Tesi Digiuno Intermittente: tra miti e realtà. Università degli studi del Foro Italico. Dr Fabrizio Gasbarri
May 3, 2017 | Author: Fabrizio Mmt Gasbarri | Category: N/A
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Università degli Studi di Roma “Foro Italico” Magnifico Rettore: Chiar.mo Prof. Paolo Parisi
Corso di Laurea In Scienze Motorie e Sportive
Elaborato finale
Digiuno intermittente: tra miti e realtà
Relatore:
Candidato:
Prof.ssa Ilenia Bazzucchi
Fabrizio Gasbarri
Anno Accademico 2011/2012
INDICE Pagina CAP. 1 Introduzione
2
CAP.2 Cos'è il digiuno intermittente?
4
CAP. 3 Miti o realtà?
7
3.1 Mangiare frequentemente aiuta a mantenere “su di giri” il metabolismo? 7 3.2 Se non mangi spesso “catabolizzi”?
11
3.3 Bisogna mangiare spesso per assimilare al meglio le proteine?
14
3.4 Il digiuno “abbassa” il metabolismo?
16
3.5 Mangiare piccoli pasti è indispensabile per mantenere la glicemia sotto controllo?
16
3.6 Saltare la colazione fa male?
18
3.7 Mangiare tanto la sera, specialmente carboidrati, fa ingrassare?
19
CAP.4 Digiuno e sport 4.1 Adattamenti fisiologici dell'allenamento a digiuno CAP.5 Conclusioni 5.1 Riflessioni personali Bibliografia
21 22 24 26 28
CAPITOLO 1: Introduzione Qualche anno fa, navigando per il web (www.leangains.com), lessi una teoria “nuova e affascinante” che riguardava il modo di alimentarsi. Tale teoria appariva in controtendenza rispetto ai consigli che circolano spesso nell'ambiente del fitness e in opposizione con alcune linee guida della corretta alimentazione. Alcuni dei principi che venivano contestati erano ad esempio i seguenti: • Meglio mangiare poco e spesso (fondamentale per mantenere il metabolismo “attivo”) • Non saltare la colazione • Non assumere carboidrati la sera (farebbero ingrassare) • Fare “una colazione da re, un pranzo da regina e cena da povero” • Non saltare i pasti (sarebbe dannoso per la salute) • Non digiunare (il metabolismo si “rallenterebbe” e si induce un catabolismo proteico) • Mangiare spesso per evitare gli sbalzi della glicemia • Non eccedere con le proteine (il loro rateo di assimilazione è limitato) Non allenarsi a digiuno (favorirebbe il catabolismo muscolare e la perdita di forza negli sport anaerobici) • Il digiuno è pericolo e favorisce l’insorgere di alterazioni delle funzioni del sistema nervoso centrale (ritardo mentale) Questa nuova teoria mi è apparsa da subito affascinante poichè su quel sito c'era scritto nero su bianco che perdere peso usando quel tipo di alimentazione avrebbe limitato molto la perdita di massa muscolare. Pensai, quindi, a tutti quegli sport in cui si è vincolati a determinate categorie di peso (sollevamento pesi, powerlifting, pugilato, arti marziali, etc) in cui gli atleti hanno spesso necessità di rientrare in una categoria limitando tuttavia il più possibile il calo della prestazione. Iniziai così poi a studiarla e a documentarmi leggendo sia gli articoli scientifici condivisi sul sito di Martin Berkhan che approfondendo l’argomento tramite ricerca bibliografica autonoma. Ho scoperto così che tale teoria-modo di alimentarsi viene chiama indicata con il termine di “digiuno intermittente” (intermittent fasting-IF).
Viste le numerose evidenze scientifiche a favore del IF, ho pensato che fosse lecito chiedersi se quei famosi principi fossero poi sempre validi, sono invece dei miti o, come spesso succede, la verità sta nel mezzo? Quale potrebbe essere il miglior modo di divulgarle? Il mondo delle palestre come si sa è pieno di falsi miti, e tali miti vengono tenuti in vita da: 1. Ripetizione. Se qualcosa viene ripetuto abbastanza spesso tutti cominciano a crederci e diventa la “verità”. Se tutti dicono la stessa cosa, deve essere vero. Il fatto che i bodybuilder e celebrità del fitness propagano questi miti non aiuta. La maggior parte delle persone pensa che, se queste persone lo dicono, deve essere vero. 2. Interessi commerciali. Ad esempio, nel settore degli integratori, viene spesso divulgato il messaggio che mangiare frequentemente offra un vantaggio metabolico e così facendo, ovviamente, vengono acquistati più integratori. Infatti, chi non ha il tempo di preparare e consumare sei pasti caldi al giorno si rivolge a polveri che sostituiscono i pasti, frullati e barrette proteiche. Non c'è alcun incentivo commerciale a dire alla gente che tre pasti al giorno sono più che sufficienti. 3. Scarso aggiornamento. Aggiornarsi è fondamentale poiché in vent’anni la scienza ha fatto dei passi da gigante e non è pensabile non chiedersi se alcune teorie debbano essere confermate o confutate. In questo elaborato, perciò, ho voluto dimostrare che i consigli i quali circolano spesso nell'ambiente del fitness ed alcune linee guida della corretta alimentazione, non sono l'unico modo per alimentarsi in maniera sana e salutare, ma che sono solamente delle linee guida valide per alimentarsi ed esistono anche altri metodi che dovrebbero essere presi più in considerazione, per esempio: il digiuno intermittente.
CAPITOLO 2: Cos'è il digiuno intermittente?
Il digiuno lo pratichiamo tutti se uno ci pensa, un esempio di digiuno è il tempo che intercorre tra l'ultimo pasto della giornata in corso e il primo pasto del giorno successivo. Il digiuno è la fascia oraria durante la quale noi non mangiamo, nella vita stiamo più tempo a digiuno che ad alimentarci. Il digiuno intermittente consiste in una dieta la quale abbia un periodo di digiuno (o restrizione calorica drastica) che varia dalle 16 ore alle 36 ore. Esistono vari metodi, ora vediamone alcuni:
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Giorno di digiuno alternati (ADF) 36 ore di digiuno, 12 ore di alimentazione È Semplice bisogna mangiare ogni due giorni. Per esempio: Lunedì, si mangia in una fascia oraria di 12 ore, 08:00-20:00. E le ore di digiuno comprendono la notte del Lunedì, tutto martedì (giorno e notte). Dovresti mangiare di nuovo 08:00-20:00 il mercoledì. Si può mangiare quello che si vuole nei giorni di non digiuno quindi questo fatto può affascinare e attirare le persone. Aspetti positivi: Un sacco di flessibilità in termini di scelte alimentari. Negativi: 36 ore di digiuno potrebbero essere troppo lunghe, a scapito del cibi sani.
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Eat stop Eat, 24 ore di digiuno, una o due volte alla settimana.
Questo piano, reso popolare da Brad Pilon, è un digiuno di 24 ore una o due volte alla settimana, mentre si mangia normalmente i restanti giorni. È flessibile: È possibile scegliere qualsiasi 24 ore si voglia, dalla colazione alla colazione del giorno successivo, dal pranzo al pranzo, dalla cena alla cena. Aspetti positivi: Un sacco di flessibilità sulla scelta del digiuno. Negativi: 24 ore di digiuno potrebbero essere troppo lunghe, soprattutto quando ci si allena. ●
Leangains (16 ore di alimentazione e digiuno di 8 ore) Questo tipo di digiuno, creato da Martin Berkhan, si basa in un periodo di 8 ore di alimentazione seguito da 16 ore di digiuno. In questo approccio, si consiglia di seguire una dieta che è ad alto contenuto di proteine, cicli di carboidrati, e di mangiare la maggior parte delle calorie durante la fase post-allenamento. Per esempio, si potrebbe digiunare dalle 21:00 del Lunedi fino alle 13:00 del Martedì, poi rompere il digiuno, allenarsi dopo qualche ora, fare un pasto abbondante dopo l'allenamento, e ricominciare con il digiuno alle 21:00 del Martedì fino alle 13:00 del Mercoledì. Bisognerebbe allenarsi un giorno si ed uno no, alternando quindi giorni di ipercalorica/normocalorica, aumentando i carboidrati dopo l’allenamento, quando ci si allena, a giorni in ipocalorica quando si riposa. Aspetti positivi: Il programma forse più "anabolizzante", l'autore indica che spesso conduce a guadagni muscolari, e la perdita di grasso. Negativi: più strutturati rispetto ad altri modelli.
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Warrior Diet (20 ore di alimentazione undereating/4-hour) Anche se non è tecnicamente un piano di digiuno intermittente, è molto vicino. In questo piano si mangia molto poco per le prime 18 a 20 ore di ogni giorno. Ci si allena a digiuno. Poi, si mangia la maggior parte della razione giornaliera in una fascia oraria di 4-6 ore. Prima di darsi all'agricoltura i nostri antenati cacciavano o raccoglievano e, prima di trovare noci, radici, bacche o riuscire a cacciare qualche preda, sicuramente passava del tempo, senza tra l’altro avere a disposizione un frigorifero. Uno dei motivi per avvicinarsi all'IF è che si può creare un deficit calorico molto facilmente, e questo accade perchè più pasti si fanno e più è facile
mangiare qualcosa di troppo. Infatti, più facile risulta mangiare qualcosa di troppo in piccoli pasti perchè non si è sazi rispetto a mangiare qualcosa di troppo in pasti abbondanti in cui però mangio solo a quella determinata ora.. Infatti alla fine risulta che non si tocca nemmeno un cibo fuori orario anche se si eccede nei pasti, mentre al contrario quando si deve mangiare poco e spesso il più delle volte diventa molto e spesso.
CAPITOLO 3: Miti o realtà? Molte persone sono scettiche quando si parla di digiuno intermittente perchè l’IF è in controtendenza rispetto ai consigli che circolano spesso nell'ambiente del fitness e in opposizione con alcune linee guida della corretta alimentazione. Ora vediamo quei famosi principi che vengono sempre divulgati se sono sempre validi oppure sono invece dei miti, o come spesso succede la verità sta nel mezzo. 3.1 Mangiare frequentemente aiuta a mantenere “su di giri” il metabolismo?
Molte persone credono che mangiare frequentemente aiuti a mantenere il metabolismo “su di giri”. Nelle ore che seguono un pasto si osserva un aumento del metabolismo di riposo dovuto al lavoro del tubo digerente (attività dei muscoli lisci e delle ghiandole digestive) e alla trasformazione degli alimenti assorbiti. Ogni qualvolta si mangia, per assorbire e distribuire i nutrienti, il tasso metabolico aumenta leggermente per qualche ora. Paradossalmente, ci vuole energia per trasformare energia. Questo aumento del metabolismo di riposo è chiamato effetto termico del cibo (TEF) chiamato anche Termogenesi indotta dalla dieta (Termogenesi dietoindotta) (TID), Azione dinamico specifica degli alimenti (ADS) [39]. In percentuale del valore energetico degli alimenti il TEF è dell'ordine del 2530% per le proteine, del 4-6% per i lipidi e dell'8% per i glucidi. Il TEF dipende ovviamente dall'abbondanza del pasto: 4 ore dopo un pasto cospicuo il metabolismo di riposo è ancora del 10-15% superiore ai valori normali. [39] La quantità di energia spesa è direttamente proporzionale alla quantità di calorie e nutrienti consumati nel pasto. La termogenesi indotta dal cibo consumato esiste, da qui a dire che esiste realmente un vantaggio a mangiare di frequente però ce ne passa. Supponiamo che stiamo misurando il TEF durante 24 ore in una dieta di 2000 kcal con il 40% di proteine, 40% carboidrati e 20% di grasso. Poniamo il caso di tre individui, e chiamiamoli A), B) e C), a parità di calorie, per semplicità 2000 kcal, hanno rispettivamente una frequenza dei pasti di due, cinque e otto al giorno. A) 2 pasti e 1000 kcal a pasto; B) 5 pasti e 400 kcal a pasto; C) 8 pasti e 250 kcal a pasto; Ipotizzando che il TEF è del 10% delle kcal in ogni pasto abbiamo: A) con un TEF per pasto di 100 kcal x 2 pasti ed un TEF complessivo giornaliero di 200 kcal; B) con un TEF per pasto di 40 kcal x 5 pasti e TEF complessivo giornaliero di 200 kcal; C) con un TEF per pasto di 25 kcal x 8 pasti e TEF complessivo giornaliero di 200 kcal; I tre TEF sono esattamente uguali.
È stato quindi tramandato che più pasti si fanno, più è alto il TEF totale giornaliero, essendo la somma dei vari TEF parziali di ogni pasto. Niente di più sbagliato. Dunque, la differenza in termini di aumento di spesa energetica (o tasso metabolico) non esiste purché la quantità di calorie rimanga invariata. Questo mito forse nasce dagli studi epidemiologici. Ci sono studi epidemiologici [1] che hanno trovato una correlazione inversa tra la frequenza dei pasti alta e il peso corporeo nella popolazione. Ciò significa che i ricercatori hanno guardato il modello alimentare di migliaia di individui e hanno scoperto che coloro che mangiano più spesso tendono a pesare meno di quelli che mangiano meno frequentemente. È importante sottolineare che questi studi sono incontrollati in termini di apporto calorico e sono stati fatti su persone normali che non contano le calorie e mangiano spontaneamente come la maggior parte delle persone. C'è un detto che recita "la correlazione non implica causalità " e questa frase spiega molti altri miti alimentari. Solo perché c'è una connessione tra le frequenze dei pasti bassa e pesi corporei alti, non significa che le frequenze basse possono causare aumento di peso. Questi studi probabilmente dimostrano che le persone che tendono a mangiare meno frequentemente hanno modelli di disregolazione alimentari, tendono ad essere meno preoccupati con la salute e la dieta, rispetto a coloro che mangiano più di frequente. Un'altra spiegazione possibile per l'associazione tra le frequenze dei pasti basse e il peso corporeo più elevato è che saltare i pasti viene spesso utilizzato come strategia di perdita di peso. Le persone che sono in sovrappeso hanno maggiori probabilità di essere a dieta e mangiare meno pasti. La connessione tra frequenza dei pasti inferiore e peso corporeo più elevato nella popolazione generale, e viceversa, è collegato a modelli comportamentali, non al metabolismo. La più vasta revisione[1] degli studi sulle varie frequenze dei pasti e TEF è stato pubblicato nel 1997. Ha esaminato diversi studi che hanno confrontato il TEF nelle frequenze dei pasti che vanno da 1 a 17 e ha concluso che che c'è una robusta evidenza da diversi laboratori indipendenti per rifiutare l'ipotesi che la frequenza dei pasti sia una determinante significativa dell'efficienza energetica in soggetti umani quando valutata per 24h o più. Conseguentemente la frequenza dei pasti non ha un impatto significativo sull'ammontare della perdita di peso durante una restrizione calorica. Hanno concluso di conseguenza che gli studi epidemiologici che hanno hanno suggerito che mangiare poco di
frequente sia associato alla magrezza sono estremamente vulnerabili ad errori metodologici che potrebbero aver generato relazioni false a causa di sottovalutazioni nel riportare la dieta e alterazioni ad hoc successive nel comportamento alimentare in risposta all'aumento di peso. Quindi hanno concluso che la frequenza dei pasti non ha effetti distinguibili nella spesa energetica giornaliera, allora ogni effetto putativo sulla regolazione del peso corporeo deve essere mediata attraverso effetti sul lato delle entrate nell'equazione del bilancio energetico. Essi hanno concluso che gli studi precedenti che trovano un effetto della frequenza dei pasti sull'aumento di peso (o la perdita) aveva più a che fare con cambiamenti di appetito o l'assunzione di cibo, non da un impatto diretto sul tasso metabolico. Ad esempio, i primi studi epidemiologici hanno scoperto che le persone che hanno saltato la colazione erano più pesanti e questo risuona ancora oggi con l'idea che saltare la colazione faccia ingrassare. Tuttavia, la revisione sottolinea che questo può essere confondere causa ed effetto: la gente spesso inizia a saltare i pasti per perdere peso, quindi chi salta i pasti è in sovrappeso. Nel 2010, un altro studio [2] è stato pubblicato sul tema. Come previsto, non sono state riscontrate differenze tra un pasto inferiore (3 pasti) e superiore (6 pasti) frequenza. L'obiettivo principale dello studio era indagare se utilizzando una frequenza di pasti alta potrebbe portare ad una perdita di peso maggiore di quella ottenuta con una frequenza dei pasti bassa in condizioni di restrizione energia simile. I soggetti sono stati randomizzati in due gruppi di trattamento (MF alto = 3 pasti +3 spuntini al dì e MF basso= 3 pasti al dì) e sottoposti alla stessa restrizione dietetica di energia – 2931 kJ al dì per 8 settimane. Sedici adulti obesi (n = 8 donne e 8 uomini, età 34,6 (sd 9.5), BMI 37.1 (sd 4.5) kg/m2) hanno completato lo studio. In generale, c'è stata una diminuzione del 4,7% del peso corporeo, allo stesso modo, significative diminuzioni sono state osservate in massa grassa, la massa corporea magra e BMI. Hanno concluso che la frequenza dei pasti non ha sostanzialmente alcun impatto sul peso o la perdita di grasso tranne che per i suoi effetti sul consumo di cibo. Se una frequenza di pasti alta tende le persone a mangiare di più, si aumenta di peso. Perché mangiano di più. E se una dieta con alta frequenza dei pasti tende la gente a mangiare meno, fa perdere peso. Perché mangiano di meno. Ma non ha niente a che fare con il mantenere “su di giri” il metabolismo. La frequenza dei pasti non influenza il totale della TEF. Non è possibile
"ingannare" il corpo per bruciare più o meno calorie manipolando la frequenza dei pasti.
3.2 Se non mangi spesso “catabolizzi”?
Se non mangi spesso “catabolizzi”? La storia del catabolismo muscolare dovuto al digiuno di qualche ora ritengo sia un’esagerazione. Mangiare con frequenza minore, non sembra incidere sulla perdita di massa muscolare… anzi, forse proprio il contrario! Una review pubblicata sull’ Obes Rev. 2011 di Varady KA mostra quale sia il metodo migliore per la perdita del peso corporeo.[3] L’autore usa “restrizione calorica” (CR) intermittente per i vari regimi di digiuno intermittente. Questo include il digiuno intermittente (IF) e il digiuno a giorni alterni (ADF). Gli studi nella review riguardano tutti il digiuno intermittente, con intervalli di tempo di digiuno che oscillano tre le 18 e le 36 ore. L’ADFmodificato è costituita da un giorno di apporto calorico molto basso, 300-800 kcal, seguito da un giorno di “ad libitum” di alimentazione (il che significa che i partecipanti erano liberi di mangiare quello che volevano). In alcuni di questi studi il digiuno non è inteso come “kcal 0″, ma il deficit energetico durante i giorni di “digiuno” era piuttosto elevato. L’effetto fisiologico non è probabilmente molto diverso da quello che si ottiene tra L’ADF-modificato e il digiuno vero e proprio. Penso che i benefici del digiuno intermittente sono probabilmente mediati dalla natura ciclica dell’alimentazione, un periodo – il digiuno – trascorso in uno stato di energia carente, seguito da un breve periodo di un surplus di energia acuta – la fase di alimentazione. In questa review, Varady, cerca di trarre una conclusione dalla raccolta delle prove disponibili. In particolare, l’autore ha esaminato i risultati degli studi di perdita di peso con il digiuno intermittente e quelli rispetto agli studi di perdita di peso con la restrizione calorica tradizionale. L’obiettivo di questa revisione è quello di valutare e confrontare gli effetti della restrizione calorica quotidiana rispetto alla restrizione calorica intermittente sulla perdita di peso, perdita di massa grassa, meno perdita di massa magra e di riduzione della massa grassa viscerale, negli adulti in sovrappeso e obesi. L’autore ha fornito quindi alcuni dati di base e fatti di base sugli effetti della perdita di peso sui biomarcatori, le
varie diete e dei loro periodi di trattamento, i risultati tipici, e così via. Quando un individuo perde peso dovuto solamente ad una restrizione calorica, circa il 75% del peso si perde come massa grassa, e il 25% del peso si perde come massa magra. La massa magra è un importante fattore per la stima del metabolismo basale. Così, gli interventi dietetici che conservano la massa magra a scapito della massa grassa possono essere metabolicamente vantaggiosi. Bisogna sottolineare che questo vale per le condizioni tipiche medie. Il dato del 75% di grasso / muscolo del 25% avviene quando non si effettua alcun esercizio fisico, percentuale di massa grassa abbastanza elevata e una dieta con le proteine intorno al 15-20% del fabbisogno energetico. Lo studio ha notato che sembrerebbe ci sia una percentuale più bassa di perdita di massa magra in risposta ad una restrizione calorica intermittente, il 90% del peso perso sotto forma di grasso, e solamente il 10% sotto forma di massa magra. Invece nella restrizione calorica quotidiana il 75% del peso perso sotto forma di grasso, ed il 25% del peso perso sotto forma di massa magra. Se questo fosse vero sarebbe abbastanza sorprendente. L’autore è consapevole che i risultati possono variare a seconda della popolazione dei soggetti, diverse in termini di fascia di età oggetto, l’inclusione di uno o di entrambi i sessi, e la classificazione BMI. Pertanto, è possibile che la discrepanza tra gli effetti osservati nei studi potrebbe essere in parte dovuto alla popolazione dei soggetti impiegati. I risultati tra gli studi potrebbe essere anche modificata a seconda dei diversi protocolli di alimentazione utilizzate. Oltre a questo si va ad aggiungere la questione di come la composizione corporea è stata misurata. Al fine di valutare e monitorare i cambiamenti nella composizione corporea durante gli studi di perdita di peso, i ricercatori utilizzano diversi metodi di misurazione. La plicometria, analisi impedenza bioelettrica (BIA), a doppia energia a raggi X (DXA) e risonanza magnetica (MRI). Senza entrare in molti dettagli tecnici, c’è molta varianza in termini di precisione in ciascuno di questi metodi sono. Anche se la BIA è considerata “abbastanza buona” da utilizzare negli studi clinici, DXA e RM, tendono ad essere molto più preciso[12]. E questo è un problema, una percentuale maggiore di ricerche sul digiuno intermittente hanno utilizzato la BIA, mentre molte delle ricerche sulla CR quotidiana ha usato DXA o RM. Se i metodi di monitoraggio differiscono tra le ricerche, i risultati possono essere falsati. L’autore conclude dicendo che entrambi i metodi sono efficaci nel ridurre il peso corporeo, massa grassa e il grasso viscerale. Tuttavia, i regimi di restrizione
intermittenti potrebbero essere superiori ad altri regimi di restrizione quotidiani che aiutano a conservare la massa magra a scapito della massa grassa. Questi risultati si aggiungono al crescente corpo di prove che dimostrano che la restrizione calorica intermittente può essere implementato come un’altra opzione praticabile per la perdita di peso nella popolazione in sovrappeso e obesi. Notare il “potrebbero essere”. Come ho sottolineato in precedenza, lo la review ha punti deboli che lo rendono difficile da trattare come prova concreta di un effetto sul risparmio della massa magra. Uno studio pubblicato nel 2007 sull’American Society for Clinical Nutrition [4] ha avuto un risultato, abbastanza sorprendente, i soggetti normopeso hanno mangiato solo una volta al giorno senza ridurre l’apporto calorico complessivo. Il Peso non è cambiato, ma quello che è davvero sorprendente, è che la composizione corporea è cambiata e per il meglio. ll grasso corporeo è diminuito e la massa magra è aumentata (oltre ad altri cambiamenti positivi) senza una riduzione complessiva di calorie. Studio dopo studio è stato dimostrato che il digiuno intermittente funziona molto bene per la perdita di peso. Quindi, sì: funziona. Ma cosa ha di diverso il digiuno intermittente da una classica restrizione calorica? Questa è la vera domanda. Non c’è dubbio che il digiuno causi una perdita di peso attraverso la restrizione calorica. Ovviamente, quando non si mangia nulla, il corpo va ad attaccare, per sopravvivere, le proprie riserve di energia. La deplezione di queste riserve di energia riduce la massa e quindi il peso. Forse i motivi i quali la massa magra viene preservata sono: • Aumento del GH: In uno studio fatto su cinque giorni di digiuno, nei uomini è stato visto un aumento della secrezione di GH il primo giorno e il quinto giorno, gli unici due giorni in cui è stata misurato il GH [5]. In un altro studio successivo è stato dimostrato che durante le sessioni di due giorni di digiuno, la secrezioni dell’ormone della crescita è aumentato sia in frequenza che in intensità negli uomini [6]. Un effetto metabolico molto importante del GH è un marcato aumento dei livelli di lipolisi e FFA[7] e questo aumenta durante il digiuno. • Il digiuno riduce i livelli di insulina a digiuno: La presenza di insulina inibisce la lipolisi e il rilascio di trigliceridi immagazzinati (grasso corporeo) [8]. Senza la lipolisi effettivamente rilasciare il grasso corporeo conservato, è piuttosto difficile per “bruciarlo” e per produrre energia. Durante il digiuno, l’insulina a digiuno diminuisce e aumenta la lipolisi [9].
Questo aspetto dell’attenuazione dell’insulina quando si è a digiuno consente di aumentare la possibilità di accedere grasso corporeo immagazzinato e sfruttarlo come energia per vivere. • Il digiuno migliora la sensibilità dell’insulina: Digiuni di 20 ore sono stati sufficienti per migliorare la sensibilità all’insulina negli uomini. [10] • Il digiuno aumenta le catecolamine: Sia adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina) aumentano la spesa energetica a riposo durante un digiuno [11][12], e indovinate dove il vostro corpo digiuno trova l’energia per spendere? Dal grasso corporeo. Le Catecolamine attivano la lipasi ormone sensibile [13] presente nel tessuto adiposo, stimolando il rilascio del grasso corporeo. Questo ha senso, se hai fame in natura, è necessario cacciare o raccogliere, o pescare, o procurarsi del cibo in qualche modo e c’è bisogno di avere bisogno di energia per farlo. Le catecolamine contribuiscono a fornire parte di tale energia, mentre la combustione dei grassi nel processo.
3.3 Bisogna mangiare spesso per assimilare al meglio le proteine? Molto spesso si sente che per assimilare le proteine al meglio e dare una maggiore risposta anabolizzante bisognerebbe mangiarle in tanti piccoli pasti da non più di 30g l'uno. Ogni volta che si sente qualcosa di nuovo sul campo della nutrizione, nei passaparola ed in ambienti come le palestre, è necessario chiedersi se ha senso da un punto di vista evolutivo. È un ottimo modo per determinare rapidamente se qualcosa può essere valido o se potrebbe essere un falso mito. Saremmo qui oggi se i nostri corpi non possono assimilare più di 30 grammi di proteine per pasto? Usiamo un po' di logica. Proviamo ad immaginare un esperimento che coinvolge due individui magri di 90 kg. Daremo alla “Persona A” 150 g di proteine da mangiare in cinque pasti da 30 g l'uno. Daremo alla “Persona B” la stessa quantità di proteine, ma in un solo pasto. Se davvero crediamo che solo il 30 g di proteine possono essere gestiti dal corpo in un solo pasto, allora “Persona B” dovrebbe incorrere in sintomi da carenza di proteine, perché presumibilmente assorbirebbe solo un totale di 30 g dei 150g. 30 g di proteine al dì, vuol dire soltanto 0,33 g per kg di peso corporeo, che non è nemmeno la metà del RDA di 0,8 g / kg. Se il corpo funzionasse in questo modo, a mio parere, la specie umana si sarebbe estinta. Il corpo umano è più efficiente ed efficace di quanto crediamo. Quindi facendo questa ipotesi l'organismo dovrebbe avere tutto il tempo di cui ha bisogno per digerire e assorbire in modo efficace quello che noi mangiamo. La “persona A” probabilmente avrà periodi di digestione più brevi per pasto, al fine di assorbire in modo efficace e utilizzare i piccoli pasti. La “Persona B” avrà probabilmente un periodo più lungo di digestione per assorbire efficacemente e utilizzare il grande pasto. Ora vediamo cosa dice la ricerca scientifica. In 14 giorni di prova, Arnal e colleghi non hanno trovato nessuna differenza nella massa magra o la ritenzione di azoto tra il consumo del 79% del fabbisogno proteico della giornata (circa 54 g) in un pasto, rispetto alla stessa quantità in quattro pasti[15]. In particolare, questo studio è stato fatto su giovani adulte di sesso femminile la cui massa magra media di 40,8 kg. Considerando che la maggior parte dei maschi non sedentari hanno una massa magra molto più grande rispetto ai
soggetti di sesso femminile utilizzati nello studio, è plausibile che molto più di 54 g di proteine in un solo pasto sono efficacemente trattati a fini anabolizzanti e / o anti-catabolico. Ricavando la dose proteica usata in questo studio, 79% di 1.67g/kg, le proteine rispettive per un maschio adulto medio, sarebbero circa 85-95 g o anche più, a seconda del soggetto. Lo studio più eclatante che potrebbe sostenere la mia teoria è quello che ho già citato precedentemente nel capitolo precedente, lo studio di Stote e colleghi. Lo studio ha registrato un miglioramento della composizione corporea (tra cui un aumento della massa magra) dopo 8 settimane nel gruppo che consumava un pasto al giorno, nel quale è stato ingerito circa 86 g di proteine in 4 ore di tempo [16]. Interessante notare che il gruppo che ha consumato tre pasti sparsi per tutto il giorno non ha mostrato significativi miglioramenti della composizione corporea. Sulla base delle prove disponibili, forse è falso pensare che il corpo può utilizzare solo una certa quantità di proteine per pasto. Quindi, c'è un limite alla quantità di proteine a pasto può essere efficacemente utilizzato? Sì c'è, ma questo limite è probabilmente simile alla quantità che è massimamente efficace per una intera giornata. 3.4 Il digiuno “abbassa” il metabolismo? L’Adattamento nello stato di “starvation” (modalità di fame, “letargo”) e quindi l’abbassamento del metabolismo è stato importante per la sopravvivenza durante i periodi difficili della nostra evoluzione. L’abbassamento del tasso metabolico durante il digiuno ci ha permesso di vivere più a lungo, aumentando la possibilità di poter incontrare qualcosa da mangiare. La fame significa letteralmente la fame. Ciò non significa saltare un pasto o non mangiare per 24 ore o per tre giorni. Guardando i numerosi studi la prima prova per il ridotto tasso metabolico in risposta al digiuno si è verificato dopo 60 ore con la diminuzione dell’8% nel tasso metabolico a riposo[17]. Paradossalmente, il tasso metabolico è in realtà in aumento nel digiuno a breve termine. Parliamo di alcuni numeri concreti, gli studi hanno mostrato un incremento del 3,6% – 10% dopo 36-48 ore a causa dell’adrenalina e della noradrenalina [18]
[19]. Questo ha senso da un punto di vista evolutivo. Epinefrina e norepinefrina (adrenalina / noradrenalina) affinano la mente e ci spingono a muoversi oltre ad aumentare la lipolisi [13]. Caratteristiche che spingono a cercare il cibo, o per il cacciatore di uccidere la sua preda, e quindi l’aumento della sopravvivenza. Ad un certo punto, dopo alcuni giorni di digiuno, questo beneficio iniziale non conferisce alcun vantaggio per la sopravvivenza e, probabilmente, sarebbe stato controproducente, invece, un adattamento che ha favorito la conservazione dell’energia si è rivelata vantaggioso. Così il tasso metabolico aumenta dopo un digiuno a breve termine (fino a 60 ore) e poi diminuisce. Il mito della “modalità di fame” è assurdo soprattutto se si considera che nel breve termine avviene l’esatto contrario. 3.5 Mangiare piccoli pasti è indispensabile per mantenere la glicemia sotto controllo? Secondo alcuni esperti di dieta e salute, mangiare piccoli pasti ogni tanto vi aiuterà a evitare i morsi della fame, fornire energia stabile per tutto il giorno e ti mantiene forte mentalmente. Contrariamente a quanto molti sembrano credere, la glicemia è molto ben regolata e mantenuta nel giusto range in persone sane anche con un giorno intero senza cibo e addirittura una settimana. La gente sembra credere che non mangiando spesso soffriranno un grande stato di fame e di scarsa lucidità mentale. Consideriamo per un secondo le conseguenze evolutive di sopravvivenza se questo fosse vero. Dato che regolari periodi di digiuno, anche la fame, era una parte naturale del nostro passato, pensi che saremmo qui oggi se non fossimo stati in grado di “funzionare bene” nei periodi dove ottenere il cibo era più critico? Il mantenimento della glicemia è una priorità molto elevata e abbiamo sviluppato percorsi efficaci che renderanno accadere anche in condizioni estreme. Se si dovesse digiunare per 23 ore e poi andare a correre per min 90 al 70-75% VO2max, la glicemia dopo la corsa sarebbe identica alla stessa corsa eseguita a stomaco pieno. [20] Servono non meno di tre giorni di digiuno per raggiungere i livelli di zucchero nel sangue sufficiente per influenzare il nostro stato mentale, [21] e questo è anche temporaneo, perchè il nostro cervello si adatta all'uso di chetoni. Durante
48 ore di digiuno, o privazione calorica severa, la glicemia è mantenuta all'interno di un range di normalità e nessuna misura di performance cognitiva è influenzata negativamente. [22] In un test in cui sono stati invitati 21 persone universitarie di svolgere una serie di test intellettuali dopo aver mangiato un pasto normale, saltando un pasto, saltando due pasti o stando 24 ore senza cibo, i ricercatori non hanno trovato nessuna differenza in termini di prestazioni, riguardante le misure nel tempo di reazione, memoria o il focus attenzionale. Ciò ha portato gli autori dello studio a concludere che a breve termine la privazione del cibo non compromette seriamente le funzioni cognitive. [23] Questi risultati sono stati confermati da altri studi in cui giovani adulti sani hanno mangiato da un minimo di 300 calorie per un periodo di due giorni e non ha subito alcun calo nei test di performance cognitiva (compresa la vigilanza, il tempo di reazione scelta, l'apprendimento, la memoria e il ragionamento), l'attività, il sonno e l'umore). " [24] C'è del vero nel collegamento tra zucchero nel sangue e la fame, ma questo è spesso preso fuori contesto. Non c'è bisogno di mangiare regolarmente per il "mantenimento" della glicemia, essa rimane costante e si adatta a qualsiasi modello di pasto scelto. 3.6 Saltare la colazione fa male? Ci sono molti studi epidemiologici che mostrano un'associazione tra chi salta la colazione e il peso corporeo più elevato. Un ricercatore di uno studio [25], ha commentato l'associazione tra saltare la colazione e le scelte alimentari per la prima colazione, sostiene che i gruppi che saltano la colazione sembrano rappresentare le persone “che vanno di fretta”, mangiano solo caramelle o soda, o afferrano un bicchiere di latte o un pezzo di formaggio. Il loro indice di massa corporea più elevato sembra supportare l'idea che la "deregolazione" dei modelli alimentari sono associati con l'obesità. In realtà, questi studi mostrano solo che chi fa colazione normalmente ha migliori abitudini alimentari rispetto a chi non la fa. Saltare la colazione è associato ad un peso corporeo superiore nella popolazione. Chi salta la colazione normalmente non ha buone abitudini alimentari e non cura per la propria salute. Le persone che saltano la prima colazione sono le persone che hanno maggiori probabilità di essere in una restrizione calorica, quindi sono più pesanti rispetto a chi non ha bisogno di
dimagrire. Poi bisogna tenere conto che la maggior parte delle persone che saltano la colazione non sono il tipo di persone che s'informano sulla nutrizione. In un uno studio[26], i soggetti sono stati affidati a mangiare la maggior parte dei pasti in condizioni di vita libera. Il gruppo che ha saltato la colazione ha mangiato di più e ha guadagnato peso, che ha influenzato i parametri di salute negativamente. L'assunzione di energia segnalato era significativamente più bassa quando si è fatta la colazione, ed il dispendio energetico a riposo non ha mostrato differenze significative tra i 2 periodi. In sostanza, le persone che facevano colazione erano in grado di controllare il loro apporto energetico in maniera migliore per il resto della giornata e non hanno aumentato il peso, ma il gruppo che ha saltato la colazione si. È l'aumento di peso che ha influenzato negativamente i parametri della salute e non saltare la colazione. 3.7 Mangiare tanto la sera, specialmente carboidrati, fa ingrassare? Esiste la convinzione che mangiando tanto la sera ci sia più possibilità d'ingrassare e soprattutto se si mangiano i carboidrati quest'ultimi vengano immagazzinati direttamente come grasso. Le persone che mangiano a tarda notte, come lo spuntino davanti alla TV, è probabile che pesano più di altri. Non è il fatto che mangiano la notte che causa l'aumento di peso, è il loro stile di vita. Non esistono studi controllati, o meglio io non li ho trovati, che mostrano dove i pasti più grandi dove vengono mangiati la sera, rispetto a quelli nel corso della giornata, hanno una influenza negativa sulla composizione corporea. Talvolta studi su lavoratori a turni sono citati per sostenere che mangiare a tarda notte fa “male”. Questi sono tutti studi non controllati (in termini di calorie) e da osservare è complicato dal fatto che il lavoro a turni ha un effetto indipendente è negativo su alcuni parametri di salute come tolleranza al glucosio e lipidi nel sangue.[27] Ci sono articoli e ricerche, con pareri completamente opposti alle popolari credenze come mangiare tanto la sera faccia ingrassare e che i carboidrati facciano ingrassare, specie se consumati la sera. In uno studio [28] si sono a confrontati due modelli di pasto, che ha coinvolto un gruppo che ha mangiato più calorie nel corso della giornata (Pasti AM) e l'altro gruppo che mangiato più calorie nel corso della sera. La conclusione che hanno tratto è stata che la migliore conservazione di massa magra si è verificata quando i pasti più grandi sono stati consumati la sera. Un
risultato desiderato di un intervento di perdita di peso è quello di minimizzare la perdita di massa magra, e il consumo di grandi pasti la sera può benissimo contribuire al raggiungimento di questo risultato, soprattutto se il mantenimento di massa magra si rivela di tessuto magro e non solo di acqua. Studi futuri dovrebbero essere diretti verso quantificare i vari componenti della massa magra che cambia in risposta a schemi alimentari alterati e identificare i meccanismi che regolano questa risposta. Quindi i risultati più favorevoli per la salute sono stati trovati nel gruppo che ha mangiato i pasti serali di grandi dimensioni, al contrario di quello che comunemente si sente in giro. In un altro studio [29] invece si è voluto verificare l'effetto di una dieta ipocalorica con carboidrati consumati per lo più a cena. Sono stati rilevati per 6 mesi i parametri antropometrici, fame / sazietà, parametri biochimici, e infiammazioni di Settantotto agenti di polizia (BMI> 30) che sono stati randomizzati a diete per la perdita del peso con carboidrati consumati per lo più a cena o diete di controllo. Maggiore perdita di peso, circonferenza addominale, e riduzioni di massa grassa sono stati osservati nella dieta sperimentale in confronto al gruppo di controllo. La dieta sperimentale ha modificato le concentrazioni di leptina e adiponectina rispetto a quelle osservate al basale e ad una dieta di controllo. Un semplice manipolazione alimentare di distribuzione carboidrati sembra avere ulteriori vantaggi rispetto a una dieta convenzionale perdita di peso in soggetti affetti da obesità. Potrebbe anche essere utile per le persone che soffrono di resistenza all'insulina e la sindrome metabolica. Sono necessarie ulteriori ricerche per confermare e chiarire i meccanismi con cui questo approccio dieta relativamente semplice migliora sazietà, portare a migliori risultati antropometrici, e raggiunge una migliore risposta metabolica, rispetto ad un approccio più convenzionale dietetico.
CAPITOLO 4: Digiuno e sport
Praticare il Digiuno Intermittente non prevede l'"obbligo" di allenarsi a digiuno. Per esempio, chi usa il metodo "leangains" può interrompere il digiuno di 16 ore con un pasto ed allenarsi dopo qualche ora. Ma se volessimo allenarci a digiuno, cosa accadrebbe? Avremmo un calo delle prestazioni? O magari potremmo trarre dei benefici? In realtà, la letteratura sull'argomento è scarsa. Gli studi, che utilizzano come campione atleti musulmani durante il Ramadan, riportano risultati a volte negativi [30]. Sono diffidente nell'utilizzare i risultati di tali studi, per due ragioni principali. In primo luogo, il Ramadan limita sia il cibo (durante il giorno), che l'acqua (durante il digiuno); se tu fossi un sedentario, probabilmente potresti fare a meno di un alto consumo di acqua ma, se fossi un atleta, tale scarso apporto influirebbe negativamente sulle tue prestazioni atletiche (e non solo). In secondo luogo, durante il Ramadan, mangiare e bere sono limitati dal tramonto all'alba; ciò comporta la privazione del sonno. Infatti gli studi dimostrano che: 1. l'insorgenza del sonno si verifica più tardi del normale; 2. la durata del sonno è diminuita nel corso del mese [31]; 3. un aumento della sonnolenza durante il giorno; 4. in generale, le prestazioni delle attività durante il giorno diminuiscono[32]. Inoltre, il sonno insufficiente può produrre scarse prestazioni atletiche. Altri studi invece, che non comportano restrizione dei liquidi, mostrano che allenamenti di forza e resistenza a bassa intensità, non sono influenzati anche dopo 3 giorni e mezzo di digiuno [33]. In particolare, otto giovani sono stati testati per la forza, la capacità anaerobica e la resistenza aerobica in uno stato di assorbimento e dopo un digiuno di 3 giorni e mezzo. La forza è stato testata sia isocineticamente (flessori del gomito, 0,52 x rad s-1 e 3.14 rad x s-1) che isometricamente. La capacità anaerobica è stata valutata dai soggetti facendoli eseguire rapidamente 50 ripetute di contrazioni isocinetiche dei flessori del gomito a 3,14 x rad s-1. La resistenza aerobica è stata misurata come tempo "volitional fatigue" durante un esercizio al cicloergometro al 45% VO2max. Misure di VO2, VE, la frequenza cardiaca, e le valutazioni di sforzo percepito sono stati ottenuti prima e durante l'esercizio. Il digiuno di 3 giorni e mezzo non ha influenzato la forza isometrica, nè la capacità anaerobica, nè la resistenza aerobica. La forza isocinetica era significativamente ridotta (circa il 10%) ad entrambe le velocità. VO2, VE e sforzo percepito non sono stati influenzati dal digiuno. Il digiuno in modo significativo ha aumentato la frequenza cardiaca durante l'esercizio fisico, ma non a riposo. Si è concluso che vi sono disturbi minimi in parametri di prestazioni fisiche misurate come risultato di un digiuno 3,5 giorni.
4.1 Adattamenti fisiologici dell'allenamento a digiuno
Due recenti studi [34][35] confermano come l'allenamento a digiuno (o in condizioni di glicogeno muscolare basso) possa indurre benefici maggiori in termini di "adattamento". In particolare, in entrambi gli studi, è interessante notare nei gruppi allenati a digiuno, un "rimbalzo anabolizzante" in seguito alla fase di nutrizione successiva all'allenamento (di resistenza). Sembra osservare un accumulo di glicogeno più efficiente. Inoltre, occorre sottolineare che i ricercatori non hanno trovato differenze significative in alcune delle variabili misurate (prestazioni). Il Digiuno Intermittente migliora la sensibilità all'insulina [36]. Un recente studio [37] ha mostrato come questo effetto viene intensificato quando pratichiamo anche esercizio fisico (durante la fase di digiuno). Nello specifico, praticando quattro giorni di allenamento di resistenza ogni settimana, i soggetti che avevano digiunato alla fine dello studio presentavano: 1. Diminuzione di peso (l'unico gruppo a non aumentare di peso); 2. Migliore tolleranza al glucosio; 3. Migliore sensibilità all'insulina. Inoltre, solo il gruppo allenato a digiuno ha significativamente migliorato gli adattamenti muscolari all'allenamento. Uno studio [38] ha scoperto che i soggetti che hanno sollevato pesi in uno stato di digiuno hanno goduto di una maggiore "risposta anabolica intramyocellular" nel pasto post-allenamento. Si è osservato un aumento dei livelli di p70s6 chinasi (proteina di segnalazione del meccanismo di sintesi muscolare, che agisce come un "indicatore" della crescita muscolare). In particolare, un'ora dopo l'allenamento a digiuno, i livelli di questa proteina risultavano doppi rispetto ai livelli rilevati sullo stesso gruppo fatto allenare in seguito ad un pasto. In altre parole, il digiuno ha potenziato gli indicatori fisiologici della crescita muscolare post-allenamento.
La nutrizione senza dubbio influisce sui meccanismi di segnalazione myogenic, ma non è ancora pienamente compreso fino a che punto. In questo studio [38], i soggetti sono stati suddivisi in due gruppi che si sono allenati in due occasioni, separati da tre settimane. Le tre settimane di riposo tra le sessioni sono servite come un periodo di "washout", al fine di assicurare che la sessione precedente non interferisse con i risultati ottenuti nel corso della seconda prova. L'allenamento consisteva in esercizi di base per tutto il corpo, organizzato in sessioni di 3 serie x 8 ripetizioni, sette esercizi totali. Una delle sessioni (F) è stata eseguita a stomaco vuoto a digiuno nel mattino. L'altra sessione (B) è stata eseguita a stomaco pieno. I soggetti hanno fatto una colazione di 722 kcal composto da 85% carboidrati, 11% di proteine e il 4% di grassi; l'allenamento è stata avviato 90 minuti dopo il pasto. Dopo la seduta di allenamento con i pesi, entrambi i gruppi hanno riposato per 4 ore. Ai partecipanti gli sono stati dati un drink di recupero da sorseggiare ogni ora durante il periodo di riposo. I risultati hanno rivelato che la sessione di F ha avuto due volte più alti livelli di p70S6K rispetto alla B, misurata dopo un'ora dal post-allenamento. Altri fattori di trascrizione miogenici erano superiori a questo punto, anche se non così evidenti come p70S6K. A quattro ore di distanza, le differenze tra i due gruppi si era livellata. I ricercatori hanno concluso che i risultati indicano che il digiuno preliminare può stimolare la risposta anabolica intramyocellular all'ingestione di una miscela di carboidrati/proteine/leucina dopo una sessione pesante di allenamento per la forza. Sembra che l'aumento di attività anabolica vista post-allenamento è una risposta compensatoria al catabolismo aumentato che si verifica durante l'allenamento a digiuno. Molto interessante. La grande domanda è se ci sarebbe una differenza netta di crescita muscolare alla fine della giornata. L'allenamento a stomaco vuoto provoca un maggiore catabolismo nel breve periodo, ma produrrà guadagni maggiori nel lungo periodo?
Dobbiamo fare un piccolo sacrificio per ricevere una ricompensa più grande? Beh, intanto penso che possiamo sfruttare i risultati di questo studio a nostro vantaggio per dire che allenarsi con i pesi a digiuno non diminuisce l'effetto anabolico dell'allenamento se seguito da nutrizione. Il catabolismo nel breve periodo è stato compensato da un anabolismo più "potente" nel post-allenamento.
CAPITOLO 5: Conclusioni In questo elaborato abbiamo visto che al contrario di quello che comunemente viene consigliato: mangiare 5-6 pasti al giorno non è indispensabile per la salute; ridurre la frequenza dei pasti ad 1 solo o fare un digiuno durante la settimana potrebbe migliorare la composizione corporea; non è indispensabile mangiare le proteine in tanti piccoli pasti per assimilarle al meglio; il digiuno a breve termine non “abbassa” il metabolismo; nelle persone sane non è indispensabile mangiare di frequente per mantenere sotto controllo la glicemia; saltare la colazione non fa male dal punto di vista metabolico; mangiare il pasto più cospicuo o i carboidrati in prevalenza la sera non fa ingrassare. Perché allora viene sempre consigliato un consumo frequente di pasti? Perché, effettivamente, non per tutti è semplice “digiunare” per molte ore (generalmente 3-5 h sono il massimo comunemente accettato) e si finisce col mangiare peggio e di più, quindi ingrassare e peggiorare la propria salute. Da un punto di vista pratico, a volte mi chiedo se le persone che sono irremovibili sui 5-6 pasti al giorno hanno mai avuto a che fare con una persona minuta o di sesso femminile. A 50 kg di peso corporeo una donna può avere un'alimentazione quotidiana di 1200 calorie giornaliere o anche meno. Dividere in sei pasti che le dà 200 calorie "per pasto". Quattro pasti da 300 calorie o anche tre pasti da 400 calorie è un approccio molto più vivibile di qualche boccone di cibo ogni 3 ore. Per lo stesso motivo, un maschio molto “grande” con fabbisogno calorico molto elevato potrebbe scoprire che i pasti meno grandi sono difficili da fare, mangiare con più frequenza potrebbe essere l'unico modo per ottenere sufficienti calorie giornaliere. Esiste dunque una frequenza ottimale dei pasti? Si, ed è quella che ognuno di noi sceglie di tenere in base ai propri gusti, le proprie esigenze, le proprie abitudini e tradizioni e non meno importante, i propri impegni. Lo stile di vita a mio modesto parere è ciò che più influenza i risultati in termini
di salute e “attività del metabolismo”. Saltare la colazione non fa male dal punto di vista metabolico però sembrerebbe che non farla faccia ingrassare in condizioni di vita libera, cioè senza calcolare le kcal e mangiare quanto si vuole. Se si è una persona che vuole dimagrire e che tiene a bada la propria dieta (come dovrebbe un atleta) e che vuole provare il digiuno intermittente il problema non sussiste se riesce a tenere sotto controllo le kcal. Vorrei soffermarmi su questo punto, la dieta migliore è quella che funziona. Se saltando la colazione “vivi male” e non riesci a tenere sotto controllo le kcal durante la giornata, nessuno ti obbliga a saltare la colazione. Però vuoi avere un periodo di digiuno più elevato durante il giorno? Puoi anticipare/saltare la cena. Non ci riesci? Non fa niente, non tutti sono adatti a fare il digiuno intermittente. Abbiamo visto che il Digiuno intermittente funziona perché "opera" in diversi modi: fa diminuire l'apporto calorico. Al fine di perdere peso, è necessario un deficit calorico; Aumenta l'ossidazione dei grassi, risparmiando la massa magra. Poiché quello che stiamo cercando di fare è perdere grasso (e non solo "peso"), il fatto che il digiuno aumenta gli ormoni che preferenzialmente “bruciano” i grassi e riduce gli ormoni che inibiscono la “combustione” dei grassi è estremamente desiderabile. Il digiuno intermittente e lo sport possono coesistere? Si è visto che ci sono disturbi minimi in parametri di prestazioni fisiche misurati dopo un digiuno 3,5 giorni. In realtà è intuitivo che un digiuno più breve o un pasto pre-allenamento avrebbe aiutato con le prestazioni. Abbiamo visto poi che allenarsi a digiuno offre dei benefici metabolici, riserve di glicogeno più elevate a riposo, una migliore sensibilità all'insulina, e la risposta anabolica muscolare uguale o forse migliore. Però Il miglioramento di alcuni adattamenti fisiologici durante una sessione di allenamento a digiuno non è davvero il punto. Lo scopo dell'allenamento a digiuno, come la vedo io, è quello di mantenere le prestazioni mentre si gode dei benefici metabolici. Il punto è che l'allenamento a digiuno non fa male e non produrrà un catabolismo muscolare, e potrebbe anche migliorare l'adattamento dell'allenamento e allenarsi in uno stato "meno ottimale", in grado di migliorare le prestazioni. Sia chiaro un atleta non deve sempre allenarsi e non deve gareggiare a digiuno, ma potrebbe beneficiare di tanto in tanto di un allenamento “meno ottimale” per migliorare le prestazioni. Abbiamo visto che la frequenza dei pasti non è importante per la perdita del
peso, quello che conta è l'equazione del dispendio energetico. Forse l'IF è migliore per il mantenimento della massa magra però non tutti potrebbero riuscire a fare un digiuno sostanzioso nell'arco della giornata/settimana. Quello che dobbiamo “portare a casa” è: Se mangiare più spesso vi fa controllare / ridurre le calorie più facilmente, che vi aiuterà a perdere peso / grasso, continuate a mangiare con molti pasti al giorno; Se mangiare più spesso rende più difficile per voi controllare / ridurre le calorie, o vi fa mangiare di più, provate/continuate con l'IF. Se mangiare meno frequentemente rende più difficile per voi controllare / ridurre le calorie, smettete di fare l'IF o non avvicinatevi; Se mangiare meno frequentemente rende più facile per voi controllare / ridurre le calorie (per una serie di motivi), ed aiuterà i vostri sforzi per perdere peso / grasso, l'IF è perfetta per voi. Concludendo, gli stili di vita, la scelta del cibo che si consuma e la regolare attività fisica, sono fattori più decisivi e determinanti di tante “credenze” che non hanno reali fondamenta scientifiche.
5.1 Riflessioni personali
Il digiuno intermittente io lo pratico da qualche anno ormai. Per me si tratta di uno “stile di mangiare". Io penso che la dieta è uno dei concetti più fraintesi. Una dieta è uno “stile di mangiare”. Non è la perdita di peso, o il guadagno muscolare, o nient'altro. È mangiare, e tutti abbiamo bisogno di mangiare. Dire che un tipo di alimentazione è uno "stile di vita" e non una "dieta" non ha senso, una dieta (mangiare) fa parte del vostro stile di vita. È per questo che l'IF è così intrigante: Il digiuno intermittente non è la fame. Sono previsti periodi nei quali non si mangia, seguiti da periodi in cui lo si fa. Il digiuno intermittente è un programma abbastanza flessibile e permette a chiunque con qualsiasi tipo di alimentazione di farlo, che si tratta di paleo, dieta vegetariana, vegana, mediterranea. Chiunque può farlo ed è una cosa molto importante a mio modesto parere. La dieta migliore è quella che è flessibile e sostenibile. Tutti possono fare l'IF? È questa la soluzione finale? Non è per tutti. Ma è un modo diverso, semplice ed efficace per avvicinarsi al
cibo. Come notato, il digiuno intermittente è molto interessante per alcune tipo di persone. Mangiare una buona colazione, tanto meno mangiare pasti sani per tutta la giornata, è una vera sfida per molte persone molto impegnate. Un sistema che permette di mangiare meno frequentemente e mantenere il corpo forte e sano sembra interessante. Ma solo perché si è troppo occupati per preparare il cibo non significa che sia l'opzione migliore per se stessi. In base alla mia esperienza pratica, per far si che l'IF funzioni bisogna avere queste caratteristiche: Controllare le calorie / l'assunzione di cibo. Se non si contano le kcal il peso aumenta non c'è niente da fare, fare dei digiuni prolungati e poi alimentarsi per alcune persone potrebbe portarli ad “abbuffarsi” e questo non è idoneo; I primi periodi bisogna avere una buona forza di volontà per abituarsi a trattare le “voglie” e attacchi di fame; Non fissarsi con l'orario, bisogna mangiare quando si è affamati, e non mangiare quando non lo si è. "Sono affamato, o semplicemente annoiato?" Ho veramente fame e sono passate solo 12 ore? Non fa niente che esce fuori dagli schemi del digiuno intermittente, il punto di forza dell'IF è non aver schemi. L'intermittent fasting non deve passare come una nuova moda. È una dieta basata su studi scientifici. Non è una dieta che ha e sta guadagnando rapidamente popolarità per poi perderla una volta che le persone si rendono conto che è malsana, insostenibile, o semplicemente meno efficace del semplice mangiare sano. Il digiuno intermittente è diverso. E per molte persone, è un “stile di mangiare” che può tranquillamente essere seguito con un alto grado di non “abbandono” che, alla fine, è la cosa più importante di tutte, la dieta che funzioni è quella che diventa uno “stile di mangiare” e non solamente un breve periodo per mettersi in forma prima di andare al mare. Il digiuno intermittente è un modo efficace per perdere grasso corporeo. Non è l'unico modo, e non è "necessario" per la perdita di peso, ma è un'alternativa che andrebbe valutata più spesso.
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Autori Vari. “Fisiologia dell'uomo” Edi.Ermes. 2002
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare la prof.ssa Ilenia Bazzucchi, relatore di questa tesi, per la grande disponibilità e cortesia dimostratemi, e per tutto l’aiuto fornito durante la stesura. Ringrazio con affetto mia madre e mio fratello, che con il loro incrollabile sostegno mi hanno permesso di raggiungere questo traguardo. Un ringraziamento a mio padre essendo stato lui a trasmettermi la passione per lo sport e l'insegnamento di esso. Un sentito ringraziamento ai miei allievi e alla mia palestra che mi hanno permesso di mettere in pratica da subito i miei studi. Desidero inoltre ringraziare tutti i miei compagni di studi della sezione F per essermi stati vicini sia nei momenti difficili, sia nei momenti felici: sono stati per me più veri amici che semplici compagni.
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