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ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI MUSICALI “FRANCO VITTADINI” PAVIA
DIPLOMA ACCADEMICO DI II LIVELLO BIENNIO INTERPRETATIVO
REALIZZAZIONI DI BRANI MUSICALI TRATTATI DAL LIBRO PRIMO DI VILLANELLE A 1. 2. E 3. VOCI DI ANDREA FALCONIERI
Tesi di Laurea di: Richard Benecchi Relatore: Prof. Massimo Lonardi Anno Accademico 2012/2013
Indice
Introduzione ……………………………...……………………………….…..………...1
Definizione del termine Villanella ……………………………………….……...…..….3
L’origine delle villanelle ……………………………………………………...……...…5
La Villanella nel seicento ………………………...…………………………..………..13
Andrea Falconieri – Cenni biografici ………………………………………….………17
Il Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri ……………………………….....….29
La realizzazione estemporanea del Basso Continuo ………………………..…...….….35
L'alfabeto per la chitarra "alla spagnuola" …………………………………..…………37
Esempi di realizzazione tiorbistica ………………………………………………….…45
Trascrizione in notazione moderna di alcune villanelle dal Libro Primo di Villanelle a 1. 2.e 3. voci di Andrea Falconieri con la realizzazione del basso continuo intavolata per la tiorba ……………..……..49
Fonti e Bibliografia …..…………………………………………………………..…….63
Illustrazioni
Frontespizio e indice Canzoni Villanesche alla Napoletana, Velardiniello (attribuito), Napoli, Giovanni de Colonia, 1537……………………………...…………………...6
Frontespizio Libro Primo di Villanelle a 1. 2.e 3. voci, Andrea Falconieri, Roma, Battist Robletti, 1616……………………………………...……………...…29
J’ay le rebours di Pierre Certon Second Livre de Guiterre, Vari compositori, Paris, Adrian Le Roy, 1556…....37 – 38
Tabella dell’alfabeto per la chitarra spagniuola - Nuova Inventione d’Intavolatura per sonare li balletti Sopra la Chitarra Spagniuola, Girolamo Montesardo, Firenze, Christofano Marescotti, 1606………………………...………………...….39
Tabelle dell’alfabeto e vari regole per suonare sopra la parte del basso Varii Caprici per la Ghittara Spagunola, Francesco Corbetta, Milano, 1643………………………………………….....43 – 44
Cor mio non languire Il primo libro de madrigali a cinque voci, Salomone Rossi, Venezia, 1600……….45
Come Lasciar Libro terzo di villanelle a 1. 2. & 3. voci, Giovanni Girolamo Kapsperger, Roma, 1619………………………………......….46
Occhi vaghi occhi lucenti Le Stravaganze d'amore a una, due et tre voci, Flamminio Corradi, Venezia, 1616………………………………………......47 – 48
Introduzione Dovendo illustrare le ragioni per le quali ho scelto come argomento della presente tesi le villanelle di Andrea Falconieri, devo confessare che l'interesse per questa materia è scaturito sia da ragioni personali che da interessi professionali. Nato negli Stati Uniti, ma essendo discendente di una famiglia italiana in origine – specificamente della zona di Parma – ho sempre avuto una naturale curiosità verso la storia del luogo d’origine dei miei antenati, che negli anni ha preso varie forme tra cui la ricerca personale delle radici familiari.
Quando il servizio nella Marina Militare degli Stati Uniti mi ha portato a Napoli nel 1987, ho avuto l’opportunità di imparare la lingua italiana e conoscere la gente dalla zona. In questo periodo, ho incontrato Maria Caruso, violinista di Pozzuoli. Iniziammo subito una collaborazione musicale, e alcuni anni dopo siamo diventati marito e moglie. Durante questo soggiorno in Italia ho acquisito un forte interesse per la storia e la filologia della musica antica Napoletana.
Dopo esserci trasferiti e aver vissuto per dieci anni negli Stati Uniti dove entrambi abbiamo continuato gli studi musicali, siamo approdati di nuovo in Italia, questa volta nella zona di Parma. Nell’anno 2000, ho avuto la possibilità di realizzare il desiderio di trovare le mie radici, studiando la storia di Parma da vicino, e incontrando alcuni dei miei parenti della parte della famiglia che non era emigrata negli Stati Uniti.
Essendo liutista, ho maturato una forte interesse per i liutisti che furono attivi alla corte dei Farnese a Parma. Fra questi Andrea Falconieri ha catturato la mia attenzione in modo particolare. Nato e istruito a Napoli, compositore di villanelle (una forma musicale per la quale avevo acquisito un gusto particolare durante il tempo trascorso a Napoli) essendo in oltre uno degli migliori liutisti attivi a Parma, ma anche una specie di peregrino nel mondo (una cosa con cui posso identificarmi), mi è sembrato naturale scegliere la figura di Andrea Falconieri come oggetto di studio.
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Per ragioni professionali, desideravo inoltre approfondire la prassi del basso continuo. Ho il piacere di collaborare con mia moglie Maria, che oltre a suonare violino, è laureata in canto e suona anche la viola da gamba. Siamo attivi musicalmente nella zona di Parma e in altre città, spesso in duetto o con il nostro ensemble “Silentia Lunae”, collaborando con numerosi altri musicisti. Il mio ruolo come liutista/tiorbista richiede la conoscenza del basso continuo.
La tesi tratta dei seguenti argomenti: -
Definizione del termine Villanella.
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Origine del genere e il suo sviluppo nel XVII secolo.
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Cenni biografici sulla vita di Andrea Falconieri.
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Descrizione del Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri.
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Discorso sulla realizzazione estemporanea del Basso Continuo partendo dal trattato di Agostino Agazzari.
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Note sulla storia e uso del sistema alfabetico per la chitarra “alla spagnuola”.
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Esempi di alcuni di brani dal Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri, con la realizzazione del basso continuo intavolata per la tiorba.
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Definizione del termine Villanella Il dizionario Harvard Concise Dictionary of Music definisce così la parola Villanella: Un tipo di musica vocale seicentesca che ebbe origine a Napoli e che, sia in testo e musica, rappresenta un netto contrasto con le ricerche del madrigale contemporanea. Un dispositivo parodistico della Villanella è il suo uso frequente di quinte parallele “proibite”.1
La parola Villanella ha origine dalla parola italiana villano (uomo di campagna) che deriva dal Latino medioevale villanus. Il nome definisce una canzone profana del cinquecento, solitamente per tre voci o con accompagnamento strumentale (solitamente il liuto).
La villanella, anche conosciuta come canzone villanesca, comparve
inizialmente a Napoli, e quindi molto spesso è anche chiamata Villanella alla Napoletana. La villanella era strettamente imparentata ad altre forme leggere di musica vocale, come la mascherata, la moresca, la greghesca, la villota, e la giustiniana. La villanella, dalla sua comparsa nel 1537 divenne subito popolare, e già verso la metà del secolo, fu una delle più celebri forme di canzone in Italia.
I testi di queste composizioni sono solitamente rustici, comici o satirici, e talvolta fanno la parodia di testi e musica di madrigali ben conosciuti. Lo schema delle rime delle strofe nelle prime forme Napoletane sono normalmente AA B CC. La villanella era frequentemente scritta in forma accordale con ritmi chiari e semplici. Alcune regole di composizione erano volutamente ignorate: i movimenti proibiti delle voci in quinte parallele erano comuni nelle villanelle.
Però non tutti i musicisti di quel tempo approvavano questo stile. Thomas Morley, nella sua opera A plaine and easie introduction to practicall musicke (1597) dà la sua schietta opinione della villanella nei seguenti termini: L’ultimo grado di gravità (se ne hanno affatto) è dato alle Villanelle o canzoni di campagna, che sono fatte solo per amore della canzonetta e sono impostate in modo da 1
Don Michael Randel, Villanella, in Harvard Concise Dictionary of Music, Cambridge, Massachusetts – London, England, The Belknap Press of Harvard University Press, pp. 541-542.
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esprimere la natura di questo genere. Il compositore (nonostante sia eccellente) non esiterà a scrivere molti accordi perfetti in successione, perché così facendo non troverà nulla di colpevole, (considerandolo appropriato allo stile) nel creare una musica popolaresca per una soggetto popolaresco e, anche se molte volte la canzoncina è abbastanza elegante, dato che porta il nome di Villanella il compositore si prenderà quelle libertà che sono giustificabili in una composizione buona per l’aratro ed il carro.2
Ma nonostante le critiche di Morley, la Villanella diventò così popolare e diffusa che si espanse praticamente in tutta Europa. Questo genere di composizione fu adottato da tantissimi compositori inclusi alcuni di altissima reputazione e fama, e continuò ad essere usato e sviluppato in altre forme, mantenendo la sua popolarità fino al 1700 circa.
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Thomas Morley, A plaine and easie introduction to practicall musicke, London, Peter Short, 1597, pp. 205-206. Testo originale in inglese: “The last degree of gravity (if they have any at all) is given to the Villanelle or country songs, which are made only for the ditty's sake for, so they be aptly set to express the nature of the ditty, the composer (though he were never so excellent) will not stick to take many perfect chords of one kind together, for in this kind they think it no fault (as being a kind of keeping decorum) to make a clownish music to a clownish matter, and though many times the ditty be fine enough, yet because it carrieth that name Villanella they take those disallowances, as being good enough for plough and cart.”
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L’origine delle villanelle In Italia le composizioni strofiche erano molte diffuse, basti pensare al repertorio frottolistico di corte. Il nome Frottola definiva una composizione musicale a quattro voci, con eventuali inserti di musica e di poesia popolare (nio), era molto diffusa verso la fine del quattrocento, e fiorì soprattutto a Mantova nell’ambito della corte d’Este. Marco Cara e Bartolomeo Tromboncino furono i due compositori più rappresentativi di questo genere. Altre forme parzialmente ispirate al genere popolare erano la Villota, lo Strombotto e la Villanesca.
Le prime notizie riguardo alla Villotta risalgono al 1486.
Fu una forma di
composizione musicale di ispirazione popolaresca, talvolta in dialetto locale, a tre o quattro voci con ritmi di danza che ebbe origine nel nord d’Italia, in area veneta. Esisteva un tipo di villotta elegante, elaborata a quattro voci per le classi colte, e, una villotta più dichiaratamente popolare cantata e ballata da un solista e da un insieme vocale. La struttura della villotta moderna è composta da quattro versi di undici sillabe seguiti da un ritornello. Il nome Villotte è ancora usato oggi per le canzoni popolari del Friuli. Lo Strambotto solitamente aveva la forma AB AB AB CC oppure AB AB AB AB. I musicologi Monti e Einstein svilupparono la teoria secondo la quale la canzone villanesca è derivata dallo strambotto. Questa teoria è basata sulla somiglianza delle forme poetiche, in quanto la canzone villanesca o villanella era semplicemente un strambotto allargato con l’aggiunta di un ritornello dopo ogni distico, creando una tipica forma di ABCD ABCD ABCD EECD.
La parola Villanesca fu usata inizialmente per descrivere diverse forme di poesia dialettale. Fra i sonnet di Marsilio de Carrar e Francesco Vannozzo nel tardo XIV° secolo, si trovano poesie in dialetto intitolate “Villanesco”, e, nel quattrocento, tradizioni e costumi rurali furono imitati e rappresentati in vari forme letterarie, molte delle quali furono messe in musica. Da questa pratica sarebbe nata la Villanesca come forma musicale.
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Anche se non ci sono esempi di Canzone Villanesca alla Napoletana anteriori al 1537, questo non significa che il genere, diventato subito popolare, sia stato creato da un solo compositore. E’ più probabile che la collezione contenesse trascrizioni di brani che facevano parte di una tradizione lirica preesistente.
Le Canzoni Villanesche alla Napoletana furono stampate a Napoli da Giovanni de Colonia nel 1537. La raccolta, attribuita da alcuni studiosi a Velardiniello, anche conosciuto come Belardiniello, reca sulla copertina l’immagine di tre donne che zappano la terra. L’antologia, in piccolo formato, contiene i seguenti quindici brani:
Madonna, tu mi fai Madonna, tu sei intrata Fatti li fatti tuoi Fra quante donne Chi cerca de vedere Voglia mi venerdì Deh quando ti veggio Boccucia de no persico Dove nascesti Che sia malditta Tu sai che Va figlia bella Ianni de l’uorto Voi cognosciete O vecchia tu che guardi
Probabilmente la composizione più famosa e primitiva della collezione è Voccuccia de no pierzeco apreturo (Boccuccia come un fiore di pesco che sta per schiudere), ricordata dai poeti Napoletani Basile, Sgruttendio, Galiani, e anche resa popolare nei nostri giorni attraverso la ricerca di Roberto De Simone, e le registrazioni della Nuova Compagnia di Canto Popolare.
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Voccuccia de no pierzeco apreturo, mussillo de na fica lattarola, s'io t'aggio sola dinto de quist'uorto, nce pozza restà muorto si tutte sse cerase non te furo…
(Boccuccia di pesca matura, musetto di fico lattiginoso, se ti incontrerò da sola nell'orto, possa io morire se non riuscirò a rubarti queste ciliegie.)
L’aggettivo villanesco (dal villano) nel senso stretto significa rustico o rude, ma in questo nuovo contesto indica che i poeti-musicisti napoletani sono stati influenzati dalla musica e dalla poesia tradizionale.
Questa pubblicazione fu la prima di una lunga serie di libri che diffusero questa nuovo genere di canto in tutta l’Italia e oltre i suoi confini. In seguito, molte raccolte di villanelle furono stampate a Venezia. Verso la metà del XVI secolo, la villanella divenne una delle forme musicali più popolari in Italia.
Il primo compositore di villanelle di cui conosciamo l’identità è il Napoletano Giovanni Domenico da Nola (c. 1510-1520 – May 1592). Questo autore nacque nella città di Nola, vicino a Napoli, nella pianura fra Monte Vesuvio e le Appennini. Insegnò canto alle donne dell’ospedale della chiesa e anche ai diaconi al seminario. Era poeta e compositore e fu stato membro fondatore dell’Accademia dei Sereni in 1546-1547. Fu nominato maestro di cappella alla SS Annunziata a Napoli in 1563, dove svolse le sue funzioni per 29 anni, fino alla morte.
La prima pubblicazione di Da Nola “Canzoni villanesche” (1541), consisteva in due libri, contenenti 31 villanesche e 11 mascherate. Questi libri erano molto stimati dai colleghi, e elaborazioni dei suoi brani sono stati fatte da Orlando di Lasso, Hubert Waelrant, Adrian Willaert, Baldassare Donato, Perissone Cambio, ed Antonio Scandello.
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Nel 1545 Da Nola pubblicò un libro di madrigali. Dei 29 lavori inclusi nel libro, 22 utilizzano poesie di Petrarca. Più tardi pubblicò un secondo libro di madrigali per cinque voci. Altri due libri sono perduti. Da Nola diede il suo contributo a varie antologie con alcuni madrigali.
Le pubblicazioni di Da Nola includano:
Canzoni villanesche (Venezia, 1541) – una copia sola sopravive in una biblioteca polacca Madrigali (Venezia, 1545, 4 voci) Liber primus motectorum (Venezia, 1549, 5 voci) - incompleto Il secondo libro de madrigali (Roma, 1564, 5 voci) - incompleto Il primo libro delle villanelle alla napolitana (Venezia, 1567, 3 e 4 voci) Cantiones vulgo motecta appellatae (Venezia, 1575, 6 voci) - perso Il quarto libro di madrigali (5 e 6 voci) - perso 5 napolitane, tre intavolate per liuto 15 madrigali pubblicati o trascritto altrove
Il secondo compositore di villanelle di cui conosciamo l’identità è Giovan Tomaso di Maio (c. 1490 – c. 1550). Nato a Napoli c. 1490, fu organista alla Santa Casa dell' Annunziata di Napoli dal 1540 fino ad almeno il 1548, e probabilmente servì anche in qualità di maestro di cappella. La sua posizione all'Annunziata e le sue pubblicazioni a stampa indicano che Maio fu uno dei i più importanti musicisti presenti a Napoli durante il periodo di transizione fra la dinastia Aragonese e l’inizio del epoca vicereale.
Le sue prime composizioni sono stati pubblicate nel 1519 nella collezione I fioretti di frottole barzellette capitoli strambotti e sonetti, Libro secondo, stampato a Napoli da Ioanne Antonio de Caneto. La pubblicazione contiene opere di Giovan Tomaso di Maio, Marco Cara, Bartolomeo Tromboncino e Carpentras (anche conosciuto come Elzéar Genet o Eliziari Geneti). Maio è il solo compositore Napoletano presente in
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questo antologia, al quale sono attribuiti novi brani: uno strambotto, un'oda, cinque frottole, di cui una su testo spagnolo, e due intonazioni petrarchesche.
Con il suo libro Canzon villanesche di Giovan Thomaso Di Maio, Musico napoletano. Nuovamente stampate et corrette. Libro primo (Stampato a Venezia, da Antonio Gardane nel 1546), Maio diede un importante contributo alla formazione del genere della villanella. Il libro contiene trenta villanesche, ed e quindi un lavoro più ampio rispetto alle altre pubblicazioni di canzoni napoletane di quel tempo, e fa pensare che questa pubblicazione costituisse una collezione di brani scritti nell’ambito di tempo reale più ampio. Il libro contiene i seguenti titoli:
O frezze bionde anci Passan madonna Io solo com'al vent' Sì troppo bella Tutte le vecchie son maleciose O Dio che fusse penta Madonna quanto più stracci mi fai S'io son d'ogn'altr'amante Madonna io non haggio Ho vist'una marotta Dal giorno ch'io ti vidd' Quanto so più de voi donna Li toi bell'occhi relucenti Madonna non è più lo temp'antico a quell'usanza Pietà del tuo fidel Perché n'ascolti Madonna agli occhi mei Io partenai li frutt' Donna ch'avanzi ogn'altra Nodi fo tanta coppia Che giov'o donna
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Non mano muzz'ando a furare Donna saccio ca poi Megli'è parare Ahimè hai me la fortuna Fronte serena Donna bella gentil Sta vita quand'è allegra O tiempo buon'è ch'io Da tuoi begli occhi
Dopo il 1548 non si trovano più notizie del Maio, quindi il luogo e la data di morte sono ignoti.
Più tardi, anche compositori che non provenivano da Napoli, ma da altre parti d’Italia e d’Europa, cominciarono a scrivere Villanelle. Alcuni dei migliori esempi erano scritti di compositori di madrigali come Adrian Willaert, Luca Marenzio, Giovanni Tommaso Cimello, Adriano Banchieri, Orlando di Lasso, Eva Dell'Acqua ed altri. Orlando di Lasso, che soggiornò a Napoli verso il 1550, fu il più noto e prolifico autore di villanelle.
Atre importanti raccolte di villanelle del periodo includono:
Donato Baldassare Il Primo Libro Di Canzone Villanesche alla Napolitana A quatro Voci Nouamente Ristampate. Aggiontoui anchora alcune Villote di Perissone a quatro Con la Canzon della Gallina. A Quatro Voc., 1558.
Vari compositori Il primo libro di villanelle alla Napolitana novamente stampate. A tre voci (una collezione di canzoni alla napoletana compilata da Adrian Le Roy e Robert Ballard), 1565.
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Vari compositori Canzon Napolitane a tre voci, di L'Arpa, Cesaro Todino, Joan Dominico da Nola (una collezione di canzoni alla napolitana compilata da Niccolò Roiccerandet), 1566.
Giovanni Leonardo Primavera e Giovanna Leonoardo di l’arpa Il primo libro de canzone napolitane a tre voci, di Jo. Leonardo Primavera. Con alcune Napolitane di Jo. Leonardo di l’arpa, novamente da lui composte & dato in luce, 1566.
Orlando de Lasso Dixhuitieme livre de chansons à quatre et cinq parties, par Orlande de Lassus (una collezione di chansons Francesi, villanelle italiane, e un motet latino, a quattro e cinque voci), 1567.
Francesco Mazzoni et altri Il primo libro delle canzoni alla Napolitana, a tre voci, con due a quattro, di Don Francesco Mazzoni Abruzzese. Collezione di canzoni alla napolitana. 1569.
Vincenzo Bell’haver Il primo libro delle justiniane a tre voci, die diversi eccellentissimi musici, 1570.
Vari compositori Il primo libro della raccolta di Napolitane à tre voci, di diversi eccellentissimi musici, 1570.
Gioan Leonardo Primavera Il secondo libro de canzone Napolitane a tre voci, di Gioan Leonardo Primavera, 1570. Il terzo libro delle villotte alla Napolitana a tre voci, di Gioan Leonardo Primavera, 1570.
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Girolamo Scotto and Giovanni Bassano Corona, il secondo libro delle canzoni alla Napolitana à tre voci, di Girolamo Scotto, 1571. Corona, il terzo libro delle canzoni alla Napolitana a tre voci, di Girolamo Scotto, 1571.
Giacomo de Gorzanis. Il secondo libro delle Napolitane à tre voci, di Giacomo Gorzanis, 1571.
Giuseppe Policretto e altri Il primo libro delle Napolitane à tre voci, Giosef Policretto, & altri eccellentissimi musici, con una canzone alla Ferrarese del medesimo à quattro voci, 1571.
Pomponio Nenna Quattro villanelle alla napolitana a tre voci che si trovano in due volumi di villanelle ‘de diversi musici di Bari’, 1574.
Luca Marenzio Il Primo Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1584. Il Secondo Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1585. Il Terzo Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1585. Il Quarto Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1587. Il Quinto Libro delle Villanelle a Tre Voci con una a quattro, 1587.
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La Villanella nel seicento La Villanella ebbe un’espansione molto vasta durante il cinquecento, cominciando dalle umili radici a Napoli e diffondendosi in seguito in tutta Italia e anche oltre le Alpi in paesi come la Francia e la Germania. Essendo coltivata in tante altre regioni dove il dialetto napoletano non era compreso la Villanella dovette esser adattata ad altri idiomi per mantenere la sua popolarità.
Verso la fine del cinquecento i compositori di
villanelle cominciarono ad usare testi non più scritti nei dialetti del sud d’Italia, ma nel linguaggio italiano letterario di carattere madrigalesco.
La Villanella iniziò a mutare non soltanto nello stile dei testi, ma anche nel linguaggio musicale, diventando più complessa. Molti dei compositori di villanelle scrissero anche mottetti e madrigali, e usarono talvolta le stesse tecniche di composizioni. Nel tardo cinquecento le villanelle di Luca Marenzio presentano tutte queste caratteristici, e talvolta sembrarono quasi dei ‘mini-madrigali”. La Villanella fu assimilata anche ad altre forme come il Balletto e la Canzonetta.
Giovanni Gastoldi, che scrisse anche madrigali, fu il primo ad applicare il nome Balletti ad alcune sue composizioni vocali. Il Balletto conservò certi aspetti della Villanella – fu una composizione vocale leggera, utilizzò l’imitazione canonica, e fu caratterizzato da ritmi facilmente danzabili. I testi dei balletti erano strofici, spesso con un ritornello che finisce con il testo “Fa-la-la.” Normalmente il balletto ebbe tre o quattro voci, che in alcuni casi potevano essere estese fino a otto. Questo genere musicale univa canto, strumenti e danza, come indicato nel libro di Gastoldi: Balletti a cinque voci, Con li suoi Versi per cantare, sonare, & ballare, con una Mascherata de cacciatori a Sei voci, & un concerto de Pastori a Otto, In Venetia Appresso Ricciardo Amadino. MDXCIIII.
La Canzonetta fu la forma di musica profana più popolare durante questo periodo in Italia e Inghilterra e anche in Germania. La forma poetica era strofica, e seguiva spesso la forma AABCC. La Canzonetta è di carattere leggero, con una struttura chiara da quattro a sei voci, ed è caratterizzata da ritmi danzanti, con linee melodiche che talvolta
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dipingono in musica parole come "fuga" o "fuoco". Questa genere di composizione fa anche molto uso di semplici tecniche imitative. Claudio Monteverdi, Luca Marenzio, ed altri compositori celebri hanno scritto opere eccellenti in questo stile, ma Orazio Vecchi è considerato il più eccezionale compositore di canzonette.
Anche il
compositore inglese Thomas Morley ed il tedesco Hans Leo Hassler furono importanti come autori di canzonette nelle loro lingue native.
Alcune importanti raccolte di villanelle pubblicate nel seicento:
Ruggiero Giovanelli Il Primo Libro delle Villanelle et Arie alla Napolitana a tre voci, Venezia, 1600.
Giovanni Domenico Montèlla Primo libro de villanelle a tre et a quattro voci, con alcuni area, dopo 1602. Secondo libro de villanelle et arie, 1604. Terzo libro di villanelle a quattro et arie a due voci, 1605. Quarto libro di villanelle a quattro voci, 1606.
Giovanni Girolamo Kapsperger Libro primo di villanelle a 1. 2. et 3. voci accomodate per qualsivoglia strumento con l'intavolatura del chitarone et alfabeto per la chitarra spagnola, 1610.
Francesco Palumbi Libro di villanelle Spagnuole et Italiane et Sonate spagnuole, c. 1615.
Andrea Falconieri Il Primo Libro di Villanelle a 1. 2. e 3. voci con l’alfabeto per la chitarra spagnola, 1616.
Giovanni Girolamo Kapsperger Libro terzo di villanelle a 1. 2. & 3. voci accomodate per qual si voglia stromento con l'intavolatura del chitarone et alfabeto per la chitarra spagnola, 1619
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Giovanni Battista Robletti (editore) Vezzosetti fiori di varii eccellenti autori, cioè, madrigali, ottave, dialoghi, arie, et villanelle, a una, e due voci. Da cantarsi con il cembalo, tiorba, chitarra spagnola, &c., 1622.
Giovanni Girolamo Kapsperger Libro quarto di villanelle a una e più voci con l'alfabeto per la chitarra spagnola, 1623.
Casalotti, Giovanni Villanelle di più sorte con l'intavolatura per Sonare, et cantare sù la chitarra alla spagnola, c. 1623.
Pietro Millioni Prima scielta di villanelle accommodate con l'intavolatura per cantare sopra la chitarra spagnola, 1627.
Diacinta Fedele Scelta di villanelle napolitane bellissime con alcune ottave siciliane nove, con le sue intavolature di quitarra alla spagniola, 1628.
Pietro Paolo Sabbatini Opera ottava (villanelle per 1-3 voci), 1628.
Giovanni Girolamo Kapsperger Libro quinto di villanelle a una, due, tre et quattro voci con l'alfabeto per la chitarra spagnola, 1630.
Pietro Paolo Sabbatini Il terzo (de villanelle a una, due, e tre voci), 1631.
Pietro Paolo Sabbatini
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Il quarto de villanelle a una, due, e tre voci, 1631.
Giovanni Girolamo Kapsperger Libro sesto di villanelle a una, due, tre e quattro voci con l'alfabeto per la chitarra spagnola, 1632.
Giovanni Girolamo Kapsperger Libro settimo di villanelle a una, e più voci con l'alfabeto per la chitarra spagnola, 1640.
StefanoPesori Lo scrigno armonico [op. 2]. . . ove si rinchiudono vaghissime danze, & ariette al modo italiano, spagnolo, e francese; per suonare in concerto con basso, violino, manacordo, & altri instrumenti: et molte vaghissime villanelle, con l'intavolatura della chitarra spagnola, c. 1648.
Pietro Paolo Sabbatini Prima scelta di villanelle a una voce delli dieci libri . . . da cantare sopra a qualsivoglia instrumento, con l'alfabeto della chitarra spagnola, 1650.
Pietro Paolo Sabbatini Prima scelta di villanelle a una voce delli dieci libri . . . da cantare sopra a qualsivoglia instrumento, con l'alfabeto della chitarra spagnola . . . di nuovo ristampate, e corrette, 1652.
Pietro Paolo Sabbatini Prima scelta di villanelle a due voci . . . da sonarsi in qualsivoglia instromento, con le lettere accommodate alla chittara spagnola, 1652.
Pietro Paolo Sabbatini Seconda scelta di villanelle a una voce delli dieci libri ... da cantare sopra a qualsivoglia instrumento, con l'alfabeto della chittara spagnola, 1652.
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Andrea Falconieri – Cenni biografici Andrea Falconieri (conosciuto anche come Falconiero) nacque a Napoli nel 1585. Da giovane studiò liuto e chitarrone con il maestro Jean de Macque, il più prestigioso compositore a Napoli. Più tardi il giovane Falconieri si trasferì a Parma, dove fu sotto la protezione del Duca Ranuccio I Farnese a Parma il quale gli fece studiare musica, forse con Santino Garsi virtuoso liutista della corte. Falconieri frequentò la cappella musicale del duca, ma non poté essere assunto stabilmente per la presenza di un’altro liutista di corte di nome Galeazzo Cacciardino.
Nel frattempo, Falconieri ebbe
l’incarico di curatore dei liuti e fu spesso in viaggio per procurare corde per i liuti della corte, ma senza percepire uno stipendio regolare. E’ probabile che durante questo periodo Falconieri approfittasse dei suoi viaggi per cercare nuovi contatti nella speranza di trovare impiego più stabile, come si potrebbe dedurre da una lettera di 1609 da Francesco Belfiore al marchese Enzo Bentivoglio, che parla di un «giovane Parmegiano ... di honoratissimi costumi di bella presenza, e virtuoso di liuto, e di chitarra spagnola, e di natura rimessa più tosto vivace…»3
Galeazzo Cacciardino morì in marzo di 1606, ma Falconieri dovette comunque aspettare altri quattro anni prima di ricevere la bramata posizione di liutista di corte dei Farnese. Finalmente, dal dicembre di 1610, cominciò a ricevere in stipendio regolare di sei scudi al mese. Ma poi nel 1614, per ragioni sconosciute, Falconieri, dopo aver ricevuto il suo stipendio di novembre, scompare all’improvviso da Parma. Nell’Archivio di Stato a Parma, nei Ruoli de’ Provigionati, vicino alla data 1614 è scritto “Se ne è fuggito via senza dir niente”.
Da questo punto Falconieri cominciò una vita piuttosto raminga spostandosi di luogo in luogo, e servendo diversi padroni per i prossimi venticinque anni. Secondo ProtaGiurleo, la sua prima tappa fu Modena, dove presumibilmente sposò una donna parmigiana.
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Dinko Fabris, Andrea Falconieri Napoletano un Liutista-Compositore del Seicento, Roma, Edizioni Torre D’Orfeo, 1987, pp. 22.
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Poco dopo, forse verso la meta del 1615, si trasferì a Firenze, con la speranza di trovare un incarico stabile, ma inizialmente ebbe poco successo. Sempre alla ricerca d’impiego fisso, o almeno di un finanziatore per il suo primo libro, Falconieri inviò alcune musiche a Ferdinando Gonzaga, che sarebbe divenuto il futuro Duca di Mantova, insieme ad una lettera datata12 dicembre 1615, in cui scriveva, tra le altre cose, di avere anche una collezione di musica pronta da mandare in stampa. Comunque, i suoi sforzi per ricevere un incarico da Ferdinando Gonzaga risultarono vani, ma nella primavera del 1616, fu finalmente assunto dal nuovo eletto ventenne Cardinale Carlo de’Medici. Nel maggio del 1616 Falconieri pubblicò a Roma Il Primo Libro di Villanelle, dedicandolo al cardinale (datato 21 maggio 1616). Nella sua prefazione chiamò il lavoro "primo parto del mio debole ingegno". Falconieri non rimase molto tempo al servizio del Cardinale de’Medici, il quale da parte sua non ebbe un grande interesse per la musica. Ma a quel punto Falconieri, con il suo libro di recente pubblicazione, possedeva credenziali più solide e presto trovò lavoro presso Don Antonio Medici, figlio naturale del granduca Francesco Medici. Don Antonio fu un grande mecenate e prese particolare diletto nelle rappresentazioni musicali e teatrali, sostenendo le arti e impiegando molti artisti.
I musicisti di corte, quando non furono occupati con le proprie mansioni musicali, servirono frequentemente come messaggeri. Nell’agosto del 1618 Don Antonio mandò Falconieri presso l’imperatore d’Austria per riscuotere alcuni tributi dalle terre che gli erano state lasciate da suo padre, il Gran Duca Francesco. Questo contatto fu molto proficuo per Falconieri, come si vedrà.
Da questo periodo della sua vita (dalla metà del 1616 alla prima parte del 1619) sembra che siano esistiti, ma mancano o sono andati persi, almeno altri tre libri di musica della produzione di Falconieri, e ciò si deduce sulla base della numerazione dei suoi libri.
Sfortunatamente, di questi volumi non abbiamo nessuna notizia.
Il
successivo libro di Falconieri giunto fino a noi è stato il Quinto Libro delle Musiche, stampato a Firenze nel 1619 presso Pignoni. Benché Falconieri fosse ancora al servizio di Don Antonio Medici, questo libro non fu dedicato a lui. Le probabili ragioni di questo fatto potrebbero essere le seguenti: o le usanze della corte di Firenze vietavano
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una simile dedica, oppure la nascita illegittima di Don Antonio rendeva sconveniente questa cosa. Invece, il Quinto libro fu dedicato “Al Molto Illustre Signore il Sig. Niccolò Berardi”, che potrebbe essere riferito al maestro di camera di Don Antonio Medici che si chiamava “Belardi”. Questa dedica potrebbe essere stata il modo scelto da Falconieri per dare comunque riconoscimento al suo mecenate senza violare l’etichetta ducale.
Verso la metà del 1619, Falconieri si trasferì a Venezia, come dimostra il luogo di stampa dei suoi successivi libri. Alla fine di giugno del 1619 il nostro autore aveva completato anche un’altra collezione: il Libro Sexto di Arie, stampata da Bartolomeo Magni, che porta una dedica del 30 giugno al Signor Odoardo Mannini, un altro mecenate al quale Falconieri mirava come potenziale sostenitore.
Questa volta, il
compositore fece stampare nel libro anche un alfabeto per la chitarra spagnola, come aveva fatto per Il Primo Libro di Villanelle in modo da favorire una più ampia diffusione del libro, dato che le istruzioni sulla pratica dell’alfabeto chiarivano ai meno esperti molte questioni sull’esecuzione, rendendo di fatto più appetibile il volume.
Un altro libro attribuito a Falconieri contiene Mottetti a 2-4 voci. Il volume, che si trova elencato in un catalogo editoriale del 1676, non è datato ma potrebbe appartenere a questo periodo. Forse servì addirittura come ‘banco di lavoro’ per la più complessa opera intitolata Sacrae Modulationes (la prima opera di musica sacra di Falconieri della quale conosciamo una data sicura).
Frutto della sua fortunata visita all’imperatore d’Austria di alcuni anni prima, il libro Sacrae Modulationes fu stampato a Venezia da Bartolomeo Magni, pubblicato nel settembre del 1619, e dedicato appunto all’“Invictissimo Ferdinando Austriaco Ungheria e & Boemia Regi Augustissimo Archiduci Austriae & c.”
Sembra che
Falconieri sperasse di essere assunto alla corte d’Austria, ma alla fine l’incarico al quale ambiva andò a un musicista di Venezia di nome Priuli. Sfortunatamente la sola parte delle Sacrae modulationes giunta fino a noi è la parte del tenore secondo (Sextus), mentre le altre risultano mancanti.
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Sempre nel 1619, Falconieri pubblicò Il Primo Libro di Madrigali a cinque voci, et con due Madrigali a diece nel fine. Anche quest’opera andò in stampa a Venezia presso Bartholomeo Magni e fu dedicata al Conte Alessandro Bentivogli, un altro nobile fiorentino.
Sappiamo dell’esistenza di questo libro soltanto attraverso un vecchio
catalogo editoriale, ma sfortunatamente, l’ultima copia (incompleta) è scomparsa. La pubblicazione è un'altra testimonianza all’intensa produzione musicale durante questo periodo della vita di Falconieri.
Mettendo in ordine i libri pubblicati da Falconieri durante questa prima parte della sua carriera, considerando che la musica contenuta nei libri Il Primo Libro di Villanelle, Quinto Libro delle Musiche, e il Libro Sexto di Arie è costituita da brani pressoché dello stesso genere, e cioè Villanelle alla Napoletana da una a tre voci, possiamo ipotizzare il seguente ordine di pubblicazione:
Il Primo Libro di Villanelle – Roma – 21 maggio 1616 (Secondo Libro di Villanelle/Musiche/Arie – Firenze? – 1617-1618? – perso) (Terzo Libro di Villanelle/Musiche/Arie – Firenze? – 1617-1618? – perso) (Quarto Libro di Villanelle/Musiche/Arie – Firenze? –1617-1618? – perso) Quinto Libro delle Musiche – Firenze – 1619 Libro Sexto di Arie – Venezia – 30 giugno 1619 Mottetti a 2-4 voci – Venezia?– tardo 1619? Sacrae Modulationes– Venezia – settembre 1619 Il Primo Libro di Madrigali – Venezia – (fine?)1619
Falconieri si trattenne a Venezia probabilmente fino alla fine del 1619 o all’inizio del 1620. Tornato a Firenze forse rimase in servizio, ma in modo meno ufficiale, presso il suo precedente padrone Don Antonio Medici oppure trovò impiego, forse allo stesso tempo, in casa Bentivoglio.
Poco prima del luglio 1621 Falconieri partì per recarsi in Spagna.
Questo è
documentato da una seria di lettere di Paolo Emilio Boiardi al cardinale Alessandro d’Este. Il Boiardi fu inviato a Firenze dal Cardinale d’Este per informarsi presso la
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moglie di Falconieri se avesse dei libri di musica del marito. Boiardi apprese che Falconieri era effettivamente partito per la Spagna in missione per Don Antonio Medici, e che nel corso di questo viaggio sarebbe passato anche in Francia dalla Regina Madre. Dopo di questo non abbiamo nessuna notizia dell’attività di Falconieri per i successivi sette anni.
Una lettera del 1647, scritta al Duca di Modena per richiedere una
raccomandazione per il posto di maestro della real cappella a Napoli, conferma altresì che Falconieri si fermò in Spagna per sette anni.
Sicuramente per rimanere in Spagna tanto tempo Falconiere dovette avere un appoggio stabile. E’ stato ipotizzato dal musicologo Dinko Fabris un possibile rapporto di servizio con il conte di Lemos, che fu viceré di Napoli fino al 1616, rientrò in Spagna nel 1622, e poi morì nello stesso anno. La moglie del conte e la sua famiglia si erano trovati bene a Napoli e ne avevano bei ricordi. Un rapporto di amicizia con Falconieri e un possibile sostegno economico sarebbero anche plausibili.
Le successive notizie che abbiamo di Falconieri si trovano in una lettera del 1628 scritta da Andrea Cioli, balì di Firenze, ad Orazio Linati in cui Cioli spiega lai sua intenzione di scrivere ad Andrea Falconieri dicendogli di venire insieme con i Cardinali Lodovisi ed Aldobrandini quando questi sarebbero partiti da Roma per le feste di nozze di Odoardo Farnese e Margherita Medici. Da questa lettera, (e dal confronto con la lettera scritta al duca di Modena di 1647 menzionata sopra), comprendiamo che Falconieri sarebbe tornato in Italia probabilmente nel 1627, che nel 1628 si trovasse a Roma, non da molto tempo, ma abbastanza per stabilire un rapporto con alcuni prelati di alto rango nel Vaticano. Possiamo anche dedurre che si sapeva a Firenze che Falconieri era tornato in Italia e che si trovava a Roma, e anche (dal fatto che abbia ricevuto un invito alle celebrazioni) che godeva ancora di una buona reputazione presso la famiglia Medici.
Falconieri accettò l’invito a Firenze e, insieme al cantante e cavaliere Loreto Vittori fece una eccellente impressione sul pubblico durante le serate in casa di Andrea Cioli. In seguito i due musici parteciparono anche a La Flora, una rappresentazione di Marco da Gagliano. Le celebrazioni delle nozze di Odoardo Farnese e Margherita Medici
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furono grandiose. Per l’occasione furono ingaggiati non soltanto Falconieri e Vittori, ma anche tutti i musicisti e cantori di corte, i liutisti Lorenzino e Pompeo da Modena, e Girolamo Frescobaldi. Le festività ebbero luogo non soltanto a Firenze, ma in seguito anche a Parma dove si inaugurò il nuovo Teatro Farnese con uno spettacolo allestito da Enzo Bentivoglio, su musiche di Claudio Monteverdi, che diresse l’orchestra, e testi di Claudio Achillini.
Durante queste celebrazioni Falconieri ebbe l’opportunità di
incontrare quasi tutti i maggiori musicisti italiani del suo tempo.
Per le festività che celebravano l’unione di due delle più importanti famiglie in Italia, fu necessario coinvolgere tutti i migliori musicisti dell’epoca.
Falconieri colse
l’opportunità e offrì i suoi servizi. Ma anche se il Duca Ranuccio I era già morto da un anno, sembra che il nuovo duca Odoardo, ancora in fasce al tempo della fuga di Falconieri nel 1614, avesse in seguito sentito parlare dell’offesa recata a suo padre tempo addietro dal giovane napoletano, e fosse riluttante nell’accettare l’offerta di Falconieri. A questo punto il contatto con il Cardinale Ippolito Aldobrandini si rivelò utilissimo per Falconieri, perché il cardinale era il fratello di Margherita Aldobrandini (moglie di Ranuccio I Farnese), e quindi lo zio di Odoardo Farnese. Sembra molto probabile che Falconieri fosse riuscito a fare un’impressione molto positiva sul cardinale in modo che il prelato usasse la sua influenza di zio sul giovane duca, persuadendolo a riassumere Falconieri come liutista di corte.
Anche l’abilità di
Falconieri come tiorbista avrebbe potuto giocare a suo favore.
Dopo la fuga di
Falconieri nel 1614, la corte di Parma era rimasto come liutista soltanto Orazio Bassani, ma questi morì l’anno seguente. Nel 1619 Donino Garsi, figlio di Santino, fu assunto come liutista, ma il suo stile di composizione seguiva quello del suo padre, secondo i canoni del tardo rinascimento. Il nuovo stile monodico si stava diffondendo ovunque in Italia, ma fino a quel momento il chitarrone non aveva fatto ancora una grande entrata nella corte di Parma, e anche questo fatto agiva in favore di Falconieri, che fu ufficialmente riassunto come musicista di corte dopo la chiusura delle festività il 20 aprile 1629.
Durante gli anni seguenti Falconieri fu occupato non soltanto con il servizio alla corte, ma anche coinvolto frequentemente in esecuzioni straordinarie nelle varie chiese
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della città durante le feste più solenni dell’anno. Il suo nome compare regolarmente nelle liste di pagamento nelle chiese, e il musicista risulta spesso uno dei meglio pagati. Falconieri continuò in questo servizio fino al 1635, e dopo questa data non ci sono più tracce di lui a Parma. A questo punto sembra che si spegnesse la tradizione d’avere un liutista di corte a Parma, anche se spesso tiorbisti furono ancora usati nelle chiese per le feste più importanti fino al XVIII secolo. Anche se la posizione di liutista di corte non c’era più, la memoria di Falconieri a Parma continuò. La sua bravura alla tiorba gli aveva guadagnato una reputazione così grande che Rolando Pico, nel suo Appendice di varii soggetti parmigiani (1642) commentò che Andrea Falconieri «non hebbe in Parma né forse altrove, pari, si che con la dolce maniera, che cominciò ad usare, e che è molto più gradita da moderni, superò secondo l’opinione de’ molti, di gran’lunga Santino…»4 Sempre nell’Appendice del 1642, Pico menzionò che Falconieri si spostò con la famiglia prima a Modena, e poi a Genova. I seguenti eventi indicano che il suo arrivo a Genova avvenne probabilmente verso la fine di 1635 o l’inizio di 1636.
In questa città Falconieri trovò impegno al Collegio di Santa Brigida in qualità di insegnante di musica, e spesso doveva entrare nei monasteri per fare lezione alle giovane monache. Frequentemente queste ragazze provenivano da alti ranghi della società, e per convenzione sociale erano costrette a entrare in convento senza una vera vocazione.
Per alleviare la loro noia, spesso i genitori delle ragazze mandavano
insegnanti di musica nei monasteri, e non era insolito che un giovane pretendente inviasse un brano musicale tramite un musicista per esprimere i propri sentimenti ad una delle recluse.
Questo dava occasione a scandali, che pare venissero resi noti alle
autorità ecclesiastiche per mezzo di anonime lettere di Denuntiae, da parte di informatori nei monasteri.
Falconieri si trovò implicato in alcuni di questi “scandali”. In una Denuntiae del 24 giugno 1636 troviamo scritto:
Il poco rispetto che si porta a’ nostro Sig.re Dio et a’ questo nostro monast.o di S.ta Brigida ci ha risoluto fare sapere alle SS.rie Ser.m equalmente tutto il giorno alle nostre grate si fa musica e li musici sono, Falconieri, Gio: M.a Costa, e Gio: And.a Ghirardi; il Ghirardi 4
Fabris, Andrea Falconieri, p. 14.
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viene solo come anco il Falconierie che ci è stato ancora hoggi e ci viene quasi tutto lo giorno, di più alla notte vengono a cantare in strada sotto le terrazze del nostro monast.o,5
E in un altro del 7 luglio 1636 leggiamo: «il signor Andrea Falconieri dilettò tutta la sera monache e Convertiti al suono del suo liuto e col canto dopo che tutto lo giorno passato aveva a insegnar loro canto di gorga e di arpone.»6 Falconieri non frequentava soltanto il monastero di Santa Brigida. Spesso si trovava anche a San Tommaso, e anche lì non mancarono le denuncie.
A 12 aprile a San Tomaso era il Prete Alarame nel parlatorio. d.o giorno in d.o luogo era falconero sonatore da liuto. [17 maggio a S. Tommaso] d.o giorno in d.o luogo era falconeri. [6 giugno a S. Tommaso] d.o giorno in d.o luogo era falconeri sonator di liuto.7
Forse seccato dalle ripetute ammonizioni da parte del clero, oppure attirato da proposte di lavoro più remunerative, (o forse da entrambe le cose), nella prima parte di settembre 1637 Falconieri lasciò Genova. Non abbiamo documentazione di questa parte della sua vita, ma probabilmente tornò a Modena, dove sembra che avesse lasciato la moglie e i figli cerca due anni prima. Nel 1639 si trasferì a Napoli tornando alla sua città natale dove fu assunto alla cappella reale come “musico di tiorba e arciliuto”.
Negli anni che seguirono ci fu un risveglio artistico a Napoli a causa della politica del viceré Medina, e questo probabilmente offrì a Falconieri molte opportunità di dimostrare la sua fama di virtuoso. Nel 1640 il liutista ebbe l’opportunità di partecipare ad una ‘festa a ballo’ intitolata Il Giudicio di Paride per il matrimonio di Placido e Isabella De Sangro al palazzo reale. Più tardi, nel 1642, quando la sua posizione nella cappella reale fu più consolidata, Falconieri tornò brevemente a Modena per traslocare con tutta la famiglia definitivamente a Napoli.
5
Fabris, Andrea Falconieri, p. 48. Fabris, Andrea Falconieri, p. 51. 7 Fabris, Andrea Falconieri, p. 51. 6
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Alcuni anni dopo scoppiò la rivolta di Masaniello nell’estate di 1647, seguita da repressioni da parte del governo. Proprio nel mezzo di questa crisi il maestro della real cappella Giovan Maria Trabaci morì, e il 15 gennaio del 1548 Falconieri fu chiamato per prendere la posizione “a favore di Don Giovanni d’Austria”, figlio naturale del Re Filippo VI di Spagna.
Ricevendo lettere di raccomandazione dalle varie persone
influenti che aveva servito nel passato, i suoi desideri finalmente si avverarono con l’assunzione alla posizione di maestro della real cappella, come indicato più tardi nell’annotazione di registro del 28 febbraio 1652: «Ad Andrea Falconiero è assegnata la piazza di Maestro della R. Cappella dal 15 gennaio 1648 che gli dispacciò il mandato con il soldo, lucri, emolumenti, che teneva il suo predecessore.»8
La rivoluzione di Masaniello forzava la popolazione di Napoli di scegliere fra le due fazioni.
Naturalmente, Falconieri, come la maggior parte dei musicisti desiderava
mantenere il proprio posto di lavoro e prese la parte degli spagnoli. Una decisione pericolosa che ad alcuni costò la vita per mano dei ribelli di Masaniello.
La ribellione durò fino all’aprile del 1648, quando il popolo, vedendo che Masaniello era entrato in trattative con il Viceré, e sentendo voce che il loro capo ed eroe era stato corrotto (voci diffuse dal governo), e pensando di esser stati traditi dal loro capo, lo ammazzarono, ponendo fine alla loro ribellione.
Pochi giorni dopo la fine della ribellione, arrivò notizia dalla Spagna che Don Giovanni d’Austria, figlio del re di Spagna, era stato nominato Viceré di Napoli, con il conte d’Oñate come assistente. Insieme con membri della corte e musicisti della reale cappella di Napoli, incluso probabilmente Falconieri, Don Giovanni partì per la Spagna, dove fu onorato e riconosciuto per il valore che dimostrò nel reprimere la ribellione di Masaniello.
Seguirono giorni di grande festa a Madrid durante i quali avvennero
manifestazioni musicali della cappella reale di Madrid, che molto probabile includeva membri della real cappella di Napoli, incluso Falconieri.
8
Fabris, Andrea Falconieri, p. 59.
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Più tardi, però, il giovane Don Giovanni rinunciò, lasciando il titolo a Oñate e provocando a Napoli una destabilizzazione economica, che sfociò poi in altre repressioni politiche.
La situazione divenne cosi aggrovigliata che Oñate cercò di
riconquistare la sua reputazione presso il popolo, organizzando una serie di spettacoli che includeva la rappresentazione Il trionfo di Partenope liberata, proposto in onore del matrimonio del re di Spagna Filippo Quarto, ma in realtà ciò avvenne sopratutto per lodare il viceré per la vittoria del governo con Masaniello e i ribelli. A Oñate è attribuito anche il merito di aver introdotto a Napoli la commedia in musica, che da 1650 occupò le scene sempre più spesso.
Nello stesso anno Falconieri pubblicò il suo ultimo libro di musica, intitolato Il Primo Libro di Canzone, Sinfonie, Fantasie, Capricci, Brandi, Correnti, Gagliarde, Alemane, Volte per Violini, e Viole, overo altro Stromento a uno, due, e tre con il Basso Continuo. Di Andrea Falconiero, Maestro della Real Cappella di Napoli. La dedica a Don Giovanni d’Austria mostra la completa fedeltà e la devozione da parte di Falconieri al suo viceré, e ci fornisce anche l’indicazione che probabilmente Falconieri fu il suo insegnante di musica al durante il soggiorno in Spagna.
Falconieri continuò a prestare servizio come maestro di cappella a Napoli occupandosi non soltanto con musica strumentale, ma anche di musica liturgica. Esiste un manoscritto che contiene musica sacra scritta da vari compositori membri della real cappella, inclusi Falconieri, Francesco Ansalone a Giovanni Romano, che venne regolarmente eseguita alla corte del viceré.
Nello stesso periodo, partendo dal 1650, il genere opera in musica cominciò a diventare popolare anche a Napoli, e se in quei primi anni le produzioni furono importate da Venezia, non occorse molto tempo prima che opere di autori napoletani cominciassero a comparire in teatro. In queste manifestazioni i musicisti che formavano l’orchestra erano forniti dalla corte, probabilmente sotto la direzione di Falconieri.
Nel 1656 un’epidemia della peste scoppiò a Napoli e uccise oltre due terzi della popolazione: 250.000 persone in pochi mesi.
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Molti musici dalla congregazione
musicale della chiesa di San Giorgio, e una ventina della real cappella morirono. Il registro della Scrivania di Razione indica la morte di Andrea Falconieri in data 29 luglio 1656. La sua eredità andò alla figlia Margherita, la sola sopravissuta della sua famiglia.
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Il Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri
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Nel 1616, Andrea Falconieri pubblicò il suo Libro Primo di Villanelle a 1. 2. & 3. voci con l’alfabeto per la chitarra spagna d’Andrea Falconieri Naplitano, stampato a Roma da Giovanni Battista Robletti.
I brani della collezione sono dedicati
all’Illustrissimo ed Reverendissimo Signor Cardinale de Medici.
Pacifica Artuso, nel Dizionario Biografico degli Italiani, scrive del libro di Falconieri in questi termini:
Il libro primo di villanelle a 1. 2. et 3 voci. Con l'alfabeto per la chitarra spagnola […] si colloca nell'ultima fase di sviluppo di questa forma vocale fiorita parallelamente al madrigale; nelle villanelle del Falconieri permane il tipico carattere popolaresco e danzante, al quale l'autore sovrappone però il suo tratto di raffinato melodista, non esente da "madrigalismi" in funzione espressiva che impreziosiscono la serenità melodica di alcune composizioni.9
Le dimensioni del libro sono: 35 cm x 22.5cm. Il volume consta di 48 pagine. L’indice si trova sull’ultima pagina, che non è numerata. La musica è stata stampata usando caratteri mobili. Segue l’elenco dei brani contenuti nel libro come si trovano raggruppati nell’indice. Affianco è indicato l’organico per cui ogni brano è scritto:
A una voce Caraè la Rosa e vaga
(T)
Vezzosettte, e care
(S)
O Ben sparsi sospiri
(S)
Occhietti amati
(S)
Bella fanciulla
(T)
Begl’occhi luccenti
(T)
O Bellissimi Capelli
(T)
Dolci sospiri
(S)
Armilla ingrata
(B)
9
Pacifica Artuso, Falconieri (Falconiero), Andrea, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44, 1994. http://www. treccani. it/enciclopedia/andrea-falconieri_(Dizionario-Biografico)/ L’ultimo accesso 2014-02-16.
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Pastorella ove t’ascondi
(T)
O quando il labro ti bacio
(T)
Rimirate
(T)
Nudo Archiero
(T)
Segui segui dolente core
(S)
Filli Vezzosa
(B)
Non più d’Amore
(T)
Se ben rose celesti
(T)
A due voci Nova fortuna
(T, T)
O Vezzosetta dalla chioma d’oro
(T, B)
Spiega spiega la vela Nocchiero
(S, B)
O che bell’alba bianca e vermiglia
(T, B)
Vanne felice
(S, B)
Vie più beata mia ventura
(S, B)
Soccorso ahime ben mio
(S, B)
E vivere e morire
(S, S, T)
Quielbaccio che mi date
(T, T)
Ardo d’Amore, e piango
(T, T)
O fronte serena
(S, B)
A tre voci Voi sete bella, ma sete crudele
(S, S, B)
Occhirubelli
(S, S, T)
Aurevaghe
(S, S, B)
Folti boschetti
(T, T, B)
Notiamo che il brano‘E vivere e morire’ è per due soprani e tenore, nonostante si trovi nell’elenco dei brani per due voci. Si tratta probabilmente di un errore di stampa.
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I brani per una o due voci presentano una pentagramma per ogni parte vocale, più un altro pentagramma (in chiave di basso) per il basso continuo. I brani a tre voci hanno un pentagramma per ogni voce, con le figure per il basso continuo sul pentagramma per la voce più grave. I brani‘E vivere e morire’, e ‘Occhi rubelli’ hanno il basso continuo scritto in chiave di tenore. La numerazione data per il basso continuo è molto scarsa, per la maggiore parte costituente da alcuni diesis, e alcuni semplici numeri come 4 – 3, e 6. Ogni brano ha anche l’alfabeto per la chitarra spagnola, quasi sempre in lettere minuscole.
Dopo i pentagrammi di quasi ogni brano si trovano le altre strofe da cantare sulla stessa musica. Le pagine sono ornate da vari disegni artistici e ghirigori. A pagina 25 troviamo un diagramma intitolato ‘INTAVOLATURA Per la Chitarra Spagnola’. Sembra che le righe orizzontali e verticali del diagramma siano state stampate sulla carta insieme con il resto della musica del libro, ma le lettere dell’alfabeto ed i numeri dell’intavolatura italiana sembrano scritti a mano dopo la stampa, data l’inconsistenza della calligrafia, e anche il fatto che l’inchiostro utilizzato presenta sbavature, e non appare nitido come nel resto del libro ed è anche penetrato attraverso la carta, sicché si può vedere anche sulla pagina 26, rendendo una parte del brano che si trova su quella pagina difficile a leggere.
I testi dei brani parlano di amore, del desiderio per una ragazza che non si riesce a conquistare, di donne che giocano con i sentimenti dell’amante, degli occhi o dei capelli della ragazza amata, delle angosce d’amore, e altri argomenti simili. Come capitava spesso con le collezioni di musica vocale del periodo, anche il Libro Primo di Villanelle di Falconieri diventò una fonte di testi per altri musicisti. La tabella nella pagina seguente elenca i testi musicati da Falconieri nel suo Libro Primo di Villanelle e l’utilizzo degli stessi da parte di altri compositori.10
10
Cory Michael Gavito, The Alfabeto Song In Print, 1610 – Ca. 1665: Neapolitan Roots, Roman Codification, and “Il Gusto Popolare”, Ann Arbor, Michigan, p. 114. http://books.google.it/books?id=lwHm74gJ6dAC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary _r&cad=0#v=onepage&q&f=false. L’ultimo accesso 2014-02-16.
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Testo Concordante
Fonte Concordante
Armilla ingrata
Olivieri (Rome, 1620) Robletti, ed. (Rome, 1621a)
Aure vaghe, aure gioconde
Kapsberger, (Rome, 1619a) Rontani (Rome, 1620) Vitali (Rome, 1620)
E vivere, e morire
Stefani, ed. (Venice, 1618/21/23/26)
Filli vezzosa
Stefani, ed. (Venice, 1620/22)
O fronte serena
Kapsberger, (Rome, 1619)
Occhi rubelli del regno d’Amore
Manzolo (Venice, 1623) Severi (Rome, 1626)
Occhietti amati
Vitali (Rome, 1620) Millioni (Rome, 1627)
Pastorella ove t’ascondi
Crivellati (Rome, 1628)
Soccorso ahimè ben mio
Manzolo (Venice, 1623)
Spiega, spiega la vela nocchiero
Kapsberger (Rome, 1619b)
Vezzosette e care
Kapsberger (Rome, 1619a)
D’altra parte i testi usati di Falconieri nel suo Libro Primo di Villanelle, compaiono anche in libri stampati alcuni anni prima. In un codicetto di Floriano Picco intitolato Nuova scelta di Sonate per la Chitarra spagnola, pubblicato a Napoli in 1608, con un ristampa a Roma in 1609, si trova la villanella Occhietti Amati. In questa pubblicazione di Pico si trova soltanto il testo della canzone con l’alfabeto per la chitarra. La tonalità di Occhietti Amati è la stessa del brano che compare nel libro di Falconieri, ma molti degli accordi non corrispondono, o cadono su diverse parole o sillabe. Questo fa sospettare che la melodia sottointesa nel libro di Pico probabilmente non è quella stessa che si trova nel libro di Falconieri. In questo caso, sembra che Falconieri abbia usato un testo che già conosceva da giovane nella sua città origine di Napoli, oppure abbia trovato il testo nella pubblicazione di Pico (o un'altra fonte), e ha deciso di scriverne la sua propria versione.
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La realizzazione estemporanea del Basso Continuo Nel suo libro Del Sonare Sopra’l Basso Con Tutti Li Stromenti E Dell’Uso Loro Nel Conserto, Agostino Agazzari spiega che gli strumenti si dividono in due gruppi e possono essere usati in modi diversi secondo le loro caratteristiche. Alcuni strumenti sono usati come fondamento, altri come ornamento. Gli strumenti di fondamento come l’organo e il clavicembalo guidano e sostengono eseguendo prevalentemente l’armonie. Quando le composizioni sono formate da meno voci si possono usare il liuto, la tiorba, l’arpa, e simili strumenti.
Fra gli strumenti d’ornamento, che «Scherzando, e
contrapontegiando, rendono più aggradevole, e sonora l’armonia»11, Agazzari elenca il liuto, la tiorba, l’arpa, il lirone, la cetra, la spinetta, la chitarrina, il violino, la pandora, ecc. Sembra che a Agazzari non amasse molto gli strumenti a fiato che, secondo lui, non si uniscono bene agli strumenti a corde, perché la variabilità del fiato umano fa sì che l’intonazione non sia sempre accurata. Nonostante ciò, Agazzari aggiunge che gli strumenti a fiattopossono essere utilizzati nell’ambito di grandi organici a patto che siano suonati bene.
Riguardo alla realizzazione dell’armonia, Agazzari scrive che se il compositore ha scritto i numeri, non resta che seguirli.
Ma se il compositore non ha scritto la
numerazione, non c’è una regola fissa, e il musicista e libero di mettere quello che gli pare giusto – 5 o 6, maggiore o minore, ma tendendo sempre conto del testo, seguendone l’umore, e ricordando che l’armonia è sempre sottoposte alle parole. Agazzari poi spiega un altro modo per scegliere le armonie giuste, che consiste nell’analizzare le vari voci presente nel brano, e scrivere l’intervallo (indicando con delle diesis o bemolle eventuali variazioni dalle note rispetto alla tonalità) sopra le note del basso.
Il suo consiglio a riguardo l’accompagnamento è che quando ci sono molte voci (cantanti o strumentali), bisogna produrre un suono pieno, raddoppiando i registri , ma quando ci sono poche voci o solisti, si possono suonare accordi con meno voci.
11Agostino Agazzari, Del Sonare Sopra ‘l Basso Con Tutti Li Stromenti E dell’Uso Loro Nel Conserto, Siena, Domenico Falchini, 1604, p. 9.
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Agazzari consiglia anche di stare nel registro grave dello strumento, e evitare le note acute siccome i soprani e falsettisti occupano quel registro. Dice anche che non si deve interferire con le diminuzioni dei cantanti, perche ciò offusca «la bontà di detta voce, o passaggio, che il buon cantante ci fa sopra.»12
12
Agazzari, Del Sonare Sopra ‘l Basso, p. 6.
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L'alfabeto per la chitarra "alla spagnuola" Fonti francesi, come i libri di Adrien Le Roy mostrano che la chitarra a 4 ordini fu usata per accompagnare le chanson. Queste composizioni, originalmente scritte per quattro voci, furono pubblicate da Le Roy per il soprano solo con le altre tre voci intavolate per la chitarra, in modo uguale a quello con cui si accompagnava lo stesso genere di brani con il liuto. Dato che le tre parti erano di estensione limitata, la mancanza di bassi sulla chitarra non presentava grandi problemi, ove necessario la parte del basso era modificata in modo da adattarsi al registro della chitarra.
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La villanella comparve a Napoli nella prima metà del sedicesimo secolo. Si trattava di musica a tre o quattro parti, stampate in libri separati. Vari strumenti erano anche usati per accompagnare le voci – liuto, colascione, percussione per brani con ritmi di danza, probabilmente anche flauti per raddoppiare o sostituire parti vocali. La chitarra, che aveva acquistato un quinto ordine verso la fine del 500, ed era conosciuta come “Chitarra
Spagnola”,
è
veniva
aggiunta
al
gruppo
di
strumenti
adatti
all’accompagnamento delle villanelle.
Un manoscritto importante da questo periodo (c.1585-1600), ora conservato nella biblioteca del’Università di Bologna (I-Bu MS zyy/IV), contiene la prima voce (canto) di quaranta canzoni strofiche del tipo villanella o canzonetta.
I brani di questo
manoscritto hanno molte concordanze con altre fonti, e contengono anche composizioni di autori celebri.
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Questo manoscritto è il primo documento di cui abbiamo notizia che contiene esempi del sistema di notazione per chitarra conosciuto come alfabeto, nel quale gli accordi sono rappresentati da lettere o simboli. Questi simboli erano in genere posti sopra il pentagramma sul quale è scritta la melodia, e indicano i cambi di armonia.
L’alfabeto è comparso a stampa per la prima volta in Nuova inventione d’intavolatura per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola senza numeri e note; per mezzo della quale da se stesso ogn'uno senza Maestro potrà imparare, di Girolamo Montesardo, stampato in Firenze in 1606. Segue una copia della tabella dell’alfabeto incluso nel suo libro. Solitamente, nelle stampe di musica per chitarra, una tabella di questo tipo sarebbe stata inclusa all’inizio o alla fine del libro.
Nel suo libro Montesardo spiega il motivo per cui ha inventato questo nuovo sistema:
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Se ben la principale mia professione è di comporre Madrigali et altre gravi Compositioni; nulladimeno per compiacer alle volte all’allegra, e nobile gioventù, bisogna trasformarmi, et obedire alle loro honeste voglie; e perche molti Signori, e Gentil’huomini, con li quali hò praticato tutto il tempo di mia vita, hanno sempre desiderato di saper sonare la Chitarra Spagniola, è stato necessario, per compiacerli, di farci un studio particolare; e perche anco non solamente hanno desiderato saper sonare quest’istrumento: mà mi hanno pregato caldamente, ch’io inventassi una Regula facile per impararlo di sonare, con tempo, e con misure; senza aiuto, né di Note, né di Numeri; e perche l’impari ogn’uno à toccare il predetto istrumento, hò voluto dar in luce questa nuova invenzione di Regola facilissima, la quale de se ogn’uno, studiandola senza aiuto di Maestro potrà sonarlo con le Regole, ch’io v’insegnarò, delle quali potrà esser capace presto, chi desidera questa nobile, e vaga virtù.13
Quindi l’alfabeto per la Chitarra Spagnuola non è altro che il modo più semplice per rappresentare le armonie, senza dover badare al contrappunto. Questo sistema è stato inventato per i dilettanti in modo che possono suonare la chitarra senza dover imparare a leggere la musica. Solitamente, il sistema dell’alfabeto poteva rappresentare abbastanza bene l’armonia di un brano musicale, ma con molte semplificazioni. Per esempio, se un accordo allo stato fondamentale cambia nel primo rivolto, il simbolo del’alfabeto rimane lo stesso. Anche i ritardi 4-3 e 7-6 sono ignorati, e per accordi difficili come la 7a diminuita o la 5a diminuita, viene spesso utilizzato un accoro più o meno simile causando incompatibilità fra la chitarra che suona dall’alfabeto e un liuto o tiorba che realizzano correttamente il basso continuo.
Un motivo di questa semplificazione del’armonia alfabeto sta anche nel’accordatura dello strumento. La chitarra spagnola fu accordata Mi, Si, Sol, Re, La (in modo simile alle prime 5 corde della chitarra moderna). Però, dovuto al fatto che in quel periodo le corde disponibile erano soltanto di budello puro, e le corde coperte di metallo non 13
Girolamo Montesardo, Nuova Inventione d’Intavolatura per sonare li balletti Sopra la Chitarra Spagniuola, Firenze, Christofano Marescotti, 1606, p. 5.
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sarebbero state inventate che al 1659, era quindi difficile (se non impossibile) trovare bordoni che producessero un bel suono basso. Il diametro delle corde avrebbe dovuto esser molto grande, e la loro tensione molto bassa, il che avrebbe prodottolo sbattimento delle corde fra loro. Inoltre, una corda grande ad una tensione bassa non produce armonici molto brillanti, ma da un suono piuttosto morto.
Quindi per evitare questo problema dei bassi, spesso il 4° e 5° ordine erano semplicemente accordati un ottava più alta, come indicato in Figura 1. Altrimenti, è possibile di affiancare una corda grossa a un'altra più sottile, accordata all’ottava più alta per rinforzare il primo armonico della corda più bassa. Questo fu spesso fatto sul 4° ordine e anche sulla 5°, come si vede in Figure 2 e 3.
Figura1
Figura 2
Figura 3
Nelle disposizioni delle corde indicate in Figure 1 e 2 lo strumento presenta un’accordatura rientrante. Questa accordatura fa sì che talvolta un accordo suonato
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secondo la tabella dell’alfabeto non si presenti nella posizione fondamentale, ma in una posizione di rivolto, con la terza, la quinta, o addirittura la settima nella voce più grave.
Per questa ragione Agazzari mette la chitarra nella categoria di strumenti con “armonia imperfetta”. La chitarra può suonare le armonie, sicuramente, ma non è adatta per suonare le armonie e contemporaneamente seguire perfettamente la linea del basso, se non spesso trasponendo o saltando d’ottava. Tuttavia ciò non significa che la chitarra non possa aggiungere interessanti toni di colore e anche molto movimento ritmico per rendere il brano più interessante. Anzi, una chitarra che apporta colore e ritmo, insieme ad una tiorba che realizza la parte del basso con le armonie, costituisce un ottimo accompagnamento per le villanelle.
Anche se la realizzazione ideale dell’accompagnamento delle villanelle sarebbe quella fatta con uno strumento di fondamento come il liuto o la tiorba, (o forse il clavicembalo o la spinetta), unito a una chitarra, ed eventualmente una viola bassa, un’esecuzione effettuata da un cantante che accompagna se stesso con la chitarra sicuramente era una cosa molto comune. Basta pensare ai nostri ragazzi oggi che portano la chitarra quando vanno in spiaggia o in campagna, oppure il giovanotto napoletano che fa la serenata sotto il balcone della sua amata.
Anche se questi
realizzazioni non erano cose da sala da concerto, servivano comunque a scopo di divertimento, amore, ecc. – e se la chitarra non seguiva esattamente la linea del basso, che importava?
Francesco Corbetta, per consentire una realizzazione del basso più accurata possibile, nel suo libro Varii Capricii per la Ghittara Spagnuola (1643) incluse, oltre a una tabella dell’alfabeto simile a quelle pubblicate in altri libri di chitarra dello stesso periodo, altre cinque tabelle che indicavano come armonizzare in un modo corretto vari bassi ascendenti, discendenti, e cromatici. Nelle tabelle si possono trovare molte soluzioni per realizzare delle armonie insolite con accordi e forme che non si trovano nelle tipiche tabelle dell’alfabeto.
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Esempi di realizzazione tiorbistica Oltre alle istruzioni di Agazzari su come accompagnare un brano utilizzando un basso continuo numerato, abbiamo altri libri del periodo barocco che danno esempi concreti in intavolatura sul modo in cui i musicisti/compositori realizzavano l'accompagnamento tiorbistico per le proprie composizioni. Salomone Rossi, nel suo libro Il primo libro de madrigali a cinque voci...con alcuni di detti madrigali per cantar nel chittarrone, con la sua intavolatura posta nel soprano, ci permette di capire come un compositore/performer accompagnasse i brani vocali (in questo caso madrigali) col chitarrone.
Esaminando il modo in cui Rossi realizza il basso continuo, notiamo che vengono usati molti accordi pieni, spesso con quattro, cinque e a volte anche sei voci, il che indicherebbe un largo arpeggio. Rossi fa anche frequente uso dei bordoni, scendendo fino al’11°bordone. Gli accordi sono quelli più frequentemente usati: triadi maggiori e minori, terze e seste, e ritardi.
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Un altro compositore di musica per voce e tiorba fu il famoso Giovanni Girolamo Kapsberger. Questo autore ha lasciato quattro libri di villanelle a 1, 2, e 3 Voci, due dei quali (il primo libro nel 1610 e il terzo libro nel 1619) contengono la realizzazione del basso continuo di Kapsberger scritta in intavolatura italiana dalla sua mano.
Notiamo che Kapsberger normalmente utilizza accordi composti da tre note, riducendoli di tanto in tanto a due note nei passaggi veloci. I momenti più drammatici, soprattutto nei recitativi, sono accompagnati con accordi composti da quattro a sei note, soprattutto nelle cadenze. Le armonie sono più ardite, sviando dalla tonalità di impianto in un modo più sorprendente che si sente dagli altri compositori del suo tempo.
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In fine abbiamo un libro di Flamminio Corradi da Fermo, pubblicato in 1616 e intitolato Le Stravaganze d'amore a una, due et tre voci con la intavolatura del chitarrone et della chitarra alla spagnola.
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Corradi ha la tendenza ad essere più conservatore rispetto a Kapsberger, frequentemente utilizza pochi accordi (a tre o quattro voci) in una battuta all’inizio di una frase musicale, seguiti da successioni in note più rapide in occasione delle cadenze. Notiamo anche che Corradi non fa molto uso dei bordoni, scendendo al 10° solo un paio di volte durante il brano.
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Trascrizione in notazione moderna di alcune villanelle dal Libro Primo di Villanelle a 1. 2. e 3. voci di Andrea Falconieri con la realizzazione del basso continuo intavolata per la tiorba In questa sezione si trovano le trascrizione in notazione moderna con le realizzazione per tiorba in intavolatura per cinque brani presi dal Libro Primo di Villanelle per 1. 2. e 3. voci di Andrea Falconieri. L’intavolatura è stata fatta cercando di seguire i precetti indicati nel trattato di Agazzari, cercando di mantenere un ritmo vivace e in stile col carattere del testo. Sono stati aggiunti anche piccoli abbellimenti per assecondare la linea melodica senza togliere l’attenzione dell’ascoltatore dalla voce del cantante.
Le villanelle realizzate sono:
Vezzosette, e care
Occhietti amati
Dolci sospiri
Segui segui dolente core
O ben sparsi sospiri
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Vezzosette, e care Vezzosette, e care pupillette ardenti Chi v’ha fatto avare de bei rai lucenti S’io rimiro i vostri sguardi Scorgo sol fulmini, e dardi, Scorgo sol faville, e dardi, Né veder so più quel riso Che rendea si vago il viso:
Vezzosette, e care pupillette ardenti Chi v’ha fatto avare de bei rai lucenti, Chi v’ha fatto avare dei bei rai lucenti.
Chi v’ha fatto oscure pupillette belle Che serene, e pure rassembravi stelle Chi m’ha tolto i dolci rai Dillo Amor se tu lo sai Dillo e sia quel che si sia O disprezzo o gelosia:
Vezzosette …...
Non più sdegno sete rimirar vi voglio, Ne più superbette soffrir tanto orgoglio, Che veder s’io non v’offesi Vostri rai di sdegno accesi Pupillette, è in giusto duolo O ridete, ò io prendo il volo.
Vezzosette …...
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Occhietti amati Occhietti amati che m’incendete Per che spietati omai più siete Splendin’ sereni Di gioia pieni Vostri splendori Fiamme dei cori.
Bocca vermiglia ch’ai per confini O meraviglia, Perle e Rubini Quando ridente Quando clemente Dirai ben’ mio Io’ardo anch’io?
Credi mio core ch’ogn’hor’più forte Fian’ mè l’ardore sino alla morte Ne sia chi tenti Far’ meno ardenti I miei sospiri I miei martiri.
S’io non languisco per’ te mia gioia S’io non patisco io tosto moia Ma s’io t’honoro O mio tesoro Cangia in pietade Tua feritade.
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Dolci sospiri Dolci sospiri dolci martiri Dolce gridate mercè pietate Ohime gridate forte ch’io son’vicin’a morte.
Due vaghe stelle del sol più belle Scoccan mortali saette, e strali E per gioch’e diletto fatt’ han’segn’il mio petto.
Ferito insieme con dolce speme Tenet’in vita l’alma ferita Ben può vostra virtute recar’piagh’e salute.
Deh luci vaghe delle mie piaghe S’el’mio tormento vostro contento Ferite, fin’ch’io moro per saettarm’ogn’hora.
E tu mio core specchio d’Amore Attendi ardito guerrier’ invito Ne fuggir’ colpo mai ch’escha da dolci rai.
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Segui segui dolente core
Segui, Segui dolente core Gli occhi fonti del vivo ardore,
Stelle chiare stelle lucenti A mirarsi fulmini ardenti,
e se à rai tanto sereni Forza è pur ch’io pianga e peni,
Vò penare cor mio per ben’amare.
Fugga fugga si come il vento Questa vaga del mio tormento,
Come cieca non mai rimiri L’altro peso de miei martiri,
Ch’io per me non mai pentito Del dolor quasi infinito,
Vò penare cor mio per ben’amare.
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O ben sparsi sospiri
O ben sparsi sospiri, sospiri, sospiri tiepidi, e lievi, fiato de la mia vite, aure d’Amore.
Del folto de martiri, per vie spedi te e brevi Voi sol’ trahete a dolce porto il core.
Per voi s’alza a tutt’ore, Zeffiri lusinghieri, fu l’ali de pensieri, dal’abisso del’ duolo, Verso l’amato Ciel’ l’anima a volo.
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Fonti e Bibliografia Agostino Agazzari, Del Sonare Sopra ‘l Basso Con Tutti Li Stromenti E dell’Uso Loro Nel Conserto, Siena, Domenico Falchini, 1604. Pacifica Artuso, Falconieri (Falconiero), Andrea, Dizionario Biografico degli Italiani Volume 44, 1994. http://www. treccani.it/enciclopedia/andrea-falconieri_(Dizionario-Biografico)/ L’ultimo accesso 2014-02-16. Antonio Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo XV al XVIII, Bologna 1969. http://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html? c=viewer&bandnummer=bsb00075941 &pimage=00003&v=pdf&nav=&l=it L’ultimo accesso 2014-02-18. Giancarlo Brioschi, Giovanni Domenico Del Giovane in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36, 1988. http://www.treccani. it/enciclopedia/del-giovane-giovanni-domenico_(Dizionario-Biografico)/ L’ultimo accesso 2014-02-16. Roberto Caggiano Villotta, in Enciclopedia Italiana, 1937. http://www.treccani.it/enciclopedia/villotta_(Enciclopedia-Italiana)/ L’ultimo accesso 2014-02-16. Donna G. Cardamone, The canzone villanesca alla napolitana and Related Forms, 15371570, UMI Research Press, Michigan USA, 1975. Cesare Corsi, Giovanni Tommaso di Maio, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67, 2007. http://www. treccani.it/enciclopedia/giovanni-tommaso-di-maio_(Dizionario_Biografico)/ L’ultimo accesso 2014-02-17.
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