 1955 alla Staatsoper di Vienna (Andante); quella con la guida di Böhm al Teatro Metropolitan di New York il 14 marzo 1959, in lingua inglese nella traduzione di Vida Hartford ed Erik Blackall (Omega Opera Archive); quella condotta da Hollreiser nel 1963 durante la tournée in Giappone dei complessi artistici della Deutsche Oper di Berlino (Canyon Classics); quella diretta da Ludwig il 19 maggio 1963 alla Staatsoper di Vienna (Omega Opera Archive); quella firmata da Pritchard il 29 ottobre 1964 al Covent Garden, in lingua inglese, trasmessa dalla BBC, 3° Programma, il 31 ottobre 1964 (Omega Opera Archive); quella con la direzione di Colin Davis il 2 aprile 1969, trasmes-

sa il 12 aprile 1969, a New York, Teatro Metropolitan (Omega Opera Archive - The Opera Lovers); quella condotta da Böhm al Festival di Salisburgo 1971 (Opera d’Oro); quella diretta da Böhm il 5 agosto 1972 al Festival di Salisburgo (Link); quella firmata da Kegel il 9 aprile 1973 alla guida dei complessi artistici della Radio di Lipsia (Berlin Classics); quella firmata da Abbado nelle recite del luglio 1987 alla Staatsoper di Vienna (Deutsche Grammophon); quella condotta da Barenboim nelle recite dell’aprile 1994 alla Staatsoper di Berlino (Teldec); quella con la direzione di Metzmacher in forma di concerto alla Filarmonica di Amburgo nella stagione 1998 (EMI Classics); quella firmata da Segerstam nel 2000 durante la stagione dell’Opera Reale di Stoccolma (Naxos); quella diretta da Ozawa a Vienna nella stagione 2005 della Staatsoper (The Opera Lovers). Sono rapportabili alle emissioni “dal vivo” sovente i video di Wozzeck, a cominciare da quello condotto da Maderna nel 1970-72 ad Amburgo (Dreamlife - Arthaus Musik). Seguono: quello firmato da Abbado nel 1987 all’Opera di Vienna con gli stessi interpreti dell’emissione in compact (Arthaus Musik); quello condotto da Barenboim alla Staatsoper di Berlino nell’aprile 1994 (Teldec); quello diretto da Cambreling a Francoforte sul Meno, in forma di concerto nella stagione dei Museumkonzerte 1996 (Arthaus Musik); quello con Weigle sul podio dei complessi artistici del Gran Teatro del Liceu di Barcellona durante le recite del gennaio 2006 (Opus Arte). Sono state realizzate “in studio”, seppure a volte con i medesimi interpreti di rappresentazioni pubbliche coeve, le seguenti edizioni discografiche di Wozzeck: quella con la direzione di Mitropoulos, effettuata il 12 aprile 1951, a New York (Enterprise Palladio - Andromeda - Sony); quella condotta da Böhm nel 1964 alla Deutsche Oper di Berlino (Deutsche Grammophon); quella con Boulez sul podio dei complessi artistici dell’Opéra di Parigi nella stagione 1966 (Sony Classical); quella condotta da Dohnányi alla Staatsoper di Vienna nel 1979 (Decca); quella diretta da Daniel, in lingua inglese, alla Philharmonia nel 2002 (Chandos). Per quanto riguarda la fedeltà testuale delle registrazioni di Wozzeck, specialmente nelle incisioni “in studio”, in quelle “dal vivo” in

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lingua originale, nei video, non si ravvisano tagli o modifiche degni di particolare menzione rispetto alla partitura edita dalla Universal. Soltanto Mitropoulos, alla conclusione

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della quinta scena dell’atto terzo, fa intervenire nuovamente il coro dei bambini con un vociare indistinto prima dell’ultimo «Hopp! Hopp!» del bimbo di Marie.

Responsabile dei servizi musicali: Paolo Gavazzeni Coordinatore dei Maestri collaboratori: James Vaughan Maestri collaboratori: James Vaughan - Massimiliano Bullo - Dante Mazzola - Massimo Guantini Mzia Bakhtouridze - Beatrice Benzi - Paolo Berrino - Nelson Calzi Roberto Curbelo - Giuseppe Finzi - Maurizio Magni - Antonella Marotti Ilaria Morotti - Marco Munari - Bruno Nicoli - Ovidio Pratissoli Renato Principe - Paolo Spadaro - Simonetta Tancredi Maestri ai video libretti: Massimiliano Carraro - Roberto Perata - Stefano Colnaghi

L’ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA Violini primi Francesco Manara (di spalla) Francesco De Angelis (di spalla) Daniele Pascoletti* (concertino) Dino Sossai* (concertino) Shelagh Burns Mariangela Freschi Alessandro Ferrari Zsusanna Demetrovics Corine van Eikema Andrea Leporati Rodolfo Cibin Andrea Pecolo Gianluca Turconi Elena Faccani Fulvio Liviabella Gianluca Scandola Duccio Beluffi Alois Hubner Agnese Ferraro Violini secondi Pierangelo Negri* Giorgio Di Crosta* Anna Longiave Anna Salvatori Rosanna Ottonelli Emanuela Abriani Paola Lutzemberger Ludmilla Laftchieva Goran Marjanovic Silvia Guarino Gabriele Porfidio Stefano Dallera Roberto Nigro Elisa Citterio Damiano Cottolasso Euguenia Staneva Alexia Tiberghien

Viole Danilo Rossi* Simonide Braconi* Adelheid Dalvai Emanuele Rossi Marco Giubileo Zoran Vuckovic Mihai Sas Giuseppe Nastasi Luciano Sangalli Giorgio Baiocco Maddalena Calderoni Francesco Lattuada Carlo Barato Caterina Rauch

Flauti Davide Formisano* Marco Zoni* Romano Pucci*

Violoncelli Sandro Laffranchini* Massimo Polidori* Alfredo Persichilli* Jakob Ludwig* Martina Lopez* Clare Ibbott Marcello Sirotti Alice Cappagli Gabriele Zanardi Simone Groppo Massimiliano Tisserant Cosma Beatrice Pomarico Tatiana Patella Gabriele Garofano

Clarinetti Mauro Ferrando* Fabrizio Meloni* Denis Zanchetta Christian Chiodi Latini Stefano Cardo

Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Francesco Siragusa* Claudio Pinferetti Claudio Cappella Demetrio Costantino Alessandro Saccone Emanuele Pedrani Alessandro Serra Attilio Corradini Gaetano Siragusa Roberto Benatti Omar Lonati

Ottavino Maurizio Simeoli Oboi Francesco Di Rosa* Fabien Thouand* Gaetano Galli Renato Duca (corno inglese) Augusto Mianiti

Fagotti Gabriele Screpis* Valentino Zucchiatti* Nicola Meneghetti Maurizio Orsini Corni Danilo Stagni* Roberto Miele Stefano Alessandri Claudio Martini Stefano Curci

Trombe Francesco Tamiati* Immanuel Richter* Sandro Malatesta Mauro Edantippe Gianni Dallaturca Tromboni Vittorio Zannirato* Torsten Erik Edvar* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti Giuseppe Grandi Basso tuba Vito Torsiello Brian Earl Arpe Luisa Prandina* Olga Mazzia* Timpani Jonathan David Scully* Christopher Ridley Percussioni Francesco Lenti Gabriele Bianchi Gianni Massimo Arfacchia Giuseppe Cacciola Pianoforte Ada Mauri Lorenzo Bonoldi Ispettore dell’Orchestra Vittorio Sisto Addetti all’Orchestra Eugenio Salvi Werther Martinelli

*Prime parti

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IL CORO DEL TEATRO ALLA SCALA Direttore: Bruno Casoni Altro maestro: Alberto Malazzi

Soprani primi Gabriella Barone Lucia Ellis Bertini Chiara Butté Alessandra Cesareo Margherita Chiminelli Silvia Chiminelli Tiziana Sergia Cisternino Maria Gabriella Ferroni Rossella Lampo Barbara Rita Lavarian Silvia Mapelli Lourdes C. Martinez Roberta Salvati Cristina Sfondrini Mila Vilotijevic Valentina De Vecchi Soprani secondi Nina I. Almark Termine Emilia Rosa Bertoncello Maria Blasi Rossana Calabrese Inga Dzhioeva Annarita Fratangeli Sara Garau Elisabeth Ann Kilby Catia Fanny Magnani Ornella Malavasi Barbara Vignudelli Alla Utyanova

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Mezzosoprani Marlena Bonezzi Giovanna Caravaggio Marzia Castellini Stefania Giannì Gabriella Manzan Valeria Matacchini Carole Lynn Mc Grath Kjersti Odegaard Olga Semenova Irma Verzeri Agnese Vitali Enza Callari Galia Tchernova Contralti Francesca Benassi Lucia Bini Claudia Bocca Perla Viviana Cigolini Annalisa Forlani Daniela Gioia Marina Maffei Jivka Markova Patrizia Molina Amor Lilia Perez Lopez Giovanna Pinardi Claudia Vignati

Maestri collaboratori: Marco De Gaspari Salvo Sgrò

Tenori primi Luciano Buono Danilo Caforio Gualtiero Carrara Lorenzo Decaro Luca Di Gioia Stuart James Gardner Felix R. Gemio Fernandez Andrzej Glowienka Jae Ho Jang Giovanni Maestrone Vincenzo Manno Antonio Murgo Angelo Scardina Eros Sirocchi Giorgio Giuseppe Tiboni Giuseppe Veneziano Tenori secondi Luigi Albani Giuseppe Bellanca Woo Suk Byun Giovanni Carpani Massimiliano Italiani Gilberto Maffezzoni Alessandro Moretti Stephen Mullan Paolo Sala Silvio Scarpolini Andrea Semeraro Claudio Venturelli Mauro Venturini

Baritoni Guillermo Esteban Bussolini Giuseppe Cattaneo Bruno Gaudenzi Pier Luigi Malinconico Maurizio Menegozzo Alberto Milesi Alberto Paccagnini Massimo Pagano Andrea Panaccione Robert Porter Lorenzo B. Tedone Giorgio Valerio Bassi Vincenzo Alaimo Luciano G. Andreoli Venelin Arabov Davide Baronchelli Sandro Chiri Gerard Colombo Emidio Guidotti Mauro Peconi Claudio Pezzi Alberto M. Rota Gianfranco Valentini Lorenzo Cescotti Ispettore del Coro Fernando Bairati

ALLIEVI DEL CORO DI VOCI BIANCHE DEL TEATRO ALLA SCALA E DEL CONSERVATORIO “G. VERDI” DI MILANO Direttore: Alfonso Caiani

Laura Bevacqua Gregorio Drei Angelica Foletto Costanza Girardi Nils Hellaroff Erika Italiani

Marco Magliocchi Barbara Massaro Francesca Mercuriali Francesco Muccio Maria Mudryak

Silvia Pagano Tommaso Salvadori Camilla Scandola Lucrezia Spina Emanuele Zanichelli

I MIMI Patrizia Cavola Marinella Crespi Roberta Raimondi Sabrina Sanità

Walter Esposito Marco Ghirlandi Simone Magnani

Marco Merlini Mauro Plebani Pino Urbani

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EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA COORDINATORE SCIENTIFICO E RESPONSABILE EDITORIALE

Franco Pulcini

Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala REDAZIONE

Luisella Viziano Giancarlo Di Marco RICERCA ICONOGRAFICA

Mercedes Viale Ferrero PROGETTO GRAFICO

Emilio Fioravanti G&R Associati

Riproduzioni a cura dell’Archivio Fotografico del Teatro alla Scala Realizzazione e catalogazione immagini digitali: “Progetto D.A.M.” per la gestione digitale degli archivi del Teatro alla Scala Si ringrazia per la collaborazione il Museo Teatrale alla Scala Il Teatro alla Scala è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicità: AP Srl - Via Brera, 16 20121 Milano - Tel. 02/866.152 Finito di stampare nel mese di gennaio 2008 presso le Arti Grafiche S. Pinelli © Copyright 2008, Teatro alla Scala

Prezzo del volume € 15,00 (IVA inclusa)

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