Ugo Bianchi - Introduzione Alle Religioni Dei Primitivi

October 31, 2017 | Author: kabul87 | Category: Magic (Paranormal), Émile Durkheim, Thought, Mind, Sociology
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Ugo Bianchi - Introduzione alle religioni dei primitivi. Edizioni dell'Ateneo - Roma, 1967...

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Ugo Bianchi

Introduzione

alle religioni dei primitivi

Edizioni dell"Ateneo Roma

Indice

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Introduzione

54. Nuovi Saggi 1967,

Copyright © by Edizioni dell'Ateneo

Roma, via Antonio Musa, 15

Printed in Italy.

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Cultura, vita spirituale e religione La «mentalita primitiva » La «partecipazione »; il principio simpatetico; totemismo;

appartenenza familiare e claniea; manismo . Partecipazione, totalita e religione . Religione e magia Forme e svolgimento storieo della religione presso i primi­

tivi. Un conflitto di metodi . La teoria dell'animismo. Gli spiriti e l'anima presso i primi­

tivi. Feticismo. Sciamanismo . La crisi dei sistemi evoluzionisti. Diversi concetti di anima

presso i primitivi La teoria del preanimismo e del dinamismo. La «forza» Gli Esseri supremi e l'idea di Dio presso i primitivi . I miti di origine nelle culture piii arcaiche . La questione del monoteismo . L'Essere supremo e il suo 'Sitz im Leben' . Le divinita 'dema' e la loro mitologia . Politeismo e speculazioni cosmologiehe nelle culture superiori « Simbolismo» e rito La parola Riti di confessione. La formula. II nome II gesto. Mimiea, mascheratura e danza II sacrificio. I riti di passaggio Le iniziazioni Le persone sacralmente qualifieate. La divinazione. I «pro­

feti »

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Bibliografia

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a Elisabetta Bianchi

INTRODUZIONE

L'oggetto, e gia il titolo, di questa volumetto hanno biso­ gno di qualcbe cbiarijicazione: sia per quanta concerne il senso dello studio comparato delle religioni dei primitivi - giaccbe a questa studio, e alle relative teorie, intendiamo riferirci, e non alla semplice descrizione filologica e analisi sociologica delle ri­ spettiue religioni 0 parti di queste; - e sia per quanta riguarda il contenuto e la legittimita del termine « primitivi », tanto con­ testato oggi nella letteratura etnologica. Per quanta concerne il prime punto. La storia delle reli­ gioni, come noi l'intendiamo, e una scienza storico-comparatiua. Essa non si esaurisce in una filologia religiose, incapace per na­ tura sua di individuare i grandi dati della tematica religiosa, che sono accessibili soprattutto a chi abbia larga esperienza delle forme religiose attraverso il mondo e la storia (il che natural­ mente, bisogna affermarlo con tutta cbiarezza, non si potra otte­ nere senza una sufficiente esperienza filologica in questa 0 quel campo specialistico, che metta in grado di rendersi conto della situazione documentaria anche di campi di cui lo storico delle religioni non abbia diretta competenza [ilologica), Ne la storia delle religioni si esaurisce in una sociologia, che ignori, con quella tematica di cui si diceua, anche i problemi relativi all'indi­ oiduazione dei processi storici, individuali e non prioi, tra di loro, di rapporti concreti. Ne, per lo stesso motioo, si esaurisce in una fenomenologia religiosa che si arresti all'identificazione - astratta e priua di prospettive concrete e cronologicbe, cioe storiche - di tematiche quanta si voglia specijicbe e diffuse. Piuttosto, di tutto questo, nei limiti delle possibilita umane, la storia delle religioni ba bisogno, per porre finalmente la sua te­ 7

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matica, che insieme [ilologica, sociological [enomenologica, ma della storia e della fenomenologia religiose. E qui bisogna con­ soprattutto storica, - cioe tesa all'indiuiduazione, nel seno della cedere che troppo spesso quella problematica positioistica, socio­ grande e varia storia delle culture e dei popoli, di « mondi» e logistical psicologistica, che nel secolo passato volle individuare « complessi » religiosi, studiati in quanto processi storici, e com­gli «Inizi » della religiose, identi/icati spesso con un preteso parati tra di loro, negli accostamenti e) non dimenticbiamolo, semplicistico « minimo comun denominatore », quasi « nucleo » nelle differenziazioni, e con plena attenzione, quando e possibile, concettuale 0 emozionale di tutto il successivo sviluppo religiose, all'opera degli individui (i projeti, i [ondatori, gli interpreti re­non era fatta per soddisjare quanti si sono accorti che la religione ligiosi), Tutta una ricerca, questa, che evidentemente, in quanta non e [acilmente riducibile e disintegrabile in elementi allotrii storica, e induttiva, e non presume di presentarsi come la dimo­ (il complesso di Edipo, l'« ignoranza primordiale », l'origine del strazione di tesi prestabilite, ne presuppone teorie relative alla padronato, l'induzione sbagliata, le associazioni mentali a-scien­ risoluzione a priori dei [atti religiosi in [atti e processi di natura tifiche etc. - si noti che usiamo qui I'aggettivo « allotrio » non ~ .. psicologica 0 sociologica; COSt come non giustifica quell'aiierma­nella presupposizione necessaria della religione come forma a zione che sovente si ode) esser possibile un retto apprezzamento, priori dello spirito ma solo in relazione alla concreta specijicita in sede storica, dei fatti religiosi, solo a chi possieda questa 0 - in quanta constatabile - delle forme religiose reali), Al quella conoinzione, sia essa favorevole alla religione (l'esempio contrario, una mentalita storica non pub che insistere sulla ne­ consueto dei colori che mai il cieco nato percepira), sia essa sja­cessita di considerare le religioni come insiemi storici ben com­ vorevole (il placito secondo cui chi e « impegnato » nel pen­plessi e articolati, non analizzabili atomisticamente, ne concre­ siero religioso non potrebbe « disimpegnarsi », neppure meto­ sciuti simpliciter et necessario su un corpuscolo iniziale, specie dologicamente, quanta basta per studiare oggettiuamente la sto­se allotrio. Ne si pub dimenticare - senza con questa voler ri­ ria delle religioni). Certo, se una esigenza noi troviamo neces­solvere a priori il problema se la religione sia una forma neces­ 1 saria, essa e quella, ragionevole in se, che chi studia un fenome­ saria dello spirito, e ancor meno il problema di [atto se la reli­ 'I I no storicamente (cbe di questa qui si tratta) doura avere sen­ gione sia de iure coestensiva al genere umano -.- che il mondo j .'

sibiliti: atta a fargli intendere la portata dei problemi, a fargli della religione, pur legato al quadro completo delle [acolta uma­ seguire l'intenzione che soggiace ai testi, che sono da auoicinare

ne, manifesta una sua specijicita e autonomia (qualunque essa l'unica forma di

con quella buona oolonta di intendere che sia), e di [atto una sua uniuersalita. It che non significa d)altra « simpatia » che qui si pub richiedere.

parte (ed e troppo spesso trascurato) che sia facile definire la religione, quasi che essa sia, per 10 storico, un concetto a priori) Studiare la storia delle religion i, e i fatti e processi storici che la costituiscono, signijicbera evidentemente occuparsi di pro­che si tratta solo di scoprire, un concetto uniooco, e non piut­ tosto, per ricorrere a una utile categoria aristotelica, un concetto blemi di genesi e di svolgimento. Se per questi secondi l'accordo piit generale, almena in teoria (percbe certa sociologia e certo analogo; il che eoita, se debitamente tenuto in conto, tanta parte [unzionalismo negano talora anche questo, contenti deWhic et di problemi comparativi mal posti, problemi su cui incautamente si precipitano fenomenologi e [ilosoii, non abbastanza cauti e in­ nunc, 0 dei brevi limiti di una « etnostoria » che non sempre pub JI [ormati della problematica storica, e che mettono in ombra la dar malta), per quanta concerne le «origini» si nega da piit parti che la storia delle religioni possa essere in grado di co­vera comparazione, che - come si diceva - e attenta non men a glierle: sia per quanta riguarda la religione in generale, come alle diuergenze che alle affinita, e questa non solo nel contenuto fatto storico, sia per quanta riguarda singoli aspetti 0 segmenti ma anche nella forma dei fatti che si conviene di chiamare reli­

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giosi, percbe hanno una affinita piu 0 meno eoidente, e che doora volta a volta indagarsi, con cia che gia per convenzione universale si chiama religioso. Ma per tornare al problema della, e delle, genesi, che e quello che spesso sollecita la curiosita per gli studi di storia delle religioni: e chiaro che una volta eliminate le riduzioni al « min i ­ mo comune denominatore », di cui sopra si parlaua, noncbe le riduzioni a priori a fatti allotrii, 0 comunque estranei alla sjera della coscienza religiosa - e senza con questa ipostatizzare a priori un « senso religioso » che door« se mai risultare dalla ri­ cerca - , il problema della genesi e delle genesi della religione e dei [atti religiosi risultera « ridimensionato »: il che non signi­ fica realmente abolito. InfaNi, non e raro che la storia delle re­ ligioni possa studiare pertinentemente il sorgere di nuove reli­ gioni (si pensi al sorgere dell'islamismo, nel contesto di una ben nota Arabia pagana del VII secolo), ovvero di nuove forme ed espressioni religiose (si pensi ai movimenti nativistici del secolo presente ); 0 che essa possa condurre questa studio su basi ipo­ tetiche ma storicamente concrete, come p. es. nel caso del sor­ gere di determinate religioni politeistiche del mondo antico, 0 di determinati [enomeni, di importanza vastissima, quali le « mi­ steriosofie » nascenti sui terreno dei culti misterici piu antichi e della rivoluzione « spiritualistica» dei tempi intorno al VI se­ colo a.c. (it tempo di Pitagora, di Zaratbustra, di Buddha e dei saggi d'India e di Cina). Ne si vede percbe la storia delle reli­ gioni debba rinunziare a istituire delle serie di complessi e feno­ meni religiosi ancbe nel mondo arcaico e dei primitivi, 0 anche a dire qualcosa sulle forme piu arcaicbe in cui si mostrano a noi ( nella misura in cui si mostrano ) le esperienze religiose dell' uma­ nita piu antica a noi accessibile; - anche se questa naturalmen­ te non signijicbera sorprendere la religione in statu nascendi: tanto piu cbe, come si e detto, la religiose non corrisponde ne­ cessariamente a un concetto univoco. C'e un punta, inuece, in cui la ricerca delle origini, 0 della genesi, doora ben cbiarire a se i propri limiti, 0 meglio il proprio significato: nessuna ricerca storico-religiosa potra entrare fino in 10

fondo alta mente, p. es., di un fondatore di religione, 0 sempli­ cemente di un vir religiosus cbe, anche nelle societa primitive, porti 0 escogiti qualcosa di nuovo in fatto di religione: ma que­ sto vale, in un modo 0 nell'altro, per qualunque altro personag­ gio e [enomeno delta storia, per quanta gli storici si industrino, sulla base dell'indagine obiettiua, a determinarlo. Napoleone avrebbe potuto rimanere un brillante ufficiale, anche se, una volta messosi nella strada che fu la sua, una concatenazione di fatti, di esperienze e di reazioni sue e altrui, individuali e socio­ logicbe, poteua con una certa naturalezza portarlo alle opzioni che alla fine 10 condussero a S. Elena. It tutto naturalmente sia detto a prescindere dalle ragioni interne (0 anche esterne ) ulti­ me di queste opzioni, che il mondo della religione cerca natural­ mente altrooe, appunto in quell'invisibile da cui la religione stessa giustifica se stessa, e sui quale la storia delle religioni, co­ me ancbe la fenomenologia delle religioni, non hanno opzioni da presupporre, ne in senso positivo ne in senso negativo, anche se l'accertamento obiettioo, condotto con it metodo induttivo, di singoli fatti e relazioni puo essere rilevante ai fini della rifles­ sione filosofica 0 comunque connessa alla problematica religiose, e anche se i generali convincimenti dei singoli autori influiranno piu 0 meno coscientemente sulla seelta delle ipotesi di lavoro. Ma la dimostrazione storica, nei limiti a cui essa si estende (e i metodologi della storia ci chiariranno questi limiti, molto meglio dei [ilosoii « storicisti »), sara pertinente nella misura in cui sara concludente sui piano dell'acquisizione induttiva e sulla base del metodo che e suo, e che tutti gli storici, e anzitutto i filologi, riconosceranno come tale. Percbe non bisogna dimenti­ care che una gran quantita di cose, e tutte interessanti, e molte, ancbe, rileuanti per ogni altra indagine, la ricerca storico-religiosa potra appurare, sui piano della morfologia come su quello dei [atti, prima di arrluare, ed eoentualmente [ermarsi (come ricerca storico-religiosa), su questioni piu lontane dal suo ambito 0 dai suoi mezzi. Ne si dica che il [atto bruto non fa storia senza l'in­ terpretazione, e che questa presuppone l'opzione: percbe questa sarebbe molto teorico e spesso molto sbagliato, per chi pensi 11

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allo studio metodico e attento e non solo aile grandi battaglie ideologiche; tanto piu che molto spesso approcci diversi agli stessi [atti sono utili per arricchire le uisuali, e non solo per porre aut aut speculativi 1.

* * * Dobbiamo ora giustificare la seconda parte del nostro titolo, che parla di religioni dei primitivi. E chiaro che l'etnologia reli­ giosa, se da una parte e un settore dell'etnologia generale, con la quale non doura mai perdere i contatti, che solo la rendono una scienza realmente storica, dall'altra non s'intende appieno se non nel contesto della storia delle religioni, giacche innumerevoli [ili, sia sul piano morfologico che su quello dei processi storici, le­ gano le religioni dei popoli studiati dall'etnologia a quelle delle « alte culture »: e cio ben al di la della vecchia teoria euoluzio­ nistica dei survivals (residui e quasi fossili che la religiosita, co­ me la societal arcaica avrebbe lasciato nelle religioni e nelle usan­ ze di oggi)} e anche al di la della pretesa individuazione di « nu­ clei» 0 « minimi comuni denominatori », 0 « idee elementari », che si prolungherebbero dalle religioni, anzi dalla religione, dei primitivi fino nel mondo religioso odierno. Giaccbe non di rado alcuni aspetti delle religioni dei primitivi si spiegheranno meglio una volta tenuto conto del complesso della fenomenologia reli­ giosa anche posteriore, e anche sul piano della storia e della « etnostoria » (cioe delle vicende documentariamente accertabi­ li delle popolazioni etnologiche negli ultimi decenni 0 secoli) le religioni moderne, 0 comunque non primitive} saranno non di rado da addurre per spiegare certi aspetti delle religioni etnolo­ giche (senza con questa arrivare al paradosso di un Tylor 0 di 1 Risulta da queste argomentazioni cio che noi accettiamo e cio che noi rifiutiamo del recente libro di B.E. Evans-Pritchard, Theories of Primitive Religion, Oxford 1965, un libro scritto dal punto di vista di una «Social Anthropology» che e lungi dal coprire tutta la tematica della storia delle reli­ gioni, 0 anche dell'etnologia religiosa, e che risente delle sue proprie intrinseche limitazioni sociologiche. Alcuni aspetti delle nostre argomentazioni sono svolti in Problemi di storia delle religioni, Roma 1958.

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un Hartland che volevano spiegare con injluenze missionarie quelle concezioni dei popoli etnologici che sembravano loro trap­ po superiori ai moduli arcaici supposti da un evoluzionismo uni­ laterale). Ma una questione importante, che abbiamo lasciato per ul­ tima} e la seguente: abbiamo noi il diritto di qualificare di « primitive» le popolazioni studiate di prejerenza dall'etnologia? quelle popolazioni che gli anglo-sassoni chiamano spesso «illi­ terate », cioe price di scrittura? - un concetto, questo, cbe, preso in se} sarebbe puramente negatiuo, e che assume il suo significato solo nel contesto della comparazione tra queste cul­ ture etnologiche e quelle che si chiamano Hochkulturen, «alte culture », caratterizzate da una serie di fenomeni culturali, dal­ l'organizzazione cittadina alle categorie sociali, dalla regalita sa­ cra all'organizzazione politeistica? 1. In realta, a molti etnologi displace l'uso del termine « pri­ mitivi» per popoli che vivono ancora oggi} e che coltiuano, 0 fino a qualche decennio fa coltiuauano, usi e costumi cbe, per quanta lontani dai nostril nulla in se obbliga a considerare ana­ loghi a quelli della vera e umanita primitiva », l'umanita del Paleolitico. Giaccbe, fanno osservare questi etnologi, tali popoli hanno dietro di loro una serie innumerabile di secoli 0 millenni, non minore di quella che e dietro di noi. Si puo naturalmente obiettare che il tempo} il tempo della storia, non e solo il tempo quantitativa, ma e anche e soprattutto il tempo qualitatiuo, cioe quello ritmato concretamente dall'eooluzione 0 dalla riuoluzione culturale; bastera osservare quanta avviene ancora nelle aree pe­ riferiche delle attuali culture: il [rancese del Canada 0 anche del Belgio non e in assoluto il francese di Francia} ma mantiene forme quivi sparite; e cio che si dice della lingua si puo dire anche per diverse altre forme della cultural fino alla orga­ nizzazione politica. Non per nulla uno studioso recente ba qua­ lificato i popoli etnologici come «i nostri primitivi contempo­ 1 Per questa tematica, si veda, dell'A., Storia dell'etnologia, Roma, Abete, 1965, partie. pp. 190-203 e pp. 232 ss.

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ranei », cbe esprime bene il concetto sopra illustrato, - ancbe se non senza un sottinteso paradosso. Certo, la questione non e risoluibile con considerazioni va­ lide in genere, ma da illustrarsi e verificarsi nel particolare. Ora, tale verifica - cbe autorizza secondo noi ad usare il termine « primitivi », con tutte le cautele del caso - si ha se si consi-' dera il concetto sopra menzionato di « alte culture »: il rapporto tra queste e Ie culture etnologicbe e un rapporto cbe sussiste ancbe sul piano della relazione storica, net senso cbe le alte cul­ ture rappresentano (siano esser da intendere come nate da un fatto 0 da piu fatti concomitanti e susseguenti di diffusione, op­ pure solo sul piano dello sviluppo parallelo e della conuergenza) un [ilone storico cbe indubbiamente tende ad allontanarsi uiep­ piu da quelle cbe sono (0 meglio: cbe erano) Ie culture « illet­ terate » (a parte, si capisce, i fatti acculturativi cui queste sono poi soggette )" e se tende ad allontanarsi, vuol dire cbe si puo chiamarlo, rispetto a queste, come .« posteriore », 0 meglio « non primitivo »; il cbe giustifica [ormalmente la qualifica di «ante­ riori » 0 « primitive », almena sotto questa rispetto, per le cul­ ture illetterate prese come blocco. Vero e ancbe cbe la questione non e COSt semplice. Anzitut­ to, si potra dubitare cbe le culture illetterate possano essere pre­ se in assoluto come un blocco, essendo esse disperse nello spazio e, uerisimilmente, seriate nel tempo in maniera oastissima; per cui ci si potra cbiedere che cosa Ie unisca al di fuori del fatto, peraltro in se storicamente significantissimo, che esse sono, piu o meno, fuori della linea di sviluppo delle «alte culture »: al­ meno per quanta concerne quella linea che porta a sviluppi sem­ pre ulteriori nel senso della preparazione di queste nostre socie­ ta moderne - e lasciando impregiudicata la questione dell'in­ fluenza possibile, anche se attenuata e adattata, delle «alte cul­ ture » sulle culture illetterate. In secondo luogo rimane la que­ stione, storicamente di estrema rilevanza, che Ie culture illette­ rate vanno in ultima analisi considerate come provviste ognuna di una loro individualita storica, nel senso che alcune di esse possono in fondo essere anche molto recenti, in quanto frutto di 14

adatamenti a nuoue condizioni, 0 ancbe di scelte culturali ope­ rate sulla base di nuove situazioni etnicbe 0 ambientali (per esempio ci si cbiedera se uarie culture « siluestri » di grande sug­ gesttone etnologica si siano specializzate - il che non vuol dire radicalmente modificate - a partire da situazioni precedenti am­ bientalmente diverse). Di pia, sussiste la questione, acutizzata p. es. da certi lavori dell'ajricanista H. Baumann, se le radici storiche delle alte culture agricole in Mesopotamia non siano molto piu anticbe e relativamente « originarie » di certe culture tenologicbe dedite all'attiuita « piantatrice », In questa caso, noi auremmo addirittura una linea di sviluppo culturale che colle­ gberebbe direttamente - in Mesopotamia - Ie societe prei­ storiche a quelle gia bagnate da acquisizioni di «alta cultura », senza passare attrauerso alcuna cultura campestre « etnologica », cioe affine ai primitivi odierni: il cbe sia detto, naturalmente, senza risolleuare la questione obsoleta dei primitivi attuali come gente imbarbarita e decaduta da forme culturali superiori - un quadro cbe, per quanta reale in certi casi, nessuno si sentirebbe di risuscitare come spiegazione generale dell'esistenza delle po­ polazioni « seluagge », Ma la questione decisiua, in questa argomento, concerne piuttosto il problema di una comparazione tra culture etnologi­ che e culture preistoricbe, una comparazione da fare eoidente­ mente senza il presupposto della sostanziale analogia 0 identita o connessione storico-culturale tra Ie due - presupposto cbe, qui, sarebbe un caso di petitio principii. Ora, non mancano gli studiosi cbe tendono ad accentuare la differenza tra questi due ambiti culturali. Se cio viene fatto in base a considerazioni spe­ cifiche ed obiettive, tanto meglio. Ma se cio viene fatto solo in base alla costatazione formale ed ovvia che millenni e vicende differenziano e distanziano Ie culture preistoriche e quelle etno­ logiche (0 illetterate attuali), allora anche l'argomento di questi etnologi soffrirebbe della stessa debolezza metodologica, perche ignorerebbe il fatto sopra accennato della differenza tra tempo quantitativo e tempo qualitativo. La cosa piu sicura ci appare dunque in questa caso sia il ricorso a considerazioni comparative 15

puntuali tra le culture preistoricbe e quelle etnologicbe, sial quando possibile, 10 stabilire linee storico-culturali che permet­ tano di giudicare in base a criteri di comparazione storica, sulla base di punti di vista concreti ancbe se relativi (nel senso coper­ nicano del termine ), quale sarebbe quello sopra accennato della linea di suiluppo sboccante nelle « alte culture »: giudicando in rapporto a queste, nessuno potra negare darsi la base a fruttuose comparazioni, e positive, tra societa e culture preistoriche e so­ cieta e culture etnologicbe, una volta che l'aoere la scrittura e le altre parallele (piu 0 meno ) acquisizioni della alta cultura sia visto nella sua concretezza storico-culturale, che qualifica, indi­ rettamente, ma non solo per difetto, un'altra concretezza, quella delle culture « illetterate ». COSt, se da una parte non doura venire in mente di inter­ pretare necessariamente e a priori il cannibalismo e il culto dei cranii dei cacciatori di teste 0 dei Congolesi 0 Caraibi 0 Poline­ siani degli anni addietro con riti preistorici non bene interpre­ tabili, 0 oiceuersa, rimarra pero sempre il problema di una am­ bientazione storico-culturale degli uni e degli altri, che potrebbe individuare certe linee di sviluppo sulle quali giudicheranno na­ turalmente caso per caso i competenti. Ma, d'altra parte) a nes­ suno uerra in mente di dichiarare illegittime tutte Ie ipotesi che si sono potute fare sull'interpretazione, p. es., di determinati va­ lori religiosi 0 magici di oggetti 0 usanze preistoricbe sulla base) conscia 0 inconscia, conjessata 0 non confessata, dell'esperienza etnologica 0 [olkloristica degli studiosi di preistoria 0 di storia delle religioni; nessuno si sarebbe sognato di dare importanza, quell'importanza (non dico quell'interpretazione definitiva) a un rombo preistorico se non avesse avuto in mente il rombo clas­ sico e quello etnologico, noncbe quello dei bambini siciliani, 0 di altri luogbi, che ancora ne fanno oggetto di svago; e nessuno potrebbe contestare seriamente che le danze mimiche e terio­ morfiche siano una caratteristica di culture e societe sia etnolo­ giche che preistoricbe, cost come nessuno sognerebbe di troncare i ponti in senso assoluto tra folklore da una parte e preistoria e

(almeno in senso comparativo-fenomenologico, ma spesso ancbe piu di questo ) etnologia. Ma, con le riserue suaccennate su possibilita di injluenze e di parziali [atti acculturatiui, quello che ci interessa, e che stori­ camente vale di piu, qualijicare la « primitioita » etnologica, come quella preistorica, in senso storico-culturalmente relatiuo alle « alte culture» - salua naturalmente la primitiuita in senso assoluto delle culture paleoliticbe (e) subordinatamente, di al­ cune etnologicbe, che paiono sotto certi aspetti affini a queste ultime, anche se in ogni caso assolutamente ben piu giovani e modificate). Probabilmente, la vecchia tripartizione ottocente­ sea tra stadii « selvaggio », « barbara » e « civile» non era poi pessima, e la recente uoga (ancbe se volutamente disinvolta) del termine «seloaggio » sembra conjermarlo. Ma tutto sommato quest'ultimo appellativo ci sembra (per non parlare dei «Na­ turoolker » della etnologia tedesca) molto meno felice di quel­ 10, per quanta problematico, di « primitivo »; il cui raggio di ualidita, se si intende nel senso sopra discusso, si allarga quanta quello - in se parziale e formalmente negativo - di «illet­ terato ».

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Cultura, vita spirituale e religione In etnologia, l'espressione « vita spirituale », presa in senso lato, equivarrebbe addirittura a « cultura », e comprenderebbe tutte le manifestazioni della vita dei primitivi, come diogni altra popolazione, esc1uso, seppure in parte, il mero aspetto tecnico delle loro istituzioni e usanze, nei limiti in cui esso sia deter­ minato dalle circostanze materiali. In senso pili stretto, la vita spirituale comprende quegli aspetti della cultura che esprimono pili immediatamente ed esplicitamente (il che non significa « in maniera pili facile ad intendersi ») le idee e i sentimenti che costituiscono il patrimonio di un popolo e il modo in cui essi si manifestano. In senso ancora pili specifieo, le vita spiri­ tuale comprende le eoneezioni religiose e gli atti che le espri­ mono, le eredenze e Ie pratiehe magiche, la maniera di vedere il mondo, di esprimerlo, di farlo eorrispondere a una esigenza ideale, e anehe la maniera di soddisfare i propri bisogni spiri­ tuali in armonia con questa esigenza. Naturalmente, parlare di vita spirituale dei primitivi im­ plica ehe si tenga presente una eoneezione precisa, la pili precisa possibile, di cio ehe si vuole intendere per primitivi, e anzitutto si dovra ehiarire se con questa parola si intenda fare riferi­ mento alle popolazioni studiate di preferenza dall'etnologia e dall'etnografia, 0 anehe alle popolazioni preistoriehe studiate dalla paletnologia, alle quali anzi, come si osserva da parte di molti studiosi, andrebbe riservato in via privilegiata e storica­ mente pili esatta il termine di primitive. Senza entrare pili addentro in questa questione, per la 19

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quale si veda l'!ntroduzione, diciamo che per primrnve in­ tendiamo quelle popolazioni e quelle culture che non rientrano nel processo storieo a nei processi storici delle cosiddette « alte culture », caratterizzate tra l'altro, come e nato, dalla scrittura, la quale permette l'accumulazione di un patrimonio culturale destinato a moltiplicarsi e ad approfondirsi in breve tempo, in maniera inconsueta rispetto aIle culture «illetterate»; delle quali invece spicca, per contrasto, una pili 0 meno apparente staticita culturale, che si manifesta anzitutto negli aspetti della vita spirituale.

La « mentalita primitiua » Un'altra questione pregiudiziale, per quanto concerne la vita spirituale dei primitivi, e costituita da quella della cosid­ detta « mentalita primitiva », E infatti di pieno rilievo tener canto, in via problematiea, della possibilita che il mondo inte­ riore dei primitivi e del primitivo sia costruito e funzioni sulla base di processi mentali e di « rappresentazioni » che siano specifieamente differenti dai processi mentali e dalle rappre­ sentazioni che reggono la vita spirituale dei popoli e degli indi­ vidui « culti ». Ci riferiamo, come e evidente, ai problemi agitati tra il secondo e il quarto decennio di questo secolo da Luciano Levy­ Bruhl, e alla sua teoria del « prelogismo » dei primitivi, proble­ matiea ripresa, tra gli altri, da Gerardo Van der Leeuw, con riferimento, pero, anche ad esperienze proprie non solo delle popolazioni etnologiehe, ma presenti anche nell'uomo « mo­ derno »; problematiea sulla quale il Levy-Bruhl ritorno nell'ul­ tima parte della sua vita con impostazioni alquanto divergenti, che culminarono nell'esplicito rifiuto da parte sua del termine stesso di « pre-Iogico », che aveva fatto la fortuna della sua teoria degli anni precedenti. II Levy-Bruhl si era reso conto, infatti, come il prefisso « pre» implicasse l'affermazione di una priorita cronologica e 20

storica di quella mentalita pnmrtrva, indifferente alle nostre categorie logiehe, che egli pensava di riscontrare nel mondo inte­ riore delle popolazioni etnologiehe. Ora, numerose critiehe, in­ sorte fin dai prirni anni di vita della sua teoria, avevano messo in rilievo l'esistenza, presso i primitivi, del pensiero logieo e causalistieo (0 anche del pensiero logieo e causalistieo), quale si manifesta a prima veduta, p. es., nelle tecniehe materiali adibite quotidianamente e con sperimentabile successo dalle popolazioni etnologiehe, e certo anche da quelle preistoriehe. Anche osservazioni del tipo di quelle sopra rieordate di G. Van der Leeuw, darsi d'altronde nell'uomo contemporaneo e « civi­ le » la presenza di manifestazioni mentali affini a quelle che il Levy-Bruhl qualifieava di primitive, dovevano incoraggiare il Levy-Bruhl alIa revisione; la quale peraltro, anche in questa forma attenuata, continua ad essere oggetto di critica da parte del maggior numero degli studiosi di etnologia. Pili di tutto, per restare ancora sulle generali, quello che fa difficolta e I'am­ missione stessa che presso le stesse culture e gli stessi individui possano convivere due mentalita essenzialmente diverse, la « pri­ mitiva » e la « razionale », quando in queste culture e in questi individui, nel mondo etnologieo non rneno che in quello delle « alte culture », i rispettivi processi mentali e Ie rispettive acqui­ sizioni culturali coesistono, anzi collaborano, in maniera total­ mente armoniea. Ad esempio, perfettamente armonieo e unitario puo essere l'intero processo (che spazia dalle tecniche materiali fino a riti e comportamenti religiosi e magici) orientato alla costruzione di una piroga, all'edificazione di una casa, alla fonda­ zione di una famiglia 0 all'instaurazione di una usanza autore­ volmente sanzionata. Di pili, non mancano chiare motivazioni e connessioni razionali tra Ie diverse esperienze « mistiche » del primitivo, che si riehiamano l'una l'altra e sana mutuamente deducibili con piena logica. La cosa pili giusta, ai fini della nostra esposizione, e dun­ que quella di rinunciare a una divisione cosl drastiea tra menta­ lita « primitiva », pre-logica 0 comunque alogiea, e mentalita « moderna » 0 razionale - divisione che del resto dipende in 21

larga misura dai presupposti positivistici del Levy-Bruhl ' ; senza peraltro rinunciare a tutte quelle osservazioni che formano pur sempre il nueleo essenziale della problematica, se non della teoria, del Levy-Bruhl e del Van der Leeuw. In maniera parti­ colare, terremo in considerazione le osservazioni del Levy-Bruhl riguardo a quella che egli chiamo la «partecipazione », che sarebbe uno degli aspetti principali della mentalita primitiva, e tanto pili terremo presente questo aspetto, quanto rneno 10 inaridiremo in un presunto pre-logismo 0 a-logismo opposto toto caelo a ogni forma di pensiero razionale.

La « partecipazione »; il principia simpatetico; totemismo; appartenenza familiare e clanica; manismo

In realta, il concetto di partecipazione sembra molto adatto a penetrare nel mondo spirituale delle popolazioni etnologiche: un mondo integrato e organizzato in una sua «mistica» 0, appunto, « partecipata » coerenza. I primi esempi anche se non i pili significativi - che si presentano alIa mente in questo argomento sono quelli tratti dalla cosiddetta magia sim­ patetica, sulla quale con tanta abbondanza di esemplificazioni e minuzia (troppo superficiale) di analisi si trattenne il Frazer nel suo « Ramo d'oro ». Nel mondo magico dei primitivi, in certo modo, tout se tient, e una « simpatia » (nel senso etimo­ logico del termine) invisibile rna ferrea, fatta di prescrizioni e ' di interdizioni (tabu), lega persone e cose. II cacciatore primitivo in cerca di preda si prepara con apposite astensioni e adempi­ menti per entrare in sintonia con quel mondo nel quale egli entra in campagna: armi, strade, animali, circostanze atmosferi­ che, tutto deve essere armonizzato con l'attivita che egli intra­ prende; non solo, rna anche i suoi familiari, i compagni di tribii, gli stessi stranieri e anche i nemici devono assoggettarsi, 0 ! Ovvero, all'altro estremo, dai presupposti irrazionalistici del Van der Leeuw, che - a differenza del Levy-Bruhl - simpatizza con il pensiero « primitivo »,

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essere assoggettati, ad un insieme di comportamenti che non disturbino, anzi magicamente favoriscano l'impresa, in cui dun­ que aspetti tecnici e partecipativi indissolubilmente si intrec­ ciano. II maneggiare impunemente oggetti atti a ferire, 0 il disperdere inopportunamente l'energia vitale, 0 l'evocazione inopportuna di persone, animali 0 circostanze improprie, puo non solo danneggiare l'impresa rna anche farla coneludere in maniera tragica. Al contrario, manipolazioni 0 atti appropriati, tra i quali privilegiati quelli di natura mimica raffiguranti e quindi magicamente evocanti la presenza degli animali da cac­ ciare ovvero i momenti critici e decisivi della caccia, sono accu­ ratamente e minuziosamente preseritti. Aceanto a questa magia « imitativa », che meglio forse si chiamerebbe « evocativa », e da ricordare anche l'altro aspetto della magia simpatetica.xioe la magia « di contagio », che esprime aneora meglio il senso della « partecipazione », Si tratta di una magia la cui formula potrebbe essere definita con l'espressione «la parte equivale al tutto ». Agire sulle orme, sull'ombra, sui capelli etc. di una persona, significa agire sulla persona medesima; e 10 stesso senso ha agire sulle sue cose pili proprie, a cominciare dalla sua immagine, esterno prolungamento della sua « anima », Ecco una maniera in cui si esprime la partecipazione, ehe e viva appercezione, e, almeno nel suo principio, tutt'altro che illogica, della totalita di un essere e delle sue pertinenze psichiche, corporee, familiari, patrimoniali, ambientali, un complesso di esperienze che si fanno luce, spesso del tutto incomprese dai « civili », nel diritto tradi­ zionale di molte popolazioni primitive, presso le quali, spesso, accuse per reati di furto, aggressione, ingiuria, suppongono moti­ vazioni di carattere partecipativo del tutto incomprensibili alIa mentalita giuridica oggettivistica delle autorita coloniali 0 dei quadri indigeni da queste costituiti. Ma la partecipazione come inserimento in una totalita ha una manifestazione ancora pili notevole quando si tratta del rapporto dell'individuo con il mondo umana e con l'ambiente che e suo e al quale egli appartiene. Rientrano qui un complesso di fenomeni, sempre interessanti la vita spirituale, quali il tote­ mismo, la solidarieta di gruppo, le concezioni manistiche. Una

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forma intensa di partecipazione e quella dell'individuo e del gruppo, soprattutto del gruppo clanico, con esseri che sono strettamente connessi alla storia delle origini del clan. E questo un aspetto del fenomeno del totemismo, cioe della credenza in una connessione originaria, varia e spesso indefinibile, che va da una comune ascendenza ad una primordiale alleanza di san­ gue, tra il clan, 0 il sesso, 0 l'individuo umana e entita 0 specie animali, vegetali 0 cosmiche. II « totemismo » e stato recente­ mente l'oggetto di attente riconsiderazioni che ne hanno messo a dura prova la reale consistenza scientifica. Si dubita cioe, e recenti lavori di Claudio Levi-Strauss ne fanno fede, che esso corrisponda in realta ad un fenomeno religioso unico. Ma anche con queste riserve rimane inalterata l'importanza di molti di quei fenomeni che si riferiscono appunto ad una familiarita 0 ad una simpatia degli individui 0 dei gruppi con esseri 0 classi di esseri con cui viene sentita una partecipazione, la quale serve insieme a solidarizzare individui e gruppi urnani con individui e gruppi appartenenti a diversi livelli di esistenza, ed a distin­ guerli e classificarli nell' ambito di un grande mondo in cui distinzione e classificazione sono essenziali per una ordinata convivenza. P. es., molte tra le istituzioni totemiche esercitano una funzione exogamica 0 talora semplicemente classificatoria, nell' ambito di una unita tribale superiore; d'altronde - in que­ sto campo matrimoniale - l'appartenenza totemica e fonte di sentitissime esperienze da parte del primitivo e costituisce una delle principali remore ad una completa acculturazione. Altri fenomeni che hanno qua1cosa in comune con il tote­ mismo, 0 che comunque implicano un forte senso della parteci­ pazione tra un individuo umano e un animale, sono i fenomeni del nagualismo, indagati tra l'altro da uno studioso, Mauri­ zio Leenhardt, bene attento all'aspetto mistico e religioso di tale fenomeno - per quanto egli esageri spesso in senso irraziona­ listico le sue interpretazioni della psicologia religiosa dei primi­ tivi, escludendo in maniera drastica e ingiustificata la funzione del pensiero causale nell'esperienza e nell'ideologia religiosa religiosa delle popolazioni etnologiche. Infine, di estremo interesse e la connessione tra partecipa­ 24

zione e culto degli antenati (manismo). E frequentissima presso le popolazioni etnologiche la concezione che l'appartenenza del singolo alla sua famiglia, al suo clan, alla sua tribii, si amplia, anzi trova il suo fondamento nel prolungarsi di questi varii rag­ gruppamenti fino nel regno dei morti. La morte del singolo implica l'ingresso di lui, 0, meglio, di una delle sue anime, nella collettivita dei morti, collettivita non indiscriminata, rna appunto qualificata in senso familiare, clanico, tribale. In altre parole, la famiglia, il clan, la tribu coprono due provincie, una di qua, una di 130 dal netto rna attraversabile e variamente attraversato e « partecipato » discrimine che separa i vivi dai morti. II morto non fa che ricongiungersi, di la, al suo gruppo e ai suoi ante­ nati; e una particolare figura spetta all'antenato, nel quale si fondono spesso le due figure di fondatore del genos e di fonda­ tore dell'umanita; personaggio che talora si identifica anche con l'eroe culturale che, all'inizio dei tempi, fonda le usanze tribali e collaboro con l'Essere supremo all'instaurazione dell'ambiente cosmico e della vita umana. E di questa comunione con i morti si giovano i vivi, che da quelli attendono protezione e fecondita, sia pure nel rispetto del chiaro confine tra i due regni, che puo essere abolito, provvisoriamente e ritualmente, nelle feste appro­ priate, 0, nel mito, dall'avventura di un vivo che abbia raggiunto, in via privilegiata, quel mondo lontano.

Partecipazione, totalita e religione,

Ancora, la partecipazione del primitivo si realizza in una totalita che 10 trascende e 10 avvolge, e che non e indeterminata o panteisticamente cosmica, rna fatta di persone e di cose, che, anche se vicine e familiari, hanno tutte un lora aspetto miste­ rioso, una lora « altra faccia » che guarda di 130. Soggetto privi­ legiato di partecipazioni e, laddove esista (cioe nelle culture meno arcaiche), il re sacro, che e in simpatia con il paese e cia che su di esso vive, popolo, greggi, piante, nonche con il mondo sovrumano, dagli antenati regali alla Luna; simpatia che copre (rna anche trascende da tutte le parti) l'ampia casistica studiata

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dal Frazer; ne caratteristiehe simili mancano ai capi e ai perso­ naggi « sacerdotali » delle popolazioni ad organizzazione claniea e tribale. Di piu, espressione chiara di sentimenti partecipativi e la tendenza innata all'organizzazione sociale, senza che con questo si debba rieonoscere per vero il postulato di Emilio Durkheim e della scuola sociologica da lui iniziata, essere la societa unica sorgente di cia che tra i primitivi e sacro, maestoso e signifi­ cativo. II sentimento partecipativo, che e sentimento della tota­ lita, non indifferenziata ma al contrario valida e significativa appunto in quanto trama che lega innumerevoli diritti-doveri individuali (siano gli individui propriamente detti, siano le fami­ glie, le ascendenze, i gruppi locali, le societa iniziatiehe 0 altro) , non deprime, ma esalta il sentimento individuale: 0, almeno, non 10 deprime necessariamente, ne necessariamente 10 mate­ rializza in una pura solidarieta produttivistica. Infine, campo privilegiato di esperienze partecipative e presso i primitivi la religione. Questo termine esprime conce­ zioni, credenze e pratiche che hanno in un modo 0 nell'altro qualche aspetto comune, che alludono a una « rottura di livello » verso un « sopra» e verso un « prima» di natura variamente « trascendente », e che implicano un forte sentimento della « to­ talita », e che sarebbe errato voler riassumere, secondo vecchi metodi evoluzionistici implicanti l'equazione « antico-ernbrio­ nale-rozzo », in un preteso, iniziale « minimo comun denomina­ tore» da cui tutte si sarebbero «evolute », Una illusione, questa, che si prolunga dal postulato di Edoardo Tylor, essere nux della religione il cosiddetto « animismo », cioe, come egli 10 definisce, la «credenza in esseri spirituali» (intesi pero come ombra, immagine, « doppio », fantasma 0 eidolon impal­ pabile), fino al placito engelsiano (e gia di Feuerbach) essere a medesimo titolo «idealismo », e protezione fantastiea della mente umana, tutto cia che non si riduca a pura visione materia­ listiea delle cose. E osserveremo di passaggio come 1'« animi­ smo » di Tylor e 1'« idealismo» marx-engelsiano suppongano ambedue un fondo ideologieo positivistieo, e come proprio la

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concezione animistica dello « spirituale » 0 dell'« ideale » come controparte immaginosa e « doppio » del corporeo, lungi dal fondare «simpliciter» la religione, abbia invece, nella realta del processo storieo, potuto costituire uno dei presupposti della concezione positivistica e marx-engelsiana della religione, di ogni religione, come proiezione fantastiea, evasione e soprastruttura; il che spianava all'analisi materialistica del «reale» una via troppo piu facile di quella che esso avrebbe dovuto super are se avesse tenuto conto della complessita, varieta e profondita del pensiero e dell'esperienza religiosa.

Religione e magia Come si e detto, la religione e la « magia » esprimono in maniera primaria la vita spirituale di una popolazione primitiva. Solitamente gli etnologi e gli storici delle religioni distinguono accuratamente e a buon diritto questi due fenomeni, implicando la religione un atteggiamento di sottomissione piu 0 meno de­ vota, da parte del singolo e del gruppo, verso le forze e gli esseri sovrumani, mentre la magia corrisponde piuttosto all'at­ teggiamento indipendente, se non aggressivo, dell'uomo che pensa di padroneggiare forze e nessi invisibili ma sovranamente effieaci. Ora, questa distinzione e utile e giustifieata, non meno dal punto di vista della psieologia religiosa che da quello obiet­ tivo delle rispettive credenze e pratiche. Tuttavia, aspetti par­ zialmente comuni dell'uno e dell'altro fenomeno sussistono pur sempre, soprattutto se si tiene conto che la magia, la magia « simpatetiea », non e soltanto quella «falsa scienza» di cui parla l'interpretazione razionalistiea e positivistiea del Frazer. In altre parole, il mago non si limita, 0 non si limita sempre, a mettere in mota i falsi principi della magia imitativa e di con­ tagio, principi di cui la sua inesperienza 0 Ie sue malintese espe­ rienze gli nasconderebbero la fallacia; spesso il mago, mettendo in opera forze sovrumane, sia pure sulla base dei principi della magia simpatetiea, non fa che cercare di inserirsi, per rivolgerla a suo vantaggio, nell'armonia e nell'energia di un grande tutto, 27

in cui non entrano solo gli uomini e le cose, le leggi simpa­ tetiche 0 le Eorze naturali, rna anche forze ed entita sovrumane, ivi compresi gli spiriti, gli antenati, le divinita, che non appar­ tengono in proprio al mondo magico nel senso stretto del ter­ mine, rna al mondo della religione. In tal modo, spesso, Ie ere­ denze e Ie pratiche magiche, lungi dall'esaurirsi in quelle espe­ rienze a tipo ingenuamente razionalistico a cui faceva riferimento il Frazer e prima di lui il Tylor, si inseriscono in una visione totale del mondo in cui viene sentita fortemente la presenza di forze ed esseri sovrannaturali. Cio fu ben percepito, gia nel campo dell'evoluzionismo, da diversi studiosi, insoddisfatti delle interpretazioni razionalistiche degli etnologi sopra nominati. Con il Marett, il King, il Soderblom, e poi fino a Rodol£o Otto con le sue speculazioni sul senso del « sacro », e al Van der Leeuw con Ie sue osservazioni di fenomenologia religiosa tutta attenta all'aspetto religioso e mistico del pensiero primitivo, il mondo della magia, perdendo la ristretta e arida determinatezza che gli era stata attribuita dagli studiosi del positivismo, si qualifica sempre di pili come il mondo del mistero e delle forze sovru­ mane. Vedremo subito quali siano i limiti di queste speculazioni sopra la « forza », 0, come si dice comunemente, prendendo a prestito una parola di origine melanesiana, il mana (efficacia sovrumana inerente in persone 0 cose). Per ora ci limitiamo a completare le nostre osservazioni precedenti sulla magia, osser­ vando che, in linea generale, una distinzione di questa rispetto alla religione si impone, e che essa pub, nonostante tutto, rical­ care pur sempre, con le riserve suddette, i motivi della distin­ zione frazeriana. Nella magia, anche nella sua interpretazione pili « mistica » e meno razionalistica, emerge pur sempre un che di meccanico, che non appartiene invece in proprio alla credenza e alla prassi religiosa, tutta condizionata dalla intenzionalita degli esseri sovrumani. Questa reale differenziazione della magia dalla religione non e da motivarsi peraltro con ragioni analoghe a quelle accolte da Emilio Durkheim e dalla sua scuola socio­ logica. Per il Durkheim, come si e detto, e religioso tutto cio che si giova della maesta e autorevolezza del « sociale »; in tal 28

quadro rimarrebbe alla magia la funzione di scappatoia per le iniziative insignificanti 0 criminose dell'individuo in quanto scisso dal corpo sociale. Ora, cio non corrisponde in nessun modo ai fatti, essendo la maesta del « religioso» ben distinta dalla maesta del «sociale », anche se tra i due ordini vi sia contatto e reciproca influenza; d'altronde, non mancano inizia­ tive magiche a tipo collettivo, e, ancor pili, esistono esperienze religiose individuali ad altissimo livello. In realta la teoria del Durkheim non fa poi una eOS1 puntuale distinzione fra magico e religioso, quando, sempre nel contesto delle sue interpreta­ zioni sociologistiche, si riduce a parlare di una categoria del soprannaturale che in pratica puo essere magica 0 religiosa e che in definitiva e quanto mai indistinta e poco utile alla chiarezza della ricerca scientifica sulla spiritualita dei primitivi. E analoga osservazione vale per quanto concerne una particolare versione di teoria sociologica, quella marxista, che - come si e detto ­ riduce qualsiasi esperienza religiosa, 0 comunque spiritualistica, a un indi£ferenziato « idealismo », a mera sovrastruttura di strut­ ture ed esperienze sociali, anzi classiste, senza distinguere ulte­ riormente sull'origine, la consistenza e le caratteristiche dei rela­ tivi concetti e pratiche. Forme e svolgimento storieo della religione presso i primitivi. Un conjlitto di metodi Altrettanto necessaria appare una accurata distinzione delle credenze e pratiche dei primitivi relative al sovrumano quando si passa all'indagine non piu soltanto fenomenologica delle sue strutture, rna a quella piu propriamente storica: cioe quando ci si chiede la genesi e 10 svolgimento delle varie maniere in cui l'umanita ha identificato il sovrumano e ha inteso il rapporto con esso. Come e noto, nel secolo passato, sempre sotto I'in­ flusso del positivismo, la genesi e 10 svolgimento dei fatti reli­ giosi erano intesi in base al modulo delle teorie evoluzioni­ stiche, che erano allora in yoga non solo sul piano della storia naturale (come 10 sono ancora oggi), rna anche suI piano della 29

storia dello spmto, Si riteneva in altre parole, con un confu­ sionismo analogo a quello sopra menzionato, identificante sacro, religioso, magico, sovrannaturale, spirituale etc. in una univoca ed indeterminata categoria « mistica» (per usare il termine nel senso datogli dal Levy-Bruhl e da altri £ilosofi di medesima estra­ zione), che una analoga univocita andasse attribuita a tutte Ie manifestazioni religiose che l'osservazione scientifica andava riscontrando in tutti gli stadi, «selvaggio, barbaro e civile », di quella che allora si riteneva la scala univoca di evoluzione dell'umanita, Cosl., con Augusto Comte, un feticismo primordiale sarebbe evoluto verso un politeismo, e questo verso un mono­ teismo; secondo Tyler, la fase iniziale sarebbe stata l'animismo (tornererno pili oltre su questi termini), mentre le fasi ulte­ riori rimanevano le stesse che in Comte. Ne ci si curava di accertare l'effettiva antichita etnologica e l'effettiva ripartizione geografica di queste concezioni religiose. Contro questo stato di cose reagiva all'inizio di questo secolo un nuovo orientamento dell'etnologia, orientamento che doveva poi culminare nella scuola « storico-culturale »; questa si poneva anzitutto in polemica contro le scuole evoluzioniste gia affermate e contro quelle che continuavano ad affacciarsi nel panorama degli studi etnologici e storico-religiosi. La scuola storico-culturale reagiva contemporaneamente contro i due postu­ lati dei sistemi evoluzionistici, postulati che in realta erano stret­ tamente interdipendenti: quello in una sostanziale omogeneita e fondamentale univocita delle credenze e prassi religiose, e quello di una deducibilita dell'una dall'altra per via di un pro­ cesso evolutivo partente da cio che appariva pili « semplice », « omogeneo » e rude. A questo processo Ie scuole etnologiche storiche opponevano, come oppongono tuttora, la concezione della storia come individuazione di processi singoli e specifici, per quanto connessi tra loro, in misura e in maniera varia, per via di divergenza, di convergenza, di innovazione e rivoluzione rispetto al passato. In tal modo l'etnologia storica veniva ad apportare pili concreta e significante contribuzione agli studi di fenomenologia religiosa, poiche distingueva meglio di quanto

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non accadesse alle scuole evoluzionistiche Ie diverse concezioni religiose, Ie diverse religioni, Ie diverse visioni del mondo, in breve i diversi mondi religiosi, studiati in base alla storia delle varie civilta umane, e non pili in base a pretese fasi universali, di una unilineare, naturalistica evoluzione umana. Nello stesso tempo - come diremo meglio in seguito - la ricerca storica permetteva di trarre qualche conc1usione sulla antichita almeno relativa di questa 0 quella concezione religiosa, 0 meglio di questo 0 quel complesso religioso.

La teoria dell'animismo. Gli spiriti e l'anima presso i primitivi. Feticismo. Sciamanismo Grande importanza si e riconosciuta, dall'anno della pub­ blicazione della Primitive culture del Tylor, aI fenomeno reli­ gioso che questo studioso denomino animismo,e che egli ritenne di definire come «credenza in esseri spirituali ». Alla base di questo fenomeno, che il Tylor descrisse analiticamente, con grande copia di particoIari, presi peraltro, secondo il costume di allora, dai pili diversi popoli e dalle pili diverse culture, e I'idea di anima, anzi una particoIare idea di anima, quella che iI Tyler chiamo anima-ombra 0 anima-immagine. II primitivo sarebbe arrivato a concepire I'idea di anima (0, diciamo, questa idea di anima) attraverso esperienze come iI sogno, Ia trance, I'estasi artificialmente 0 naturaImente provocata. L'immagine vista in sogno, soprattutto se di persona Iontana fisicamente ovvero morta, sarebbe stata identificata daI primitivo come un doppio della persona fisica, un doppio atto a trasferirsi lontano e anche a varcare iI profondo confine che separa i vivi dai morti. Un'anima siffatta e anche un'anima-immagine, perche essa ra££i­ gura esattamente Ie sembianze della persona; solo, di questa non ha Ia corporeita ma appunto I'agilita eterea, il che, collegato anche con 10 scenario crepuscolare delle sue epifanie, la qualifica anche come anima-ombra e anima-spettro. A tale immagine del­ l'anima si rifarebbero una quantita di concezioni sopravviventi 31

anche presso i popoli culti: basti ricordare le caratteristiche della psyche nei poemi omerici, che appare appunto come eidolon (immagine), come furno, come silhouette impalpabile, agile e svolazzante, subito pronta a reintegrarsi nel suo mondo sotterraneo vacuo e umbratile; quella stessa psyche che, cosl come in molte concezioni primitive, esce col fiato dalla bocca di una persona che svenga, e vi si reintegra al rinvenire (per quanto non si debba dimenticare che della psyche Omero sembra accor­ gersi quando essa non e piu nel corpo.) A questa anima esta­ tica, talora soggetta a metempsicosi, che ha esperienze e vicende di uscita e di reintegrazione, non sono neppure estranee certe concezioni di popoli barbari dell'antichita c1assica, come i Traci, esperienze che riecheggiano Forse ancora in a1cuni « uomini di­ vini » della grecita, come Ermotimo, integrati piu tardi in un mondo ideologico culto, rna non privo di lontane connessioni etnologiche, come quello pitagorico. Presso alcune popolazioni primitive, quest'anima « estatica » si qualifica anche nel senso della cosiddetta « anima esterna »: si tratta di un tema ben noto anche al folklore attuale: un personaggio, per 10 piii un perso­ naggio ostile, ovvero privilegiato, ha il suo principio vitale, la sua « anima », nascosta in una parte periferica del corpo 0 anche in un luogo oggetto esterno, 0 in un organismo animale: l?i solito, la sorte di questo punto vitale esterno del personaggto 10 questione e di essere raggiunto dall'azione offensiva di qualcuno che per una ragione 0 un'altra abbia carpito il segreto: scovata e raggiunta la sua parte vitale, la sede della sua anima, il per­ sonaggio in questione muore. Un altro aspetto sotto cui pub presentarsi I'anima esterna e quello contemplato dal cosiddetto subacbismo, una concezione africana che peraltro pub trovarsi anche altrove in base alla quale alcuni personaggi malefici (nel Congo i bandoki, corrispondenti a quelli che in altre zone afri­ cane sono i malefici bulogi) possono introdurre illoro principio vitale, con la sua concentrazione di forza malefica, in un animale, a mezzo del quale essi aggrediscono e annientano magicamente i 101'0 nemici. Veramente, nel caso dell'anima esterna, e soprat­ tutto del subachismo, siamo in presenza di concezioni, oltre 0

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pIli che animistiche, dinamistiche, In quanto oltre e piu che I'anima-ombra e qui in questione la forza vitale, 0 anche il prin­ cipio malefico insito nella forza vitale dei bulogi. E qui un altro limite delle speculazioni animistiche del Taylor, che ben fu sentito da alcuni studiosi parimenti evoluzionisti suoi contem­ poranei, i quali insistettero appunto, oltre e piii che sul con­ cetto di anima-ombra, su quello di forza vitale, di mana etc., come gia abbiamo accennato quando abbiamo menzionato il pre­ animismo del Marett. Ma su questo torneremo pili oltre. La teoria animistica del Tylor, d'altronde, non concerne solamente l'anima-ombra in quanto elemento costitutivo della persona umana, ne solamente I'anima-ombra del morti. Le « ani­ me» dell'animismo popolano di se la natura, specialmente la natura selvaggia, la terra degli spiriti, la brousse e la foresta, il fiume 0 la laguna, 0 in genere Ie zone che circondano 0 inter­ rompono i « luoghi culti ». Qui e il vero regno degli spiriti, pili ancora che nel sogno 0 negli stati « estatici »; qui il primitivo si aggira soltanto con timore, 0 neppure entra, perche e il luogo posseduto dagli spiriti, ai quali appartengono l'acqua, Ie fronde, i frutti che Ii si trovano; se vi entra, 10 fa pagando un pedaggio che possa riscattare dal legittimo dominio degli spiriti quanto egli, sia pur di poco valore, si azzardi a portal' via. E la minaccia degli spiriti, di questi spiriti della natura che poi spesso si confondono con gli spiriti dei morti, eben seria. Essi producono Ie conseguenze piu terribili in colui che cade sotto illoro dominio, e, di solito, dopo averlo atterrito, 10 uccidono. Essi agiscono invisibilmente, misteriosamente, anche se talora si attribuiscano 101'0 forme animali 0 fantasmagoriche che la sacerta del luogo non fa che rendere piu credibili e cariche di orrore. Collegato con I'animismo e un fenomeno religiose e anche magico al quale venne prestata estrema e Forse eccessiva atten­ zione fin dagli inizi della ricerca storico-comparativa sulla reli­ gione dei primitivi: il feticismo. Gia i portoghesi chiamarono [eiticos, cioe fatture, incantamenti, quegli oggetti ai quali videro prestare culto dai neri del Golfo di Guinea: e gia nel 1760 3

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Carlo de Brosses evocava n termine feticismo e le pratiche ad esso connesse per quali£icare le forme pili arcaiche della reli­ gione, finche Augusto Comte, nel1830, comp~va l'ope.r~ ponendo il feticismo come primo gradino dell' evoluzione religiosa della umanita secondo il suo ben nota schema evoluzionistico. La concezione ancor oggi diffusa, e non solo presso il pubblico, secondo cui il feticismo implicherebbe l'adorazione di oggetti materiali e naturalmente inadeguata e falsa; cio non significa che ques~o termine debba essere eliminato dalla fen~menologi~ religiosa, poiche esso in realta e adatto a esprimere del fenOme?l religiosi alquanto omogenei, riscontrabili per la verita so~o m alcune provincie etnologiche, e per giunta le .meno arc.alc~e: l' Africa occidentale, alcune zone del Nord America, la Polinesia, Del resto, gia il Tylor qualifico il fet~cismo ~ome ~na fo~m.a ,dege­ nerata ed estrema di animismo, togliendogli la primordialita pre­ supposta dal Comte e qualificandolo in tal modo come una forma secondaria; i fetieci sarebbero stati venerabili per la pre­ senza in 101'0 di un'anima. Una definizione del feticismo pili moderna e accettabile potrebbe essere la seguente: una credenza e un culto implicanti una manipolazione accen~u.a~a di ogget~i (i pili varii) abitati 0 resi efficaci, in via non defmlt1v~, cia sp.e~l~ fiche « presenze » sovrumane: 0 che que~te pre~enze sl~no spmti « naturali » (vedi sopra ), ovvero anime di morn 0 forze magiche. Una particolare versione della mobilita e della estat~cita (nel senso etimologico del termine: ekstasis, 1'« esser fuori ~> ) dell' anima, 0 meglio di certe anime privilegiate, che ~anno at~l~­ to con iniziazioni e « vocazioni » particolari le relative capacita, e costituita invece dallo sciamanismo. Si tratta di un fenomeno particolarmente diffuso nell' A~ia centrale. e ~ettentrionale.' .e in altre zone artiche (ma anche, in forme di cui occorre verificare caso per caso l'effettiva analogia, in altri parti dei continenti etnologici): 10 sciamano (da un termine tunguso, .0 f?rse sol~ tanto da un termine sanscrito indicante una categona di addetti al culto) e un personaggio singolare, che costituisce una fun~ion~ essenziale di certe visioni del mondo implicanti un cosmo strati­

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ficato e quasi gerarchizzato in livelli (celeste, terrestre, ctonio, ognuno di questi sempre pili stratificato e gerarchizzato a sua volta), di un cosmo peraltro perlustrabile, in questi diversi piani, dallo sciamano, cioe dall'anima di lui. Questi viaggi del­ l'anima - introdotti e accompagnati da appropriate musiche, danze e varie mimiche - sono in realta delle missioni, che 10 sciamano adempie in vista di scopi tutt'altro che speculativi 0 esplorativi: si tratta di recuperare « anime » smarrite, di procu­ rare e recuperare la sanita, di rimuovere gli intoppi, la cattiva volonta, le insidie degli esseri mortiferi del sottoterra, di pro­ curarsi conoscenze, magie, benevolenza degli esseri ce1esti, a cominciare dall'Essere supremo, etc. Per questi motivi, e per altri ancora, 10 sciamanismo non si esaurisce affatto in un quadro « animistico », ma presuppone concezioni cosmologiche e religiose diverse e complesse, pur fondando il suo interesse precipuo sull'anima e i suoi pericoli. Mircea Eliade vede una particolare connessione dello sciama­ nismo, attraverso gli exploits dello sciamano e Ie sue discese e ascensioni (spesso mimate da ascensioni corporee su pali « co­ smici » etc.), con il concetto della «rottura di livello », doe della instaurazione di rapporti con quei livelli (qui intesi anzitut­ to nel senso di una cosmografia sacrale) che trascendono questa terra e ne costituiscono I'ultima fondazione. Altre concezioni di aspetto sciamanistico, rna in sostanza diverse, sono quelle, dif­ fuse nell' America settentrionale, che si riferiscono all'iniziazio­ ne « spirituale » che i1 giovane riceve durante un suo soggiorno in luoghi isolati, dove gli vengono rivelate da esseri superiori, talora da spiriti, la « vocazione » e le capacita della sua anima. Finalmente, connessioni con l'anima hanno quei monu­ menti « megalitici » che - inseriti volentieri dall'etnologia mo­ derna in un complesso culturale cui si accennera in seguito ­ compaiono spesso come « seggi delle anime » e come centri, 0 « monumenti » nel senso forte del termine, del culto delle medesime. Una concezione in parte analoga puo essere quella australiana relativa ad anime sparse dagli antichi spiriti totemici in luoghi prestabiliti, anime che si incarnano nelle future madri

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al [oro passare per quei luoghi, e che mantengono u loro intrin­ seco riferimento ad essi (il che da un limite e un senso agli spo­ stamenti territoriali e alleanze locali di quelle tribii ).

La crisi dei sistemi evoluzionisti. Diversi concetti di anima presso i primitiui. Gia aleuni anni dopo la pubblicazione del libro di Tylor apparvero evidenti, anche in un contesto evoluzionistico, i limiti della teoria dell'animismo, e cio per un duplice ordine di motivi. Da una parte si riscontro che l'animismo non era in grado di coprire la gamma quanto mai varia, complessa e anche contrad­ dittoria delle concezioni relative all'anima 0 a cio che piii 0 me­ no Ie corrisponde nelle concezioni dei primitivi. D'altro canto, l'animismo non era neppure in grado di spiegare quelle conce­ zioni primitive Ie quali, appellando ad una esperienza della « forza » come animante la natura (0 meglio: delle forze ani­ manti oggetti e fenomeni singoli, anche se maestosi, della na­ tura) , apparivano estranee alla concezione tyloriana di anima­ doppio. Seguiremo brevemente queste due direzioni nelle quali si mosse, ancora nell'ambito evoluzionistico 0 gia fuori di esso, la critica delle teorie del Tylor. Per quanto concerne l'anima, uno dei fondatori della seuola storico-culturale, 10 Ankermann, mise in rilievo la varieta delle concezioni primitive, concezioni che egli tipizza in due possi­ bilita ben distinte: l'anima-immagine, piu 0 meno quella cui si riferiva l'animismo del Tyler, e l'anima-vita (0 anima-soffio, anima-forza), collegata con l'alito e piii ancora con la forza vitale, il calore e il euore. Questo secondo tipo di anima - se­ condo alcuni piu tipico delle civilta di maggiore arcaicita - e difficilmente integrabile negli schemi dell'animismo, e anzitutto e difficilmente integrabile in quella che secondo Tylor sarebbe la genesi psicologica dell'idea di anima come immagine vista nell'esperienza del sonno 0 dell'« estasi ». Se invece si evade dalla schematicita tyloriana, non manca la possibilita di trovare presso i primitivi, e piii precisamente presso alcune culture che

non appartengono aIle piu arcaiche, anime che in qualche modo partecipano dell'una e dell'altra specie, senza che peraltro ne venga abolita la validita storica e fenomenologica della distin­ zione operata dall'Ankermann. Comunque, la realta ci presenta un quadro quanto mai vasto, per cio che concerne Ie concezioni dell'anima presso i popoli primitivi. E frequente fra i cacciatori africani delle foreste tropicali, che corrispondono ad una alta antichita etnologica, la presenza di piu anime, 0 di piii aspetti, o meglio ipostasi, dell'anima, Ie quali sperimentano ognuna, con la m~rte,. sorti differenti: cioe il soggiorno presso l'Essere supre­ mo, 10 cielo (ovvero, alternativamente, in caso di grave deme­ rito, in situazioni sgradevoli su questa terra), il ritorno al serba­ toio totemico delle anime, e, ancora, una reincarnazione in un nuovo essere, attraverso il soffio, trasmesso di bocca in bocca dal padre morente al figlio chino su di lui. Ancora piii complesso, e soggetto a c1assificazioni di meticolosa aceuratezza termino­ logica, e, p. es., il quadro dell'anima nelle culture negre del­ l' Africa occidentale, ricche (a differenza di quanto accade per i cacciatori arcaici) di una ampia fioritura animistica e ma­ nistica. Per esempio, quanto mai complessa e 1a tavo1a sinottica .delle varie nelle popo1azioni del basso Congo: qui si alternano, m vaneta di CU1 non sempre appare chiara 1a coerenza le different! ipost~si,. aSp
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