Testi Di Filologia Romanza Modulo a Riassunti (Sacchi)

April 15, 2017 | Author: Alessandro Murray Busnelli | Category: N/A
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LA CULTURA OCCIDENTALE: DAL 5° ALL’8° SECOLO Casi di latino della parola a funzione didattico prescrittiva (stile parlato) NOME: Pactus Legis Salicae DATA: Risalente alla prima metà del 6° secolo, giunto a noi in una versione databile 7° o 8° ARGOMENTO: corpus di leggi merovinge adattato linguisticamente con lo scopo di rendere le leggi accessibili alla massa illetterata dei sudditi dei regni franchi. Presente un manoscritto che imita la struttura del corpus salico: appendice parodica. Filone satirico – tabernario: divieto di bere dalla cuppa, ma di usare lo stabio (più ampio) pena una multa e pene corporali per il coppiere. FUNZIONE: Prescrittiva CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: Formule fisse in latino. Parlato presente nella conventio (pene per chi infrange le leggi) NOME: Iscrizione della basilica di San Marco (parapetto circolare di un pozzo) DATA: metà 9° secolo LUOGO: Roma TESTO: + De dono Dei et sancti Marci Ioannes presbiter fierogabit omnesitiente venite be vite ad aqua et si quis de sta aqua pretio tuleri anathema sit. TRADUZIONE: Per dono di Dio e di San Marco, il prete Giovanni fece fare. (Voi) tutti assetati venite a bere all’acqua, e se qualcuno avrà fatto mercato di quest’acqua sia scomunicato”. ARGOMENTO: invocazione a Dio a e san Marco, riferimento al committente prete Giovanni (non molto più acculturato dello scalpellino), menzione del castigo per chi vuole vendere l’acqua, e parte “libera” (la frase “venite bevite ad aqua). Passo delle Scritture (Isaia) con cancellazione del riferimento allegorico: le acque di Isaia erano i beni spirituali. L’auctoritas biblica trascolora nel quotidiano FUNZIONE: conativa CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: - Le parti formulari hanno volgarismi più superficiali: cadute di sillabe o consonanti finali (fierogabit: fieri rogavit; tuleri: tulerit; pretio: pretium) o di vocali iniziali (sta: ista). NOME: Vita vel Passio Leudegarii DATA: fine 7° secolo AUTORE: monaco di Ligugé, Ursinus ARGOMENTO: Esaltazione delle gesta di Leodegario (Leger in fr.), santo vescovo burgundo, protagonista delle lotte tra i regni di Borgogna e di Neustria, fino a morire vittima del maggiordomo di Neustria, Ebroin. È stata fonte diretta di un poemetto volgare in versi, la Vie se Saint-Léger, di fine X, uno dei più antichi testi. FUNZIONE: Didattica CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: Assetto formale e morfosintattico degradato, caratterizzato dal passaggio di u breve a o in posizione post tonica (miracola: miracula), passaggio di i breve a e in posizione pro e post tonica (genitivo sermones: sermonis), confusione tra ablativo e accusativo (segno dell’affermazione di un caso obliquo indifferenziato, per cui audiendum: audiendo). Lo stile manierato e oscuro sembra accordarsi poco con il desiderio esplicitamente dichiarato di farsi comprendere dagli incolti.

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NOME: Glosse di Reichenau DATA: 8° - 9° secolo LUOGO: Francia del Nord LINGUA: in apparenza quella parlata nella FdN(nella Somme, forse dall’abbazia merovigica di Corbie). TESTO: PRIMO CODICE 44. ITERUM: alia vice 60. SEMEL: una vice 107. ISPIDUS: pilosus 212. REUS: culpabilis: forma nella Lex Salica. 266 COTURNICES: quacoles (it. quaglie; fr. cailles) 433. SCURRIS (classico scurra): ioculator 544. UVAS: racemos 997. MINAS: manaces 1044. PINCERNA: scantio SECONDO CODICE 23. PINCERNA: butillarius (cfr parodia della Lex Salica: botiliario) 47. IECORIS: figido 63. NOCTUA: corvus nocturnus vel cavannus 66. CORCODRILLUS: bestia in flumine similis lacerte, sed grandis 73. NOVERCA: matrastra ARGOMENTO: così chiamate dall’abbazia che ne ospita i codici. Liste di vocaboli latini classici, molti tratti dalla Vulgata, spiegati in un latino contemporaneo che risente dell’uso della lingua quotidiana. FUNZIONE: didattica NOME: Glossario di Monza DATA: Inizio X secolo FUNZIONE: Auto-didattica LINGUA: latino circa romansum e non di volgare vero e proprio (Castellani) AUTORE: Forse un chierico in partenza per l’impero orientale, precursore se non compagno del celebre Liutprando di Cremona, che voleva tenersi a portata di mano la traduzione di parole o frasi essenziali. ARGOMENTO: Breve lista di termini o espressioni latino-volgari riferibili a un ambiente italiano (territori lungo il Po tra Pavia e Bobbio a ovest e Ravenna a est) affiancati dal corrispettivo in greco-bizantino in uso nell’Italia meridionale, possibile patria dell’informatore. Piccolo “prontuario di conversazione”. Casi di latino della parola a funzione testimoniale (stile orale)  Prodotti creati per il canto. NOME: La cantilena di San Farone DATA: Seconda metà del 9° secolo . LUOGO: LINGUA: FUNZIONE: elogiale AUTORE: Burgundo Ildegario, vescovo di Meaux nella seconda metà del 9° secolo TESTO: De Chlotario est canere rege Francorum, /qui ivit pugnare in gente Saxonum, /quam grave provenisset missis Saxonum/ si non fuisset inclitus Faro de gente Burgundiorum. […] Quando veniunt missi Saxonum in terra Francorum,/ Faro ubi erat princeps, / instinctu Dei transeunt per urbem Meldorum, /ne interficiantur a rege Francorum. ARGOMENTO e CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: Due frammenti di una canzone su re Clotario II. Cori femminili e danze:carmen publicum iuxta rusticitatem a ricordo di un intervento di Farone, vescovo di Meaux e burgundo pure lui, per la salvaguardia degli ambasciatori sassoni in una guerra tra Clotario e i pagani sassoni. Non c’è nessun evento bellico che sotto Clotario II coinvolge franchi e sassoni .Per i critici fino agli anni 60 Ildegario si sarebbe rifatto a una versione latinizzata di un poemetto epico lirico in origine germanico o romanzo. Avalle invece vuole dimostrare l’autenticità anche linguistica: panegirico semivolgare (iuxta rusticitatem per lui vale prossimo al volgare) dell’VIII secolo (periodo lontano dagli avvenimenti  si spiega la poca fedeltà storica) nato con una destinazione originariamente estranea alla scrittura. Mancano veri e propri errori di grammatica o tratti fonetici merovingi: le prove linguistiche di deviazione dell’inno verso il volgare non sono clamorose ricorso a sintagmi come est canere o ivit pugnare. Braccini: ipotesi dell’incoerenza linguistica tra l’inno originale e la testimonianza di Ildegario. Dimostra che iuxta rusticitatem è inno secondo l’uso volgare e non vicino al volgare (e che l’originale è ormai romanzo. Pensa che i versi siano una traduzione latina di questo carmen romanzo. Traduzione inconsapevole, perché a Ildegario interessava rendere il sensus più che una lettera ritenuta per sua natura effimera 2

NOME: La vita ritmica di san Zeno DATA : 761-806 LUOGO: LINGUA: ARGOMENTO: Esempio di registrazione (quasi) fedele di un importante esempio di latino della parola di carattere orale. Carmen alphabeticum destinato a essere eseguito in pubblico da cori femminili o misti: andamento cantabile e trasparenza, ma costruito con una certa abilità tecnica. Lotta di Zeno contro il Demonio:salvataggio del contadino spinto nell’acqua dal Demonio … libera la figlia dell’imperatore dalla possessione diabolica: duello epico che mostra come la poesia agiografica abbandoni i moduli panegiristici. FUNZIONE: catechetica (?) CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: Ogni strofetta inizia con una lettera dell’alfabeto. Apertura con formula d’invito all’attenzione del pubblico simile futuri romanzi epici. Ricorso alternato a due refrains (clausole fisse in conclusione delle strofe). Metro: serie di strofette ciascuna di tre versi lunghi, che la cesura divide in due emistichi quasi sempre sdruccioli e esasillabici, spesso legati da assonanza. Analogie con san Farone: strofe brevi, probabilmente quartine, ciascuna formata da versi lunghi cesurati e divisi in due emistichi assonanza monosillabica (in Fr dall’ep carol: pronuncia ossitona del latino), da 5 a 7 sillabe ciascuno. forse Ildegario ha cercato di salvare oltre al senso dell’inno che ha latinizzato anche il ritmo prosodico. NOME: Laudes regiae DATA: ante 792 LUOGO: trascritte in un salterio dal monastero di Notre Dame di Soissons, Nord Francia, ora a Montpellier. AUTORE: trascritto da un monaco non particolarmente colto TESTO: Adriano su(m)mo pon/tifice & uniuersa/le papae uita. / Redemptor mundi / tu lo iuua. / S(anct)e p&re tu lo iuua. / U(e)l alius s(anct)os qua/les uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Karolo excellentis/simao & a d(e)o coro/nato magno & paci/fico rege francoru(m) / & langobardorum / ac patricio roma/norum uita & uic/toria. / Saluator mundi / tu lo iuua. / S(anct)e iohannis tu lo / iuua. U(e)l alius / s(anctu)s qual(is) uol(ueris) / Exaudi ch(rist)e. / Pipino & karolo / nobilissimis filiis / eius uita. S(anct)i illius / qual(is) uolueris tu los / iuua. / Exaudi ch(rist)e. / Pipino rege longo/bardorum uita. / S(anct)i mauricii / tu lo iuua. U(e)l ali/us s(anct)os qual(is) uoluer(is) / Exaudi ch(rist)e. / Chlodouio rege / aequitanioru(m) uita. / S(anct)ae martinae / tu lo iuua. u(e)l alius / s(anctu)s qual(is) uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Fastradane regi/na salus & uita. /Alias uirgines ch(rist)i / ual(is) uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Omnib(us) iudicibus / u(e)l cuncto exercitui ARGOMENTO: Acclamazioni formulari per papa Adriano I, Carlo Magno, 4° moglie Fastrada e figli, legittimi e non. Fissazione di costrutto orale di latino della parola compromesso in direzione del volgare. Anteriori al 794 perché è l’anno di morte di Fastrada, e del 792 perché è nominato Pipino il Gobbo, in quell’anno caduto in disgrazia. Tradizione cerimoniale, pronuncia collettiva di formule di omaggio. CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: deviazioni del testo dalla norma latina: ipercorrettismi Sanctae Martinae: Sancte Martine (san Martino, vocativo maschile); Aequitaniorum: Aquitaniorum (forse per la falsa etimologia da equites). Confusione tra i casi obliqui, facilitata dall’apertura di timbro di i post tonica: rege(m?): regi. Forma aferetica del pronome personale obliquo: lo: illo. Forma semplice iuvare in luogo della classica adjuvare. Presenza del pronome personale soggetto Tu davanti all’imperativo.

NOME: L’indovinello veronese DATA: Copiato alla fine dell’8° o agli inizi del 9° secolo LUOGO: manoscritto di origine iberica LINGUA: volgare veneto friulano AUTORE: mano italiana settentrionale, o forse nord-orientale. 3

TESTO: + se pareba boues alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro semen / seminaba /+ gratias tibi agimus omnip(oten)s sempiterne d(eu)s TRADUZIONE: La soluzione è il copista: “da sé spingeva i buoi (le dita), arava un bianco prato (il foglio), teneva un bianco aratro (la penna d’oca) e seminava un nero seme (l’inchiostro)” ARGOMENTO: Contrasto tra lingua e ambiente culturale sfuma se si interpreta l’abbassamento di livello, grammaticale e stilistico, che caratterizzava l’originale, come voluto e scherzoso mimetismo nei confronti del modo di parlare di quei rustici la cui attività è nella metafora, e se si interpreta la scioltezza rispetto alle regole della scripta latina come una scelta consapevole del trascrittore. La formula di ringraziamento che segue è scritta bene, quindi l’uso di un corretto latino è pienamente nelle possibilità del copista. CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: pareva < parare, metaplasmo di coniugazione: “spingeva” oppure pareva < parere: Contini: la mano “si assomigliava” ai buoi, oppure: Migliorini e Baggio: “apparivano” Lazzerini: propende per “c’erano”  verbi al plurale. CFR vita di san Zeno: tradizione clericale di cultura metrica, retorica e stilistica. Clericale la scrittura dell’indovinello, prova di penna (sotto gratias tibi agimus omnip(oten)s sempiterne d(eu)s, che spesso appare in questa funzione), ma la fase di concezione e circolazione è orale: infatti i due versi esametri ritmici caudati ricorrono alla metafora dell’aratura per descrivere l’attività scrittoria, diffusa solo negli ambienti scolastici. Lingua priva di uno dei tratti più caratteristici dei volgari romanzi, l’articolo determinato. NOME: Breve de inquisitione DATA: 715 LUOGO: Siena LINGUA: direzione del volgare TESTO: Iste Adeodatus episcopus isto anno fecit ibi fontis, et sagrauit eas a lumen per nocte, et fecit ibi presbitero uno infantulo abente annos non plus duodecem, qui nec uespero sapit, nec madodinos facere, nec missa cantare. TRADUZIONE: Questo vescovo Adeodato quest’anno vi fece il fonte (battesimale) e lo consacrò di notte a lume (di torce). E vi fece prete un ragazzino dell’età di non più che dodici anni, che non sa celebrare né vespro né mattutino, né cantare messa. ARGOMENTO: resoconto di un’indagine promossa dal re longobardo Liutprando (che regnava fino alla Toscana), per verificare le accuse mosse dal vescovo di Arezzo contro quello di Siena circa un’occupazione abusiva di chiese situate nella diocesi aretina. Alcune deposizioni dei testimoni presentano carattere marcatamente rustico, da poter individuare l’origine regionale di ogni testimone. FUNZIONE: Ambito documentario della scrittura notarile e fini testimoniali NOME: Tropo Quem Queritis DATA: inizio del X sec LUOGO: cantato nell’abbazia di San Benedetto a Fleury-sur-Loire TESTO: Interr Quem quaeritis in sepulchro, o Christicolae? /Responsio Jesum Nazarenum crucifixum, o caelicolae./ Angeli :Non est hic; surrexit, sicut praedixerat./ Ite, nuntiate quia surrexit de sepulchro. TRADUZIONE: Chi cercate nel sepolcro, cristiane? / Gesù nazareno crocifisso, abitante del cielo. / Non è qui. È risorto, come aveva predetto./ Andate, annunciate che è risorto dal sepolcro. ARGOMENTO: passo della liturgia dell’ufficio notturno di Pasqua che si sviluppa dalla domanda rivolta dall'Angelo alle tre Marie e agli apostoli che, recatisi al sepolcro di Cristo, l'avevano trovato vuoto. FUNZIONE: ufficio liturgico drammatico. CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: struttura di tipo dialogico. Testo autonomo anche se di soli quattro versi. 4

SPAGNA: NOME: Glosse Emilianensi DATA: fine 9° secolo LUOGO: monastero di San Millán de la Cogolla, nella Rioja LINGUA: latino contaminato dal castigliano AUTORE: sconosciuto, ma probabilmente basco TESTO: Consistorium demoniorum (Glossae 1-10)... fui jn alia prouincia et suscitabi [lebantai] bellum [pugna] et effusiones [bertiziones] sanguinum... jn mare fui et suscitabi [lebantaui] conmotiones [moueturas] et submersi [trastorne] nabes cumomnibus... Et tertius ueniens [elo terzero diabolo uenot]...jnpugnaui quemdam monacum et uix [ueiza] feci cum fornicari. TRADUZIONE: fui in un’altra provincia e suscitai battaglia e effusioni di sangue.. fui in mare e suscitai movimenti marini e mandai a fondo le navi con tutti quanti.. e il terzo, sopraggiungendo: assalii un monaco e lo feci fornicare controvoglia ARGOMENTO: Glossa traduzioni – anche a carattere esplicativo – di parole o minime frasi latine. Carattere religioso contenenti volgarismi. Non si sa se l’utilizzo del volgare sia consapevole FUNZIONE: esplicativa. Carattere edificante CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: presenza di 3 forme totalmente diverse della prima persona singolare del perfetto: dal quasi latino lebantavi alla forma di transizione lebantai, alla francamente castigliana trastorné. NOME: Glosse Silensi DATA: seconda metà del X secolo LUOGO: Santo Domingo de Silos LINGUA: Latino con volgarizzazioni castigliane AUTORE: sconosciuto, ma traduce tutti i termini che non è in grado di comprendere. TESTO: Non oportet Ch(rist)ianos ab nubtias euntes ballare uel sotare [Sotare].. Qui in saltatione femi neum abitum gestiunt [Faciunt] et mons.. ARGOMENTO: manuale di peccati e relative penitenze facilitato, ad uso di confessori che faticavano a comprendere le prescrizioni ecclesiastiche. FUNZIONE: penitenziale. Non aggiunge glosse, ma le scrive insieme al Penitenziale.

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NOME: La Nota emilianense DATA: 1054 – 1075 LUOGO: monastero di San Millàn de la Cogolla, nella Rioja. Il foglio è il primo di 23 fogli che furono strappati a metà XIX sec da un ms più ampio, l’attuale codice 39 della Biblioteca di San Millan LINGUA: volgare tendente al castigliano AUTORE: Damaso Alonso vuole attribuirla a un notaio attivo a San Millan tra 1065 e 1075. Altri la attribuiscono a un monaco scoliasta di San Millan che glossa ms tra 1054 e 1076. TESTO: In era DCCCXVI, venit Carlus rex ad Cesaragusta. In his diebus habuit duodecim neptis; p ; unusquisque habebat tria milia equitum cum loricis suis. Nomina ex his Rodlane, Bertlane, Oggero Spatacurta, Ghigelmo Alcorbitunas [opp.: Alcorbitanas], Olibero et episcopo domini Torpini. Et unusquisque singulos menses serbiebat ad regem cum scolicis suis. Contigit ut regem cum suis ostis pausabit in Cesaragusta. Post aliquantulum temporis, suis dederunt consilium ut munera acciperet multa, ne a ffamis periret exercitum, sed ad propriam rediret. Quod factum est. Deinde placuit ad regem, pro salutem hominum exercituum, ut Rodlane, belligerator fortis, cum suis posterum veniret. At ubi exercitum portum de Sicera transiret, in Rozaballes a gentibus Sarrazenorum fuit Rodiane occiso. TRADUZIONE: Nell’anno 778 re Carlo venne a Saragozza. In quei tempi aveva dodici nipoti, e ciascuno di loro aveva tremila cavalieri tutti corazzati. I nomi di alcuni erano: Rolando, Bertrand, Uggieri Spadacorta, Guglielmo ‘dal curvo naso’, Olivieri e il vescovo messer Turpino. E ciascuno serviva il re un mese all’anno con quelli del suo seguito. Avvenne che il re con le sue schiere si accampò davanti a Saragozza. Dopo un po’ di tempo, i suoi lo consigliarono di accettare i doni offerti [dagli abitanti di Saragozza], perché l’esercito non rischiasse di morire di fame, ma [poi] di tornare in patria. E così fu fatto. Piacque poi al re che Rolando, forte guerriero, restasse alla retroguardia con i suoi, per l’incolumità degli uomini delle altre schiere. Ma mentre l’esercito transitava per il passo di Cize, a Roncisvalle Rolando fu ucciso dalle genti saracene». ARGOMENTO: riassunto in prosa latina di un perduto testo leggendario rolandiano: vicende dello scontro di Roncisvalle 778. Il copista è dell’XI sec e usa ancora la visigotica, e scrive la Nota in una parte dello spazio libero rimasto alla c. 245 di un ms del X sec. Elementi che non ci sono nei testi storiografici: la presenza dei 12 pari di Carlo, qui nipoti per un fraintendimento (i pari sono anche chiamati nei testi latini e francesi primi, e primo in spagnolo significa cugino, per cui il copista ha pensato che fossero cugini tra loro e quindi nipoti di Carlo); la morte di Rolando e dei componenti della retroguardia da lui comandata per mano dei musulmani. La versione è comunque diversa dalla Chanson: manca il tradimento di Gano; non attribuisce a Olivieri il ruolo di compagno preferito di Orlando (che pare l’unico a morire a Roncisvalle): integra al gruppo personaggi di altri cicli, come Guillaume d’Orange o suo nipote Bertran. FUNZIONE: narrativa epica CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: La fonte doveva essere per forza metrica: l’epica medievale obbligava all’uso del verso. Elemento che fa pensare che i versi fossero castigliani e non francesi: la presenza nelle due forma Rodlane e Bertlane della cosiddetta e paragogica, a quest’altezza cronologica è di esclusiva pertinenza della lingua letteraria. Il verso epico spagnolo non tollera la presenza in rima di parole ossitone e le rende parossitone con l’aggiunta di una –e atona.

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FRANCIA

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NOME: IL GIURAMENTO DI STRASBURGO DATA: 14 febbraio 842 LUOGO: Strasburgo LINGUA: Oil (ma ne discutono) AUTORE: Nitardo, storico e cugino dei tre sovrani Carlo il Calvo, Ludovico il Germanico, Lotario TESTO: “Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d’ist di in avant, in quant Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fradre Karlo, et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet, et ab Luther nul plaid numquam prindrai qui, meon vol, cist meon fradre Karle in damno sit.” TRADUZIONE: tr. Per l’amore di Dio e per la salvezza del popolo cristiano e nostra comune, da questo giorno in avanti, in quanto Dio mi conceda sapere e potere, procurerò io aiuto e qualunque altra cosa a questo mio fratello Carlo, così come secondo giustizia ciascuno deve procurarli al proprio fratello, a condizione che egli faccia altrettanto con me, e mai prenderò con Lotario qualsiasi accordo che, per mia volontà, sia di danno a questo mio fratello Carlo ARGOMENTO: : Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico determinano un accordo di non belligeranza articolato in 3 punti: Cessazione delle ostilità reciproca finché uno de due non rompe il patto. Non fare accordi di pace esclusivi con Lotario, ma resta valido un accordo di pace solo se comprende tutti e tre i fratelli. Reciproco aiuto in caso di attacco da parte di Lotario (reciproca e mutua difesa). L’esordio è quello tipico dell’apertura delle dichiarazioni di cancelleria che prevedono un accordo di pace: invocazione a Dio FUNZIONE: formulare, solenne scopo politico CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: a livello grafico, é viene rappresentata con i, ò, u secondo l’uso caratteristico della scripta latina merovingia (savir, podir, amur) = retaggi del latino tardo merovingico. incertezza nella resa delle finali semimute (alternanza fradre/poblo). a lv di morfologia, è significativa la mancanza degli articoli, che nascono più o meno in questo periodo. Qui forse mancano per prudenza standardizzante. “per dreit” lett. a buon diritto: formula giuridica.

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NOME: Sequenza di sant’Eulalia DATA: 878 - 882 LUOGO: confine settentrionale orientale francese, nella regione della Vallonìa. Qui si trovava AQUISGRANA. LINGUA: Oil AUTORE: monaco musicista Hucbald TESTO: Buona pulcella fut Eulalia: Bel auret corps, bellezour anima. Vouldrent la veintre li Deo inimi,Vouldrent la faire diaule servir. Elle no’nt eskoltet les mals conselliers Qu’elle Deo raneiet chi maent sus en ciel. Ne por or ned argent ne paramenz, por manatce regiel ne preiement; Niule cose non la pouret omque pleier la polle sempre non amast lo Deo menestier. E por o fut presentede Maximiien, chi rex eret a cels dis soure pagiens. Il li enortet - dont lei nonque chielt - qued elle fuiet lo nom christiien. Ell’ent a d u r e t lo suon element: melz sostendreiet les empedementz qu’elle perdesse sa virginitet. Por o.s furet morte a grand honestet. Enz enl fou la getterent com arde tost: Elle colpes non avret, por o no.s coist. A czo no.s voldret concreidre li rex pagiens; Ad une spede li roueret tolir lo chief. La domnizelle celle kose non contredist:volt lo seule lazsier si ruovet Krist. In figure de colomb volat a ciel. Tuit oram que por nos degnet preier qued avuisset de nos Christus mercit post la mort et a lui nos laist venir. Par souue clementia. TRADUZIONE: Buona fanciulla fu Eulalia: bello aveva il corpo, più bella l’anima. Vollero vincerla i nemici di Dio, vollero farla servire al diavolo. Ella non ascolta i cattivi consiglieri, che rinneghi quel Dio che sta su in cielo, né per oro, né per argento, né per vesti preziose né per minaccia regale, né per preghiera: nessuna cosa la poté mai piegare, che la fanciulla sempre non amasse il servizio di Dio. E perciò fu condotta davanti a Massimiano, che regnava in quel tempo sopra i pagani. Egli la esorta, di che a lei nulla cale, ch’ella ripudi il nome cristiano. Ella dichiara con forza il proprio credo piuttosto sopporterebbe le torture, che perdere la sua verginità. Perciò morì molto onorevolmente. Dentro il fuoco la gettarono, si che arda tosto: ella non aveva peccati: per questo non bruciò. A ciò non si volle arrendere il re pagano: con una spada comandò di mozzarle il capo. La donzella a tal cosa non s’oppose: voleva lasciare il mondo, e ne prega Dio. In forma di colomba volò al cielo. Preghiamo che per noi si degni intercedere, che di noi possa avere Cristo misericordia dopo la morte, e a lui ci lasci venire. Per sua clemenza. ARGOMENTO: una breve poesia di 29 versi decasillabi che racconta il martirio di Sant'Eulalia di Mérida – una delle vergini che non essendosi concesse a un sovrano pagano viene trasformata in colomba per non perdere la sua verginità – terminando con una preghiera. Si ispira ad un inno del poeta latino Prudenzio che può essere letto nel Peristephanon. FUNZIONE: testo con uso paraliturgico di accompagnamento processionale, adatto a un pubblico che non possiede il latino per coinvolgere il popolo. CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: Ludovico muore nell’882, essendo nominato ancora vivo, questo testo deve essere precedente alla morte. produzione trilingue, latina, francese e alto tedesca. Non c’è dialogo (che arriverà in Francia verso la fine del XII secolo, in Italia dopo Jacopone da Todi) conferma che il testo sia aggiunto alla normale liturgia, per un’occasione straordinaria. NOME: Sermon Di Valenciennes DATA: metà 10° secolo LUOGO: Valenciennes LINGUA: oil ARGOMENTO: omelia parte in latino, parte in francese, che ha per argomento il quarto capitolo del libro di Giona. Scritto su un foglio volante attaccato all’interno di un libro trovato a Valenciennes. FUNZIONE: testo d’appoggio a un’omelia orale. 8

PROVENZA - LINGUA D’OC NOME: Benedizioni di Clermont-Ferrand DATA: di fine IX- inizio X secolo LUOGO: Clermond-Ferrand LINGUA: Oc AUTORE: Scoperte da Bernhard Bischoff sui margini della carta 89v di un libro di preghiere monastico TESTO: Tomida femina in tomida via sedea;/ tomid infant in falda sua tenea; / tomides mans et tomidas pes tomidas carnes que est colbe recebrunt; / tomide fust et tomides fer que istæ colbe donerut./ Exsunt en dolores/ d’os en polpa / /De curi in pel/ De pel en erpa. /Tærra madre susipiat dolores. TRADUZIONE: tr. Una donna gonfia sedeva su una gonfia via; teneva in grembo un bambino gonfio; gonfie le mani e gonfi i piedi; gonfie le carni, che ricevettero questo colpo; gonfio il legno e gonfio il ferro che diedero questo colpo. Se ne escono i dolori d’osso in polpa, di polpa in pelle, di pelle in capello (opp. pelo), di capello (opp. in erba. La madre terra riceva i dolori. ARGOMENTO: formula curativa per un ematoma. l’idea della tumefazione è espressa da tumidus, probabilmente riferita al bambino che va guarito. Ma il concetto di tumefazione invade tutto il testo, non solo il bimbo ma anche la madre, e gli strumenti che l’hanno provocata. La seconda parte imita, su un modello a catena, le presunte tappe dell’abbandono del male: si vuole velocizzare l’assorbimento dell’ematoma, auspicando che il dolore evapori da dentro a fuori, fino alla natura. FUNZIONE: scaramantica, pseudomagico delle benedizioni o incantesimi per guarire i postumi di determinati incidenti (contesto rituale, sono scongiuri). CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: ricerca di assonanze e effetti ritmici anàlogon verbale della “terapia”. Carnes sembra riferito alla donna, ma a questa altezza cronologica il termine è riferito solo ai bambini (sono i rotolini dei bambini paffuti). va integrato, perché manca il passaggio logico nello andamento paratattico. Per ora si considerano genericamente occitaniche, pur sottolineando la presenza di tratti non conformi alla fonetica standard della lingua d’oc e anche in contraddizione tra loro. - es. la forma erpa, con occlusiva sorda in posizione post-liquida, interpretabile come un ipercorrettismo di origine guascone (dove è tipico sonorizzare tutte le sorde). - sedea e madre in luogo dei corrispondenti occitanici standard sezia e maire sembrano rinviare al confine settentrionale dell’area d’oc. NB. Sedea e Madre tornano anche in un testo databile a fine X e localizzabile nella zona nord del dominio linguistico meridionale, la cd Passione di Clermont-Ferrand. Nella passione queste forme non compaiono mai in rima e che il testo degli scongiuri in quanto prosastico poteva subire tranquillamente qualsiasi tipo di ritocco grafico, al massimo si possono vederci delle convergenze superficiali, che comunque non confermano una trascrizione alverniate (Francia Sud). Probabilmente aveva avuto una diffusione orale da nord verso il franco provenzale, da ovest a est verso il confine con la Germania (NB: Strasburgo è est). NOME: LA passione di Augsburg DATA: ultimo terzo del X sec LINGUA: OC TESTO: , als poins batraunt sos caus,/ Et ab escarn diraunt sos laus, /Et en la crux l’apenderaunt, /Et ab l’azed lo potaraunt,/ Si greu est a parlar, /Et en la crux l’apenderaunt. TRADUZIONE: Ahimè (*), con i pugni colpiranno le sue guance, e con scherno gli renderanno omaggio, e alla croce l’appenderanno, e con l’aceto gli daranno da bere – è così penoso a parlarne – e alla croce l’appenderanno. (*) l’interiezione è aggiunta dell’editore moderno, per sopperire all’ipometria del verso. ARGOMENTO: Il poemetto allude a episodi della passione di Cristo, è nettamente diviso in 6 unità metriche due delle quali si ripetono identiche in terza e sesta posizione. Condensa i momenti più drammatici del 9

Cristo pubblico, anche se mancano la morte e la deposizione. Cristo appare in relazione con altri, cinque azioni compiute da soggetti esterni e i momenti della passione seguono l’ordine del Vangelo: percosse, scherni, crocifissione, aceto. Il verso 5 è forse una presa di coscienza che il sacrificio di Cristo è colpa dell’uomo, dei cristiani di allora come di quelli di oggi. FUNZIONE: religiosa CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: la lampada di Wood (ultravioletti) ha rivelato la presenza di punti metrici alla fine dei versi. Se il testo fosse completo, il sesto verso non può essere separato, ma dovrebbe trovare una collocazione coerente nello schema prosodico. REFRAIN avvicina il testo a strutture metriche riscontrabili in area galego-portoghese: il rondeau, dove è prescritta la ima interna con il secondo emistichio centrale ripetuto a versi multipli. L’elemento fortemente caratterizzante è al v 1 als poins (pugni), corretto da Schmidt con alespins (spine). –ins /-oins è un elemento di ambiguità che spesso è frainteso, tipico dell’area limosina. Solo qui queste due forme sono confuse. INTERPRETAZIONI VARIE: 1) SCHMIDT:  Verso 1: si presenta alespins batraunt sos caus (sette sillabe) = con le spine batteranno le sue guance. Verso 2: etabes lan staudiraunt sos lad (nove sillabe) = e con le lance colpiranno i suoi fianchi. Ma manca un qualsiasi riscontro per la forma verbale staudir. Tiene per buona la terminazione in –ad del 2° verso. Pensa che il tutto sia divisibile in due strofette di ottosillabi assonanzati (col terzo verso et en la crux l’apenderaunt che fa da refrain).  deve considerare ipometro il verso 5 (sei sillabe) e raggiungere la misura regolare con l’aggiunta dell’interiezione jolly ailas 2) HILTY: fa un interventismo massiccio rispetto a Schmidt e ha il merito di ricostruire un testo più coerente con il vangelo e più accettabile nel suo assetto metrico. Divide il testo in due distici rimati ottosillabici seguiti da un verso finale esasillabico si greu esta a parlar che non va quindi integrato: tutto il testo si esaurirebbe in una strofa di cinque versi in cui non si sa come inserire il sesto, che riprende il terzo (non fa ipotesi e non da spiegazioni). NOME: L’Alba bilingue di Fleury-sur-Loire DATA : fine VIII- inizio IX. codice dell’VIII secolo, aggiunta da una mano del X o dell’XI secolo AUTORE : una mano del X sec più tarda ha trascritto con la notazione neumatica su un ms TESTO : Phebi claro nondum orto iubare/ fert aurora lumen terris tenue/spiculator pigris clamat: surgite./ L’alba par umet mar atra sol/poypas abigil miraclar tenebras. //En incautos ostium insidie/ torpentesque gliscunt intercipere/ quos suadet preco clamat surgere. L’alba part umet mar atra sol/poypas abigil miraclar tenebras.//Ab Arcturo disgregatur Aquilo/Poli suos condunt astra radios /Orienti tenditur Septemtrio.L’alba par umet mar atra sol/poypas abigil. TRADUZIONE:Non essendo ancora sorto il chiaro astro di Febo, / l’aurora porge alle terre un tenue lume. / La scolta chiama i pigri: `Alzatevi!’ / L’alba appare, gonfia il mare, il sole, sorgendo, lo attira / poi dappertutto meravigliosamente chiaro scaccia le tenebre.// Ecco che le insidie dei nemici / ardono dalla voglia di catturare gli incauti, e i sonnolenti / che l’araldo lusinga [e] invita ad alzarsi. / L’alba appare, gonfia il mare, il sole, sorgendo, lo attira / poi dappertutto meravigliosamente chiaro scaccia le tenebre.// L’Aquilone si separa da Arturo, / gli astri del cielo nascondono i loro raggi; / il Grande carro si protende verso Oriente. / L’alba appare, gonfia il mare, il sole, sorgendo, lo attira / poi dappertutto (meravigliosamente chiaro scaccia le tenebre). ARGOMENTO: canto pasquale in cui viene evocata la mattina della risurrezione, quando Cristo-sole celebra il suo trionfo sulle tenebre infernali, soccorrendo i fedeli che rischiavano di cadere vittime del Demonio. Nella terza strofa si concentrano riferimenti stagionali, mentre l'ultimo verso della strofa contiene un'osservazione di carattere astronomico e il primo una descrizione metereologica dei giorni che seguono l'equinozio di primavera. 10

FUNZIONE: Inno antico di con notazione neumatica, scritto nel momento in cui è stato concepito. CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: tre versi latini ritmici di 11 sillabe monoassonanzati, seguiti da un refrain di due versi con caratteri volgari, un enneasillabo e un endeca/dodecasillabo. Scritto in una minuscola carolina. BECKER: «La Stella polare [Aquilo] si separa da Arturo». Ma nella tradizione latina classica Aquilo identifica ‘il vento del Nord’, o al massimo il Nord inteso come punto cardinale; considerarlo sineddoche per ‘Stella polare’ è, a giudizio di M.L. Meneghetti, una forzatura. INTERPRETAZIONI VARIE SUL REFRAIN: Dagli anni 20 alla fine degli anni 50 tendenza a negare il carattere volgare della lingua del refrain: i due versi sarebbero un costrutto latino deformato dall’uso: Negazione della natura volgare del refrain e proposte ricostruttive: Becker: Alba paret, tumet mare, sol assurgens attrahit tenebrasque post hic passim mire clarus abigit. [tr. L’alba appare, gonfia il mare, il sole, sorgendo, lo attira / poi dappertutto meravigliosamente chiaro scaccia le tenebre]. Contesta l’idea 800sca che sia bilingue e sostiene che i versi del r sono in latino meno corretto di quello del resto dell’inno, ma se si restaurano le terminazioni ritrovano una dignità. Camilli: Alba paret, tumet mare, attrahit solem; post hic passim abigit mire clarus tenebras» [tr. L’alba appare, solleva il mare, richiama il sole; / poi questo dappertutto disperde, mirabilmente chiaro, le tenebre]. restaurazione di un refrain in latino e non in volgare.Il restauro del latino porta a una lingua stilisticamente bassa, contaminata, diversa dal resto, e scomparirebbe l’articolo  NO!! P. Rajna: un frammento di “canzone d’alba”, se non addirittura un “canto di vedetta, di scolta”. L’alba part umet mar atras ol poy pasa bigil miraclar tenebras. [tr. L’alba, al di là dell’umido mare, dietro il poggio / passa vigile a spiare per entro le tenebre].Cambia la separazione delle parole, ottenendo una personificazione dell’alba che comunque non è chiara. E. Gorra: «canto di vedetta»: L’alba par lune el mar, atras el poy pasa ‘l vigil: mira clar las tenebras. [tr. L’alba appare lungo il mare, dietro il poggio; / passa la scolta: «Mira, chiare sono le tenebre]. Anche qui separazione diversa delle parole, ma comunque non è chiaro che senso abbia. INTERPRETAZIONI RAPPORTO REFRAIN-TESTO: Paul Zumthor: rapporto inno/refrain muwassaha/harga: lo gioco di somiglianze e opposizioni. I due versi clausola dell’Alba rivestono nei confronti dell’inno un valore di glossa, in origine estranea al testo, eppure a questo da rapporti di continuità semantica coppie opposte nei versi latini “glossati” nel refrain: Aurora/alba, Phoebi iubare/sol: i secondi membri rappresentano le varianti sinonimiche basse dei primi due. MA: la coppia spiculator/abigil, non tutti i critici concordano sul fatto che abigil sia da isolare in un bigil con significato di spiculator “scolta, guardia”. G. Hilty, «forma di ḫarǧa»: L’alba par, u me mar, atra·s sol; po y pas, a bigil, mira clar tenebras. [tr. L’alba appare. Oh madre! Egli si avvicina solo. / poiché io passo a lui, ahimé, scolta, guarda il chiarore come se fosse tenebre]. torna a un’interpretazione del refrain in volgare. NOOO Lucia Lazzerini: «canzone pasquale»: L’alba par, tumet mar; atras sol poypas abigit miraclar tenebras. [tr. L’alba appare, si gonfia il mare (per l’incipiente sorgere del sole); il sole si reca nelle nere fortezze a sconvolgere le tenebre]. Refrain sorta di glossa: la notazione neumatica indica che è un testo per il canto  canto pasquale: si evoca la mattina della Resurrezione, quando Cristo – sole (Cristus sol rutilans, già in Teodulfo, abate di Fleury) celebra il trionfo sulle tenebre infernali soccorrendo i fedeli che prima rischiavano di finire vittime del Demonio. Riferimenti stagionali nella 3° strofa: Primo verso: indicazione meteorologica: dopo l’equinozio il vento del nord (Aquilone, da non intendere Aquilo=stella polare) cessa di soffiare separandosi da Arturo. Terzo verso: è solo nella fase dell’equinozio di primavera che il timone del grande carro si volge a est. Refrain: Se vale l’ipotesi che il refrain sia glossa dell’inno, allora il protagonista deve essere il sol: nell’inno l’astro di Febo è figura Christi, la cui vittoria sulla morte sconfigge le potenze delle tenebre. Nel momento in cui l’alba par, il sole è soggetto di Poypas  tumuli di tombe non cristiane. Abigilabigit, nel senso di “è andato. 11

I testi limosini e farciti del ms Bibl. Nat. Lat. 1139 e le origini della metrica romanza La zona a più antica vocazione letteraria nell’Ovest sembra il Limosino: da Limoges viene il Boeci e prima ancora i frammenti della Passione di Augsburg, e forse contemporanei al Boeci altri prodotti dotati di una certa compiutezza, come i testi del ms 1139. Nel Limosino occupa un posto di rilievo l’abbazia di San Marziale: un’istituzione cluniacense, insediata non a caso nello Chateau, il quartiere meridionale di Lomoges, che non era sotto la giurisdizione del vescovo ma tramite il visconte titolare della città mantiene legami con i duchi di Aquitania, che a loro volta prestavano all’abbazia una particolare attenzione ricoprendo per via ereditaria la carica di abati laici, ossia di protettori ufficiali. Centro di elaborazione teorica ma anche di produzione concreta di canti liturgici latini, in particolare tropi e versus monodici, l’abbazia ha un ruolo anche nella diffusione della primissima letteratura volgare: secondo Hilty la Passione di Augsburg viene da qui (noi la possediamo in una copia fatta a Strasburgo); il Boeci è stato trascritto qui. Con San Marziale hanno a che fare i poemetti del ms 1139. In hoc anni circulo, Sponsus  testi in cui il volgare fa da farcitura, cioè si inserisce come i tropi in un testo latino preesistente mantenendo però la sua autonomia da esso.

NOME:INNO IN HOC ANNI CIRCULO CODICE: Bibl. Nat. Lat. 1139 Codice miscellaneo, di poco prima della metà del XIII sec. Porta legati insieme fascicoli di diversa epoca, mano e provenienza. La parte più antica sembra risalire a fine XI sec o al massimo agli albori del XII, ascrivibile a una mano genericamente limosino settentrionale LUOGO: Limoges, abbazia di San Marziale AUTORE: ignoto TESTO: In hoc anni circulo vita datur seculo, nato nobis parvulo de Virgine Maria. [Verbum caro factum est de Virgine Maria] Mei amic e mei fiel, laisat estar lo gazel: aprendet u so noel de Virgine Maria. [V.C..] Fons de suo rivulo nascitur pro populo, fracto mortis vinculo de Virgine Maria. [Verbum caro ecc.] Lais lo·m dire chi non sab qu’eu lo·l dirai ses nul gab:] mout n’em issit a bo chab de Virgine Maria. [V.C.] Eu soi l’ angel Gabriel aport vos salut fiel: Deus [descen] de sus deu cel in te, Virgo Maria. TRADUZIONE: In questo volger dell’anno, / al mondo vien data la vita, / essendo per noi nato un bimbo / dalla Vergine Maria. / Il Verbo si è incarnato / dalla Vergine Maria // Miei amici e miei fedeli, / lasciate stare il gazel: / imparate una nuova melodia / sulla Vergine Maria. / II Verbo [...] // La fonte dal proprio ruscello / nasce per il genere umano, / spezzato il vincolo della morte / per opera della Vergine Maria. / Il Verbo [...] // Me lo lasci dire chi non lo sa / e io glielo dirò senza scherzi: / siamo giunti davvero a buon fine / [partendo] dalla Vergine Maria. / Il Verbo [...] Io sono l’angelo Gabriele / ti porto un ossequiente saluto: / Dio discende dall’alto del cielo / in te, Vergine Maria. FUNZIONE: Per far partecipare alla liturgia il popolo nascono un po’ dovunque in Romania testi concreti e pratici. È un canto d’Avvento. Condivide con l’Alba di Fleury la notazione neumatica, effettivamente trascritta con il testo. CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: L’ignoto poeta di Limoges ha costruito il testo volgare con strofe quasi perfettamente identiche quanto a struttura a quelle in latino preesistente, e lo ha inframmezzato al testo originale secondo una rigorosa alternanza bilingue che viene meno solo alla fine (dove la farcitura volgare è maggiore di tre strofe rispetto all’inno latino). Ma non è stato fatto in due tempi come l’Alba, perché il valore letterario del volgare e del latino è coerente per stile, metro e richiamo nel finale della quartina, che compare in entrambe le lingue alternate. 12

Sono molto più rilevanti rispetto all’Alba le dimensioni, la struttura e il significato degli inserti in volgare: le strofe in volgare operano una radicale trasformazione del tono del testo. Mentre l’originale è di carattere dogmatico elogiativo (vi si celebrava la Vergine in quanto madre di Dio che si fa uomo) la farcitura romanza inserisce in una cornice didattico pedagogica un’evocazione dell’Annunciazione dalle forti valenze teatrali, dato che l’angelo Gabriele e Maria compaiono in prima persona. Non è una ripresa di tono minore (come voleva Zumthor), ma è una variazione, o un rifacimento, di carattere drammatico, che ci pone più sulla linea del Quem Queritis che non dell’Alba. Sul piano metrico e musicale si distacca ancora dall’Alba e dalla sua struttura ritmica complessa: è comunque pensato per un’esecuzione corale, voce singola alternata all’assemblea. - ogni strofa dell’originale latino è composta da te versi eptasillabi monirimi + un verso clausola fisso simile a un refrain, che viene a coincidere con il secondo verso del refrain vero e proprio (nelle prime 4 strofe è “de Virgine Maria”, nelle ultime 4 è “e Virgine Maria”). I versi monorimi della prima parte cambiano terminazione ogni due strofe (nella terminologia trobadorica si chiamano doblas) - nella farcitura volgare i versi monorimi diventano singulars, cambiano terminazione a ogni strofa. Il verso clausola si riduce a verso con parola-rima fissa (in te, Virgo Maria; pois er Virgo Maria). C’è una spia del rapporto tra Romania e mondo circostante: grazie a questi ritocchi, la struttura prosodica della farcitura diventa straordinariamente simile alla struttura prosodica di un particolare tipo di muwassahat arabo-andalusa, tutta scritta in arabo volgare: lo zağal di cui sarebbe inventore tra IX e X sec il poeta Muqaddam di Cabra. In particolare, la trasformazione del “quasi refrain” in un corrispettivo perfetto della cosiddetta volta, rima fissa posta alla fine della serie monorima che può fornire la rima o a tutto il ritornello o come in questo caso solo al suo verso conclusivo, è elemento obbligato e caratterizzante della strofa zagialesca.  scartiamo l’ipotesi dell’influsso di forme liriche occidentali su forme liriche arabe che hanno assunto la loro fisionomia fra IX e X sec.  poligenesi: ipotesi difficile da sostenere perché sono riscontrabili simmetriche testimonianze in area araba da un lato e romanza dall’altro non solo del tipo più semplice di strofa zagialesca ma anche di tutte le sue sette varianti fondamentali.  ipotesi che l’innovazione metrica sia partita dall’area arabo ispanica, incontrando successo in Romania magari con l’intermediazione dei mozarabi o di ebrei spagnoli convertiti, in fuga da alAndalus davanti al dilagare degli almoravidi. Infatti sappiamo che fin dalla tentata invasione araba del regno franco bloccata nel 732 a Poitiers, le popolazioni dei Sud (Provenza e Aquitania) non furono massicciamente ostili agli arabi, visti come utile frano ai tentativi dei franchi di riprendere il controllo su zone da sempre a forte tendenza autonomistica. Inoltre ci sono tracce concrete relative a stanziamenti mozarabi in Francia meridionale (per esempio c’è una lista dei diritti del vescovo di Valence dell’XI sec che cita un Esteven Almuraor e un Peiron Almancip, dove l’articolo di tipo arabo Al- è agglutinato, e fa pensare si tratti di due immigrati mozarabi. Un’altra traccia che supporta quest’ultima ipotesi è la parola gazel nella prima strofa: i fedeli sono invitati a mettere da parte questo gazel e darsi all’apprendimento della “nuova” canzone mariana (so noel, suono nuovo). Gazel è una parola che trasuda un’origine non romanza. Interpretazioni varie:  Bartsch, Perugi…: è l’esito provenzale di “graculare” latino, cioè gracchiare  chiacchiericcio, mormorio. Si chiederebbe di smettere di chiacchierare durante la preghiera. È un etimo difficile a ricostruire, e la dimostrazione è fragile. Dato che poi l’autore conosce mediamente il latino, e che lo scopo di quest’opera è la comprensione, è dura che abbia usato questa parola complessa per dire di star zitti. 13



Altri, meno convincentemente, pensano a una derivazione da jazer, stare giù, nel senso di lasciate perdere lo stare seduti (quindi alzatevi). A livello retorico la litote potrebbe anche starci, ma sarebbe un unicum stilistico in un testo molto piano.  l’etimo dal latino è poco convincente  Roncaglia nel 1949 fa l’ipotesi a tutt’oggi più felice: confronto con l’area arabo andalusa: - l’origine metrica della strofa zagialesca qui usata è araba, nome originario zağal (si ritrova anche in Italia, nei provenzali..) è una serie di versi monorimi con rima irrelata, come qui la parola Maria (aaax, bbbx, cccx). - gazel sarebbe il preciso riflesso del termine arabo- persiano gazal, diffusosi in tutta l’area islamica per indicare non solo un tipo di componimento a soggetto erotico di varia lunghezza (da 4 a 15 versi a rima interna), ma più in generale qualsiasi canto d’amore profano: per cui sarebbe qui un invito a lasciar stare i canti profani di origine straniera per imparare il “nuovo” inno religioso. È quindi un genere letterario arabo di argomento erotico, spesso licenzioso, che metricamente usa la strofa zagialesca. I gazal avevano tra l’altro come protagoniste delle donne belle e spesso di facili costumi, qui quindi contrapposte alla Vergine. Sarebbe molto chiaro, la scelta di argomento è tipica delle opere didattiche. Inoltre gazel è in rima con noel, quindi a esso contrapposto. Bisogna quindi ipotizzare che a Limoges, in Francia quasi centrale, fossero presenti e diffusi i gazal arabi. San Marziale, in cui l’abate laico era duca d’Aquitania, era finanziata dal ducato. Limoges si trova lungo la via dei pellegrinaggi, verso Roma e verso Santiago. Tra fedeli c’era probabilmente una platea piuttosto ricca (molti ricchi andavano in pellegrinaggio proprio per farsi perdonare l’usura) che finanziava spettacoli di giullari, che cantavano anche canti della zona arabo andalusa, chiamati dal vescovo di Limoges carmina turpia.  entro un testo metricamente strutturato come uno zağal arabo andaluso, troviamo un riferimento che ci garantisce la notorietà a fine XI presso la cultura laica provenzale di una poesia erotica araba chiamata gazel, e l’esistenza in terra d’oc di una pratica di esecuzione forse non tanto di testi arabi ma di composizione latine o già provenzali con contenuto e forma tali da potersi avvertire di derivazione o maniera araba. Se si tiene conto che molti poeti trobadorici usano lo schema zagialesco (specie i più antichi, come Guglielmo IX), dati gli stretti rapporti tra i duchi di Aquitania e San Marziale, è logico pensare che proprio attraverso quest’abbazia sia avvenuto l’incontro tra la nascente lirica profana d’oc e una struttura metrica di origini esotiche ma capace di adattarsi alle forme e ai contenuti della poesia romanza, proprio come stava facendo con l’innografia latina. NOME:LO SPONSUS CODICE: Bibl. Nat. Lat. 1139 Codice miscellaneo, di poco prima della metà del XIII sec. Porta legati insieme fascicoli di diversa epoca, mano e provenienza. La parte più antica sembra risalire a fine XI sec o al massimo agli albori del XII, ascrivibile a una mano genericamente limosino settentrionale LUOGO: tra sud ovest dominio d’oil e nord ovest di quello d’oc (tra Anjou, Poitou e Angoumois). Avalle: testo pittavino nell’originale del dramma poi trascritto come altri testi volgari del cod. 1139 da un copista del nord dell’are limosina (a causa della rima pittavina, che non distingue gli esiti –e e –ie) TESTO: Gabriel: Oiet, virgins, aiso que vos dirum! Eiset presen que vos comandarum! Atendet un espos, Jesu salvaire a nom. Gaire no i dormet!Aisel espos que vos hor’atendet, venit en terra per los vostres pechet, de la Virgine en Betleem fo net, e flum Jorda lavet e bateet. Gaire no i dormet! Eu fo 14

batut, gablet e laideniet, sus e la crot pendut e claufiget, eu monument desoentre pauset. Gaire no i dormet! E resors es, la scriptura o dii. […] TRADUZIONE: Udite, o vergini, quello che vi diremo!/uscite non appena ve lo comanderemo!/attendete lo sposo: ha nome Gesù salvatore/ -Non dormite!- /quello sposo che ora voi attendete.// Venne in terra per i vostri peccati,/ dalla Vergine nacque in Betlemme, /nel fiume Giordano [fu] lavato e battezzato, / - Non dormite!/ quello sposo che ora voi attendete.// Fu percosso, deriso e oltraggiato, /su sulla croce appeso e inchiodato, nel sepolcro in seguito deposto,/ -Non dormite!- /quello sposo che ora voi attendete.// Ed è risorto, la scrittura lo attesta […] ARGOMENTO: le vergini sono i credenti, quelle stolte sprecano l’olio della carità e misericordia in opere buone ma vane o in una pratica della religione solo esteriore, e quando arriva lo sposo, Gesù, non ne hanno più. Non potendo far parte del corteggio dello sposo, sono condannate alla notte eterna. A esso si collega più avanti l’intervento in volgare dell’angelo Gabriele, che fa una sintesi in 8 versi cadenzati da un refrain della vita intera di Cristo. FUNZIONE: Contrapposizione tra due registri con funzione enfatizzante CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: dramma liturgico di poco meno di 100 versi, di cui 40 decasillabi romanzi, già dotato di rubriche che indicano i diversi personaggi e di embrionali suggerimenti sull’azione scenica (es. notazione finale sul castigo delle vergini precipitate nell’inferno dai diavoli: fa immaginare l’entrata in scena di figure travestite da diavoli e anche il ricorso a qualche stilizzato artificio tecnico per creare l’effetto infernale indipendenza dell’azione scenica dalla liturgia, migrazione che porterà il teatro volgare fuori dalla chiesa. Personaggi quotidiani in teatro. NOME:LIEBESSTROPHEN DATA: Se vale la datazione proposta in base alla scrittura, sono dell’ultimo terzo del XI sec, e quindi la più antica attestazione concreta dell’esistenza di una lirica volgare romanza: sono una trascrizione un po’ germanizzata nella grafia di testi provenzali molto precedenti alla letteratura cortese, 40 anni prima della nascita di Guglielmo IX (1071). Probabilmente sono degli anni 40 dell’XI sec. TESTO: Las, qui non sun sparvir astur, qui podis a li vorer, la sintil imbracher se buch schi duls baser, dussirie repasar tu dulur. TRADUZIONE: Infelice, perché non sono uno sparviero-astòre, / che potesse volare da lei, / la gentile abbracciare, / baciare la sua dolce bocca, / addolcire e quietare ogni dolore. (valida se leggiamo dussirie come dussir ,e mediante espunzione della seconda i, considerabile come una ripetizione superflua della precedente vocale di identico timbro. Ipotesi della Lazzerini). ARGOMENTO: Siamo in presenza di un poemetto in cui tematiche tradizionali (metafora dell’amante volatile tipica del folklore di molti paresi) si rivestono di garbate forme clericali, ormai precortesi: l’amata è detta sintil, gentile, tipico della tradizione trobadorica. Possiamo legarlo a un avvenimento storico descritto dai cronisti dell’epoca, che getta luce sulla circolazione di un certo patrimonio poetico tra Francia del Sud e zona lotaringio-renana.: nel 1043 matrimonio a Magonza e Ingelheim dell’imperatore tedesco Enrico III con Agnese di Poitiers, figlia del duca Guglielmo VII d’Aquitania (zia di Guglielmo IX), lo sposo aveva allontanato i giullari e i cantori che avevano seguito la giovane duchessa fin dal suo paese.  esisteva una tradizione orale non attestata al punto di produrre un divieto imperiale: quindi era apprezzata anche a corte, altrimenti perché proibirlo? È un tipo di produzione itinerante che partecipa dei grandi centri: dal nucleo francese si irradia e lascia tracce nei luoghi dove passa, culturalmente elevati. Quando i giullari entrano in contatto con il mondo ecclesiastico si sviluppa un nuovo concetto di amore, non più solo carnale ma visto come tensione morale. Questa canzone a evidentemente un filtro clericale, è paludata come se prima fosse stata più licenziosa. 15

CARATTERISTICHE LINGUISTICHE: Sono i 5 versi di una delle due strofette recentemente scoperte da Bischoff in un ms del fondo Harleiano della British LIbrary. Prima strofa Lucia Lazzerini: sul piano linguistico siamo davanti a un prodotto pluristratificato, che reca tracce di un lungo cammino: è sicuramente composto in area pittavina (lo testimonia la forma imbracher
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