Vite immaginarie di uomini illustri

July 16, 2022 | Author: Anonymous | Category: N/A
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Paolo Storvandre

Vite immaginarie di uomini illustri

PICCOLA BIBLIOTECA MALARNESI 42

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Paolo Storvandre

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DELLO STESSO AUTORE:

Pellegrinaggio a Novi Ligure Vita di Sant ’ ’ Osso Osso da Buco Filosofia delle anguille Passaggi a livello dell ’’  Olanda Olanda nel XV secolo Breve storia del Pongo Se non ti andava bastava dirlo Cavalli da tiro e altre cose da non tenere in salotto Cacciatori di albicocche  Amici come prima Crampi L ’ ’ amore amore ai tempi del termosifone Storia del pinolo  Manuale di giurisprudenza ragionata del de l pattinaggio artistico artist ico

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INDICE INTRODUZIONE ........................................................................................ 5  O TTONE DIOCANE ......................................................................................... 7  EUGENIO NONFAPPO .................................................................................. .................................................................................. 10   JOHNNY B ACINELLO .................................................................................... .................................................................................... 14  GIROLAMO C ACCAMUCCO ...........................................................................19   AUSCULTO MORTACCI. .................................................................................23   ARTEMISIO SCARTABELLO ...........................................................................27  GIANNÀNSIA M ANCALLI C ANI ................................................................... ................................................................... 31  GIANNI P ANISIO F ALSETTO ........................................................................35  EFISIO SCARTABROCCHI .............................................................................. .............................................................................. 41  EUSCROTO DA BELLINZONA ...................................................................... ...................................................................... 46  EUCLIDIO C ARTONGESSO .................................................................. ........................................................................... ......... 50  K  ANGURO TURAFAWA ................................................................................. ................................................................................. 55  S AN C ALCARO DA R IDRACOLI IDRACOLI .................................................................... .................................................................... 60  ZUMMO FISCIAI ............................................................................................. ............................................................................................. 64  CENTRODESTRO SINISTRONI ......................................................................69  D ÀNDOLA SOCIALETTI ................................................................................ ................................................................................ 75  BRAMO MUTANDE ........................................................................................ ........................................................................................ 78  IOLANDO GERUNDI...................................................................................... ...................................................................................... 81  BRUTTÒDIO TRISTERELLI ............................................................................85  HENTRO D ARRETRO .............................................................. .................................................................................... ...................... 88  FISTIFACCHIO SBORRONI .............................................................................91  GIOVANNENRICO M ARIA DI C AZZOFRATTO...........................................95 

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OPULENZIO PIATTINI ............................................................ .................................................................................. ...................... 98   JEREMY (JERRY  ) MOLESTINO ..................................................................... ...................................................................102  CENTAURO SFRACAGNI ............................................................................. .............................................................................107   JOHNNY BRUTTODEE ................................................................................. .................................................................................110   JOHNNY BLEBLENZIO ................................................................................ ................................................................................ 115 

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INTRODUZIONE L’idea di una raccolta di biografie illustri ci venne un giorno, mentre stavamo pascolando alcuni dromedari nei giardini pubblici di Dresda. Ricordiamo ancora il momento in cui una signorina dell’aristocrazia locale si avvicinò e ci chiese gentilmente “Che belle gobbe! Sono vostre?”. Il pensiero di quel momento ci fu così caro che decidemmo subito di sederci su una panchina e scrivere alcune note sul palmo della mano di un netturbino di passaggio, il quale ci ringraziò caldamente e andò via canticchiando l’inno nazionale uzbeko. Giunti nella modesta magione che occupavamo all ’epoca, una soffitta al 37 di PuzzerStraße, abbandonammo subito il romanzo d’avventura che avevamo intentato, dal titolo provvisorio di “Il Peto Fantasma”, ci facemmo spazio sull’angusto scrittoio e iniziammo a scrivere e scrivere, senza sosta, per tutta la notte, con la sola compagnia di Sophie, la nostra adorata seppia da passeggio.  Alla mattina, ci accorgemmo che, invece dell’opera bibliografica che volevamo redigere  –    forse a causa di di libagioni eccessive e di un consumo non trascurabile liquore al tamarindo  –   le nostre carte riportavano semplicemente la parola “cassapanca” ripetuta 2874 volte. E tuttavia, amammo come figli quei fogli vergati a fatica, nella solitudine della soffitta, con il buio della notte sassone fuori dalla finestra, e con poche correzioni –  principalmente  principalmente

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togliendo la parola “cassapanca”  e mettendone altre  –   divennero l’opera che siamo fieri di presentarvi.

 A Frau Hornenstein, che all ’apice ’apice del piacere intona sempre uno jodel bavarese.

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Ottone Diocane

Fig. 1 - Ottone (a destra) durante un convegno di intarsiatori di pifferi a Nuova Delhi

 

Ottone Diocane (Bologna, 1934-2008) è stato uno scrittore e politologo italiano. Proveniente da una famiglia molto povera - i suoi genitori vendevano gatti di polvere alla borsa nera durante la Grande Guerra - Ottone si diploma al conservatorio e tiene qualche concerto, prima che il pubblico si accorga che non sta suonando alcuno strumento, ma semplicemente facendo delle pernacchiette con la bocca. Nonostante cerchi di giustificarsi dicendo che il “prprforte”

è uno strumento e che lo suonava anche Haendel, gli viene ritirato il diploma e confiscato anche il labbro superiore. Riceve però un importante attestato di stima di Panuzio -7-

 

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Sparafuffa, che all’epoca scriveva sul “Piccolo” con lo pseudonimo di “Scusate”.

Ottone riterrà Panuzio il suo mentore spirituale e la sua grande ispirazione, nonostante ciò, non troverà mai il coraggio di conoscerlo personalmente, limitandosi a fingersi un postino per “sentire la sua dolce voce al citofono”. Nel

1973 viene coinvolto nel Partito Comunista, anche se le sue idee politiche non sono mai state del tutto chiare: alla domanda “Perché si iscrisse al Partito?”, Ottone ha sempre risposto “Credevo fosse un bar”. Nel ‘78 si iscrive a Lotta Continua (“Nel Partito non avevano mai il Chinotto”) e decide di partecipare ad un

attentato contro la sede del MSI, offrendosi di portare lui stesso il criceto esplosivo che avrebbe dovuto detonare all’interno del palazzo.

 Tuttavia, un curioso incidente che coinvolse un gatto, la polizia e il suo alluce destro lo portò al suo primo arresto, esperienza che lo cambiò profondamente e gli fece assumere una posizione più moderata all’interno del panorama politico: scontata la pena rimase famosa la sua dichiarazione “Il Chinotto non vale tutto questo”.

Uscito dalle formazioni estremiste, si dedicò al decoupage per alcuni anni, scrivendo nel contempo alcuni importanti saggi tra cui: “Oggi va così” (1981, Sellerio) e “Ho trovato

escrementi di cane nella mia cassetta della posta, sospetto del geometra Pianezzi” (1983, Sellerio), che forniscono un

interessante spaccato della vita politica del suo pianerottolo negli anni ‘80.

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In quegli anni scriverà per Bompiani anche un meno fortunato romanzo, “Gerani”, in cui per 890 pagine descrive, appunto, i suoi gerani. Negli anni ‘90 la sua figura

evolve e torna su alcune delle sue posizioni per segnare una ulteriore evoluzione del pensiero politico diocaniano: il risultato è un saggio dal titolo “Forse non è stato Pianezzi, e forse non erano di cane” (1991, Mursia).

Il dilemma morale lo accompagnerà per tutta la vita, fino a farlo giungere, nel 2001, ad una svolta religiosa testimoniata dal racconto breve “Un angelo mi ha cacato nella posta” (Ed. Paoline), scritto durante un lungo pellegrinaggio in  Terrasanta (che per curiose ragioni egli credeva situata in provincia di Macerata). Nel 2007 i medici di diagnosticano una grave malattia, la tosse, per cui decide di ritirarsi dalla  vita pubblica e scrivere un lungo trattato agiografico che uscirà postumo con il titolo di “Memorie Asfittiche”.

Morirà nel settembre del 2008, tragicamente investito dal bob a quattro della Repubblica Ceca che stava recandosi all’Olimpiade di Pechino. 

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Eugenio Nonfappo

Fig. 2 - Eugenio Nonfappo mentre esamina il cele celebre bre “Arazzo Bulgaro” rappresentante alcuni marsupiali discinti

Eugenio Nonfappo (Budrio, 1858 - Pamplona 1929) è stato un filosofo e moralista italiano. Bambino prodigio cresciuto all’interno di una famiglia benestante (i suoi nonni avevano uno spaccio molto ben avviato di martore da combattimento), Eugenio viene indirizzato fin da giovane allo studio della viola da gamba, matematica e delle lingue morte. della filosofia greca, della Frequenta l’Università a Vienna, dove conosce Otto

Saltafoss, un ebreo ceco con una peculiare tendenza alla dialettica maieutica e al travestitismo, che lo introduce al bel mondo della società austriaca. Nel famoso caffé “Kekerosberg”, egli formerà insiem e ad altri intellettuali il “Circolo della Mano Morta”, società semi -segreta con il - 10 -

 

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compito ufficiale di studiare scientificamente nuovi metodi per “fare i vaghi” in situazioni imbarazzanti. In realtà, il

circolo si pone subito alcune importanti sfide morali, tra cui quella principale è di trovare nuove strategie psichiche per “dissimulare l’interesse lubrìco che pare inopinatamente

manifestarsi laddove si manifestino opere grafiche quali  Veneri denudate, Ninfe (nel caso di Franz H. anche di alcuni Giovanni Battista e di un Ercole del Pollaiuolo) ed altri corpi femminei non abbigliati in tutto o in parte, turbando la fruizione dell’opera nei suoi intenti puramente artistici”.  In quegli anni, la cronaca viennese è profondamente scossa da uno scandalo che investe la capitale come un uragano, dividendola in due opposte fazioni, l’una schierata a favore di un rinnovato e rigoroso moralismo e l’altra troppo intenta

in attività onanistiche per dichiarare alcunché. Il fatto di cronaca viene riportato in prima battuta dal “Kurbelzapfen”, ma farà in breve tempo il giro del mondo, riportato dal “Times” e da “Le Monde”: una giovane

servetta, rinvenuto in un trumoncino nella camera della contessa Shönebrüste uno scatolotto contenente alcuni dagherrotipi ritraenti la contessa in pose assai discinte e inequivocabilmente erotiche, tali manufatti per rivenderli ad un tipografo localesottrasse senza scrupoli, che li diffuse clandestinamente attraverso apposite ristampe in bianco e nero e dipinte a mano. Duramente condannata dalla Chiesa e dal pontefice, che si espresse in modo categorico sulla necessità di “ richiudere la scatola dello dimonio e ricacciarla dell’abisso di lussuria donde è ”, la pratica di consultare tali ristampe per scopi venuta ”,

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autoerotici divenne tuttavia così comune che a Vienna generò una vera e propria moda, con locali appositi (le cosiddette “Fappenhäuser”) e persino nuovi inserti nei capi di abbigliamento (come la “Tasche für Nacktbilder”, ecc.),

rimasti poi negli abiti tradizionali, sia pure con lo scopo di trasportare piccoli animali o pannocchie di mais cotte. Eugenio intravede in questo scandalo la possibilità di portare alla ribalta del grande pubblico le sue idee sulla continenza e sul decoro, e decide quindi di dare alle stampe un virulento pamphlet dal titolo “Hält Ihre Hände”, in cui sostiene che non è moralmente accettabile guardare immagini di nobildonne discinte senza il permesso dei loro consorti o quantomeno di un alto prelato. Dall’altra fazione, gli rispose Laido Von Spanner,

pubblicando una serie di articoli sulla rivista tirolese “Bohrren” in cui da un lato difese strenuamente il diritto del pubblico di “tangere le sue proprie parti libertariamente ” e dall’altro sostenne che “ qual nobildonna ormai non impressiona sui nitrati d’argento il proprio giardinetto dell’esperidi o quei suoi tempietti adorni di belletto? ”. ”. Inoltre, sostenne il Von Spanner,

se la contessa avesse davvero tenuto alla riservatezza di dette immagini, l’avrebbe conservate in luogo più sicuro e in uno scatolotto a chiave d’una marca più degna - magari austriaca.

Nonostante le posizioni nazionalistiche della controparte, l’abilità dialettica, unita al coinvolgimento d’un comitato di

nobildonne austriache a difesa della libertà di far vedere e nascondere le proprie grazie a piacimento con finalità meramente artistiche, nonché al supporto di alcuni vescovi

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bavaresi, porterà infine il Nonfappo alla vittoria della diatriba. Un ultimo tentativo del “Bohrenn” fu la pubblicazione di

una intervista ad una marchesa ungherese che dichiarò di aver dicevuto dal Nonfappo un “ ritratto stampato del suo  pinnacolo, tra l’altro comprovatamente non corrispondente in ”. La marchesa venne però dimensioni e foggia all’originale ”.

tacciata di scarsa moralità in quanto collezionista colle zionista di artefatti mentulomorfi, e quindi definitivamente screditata. Ritiratosi dalla scena pubblica non prima di aver ricevuto la medaglia d’oro al valor militare per aver “ impedito lo sfascio delle truppe più impegnate a pugnare con le proprie pudenda che col ”, Nonfappo viaggiò a lungo, morendo in nemico oltre trincea ”, un tragico incendio a Pamplona, a quanto pare travolto mentre cercava di distruggere un grande archivio di fotografie ritraenti la giovanissima nobildonna Faciala de Navarra: sul contenuto di tali immagini andate purtroppo tutte distrutte, gli storici non sono in grado di avanzare altro che vaghe ipotesi.

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 Johnny Bacinello Bacinello

Fig. 3 - Bacinello con gli “Squinty Raccoons”. Sulla grancassa un  disegno raffigurante Gennife Mordinocche

 Johnny Bacinello (New Orleans, 1911 - Managua, 1991) è stato un jazzista americano, noto soprattutto per la sua tormentata e tragica relazione con la ballerina Gennife Mordinocche. Nato da una famiglia di emigranti molisani (suo padre attraversò l’oceano su un peschereccio nascosto

in un pesce spada), Johnny (al secolo Giovigi Ernefano Bacinello) crebbe nei sobborghi poveri di Manhattan, dove - 14 -

 

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i suoi genitori ebbero per primi l’intuizione di fabbricare

 whisky artigianale fatto di operai irlandesi per venderlo all allee patate.

“L’idea”,

dichiarò

poi

Bacinello,

“aveva

indubbiamente del potenziale, ma per un motivo o per l’altro mio padre non riuscì mai a sfondare, rimanendo

sempre nel dubbio che ci fosse un qualcosa di sbagliato nel suo business”. 

Nel 1928, il padre Eugiorgio è costretto a dichiarare bancarotta, ed è un periodo molto difficile per la famiglia Bacinello: la famiglia è costretta a vendere tutti i calzini destri e a indossare ogni giorno due calzini sinistri. In una lettera ad un suo corrispondente eschimese, Eugiorgio lo descriverà come un periodo incredibilmente duro paventando anche l’ipotesi di “farla finita gettandomi con un bersaglio disegnato sulla schiena in una piscina piena di narvali”.  Intanto Johnny ha imparato a suonare il clarinetto da un anziano pansessuale nero di origine caledoniana che gli dà lezioni in cambio di trementina t rementina da fiuto, ed inizia ad esibirsi nei piccoli locali del suo quartiere riscuotendo un certo successo. La sua prima formazione, gli “Squinty Raccoons”,

comprende, oltre a Bacinello, altri 3 membri tutti di origine italo-americana: Terry Vaschetta (alla batteria), Luigio “Lou” Mastello (al contrabbasso), e Bernacco “Babe”

Contenitore (al pianoforte). Le cose, per il gruppo, sembrano mettersi subito bene e il loro agente Bobby Stemperato (detto “Bugs”) procura loro

numerose date in tutti gli Stati del Sud. Tuttavia, la fama e la prosperità del gruppo sono destinate a non durare a lungo: - 15 -

 

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prima Lou Mastello viene ritrovato tra la vita e la l a morte nella sua camera di motel, a quanto pare intossicato da una massiccia dose di peperonata, poi è la volta di Babe Contenitore a rischiare la vita cadendo da sobrio in una piscina piena di bourbon. I continui litigi tra i membri della band porteranno infine Bacinello alla amara decisione di sciogliere il gruppo: è l’aprile del 1934, e i Raccoons si trovano tutti in tourn é a San Diego, tranne Terry Vaschetta, che si sta esibendo da solo a Fresno di fronte ad un pubblico allibito. La sera stessa, recatosi a giocare a volano per annegare anneg are la delusione,  Johnny farà la conoscenza che più cambierà il corso del suo destino: si tratta di Jesus Maria Portaombrelo, un costaricano che per lavoro controlla che nei buchi delle palle da bowling non vengano messe gomme da masticare usate. I due diventano molto amici, e Portaombrelo aiuterà anche economicamente il Bacinello nel periodo in cui va formando la sua seconda band, che vedrà la luce nel 1935 con il nome di “Pio X”. I problemi però ricominciano nel momento in

cui Johnny conosce la sorellastra di Jesus, Gennife Mordinocche (il padre è anch’esso di origine italiana), una

ballerina di pizzica caraibica erotica che ha la curiosa caratteristica fisica di avere 2 mignoli per ogni piede, e  viceversa.  Johnny se ne innamora perdutamente, inizialmente non ricambiato, ed inizia per questo a bere smodatamente, tra l’altro soltanto acqua tonica. Le sue insistenze però alla fine sortiscono un qualche effetto e Gennife cede alle lusinghe

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del Bacinello, soprattutto quando egli millanta la possibilità di regalarle l’Oklahoma.  La relazione tra Johnny e Gennife è da subito molto contradditoria e a tratti violenta: lei è solita picchiarlo con delle anguille vive, mentre lui arriva - in un impeto di gelosia - a spalmarle di Nutella l’interno delle scarpe da ballo. Dopo un anno di relazione, in cui insistentemente Johnny chiede alla sua amata di smettere con la danza erotica e dedicarsi alla casa e alla famiglia, o quantomeno di “ballare solo in locali frequentati da ingegneri meccanici”, Gennife rimane

incinta di quella che sarà la loro unica figlia: in onore della nonna di lei, la chiameranno Interdetta (Interdetta “Diddy” Bacinello diventerà una nota pornostar verso la fine degli anni ‘90, in un particolare genere fetish che coinvolge donne

anziane, la produzione di cappelletti e la presenza di numerosi scoiattoli). Ormai sfinito dalle droghe e dall’ac qua tonica, Johnny non

riesce più a reggere il ritmo della vita in tournée, e dopo alcuni episodi disastrosi (a Minneapolis emette un rutto così potente durante un concerto da provocare una parziale sordità permanente al pastore protestante K. J. Borborigm), gli altri membri della band iniziano a chiedergli di non partecipare più ai concerti e lo sostituiscono con un bradipo impagliato scherzosamente chiamato “Goebbels”.

Il successo del bradipo sarà tale e tanto da oscurare quello dell’intera band: sposatosi  con (e si dice fortemente influenzato da) una artista d’avanguardia tibetana di nome

Oko No, Sloth Goebbels finirà tragicamente ucciso da un

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lemure dello zoo di Vancouver che dichiarerà di aver agito per conto di Arthur H. Fonzarelli.  Allontanatosi dalla famiglia e in povertà per aver dilapidato tutto il suo patrimonio in un fallimentare investimento nel mercato dei toupet per cani, Johnny Bacinello fuggirà con una cameriera di Memphis, Henrietta Sonounuomo (che  Johnny lascerà dopo lo choc di aver scoperto che in realtà lei non solo non è di Memphis ma non ci è nemmeno mai stata) e con l’idea di rifarsi una vita in Nicaragua, aprendo

un piccolo locale in cui cercherà con scarso successo di  vendere sassolini ai turisti. Qui trascorrerà una vecchiaia modesta, dimenticato da tutti, e morirà il 5 Ottobre 1991, soffocato dal peto di un formichiere che aveva imprudentemente assunto come tuttofare.

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Girolamo Caccamucco Caccamucco

Fig. 4 - Girolamo Caccamucco, “ Autoritratto” (1954) 

Girolamo Caccamucco (Orbetello, 1918) è un pittore italiano appartenente alla corrente detta dei “Puppari”. I

suoi genitori, poverissimi, sbarcavano il lunario impagliando topi da rivendere alle famiglie troppo povere per avere dei  veri topi. Nonostante le misere condizioni, inizia a disegnare con il carboncino sui muri del paese, finché viene notato dal maestro di pittura Ciro Patocco, che decide di prenderlo a bottega come apprendista.

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“Inizialmente”, scrive il Patocco, “il giovane dimostrava un

interesse quasi esclusivo per le mammelle. Egli ne disegnava ovunque, e in grande quantità, di varia foggia e dimensione, con una dovizia di particolari che aveva dell’incredibile per

un garzone della sua età”. Tale passione gli rimarrà sempre come cifra espressiva, e lo porterà negli anni a sviluppare un  vero e proprio genere artistico, che vede il seno femminile come metafora dell’intero universo.  Nel 1935, un commerciante di arachidi locale - Lorello Gelosoni - gli commissiona il ritratto della figlia Eleosdraia, che il Caccamucco dipingerà riversa e capovolta sul letto e con i seni scoperti. Non comprendendo l’intento artistico del pittore, il Gelosoni distruggerà l’opera (di cui ci rimane

solo uno schizzo preparatorio) e tenterà anche di menomare l’autore con un trinciapolli.  Lo scandalo giova però alla popolarità del Caccamucco, che inizia a lavorare per alcune case di piacere e per le gentildonne più disinibite. È del 1938 la sua prima grande opera “Menne di Afrodite”, dove getta le basi del suo

intento artistico, a metà tra il neoclassicismo e le cartoline del barbiere. Recensita dalla critica come “il maggior tributo della storia all’immagine delle petto femmineo”, l’opera

 viene esposta a Parigi e riscuote un grande successo di pubblico: è l’apice del riconoscimento artistico del

Caccamucco, che vive tra gli agi in una villetta in Provenza costruita a guisa di capezzolo  Tuttavia, la guerra e le difficoltà creative iniziano fin da subito a minare la carriera del Caccamucco, che inizia in questo periodo a frequentare una giovane lattaia, Enrica - 20 -

 

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Ellapeppa, attratto soprattutto dai suoi modi gentili e dalla sua spiccatissima intelligenza. La relazione è però molto travagliata, anche perché la giovane ha una intensa vita sociale mentre il Caccamucco rimane spesso a casa, da solo, finendo vittima di una grave depressione che gli farà dipingere solo opere minori e prive di quella vastità espressiva che caratterizza il periodo più brillante. Tale fase creativa, definita dai critici “Periodo Peppette”, terminerà

solo con una grave crisi che lo porterà anche ad un breve ricovero in un sanatorio in Val Brembana, da cui uscirà completamente trasformato.  Trasferitosi a Roma, e lasciata la sua tormentata relazione, Caccamucco inizierà unplastica periodo(“Giunone incredibilmente fecondo, spaziando dalla scultura che corre senza reggipetto”, 1946) alla tempera (“Opera Spagnola”, 1947) all’acquaforte (“Ritratto di Donna Abbondanzia d’Aragona”, 1949), passando per tecniche insolite e per vere

e proprie performance artistiche in cui egli si esibisce durante le cosiddette “Opere manipolatorie” su modelle cosparse di olio d’oliva taggiasca. E’ importante anche la sua produzione concettuale (“Due cerchi ravvicinati”, 1953),

che loserie porterà verso iniziata stilemi estremamente raffinati, come nella “Areole”, nel 1955 e terminata solo nel 1961. La sua maturità artistica si manifesta nel grandioso progetto della Cupola di Senigallia e nella consulenza alla costruzione dello Sferisterio di Mestre, dopo i quali si ritirerà a vita privata per lungo tempo, seguendo uno stile di vita quasi monastico e molto riservato. - 21 -

 

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 Tornato alla produzione nel 1995, sconvolgerà il pubblico con una serie di disegni intitolati “Culi”, in cui si assiste ad

una totale trasformazione del tratto artistico del Caccamucco, che lascerà perplessa una parte della critica, mentre un’altra parte troverà una sia pur minima linea di continuità con l’opera precedente. Oggi l’artista, quasi centenario, vive con la moglie e i figli in

 Toscana, nei pressi del borgo di Palpàta, dove ha allestito una grande casa-museo in cui sono conservate alcune delle sue opere più importanti tra cui la splendida “Mano che regge sfera”, opera-simbolo realizzata in bronzo e gomma arabica, e il “Giove che s’appoggia”, raffinato autoritratto dell’artista dipinto ad olio su tela a balconcino. 

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 Ausculto Mortacci Mortacci

Fig. 5 - Il Prof. Mortacci con il suo incredibile dispositivo per distinguere i piedi dalle mani

 Ausculto Mortacci (Roma, 1820 - 1889), è stato un medico e ricercatore italiano, noto soprattutto per aver introdotto nella pratica chirurgica l’uso dell’espressione “Oh, cazzo”.

Nato nel quartiere di Prati da una famiglia borghese (i suoi genitori affittavano pappagalli balbuzienti ad una comunità di nani sordociechi), il giovane Ausculto dimostra subito una notevole propensione per l’anatomia umana e animale,

facendo però una leggera confusione tra le due. Iscrittosi a medicina, durante una autopsia, insisterà per “poter portare a casa gli avanzi”, ottenendo dai suoi insegnanti una speciale nota in cui è riportato “stateci attenti, questo è un matto  vero”. Laureatosi con una tesi sui piedi piatti, il Mortacci

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lavorerà per anni nella Clinica “Malus” di Valm ontone,

divenendone presto il primario e il capitano della squadra di palla avvelenata. La sua grande passione per gli studi produrrà negli anni alcuni importanti avanzamenti nella pratica medica italiana. Per primo, introdurrà l’utilizzo di vecchie rivis te e quadri stilizzati nelle sale d’aspetto dei medici, e in un suo celeberrimo articolo (“Chi è l’ultimo?”, Rivista Italiana di

Medicina, 1853), proporrà un modello innovativo di gestione dei pazienti, in cui gli anziani arrivano sempre prima delle sette di mattina. Dirigerà per anni anche la rivista “Morte Apparente”, da cui diffonderà le sue tecniche innovative in ambito chirurgico(“Supposte”, (“Se dopo li1859) richiudiamo meglio”, 1858), farmacologico e clinicoè (“Fa male se schiaccio qui?”, 1862). 

Nel 1865 viene convocato da Re Vittorio Emanuele II per un consulto privato: dopo una approfondita anamnesi e numerosi esami clinici, il Mortacci redige uno storico referto: “Maestà, Voi avete i baffi”, che gli gl i varrà la medaglia d’oro al valor civile e una  toccante lettera di ringraziamento

da parte di Maria Adelaide di cui riportiamo un passo particolarmente accorato: “… ormai da mesi ci arrovellavamo sulla salute del nostro amato

consorte, e davamo ormai per perduta ogni speranza, quando un lume salvific o di conoscenza, sapienza e d’intelligenza ci ha illuminati rivelando e sanando, sanando e rivelando …”   Ormai all’apice della carriera e della notorietà, dirigente di  varie cliniche cliniche tra cui la Sant’Orberto (il cui celebre motto motto era

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“Cantas ut passat”), e la Diotas Sixta (famosa per aver

ospitato il primo trapianto al mondo di senso dell’umorismo), il Mortacci si dedicherà anche all’insegnamento: memorabili le sue lectiones magistralis  in  in cui

- per far comprendere in modo diretto i sintomi delle malattie - egli era uso contagiare alcuni studenti sorteggiati con il morbo della febbre tifoidea.  Ausculto Mortacci non prese mai moglie, e non lesinò alcuni commenti caustici frutto d’una certa sua velatissima misoginia (“La femmina umana è la più infida delle creature terrestri, un ibrido malefico tra una murena e una zanzara malarica ”). ”).  Tra l’altro, il Mortacci fu un accanito sostenitore della tesi

per cuiilnon le donne hanno cervello più piccolo, ma anche ditosolo mignolo dei piedi piùil brutto.

Le sue ultime opere sul cuoio capelluto (“Toupet e dintorni”, 1880; “Forfora”, 1882), gli valsero numerosi

premi accademici e una importante pubblicazione internazionale sulla rivista scientifica londinese “The Billycock”. Ritiratosi a vita privata, scrisse una

autobiografica moltodeldiscussa i limiti del sistema sanitario Regno,in cui di evidenzia cui riportiamo un interessante astratto: “… è d’uopo ricordare come non siano sia no ancora entrate nell’uso comune alcune norme che scientificamente sono dimostrate come d’im  portanza vitale, a titolo d’esempio prima di iniziare una operazione chirurgica accertarsi d’essere effettivamente in ospedale e che il paziente sia

 presente, e che se presente sia effettivamente il paziente; prima di - 25 -

 

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somministrare un farmaco evitare d’ass aggiarlo; aggiarlo; non porsi  posteriormente ad un paziente ch’abbia ch’abbia contemporaneamente contemporaneamente diarrea et tosse asinina; prima d’effettuare un’autopsia accertarsi che il paziente

sia del tutto morto attraverso alcune domande di cultura generale; durante le visite ginecologiche evitare di far finta che la propria voce abbia un’eco; non raccontar facezie a chi abbia appena ricevuto una sutura; etc. etc. …”  

Morirà durante una cena di gala, soffocato da uno knödel di dimensioni ragguardevoli, regalatogli dall’ambasciatore di

Prussia per avergli diagnosticato con considerevole anticipo un attacco di starnuti che avrebbe compromesso i rapporti diplomatici interni con la Vestfalia.

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 Artemisio Scartabello Scartabello

Fig. 6 - Una rara immagine di Scartabell Scartabelloo mentre manda a memoria il nome degli abitanti di Ventimiglia

 Artemisio Scartabello (Genova, 1917 - Forlimpopoli, 1998) è stato un archivista e storico italiano. Nato nel quartiere genovese di San Fruttuoso da genitori molto agiati, titolari di una piccola fabbrica di macchine spennapolli, Artemisio frequenta una severissima scuola religiosa (l’Istituto delle Reverende Madri Pie Asburgiche Bacchettone dell’Ordine

di San Punizio) da cui riceve una istruzione valida ma anche una impronta morale molto rigida: per esempio, avendo richiesto di andare ai servizi in seconda elementare, otterrà il permesso solo in quarta ginnasio.

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Paolo Storvandre

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Iscrittosi al corso di Storia Antica all’Università di Genova,

troverà un ambiente decisamente diverso, che minerà le sue granitiche certezze sul mondo (“pensavo che le donne fossero semplicemente velenose”, cit. da Memorie di un

 Archivista Gnostico, Sellerio, 1978), ma gli fornirà anche numerosi spunti di crescita umana e spirituale. Fin dai primi studi universitari, lo Scartabello dimostra una incredibile

propensione

per

l’ordinamento

e

la

classificazione dei documenti e una memoria eidetica straordinaria: con grande facilità manda a memoria interi tomi, tra cui la Storia del Nasello, l’Enciclopedia generale dei

Bovini Liguri ed il Manuale delle Giovani Marmotte Fasciste. 1938 stupisce tuttideli menu compagni di corso imparandoNel a memoria i 2481 piatti di un ristorante cinese, associando ogni piatto ad un numero e viceversa: l’unico a non impressionarsi particolarmente è il cameriere del ristorante stesso. Nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, viene assegnato ad un reparto di fanteria speciale, incaricato di imparare a memoria i nomi dei soldati nemici e poi chiamarli a sorpresa (“Hey, Frank Rosemberg!”) per esporli al tiro dei

cecchini. Ovviamente lo Scartabello dimostra tutto il suo talento portando il suo battaglione a conquistare le linee nemiche nella battaglia di Rosichino, e guadagnandosi per tale merito la medaglia d’argento al valor militare.   Alla fine della guerra, e con la caduta del fascismo, lo Scartabello torna ad incarichi civili e va a ricoprire il ruolo di  Archivista Capo nello storico Fiduciario Ufficio di Fermo, Fano e Ancona. Qui lo Scartabello ideerà il suo famoso - 28 -

 

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sistema di classificazione dei documenti, poi adottato da moltissimi archivi italiani ed europei, definito come “So.Tut.Me”, in cui in pratica un tizio si ricorda dove sono

tutte le cose archiviate e se hai bisogno chiedi a lui.  Tale invenzione, rivoluzionaria per llaa sua praticità e facilità di utilizzo, gli varrà una incredibile notorietà nell’ambito

tecnico archivistico, di cui diventerà uno dei massimi esponenti di tutti i tempi, nonostante le critiche velenose che come sempre tendono ad insediare la giusta gloria dei genii innovatori. Nel frattempo, lo Scartabello studia i documenti che archivia, e nel suo complesso sistema analitico si accorge di alcune importanti incongruenze nelle ricostruzioni storiche ufficiali. Secondo lui, ad esempio, Carlo Magno era una donna e si chiamava Giuseppa (o Geppa), la Francia non è di fatto mai esistita e la Battaglia di Poitiers venne sì combattuta, ma a palle di neve. Come tutti i grandi innovatori e i dissacratori, queste sue affermazioni vengono immediatamente inondate di critiche feroci dai parrucconi dell’establishment cattedratico, che lo

attaccano sul su piano accademico che Inkatzemberg, su quello personale (ed alcuni sia anche quello fisico). Otto dalla storica Università di Turingia, gli fa sapere che “Mai s'è udito un simile coacervo di fandonie pronunciate da un uomo”,

mentre Aliprando Virulentes, da Madrid, gli scrive che “l’unica spiegazione è che il vostro cervello sia stato

attaccato dalle camole del legno, o che sia stato sostituito con una patata marcia”. Gli mostrano  invece solidarietà e appoggio alcuni gruppi europei di studio tra cui l’Ordine dei

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Creduloni della Loira, la Storica Associazione dei Gonzi di Renania e la rivista scientifica “L’Allocco”, edita in Barbagia. 

La sua insistenza e la sua strenua lotta per una rilettura generale della documentazione storica europea lo porteranno da un lato in disgrazia dal punto di vista economico, e dall’altro gli provocheranno una forte crisi

nervosa, acuita dal fatto che il suo metodo per l’archiviazione “So.Tut.Me” viene messo duramente in discussione dopo un incidente in cui un archivista di Zurigo “Battè la testa su una mensola lignea” perdendo del tutto la memoria, e si dovette pertanto dare l’archivio alle fiamme. 

Solo e dimenticato da tutti, Artemisio Scartabello si ritirerà a Selbagnone, dove vivrà di una misera pensione e dei contributi di alcune riviste locali (tra cui “Il Merlo” e “Grulli d’Emilia”) , per le quali q uali scriverà fino alla sua morte, avvenuta a Forlimpopoli a causa dei postumi d’un eccesso di tintura

per capelli.

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Giannànsia Mancalli Cani

Fig. 7 - Giannànsia (al centro) durante un sit-in per la salvaguardia dei diritti dei mustelidi in Abruzzo (1973)

Giannànsia Mancalli Cani (Catania, 1949) è una nota sostenitrice del movimento femminista e attivista dei movimenti per i diritti civili delle otarie del Nord America. Nata da una famiglia nobile siciliana (i suoi genitori acquisirono il titolo nobiliare dal Conte Mancalli di Santa Brigida, in cambio di un cesto di fichi d’india rivelatisi poi

acerbi), fin da adolescente entrò in profondo conflitto con l’ambiente familiare, molto legato alle tradizioni t radizioni e ai costumi

locali. Il suo primo gesto di rottura, in terza media, fu infatti quello di rifiutare di essere accompagnata a scuola con il carretto siciliano di famiglia. Successivamente intrattenne una storia clandestina con un postino settantacinquenne e contemporaneamente - una complessa relazione epistolare - 31 -

 

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con una ragazza groenlandese da cui apprese alcune problematiche delle lesbiche nel circolo polare artico, tra cui la principale è che - sotto una certa temperatura - la lingua tende a rimanere attaccata.  Terminato il liceo classico nonostante varie vicissitudini d’ordine disciplinare (tentò d’evirare un bidello per “futili motivi” legati ad una questione di nomenclatura delle

merendine), ha collaborato ad una rivista clandestina intitolata “Uter Alles”, in cui si promuove vano concetti “contrari alla morale comune”; in tale edizione non solo si

difendeva il diritto delle donne di avere il pieno controllo e la proprietà del proprio corpo, ma anche quello di poterlo ipotecare per ottenere dei fidi bancari. Iscrittasi ad una scuola d’arte, per mantenersi agli studi si presterà spesso al mestiere di modella, venendo ritratta in alcune opere degli autori del suo tempo divenute poi celebri, come il dipinto “Donna Brutta” (Mimmo Rondella, 1965), o la scultura “Sfera che rotola” (O lone Baistrocchi, 1966). Rifiuterà sempre ogni forma di cosmesi, tant’è che dal 1966

 venne a lungo scambiata per il Duca Wilhelm di Sassonia, godendo anche di alcuni privilegi presso le ambasciate. Nel 1968 parteciperà con grande entusiasmo - solo parzialmente ricambiato - ai movimenti di liberazione politica e sessuale. A soli 20 anni scriverà anche il suo primo libro “Donne e donnole”, edito da Mursia, in cui si evidenzia

la profonda differenza, sempre testardamente ignorata dal maschio sciovinista, tra la donna e i mustelidi in generale. Premiata con il trofeo “Fallo d’oro” dall’Associazione “Stupro è sport”, rifiuterà di ritirare il riconoscimento con

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una feroce lettera in cui esprimerà la motivazione del suo gesto motivando che la sede della premiazione “non era per niente comoda ai mezzi”.   Tra collaborazioni con riviste, riviste, una breve adesione al Partito Radicale (da cui si staccherà per profonde differenze di approccio sociologico e perché la sua sede “non è per niente nie nte comoda ai mezzi”), ed il lavoro di educatrice presso la Scuola Superiore Femminile “Saffo”, la Mancalli Cani

stringerà una storica amicizia con la giornalista calabrese Giovanna Cazzonò, prima all’Espresso e poi alla storica rivista LGBT “Moquette”, sulle quali le due cureranno la rubrica speciale “Vagina Comunista!” nella quale si

affrontano tematiche quali il plusvalore, la consapevolezza e l’igiene intima.    A Genova, presso la redazione de “L’Elfo Transessuale”,

Giannansia conosce il grande editore Europo Ruttaluva, con il quale stringerà un sodalizio editoriale lungo vent’anni. Per la sua casa editrice, la “Dyke”, scriverà numerose opere, tra cui ricordiamo “Sopracciglia” (1978), “Vulva e panteismo” (1979), “Il ruolo della donna nel monopoli: segnalini sessisti” (1980), “Basta che poi pulisci tu” (1981), “Donna Madre Amante Strega Panda 4x4” (1983). Notevoli anche i

suoi regolari interventi sulla rivista di cultura lesbica e cucito “Il Ditale”, da cui diffonde un messaggio di lotta per una

società senza disparità e discriminazioni sessuali, e con una maggiore diffusione del punto margherita. Sempre in liguria, a Rapallo, frequenta attivamente il salotto della Contessa Adolfina Frappo Della Fregna, nobile di larghe vedute e mecenate delle arti al femminile. Donna di - 33 -

 

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grande fascino, se non proprio avvenenente, Giannansia  viene in questo contesto corteggiata da numerosi artisti e playboy. Il poeta di Monterosso Alicio Vezzeggio la descriverà “bella come il Partenone, e grande altrettanto”,

mentre lo scrittore sardo Sussulto Murru la userà come

punto di riferimento nel suo romanzo “Anni di peluria”.

Persino Adorato Orsodoro, il celebre regista fiumano, ammetterà di essersi ispirato a Giannansia per il ruolo del  Venezuela in “Coriandoli a Pentecoste”, vincitore di due

premi Oscar (per il miglior nano non protagonista e per la migliore sceneggiatura originale scritta da un lemure) e del Festival di Cannes come migliore film straniero con un titolo di tre parole di cui una è “Pentecoste”.   Editorialista dell’Unità fino alla sua chiusura, la Mancalli  

Cani oggi tiene un noto corso di sociologia e fartgambling alla Sapienza e scrive saltuariamente per “Cosmopolitan” e “Sailor Moon”, oltre che sostenere attivamente la possibilità

di autodeterminarsi delle otarie. È annunciato per la fine dell’anno il suo attesissimo libro “Femminicidio, sì, ma poi?” che uscirà per i tipi di Einaudi. In una recente

intervista, alla video-giornalista in perizoma e con dei pon pon suisenso capezzoli le chiedeva se nel “No, 2014,direi ha ancora parlareche di femminismo, ha oggi, risposto che siamo a posto così”.

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Gianni Panisio Falsetto

Fig. 8 - Gianni Panisio e la moglie in una scena di vita famigliare

Gianni Panisio Falsetto (Bombilaccio, 1949) è un cantautore e interprete italiano. Considerato uno dei maggiori artisti di musica leggera del nostro paese, ha collaborato praticamente con tutti i maggiori autori musicali e con le più celebri band del panorama artistico italiano e internazionale. Figlio di due braccianti molisani la cui principale fonte di reddito consiste nel macinare il grano saraceno dei latifondisti con i propri denti, Gianni esordisce giovanissimo - 35 -

 

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al concorso regionale “Festivalocco”, dove a soli 14 anni stupisce il pubblico con un acuto sulla canzone “La Mamma del Soldato Innamorato Partenopeo Morto per la Libertà” che sblocca l’udito all’anziano parroco Don Pasubio e

riattiva la prostata del sagrestano Oreste permettendogli, a quanto si racconta, di avere finalmente un figlio nonostante l’età di 96 anni, sei mesi e un giorno.   Il successo discografico non tarda ad arrivare quando, nel 1967, in un bar di Roccaminchiata, incontra una cugina di Orietta Berti, Cipressa Cìcciri, la quale, colpita dai modi gentili del giovane Gianni che si offre di riparare un guasto alla sua auto usando i propri incisivi, decide di portarlo con sé a Roma come bagaglio a mano. Qui inciderà, per la casa discografica “Urletti”, il suo primo album composto da 4 pezzi inediti, 4 cover e una sequenza di borborigmi. Le cover sono pezzi di Celentano scritti da Enrico Cutrettola e Franco Sbraccia, cantati però “facendo finta di niente”, un nuovo stile molto in v oga oga tra i giovani in

quel periodo. I pezzi inediti, scritti da Falsetto insieme a Gianni Rodari, Pelè, Amintore Fanfani e Ciccio Ingrassia, diventano subito delle hit nella classifica italiana, in particolare “Non son legno né teak” e “Superavo i limiti dell’amore e venivo per questo giustamente multato”. 

Ormai alla vetta della notorietà, parteciperà a molte trasmissioni RAI di successo come ospite d’onore (“Meraviglione”, 1971, “Uno, due… e la luna”, 1972, “Lobotomia”, 1974 e “Sparala Grossa”, 1975), duettando

con Mina, i Ricchi e Poveri, Fidel Castro, Calimero, Margaret Tatcher, Geppo e Tiramolla. Il suo periodo di - 36 -

 

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successo televisivo verrà però bruscamente interrotto a causa di uno scandalo a sfondo sessuale che lo vedrà coinvolto insieme a Topo Gigio in un giro di prostituzione minorile. Nonostante Falsetto verrà totalmente scagionato in seguito (la Questura era stata tratta in inganno dal fatto che il vero indiziato aveva il suo stesso segno zodiacale), questo scandalo mise comunque a repentaglio la sua intera carriera, mentre distrusse completamente quella di Topo Gigio che, come tutti sappiamo, a seguito di questi avvenimenti cadde in una spirale di droghe e alcool fino al tragico suicidio nella camera d’albergo del Gugliel Motel di

Milano, avvenuta il 15 aprile 1976 dopo aver scritto una straziante lettera d’amore a Memo Remigi considerata uno dei primi coming-out dello show business italiano. Sconvolto e commosso dalla morte dell’amico e compagno

di sventura, Gianni Falsetto gli dedicherà la canzone “Pupazzo Bill” il cui riferimento alla tragedica vic enda risulta particolarmente evidente dai versi: “aveva il cuore di pannolenci / andava in giro avvolto nei suoi poveri

cenci / aveva orecchie grandi come il mare / aveva orecchie per stare ad ascoltare / era un pupazzo stanco / era un pupazzo stanco di l ottare”  ottare”   Nel 1978 ritroverà finalmente la forza di tornare in scena dal  vivo insieme all’amico e collega Uccio Afono, con il celeberrimo e ormai storico tour “Papaya Republic” che avrà il suo apice allo stadio “San Ciro” di Barberino del

Mugello.

Tra

le

tante

canzoni

che

rimangono

nell’immaginario collettivo e nella storia della musica italiana proprio nelle versioni “live” di questo tour, la più celebre e amata dal pubblico è senz’altro “Ma come fanno i

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commissari di bordo”, con cui il duo tipicamente

concludeva tutti i propri concerti prolungandone a volte l’esecuzione con lunghi assoli e improvvisazioni finché tra il

pubblico alcuni spettatori non iniziavano ini ziavano a mostrare i primi sintomi di pellagra. Gli anni ‘80 sono un periodo molto difficile per Gianni

Falsetto: incapace di adeguare il suo stile musicale alle nuove tendenze elettroniche, viene di fatto dimenticato dal pubblico che si fa di colpo esterofilo e preferisce quasi esclusivamente la musica pop americana e inglese. Incoraggiato dal suo produttore Franco Quarantagatti, tenterà di lanciare alcuni pezzi in lingua inglese, ma la sua pronuncia di scatenare una offensiva marina britannica rischierà in stile Falkland, placata solo dalladella promessa dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini che il cantante italiano e la sua progenie non avrebbero mai più pronunciato “nemmeno una parola in lingua ling ua inglese almeno fino alla fine dell’Impero Britannico”. 

Dilapidato il proprio patrimonio al gioco del flipper, da cui gli verrà in seguito diagnosticata una dipendenza patologica, e dimenticato dal pubblico, Falsetto scomparirà per lungo tempo dal panorama dello spettacolo italiano, tranne sporadiche apparizioni in programmi come “Falliti”, del 1984, e “Trombatissimi”, del 1987. In questi anni

attraverserà anche una profonda depressione, fino ad un tentativo di suicidio avvenuto nel 1989 in cui l’artista

cercherà di togliersi la vita ascoltando per 80 volte di seguito seg uito “Voulez vous danser” in versione Remix. 

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Nel 1993 viene coinvolto nell’iniziativa benefica “Una canzone per Casacalenda”, raccolta fondi lanciata per gli abitanti della cittadina molisana colpita quell’anno da “parecchia pioggia”. Qui incontra e conosce Babbuccio

Diesis, cantante di origine greca che sta ottenendo un discreto successo in Europa grazie alla sua potentissima  voce da tenore e alla sua salopette. Babbu Babbuccio ccio comp comprende rende la difficile situazione del collega e decide di coinvolgerlo in un tour che segnerà la rinascita artistica e spirituale di Gianni Falsetto. Il tour darà anche origine ad un doppio album live dal titolo “Doppio Album Live Dal Titolo”, considerato a tutt’oggi uno dei migliori prodotti artistici italiani nel suo

genere, grazie anche alle collaborazioni di musicisti di varie estrazioni: jazz, blues, rock e anche un campanaro della Val Brembana.  Tornato alla ribalta del grande pubblico, Falsetto non si siederà sugli allori ma cercherà di impegnarsi per una seria vie ne formazione musicale, imparando finalmente che “il fa viene prima del sol” e che il pianoforte si suona con le mani. Da completo autodidatta apprenderà i rudimenti di numerosi strumenti musicali, tra cui la chitarra classica, che però Falsetto strumentointerpreta a fiato. in modo del tutto originale come Dalla fine degli anni ‘90 ad oggi, Gianni Falsetto ha

pubblicato numerosi album ed alcune raccolte, tutti di grande successo, vendendo ad oggi oltre 18 milioni di copie, copi e, partecipando al Festival di Sanremo in veste di interprete (2001), conduttore (2003), soubrette (2006) e strumento musicale (2007). Oggi conduce una trasmissione sulle reti - 39 -

 

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Mediaset, molto seguita, dal titolo “Vite vissute”, in cui

 vengono raccontate storie particolari o drammatiche di gente che mediamente ha l’aria di stare economicamente e

socialmente molto peggio di quelli che la guardano. Dal 2012 conduce anche su Sky TV la trasmissione di successo “Errori stupidi che tu non faresti mai e che vedere fatti da altri ti fa sentire intelligente”, alternando le varie

storie e interviste con interessanti sipari musicali in cui  vengono ospitati artisti internazionali che, per il doppio del cachet, a volte accettano di duettare con il conduttore fingendo di trovare la cosa molto divertente.

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Efisio Scartabroc Scartabrocchi chi

Fig. 9 - Scartabrocchi (primo da sinistra) nel suo ruolo più tipico: in panchina

Efisio Scartabrocchi (La Spezia, 1973) è un ex calciatore e allenatore di calcio italiano. Figlio di due allevatori di mitili da combattimento, Efisio esordisce giovanissimo nella Fivizzanese nel ruolo di terzino destro, mettendosi in evidenza per la determinazione dei suoi interventi (il suo compagno di squadra Gianni Malleolo lo ricorda come “capace di sradicarti il pall one dai piedi anche se stai giocando a tennis”) e la capacità di corsa sulla fascia (per la

capacità di avanzare e tornare molto velocemente sulle fasce  venne infatti soprannominato “Prepuzio”).  Dopo alcuni campionati regionali viene notato da un talentscout e rappresentate di aspirapolvere di Agrigento, che lo presenterà

alle

selezioni

giovanili

dell’Internazionale

permettendo di esibire il suo talento di fronte ai grandi - 41 -

 

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campioni dell’epoca. Purtroppo, quel giorno Efisio accusa

un grave episodio di meteorismo che ne pregiudica la performance, per cui i selezionatori gli preferiscono un capibara argentino di nome “Paco”.  Deluso ma ben lungi dall’arrendersi, il giovane Efisio torna

in Liguria e si presenta alle selezioni dello Spezia Calcio ottendendo un primo ruolo come bandierina del calcio d’angolo: non è quello che Scartabrocchi aveva in mente, ma

come inizio decide di accontentarsi. La sua pazienza viene infatti premiata: durante una partita amichevole contro il Panathinaikos, il difensore centrale titolare Libero Gambarotta si infortuna gravemente riportando una brutta distorsione all’ano. L’allora allenatore, Martello Richiami, a

corto di riserve, decide di mettere in campo Scartabrocchi nel campionato imminente, modificando leggermente il modulo tattico da “dio ce la mandi buona” bu ona” a “tanto, ormai”.  Scartabrocchi si mette subito in evidenza con una copertura impeccabile della zona a lui assegnata. Segnerà anche numerosi gol, nonostante la posizione arretrata, con tiri dalla distanza che egli effettua con una curiosa tattica che consiste nel prendere la rincorsa direttamente dalle gradinate per poi arrestarsi a pochi metri dal pallone, accendersi un sigaro, discutere di filosofia ed ermeneutica con un compagno di squadra, aggrottare le sopracciglia, mangiare una mela coi libri di scuola, farsela toccare di lato e calciare sotto la traversa urlando “Vammelappiglià!”.  Il quell’anno - grazie soprattutto ai gol e agli assist di

Scartabrocchi - lo Spezia Calcio vincerà il Campionato, la Coppa Italia, la Coppa dei Campioni, il Gran Premio di - 42 -

 

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Montecarlo, la Coppa Volpi come miglior squadra non protagonista e cinque gomme da masticare grazie alla scritta “Hai vinto!” all’interno dell’incarto plastificato.   A quel punto, tutte le più importanti squadre iniziano a contenderselo a colpi di rilancio sul italiane calciomercato estivo. A spuntarla è inizialmente la Juventus, che lo assolderà per la stagione 1993-1994 e 1994-1995. Scartabrocchi segnerà nei due campionati complessivamente 432 gol, di cui la maggior parte su punizione. La Juventus vincerà entrambi i campionati con uno scarto punti di 122 sulla seconda classificata (il Milan e poi la Lazio): celebre resterà l’incontro Juventus Cremonese, che la22Juve per 90 a zero eguadagnando i in un solo incontro l’indulgenza eccezionalmente puntvincerà plenaria concessa dall’allora Pontefice Giovanni Paolo II.   Dal 1995 al 1997 è in forza all’Internazionale, dove torna al

ruolo a lui più congeniale di terzino destro, risalendo però spesso in attacco per mandare verso il centro numerosi assist per gli attaccanti. Nel 1996, Arrigo Sacchi lo chiamerà in Nazionale nell’inedito ruolo di attaccante, con il quale si

dinstinse nel Campionato Europeo segnando 18 reti, tra cui il famoso gol in Italia-Inghilterra noto come il gol su azione personale più lunga della storia del calcio: Scartabrocchi inizierà i dribbling ancora in Italia, scartando tutto il personale Alitalia sul volo per Londra, numerosi passanti, parte del pubblico, tutti i giocatori della squadra avversaria, la Regina Madre, Paul McCartney, e segnando di testa su cross effettuato da lui stesso.

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Nel 1998 viene coinvolto in uno scandalo doping, i cui risvolti non sono mai stati del tutto chiari. Durante un esame casuale il suo campione di urine prende spontaneamente fuoco, e i vapori risultanti evocano Satana e Jim Morrison. Ciò causa un leggero sospetto tra i medici, insieme al fatto che da alcuni test clinici risulta che Scartabrocchi non ha attualmente sangue nel proprio apparato circolatorio ma “un liquido che ricorda chimicamente la composizione di un mix di antigelo, steroidi, metanfetamine e Ciocorì” (da “Drugà”, libro-inchiesta sul doping nel calcio del 1999).

Nonostante i vari ricorsi nei quali gli avvocati della squadra proporranno ostinatamente la tesi del rapimento alieno, Scartabrocchi verràunsqualificato per unTornerà anno e la sul sua carriera sportiva subirà brusco stop. campo appesantito e irriconoscibile, diventando il bersaglio dei tifosi e della stampa sportiva (la Gazzetta dello Sport lo soprannominerà “El Pinzo de Oro”).   Al termine dei suoi contratti, deciderà di tentare fortuna all’estero, accettando un contratto con Neftçi Baku del’Azerbaigian.  Tuttavia, non riuscirà mai del tutto ad

abituarsi allo stile del calcio azero, in particolare per il fatto che “usano una capra al posto del pallone”. Tornato in Italia,

otterrà un ingaggio nella Lazio nel ruolo di capro espiatorio di riserva, passerà quindi a varie squadre di Serie C, finché annuncerà il suo definitivo ritiro dal calcio giocato gioca to nel 2002, durante una partita amichevole a cui parteciperanno tutti i grandi campioni che furono suoi compagni di squadra, di cui qualcuno ancora vivo.

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Oggi è allenatore del Fraschetta Football Club di Forlimpopoli e consulente tecnico e ospite fisso di alcune importanti trasmissioni sportive in TV, tra cui “Recupero”, con Fulco Millanta, e “Senno di poi”, con l’arbitro Severone

Bufischi, in cui si analizzano per ore fotogrammi sfocati cercando di capire se era fuorigioco o se sono alcuni nani che bastonano una lontra.

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Euscroto da Bellinzona

Fig. 10 - Euscroto dimostra all'Abate Pazienzio l'esistenza delle Sfere Celesti

Euscroto Bellinzona (Bellinzona,filosofi 1301 - Colonia, stato unoda dei più importanti europei 1373) ed èè considerato uno dei padri fondatori della branca del pensiero nota come logica informale. Rimasto orfano in giovane età, viene cresciuto da uno zio ricco, che lo invia a studiare prima dai monaci di San Balbetto, dove impara la retorica e l’arte del li nguaggio, e poi presso il seminario di Santa Tonsilla, dove apprende i - 46 -

 

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rudimenti del canto, della matematica e della medicina. Diverrà quindi maestro in filosofia dopo aver seguito le lezioni di prestigiosi insegnanti quali il teologo Asprigno da  Termoli, il retore Quisquiliano e il matematico Spiegone da  Todi. Euscroto (sull’etimologia del suo nome si sono fatte molte

illazioni, ma recenti studi filologici hanno rivelato che era un nome piuttosto usato nelle regioni dell’attuale Svizzera meridionale, e significa “Amico di Dio” e non “ Sfere gradevoli” come suggerisce il Capraccia) è noto soprattutto per aver introdotto nella logica formale il concetto di “e sticazzi”. 

 Tale concetto viene formulato sulla base del fatto che la maggior parte delle proposizioni della logica formale, più che essere vere o false, sono del tutto prive del benché minimo interesse rispetto alla propria condizione di verità quand’anche rispetto al proprio stesso contenuto.  Per comprendere meglio questo concetto logico, log ico, riportiamo alcuni passi salienti del suo celebre saggio “De Logica Esticatium”, scritto in latino volgare con un leggero accento

ticinese. “Petrum vivit in Irelandia. Omne homo qui vivit in Irelandia habet

capillo roscium. Habet Petrum capillo roscium? Ego rispondebit:  Esticatium! Qui est codestum Petrum? Quid importabit? Habemus numquam condiviso desinarem?”   Oppure, più avanti:

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“Petronilla vivit in Lutetia. Omnia foemina in Lutetia habet facile

costume. Habet Petronilla sumptae mutandae? Ego rispondebit:  Esticatium! Est Lutetiam quidem pulchra puella? Aut est schrofa similis in forma atque fragrantia? Qui importat si est de facile accessu ad pudendam? Lutetia est de multo lungi et lo itinere est periglioso, quis me garantiscit qui valet sbattimentum?”   Con questa posizione, Euscroto si contrappone fermamente al “tertium non datur ” aristotelico e viene pertanto avversato dai magistri dell’epoca, che arriveranno a definire la sua filosofia “ parola de satanasso”, facendogli più volte rischiare il

processo per eresia. Euscroto saprà però sempre accattivarsi la simpatia degl’inquisitori, sia portando sempre loro “degli ottimi cannoli”, sia argomentando le proprie tesi con grandissima abilità retorica, come nel cosiddetto “argomentum ad puellam ””::  “Si havvi donna de Lutetia, et tu facit laboro itinerante, tertium datur certamente ” 

Superate le difficoltà con la Chiesa, Euscroto tenterà più  volte di stabilirsi a Parigi per insegnare le sue teorie alla Sorbona, ma purtroppo gli saranno fatali in tal senso alcune affermazioni sul Re di Francia Filippo il Fortunato del quale commise l’errore di criticare, in suo discorso, il colore delle

ghette. Si trasferirà quindi a Colonia, dove insegnerà logica, matematica e catechismo sui pattini fino alla sua morte, avvenuta cadendo da una torre alta quaranta metri: non avendo ancora la scienza scoperto la forza di gravità, molte persone nel medioevo morivano in questo tragico modo, - 48 -

 

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inconsapevoli del fatto che lanciandosi nel vuoto non si sarebbe stati “attratti al Cielo da una mano angelica” come

scritto nella Bibbia, bensì ci si sarebbe spiaccicati di sotto. L’insegnamento di Euscroto nella logica avrà una grande  valore e un peso notevole nella formulazione dei principi della logica formale moderna. Bertrand Russell dirà di lui: “Per me è stato come un secondo padre. Entrambi, infatti, non li ho mai conosciuti”, mentre Wittgenstein, che non gli

perdonerà alcune opinioni sgradevoli sulle implicazioni materiali, scriverà “Vorrei essere un nano sulle spalle di un gigante per menarlo meglio”.  Curiosità: nel 1993, all’M.I.T., un gruppo di scienziati costruì

un computer utilizzando, invece della logica Booleana, quella di Euscroto. Il computer funzionò per un breve periodo, durante il quale però sfortunatamente mandò senza mezzi termini a quel paese tutti gli scienziati e poi si diede al bere e ai giochi d’azzardo. Sviluppò anche un pessimo

carattere, si fece alcuni tatuaggi e prese ad impennare con il motorino, seducendo in tal modo numerose studentesse. Poi esplose ferendo ad un orecchio un cugino di Von Braun che era passato di lì per giocare a freccette col doppiatore ungherese della rana Kermit.

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Euclidio Cartongesso

Fig. 11 - Euclidio (a destra) e un collega mentre disegnano il disimpegno di un bagno pubblico nel 1979

Euclidio Cartongesso (Weil am Rhein, 1945 - Piazza al Serchio, 2009) è stato un architetto e designer tedesco. Nato da una famiglia di lontane origini venete molto ricca e ben affermata nella borghesia tedesca (i suoi genitori usavano degli esseri umani come mobilio e dei nani come soprammobili), studia architettura e design a Basilea, distinguendosi subito per le sue idee rivoluzionarie. Egli infatti sostiene con fermezza la teoria per cui “le case non

devono essere asservite ai concetti tradizioni e ordinari come farci abitare le persone”, ma devono essere “ripensate come oggetto-cifra, simbolicamente rappresentative dell’Io

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creativo, emblema del pieno e del completo, senza altro scopo che il loro ingombro nello spazio”.  La sua prima opera, la Casa-Blocco di Utrecht, è infatti un di calcestruzzo sovrastata un tetto simbolico acubo forma di triangolo pieno, isoscele di coloredarosso, anch’esso in cemento pieno. Alla domanda “ma in questo modo dove andranno a vivere le persone?”, che gli muoveranno alcuni giornalisti e critici, Euclidio risponderà gelidamente “non è un mio problema”, allontanandosi su una portantina a braccia in titanio dorato retta da alcuni stagisti del suo studio. Negli anni, Cartongesso diventerà una vera archistar e un maestro del design. Famosissima la sua “Sedia convertibile”,

progettata nel 1975 per la Tisettanta, che può anche essere indossata come un cappello. “D’altronde” - come osserva acutamente Cartongesso - “cos’è una sedia se non un cappello per il culo?”.  Vincerà inoltre il Compasso d’Oro nel 1979 per l’incredibile design della “Porta Liscia”, completamente priva di maniglie

e perfettamente omogenea, ma con cerniera concepita in modo che occorra tirare da entrambe le parti. Alle numerose critiche - mosse come sempre ai grandi geni per ragioni d’invidia o d’interesse - Cartongesso risponderà: “che gli uomini non abbiano ancora sviluppato delle ventose sulle mani è solo questione di tempo”, allontanandosi poi su una

carrozza in titanio trainata da sei stagisti biondi con finimenti dorati.

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Nel 1981, il Comune di Massaciuccoli indice un bando per la costruzione di un ponte che scavalchi l’omonimo lago. Euclido Cartongesso decide di donare un progetto al Comune, a cui è particolarmente legato in quanto ghiotto di un particolare tipo di tinca in carpione prodotto unicamente in quei luoghi. Nell’aprile del 1982 perviene quindi all’Ufficio Lavori Pubblici del Comune di Massaciucoli una

busta chiusa contenente un foglio A0 recante la scritta “GIRATECI INTORNO” e la firma del Grande Maestro

Cartongesso. I tecnici del Comune, verificata l’effettiva fattibilità,

decidono di appaltare il progetto allo Studio CartongessoSpeer, ed èla da qui che inizieranno i problemi Dapprima società incaricata dei lavori, la Sbancarealizzativi. & Scappa S.p.a., sbaglia specchio d’acqua e tenta l’aggiramento del

Lago di Ridracoli, in provincia di Forlì. In seguito, accortisi dell’errore, gli ingegneri scoprono dopo un sopralluogo geologico, che il lago è “un posto piuttosto umido, e per lo più composto di acqua”. Questo compromette gravemente

alcune premesse del progetto originale di Cartongesso, che prevedeva una struttura in marzapane con riempimenti di cotone idrofilo e sabbietta per gatti. Infine, a metà dei lavori, emerge che sul posto esiste già una strada che aggira il lago, per cui si renderà necessario demolirla ed abbattere anche un paio di frazioni abitate con la motivazione tecnica che “alcune case sono indubbiamente brutte”.   A questo punto, il preventivo di spesa iniziale che era di 250.000 lire, due tinche in carpione e un pacchetto di Marlboro Ligh, lieviterà fino a raggiungere una cifra pari al - 52 -

 

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prodotto interno lordo dell’intero Sudamerica, IVA inclusa.

Il Comune di Massaciuccoli, messo chiaramente in difficoltà dalla situazione, denuncerà lo Studio Cartongesso-Speer per danni morali e materiali, oltre che per pesca abusiva di tinche durante il periodo riproduttivo. Cartongesso risponderà sdegnato rifiutando ogni addebito e incolpando a sua volta il Comune di “aver collocato il lago nel posto sbagliato, ed essersi sempre rifiutato di spostarlo”. 

La questione legale si protrarrà per più di 10 anni, finché, nel 1994, il TAR del Lazio darà ragione ad una studentessa di Livorno, condannando sia la Cartongesso-Speer che il Comune di Massaciuccoli a pagarle delle nuove extension. Nel frattempo, Cartongesso verrà incaricato di progettare alcune importanti opere tra cui le più innovative sono senz’altro l’Acquario di Norimberga (costruito in modo che i visitatori stiano dentro delle vasche piene d’acqua mentre i

pesci passano con le famiglie nei corridoi), e la Stazione dei Pompieri di Besançon, con la peculiare caratteristica architettonica di prendere fuoco in caso d’incendio   (caratteristica definita tecnicamente come “metafunzionalità allertante”). 

 Verso la fine della propria carriera, il Cartongesso si trasferirà in Garfagnana, regalando a quelle zone alcune opere del suo ingegno, come il Palazzetto della Lagna di Gallicano, in cui fino a 1.500 persone possono trovare un comodo punto di incontro inc ontro per lamentarsi, e l’Anfibiodromo

di Camporgiano, dedicato in particolare alle competizioni di  velocità tra rane.

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Scomparso nel 2009 per una crisi provocata da un caso di noia molto trascurato, lascerà una enorme eredità intellettuale e una profonda traccia nella storia del design e dell’architettura europei. Il suo ultimo lascito all’umanità sarà costituito da un tomo autobiografico dal titolo “Storia del mio incredibile talento, scritta in modo semplice per voi poveracci ignoranti”, da cui

traspare tutta la potente umanità e la grande modestia che sempre hanno caratterizzato la carriera e la vita di Euclidio Cartongesso.  Verrà sepolto con alcuni stagisti sorteggiati nel cimitero di Piazza al Serchio, in una semplicissima e modesta tomba monumentale da lui stesso progettata a forma di cavallo rampante che sovrasta una corona recante il motto “DEMOLIRE

PER

DEMOLIRE”,

cavalcato

da

Cartongesso nei panni di Carlo Magno con la feluca in testa e la spada di Daitarn III. Sulla lapide, come ultimo segno di umiltà, non volle nemmeno che fosse apposto il proprio nome, ma la semplice scritta “IL PIU’ GRANDE GENIO DI TUTTI I TEMPI”. 

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Kanguro Turafawa

Fig. 12 - Kanguro Turafawa nel 1979

Kanguro Turafawa (Tokyo, 1949) è uno scrittore e saggista giapponese. I suoi genitori si conoscono lavorando entrambi allo zoo di Tokyo, la madre con il compito di ridipingere periodicamente le occhiaie dei panda e il padre incaricato di somministrare antidepressivi agli armadilli. Dopo la sua nascita, i genitori si trasferiscono a Phankala, remota cittadina di provincia nella prefettura di KamboBaso. Successivamente si spostano a Kamojli, interessante - 55 -

 

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località marittima citata anche nell’antica canzone popolare giapponese “Sabu aka Muji” del famoso poeta d el periodo

Komokura Pu-Chi Dejtli-Li. Qui il giovane Kanguroe trova una riccaprofondamente biblioteca con testi giapponesi e stranieri, si appassiona alla lettura, soprattutto degli autori americani ed europei. Nel 1969 conosce Choko Sukando, una studentessa di musica tradizionale figlia di un ricco commerciante di barbabietole da fiuto di Hokkaido. I due si sposeranno contro il parere dei genitori di lei, che avrebbero preferito un lottatore di sumo professionista, e andranno a vivere a casa di uno zio ricco. Facendo grandi sacrifici economici, la coppia riuscirà ad acquistare un piccolo appartamento proprio fatto di carta di riso e canna di bambù ed e d un locale in cui di giorno vengono somministrati piatti caldi a base di rana e la sera alcolici occidentali serviti in bicchieri a forma di Hemingway. È in questi anni, dal 1974 al 1979, che Turafawa scopre e sviluppa il proprio talento letterario, vincendo alcuni premi come il prestigioso Gonzodoro (con il romanzo breve “Pappardelle elettriche”), ed il Testicolo d’Argento (con il racconto fantascientifico-erotico “Crisalide di ragazzina minorenne”). 

Da qui in poi, Turafawa collezionerà una serie di successi letterari, tradotti in più di 50 lingue (alcune inventate), tra cui ricordiamo i più celebri: Il formichiere in divieto di sosta (tit. orig. “Mokyamo Highisa”), 1984 

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Storia di un giovane impiegato (Yomenin Tendo) che un giorno scopre di avere un tinello in casa di cui non si era mai accorto. Scoprirà successivamente che questo tinello proviene da un’altra dimensione del tempo e dello spazio, in cui l’epoca Aiazzone non è mai esistita. Distrutto dalla

rivelazione, tenterà di uccidersi, ma poi opterà per un  viaggio intorno al mondo in cui con conoscerà oscerà l’arte, la musica e

ad allacciarsi le scarpe con la forza del pensiero. Tornato in Giappone, troverà la forza per ripercorrere a ritroso tutta la sua storia fino a ritrovarsi in un grande tinello cosmico dove un Formichiere Astrale gli rivelerà il significato di tutta la sua vicenda. Purtroppo, però il giovane dimenticherà tutto nel suo ritorno alla realtà, e quindi non gli resterà che prepararsi un buon sandwich al pollo. Guarda i petali di cane (tit. orig. “Kosakazo Vaydi Gendo”), 1985  

Il racconto inizia con il giovane Takeshi Fappo in una casa di cura per disturbi alle sopracciglia. La noia dei giorni sempre uguali viene interrotta da una visione, che Takeshi ha dopo aver mangiato del tonno avariato, in cui il mondo intero non è che un involucro all’interno del quale si

nascondono delle presenze misteriose in grado di cambiare il corso del destino degli uomini attraverso piccoli indizi nascosti negli articoli delle riviste per soli uomini. Deciderà di scrivere un romanzo in cui descrive se stesso che pensa di scrivere un romanzo in cui descrive se stesso che non fa niente, ma non verrà creduto da nessuno. Ossessionato dalle riviste per soli uomini, finirà sull’orlo di una crisi nervosa e della cecità, da cui si risolleverà solo grazie all’aiuto di una

giovanissima infermiera di Honsu, con cui farà sesso - 57 -

 

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tantrico in uno stato di parziale catatonia mentre lei indossa un costume da Lola Bunny. 80F 4M3 4M3 (tit. orig. “Nokarbo Stohastekketo”), 1990  Molluko Fiakko è un pigro insegnante di matematica, che durante una dieta scopre un universo parallelo in un barattolo di carciofini. Affascinato e spaventato da questo doppio mondo, deciderà di indagare perdendosi in un labirinto di piccole incongruenze, fino a non distinguere più il bene dal male e i carciofini dal barattolo. In questa avventura incontrerà una bellissima serial-killer che vive sotto la copertura di insegnante di zumba ed uccide i feticisti tramite una raffinata e misteriosa tecnica con i piedi. I due si innamoreranno e fuggiranno dalla realtà parallela ritrovandosi a Sestri Ponente. Piccoli omini magici che escono da buchi metafisici (tit. orig. “Ovedi --   Kadroka Famale”), 2001 

Romanzo della maturità, racconta di una setta di adoratori degli alluci dei nani che viene coinvolta in un misterioso scandalo a causa della improvvisa morte del leader Mashiro Katsunmano. La storia si intreccia coi racconti di un vecchio soldato dell’esercito che ricorda, attraverso una serie di lettere ritrovate dalla polizia in un pozzo, la terribile guerra del 1931 in cui il Giappone tentò di invadere se stesso. Un giovane poliziotto italo-giapponese, Derriko Scierlocchi, troverà un filo rosso che unisce le due storie, svelando il mistero della morte di Katsunmano e quello delle lettere nel pozzo. Purtroppo, però dimenticherà tutto a seguito di una

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caduta dal velocipede e non gli resterà che prepararsi un buon sandwich al tonno. Brulicano i bruchi brum-brum (tit. orig. “Sosemo Jokato”), 2006   L’ultimo romanzo di Turafawa è interamente ambientato

nel mondo del calciobalilla professionistico, in cui circolano nuove e potenti droghe ed episodi di inaudita violenza, soprattutto durante le partite clandestine in cui il rifrullo è ammesso. In questo mondo degradato fatto di emarginazione e violenza, Maruti e Suzuki si innamorano e riescono a trovare un passaggio dimensionale in un bar di Kyoto che sbuca in provincia di Padova. La coppia si stabilisce quindi ad Abano Terme, dove prende in gestione un locale da ballo per cani. Una notte però, in un lungo e strano sogno a Maruti viene rivelata una grande verità su tutto l’universo e sul significato della vita. Purtroppo, al risveglio non si ricorda nulla, ed avendo finito il pane per sandwich, si suicida.

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San Calcaro da Ridracoli

Fig. 13 - San Calcaro mentre osserva un peccatore preparare la carbonara in modo non ortodosso

San Calcaro da Ridracoli (Ridracoli, 1289 - Roma, 1360) è stato un religioso e filosofo italiano. Nato da due artigiani molto esperti nell’impagliare le anatre per essere utilizzate

come birilli in un gioco di bocce allora molto in voga (la “Pallanserina”), trascorre la giovinezza  imparando il mestiere di sartimbanco, una professione molto pericolosa in cui ci si trova spesso a correre con delle forbici in mano. Chiamato da Dio alla vocazione religiosa per la seconda  volta (alla prima volta era risultato occupato), entra nella Congregazione delle Beata Maria Vergine dei Calzini Spaiati, dove svolge le funzioni più umili: nettare le latrine, pulire le stalle e tenere aggiornato il blog del convento. Nel 1314, a - 60 -

 

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causa di una calunnia (venne male interpretata la sua nomea di “Bocca del Paradiso”, che si rivelò poi riferita unicamente alla sua capacità oratoria) viene trasferito nel convento di San Penino Abate, dove svolge la funzione di scrivano e miniaturista con il compito di occultare sui grandi tomi illustrati classici gli organi genitali dei nudi con organi genitali più grandi. Qui, per la prima volta, ottiene una mirabile visione del Cristo in Gloria, mentre gli angeli in trionfo lo circondano festosi, “una grande luce emana d’ogni cosa, come se foss’in fiamme”, e in sottofondo parte la Sig la la della Uefa

Champions League. In seguito alle visioni, inizia una predicazione erratica nelle campagne toscane, radunando una incredibile quantità di persone, perché come si diceva all’epoca “Val più un affreschetto di Calcaro che un tiro di buoi”. La G razia di

Dio gli ha infatti infuso una incredibile abilità nel disegnare sui muri le storie del Vangelo e dei Santi, ambientate per lo più nelle periferie delle grandi città. Come scrivono gli storici del tempo: “… non potete immaginarvi la folla che segu iva iva Calcaro per la città. Il popolo non tralasciava di stargli vicino e di portarlo in trionfo…

 Non so come spiegarvelo, ma tutte le parole uscite dalle labbra di Calcaro andavano dritte al cuore. Mentre parlava tutti tacevano e si sentivano solo profondi sospiri. Nessuno possiede, come lui, il dono di intenerire e di toccare le anime. I villici attendono anche tredici giorni in digiuno e penitenza per un suo autografo sulla Bibbia ”  Come invece riporta il Ferrabuoi: - 61 -

 

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“Dai primi anni della sua vita alla morte si succedono apparizioni di

Gesù, della Madonna, degli Angeli, estasi, e stasi, rapimenti, visioni, profezie, bilocazioni, scrutazioni di spiriti, riproduzione dei fenomeni della Passione del Signore, lotte coi demoni, esenzioni e senzioni fiscali, vittorie al gratta e vinci, posteggi liberi, comitive di studentesse ungheresi sotto la pioggia in fuga da ostelli in fiamme, e altri miracoli d’ogni genere ”  “San Calcaro nutriva un’attenzione particolare anche verso

la vita nascente e verso i giovani discenti, soprattutto quelli in difficoltà scolastiche e spirituali. Ecco perché anche oggi egli viene invocato come speciale Protettore dei Ripetenti ” (cit. Giovanni Paolo II). Infatti, già nella seconda metà del Seicento, San Calcaro era invocato come il patrono degli esami di riparazione. Nel 1960, in occasione del sesto centenario della morte, giunsero da ogni parte del mondo petizioni per ottenere che il Santo fosse proclamato Patrono delle Lezioni di Recupero, e in seguito Santo Protettore dei Crediti Scolastici”.  Il Santo Padre Gio vanni Paolo II, nell’agosto 2004, per l’occasione dell’Anno Calcarino, ha scritto una Lettera al

Superiore Generale della Congregazione dei Redentoristi di  Yellowstone, Padre Bubu; vi si legge questa frase, che abbiamo visto accogliere i pellegrini all’ing resso resso del Santuario di Materdomini Caligae Disparis accanto all’immagine del Santo: «Veramente Calcaro da Ridracoli è

uno dei piccoli, in cui Dio ha fatto risplendere la potenza della sua misericordia!». San Calcaro, «una delle figure più singolari della vita millenaria della Chiesa», è stato veramente un piccolo grande Santo.

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Qualche mese prima di morire, malato e sofferente, all’esterno della sua cella fece appendere una tabella con la

scritta: «Qui si sta facendo la volontà di Dio, come vuole Dio e per tutto il tempo che piace a Dio. Poi dopo fàmo tutto un conto»; al padre superiore diceva: «Padre mio, io mi figuro che questo letto con codesta infermità d’innominabile sofferenza sia frutto della volontà e dell’amore di Dio.

Certo, è un modo assai bizzarro di mostrare affetto, ma ognuno ha il proprio carattere»; alcune ultime parole ne documentano il miracolo cristiano: «Muoio contento, ma non vado oltre la seconda stellina per il servizio»

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Zummo Fisciai

Fig. 14 - Zummo Fisciai con la cele celebre bre giacca in spigato siberiano che lo accompagnerà anche nei reportage africani

Zummo Fisciai (Buones Aires, 1944) è un fotografo argentino di origine italiana. Nato da una famiglia di emigranti molisani, coltivatori di tamarindo impiegato per scopi cosmetici, studia prima legge e poi chimica dei peperoni, laureandosi a pieni voti e trovando lavoro in una fabbrica conserviera. Inviato in Congo per una raffinata tecnica di mobbing, il Fisciai porta con sé una macchina fotografica regalatagli da - 64 -

 

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uno zio ricco, ed inizia ad a d appassionarsi alla fotografia. I suoi primi scatti sono improntati ad una profonda cupezza e non  vengono immediatamente apprezzati: poi nel 1972, Fisciai fa una importante scoperta, e toglie il tappo dall’obbiettivo.   Da qui decide di abbandonare la sua promettente carriera di assaggiatore di peperonata scaduta per dedicarsi a tempo pieno alla fotografia di reportage. Inizialmente pensa, insieme alla moglie Manfrotta, di recarsi nelle zone più tormentate del mondo per denunciare la violenza, la fame e la sofferenza. Poi, considerato che tale impresa avrebbe richiesto “un certo sbattimento”, decide di fotografare i gerani sul terrazzo di sua madre. Il suo primo lavoro, “Flora” (1974), ottiene un discreto

successo e viene pubblicato da molte riviste specializzate nei fiori da balcone. Fisciai scriverà su di esso: “E’ un lavoro primordiale, in cui il significato politico - pur presente non è immediatamente percepibile . Tuttavia, già all’epoca, sentivo che dovevo impegnarmi per il bene dell’umanità”  

Dopo un breve periodo di riflessione, Fisciai decide di intraprendere un altro lavoro che lo porterà in giro per il mondo per ben 4 anni, alla ricerca di immagini che raccontino il profondo disagio delle persone in fila ai buffet. “In questi scatti” - scrive Fisciai - “troviamo tutta la storia dell’umanità, i suoi istinti primordiali, la lotta per la

sopravvivenza. Io stesso sono rimasto per 23 ore in fila per un paio di gamberetti che si sono anche rivelati del tutto insapori. Qui, ogni traccia di umanità scompare e resta solo la componente di prevaricazione più brutale: conquistare il - 65 -

 

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cibo, prima degli altri. Per chi non supera la prova rimangono solo due strade: la morte o la focaccia stantìa.”   Al termine di questo lungo viaggio, Fisciai pubblicherà il suo secondo libro: “Permesso”, in cui vengono raccolti più di

mille scatti in bianco e nero dai buffet più terrificanti del mondo: la mensa di una grande azienda svizzera, il matrimonio di una coppia ligure, un villaggio vacanze sul mar rosso nel mese di agosto, e molti altri ancora. Sono immagine tremende, a volte scioccanti. Fisciai le commenterà dicendo: “Il mondo doveva sapere, doveva

 vedere cosa sono costretti a subire subire questi popoli. Una volta, ero a La Spezia, dopo 3 ore di fila, tutte le acciughe impanate erano finite, e restavano solo taralli secchi e qualche scaglia di grana. È lì che ho visto piangere uomini adulti, alcuni impazzire, perdere la ragione, abbandonarsi alla disperazione. In qualche modo, in questi lunghi anni, ho perso tutta la fiducia nel genere umano.”    Tornato in patria, Zummo Fisciai si prenderà un lungo periodo di pausa, nel quale si dedicherà alla famiglia e alla coltivazione del luppolo. Solo nel 1986 ritroverà la voglia di cimentarsi con una grande progetto fotografico, abbandonando però in parte il filone del reportage per dedicarsi maggiormente a quello naturalistico. Il suo lavoro, che prenderà il nome di “Bagoni”, gli richiederà quasi 10

anni, durante i quali fotograferà più di 12.000 specie di insetti politicamente e socialmente repressi. Nel 2003, Fisciai decide di lasciare all’umanità  una grande

opera che costituisca in qualche modo il suo testamento artistico e un profondo omaggio al pianeta. Dopo aver - 66 -

 

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pianificato meticolosamente il suo progetto con la moglie che gli consiglia brillantemente di portarsi “una giacca pesante”, contributo senza il quale il grande fotografo

probabilmente sarebbe morto di polomonite, Fisciai decide che si recherà nei luoghi più primordiali, più ancestrali della  Terra, dove gli uomini - se ve ne sono - vivono vivono ancora come all’età della pietra o all’alba dei t empi, senza cultura, senza infrastrutture, senza negozi, senza città, senza nulla. E’ l’ottobre del 2004 quando Fisciai parte per l’Abruzzo. 

Nei nove anni successivi, il grande fotografo argentino  visiterà gli angoli più remoti e dimenticati del pianeta, riportando immagini che sembrano scattate al momento della creazione, o comunque nei venti minuti successivi. Sarà a Tortona, per due anni, vivendo con una tribù di Cassano Spinola, talmente arretrata da ignorare completamente l’avvento della fibra ottica,  delle biciclette a scatto fisso e della cultura hipster in generale. Si sposterà poi con gli Inuit dell’Appennino Ligure, che abitano in valli in

cui il sole è visibile solo per un brevissimo periodo e sopravvivono a condizioni di umidità e isolamento incredibili. Documenterà le colonie di pinguini del  Varesotto e le grandi migrazioni invernali di Yak tra  Voghera e Lomello, dormirà con le tribù dei Grebani di Borzonasca, che solo per approvvigionarsi di cibo devono percorrere decine di chilometri su piste di montagna quasi impraticabili, e documenterà le grandi masse migratorie tra l’hinterland e il centro di Milano, in cui solo una parte dei

pendolari sopravvive alle durissime condizioni del viaggio.

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“Questi popoli - scrive Fisciai nel suo libro «Qui c’è l’aria

buona» - vivono in pace con la terra. In alcune di queste tribù è normale che le donne vengano condivise e si accoppino con tutti i maschi della comunità. Sono regole di sopravvivenza, e poi devo dire che d’inverno ci si annoia parecchio” 

Oggi Fisciai è tornato a vivere in Argentina, nella fattoria dei suoi genitori nei pressi di Buenos Aires, dove con la moglie ha avviato un esperimento per l’allevamento di piccoli

bradipini da mettere in piccole ceste con piccole copertine per la generazione di “awww” la cui energia ene rgia viene impiegata

per produrre elettricità ad impatto zero. Ad oggi, il suo progetto ha già generato 15 milioni di “awww”, convertiti in

200 gigawatt di energia elettrica, evitando emissioni nell’ambiente per 30 milioni di metri cubi di anidride carbonica.

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Centrodestro Sinistroni

Fig. 15 - Centrodestro Sinistroni nel 2020 in un momento di rara euforia

Centrodestro Sinistroni (Roma, 1954), è uno scrittore, giornalista e uomo politico italiano, deputato e fondatore del PPI (Partito del Poverinismo Italiano), oggi attivamente impegnato nella battaglia per il diritto dei Draghi di Komodo alla partenogenesi legalmente riconosciuta. Nato da una famiglia borgatara romana (la madre sbarca il lunario con il gioco delle tre carte, mentre il padre partecipa nel ruolo di asso di coppe), cresce per lo più con una zia ricca che lo prende in simpatia in quanto di gracile costituzione e facile all’autocommiserazione.   Terminato il liceo, inizia a partecipare alla redazione della rivista studentesca “Ops”, dove scrive articoli sull’attualità e

sul panorama politico in cui, come dichiara il Sinistroni nel - 69 -

 

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manifesto editoriale, “si realizza il ruolo di chi ha scoperto d’aver avuto torto senza aver ancora scoperto quale che sia la ragione”. 

Notato da alcuni delcoinvolto nascente come Partitoredattore delle Scuse Facili (PdSF), nelesponenti 1979 viene ed editorialista della testata politica “L’Alibi”. Rimangono memorabili alcuni suoi elzeviri che firmerà con lo pseudonimo “Giannenzo Paraculo” in cui prende una posizione di grande equilibrio sulla questione sociale (“Né coi poveri né coi ricchi”), l’aborto (“Né  con le madri né con i feti”), la guerra (“Né col fucile né senza”) e la questione Chiesa-Stato (“Né breccia né Porta Pia”). 

 Verso la metà degli anni Ottanta, Sinistroni entra in un conflitto sempre più profondo con la direzione del PdSF, fino a mostrare chiaramente l’intenzione di uscire dal Partito in uno storico discorso di cui citiamo uno stralcio particolarmente significativo: “Abbiamo sbagliato, sappiamo di avere sbagliato, ma ora ci

caricheremo i nostri pesanti errori sulla schiena, e, schiacciati dal senso di colpa, partiremo all’alba, avanzeremo strisciando, sgusceremo lungo un pertugio, dolorosamente, con difficoltà, ma alla fine del travaglio - ve lo posso garantire - non troveremo assolutamente nulla.”  Il “Discorso di Chiagni Castello”, come v errà errà chiamato in seguito dall’amena località del convegno in provincia di Macerata, è considerato di fatto l’atto fondante del nuovo

movimento che nascerà proprio quella sera, al Ristorante Pizzeria Marechiaro, al momento di pagare il conto in cui - 70 -

 

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erano chiaramente stati inclusi due dessert che nessuno ricordava di aver preso, e che assumerà il nome di Poverinismo Italiano (PI). Rappresentato dalla rivista politica “Il collo di bottiglia”,

questo movimento diventerà un partito politico nel 1989, presentandosi alle elezioni con il simbolo del cane bastonato, sostituito poi nel 1992 dal simbolo ancora in uso del gattino bagnato (preferito dai Comitati Poverinisti alla rana triste in un sondaggio non privo di polemiche).

 Alla prima tornata elettorale, il PI prenderà lo 0,0000000001% dei voti, risultato giudicato dalla dirigenza “molto interessante e indiscutibilmente superiore su periore allo zero”.

 Tuttavia il successo insperato, che consentirà al PI se non di avere rappresentanti in Parlamento almeno di poter “lasciare un messaggio per essere richiamati appena possibile”, porterà ad una crisi interna e ad uno scisma che

dividerà il PI in Partito del Poverinismo Italiano (PPI) e Partito Vittime del Poverinismo Italiano (PVPI). Quest’ultima fazione incentrerà il proprio programma sul concetto di lamentela costante e nell’incolpare eventi

ineluttabili del proprio fallimento, mentre il PPI punterà decisamente verso l’obbiettivo unico dell’autoflagellazione.  Nel 1994, il PVPI si scioglie in quanto le proprie proiezioni elettorali iniziano ad indicare numeri irrazionali, mentre il PPI affronta la sfida delle Elezioni Europee. Sinistroni si candida, ma non ottiene abbastanza voti (“la Zia Eufrazia ha scelto un brutto momento per lasciarci” - dichiarerà il

politico), riuscendo però a farsi eleggere nel Parlamento

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Puffoso dei Puffi, con sede a Bruxelles, sconfiggendo il nipote di Gargamella al ballottaggio. Nonostante il compenso gli venga corrisposto in Puffragole, Sinistroni costituire team di affrontare lariesce sfida adelle elezioniun politiche del volontari 1996 in cuiperil PPI - grazie ad una sapiente alleanza con il Partito dei Gemelli Siamesi (PGS), i Pensionati Acrobatici Italiani (PAI) e i Democratici Brutti (DB) - otterrà 8 voti, sufficienti a garantire a Sinistroni un seggio in Parlamento grazie ad un cavillo della Legge Elettorale noto come “La Regola dell’Amico”. Sinistroni, all’apice del successo e della felicità dichiarerà alla stampa “Meno male che avevo tenuto lo

scontrino”.  Unico partito a scampare indenne il processo di  Tangentopoli (unicamente perché i tentativi di corruzione ricevuti da Sinistroni erano stati tutti effettuati con bustarelle in cui non c’era denaro, ma bigliettini con alcuni disegnini e

dei bottoni colorati) il PPI otterrà il 98% dei voti nelle Elezioni Amministrative del 1997. Sinistroni, ben avvezzo al successo e al potere, accoglierà il consenso con grande equità e rispetto delle minoranze, autodichiarandosi Imperatore del Mondo e reistituendo lo Ius Primae Noctis. Purtroppo, con il successo arriveranno anche le crisi interne, che frammenteranno la maggioranza bulgara del PPI in qualcosa di molto simile ad un frullato di meduse. Nel giro di due mesi e mezzo, infatti, nel PPI nasceranno 2453 correnti, 489 partiti, 1934 fazioni e 395 squadre di calcetto.

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 Alle elezioni successive, il suo antagonista stor storico ico Sinistrello Centrodestri otterrà il 2400% dei consensi, venendo eletto anche da alcuni Inuit del Circolo Polare Artico. Purtroppo, la strategia di Sinistroni di incentrare tutta la campagna elettorale sui diritti politici e sociali dei Venusiani non ottenne un grande riscontro nell’elettorato, né aiutò aiu tò la causa

del PPI che si vide costretto ad una lunga fase di autocritica. In questo periodo Sinistroni, pur continuando a far parte del Parlamento come mascotte a vita, pubblicherà anche alcuni libri di analisi politica molto significativi, tra cui: “Scusate, colpa mia” (2002), “Che peccato” (2004), “Mannaggia” (2005), “Almeno ci siamo divertiti” (2005),  “Così così, dai” (2008), “Pellagra” (2009) e “Ornella Vanoni” (2011).  “In fondo” - ha dichiarato Sinistroni in una recente intervista - “la politica non è altro che una lunga serie di

errori di cui pentirsi. Sbaglia chi fa, sbaglia chi non fa, sbaglia chi vota a votare chi non dovrebbe votare e sbaglia chi non  vota a non votare chi dovrebbe votare. È colpa mia, certo, ma anche e soprattutto colpa vostra. Ed è colpa dei giornali, della società, della cultura, della scuola, del meteo, della crisi e delle macchinette che si mangiano i soldi e non ti danno le noccioline. L’unica strada che vedo per il futuro è un

doloroso cammino di trasformazione, una lunga e penosa marcia, nudi, scalzi, su una tortuosa via cosparsa di ceci secchi e ricci di castagna. Solo espiando tutti i nostri errori, purificati, rinati, saremo pronti a rifarli tutti, tali e quali, qualcuno anche peggio. Perché è così che funziona, ed è questo il messaggio di speranza che voglio lasciare ai giovani che oggi si affacciano alla politica e alla vita sociale: questi - 73 -

 

Paolo Storvandre

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sono gli errori dei vostri padri, che gravano su di voi come macigni, non ce la potete fare. Siete giganti sulle spalle di nani capovolti.” 

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Paolo Storvandre

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Dàndola Socialetti

Fig. 16 - "Sbrocchia" in una foto per la campagna contro l'uso di cosmetici nei giorni dispari

Dàndola Socialetti (Viareggio, 1986), più nota con lo pseudonimo o “nickname” di «Sbrocchia», è una celebre

fashion blogger e scrittrice italiana. Come la maggior parte dei blogger inizia curando il sito internet di una sua zia ricca e pubblicando in rete dei brevi scritti corredati da fotografie, il cui tema spazia dall’astrofisica alla minestra di lenticchie.

Le fotografie - grazie ad un sapiente uso del grandangolo la ritraggono con un’aura di sensualità, fascino e mistero, in quanto non ne definiscono mai una precisa identità. In alcuni scatti del 2005, si fa ritrarre dal fotografo dilettante Pacopo Polpetti in pose sexy-chic travestita da facocero gamer professionista. A quei tempi il concetto di facoceronerd-sexy era ancora poco sfruttato, e queste immagini - 75 -

 

Paolo Storvandre

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conquistano il web in pochissimo tempo garantendole una certa popolarità. Il successo arriva nel 2006 quando, raccogliendo tutte le idee dai commenti del blog, molto popolare all’epoca, al l’epoca, pubblica il suo primo libro dal titolo “*”. Il pubblico, sia pure di

nicchia, apprezza molto la sua opera prima anche grazie al  volano dei social network su cui diventa un vero e proprio fenomeno di costume, soprattutto tra i single stempiati con gravi problemi a livello di figura materna (che all’epoca costituivano il 99,8% del pubblico di internet). Motivata dal successo, Dàndola-Sbrocchia decide di lasciare la sua professione di presidentessa dell’emisfero boreale per intraprendere l’entusiasmante carriera di blogge r a tempo

pieno. Decide quindi di attivare una serie di attività imprenditoriali connesse con il ruolo di fashion blogger ormai affermata, tra cui: - brevettare la sua frase tipica “hey, ciao, ma io e te non ci siamo già visti alla festa di Ilaria?”, che costituirà l’elemento caratterizzante stampato su una serie di gadget, t- shirt shirt e capi d’abbigliamento. 

- intraprendere una serie di corsi ed eventi on-the-road insegnando alle  persone a mangiare la zuppa zuppa inglese senza fare rumori strani. strani. - supportare alcune aziende di abachi e zufoli nel rafforzare la propria immagine online giocando sul fatto di essere in cima e in fondo agli elenchi alfabetici. Nel frattempo, Dàndola partecipa alla sceneggiatura di alcuni film di successo come “Procioni contro Donnole”,  

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Paolo Storvandre

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“Ti vorrei convolvolo”, “Donne forti ma fragili. Ma forti. Ma fragili”, ed il recente “Ginocchia orrende”, del 2013. 

 Attualmente ha lanciato una attività di crowdfounding per sostenere la sua iniziativa del più grande e-commerce di nasi finti d’Europa, e partecipa stabilmente alla trasmissione radiofonica “Cloppiti” con una sua rubrica dal titolo “Trovare gonzi prima che ti molli il fisico”. Nel 2012 si è

fidanzata con un produttore brasiliano di liquore al tapiro e  vive a L.A. (Ladispoli Alta) dove scrive e collabora con la rivista di moda e cultura generale “Peni”. Il suo profilo

 Twitter @Sbrokka ha ottantatremila ottantatremila miliardi di follower.

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Paolo Storvandre

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Bramo Mutande

Fig. 17 - Bramo in uno dei suoi locali preferiti: il "Peluria" di Rimini

Bramo Mutande (Sansobbia, 1944 - Nizza, 2012) è stato un attore italiano, divenuto famoso sulla scena mondana come playboy. Figlio adottivo di due mimi specializzati nel genere fantasy (celebre la loro versione gestuale de “Il Signore degli  Anelli” in cui Bramo recitava spesso n nella ella parte di un sasso),

trascorre la propria gioventù sulla Riviera Ligure nella casa al mare di una zia ricca, alternando frequenti puntate in Costa Azzurra dove, con un gruppo di amici (Pippo Stupefacci, Franco Pucchiacca e Spanco Minori), costituisce - 78 -

 

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una compagnia piuttosto nota negli ambienti della vita notturna nizzarda e monegasca. Insieme a Pippo, verso la fine degli anni ‘60, apre il “Bambù” una delle prime discoteche di Milano, poi chiusa dopo pochi anni a seguito del famoso “Scandalo del Bambù”, quando nel retro del locale, invece della consueta

cocaina, venne ritrovata una intera teglia di melanzane alla parmigiana e un panda in stato comatoso. Nonostante la partecipazione ad alcuni film (soprattutto Bmovies come “La suora” e “Vongole”), la sua su a notorietà sarà

dovuta soprattutto dalle sue avventure amorose con donne bellissime. Nell’estate del 1968 ha un breve flirt con Daisy

Duck, in Europa per una vacanza sulla Costa Azzurra, che gli porta una incredibile notorietà a livello mondiale. “A letto”, dichiarerà il Mutande alla stampa francese, “Paperina (in italiano nel testo, ndr   ) era di una passione

devastante. Quando la conobbi aveva appena rotto con Donald, e credo di averla aiutata a superare la depressione e le ipocrisie della cultura americana mostrandole il vero mondo e la vera trasgressione, proprio qui, tra i locali e le alcove della Riviera”  Dedito al gioco d’azzardo e all’insana passione per i

cavallucci a dondolo, Bramo finirà con il dilapidare rapidamente il proprio patrimonio e a trovarsi costretto a ricominciare da capo costruendosi una seconda vita come ostacolo nelle gare di dressage. Le vecchie abitudini sono però dure a morire, e a soli 68 anni viene colpito da un malore mentre è impegnato in un party a base di alcool e - 79 -

 

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suffumigi balsamici con un gruppo di pentatlete ninfomani diciannovenni piuttosto sudate.  Trasportato in ospedale, spirerà poco dopo, lasciando al mondo una delle sue più celebri frasi, che riassume la filosofia di una vita dissoluta e vissuta al massimo, tutta e solo nel presente: “La mia vita è stata condotta secondo un criterio molto

semplice. Se ho fame, mangio. Se ho sete, bevo. Se voglio aspirare polvere di ghiandole surrenali di opossum miste a cocaina purissima dalla pancia di una contorsionista svedese di quindici anni bendata e legata al letto, aspiro coca e opossum da una acrobata scandinava minorenne legata al letto. La semplicità è la chiave felicità.”  

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Iolando Gerundi

Fig. 18 - Iolando Gerundi nella sua bibli biblioteca oteca mentre legge una rara edizione di "Paralipomeni del Convolvolo" di Francisco Capoccia

Iolando Gerundi (Firenze, 1969) è un illustre semiologo ed esperto di linguistica italiano. Nasce terzo di quattro fratelli in una famiglia molto povera, che si sostiene grazie alle entrate del padre, il quale fornisce indicazioni agli automobilisti di passaggio in cambio di piccole mance. Purtroppo, però, essendo gravemente balbuziente, causa spesso ingorghi al traffico e viene per questo costretto ad abbandonare la professione. Troverà quindi lavoro come sgabello umano all’Accademia di Belle Arti, dove resterà

fino alla pensione. Iolando, fin dalle prime classi di scuola, si dimostra incredibilmente dotato per la grammatica e la sintassi, correggendo tutto ciò che gli passa davanti con la sua - 81 -

 

Paolo Storvandre

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inseparabile matita rossa. Corregge maestri, professori, libri, manifesti, giornali. In alcuni casi si mette anche nei guai, come quando cerca di inserire a forza una T a Giovannino Soprattutto, un adolescente di Molfetta da poco trasferitosi a Firenze, o quando tratteggia con una sottolineatura rossa la fronte di Epilino Poiché, un vigile urbano di Urbino in gita a Fiesole. Ottenuta una borsa di studio, Iolando si iscrive all’Università, eccellendo nei corsi di Apostrofìa Romanza,

Filosofia degli Accenti e Modi di Dire. Laureatosi a pieni  voti con una tesi sugli sugli pneu pneumatici, matici, IIolando olando tr trova ova uunn im impiego piego come correttore di bozze al giornale “La Nazione”, e intanto

elabora alcune complesse teorie, poi raccolte nel libro

“Metafisica dell’apostrofo”, secondo le quali Dio è in realtà una emanazione dell’individuo stesso e pertanto si scrive “D’io”. 

Di questo periodo è anche la sua discussa partecipazione alla società segreta “Correggi ed Impera”, in seno alla quale pare

 venne organizzato anche il celebre attentato dinamitardo alla sede della casa editrice “Bona La Prima”, colpevole di

aver pubblicato un libro in cui gli errori ortografici superavano incredibilmente il numero di parole in esso contenute. Nel 2008 conosce la giovane Circonflessa Puntacazzi, alla quale resterà a lungo legato da un rapporto sentimentale e professionale. Circonflessa infatti è una infaticabile castigatrice dei costumi ortografici e accesa femminista, autrice di numerose pubblicazioni tra cui “La virgola come strumento di oppressione sessuale”, “Esclamativi repressi”

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Paolo Storvandre

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e “Punto e virgola, o forse dovremmo dire: virgola e punto?”. 

Il rapporto tra i due si incrina però per le crescenti divergenze di opinioni, e anche perché Iolando nel frattempo si è invaghito di Anacoluta Adynaton, una giovanissima italo-americana dai costumi sintattici e sessuali molto aperti. Con Anacoluta, Iolando vivrà una intensa ma breve stagione di passione e avventura, sperimentando nuove posizioni degli aggettivi rispetto ai nomi, e iniziando numerose frasi con una congiunzione. Il tempestoso legame tra i due arriverà però presto alla inevitabile rottura: Anacoluta fuggirà con un batterista canadese con una forte dipendenza da lesso e mostarda, iniziando una tragica spirale che la porterà alla misteriosa morte, nel marzo del 2010, quando venne ritrovata in una camera d’albergo con un vasetto di salsa verde aperto sul comodino. Iolando faticherà a riprendersi da questi eventi della sua vita privata, ma alla fine troverà le energie per proseguire la sua carriera accademica diventando anche editore con la Casa “Trigramma”, in cui vengono raccolti alcuni testi fondamentali sull’uso corretto della lingua italiana e sulle

ritorsioni applicabili in caso di reiterati abusi della stessa. Nel 2012 lancia il suo sito internet “Grammarbook”, un social network in cui si possono “taggare” nomi e fotografie

di persone che hanno commesso degli errori di ortografia, evitando così che essi possano mettere in pericolo le conversazioni di altre persone. Utilizzando questo sito e - 83 -

 

Paolo Storvandre

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l’apposita App per smartphone, viene garantita una

riduzione di oltre il 60% delle probabilità di sentire frasi come “Vorrei tanto che tu sia felice” al primo

appuntamento con uno sconosciuto. Oltre a queste attività, oggi Iolando Gerundi è caporedattore della rivista di moda e linguistica “OrtoGrazia”, membro del Collegio dell’Accademia della Farina Kamut e scrive

regolarmente per la rivista giovanile di cultura e società “Tanto ho uno zio ricco”. 

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Bruttòdio Tristerelli

Fig. 19 - Il Tristerelli in un celebre ritratto durante il periodo più ottimista del suo pensiero

Bruttòdio Tristerelli (Genova, 1912 - S. Giovanni  Tumefatto, 1993) è stato un filosofo e pensatore italiano, maggiore esponente della corrente denominata del “Pessimismo esagerato”, altrove definita “Infelicitismo crogiolante” o “Pansfighismo”. 

come

Orfano dei genitori, cresce e si forma in Liguria presso la casa di una zia povera, entrando nel gruppo giovanile “Gufi

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morti” e frequentando l’associazione accademica poi nota come “I Ragazzi di Staglieno”. Dirige una piccola rivista locale di necrologi, intitolata “Loro, almeno”, su cui

 vengono periodicamente inseriti editoriali su quanto un sasso sia mediamente più felice di un essere umano, per quanto nel suo piccolo anche il sasso i suoi bei problemi di famiglia se li porta sempre dietro. Diventato docente della cattedra di Chemioterapia dei  Vermi Ciechi all’Università di Teramo, inizierà un lungo

processo intellettuale che sfocerà nella fondazione dell’Infelicitismo come corrente di pensiero e filosofia

morale. Stabilito il primo assunto metafisico che Dio esiste, gioca contro di noi in un girone della morte e gli servono i tre punti per passare il turno, il pensiero infelicitista sviluppa numerosi assiomi etici, tra cui quello secondo il quale ogni uomo non solo non sarebbe dovuto nascere, ma non avrebbe nemmeno dovuto compilare il modulo di iscrizione, e quello, detto del “primo escluso”, per cui tra due opzioni eticamente equivalenti, l’uomo tenderà a

scegliere quella non più disponibile su Amazon. La vita, secondo il pensiero Infelicitista, è “una forma di invalidità permanente” in cui i brevi momenti di apparente felicità sono per lo più legati ad errori di valutazione “come

quando pensi di avere il numero vincente della lotteria e invece non è quello giusto, non hai nemmeno il biglietto che in realtà è un pezzo di carta sporca, e tu non sei a casa davanti alla televisione ma in un angolo di strada vestito di stracci ed è tutta una illusione dovuta all’intossicazione da

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colla vinilica”. Come viene riportato nell’incipit di “Fa tutto   schifo e ne ho le prove” (Sellerio, 1960): “La sola cosa bella che può capitare nella vita di un uomo è il tetano”.   Intervistato da una giornalista negli anni ‘70, dichiarerà di

essersi aperto ad una revisione più moderata del suo pensiero. “Alcuni momenti di gioia”, dichiarerà, “si possono

effettivamente dare, per quanto effimeri. Ad esempio, sapere che nel corso delle tremende sconfitte della vita si possono comunque avere le carie, mi dà un certo senso di sollievo”.  Le sue principali opere, pubblicate tra il 1955 e il 1981 sono: -  “Anarchia e caos: Neri per caso” (Sellerio)   -  “Coliche in Armenia” (Adelphi)  -  “Spararsi in bocca come simbolo delle tradizioni natalizie europee” (Giunti)  -  “Cronache di un ascesso” (Adeplhi)  -  “La menopausa tra gli adolescenti” (Mon dadori) dadori)

Prima di morire per le complicazioni di un banale incidente con un fucile Remington calibro .233 casualmente appoggiato alla tempia, lascerà un biglietto con una frase

enigmatica, ancora allo studio dei biografi: “Non importa

cosa pensi del bicchiere, mezzo vuoto o mezzo pieno. Conta quello che il bicchiere pensa di te. E i bicchieri, credetemi, sanno essere dei veri figli di puttana”. 

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Hentro Darretro

Fig. 20 –  Darretro  Darretro in uno dei suoi più riusciti travestimenti

Hentro Darretro (Siviglia, 1920 - Budapest, 1991) è stato un cosiddetto ladro-gentiluomo, poi collaboratore delle forze dell’ordine, spagnolo. Nato da una famiglia poverissima (i

suoi genitori masticavano il cibo per le famiglie dei quartieri abbienti di Siviglia), cresce nei vicoli e sulle strade della città andalusa. Fin da specializzandosi giovanissimo apprende l’arte del leborseggio della truffa, nello svaligiare ville deie ricchi

borghesi e della decadente nobiltà. Nel 1933 ruba un piumino da cipria alla contessina Federica Infanta de la Sfuenda, e per questo viene arrestato e percosso ininterrottamente dalla polizia fino al 1936, anno in cui viene rilasciato per una amnistia concessa per l’anniversario dell’invenzione del gelato al gusto “Malaga”. 

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 Tornato sulla piazza, poverissimo e senza mezzi, circuisce una anziana ereditiera, Leonilda Pampero de la Grinza, fuggendo in Svizzera con una cospicua quantità di contante, due dalmata di peltro e un prezioso ritratto di Goya in cui è rappresentata una sua zia ricca. Qui si costruisce una nuova identità come Herzog Rubo, ebreo slovacco con ascendente capricorno. Tuttavia, il suo stile di vita dispendioso, le numerose amanti e il suo vizio per la tosatura dei Collie, lo porteranno in breve a dover riprendere la strada del crimine.  Vive di grosse truffe ai banchi dei pegni, dove finge di essere un nobile decaduto in cerca di liquidità e ottiene prestiti cospicui dando in garanzia tele di inestimabile valore che si riveleranno poi essere dei banali vassoi da portata macchiati di sugo. La sua dialettica, il suo charme, gli abiti elegantissimi, l’accento straniero, gli consentono di ingannare banchieri,

finanzieri e ricchi imprenditori, convincendoli ora ad investire nel commercio di furetti con il Ghana, ora ad acquistare fantomatiche obbligazioni legate all’andamento del latte di cocco in Groenlandia, ora a cedergli importanti capitali per investimenti “sicuri” nel mercato dei vitalizi per

polli.  Arrestato dal tenace poliziotto francese Gérard Tattrape, che lo inseguirà per mezza Europa fino ad incastrarlo ad Istanbul mentre cerca di vendere il Mar Caspio ad un fabbricante di ombrelli fiorentino, confesserà tutti i suoi crimini venendo condannato a 237 anni di carcere, ca rcere, di cui gli ultimi 5 con il beneficio della libertà vigilata.  Tra i due personaggi - guardia e ladro - è nata però una simpatia maturata nei lunghi mesi di costante rincorsa, e - 89 -

 

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 Tattrape comprende l’animo gentile del Darretro, mai

incline ai gesti di violenza e sempre molto attento alla scelta delle proprie vittime tra i ricchi più opulenti, pigri, e con i peggiori difetti di pronuncia. Dopo sei mesi di carcere, infatti, Tattrape propone a Darretro di diventare un collaboratore dell’Interpol nella

caccia ai ladri più spietati e ai truffatori più abili del vecchio continente. Dopo alcune perplessità, Darretro accetta e i due diventeranno una coppia inseparabile nella lotta al crimine.  Tra i loro arresti più celebri ricordiamo il rapinatore di origini italiane Aldo Scappo, la coppia criminale composta da Adalaida Coigonzy e Danny Lenoni, che incastrava ricchi imprenditori e politici con foto compromettenti e poi li ricattava ferocemente, Vassilij Svaligi, rapinatore di banche ucraino e Boris Palo, complice in numerosissime azioni criminali, sia pure sempre in un ruolo secondario. sec ondario. Completamente riabilitato, Darretro otterrà anche dei riconoscimenti ufficiali per il servizio svolto e si ritirerà a  vita privata nel 1979, anche in seguito della morte di  Tattrape, colpito da una pallottola vagante durante un conflitto a fuoco con un noto stupratore seriale di tacchini. Sulla sua avventurosa vita sono basati alcuni personaggi del cinema e della letteratura, in particolare il protagonista del celebre romanzo “Menti sfuggenti”, scritto da Phil Lology

nel 1982, vincitore di numerosi premi. p remi.

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Fistifacchio Sborroni

Fig. 21 –  Fistifacchio  Fistifacchio verifica una inquadratura durante le riprese di “Pantacollant”, cult movie erotico del 1978

Fistifacchio Sborroni (Napoli, 1959 - Las Vegas, 1998) è stato uno dei più celebri e pagati attori pornografici degli anni ‘70-’80.  Nato anonostante Napoli da genitori non non conobb conobbe e mai il padre: vivesse molto con luipoveri, e la madre si presentò mai e indossò per quasi tutta la vita una maschera con occhiali e baffi finti. Questo fatto, unito al trauma dell’estrema povertà (la madre era solita prostituirsi in

cambio di applausi), lo portò ben presto ad allontanarsi dalla famiglia e a tentare la carriera militare. Rifiutato dall’Accademia militare in quanto “fuori standard per la dotazione bellica italiana”, prima provò ad entrare

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nella Legione Straniera, fallendo però il test di ammissione a causa di una risposta errata sulle regole di precedenza stradale tra cammelli, e quindi decise di emigrare negli Stati Uniti in cerca di maggior fortuna. Imbarcatosi da Salerno sul mercantile “Pataffio” con il ruolo

di mozzo e albero di trinchetto di ricambio, arrivò a New  York il 13 settembre 1970 con qualche soldo frutto dell’eredità di una sua zia ricca e un carico di speranze giovanili ancora parzialmente inespresse. Nella Big City Fistifacchio svolge numerosi mestieri: barista, inserviente, giudice nelle gare di morra cinese, pedicure per opossum, assistente di volo, infermiere, tacchino del ringraziamento e redattore di cruciverba semiprofessionista. Conosce anche una infermiera del Wisconsin, Fonda May Lewis, con la quale si sposerà nel ‘72, trascorrendo un

periodo di relativa tranquillità tra la famiglia e il suo lavoro di manutentore dei meccanismi di rotazione dei copricapezzoli in un locale burlesque di Soho. Qui un giorno viene notato da un produttore di film per adulti, Jarry Fappo, il quale si accorge casualmente delle incredibili dimensioni del pene di Fistifacchio. L’episodio, narrato nella celebre biografia su Fistifacchio “CineAsta”,

pare sia avvenuto nei bagni del locale, dove il giovane stava usando la toilette sedendo però nello stesso tempo al bancone del bar dall’altro lato dell'edificio.  Impressionato dalle potenzialità di Fistifacchio, Jarry gli propone di entrare nel mondo del cinema pornografico, anche se inizialmente solo come comparsa. Il talento del giovane attore si rivela però notevole, e Fistifacchio, sotto - 92 -

 

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numerosi pseudonimi, diventa in breve il re incontrastato del cinema erotico di quegli anni.  All’epoca i film erotici avevano ancora una trama, a volte

anche piuttosto complessa, e quindiapprezzate, le doti attoriali di Fistifacchio vengono particolarmente come nel caso di “Danish Weird Erotica”, ispirato all’Amleto di

Shakespeare, dove il pene di Fistifacchio recita una indimenticabile versione del celebre monologo nel ruolo di  Yorick. La fama e il successo, oltre ad una considerevole quantità di denaro, hanno però su Fistifacchio un effetto profondamente negativo. L’attore inizia a bere e ad

assumere droghe molto potenti derivate dal sudore dei girini, diventando in breve tempo gravemente tossicodipendente. La sua vita va rapidamente letteralmente a rotoli: abbandonato dalla moglie, si ritrova a spacciare, prostituirsi, rubare, compiere truffe e persino dare ripetizioni di latino ad alcuni liceali ricchi pur di pagarsi le sempre crescenti dosi di droghe sintetiche di cui è schiavo. Nel 1998, mentre è a Los Angeles sul set di una pellicola pornografica dal titolo “Se mi lasci ti sfondo”, Fistifacchio sotto l’effetto di alcool e droghe derivate dalla forfora dei

pipistrelli venezuelani - commette un grave errore tecnico e  viene colpito violentemente in testa dal suo stesso pene in erezione. Il trauma cranico che ne deriva lo fa cadere in un coma profondo dal quale l’attore - il cui fisico è già debilitato dalle sostanze stupefacenti e dall’alcol - non si riprenderà più. Secondo le sue volontà, verrà cremato e le sue ceneri - 93 -

 

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 verranno sparse sul mare vicino a San Diego. Il suo pene  verrà cremato a parte e le ceneri, sparse sul Golfo del Messico, causeranno un oscuramento della luce solare con un calo delle temperature percepito in tutto l’emisfero

boreale.

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Giovannenrico Maria di Cazzofratto

 Il Cazzofratto in una litografia dell’epoca, mentre abbandona Fig. 22 –  Il una osteria indignato per l’eccessivo tempo di raffreddamento delle polpette

Giovannenrico Maria di Cazzofratto (Recanati, 1810  –   Roma, 1882) è stato un nobile decaduto e letterato italiano, ricordato per essere il personaggio con meno pazienza della storia italiana. Nato prematuro da una coppia di artigiani specializzati nella produzione di savoiardi per il tiramisù, - 95 -

 

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Giovannenrico acquisirà la carica nobiliare da una sua zia ricca. Nel 1830 intraprende gli studi di economia, ma dopo 23 la facoltà in quanto “tediato” minuti abbandona argomentazioni, secondo lui riconducibili tutte ad dalle “un numero finito di cifre, comprese le quali null’altro vale il tempo dell’ascolto”. Nei 12 giorni seguenti si iscriverà a tutte le facoltà universitarie, incluse “Scienze Coloniali”, “Uncinetto romanzo” e “Papirografia lombarda”. 

In nessun caso rimarrà iscritto per più di tre ore, ed il mese successivo, ritenendo di aver esaurito lo scibile umano, partirà per un viaggio intorno al mondo. All’altezza di

Recanati Nord, però, provato per le fatiche del viaggio iniziato due ore prima, si fermerà in un ostello e da qui

rientrerà a casa scrivendo sul suo diario “ho visto quel che  v’era da vedere”. 

Si cimenterà in diverse opere letterarie e teatrali, tutte con la caratteristica d’essere estremamente brevi, come nel caso della celebre “Omeo e Ulietta”, composta d’un solo atto e d’una sola battuta, una voce fuori campo che recita “S’amavano, ma non si volle: perirono”. 

Nel 1850 pubblica un romanzo maturo, in cui però decide di scrivere solo la prima riga d’ogni pagina, lasciando al lettore “spazio per l’inventiva”. Il romanzo doveva avere

cento pagine così scritte, ma il Cazzofratto si fermò a pagina tredici, lasciando “ulteriore spazio per l’inventiva”.  Il romanzo rimase come manoscritto sulla scrivania in quanto l’editore, distante ben due isolati, risultava “assai difficile da raggiungere”. È solo per un puro caso che tale

opera giunse alle stampe, utilizzata impropriamente da una delle domestiche per incartare del pesce e poi ritrovata, - 96 -

 

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sempre fortuitamente, da un linotipista belga di nome Blüppe. Durante il resto della sua esistenza, fondamentalmente il Cazzofrattouna nondomestica fece nulla, diciottenne trastullandosi con piccoli piaceri domestici, e alcune importanti riserve di Beaujolais. Giunto ai 70 anni decise “d’essersi stancato di questo intenso e prostrante mestiere del vivere”,

e si abbandonò sul letto su cui, nel giro di qualche tempo, spirò. Oggi il suo corpo riposa in vari cimiteri in quanto le sue disposizioni (unite ad un cospicuo lascito) furono d’essere esumato ogni 2-3 mesi e traslato in un nuovo sacello. Sulla sua lapide sono riportate le sole iniziali G.M.C. in quanto nella nota testamentaria egli ritenne “d’eccessiva esasperazione riportare l’intero nome, quando tutti ben sanno come mi chiamo”. 

NB. Tutte le citazioni in virgolettato sono state riportate nel diario di Giannenrico dal biografo Emanuesto Scribacchi, assunto perché “la redazione d’un diario è una attività snervante per un uomo della mia tempra”, come ebbe a

riportare lo Scribacchi stesso.

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Opulenzio Piattini

Fig. 23 –  Opluenzio  Opluenzio nelle sue stalle private, dove allevava magistrati da passeggio

Opulenzio Piattini (Roma, 1903  –  Portofino,   Portofino, 1995) è stato un famoso miliardario italiano noto per le sue eccentriche manifestazioni di ricchezza e il suo raffinato gusto nel lusso più sfrenato. Figlio di un magnate del pannolenci, venne partorito direttamente da una balia per evitare alla madre, la Contessa Sfaccenzia di Sbaracco, lo sforzo del parto. Già in tenera età dimostrò una propensione per gli oggetti ogg etti lussuosi e un certo sfarzo. La sua carrozzina, progettata dalla Rolls-Royce e - 98 -

 

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tempestata di diamanti, raggiungeva la velocità ve locità di 240 km/h con la propulsione di un motore da 500 tate/vapore e poteva ospitare 12 persone più l’equipaggio, nonché una

piccola cucina da campo. Raggiunti i 12 anni, chiese ed ottenne un piccolo biplano privato con cui andare al campetto a giocare a pallone. In realtà non giocò mai veramente una partita, ma incaricava diversi giocatori professionisti di interpretare il suo ruolo in  varie parti del campo. Questa attività segnò l’esordio di numerosi campioni dell’epoca tra cui József Horváth e Tom

Miller. Innumerevoli furono i suoi eccessi durante l’età adulta, ed è

impossibile ad oggi ricostruire quanto fu leggenda le ggenda e quanto  verità, anche perch perchéé la sua immensa fortuna nel settore delle parannanze lo rese capace di qualsiasi impresa. Pare possedesse una motonave così grande che al suo interno poteva ormeggiare un’altra motonave così grande che al suo interno poteva ormeggiare un’altra motonave così grande

che al suo interno poteva ormeggiare la prima motonave; oppure si narra che possedesse una flotta di aerei privati il cui unico scopo era fargli ombra durante le sue lunghe passeggiate a dorso di un commercialista. Ma piccole con cose più quotidiane che il suo senso del lussoerasinelle esprimeva stupefacente creatività. In ciascuna delle sue 300 tenute sparse per l’Europa, ogni sera

 veniva preparata una cena di 12 portate: se egli non si presentava, la cena doveva essere mangiata dal maggiordomo, interamente, e un’altra cena da 12 portate doveva essere preparata per poter essere gettata nell’immondizia. 

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Nell’abbigliamento, Opulenzio era assai stravagante ed

esigente. Indossava solo camicie di seta bianca tratta non da bachi da seta, ma da una preziosa sostanza secreta da alcuni magistrati abruzzesi. Di tali camicie, il magnate tendeva a indossarne almeno 10 o 12 all’ora, attuando dei rapidi cambi

dietro un siparietto che si faceva sempre portare appresso.

Possedeva inoltre 131 cani di piccola taglia, per ciascuno dei quali aveva predisposto un set di abitini coordinati, un conto corrente e un avvocato a disposizione per qualsiasi evenienza. Tali cani avevano poi ciascuno 4 canimaggiordomo per aiutarli nelle faccende quotidiane. Durante il caffè, Opulenzio si faceva servire la bevanda in una tazzina dentro un’altra tazzina, quest’ultima posata su

una pila di piattini di 15-20 metri, motivo per cui soleva sorbire il liquido aromatico dalla plancia di un dirigibile ad elio di 90 metri. Pare che nella sua vita Opulenzio non abbia mai usato effettivamente le mani per alcunché, tanto che non comprese mai del tutto l’uso di queste curiose appendici che

sporgevano dai suoi avambracci. Più volte si interrogò sull’opportunità di farsele asportare in quanto retaggio di

una provenienza plebea, ma alla fine si fece convincere dal Re del Belgio (che egli aveva assunto come sgabello) a soprassedere. Nel 1985 Opulenzio si ritirò dalla scena pubblica andando a  vivere sulla grande isola di Silegna, un un tempo posta tra Sicilia e Sardegna, che egli provvide a far asportare e cancellare da ogni atlante e libro di storia “per evitare seccature”. L’isola, che era all’incirca grande come la Corsica, venne portata via

da alcune navone e attualmente nessuno sa dove si trovi esattamente. - 100 -

 

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Da allora si seppe poco delle sue attività, tranne alcuni episodi isolati, tra cui quello del 1987, in cui per un breve periodo si comprò il mondo, per poi stancarsene e rivenderlo ad alcuni banchieri tedeschi, quello del 1989 in cui prenotò tutte le camere d’albe rgo del Giappone per

motivi tutt’ora misteriosi, e quello del 1990 in cui, trovatosi

accusato di aver versato meno tasse del previsto, comprò la matematica e la fece leggermente modificare in modo che i conti tornassero a suo vantaggio. Morì nel 1995 in quanto si convinse che poteva demandare ad alcuni inservienti il compito di respirare, idea che si rivelò, con il senno di poi, non particolarmente azzeccata. Durante il suo funerale vennero recisi e sparsi 500 milioni di fiori di branzacco. vi stavateinchiedendo perché oggi non si parla più del Se branzacco floricultura, potete ora immaginare il perché. Nessuno conosce esattamente l’ubicazione della sua sepoltura, e c’è addirittura chi sospetta che tutta la faccenda facce nda

sia una montatura, e che in realtà non solo Opulenzio non sia mai morto, ma che la Morte stessa si trovi attualmente sul suo libro paga alla voce: consulenti.

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 Jeremy (Jerry) Molestino Molestino

 Jeremy (a sinistra) col fratello Poggy mentre prova il suo Fig. 24 –  Jeremy poncho speciale con mano finta

 Jeremy (Jerry) Molestino, nato a Los Angeles Angeles nel 1955, è un celebre studioso e praticante molestatore, produttore di pellicole cinematografiche e scrittore americano. Nato da genitori poverissimi (il padre si esibiva come fenomeno da baraccone fingendo con un trucco di avere due orecchie sinistre), Jerry cresce nei sobborghi di L.A. applicandosi nei lavori più umili, tra cui: essere spintonato nei litigi stradali, fare da corriere per gli spacciatori di carta straccia, farsi - 102 -

 

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 venire le carie al posto dei bambini ricchi e altri impieghi saltuari, fino a che non ottiene il ruolo di caddy in un importante country club. Qui conosce Lobo Lobovitz, un ex produttore ebreo di 103 anni che lo prende in simpatia e cerca di insegnargli i fondamentali del mestiere di agente dello spettacolo e produttore cinematografico. Purtroppo, l’età avanzata ed alcuni disturbi di memoria fanno sì che Lobo in i n realtà finisca per l’insegnare a Jerry, invece del mestiere, una variante

particolarmente elaborata della canasta.  Jerry però non si arrende e inizia a studiare per conto proprio diventando in pochi anni semi-professionista nell’arte della molestia sessuale da passeggio. Dotato di mani estremamente abili e di un lessico naturalmente offensivo per il sesso opposto, Jeremy vince una borsa di studio per il corso di “Intensive Misconduct in Sexual Sex ual Behaviour” presso l’Università del Wisconsin, dove si distingue soprattutto

nelle specialità di: Allusione diretta e indiretta; Giochi di parole sulla Ghiandola Mammaria; Analisi del polpaccio; Fisica delle Scollature; Salivazione 1 e 2; Epigrafia dei Genitali. Nei tardi anni ‘70 forse collabora ad un progetto della CIA

per carpire informazioni sul colore delle mutandine delle spie russe in Centro America, informazione che - insieme allo studio di un attacco di battutacce sessiste su larga scala - secondo i vertici dell'Agenzia avrebbe potuto costituire un'arma importante nel complesso scenario della guerra fredda e della crisi in Nicaragua.

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Nel 1987 perfeziona la nuova tecnica tec nica della “Mano Morta per corrispondenza” che gli frutterà un award alla International Laidos Society, e soprattutto inventa e brevetta il “trucco del braccio ingessato per liberare una mano sotto la giacca”, che lo porterà, nell’autunno del 1989, ad essere candidato al

Premio Nobel per la fi(si)ca. Fu invece contestatissima con Henry Pattaperta la paternità sull’invenzione del “buco nella tasca”: da tale controversia scaturì una causa legale durata più di vent’anni risoltasi poi in un rimborso miliardario per il Pattaperta a cui andarono anche i diritti per l’appoggino

sul tram. Nella sua carriera si dividerà tra insegnamento (alla Columbus University), performance live memorabili, libri didattici, saggi e trattati sulla materia. E’ tutt’ora famoso per

aver molestato in modo più o meno sessuale, ricevendone attestati e denunce circostanziate: • Madre Teresa di Calcutta • Nancy Reagan • La Regina Elisabetta II • Tutti i membri femminili della Royal Philharmonic

Orchestra, durante un Liebesverbot concerto, perfettamente a tempo con un adagio da Das oder Die Novize von Palermo di Wagner • Tatum O’Neal • Lo Snorky Frizzina • Brigitta • Un sasso • La Galizia • La Statua della Libertà tramite un sistema di carrucole ca rrucole e

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leveraggi • Una giovanissima ipotenusa • Ania Pieroni • La RAI 

I racconti delle sue vittime sono ricchi di particolari che mettono in luce la sua straordinaria capacità di essere costantemente fuori luogo in materia sessuale. Un giorno, al posto di “un bicchier d’acqua”, chiese ad una giovane cameriera “un bicchier d’acqua”, ma con una inflessione

tale, e tali striscianti sottintesi, che lei dovette correre in bagno e piangere dal 1999 al 2003, risultando psicologicamente devastata e incapace di usare normalmente un bicchiere per il resto della sua vita. Nel 2007, trovandosi nel letto una diciassettenne nuda e cosparsa di melassa, per dimostrare la sua abilità molestò l’abat-jour. L’episodio è confermato da Woody  Allen, che era presente ai fatti travestito da melassa, e da una giovanissima Kristen Stewart nella parte dell’abat-jour. Non tutte le vittime di Jerry Molestino ebbero il coraggio di denunciarlo, e di questo lui si dispiacque enormemente, dichiarando che “il talento non riconosciuto è il maggior rimpianto di un artista che ha dato tutto alla sua Arte”.

 Tuttavia, senza lasciarsi demoralizzare, Molestino sta continuando la sua attività ancora oggi, perfezionando antiche tecniche orientali come 手膝盖 (mano-ginocchio) o 乳房眼 (occhio-seno)

di origine cinese o “Il fantasma dello

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stelo di giada al tramonto nella regione di Hokkaido”  di origine giapponese.  Tra le sue opere letterarie fondamentali, ricordiamo: “Cucù” (Bompiani, “Eddai” (Einaudi, “Se non capisci gli scherzi” (Adelphi, “L'inerzia come alibi” (Bompiani, “Allusioni d’amore” (Bompiani, “Il pene come intercalare” (Adelphi, “Meritocrazia e lingerie” (Adelphi, 2015) 

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1987) 1990) 1995) 2006) 2009) 2011)

 

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Centauro Sfracagni

Fig. 25 –  Il  Il giovane Cantauro nella sua culla

Centauro Zumpappero Orso Maria Trentottosbarrato Sfracagni nasce a Lugano (CH) nella primavera del 2018, figlio della nota influencer Mia Fuffababbi e del suo compagno, il famosissimo rapper Odolino Sfracagni (in arte Gionni Treppalle). Mia partorisce in una segretissima clinica elvetica, assistita dal ginecologo di fama mondiale Uretro Speculoni il quale, per eccesso di zelo, decide di praticare l’epidurale alla madre, al padre, agli infermieri e ad alcuni turisti tedeschi di Hannover casualmente di passaggio di fronte alla clinica. Per non perdere l’emozione dei dolori e della sofferenza

legati alla magica esperienza della maternità, viene assoldata una bracciante messicana di 52 anni, alla a lla quale viene - 107 -

 

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trasmesso tutto il processo neurale, tramite sofisticati meccanismi elettrochimici, in modo che possa raccontare in una toccante video-intervista cosa ha provato in realtà la celebre Mia mentre giaceva strafatta tra i fumi della morfina.  Appena nato, Centauro viene iscritto a tutti i Social Network esistenti, riceve moltissimi Like e alcune critiche a cui risponde prontamente cagandosi addosso. I critici della rete lo ritengono ad oggi il migliore comeback online della storia dei flame tra adulti e neonati sotto la settimana di età. Si scatenano contemporaneamente anche alcune polemiche sul fatto che –  a  a quanto pare –  Centauro  Centauro avesse ottenuto da Facebook un database di alcuni milioni di dati personali in modo da sapere in anticipo in quale giorno fosse meglio nascere –  e  e con quale sesso –  per  per ottenere migliori consensi. La sua prima tutina è il frutto di complesse analisi cromatiche costate al National Institute of Cazzi Vostri di Vibo Valentia 14 mesi di indagini e 36.000 ore macchina di elaborazione. Rimangono come icone dei nostri tempi t empi alcune potenti fotografie diffuse in esclusiva da Gattiny Images (il celebre istituto arricchitosi con la vendita online di ritratti felini giovanili). In una il padre sfinito, ormai sveglio da quasi 40 minuti rispetto all’ultima pennichella, crolla su una poltrona con in braccio il piccolo Centauro. In un’altra l’intera famiglia viene ritratta in un tenero e spontaneo

abbraccio per la cui coreografia viene ingaggiato Garrison Rochelle in una delle sue più riuscite interpretazioni. - 108 -

 

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Centauro Zumpappero Orso Maria Trentottosbarrato, che la madre ha ribattezzato sul web “Simpaticamente Ugo”,

ha già iniziato a 28 minuti dalla nascita la prima dieta  verticale della sua vita: solo latte, una iperproteica iperproteica appositamente studiata dal noto nutrizionista Pappo Nunpanzy. Ha inoltre già licenziato il suo agente Cacio Cavalli preferendogli la nota influencer-coach Brandella  Ascitagghi, venduto i diritti d’immagine alla Disney e

sposato il pupazzo Gugu, con il quale però le cose, nel pomeriggio, hanno iniziato a non andare molto bene, fino al definitivo lancio fuori dalla culla a cui sono prontamente susseguite le lettere degli avvocati. La famiglia ha dichiarato: “Non lo vizieremo, sarà un figlio

di gente normale, non vogliamo che si monti la testa ma che rimanga umile come noi: ora per favore uscendo potete dire ai pastorelli che il catering è in fondo a destra?”  

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 Johnny Bruttodee Bruttodee

Fig. 26  –  Johnny   Johnny Bruttodee durante una performance nel noto locale undergroud “ Alpaca’s Skull” 

 Johnny Bruttodee, noto anche con gli pseudonimi di Ob Skifo, G di Gennaro e Ray Catarro, è stato un musicista e cantante punk della scena londinese negli anni ‘70. Nato in

un quartiere poverissimo dello Shitshire, viene abbandonato dai genitori in tenera età, quando scoprono che non può brucare l’erba per sostenersi. Per qualche mese vive a casa di una zia ricca, Eleanor Bleblenz, di origine neozelandese, che è solita rincorrerlo con una testa di alpaca impagliata e - 110 -

 

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un decespugliatore. Johhny serberà sempre un caro ricordo di questa figura materna, dedicandole alcuni pezzi come “Piss on your grave” e “I hope you rot”. Purtroppo, Eleanor soffre di una rara malattia che le impedisce di distinguere le strisce pedonali dalle persone di etnia ispanica. Un tragico pomeriggio, mentre cammina su Pedro Ramirez, viene travolta da un camion pieno di incudini e muore sul colpo. Pedro Ramirez si salva e - per una curiosa coincidenza diventa un abile pilota di aerei da diporto morendo poi tragicamente nello stesso punto in cui John Fitzgerald Kennedy aveva preso un gelato. Rimasto solo al mondo Johnny inizia a scrivere canzoni per un uomo polacco dalla dubbia moralità, che lo ripaga in patate a forma di Margareth Tatcher, una signora di Shufford famosa per essere quasi omonima del Primo Ministro, ma con una “h” spostata. Johnny le vende al

mercato nero per mezzo penny, con cui si compra delle patate normali. Alla domanda sul perché non mangiasse le patate a forma di Tatcher, Johnny rispose sempre che “gli facevano impressione”. Per questo motivo, e per una serie

di ragioni legate ad allergie alimentari, Johnny diventa anarchico. Un giorno, mentre vaga per la città in cerca di qualche lavoretto che gli consenta di sbarcare il lunario, Johnny incontra Vivenne Westwood, la quale gli chiede alcune indicazioni per raggiungere Grenthom Street. Johnny non conosce l’indirizzo, e ha buone ragioni per pensare che sia

inventato, ma si offre comunque di cantare una canzone per scusarsi. Vivienne rifiuta e chiede al gestore di una polleria, - 111 -

 

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che poi diventerà il leader dei “Mama Rana”, la celebre band di Disco Music degli anni ‘70. I due non si incontreranno

mai più. Quello stesso giorno, Johnny chiederà di usare il bagno di un locale alternativo di Soho a causa di una violenta necessità corporale dovuta all’abuso di patate, e lì conoscerà Ranzo “Kit” Boltrum, un bassista franco-bulgaro con un braccio più lungo dell’altro, alternativamente, che aveva già

suonato con i Melissa Branz e i Parameo, un gruppo che si ispirava apertamente al rumore che fanno i tombini messi male quando ci passi sopra con la macchina. Ranzo Johnny decidono di fondare una nuova band, ma litiganoefuriosamente sul nome, che doveva contenere “Sex” e un’arma da fuoco, senza trovare un accordo. Decidono

quindi di darsi il nome temporaneo di Sad Banana e scrivono subito un pezzo molto famoso, “Piscio Antigelo”, che attirerà le attenzioni del pubblico per il suo sound unico, simile a quello di un gruppo di picchi cocainomani rinchiusi in un barile di latta elettrificato.  Al gruppo si unisce Keith Rotella, batterista italo-londinese, tossicomane, alcolizzato, e con leggeri problemi nel calcolo dei volumi dei solidi. Keith, Ranzo e Johnny iniziano un tour nei locali londinesi al cuore della scena punk, tra cui: “La Cantina del Topo Morto”, “La Cantina del Topo Morto 2”, “Shame”, “Hepatitis”, “Rebellion”, “Da Joe Pizza & Pies”, “L’appartamento di Ronnie al 37B di Hill Street”,

raggiungendo occasionalmente anche Birmingham, Lecce, e altre città inglesi.

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Liverpool,

 

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Il primo album “Potatoes” arriva quasi per caso: Alicia, la

fidanzata di Larry Smort, secondo chitarrista aggiuntosi per ragioni mai chiarite, registra un live e lo fa ascoltare ad un produttore di nome Guty Gross, il quale decide che “forse

qualcuno potrebbe comprare persino questa robaccia in un periodo disperato come questo” e finanzia prima l’album e poi un singolo con “Piscio Antigelo” sul lato A e “Cacorane” sul lato B. E’ subito un successo incredibile e l’album vende 15 copie, mentre il singolo vien e prodotto in

30 copie, quasi tutte vendute nel giro di qualche mese. Per la scena del punk sono numeri mai visti, e sanciscono l’uscita del genere dall’anonimato per affacciarsi al grande pubblico

di ragazzetti stortignaccoli e insicuri di tutto il mondo. La band inizia un tour inglese ufficiale, durante il quale i membri del gruppo si danno agli eccessi più estremi. In un hotel del Devonshire mangiano molto e poi vanno a dormire senza neanche fare due passi, in una stazione di servizio scozzese non si fanno fare lo scontrino e fuggono prima di essere riconosciuti, ma soprattutto iniziano a consumare moltissime pastiglie Valda. La loro salute e l’equilibrio mentale si affievoliscono. Tra i fumi del mentolo,

 Johnny diventa violento e picchia la sua compagna, Oretta, e la induce a consumare moltissima pasta con i ceci. Anche il loro abbigliamento, che diventerà un’icona di quei tempi,

è molto particolare, fatto di spille, borchie, cavatappi, brugole e fermatovaglie su magliette strappate, calzini bucati e mutande con l’elastico molle.   Tutto inizia a precipitare quando Larry evade una tassa sul possesso di procioni domestici e viene arrestato dalla - 113 -

 

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forestale. Durante l’arresto, Larry oppone resistenza e un

colpo di pistola degli agenti ferisce Dumbo, il procione. Larry cade in depressione e inizia a drogarsi fino a pensare di essere Maria Luigia d’Austria. Quando Napoleone, dall’Elba, non risponde alle sue lettere, si suicida ingerendo

propano nella sua casa di Camden. La band decide di sciogliersi ma un ultimo evento funesterà la loro storia. Una notte Johnny, ormai demotivato e stanco, schiavo dei deodoranti per l’alito alla cannella, in una lite

furibonda colpisce Oretta con un bongo lasciandola priva di sensi e producendo un suono piuttosto peculiare. Convinto di averla uccisa, sale sul tetto del palazzo di Lullaby Street dove la coppia risiede e si getta nel vuoto, atterrando su un enorme cumulo di materassi. Purtroppo Johnny è  violentemente allergico ai materassi e muore prima dell’arrivo dei soccorsi, che, diciamocelo, se la stavano anche prendendo comoda, pronunciando ai pochi passanti le sue ultime, enigmatiche parole: “La vita mi ha insegnato molto

sulle persone, ma non ho mai capito quelli che escono senza salvare”. 

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 Johnny Bleblenzio Bleblenzio

Fig. 27 –  Bleblenzio  Bleblenzio durante un live   alla Pizzeria Mare Chiaro di Ascoli Piceno

 Johnny Bleblenzio (Savona, 1972), al secolo Accordio Falsorigo Midibasio Tasticchi, è un pianista italiano, noto soprattutto per essere considerato il più grande esecutore di musiche da piano bar del mondo. Formatosi al Conservatorio di Ljubljiana con un percorso di studi tra il mandolino traverso e il banjo elettrico, decide ben presto che la sua vena artistica si esprime ai suoi massimi livelli all’interno della corrente “Intrattenimento musicale”.

artistica

nota

come

“Mi piace”, dichiarò il Bleblenzio in una intervista allo Slowly Rolling Stone, “che la gente parli mentre suono,

specialmente al telefono, o che ordini ad alta voce delle birre

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dal proprio tavolo. Quando ho suonato all’Albert Hall, ho preteso che ci fossero dei camerieri in platea”.  Nel 1992, a soli vent’anni, ha già prodotto due album molto importanti nella storia della musica: “Chopin in 3 accordi” e “Rachmaninov in Do maggiore”. Il suo stile, semplice ma

raffinato, consiste nel prendere un pezzo di una certa complessità e ridurlo alla sua essenza, poi prendere l’essenza e ridurla in quello che egli definisce “blen blen blen”, un

tamburellare in 4/4 di accordi che si ripete ossessivamente fino ad indurre leggeri stati ipnotici, allucinazioni, e in rari casi, istinti omicidi. È del mani 1999einvece il suo album sperimentale “Due dieci dita, nonceleberrimo vi sembra un po’ troppo?”, che, pur senza raggiungere alte vette nelle classifiche, avrà un successo di critica senza precedenti. Nel 2010, in piena maturità artistica, raggiunge l’apice della notorietà con l’album doppio “Ripassati questo”: nel video, piuttosto cruento, viene rappresentato l’artista mentre

percuote a colpi di distorsore un chitarrista e poi simula di annegarlo in un barile di deiezioni suine. Sullo sfondo, la fabbrica della Roland viene data alle fiamme ponendo simbolicamente fine a tutti i suoni a “tappeto” della storia.    Attualmente, l’artista è impegnato anche a livello sociale nel

recupero di musicisti con gravi complessi anali che hanno completamente perso la voglia di divertirsi. Famosi anche i suoi libri in merito dal titolo “Puoi suonarla anche se non l’hai provata 3000 volte, fidati di me”, “Improvvisare non è reato” e “Come smettere di rompere i coglioni agli altri

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membri di una band e vivere meglio”, oltre ad insegnare saltuariamente “Solfeggio e cazzeggio” al Conservatorio di

Comacchio.

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Finito di stampare il 5 luglio 2022  Edizioni Leggiucchio  Milano -

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Paolo Storvandre (Savona, 1972) è uno scrittore italiano. Dopo la Laurea in Scienzesulla Coloniali in Oltrepò, zona Maciachini Venere.e Tornato Terraha lavorato ha conseguito una inseconda laurea ine suLingua Letteratura Imperiese, con una tesi sul Pesto di Prà. Ha quindi esercitato  per un certo tempo l’attività di saltimbanco presso pres so il Conad di Via Scurati, ma solo il venerdì pomeriggio. Nel condominio “La Cittadella” conosce

Baluzio Romelli, Gianni Gianni, Utopino Radaelli e Anco Ossi, un reduce di guerra che ha perso le iniziali nella battaglia d’Algeri. Con questo

manipolo di coraggiosi inizia a pubblicare scritti fortemente influenzati dagli ingredienti dei tortellini Rana e dagli sproloqui di un vecchio pazzo alla - 120amministratore  fermata del del 15. È fondatore, redattore, e usciere della della rivista rivista

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