Tai Situ Rinpoche - Bardo e Reincarnazione
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Bardo e reincarnazione H.E. Tai Situ Rinpoche Traduz. Thupten Nyima
Ogni momento è la continuazione del momento precedente. Questa successione di momenti avviene continuamente. Possiamo dire che il me stesso di oggi è l’incarnazione del me stesso di ieri. Possiamo anche vedere la cosa come una continuazione della mente e del processo di pensiero. Reincarnazione significa semplicemente continuazione della mente, anche se normalmente non ragioniamo in questi termini perchè stiamo continuando questa mente, questo pensiero nello stesso corpo. Nel buddhismo tantrico vajrayana, il Buddha diede numerosi insegnamenti sul samsara e l’illuminazione. Alcuni esempi chiarificano molte delle complessità che impediscono alle persone di avere la giusta comprensione della reincarnazione. Il Buddha disse: “Da un tempo senza inizio e fino all’illuminazione questo è il sogno più lungo. Non importa quale incarnazione assumiamo, quella incarnazione ha sempre a che fare con il sè. dunque, il sogno più lungo è il sogno del sè, il sogno del samsara. Ci risvegliamo da quel sogno quando raggiungiamo l’illuminazione”. Quel sogno prende molte forme, sotto molte condizioni, in molti ambientazioni, in molte dimensioni; qualsiasi cosa vogliamo esplorare, possiamo farlo in maniera illimitata. Il Buddha disse ancora: “Un sogno più corto è il sogno dalla nascita alla morte. Dalla nascita alla morte, un particolare essere sogna un particolare reame. Se è un essere umano, egli sogna come un uomo. Se è un animale, egli sogna da animale. Questa è la vita”. Quel sogno inizia al momento della nascita e finisce al momento della morte. Quando la prossima reincarnazione avviene, il sogno inizia ancora. Sono le nostre cause e condizioni individuali e relative a determinare se ci manifesteremo come esseri umani, animali, o qualche altro tipo di essere di un altro dei sei reami di esistenza. Ma indipendentemente dal particolare reame in cui siamo nati, abbiamo una continuazione che arriva fino alla morte. Il Buddha spiegò anche il terzo tipo di sogno, quello più corto di tutti. E’ il sogno che sognamo quando dormiamo. Questo tipo di sogno è strettamente legato all’aspetto subconscio della nostra mente. Sognamo di cose che hanno qualcosa a che fare con noi, qualcosa che coinvolge la nostra mente subconscia. Il Buddha spiega anche che in assoluto nessuno muore e nessuno nasce, ma dal punto di vista relativo chiunque nasce deve morire, e chiunque muore deve nascere. Questo è il concetto di reincarnazione come è stato spiegato dal Buddha. Livelli di reincarnazione Ho notato che c’è molta confusione sulla differenza fra rinascita ordinaria e la reincarnazione dei maestri e dei bodhisattva. Entro le mie limitate capacità, cercherò di rendere la cosa più comprensibile. Possiamo vedere la reincarnazione a quattro livelli. Iniziamo dal livello “più basso” e andiamo avanti, andando sempre più in profondità.
L’ordinaria nascita umana Nel momento in cui un essere senziente ordinario sta per rinascere, non ha più la possibilità di scelta. Precedentemente c’è questa possibilità, ma a quel punto è molto limitata. Ciò è dovuto a tutto quello che è accaduto in precedenza. In ogni
momento riconosciamo noi stessi, ma non ne approfittiamo. A causa di ciò, come ci relazioniamo con noi stessi influisce su qualsiasi altra cosa, compreso come ci relazioniamo con gli altri. Per via di queste cause e condizioni, quando assumiamo la rinascita successiva, siamo trascinati da questa forza. Per esempio, se non badiamo al nostro temperamento e diventiamo aggressivi, quando qualcuno dice qualcosa che non ci piace il nostro temperamento si manifesta. Indebolisce la nostra forza e prende il sopravvento. Poi possiamo anche pentircene, ma a quel punto possiamo fare poco, abbiamo poca scelta. Allo stesso modo, la nostra prossima reincarnazione è influenzata da qualsiasi causa e condizione – in termini buddhisti “karma” – a cui abbiamo dato luogo. Così possiamo dire, senza mezzi termini, che la rinascita di un essere senziente che non ha sviluppato la saggezza è determinato dal potere del karma, senza troppa possibilità di scelta. La rinascita di un essere senziente più evoluto Un secondo tipo di rinascita riguarda gli esseri che hanno sviluppato una grande quantità di compassione pura, devozione pura o pura intenzione, e che hanno realizzato le loro pure intenzioni nell’azione. Questi esseri hanno un enorme potere di superare ogni influenza negativa. Poniamo il caso che una persona di cattivo carattere decida che questo è dannoso per se stesso e per gli altri, e che voglia quindi migliorarsi impiegando i necessari mezzi per controllare il proprio temperamento. Questa persona sviluppa un buon auto controllo, cosicchè quando si trova in una situazione avversa può controllare il proprio temperamento piuttosto che essere controllato da esso. Allo stesso modo, gli esseri che hanno sviluppato una grande purezza e forza saranno in grado di controllare le forze karmiche. Ciò significa che anche se le condizioni sono quelle per una rinascita negativa o inferiore, le nostre forze possono trasformarle e condizionare positivamente la rinascita. Questo è un altro tipo di reincarnazione. Questo è anche il caso di coloro che, avendo sviluppato una grande fede, al momento della morte esprimono la motivazione di rinascere in una determinata condizione, qualsiasi essa sia. Se la nostra vita può terminare con questo tipo di motivazione pura, scevra dalla paura e dal desiderio ordinario, allora è possibile che quella particolare rinascita possa aver luogo. La rinascita di un bodhisattva Il terzo tipo di reincarnazione è quella che chiamiamo “del bodhisattva”, più propriamente dal primo al decimo livello di bodhisattva, essendo il tipo di rinascita precedente proprio di chi ha sviluppato bodhicitta senza però aver ancora raggiunto il primo livello. Secondo i sutra trasmessi dal Buddha, un bodhisattva del primo livello può reincarnarsi in cento forme e in cento luoghi. Un secondo livello può reincarnarsi dieci volte tanto il primo, e così via esponenzialmente fino al decimo livello. Come si manifesta un bodhisattva del primo livello? Qualsiasi manifestazione esso assuma, si tratta di una reincarnazione. Un bodhisattva può reincarnarsi come cinquanta manifestazioni complete, e queste cinquanta possono a loro volta manifestarne simultaneamente altre cinquanta. Non è necessario che la prima manifestazione muoia prima che la seconda abbia luogo e questo può avvenire per tutte le manifestazioni che rientrano nelle prime cento. Tutto ciò
può apparire molto tecnico, ma uso questo esempio per rendere meglio un concetto che, al nostro livello di coscienza, appare straordinario, quasi inimmaginabile, illimitato. Per il bodhisattva ha invece un limite. Ecco perchè il Buddha ha parlato di cento manifestazioni, invece di infinite. Ed ecco perchè si tratta di un bodhisattva di primo livello e non di un buddha. A partire da questo aspetto di manifestazione, fino al momento immediatamente precedente all’illuminazione, si tratta sempre di incarnazioni di bodhisattva. Le incarnazioni dei bodhisattva hanno un unico scopo – servire gli esseri senzienti. Non c’è alcun altro proposito nel manifestarsi in cento incarnazioni; non è per il nostro divertimento, ma per servire un numero maggiore di esseri senzienti, in più luoghi, grazie a più mani e più occhi. Per questo, un grande bodhisattva come Avalokitesvara ha mille braccia con mille occhi nel palmo di ciascuna mano, cosicchè ogni qual volta fa qualcosa può anche vederlo. La rinascita di un tulku Il quarto tipo di reincarnazione è tradotto tulku in tibetano. In sanscrito è nirmanakaya. Anche sul termine tulku c’è una grande confusione. Tulku significa “corpo d’emanazione”. I lama incarnati adottano più spesso il termine “rinpoche”. I rinpoche non sono necessariamente bodhisattva del primo livello. Possono appartenere alla categoria degli esseri più evoluti, anche dei bodhisattva, ma non sono assolutamente dei buddha nirmanakaya. Quindi tulku può indicare l’incarnazione di un grande maestro, un bodhisattva dal primo al decimo livello, oppure l’incarnazione di un buddha nirmanakaya. La definizione di buddha nirmanakaya è molto specifica. Il buddha nirmanakaya è senza limiti. Il Buddha disse: ”Come si manifesta un buddha agli esseri al primo livello ed oltre di bodhisattva?” Tramite la manifestazione sambogakaya. “Come si manifesta un buddha agli ordinari esseri senzienti al di sotto del primo livello di bodhisattva?” Tramite la manifestazione tulku nirmanakaya. Senza alcun limite. Tutti gli innumerevoli esseri senzienti esistenti hanno la possibilità di incontrare un buddha nirmanakaya che può quindi manifestarsi contemporaneamente e illimitatamente, ed ogni manifestazione può avere dieci aspetti diversi. Non c’è limite per un buddha nirmanakaya. Quindi queste quattro categorie coprono grosso modo tutti gli aspetti della reincarnazione. Come si può vedere, la reincarnazione di un buddha è molto differente da quella di un bodhisattva. Quella di un bodhisattva è molto differente da quella di un essere positivamente evoluto. E quella di un essere evoluto è molto diversa da quella di un essere senziente ordinario pieno di enormi difetti. I tipi di reincarnazione sono differenti, ma solo in senso relativo. Si tratta solamente di definizioni differenti che in senso assoluto non esistono.
Morte e reincarnazione La reincarnazione normalmente comprende la morte. A parte le reincarnazioni dei bodhisattva e dei buddha nirmanakaya, ogni altra reincarnazione comprende un tipo di morte. Senza morire non possiamo rinascere, così la definizione di
reincarnazione comprende la morte del corpo e il passaggio della mente nel corpo successivo. Quindi si deve rinascere. Vediamo alcuni insegnamenti di base riguardanti la transizione fra una vita e l’altra, il cosiddetto bardo. Il primo bardo Morte significa morte del corpo fisico. Non ha niente a che vedere con la mente. Se definiamo la morte in termini medici, la cosa potrebbe farsi complicata. Per questo, semplificando, diremo che la morte ha inizio quando la mente comincia a lasciare il corpo. Quando la mente ha completamente lasciato il corpo, la morte può dirsi avvenuta. Ancora, si tratta della morte del corpo, non della mente. La mente non può morire. La mente continua sempre. Ciò che può “morire” della mente è il suo aspetto dualistico. La morte dell’aspetto dualistico della mente è l’illuminazione. Ho spesso udito persone dire: “Non voglio rinascere, non voglio tornare”. Penso di capire che cosa intendono. In quanto buddhisti, se questo è veramente il nostro desiderio, dovremmo lavorare duramente per superare le nostre limitazioni, il nostro ego e l’aspetto dualistico della nostra mente. Allora saremo liberi da tutto ciò di cui ci vogliamo liberare. Ma io non mi preoccuperei troppo di questo. Potrebbe non piacerci il nostro corpo o la nostra particolare situazione attuale, ma se moriamo naturalmente, quando rinasceremo non ne avremo ricordo. Naturalmente, se ce ne ricordassimo questo sarebbe un problema. Diremmo: “Oh no! Sono ancora qui, sono ancora nei guai!” (sto scherzando…. non dovrei dire queste cose!). La ragione per cui dico che la morte è molto importante è perchè, proprio ora, ci sentiamo piuttosto a nostro agio in questo corpo, questa mente e questi cinque sensi. Ci sembra tutto normale e neanche troppo complicato. Non c’è niente di speciale o inusuale in questo perchè ci siamo abituati. Ma se guardiamo al di là della nostra attuale situazione, il modo in cui siamo veramente è abbastanza stupefacente. Cercherò di spiegarlo in modo chiaro e semplice. Nel vajrayana, il Buddha spiegò come siamo arrivati in questo corpo. Disse che la nostra mente, per natura illimitata, viene limitata dal sè. Solamente dire “io” mette un limite a tutto. Quell’io, quell’ego, le forze del karma, tutto ciò che è depositato in quell’ego come risultato del desiderio, della gelosia, etc. crea un’energia. Questa energia ha a che fare con il più sottile aspetto dell’universo esterno. Questa energia sottile entra nella parte più sottile delle emozioni dei nostri genitori e nel loro corpo. E’ così che iniziamo a stare in un corpo fisico. Ciò è quello che si chiama “corpo liquido”. Da quel momento, tutto procede. A seconda delle cause e condizioni strettamente legate al nostro ego, prendiamo una particolare forma non ancora nata. Questa forma sviluppa dei sistemi interni correlati ai nostri genitori e alla connessione che abbiamo con loro. poi nasciamo e il resto è cosa nota. Su questa base possiamo adesso parlare della morte. Il modo in cui ce ne andiamo è simile al modo in cui siamo arrivati. Quando moriamo, abbiamo un corpo sviluppato e per questo il processo è leggermente differente, ma non può esserlo troppo. avanti e indietro. Il processo inizia addirittura prima che noi moriamo. Nei tantra si dice che se una persona muore di morte naturale – non quindi accidentalmente – la sua morte può essere predetta fino a sei anni prima che avvenga, semplicemente interpretando i segni fisici correlati ai cinque sensi. Gli ultimi e più evidenti segni della morte sono quelli collegati al riassorbimento dei nostri elementi fisici nei corrispondenti
elementi naturali. Si dice che l’elemento fisico terra si dissolve nell’elemento terra universale, quello fisico aria in quello universale aria e così via per gli elementi acqua e fuoco. Si descrivono molti segni diversi. Quando tutto questo accade, siamo vicini al momento finale. In questo momento finale la mente si ritira nel nostro centro e ancora una volta questo è collegato al modo in cui tutto è iniziato. Dopo 24 – 29 giorni che il nostro corpo liquido è entrato in quello fisico, si sviluppa il canale centrale dove si concentrano tutte le energie. Secondo gli insegnamenti medici tantrici, questa è la spiegazione del perchè la parte centrale del corpo è così importante. Possiamo perdere una mano o una gamba, ma siamo ancora vivi. Ma se la testa o il cuore se ne vanno, moriamo. La parte centrale del corpo, il tronco, è quindi molto importante. Dal canale centrale si sviluppa tutto il resto, come i rami di un albero dal tronco. Quando moriamo, invece di tornare in un corpo liquido, torniamo verso il centro. Ci sono molte descrizioni di questo processo nei testi del bardo. In una di queste, si descrive qualcosa come una grossa esplosione o una collisione, e la mente va nel centro. Poi, quando il corpo e la mente si separano, la mente ha come uno svenimento. Anche ora, se qualcuno ci colpisce con qualcosa di pesante alla testa, sveniamo. E’ esattamente la stessa cosa. Quando tutte le energie e le connessioni fra la mente e il corpo vengono meno, andiamo al centro e sveniamo. Questo si chiama la “prima chiara luce”, perchè è la più grossa esplosione che possiamo immaginare. E’ anche una delle ragioni per cui dimentichiamo tutto. Anche qui, se qualcuno adesso ci colpisce duramente in testa potremmo dimenticarci tutto, e ci potrebbe volere chissà quanto tempo per riprenderci. Quando il corpo e la mente si separano, accade qualcosa di simile, ma enormemente amplificato nell’intensità. Secondo l’insegnamento del bardo, se riusciamo a riconoscere questo momento, c’è una grande possibilità di raggiungere istantaneamente l’illuminazione. Per questo grandi maestri come Milarepa dicono che per uno yogi la morte naturale equivale all’illuminazione. Infatti, quando la mente e il corpo si separano abbiamo l’opportunità di riconoscere la natura della nostra mente, senza l’influenza del corpo. in quel momento possiamo riconoscere. Ma dovrebbe trattarsi di una morte ideale ,priva di attaccamento, paura, risentimento. Fortunatamente possiamo praticare in modo da non sprecare l’occasione fornitaci dalla morte naturale. Dopo di che abbiamo la “seconda chiara luce”. Il bardo è descritto come primo bardo, secondo bardo e terzo bardo. Adesso stiamo parlando del primo bardo, quello che riguarda il momento della morte. Il primo bardo ha la prima chiara luce e la seconda chiara luce. La seconda chiara luce è quando la mente si riprende dallo svenimento che l’ha colta. In questo momento c’è un’altra cosa che accade. A causa del potere del nostro karma, dobbiamo uscire dal nostro corpo, abbandonarlo. Per via della forza delle cause e condizioni che ci riguardano, abbiamo ricevuto proprio questo corpo e proprio dai nostri due genitori fra gli innumerevoli possibili. Lasciare il corpo è l’ultima prova che dobbiamo superare. Questo corpo, per via delle nostre connessioni karmiche, è come una caverna, al di fuori della quale c’è tutto il resto. La seconda chiara luce è la totale esposizione a tutto quello che esiste. Questa è una condizione impressionante nella quale, se abbiamo una buona forza ed un buon sviluppo, possiamo ottenere una grande realizzazione. Altrimenti potrebbe essere
l’esperienza più spaventosa che si possa immaginare. Il motivo è molto ben spiegato nel testo del bardo. Proprio ora, noi siamo molto limitati. Possiamo vedere solo certe cose, ciò che ci è permesso di vedere attraverso i nostri occhi particolari. I nostri occhi sono qui, così dobbiamo guardare qui. Gli occhi devono focalizzare qualche cosa. Se vogliamo guardare là, dobbiamo girare la testa e poi guardare. E’ la stessa cosa per l’udire. Possiamo sentire solo quei particolari tipi di suoni che i nostri orecchi percepiscono. Tutto funziona così. Per toccare qualcosa, dobbiamo fisicamente raggiungerlo con la nostra mano. Quando lasciamo il corpo, invece, non c’è più alcuna limitazione. E’ come se non fossimo niente altro che occhi e orecchi. E’ come se fossimo dappertutto. Questa è la seconda grande esposizione, la seconda chiara luce. Se riconosciamo questo stadio e manteniamo la consapevolezza, abbiamo un’altra grande opportunità per liberarci, perchè non c’è più niente che si frappone fra noi e tutto il resto. Diventiamo ogni cosa ed ogni cosa diventa noi. Ciò è come stanno le cose in realtà, ma se non lo sappiamo ne saremo molto spaventati. Il secondo bardo Il secondo bardo è chiamato anche yid kyi lus, che in tibetano significa “corpo mentale”. Qua le cose si calmano un poco. Dopo la grande esposizione precedente si passa lentamente ad un altro stadio che ha a che fare con il proprio passato e il proprio futuro, le proprie vite e connessioni karmiche passate e le proprie vite e connessioni karmiche future. Questo stadio è diviso in due parti. Nella prima ci si sente ancora come nella vita appena passata, nella seconda si comincia a intravedere quella che sarà la vita futura. Questo stadio occupa la gran parte del periodo del bardo. Non abbiamo più alcuna limitazione, ma abbiamo ancora pensieri ed emozioni. A causa dell’assenza di limitazioni, abbiamo il potere di pensare a qualcosa o qualsiasi posto e ritrovarci là immediatamente. Se pensiamo al sole, ci ritroveremo al centro del sole. Senza il corpo fisico non c’è impedimento, non ci può essere nessuna influenza dall’esterno. Se riusciamo a riconoscere questa condizione, abbiamo un’ulteriore chance di illuminarci. Nel buddhismo della Terra Pura, ad esempio, si dice che l’intenzione pura di rinascere nel paradiso di Amitabha possa realizzarsi al momento della morte. Se il praticante realizza di essere morto e si ricorda della sua aspirazione di rinascere al cospetto di Amitabha, in quel momento il suo desiderio può realizzarsi. Il terzo bardo Il terzo bardo ci conduce sempre più vicini al momento della rinascita. Il forte senso della futura incarnazione sviluppatosi nella parte finale del secondo bardo scompare. Se per esempio la mia futura incarnazione sarà sotto forma di un cane, il pensiero e la sensazione di essere un cane scompariranno e, come già avvenuto in precedenza, diventerò totalmente coinvolto con l’energia universale. Ancora una volta sarà come se non fossi nient’altro che occhi, orecchi, etc. come in precedenza. In questo stadio si manifesta una grande quantità di suoni e luci impressionanti, dai quali siamo spaventati. Per questo è come se cercassimo un rifugio dove nasconderci. Il rifugio che troveremo si trova dove le forze karmiche hanno creato le energie correlate ai nostri futuri genitori in un particolare reame.
Allora entreremo in quel reame. Questa è l’ultima parte del bardo, che nei testi è chiamata chos-nyi-bardo. Il chos-nyi-bardo descrive la manifestazione delle divinità pacifiche e irate e le relative rappresentazioni dei differenti reami sotto forma di luci. Ancora una volta, se riusciamo a riconoscere questa condizione, possiamo illuminarci o scegliere la nostra incarnazione. Se non siamo travolti da questa ulteriore esposizione a cui siamo sottoposti, possiamo scegliere il giusto reame, i giusti genitori, tutto. Ma questa sarà la nostra ultima occasione durante il bardo, che si appresta a terminare. La durata del bardo è quella specifica per gli esseri umani di questo pianeta, perchè questi insegnamenti sono stati dati per la pratica degli esseri umani e insegnati al nostro tipo di esseri umani. Personalmente non ho mai visto testi dove si afferma che il bardo riguardi altri reami. Alcuni grandi maestri hanno spiegato che il bardo riguarda solo gli esseri umani del pianeta Terra, e persino gli animali ne sono esclusi. Questo è quanto è stato affermato da grandi maestri, ma io non l’ ho mai visto scritto in forma di insegnamento diretto del Buddha. Quindi, per un essere umano del nostro pianeta, il bardo può durare fino a 49 giorni. La durata minima può essere anche una frazione infinitesima di secondo, ma la massima è di 49 giorni. Questo è ciò che viene spiegato. Poichè una minima comprensione del bardo è essenziale per capire la reincarnazione e come essa avviene, vi ho dato questi succinto insegnamento. Mi auguro che lo troverete utile. La pratica del bardo Vorrei dire ancora alcune altre cose prima di concludere. Molti di noi stanno praticando, e il risultato o frutto della attuale pratica si manifesterà nel futuro, in una prossima vita. Questo è fuor di dubbio. Ma per coloro che volessero prepararsi per il bardo in questa vita, ci sono alcune pratiche specifiche che vorrei illustrarvi. Prima di tutto, ricordatevi sempre dell’impermanenza. Questo è molto importante. Non possiamo sapere quale sarà il momento della nostra morte. Tutti sappiamo che dovremo morire, ma non abbiamo la certezza del momento in cui ciò accadrà. Stando così le cose, riconoscere l’impermanenza sarà di grande aiuto. Quando accadrà, lo shock sarà minore, sperimenteremo meno paura e dispiacere. Quando accadrà, accadrà. Non serve a nulla dispiacersene, meglio accettare la cosa gradatamente e gestirla adeguatamente quando sarà il momento, senza essere sconvolti e influenzati dalle emozioni. Quindi la meditazione sull’impermanenza è molto importante. Seconda cosa, mai trascurare la positività e la negatività delle azioni. Prendetele sempre sul serio, è molto importante. Se vediamo che possiamo fare qualcosa di buono ma semplicemente ce ne dimentichiamo perchè non prendiamo la cosa seriamente, perdiamo semplicemente e senza un buon motivo un’opportunità. E se possiamo evitare qualcosa di negativo ma non lo facciamo per pigrizia e disinteresse, anche questa è una cosa stupida. Dovremmo invece considerare seriamente la positività o la negatività delle nostre azioni e, se ci riusciamo, dovremmo evitare il più possibile quelle negative e favorire quelle positive. Anche se si tratta solamente di qualcuno in strada che ha bisogno di denaro, se abbiamo qualche centesimo, perchè non darglieli? Se possono essere d’aiuto per lui e se può aumentare il nostro karma positivo, perchè ci dobbiamo negare
questa occasione? Se per esempio una mosca cade nel nostro bicchiere pieno, potremmo fare in modo di liberare la mosca all’esterno invece di gettare l’acqua con l’insetto nel lavandino. E’ semplice, non richiede un grosso sforzo o chissà quanto tempo e non ci rende dei fanatici. Non dovremmo trascurare il valore delle azioni. Qualcuno potrebbe dire che dal momento che mangia carne ritiene inutile salvare una mosca. Non bisogna pensare in questi termini. Possiamo benissimo mangiare carne, ma nello stesso tempo salvare quella mosca – che c’è di sbagliato? Terza cosa, la pratica dello yoga del sogno è anche considerata utile per il bardo, poichè il bardo è in realtà un po’ come un sogno. Naturalmente l’enorme realtà del bardo non è comparabile con la piccola illusione di un sogno, ma comunque una certa correlazione si può fare. Dunque, quando dormiamo, cerchiamo di avere consapevolezza e presenza mentale e riconosciamo che stiamo sognando. Ciò non disturberà il nostro riposo, anzi, può aiutarci a riposare meglio, perchè se per esempio siamo inseguiti da una tigre e riconosciamo che si tratta di un sogno, non abbiamo bisogno di scappare e quindi entrare in un sonno agitato per poi sentirci stanchi quando ci svegliamo. Se riconosciamo la tigre di sogno, possiamo semplicemente rimanere seduti nel sogno, e vedere che cosa farà la tigre. Se ci morderà, saremo in grado di realizzare che in realtà non ci sta succedendo niente. Può darsi che la tigre ci parli, o che noi stessi diventiamo la tigre, o che la tigre stessa si addormenti! Quarta cosa, la pratica del trasferimento della coscienza, il powa, può anche essere molto utile, come anche la trasmissione di pratiche legate al bardo (es. Shitro, Ndt) o qualsiasi altra pratica del dharma, qualsiasi pensiero, ispirazione od azione retta. E se siamo in grado di contemplare la natura della mente e abbiamo qualche genuina diretta esperienza di essa, questo sarà di enorme aiuto. Uno dei più grandi benefici della meditazione è il riconoscimento della nostra natura di buddha. Se la riconosciamo anche solo per un istante, sarà veramente valsa la pena di aver praticato. Tutto quello che ho illustrato è dunque di grande aiuto nella preparazione per il bardo. Possiamo anche leggere attentamente il Bardo Tödröl e contemplare che cosa ci succederà al momento della morte, senza ovviamente che ciò diventi un’ossessione. Un’ultima cosa. Non so se ne avete mai sentito parlare, ma c’è qualcosa a cui possiamo far riferimento proprio adesso attraverso i nostri sensi. Si chiama “il suono della natura”. Si tratta di un rumore continuo e che possiamo udire quando noi siamo calmi e l’ambiente circostante è tranquillo. Poichè di solito siamo sempre impegnati in un flusso di pensiero, oppure occupati in qualcosa, non badiamo mai a questo suono. Se invece riusciamo a calmarci e a concentrarci, possiamo udirlo e cercare di mantenerlo. Con la pratica riusciremo a farlo anche quando siamo impegnati in qualche attività. Poichè questo è uno dei suoni che udiremo nel bardo, il riconoscerlo adesso sarà di enorme utilità. Adesso possiamo passare a qualche domanda. Student: Rinpoche, se ci troviamo ad un livello in cui la nostra aspirazione è quella di aiutare gli altri, perchè ci dovremmo preoccupare di scegliere una particolare rinascita? Le forza karmiche, in questo caso, non ci guiderebbero forse automaticamente dove siamo più necessari?
Rinpoche: Okay. Se ragioni così, si può dire che non c’è ragione di preoccuparsi. Se l’aspirazione è quella di rinascere in qualsiasi luogo e forma uno sia più necessario, allora va bene. Ma se si vuole rinascere in un luogo particolare dove c’è molto bisogno di aiuto, si può fare anche questo. S.: Ci può dire qualcosa di più sul suono della natura? E’ un suono interiore? R.: Sono sicuro che ciascuno l’abbia udito. Non è il ronzio delle orecchie. Come descriverlo? Quando si sente per la prima volta, è come un suono continuo che non cessa. Se volete sentirlo, dovete andare in un posto tranquillo e cercare di non pensare troppo e neanche preoccuparsi. Solamente sedere e rilassarsi, allora lo sentirete. Non è nelle orecchie, è all’interno. All’inizio sarà udibile solo ad intermittenza, perchè il vostro flusso di pensieri lo interromperà, ma dopo qualche tempo diventerà molto forte e potrete sentirlo anche quando pensate o state leggendo. E’ naturale. Non è qualcosa che fa impazzire la gente, nessuno diventerà matto ascoltando questo suono! Quando riuscirete a mantenerlo senza sforzo, sarà come respirare, sarà una presenza molto naturale. Non interromperà le vostre attività e non vi disturberà. Tuttavia non sarà facile mantenerlo durante le attività più impegnative come angiare, parlae, guidare, stare con la gente. S.: Rinpoche, ha detto che nel bardo c’è un’enorme quantità di suoni e luci. Che cosa sono? R.: Il suono del bardo è quello che ho appena descritto. Le luci del bardo sono più difficili da descrivere. Nel bardo si diventa uno con i suoni e le luci. Non dobbiamo pensare che si tratti di qualcosa di speciale o di sacro., non ce n’è bisogno. Si tratta di una connessione molto intima con l’universo. In tibetano si dice chos-nyi-che-rang-da.Ci sono molti modi per spiegare questo concetto e tutti sono chos-nyi-che-rang-da. Rang-da significa suono spontaneo, chos-nyi significa la natura, l’essenza di tutti i fenomeni. Quindi il suono spontaneo dell’essenza dei fenomeni. S.: Molti testi parlano di inferni e paradisi. Se il bardo non dura più di 49 giorni, quand’è che ci si ritrova là? R.: Quando si rinasce in un inferno o in un paradiso. S.: Quindi dopo il bardo? Qual’è la durata di un inferno un paradiso? R.: La vita in ogni specifico reame ha una sua durata. La descrizione dei reami degli dei, dei semi-dei, degli umani, degli animali, degli esseri infernali e degli spiriti affamati è precisamente delineata nell’Abhidharma, che è uno dei più vasti insegnamenti del Buddha. Il Buddha parla anche di anni e di tempo equivalente fra i reami. Non ricordo tutto precisamente, ma per esempio un giorno del peggiore degli inferni equivale a centinaia di anni per un essere umano. Qualcosa del genere. E non è perchè all’inferno il tempo scorre più lentamente, ma perchè lì il dolore e la sofferenza sono così intensi che sembrano non finire mai.
S.: Rinpoche, gli esseri degli inferni e dei paradisi possono prendere una nuova rinascita? R.: Naturalmente. Anche lì gli esseri muoiono e possono prendere rinascita negli altri reami, altrimenti saremmo spacciati. S.: Può un essere dei paradisi rinascere come uomo o negli altri reami? R.: Certo, certo. Anche se paradiso non è la parola giusta. Se ragioniamo in termini cristiani, l’equivalente del paradiso cristiano è una delle Terre Pure e un essere di una Terra Pura non può rinascere in un inferno (e neanche in un altro dei sei reami, a meno che non scelga di farlo, Ndt) S.: Di questi tempi si sente spesso parlare delle esperienze di pre-morte. Che cosa ne pensa del fatto che queste persone, una volta tornate in vita, descrivono spesso un tunnel, una luce chiarissima, una comunicazione con esseri di luce, un incontro con un defunto? Crede a queste affermazioni? R.: Credo a tutto, ma nello stesso tempo potrei non credere a niente. E’ difficile dirlo. Molte di queste persone fanno queste affermazioni in tutta sincerità, gli altri non so. Molti affermano di aver realmente vissuto questa esperienza, ma potrebbe trattarsi di un’allucinazione. Non si può sapere realmente e quindi non si può giudicare. Comunque capisco di che cosa parli, ne ho sentito parlare anch’io ed ho anche letto qualche cosa. S.: Rinpoche, vede in questo qualche somiglianza con il bardo? R.: Si, sembrano simili e potrebbe trattarsi di una conferma delle affermazioni del bardo. Ma non si può essere sicuri di ciascuna affermazione individuale. S.: Come possiamo sapere del bardo? Chi lo ha descritto e come ha potuto farlo? R.: Il Buddha. Tutto ciò che fa parte degli insegnamenti buddhisti deriva dal Buddha. Esistono anche dei casi in cui qualcuno muore e poi torna in vita descrivendo quello che ha sperimentato. Si chiamano delog. Ma anche in questo caso non possiamo essere sicuri di quello che raccontano, sebbene molti di essi siano altamente rispettati. per questo ci atteniamo agli insegnamenti del Buddha. S.: Se non esiste qualcosa che si possa chiamare ego, che cos’è che si reincarna? Un qualche senso del sè? Un conglomerato di energie? Una personalità? R.: In assoluto l’ego non esiste, nessuno nasce e nessuno muore. ma relativamente l’ego c’è, relativamente tutti nascono e tutti muoiono. Quindi hai ragione, dal punto di vista assoluto non c’è alcun ego. Secondo gli insegnamenti del Buddha, quando raggiungiamo l’illuminazione, da un tempo senza inizio fino alla morte non sarà neanche un attimo, perchè l’illuminazione è oltre il tempo e
ogni limitazione. Ma per coloro che non sono ancora illuminati il tempo è reale e ogni giornata è fatta da 24 ore. La relazione fra assoluto e relativo è stata profondamente trattata dal Buddha. Potrebbero sembrare due opposti ma non è così. L’assoluto è l’assoluto del relativo, e il relativo è il relativo dell’assoluto. S.: Se all’improvviso ci accorgiamo che tutto è diventato strano, magari siamo nel bardo e non ce ne rendiamo conto, siamo presi dalla paura – che cosa dobbiamo fare? R.: Prima di tutto dobbiamo capire che niente si ripete esattamente allo stesso modo. Tutto è impermanente, tutto cambia, ogni cosa è causa e condizione di moltissime altre cose. Ricordarsi di questo ci aiuta a non essere scioccati se succede qualcosa di strano. Se stai parlando di un’esperienza personale è un conto, se stai parlando della teoria è un altro. Ma in un modo o nell’altro, se si ha un’esperienza e si riesce ad osservare con calma e senza preoccuparsi che cosa sta succedendo, si può scoprire la causa e la condizione, che non devono essere necessariamente così complicate. Se vediamo cause e condizioni, la questione è risolta. Se parliamo invece in teoria, è diverso. In teoria si può affermare tutto. S.: A volte incontriamo qualcuno ed è come se lo avessimo sempre conosciuto. Ho sentito dire che ciò è legato alla reincarnazione. Se è così, come dobbiamo considerare la relazione con quella persona? R.: Dipende. Questa cosa succede ad un sacco di gente, non è affatto rara. Il risultato di queste esperienze sono nuove amicizie. Andiamo d’accordo con queste persone piuttosto che con altre, impariamo più facilmente l’uno dall’altro. Questi sono segni di una buona amicizia. Ma non dobbiamo prendere troppo seriamente questa cosa. Non abbiamo solo quel tipo di amici, ne abbiamo anche altri. Se prendiamo troppo sul serio il tipo di amici con cui abbiamo un legame particolare, potremmo disturbare gli altri ed anche noi avremmo una preoccupazione inutile. Succede lo stesso con gli insegnanti. Se si avverte una connessione particolare con un dato insegnante, non è il caso di farsene in qualche modo un’ossessione, una preoccupazione. Non è neanche il caso di rifiutare la cosa, che può diventare anche quella una forma di preoccupazione. Quindi dobbiamo gestire anche questo tipo di cose in maniera appropriata, saggia. La saggezza deriva dalla consapevolezza e dalla presenza. S.: Rinpoche, non capisco come gli animali possano arrivare all’illuminazione. Hanno delle menti molto ignoranti, quindi……. R.: Non dovremmo pensare così. Nei sei reami di esistenza, gli animali sono considerati appena sotto gli umani. Appena sotto, non molto. Dovresti leggere una delle storie del Buddha sulle sue vite passate. Fra di queste, ci sono innumerevoli incarnazioni come animale. Leggendole, capiretsi che il reame degli animali non è poi così male.
S.: Vorrei chiedere qualcosa sull’odio per se stessi. Sembra un aspetto prevalente della nostra cultura e alla base di molti seri problemi. R.: Posso dire qualcosa a riguardo, ma non sono sicuro che si tratti di una risposta del tutto attinente. E’ certamente vero che uno se uno studente sbaglia un esame possa dispiacersi di non aver fatto bene, ma questo non significa che odii se stesso. Il massimo che si possa fare è lavorare più duramente, o persino smettere di preoccuparsene. Ci si può rendere conto che andar male ad un esame non è il massimo, ma non è neanche una tragedia e quindi smettere di preoccuparsi. Ora – posso sbagliarmi – mi sembra che l’odio per se stessi sia solo un malinteso. Possiamo sbagliare in molti modi, possiamo pensare di non aver fatto un buon lavoro e deprimerci, ma non c’è ragione di odiare se stessi. Si tratta di una dualità tremenda, odiare se stessi per non essere quello che ci aspettiamo di essere. E’ più di una dualità, è una triplicità e anche di più. Alla base si tratta di un malinteso. E se ci auto-puniamo, anche questo lo è. S.: Esistono delle condizioni psicologiche particolari che sono chiamate psicosi borderline. Una persona in queste condizioni può considerare gli insegnamenti sull’assenza dell’ego come una convalida, in mancanza di un termine migliore, della sua patologica condizione mentale. Sembra esserci una tendenza di questo tipo di persone, che odiano se stesse, verso questo tipo di insegnamento come ulteriore forma di negazione di se stessi. Può dirci qualcosa a riguardo? R.: In un certo senso si può dire che questa non è una cosa sbagliata al 100%. Se uno vuole sacrificare la propria vita, è meglio che lo faccia in questo modo piuttosto che mediante un colpo in testa. Ma per quanto riguarda il vero significato di rinuncia e assenza dell’ego, non è questo il senso. Si tratta di cose assolutamente differenti. E’ molto importante vedere la differenza fra la rinuncia, la vera rinuncia, e il considerare se stessi una nullità, una spazzatura. La vera rinuncia significa lasciar andare le attività samsariche. Nei testi del vinaya, il Buddha dice: “Lasciare tutto alle spalle, come degli avanzi”. Nella cultura indiana, nessuno tocca gli avanzi di cibo. Vengono sempre gettati. Anche chi non ha da mangiare non tocca gli avanzi, a meno che non stia veramente per morire di fame. Quindi lasciarsi le attività samsariche alle spalle come degli avanzi significa che diamo un grande valore al raggiungimento dell’illuminazione e quindi ci lasciamo alle spalle tutti gli impedimenti. Qui non si tratta di abbandonare persino se stessi, è proprio il contrario, bisogna considerarsi ancora più preziosi. Poichè siamo così preziosi, le cose del samsara sono senza valore. Penso quindi che rinuncia e assenza di ego debbano essere comprese in un senso più sano. Per esempio assenza dell’ego non significa che non si è niente. Significa che la limitazione del sè, cioè l’ego, non esiste. La nostra vera essenza è illimitata. In altre parole stiamo dicendo che siamo molto migliori del nostro ego. Siamo illimitati, abbiamo l’essenza del buddha. Siamo buddha per natura. Questo ego che che sono io come singolo essere umano, con una mia storia propria che inizia alla nascita, questo è niente. Questo è il modo in cui dovremmo affrontare l’assenza dell’ego e la rinuncia.
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