Sulla Strada Della Conoscenza - La Gestione Psicolgica Nel Trading Operativo

February 19, 2018 | Author: GianlucaSalvatori | Category: Thought, Psychology & Cognitive Science, Mind, Knowledge, Competence (Human Resources)
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Come maturare ed imparare a gestire le emozioni durante la reale operatività di trading attraverso un percorso guidato c...

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Sulla strada della Conoscenza La gestione psicologica nel trading operativo

di

Gianluca Salvatori

2013

Scritto, prodotto e pubblicato da Gianluca Salvatori© Ogni diritto è riservato La pubblicazione o divulgazione o duplicazione di tale opera senza il previo consenso dell’autore verrà perseguita nei termini di legge nelle sedi appropriate per violazione della norma sul Copyright

Dedicato a mio figlio Alberto grazie al quale ho potuto riscoprire la realtà con gli occhi curiosi con cui la osserva un bambino privo di condizionamenti. Dedicato a me stesso in quanto ho creduto in me e nelle mie capacità ed ho saputo trovare la forza per non fermarmi di fronte alle mille avversità che si sono presentate. Dedicato a tutte le persone che ho incontrato e conosciuto che mi hanno insegnato, sostenuto e spronato ad andare avanti dimostrando apprezzamento e stima per il lavoro e le esperienze che ho condiviso con loro. Grazie

“Un vincitore è semplicemente un uomo che non si è arreso” Nelson Mandela

“Quello che non mi uccide, mi fortifica” Friedrich Wilhelm Nietzsche

Indice 1 – Psicologia in ambito di trading Pag. 1 – psicologia in ambito di trading - introduzione

2 – Un lunga storia comune Pag. 18 - L’evoluzione del cervello nell’uomo

3 – La Paura Pag. 61 - Un sentimento ancestrale che ci fa sopravvivere Pag. 71 - Defcon emotivo

4 – La Percezione Pag. 83 - Nulla è come appare

5 – Un linguaggio molto particolare Pag. 111 - Il linguaggio utilizzato dal nostro cervello

6 – Gli emisferi cerebrali Pag. 136 - Emisferi cerebrali e loro funzionalità Pag. 137 - Cooperazione Pag. 138 - Competizione Pag. 148 - Interpretazione Pag. 150 - T.M.S.

7 – il denaro come simbolo Pag. 163 - Significatività, importanza e simbologia del denaro nella società moderna Pag. 178 - Il denaro come simbolo nel trading

8 – La rieducazione funzionale Pag. 184 - Come superare i limiti della nostra mente e rieducare noi stessi ad una migliore gestione del pensiero durante il trading

9 – Controllare il corpo per controllare la mente Pag. 198 - Il respiro Pag. 206 - La meditazione induttiva Pag. 212 - Il ritmo binaurale Pag. 216 - Fase meditativa autoipnotica Pag. 218 - Fase di sincronizzazione degli emisferi cerebrali Pag. 221 - Induzione subliminale visiva

APPENDICE 1 Pag. 226 - L’inapplicabilità dello Stato di Flusso al Trading operativo

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1 - Psicologia in ambito di Trading Quando sul finire degli anni ‘90, ancora ai tempi dell’Università, iniziai ad interessarmi di trading, di mercati finanziari, di fluttuazioni azionarie e di investimenti, mi immaginavo un mondo fatto di numeri, di analisi matematica, di valutazioni aziendali, di grossi capitali spostati con un click del mouse verso le migliori allocazioni sparse per il mondo. Ero convinto e lo sono stato per tanti anni a seguire che per riuscire in questo settore fosse necessario disporre di una mente fredda, calcolatrice, asettica che con gelida velocità ti permette di uscire da un investimento non più profittevole o sbagliato e senza batter ciglio saltare su uno nuovo con fredda imperturbabilità, senza voltarsi indietro. Ero del parere che una volta acquisite le necessarie competenze tecniche unite alle opportune propedeuticità di analisi, la strada verso il successo professionale fosse progressivamente in discesa e ciò che dovevo maturare era una attenta esperienza tecnica che non trascurasse nulla avente a che fare con questo aspetto. Iniziai quindi a studiare vari manuali di analisi tecnica, i pattern principali, la teoria di Dow, il trading con le medie mobili, tutti i pattern delle candele giapponesi, le onde di Elliott, le logiche matematiche dietro ogni oscillatore, i fondamenti dell’analisi ciclica fino ad arrivare a prendere un diploma in analisi quantitativa per una corretta gestione degli asset in ambito di portafoglio presso una società di Milano specializzata in formazione finanziaria professionale per investitori istituzionali. Nel tempo quindi, con lo studio di non so più quanti libri acquistati negli anni, con frequentazioni di seminari e corsi, maturai quelle che in gergo vengono definite “skills” o abilità professionali che mi valsero un elevato punteggio per accedere ad un posto di lavoro presso un rinomato istituto bancario italiano con la qualità di gestore in ambito finanziario. Ero convinto che tutto quello che stavo facendo mi bastasse per migliorare e diventare un eccellente trader e che l’esperienza tecnica sul mercato avrebbe perfezionato ciò che avevo iniziato con lo studio. Avevo indubbiamente acquisito ed iniziato a padroneggiare un set di competenze tecniche che mi aiutarono tanto a metter quelle basi quasi automatiche di fredda valutazione matematica del mercato. Eppure ogni tanto qualcosa non andava. 1

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Ciclicamente, a distanza di settimane, mesi tra un evento e l’altro, mi capitava di “perdere la bussola”, di essere in totale balia delle emozioni come se tutta la capacità tecnica acquisita fino a quel momento fosse stata spazzata via, come se tutta la pianificazione di ogni singolo trade che facevo fosse accantonata per qualche istante, qualche ora e la mia operatività fosse assolutamente frutto di puro istinto, impulsiva, emotiva e non prendesse assolutamente in esame tutto quello che avevo imparato negli anni. Eppure sulla carta, a mercati fermi sembrava tutto corretto, quasi scontato che la pianificazione preventiva fatta della mia operatività fosse giusta, tutto sembrava quasi ovvio al punto che proprio non mi spiegavo perché in quelle sporadiche occasioni non riuscivo a seguire il mio piano operativo. Disponevo di piattaforme all’avanguardia, strumenti di analisi efficaci, conoscenza della metodologia di analisi ed operativa consolidata, eppure qualcosa ogni tanto non funzionava. Anche in momenti in cui apparentemente non c’erano problemi, avevo la sensazione che mancasse qualcosa, in alcune occasioni avevo addirittura la percezione che potevo perdere il controllo in ogni momento. In sostanza a volte mi sentivo come se stessi vivendo un senso di precarietà e di non controllo che mi faceva paura per i potenziali risvolti e per il fatto che queste percezioni potessero innescare quelle giornate di totale “sbandamento”. Decisi quindi di fermarmi e di analizzare la situazione e devo dire che all’inizio non fu facile. Non è facile infatti mettere in discussione ciò che hai studiato, ciò su cui basi la tua vita professionale ed operativa quotidianamente, alla ricerca di quella particolarità, quell’aspetto che ti ha reso forte e capace, ma soprattutto è molto facile partire pensando che il problema, il difetto, la difficoltà che ti blocca sia là fuori, in qualche sfumatura o aspetto che probabilmente tu hai tralasciato e non hai appreso pienamente e che ti toglie quel senso di controllo totale che tu invece cerchi. Eh si, è molto facile cadere in questo semplice errore in quanto ognuno di noi ha un proprio ego, un proprio “IO” da salvaguardare e a cui rispondere ed è molto più facile nonché comune, pensare che l’errore sia fuori di noi e non in noi. Dopo anni di studi volti a misurare, valutare, stimare le probabilità che il mercato faccia questo oppure quello, non è semplice arrivare a pensare che il denaro e la sua gestione possano avere un peso 2

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differente dal puro valore economico e dal mero aspetto numerico, arrivare a capire che il denaro oltre ad essere una misura è un simbolo che proietta nel nostro subconscio una gamma di significati che possono pesare anche molto più del semplice valore facciale che quello stesso denaro rappresenta. Infatti, quello che mi frenava o che mi creava saltuariamente quel senso di “sbandamento” non dipendeva da come leggere il mercato attraverso i grafici, ma come gestire l’emotività, il peso e lo stress che quelle analisi necessariamente comportavano in alcune situazioni operative. Il denaro infatti oltre ad essere un valore ed una unità di misura, nella nostra cultura è prima di tutto un simbolo ed associato al denaro in termini operativi non bisogna assolutamente tralasciare il concetto di “successo”. Successo inteso come riuscita dell’operazione, come capacità che ti permettono di emergere al di sopra di altri che fanno il tuo stesso lavoro, come concetto di realizzazione personale che sfocia nell’autostima e nella percezione di sé, come capacità e convinzione di riuscire a fare sistematicamente il tuo lavoro giorno dopo giorno non mettendo minimamente in discussione il fatto assodato, per altri lavori “comuni”, di sapere che esiste un domani in quanto ciò che sai fare oggi, hai la consapevolezza che lo saprai fare anche domani e quindi non ti trasmette quel senso di precarietà fondato sull’insicurezza del “domani”. Mi resi conto dunque che per quante competenze tecniche potessi maturare oltre a quelle che già possedevo, rimaneva sempre e comunque un gap tra ciò che sapevo e dovevo fare e ciò che realmente facevo e riuscivo a gestire. In pratica maturai poco alla volta la consapevolezza che una cosa sono le competenze e capacità tecniche di analisi e lettura del mercato ed altra cosa invece è la capacità di reggere la pressione e lo stress che quell’analisi correttamente studiata e strutturata comporta in funzione di ciò che l’operazione in sé rappresenta, sia fine a sé stessa che come sequenza di tante operazioni. Si proprio così, il trading aveva toccato con precisione chirurgica un aspetto latente in me che di tanto in tanto mi obbligava a fare i conti con il mio “IO” nella sua più assoluta complessità, tralasciando completamente tutte le conoscenze tecniche maturate e puntando diretto verso la parte più profonda di me stesso, verso la mia emotività 3

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sia più immediata e diretta che più latente ed indiretta, quella che spesso si mostra solo come risposta derivata e collaterale rispetto alla sua reale causa. Fu evidente quindi che un aspetto normalmente trascurato o marginalizzato in ambito di formazione professionale inerente il trading, si era invece presentato bussando con sempre maggiore insistenza alla «mia porta» mettendomi di fronte a considerazioni che fino a quel momento avevo semplicemente tralasciato perché le consideravo secondarie e per certi versi «scontate», mentre nei periodi successivi fui costretto a ricredermi decisamente ed oggi posso serenamente dire che sono sinceramente grato di ciò che il destino mi ha riservato, della porta che mi ha aperto nei confronti di questa tematica e di come le cose sono andate sviluppandosi successivamente. Se c’è una cosa infatti che mi caratterizza, questa è proprio la curiosità di conoscere cose nuove per me stimolanti, che mettano in discussione le mie certezze, mi facciano riflettere sulle mie debolezze e mi permettano di maturare e di evolvere verso un obiettivo, un modello che io considero migliore per i miei canoni di valutazione. Questo non necessariamente deve riguardare le cose che sappiamo fare per riuscire a farle meglio ed avere maggiori capacità, ma anzi è sicuramente più stimolante tutto ciò che riguarda il nostro “IO” per ciò che noi siamo, al fine di essere più vicini al modello di persona che sentiamo di essere o che desideriamo essere. Non c’è dubbio infatti in merito ad un aspetto, ovvero che se una cosa il trading te la insegna, quella cosa principalmente riguarda la conoscenza di sé, del proprio “IO” più profondo, la conoscenza delle proprie pulsioni, delle proprie paure, debolezze, delle proprie sicurezze. Il trading, arrivati ad un certo punto, ti impone di guardarti dentro, di fare i conti con te stesso e non più con il mercato. E’ esattamente così in quanto dopo aver imparato ed appreso anche tutto lo scibile tecnico che la letteratura in materia possa offrire, alla fine sei tu nella tua interezza e con il tuo bagaglio culturale ed emotivo a fare trading e se ciò a cui hai dedicato quasi esclusiva attenzione negli anni è il pensiero di riempire fino all’inverosimile il tuo «magazzino di competenze tecniche», ti troverai prima o poi ad avere la necessità di saper gestire quelle conoscenze, a dover sapere come fare per sostenere la tensione che l’operatività derivante da quelle conoscenze 4

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ti offre, a dover riconoscere a te stesso se hai la forza di reggere una posizione che tecnicamente sembra scontata nei grafici, ma che la tua mente mette in discussione e cerca di fartela vedere sotto forma di proiezione diversa da come asetticamente la analizzeresti. Il nostro trading infatti è oltre ogni ragionevole dubbio, figlio del nostro bagaglio culturale inteso come competenza tecnica e capitale emotivo e pensare di prescindere da una sola di queste due componenti, non farà altro che farla emergere con maggior forza dirompente, mettendoci in un lampo di fronte alla nostra mancanza. Inutile anche solo pensare che la tecnica sia tutto e che una conoscenza perfetta della tecnica possa sopperire ed evitarti di avere reazioni emotive durante l’operatività. A tal proposito, per meglio trasmettere questo aspetto alle persone che giornalmente mi contattano, spesso porto un esempio che ritengo significativo legato al mondo dei motori, sia perché rappresenta un fenomeno che caratterizza la terra da cui vengo che ha dato i natali ad alcuni tra i maggiori piloti di moto italiani, fra tutti Valentino Rossi, sia per deformazione familiare in quanto mio padre che è cresciuto in questo mondo di motori, mi ha trasmesso tale passione sin da piccolo e quindi la sento molto vicina a me. In pratica sarebbe come pretendere che dopo anni di studi di ingegneria motoristica, studi di progettazione di motori che mi permettano di costruire una moto assolutamente molto performante, io pretendessi di essere, oltre che il suo progettista e padre, anche un eccellente pilota della stessa. Teoricamente per l’analogia appena fatta, essendo io il maggior conoscitore, dovrei essere anche quello che la sa far correre più velocemente di tutti, ma permettetemi di dire che una cosa è conoscere le dinamiche tecniche che costituiscono la moto e che mi permettano anche di fare la miglior messa a punto come assetto, e altra cosa è saperla spingere al massimo, facendole fare oltre i 300 Km orari sui rettilinei e fare curve in piega quasi a sfiorare i gomiti sull’asfalto a 230 Km all’ora. Per fare questo non occorre conoscere tutto e anche di più riguardo alla progettazione della moto, ma occorre saperla guidare, sapersi fidare della stabilità, della frenata, della tenuta delle gomme in curva, saper frenare al limite ed accelerare quando altri ancora non si azzarderebbero a farlo. In pratica è necessario saper portare il proprio limite molto più avanti del limite comune e fare questo in modo ripetitivo, su ogni giro di pista 5

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con sistematicità, proprio perché quello che apparentemente viene dalla massa considerato come estremo, per noi non lo è, ma anzi è normale farlo perché siamo abituati a farlo così ogni volta. Disporre quindi della “miglior” moto da Gran Premio anche se ne fossi il più grande conoscitore tecnico, non significa che io sia in grado di reggere le emozioni che quella moto mi fa provare quando la guido, non significa che io non provi paura ad andare ai 300 Km all’ora o che riesca a fare una curva piegato quasi a toccare l’asfalto a 200 Km all’ora. Non ci sarebbe nulla di strano se io provassi paura anche a fare solo 100 Km all’ora invece dei 300 Km, perché una cosa è sapere come si progetta e si guida una moto e altra cosa e saperla guidare “come si dovrebbe” e per farlo in sicurezza, evitando di agire da incoscienti, ci vuole esperienza che si matura in modo progressivo iniziando dalle cose più semplici, accettando i propri limiti con grande umiltà ed imparando poco alla volta, passo dopo passo ad avere la padronanza necessaria per svolgere il compito che siamo chiamati a fare, ovvero guidare non progettare. Decisi quindi di fare una lista degli aspetti che a mio avviso consideravo critici, partendo dai più palesi ed evidenti e scomponendoli a loro volta nelle loro singole parti una ad una per poi analizzarle con il maggior distacco e senso critico possibile. Per farlo dovetti iniziare dalle cose che comunemente vengono considerate “ovvie”, “scontate” ma che nel tempo si sono rivelate non avere nulla di scontato. Iniziai a leggere libri sempre nell’ambito del mondo del trading riguardanti gli aspetti psicologici che deve affrontare un trader nella sua operatività, ma devo dire che in Italia nessuno ha mai affrontato il problema come deve essere affrontato ed anzi spesso da quanto ho potuto leggere, si è cercato di portare il discorso su argomenti che ai fini prettamente operativi e di utilità sul piano gestionale e comportamentale, risultano essere solo marginali o addirittura distorsivi. I libri che lessi, per quanto i titoli decisamente accattivanti in tal senso, apparentemente inducevano a pensare che potessero darmi la soluzione, in realtà parlavano di come organizzare la propria operatività nelle varie fasi, dalla preparazione dell’operazione, all’operazione stessa, alla revisione post operativa, con tutto ciò che 6

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comporta l’analisi fatta ex-post del nostro agire sul piano prettamente “contabile”. In pratica ti insegnavano a fare da pianificatore e revisore dei conti della tua operatività, cosa che nulla ha a che fare con la gestione delle emozioni, ma molto più con la ragioneria operativa. Parlavano di come i mercati sono soggetti a certi fenomeni che sicuramente interessano il trader da un punto di vista conoscitivo e comportamentale come fenomeno di massa, come il fatto riguardante le oscillazioni del mercato che portano gruppi di operatori a muoversi in modo aggregato secondo schemi paragonabili agli sciami di insetti, oppure come dopo operazioni chiuse in perdita il trader sia portato a fare quello che viene definito il “trade della vendetta” o come lo chiamano in USA “revenge trade” con cui teoricamente vorrebbe rifarsi della perdita subita, mentre nella maggior parte dei casi non fa altro che peggiorare la situazione pregressa, innescando un’azione compensativa che nasce da un comportamento derivante dal fenomeno che viene definito “effetto disposizione”, il tutto analizzato in modo molto dettagliato ed accurato, ma con un taglio assolutamente da spettatore esterno, visto con l’occhio di colui che osserva ciò che accade, che descrive dettagliatamente le fasi del fenomeno che accomuna la maggior parte dei traders, ma che mai spiega e dice come affrontare, come superare, come gestire quei momenti osservati che ti rendono comune agli altri operatori, descrivendoteli solamente con accuratezza certosina senza dare alcuna risposta. Parlavano in modo del tutto sommario del fenomeno dell’attacco o fuga che in inglese va sotto il nome di “fight or flight”, ma dedicandogli al massimo mezza pagina di libro. Ho poi osservato l’esistenza di seminari che pur di parlare di psicologia, affiancavano tale tematica affrontata nello sport e la riportavano, clonandola con annessi esempi prettamente sportivi, al trading, senza minimamente soffermarsi sulle concrete, evidenti e reali differenze che esistono tra i due settori che li rendono apparentemente simili, ma nei fatti totalmente diversi e non assimilabili come approccio; seminari poi decaduti nella tematica e non più sviluppati dagli stessi propositori che hanno lasciato cadere l’argomento nel dimenticatoio senza darne seguito a dimostrazione che forse neanche loro credevano fermamente in ciò che cercavano di proporre in quei seminari. 7

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Ho anche letto libri scritti da famosi e riconosciuti personaggi a livello internazionale sulle tematiche motivazionali, personaggi che io chiamo “motivatori” e che apparentemente dovrebbero aiutarti a trovare in te stesso quelle forze e quelle risposte psicologiche che non pensavi di avere e a tal proposito, mi sono confrontato anche con persone in cerca delle stesse risposte che cercavo io in ambito di trading e che avevano frequentato corsi organizzati per spingere l’operatore a credere in sé stesso, ottenendo conferma del fatto che il fine di questa tipologia di seminari e quello di portare il discorso didattico sul piano puramente motivazionale, cosa che se da un lato ha il pregio di enfatizzare le proprie capacità ed i propri talenti ed imparare a credere in questi e sapere come sfruttarli al meglio, dall’altro queste tematiche motivazionali hanno il grande difetto di lasciare completamente da parte, cercando di portare minore attenzione nel corsista, sui propri difetti e le proprie mancanze, tendendo a nasconderle o metterle in secondo piano, cosa che per quanto si voglia non le cancella e le lascia sempre lì pronte a saltare fuori senza preavviso con tutto il loro impeto, e di certo l’esaltazione di un pregio non annulla l’esistenza e l’ingerenza di una potenziale mancanza, ma semplicemente fa credere al singolo operatore di poter basare la sua professione solo dedicando attenzione a ciò in cui già è capace, coltivandolo, tralasciando invece ciò che lo limita e che può seriamente danneggiarlo. Tutto questo, dimenticando che ciò che noi cerchiamo è una via che ci educhi e ci indirizzi in ambito di trading, finalizzata al trading e scoprire di avere grandi talenti e risorse su cui far perno, non significa che questi li si possa necessariamente veicolare nel risolvere certe problematiche che hanno prettamente a che fare con il trading o con alcuni aspetti che il trading fa emergere nella nostra operatività. In sostanza, per fare un esempio concreto, il farmi riuscire a camminare sui carboni ardenti, cosa che mai e poi mai avrei pensato di poter fare, non significa che io poi non mi trovi in difficoltà quando dovrò affrontare certe problematiche, che probabilmente ora saprò di poter fronteggiare con maggior capacità e forza d’animo di quanto pensassi, attingendo a tutte le mie doti anche più recondite, ma questo non elimina comunque il fatto che qualcuno o qualcosa mi debba poi indirizzare nell’insegnarmi a superare quei miei limiti e quelle mie problematiche, come studiarle, dove studiarle e come poterle approcciare, pur sapendo ora di poterlo fare con maggior vigore; non significa che se scopra di essere fortemente portato all’eccellenza 8

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matematica ed analitica o all’organizzazione ed efficienza professionale, io poi con questa riesca a superare le mie difficoltà in ambito emotivo e di gestione dell’emozione, anzi questo potrebbe fortemente portarmi a desistere, in quanto potrebbe emergere che il mio talento e la mia capacità peculiare è di tutt’altra specie rispetto a quella di cui io invece necessito, indicandomi indirettamente che “io non sono portato” per quella attività e quindi demoralizzandomi invece di motivarmi, cosa che invece potrei comunque affrontare se mi dedico a lavorare su ciò che non è in me innato e quindi portato a fare con facilità, ma che posso acquisire poco alla volta con dedizione ed impegno una volta capita la via da percorrere. Nessuno in sostanza, almeno nei testi in italiano e nei seminari e corsi proposti, affrontava l’argomento analizzando e prendendo come tema cardine dell’osservazione, le emozioni che il singolo vive durante la sua operatività, il perché il trader si trova inondato di pensieri spesso fuorvianti che innescano a loro volta emozioni altrettanto devianti che arrivano a rapire totalmente il pensiero per portarlo su un piano completamente antagonista rispetto ad una corretta e meticolosamente programmata analisi del mercato. Nessuno che mi spiegasse non solo del perché di tutto questo, da dove nascesse, del perché nascesse, ma nemmeno come imparare o come fare per gestire questa mole di percezioni e proiezioni che ti trovi a vivere e che diventano pensieri a cui non riesci a staccare la spina quando iniziano. Pensieri che hanno una reale forza dirompente che riescono letteralmente a rapire la mente ed il corpo stesso fino a provocargli anche reazioni fisiche tipiche di queste fasi. In sostanza nessuno che sapesse darmi una indicazione, un suggerimento o mettermi sulla retta via riguardante ciò che accadeva a me che opero davanti ai miei monitor, ai miei pensieri, alle mie reazioni, nessuno che affrontasse il discorso trading dal punto di vista dell’”IO” inteso come essere con le sue pulsioni, reazioni, singolarità e condizionamenti. Tutti che affrontavano l’argomento inerente la psicologia in ambito di trading, partendo dal momento subito successivo al verificarsi dell’emozione che porta solo successivamente ad agire in un determinato modo, analizzando e descrivendo solamente l’azione di risposta che il trader ha in conseguenza di quell’emozione. Un’azione che come detto risulta essere comune e quindi non indicativa, per 9

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quanto ben analizzata e descritta, in tema di come anticiparla, risolverla o correggerla. In sostanza mi stavano descrivendo le reazioni che vivevo quando facevo trading e mi dicevano che non ero il solo a comportarmi così, ma questo non mi aiutava ed anzi mi descrivevano pur con grande dettaglio, ciò che già sapevo avendolo vissuto in prima persona senza aggiungere nulla. Decisi quindi di fermarmi di nuovo per vagliare ciò che avevo in mano e metterlo a confronto con ciò che mi serviva e che realmente cercavo. A quel punto feci una riflessione che oggi sembra ovvia, scontata fino ad essere stupida nella sua semplicità, ma che inizialmente non lo è stata affatto, ovvero fui portato inizialmente a pensare che se dovevo studiare l’aspetto psicologico del trader, il materiale di studio dovevo ricercarlo nell’ambito del trading e del mercato finanziario, come se l’uomo che fa trading sia chiuso in un compartimento stagno che lo differenzia da altre professioni in quanto svolge un’attività diversa. In realtà la risposta l’avevo sotto gli occhi, ma non avevo mai avuto occasione di pensare in quei termini in quanto è tipico dell’essere umano e quindi anche per me lo fu, di ragionare per classificazioni volte a schematizzare e dividere, dove il mestiere dell’avvocato è diverso dal mestiere di commercialista che è diverso dall’imbianchino che è diverso dal falegname il quale a sua volta è diverso dal trader, ognuno con le sue specifiche peculiarità. In realtà è “L’UOMO” che svolge una mansione professionale specialistica che si definisce mestiere o professione, ma rimane pur sempre un uomo soggetto a tutte quelle casistiche comportamentali tipiche dell’essere umano che prescindono dalla professione che svolge o dall’attività che svolge in quel momento. E’ l’uomo quindi che agisce applicando e cercando di mettere in pratica ciò che la teoria gli ha insegnato, ciò che ha studiato secondo la sua cultura, le sue percezioni, i suoi schemi professionali e morali, etici e comportamentali, i suoi condizionamenti. Questo permette al singolo di differenziarsi nel risultato rispetto ad un altro soggetto che possiede lo stesso bagaglio culturale, che parte dallo stesso livello conoscitivo, ma che interpreta la realtà circostante in modo del tutto personale, figlia della sua esperienza come essere umano. In pratica, riprendendo l’esempio motoristico, non è pensabile illudersi che pur potendocisi permettere di acquistare o sapere come costruire anche 100 moto da Gran Premio, si possa credere di portare quella 10

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moto al pari di un pilota professionista solo perché si hanno i soldi per comperarla o le competenze per costruirla. E’ molto più probabile che se si cerca di spingerla come sa fare un pilota, si rischi seriamente di farsi male e distruggere la moto, probabilmente senza nemmeno terminare un singolo giro di pista e per quante moto ci si possa permettere di comperare e distruggere, sono convinto che dopo poco la paura di farsi ulteriormente male prevalga sulla presunzione di riuscire ad eguagliare il professionista. Ho infatti dovuto imparare personalmente, ripercorrendo i miei passi sia professionali che umani ed accantonando l’ego che inconsciamente accompagna ognuno di noi, me compreso, accettando la vita ed i miei difetti con maggiore umiltà, che è tipico dell’uomo pensare di potersi permettere virtuosismi e spingersi ai limiti non propri solo perché si dispone di strumenti o mezzi di cui si sono appena apprese le logiche funzionali di base, senza conoscerne le reali potenzialità e limiti, i reali risvolti in cui è possibile incorrere anche quando questi non sono palesemente evidenti, ma si manifestano indirettamente. Tutto questo per chiarire definitivamente che il «fattore umano» ha decisamente il suo peso nel nostro agire quotidiano sia quando facciamo cose o interagiamo con persone che non necessariamente richiedono la nostra competenza professionale, sia quando siamo strettamente chiamati a far fruttare al meglio il nostro bagaglio culturale di conoscenze. Diventa quindi fondamentale per una corretta disamina inerente questa fenomenologia, porre al centro dell’attenzione lo studio dell’uomo e le sue interazioni riguardo la componente emotiva e le reazioni che da essa ne derivano. Per fare questo rivolsi la mia attenzione allo studio di manuali di psicologia e psichiatria che mi permettessero di capire i fondamenti della struttura mentale dell’uomo nella sua interazione con il mondo esterno e subito mi resi conto che questo aspetto viene maggiormente preso in considerazione dai medici psichiatri piuttosto che dagli psicologi in quanto i primi analizzano la mente non solo da un punto di vista comportamentale e fenomenologico, ma prima ancora da un punto di vista medico biologico. Le stesse neuroscienze che probabilmente rappresentano il settore più all’avanguardia circa queste tematiche, sono infatti prerogativa di medici che conoscono in modo assai approfondito la meccanica e le 11

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interazioni biologiche del cervello in ogni sua componente con il vivere quotidiano, dando risalto non solo a come l’individuo reagisce in determinate situazioni, ma soprattutto a come la sua mente ed il suo cervello si comportano in quelle specifiche occasioni. Infatti è scientificamente dimostrato dalla biologia antropologica e dalla medicina stessa che la percezione sensoriale dell’uomo inserito in determinati contesti, inneschi dei cambiamenti biochimici all’interno del corpo umano che alterano a loro volta la sua capacità percettiva in modo da modificare la sua reazione, sia fisica che emotiva rispetto all’ambiente in cui è inserito. Questo dimostra che sul piano medico/biologico l’agire umano è figlio della percezione dell’uomo che in alcuni casi viene alterata da come il singolo interpreta quella stessa percezione in base al proprio unico e personale set di esperienze e conoscenze, innescando un circuito di azione – reazione che a sua volta si può trasformare in nuova base di azione a cui poi farà seguito una nuova reazione. Tutto questo, nasce e si sviluppa all’interno del nostro cervello, una macchina biologica estremamente complessa ma al contempo assolutamente potente, in cui l’interazione delle percezioni sensoriali derivanti dagli organi di interconnessione con il mondo esterno con le varie aree del cervello, permettono all’uomo di percepire la realtà circostante in cui è inserito e creare all’istante un modello da interpretare e con cui interagire, corredato di sensazioni, emozioni, ricordi e significati che gli permettano di avere una adeguata risposta comportamentale strettamente derivante dal suo personale bagaglio conoscitivo e culturale. Date queste prerogative, divenne quindi evidente che la mia attenzione doveva necessariamente essere rivolta alla struttura portante di questo processo, in quanto il nostro agire non è altro che la parte finale, la risultante visibile, la parte emersa di una processo che trova le sue radici ed il suo fondamento in fenomeni che hanno luogo altrove, in parti del nostro pensiero e della nostra mente di cui tendenzialmente non conosciamo nemmeno l’esistenza. Quindi per comprendere pienamente questo aspetto e riuscire a capire il perché di certi accadimenti che si originano a monte rispetto all’azione che noi abbiamo, dovevo per prima cosa studiare la struttura della mente e del cervello in cui nascono tutti i nostri pensieri, al pari di un ingegnere che per ristrutturare un palazzo in decadimento, senza fermarsi alla sola tinteggiature dell’esterno e limitarsi quindi a ciò che 12

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appare al fine di rendere duratura e non temporanea la stessa ristrutturazione, deve forzatamente conoscere i fondamenti su cui si basano le costruzioni e le strutture edilizie che le sorreggono. Non è sufficiente infatti fermarsi ad analizzare la sola fenomenologia di reazione ad una nostra azione per identificare le cause di quella risposta, se non si conoscono i principi che regolano, innescano, comandano e contestualizzano i pensieri che portano ad avere quella specifica risposta comportamentale. E’ fondamentale nell’analisi di questa dinamica ai fini di una oggettiva valutazione e considerazione del fenomeno, sapere come i pensieri si formano nella nostra mente, da cosa sono generati e quali situazioni prevalgono e risultano determinanti nella formazione di un pensiero piuttosto che un altro. E’ altrettanto importante nel comprendere questa dinamica al fine di poter apportare le dovute interazioni finalizzate a “correggere” le nostre reazioni, capire il processo evolutivo che la mente umana ha subito al fine di avere una base certa ed incontrovertibile su cui agire che sia univoca per tutti gli uomini indistintamente. E’ stato quindi necessario studiare come il cervello si sia evoluto nel tempo, del perché oggi sia così, di cosa influisce nella formazione del cervello, di cosa si “nutre” ed alimenta, quali sono le caratteristiche che lo contraddistinguono, i suoi limiti e criticità ed i suoi punti di forza. Tutto questo è stato assolutamente necessario e devo dire incredibilmente interessante e utile, in quanto se è dal cervello che nascono le nostre emozioni che innescano dei pensieri a cui fanno seguito delle azioni, è fondamentale conoscere la struttura della “macchina” di cui ognuno di noi dispone ai fini di sapere cosa potersi permettere di fare, come interpretare, leggere e gestire le informazioni che da esso ci derivano, i segnali che ci invia e quindi sapere quale percorso adottare per perfezionare o correggere dinamiche comportamentali o di pensiero che vorremmo modificare e rendere maggiormente conformi ai nostri desideri. Non vi è dubbio quindi che non sono le capacità cognitive razionali che dominano la scena da cui si origina il processo formativo del pensiero, bensì sono le capacità emotive che fungono da filtro primario per consentire l’accesso ad una elaborazione successiva maggiormente dettagliata e completa che permetta alla prima fase del pensiero, più basica e inizialmente “grezza”, di essere corredata di tutte le conoscenze e competenze prettamente logiche che la mente razionale 13

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riesce a fornirle. Questo è un fattore di comprensione fondamentale nella disamina di questo processo in quanto deve far chiarezza, come potremmo analizzare con esaustivo dettaglio successivamente, sul fatto che la mente razionale non può nulla contro la mente emotiva se questa per sue logiche di formazione del pensiero, di cui ognuno di noi dispone di un personalissimo corredo, decide che una determinata azione o pensiero non devono essere portati a compimento come noi razionalmente vorremmo. Ecco quindi che, come la scienza e le tematiche successive ci dimostreranno, vengono a cadere tutti quei presupposti che vedrebbero nella concezione comune, la mente razionale dominante sulla mente emotiva e quindi quest’ultima subalterna alla volontà analitica propria di una intelligenza cognitiva razionale. E’ comune infatti supporre che una adeguata preparazione in ambiente asettico, privo di condizionamenti emotivi, studiata sin nel minimo dettaglio e con la maggior cura ed attenzione possibile, sia un eccellente laboratorio in cui preparare la nostra azione. Purtroppo nel fare questo non si tiene minimamente conto delle peculiarità e delle priorità proprie della mente emotiva, che subentra con tutta la sua forza e presenza solo quando vengono realmente innescati certi processi di difesa ed attivati certi meccanismi di controllo che rimangono per evoluzione biologica ad esclusivo appannaggio della mente emotiva ben conscia del fatto che noi stiamo agendo in ambiente “sicuro e protetto” oppure in ambiente reale e non più in laboratorio, quindi soggetto a potenziali pericoli per la nostra incolumità. Purtroppo, per quanto si voglia o si cerchi, la struttura della mente, della nostra mente, non prevede la possibilità di auto-ingannare se stessi ed il proprio subconscio, rendendo così limitatamente utili certi comportamenti di pre-elaborazione esente da fattori e contaminazioni emotive. Nel corso di questa trattazione vi accompagnerò quindi attraverso questo percorso formativo che ha permesso a me di trovare tantissime risposte estremamente chiarificatrici alle innumerevoli domande che mi ero posto finalizzate al trading, analizzeremo quindi aspetti, argomenti, studi e tematiche che apparentemente e direttamente nulla hanno a che fare con il trading, ma che necessariamente dobbiamo comprendere in quanto riguardano il meccanismo biologico che caratterizza la formazione del pensiero dell’uomo in senso assoluto, quindi anche dell’uomo che opera in ambito di mercati finanziari come trader, una volta applicati ad esso. 14

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Diventa quindi indispensabile imparare a conoscere i fondamenti della struttura del pensiero e quindi ancor prima i fondamenti dei meccanismi del nostro cervello che è sede dei nostri pensieri, se vogliamo trovare la corretta via per modificare e rieducare alcune tipologie di risposte, al fine di renderle più consone al nostro volere ed alla nostra utilità, anche quando riguardano utilità di carattere professionale. Non vi è dubbio, almeno dal mio punto di vista, che per comprendere le azioni di risposta che abbiamo o i pensieri e le emozioni che proviamo in seguito a determinati accadimenti, non sia sufficiente osservarli e descriverli per asserire di conoscerli, ma sia necessario capire dove quelle risposte si siano originate, dove abbiano trovato la loro radice e su quale base possano essere alimentate o supportate, deviate o spente e solo dopo aver compreso da dove nascono, attuare dei procedimenti che siano volti a correggere alla fonte l’origine di quella risposta, al fine che sia l’intera struttura ad essere modificata definitivamente ed in modo duraturo e non sia una sola modifica di facciata, temporanea che probabilmente potrebbe ripresentarsi nuovamente necessaria in futuro, forse anche sotto sembianze o in circostanze diverse, ma che hanno origine sempre dalla stessa radice a cui abbiamo dato attenzione solo in relazione al “ramo” che ci infastidiva ed era diventato invadente, senza preoccuparsi assolutamente dell’intero “albero” che in quel frangente ormai passato non interferiva con la nostra necessità e utilità del momento. Pertanto, una volta acquisto questo aspetto, affronteremo argomenti che ci permetteranno di avere la necessaria consapevolezza finalizzata alla comprensione di ciò che ci accade e successivamente rivolgere la nostra attenzione a tematiche volte a sapere come leggere, osservare, interpretare, gestire e quindi rieducare il nostro pensiero finalizzandolo e rendendolo più propedeutico ad un agire consono all’obiettivo che vogliamo raggiungere. In pratica analizzeremo le modalità che nel tempo, attraverso un percorso di applicazione continua, come una sorta di allenamento mentale quotidiano, ci aiuteranno a dare delle risposte comportamentali diverse da quelle che cerchiamo di correggere, maggiormente in linea con le risposte che noi abbiamo scelto di avere, il tutto da un punto di vista prettamente operativo e pratico. Tutto questo ci permetterà di far luce su un nuovo sentiero che se ben compreso e ben assimilato nella sua logica e meccanismo, ci 15

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permetterà con il passare del tempo di creare una base di azione su cui costruire radici solide a cui affidarsi, radici che prima di tutto vertono sul lavoro di perfezionamento e miglioramento dei nostri personali fattori limitanti e penalizzanti, che con la quotidiana ripetitività potranno trasformarsi in automatismi positivi volti a permetterci di fare trading con maggiore serenità e lucidità di pensiero e soprattutto focalizzando la nostra attenzione su ciò che la nostra tecnica ci suggerisce e non più su ciò che l’emotività ci porta a credere ed interpretare riguardo la nostra percezione del mercato. Affronteremo tematiche riguardanti gli strumenti che possono creare un supporto di aiuto e quindi che possono agevolare questo processo rieducativo, strumenti riconosciuti tali sia dalla medicina che dalle neuroscienze, ma che come evidenziato, sono di sostegno e quindi propedeutici, ma non potranno mai sostituire il nostro impegno e la nostra applicazione volta ad adottare un nuovo modo di percepire il pensiero, veicolandolo nella corretta direzione che possa agevolarci nell’operatività. Pertanto posso concludere questo primo capitolo introduttivo, dicendo che dopo oltre tre anni di quotidiana e costante applicazione di queste conoscenze finalizzate ad un corretto atteggiamento mentale e di pensiero, il mio personale trading oggi ha acquisito notevoli giovamenti e mi permette di approcciare oggi molto più di ieri questa professione in modo assolutamente più sereno, libero da condizionamenti. Oggi, grazie a questi studi e a questa mia personale dedizione a questa tematica che nel tempo ha saputo rapire la mia curiosità fino a divenire una passione di continuo e quotidiano studio ed informazione, quel senso di precarietà, di sbandamento che percepivo anni fa è del tutto svanito e senza alcun dubbio mi ha permesso di maturare una sincera e serena percezione del “domani” in ambito di trading. Spero quindi che queste mie ricerche ed approfondimenti, per quanto complesse e non usuali come materia di riflessione e di studio finalizzate nell’ambito del trading ed in particolare della gestione delle emozioni nell’operatività, possano aiutare voi tanto quanto hanno saputo aiutare me, rendendomi maggiormente consapevole di come poter sfruttare le potenzialità della nostra mente, veicolandole verso risposte di pensiero e comportamentali consone al mio volere, anche al di fuori del puro ambito professionale.

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