Studiare Pianoforte - Cap. 1
May 2, 2017 | Author: Tia1192 | Category: N/A
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Studiare Pianoforte - Cap. 1...
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Chuan C. Chang
i fondamenti dello studio del pianoforte
È UN LIBRO DI
juppiter
consulting PUBLISHING COMPANY
I Fondamenti dello Studio del Pianoforte di Chuan C. Chang Titolo originale dell’opera: Fundamentals of Piano Practice Copyright © 1991…2004, Colts Neck, N.J., U.S.A. Traduzione dall’americano a cura di Roberto Gatti Copyright © 2004, Milano. Proprietà letteraria riservata. ISBN: 88-900756-5-1. Editore: Juppiter Consulting Publishing Company tel. 02 5275500, http://www.juppiterconsulting.it http://www.studiarepianoforte.it
Prima edizione, marzo 2004. Stampa: Selecta SpA, via Quintiliano, Milano.
Giammai nessuna parte del presente libro potrà essere riprodotta, memorizzata in un sistema che ne permetta l’elaborazione, né trasmessa, in qualsivoglia forma e con qualsivoglia mezzo elettronico o meccanico, né potrà essere fotocopiata, registrata o riprodotta in altro modo, senza previo consenso scritto dell’Editore, tranne nel caso di brevissime citazioni contenute in articoli o recensioni.
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III. ARGOMENTI SCELTI SULLO STUDIO DEL PIANOFORTE
Invenzione N.8 di Bach Giorno Uno. Si comincino a memorizzare le misure da 2 a 4 della sinistra, incluse le prime due note della misura 5 (congiunzione). Dovrebbe essere necessario meno di un minuto per memorizzarle, le si suonino poi a velocità. Si faccia poi lo stesso con la destra, misure da 1 a 4, incluse le prime 4 note della misura 5. Si ritorni ora alla sinistra e si veda se si riesce a suonarla senza lo spartito e si faccia la stessa cosa con la destra. Se si riuscisse, non si dovrebbe più dover usare questa parte dello spartito a meno che non si abbiano dei blackout, cosa che ogni tanto accade. Si alterni tra sinistra e destra finché non si è a proprio agio, dovrebbe essere necessario solo qualche minuto in più. Diciamo che questa procedura dura cinque minuti, chi impara velocemente ci metterà meno. Si imparino ora le misure da 5 a 7, incluse le prime 2 note della sinistra e le prime 4 note della destra nella misura 8. In circa quattro minuti si dovrebbe completare tutto. Questi sono tutti esercizi a mani separate, non inizieremo ad unire le mani finché non avremo finito di memorizzare l’intero pezzo a mani separate. Una volta comodi, si colleghino le misure 1-7 incluse le congiunzioni della misura 8. Ci potrebbero voler altri tre minuti per studiare entrambe le mani. Si memorizzino poi le misure 8-11 e le si aggiungano alle sezioni precedenti. Diamo altri otto minuti a questa parte, per un totale di venti minuti per memorizzare le misure 1-11 e per portare a velocità a mani separate. Se si incontrassero difficoltà tecniche in alcune parti non ci si preoccupi, ci lavoreremo dopo, per ora non ci si aspetta di suonare niente alla perfezione. Successivamente lasciamo perdere le misure 1-11 (non ci dobbiamo neanche preoccupare di provare a ricordarle) e lavoriamo solo sulle misure 12-23. Si divida questa sezione nei seguenti segmenti (le congiunzioni dovrebbero essere ovvie): 12-15, 16-19 e 19-23. Si noti che la misura 19 è sovrapposta in modo da dedicare più tempo allo studio del più difficile dito 4 della sinistra. Si lavori solo sulle misure 12-23 finché non si riescono a suonare tutte in fila, a mani separate. Questo dovrebbe richiedere altri venti minuti circa. Si finiscano poi le misure dalla 24 alla fine (34). Si potrebbero studiare usando i segmenti seguenti: 24-25, 26-29 e 30-fine (34). Questo può richiedere altri venti minuti per un totale di un’ora per memorizzare tutto. Si può ora smettere e continuare il giorno dopo o rivedere ciascuno dei tre segmenti. La cosa importante qui è di non preoccuparsi di ricordare tutto il giorno successivo (probabilmente non lo si farà) ma
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di divertirsi, forse anche provando a collegare le tre sezioni o provando le parti iniziali a mani unite per vedere fin dove si riesce. Si lavori sulle parti che danno problemi tecnici quando si prova ad accelerare. Si eseguano questi allenamenti tecnici in segmenti più piccoli possibile, spesso significa insiemi paralleli di due note. Si studino cioè solo le due note che non si riescono a suonare in modo soddisfacente. Il primo giorno il totale del tempo passato su questo pezzo è un ora. Giorno Due. Si riveda ognuna delle tre sezioni per collegarle. In alcuni punti si potrebbe aver bisogno dello spartito. Lo si metta poi via – non se ne dovrebbe avere mai più bisogno tranne nelle emergenze e per ricontrollare l’accuratezza durante il mantenimento. L’unica richiesta del secondo giorno è di riuscire a suonare l’intero pezzo a mani separate dall’inizio alla fine. Ci si focalizzi sull’alzare la velocità e sull’andare più velocemente possibile senza commettere errori. Si pratichi il rilassamento. Se si iniziano a fare errori si rallenti e si cicli la velocità in su e in giù. Si noti che potrebbe essere più facile memorizzare suonando veloce e si potrebbero avere vuoti di memoria suonando molto lentamente, si studi quindi a diverse velocità. Non si abbia paura di suonare velocemente, ma ci si assicuri un equilibrio sufficiente a velocità intermedie e suonando lentamente. Una volta completamente a proprio agio a mani separate, il secondo giorno si potrebbe iniziare a mani unite usando gli stessi segmenti brevi usati per imparare a mani separate. L’unica richiesta del secondo giorno è, comunque, riuscire a suonare l’intero pezzo a mani separate a memoria. La prima nota della misura 3 è una collisione delle due mani, si usi quindi solo la sinistra e si salti questa nota della destra, la stessa cosa alla misura 18. Si suoni delicatamente anche quando è indicata una f, in modo da poter accentare le note in battere per sincronizzare le mani. Non ci si preoccupi di essere leggermente tesi all’inizio, ma si faccia attenzione al rilassamento prima possibile. È sempre più facile suonare a memoria ad una velocità moderata perché si può usare il ritmo per continuare e si riesce a ricordare la musica per frasi invece che per note singole. Si presti quindi attenzione al ritmo subito dall’inizio. Ora si rallenti e si lavori sulla precisione. Quando si suona lentamente, per prevenire accelerazioni, ci si focalizzi su ciascuna nota individualmente. Si ripeta questo ciclo di velocità altabassa e si dovrebbe migliorare notevolmente ad ogni giro. Gli obiettivi principali sono: memorizzare completamente a mani separate ed accelerare il più possibile, sempre a mani separate. Ogniqualvolta si avessero delle difficoltà tecniche si faccia uso degli esercizi per gli insiemi paralle-
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li per sviluppare rapidamente la tecnica. Non dovrebbe essere necessaria più di un’ora. Giorno Tre. Si imparino le tre grandi sezioni a mani unite come si è fatto a mani separate. Non appena si sente arrivare la confusione a mani unite si torni a mani separate per ripulire le cose. Questo è anche un buon momento per aumentare ulteriormente la velocità a mani separate, se possibile fino a circa due volte la velocità finale (più avanti vedremo come farlo). Di sicuro chi ha capacità tecnica insufficiente dovrà suonare più lentamente. Si tenga a mente che il rilassamento è più importante della velocità. Si suonerà ovviamente molto più velocemente a mani separate che a mani unite e praticamente tutti i tentativi di aumentare la velocità dovrebbero essere fatti a mani separate. Siccome le mani non sono ancora completamente coordinate, si potrebbero avere alcuni vuoti di memoria e potrebbe essere difficile suonare a mani unite senza errori, a meno che non si suoni lentamente. Da qui in poi si dovrà dipendere, per ottenere miglioramenti sostanziali, dal più lento miglioramento post studio. Comunque in tre ore in tre giorni si è praticamente memorizzato il pezzo e lo si riesce a suonare, magari fermandosi, a mani unite. Si cominci ora il secondo pezzo, il N.1, mentre si ripulisce il primo. Si studino i due pezzi alternativamente. Si lavori sul N.1 finché non si inizia a dimenticare il N.8 e poi si torni a rinfrescare quest’ultimo e si lavori su di esso finché non si inizia a dimenticare il N.1. Si ricordi che si vuole dimenticare un po’, in modo da poter imparare di nuovo, perché è necessario per instillare una memoria permanente. È meglio, per ragioni psicologiche, usare questo tipo di programmi sempre vincenti: se si dimentica è esattamente quello che si cercava di ottenere, se non lo si fa è anche meglio! Questo tipo di programma darà anche una misura di quanto si riesca o meno a memorizzare data una quantità di tempo. È sicuramente solo l’inizio. I più giovani dovrebbero scoprire che la quantità che riescono a memorizzare in una volta aumenta rapidamente con l’esperienza ed aggiungendo altri trucchi per memorizzare: ciò è dovuto al fenomeno per cui più si memorizza velocemente (più si suona velocemente) e più facile diventa memorizzare. Anche una maggiore sicurezza di sé gioca un ruolo importante. In ultima analisi, il principale fattore limitante sarà il livello di abilità tecnica, non la capacità di memorizzazione. Avendo una tecnica sufficiente si suonerà a velocità in pochi giorni. Se non si riuscisse a farlo significa semplicemente che è necessaria più tecnica, non che si è dei cattivi memorizzatori.
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Giorno Quattro. Non c’è molto che si possa fare per velocizzare tecnicamente il primo pezzo dopo due o tre giorni. Si inizi, per diversi giorni, studiando il N.8 a mani separate, poi a mani unite, a diverse velocità a seconda del capriccio del momento. Non appena ci si sente pronti si suoni a mani unite, ma si ritorni a separarle se si iniziano a fare errori, ad avere vuoti di memoria o se si hanno problemi tecnici con l’aumentare della velocità. Ci si eserciti a suonare il pezzo in segmenti a mani unite. Si provi a partire dall’ultimo segmento piccolo ed a procedere all’indietro verso l’inizio. Alcune parti saranno più facili mentre altre daranno problemi. Si isolino i punti problematici e li si studino separatamente. Dovrebbe essere facile perché si è studiato originariamente in segmenti. La maggior parte delle persone ha la sinistra debole, così portarla a due volte la velocità finale potrebbe presentare dei problemi. Ad esempio, le ultime quattro note della sinistra nella misura 4: 4234(5), dove (5) è la congiunzione, potrebbero essere difficili da suonare velocemente. In questo caso si dividano in tre insiemi paralleli (ci sono molti altri modi di farlo): 42, 423 e 2345 e si studino usando gli esercizi per gli insiemi paralleli. Si portino prima a velocità praticamente infinita (quasi un accordo) e poi si impari a rilassarsi a questa velocità suonando in rapide quartine (si veda la Sezione III.7B). 423 non è un insieme parallelo perciò potrebbe essere necessario suonarlo più lentamente degli altri. Si rallenti gradualmente per sviluppare l’indipendenza delle dita. Si uniscano successivamente a coppie gli insiemi paralleli e infine si uniscano tutti insieme. Con questo, di fatto, si migliora la tecnica e perciò non accadrà da un giorno all’altro. Si potrebbero vedere pochi miglioramenti durante l’esercizio, ma si dovrebbe notare un miglioramento riconoscibile il giorno dopo e molto miglioramento dopo qualche settimana. Il primo giorno di miglioramento della tecnica le uniche cose su cui si può veramente lavorare sono il rilassamento e gli esercizi molto veloci per gli insiemi paralleli. Non appena si riesce a suonare l’intero pezzo a mani separate è importante iniziare a suonarlo mentalmente, almeno a mani separate, lontano dal pianoforte. Quando si riuscirà, si potrebbe provare a mani unite, ma è sufficiente solo essere in grado di suonarlo a mani separate. Non ci si fermi fin quando non si riuscirà a suonare mentalmente l’intero pezzo a mani separate. Questo dovrebbe richiedere un giorno o due. Molte persone se non completano questo compito ora non lo faranno mai. Se si riesce potrebbe però diventare uno strumento molto potente per la memorizzazione. Si dovrebbe riuscire ad imparare in modo molto rapido a suonare molto velocemente mentalmente. Que-
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sto terrà in esercizio il cervello, incoraggerà la vera memoria e farà risparmiare tempo. Da qualche parte attorno al giorno cinque o sei. Si dovrebbe riuscire ad iniziare il pezzo N.13 in modo da poterli studiare tutti in fila ogni giorno. Se questo fosse tuttavia troppo faticoso, si imparino solo due pezzi. Dopotutto l’obiettivo qui è di raggiungere un facile successo nel memorizzare un pezzo breve in modo da sviluppare la sicurezza di sé. Non si provi perciò niente se lo si trova difficile. Un altro approccio è imparare bene prima solo il pezzo N.8 e poi, dopo aver portato a termine tutta la procedura in modo da averne dimestichezza, iniziare il N.1 e il N.13. La ragione principale di imparare diversi pezzi contemporaneamente è che questi sono così corti che, studiandone uno solo, si suonerebbero troppe ripetizioni in un giorno. Si ricordi che si deve suonare a velocità dal primo giorno e si dovrebbero suonare alcune sezioni più velocemente della velocità finale (a mani separate) dal secondo. Inoltre è più efficiente imparare tre pezzi insieme. Ossia ci si mette di più ad imparare questi tre uno alla volta piuttosto che simultaneamente. Dopo il giorno due o tre la velocità dei progressi dipenderà più dal livello di abilità che dalla capacità di memoria. Una volta riusciti a suonare tutto il pezzo come si vuole, a mani separate, lo si dovrebbe considerare memorizzato. Questo perché, se si è sopra al livello intermedio, si sarà capaci di suonarlo a mani unite molto rapidamente, laddove se non si è così avanzati le difficoltà tecniche di ciascuna mano rallenteranno i progressi. Non è la memoria il fattore limitante. Affinché si riesca a mani unite si dovrà ovviamente lavorare sulla coordinazione: è particolarmente difficile (e necessario) nella musica di Bach e lo si deve fare nonostante le mani suonino indipendentemente. Infine un punto molto importante riguardo tecnica vs. memoria: come fatto notare sopra, quanto si riesca a suonare bene a memoria una volta memorizzato dipende dal livello di tecnica così come da quanto si sia memorizzato bene lo spartito. È di vitale importanza non confondere la mancanza di tecnica con l’incapacità a memorizzare. A questo punto sarà perciò necessario un metodo per verificare che la tecnica sia sufficiente e per svilupparla se non lo fosse. La verifica inizia suonando a mani separate: se la tecnica è sufficiente si deve riuscire a suonare perfettamente, molto a proprio agio e rilassati a circa una volta e mezzo la velocità finale, a mani separate. Nel N.8 la velocità è circa 100 sul metronomo perciò si dovrebbe riuscire a suonare ad oltre 150, come minimo, ciascuna mano a mani separate, forse fino a 200. A 150 siamo
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al tempo di Glenn Gould (sebbene a mani separate!) Se non si riuscisse a 150 a mani separate allora si dovrà sviluppare ulteriormente la tecnica prima di aspettarsi di poter suonare a mani unite qualcosa vicino a 100. Assumendo di incontrare problemi tecnici, concentriamoci sullo studio a mani separate. La maggior parte delle persone ha la sinistra debole e la difficoltà sarà quindi probabilmente in questa mano. Si porti la tecnica della sinistra il più possibile vicina a quella della destra. Per lavorare sulla tecnica si usino gli esercizi per gli insiemi paralleli come illustrato sopra per la misura 4 della sinistra. Tutto il lavoro di sviluppo della tecnica viene fatto a mani separate perché a mani unite non si può suonare abbastanza velocemente o prestare sufficiente attenzione ai dettagli. Bach è particolarmente utile per bilanciare la tecnica delle mani perché entrambe suonano passaggi simili. Ci si accorge immediatamente, di conseguenza, che la sinistra è più debole se in Bach non la si riesce a portare alla stessa velocità della destra. Negli altri compositori, come Chopin, la sinistra è qualche volta molto più facile e non permette una buona verifica. Gli studenti con tecnica inadeguata potrebbero aver bisogno di lavorare a mani separate per settimane prima di poter sperare di suonare queste invenzioni a velocità a mani unite. In questo caso si suoni semplicemente a mani unite ad un tempo lento a proprio agio e, prima di accelerare a mani unite, si aspetti di sviluppare la propria tecnica a mani separate. Lo studio a mani separate è anche il miglior momento per cambiare la diteggiatura e per farla corrispondere alla propria abilità. Una volta “bloccata” suonando a mani unite sarà molto più difficile cambiarla. Tutti i tre pezzi analizzati sopra dovrebbero essere completamente memorizzati in una o due settimane e con almeno il primo pezzo si dovrebbe iniziare a sentirsi a proprio agio. Diciamo che per due settimane tutto ciò che si è fatto sia stato concentrarsi sul memorizzare questi tre pezzi. Si riescono a suonare a mani unite e completamente a memoria sebbene possano non essere perfetti. Tornando ora indietro ai vecchi pezzi memorizzati precedentemente si scoprirà che probabilmente non c’è più bisogno di ricordarli così bene. Questo è un buon momento per ripulirli e per alternare questa faccenda del mantenimento con un’ulteriore ripulita dei nuovi pezzi di Bach. È stato praticamente fatto tutto. Congratulazioni! La musica di Bach è notoriamente difficile da suonare ad alta velocità ed è altamente suscettibile al degradamento dal suonare veloce (si veda la Sezione II.25). La soluzione intuitiva a questo problema è di studiare
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lentamente e con pazienza in modo che le mani non si aggroviglino e stressino creando probabilmente problemi permanenti. In molte composizioni di Bach non si deve suonare a velocità molto elevata per soffrire il degradamento dal suonare velocemente. Se la propria velocità massima è 50, laddove la velocità suggerita è 100, allora significa che 50 è veloce e che a questa velocità il degradamento può alzare la sua brutta testa. Questo è il motivo per cui suonare lentamente a mani unite e provare ad accelerare crea più confusione e degradamento. Chi usa i metodi di questo libro sa già che la soluzione migliore è usare lo studio a mani separate. Si rimarrà stupiti da quanto si possa accelerare rapidamente usando lo studio a mani separate, specialmente quando si studiano segmenti brevi. Chi non lo ha mai fatto prima suonerà rapidamente a velocità mai sognate possibili. Calma nelle mani Molti insegnanti insistono, a ragione, sulla “calma nelle mani” come obiettivo desiderabile. In questa modalità le dita partecipano per la maggior parte all’atto di suonare mentre le mani si muovono molto poco. La calma nelle mani è la cartina al tornasole per dimostrare che si è acquisita la tecnica necessaria a suonare un dato passaggio. L’eliminazione dei movimenti non necessari non solo permette di suonare più velocemente, ma aumenta anche il controllo. Molte delle musiche di Bach sono particolarmente adatte ad esercitare la calma nelle mani, quasi sicuramente di proposito. Alcune delle diteggiature inaspettate indicate sullo spartito furono scelte in modo da essere compatibili o facilitare la calma nelle mani. Alcuni insegnanti impongono a tutti gli studenti, anche ai principianti, di suonare sempre con la calma nelle mani, ma penso che un tale approccio sia controproducente. Quando si suona lentamente, o se lo studente non possiede tecnica sufficiente, alcuni movimenti aggiuntivi possono essere permessi e possono anche essere appropriati. Chi possiede già la tecnica con la calma nelle mani potrà aggiungere senza danni un sacco di movimenti quando suona lentamente (o velocemente). La calma nelle mani non si può sentire quando si suona lentamente, perciò insegnarla in questo modo ad uno studente non serve a nulla e questi si potrebbe confondere completamente. Solo suonando oltre una certa velocità la calma nelle mani diventa ovvia e di fatto necessaria al pianista. Quando si acquisisce la calma delle mani per la prima volta è assolutamente facile da riconoscere, non ci si preoccupi quindi di non accorgersene. Il miglior momento per insegnare allo studente cosa voglia dire è quando suona abbastanza velocemente da sentirla, non quando suona lentamente o
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quando non ha ancora la tecnica necessaria, perché senza farne esperienza non avrebbe idea di cosa fare. Una volta acquisita, questa tecnica si può applicare anche quando si suona lentamente; si dovrebbe ora sentire di avere molto più controllo ed un sacco di tempo libero in più tra le note. La calma nelle mani non è quindi uno specifico movimento, ma una sensazione di controllo e praticamente la totale assenza di muri di velocità. Nel caso dei pezzi di Bach, di cui parliamo qui, la calma nelle mani diventa necessaria a velocità vicine a quella finale. Senza di essa si inizierebbero ad incontrare muri alle velocità indicate. Lo studio a mani separate è importante per ottenere la calma nelle mani perché è molto più facile acquisirla e sentirla quando si suona e perché permette di arrivare più rapidamente alla giusta velocità rispetto alle mani unite. Di fatto è meglio non incominciare a mani unite finché non si riesce a suonare con la calma nelle mani perché questo riduce la possibilità di sviluppare brutte abitudini. Suonare a mani unite con o senza calma nelle mani è talmente diverso da dover prendere l’abitudine di non suonare a mani unite senza di essa. Chi ha tecnica insufficiente può impiegare tanto tempo a raggiungere la calma nelle mani; si può acquisire gradualmente, in un successivo momento, studiando di più a mani separate. Questo spiega il motivo per cui chi ha tecnica sufficiente riesce ad imparare queste invenzioni molto più velocemente degli altri. Tali difficoltà sono alcune delle ragioni per non provare ad imparare pezzi troppo difficili e forniscono degli utili mezzi per verificare se la composizione è troppo difficile o se invece è adatta al proprio livello di abilità. Chi ha tecnica insufficiente rischierà di sicuro di erigere muri di velocità. Sebbene alcune persone sostengano che le Invenzioni di Bach possano essere suonate “a qualsiasi velocità” questo è vero solo per il contenuto musicale; per poter trarre pieno vantaggio dalle lezioni di pianoforte che Bach aveva in mente, queste composizioni richiedono di essere suonate alla velocità indicata. La calma nelle mani arriverà prima alla destra, a chi la ha più forte, e una volta provato come ci si sente la si potrà trasferire più rapidamente alla sinistra. Dopo averla raggiunta si scoprirà improvvisamente di riuscire a suonare veloce molto più facilmente. Gli esercizi per gli insiemi paralleli possono essere utili nell’ottenerla rapidamente, ma si deve stare attenti a non usare gli insiemi paralleli a fase bloccata – perché questa è una falsa forma di calma nelle mani e queste ultime si muoveranno molto. Suonando veramente con la calma nelle mani si ha il controllo indipendente di ciascun dito mentre le mani restano praticamente immobili.
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Ovviamente Bach scrisse queste invenzioni (e molte altre) con lo sviluppo della tecnica in mente. Diede perciò materiale ugualmente difficile alle due mani e questo presenta di fatto più sfide alla sinistra perché i martelli e le corde al basso sono più pesanti. Bach si sarebbe mortificato nel vedere esercizi come la serie Hanon perché sapeva che gli esercizi senza musicalità, come dimostrato dal suo impegno per includerla in queste composizioni, sarebbero stati una perdita di tempo. Studiare pianoforte senza musicalità sarebbe come esercitarsi al golf senza la pallina. La quantità di materiale tecnico con cui riempì queste composizioni è incredibile: indipendenza delle dita (calma nelle mani, controllo, velocità), coordinazione, indipendenza delle mani (voci multiple, staccato vs. legato, collisioni, abbellimenti), armonia, fare musica, rinforzare la sinistra così come le dita deboli (4 e 5), tutti i principali insiemi paralleli, uso del pollice, diteggiature convenzionali, eccetera si noti che gli abbellimenti sono degli eccellenti esercizi per gli insiemi paralleli e non sono solo ornamenti musicali, ma una parte integrante dello sviluppo della tecnica. Usando gli abbellimenti Bach chiede di studiare gli insiemi paralleli con una mano mentre contemporaneamente si suona un’altra parte con l’altra e con questa combinazione di produrre musica! Si stia attenti a non suonare Bach troppo forte anche se è indicata la f. Gli strumenti del suo tempo producevano molto meno suono dei pianoforti moderni, egli dovette perciò scrivere musica piena di suono e con poche pause. Uno degli scopi dei numerosi abbellimenti usati al tempo di Bach era riempire il suono. La sua musica tende perciò ad averne troppo se suonata ad alto volume su pianoforti moderni. Specialmente le Invenzioni e le Sinfonie, nelle quali lo studente prova a tirar fuori tutte le melodie in competizione tra loro, c’è una tendenza a suonare più forte ciascuna melodia successiva, finendo in musica suonata forte. Le diverse melodie devono competere sulla base di un concetto musicale, non sul volume di suono. Suonare più delicatamente aiuterà anche a raggiungere il totale rilassamento e la vera indipendenza delle dita. Se si volesse imparare una delle Sinfonie (Invenzioni a tre voci) si potrebbe provare la N.15 che è più facile della maggior parte delle altre, è molto interessante ed ha una sezione nel mezzo dove le due mani si scontrano e suonano molte delle stesse note. Come in tutte le composizioni di Bach questa contiene un sacco di cose in più rispetto a ciò che si potrebbe notare a prima vista, la si affronti quindi con cura. Prima di tutto è un allegro vivace! Il tempo indicato è uno strano 9/16 a significare che i gruppi di sei note da 1/32 nella terza misura devono es-
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sere suonati come tre tempi e non due (tre duine invece che due terzine). Questa indicazione di tempo scaturisce dalle tre note ripetute (ce ne sono due nella misura 3) con valore tematico che marciano lungo la tastiera nella caratteristica maniera di Bach. Quando le due mani si scontrano alla misura 28, si sollevi la destra e si faccia scorrere la sinistra sotto di essa, entrambe suonino tutte le note. Se la collisione del pollice dovesse dare problemi si potrebbe eliminare quello della destra e suonare solo con quello della sinistra. Alla misura 36 ci si assicuri di usare la diteggiatura corretta della mano destra: (5), (2,3), (1,4), (3,5), (1,4), (2,3). Parliamo infine dell’ultimo passo necessario per memorizzare: analizzare la struttura o la “storia” che c’è dietro alla musica. Il processo di memorizzazione sarebbe incompleto senza capire la storia che sta dietro al pezzo. Useremo l’invenzione N.8. Le prime 11 misure contengono l’“esposizione”. Qui la destra e la sinistra suonano fondamentalmente la stessa cosa (con la sinistra ritardata di una misura) e viene introdotto il tema principale. Il “corpo” consiste nelle misure da 12 a 28 dove i ruoli delle due mani vengono inizialmente invertiti e la sinistra guida la destra, il tutto seguito da alcuni intriganti sviluppi. Il finale inizia alla misura 29 e porta il pezzo ad una fine ordinata con la destra che riprende il suo ruolo originario. Si noti come il finale sia lo stesso della fine dell’esposizione. Questo stratagemma è stato sviluppato ulteriormente da Beethoven che finisce diverse volte un pezzo e lo eleva a livelli incredibili. Una volta completata questa struttura fondamentale si può iniziare ad aggiungere delle rifiniture. Ad esempio, la maggior parte delle misure richiede lo staccato in una mano e il legato nell’altra. Una volta analizzate queste strutture ci si eserciti a suonarne ciascuna componente separatamente. Se ne studi poi mentalmente ognuna inserendo più rifiniture e procedendo a memorizzare più dettagli. Presentiamo ora alcune spiegazioni del perché sviluppare una tale “storia” sia il migliore, e forse unico, modo affidabile di memorizzare in modo permanente una composizione. Credo che questo sia il modo in cui praticamente ogni grande musicista memorizzi la musica.
M) La Funzione Memoria nell’Uomo La funzione memoria del cervello è stata compresa solo parzialmente. Tutta la ricerca indica che non esiste alcuna “memoria fotografica” nel senso stretto del termine sebbene nel libro abbia usato questa terminologia. Tutta la memoria è apparentemente associativa. Quando “memorizziamo” visivamente un quadro di Monet stiamo in realtà asso-
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ciando, nella nostra memoria, i soggetti del quadro a qualcosa di più profondo non solo un’immagine a due dimensioni composta da così tanti pixel. I grandi quadri o le fotografie insolite sono, per questo motivo, più facili da ricordare di immagini simili di minor significato. E riguardo alla memoria fotografica dello spartito musicale? È facile dimostrare come anche questa sia del tutto associativa – in questo caso associata alla musica. Se si chiede ad un musicista che ha memoria “fotografica” di memorizzare una pagina piena di note musicali a caso non ci riuscirà, sebbene possa non aver problemi nel memorizzare rapidamente un’intera sonata. Per questo motivo non c’è miglior modo di memorizzare la musica che dal punto di vista della teoria musicale. Tutto quello che si deve fare è associare la musica alla teoria. In altri termini, quando gli uomini memorizzano qualcosa non immagazzinano nel cervello bit di dati come fa un computer, ma associano i dati ad una infrastruttura elementare o “algoritmo” che consiste in cose familiari al cervello. In questo esempio l’infrastruttura è la teoria musicale. Certamente un buon memorizzatore (che può non essere un musicista) può sviluppare metodi per memorizzare anche una sequenza casuale di note sfruttando un algoritmo appropriato, come ora spiegheremo. La miglior evidenza della natura associativa della memoria umana viene dai test su quei buoni memorizzatori che riescono ad eseguire imprese incredibili (come memorizzare centinaia di numeri di telefono da un elenco telefonico e cose simili). Ci sono numerose gare di memorizzazione nelle quali essi competono. Ne deriva che nessuno di loro memorizza fotograficamente, sebbene il risultato finale sia praticamente indistinguibile dalla memoria fotografica. Quando viene loro chiesto come facciano a memorizzare, si scopre che tutti usano algoritmi associativi. L’algoritmo è diverso per ciascun individuo, ma sono tutti stratagemmi per associare gli oggetti che devono essere memorizzati a qualcosa che ha un senso e che riescono a ricordare. La cosa stupefacente è la velocità con cui riescono a mappare l’oggetto da memorizzare, anche numeri casuali, sul loro algoritmo. Si scopre anche che questi buoni memorizzatori non sono nati così, anche se possano essere nati con capacità mentali che possono portare a una buona memoria. I buoni memorizzatori si sviluppano dopo un duro lavoro di esercizio quotidiano e di perfezionamento dei loro algoritmi, proprio come i pianisti. Questo “duro lavoro” è senza sforzo perché per loro piacevole. Ad esempio, se si vuole ricordare la sequenza di 14 numeri: 53031791389634 si potrebbe usare il seguente algoritmo: “Mi sono
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svegliato alla 5.30 con i miei 3 fratelli e 1 nonna, l’età dei miei fratelli sono 7, 9 e 13, e mia nonna ha 89 anni e siamo andati tutti a letto alle 6.34” Questo è un algoritmo che si basa su un’esperienza di vita e su numeri casuali “significativi”. La cosa intrigante è che l’algoritmo contiene 38 parole molto più facili da ricordare dei 14 numeri. Di fatto si sono appena memorizzate 132 lettere e numeri con più facilità rispetto a 14 numeri! Lo si può facilmente verificare da sé. Si memorizzino prima entrambi i 14 numeri (se si riesce, non è facile per me) e poi l’algoritmo di cui sopra. Dopo ventiquattro ore si provino a scrivere i numeri dalla memoria e dall’algoritmo, si scoprirà che l’algoritmo è molto più facile e preciso. I buoni memorizzatori hanno tutti escogitato algoritmi incredibilmente efficienti ed hanno coltivato l’abitudine di trasferire rapidamente su di essi qualsiasi cosa da memorizzare. Si può fare una cosa simile con la musica per pianoforte analizzando la storia strutturale della composizione. Si potrà ora capire come i memorizzatori possano memorizzare tante pagine di numeri telefonici. Finiscono semplicemente per avere una storia invece che una singola frase. Si noti che un vecchio di novant’anni potrebbe non essere in grado di memorizzare un numero di dieci cifre, ma si può sedere a raccontare storie per ore o anche giorni. Non deve essere uno specialista di qualche tipo per farlo. Allora, cosa c’è quindi nelle associazioni che ci permette di fatto di fare qualcosa che altrimenti non potremmo fare? Forse il modo più semplice di descrivere questa cosa è dire che le associazioni ci permettono di capire la materia che si memorizza. Questa è una definizione molto utile perché può aiutare chiunque ad andare meglio a scuola o riuscire meglio in qualsiasi tentativo di imparare. Se si capisce veramente la fisica, la matematica o la chimica non è necessario memorizzarla perché non la si dimenticherà. Questo potrebbe sembrare non aver senso perché abbiamo solo spostato la domanda da “Cos’è la memoria?” a “Cos’è l’associazione?” e poi a “Cos’è la comprensione?” Se riuscissimo a definire la comprensione non sarebbe privo di senso. La comprensione è un processo mentale di associazione di un oggetto nuovo ad altri oggetti già familiari (più sono e meglio è). Ossia, il nuovo oggetto è ora “significativo”. Questo spiega il perché la conoscenza della teoria musicale è il miglior modo di memorizzare. La teoria musicale è l’algoritmo perfetto a questo scopo perché aiuta a capire la musica. Riusciamo anche a spiegare perché funziona la memoria di tastiera: associa la musica ai particolari movimenti ed ai tasti che devono essere suonati per creare la musica. Tutto ciò ci dice anche come ottimizzarla.
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III. ARGOMENTI SCELTI SULLO STUDIO DEL PIANOFORTE
Chiaramente è un errore provare a ricordare ciascuna pressione di tasto, dovremmo pensare in termini di cose del tipo “arpeggio della mano destra a partire dal Do, ripetuto con la sinistra un’ottava sotto, staccato, con una sensazione di felicità, eccetera” ed associare questi movimenti alla musica che ne deriva e alla sua struttura. Si dovrebbero fare più associazioni possibile. La musica di Bach può avere certe caratteristiche come abbellimenti speciali e mani che collidono. Quello che si farà sarà rendere l’azione del suonare “significativa” in termini di come viene prodotta la musica e come si inserisce nel proprio universo mentale. Studiare le scale e gli arpeggi è così importante per questo motivo. Quando si incontra una volata di trenta note la si può ricordare semplicemente come sezione di una scala invece che come trenta note da memorizzare. Tutto ciò ci dice anche che imparare l’orecchio assoluto o almeno quello relativo aiuterà molto la memoria perché potrebbe fornire molte più associazioni. Questi argomenti ci suggeriscono che la memoria dovrebbe migliorare memorizzando di più e tolgono molto del mistero sul perché i buoni memorizzatori siano così bravi.
N) Un Semplice Metodo per Diventare Buoni Memorizzatori È chiaro, da quanto sopra, che non si diventa buoni memorizzatori senza esercitarsi. La buona notizia è che praticamente chiunque lo può diventare. La maggior parte degli studenti desidera a sufficienza farlo ed è perciò disposta ad esercitarsi, ma nonostante ciò molti falliscono. Sappiamo perché e c’è una soluzione semplice al problema? Fortunatamente la risposta è un echeggiante si! Il motivo principale del fallimento nella memorizzazione è la paura di dimenticare. La maggior parte di noi prova istintivamente a trattenere nel cervello ciò che proviamo a memorizzare – questo sembra una cosa logica da fare, ma di fatto è la cosa peggiore perché crea una persistente paura di dimenticare che impedisce di rilassarci mentalmente. La costante presenza di questa paura e la pressione di dover ritenere tutto in memoria rende spiacevole e difficile il processo di memorizzazione. Dobbiamo renderci conto che la memoria è un processo naturale e che accade che lo si voglia o meno. Creare un atteggiamento mentale di dover ritenere quello che mandiamo a memoria non ci fa memorizzare meglio e di fatto ci ostacola. È facile da dimostrare osservando che i buoni memorizzatori lo fanno senza sforzo e l’unica differenza è che non hanno paura di farlo. Questa è una situazione analoga a quella di chi sa nuotare e chi non lo sa fare. Chi non sa nuotare ha paura dell’acqua, contrae forte tutti i muscoli spingendo tutta l’aria fuori dai
III.6 - MEMORIZZARE
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polmoni. Questo li fa diventare più pesanti dell’acqua e quindi affondare. I giovani ragazzini che non hanno paura dell’acqua, invece, ci saltano dentro e dopo qualche prova si divertono a nuotare. Descriverò qui una formula a due passi per imparare a memorizzare. Il primo passo è convincersi che per poter memorizzare bene dobbiamo dimenticare. Come regola generale diciamo che non memorizziamo veramente nulla finché non l’abbiamo dimenticato almeno tre volte. Ad esempio, nel memorizzare l’Invenzione di Bach di prima abbiamo suddiviso la composizione in piccoli pezzi “memorizzabili” e abbiamo lavorato su ciascuno di essi prima di passare al successivo. La regola che abbiamo provato a seguire è stata che una volta che un pezzo veniva memorizzato dovevamo suonarlo a memoria senza mai guardare di nuovo la musica. La regola crea, in chi si considera un cattivo memorizzatore, la paura di dimenticare e c’è la possibilità che a questo punto si lasci perdere. Questo porta al secondo passo nel quale ci rendiamo conto che non è reato dimenticare, che si tratta di un processo naturale (proprio come lo è memorizzare qualcosa) e che possiamo procedere al successivo pezzo senza preoccuparci di essere sicuri di aver memorizzato completamente. Il processo a due stadi consiste perciò in: (1) imparare che dimenticare va bene (proveremo a dimenticare tre volte prima di assicurare la memoria) e (2) esercitarsi a memorizzare sotto un totale rilassamento mentale e senza paura di dimenticare (di fatto vorremo dimenticare tre volte). La regola originaria di memorizzare un pezzo completamente e non guardare mai più di nuovo la musica ed il processo di memorizzazione a due stadi sono contradditori. Non si può permettere al processo a due stadi di memorizzare troppi pezzi in un’unica volta e dimenticarli troppe volte. Prima di tutto c’è un numero ottimale, tra due e quattro, da usarsi in questo processo, secondariamente l’obiettivo è un metodo per imparare come memorizzare, come rilassarsi mentalmente e come eliminare la pressione della paura di dimenticare, in modo da riuscire, alla fine, a seguire la regola originaria di imparare un pezzo completamente la prima volta. Tuttavia non c’è niente di sbagliato se si trova più comodo il processo a due stadi e lo si applica a tutto il lavoro di memorizzazione. Tipicamente chi non è un buon memorizzatore non riesce a memorizzare niente il primo giorno – ciascun pezzo può richiedere diversi giorni per essere memorizzato in modo appropriato. Il processo a due stadi fornisce l’opzione di lavorare su diversi pezzi allo stesso tempo. La crisi viene superata quando si perde la paura di dimenticare e si inizia a rilassarsi mentalmente ed a gustarsi il processo di memorizzazione: è qui che inizia il viaggio nel diventare un buon me-
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III. ARGOMENTI SCELTI SULLO STUDIO DEL PIANOFORTE
morizzatore. Ovviamente, affinché questo funzioni, si deve adottare la politica di memorizzare ogni composizione significativa che si studia.
O) Riassunto Per memorizzare si usino semplicemente le regole dell’apprendimento, con l’ulteriore condizione di memorizzare tutto prima di iniziare a studiare il pezzo. In questo modo si viene forzati a studiare dalla memoria. È questo ripetere durante lo studio ad imprimere automaticamente la memoria con poco impegno aggiuntivo rispetto a quello necessario per imparare il pezzo. L’elemento più importante è la memorizzazione a mani separate. Quando si memorizza qualcosa al di là di un certo punto non lo si dimenticherà praticamente quasi mai più. Di converso se non si arriva a quel punto non ha alcun senso memorizzare perché alla fine lo si dimenticherà. L’unico modo di ritenere un pezzo memorizzato è di non tornare mai indietro a suonarlo a vista. Anche suonare a mani separate è un elemento cardinale nel mantenimento della memoria. Si dovrebbero avere due repertori: uno memorizzato e un altro da leggere. La memorizzazione corretta porta con se un intero nuovo mondo di abilità musicali (come suonare un pezzo partendo dovunque nel mezzo o suonarlo mentalmente). Memorizzare è necessario per imparare rapidamente e bene, per suonare con espressività, per acquisire tecnica difficile, per eseguire in pubblico, eccetera. Un repertorio memorizzato darà la sicurezza di essere un “vero” pianista. Molte di quelle imprese miracolose che Mozart si favoleggia abbia eseguito in pubblico sono in realtà alla portata della maggior parte di noi.
III.7 - Esercizi A) Introduzione La maggior parte degli esercizi pubblicati in letteratura non è utile a causa di un opprimente numero di svantaggi (si veda la Sezione H). Un’obiezione è che fanno perdere un sacco di tempo. Se ci si esercita per poter suonare i pezzi difficili, perché non usare quel tempo per esercitarsi sui pezzi stessi invece che sugli esercizi? Un’altra obiezione è che la maggior parte degli esercizi è troppo ripetitiva e non richiede musicalità, in questo modo si può spegnere il cervello musicale e questo, secondo qualunque insegnante competente, è il modo peggiore di studiare pianoforte. Studiare senza prestare attenzione è dannoso perché si suppone che gli esercizi aumentino la resistenza, tuttavia, siccome la maggior parte di noi ha un sacco di resistenza fisica per suonare, ma
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insufficiente resistenza cerebrale, studiare esercizi ripetitivi senza prestare attenzione può di fatto far diminuire la resistenza musicale totale. Se gli studenti non vengono guidati attentamente studieranno meccanicamente queste ripetizioni e daranno allo studio del pianoforte la reputazione di una punizione a chiunque sia abbastanza sfortunato da ascoltarli. Questo è uno dei modi di creare i pianisti “da armadio”, che riescono a studiare solo quando non c’è nessuno che ascolta. Alcuni musicisti formati usano tali esercizi ripetitivi per scaldarsi, ma questa abitudine sorge come il risultato di insegnamenti precedenti e la maggior parte dei pianisti concertisti non ne ha bisogno nelle sedute di studio. Al posto di quei dannosi esercizi ne analizzerò qui una classe completamente diversa che sarà d’aiuto nel diagnosticare le proprie deficienze tecniche e nell’acquisire la tecnica necessaria a correggerle per suonare in modo musicale. Nella sezione B esporrò gli esercizi di acquisizione della tecnica, specialmente la velocità. La sezione C esamina quando e come usarli. Nelle sezioni da D a G analizzo altri esercizi utili. Ho messo insieme la maggioranza delle obiezioni contro gli esercizi tipo Hanon nella sezione H. Storicamente questi esercizi ripetitivi sono diventati largamente accettati a causa di alcune idee sbagliate: (1) che si possa acquisire la tecnica imparando un numero limitato di esercizi, (2) che tecnica e musicalità si possano imparare separatamente e (3) che la tecnica richieda principalmente lo sviluppo muscolare senza sviluppo cerebrale. Esercizi del genere divennero popolari presso molti insegnanti perché, se avessero funzionato, gli studenti avrebbero potuto imparare la tecnica con poco impegno da parte degli insegnanti stessi! Non è colpa di quest’ultimi perché queste idee sbagliate vennero tramandate attraverso le generazioni, coinvolgendo insegnanti famosi come Czerny, Hanon e molti altri. La verità è che la pedagogia del pianoforte è una professione impegnativa che richiede tempo e che è basata sulla conoscenza.
B) Esercizi per Gli Insiemi Paralleli L’obiettivo principale di tutti gli esercizi è l’acquisizione della tecnica che, per tutti gli scopi e gli intenti, si riduce a: velocità, controllo e tono. Affinché gli esercizi siano utili si devono poter identificare le debolezze e riparare ad esse. Per poterlo fare dobbiamo avere un insieme completo di esercizi sistemati in un qualche ordine logico, in modo tale da poter facilmente individuare l’esercizio che indirizza un particolare bisogno. Un tale esercizio deve quindi basarsi su qualche principio elementare, del suonare il pianoforte, che ne copra tutti gli aspetti. Inol-
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III. ARGOMENTI SCELTI SULLO STUDIO DEL PIANOFORTE
tre come identifichiamo una debolezza specifica? Il semplice fatto di non riuscire a suonare qualcosa non dice il perché non si riesca a farlo. Il mio suggerimento è che il concetto di suonare parallelo fornisce l’infrastruttura per concepire un tale insieme di esercizi. Questo perché un qualsiasi passaggio musicale arbitrario può essere costruito come combinazione di insiemi paralleli (gruppi di note suonabili infinitamente veloce). Descriverò più avanti un insieme di esercizi (da me sviluppati) basati sugli insiemi paralleli che soddisfa tutti questi requisiti. Si veda la Sezione II.11 per un’analisi degli insiemi paralleli. Certamente questi esercizi da soli non sono un insieme completo, sono necessarie anche le congiunzioni, le ripetizioni, i salti, lo stiramento, eccetera. Vengono anch’essi affrontati qui. Apparentemente Louis Plaidy ha insegnato esercizi simili a quelli per gli insiemi paralleli nel tardo ‘800. Tutti gli esercizi sono a mani separate, si scambino quindi spesso. Si possono comunque studiare a mani unite quanto si vuole e in una combinazione compatibile, anche 2 note contro 3, eccetera. Di fatto questi esercizi possono essere il miglior modo di studiare tali sconvenienti combinazioni destra-sinistra. All’inizio si provi solo un po’ di ciascun esercizio e poi si legga la Sezione C su come usarli. Questo perché quando vengono espansi ce ne sono un numero infinito (come deve essere, se l’insieme è completo) e non si potrebbero mai studiare tutti. Non si avrà neanche mai bisogno di farlo (saranno sempre necessari!) A questo punto, quindi, l’unico requisito è che se ne abbia sufficiente dimestichezza, in modo da poter far riferimento ad essi quando ne nasce il bisogno, così non si perde mai tempo a fare esercizi non necessari Questi esercizi sviluppano la tecnica così come diagnosticano le debolezze. Ciò significa che se li si usa prima per verificare la tecnica e se si è un principiante senza tecnica si sbaglieranno tutti. Saranno tutti fondamentalmente impossibili da suonare alla velocità richiesta e la maggior parte degli studenti non avrà idea, all’inizio, di come suonarli correttamente. Se non sono mai stati eseguiti sarebbe molto utile riuscire a trovare qualche persona che ne dimostri qualcuno. Gli studenti di livello intermedio con 2÷5 anni di lezioni dovrebbero essere in grado di suonarne circa la metà in modo soddisfacente. Questi esercizi forniscono perciò un mezzo per misurare i propri progressi. Si tratta di sviluppo totale della tecnica e quindi comporta il controllo del tono ed il suonare musicalmente, come verrà brevemente spiegato. Gli studenti di livello avanzato, a differenza di quelli che si stanno sviluppando, ne
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avranno ancora bisogno, ma solo brevemente, spesso solo per qualche secondo. Esercizio N.1 Questo esercizio stabilisce il movimento fondamentale necessario negli esercizi successivi. Si suoni una sola nota, ad esempio con il dito 1 (il pollice della destra) in quattro ripetizioni: 1111. Si possono suonare come quartina di ugual forza o come unità di una misura da 4/4 o 2/4. L’idea è di suonarle più velocemente possibile fino alla velocità di una quartina al secondo. Una volta riusciti a suonare la quartina con soddisfazione, se ne provino due: 1111, 1111. La virgola rappresenta una pausa di lunghezza arbitraria e dovrebbe essere accorciata facendo progressi. Quando se ne riescono a suonare due se ne leghino quattro in successione: 1111, 1111, 1111, 1111. Si “passa” questo esercizio a circa una quartina al secondo, quattro in successione, senza riposo tra esse. Si suonino delicatamente, completamente rilassati e non staccato, come spiegato meglio più avanti. Questo movimento apparentemente banale è molto più importante di quanto sembri a prima vista perché è la base di tutti i movimenti in velocità, come sarà evidente quando arriveremo agli insiemi paralleli che coinvolgono molte dita (come quelli nei veloci accompagnamenti albertini). Questo è il motivo per cui dedichiamo così tanti paragrafi a questo esercizio. Se nell’unire le quartine dovesse sorgere dello stress, si lavori su di esse finché non si riesce a suonarle senza. Si noti che deve essere coinvolta ciascuna parte del corpo: dita, mano, braccio, spalla, eccetera. Non vuol dire che ogni parte del corpo deve muoversi di una quantità visibile – può apparire ferma, ma deve partecipare. Una grossa parte del “coinvolgimento” sarà il rilassamento consapevole perché il cervello tende ad usare troppi muscoli anche per i compiti più semplici. Si provino ad isolare solo i muscoli necessari al movimento e rilassare tutti gli altri. Il movimento finale può dare l’impressione che si stia movendo solo il dito. Poche persone noteranno un movimento di un millimetro da più di diversi metri di distanza. Se ciascuna parte del corpo si muove di meno di un millimetro, la somma può facilmente arrivare ai diversi millimetri necessari a far scendere il tasto. Si facciano quindi, per suonare al meglio, degli esperimenti con le diverse posizioni di mano, polso, eccetera. Facendo progressi le dita/mani/braccia assumeranno automaticamente le posizioni ideali, altrimenti non si riuscirà a suonare alla velocità richiesta. Queste posizioni ricorderanno quelle viste ai concerti dei famosi pianisti – dopo tutto è l’unico modo di suonare correttamente.
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III. ARGOMENTI SCELTI SULLO STUDIO DEL PIANOFORTE
Per questo è importante, quando si va ai concerti, osservare i dettagli dei movimenti delle mani dei pianisti professionisti. Queste osservazioni sulle posizioni/movimenti delle mani saranno particolarmente valide negli esercizi più avanzati dati più avanti, si incominci quindi ora ad allenarsi ad identificare questi miglioramenti. Ci possono essere diverse posizioni che funzionano, le si provino tutte, più se ne provano e meglio è. I principianti, al loro primo anno di lezioni di pianoforte, non saranno in grado di suonare ad una quartina al secondo e dovrebbero ritenersi soddisfatti a velocità minori. Non ci si eserciti forzatamente a velocità che non si riescono a gestire. Brevi e periodiche escursioni nel suonare più velocemente sono tuttavia necessarie a scopo esplorativo. Anche gli studenti con oltre cinque anni di lezioni troveranno difficile parte di questi esercizi se non li hanno mai fatti prima. Si potrebbe, per risparmiare tempo, studiare l’esercizio N.1 per un po’ e poi studiare contemporaneamente il N.1 e il N.2 (più avanti). Questo perché il N.2 usa gli stessi movimenti che si esercitano nel N.1 ed è talmente semplice che si può combinare senza danni con esso. Si eseguano gli esercizi finché non scomparirà tutto lo stress e non si riuscirà a sentire la forza di gravità tirare il braccio verso il basso. Il senso di trazione verso il basso da parte della forza di gravità scompare non appena arriva lo stress. Non si provino troppe quartina tutte in una volta se non si sente di avere il completo controllo. Non ci si forzi a continuare a studiare nonostante lo stress perché potrebbe diventare una abitudine prima di accorgersene. Se si continua a studiare sotto stress si inizierà veramente a rallentare, un chiaro segno di dover rallentare o cambiare mano. Si rischia, altrimenti, di acquisire brutte abitudini. Il materiale nelle sezioni I e II dovrebbe aver fornito un’abbondanza di armi per combattere questo problema dello stress/velocità. Si ottenga una quartina molto bene prima di aggiungerne un’altra – si progredirà più velocemente in questo modo che affrettando tante quartina in una volta sola. La ragione per fermarsi a quattro è che una volta riusciti a farne quattro se ne possono di solito suonare un numero qualsiasi in successione. Se si eseguono sistematicamente questi esercizi per gli insiemi paralleli, il miglioramento post studio farà il necessario, perciò, invece di spingere per la velocità durante gli esercizi, si aspetti che la mano sviluppi automaticamente la rapidità in modo da suonare più velocemente la volta successiva. Dopo la prima settimana o due, la maggior parte della rapidità si svilupperà tra le sedute di studio, non durante. Se quindi
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sembrasse di non migliorare molto, anche dopo un duro lavoro, non ci si scoraggi – è normale. Sovra-esercitarsi, tentando di ottenere qualche miglioramento visibile durante lo studio, è una delle principali cause di infortuni. Il proprio compito durante le sedute di studio è di condizionare la mano per il massimo miglioramento post studio. Il condizionamento richiede solo un certo numero di ripetizioni (di solito vicino ad un centinaio), oltre queste il guadagno per ripetizione inizia a calare. Questa è acquisizione della tecnica, non sviluppo dei muscoli. La tecnica significa fare musica e questi sono esercizi validi per sviluppare la musicalità nel suonare. Non si sbatta come un martello pneumatico. Se non si riesce a controllare il tono di quella nota, come lo si può fare con tante? Un trucco chiave nel controllare il tono è studiare delicatamente. Suonando delicatamente ci si toglie da quel modo di studiare nel quale si ignora completamente la natura del suono e si sbattono i tasti nel solo tentativo di raggiungere le ripetizioni. Si prema sui tasti completamente e li si tengano giù momentaneamente (molto poco, una frazione di secondo), questo assicura che il paramartello fermi il martello e le sue oscillazioni dopo aver rimbalzato contro la corda. Se queste oscillazioni non venissero eliminate non si potrebbe controllare il colpo successivo. Si legga la Sezione III.4B sul suonare a dita distese, è una lettura obbligata prima di fare qualsiasi esercizio per gli insiemi paralleli. Si tenga il dito che sta suonando il più possibile vicino al tasto per poter aumentare velocità e precisione e per controllare il tono. Se il dito non toccasse il tasto ogni tanto si perderebbe il controllo. Non si tengano le dita sempre sui tasti, ma li si tocchino il più leggermente possibile in modo da sapere dove si trovano. Questo darà una ulteriore sensibilità di dove siano gli altri tasti e, quando sarà ora di suonarli, le dita non prenderanno quelli sbagliati perché sono già nella posizione giusta. Si determini il minimo sollevamento possibile del tasto (che permette di ripetere) e ci si eserciti a suonare con esso. Il sollevamento del tasto è di solito maggiore nei verticali che nei coda. Si possono raggiungere velocità più elevate con sollevamenti più piccoli. Quando tutte le parti dell’intero corpo (dita, palmo, polso, braccio, spalla, schiena, addome, ecc.) sono coordinate, ciascuna parte deve muoversi di un solo millimetro o meno affinché ci sia movimento sufficiente per suonare, perché tutto ciò che è necessario fare è sollevare il tasto di 3 o 4 millimetri. Il polso è importante nel movimento di ripetizione. Il polso governa tutti i tre obiettivi che stiamo ricercando: velocità, controllo e tono. Si
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III. ARGOMENTI SCELTI SULLO STUDIO DEL PIANOFORTE
ricordi che “coinvolgere il polso” non significa un movimento esagerato, ma un movimento che potrebbe essere impercettibile. Invece di lavorare sempre sulla velocità si lavori sul controllo e sul tono. Le ripetizioni studiate per il controllo e per il tono contribuiscono in ugual modo al condizionamento per la velocità perché entrambi richiedono la stessa abilità tecnica: la precisione. Di fatto, studiare velocemente sotto stress condizionerà a suonare stressati e questo in realtà rallenta i movimenti. Il tono è diverso se si tiene la punta del dito in un punto o se la si sposta leggermente sul tasto? Ci si eserciti a far scorrere il dito in avanti (verso il pianoforte) e indietro (verso il corpo). Il pollice potrebbe essere il dito più facile da far scorrere. Si suoni con la punta del pollice, non con l’articolazione; questo permetterà di farlo scorrere e di sollevare la mano, riducendo così la possibilità che altre dita colpiscano accidentalmente dei tasti. Suonare con la punta aumenta anche l’estensione e la velocità del movimento del pollice. Sapere come far scorrere le dita permetterà di suonare liberamente con sicurezza anche se i tasti scivolano o sono bagnati di sudore. Non si sviluppi, per poter suonare, una dipendenza dalla frizione della superficie del tasto. Suonare con il polso sollevato farà scivolare le dita verso di sé. Se si abbassa il polso le dita tenderanno a scivolare via. Ci si eserciti in ciascuno di questi movimenti di scivolamento: tutte le cinque dita con il polso in su per un po’ e poi si ripeta con il polso in giù. Ad un’altezza intermedia le dita non scivoleranno anche se i tasti sono scivolosi. Si facciano esperimenti nel controllare il tono usando alcuni scivolamenti intenzionali. Scivolare aumenta il controllo perché si crea una piccola discesa del tasto usando un movimento più grande. Il risultato è che qualsiasi errore di movimento verrà diminuito del rapporto, sempre minore di uno, tra la discesa del tasto e il movimento totale. Si possono quindi suonare quartine più uniformi facendo scivolare piuttosto che andando giù dritti. Si può anche suonare più delicatamente. Si ripeta con tutte le altre dita. Gli studenti che fanno questo esercizio per la prima volta dovrebbero scoprire che alcune dita (tipicamente 4 e 5) sono più difficili di altre. Questo è un esempio di come usare questi esercizi come strumento diagnostico per trovare le dita deboli. L’idea qui, ovviamente, è di acquisire l’abilità di suonare più ripetizioni per quanto tempo si vuole alla velocità che si vuole. Viene esercitato un solo dito perché si tratta di acquisizione della tecnica; suonando normalmente le ripetizioni vengono di solito fatte cambiando dito. Le ripetizioni sono il movimento base per studiare qualsiasi insieme paral-
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lelo e sono essenziali per acquisire rapidamente l’abilità tecnica con gli insiemi paralleli, come spiegato ulteriormente nella Sezione C più avanti. Le ripetizioni veloci sono ciò che permette di studiare rapidamente gli insiemi paralleli perdendo meno tempo possibile. L’esercizio N.1 non è perciò solo un esercizio in sé, ma è qualcosa di cui si avrà bisogno in quelli che seguono. Se si incontrassero delle difficoltà negli esercizi dal N.1 al N.4 queste dovrebbero essere facili da risolvere con i metodi delle sezioni da I a III. Si dovrebbe riuscire a “passarli” in poche settimane di studio. Siccome si può lavorare su un certo numero di essi alla volta, l’intero insieme degli esercizi dal N.1 al N.4 non dovrebbe richiedere più di qualche mese per essere portato a velocità, sebbene questo dipenda naturalmente dal proprio livello di abilità tecnica. Come detto prima, non si provi a studiarli tutti prima di averli “passati” perché ce ne sono troppi e si avranno parecchie opportunità di studiarli nell’imparare nuove composizioni. Il rilassamento, il controllo ed il tono sono più importanti della velocità. Si provi a produrre il miglior suono di pianoforte che si riesce – un suono che farà dire a qualcuno che passa: “Questo è il suono di un pianoforte!” Ovviamente il pianoforte deve essere capace di produrre un tale suono e deve essere adeguatamente intonato, come spiegato nella Sezione III.14 (Prepararsi alle Esecuzioni in Pubblico ed Ai Saggi) e nella Sezione 7 del Capitolo Due. L’intonazione del pianoforte è decisiva per una corretta esecuzione di questi esercizi: sia per acquisire più rapidamente nuove abilità tecniche sia per evitare di suonare in modo non musicale. Questo perché è impossibile produrre toni musicali delicati (o potenti o profondi) con martelli usurati che hanno bisogno di essere intonati. Esercizio N.2 Insiemi paralleli di due dita. Si suoni 12 (pollice e indice della destra su Do e Re) più veloce possibile, come note di passaggio. L’idea è di suonarle rapidamente, ma sotto completo controllo. Ovviamente qui saranno necessari i metodi delle Sezioni I e II. Ad esempio, se la destra riesce ad eseguire facilmente un esercizio, ma uno correlato è difficile per la sinistra si usi la destra per insegnare alla sinistra. Si studi con il battere sull’1 così come sul 2. Quando questo sarà soddisfacente, si suoni una quartina come nell’esercizio N.1: 12, 12, 12, 12. Anche qui si porti la quartina a velocità, circa una al secondo. Si leghino poi quattro quartine in successione. Si ripeta l’intero esercizio per ognuno degli insiemi: 23, 34 e 45. Poi a scendere: 54, 43, eccetera. Sono valide tutte le osservazioni su come studiare l’esercizio N.1. Se, ad esempio, si in-
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III. ARGOMENTI SCELTI SULLO STUDIO DEL PIANOFORTE
contrassero delle difficoltà nell’accelerare una quartina dell’insieme parallelo 12, si suonino le due note assieme come un “accordo” e si studi la quartina di accordi proprio come si è fatto per quella di una nota singola nell’esercizio N.1. Tutte le note di un insieme parallelo vanno suonate il più rapidamente possibile perché gli insiemi paralleli vengono usati principalmente per sviluppare la velocità. Il loro scopo è quello di insegnare al cervello il concetto di velocità estrema quasi fino ad infinito. Si scoprirà che quando il cervello si abitua ad una velocità massima tutte le velocità più basse diventano facili da eseguire. In questo e nei seguenti esercizi le osservazioni precedenti sono quasi sempre applicabili e non saranno quindi ripetute. Elencherò inoltre solo i membri rappresentativi di ciascuna famiglia di esercizi e lascerò al lettore capire i rimanenti. Il numero totale degli esercizi è molto più grande di quello che si potrebbe inizialmente pensare. Inoltre se si provasse a combinare a mani unite diversi esercizi per gli insiemi paralleli il numero di possibilità diventerebbe rapidamente impressionante. Questi esercizi possono fornire ai principianti, che hanno delle difficoltà a farlo, il miglior modo di studiare come suonare a mani unite. All’inizio si eseguano tutti gli esercizi usando i tasti bianchi e una volta fatto questo si lavori su esercizi simili sui tasti neri. L’obiettivo qui non è di fare tutti gli esercizi, ma di farsi un idea di tutti quelli possibili per identificare quelli che creano difficoltà e lavorare su di essi. Questi non sono esercizi da suonare per riscaldare i muscoli, ma sono esercizi per acquisire la tecnica quando ne sorge il bisogno. Una volta che si riesce ad eseguirli in modo soddisfacente non è necessario tornare a suonarli di nuovo, a meno che non si incontri una situazione nuova che richiede maggior miglioramento. All’inizio si potrebbero riuscire a suonare molto velocemente solo due note consecutive, ma senza molto controllo indipendente. Si può inizialmente “imbrogliare” aumentando la velocità “bloccando la fase” delle due dita, tenendo cioè le due dita in una posizione fissa (a fase bloccata) ed abbassando semplicemente la mano per suonare le due note. Si ricordi che l’angolo di fase è il ritardo tra due dita successive nel suonare parallelo. Alla fine si dovrà suonare con dita indipendenti. Il blocco iniziale della fase viene usato solo per aumentare rapidamente la velocità. Questa è una delle ragioni per cui alcuni insegnanti non approvano il suonare parallelo, perché pensano che suonare parallelo significhi bloccare la fase, cosa che distrugge la musica. Dopo aver studiato per un po’ a fase bloccata le dita dovrebbero diventare sempre
III.7 - ESERCIZI
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più indipendenti rendendo liberi di creare la musica. La semplice capacità di suonare gli insiemi paralleli velocemente non è sufficiente. Dopo essere arrivati a velocità si continui a studiare finché non si sente di riuscire a controllare indipendentemente ciascun dito. Il modo migliore per ottenerlo è rallentare gradualmente come spiegato nel prossimo paragrafo. Una volta riusciti a suonare quattro quartine di due dita molto rapidamente si verifichi l’indipendenza delle dita rallentando costantemente per vedere se si hanno delle difficoltà a qualche velocità intermedia. Se si incontrassero delle difficoltà a velocità più basse allora c’è qualcosa che non va. All’inizio di solito la ragione è il blocco della fase: non si è ancora ottenuta l’indipendenza delle dita. Potrebbe anche essere un’indicazione della presenza di stress residuo. Si studi quindi a diverse velocità. Esercizio N.3 Insiemi paralleli più grandi. Ad esempio 123 e la sua famiglia: 234, ecc. Si ripetano tutte le procedure come nell’esercizio N.2. Si lavori poi con il gruppo 1234 ed infine con gli insiemi 12345. Con questi insiemi più grandi, si potrebbe dover rallentare leggermente la velocità di ripetizione delle quartine. Il numero di esercizi possibili con questi insiemi più grandi è molto alto. Il battere può essere su qualsiasi nota e si può iniziare con qualsiasi nota. Si potrebbe, ad esempio, studiare 123 come 231 e come 321. Quando si rallenta, il 321 può essere suonato 213 o 132 – sono tutti distinti perché si scoprirà che alcuni sono facili, ma altri molto difficili. Se si includono le variazioni del battere ci sono 18 esercizi per sole tre dita sui tasti bianchi. Esercizio N.4 Insiemi paralleli espansi. Si cominci con gli insiemi di due note 13, 24, eccetera (il gruppo delle terze) inclusi quelli del tipo 14 (quarte) e 15 (quinte e ottave). Poi c’è il gruppo degli insiemi paralleli espansi di tre note: 125, 135, 145 (quinta e ottava). Qui si hanno diverse scelte per la nota di mezzo. Esercizio N.5 Insiemi paralleli composti. (1.3, 2.4) dove 1.3 indica un accordo, ad esempio, Do-Mi, due note suonate contemporaneamente. Si facciano poi i gruppi (1.4, 2.5). Ho scoperto spesso insiemi facili aumentando la velocità, difficili rallentando e viceversa. Ad esempio (1.3, 2.4) è più facile per me di (2.4, 1.3). Questi insiemi composti richiederanno un bel po’ di abilità tecnica. Finché non si saranno presi almeno diversi anni
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di lezioni non ci si aspetti di essere in grado di suonarli con competenza. Qui finiscono gli esercizi a quartine ripetute basati sull’esercizio N.1. Esercizio N.6 Insiemi paralleli complessi. Questi si studiano meglio individualmente piuttosto che come quartine rapide. Nella maggior parte dei casi dovrebbero essere suddivisi in insiemi paralleli più semplici studiabili come quartine, almeno all’inizio. Gli “insiemi alternanti” sono del tipo 1324 e gli “insiemi misti” sono del tipo 1342, 13452, ecc., ossia miscugli di insiemi alternanti e normali. Ce ne sono chiaramente in gran numero. Gli insiemi paralleli complessi più importanti tecnicamente si trovano nei pezzi da lezione di Bach, specialmente le sue Invenzioni a Due Voci. È questo il motivo per cui questi pezzi (in confronto all’Hanon) sono tra i migliori per acquisire la tecnica. Esercizio N.7 Insiemi paralleli collegati. Ad esempio 1212, che contengono una o più congiunzioni. Possono essere un trillo (Do Re Do Re) oppure una volata (Do Re Mi Fa, dove si deve usare il metodo pollice sopra). Il trillo 1212 è diverso dall’esercizio N.2 perché in quell’esercizio l’intervallo 12 deve essere suonato più velocemente possibile, ma quello seguente 21 può essere più lento. Qui l’intervallo tra le note deve essere sempre lo stesso. Gli insiemi paralleli adesso non possono essere suonati infinitamente veloci perché la velocità è limitata dalla capacità di collegarli. L’obiettivo qui è ancora la velocità: quanto li si riesca a suonare velocemente con precisione e rilassamento e quanti se ne riescano a collegare insieme. Questo è un esercizio per imparare a suonare le congiunzioni. Si suonino più note possibile in un unico movimento della mano. Se ne studino poi due in un movimento verso il basso, ecc. finché non se ne riescono a fare quattro in fila. Per suonare velocemente, le prime due note sono le più importanti e devono iniziare alla velocità giusta. Potrebbe essere utile bloccarne la fase per essere sicuri che inizino nel modo corretto. Una volta iniziato ad alta velocità il resto tende a seguire più facilmente. Per collegare gli insiemi contenenti il pollice si usi il metodo pollice sopra, tranne nelle situazioni speciali (molto poche) in cui è ovvia la necessità di usare il pollice sotto. Si esplorino i vari movimenti di collegamento per vedere quali funzionano meglio. Un piccolo scatto del polso è uno dei movimenti più utili. Si deve quasi sempre incrociare sopra per collegare gli insiemi che non coinvolgono il pollice, non sot-
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to. Molti di questi incroci senza il pollice sono tuttavia di valore discutibile perché sono raramente necessari. Gli insiemi paralleli collegati sono i principali elementi di studio delle Invenzioni a Due Voci di Bach. Si cerchi quindi in queste per trovarne alcuni dei più inventivi e tecnicamente importanti. Spesso, come spiegato nella Sezione III.19C, per molti studenti è impossibile memorizzare alcune composizioni di Bach e suonarle oltre una certa velocità. Questo ha limitato la popolarità di suonare Bach e l’uso di questa risorsa di grande valore per acquisire la tecnica. Quando vengono tuttavia trattate in termini di insiemi paralleli e studiate seguendo i metodi di questo libro, tali composizioni diventano di solito abbastanza semplici da imparare. Questo libro dovrebbe perciò aumentare enormemente la popolarità di suonare Bach. Si veda la Sezione III.19C per altre spiegazioni su come studiarlo. Il numero praticamente infinito di esercizi necessari dimostra come quelli vecchi (come l’Hanon, che userò qui come rappresentativo di quello che viene considerato il tipo “sbagliato” di esercizi) siano disastrosamente inadeguati. C’è un vantaggio, comunque, negli esercizi Hanon consistente nel fatto che iniziano con le diteggiature e gli esercizi più facili che si incontrano più spesso; sono, cioè, ben ordinati. Le possibilità che siano di poco aiuto quando si incontra un passaggio difficile in un pezzo arbitrario sono comunque quasi il 100%. Il concetto di insieme parallelo ci permette di identificare la serie di esercizi più semplice possibile tale da formare un insieme completo da applicare praticamente a tutto quello che si potrebbe incontrare. Non appena questi esercizi divengono leggermente complessi il loro numero diventa grande in maniera inimmaginabile. Quando si raggiunge la complessità anche del più semplice degli esercizi Hanon, il numero di possibili esercizi per gli insiemi paralleli diventa intrattabile. Anche Hanon ha riconosciuto questa inadeguatezza ed ha suggerito variazioni (come studiare gli esercizi in tutte le possibili trasposizioni). Questo è sicuramente utile, ma è carente di categorie intere come gli Esercizi N.1 e N.2 (i più elementari ed utili) o le velocità incredibili che si possono raggiungere prontamente con gli altri. Si noti che gli esercizi dal N.1 al N.4 formano un insieme completo di esercizi puramente paralleli (senza congiunzioni). Non manca nulla. Intervalli più grandi di quanto uno possa raggiungere con un accordo mancano nell’elenco degli insiemi paralleli descritti qui perché non si possono suonare infinitamente veloce e devono essere classificati come salti. I metodi per studiare i salti sono trattati nella Sezione F, più avanti.
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È facile, usando i metodi di questo libro, portare gli Hanon a velocità ridicole. Lo si potrebbe provare solo per divertimento, ma ci si troverà presto a chiedersi “Perché lo sto facendo?” Anche quelle ridicole velocità non possono neanche avvicinarsi a ciò che si può prontamente ottenere con gli esercizi per gli insiemi paralleli, perché ciascun esercizio Hanon contiene almeno una congiunzione e non può quindi essere suonato infinitamente veloce. Questo è chiaramente il più grande vantaggio degli esercizi per gli incisimi paralleli: non c’è, in teoria come in pratica, alcun limite alla velocità e quindi permettono di esplorarla nella sua intera gamma, senza limiti. Come fatto notare prima, la serie Hanon è sistemata genericamente in ordine di difficoltà e questo aumento viene creato aggiungendo congiunzioni ed insiemi paralleli più difficili. Negli esercizi per gli insiemi paralleli gli “elementi di difficoltà” individuali sono esplicitamente isolati in modo da poterli studiare uno alla volta. Per illustrare l’utilità di questi esercizi si supponga di voler studiare un trillo composto a quattro dita basato sull’esercizio N.5 (Ad esempio Do.Mi, Re.Fa, Do.Mi, Re.Fa, ecc.). Seguendo in ordine gli esercizi dal N.1 al N.7 si ha ora una ricetta passo per passo per diagnosticare le proprie difficoltà ed acquisire questa abilità tecnica. Ci si assicuri prima che gli accordi a due note siano uniformi applicando gli esercizi N.1 e N.2. Si provi poi (1.3, 2) e (1.3, 4). Quando questi saranno soddisfacenti, si provi (1.3, 2.4). Si lavori dopo sull’inverso (2.4, 1) e (2.4, 3) e infine (2.4, 1.3). Il resto dovrebbe essere ovvio dopo aver letto fin qui. Questi potrebbero essere degli allenamenti grezzi, si ricordi quindi di cambiare spesso mano prima che arrivi la stanchezza. È da sottolineare nuovamente il fatto che nei metodi di questo libro non c’è spazio per la ripetizione meccanica degli esercizi. Esercizi del genere hanno un altro insidioso svantaggio: molti pianisti li usano per scaldarsi ed essere in gran forma per suonare e questo può dare l’errata impressione che tale condizione sia una conseguenza degli esercizi meccanici. Non lo è. La condizione di forma è la stessa, indipendentemente da come ci si arriva. Si possono perciò evitare i trabocchetti degli esercizi meccanici usando modi più vantaggiosi di scaldarsi. Questo argomento verrà trattato più approfonditamente nella Sezione F più avanti.
C) Come Usare Gli Esercizi per Gli Insiemi Paralleli Gli esercizi per gli insiemi paralleli non si devono intendere come sostitutivi di quelli tipo Hanon, Czerny, eccetera. La filosofia di questo libro è che si può usare meglio il proprio tempo esercitandosi su “musica
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vera” piuttosto che su “esercizi di musica”. Gli esercizi per gli insiemi paralleli sono stati introdotti perché non è noto alcun metodo più veloce per acquisire la tecnica. I pezzi tecnici come gli studi di Liszt, Chopin o le Invenzioni di Bach non sono “esercizi di musica” in questo senso. Gli esercizi per gli insiemi paralleli si devono usare nel seguente modo: (1) A scopo diagnostico: facendoli tutti sistematicamente si possono scoprire le proprie forze e debolezze. Con il senno di poi sembra ovvio che se si intende migliorare qualche aspetto tecnico è necessario un buon strumento diagnostico, altrimenti sarebbe come andare all’ospedale per un’operazione senza sapere che malattia si ha. Secondo questa analogia medica esercitarsi con l’Hanon è come andare all’ospedale e sottoporsi a tutte le operazioni più comuni a prescindere dall’averne bisogno o meno. La capacità diagnostica è più utile quando si studia un passaggio difficile: aiuta ad individuare quale dito è debole, lento, scoordinato, eccetera. (2) Per acquisire la tecnica: le debolezze trovate in (1) possono ora essere corrette usando precisamente gli stessi esercizi che le hanno diagnosticate. Si lavora semplicemente sugli esercizi che hanno rivelato i problemi. In linea di principio questi esercizi non finiscono mai perché il limite superiore della velocità e aperto. In pratica, tuttavia, finiscono alla velocità di circa una quartina al secondo perché poca musica, se alcuna, richiede velocità maggiori. Nella maggior parte dei casi una volta aggiunta anche una sola congiunzione non si possono usare queste elevate velocità. Questo dimostra la bellezza di questi esercizi, che permettono di esercitarsi a velocità più alta di quella che sarà necessaria, dando così un margine aggiuntivo di sicurezza e di controllo. Questi esercizi si dovrebbero usare maggiormente nello studio a mani separate nel portare a velocità oltre quella finale. Le procedure (1) e (2) sono tutto ciò di cui si ha bisogno per risolvere i problemi nel suonare materiale difficile. Una volta applicati a diverse situazioni, prima “impossibili”, si otterrà la sicurezza che, ragionevolmente, niente è irraggiungibile. A titolo di esempio si consideri uno dei passaggi più difficili del terzo movimento della Appassionata di Beethoven, misura 63: l’accompagnamento della sinistra alla volata culminante della destra ed i passaggi simili che seguono. Ascoltando attentamente le registrazioni si scopre che anche i pianisti più famosi hanno delle difficoltà con la sinistra e tendono a partire lentamente per poi accelerare. Questo accompagna-
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mento consiste negli insiemi paralleli composti (2.3, 1.5) e (1.5, 2.3) dove 1.5 è un’ottava. Acquisire la tecnica necessaria si riduce semplicemente al perfezionare questi insiemi paralleli ed a collegarli. Provare ad impararlo semplicemente suonandolo lentamente per poi accelerare richiederebbe molto più tempo. Di fatto la semplice ripetizione non garantisce che alla fine si riesca perché provando ad accelerare diventa una gara tra riuscirci e sviluppare un muro di velocità. Questo perché, in questo esempio è difficile imparare anche un singolo insieme parallelo ed unirli lo è anche di più. Quando perciò ne vengono uniti diversi, lo studio della loro combinazione può impiegare una quantità di tempo indefinita. Senza insiemi paralleli c’è una elevata probabilità di sviluppare abitudini stressanti e di creare muri di velocità ed una volta eretti si può studiare una vita senza migliorare. Riassumendo, gli esercizi per gli insiemi paralleli sono uno dei pilastri principali dei metodi di questo libro. Sono una delle ragioni della rivendicazione secondo la quale non c’è niente di troppo difficile da suonare, se si sa come studiarlo. Servono sia come strumento diagnostico sia come strumento di sviluppo della tecnica. Praticamente tutta la tecnica dovrebbe essere acquisita durante lo studio a mani separate usando gli insiemi paralleli per alzare la velocità e per guadagnare controllo. Essi formano un insieme completo ed in questo modo si sa di avere gli strumenti necessari. Si possono applicare immediatamente, diversamente dall’Hanon, per aiutare quando si incontra un qualsiasi passaggio difficile e permettono di esercitarsi a qualunque velocità, incluse quelle molto più alte di cui si avrà mai bisogno. Sono ideali per esercitarsi a suonare senza stress controllando il tono. In particolare è importante prendere l’abitudine di far scivolare le dita sui tasti sentendoli prima di suonarli, farle scivolare permette di controllare il tono e sentire i tasti migliora la precisione. Passiamo ora a diversi altri esercizi utili.
D) Le Scale, Gli Arpeggi, L’Indipendenza delle Dita e Gli Esercizi di Sollevamento Le scale e gli arpeggi devono essere studiati con diligenza. Non sono nella classe degli esercizi meccanici a causa delle numerose tecniche necessarie acquisite più rapidamente con il loro uso (come il pollice sopra, le posizioni a dita distese, il sentire i tasti, la velocità, gli insiemi paralleli, il movimento glissando, il tono/colore, l’inversione della direzione, il polso flessibile, ecc.) Le scale e gli arpeggi si devono studiare a mani separate, studiarle sempre a mani unite le metterebbe nella stessa categoria dell’Hanon. Imparare a suonarle bene è molto difficile e si avrà
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sicuramente bisogno degli insiemi paralleli, si vedano le Sezioni III.4B e III.5 per ulteriori dettagli. Gli esercizi per l’indipendenza delle dita e quelli di sollevamento si eseguono premendo giù all’inizio tutte le cinque dita, ad esempio dal Do al Sol con la destra. Si suoni poi ciascun dito da tre a cinque volte: Do Do Do Do Re Re Re Re Mi Mi Mi Mi Fa Fa Fa Fa Sol Sol Sol Sol. Mentre ciascun dito suona, gli altri quattro devono essere tenuti giù. Non si prema forte perché è una forma di stress e provocherà rapidamente stanchezza. Tutti i tasti premuti sono completamente giù, ma le dita stanno semplicemente su di essi con la sola forza verso il basso necessaria per tenerli giù. Il peso della mano dovrebbe bastare. I principianti, all’inizio, potranno trovare questi esercizi difficili perché le dita che non suonano tendono a collassare dalla loro posizione ottimale, specialmente quando iniziano a stancarsi. Ci si assicuri che le dita siano sempre nella loro corretta posizione ricurva. Se tendessero a collassare, si provi un po’ di volte e si cambi mano o si smetta. Si riprovi dopo aver riposato. Una variante è distribuire le note su un’ottava. Si suonino le note a velocità moderata, non troppo veloce da causare stress, per esercitare l’indipendenza delle dita. Si noti la somiglianza con l’esercizio N.1, Sezione B. L’esercizio N.1 è migliore di questo per quanto riguarda l’indipendenza delle dita. L’obiettivo dell’esercizio N.1 era la velocità, l’accento qui è diverso: è sulla completa indipendenza delle dita. Alcuni insegnanti di pianoforte raccomandano di fare questo esercizio una volta ogni seduta di studio, funziona al meglio se lo si esegue un po’ di volte. Farlo molte volte in una seduta e poi trascurarlo in quelle successive non funziona così bene. Tutti i metodi di studio e gli esercizi di questo libro hanno a che fare principalmente con i muscoli usati per premere tasti (flessori). È possibile che essi divengano molto più forti di quelli usati per sollevare (estensori) causando così problemi di controllo. I flessori possono finire per diventare più forti degli estensori, specialmente invecchiando. Fare esercizi di sollevamento per esercitare gli estensori rilevanti è quindi una buona idea. Le posizioni a dita distese sono valide per esercitare gli estensori che sollevano le dita e contemporaneamente rilassare gli estensori della punta. Si ripetano gli esercizi precedenti, ma, per esercitarsi, si sollevi ciascun dito più in alto possibile, per due secondi ciascuno, una sola volta per ogni dito. Anche qui si tengano giù le altre dita con minima pressione. Questo è un tipo di esercizi isometrici per rafforzare dei muscoli specifici. Si deve quindi mettere in ciascun sollevamento il massimo impe-
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gno, ma senza provocare dolore. Come al solito, è importante ridurre lo stress nelle dita che non vengono sollevate. Questo esercizio va eseguito un massimo di tre volte al giorno. Non è necessario un gran numero di ripetizioni quotidiane perché sono esercizi isometrici. Tutti abbiamo problemi a sollevare il quarto dito (l’anulare). Tra molti c’è un’errata convinzione che lo si debba riuscire ad alzare in alto quanto le altre dita ed alcuni si sforzano in maniera spropositata nel cercare di riuscirci. Sforzi del genere si sono dimostrati inutili e controproducenti. Questo perché l’anatomia del quarto dito non gli permette di essere sollevato più di tanto. L’unica cosa che non deve fare è premere inavvertitamente qualche tasto e questo richiede molto meno sollevamento. Si può quindi sempre suonare con il quarto dito a poca distanza o addirittura che tocca i tasti. Studiare passaggi difficili sforzandosi sproporzionatamente di tenerlo sollevato può essere causa di stress nelle dita 3 e 5. È più produttivo imparare a suonare con meno stress a patto di non farlo interferire in alcun modo, è perciò estremamente necessario imparare a sollevarlo indipendentemente dagli altri. L’esercizio per farlo si esegue nel modo seguente. Si premano giù, come prima, tutte le dita: Do Re Mi Fa Sol. Si suoni poi 141414… con l’accento su 1 e sollevando il 4 più rapidamente e in alto possibile. Poi si ripeta con 242424 ecc. Poi con le dita 3 e 5. Questo non è un esercizio isometrico, si può ripetere un qualsiasi numero di volte e non è necessario il massimo impegno perché si sta esercitando il controllo. Si può anche fare con il 4 su un tasto nero. Entrambi gli esercizi di indipendenza delle dita e di sollevamento si possono eseguire senza il pianoforte su qualsiasi superficie piana. Questo è il momento migliore di praticare il rilassamento dei muscoli estensori delle ultime due falangi (quella dell’unghia e quella media) delle dita da 2 a 5; si veda la Sezione III.4B per ulteriori dettagli. Durante l’intero esercizio queste due falangi, di tutte le dita anche quelle sollevate, dovrebbero essere completamente rilassate.
E) Suonare Gli Accordi (Ampi), Esercizi di Stiramento del Palmo Tratteremo prima il problema di suonare con precisione accordi in cui tutte le note devono essere suonate il più possibile contemporaneamente. Affronteremo poi il problema di suonare gli accordi ampi. Nella Sezione II.10 abbiamo visto che per migliorare la precisione dei propri accordi si possono usare le cadute. Se dopo averle usate ci fossero tuttavia ancora delle disomogeneità, si tratta di un problema di base da diagnosticare e correggere con gli esercizi per gli insiemi paralleli. Gli accordi non sono più uniformi di quanto lo è il controllo su ciascun
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