Streghe e Magia - Streghe Articoli e Notizie
February 4, 2017 | Author: luna_stelle | Category: N/A
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Streghe e Magia...
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Speciale: Il mito delle streghe Il mito della strega Il mito della strega nasce fin dagli albori del mondo. Storie di streghe venivano già raccontate prima, che fosse inventata la scrittura. Molto probabilmente la prima maga, forse la più antica della letteratura, è la famosa "Maga Circe" che compare nell'Odissea... le streghe più famose della letteratura sono di certo le tre streghe del Macbeth di Shakespeare. Nel medioevo però, per convinzione o ignoranza molte donne restavano legate alle vecchie credenze precristiane. Il mito della strega dilaga tra il popolo, così, pratiche magiche relative alle tradizioni pagane antiche, continuarono a restistere ed a prosperare fra la gente comune e non… Inizialmente le loro azioni furono tollerate anche perche' la magia nera era considerata solo una superstizione, ma con l'affermarsi di una dottrina ecclesiastica ben definita ( con la caduta dell' impero romano, il cristianesimo divenne a poco a poco la religione dominante in tutta Europa ), queste donne venivano sempre piu' considerate pericolose dalla Chiesa cattolica, che, convinta che queste credenze fossero ispirate dal diavolo, scatenò uno spietato attacco contro qualsiasi accenno di stregoneria o magia. Così iniziarono le persecuzioni che si potrassero dal XV secolo al XVIII secolo. Migliaia di donne, uomini, bambini e bambine... per non parlare degli animali furono torturati e giustiziati, spesso in base a false prove e accuse fabbricate.
Etimologia della parola strega Megere mangia bambini, fatali donne sessualmente attraenti, misteriose creature della notte, pericolosi limiti fra il visibile e l'invisibile, sataniste dai morbosi gusti sessuali, fanciulle plagiate o vampire volanti le streghe sono sempre esistite nelle paure moderne e antiche. Altrettanto arcaica è però la loro accezione più ottimista: sciamane, prevegenti, curatrici, strateghe, sacerdotesse, donne-medicina, erboriste, illuminate, sagge. Il termine italiano strega deriva dal latino strix, uccello notturno, che con il tempo divenne strega. Le streghe nella nostra cultura sono persone capaci di fare incanti, legature e fatture in grado di far piovere, nevicare o grandinare se non di piegare il volere delle persone a loro piacimento. La parola witch, strega in inglese deriva invece da wicce, poi wicca, che significa saggia. Quindi le streghe nordiche non sono prevalentemente incantatrici ma sciamane e consigliere, temute e rispettate magari ma sempre di buon augurio (in Irlanda si diceva che se le streghe ballavano il Sabbah su un campo questo avrebbe avuto buon raccolto, in Italia che le messi sarebbero bruciate o marcite).
Identikit della strega Le prime, quelle dell' accezione italiana, affliggono e torturano gli esseri umani, le bestie, le mandrie con ogni sorta di crudeli tormenti esterni ed interni. E con bocca sacrilega rinnegano perfino quella stessa fede che hanno ricevuto con il battesimo. Hanno il sangue e le gengive blu, hanno i piedi a papera e odiano indossare le scarpe, portano grandi parrucche e cappelli in quanto sono calve, portano i guanti per mascherare le unghie lunghe. Esse sono esseri putridi e schifosi camuffati da donna che si aggirano per le case in cerca di bambini succulenti e ottimi da mangiare,..almeno così venivano definite.
Le streghe buone Si diceva fossero belle donne o buone vecchine assai sagge ed esperte conoscitrici di erbe e rimedi naturali. Di loro si racconta che fossero ben disposte verso le fanciulle di animo buono e puro, alle quali confidavano segrete tecniche amorose, e che reagissero con ogni genere di dispetti solo se venivano in qualche modo offese. Donne mortali, entìtà fatate o Dee, le streghe apparivano in svaríate sembianze, a volte lacere e vestite di stracci, oppure indossando sobri ma graziosi abiti da contadine, oppure ancora vestite di abiti leggeri e colorati, gli stessi, sembrerebbe, che indossavano le Fate.
Come gli uomini di quel tempo ci descrivono queste donne? Le streghe erano donne legatissime al Diavolo, che mandavano maledizioni e lanciavano fatture. Il loro mezzo di trasporto era la scopa, con la saggina rivolta in avanti ( e non dietro come le si rappresenta). Il loro animale era il gatto nero. In notti stabilite, come quella di Halloween, si riuniscono nei Sabba, diabolici congressi in cui le streghe ballano in cerchio prendendosi per mano oppure ballano in coppia. La loro bellezza venne col tempo sempre più negata, fino all'odierna idea di bruttezza, e le loro arti tanto confuse e fraintese che di loro non rimase altro che 1'immagine di vechie megere che volavano in groppa alle scope, che si trasformavano in animali e che passavano il tempo a mescolare strani intrugli in vecchi calderoni.
Gli arnesi della strega...
LA SCOPA Il senso dell'uso della scopa da parte delle streghe che, come si diceva, erano le custodi degli antichi riti, potrebbe forse ricollegarsi a quanto la scopa rappresentava nei tempi antichi. Simbologicamente infatti essa era segno e simbolo di potenza sacra tanto che negli antichi templi spazzare il pavimento aveva il significato di pulire il suolo dagli elementi esterni intervenuti a sporcarlo e poteva essere fatto solo da mani pure. Nel caso delle streghe poi, essendo usata per volare altrove, poteva rappresentare anche il mezzo di collegamento tra i due mondi, quello profano e quello sottile e sacro. Anche nelle leggende alla scopa, al bastone e alla bacchetta, che parrebbe la stessa delle fate, erano attribuiti poteri assai grandi. In Valcamonica ad esempio, si racconta che le streghe conoscessero un incantesimo che trasformava le loro scope in cavalli e che sopra quelli raggiungessero la cima del Tonale ove tenevano i loro conciliaboli. Quand'erano tutte riunite si diceva fossero più di millecinquecento. IL FAMIGLIO Altrettanta importanza era data, nelle leggende, al "famiglio". Questi era un animale che accompagnava sempre la strega, a cui lei chiedeva consiglio, ed il loro rapporto era così stretto ed insolubile che la strega, a volte, poteva assumerne le sembianze e diventare lei stessa il famiglio. Tutte le streghe trattavano il loro famiglio con grande cura, senza contrariarlo od offenderlo, perché si diceva che quella creatura avesse poteri non di questo mondo e che senza il suo aiuto la strega si sarebbe ridotta a divenire un comune essere umano. La tradizione popolare vedeva i famigli come dei folletti a cui venivano di sovente attribuiti caratteri diabolici. Molte sono anche le leggende che raccontano di come le streghe sapessero assumere, a loro piacimento, aspetto animale. Le streghe, anche quando non erano viste direttamente in veste di animali, erano comunque considerate loro custodi, così come erano custodi di boschi, sorgenti, montagne e grotte considerate sacre e le proteggevano dall'invadenza umana, non risparmiando a tale scopo nessun mezzo. E' probabíle che 1'aspetto tremendo per cui sono ricordate in alcune leggende venisse assunto proprio per la difesa di ciò che per esse era sacro. IL CALDERONE Nelle antiche raffigurazioni, le streghe sono rappresentate accanto ad un misterioso calderone nel quale girano e rigirano un grosso mestolo e dove il fuoco arde dentro anziché fuori. In molte leggende si dice che, nel calderone, preparassero filtri e pozioni magiche i cui terribili ingredienti venivano spesso elencati con dovizia.
Le riunioni Si riunivano segretamente in qualche luogo e si racconta che, per il resto del tempo, conducessero una vita del tutto normale come madri di famiglia e contadine. Le streghe
si radunavano un po' ovunque. Molti sono infatti i laghi, i boschi, le caverne e i massi detti "delle streghe". Presso Esino (CO) si racconta di un bosco di noci in cui si radunavano le donne fatate per partire si cospargessero il corpo con unguenti dalle straordinarie virtù e recitassero formule magiche. Proprio perché le streghe erano ancora legate agli antichi rituali, vennero definite, da chi tali rituali non condivideva, come "donne possedute dal diavolo" e i loro gioiosi e misteriosi convegni come manifestazioni oltraggiose e peccaminose
Chi era l'uomo presente nelle riunioni? Nei racconti relativi alle adunanze delle streghe si parla spesso, oltre che della presenza di animali, anche della presenza di una figura maschile innanzi alla quale esse danzavano e a cui rendevano omaggio. Tale figura assumeva spesso 1'aspetto di un caprone e ciò riporta alla mente quelle antichissime raffigurazioni rupestri dove una figura maschile con le corna è circondata da donne che paiono danzare. Per i cristiani poi, il personaggio maschile in forma d'animale divenne il Diavolo
Il sacrificio delle vergini Si racconta che, le streghe andassero a caccia di prede belle, giovani e pure: fanciulle che venivano rapite dal mondo degli uomini per essere condotte in quello delle armonie, offrendo loro la possibilità di sacrificarsi, ovvero, nel senso letterale della parola, di "rendersi sacre".
I sabba delle streghe Era opinione comune che i sabba fossero occasioni importanti, in cui le streghe incontravano il diavolo per adorarlo, ricevere istruzioni ed abbandonarsi a orge di ogni genere. Migliaia di donne affermano di avervi preso parte, quando stavano invece dormendo nei loro letti. Le confessioni venivano estorte con la tortura. Alcune donne confondevano le proprie fantasie e paure con la realtà, altre volevano vendicarsi di qualcuno. Spesso un'imputata era costretta a denunciare altre partecipanti al sabba. Le descrizioni di ciò che vi accadeva erano molto varie, ma la sostanza era abbastanza costante. Le streghe si recavano al sabba con mezzi dei trasporto magici, spesso a cavallo di manici di scopa. Giuravano fedeltà al diavolo, riferivano sulle loro attività malefiche, poi banchettavano, danzavano e si abbandonavano a licenziosità di ogni genere. Pierre de Lancre, il grande cacciatore di streghe francese dell'inizio del XVII secolo, riportò molte descrizioni di feste orgiastiche nelle provincie basche. Lì le streghe praticavano anche il vampirismo sui bambini, violavano le tombe e divoravano i cadaveri. Altrove predominavano il sacrilegio e la bestemmia: le ostie venivano
profanate in tutti i modi possibili. Si riteneva che il sabba si svolgesse regolarmente il 31 ottobre, il 30 aprile e ognuna delle quattro festività pagane che erano assorbite nel cristianesimo. Il numero dei partecipanti era lasciato alla fantasia dei cacciatori di streghe. Le streghe a Venezia non andavano al sabba, si limitavano a invocare il diavolo per ottenere l'amore. Perciò niente roghi o torture nei processi dell'Inquisizione, ma molte storie di vita quotidiana.
Cosa pensava la chiesa a riguardo della stregoneria 1)Gli stregoni rinnegano Dio 2) Adorano il Diavolo 3) Gli consacrano i loro figli 4) Gli sacrificano, nel sangue, i loro figli 5) Consacrano i loro figli a Satana quando sono nel ventre materno 6) Si pongono al servizio di Satana 7) Giurano nel nome del Demonio 8) Commettono incesti 9) Uccidono e fanno bollire le loro vittime per mangiarle 10) Mangiano gli impiccati 11) Fanno morire il bestiame e bruciare i raccolti 12) Sono schiavi del Diavolo Nessuna religione, si è mai permessa di mettere in dubbio la possibilità che una o più divinità concedessero ad alcuni individui poteri "occulti" ma allo stesso tempo nessuna ha mai accettato l'uso di pratiche o rituali che non si confacessero a quelli comuni. Vediamo quali furono I provvedimenti presi dalla Chiesa nei confronti della Stregoneria: 1) Uccide la gente, la massacra con la tortura, la brucia viva 2) Trasforma Dio in un Tribunale assassino, senza avere MAI avuto per le mani un riscontro tangibile di bambini sacrificati, di gente bollita o avanzi di essa.
Inquisizione Le zone dove, tra il XV e il XVII secolo, si tennero più processi per stregoneria furono: Francia meridionale, Alpi occidentali italiane, Germania e Diocesi di Como; tutti luoghi che nel Medioevo erano stati interessati da fenomeni di eresia, e quindi da una forte attività degli inquisitori. In generale l'Italia meridionale venne toccata solo marginalmente dalle persecuzioni contro le streghe e forse per questo molte credenze e leggende sulla stregoneria sono arrivate fino ad oggi. Fino alla seconda meta' del XII secolo l' eresia non era considerata un vero e proprio problema dalla chiesa. Questa infatti reagiva al problema tramite sistemi di repressione basati sulle presunte verita' predicate dalla religione cattolica. Nella seconda meta' del
XII sec. , sotto la guida del papa, venne creata l' Inquisizione , ossia una misura di difesa da parte della chiesa atta a tenere sotto controllo " eresia " che stava dilagando tra il popolo mettendo in serio pericolo la posizione della chiesa cattolica.
Perchè si inquisiva una "presunta" strega Acquazzoni con scariche di grandine erano attribuiti all'operato di streghe e maghi, lo stesso per le malattie del bestiame. Le antiche danze dei pagani nella foresta, la loro simbiosi con le forze della natura, i sabba cui si recavano per riunirsi, divenire tutt'uno con la terra stessa, il bacio all'ano del caprone poiché alla base anale è il Serpente Kundalini, le pomate per ungersi il corpo, le streghe che cavalcavano la scopa onde rappresentare il simbolo di erezione fallica creatrice , erano praticate nei rituali fatti dalle streghe. La gente iniziò ad accusare il proprio simile di stregoneria. Per un marito cornuto la vendetta più sublime era quella di raccontare al prete del paese che la propria moglie si era alzata di notte per recarsi al sabba e la poveretta veniva arrestata, torturata fino ad ammettere le proprie colpe e a trascinare altra gente innocente nell'inchiesta. Mica la perdonavano poi! La bruciavano in piazza davanti ai fedeli. Questo era il destino dei cristiani, di maghi e streghe vere, degli erboristi e degli scienziati.
Caccia alle streghe In Italia nel 1400 vi è il maggior numero di roghi, ma la stregoneria si sviluppa ugualmente; a Como in 140 anni bruciano 30.000 streghe! Per almeno tre secoli in tutta Europa le streghe portano le colpe di tutte le disgrazie del genere umano. A Ginevra ne muoiono 500 in tre mesi, a Wurtzburg 900, a Tolosa 400 con un solo processo, Remy, giudice di Nancy, si vanta di aver arso in 16 anni 800 streghe (è un giudice laico in concorrenza con gli ecclesiastici e quindi abile nell'ardere molti religiosi), in Slesia nel 1651 ne ardono 200, in Erbipoli 158 tra il 1627 e il 1629, Enrico IV fa 600 vittime solo nella provincia di Labour, ma è la Spagna che conosce le maggiori crudeltà. Gia' papa Alessandro V , prima di Innocenzo VIII, aveva dichiarato che le streghe dovevano essere perseguitate perche' eretiche: ricordiamo l'eroina Giovanna D'Arco che parti' a capo di un piccolo esercito per salvare la citta' d'Orleans dall'assedio e che fu definita una strega perche' vestiva abiti da uomo e dichiarava di udire le voci di Dio e degli angeli. A volte la condanna è immediata, si basa su un sospetto; in altri casi prima del rogo c'è il processo che si svolge con torture atroci che portano a due possibili sentenze: di assoluzione perché se l'accusata resiste è una santa o di accusa perché insensibile quindi sposa del demonio. Una volta accusate per queste donne non c'era piu' scampo; esse venivano sottoposte ad un processo ingiustissimo che non dava loro nessuno spiraglio di salvezza.
Condanne e torture Se la donna catturata era una donna dissoluta era accusata proprio per questo; se invece conduceva una vita onesta era accusata perche' le streghe erano abili a fingere e per nascondersi usavano simili trucchi. Se durante le torture la donna era impaurita, questo era simbolo di colpevolezza, se invece restava calma era perche' la stava aiutando il Diavolo. Insomma in qualunque modo la donna si comportasse c'era un motivo che la legava al Diavolo e ai malefici: doveva essere colpevole. Note sono anche le torture che a queste donne venivano praticate: per farle confessare "bastava" strapparle i seni con delle tenaglie roventi ; si poteva verificare la loro natura anche immergendole per dieci minuti sott'acqua, se non affogavano erano streghe e venivano bruciate sui roghi. Per stabilire la colpevolezza della strega l'inquisitore dispone di un'ampia tipologia di prove e presunzioni. Esistono numerose prove per stabilire se l'incriminata è veramente una strega. Una delle più usate è la prova dell'acqua. Diretta discendente dell'ordalia medievale, la prova dell'acqua è unanimamente considerata un mezzo infallibile per stabilire la colpevolezza dell'accusata. Tale prova consiste nell'immergere la presunta strega nell'acqua di un fiume, di uno stagno o di un canale, talvolta legata a una grossa pietra. Se la donna galleggia, significa che il demonio desidera salvare una sua adoratrice. La donna è dunque colpevole di commercio diabolico e viene subito giustiziata. Se invece l'accusata va a fondo e annega, allora viene ritenuta innocente. Le torture inflitte variano a seconda del periodo storico e dei luoghi. Un esempio di tortura assurda era quella dell'acqua ingurgitata... l'accusata o l'accusato, incatenata mani e piedi ad anelli infissi nel muro e posata su un cavalletto, è costretta a ingurgitare più di NOVE litri d'acqua, e ancora altrettanti se il primo tentativo non risulta convincente, per un totale di DICIOTTO litri e mezzo.
Testimonianze Processo alla Grosse Francoise Sabato 5 giugno 1598, a Coiriéres, la figlia Louise di Claude Maillat e Humberte di Perdy che aveva otto anni venne colpita da un male alle ossa tanto che la bambina era costretta a camminare a carponi. Il male progredì ed i genitori si convinsero che la figlioletta fosse posseduta dal Diavolo. Venne chiamato un prete al quale la bambina dovette rivelare i grandi nomi di chi la possedeva. Cosa poteva rispondere la bambina ad un prete autoritario che le chiedeva dei nomi? Rispose che era posseduta da: Gatto, Lupo, Cane e Asino. Le fu chiesto allora chi le avesse infilato dentro questi demoni e la piccola rispose col nome di un'amica di famiglia: Francoise Secrétain, detta la "Grosse Francoise" di 58 anni. Venne subito arrestata, negò in maniera assoluta ma in seguito debitamente torturata per porre fine alle sue atroci sofferenze confermò tutto, anche di avere visto Satana in una gallina. Eccitato l'Inquisitore la fece pungere con aghi in tutto il corpo onde trovare il "Signum Diabolicum" cioè il marchio di Satana, una parte del
corpo insensibile al dolore che gli inquisitore doveva scovare facendola torturare in tutte le parti più intime onde stabilire quale fosse la parte insensibile. Quand'era mezza morta senza più fiato per gridare allora la parte fu trovata. Inutile dire che fu anche bruciata viva.
CONDANNA AD Adrienne d'Heur Come prova di queste torture, torniamo indietro nel tempo... ora siamo alla fine del 1645: Adrienne d'Heur di circa sessant'anni, vedova di Pierre B. , orafo di Monthèliard, vive di un piccolo commercio, ma il suo comportamento sessuale è giudicato anticonvenzionale. Sua madre e altri parenti sono stati sospettati di stregoneria. Il 10/08/1646 è condotta in carcere. L'interrogatorio comincia il 14 agosto. 32 testimoni depongono contro di lei. I giudici le domandano se crede all'esistenza delle streghe. La domanda in realtà è una trappola , se risponde NO significa di fatto negare l'esistenza del diavolo, in nome del quale agiscono le streghe, una risposta che sarebbe subito tacciata di eresia. Rispondere SI vuol dire suscitare immediatamente l'altra domanda: "Quali streghe conoscete e come le avete conosciute?". La donna risponde con molta prudenza affermando che, secondo le S. Scritture esistono e che sono persone che non pregano Dio, che fanno morire gli altri. "Pensa che le streghe uccidano i bambini?": "L'hò sentito dire ma forse è solo fantasia". "Possiede dei libri di stregoneria?": la donna risponde che non sa leggere , ma ammette di avere nella sua bottega un libro relativo alla streghe. Durante il primo interrogatorio l'accusata non versa una lacrima. Il secondo giorno commette una grave imprudenza: risponde che, se le trovassero un segno, riconoscerebbe di essere una strega. Il terzo giorno continua a negare. Dopo un giorno di interruzione, al quarto interrogatorio l'avvertono che se si ostina a negare si dovrà ricorrere alla tortura. Il quinto giorno la donna continua a sostenere la sua innocenza. Nei giorni successivi è messa a confronto con alcuni testimoni. I giudici le ingiungono di confessare i suoi delitti, che le vengono elencati: 1) L'improvvisa morte di un bambino che aveva ricevuto dalle sue mani un pezzetto di pane. 2) La fulminea cecità di un uomo, di una donna e di un bambino. 3) L'esaurimento del latte di una mucca. 4) La morte di un cavallo. 5) Il tentativo di un sequestro di un bambino. 6) Di introdursi di notte in alcune case, attraverso le porte sprangate, e di fare un baccano infernale. 7) Apparire ad alcune persone minacciandole. 8) Assumere le sembianze di un gatto. L'accusata continua a dichiarare la sua innocenza e non vuole giurare il falso. Il 31/08/ 1646, nuda fino alla cintola, viene sottoposta alla visita e punta in ogni parte del corpo
con una spilla d'argento, alla fine si trova proprio in mezzo alla schiena, un pò più in basso delle spalle, un punto in cui la spilla può essere conficcata senza che la donna manifesti alcun dolore, nè che esca una sola goccia di sangue. La donna nega che sia il marchio di Satana. Venne sottoposta alla tortura. Con le mani legate dietro la schiena, sospesa per un quarto d'ora continua ad affermare la sua innocenza. Ma il due settembre dopo più di tre settimane di prigione e di sofferenza confessa spontaneamente di essere una strega, racconta di tutto pur che si smetta con le torture. Il due e il quattro settembre assiste alla lettura della sua confessione e la conferma. Condannata, viene giustiziata l'11 settembre. Ritorniamo tristemente al mondo d'oggi e cerchiamo di capire... la confusione tra il sapere tradizionale e potere magico rendeva molto vulnerabili le donne che conoscevano le proprietà medicinali delle piante, e per quanto riguarda le torture, se l'accusato confessava sotto tortura, bisognava che rinnovava la confessione dopo 24 ore, in un luogo diverso; se questi ritrattava, allora era di nuovo sottoposto alla tortura.
Anna Marcaccioli Castiglioni, Streghe e roghi nel ducato di Milano. Prefazione di Fabio Minazzi. Milano,Thélema, 2000. di Elena Urgnani Le platee cinematografiche quest'anno si sono commosse di fronte al bel film di Paolo Benvenuti Gostanza da Libbiano, storia patetica di una povera donna, un'anziana contadina con conoscenze di erboristeria, accusata dall'Inquisizione di essere una strega e torturata senza pietà, fino a confessare ciò che non ha mai commesso pur di porre un limite alle sue sofferenze. La sua ammissione risulta tuttavia così incredibile, che l'inquisitore stesso dubita del risultato e decide di rimandarla libera, pur con la proibizione di esercitare la sua arte, e di continuare a risiedere nel villaggio. Il film narra in effetti una della rare storie "a lieto fine" di questo tragico capitolo nella storia europea che fu la caccia alle streghe, un fenomeno che risulta difficile valutare, anche per la deliberata distruzione delle fonti storiche primarie. Così come altrove infatti, il grande archivio dell'Inquisizione dello Stato di Milano, un tempo conservato presso Santa Maria delle Grazie, fu consapevolmente dato alle fiamme, nel giugno 1788. Soltanto sporadicamente riaffiorano talvolta dagli archivi privati fascicoli che per un'imperscrutabile coincidenza di eventi erano stati "dimenticati" fuori dall'archivio. E' appunto il caso di questo fascicolo del Processus strigiarum, concernente la vicenda delle "streghe" di Venegono Superiore, interessante proprio per la "banale quotidianità" dei fatti che racconta, in questo caso infatti l'inquisizione non colpisce figure eminenti o intellettuali dissenzienti, ma donne e uomini del popolo, persone comuni. Come nota giustamente Minazzi nella sua prefazione, "questi scritti documentano analiticamente una prassi inquisitoriale che costituiva norma consuetudinaria in una società repressiva e intollerante, ma non ancora ristrutturata in senso decisamente controriformista". Il 1520, anno in cui si svolge il processo, anticipa di alcuni decenni l'inquisizione moderna, quella che a partire da Sisto V diverrà la "Congregazione della Santa Inquisizione dell'eretica gravità", che avrebbe ristrutturato la tradizionale inquisizione medievale in nuove strutture centralizzate, più funzionali alla lotta contro l'eresia. In queste pagine è invece possibile riconoscere e ricostruire il funzionamento di un organismo di controllo sociale, politico e religioso che ha contraddistinto, nei secoli, la vita dei contadini cattolici in terra lombarda. Il processo inquisitoriale si delinea dunque nei suoi elementi fondamentali: l'inversione dell'onere della prova, l'idea che l'accusato non abbia il diritto di essere giudicato dai propri pari, la segregazione e la tortura psicologica e fisica quale prassi procedurale, un iter giudiziario che non consente la difesa, poiché chiunque osasse difendere un sospetto sarebbe divenuto a sua volta sospettato. Il libro si configura quindi come una sorta di resistenza attiva al revisionismo, dilagante in questo settore, che pretenderebbe di presentare un'improbabile inquisizione "dal volto umano", molto clemente e sempre evangelicamente indulgente, quando non addirittura baluardo a difesa della discrezionalità del potere civile. La pervasività di questa "nuova" vulgata edulcorata è del tutto visibile e scoperta nelle opere di contenuto didattico, destinate alle scuole, come il volumetto di Marina Montesano Le streghe (Firenze, Giunti, 1996). Un'altra inquietante tesi viene avanzata nell'introduzione: quella di un perdurare nel nostro sistema giudiziario di alcuni meccanismi tipici del processo inquisitoriale, laddove per esempio il tribunale italiano ha reintrodotto nella sua prassi istituzionale il ruolo e la figura del "pentito", "una classica figura inquisitoriale, del tutto legata ad un ambito morale e personale che, in tal modo, contamina e stravolge l'intero iter giuridico del processo. Quanto al libro vero e proprio, di esso vorrei notare innanzitutto l'estrema leggibilità, un pregio non da poco in questo genere di studi scientifici, resa possibile dall'agile organizzazione dei capitoli, brevi e sintetici, che inquadrano gli avvenimenti e sono premessi alla vera e propria ripubblicazione degli atti del processo: "Storia di quanto accadde a Venegono Superiore nel 1520", "Inquisitori e autorità ecclesiastiche e civili", etc. Alla accurata descrizione del fascicolo si accompagnano poi alcune schede monografiche, una per ogni protagonista di questo processo, che si chiude con la condanna a morte tramite il fuoco di sette donne, di cui sei vive e una morta. L'unico uomo accusato, figlio e fratello di una di loro, riceve una pena più mite: l'esilio. Per ognuna ed ognuno dei protagonisti vengono descritti lo stato sociale, le accuse e il comportamento tenuto durante il processo. In genere dagli interrogatori si evince che le donne si sono autoaccusate di tutto: principalmente di aver ucciso bambini, ragazzi, buoi, porci, e di averlo fatto "toccando" la vittima, ma vi sono anche altri crimini di cui si riconoscono colpevoli, essenzialmente crimini a sfondo sessuale, come essersi accoppiate a diavoli, a demoni e di avere partecipato ai sabba. In genere le donne dichiarano di essersi lasciate convincere dalla promessa di un uomo che da quel momento in avanti le avrebbe fatte "stare bene". La prima chiamata a confessare era stata Margherita Fornasari, accusata con la figlia Caterina di essere strega ed eretica da un certo Giacomo da Seregno, da poco messo al rogo in quel di Monza per eresia e
stregoneria. Da questo episodio era partita l'inchiesta che aveva portato l'inquisizione ad interessarsi di Venegono, una frazione piccola e marginale. Margherita confessa subito tutto quanto le viene addebitato, con l'unica accortezza di non coinvolgere nessun'altra donna, né alcun altro uomo, ma il verbale del suo interrogatorio si chiude con la minaccia dell'Inquisitore, che le dà tempo ventiquattrore per pensare e confessare tutto, altrimenti minaccia di torturarla. Dai verbali degli altri interrogatori risulta che Margherita, da un certo punto in avanti, è morta. Come e perché non lo sappiamo, anche se è facile ipotizzare che sia morta sotto tortura. Dagli interrogatori veniamo anche a sapere che le "streghe" si servivano di un certo unguento, sempre lo stesso, che serviva sia per uccidere che per volare, e l'autrice dello studio si domanda come questo potesse accadere: "o le donne erano a conoscenza di antidoti che neutralizzavano il veleno contenuto nell'unguento e lasciavano agire solo la droga, oppure, come è più facile credersi, esse non uccidevano nessuno se non con la fantasia deformata dalle droghe che assorbivano attraverso le secrezioni vaginali. Non sfugge all'attenzione dell'autrice come sia i sabba che gli incontri carnali con il diavolo fossero delle proiezioni evidenti di desideri che la realtà quotidiana della vita di queste contadine negava e reprimeva. E' questa un'osservazione che è già stata avanzata per altri processi alle streghe, ricorre ad esempio anche nel caso di Gostanza da Libbiano. Durante l'interrogatorio di Caterina Fornasari ad esempio traspare un bisogno di tenerezza e di dolcezza che è a suo modo toccante: richiesta dall'inquisitore se provasse piacere durante il coito con il demonio, e se tale piacere fosse simile a quello provato con suo marito, aveva risposto: "No, nell'atto vero e proprio provavo meno piacere di quanto ne provassi con mio marito, perché il membro di Martino non era né duro né rigido, come è quello di un vero corpo, e quando era nella vulva risultava freddo, mentre nei preliminari, negli abbracci, nei baci, nelle tenerezze e carezze d'ogni tipo, Martino mi procurava maggior piacere, perché lui mi dava l'illusione di prediligermi sinceramente e profondamente". Martino è il nome del diavolo seduttore che compare in tutto il processo, anche se a volte invece dichiara di chiamarsi Angelino. Il sabba, che si svolgeva di norma una volta alla settimana, di solito il giovedì, era qualcosa che oggi - scrive l'autrice - sembrerebbe una scampagnata notturna, con finale in crescendo: "dopo aver mangiato, come esse ci raccontano, pane, carne di pollo e di maiale, e uova - che cocevano dentro caldaie durante la notte in mezzo alle radure - e aver bevuto del vino, il tutto portato da casa, esse ballavano e saltavano con i loro amanti, non trascurando di copulare". Però nei processi non troviamo traccia degli uomini che prendevano parte al sabba, nota la studiosa. Del resto, anche gli inquisitori erano convinti che fossero demoni, e pertanto sarebbe stato impossibile condannarli e sottoporli a un processo. "Non risulta che a qualcuno fosse mai venuto in mente che non di demoni si trattasse, bensì di uomini in carne ed ossa i quali altro non facevano se non spassarsela beatamente con delle donne pienamente convinte che fossero dei demoni" scrive la Marcaccioli Castiglioni, e si chiede "se mai uomo abbia avuto una copertura migliore di questa per sfuggire alle proprie responsabilità". Perché le donne confessavano crimini che non avevano commesso? Certo per paura della tortura, e perché l'Inquisitore era prodigo di promesse di perdono e misericordia, qualora l'accusata avesse mostrato pentimento, confessando i suoi crimini. Nel Malleus Maleficarum vi sono istruzioni precise, anche se crude e ciniche, riguardo a queste promesse di perdono. I due autori, Heinrich Institor e Jakob Sprenger, a loro volta famosi inquisitori del secolo XV, si premurano di avvertire gli altri inquisitori che si può promettere perdono e clemenza, per carpire una confessione. Basta che, una volta ottenuta, l'inquisitore vincolato da questa promessa abbandoni il processo e al suo posto subentri un altro inquisitore, che non ne è vincolato. Così accade anche in questo processo, dove ad un certo punto a frate Battista da Pavia subentra l'inquisitore Michele d'Aragona. E' degna di nota in questo contesto una donna, Elisabetta Oleari, che si proclama innocente dall'inizio alla fine, resistendo alle torture più tremende, le vengono perfino praticati esorcismi, lei sopporta fino allo svenimento ogni genere di tortura, ma non confessa. Forse sperava di riuscire a cavarsela in questo modo, ma anche questo fu inutile, perché in ogni caso la colpevolezza di Elisabetta era già ampiamente provata, secondo gli inquisitori, dalle testimonianze delle altre donne. Andrà rilevata per finire la ricchezza e la varietà del percorso iconografico che arricchisce questo saggio, che include disegni di Albrecht Dürer e di Leonardo, di Goya e di pittori contemporanei, oltre alle fotografie dei luoghi citati nel corso del processo. Vorrei concludere con una proposta provocatoria: alcuni passi degli atti del processo (in latino con testo a fronte) si prestano bene, secondo me, ad essere usati come versioni ad uso scolastico. Se si riuscisse a portare nelle aule un po' della complessità e della problematicità che emerge da questo genere di documentazione, forse anche la didattica del latino potrebbe ritrovare un nuovo senso.
La 'caccia alle streghe' ha infuocato due continenti durante i secoli dell'età moderna. La storia della 'caccia alle streghe' ha una periodizzazione finora rimasta indiscutibile. Il primo periodo vede i confessori avvertiti dai vescovi mettere attenzione ai racconti di donne che parlavano di strani viaggi e di incontri con una donna superiore, la 'signora del gioco', dai molti nomi Il secondo periodo inaugurato nel XVI secolo, con il Malleus Maleficarum vede invece la comparsa del diavolo nelle confessioni delle streghe. E su questo aspetto e sul rapporto sessuale con i demoni insistono gli interrogatori dei processi. Di qualsiasi genere siano le accuse queste sono provate nelle testimonianze e nelle stesse confessioni estorte con la tortura. Donne anziane e giovani sono accusate di essere un pericolo contronatura e una minaccia infanticida. Brillanti uomini - come Montaigne - e donne influenti - come Cristina di Svezia - intervennero con scritti e parole per dire contro la persecuzione delle donne, contro la giustizia religiosa, poi civile, contro le credenze assolute che portava con sè. Nonostante questo la 'caccia alle streghe' in tre secoli raccolse migliaia di condanne al rogo a donne processate, considerate ree confesse sotto torture che i codici avvallavano e richiedevano. E' trattato in uno studio di Ginevra Conti Odorisio il pensiero di Jean Bodin autore, nel XVI secolo, della Demonomanie. Testo scritto con il fine di correggere la debolezza dei giudici se latitava la fermezza a condannare un fenomeno ritenuto pericoloso alla saldezza dello stato. La 'ragione maschile' volle reprimere un fenomeno chè rasentava i terreni del potere femminile: la ginocrazia temuta fino dai tempi di Aristotele. E' riconoscibile attraverso Bodin un'epoca ostile verso un eventuale potere, sia della donna- regina che della donna-strega. Vale quanto afferma Milagros Rivera Garretas: > (pag.13) Più spesso le madri nella miseria abbandonavano i figli agli angoli delle strade, sul sagrato o sulla soglia delle case dei ricchi, a volte morivano questi bambini ma più spesso venivano "trovati" per diventare schiavi, servitori o prostitute, o figli adottivi. Questa situazione spiega la piccola dimensione della famiglia povera e l'ampiezza della famiglia ricca, così come la vasta popolazione servile formata in gran parte da giovanissimi. C'erano gli orfanatrofi come il celebre Ospedale degli Innocenti di Firenze aperto nel 1445 a raccogliere la prole abbandonata che, collocata nelle famiglie a servizio, sarebbe stata allevata e, le donne, a volte in cambio del nutrimento. Molti bambini e più spesso le bambine morivano durante l'allattamento. Solamente chi nasceva in una famiglia molto altolocata aveva la balia in casa. Questo servizio era infatti molto costoso. Fra tutti i salari della servitù i più alti erano quelli delle balie con una disparità notevole di denaro. Quindi la maggior parte delle ricche famiglie cittadine mandava la prole in campagna a vivere. Questi piccoli esseri crescevano in un periodo di tre e anche più anni, curati nella famiglia della balia: prima allattati, poi svezzati e nutriti. Molte di queste creature non sopravvivevano
da Ginevra Conti Odorisio, Famiglia e Stato nella di Jean Bodin, Giappichelli, Torino, 1999
Patriarcalismo e ginocrazia in Jean Bodin.
. L'aspetto centrale del pensiero di Bodin è - secondo l'autrice - la concezione patriarcalista della società > (pag.25) Bodin tenta di separare da un punto di vista giuridico: pubblico e privato. E come ci riesce? Azzerando il potere pubblico dei padri di famiglia, tutti uguali davanti al potere assoluto del principe. Contemporaneamente rafforza il potere privato dei padri sudditi in famiglia. Ma questa separazione dice l'autrice è un concetto fittizio - gli uomini partecipano di entrambe le sfere con vantaggi e privilegi. L'unica cosa che significa è l'esclusione della donna dalla sfera pubblica e delle facoltà più significative ed umane
Cita l'autrice le opere di quegli anni che volevano codificare la soggezione della donna al marito utilizzando il diritto romano, droit coutumier, diritto canonico. Esisteva anche una corrente di pensatori di ispirazione razionalista e umanistica > (pag.57). A questo potere - dice Bodin - doveva spettare il ripudio e il potere di vita e di morte sulla famiglia. La ragione di questa proposta è il ristabilimento dell'ordine sociale. La legge di Dio è pronta a giustificare altre norme: l'eredità alle figlie femmine negatagli a esclusivo uso dei maschi. Nel terzo capitolo G. Conti Odorisio analizza la parte dell'opera di Bodin relativa a Natura del potere e ginocrazia. Molte erano le donne fra il XVI e il XVII secolo salite al potere. In Francia si erano alternate le reggenti: Luisa di Savoia, Caterina de' Medici (1559, 1584)in ottemperanza alla legge salica. In seguito sono reggenti Maria de' Medici fino al 1617, Anna d'Austria (1643-61) C'erano state regine come Jeanne d'Albret, regina di Navarra, figlia di Margherita di Navarra, regine d'Inghilterra, Mary Tudor, Jane Grey, Elisabetta I Tudor, Mary Stuart. Per citare solo alcune delle donne che direttamente o per altre vie avevano avuto posizioni di potere, in quegli anni. Queste donne avevano sostenuto - grazie alla loro collocazione sociale - il protestantesimo, influenzando il marito, figli e figlie e l'ambiente sociale che le attorniava. > (pag.82) Coltissimo autore, Bodin, cita una vasta casistica storica a sostegno delle sue tesi sugli (pag.85) (pag.142) > Sostenendo che la grazia divina poteva essere ricevuta indistintamente da donne e da uomini, da ricche e da poveri e che la sua elargizione era personale e individuale, indifferente, quindi al sesso e alla classe sociale, Teresa riconobbe una dimensione infinita dentro di sè e con essa aprì un cammino di accesso diretto all'inaudito. Dio è la dimensione infinita che ella scopre dentro di sè, uno spazio sgombro nel quale riflettersi, un mediatore nel suo dialogo con se stessa che la gente della sua epoca poteva accettare non
senza difficoltà, un mediatore che scompare quando lei arriva al culmine del suo cammino: diventare lei stessa Dio:
Ipotesi di interpretazione sulla relazione madre figlia all'inizio dell'età moderna Milagros Rivera in Nominare il mondo al femminile (pag. 28) spiega la 'grazia divina', luogo di enunciazione esibito dalle donne del XVI secolo per giustificare la loro autorità di parola dalle accuse di plagio di libri di uomini: Progressivamente la come luogo originario e autorizzato del corpo e della parola si trasformò in un codice femminile che le autrici usarono ripetutamente soprattutto in situazioni di conflitto con il potere dell'ordine patriarcale: la grazia è allora l'unità di misura e di significato di un ordine simbolico differente. Nessuno tuttavia sembrava attribuire qualcosa alla propria madre: nè la vita, nè la parola, nè la memoria. Si direbbe che Antigone continua a essere fatta sparire
Luisa Muraro in Le amiche di Dio (pag.102) spiega il movimento teologico che scaturisce nelle beghine, in questo caso in Margherita Porete. Esso aveva incontrato qualche decennio prima Guglielma la Boema e come spiega in altre pagine - la letteratura cortese
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