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Nuovi approcci sulla veicolazione topica e transdermica di farmaci nella terapia della psoriasi
Indice 1 Introduzione 2 La cute 2.1 Caratteri macroscopici 2.2 Epidermide 2.2.1 Gli strati epidermici 2.3 Cellule ospiti 2.3.1 Melanociti 2.3.2 Cellule di Langerhans 2.3.3 Linfociti 3 Vie di penetrazione cutanea 3.1 Via transepidermica 3.2 Via transappendiceale 3.3 Principi di diffusione cutanea 4 La psoriasi 4.1 La patologia 4.2 Le manifestazioni cliniche della psoriasi 4.3 Patogenesi 4.3.1 Genetica della psoriasi 4.4 Indice Pasi 5 La terapia 5.1 Trattamento locale 5.1.1 Glucocorticosteroidi 5.1.2 Analoghi della vitamina D 5.1.3 Immunosoppressori 5.1.4 Retinoidi 5.1.5 Altri
5.2 Fototerapia 5.3 Terapia Sistemica 5.3.1 Terapia convenzionale 5.3.2 Biologici 6 New Delivery Drug System (NDDS) 6.1 Introduzione alle Nanotecnologie 6.2 New Drug delivery systems (NDDS) 6.2 Sistemi nanoparticellari 6.2.1 Carrier vescicolari 6.2.2 Sistemi lipidici nanoparticellari (SLN - NLC) 7 NDDS nel trattamento della psoriasi 7.1 Carriers lipidici nanostrutturati caricati con metotrexato 7.2 Nanoparticelle di oro funzionalizzato caricate con metotrexato 7.3 Core-multishell-nanocarriers (CMS) 7.4 Formulazione di niosomi caricati con diacereina 7.5 Formulazione liposomiale caricata con psoralene per la terapia topica PUVA 7.6 Formulazione liposomiale per il trasporto di RNAi Conclusioni Bibliografia e sitografia
CAPITOLO 1: Introduzione
La psoriasi è una malattia cronica della cute di natura infiammatoria della quale non sono ancora chiare le cause. Si presenta con diverse manifestazioni e diversa gravità, con sintomi precisi e spesso ben riconoscibili. Si manifesta inizialmente con piccole macchie rossastre spesso ruvide al tatto e colpisce principalmente mani, ginocchia, gomiti e cuoio capelluto, ma può manifestarsi in qualsiasi zona del corpo, genitali inclusi. Non è soltanto una patologia che affligge la cute, ma che riduce la qualità della vita ed è spesso associata in comorbidità ad altre patologie quali le malattie metaboliche e l’ipertensione. Non esistono cure per la psoriasi, ma soltanto terapie per migliorare la sintomatologia e la qualità della vita del paziente. La difficoltà nel trattamento della psoriasi con l’utilizzo di terapie con formulazioni di tipo convenzionale sta nell’inadeguata concentrazione del farmaco trasportato ovvero in una somministrazione eccessiva dello stesso con effetti avversi sistemici. Lo sviluppo di forme farmaceutiche “non convenzionali” può ovviare a questi inconvenienti. Nei capitoli a venire verrà esplicata la struttura della cute in tutte le sue componenti e come la patologia, con le sue diverse manifestazioni, la affligge. Verranno altresì illustrati i vari approcci terapeutici possibili e le tipologie di nuove formulazioni utilizzabili. Infine verranno prese in esame delle formulazioni specifiche per la terapia topica con i relativi studi.
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CAPITOLO 2: La cute1
La cute ha una struttura molto complessa ed è costituita da un epitelio pluristratificato altamente differenziato, l’epidermide, e da un’impalcatura connettivale ricca di strutture vascolo-nervose, il derma. Quest’ultimo poggia su un tessuto adiposo organizzato in lobuli, l’ipoderma (Fig. 2.1a e b). Fanno parte della cute anche strutture epiteliali e cornee, che nel loro insieme vengono denominate annessi cutanei: l’unità pilo-sebacea, le ghiandole sudoripare e le unghie (Fig. 2.1a e b).
Derma
Epidermide
2.1 Caratteri macroscopici
Strato di cheratina Cellule dell’epidermide
Ghiandola sebacea Ghiandola sudoripara Muscolo erettore del pelo Follicolo pilifero Fibra nervosa
Ipoderma
Vaso sanguigno profondo
Figura 2.1a Rappresentazione schematica della cute e di alcuni suoi componenti: 1, epidermide; 2, derma; 3, ipoderma; 4, unità pilo-sebacee; 5, ghiandola sudoripara eccrina; 6, strutture vascolari
Porzione di collagene Tessuto adiposo
Figura 2.1b Altra rappresentazione schematica della cute e i suoi livelli
Giuseppe Micali, Maria Concetta Potenza, Gabriella Fabbrocini, Giuseppe Monfrecola, Antonella Tosti, Stefano Veraldi. Le basi della dermatologia. Springer 2014 1
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La cute rappresenta l’organo più esteso e pesante del corpo umano. In un individuo adulto si estende per una superficie di circa 1,5-2 m2 e presenta un peso totale di circa 15 kg, con variazioni legate al sesso e allo sviluppo individuale. Forma il rivestimento esterno di tutto il corpo, compresi il meato acustico esterno e la superficie laterale della membrana timpanica. La cute continua poi, a livello dei corrispondenti orifizi, con le mucose degli apparati respiratorio, digerente, urogenitale e, a livello del margine palpebrale e dei punti lacrimali, rispettivamente con la congiuntiva e con il rivestimento dei canalicoli lacrimali. Lo spessore della cute varia notevolmente secondo le zone corporee e in rapporto all’età, al sesso e in relazione allo stato nutrizionale. È minimo a livello del pene, della membrana timpanica, del meato acustico esterno e delle palpebre (0,5 mm); maggiore al dorso e alle superfici estensorie degli arti, raggiunge il massimo (4 mm) a livello palmo-plantare e alla nuca. Anche lo spessore di ciascuna delle principali componenti della cute varia in relazione al distretto corporeo. Infatti, mentre l’epidermide ha lo spessore massimo alle regioni palmo-plantari (circa 1,5 mm), il derma raggiunge il suo massimo spessore al dorso (3-4 mm). Per quanto concerne l’età, la cute risulta complessivamente più sottile in età neonatale, rimane costante nel primo anno di vita per poi aumentare gradualmente fino al terzo anno e raddoppiare dal terzo al settimo anno di vita. Un ulteriore incremento si verifica durante la pubertà, dopo la quale esso rimane costante per poi diminuire con l’invecchiamento quando, per il suo assottigliamento, lascia trasparire maggiormente il reticolo venoso sottostante. La cute, pur aderendo ai piani profondi, presenta una certa mobilità su di essi e ciò facilita i movimenti articolari consentendo di sollevarla in pliche più o meno ampie nella maggior parte dei distretti corporei.
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Il colore della cute varia anzitutto in rapporto alla razza (bianca, nera, gialla ecc.). Esistono, però, variazioni nel colore cutaneo anche tra soggetti diversi appartenenti alla stessa razza (fototipi); ciò si verifica, inoltre, anche nello stesso soggetto tra regioni corporee diverse (areola mammaria, genitali, superficie estensoria degli arti, labbra) e in differenti condizioni fisiologiche (esposizione a radiazioni ultraviolette, gravidanza). Il colore deriva da un complesso di fenomeni fisici legati essenzialmente a tre fattori: il colorito del sangue nei vasi, la presenza nella cute di sostanze colorate (pigmenti) e il colore proprio della cute stessa, che è in grado di variare il suo assorbimento specifico della luce. Il colore roseo della cute dei neonati, per esempio, e dovuto in parte alla maggiore densità dei vasi sanguigni e in parte al minore spessore del derma. L’aspetto superficiale della cute (Fig. 3) non è liscio ma ricco di lievi irregolarità che, impedendo un’omogenea riflessione della luce, ne condiziona la scarsa lucentezza. All’esame obiettivo con lente d’ingrandimento, tali irregolarità si rilevano, variamente distribuite nelle diverse regioni, come:
depressioni puntiformi: date dagli sbocchi delle unità pilo-sebacee e dagli orifizi delle ghiandole sudoripare eccrine;
solchi superficiali: si trovano in distretti corporei provvisti di peli, che emergono sempre in corrispondenza di tali solchi o dei loro punti di incrocio. Essi delimitano piccole aree losangiche che formano un fine reticolo osservabile in gran parte della superficie corporea;
solchi profondi: si localizzano nelle zone glabre con disposizione parallela, in modo da delimitare sporgenze lineari dette creste, sulla sommità delle quali si trovano, a intervalli regolari, gli orifizi delle ghiandole sudoripare eccrine. A livello palmo-plantare, in
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corrispondenza delle falangi distali e delle teste metacarpali e metatarsali, il disegno dei solchi profondi e delle creste assume precise caratteristiche morfologiche (triradio, arco, ansa, vortice), peculiari di ciascun individuo, configurando i cosiddetti dermatoglifi;
creste e pieghe: nell’adulto le pieghe si osservano alle articolazioni (pieghe articolari) e in corrispondenza di particolari muscoli (pieghe muscolari), specie dei muscoli mimici; si accentuano per la riduzione del tessuto adiposo e per la diminuzione dell’elasticità propria della cute senile (pieghe senili e rughe).
a
b
c
d
Figura 2.2 Differenti aspetti della superficie cutanea: a) aree losangiche, delimitate da solchi superficiali, del dorso della mano; b) alternanza di pieghe e creste nella zona del gomito; c) dermatoglifi del polpastrello; d) depressioni puntiformi, corrispondenti agli sbocchi delle unità pilosebacee, sul dorso del naso
Qualità peculiari della pelle sono l’elasticità e la distensibilità. La cute, in condizioni fisiologiche, si trova in stato di tensione elastica, come un involucro di gomma parzialmente gonfiato. La direzione della tensione elastica è ordinata secondo un sistema di linee dette linee di Langer, disposte nella direzione della minore estensibilità, cioè perpendicolarmente alla direzione nella quale la pelle può essere maggiormente distesa. La conoscenza di queste linee è importante dal punto di vista chirurgico in quanto, al fine di ottenere cicatrici
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esteticamente valide, e necessario praticare le incisioni parallelamente a esse. Altre linee di notevole importanza nella patogenesi di alcune dermatosi lineari sono le linee di Blaschko. Tali linee corrisponderebbero a linee di migrazione seguite da cellule embrionarie proliferanti in direzione anterolaterale a partire dalla cresta neurale. Diverse sono le dermatosi ereditarie, congenite o acquisite disposte secondo dette linee. La cute umana mostra una rilevante estensibilità alla trazione e capacita di ritornare alle dimensioni precedenti quando la trazione cessa. A determinare tale caratteristica concorrono numerosi fattori: la disposizione, quantità e qualità delle strutture fibrillari del derma, il grado di idratazione cutanea e le sue condizioni trofiche in rapporto a fattori ormonali e metabolici. In relazione all’età, le principali caratteristiche macroscopiche della cute possono modificarsi, parallelamente a quelle istopatologiche. Anche la cute, infatti, al pari di altri organi, è soggetta a invecchiamento fisiologico intrinseco ed estrinseco. In essa, tuttavia, gli effetti del processo di senescenza si palesano più precocemente e in maniera evidente, essendo questa direttamente visibile e maggiormente esposta al danno da parte di taluni agenti estrinseci, come per esempio le radiazioni solari. Pertanto, al normale invecchiamento cronologico (risultato del danno ossidativo operato dai radicali liberi che si producono nel corso di vari processi metabolici), si sommano in essa, nelle zone fotoesposte (volto, capo, collo e decolleté, braccia, dorso delle mani), gli effetti del fotoinvecchiamento (correlato all’entità dell’esposizione solare cumulativa). Caratteristiche macroscopiche peculiari dell’invecchiamento cutaneo intrinseco (cronoinvecchiamento) sono la comparsa di rughe lievi, la lassità e perdita di elasticità, talune alterazioni funzionali (compromissione della funzione
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barriera, aumentata fragilità, ridotte capacita riparative con prolungamento del tempo di guarigione delle ferite, diminuzione dell’acuità della percezione sensoriale), nonché l’eventuale sviluppo di neoplasie benigne (cheratosi seborroiche ecc.). Tipiche alterazioni riconducibili al fotoinvecchiamento, la cui entità varia in relazione a caratteristiche individuali (razza caucasica, basso fototipo, eccessiva esposizione solare cumulativa di tipo occupazionale o ricreativo), sono la comparsa di rugosità profonde e di lassità grossolana della cute, la cui superficie, spesso ruvida, tende ad acquisire un colorito giallastro (elastosi), le teleangectasie, le discromie e, talora, lo sviluppo di lesioni precancerose (cheratosi attiniche ecc.) o evidentemente maligne (epiteliomi). Gli effetti delle radiazioni solari si ripercuotono negativamente sulla morfologia e funzionalità delle cellule epidermiche, che presentano disregolazione del ciclo cellulare e possibile iperplasia, nonché sui costituenti della matrice dermica (collagene, fibre elastiche ecc.), a carico dei quali si osservano fenomeni di accumulo e processi degenerativi di ordine vario (ispessimento, omogeneizzazione, frammentazione ecc.). 2.2 Epidermide
Circa il 95% di tutti gli elementi cellulari dell’epidermide è rappresentato dai cheratinociti, che costituiscono un epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato, costantemente in grado di rinnovarsi in circa 60 giorni, organizzato in strati distinti (Fig. 2.3 e 2.4), che dall’interno all’esterno sono denominati basale, spinoso, granuloso, lucido (presente solo a livello palmo-plantare) e corneo.
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Sono inoltre presenti altre tipologie cellulari, le cosiddette cellule ospiti: melanociti, cellule di Langerhans, cellule di Merkel e linfociti.
Figura 2.4 Epidermide: aspetto istologico
Figura 2.3 Rappresentazione schematica dell’epidermide e dei suoi strati
2.2.1 Strati epidermici
Lo strato basale si compone di uno strato di cellule piccole, cuboidali e/o cilindriche, disposte a palizzata, con l’asse maggiore perpendicolare alla giunzione dermoepidermica (GDE). Queste cellule contengono un grosso nucleo ricco di cromatina con citoplasma basofilo, con molti Figura 2.5 Raffigurazione schematica di un cheratinocita basale: (a) nucleo; (b) organuli endocellulari; (c) emidesmosomi
ribosomi e densi tonofilamenti (microfilamenti di cheratina K5, K14 e
K15). Nel citoplasma delle cellule basali, inoltre, è possibile trovare fini granulazioni di colore bruno, che rappresentano granuli di melanina
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ceduti alla cellula dai melanociti circostanti. Le cellule basali sono strettamente addossate le une alle altre, per cui le giunzioni intercellulari, anche se presenti, non risultano visibili alla microscopia ottica. Nella porzione inferiore della cellula, che poggia sulla membrana basale, l’osservazione ultrastrutturale permette di evidenziare strutture specializzate per l’adesione al substrato, gli emidesmosomi (Fig. 2.5). Dal momento che la continua riproduzione dell’epidermide è legata alla divisione degli elementi basali, non è raro il riscontro di figure mitotiche. Lo strato basale è popolato da due tipi cellulari, profondamente diversi tra loro per quanto riguarda il ciclo cellulare: le stem cells (cellule stminali), che rappresentano il 2-7% dei cheratinociti basali, e le transient amplifying cells (TAC, cellule che si moltiplicano in maniera transitoria). Le prime, situate nella profondità dei solchi epidermici, sono capaci di moltiplicarsi praticamente senza alcun limite, mentre le seconde, che derivano dalle prime, sono in grado di replicarsi soltanto per un numero limitato di cicli cellulari, al termine dei quali vanno incontro a differenziazione terminale man mano che si spostano dallo strato basale agli strati più superficiali dell’epidermide. Considerando, pertanto, una singola cellula staminale, con il relativo corredo di cellule che si moltiplicano in maniera transitoria e di cellule a differenziazione terminale, si individua nel contesto dell’epidermide un gruppo distinto, spazialmente circoscrivibile, di cheratinociti definito come unità di proliferazione epidermica, organizzato in colonne verticali (Fig.2.6) visualizzabili con la microscopia elettronica a scansione (SEM) su campioni congelati. Lo strato spinoso, al di sopra, si distingue per la presenza di numerose placche desmosomiali di connessione intercellulare. È costituito da
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diverse filiere di cellule di forma poliedrica, più voluminose di quelle dello strato basale, che, quanto più ci si avvicina alla superficie, tanto più diventano appiattite. Il loro nucleo ha forma rotondeggiante e cromatina meno densa, con 1 o 2 nucleoli ben evidenti. Nelle cellule più superficiali dello strato spinoso si evidenziano al microscopio elettronico organuli rotondeggianti delimitati da una membrana e con struttura interna multilamellare. Questi organuli, detti cheratinosomi o corpi Figura 2.6 Raffigurazione schematica delle unità di proliferazione epidermica, organizzate in colonne verticali, derivanti da singole cellule staminali
lamellari, oppure corpi di Odland, che originano dall’apparato del
Golgi e si dispongono alla periferia della cellula, contengono i precursori dei lipidi di barriera epidermici sotto forma di strutture multilamellari appiattite, nonché glicoproteine, complessi polisaccaridici ed enzimi idrolitici. Le acilglucosilceramidi, precursori delle ceramidi presenti all’interno dei cheratinosomi, agiscono qui come “bulloni molecolari” saldando, al loro interno, i doppi strati lipidici adiacenti che possono pertanto impilarsi costituendo le strutture multilamellari. Lo strato granuloso è abitualmente costituito da 2-3 filiere di cellule notevolmente appiattite, ricche di tonofilamenti, senza evidenti ponti intercellulari, con nuclei piccoli, a contorni irregolari, disposti con asse maggiore parallelo alla superficie cutanea e con cromatina addensata. Il citoplasma e ripieno di granulazioni birifrangenti, intensamente basofile, dette granuli di cheratoialina (Fig. 2.7).
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La cheratoialina è una proteina acida altamente fosforilata e a elevato peso molecolare ricca di istidina, da cui prende origine la filaggrina. Tale proteina basica funge da matrice per il corretto assemblaggio delle fibre cheratiniche e viene successivamente degradata, a opera di enzimi idrolitici, nei suoi costituenti elementari, i quali
Figura 2.7 Raffigurazione schematica di un cheratinocita dello strato granuloso: (a) nucleo; (b) cheratinosomi e granuli di cheratoialina
entrano a far parte del natural moisturizing factor (NMF), importante per il mantenimento dell’idratazione dello strato corneo. All’osservazione ultrastrutturale la cheratoialina si presenta sotto forma di granuli irregolari, intensamente osmiofili, intimamente associati ai tonofilamenti. Nello strato granuloso i cheratinosomi si fondono alla membrana plasmatica versando per esocitosi il loro contenuto negli spazi extracellulari. Lo strato lucido si rileva solo a livello palmo-plantare, appare costituito da 1-2 file di cellule appiattite, a contorni mal definiti, prive di nucleo o con residui nucleari, a citoplasma omogeneo per la presenza di una sostanza detta eleidina, che rifrange la luce e non è colorabile all’ematossilina. Lo strato corneo appare formato da cellule appiattite embricate tra loro, ampie e poligonali, di aspetto lamellare, prive di nucleo e con citoplasma eosinofilo amorfo e omogeneo ripieno di filaggrina e di abbondanti fibre cheratiniche. Tali cellule, dette corneociti, appaiono delimitate da un rigido involucro esterno (cornified cell envelope), costituito da una proteina ricca di ponti di
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solfuro e di residui di glutamina detta involucrina (prodotta dall’enzima trans - glutaminasi), alla cui superficie sono ancorate covalentemente molecole lipidiche (idrossiceramidi) . Il loro contenuto idrico è fortemente ridotto rispetto a quello delle cellule degli strati inferiori (10-30% contro 70%). Il cheratinocita è la cellula numericamente più rappresentata nell’epidermide e la sua evoluzione maturativa, da elemento metabolicamente molto attivo a cellula morta interamente cheratinizzata, determina quelle variazioni morfologiche che permettono la suddivisione dell’epidermide in più strati e che vengono indicate con il termine cheratinizzazione (Fig. 2.8). Tale processo di citomorfosi cornea inizia già nello strato basale, con la trasformazione delle proteine globose del cheratinocita basale in specifiche scleroproteine fibrose a basso peso molecolare dette tonofilamenti o filamenti intermedi (citocheratine), che si
Figura 2.8 Raffigurazione schematica del processo di citomorfosi cornea dell’epidermide (cheratinizzazione)
organizzano, nello strato spinoso, in ammassi di tonofibrille. A livello dello strato corneo le singole strutture multilamellari derivanti dai cheratinosomi riversate nello spazio extracellulare si fondono a costituire una sostanza intercellulare cementante composta da strati alterni di molecole lipidiche e acqua, organizzate in una struttura multistrato,
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successivamente le acilglucosilceramidi perdono il glucosio, generando le ceramidi (o sfingolipidi). Nel complesso, si può immaginare lo strato corneo come un muro di mattoni in cui i corneociti (mattoni), appaiono immersi in una continua matrice idrofoba (cemento) di lipidi organizzati secondo una configurazione definita dagli anglosassoni “bricks and mortar” (Fig. 2.9).
Figura 2.9 Raffigurazione schematica della struttura a “mattoni e cemento” dello strato corneo dell’epidermide
Nella parte più profonda dello strato corneo i corneociti sono disposti in maniera tale da risultare molto ravvicinati tra di loro (corneum compactum), mentre in quella più superficiale, per effetto di una fisiologica degradazione delle giunzioni intercellulari, sono separati da lacune di aria contenenti lipidi (corneum disjunctum) e si distaccano sotto forma di lamelle cornee in modo inapparente dando luogo alla fisiologica desquamazione. La matrice lipidica idrofoba degli spazi intercellulari costituisce il 20% del volume dello strato corneo e rappresenta un elemento essenziale per la funzione barriera della cute. Ogni corneocita può essere immaginato come un complesso proteico insolubile costituito principalmente da una matrice macrofibrillare di cheratina. I lipidi della matrice intercellulare, la maggior parte dei quali deriva dai corpi lamellari dei cheratinociti dello strato spinoso e granuloso, sono invece rappresentati da tre elementi
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fondamentali: ceramidi (50% del volume totale), acidi grassi liberi (10-20%) e colesterolo (circa 25%). Le ceramidi, delle quali sono note 9 specie diverse, contengono acido linoleico, un acido grasso essenziale, e sono componenti strutturalmente fondamentali ai fini della formazione e del mantenimento della barriera cutanea. La presenza nella loro molecola delle lunghe catene alifatiche consente infatti una disposizione stabile in grado di conferire impermeabilità ottimale alla sostanza intercellulare. Gli acidi grassi liberi, invece, comprendono una miscela di acidi grassi essenziali e acidi grassi non essenziali, entrambi importanti nel costituire la barriera. Il colesterolo, infine, deriva direttamente dalla secrezione dei corpi lamellari. La composizione dei lipidi epidermici varia nei diversi strati dell’epidermide. Al contrario delle membrane plasmatiche cheratinocitarie epidermiche, nello strato corneo normale non si ritrovano infatti fosfolipidi. Inoltre, trigliceridi, acidi grassi saturi a catena corta e acidi grassi insaturi, spesso inclusi come costituenti dello strato corneo, in realtà rappresentano solo contaminanti di origine sebacea e, come tali, non rivestono un ruolo significativo nella funzione barriera. Il processo di citomorfosi cornea si estrinseca in modo leggermente differente nelle diverse età della vita. L’epidermide della cute neonatale possiede tutti gli strati della cute di un adulto, ma è più sottile; le cellule contengono un minor quantitativo di glicogeno e lo strato corneo risulta più permeabile rispetto a quello dell’adulto.
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Tali differenze tendono a scomparire a partire dall’inizio del terzo trimestre di vita. Nel soggetto anziano, mentre lo strato corneo mantiene il proprio spessore, l’epidermide in toto si assottiglia per effetto di una diminuzione del numero delle filiere cellulari dello strato spinoso. L’assottigliamento epidermico è determinato dal ridotto turnover cellulare, che appare dimezzato dalla terza decade di vita quale conseguenza di una diminuzione delle capacita proliferative correlabile all’età. Si osserva anche una riduzione della coesione intercorneocitaria, con conseguente alterazione della funzione barriera e insorgenza di xerosi cutanea. Nel fotoinvecchiamento si verificano inoltre un’alterazione e uno scompaginamento citoarchitetturale dei cheratinociti (modificazioni di forma, grandezza e grado di differenziazione), che possono presentare atipie nucleari, con comparsa di aree alterne di atrofia epidermica e iperplasia displastica quale effetto di cambiamenti dell’espressione genica (alterata trasduzione del segnale e de-differenziazione).
2.3 Cellule ospiti
2.3.1 Melanociti
I melanociti originano dalla cresta neurale e si localizzano fra i cheratinociti a livello dello strato basale, con un rapporto di circa 1:10 nei
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confronti delle cellule basali, uguale in entrambi i sessi e in tutte le razze. Con l’età, invece, il loro numero tende a ridursi e si osserva altresì un’irregolarità della loro distribuzione e della loro attività funzionale. Contengono un nucleo piccolo ipercromatico, basofilo, di Figura 2.10 raffigurazione schematica di un melanocita, contenente granuli di melanina (melanosomi) in vario stadio di melanizzazione (a), con i caratteristici prolungamenti dendritici (b) che si insinuano tra i cheratinociti limitrofi (c)
forma rotondeggiante, un citoplasma chiaro e prolungamenti dendritici che si insinuano tra le cellule limitrofe, ripieni di granuli di
melanina (Fig. 2.10). Sono privi di tonofilamenti e di desmosomi, mentre contengono organuli enzimaticamente attivi in cui si forma il pigmento melanico, i melanosomi. Nello sviluppo dei melanosomi, che vede il passaggio dall’apparato del Golgi ai prolungamenti dendritici, si distinguono quattro stadi: stadio 1: vescicole rotondeggianti derivate dall’apparato del Golgi, attività tirosinasica presente, non pigmentate; stadio 2: vescicole ovali con numerosi microfilamenti, attività enzimatica presente, non pigmentate; stadio 3: struttura interna oscurata da depositi elettrondensi di melanina; attività tirosinasica diminuita; stadio 4: particelle elettrondense, pigmentate, attività tirosinasica assente. Il cheratinocita, quindi, capta parte dei processi dendritici del melanocita, trasferendo cosi all’interno del proprio citoplasma il pigmento.
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2.3.2 Cellule di Langerhans
Le cellule di Langerhans sono cellule dendritiche, simili ai melanociti ma prive di pigmento (Fig. 2.11 e 2.12), situate tra i cheratinociti dello strato basale e spinoso. Presentano un nucleo lobato, sono prive di tonofilamenti e di desmosomi, con Figura 2.11 Raffigurazione schematica di una cellula di Langerhans, con nucleo lobato e caratteristici granuli di Birbeck a racchetta da tennis
tengono mitocondri, lisosomi e un apparato del Golgi ben sviluppato. La loro principale caratteristica morfologica è
rappresentata dalla presenza di organuli citoplasmatici noti come granuli di Birbeck. Questi granuli possono avere aspetti diversi a seconda del piano di sezione: le immagini più comuni sono a bastoncino con estremità a racchetta da tennis. Le cellule di Langerhans hanno attività fagocitaria e presentano sulla loro membrana plasmatica gli antigeni di istocompatibilità MHC di classe II DR, DQ e DP e le molecole CD1a e CD1c. Sono elementi che originano dal midollo osseo (come dimostra l’espressione dell’antigene CD45) e sono in grado di attraversare la parete vasale e la GDE. La loro principale funzione è quella di captare e presentare l’antigene al linfocita T CD4+ (T-helper). Svolgono pertanto un ruolo essenziale nella sensibilizzazione da contatto, nell’immunosorveglianza verso le infezioni virali e le neoplasie e nel Figura 2.12 Aspetto della cellula di Langerhans al microscopio ottico
rigetto di trapianto di cute eterologa.
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Potrebbero inoltre avere un ruolo nel controllo della proliferazione e dell’organizzazione dei cheratinociti. Tendono a ridursi numericamente con il passare degli anni, specie nelle zone fotoesposte, potendo ciò comportare un calo dell’efficienza della risposta immunitaria cutanea nel soggetto anziano.
2.3.3 Linfociti
I linfociti, elementi grossolanamente ovoidali, con scarso citoplasma e nucleo ipercromatico rotondeggiante, sono presenti a livello del derma e dell’epidermide in condizioni normali e patologiche,
Figura 2.13 Immagine istologica in cui si osservano alcuni linfociti sotto forma di piccoli elementi rotondeggianti dispersi nell’epidermide
partecipando alla funzione immunologica (Fig. 2.13).
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CAPITOLO 3: Vie di penetrazione cutanea
In accordo con il sopracitato modello della malta e del mattone, il processo di assorbimento percutaneo può avvenire tramite due differenti vie: la via transepidermica (anch’esso suddiviso in altre due differenti vie, intercellulare e intracellulare) e quella transappendiceale (follicoli piliferi, dotti sudoripari e ghiandole sebacee).
Figura 3.1 Vie di assorbimento percutaneo
3.1 Via transepidermica
La via transepidermica consiste nelle vie intercellulare e intracellulare. La via intercellulare concerne il passaggio del soluto attraverso una via tortuosa che passa per i domini lipidici intercellulari (via le cellule corneificate dello strato corneo, le cellule vitali dell’epidermide e del derma). Studi hanno evidenziato che sono i lipidi intercellulari e non le proteine dello stato corneo a dare il maggior contributo alla barriera epidermica contro la permeabilità2. Inizialmente la via intercellulare non è
Elias PM, Friend DS. The permeability barrier in mammalian epidermis. J Cell Biol. 1975;65(1):180-191 2
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stata considerata come principale meccanismo di permeazione dato il poco volume occupato. Più tardi invece si vedrà che è ben più elevato di quanto non fosse stato stimato. La via intracellulare (o transcellulare) implica la penetrazione attraverso i corneociti e in seguito dei lipidi intercellulari. I composti che permeano attraverso questa via sfruttano le imperfezioni nei corneociti che vanno a formare delle aperture. Questa via è indicata soprattutto per la veicolazione dei composti idrofilici. È interessante notare che la via intercellulare consiste nel passaggio sia attraverso i corneociti sia i lipidi intercellulari.
3.2 Via transappendiceale
Nella via transappendiceale la sostanza penetrante attraversa lo strato corneo attraverso un percorso parallelo messo a disposizione dai follicoli piliferi o le ghiandole sudoripare. In particolare, i follicoli piliferi hanno un ruolo maggiore in quanto la loro distribuzione corporea è più elevata. Sebbene l’area superficiale per la “via pilifera” sia circa lo 0,1% dell’intera superficie corporea, è stato constatato che il numero di follicoli insieme alla loro distribuzione, il loro diametro d’apertura e il volume follicolare sono importanti per quanto riguarda l’estensione della distribuzione del farmaco. In più, il follicolo pilifero penetra fino al derma e ciò aumenta la reale area superficiale disponibile per la penetrazione.
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3.3 Principi di diffusione cutanea
Quando un farmaco è applicato sulla superficie cutanea questo si trasferisce negli strati profondi della pelle passando per lo strato corneo e gli strati vitali dell’epidermide. Lo strato corneo, composto da cheratinociti, si comporta come un’efficacie barriera e la diffusione passiva è il meccanismo tramite il quale le molecole si muovono attraverso di esso. La prima legge di Fick determina che la diffusione avviene secondo il gradiente di concentrazione, in altre parole avviene in direzione da una concentrazione maggiore a una minore. Secondo questa relazione, il flusso di un soluto ( ) attraverso una membrana con area unitaria A in una dimensione (x) è direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione ( ) tra i due lati della membrana [vedi bene la definizione sul colombo e metti quella e mettila nelle note semmai]. Il flusso (J) può essere matematicamente definito dalla seguente relazione (1): 𝐽=
𝑑𝑄 𝑑𝑐 = 𝐷𝐴 𝑑𝑡 𝑑𝑥
(1)
Come è indicato nell’equazione, il flusso (J) è direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione tra le due membrane. In aggiunta, il coefficiente di diffusione (D) può essere calcolato dalla relazione (2): 𝐷=
𝐵𝑇 6𝜋𝜂𝑅
(2)
Dove la B sta a rappresentare la costante di Boltzmann, T la temperatura, η la viscosità del mezzo e R il raggio del soluto. L’equazione (1), può essere scritta anche come la (3): 𝐽=𝐷
𝐴(𝐶 − 𝐶 ) ℎ
(3)
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In questa equazione C1 e C2 sono le concentrazioni di soluto ai due lati della membrana mentre h rappresenta lo spessore della membrana stessa. Basandosi su questa relazione possiamo definire il coefficiente di ripartizione (K) tra i due compartimenti mediante la (4): 𝐾=
𝐶 𝐶 = 𝐶 𝐶
(4)
Dove Cd e Cr rappresentano le concentrazioni rispettivamente del compartimento donatore (donor) e accettore (receptor) (Fig. 3.2). Considerando ora il coefficiente di ripartizione K l’equazione (3) può
Figura 3.2 Assorbimento di molecole di farmaco dal compartimento donatore a quello accettore secondo gradiente
essere scritta come (5): 𝐽=
𝐷𝐴𝐾(𝐶 − 𝐶 ) ℎ
(5)
Si deduce che la diffusione passiva del farmaco dipende dal gradiente di concentrazione, temperatura e dimensione delle particelle del farmaco (o del sistema di trasporto).
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CAPITOLO 4: La psoriasi
4.1 La patologia
Il nome Psoriasi deriva dal greco psora che vuol dire squama. La manifestazione clinica più comune della patologia è infatti una chiazza eritematosa coperta da squame grigiastre. La prima descrizione di una dermatosi che sembri descrivere la psoriasi, risale agli esordi della medicina, nel Corpus Hippocraticum, pubblicato ad Alessandria d’Egitto 100 anni dopo la morte di Ippocrate che per primo usò i termini lebbra e psora. Nel 25 dc Celsius traducendo in greco gli scritti di Tiberio Menecrate, medico personale dell’imperatore Tiberio, individuò tra 40 dermatosi, una forma di impetigo che può essere interpretata come psoriasi. Il dott. Robert Willan nel 700 distinse due quadri: la lepra graecorum e la psora leprosa chiamata in seguito psoriasi. Nell‘800 Ferdinand Von Hebra, austriaco, dava l’inquadramento attuale di psoriasi. La psoriasi è dunque una malattia infiammatoria cronica ricorrente immuno-mediata a prevalenza globale, di origine genetica che si manifesta nella pelle, nelle articolazioni o in entrambe, associata a fattori scatenanti ambientali, inclusi trauma, stress, medicazioni e infezioni. Le sue tipiche manifestazioni cliniche sono ben marcate, piaghe squamose eritematose, generalmente sui siti degli estensori o alle estremità. L’elemento caratteristico della malattia è l’alterata differenziazione delle cellule dell’epidermide così come l’infiammazione.
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La psoriasi fornisce molte sfide che includono: l’alta prevalenza, la cronicità, la deturpazione, la disabilità e la comorbidità associata. È una comune malattia della pelle che grava sul paziente sia fisicamente che psicologicamente. Come altre dermatiti, le deturpazioni visibili portano a reazioni negative che possono causare la maggior parte del peso psicologico della malattia. Anche la prevalenza è un aspetto importante, di cui la WHO tiene molto conto. Si stima che per l’Europa e il Nord America la prevalenza sia circa il 2% ma molte sono le differenze geografiche ed etniche tanto che essa può ampiamente oscillare tra lo 0,5 e il 4% e il relativo aumento sia strettamente correlato con l’età: da una prevalenza dello 0,12% all’età di un anno fino al 1,2% al raggiungimento dei 18 anni. In particolare la Psoriasi è più frequente nelle popolazioni caucasiche e meno tra gli asiatici ed afro-americani. In Europa colpisce maggiormente le popolazioni nordiche rispetto alle mediterranee3. In Italia la prevalenza è stimata tra il 3,1% (Naldi) e il 2,8% (studio PraKtis); in pratica gli italiani affetti dalla malattia sono 1,5 - 2,5 milioni. Circa il 70-80% dei pazienti ha una forma lieve della malattia che può essere controllata anche solo un trattamento topico. Si ritiene che il clima, l’esposizione solare e l’etnia incidano sulla prevalenza della malattia, comunque, studi recenti, mostrano che una debole correlazione tra latitudine e prevalenza della malattia, il che evidentemente suggerisce che altri fattori, o combinazioni di fattori, possano essere coinvolti. L’Indice UV (l’indice universale della radiazione solare) UVI è una variabile utile nella diagnosi e nel trattamento della psoriasi, in quanto la psoriasi cutanea e l’artrite psoriasica peggiorano in inverno e migliorano d’estate.
3
Dati forniti d http://www.psoriasionline.it
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Individui con psoriasi hanno un maggiore rischio di sviluppare altre malattie croniche e altre malattie pericolose per la salute. Queste patologie in comorbidità includono artrite psoriasica, sindrome metabolica o componenti della sindrome, malattie cardiovascolari e altre patologie severe come ansietà, depressione, morbo di Crohn, steatosi epatica non alcolica, linfoma. La psoriasi può essere scatenata da diversi fattori non specifici, come un trauma leggero (es. piercing e tatuaggi), ustioni solari o irritanti di tipo chimico. Alcuni farmaci ad uso sistemico possono esacerbare la patologia. In aggiunta la psoriasi può essere innescata o aggravata da fattori di rischio legati all’attività lavorativa che vanno a danneggiare la funzione barriera della pelle. In alcuni casi, in particolare nella psoriasi palmo plantare, l’ambiente di lavoro del paziente dovrebbe essere valutato e dovrebbero essere messe in funzione adeguate misure protettive.
4.2 Le manifestazioni cliniche della psoriasi
La psoriasi è una malattia multifattoriale equamente distribuita in entrambi i sessi, sebbene recenti studi mostrino come in media gli uomini siano afflitti da una forma più grave della malattia rispetto alle donne. Sono presunte cinque forme differenti di psoriasi:
psoriasi volgare (psoriasi a chiazze), che può colpire sia pelle che le unghie,
psoriasi guttata o eruttiva con una manifestazione simil esantematica,
psoriasi inversa, quanto la malattia è localizzata all’interno di pieghe della pelle,
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psoriasi pustolosa che si può distinguere in forma generalizzata o localizzata,
psoriasi eritrodermica una forma severa ma rara con coinvolgimento di tutta o gran parte della superficie corporea.
Da una prospettiva clinica la psoriasi può essere vista come un ampio spettro di manifestazioni epidermiche. In ogni momento si possono osservare varie forme contemporaneamente nello stesso individuo. Tutte le lesioni hanno caratteristiche comuni, incluso l’eritema, l’ispessimento e la desquamazione. Le lesioni possono avere una grandezza variabile da un punto di spillo fino ad un diametro di 20 cm, con la forma delle lesioni solitamente circolare, ovale o policiclica. Può interessare qualsiasi distretto corporeo ma con un coinvolgimento più frequente di gomiti, ginocchia, regione lombosacrale, scalpo e area genitale. La psoriasi clinicamente può essere distinta in due gruppi4 1. Psoriasi non pustolosa I. II.
Psoriasi volgare Psoriasi ungueale
III.
Psoriasi guttata
IV.
Psoriasi eritrodermica
V.
Psoriasi palmoplantare
VI. VII.
Artrite psoriasica Psoriasi inversa
2. Psoriasi pustolosa i.
Psoriasi pustolosa generalizzata (tipo von Zambusch)
ii.
Impetigine erpetiforme (tipo Barber)
iii.
Psoriasi pustolosa localizzata
Gulbahar Sarac, Tuba Tulay Koca, Tolga Baglan. A brief summary of clinical types of psoriasis North Clin Istanbul 2016;3(1):79–82 4
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(a) Psoriasi pustolosa palmoplantare (tipo Barber) (b) Acrodermatite continua di Hallopeau La psoriasi seborroica invece si verifica quando la psoriasi si presenta in concomitanza di una dermatite seborroica e tipicamente capita su volto, scalpo e zona presternale. La psoriasi volgare (Fig. 4.1a) è la classica manifestazione della malattia, conta circa il 90% dei casi. Le lesioni sono ben delineate, tipicamente monomorfiche, con chiazze eritematose, con bordi ben definiti e molto attivi che conferiscono alla lesione un aspetto anulare, coperte da scaglie lamellari argentee facilmente asportabili per sfregamento. La rimozione delle squame porta alla vista di piccole gocce di sangue (segno di Auspitz). Questo è causato dall’assottigliamento dello strato epidermico sovrastante le papille dermiche, che contengono capillari dilatati che sanguinano in seguito alla rimozione della scaglia. Le chiazze possono unirsi a formare un motivo policiclico o serpiginoso distribuite simmetricamente ovvero possono estendersi su ampie aree e presentandosi in forma eritrodermica sull’intera superficie corporea. L’eritrodermia è una malattia potenzialmente mortale e ogni forma di psoriasi può evolvere nella forma eritrodermica. La psoriasi può manifestarsi in qualsiasi sede corporea, tuttavia, le sedi tipiche che affliggono la malattia sono: la superficie estesa di avambracci e tibie, le zone periombelicale, perianale e retro auricolare e lo scalpo. Quest’ultima è diffusa nel 75-90% di pazienti affetti da psoriasi e casi di alopecia non cicatriziale non sono infrequenti. La psoriasi ungueale (Fig. 4.1e) si presenta in circa il 50% dei pazienti, con un’incidenza durante tutta la vita di circa l’80-90%, inoltre fino al 90% dei pazienti con artrite psoriasica mostra coinvolgimento della patologia a
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livello delle unghie. La forma lieve della psoriasi ungueale mostra una pigmentazione a chiazze giallo-marrone al di sotto del piatto ungueale e irregolarità nell’unghia stessa. Il piatto ungueale si inspessisce e sgretola e nello stadio finale della patologia si verrà a trovare una completa distrofia dell’unghia e ciò può essere debilitante. La psoriasi guttata (Fig. 4.1b) è una forma infiammatoria esantematica della psoriasi (guttata in latino vuol dire goccia) relativamente rara. È caratterizzata da un’eruzione di disseminate papule cheratosiche rosa scuro o rosse di 1-2 cm di diametro, con o senza squame, che appaiono generalmente sul tronco. Il disturbo compare solitamente in età giovanile con una prevalenza in un range compreso tra 0,5% e 2,0% e generalmente questa forma di psoriasi è preceduta da un’infezione streptococcica dell’albero respiratorio superiore (da streptococco β-emolitico), oppure da un’infezione virale avvenuta 2 o 3 settimane prima. La spiegazione di tutto ciò può essere data dalla somiglianza antigenica tra proteine streptococciche e antigeni dei cheratinociti. È un disturbo autolimitante, che si risolve in 3-4 settimane dall’inizio. Diversi studi affermano che in un terzo dei pazienti può evolvere nella classica psoriasi cronica a chiazze. Inoltre è possibile che le manifestazioni siano avvisabili nella regione genito-anale. La psoriasi inversa (Fig. 4.1c) invece è una variante sede specifica della patologia, che si presenta nelle pieghe della pelle e in aree intertriginose, come le regioni inguinale e ascellare spesso con assenza di scaglie a causa della frizione e l’umidità della zona colpita. In questo tipo di psoriasi le lesioni sono piaghe rosso scure caldo-umide ben definite mancanti delle caratteristiche squame, il che le rende difficili la diagnosi puntuale.
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La psoriasi pustolosa (Fig. 4.1d) è clinicamente ben distinta da altre forme di dermatosi. È caratterizzata da pustole bianche coalescenti (vesciche contenenti pus non infetto) di 2-5 mm di diametro, ben radicate e di un colore giallo tendenti a macule e croste rossastre. Le lesioni non sono associate ai follicoli dei capelli e sono sempre sterili. È una rara forma di psoriasi che affligge soprattutto l’adulto e di rado i bambini. Si conoscono dei fattori precipitanti e generalmente si presenta in pazienti con una storia pregressa di psoriasi volgare, anche se si può presentare anche senza una manifestazione precedente della patologia. Questa manifestazione della psoriasi po' essere distinta in due forme, generalizzata e localizzata. La psoriasi pustolosa generalizzata (di von Zumbusch) è una forma acuta della malattia, con una comparsa brusca disseminata di piccole pustole sterili, monomorfiche sulla pelle infiammata e dolorante. Queste pustole hanno la possibilità di evolversi in una bolla maggiore. I pazienti spesso mostrano segni di un’infiammazione sistemica, come la febbre. L’evento scatenante sono spesso le infezioni o la brusca interruzione di potenti terapie topiche a base di corticosteroidi. Forme severe di questo disturbo possono anche colpire il cavo orale (stomatite e lingua a carta geografica, stomatite areata migrante). Esami di laboratorio mostrano una leucocitosi polimorfonucleata con i globuli bianchi che raggiungono una concentrazione di 20.000/µL. Una forma di psoriasi pustolosa generalizzata è la forma palmo plantare, che consiste in pustole sterili giallo-marroni localizzate sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi. Circa il 25% di pazienti affetti da questa forma mostrano anche la psoriasi cronica a chiazze. Questa forma di disturbo è predominante nelle donne rispetto agli uomini con un rapporto di 9:1 ed
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è più frequente in fumatori ed ex fumatori. Ha un inizio tardivo (quarta o quinta decade di vita) e differenti cause. Un’altra forma localizzata, ben più grave è l’acrodermatite continua suppurativa (di Hallopeau) che affligge unghie e dita e le pustole confluiscono, a partire dalle unghie, a formare una bolla maggiore. Questo disturbo è persistente per anni e può andare incontro a periodi di remissione ed esacerbazione e può portare alla perdita di dita e/o unghie dei piedi. La psoriasi eritrodermica (Fig. 4.1g) è definita come una forma di psoriasi estesa su tutta la superficie corporea. Può evolvere da ogni tipologia di psoriasi in maniera progressiva o repentina. I fattori che inducono l’eritrodermia sono i trattamenti irritanti, ustioni solari e l’interruzione di terapie a base steroidea. È una condizione potenzialmente fatale, con complicazioni come la perdita di proteine ed elettroliti, riposte e termoregolazione compromesse, superinfezioni e scompenso cardiaco. Capire il ruolo del sistema immunitario nella psoriasi e la relativa interazione tra sistema innato e adattativo (o acquisito) aiuta nella gestione di questa complessa malattia, che affligge i pazienti ben oltre la pelle.
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a)
b)
e)
f)
c)
g)
d)
h)
Figura 4.1 a) psoriasi volgare; b) psoriasi guttata; c) psoriasi inversa; d) psoriasi pustolosa; e) psoriasi ungueale; f) psoriasi infantile; g) psoriasi eritrodermica; h) psoriasi dello scalpo
4.3 Patogenesi
Il coinvolgimento del sistema immunitario nell’eziologia della psoriasi è ormai ampiamente accettato e specifiche ricerche sul genoma hanno evidenziato che geni associati alla psoriasi sono principalmente geni correlati all’immunità dimostrando un collegamento meccanicistico tra genetica e immunità. Le lesioni provocate dalla psoriasi sulla pelle sono il risultato di un’interazione deregolata tra componenti del sistema immunitario innato e quello acquisito verso le cellule cutanee residenti. La psoriasi è principalmente un disturbo mediato da linfociti-T e cellule dendritiche insieme ad un complesso circuito a feedback regolato da cellule presentanti l’antigene (APCs), granulociti neutrofili, cheratinociti, cellule dell’epitelio vascolare e del sistema nervoso cutaneo (Fig. 4.2).
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L’interazione tra i due tipi di immunità è mediato dalle citochine tra cui le più studiate TNF-α, interferon-γ (INF-γ) e IL-1. Il meccanismo centrale della malattia vede come protagonista l’interazione tra il sistema immunitario innato e adattativo, con un ruolo centrale giocato da TNF-α, l’asse IL-23/linfociti-T helper 17 (Th17) e l’effetto della reazione immunitaria sulle altre cellule della pelle. Si pensa che complessi trasportatori di DNA e il peptide antimicrobico epidermico LL-37 (catelicidina) stimolino le cellule dendritiche plasmacitoidi nella produzione dell’interferon-α (INF-α), mentre nell’esacerbazione o nell’inizio della psoriasi le cellule dendritiche attivate producono, tra gli altri mediatori, anche TNF-α e IL-23. La prima è una citochina proinfiammatoria che amplifica l’infiammazione attraverso numerose e distinte vie, è prodotta da un’ampia tipologia di cellule tra cui macrofagi, linfociti, cheratinociti e cellule endoteliali ed esplica la sua azione su diversi tipi cellulari inducendo mediatori secondari e molecole di adesione, tutti implicati nella psoriasi. I linfociti-Th17 sono una sottocategoria dei linfociti-T che esprimono l’IL-17 e giocano un ruolo predominante nella patogenesi della psoriasi e altri disturbi su base infiammatoria. L’espansione di questi linfociti dipende da cellule mieloidi che producono l’IL-23 che portano alla differenziazione di questi Th17. L’IL-23 agisce principalmente sui linfociti-T di memoria, poiché i linfociti-T nativi non esprimono il recettore per questa interleuchina. Altre citochine, tra cui l’IL-9, possono dare supporto all’infiammazione mediata da Th17. Una volta attivate, queste cellule producono diversi mediatori come l’IL-17A, 17F e 22 che inducono la proliferazione dei cheratinociti e altri segni caratteristici della psoriasi.
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Nella pelle afflitta da psoriasi l’IL-17 è rilasciata da linfociti-T CD4+, linfociti-T CD8+ epidermici, neutrofili, mastcellule e macrofagi. La complessa deregolazione della quasi totalità di ogni tipo cellulare cutaneo, che include la proliferazione di cheratinociti e la produzione di interleuchine è causata dal TNF-α e l’asse IL-23/Th17. Inoltre i cheratinociti rilasciano peptidi antimicrobici, citochine e chemochine che agiscono come fattori di reclutamento per le cellule infiltranti del sistema immunitario. Pertanto esiste un circuito a feedback tra le cellule del sistema immunitario e le cellule epiteliali residenti nella psoriasi. Anche le cellule dell’endotelio vascolare sono strettamente correlate al disturbo psoriasico poiché il contesto infiammatorio porta all’induzione e all’attivazione ad un’ampia gamma di fattori proangiogenici. I linfociti-Treg influenzano il microambiente angiogenico correlato al fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) contribuendo ad un altro segno caratteristico della patologia come l’iperplasia epidermica. Le forme di psoriasi gravi e a rapido inizio possono essere associate con il polimorfismo di un singolo nucleotide nel gene che codifica per il VEGF. Inoltre l’ambiente proinfiammatorio della pelle, regolato dal TNF-α, promuove le molecole di adesione endoteliale, che facilitano il reclutamento dei linfociti circolanti nella pelle psoriasica. Anche i circuiti a feedback tra le cellule del sistema immunitario ed altri tipi cellulari, come le fibre nervose, sono allo stesso modo implicati nelle anomalie fisiopatologiche della psoriasi. La psoriasi dunque, non è più pensata come una patologia che colpisce soltanto la pelle, ma è anche vista come un disturbo infiammatorio sistemico.
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Figura 4.2 immunopatogenesi della psoriasi La complessa interazione tra le varie cellule della cute coinvolge molte citochine e chemochine che orchestrano i cambiamenti patologici nella cute pre-psoriasica. LA differenziazione dei linfociti-Th1 e Th17 è stimolata dalle cellule di Langerhans attraverso l’IL-23 (A). Le cellule del sistema immunitario innato e adattativo producono diversi mediatori che inducono e mantengono i segni caratteristici della patologia sia nell’epidermide che nel derma. Queste cellule facilitano la risposta infiammatoria attraverso i loro mediatori (B).
Immunopatologia della cute: Il ciclo di maturazione dallo strato basale allo strato corneo è di 28 giorni, nella pelle affetta da psoriasi questo processo impiega soltanto 5 giorni come il risultato dell’interruzione della differenziazione dei cheratinociti. I cheratinociti basali producono Figura 4.3 caratteristiche istopatologiche della psoriasi. Nella psoriasi volgare, l’epidermide mostra una marcata acantosi epidermica, ipercheratosi ed elongazione delle creste (A, cute normale B, cute affetta da psoriasi e relative lesioni). Vasi sanguigni dilatati raggiungono l’apice delle papille dermiche (B, freccia). Infiltrato infiammatorio con accumulo di neutrofili nell’epidermide (B, asterisco). In contrasto con la cute normale (C), determinazione immunoistochimica del CD3 rivela molti linfociti-T nel derma e nell’epidermide nelle lesioni (D, freccia). Anche la presenza di nuclei cellulari nello strato corneo sono un segno caratteristico nelle lesioni da psoriasi (D, asterisco).
cheratina-5 e 14 e possono differenziarsi per produrre cheratina 1 e 10, le cheratine principali dell’epidermide interfollicolare matura. Le cheratine 1 e 10 sono espresse in misura minore nella pelle colpita da psoriasi, mentre le cheratine 6 e 16, viste nelle cellule con un turnover veloce, sono marker dello stato attivo
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dell’infiammazione e aumentano nell’epidermide lesionata e dintorni nella psoriasi volgare. Biopsie della pelle mostrano acantosi, creste cutanee allungate e corneificazione incompleta, paracheratosi o ritenzione di nuclei nello strato corneo (Fig. 4.3), diminuzione di lipidi cellulari risultante da una minore aderenza dello strato corneo e conseguente formazione di squame cornee, perdita dello strato di cellule granulari, dilatazione del letto capillare sottostante e infiltrazione di linfociti-T, cellule dendritiche, granulociti neutrofili e altri leucociti. I cosiddetti micro ascessi di Munro sono dei granuli di neutrofili che si infiltrano dal derma papillare nello strato corneo mentre pustole spongiformi multiloculari di Kogoj mostrano neutrofili nello strato spinoso provenienti da quello spongioso. Tramite scansione Doppler si è visto come il flusso sanguigno sotto le piaghe sia di quattro volte superiore alla pelle normale. I fattori locali responsabili della crescita del letto vascolare aumentano nei dintorni dei bordi attivi delle piaghe e queste modificazioni del letto vascolare sono mediate da un’aumentata espressione del fattore di crescita del letto vascolare (VEGF). L’aumentata espressione delle molecole di adesione (P ed Eselettine, ICAM-1 e VCAM-1) promossa dalla stimolazione da parte delle citochine permette la trasmigrazione leucocitaria attraverso i tessuti. Infatti, topi transgenici che iperesprimono il VEGF sviluppano lesioni simili a quelle psoriasiche. Le cellule dendritiche plasmacitoidi aumentano di numero in caso di psoriasi e producono interferone di tipo I dopo il riconoscimento del DNA tramite i recettori Toll-like, difatti il trattamento con INF-α induce o peggiora le condizioni della malattia. Questi recettori sono localizzati in cellule come i macrofagi e cellule di Langerhans e sono deputati al riconoscimento di
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molecole microbiche. I cheratinociti affetti da psoriasi rilasciano peptidi antimicrobici come β-defensine, catelicidine, e psoriasina (S100A7) che espletano un effetto chemiotattico sui linfociti-T e cellule di Langerhans. Il peptide antimicrobico LL37 lega il DNA-self e attiva le cellule dendritiche palsmacitoidi e induce la produzione di interferone attraverso l’interazione con i recettori Toll-like. Il TNF-α è una potente citochina proinfiammatoria, è prodotta da macrofagi residenti nel derma, cellule di Langerhans, cheratinociti attivati e linfociti-T ed è implicata nella patogenesi della psoriasi, oltretutto risulta in più alte concentrazioni nelle lesioni psoriasiche rispetto alla pelle non coinvolta nella malattia. Questa citochina aumenta la produzione di altre citochine proinfiammatorie come IL-1, IL-6 e IL-8 e di molecole di adesione come ICAM-1, P ed E-selettine (che permettono l’infiltrazione leucocitaria nel tessuto) e la trascrizione del fattore NFκB, che può inibire il segnale di apoptosi indotto nelle cellule psoriasiche dal TNF-α. Nelle lesioni da psoriasi l’IL-1 aumenta la produzione di citochine e l’espressione di citocheratina-6, mentre l’IL-6 incrementa la produzione delle proteine di fase acuta e l’IL-8 attiva i linfociti e i neutrofili chemiotattici. Le mastcellule sono state associate all’infiammazione psoriasica e rilasciano TNF-γ a seguito della loro stimolazione. Possono anche rilasciare mediatori selettivi della stimolazione senza andare incontro a degranulazioni. Lin AM, et al. hanno osservato che nelle lesioni psoriasiche le mastcellule IL-17+ e i neutrofili hanno una più alta densità rispetto a linfociti-T IL-17+, inoltre le mastcellule formano delle trappole extracellulari (NET, neutrophil extracellular traps) associate al rilascio di
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IL-17, mentre IL-23 e IL-1β inducono la formazione di NET e la degranulazione. Il rilascio di citochine proinfiammatorie da parte delle cellule del sistema immunitario innato e delle cellule dendritiche plasmocitoidi stimola le cellule mieloidi dendritiche nella pelle. Queste, aumentano di numero nella psoriasi e inducono l’autoprolifereazione dei linfociti-T e delle citochine rilasciate dai linfociti-T helper di tipo 1 (Th1) e più recentemente sono stati identificati anche linfociti-Th17 e le citochine associate. Nella via dei Th1 le APCs rilasciano IL-2 e interferone-γ che promuovono la differenziazione dei linfociti-T nativi in Th1, questo induce l’espressione del T-box21 e la secrezione di citochine proinfiammatorie incluso l’INF-γ. Nella via dei Th17 le cellule dendritiche presentano l’antigene e stimolano i linfociti-Th17 attraverso le citochine, come IL-23, TGB-β e IL-6 inducendo i fattori di trascrizione RORyt e la secrezione di citochine incluse IL-17, IL21 e IL-22. IL-17A, IL-22 e il TNF-α inducono nei cheratinociti la produzione di IL-20. Addizionalmente una sottofamiglia di linfociti-T CD4+ effettori, chiamati Th22, rilascia l’IL-22 ma non l’IL-17 o il TNF-α e hanno una bassa se non indeterminabile espressione dei fattori di trascrizione dei Th17 e Th1. L’IL22 induce la proliferazione dei cheratinociti e l’iperplasia epidermica, inibisce la differenziazione terminale dei cheratinociti e promuove il rilascio del peptide antimicrobico.
4.3.1 Genetica della psoriasi
La psoriasi è da tempo considerata una patologia su base genetica e la prima osservazione che fosse un disturbo ereditario a substrato genetico
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fu del 1957. Estese prove epidemiologiche e studi di concordanza effettuati su gemelli omozigoti confermarono il cluster familiare di questa patologica cronica infiammatoria. Dal 1957 si è accresciuta la lista dei polimorfismi genetici legati alla patologia, incluse alcune rare mutazioni casuali, grazie all’evoluzione dei programmi di genotipizzazione e dei metodi statistici. Ciò nonostante, la prevalenza dei pazienti affetti da psoriasi mancanti dei loci di suscettibilità noti associati alla psoriasi e l’esatto meccanismo molecolare tramite il quale i polimorfismi contribuiscano alla malattia restano poco chiari. Il lavoro recente indica un complesso sistema di interazioni tra genetica, epigenetica e la rete di segnalazione infiammatoria della pelle e cellule mediatrici dell’immunità. Risultati di studi di popolazione mostrano un’alta incidenza della malattia in parenti di primo e secondo grado di pazienti affetti dalla psoriasi rispetto alla popolazione generale. Inoltre, i tassi di concordanza in gemelli omozigoti sono tre volte più alti rispetto a gemelli eterozigoti. I fattori genetici sembrano anche coinvolti nella gravità della malattia perché, in media, in pazienti con un rapido onset la malattia (psoriasi di tipo I) ha un decorso più grave e una storia familiare pregressa, mentre in pazienti con onset ritardato (psoriasi di tipo II) tende ad avere forme più leggere e spesso una storia familiare negativa. Sono stati descritti molti loci genetici di suscettibilità reputati essere causa di psoriasi. Originariamente la psoriasi fu associata con HLA-B13. Analisi di associazione ad ampio spettro sul genoma hanno mostrato la riproducibilità dell’associazione della psoriasi con un locus sul cromosoma 6p, in particolare l’allele HLA-Cw6 (facente parte del sistema dell’antigene leucocitario umano HLA, del complesso maggiore di istocompatibilità I MHC I) è quello più frequente nel locus di suscettibilità della psoriasi 1
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(PSORS1) e conta circa il 50% di ereditabilità della malattia. Oltre a questo sono stati associati alla psoriasi altri 40 loci. I corrispondenti geni in questi loci sono coinvolti nei meccanismi patogenetici che hanno un ruolo centrale nel sistema immunitario innato e acquisito. Variazioni nel gene che codifica per il recettore dell’IL-23 e nella regione non codificante dell’IL-12B suggeriscono che ci sia un coinvolgimento dei linfociti-T specialmente dei Th17 nella patogenesi e nei fattori di rischio della psoriasi. Studi genetici sulla patologia hanno aiutato a comprendere meglio e riclassificare le manifestazioni cliniche della malattia e l’associazione tra psoriasi e altre importanti malattie associate. Il locus PSORS1 è fortemente correlato con la psoriasi guttata ma non con la psoriasi pustolosa nella sua forma localizzata palmo plantare. Inoltre la forma generalizzata della psoriasi pustolosa è collegata ad una deficienza dell’antagonista al recettore per l’IL-36 e una mutazione a carico di una variante del gene CARD14. Molti geni, tra cui quello per l’IL-28R, sono associati alla psoriasi e all’artrite psoriasica. Il gene CDKAL1 è collegato alla psoriasi e alle comorbidità con malattie tipo il diabete tipo II ed il morbo di Crohn. Analisi genetiche hanno evidenziato che una mutazione dell’Interleuchina-36RN e una mutazione gain-of-function del gene CARD14 sono importanti fattori predisponenti la psoriasi volgare. Molte manifestazioni di sola psoriasi pustolosa sono causati da una mutazione recessiva dell’Interleuchina-36RN, ma in molti pochi casi in cui si verifica in concomitanza la psoriasi pustolosa generalizzata e la psoriasi volgare c’è una mutazione recessiva sullo stesso gene, ciò suggerisce che la manifestazione della sola psoriasi pustolosa è geneticamente differente
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dalla variante pustolosa associata a quella a chiazze. L’identificazione di questa mutazione recessiva porta a una precoce diagnosi di psoriasi pustolosa generalizzata e una mutazione gain-of-function del gene CARD14 è un fattore predisponente alla variante associata alla psoriasi volgare. Paradossalmente, inibitori del TNF-α che sono utilizzati nel trattamento della psoriasi sono associati alla comparsa di eruzioni psoriasiformi pustolose generalmente localizzati su palmi e pianta del piede.
4.4 Indice PASI5
Dermatologi esperti possono valutare rapidamente con uno sguardo veloce la gravità della psoriasi in un paziente e in casi eccezionali possono ricordarsi dello stato precedente in cui versa il paziente e capire il cambiamento delle condizioni ad ogni visita. La vera sfida è quella di avere un quadro preciso sulle condizioni del paziente in maniera oggettiva. Per dimostrare che le nuove terapie sono sicure ed efficaci in maniera rigorosa, sono richiesti degli strumenti clinici validi, semplici, obiettivi e sensibili facilmente reperibili. Sebbene non ci siano gli strumenti che rispondano pienamente a questi requisiti viene usato comunemente l’indice PASI (Psoriasis Area and Severity Index) per fare una stima delle nuove terapie, specialmente quelle sistemiche in paziente affetti da psoriasi da mite a grave. Per i pazienti candidati alle terapie sistemiche ci sono due potenziali vantaggi. Il primo, nel caso che il paziente presenti un effetto avverso relativo alla terapia sistemica, la precedente documentazione obiettiva Martin M. Okun - Psoriasis Area and Severity Index: Nuts and bolts of measuring disease severity in psoriasis 5
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certifica che il paziente sia stato candidato correttamente alla terapia sistemica. Il secondo, la documentazione obiettiva della gravità della patologia può aiutare i dermatologi a giustificare la spesa per la decisione della prescrizione del trattamento con i biologici. La principale inattuabilità della raccolta dell’indice PASI è che tale stima, soprattutto per i novizi, può richiedere un certo tempo. Con la pratica, tuttavia, l’indice PASI può essere valutato in 5 minuti. L’indice PASI è un sistema di valutazione usato per la determinazione della terapia della psoriasi da quando è stato sviluppato alla fine degli anni ’70. Per ognuna delle quattro aree anatomiche prese in considerazione (testa, braccia, busto e gambe) viene valutata la gravità dell’eritema, ispessimento della cute con la desquamazione e la percentuale dell’area superficiale coinvolta. L’indice è compreso in un intervallo da 0, che corrisponde a nessun segno della patologia, fino a un massimo teorico di 72.0 (sebbene non sia comune trovare pazienti con un indice superiore a 40). Per individuare il PASI si deve valutare l’eritema, l’ispessimento cutaneo e la desquamazione di ogni area presa in esame. Ad ogni singolo sintomo viene assegnato un valore su una scala da 0 a 4 a seconda della gravità, partendo da 0 per “nessun segno di malattia” fino a 4 per “manifestazione grave della patologia” e come categorie intermedie “scarso” e “medio” come categorie intermedie. L’area colpita da psoriasi in ogni area anatomica presa in considerazione è stimata come una percentuale a cui è assegnato un valore in accordo al grado di coinvolgimento secondo lo schema riportato in Tabella 4.1 Siccome la testa, le estremità superiori, il busto e le estremità inferiori corrispondono approssimativamente al 10%, 20%, 30% e 40%
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rispettivamente della superficie corporea totale, l’indice PASI è calcolato con la seguente formula:
PASI = 0.1(Eh + Ih + Dh)Ah + 0.2(Eu+ Iu + Du)Au + 0.3(Et + It +Dt)At + 0.4(El + Il + Dl)Al
Dove E, I, D e A stanno a indicare rispettivamente eritema, ispessimento, desquamazione e area colpita, mentre h, u, t e l denotano rispettivamente testa, estremità superiori, busto ed estremità inferiori. Il PASI può essere utilizzato per valutare l’efficacia terapeutica di un farmaco. Un paziente è un PASI 75 responsivo ad un tempo dato se ha raggiunto una riduzione di almeno il 75% del suo indice PASI di partenza. Le altre misure di efficacia terapeutica di un farmaco in relazione a questo indice sono la frequenza di risposta PASI 50, PASI 90 e PASI 100 (che corrispondono alla percentuale di pazienti che raggiunge una riduzione del PASI di almeno 50%, 90% e 100% rispettivamente a uno specifico tempo). Reich e Mroweitz6 hanno suggerito che un traguardo appropriato per il trattamento di pazienti affetti da psoriasi di grado da moderata a grave è il raggiungimento di una riduzione dell’indice PASI di almeno il 75%. I pazienti non raggiungono una riduzione dell’indice di almeno del 50% in un tempo ragionevole (ad esempio 16 settimane per il metotrexato) dovrebbero ricevere una differente terapia. Sulla base di trials clinici Carlin et al.7 indicano che una risposta PASI 50 può essere sufficiente per dimostrare l’efficacia terapeutica di un farmaco.
Reich K, Mroweitz U. Treatment goals in psoriasis Revicki DA, Willian MK, Menter A, et al. Relationship between clinical response to therapy and health-related quality of life outcomes in patients with moderate to severe plaque psoriasis. 6 7
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I limiti del PASI sono che questo non indica l’influenza della patologia sulla qualità della vita e questo è un fattore importante in un più largo quadro d’insieme. Questa dimensione può essere descritta dall’indice DLQI (Dermatology Life Quality Index), un questionario compilato dai pazienti in cui è riportato come la patologia dermatologica, inclusa la psoriasi, incide sulla qualità della vita. Tabella 4.1 Assegnazione dei valori per la determinazione del PASI Grado di severità in ogni regione corporea
Valore assegnato
Nessuno
0
Scarso
1
Moderato
2
Marcato
3
Molto marcato
4
Area superficiale coinvolta in ogni regione
Valore assegnato
corporea Nessun coinvolgimento
0
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