TRATTATO IPNOSI

January 19, 2017 | Author: noalexnoparty | Category: N/A
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TRATTATO...

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Premessa Franco Granone, docente in clinica delle malattie nervose e mentali dal 1943, già incaricato di psichiatria in ra»orto con la patologia internistica alla Scuola di specializzazione dell'Università di Torino dal 1972 al 1981, è stato docente di Psicologia nella facoltà medica dell'Università di Vercelli. Primario neurologo di ruolo dal 1951 al 1981 presso l'Ospedale Generale Sant'Andrea di Vercelli, in questa sede ha fondato e diretto una Divisione Neurologica di 60 letti ed ha aggregato ad essa nel febbraio 1966, il primo Centro ospedaliero italiano di ipnosi clinica-sperimentale e, nel 1970, uno dei primi Centri per la lotta contro le tossicomanie e l'alcolismo, (uno dei primi in Italia~dirìgendolo sino al 1978, anno in cui l'assistenza ai tossicomani è stata devoluta ai Comuni.

E autore di 125 pubblicazioni di argomento neuropsichiattico, alcune a carattere monografico, di nove film scientifici, alcuni dei quali in lingua inglese, premiati a festival internazionali e di vaPie videoregistrazioni. Presidente onorario, già in carica dal 1964, dell'Associazione Medica Italiana per lo Studio dell'Ipnosi, presidente del Centro Italiano di Ipnosi Clinica Sperimentale e della Federazione italiana per lo Studio delle Psicoterapie, Ipnosi e Fenomeni di Rilassamento. E socio onorario di numerose società scientifiche straniere; laureato ad honorem in Scienze del Comportamento Umano a La jolla University di S. Diego in California.

Collaboratore di enciclopedie e riviste, ha fondato e dirige dal 1965 la Rassegna di Psicoterapie e Ipnosi, prima rivista

medica italiana sull'ipnosi.

Ha partecipato come membro del comitato d'onore internazionale ai Congressi di ipnosi e medicina psicosomatica di Patti, Kyoto, Magonza, Oppsala, Barcellona, Rio de Janeiro dal 1962 al 1978. Ha organizzato Simposi Internazionali sull'Ipnosi e ad Opatija, nel 1985, al XIII Congresso Internazionale di Psicoterapia.

Ha tenuto corsi sull'ipnosi all'estero e in Italia presso l'Ospedale Generale Sant'Andrea di Vercelli, presso l'Università Cattolica di Milano nel 1965 e 1966, e presso il Centro culturale della Mendola nel 1968, segnando con questi l'ingresso ufficiale dell'insegnamento dell'ipnosi in una università italiana e cattolica. Ditte la Scuola postuniversitatia di Ipnosi Clinica Sperimentale di Torino, tenendo annualmente Corsi riservati a Medici e Psicologi, sulla base del suo Trattato di ipnosi, già adottato nella edizione spagnola come libro di testo nelle Scuole dell'America Latina.

Premessa Questa premessa è la sintesi delle prefazioni delle precedenti cinque edizioni del mio Trattato di ipnosi. Essa ne giustifica l'iter attraverso venticinque anni e costituisce, con le opportune nuove considerazioni, la presentazione dell'opera attuale.

L'ipnotismo, come fenomeno biologico, mezzo d'indagine e strumento terapeutico fu il titolo del mio primo volume

sull'argomento, nel 1962, con prefazione di Cesare Luigi Musatti.

Questi, psicoanalista freudiano di fama internazionale, pur asserendo che esiste un'antitesi sul piano pratico tra analisi e ipnotismo (antitesi, peraltro, oggi, dopo venticinque anni, da molti psicoanalisti non più profondamente sentita) riconosce nella sua prefazione che «sul piano teorico tale antitesi non ha alcuna giustificazione; e le semplici ragioni storiche dovute al fatto che Freud all'inizio della sua attività impiegò una terapia ipnotica e una terapia catartica su base ipnotica, e sostituì poi queste tecniche con quella della psicoanalisi, non rappresentano una spiegazione sufficiente.

«Sarebbe sempre stato possibile - continuava Musatti nel 1962, affermando la terapia analitica più corretta, più radicale e di più stabile efficacia, conservare accanto ad essa, per quei casi (e sono numerosi) in cui la psicoanalisi non sia applicabile, la vecchia terapia ipnotica.

«L'ipnosi - scrive Musatti nella sua prefazione - è uno stato particolare della coscienza che, sia per i fenomeni che in essa si producono, sia per quelli che a suo mezzo si possono provocare, presenta un enorme interesse per la psicologia e per la psichia

tria... Essa costituisce un mezzo di sperimentazione Psicopatologica veramente insuperabile. E non a caso tutta la moderna psicologia clinica e dinamica (psicoanalisi compresa) si è storicamente sviluppata a partire dagli studi del secolo scorso sopra l'ipnosi.

«Logico pertanto sarebbe stato che il movimento psicoanalitico... avesse continuato a giovarsi, magari al solo scopo di ricerca, di questo prezioso stmmento e avesse approfondito l'analisi dello strumento medesimo... Anche gli psicoanalisti moderni parlano spesso di ipnosi; ma ne parlano in genere per ripetere vecchie formule e senza preoccuparsi di acquistare una personale esperienza nella sua tecnica... Non posso che vedere con soddisfazione che il professor Granone abbia riproposto i problemi dell'ipnosi all'attenzione degli studiosi italiani con questa opera che giudico molto importante per l'ampiezza del disegno, per la ricchezza dell'infonnazione e per l'apporto di una assai interessante casistica personale: con l'augurio che essa segni l'inizio nel nostro Paese di una vigorosa ripresa delle indagini riguardanti l'ipnosi e il suo impiego terapeutico».

Di fatto nel 1962 nella mia prefazione io scrivevo: «Da venticinque anni uso l'ipnosi come mezzo terapeutico per investigare la personalità profonda e l'ho sempre trovata un valido complemento dell'interrogatorio psicologico e psichiatrico, narcoanalitico e psicoanalitico, dei metodi proiettivi e dell'esame con i comuni test.

«Essa mi ha spesso permesso un immediato accesso a stati complessuali e la palpitante, rapida rivelazione di essi, quasi quanto (se mi si concede l'ardito traslato in campo neurologico) un'angiografia carotidea, un elettroencefalogramma, o una pneumoencefalografita per un processo espansivo cerebrale clinicamente incerto.

«Nei lunghi anni trascorsi ho accumulato nozioni e ho

notato molteplici casi; ho elaborato delle tecniche, che ho visto poi pubblicate da altri studiosi come metodi personali, ma non ho mai redatto un esteso lavoro sull'argomento per due motivi fondamentali. Il primo, perché era mia aspirazione prima di scrivere qualcosa sull'ipnotismo vedere chiarito il suo profondo significato biologico e il suo intimo modo di agire nel gioco delle correlazioni psicosomatiche; senza di che ogni pubblicazione scientifica sull'argomento mi appariva incompleta. Il secondo motivo è stato costituito dall'indirizzo tradizionale biologicosomatistico della Scuola Neuropsichiatrica Italiana, nella quale sono cresciuto, e che è per gran parte alieno o contrario all'esercizio e allo studio di tale disciplina».

Convinto peraltro dell'utilità di tale studio sono voluto andare come si dice controvento, continuando in esso, quale direttore del Centro di Ipnosi Clinica e Sperimentale dell'Ospedale di Vercelli, da me fondato, annesso alla Divisione Neurologica. Ho potuto così trattare con i miei collaboratori centinaia di pazienti, raccogliendo numerose cartelle cliniche e decine di filmati; utili per considerazioni e deduzioni successive, per lezioni nell'ambito universitario (all'Istituto di Psicologia dell'Università Cattolica di Milano, per la prima volta nell'ottobre 1965) e per corsi ospedalieri sull'ipnotismo a medici e psicologi (all'Ospedale S. Andrea di Vercelli, Per la prima volta nel 1970).

L'opera si è così ampliata da un volume di 573 pagine a un trattato di 1081 pagine, che dopo dieci anni di ricerche vedeva la luce nel 1972, per essere ancora pubblicato in una successiva edizione nel 1976 e in una quarta nel 1979. Un'edizione spagnola di esso venne approntata nel 1973, per opera dell'Editorial Cientffico- Médica di Barcellona, col titolo Tratado de Hipnosis (Sofrologia), adottato come libro di testo in molti paesi dell'America: Latina.

L'opera, di fatto, si è Potuta arricchire di numerosi dati sperimentali, frutto anche delle ricerche svolte in collaborazione con i Primari dell'Ospedale di Vercelli, e precisamente di cardiologia (cap. 10 S 7), di otorinolaringoiatria (cap. 10 5 1), di odoritoiatria (cap. 10 S 1), di dermatologia (cap. 10 S 11), di oculistica (cap. 10 5 1). Gli ampliamenti e

gli aggiornamenti riguardarono altresì la storia dell'ipnosi, la terminologia, le tecniche d'induzione e di approfondimento della trance, la sintomatologia somatica e psichica dell'ipnosi, la parapsìcologia, le psiconevrosi, l'alcolismo, la psicoprofilassi ostetrica, l'analgesia, le modalità ipnositerapiche in genere e le loro basi neurofisiologiche e psicologiche, gli aspetti morali e giuridici dell'ipnotismo, la casistica.

Fu accentuato nell'opera il carattere di trattato che potesse essere consultato da specialisti diversi, dal neuropsichiatra all'ostetrico, dall'anestesista al medico legale.

Il precedente titolo L'ipnotismo come fenomeno biologico, mezzo d'indagine e strumento terapeutico fu necessariamente modificato in quello di Trattato di ipnosi col sottotitolo Sofrologia a maggior chiarimento per tutti coloro che incorporano l'ipnosi nello studio più generale degli stati di coscienza, comunque si presentino e siano causati.

Ho curato soprattutto l'imPostazione dottrinale e

sperimentale dei fenomeni ipnotici, diffondendomi, ad esempio, sul metabolismo cerebrale in ipnosi (cap. 10 S 13), studiato per la prima volta nel mondo all'Ospedale di Vercelli con la collaborazione dell'Istituto di Patologia Medica dell'Università di Milano; sulle modificazioni vascolari, pletismografiche, pneumografiche suscitabili con la suggestione ipnotica (cap. 10 S 7) e studiando sul piano sperimentale e pratico la validità o meno delle tecniche condizionanti in ipnosi (cap. 15), perché risultassero sempre più chiari i vari postulati scientifici che sono alla base dei fenomeni ipnotici e dell'ipnositerapia.

Convinto che l'ipnosi, quale elemento suggestivo e condizionante, in grado più o meno attenuato, entri in molti rapporti sociali, e che la sua approfondita conoscenza possa essere utile a politici, militari, sportivi, commercianti, ho trattato in un apposito capitolo l'ipnotismo extramedico.

«Siamo soprattutto convinti - scrivevo nella prefazione del 1972 - che gli stati ipnotici e suggestivi, più o meno consci e a diverso livello d'intensità, costituiscano una realtà di ogni relazione interpersonale terapeutica. Ignorare le evenienze ipnosuggestive dei vari rapporti terapeutici, o trascurarle minimizzandole, riteniamo sia un errore per qualunque psicoterapeuta di qualsiasi indirizzo.

«Esse invece, subito riconosciute, devono essere interpretate alla luce della psicologia del profondo e valutate nella loro intensità con i dati della semeiotica dei diversi stati di coscienza patologici, paranormali o normali. «Questi ultimi, di fatto, fluiscono e sfumano l'uno nell'altro con possibilità di realizzazioni psicosomatiche e psicoviscerali sempre diverse secondo il momento,

l'intensítà e la natura del rapporto traslativo, come le ricerche sull'ipnosi dimostrano in modo scientifico. In tale senso, lo studio degli stati ipnoidali eteroindotti o autoindotti durerà fino a che esisterà quello delle molteplici componenti della personalità umana e finché un uomo si accosterà ad un altro per influenzarlo, o sorreggerlo e curarlo. Questo, nonostante l'ostracismo all'ipnosi delle Accademie, che disdegnano l'esame scientifico dello psichismo suggestivo e paranormale, forse temendo la contaminazione con ciò che ancora oggi può apparire inficiato di empirismo magico e irrazionale, e che invece ha le sue leggi come ogni fenomeno biologico naturale.

«Eppure si sa che lo psichismo può influenzare tutta la fisiopatologia somatica, umorale e viscerale, per l'esistenza di una reciproca correlazione psicosomatica e somatopsichica (cap. 11).

«Nel secolo in cui la stessa arte raffigura più che gli aspetti del mondo esteriore quello interno dei sogni e delle allucinazioni, le scienze positive, che hanno portato ad una meravigliosa conoscenza del nostro Io organico, non possono mancare di dedicarsi allo studio dello psichismo individuale e sociale così imprevedibile e conturbante nella dinamica del suo profondo, nelle manifestazioni ipnotiche e paranormali, nelle regressioni, contestazioni, divinazioni».

Dal 1972 al 1982 è trascorso un altro decennio di ricerche e di elaborazioni interiori, che hanno portato alla V edizione del Trattato, aggiornata nelle impostazioni dottrinali e terapeutiche.

Per quanto riguarda le tecniche induttive di ipnosi, al lettore che, dopo aver sperimentato tutte quelle descritte nella parte seconda del trattato (capp. 3, 4, 5, 6, 7) e in altri punti di esso, avesse avuto ancora delle perplessità o insuccessi, consigliavamo di non andare ancora alla ricerca di altre metodiche elaborate e sofisticate, poiché erano già abbastanza numerose quelle riportate, ma di rivedere invece il suo modo di porsi di fronte al malato nel rapporto terapeutico, sotto la guida di un maestro. Di fatto le tecniche sono tutte valide secondo chi le fa e le modalità e il tempo della loro applicazione. Non esiste la tecnica migliore in assoluto, ma quella che maggiormente si adatta ad un determinato operatore e al soggetto in trattamento. Non basta, infine, imparare una tecnica perfare dell'ipnositerapia; come non basta aver imparato a scrivere per comporre poesie.

L'ipnositerapia, in quanto psicoterapia condotta in uno stato particolare di coscienza, è un'arte che non può essere ripetitiva, bensì ogni volta creativa. L'ipnosi è una scienza per i suoi fondamenti biologici, basati sulle vicendevoli correlazioni mente-corpo; ma è un'arte nelle sue applicazioni pratiche del rapporto con il paziente. E come tutte le atti non può essere appresa che sino ad un certo punto.

Per quanto nkuarda le modalità terapeutiche pratiche e cioè quanto si deve suggerire ai vari pazienti affetti da diverse forme morbose, una volta che questi raggiungano lo stato ipnotico, avevamo pensato che ogni terapeuta avrebbe facilmente desunto i suggerimenti da dare, derivandoli da quanto esposto nella parte quarta del trattato (capp. 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19) e formulando le varie suggestioni a misura del paziente in trattamento, con intuito terapeutico estemporaneo.

I vari anni d'insegnamento dell'ipnositerapia in diverse città dal 1965 a oggi (Università Cattolica di Milano e Roma, Università di Modena, Ospedale di Vercelli, Scuola di Torino ecc.) mi hanno convinto che invece non è così; e sempre più numerose sono state le richieste, da parte di non pochi allievi, di specifiche suggestioni terapeutiche da somministrare ai diversi malati. Per soddisfare queste esigenze ho dovuto arricchire la quinta edizione di suggerimenti riguardanti l'ansia, l'angoscia, le nevrosi disforiche, la balbuzie, i tic, l'enuresi, l'impotentia coeundi, la frigidità, l'anoressia mentale, la polifagia, la maturazione e la ristrutturazione della personalità degli insicuri, le deviazioni sessuali, l'alcolismo, le tossicomanie ecc. (cap. 17).

Si intende che non si è potuto conseguentemente fare a meno di aggiornare le impostazioni dottrinali da cui questi specifici suggerimenti discendono, soprattutto quelle riguardanti l'angoscia (cap. 17 5 1b); e il problema della personalità nel suo sviluppo e nel suo comportamento (cap. 14 S 6). Almeno nelle linee essenziali, per non ampliare eccessivamente la mole del trattato.

Sempre per quest'ultimo motivo, non si è voluto arricchire la casistica come avrei Potuto fare con casi veramente interessanti, esaminati negli anni intercorsi.

Dato il continuo fiorire di diverse modalità di training più o meno autogeni in contestazione dottrinale fra loro e con la stessa ipnosi, ho creduto opportuno fare il punto nella quinta edizione su tale questione come risulta a me. E un dibattito che si trascina da oltre venti anni (cap. 4 S 16),

soprattutto, ritengo, per parte di coloro che, non sempre clinicamente edotti sui diversi stati di coscienza, sulle differenzefra autogenia e autoipnosi, fra semplice trance e trance ipnotica vogliono coartare in schematismi dottrinali una realtà clinica di condizioni psichiche fluenti e intersecantisi nel rapporto terapeutico, che è oscillante fra l'attivo e il passivo.

Ho quindi illustrato fra le teorie avanzate per spiegare che cosa sia l'ipnosi e perché essa insorga, quella sostenuta da me, apparendomi essa come la più verosimile dopo mezzo secolo di personali osservazioni cliniche e sperimentali (cap. 8 S 2a; cap. 9 2c; cap. 20, ai punti 23, 26, 28).

Si è brevemente aggiornato il capitolo della situazione odierna dell'ipnotismo in Italia (cap. 2 5 4), e interpolazioni più o meno estese sono state fatte in vari capitoli r~guardanti l'analgesia ipnotica e il problema delle endorfine, la pirobazia e l'incombustiblità, le guarigioni miracolose, la regressione di età, la sognoterapia, e la meloterapia, le tossicomanie e l'aspetto medico-legale dell'ipnotismo, secondo quanto acquisito nell'ultimo decennio dall'esperienza personale e dalla letteratura.

Dal 1983 sono trascorsi altri cinque anni e l'ipnotismo ha fatto il suo cammino. Sono sorte tecniche più sofisticate, quali le indirette, propugnate dalla Scuola Eriksoniana: e quelle avanzate dalla Programmazione Neurolinguistica. Ad esse si accenna in questa sesta edizione le cui voci bibliografiche elencate superano ormai ampiamente il migliaio.

Sempre più fra gli studiosi di tutto il mondo si è messo l'accento sull'ipnosi che insorge senza rituali, e come stato di coscienza particolare in vari rapporti umani. A quello che noi sosteniamo da sempre, e ci fa piacere che nuovi studi lo affermino. Per non alterare l'equilibrio dell'opera ho in questa sesta edizione, accorciato qualche capitolo cercando peraltro di non togliere al trattato la sua particolare fisionomia culturale e di ricerca scientifica. Ho preferito rivolgermi agli studiosi della materia, più che al grosso pubblico. Ho cercato insomma di differenziare l'opera dai numerosi manuali esistenti in commercio, sveltiti per fini unicamente pratici oppure commerciali.

Vogliamo terminare questa premessa con brevi considerazioni che riguardano l'ipnosi nel contesto della psiconeurofisiologia, della psicosomatica e della psichiatria.

Prescindendo dall'importanza che essa ha sempre avuto nel campo della psicologia e della psicodinamica, tre ampi orizzonti si sono dischiusi al suo studio nell'ultimo decennio.

Il primo riguarda gli stati di coscienza e, per la loro diagnostica differenziale, reputo importante quanto formulato da me con la definizione di trance ipnotica e di semplice trance; il concetto di ipnosi vide; il riconoscimento della sua presenza in molte evenienze della vita quotidiana; l'importanza dei diversi tipi di comunicazione verbale, non verbale, metaforica e quindi i nuovi modi di porsi in rapporto con il soggetto in ipnosi (concepita anche come un processo relazionale circolare dal terapeuta al paziente e viceversa), derivati dalla

sofrologia, dalla programmazione neurolinguistica, e anche dal training autogeno con modalità di approccio sempre meno ritualizzati. Con questi si ha la possibilità di stimolare le forze dell'inconscio creativo, mediante idee dinamicamente attive; che, suggerite durante lo stato di coscienza proprio della trance ìpnotica, mettono in moto un'attività successiva cosciente, razionale, libera e produttiva.

Il secondo orizzonte dell'ipnosi riguarda le sue basi neurofisiologiche, come si sono potute rilevare con specifiche ricerche stereoelettroencefalografiche, di neurochirurgia, di commessurotomia in particolare, e con gli studi sulle funzionalità specifiche del cervello destro e del sinistro, delle zone corticali e limbiche, durante lo stato di coscienza ipnotica. Tali studi confermano tutti la mia definizione del 1962, dell'ipnosi come sindrome clinica a sé stante, parafisiologica, e non come una n-ústificazione, un autoinganno o una malafede secondo quanto sostenuto da altri.

Il terzo e ultimo orizzonte è quello del monodeismo plastico dell'ipnosi nei riguardi del soma e dei visceri, per cui essa si pone non più solo come una terapia del comportamento, ma anche come possibile cura di affezioni squisitamente organiche.

La scoperta divari nuovi peptidi, enzimi, ormoni, l'affermarsi della psicoimmunologia hanno infatti permesso di identificare un nuovo grande ponte tra mente e corpo, oltre a quello classico, già noto, basato sulle correlazoni del sistema nervoso vegetativo e del sistema nervoso centrale.

Mi auguro che la presente opera, maturata in oltre cinquanta anni di esperienza medica e neuropsichiatrica, con ricerche sull'ipnosi, possa costituire un utile appoggio per i ricercatori che mi succederanno. FRANCO GRANONE

PARTE PRIMA STORIA CAPITOLO 1

Questioni terminologiche. Teorie interpretative l.

Terminologia ed essenza dell'ipnosi

Braid (1843) fu il primo a introdurre la parola ipnotismo, definendolo come uno «stato particolare del sistema nervoso, detern-ùnato da manovre artificiali». Successivamente Bernheim giudicò l'ipnotismo come un «grado di suggestibilità esaltata», intendendo per suggestibifità «l'attitudine a essere influenzati da un'idea e a realizzarla». Charcot lo definii come «una nevrosi sperimentale».

Altre definizioni sono state date ancora, a seconda delle diverse Scuole e dei modi con cui sono stati interpretati i fenomeni ipnotici. Su di esse ci soffermeremo nel capitolo

in corso.

Lo stesso Braid ad esempio, avendo successivamente costatato che i soggetti che si «addormentavano» erano una minoranza, uno su dieci tutt'al più, e che polarizzare l'attenzione del pensiero su una sola idea procurava eccellenti risultati terapeutici senza l'intervento del sonno, ripudiava la parola ipnotismo nel 1847 sostituendola col tern-ùne di monoideismo per designare la condizione dell'intelletto dominato da una sola idea.

Per chiarezza di esposizione preciso subito che in questo trattato si intende per ipnotismo la possibilità di indurre in un soggetto un particolare stato psicofisico che permette di influire sulle condizioni psichiche, somatiche e viscerali del soggetto stesso, per mezzo del rapporto creatosi fra questi e l'ipnotizzatore. Molti autori hanno ritenuto che tale definizione da me postulata nel 1961 sintetizzi bene l'essenza dei fenomeni sull'ipnotismo, tanto che l'hanno accettata e ripetuta integralmente nei propri lavori. Citerò ad esempio il professor Gattuso e il professor Pero, cattedratico di malattie nervose e mentali dell'Università di Catania, che l'hanno riportata nella relazione sulla «Analgesia e terapia medica del dolore» tenuta al 15' Congresso di Neurologia*.

Il termine di ipnosi è cronologicamente posteriore di una trentina d'anni a quello di ipnotismo.

Lungo il corso del Trattato si adopererà la parola ipnotismo

quando si parlerà del fenomeno ipnotico, considerandolo in stretto rapporto con l'operatore, e la parola ipnosi quando ci si riferirà alla simplice sintomatologia ipnotica, come sindrome a sé stante e avulsa, in certo qual modo, dall'operatore. Cosicché l'ipnosi è un modo di essere dell'organismo e l'ipnotismo quella tecnica che permette di attuare tale condizione. Coáì si dirà che si pratica l'ipnotismo e che nella ipnosi si osservano modificazioni caratteristiche della memoria. Tale distinzione è molto utile in via nosografica e diagnostica ed è opportuno che venga rispettata per evitare confusioni, come in seguito si preciserà.

L'ipnosi può essere anche autoindotta mediante spontanei monoideismi suggestivi e altre tecniche che illustreremo più avanti (cap. 4 S 10).

Prima dell'introduzione del termine ipnotismo (Braid, 1843) si parlò di magnetismo (Mesmer, 1779), e per vari anni i due tern-ùni si sovrapposero. Secondo gli storiografi la parola magnetismo deriverebbe dal bovaro Magnet, del Monte Ida, che avrebbe scoperto le prestigiose caratteristiche di un minerale, poi denominato magnetite, o calamita naturale, 2 quale aveva la proprietà di attirare i chiodi delle sue scarpe. Secondo altri, la parola magnetismo deriverebbe da Magnesia, città dell'Asia Minore, dove sarebbe stato scoperto per la prima volta tale minerale (Daglio).

Da questa costatazione nacque l'idea di particolari fluidi provenienti dal mondo minerale, come si era già pensato a fluidi del mondo animale, tanto che gli antichi egizi e gli indiani curavano con l'imposizione delle mani.

Dato l'alone di diffidenza e di discredito da cui, a volte, fu accompagnato l'ìpnotismo, alcuni cultori di questa disciplina vorrebbero oggi definirla con un altro nome, in modo da procurarle, sotto una nuova etichetta, quella fiducia e stima che essa merita.

t stata per essa, ad esempio, avanzata da Bernstein la parola tranceologia, uguale a scienza che si occupa degli stati di trance; Fry propose il termine di rilasciamento per suggestione; altri ancora quello di terapia psicosomatica.

Chi scrive, desiderando rimuovere le concezioni erronee sull'ipnotismo e chiarire le idee in merito a esso, ha mantenuto a bella posta nella prima edizione di questo trattato tale vecchio termine, non grato ad alcuni, perché fosse subito, senza equivoco, precisato l'argomento. Ciò anche se, nella pratica terapeutica, può essere utile adoperare con i profani, almeno all'inizio, la frase indicativa di cura di rilassamento, suscitatrice di minori apprensioni.

Una delle condizioni che più frequentemente si attuano nell'esercizio dell'ipnotismo è quella cosiddetta del sonno ipnotico, durante il quale sono assai spiccate le possibilità di agire sulla psiche e che pertanto deve essere distinto dalla ipnosi indotta coi medicamenti, o narcosi, e dal sonno fisiologico, dove tali possibilità non esistono. Ciò sebbene sia possibile passare da uno stato di coscienza all'altro, come si vedrà trattando dell'induzione dal sonno fisiologico (cap. 4 5 15) e dalla subnarcosi barbiturica (cap. 7 5 2c).

Perché sia subito respinta l'idea che ipnosi equivalga a sonno, si noterà quello che è già stato rilevato da molti altri autori e cioè che una persona addormentata reagisce solo a stimoli intensi, o partìcolari per lei, mentre un soggetto ipnotizzato può reagire a stimoli disparati, anche se deboli.

Nell'ipnosi non si osserva alcuna alterazione del regime dei riflessi, come nel sonno, dove essi sono diminuiti, o invertiti, quale il plantare cutaneo, con la comparsa a volte, del segno dì Babinski. L'elettroencefalogramma in ipnosi ha delle caratteristiche che lo distinguono da quello del sonno fisiologico (si vedano le parti terza e quarta). Il metabolismo basale del cervello del soggetto in stato d'ipnosi profondo non coincide con quello del sonno (cap. 10 5 13).

I dinamismi sensorio e intellettivo, quali si osservano durante la trance, non si osservano nel sonno, anche se parziale. Infine, per quanto possa sembrare una contraddizione in tern-úni, e per notare come ipnosi non voglia sempre significare sonno, ricorderemo che esiste un'ipnosi vigile, ìn particolare identificata dall'Autore sin dal 1962, cioè uno stato di veglia, durante il quale possono lo stesso prodursi profonde alterazioni della suggestibilità, della volontà e somato-viscerali (si veda la parte quarta, sulla casistica).

Il primo ad adoperare il termine di sonno per indicare la condizione ipnotica fu l'abate Faria, che lo definii sonno lucido. Successivamente si è ricorso ai termini di sonno ipnotico, sonno provocato, sonno psicosomatico, nevrosi sperimentale eccetera. Riteniamo peraltro che sia un errore voler far rientrare nei quadri già conosciuti della fisiologia

(sonno) o della patologia (nevrosi, isterismo) l'ipnosi. Questa è una sindrome clinica a sé stante, che ha dei punti di contatto e altri di divergenza con quelle cliniche classiche note (cap. 9 5 2c). Essa è distinta dalla prevalenza delle funzioni rappresentativo-emotive su quelle critico-intellettive, da fenomeni di ideoplasia controllata e da condizioni fisiologiche di inibizione cerebrale sinistra con esaltazione dell'attività dell'en-iisfero destro, che assicurano il rapporto con l'ipnotista nella ipnosi eteroindotta. L'ipnosi deve essere considerata come un fatto eminentemente dinarnico e non statico (cap. 8 S 2). Con essa si realizza una dissociazione psichica che, in virtù di un rapporto interpersonale di tipo erriinentemente regressivo, tende a stabilire una condizione per cui si può agire sulle funzioni psichiche e organiche del soggetto.

Per narcoipnosi si intende uno stato nel quale la suggestione viene imposta, approfittando della subnarcosi, con conseguenti possibilità ipnotiche sul soggetto, prima seminarcotizzato. Nel capitolo 7 5 2b tratteremo delle differenze fra subnarcosi e trance ipnotica. Per autoipnosi si intende un'ipnosi che il paziente si induce da solo, mediante progressivi esercizi di rilasciamento, o elaborando suggestioni postipnotiche, dategli precedentemente da un operatore.

Per ipnoanalisi si intende qualunque tipo di anaUsi della personalità profonda, praticata in trance ipnotica, anche se non interpretata sempre alla luce di un dottrinale ortodosso psicoanalitico. Lo studio sistematico della fenomenologia neuro e psicofisiologica in ipnosi (parte terza) giustifica, secondo chi scrive, tale concezione; cosicché la ipnoanalisi (come del resto molti autori, Alema, Gomirato e altri, hanno fatto già per la narcoanalisi) deve essere considerata quale

un mezzo clinico, a sé stante, di esplorazione delle varie strutture psichiche della personalità e non solo dell'inconscio freudiano.

Si chiamerà per brevità narcoipnoanalisi un'anaUsi iniziata nello stato di subnarcosi e continuata nello stato di trance ipnotica successiva alla subnarcosi.

Per narcoterapia si intendono quei procedimenti che sfruttano lo stato crepuscolare indotto da un narcotico, per compiere, a scopi curativi, una particolare analisi psichica (narcoanalisi) e psicoterapia. Questa azione sulla psiche va distinta da quella semplice medicamentosa rilassante, del tutto secondaria e non sufficiente da sola a qualificare tale mezzo come psicoterapeutico.

Siccome si usa genericamente il termine di ipnoterapia per indicare tutti quei procedimenti che si avvalgono del sonno come mezzo di cura, sia esso prodotto da farmaci o dall'ipnosi, si ritiene più esatto adoperare il termine di ipnositerapia per ogni cura eseguita mediante tecniche ipnotiche, con o senza il sonno. Ciò perché questo nulla ha a che fare con il sonno da medicamenti.

Cogi esistono una ipnopedia e una ipnosipedia, e cioè due procedimenti ben diversi con i quali si cerca di imparare più facilmente delle nozioni, nel primo caso durante il sonno fisiologico e nel secondo servendosi invece della trance indotta da un ipnotista (cap. 19 S 2).

Ci guardiamo, infine, dal chiamare ipnosi quei torpori della coscienza che possono essere causati da mezzi chirnici o fisici (metronomo, luce intermittente o abbagliante, trauma cranico ecc.), in quanto che in essi è esclusa la psicogenesí rappresentativa, suggestiva e riproduttiva dei fenomeno stesso, come nella vera ipnosi, sia essa auto o eteroindotta.

Riteniamo che insistere per un'esatta terminologia non sia una pedanteria semantica, ma un'indispensabile necessità per meglio intenderci ed evitare grossolani errori.

Ne ricordo ad esempio uno in cui sono incorsi tutti i quotidiani italiani del 1970 e anche purtroppo la stampa forense, a proposito di un delitto compiuto in stato di tossicosi da farmaci e che fu definito come delitto in ipnosi.

L'equivoco si trascina dall'Ottocento ad oggi per colpa dei medici di quell'epoca che hanno etichettato con ipnosi, dal greco ~7rvoq che vuol dire sonno, uno stato che sonno non è; e dei successivi anestesisti, farmacologi, i quali a loro volta hanno adoperato il termine di ipnosi per indicare una condizione che ipnosi non è. Difatti, con questo termine tutti gli ipnotisti del mondo intendono, come abbiamo precedentemente spiegato, un particolare stato psicofisico instaurato con l'ipnotismo contraddistinto quindi da un rapporto con l'ipnotista e non dovuto all'assunzione di farmaci. Il soggetto che ingerisce medicamenti vari, droghe più o meno aflucinanti, alcool, sostanze psicoattive ecc. potrà trovarsi in uno stato di narcosi o subriarcosi, in una condizione delirante o subdelirante, di confusione mentale, di agitazione psicomotoria ecc., ma per fatti di neurotossicosi che nulla hanno a vedere con la condizione ipnotica, ben conosciuta sul piano neurofisiologico e

psicologico da ogni ipnositerapeuta.

Si deve tenere ben presente che quando si arriva all'ipnosi con l'aiuto di un farmaco, essa è imposta dall'operatore, approfittando di quello stato di coscienza crepuscolare procurato dal medicamento, e non è affatto dovuta a questo soltanto. Il farmaco, ripeto, dà uno stato sinúlnarcotico o di ebbrezza, ma non ipnosi, per la quale si richiede usualmente il rapporto dei soggetto con l'ipnotista.

La questione è importante non solo dal lato terminologico, ma anche e più da quello medicolegale, perché riteniamo difficile durante una vera ipnosi imporre a un soggetto comportamenti antisociali o delittuosi contro le sue stesse radicate convinzioni etiche e morali e le sue usuali tendenze istintive-affettive. Se così fosse, potremmo con l'ipnosi cambiare i criminali in galantuomini e questi in quelli con estrema facilità (vedasi cap. 13 S 2). Tanto scrissi sul quotidiano La Stampa dei 12 febbraio 1970, N. 33, e la precisazione fu riportata successivamente da La Sesia; ma, a quanto mi consta, con pochi risultati. Ipnosi e sofrologia Molti autori di lingua spagnola, dell'America meridionale, qualche francese e italiano hanno di recente adottato il termine di sofrologia al posto di quello di ipnosi in uso nella Scuola anglosassone, nell'America settentrionale e centrale, in Russia e nei paesi asiatici. Questo tern-úne, suggerito nel 1960 dallo psichiatra colombiano Alfonso Caycedo, docente di psichiatria all'Unìversità di Barcellona, deriva dal greco aCùq = sano; cpp~v = mente; lóyog = discorso, e vuoi conglobare lo studio dei diversi stati di coscienza comunque si presentino e siano provocati, con farmaci o con l'ipnosi autoindotta o eteroindotta, con idee n-iistiche

ecc. Precisamente la sofrologia viene definita dal suo fondatore come una «Nueva Escuela Cientifica que estudia las modificaciones de la conciencia humana, producidas mediante diferentes procedimientos (psicológicos, fisiológicos, quí:micos, etc.), para su empleo en la clínica y en la investigación» (Caycedo, 1969).

Secondo Pedro Pons, presidente della Reale Accademia di Barcellona, magia, magnetismo, ipnosi, sofrologia, sarebbero dei termini che tracciano il cammino degli studi sulla coscienza, e la sofrologia aspira, evitando le antiche teorie sull'ipnosi, a elevarsi come una investigazione nuova e orikinale.

La sofrologia in altro punto (p. 215 del trattato di Caycedo) sopraccitato viene definita come il ramo della medicina che studia le tecniche di entrenamiento psicosomático, la sua utilizzazione clinica e le relazioni psicofisiche che riguardano i suoi fenomeni. Essa utilizza la sofronizzazione e cioè delle tecniche di rilassamento, associate alla parola, ottenendo nel paziente uno stato speciale psicosomatico denon-iinato stato sofronico. Questo (p. 46) è uno stato di coscienza normale con le sue qualità e le sue caratteristiche; una di queste sta nelle possibilità di influenzamento della vita vegetativa. Quando lo stato sofronico è suscitato da altri si parla dì accidn eterosofrónica e se invece è prodotta dal medesimo soggetto si parla di acción autosofrónica.

P, chiaro come queste parole comprendano di fatto gli stessi concetti esposti per l'ipnosi dai moderni studiosi e da chi scrive nell'edizione del 1962 di questo Trattato.

Per vero lo stesso Caycedo scrive che la rottura della scuola sofrologica con l'ipnotismo e il fat

to che questa non utilizza il vocabolario dell'ipnosi e la maggior parte dei suoi metodi, non vuoi dire che essa rigetti i postulati dell'ipnosi. Le scuole di ipnosi, scrive, sono «nostre compagne di cammino dell'investigazione della coscienza e i loro lavori sono stati e sono di eccezionale utilìtà».

Al primo Congresso mondiale di sofrologia tenuto a Barcellona nell'ottobre 1970, che ha contato 1400 medici iscritti di 42 nazioni, abbiamo di fatto notato qualificati rappresentanti di scuole di ipnotismo.

Lo studio dell'ipnosi, del resto, ha da tempo conglobato in questa l'esame attento dei vari fenomeni di coscienza e di vigilanza, essendo essa stessa oggetto di ricerche elettroencefalografiche e neurofisiologiche tendenti a illunùnarne il processo psicofisiologico che ne sta alla base.

In tutti gli ultin-ú Congressi mondiali di ipnosi, di Parigi nel 1965, di Kyoto nel 1967, di Magonza nel 1970, le condizioni di coscienza similipnotiche, il training autogeno, le estasi religiose sono state sempre oggetto di relazioni e specialmente a Kyoto i convenuti presero contatto in vari templi con i cultori dello Zen per studiame oltre gli aspetti filosofici anche quelli neurofisiologici, elettroencefalografici e psicologici in rapporto ai procedimenti di ipnosi e autoipnosi (cap. 4 S 17) (Granone, 1967 e 1968).

Ciò testimonia come il termine di ipnosi attraverso il tempo, dopo gli apporti della psicoanalisi e dei nuovi concetti sulla psicologia del profondo, della reflessologia condizionata e degli studi di neurofisiologia ed elettroencefalografia sulla vigilanza, sulla coscienza, sul sonno e sugli stati onirici si sia ampliato nel suo significato e tali studi abbiano profondamente modificata la disciplina dell'ipnotismo partita dal vecchio concetto del fluido mesmeriano e da quello successivo di suggestìone. Modificata non solo nella sua impostazione culturale, ma anche nell'esplicazione delle sue tecniche, divenute sempre meno possessive e imperative e sempre più permissive, distensive, autogene su basi neurofisiologiche e psicologiche.

Arrivati a questo punto, o ci si istruisce sull'evolversi della materia, cosa non facile, dati i preconcetti e ì pregiudizi duri a morire; o si conia un nuovo tern-úne che la ribattezzi dandole una verginità terminologica che peraltro, come abbiamo accennato, non corrisponde in tutto a una verginità sostanziale. Di fronte a questo problema, gli studiosi sono divisi in due gruppi contrastanti: i fautori della parola ipnosi ritengono che i nuovi termini creeranno solo confusioni, offrendo anche l'opportunità a persone di buona e cattiva fede di gabellare il vecchio per il nuovo; i fautori della nuova terminologia pensano invece che questa smusserà le resistenze attuali del pubblico e degli accademici spesso non molto istruiti su quello che è l'ipnosi; farà cadere preconcetti e pregiudizi anche refigiosi, suscitati dall'ipnotismo compromesso dagli errori culturali del passato e da pratiche empiriche sospette.

E appunto per ciò che l'autore del presente Trattato ha

acconsentito alla richiesta fattagli che questo, nella traduzione spagnola, fosse intitolato Sofrologia anziché ipnotismo, coi quale non favorevole termine egli invece volle appositamente battezzare la prima edizione italiana, perché meglio risultasse allo studioso, senza ambiguità di parole e di concetti, quanto di nuovo fosse maturato in tale vecchio campo e l'evolversi della materia nel tempo.

E ha acconsentito anche perché nel corso del trattato vengono di fatto eseguiti numerosi riferimenti a stati di coscienza similipnotici e paragonati o differenziati fra loro in base alle diverse tecniche usate per ottenerli e conseguenti manifestazioni psicosomatiche. Il tempo deciderà della fortuna dei termini e chi scrive, al Congresso mondiale di ipnosi e medicina psicosornatica di Magonza del maggio 1970, si è fatto promotore per l'adozione di una terminologia internazionale unica per i fenomeni propri dell'ipnosi. A noi quel che preme oggi, nella confusione dei termini, è di salvare la sostanza e l'identità dei fenomeni che studiamo, anche se etichettati in modo diverso.

Poiché si corre il pericolo che nuove tecniche per indurre condizioni ipnoidali vengano dai non edotti nella semeiotica degli stati di coscienza dell'ipnosi, e ancorati all'ipnotismo mesmeriano, credute come delle novità assolute, instauranti condizioni dei tutto diverse dalle ipnotiche.

Tecniche, ad esempio, basate su condizionamenti ripetuti, su particolari tipi di respirazione, di rilassamento, capaci di indurre analgesia spontanea durante un parto, sono state ad esempio valutate come qualcosa di sostanzialmente diverso dall'ipnosi vide da molti ostetrici al Congresso di Psicoprofilassi ostetrica (Milano, giugno 1970). Ciò

soprattutto perché queste tecniche sganciano spesso il soggetto dall'ipnotista, dandogli la sensa

zione di essere del tutto autonomo e indipendente. Ma senza riflettere che le condizioni di coscienza raggiunte sono in ogni caso quelle della trance ipnotica auto- o eteroindotta, con prevalenza cioè delle funzioni rappresentativo-emotive su quelle critico-intellettive, con fenomeni di monoideismo suggestivo e condizionato, processi di ideoplasia controllata, condizioni fisiologiche modificate di inibizione ed eccitazione dei centri cerebrali. E senza considerare inoltre che questi diversi metodi battezzati con un nome che non è ipnosi, di fatto per agire debbono portare tutti a modificazioni sornatiche, viscerali e vascolari, a riduzioní senso-percettive, a modificazioni dello stato di coscienza come l'ipnosi, altrimenti non agiscono!

Pensiamo pertanto che tecrúche formalmente diverse non possano costituire dei metodi di cura psicosornatica sostanzialmente diversi, in quanto questi non devono essere caratterizzati tanto dall'approccio iniziale, quanto dalle obiettive terrninali condizioni psichiche e somatoviscerali che si raggiungono.

Di un «training autogeno basato sul respiro» parla, ad esempio, Piscicelli per la preparazione psicoprofilattica del parto, arrivando con tale metodo sino a condizioni di catalessia e al parto quasi indolore o senza paura o più semplicemente a condizioni di eutorfla e di grande flessibilità perineale (come con la trance ipnotica).

Di «esercizi condizionanti» parla Galeotto, per arrivare a

«un parto gioioso». Esercizi condizionanti che finiscono però con l'indurre stati di trance più o meno profonda, autoo eteroindotta.

Di stato sofrologico per il parto indolore parlano i sofrologi, ma se si esamina in che cosa consista questo stato sofrologíco si costata che esso realizza le condizioni psicosomatiche dell'ipnosi, nel senso dianzi specificato.

Bisogna dunque ovviare al pericolo che, nell'ansia del nuovo e nella paura dell'ipnosi, col moltiplicarsi delle dizioni cresca la confusione fra coloro che non guardano alla realtà obiettiva del fenomeno psicosomatico raggiunto.

Le stesse modificazioni vascolari descritte dagli autori tedeschi per il training autogeno di Schultz sono state da me e da qualche altro autore documentate durante la trance ipnotica (cap. 10 S 7), cosa che difficilmente potrebbe avvenire se si trattasse di procedimenti sostanzialmente diversi sul piano psicosornatico. Aggiungerò che gli esercizi del rilassamento muscolare e della pesantezza sono stati da me ripetutamente dimostrati come validi mezzi di induzione ipnotica, e adoperati con successo nei soggetti che temono l'approccio autoritario dell'ipnotista.

Soggetti resistenti all'analisi con psicoanalisti di fama si possono più facilmente curare dopo qualche seduta di training praticata da un analista che è anche un ipnotista (Ancona). Adesso che questa interessante tecnica è diffusa, occorre stare attenti che non si instauri tra psicoterapeuta

e paziente il caratteristico tipo di rapporto della ipnosi vigile, indotta durante il training, che dà al soggetto la sensazione della sua completa vigilanza e indipendenza e all'analista non ben edotto della dinamica della trance ipnotica l'impressione di non fare dell'ipnosi.

Per concludere, riteniamo che quando si deve etichettare una particolare situazione psicosomatica indotta, per classificarla non bisogna lasciarsi influenzare dai metodi con cui è stata raggiunta. Metodi che possono essere quelli degli stregoni africani o quelli dei rilassamento psicosomatico alla jacobsen o alla Schultz; quelli della sofrologia, o dell'ipnosi condizionante; o quelli orientali, a impronta più o meno n-úsúca. Tutti questi metodi, come le vecchie tecniche ipnotiche grossolane e possessive, tendono a una manipolazione degli stati di coscienza per scopi psichici e psicosomatici.

L'entità della fenomenologia raggiunta E classifica, e se questa presenta i sintomi peculiari degli stati ipnotici, si dovrà adoperare sempre un identico termine di definizione che, una volta stabilito, dovrà essere adoperato dagli studiosi di tutti i paesi per chiarezza e serietà scientifica.

Nessuno vuole negare la differenza sostanziale e formale esistente fra le diverse tecniche; ma ciò non autorizza a non chiamare più con lo stesso nome lo stato di coscienza raggiunto con esse e la particolare condizione psicosomatica ad esso connessa, quando si costata sul piano fisiologico e psicologico che tale condizione è pur sempre quella propria degli stati ipnoidalì autoindotti o eteroindotti, nel senso già accettato dagli esperti. 2. Interpretazionedell'ipnotismo attraverso i tempi

L'ipnotismo è noto all'uomo da oltre quattromila anni. Era già conosciuto dagli antichi Cinesi, dagli

Egizi, dagli Indiani, dagli Ebrei, dai Greci, dai Romani. Per questi ultimi ne fanno fede le antiche Sibille, e i giudizi di Plinio il Vecchio, Vespasiano, Plutarco, Adriano, Tertulliano, Aurelio Prudenziano, Sinesìo.

Nella mitologia troviamo la prova di come gli antichi conoscessero e credessero alla fascinazione; ne è esempio la favola di Medusa che con lo sguardo paralizzava gli uomini che la miravano, si da pietrificarli; mito ricordato nel verso dantesco: «venga Medusa: si '1 farem di smalto»!

Al fascino esercitato da una persona su un'altra dobbiamo attribuire il fatto del Cimbro che, inviato a uccidere Mario, prigioniero, restò paralizzato dallo sguardo e dalla voce di questi.

1 maghi aztechi, prima della conquista di Hernán Cortés, praticavano l'ipnosi.

Nei secoli successivi, in Europa, Marsilio Ficino, Pomponazzi, Bacone, van Helmont, Maxwelì si occuparono dell'ipnotismo nei loro studi, ed espressero giudizi e dati di fatto al riguardo. Tuttavia, per trovare l'ipnotismo largamente applicato in Europa, a scopo terapeutico, bisogna arrivare al 1700, a Mesmer filosofo e medico, a Gassner, di origine svedese, a Braid scozzese, che, con i loro metodi terapeutici, si attirarono consensi e biasimi

dalle accaden-úe mediche del tempo.

Una vera rinascenza dell'ipnotismo avvenne in seguito, in Francia, dal 1842 al 1886, per opera di Charcot, Beaunis, Charles Richet, Bérillon, Bernheim, Cullerre, Bottey, Brémaud, Babinski, Grasset, Janet; in Germania per opera di Czermak, Schneider, Heidenheim, Rumph, Obersteiner, Rieger; in Italia per gli studi di Ellero, Lombroso, Tamburini, Seppilli, Dal Pozzo, Campiffi, Morsellì.

Esaminare particolarmente le concezioni sull'ipnotismo di tutti coloro che ci hanno preceduto, esula dai fini di questo lavoro, essenzialmente rivolto a delucidare la natura biologica dei fenomeni ipnotici e la loro efficacia terapeutica.

Ci fermeremo pertanto solo sulle principali interpretazioni che dell'ipnotismo sono state date attraverso i tempi; e, nel capitolo seguente, sul modo con cui questo è stato considerato dal lato curativo.

Secondo tale direttiva possiamo, nella storia dell'ipnotismo, differenziare quattro grandi periodi interpretativi: a) il periodo mistico; b) il periodo magnetico; c) il periodo psicologico; d) il periodo fisiologico. Questi periodi non cronologicamente ben definiti spesso si trovano contemporanei e contrastanti, quali indirizzi di Scuole diverse. Qui ci soffermeremo diffusamente su di essi, per ritornarvi brevemente ancora nella parte terza, dove si esporranno le convinzioni personali sulla genesi dell'ipnotismo.

(a) Interpretazioni mistiche Questo primo periodo risale, come abbiamo già detto, agli antichi sacerdoti egizi, greci e romani, che praticavano il sonno nel tempio e si servivano di soggetti in stato ipnotico per avvicinarsi alla divinità e predire l'avvenire. Gli antichi indovini cadevano in trance, ritenendo che ciò conferisse loro poteri divinatori.

I maghi persiani e i fachiri indiani praticavano l'autoipnosi, pretendendo di possedere, in questo stato, poteri curativi soprannaturali.

Gli indiani Chippewa, nelle loro pratiche di iniziazione durante le quali i ragazzi alla pubertà venivano cullati in un sonno magico dalle cantilene dello stregone, di fatto praticavano una ipnosi di gruppo, tanto che in vari soggetti si instaurava fin l'analgesia. In tali condizioni di trance i ragazzi ricevevano dallo stregone tutti gli insegnamenti riguardanti i costumi tribali e cioè delle vere e proprie suggestioni ipnotiche e postipnotiche che portavano gli iniziati a compiere poi atti di valore, con insensibilità per le ferite. Gli indiani, che pur servendosi, come altri popoli, egregiamente dell'ipnotismo ne ignoravano l'esistenza e le leggi che lo regolano, finivano per mettere tutti i successi dell'ipnosi in relazione con il soprannaturale.

Del resto, in Europa, l'interpretazione mistica dei fenomeni ipnotici si ritrova ancora nel 1774 nel medico religioso Gassner, il quale, usando per l'ipnosi un cerimoniale chiesastico e appellandosi a demoni e a Dio, si dimostra nella genesi dell'ipnotismo ancora abbarbicato al Medioevo e ai concetti trascendenti divini.

Nei secoli successivi alcune refigioni hanno ritenuto l'autoipnosi un aiuto spirituale. Verso il 1880 i monaci cristiani del Monte Athos, in Grecia, la praticavano come parte delle loro meditazioni, cosi come gli Indù praticano lo yoga.

Approfondiremo più avanti (cap. 4 S 10) i punti di contatto che esistono tra l'esperienza religiosa e il fenomeno ipnotico, sia sul piano psicologico, sia su quello fisiologico. (b) Interpretazioni magnetiche, fluidiche, metapsichicheLA CONCEZIONE MAGNETICA

Fiorì nel 1700, soprattutto con Franz Friedrich Anton Mesmer (1734-1815) e la sua teoria del fluido magnetico, quando, già prima di questi, altri due medici avevano tentato esperimenti ipnotici: J. Gassner e A. Kircher.

Mesmer, richiamandosi ai concetti filosofici e teosofici del sedicesimo e dei diciassettesimo secolo, ispirandosi a Paracelso, a van Helmont, a Fludd, a Maxwell, a Kircher e riferendosi sia ai concetti metafisici-cosmologici di Leibniz sia a quelli fisici di Galvani e Lavoisier, ritenne essere causa dei fenomeni ipnotici il fluido magnetico animale. Precisamente, le teorie mesmeriane che si ispirano alle leggi della gravitazione universale, ricalcano i concetti paracelsiani di fluido universale, cosmico, permeante il sole, la luna, i pianeti, la terra, i metalli, le piante e gli animah. Mesmer pensò all'esistenza di un fluido che dall'operatore si trasmettesse al soggetto, ed era pienamente persuaso che il fluido potesse trasmettersi e aderire a un soggetto magnetizzato, che, a sua volta, acquistava la virtù di comunicarlo a chiunque si mettesse in contatto con lui. La sua bacchetta magica era

magnetica.

Mesmer ritenne che l'operatore potesse spingere di là dalla periferia del corpo l'influsso nervoso e dirigere questa forza, attraverso lo spazio, sugli esseri viventi che egli si proponeva di influenzare. Ritenne anche che il magnetismo animale non avesse solo per oggetto la produzione di fenomeni straordinari nell'organismo, ma anche e soprattutto la guarigione delle malattie. La malattia è per Mesmer A'aberrazione dell'armonia organica» e il «magnetismo» guarisce, ristabilendo l'armonia. Egli applicava dei pezzi di ferro, o faceva sedere i suoi pazienti attorno a una tinozza d'acqua contenente limatura di ferro, o esercitava dei passi e asserendo che dal ferro o dalle sue mani si sprigionava un fluido magnetico induceva il cosiddetto sonno mesmerico (trance).

Un aflievo di Mesmer, il marchese Chastenet de Puységur, chiamò lo stato di sonno, che insorgeva per il fluido magnetico, sonnambulismo.

Le idee di Mesmer e le sue cure miracolose fecero, a suo tempo, tanto scalpore che il Governo francese intervenne, nel 1784, chiedendo alla Reale Accademia di medicina un rapporto sul magne tismo*. Tra i membri designati si trovarono Frankfin, Lavoisier, Baffly, Laurent de Jussieu e numerosi altri uominì di scienza, che si pronunciarono tutti contro il magnetismo, meno Jussieu, che rifiutò di sottoscrivere il rapporto di costoro.

Precisamente, i commissari, avendo dimostrato che 11mmaginazione senza magnetismo produce delle convulsìoni, e che il magnetismo senza immaginazione non produce niente, conclusero che questo fluido senza esistenza è per conseguenza senza utilità; che i violenti effetti che si osservano nel trattamento pubblico appartengono al contatto, all'immaginazione messa in azione e a quella imitazione meccanica che ci porta a ripetere ciò che colpisce i nostri sensi.

A questo rapporto, che doveva essere reso pubblico, ne fu aggiunto un secondo, che denunciava le pratiche mesmeriche come dannose per la moralità pubblica. «Noi pensiamo - dissero inoltre i commissari - che il preteso magnetismo animale sia un sistema antico, vantato nel secolo precedente e caduto in dimenticanza; che questo sistema sia assolutamente privo di prove; che gli effetti prodotti da questo preteso modo di guarigione siano tutti dovuti all'imitazione e all'immaginazione; ch'essi siano più nocivi che utili, e che siano dannosi in quanto possono far contrarre a persone ben costituite un'abitudine spasmodica, fra le più spiacevoli per la salute».

Senonché, siccome le opinionì degli. uomini sono mutabili, dopo alcuni anni, e precisamente nel 1825, fu richiesto all'Accademia di Medicina un nuovo esame del magnetismo, e il rapporto della commissione in merito, redatto dopo sei anni di studio, fu favorevole, persino troppo favorevole.

Furono allora stabilite le seguenti quattro proposizioni: 1) gli effetti del magnetismo sono spesso nulli nelle persone sane e in alcune malate; 2) essi sono sovente poco marcati;

3) essi sono spesso il prodotto della noia, della monotonia, della fantasia; 4) infine si sviluppano indipendentemente da queste ultime cause, molto probabilmente per effetto del solo magnetismo.

Il rapporto finiva con l'accettare non solamente il sonnambulismo, provocato, ma anche i fatti di chiaroveggenza e di previsione.

La storia della Medicina deve riconoscere a Mesmer il grande merito di avere egli richiamato per

primo in Europa l'attenzione degli studiosi sui fenomeni ipnotici.

Potrà interessare gli storici della medicina sapere che uno dei più antichi documenti italiani sul mesmerismo è uno scritto del medico Sebastiano Giraud di Pinerolo (8 dicembre 1774): Lettre de Mr. Giraud, docteur en médecine de la Faculté de Tourin à Monsieur Le Comte N. N. à Crémone (Biblioteca delle Scienze di Torino).

Questo medico, di fama europea, ebbe inibito dal Re del Piemonte l'esercizio delle pratiche magnetiche, tanto da dover esulare a Lione e a Parigi, ritornando in patria solo dopo la conquista napoleonica. (Pericle Maruzzi, in Bollettino storico bibliografico Subalpino, agosto 1930, p. 241). CONCEZIONI VARIE DI FORZE RADIANTI

Con l'evolversi dei tempi, la concezione magnetica con prerogative quasi magiche scomparve nell'interpretazione dei fenomeni ipnotici, ma rimase sempre presso varie scuole, come fondamentale spiegazione di essi, la concezione di una forza radiante dall'ipnotizzatore e influente sugli altri soggetti attraverso lo spazio. Nel 1820, il generale Noizet si appellò al fluido vitale.

Nel 1863 Francesco Guidi parla di «anevrosia e di spossamento del fluido nerveo che si ottiene concentrando lungamente l'attenzione del soggetto su di un disco di zinco e di rame, su di uno specchio o su altro lucido oggetto qualunque».

«Il sonno magnetico provocato concentrando l'attenzione del soggetto su di un oggetto qualunque non ha altra funzione che di spossare momentaneamente il suo fluido nervoso cerebrale, onde più facilmente sostituirvi le vìbrazioni del nostro magnetico fluido.

«L'esperimento che provoca lo spossamento del fluido nervoso (anevrosia) si deve fare come preparazione e anche facilitazione della diretta azione magnetica».

Oggi, forse Guidi ripeterebbe la stessa spiegazione per il B.W.S. (Brain Waves Sincronìzer), i fotoinduttori e gli psicofarmaci che facilitano l'atto induttivo ipnotico.

Nel 1869, Dal Pozzo parlò di radiazioni e di moti ondulatori, sostenendo che il pensiero può propagarsi a un altro

individuo per mezzo di vibrazioni, le quali eccitano il mezzo ambiente, specialmente se le due persone sì trovano in contatto. Dal Pozzo considerò l'ipnotismo come uno stato fisiologico, che si produce artificialmente negli individui di temperamento nervoso in ispecie, sani o in condizioni patologiche. Durante questo stato, le «funzioni vitali, organiche e sensorie sarebbero perturbate da azioni esterne, che determinerebbero fatti inibitori e dinamogenetici nefl'organismo».

Nel 1881, Baréty parlò di una «forza nervosa radìante», che esisterebbe nel sistema nervoso allo stato dinarnico e statico, e si trasmetterebbe per mezzo delle ondulazioni defl'etere. Questa forza che produrrebbe i fenomeni ipnotici, sarebbe, secondo Baréty, lo stesso fluido di Mesmer, che questi aveva conosciuto soltanto empiricamente. Tale fluido si emetterebbe per mezzo degli occhi, delle dita, del soffio: esso si propagherebbe in linea retta, si rifletterebbe su una superficie liscia secondo le leggi fisiche, attraverserebbe i corpi opachi e massicci, avrebbe proprietà analoghe a quelle della luce e dell'elettricità.

Dumontpallier si avvicinò anch'egli a questa teoria, e amrrúse l'esistenza di un influsso nervoso radiante da tutto l'essere umano con possibilità di trasmissione di esso ad altre persone. Questo medico dichiarò non potersi diversamente spiegare la maniera di reagire di certi individui sotto l'impressione delle dita e dello sguardo.

1 fautori del moto vibratorio nerveo pensarono che questo suscitasse una radiazione che dal sistema nervoso centrale

si propagasse sino alle cellule periferiche, e da queste nel mezzo ambiente, allo stesso modo che una eccitazione esterna, operata sull'estremo periferico di un nervo, si propaga sino alle cellule cerebrali.

Esisterebbe così un'atmosfera vitale, non però nel senso fluidistico di Mesmer, la quale consisterebbe nella concordanza del sistema neuroperiferico dell'individuo col mezzo ambiente. Farebbero parte del mezzo ambiente l'aría, i mobili, le persone. Qualunque moto dell'organismo umano determinerebbe un moto di natura vibrante in tutta l'atmosfera propria dell'individuo, il quale moto, se si propaga a un corpo le cui particelle siano atte a vibrare sincrone con la detta onda, si cambierebbe in quel corpo in oscillazione, sà che in esso si riprodurrebbero i fatti originari da cui quell'onda era derivata. Così un organismo diverrebbe sorgente di fatti fisiologici, quando l'onda avesse avuto origine da un fatto fisiologico.

1 fenomeni ipnotici, suscitati dalla fissità del bulbo oculare, dipenderebbero da modificazioni che

avvengono nel sistema nervoso dell'ipnotizzato vale a dire indipendentemente da alcuna eccitazione dall'esterno. Ma se si opera facendo risonare un tamtam, un diapason eccetera, allora si premette un fatto esterno che è causa di eccitazioni, le quali poi causerebbero modificazioni nel soggetto. 1 segni esterni dell'ipnotizzatore sostituirebbero i veri suoni e le diverse eccitazioni. li sistema nervoso di un ipnotizzato sarebbe adatto a rispondere, per influsso, alle vibrazioni che l'atto volitivo produrrebbe nell'orgarrismo dell'operatore, per cui nefi'ipnotizzato si susciterebbero le stesse sensazioni e i rispettivi processi psicirici

dell'ipnotizzatore.

In tal modo, al fluidismo di Mesmer succede l'ondulazionismo di Dal Pozzo e di Baréty. Le parole sono cambiate, ma non ci pare di molto la sostanza.

Jean-Martin Charcot della Scuola della Salpétrière credeva alla reale esistenza dell'effetto magnetico nella produzione dei fenomeni ipnotici e contro le teorie psicologiche subbiettivistiche propose spiegazioni fisiologiche di questi, su basi obiettive energetiche. Al soggetto in ipnosi Charcot applicava una calarnita a un arto, dicendo che quefl'arto si sarebbe paralizzato, e siccome questo avveniva, egli credette all'effetto della calamita; anche la metalloscopia fu così chiamata in campo, a riprova delle interpretazioni energetiche obiettive defl'ípnosi. Bernheirn della Scuola di Nancy riusci però a provare che tali risultati erano dovuti solo alla suggestione e che gli esperimenti di Charcot non avevano alcun valore.

Charcot credeva fermamente all'influsso psichico che l'ipnotizzatore è capace di esercitare intensamente sull'ipnotizzato, anche se non in senso stretto mesmeriano. Tale effetto si poteva, secondo Charcot, rilevare solo nei soggetti affetti da isteria, in cui una particolare disposizione patologica permette di accumulare facilmente l'afflusso psichico altrui. CONCEZIONI METAPSICHICHE F. W. H. Myers e J. Ochorowicz, celebri studiosi di fenomeni medianici, riconobbero nell'ipnotismo il primo scalino dei fenomeni psichici paranormali, che formano l'oggetto della moderna parapsicologia. Per questa oggi si avanzano

spiegazioni fisiche (Cazzamalfi, Vasiliev ecc.) e spiegazioni extrafisiche, spirituali (Rinne). Nel primo caso le concezioni metapsichiche dell'ipnotismo potrebbero rientrare nel vasto capitolo delle interpretazioni fisiche (magnetiche, fluidiche e simili); nel secondo caso, no. L'ipnosi non sarebbe che «una dìssociazione delle cellule nervose nella parte superiore del cervello» e «l'insorgere immediato dell'attività, fino allora quieta, dei centri nervosi inferiori».

Nel 1909, Cesare Lombroso estese le sue investigazioni all'ipnotismo e allo spiritismo e concluse per l'esistenza di energie psicofisiche potenti e sconosciute, a spiegazione dei fatti costatati alla presenza della medium Eusapia Paladino.

Nel 1935, ancora A. Funk osserva che l'esperienza dimostra l'esistenza di una vera e propria declinazione psichica del soggetto ipnotizzato verso il suo detern-únato ipnotizzatore, á che egli in ciò vede la dimostrazione sperimentale deU'obiettivìtà del fenomeno ipnotico, basato principalmente sopra una proprietà particolare dell'ipnotizzatore. Funk chiamò «teoria del rapporto obiettivo» questa sua teoria sull'ipnotismo; rapporto obiettivo che avrebbe altra conferma nel fatto che esso potrebbe esplicarsi anche a distanza, indipendentemente dalla comunicazione normale dei sensi, come si rileverebbe dai risultati metapsichici ottenuti nel campo della suggestione mentale da Richet, Janet, Sicard, e dalla Società di ricerche psichiche di Londra. La scuola moderna, secondo Funk, con la sua ostinata convinzione della pura soggettività dei fenomeni ipnotici, supera dì gran lunga, per la sua aberrazione dottrinaria, i concetti contrastanti, fantasiosi, ma più intuitivi, dei mesmeriani e dei fisici.

Sarebbe in conseguenza di tale aberrazione che la dottrina dell'ipnotismo è giunta a un ristagno totale, anzi a una vera decadenza e liquidazione.

Nel 1956, B. Disertori, in una esposizione personale sulla patogenesi dei fenomeni ipnotici, si richiama a forze oscure, non conosciute e così si esprime: «Nel determinismo dell'ipnosi non interviene solo la recettività del soggetto, ma anche la potenza dell'ipnotizzatore, comunque si voglia intenderla, la quale varia indiscutibilmente da sperimentatore a sperimentatore, ed è in certi ìndividui sviluppata in grado eccezionale... L'ipnotizzatore di professione dispone di una tecnica elaborata e perfezionata ed è dotato di un potere suggestionante che non possiamo negare per il semplice fatto che ce ne sfugge, in parte l'intima natura. Se nella forza suggestiva e quindi nelle suggestioni in genere, ivi compreso in modo precipuo l'ipnotismo, sia operante anche un fattore del tipo metapsichico,

analogamente a quanto avviene nelle trasmissioni e nelle recezioni telepatiche o comunque extrasensoriali, è quesito al quale ritengo si debba dare risposta affermativa».

Lo stesso Disertori, parlando delle terapie taumaturgiche delle psìconevrosi, scrive: An molti eventi taumaturgici hanno, non v'è dubbio, la loro parte fenomeni d'etero- e d'autosuggestione. Ma sarebbe imperdonabilmente semplicistico il voler ridurre nell'essenza queste cure a suggestioni, cioè solo ad atti dell'istinto primordiale gregario, per quanto rafforzati da fenomeni di trasmissione parapsicologica dell'idea sanatrice. Non possiamo alle volte, di fronte agli effetti curativi esplicati da certi

cosiddetti maghi, non prospettarci la possibilità di influssi estremamente misteriosi, d'ordine metapsichico anch'essi, provenienti dal terapeuta: ricorre alla mente la vecchia ipotesi dei magnetizzatori intorno al fluido, comunque lo si voglia intendere: in accezione extrafisica o di radiazione fisica».

(c) Interpretazioni psicologicheF. FARIA, F. BRAID E IL FRENOIPNOTISMO Gìà durante i prìmordi del periodo magnetico comparvero vari dissidenti, e l'abate J. Faria (1776-1819), che può considerarsi il fondatore delle prime tecniche ipnotiche, diede per primo inizio a quel terzo filone interpretativo dei fenomeni ipnotici, che si può chiamare psicologico, e che portò all'abbandono di tutte le pratiche magiche. J. Faria respinse tutte le teorie esistenti; non credette né al fluido né alla potenza della volontà; proclamò la natura soggettiva dei fenomeni magnetici, ponendo la causa del sonno lucido, come egli chiamò il sonnambulismo provocato, nel soggetto stesso. 1 fautori di questi concetti bandirono le pratiche magiche, dichiarando che il fluido magnetico e le speciali forze dei magnetizzatori non esistevano.

A queste idee si riallacciò nel 1842 James Braid, chirurgo oculista e medico nelle miniere, che per primo introdusse il termine ipnotismo nella sua Neuroipnologia, definendolo, come abbiamo già detto, uno «stato particolare del sistema nervoso, determinato da manovre artificiali». Egli cercò di dimostrare che il fluido magnetico, a cui Mesmer e seguaci attribuirono la massima importanza, non era elemento necessario per influire sui loro pazienti, ma che era sufficiente che l'esperimentatore escogitasse mezzi atti a stancare l'attenzione del soggetto (ad esempio, la fissazione di un punto luminoso). Gli effetti mesmerici

dovevano, in altre parole, attribuirsi solo a un turbamento cagionato al sistema nervoso, attraverso la concentrazione dello sguardo, il riposo assoluto del corpo e la fissità dell'attenzione.

Cogi Braid concludeva che i fatti prodotti con l'ipnotismo non fossero dovuti né alla personalità né alla volontà dell'ipnotizzatore né ai suoi passi; che non c'entrassero per nulla, in tutto ciò, né il fluido magnetico né agenti inisteriosi universali e che tutto dipendesse dallo stato psicofisico dell'ipnotizzato.

Egli, per darsi spiegazione dell'effetto della concentrazione del pensiero sullo stato del cervello, reputò che il rallentamento dei movimenti respiratori, causato dall'intensa attenzione, contribuisse, per l'imperfetta decarbonizzazione del sangue che ne sarebbe risultata, a determinare il sonno ipnotico.

Braid, volendo poi applicare l'ipnotismo al sistema frenologico di Gall, credette di scoprire il frenoipnotismo, un mezzo, cioè, di eccitare nel sonno ipnotico - attraverso le pareti craniche - le zone cerebrali, che, secondo Gall, corrispondono a particolari facoltà psichiche.

Alle teorie di Braid si riferirono, successivamente, in America, Grimes, che parlò di elettrobiologia, e contemporaneamente, in Europa, Liébeault e Bernheim, che si basarono sulla sola dottrina della suggestione per spiegare i fenomeni ipnotici. LItBEAULT, BERNHEIM E LE TEORIEDELLA SUGGESTIONE

I citati autori ritennero che, nelle operazioni di magnetismo, non ci fosse di attivo altro che il soggetto stesso, e che le modificazioni profonde del suo sistema nervoso avessero origine esclusivamente in lui, non essendo l'esperimentatore che l'ostetrico di questi prodigi.

Braid, applicando l'ipnotismo ai suoi malati, procedeva a delle manipolazioni per ottenere effetti curativi. A. A. Liébeault e H. Bernheirn gettarono il ridicolo su queste manipolazioni, riportando tutto alla suggestione verbale, mera e semplice. «Le manovre - scrive Bernheim - non sono niente, la

fede è tutto; e la fede, cioè la credenza, è propria dello spirito umano. t l'immaginazione umana che fa i miracoli».

Bernheini (1903, p. 76) lo definii uno stato psichico particolare, che può essere artificialmente prodotto e che mette in attività o esalta, in gradi diversi, la suggestionabilità, cioè a dire l'attitudine a subire l'effetto di un'idea e ad attuarla. La suggestione rappresenta, per Bernheim, l'atto per cui un'idea è introdotta nel cervello e, in virtù di esso, accettata. Tutto ciò che entra per le orecchie nello spirito, tutto ciò che, con o senza esame preliminare, è accettato per sé stesso, tutto ciò che persuade, tutto ciò che è creduto, costituisce una suggestione per mezzo dell'udito. Gli avvocati, i predicatori, i professori, gli oratori, i negozianti, i ciarlatani, i seduttori, gli uomini di Stato sono, per Bernheim, suggestionatori. Lo stato ipnotico non è che uno stato di suggestionabilità esaltata, che può essere prodotto con o senza sonno.

Bernheim non vide niente di patologico nei fenomeni del sonno provocato. Secondo questo autore, non solamente tutte le persone ipnotizzabili non sono nevropatiche, ma, nel maggior numero dei propri soggetti, egli non riuséì ad accertare alcuna traccia di predisposizione a turbamenti nervosi. Bernheini non negò tuttavia che la suggestione ipnotica, per agire, non esigesse una certa disposizione e recettività cerebrale. Ma questa disposizione speciale sarebbe comune a un gran numero di persone e non propria dei soli nevropatici e degli isterici, giacché la suggestionabilità è un fatto generale e non specifico di costoro.

Tra Bernheim e Liébeault l'accordo non è però sempre assoluto, sia per quanto riguarda il fenomeno della suggestione, sia per l'essenza dei rapporti che si stabiliscono tra ipnotizzato e ipnotizzatore. Liébeault ritenne la suggestione un fenomeno proprio degli stati ipnotici; Bernheim anche dello stato di veglia.

Liébeault credeva che nel sonno profondo, tra l'operatore e il suo soggetto vi fosse un rapporto esclusivo, cosicché questi non potesse intendere che quanto gli venisse dall'altro. Tale polarizzazione psichica dell'ipnotizzato fu spiegata da Liébeault col fatto che il paziente si addormenta pensando a chi l'ipnotizza; per la concentrazione dell'attenzione egli conserverebbe nel suo spirito l'idea di chi l'addormenta e metterebbe la sua attenzione e i sensi al servizio di questa idea. Sarebbe un po' come una madre che si addormenti presso la culla del figlio e che, insensibile anche a rumori molto forti, si svegli al minimo grido del suo bambino.

H. Beaunis credette anch'egli fermamente in questo rapporto esclusivo tra ipnotizzato e ipnotizzatore.

Bernheim, invece, sostenne di non averlo mai accertato, all'infuori dei casi in cui egli l'aveva espressamente suggerito. Questo autore, affermando l'importanza della suggestione nell'ipnosi, si oppose decisamente al suo contemporaneo Charcot, che aveva elaborato una teoria puramente somatica dell'ipnosi (1882), e dichiarò che i tre famosi periodi che Charcot descriveva nell'ipnosi (il catalettico, il sonnambolico e il letargico) non erano altro che un artificio suggestivo. FAUTORI E OPPOSITORI DELL'IPNOSI QUALE NEVROSI SPERIMENTALE

Bernheirn si oppose alla concezione di Charcot sull'ipnotismo come nevrosi sperimentale; contrastò inoltre quella di Paul Richer, che lo considerava come un «turbamento del funzionamento regolare dell'organismo, che si confonde con la predisposizione isterica» e di Dumontpallier e allievi, che l'interpretarono come una «nevrosi sperimentale a diversi gradi».

Nell'interpretazione psicologica dei fenomeni ipnotici, pertanto, vediamo come nel diciannovesimo secolo due opposte concezioni si contendessero il campo: quella di Bernheirn e allievi, che non giudicavano l'ipnotismo come una manifestazione patologica, e quella di Charcot e discepoli che lo consideravano come una nevrosi sperimentale e la identificavano per gran parte con l'isterismo.

Babinski, discepolo di Charcot alla Scuola della Salpétrière, nel 1900, concluse pur egli per la natura isterica dei

fenomeni ipnotici, e riportò tutto alla suggestione pura e semplice, ritenendola inoltre priva di ogni fattore emotivo. «Le manifestazioni dell'ipnotismo - scrive Babinski - sono assolutamente identiche a quelle dell'isterismo, e se si ignorassero le circostanze dalle quali queste nascono, sarebbe impossibile distinguere le une dalle altre. La sola differenza che separa le manifestazioni ipnotiche dalle manifestazioni isteriche è che le prime richiedono, per svilupparsi, l'intervento di altri. Non è già l'ipnotismo che crea o esalta la suggestibilità, esso ne è la conseguenza e la manifestazione».

Babinski definisce l'ipnotismo uno stato psichico particolare, durante il quale un soggetto può subire la suggestione altrui. Esso si manifesta con dei fenomeni che la suggestione fa nascere, la persuasione fa sparire, e che sono identici alle manifestazioni isteriche.

Per Babinski, quindi, l'isterismo e l'ipnotismo sono fatti de la méme púte; entrambi sarebbero una specie di simulazione. Ciò contrariamente a quanto sosteneva Bernheim, che aveva definito l'ipnotismo, come abbiamo già visto, in modo ben diverso. Babinski creò la parola pitiatismo per definire fenomeni isterici e fenomeni ipnotici, guaribili entrambi con la persuasione, dal greco net0c~ =persuasione e -covróq = guaribile. Egli, spogliando quasi completamente di emotività il fenomeno della suggestione, negò l'importanza dei fattori emotivi per la genesi dei fatti isterici e ipnotici. Affermò infine che l'ipnotismo «nella maggior parte dei casi si ridurrebbe a simulazione e negli altri a inganno reciproco del soggetto attivo e del soggetto passivo». Tale comoda tesi, nota Servadio, si è semplicisticamente ripetuta per molti anni, permettendo a vari autori di mettere tuttora in non cale l'ipnotismo e i suoi fenomeni.

Ma oltre che nella concezione dei fenomeni ipnotici, questo grande neurologo sbagliò nella valutazione degli stessi fenomeni isterici, escludendo dall'isterismo tutti i fenomeni non provocabili con la suggestione! Cogi, in base «a centinaia di casi studiati con rigore e senza partito preso», sostenne che la nozione della midriasi isterica si fondava su errori di osservazione e d'interpretazione, e negò la realtà dei disturbi cutanei e vasomotori nell'isterismo e nell'ipnosi, affermando di non avere mai osservato nei suoi soggetti isterici e ipnotizzati l'insorgenza di emorragie cutanee, di flittene, di bolle, di ulcerazioni, di cancrene, di edemi ecc.

A parte che numerosi osservatori e contemporanei di Babinski osservarono ciò che egli negava, le concezioni di questo autore, più fine neurologo, forse, che non psicologo e psichiatra, non fecero che allontanare dalla giusta via le idee degli studiosi. Non è di certo possibile separare nettamente la suggestione dall'emozione; è eccezionale una suggestione a freddo, in tutto priva di contenuto emozionale e nata senza la spinta di uno stato affettivo più o meno intenso.

Per ciò che concerne, infine, l'identità di fenomeni isterici e fenomeni ipnotici, già i contemporanei di Babinski si espressero contro e, per tutti, ci to Grasset, che scrive: Asterico e ipnotizzabile non sono affatto due termini sinonimi e la clinica obbliga a distinguere fra gli ipnotizzabili quelli che sono stati precedentemente isterici e quelli che non lo sono mai stati affatto. In secondo luogo non v'è per nulla identità fra i sintomi dell'ipnosi e i sintorni dell'isterismo, giacché in

clinica noi distinguiamo gli ipnotizzati che presentano dei sintomi isterici, da quelli che non ne presentano affatto. Quando in un ipnotizzato si osservano crisi isteriche, ciò dipende dal fatto che quel soggetto era isterico anche precedentemente. Questi sono caratteri contingenti che l'ipnotizzato presenta in casi particolari, e non sono per nulla un carattere costante e specifico della ipnosi, da rassoirrigliarsi e identificarsi sistematicamente all'isterismo» (Grasset, 1916, p. 274). Pertanto Aa clinica non permette affatto di identificare isteria e ipnosi e di dire che esse sono due forme (l'una provocata e l'altra spontanea) della stessa nevrosi».

Per Grasset tutti i sintomi dell'ipnotismo non derivano affatto da una suggestione diretta, dato che nell'ipnosi vi sono dei fenomeni indipendenti da ogni suggestione. Questi fenomeni, detti fissi da Grasset, non sono per nulla costanti in ogni caso, né uguali in tutti i soggetti. Tra questi sintomi fissi, un primo gruppo si osserva unicamente tra i soggetti isterici: l'isterismo li fa nascere, e imprime ad essi soprattutto una forma particolare. Poi vi sono degli altri sintomi somatici fissi, dice Grasset, indipendenti dall'isterismo: questi sono fenomeni sensitivi, circolatori, respiratori. Infine vi sono dei sintonri psichici, che sono ugualmente indipendenti da ogni suggestione, e fra questi la memoria e lo stato intellettivo del soggetto. Durante l'ipnosi il soggetto ricorda il vissuto delle sue ipnosi anteriori e dello stato di veglia; allo stato di veglia, invece, non si ricorda degli stati d'ipnosi. Perciò, se la suggestione ha una grande importanza nell'ipnotismo, essa non è affatto tutto, né può tutto sostituire.

Alla concezione delle nevrosi sperimentali si rifà Morselli. Secondo questo autore, l'ipnotismo è «un sonno artificiale più o meno profondo, in cui alcune regioni del cervello

restano come paralizzate, mentre altre vengono straordinariamente eccitate». Dal contrasto e dal vario combinarsi di questo stato paralitico di alcune parti e funzioni, con lo stato di eccitamento di altre parti o funzioni nervose, deriverebbe tutta la svariatissima e sorprendente fenomenologia del magnetismo, dell'ipnotismo e sonnambulismo, del braidismo, della fascinazione e de

gli altri processi consimili. La fenomenologia non è uguale in ogni individuo. Il sonno può variare da un semplice torpore alla sonnolenza, sino allo stato letargico. Inoltre, secondo Morselli, non tutti gli individui sono ipnotizzabili. COU9 E LA TEORIA DELL'AUTOSUGGESTIONE

E. Coué (1857-1926) nelle sue pratiche ipnotiche e nella impostazione psicologica di esse ribadisce tre punti fondamentali che riferisco e che per molti aspetti possono ritenersi validi ancora oggi.

1) La suggestione non agisce sulla volontà, ma sull'immaginazione, che è l'elemento dorrúnante del subcosciente, il quale, a sua volta, influisce su tutte le funzioni del nostro organismo. Suggestionando e agendo sull'immaginazione, che spesso è in contrasto con la volontà, si riesce a ottenere gli effetti ipnotici conosciuti. La volontà in questi non c'entra, essa rimane nell'ombra, a meno che non si ponga al servizio dell'immaginazione. In merito a ciò Coué ci dà le seguenti leggi:

a) quando la volontà e l'immaginazione sono in conflitto, vince sempre l'immaginazione, senza alcuna eccezione;

b) nel contrasto tra volontà e immaginazione, la forza di questa è in ragione diretta del quadrato della volontà;

e) quando la volontà e l'immaginazione si trovano d'accordo, l'una non si aggiunge all'altra, ma si moltiplica con l'altra; d) l'immaginazione può essere educata. Per Coué l'inconscio corrisponderebbe all'immaginazione.

2) L'ipnotismo deve definirsi «influenza dell'immaginazione sull'essere morale e sull'essere fisico dell'uomo». L'ipnosi non si fonda tanto sulla volontà dell'ipnotizzatore, quanto sul rilasciamento dell'ipnotizzato e sul modo con cui egli elabora le suggestioni ricevute.

La suggestione agisce solo in quanto può produrre autosuggestione, la quale, per essere operante, deve agire allo stato cosciente. Termine questo che Coué associa costantemente al primo.

Per Coué e discepoli (C. Baudouin e altri) il soggetto ha coscienza di comandare al suo inconscio.

Praticamente la suggestione indotta dall'operatore al soggetto deve venire continuata per proprio conto da questi; sempre, s'intende, che sia in grado di farlo.

Di fatto si devono scartare due categorie di persone: i deficienti, incapaci di capire, e quelli che non vogliono capire.

3) Agendo sull'immaginazione si possono guarire organi ammalati, mediante un'autosuggestione ripetuta, fondata su idee di benessere. Oggi infatti si parla di psicoimmunologia facilitata dallo stato ipnotico.

L'applicazione dei metodo poggia su due postulati fondamentali:

a) «non si può pensare a due cose contemporaneamente»;

b) «ogni pensiero che occupi esclusivamente la nostra mente diventa vero per noi e tende a trasformarsi in atto». La disposizione essenziale della mente di un malato deve essere, perciò, per Coué, quella e solo quella di pensare che la sofferenza sparisce, ed essa sparirà.

In ogni suggestione, asserisce il Baudouin, una volta che si è pensato al fine che si deve ottenere, il subcosciente provvede a trovare da sé i mezzi per conseguirlo. Il paziente deve dire: «Ogni giorno, sotto tutti gli aspetti, io vado di bene in meglio ». Sotto l'influsso di questa autosuggestione generica, recitando le stesse parole con profonda convinzione al mattino e alla sera, per venti volte (orazione di tipo religioso), l'inconscio, secondo Coué, riceverebbe il comando e lo distribuirebbe là dove occorre, senza che la coscienza avverta nulla.

TEORIA DELLA DISSOCIAZIONE DI P. JANET Questo autore (1859-1947) pensa che l'ipnosi consista nella formazione di una secondatia coscienza dissociata con una sua particolare attività e memoria, che prenderebbe transitoriamente il posto della coscienza normale. Tale ipotesi si fonda soprattutto sull'accertamento dell'amnesia postipnotica e dell'automatismo che si nota in ipnosi.

janet valorizza l'automatismo psicologico come forma elementare di sensibilità e di coscienza e parte fondamentale di ogni psiche normale, opponendolo all'attività psichica superiore critica, della piena coscienza. Questo automatismo inconscio provvisto di una sua potenza energetica e anche di una certa finalità, anche se non proprio di una vera intenzionabilità anticipa, come giustamente osserva Rossini, l'inconscio freudiano più dinamico e meno automatico. Anche Janet con le sue attente ricerche scopre, indipendentemente da Breuer e da Freud, l'importanza terapeutica della reviviscenza ipnotica di emozioni antiche, per la risoluzione di vari sintomi isterici. Egli dà un'interpretazione prevalentemente intellettiva dei fenomeni ipnotici; Freud concentra invece la sua attenzione sui procedimenti istintivo-affettivi e prosegue su questa strada anche per la valutazione del transfert.

Ma è proprio da queste osservazioni, affermano Rossini e Musatti, che inizia tutto il movimento psicoterapeutico contemporaneo e ciò costituisce un titolo di nobiltà per l'ipnotismo.

janet infine costata che si può agire sulla mente attraverso il corpo, ricerca esercizi particolari di distensione, che ritiene più efficaci dei medicamenti anche se di lunga e difficile applicazione, esercizi che anticipano tutte quelle metodiche psicoterapeutiche che seguiranno e che vanno dall'autodistensione concentrativa alla Schultz o alla Jakobsen, all'autoipnosi frazionata e graduata di Kretschmer ecc.

Tutte queste metodiche sono in realtà partite come la psicoanalisi dalla ipnosi, hanno seguito un loro travaglio e meritano una giusta opportuna collocazione a lato della psicoterapia motivazionale e profonda. Le idee di Janet sono state accettate da vari autori e J. Grasset si è ispirato ad esse per la spiegazione dei fenomeni ipnotici.

Numerosi autori ritengono che lo stato ipnotico sia uno stato controllato di dissociazione psichica (McDougall). Altri, considerando che l'amnesia in ipnosi è più apparente che reale e che la volontà e la personalità del paziente non scompaiono durante la trance, hanno respinto questa impostazione dottrinale dell'ipnotismo. Christenson ritiene che «l'ipnosi non produca dissociazione per sé stessa, ma piuttosto faccia uso dell'esistente dissociazione fra conscio e subconscio nel soggetto». Pavesi giudica più esatto questo modo d'interpretazione della trance e nota come gli investigatori d'oggi usino il concetto di stati dissociati più come un termine descrittivo per certi aspetti dell'ipnosi, che come una compiuta teoria esplicativa di essa. INTERPRETAZIONE PSICOANALITICA Una spiegazione del tutto speciale dei fenomen ipnotici, su un piano strettamente psicologico e cor una impostazione dottrinale particolare, viene dat2 dalla psicoanalisi.

Freud spiega i fenomeni ipnotici con la sua teoria della rimozione degli istinti e con la traslazione di questi nella persona dell'operatore. Il Super-io del paziente viene sostituito dall'ipnotizzatore, che contemporaneamente sarebbe in grado di risvegliare nel suo soggetto immagini e avvenimenti trascorsi, o addirittura spariti dalla memoria cosciente.

N. Perrotti coáì definisce la suggestione: «Processo inconscio di natura affettiva, determinato da un distacco dalla realtà obiettiva e da una disgregazione del Super-io, ottenuti mediante la rievocazione diretta o indiretta dell'immagine del padre; con la conseguenza della sospensione della facoltà di critica e del ritorno dell'energia impegnata in questi processi sull'Io attuale; ciò che determina un rinforzo del narcisismo, il ripristino della fase magicoanimistica del pensiero, che conduce alla libera reafizzazione di quelle idee che sono in armonia con l'lo attuale e non sono in contrasto con la coscienza morale ».

Secondo gli psicoanalisti (S. Ferenczi, E. Jones e altri), con diverse parole, A'ipnotizzatore, esaltando l'immagine del padre, determina nello stesso tempo un considerevole afflevolimento o una paralisi vera e propria dell'altra componente del Super-io (quella inerente al senso della realtà e alla critica) e da ciò le caratteristiche principali dell'ipnosi provocata: inconsapevolezza del processo, attaccamento affettivo del soggetto all'operatore, realizzazione acritica delle idee suggerite» (E. Servadio). Freud insistette molto sull'aspetto erotico del rapporto ipnotico affermando che questo consiste nell'abbandono amoroso totale con esclusione di ogni soddisfazione sessuale. Il soggetto troverebbe cosii nello stato ipnotico

una gratificazione dei suoi desideri istintuali. L'esistenza di fattori motivazionali profondi dimostrerebbe come la teoria della suggestione non possa spiegarci da sola l'ipnosi.

Gill e Brenman la definiscono come «un processo regressivo che può insorgere per una riduzione dell'attività ideatrice e sensorio-motrice o per la creazione di un rapporto arcaico con l'ipnotizzatore». Durante tale regressione il soggetto tende a trasferire nell'ipnotista il ruolo che avevano per lui alcuni suoi parenti nell'infanzia.

Kubie (1961) non ritiene però il transfert un elemento costitutivo della ipnosi come Gill e Brenman, e pensa invece che esso sia un epifenomeno che può comparire o no. La regressione che da Gili e Brenman è inter pretata con una diminuzione dell'autonomia del Me in rapporto al Sé (regressione al servizio del Me), viene da Kubie considerata come l'inizio di tutta una serie di meccanismi dinamici sia sul piano cosciente, subcosciente e inconscio, e sia sul piano neurofisiologico. Landauer sostiene essere l'ipnosi un caso particolare di transfert e Kfine che il transfert è un caso particolare di ipnosi.

Per sapere che cosa debba intendersi per transfert, soprattutto riguardo all'ipnosi, gli psicoanalisti ribadiscono due concetti:

1) Il transfert è la ripetizione, verso l'analista, di atteggiamenti emotivi inconsci, acquisiti dal paziente nel

corso della sua infanzia, verso persone a lui più vicine e particolarmente i genitori. La relazione affettiva che ne risulta, di tipo amorevole (transfert positivo), o di tipo ostile (transfert negativo), deriva quindi in entrambi i casi dai rapporti anteriori del paziente verso uno o entrambi i genitori o gli educatorì e non dalle presenti condizioni di vita. Non solo un atteggiamento affettivo ma tutto un modo di agire viene trasferito da circostanze infantih ad alcune presenti (Glover, Klein, Kubie).

2) Transfert significa anche il ripristinarsi di condizioni in cui certe funzioni, che erano ormai svolte essenzialmente dall'Io o dal Super-io, ritornano, come nelle fasi prin-útive dello sviluppo, a essere esercitate nel mondo esterno da una persona reale; il transfert cosi si sviluppa e si effettua su piani regressivi.

Tale impostazione psicologica dell'ipnosi porta, secondo gli psicoanalisti, a due importanti conclusioni. La prima è che le classiche scale, calcolate in base alla risposta a suggestioni sperimentali, non trovano altra spiegazione che in diverse gradazioni di transfert, per cui il grado massimo di profondità dell'ipnosi sarebbe quello in cui tutto il rapporto fra operatore e soggetto viene a essere costituito dal transfert irrazionale e infantile.

La seconda è quella che, una volta stabilita l'equazione ipnosi= transfert, viene di conseguenza statuito in modo perentorio il concetto della normalità dell'ipnosi, dato che tutti possono trovarsi in certi momenti in stato di transfert, cioè in stato ipnotico e in condizioni di ipersuggestibilità.

Alcuni chiamano correntemente transfert anche quel particolare, iniziale rapporto interpersonale esistente nella coppia paziente-terapeuta, al principio del trattamento psicoterapico. Esso, a seconda del terapeuta, potrebbe successivamente, col progredire delle sedute, diventare un vero transfert

psicoanalitico, nel senso freudiano; come, invece, concretarsi in un diverso rapporto, quale è quello del transfert ipnotico, che da questi autori non resta però chiaramente definito nella sua vera essenza e natura.

L'IPNOSI COME REGRESSIONE A UN COMPORTAMENTO PRIMORDIALE

L'ipotesi che l'ipnosi rappresenti la regressione a un comportamento di tipo primordiale, atavico, è avanzata da alcuni autori soprattutto anglosassoni e americani, per spiegare i fenomeni ipnotici. L'induzione viene così interpretata come assopimento delle facoltà critiche, con riattivazione di suggestioni latenti; le comunicazioni non verbali che si effettuano in ipnosi rappresenterebbero un ritorno ai mezzi di comunicazione che nell'uomo hanno preceduto l'uso della parola; il sonno, le difese isteroidi, i fenomeni allucinatori, le suggestioni postipnotiche, secondo questa teoria troverebbero la loro spiegazione in comportamenti regressivi atavici.

Nel rapporto ipnotico, ad esempio, mentre la teoria freudiana dell'amore non spiegherebbe l'ipnosi ottenuta contro la volontà del soggetto e da parte di una persona odiata, la teoria della regressione la spiegherebbe come un

fatto di assoggettamento senza reazione, e causato quindi non dalla paura, ma dall'inerzia. Anche l'autoipnosi troverebbe nell'ipotesi della regressione atavica una spiegazione migliore che nelle teorie di Freud o di Ferenczi. (d) Interpretazioni fisiologiche Questo indirizzo può considerarsi iniziato con l'avvento di Pavlov e delle sue teorie sui riflessi

condizionati; risente delle moderne vedute di medi cina psicosomatica e dei rapporti cerebroviscerali scoperti dai recenti studi di fisiologia nervosa. Si queste ci diffonderemo nel capitolo 11 S 2b.

Nel 1927 con le Lezioni sull'attività degli emisfe ti cerebrali e nel 1932 con la Fisiologia dello stat< ipnotico del cane, Pavlov dà la sua interpretaziont fisiologica dell'ipnosi, che, come in seguito Bechte rev e Platonov, egli ritiene di spiegare quale rifles so condizionato. La parola sarebbe lo stimolo di ri flessi condizionati fisiologici. La suggestione sareb be un tipico riflesso condizionato e non c'è alcuna funzione che non possa essere facilitata, inibita o cambiata mediante mezzi verbali (Plátonov). L'ipnosi sorgerebbe per un fenomeno di diffusione d una inibizione interna, partente da una determinata zona cerebrale particolarmente stimolata da un agente suscitatore di riflessi condizionati. La Scuola pavloviana ha ripreso l'ipotesi emessa nel secolo precedente da Brown-Séquard, Liébeault, Beaunis del sonno parziale a spiegazione dell'ipnosi, per cui in essa vi sarebbe oltre che una inibizione corticale parziale, la persistenza di punti vigili che permettono il rapporto con l'operatore, e altre numerose prestazioni che il soggetto ipnotizzato può dare. L'argomento sarà ripreso nella parte terza al capitolo 8 S 3

e al capitolo 9 S 2.

Vólgyesi ha compiuto uno studio sulla concezione reflessologica della ipnosi, con notevoli deduzioni cliniche.

Das ha interpretato l'ipnosi come uno stato di inibizione corticale parziale, condizionata.

Bennet, Sidi, Hart, Eysenck avanzano ulteriori concezioni neurofisiologiche a spiegazione dell'ipnosi e pensano che questa possa essere causata da cambiamenti fisico-chimici cerebrali. Ulteriori interpretazioni fisiologiche dell'ipnosi e spiegazioni neurofisiologiche dei comportamento ipnotico saranno date nel capitolo 11.

CAPITOLO 2

Rassegna storica e critica sui danni e vantaggi dell'ipnositerapia l.

Primi fautori e oppositori dell'uso dell'ipnotismo in chirurgia e in medicina

Continuando la rassegna storica, vedremo come l'ipnotismo sia stato valutato attraverso i tempi e ne deriveremo delle nozioni critiche, che potranno servirci anche oggi.

L'ipnotismo, oltre che in medicina, fu con successo sperimentato anche in chirurgia. Wotson e Forbes, in Inghilterra, furono fra i primi a servirsi dell'ipnosi per l'analgesia chirurgica.

Il 12 aprile del 1829 fu compiuto, in Francia, il primo intervento con anestesia ipnotica da parte di Jules Cloquet, che asportò una mammella a una paziente di 64 anni, ipnotizzata. L'inferma non senti dolore e, al risveglio, non ricordò l'operazione subita.

Nel 1830 Jean-Victor Dudet estrasse il primo dente in anestesia ipnotica.

Nel 1845, Loysel di Cherbourg amputò una gamba in ipnosi e l'identica operazione fu eseguita nello stesso tempo a Londra da Fanton, Vosvele, joly.

Nel 1847, Ribaud e Kiaro, due medici di Poitiers, operarono in tre tempi, senza dolore, una ragazza affetta da tumore dei mascellare.

Il 4 dicembre 1859, Broca e Follin, a Parigi, in una donna di quarant'anni eseguirono un intervento per ascesso anale,

mediante anestesia ipnotica.

Nel 1880, Liébeault produsse analgesia totale in un travaglio di parto, durato ventidue ore.

In tale periodo, e per circa sessant'anni, furono compiute in tutta Europa n-ùghaia di operazioni indolori con l'ipnosi, e ricordo in merito solamente i nomi di Guérineau, Velpeau, Demarquais, Pritz, Carl Braun. Un chirurgo scozzese, il dottor James Esdaile (1808-59), convinse H governo britannico ad aprire in Inghilterra e in India ospedali per le pratiche dell'ipnosi. Egli negli ospedali di Calcutta eseguii numerosi interventi chirurgici, sottoponendo i suoi risultati a una Comn-ússione governativa, la quale emise un giudizio favorevole.

Nel capitolo 10 S 1, si ritornerà sull'argomento, accennando alle recenti pubblicazioni sull'anestesia ipnotica in chirurgia; qui, in tema di esposizione storica, è interessante notare come questi grandi precursori dell'ipnotismo in anestesia e in terapia, abbiano subito in parte la sorte di Mesmer e le persecuzioni dei colleghi.

Al celebre John EWotson, scopritore di metodi semeiologici cardiopolmonari in uso tuttora, professore di medicina nell'Università di Londra, presidente della Royal and Surgical Society, dopo aver ottenuto centinaia di successi col sonno magnetico all'University College Hospital, fu proibito, nel 1838, dal Consiglio di quell'università sofiecitato dall'invidia dei colleghi, di usare l'ipnotismo in ospedale. EWotson si dimise e continuò per la strada, fondando a Londra il Mesmeric Hospital. Nel 1848 fu

invitato a tenere una relazione sul mesmerismo, ma i colleghi arrivarono a dire che i soggetti da lui guariti erano impostori, abibnente addestrati, e gli contestarono i risultati ottenuti. Identica sorte subìì James Esdaile, in India. Questi, dopo aver operato centinaia di casi in perfetta anestesia ipnotica, con un calo della mortalità operatoria dal 50 al 5 per cento (Pavesi), fu ostacolato e screditato dal Medical College di Calcutta.

Al medico piemontese di fama europea Sebastiano Giraud fu proibito, nel 1770 dal Re del Piemonte, l'esercizio delle pratiche magnetiche tanto da indurlo all'espatrio (cap. 1 S 2b).

L'ipnotizzatore svizzero Lafontaine ricevette dal re Ferdinando Il l'ordine di abbandonare Napoli, a meno che non cessasse «di far vedere i ciechi e far udire i sordi». Papa Pio IX, che lo ricevette in udienza, invece, gli disse: «Bene, signor Lafontaine, speriamo che per il vantaggio dell'umanità H magnetismo possa presto diventare d'uso generale» (Van Pelt).

James Braid credette, con profonda convinzione, alla potenza terapeutica dell'ipnotismo; per lui molte *malattie croniche sono curabìlì col sonno provocato. Tuttavia egli fece una distinzione fra i dìsordini cronici, di natura puramente funzionale, e le malattie dovute a cause organiche, ritenendo che, contro queste ultime, le pratiche ipnotiche non potessero avere altro effetto che quello di modificare alcuni sintomi; mentre, contro i primi, esse agissero veramente come agente curativo.

Braid propose nel 1842 di tenere una conferenza sull'ipnotismo dinanzi alla British Medical Association, ma la sua proposta fu respinta e le sue comunicazioni sulle cure effettuate definite ridicole.

Non era allora facile dimostrare come l'ipnotismo potesse avere una base scientifica; un luminare della neurologia, il Broca, dovette abbandonare l'ipnosi per non compromettersi la carriera, pur avendo in essa esordito con successo (Daglio).

Anche Liébeault e Durand de Gros, artefici dell'indirizzo della futura Scuola di Nancy patrocinata da Bernheim, non riuscirono a vincere le diffidenze e preferirono anch'essi abdicare (Daglio). 2. Le scuole di Nancy e della Salpétrière. Successivi fautori e oppositori dell'uso dell'ipnotismo La scuola di Nancy diede un grande impulso alla terapia ipnotica e ne incoraggiò l'applicazione. Scrive Pitres: «Se la medicazione suggestiva non fa del bene, essa non può far del male; in tutti i malati, anche organici, vi sono dei disturbi funzionali che possono essere rimossi assai bene con l'ipnosi».

Si è detto da alcune scuole, scrive Bernheìm, e anche da quella della Salpétrière, che l'ipnotismo causa l'isterismo e l'alienazione mentale; ma «questo lo dicono - ribatte Bernheim. - coloro che non hanno idea esatta di quello che sia la suggestione ipnotica, e che costituiscono le loro idee preconcette all'osservazione dei fatti e che, senza aver

veduto od osservato, trattano la questione dall'alto della loro incompetenza». Questo autore, in migliaia di casi, afferma di non avere mai avuto un serio inconveniente; come d'altra parte hanno testimoniato di non averlo mai avuto Liébeault a Nancy, Dumontpallier, Déjerine, Voisìn e Bérfflon a Parigi, Fontan e Ségard a Tolone, SchrenckNotzing a Monaco, Forel a Zurigo, Ladame a Ginevra, KrafftEbing a Vienna, Hirt a Breslavia, Tukei a Londra, van Renterghem e van Eden ad Amsterdam, Moll a Berlino, Wetterstrand a Stoccolma.

Affermazioni analoghe ha fatto Granone che, dopo oltre 50 anni di pratica ipnotica, nel 1988 si trova ancora a discutere con Colleghì i quali, edotti da una psicologia non clinica, con scarsa conoscenza dell'ipnosi e quasi nulla psichiatrica, affermano la pericolosità dell'ipnosi; paragonando la dissociazione raggiunta in essa a quella schizofrenica e le allucinazioni ipnotiche, a quelle deliranti psicopatiche. 0 temono che l'ipnosi conduca poi a questi eventi morbosi.

Bernheim pensava che il danno di una estrema suggestibilità ipnotica potesse essere evitato per mezzo della suggestione medesima, con cui si ottiene dal soggetto l'oblio delle allucinazioni provocategli nel sonno ipnotico e con cui si può evitare anche che egli subisca la volontà e il comando di altri. Inoltre Bernheim sostituiva all'ipnosi, nei casi in cui questa era impossibile, la suggestione allo stato di veglia che anticipa l'ipnosi vigile di Granone (cap. 5, S la) - e faceva appello a essa e alla dinamogenia psichica per la sua psicoterapia.

Tale autore sosteneva comunque di aver addormentato

individui intelligenti per mesi, ogni giorno, e anche due volte al giorno, senza aver mai riscontrato alcun danno alle facoltà intellettive.

La scuola della Salpétrière, concludendo i propri studi sul grande ipnotismo, non ne derivò invece molti incoraggiamenti per la terapia. Paul Richer e Gilles de la Tourette, nell'articolo Hypnotisme del Dizionario enciclopedico scrivono: «L'ipnotismo non è altro che un parossismo isterico provocato in luogo di quello spontaneo; esso agisce come i parossismi, modificando profondamente H terreno isterico. Ora, ciò che il medico deve avere costantemente presente è che egli non può sapere a priori se gli effetti che produrrà invece di essere curativi, ne seront pas simplement désastreux». Oggi si sa come per non incorrere in inconvenienti del genere basti conoscere prima l'equilibrio nervoso dei soggetto che si sottopone ad ipnosi. Per questo si sono vietati gli spettacoli teatrali e televisivi dell'ipnotismo (cap. 13 5 2a).

Babinski fu fautore dell'ipnotismo, ma ritenendo che questo potesse nuocere, ne lin-ùtò l'applicazione. Paragonandolo agli altri mezzi di psicoterapia, egli cogi si esprime: «Le pratiche ipnotiche possono essere nocive, perché possono far nascere nello spirito dell'ipnotizzato l'idea che egli è incapace di resistere alla volontà altrui, e io trovo che di norma è preferibile astenersene.

«Se ho che fare con un malato avente una cultura che lo rende adatto a subire un ragionamento scientifico, adotto con lui la psicoterapia ragionata: gli dichiaro che egli è vittima di un'illusione e che, quindi, egli deve essere il suo

proprio medico e guarire con uno sforzo di volontà.

«Se si tratta di uno spirito più semplice, non uso a ragionamenti rigorosi, ma fiducioso nella medicina, affermo senza dimostrarlo che i mezzi da me disposti lo porteranno alla guarigione. Non adopero l'ipnosi, ma la persuasione. Ma se si presenta un isterico tenace, scettico e ribelle all'idroterapia, all'isolamento, all'elettroterapia eccetera, ricorro volentieri all'ipnotismo che mi ha donato, come ad altri medici, dei risultati notevoli».

Belfiore (1914), se pensa che nelle persone veramente sane i danni dell'ipnotismo siano poco da temersi, crede tuttavia che in alcune, sensibili, possa svilupparsi, a lungo andare, una certa irritabilità nervosa. Ritiene che ipnotizzazioni molto spesso ripetute, mal regolate, ottenute con mezzi gravosi, ovvero suggestioni che scuotono fortemente la mente del soggetto, stati emotivi molto intensi eccetera, possano riuscire di danno alle funzioni organiche di una persona anche sana.

In trattati meno vecchi troviamo, nelle linee essenziali, le vedute già espresse da Babinski; e Bumke (1927, vol. 2, p. 114), che pure è un fautore dell'ipnosi, scrive: «Gli individui che sono mentalmente quasi robusti e per i quali è lecito sperare che sapranno vincere da soli i loro disturbi psicogeni, non è bene ipnotizzarli, perché altrimenti ci re

sterà l'amara sensazione di avere spezzato la loro indipendenza psichica». Quest'autore ciononostante, è un vero assertore dei vantaggi della terapia ipnotica, e la consiglia anche per quelle forme mentali in cui di solito la si

ritiene controindicata. Parlando degli stati coatti, difatti, scrive: «Contrariamente a ciò che si consigliava un tempo, e contrariamente alle mie prime esperienze, mi sono deciso, in questi ultimi anni, in numerosi malati di ideazione coatta, a ricorrere alla ipnosi, e ho ottenuto con essa, talora sebbene con fatica e lentamente, degli indubbi successi» (Bumke, 1929, vol. 2, p. 114).

Bolsi (1936, p. 130), parlando della terapia dell'isterismo, sconsiglia l'uso abituale dell'ipnosi in questa malattia «come lama a doppio taglio, che accrescerà la suggestionabilità, e la tendenza all'automatismo e alla dissociazione», ma la indica come adatta terapia dei disturbi isterici che hanno resistito a ogni altro mezzo.

G. Fumarola e G. Mòglie (1936, p. 275) scrivono: «L'ipnotismo è uno stato di sonno provocato, ma esiste anche un'autoipnosi, che generalmente è favorita da una consuetudine di quella provocata, H che costituisce uno tra i non bevi inconvenienti del metodo, di cui, pur riconoscendo gli indubbi effetti terapeutici nel ristretto campo di alcune forme psichiche, non siamo affatto entusiasti; tanto più che lo scopo di provocare il fenomeno del monoideismo, della concentrazione della coscienza del soggetto in una sola idea, si può ottenere con mezzi più naturali, più semplici, più rapidi. (Quali?). Da noi H metodo ipnotico è stato quasi completamente messo da parte eccetera... Né dobbiamo rammaricarcene, essendo, secondo noi, molto superiori gli inconvenienti che i vantaggi dell'ipnosi provocata: cessione completa della personalità individuale in mano di altri ( ll delitto di plagio è stato abolito dal nostro codice.) , che, per quanto rispettabile, può usarne e abusarne a volontà; persistente, talora anche dopo il risveglio, esaltazione della preesistente suggestionabilità; depressione dei poteri volitivi; abitudine ipnotica come

quella morfinica (?); morbosi legami affettivi tra ipnotizzato e ipnotizzatore, e infine trasformazioni non prevedibili, ma estremamente pericolose, dei sentimenti etici (?) e sociali del soggetto».

Riteniamo che non sia utile vietare a un medico qualificato di agire con l'ipnosi su un ammalato, secondo quei criteri che gli sono dettati dal suo sape re e dalla sua coscienza, e di cui egli può sempre mettere al corrente l'ammalato stesso, o i suoi parenti.

A chi scrive non risultano avvenute «trasforrnazioni non prevedibili, ma estremamente pericolose, dei sentimenti etici e sociali di un ipnotizzato», all'infuori di quelle che a lui può suggerire l'ipnotizzatore; e se questi è un medico, conscio dei suoi doveri professionali, non potrà valersi della facoltà suggestiva che in bene. Il vero è che l'esercizio di siffatta facoltà nel male è molto limitato; è ben risaputo che in ipnosi non esiste da parte del soggetto obbedienza passiva, che la sua personalità morbosa, o no, per gran parte sussiste, e ricordiamo in merito la suora isterica di Charcot, che sopportava sulle mani il calore della lampada con i carboni accesi, ma si svegliava da-Ha trance non appena si faceva l'atto di alzarle le vesti, come per violentarla.

Del resto, già nel passato, questi problemi sono stati lumeggiati. Verso la fine dell'Ottocento Touroude scrisse: «Il soggetto si attacca all'ipnotizzatore con sentimenti di affezione, che nascono nella sua coscienza per la superiorità e l'autorità dell'ipnotizzatore. Non solamente egli diviene suo schiavo; ma suo schiavo devoto, j'allais dire amoureux». Ma Grasset trovava questa obiezione

«singolarmente esagerata e un pò teorica», ritenendo che questo sentimento non ha alcun inconveniente possibile con un medico che conosce i doveri della sua dignità professionale. Bernheim e Liébeault hanno ipnotizzato migliaia di persone all'anno; e si vuol dire dunque che essi hanno ispirato ogni hanno migliaia di passioni violente? «Dunque - concludeva Grasset nel 1909 - non resta di questa obiezione che un invito alla circospezione e alla prudenza, ma non certo una controindicazione all'impiego terapeutico dell'ipnotismo e della suggestione».

Conosciamo, è vero, un'abitudine ipnotica (ben diversa da quella morfirùca!), un'autoipnosi, «un'esaltazione della preesistente suggestionabilità», ma l'instaurarsi, o no, di questi disturbi in maniera stabile dipende, ripetiamo, unicamente dalla tecnica usata, dall'abilità dell'operatore e dalla particolare costituzione del soggetto. Un medico, che sia buono psicologo ed esperto nella pratica dell'ipnotismo, difficilmente osserverà, nei propri soggetti, inconvenienti del genere. Egli saprà sempre fino a che punto deve insistere con l'ipnosi e sin dove potrà spingere le sue suggestioni. A conferma di ciò, si rimanda alla particolareggiata casistica che figura nella parte quarta. 3. Gli psicoanalisti e l'ipnoanalisi Una forte corrente contraria all'ipnosi è stata creata da Freud e da tutti gli psicoanalisti, che l'hanno seguito. Freud, persuaso di essersi impadronito non solo del modo d'interpretazione dei disturbi nevrotici, ma anche di un metodo speciale per la loro cura, da anteporsi a tutti gli altri fino allora conosciuti, abbandonò l'ipnotismo, dopo essersi, all'inizio, dedicato proprio ad esso avendolo appreso alla Scuola di Charcot e di Bernheim. Spiegheremo appresso H motivo di questo abbandono.

Ecco ciò che in sintesi è stato scritto in merito, da vari psicoanalisti degli anni passati: «La suggestione diretta per mezzo dell'ipnosi dovrebbe scomparire dall'arsenale terapeutico, o essere conservata in casi rarissimi, in cui, di fronte all'inefficacia di tutte le altre cure tentate, ci si può ricorrere con H concetto di sostituire a un male grave un male minore. 2 ormai tempo che tutti si persuadono che l'ipnotismo provocato è uno stato di sonnambulismo altrettanto morboso quanto quello che può insorgere spontaneamente; e che non si possono fare tali pratiche impunemente, cioè senza correre il rischio di innestare in un cervello, già perturbato, nuovi elementi di disgregazione.

Fu visto un caso di delirio isterico protratto per otto giorni, in seguito a ripetute ipnotizzazioni, come pure l'insorgere di stati sonnambolici, che prima non esistevano». [Tecnica inadeguata in paziente predisposto!]

«Perciò possiamo servircene solo nei casi estremi, e anche in questi evitando, per quanto è possibile, tutto il cerimoniale di Braid o di Charcot, procurando di servirci dei mezzi più semplici della Scuola di Nancy (Bernheim e suoi discepoli).

«Si tenga inoltre presente che la guarigione a colpo di grancassa, come si ha per lo più nell'ipnotismo, allontana momentaneamente un sintomo grave, senza modificare radicalmente il falso modo d associare, che è una delle caratteristiche dell'iste rismo. A meno che non si voglia servirsi, come fan no il Forel e lo Schrenck- Notzing, dell'ipnotismo come di un mezzo pedagogico per rifare un poco al la volta la volontà, o perturbata o indebolita,

di que tipi psichicamente male evoluti, che noi chiamiamo degenerati. Anche in questi casi, non sappiamo che cosa avvenga di loro, quando si cessa la suggestio ne ipnotica giornaliera. Invece, dal punto di vista pedagogico, si hanno risultati ottimi e duraturi co trattamento per mezzo della psicoanalisi... ecc. ». E. Weiss e 0. S. English scrivono che «l'effetto dell'ipnosi non è duraturo», che «l'ipnosi rimane una terapia suggestiva di risultato incerto e di possibilità assai limitate. Nella migliore delle ipotesi potrà causare un sollievo temporaneo, senza riuscire però a risolvere H conflitto. In più, essa comporta un aumento delle tendenze di sottomissione a qualche autorità: a quella dell'ipnotizzatore. Ha molto maggior valore, pertanto, portare alla luce i conflitti e non cercare di cancellarli». I due autori suddetti, per contro, favoriscono la psicoanalisi, che definiscono come psicologia medica, e cioè strettamente legata alla fisiologia.

Per accertare l'erroneità di queste asserzioni, si rimanda a quanto verrà esposto nella parte quarta. Qui si desidera unicamente rilevare quanto da numerosi cultori dell'ipnotismo (Kretschmer, Koch e altri) è già stato giustamente osservato, cioè che Freud, e con lui le generazioni seguenti, hanno commesso l'errore fondamentale di ritenere essenziale nell'ipnotismo la suggestione, sicché «è sorta l'invincibile persuasione che l'ipnosi non fosse atta ad altro che a dare al paziente facili suggerimenti, sovrapponendoli ai suoi veri conflitti, e, su questa comoda via, raggiungere successi fittizi». Quindi azione sintomatica, mimetizzante una vera guarigione. Esistono in ipnositerapia tecniche condizionanti e decondizionanti (cap. 15) completamente ignorate da chi non vede altro che la suggestione nell'ipnotismo. Per vero oggi è risaputo come il valore e l'importanza terapeutica dell'ipnosi stiano nelle vie di accesso che essa apre, non

solo alla personalità psichica profonda, ma anche a quella somatica e viscerale. Ciò per mezzo di correlazioni, agenti a livello biologico, e di collegamenti neurofisiologici, che si illustreranno nella parte terza.

Inoltre dopo quanto è stato scritto sulla psicoanalisi, è superfluo che qui ci si soffermi su di essa. Prescindendo dalla tecnica, dalle deformazioni sessualì di questa dottrina, e da qualunque altra sua interpretazione discutibile dei dati della vita reale, è possibile che anche quando si sia riusciti a mettere, con metodo catartico, un paziente di fronte ai traumi psichici che avevano determinato in lui l'insorgenza di una nevrosi, non per questo segua sempre la guarigione. Conoscere in questo campo non vuol dire, purtroppo, guarire: l'ammalato rimane spesso convinto della psicogenesi dei suoi disturbi, ma questi potranno persistere; non perché egli ne abbia appreso l'origine sessuale o non sessuale essi si dilegueranno come nebbia al sole.

Per ottenere la guarigione, bisognerà operare successivamente con la persuasione e con la suggestione, ma allora il merito non sarà più della pura psicoanalisi, che, con i suoi metodi non è pur essa immune da inconvenienti.

Lo psicoanalista riceve l'infermo assai spesso in una stanza sernibuia, lo fa sdraiare sopra un lettino, e le condizioni dell'ambiente possono essere a volte tali che se non si determina una mezza ipnosi, si crea certamente un ambiente altamente suggestivo. Le risposte che il medico riceve coáì dal proprio soggetto, finiscono a volte col risentire non poco del suo influsso, anche non verbale, se non altro perché chi fa la domanda può suggerire assai

spesso involontariamente la risposta; e chi è suggestionato è innanzitutto un bugiardo involontario e incosciente. Non si vuole con ciò affermare che gli effetti ottenuti con la tecnica psicoanalitica siano dovuti solo a fatti ipnosuggestivi, bensì che anche H trattamento analitico, specie quando non è ortodosso, si avvale in parte per il suo successo proprio di quei fatti suggestivi che tanto condanna!

Lo psicoanalista esperto sa distinguere bene ciò che è dovuto a elementi suggestivi e ciò che è dovuto a quella modificazione di base nelle forze psichiche agenti nel soggetto, prodotta dall'analisi. Egli evita gli effetti puramente suggestivi e, quando si determinano, cerca di risolverli mediante l'analisi dello stesso rapporto suggestivo.

Sta di fatto però che, nonostante tutto questo, non si può evitare che elementi suggestivi s'inseriscano anche nelle analisi più ortodosse e non è facile escluderne H peso dalla terapia, tanto più quando questa si trascina per tre anni ed oltre, con una media di due sedute la settimana.

Anche da parte degli psicoanalisti si è incolpata l'ipnosi di far sorgere «morbosi legami affettivi tra ipnotizzato e ipnotizzatore», cosa che, come si è detto, è piuttosto difficile quando non sia voluta dall'operatore. Questi sin dai primi rapporti col suo soggetto ha chiaramente definita la propria responsabilità, sapendosi infatti a priori che molti sentimenti che si possono suscitare in un ipnotizzato sono dovuti a lui. Ma identica accusa potrebbe allora farsi alla psicoanalisi in cui, a scopo di cura, si tollera H transfert di idee e desideri sessuali del paziente sul medico.

A proposito della psicoanalisi e dell'ipnotismo nella cura delle psiconevrosi e dei fenomeni isterici in particolare, il professor Dino Bolsi, già cattedratico di neuropsichiatria all'Università di Torino, pensa che la psicoanalisi sia «pericolosa nella pratica, a causa del pansessualismo perverso che ne riempie le formule sulla genesi delle nevrosi. La sua applicazione agli isterici è tanto più pericolosa ìnquantoché si tratta di soggetti suggestionabilissimi, che possono convincersi con facilità di essere vittime di un erotismo anomalo, anche se nella loro vita non vi è traccia di tendenze sessualì meno che corrette». Per vari autori, la psicoanalisi del Freud non è che un metodo suggestivo senza l'ipnosi. L'opera del Morselli, «Psicoanalisi», è tutta una solenne smentita alla dottrina freudiana, che cerca la causa delle psiconevrosi in un conflitto tra l'inconscio organizzato e la coscienza. 1 trionfi di Freud e dei suoi seguaci non sarebbero dissimili, secondo Morselli, dai miracoli operati dal trattamento religioso, né dalle varie forme di psicoterapia che Liebermeister, Rosembach, Dubois, Babinski, S. H. Schultz, A. Moll e altri hanno praticato.

Molti autori avvalorano l'ipnosi, contro la psicoanalisi. De Biasi, già ordinario di ostetricia all'Università di Genova, scrive, ad esempio, che la psicoanalisi è controindicata nell'iperemesi gravidica, specialmente se si tratta di un soggetto psiconevrotico e ossessivo; nell'isteria, poi, «tale metodo incontra opposizioni cosii gravi da lasciare scettici sull'opportunità di tentativi di questo genere». Tale autore consiglia invece la terapia suggestiva, anche in sonno ipnotico (meno che nei casi di grave esaurimento) con cui V. Wolff, Nyiró, Rothauser, Frank, Benthin, Platonov e collaboratori, Birò e altri, hanno avuto successo.

Schmitz scrive di essere a conoscenza di molti pazienti che non solo non sono guariti con la psicoanalisi, ma sono anzi «piombati, a causa dell'incessante frugare nel loro intimo, in un grado di confusione e di agitazione da sentirsi più malati di prima». Accenna a un caso di nevrosi d'angoscia, in cui il fallimento del trattamento psicoanalitico «fu prolungato per cinque anni da tre psicoanalisti di grande valore, che si diedero H cambio con costante aggravamento della sintomatologia morbosa, sinché, alla fine, fu l'ipnosi a risolvere la situazione». Per questo autore la causa dell'angoscia non è mai esprin-iibile e perciò la sua ricerca deve inesorabilmente fallire.

Da informazioni assunte presso insegnanti della Dental and Medical Society for the Study of Hypnosis s'è appreso che, da qualche tempo, molti psicoanalisti inglesi si sono orientati in modo decisamente favorevole verso l'ipnosi.

Dopo essersi per tanti anni contrapposti ipnotismo e psicoanalisi, vari autori recenti (Wolberg, Lindner, Romero, Ancona) tendono alla fusione di questi due procedimenti terapeutici con la spiegazione, però, dell'etiologia e della genesi dei fenomeni ipnotici con la dottrina psicoanalitica.

Hadfleld, nel 1920, coniò H termine di «ipnoanalisi» per denominare una combinazione di catarsi ipnotica e di suggestioni rieducative. Questo autore, insieme a Wingfield, fece largo uso dell'ipnotismo per la cura delle nevrosi di guerra, durante la prima guerra mondiale. Messi i pazienti in sonno ipnotico, faceva loro rivivere l'evento vulnerante e, spingendoli a esternare tutte le emozioni a esso congiunte, riusciva ad avere guarigioni brillanti e

rapide.

Il termine di ipnoanalisi è rimasto per designare successivi metodi moderni, che peraltro sono notevolmente diversi da quello iniziale di Hadfleld. Oggi l'ipnoanalisi è una tecnica mista che usa procedimenti della psicoanalisi e dell'ipnosi. Noi adoperiamo il termine ipnoanalisi, come abbiamo già specificato (cap. 1 S 1), per indicare qualunque indagine psicologica eseguita in ipnosi, anche se con intendimenti non strettamente psicoanalitici.

Il concetto che uno psicoanalista non possa essere un ipnotista e viceversa, che pure è stato espresso da Musatti nel 1962 nella prefazione alla prima edizione del presente trattato, è stato ritenuto sempre meno valido col passare degli anni; oggi non si pensa più che l'atteggiamento mentale nelle due diverse situazioni terapeutiche sia opposto. Ciò anche perché le moderne tecniche ipnotiche (come il training autogeno, ad esempio) tendono ad autonomizzare il paziente, senza metterlo affatto in una condizione di sudditanza.

Ancona, ad esempio, adopera l'ipnosi per superare le resistenze incontrate durante l'analisi, e con i metodi delle libere associazioni, dei sogni, della scrittura automatica, della visione nello specchio, acquisisce rapidamente durante la trance i dati necessari per l'analisi. Egli parla di possibilità euristiche dell'ipnosi, perché essa, con queste tecniche, viene a collaborare e a interferire con la psicoanalisi, senza disturbarla.

Se il fine della psicoanalisi, aggiunge, è quello di rendere

l'uomo sempre più articolato in se stesso, in modo da consentirgli regressioni funzionali, quali l'orgasmo sessuale, il sonno profondo, il raptus creativo, non c'è nessuna ragione teorica per cui essa debba essere in contrasto con l'ipnosi; la qua le permette appunto a una parte dell'Io di regredire, per il servizio stesso dell'Io; e in modo non patologico, ma fisiologicamente produttivo.

Continuando nell'ulteriore evoluzione, la psicoanalisi ha difatti scoperto che come c'è un lo che deriva soltanto dagli istinti, c'è anche un lo autonomo, che è indipendente da questi, l'Io cosciente; avvicinandosi coA anche alla psicologia classica che questo lo ha scoperto da cento anni.

Orbene, asserisce Ancona, è questo lo autonomo che permette nell'ipnosi all'Io emotivo di regredire fisiologicamente, senza peraltro regredire lui stesso, con la prerogativa di rimanere aderente alla realtà e calcolarla, pur senza avere la pregnanza di tutta la sua consapevolezza.

Ancona dà una ragione storica defl'abbandono dell'ipnosi da parte di Freud, attribuendolo anche a una sua inunaturità e incapacità di padroneggiare e manovrare H controtransfert. Freud avrebbe trovato il metodo dell'ipnosi molto lungo e laborioso, avrebbe costatato che se questa è capace di notevoli catarsi, spesso dà solo guarigioni temporanee, e infine che essa poteva creare un transfert amoroso di cui si sentiva direttamente responsabile. Questa responsabilità Freud non la sentiva invece per la psicoanalisi, dove H terapeuta rimane come una specie di specchio, completamente passivo.

Il divorzio delle due tecniche sarebbe avvenuto, pertanto, in un momento defl'evoluzione culturale ed emotiva di Freud, quando questi non era ancora in grado di padroneggiare quello che si verifica nel rapporto con H paziente.

Oggi invece, che la psicoanalisi è in grado di accettare e controllare ciò che avviene in ogni controtransfert, vengono meno, per Ancona, le ragioni personali e teoriche per cui l'ipnosi è stata considerata come un metodo che va contro qualsiasi approccio psicoanalitico.

Freud, inoltre, vissuto nel clima dell'epoca vittoriana, quando esisteva un distacco enorme fra maestro e adepti, fra genitori e figli, fra medico autocratico e paziente, e l'educazione era basata sulla coercizione, soffocante un mondo di grandi ricchezze intime, ha lottato tutta la sua vita per rendere l'uomo libero da tutto ciò che potesse farlo dipendente da qualche cosa, suggestionabile, spaventato, inibito.

Ma lo sviluppo della medicina, della psicologia e dell'ipnosi ha consentito, asserisce Ancona, ai metodi nati dalla suggestione di controllare scientificamente la suggestione stessa, studiandola nella sua

dinamica e nella sua applicazione spesso inconscia. Esso, smaliziandosi, ha scoperto i caratteri un po' magici dell'esercizio professionale e, con conoscenze approfondite di neurofisiologia, ha imparato a sfruttarli a scopo

terapeutico.

«L'opinione dell'incompatibilità fra metodo ipnotico e psicoanalisi - scrive anche Romero - sostenuta da molti per lungo tempo, era fondata sopra un equivoco: quello precisamente di ritenere che l'ipnosi suggestiva rappresentasse tutta l'ipnosi. Sappiamo ormai non esser vero che nell'ambito del metodo ipnotico sia impossibile Fanalisi, perché l'ipnosi, quando sia contenuta nei limiti dei metodi cosiddetti ipnoanalitici non indebolisce affatto Ho». La pratica psicoterapica, di fatto, dispone di numerosi metodi intermedi tra quelli opposti della suggestione e dell'analisi. Servadio (1960) ammette che l'ipnosi sia adoperabile «per accorciare i tempi e per sfruttare in pieno le possibilità della psicoterapia analitica».

L'associazione di metodo ipnotico e psicoanalisi è, per gli psicoanalisti, concepibile però solo in via del tutto preparatoria e transitoria, inquantoché l'ipnoanalisi dovrebbe, al momento opportuno essere in tutto sostituita dalla schietta psicoanalisi, che sola permetterebbe un'effettiva ricomposizione della personalità.

1 metodi di ipnoanalisi, per gli psicoanalisti, non possono fregiarsi della qualifica di metodi psicoanalitici perché, pur dando la massima importanza all'inconscio, alla sessualità infantile, ai conflitti, al transfert, non possono come questa contribuire alle funzioni d'integrazione dell'Io, né analizzare e liquidare i transfert che invece manipolano per necessità terapeutica.

Comunque, di fronte a tanti giudizi annientatori

dell'ipnotismo, da parte degli psicoanalisti, conforta leggere, su vari manuali, considerazioni dei tutto opposte sull'ipnotismo. Romero ad esempio scrive: «Gli studi moderni sull'ipnosi hanno dotato la psicoterapia di uno strumento delicato e impareggiabile. Se i medici che l'impiegheranno saranno consci del suo valore e dei suoi confini, l'ipnositerapia coopererà con successo, con gli altri sussidi psicologici e biologici, a un compito d'alta benemerenza sociale: quello della prevenzione e della cura delle psiconevrosi». E più oltre: A, mia salda convinzione, fondata ormai su vasta messe di osservazioni cliniche e su lunga pratica di ipnositerapia, che l'ipnosi costituisca uno dei più validi sussidi per chi si dedica alla psicoterapia». Tutto ciò s'è creduto opportuno ricordare agli psicoanalisti contrari alla ipnosi e a coloro che non hanno un'idea esatta della vera natura dell'ipnotismo, per aver sostituito le loro idee preconcette all'osservazione dei fatti. Ma lo si è dovuto riportare anche per altri due motivi: per un dovere di «cronaca storica» e per mettere in guardia gli studiosi, non bene edotti dell'argomento, che venissero a conoscenza delle varie opinioni esposte.

Riteniamo che oggi non vi sia più alcun esperto di psicoanalisi e di ipnosi che parli di perversità del pansessualismo freudiano e di assuefazione morfinica per l'ipnosi.

Per meglio definire i rapporti e le divergenze che esistono fra ipnosi e psicoanalisi accennerò ad altri momenti storici e psicologici che sono a fondamento delle due dottrine. Come osservano Abraham e altri, sia l'ipnosi sia la psicoanalisi vengono situate al limite tra la scienza e la magia dalla gran massa dei pazienti e appagano quella tendenza ambivalente dell'animo umano che abbisogna sia

della conoscenza chiara e indiscutibile, sia del fascino del misterioso e dell'irrazionale. Abbarbicata a queste tendenze l'ipnosi è sempre esistita come strumento sociale e religioso, né più né meno come la psicoanalisi rudimentale degli antichi sacerdoti, che si sforzavano di spiegare sogni e motivazioni incon sce. Entrambe le discipline suscitano nei pazienti la paura di venire a conoscenza di un nostro Io profondo che vorremmo conoscere o ignorare nel tempo stesso e il timore e il desiderio di potere essere dominati dal terapeuta dal quale pur si desiderano consigli e guida a volte con succubanza infantile.

Entrambe le discipline hanno contrastato sin dalla loro origine l'organicismo eccessivo medicoscientifico, asserendo che esistono malattie psicogenetiche e che gli isterici non sono dei simulatori, né i nevrotici dei malati immaginari. Difatti esse con le loro tecniche sono riuscite a guarire numerosi disturbi ribelli alle usuali cure mediche e la malattia viene considerata non solo sotto il profilo negativo, ma anche sotto quello positivo di difesa psichica.

Ipnosi e psicoanalisi hanno valorizzato e scoperto stati di coscienza particolari quali l'inconscio degli psicoanalisti e la trance degli ipnotisti.

Conscio e inconscio per la dinan-rica della personalità umana e per l'equilibrio vitale rivestono per l'ipnotismo e la psicoanalisi la stessa importanza. Le conoscenze successive della neurofisiologia sul

la struttura sottocorticale e sulla sostanza reticolare del tronco encefalico sede di molte attività subcoscienti, come l'osservazione dei danni a volte causati dalla privazione dei sogni, hanno confermato le osservazioni cliniche pregresse di ipnotisti e analisti sull'importanza vitale dei subconscio e dell'ìnconscio.

Questi dati fanno §ì che esponenti qualificati della psicoanalisi oggi guardino all'ipnosi con occhio più benevolo che per il passato e Musatti già nel 1962 scriveva quanto già riportato nella «Premessa del presente trattato»: «L'ipnosi è uno stato particolare e artificiale della coscienza che (sia per i fenomeni che in essa si producono sia per quelli che a suo mezzo si possono provocare) presenta un enorme interesse per la psicologia e per la psichiatria».

«Benché non sia di per sé un fatto patologico, essa costituisce un mezzo di sperimentazione psicopatologica veramente insuperabile».

«E non a caso tutta la moderna psicologia clinica e dinarnica (psicoanalisi compresa) si è storicamente sviluppata a partire dagli studi dei secolo scorso sopra l'ipnosi. Logico pertanto sarebbe stato che il movimento psicoanalitico, cioè l'indirizzo scientifico che ha nei tempi moderni condotto più a fondo la esplorazione dei dinarnismi della vita psichica, avesse continuato a giovarsi, magari a solo scopo di ricerca, di questo prezioso strumento, e avesse approfondito l'analisi dello strumento medesìmo ... »

«Senonché... gli psicoanalisti moderni parlano spesso di ipnosi, ma ne parlano in genere per ripetere vecchie formule e senza preoccuparsi di acquistare una personale esperienza nella sua tecnica».

«Si è coáì determinata in seno alla ricerca su processi psichici del profondo una lacuna assai grave che è urgente colmare».

Esistono tuttavia divergenze fondamentali fra ipnosi e psicoanalisi e queste sono riposte, come anche Abraham osserva, nell'interpretazione patogenetica dei sintomi nevrotici e nella dinan-úca della guarigione.

La psicoanalisi è partita subito da un massiccio apparato dottrinale a sostegno della sua tecnica di indagine terapeutica, riducendo l'etiologia della nevrosi alle rimozioni delle emozioni infantili, alle cattive relazioni fra il neonato e la madre; ai conflitti fra esigenze istintive individuali e le inibizioni sociali; ai contrasti intrapsichici fra Es, Io e Super-io. L'ipnositerapia non accetta H dottrinale psicoa nalitico che parzialmente, è aliena dall'ammettere la genesi sessuale di molti disturbi nevrotici, pur riconoscendo la possibilità della loro origine infantile e l'eventuale presenza di resistenze inconsce alla guarigione.

Appunto per questo essa si avvale della regressione di età,

della scrittura automatica e di sogni indotti e di altre numerose tecniche di analisi psichica.

Ma il sorgere del processo morboso conflittuale e il suo permanere viene visto dall'ipnosi più sotto la luce di un processo di condizionamento psicofunzionale, che come una elaborazione psicodrammatica interna (Abraham).

L'ipnosi infatti viene da chi scrive ampiamente adoperata non solo come metodo di analisi della personalità profonda e mezzo per una successiva presa di coscienza, ma anche, e con successo, come terapia condizionante e decondizionante del comportamento. Ciò in seguito a numerose ricerche chniche e sperimentali già oggetto di pubblicazioni.

Mentre per gli psicoanalisti la eliminazione del sintomo nevrotico, risultato di un compromesso e di un conflitto, non serve se non si modifica la problematica sottogiacente, gli ipnotisti invece pensano che in molti casi quando H sintomo si è strutturato per lunghi anni, creando varie anchilosi psichiche, esso è divenuto indipendente dalla problematica che lo ha generato, come un figlio adulto dalla madre.

In tale evenienza può giovare la soppressione dei sintorrri con l'ipnositerapia decondizionante e condizionante, che negli psicotici può essere con successo preceduta da un decondizionamento brusco shockterapeutico, o dalla somnùnistrazione di psicofarmaci che instaurino una maggiore disponibilità e recettività psicoterapeutica nel paziente.

La psicoanalisi infine tratta il transfert come una nuova nevrosi sostitutiva dell'originaria, da analizzare pur essa con procedimenti più o meno lunghi, l'ipnosi invece interrompe l'eventuale transfert più rapidamente con tecnica decondizionante e adeguate suggestioni postipnotiche.

Di fatto noi riteniamo che entrambe le discipline possano collaborare nella ricerca scientifica psicologica, nella diagnostica e nella terapia dei disturbi psichici, ognuna con i suoi vantaggi e i suoi limiti; ricordando che se gli psicoanalisti rimproverano all'ipnosi la possibilità di creare a volte un transfert massiccio subterapeutico di cariche emotive di ori

gine infantile, anche la psicoanalisi di fatto non è del tutto indenne nei suoi successi terapeutici da componenti suggestive cbme pretenderebbe (Abraham, Granone e altri). L'argomento sarà ripreso e più ampiamente svolto nel cap. 14 5 6.

Dopo vari anni di esperienza e dallo studio di malati trattati dai vari colleghi sono arrivato alla convinzione che ad esempio nella tossicomania etifica l'ipnositerapia decondizionante può dare successi superiori a quelli della psicoanalisi. Vanto in merito risultati validi e persistenti dopo trenta anni. Lo stesso è per alcune malattie psicosomatiche dove, essendo la disfunzione patologica organizzata più in profondità nel soma e nei visceri di quanto non lo sia nelle nevrosi, si possono avere successi migliori della psicoanalisi con l'ipnosi. Questa difatti con le sue tecniche rilassanti e suggestionanti ha la possibilità di

aprire la via più immediatamente e profondamente all'Io somatico e viscerale, come è dimostrato da centinaia di lavori delle scuole riflessologiche e da tutti gli studi compiuti con le tecniche di training autogeno.

t bene non dimenticare, come fanno vari psicoanalisti dogmatici, che la psicoanalisi non è che una forma di psicoterapia e non la vera psicoterapia, come alcuni scrivono, tanto che Bazzi (1970, p. 22) argutamente ribatte: «Quale clinico affermerebbe, ad esempio, che solo l'uso di un determinato antibiotico rappresenta la vera terapia delle malattie infettive?»

E, per concludere, è bene ridimensionare una cognizione vigente in merito ai rapporti fra l'ipnosi e un'altra disciplina, la psicosomatica.

Molti studiosi ritengono che la psicosomatica sia una specie di nutrice che tiene a balia il bambinello dell'ipnosi e che questa sia una appendice pressoché trascurabile nel dottrinale della psicosomatica, la cui terapia per vari anni è stata orientata in senso strettamente analitico.

Anche nei congressi si parla di psicosomatica e ipnosi e solo molto di recente si è parlato di ipnosi e psicosomatica. Di fatto però, e in campo storico e in quello clinico, le cose non stanno precisamente così.

La psicosomatica è nata dopo l'ipnotismo e non viceversa. Essa come la psicoanalisi deve molto all'ipnosi e un

esempio di eccezionale rapporto psicosomatico è costituito dalla stessa ipnosi, la cui maggiore conoscenza riteniamo possa portare sul piano speculativo e su quello pratico vantaggi notevoli alla medicina psicosomatica. Di fatto l'ipnosi come la psicoanalisi ha reso impreciso il limite fra il somatico e lo psichico, fra il normale e l'anormale, anticipando le successive affermazioni di più vasta mole della medicina psicosomatica.

Noi auspichiamo la collaborazione concorde di queste discipline, per una maggiore e migliore conoscenza della natura umana. 4. Situazione odierna dell'ipnotismonelle scuole mediche e in Italiadurante il ventesimo secolo Nonostante le prospettive di ordine speculativoscientifico e pratico-terapeutico, accennate nei precedenti paragrafi, qual è precisamente il posto che occupa oggi l'ipnotismo nella cultura dei medici?

In complesso, molto modesto. Nell'America settentrionale e meridionale, in Olanda, in Francia, in Gran Bretagna, in Germania, in Russia si è fatto molto più che in Italia, dove gli studi sull'ipnotismo sono statì negletti, almeno sino a circa dieci anni fa, quando non guardati con sospetto a diffidenza.

Negli Stati Uniti, nonostante vi siano oggi scuole all'avanguardia nello studio dell'ipnosi, non mancano, come in Italia, i mestieranti di questa disciplina.

La prima e più antica associazione di medici ipnotisti nell'America settentrionale, la Society for Clinical and Experimental Hypnosis, raccomanda almeno un anno dì addestramento per qualsiasi medico, o dentista, che voglia impiegare l'ipnosi nella sua specialità. Ciò per evitare che qualche medico esperimenti l'ipnosi solo dopo un corso affrettato e, ignorandone le limitazioni, possa fare più male che bene. «Corsi rapidi - avverte il dottor Milton V. Kline offrono il mezzo, ma non la valutazione della cautela con cui lo stesso deve essere impiegato».

La Society for Clinical. and Experimental Hypnosis sorta negli Stati Uniti nel 1949 per effetto del suo ampliarsi si trasformava nel 1958 in International Society for Clinical. and Experimental Hypnosis, che si affilava nel 1959 alla World Federation for Mental Health. Nel 1958 l'American Medicai Association si decideva dopo due anni di riflessioni a riconoscere il valore terapeutico dell'ipnotismo. Nel febbraio 1961 l'American Psychiatric: Association ha ufficialmente riconosciuto l'ipnotismo quale «procedimento medico della specialità psichiatri

ca». La rivista della società è l'«International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis».

Centri di studio per l'ipnosi sono sorti in Olanda, Francia e Gran Bretagna; le possibilità dell'ipnosi, soprattutto in rapporto alle funzioni fisiologiche, vengono particolarmente studiate in Russia.

In Inghilterra nel 1948 venne fondata la British Society of Medicai Hypnotists, dal 1949 si pubblica H Btitish Journal of

Medical Hypnotism e nel 1950 sono sorte due società specializzate, una per i medici chirurghi e l'altra per gli odontoiatri e gli stomatologi (Dental and Medicai Society for the Study of Hypnosis, Londra) con lo scopo di diffondere l'uso dell'ipnosi come mezzo scientifico di cura. Dette società tengono corsi postuniversitari, che suscitano vasto interesse.

Nel 1954 viene emessa in Inghilterra una legge che proibisce gli spettacoli di ipnotismo. Nel 1955 la British Medicai Association ha riconosciuto ufficialmente l'ipnotismo dopo H rapporto di una propria commissione che, al termine di due anni di studio, concluse le indagini raccomandando alle università di perseguire studi speciali sull'ipnosi e di insegnarla agli studenti di medicina e in corsi speciali per i laureati, per gli anestesisti e gli ostetrici. Tale comn-ússione riscontrò che l'ipnotismo può essere utile in medicina per curare varie malattie e per ridurre H dolore in alcune operazioni, pur riconoscendo i fimiti e i pericoli di tale metodo in mani inesperte. Questa comnùssione, per dare all'ipnotismo un posto ufficiale nella medicina ortodossa, si è ispirata, a circa centoventi anni di distanza, al rapporto che Husson nel 1831 aveva fatto all'Accademia reale di medicina, dichiarando che Ae conclusioni di questo rapporto sono per la maggior parte applicabili anche oggi». Kennedy, professore di medicina psicologica all'Università di Edimburgo, insiste da alcuni anni sull'utilità dell'ipnosi nell'insegnamento della psicoterapia: «Noi possiamo

egli scrive - grazie all'ipnosi mostrare agli studenti una forma elementare di rapporto medicopaziente che si può produrre nella situazione terapeutica e i mezzi di cui H

medico può servirsi per aiutare H malato».

Elenchiamo, per comodità degli studiosi, alcuni fra i principali centri europei che trattano di ipnosi, anche se qualche riferimento cambia col passare degli anni:

1) Strasburgo (Francia): Chnica psichiatrica dell'Università (T.Kammerer e R. Durand de Bousingen). 2) Par~gi (Francia): a) Clinica psichiatrica dell'Università (j. Delay); b) Hópital de la Salpétrière (WidIócher, psichiatria infantile e training autogeno); c) Rotschild Institute (Centro Psicosomatico, L. Chertok e M. Sapir).

3) Ginevra (Svizzera): Polichnico universitario di psichiatria U. Ajuriaguerra).

4) Losanna (Svizzera): Clinica psichiatrica dell'Università (P. B. Schneider).

5) Lindau (Germania): 0. Meyer, A. Friedemann, tengono corsi di ipnosi e training durante una tradizionale settimana psicoterapeutica alla quale intervenivano anche J. H. Schultz di Berlino e R. Stokvis di Liegi.

6) Berlino (Germania): Training autogeno (Scuola dei successori di j. H. Schultz). 7) Tubinga (Germania): Clinica neuropsichiatrica

dell'Università (W. Shulte).8) Colonia (Germania): Ospedale civile (R. Lohmann). 9) Magonza (Germania): Istituto clinico universitario per psicoterapia (già diretto da 0. D. Langen). 10) Gottinga (Germania): Istituto psichiatrico dell'Università (H. Leuner). 11) Londra (Inghilterra): West London Hospital (Paterson A. Spencer).

12) Barcellona (Spagna): A. Caycedo, sofrologo; S. Montserrat Esteve.

13) Amsterdam (Olanda): Istituto di psicologia dell'Università. Reparto Clinico.

Fra le varie associazioni mediche di ipnosi esistenti all'estero oltre alle statunitensi, europee, asiatiche, dobbiamo ricordare ancora la Federazione latino-americana di ipnosi chnica (alla quale appartengono le Associazioni Italiane), che nel marzo 1982 era costituita da circa quaranta Società dislocate in Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Itava, Messico, Nicaragua, Panama, Perti, Portogallo, Spagna, Uruguay, Venezuela.

Di fatto è da ritenersi eccessivo un cogi gran numero di società per qualche paese (sette nel Venezuela, cinque nel Brasile). Gubel parla di «Babel Hypn6tica» e riferisce che in una capitale sudamericana esistono attualmente cinque società nella medesima città e in una, di un paese vicino,

ne esistono altrettante! Personafisn-ú inconfessabili, che si nascondono dietro principi teorici confusi e mutue accuse infondate, le dividono. Alcuni anni or sono tale babele è ancora cresciuta con la creazio

ne di un'altra associazione, rappresentante la Società dell'America Latina, che è venuta a sommarsi, o meglio a competere (Gubel) con l'organismo federativo già esistente e sopracitato.

Nell'America Latina e in Spagna si è affermata la Società di Sofrologia su cui ci siamo precedentemente soffermati. Il moltiplicarsi delle società purtroppo avviene ogni qual volta i principi e le teorie sono incerti e confusi, quando l'insegnamento di essi non avviene esclusivamente in istituti universitari o in centri ospedalieri, legalmente qualificati, ed è affidato a persone che fanno dei loro postulati una professione di fede da diffondere, consentendo anche speculazioni economiche, più che dei principi da porre continuamente al vaglio dell'esperienza e dei più rigorosi esperimenti. Mentre è risaputo come, nel campo scientifico, nulla vi sia di assolutamente sicuro. Tutto deve, con l'evolversi delle conoscenze, essere riveduto e criticato, ma non moltiplicando le parrocchie societarie, seminatrici di discordie, benáì aumentando i laboratori e i centri di ricerche, che svolgano studi convergenti e reciprocamente integrantisi. Altrimenti alla babele ipnotica americana sarà da preferirsi la relativa prudenza, reticenza e morigeratezza europea in merito, e particolarmente italiana, anche se meno produttiva. Prima e unica Società d'Ipnosi con sede in un Paese dell'Est Europeo è (a quanto comunicatoci dai Dirigenti delle Società) l'ISTEH (Società Internazionale di Ipnositerapia e Sperimentale), fondata nel 1987. Esiste una sede a Mosca (Presidente prof. Vladimir Leonidovic: Raikov, neuropsichiatra) e a Praga (Presidente

prof. Petr Zivny, psicologo clinico).

In Italia, abbiamo genericamente accennato come gli studi sull'ipnotismo siano stati piuttosto negletti, ma per H nostro paese abbiamo voluto approfondire l'indagine tracciando un profilo storico dello sviluppo dell'ipnotismo dall'inizio del ventesimo secolo. Storia dell'ipnotismo in Italia nel ventesimo secolo Desiderando fare la storia dell'ipnotismo in Italia nei primi settant'anni dei ventesimo secolo, terremo particolarmente presenti, seguendo una progressione cronologica, le diverse interpretazioni dell'ipnosi e le sue principali applicazioni. Gli studi sull'ipnotismo hanno avuto in Italia un periodo abbastanza florido all'inizio del secolo, ma hanno subilto successivamente un lungo periodo di abbandono parallelamente a quanto avvenuto in altre nazioni europee, sia per lo sviluppo delle scuole psicoanalitiche, sia per quello di un indirizzo biologico somatistico. Quest'ultimo è tuttora particolarmente florido in Italia, per cui le ricerche sull'ipnosi non sono quivi coáì numerose come in altri paesi.

All'inizio del secolo, H primo autore che si presenta al nostro esame è H Portigliotti, che in un suo manuale di psicoterapia (1903) espone concetti sull'ipnotismo validi in parte tuttora e tratta ampiamente della suggestione nell'ipnosi e nella veglia.

Egli si riallaccia agli studi compiuti dalle scuole francesi

della Salpétrière e di Nancy, oltre a quelli compiuti in Italia da Dal Pozzo (1869), Lombroso (1887, p. 35 e sgg.), Tamburini (1891, pp. 141-56), Belfiore (1914, p. 212).

Il Portigliotti per la spiegazione dei fenomeni ipnotici si fonda sui concetti di suggestione e autosuggestione, respingendo l'ipotesi di qualunque interferenza in essi di tipo fisico o mesmeriano. Non è alieno, però, dal ritenere che il sistema nervoso possa genericamente essere sensibile a influenze magnetiche e, nel descrivere l'azione della calamita sul corpo umano, non si sente di respingere del tutto le idee fisiche lombrosiane per cui «il magnete provoca nel cervello una diversa orientazione delle cellule gangliari affatto analoga a quella che avviene nelle molecole del ferro quando si applica un magnete» (Lombroso, 1887, p. 35 sg.).

Il Portigliotti valorizza molto il concetto di dinamogenia psichica per la suggestione nello stato di veglia, e quello dell'ideodinamismo di Bernheim per la suggestione in ipnosi, precursori di quello più moderno di ideoplasia.

~ l'idea suggestionante con la sua possibilità di suscitare azioni, movimenti e sensazioni che fa il miracolo terapeutico, e Aa guarigione miracolosa - scrive il Portigliotti (1903, p. 212) - non scende dall'alto sul povero corpo infermo, ma sale di dentro ad esso dall'emozione e dalla credenza profonda dello spirito». Sono coáì abbozzati alcuni concetti, che avranno più ampio sviluppo negli antri successivi, quando le aumentate cognizioni anatomofisiologiche permetteranno di dare una base neurofisiologica ad essi (capp. 11 e 15).

Per le indicazioni della terapia ipnotica H Portigliotti all'inizio del 1900 espone giudizi, in via di massima, oggi accettabili, per cui esse vengono limitate all'isterismo e alle sue manifestazioni corei

che e convulsive, ai tic, alla nevrastenia, alle nevrosi in genere e a quelle traumatiche, alle fobie, alle ossessioni, all'alcolismo, alla morfinomania, alla masturbazione. Per la morfinomania insiste sul fatto che questa deve essere recente e l'intossicazione piuttosto beve.

Per la cura delle nevrosi e delle sue molteplici manifestazioni, come per la cura delle fobie, delle ossessioni, dei tic, l'ipnositerapia è diretta, si capisce, alla semplice rimozione del sintomo, ignorandosi ancora i moderni concetti della psicologia dinarnica, le cognizioni psicoanalitiche sulla personalità profonda, H pericolo delle rimozioni di una fobia senza la contemporanea soluzione della causa intima che ne sta alla base.

E Portigliotti crede all'utilità pedagogica della ipnositerapia, come altri suoi contemporanei, e alcuni autori italiani della fine dell'800, fra i quali Lombroso. Egli utilizza la ipnosi come metodo di indagine della personalità e come mezzo per la psicoterapia di sostegno, e scrive che l'ipnotismo può essere utile anche «per distruggere la causa intima e remota delle crisi isteriche». «Messa in ipnosi la malata, noi facciamo evocare e descrivere a questa la scena di spavento, l'episodio drammatico al sui seguito si svilupparono i suoi disturbi; e le mostriamo, la persuadiamo a poco a poco, che in quell'episodio e in quella scena essa non correva nessun pericolo, che ogni paura era quindi poco fondata ecc.». Viene adombrata cogi quella

modificazione terapeutica dei set esperenziali che oggi si pratica in regressione d'età e con tecniche particolari.

La catarsi psicoanalitica, l'ipnodramma di Moreno, la psicoterapia razionale o di sostegno degli anni che seguiranno, trovano certamente in queste prime tecniche i loro precursori storici.

Ma anche nel campo delle tecniche induttive con l'ausilio dei farmaci vediamo che già all'inizio del 1900 in Italia si fa qualche cosa e il Portigliotti scrive che la refrattarietà all'ipnosi può essere vinta ricorrendo all'azione di anestetici o di narcotìci: cloroformio, etere, bromuro di etile, protossido di azoto, morfina, ipnal, ecc.; «ma ciò non è privo di inconvenienti», aggiunge l'autore.

S'intende che non risulta ancora elaborata nessuna tecnica precisa in merito, e che non appaiono ben definite le cognizioni sugli stati di coscienza propri della subriarcosi e quelli dell'ipnosi, come lo saranno in seguito con le ricerche di Granone e Arian (cap. 7 5 2b). Ci siamo diffusi sui concetti esposti sull'ipnotì smo dal Portigliotti all'inizio del secolo, perché essi ci sembrano riassumere tutti quelli dei suoi contemporanei, che paiono quasi ricopiarsi uno dall'altro per circa un ventennio.

Si differenziano solo per l'interpretazione fluidica o metapsichica che alcuni avanzano in contrasto a quella suggestiva, e per quanto riferiscono sulle possibilità di

modificare in bene o in male la costituzione somatica, viscerale e psichica dell'ipnotizzato, ammessa da alcuni in grado maggiore e da altri in grado n-rinore, o negata.

Inoltre, fra i vari autori del secolo si discute, come tra le Scuole di Nancy e della Salpétrière nel 1800, della morbosità o meno dei fenomeni ipnotici; e queste discussioni si trascinano ancora fra alcuni contemporanei odierni, che giudicano spesso in merito con una cultura incompleta e con assai modica esperienza personale.

Sugli studiosi dell'inizio del secolo sovrastò la grande figura del Lombroso e i suoi «Studi sull'ipnotismo», pubblicati nel 1887, fanno testo ancora nel primo decennio del 1900 e oltre.

Il Lombroso, per la spiegazione dei fenomeni ipnotici, chiama in causa fattori di tipo fisico e magnetico; pensa che l'ipnotizzato sia notevolmente succubo dell'ipnotizzatore; crede nell'efficacia terapeutica dell'ipnosi e nella possibilità di una rieducazione morale di alcuni bambini anormali, con questo mezzo.

«L'ipnotizzato suggestionato - scrive Lombroso (1896, vol. 2, p. 464) - proclama il falso con la stessa intensità con cui l'onesto il vero, perché a poco a poco egli sente come cosa vera quella che non è. Questo ci insegna i pericoli e i danni delle suggestioni ipnotiche: danni diretti per i reati che possono eseguirsi cosii con una completa impunità; indiretti, perché, producendo un isterismo momentaneo in un individuo sano, lo rendono un pazzo morale temporaneo, che più tardi si può perpetuare. Il dire che

l'ipnotismo non è un morbo perché si può manifestare in individui sani in apparenza e tutto a un tratto, è come dire che l'ubriachezza, l'avvelenamento morfinico, eterico, non sono un male». Ai tempi di Lombroso non si conoscevano i dati psicodinamici che hanno ampiamente dimostrato come l'ipnosi, quale regressione fisiologica al servizio dell'Io, non possa paragonarsi a una intossicazione esogena o endogena.

Sulla capacità effettiva di indurre l'uomo a delinquere con l'ipnotismo, però, anche Lombroso avanza qualche dubbio, e difatti scrive: «Perfino

nelle esperienze ipnotiche che ci riproducono sperimentalmente influenze delittuose, noi vediamo che i predisposti al reato subiscono immediatamente con piacere le suggestioni criminose e se ne compiacciono anche dopo; mentre i veri onesti vi si rifiutano a lungo e costrettivi dall'educazione ipnotica commettono gli immaginari reati con ripugnanza e cercano di non ricadervi».

Oggigiorno sulle effettive possibilità di indurre un soggetto normale e morale a delinquere con la sola suggestione ipnotica e senza ricorrere a inganni, ben pochi credono (cap. 9 S 5; cap. 13). E il nostro codice ha abolito H delitto di plagio.

E Lombroso, e con lui gli autori che lo seguirono all'inizio del 1900, utilizzarono l'ipnotismo per lo studio della costituzione psicomotoria. Il Lombroso, ipnotizzando individui sani e con le caratteristiche dei normali, e dicendo loro che erano dei briganti, costatò che in essi l'andatura e

la calligrafia si modificavano come nei criminali.

Negli anni che seguiranno, le regressioni d'età confermeranno sempre più come sia possibile la modificazione della calligrafia e anche dei riflessi, suggerendo al soggetto ipnotizzato il suo ritorno a un'età infantile.

Procedendo nella storia dell'ipnotismo italiano in avanti di venticinque anni troviamo un manualetto di Benussi (1925) che convalida varie nozioni esatte sulla suggestione e sull'ipnosi; ma due anni dopo Roasenda (1927) altre ne afferma assai meno attendibili. Questo autore nel suo manuale (p. 118) ribatte concetti precedentemente esposti e altri ne aggiunge nella sua revisione storica contro la psicoanafisi; non tutti accettabili oggi che le idee freudiane hanno avuto H collaudo del tempo e il crisma, in parte favorevole, di varie scuole successive.

Il Roasenda respinge non solo le idee psicoanalitiche, ma ogni apporto di psicologia dinarriica, e l'ipnositerapia da lui condotta è per gran parte del tipo suggestivo-diretta. Ignora che l'ipnotismo possa servire come rapido mezzo di esplorazione della personalità profonda.

Per quanto sia possibile, egli scrive, si faccia a meno dell'ipnosi per la cura delle psiconevrosi. Essa è una cura di ripiego, nei casi in cui per la mentalità del soggetto, o per la mancanza di tempo necessario, non si può applicare una psicoterapia persuasiva.

Non un tentativo di spiegazione si trova, nel manuale di Roasenda, sulle vie e i mezzi con i quali la suggestione riesce a modificare l'Io organico; non un accenno ai rapporti psicosomatici che pure erano stati adombrati nel secolo scorso con le leggi dell'ideodinamismo di Bernheim e con quelle di Janet. Tutto viene condensato, spiegato, semplificato con la suggestione; e aggiungiamo noi, anche... liquidato da un eccessivo schematismo di giudizio e di indagine.

Nel decennio 1953-63 le pubblicazioni sull'ipnosi in Italia divengono molto più frequenti, rispetto al passato; e i cultori isolati trovano nelle correnti di pensiero, affluenti d'oltre Alpe e d'oltre Oceano, l'appoggio alle loro ricerche e alle loro concezioni.

Diversi sono gli autori che vantano l'uso dell'ipnotismo in odontoiatria e in psicodonzia, in anestesia, in chirurgia, in ostetricia; in psicologia, psichiatria, psicoanalisi.

Si cura la traduzione di qualche libro divulgativo sull'ipnosi medica (Vasiliev, 1947; Schmitz, 1953; Sparks, 1963; Estabrooks, 1964; Le Cron, 1967; Schultz, 1968; Durand de Bousingen, 1970) ed extramedica (Bernstein, 1958) se ne scrivono alcuni che affrontano l'argomento dell'ipnosi nella sua totalità. Il numero dei cultori italiani dell'ipnosi rimane però sempre esiguo in confronto a quello degli stranieri, anche se maggiore di quello che figura nella diffusa bibliografia di Montserrat-Esteve H quale nel suo lavoro «L'ipnosi negli ultimi cinque anni (1955- 1960)» su 641 citazioni bibliografiche ne ricorda solo sette italiane! Esiguo anche quando si rifletta che negli Stati più progrediti l'insegnamento dell'ipnosi è praticato o raccomandato nelle

Facoltà Universitarie di Medicina.

Volendo per sommi capi accennare all'attività degli studiosi italiani nei campi sopraddetti, ricorderemo in odontoiatria i lavori di Pavesi e Mosconi (1974, p. 447), Palazzi, Colonna. Si portano contributi all'uso dell'ipnotismo nella stomatopirosi, nel bruxismo, nella sindrome dell'articolazione temporo-mandibolare, del succhiamento del pollice. Presso la Clinica Universitaria Odontoiatrica di Pavia viene tenuto dal 1957 un corso di medicina psicosomatica e di ipnosi medica, a latere, dell'insegnamento odontoiatrico.

Nel luglio dei 1962 si riunisce a Corno il l' Congresso internazionale di Psicodonzia e si gettano le basi per un corso di ipnodonzia.

I dentisti sono d'accordo nel notare come l'ipnosi prevenga fisiologicamente il dolore, diminuisca l'emorragia, attivi la coagulazione e acceleri la cicatrizzazione, prevenga psicologicamente il timore e l'apprensione, eviti l'angoscia.

Si parla di equilibrio cortico-paradenziale ristabilito con l'ipnosi, come costatato anche nelle scuole dei paesi anglosassoni, dove l'ipnodonzia era nata verso il 1947.

In anestesia vantano l'utilità dell'ipnosi Ciocatto, Chiri, Ghigo, Galeotto. Essa viene stimata un mezzo prezioso per innalzare la soglia dei dolore, facendo ridurre, se non eliminando, la necessità di analgesici e sedativi. L'ipnosi

neutralizza H timore, l'ansia, l'apprensione; migliora il decorso postanestetico e postoperatorio, sia dando una più confortevole reazione di risveglio, sia producendo amnesia, sia con suggestioni postipnotiche atte a sollevare H morale del paziente.

In chirurgia in questi ultimi anni, in Italia, vari interventi sono stati eseguiti in ipnosi. Ricordiamo, anche per la pubblicità che è stata data ad essi, quelli di appendicectomia compiuti da Tinozzi nell'Istituto di Patologia Chirurgica dell'Università di Pavia nel 1957; da Maiocchi nel 1961 a Milano; da Pezzoli a Crevalcore nel 1961; da Galli, il quale compì anche un intervento per ernia inguinoscrotale a Imola; da Savini per tonsfflecton-úa nel 1961 a Crevalcore. L'esito degli interventi fu descritto come felice, sia per l'analgesia, sia per il favorevole decorso postoperatorio (Cassoli). Asportazione di un canino incluso nel mascellare (1966) e tonsfflecton-úa (1970) sono stati eseguiti in analgesia ipnotica presso l'Ospedale Generale Sant'Andrea di Vercelli da A. Petterino Patriarca, essendo ipnotista Granone.

In ostetricia molti autori adoperano con successo l'ipnosi come preparazione al parto e interessanti sono le pubblicazioni in merito di Mosconi, Guastalla, Colonna, Caffaratto, Reda, Ferrario, Sbriglio. Si costata un'abbreviazione dei periodi di travaglio e un'aumentata percentuale dell'andamento autocico con «esiguità delle lacerazioni perineali, per il particolare stato di rilasciamento muscolare, congiunto a una corretta condotta da parte della partoriente preparata con l'ipnosi» (Mosconi).

Anche in ginecologia l'ipnosi viene adoperata con successo

contro la frigidità, la dismenorrea funzionale, il vaginismo, H prurito vaginale e la leucorrea psicogena, l'emicrania mestruale, la gravidanza fantasma, i disturbi menopausali, l'iperemesi gravidica.

In psicologia, nella psicoanalisi e nella cura delle psiconevrosi vari sono gli autori che ne caldeggiano l'uso. Romero sostiene che l'ipnosi «costituisce uno dei più validi sussidi per chi si dedica alla psicoterapia e ritiene che gli studi moderni sull'ipnosi hanno dotato la psicoterapia di uno strumento delicato e ìmpareggiabile».

Egli pensa, come abbiamo già visto (cap. 2 S 3), che non vi sia inicompatibilità fra H metodo ipnotico e la psicoanalisi ed è fautore dei metodi ipnoanalífici.

La frattura profonda che si era creata da Freud in poi fra psicoanalisi e ipnosi evidentemente oggi tende a colmarsi ed è interessante notare quanto ha scritto in merito lo psicoanalista Musatti nella prima edizione del presente trattato, riportato nella «Premessa» di questo, oltre che nel cap. 2 5 3.

Se la psicoanalisi ritorna all'ipnosi, anche gli ipnotistí si rivolgono a-Ha psicoanalisi, e con i concetti assunti da questa dottrina, dalla psicologia dinamica e dalla conoscenza del profondo, interpretano la fenomenologia ipnotica e ne chiariscono i moventi.

«Ignorando i complessi dinaniismi inconsci, studiati dalla psicoanalisi - scrive Rornero (1960) - non è possibile rendersi conto dei frequenti insuccessi delle pratiche suggestive. Nella vana speranza di sormontare le difficoltà, le antiche scuole esaurirono cosi i loro sforzi nella sterile ricerca di sempre nuove teciriche».

Romero pensa che «l'ipnosi è trarisfert» e che «con questa interpretazione si raggiunga una soddisfacente formula di definizione dell'ipnosi» (ibid., p. 42); che «l'interpretazione analitica rende conto di tutti i fenomeni psichici e fisiologici dell'ipnosi» Obid., p. 8); che «i due concetti di ipnosi e di transfert coincidono perfettamente fondendosi in uno solo» (ibid., p. 41). Egli si avvicina così a Landauer che sostiene essere l'ipnosi un caso particolare di transfert, e a Kline che reputa il transfert un caso particolare di ipnosi.

Certo è che l'interpretazione deifenomeni ipnoti ci dal 1940 al 1950 anche in Italia non ha più fondamento la sola suggestione come nel 1927 (Roasenda) e negli scritti di più recenti studiosi affiorano le idee di Schultz e di Koch, per i quali «la teoria dell'ipnosi va fondata prescindendo dal concetto di suggestione»; o quelle di Kretschmer per cui «l'ipnosi non è un metodo di suggestione e in esso questa avrebbe un liriritatissimo impiego»; e si pensa con Jacobsen che «la dottrina della suggestione sia stata il più grave impedimento ai progressi della psicologia». Pavesi e Mosconi, che nel 1960 e nel 1974 pub blicano un manuale «L'ipnosi nella medicina moderna», dopo aver passato in rassegna le principali teorie esplicative dei fenomeni ipnotici, concludono che «ancora oggi, rnalgrado gli sforzi di tanti studiosi, non si è riusciti a formulare una teoria che soddisfi in pieno» per la

spiegazione di tutti gli aspetti dell'ipnosi. Questi autori, un ginecologo e un odontoiatra, associati nella loro passione per le ricerche ipnotiche, appoggiandosi anche agli studi di Lewis R. Wolberg, descrivono nel loro libro le più importanti tecniche induttive di ipnosi e l'applicazione terapeutica di questa in medicina generale, in chirurgia, in ostetricia e ginecologia, in dermatologia, in anestesia, in odontoiatria, nella psichiatria degli adulti e dei bambini, nell'ipnoanalisi.

Nella prima edizione del presente trattato nel giugno 1962 chi scrive, dopo venticinque anni di pratica cliffica d'ipnosi e lo studio sistematico della sua polimorfa sintomatologia psichica, somatica, neurovegetativa, viscerale, elettroencefalografica, eseguito in molteplici casi, è arTivato alle conclusioni su che cosa possa intendersi per ipnosi, che figurano nel capitolo 16, e che dal 1962 a tutt'oggi sono state ritenute valide dai maggiori cultori della materia.

Anche l'ipnosi animale è stata da me trattata e i rráei esperimenti risalenti al 1935 sono gli unici che risultano descritti nella letteratura italiana del ventesimo secolo. All'estero risultano i lavori della Scuola russa (Pavlov e Petrova, 1934, vol. 2, 189) e quelli più recenti di Chertok (1970).

L'ipnosi animale viene interpretata come una condotta regressiva, caratterizzata soprattutto dall'immobilità e dal torpore, possibili a ottenersi sia con mezzi fisici, sia con mezzi psichici di tipo emotivo. L'ipnosi umana negli animali è per certi aspetti ravvicinata ai casi già conosciuti di fascinazione inter-animale.

Nell'ambito più specificamente medico, universitario e ospedaliero cosa si è fatto per la conoscenza dell'ipnosi in Italia dall'inizio del secolo scorso? Solo la Scuola postuniversitaria di Pavia per iniziativa del professor Silvio Palazzi, direttore della Clinica odontoiatrica dell'università, ha posto, per la prima volta nell'anno accaderriico 1957-58, l'ipnosi come materia d'esame, che è entrata cogi in modo ufficiale in una Scuola Universitaría di Medicina. Nell'aprile 1960, si costituiva una Associazione medica italiana per lo studio dell'ipnosi (A.M.I.S.I.) con sede provvisoria presso la Clinica odontoiatrica dell'Università di Pavia. L'associazio ne, che raccoglie medici generici e specialisti, fa parte della Federación latino-americana de Hipnosis clínica ed è federata alla American Society of Clinical Hypnosis, oltre a essere collegata all'International Society for Chnical and Experimental Hypnosis (I.S.C.E.H.). L'A.M.I.S.I. è stata l'unica società che si è impegnata in campo nazionale di promuovere e promulgare gli studi sull'ipnosi, tenendo corsi saltuari presso l'Università di Pavia e alla Clinica Universitaria del Lavoro a Milano, all'Ospedale Galliera di Genova, alla Fondazione Carlo Erba di Milano (1961), per merito dei suoi associati Pavesi, Mosconi e altri.

Dall'ottobre 1965 al gennaio 1966 per iniziativa dei direttore dell'Istituto di Psicologia dell'Università Cattolica, professor Leonardo Ancona, Granone, presidente dell'A.M.I.S.I. tenne un corso presso questa Università e un altro ne tenne dal 29 giugno al 6 luglio 1968 con la collaborazìone di ordinari universitari.

Apparsa coàí per la prima volta in una Università Cattolica, l'ipnosi è entrata successivamente in una Scuola Statale Universìtaria di specializzazione in neuropsichiatria per merito del professor Romolo Rossini di Modena che ha

eseguito importanti ricerche cliniche sperimentali e invitò nel 1969 Granone a tenere alcune lezioni sull'ipnotismo presso quella Università.

Nel 1965 venne fondato da chi scrive H primo Centro di ipnosi clinica e sperimentale ospedaliero italiano annesso a una Divisione Neurologica, presso l'Ospedale Generale dì Vercelli e nel marzo 1970 in questo Centro fu organìzzato un primo corso di ventiquattro lezioni, dal 7 al 22 marzo, con l'ausilio di cattedratici delle Università di Cagliari, Modena, Pavia, Roma, Torino. Parteciparono al corso medici provenienti da città lontane da VercelH, come Bolzano e Bari e da centri universitari importanti come Milano, Torino, Genova, Pisa, Roma, Bari. Altri ne seguìrono in seguito e agli allievi del corso fu permessa una frequenza bisettimanale del Centro per sei mesi di seguito, essendo esso aperto a tutti gli studiosi desiderosi di occuparsì dell'argomento.

Al Centro, ad esempio, hanno fatto capo i colleghi della Patologia medica dell'Università di Milano, che sotto la guìda del direttore professor Polli hanno svolto rìcerche sul metabolismo cerebrale del soggetto in ipnosi, le prime in campo mondiale e tema di relazione a congressi internazionali. L'A.M.I.S.I. ha organizzato a livello nazionale e internazionale in Italia vari Congressi di ipnosi dal 1967, che hanno richiamato numerosi studiosi anche stranieri.

Il Centro di ipnosi clinico-sperimentale si è trasferito da Vercelli a Torino organizzandosi in Società autonoma con atto notarile dell'8 marzo 1979 e assumendo la denon-

iinazione di Centro Italiano di Ipnosi Clinica- Sperimentale (CIICS), aderendo in questa veste alla Federazione Italiana per lo Studio delle Psicoterapie della Ipnosi e dei fenomeni di Rilassamento) (F.I.S.P.I.R.), confederata a Società straniere gemelle quali: The Society for Clinical and Experimental Hypnosis (New York), The American Society of Psychosomatie Dentistry and Medicine (New York), Confedera~,ao Brasileira de Hipnologia (Bahia), Federación Latino-americana de Sofrologia Clinica (Buenos Aires); Sociedad Argentina de Sofrologia y Medicina Psicosomática (Buenos Aires).

Il CIICS sotto la presidenza di Granone ha fondato nel 1980 una Scuola postuniversitaria di ipnosi clinica sperimentale che tiene ogni anno corsi propedeutici e formatìvi specialistici per ipnotisti o ipnologi psicoterapeuti a Torino, con l'ausilio di docenti, cattedratici, primari ospedalieri, e ipnologi di pluriennale esperienza, continuando la didattica iniziata all'Università Cattolica di Milano nel 1965 e all'Ospedale di Vercelli nel 1970.

Nel 1965 è stata fondata da Granone la Rassegna di ipnosi e medicina psicosomatica organo ufficiale dell'A.M.I.S.I. che è uscita trimestralmente edita da «Minerva Medica» e rappresenta la prima rivista di ipnotismo medico, apparsa ufficialmente nella letteratura scientifica italiana con lo scopo di raccogliere le principali informazioni sull'argomento. Dal gennaio 1980 la stessa pubblicazione è divenuta organo ufficiale della Federazione italiana per lo studio delle psicoterapie della iponosi e dei fenomeni di rilassamento (F.I.S.P.I.R.) modificando la sua intestazione in Rassegna di Ipnosi, Psicoterapie, (Stati di coscienza Medicina Psicosomatica).

Nonostante ciò, chi scrìve sente dì poter tranquillamente affermare che la maggioranza degli attuali rappresentanti della scienza medica ufficiale italiana non è affatto interessata agli studi sufl'ìpnosi e ai numerosi problerrii di psicologia e neurofisiologia che essa comporta, forse anche per diffidenza, giusto riserbo e naturale perplessità verso ciò che non si è mai personalmente sperimentato.

A onore del vero vi sono delle eccezioni, e chi scrive è stato chiamato, nel corso degli anni, a te nere seminari sull'ipnosi presso le Scuole di Specializzazione in Psichiatria dell'Università di Trieste (Campailla), di Bologna (Gentili), di Ancona (Voiterra), di Cagliari (Rudas), oltre che in passato a Milano (Cazzuflo e Gastaldi), a Modena (Rossini), a Roma (Ancona e Pinelli, Policlinico Gerneffi), a Torino (Torre, Ravizza) e in altre sedi universitarie, come H Policlinico di Firenze (Palazzi), l'Istituto di Neuropsicofisiologia dell'Università di Roma (Venturini), l'Istituto di Psicologia dell'Università statale di Milano (Cesa-Bianchi).

Ma tale attività e assolutamente insufficiente per colmare le lacune nell'insegnamento della materia e le richieste di informazione del pubblico, per cui sono sorti in Italia gruppi di studiosi che nella carenza della scienza ufficiale cercano di fare conoscere, come sanno e come possono i problemi dell'ipnosi al pubblico sempre più numeroso ed eterogeneo che chiede di istruirsi in merito.

Nel 1964, un Istituto privato di indagini psicologiche con consultori aziendali, pedagogici, scolastici, professionali, prematrimoniali, psicoterapeutici e grafologici diretto dal professor Marchesan, non medico, sensibile alle esigenze

del momento con la collaborazione di medici fa il suo primo corso di ipnotismo a Milano, a cui ne seguono numerosi altri.

Nel 1965 H dottor Guantieri fonda, al di fuori dell'ambiente universitario e ospedaliero italiano, a Verona, H Centro di Ipnosi Clinica H. Bernheim e organizza dei corsi e simposi sull'ipnotismo, destinati a durare nel corso degli anni successivi, con fecondi risultati e notevole risonanza, anche internazionale. Oggi il predetto centro si denomina Istituto Italiano Studi di Ipnosi Clinica e Psicoterapie Bernheim. Ha pubblicato 222 lavori dal 1965 al 1988, e il Suo direttore Dr. G. Guantieri ha ottenuto l'incarico dell'insegnamento dell'Ipnosi clinica e Medicina psicosomatica presso la facoltà medica dell'Università di Verona.

Nel luglio 1975, si costituisce a Padova il «Centro italiano per lo Studio e lo Sviluppo della Psicoterapia e dell'Autogenes Training» (CA.S.S.P.A.T.), per l'iniziativa del Prof. Luigi Peresson, docente di Psicoterapia alla Scuola di specializzazione in Psichiatria all'Università di Trieste, il quale svolge annualmente una intensa attività didattica e Congressuale, annoverando pubblicazioni varie a livello nazionale e internazionale sull'ipnosi e il T.A. e raccogliendo numerosi studiosi. Nel settembre 1985 è nata a Bologna un'altra Società Medica Italiana di Psicoterapia e Ipnosi (S.M.I.P.I.) per l'interesse del Dr. Riccardo Arone di Bertolino, alla quale affluiscono i Soci del C.I.I.C.S. della regione EmiliaRomagna e che tiene Corsi di addestramento all'ipnositerapia.

Altri Centri sono sorti contemporaneamente in diverse città d'Italia, però, con impostazione prevalentemente pratica professionale.

Come si vede, siamo lontani dall'assenteismo, di qualche decennio fa, e fortunatamente anche dalla «Babele ipnotica» Argentina e Brasiliana lamentata da Gubel. Sarebbero ora auspicabili triigliori rapporti, fra le varie Società nell'interesse dell'utenza e della serietà scientifica.

Per questo è nata, nel giugno 1984, la «Federazione Italiana per lo Studio delle psicoterapie, dell'ipnosi e dei fenomeni di rilassamento» (FA.S.P.I.R.), nell'intento di organizzare e disciplinare corsi, congressi, tematiche di ricerca e di studio sulla materia; sino ad ora affidate alle singole iniziative locali, spesso concorrenziali.

La storia della medicina ci insegna come validi movimenti culturali, quali la chirurgia estetica e la psicoanalisi, possano sorgere fuori dalle facoltà mediche universitarie e solo tardivamente essere accolte in queste, dopo un periodo che chiameremo di decantazione o di quarantena. ~ probabile che anche per l'ipnosi, già accolta da Benussi (1925), non medico, ordinario di Psicologia all'Università di Padova, avvenga altrettanto e che le future generazioni possano cogliere il risultato delle nostre fatiche nell'interesse dei malati e della scienza.

Purtroppo ostacola tale inserimento il nessun attuale controllo delle autorità preposte alla Sanità e all'Istruzione sul sorgere in questi ultimi cinque anni di un'attività didattica scriteriata, per cui molti giornali reclamizzano

corsi che consentono di ottenere la guarigione di varie malattie in meno di dieci sedute, di risolvere esaurimenti nervosi, la gelosia, l'avarizia, la tendenza allo sperpero, l'interruzione di maternità. 1 frequentatori di questi corsi dovrebbero riuscire con l'ipnosi a piegare chiunque ai propri ordini, a forzare l'ammirazione degli uomini e delle donne, a realizzare qualsiasi prodezza ipnotica, a costruirsi una nuova personalità e ad acquistare prodigiosi poteri, a dominare gli altri, a guadagnar danaro, a leggere nel pensiero, a eseguire dei numeri in società, ad avere successo in amore ecc.

Mentre in alcuni paesi stranieri l'insegnamento e l'esercizio dell'ipnosi sono regolamentati da leggi severe, in Italia sembra che in merito tutto sia per messo, non tenendosi alcun conto dei danni e dei pericoli che possono derivare dall'uso dell'ipnosi da parte di persone che non abbiano una preparazione scientifica adeguata.

Molti medici non riusciti, molti psicologi abusivi, asserisce Ancona, sono diventati in quest'ultimo quinquennio ipnotistì d'improvvisazione, senza aver frequentato nessun corso serio, senza aver approfondito la teoria e la dinamica di questo fatto medico e di questo processo psichico che è l'ipnosi. Costoro, così comportandosi, attentano alla dignità di un serio esercizio professionale, spingendo la scienza ufficiale a disprezzare l'ipnotismo, a disinteressarsi, ad affermare H proprio disimpegno nei confronti di questo vasto complesso di fenomeni che appartengono sia alla psicologia, sia alla medicina.

Purtuttavia dobbiamo riconoscere, continua Ancona, il fatto

che una medicina moderna, una medicina in progresso di profondità e di estensione, oggi non può fare a meno dell'ipnosi, per quanto possa sembrare paradossale questa affermazione. L'ipnosi costituisce un puro fatto medico, e H mancato riconoscimento di questa sua natura da parte di coloro che coltivano la medicina, è sicuramente frutto di una certa immaturità.

Per ovviare a questo stato di cose, vari studiosi, riuniti a congresso nel settembre 1967 a Roma, nell'ottobre 1969 a Torino, nell'ottobre 1971 a Pavia, nel maggio 1980 a S. Marino, hanno creduto opportuno di inviare ai Ministri della Sanità e della Pubblica Istruzione gli Ordini del Giorno che sono riportati al capitolo 13, 5 2a.

Gli Ordini del Giorno inviati non hanno però sortito a tutt'oggi alcun effetto concreto.

Ciò è un male anche perché, essendo purtroppo l'ipnotismo facilmente praticabile da persone non allenate alla osservazione scientifica dei fenomeni psicofisici, esiste in Italia, come all'estero, una letteratura extrascientifica sull'ipnotismo, con tutte le concezioni fideistiche che sono frequenti in questo genere letterario; dove H verosimile viene spesso scambiato per vero e si valutano come acquisizioni definitive e inconfutabili esperienze non ancora sufficientemente e rigorosamente accertate. Per questa letteratura, le manifestazioni metapsìchiche o parapsicologiche sarebbero la regola nell'ipnosi; facile e sicuro l'ipnotismo a distanza; normali le regressioni d'età in altre vite; dimostratissimo il fluido ipnotico ecc. Alcuni ritengono scientificamente dimostrata l'e

sistenza di passi magnetici, e inconfutabili le prove sinora eseguite per dimostrare la realtà di radiazioni emesse dal corpo umano. Stimano possibile che una pastiglia di zucchero, tenuta nella mano di un ipnotizzatore, possa emettere radiazioni specifiche, che vengono a distanza captate dalla coscienza subcorticale del soggetto mediante quella dello sperimentatore, in modo da aumentarne la glicemia (R. Pavese, 1957, p. 48)!

Si ritorna con questa letteratura ai tempi di Rosa Croce (1914, p. 159) che per la cura delle piaghe consiglia di «praticare dei massaggi sui prodotti applicati alla parete inferma dato che questi, come cotone idrofilo, garza ecc., si possono magnetizzare prima di applicarli».

«I passi, che non sono altro che dei massaggi praticati a una certa distanza dal corpo, agiscono sulla parete sottile del corpo, esteriorizzata nel periodo ipnotico e preipnotico».

L'ipnotismo teatrale, se, anche per disposizioni generali di legge, ha visto un notevole declino dopo i clamorosi successi del passato di Donato, Pickman, Gabrielli, tuttavia ancora oggi è frequente e vari studiosi (Pavesi e Mosconi, 1974, p. 519; Romero, 1960, p. 112; Granone, vedi cap. 13 5 2) hanno caldeggiato la loro proibizione e una più specifica e rigorosa sorveglianza della legge in materia. Fra i vari motivi è stato addotto quello fondamentale che l'ipnotismo teatrale e televisivo, coáì come viene indiscriminatamente praticato, può causare reazioni nocive nei soggetti che inconsapevolmente vi si prestano.

Dagli empìrici e dai cosiddetti maghi e guaritori infine l'ipnotismo è certamente usato in modo più o meno manifesto e consapevole, in Italia; numerosi sono quivi i guaritori di fama provinciale, regionale e nazionale che possono contendere la palma a quelli francesi, tedeschi, russi, olandesi e americani: dacché, finché vi sarà umanità sofferente, vi sarà sempre in ogni parte del mondo chi, in modo più o meno lecito, sarà disposto a sfruttarne la credulità e a esaltarne le speranze.

A conclusione di questo capitolo sulla evoluzione dell'ipnotismo nella storia della medicina italiana rileviamo quanto segue.

t chiaro come H progredire della medicina contemporanea possa essere meglio compreso con la conoscenza di quella del passato e riflettendo al successivo sviluppo del pensiero scientifico nel tempo, in connessione ai molteplici fattori economici, politici e sociali. Anche in Italia è evidente l'orientamento verso la biologia e la biochimica nella medicina della prima metà del ventesimo secolo.

In tale epoca, le precedenti concezioni microbiologiche nella patologia e nella clinica vengono integrate da quelle biochimiche, tanto che questo periodo viene designato come quello delle proteine e degli enzimi.

Ma all'inizio del secondo cinquantennio del secolo, nel periodo dei sulfan-údici, degli antibiotici, degli psicofarmaci, quando l'esuberante sviluppo dell'industria

chimica e farmaceutica influenza in modo decisivo tutta l'attività sanitaria, si costata ancora una volta, anche a seguito delle acquisizioni della psicoanalisi, della medicina psicosomatica e della psichiatria, che i medicamenti non possono sempre risolvere tutto nella personalità psicofisica dell'uomo malato.

La psicoterapia ritorna coáì in auge in Italia con i non-ú di De Sanctis, Ferrari, Levi, Montessori, Bianchini.

L'ipnotismo, dopo anni di dimenticanza, viene ripreso in considerazione; e ciò è accaduto nonostante i progressi della chirurgia, dell'anestesia, delle terapie convulsivanti, della farmacologia.

Perché le nuove acquisizioni hanno dimostrato sempre di più che la psiche è la suprema coordinatrice e influenzatrice di molti processi biochimici, e che, rivolgendosi direttamente a essa con i mezzi propri della psicoterapia e dell'ipnotismo in particolare, è possibile avere a volte dei successi, come non si ottengono con mezzi farmacologici, o puramente fisici.

La concezione unitaria dell'uomo malato, divinata da Ippocrate da Coo, e che in Italia ha avuto validi assertori in Baccelli, De Giovanni, Murri, Cardarelli, Viola, Pende e le loro Scuole, si è dimostrata sempre più esatta con i recenti studi sull'ipnotismo e sempre più feconda di risultati per la scienza e per l'umanità.

Ma degli indirizzi scientifici esistenti, quali sono i più sicuri? quali sono le numerose inesattezze scritte sull'ipnotismo e quali cognizioni appaiono più probabili? quali sono i metodi migliori per indurre uno stato ipnotico? quale tecnica conviene seguire? come comportarsi con i soggetti resistenti all'ipnotismo?

t quanto tratteremo nelle parti seguenti, sulla scorta dei dati della letteratura e di personali esperienze. 5. Altri chiarimenti sull'uso dell'ipnositerapia e sulle cause della diversa fortuna dell'ipnotismo nel tempo Vari autori si astengono dall'uso dell'ipnotismo terapeutico, badando più ai suoi inconvenienti che ai suoi vantaggi.

Ora, non esiste in medicina alcun mezzo terapeutico che non possa produrre inconvenienti, quando venga usato con tecnica inadatta, o fuori di luogo. Dagli antibiotici ai sulfamidici, ai vecchi carminativi e ai decotti, ai vaccini, ai prodotti galenici, ogni farmaco ha azione limitata e può non essere tollerato. Perché pretendere che l'ipnotismo sia una panacea senza effetti negativi, specialmente se mai adoperato?

La morfina, la stricnina, l'atropina, la digitale, danno risultati sorprendenti nei casi in cui vengono somministrate a proposito. Ma questi medicamenti, in mano a persone inesperte, che non ne conoscono la posologia, causeranno gravi effetti nocivi; come l'ipnosi, effettuata senza criteri razionali da incompetenti.

t necessario che l'ipnotismo terapeutico sia eseguito soltanto da chi possiede nozioni fondamentali di psicologia e di psichiatria; da coloro cioè che, conoscendo le leggi dominanti della psiche umana, possono manovrare sapientemente in un terreno così delicato e arduo, qual è un ammalato psichico. I sentimenti che lentamente si assorbono dall'ambiente e le impressioni che lo psicoterapeuta suscita in soggetti nevrotici ad alto potenziale di suggestionabilità, possono avere, da soli, virtù curativa e rimuovere spine irritative d'ordine psichico, come nessun altro medicamento.

Molti hanno asserito, durante quasi due secoli di letteratura medica sull'ipnotismo, che solo gli isterici sono ipnotizzabili, che l'ipnotismo causa l'isteria, e che esso infine è un vero e proprio stato morboso che esaurisce, tanto da provocare la suggestionabilità e l'allucinabilità, anche allo stato di veglia. 1 soggetti, molte volte sottomessi alle pratiche ipnotiche, possono infatti, in seguito, assai facilmente, con un semplice comando, cadere nello stato di sonnambulismo.

Ma ormai è assodato che l'ipnosi non è uno stato morboso, e che, se mai, può rivelare l'isterismo latente, ma non produrlo. Di fatto non sono ipnotizzabili solo gli isterici, ma anche numerosi altri malati, e anche soggetti sani e psichicamente indenni, come è stato riscontrato da vari autori e da chi scrive. Se l'isterico ha come contrassegni psichici spiccati la tendenza alla dissociazione mentale e all'automatismo, non vuol dire perciò che ogni ìpnotizzato, in cui appunto si realizzano tali sinton-ú, sia di necessità un isterico. Alla stessa stregua, se negli epilettici ad esempio sono frequenti l'irritabilità e l'impulsività, non vuol dire pertanto che tali sintomi

implichino sempre la diagnosi di epilessia.

Dalla concordanza di alcuni sintomi dell'isterismo con l'ipnosi, penso che, tutt'al più, si possa dedurre la necessità nell'uso prudente dell'ipnosi negli isterici: prudenza, ma non controindicazone. Difatti quando con questo mezzo di cura noi sradichiamo sintomi morbosi che duravano da anni, non abbiamo di certo aumentata la dissociazione mentale dei nostri soggetti, benáì abbiamo attuato delle condizioni quanto mai favorevoli per la guarigione. Che se, scomparso il sintomo, permane la costituzione anomala (ciò solo nell'isterismo costituzionale, perché le reazioni isteriche vengono stabilmente guarite dall'ipnosi), questa, dalla regressione di sintomi morbosi gravi, se ne avvantaggia molto di più di quanto non possano poche sedute ipnotiche peggiorare la dissociazione e l'automatismo che le sono propri.

La dissociazione mentale e l'automatismo che si producono con l'ipnosi, rappresentano la condizione necessaria per agire più profondamente e intensamente sulla psiche, e per rimuovere nuclei morbosi inveterati con le situazioni neurovegetative anormali congiunte. In molti ammalati non serve rivolgersi alle facoltà psichiche superiori e alla volontà; in essi i metodi strettamente persuasivi sono del tutto inefficaci, quanto le comuni medicine somn-únistrate usualmente.

Dissociando la personalità psichica con l'ipnosi, noi invece apriamo la strada che ci permetterà di ricomporre successivamente quella personalità in condizioni più vicine alla norma.

La psichiatria, del resto, conosce delle cure anche più energiche dell'ipnotismo, quali le convulsivanti, che alcuni anni or sono erano consigliate sino all'annichilimento, e che sono state proposte per la cura di alcune psicopatie isteriche, che potrebbero giovarsi dell'ipnosi.

Anche al di fuori delle nevrosi, la suggestione ipnotica può servire nella cura di numerose altre forme morbose, psichiche, somatiche e viscerali, s'intende con quelle limitazioni che H metodo impone, ed esaminandone l'opportunità caso per caso.

L'ipnosi può venire adoperata per la cura di alcune tossicomanie, per H parto indolore, e, come è risaputo, quale metodo di analgesia per interventi chirurgici brevi.

Essa è inoltre un meraviglioso mezzo di studio di funzioni psichiche, elementari e complesse, e dei rapporti tra psiche e soma. Non esiste alcun altro mezzo che possa, come l'ipnosi, istruirci inoltre sulla possibilità, o no, di percezioni extrasensoriali, quali ci sono descritte dalla parapsicologia; sulla possibilità della nostra memoria di rievocare rapidamente, in stato ipnotico, esperienze vissute e seppellite in un apparente, completo oblio, come quelle della prin-ússima infanzia, per mezzo della cosiddetta regressione d'età, e di studiare i fenomeni di sdoppiamento di coscienza e di coscienza alternante; sulle possibilità di modificare, in alcuni casi, il trofismo cutaneo e alcune funzioni viscerali, sino alla comparsa di eritemi, stigmate, mestruazioni ed esaltazioni o depressioni degli stessi poteri immunitari. C'è allora da domandarsi: come mai l'ipnotismo, che ha in sé tante possibilità di ricerca, di studio, di cura, è cosi poco utilizzato e non molto in auge,

almeno in Italia, nelle scuole di medicina? Come mai esso, attraverso i diversi periodi dIela storia, va coáì facilmente soggetto a corsi e ricorsi?

Qualche psicoanalista (Servadìo, 1960) ha avanzato l'ipotesi che l'ipnotismo, dopo periodi di eccezionale favore, è caduto in disuso perché esso dimostrerebbe la parvenza precaria del nostro lo individuale; esso metterebbe la personalità psichica a confronto con i suoi aspetti non troppo rassicuranti, quali sarebbero quelli di un oscuro, potente, irrazionale mondo interiore. L'ipnotismo tenderebbe a suscitare problemi di fronte ai quali l'uomo alla lunga si difende, e la difesa consisterebbe nel togliere ogni importanza, rifiutare, isolare, mettere in ridicolo ogni contenuto psichico che sia allarmante o sgradevole e i mezzi che lo portano alla luce del nostro Io cosciente.

Viene in merito citato H caso di Elliotson, famoso medico inglese dell'Ottocento, che dopo avere effettuato sotto ipnosi importanti operazioni chirurgiche, compresa l'amputazione di arti, qualche anno più tardi dichiarava che le tecniche ipnotiche «non possedevano più il potere di sopprimere H dolore». E ciò per lui in modo «inspiegabile e misterioso».

Secondo Servadio l'ipnotismo con i suoi,fenomeni sorprendenti produrrebbe due reazioni: l'una cosciente, l'altra più sottile e incosciente. La prima porta all'entusiasmo, allo stupore, al desiderio di approfondire lo studio di fenomeni così appassionanti e straordinari. La seconda reazione, più profonda, è del tutto diversa.

L'ipnosi dimostra che un soggetto in perfetta salute fisica e mentale può divenire strumento di forze psichiche che egli non è in grado di controllare; i comandi ipnotici possono provvisoriamente alterare alcune distinzioni essenziali, come quelle fra il reale e l'irreale, tra il vero e il falso, che costituiscono il fondamento di tutta la nostra vita e della nostra sicurezza psichica. Di fronte a queste conturbanti rivelazioni, la psicoanalisi ci insegna che prima o poi si mobilitano dei meccanismi di difesa e di protezione psicologica a livello inconscio.

I fenomeni vengono minimizzati, dimenticati, ignorati. E queste difese psichiche si organizzano tanto più quando si pensa che l'ipnosi costituisce un ponte verso altre realtà psichiche non meno conturbanti e allarmanti, quelle parapsicologiche, (Servadio) su cui ci sofferemeremo nel capitolo 9 della terza parte.

Un'altra spiegazione psicologica, sicuramente attendibile, del rigetto dell'ipnosi da parte di molti medici, è quella avanzata da Ancona, la quale ha H suo fondamento nell'osservazione dello sviluppo storico della medicina e integra, per qualche aspetto, quella di Servadio.

Scrive Ancona: «Guardando alla storia della medicina, e osservando il modo con cui essa è diventata scienza, noi riconosciamo tutti che è nata dalla magia e dalla stregoneria, e si è affermata a poco a poco come una scienza positiva, rivolgendosi allo studio preciso, concreto di ciò che era oggetto di misurazione, di quantificazione, di esatta manipolazione. Nel fare ciò si è differenziata a mano a mano nelle sue varie specialità, presentandosi prima di

tutto proprio attraverso ciò che vi era di più concreto, l'anatomia normale e quella patologica, pilastri storici della fondazione scientifica della medicina. Poi come terapia, aiutata in questo dalla farmacologia; poi come fisiologia, quando i nostri medici del 1500 scoprivano le prime leggi della circolazione e della respirazione; poi come chirurgia, che è stata integrata nel corpo medico, essendosi fino a un certo punto sviluppata indipendentemente. Finalmente come patologia speciale medica e, infine, come clinica».

Per quale ragione questa successione nel tempo e perché, invece, la medicina non è nata già ricca delle varie specializzazioni? Per una semplicissima

ragione, risponde Ancona: perché proprio dovendosi distaccare, differenziare dalla matrice magica in cui era nata nella notte dei tempi, la medicina ha trovato la sua sussistenza nel cercare di restare, quanto più fosse possibile, lontana da ciò che era magico. Lo studio della persona, considerata globalmente, era un rischio troppo grande per questa scienza giovane, ed ecco perché prima essa si è rivolta all'esame settoriale dei visceri, dei muscoli, poi ai corpi morti, poi alla loro fisiologia meccanica, poi alla patologia, e finalmente alla clinica.

Nel campo delle cliniche continua ancora questa vicenda, perché ultima a entrare nell'ambito della medicina è la clinica psichiatrica, la quale ottiene il riconoscimento accaden-úco neurologizzandosi, trasformandosi cioè in scienza neurologica. Questa però è ancora lontana dal funzionamento della persona nel suo complesso; una persona cioè con un apparato psichico che, per alcuni aspetti conturbanti, sembra troppo vicino alla matrice

magica da cui la medicina si è staccata.

Ciò che si è verificato per la psichiatria, avviene per la psicologia; la psicoanalisi, che pure è uno dei più importanti capitoli della psicologia, non viene ancora riconosciuta da tutti nell'ambito di una educazione medica.

Ma se la psicoanalisi è l'ala estrema della psicologia, l'ipnosi è un'altra ala di barriera perché, ancora più avanzata dei corpo psicoanalitico, ha una frontiera in comune con la parapsicologia, cioè con un ambito di fenomeni che pure esistono ma che fanno paura a coloro i quali, nell'ambito della medicina, sentendo ancora una fragilità del loro sviluppo e denunciando quindi un'immaturità emotiva, non osano affacciarsi su queste aree.

Difatti, la psicologia, nata dalla sperimentazione di carattere fisiologico, e l'ipnosi, nata dalla psicologia, portano entrambe a scoprire, dichiara Ancona, tutto ciò che vi è di magico e di estremamente confuso proprio nel campo di quelle scienze che si credevano esatte e che, affermando unilateralmente la loro precisione e obiettività, nascondono proprio nella paura del magico un altro tipo di magia e un altro tipo di autosuggestione!

La capacità del medico di accettare l'ipnosi deriva quindi, secondo Ancona, direttamente da una sua maturazionne emozionale, che gli permette di tollerare l'ambiguità di fronte alla complessità dei fenomeni psichici e alla loro vicinanza a quella mattice magica, da cui la medicina cerca da secoli di allontanarsi.

E invece lo studio dei fenomeni psichici ci dimostra come l'aspetto più scientifico, più meccanizzato, più autorevole possa nascondere potenti fattori emozionali, misconosciuti e incontrollati; e che H malato mentale si distacca dal sano spesso solo per una quantificazione di carattere dinamico, la quale può venire meno da un momento all'altro.

Il medico che non è maturo per questa ambiguità della realtà, respingerà sempre l'ipnosi e lo studio dell'interazione fra normale e anormale, con l'evidente possibilità di scivolare dall'uno stato all'altro, in assenza di qualsiasi danno organico. Difatti noi viviamo una intensa dinan-ùca affettiva ed emozionale, che può provocare i dissesti più pericolosi e profondi anche in un sistema psichico per altro bene assestato sul piano organico. L'ipnosi può farci intravvedere tutto ciò; ed è naturale quindi che molti medici la respingano, osserva giustamente Ancona.

Comunque, indipendentemente dalle interpretazioni psicologiche, riteniamo che il fulgore raggiunto dalla medicina in molti suoi campi, come quello batteriologico, chimico, immunologico, farmacologico, chirurgico, e il rigoglio delle scienze positivistiche, possa avere concorso a far dimenticare le ricerche sull'ipnosi; orientando gli studiosi verso diversi campi e verso altre conquiste che per la loro importanza hanno oscurato la fortuna dell'ipnosi nelle vicende della storia della medicina.

A prescindere che, leggendo gli scritti degli autori passati, risulta come costoro, adoperando l'ipnosi suggestiva, non avessero ben chiari i moventi psicodinamici di molte malattie che trattavano con tale metodo, e come, pertanto,

le loro richieste fossero eccessive o inopportune, quanto sbagliata

gliata l'impostazione terapeutica. Oggigiorno questi moventi sono stati notevolmente chiariti dalle ricerche psicoanafitiche e psicosomatiche. Si sono acquisite, inoltre, cognizioni neurofisiologiche sugli stati di coscienza (cap. 9), sui riflessi condizionati e sui rapporti psicoviscerali (cap. 11), che permettono di dare a tutto l'ipnotismo una nuova impostazione dottrinale e una solida base biologica. L'ipnositerapia è ritornata co§ì in auge in questi ultimi tempi, con un pesante fardello di cognizioni errate da correggere e una veste nuova da arricchire.

Anche le nuove, perfezionate tecniche di induzione, che tengono conto dei molteplici fattori psichici in atto nella relazione interpersonale fra ipnotista e ipnotizzato (cap. 3 5 1 e 2; cap. 14) e che possono valersi di particolarì ausili farmacologici (cap. 7), o fisici (cap. 4 5 9) permettono allo specialista un'induzione ipnotica più facile che nel passato.

Certo bisogna ricordarsi che la suggestione ipnotica, come del resto tutte le psicoterapie, impegna a fondo la personalità del medico; essa non è come la semplice ricettazione, che richiede assai minor spreco di tempo e di energie. L'ipnotismo terapeutico esige sacrifici, costanza e passione che non tutti hanno, specie quando ci si trova di fronte a soggetti che stentano a raggiungere quella profondità di trance necessaria per la cura. Questa è stata un'altra difficoltà che ha ostacolato il progresso dell'ipnotismo nel tempo; tuttavia la pratica ci insegna che non tutte le malattie si risolvono sul piano farmacologico, con la somministrazione di sole medicine, laddove l'ipnosi

può essere un mezzo assai efficace di cura e che quindi è opportuno conoscerla bene.

PARTE SECONDA

TECNICHE INDUTTIVE SEMPLICI E CON MEZZI FISICI 0 MEDICAMENTOSI CAPITOLO 3 Sui metodi induttivi in generale e sui vari stati dell'ipnotismo l.

Metodi induttivi primitivi e nozioni generali per l'induzione. Le resistenze del soggetto Diciotto secoli prima di Cristo l'induzione ipnotica veniva praticata dai Cinesi per mezzo di canti e danze e tale metodo lo vediamo seguito da vari altri popoli successivamente.

I profeti di Baal, per fare le loro profezie, usavano saltare, per ore intere, attorno all'altare, finché cadevano in trance.

I Druidi, per indurre nei loro soggetti sonno magico, solevano cantare insistentemente delle nenie, dopo aver disteso il soggetto per terra, come per dormire.

Gli stregoni eschimesi, per cadere in trance, adoperano il canto e la danza al suono di tamburi, nell'oscurità.

Alcune tribù della costa occidentale africana, per ottenere gli stessi effetti, usano mezzi sirnilari: suoni monotoni di gong, canti, grida e ritmico battere di piedi e di mani.

Ritengo che nell'epoca contemporanea certe sfrenate danze, tipo rock and roll, eseguite in massa per ore e causanti una frenesia collettiva che dilaga dalle sale da ballo nelle strade, come a volte si legge sui giornali, finisca col produrre, specie per i movimenti bruschi del capo, uno stato crepuscolare di alta suggestibilità, che ricorda la trance ipnotica. Tanto più se alla danza si associa l'azione dell'alcool (fig. 3.1). Ricorderemo in merito come uno psichiatra ipnotista brasiliano, David Akstein, proprio rifacendosi alle danze e alle musiche indigene del suo paese, e a quanto succede durante il carnevale di Rio de Janeiro, ha elaborato un metodo induttivo basato sulla musica e sulla danza. Con esse, opportunamente dosate, il soggetto cade in uno stato ipnoidale più o meno profondo, che consente catarsi e il risolvimento di tensioni interne, tanto da permettere, secondo l'autore, una psicoterapia di gruppo o individuale di stati psiconevrotici o psicosomatici (tersicore-trance-terapia, cap. 16 5 2).

Altro metodo induttivo di trance, basato su un movimento rotatorio su se stessi ed eventualmente sulla musica è

quello della cosiddetta trance cinetica descritto nel cap. 16 S 2.

Ma a parte questi metodi di induzione ipnotica, che chiameremo transculturali, altri ne sono sorti di più tecnici con l'avvento dell'ipnotismo scientifico e medico e solo a questi ci riferiremo nel capitolo in corso.

Per causare uno stato ipnotico sono stati descritti diversi metodi. Ogni operatore ha in merito il proprio, che più si attaglia alle sue attitudini e aLLa sua personalità. Peraltro, quando nei moderni trattati sull'ipnotismo si vedono descritti tanti metodi per indurre la trance ipnotica, si finisce col rimanere incerti se giudicare l'ipnotismo come una tecnica facile o difficile, dato che l'ipnosi si può ottenere in tanti modi, laddove, d'altro canto, non uno dei numerosi metodi elencati, a detta degli stessi autori, può assicurare il successo.

Se per una malattia si suggeriscono vari rimedi, è spesso perché di essa non si conosce un unico ri Fig. 3. L A San Francisco oltre quattrocentomila aderenti ai gruppi hippy e indù hanno partecipato a un festival musicale abbandonandosi a sfrenate danze ritmate, capaci di suscitare evidenti stati ipnoidali con manifestazioni di suggestione collettiva.

medio veramente efficace; coáì è anche per i metodi d'induzione ipnotica. La verità è che ogni metodo serve per produrre l'ipnosi quando l'operatore è capace e il soggetto adatto, e nessuno è efficace quando mancano queste condizioni.

Dal metodo dell'abate Faria, a quello del generale Noizet o di Charles Richet, o di Liébeault, o di Beaunis, o di Liégeois, o di Charcot, o di Meares ecc., ogni procedimento è efficace purché si muovano le leve della suggestionabilità individuale, attutendo il controllo e i poteri di critica dei pazienti. In altre parole occorre esaltare le funzioni dell'emisfero cerebrale destro, immaginativo, creativo, artistico, con la sorveglianza quiescente del sinistro, emisfero della logica della critica, del linguaggio articolato. I metodi d'induzione descritti hanno infatti tutti un comune denominatore, cioè quello di esaltare la suggestionabilità, sicché le idee enunciate dall'operatore vengono accettate dal soggetto ed eseguite senza alcuna critica. Essi provocano tutti il fenomeno del monoideismo suggestivo, concentrando l'attenzione del soggetto su una sola rappresentazione mentale, la quale, imponendosi nella coscienza, si attua secondo il suo contenuto, in movimento, in sensazione, in immagine. Perché questo avvenga, occorrono soprattutto particolari condizioni di ambiente, transfert, esattezza e opportunità di linguaggio e di gesti nell'operatore, intuito psicologico. Con questi requisiti non importa molto se il soggetto sarà in piedi o sdraiato, o seduto; se la stanza sarà semibuia o ffluminata e se al nostro paziente faremo o no una chiacchierata esplicativa dei fenomeni ipnotici; a volte sarà sufficiente un breve, rapido contatto fra ipnotizzatore e soggetto perché l'ipnosi avvenga.

Quando ciò non si avvera, occorre far uso di tecniche elaborate, di cui in questo capitolo illustreremo le principali, diffondendoci soprattutto su quelle da noi usualmente adoperate.

In linea generale possiamo dire con Chertok che la tecnica

dell'ipnosi si fonda su un certo numero di procedimenti obiettivi, la cui efficacia è condizionata da fattori soggettivi; intendendo per procedimenti obiettivi alcune azioni esercitate a livello sensoriomotorio, e per fattori soggettivi quelli che si stabiliscono nel rapporto interpersonale soggettooperatore.

Bisogna inoltre tenere sempre presente, quando si pratica una tecnica induttiva, che l'adesione cosciente di un soggetto alle pratiche defi'ipnotismo non significa affatto una accettazione incosciente, la quale è fondamentale per lo stabilirsi dello stato ipnotico (Chertok) e che può elaborare delle resistenze profonde.

Come altri autori, reputiamo fondamentale, ogni qual volta si vuoi indurre ipnosi, basare la propria tecnica sulla particolare personalità del soggetto, sui suoi bisogni e sui suoi desideri, valendosi anche delle risposte e del suo atteggiamento all'istante dell'induzione, senza mai opporvisi.

L'arte defi'ipnosi sta nell'intervenire al momento opportuno, con la suggestione adatta al soggetto e alla circostanza; tenendo conto della cultura e del temperamento dell'ipnotizzando, del suo grado di resistenza e di suggestionabilità, e della sua progressiva passività e quiescenza agli ordini.

Converrà per l'induzione approfittare all'inizio anche delle eventuali resistenze opposte dal soggetto, facendo credere a questi che le sue risposte sono sempre quelle attese e coáì si potrà più facilmente ottenere che le nostre vere

suggestioni si attuino.

Se ad esempio, un paziente - scrive Meares - si difende dalle nostre suggestioni cominciando a muovere le dita, il terapeuta, anziché insistere nella suggestione del rilasciamento, passi a quella della levitazione (cap. 5 S la) dicendo: «Bene, le sue dita e le sue mani si muovono e stanno diventando così leggere da sollevarsi e rimanere sollevate». Se il paziente eserciterà una nuova difesa, abbassando subito la mano, si suggerirà allora 1 1 nizio di un movimento automatico (cap. 5 S la), dicendo: «Bene, D suo braccio va avanti e indietro meccanicamente e cos'ì continuerà ad andare».

Se il malato si difenderà anche da questa suggestione, lasciando cadere con inerzia il braccio, si ricorrerà ancora alla suggestione del rilasciamento e del sonno (cap. 5 la). Ma il paziente potrà continuare a difendersi e aprirà gli occhi. «Bene - si dirà allora - lei mi guarda; mi guardi ... ; non pensi a nulla». E si cercherà di indurre ipnosi col metodo della fissazione dello sguardo diretto (cap. 4 S 7).

Qualora il malato reagisse ancora, voltando il viso dalla parte opposta, si potrà dire: «Lei mi vuoi guardare, ma non può; bene, tutto va come deve andare ecc.».

Le difese del paziente sono così continuamente usate per l'atto induttivo, finché egli finirà col rimanere suggestionato.

Anche eventuali atteggiamenti negativisti debbono, di volta in volta, servire per l'induzione, poiché in fondo il negativismo rappresenta una risposta positiva, essendo la

prova che il soggetto subisce una nostra influenza e quindi è suggestionabile, e come tale ipnotizzabile (Meares).

Se il paziente, ad esempio, tentasse di difendersi dall'ipnosi abbandonandosi a un vero sonno, gli si dirà che questo è dovuto all'ipnotismo; ciò causerà in lui una reazione contraria che lo porterà automaticamente in una condizione più propizia all'induzione.

Se il soggetto, invece, cercasse di simulare atteggiamenti suggeriti, bisogna fingere di non accorgersene: si lascerà simulare, si cercherà di non stancarlo e alla fine della seduta sarà congedato senza alcun commento. Nelle sedute successive, suggerendo stati catalettici o movimenti delle braccia e permettendo al paziente di continuare la sua simulazione, si noterà che i suoi movimenti diventano più lenti, lo sguardo più fisso, compariranno amimia facciale, lieve pallore, a volte sudorazione e infine ipnosi. Per vero è difficile detern-únare la maggiore o minore coscienza di un atto e questa circostanza ricorda molto, nella sua difficile diagnostica differenziale, quella che intercorre fra le simulazioni e le reazioni isteriche (Meares).

Atteggiamenti aggressivi e di sfida, come quelli di alcuni pazienti che dicono: «provate a ipnotizzarmi, se ci riuscite! » sconsigliano, in via di massima, i metodi d'induzione autoritari, che esalterebbero maggiormente nei soggetti le tendenze aggressive subconsce. Una tecnica d'induzione passiva può, con questi soggetti, avere migliore successo (Meares); per quanto l'atteggiamento aggressivo in molte donne, ad esempio, riveli assai spesso proprio il desiderio inconscio di essere soggiogate da un uomo. Ma altri motivi inconsci di difesa possono esservi da parte

del paziente contro l'ipnosi: scarsa sicurezza di sé, paura di diventare un soggetto passivo in baria dell'ipnotista, motivi erotici; tutti possono ostacolare l'atto induttivo. Essi, intuiti dall'ipnotista, devono essere rimossi di volta in volta e devono suggerirgli la tecnica più appropriata al caso, sicché il modo dell'approccio va scelto in relazione alla personalità e ai bisogni del paziente e non a quelli del terapeuta.

Nei soggetti che tomono di cadere sotto influenze magiche e di essere sottoposti a una specie di narcosi che h priverà di ogni contatto con la realtà, si spiegherà che il senso della realtà in ipnosi è assai raramente perduto e che a loro non verrà fatto nulla di più di quanto si direbbe o farebbe nello stato normale.

Con costoro sarà utile stabilire un rapporto, come da docente ad allievo.

Il timore dell'abbandono della propria persona al controllo dell'operatore può portare ad atteggiamenti negativisti per cui, scrive Stokvis, il soggetto invece di accettare le suggestioni senza critica, le rigetta in blocco senza la minima critica. In questi casi la condotta resistente di fatto maschera la paura di essere ridotti all'impotenza; si può allora dire al soggetto che le sue reazioni dipendono dal fatto che egli è troppo informato, individualista e volitivo e lo si esorta, nel suo interesse, a lasciarsi andare.

Resistenze per situazioni edipiche non risolte si possono avere in quei soggetti che identificano l'ipnotista col padre verso il quale essi nutrono una ostilità inconscia per l'attaccamento che hanno alla madre.

All'opposto, un forte transfert positivo può sua volta complicare il trattamento ipnotico in quei soggetti che vivono questa situazione come una relazione sessuale. Alcuni malati nei quali il dolore ha il significato di espiazione, a sollievo dei loro sentimenti di ansietà e di colpevolezza, resistono alle suggestioni ipnotiche tendenti a indurre analgesia.

Da tutto ciò consegue come non si possa, né si debba indurre trattamenti ipnotici senza conoscere le nozioni psicodinarniche fondamentali della condotta umana.

Ricorderemo come generalmente le persone psichicamente normali siano più facilmente ipnotizzabili di molti nevrotici, specie degli ossessivi, degli ansiosi, degli isterici gravi. Ciò contrariamente a quanto pensano alcuni che ritengono ipnotizzabili solo gli isterici.

Nelle persone normali, infatti, il maggiore equili brio psichico permette l'abbandono senza angoscia ed esse non si sentono né uniffiate né minacciate d quella ipnosi in cui scorgono un autentico interessE personale. Le resistenze che insorgono per dato ( fatto della specifica determinata personalità de soggetto si debbono vincere usando l'approcci( adeguato. Ad esempio, l'isterico che si lascia spes so impressionare dall'aspetto formale delle cose, ( la persona non molto colta, non si giovano di lunght spiegazioni preliminari e di metodi induttivi prolun gati, bengi degli approcci autoritari, direttivi, pos sessivi. Gli stessi metodi sono validi negli impulsi vi, impazienti, i quali però spesso ricercano nell'i pnosi gratificazioni immediate, impossibili. Biso gnerà in questi casi dare adeguate

spiegazioni, co me diremo nel capitolo 5.

L'ossessivo invece si gioverà di metodi dolci, in sinuanti, stile training, allenamento, apprendimen to, descritti nel capitolo 4 e aventi tutti un contenu to che si armonizzi con la sua problematica; senza coartarla minacciosamente e intaccarne, almeno apparentemente, le difese. L'ossessivo, rigido, autoritario, dogmatico, quanto a volte dubitante e insicuro, è più facilmente ipnotizzabile nei suoi momenti di dubbio e di perplessità, e cioè quando allenta quella difesa nella quale si chiude per sfuggire all'angoscia. Egli altrimenti vive la passività e il rilassamento della ipnosi come un pericolo e si sottopone alla seduta avendo spesso già letto libri sulla materia e concedendo un abbandono parziale e un'attenzione superficiale, che resta per il rimanente sempre impegnata dai suoi problemi. Anche quando sarà stato ipnotizzato stenterà ad ammet

a terlo e discuterà sulla profondità della trance, su quello che ricorda o non ricorda ecc., come è stato notato da chi scrive e da vari altri autori (Paladino).

Esaminando più specificamente i vari particolari di tecnica, osserveremo, con altri autori, come il linguaggio che si usa per l'induzione debba essere comprensibile dal paziente e molto chiaro, altrimenti egli non eseguirà le suggestioni indotte, unicamente perché non le ha comprese. Ciò è da tenere particolarmente presente nell'ipnosi dei fanciuni.

Un linguaggio può riuscire più o meno suggestivo non solo per il suo contenuto e per il suo nesso logico, ma anche per l'espressione mimica e le pause che l'accompagnano, e

cioè per quella parte non strettamente verbale del discorso. Questa, com'è risaputo, può, secondo la sua forma, in grado maggiore o minore avvicinarsi all'intimità affettivaemotiva di un soggetto, che sempre viene sollecitata (e più della parte intellettiva) nei procedimenti induttivi e psicoterapeutici.

t sul linguaggio e sulla parola, definita strumento d'azione, che si fondano il rapporto interpersonale e ogni scambio dialettico tra medico e malato.

Le parole sono stimoli di immagini e di riflessi condizionati; esse devono essere semplici e chiare.

La voce sia dolce e bassa all'inizio, suasiva, monotona, lenta; man mano che la passività aumenta, il tono basso può diventare cupo, imperioso, freddo, netto. Una errata intonazione della voce può ostacolare l'induzione di trance o il suo approfondimento. Diverse modalità di espressione possono modificare il significato di una comunicazione.

Bisogna suggerire una sola idea per volta, in quanto che a una idea unica si può rivolgere quella intensa attenzione necessaria, perché si possa suscitare il fenomeno del monoideismo e quindi l'i pnosi. La suggestione si attua esattamente come viene data, cosicché se suggerisco che il braccio diventerà rigido, la

mano dello stesso braccio può rimanere inerte.

Non fare allusioni alle condizioni patologiche del paziente, ma parlare sempre di quelle che si desidera ottenere. Non dare mai suggestioni negative, ma sempre positive e affermative. Non dire, ad esempio, lei non sarà più debole a quella tentazione, ma dire ripetutamente lei sarà forte a essa. Si detern-úna cosi nella mente del soggetto un fine che egli si sforzerà inconsciamente di attuare.

Il soggetto deve avere inoltre la sicurezza che la sua personalità sarà rispettata e che il più assoluto segreto sarà mantenuto su quanto potrà dire o fare, in stato ipnotico. Prima di indurre trance, è bene spiegare sempre come nell'ipnosi la personalità del soggetto resti intatta e come niente possa essere mai fatto che sia veramente contrario alle sue personali tendenze e abitudini. Anzi, ad alcuni soggetti particolarmente diffidenti, spieghiamo come nulla possa farsi senza il loro aiuto, in modo da lasciare a costoro, a volte, l'impressione di fare tutto da soli.

Una suggestione non deve mai assumere la forma di un comando, il quale può portare al risveglio dallo stato ipnotico nel momento stesso in cui viene dato (si veda, ad esempio, al cap. 18, il caso 38)*. * I casi, dal[11 al 60, sono descritti nel cap. 18.

«Si trovano spesso.in città - scriveva Bemheim nel 1891 delle persone terrorizzate da incompetenti sui danni dell'ipnotismo; negli ospedali, dei malati diffidenti che temono di diventare soggetti da esperimento. Bisogna allora entrare nella confidenza e nella fiducia dell'ammalato e quando il terreno è preparato l'ipnosi è facile».

Oggi le cose non sono cambiate e il suggerimento di Bemheim resta quindi sempre valido.

Per decidere il paziente all'ipnosi, gli si dirà che questa non solo l'aiuterà a guarire dei suoi disturbi, ma anche gli permetterà di aumentare le sue capacità di autodominio. Converrà lodarlo ogniqualvolta sarà capace di maggiori risultati suggestivi.

Nell'eseguire l'ipnotismo bisogna, infine, avere una grande fiducia in sé stessi e la risoluta volontà di indurre ipnosi. Esse sono la molla prima del successo, in quanto improntano il comportamento dell'operatore in modo favorevole. Questi deve avere una sicurezza calma e fredda. «Se egli esita, scriveva Bernheim, o ha l'aria di esitare, il soggetto può sentire questa esitazione e subire l'influenza controsuggestiva; egli non si addormenta, o si risveglia. Se l'operatore ha l'aria di affaticarsi molto e di sudare per addormentare il proprio soggetto, questi può pensare di essere restio all'ipnosi; più si scalmana presso di lui e meno questi si sentirà influenzato. Calma, sicurezza, semplicità nel procedimento; ecco il modo migliore per riuscire».

Di fatto, i migliori ipnotizzatori, come molti hanno notato, non sono spesso coloro che hanno studiato lungamente il fenomeno, ma degli individui più o meno fanatici, delle persone irriflessive, senza sufficiente autocritica, che però credono fermamente nelle loro possibilità di ipnotizzare gli altri. Quando subentra una sottile autocritica, scrive Servadio, non è l'ipnotismo, ma il «nostro ipnotismo» che non funziona più.

Di fatto, l'atteggiamento mentale dell'operatore è il grande segreto di ogni ben riuscita suggestione ipnotica; esso è proprio l'invisibile che crea il visibile (cap. 3 S 2). t proprio per questo atteggiamento mentale che tra l'ipnotista e il suo soggetto si instaura una specie di comunicazione extraverbale che non è meno importante, agli effetti induttivi e terapetitici, di quella verbale.

Bisogna scegliere con cura la parola chiave della suggestione e ripeterla in noi finché la sentiamo vibrare intensamente nel suo significato e nella sua essenza. Solo allora pronunciarla varie volte al soggetto con quel calore e quella intensità per cui la voce può acquistare il tono suggestivo necessario. Qualora il terapeuta non avesse fiducia in se stesso, deve costruirsi questa fiducia con la pratica costante dell'affermazione e anche dell'autosuggestione. Egli deve, come abbiamo detto, presentarsi con quella autorità da cui traspare la sicurezza della riuscita delle proprie suggestioni e deve cercare di sfruttare in un approccio emozionale quel bisogno di simpatia, di benessere, di sicurezza desiderato dallo stesso malato.

Le tecniche induttive s'imparano alla lunga con l'esperienza e sotto una buona guida, diceva Bernheim, come s'imparano l'oftalmoscopia, l'auscultazione e altri tecnicìsmi medicì.

Cìascuno deve trovare la tecnica che meglio si adatta alla sua personalità. A volte, ad esempio, anche un esame neurologico di routine può diventare un mezzo d'induzione

ipnotica (risposta aì riflessi rotulei, alla fissazione dellIndice ecc.).

Più l'approccio sarà sottile, meno esso sarà drammatico e più il risultato sarà buono. La tecnica ipnotica migliore sarà la meno rituale e la più diretta.

Sì comincia a suggerire ciò che il malato si aspetta e in seguito si suggerisce l'inatteso. Daremo maggiori particolarità di tecniche quando descriveremo le metodiche personali di induzione e approfondimento (cap. 5 5 2). 2. La personalità profondadell'ipnotista Per studiare l'orientamento psichico di alcuni ipnotizzatori notoriamente conosciuti come eccezionalmente abili e dotati, chi scrive ne ha saltuariamente frequentati alcuni. Nel 1933 simpatizzò con uno di costoro, il quale gli diede da leggere e da copiare alcune sue memorie, autorizzando anche la loro interpolazione in eventuali pubblicazioni. Questi aveva cominciato a ipnotizzare a trent'anni, dopo aver fatto il barbiere per parecchio tempo, e divenne uno dei più forti ipnotizzatori di teatro. Irritabile, con reazioni neurasteniche, di umore instabile, forte bevitore di cognac, grappa e liquori, tabagista (sino a 60 sigarette al di) ed eccezionale bevitore anche dì caffè (sino a 10 al di), facilmente insonne, confessò di essere sempre nervoso prima di ogni spettacolo, per una paura inconsulta di un insuccesso, che però lo spingeva tanto maggiormente a sforzi disperati di volontà. Egli intuiva la

personalità dell'individuo, scoprendone le leve della suggestionabilità e cercava di svegliare subito in lui una grande simpatia, o un grande timore Con metodi bruschi,

imperativi e atteggiamenti autoritari. Approfittava dei pochi secondi in cui il soggetto non si sorvegliava per precipitarsi su di lui con un atteggiamento imperioso e volitivo tale da paralizzarlo e renderlo quasi un fantoccio in sua bafia. Aveva bisogno di vedere in volto l'individuo per cogherlo nell'istante di dirninuito controllo. Sceglieva per i suoi esperimenti teatrali i soggetti emotivi con occhi particolarmente espressivi, scartando quelli dallo sguardo freddo e incisivo.

Una tecnica da palcoscenico rasentante la paranoia, firii, col creare nel soggetto una divisa, che gli permise per molti anni di imporsi alle platee di vari teatri. Nulla essa ha che fare con la tecnica ipnotica medica, ma ci dimostra chiaramente quanta importanza abbia l'impostazione mentale dell'operatore per stabilire quelle condizioni che assicurano il successo nell'ipnotismo.

Il medico che si accinge a ipnotizzare avrà sempre abbastanza senso critico per non assumere iperbolici atteggiamenti e per conoscere i limiti del metodo che adopera; ma non tanto da frustrare in sé, attraverso tentennamenti e incertezze, ogni possibilità di riuscita.

«L'analisi dell'ipnotizzatore non è stata ancora scritta», dice Schilder, ed egli ritiene che l'ipnotizzatore «debba sentire in sé incarnata in qualche angolo della psiche la potenza magìca, deve esaltare l'esigenza di soggezione masochistica incondizionata e il desiderio di appartenenza sessuale dell'altra persona. Il terrore dell'ipnotizzato di essere violentato deve corrispondere al desiderio di violentare da parte dell'ipnotizzatore».

Contro questo modo di concepire le relazioni interpersonali ipnotiche, avanzato da Sclifider, si scagliano Koch e numerosi altri autori, facendo rilevare come, se anche in qualche ipnosi possono sussistere tali interrelazioni, che del resto possono aversi anche in altri tipi di psicoterapia, pure «esse non riguardano il nocciolo del fenomeno ipnotico» e «possono essere controbattute anche solo accennando alle migliaia di esperienze di allenamento au~ togeno, la cui riuscita non è certo subordinata né alle qualità autoritarie o magiche del medico, né ai presupposti erotici, e si basa ufficamente sulla sempre crescente azione psichica dei gradi di esercizio» (cap. 3 5 2). Tuttavia, come si ritiene indispensabile l'alloa nalisi per uno che desideri fare lo psicoanafista (cap. 13 S 1), cosi la reputiamo necessaria anche per un ipnositerapeuta, ricordando che lo stesso desiderio di ipnotizzare può essere, in qualche caso, psicoanaliticamente sospetto.

Difatti è possibile che qualche terapeuta desideri fare uso dell'ipnotismo per appagare un erotismo inconscio eterood omosessuale, per sadismo, per avere possibilità di attuare alcune tendenze isteriche inconsce, o un desiderio di potenza facendo sfoggio di autorità sul soggetto ipnotizzato. D'altra parte queste pulsioni istintuali possono trovare il loro corrispettivo nel soggetto che chiede di essere ipnotizzato, allo scopo di soddisfare proprie tendenze erotiche masochistiche, o perché va alla ricerca di una benefica influenza magica su di sé, o perché nutre nel suo intimo un desiderio di dipendenza, eccetera.

t facilmente comprensibile come in questi casi e in tutti quelli in cui ipnotista e ipnotizzato costituiscono una coppia

nevrotica complementare possa sorgere un rapido transfert induttivo di ipnosi, ma pericoloso eticamente e di assai dubbia efficacia terapeutica.

Il terapeuta deve pertanto tenere sotto continua critica sorveglianza il rapporto interpersonale col paziente, in modo che inavvertitamente non si stabilisca una relazione patologica, e deve essere pronto a ritirarsi gradatamente, appena l'ammalato si avvia a ritornare nella norma. Il trattamento del rapporto interpersonale medico-paziente è la parte più delicata e importante dell'ipnosi-terapia, come di ogni psicoterapia. In esso sta la base del successo terapeutico; bisogna saper guidare, avviare per la retta via tendenze, pulsioni, istinti, in modo da rendere il comportamento del malato sempre più accettabile alla società e a se stesso, senza che paziente e medico rimangano alla fine legati da transfert irriducibifi.

Ci soffermeremo nel capitolo 14 sui rapporti che possono intercorrere nella coppia terapeuta-paziente, durante le varie forme di ipnositerapia, suggestiva diretta, di sostegno, della presa di coscienza eccetera, e dell'opportunità di seguire, secondo i casi, metodi autoritari o metodi blandi. 3. 1 vari stati dell'ipnotismoe suggestionabilità costituzionaliNell'ipnosi possiamo distinguere due fasi:1) la fase dell'ottundimento delle facoltà critiche dell'ipnotizzato, che può ottenersi anche con manovre passive, quali effetti ottici, acustici, cinetici, o con la somministrazione di particolari sostanze chimiche, quali i barbiturici endovena, in modo da mettere l'ammalato in uno stato di coscienza ridotta o crepuscolare;

2) la fase del subentramento della direttività dell'ipnotizzatore, fase in cui si determina un particolare rapporto fra ipnotizzatore e ipnotizzato.

Queste due fasi, che Braid e Charcot nei loro metodi e nelle loro dimostrazioni compivano distintamente, possono ridursi in una fase unica, come avveniva nelle manovre dei magnetizzatori e nel metodo della scuola di Bernheim.

Charcot distingueva un piccolo ipnotismo, riscontrabile eventualmente presso individui normali, in cui si avverano vari fenomeni di beve passività e suggestionabilità, e un grande ipnotismo, proprio degli isterici, in cui egli differenziava tre tipici periodi. Il primo di questi sarebbe stato il letargico, contraddistinto da sonno profondo e ipereccitabilità neuromuscolare; il secondo, il catalettico, contraddistinto da inerzia muscolare e mentale, per cui le membra restano nella posizione che viene loro data; e il terzo, il sonnambolico, contraddistinto da ipereccitabilità cutanea, con insorgenza di falsa catalessia ed estrema suggestionabilità.

Charcot riteneva di poter passare dal periodo letargico al catalettico aprendo gli occhi del paziente, e dal catalettico al sonnambofico ffizionando la fronte, o facendo con la mano una leggera pressione sulla testa dell'individuo.

Liébeault e Bernheim, giustamente, non accettarono queste tre fasi dell'ipnotismo isterico di Charcot, sostenendo di non aver mai potuto riscontrare, nelle loro osservazioni, l'esistenza di esse come fasi distinte, e di non aver mai prodotto niente mediante l'apertura degli occhi e

le frizioni sulla testa, senza alcuna suggestione concomitante. Non c'è ipnotizzatore moderno che non possa, oggi, confermare ciò.

Tra lo stato di veglia e la trance profonda esistono di fatto numerosi stati intermedi.

Liébeault ammetteva sei gradi del sonno provocato, che variano a seconda dei soggetti.

Bernheim negò l'esistenza del rapporto esclusivo tra ipnotizzatore e ipnotizzato durante il sonno profondo (a partire dal quarto grado), e ritenne che l'osservazione di Liébeault fosse dovuta alla particolare tecnica suggestiva adoperata da questo autore, il quale, in fondo, suggeriva al soggetto di non rimanere in rapporto con altri che con lui. Bernheim, nei fenomeni ipnotici, distinse sei gradi, in cui è conservato il ricordo al risveglio, e tre che si accompagnano ad amnesia.

Altre scale sono state proposte da Forel, Moll, Wetterstrand, Hull, FriedIander e Sarbin, Bryan, Le Cron e Bordeaux, van Pelt, Davis e Husband. La scala di questi ultimi comprende trenta gradi diversi di ipnotizzabilità, essendo le allucinazioni visive negative all'ultimo grado della scala.

Janet, basandosi sull'esperienza dell'ipnotismo medico, esclude dall'ipnotismo stesso tutta quella serie di fenomeni affini, provocabili con pratiche diverse, ma che non si

accompagnano ad amnesia al risveglio, e cioè allo sdoppiamento della coscienza; sarebbero, questi, fenomeni dovuti a suggestione, ma non ancora all'ipnotismo, secondo Janet, perché manca in essi lo specifico disturbo della memoria.

Anche ciò non è esatto. Difatti, una accurata disamina nella diagnostica differenziale degli stati di coscienza ipnoidali, e l'osservazione del manifestarsi, o meno, dei diversi soggetti, di una sintomatologia ipnotica differente, ha portato chi scrive ad affermare, sin dal 1962, l'esistenza di una suggestionabilità costituzionale di apparato in ognuno di noi. Questa è indipendente dalla profondità del cosiddetto sonno ipnotico, intendendosi, con queste inesatte parole, la maggiore avulsione dallo spazio circostante e dal tempo, ottenuto dal soggetto e l'intensità dei moneidesimi plastici etero e autoindotti in lui. Per essi una persona in stato di ipnosi vigile può camminare ad esempio sui carboni ardenti senza bruciarsi, o eseguire il ponte catalettico e un'altra, in stato di sonno profondo, può non sopportare la puntura di un ago, o non realizzare una modica catalessia di un braccio. Di fatto, che cosa succede in ipnosi? Il soggetto, benché immobile, inerte, sente tutto e può entrare in comunicazione con il mondo esteriore; per risvegliarlo, basta ordinarglielo. In questo stato si possono, a volte, produrre in lui fenomeni catalettici, e altri ancora per semplice suggestione verbale e senza ricorrere a soffi sugli occhi, né ad aperture di palpebre, né a frizioni sulla testa. La semplice suggestione è sufficiente talora a determinare tutta la serie dei fenomeni ipnotici e, una volta instaurata la trance, ogni altro processo può essere superfluo, o addirittura inefficace.

L'obbedienza automatica, l'anestesia, le illusioni sensoriali e le allucinazioni provocate, segnano le fa

si progressive dello sviluppo di questa suggestionabilità, il cui grado culn-únante è costituito dal sonnambulismo attivo, con totale amnesia al risveglio.

Volendo distinguere, per esigenze pratiche, diversi gradi di ipnotismo, chi scrive ha sempre fermato la sua attenzione sulle seguenti tappe successive:

1) torpore, difficoltà di sollevare le palpebre, pesantezza delle membra per suggestione;

2) torpore più profondo con inizio di catalessi d breve durata;

3) distacco dall'ambiente circostante e catalessia di lunga durata;

4) avulsione sempre più profonda dallo spazio circostante e dal tempo: attenzione concentrata sull'ipnotizzatore; l'ipnotizzato può ricordare solo ciò che è intercorso con l'ipnotizzatore, qualora si dia questa suggestione;

5) contrattura suggestiva; a questo grado, ordinariamente, anche analgesia suggestiva e discreta amnesia;

6) obbedienza automatica; si oppone all'obbedienza passiva assoluta la particolare personalità del soggetto; amnesia più profonda, ma non sempre assoluta;

7) allucinabilità positiva; sonnambulismo, amne: sia completa spontanea;

8) allucinabilità negativa durante la trance e po stipnotica. Possibilità di eseguire, a distanza di molto tempo dalla seduta ipnotica, le suggestioni date durante la seduta stessa, o di realizzare intense somatizzazioni suggestive.

Ogni grado comporta, generalmente, i sintomi dei gradi precedenti.

Le modificazioni somatiche e psichiche che possono avvenire nel soggetto ipnotizzato, saranno descritte dettagliatamente nella parte terza. Peraltro si desidera precisare subito due punti. Il primo è che tale scala non va considerata in modo rigido, perché a volte nella trance leggera si trovano segni della trance profonda e viceversa. Ad esempio, l'amnesia può esserci per fenomeni della trance leggera e non per altri avvenuti in trance più profonda. Anche dopo una leggera ipnosi, possono indursi fenomeni postipnotici. Vi sono soggetti alluci bili'

ina' ' ma senza amnesia al risveglio; e altri invece, amnesici al risveglio, ma assai difficilmente allucinabili. La catalessi

che si può produrre facilmente non è identica per intensità e durata in ogni soggetto. Infine, per personale esperienza, è raro che un soggetto possa riprodurre tutti i fenomeni ipnotici. come una persona sveglia, pur agendo a un livello subconscio. Nello stato stuporoso mancano invece la spontaneità propria del sonnambulismo, e il paziente appare passivo e inerte come fosse narcotizzato. Erickson definisce «l'ipnosi profonda come quello stadio di trance che permette al soggetto di funzionare a un livello subconscio, senza interferenza della mente conscia»; afferma, inoltre, giustamente che il controllo delle funzioni somatiche e vegetative è molto più facile in tale stadio. Questo, però, per Pavesi, non implicherebbe tanto una maggiore ipersuggestionabilità, quanto l'esistenza di un «differente livello psichico in cui il soggetto è capace di funzionare».

L'esperienza personale ci porta ad affermazioni simili a quelle di Erickson, per quanto riguarda l'influenzabilità del soggetto in ipnosi, dato che solo negli ultimi gradi dell'ipnosi ci è riuscito di modificare in modo efficace le condizioni neurovegetative e psichiche dei pazienti. E ciò in grado tanto maggiore o minore, secondo la loro specifica costituzione organica e viscerale.

E' probabile che l'immagine corporea, che si struttura nelle prime fasi della vita, possa in parte contribuire a spiegare la specifica suggestionabilità d'organo, congiuntamente a una maggiore connaturata pervietà, per determinati distretti corporei, delle correlazioni mente-corpo e corpomente.

Rispetto al grado e all'intensità dell'ipnosi, vari autori ritengono sufficiente il trattamento suggestivo nei primi gradi dei sonno ipnotico; questi però, a nostro avviso, non si adattano che alle forme morbose bevi. In quelle inveterate e gravi si è accertato che, se si vuole ottenere qualche risultato con la suggestione, è necessario quell'automatismo che si accompagna al restringimento della coscienza proprio dei gradi più avanzati dell'ìpnosi (si veda la parte quarta: statistica).

I sintomi morbosi che durano da tempo, radicati nella coscienza e fissati ormai da riflessi condizionati psichici e neurovegetativi, non si risolvono se non si ottundono la coscienza stessa e i poteri di critica, dissociando momentaneamente la personafità dell'individuo; perché solo così si può avere libero e facile accesso agli strati più profondi della psiche, più diretto contatto con l'lo organico. Conoscere ciò è importante agli effetti terapeutici e forma la premessa indispensabile delle varie tecnìche per curare con l'ipnosi; vi ritorneremo, pertanto, nel capitolo 13 5 4. Per ottenere stabili cambiamenti sensoriali, motori o psichici, possono occorrere, difatti, diverse ore di ipnosi, in sedute successive, durante le quali si deve allenare il soggetto a suggestioni ipnotiche diverse, di cui alcune possono essere anche intensamente dissocianti.

CAPITOLO 4

Descrizione

delle principali tecniche induttive e sintomi obiettivi iniziali della trance Più particolarmente, come si può indurre una trance ipnotica e quali sono i procedimenti usuali da seguire per produrre i diversi stati dell'ipnosi?

Il tempo per indurre una trance ipnotica può variare da pochi secondi a qualche ora, dipendendo dalla costituzione del soggetto e dalla particolare disposizione dello stesso paziente nelle varie sedute, oltre che da circostanze di tempo e di luogo.

Anche la profondità della trance è variabile di volta in volta e nei diversi ammalati. Di solito si approfondisce con la ripetizione delle sedute, ma è anche possibile che un soggetto raggiunga una trance media e non si riesca più ad approfondirla.

Le tecniche di cui ci si vale per indurre ipnosi si conformano ai principi generali esposti nel capitolo precedente e sono quelle che si descriveranno appresso. 2 bene che esse escludano ogni teatralità e limitino al minimo indispensabile i passi e i toccamenti per rafforzare col gesto quanto suggerito dalla parola (pesantezza delle

membra, contrattura, analgesia, catalessia eccetera). A meno che non si voglia con i passi instaurare una specie di Unguaggio del corpo, associando coáì all'ipnosi metodiche che però sono più specifiche di altri sistemi psicoterapici, quali la bioenergetica e l'organismica. l. I passi e la loro interpretazione I passi sono degli sfioramenti che l'ipnotista fa con la propria mano sul corpo del paziente e so

prattutto sugli arti e sul viso per realizzare particolari suggestioni.

Il passo ha la funzione di attirare di più l'attenzione del soggetto alla regione in cui si vuole instaurare analgesia, catalessi, o altro fenomeno ipnotico. Esso permette di realizzare un determinato vissuto corporeo nel soggetto, utile come sistema di riferimento più profondo con l'ipnotista e come sensazione cenestesica ristrutturante e destrutturante a seconda del momento (Granone, Piscicellì e altri).

Secondo vari autori si stabilisce col contatto una specie di messaggio informativo, che potenzia quello verbale del rapporto interpersonale, e che può dare dal lato terapeutico un aspetto particolare al transfert. E ciò senza per questo pensare a particolari fluidi, come ai tempi degli antichi Egizi e degli Indiani, in cui si ottenevano guarigioni sfruttando le possibilità direzionali delle mani, o senza riferirsi ai riti religiosi con mani benedicenti.

Alcuni autori moderni (Morey Hossri e altri) assin-Wano la tecnica dell'induzione ipnotica per mezzo dei passi, a quella dell'agopuntura cinese, che si esplica su particolari zone metameriche, o su punti di innervazione periferica.

Lo stato ipnotico prodotto mediante i passi avrebbe, per Morey Hossri, come fondamento el impacto emocional, prodotto dall'eccitazione del simpatico per via cutanea riflessa, specie nei tipi sensibles, essendo risaputo come si possano esercitare effetti negli organi profondi attraverso il riflesso cutaneo-viscerale. I passi potrebbero così essere eccitanti, sedativi, neutralizzanti, inibitori o tonificanti, secondo le regioni epidermiche su cui si esercitano.

A nostro giudizio, prima di affermare ciò con sicurezza, è indispensabile sceverare attentamente quanto si debba alla suggestione specifica e quanto invece alla particolare zona cutanea toccata con la propria mano, nel conseguire l'effetto. Ciò per non correre il rischio di ricadere in un quissimile del frenoipnotismo di Braid (cap. 1 S 2c), o degli stati catalettici, sonnambolici e letargici di Charcot, prodotti mediante frizioni sulla fronte, pressioni sulla testa eccetera (cap. 3 5 3).

Coloro che spiegano l'ipnosi con fluidi e forze fisiche sostengono che dalla mano degli ipnotizzatori, come da quella dei guaritori, si sprigionino forze particolari (SaintYves Cassac, C. Girod e altri); tuttavia è difficile che i potenziali calorici ed elettrici (di ben pochi mffliampère!) e le eventuali energie che domani si accertassero sprigionate da soggetti particolari, possano spiegarci la complessa fenomenologia ipnotica, che molto chiaramente ha, come

fondamento, indiscussi fenomeni di suggestione e di autosuggestione.

Tutt'al più essi non avrebbero che la funzione, ove venissero percepiti, di mettere più facilmente in moto le leve della suggestionabilità individuale e altre biologiche da individuare.

Sull'argomento ci soffermeremo diffusamente più avanti, nel capitolo 6 S 2b, trattando delle possibilità parapsicologiche nella induzione di ipnosi.

Gli antichi ipnotizzatori davano molta importanza ai passi come metodo di tecnica induttiva, e alla forza di volontà dell'operatore per ottenere effetti ipnotici.

Deleuze, ad esempio, faceva sedere il paziente su una sedia di fronte a lui, esortandolo a non pensare a nulla, e si raccoglieva un momento nella ferma volontà di ottenere effetti ipnotici. Prendeva quindi le mani del soggetto in modo che la parte interna dei suoi pollici toccasse quella interna dei pollici del soggetto e fissava lo sguardo sul paziente finché si fosse stabilito un uguale grado di calore fra i pollici messi a contatto. Ritirava quindi le mani e le posava circa un minuto sulle spalle dell'ammalato, facendole discendere lungo le braccia, fino all'estremità delle dita, per cinque o sei volte. In seguito, poneva le mani al di sopra della testa e poi le abbassava, passandole davanti al viso fino all'epigastrio, dove si arrestava, poggiando i pollici nel cavo dello stomato e le altre dita sotto le costole; indi di

scendeva lentamente lungo le cosce fino ai piedi. Ripeteva questi passi fino a ottenere sensazione di stanchezza, di torpore e con essi l'induzione.

Anche Richet prendeva i pollici del soggetto nelle sue mani, li stringeva con forza per qualche minuto e poi compiva dei movimenti uniforn-ú con le proprie mani tese sulla testa, sulle mani, sulle spalle e soprattutto sulle palpebre del paziente, fino a indurre trance.

Il dottor Esdaile si poneva alla testa dei letto del malato e si chinava sul suo volto, gli occhi fissi negli occhi, applicando una mano all'incavo epigastrico del soggetto, mentre con l'altra faceva leggeri massaggi sul viso e sugli occhi. Inoltre egli soffiava frequentemente e dolcemente sulla faccia, mentre il silenzio più profondo regnava durante tutta l'operazione. L'esperìenza ha dimostrato come si possa lo stesso indurre ipnosi con la sola forza suggestiva e condizionante della parola, senza passi, né carezze, né soffiamenti, che possono, come la stessa fascinazione dello sguardo, in alucni soggetti, esaltare il momento erotico dell'ipnotismo. Per questo, di regola, chi scrive se ne astiene, ricorrendo alle altre tecniche che seguono.

In alcune circostanze però i passi possono essere un buon metodo di induzione e non bisogna rigettarlo a priori; come non rigettiamo un esame rettale o vaginale quando è indicato, anche se conosciamo tutte le possibili complicazioni psicologiche di esso. 2. Metodo della fissazionedell'indice dell'ipnotista

Con questo metodo, il torpore suggestivo viene indotto facendo fissare all'ammalato, comodamente sdraiato su una poltrona, l'indice della mano destra dell'operatore, che, da una distanza di due palmi dalla fronte del paziente, gradatamente si avvicina alla sua glabella, in modo da cagionare una progressiva convergenza dei bulbi oculari. Questa, da sola, induce dopo qualche tempo stanchezza e le parole suggestive suscitano, nei soggetti adatti, gradatamente, il resto.

Più precisamente si esegue tale induzione in una stanza a luci attenuate, senza correnti d'aria, a temperatura confortevole, essendo il paziente sdraiato sulla poltrona, con le mani poggiate sui braccìolì e le gambe non accavallate. Man mano che si avvicina il dito si suggeriscono idee di pesantezza delle palpebre, stanchezza visiva, bisogno di chiudere gli occhi, idee di rilasciamento mentre si osservano attentamente il modificarsi della fisionomia del paziente e le sue reazioni ' Secondo queste, ci si regola di conseguenza nel tono della voce e nefi'impostazione suggestiva, adoperando quei modi che si apprendono solo con l'esperienza e con un po' di intuito psicologico.

La tecnica della ripetizione monotona defle frasi di distensione, adoperata da quasi tutti gli ipnotizzatori, è utile ma non indispensabile per indurre trance, essendo possibile ottenerla anche diversamente.

Il metodo descritto nelle linee generali sì richiama a quello che già nel 1890 seguiva Bernheim. e che qui si riporta perché lo si ritiene ancora di attualità per chi volesse indurre ipnosi senza avvalersi degli ausili chimici (narcotici endovena ecc.) o fisici (Brain Wawe Sincronizer ecc.) oggi a disposizione, o di tecniche indirette.

Il soggetto, scrive Bernheim, è coricato o comodamente assiso sopra una

poltrona: io lo lascio raccogliersi qualche istante dicendogli che si addormenterà molto facilmente di un sonno dolce e calmo come il sonno naturale. Io appoggio una mano dolcemente sui suoi occhi e gli dico: «Dormite! » Alcuni chiudono subito gli occhi e sono presi. Altri, senza chiudere gli occhi, sono presi, lo sguardo fisso e con tutti i fenomeni dell'ipnosi. Altri presentano rapidi ammiccamenti.

Se gli occhi non si chiudono spontaneamente io li mantengo chiusi qualche tempo e se sorprendo qualche resistenza, aggiungo: «Lasciatevi andare, le vostre pal- 3. Metodo del blocco dei globi oculari pebre sono pesanti, le vostre membra si addormentano, il sonno viene. Dormite». 2 raro che uno o due minuti passino senza che l'ipnosi sia arrivata.

Alcuni restano subito immobili e inerti; altri cercano di riprendersi, riaprono gli occhi, si risvegliano qualche istante: io insisto, io mantengo le palpebre chiuse, io dico: continuate a dorn-úre. Nella pratica ospedaliera, dove l'autorità del medico è più grande, almeno i quattro quindi dei nostri soggetti cadono così in un sonno profondo con amnesia al risveglio. [!]

Gli altri meno bene preparati, meno docili, soprattutto le persone di città, si abbandonano meno facilmente. L'ipnosi è meno profonda; essi non sono consapevoli di subire l'effetto ipnotico. L'operatore coglie spesso nell'attitudine del soggetto una certa inquietudine: qualche volta il soggetto dice che egli non dorme affatto, che egli non può dormire. lo insisto e gli dico: lo so che voi mi intendete. Voi dovete intendermi; voi potete essere ipnotizzato, tutto è che mi intendiate. Il sonno profondo non è necessario. Non parlate. Tenete gli occhi chiusi. Ascol

tatemi bene eccetera... lo cerco cogi di captare il suo spirito o con dolce insinuazione o con autorità, secondo la personalità del soggetto. E gli sollevo dolcemente il braccio in aria. lo ottengo sovente allora, proprio quando il soggetto crede di non subire l'effetto, una catalessia suggestiva, più o meno irresistibile, a volte dei movimenti automatici; dopo, contratture. Arrivo così a un grado più o meno avanzato dell'ipnosi senza sonno propriamente detto, o, meglio, senza che il soggetto abbia coscienza del sonno. A volte, nella medesima seduta, riesco

gradualmente a ottenere tutta la serie dei fenomeni: in quei soggetti che sembravano recalcitranti, ho potuto persino produrre, per suggestione, l'amnesia al risveglio. Altri che non superano i primi gradi alla prima seduta, nelle seguenti possono raggiungere l'ipnosi proffonda; ma non tutti vi arrivano.

Vi sono quelli che si lasciano andare e non sanno procurarsi che un torpore insoddisfacente. Io arrivo, a volte, a mutare questo stato in sonno profondo, dicendo al soggetto: «lo vi lascio; voi dormirete da solo. Tenete gli occhi chiusi. Il sonno vi verrà». E io li lascio.

Dopo un certo tempo, un quarto d'ora, ad esempio, ritorno e gli dico: «Continuate a dormire». Qualche volta osservo che allora la catalessia esiste e che i fenomeni dell'ipnosi sono bene manifesti e in qualcuno anche con amnesia al risveglio. Alla seduta seguente ottengo l'ipnosi profonda in pochi secondi.

Vi sono quelli che prendono la cosa a ridere e resistono; io intervengo con bruschezza, pronuncio parole severe, E impressiono con autorità, reprimo cosil le loro velleità di scherzo e di resistenza e sovente ottengo l'effetto.

Qualora il metodo usuale della semplice fissazione del dito indice dell'operatore fallisse, nonostante la contemporanea suggestione verbale di rilasciamento e di sonno, si può ricorrere al metodo del blocco dei globi oculari, col quale si fanno chiudere al paziente con forza gli occhi, invitandolo a girarli contemporaneamente verso l'alto, in modo da fissare un punto al di sopra della base del naso. Più precisamente si comprimono i globi oculari in senso latero-mediale, come per la ricerca dei riflesso oculo-cardiaco di Dagnini-Aschner, mentre il soggetto è invitato a guardare in alto verso la glabella, in modo da compiere una contemporanea rotazione in alto e convergenza dei globi oculari (fig. 4.1).

Agli effetti fisiologici del riflesso oculo-cardiaco (modificazioni della frequenza del ritmo cardiaco e talvolta della pressione arteriosa) e della

forzata Fig. 4. L Manovra per indurre e approfondire la trance ipnotica.

convergenza dei globi oculari, si aggiunge quello psicologico suggestivo, che induce idee di rilasciamento e di sonno.

La pressione va fatta in modo da non dare dolore, facendo scivolare il pollice e H medio sulle palpebre in senso latero- mediale, mentre l'indice della stessa mano è fisso sulla glabella.

Terminata la manovra sugli occhi, l'indice permane sulla glabella, in modo che il paziente continui a convergere all'interno i suoi globi oculari, dirigendo H suo sguardo verso questa (fig. 4.1).

Si suggerisce che in queste condizioni l'apertura degli occhi non potrà più avvenire, anche se ci si sforzerà di farlo. Difatti, è difficile aprire le palpebre contemporaneamente alla rotazione in alto dei globi oculari. Questo artificio con le concomitanti suggestioni di torpore e di sonno, può indurre trance. Nell'invitare il paziente ad aprire gli occhi, gli si dice che difficilmente vi riuscirà e, se anche vi dovesse riuscire, le sue palpebre saranno pesanti, talmente pesanti che subito si richiuderanno. Se le frasi vengono pronunciate con lentezza, con tono adatto, calcando la voce sulla parola pesante e so

prattutto con convinzione, esse finiscono col raggiungere l'effetto voluto.

4. Metodo della compressione del seno carotideo

Se il paziente, nonostante i due metodi precedenti, stenta a rilasciarsi e a tenere gli occhi chiusi, si può ricorrere alla compressione del collo a

livello dei seno carotideo (punto di incrocio delle carotidi con la linea orizzontale passante per il bordo superiore della cartilagine tiroidea). Questa compressione, causando una reazione vagale con rallentamento dei battiti cardiaci (attenzione ai cardiopatici) e un leggero olintibilamento del sensorio, specie se prolungata (non oltre, però, i venti secondi), suscita apprensione, aumento della suggestionabilità, induzione di trance. Di solito si pratica questo metodo a paziente sdraiato su una poltrona, con la testa bevemente iperestesa, astenendosene nei soggetti che presentino sintomi spontanei gravi da iperreattività del riflesso senocarotideo (accessi vertiginosi, convulsivi, bradicardie con lipotimie eccetera). Mentre si invita il soggetto a fissare l'indice sinistro dell'operatore, avvícinantesi gradatamente alla sua glabella, coi pollice e l'indice della mano destra si pratica la compressione dei senì carotidei. Si suggeriscono, s'intende, contemporaneamente, idee dì torpore, rilasciamento, sonno.

Un metodo similare, con la pressione bilaterale del collo sotto alle mastoidi, senza la contemporanea fissazione dell'indice, è seguito correntemente, pare con ottimì risultati (Pavesi), nella Whitlow Clinic in California.

Anche Charcot, per indurre trance, usava premere con le dita sulle palpebre o sulla cervice del paziente, sino a causargli un leggero stordimento.

fE facile spesso approfittare delle condizioni di emotività, di smarrimento e di transfert che si suscitano nell'esecuzione di questa prova per imporre altre suggestioni e approfondire l'ipnosi. Essa dà reazioni più intense se eseguita al soggetto in stazione eretta, tanto da suscitare a volte apprensione e reazioni di difesa ostacolanti il progredire dell'induzione. In altri pazienti, desiderosi di raggiungere uno stato di trance profonda, tali sensazioni di smarrimento vengono invece ricercate e a volte richieste all'ipnotista, come prova di una raggiunta efficace trance.

5. Metodo delle mani incrociate, del barcollamento e di Kohnstamm Metodi di induzione, molto conosciuti, sono quello delle mani incrociate e quello del barcollamento, eseguiti da tutti

gli ípnotizzatori di teatro.

La prova delle mani incrociate ha il vantaggio che si può impiegare su un gruppo numeroso di persone, oltre che sul singolo soggetto. Essa consiste nell'invitare H paziente a intrecciare le dita delle mani e a stringerle il più possibile, dicendo che verrà un momento in cui non gli sarà più possibile staccarle.

Il metodo risulta più efficace se i pazienti terranno gli occhi chiusi e contemporaneamente si suggerirà loro di immaginare una tenaglia le cui branche si serrino su una vite e che le loro mani siano diventate come queste branche. Si suggerirà che procedendo l'ipnotista nella conta ad alta voce, le dita delle mani intrecciate si incastreranno le une nelle altre sempre di più, sicché sarà difficile o impossibile separarle.

Il metodo del barcollamento si fa al malato sull'attenti, con i piedi uniti e lo sguardo fisso su un punto del soffitto, al di sopra della sua testa. Il medico si pone dietro al soggetto e poggiandogli le mani sulle spalle gli dice che desidera misurare la sua capacità di rilasciamento. Gli soggiungerà quindi che sentirà una forza che lo tirerà indietro e lo inviterà a non resistere e a lasciarsi andare. La suggestione del cadere all'indietro va ripetuta, e dopo qualche tempo, quando si riterrà che il paziente l'abbia assimilata, si leveranno le mani dalle spalle. L'ammalato suggestionato comincerà a oscillare sino a cadere indietro. L'oscillamento, in caso di resistenza, potrà essere facilitato dallo stesso ipnotista che tiene le mani sulle spalle dei paziente.

Alcuni preferiscono mettersi davanti al soggetto, che barcollerà in avanti, verso l'operatore, a mano a mano che questi ritirerà le proprie mani, flettendo anche il proprio tronco. Quest'ultima posizione permette contemporaneamente di osservare la fisionon-úa del paziente.

Noi di solito ci mettiamo dietro al paziente in piedi, tenendo le mani lateralmente alla sua testa a livello delle tempie e a circa dieci centimetri di distanza da esse. Suggeriamo che, senza guardarlo né toccarlo, non appena tireremo indietro le mani egli le seguirà cadendo all'indietro.

«Non abbia paura - aggiungiamo - noi la sorreggeremo; si lasci pure andare a quanto avvertirà».

Il metodo di Kohnstamm, come i due precedenti, si fonda su una suggestione psicomotoria facilitata dall'atteggiamento neuromuscolare, prodotto da una particolare situazione. Si invita il paziente ad appoggiarsi fortemente con il fianco destro e H dorso della mano dello stesso lato, contratta a pugno, contro un muro. Si suggerisce di appoggiarvisi molto fortemente e di contrarre perciò i muscoli della spalla e del braccio. Dopo qualche tempo si inviterà il paziente a scostarsi dal muro e a restare con le braccia penzoloni lungo il tronco. Si noterà allora che il braccio che ha subito lo sforzo, anziché rimanere pendente, si solleverà da solo sino a fare un angolo di novanta gradi; si dirà allora al soggetto che la sensazione che egli prova e H movimento spontaneo del braccio sono simili alla sensazione di abbandono a forze esterne che egli sentirà per il sopraggiungere dello stato ipnotico. Questo si potrà successivamente provocare e

approfondire con suggestioni di levitazione. 6. Metodo di Kline con visualizzazionivarie e della propria immagine La tecnica che segue permette a pazienti refrattari all'ipnosi di raggiungere uno stato ipnotico leggero o medio in circa dieci minuti, soprattutto in coloro che non hanno capacità di concentrazione mentale, e l'esercizio- viene prospettato come una tecnica per allenarsi a concentrare la propria atten zione. 1) Si chiede al soggetto, sveglio con occhi aperti, di visualizzare mentalmente in tempi successivi: a) una casa, b) un albero, 0 una persona, d) un animale. Si continua la visualizzazione fino a che ciascuna immagine è stata ben realizzata.

Si può avviare il discorso, ad esempio, in questo modo: «Lei adesso comincia a visualizzare, come se vedesse proprio ad occhi aperti, una casa; una casa qualsiasi. Quando questa casa sarà ben presente alla sua mente, allora alzi l'indice della mano destra per farmelo sapere, o meglio me la descriva; lei continuerà a visualizzare questa casa fino a quando io le dirò di cambiare immagine...

«Bene... Adesso lei visualizza un albero, sempre ad occhi bene aperti, e appena avrà visualizzato l'albero alzi di nuovo il dito, o meglio me lo descriva, perché io possa saperlo ecc.

«Allo stesso modo adesso, ad occhi aperti, visualizzi una persona, qualunque persona che vuole, uomo, donna, bambino ecc.».

2) Continuando l'allenamento alla formazione di immagini nello stato di

veglia, cosa che porta anche a una certa stanchezza, si dice al soggetto: «Adesso lei chiuderà gli occhi e ad occhi chiusi visualizzerà se stesso, la sua immagine come davanti a uno specchio, comodamente seduta (o sdraiata), salvo che la sua immagine avrà gli occhi aperti».

3) A questo punto si suggerisce di concentrarsi sull'immagine così visualizzata, avvertendo che tutte le successive suggestioni verranno indirizzate all'immagine del soggetto e non al soggetto stesso.

4) Viene quindi suggerita una semplice tecnica di fissazione oculare, con la quale l'immagine del soggetto finisce con H chiudere gli occhi. Si potrà discorrere col paziente in questo modo: «lo adesso parlerò alla sua immagine ad occhi aperti, che lei avrà sempre fissa dinanzi a sé. L'immagine è rilassata e fissa un palloncino di colore blu, che entra in un vortice d'aria; la sua immagine segue con gli occhi fissi e spalancati il movimento rotatorio di questo palloncino che gira, gira, gira (pausa)...

«Ma gli occhi della sua immagine finiscono con lo stancarsi e col chiudersi. Quando vedrà che la sua immagine avrà chiuso gli occhi, come al solito solleverà l'indice destro. L'immagine adesso si rilassa e si addormenta. Anche lei, come la sua immagine, si rilassa e si distende.

«Adesso lei si sente identico all'immagine, si addormenta sempre più profondamente e l'immagine scompare ».

Dopo la chiusura degli occhi si danno suggestioni per approfondire la trance nella maniera usuale, come sarà Hlustrato nel capitolo S.

Osservazioni cliniche su diversi soggetti rivelano modelli di risposta indicanti l'effetto associativo su loro stessi direttamente di quanto suggerito all'immagine; comunque il trasferimento della relazione dall'immagine al soggetto si può ottenere come suggerito dianzi in modo particolareggiato.

7. Tecnica della quadrovisualizzazione per i bambinidal dentista (Moss) Alcuni dentisti preferiscono la tecnica quadrovisualizzazione, descritta da Moss, di cui anche Hartland riporta una versione efficace:

Ora è il momento di giocare un po' insieme Ti insegnerò che cosa fare ... e sarà

... ti piacerebbe, non è vero?

molto divertente... perché tutto quello che dovraifare sarà chiudere gli occhi... efarfinta di essere addormentato.

Ovviamente non sarai addormentato davvero... ma sarà molto eccitante ... perché durante questofinto sonno potrai vedere dei film ... la televisione... D circo... o qualsiasi cosa ti faccia piacere.

Perciò... sistemati il più comodamente possibile... e incomincia a fingere, appena sei pronto.

Chiudi gli occhi... e non aprirli fino a che non te lo chiedo.

Ora vorrei che tu fingessi di essere a casa a guardare il tuo programma favorito alla televisione.

Tra poco solleverò la tua mano... e quando la solleverò... il quadro diventerà più nitido e chiaro.

Migliore sarà il quadro. .. e più si solleverà la mano... più si solleverà la mano... e migliore diventerà il quadro (levitazione congiunta alla visualizzazione).

E tra poco... scoprirai che H gomito si sta incominciando a piegare e che la mano si muoverà verso la tua faccia. E quando la mano toccherà la faccia... il quadro sarà perfetto.

Ma non lasciare che la mano tocchi la faccia... fino a che non sei soddisfatto del quadro. Bene. Continua a guardare H quadro... e non perderlo di vista... e scoprirai che la tua mano cadrà sul grembo... e in quel momento... puoi fingere di essere realmente addormentato.

E osserva come i tuoi muscoli sono diventati deboli e fiacchi.

Ora con i film alla televisione... c'è di solito della musica (suggestione uditivo-motoria).

Ascolta la musica... e appena la puoi sentire... incomincia a segnare il tempo con la mano o coi dito.

Continua a guardare il quadro... e non perderlo di vista. Fino a quando puoi vedere H quadro... solleva un dito dell'altra mano... e tierdo sollevato.

In questo modo saprò che quello è il dito del quadro... e che l'altro è il dito della musica. Che tipo di quadro stai guardando?Ci sono persone o animali entrambi?

... o

Di fatto non ha importanza fare facilmente. Non perdere il quadro

... perché se vuoi cambiare il quadro... lo puoi

... o la musica.

E vorrei che tu sapessi ... che quando osservi la televisione in questo modo... tu puoi sentire delle cose. .. ma non ti danno fastidio. (Analgesia).

Posso anche pizzicarti... cosii... e anche se senti il pìzzico... questo non ti dà il minimo fastidio. Non è vero?

Ora lavorerò sui tuoi denti... e anche se potrai sentire qualcosa... fino a che guarderai H film e ascolterai la musica... non ti darà fastidio... e non avrà la minima importanza. Il film è ancora

ri? E la musica?Continua a guardare e ad ascoltare.

1 bambini hanno un'immaginazione così vivace che si può quasi dire che passano una parte consi

derevole del loro tempo in un mondo fantastico. Perciò una tecnica di questo genere è per loro del tutto naturale. Noterete che mentre guardano il film e ascoltano la musica, sono completamente rilassati e lontani mille miglia, per cui è abbastanza facile lavorare su di loro. Possono ancora provare qualcosa, ma non ha più importanza per loro e non dà più fastidio.

Per svegliare il bambino potete dire che qualcuno ha spento la televisione, per cui non vale più la pena di fingere. Ditegli così che può smettere di fingere; aprire gli occhi ed essere completamente sveglio. 8. La tecnica della moneta che cade(Hartland)

Un altro metodo d'induzione semplice e rapido preferito da molti dentisti è la tecnica della moneta che cade. Questa è un'altra delle procedure che si basano sul fissare lo sguardo, utilizzando H pollice dello stesso paziente come punto di concentrazione. Si suggerirà successivamente che quando scivolerà a terra una moneta postagli sulla mano, egli si addormenterà profondamente. 9. Metodo di AdIer e Secunda conconteggio sincrono alla respirazione e suggestione diavvicinamento delle due prime dita Un metodo di induzione senza suggestione di sonno è stato descritto da AdIer e Secunda e viene seguito quando il paziente resiste a sentir parlare di ipnosi o di sonno. Esso viene presentato come metodo per riuscire a rilassarsi e concentrarsi, e ciò viene, di solito, accettato gradevolmente da tutti.

Si fa sedere H paziente su una poltrona, con i muscoli distesi, con le braccia poggiate sui braccioli e con le mani abbandonate verso l'interno della poltrona. Si dice al paziente di concentrarsi sul pollice della mano destra e di chiudere gli occhi. Si comincia quindi a contare, sincronizzando la conta con la respirazione del paziente, e si suggerisce che, a mano a mano che si procede nel conteggio, il pollice e l'indice si avvicineranno sempre di più fra loro

fino a toccarsi e che contemporaneamente si produrrà uno stato di profondo rilasciamento. Di solito è necessario contare fino a cento, ripetendo con pause opportune le suggestioni predette.

Appena le due dita si saranno toccate, si suggerirà il movimento di un gruppo muscolare più grande e la levitazione del braccio, suggerendo che, quando, sollevandosi il braccio, la mano riuscirà a toccare il viso, si sarà raggiunto uno stato di rilassamento profondo. Difatti, se ciò avviene, il paziente sarà in trance e allora si potranno eseguire i procedimenti usuali per H suo approfondimento, o iniziare una terapia che non richieda una trance molto intensa.

Giudichiamo questo metodo adatto ai pazienti molto ansiosi, eretistici, sospettosi, fobici, che, pur chiedendo al medico qualche cosa che h rilassi, non vogliono sentir parlare di cure che obnubúino la loro coscienza, di sonno indotto da barbiturici, di ipnotismo ecc.

La prevenzione in merito di questo genere di malati è spesso però più formale che sostanziale; essi risentono dello stato di assurda angoscia che li tormenta, tanto è vero che se si riesce a indurre trance senza prima avvisarli, e glielo si comunica al risveglio, essi accettano H fatto senza apprensione e quasi con... felicità.

Va da sé che se si riesce a convincere i malati a praticare la stessa seduta di rilasciamento con uno o due centimetri cubi di diogenal endovena, tutto procederà molto più speditamente, secondo la tecnica adottata a volte da chi scrive e descritta nel capitolo 7. 10. Tecnica del conteggio allarovescia da 300 (HartIand) Si dice al paziente di rilassare completamente i muscolì... di sistemarsi comodamente nella poltrona... e di fissare con lo sguardo una lampada.

contare lentamente tra sé e sé alla rovescia partendo da 300. A questo punto deve

Mentre lo fa, gli si suggerisce un senso crescente di stanchezza agli occhi... di pesantezza alle palpebre... e un senso generale di rilassamento.

Queste suggestioni vengono date con un tono di voce monotono e in breve tempo si vedranno gli occhi perdersi in lontananza e inumidirsi più di quanto non fanno normalmente.

Poi le palpebre cominceranno a sbattere un po'... e a questo punto si suggerirà in modo incalzante e con enfasi maggiore un senso di pesantezza, dicendo al paziente che le sue palpebre si vogliono chiudere... che li sente sempre più pesanti... e che esse si vogliono chiudere sempre di più. Di solito gli occhi si chiudono facilmente e si può accelerare questo fatto dicendogli, al momento giusto, di addormentarsi. Quindi gli viene suggerito che non vorrà aprire gli occhi fino a che non gli verrà detto di farlo.

11. Metodo della fissazione diretta dello sguardo Il metodo della fissazione dello sguardo viene seguito soprattutto da alcuni autori russi e tedeschi, i quali invitano H soggetto a fissare negli occhi l'ipnotista, allo stesso modo però con cui lo inviterebbero a fissare un oggetto qualsiasi.

Tale metodo, sfornito di componenti autoritarie, va distinto da quello della fascinazione, che descriveremo appresso (cap. 5 S la). 12. Metodo non verbale di induzione catalettica

P. Sacerdote di New York induce ipnosi mediante una posizione catalettica del braccio e della mano del paziente, provocata semplicemente sollevandoli leggermente con la sua mano messa a piatto sotto il polso in modo che H suo indice possa sentire il battito dell'arteria radiale. Dopo uno o due rninuti, senza spiegare nulla, cornincia a togliere impercettibilmente le dita da sotto il polso, pronto a riapplicarle a sostegno della mano, se sente che questa è incapace di rimanere su da sola. Se la mano tende a cadere si modifica lentamente la pressione dell'arteria radiale sull'indice dell'operatore, cosicché questi può appurare in modo molto sensibile H grado della staticità dell'arto del paziente dalla modificazione del battito dell'arteria. Tale manovra può essere ripetuta più volte durante lo spazio di vari rninuti o di pochi secondi, fintanto che ci si accorge che il soggetto comincia a sviluppare fenomeni catalettici.

Durante tutta l'operazione l'ipnotista deve osservare con occhio clinico ed esperto le modificazioni del paziente. Può accadere che l'attenzione visiva di questi sia polarizzata ora sul volto dell'ipnotista, ora sulla mano di esso o sulla propria ma

no, quasi a domandare che cosa si vuol fare, e che in questa muta ficerca di una spiegazione compaiano i primi segni obiettivi della ipnosi. Cioè la rigidità progressiva dell'espressione, a volte movimenti di deglutizione, iperenúa congiuntivale, midriasi.

In quei casi in cui il paziente, in modo più o meno chiaro, identifica l'ipnosi con il rilassamento e col sonno comparendo allora un movimento vibratorio delle palpebre che continua fino alla chiusura spontanea degli occhi.

Continuando l'approfondimento dello stato ipnotico si osservano una leggera flessione della testa in avanti, l'abbassarsi delle spalle e la tendenza ad assumere una posizione quasi fetale.

Il verificarsi di questi fenomeni in modo del tutto spontaneo, non essendoci stata alcuna comunicazione verbale col soggetto, può comportare diverse spiegazioni di cui una necessariamente non esclude l'altra, dato che i processi ipnotici risultano da una interazione di variabili anatomo-fisiologiche e psicodinamiche. Essi hanno per base H cosiddetto rappotfo ipnotico che sarebbe un tipo particolare di transfert il quale si manifesta prima ancora che una formale induzione sia cominciata. Senza rapporto non si suscita ipnosi (Sacerdote).

La personalità del paziente, la conoscenza che egli ha di questa materia, le sue aspettative coscienti e subcoscienti tendono a cambiare poi l'approccio coi soggetto, per cui in pratica c'è quello che facciamo, quello che cerchiamo di ottenere, ciò che H paziente di fatto fa e cioè che si aspetta.

Meccanismi neurofisiologici, tiflessi condizionati prestabiliti, fatti psicodinamici, fenomeni di dissociazione, o di semplice suggestione possono tutti essere chiamati in causa per spiegare il fenomeno induttivo ipnotico che è un prisma dalle molte facce non contrastanti, ma integrantisi vicendevolmente.

Lìpnosi può anche soddisfare nel soggetto H bisogno di avere una esperienza di tipo regressivo o di assumere

persino il ruolo di un bambino.

Partendo da questi concetti generali Sacerdote cerca di spiegare l'induzione non verbale di catalessi come un mutuo scambio di informazioni fra due individui. Prendendo H polso del soggetto, argomenta Sacerdote, io gli suggerisco prima di tutto di dirigere e concentrare la sua attenzione su una reciproca azione fra la sua mano e le mie dita. Poi col movimento quasi impercettibile delle mie dita io suggerisco vagamente al soggetto che la sua mano potrebbe restare per aria, senza affatto cadere. Una volta che questo stato catalettico è stato ot tenuto, l'ipnosi segue quasi regolarmente e gli altri fenomeni che si verificano possono essere considerati suggerimenti o suggestioni non comunicate verbalmente, ma che erano state accettate implicitamente dal soggetto per H fatto che egli aveva accettato di sottoporsi all'ipnositerapia. E come in altre parole se con le sue azioni H terapeuta avesse detto al paziente di sviluppare uno stato catalettico e che, con questo, sarebbe andato in ipnosi.

Eliminando i messaggi verbali noi eliminiamo le funzioni corticali più alte connesse col linguaggio e col pensiero logico, dirigendoci a centri nervosi di comprensione filogeneticamente e ontogeneticamente più vecchi.

Dal punto di vista psicodinamico si può pensare che mediante una prolungata stimolazione tattile noi abbiamo provocato nel soggetto una regressione a uno stato molto prin-ùtivo preverbale neonatale, quando lo sviluppo psicomotorio si otteneva attraverso contatti sensitivi e

quando i suonì e le parole non avevano alcun senso.

Con la nostra azione, noi mettiamo in funzione un riflesso neurofisiologico, atavico, simile ad altri fenomeni dello stesso tipo, che si possono osservare in animali di ordine inferiore all'uomo. In questo senso, osserva Sacerdote, l'induzione non verbale di catalessi nell'uomo potrebbe rappresentare un anello di unione tra l'ipnosi umana e quella amimale indotta attraverso la sollecitazione di riflessi posturali.

Di fatto, quando induciamo la catalessi col metodo non verbale, il soggetto non ha nessuna precedente conoscenza di quello che abbiamo intenzione di fare, né riceve alcuna spiegazione su quello che si può aspettare. Aboliamo quindi la necessità di passare attraverso i centri superiori del linguaggio, comunicando col soggetto attraverso la stimolazione dei suo apparato sensitivo neuromuscolare e tendineo; che sta alla base dei riflessi propriocettivi, della orientazione speciale delle varie parti del corpo, del mantenimento dello schema corporeo, delle diverse situazioni posturali e dell'equilibrio.

Ma, secondo Sacerdote, altri fattori ancora entrano in gioco, quando noi provochiamo la catalessi non verbale, e precisamente fenomeni di dissociazione psicologica e fisiologica, per cui in un deterrninato momento il soggetto può vedere e osservare la sua mano come se fosse un oggetto a lui estraneo, e questo atteggiamento mentale può dare quindi l'avvio a fenomeni più generali di dissociazione ipnotica.

Da quanto precede risulta quanto nella sua semplicità sia invece complessa la spiegazione della induzione dell'ipnosi con il metodo descritto e come sia necessaria l'osservazione costante dei paziente, cercando di evitare la sua resistenza, e le sue reazioni inutili per il processo ipnotico, se si vuole un buon risultato pratico. In ogni caso si deve tenere sempre ben presente che noi per prin-ii con la nostra persona rappresentiamo una parte integrante della induzione ipnotica e della successiva psicoterapia. 13. Metodo non verbale della pantomima La tecnica descritta da Sacerdote nel 1970 richiama per molti aspetti quella, pure non verbale, della pantomima di Erickson elaborata nel gennaio 1959 in occasione di una conferenza di questo autore al «Grupo de Estudio sobre Hipnosis Clínica y Experimental in Mexico City» dove gli fu richiesto di indurre ipnosi in una infermiera che non conosceva l'inglese, che non sapeva nulla dell'ipnosi, né di lui ignaro, d'altra parte, dello spagnolo. Gli studiosi del gruppo messicano avevano soltanto informato l'infeririiera che Erickson era un medico nordamericano che avrebbe avuto bisogno della sua silenziosa assistenza e che le avrebbe usato ogni rispetto. L'infermiera era completamente all'oscuro di quello che ci si aspettava da lei.

Ecco come Erickson descrive questa tecnica non verbale. Le parole tra parentesi sono una interpretazione delle fasi di essa, fatta da chi scrive.

Condotta di fronte a me, silenziosamente ci guardammo l'un l'altro; io quindi cammànai rapidamente verso di lei e sorridendo le stesi la mano destra mentre essa mi stendeva la sua. (Inizio di un transfert). Lentamente le strinsi la mano e la guardai fissamente negli occhi, finché essa fece lo stesso con me e gradatamente cessai allora di sorlidere. (Processo di fascinazione). Quindi cominciai a lasciare la sua mano in

modo irregolare ed esitante, ritirandola piano piano, ora aumentando la pressione del mio pollice, ora quella del mignolo, del medio, sempre in maniera incerta ed esitante, e la ritirai infine cogi dolcemente che essa non avrebbe potuto precisare quando io avessi lasciato la sua mano, o quale parte di questa avessi toccato per ultima. (Suggerimento di una postura con bevi toccamenti).

Nello stesso momento io cambiai H punto di focalizzazione dei miei occhi alternandone la convergenza cosii da dare al soggetto l'impressione che guardassi non nei suoi occhi, ma un punto distante posto dietro di lei. (Fissazione catalettica dello sguardo). Lentamente le sue pupille si dilatarono e allora io delicatamente abbandonai completamente la sua mano, lasciandola a mezz'aria in posizione catalettica.

Esercitai una leggera pressione verso l'alto sotto alla mano e questa si alzò leggermente. (Suggerimento di posture varie e levitazione). Provocai catalessi nell'altro braccio ed essa rimase immobile con gli occhi spalancati. Allora chiesi lentamente gli occhi ed essa fece lo stesso. (Processo di imitazione ed ecornimia). Immediatamente aprii i miei occhi e camminai dietro di lei, spiegando quel che avevo fatto in inglese, poiché molti fra gli uditori conoscevano bene l'inglese, e la paziente non diede segno alcuno di udirmi. Delicatamente le toccai un malleolo e poi lentamente le alzai un piede lasciandola in catalessi su un piede.

Allora toccai le sue palpebre chiuse e lentamente gliele aprii.

La paziente mi fissò ancora con le sue pupille dilatate. Io le indicai i miei piedi, poi H suo sollevato in catalessi e le accennai con un movimento discendente di poggiare il piede per terra. (Ordine dato con gesti). Essa aggrottò le ciglia visibilmente meravigliata di vedersi con le due braccia e il piede sollevati e quindi, sorridendo al mio invito di abbassare il piede, lo poggiò per terra. La catalessi delle braccia rimase inalterata. Alcuni medici la chiamarono per nome e parlarono in inglese ed essa continuò a guardarmi attentamente senza fare quei movimenti spontanei del capo e degli occhi che comunemente insorgono quando si è chiamati da qualcuno a distanza e neppure sembrò far più caso alle sue braccia

sollevate in alto. (Si documenta il rapporto esclusivo o prevalente del soggetto con l'ipnotista). Mi fu chiesto in inglese se il soggetto poteva vedere i presenti dato che apparentemente non E poteva sentire. lo allora cominciai a muoverle le mani in alto e in basso e a incrociarle, mentre essa sembrava osservare alternativamente i miei occhi e le sue mani; le indicai i miei occhi e i suoi avvicinando le dita ad essi e quindi feci un gesto con la mano destra come se scacciassi qualche cosa rivolto ai presenti, assumendo una espressione meravigliata e interrogativa come se non vedessi nessuno. (Suggerimento gestuale di un'allucinazione visiva negativa). Essa mostrò la stessa reazione di stupore e domandò (in spagnolo!): «Dove sono andati? 1 medici non dovevano essere qui?».

Alcurri medici le parlarono rassicurandola, ma continuò a mostrarsi stupita e spaventata. (Non sente o non considera le sofiecitazioni esterne, per il rapporto prevalente con l'ipnotista). Prontamente allora richiamai la sua attenzione ponendole le mie dita vicino agli occhi, quindi ai miei occhi, sollevandole la mano e guardai sorridendo all'anello che aveva al dito come se lo ammirassi: H suo timore sparì. (Si polarizza l'attenzione del soggetto su un nuovo obiettivo).

Per interrompere lo stato ipnotico, le indicai la lancetta lunga del mio orologio e col dito sincronizzai un movimento di va e vieni del dito e della lancetta per dieci secondi. Poi le indicai i miei occhi, chiusi le palpebre e le tenni chiuse per dieci secondi all'incirca; quindi le aprii associandovi un'estensione brusca dei capo. Le sorrisi e con un altro movimento del capo e della mano le suggerii di eseguire quanto avevo fatto io. Appena essa chiuse gli occhi io camminai rapidamente indietro in modo da portarmi dov'ero all'inizio dell'esercizio e quando essa li riaperse poté vedermi lontano da lei. Allora rapidamente mi avvicinai sorridendo e stendendole la mano in modo da ristabilire le condizioni originarie in cui era avvenuto l'incontro. Si svegliò immediatamente, mi strinse la mano e io mi inchinai eccetera... Più tardi i colleghi mi informarono che la paziente aveva sviluppato totale amnesia per tutta l'esperienza.

14. Metodo non verbale di Meares L'austrabano Meares ha descritto una tecnica induttiva non verbale nel suo trattato «A System of Medicai Hypnosis» e noi l'abbiamo vista praticare dall'autore al Congresso internazionale di ipnosi nel luglio 1973 a Uppsala, partecipando pure personalmente, come soggetti, all'induzione in gruppo eseguita a una trentina di congressisti colà convenuti e desiderosi di sperimentarla. Diciamo subito che a noi non è

servita, anche forse perché più vogliosi di osservare con occhio critico che non di abbandonarci alle suggestioni, e come si sa «non si può dormire con un occhio aperto e uno chiuso». Alcuni dei con venuti

hanno realizzato una modica trance, ben pocffi, a nostro avviso, una trance profonda; ma è probabile che in altro ambiente ciò potesse avvenire.

L'autore parla pochissimo e cerca di suscitare calma e distensione nei soggetti col suo atteggiamento, pronunciando con tono tranquillo frasi slegate che non richiedono risposta ed emettendo ripetutamente dei suoni profondi, come hum o ah. A volte egli simula una visita medica, col martelletto da riflessi, o palpando deficatamente l'addome, o le spalle dei soggetto; e facendo seguire questo approccio da un vago brontolio di soddisfazione che secondo l'autore dovrebbe fare scomparire l'ansia e l'angoscia.

Ripetiamo quanto abbiamo detto e diremo ancora per tutte le tecniche riportate: esse servono in determinate condizioni di tempo e di luogo soprattutto a chi se le è create e crede in esse. 2 verosimile che con l'IPNOSI NON VERBALE, la quale si svolge attraverso una metacomunicazione basata su gesti, rumori, sguardi, mimica ecc., si stabilisca immediatamente un rapporto più o meno gratificante o punitivo per H soggetto, in modo tale da attirare tutta la sua attenzione sull'operatore e da stabilire un atteggiamento mentale che, nei soggetti predisposti, può dare l'avvio a fenomeni di dissociazione ipnotica.

Gli atti comunicativi dell'operatore, in questi casi, non hanno un significato razionale e logico, ma analogico, e sono percepiti con

questo livello percettivo l'operatore si può muovere, a seconda degli atteggiamenti metacomunicati dal soggetto, in due modi opposti: autoritari paterni, o permissivi materni; interpreta6 come penalizzanti nel primo caso, o gratificanti nel secondo. Quando, ad esempio, con la mia tecnica, stringo il dorso della mano del paziente e passo con un certo imperio la mano sul suo volto, dall'alto al basso, adopero un metodo che può essere interpretato come imperativo; ma il soggetto può venire subito dopo gratificato dal metodo suasivo materno, con una carezza sulla fronte e adoperando un eloquio dolce, appena sussurrato. modalità associative e non razionali. A

Il tipo di metacomunicazione a doppio binario permette di ottenere trance rapide ed è quello che, con diverse varianti, usualmente viene adoperato dagli ipnotizzatori da palcoscenico. Con tale primo approccio essi selezionano i soggetti più facilmente ipnotizzabili, su cui compiere poi H loro teatrale spettacolo, scartando i meno recettivi, che peraltro da un terapeuta debbono poter essere lo stesso ipnotizzati con tecniche più elaborate.

S. Benerneglio, esibitosi alla televisione italiana come ipnotizzatore, caldeggia anche come docente di questo tipo di ipnotismo, che egli ha definito ipnosi dinamica, e che richiama quanto, Erickson, Sacerdote, chi scrive e altri studiosi defi'ipnosi praficano da anni con modalità similari; però con le dovute cautele e su casi prima selezionati dal lato medico e psicologico.

Bisogna ricordare, nell'uso di queste tecniche, che ciò che è gratificante per uno può non esserlo parimenti per un altro. Inoltre queste comunicazioni subliminali sono tanto più

efficaci quanto meno razionalizzate e quanto più rimangono sul piano emozionale; specie quelle a livello cosiddetto penalizzante. Lo psichismo del soggetto, con i suoi processi di identificazione e proiezione, incorporazione e introiezione, produce una serie di reazioni che

devono essere riconosciute e sfruttate dall'operatore.

Secondo Benemeglio e altri sarebbe un aumento di tensione nel soggetto, con coinvolgimento emozionale, a indurre lo stato ipnotico, più che H progressivo modificarsi delle sensazioni del paziente secondo le suggestioni indotte dall'operatore. La stessa tecnica del rflassamento, provocando una concentrazione su quelle minime sensazioni corporee alle quali di solito non si fa mai attenzione, produrrebbero tensione induttrice di ipnosi. Questa ipotesi potrebbe allora chiamarsi in causa per ogni tecnica rilassante, dal T.A. al biofeed back.

La comunicazione non verbale deve effettuarsi anche tenendo conto della particolare costituzione sensoriale del soggetto, che se è, ad esempio, di ti po uditivo potrà essere facifitata da una comunicazione fonetica, vocale, quale quella già citata di Meares, a base di uhm!, ohm!... ecc. Se invece la sua costituzione è di tipo cinesico sarà più utile una tecnica simúare a quella già descritta di Sacerdote, con toccamenti, gesti, lieve sollevamento del braccio, con piccole pressioni sino a fargli assumere un atteggiamento catalettico ecc.

Se la sensorialità è di tipo visivo potrà essere più utile una tecnica similare a quella della pantornima. Si verrà ad

effettuare cosi un mutuo scambio di informazioni che sortirà H suo effetto a seconda di come questo verrà interpretato e pilotato.

Bisogna infine assolutamente ricordare che lo stesso stimolo può essere percepito in modo diverso anche in rapporto alla situazione ambientale in cui soggetto ed operatore agiscono.

Per appurare H tipo di sensorialità prevalente in una persona, basta a volte invitarla a raccontare un episodio piacevole o spiacevole della sua vita. Dalla posizione dei suoi occhi e dalle parole adoperate si rivelerà la sua sensorialità. Il tipo visivo, durante il racconto, avrà lo sguardo rivolto prevalentemente verso l'alto; H tipo cinesico-cenestesico lo sguardo diretto verso il basso; il tipo uditivo avrà una posizione degli occhi facilmente oscillante da un lato all'altro dei capo.

Le parole adoperate dal paziente per il racconto, inoltre, rifletteranno i diversi tipi di sensorialità e gli stessi stimoli saranno riportati con espressioni diverse dettate dalla sensorialità prevalente. Così, ad esempio, dovendo riferire di una giornata passata tranquillamente in campagna, il visivo dirà che vedeva volare gli uccefli; l'uditivo che H udiva cinguettare; il cenestesico che si sentiva profondamen te rilassato ecc. Inoltre si potrà recepire se quanto 16. Induzione con mezzi fisici vari esprime è semplicemente ricordato o costruito (cap. 17 5 1, Interrogatorio del paziente). Qualunque atto induttivo, del resto, è sempre facilitato se

noi non diamo delle suggestioni a caso, che possono suscitare anche reazioni di sfida, ma se renderemo autonomo il soggetto più che sia possibile invitandolo a rappresentarsi ciò che gli è più congeniale. 15. Induzione dal sonno fisiologico Tale tecnica è stata adoperata nel passato e recentemente da Weitzenhoffer. Si applica con successo nei bambini.

Si sussurra al paziente che egli rimarrà addormentato e che non si sveglierà nonostante senta la nostra voce, anzi dormirà più profondamente. Si invita quindi ad alzare una mano per darci la prova che ha sentito la nostra voce e inteso il nostro suggerimento. «Lei alzi la mano e rimanga profondamente addormentato» (Pavesi).

Hull, Barker, Burguwin ritengono, secondo noi giustamente, che sia impossibile convertire direttamente in trance ipnotica H sonno, dato che non vi può essere suggestione se vi è sonno profondo. Se si riesce a ipnotizzare uno che dorme è perché questi si è parzialmente svegliato ed è passato da uno stato che chiameremo crepuscolare a quello di trance. In merito ci rifacciamo alle varie fasi del sonno e al loro impiego (cap. 19 S 2).

Estabrooks (1964) adopera la seguente tecnica che anche a noi è riuscita efficace. L'operatore si mette seduto a fianco del dormiente e con voce molto bassa gli dice: «Mi ascolti. Io le parlo e lei mi risponderà nel sonno, come avrà udito fare ad altri senza svegliarsi. Lei è profondamente addormentato, ma ode la mia voce col suo subconscio». Gradualmente l'operatore alza H tono della sua voce, pone una mano sulla testa del soggetto in modo da attirare

maggiormente la sua attenzione e quando la sua voce ha raggiunto H volume normale, dopo circa 5 minuti, gli fa qualche domanda molto semplice, come ad esempio: «Dove abita?» In genere l'operatore deve insistere a lungo prima di ottenere una risposta. Poi, o H soggetto si sveglia e ciò succede nei quattro quinti dei casi, o comincia a parlare nel sonno. Se ciò si verifica l'ipnotista procederà come farebbe con qualsiasi altro sonnambulo. e con stimoli ottici sincroni al ritmo cerebrale del paziente fotosensibile I più comuni mezzi fisici adoperati per indurre ipnosi sono quelli che interessano l'udito e la vista. Tra i primi ricorderemo i metronomi e la musica; tra i secondi l'abbagliamento con luci intense, o ritmiche. Anche i metodi che fanno convergere fortemente gli occhi possono indurre stati catalettici.

Braid, difatti, poneva un oggetto brillante alla distanza di circa 40 centimetri dagli occhi, al di sopra della fronte del paziente, sicché questi fosse costretto, fissando l'oggetto, a stancare la sua vista e a convergere gli occhi.

Charcot metteva l'oggetto fra i due occhi, proprio alla radice del naso, causando quindi un maggiore strabismo superiore e convergente.

Il malato, durante l'induzione con questi mezzi, era invitato a non distrarsi in alcun modo.

Anche Hansen, prima di produrre l'induzione con passi sulla

fronte e sul volto, faceva fissare lo sguardo sopra un pezzo di vetro sfaccettato e molto risplendente.

Sull'importanza della vista per ottundere il sensorio e procurare stati catalettici, vi sono nella letteratura varie osservazioni e ricorderò, ad esempio, come M. Bouchut riferisca di una bambina di dieci anni, che cadeva in «sonnambulismo con sintorni catalettici» ogni qualvolta lavorava gli occhielH, fissando attentamente e lungamente lo stesso punto della stoffa.

Gli animali che vengono abbacinati dalla luce (pesci, uccelli, lepri, eccetera) e rimangono catalettici, nonostante il pericolo che incombe su di loro; e i poW che restano catalettici se fissano una linea bianca, dritta, tracciata per terra (fig. 12.1) costituiscono una prova dell'importanza della vista e della posizione dei globi oculari per indurre ottundimento del sensorio, condizioni di immobilità e inerzia psicomotoria, cioè la prima fase dell'ipnosi, essendo la seconda fase costituita, come si è già detto, dal subentramento delle suggestioni dell'operatore. Questa seconda fase, con i suoi limiti e le sue possibilità, contraddistingue veramente l'ipnosi umana. In merito all'ipnotismo eseguito con mezzi fisici e al successivo condizionamento a questi, sono interessanti gli studi di Erickson, dai quali risulta che ancora più efficace dei mezzo fisico in sé e per sé è l'immaginazione del mezzo fisico induttivo, la quale finisce col produrre trance più profonda e in tempo più breve.

Un soggetto, ad esempio, condizionato al battito di un metronomo, trovava che H metronomo imma~o gli

facilitava di più l'induzione, perché i battiti di questo seguivano nell'intensità e nella frequenza il suo pensiero e le sue sensazioni; mentre quello reale, rimanendo costante, era un richiamo alla realtà e finiva con l'essere in parte causa di distrazione.

Dal 1953, avendo la possibilità di adoperare un fotostimolatore Kaiser per elettroencefalografia, chi scrive ha saltuariamente sperimentato se dei lampi, opportunamente graduati per intensità e frequenza sincroma, o non, al ritmo cerebrale del soggetto (come risulta dal contemporaneo tracciato elettroencefalografico) potessero facilitare l'induzione di trance. Non ne ha riportato dimostrazioni sufficientemente chiare da poter affermare che la fotostimolazione, sincronizzata al ritmo cerebrale dell'individuo esaminato, sia generalmente molto più attiva, per l'induzione di trance, della semplice fotostimolazione ritn-ùca, non sincronizzata; né che quest'ultima, praticata con lampi di diversa intensità e frequenza, faciliti sempre in modo sensibile l'ipnosi.

L'argomento ha un interesse speculativo fisiologico, oltre che pratico, cosicché si è creduto opportuno svolgere il seguente esperimento.

Sono stati scelti venti malati non affetti da malattie di particolare gravità, ma solo da disturbi nevrotici di modico grado, o da distonie neurovegetative: dieci uomini e dieci donne. In giorni diversi si sottoposero per dieci minuti a stimolazioni con lampi di diversa intensità, e si osservò quindi se in essi insorgesse, alla fine della fotostimolazione, quello stato di torpore, di inerzia psicomotoria, di passività, propizio all'induzione di trance. In nessuno dei venti casi si

ebbe la fortuna di accertare chiaramente ciò.

Visto tale risultato, si cercò afiora, subito dopo i dieci minuti di stimolazione luminosa, di praticare induzione di trance con i metodi usuali, insistendo per altri cinque nelle suggestioni di rilasciamento, torpore, inerzia, passività, psicomotoria, sonno.

Laddove si instaurò una modica trance, non fummo convinti che la predetta fotostimolazione avesse facilitato in modo apprezzabile il risultato; considerando che in un quarto d'ora, con i comuni metodi e senza ausilio del fotostimolatore, si sarebbe arrivati all'identica condizione di ipnosi, se non anche più profonda. Fig. 4.3. Caso 62: Paolo A. Prima prova. Nessuna modificazione elettroencefalografica e, clinicamente, non manifestazioni di sonno, né di trance ipnotica (5 marzo).

Non si è voluto abbinare la fotostimolazione all'induzione verbale suggestiva, per poter sceverare quanto si dovesse all'uno e quanto all'altro dei due mezzi, nell'insorgenza dell'ipnosi.

Si ripeté poi l'esperimento in giorni successivi e con l'identico risultato, adoperando, sempre per dieci minuti, una fotostimolazione con ritmi di tipo alfa, beta, delta, theta, gamma. Si allegano diciotto tracciati (figg. 4.24.19) in cui, sufl 1 ultima linea marcatempo, sono segnati i secondi e le stimolazioni lurninose effettuate durante un secondo.

Le onde dell'ottavo canale, nei tracciati in cui si è adoperata una fotostimolazione sincrona al ritmo cerebrale del soggetto, figurano di un potenziale più elevato che negli altri canali, inquantoché esso, in questi casi, pilota l'apparecchio fotostimolatore ed è necessario, perché il pilotaggio possa avvenire, che i potenziali abbiano una determinata amplificazione, al di sotto della quale l'apparecchio fotostimolatore non funziona. Praticamente si ottiene un lampo a ogni impulso negativo o positivo, che raggiunga l'ampiezza di 30-40 j£V. I lampi possono sdoppiarsi, con intervallo tra l'uno e l'altro, graduabile a volontà, da 0 a 300 millesimi di secondo.

Non si è mai costatato, infine, nei 20 soggetti, che, dopo stimolazioni luminose protratte anche per dodici, quindici minuti, col ritmo, ad esempio, di quattro al secondo, e cioè di tipo theta, lo stimolo visivo finisse col sincronizzare il ritmo cerebrale dell'individuo, trascinandolo a un tipo theta da quattro cicli al secondo, quale, ad esempio, si osserva nel sonno fisiologico.

Schneider e Kroger hanno ideato il «Brain Waves Synchronizer» (B.W.S.), cioè il sincronizzatore di onde cerebrali, un apparecchio che, secondo loro e secondo quanto hanno riferito Pavesi e Mosconi nel 1960 «L'Ipnosi nella medicina moderna» (p. 162) e nel 1974 «Tecniche e applicazioni della ipnosi medica» (p. 154), ha la facoltà d'indurre «nello spazio di cinque minuti una trance leggera, o profonda, nell'80 per cento dei soggetti. Il 50 per cento di questi hanno raggiunto nello stesso periodo trance profonda». Si sarebbero ottenuti dei successi anche in «soggetti scettici, ben decisi a resistere e a non lasciarsi ipnotizzare». In questo apparecchio «gli impulsi luminosi variano in ritmo, a seconda dei tipo di onde cerebrali che si vogliono sincronizzare, e la durata d'ogni impulso è di un

núflesi Fig. 4.4. Caso 62: Paolo A. Seconda prova (6 marzo).Fig. 4.5. Caso 62: Paolo A. Terza prova (7 marzo). Fig. 4.6. Caso 62: Paolo A. Si inducono, dopo 13 n-únuti di fotostimolazione, catalessi e analgesia intensa. Si ritiene che la fotostimolazione non abbia facilitato l'atto induttivo né la profondità della trance, essendosi avuti in questo soggetto gli stessi risultati in 10 minuti, con le usuali tecniche senza fotostimolazione (8 marzo).

Fig. 4.7. Caso 63: Secondo P., anni 50, ferroviere. Neurodìstonico. Soggetto difficilmente ipnotizzabile. Le suggestioni di rilassamento inculcate per oltre 10 minuti, la manovra di fissazione dell'indice dell'operatore, quella di compressione dei globi oculari, del seno carotideo, inducono solo un modico rilassamento con sensazione di calore. Nulla di più si ottiene con la fotostimolazione e la suggestione.

Fig. 4.8. Caso 64: Giorgio B., anni 19, falegname, Nevrotico con tic di inspirazione nasale. Tracciato appiattito con ritmo alla poco evidente. Soggetto facilmente ipnotizzabile (14 marzo)

Fig. 4.9. Caso 64: Giorgio B. Si osserva una discreta attivazione del tracciato con modico aumento dei potenziali. Si veda, a confronto, la figura 4.8. Dopo 12 nrinuti di fotostimolazione si cerca di costatare se esistono catalessi o sonno con passività psicomotoria. Tale ricerca è però negativa: il paziente è sveglio e si strofina gli occhi. Si induce, allora, trance ipnotica con la suggestione verbale e, nello spazio di 3 minuti, si instaura una catalessi di lunga durata. Tracciati rilevati durante la suggestione ipnotica (16 marzo). Fig. 4.10. Caso 64: Giorgio B. Dopo 17 minuti di catalessi: braccio sinistro sollevato con le dita della mano flesse a scala.Fig. 4.11. Caso 64: Giorgio B. Dopo la catalessi si impone un'altra suggestione neuromuscolare (quella rotatoria della mano sull'avambraccio) che viene dal paziente eseguita co§ì lentamente da non suscitare artefatti muscolari nel tracciato. Fig. 4.14. Caso 64: Giorgio B. Risveglio (16 marzo).Fig. 4.15. Caso 65: Renata P., anni 38, coniugata, casalinga. Nevrotìca. Soggetto facilmente ipnotizzabile. Dopo 8 minuti di fotostimolazione nessuna modilicazione chnica, né elettroencefalografica (27 marzo). Fig. 4.16.

Caso 66: Francesco L., anni 69, coniugato, pensionato. Non facilmente ipnotizzabile (28 marzo).Fig. 4.17. Caso 66: Francesco L. Dopo 9 minuti di fotostimolazione nessuna modificazione clinica, né elettroencefalografica (28 marzo). Fig. 4.18. Caso 66: Francesco L. Dopo 9 minuti di fotostimolazione nessuna modificazione del tracciato, né chnica (29 marzo).Fig. 4.19. Caso 66: Francesco L. Dopo 9 minuti di fotostimolazione nessuna modificazione del tracciato, né chnica (30 marzo).

mo di secondo». «Quando H soggetto è messo davanti all'apparecchio non vede nulla, ma gli stimoli luminosi eccitano ugualmente la sua retina, sincronizzano le onde corticali e determinano in breve la comparsa di trance».

Sul B.W.S., stimato da molti d'immenso valore, chi scrive ha fatto qualche riserva sin dal 1961, nel timore che la sua vera efficacia induttiva possa dipendere non tanto dall'effettiva sincronizzazione degli stimoli intermittenti luiriinosi subliminali col ritmo cerebrale del soggetto esaminato, quanto dallo stimolo fisico in se stesso, anche se non sincronizzato; e inoltre, in ambiente medico, dall'apparato suggestivo che l'apparecchio e tutto ciò che l'accompagna costituiscono sempre, in grado maggiore o minore.

Infatti, sapendo come il ritmo delta, allo stato di veglia, sia un ritmo decisamente patologico nell'adulto, contrariamente all'alfa e al beta, meraviglia apprendere come con l'apparecchio BN.S. «molti pazienti rispondano favorevolmente ai ritmi alfa e delta, e condizioni cerebrali insolite diano come risultato una risposta al ritmo beta» (Pavesi e Mosconi).

Inoltre si sa come ciascun soggetto normale abbia H suo particolare tracciato, con ritmi prevalenti di tipo beta o di tipo alfa, con onde cioè di diversi cicli al secondo e di

diversi rriicrovolt, oscillanti in limiti fisiologici. Se il sincronizzatore deve la sua potenza induttiva di trance a una effettiva concordanza e graduazione dei suoi impulsi luminosi subliminali al ritmo cerebrale del soggetto esaminato, e non all'impulso luminoso, quale esso sia, purché di una certa casuale ritmicità e frequenza, come può servire per l'induzione in massa, o a interi gruppi di gestanti, coái come sostiene Kroger?

A meno di non pensare che l'apparecchio abbia la forza di trascinare al proprio ritmo quello cerebrale degli astanti; cosa che peraltro è da dimostrare nel caso dell'induzione in massa, e d'altro canto non rende più comprensibile la consigliata ricerca preliminare, tra le diverse bande di frequenza dell'apparecchio, di quella più adatta al singolo individuo.

Avanzammo nel 1961 queste considerazioni in linea puramente teorica, non avendo avuto la fortuna di eseguire esperimenti col B.W.S.;* e pari

* Nel febbraio 1962 ho potuto osservare, presso l'Associazione medica italiana per lo studio dell'ipnosi (A.M.I.S.I.) in Milano, un B.W.S. in funzione e costatare come questo apparecchio emetta essenzialmente stimolazioni luminose ritmiche non sublimali, come altri fotoinduttori italiani (di Romaro, Sfarcich e altri) o i comuni fotostimolatori da EEG.

menti E avanzammo per apparecchi sin-iilari, prodotti anche in Italia, nei quali lo stimolo luminoso, visibile ~e non subliminale, avrebbe lo stesso, secondo gli autori, notevole potenza induttiva.**

Gli esperimenti personali accennati, negativi in merito, non vogliono affatto contestare la possibilità d'indurre sopore, torpore, sonno (prima fase dell'ipnosi), che in determinati soggetti può avere la stimolazione luminosa intermittente, subliminale o no. In ciò l'uomo non sfugge a quell'effetto che in lui, come negli animali, possono avere diverse stimolazioni sensoriali (cap. 12), tenendo ben presente che ciò che si produce con le stimolazioni luminose non è ancora vera ipnosi, mancandovi il monoideismo auto o eteroindotto dal rapporto interpersonale, proprio dell'ipnotismo umano.

Le ricerche personali condotte possono, peraltro, testimoniare** * che vi è una forte percentuale di soggetti in cui l'ipnotismo non viene facilitato dalle fotostimolazioni, così come vi sono numerosi epilettici che, sebbene tali e benché sottoposti a stimolazioni luminose intermittenti, non vanno incontro a crisi convulsive, o a serisibilizzazione dei loro tracciato.

Ciò si osserva solo negli epiletticifotosensibili ed è probabile che lo stesso avvenga per i soggetti facilmente ipnotizzabili con l'ausilio di fotostimolazioni.

La clinica dell'ipnosi potrà, con i moderni apparecchi, testimoniare domani l'esistenza di una categoria di soggetti ipnotizzabilifotosensibili, con particolari disposizioni costituzionali. 1 venti casi personali, che rappresentano un'esperienza negativa in merito, costituiscono un obiettivo apporto statistico clinicoelettroencefalografico, contribuente a delimitare tale categoria, e a ridurre le possibilità d'induzione con fotostimolatori nei giusti, dovuti limiti.

Volendo concludere questo paragrafo sui fotoinduttori di trance, ripetiamo nel 1989, dopo ventotto anni di esperienza, quanto già sostenuto nel 1961; questo nella speranza che ripetendo pedissequamente gli stessi dati, senza mai controllarli non si perseveri nella divulgazione di inesattezze.

1) t erroneo parlare di ipnosi elettronica non avendo il lampeggiatore per nulla H potere di indur

** Vedi B. Sfarcich, L'impiego del B.IV.S., sincronizzatore delle onde cerebrali; ed E. Romaro, Presentazione del primo sincronizzatore italiano delle onde cerebrali, Corso di ipnosi medica dell'A.M.I.S.l., Milano 28 aprile 1961.

* * * Come si è riferito alla seduta dei 28 aprile 1961 del Corso di ipnosi medica dell'A.M.I.S.l.

re ipnosi senza l'ipnotista; 2) non possono questi apparecchi definirsi come costanti sincronizzatori delle onde cerebrali, dato che dall'esame dei tracciati elettroencefalografici eseguiti a diversi soggetti, durante la stimolazione luminosa intermittente, non si nota come regola costante un sincronismo trascinatore dello stimolo luminoso, sul ritmo cerebrale del soggetto sottoposto allo stimolo stesso; 3) quando ciò avviene, deve trattarsi di soggetti fotosensibili, ipnotizzabili o no, con disposizioni particolari che la clinica forse potrà individuare, come ha individuato gli epilettici fotosensibili.

Sono dati, a dimostrazione, per brevità solo gli stralci di

diciotto tracciati, eseguiti a cinque soggetti, tra i venti esaminati (figg. 4.24.19). 17. Autoipnosi e training autogeni S'intende per autoipnosi un'ipnosi che il paziente si induce da solo, mediante progressivi esercizi di rilasciamento, o elaborando suggestioni postipnotiche, dategli precedentemente da un operatore. In quest'ultimo caso si tratta principalmente di una suggestione postipnotica conseguente a un precedente trattamento eteroipnotico.

Perché possa attuarsi autoipnosi è necessario che H soggetto sia capace di raggiungere una certa profondità di trance, che implichi almeno catalessia delle palpebre e qualche altro semplice fenomeno ipnotico, mediante un processo spontaneo e attivo di immedesimazione riproduttiva, di monoideismo suggestivo e di ideoplasia controllata.

Perché le tecniche autoipnotiche possano essere applicate per uno scopo specifico nel momento voluto, con qualche probabilità di successo, è necessario che siano praticate fino a che le suggestioni evochino immediatamente le risposte desiderate, quando non si ha l'urgenza di ottenere il risultato. L'autoipnosi va iniziata con la guida di uno specialista, in sedute mono e bisettimanali di 30-50 minuti e con esercizi di 15-30 minuti ogni giorno, da praticare da soli.

In merito ai procedimenti di autoipnosi, è necessario fare varie osservazioni. La prima è quella che riguarda l'autoipnosi in sé, poiché Chertok ed altri autori si domandano se possa essere considerata come una vera

ipnosi, essendo priva di quell'elemento relazionale tanto importante per produrre la trance e per la terapia.

Stando alla definizione che abbiamo dato di ipnosi (cap. 15 1), per noi anche la trance autoindotta viene considerata ipnotica, basandocì, per caratterizzarla, più sulle condizioni di coscienza e sulle modificazioni psicosomatiche che si suscitano durante essa (eguali spesso nella trance autoindotta ed eteroindotta) che sull'elemento relazionale. Peraltro, per quanto nel metodo autodidattico tale elemento sembri apparentemente assente, noi pensiamo che un elemento relazionale inconscio esista sempre nell'autoipnosi seguente a quella eteroindotta, o in quella imparata sotto serveglianza e suggestione di maestri e che esso finisca con l'avere non poca parte nell'autosuggestione terapeutica (Chertok).

Là dove i risultati terapeutici sono dubbi, anche l'elemento relazionale è scarso. Il metodo autodidattico è difatti considerato da molti come incapace dì produrre una trance profonda e se alcuni pazienti dìcono di raggiungere la stessa profondità di trance raggiunta durante la seduta ipnotica, i più dichiarano di avere raggiunto una profondità minore (Chertok).

Di fatto, e questa è la seconda osservazione che avanziamo, l'espefienza ci insegna che l'autoipnosi non è alla portata di tutti e che, a parte H training autogeno con alcuni suoi specifici esercizi, una autoipnosi gìudiziosamente condotta e diretta non è facile a realizzarsi. Se è vero che l'autoipnosi è vecchia quanto h magnetismo, che ipnotizzatori come Braid, Forel, Coste de Lagran si sono autoipnotizzati per curarsi di alcuni disturbi,

con jean Dauven riteniamo che solo degli spiriti sagaci, lucidi e dotatì possono pervenire con l'autoipnosi volontaria a risultati apprezzabili teraputicamente e per la ipnosi in sé.

La terza osservazione, che infine quali psichiatri riteniamo indispensabile fare, è l'estrema cautela con cui i procedimenti autoipnotici debbono essere impiegati.

Questi, di fatto, spezzano l'unità della persona, facilitano gli stati sonnambolici, lo sdoppiamento della coscienza e la dissociazione psichica, cosicché gli svantaggi possono essere assai superiori ai vantaggi se i detti procedimenti sono usati in modo inopportuno e, peggio, se affidati alla completa discrezione del soggetto.

Estabrooks riferisce nel suo manuale (pagine 111 sg.) di essere riuscito a provocare su se stesso delle allucinazioni e suggestioni postipnotiche a ora fissa. Sennonché queste a un determinato momen to finirono col presentarsi anche al di fuori dei comandi che egli si dava e ci volle più di un mese per liberarsi dai fantasmi allucinatori che troppo incautamente si era procurato.

Riteniamo che le tecniche autoipnotiche contengano dei pericoli maggiori dell'ipnotismo eteroindotto, dove la situazione è sotto H controllo di uno specialista ipnologo.

Esse possono riuscire di qualche utilità solo se adoperate sotto la sorveglianza di un tecnico, in quanto il paziente può, con l'autoipnosi, rinforzare al momento giusto le suggestioni dategli in precedenza, durante la seduta ipnotica.

Ricorderemo che le pratiche di autoipnosi sono conosciute da secoli. Esse, in modo non scientifico, vengono ancora oggi usate da alcuni maghi di popolazioni primitive, alla stregua degli antichi indovini egizi, assiri, babilonesi, greci, romani, aztechi.

1 monaci del Monte Athos (1880), per facilitare l'autoinduzione di trance, fissavano a lungo il proprio ombelico, cosi come molti fachiri oggi ottengono il loro scopo guardando per molto tempo un punto fisso dello spazio.

Varie pratiche religiose orientali odierne presentano chiari aspetti autoipnotìci.

La tecnica per ottenere autoipnosi è molteplice; accenneremo sommariamente ai metodi principali.

1) Sparks comincia le sue lezioni sull'autocondizionamento spiegando al soggetto l'importanza dell'impostazione mentale e del monodeismo facendo rilevare come una idea tenda a produrre ciò che essa rappresenta. Suggestioni e illusioni fisiologiche, spontanee o provocate con qualche semplice artificio; gli esperimenti del pendolo di Chevreul, del semaforo, del peso fantasma, delle mani giunte, alcune illusioni ottiche comuni, il rilassamentofrazionato legato all'immagine numerica

«1000-3» formano la base dei suoi primi approcci coi soggetto; durante i quali vengono spiegati anche alcuni concetti di adattabilità fisio-psichica. Descrive quindi la tecnica dell'autoipnosi con la quale fa immaginare al soggetto H numero 1000-1 come simbolo per provocare la stanchezza delle palpebre; il numero 1000-2 come simbolo per provocare la chiusura degli occhi; 1000-3 per il rilassamento; 1000-4 per la tranquillità emotiva; 1000-5 per l'ipersuggestionabilità; fa immaginare quindi la cancellazione di una x racchiusa in un circolo, e precedentemente visuafizzata per l'approfondimento della trance. Praticamente Sparks condiziona prima con l'eteroipnosi il soggetto a un simbolo neutrale numerico, in modo che l'immagine di quel numero, una volta che sia ben visualizzata, richiami istantaneamente nel soggetto un preciso determinato corteo di sintomi.

Solo in un secondo tempo questi potrà tentare l'autoipnosi chiamando alla mente quei simboli, mentre le attività coscienti diminuiscono per l'approfondirsi della trance. In questo stato, solo il simbolo è lo stimolo che evoca la risposta.

2) Rhodes, ai soggetti che desiderano l'autoipnosi, insegna a condizionare con dei numerifissì le varie autosuggestioni, e cosii pronunciando la parola uno suggerisce nello stesso tempo di pensare che le palpebre gli divengono pesanti, polarizzandosi e concentrandosi su questa idea e credendo a essa. Appena H soggetto avverte chiaramente questa sensazione deve pronunciare la parola due e pensare che le proprie palpebre sono divenute talmente pesanti da chiudersi da sole.

Successivamente H soggetto pronuncia la parola tre e pensa che le sue palpebre sono talmente chiuse che egli non può aprirle malgrado tutti i suoi sforzi. Per riaprire gli occhi, egli deve condizionarsi alla parola «apri!» e gli occhi si apriranno bruscamente. Co§ii, attraverso esercizi successivi, il cui segreto sta sempre nel pensare a un'idea sola per volta, a concentrarsi in essa, a credere sicuramente nella sua attuazione, condizionandosi a un numero che la riassume e la richiama con la forza del riflesso condizionato, Rhodes produce autosuggestioni sempre più complesse di rigidità dei braccio, di contrattura, di calore, eccetera.

3) Per insegnare l'autoipnosi, Weitzenhoffer mette il paziente in trance

profonda e gli suggerisce la possibilità di attuarla in casa propria, rilasciandosi intensamente su un lettino, respirando lentamente e profondamente ed evocando con la memoria le condizioni psìcomotorie raggiunte durante la trance eteroindotta. Al soggetto ipnotizzato, Weitzenhoffer ha l'accortezzza di suggerire che se una situazione critica si dovesse presentare mentre egli è in ipnosi, sarà in grado di risvegliarsi immediatamente e automaticamente, e di prendere tutte le disposizioni necessarie afl'uopo. In caso contrario, per risvegliarsi non avrà da dire che si sveglierà; conterà sino a tre e arrivato a questa cifra si troverà dei tutto sveglio.

4) Anche Wolberg insegna l'autoipnosi al proprio paziente dandogli la suggestione postipnotica che egli riuscirà, con un segnale prestabilito, ad andare in trance da solo e che, durante questa, sarà completamente consapevole, tanto da potersi svegliare in caso di necessità. Contrariamente, si sveglierà in virtù di un altro segnale prestabilito .

Una considerazione a parte meritano alcuni esercizi di autorilasciamento che, pur inducendo spesso veri stati ipnoidali con modificazioni somatoviscerali e della coscienza, non vengono da chi H ha elaborati considerati come stati ipnotici, perché mancanti dell'elemento relazionale e perché sarebbero sprovvisti di componenti autosuggestive. Ritorneremo in merito dopo la descrizione del più im portante di questi metodi, il training psicoterapeutico di Schultz.

Riferiremo nel cap. V 5 3 (colonna VII - quadro III) la tecnica di autoipnosi da noi seguita. (a) L'allenamento autogeno di j. H. Schullz. Esposizione del metodo e considerazioni ciffiche Per la descrizione dell'Autogenes Training» di Schultz ci rifacciamo alla traduzione che ne ha fatto G. Crosa.

La sua tecnica psicoterapeutica venne dallo Schultz definita: «Konzentrative Selbstentspannung», cioè tecnica di autodistensione da concentrazione psichica.

Training significa allenamento che, nell'esecuzione del metodo, si riduce a una serie graduale di esercizi di concentrazione psichica passiva; i quali progressivamente apportano modificazioni nella tensione neuromuscolare, nello stato cardiocircolatorio, nella funzionalità respiratoria e viscerale, nella psiche.

Autogeno significa generato da sé, spontaneo, e questo precipuo carattere differenzierebbe le modificazioni indotte dal training da quelle della ipnosi. Mentre, difatti, nella eteroipnosi tutto dipende da ciò che l'ipnotista si propone e nell'autoipnosi da ciò che il soggetto vuol realizzare, nella tecnica di Schultz tutta la fenomenologia sarebbe spontanea, autogena e, insistiamo, realizzata in uno stato di completa passività.

Il soggetto nella sua concentrazione passiva deve prendere coscienza dell'esperienza corporea vissuta in questo stato di passività, mettendo a fuoco sensazioni di pesantezza, calore ecc.

L'unità bio-psichica umana, di fronte a una situazionestimolo, scrive Crosa traducendo Schultz, reagisce con tensione muscolare, spasmo viscerale, sensazione di freddo, alterazioni della funzionalità neurovegetativa, endocrina, umorale, calore al capo, affollamento di

pensieri. La concentrazione psichica passiva consente invece di realizzare le reazioni diametralmente opposte di rilassamento muscolare, distensione viscerale, sensazione di calore per il corpo, regolarizzazione della funzionalità neurovegetativa, endocrina, umorale, e infine di percepire una sensazione di fresco alla fronte, che è vissuta come uno stato di calma, di benessere fisico, di pace interiore.

L'allenamento autosuggestivo si fa con i seguenti esercizi:

rilassamento muscolare; rilassamento vasomotorio, con percezione di calore; - regolazione del cuore;- regolazione della respirazione; - esercizio del plesso solare con distensione viscerale; - controllo della regione cefalica. Tali esercizi devono essere imparati sotto la guida di un maestro e sottoposti periodicamente alla sua verifica. Occorrono circa tre mesi per produrre tutti i fenomeni suggeriti e bisogna inoltre ripeterli quotidianamente per circa sei mesi, finché le sensazioni diventino quasi istantanee. Con tale metodo si riesce a ottenere una regolazione volontaria di varie funzioni automatiche del corpo, si può produrre analgesia, avere una maggiore padronanza di se stessi, rilasciarsi dissolvendo ogni tensione interna; impegnare al massimo, in caso di necessità, le proprie risorse.

Gli esercizi sopra descritti costituiscono la prima serie, quella somatica o inferiore, del training autogeno; in essi la concentrazione mentale è rivolta a particolari sensazioni

somatiche ed è autogena.

Nella seconda parte dei training la concentrazione psichica è invece orientata a vissuti psicologici, non soltanto autogeni ma anche eteroindotti; infatti, a»rofittando della suggestionabilità che consegue alla passività dello stato autogeno, il terapeuta potrà utilizzare formulazioni specifiche che potranno facilmente agire sulla personalità profonda del soggetto.

Per vero, anche nella prima serie di esercizi, già durante quello della pesantezza, H soggetto può ripetere mentalmente la formula: «il mio braccio è pesante», in quanto che tale formulazione facilita ulteriormente la passiva concentrazione e rinforza le sensazioni percepite.

Ma, ci spiega l'autore, «tale formulazione, come le successive, non vanno considerate come delle suggestioni, dei comandi che ci si impone volontariamente; ma come delle costatazioni, come la conferma di una obiettiva percezione di ciò che spontaneamente va verificandosi nel proprio corpo».

Contrariamente agli esercizi del ciclo inferiore quelli del ciclo superiore non possono essere intrapresi che da psicoterapeuti esperti nella dinamica psicologica del profondo. Per mezzo degli esercizi del ciclo superiore viene anzitutto raggiunta la co

noscenza del colore personale; si procede poi alla visualizzazione di

oggetti concreti, di oggetti astratti, di esperienze simboliche; si pongono domande all'inconscio e attraverso la verbalizzazione spontanea si può affrontare direttamente la problematica esistenziale.

Per facilitare la realizzazione dello stato di distensione passiva, propria degli esercizi del ciclo inferiore, è necessario porsi in un ambiente tranquillo, scarsamente illuminato, non troppo caldo né troppo freddo, ad occhi chiusi, allo scopo di ridurre il più possibile le afferenze sensoriali. La postura deve essere tale da non offrire impedimenti al progressivo instaurarsi dell'ipotonia muscolare, e da Schultz vengono suggerite tre posizioni: quella su pina, quella seduta in una comoda poltrona a braccioli, e quella cosiddetta dei cocchiere a cassetta. In quest'ultima posizione le braccia non si devono toccare e possono anche essere sorrette da cuscinetti nei soggetti brachitipici. Lasciamo al dottor Crosa la stesura della tecnica del primo esercizio del training autogeno, come gentilmente ce l'ha fornita, avendola praticata anche al Corso di Ipnosi Medica svoltosi nel 1970 presso H Centro di Ipnosi Clinica e Sperimentale dell'Ospedale Generale di Vercelli, organizzato da chi scrive. Le figure 4.20, 4.21 e 4.22 sono state realizzate dal dottor Crosa per illustrare la traduzione italiana dell'opera di Schultz, «Il training autogeno (Esercizi inferiori) » edita da Feltrinelli nel 1968.

E ora - dice Crosa, rivolgendosi ai medici presenti in aula - vediamo di realizzare con qualcuno di voi un'esperienza pratica di training, in modo da poter meglio rendervi conto di che cosa siano questi esercizi di autodistensione da concentrazione psichica passiva, il loro vissuto, i loro meccanismi, le loro finalità.

Ho bisogno della collaborazione di quattro di voi, disposti a realizzare quest'esperienza. Mi auguro che la scelta sia felice e tale da consentire che almeno qualcuno di voi possa attuare senza difficoltà quella commutazione psichica da stato attivo a passivo che è necessaria e indispensabile perché si possano svolgere, sia a livello psicologico che somatico, quelle tipiche modificazioni che caratterizzano lo stato di distensione. Di solito il 60% degli individui è in grado di realizzare qualcosa già alla prima seduta; mi auguro che almeno qualcuno di voi quattro non abbia le caratteristiche tipologiche da farlo inserire nel restante 40%, in quella percentuale di individui, cioè, che necessita di un

maggior numero di sedute per poter essere in grado di imparare a smorzare la pr~ vigile

Fig. 4.20. Posizione supina. Capo leggermente sollevato da un guanciale; l'avambraccio forma coi braccio un angolo di flessione di circa 120-130 gradi; le mani sono posate con il palmo sul lettino; gli arti inferiori divaricati; piedi con le punte rivolte verso l'esterno. Nelle persone con torace a botte o con alterazioni della colonna è necessario sostenere le parti laterali del dorso con cuscinetti, in modo da evitare tensioni muscolari che, quando interessano gli adduttori, portano i piedi in posizione verticale e cioè con le punte rivolte verso l'alto, nell'atteggiamento di attenti.

Fig. 4.21. Posizione in poltrona. La potrona adatta al soggetto permette alla coscia di poggiare sul sedile e al dorso di aderire allo schienale. L'avambraccio deve formare con H braccio un angolo ottuso di circa 120130 gradi- la testa deve poggiare sullo schienale e i piedi per terra con tutta la pianta, essendo le gambe leggermente divaricate. Quando l'individuo è teso la sua mano, anziché penzolare nel vuoto è trattenuta attivamente nella direzione dell'avambraccio.

Fig. 4.22. (a) Posizione del cocchiere a cassetta in soggetto longilineo. Il tronco è flesso in avanti; la colonna vertebrale in ampia cifosi, in modo da rilassare la muscolatura vertebrale. Le gambe devono essere leggermente divaricate; gli avambracci abbandonati sulle cosce si appoggiano ad esse fra il terzo prossimale e il terzo medio nella distanza tra il gomito e la punta delle dita distese. Le mani pendono liberamente nel vuoto. (b) Posizione del cocchiere a cassetta in brachitipo. Gli avambracci sono sostenuti da cuscinetti.

tensione e a superare cogi le resistenze al lasciarsi andare. Quelli di voi che saranno stati in grado di realizzare qualcosa, saranno essi stessi a illustrarvi, dopo la seduta, che cosa sia il vissuto, l'esperienza del rilassamento, del

l'ipotonia muscolare; cioè il primo scopo a cui tendono gli esercizi dei

training autogeno. Tali sensazioni subiettive saranno una conferma delle manifestazioni obiettive che voi stessi avrete potuto osservare sui vostri colleghi mentre eseguivamo l'esercizio.

Che cosa ci si propone con gli esercizi del training? Ci si propone di realizzare ciò che Schultz definisce una conversione psichica dal mondo esterno che viene a noi attraverso i nostri sensi, al nostro mondo interiore, inizialmente fisico e poi, progressivamente, psichico.

Non è pensabile di poter subito balzare agli esercizi superiori, a una comunicazione diretta con l'inconscio, è necessario un allenamento preciso e sistematico alla realizzazione della conversione biopsichica per poter apprendere, gradatamente, a essere disponibili a tali prestazioni. Bisogna come prima cosa essere in grado di realizzare la serie degli esercizi inferiori.

Spesso una volta realizzata la reazione psicofisica in tensione non si è più in grado di ritornare a un equilibrio omeostatico. Gli esercizi di concentrazione psichica passiva ci insegnano invece a realizzarlo. Non è possibile produrlo subito nella sua completezza, ma bisogna imparare a conoscerlo, passando progressivamente dalla distensione muscolare (esercizio della pesantezza), alla distensione vascolare (esercizio dell'iperemia o del calore), all'esercizio della regolarizzazione dei ritmo cardiaco e del ritmo respiratorio (esercizio del cuore e del respiro), alla distensione dei visceri (esercizio del plesso solare) e infine alla realizzazione del fresco alla fronte. Una volta acquistata una buona padronanza a questi esercizi somatici si può allora essere in grado di passare alla realizzazione degli esercizi superiori o psicologici. Non si può voler realizzare, anzi è proprio l'opposto; più uno vuole, più si tende e fa pertanto qualcosa che non può che contrastare lo svolgimento della reazione nel senso della distensione psicosomatica.

Ma passiamo ora alla prova pratica. Come vi ho detto bisogna imparare a staccare la propria attenzione dal mondo esterno, orientandola all'interno di noi stessi.

Per poter incorriinciare a far ciò è necessario porsi in posture particolari e tali da consentire la possibilità di ottenere il progressivo rilassamento dei muscoli e la progressiva distensione dei nervi. A tale scopo Schultz consiglia tre diverse posizioni: la posizione supina, quella in una comoda poltrona a braccioli e la cosiddetta «posizione del cocchiere a cassetta».

Che cos'è la posizione del cocchiere? Schultz si era accorto che i vetturini di Berlino, tra una corsa e l'altra, approfittavano delle soste per porsi in un atteggiamento che consentiva loro di riposare, senza però cadere nel sonno. Avete tutti certamente osservato come a volte dei vecchietti si appisolano su di una panchina dei giardini; a poco a poco la colonna cervicale e dorsale tende sempre più a flettersi; tendono a piegarsi in avanti, ma poi a un certo momento improvvisamente si scuotono, riaprono gli occhi e si riportano nella posizione eretta con

la propria colonna vertebrale. Che cos'è accaduto? In un certo momento la flessione della colonna è stata tale che tra muscoli agonisti e antagonisti si è creata una tensione tale da creare uno stimolo e riportare allo stato di attenta vigUanza, impedendo l'ulteriore procedere verso la distensione e il rilassamento muscolare. Ora i vetturini di Berlino avevano imparato a porsi nella loro tipica posizione a cassetta, la quale consente che muscob, tendini e articolazioni possano continuare liberamente ad allentarsi senza crearsi H minimo stimolo che possa riportare al risveglio. Essi flettevano volontariamente la colonna in modo che l'appoggio dei due avambracci sufla coscia potesse consentire alla struttura ossea di restar su da sola, senza il bisogno di un impegno della muscolatura paravertebrale; analogamente il capo era flesso di quel tanto da porre la colonna cervicale in un'annonica posizione che eliminava la necessità di tensioni nei gruppi muscolari relativi; le vertebre assumevano l'atteggiamento di una colonna di monete, poste non uniformemente una sull'altra, ma in modo da formare una curva tale da consentire la verticaEtà senza H bisogno di alcun appoggio laterale.

In tale posizione del tronco, se si innesca la dìstensione non accade come ai vecchietti dei giardini, ma muscoli e nervi possono liberamente procedere nella dìstensione. t con questi concetti che dovete ora cercare di porvi nella posizione del cocchiere; mettetevi a sedere sulla sedia in modo tale che spingendo indietro le spalle queste non urtino contro lo schienale; poi flettete la colonna in avanti di quel tanto che gli avambracci vengano a posarsi sulle cosce; il punto di contatto defl'avambraccio deve essere non troppo vicino al polso, né troppo vicino

al gomito, in modo che non vi siano necessità di impegno dei muscoli né flessori, né estensori. La coscia deve essere orizzontale; la gamba verticale e l'angolo, tra gamba e piede, retto. Poi chiudete gli occhi e cercate di rnigliorare ancora la vostra posizione facendo dei piccoli movimenti laterali e anteroposteriori della colonna allo scopo di porsi nella posizione che si sente la più opportuna per e&ninare la necessità di gruppi muscolari in tensione; poi, sempre a occhi chiusi, concentrate livostra attenzione sulla posizione degli arti inferiori per rendervi conto se H piede è ben appoggiato in tutta la sua superficie al suolo, se la gamba è ben verticale e non in posizione abdotta o addotta, né spinta in avanti o all'indietro.

Una volta che ci si è messi in questa posizione comincerà l'esecuzione del primo esercizio inferiore. Sempre a occhi chiusi, in modo da bloccare quel principale canale che normalmente ci tiene in contatto con il mondo esterno, concentrare passivamente l'attenzione sul braccio destro; cercare di utilizzare un tipo di attenzione diversa dall'abituale; non quell'attenzione che si propone di fare, di agire, di muovere le dita, di scrivere, di prendere, di aggredire, di difendersi, ma un'attenzione che altro non si propone che di stare a vedere che cosa accade nel braccio destro e nefia mano destra man mano che si pro

trae e si intensifica questa passiva concentrazione. Più uno riesce ad abbandonarsi in quell'atteggiarnento, senza pensare a nulla, senza voler nufla, più è facile che a un certo momento si renda conto che qualcosa sta accadendo nel suo braccio destro, nefla mano destra.

Esso cornincia a farsi sentire più pesante; l'avambraccio grava contro l'appoggio sulla coscia, la mano pende a poco a poco sempre più rilassata e distesa, a volte con una sensazione di gonfiore. Non si può voler distendere i propri nervi né rilassare i propri muscoli, allo stesso modo come non siamo noi a voler tenderh quando passiamo in uno stato di ansia, di tensione. E così a poco a poco fi braccio destro si fa sentire più pesante; è lui che si offre alla nostra attenzione in modo diverso. Allora lasciatevi prendere da questa sensazione, senza pensare a nufla, senza voler nulla; non cercate di voler realizzare l'esercizio, poiché il minimo atteggiamento attivo costituisce uno stato di tensione. Tutto si svolge da sé; allo stesso modo come si svolgono da sé le reazioni nel senso della tensione; ma questa volta le reazioni sono nel senso opposto, verso R rilassamento, la distensione, la calma. Man mano H braccio destro si fa sentire sempre più pesante; lasciatelo andare, senza pensare

a nulla, più riuscite a essere passivamente indifferenti, con l'attenzione abbandonata nella contemplazione del braccio destro più le sensazioni che da esso derivano si fanno precise, chiare, evidenti, tanto più facilmente l'attenzione resterà h passivamente concentrata. Tutto H resto si svolge da sé. Non pensate a nulla, non vogliate nulla per non impedire fi libero svolgimento della distensione; e soprattutto non aspettate nufla, poiché anche l'attesa costituisce una tensione. Cercate di porvi in un atteggiamento di non aspettare nulla in modo che finalmente i vostri nervi, i vostri muscoli, i vostri organi e i meccanisrni defia vostra mente che così spesso sono costretti a porsi in stati di ansiosa attesa di dover fare qualcosa, di dover subire qualcosa, di non poter fare qualcosa, possano realizzare questa esperienza opposta: non aspettare nulla. In tal modo il braccio destro si farà sentire man mano sempre più pesante, inerte, abbandonato, immobile.

E ora con la stessa indifferenza, con la stessa passività, portate l'attenzione al braccio sinistro, alla mano sinistra. Che cosa è accaduto? Che cosa sta accadendo? Tutta la vostra attenzione è ri passivamente concentrata; cercate di fará che questa attenzione sia la più completa possibile, nel senso che nella vostra mente altro non vi sia che l'immagine della mano sinistra, del braccio sinistro, delle dita defia mano sinistra. Come sono? Tutto è inerte, abbandonato, pesante, forse gonfio, l'avambraccio appoggia, grava sulla coscia; cercate di sentire come il braccio è inserito, appeso alla spalla sinistra. Che differenza dal modo in cui si fa sentire H braccio sinistro quando siamo in uno stato di tensione, di ansia, di angoscia e sentiamo che i muscoli si contraggono sino al tremore, i tendini si tendono e scattano da soli. Lasciate che finalmente i vostri nervi, i vostri muscoli possano realizzare, per quanto è possibile, questa esperienza opposta: distensione, pesantezza, assenza di tensione nervosa. Tutto si svolge da sé; del tutto indipendentemente dalla vostra volontà, allo stesso modo di come si svolgono da sé, del tutto indipendentemente dalla volontà, le reazioni nel senso della tensione. Ma le attuali sono orientate nella direzione opposta: distensione, pesantezza.

Con la stessa indifferente passività portate ora l'attenzione sull'arto inferiore destro. Cercate di vederlo con gli occhi della mente, attraverso i vostri nervi; cercate di penetrare nelle masse muscolari. Che cosa è accaduto? Che cosa sta accadendo? Come appoggia il piede contro H pavimento? Tutta la vostra attenzione è ri passivamente abbandonata nella contemplazione di ciò che sta accadendo. Tutto è più rilassato,

morbido, lasco. Più riuscite a porvi in uno stato di passiva contemplazione, più queste sensazioni si fanno chiare, precise, evidenti; e allora lasciatevi prendere man mano sempre più da queste sensazioni che non sono un fenomeno suggestivo, ma una realtà precisa che sta verificandosi nei muscoli e nei nervi della gamba destra. Tutto si fa più inerte e pesante.

E ora portate l'attenzione all'arto inferiore sinistro, al piede sinistro. Anche qui lo stesso. I muscoli si fanno già sentire più allentati, i nervi distesi; lasciateli andare. Tutto si svolge da sé. Senza pensare a nulla, per non disturbare il libero svolgimento defl'esercízío; senza voler nulla, poiché il minimo impegno della volontà costituisce una tensione. La gamba sinistra si fa sentire sempre più pesante, inerte, abbandonata, immobile.

E questo rilassamento non si verifica soltanto alle braccia e alle gambe; questa distensione non è soltanto alle braccia e afle gambe. Andiamo a vedere che cosa è accaduto ai muscoli del tronco; portate l'attenzione al respiro, abbandonandovi alla passiva contemplazione dei movimenti respiratori. E allora vi accorgerete che anche qui è accaduto qualcosa, anche qui sta accadendo qualcosa; non è più il respiro di una persona vigile, impegnata; esso è andato modificandosi e facendosi man mano sempre più come il respiro di una persona che dorme, in un sonno profondo non turbato da sogni. Lasciatevi andare sempre più in questa passiva contemplazione del respiro, in questo ritmico e monotono alternarsi dei movimenti del respiro. Tutto si svolge da sé, in modo spontaneo, automatico, meccanico, plastico. Non siete voi a respirare, ma H vostro corpo che respira da solo, finalmente lìberato da qualsiasi tensione psichica, da qualsiasi affanno, da qualsiasi ansia. Che differenza da quel respiro che avvertiamo quando siamo tesi, ansiosi; quel respiro a scatti, quel respiro irregolare, disarmonico, che non arriva in fondo. Lasciate che finalmente esso possa andare da solo, nel modo più libero, più spontaneo, più automatico, più armonico. Tutta la vostra attenzione è D, passivamente concentrata in questa passiva contemplazione del respiro; e allora a poco a poco accadrà nella vostra mente ciò che è accaduto nel vostro corpo: come nel corpo non c'è che respiro, anche nella mente non vi sarà

che l'immagine del respiro; come nel corpo non vi è il minimo impegno di energia, la minima attività per i muscoli delle braccia e delle gambe, e non vi sono che i muscoli dei respiro in movimento, coàí, a poco a poco,

anche nega vostra mente altro non vi sarà che quel minimo di attività necessaria per la contemplazione del respiro; tutto H resto è vuoto, assenza di tensione. Non vi è altro che sensazione di armonia, di equilibrio, di assenza di tensioni, di benessere fisico, di calma, di pace interiore. Lasciatevi prendere sempre più da queste sensazioni, senza pensare a nulla, senza volere nulla, senza aspettare nulla, in modo che la morsa della tensione nervosa sempre più si allenti, H tono dei muscoli si rilassi e la mente scivoli in una specie di sonno, che non è un sonno vero, poiché siete perfettamente vigili, presenti, vi rendete conto di tutto; non è uno stato di ipnosi, ma un sonno parziale, limitato alla vostra partecipazione emotiva, al vostro impegno, alla vostra volontà. Respiro; non c'è che respiro; un respiro che va facendosi man mano sempre più regolare, più ritmico, più meccanico, più uniforme, più ampio. A poco a poco vi renderete conto che non è più soltanto un respiro dei polmoni, ma è come se anche i vostri visceri partecipassero a questo libero, ampio gioco del respiro. Respiro. Cercate ora di concentrare l'attenzione sul diaframma; non ha nessuna importanza se dove immagínate che sia il diaframma non corrisponde a una precisa realtà anatomica; ciò che importa è scoprire, aver coscienza, rendersi conto di questi movimenti che di solito ignoriamo. Trattenete l'attenzione h, a metà del tronco, dove finiscono i polmoni e cominciano gli organi addominali e allora comincerete a scoprire che vi è qualcosa che si muove, che si solleva e si abbassa, con movimenti sincroni ai movimenti del respiro. Questi movimenti vanno da soli; non dipendono da un atto della vostra volontà. Ogni volta che i polmoni si espandono il diaframma è come spinto in basso. Ogni volta che i polmoni si vuotano d'aria il diaframma è come risucchiato in su, verso i polmoni. Ogni volta che si abbassa viene a comprimere gli organi addominali, lo stomaco, il fegato, gli intestini. Quando si solleva tutti gli organi addominali si espandono; per essere compressi ancora; per espandersi come non mai. In conseguenza di questa specie di ampio, regolare, ritmico, massaggio scompare a poco a poco anche da qui la minirna tensione, qualsiasi spasmo, qualsiasi contrattura. Ogni funzione viscerale tende al suo migliore equilibrio; tende all'omeostasi. Respiro, come nel corpo, anche nella mente, altro non vi è che respiro.

E ora dopo aver portato i vostri muscoli e i vostri nervi a un certo grado di distensione, in conseguenza di un atteggiamento psichico man mano sempre più passivo, bisogna percorrere il cammino inverso; bisogna passare da questa distensione raggiunta a quel giusto grado di tensione dei nervi, a quel giusto tono nei muscoli necessario per affrontare le situazioni della vita quotidiana. Ora bisogna risvegliare la volontà che si era come addor mentata. Riportare l'attenzione al respiro, abbandonarsi ancora un

momento alla contemplazione di questi movimenti che si erano fatti man mano sempre più regolari, ritmici, meccanici, autonomi, del tutto indipendenti dalla volontà e proprio di li cominciare a risvegliare la volontà. Ogni tanto, senza bruschi scatti, senza precipitare, gonfiare di più il torace e lasciar che poi l'aria fuoriesca da sé; cogi, a poco a poco, man mano dallo stato di passività ci si riporta allo stato di armonica attività e tutto si riporterà al giusto tono, al giusto grado di tensione.

Ora riportate l'attenzione alle dita della mano destra e cominciate a fare qualche piccolo movimento, piano piano, per rendervi conto di che cosa sia accaduto, di quanto sia accaduto; i movimenti sono torpidi, impacciati; ma gradatamente in conseguenza di questi movimenti, i muscoli man mano riprendono H loro tono, la capacità di condurre gli stimoli; è come se essi stessi si risvegliassero; ciò deve accadere spontaneamente, in conseguenza del passaggio dallo stato passivo all'attività, più che per uno sforzo e un impegno della volontà. Ora provate a fare il pugno, ad allargare le dita, a muovere un dito dopo l'altro; tutto si svolge da sé, tutto si riporta al giusto tono in modo che quando finalmente si riapriranno gli occhi vi sentirete in una ben diversa situazione; più padroni dei vostri nervi e dei vostri muscoli e non in una situazione di dipendenza dalle vostre tensioni. I movimenti sono ora validi, ben controllati, ben governati dalla vostra volontà; è scomparsa qualsiasi sensazione di pesantezza, di distensione, ma, cosa ancora più importante, non vi è la minima. tensione di troppo.

Quando sentirete che i movimenti della mano destra sono perfettamente riarmonizzzati, porterete allora l'attenzione sull'avambraccio e sul braccio sinistro cercando anche qui di far qualche movimento, senza ancora flettere il gomito o sollevare il braccio dalla coscia. Poi flettete H gomito, ruotate l'arto, sollevate tutto l'arto; i movimenti si fanno sempre più precisi, validi, tonici, ben coordinati. Trattenete sempre l'attenzione su ciò che accade, senza ancor pensare a null'altro che a osservare la ripresa del tono dell'arto destro. à una fase molto importante, questa ripresa, questa ricostruzione della propria motricità.

Analogamente a quanto realizzato per H braccio destro, passate poi alla ripresa dell'arto superiore sinistro, dell'arto, inferiore destro e dell'arto inferiore sinistro.

Cominciate dopo a stirarvi, a sgranchirvi come se aveste dormito 24 ore, a massaggiarvi, a respirare profondo... fino a quando non si avvertirà il minimo rilassarnento e tutto l'organismo sarà perfettamente riarmorrizzato e allora gli occhi si riapriranno da sé.

(Va notato che questa modalità di ripresa impiegata da Crosa è dei tutto differente dalla modalità suggerita da j. H. Schultz. Di essa è stato dettagliatamente riferito al Congresso di Ipnosi e Medicina Psicosomatica svoltosi a Magonza nel maggio del 1970).

Sull'importante tecnica del training autogeno, che annoverava centinaia di pubblicazioni di studiosi di ventidue nazioni diverse già nel 1964 (Luthe), noi facciamo alcune considerazioni teoriche e pratiche, per cui pensiamo che il training autogeno, anche negli esercizi dei primo ciclo possa non essere del tutto autogeno. Riteniamo che, almeno all'inizio, H maestro terapeuta debba per forza, solo per la sua stessa presenza, inserire degli elementi relazionali nel trattamento. E ben difficile allora precisare sino a qual punto tali elementi possano essere suggestivi, e cioè induttori di quegli stati che chiarniamo di ipnosi vigile, durante i quali il soggetto crede di essere perfettamente indipendente e H terapeuta non esperto in ipnosi convinto di non praticarla. Ciò per quanto riguarda H rapporto eteroipnotico negli esercizi inferiori del training autogeno, che peraltro è ammesso per quelli dei ciclo superiore.

t certo utile nella pratica professionale far credere al malato che tutta la sintomatologia del training sia autogena; perché coáì gli si dà la sensazione di essere completamente svincolato da ogni dipendenza dal terapeuta, e perché anche questi potrà avere un più facile disimpegno nel caso di una mancata realizzazione di quei fenomeni che si aspettano dagli esercizi.

Una volta che, svincolato dall'influenza del maestroterapeuta, il soggetto procede da solo con gli esercizi del training, non ci sentiamo infine diescludere che in questa ulteriore pratica non subentrino componentiautoipnotiche, più o meno intense, ma comunque chiaramente accertabili dallo studio dello stato di coscienzaraggiunto dal soggetto e dalle manifestazioni psicosomatiche realizzate in tale particolare stato. Queste sarebberocausate da una concentrazione passiva, ma ogni concentrazione comporta unàttività psichica attentiva,e noi pensiamo che non si possa riflettere una passività neuromuscolare e viscerale attentivamente, come uno specchio, senza contribuire in modo più o meno manifesto aprovocarla. Noi siamo stati tra gli assertori della presenza, nell'ipnosi eteroindotta, di modificazoni neurovegetative spontanee, e cioè indipendenti dalla volontà dell'ipnotista (cap. 10 5 11), come di modificazioni psichiche spontanee (sogni ecc.); non abbiamo quindi nessuna difficoltà ad ammettere l'autogenia di alcune modificazioni psichiche e somatiche nel training autogeno.

Però i fautori del T.A. (Bazzi, Crosa, Peresson ed altri) parlano del raggiungimento in esso di «una condizione di passività assoluta, priva di atti volitivi, realizzata nella indifferente contemplazione di quanto spontaneamente accade nel proprio organismo e nella propria mente»; condizione che riteniamo si possa raggiungere più facilmente in un inistico che in un uno psiconevrotico ansioso e fobico o nei malati della nostra pratica clinica quotidiana.

Si asserisce che nell'autoipnosi tutto dipende da ciò che il soggetto vuol realizzare, mentre negli esercizi del T.A. di

Schultz la fenomenologia è del tutto spontanea e autogena, ma non trovo questa affermazione completamente rispondente alla realtà, perché anche nel T.A. il soggetto si propone di realizzare qualche cosa e per ottenerla si mette in condizioni di deafferentazione sensoriale (ambiente silenzioso e buio, chiusura degli occhi ecc.), concentrazione passiva, che rafforza le modificazioni psicosomatiche con formule mentali. Come non ammettere che in queste condizioni possano comparire componenti autoipnotiche quando poi si ammette che la suggestionabifità consegue alla passività dello stato autogeno?

Per evitare H pericolo dell'influenzamento del maestro e cioè di chi insegna H training a un livello strettamente pedagogico (con un rapporto insegnante-allievo, più che medico-paziente) Gúnter Krapf ricorda che «durante la pratica degli esercizi standard H silenzio deve essere rigorosamente osservato dal terapetita» e che questo «deve cercare di mantenersi assolutamente estraneo». Anzi Bazzi che è stato H primo, negli anni '50, a introdurre il Training in Italia, afferma che non è affatto necessaria la presenza del terapeuta durante l'esecuzione degli esercizi, ed egli invita H paziente a lasciare il suo studio e a recarsi in una stanza attigua dopo la spiegazione di ciò che egli deve fare. Solo dopo avere effettuato l'esercizio in programma si riprende il dialogo per la discussione dei vissuti (Peresson, 1981).

Quindi, dialogo prima e dialogo dopo, e tutto ciò dovrebbe avvenire senza che mai la suggestione, più o meno conscia, possa subentrare alla persuasione e anche senza transfert alcuno. Dacché lo stesso Schultz non considera il transfert nel suo metodo, in quanto colloca quest'ultimo nell'ambito di una psicoterapia di tipo razionale (Peresson, ibid.).

Anche Geissmann e De Bousingen scrivono che «nel metodo di Schultz scrupolosamente applicato esiste una specie di delega terapeutica al paziente, che modifica la maniera in cui si elabora un tran

sfert»; trattandosi di un metodo, come spiega Kammerer, che «non è destinato all'intelligenza, ma si rivolge all'essere irrazionale e viscerale».

Orbene, noi siamo convinti che tutto ciò esista più in teoria che nella pratica e ribadiamo come ribadiremo ancora, i seguenti concetti: 1) Nel rapporto maestro-allievo non si può escludere l'esistenza di un transfert e non tenerne alcun conto in una relazione, che resta fondamentalmente terapeutica, è un errore. 2) Una condizione di passività assoluta, priva di ogni atto volitivo e realizzata in uno stato di indifferente contemplazione è teoricamente ìpotizzabile, praticamente eccezionale. 3) Anche nel T.A. come nell'autoipnosi il soggetto si propone di realizzare nella sua mente e nel suo corpo qualche cosa e quindi esiste una attività che contrasta con l'assoluta passività auspicata. 4) Ogni volta che col T.A. come con qualsiasi altro metodo, in modo del tutto autogeno, si realizzano monoideismi plastici (nel senso già spiegato e su cui ci soffermeremo ancora) noi crediamo opportuno parlare di stato di ipnosi (dalla vigile, alla sonnambofica) per differenziarlo da altre condizioni cliniche sirnilari.

La sostanziale differenza che si fa tra la tecnica attiva suggestiva dell'ipnosi e quella autogena del training, che dovrebbe essere del tutto passiva e in cui H paziente si sforza di attenuare lo sforzo attentivo sino a dissolverlo (?),

procurando una deconnessione organisniica, riguarderebbe in ultima analisi solo la metodica induttiva. Questa può essere differente nei due casi, anche se non coáì profondamente come alcuni ritengono ma non sempre tanto differente è lo stato raggiunto; che riteniamo essere quello dell'autoipnosi nel senso già definito. Dunque, anche queste metodiche sono a nostro avviso metodiche ipnotiche; particolari, speciali, differenti dalle classiche note, ma sempre ipnotiche, se ci si riferisce alle condizioni di coscienza e ai monoideismi plastici che con esse, come con l'autoipnosi, si raggiungono. Non conosciamo manifestazione psicologica prodotta nello stato di commutazione proprio dei T.A., che non possa ottenersi con l'autoipnosi; e se le due forme psicoterapeutiche possono risultare diverse nella metodica, assai meno lo sono, ripetiamo, per le manifestazioni che si ottengono. Si deve in merito tenere ben presente quanto abbiamo già rilevato precedentemente e che cioè nella pratica clinica è facile trovare il paziente che slitta dall'autogenia all'autoipnosi e che cioè perda in buona parte quel controllo delle sue azioni, che dovrebbe essere la grande prerogativa del training. Insistiamo su questi problemì diagnostici sempre perché sia chiara l'impostazione dottrinale dell'ipnosi; come abbiamo già insistito a proposito della terniinologia degli stati ipnotici (cap. 1 S 1).

Secondo chi scrive, la tecnica di Schultz, in quanto causa una deconnessione della personalità con limitazione del raggio della coscienza e conseguenti influenze psicosomatiche, può considerarsi una tecnica di ipnotizzazione fisiologica autoindotta.

Le modificazioni somatoviscerali riscontrate da diversi

autori durante il training sono da riferirsi all'entrata in funzione di meccanismi diencefalici, come nell'ipnosi. Abbiamo già detto come noi adoperiamo la tecnica di Schultz quale tecnica induttiva di ipnosi (cap. 1 S 1) nei soggetti che temono un approccio autoritario.

E. Kretschmer ha elaborato la tecnica dell'ipnosi attiva frazionata, proprio utilizzando le prime due fasi del metodo di Schultz (pesantezza e calore). Con questo metodo, una volta che il soggetto è riuscito a ben realizzare i primi due esercizi, si induce uno stato ipnoide che si utilizza sia per arrivare a una catarsi, sia per sviluppare una relazione di tipo analitico vero e proprio. Kretschmer, per raggiungere più facilmente l'ipnosi, aggiunge, ai due primi esercizi di Schultz, esercizi attivi di fissazione dello sguardo implicanti movimenti coniugati degli occhi.

Pertanto, per concludere sull'attività e passività e sulla maggiore o minore autogeneità dei vari traini . ng, noi pensiamo che simili differenziazioni avanzate dai diversi autori siano piuttosto artificiose in quanto non rispondenti a una obiettiva realtà psicologica e fisiologica. Essi possono ammettersi solo per alcune metodiche estreme e anche per queste in via relativa, e non assoluta.

Di fatto, esistono dei metodi in cui predomina il fenomeno autogeno e altri in cui predomina quello eterogeno; ma come nella stessa ipnosi impostata in modo prevalentemente eterogeno si verificano dei fatti autogeni a livello psichico e somatico, come da me costatato da oltre cinquanta anni, analogamente nelle tecniche che si propongono di realizzare fatti autogeni non è possibile escludere lo stabilirsi di una fenomenologia eteroindotta.

Le tecniche ipnotiche tendono ad agire in modo diretto e rapido sul sintomo e sul suo decondizionamento anche in via indiretta in conseguenza della distensione generalizzata.

E di fatto ancora, come nell'ipnosi esistono una modalità tecnica possessiva paterna, autoritaria, e

all'estremo opposto modalità tecniche ampiamente oblative, materne, permissive, co§1 anche nel training autogeno è possibile realizzare gli esercizi con queste due opposte modalità.

La scelta della tecnica dipende da numerosi fattori concernenti la personalità del terapeuta e la situazione clinica.

Un esempio significativo per il training autogeno ce lo ha dato il dottor Crosa in una delle sue relazioni sull'esperienza del dottor Sapir, psicoanalista di Parigi, che applica la tecnica di Schultz, in collaborazione con una psicoterapeuta.

Esistono numerosi dati contro la dichiarata eterogeneità e succubanza dell'ipnosi. Qui, solo ricorderemo la regressione di età ipnotica, durante la quale il paziente rivela materiale inconscio, che certamente non può essere eteroindotto dal terapeuta, per H semplice fatto che questi

lo ignorava completamente.

Numerose sono le verbalizzazioni negli esercizi del training autogeno e le immagini introspettive ideoplastiche o autoipnotiche, in quanto inducono uno stato di coscienza proprio della ipnosi vigile (cap. 5 S la). Prenderemo qui ad esempio quelle che si usano in un altro tipo di training, quello autogeno respiratorio di Piscicelli che è certamente oggi il metodo più diffuso in Italia per la psicoprofilassi nella preparazione al parto e prospettato come metodo non ipnotico, unicamente per la vigente attuale confusione di termini.

(b) Il training autogeno respiratotio (RAT) di Piscicelli: transfert, trance e ipnosi

L'atteggiamento psichico di chi inizia H RAT comincia con la formula verbale «io sono perfettamente calino» e si invita H soggetto a «fantasticare un'immagine di sé calma».

Nel secondo esercizio «si invita a considerare H corpo abbandonato» e si esorta a pronunciare ripetutamente le seguenti formule: «Le inie braccia e le mie mani sono pesanti», Al mio corpo è pesante, tutto il mio corpo è pesante, calmo, rilassato». Le stesse frasi devono ripetersi nel terzo esercizio. Nel quarto, le formule che ricorrono sono: «Il inio corpo si dilata e si contrae, ogni volta che si dilata e si contrae diventa sempre più plastico, più morbido, più flessibile».

Nel quinto esercizio: «Le braccia, le mani sono pesanti. Le gambe e i piedi sono pesanti. Tutto il corpo è pesante e rilassato. Sono rilassati i

muscoli delle braccia e delle mani. Sono rilassati i muscoli dell'addome. Tutto il corpo è pieno. Tutto il corpo si dilata e si contrae ad ogni respiro. Tutto il corpo respira. Il respiro se ne va da sé; H respiro mi dondola, H respiro mi respira ecc ... ».

Tutte le formule vanno ripetute immergendosi col pensiero sempre più nella realtà corporea, immaginata e formulata, col chiaro proposito evidentemente di creare un monoideismo suggestivo, introspettivo, una lirnitazione del campo di coscienza che H soggetto sotto lo sforzo della parola del maestro (Terpnós 16gos delle tecniche sofrologiche) impara a indursi con un procedimento che, pur rìfiutandoli, ricalca i metodi eterogeni.

Nel sesto esercizio: «L'allieva si immedesima negli effetti del respiro e assiste alle autogene variazioni di ampiezza respiratoria che succedono in stato di commutazione, quando il soggetto viene investito da stimoli disturbanti».

E naturale che perché l'allievo possa costatarla deve essere messo sull'avviso di quello che accade, dato che gli effetti vengono amplificati con una battuta delle mani per almeno quindici volte da parte dell'operatore, mentre il paziente recita le sue formule: A pieno lo spazio che c'è fra h lato destro e il lato sinistro. Tutto H corpo è uno spazio pieno e si muove, si muove come il respiro. Tutto il corpo respira. Il respiro mi respira ecc. ecc.» Per quanto riguarda la modalità della respirazione nel RAT vedasi H sottoparagrafo seguente (c) di questo stesso capitolo. Seguono ancora formule, su formule, per più di una pagina (Piscicelli, 1977, p. 145), ripetute come in una recitazione e che, secondo l'autore, però non dovrebbero avere alcuna funzione suggestiva e passiva; perché se no si ricadrebbe nei guai del rapporto per suggestione o dell'autoipnosi, che escluderebbero ognì verifica.

Nel settimo esercizio si innesta nel sistema della nsposta respiratoria uno

stimolo condizionante di natura semantica, «l'utero si contrae», «che prepara la via delle risposte respiratorie rilassanti alle condizioni uterine che si presentano al momento del travaglio del parto».

Di norma, la donna in travaglio di parto, avendo bisogno di una notevole quantità di ossigeno per sé e per H feto, finisce coi realizzare spontaneamente sempre il ritmo respiratorio necessario al momento, mediante fisiologici automatismi riflessi, assai difficili da modificare nella dinamica della loro frequenza ed ampiezza. Col condizionamento semantico, istituito durante la preparazione al parto, la gestante avrebbe invece la possibilità di richiamare H respiro autogeno, migliore, secondo alcuni ostetrici, di quello provocato con altre metodiche psicoprofilattiche; e, secondo i fautori del RAT, migliore anche di quello naturale che scatta per meccanismi riflessi e necessità vitali.* Secondo Piscicelli il respiro autogeno obbedisce ad un andamento paradossale per cui si amplifica sotto l'insulto di qualsiasi stress fisico od emotivo, per una legge molto simile a quella che governa i fenomeni mirabili descritti da Kircher.

Anche H settimo esercizio ha una pagina di verbalizzazioni-(ibid., pp. 149 sg.), con l'aggiunta di stimoli a base di battute di mani.

Per noi è assai verosimile che tutte queste formule suggerite ripettitamente dal terapetita, con la sua autorità e battuta di mani quando occorre, recitate numerose volte al soggetto, immedesimandosi in esse come in una preghiera, finiscano col creare un monoideismo più o meno suggestivo e indurre quindi con questo mezzo (e non solo con quello della respirazione autogena) quella commutazìone della coscienza, (con tutte le manifestazioni psichiche, somatiche, vegetative che seguono) che abbiamo defirúto come stato ipnotico, per necessità diagnostiche differenziali delle diverse trance.

Non riteniamo che in queste condizioni H terapetita offra solo «uri'occasione, un esempio, libero da ogni possibile attributo condizionante, qualificante o deviante», e che l'individuo non sia schiavo di una formula preordinata, prevista e suggerita dal terapeuta. Non vediamo quale altra scelta possa avere H soggetto a cui viene imposto di vivere l'esperienza delle formule su citate: o le vive e allora ne rimane schiavo senza accorgersene, con buona pace sua e di tutti quegli psicoterapeuti a cui fa paura la parola ipnosi; o la respinge e allora H metodo fallirà.

A parte che la parola schiavo non si può adoperare neppure per l'ipnosi più possessiva come, con tutta sicurezza, può affermare chi scrive dopo averla documentata in molteplici suoi casi filmati e in congressi scientifici.

La verifica riflessiva dell'esperienza, di cui i cultori del training propugnano la certezza, appare, nelle condizioni ipnoidali, create dalla recitazione delle formule, più teorica che pratica.

E molto cauti bisogna anche andare, nel differenziare nella pratica terapetitica, l'autogenia dall'autoipnosi, per quanto abbiamo precedentemente spiegato.

t risaputo come nell'autogenia rimane sempre una certa vigilanza dell'Io, un certo grado di auto

(CIAPPI, La ventilazione alveolare e lo scambio dei gas nel respiro indotto

con il RAT nelle gestanti a termine, aggiorriamenti in Ostetricia e Ginecologia, IV', 5-6; 171-175 Ediz. Minerva Medica, Torino, 1971).

coscienza che si autopossiede e controlla; per cui il soggetto, senza alcun aiuto esterno, può sempre reintegrare una situazione di dissociazione e recuperare l'unità dell'Io. Inoltre l'lo scisso è sempre capace di verifiche e differenziazioni fra realtà e immagini.

Nell'autoipnosi invece questo autocontrollo si perde e si possono raggiungere condizioni dissociative che perdurano al di là della volontà stessa del soggetto e a volte non più recuperabili senza un aiuto esterno (ad esempio: deficit motori o sensitivi, fenomeni astasici, abasici, perseverazioni ideative, immaginative ecc.), in persone non aventi già un normale equilibrio psichico. In questi casi viene a mancare la critica discriminativa fra realtà e immagini, e il soggetto si comporta secondo un modello autosuggeritosi, vissuto quasi allucinatoriamente.

Tuttavia riteniamo che il passaggio dall'autogenia all'autoipnosi si avveri frequentemente nella pratica clinica, non solo per le tecniche messe in uso, ma anche per la particolare personalità del paziente.

L'esperienza clinica ci ha documentato, sin dal 1970, come durante una esercitazione di T.A. eseguita su un gruppo di 50 allievi medici, dal Dott. Crosa, all'Università Cattolica, con gli identici esercizi autogeni uno di costoro abbia vissuto infatti il rilassamento in modo tale da sconfinare in una tipica astasia-abasia; che non potè più essere risolta con metodi autogeni, ma solo col personale intervento ipnotico di chi scrive.

Secondo Piscicellì in alcune recenti pubbUcazioni di Luthe appare sempre più prevalente l'orientamento che solo i primi due esercizi di Schultz si possono considerare autogeni e gli altri quattro sarebbero solo complementari.

Del resto anche altri cultori del training autogeno, come Klaus Thomas, ammettono che l'immagogia autogena, insegnata collettivamente e praticata a domicifio, può essere approfondita sotto forma di immagogia ipnotica.

Abbiamo insistito su questa diagnostica differenziale perché sia sempre più chiara agli studiosi quale debba essere a nostro modesto avviso l'impostazione dottrinale a proposito della terminologia degli stati ipnotici riportata nel capitolo 1, paragrafo 1 e successivamente.

Non per tutti è chiaro che cosa sia veramente l'ipnosi, poiché spesso si confondono, ad esempio, le tecniche induttive di essa, che fanno parte di

quello che io chiamo ipnotismo con lo stato raggiunto dell'ipnosi, col quale poi esse non si possono più identificare sic et simpliciter. Guantieri, ad esempio, scrive che «l'ipnosi è l'insieme delle condizioni neuropsicofisiologiche presenti nell'organismo quando l'induzione ipnotica è ternìnata», differenziando quindi, come Granone, l'ipnotismo quale tecnica, dall'ipnosi come stato (cap. 1 S 1).

La suggestione, ad esempio, che nei procedimenti dell'ipnotismo viene adoperata per indurre l'ipnosi, non può senz'altro identificarsi con questa, in quanto in quest'ultima si rivelano situazioni neurovegetative, somatiche e psichiche (ampiamente descritte nel presente trattato ai capp. 9, 10, 18) che sul piano clinico e neurofisiologico nulla hanno più a vedere con la suggestione che ad esse ha dato l'avvio; coáì come un rumore che provoca una valanga non può identificarsi con la valanga all'esame obiettivo dei fatti.

Altri equivoci insorgono perché non tutti partono da un concetto univoco di ciò che è veramente l'ipnosi, da me già definita (cap. 1 S 1) come «un particolare stato psicofisico che permette di influire sulle condizioni psichiche, somatiche e viscerali di un soggetto, e che viene indotto dal rapporto con un ipnotista; ma che può essere autoindotto mediante monoideisn-ú più o meno suggestivi imperanti nella mente del soggetto stesso».

Non tutti infine nelle loro considerazioni ricordano che l'ipnosi è un fatto eminentemente dinamico e non statico, che va dalla cosiddetta ipnosi vigile, allo stato sonnambolico.

Pertanto i parametri pneumografici, pletismografici, elettrocardiografici, che si rivelano negli stati indotti con metodiche diverse devono essere considerati tenendo conto di questo carattere fondamentale dell'ipnosi, prima di basarsi su di essi per escludere o meno la presenza di questa negli stati indotti.

Anche il sonno fisiologico, ad esempio, ha il periodo dell'addormentamento, dei sonno profondo, dei sogni, del risveglio, con tracciati elettroencefalografici ben diversi, con modificazione dei riflessi e della cronassia muscolare differenti secondo la profondità del sonno, per cui si può arrivare o no al Babinski, con modificazioni ancora diverse del respiro, dell'equilibrio acido-basico ecc.

E per questo allora diremo che lo stato dell'addormentamento e del risveglio non fanno parte di quella condizione regressiva che è il sonno? E parimenti diremo che la cosiddetta ipnosi vigi le, o uno stato ipnotico sonnambolico con amnesia, con personalità alternante e analgesia non fanno tutti parte dello stesso processo psiconeurofisiologico che è l'ipnosi, secondo H concetto da me esposto, solo perché differente è lo pneumogramma e qualche altro parametro nella trance beve e in quella profonda?

Già in passato e nelle precedenti edizioni di questo trattato abbiamo spiegato in più punti cosa si debba intendere per trance (cap. 9 S 7 ecc.) e quando questa diventa una vera e propria condizione ipnotica. Ripetiamo e chiariamo alla luce dei nuovi termini apparsi nella letteratura e che si propongono da ogni parte la sostanza chnìca delle cose. Quando nell'Io si verificano fenomeni di scissione intrapsichica per suggestione, indottrinamento, innamoramento, transfert ecc. ed esso regredisce a sottosistemi di funzionamento primari e secondari con atteggiamenti monadali, propri dei primo stadio dell'evoluzione ontogenetica, si realizza una trance; ma quando compaiono, in questo stato di trance e cioè di parziale dissociazione psichica dell'Io, fenomeni di

ideoplasia più o meno controllata auto o eteroindotta allora noi riteniamo più opportuno parlare di trance ipnotica o semplicemente di ipnosi.

Prendiamo ad esempio l'estasi mistica con il suo stato di coscienza ridotta in estensione, ma aumentata in intensità; contraddistinta da netta prevalenza delle funzioni rappresentativo-emotive su quelle critico-intellettive e di parziale dissociazione psichica. P, chiaro che qui abbiamo una condizione psìcofisica che non è propria della veglia usuale, e che chiarniamo trance; e cioè di quelle condizioni di coscienza che possono suscitarsi non solo per fattori mistici, ma di innamoramento (per i quali un'emozione intensa confonde la specificità delle risposte e favorisce la regressione e l'assimilazione monadale). Essa può suscitarsi anche durante H raptus della creazione artistica, o della divinazione scientifica.

Ma se durante questa condizione compaiono fenomeni di intenso monoideismo suggestivo ideoplastico capaci di modificare la reattività organica e psichica in modo notevole, con la comparsa ad esempio delle stigmate sanguigne nella trance mistica; di grafia ematica (cap. 10 5 7) di analgesia, catalessia, isolamento sensoriale (cap. 10 S 1, 2, 3 ecc.), distorsione temporale (cap. 9 5 3), o illuminazioni parapsicologiche e percettive (cap. 9 5 7) noi allora parliamo di stato ipnotico autoindotto o eteroindot

to e soltanto allora: altrimenti chiunque si raccoglie in preghiera o è innamorato sarebbe in ipnosi.

Piscicelli distingue anche un substrato primario

indifferenziato dalla comunicazione con cui due soggetti si pongono in modo interlocutorio, e che denomina infert, al quale potrebbe seguire la trance.

In equivoco cadono spesso coloro che non riflettono sulla dinarnica e sul multiforme aspetto degli stati di coscienza.

Qui ci preme puntualizzare come noi, pur mettendo delle differenziazioni cliniche tra le diverse condizioni di coscienza, non eleviamo delle barriere tra queste, potendo esse di momento in momento slittare le une nelle altre: coáì l'autogenia del T.A. nell'autoipnosi; la semplice trance in quella ipnotica. Per cui è per lo meno arduo per un operatore asserire categoricamente che con la sua metodica egli non suscita mai stati ipnotici, ma solo rilassamento autogeno (pur utilizzando per ottenere la commutazione della coscienza sollecitazioni ideomotorie dipeso e calore con modalità suggestive), e asserire che egli garantisce sempre il rispetto e le varie istanze dell'Io, non provocando mai fenomeni di transfert.

Temiamo che cosi dicendo si rischi di identificare puri schemi teorici con una realtà clinica che solo in parte si accosta ad essi. Riteniamo ad esempio condizione puramente teorica quella auspicata da alcuni sofrologi che preoccupati dei seri pericoli dei transfert «
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