Teoremi e Dimostrazioni Analisi a 1
February 14, 2017 | Author: Riccardo Caniato | Category: N/A
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Teorema 1. Il limite di una successione, se esiste, e` unico. Dimostrazione. Se il limite non fosse unico, esisterebbero due valori l1 6= l2 tali cui ∀ε: |an − l1 | < ε
∀n > N1
(1)
|an − l2 | < ε
∀n > N2
(2)
Prendiamo un valore n0 = MAX(N1 , N2 ), per il quale devono valere entrambe le disequazioni. Ora: |l1 − l2 | = |l1 + an − an − l2 | 6 |an − l2 | + |an − l1 | < 2ε Per il primo passaggio aggiungo e tolgo an , poi sapendo che il modulo della somma e` minore o uguale alla somma dei moduli riscrivo la somma, e sapendo che sono veri (1) e (2) (li sommo membro a membro), il tutto e` minore di due volte ε. Quindi in sostanza possiamo dire che: |l1 − l2 | < 2ε Noi sappiamo che ε > 0, e che la definizione deve valere ∀ε, quindi la disuguaglianza e` vera ∀ε solo e solo se l1 = l2 , negando quindi la nostra ipotesi che esistevano due limiti. Questo verifica la tesi. Teorema 2 (di monotonia). Data una successione {an } monotona crescente e superiormente limitata, essa e` convergente e il suo limite e` l’estremo superiore. Dimostrazione. Se la successione e` superiormente limitata, allora ammette estremo superiore Λ: sup {an } = Λ quindi ∀n ∈ N
an 6 Λ
ma anche an < Λ + ε ∀ε > 0 Essendo Λ il minimo dei maggioranti (per la definizione di estremo superiore): ∃n0 : an0 > Λ − ε ma essendo la successione anche monotona crescente (per ipotesi): ∀n > n0
an > an0
e unendo le due disequazioni, possiamo dire che definitivamente per ∀n > n0 : an > an0 > Λ + ε 1
quindi (sempre per ∀n > n0 ) Λ − ε < an < Λ + ε Ma questa, date le dovute premesse scritte prima, e` la definizione di successione convergente ad un limite. Quindi possiamo scrivere lim an = Λ
n→+∞
che verifica la tesi. Teorema 3. La somma dei limiti e` il limite della somma. Dimostrazione. Noi vogliamo dimostrare che se (ipotesi): lim an = a
n→+∞
lim bn = b
n→+∞
allora (tesi) lim (an + bn ) = a + b
n→+∞
Per la definizione di limite possiamo scrivere che: |(an + bn ) − (a + b)| = |(an − a) + (bn − b)| 6 |an − a| + |bn − b| La prima uguaglianza si ottiene dalla definizione di limite, e riscrivendola si ottiene la seconda eguaglianza, e usando la disuguaglianza triangolare si ottiene la disuguaglianza. ¯ = MAX(n1 , n2 ) dove n1 ed n2 sono i valori che compaiono Ora, dato n nelle definizioni di limite di an e bn possiamo dire che definitivamente ¯ e ∀ε > 0: ∀n > n |an − a| < ε |bn − b| < ε Quindi possiamo dire che: |(an + bn ) − (a + b)| 6 |an − a| + |bn − b| < 2ε |(an + bn ) − (a + b)| < 2ε E questa e` la definizione di limite per la successione (an + bn ), che verifica la nostra tesi. Teorema 4 (del confronto). Date tre successioni tali che: an 6 bn 6 cn Se an → l e cn → l con l ∈ R, allora anche bn → l. 2
Dimostrazione. Per la definizione di limite, possiamo dire che ∀ε > 0 esiste ¯ = MAX(n1 , n2 ) tale per cui ∀n > n ¯: n |an − l| < ε
→
l − ε < an < l + ε
|bn − l| < ε
→
l − ε < bn < l + ε
Usando l’ipotesi an 6 bn 6 cn , possiamo unire le due disequazioni scrivendo: l − ε < an 6 bn 6 cn < l + ε Quindi l − ε < bn < l + ε che verifica la tesi. Teorema 5 (di permamenza di segno). Se an → a con a ∈ R e a > 0 allora definitivamente an > 0. Dimostrazione. Se an → a allora ∀ε > 0: |an − a| < ε
→
a − ε < an < a + ε
Essendo strettamente positivi sia a (per ipotesi) che ε (per la definizione di limite) allora a + ε > 0 Se scegliamo un valore di ε in maniera tale che a − ε > 0, allora: 0 < a − ε < an < a + ε e cio` avviene definitivamente per ∀n > nε , dove nε e` stato scelto in base al valore di ε. Quindi questo verifica la tesi: an > 0 definitivamente per n > nε . Teorema 6 (degli zeri). Data una funzione y = f(x) continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b] e tale cui f(a) · f(b) < 0 (valori discordi), allora esiste almeno un valore l ∈ (a, b) tale cui f(l) = 0. Dimostrazione. Procediamo per bisezione. Prendiamo il punto medio tra a e b, c1 , definito come: a+b c1 = 2 Calcoliamo f(c1 ). Se f(c1 ) = 0 allora il teorema e` dimostrato, altrimenti se f(c1 ) 6= 0: • Se f(c1 ) · f(a) > 0, avendo c1 lo stesso segno di a, lo zero deve essere dopo c1 , quindi prendo l’intervallo [c1 , b]. • Se f(c1 ) · f(a) < 0, avendo c1 segno opposto di a, lo zero e` prima di c1 , quindi prendo l’intervallo [a, c1 ].
3
Qualunque sia l’intervallo preso, lo chiamo [a1 , b1 ]. Adesso eseguo la stessa operazione: prendo il punto medio c2 dell’intervallo: c2 =
a1 + b1 2
Facciamo la stessa cosa di prima: se f(c2 ) = 0 allora il teorema e` dimostrato, altrimenti se f(c2 ) 6= 0: • Se f(c2 ) · f(a1 ) > 0, avendo c2 lo stesso segno di a1 , lo zero deve essere dopo c2 , quindi prendo l’intervallo [c2 , b1 ]. • Se f(c2 ) · f(a1 ) < 0, avendo c2 segno opposto di a1 , lo zero e` prima di c2 , quindi prendo l’intervallo [a1 , c2 ]. Continuando ancora cos`ı vediamo che avremo una sequenza di n intervalli [an , bn ], composta da due successioni an e bn . Sappiamo che an 6 an+1 e che bn > bn+1 ∀n ∈ N, quindi la successione an e` monotona crescente, mentre la successione bn e` monotona decrescente (per la definizione di successione monotona). Essendo an monotona crescente, per il teorema di monotonia essa ammette limite ed esso e` il suo estremo superiore. Stessa cosa per bn , anche essa ammette limite ed esso e` l’estremo inferiore. Chiamiamo l1 e l2 i limiti: lim an = l1
lim bn = l2
n→+∞
n→+∞
Quindi essendo il limite della differenza la differenza dei limiti: lim (bn − an ) = l2 − l1
n→+∞
Possiamo pero` notare che ad ogni volta che noi aumentiamo n, l’intervallo viene dimezzato ogni volta. Quindi quando abbiamo l’n-esimo intervallo, la sua larghezza bn − an vale: bn − an =
b−a 2n
ovvero vale la larghezza originaria diviso 2 tante volte quante e` stato dimezzato. Ma b−a lim (bn − an ) = lim =0 n→+∞ n→+∞ 2n E per il teorema di unicit`a del limite deve per forza valere l2 − l1 = 0, quindi l2 = l1 ! Allora an e bn tendono allo stesso identico limite. Per il teorema delle funzioni composte possiamo dire che: lim f(an ) · f(bn ) = f(l) · f(l) = [f(l)]2
n→+∞
4
Ma essendo sempre f(an ) · f(bn ) 6 0 (per come abbiamo preso gli intervalli i valori sono sempre discordi), per il teorema della permanenza di segno otteniamo che [f(l)]2 6 0 ma essendo un quadrato sempre positivo (oppure nullo), questa disuguaglianza e` vera se e solo se f(l) = 0, che dimostra il teorema. Teorema 7 (di Rolle). E` data una funzione f(x) : [a, b] → R continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Se f(a) = f(b) allora esiste almeno un punto c ∈ (a, b) tale che f 0 (c) = 0. Teorema 8 (di Lagrange). Data una funzione f(x) : [a, b] → R continua in [a, b] e derivabile in (a, b), allora esiste almeno un punto c ∈ (a, b) tale che: f 0 (c) =
f(b) − f(a) b−a
Dimostrazione. Data la funzione f(x), la retta secante nei punti a e b e` : y = f(a) +
f(b) − f(a) (x − a) b−a
Costruiamo la funzione differenza F(x) = f(x) − y: f(b) − f(a) F(x) = f(x) − f(a) + (x − a) b−a Osserviamo che la funzione F(x): 1. E` continua in [a, b], in quanto somma di funzioni continue in quell’intervallo (f(x) per ipotesi, e la secante in quanto retta). 2. E` derivabile in (a, b), in quanto somma di funzioni derivabili in quell’intervallo. 3. F(a) = F(b) = 0 Queste sono le ipotesi del teorema di Rolle, che possiamo applicare, quindi ∃ c ∈ (a, b) tale che F 0 (c) = 0: f(b) − f(a) =0 b−a f(b) − f(a) f 0 (c) = b−a
F 0 (c) = f 0 (c) −
che dimostra la tesi.
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Teorema 9 (di Cauchy). Date due funzioni f(x), g(x) : [a, b] → R continue in [a, b] e derivabili in (a, b), e g 0 (x) 6= 0 ∀x ∈ [a, b], allora esiste almeno un punto c ∈ (a, b) tale che: f(b) − f(a) f 0 (c) = 0 g(b) − g(a) g (c) Teorema 10 (derivata del rapporto). d f(x) f 0 (x) · g(x) − f(x) · g 0 (x) = dx g(x) g2 (x) Dimostrazione. d f(x) = lim dx g(x) h→0
f(x+h) g(x+h)
−
f(x) g(x)
h
f(x + h) · g(x) − g(x + h) · f(x) = h→0 h · g(x) · g(x + h)
= lim
Sono in un punto morto: aggiungo e tolgo al numeratore f(x) · g(x): f(x + h) · g(x) − f(x) · g(x) + f(x) · g(x) − g(x + h) · f(x) = h→0 h · g(x) · g(x + h) g(x) [f(x + h) − f(x)] − f(x) [g(x + h) − g(x)] = = lim h→0 h · g(x) · g(x + h)
= lim
(3) In questo limite riconosco i rapporti incrementali di f(x) e g(x), quindi li sostituisco con f 0 (x) e g 0 (x): f 0 (x) f(x) · g 0 (x) − lim = h→0 g(x + h) h→0 g(x) · g(x + h) f 0 (x) · g(x) − f(x) · g 0 (x) f 0 (x) · g(x) − f(x) · g 0 (x) = lim = h→0 g(x) · g(x + h) g2 (x) = lim
che dimostra la tesi. Teorema 11 (di De L’Hopital). Date due funzioni f e g tali che: 1. Siano derivabili in (a, b) 2. g(x) 6= 0 in (a, b) 3. g 0 (x) 6= 0 in (a, b) 4. lim+ f(x) = lim+ g(x) = 0 oppure ±∞ x→a
x→a
Se esiste lim+
x→a
allora lim+
x→a
f 0 (x) =L g 0 (x)
L ∈ R∗
f(x) f 0 (x) = lim+ 0 =L g(x) x→a g (x) 6
Dimostrazione. Dimostro il teorema nel caso di forma d’indecisione Applico il teorema di Cauchy nell’intervallo [a, x): f(x) − f(a) f 0 (c) = 0 g(x) − g(a) g (c)
0 0
.
c ∈ (a, x)
Per ipotesi, f(a) = g(a) = 0, e quando x → a+ , l’intervallo (a, x) dove e` presente c si assottiglia sempre di piu` verso a, quindi anche c → a+ . Quindi: f(x) f 0 (c) f(x) − f(a) = lim+ = lim+ 0 lim+ x→a g(x) c→a g (c) x→a g(x) − g(a) che dimostra la tesi. Teorema 12 (della media integrale). Data una funzione f : [a, b] → R continua (quindi integrabile) allora ∃c ∈ (a, b) tale che: Zb f(x) dx = (b − a) · f(c) a
oppure 1 b−a
Zb f(x) dx = f(c) a
Dimostrazione. Per la continuit`a di f(x) in [a, b], secondo il teorema di Weiestrass in quell’intervallo la funzione ammette massimo M e minimo m tali cui: ∀x ∈ [a, b] m 6 f(x) 6 M Per la propriet`a di monotonia degli integrali si puo` scrivere che: Zb Zb Zb m6 f(x) 6 M a
a
a
Essendo m e M costanti, l’integrale definito (quindi l’area) e` un rettangolo, che possiamo calcolare e quindi: Zb m(b − a) 6 f(x) 6 M(b − a) a
dividendo tutto per (b − a), valore positivo in quanto b > a: Zb f(x) a m6 6M b−a e chiamiamo k:
Zb f(x) k=
a
b−a 7
Essendo k compreso tra il minimo e il massimo della funzione in quell’intervallo, per il teorema dei valori intermedi esiste per forza un c tale cui: f(c) = k che dimostra la tesi. Teorema 13 (di Torricelli-Barrow). Data una funzione f : [a, b] → R continua, allora la funzione integrale: Zx F(x) = f(t) dt a
e` derivabile e la sua derivata e` f(x). Dimostrazione. Rx+h Rx f(t) dt − a f(t) dt d F(x + h) − F(x) a F(x) = lim = lim = h→0 h→0 dx h h Rx Rx+h Rx Z f(t) dt − a f(t) dt 1 x+h a f(t) dt + x = lim = lim f(t) dt h→0 h x h→0 h Per il teorema della media integrale, allora ∃ch ∈ [x, x + h] tale che: 1 f(ch ) = h Per h → 0
Z x+h f(t) dt x
ch → x, quindi per la continuit`a di f(x) possiamo scrivere:
1 h→0 h
Z x+h
lim
f(t) dt = lim f(ch ) = f( lim ch ) = f(x) h→0
x
h→0
che dimostra la tesi. Teorema 14 (di Taylor con resto secondo Peano). Sia data una funzione f(x) derivabile n volte in un punto x0 . Allora esiste uno ed uno solo polinomio Tn,x0 di grado 6 n tale che: f(x) = Tn,x0 (x) + o[(x − x0 )n ] Dove o[(x − x0 )n ] e` il resto secondo Peano dell’approssimazione. Il polinomio Tn,x0 vale: Tn,x0 (x) =
n X f(k) (x0 ) (x − x0 )k k!
k=0
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Dimostrazione. Definiamo x − x0 = h, e quindi secondo il teorema di Taylor vale l’equazione: f(x0 + h) = f(x0 ) + h · f 0 (x0 ) +
h2 00 hn (n) f (x0 ) + · · · + f (x0 ) + o(hn ) 2! n!
Per dimostrarla, in base alle propriet`a dell’operatore o piccolo, il seguente limite deve valere 0: 2
f(x0 + h) − f(x0 ) − h · f 0 (x0 ) − h2! f 00 (x0 ) − · · · − lim h→0 hn
hn (n) (x0 ) n! f
Per ipotesi, f(x) e` derivabile n volte in x0 , quindi applico il teorema di De L’Hopital: lim
f 0 (x0 + h) − f 0 (x0 ) − · · · −
hn−1 (n) (x0 ) (n−1)! f
nhn−1
h→0
Continuando ad applicare il teorema di de l’Hopital n − 1 volte, ottengo alla fine: f(n−1) (x0 + h) − f(n−1) (x0 ) − h · f(n) (x0 ) = h→0 n! · h 1 f(n−1) (x0 + h) − f(n−1) (x0 ) (n) = lim − f (x0 ) n! h→0 h lim
In questo limite riconosco il rapporto incrementale f(n−1) (x0 + h) − f(n−1) (x0 ) = f(n) (x0 ) h→0 h lim
Sostituendo ottengo f(n) (x0 ) − f(n) (x0 ) =0 n! Che dimostra la tesi. Teorema 15 (di Taylor con resto secondo Lagrange). Data una funzione f : [a, b] → R, derivabile n volte in un punto x0 e n + 1 volte in un intorno di x0 (x0 , x). Allora esiste uno ed uno solo polinomio Tn,x0 tale che: f(x) = Tn,x0 + Dove
f(n+1) (c) (x − x0 )n+1 (n + 1)!
f(n+1) (c) (x − x0 )n+1 (n + 1)! 9
c ∈ (x0 , x)
c ∈ (x0 , x)
e` il resto secondo Lagrange dell’approssimazione. Il polinomio Tn,x0 vale: n X f(k) (x0 ) (x − x0 )k Tn,x0 (x) = k! k=0
Dimostrazione. Poniamo x = x0 + h, quindi dobbiamo dimostrare la seguente equazione (ipotesi che f sia derivabile n volte in un intorno di x0 ): f(x0 + h) = f(x0 ) + h · f 0 (x0 ) + · · · +
hn−1 (n−1) hn (n) f (x0 ) + f (c) (n − 1)! n!
Costruiamo due funzioni ausiliare ϕ e g cos`ı definite: ϕ(h) = f(x0 + h) − f(x0 ) − h · f 0 (x0 ) − · · · −
hn−1 (n−1) f (x0 ) (n − 1)!
(4)
g(h) = hn Entrambe le funzioni sono derivabili n volte in x0 e sono uguali a 0 per h = 0. Essendo verificate le ipotesi, applico il teorema di Cauchy: ϕ(h) ϕ 0 (ξ1 ) ϕ(h) − ϕ(0) = = 0 g(h) − g(0) g(h) g (ξ1 ) Posso applicare altre n − 1 volte il teorema di Cauchy, essendo valide sempre le ipotesi e valendo anche tutte le derivate 0 per h = 0: ϕ 0 (ξ1 ) − ϕ 0 (0) ϕ 0 (ξ1 ) ϕ 00 (ξ2 ) ϕ(n) (ξn ) = = = · · · = g 0 (ξ1 ) − g 0 (0) g 0 (ξ1 ) g 00 (ξ2 ) g(n) (ξn ) Da cui ottengo: ϕ(n) (ξn ) ϕ(h) = (n) g(h) g (ξn )
(5)
La derivata n-esima di g e` semplice da calcolare: g(n) (ξn ) = n!
(6)
e, osservando la definizione di ϕ in (4), derivandola n volte, tutti i termini eccetto f(x0 + h) si annullano, quindi: ϕ(n) (ξn ) = f(n) (ξn + x0 ) Dalla (5) ricavo che: ϕ(h) =
g(h) · ϕ(n) (ξn ) g(n) (ξn ) 10
(7)
Sostituendo con i valori in (6) e (7) ottengo che: ϕ(h) =
hn (n) f (x0 + ξn ) n!
Sostituendo ϕ(h) con il suo valore nella (4), ponendo c = x0 + ξn , e spostando al membro di sinistra f(x0 + h) ottengo f(x0 + h) = f(x0 ) + h · f 0 (x0 ) + · · · + che dimostra la tesi.
11
hn (n) hn−1 (n−1) f (x0 ) + f (c) (n − 1)! n!
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