Tesi Oliver Nelson Def

February 15, 2018 | Author: giangiacomo | Category: Jazz, Blues, Rhythm, African American Music, American Styles Of Music
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Conservatorio Statale di Musica “Girolamo Frescobaldi” Ferrara Ministero dell’Università e della Ricerca Alta Formazione Artistica e Musicale

Diploma accademico di I livello in ”Jazz, Musiche Improvvisate e Musiche del nostro tempo” Indirizzo compositivo – interpretativo Corso: saxofono jazz

“Il Blues e la Verità Assoluta di Oliver Nelson”

Relatore:

presentata da:

Roberto Manuzzi

Mirko Priori

Sessione IV Anno accademico 2008/2009

INDICE

– PREMESSA.....................................................................................................................2 – CENNI BIOGRAFICI......................................................................................................3 – I TRIBUTI A OLIVER NELSON..................................................................................15 – ANALISI DELLO STILE ESECUTIVO Trascrizione ed Analisi (Train Whistle, In Passing, Stolen Moments)..........................16 – DISCOGRAFIA SELEZIONATA..................................................................................27 – BIBLIOGRAFIA.............................................................................................................28

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PREMESSA

Personaggio abbastanza trascurato dagli storici del jazz, Oliver Nelson è conosciuto sopratutto come compositore-arrangiatore grazie al brano Stolen Moments contenuto in The Blues and The Abstract Truth del 1961, e per il metodo da lui messo a punto Patterns for Improvisation (inizialmente Patterns for Saxophone). Seppure si sia svolta in un breve arco temporale (dal 1959 al 1975) la sua attività discografica è intensa, spazia in diversi generi musicali e vede coinvolti molti dei grandi personaggi che hanno fatto la storia del jazz. Oltre all'intera famiglia dei sax suona anche il flauto, il clarinetto ed il pianoforte, sopratutto per scopi compositivi. La sua preparazione musicale è notevole per un jazzman dell'epoca: studia infatti composizione in due università, dopo aver assolto gli obblighi di leva. Sin da giovane è affascinato dal sound delle big band, e si impegna al massimo per comprenderne i segreti. La sua figura è alquanto controversa per vari motivi: nonostante il blues sia sempre di centrale importanza nella sue opere, i confini fra generi musicali come hard bop, rhythm & blues, avanguardia sono spesso travalicati e messi in discussione; dalla metà degli anni sessanta in poi Nelson si dedica prevalentemente al lavoro in studio di registrazione come arrangiatore, sopratutto di musica per televisione e colonne sonore. Riteniamo sia doveroso approfondire e diffondere la conoscenza di un grande sassofonista, compositore, arrangiatore e direttore come Oliver Nelson, che ha saputo mettere in nuova luce elementi del passato ed ha conferito al blues una nuova e più moderna dignità.

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CENNI BIOGRAFICI

“St. Louis è una città che dovrebbe essere famosa per qualcosa di più del blues, perchè molti buoni musicisti venivano da lì: Jimmy Blanton, Wendell Marshall, Clark Terry, Shorty Baker, Louis Metcalf, Milt e Ted Buckner, Gene Sedric, Pee Wee Russell e gli arrangiatori Oliver Nelson ed Ernie Wilkins.”1

Oliver Edward Nelson nasce il 4 giugno 1932, a St.Louis, Missouri; la sua è una famiglia di musicisti: il fratello maggiore Eugene negli anni quaranta suona il sax alto nella big band di Cootie Williams e la sorella Leontine è una cantante-pianista di professione nella zona di St.Louis. All'età di sei anni inizia a suonare il pianoforte e a undici anni intraprende lo studio del saxofono contralto. Non ancora ventenne suona già con diverse big band attive nell'area di St.Louis, fra cui la Jeter Pillars big band, la George Hudson big band e la Nat Towles Orchestra. Nel 1949 collabora anche con i Blue Devils del trombettista Eddie Randall, personaggio molto influente nella formazione dei giovani talenti della zona. A differenza della maggior parte dei giovani musicisti dell'epoca che guardano a Charlie Parker come modello di riferimento, il suo idolo è Johnny Hodges; per il giovane Nelson è inoltre di fondamentale importanza suonare nelle big band: qui comprende che bisogna avere un bel suono, un'ottima capacità di lettura e quanto sia necessario sapersi amalgamare con il resto della sezione; compie così

le sue prime esperienze lavorative ma sopratutto cresce musicalmente in modo

notevole. Di conseguenza, i suoi riferimenti sono Benny Carter, Otto Hardwicke, Willie Smith, e Hodges: sassofonisti questi estremamente lirici e concentrati su un fraseggio orizzontale piuttosto che verticale; Nelson stesso dirà di privilegiare melodia e ritmo innanzitutto; di Hodges ammira la personalità che ha in sezione, la sua proiezione del suono, ma lo stima anche come solista. Come tanti altri musicisti a lui contemporanei, Nelson è costretto a procurarsi altri lavori fuori dall'ambito musicale per potersi mantenere: sarà conducente di autobus e di taxi, e imparerà l'arte della tassidermia e dell'imbalsamazione. Nel 1951 entra per la prima volta in sala di registrazione come primo alto sax nella big band di Louis Jordan; grazie a questa esperienza matura professionalmente e scrive i suoi primi arrangiamenti per big band. Dal 1952 al 1954 adempie agli obblighi di leva nel corpo dei Marine, prima in Corea e poi in Giappone; appena congedato si dedicherà intensamente allo studio della composizione frequentando fino al 1957 la Washington University a St.Louis. Nei primi mesi del 1955 entra per la seconda volta in studio di registrazione, con il gruppo del pianista Tommy Dean; inizia anche la sua produzione classica: Divertimento for Chamber Orchestra nel 1956 e Sonata for 1 Duke Ellington, La musica è la mia signora, pag. 405, Edizioni Minimum Fax, Roma, 1973. 3

E-flat Alto Sax and Piano nel 1957; in questo anno prosegue gli studi alla Lincoln University a Jefferson City, dove conosce la sua futura moglie. Nel 1958 Nelson si trasferisce a New York, intuendo che qui riuscirà a realizzare i suoi obiettivi professionali; trova infatti lavoro abbastanza facilmente prima con la big band di Erskine Hawkins e poi con quella di Louis Bellson, con la quale incide The Brilliant Bellson Sound per la Verve nel 1959. Nello stesso anno fa parte anche del trio dell'organista Wild Bill Davis, con il quale si esibirà anche sui battelli da crociera fluviale. In questo ambito Nelson inizia a suonare il tenore, che ritiene abbia un timbro più mascolino e sia più adatto per cavalcare l'ondata di moda soul e r&b del periodo; si accorge presto che il risultato è un aumento di ingaggi...anche per questa ragione i dirigenti della Prestige pubblicano nell'ottobre del 1959 il primo disco a suo nome, Meet Oliver Nelson, in cui appunto suona esclusivamente il sax tenore. I suoi colleghi, tra cui Kenny Dorham, sono tutti veterani; quattro dei sei brani sono sue composizioni (Ostinato, Don't stand up, Booze blues baby, James & Jellies); i suoi riferimenti al sax tenore sono sì i tenoristi più acclamati dell'epoca come Rollins e Coltrane ma sopratutto si sente vicino al modo di suonare di Ben Webster, Coleman Hawkins, Don Byas e Lucky Thompson. Nelle note di copertina, lo stile di Nelson viene definito ancora un pò acerbo ma già ben delineato, un tenore salty dog, un urlatore con un fraseggio energico, ricco di blues licks ma allo stesso tempo rilassato, gentile e lirico, caratteristica che gli deriva dall'esperienza con il contralto. I due temi blues firmati da Nelson sono le perle di Meet Oliver Nelson: il primo James & Jellies, caratterizzato dal call and response tipico dell'hard bop e del soul, e Booze Blues Baby con il tema esposto solo da sax e contrabbasso e con un'introduzione che riecheggia quella di Walkin' di Miles Davis del 1954. Il secondo disco a suo nome è Taking care of business, registrato tra marzo ed aprile del 1960, sempre per la Prestige. Nello stesso ristretto periodo di tempo incide anche Lem's Beat a nome del vibrafonista Lem Winchester e Talk That Talk a nome dell'organista Johnny Hammond Smith. Sia Winchester che Smith sono al fianco di Nelson in Taking care of business, oltre a Roy Haynes e George Tucker. Con questa seconda uscita discografica Nelson si afferma, secondo la critica, come un “costruttore con un grande senso della struttura, non solo un semplice blower”. Quattro brani sono suoni: Trane Whistle (il cui solo è trascritto e analizzato più avanti), In Time, Lou's Good Dues (che è un tributo a Louis Bellson) e Groove. Per Nelson la seduta è soddisfacente, impara molto lavorando con Johnny Hammond ed ammira lo stile di Lem Winchester. Nel biennio 1960-61 si svolge il nòcciolo della produzione discografica di Oliver Nelson come solista: in due anni incide solo per la Prestige ben undici album. Appena un mese dopo Taking Care of Business vedrà la luce Screamin' the Blues, in compagnia di Eric Dolphy, che segna un cambiamento di rotta nella sua produzione. Con quest'opera si afferma presso il pubblico e la critica 4

come un ottimo compositore e arrangiatore, ma anche come solista dimostra di avere le idee ben chiare su quello che è il suo stile: il suo modo di suonare l'alto è perfettamente complementare a quello di Eric Dolphy, l'esponente più dotato dell'avanguardia. Tutti i brani sono arrangiati da Nelson e cinque su sei sono sue composizioni: Screaming the Blues, The Drive (dedicato alla moglie), The Meetin', Three Seconds, Alto-itis. Il brano che da il titolo all'album lascia chiaramente intendere le intenzioni del leader: “urlare” il blues avvalendosi delle tecniche tipiche del soul e del r&b come growl e bending, ma senza risultare scontato o banale. The Drive è un tema AABA di 32 misure che Nelson esegue in un suo tipico stile legato con ampi vibrati; il tema gospel di The Meetin' è basato sul call and response fra “prete” e “congregazione” ed è in tempo ternario; il blues minore Three Seconds mette in luce uno dei tratti distintivi di Nelson arrangiatore, la predilezione per i cluster tramite cui ottiene un sound originale e intrigante: i tre fiati suonano infatti a distanza di seconda l'uno dall'atro. Alto-itis è un rhythm-change in Bb dove sia Nelson che Dolphy suonano l'alto; e qui risulta evidente la perfetta complementarietà dei due: esplosivo e vulcanico Dolphy, calibrato, diretto e pulito Nelson. Questa pianificazione rispetto l'alternanza dei soli è di notevole importanza poiché mette in luce la concezione compositiva che Nelson adotta riguardo l'opera nella sua interezza. Secondo l'autorevole critico inglese Richard Palmer, questo Screaming the Blues, insieme a Straight Ahead (l'altro disco in combo con Dolphy) e Afro/American Sketches (sua prima suite per grande orchestra), è fra le perle della produzione discografica di Oliver Nelson, superiore persino anche al celeberrimo The Blues & the Abstract Truth. Nel mese di agosto di questo intenso 1960 la Prestige pubblica Nocturne, di cui Nelson è leader insieme a Lem Winchester. Su sette brani tre sono originali di Nelson: Nocturne (ispirato da Bartok), Bob's Blues (dedicato al trombettista Bob Bryant) e Early Morning (scritta per Winchester). Gli altri quattro titoli presenti nel disco sono standard, fra i più amati da Nelson. Nelle note di copertina di Nocturne Nelson è inserito nella schiera dei nuovi jazzmen, quelli cioè che hanno studiato in conservatorio e per i quali il jazz è solo uno dei tipi di musica che possono suonare professionalmente. Egli ammette inoltre che la composizione è addirittura più vicina al suo cuore del semplice suonare: i suoi modelli “colti” sono Bartok, Mozart, Hindemith, Stravinsky. Solo un mese più tardi verrà pubblicato Soul Battle, sempre per la Prestige. E' una sorta di blowing session in cui Nelson, al tenore, è affiancato da King Curtis e Jimmy Forrest. Quattro temi sono sue composizioni, di cui tre blues (Blues at the Five Spot, Blues for M.F., In Passing) e Anacruses che ha una costruzione modale, sulla scia delle recenti sperimentazioni di Miles Davis. In questo disco Nelson dimostra di avere grandi doti nell'arrangiare in modo moderno ed innovativo il semplice materiale a disposizione e di riuscire ad ottenere il massimo dai musicisti coinvolti nella performance. Fra i temi blues di particolare interesse risulta In Passing (il cui solo è trascritto e 5

analizzato più avanti) basato su un'affermazione e la sua eco, molto simile a Something Else di Cannonball Adderley e Miles Davis; la griglia armonica del brano è densa e articolata, e qui si palesa lo scopo della ricerca di Nelson tesa ad espandere il blues verso ogni possibile direzione. Solo un mese dopo Nelson ha l'occasione di fare il suo esordio discografico come arrangiatore per big band in Train Whistle di Eddie Lockjaw Davis; nella formazione sono presenti fra gli altri anche Bob Bryant, Clark Terry, Eric Dolphy, Roy Haynes; quattro dei sei brani sono composizioni originali di Nelson: Walk Away (da cui verrà fuori Yearnin'), Trane Whistle (già pubblicata su Taking Care of Business), Whole Nelson, The Stolen Moment (che poi sarà Stolen Moments). Questa seduta d'incisione si può considerare propedeutica per quello che solo pochi mesi più avanti sarà il suo maggiore successo commerciale, The Blues & The Abstract Truth, visto che già qui sono presenti in nuce Yearnin' e Stolen Moments. Nello stesso periodo Nelson suona nella big band di Quincy Jones che sta realizzando I Dig Dancers, e qui si troverà in sezione al fianco di Phil Woods, prossimo interprete di molte opere nelsoniane. Nonostante tutto il lavoro già svolto, Nelson porta a termine anche una nuova composizione classica, Woodwind Quartet. Il 1961 sarà per Nelson un anno ancora più intenso e significativo di quello appena concluso. Il 23 febbario Nelson, grazie al produttore della Impulse Creed Taylor che organizza la seduta, incide come direttore, compositore, arrangiatore e solista The Blues & The Abstract Truth, pietra miliare del jazz e a giusto titolo inserito nell'elenco dei 100 dischi che ne fanno la storia. I musicisti assieme a Nelson sono scelti fra i migliori in circolazione: Eric Dolphy, Freddie Hubbard, Roy Haynes, Bill Evans, George Barrow, Paul Chambers. Il disco contiene quattro blues (Stolen Moments, Yearnin', Teenie's Blues, Butch and Butch), il rhyhtm-change Hoe-Down e Cascades, un esercizio composto quando era ancora studente. Stolen Moments è un blues in tonalità minore della durata di 16 misure: dopo le prime 8 misure canoniche c'è una deviazione, una nuova arcata melodica basata su armonie modulanti; i soli si svolgono invece su un chorus di 12 misure; già in Soft Winds, nel 1939, Benny Goodman e Charlie Christian adottarono una soluzione formale simile, cioè esposizione tematica di 16 misure, poi improvvisazioni su un chorus di 12. Sicuramente questo disco è la sua opera più celebrata, sia dai critici che dai musicisti. I solisti suonano al meglio e gli arrangiamenti confermano ormai Nelson come uno degli architetti sonori frai i migliori che il jazz abbia mai avuto. Il tema centrale è ovviamente il blues, esplorato con grande maestria dai virtuosismi di Dolphy, dalle frasi accattivanti di Hubbard e dal lirismo e lo sviluppo melodico di Nelson; tutto ciò partendo da un materiale di base molto semplice, appunto qual è il blues, come griglia armonica e come sequenza scalare di suoni. Il sottile confine fra hard bop, avanguardia, r&b, sonorità modale viene di continuo oltrepassato. Allo stesso tempo 6

l'equilibrio complessivo è garantito non solo dall'abilità compositiva e dagli arrangiamenti, ma anche dalla ricerca del contrasto emotivo, fraseologico, dinamico nelle improvvisazioni di Nelson e Dolphy che si alternano sapientemente. La scrittura di Nelson è inusuale e ardita e conferma ancora una volta la grandezza dell'autore. Quando Nelson improvvisa emergono tutti i suoi tratti stilistici ormai ben definiti: canta il blues con grinta ed equilibrio, utilizza i suoi pattern come cellula da aumentare, diminuire, sviluppare melodicamente e ritmicamente, dimostra un approccio compositivo all'improvvisazione; spesso ogni nuovo chorus è una splendida esposizione autonoma, che richiede un seguito; il vibrato ampio ed il suo lirismo sono ormai tratti peculiari della sua voce. Stolen Moments diventerà uno standard del repertorio jazzistico moderno e l'improvvisazione al sax contralto di Nelson (più avanti trascritto e analizzato) rimarrà nella storia. Nei giorni seguenti partecipa alla registrazione di African Waltz, nella big band di Cannonball Adderley, non come arrangiatore ma come esecutore e solista. Solo una settimana dopo la seduta di The Blues & The Abstract Truth un altro capolavoro vede la luce: Straight Ahead, per l'etichetta Prestige. Fra i colleghi troviamo ancora Eric Dolphy, Roy Haynes e George Duvivier, oltre al pianista Richard Wyands. Il filo conduttore è sempre il blues, manipolato, rivitalizzato ed espanso in tutte le direzioni. Cinque brani sono composizioni originali, di cui tre blues: Images, Six and Four, Mama Lou. Straight Ahead e 111-44 sono temi AABA di 32 misure mentre Ralph's New Blues, a firma di Milt Jackson, viene in modo del tutto originale arrangiato a canone, con il riff melodico che rimbalza fra i vari strumenti. In Six and Four Nelson adotta invece un'espediente tipicamente mingusiano, quello del cambio metrico: il tema viene eseguito due volte in 6/4, nei soli il primo chorus è in 6/4, il secondo in 4/4 e così via; qui l'improvvisazione tematica di Nelson fa scuola. Images richiama vagamente le prime composizioni di Ellington e come Nocturne rivela il debito verso Bela Bartok. Mama Lou (dedicata alla sorella) è un tema diviso in due parti ed è uno dei capolavori compositivi della produzione di Nelson: la prima parte è una melodia folk eseguita da flauto e sax che improvvisamente si interrompe per lasciare spazio ad un vigoroso tema gospel supportato da uno swingante riff pianistico. Notevole è anche lo sviluppo del solo in Ralph's New Blues da parte di Nelson: indugia inizialmente su un trillo fluttuante per poi scegliere una semplice frase di dieci note con cui “giocare”: viene ripetuta, trasportata, aumentata; esplorando la figura, Nelson mette in atto uno sviluppo motivico che dimostra ancora una volta il suo approccio compositivo all'improvvisazione. L'attività discografica prosegue a gonfie vele: solo due settimane dopo Straight Ahead Nelson è di nuovo in studio per incidere Soul Burning a nome del pianista Red Garland, sempre per la Prestige. Poco dopo Nelson vivrà una delle sue esperienze più intense; si trova infatti a dover sostituire Russell Procope nella big band di Ellington, trovandosi a fianco del suo idolo Johnny Hodges, ed il 7

risultato sarà Paris Blues. Nell'estate Nelson arrangia e conduce per Gene Ammons alcuni brani che poi confluiranno in vari dischi come Velvet Soul, Late Hour Special e Soul Summit; collabora anche con il trombettista Joe Newman in Joe Newman Quintet at Count Basies's e Blue Seven. Nel mese di agosto la Prestige pubblica l'ultimo disco di Nelson in combo, Main Stem, sempre con Joe Newman oltre ad Hank Jones, George Duvivier, Charlie Pership e Ray Barretto. Due brani sono standard (Main Stem e Tangerine), gli altri quattro sono originali: Latino (scritto pensando a Barretto), Tipsy (brano AABA del “leggero fluttuare”, come Nelson stesso afferma, scritto per Benny Bailey) ed i blues Ho! e J & B. In generale questo disco presenta una scrittura più snella, meno impegnata rispetto i precedenti: i temi sono un trampolino di lancio per i solisti, che hanno ampio spazio. Nelson suona in modo energico, alternandosi al contralto e al tenore; nel blues Ho! un intero chorus consta di una successione di dominanti sul circolo delle quinte, artificio questo ormai tipico dello stile esecutivo nelsoniano. Nel booklet di Main Stem il critico Elliot Mazer teme che l'aspetto più negletto di Nelson sia quello dell'esecutore, del sassofonista, essendo diventato “l'arrangiatore su chiamata del mondo jazzistico”. Nell'autunno del 1961 vedrà la luce la prima opera per grande orchestra: si tratta di una suite che ripercorre le tappe della storia del popolo afroamericano, dalla deportazione alla schiavitù e infine all'emancipazione, Afro/American Sketches. I titoli dei brani sono molto eloquenti: Message, Jungleaire, Emancipation Blues, There's a Yearnin', Going up North, Disillusioned, Freedom Dance. Questi titoli sono così descrittivi, dice Nelson nel booklet, in modo che possano far capire all'ascoltatore cosa quella musica significhi per lui. Per approfondire la conoscenza della musica africana Nelson impiega vari mesi, durante i quali comprende che ciò che di più autentico e primordiale vi rimane è il ritmo, in particolare l'uso funzionale dei tamburi. Message, il primo movimento della suite, è infatti una conversazione fra il batterista Ed Shaughnessy ed il percussionista Ray Barretto. Emancipation Blues è un tema notevole, che inizia con un delicato gospel per poi sfociare in un vigoroso blues di 16 misure, caratterizzato anche dalla presenza delle percussioni di Barretto; la sensazione che questo brano vuol esprimere è quella dei neri che dalla schiavitù passano alla libertà, pur non sapendo con certezza cosa farsene...il solo di Nelson all'alto rispecchia perfettamente questo clima: inizia in modo riflessivo per diventare poi aggressivo ed incalzante. Oltre infatti ad aver composto, arrangiato e diretto l'opera, Nelson con i suoi interventi al sax alto e tenore fa da filo conduttore alla narrazione, collegando i movimenti. Il materiale tematico in There's a Yearnin', Disillusioned e Freedom Dance è lo stesso, ciò che cambia è il mood esecutivo, l'orchestrazione. Notevole anche l'uso dei tempi ternari (There's a Yearnin' è in 3/2) e di figurazioni metriche complesse (come la fanfara che apre Jungleaire). Per Nelson questi sette sketches sono una reale estensione dei suoi sentimenti musicali. 8

Con Afro/American Sketches Nelson entra definitivamente nel rango dei grandi compositori come Gil Evans, Charlie Mingus, Duke Ellington. Nel mese di dicembre di questo importante 1961, Nelson suona il tenore nella big band di Quincy Jones per la registrazione di The Quintessence, una delle sue opere migliori; fra i suoi colleghi spiccano Freedie Hubbard, Phil Woods e Thad Jones. Prima che l'anno termini, Nelson compone un nuovo lavoro classico: Dirge for Chamber Orchestra, pubblicato per le sue edizioni Noslen Music. Il 1962 inizia con Jazz goes to the movies di Manny Albam, in cui accanto a Nelson al tenore troviamo Phil Woods, George Duvivier, Joe Newman, Clark Terry e Bob Brookmeyer. La nuova tendeza di utilizzare il jazz per il cinema e la televisione sarà nei prossimi anni la base dell'attività professionale di Nelson. Il produttore Creed Taylor (quello di The Blues and the Abstract Truth) è passato ora dalla Impulse alla Verve ed essendo un grande estimatore ed amico di Nelson, usa il suo nome su molteplici progetti discografici come un marchio di qualità: l'arrangiamento e la direzione di Nelson garantiscono all'ascoltatore la buona riuscita del prodotto, anche nei casi in cui il materiale di partenza (scelto non da Nelson) risulta alquanto misero e insignificante. Molte etichette beneficiano negli anni seguenti del lavoro di Nelson: oltre alla Prestige, l'Impulse e la Verve troviamo anche Argo, Blue Note, Capitol, Atlantic, Pacific Jazz, Columbia. Molti anche gli importanti artisti che usufruiscono degli arrangiamenti di Nelson nei loro dischi: Etta Jones, Jimmy Forrest, Jack Teagarden, Shirley Scott, Art Farmer, Kai Winding, Nancy Wilson, Herbie Mann, J.J. Johnson, Cannonball Adderley, Lou Donaldson, Ramsey Lewis, Milt Jackson, Maynard Ferguson, Betty Carter, Lee Morgan, Buddy Rich, Hank Jones e molti altri. Fra queste collaborazioni le più significative sono quella con Johnny Hodges, Dave Brubeck, Sonny Rollins, Jimmy Smith, Thelonious Monk. Nell'agosto del 1962 Nelson realizza un sogno: arrangia e dirige The Eleventh Hour del suo idolo Johnny Hodges, che ovviamente interpreta con maestria il repertorio ellingtoniano. Con Dave Brubeck l'occasione d'incontro fu nel 1964 per la stesura di Mr.Broadway, commissionatogli per una serie televisiva. Più avanti, nel 1966, sarà l'arrangiatore ed il conduttore delle musiche di Sonny Rollins per la colonna sonora del film Alfie; fra i musicisti compare anche Phil Woods. Dal 1962 al 1966 la collaborazione con l'organista Jimmy Smith sarà molto produttiva: vedranno la luce infatti una decina di album per la Verve, di cui due anche con Wes Montgomery. Commercialmente questo binomio Smith-Nelson ha un grande successo, ma non altrettanto a livello artistico; comunque i lavori più riusciti sono brani come Hobo Flat, Walk on the Wild Side e la riscrittura di Pierino e il lupo di Prokofiev con l'organo che funge da narratore. L'incontro con Monk avvenne purtroppo negli ultimi mesi di attività del pianista; Nelson fu ingaggaito dalla Columbia nel 1968 per gli arrangiamenti di “Monk's Blues” e per dirigere la grande orchestra riunita per l'occasione. 9

A causa di questa enorme mole di lavoro come arrangiatore, dal 1962 in poi Nelson avrà meno tempo a disposizione per le produzioni a proprio nome. Il suo primo contatto con la musica da film avviene con Impressions of Phaedra del 1962. Le musiche sono composte da Mikis Theodorakis, tranne Dirge firmata da Nelson (e che probabilmente deriva dalla sua composizione classica Dirge for Chamber Orchestra) ma ciò che è più interessante è il sottotitolo: The Oliver Nelson Orchestra Presenting Phil Woods; già colleghi in precedenti occasioni, Nelson e Woods formano un sodalizio che durerà fino alla prematura scomparsa di Nelson. Nel novembre del 1962 la Verve pubblica Full Nelson, suo secondo album per big band (dopo Afro/American Sketches) completamente scritto, diretto e arrangiato da lui. Su alcune tracce Nelson suona l'alto e tutta l'opera risulta abbastanza eterogenea: secondo lo studioso Kenny Berger che scrive il booklet, sembra di ascoltare quelle registrazioni dimostrative che si usano per ottenere contratti in sala d'incisione o ingaggi per le musiche di un film. La title track è un blues costituito da due temi di 16 misure, il viscerale solo di Phil Woods si svolge poi su una forma di 12 misure. Miss Fine (dedicato alla sorella) è uno dei brani più eseguiti di Nelson, e qui presenta un solo lirico e rilassato del trombettista Joe Newman. Back Woods è dedicata all'amico Phil, che è artefice di un'improvvisazione esuberante ed efficace come al solito. In Ballad for Benny invece Woods suona il clarinetto. La centralità del blues è anche confermata in Full Nelson dalla presenza di Paris Blues, una gemma del repertorio di Ellington, composta per il film omonimo. Su commissione dell'Orchestra Jazz della Radio di Stoccarda Nelson scrive nel 1963 Soundpiece for Contralto, String Quartet and Piano; questo fatto dimostra che la sua reputazione di compositore totale è ormai consolidata, grazie alla notevole preparazione accademica, la mole di lavoro negli studi di registrazione ed ai suoi orizzonti che vanno al di là dei confini del jazz. Nel marzo 1964 Nelson realizza un nuovo progetto per big band: Fantabulous, per l'etichetta Argo; suona il tenore su tutti i brani, mentre al sax alto c'è Phil Woods. Cinque degli otti brani sono sue composizioni, di cui quattro blues: Teenies's Blues (già in The Blues and The Abstract Truth), Three Plus One, Hobo Flats (incisa l'anno prima da Jimmy Smith), Laz-ie Kate. Il brano più strutturalmente complesso è Three Plus One, che appare come una forma blues con bridge ABA ma in realtà è più intricato: dopo un intro che alterna le divisioni metriche di 3/4 e 4/4, il tema inizia con un blues di 12 misure più un bridge di 6, seguito da una sezione B modulante di 26 misure; l'ultima A consiste nelle 12 misure del blues iniziale ma senza il bridge di 6 misure; i soli (di Art Hoyle e Phil Woods) si svolgono su una forma AABA, in cui le A sono blues di 12 misure, la B è un bridge di 8 misure. Nel novembre 1964, in due giorni di registrazione, la Impulse pubblica More Blues and The Abstract Truth. Sebbene il titolo faccia supporre che si tratti del seguito di The Blues and The 10

Abstract Truth le intenzioni di Nelson sono diverse. La prima differenza è che qui Nelson non suona, limitandosi al comporre, dirigere ed arrangiare. I suoi colleghi sono tutti musicisti affermati ma con caratteristiche quasi opposte a quelli nell'opera precedente; troviamo infatti Thad Jones, Phil Woods, Pepper Adams, Richard Davis e Ben Webster. I dieci brani sono tutti blues, ma solo quattro composti da Nelson: One for Phil, One for Bob, Blues and The Abstract Truth, The Critic's Choice. Il minor peso dei solisti rispetto al precedente album, è perfettamente bilanciato dalla scrittura di Nelson che qui gioca molto anche sul contrasto: dalla complessità armonica e metrica di Blues and The Abstract Truth alle ballabili ed orecchiabili The Critic's Choice e Blues O'Mighty. Sono presenti due composizioni di Brubeck del 1964 (Blues for Mr.Broadway e Theme from Mr.Broadway), quindi moderne, e Goin' to Chicago Blues degli anni trenta. Ben Webster suona in Midnight Blue con il suo modo colloquiale inimitabile. Nelson dimostra con quest'opera la sua abilità nel riuscire ad ottenere molto partendo da poco, nell'ottenere da un ottetto il suono di una big band; tutto ciò affidandosi alla sola forma del blues. Nell'aprile 1966 Nelson arrangia per Lee Morgan Delightfulee, per la Blue Note, suonato da un ensemble di dodici musicisti, fra i quali figurano Wayne Shorter, McCoy Tyner, Phil Woods, Philly Joe Jones. Solo cinque giorni dopo la Impulse pubblica Oliver Nelson Plays Michelle, opera marginale in quanto solo due brani sono composizioni originali, Jazz Bug e Do you See What I See ?. Nell'autunno dello stesso anno Nelson debutta al sax soprano in Sound Pieces, per l'etichetta Impulse; l'opera è divisa in due parti: la prima in quartetto con Steve Kuhn, Ron Carter e Grady Tate, la seconda è una registrazione live con l'orchestra a Los Angeles. Nella prima parte le tracce firmate da Nelson sono Example 78, Patterns (entrambi basati sui suoi Patterns), Elegy for a Duck; quest'ultimo è un blues minore, in tempo ternario, con forma AAB dove le A sono di 24 misure, la sezione B è di 16 misure ed è basata su un ciclo di dominanti secondarie che lanciano i soli. Nella parte con l'orchestra va rilevata la presentazione di Sound Pieces for Jazz Orchestra, commisionata a Nelson due anni prima dall'orchestra della Radio di Stoccarda; il tema è strutturato in tre parti e consta di due temi, il primo è un blues minore che modula temporaneamente ad un ritmo in 6/4, per poi tornare in 12/8; dopo una breve transizione il secondo tema è esposto dai french hornes, seguito da un nuovo ingresso del tema iniziale. La sezione intermedia, a tempo lento, è introdotta da un continuo scivolare di cluster armonici; procedimento questo che richiama in modo chiaro i passaggi definiti “night music”, tipici dei movimenti orchestrali a tempo lento di Bela Bartok. La complessa struttura tematica sfocia poi su una convenzionale forma blues di 12 misure per i soli. Anche nelle opere più estreme ed ardite, la materia prima cui si affida Nelson è sempre il blues. The Lady from Girl Talk, composta per un talk show televisivo, è ancora una dimostrazione di ciò che può fare Nelson con il blues. 11

Nel 1966 Nelson pubblica per le sue edizioni Noslen Music Patterns for Saxophone, metodo che diventerà basilare negli anni seguenti per molti sassofonisti e non solo. Il metodo fu scritto inizialmente per una sua esigenza personale: durante la militanza nel trio dell'organista Wild Bill Davis nel 1959, si trova a suonare sui battelli fluviali; lungo il viaggio il generatore elettrico subiva spesso degli sbalzi elettrici, causando un continuo ed incontrollabile slittamento di semitono nell'organo. A questo punto Nelson fa buon viso a cattiva sorte e si ingegna per superare l'ostacolo: scrive alcune frasi, dal semplice al complesso, che poi trasporta in tutte le tonailità, così da acquisire una grande abilità nel trasportare al volo le sue frasi, per poter essere nella giusta tonalità con l'organo. In seguito, visti i numerosi impegni discografici, Nelson approfitta nei ritagli di tempo per esercitarsi, suonando i suoi patterns melodici in tutte le dodici tonalità; il libro contiene sia serie di 12 toni in varie trasposizioni (a distanza di tono, quarta, semitono, ecc...) che frasi estrapolate dai dischi; molti passaggi ed anche intere composizioni di Nelson derivano dagli esempi contenuti in Patterns for Saxophone, in seguito pubblicato con il titolo di Patterns for Improvisation; nella premessa Nelson indica quattro possibilità, a suo avviso, per imbastire una buona improvvisazione: fraseggio verticale, seguendo gli accordi, simile a Coleman Hawkins; fraseggio orizzontale e melodico, simile a Lester Young; improvvisazione libera, ignorando la melodia, la forma, gli accordi ed il ritmo; l'ultimo tipo di approccio, il più gradito da Nelson, consiste nel costruire il solo basandosi sulla melodia del tema, selezionare un motivo e costruirci sopra, espandendolo fino a farlo diventare una nuova composizione creata da quella di partenza. Aggiunge poi definendo la sequenza come ripetizione di un pattern partendo da vari gradi di una scala: finchè il pattern originale è corretto, ogni “irregolarità” che potrebbe presentarsi nella sequenza è giustificata... Nel 1967 Nelson si trasferisce a Los Angeles, vista la crescente mole di lavoro negli studi televisivi; l'uso dei combo in alternativa alle grandi orchestre per musicare film e telefilm è ormai la soluzione più conveniente: le grandi orchestre vengono infatti utilizzate solo per i grandi film epici. Il jazz si presta anche molto bene a fare da colonna sonora a storie che si svolgono in night clubs e locali fumosi, a film polizieschi che vedono agire balordi e spacciatori. Decine sono i telefilm e molte le pellicole cinematografiche che beneficiano del tocco magico di Nelson; fra i telefilm troviamo Six Million Dollar Man, Colombo, Money to Burn, Chase, Ironside, Name of the Game, It Takes Thief. Alcune colonne sonore per film sono invece Alfie, Zigzag, Skullduggery, Death of a Gunfighter, Last Tango in Paris (collaborazione con Gato Barbieri). Le collaborazioni discografiche si sono ormai allargate alle popstar mondiali di colore come Ray Charles, Louis Armstrong, Diana Ross, The Temptations e James Brown (da cui scaturirà il notevole Soul on Top, nel 1969 per l'etichetta Verve). In questi anni di frenetico lavoro Nelson trova comunque il tempo di portare a termine alcuni 12

ambiziosi progetti per grande orchestra: The Kennedy Dream Suite (Impulse, 1967), Jazzhattan Suite (Verve, 1967), Live from Los Angeles (Impulse, 1967), Black, Brown & Beautiful (Flying Dutchman, 1969), Berlin Dialogue for Orchestra (Flying Dutchman, 1970) e Swiss Suite (Flying Dutchman, 1971). Con queste opere Nelson si colloca indubbiamente fra i grandi compositori che hanno ampliato l'idioma jazzsitico: Strayhorn, Mingus, Ellington, Evans; usa spesso strumenti inusuali nel jazz, come corno francese, corno inglese e glockenspiel. Nella Jazzhattan Suite (ritratto musicale di New York) eseguita dalla Jazz Interactions Orchestra Nelson riesce a metter in pratica tutte le sue abilità compositive; il brano di apertura A Typical Day in New York inizia con un'introduzione in 4/4 ma poi il tema è in 9/8, proseguendo nella parte intermedia con una sezione in ¾; The East Side/The West Side è un blues in 9/4 mentre One for Duke riprende alcuni espedienti tipici del Duca come l'uso degli ottoni sordinati e la scrittura a parti strette in cui le voci si muovono per moto contrario. Nel movimento finale, Complex City, convergono manipolati 125th and Seven Avenue e One for Duke; ma secondo il parere del critico Richard Palmer il capolavoro di Nelson è Penthouse Dawn, interpretata da Phil Woods in modo incantevole; il movimento inizia in 4/4 ma nel corso del suo sviluppo usa almeno una decina di altre indicazioni metriche. Queste tecniche non risultano mai artificiali o forzate, ma sono organiche alla composizione, travolgendo l'ascoltatore con una grande drammaticità e varietà di colori, che conferiscono senso ad ogni cambiamento. In questi anni Nelson riesce anche a dedicarsi al tema dell'educazione musicale: tiene alcuni seminari in varie università (fra cui la sua Washington Universtiy di St.Louis) e rilascia alcune interviste, come The State of Jazz Education2. Nel 1970 arrangia e dirige per la big band di Count Basie Afrique, per la Flying Dutchman; le composizioni di Nelson qui eseguite sono: Kilimangiaro, Hobo Flats, Step Right Up, e Afrique. Nel 1972 la collaborazione con Gato Barbieri porta a El Gato, in cui Nelson oltre ad arrangiare e dirigere suona pure il sax alto, e alla colonna sonora di Last Tango in Paris (Franco D'Andrea al pianoforte). Nello stesso anno, su commisione della Eastman School of Music, compone Concert Piece for Alto Saxophone and Studio Orchestra. L'anno seguente Nelson trova tempo anche per scrivere Fugue and Bossa, questa volta su commisione dell'American Wind Symphony. Alcuni lavori degli ultimi anni della sua purtroppo breve vita, mertiano di essere menzionati: In London with Oily Rags (Flying Dutchman, 1974), Skull Session (Flying Dutchman,1975 che consiste nelle musiche già composte da Nelson per il telefilm The Name of the Game), Stolen Moments (pubblicato in Giappone, East Wind 1975). Nei primi anni 70 Nelson intraprende per motivi di lavoro molti viaggi (Tokyo, Londra, Berlino, 2 Charles Weisenberg, The State of Jazz Education. An interview with Oliver Nelson, Down Beat 35/19, 1968. 13

Roma, Montreux) ma il più significativo è quello in Africa, per conto del Dipartimento di Stato degli Usa; lo scopo del tour è quello di promuovere la cultura americana nei paesi che sono sotto una forte influenza russa, cinese ed europea; al ritorno Nelson è molto segnato dall'esperienza e rilascia alcune lunghe interviste, come quella a Pauline Rivelli e a Leonard Feather. Le poche raccolte postume meritano di essere menzionate: A dream Deferred (Flying Dutchman, 1976), Verve Jazz Master n.48 (1995), The Argo, Verve and Impulse Big Band Studio Session (Mosaic, 2006). Il decesso di Oliver Nelson avviene in modo improvviso il 27 ottobre 1975, a Los Angeles, dove stava lavorando ininterrottamente da 36 ore per una seduta d'incisione di Six Million Dollar Man. Aveva solo 43 anni, e la sua prematura scomparsa lascerà un grande vuoto nella musica moderna.

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I TRIBUTI A OLIVER NELSON

E' importante considerare i tributi che un musicista riceve: questi aiutano a comprenderne meglio alcuni aspetti artistici e a capire quale sia l'eredità lasciata nella musica. Innanzitutto Nelson viene tributato come compositore, la sua creazione più eseguita è ovviamente Stolen Moments; anche altri suoi brani entrano nei real book, come Alto-Itis, Six and Four, In passing, The Meetin' e Straight Ahead. La folta schiera di musicisti che tributano Stolen Moments è infinita e trasversale: Kenny Burrell, Ahmad Jamal, Stanley Jordan, Mark Murphy, Lee Ritenour, Sadao Watanabe, Grover Washington Jr, Jimmy Raney, Jimmy Smith, Booker Ervin, Herbie Mann, Bill Taylor, Freddie Hubbard, Andy Laverne, Oliver Lake, Sonny Criss, J.J. Johnson ed altri in ambito prettamente jazzistico; Frank Zappa in Broadway the Hard Way, i giapponesi United Ufo Organization nella raccolta Red Hot+Cool, il Turtle Island String Quartet ed il Carribean Jazz Project in ambito più sperimentale. Tributi invece alla produzione di Nelson nel suo insieme sono quelli della Smithsonian Jazz Orchestra con Blues and the Abstract Truth: The Music of Oliver Nelson (1997), della Jazz Edge con The Musical Genius of Oliver Nelson (1999), e di Bill Cunliffe con The Blues and The Abstract Truth, Take 2 (Resonance, 2008). Alcuni artisti gli hanno dedicato composizioni originali: A Dream Deferred (firmata dal produttore Bob Thiele ed eseguita dalla The Mysterious Flying Orchestra nel 1997 a New York), Ollie di Frank Strozier (Steeplechase, 1977) e Phil Woods, grande amico e collega, con Ollie (Dedicated to Oliver Nelson) nell'album I remember (Gryphon, 1978). Jamey Aebersold dedica il volume n.73 della sua celebre collana ad Oliver Nelson. In Italia il critico Ernesto de Pascale ha portato avanti un progetto che ha prodotto nel 2001 l'album Oliver Nelson: composer, arranger, a tribute grazie all'etichetta Il Popolo del Blues. Le linear notes sono a cura di Douglas Payne, il principale studioso della discografia di Oliver Nelson. Il repertorio nelsoniano, che spazia da St.Louis Blues, Night Train a Stolen Moments, è interpretato dalla Millenium Bug Orchestra sotto la direzione del sassofonista e clarinettista toscano Mirko Guerrini, che arrangia tutti i titoli; nell'organico figurano fra gli altri Nico Gori, Mario Piacentini, Alberto Marsico ed Ernesto de Pascale che interpreta Everyday I have the Blues. Anche nelle rassegne live sembra che sul nostro territorio Nelson sia abbastanza tributato, come a Prato nel luglio del 2001 e a Siena nel novembre 2005 (Millenium Bug Orchestra), a Bergamo nel settembre 2009 (Orchestra Notti di Luce). 15

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Train Whistle – da Taking Care of Business, Prestige 1960

Il semplice tema è una dedica a Coltrane; la griglia armonica di questo blues in sol maggiore è basilare. Il disco da cui il brano è tratto è il secondo a nome di Nelson, gli arrangiamenti qui sono semplici e servono perlopiù come lancio per i solisti. Il solo inizia con un pick-up a terzine basato sul pedale di tonica dove l'ultima nota di ogni terzina ascende fino a raggiungere la nota si, quinta di E7, suonata con il bending tipico del r&b. Nelle prime tre misure la scala blues di mi e la misolidia di la collegano I e IV grado. A misura 4 Nelson fa sentire la sua personalità: con un arpeggio ascendente di Dmaj triade su E7 tocca il sib all'ottava superiore, quinta bemolle di E7 e blue note caratteristica; poi con un piccolo frammento esatonale (sol, fa, mib) a misura 4 introduce il IV grado A7 che segue. A misura 6 viene ancora messo l'accento sulla quarta eccedente di A7, re#. Il frammento da misura 8 a 11 è affrontato con un raddoppio basato sulle chord tones dell'armonia sottostante. Il secondo chorus è introdotto da un piccolo pick-up cui seguono tre misure suonate in modo ritmico sulla scala pentatonica di E minore; da misura 16 ancora double time: arpeggio ascendente di Dmaj che porta al IV grado di misura 17; le prime quattro note sono il pattern 1-2-3-5 partendo da sol, settima minore di A7. A battuta 18 un tocco peculiare di Nelson: su questo IV grado suona la scala esatonale di A, accentando il terzo battere ed il levare del quarto battito. Subito dopo troviamo un altro tipico espediente nelsoniano: a misura 19 suona una frase discendente evidenziando un Emaj7 (anzichè E7) poi ascende arpeggiando Ebmaj7 raggiungendo un re (sensibile) all'ottava superiore, che subito scivola di un'ottava verso il basso, lasciando intendere la discesa cromatica mi-mib-re, per raggiungere do#, quinta di F#-7 a battuta 21. Sul V grado suona una figura ritmata sulla scala blues, accentando 13, #9, b7, 11 di B7. Nel terzo chorus Nelson racconta una nuova storia: niente scala esatonale, niente double time, niente sovrimposizione di sequenze cromatiche; in modo semplice e con profondo blues feeling viene lanciato un appello (misura 24) sib-la-mi-sol-mi a cui subito segue un'echo, con le stesse note, all'ottava inferiore; e così via, variando la prima frase “di domanda”, ma sempre con le blue notes (sib e sol) che predominano. Questo è il chorus gospel, del work song, che a misura 34 si chiude con un guizzo ascendente a terzine: è lo stesso pedale con cui inizia il solo, ma suonato all'ottava inferiore e leggermente variato. Nel quarto ed ultimo chorus Nelson decide di movimentare ritmicamente il discorso usando la scala pentatonica minore di mi, ribattendo le note; questo é il chorus delle variazioni ritmiche: Nelson qui pensa poco alle scale e a battuta 40 suona uno dei suoi pattern sulla scala diminuita a tempo doppio 18

e subito dopo un frammento scalare ascendente (mi minore melodica partendo da si) che culmina nella nota si all'ottava superiore sul battere del quarto movimento; a misura 42 il frammento è ripetuto ma anticipato ritmicamente di una croma, creando così una figurazione 3+3+2 che termina con il si accentato sul levare del primo movimento di misura 43; ancora altre due ripetizioni ma questa volta c'è sol#, perchè siamo su E7 e non più sul IV grado; la risoluzione è un elegante chiusura discendente, a misura 46; l'uscita di scena è magistrale e conferisce un grande senso di compiutezza e coerenza: piccolo riff di terzine, subito reiterato un tono sotto, che termina scivolando da si a sib che, tenuto per tutta misura 49, è la blue note protagonista di questa intensa e viscerale, ma rilassata, improvvisazione.

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In Passing – da Soul Battle, Prestige 1960

Il tema di questo blues consiste in un call and response fra Nelson e gli altri due tenoristi (King Curtis e Jimmy Forrest); la prima “chiamata” è un arpeggio di sesta sul primo grado (sol-si-re-misol), che con la risposta occupa due misure; la frase viene poi ripetuta ma trasportata prima di una quarta maggiore sopra, poi scende di una seconda maggiore, poi ancora stessa trasposizione per la terza frase e la quarta (leggermente variata) fino a raggiungere il turnaround di chiusura tornando in G7. Materiale melodico molto semplice quindi, ma la sorpresa è nella griglia armonica: || G7 C#7 | C7 F#7 |

F7 B7 |

| Eb7 A7 | Ab7 D7 |

C#7 G7 | F#7 Abmaj7 |

|

A-7

|

B-7

| Cmaj7 D-7 |

Bb7 E7 Emaj7

| ||

Il primo accordo di ognuna delle prime 8 misure è una caduta di dominanti, sul circolo delle quinte: G7, C7, F7, Bb7, Eb7, Ab7, C#7, F#7 ognuno raggiunto con uno scivolamento cromatico in modo da creare nel movimento dei bassi un pattern che si ripete (sale di tritono e scende di semitono); come a misura 1 si iniza da G7, I grado, così a misura 9 viene confermato che si tratta di un blues con A-7 (II-) al suo posto. Le ultime quattro misure sono una scalata verso l'alto (la, si, do, re, mi) suonata dal contrabbasso per grado congiunto. Nelson prende il primo solo con un pick up che conduce al pattern 1-2-3-5 fino a metà di battuta 2. A misura 3 gioca sul cromatismo fondamentale-sensibile-settima minore (mi-fa-mi-mib-fa) mantenendo comunque un fraseggio che evidenzia le chord notes per tutta la durata della progressione; poi da misura 9 cambia strategia: non più fraseggio verticale ma orizzontale, lirico, con una sequenza intervallare per terze sulla scala di re maggiore. L'incipit del secondo chorus è un marchio di fabbrica di Nelson: il pedale di tonica con le terzine ascendenti, suonate qui un po' strette per arrivare in tempo con il si acuto (terza di G7) sul battere del nuovo chorus che iniza con una frase blues (si-sol-re-fa-la); da misura 4 la densità ritmica diminuisce, e Nelson partendo da un sib acuto lega tutti gli accordi arrivando al do basso; nelle ultime 4 misure nuovo cambio di rotta: tre arpeggi ascendenti di Am7 e Bm7 risolvono la tensione accumulata dalla sequenza di dominanti. L'approccio di Nelson è ormai evidente: anche il terzo chorus inizia con una frase blues per poi continuare lungo le prime 8 misure toccando le chord tones; nella risoluzione aumenta la densità ritmica e suona in modo più lirico, trascurando le armonie sottostanti. A misura 34 compare un 22

piccolo pattern (do#-la-si-do#) subito reiterato una terza minre sotto (f#-g-a-f#) da cui scaturisce il motivo (si-la-sol-mi) che sarà sviluppato nel corso delle prime 4 misure del quarto chorus. A misura 45 di nuovo lo slancio che introduce la conclusione, con re-sol-do all'ottava superiore (sol sovracuto). Il quinto chorus Nelson decide di affrontarlo suonando nel registro acuto una grande parabola verso il basso (che abbraccia ovviamente le prime 8 misure); gioca infatti intorno a mi (misura 49 e 50), mib (mis.51), re (52), reb (53), do (54), si (55), sib (56) . Il sesto ed ultimo chorus inizia come era iniziato il primo: piccolo pick up (sol-re-do) che scivola sul primo dei tre pattern 3-5-1-7. Questo chorus procede in modo rilassato nel registro centrale del sax, in netto contrasto con il precedente. A misura 69 il consueto slancio (a tempo doppio questa volta) che porta dopo un veloce picco in re acuto ad una rapida discesa fino a si nel registro grave di misura 70; dopo un breve indugio su fa# Nelson ci saluta alla sua maniera, con una deliziosa frase blues (mi-sol#-mi-la-la#-si-sol). Anche in questo solo è evidente l'approccio compositivo che Nelson adotta, nel pianificare l'identità di ogni chorus (densità ritmica, linee discendenti, uso del registro acuto) e nella coerenza che li unisce tutti (incipit blues, fraseggio verticale sulle chord tones nelle prime 8, crollo della tensione nella chiusura con linee più liriche e cantabili).

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Stolen Moments – da The Blues And The Abstract Truth, Impulse 1961

Questo solo è il più conosciuto ed apprezzato di Oliver Neslson. Dopo la vulcanica performance di Eric Dolphy al flauto Nelson suona in modo solenne, distillando le poche note con grande attenzione. Il primo chorus inizia con una figurazione per quarte, mi-la-re , ripetuta e trasportata di una quarta a misura 5, dove viente tenuto un lungo sol (undicesima di D-7); poi si torna sul I grado nella stessa maniera (misura 8) per concludere nelle ultime 3 misure con una frase vibrante e drammatica che scende su re nel registro grave. Il secondo chorus è basato su due arpeggi suonati a terzine, A- e B-; questa cellula viene spostata ritmicamente in vari punti della battuta e trasportata in modo da creare una crescita di tensione (fino a misura 18) e relativa distensione (misure 19 e 20). Netto contrasto quindi con il chorus precedente e con quello che segue, dove i valori si dilatano di nuovo. Con un pick up semplice ed efficace Nelson raggiunge e si sofferma per 4 misure su si acuto, nona di A-7. Procedimento parallelo sul IV grado, dove al canto c'è mi acuto (tenuto per due misure e mezzo), nona di D-7. La risoluzione del terzo chorus avviene tramite un pattern sulla triade maggiore (1-3-5-3-1) che si ripete partendo da sol, poi fa, mi, mib e infine re (da misura 33 a misura 36). Il quarto ed ultimo chorus comincia con un veloce pattern tensivo, riconducibile alla scala aumentata. Dopo una rapida ascesa nelle battute 39 e 40, la conclusione di questa stupenda improvvisazione modale: una piccola cellula di due note viene suonata seguendo il circolo delle quinte, con piccoli aggiustamenti. Abbiamo infatti da misura 41 a 48 la-re-sol-do-fa-sib-mi-la-dofa-sib-mi-la-re-sol-re ed il conclusivo la nel registro grave che si protrae nelle prime due misure del solo di pianforte. Grande economia di mezzi, note lunghe e tenute nel registro acuto ed una nuova “storia” ad ogni chorus creano un'atmosfera sospesa ed ipnotica durante tutto il solo, che risulta perfettamente complementare rispetto quello di Eric Dolphy.

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DISCOGRAFIA SCELTA

Meet Oliver Nelson, Prestige 1959 Taking Care of Business, Prestige 1960 Screamin' the Blues, Prestige 1960 Soul Battle, Prestige 1960 Nocturne, Prestige 1960 The Blues And The Abstract Truth, Impulse 1961 Straight Ahead, Prestige 1961 Main Stem, Prestige 1961 Afro/American Sketches, Prestige 1961 Full Nelson, Verve 1962 Fantabulous, Argo 1964 More Blues and the Abstract Truth, Impulse 1964 Sound Pieces, Impulse 1966 The Kennedy Dream: a musical tribute to J.F.K., Impulse 1967 Live from Los Angeles, Impulse 1967 Jazzhattan Suite, Verve 1967 Black, Brown and Beautiful, Flying Dutchman 1969 Berlin Dialogue for Orchestra, Flying Dutchman 1970 Swiss Suite, Flying Dutchman 1971 Skull Session, Flying Dutchman 1975

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BIBLIOGRAFIA

Oliver Nelson “Patterns for Improvisation”, 1966, Noslen Music, Los Angeles Arrigo Polillo “Jazz”, 1975, Mondadori, Milano Gunther Schuller “Il Jazz - Le Origini”, 1996, E.D.T., Torino Stefano Zenni “Mingus - Polifonie dell'universo afroamericano”, 2002, Stampa Alternativa, Viterbo Bill Dobbins “Jazz Arranging and Composing - A Linear Approach”, 2005, Adv. Music Claudio Sessa “Il marziano del Jazz - Vita e musica di Eric Dolphy”, 2006, LVE, Terni Ashley Kahn “The House that Trane Built, The Story of Impulse Records”, 2006, New York Duke Ellington “La musica è la mia signora”, 2007, Minimum Fax, Roma Stefano Zenni “I segreti del jazz”, 2007, Stampa Alternativa, Viterbo

SAGGI E ARTICOLI

Jack Maher “Meet Oliver Nelson”, booklet, 1959 Ron Eyre “Taking care of business”, booklet, 1960 Nat Hentoff “Screaming the blues”, booklet, 1960 Tom Wilson “Soul Battle”, booklet, 1960 Joe Goldberg “Nocturne”, booklet, 1960 Joe Goldberg “Straight Ahead”, booklet, 1961 Elliot Mazer “Main Stem”, booklet, 1961 Oliver Nelson “Afro/American Sketches”, booklet, 1961 George Hoefer “More Blues and the Abstract Truth”, booklet, 1964 Dan Morgenstern “Oliver Nelson, More Blues and the Abstract Truth”, Down Beat, 1965 Phil Woods “La musique d'Oliver Nelson”, Jazz Magazine, 1969 Paula Rivelli “Oliver Nelson's African Tour”, Jazz & Pop, 1969 Ron Simmonds “Oliver Nelson with the Berlin Dream Band”, Jazz Professional, 1971 Nat Hentoff “Oliver Nelson A Dream Deferred”, booklet, 1976 Richard Palmer “The Nelson Touch”, Jazz Journal, 1990 28

Richard Palmer “Nelson e Schifrin. Uno studio sul genio negletto”, Musica Jazz, 1994 Phil Woods “Reflections in E flat...Another Fine Mess Ollie”, Saxophone Journal, 1995 Kenny Berger “The Argo, Verve and Impulse Big Band Studio Session”, booklet, 2006

WWW

www.dougpayne.com www.experiencefestival.com/oliver_nelson www.avaxsearch.com www.freejazzinstitute.org www.jazzinrete.it www.jazzitalia.net www.allaboutjazz.com www.berklee.edu www.downbeat.com www.jazzjournal.co.uk www.citwf.com www.jazzprofessional.com/report/OliverNelson www.jazz.com/encyclopedia

Ringraziamenti : Piero Priori, Castiro Vinella, Massimo Morganti, Roberto Manuzzi, Rosario Giuliani, Simone Lamaida, Roberto Spadoni, Luca Bragalini, Teo Ciavarella, Achille Succi, Lucia Biondi. 29

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