storie della bibbia

September 9, 2017 | Author: iannone_rosaria | Category: Abraham, Flood Myth, Noah, Cain And Abel, Adam
Share Embed Donate


Short Description

per raccontare la bibbia ai bambini...

Description

RACCONTI DELLE ORIGINI

Alle origini del mondo Tanti e tanti millenni fa, all'inizio dei tempi, non c'era vita sulla terra. Tutto era informe e le tenebre ricoprivano ogni cosa; solo Dio esisteva. Un giorno Dio volle creare la vita, il giorno e la notte, l'uomo e gli animali. Cosi disse: «Sia luce». E la luce fu: allora nacquero il giorno e la notte e le tenebre cessarono di dominare il mondo. All'indomani Dio separò l'aria dalla terra e da quel momento il cielo coprì come una grande cupola tutte le cose. Venne il terzo giorno, quando Dio ordinò alle acque di raccogliersi in un solo luogo; così si formarono il mare e la terra, e la terra fu ricoperta di piante e germogli da cui nascessero altre piante per ricoprire tutto di alberi e di fiori. II quarto giorno Dio disse: «Ci siano luci nel cielo per distinguere il giorno dalla notte, per scandire gli anni, le stagioni e i giorni». Nacquero così il sole, la luna e le stelle. All'alba del quinto giorno non c'era ancora nessun essere vivente sulla terra é Dio ordinò: «Le acque si riempiano di pesci e gli uccelli volino nel cielo.» Così il mare si riempì di pesci grandi e piccoli che guizzavano nell'acqua e il cielo di uccelli dai colori stupendi. Nel sesto giorno Dio volle che la terra producesse tutti i tipi di animali, allora il suolo si ricopri di animali di ogni razza e specie, di tutti i colori e di tutte le forme: bestiame, rettili e bestie selvatiche. Dio guardò tutto quanto aveva creato e fu soddisfatto. Poi disse: «Qualcuno coltiverà questa terra e dominerà i pesci del mare, gli uccelli del cielo e ogni essere vivente che su di essa si muove. Egli si chiamerà Adamo e somiglierà a me». Raccolse un

2

pugno di polvere dal suolo, plasmò l'uomo e soffiando nelle sue narici gli comunicò la vita. L'universo era finito: Dio aveva completato la sua opera e tutto era ordinato, bello e perfetto. Egli consacrò quel giorno, il settimo, al riposo affinché tutti gli uomini avessero almeno un giorno alla settimana per riposarsi dal lavoro e dedicare i foro pensieri al Creatore. Nella pianura di Eden Dio creò un meraviglioso giardino e lì pose Adamo. Nel giardino crescevano alberi bellissimi, tra cui l'Albero della vita e l'Albero della conoscenza del bene e dei male; la terra era ricca e fiorente, irrigata dall'acqua di quattro fiumi: Pison, Ghicon, Tigri ed Eufrate. Dio condusse poi davanti ad Adamo tutti gli animali che aveva creato, perché egli non fosse solo, ma Adamo non trovò nessuno che gli fosse simile. Allora Dio fece scendere su di lui il torpore e mentre dormiva gli tolse una costola: con essa fece una donna che vivesse con lui nel giardino. Appena Adamo si svegliò guardò la nuova creatura é disse: - Questa volta essa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa. Essa sarà mia compagna e mia sposa. - Da quel giorno Adamo ed Eva vissero insieme amandosi l'un l'altra e curando il bellissimo giardino e ogni cosa che vi si trovava. Ogni giorno, sul far della sera, quando la brezza si alzava, Dio entrava nel giardino a dialogare con Adamo, la più perfetta tra le sue creature, quella a lui più cara: l'intesa tra l'uomo e Dio era perfetta, cosi come quella tra l'uomo e la donna e tra l'uomo e gli animali. Dio aveva messo a disposizione di Adamo ed Eva ogni cosa: terra, acqua, animali che li aiutassero nelle fatiche, alberi belli da guardare

3

e

carichi

di

frutti buoni da mangiare. Solo un divieto pose loro: l'Albero della conoscenza del bene e del male. - Potrete mangiare di tutti gli alberi dei giardino, fuorché dell'Albero della conoscenza del bene e del male: se lo farete ne morirete. Già a quel tempo, infatti, esistevano il bene e il male, anche se Adamo ed Eva ancora non lo sapevano. Un giorno un serpente, il più astuto tra gli animali che vivevano nel giardino dell'Eden, si avvicinò ad Eva e le chiese: - È vero che Dio vi ha proibito di mangiare i frutti degli alberi del giardino? Eva, ingenua, rispose: - Possiamo mangiare i frutti di tutti gli alberi, tranne quelli dell'Albero della conoscenza dei bene e dei male. Se ne mangiassimo ne moriremmo! E il serpente: - Non ne morirete affatto! Dio sa che se voi ne mangiaste diventereste sapienti e potenti come Lui, perciò ve lo ha proibito! Allora Eva guardò l'albero, vide che i suoi frutti parevano buoni da mangiare e pensò che sarebbe stato bello diventare saggi come Dio; così raccolse un frutto e lo assaggiò, poi ne porse un pezzetto ad Adamo e anche egli ne mangiò. Non appena lo ebbero fatto si guardarono, si accorsero di essere senza abiti e imbarazzati dalla loro nudità corsero a raccogliere foglie di fico per coprirsi. Per la prima volta provarono vergogna dei loro corpi e delle loro azioni. Per evitare il giudizio di Dio si nascosero tra gli alberi, ma udirono comunque la voce di Lui che tuonava: - Adamo, dove sei? - Ti ho sentito venire e mi sono vergognato della mia nudità, perciò mi sono nascosto.

4

- Anche prima eri nudo. Chi ti ha fatto sapere che lo sei? Hai forse mangiato i frutti dell'albero che ti avevo comandato di non mangiare? La paura di morire colse Adamo che, dimenticato l'amore per la moglie, rispose: - La donna che mi hai posto accanto mi ha dato il frutto e io l'ho mangiato. Ed Eva disse: - II serpente mi ha ingannata e io ho mangiato. Così Adamo ed Eva, per aver ascoltato la voce del serpente, furono cacciati dal giardino dell'Eden e terribile fu la punizione divina: da quel giorno essi conobbero fatica e dolore e persero il dono della vita in eterno. Vestiti da tuniche di pelle, abbandonarono il giardino e dovettero lavorare con fatica il suolo da cui essi stessi erano stati tratti: la nuova terra non era più verde e rigogliosa, ma secca ed erta di spini e l'erba campestre divenne il loro cibo. L'accordo tra Dio e uomo, tra uomo e uomo, tra uomo e animali in quel giorno si era spezzato. Dopo qualche tempo Adamo ed Eva ebbero due figli; gli anni passarono e Caino divenne agricoltore, mentre Abele scelse la pastorizia. Ormai erano lontani i tempi in cui Adamo ed Eva vivevano sereni nel giardino dell'Eden, senza conoscere la sofferenza, l'invidia e l'ingiustizia. Ora i cattivi pensieri erano presenti in loro e soprattutto lo erano in Caino: invidioso del fratello, sentiva che lui era il prediletto dei genitori e di Dio. Un giorno entrambi andarono a rendere un sacrificio a Dio: Caino offrì alcuni dei suoi ortaggi e frutti migliori, mentre Abele portò un agnello. Diversi erano i doni, ma soprattutto di verso fu lo spirito del sacrificio: Dio fu

5

soddisfatto dell'omaggio di Abele, ma non di quello di Caino, perché avvertiva che era stato fatto con lo spirito sbagliato. - Perché il tuo sguardo è così minaccioso? - chiese allora Dio a Caino. - Devi stare attento perché è proprio quando ti senti come ora che si commettono le azioni peggiori. Caino però lasciò che i cattivi pensieri avessero il sopravvento e un giorno invitò il fratello ad una passeggiata in campagna. Quando furono abbastanza lontani da non essere visti, Caino uccise Abele e ne nascose il corpo. Il gesto di Caino però non passò inosservato a Dio che lo chiamò: - Dov'è tuo, fratello? - Non lo so - rispose Caino mentendo. - Che cosa hai fatto? - proseguì Dio. - Il sangue di tuo fratello, che tu hai versato, chiede vendetta. Ora devi andartene, non puoi più coltivare la terra che ha bevuto quel sangue. Udendo le parole di Dio, Caino iniziò a piangere: il Signore notò in lui i primi segni di pentimento allora impresse sulla sua fronte un simbolo speciale. Esso sarebbe servito da ammonimento a non ucciderlo per chiunque lo avesse incontrato. Caino tristemente si allontanò e trascorse il resto dei suoi giorni in una terra che si chiamava Errante, a Est di Eden.

L'arca di Noè Passarono lunghi e incalcolabili anni. Adamo ed Eva ebbero altri figli, questi a loro volta si riprodussero, ebbero figli e nipoti e così fu per generazioni e generazioni. I tempi dell'Eden erano ormai leggenda nella bocca degli anziani: le tribù si spostavano di paese in paese alla ricerca di terra fertile da coltivare e spesso erano preda di fiere e bestie feroci; mano a mano che aumentavano gli uomini, moltiplicavano con loro i cattivi pensieri e le cattive azioni, tanto che Dio un giorno arrivò a pentirsi di avere creato l'uomo e decise di sterminarlo insieme a tutti gli animali che popolavano la terra. Solo un uomo era rimasto a quel tempo giusto e saggio: Noè, un vecchio rispettato da tutti, anche da Dio. Così un giorno Noè si sentì chiamare dal cielo e udì Dio che gli diceva: - È suonata l'ora della fine per l'uomo. Manderò il diluvio sulla terra e tutto quanto è su di essa morirà, ma con te io stabilisco un'alleanza. Costruisci un'arca, che sia lunga 150 metri, larga 25 e alta 15, poi entra nell'arca insieme a tua moglie, ai tuoi figli e alle mogli dei tuoi figli. Di ogni specie animale porta con te un maschio e una femmina affinché possa riprodursi ancora sulla terra una volta che il diluvio sarà finito. Noè costruì un'arca che potesse contenere tutti gli animali e appena fu finita vi entrò insieme alla moglie, ai figli, alle mogli dei figli e a due esemplari, maschio e femmina, di ogni specie animale: di quelle che strisciano sulla terra, degli uccelli che volano nel cielo, dei pesci che guizzano nel mare, del bestiame e delle bestie selvatiche. Nessun uomo capiva perché Noè avesse costruito quell'arca così grande e perché ci si fosse rinchiuso dentro insieme a tanti animali ed egli venne deriso da tutti, ma dopo sette giorni cominciò a piovere: piovve a dirotto per quaranta giorni e per quaranta notti. Le

2

acque del mare, dei laghi e dei fiumi si innalzarono sempre più e coprirono la terra annegando ogni creatura vivente. Nulla e nessuno restò vivo al mondo eccetto Noè con la sua famiglia e gli animali che egli aveva caricato sull'arca. Anche i monti furono ricoperti e Noè dalla sua barca non vedeva altro che acqua, qualunque fosse la direzione in cui guardava. Fu così per 150 giorni e 150 notti, poi finalmente la pioggia cessò e il vento cominciò a spazzar via l'acqua che aveva ricoperto la terra. Per altri 150 giorni e 150 notti le acque gradualmente si abbassarono fino a che l'arca non smise di rollare avanti e indietro e alla fine si posò sulla vetta riemersa del monte Ararat. Dopo dieci mesi dal giorno del diluvio finalmente riapparvero le cime delle montagne. Noè attese altri 40 giorni, poi fece uscire dall'arca un corvo: questi volò un po' lì intorno, poi fece ritorno. In seguito Noè mandò fuori una colomba e anche questa, non trovando nessun posto dove potersi appoggiare, dopo un po' ritornò sull'imbarcazione perché c'era ancora acqua su tutta la terra. Noè attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca: questa volta essa tornò a lui sul far della sera stringendo nel becco un ramoscello d'ulivo. Noè ne fu molto felice perché capì che le acque si stavano ritirando dalla terra. Aspettò altri sette giorni poi lasciò ancora una volta andare la colomba ed essa questa volta non tornò più: Noè si rese conto che doveva aver trovato un posto in cui stabilirsi tra gli alberi. Passarono altri quattro mesi e finalmente tutta la terra fu asciutta allora Noè usci dall'arca insieme alla moglie, ai figli, alle mogli dei figli e a tutti gli animali che aveva portato con sé. La prima cosa che egli fece fu prendere alcune pietre per costruire un altare a Dio e ringraziarlo per averli salvati.

3

Dio ne fu molto felice e promise a Noè: - Mai più distruggerò tutti gli esseri viventi, né maledirò il suolo che l'uomo coltiva. Finché ci sarà il mondo ci sarà sempre il tempo della semina e quello del raccolto, il freddo e il caldo, l'estate e l'inverno, il giorno e la notte e mai cesseranno. E per lasciare un segno tangibile della sua promessa, Dio fece apparire un arcobaleno: da quel giorno, ogni volta che l'arcobaleno appare nel cielo, gli uomini sanno che Egli sta ricordando la promessa fatta.

La torre di Babel Noè e i suoi figli si stanziarono nei territori circostanti e cominciarono ad avere altri figli, che a loro volta ebbero dei figli, cosicché Noè in pochissimo tempo si trovò con nipoti, pronipoti e nipoti dei nipoti. Ben presto le famiglie diventarono così grandi che formarono delle vere e proprie tribù anche se tutte parlavano la stessa lingua e avevano i medesimi costumi. Le genti di tutte queste tribù si sentivano così sicure e orgogliose di sé che iniziarono a costruire una torre nella pianura di Sennaar, nell'attuale Iran: questa torre avrebbe dovuto essere tanto alta da ricordare a tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutti i paesi, la loro grandezza. La torre diventava di giorno in giorno più imponente e ormai molti uomini pensavano di aver raggiunto la perfezione, la similitudine con il Signore. Dio allora volle punire questa presunzione: non scatenò questa volta un altro diluvio, poiché aveva fatto una promessa solenne a Noè, ma durante la notte confuse la lingua che la gente parlava, creando tante varietà di parola. L'indomani architetti, ingegneri e manovali si recarono alla torre, ma, quando iniziarono a discutere dei progetti e dei lavori, non si capivano più: ad ognuno pareva che l'altro emettesse suoni senza senso. Cominciarono a gesticolare, a urlare, poi se ne andarono, a piccoli gruppi uniti dalla stessa lingua. Da allora gli uomini iniziarono a vedere gli altri gruppi come stranieri appartenenti a nazioni diverse che parlavano lingue differenti e la torre divenne conosciuta come torre di Babele, che significa caos.

Il lungo viaggio di Abramo Tanti e tanti secoli fa, correva il XVIII sec a. C., vivevano nella terra di Mesopotamia Abramo e la moglie Sara. Entrambi credevano in Dio e per questo spesso erano derisi: a quel tempo, infatti, la maggior parte degli uomini adorava idoli e dei e ancora pochi, solo gli Ebrei, pregavano un unico Dio. Gli Ebrei, inoltre, non avevano una terra stabile in cui vivere: essi andavano continuamente alla ricerca di nuove terre per il pascolo. Un giorno Dio decise di dare a questo popolo una terra in cui stanziarsi stabilmente e di fare di lui una nazione forte e unita, cosi apparve ad Abramo e gli disse: - Devi lasciare questo paese e andare dove io ti indicherò. Avrai molti discendenti ed essi si moltiplicheranno fino a diventare una grande nazione. II vecchio Abramo non aveva idea di dove fosse questa terra, ma ebbe fiducia in Lui e si mise in viaggio insieme a sua moglie Sara, a suo nipote Lot e ad alcuni schiavi. Il cammino fu lungo e duro, ma alfine giunsero nella terra di Canaan, lungo il fiume Giordano. Dio allora volle premiare Abramo per aver avuto fiducia nelle sue parole e gli disse: - Tutto il paese che vedi, io lo darò a te e ai tuoi figli. Abramo era perplesso: sapeva di dover credere in Dio, ma si chiedeva tra sé: «Di quali figli sta parlando? lo e Sara non abbiamo figli!» Allora Dio aggiunse: - Tra un anno, in questo stesso giorno, a questa stessa ora, tua moglie Sara partorirà un bambino che chiamerete lsacco. Sara, da dietro la tenda, udì queste parole e dentro di sé rise: era ormai troppo vecchia e stanca per avere figli. Ma un anno dopo, esattamente lo stesso giorno e alla stessa ora, ella diede alla luce il figlio promesso. Isacco crebbe e quando ormai era un giovinetto, Dio volle mettere per un'ultima volta alla prova la fede di Abramo. Così lo chiamò: -

2

Abramo, prendi tuo figlio lsacco, conducilo nel territorio di Moria e offrimelo in sacrificio. L'indomani Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio lsacco e si mise in cammino verso il luogo che Dio gli aveva indicato. - Padre, - disse lsacco - ecco qua la legna per il fuoco, ma dov'è l'agnello per il sacrificio? Tutto ciò che Abramo poté rispondere fu: - Dio ne provvederà uno! Quando arrivarono nel territorio di Moria, Abramo costrui l'altare, vi collocò sopra la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare. Poi prese il coltello e stava per colpirlo quando dal cielo un angelo gli disse: - Fermati Abramo, non uccidere il tuo unico figlio. Ora Dio sa che lo ami sopra ogni cosa. Sii tu benedetto insieme a tutta la tua discendenza. Abramo allora alzò lo sguardo, vide un ariete impigliato per le corna ad un cespuglio e lo offri in sacrificio; abbracciò il figlio e insieme se ne tornarono a casa.

IL SOGNO DI GIUSEPPE Da quel giorno, per lunghi anni, Abramo, i suoi figli e i figli dei suoi figli abitarono nella terra di Canaan. Giunse così il XVII sec. a.C. A quel tempo viveva a Canaan un giovane di nome Giuseppe. Egli era l'undicesimo di dodici fratelli, il prediletto dal padre Giacobbe. Giuseppe aveva diciassette anni quando il padre gli donò una tunica dalle lunghe maniche e dai molti colori, abito usato a quel tempo dalle persone importanti. Alla vista di quella tunica i fratelli iniziarono a invidiarlo apertamente e la loro invidia si tramutò in odio quando Giuseppe raccontò loro il sogno fatto quella notte. - Fratelli, ho sognato che noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna quando il mio covone si alzava, mentre i vostri gli si inginocchiavano davanti. Vorresti forse dire che tu regnerai su di noi? L'indomani i fratelli uscirono come al solito per portare le bestie al pascolo, Giuseppe li avrebbe raggiunti più tardi. Quando lo videro arrivare, cominciarono a complottare tra loro. - Ecco, arriva colui che vuole essere il nostro signore. Avanti uccidiamolo e nascondiamo il suo corpo, - disse uno. - Ma un altro fratello, di nome Ruben, suggerì: Fratelli, non uccidiamolo, gettiamolo piuttosto in quel pozzo e lasciamolo lì. Così fecero come aveva detto Ruben: appena arrivò Giuseppe, lo spogliarono della sua tunica dai molti colori e lo gettarono nel pozzo. Poco dopo passò di lì una carovana di mercanti diretta in Egitto. Disse allora Giuda, un altro fratello: - Che guadagno c'è a uccidere Giuseppe? Piuttosto vendiamolo a questi mercanti! Giuseppe fu venduto per venti soldi d'argento e i fratelli tornarono a casa dal padre con la sola tunica cosparsa di sangue e lacerata. Intanto i mercanti erano arrivati in Egitto e Giuseppe fu venduto schiavo a Putifarre, uno dei consiglieri del Faraone e capitano delle guardie. Putifarre era così contento di come lavorava questo schiavo che in pochi anni ne fece il suo servo di fiducia. Giuseppe era un giovane bello d'aspetto e gentile di cuore e la moglie di Putifarre, innamoratasi di lui, gli confessò il suo amore. Giuseppe la rifiutò: - Non potrei mai rubare la moglie al mio padrone!

2

Allora

ella,

offesa

nel

suo orgoglio, chiamò il marito e gli disse che Giuseppe l'aveva sedotta: Putifarre credette alle parole della moglie e cacciò il suo giovane servo in prigione. Capitò dopo qualche tempo che il coppiere e il panettiere dei Fāraone finirono in carcere e lì conobbero Giuseppe. In una medesima notte essi fecero entrambi un sogno e lo raccontarono a Giuseppe. Disse il coppiere: - Nel mio sogno ho visto una vite con tre tralci. lo tenevo la coppa del faraone sotto l'uva, ne spremetti il succo nella coppa e gliela porsi. Gli rispose Giuseppe: - Fra tre giorni il Faraone ti libererà e tu tornerai a essere suo coppiere. Per favore, quando uscirai ricordati di me, perché io sono stato portato via ingiustamente dal paese degli Ebrei e ingiustamente sono stato condotto in carcere. Parlò poi il panettiere: - lo stavo trasportando tre ceste dì pane sulla testa e in quella che stava sopra c'era ogni sorta di cibi cotti al forno dei Faraone, ma gli uccelli li mangiavano. Giuseppe gli rispose: - Fra tre giorni il Faraone ti farà impiccare e gli uccelli mangeranno la tua carne. Dopo tre giorni si festeggiava il compleanno del Faraone: egli liberò il coppiere e lo restituì alla sua carica, mentre fece impiccare il panettiere, così come aveva predetto Giuseppe. II capo dei coppieri però si dimenticò completamente di intercedere per lui presso il Faraone: ci vollero due anni perché se ne ricordasse.

3

Dopo due anni, infatti, lo stesso Faraone fece un sogno. Sognò di essere in piedi sulla riva del Nilo e di vedere sette vacche grasse uscire dalle acque e mettersi a pascolare tra i giunchi. Ed ecco che subito dopo, sette vacche magre uscivano dalle acque e divoravano le sette grasse. Poi sognò che sette belle spighe di grano spuntavano da un unico stelo, ma ecco che altre sette spighe vuote e arse dal vento d'oriente crescevano dopo quelle e se le divoravano. II mattino dopo il Faraone convocò tutti gli indovini e i saggi d'Egitto e raccontò loro il sogno, ma nessuno lo seppe interpretare. Improvvisamente il coppiere si ricordò di Giuseppe e disse al Faraone: - Due anni fa conobbi un giovane Ebreo che fu capace di interpretare un mio sogno e tutto quello che mi disse si è avverato. II Faraone mandò a chiamare Giuseppe e gli raccontò i suoi sogni. Disse allora Giuseppe: - I due sogni significano la stessa cosa. Le sette vacche grasse e le sette spighe piene sono sette anni, così come pure sono sette anni le sette vacche magre e le sette spighe vuote. Ciò vuol dire che ci saranno sette anni di buoni raccolti a cui seguiranno sette anni di carestia. Dio ha voluto farti sapere ciò affinché tu possa trovare un uomo intelligente e saggio da mettere a capo dei paese. Per i sette anni di abbondanza egli dovrebbe far immagazzinare un quinto del raccolto: queste scorte saranno a disposizione quando ci sarà la carestia e così la gente non morirà di fame. Il Faraone lo ascoltò poi disse: - Se Dio ti ha manifestato tutto questo, ciò significa che nessuno è più saggio e intelligente di te. lo ti metterò a capo dei paese e tutto il mio popolo si schiererà ai tuoi ordini. Quindi Giuseppe partì e percorse l'intero Egitto. Egli per sette anni raccolse; viveri e i magazzini di tutte le città si riempirono di grano;

4

poi arrivarono i sette anni di carestia: ovunque essa seminò fame e: disperazione fuorché in Egitto. La notizia della ricchezza dell'Egitto si diffuse presto negli altri paesi che soffrivano la carestia e vennero genti da tutto il mondo per comprare il grano. Anche Giacobbe, padre di Giuseppe, lo venne a sapere e mandò i suoi figli in Egitto perché potessero comprare il grano. Quando i fratelli di Giuseppe giunsero davanti a lui, non lo riconobbero e gli si prostrarono davanti chiedendogli del grano. Giuseppe, finse di non conoscerli per metterli alla prova e capire se i fratelli erano pentiti del gesto compiuto e solo quando ne ebbe la certezza gridò loro: - lo sono Giuseppe, il fratello che voi vendeste. Ma non sentitevi in colpa: io vi ho perdonato. Ora, correte da nostro padre Giacobbe, portatelo qui e di nuovo staremo tutti insieme, padre, figli e figli dei figli. - Poi baciò tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé. l fratelli corsero dal padre e lo caricarono sul carro insieme ai loro bambini e alle loro donne, presero il bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nel paese di Canaan e partirono per l'Egitto. II Faraone mise a loro disposizione uno dei territori più fertili di tutto il paese, la terra di Gosen, e Giacobbe e la sua famiglia diventarono ricchi ed ebbero molti figli.

View more...

Comments

Copyright ©2017 KUPDF Inc.
SUPPORT KUPDF