Storia Moderna - Carlo Capra PDF

April 8, 2017 | Author: Z3RoCooL11 | Category: N/A
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Storia Moderna - Carlo Capra PDF...

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Carlo Capra STORIA MODERNA (1492-1848)

PARTE PRIMA – LA LUNGA DURATA

1.

La popolazione e le strutture familiari

1.1 Fonti e metodi: •

Teoria malthusiana e teorie neomalthusiane: la popolazione cresce geometricamente (→ 1-2-48-16) mentre le risorse crescono aritmeticamente (→ 1-2-3-4-5) per la regge dei rendimenti decrescenti (gli incrementi produttivi di una zona col tempo diminuiscono) Freni possibili: freni repressivi (carestie, epidemie, guerre) oppure freni preventivi (controllo forzato di matrimoni e natalità).



Statistica



Registri ecclesiastici



Ricostruzione nominativa delle famiglie (schede di famiglia per ogni matrimonio celebrato nella stessa parrocchia in un arco di tempo, trascrizione su questa scheda di tutti gli eventi demografici riguardanti la coppia cui è intestata; ha il difetto che permette di considerare solo una parrocchia per volta. Le schede chiuse –di cui si sa inizio fine precisa sono relativamente poche rispetto al lavoro che serve)



Piramidi sulla quantità di popolazione divisa per fasce d’età: permette di avere un’idea della speranza di vita e costruire indici di mortalità o natalità.

1.2 La popolazione europea nell’età moderna NB: in Africa e America c’è un arresto dello sviluppo demografico alla fine del ‘500 per via degli interventi europei sul suolo americano e per via dell’esportazione di schiavi neri in America. 3 GRANDI FASI: • •



1450-1630 crescita generale continua lenta costante 1630-1700 calo improvviso: indici di mortalità del 30-35%, quasi uguali a quelli di natalità, del 35-40%; questo indice aumenta facilmente in concomitanza con guerre, carestie, epidemie: vedi Peste; + NB matrimoni tardivi e allattamenti prolungati, + spesso per morte di un coniuge si interrompeva il matrimonio anche se la donna era ancora fertile. 1700-1800 rapida crescita. Aumento della natalità e diminuzione della mortalità.

1.3 La storia della famiglia. Classificazione di Cambridge: 5 tipi di aggregati: 1) famiglia nucleare (coniugi + figli) 2)

famiglia estesa (nucleare + un convivente, per es un fratello o un genitore dei coniugi)

3)

famiglia multipla (almeno due nuclei, per es genitori dei coniugi + coniugi + figli)

4) 5)

famiglie senza struttura (alla cui base non c’è un rapporto matrimoniale, per es fratelli celibi, vedova con figlia nubile) i solitari.

Laslett e Hajnal: due diversi modelli matrimoniali e familiari nell’ancien régime: A)

Europa nord-occidentale: 1)

B)

uomini e donne si sposano tardi, e il 10/15% di loro non si sposava affatto

2)

residenza neolocale dopo le nozze = mettevano su casa per conto proprio, formando una famiglia nucleare.

3)

Presso molte famiglie, prima del matrimonio, molti giovani passavano diversi anni fuori dalla famiglia, a servizio presso un’altra.

Europa orientale e meridionale: 1)

matrimonio precoce

2)

residenza patrilocale

3)

no servizio prenuziale presso altre famiglie.

Ma questi studi sono insufficienti a rappresentare le realtà più specifiche. Le famiglie andrebbero studiate da un punto di vista economico, giuridico, sociale, poiché la famiglia non rappresentava solo un’unità di consumo, ma specialmente di produzione: le dimensioni dell’aggregato domestico erano legate a quelle del fondo coltivato e alla quantità di lavoro da esso richiesta. Per quanto riguarda le élites, la preoccupazione di mantenere il patrimonio unito dava vita a fenomeni come il fidecommesso (col testamento si vincola l’erede a mantenere unito il patrimonio e a trasmetterlo a una sola persona) e la primogenitura, o maggiorascato (solo il figlio maggiore accede all’eredità). Facevano parte delle strategie familiari per il mantenimento del potere anche la destinazione dei figli cadetti a carriere militari, ecclesiastiche, giudiziarie, e delle figlie al nubilato o alla monacazione; molta importanza avevano, in questa mentalità, le alleanze matrimoniali e le reti allargate di parentela agnatizia (parentela tra i discendenti di stesso padre) o cognatizia (acquisita tramite unioni matrimoniali). Modelli di famiglia riguardo ai rapporti interni: •

1450-1630: famiglia a lignaggio aperto: formalismo e freddezza tra coniugi, genitori e figli; importanza attribuita al casato; controllo del parentado e della comunità sulla vita familiare.



1550-1700 famiglia nucleare patriarcale ristretta: accentuazione del ruolo autoritario del pater familias, riflesso del potere assoluto del monarca sulla società, sviluppo dei legami affettivi tra coniugi; risalto all’educazione cristiana e al disciplinamento della prole.



1620-1800 famiglia nucleare domestica chiusa: individualismo affettivo = si attenua il divario gerarchico tra coniugi e tra genitori e figli, nuova tenerezza.

Sono tesi difficili da applicare e dimostrare all’intera società, data l’esistenza di livelli diversi di cultura, ricchezza, forme di sensibilità. Sono modelli simili a quelli applicati per studiare le cosiddette “società primitive” in antropologia.

2. L’economia dell’Europa preindustriale

2.1 L’agricoltura: risposta estensiva e intensiva Dopo il Mille l’agricoltura europea aveva compiuto notevoli progressi: nel nord e nel centro Europa si poterono mettere a coltura i terreni umidi e argillosi grazie ad: aratro pesante (con avantreno, coltro e versoio), ferratura e bardatura dei cavalli, rotazione triennale (un anno a frumento o segale, un anno ad orzo e avena, un anno a riposo). Nel Mediterraneo, invece la scarsità di piogge e la natura friabile dei terreni ostacolarono l’applicazione di queste tecniche: rimasero imperanti rotazione biennali e aratro leggero; ebbero invece maggiore rilievo le colture arboree: olivo, vite, alberi da frutta. Tra 1450 e 1750 l’organizzazione produttiva delle campagne non registrò grandi mutamenti, salvo in aree limitate. L’aumento demografico durante il Cinquecento fece naturalmente crescere la domanda di derrate alimentari; le risposte potevano essere due: estensiva (allargamento della superficie coltivata) oppure intensiva (crescita della produttività delle zone già coltivate; NB: produttività = quantità di prodotto per unità di superficie). Nel XVI secolo prevalse lo sfruttamento estensivo, ampliando la coltura ai terreni incolti, abbandonati durante la crisi demografica di XIV e XV secolo; questo fece diminuire le aree adibite a pascolo, decrementando la diffusione della pastorizia. Questo causò, naturalmente, una minor quantità di concime disponibile. NB: ampia privatizzazione di terre incolte, anche per opera di apposite magistrature, vd Veneto. Inoltre si verificò in quegli anni la cosiddetta Piccola Glaciazione. 2.2 Il regime fondiario e i rapporti di produzione. L’Europa centro-occidentale. Nel basso Medioevo si vide nell’Europa centro-occidentale la disgregazione della feudalità come sistema di governo e l’erosione dei poteri signorili nelle campagne, a causa di: q

crisi demografica (la manodopera doveva essere pagata di più),

q

tendenza generale dei signori fondiari a monetizzare le prestazioni loro dovute,

q

rivolte contadine esplose in varie aree tra la metà del Trecento e i primi decenni del Cinquecento.

All’inizio dell’età moderna i coltivatori erano liberi di sposarsi, trasferirsi, disporre delle proprie terre se ne possedevano. Le corvées erano limitate a poche giornate all’anno. La riserva signorile non era più sfruttata grazie al lavoro coatto dei servi della gleba, ma era stata frazionata in poderi affittati a famiglie coloniche con una varietà di patti agrari (livello = canone fisso in natura o denaro stabilito per un lungo periodo di tempo; piccolo fitto; mezzadria = podere e abitazione in cambio della metà dei raccolti) ♦ Ovunque: l’aumento demografico nel XVI secolo e più tardi nel XVIII secolo si accompagnò a processi di proletarizzazione nelle campagne = diminuzione dei coltivatori autosufficienti o provvisti di eccedenze da vendere, moltiplicazione dei contadini poveri/nullatenenti, riduzione del potere d’acquisto dei salari. ♦

La proprietà contadina fu influenzata dall’evolversi dei tipi di rapporto feudale:

Si calcola che in Francia e Germania i coltivatori diretti possedessero circa la metà del suolo coltivabile; in Inghilterra però i copyholders (insediati a titolo ereditario, e che pagavano una tassa d’ingresso a ogni generazione e un canone annuo in denaro) subirono un’offensiva signorile mirata a trasformarli in affittuari a breve scadenza: per questo e per il problema delle recinzioni la piccola proprietà coltivatrice era circa 1/5 del suolo. In Italia lo stesso risultato fu effetto dell’espansione a macchia d’olio della proprietà urbana e della crisi delle piccole aziende (dovuta ad andamento demografico, clima, prestito usuraio) à scomparsa della proprietà contadina vicino alle città. ♦ I prelievi sui contadini potevano costituire dal 20 al 60-70 % del prodotto lordo, per cui restavano pochissime risorse per investimenti e innovazioni, già di per sé avversate dalla mentalità contadina (l’impronta comunitaria che contrassegnava i lavori agricoli scoraggiava le novità e l’iniziativa individuale); inoltre grandi e medi proprietari trovavano più facile acquistare nuove terre e aumentare il prelievo sui coloni, costretti dalla concorrenza ad accettare, che non persuadere i coloni stessi a impiegare tecniche più avanzate che producessero di più. Solo in aree particolarmente favorite dal punto di vista ambientale (es: pianura padana) o dove era meno forte la pressione demografica sul suolo da parte dei contadini poveri (Inghilterra e Olanda) fu possibile introdurre delle notevoli trasformazioni. I prelievi sui contadini erano i seguenti: •

residui dei diritti feudali (di diversa ampiezza a seconda dello sviluppo delle città): -giurisdizione e potere di banno (competenza del giudice signorile sulle minori cause civili e penali); -censo annuo per i proprietari di terre comprese nel feudo; -(localmente) decima feudale (champart); -diritti in occasione di vendita o trasmissione ereditaria di beni fondiari; -abusi feudali: estorsioni coatte



decima ecclesiastica (spesso in natura subito dopo il raccolto)



imposte statali



rendita fondiaria, se non erano proprietari

2.3 L’Europa orientale

Enormi estensioni di terreno pianeggiante e fertile, sparsamente popolate Ø

Scarsità della forza lavoro

Ø

Città e comunità di villaggio deboli

Ø

Istituzioni statali incapaci di fare da contrappeso all’aristocrazia fondiaria

♦ La servitù della gleba venne rafforzata dal XV secolo e introdotta anche in quelle aree dove prima era sconosciuta (secondo servaggio), a causa della diffusione dell’economia di mercato, che se da una parte apriva alle regioni affacciate sul mare (Polonia, Prussia) la possibilità di esportare più cereali, dall’altra spingeva i proprietari a procurarsi con ogni mezzo il denaro necessario per l’acquisto di prodotti di lusso: la via più agevole era la coercizione extraeconomica nei confronti dei contadini. Il territorio agricolo di un villaggio prussiano, polacco o russo era diviso tra una o due grandi tenute signorili e un certo numero di poderi rustici; le famiglie insediate in questi piccoli poderii traevano dai campi il necessario per vivere, ma dovevano una parte preponderante del loro tempo al loro signore; d’estate essi prestavano servizio nei campi, in inverno prestavano servizio domestico e fornivano manodopera per le attività industriali (distillazione birra e vodka, estrazione mineraria). I prodotti eccedenti i bisogni del signore erano commercializzati all’esterno, e il ricavato serviva ad acquistare beni di lusso e manufatti occidentali. Tale sfruttamento indiscriminato era possibile per via della totale soggezione dei contadini servi all’autorità del signore, che amministrava la giustizia e riscuoteva le tasse in nome dello Stato. Tra XVI e XVII secolo le loro condizioni di vita andarono deteriorandosi anche a causa della sfavorevole congiuntura economica: aumentarono le dimensioni medie delle tenute singorili, e ancora di più crebbe il numero di giornate di lavoro dovute. Nella monarchia austriaca le giornate di lavoro non potevano superare i 12 giorni l’anno in Bassa Austria, ma potevano arrivare a 156 in Boemia. In Russia era diffusa, oltre alla servitù della gleba, anche la servitù personale, cui era sottoposto il 10 % della popolazione (persone potevano essere vendute anche a prescindere dalla terra); codice del 1649 dello Zar elimina la prescrizione di tempo per la cattura dei fuggiaschi; solo nella seconda metà del Settecento le pretese dei signori fondiari vennero limitate per legge, e la servitù della gleba venne abolita nel XIX secolo. ♦ Non sempre le masse rurali accettavano questo tipo di oppressione, specialmente quando andavano a cadere anche le antiche consuetudini, o quando si deterioravano di colpo le condizioni di vita e lavoro –spesso in occasione di scissioni e conflitti al vertice della società- e spesso davano vita a manifestazioni di protesta che potevano tradursi nel ricorso alle vie legali, nelle suppliche alle supreme autorità contro i superiori immediati, e nelle sommosse violente, talvolta estese a regioni intere. Primo ciclo di rivolte: inizia nella seconda metà del XIV secolo e termina, con le ultime recrudescenze, nei primi decenni del Cinquecento. Obiettivo = signori feudali: v

1514 Gyögy Dósza in Ungheria

v

1520-21 Comuneros in Castiglia

v

1524-25 Guerra dei contadini in Germania

Secondo ciclo di rivolte: nel XVII secolo. Obiettivo= nelle aree si primo servaggio: fisco e agenti del fisco; nelle aree di secondo servaggio resta predominante l’indirizzo antisignorile! Vedi (secondo servaggio): v

1648 Stenka Razin e cosacchi ucraini

v

1773-74 Pugacëv in Russia

v

1775 contadini boemi

v

1784 contadini valacchi

Con la Rivoluzione francese e i moti controrivoluzionari scoppiati sempre nella Francia stessa e in latri Paesi raggiunti dagli eserciti francesi (Italia e Spagna), i moti contadini acquistano una valenza politica che si sovrappone, senza cancellarle, alle forme arcaiche di protesta. 2.4 L’economia urbana •

Milioni di famiglie contibuivano a provvedere largamente da sé, costruendo rudimentali abitazioni e mobili con i materiali reperibili sul luogo, filando e tessendo lenzuola e rozzi rudimenti di lana, di lino o di canapa, raccogliendo la legna nei boschi. In molte zona, un’industria rurale era talvolta di notevole importanza.



Gran parte degli oggetti di uso quotidiano continuava ad essere prodotta da artigiani che lavoravano da soli, o con pochi collaboratori, nella propria abitazione o in laboratori che fungevano anche da botteghe per la vendita.



La maggiore novità che presentano i secoli XV-XVIII rispetto al Medioevo, per quanto riguarda l’organizzazione produttiva, sta nella gran diffusione del sistema noto come industria a domicilio o protoindustria. La figura centrale era il mercante imprenditore, il quale acquistava la materia prima e la affidava a operai che la lavoravano nella propria abitazione, spesso con l’aiuto dei familiari, ed erano retribuiti a cottimo.



L’epoca tra il 1500 e il 1750 viene considerata di sviluppo tecnologico, ma non di rivoluzioni tecnologiche; nel campo della meccanica si ebbe tuttavia una serie di perfezionamenti.

2.5 Moneta, prezzi, mercato •

In Europa tra il XVI e il XVIII seclo l’economia monetaria era ormai universalmente diffusa; erano l’oro e l’argento a determinare il valore di scambio.



La produzione di argento delle miniere europee probabilmente raddoppiò tra la metà del Quattrocento e il 1530 circa. In seguito, la disponibilità di oro e d’argento fu sensibilmente accresciuta dalle importazioni di questi metalli dal Nuovo Mondo.



L’aumento della produzione industriale e la crescente richiesta di generi di prima necessità

portarono tra il tardo Quattrocento e gli inizi dei Seicento a una grande espanzione dei traffici. Il trasporto per via d’acqua continuò ad essere il preferito. Sembra che la navigazione abbia compiuto in questo periodo progressi più rapidi che non il trasporto per via terra, grazie al perfezionamento degli strumenti nautici e alla costruzione di navi via via più maneggevoli e adatte alle necessità del commercio. •

Il Mediterraneo mantenne più a lungo di quanto un tempo si credesse la sua vitalità come crocevia degli scambi tra oriente e occidente e tra Europa e Africa. Un’importanza crescente vennero assumendo, tra il XVI e XVII secolo, gli scambi tra Europa centro-occidentale e orientale attraverso gli stretti che mettono in comunicazione il mare del Nord con il Baltrico.



Nei lucrosi traffici dell’Atlantico gli olandesi si ritagliarono una quota di rilievo, ma qui dovettero presto affrontare la concorrenza inglese e francese. Accanto a questi scambi vennero acquistando sempre maggiore importanza i rapporti commerciali con Nuovo Mondo scoperto da Colombo. I coloni che in numero crescente si stabilivano oltre oceano avevano bisogno di tutto e potevano pagare queste importazioni con l’oro e l’argento estratti dai fiumi e dal suolo. I paesi iberici cercarono di riservare a se stessi i benefici di questi traffici, ma si fece sempre più aggressiva la presenza dei mercanti e dei porati di varia provenienza lungo el coste dell’America centro-meridionale. Particolamente redditizio si rivelò il commercio degli schiavi neri; le navi negriere partivano dai porti europei carichi di varie mercanzie (ferramenta, armi da fuoco, tessuti) che vendevano lungo le coste dell’Africa ai capi indigeni in cambio di schiavi, ottenuti da costoro con continue razzie all’interno. Con questa merce umana stivata e incatenata sotto coperta attraversavano poi l’Atlantico e facevano scalo in uno dei porti dove le attendevano i piantatori o gli intermediari. Il denaro guadagnato con la vendita degli schiavi veniva reimpiegato nell’acquisto di generi coloniali (zucchero, caffè, tabacco) da rivendere in patria. I profitti di questo “commercio trinagolare” erano altissimi. La trattadegli schiavi raggiunse l’apogeo nel XVIII secolo, per poi declinare anche per effetto dello sviluppo dei movimenti abolizionisti.



Carattere diverso ebbe l’interscabio tra l’Europa e l’Asia. L’impero portoghese si basava sul possesso di scali e fattorie e su accordi coi potentati locali. Le spezie e gli altri prodotti dell’oriente che prima raggiungevano l’Europa attraverso l’intermediazione genovese e veneziana presero ora in larga misura la via di Lisbona. Protagoniste assolute dei traffici con l’oceano indiano furono le compagnie privilegiate costituite a partire dal tardo Cinquecento in Inghilterra, nelle Province Unite e in Francia. Il primo consiste sostanzialmente in una corporazione di mercanti, che godono collettivamente del monopolio di un certo genere di traffico, ma operano individualemnte o associati in piccole imprese. Le Compagnie delle Indie erano società per azioni, il cui capitale era diviso in quote possedute da mercanti e finanzieri i quali percepivano ogni anno dividend, ovvero utili proporzionali alla rispettiva quota del capitale sociale.



Tratti distintivi dell’età moderna furono da un lato la nascita di un’economia mondiale imperniata sull’Europa, dall’altro lo spostamento dell’asse dei traffici dal Mediterraneo all’Atlantico e ai mari settentrionali

3.Ceti e gruppi sociali

3.1 Ordini, ceti, classi. La stratificazione sociale nell’Europa d’antico regime.

Fino alla diffusione dell’illuminismo, la visione dominante della società in Europa fu quella di una società CORPORATIVA e GERARCHICA. ♦

Corporativa: L’uomo non contava di per sé (a meno che non fosse papa o re), bensì contava solo come membro di una famiglia, di un corpo, di una comunità. (corpi di mestiere, collegi professionali, confraternite, vicinie e contrade cittadine, congregazioni parrocchiali, comunità di villaggio, corpi militari, ordini ecclesiastici). Le “libertà” (franchigie, immunità, privilegi) si riferivano a questi corpi e comunità (anche in epoca moderna, lo stato non riuscì uniformemente a sviluppare un ruolo livellatore su questi variegate realtà e poteri).

Uno degli schemi più radicati era quello che concepiva la società come divisa in tre ordini: oratores(clero, che prega), bellatores(nobiltà), laboratores (coloro che lavoravano per tutti); questa ripartizione rimane fino alla Rivoluzione francese (vedi rimostranze al Parlamento, che propone la divisione nei “tre stati” secondo questa stessa distinzione). Non si tratta di classi (definizione che si applica a persone che esercitano la stessa funzione economica e godono dello stesso livello di reddito). Sono CETI: a determinare il rango sociale di un individuo concorrono §

la nascita,

§

il ruolo ricoperto nella vita pubblica (non nel processo economico)

§

il prestigio e i privilegi ad esso connessi e spesso definiti giuridicamente.



Gerarchico: Si giustificavano le disuguaglianze con l’idea di una gerarchia naturale tra tutte le creature, gerarchia voluta dalla Provvidenza e implicita nella visione tolemaica dell’universo: una grande catena di esseri dal regno minerale alle legioni angeliche. L’uomo, composto di corpo/anima, passioni/facoltà spirituali, occupava un posto intermedio e cruciale, perché era un microcosmo riflettente il macrocosmo; e come nel creato vi sono diversi gradi di perfezione, così nella società umana devono essere diversi gradi di bontà e virtù, che si collegavano alle origini familiari e alla condizione sociale.



Questa tesi della disuguaglianza naturale tra gli uomini doveva fare i conti con una tradizione opposta (per esempio in Inghilterra) legata all’affermarsi della civiltà comunale nel Due-Trecento, e che poteva anch’essa richiamarsi ai modelli classici (stoicismo vs platonismo-aristotelismo). Questo motivo egualitario affirò anche nelle rivolte popolari del basso Medioevo e della prima età moderna; d’altra parte, l’ordine sociale tradizionale appariva profondamente incrinato dai fenomeni di mobilità sociale caratteristici in particolare del XVI secolo, tanto che proprio a questo motivo vari studiosi attribuiscono l’enfasi con cui venne allora affermato il principio gerarchico della società.

NB La stratificazione sociale dell’Europa preindustriale, però, non si presta facilmente né ad una lettura dicotomica (poveri plebei contro ricchi nobili) né a un’interpretazione organicistica come quella che tendevano a divulgare, in modo più o meno interessato, molti scrittori coevi.

3.2 Nobili e «civili» Nobiltà e clero erano i due ceti più riconoscibili, apparentemente, tuttavia presentavano al loro interno una vasta gamma di sottogruppi differenziati per ricchezza, prestigio, potere. NOBILI L’origine e la configurazione delle élites nobiliari europee presentano molte specificità locali legate alla diversa incidenza di vari fattori: q

tradizione classica (distinzione uomini liberi/schiavi; patrizi/plebei; aristocrazia naturale della virtù e del sapere)

q

legami feudali-vassallatici, anche dopo la loro dissoluzione come sistema giuridico-politico

q

etica cavalleresca legata alla professione delle armi

q

sviluppo della civiltà comunale (soprattutto in italia centro-settentrionale e Paesi Bassi)

q

confronto-scontro con i nascenti apparati statali.

RICCHEZZA: Ovunque nobiltà significa ricchezza, o almeno agiatezza, ricchezza basata principalmente sul possesso della terra, e alla quale si associano in misura variabile anche funzioni di polizia e giustizia; Nell’età moderna si assiste ad una divaricazione tra le caratteristiche della nobiltà centro-occidentale (il grande proprietario vive di rendita) e quella orientale (il nobile sfrutta il lavoro coatto dei contadini per poter rivendere derrate sul mercato internazionale). Tuttavia ovunque i proventi della terra potevano essere integrati da entrate di diversa natura: §

estrazione di minerali, vetrerie, fabbriche di terraglie,

§

attività di trasformazione di prodotti di agricoltura e allevamento,

§

stipendi ed emolumenti derivanti da impieghi al servizio del principe o della Chiesa.

Alla collocazione prevalentemente rurale dei ceti nobiliari nelle aree dove era più forte l’impronta feudale si contrapponeva la spiccata fisionomia dei patriziati cittadini (Italia centro-nord, Paesi Bassi, aree più urbanizzate in Svizzera e Germania occidentale). La figura del nobile povero è più frequente laddove la nobiltà è più numerosa: Polonia (7-8% della popolazione): la piccola nobiltà andava a servizio dalla grande nobiltà; Ungheria, Spagna (5%); nel resto d’Europa la nobiltà restava sotto l’1% della popolazione: in Francia, negli stati italiani, in Inghilterra (dove i Pari erano solo 200, ed erano gli unici a godere di specifici privilegi giuridici, mentre la gentry era composta da 25-30.000 persone, che costituivano una piccola nobiltà rurale. PRESTIGIO: anche il prestigio variava enormemente a seconda dei gruppi presi in considerazione (in

Spagna vi erano sette categorie gerarchicamente ordinate, dai grandi di Spagna agli hidalgos e ai caballeros villanos); (in Francia era grande la distanza tra nobiltà di corte, o di toga, e gli “hoberaux”, nobili di campagna, al massimo possessori di pochi ettari di terra e di castellucci in rovina!) POTERE: altrettanto vario era il rapporto tra ceti nobiliari e potere politico. Carattere eccezionale avevano le oligarchie aristocratiche (Venezia, Lucca, Genova), in cui la nobiltà aveva una gestione diretta del potere politico; nel Sei e Settecento le monarchie avevano connotati di assolutismo (per esempio in Francia) oppure in altri casi (Polonia; Inghilterra dopo la Glorious Revolution) la sovranità dipendeva dal beneplacito della nobiltà. Tra fine XV e inizi del XVII secolo: q

si rafforzano gli apparati statali à crescenti controlli e limitazioni dello strapotere dei ceti nobiliari verso il basso

q

crescita economica e rivoluzione dei prezzi à crescente potere di nuovi gruppi di origine mercantile e borghese

Ø

questi fattori determinano una sorta di crisi d’identità nei ceti nobiliari, che diede luogo ad un’ossessiva ricerca di una legittimazione del primato nobiliare, producendo una slittamento dalla virtù e dal valore militare al sangue e alla stirpe come motivi fondanti la nobiltà. (vedi Spagna e Portogallo, limpieza de sangre)

Come si diventa nobili? ♦

Nei patriziati cittadini c’era un sistema di cooptazione basato dull’antica residenza e sull’astenzione dalle arti meccaniche e dai lucri sordidi (comprendenti nel maggior numero di casi le attività mercantili).



Nelle monarchie come Francia, Inghilterra, Spagna, si affermò il principio che la nobiltà derivasse da un riconoscimento del monarca. Ciò poteva avvenire: come sanzione di un processo di assimilazione avvenuto di fatto (acquisto di feudi, matrimoni nobili, assunzione di un tenore di vita adeguato) conferimento di un titolo a compenso di benemerenze vere o presunte di carattere militare o civile (spesso dietro versamento di congrua somma) come premio, soprattutto in Francia, connesso all’esercizio di elevate cariche giudiziarie o finanziarie. Questi nuovi nobili erano guardati con disprezzo, ma nel giro di poche generazioni venivano generalmente assorbiti.

♦ Tra Sei e Settecento le aristocrazie europee vivono un’età dell’oro, non più minacciate nel loro primato economico-sociale e ormai pronte a integrarsi nelle strutture dello Stato monarchico, rinsanguate da elementi borghesi e ringiovanite da massicci trasferimenti di beni e titoli, riqualificate

culturalmente dagli studi compiuti nelle università protestanti, nelle scuole pubbliche o nei collegi gesuitici, danno tono a corti e salotti, mescolandosi agli intellettuali offrono alle altre classi uno spettacolo invidiato di eleganza, che durerà come modello fino alla diffusione degli ideali razionalistici e ugualitari dell’Illuminismo maturo. CETI INTERMEDI ♦ I ceti intermedi tra nobiltà e plebe nell’Europa preindustriale NON vanno designati come borghesia: tale termine sembra postulare una coscienza di classe e un’uniformità di condizione economica e sociale che non rispecchia la frastagliata realtà dell’epoca. Max Weber e Werner Sombart hanno voluto caratterizzare lo spirito borghese e capitalistico sul piano degli atteggiamenti mentali (sete di guadagno, disponibilità al rischio, autodisciplina, applicazione del calcolo razionale), ma in realtà tali qualità erano tutt’al più tipiche di gruppi ristretti di operatori economici, e non erano assolutamente patrimonio di categorie sociali che pure di solito vengono considerate come borghesi: proprietari fondiari non nobili, professionisti, funzionari pubblici, strati superiori dell’artigianato. Questi gruppi aspiravano in genere ad emergere dalla loro condizione ed entrare tra le schiere del ceto nobiliare: vedi il caso dei Fugger, da banchieri a latifondisti e feudatari, caso emblematico del processo di integrazione nelle élites nobiliari lungo tutta la modernità. §

§ §

Denominatore comune di queste categorie sociali è la dominante connotazione urbana: infatti in Italia esse erano designate come “ceto civile” o “cittadinesco”; in certe città (Venezia) questo ceto godeva di un riconoscimento giuridico, ma dovunque esso era caratterizzato da due tratti: rifiuto del lavoro manuale possesso di risorse (beni mobili e immobili, ma anche livello culturalre, parentele, amicizie altolocate, reti associative) che lo garantivano dalla caduta nell’indigenza cui erano esposti coloro che vivevano alla giornata, in un mondo privo di ammorizzatori sociali.

3.3 Poveri e marginali Jean-Pierre Gutton distingue tra poveri STRUTTURALI (che anche in tempi normali vivevano in tutto o in parte di elemosine: disabili, vecchi malati, vedove con figli a carico, poveri vergognosi, che da una condizione civili erano rimasti privi di risorse) e CONGIUNTURALI (coloro che ricavavano appena di che vivere dal loro lavoro, e che erano quindi alla mercé di infermità, vecchiaia, disoccupazione, carestie); se si tiene conto anche dei poveri congiunturali, la percentuale passa da poche unità di percentuale alla metà/due terzi della popolazione. ♦

Nel Medioevo il povero era circondato da un’aura sacrale, come un exemplum Christi, e testimone della condizione precaria dell’uomo. Nella modernità, invece egli appare sempre più come una minaccia all’ordine costituito e alla salute pubblica, un delinquente potenziale da scacciare e reprimere.

Ciò è da ricondurre q

al mutamento di valori proprio del Rinascimento e della Riforma protestante, alla laicizzazione della società, alla condanna dell’ozio e all’accento posto sulla vita attiva;

q

al massiccio aumento del pauperismo, conseguente all’incremento demografico e all’allargarsi della forbice prezzi/salari

Ø

Al povero residente si sostituisce il vagabondo, il marginale privo di radici, che vive di espedienti e spesso non disdegna furto e frode, e che è sospettato di portare peste e di fomentare tumulti. Ø

Nei confronti di questi indesiderabili corrono ai ripari prendendo provvedimenti di crescente severità prima città e poi Stati (espulsione di poveri forestieri, divieto di accattonaggio, assistenza su base cittadina o parrocchiale finanziata con tasse speciali, obbligo di lavoro per i poveri validi; 1662 editto in Francia stabilì in ogni borgo o città un’ospizio generale in cui chiudere i poveri ed educarli alla pietà e nella religione cristiana).

L’utopia delle grandi reclusioni (vedi Foucault) continua nel Settecento, combinandosi variamente con le correnti filantropiche e ispirando la fondazione di grandiosi istituti di ricovero (Roma, Genova, Napoli), mentre in Inghilterra si diffondevano le workhouses (case di detenzione e lavoro forzato). ♦

I processi di proletarizzazione tra XVI e XVIII secolo ingrossarono le schiere di indigenti nelle campagne e nelle città. Tra la metà e i due terzi delle popolazioni urbane vivevano a livello di pura sussistenza.



Lo sviluppo tra Sette e Ottocento del sistema di fabbrica, prima in inghilterra e poi sul continente, da un lato trasformò queste masse nella nuova classe operaia, dall’altro alimentò la formazione di un nuovo “proletariato straccione” (Lumpenproletariat) a causa dell’incremento demografico e dei fenomeni di disoccupazione e crisi che esso produsse.

4. Le forme di organizzazione del potere

4.1 Stato e Stato moderno: problemi di definizione L’antropologia e la sociologia hanno da tempo individuato e descritto forme di esercizio del potere, inteso come facoltà di impartire ordini e di imporne l’esecuzione, che preesistono ai moderni organismi politici e continuano a operare al loro interno. Tale potere si ibcarna in un primo tempo in un individuo, il monarca, o in qualche caso in un ceto ristretto, ma si viene poi configurando come un’entità a sé stante, in un processo di sperzonalizzazione che conosce una decisiva ccelerazione con la Rivoluzione francese. Fin dal XV e XVI secolo esso si emancipa da ogni autorità esterna, sia quella dell’imperatore o del papa, e al tempo stesso si impone all’interno come suprema istanza nei confronti degli idnividui e dei corspi che rientrano della sua sfera d’influenza. La definizione di Stato moderno comprende le “seguenti cararteristche o esigenze”:

v

Un territorio, come esclusivo ambito di dominio,

v

Un popolo, come stabile unione di persone legate da un solido sentimento di appartenenza,

v

Un potere sovrano che A) all’interno significa monopolio leggittimo della forza fisica B) all’esterno significa indipendenza giuridica da altre istanze.

Standestaat, o Stato per ceti, è il termine solitamente impiegato per definire quelle dormazioni politiche, configuratesi nel XIII e XIV secolo, in cui all’autorità del principe si contrappongono assemblee dette variamente diete, stati generali, cortes, parlamenti, ecc. •

Sul continente europeo saranno la Rivoluzione francese e il movimento romantico a porre all’ordine del giorno la costruzione degli stati nazionali, come dimostrano in prrimo luogo i casi della Germania e dell’Italia.

4.2 L’evoluzione dei criteri di legittimazione: dalla monarchia di diritto divino allo Stato di diritto Rimase in auge almeno fino al XVIII secolo l’idea di un’origine provvidenziale dell’autorità politica, instituita da Dio per mantenere l’ordine, proteggere e propagare la vera fede e reprimere i malvagi. Un’affermazione diell’assolutiso monarchico fu opera della Chiesa di Roma, con la sua struttura piramidale e accentrata, con la sua elabolazione di un corpus giuridico organico, di una simbologia e di un cerimoniale d corte e soprattutto l’unione nella stessa persona dell’autorità apirituale e della sovranità su uno stato territoriale. Fu solo nel XVII secolo che i fondamenti religiosi della sovranità cominciarono a vacillare. •

La concentrazione di tutti i poteri nelle mani di un monarca saggio e illuminato si giustificava con l’esigenza di combattere i particolarimi e privilegi di territori di ceti: solo chi stava al di sopra di tutti, si soteneva, può avere una chiara visione degli interessi generali e agire efficacemente per il pubblico bene. Il sovrano appare in quest’ottica il primo servitore dello Stato.

4.3 Funzioni e articolazione del potere statale Ai governi erano riconosciuti il diritto-dovere della difesa del territorio e quello di mantenimento dell’ordine e della pace al suo interno: §

Diplomazia,

§

Guerra,

§

Amministrazione,

§

Giustizia.

Tra gli affari di governo un’importanza a lungo dominante rivestono la politica e la guerra. L’avvento

degli eserciti permanenti, l’aumento esponenziale degli effettivi, l’accresciuta importanza della fanteria e dell’artiglieria, lo sviluppo delle fortificazioni determinarono della prima età moderna un volume di spese fuori di ogni proporzione con le entrate patrimoniali anche dei sovrani più ricchi e furono all’origine di una fiscalità permantente. Gli apparati militari contribuiscono al rafforzamento dello Stato. 5.Religione, mentalità e cultura

5.1 Religione e magia Un elemento comune tra le popolazioni europee alla fifne dell’età preindustriale è la centralità del sacro nelle loro esistenze. L’ossessione della morte era acuita dalla fragilità ell’esistenza, dall’importanza dell’uomo di fronte alle malattie, alle disgreganze, alle carestie, dall’incapacità della ragione a spiegare la amggior parte degli eventi: di qui il ricorso alla religione, in funzione propiziatoria o consolatoria non solo in vista della salute eterna, ma anche prevenire o lenire le sofferenze in questo mondo. I poteri magici erano spesso attribuiti al prete o al frate come partecipe della sfera del sacro, alle reliquie e agli oggetti utilizzati per il culto; diffusissima era la credenza che anche altri individui detenessero facoltà soprannaturali come quelle di predire il futuro, di guarire uomini o animali, di influire sulle inclinazioni amorore e anche di infliggere danni e malattie. La contiguità tra religione e magia, il carattere superstizioso di molte credenze e di molte pratiche devozionali divennero nel XVI secolo uno dei motivi centrali della polemica protestante contro la Chiesa di Roma. La caccia alle streghe raggiunse il parossismo tra il 1580 e il 1660, in coincidenza con il prevalere in Europa di un clima di paura, sospetto e intolleranza che si espresse anche nella persecuzione degli ebrei e nell’ossessione degli untori. 5.2 Cultura orale e cultura scritta L’opera di “disciplinamento sociale” proseguì nel XVII e XVIII secolo e non fu certamente meno efficace di quella di cui fu protagonista il potere politico ai suoi vari livelli. Ne risultano una più completa cristinizzazione delle masse popolari e una rarefazione dei comportamenti violenti e amorali e perfino una crescita dell’alfabetizzazione. Solo a partire dall’eta dei Lumi lo Stato coinciò a subentrare alla Chiesa, alla famiglia e alla bottega come principale fattore di alfabetizzazione. La cultura popolare rimase per tutto l’antico regime una cultura prevalentemente orale, imperniata su un patrimonio di idee, di conoscenze, di consuetudini e pratiche solciali che si trasmettevano per imitazione e sentito dire da una generazione all’altra. Per quanto riguarda al cultura scritta, la novità di gran lunga più importanet agli inizi dell’età moderna fu l’invenzione della stampa, considerata (insieme alla bussola e la polvere da sparo) tra quelle che avevano cambiato l’apetto del mondo intero. Verso la metà del XV secolo Gutemberg ebbe l’idea di utilizzare per la stampa lettere e caratteri singoli, ottenuti mediante il versamento di piombo fuso in matrici metalliche dove il disegno della lettera era impresso in incavo con punzoni. Diveniva così possibile fabbricare una gran quantità di caratteri tutti uguali per ogni lettera e per ogni segno grafico, sistemarli in cassettini e servirsene per comporre testi anche di garndi lunghezza il ritmo di produzione del libro era così enormemente accelerato rispetto alla copiatura a mano.

La possibilità di riprodurre rapidamente un testo in centinaia o migliaia di copie fu ben presto sfruttata dalle autorità civili e religiose per diffondere leggi, proclami, informazioni di varia indole, e posta al servizio dell’insegnamento medio e universitario; la stampa fu un potente strumento di diffusione degli scritti di Lutero e degli altri riformatori. La seconda metà del Seicento e il Settecento videro anche uno straordinario sviluppo della stampa periodica, nella duplice forma delle gazzette e dei giornali letterari, riviste di perioditicità mensile o trimestrale che facevano spazio a estratti o a saggi, memorie, componimenti letterari. 5.3 Produzione e trasmissione del sapere Le università, una delle più originali creazioni culturali del Medioevo europeo, continuarono a espandersi nella prima età moderna, soprattutto là dove in precedenza la loro presenza era stata più marginale. La crescita numerica degli studenti sembra però essersi arrestata dopo i primi decenni del XVII secolo, in coincidenza con la crisi economica e demografica che colpì gran parte dell’Europa. Le università cessarono di essere centri di elabolazione di una cultura d’avanguardia e si ridussero per lo più alla funzione di cittadelle di un sapere tradizional, finalizzato alla formazione professionale di teologi, uomii di legge e medici.

PARTE SECONDA – GLI AVVENIMENTI E I PROBLEMI 6. Monarchie e imperi tra XV e XVI secolo

6.1 I regni di Spagna e Inghilterra Spagna Il matrimonio di Isabella di Castiglia con Fernando d’Aragona (1469) preparò il regno congiunto dei due sovrani, che ebbe inizio nel 1479 dopo un periodo di difficoltà e di guerre civili. L’amministrazione delle città venne posta sotto tutela con la nomina di funzionari detti corregidores. I principali elementi in comune tra i due regni erano la tradizione della Reconquista, guerra contro i mori, e l’intransigente difesa dell’ortodossia religiosa che ne era il riflesso. Inghilterra Enrico VII Tudor consoldiò gradualmente il proprio potere stroncando varie congiure e ribellioni nobiliari, amministrando oculatamente le finanze e rafforzando gli organi centrali del governo regio. 6.2 La prima fase delle guerre d’Italia (1494-1516)

Ø

In Italia l’equilibrio sancito dalla pace di Lodi (1454) durò fino all’ultimo decennio del secolo. Nel 1492 scomparvero due dei protagonisti di quella fase politica : papa Innocenzo VIII e Lorenzo de’ Medici, considerato per la sua abilità e il suo prestigio l’”ago della bilancia” dell’equilibrio italiano. La stabilità della penisola era minacciata dalle mire espansionistiche di Venezia e dalle ambizioni del signore di Milano, Ludovico il Moro.

6.3 Carlo V: il sogno di una monarchia universale Alla morte di Ferdinando il Cattolico, il nipote Carlo d’Asburgo ereditò la corona di Spagna. Carlo scontentò la nobiltà locale distribuendo molte cariche ecclesiastiche e laiche ai gentiluomini fiamminghi e borgognoni del suo seguito e aveva irritato le città della Castriglia con la richiesta di nuove tasse per pagare le spese dell’incoronazione imperiale: scoppiò una rivolta, che assunse un carattere popolare e antifeudale. 6.4 Asburgo contro Valois : la ripresa della guerra in Italia •

In Germania, Carlo V si trovò subito a fare i conti con il problema luterano, ma dopo il 1520 la sua attenzione fu assorbita soprattutto dalle questioni italiane. La Francia doveva cercare di rompere l’accerchiamento dei domini asburgci, mentre da parte imperiale si riteneva giunto il momento di strappare all’avversario il Milanese e la Borgogna. Milano dovette essere evacuata dai francesi fin dalla primavera 1521. •

Francesco I riuscì a mettere insieme nell’autunno 1524 un esercito di 30.000 uomini, rientrare a Milano e a cingere d’assedio Pavia; ma qui gli imperiali sconfissero nuovamente i francesi, facendo prigioniero lo stesso Francesco I, che fu costretto a firmare l’oneroso trattato di Madrid (1526) con cui si impegnava a rinunciare per sempre al Milanese, ma anche a consegnare all’imperatore la Borgogna queste promesse non furono mantenute.

6.5 L’espansione della potenza ottomana q

Nella penisola bailcanica e nel Mediterraneo l’espansione ottomana parve non incontrare ostacoli, invece a oriente essa venne contrastata fin dagli inizi del XVI secolo dalla ricostruzione dell’impero persiano il sultano di

Costantinopoli diventa il capo riconosciuto di tutto l’Islam sunnita, cui guardavano come a un protettore anche gli Stati barbareschi della costa nordafricana, che esercitavano su larga scala la pirateria. q

L’avanzata dei turchi nei Balcani riprese nel 1526, quando un potente esercito agli ordini di Solimano il Magnifico risalì il corso del danubio, penetrando in profondità nel territorio ungherese.

q

Non meno garve appariva la minaccia ottomana nel Mediterraneo, teatro delle audaci scorrerie dei pirati barbareschi.

q

Solimano il Magnifico estese i propri domini a sud fino allo Yemen e ad Aden, L’impero ottomano contava intorno al 1530 oltre trenta milioni di abitanti, gran parte dei quali esano cristiani o ebrei. La pacifica convivenza di razze e religioni diverse era infatti una caratteristica della civiltà islamnica.

q

Nell’impero ottomano tutta la terra. Tranne quella dibita al servizio religioso, era in linea di principio di proprietà del sultano, che esercitava un’autorità assoluta e dispotica sugli uomini e sulle cose.

6.6 Guerre ed eserciti tra Medioevo ed età moderna Le guerre d’Italia furono un importante terreno di sperimentazione di nuove formazioni militari e di nuovi modi di dare battaglia. o

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o

I fanti svizzeri furono in grado nel 1512 di conquistare da soli il Ducato di Milano il segreto della forza di questi combattenti stava soprattutto nel tipo di formazione in cui si schieravano in campo; le falangi svizzere erano tuttavia inservibili per l’attacco alle fortezze ed erano vulnerabili al fuoco dei cannoni e degli archibugi. Il generale spagnolo Consalvo de Córdoba mise a punto uno schieramento flessibile le pesanti armature di ferro e la alncia furono gradualmente sostituiete da un armamento più leggero comprendente sciabole e pistole.

Questa evoluzione nell’arte militare si può considerare insieme causa ed effetto di più profondi mutamenti nella società dello Stato l’ascesa della fanteria e dell’artiglieria ed armi decisive per vincere le battaglie manifestava la nuova potenza finanziaria concentrata dello Stato rinascimentale e le regalava a un ruolo accessorio l’apporto della nobiltà, sia per l’attacco che per la difesa, dato che lo sviluppo delle fortificazioni in senso orizzontale, con mura

spesse, richiedeva anch’esso mezzi e tecniche ormai alla portata solo dei principi territoriali.

7. I nuovi orizzonti geografici

7.1 Le conoscenze geografiche alla fine del Medioevo : l’Africa Nera v

Alla fine del Medioevo, i rapporti diretti degli europei con gli altri continenti erano sotanzialmente limitato agli scambi economici e culturali tra le varie sponde del Mediterraneo. I viaggi verso il favoloso oriente si erano fatti molto più difficili dopo l’avvento della dinastia Ming in Cina e con l’espansione della potenza ottomana nel Mediterraneo orientale e nei Balcani. v

Le nozioni geograficeh del primo Rinascimento erano, pero qaunto riguardava gli altri continenti, assai vaghe e imprecise. Si era ormai importa, grazie all’autorità di Tolomeo, la concezione sferica della Terra; ma il continente africano era creduto molto più corto di quanto non sia in realtà. Il blocco formato dai tre continenti noti era collocato tutto nell’emisfero settentrionale e dell’esistenza delle Americhe o dell’Oceania non si aveva nessuna idea furono proprio questi errori a incoraggiare i viaggi di esplorazione dei portoghesi e di Colobo. Un effetto analogo ebbero le idee fantastiose ed esagerate circa le ricchezze delle Indie o l’esistenza in un luogo imprecisato dell’Africa o dell’Asia di un regno cristiano.

v

Alla fine del XV secolo la popolazione africana si aggirava sui 40-50 milioni, molto irregolarmente distribuiti tra zone a notevole densità e i territori a sud del Sahara.

v

La penetrazione araba aveva portato con sé l’espansione dei traffici, tanto all’ interno del continente quanto con i Paesi dell’Europa e dell’Asia.

7.2 Le civiltà precolombiane in America Nel continente americano le civiltà più evolute si avilupparono, nel millennio precedentel’arrivo degli spagnoli, negli altopiani dell’America centrale e lungo la catena delle Ande. •

In queste zone era praticata un’agricoltura sedentaria, basata su mais, manioca, patate, batate, pomodori, fagioli, peperoni e cacao.



Minore importanza aveva l’allevamento, limitato al lama, all’alpaca, alla vigogna e al

tacchino. Quando gli spagnoli giunsero in America, era ormai da tempo in declino la grande civiltà dei maya, ma la sua eredità spirituale era stata raccolta da nuove popolazioni guerriere provenienti dal nord e stanziatesi del territorio del Messico centrale: prima i toltechi, poi gli aztechi. Al tempo dell’invasione spagnola (1519), l’impero azteco contava 25 milioni di abitanti, ed era ancora in espansione. La religione permeava in tutti i suoi aspetti la vita degli aztechi e giustificava un ordine sociale caratterizzato da rigide divisioni di ceto. Anche l’impero degli incas, che si estendeva per una lunghezza di circa 4000 km nell’America meridionale lungo la cordigliera delle Ande e la costa del Pacifico, si era costituito nel secolo precedente lìinvasione spagnola, a partire dalle sue basi originarie intorno a Cuzco. Anche la società inca era rigidamente stratificata. 7.3 I viaggi di esplorazione e di scoperta Il primo Paese a intraprendere, nel secolo XV, l’esplorazione dei nuovi mondi fu il Portogallo, che si interessò all’esplorazione delle coste occidentali dell’Africa. o

L’espansione marittima portoghese ebbe inizio con la presa di Ceuta, proseguì con l’occupazione dell’isola di Madera e delle Azzorre, la scoperta delle isole di Capo Verde e del golfo di Guinea. Per agevolare i traffici di schiavi neri e di oro vennero costruite le prime fortezze portoghesi lungo le coste africane.

o

Bartolomeo Díaz doppiò l’estremità meridionale del continente nero, da lui battezzata Capo di Buona Speranza.

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Cristoforo Colombo raggiunse l’oriente circumnavigando la Terra verso occidente. Colombo concentrò le proprie speranze nella monarchia spagnola, che proprio in quegli anni si accingeva a concludere la Reconquista con la presa di Granada. La regina Isabella concedette a Colombo il titolo di “ammiraglio del mare Oceano”.

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Il 3 agosto 1492 tre velieri con 120 uomini abordo presero il largo dal piccolo porto atlantico di Palos. Dopo una sosta di un mese alle Canarie, la piccola flotta puntò dritta verso ponente: ancora 36 giorni di navigazione, e finalmente la mattina del 12 ottobre una terra si delineò tra le brume dell’orizzonte. L’ammiraglio era convinto di essere giunto alle propaggini dell’Asia e di avere così dimostrato la validità della propria teoria. L’ammiraglio fece un trionfale ritorno a Palos portando alcuni “indiani”, alcuni pappagalli e un po’ d’oro ottenuto dagli indigeni: abbastanza per convincere la regina Isabella del valore della scoperta e per indurla a finanziare una seconda e molto più consistente spedizione. Il secondo viaggio di Colombo produsse solo un carico di schiavi e con grandisima difficoltà Colombo otterrà i mezzi per altre due spedizioni.

L’eco della scoperta di Colombo aveva stimolato altre iniziative: o

Due spedizioni di Giovanni Caboto a Terranova e Labrador (attuale Canada) per conto della corona inglese

o

La ricoglizione di quasi tutta la costa atlantica dell?america meridionale compiuta da Amerigo Vespucci. Proprio Vespucci fu il primo a coprendere che non di Asia si trattava, ma di un nuovo continene, che fu chiamato “America” in suo onore.

o

Il trattato di Tordesillas accordava che la linea divisoria tra l’area portoghese e quella spagnola era fissata a 370 leghe a ovest delle isole di Capo verde, il che renderà possibile al Portogallo rivendicare la proprietà del Brasile.

o

Vasco da Gama, doppiato il Capo di Buona Speranza, risalì la costa orientale dell’Africa fino a Malindi, quindi gettò le ancore nei pressi di Calicut, dove caricò le sue navi di spezie e pietre preziose e ripartì.

o

Pedro Álvares Cabral prese possesso del Brasile in nome del re del Portogallo.

Nei primi anni del nuovo secolo l’obbiettivo principale perseguito dai anvigatori fu quello di trovare un passaggio che permettesse di andare oltre l’America e di trovare finalmente una rotta marittima per l’Asia. o

Il primo a vedere l’immenso oceano che si estendeva al di là del continente americano fu lo spagnolo Núñez de Balboa, attraversando istimo di darien.

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Ferdinando Magellano trovò in fondo alla Patagonia lo stretto destinato a prendere il suo nome. Attraversò il Pacifico per sbarcare nelle Filippine e ne prese possesso in nome del re di Spagna. Questa flotta riuscì a raggiungere le coste spagnole dopo aver circumnavigato l’Africa, nel settembre 1522.

o

Con la prima circumnavigazione del globo si avverava il sogno di Colombo e si ampliavano in misura incalcolabile le conoscenze geografiche, am si dimostrava anche quanto fosse lunga e pericolosa questa via per raggiungere l’oriente.

7.4 Spezie e cannoni: l’impero marittimo dei portoghesi Tra le conquiste portoghesi, quella del Brasile rimase in un primo tempo priva di risultati economici, perché tutti gli sforzi del Brasile venivano concentrati nello sfruttamento a fini commerciali della via marittima verso le Indie orientali. Nei decenni successivi alla conquista del Brasile, alle basi territoriali controllati dal Portogallo si aggiunsero le nuove conquiste dell’isola di Ceylon, le Molucche, Macao. Al pepe, allo zenzero e ai tessuti di cotone dell’India, si aggiunsero così la cannella di Ceylon, i chiodi di garofano e la noce moscata, le sete pregiate e i legni profumati. 7.5 Le imprese dei conquistadores spagnoli Nei primi venticinque anni dopo la scoperta di Colombo, la presenza europea nel “Nuovo Mondo” si limitò sostanzialmente alle isoel caraibiche e puntò soprattutto alla ricerca dell’oro. Solo nel 1517 ebbe inizio seriamente l’esplorazione della terraferma. Protagonisti ne furono i conquistadores che, ispirati dalla lettura dei romanzi cavallereschi e infiammati dal miraggio dell’oro e della gloria, attraversarono l’oceano e mossero alla conquista di grandi regni e di immense estensioni d’oro. §

Hernán Cortés partì dall’isola di Cuba e dalle coste messicane dello Yocata procedette verso il centro dell’impero azteco senza incontarre grande resistenza. Giunto alla capitale, Tenochtitán, fu ben accolto dal sovrano Montezuma II. Cortés occupò e distrusse Tenochtitán, afcendo degli abitanti una spaventosa carneficina. Sulle rovine venne eretta una nuova città sul modello spagnolo (Ciudad de México). Il resto dell’impero azteco venne rapidamente conquistato e sottomesso.

§

Francisco Pizarro e Diego Almagro si mossero verso sud da Panama, attratti dalla notizia dell’esistenza di un regno di favolosa ricchezza, detto Perù. L’incontro tra l’esercito inca guidato da Atahualpa e il piccolo corpo di spedizione spagnolo avvenen a Cajamarca. Gli spagnoli ebbero la meglio: Cuzco fu sottoposta a un terribile saccheggio e Atahualpa condannato a morte. L’impero inca era finito e nasceva al suo posto il vicereame spagnolo del Perù, la cui capitale fu Lima.

Il crollo di questi grandi e popolosi regni è dato da una parte dal terrore che incutevano le armi da fuoco e le calvalcature degli spagnoli e la loro stessa furia omicida, dall’altro i contrasti etnici e dinastici che indebolivano i due imperi e gli aiuti recati ai loro aggressori da popolazioni indie insofferenti al giogo. Il declino della popolazione indigena dell’America Latina è dati dai fattori: 1)

Sfruttamento a cui gli indios furono sottoposti dai nuovi padroni,

2)

Le malattie prima sconosciute diffuse dai nuovi arrivati (vaiolo, morbillo, forme infuenzali)

3)

Le degradazione dell’ambiente provocata dalla mancata manutenzione delle opere irrigatorie e dalla preferenza data dagli spagnoli all’allevamento rispetto all’agricoltura.

7.6 La colonizzazione spagnola nel Nuovo Mondo Nel corso del Cinquecento la colonizzazione spagnola si estese sia verso nord, fino a comprendere la California e la Florida, sia nel continente sudamericano, dove il limite all’espansione fu costituito dalle foreste amazzoniche, dalle pampas argentine e dalla bellicosità delle tribù indie del Cile meridionale. Tra gli strumenti della colonizzazione, garnde imporatnza ebbero la fondazione di città e l’ ecomienda. L’encomienda consisteva nell’assegnazione a un conquistador o a un colono spagnolo di una circoscrizione territoriale al cui interno essi avevano il diritto di esigere determinati tributi e prestazioni di lavoro dagli indigeni; in cambio gli encomenderos erano tenuti a proteggere questi loro vassalli e convertirli alla fede cristiana. La corona di Spagna riuscì a svolgere un’opera di controllo della società coloniale e di moderazione dei molteplici soprusi che la caratterizzavano. Contribuì a tale sforzo l’azione degli ordini regolari che si preoccuparono non solo dell’evangelizzazione degli indios, ma anche di combattere e denunciare le forme peggiori di maltrattamenti e sfruttamento cui essi erano soggetti. Le ricchezze minerarie che vennero scoperte (argento a Zacatecas, Messico e Potosí, Perù) cambiarono la faccia dell’economia dei due vicereami e ai loro rapporti con l’Europa. La monodopera per l’estrazione del minerale e lo scavo delle gallerie e dei pozzi fu formita dagli indios, sottoposti al lavoro forzato e attorno ai giaciemnti sorsero garndi agglomerati umani, la cui domanda di alimentari e altri generi fu un importante stimolo per l’economia agricola e manifatturiera delle colonie. 7.7 Le ripercussioni in Europa Le abitudini alimentari e la vita sociale saranno a lungo andare trasformate dai prodotti importati dai nuovi mondi: pensiamo all’importanza centrale che nei consumi popolari assumeranno il mais, la patata, il pomodoro, la diffusione dello zucchero, del caffè, del tè, del tabacco e del cacao.

Va anche sottolineato l’emorme ampliamento delel conoscenze geografiche e scientifiche: la dimostrazione definitiva della sfericità della Terra, la percezione esatta delle sue dimensioni, al rivelazione della falsità delle tante leggende anttiche e medievali sulla conformazione del “mare Oceano”, sull’esistenza di terra inabitabili e di uomini di forma mostruosa. Il confronto con civiltà diverse e con i popoli primitivi che abitavano le Americhe e alcuni parti dell’Africa Nera contribuì in musira decisiva alla definizione di un’identità europea. 8. I nuovi orrizzonti spirituali: Rinascimento e Riforma

8.1 La civiltà del Rinasciemnto italiano v

Il termine “Rinascimento” significa ritorno ai valori e ai modelli dell’età classica nella filosofia, nella politica, nella letteratura e nell’arte, in consapevole polemica con le credenze e gli atteggiamenti dei secoli di mezzo. Il concetto di Rinascimento si poò considerare inclusivo di quello di Umanesimo, che si applica in prevalenza all’ambito filosofico e letterario.

v

Benché nelle arti figurative fossero ricercati e imitati i modelli antichi, la rarità di questi ultimi favorì una maggiore originalità nella produzione degli oggetti, del paesaggio e della figura umana. L’osservazione della natura si basa sempre di più su un’analisi attenta della realtà.

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Al passaggio tra Quattro e Cinquecento il primato a lungo mantenuto da Firenze in campo intellettuale e artistico si attenua a favore di una più larga partecipazione di altri centri all’elaborazione della nuova cultura e del nuovo gusto.

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La brutale rottura dell’equilibrio tra gli Stati rinascimentali italiani ad opera delle potenze straniere doveva segnare a lungo termine la crisi anche di questo momento magico della vita culturale. In un primo momento quelle vicende diplomatiche e militari agirono di stimolo alla riflessione politica e storiografica.

8.2 Aspettative e tensioni religiose alla fine del Medioevo: Erasmo da Rotterdam Ø

La cultura rinascimentale era fortemente impregnata di valori laici e terrni piuttosto indifferenti alle dispute dottrinali e teologiche; il suo atteggiamento verso la Chiesa oscillava tra un ossequio formale e un anticlericalismo connotato più da una reazione morale, civile e politica, che da un anelito religioso.

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L’esigenza di una riforma della Chiesa, che la riportasse alla purezza e alla povertà delle origini, da tempo presente ala coscienza dei fedeli, si era arcuita davanti al grande scisma d’Occidente, alle contese per il primato tra il papato e i concili di Costanza e Basilea, al prevalere sempre più netto degli interessi politici e mondani della curia di Roma rispetto a quelle pastorali. Ma alle origini del movemento che verrà detto “protestante” stava anche la volontà di ristabilire l’autenticità del messaggio cristiano attraverso lo studio diretto dei testi sacri; e vi era il bisogno di una religiosità più intensa, di una vita più conforme alle massime evangeliche.

Ø

Il rappresentante più autorevole dell’umanesimo cristiano è Erasmo da Rotterdam, che

strinse relazioni con i circoli colti e si acquistò un prestigio ineguagliato per la sua conoscenza dei classici e per l’eleganza del suo stile latino. Erasmo delineò il quadro morale che conciliava le influenze del mondo classico con l’insegnamento di Cristo, rivissuto nel suo spirito interiore e liberato dalle credenze superstiziose e dai riti fini a se stessi. Il contributo maggiore di Erasmo fu la sua edizione critica del testo greco e latino del Nuovo Testamento, che servirà a Lutero per la sua traduzione della Bibbia in tedesco. Il cristianesimo di Erasmo era un ideale di vita pratica piuttosto che un insieme di dogmi e per questo egli non volle mai separarsi dalla Chiesa Cattolica. 8.3 La Riforma luterana q

Martino Lutero era nato (nel 1483) in una regione della Germania dove dominava una religiosità ancora medievale. Decise di farsi monaco, perché ciò che lo tormentava era la sensazione della propia inadeguatezza di fronte ai comandamenti divini, la paura del peccato e della dannazione eterna. Ordinato sacerdote, cercò al risposta ai propri dubbi negli studi teologici. q

Per Lutero la natura umana è intrinsecamente malvagia, corrotta dal peccato originale, e nulla può fare da sé. Alla luce di questa scoperta, tutta la Sacra Scrittura acquistava un nuovo significato: doveva essere letta e spiegata senza tener conto delle interpretazioni ufficiali la rottura con Roma avvenne per “strappi” successivi.

8.4 La rottura con Roma e le ripercussioni in Germania •

La teoria delle indulgenze era basata sul presupposto dell’esistenza di un tesoro di meriti accumulati dall Vergine e dai santi, al quale la Chiesa poteva attingere per rimettere le pene ai peccatori pentiti , per abbreviare le pene del Purgatorio e addirittura si prometteva il Paradiso a chiunque si fosse mostrato prodigo del proprio denaro.



Nel 1517, Lutero scrisse 95 tesi, in cui vi era stigmatizzato il traffico delle indulgenze e vi era negata la facoltà del pontefice di rimettere le pene, al di fuori da quelle da lui stesso inflitte. Le tesi vennero stampate e riscossero garnde successo in tutta la Germania, segno dell’esasperazione ormai suscitata dalla rapacità della Chiesa.



La scomunica giunse nel 1521, ma nel frattempo la battaglia di Lutero aveva suscitato in tutta la Germania una immensa eco.

8.5 Le correnti radicali della Riforma, La guerra dei contadini o

Nelle campagne furono soprattutto i motivi evangelici dell’uguaglianza tra gli uomini a della polemica contro i ricchi e i grandi della terra a fare colpo e rafforzare il movimento di resistenza contro i gravami feudali e di difesa dell’autonomia delle comunità di villaggio.

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Infuriava in varie regioni della Germania la guerra dei contadini. Dai focolai iniziali, accesi nel 1524, la rivolta dilagò rapidamente. Gli insorti erano spinti dalla volontà di ristabilire gli “antichi diritti” contro le recenti usurpazioni che tendevano ad accrescere i prelievi feudali e a impadronirsi dei beni comunali, di difendere l’autonomia della comunità di villaggio, di realizzare la morale evangelica.

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La condanna della ribellione aperta era in fondo coerente con la visione ancora medievale che Lutero aveva dell’autorità di principi e magistrati, istituita da Dio per mantenere l’ordine e reprimere i malvagi.

8.6 La conclusione dei conflitti in Germania §

Nella pace di Augusta (1555) venne riconosciuta l’esistenza in Germania di due diverse fedi religiosa: quella cattolica e quella luterana: mentre nelle città imperiali era ammessa la loro convivenza, i principi territoriali potevano imporre il proprio credo ai sudditi, i quali in caso di dissenso erano obbligati a emigrare la pace di Augusta sanciva così al tempo stesso la scissione religiosa della Germania e un grave indebolimento dell’autorità imperiale. I veri vincotori della lunga lotta erano i principi, non solo luterani, ma anche cattolici, che consolidarono il proprio potere all’interno e conferirono gradualemnte ai propri Stati quel volto inisme paternaliscico e poliziesco che avrebeb a lungo caratterizzato la vita della Germania.

8.7 Da Zwingli a Calvino : il “governo dei Santi” v

L’esperienza di Ulrich Zwingli fu parallela a quella di Lutero, ma ebbe caratteri in parte diversi, legati alla sua formazione umanistica e al vivace clima politico-intellettuale dei liberi cantoni della Svizzera tedesca. Zwingli fu chiamato a ricoprire l’ufficio di cappellano presso la cattedrale di Zurigo, ma si staccò progressivamente dalla fede tradizionale e riuscì a convincere il Consilio cittadino ad abolire la messa, a riformare la liturgia e a imporre la Bibbia come unica fonte di autorità in campo religioso. Anche le immagini sacre vennero distrutte come forma di idolatria. v

v

L’eredità di Zwingli e più in generale del movimento di riforma delle città svizzere e altotedesche fu raccolta dal calvinismo. Giovanni Calvino compì accurati studi umanistici e giuridici. Molti punti essenziali della dottrina luterana sono condivisi da Calvino, tuttavia, il Dio di Calvino è più il Dio del Vecchio che del Nuovo Testamento. Il concetto di “vocazione” viene ancor più fortemente sottolineato da Calvino.

Il calvinismo ha una forte imporonta attivistica, che è ancora accresciuta dal bisogno pricologico del fedele di riuscire dall’angoscioso dubbio circa il proprio destino ultraterreno. Un’altra importante differenza tra luteranesimo e calvinisco sta nella concezione del rapporto tra la Chiesa e lo Stato. Rispetto alla “Chiesa invisibile” composta dall’insieme degli eletti di tutta l’umanità, assume importanza crescente nel pensiero di Calvino la “Chiesa visibile”, la congregazione dei fedeli legati alla comune pratica del culto e dalla comune appartenenza a uno

Stato o una città. Secondo Calvino, l’autorità civile deve promuovere il bene spirituale dei sudditi in accordo con la Chiesa visibile; per questo ritiene legittima la resistenza contro un sovrano malvagio, purché essa sia guidata dai magistrati e non assuma un carattere anarchico. v

La Chiesa ginevrinavenne riorganizzata con una suddivisione dei compiti tra i pastori, addetti all’esercizio del culto e della prediazione della parola di Dio nella città così riformata venne introdotta una disciplinea ferrea

8.8 La diffusione europea del protestantesimo. La Riforma in Inghilterra •

L’istituzione di un’Accademia per la formazione dei pastori contribuì a fare di Ginevra il centro d’irradiazione di una fede intransigente ed eroica, pronta al martirio e alla ribellione per affermare la gloria del Dio sovrano e instaurare il “governo dei santi”. Le principale aree europee di diffusione del calvinismo furono la Francia, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna, la Polonia, Boemia e Ungheria.



Sia in Inghilterra sia nei Paesi scandinavi i mutamenti in campo religioso sono inscindibilmente legati al processo di costruzione di un’unità nazionale e di un forte potere monarchico.



Enrico VIII Tudor chiese al pontefice l’annullamento del suo matrimonio con caterina d’Aragona, ma Papa Clemente VII non si sentì di accogliere la domanda e allora Enrico decise di fare da sé. Convocò un Parlamento da cui ottenne non solo l’annullamento del matrimonio, ma anche la rottura di tutti i vincoli di dipendenza da Roma e l’approvazione dell Atto si supremazia, che lo dichiarava “capo supremo” della Chiesa d’Inghilterra.



In Scozia alla fine degli anni cinquanta il calvinismo divenne la religione dominante.



Nei paesi scandinavi fu il luteranesimo a diventare religione di Stato, grazie agli intensi contatti culturali e commerciali con il mondo tedesco.

9. La Controriforma e l’Italia del tardo Cinquecento

9.1 Speranze e propositi di rinnovamento religioso. Controriforma (fine XVIII secolo, Germania) Riforma cattolica (autonomia e spontaneità) Riforma cattolica distinta fra esame di coscienza della Chiesa cattolica alla luce dell’ideale di vita cattolico, e affermazione di sé compiuta dalla Chiesa cattolica contro il Protestantesimo (cronologicamente è una fase successiva, caratterizzata da un atteggiamento dogmatico e repressivo) Evangelismo//Controriforma. Le istanze di rinnovamento religioso furono avvertite anche in Italia, dove c’erano diversi stimoli in questa direzione:

-

circolavano ampiamente le opere di Erasmo, che venivano lette spesso in chiave luterana, cioè di alternativa globale al complesso di dogmi e istituzioni in cui si identificava la religione tradizionale.

-

Ondata di profezie e attese apocalittiche, alimentate dai predicatori (vedi Savonarola a Firenze) e dalle sofferenze delle uerre d’Italia

-

L’anticlericalismo diffuso negli strati sia colti che popolari: critica alle preoccupazioni mondane e svalutazione delle pratiche esteriori di devozione (per es culto ai santi e alle reliquie); accento sulle massime evangeliche

-

La suggestione esercitata da alcune figure ecclesiastiche e laiche dall’intensa spiritualità (cardinale Gasparo Contarini, 1483-1542; Gian Matteo Giberti vescovo di Verona, Juan de Valdés, 1490-1541, a Napoli, intellettuale misticista, Reginald Pole, 1500-1558 in Inghilterra

-

Oratorî del divino amore, preghiera e opere di carità

èPaolo III Farnese (1534-49) alimenta le speranze di un’iniziativa dall’alto per la Riforma della Chiesa (sollecitata anche da Carlo V): nomina cardinali diversi esponenti delle correnti riformatirici: Contarini, Giberti, Pole; 1536 istituisce una commissione, presieduta da Contarini per studiare i mali della Chiesa: ne esce il De emendanda Ecclesia, 1537, che però rimane ineseguito; manifesta la volontà di indire un concilio ecumenico; il Concilio, convocato a Mantova nel 1537, riesce a riunirsi solo nel 1545: infatti Paolo III voleva assicurarsene lo stretto controllo: lo procrastina e lo indice a Trento nel 1542, ma a causa della riapertura delle ostilità fra Carlo V e Francia, il Concilio si riunisce solo nel 1545. 9.2 I nuovi ordini religiosi: i gesuiti Questo fervore si espresse anche nella nascita di nuovi ordini regolari o nella riforma dei vecchi: 1528 ordine dei cappuccini, nuovo ramo dei francescani; alla povertà uniscono l’assistenza spirituale e materiale. Teatini, barbaniti, somaschi: formazione del clero, evangelizzazione, insegnamento, assistenza a malati e orfani; Orsoline 1535 di Angela Merici. Compagnia di Gesù fondata da Ignazio di Loyola, esponente degli hidalgos, con vocazione delle armi e spirito di crociata, consacra la sua vita alla liberazione della terra Santa e al servizio alla Chiesa. 1540 approvazione di Paolo III della Compagnia: milizia scelta al servizio del papa e della Controriforma; castità, povertà, obbedienza, fedeltà assoluta al pontefice. Esercizi spirituali del 1548: disciplina, energia, abnegazione. Le case professe non detenevano beni, ma i collegi avevano i loro benefattori: la formazione delle classi dirigenti codificata nella ratio studiorum (classici, emulazione fra studenti, severa disciplina) è un obiettivo primario. Attività missionaria anche in Asia e Giappone.

9.3 Il concilio di Trento 1541 Ratisbona: fallisce l’ultimo tentativo di riconciliazione nonostante la buona volontà di Contarini e Melantone 1542 Congregazione del Santo Uffizio, o dell’Inquisizione (GianPietro Carafa, futuro Paolo IV) Bernardino Ochino, generale dei cappuccini, fugge a Ginevra. Per i protestanti italiani le alternative erano il nicodemismo e l’esilio volontario. Forti spostamenti verso Ginevra e Svizzera, o, se troppo soffocanti, verso Inghilterra ed Europa orientale. NB Lelio e Fausto Sozzini (Socini), antitrinitari, procristianesimo tollerante e ragionevole, vivo nell’ombra fino all’Illuminismo. 1542 convocazione Concilio, ma per guerre Carlo V vs Francia à 1545 Concilio di Trento. 4 cardinali (di cui 3 legati papali), 4 arcivescovi, 21 vescovi + teologi senza diritto di voto, e generali degli ordini regolari. Priorità alla discussione dei punti dogmatici più controversi (e non alla questioni disciplinari, come avrebbe voluto Carlo V): effetti del peccato originale (cancellati dal battesimo!), principio di giustificazione per sola fide (eretico!) 1547 peste, trasferito a Bologna; il nuovo papa Giulio III lo riconvoca nel 1551 a Trento; 1552 interrotto ancora da Carlo V vs Francia; Paolo IV Carafa (1555-1559) lo sospende, in quanto ostile al Concilio; estende i poteri dell’Inquisizione, sottopone a processo alcuni dei maggiori esponenti del partito riformatore (Pole e Morone), 1559 promulga l’Indice dei libri proibiti (compreso Erasmo) Pio IV Medici (1559-65) rilancia il concilio e lo conclude: 1563 è §

rafforzamento del carattere monarchico della Chiesa cattolica: superiorità del papa al Concilio e sua discrezionalità nell’applicarne le deliberazioni

§

valore delle buone opere ai fini della salvezza

§

tradizione della Chiesa è fonte di verità, accanto alle scritture

§

natura dei sacramenti (eucarestia: trasformazione reale; e ordine: aura sacrale del sacerdote)

§

esistenza purgatorio

§

validità indulgenze

§

legittimità del culto a Santi e Madonna

§

istituzione di seminari

§ §

divieto cumulo cariche obbligo di risiedere nella propria diocesi e di visitarla tutta ogni due anni, tenendo scrupolosamente registri di battesimi, matrimoni, sepolture

9.4 La Chiesa e il papato nella seconda metà del Cinquecento Nuova compattezza cattolica e durezza contro protestantesimo e spinte eterodosse; affermazione di volontà di dominio spirituale, politico e sociale. Pio V Ghislieri 1566-72: - 1561 massacro di valdesi in Calabria - 1568 ripubblica la medievale In Coena Domini: oltranzismo potere papale sui sovrani temporali

del

- 1570 scomunica Elisabetta I - 1571 Contribuisce alla vittoria di Lepanto Gregorio XIII 1572-85 prosegue l’indirizzo; riforma il calendario Sisto V 1585-1590:

- nuovo impulso all’attività missionaria e alla controriforma in Europa centrosettentrionale (Polonia) - Riorganizzazione della Curia romana: 70 cardinali, 15 congregazioni cardinalizie (9 per la Chiesa universale e 6 per affari interni dello Stato pontificio): il Collegio cardinalizio non è più un limite all’autorità del pontefice, ma un suo strumento. - Lotta al brigantaggio

Clemente VIII 1592-1605- Lotta al brigantaggio; - Ridotte le autonomie delle città suddite e delle residue signorie feudali - 1598 annessa Ferrara (estinti gli Este) - abbellimento dell’Urbe: costruzione cupola San Pietro Avvento di vescovi e arcivescovi animati da grande zelo e carica riformatrice: 1538-1584 Carlo Borromeo: vita austera, riorganizzazione e moralizzazione del clero, seminari e sinodi diocesani, lotta intransigente antieretica, giurisdizione ecclesiastica vale sopra istituzioni assistenziali anche laiche, autorità religiosa dentro la vita dei fedeli;insofferenza ai limiti imposti al proprio potere: gesti clamorosi col governatore dello Stato di Milano

NB: Penetrazione capillare nei settori della popolazione grazie ai nuovi ordini regolari, anche se sopravvivono pratiche devozionali arcaiche (preghiere ai defunti, processioni per la pioggia): le masse non comprendevano la liturgia in latino: avevano spesso una religiosità intensa, ma ingenua e povera di contenuti morali.

9.5 L’egemonia spagnola in Italia Gli interlocutori principali del potere sovrano, laddove non lo detenevano essi stessi, come a Venezia, Genova, Lucca, erano i ceti nobiliari, che si stavano riqualificando grazie ad una trattatistica che insisteva sui caratteri ereditari, di sangue, di onore. Nel Mezzogiorno e nelle isole spadroneggiava una nobiltà feudale, mentre al centro-nord si erano sviluppate le civiltà comunali, per cui il ceto nobile era un patriziato urbano di origine mercantile, e il suo status si identificava con l’accesso esclusivo ai seggi del consiglio cittadino; fra 500 e 600 anche questi gruppi di allontanarono sempre più dai traffici e dalle attività produttive, acquisendo una mentalità più simile a quella dell’antica nobiltà e allo stampo spagnolo. 1559 Pace di Cateau-Cambresis Francia e Spagna: sancisce egemonia spagnola in Italia fino al XVIII secolo: Regni di Napoli, Sicilia, Sardegna, Ducato di Milano, tato dei Presidi (Talamone, Orbetello, Argentario); al re si riconosceva la suprema autorità legislativa, il diritto-dovere della difesa, del prelievo delle risorse necessarie; la facoltà di applicare e interpretare leggi e riscuotere, ripartire le imposte erano prerogative degli organi locali. C’erano vicerè che cambiano ogni 3 anni a Napoli, Palermo, Cagliari, un governatore a Milano e i comandanti dell’esercito provenienti dalla nobiltà spagnola. Magistrature finanziarie e giudiziarie venivano da elementi indigeni con lunghe cariche, appoggiati a Madrid dal Consiglio d’Italia, composto da Reggenti tratti da magistrature locali. Il baronaggio si appoggiava al Parlamento, che si riuniva per approvare i donativi al monarca e amministrava Napoli. Il governo spagnolo riuscì a indebolire il peso sociale della feudalità, limitandone le ingiustizie; 1545 Carlo V ordina il catasto Toscana: Medici a Firenze grazie alla Spagna; 1532 riforma costituzionale sovrappone alle antiche magistrature repubblicane il Consiglio dei Duecento e il Consiglio dei Quarantotto (Senato) Cosimo I (1537-74) sviluppa il regime in senso assolutistico: governa attraverso i propri segretari, di origine modesta, e dal 1545 tramite un nuovo consiglio di carattere informale, grazie alla “Pratica segreta”. Annette Siena 1557, che mantenne le proprie leggi e sitituzioni Francesco I (1574-87) e Ferdinando II (1587-1609) fanno nascere e sviluppare il porto di Livorno Stato sabaudo: ricostituito sotto Emanuele filiberto 1553-80 alla pace di Cateau-Cambrésis. Trasferisce

la capitale al di qua delle Alpi, a Torino, sopprime autonomie locali e istituisce una Camera dei Conti, per centralizzare il controllo finanziario Carlo Emanuele I 1580-1630 tenta delle avventure espansionistiche, fallisce nel conquistare Ginevra, ma acquista il Marchesato di Saluzzo. Genova 1575 gravi disordini fra nobiltà vecchia e nuova: nobili vecchi abbandonano la città e gli strati popolari pretesero sgravi fiscali a favore delle arti dalla nobiltà nuova. 1576 non più elezione a sorteggio e ricomposizione del ceto dei “magnifici” (nobili), ma stratificazione orizzontale basata sui diversi livelli di ricchezza, invece delle precedenti alleanze verticali; ciò va di pari passo con la crisi delle attività manifatturiere e della dipendenza economica genovese dalla Spagna. Venezia indipendente; contrapposizione fra patrizi (con cariche pubbliche) e “cittadini originari” (professioni liberali, cancellerie e segreterie). Aumenta la nobiltà e quindi si differenziano molto nobili ricchi e nobili poveri. Rafforzamento dei nobili ricchi tramite il Consiglio dei Dieci (vs il Senato) e istituzione di un organo di alta polizia, i tre Inquisitori di Stato; 1583 l’opposizione dei giovani nobili poveri restituisce i suoi vecchi poteri al Senato e fa adottare una politica estera indipendente dalla Spagna e dalla Chiesa.

10. L’Europa nell’età di Filippo II

10.1 Filippo II e i regni iberici 1555-56 Carlo V abdica a favore del fratello Ferdinando e del figlio Filippo: Ferdinando I 1555-1564: titolo imperiale + stati ereditari asburgici + Boemia e Ungheria Filippo II 1556- : Spagna + colonie americane + Regni di Napoli, Sicilia e Sardegna, Ducato di Milano NB: possedeva la Castiglia (enorme potenziale demografico e militare), controllava le aree più ricche e urbanizzate d’Europa, era appoggiato dai banchieri di Genova e Anversa, e disponeva del forte flusso di metalli preziosi proveniente dall’America. Enrico II (1547-1559, morte accidentale), tenta la sorte delle armi, ma, sconfitto a San Quintino, deve firmare nel 1559 la pace di Cateau-Cambrésis, che assicurava alla Spagna l’Italia, la Franca Contea e i Paesi Bassi. Inoltre la Francia era notevolmente indebolita dalle lotte religiose, e ad Enrico succedettero una serie di sovrani incapaci o minori. Eredita da Carlo V la totale dedizione al regno, la preoccupazione di rendere ai sudditi una giustizia imparziale, il senso di una missione da compiere di cui avrebbe dovuto rendere conto a Dio. Nato ed educato a Valladolid, si sentiva profondamente castigliano: gravità del portamento, austerità del costume, concezione esclusiva e gelosa del potere, senza deleghe, religiosità intensa ma angusta e intollerante.

Nel 1558 morì Maria Tudor, seconda moglie di Filippo, spegnendo il sogno di ricondurre l’Inghilterra al cattolicesimo.

Era convinzione corrente che l’unità religiosa fosse la condizione sine qua non dell’unità politica, per cui per l’imposizione dell’ortodossia prese le prime misure di rilievo nel suo regno: 1558-1560 rafforzamento dell’Inquisizione; proibiti viaggi all’estero degli studenti e l’introduzione dei libri stranieri; condanne a morte delle comunità protestanti scoperte. 1568 persecuzione dei moriscos + crisi dell’industria serica, in cui erano impiegati = rivolta dei moriscos; i sopravvissuti furono deportati al nord della Castiglia, da cui vennero definitivamente espulsi nel 1609. Tuttavia si dimostrò spesso indocile nei confronti della Santa Sede: per esempio pubblicò i decreti del Concilio di Trento con due anni di ritado, e con la riserva che la loro applicazione non doveva ledere le prerogative regie. Inoltre l’intransigenza religiosa rispondeva perfettamente ad un’aspirazione del popolo castigliano, eredità della Reconquista (in cui la limpidezza della fede corrispondeva alla limpieza de sangre). La sede della corte fu trasferita da Valladolid a Madrid, al centro della Spagna; dall’Escorial, metà palazzo e metà monastero, Filippo dirigeva tutte le pratiche del regno. Di qui una grande lentezza burocratica. Questo accentramento non va confuso col centralismo delle monarchie assolute dei secoli XVII e XVIII: Filippo rimase fedele alla concezione di Carlo V per la quale ogni Paese doveva mantenere i propri ordinamenti e le proprie individualità., ed essere uniti solo nella figura del sovrano. Estese e perfezionò il sistema dei Consigli: oltre al Consiglio di Stato (politica estera), dell’Inquisizione, di Azienda (finanze), vi erano Consigli preposti a diversi compelssi territoriali in cui sedevano rappresentanti dei Paesi interessati; inoltre le magistrature locali avevano forti autonomie. 1580 si estingue la dinastia degli Aviz: il Portogallo e i suoi possedimenti coloniali vengono annessi alla corona spagnola; esso mantenne la sua forma di governo e le sue leggi, sotto un nuovo Consiglio formato solo da Portoghesi. 1591 Filippo deve intervenire militarmente in Aragona per sedare una rivolta separatista guidata dai signori feudali. Il sistema tributario penalizzava i ceti produttivi e privilegiava le rendite parassitarie, e lungo la seconda metà del Cinquecento la popolaione venne sottoposta a sempre più grandi sacrifici dalle richieste del “re prudente”; inoltre i soldi prelevati erano spesso spesi lontano dalla patria, a causa degli impegni militari della monarchia, e andavano così ad arricchire altri Paesi. Infine la mentalità imperiale, da soldati vincitori, induceva la monarchia ad importare manufatti e spesso anche derrate agricole. Possiamo quindi rilevare già in quest’epoca la decadenza di alcune attività industriali prima fiorenti (sete andaluse, lane di Segovia e Burgos), o il fatto che il commercio internazionale era quasi tutto nelle mani di stranieri.

Ma l’agricoltura, già sfavorita dalle condizioni geologiche e climatiche, venne penalizzata per favorire l’allevamento transumante di pecore, di cui beneficiavano poche famiglie riunite nella corporazione della Mesta: dal 1570 la Spagna divenne un Paese importatore di cereali; l’ultimo decennio del 1500 fu segnato da gravi pestilenze e carestie che avviarono un secolare declino della popolazione e dell’economia iberica -in particolare castigliana.

10.2 La battaglia di Lepanto e i conflitti nel Mediterraneo Filippo II controllava il Mediterraneo ed era quindi più esposto agli attacchi dei corsari barbareschi e alla potenza ottomana. Selim II 1566-1574 attacca Cipro nel 1570, avamposto veneziano della Cristianità, mentre Tunisi, espugnata nel 1535 da Carlo V, cadeva nelle mani del bey di Algeri, vassallo del sultano. Papa Pio V 1566-1572 istituisce una Lega Santa (Venezia + Spagna + Genova + Duca di Savoia + Ordine di Malta; comandante della flotta è Don Giovanni d’Austria) 7/10/1571 battaglia di Lepanto, ultima con le navi a remi e l’abbordaggio. Questa vittoria apparse come una sanzione divina della Controriforma, ma sul piano politico e militare ebbe effetti modesti, anche per i dissidi sorti fra gli alleati 1573 Venezia firma una pace separata, rinuncia a Cipro e mantiene buoni rapporti con Istanbul; Spagna dovette occuparsi del nord-europa, il sultano della Persia: tregua del 1578. Il Mediterraneo rimase un crocevia di scambi e traffici, e proprio per questo l’attività piratesca si faceva più intensa: tutti gli Stati autorizzavano la guerra di corsa. Partecipavano Stati barbareschi, Genova, Malta, toscana, ma in questo periodo si aggiunsero anche le attività di uscocchi (pirati slavi protetti dall’imperatore sulla costa dalmata), olandesi e inglesi (con navi più snelle e veloci): al tradizionale scontro fra ottomani e cristiani si sovrapponevano le rivalità fra protestanti e cattolici. 10.3 La rivolta dei Paesi Bassi (contro la Spagna) CAUSE: q

Fattore religioso: calvinismo represso da intransigenza spagnola

q

Fattore economico: crisi degli anni Sessanta che colpì centri urbani, e soprattutto Anversa, a causa del trasferimento ad Amburgo del fondaco inglese (luogo di raccolta dei panni semilavorati da tingere) e della temporanea chiusura del Baltico a causa di una guerra tra Svezia e Danimarca.

q

Fattore politico: il monarca aveva affidato il governo alla sorella Margherita, moglie del duca di Parma Ottavio Farnese, ma al suo fianco aveva posto il cardinale di Granvelle, che diresse la lotta vs l’eresia rafforzando l’Inquisizione, non rispettando le autonomie cittadine e le prerogative degli Stati provinciali. Così il governo degli Asburgo veniva avvertito come straniero e oppressivo anche dalla nobiltà e dai patriziati urbani, per quanto cattolici.

PER CUI: Ø

1566 Malgrado l’allontanamento di Granvelle, nel 1564, i nobili fiamminghi invasero in armi il palazzo della governatrice e pretesero l’abolizione dell’Inquisizione e la mitigazione delle leggi vs i protestanti. Mentre Filippo studiava ancora che risposta dare folle di calvinisti presero a devastare chiese e immagini sacre ad anversa e in altre città.

Ø

Di fronte alla rivolta aperta, Filippo inviò il Duca d’Alba, il “duca di ferro”, che fece arrestare i capi dell’opposizione (compresi molti cattolici) e istituì un tribunale straordinario, il Consiglio dei Torbidi che pronunciò oltre 1000 condanne in pochi mesi.

INOLTRE. q

1569 imposizione di nuove tasse per mantenere l’esercito spagnolo, specie il 10% su tutte le transazioni commerciali à nuova ondata di malcontento

q

il Principe Guglielmo di Orange-Nassau, fuggito all’estero, allestisce una flotta e invade le province settentrionali dal mare, facendosi nominare statolder (governatore militare) di Olansa e Zelanda, e convertendosi al calvinismo.

q

I “pezzenti” (i rivoltosi), in quelle zone acquitrinose, resistono agli attacchi del duca d’Alba anche grazie a ugonotti francesi, e protestanti inglesi e tedeschi, che rendono impraticabili le coste della Manica per gli Spagnoli: à la Spagna dovette rifornire l’esercito via terra (da Genova, Lombardia, Svizzera, Franca Contea), via costosissima.

Ø

1575 Filippo II dichiara bancarotta, e nel 1576 i soldati si ammutinarono e saccheggiarono orrendamente Anversa ponendo fine per sempre alla sua prosperità.

Ø

Accordo fra cattolici e calvinisti contro l’oppressore… dura poco perché i calvinisti si impadronivano prepotentemente delle città estromettendone i patrizi cattolici (+ NB abile politica di Alessandro Farnese, figlio di Ottavio e Margherita)

Ø

1579 Scissione del Paese: le province meridionali (Belgio attuale) tornano all’obbedienza, le 7 province settentrionali restano in lotta, rafforzate anche dal flusso di profughi calvinisti provenienti da Fiandre e Brabante. Nemmeno l’assassino di Guglielmo di Orange (1584) mutò la situazione dell’Olanda e delle province del Nord, che evolveva ormai verso l’indipendenza.

10.4 L’Inghilterra nell’età elisabettiana: Elisabetta: 1533 - :figlia di Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII, sale al trono dopo la morte di Maria Tudor (1558) (Bloody Mary). Grande equilibrio: buoni rapporti tra Parlamento (convocato 13 volte in 45 anni) e Corona, che tendeva ad accentrare i poteri decisionali nel Consiglio privato della corona (di cui faceva parte Lord Burghley, cioè William Cecil) Problema religioso: riafferma la supremazia del sovrano in materia religiosa ma mantenne la presenza

dell’episcopato 1559 atto di uniformità: impone il Libro di preghiere comuni, che rispettava largamente la liturgia tradizionale; 1572 promulga i 39 articoli di fede, che raccoglievano i motivi teologici fondamentali calvinisti. Il dissenso religioso fu ampiamente tollerato, i cattolici vennero perseguitati solo dopo il 1568-69, anno della ribellione dei conti del nord (ultimo risveglio dell’Inghilterra cattolica e feudale) e dopo la scomunica del 1570 lanciata da Pio V. Questa tolleranza scontentava i calvinisti intransigenti, ma solo nel XVII secolo il puritanesimo si trasformò in una forza d’opposizione alla monarchia. Problema della successione: rischio di instabilità dopo la sua morte. Problema dell’illegittimità di nascita: motivo propagandistico di chi sperava in nuovi rivolgimenti politici-religiosi. Il punto di riferimento di queste trame era la regina di Scozia, Maria Stuart, cattolica, figlia legittima di Enrico VII; 1568 Maria Stuart fu dichiarata decaduta dalla nobiltà calvinista e riparò in Inghilterra, tramando con gli emissari cattolici nonostante fosse controllata strettamente. Per questo motivo Elisabetta ne firmò la condanna a morte, aprendo le ostilità con la Spagna; ma intanto l’educazione protestante impartita a Giacomo, figlio di Maria, garantiva una successione al trono. Versante socio-economico: §

1563 stabilizzazione della moneta;

§

moderazione dei tributi

§

vendita dei beni della corona e compartecipazione ai profitti del commercio e della guerra per le spese straordinarie, invece che inasprimenti fiscali.



raddoppio della popolazione in circa un secolo



forte mobilità sociale



la nobiltà titolata (Pari d’Inghilterra) perse potere, penalizzata dall’inflazione e costretta a trasferirsi a corte (rovinati dalla spese e senza rapporti coi territori)



rafforzamento dei ceti intermedi: gentry (nobiltà rurale non titolata), gruppi mercantili, uomini di legge Ø

FENOMENO DELLE RECINZIONI: i nuovi proprietari fondiari (acquirenti di beni della corona, proprietari terrieri arricchiti, mercanti che investivano in terra) accorpavano spesso gli appezzamenti sparsi in aziende compatte, recintando le terre, per accrescere la produzione e destinarla a mercati lontani (spesso Londra) anziché al consumo locale à si eliminavano così gli usi collettivi della terra, accrescendo vagabondaggio e mendicità à prime leggi sui poveri

Si poteva integrare il lavoro agricolo anche con la filatura e la tessitura, e l’estrazione di carbone.

NB: NUOVA ERA DEL COMMERCIO E DELLA NAVIGAZIONE: Compagnie privilegiate di navigazione: non più corporazioni mercantili, ma società per azioni, che ottenevano dalla corona inglese il privilegio esclusivo di commerciare con una certa area del globo in cambio di prestiti e compartecipazione agli utili. 1553 Compagnia di Moscovia 1581 Compagnia del Levante 1600 Compagnia delle Indie orientali Mercanti individuali facevano contrabbando e pirateria in Atlantico e Mediterraneo. Francis Drake fece la seconda circumnavigazione del globo, saccheggiando le coste dell’America meridionale Fallisce il tentativo di impiantare delle colonie nel nord-America, raggiunto nel 1585 da Walter Raleigh, che fonda la colonia “Virginia” 1588 - 1604 guerra Spagna-Inghilterra: i rapporti già tesi a causa degli attacchi dei marinai inglesi contro le navi e i possessi di Filippo, si incrinano del tutto quando nel 1585 Elisabetta appoggia apertamente la rivolta dei Paesi Bassi e condanna Maria Stuart due anni dopo 1588 Filippo II tenta lo sbarco in Inghilterra: l’invincible armada viene scompaginata dalle tempeste e sconfitta dalle leggere flotte di Elisabetta, e dai legni corsari inglesi e olandesi; à Spagna tenta di circumnavigare le isole britanniche, ma le tempeste falcidiano la flotta. Fallisce il tentativo spagnolo di bloccare la potenza navale inglese Un’ondata di ardore patriottico percorse l’Inghilterra, che si strinse intorno alla regina; questa è una componente da non sottovalutare nella fioritura intellettuale e artistica di quell’epoca.

10.5 Le guerre di religione in Francia 1559 muore Enrico II 1560 muore Francesco II 1560-74 Carlo IX à reggenza di Caterina de’ Medici 1574-89 Enrico III Il calvinismo infiamma nel sud ovest, regioni meno integrate e più restie ad accvogliere novità giuridiche, amministrative, fiscali portate dalla dinastia dei Valois, e nelle file della nobiltà, non più occupata da guerre esterne, e stretta come in una morsa dall’inflazione e la crescita dei ceti borghesi. Tre fazioni: Guisa : capi cattolici intransigenti Borbone: con poderi a suod-ovest, capi ugonotti Montmorency-Châtillon (Gaspard de Coligny), ugonotti

1562 Editto di Saint-Germain: Caterina deve fare concessioni agli ugonotti per contrastare lo strapotere dei Guisa 1/3/1562 Vassy: Massacro di protestanti da parte dei Guisa: prima fase di guerre civili fino al 1570 Seconda Pace di Saint Germain: allarga le concessioni agli ugonotti De Cologny conquista la fiducia di Carlo IX e ottiene per Enrico di Borbone, re di Navarra, la mano di Margherita di Valois, sorella del re. Caterina, preoccupata per l’influenza di Coligny, durante le nozze dà il via libera ai Guisa e alla plebaglia parigina, violentemente antiprotestante 23-24/8/1572 Notte di San Bartolomeo: massacro in città e nelle campagne. I gruppi protestanti del sud-ovest cominciano a funzionare come una confederazione di Stati indipendenti. Enrico di Borbone, salvatosi con l’abiura, riesce a fuggire da corte e si riconverte al calvinismo (1576). 1576 Guisa creano la Lega santa, sostenuta dalla nobiltà cattolica e da Parigi. 1584 muore il duca d’Angiò, ultimo figlio di Enrico II à erede presuntivo è Enrico di Borbone

GUERRA DEI TRE ENRICHI Il re Enrico III, Enrico di Borbone, Enrico di Guisa, capo della lega santa. 1587-88 grazie all’appoggio della corona spagnola, la Lega sostituisce il proprio potere a quello del monarca, così questi attirò a Blois Enrico di Guisa e il cardinale di Lorena, e li uccise. Alleato con Enrico di Borbone, strinse d’assedio Parigi nel 1589, ma dopo un mese cadde per mano di un frate fanatico, e designò suo successore Enrico di Borbone, che diventò Enrico IV. 1589-1610 Enrico IV di Navarra, affabile e cavalleresco, temprato dalle armi. La Lega gli contrappose la candidatura di Isabella, figlia di Filippo II: truppe spagnole entrarono in Francia dai Pirenei e dai Paesi Bassi per imporla, ma proprio questo permise ad enrico IV di presentarsi come il campione dell’unità e dell’indipendenza nazionale e di trasformare la guerra civile in una guerra contro l’invasore esterno e i suoi alleati interni. Nel suo programma si riconoscevano anche i politiques, i cattolici moderati che ponevano l’interesse dello Stato al di sopra delle divisioni religiose, provenienti da magistrature e borghesia amministrativa. (vedi Jean Bodin teorizza l’autorità assoluta del monarca temperata dal rispetto delle leggi fondamentali del regno)

Inoltre giocano a favore di Enrico la stanchezza delle guerre interne, e l’apprensione rispetto agli eccessi parigini, e rispetto ai focolai anarchici che erano esplosi in varie province. 1593 Pubblica conversione al cattolicesimo di Enrico IV, assolto poi da Clemente VIII. 1598Pace di Vervins, firmata da Filippo II ormai infermo: ha vinto la Francia. Editto di Nantes: Enrico sancisce la pace religiosa: cattolicesimo è religione di Stato, ma gli ugonotti possono praticare il loro culto (tranne che a Parigi e pochi altri luoghi) e presidiare un centinaio di piazzeforti.

10.6 L’Europa orientale: Polonia e Russia Regno polacco-lituano: crogiolo di popoli (poalcchi, lituani, lettoni, ucraini, bielorussi, ruteni, tedeschi) e di fedi religiose: (cattolici, greco-ortodossi, luteranesimo delle minoranze tedesche, calvinismo fra i nobili, conventicole anabattiste e antitrinitarie alimentate da profughi italiani, ebrei immigrati dalla Germania) 1573 ribadito il principio della tolleranza religiosa, nonostante la controffensiva gesuita. Questa complessità era d’ostacolo ad una forte affermazione polacca. Inoltre la nobiltà era eccezionalmente numerosa e fieramente attaccata ai propri privilegi e alla tradizione militare; questo ceto fu protagonista di una grande fioritura artistica e intellettuale nell’età rinascimentale (vedi Copernico) C’era un asservimento durissimo dei contadini, costretti a lavorare nelle terre dei signori fino a sei giorni la settimana; In questo modo si verificava un forte indebolimento della monarchia, limitata dai poteri del Senato e della Camera dei deputati, entrambe espressione della nobiltà. 1572 muore Sigismondo II, ultimo re Jagellone, senza eredi; si afferma definitivamente il carattere elettivo e non ereditario della corona polacca. Da allora la nobiltà elesse sempre re stranieri che, senza appoggi interni, dovevano sempre farsi aiutare da una o da un’altra fazione aristocratica: dietro la facciata monarchica, la Polonia era una repubblica aristocratica, a lungo andare incapace di reggere l’urto delle nuove monarchie assolute. Russia moscovita: come in Polonia, territorio sconfinato e poco popolato con scarso sviluppo della vita cittadina e dei traffici, quasi tutti in mano a stranieri, economia agricola iperniata sullo sfruttamento da parte di grandi aziende del lavoro coatto dei servi della gleba. Tuttavia tutti i poteri erano nelle mani del monarca, nei cui confronti i nobili erano in soggezione servile: ciò si deve al fatto che i nobili fossero molti meno che in Polonia, e che la Chiesa ortodossa, legata alla tradizione bizantina, usava rendere sacra la figura dello zar, inculcando ai sudditi l’obbedienza incondizionata (Cesaropapismo). 1462-1505 Ivan III il Grande

1505-33 Basilio III scuotono il giogo mongolo ed rendono la Moscovia protagonista di un’importante espansione territoriale. Si appoggiavano alla stretta associazione Stato-Chiesa e crearono una nuova nobiltà, che assicurasse servizio militare e civile in cambio di terre. 1533-84 Ivan IV: tale processo raggiunge il punto più alto: dopo essersi fatto incoronare Zar (da Caesar)nel 1547 inizia una politica di alleanza coi ceti inferiori in funzione antinobiliare 1550 convoca il primo zemskij sobor, una sorta di assemblea nazionale contrapposta alla Duma (consiglio dello zar composto dai boiardi), e creò il primo nucleo di un esercito professionale. All’estero intrecciò rapporti economici con l’occidente, specialmente con l’Inghilterra. Dal 1560, dopo la morte della moglie, che l’aveva moderato, Ivan diede segni di squilibrio e di ferocia gratuita: confische indiscriminate vs boiardi e chiunque sia sospetto di ostilità: 1570 Massacra la popolazione di Novgorod Inoltre la guerra vs Polonia e Svezia per il controllo dello sbocco sul Baltico si conclude solo nel 1582 con la sconfitta della Russia à fughe di massa dalla Russia. 1584-98 Fedor I, infermo di mente; 1598-1605 il potere fu esercitato dal cognato Boris Godunov, che si fece riconoscere zar, nonostante fosse sospettato di aver ucciso il nipote Dimitri; egli continuò la politica antinobiliare di Ivan IV e diede un impulso all’esplorazione della Siberia. Con un decreto permetteva di riprendere gli schiavi fuggiaschi, in modo da combattere lo spopolamento delle campagne. Negli ultimi anni del suo regno ci furono gravi carestie e pestilenze, ed egli dovette lottare contro un Dimitri redivivo. Epoca dei torbidi: Alla sua morte la Russia sprofondò nell’anarchia, che finì solo nel 1613 quando l’assemblea nazionale elesse a zar Michele Romanov, la cui dinastia regnò fino al 1917. 11. L’Europa nella guerra dei Trent’anni

11.1 Il Seicento: un secolo di crisi? •

Nell’arco del secolo la popolazione europea passò da 100 a 115 milioni circa: un aumento modesto, ma più accentuato nelle regioni nord-occidentali, economicamente all’avanguardia, e nelle regioni orientali, chepartivano da dentità molto ridotte. Tra il 1620 e il 1650 si inverte la tendenza dell’aumento dei prezzi che aveva caratterizzato il Cinquecento. Questo fenomeno è in rapporto con l’attenuarsi della pressione della domanda, a sua volta legato alla curva demografica. Più che di crisi, si può parlare di una redistribuzione delle risorse a vantaggio dei paesi affaccuiati sull’Atlantico e a danno dell’Europa mediterranea e dell’area germanica.



Proseguì la tendenza all’esproprio dei coltivatori diretti da parte dei ceti urbani e si aggravò

ulteriormente il peso della rendita fondiariasui fittavoli e i mezzardi. •

Alla rendita feudale e al prelievo signorile ed ecclesiastico (la decima) si aggiungeva poi il crescente peso delle imposte statali.



Sotto il profilo economico, l’aggravamento complessivo degli oneri che pesavano sulle campagne e sulle classi lavoratrici annullava gli indubbi benefici rappresentati dalla diminuzione del prezzo del pane.

11.2 La rivoluzione scientifica e filosofica o

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Nella storia del pensiero scientifico, filosofico e politico, il Seicento si può considerare per eccellenza il secolo di transizione alla modernità. Le intuizioni di Macchiavelli e Copernico divennero patrimonio comune dei circoli piiù avanzati e si legarono a una complessiva visione del mondo, a una teoria della conoscenza, a una nuova concezione del metodo scientifico consapevolmente alternatiev rispetto alla tradizione aristotelica-scolastica.

Cartesio, Copernico, Keplero, Galilei, Newton, Boyle sono alcuni dei nomi che rivoluzionarono il modo di pensare del ‘600 sono i princìpi generali e i metodi della nuova scienza a dare il senso di una rivoluzione intellettuale che inaugura l’epoca moderna.

11.2 La prosperità dell’Olanda Il ruolo di primo piano rivestito dagli olandesi nella rivoluzione scientifica e filosofica è un riflesso del carattere avanzato dell’economia e della società delle Province Unite nel XVII secolo le Province Unite erano protagoniste di uno spettacolare sviluppo economico, che ne fece la potenza marittima e commerciale più importante d’Europa. Gli olandesi divennero i “carrettieri del mare”, i padroni dei tarsporti per via d’acqua. Una delle rotte più frequentate era quella del Baltico, dove i velieri olandesi portavano spezie orientali, i vini, i manufatti dell’Europa occidentale per tornare carichi di cereali polacchi, legname, ferri e rame svedesi, pece e pellicce provenienti dalla Russia. Essi si impadronirono di Ceylon, dell’isola di Giava e delle Molucche in Asia, del territorio del Capo all’estremo sud del continente africano, e per quasi trent’anni di installarono anche sulle coste del Brasile. Un altro insediamento olandese oltre l’Altlantico fu Nuova Amsterdam, che gli inglesi ribattezzarono New York quando riuscirono a impossessarsene, nel 1664. Alle Province Unite rimasero nelle Americhe, dopo quella data, solo il Suriname e l’isola di Curaçao. Estesero il loro controllo alla produzione di alcune spezie, riducendo in schiavitù e costringendo a lavorare nelle piantagioni gli abitanti delle Molucche e delle isole di Banda; praticarono su larga scala

il commercio d’intermediazione tra le diverse aree dell’oceano Indiano, aggiungendo così questi profitti a quelli dello smercio in Europa. Nel corso di questi viaggi, gli olandesi scoprirono l’Australia e la Nuova Zelanda. Un ruolo imporatnte come fattore della prosperità olandese ebbero, accanto al commercio e all’agricoltura, anche le manifatture. Senza rivali in Europa erano infine le istituzioni finanziarie di Amsterdam. Le Province Unite furono il primo paese europeo il cui numero degli addetti all’agricoltura scese al di sotto della metà degli abitanti. Non ultima causa di questi eccezionali successi fu il regime di relativa libertà religiosa e civile di cui si godeva nelle Province Unite; sebbene ufficialmente calvinisti, le Province Unite contenevano forti minoranze di cattolici, di anabattisti e di ebrei. In un’Europa dominata nel XVII secolo dalle monarchie assolute e dalle aristocrazie, le Province Unite rappresentavano una felice eccezione con la loro prosperità, con la loro civiltà essenzialmente cittadina e borghese, con la loro adesione ai valori della libertà e della tolleranza. In tale contesto si colloca l’eccezionale sviluppo della vita intelletuale e artistica. 11.4 La monarchia francese da Enrico IV a Richelieu §

Dopo un travagliato periodo delle guerre di religione, la Francia, sotto al ferma guida di Enrico IV di Borbone riguadagnò rapidamente quella posizione dominante della scena europea che le assegnavano la sua popolazione, le sue tradizioni e la sua vitalità economica. Al rifiorire delle attività economiche , contribuirono gli sgravi fiscali, la soppressione di molti dazi e il programma di costruzioni stradali avviato dal primo ministro di Enrico IV, l’ugonotto Maximilien de Béthune, duca di Sully.

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La campagna contro gli ugonotti e il progressivo coinvolgimento della Francia nei teatri di guerra tedesco e italiano ebbero come conseguenza un rapido aumento della pressione fiscale e in particolare della taglia, che gravava quasi esclusivamente sulle campagne fu questa la causa principale della grande ondata di rivolte popolar che scosse la francia a partire dal 1625 circa.

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Al gigantesco sforzo di accentramento e rafforzamento del potere monarchico, si possono ricondurre anche le benemerenze di Richelieu (il primo ministro) in campo culturale, così come gli impulsi da lui dati al commercio.

11.5 La Spagna da Filippo III al duca di Olivares v

Con l’inetto e incolore Filippo III si inaugura in Spagna l’era dei privados o validos, cioè dei favoriti onnipotenti, a cui sovrani incapaci di governare delegano tutti i poteri di decisione e di comando. Il favorito di Filippo III fu Francisco Gómez de Sandoval duca di Lerma, che prese la grave decisione di espellere dalla penisola iberica i moriscos, cioè i sudditi di origine araba convertiti al cristianesimo, che in talune regioni costituivano un’indispensabile manodopera specializzata per l’agricoltura e per l’industria. Furono quasi 300.000 i moriscos che lasciarono la Spagna, aggravandone così d’un colpo il declino economico e demografico.

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Con l’avvento di Filippo IV si affermò l’onnipotenza di Gaspas de Guzamán, conte di Olivares, che era un uomo energico, pieno di zelo per il bene pubblico, ed era persuaso dalla necessità di introdurre profondi mutamenti nelle strutture economiche e politiche della

monarcia. Egli, però, era erede della tradizione imperiale spagnola, che non poteva assistere indifferente als accheggiodel dominio coloniale iberico da paret degli olandesi né di restare neutrale di fronte al conflitto acceso tra cattolici e protestanti. Appoggiò militarmente al controffensiva degli Asburgo di Vienna contro gli insorti boemi e decise di non rinnovare la tregua con le Province Unite. Queste guerre portarono, negli anni seguenti all’affannosa ricerca di denaro a tutti i costi, al peggioramento della situazione militare e al crescente malcontento delle province, che porteranno a una serie dir ivolte e avvieranno il definitivo declino della monarchia spagnola. 11.6 L’impero germanico e la Svezia Ø

Alla morte di ferdinando I, la dignità imperiale era andata con le corone di Boemia e Ungheria e con i ducati austriaci al figlio Massimiliano II, cui succedette Rodolfo. Quest’ultimo era rigido assertore del cattolicesio e dovetet far fronte a una larghissima diffusione el luteranesio e del calvinismo: verso il 1580 oramai la grande maggioranza della nobiltà nei domini asburgici aveva abbandonato la Chiesa cattolica. Nel 1611 Rodolfo venne deposto e la corona di Boemia venne cinta al fartello Mattia, che l’anno successivo fu eletto imepratore.

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Tra i Paesi affacciati sul mar Baltico, nessuno alla fine del Cinquecento poteva competere per estensione e popolazione con la Polonia-Lituania. Carlo IX (nominato reggente di Svezia e Polonia) manifestò subito mire espansionistiche in direzione della Danimarca. Questi conflitti aprirono la via alle imprese del figlio e successore Gustavo Adolfo, che in soli vent’anni riuscirà ad imporre la supremazia svedese su tutto il Baltico.

11.7 Le prime fasi della guerra dei Trent’anni (1618-29) o

Sul trono imperiale a Mattia, era candidato a succedere il nipote Ferdinando, intransigente campione della Controriforma cattolica. Ferdinando ottenne la designazione a re di Boemia e di Ungheria, in cui i protestanti erano in grande maggioranza. Ma le misure prese a favore del cattolciesimo dei reggenti che rappresentavano il potere imperiale a Praga indignarono i ceti boemi, che si autoconvocarono nel 1618. Intanto l’imperatore Mattia era morto e la Dieta imperiale elesse imperatore Fedinando. I ceti boemi, dopo aver dichiarato deposto Ferdinando, avevano offerto la corona al calvinista Federico V.

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Ciò spinse l’imperatore a chiedee aiuto della Spagna e della Lega cattolica tedesca. Nella primavera-estate del 1620 gli eserciti bavarese e imperiale sottomisero l’Alta e la Bassa Austria e penetrarono in Boemia. Alla vittoria degli imperiali seguì una dura repressione: in Austria e Boemia i pastori luterano e calvinisti furono espulsi, i capi della ribellione furono giustiziati e la nobiltà protestante venne posta di fronte all’alternativa di convertirsi o emigrare. Alla ricattolicizzazioen forzata, si accompagnò in Boemia l’imposizione di una nuova costituzione che sanciva l’ereditarietà della corona nella casa d’Asburgo e limitava i poteri ai ceti.

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Le ostilità fra la Spagna e le Province Unite si riaprirono; questo era dovuto allo spostamento della Francia, che aveva fino allora mantenuto una neutralità benevola verso gli Asburgo, su

posizioni di sostegno alla causa protestante e l’intervento armato del re di Danimarca Cristiano IV. o

La causa cattolcia sembrava ormai avviata a una completa vittoria sia in Germania sia nei Paesi Bassi, ma le potenze protestanti e la Francia di Richelieu non potevano assistere indifferenti al trionfo degli Asburgo.

11.8 Dalla guerra di Mantova alla pace di Vestfalia •

Per alcuni anni, il centro nevralgico della politica europea si sposto dalla Germania all’Italia settentrionale. Era morto senza lasciare eredi diretti il duca di Mantova Vincenzo II Gonzaga. Il successore designato era il francese Carlo duca di Nevers. Gli Asburgo rivendicarono la dipendenza dell’impero del Ducato di Mantova e del Marchesato del Monferrato che era ad esso unito. Nel 1629-30 un esercito imperiale scendeva le Alpi e si impadroniva di Mantova. Vari problemi indussero a questo punto i trattati di pace, che portarono all’accordo di Cherasco: Mantova e il Monferrato restavano ai Gonzaga-Nevers e la Francia manteneva il possesso di Pinerolo.



Nel 1631 entrò in guerra il re di Svezia Gustavo Adolfo, appoggiato parzialemnte dalla Francia. Egli intendeva non solo difendere la causa protestante, ma affermare definitivamente l’egemonia svedese nel Baltico. La schiacciante vittoria aprì a Gustavo Adolfo la via verso la Germania meridionale.



I negoziati di pace afociarono in una serie di trattati (tra Olanda e Spagna, tra Francia e Impero, tra Svezia e Impero) collettivamente noti come “pace di Vestfalia”.



La situazione religiosa dell’Impero fu modificata, nel senso di ammettere anche il calvinismo, accanto al cattolicesimo e al luteranesimo.



Restava accesa la guerra tra Francia e Spagna, conclusa nel 1659 dalla pace dei Pirenei, e restavano le conseguenze economiche e sociali dell’immane conflitto.



La guerra dei Trent’anni rimase nella memoria dell’Europa come un’epoca di violenza e di orrore che solo tragedie del XX secolo riusciranno a superare.

12. Rivoluzione e rivolte

12.1 L’Inghilterra sotto la dinastia Stuart Giacomo I Stuart succedette al trono inglese della regina Elisabetta. Fin dai primi anni del suo regno si ripresentarono le due questioni che già negli ultimi tempi di elisabetta avevano reso difficili i rapporti tra corona e Parlamento: la questione religiosa e la questione finanziaria. v

La legilslazione contro i cattolici venne inasprita dopo la scoperta di una congiura che mirava a far saltare in aria il primo Parlamento convocato da Giacomo: non ebbero però soddisfazione le richieste dei puritani per una più radicale riforma della Chiesa d’Inghilterra.

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Le spese sostenute per la guerra contro la Spagna avevano creato una difficile situazioen finanziaria; al centro del problema era l’insufficienza delle entrate a fronte di spese in continuo aumento.

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La popolazioen inglese continuò ad aumentare fin verso il 1650, ma l’incremento demografico non fu più accompagnato da un parallelo sviluppo delle attività produttive: l’esportazione di pannilani, pilastro del commercio inglese con l’estero, si dimezzò nel giro di pochi anni anche a causa dello sconvolgimento delle tradizionali correnti di traffico determinato dallo scoppio della guarra dei Trent’anni.

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Sotto il successore Carlo I gli effetti di una serie di cattive annate agricole accrebbe la miseria dei ceti inferiori; il problema finanziario diventava così, per la monarchia inglese, un problema politico.

12.2 Il regno di Carlo I e lo scontro tra corona e Parlamento Ø

Carlo dichiarò guerra alla Spagna e organizzò una spedizione navale per soccorrere gli ugonotti di La Rochelle, assediati dalle truppe di Francia.

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Il Parlamento convocato nel 1628 condizionò ogni votazione di ulteriori sussidi all’accettazioen da parte del re di un docuemnto in quattro punti che dichiarava illegali le tasse importe senza il consenso del Parlamento stesso, gli arresti arbitrari, il ricorso alla legge marziale e l’acquartieramento forzoso di soldati in case private. Il re di piegò a sottoscrivere la petizione, ma subito dopo aggiornò il Parlamento l’anno seguente e quando le sedute ripresero, Carlo I decise di scoglierlo definitivamente. Dal 1629 al 1640, Carlo I governò senza Parlamento.

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Le novità religiose imposte da Laud (consigliere di Carlo I) suscitarono nel 1638 una rivolta nella Scozia presbiterana. Falliti i tentativi di conciliazione, Carlo I si ecise a convocare un nuovo Parlamento per ottenere i mezzi encessari a condurre la guerra contro gli scozzesi. L’esercito raccogliticcio messo insieme con grandi sforzi fu meso in rotta dagli spagnoli.In

questa situazione, non rimase a Carlo I altra via che convocare nuovamente la rappresentanza della nazione. Ø

Il Parlamento che si aprì nel 1640 è passato alla storia come il “lungo Parlamento”, perché rimase in carica fino al ’53. Nella Camera dei Comuni erano in netta maggioranza gli avversasi della politica assolutistica del sovrano. I Comini seppero intimidire e trascinare la Camera del Lords a procedetetro in pochi emsi a smantellare tutti i capisaldi del potere regio: furono soppressi i tribunali sottoposto all’influenza diretta del monarca e venne decretata l’inamovibilità, furono decretate illegali molte imposte introdotte nell’ultimo decennio, i vescovi vennero estromessi dalla camera dei Lords e il re venne privato del diritto di scgliere il Parlamento senza il consenso di quest’ultimo. Nel ’42 il re si presentò in Paralemtno con un drappello di armati per arerstare i capi dell’opposizione, ma il colpo andò a vuoto perché questi ultimi, avevrtiti in tempo, si erano messi in salvo. Il Parlamento si tarsferì nella City, mentre il re lasciò la capitale e chiamò a raccolta tutti i sudditi a lui fedeli.

12.3 la guerra civile. Cromwell e la vittoria del Parlamento La guerra civile vera propria ebeb inizio nel 1642 e sembrò in un primo tempo volgere a favore del re. Il primo imporatnte successo venen ottenuto grazie al valore di Oliver Cromwell. Vista inutile ogni ulteriore resistenza, Carlo I preferì un anno dopo arrendersi agli scozzesi, che lo conseganrono al Parlamento di Londra; ma non smise per questo di intrigare né di intavolare trattative ora con il Parlamento stesso, ora con gli scozzesi e ora con i generali dell’esercito, nella speranza di dividere gli avversari e metetrli l’uno contro l’altro. Alla fine del 1647 il re fuggì, e con l’appoggio degli scozzesi cercò di riaccendere la guerar civile. Questa volta, Cromwell e gli altri capi militari erano decisi a farla finita. 12.4 Il decennio repubblicano: Cromwell al potere Il puritano Oliver Cromwell assunse il potere parlamentare, condannò a morte il re, proclamando la Repubblica e la nascita del Commonwealth (Repubblica unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda). Per la prima volta nella storia europea un movimento rivoluzionario ebbe come esito l’eliminazioen fisica di un sovrano. In politica interna, la strategia di Cromwell assunse sempre più i caratteri di una dittatura militaree manifestò tutta al sua vioenza reprimendo nel sangeu la rivolta irlandese; in ambito estero puntò soprattutto all’espansione della potenza commerciale e coloniale inglese, promulgando l’Atto di navigazione in funzione antiolandese, imponendo il monopolio dei traffici sulle colonie inglesi. Cromwell stipulò trattati commerciali con la Svezia, Danimarca e Portogalli, accenuando il ruolo di prima potenza commerciale dell’Inghilterra. La sua morte segnò la fine della Repubblica: fu, infatti, ripristinata la monarchia nella persona di Carlo II Stuart, che si impegnò a governare di concerto on il Parlamento, a concedere una larga amnistia e a tolelrare una certa libertà religiosa. 12.5 La Francia a metà del Seicento: il governo Mazzarino e la Fronda Durante Richelieu si erano verificate molte rivolte popolari, sempre geograficamente circoscritte e fondamentalmente spontanee. Diversamente andò per la Fronda. 1642 muore Richelieu 1643 muore Luigi XIII à reggenza di Anna d’Austria, madre di Luigi XIV, che affida la direzione a Mazzarino, cardinale creato da Richelieu. Egli rimase fedele agli indirizzi del predecessore, ma aggiunse una maggiore attitudine diplomatica al compromesso. Ereditò ed accrebbe così l’impopolarità del predecessore, anche perché era straniero e di modeste origini. I principi di sangue reale e i nobili presero a complottare; gli officiers (detentori di uffici venali) protestavano contro l’autorità degli intendenti e contro la creazione continua di nuove cariche, che deprezzava le già esistenti; i rentiers (detentori di cartelle del debito pubblico) lamentavano i ritardi con cui erano pagati gli interessi; tutti denunciavano l’arricchirsi di finanzieri e appalatatori delle imposte, di cui il governo non poteva fare a meno.

FRONDA PARLAMENTARE: 1648, anno in cui si avvia a conclusione la guerra dei Trent’anni, viene avanzato un nuovo pacchetto fiscale (trattenuti 4 anni sugli stipendi di chi voleva rinnovare la paulette): il Parlamento parigino concerta con le altre corti sovrani residenti a Parigi un programma di riforme, che prendono forma nei 27 ARTICOLI che presentano diverse analogie con quelle avanzate dal Parlamento inglese, sebbene i Parlamenti francesi fossero dei tribunali d’appello non rappresentativi: chiedono §

soppressione intendenti

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diminuzione delle imposte

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rifiuto del sistema degli appalti

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obbligo di far aprovare ogni tassa nuova dai parlamenti

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illegalità degli arresti arbitrari

La regina e Mazzarino fecero arrestare Broussel, esponente della magistratura parigina, ma la piazza insorse e si alzarono delle barricate a Parigi (27-28 agosto). Il re dovette cedere e firmare la Dichiarazione regia, il 22 ottobre. 1/4/1649 Pace di Saint-Germain chiude, con la sconfitta della monarchia, la fase della fronda “parlamentare”. FRONDA DEI PRINCIPI: 1650-1653: il principe di Condé e gli altri nobili sono rivali di Mazzarino, e ordiscono un’inestricabile trama di intrighi, senza il barlume di un disegno politico organico. A pagare il prezzo di questo rigurgito di anarchia feudale furono le campagne, esposte al passaggio di soldatesche e flagellate dalla carestia negli anni 1651-52. 1652 sotto Parigi, il re riporta la vittoria grazie al generale turenne, ma la vittoria fu dovuta soprattutto all’esaurimento generale del Paese: 1653 Mazzarino e il re rientrano trionfalmente, grazie anche alla consapevolezza che la monarchia era l’unica in grado di scongiurare l’anarchia feudale e la prepotenza dei Grandi: su questa convinzione farà poi leva l’assolutismo di Luigi XIV. Rimaneva ancora aperta la guerra con la Spagna, ma grazie anche all’intervento di Cromwell, Mazzarino fu infine in grado di imporre nel 1659 la pace dei Pirenei ; veniva inoltre stipulato il matrimonio fra Luigi XIV e Maria Teresa, figlia di Filippo IV. 12.6 Le rivolte nella penisola iberica: Dal 1637 al 1643 le sorti della guerra dei trent’anni volgono a sfavore della Spagna vs Province Unite. Diquesto approfittarono Catalogna (estremità orientale) e Portogallo, provocando dei rovesci militari. CATALOGNA: la Catalogna si considerava una nazione distinta dal Portogallo, diversa per lingua, cultura, istituzioni giuridiche e amministrative.

Nel 1640 il conte-duca di Olivares approfittò dellapresenza in loco di un esercito castigliano per convocare le Cortes e imporre l’Union de las armas; la catalogna insorse e chiese aiuto alla Francia: nel 1641 venen proclamata la sua unione al Regno dei Borbone, pur col mantenimento delle sue istituzioni. Filippo IV dovette licenziare Olivares nel 1643; 1648 pace di vestfalia + Fronda in Francia + timori dell’aristocrazia catalana, che rischiano di subire il radicalizzarsi della lotta sociale, che da rivolta separatista stava trasformandosi di guerra contro i ricchi. à 1652 Filippo IV riesce a riprendere la regione con l’esercito. PORTOGALLO: nel 1640 il Portogallo risponde con un’insurrezione molto organizzata alla chiamata alle armi dei nobili portoghesi da parte di Madrid; questo portò all’indipendenza e mise sul trono Giovanni IV Bragança: 1668: Una lunghissima e torbida guerra porta a riconoscere l’Indipendenza del Portogallo Castiglia in ginocchio per cinquant’anni di guerra ininterrotta: 1647 nel Regno di Napoli scoppia una rivolta, mentre velleità separatisti scuotono anche l’Aragona. 1649 la peste riduce di un terzo gli abitanti della Castiglia.

13. L'Italia del Seicento

1.13 La popolazione e le attività economiche Demografia e vita economica sono i settori in cui più evidenti appaiono le tendenze involutive che investono la penisola italiana nel XVII secolo. La prosperità di molte città dell'Italia settentrionale si era basata, nei secoli precedenti, sulla produzione di articoli di lusso e sulla loro esportazione verso mercati lontani in Europa e nel Levante. Furono soprattutto queste attività ad essere duramente colpite dalla crisi del Seicento. Da paese sviluppato prevalentemente importatore di materie prime ed esportatore di manufatti e servizi l'Italia era divenuta così un paese sottosviluppato prevalentemente importatore di manufatti e servizi ed esportatore di materie prime. Le cause furono inanzitutto la vittoriosa concorrenza dei produttori dell'Europa nord-occidentale. In queste aree era avvenuta per tempo la conversione verso prodotti meno costosi e più richiesti dal mercato internazionale. Non si può infine prescindere dagli effetti devastanti della guerra dei Trent'anni nell'Italia settentrionale e in Germania e dalle gravissime pestilenze che imperversarono.É facile immaginare quali ripercussioni negative potessero avere sulla vita economica il fatto che una parte della popolazione perì in seguito alle pestilenze. I vuoti aperti dalla peste furono colmati abbastanza rapidamente, tanto che a fine Seicento la popolazione italiana era tornata sui livelli del 1600.

L'agricoltura resse molto meglio dell'industria e del commercio alle avversità, anche se durante tutto il secolo le attività industriali fiorirono nel Nord Italia. A questi sviluppi rimase poi largamente estraneo il Mezzogiorno, che oltre al fiscalismo spagnolo, dovette sopportare l'accresciuta pressione baronale. 13.2 La vita sociale e la cultura Tra Cinque e Seicento alle famiglie che abbandonano il profitto per la rendita, derivante dalla terra o dal possesso dei titoli del debito pubblico, sempre più stentano a sostituirsene altre desiderose di prendere il loro posto. La Chiesa aveva un posto centrale nella vita italiana del Seicento. Oltre ad essere sovrano di uno dei maggiori Stati della penisola, il pontefice esercitava anche fuorti dai suoi confini poteri che nelle altre nazioni cattoliche erano delegati ai monarchi, dalla nomina dei vescovi al controllo giurisdizionale sul clero secolare e regolare, che era dovunque una componente non trascurabile della popolazione. Le popolazioni ecclesiastiche detenevano una parte importante della ricchezza fondiaria. L'autorità e il prestigio di cui godeva il clero erano frutto soltanto di un'adesione massiccia degli italiani di ogni categoria sociale all'ortodossia cattolica. Le uniche minoranze religiose che riuscirono a sopravvivere in Italia furono le comunità valdesi e gli ebrei. La grande maggioranza degli intellettuali piegò la testa e professò obbedienza ai dettami della Chiesa non solo in campo religioso, ma anche in campo filosofico e scientifico, dove imperava la Scolastica nella versione di San Tommaso. Le università conobbero quasi tutte una profonda decadenza, sostituite nella formazione dei rampolli delle classi abbienti dai fiorenti collegi dei gesuiti, dei barnabiti e dei somaschi. La valutazione globalmente negativa del Seicento nell'evoluzione intellettuale del nostro Paese ha spesso risentito dell'importanza quasi esclusiva attribuita alla storia della filosofia e a quella della letteratura. 13.3 I domini spagnoli: Milano, Napoli e le isole ⇒Gli inizi del governo spagnolo a Milano e a Napoli non erano stati privi di aspetti positivi, evidenti soprattutto in un rafforzamento dell'autorità statale e nella tendenza verso un certo equilibrio territoriale e fiscale. A partire dal 1620 circa l'impegno della Spagna nella guerra del Trent'anni portò a un forte aggravamento della pressione tributaria. Le classi dominanti rafforzarono la propria egemonia sull'insieme della società. L'importanza strategica dello Stato di Milano indusse la corte di Madrid a trattare questi sudditi con un certo riguardo, anche se ingenti somme furono fatte affluire a più riprese dalla Spagna e dal Mezzogiorno per il mantenimento delle truppe. Tutto ciò contribuisce a spiegare la notevole ripresa demografica ed economica del Paese dopo la stipulazione della pace dei Pirenei tra Spagna e Francia; e rende ragione anche della mancanza, nel Seicento lombardo, di rivolte e sommosse paragonabili a quelle esplose nell'Italia meridionale e insulare. ⇒Le conseguenze della crisi economica e politica che colpì la monarchia spagnola nel suo insieme

furono assai più gravi nel Mezzogiorno e nelle isole. L'indebolimento dell'autorità centrale portò a un'estensione a macchia d'olio del potere feudale. 13.4 Le rivolte antispagnole a Napoli e in Sicilia Ÿ Una grave carestia e il malcontento creato dal fiscalismo spagnolo furono all'origine del fermento popolare a Palermo, che si espresse (nel maggio 1647) con saccheggi e incendi di case. Il viceré spagnolo fu costretto ad abolire le odiate gabelle e ad provare una riforma dell'amministrazione municipale che assegnava alle maestranze il controllo dell'annona e della polizia. Tali concessioni furono poi gradualmente ritirate e contro i capi della rivolta furono pronunciate varie condanne a morte. Ÿ Anche a Napoli la causa immediata della rivolta fu una nuova gabella. L'organizzazione politicomilitare creata dai rivoltosi riuscì per parecchi mesi a tenere in scacco il viceré duca D'Arcos e le esigue forze di cui disponeva. Nel frattempo estesi moti scoppiavano nelle province contro i baroni e contro i loro sgherri, cui venne data una caccia spietata. Nell'ottobre, gli insorti napoletani proclamarono la repubblica e invocarono la protezione del re di Francia. Ma il cardinale Mazzarino era restio a impegnarsi a fondo in un'area così lontana. Il fallimento della rivolta antispagnola a Napoli determinò un aggravamento della crisi economica e sociale già in atto nel Mezzogiorno d'Italia e chiuse per sempre la prospettiva della formazione di un fronte antifeudale comprendente i ceti medi e popolari urbani e le masse rurali. I viceré spagnoli che si succedettero nella seconda metà del Seicento condussero un'azione di contenimento della prepotenza baronale, di repressione del banditismo e di promozione del ceto civile e ministeriale. 13.5 I principale ducati indigeni: Ducato di Savoia e Granducato di Toscana n Il lungo regno di Carlo Emanuele I fu contraddistinto da iniziative espansionistiche che contribuirono non poco al rafforzamento interno dello Stato e alla costruzione di un apparato militare e fiscale tale da permettere al Piemonte di giocare una parte non trascurabile sulla scena internazionale tra Sei e Settecento. n Nel Granducato di Toscana i progressi compiuti in direzione dello Stato moderno sotto Cosimo I si arrestano sotto i suoi successori, che si appoggiarono alle vecchie famiglie della nobiltà fiorentina e ai tradizionali legami della casata medicea con la Santa Sede. 13.6 Le repubbliche oligarchiche e lo Stato della Chiesa w Gli indirizzi di politica estera e interna adottati alla fine del Cinquecento dalla Repubblica di Venezia sotto l'influenza del partito dei "giovani" determinarono una tensione crescente alla Santa Sede con la Santa Sede. L'arresto di due religiosi colpevoli di reati comuni attirò sulla Repubblica i fulmini del nuovo papa Paolo V. Di fronte al rifiuto di consegnare i due rei, il pontefice non esitò a scomunicare e quindi scagliare l'interdetto. è Per il resto, la politica dei "giovani" non conseguì risultati di rilievo. w Nello stato Pontificio, nel corso del secolo, si va esaurendo la precedente spinta a un maggior accentramento e a un più saldo controllo delle province. Nella maggior parte del Lazio si estendevano

enormi latifondi appartenenti alle grandi casate romane, coltivati in maniera irregolare. Con questa desolazione, faceva contrasto lo splendore architettonico e artistico della capitale. Per far fronte alle spese richieste dai grandi lavori pubblici e da una corte sfarzosa, la Camera apostolica ricorreva sia ai proventi delle imposte, sia alla raccolta di capitali mediante la vendita dei "luoghi di monte", titoli del debito pubblico che assicuravano una rendita vitalizia o perpetua. Nella seconda metà del Seicento, il prestigio internazionale del papato cominciò a declinare e apparvero sempre più evidenti i difetti di un governo temporale caratterizzato al tempo stesso dall'accentramento del potere sovrano e dalla mancanza di continuità dinastica.

14. Imperi e civiltà dell'Asia tra XVI e XVIII secolo

14.1 La China sotto le dinastie Ming e Manciù Intorno al 1600,almeno 370 milioni, abitavano l'immenso continente asiatico. I popoli dell'Asia avevano dato via a grandi e millenarie civiltà, per molti aspetti più evolute di quelle dell'occidente europeo, e da esso profondamente diverse per strutture economico-sociali, religione e cultura. u La più antica e la più prestigiosa era quella dell'"Impero Celeste" cinese, che proprio nell'età moderna raggiunse la sua massima estensione. Lo sviluppo0 di questa società era stato reso possibile essenzialmente dalla perfezione cui era stato portata soprattutto nelle regioni meridionali, bagnate da grandi fiumi, la coltura del riso, del quale, grazie all'irrigazione, si potevano ottenere due raccolti l'anno. Notevole sviluppo avevano altre coltivazioni come quelle del tè, la bevanda nazionale, e del cotone. Molto minore che in Europa era l'impiego del bestiame da lavoro. In Cina ebbero origine molte scoperte cruciali: la bussola ad ago magnetico, la carta, la stampa, la polvere da sparo. I cinesi avevano inoltre raggiunto livelli ineguagliati in Europa nella fusione del ferro, nella manifattura di porcellane e nella tessitura serica; anche il commercio conobbe un grande sviluppo. Le condizioni di pace e di stabilità necessarie a questa espansione furono a lungo assicurate dalla dinastia Ming (1369-1644). Il crescente prelievo fiscali e l'incremento demografico portarono a un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, aggravate, nel XVII secolo, la una serie di terribili carestie: estete rivolte contadine scoppiarono nel terzo e quarto decennio del secolo, e di questa situazione di anarchia approfittarono i manciù per invadere la Cina. Aveva così inizio la dinastia Q'ing, destinata a regnare fino al crollo del "celeste Impero", nel 1911. L'immagine di ordine, di prosperità e di potenza che la Cina offriva agli occhi pieni di ammirazione dell'Occidente nascondeva però in irrigidimento crescente delle strutture economiche e sociali, un esasperato tradizionalismo che finirà per condannare alla stagnazione e al declino quella grande civiltà. 14.2 Il Giappone nell'"era Togukawa"

Lo Stato giapponese si era costituito nel VII secolo sul modello di quello cinese. La frammentazione del potere, lo stabilirsi di rapporti di vassallaggio e le guerre incessanti tra i vari signori determinarono una situazione molto simile a quella dell'Europa feudale v A partire dalla fine del XII secolo accanto all'imperatore, troviamo al figura del "generalissimo", che deteneva il potere effettivo. Ciò portò a violente guerre intestine, finché nel 1603 il titolo di generalissimo fu assolto da Tokugawa Ieyasu, che lo trasmise ai suoi discendenti fino al 1867. Nella storia giapponese questo periodo è noto come "era Tokugawa". L'"era Togukawa" fu caratterizzata dalla persistenza delle strutture feudali e da un forte accentramento statale. Benché i mercati occupassero l'ultimo posto nella gerarchia sociale, le esigenze di beni e di credito delle sfarzose residenze dei daimyo a Edo (odierna Tokyo) e nelle province e dall'espansione nelle campagne di colture rivolte al mercato favorirono la crescita di una borghesia degli affari e la diffusione delle attività manifatturiere. Nel Giappone dell'"era Togukawa" andavano quindi maturando le condizioni per il passaggio al sistema di produzione capitalistico. 14.3 L'impero moghul in India Il subcontinente indiano era innanzitutto un grande serbatoio di uomini, era inoltre un crogiolo di razze, di lingue, di religioni diverse. Al pluralismo religioso faceva riscontro al frammentazione politica. Un sultanato turco-musulmano si era insediato a Delhi alla fine del XII secolo; esso estendeva la sua influenza sul Punjab e nel bacino superiore del Gange, ma doveva fare i conti con la bellicosa presenza dei raiput, un'aristocrazia guerriera organizzata in signorie semi-indipendenti. Nella penisola del Deccan la potenza dominante era l'impero detto di Viajayanagar, dal nome della sua splendida capitale. Il precario equilibrio tra queste diverse forze fu improvvisamente rotto dall'irruzione di un capo militare afghano, Bbaur, che gettò le fondamenta dell'impero moghul, destinato a durare fino al XVIII secolo. Il suo maggior artefice fu però Akbar il Grande, che da un lato sottomise tutta l'India centrosettentrionale, dall'altro riuscì a dare a questo immenso territorio un inquadramento statale relativamente saldo, con la creazione di un'alta burocrazia civile-militare in cui confluiscono sia i conquistatori musulmano, sia l'aristocrazia locale. Notevole fu, in epoca moghul, lo sviluppo manifatturiero, stimolato dallo sfarzo della classe dirigente e in misura crescente anche dalla domanda europea. L'apogeo dell'impero moghul coincise con il lungo regno di Aurangzeb, il quale unificò sotto il proprio scettro quasi tutto il subcontinente indiano. 14. 4 La Persia e l'impero ottomano A dividere la Persia dei safawidi dall'impero ottomano era la contrapposizione religiosa tra islamismo sunnita e sciita. Lo scià Abbas il Grande ottenne importanti successi militari contro i turchi, gran parte della popolazione rimase tuttavia allo stadio nomade-pastolare. Nel 1722 la dinastia safawide venne

rovesciata ad opera di un invasore afghano, Nadir Shah, e ne seguì un confuso periodo di lotte intestine. L'impero ottomano chiuse nel 1606 senza alcun vantaggio territoriale, la nuova guerra ingaggiata contro gli Asburgo in Ungheria. La fine dell'espansione territoriale determinò gravi conseguenze in una formazione politica fondata sulla "guerra santa" e sulla conquista. L'autorità del sultano fu indebolita da un decisivo mutamento nel sistema di successione, così la direzione del governo fu per lunghi periodo nelle mani del Gran Visir. 14.5 Asia ed Europa Limitata fu l'influenza dell'Occidente sull'Oriente; per quanto riguarda le grandi civiltà del continente asiatico, tra il XVI secolo e la metà del XVIII secolo i missionari e i mercanti europei ne rimasero per lo più ai margini, guardati a seconda dei casi con condiscenza o con sospetto. Furono le compagni delle Indie olandese, inglese e francese a ottenere concessioni territoriali dai vari governi asiatici, a organizzare traffici e a distribuire i guadagni tra i loro azionisti. L'attività missionaria riguardò quasi esclusivamente la Chiesa cattolica; le conversioni da loro ottenute furono comunque in un numero trascurabile rispetto alle dimensioni della popolazione cinese. Alla fine del XVII secolo i portoghesi mantenevano in Indonesia solo una parte dell'isola di Timor ed erano sempre a Macao; in India restavano sotto al sovranità Goa, Diu, Daman e Mangalore. Ai primi del Settecento il loro commercio era ridotto a un quinto di quello che era stato nel XVI secolo. Ben più vasti e numerosi i possedimenti olandesi. Alla Spagna apparteneva sempre l'arcipelago delle Filippine. La Compagni inglese delle Indie orientali si era insediata a Bombay, a Madras e a Calcutta; la Compagnia francese aveva la sua base principale a Pondicherry.

15. L'apogeo dell'assolutismo: la Francia di Luigi XIV

15.1 Luigi XIV: il "mestiere del re" - Luigi XIV aveva 23 anni quando assunse personalmente il potere, alla morte di Mazzarino; il suo regno durò 72 anni, di cui 54 vissuti alla testa degli affari. - Questo lungo regno rappresentò l'apogeo dell'assolutismo monarchico e fu anche il periodo in cui la Francia giunse più vicina ad esercitare una supremazia sul resto dell'Europa. - La celebre affermazione attribuita a Luigi XIV, "lo Stato sono io", va intesa non solo come un'orgogliosa manifestazione di potenza, ma anche come l'involontario riconoscimento di un limite: nel senso che quel tanto di obbedienza e di uniformità che si riusciva ad imporre a una società caratterizzata da una molteplicità per noi inconcepibile di privilegi, di "libertà" medievali era affidava alla presenza al vertice dello Stato di una personalità carismatica, capace e desiderosa di tutto vedere e tutto regolare da sé. 15.2 La Corte e il Paese

- La corte si trasferì a Versailles durante il regno di Luigi XIV . Nel palazzo e negli edifici annessi giunsero ad essere ospitate quasi diecimila persone, tra cortigiani, ministri, funzionari, tecnici e personale di servizio. Una rigida etichetta regolava la vita di corte, che ruotava tutta intorno alla persona del re. - Il soggiorno a Versailles si trasformava per la nobiltà francese in una prigionia dorata, che, costringendola a vivere sotto gli occhi del re ne riduceva l'indipendenza e le possibilità di azione politica. - Oltre l'80 % della popolazione viveva sulla terra e della terra e non stupisce che la grande maggioranza degli abitanti delle campagne vivesse ai limiti della pura sussistenza, alla mercé delle cattive annate e delle carestie. 15.3La direzione dell'economia -

Assumendo il controllo delle finanze Colbert si propose due obbiettivi essenziali: rimediare al grave dissesto dei conti pubblici e rilanciare la stagnante economia francese.-

-

Una delle prime più clamorose iniziative del regno di Luigi XI fu la creazione di una Camera di giustizia straordinaria per indagare sugli illeciti arricchimenti. Fu possibile per questa via rastrellare varie decine di milioni di lire e diminuire quindi il debito pubblico.

Nella visione di Colbert il risanamento finanziario doveva non solo liberare l'erario dei debiti, ma fornire i mezzi per un deciso intervento dello Stato a sostegno dell'economia. 15.4La direzione delle coscienze -

Il regno di Luigi XIV è caratterizzato in ogni campo dallo sforzo di dettare regole valide per tutti, di imporre l'ordine e l'uniformità non solo nei comportamenti, ma anche nei gusti e nelle idee: a tale scopo dovevano servire le numerose Accademie Reali istituite in questo periodo.

- A questa tendenza non poteva certo sottrarsi la vita religiosa. In questo settore Luigi XIV si trovò ad affrontare tre ordini di problemi: la diffusioni in taluni ambienti ecclesiastici e laici della capitale della corrente giansenista, i contrasti con Roma e la questione ugonotta. 15.5La gloria militare: le guerre di Luigi XIV n Ingenti somme furono spese dagli ambasciatori e dagli agenti del Re Sole per assicurarsi l'alleanza dei principi tedeschi, degli Stati Baltici e dello stesso re d'Inghilterra Carlo II, per corrompere e ricattare ministri e diplomatici stranieri, per suscitare rivolte nei Paesi nemici, ma assai più massicce furono naturalmente le spese militari. n Il suo esercito fu sistematicamente riorganizzato: i suoi effettivi passarono gradualmente dai 65.000 uomini del 1667 ai 400.000 del 1705. La prima occasione per mettere alla prova questa poderosa macchina bellica venne offerta dalla "guerra di devoluzione" contro la Spagna.

n Luigi XIV riprese quasi subito la sua politica di espansione, questa volta in direzione dell'Impero, occupando una serie di territori. n Fu inevitabile il ricostruirsi di una nuova coalizione europea. Nel luglio 1686 venne stipulata una lega difensiva tra Spagna, Impero, Svezia e Olanda. Erano così poste le premesse per il riaccendersi di un conflitto su scala continentale. 15.6Il tramonto del Re Sole u Si sostituirono nuove imposte e, a questo punto, il peso diretto e indiretto delle guerre divenne per i sudditi sempre più intollerabile. Al malessere generale determinato dalla miseria, dalla guerra, dalle tasse e dalle carestie fa riscontro un incupirsi della vita di corte a Versailles. u L'’opposizione sorda contro l'assolutismo di Luigi XIV si manifestava in vari modi: nelle sommosse popolari spontanee, nella contestazione di una politica che sacrificava l'agricoltura nel commercio e imprigionava ogni attività in una gabbia di regolamenti e di divieti, nella rivendicazione di maggiori poteri da parte di esponenti nell'alta aristocrazia . u Anche nella filosofia, nella vita religiosa, nella letteratura e nell'arte si affermano nuovi indirizzi che sempre più apertamente ponevano in discussione i princìpi sostenuti ed imposti a corte. u Gli ultimi anni di Luigi XIV furono contrastati, oltre che da rovesci subiti nella grande guerra di successione spagnola, da lutti familiari. Il I settembre 1715 a Parigi e nei dintorni si accesero fuochi di gioia alla notizia della morte del vecchio despota. Il successore era un bambino, Luigi d'Angiò, per la Francia si profilava un'altra reggenza, la terza in poco più di un secolo. 16. I nuovi squilibri europei tra Sei e Settecento

16.1 La "gloriosa rivoluzione" e l'ascesa della potenza inglese v

La monarchia Stuart era stata restaurata nel 1660 sulla base di un compromesso con il Parlamento.

v Le evidenti inclinazioni filo cattoliche del monarca suscitarono ben presto i sospetti e l'ostilità di un'opinione pubblica sensibile al pericolo del papismo. I timori dei protestanti venivano alimentati dal fatto che Carlo II fosse privo di figli maschi e che l'erede al trono era il fratello Giacomo, fervente cattolico. v Di fronte ai problemi religiosi e dinastici si crearono in questi anni due schieramenti politici: i tories erano fautori della monarchia di diritto divino, del legittimismo dinastico, della Chiesa anglicana; i whigs erano invece i sostenitori del Parlamento e di un più vasto fronte protestante. v Dopo il 1680 la politica regia si sviluppo in un senso chiaramente assolutistico. Il Parlamento venne ripetutamente sciolto e gli oppositori politici vennero perseguitati da giudici al volere del re. Salito al trono alla morte del fratello, Giacomo II si adoperò subito per il rafforzamento dell'esercito. v I maggiori esponenti dei whig e tory si accordarono per rivolgere un appello allo statolder d'Olanda Guglielmo III, che aveva sposato una figlia di Giacomo II, Maria Stuart. Guglielmo organizzò una spedizione e sbarcò a Torbay, mentre Giacomo II fuggiva in Francia. v Benché la "gloriosa rivoluzione" del 1688-89 (chiamata così perché non comportò spargimento di sangue) si presentasse come restaurazione della legalità violata dal re, si tratto in realtà di una svolta

decisiva nella storia politica dell'Inghilterra: una svolta che sbarrò per sempre la strada dell'assolutismo e aprì la via verso un governo di tipo parlamentare. v Il mutamento al vertice della monarchia inglese ebbe come conseguenza immediata il suo ingresso nella coalizione europea che nel 1689 aprì le ostilità contro la Francia. I conflitti con la maggiore potenza continentale durarono quasi ininterrottamente fino al 1713. L'espansione senza precedenti delle spese militari contribuì a sua volta a determinare una serie di importanti novità in campo fiscale e amministrativo. v L'amministrazione delle finanze, della flotta e dell'esercito richiese a sua volta la costituzione di una burocrazia statale centrale e periferica quale l'Inghilterra non aveva mai conosciuto. v Le guerre prolungate e l'incremento della spesa pubblica non incisero peraltro in maniera sensibile sull'economia inglese, che continuò a svilupparsi a ritmi sostenuti. 16.2 L'espansione della monarchia austriaca Ÿ Nel corso della guerra dei Trent'anni era stato sconfitto il disegno di restaurazione cattolica e imperiale coltivato dagli Asburgo d'Austria. Ÿ Il nuovo senso di unità è percepibile anche nel rafforzamento degli organi centrali di governo e nella costituzione di un forte esercito permanente, riorganizzato dallo stratega italiano Raimondo Montecuccoli, che nel 1664 riportò una grande vittoria su un esercito ottomano in marcia verso Vienna (battaglia del San Gottardo). Ÿ Rimaneva esclusa l'Ungheria, per oltre due terzi soggetta al dominio ottomano o al principe di Transilvania. La cosiddetta "Ungheria imperiale", suddita degli Asburgo, rivendicava non solo la libertà religiosa, ma anche lo jus resistendi, il diritto cioò di sollevarsi contro il proprio sovrano qualora questi avesse violato le leggi fondamentali del Paese. Una vasta ribellione dilagò in questa parte dell'Ungheria quando l'imperatore Leopoldo I cercò di stroncare l'opposizione della nobiltà al potere monarchico, sospendendo le libertà costituzionali e avviando una persecuzione contro i protestanti. I rivoltosi chiesero aiuto all'impero ottomano, che inviò un grande esercito ad assediare Vienna. Solo il re di Polonia Jan Sobieski rispose all'appello del papa a intervenire in difesa della cristianità. La congiunzione della cavalleria polacca con le forze austriache giunse appena in tempo per rendere possibile la grande vittoria del Kahlenberg, che spezzò l'assedio e mise in fuga le forze ottomane. La controffensiva austriaca portò in pochi anni alla riconquista di tutta la pianura ungherese e della Transilvania. Il comando delle armate imperiali fu assunto nelle ultime fasi del conflitto da un giovane imparentato con la dinastia piemontese, Eugenio di Savoia che distrusse l'ultimo grande impero ottomano. Ÿ Nel frattempo i veneziani, entrati in guerra a fianco degli Asburgo, riuscivano a espellere i turchi dal Peloponneso. La pace stipulata a Carlowitz sancì su entrambi i fronti il grave arretramento dell'impero ottomano, che dovette cedere agli Asburgo l'Ungheria e la Transilvania, a Venezia il Peloponneso. Ÿ L'ascesa della monarchia austriaca al rango di grande potenza fu completata, al termine della guerra di successione spagnola, con l'acquisizione dei possedimenti spagnoli in Italia e Belgio, con quella del Banato e di Belgrado per effetto della nuova vittoriosa campagna contro i turchi. Vienna venne rapidamente assumendo il volto di una grande capitale, grazie all'ampliamento delle residenze imperiali e alla costruzione di palazzi e ville nobiliari. Dietro questa facciata di potenza e di splendore persisteva l'arretratezza complessiva di un'economia ancora per larga parte legata a un'agricoltura di

sussistenza e al servaggio contadino, e rimaneva la fragilità di una compagine politica in cui al potere del sovrano si contrapponeva quello dei "ceti", riuniti delle Diete dei vari territori.

16.3 La guerra di Successione spagnola e i regni iberici ¢ Nel 1700 si spegneva senza lasciare eredi l'ultimo Asburgo della linea spagnola, il rachitico e malaticcio Carlo II. Poco prima di morire, si era lasciò convincere a redigere un testamento che proclamava erede universale il duca d'Angiò, che assunse il titolo di Filippo V re di Spagna, con la condizione di una sua rinuncia perpetua ai diritti di successione in Francia. Il comportamento di Luigi XIV nei mesi seguenti fu però tale da far apparire illusoria la separazione tra le due corone di Francia e di Spagna. ¢ La guerra venne dichiarata formalmente nel 1702. Alla coalizione antifrancese aderirono la Danimarca e molti principi tedeschi. Con Luigi XIV e Filippo V erano in primo tempo schierati il duca di Savoia Vittorio Amedeo II e il re del Portogallo Pietro II: ma entrambi passarono nel campo avverso nel corso del 1703. Le operazioni condotte su vari fronti volsero decisamente a favore della "Grande Alleanza". ¢ Nel loro insieme i trattati di Utrecht e Rastaat sancivano un nuovo ordine politico che sarebbe rimasto a lungo alla base dell'equilibrio europeo. ¢ La sostituzione dell'egemonia austriaca all'egemonia spagnola in Italia e l'affermazione definitiva della supremazia marittima e commerciale inglese furono i due risultati più importanti della guerra di successione spagnola. ¢ Il regno di Filippo V, che inaugurò la dinastia dei Borbone di Spagna, fu contrassegnato da una notevole attività riformatrice e da una ripresa dell'iniziativa in campo internazionale. 16.4 L'ascesa della Russia di Pietro il Grande e il declino della Svezia ¤ La Russia di fine Seicento era un immenso territorio esteso dal Dniepr al Pacifico e popolato appena da forse 15 milioni di abitanti. I Romanov portarono a compimento un a notevole espansione territoriale. ¤ Gli inasprimenti fiscali provocati dalla guerra e il progressivo peggioramento delle condizioni di vita dei contadini servi della gleba determinarono tuttavia un profondo stato di malessere e di fermento nella popolazione. ¤ La campagna di modernizzazione russa iniziò: furono abbandonate le tradizionali cerimonie religiose; molti giovani aristocratici furono spediti all'estero per impadronirsi delle scienze e delle maniere occidentali, e molti tecnici e ufficiali olandesi, tedeschi, italiani furono impiegati nelle costruzioni navali, nelle manifatture, nella riorganizzazione dell'esercito. In pochi decenni la mentalità e i costumi della nobiltà russa subirono una profonda evoluzione, che aprirà un solco incolmabile tra minoranza colta e le masse contadine, rimaste fedeli alla mentalità e alla religiosità tradizionali.

¤ La trasformazione della società era finalizzata al rafforzamento militare, e in cima ai suoi obbiettivi era la conquista di uno sbocco sul Baltico, dato che Arcangelo, l'unico porto russo sul mar Baltico, era per gran parte dell'anno bloccato dai ghiacci. ¤ Pietro il Grande decise nel 1700 di entrare in guerra a fianco della Danimarca e della Polonia contro il nuovo re di Svezia Carlo XII. ¤ Pietro occupò tutte le coste orientali del Baltico. la "grande guerra del Nord" continuò con alterne vicende, sino alla pace di Nystadt, che confermò allo zar il possesso della Livonia, dell'Estonia, dell'Ingria e di parte della Carelia. Il predominio della Svezia nel Baltico era finito. ¤ La necessità di armare e di equipaggiare queste moltitudini di soldati e marinai, senza dipendere dall'estero, fu la principale molla dell'impulso dato alla siderurgia e alla metallurgia, alle manifatture tessili e alle costruzioni navali. Si trattò per lo più di imprese statali, o sovvenzionate e protette dallo Stato, che impiegavano manodopera servile. Anche il commercio con i Paesi occidentali ebbe un certo sviluppo, ma l'economia russa rimaneva fondamentalmente agricola e caratterizzata dall'autoconsumo. 16.5 La nascita dello Stato prussiano n Il Brandeburgo era costituito da territori discontinui ed eterogenei, ciascuno dei quali aveva i propri "ceti" che votavano le imposte e provvedevano all'amministrazione del territorio, senza preoccuparsi degli interessi generali del loro principe. n Nelle campagne brandeburghesi e prussiane i grandi proprietari fondiari esercitavano un dominio pressoché assoluto sui contadini, che lavoravano gratuitamente le loro terre oltre ai proprio poderi. n Per mettere la propria forza militare al servizio della coalizione antifrancese nella guerra di successione spagnola, il figlio di Federico Guglielmo chiese e ottenne dall'imperatore il titolo di re di Prussia come Federico I. Federico Guglielmo I ridusse al minimo le spese per la corte e dedicò le sue migliori cure alla formazione di un forte esercito. n L'assolutismo di impronta burocratico - militare rimarrà caratteristico dello Stato prussiano fino all'unificazione della Germania. 17 Una nuova epoca di espansione

17.1

L’aumento della popolazione europea

Fine del periodo di ristagno del Seicento: moto espansivo in ogni settore. Questa espansione settecentesca si differenzia da quella del Cinquecento per il suo carattere irreversibile. Crescita della popolazione: aumento dell’ordine del 63,5% anche in Asia ed Americhe -rapporto inverso crescita economia/crescita popolazione: tendenza a riempire gli spazi vuoti (Ungheria e Russia) q

Miglioramenti climatici dopo la piccola glaciazione del 600

q

Miglioramenti nell’agricoltura

q

àFino a pochi anni fa gli studiosi spiegavano la crescita con un calo della mortalità (migliore alimentazione, condizioni igieniche migliori, minore incidenza di peste, fame, guerra). -Rimanevano tuttavia altre malattie di carattere epidemico (tifo, difterite, violo) -La diminuita gravità delle carestie fu reale e si spiega con la maggiore rapidità dei trasporti, con gli interventi più efficaci dei governi nelle aree colpite E NON tanto con un miglioramento generale delle condizioni di vita. -Le guerre dopo il 1720 avevano un carattere più localizzato e gli eserciti erano più disciplinati. à Di recente gli studiosi pensano che l’aumento della popolazione sia dovuto piuttosto all’aumento della natalità: o

calo dell’età del matrimonio della donna

o

diminuzione percentuale del celibato

o

diffusione del lavoro salariato, che fa saltare i precedenti vincoli economici che impedivano o ritardavano le nozze.

Resta da chiarire come mai la crescita fu più forte in aree meno sviluppate economicamente e demograficamente. Esempio importante è l’Irlanda: in 100 anni la popolazione triplicò: si spiega con la diffusione della patata, che costituiva una dieta più equilibrata, dava alti rendimenti e quindi consentiva di frazionare le aziende agricole in piccoli poderi ma sempre sufficienti a mantenere una famiglia, favorendo la precocità dei matrimoni: NB nel 1846-47 la carestia i patate provocò una strage. 17.2

L’evoluzione dell’agricoltura

L’agricoltura contribuì all’aumento della popolazione. Adozione di mais (ad alto rendimento) e grano saraceno (adatto anche a climi freddi) Agricoltura estensiva e intensificazione lavoro dei contadini in quasi tutta Europa Rendimenti restano modesti; restano: scarsità del concime animale, rotazione triennali, campi aperti Tuttavia si allargano le aree in cui si pratica agricoltura intensiva e produttiva: in Veneto e Piemonte, grazie alla fitta rete di fiumi ⇒riso, piante foraggere ⇒proprietà nutritive (azoto) di trifoglio, erba medica, lupinella e possibilità di allevare vacche da latte ⇒concime ⇒rotazioni complesse di 9 o 12 anni (mais, marcite, prati artificiali) ∠ ciò presuppone aziende compatte di grandi dimensioni, e loro affitto a veri imprenditori agricoli muniti di capitale x comprare bestiame e pagare i salari, e presenza di sbocchi commerciali per cereali, fieno, latte  condizioni assenti in quasi tutta Europa In Inghilterra la rivoluzione agricola si connette alla rivoluzione industriale a causa della produzione di materie prime (lana, orzo, luppolo, cuoio, piante tintorie, ecc..) dell’aumento della domanda di manufatti, dovuto alla formazione di uno strato di fittavoli e coltivatori benestanti. Infatti gli incrementi di produttività permisero di mantenere un numero sempre crescente di non addetti all’agricoltura, che a fine secolo superò la metà della popolazione. ∠ Enclosures (recinzioni al massimo tra metà 700 e 1815: campi aperti diventano ½ - ¼ del

totale) = ultimo atto di un processo di trasformazione il cui momento centrale è costituito dalla redistribuzione delle terre: complessa ricomposizione fondiaria permette di recintare una terra e sfruttarla intensivamente. Il che fa diminuire la percentuale di persone addette alla terra. à nel 500 e 600 le recinzioni avevano riguardato soprattutto villaggi in cui la maggior parte del terreno coltivabile apparteneva ad uno o pochi proprietari che si mettevano d’accordo e compravano le parcelle dei piccoli coltivatori, le recintavano, e ci riassumevano i coltivatori per lavorarle. à nel 700 invece si seguiva una procedura diversa: i grandi proprietari di una comunità presentavano una domanda al Parlamento, il quale emetteva un Enclosure act e nominava un perito per ridistribuire le terre. I piccoli proprietari per recintare dovevano pagare un’imposta proporzionalmente più alta, ed erano più danneggiati dal divieto di condurre al pascolo il bestiame nelle terre altrui, per cui erano spesso indotti a vendere la terra e trovare lavoro come fittavoli o salariati nelle grandi aziende; i grandi proprietari ne ebbero grandi vantaggi perché poterono alzare i canoni d’affitto e poterono investire per introdurre grosse migliorie (es: ciclo di Norfolk: rotazione con 1 anno a frumento, 1 a rape, 1 a orzo, 1 a trifoglio o marcite; selezione di specie vegetali e incroci di animali). 17.3

Prezzi e salari, moneta e trasporti

Ci fu una tendenza generale all’aumento dei prezzi, e quindi un aumento dei profitti derivati dalla vendita delle derrate e dei redditi derivati dal possesso della terra (crescente interesse per l’agricoltura). I salari però rimasero nettamente più bassi nella crescita rispetto ai prezzi. Diminuzione dei salari reali del 25% Fattori d’inflazione: v

incremento demografico: 1)

v

la quantità di cibo non cresce come la popolazione (Malthus)

2)

l’estendersi degli agglomerati urbani fece estendere il raggio di approvvigionamento per le città, facendo salire i prezzi dei trasporti

3)

l’incremento demografico in molte zone si risolse in un processo di proletarizzazione di vasti strati sociali aumento dei mezzi di pagamento in circolazione 1)

argento in Messico

2)

oro in Brasile

3)

miglioramento dei trasporti: più rapida circolazione di denaro, merci, uomini (NB: strade lastricate e convesse in Francia costruite con le corvée, in Inghilterra da imprenditori privati ch imponevano poi un leggero pedaggio ai passeggeri)

4)

ricorso universale alle cambiali (in Inghilterra alle banconote, convertibili in qualsiasi momento in monetaà larga circolazione fiduciaria)

La diffusione dell’economia monetaria e la maggior disponibilità di capitali è attestata alla

discesa dei tassi di interesse: il minor costo del denaro servì spesso a stabilizzare la moneta, creando un quadro stabile per gli operatori economici 17.4

Il boom del commercio atlantico

Secolo d’oro del commercio internazionale. Inghilterra e Francia superano l’Olanda, e Mediterraneo si riprende. Soprattutto cresce però il commercio atlantico, con le colonie: forte accelerazione di sfruttamento e colonizzazione del Nuovo Mondo: (grande aumento della popolazione per coloni europei, importazione di schiavi neri africani e altissimo tasso di riproduzione, specie in Nord America.) Sviluppo di un’economia diversificata per latitudine e configurazione geologica Concentrazione della proprietà terriera a causa della rapida diminuzione della popolazione indigena: grandi latifondi di agricoltura estensiva e allevamento brado (estancias, pampas); continue importazioni di schiavi neri. Alla fine del 700 si crea un movimento umanitario contrario alla schiavitù, che sarà abolita nella seconda metà dell’800. NB caratteri delle colonie inglesi nel Nord America: ü ü

eccezionale dinamismo demografico mancanza del meticciato: no commistione indios e coloni (al contrario che nei domini spagnoli e portoghesi, gli indios venivano sterminati) e indios tenuti in disparte

Centro - sud America diviso tra Spagna e Portogallo: Spagna à Messico, Texas, California, Ande e interno. //

Portogallo à Brasile, Argentina

In Brasile la presenza portoghese gravitò a lungo intorno a Pernambuco e Bahia (zucchero con schiavi africani); più a sud si organizzarono delle spedizioni verso l’interno (bandeiras) per catturare indios da vendere, e nel corso di esse si scoprirono grandi quantità di oro e diamanti Grandi monoculture di canna da zucchero in Brasile, Grandi Antille, Piccole Antille richiedono continue importazioni di schiavi neri, che morivano spesso.

17.5

Le origini della Rivoluzione industriale

Rivoluzione industriale = complesso di trasformazioni nel modo di produrre i manufatti, che determinò un ampio e irreversibile mutamento nei consumi e nei modi di vita e rapporti sociali.  Diffusione su larga scala di macchine azionate da energia inanimata  Concentrazione del lavoro nelle fabbriche  Incremento della produttività per addetto  Produzione in serie per un mercato molto vasto

In Inghilterra avvenne a fine 700, in Europa a metà dell’800; NB: nelle manifatture c’era già la concentrazione del lavoro, ma non veniva superata l’abilità manuale; il termine “industria” indicava operosità, e con “manifattura” si indicava spesso quella che oggi chiamiamo proto industria, o industria a domicilio. La proto industria permetteva di sfuggire ai vincoli delle corporazioni, avere manodopera a basso costo, reclutabile in base alle esigenze del mercato, e di investire pochissimo. La manifattura era poco adatta ad una produzione di massa; se il mercato si ampliava, si doveva ampliare l’area di produzione a domicilio, rischiando di non avere abbastanza controllo sulla qualità, e se si alzavano le paghe si rischiava di diminuire il numero di pezzi prodotti a cottimo. ⇒di qui la spinta a produrre con delle macchine e a concentrare la manodopera in fabbriche in cui si potesse tenere a bada la disciplina. Condizioni della rivoluzione industriale presenti massimamente in Inghilterra: ∠ ∠

scarsità di manodopera in certi settori della lavorazione



capacità tecnica per inventare certi congegni meccanici



fonti di energia poco costose



disponibilità di capitali ed energie imprenditoriali pronte al rischio



17.6

domanda in continua espansione: mercato interno ed estero potenzialmente molto vasto

fiducia nella stabilità dl quadro politico-legislaivo (tutela dei diritti di proprietà su merci e idee innovative–brevetti)

Dall’età del cotone all’età del ferro

Inghilterra: Protezionismo sull’industria della lana a scapito del cotone; solo dagli anni 80 del 700 il commercio del cotone decolla –dopo l’abrogazione di misure vs cotone. Questo successo è dovuto al fatto che la materia prima costava poco e poteva essere importata illimitatamente dalle colonie, al fatto che il cotone era molto più lavorabile a macchina, e i tessuti in cotone erano più economici, lavabili, e avevano un mercato potenzialmente molto vasto. ⇒nella prima fase della Rivoluzione industriale, fino al 1830, il cotone fu il settore di punta e creò il modello d fabbrica che si estese poi ad altre lavorazioni, in particolare quello siderurgico. Le invenzioni di macchine corrisposero a precise fasi della lavorazione che si aveva bisogno di migliorare: il telaio con spoletta volante rende necessario studiare qualcosa che acceleri il lavoro dei filatori à filatoio meccanico à telaio meccanico à fine del lavoro di tessitore Questi progressi influenzarono progressi in altri settori: chimica (candeggianti); coke (carbon fossile raffinato dalle impurità permette di non usare la legna per lavorare il ferro –la ghisa preparata tramite carbon fossile normale diventava friabile per le impurità, il carbone di legna era troppo costoso); il settore siderurgico migliorò con l’adozione di un forno a riverbero inventato da Cort. L’Inghilterra divenne produttrice di ghisa di ferro: poté esportarla (prima la importava) e utilizzarla per la produzione di macchine, per il miglioramento dei trasporti e dell’esercito.

L’industria tessile e siderurgica avevano bisogno di energia diversa da quella umana/animale per svilupparsi; l’energia idraulica non era sempre disponibile in tutte le zone e con la stessa portata; la forza del vapore fu utilizzata efficacemente solo dal 1769 grazie a Watt. 17.7.

Le ripercussioni dell’industrializzazione

Non bisogna esagerare la rapidità dei mutamenti e la coscienza che i contemporanei ebbero delle ripercussioni della Rivoluzione industriale. La nascita di un proletariato di fabbrica: Insediamenti industriali soprattutto a nord-centro e ovest, dove c’erano giacimenti di ferro,fiumi e collegamenti coi porti di Liverpool, Hull, Bristol, minore fertilità dei terreni e quindi maggiore disponibilità di manodopera a basso costo disposta a spostarsi nelle fabbriche, le quali diedero un forte impulso all’urbanizzazione. Le città erano agglomerati informi, cresciuti troppo in fretta senza comodità o amenità o servizi. Gli imprenditori reclutavano anche donne e bambini, che costavano meno ed erano più duttili alla disciplina ferrea (NB solo dal 1820 leggi a tutela del lavoro femminile o minorile). La disciplina era molto importante e molti industriali si adoperavano affinché nel tempo libero i dipendenti andassero alla scuola domenicale e in chiesa, sempre allo scopo di dirozzarli e promuoverne la subordinazione; secondo Thompson va vista in questo senso la rapida diffusione nei distretti minerari del metodismo, che poneva l’accento sulla frugalità e l’autodisciplina. La creazione di organizzazioni sindacali (trade unions) fu lenta e difficile a causa di leggi proibitive, inasprite durante la Rivoluzione Francese; tuttavia non mancarono forme spontanee di agitazione: sciopero, boicottaggio, proteste e petizioni indirizzate a Parlamento o autorità locali. 1810-1820 Luddismo, represso duramente, lascia il posto al cartismo. I salari erano più alti di un salariato non specializzato impiegato nell’edilizia o nell’agricoltura, e il capofamiglia poteva cumulare gli stipendi dei familiari, ma dal 1790al 1820 il costo della vita crebbe parecchio, e i salari no; inoltre le condizioni abitative, la monotonia del lavoro, lo smarrito senso di indipendenza e dignità personale, la precarietà dell’occupazione peggioravano notevolmente il tenore di vita. Le autorità alternavano repressività ad assistenza che faceva leva sul tessuto parrocchiale e su tasse apposite per i benestanti. Gli imprenditori, spesso di origine modesta, non si contrapponevano ancora all’aristocrazia fondiaria, e spesso erano guardati da essa e dai mercanti/finanzieri con disprezzo. 18. La civiltà del Lumi

18.1 Fede e ragione Kant: L’illuminismo è l’uscita dallo stato di minorità che l’uomo deve imputare a se stesso. Minorità è

l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza l’aiuto di qualcun altro. La minorità non dipende da un difetto di intelligenza ma dalla mancanza del coraggio e della decisione di far uso del proprio intelletto senza l’aiuto di altri. Il motto dell’illuminismo è “abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!” Philosophe, l’indagatore del vero: l’unica verità deriva da un’osservazione diretta o da testimonianze certe, da vagliare in ogni caso col “lume” della ragione. à rifiuto dell’auptoritas à uso sistematico dello spirito critico Dal XVII secolo questi criteri vennero applicati all’ambito religioso, sgombrando le scritture e le pratiche da credenze superstiziose, anche ad opera di ecclesiastici cattolici(: vd Maurini) ma soprattutto in ambienti protestanti: in Olanda e Inghilterra si sviluppò una forte critica agli argomenti più dogmatici e superstiziosi da parte di intellettuali (Spinoza, Bayle, Locke_Locke cerca di conciliare fede e ragione mettendo l’accento sui precetti morali; ispirò e diede spunto ai deisti) Deismo: Dio esiste e l’anima è immortale e questo si capisce grazie alla ragione, infatti si tratta anche dell’elemento comune di tutte le religioni rivelate, i cui dogmi e misteri sono solo incrostazioni superstiziose o imposture. Il problema del contrasto tra fede e ragione era più forte in ambito cattolico, per via dell’intransigenza cattolica, la pretesa del clero di dirigere le coscienze, il persistere della tradizione aristoteliche scolastica e di antiche forme di devozione simili alla superstizione. Non mancarono ecclesiastici illuminati come Muratori e Galiani. Voltaire orchestrò una potente campagna contro l’”Infame”. Sosteneva Dio come architetto dell’universo, che si regola secondo leggi non sempre comprensibili o favorevoli all’uomo; il male esiste. Ma proprio per questo gli uomini dovrebbero smettere di uccidersi e torturarsi per motivi futili, e dovrebbero attuare una vera morale evangelica. Caso Calas: Voltaire riesce a far rivedere il processo e cambiare il verdetto –già eseguito- sul padre protestante che avrebbe ucciso il figlio per evitarne la conversione al cattolicesimo. Altri approdarono all’ateismo: D’Holbach. Diderot dal deismo approdò ad una visione della natura come creazione e modificazione continua di organismi e forme di vita, anticipando l’evoluzionismo di Lamarck.

18.2 L’uomo e la natura Empirismo: Locke: l’intelletto umano originariamente è come un foglio bianco che solo l’esperienza porrà riempire. Successivamente interviene la riflessione a determinare, attraverso la comparazione del materiale dell’esperienza, le idee semplici e le idee complesse (come quella di Sp T e C/Ef. Di qui il rifiuto di ogni metafisica e di ogni supposizione non suffragata dall’osservazione dei fatti.

D’Alembert, nel Discorso preliminare all’Enciclopédie: tutte le nostre conoscenze dirette si riducono a quelle che riceviamo attraverso i sensi: tutte le nostre idee provengono dalle sensazioni. Sensismo: tutte le cognizioni umane vanno ricondotte alla sensazione. Bonnot, abate di Condillac: uomo-statua in cui le sensazioni agendo sugli organi possono azionare la vita psichica. La Mettrie: l’uomo macchina; materialismo integrale che riduce tutto l’uomo, comprese le sue facoltà mentali, a materia. Hume: negazione di “sostanza” (noi conosciamo le sensazioni, non le cose stesse) e di “C/Ef” (nessun principio razionale ci obbliga a credere all’uniformità della natura). Utilitarismo: il bene non è oggettivo e astratto, ma coincide con ciò che colpisce gradevolmente i sensi, è cioè un piacere soggettivo o la cessazione del dolore o l’appagamento di un bisogno. Il perseguimento anarchico di tali obiettivi distruggerebbe i presupposti del vivere sociale e risulterebbe controproducente anche dal punto di vista egoistico. Tra questi: Hume sostiene che gli uomini sono naturalmente portati al senso morale da un’innata simpatia con gli altri uomini;

Bentham riduce la morale ad un calcolo dei piaceri e dei dolori e afferma che la società deve essere costituita in modo tale da garantire la felicità al numero maggiore di persone possibili, formula ripresa da Beccaria). Generale esaltazione della scienza e della sua capacità di svelare le leggi che governano la natura inanimata e animata. Newton impone un metodo scientifico basato sul rifiuto di hp astratte e sulla sintesi tra indagine sperimentale e procedimento matematico. Le sue teorie divennero il simbolo dei Lumi. Le sue scoperte incoraggiavano quelli che non rimanevano ancorati alla Bibbia e non ne cercavano le conferme. VD:Linneo, Spallanzani e Buffon: botanica e zoologia e anticipazione di Darwin; Lavoisier: chimica; Franklin, Galvani, Volta: elettricità. Accademie di Stato nelle grandi città. 18.3

La pubblica felicità

Anche in campo politico l’Illuminismo non è unitario, anche se sono condivise le premesse del Tramonto della ragion di Stato e della teoria del diritto divino dei re; il potere dev’’essere esercitato nell’interesse dei sudditi e per la realizzazione della pubblica felicità, la delimitazione della libertà privata in cui la realtà sovrana non ha diritto di ingerenza. Montesquieu: “Lo spirito delle leggi”, 1748: le leggi sono i rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose. Ovvero: non servono precetti universalmente validi per il governo dei popoli, ma bisogna invece scoprire i meccanismi e principi che regolano i vari ordinamenti politici. Atteggiamento relativistico: ogni ordinamento si adatta a determinate condizioni politiche e territoriali. Dispotismo poggia sulla paura e si adatta a vastissime estensioni territoriali; Monarchia poggia sul senso d’onore e si adatta ad un’estensione intermedia; Democrazia si regge sulla virtù dei cittadini e si adatta ad un’estensione territoriale piccola. Nonostante l’apparente relativismo, Montesquieu preferisce la monarchia temperata di modello inglese, perché la maggior garanzia per le libertà individuali è la divisione dei poteri, e in particolare il potere giudiziario è affidato a magistrati indipendenti dal legislativo e

dall’esecutivo. Nel dispotismo, dove tutti sono schiavi, e nella democrazia, il livellamento delle condizioni sociali è imperante; la monarchia permette invece l’esistenza di corpi intermedi gerarchicamente ordinati. Voltaire: il dispotismo illuminato: combatte i particolarismi e i privilegi locali di ceto; solo chi è al di sopra di tutti può avere una chiara visione degli interessi generali e agire incondizionatamente rispetto ai particolarismi; la teoria del monarca illuminato ebbe i suoi principali centri di elaborazione nell’Europa centrale o mediterranea, piuttosto che in Inghilterra o Francia. Rousseau: il passaggio dell’uomo dallo stato di natura allo stato sociale si accompagna all’istituzione della proprietà privata, che origina un processo di degenerazione morale, i cui sintomi sono le enormi disuguaglianze sociali, il lusso sfacciato dei ricchi, la corruzione, la raffinatezza di arti e tecniche. L’unica via per uscire da un tale stato è rifondare la società tramite un contratto sociale che trasformi i sudditi in cittadini, gli schiavi in uomini liberi, attraverso la totale cessione dei propri diritti da parte di tutti al corpo sovrano, che consiste in tutta la comunità. L’unione delle volontà particolari in una volontà generale non limita le libertà individuali, e anzi le potenzia, perché protegge ognuno dalle sopraffazioni. La sovranità risiede naturalmente nel popolo, è per cui inalienabile e indivisibile, e non può neppure essere delegata in permanenza. Debbono esserci un governo e dei magistrati, può esserci un monarca o un governo aristocratico, ma ad ogni modo esso deve eseguire la volontà generale, che si esprime attraverso l’assemblea dei cittadini, per cui i governanti devono essere sempre revocabili. C’è una necessaria coincidenza tra il bene comune e l’interesse individuale: il collante fondamentale è la virtù, vedi Sparta e Roma repubblicana. Il mezzo per formare l’uomo nuovo sarà infatti l’educazione. Nell’Emilio e nella Nuova Eloisa si propone un ideale di vivere secondo natura, in cui il sentimento (anche religioso) è opposto all’arida ragione, all’ipocrisia e ai formalismi di una società ormai irrimediabilmente corrotta. Rousseau pedagogista anticipa le tematiche romantiche. Giusnaturalismo: nei Paesi di lingua tedesca rimane viva per tutto il Settecento la corrente giusnaturalista, che sostiene l’idea di un diritto naturale comune a tutti gli uomini e anteriore al costituirsi delle società politiche. vd von Pufendorf e Wolff. Illuminismo italiano: non si occupa di problemi politici generali ma di riforme da operare nei vari settori per promuovere il progresso agricolo ed economico, rendere più equo il sistema fiscale, ammodernare il diritto e l’amministrazione della giustizia. Cesare Beccaria: Dei delitti e delle pene(1764): denuncia carattere inumano e irrazionale delle procedure giudiziarie e critica la pena di morte sulla base dell’utilitarismo: sono giustificate solo sanzioni proporzionali al danno inflitto alla società e utili per il recupero del reo. Gaetano Filangieri: Scienza della legislazione (1780-85)delinea una società basata sull’eguaglianza giuridica di tutti i cittadini, sull’intervento dello Stato per diminuire le disparità economiche, su un programma di educazione nazionale gratuita e obbligatoria. 18.4 Una nuova scienza: l’economia. Fino a metà 700 le idee economiche prevalenti si possono ricondurre al mercantilismo (spetta ai governi operare per lo sviluppo della popolazione e dell’economia nazionale al fine di trarne risorse necessarie ad una politica di potenza).

Nella seconda metà del 700 prende forma, specie in Francia e Inghilterra, l’indirizzo affermato soprattutto dalla scuola fisiocratica di François Quesnay (1767 Fisiocrazia), una nuova concezione di vita economica come un sistema di rapporti fra gli uomini e le classi sociali regolato da “leggi naturali” che i governi non possono violare impunemente. I due presupposti fondamentali sono:  La convinzione che solo l’agricoltura produca nuova ricchezza, mentre manifatture e commercio si limitano a trasformare la ricchezza esistente e a trasferire prodotti; la massima produttività dell’agricoltura è condizionata dalla formazione di aziende compatte e di grandi dimensioni (come le inglesi) condotte da fittavoli con immissione di capitali e manodopera salariata.  Il surplus derivato da queste condizioni agricole, chiamato “prodotto netto”, costituisce la rendita fondiaria che i fittavoli devono ai proprietari del suolo a titolo di compenso delle anticipazioni fondiarie (spese sostenute inizialmente per rendere coltivabili le terre). Su queste premesse di basa il tableau économique, uno schema sulla circolazione delle ricchezze tra le tre classi economiche, la classe proprietaria, la classe produttiva (addetti all’agricoltura), la classe sterile (artigiani e commercianti). Quali erano le conseguenze di tali principi? Ø

i governi non dovevano danneggiare l’attività agricola con tasse mal congegnate: l’unica imposta legittima è quella che preleva direttamente dia proprietari parte del prodotto netto (dovuta al re come comproprietario dei terreni)

Ø

i governi devono lasciare completamente libero il commercio delle derrate sia all’interno che per import/export: questa concezione urtava contro la prassi dell’epoca, in cui le autorità locali, preoccupate di assicurare pane a basso prezzo alla popolazioni, tenevano i prezzi artificiosamente bassi (impedendo le esportazioni); per i fisiocratici, invece il modo per sconfiggere le carestie non era impedire le esportazioni, ma di non intralciare il movimento dei grani, che accorrono là dove i prezzi sono alti, raggiungendo così il loro “giusto prezzo” (cioè quello remunerativo per i coltivatori, che sarebbero così stati incentivati a produrre di più.

Adam Smith (1723-90) rielaborò in maniera più articolata la visione fisiocratica in Indagine sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776). Accanto alla proporzione dei lavoratori produttivi sul totale della popolazione, il più importante fattore di progresso è la divisione del lavoro. Si riduce così il tempo totale dedicato alla manifattura e quindi si abbassa il prezzo delle merci, giacché la misura del valore di un prodotto è la quantità di lavoro in esso incorporato (il tempo di lavorazione è denaro). Nella determinazione di un prezzo entrano però anche, oltre al salario dei lavoratori la remunerazione del capitale investito dagli imprenditori (il profitto) e la rendita dovuta ai proprietari del suolo. Le tre classi naturali di Smith non coincidono con quelle di Quesnay, il quale limitava il ruolo produttivo agli agricoltori, e non distingueva tra imprenditori e salariati. In comune coi fisiocratici Smith ha la fede nell’esistenza di un ordine naturale benefico: ciascun operatore economico agisce per il proprio tornaconto ma senza saperlo promuove l’interesse generale della società come se fosse guidato da una mano invisibile. E’ indispensabile che i governi lascino agire liberamente i fattori domanda/offerta, senza intralciare il mercato. Il successo dell’opera è in rapporto con la sua corrispondenza ai caratteri della nascente società

industriale e con la giustificazione scientifica che forniva alla ricerca del profitto. 18.4 La circolazione delle idee Due fenomeni tipici dell’età dei Lumi furono la circolazione delle idee e delle conoscenze in strati di popolazione molto ampi, e la formazione di un’opinione pubblica permeata dalla fede nella ragione e nel progresso, che dalla seconda metà del 700 si atteggia sempre più come una sorta di infallibile tribunale della verità. L’opinione così intesa esprime il consenso di persone colte e illuminate, e si forma attraverso la lettura di libri e giornali, conversazioni, scambi epistolari. Le scuole e le università rimasero dominate dalla vecchia tradizione della tripartizione delle facoltà di medicina, giurisprudenza e teologia, tuttavia qua e là comparvero i primi segni di ammodernamento di metodi e contenuti, presso singole cattedre. Tranne che in Piemonte, fu tardivo l’interessamento dello Stato nell’istruzione primaria e secondari,a lasciata a Chiesa e scuole private; tuttavia l’alfabetizzazione fece notevoli progressi nel XVIII secolo: non bisogna confondere il numero degli alfabetizzati con il numero di lettori di libri, ma quest’ultimo si deve essere molto accresciuto in questo periodo. Grande fortuna ebbero opere divulgative, tra le quali l’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert, sottotitolata Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, cosa che indica l’impronta tecnico-scientifica dell’opera, che comunque non rinunciava alle critiche contro le tradizionali vedute politiche e religiose. Un posto di rilievo nell’editoria settecentesca spetta alla stampa periodica: gazzette, giornali letterari, memorie scientifiche, saggi, (vd 1764-66 “Il Caffè” dei fratelli Verri e di Beccaria). I nuovi centri di aggregazione sociale erano i salotti, in cui nacquero anche le logge massoniche, che univano al gusto del mistero ideali di rigenerazione morale, di fratellanza e filantropia. La prima associazione massonica fu la Grande Loggia di Londra,, fondata nel 1717 da due pastori protestanti; il nome e i simboli (compasso, squadra, martello) si richiamavano alle corporazioni medievali, in particolare a quella dei muratori, così come l’obbligo di tenere il segreto e la distinzione tra i tre gradi di maestro, compagno e apprendista. Dall’Inghilterra la massoneria si diffuse negli anni 20 e 30 sul continente, portando, anche alla prima condanna da parte della Chiesa di Roma (1738). Alcune affiliazioni assunsero caratteri propriamente eversivi (come gli Illuminati di Baviera, del 1776) altre fecero posto alle scienze occulte, a tendenze irrazionalistiche e mistiche, e alla ciarlataneria (vd Giuseppe Balsamo, il Cagliostro 1743-95). Proprio le logge massoniche e le altre forme di socialità tipiche del secolo sono la migliore confutazione di una rigida definizione dell’illuminismo come cultura borghese. In esse si mescolavano liberamente nobili, borghesi ed ecclesiastici, accomunati da letture comuni. All’aristocrazia appartengono molti dei più noti philosophes; dall’aristocrazia venivano i modelli di gusto e comportamento per il resto della società. Nonostante i numerosi attacchi all’ozio e all’alterigia dei nobili, poche volte questo sfocia nell’egualitarismo (vd Rousseau); si mirava soprattutto alla costituzione di una nuova élite, un’aristocrazia del denaro e dei Lumi; sarà un tale programma a fare le sue prove e a fallire durante i primi anni della Rivoluzione francese. 19 Francia e Inghilterra nel Settecento: un duello secolare

19.1 La Francia alla Reggenza del ministro Fleury Alla morte di Luigi XVI il Parlamento di Parigi proclamò reggente unico un nipote del defunto monarca, Filippo d'Oléans. Il Periodo della reggenza fu contrassegnato da una relativa libertà di opinione e di critica, satira maliziosa dei costumi e delle istituzioni francesi. Si può datare da questi anni l'inizio dell'Illuminismo vero e proprio in Francia. Il problema più assillante per Filippo d'Orléans e per il suo governo era quello finanziario: nel 1715 le entrate della corona risultavano già impegnate per diversi anni e il debito pubblico aveva raggiunto cifre da capogiro. Alla morte improvvisa di Filippo d'Orléans (1723) Luigi XV accordò la sua fiducia a un ecclesiastico che era stato suo precettore, André Hercule Fleury. Il suo governo fermo e prudente assicurò alla Francia un lungo periodo di pace. La moneta venne stabilizzata e le finanze furono riportate in pareggio alla fine degli anni trenta. Grazie anche a queste favorevole condizioni, l'economia del Paese entrò in una fase di netta espansione. Già negli anni di Fleury si delineò a proposito dei problemi religiosi quel contrasto tra corona e Parlamenti che avrebbe finito con l'avvelenare tutta la seconda parte del regno di Luigi XV. 19.2 La Gran Bretagna nell'età di Walpole Alla morte della regina Anna salì al trono Giorgio I. Prese forma il governo di gabinetto: una prassi costituzionale che assegnava a un primo ministro e ai suoi principale collaboratori il compito di governare in nome e in luogo del re. Tra il 1721 e il 1742 il ruolo di primo ministro di fatto fu ricoperto interamente da Robert Walpole che mantenne buone relazioni con la Francia e si adoperò all'interno per la riduzione del debito pubblico e per la protezione del commercio e dell'industria. La società britannica fino al tardo Settecento ci appare come un peculiare miscuglio di libertà e di dipendenza, di mobilità sociale individuale e di solidarietà delle gerarchie di gruppo, di tradizionalismo e di progresso, di raffinatezza e di brutalità, di prosperità e di miseria. 19.3 I conflitti dei decenni centrali del Settecento Ÿ Quando morì il re di Polonia Augusto II e la Dieta polacca elesse a suo successore Stanislao Leszcznski, la cui figlia aveva sposato il re di Francia Luigi XV. Ma l'Austria e la Russia imposero invece con la minaccia delle armi l'elezione del principe di Sassonia Federico Augusto, che come re di Polonia prese il nome di Augusto III. Per vendicare l'oltraggio subito, il governo francese attirò in una coalizione antiaustriaca il re di Sardegna Carlo Emanuele III, cui venne promesso l'intero Stato di Milano, e la monarchia spagnola serpe desiderosa di espandersi in Italia. L'attacco di questa coalizione colse del tutto impreparata la monarchi austriaca. Con la pace di Vienna recuperava il Milanese, ma doveva cedere alla Savoia due province e a Carlo di Borbone Napoli e la Sicilia.

Ÿ I mercanti inglesi avevano preso a spadroneggiare lungo le coste dell'America Latina, praticando su larga scala il contrabbando. Quando le autorità coloniali intensificarono la vigilanza Walpole fu costretto a muovere guerra contro la Spagna (1739). Le ostilità si trascinarono senza grandi risultati fino alla metà degli anni Quaranta allorché esse confluirono nel più vasto conflitto europeo noto come guerra di Successione austriaca. A scatenarla fu l'aggressione lanciata contro il nuovo re di Prussia Federico II. Alla testa della monarchia austriaca si trovava Maria Teresa, ma all'eredità asburgica mirava gli elettori di Baviera e di Sassonia, mentre i Borbone di Francia e di Spagna non volevano lasciarsi sfuggire l'occasione per infiggere un colpo decisivo alla dinastia tradizionalmente nemica. Ÿ La pace di Aquisgrana sancì il possesso prussiano della Slesia e la cessione da parte di Maria Teresa dei Ducati di Parma e Piacenza a Filippo di Borbone, ma lasciò per il resto inalterata la situazione preesistente. Ÿ

Alla morte di Fleury Luigi XV volle assumere personalmente le redini del governo.

Ÿ La rivalità marittima con l'Inghilterra si andò sempre più acutizzando sia nelle colonie del Nord America sia in India; ma invece di concentrare i suoi sforzi in questo cruciale duello con la potenza rivale, il governo francese si lasciò ancora una volta invischiare nelle questioni dell'Europa centroorientale. A un tratto l'alleanza tra l'Inghilterra e la Prussia riuscì a contrapporre uno schieramento composto da Austria, Francia e Russia, cui si unirono in seguito Svezia e Polonia. Fu il cosiddetto "rovesciamento delle alleanze", che pose fine alla tradizionale inimicizia tra le dinasti d'Asburgo e dei Borbone e che segnò l'inizio della guerra dei Sette anni (1756-63). Ÿ I negoziati di pace si conclusero con trattato di Parigi. La Francia otteneva la restituzione di Martinica e della Guadalupa, ma doveva dare via libera all'espansione britannica in India e si vedeva completamente estromessa settentrionale, mentre la Spagna doveva cedere la Florida, ricevendo in compenso i territori sulla destra del Missisipi.

19.4 Il fallimento delle riforme in Francia ¢ La Francia era uscita umiliata dalla guerra dei Sette anni e in condizioni finanziarie disastrose. L'opposizione dei Parlamenti al governo assunse un carattere cronico, popolarizzandosi prima intorno alle questioni religiose e fiscali, poi investendo le fondamenta stesse dell'assolutismo monarchico. Per quanto riguarda le finanze, metta e intransigente fu la loro ostilità a tutti i disegni di riforma elaborati nelle sfere di governo fin dagli anni di guerra. ¢ Il re decise di sopprimere il Parlamento di Parigi e di smembrarne la giurisdizione in sei circoscrizioni giudiziarie affidate a Consiglia superiori di nomina regia. Il governo venne assunto da un "triumvirato" che con misure autoritarie riuscì a operare una forte riduzione del deficit. ¢ A Luigi XV succedette il nipote Luigi XVI; il nuovo re decise il richiamo dei vecchi Parlamenti, mettendo così a repentaglio la possibilità di continuare l'opera di riordinamento delle finanze e dell'amministrazione intrapresa negli anni precedenti dalla monarchia. ¢ A un periodo di espansione e di crescita seguì una fase di ristagno, di cattive annate agricole , di fluttuazione dei prezzi, di difficoltà del commercio a livello internazionale, considerata come il preludio della crisi finale della monarchia d'antico regine in Francia. 19.5 L'Inghilterra nell'età di Giorgio III

¤ La Gran Bretagna era uscita molto rafforzata dalla guerra dei Sette anni, ma lo sviluppo economico non impedì l'insorgere di forti tensioni interne, legate sostanzialmente a tre ragioni: 1) Il nuovo re Giorgio III manifestò da subito l'intenzione di esercitare un ruolo più attivo nella politica nazionale. 2) La formazione, accanto all'opposizione whig, di una corrente più radicale, che contestava lo stesso rodine politico uscito dalla "gloriosa rivoluzione" e si agitava per una redistribuzione dei seggi parlamentari, per un allargamento del suffragio e per un'estensione delle libertà religiose e civili. 3) La disastrosa conduzione della crisi nordamericana. La vittoriosa lotta per l'indipendenza dei coloni stimolò tra l'altro le rivendicazioni autonomistiche degli irlandesi, che si agitavano per ottenere il riconoscimento dell'indipendenza del loro Parlamento e la concessione del voto ai cattolici. ¢ Nel 1780 Giorgio III affidò la formazione di un nuovo governo a William Pitt il Giovane, che fu protagonista di una notevole attività riformatrice: - accolse in gran parte le richieste degli irlandesi, - combatté la corruzione e gli sprechi, -introdusse una nuova e più equa imposta proporzionale ai redditi di qualunque natura. Pitt sarà il più tenace e implacabile nemico della Francia rivoluzionaria, e il timore di un contagio delle idee francesi lo porterà ad adottare anche all'interno un atteggiamento molto rigido nei confronti delle agitazioni operaie e dei movimenti di opposizione.

20. Assolutismo illuminato e riforme

20.1 La Prussia di Federico II ¤ Il genio militare del re di Prussia Federico II il Grande (1740-86) si rivelò nella guerra di Secessione austriaca e rifulse soprattutto nella guerra dei Sette anni. ¤ Alla sua morte i suoi Stati erano all'incirca raddoppiati come superficie rispetto a quelli che aveva ereditato e contavano una popolazione quasi tre volte superiore. Un tale incremento demografico era frutto non solo delle annessioni, ma anche di un'intelligente politica di popolamento delle terre orientali. L'immigrazione era favorita dalla grande tolleranza religiosa instaurata da Federico II. Sotto questo profilo la Prussia era indubbiamente il Paese più avanzato d'Europa. ¤ In campo amministrativo Federico curò molto la preparazione dei quadri burocratici e la burocrazia prussiana acquistò fama di essere la più efficiente e onesta d'Europa. ¤ Di grande rilievo furono le riforme attuate nel settore giudiziario: venne abolita la tortura e fortemente limitata la pena di morte; vennero inoltre gettate le basi del codice civile prussiano. ¤ Altri meriti di Federico il Grande furono l'estensione considerevole della libertà di stampa e i progressi compiuti dall'istruzione elementare, resa obbligatoria per tutti.

20.2 La monarchia austriaca sotto Maria Teresa e Giuseppe II n Le guerre di Successione polacca e austriaca avevano segnato una grave crisi per la monarchia degli Asburgo. Maria Teresa era convinta che non sarebbe stato possibile manteneva all'Austria il rango di grande potenza europea senza un potenziamento dell'apparato militare e senza incisivi mutamenti nelle strutture amministrative e finanziarie. n La nobiltà fu costretta a pagare l'imposta fondiaria da cui era in precedenza esente, ma fu tuttavia compensata con la preferenza accordatale nel conferimento delle cariche civili e militari. I risultati finanzieri delle riforme furono ben presto evidenti, giacché in quindici anni il gettito delle imposte dirette aumentò del 60 %. Ma soprattutto si era affermata una nuova concezione unitaria dello Stato. n Nella seconda metà del regno venne in primo piano il motivo della "pubblica felicità", del benessere dei sudditi al quale doveva essere finalizzata l'organizzazione dello Stato. n Il figlio di Maria Teresa, Giuseppe II, dedicò tutte le sue energie a rafforzare l'autorità e la compattezza dello Stato. n Nel confronti dell'industria e del commercio, la politica asburgica fu volta a unificare il mercato interno, sopprimendo i tanti dazi e pedaggi che intralciavano gli scambi tra le province, a sostenere con sovvenzioni e agevolazioni le manifatture nascenti,a smantellare gradualmente le corporazioni di arti e mestieri. Per quanto riguarda l'agricoltura, importanti furono soprattutto gli interventi diretti a regolare i rapporti tra i signori feudali e i contadini a loro soggetti. n A Giuseppe II succedette, col nome di Leopoldo II, il fratello minore Pietro Leopoldo, che fu costretto a fare concessioni ai ceti privilegiati e morì prima di aver potuto riprendere, come era nelle sue intenzioni, il cammino delle riforme. Con il regno di Francesco II, figlio di Leopoldo si chiuderà per sempre in Austria l'era dell'assolutismo illuminato, lasciando il posto a quel clima di immobilismo e di sorveglianza poliziesca che ne farà nella prima metà dell'Ottocento la "prigione dei popoli". n Il bilancio di mezzo secolo di attività riformatrice era tuttavia largamente positivo per la monarchia asburgica, che riceveva in eredità le strutture portanti dell'esercito e della burocrazia, una tradizione di buona amministrazione e attenzione peri i bisogni delle classi subalterne un considerevole sviluppo della popolazione, delle manifatture e dei traffici. 20.3 La Russia di Caterina II u L'eredità di Pietro il Grande era stata accolta dalla figlia Elisabetta che ne proseguì gli indirizzi di modernizzazione culturale del Paese, di rafforzamento militare e di una più incisiva presenza nella politica europea. Il successore Pietro III venne deposto in seguito a un colpo di Stato organizzato dalla giovane moglie Caterina, che subito si fece proclamare "autocrate di tutte le Russie" u Il lungo regno di Caterina II costituì una tappa fondamentale nella storia russa sia per quanto riguarda l'evoluzione interna, sia nel processo di espansione verso l'interno. La zarina fece il possibile

per aprire la Russia all'influenza della cultura europea e in particolare francese. Regnò in Russia una notevole libertà di espressione e anche di critica, quale raramente il Paese doveva conoscere in seguito. u Il primo bersaglio della volontà riformatrice di Caterina fu la Chiesa ortodossa, i cui frutti servivano soprattutto a mantenere un clero regolare ozioso e ignorante. La maggior parte dei conventi venne soppressa. Circa un milione di contadini servi passarono, per effetto di questa riforma, al demanio regio poterono così beneficiare di un miglioramento delle loro condizioni di vita. u La più clamorosa iniziativa zarina fu senz'altro la convocazione di una commissione legislativa, con il compito di elaborare un nuovo codice di leggi. u Gli inasprimenti fiscali provocati dalla guerra contro l'impero romano, la penuria di viveri dovuta a un cattivo raccolto e una pestilenza che imperversò a Mosca e nel sud del Paese acuirono il malcontento nelle campagne. u Il timore dell'anarchia indusse la zarina e i suoi consiglieri ad abbandonare qualsiasi velleità di intervento a favore delle masse rurali. A merito del regime va tuttavia ascritta la riforma delle amministrazioni locali. u Molto fu fatto anche per l'istruzione pubblica, non soltanto con la fondazione di istituti superiori, ma anche con l'avvio di un programma di insegnamento elementare gratuito. u Notevoli progressi registrarono infine le manifatture, l'estrazione mineraria e il commercio con l'estero. u Considerevole furono i successi ottenuti da Caterina II in politica estera. La guerra contro l'impero ottomano fu contrassegnata dalla spettacolare azione di una squadra navale russa che distrusse la flotta turca. Il conflitto si concluse nel 1774 con condizioni vantaggio se per la Russia.

20.4 Le spartizioni della Polonia e le riforme in Scandinavia v In Polonia lo sconvolgimento rappresentato dalla "grande guerra del Nord" aveva determinato un anteriore regresso economico e demografico e segnato il rafforzamento delle grandi famiglie magnatizie,che avevano largo seguito tra la minore nobiltà e si appoggiavano a potenze straniere. Il ricorso continuo alla pratica del "liberum veto" da parte dei nobili rendeva inconcludenti tutte le riunioni in Parlamento. v Alla morte di Augusto III di Sassonia (re di Polonia), la Russia appoggiò l'elezione di Stanislao Poniatowski, che lanciò un programma di riforme che prevedeva tra l'altro la soppressione del "liberun veto". Ciò provocò l'intervento armato di Caterina II, cui si contrappose uno schieramento di nobili polacchi ostili sia all'influenza russa, sia alle riforme. v Al termine di un confuso periodo di lotte, le grandi potenze confinanti con la Polonia sia accordarono per smembrare il territorio a proprio vantaggio. v Stanislao Poniatowski continuò nella sua politica di riforme, che interessarono soprattutto la pubblica istruzione e miravano a stimolare la coscienza nazionale polacca. Il Parlamento si lanciò indurre ad approvare una Costituzione che trasformava la monarchia polacca da elettiva in ereditaria e sopprimeva il "liberum veto". Nuovamente i soldati di Caterina II invasero il Paese, che fu dimezzato da una "seconda spartizione". Ciò che restava della Polonia scomparve con la "terza spartizione".

v La brutale cancellazione di un grande Stato dalla carta politica dell'Europa è il più chiaro indice dei limiti entro i quali va inquadrata l'esperienza dell'assolutismo illuminato, dalla contraddizione tra ideali umanitari e una politica estera ispirata a calcoli di pura potenza. v Nella storia svedese il periodo che seguì la morte senza eredi di Carlo XII è noto come "età della libertà". Federico I d'Assia-Cassel, principe tedesco a cui venne offerta la successione, dovette impegnarsi a rispettare una Costituzione che attribuiva alla Dieta molti dei poteri in precedenza esercitati dal sovrano e dal suo consiglio. v Le guerre intraprese contro la Russia e contro la Prussia non portarono nessun vantaggio territoriale. Esse non compromisero tuttavia il notevole progresso economico e civile del Paese, che riguardò anche le masse contadine; alla fine del secolo, caso unico in Europa, l'analfabetismo in Svezia si poteva dire già quasi scomparso. v Re Gustavo III attuò un colpo di Stato che portò all'abrogazione della Costituzione del 1720 e alla restaurazione dell'assolutismo monarchico. Il suo governo si distinse per una serie di riforme in campo amministrativo e giudiziario e per una decisa azione livellatrice, che giunse a privare i nobili di quasi tutti i loro privilegi. v In Danimarca l'assolutismo era divenuto una legge fondamentale dello Stato. La nobiltà trovava un compenso al perduto potere politico nel mantenimento di un regime signorile molto gravoso per i contadini, soggetti in misura maggiore che in Svezia alla servitù della gleba. A partire dalla metà del Settecento si manifestarono anche qui tendenze riformatrici che sotto Cristiano VIII portarono all'abolizione del servaggio e alla trasformazione dei coloni in liberi proprietari. 20.5 La crisi del papato e i regni iberici Ÿ Il cattolicesimo si presentava come struttura sovranazionale sottoposta all'autorità assoluta del pontefice romano e della sua curia. La giustizia civile trovava un grave limite nell'immunità personale del clero e nel diritto d'asilo. I beni ecclesiastici costituivano spesso dal 10 al 30 % del territorio agricolo ed erano in linea principio esenti dalla tassazione. Ÿ Ebbero successo quelle idee che rivendicavano la dignità e l'autonomia dei vescovi e dei parroci che contestavano l'autorità assoluta del pontefice. Ÿ I pontefici Clemente XII e Benedetto XIV parvero disponibili a un compromesso con le nuove correnti politiche e culturali, all'insegna di un cristianesimo ragionevole, purgato dalle superstizioni e sollecito del pubblico bene . Ÿ Con il rigido pontificato di Clemente XIII i rapporti tra Roma e le potenze cattoliche peggiorarono di nuovo. Negli stessi anni si sviluppava la violenta campagna anticattolica e antireligiosa orchestrata da Voltaire e dagli altri philosophes, e anche in Italia si levavano voci sempre più radicali e denunciare l'intolleranza e l'invadenza della Chiesa. Ÿ Nella prima metà del XVIII secolo il Portogallo era caratterizzato dall'arretratezza dell'economia e dall'immobilismo in campo culturale. La situazione mutò radicalmente sotto il regno di Giuseppe I. Egli riformò gli studi, rafforzò l'esercito, promosse lo sfruttamento delle colonie e cercò di dare

impulso alle manifatture e al commercio con la creazione di compagnie privilegiate. IL suo ministero segnò l'avvio di una ripresa dell'economia portoghese dopo la lunga stagnazione. Ÿ L'avvento della dinastia dei Borbone con Filippo V aveva segnato per la Spagna una netta svolta in senso assolutistico. I tentativi di riforma si fecero organici sotto Carlo III. Sono da ricordare le limitazione imposte alle immunità ecclesiastiche e all'Inquisizione, la parziale forma degli studi universitari, le misure per la liberalizzazione del commercio e dell'artigianato, la diffusione in tutta la Spagna delle "società economica degli amici del Paese". Ÿ La popolazione spagnola passò nel XVII secolo da otto milioni a undici e mezzo, e notevoli segni di risveglio economico si manifestarono specialmente alla periferia del regno. Anche l'agricoltura trasse vantaggio alla fine del secolo. Ÿ Uno sviluppo anche più rapido conobbero le colonie ispano-americane, dove peraltro gli sforzi della madrepatria per riordinare l'amministrazione e combattere la corruzione si scontrarono con la volontà d'autonomia dei creoli, la classe dirigente locale di origine spagnola. Da questo conflitto nasceranno i moti indipendentistici dei primi decenni dell'Ottocento.

21.L'Italia nel Settecento

21.1 Il quadro politico e intellettuale nella prima metà del secolo Il quadro politico italiano fu profondamente trasformato dalle guerre di successione, che ebbero nella nostra penisola uno dei teatri principali. ¢ Fin dal 1706-07 i domini spagnoli erano passati agli Asburgo di Vienna, che dovettero cedere la Sicilia ai Savoia; nel 1720 imposero però a questi ultimi lo scambio con la Sardegna. ¢ La guerra di Successione polacca portò alla temporanea occupazione di Milano da parte del re di Sardegna Carlo Emanuele III che dovette accontentarsi dell'acquisto delle due province di Novara e Tortona. La monarchia austriaca perse il Regno di Napoli e la Sicilia; in compenso Carlo IV d'Asburgo ebbe Parma e Piacenza. ¢ La guerra di Successione austriaca spostò ulteriormente a est il confine tra Stato sabaudo e Lombardia austriaca. ¢ Insieme al declino della potenza spagnola si registra nell'Italia del primo Settecento l'indebolimento dell'influenza della Chiesa. L'anticurialeismo divenne il terreno privilegiato di incontro tra la monarchia austriaca e il ceto intellettuale del Mezzogiorno. ¢ I decenni tra Sei e Settecento segnarono una ripresa e un rafforzamento degli scambi culturali tra l'Italia e l'Europa e una precisa coscienza della nostra arretratezza nei confronti di nazioni come la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda. 21.2 Le riforme in Piemonte

☐ In Piemonte, già alla fine del XVII secolo ebbero inizio i lavori per la redazione di un nuovo catasto o censimento delle proprietà fondiarie, la cui entrata in vigore portò non solo a una migliore distribuzione dell'imposta, ma anche a una sensibile riduzione dell'immunità di cui godevano i beni feudali ed ecclesiastici. I privilegi della Chiesa furono ristretti anche in campo giurisdizionale con dei concordati. Venne rilanciata e riformata l'Università di Torino e venne creato per la prima volta in Italia un sistema statale di scuole secondarie. ☐ All'accentramento del potere nelle mani del monarca fecero riscontro il riordinamento degli organi centrali di governo e l'unificazione legislativa attuata con le "Costituzioni". ☐ In Savoia si giunse nel 1771 all'abolizione della feudalità, e la Sardegna fu oggetto di provvedimenti intesi a limitare il potere baronale, a ridurre i privilegi della Chiesa, a combattere il brigantaggio e a diffondere l'istruzione. 21.3 I Regni di Napoli e di Sicilia sotto i Borbone ¤ Nel regno di Napoli ci fu una spinta rinnovatrice che portò alla limitazione delle giurisdizioni baronali, alla ripresa della giurisdizionalista, alla riforma degli studi dell’'Università di Napoli , l’'avvio di una catastazione delle terre dei beni. . Molto vivace e ricca rimase la vita intellettuale a Napoli.. ¤ Né in Sicilia, né nel Mezzogiorno continentale le riforme giunsero tuttavia a mettere in discussione il permanere delle strutture feudali nelle campagne e a liberare lo Stato dal groviglio di interessi privati che ne limitava e condizionava l'autorità. 21.4 Illuminismo e riforme della Lombardia n Dopo la pace di Aquisgrana del 1748 la monarchia austriaca rimaneva in possesso della Lombardia austriaca. Nell'orbita asburgica rientrava però anche il Granducato di Toscana e i Ducati di Modena e Reggio. n Una prima ondata di riforme investì lo Stato di Milano tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. L'impulso al cambiamento venne soprattutto da Vienna. n Fu riordinata l'amministrazione e abolita la vendita delle cariche, che dovevano essere conferito d'ora in poi solo in base a requisiti di merito. n

Il compimento di un nuovo catasto impose un nuovo sistema censuario.

n Sotto il profilo tributario, i risultati principale furono la redistribuzione dell'imposta fondiaria e la riduzione dell'imposta personale dovuta dai contadini a una somma moderata e fissa. n La ristrutturazione delle magistrature con la separazione degli affari giudiziari, riservati al Senato, da quelli amministrativi e finanziari, affidati a un "Magistrato Camerale". n Nel 1786 si giunse alla soppressione del Senato e all'istituzione di un moderno sistema giudiziario articolato in tre istanze; parallelamente vennero insediati in ogni provincia gli intendenti politici, funzionari regi dai quali dipendeva tutta la vita locale. Negli stessi anni giungeva alle conseguenze estreme anche il controllo dello Stato sulla vita religiosa, con l'avocazione al principe della facoltà di conferire i benefici ecclesiastici e con la sostituzione ai seminari vescovili di un "Seminario regio" a

Pavia e per la formazione del clero. n Le scuole superiori di Milano e l'Università di Pavia furono dotate di nuove cattedre, di biblioteche, di strumenti scientifici e di laboratori; e a insegnarvi vennero chiamati uomini illustri. n L'economia della regione trasse vantaggio anche dal miglioramento delle vie di comunicazione e dall'accesso privilegiato al mercato austriaco. 21.5 La Toscana alla Reggenza di Pietro Leopoldo u Il nuovo granduca di Toscana Francesco Stefano risiedeva a Vienna e si faceva rappresentare a Firenze da un "Consiglio di reggenza". Gli interventi di maggior rilievo riguardarono nei primi anni il settore finanziario, con la concentrazione degli appalti in una "Ferma generale" e il riordinamento del debito pubblico. Una linea di fermezza venne seguita nei rapporti con la Chiesa. u Iniziative di Pietro Leopoldo (figlio terzogenito di Maria Teresa e Francesco Stefano) furono le bonifiche avviate in Valdichiana e della Maremma senese e la decisione di "allivellare" le terre appartenenti alla corona e alle manimorte. u Il documento più celebre della tendenza riformatrice leopoldina è il codice penale del 1786 che, oltre a umanizzare e raffionalizzare le procedure, eliminava del tutto la tortura e cancellava, per la prima volta in Europa, la pena di morte. u La legislazione leopoldina rappresenta uno dei più coerenti e organici programmi di riforma posti in atto nell'Europa settecentesca. 21.6 La società italiana alla fine del Settecento v Solo marginalmente furono toccati dal movimento delle riforme lo Stato pontificio e le Repubbliche oligarchiche di Venezia, Genova e Lucca. L'immobilismo della vita pubblica non significò però mancanza o povertà di stimoli intellettuali. Roma rimaneva una grande capitale, meta di un flusso continuo di visitatori proveniente da tutta l'Europa, e sotto il pontificato di PIO VI si affermarono anche qui i nuovi indirizzi di politica economica. Venezia fu per tutto il secolo maggiore centro editoriale italiano e la sede di una raffinata civiltà letteraria e artistica. v L'azione riformatrice dei governi e l'amplia diffusione delle nuove correnti di pensiero e dei nuovi modelli di gusto e di comportamento modificarono sensibilmente la cultura e lo stile di vita dei ceti medio - superiori della società italiana. Il generale moto di laicizzazione si tradusse in una contrazione numerica del clero e nel diminuito ossequio per l'autorità della Chiesa e per le prescrizioni della morale cattolica. v Il tessuto gerarchico e corporativo della società italiana tende ad allentarsi ancor prima di subire i decisivi contraccolpi della Rivoluzione francese. v Massicciamente analfabeta, dominate dall'assillo del pane quotidiano, immerse ancora in un universo magico - religioso, le plebi italiane rimanevano tenacemente attaccate alla fede degli avi e ai suoi riti propiziatori e consolatori. v Anche in Italia si registra nel XVIII secolo un cospicuo aumento della popolazione, ma il quadro generale di questo periodo è contrassegnato dall'arretratezza tecnica e dall'accresciuto sfruttamento del

lavoro contadino. 22 Nascita di una nuova nazione: gli Stati Uniti d'America

22.1 Gli inizi della colonizzazione inglese e francese nel Nord America Ÿ Ai primi del Settecento le colonie britanniche raggiunsero in numero di tredici. La popolazione complessiva di questi territori si aggirava a due milioni e mezzo nel 1775. Ÿ Gli schiavi neri superavano oramai il mezzo milione e alla vigilia dell'indipendenza erano quasi tutti concentrati nelle colonie meridionali, dove costituivano oltre il 40 % della popolazione. Ÿ Agli inizi del Settecento le colonie avevano istituzioni politico-giudiziarie abbastanza simili: in quasi tutte vi era un governatore; il governatore nominava i giudici e aveva diritto di veto sulle decisioni prese dal potere legislativo. Ampie erano le autonomie di cui godevano le città e le comunità di villaggio. Ÿ Di gran lunga inferiore era la popolazione della Nuova Francia; ebbe istituzioni simili a quelle di una provincia francese, con un governatore e un intendente; solo il culto cattolico era ammesso. La popolazione viveva di commercio delle pellicce, agricoltura, di caccia e di pesca. Ÿ Dalla regione dei grandi laghi gli esploratori e i missionari francesi si erano spinti verso sud lungo il corso del Mississippi e venne fondata Nuova Orléans. La presenza francese di questi immensi territori era limitata a una catena di forti posti di posizioni strategiche; ma in prospettica essa era tale da bloccare l'ulteriore espansione delle colonie britanniche verso occidente, e appariva tanto più minacciosa in quanto i francesi potevano contare sull'alleanza di alcune "nazioni" indiane. 22.2 I contrasti tra le tredici colonie e la madrepatria ¢ Una serie di malcontenti (tasse molto elevate, coscienza del popolo americano come popolo distinto dalla madrepatria, dazi sui prodotti, impossibilità di commercio con paesi diversi dalla Gran Bretagna) si registrarono nelle tredici colonie. ¢ Nel 1766 i coloni presero a boicottare le merci inglesi. La tensione crebbe ulteriormente in seguito a incidente come quello verificatosi a Boston, quando un gruppo di patrioti travestiti d indiani salì a bordo di una nave della Compagnia delle Indie orientali in attesa di scaricare la sua merce ne posto di Boston e gettò in acqua tutto il carico di tè da essa trasportato. Con il "Boston tea party" si può dire che abbia inizio la fase delle ostilità aperte tra le tredici colonie e la madrepatria. 22.3 La guerra d'indipendenza ¤ La durissima reazione del governo inglese provocò nelle colonie uno stato generale di insubordinazione: dovunque sorsero comitati e organismi. Nel 1774 si riunì a Filadelfia il "primo Congresso continentale", nel corso del quale fu deciso il boicottaggio delle merci inglesi e fu

riaffermato il principio che gli americani riconoscevano valide solo le leggi e le imposte votate dalle loro assemblee e non quelle del Parlamento britannico. ¤ Il 4 luglio 1776, in un clima di esaltazione collettiva, venne approvata la "Dichiarazione d'indipendenza", che proclamava il diritto degli americani a darsi un nuovo governo sulla base dell'uguaglianza naturale tra tutti gli uomini e il diritto inalienabile di ognuno alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. Questi princìpi agirono come un potente stimolo a portare fino in fondo la lotta ormai ingaggiata dai coloni per la liberazione dal dominio inglese. ¤ Il comando delle forze armate fu affidato a George Washington; dopo una serie di battaglie tra coloni e soldati inglesi, la guerra era praticamente finita. Col tratatto di Versailles (1783) la Gran Bretagna riconosceva l'indipendenza delle tredici colonie nordamericane e restituiva alla Francia alcuni territori occupati nei Caraibi e nel Senegal, e alle Spagna la Florida e Minorca. La causa della libertà aveva trionfato, e la sua vittoria contribuì potentemente a incoraggiare quanti in Europa contestavano il principio d'autorità e le gerarchie politiche e sociali all'interno dell'antico regime. 22.4 Una Costituzione per gli Stati Uniti d'America n Le conseguenze della guerra prolungata rappresentarono per il Congresso continentale problemi di difficile soluzione. Gli "Articoli di Confederazione" lasciavano in pratica al Congresso di quelli che oramai erano gli Stati Uniti d'America solo la politica estera e la difesa, mentre tutti gli atri poteri erano prerogativa dei singoli Stati. n Si fece dunque strada fra gli uomini politici l'esigenze di un governo centrale forte; da queste esigenze partì la richiesta che il Congresso convocasse una "Convenzione" incaricata di rivedere la Costituzione federale. n La Convezione si riunì a Filadelfia nel 1787. Nelle discussioni prevalse la proposta della delegazione virginiana di una Costituzione federale interamente nuova. La Costituzione degli Stati Uniti d'America fu approvata a maggioranza il 17 settembre ed entrò in vigore nell'estate 1788. 22.5 Lo sviluppo degli Stati Uniti d'America tra Sette e Ottocento u Superata la crisi della guerra dell'indipendenza e dell'unione confederale, la giovane nazione americana riprese con rinnovato impeto la via dello sviluppo demografico economico. u L'economia degli Stati Uniti dei sud ricevette un grande impulso dalla espansione della coltura del cotone e venne stimolata dalla crescente domanda dell'industria britannica. u

Il primo presidente degli Stati Uniti fu George Washington.

u Nel 1792 nasce il partito repubblicano, che si contrappone a quello federalista. Il suo più autorevole rappresentante fu Thomas Jefferson.

23 La Rivoluzione francese: dall'antico regime alla monarchia costituzionale

23.1 Economia e società in Francia al tramonto dell'antico regime v L'avvento di Luigi XVI sul trono di Francia (1774) coincise con l'inizio di un periodo di difficoltà e di malessere per l'economia del Paese. Si interrompeva così una lunga fare di crescita durata all'incirca mezzo secolo, e caratterizzata da una grande espansione dell'economia. v Alla vigilia della Rivoluzione francese, il 6-10 % delle terre apparteneva al clero, il 20 % alla nobiltà, il 30-35 % alla borghesia, il 30-40 % ai contadini. La percentuale del suolo posseduta da coltivatori diretti era molto più elevata in Francia che in Inghilterra; ma il suo estremo frazionamento e gli oneri rappresentati dal pagamento delle decime agli ecclesiastici, dei diritti feudale ai signori e delle imposte allo Stato, erano tali che alla fine dell'antico regime solo una piccola minoranza di contadini poteva vivere del ricavato dei propri campi. Tutti gli altri dovevano coltivare come mezzardi o piccoli affittuari i fondi altrui o lavorare come braccianti agricoli o per l'industria a domicilio. v L'aumento dei prezzi agricoli che si registrò nel XVIII secolo andò a danno delle masse lavoratrici e il livello di vita delle classi popolari negli ultimi decenni dell'"antico regime" peggiorò. v Si mescolarono, verso la fine dell'antico regime, gli echi sia pure confusi e distorti di idee-forza del secolo dei Lumi quali l'eguaglianza dei diritti o la sovranità popolare, insieme a un incremento notevole dell'alfabetizzazione. v Più che divisa da una netta contrapposizione di classe, la società francese ci appare alla vigilia del 1789 attraversata da molteplici linee di tensione che la crisi politica era destinata ad aggravare e a far esplodere. 23.2 La crisi finanziaria e politica della monarchia Ÿ In 35 anni si succedettero in Francia ben 19 controllori o direttori delle finanze. Questa instabilità è di per sé un sintomo della gravità dei problemi sul tappeto e del fallimento dei vari tentativi di soluzione. Tali problemi si possono riassumere nell'insufficienza cronica delle entrate rispetto alle spese pubbliche e nell'impossibilità di accrescere il carico fiscale senza modificarne la redistribuzione; l'unica via praticabile era persuadere o costringere i ceti privilegiati a contribuire in proporzione alle loro ricchezze. Un altro grave handicap era l'inefficienza del sistema tributario: buona parte di ciò che pagavano i contribuenti finiva nelle tasche di finanzieri e appaltatori. Ÿ

Furono due le strategie poste in opera dai responsabili delle finanze:

1) consisteva nello spostare il peso maggiore delle imposte sulla proprietà terriera e nel puntare su un incremento di entrate che sarebbe stato il naturale effetto dello sviluppo economico. 2) mirare a una riduzione delle spese e degli sprechi. Ÿ Dopo alcuni anni di sostanziale immobilismo, il nuovo controllore generale de Calonne decise che l'unica soluzione era l'adozione di radicali riforme. Ÿ Il re decise la sostituzione del Calonne con Étienne-Charles Loménie de Brienne. Questi mantenne la proposta di "sovvenzione territoriale" di Calonne, pur trasformandola in un tributo dell'ammontare annuo prefissato. Ÿ

Tutti oramai criticavano il despotismo monarchico, molti invocavano una qualche forma di

rappresentanza della nazione; accanto al modello inglese un'eco potente ebbe la lotta per la libertà dei coloni nordamericani. Le riforme proposte da ministri come Calonne e Loménie de Brienne suscitavano diffidenza in quanto calavano dall'alto, erano viste come mezzi per rafforzare ulteriormente il potere arbitrario.

22.3 La rivoluzione in marcia: il 1789 ¢ Molti ormai affermavano apertamente che gli Stati Generali dovevano assumersi il compito di dare alla Francia una nuova costituzione e non limitarsi a porgere al re i voti dei tre ordini. ¢ Una grave carestia, provocata dal pessimo raccolto del 1788 portò alla disoccupazione e alla miseria, che spinsero per le strade e verso la città, nella primavera del 1789, torme di vagabondi e di straccioni che chiedevano la carità e si faceva spesso minacciose. Sommosse contro il carovita e contro le tasse si verificarono in molte località. ¢ In questo clima di eccitazione e di attesa di cambiamenti epocali si riunirono a Versailles gli Stati Generali. I deputati erano 1165. I deputati del Terzo Stato proposero agli altri due ordini di riunirsi in una sola assemblea per la verifica dei poteri e ottennero una mozione favorevole alla riunione. I deputati del Terzo Stato giurarono solennemente di "non separarsi più e di riunirsi dovunque lo richiedessero le circostanze finché la Costituzione non fosse stata stabilita e posta sul salde fondamenta." ¢ Alla fine di giungo il clero e la frazione più illuminata della nobiltà si erano uniti al "Terzo Stato" e il 9 giugno l'Assemblea nazionale si intitolò anche "costituente". L'apparente cedimento della corona nascondeva il proposito di preparare un colpo di forza contro l'Assemblea. Nei primi giorni di luglio furono fatti affluire intorno a Parigi reggimenti composti da mercenari stranieri. ¢ Di fronte al pericolo, la municipalità semiclandestina che era stata costituita a Parigi dal corpo degli elettori del Terzo Stato deliberò la formazione di una milizia borghese. Ma il popolo minuto, esasperato dal carovita ed eccitato dalle voci di un "complotto aristocratico", si mosse per proprio conto. Il 12 e il 13 si cercarono armi dappertutto. La mattina del 14 una folla si presentò di fronte alla cupola della fortezza della Bastiglia, usata da tempo come prigione per i rei di Stato è un centinaio furono i morti e i feriti. ¢ In tutta la Francia, si costituirono spontaneamente nuovi organismi municipali fedeli alle direttive dell'Assemblea nazionale e si armarono milizie che presero il nome di "Guarda Nazionale". ¢ A questa "rivoluzione municipale" vennero ad aggiungersi una serie di disordini nelle campagne. L'agitazione delle campagne assumeva un chiaro significato antifeudale.; l'Assemblea nazionale si vidi costretta ad affrontare lo spinoso problema dei diritti signorili. I deputati decisero la distruzione di quanto rimaneva del "regime feudale" e l'abolizione di ogni privilegio che si opponeva all'eguaglianza dei diritti. ¢ L'Assemblea nazionale passò a elaborare una "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino" e che è rimasta nel tempo come la più solenne e completa affermazione delle libertà fondamentali, dell'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e degli altri princìpi costitutivi dei moderni ordinamenti liberali e democratici, quali la divisione dei poteri e la sovranità popolare. ¢ Per acquistare vigore di legge, i decreti di agosto avevano bisogno della sanzione del re, che non era affatto disposto a concederla. ¢

L'atteggiamento evasivo di Luigi XVI, alcuni movimenti di truppe da lui ordinati e l'emigrazione

di molti nobili, tra cui membri della famiglia reale, finirono con convincere i patrioti che un'altra prova di forza era inevitabile e che era necessario costringere la corte a trasferirsi a Parigi. ¢ Le giornate del 5-6 ottobre furono un misto di organizzazione e di spontaneità; una folla composta in prevalenza da donne, che chiedeva pane a gran voce, si mise in marcia per Versailles, seguita dalla Guardia Nazionale parigina, comandata da La Fayette. Luigi XVI decise allora di dare la sua approvazione ai decreti. ¢ La mattina del 6 gli appartamenti reali furono invasi da manifestanti, la regina venne insultata e vi furono alcuni morti e feriti tra le guardie e la folla; Luigi XVI si convinse allora a prendere la via della capitale, insieme alla Guardia Nazionale e alla folla festante. 23.4 La ricostruzione dell'unità nazionale ¤ Il primo responsabile del fallimento del nuovo ordine monarchico-costituzionale che si andava profilando fu indubbiamente il re stesso. Luigi XVI teneva di fronte alle richieste dell'Assemblea un comportamento ambiguo e sempre più confidava nell'intervento armato delle potenze straniere per ristabilire la propria autorità. ¤ L'effervescenza della vita pubblica, i problemi della sussistenza, la proliferazione delle società di quartiere, dei circoli, dei gabinetti di lettura, le mille occasioni d'incontro nelle piazze e nelle osterie portarono a una rapida politicizzazione delle masse parigine. ¤ Prendeva forma così la figura del "sanculotto": il popolano di Parigi ferocemente attaccato all'eguaglianza dei diritti e alla solidarietà tra i lavoratori, ostile ai nobili, ai ricchi, agli accaparratori, pronto all'insurrezione e alla violenza rivoluzionaria. ¤ Dopo la soppressione degli aspetti più inumani e irrazionali della procedura penale d'"antico regime" e lo scioglimento dei Parlamenti, le nuove regole per l'amministrazione della giustizia vennero dettate dalla legge organica dell'agosto 1790. ¤ Rimaneva irrisolto il problema finanziario, reso più serio dall'illusione diffusa che il rovesciamento dell'"antico regime" avesse comportato l'abolizione delle imposte. L'Assemblea nazionale aveva decretato la confisca dei beni della Chiesa, valutati circa tre miliardi di franchi, e deciso l'emissione di "assegnati", buoni del tesoro fruttiferi utilizzabili per il loro acquisto. Ma gli assegnati mutarono la loro natura fino a essere considerati in tutto e per tutto una cartamoneta. L'inflazione che ne derivò e andò a danno soprattutto delle classi lavoratrici, costrette ad accettare assegnati in pagamento e ad acquistare a prezzo sempre più caro quello di cui avevano bisogno. Chi ne trasse vantaggio furono gli speculatori che si servivano degli assegnati per l'acquisto dei beni nazionali messi in vendita dallo Stato. ¤ Alle vecchie imposte furono sostituite una contribuzione fondiaria proporzionale al valore della proprietà, un'imposta sulla ricchezza mobile e una patente per l'esercito di professionisti, arti e mestieri. ¤ In campo economico gli orientamenti liberisti dominanti all'interno dell'Assemblea si espressero con la soppressione delle corporazioni di mestiere, con la proclamazione della libertà d'iniziativa con una legge che proibiva le associazioni operaie. ¤ Al problema finanziario era strettamente connesso il problema religioso. Le diocesi episcopali furono ridisegnate in modo da corrispondere agli 83 dipartimenti; i vescovi dovevano essere eletti dai cittadini come le altre autorità dipartimentali, mentre i parroci erano disegnati dalle assemblee elettorali dei distretti. Agli uni e agli altri erano assegnati stipendi statali, che ne facevano in pratica pubblici

funzionari. è In questa logica fu imposto a tutto il clero un giuramento di fedeltà alla Rivoluzione. 23.5 La caduta della monarchia n Da tempo la famiglia reale aveva preso contatti segreti con le corti straniere in vista di un espatrio. La notte tra il 20 e il 21 giugno 1791 Luigi XVI, con i suoi familiari e un piccolo seguito di cortigiani e servitori, lasciò le Tuileries per una porta segreta e si diresse verso la frontiera orientale. Bloccata, la comitiva fu obbligata a tornare indietro sotto scorta. n

La fuga introdusse un'ulteriore divisione tra le forze rivoluzionarie.

n Nel frattempo erano giunti a compimento i lavori dell'Assemblea nazionale per la redazione della Costituzione .La carta costituzionale della nuova Francia fu votata dopo lunghe discussioni.

✔ Nel 1792 fu dichiarata guerra all'Austria; la decisione fu presa dai gruppi più attivi della Legislatura per diffondere gli ideali rivoluzionari (nacque la I coalizione dei paesi europei contro la Francia). La vittoria conseguita dai rivoluzionari contro gli austriaci determinò l'arresto e la sospensione del re: fu dichiarata caduta la monarchia, e ciò diede vita alla repubblica. L'assemblea fu egemonizzata dai girondini (moderati di sinistra) cui si contrapposero i montagnardi (giacobini, che risiedevano in alto a sinistra) di Robespierre, Danton e Marat. La celebrazione del processo e l'esecuzione del re (1793) fece esplodere una controrivoluzione contadina appoggiata dai nobili, che fu repressa dal Tribunale rivoluzionario. Per tale evento, la Francia si trovò ben presto in guerra contro tutti gli Stati europei.



Il terrore

L'epurazione dei girondini, dovuta ad atteggiamenti che li resero estranei al movimento popolare e al dinamismo rivoluzionario dei sanculotti, affermò la dittatura dei montagnardi, il cui principale esponente fu Robespierre. Quest'ultimo si proclamò unico interprete del popolo, inaugurando un modello di democrazia "totalitaria". La sua austerità e intransigenza, il culto della virtù lo avvicinavano alla mentalità dei sanculotti, e lo spinsero a far varare la Costituzione democratica, mediante cui fu instaurata una dittatura attraverso l'eliminazione fisica degli avversari e l'accentramento esecutivo. Con la Costituzione del '93 fu stabilito il maximum dei prezzi, fu decretata la leva di massa (nacque il primo esercito popolare) e fu promossa un'opera di laicizzazione che portò all'introduzione del calendario repubblicano, alla celebrazione di feste laiche e al culto della dea Ragione: era il Grande Terrore. Sotto la pressione dei sanculotti si decise l'avvio immediato di una politica repressiva, che generò la "legge dei sospetti": le prigioni si riempirono, i tribunali e la ghigliottina lavoravano senza tregua. A Parigi furono processati e decapitati la regina Maria Antonietta e vari capi girotondini. Tale politica irritò le frange rivoluzionarie, facendo maturare la congiura termidoriana (luglio '94) che decise la morte di Roberpierre e dei suoi seguaci.

La Convenzione termidoriana, che nacque dall'abbattimento della dittatura giacobina, smantellò le strutture su cui si era fondato il Terrore: fu abolito il maximum e fu proclamata la difesa del diritto di proprietà, che accentuò il carattere censitario del sistema elettorale, mentre l'esecutivo venne affidato al Direttorio, rappresentato da un'assemblea costituita da cinque membri, che pendolava tra la destra filomonarchica e la sinistra giacobina. Nacque, quindi, una costituzione anti-democratica, attentissima ad evitare rischi di una dittatura. La guerra, l'uccisione del re e il Terrore ridussero notevolmente in Europa il numero di sostenitori della rivoluzione, anche se la sua influenza giunse fino a Belgio, che fu annesso alla Francia, mentre l'Olanda si costituì come Repubblica batava. In Italia il centro più attivo di organizzazione rivoluzionaria si costituì in Liguria, mentre nel resto della penisola si formarono vari club giacobini, duramente repressi dai governi. 24 Dalla Repubblica giacobina al Direttorio

24.4 La Rivoluzione francese e l'Europa u Tra le classi colte europee, nobili e borghesi, la convocazione degli Stati Generali e il preannuncio di un nuovo ordine monarchico-costituzionale furono accolti in un primo tempo con simpatica o addirittura entusiasmo. Le prime perplessità sorsero con l'abolizione dei diritti feudali e con le giornate rivoluzionarie del 5-6 ottobre. Taluni non si lasciarono scoraggiare neppure dagli episodi di violenza e continuarono a esaltare la libertà e i diritti dell'uomo, ma altri si trasformarono più o meno rapidamente da sostenitori in denigratori della Rivoluzione e delle sue idee. Dovunque si strinsero le maglie della censura e presero ad essere perseguitati i gruppi filo francesi, soprattutto dopo lo scoppio delle ostilità e l'appello lanciato dalla Convenzione alla liberazione di tutti i popoli oppressi. 24.5 Il triennio rivoluzionario in Italia (1796-99) v Nei primi mesi della conquista Napoleone aveva incoraggiato o almeno tollerato l'azione dei "patrioti", che usciti allo scoperto si diedero a pubblicare su giornali e opuscoli, a formare club e società popolari e a diffondere tra il popolo grandi princìpi. v I nostri "patrioti" volevano un'eguaglianza non solo giuridica, ma estesa in qualche misura alla sfera economica attraverso l'imposta progressiva, la limitazione delle successione, la redistribuzione ai meno abbienti dei beni confiscati alla Chiesa, il controllo dei prezzi e del commercio, la parità dei culti, l'istruzione per tutti, la lotta a fondo contro il privilegio, l'interesse privato e l'egoismo, la rigenerazione psicologica e morale dell'uomo. v La parte più illuminata dell'aristocrazia e della borghesia ricca era invece propensa a un progetto moderato di Costituzione repubblicana che limitasse la portata delle trasformazioni all'ambito degli ordinamenti politici e giuridici, lasciando inalterata la distribuzione delle ricchezze, e rifiutando ogni vincolo all'attività economica.

25.

La Francia e l’Europa nell’età napoleonica

25.1

Napoleone primo console. Le basi del regime

1799 entra in vigore la Costituzione dell’anno VIII prima del plebiscito. §

senza Dichiarazione dei diritti, nomina vagamente le libertà fondamentali

§

Suffragio universale maschile per vari gradi, nominano “liste di confidenza” su basi censitarie sempre più ristrette

§

il governo sceglie dalle liste (comunali, dipartimentali, nazionali) gli amministratori e i rappresentanti di 2 assemblee legislative: Tribunato (discute leggi proposte dal governo)e Corpo legislativo (approva o respinge)

di fatto vanifica la sovranità popolare e limita i poteri legislativi a vantaggio dell’esecutivo àPotere sostanzialmente monarchico dell’Esecutivo: primo console nomina Consiglio di Stato(elabora le leggi), ministri, ambasciatori, giudici; due consoli coadiuvanti e subordinati. Restaurazione che consolida però le conquiste fondamentali della rivoluzione dal punto di vista giuridico - economico: ü

soppressione della feudalità

ü

eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e al fisco

ü

carriere aperte ai talenti

ü

sostituzione della ricchezza alla nascita come requisito della classe dirigente

ü

libertà d’intrapresa

ü riconoscimento della proprietà terriera acquisita attraverso l’acquisto di beni nazionali Questi elementi più l’aureola di talento militare di napoleone garantirono per lungo tempo un vastissimo consenso. Ad ogni modo l’opposizione al governo non fu più tollerata: abolizione delle libertà di stampa e di protesta. forte apparato di polizia. politica di accentramento del potere e di pacificazione sociale: riordinamento amministrativo: a capo dei dipartimenti prefetti e sotto prefetti di nomina centrale con estesi poteri riordinamento giudiziario: corti d’appello e Corte di Cassazione che possono annullare l’operato dei tribunali minori per vizi di forma; giudici inamovibili ma di nomina governativa (dal governo dipendevano anche i oro trasferimenti e promozioni) 1804 Codice civile 1807 Codice del commercio 1810 Codice di procedura civile e criminale; codice penale Riscossione dei tributi da parte di agenti statali inesorabili, non più da organi elettivi à1802 pareggio delle entrate e delle spese 1800 Banca di Francia (emissione di biglietti garantiti da deposito nazionale) e consolidamento del debito pubblico al 5%d’interesse;

1803 creazione del franco germinale che sarà stabile fino al 1914 (5 grammi d’argento) Situazione militare favorevole: Russia ritirata dalla seconda coalizione antifrancese Napoleone voleva battere l’Austria e poi affrontare separatamente l’Inghilterra 1800 valica il San Bernardo e prende alle spalle austriaci in Piemonte; rioccupa Milano 14/06/1800 vittoria di Marengo 09/02/1801 Pace di Lunéville: situazione in Italia come dopo il trattato di Campoformio, però con confine della Rep. Cisalpina fino all’Adige, e riconoscimento definitivo alla Francia del possesso di tutta la riva sinistra del Reno. 1802 Pace di Amiens con l’Inghilterra: restituzione alla Francia (ai cavalieri di S. Giovanni) di malta, mentre Egitto torna sotto Turchia All’interno Napoleone debella la chouannerie e realizza la pace religiose: 1801 concordato con Pio VII: cattolicesimo religione ufficiale della Francia, e mantenimento degli ecclesiastici a spese dello Stato, i cambio delle dimissioni di tutti i vescovi in carica, la non rivendicazione dei beni alienati, consacrazione dei prelati nominati dal primo console. 25.2

Dal consolato all’impero. La terza e la quarta coalizione antifrancese

02/08/1802 Plebiscito dichiara Napoleone console a vita, e ampliamento dei suoi poteri da parte del Senato 1804 Napoleone imperatore: carattere ereditario della dignità imperiale; corte come quella dei Borbone; si incorona da solo. 1803 terza coalizione: Inghilterra, Austria, Russia, Svezia, Regno di Napoli; vs Francia + Spagna 21/10/1803 flotta franco-spagnola distrutta presso Cadice, a Trafalgar dal comandante Nelson 2712/1803 napoleone vince Austria+Russia ad Austerliz (Moravia) 26/12/1805 Pace di Presurgo, chiesta da Vienna: cessione al regno d’Italia (ex Repubblica Cisalpina) di Veneto, Istria, Dalmazia, pagamento di una forte indennità di guerra, aggregazione del Tirolo alla Baviera 1806 esercito francese prende il Regno di Napoli, corte borbonica fugge a Palermo, sul trono è posto Giuseppe Bonaparte 1806 quarta coalizione Prussia, Inghilterra, Russia, promossa da Federico Guglielmo III 1806 vittorie vs Prussia a Jena e Auerstaedt à smembramento della Prussia 1807 vittoria di Tlsit vs Russia

Prussia: regni in Germania occidentale formano Vestfalia, province polacche occupate dal 1772 diventano Granducato di Varsavia sotto il re di Sassonia; Sassonia e Vestfalia entrano nella Confederazione del Reno, che comprendeva tutto il territorio tedesco tranne Prussia rimasta e Austria. Lo Zar Alessandro I promette a Francia aiuto vs Inghilterra qualora essa rifiuti la pace. La strategia offensiva della Grande Armata francese non era un’invenzione di Napoleone ma piuttosto un esito della Rivoluzione: dal 1793 leva di massa con coscrizione obbligatoria, rinnovamento dei quadri e amalgama di vecchi e nuovi reggimenti avevano reso impraticabile lo schieramento in linea (che presupponeva disciplina e lungo addestramento); invece l’entusiasmo rivoluzionario suggeriva una mentalità offensiva adatta alla formazione in colonna che corre vs il nemico e cerca il combattimento all’arma bianca. NB grande potenziale demografico della Francia. 25.3

Il blocco continentale, la guerra di Spagna e la quinta coalizione

Francia vuole piegare economicamente la Gran Bretagna, finora l’unica non sconfitta militarmente. 1806 Napoleone dichiara lo stato di blocco all’Inghilterra, cui aderiscono Russia, Prussia, Danimarca, Spagna: divieto a questi regni/imperi di commerciare con Inghilterra. Tuttavia bisognava impedire il contrabbando e controllare tutte le coste, progetto superiore alle forze di Francia; Napoleone costretto a concedere alcune licenze d’importazione per alcune materie prime indispensabili per l’industria francese; inoltre il blocco era inapplicabile a Nuovo Mondo e continente asiatico. L’Inghilterra resistette e successivamente Spagna e Russia ruppero il blocco; divenne ministro della guerra il conte di Castelreagh. 1808 Napoleone fallisce nel conquistare il Portogallo ma prende la Spagna spodestando Carlo IV e sostituendolo con suo fratello Giuseppe. Da Madrid dilagò l’insurrezione vs Napoleone l’Anticristo fin nelle province; il sentimento religioso spagnolo era offeso anche dall’annessione del regno pontificio alla Francia con la scusa di imporre il blocco continentale. Inghilterra aiuta gli insorti e la guerriglia si protrae sanguinosamente e assorbendo molte risorse economiche francesi, nonostante la presenza in loco di Napoleone. Quinta coalizione: Austria, umiliata da Presburgo, e Inghilterra invadono Baviera, alleata francese; Napoleone rientra a Vienna 14/10/1809 Pace di Vienna Francia conquista le Province Illiriche: Carinzia, Carniola, Fiume, Trieste, Istria, Dalmazia; la Galizia settentrionale viene riunita al Granducato di Varsavia. à Nonostante successi la Francia dà segni di stanchezza e disaffezione alla rivoluzione, e negli altri Stati comincia ad emergere un sentimento di orgoglio nazionale vs lo strapotere francese. Situazione spagnola, Inghilterra irriducibile, Russia fredda nei rapporti, pacificazione religiosa interna compromessa dalla rottura col pontefice. 25.4

La società francese all’apogeo dell’Impero

1802 istituita la Legion d’Onore, che premia i meriti di guerra. 1808 creazione di una nobiltà imperiale di cui 22% ex nobili, 55% borghesi, 19% estrazione popolare che dovevano la loro promozione sociale all’esercito. Requisito fondamentale della nobiltà erano la carica e la rendita fondiaria, proporzionata al titolo 1807 soppresso tribunato. Corpo legislativo e Senato diventano casse di risonanza della volontà di Napoleone. L’amministrazione e la burocrazia erano gestite attraverso prefetti e sottoprefetti di nomina governativa. 1802 e 1806 riforma dell’Istruzione pubblica, con la funzione di organizzare il consenso e istruire i quadri tecnici e amministrativi. 1810 riduzione dei giornali ad uno massimo per dipartimento: totale asservimento della stampa, eliminazione del dissenso. 1801 concordato con la Santa Sede 1806 Catechismo imperiale che inculcava fedeltà, obbedienza, obbligo di pagare le tasse 1809 annessione di Stato pontificio e deportazione di Pio VII a Savona e poi a Fontainebleu; Nap. Rifiutava di riconoscere il fatto compiuto; nomina di vescovi “imperiali”à impopolarità 1805-1809 ricevimento dagli altri stati di forti indennità di guerra; nel 1810-18012 crisi economica: crisi del tessile per mancanza di materie prime e cattivo raccolto à rincaro dei prezzi agricoli e forte disoccupazione Continue leve militari per Spagna e spedizione in Russia del 1812 sfiniscono la popolazione 25.5

La riorganizzazione politico-territoriale della penisola italiana

Sistema continentale tra 1810-12 à stati direttamente annessi all’impero francese: (riva sinistra del Reno, Belgio, Olanda, coste anseatiche, parte di India centro-settentrionale) à Stati separati dalla Francia ma direttamente sottoposti a Napoleone (Regno d’Italia) à Stati vassalli affidati alla sua famiglia o sovrani amici (Spagna, Regno di Napoli, Vestfalia, Baviera, Sassonia) Facevano eccezione Sicilia (Borbone) e Sardegna (Savoia) Gli strumenti della conquista furono l’imposizione di codici e strutture centralizzate francesi, subordinazione della politica estera ed economica agli interessi francesi, coscrizione militare, contributi finanziari. Repubblica italiana 1802 Costituzione modellata sulla francese del 99 per la Repubblica italiana (Ex Repubblica Cisalpina) 3 collegi elettorali chiamati Organo primitivo della sovranità nazionale, eleggevano il corpo legislativo

che approvavano leggi preparate da un Consiglio legislativo di nomina presidenziale. Presidente era Napoleone stesso, che nominò vicepresidente Francesco Melzi d’Eril Accentramento tramite distribuzione di prefetti; coscrizione militare e riorganizzazione degli studi superiori, imposte fondate sulla rendita fondiaria. 1805 Repubblica trasformata in Regno d’Italia; Napoleone si fa rappresentare dal figliastro viceré Eugenio di Beauharnais. Conseguenze: impulso all’istruzione elementare ristrutturazione del sistema giudiziario e adozione dei codici francesi avviati grandi lavori pubblici Milano assume il volto di una grande capitale Agricoltura rimase occupazione principale; in Veneto soffrì molto per le tasse eccessive e la perdita degli sbocchi commerciali tradizionali , ma fu stimolata dalla richiesta di derrate per l’esercito e di seta greggia per l’industria francese, e registrò una spinta imprenditoriale da parte degli acquirenti dei beni della Chiesa. Le condizioni di vita popolari non mutarono radicalmente, se non per la durezza della legislazione su lavoro e mendicità, e per l’esperienza del servizio militare, che interessò dal 1797 oltre 200000 italiani. Nei ceti medio - alti si registrò l’integrazione di nuovi ricchi e vecchi nobili in un’unica classe di proprietari terrieri, e dall’altro la promozione dei pubblici funzionari, dei professionisti e dei tecnici. Regno di Napoli 1806 Giuseppe Bonaparte conferisce i dicasteri più importanti a ministri francesi, ma usa molta nobiltà illuminata per le compagini di governo e nel Consiglio di Stato. 1808 Giuseppe chiamato a regnare sulla Spagna, sostituito a Napoli da Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte, molto elegante, che piacque subito ai napoletani; si impegnò ad imprimere al Regno un carattere più autonomo e nazionale. 12 province con a capo un intendente (come i prefetti francesi); nelle comunità l’amministrazione venne affidata a consigli formati da proprietari. Ciò favorì lo sviluppo di centri provinciali: emersero anche Salerno e Bari. 1806 soppressione delle feudalità sistema giuridico e finanziario francese, vendita dei beni nazionali, nuovo catasto. 1807-10 divisione dei demani feudali (terre di baroni su cui i contadini esercitavano dei diritti di pascolo, semina, legna….) ma la distribuzione non favorì i contadini poveri, bensì i benestanti locali, cioè i “galantuomini”: la questione demaniale avvelenerà per molto tempo la vita nelle campagne (banditismo???) 25.6

L’Europa centro-settentrionale

1803 Riorganizzazione politico-territoriale dell’impero germanico: mediatizzazione dei principati ecclesiastici e dei feudi piccoli, che vennero così sottoposti alla sovranità di Stati territoriali più grandi. 1806 scioglimento ufficiale del Sacro Romano Impero e costituzione della Confederazione del Reno – che comprendeva anche Vestfalia e Prussia- (16 stati sotto la protezione dell’Imperatore francese, che ne dirigeva la politica estera e ne reclutava 63000 uomini). In questo periodo possiamo rintracciare la nascita del movimento liberale ottocentesco e un contrappeso alle tendenze autoritarie prussiane. Restano indipendenti politicamente solo Austria e Prussia. Austria: Francesco II era diventato Francesco I imperatore d’Austria nel 1804 Principe di Metternich apparentemente in rapporti amichevoli con la Francia, in realtà non imprime spinte riformatrici alla nazione. Prussia 1809 Jena ?????????????????????? Federico Guglielmo III 1797-1840: politica di prudenti riforme: -

emancipazione dei contadini del demanio regio

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ristrutturazione organi di governo centrali e amministrazioni locali

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abolizione servitù gleba anche nelle proprietà private

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formazione di poderi contadini autosufficienti

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abbattimento vincoli economici sul commercio di terra

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esercito “democratizzato”

Rinascita intellettuale: Fichte, Humboldt, riforma dell’istruzione. La Prussia si propone di respingere l’egemonia francese e di porsi come guida politica e morale della regione germanica. Polonia rinasce come Granducato di Varsavia (1807-1809)sotto Napoleone, ma è una rinascita effimera. -

1807 abolizione del servaggio che però resta sulla carta

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istituzioni modestamente modernizzate

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forte effettivo impulso al nazionalismo polacco che ispirerà nel 1831 la rivolta contro il dominio russo.

Confederazione elvetica ristabilita da Napoleone nel 1803 con l’atto di mediazione, che sanciva uno stato di semilibertà

Repubblica Batava nel 1806 trasformata in Regno d’Olanda, la cui corona venne assunta da un fratello di Napoleone (Luigi) 1810 annessione dell’Olanda all’Impero Gravi ripercussioni del “blocco continentale”. 25.7

Dalla campagna di Russia al crollo del “Grande Impero”

Russia. Alessandro I (1801-25) educato da precettori francesi alla corte della zarina Caterina II, aveva tendenze riformatrici (aumenta il potere del Senato e viene dato un forte impulso all’istruzione pubblica) 1806 Russia vs Turchia e Persia 1809 Russia conquista Finlandia e la strappa alla Svezia 1810 Russia riprende rapporti commerciali con l’Inghilterra 1812 Russia prende Azerbaigian, Georgia, Bessarabia e firma un trattato di alleanza con la Svezia. Ripresa dei rapporti anglo-russi e espansionismo russo avevano raffreddato i rapporti franco-russi, perché la Russi comprometteva tutta la politica del blocco continentale. Napoleone nel 1812 si risolve alla guerra. 700.000 tra l’Oder e la Vistola (più grande esercito mai visto, solo metà francesi) 24/6/1812 Napoleone varca il fiume Niemen, e i russi si ritirano facendo però terra bruciata nelle retrovie (tattica sfuggente), togliendo rifornimenti agli aggressori in quegli spazi sterminati da attraversare, e mettendo in crisi la strategia napoleonica, che sperava in una rapida vittoria, come preludio ad una trattativa con lo zar 7/9/1812 a Borodino scontro diretto volto a fermare l’avanzata verso Mosca, non funziona 14/9 presa di Mosca; Napoleone perde settimane preziose attendendo emissari di Alessandro, mentre un incendio pericoloso scoppia il giorno dopo il suo ingresso al Cremlino. 19/10 ordinata la ritirata; Napoleone vorrebbe andare a sud ma i russi gli sbarrano il passo costringendolo a ripercorrere il cammino dell’andata nella campagna devastata. Inverno rigido e precoce, mancanza di viveri, continui attacchi di cosacchi e regolari russi fecero perire mezzo milione di uomini; non esistevano più cavalleria e artiglieria, le più difficili da sostituire. Al suo ritorno in Europa, Napoleone trovò un’Europa in subbuglio: 1812 le Cortes insorte spagnole approvano una Costituzione di tipo liberale. Inglesi esautorano Borboni in Sicilia e viene promulgata una carta costituzionale, e il regno veniva dichiarato indipendente da Napoli o chicchessia. La propaganda inglese proponeva ai popoli libertà e indipendenza, ritorcendo contro la Francia le sue stesse armi. 28/2/1813 Sesta coalizione antifrancese: Federico Guglielmo III si allea con zar Ale I e proclama una guerra di liberazione; Metternich entra in segreto. Inglesi riprendono l’offensiva occupando

l’Andalusia. 1813 Napoleone chiede un estremo sforzo a Francia e Stati vassalli e riunisce mezzo milione di uomini 16-19/10/1813 presso Lipsia à Battaglia delle nazioni. Napoleone non riceve in tempo i rinforzi e viene tradito dai soldati sassoni e del Wurttemberg; deve ripiegare sul Reno, mentre tutta la Germania, la Svizzera e l’Olanda si sollevano contro di lui. Guerriglia spagnola e offensiva inglese costringono i francesi ad evacuare la Spagna, dove viene ristabilito Ferdinando VII. Gioacchino Murat tratta segretamente con l’Austria sperando di conservare il Regno di Napoli Fine del 1813: 3 eserciti alleati varcano il Reno e Inghilterra penetra da sud. Napoleone non riesce a galvanizzare lo spirito nazionale; guadagnava terreno il favore ad una restaurazione dei Borbone. 20/3/1814 Arcis-sur-Aube Napoleone sconfitto definitivamente 31/3 Parigi accoglie gli invasori. 3/4/1814 il Senato, manovrato da Talleyrand dichiara la decadenza dell’imperatore. 6/4 Napoleone abdica senza condizioni ma con l’impegno dei coalizzati a dargli la sovranità sull’isola d’Elba. 30/5 trattato che riporta Francia ai confini originali aggiungendole Avignone e Savoia; la decisione sull’assetto europeo fu rinviata al Congresso di Vienna. Senato invita Luigi XVIII, fratello minore di Luigi XVI a occupare il trono sulla base di una nuova Costituzione ispirata al modello inglese e alla sovranità popolare, ma il re promulgò il 4/6 una diversa Costituzione che chiamò “gentile concessione” in cui si affermava il principio di legittimità monarchica. 16/4 Viceré Eugenio stringe un armistizio con l’Austria che lo lasciasse padrone di Lombardia e Veneto, in attesa che le potenze fissassero il destino del regno. Sperava di ereditare il regno italico, ma una sommossa a Milano, dove il ministro delle finanze Giuseppe Prina venne linciato, ed Eugenio lasciò la penisola, presa in mano dal maresciallo Annibale Sommariva in nome dell’Austria. Pio VII, Vittorio Emanuele I e il granduca di Toscana Ferdinando III riprendevano il loro posto. R. di Napoli restava incerto ma le potenze volevano ridarla ai Borbone; invano si agitavano i militanti massoni nel Mezzogiorno e in Lombardia. 1815 il generale senso di sollievo venne presto sostituito da un malcontento diffuso per via della preferenza diffusa per gli incarichi a filo borbonici e nobili della disoccupazione provocata dall’invasione del mercato da parte delle merci inglesi, dal timore di una restaurazione dei diritti feudali e di rivendicazione dagli ex emigrati dei beni alienati Napoleone tenta il colpo di mano. Sbarca a Cannes, la popolazione lo acclama e l’esercito che doveva arrestarlo si unisce a lui; rientra a Parigi il 20/3. 25/3/1815 settima coalizione antifrancese con tutti i vecchi nemici, che si concentrano nel Belgio

18/6 a Waterloo, con 125.000 effettivi, non riesce a impedire il congiungimento di prussiani e inglesi e subisce una rovinosa disfatta. A Parigi abdica nuovamente il 22/5 8/7 Luigi XVIII rientra definitivamente a Parigi, napoleone si consegna agli inglesi, che lo confinano a Sant’Elena. Gioacchino Murat: 15/3/1815 dichiara improvvisamente guerra all’Austria temendo di essere spodestato ed esorta gli italiani a riunirsi sotto le sue bandiere, ma l’appello cade nel vuoto, nonostante la tardiva concessione ai napoletani di una Costituzione liberale. Esercito napoletano sconfitto a Tolentino Convenzione di Casa Lanza che sancisce il ritorno di Ferdinando IV di Borbone; Murat si rifugia in Corsica; tenta uno sbarco in Calabria in ottobre ma viene fucilato dai borbonici.

26 L'età della Restaurazione

26.1 Il Congresso di Vienna e la riorganizzazione dell'Europa Ÿ Le potenze che avevano sconfitto Napoleone e abbattuto il suo impero si trovarono di fronte al compito di costruire sulle macerie un nuovo ordine europeo, che scoraggiasse nuovi tentativi egemonici e nuove spinte rivoluzionarie e garantisse l'equilibrio e la conservazione. I governi della Russia, dell'Austria, della Prussia e dell'Inghilterra ebbero la saggezza di associare a questa impresa la Francia, considerata essa stessa vittima dell'avventura napoleonica. Ÿ Le deliberazioni del Congresso di Vienna furono il risultato degli accordi tra queste cinque potenze. ✔

La Francia venne riconsegnata alla monarchia borbonica e riportata alle frontiere del 1792,

✔ I l Belgio venne unito all'Olanda, eretta in Regno dei Paesi Bassi sotto la dinastia d'Orange , ✔ Al Regno di Sardegna, ricostruito per Vittorio Emanuele I di Savoia, venne annesso il territorio dell'antica Repubblica di Genova. ✔ La difesa della riva sinistra del Reno restava affidata alla Prussia, cui toccò anche il Regno di Vestfalia e la Baviera. ✔ In luogo degli oltre trecento staterelli ancora esistenti nel Settecento vi erano 39 formazioni politiche, associate in una Confederazione germanica la cui presenza fu assunta dall'imperatore d'Austria. ✔

La Norvegia venne staccata dalla Danimarca e unita alla Svezia.

✔ Il Regno di Polonia venne sottoposto alla sovranità dello zar, che si annetteva direttamente la Lituania, la Bielorussia e l'Ucraina. ✔ L'Austria otteneva la conferma del possesso della Lombardia e del Veneto con l'Istria, la Dalmazia e le Province Illiriche; la sue egemonia in Italia era inoltre garantita dalla parentela con le dinastie regnanti nel Granducato di Toscana, nei ducati di Modena e Parma oltreché al diritto di tenere una guarnigione militare a Ferrara, nello Stato pontificio.

✔ Una relativa indipendenza era riconosciuta in Italia soltanto allo Stato sabaudo e ai Borbone di Napoli. ✔ La Gran Bretagna ottenne i maggiori vantaggi in campo marittimo e coloniale: Gibilterra, Minorca, Malta e le isole Ionie, Tobago, Santa Lucia, Capo, Ceylon, Singapore, oltre all'India in cui si andava estendendo il suo predominio. Ÿ Per garantire l'ordine instaurato o restaurato a Vienna e al tempo stesso per dare alla politica una legittimazione morale e religiosa, lo zar Alessandro I si fece promotore di una Santa Alleanza di cui entrarono a far parte la Prussia, l'Austria, e la Francia. La Gran Bretagna stipulò con la Russia, la Prussia e l'Impero austriaco una Quadruplice Alleanza il cui intento dichiarato era quello di vigilare contro ogni attentato al nuovo assetto europeo. 26.2 Il clima ideologico e culturale ella Restaurazione ¢ Gli anni della Restaurazione coincidono con il trionfo e la diffusione europea delle correnti romantiche, che si contrappongono agli orientamenti dell'Illuminismo e del classicismo. ¢ Nell'Europa della Restaurazione erano pochi i Paesi dotati di una carta costituzionale e quindi di un regime parlamentare: oltre all'Inghilterra, la Francia, il Regno dei Paesi Bassi e alcuni stati della Germania meridionale. 26.3 Sviluppo economico e questione sociale ¤ La crescita della popolazione europea riprese a ritmo sostenuto a partire dal 1820 circa. Il saldo positivo era dovuto alla divaricazione tra gli indici di natalità, che restavano molto elevati, e gli indici di mortalità, che cominciavano a scendere a causa dei progressi dell'igiene e di un sa pur limitato miglioramento del tenore di vita. ¤ L'aumento demografico fu accompagnato e sostenuto dall'espansione delle attività produttive. I progressi furono più lenti e contrastati dall'agricoltura, che continuava ad assorbire in quasi tutta l'Europa la maggior parte della manodopera disponibile. Verso la metà del secolo iniziarono a diffondersi i fertilizzanti chimici, le prime macchine agricole e altre tecniche atte a incrementare la produttività dei terreni. ¤ In Gran Bretagna la Rivoluzione industriale entrò in una nuova fase con l'applicazione su larga scala delle nuove tecniche di produzione di ferro. ¤ La prima metà del XIX secolo vide la rapida diffusione delle macchine a vapore e la loro applicazione ai trasporti. ¤ Rapida fu l'espansione delle ferrovie; notevole fu l'estensione della rete ferroviaria sul continente europeo. ¤ La Gran Bretagna era veramente l'"officina del mondo", e il suo primato rimase indiscusso fino al 1870 circa. ¤ Tra le nazioni europee a mettersi sulla via dell'industrializzazione furono il Belgio, la Germania e la Francia. ¤

La preoccupazione per la "questione sociale" suscitata dallo sviluppo dell'industria fu molto

avvertita sul continente europeo e in particolare in Francia, dove fiorirono una serie di progetti di riforma della società e dell'organizzazione produttiva, che si usano raggruppare sotto la comune etichetta di "socialismo utopistico".

26.4 La questione nazionale e i primi moti per la libertà e l'indipendenza n L'unità precocemente raggiunta in Paesi come la Francia e l'Inghilterra lo Stato precede la nazione e in una certa misura contribuisce a crearla, con la sua lenta opera di uniformazione linguistica, giuridica e amministrativa. Ma anche in aree caratterizzate da un persistente frazionamento politico si può dire che fin dal tardo Medioevo esistesse una nazione culturale, percepita come unitaria dai ceti intellettuali molto prima che assumesse concretezza l'idea di uno Stato nazionale. n

La complessità del concetto di nazione si andò affermando nei primi decenni dell'Ottocento.

n In Spagna il re Ferdinando VII si era affrettato non solo ad abrogare la Costituzione di Cadice del 1812 e a sciogliere le Cortes, ma anche ripristinare l'Inquisizione, io potere dell'ordine dei gesuiti e gran parte dei privilegi della nobiltà e del clero. Il malcontento suscitato da tale comportamento si tradusse in una ribellione di alcuni reparti miliari di stanza a Cadice, da dove avrebbero dovuto imbarcarsi per andare a reprimere l'insurrezione delle colonie americane. La rapida diffusione del movimento in tutto il Paese costrinse il sovrano nel marzo 1820 a ristabilire la Costituzione del 1812 e a indire le elezioni per l'assemblea delle Cortes. n La vita politica in Spagna sotto Fernando VII rimase soffocata e agitata da contrasti continui tra i liberali e i carlisti, che alla morte del re portarono a una vera a propria guerra civile. n L'equivalente portoghese del carlismo fu il miguelismo. Il regime costituzionale instaurato fu rovesciato da don Miguel, che si impadronì del doverno, approfittandone del fatto che don Pedro, il fratello maggiore, aveva deciso di rimanere in Brasile. Nel 1824 don Pedro impose la promulgazione di una nuova carta costituzionale, che però non venne accettata dai miguelisti e diede luogo a un periodo confuso di lotte protrattosi dino al 1851. 26.5 L'emancipazione delle colonie latino-americane e lo sviluppo degli Stati Uniti u L'invasione della penisola iberica da parte delle truppe napoleoniche nel 1808 aveva avuto come conseguenza, nell'America spagnola (Hispano América) la formazione di Giunte che, con pretesto di mantenersi fedeli alla deposta dinastia borbonica, si svincolarono di fatto da ogni indipendenza dalla madrepatria. L'autonomia rispondeva agli interessi delle aristocrazie creole, fino allora escluse dalle maggiori cariche pubbliche a beneficio dei funzionari venuti dalla Spagna o dal Portogallo; ma essa favorì anche lo scoppio di moti insurrezionali a sfondo più radicale e popolare e il sorgere di conflitti per il controllo dei territori tra le varie province dei vicereami, che una dopo l'altra proclamarono la propria indipendenza. u Nella confusa situazione che si venne a creare furono determinanti la ridotta capacità di resistenza delle forze lealiste e le qualità militari e organizzative di alcuni grandi personaggi carismatici,

principalmente José de San Martín e Simón Bolívar, detto "el libertador", ai cui sforzi congiunti si dovettero tra il 1818 e il 1824 i vittoriosi attacchi alle ultime roccheforti spagnole nel Cile e nel Perù. u Il programma di Bolívar prevedeva l'unione delle ex colonie spagnole in una forte organizzazione federale sul modello statunitense, preannunciata dalla Gran Colombia (Colombia, Venezuela, ed Ecuador) di cui egli assunse la presidenza nel 1819; ma i particolarismi regionali, i conflitti di natura etnica e classista, la pressione degli interessi inglese e nordamericani determinarono il fallimento di questo disegno al Congresso continentale da lui convocato a Panama nel 1826. u Quando oramai il dominio della Spagna si era ridotto alle isole di Cuba e Portorico (che ottennero l'indipendenza nel 1898, in seguito al "desastre del Cavite") e la presenza europea alle tre Guiane (britannica, olandese e francese), i quattro ex vicereami si erano ormai definitivamente frazionati in una dozzina di Stati, che si reggevano a parte in repubbliche, in parte con ordinamenti monarchici. u L'arretratezza della vita economica, le enormi distanze sociali tra una minoranza di grandi proprietari e una moltitudine di contadini poveri e analfabeti, il peso degli apparati militari e la soggezione agli interessi dei Paesi capitalistici avanzati dovevano rendere la vita di queste formazioni politiche instabile e travagliata. u Diversa fu la vicenda del Brasile, la cui separazione dal Portogallo fu frutto dell'iniziativa stessa della dinastia di Braganza, rifugiatosi oltreoceano nel 1807. Nel 1815 Giovanni VI proclamò il Brasile regno autonomo, e nel 1821 lasciò la reggenza al figlio primogenito don Pedro, che l'anno seguente si autoproclamò imperatore del Brasile col titolo di Pietro I. u Grazie all'ingrossarsi del flusso migratorio dall'Europa la popolazione statunitense quadruplicò in quarant'anni. Proseguì parallelamente l'espansione verso ovest, che portò alla creazione di nuovi Stati che andranno ad aggiungersi a quelli già esistenti. 26

I maggiori Paesi tra 1815 e 1848

27.1 Le isole britanniche v Le lunghe guerre contro la Francia rivoluzionaria e napoleonica, combattute senza interruzione tra il 1793 e il 1815 non avevano frenato lo sviluppo dell’'economia britannica. Furono piuttosto i problemi del dopoguerra a creare un diffuso malessere accompagnato da gravi tensioni sociali. v La disoccupazione venne aggravata di colpo dalla brusca smobilitazione di circa 350.000 soldati; e a queste difficoltà si aggiunsero gli effetti di alcuni cattivi raccolti agricoli e il permanere di alti prezzi di generi alimentari. v La protesta dei lavoratori, colpiti nell'occupazione e nel tenore di vita, si espresse attraverso la formazione di unioni sindacali, le petizioni in Parlamento e le adunanze di massa, che suscitarono la preoccupazione delle classi abbienti. v Nel 1822George Canning (uomo politico di tendenze liberali) divenne ministro degli esteri, mentre gli affari interni furono affidati a Robert Peel, un tory di spirito pragmatico e progressista. v

Per una redistribuzione dei seggi e per un allargamento del suffragio premevano larghi settori

dell'opinione pubblica. v La morte di re Giorgio IV e la successione di Guglielmo IV portarono alla formazione di un governo whig. v

La redistribuzione dei seggi attuata nel 1832 fu di notevole portata.

v La riforma parlamentare fu seguita dall'abolizione della schiavitù in tutte le colonie britanniche, dopo che già nel 1807 era stato posto fine alla tratta degli schiavi. v La fine del boom economico degli anni Venti determinò nei due decenni successivi una ripresa delle agitazioni sociali. v Alle organizzazioni sindacali di categoria, sorte come funghi dopo il 1830, si sovrapposero due grandi movimenti a carattere nazionale: ✔

il movimento cartista e



la Lega contro le leggi sul grano.

v A metà Ottocento erano ormai sotto la sovranità britannica un quinto degli abitanti del pianeta. Soprattutto verso l'Australia, il Canada e il Sudafrica si indirizzò l'emigrazione delle isole britanniche. Le colonie erano più che mai inserite in un circuito mondiale di scambi che ne faceva produttrici essenziali di materie prime e di derrate agricole. v L'avvento al trono della regina Vittoria inaugurò per la Gran Bretagna un lungo periodo di crescita demografica ed economica, di riforme politiche e sociali pur nella stabilità di fondo delle istituzioni, di indiscussa supremazia mondiale, destinata a essere insediata solo sullo scorcio dell'Ottocento dallo sviluppo degli Stati Uniti e della Germania. 27.2 La Francia da Luigi XVIII alle rivoluzioni Ÿ La restaurazione della dinastia dei Borbone nella persona di Luigi XVIII si era accompagnata in Francia a un tentativo di compromesso con le novità portate dalla Rivoluzione e dalla dittatura napoleonica, compromesso affidato soprattutto alla Carta costituzionale promulgata di propria iniziativa del monarca. è Erano riconosciuti dalla carta alcuni princìpi fondamentali come l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la libertà e la coscienza e di stampa, la validità delle vendite dei beni nazionali, mentre venivano mantenute il sistema amministrativo accentrato e i codici dell'età napoleonica. Ÿ Il popolo minuto invocava la repubblica, ma i leader moderati indussero le due Camere a offrire la corona a Filippo d?Orléans: la religione cattolica cessava di essere religione di Stato per essere semplicemente riconosciuta come "religione della maggioranza dei francesi", l'iniziativa legislativa di passare alle Camere, erano aboliti la censura e i tribunali straordinari; infine Luigi Filippo si intitolava "re dei francesi" anziché re di Francia e adottava come vessillo nazionale il tricolore. Ÿ Il Belgio proclamò la propria indipendenza dal Regno dei Paesi Bassi e si diede l'anno seguente una Costituzione monarchica di stampo liberale. Ÿ In Francia i moti popolari, provocati dalla miseria e dall'aspirazione a un diverso regime politico, furono repressi con severità e la politica estera della Francia fu ispirata dall'intesa con l'Inghilterra,

dalla contrapposizione ai regimi assoluti dell'Europa centro-orientale e dalla tendenza all'espansione coloniale , che si espresse principalmente nella conquista d'Algeria.

27.3 L'Europa centrale ¢ La Prussia aveva reagito all'umiliazione dei Jena con un0accelerazione del programma di riforme. Il prestigio di cui godevano la sua amministrazione, il suo apparato, le sue istituzioni culturali, le massicce acquisizioni territoriali sancite dal Congresso di Vienna le assicuravano una supremazia di fatto sui minori Stati tedeschi e ne facevano una rivale naturale dell'impero austriaco per il primato all'interno della Confederazione germanica. ¢ Un passo avanti in direzione di una maggiore unità nazionale fu costituito dall'Ungheria doganale e giunse a comprendere la maggior parte degli Stati tedeschi. Rimanevano insoddisfatte le aspirazioni del ceto colto prussiano a una Costituzione liberale, aspirazione rilanciate dall'eco che anche in Germania ebbero gli avvenimenti parigini del luglio 1830. ¢ L'impero austriaco conobbe una lunga fase di immobilismo politico, contrassegnata dalla paura della rivoluzione e da un clima repressivo e poliziesco. ¢ Nel frattempo l'economia manifestò segnali di risveglio sia nelle campagne, sia nei distretti industriali della Bassa Austria e della Boema, benché Vienna rimanesse il centro di una raffinata civiltà letteraria e musicale. ¢ La minaccia più grave per l'assolutismo asburgico non veniva tanto per la diffusione dei princìpi liberali tra i sudditi di lingua tedesca, quanto dalle aspirazioni nazionali delle altre etnie. ¢ La crisi economica degli anni 1846-47 e la rapida diffusione delle parole d'ordine liberali e patriottiche dovevano portare anche nell'impero asburgico a uno sbocco rivoluzionario dagli esiti imprevedibili. 27.4 La Russia zarista e la questione d'Oriente ¤ La seconda parte del regno dello zar Alessandro I fu contrassegnata dall'abbandono delle tendenze riformatrici che avevano caratterizzato il primo decennio. Nonostante un certo sviluppo dell'industria, l'80 % della popolazione era composto da contadini. Nelle file della nobiltà serpeggiava il malcontento. ¤ I decabristi intendevano imporre al nuovo zar Nicola I la promulgazione di una Costituzione e l'abolizione della servitù della gleba. Il moto fu all'origine di una persistente tensione tra l'intellighenzia russa e il governo zarista, la cui risoluta avversione ad ogni concessione alle tendenze liberali si espresse immediatamente nel potenziamento della polizia politica e della censura. ¤

Il declino dell'impero ottomano aguzzava sia gli appetiti delle grandi potenze, sia la volontà

d'indipendenza dei popoli cristiani soggetti alla Porta, sia le spinte autonomistiche dei principati mussulmani. 27.5 Verso le rivoluzioni del 1848 n In primo luogo va considerata la crescita demografica ed economica che aveva determinato in molti Paesi da un lato il rafforzamento dei ceti imprenditoriali, mercantili e finanziari e dalla loro volontà di contare di più anche sotto il profilo politico, dall'altro estesi fenomeni di proletarizzazione delle classi popolari, di sradicamento dalle loro origini contadine, di urbanizzazione. n Un ruolo importante giocarono il principio di nazionalità (per esempio in Germania, Ungheria e Italia) e le aspirazioni alle libertà costituzionali, all'allargamento del suffragio o addirittura alla repubblica. Rispetto al 1820-21 e al 1830-31, la situazione internazionale si presentava ora più sfavorevole, giacché il concerto tra le maggiori potenze per il mantenimento dello statuto quo era venuto a meno a causa del divergere degli interessi. n Gli anni 1846-47 furono anni di cattivi raccolti e quindi di alti prezzi dei cereali, e alla crisi agricola subentrò nel 1847 una crisi industriale e finanziaria. è A questo sfondo generale si aggiunsero poi, in ciascun Paese, fattori locali e cause contingenti. n I conflitti del 1848 ebbero una specie di anticipazione nella guerra civile che scoppiò nel 1847 nella Confederazione elvetica tra i sette cantoni cattolici e gli altri cantoni dominati dalle forze liberalradicali; la vittorie di queste ultime portò alla promulgazione di una Costituzione di orientamento liberale ancor oggi in vigore.

28 L'Italia della Restaurazione al Risorgimento

28.1 Il Regno Lombardo-Veneto e il Regno di Sardegna u Nel Regno Lombardo-Veneto l'unica autorità comune era quella del viceré arciduca Ranieri, fratello di Francesco I, che risedette a Milano. Per il resto esistevano due governi distinti, uno a Milano e l'altro a Venezia. •

L'amministrazione asburgica del Regno Lombardo - Veneto appare una delle più scrupolose e moderne nel quadro italiano, capace di significativi progressi in campo dell'istruzione, la sanità, le costruzioni sociali.



Era tuttavia diffusa la protesta contro un prelievo tributario che andava in buona parte a beneficio delle casse imperiali, e al malcontento dell'aristocrazia fondiari per la mancanza di restituzione dei privilegi di cui essa aveva goduto in passato venne a sommarsi l'adesione del

ceto colto e di una frazione della stessa nobiltà alle idee liberali e patriottiche veicolate dalle società segrete e attinte ai modelli stranieri. A tali aspettative l'Austria non era in grado di rispondere se non con la repressione poliziesca. •

Il Regno di Sardegna fu quello che più si avvicinò alla realizzazione del programma di un ritorno integrale al passato. Furono ristabilite le arcaiche Costituzioni del 1770, furono ripristinati i privilegi dell'aristocrazia e del clero, e furono assai ben assolti i gesuiti; le cariche pubbliche furono assegnate a nobili di provata fedeltà e l'assolutismo regio venne restaurato in tutto il suo rigore.



La crisi del 1821 portò all'abdicazione di Vittorio Emanuele I a favore del fratello Carlo Felice. La successione di Carlo Alberto fece spazio a un cauto riformismo che portò all'abolizione dei diritti feudali in Sardegna, alla promulgazione di nuovi e più avanzati codici, alla liberalizzazione dell'economia. Solo alla vigilia del 1848 mutò decisamente l'indirizzo politico e il Regno di Sardegna si pose alla guida del moto di unificazione nazionale.



Le solide tradizioni di buona amministrazione sabauda e di protezione dell'economia favorirono anche in Piemonte un notevole sviluppo delle attività agricole e industriali.

28.2 I Ducati padani e l'Italia centrale o

Il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla beneficiò del mite governo di Maria Luigi d'Asburgo Lorena che sostituì al Codice Napoleone un codice civile ancora più avanzato.

o

Il duca Francesco IV d'Austria Este a Modena e Reggio sia doperò per cancellare ogni traccia del passato regime, ripristinando i privilegi della nobiltà e del clero, richiamando i gesuiti, ordinando la reclusione degli ebrei nei ghetti, rimettendo in vigore il codice estense del 1771, sottoponendo l'università e la vita culturale a una sorveglianza soffocante.

o

Il granduca di Toscana Ferdinando III d'Asburgo Lorena si ispirò nel suo governo al modello del padre Pietro Leopoldo, di cui ristabilì gran parte della legislazione, anche in campo ecclesiastico. Questi indirizzi furono sostanzialmente proseguiti dal figlio e successore Leopoldo II che promosse bonifiche e lavori pubblici; durante il suo regno Firenze e la Toscana divennero un rifugio per molti liberali esuli da altre parti d'Italia.

Grazie all'iniziativa di proprietari e fattori illuminati si verificò un incremento e un miglioramento qualitativo della produzione di olio e vino. o

Nello Stato pontificio papa Pio VII fu coadiuvato nel suo governo dall'energica azione del segretario di Stato Fedele Ercole Consalvi che riorganizzò tutta l'amministrazione dello Stato.

Nella capitale, Roma, all'ombra dei fastosi palazzi principeschi e cardinalizi si agitavano turbe di mendicanti e vagabondi, il cui numero e la cui miseria, appena alleviata dalle molte istituzioni assistenziali, colpivano tutti i viaggiatori. Sotto i successori di Pio VII, ebbe la prevalenza il partito dei cardinali più intransigenti nell'opposizione a ogni novità, e si fece così profondo il solco tra un sistema politico anacronistico e le rivendicazioni dei ceti colti e degli operatori economici.

28.3 Il Regno delle Due Sicilie v

Il regno delle Due Sicilie fu quello che più mantenne un legame di continuità con le istituzioni napoleoniche. L'intitolazione de "Ferdinando I, re del Regno delle Due Sicilie" fu assunta dall'ex re di Napoli Ferdinando IV con un decreto del dicembre 1816, seguito tre giorni dopo da un altro decreto che annullava l'autonomia siciliana e la Costituzione del 1812 e sostituiva l'antico viceré con un luogotenente generale.

v

Furono mantenuti in vigore a Napoli e introdotti in Sicilia, i Codici napoleonici; continuò la quotizzazione dei demani demani feudali, da cui trassero beneficio soprattutto i ceti borghesi. Le finanze furono risanate con tagli alle spese per i lavori pubblici e la pubblica istruzione, che crearono non poco malcontento.

v

L'agricoltura registrò qualche progresso, ma ciò avvenne a danno della pastorizia e accellerò il disboscamento, con effetti rovinosi per la stabilità dei suoli.

v

Nella prima metà dell'Ottocento si accentuò il divario tra Nord e Sud della penisola, evidenti sia che si guardi alla produzione agricola o alle lavorazioni industriali, sia che tenga conto di altri elementi come le infrastrutture o i livelli di alfabetizzazione; era il preannuncio della "questione meridionale" che sarebbe emersa a piena luce con l'unificazione politica.

28.4 Le società segrete e i primi moti per la libertà d'indipendenza Ø

Dai "club" dell'epoca rivoluzionaria si diramarono nel primi decenni dell'Ottocento una serie di associazioni che avevano in comune l'obbligo segreto, circa le loro finalità e circa l'identità degli affiliati, il ricorso a "riti" particolari d'iniziazione dei nuovi membri.

Ø

Furono i gruppi carbonari presenti della guarnigione militare di Nola a dare vita al primo moto insurrezionale, agli inizi del mese di luglio. I ribelli, che chiedevano la costituzione spagnola del 1812, si impadronirono di Avellino, e alla loro testa si pose il 6 luglio il generale Guglielmo Pepe. Lo stesso giorno il re Ferdinando I, spaventato, si impegnò a concedere la Costituzione, e il 9 luglio le forze ribelli fecero un trionfale ingresso a Napoli. Tra agosto e settembre venne eletto un Parlamento.

Ø

Più circoscritto fu il moto insurrezionale esploso in Piemonte. I giovani aristocratici promotori della rivolta si proponevano di obbligare la monarchia sabauda a concedere la Costituzione e a muovere la guerra all'Austria per cacciarla dalla penisola. Assunse la reggenza Carlo Alberto, che promise di aderire alla loro causa e il 15 marzo giurò la Costituzione di Spagna, ma poi mutò atteggiamento e ubbidì agli ordini di Carlo Felice, deciso a stroncare l'insurrezione con la forza. L'8 aprile le truppe fedeli alla dinastia, appoggiate da reparti austriaci, ebbero facilmente ragione delle forze ribelli, che andarono incontro a una dura repressione.

Ø

Nel frattempo la polizia austriaca aveva scoperto a Milano la fila di una cospirazione carbonara. Il processo si concluse con varie condanne a morte.

Ø

I moti del 1820-21 si concludevano così, apparentemente, con un nulla di fatto e con lo scompaginamento del fronte liberale. Ma non andò perduta per i patrioti; la lezione di questi avvenimenti, consistente soprattutto nella inscindibilità delle aspirazioni liberali della lotta per

l'indipendenza e contro la presenza austriaca in Italia. Ø

La rivoluzione francese del luglio 1830 rianimò anche in Italia le speranze in un mutamento dell'assetto politico. Le agitazioni liberali ebbero questa volta il loro principale teatro dei Ducati padani e nello Stato pontificio.

Ø

Dovunque furono costituiti governi provvisori, composti per lo più da elementi moderati, che continuarono ingenuamente a fidare nell'appoggio francese. In queste condizioni era impossibile qualunque resistenza all'ammancabile governo austriaco.

Ø 28. 5 Dai moti dei 1831 all'insurrezione nazionale del 1848 ü

Una volta di più si dimostravano l'insufficienza dell'azione cospirativa di tipo tradizionale, l'impossibilità di contare su soccorsi stranieri e la necessità di fare appello a un più vasto appoggio popolare contro un nemico forte e organizzato. Chi seppe meglio imparare la lezione implicita negli insuccessi del 1820-21 e del 1831 e rinnovare profondamente le forme di lotta fu Giuseppe Mazzini. Mazzini aderì alla Carboneria e diede inizio a un'intensa attività pubblicistica. Nel 1831 dovette recarsi in esilio e si stabilì a Marsiglia, dove s'incontrò con altri profughi italiani. è Nacque in questo ambiente il progetto di una nuova organizzazione patriottica, che si chiamò La Giovine Italia e che si proponeva di lottare per l'unificazione e la rigenerazione del Paese, in vista della costituzione di una repubblica democratica.

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La Giovine Italia riuscì negli anni seguenti a reclutare molti adepti non solo nelle classi medie, ma anche tra gli strati popolari delle città, soprattutto nell'Italia settentrionale e centrale.

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Fallirono miseramente i tentativi operati con una spedizione che dalla Svizzera doveva invadere la Savoia e che doveva coincidere con una sollevazione popolare a Genova.

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Per alcuni anni La Giovine Italia cessò di esistere; Mazzini si trasferì a Londra nel 1837 e da qui decise nel 1839 di ricostruire La Giovine Italia, con un programma che faceva più largo posto alle rivendicazioni a favore dei lavoratori.

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La fede mazziniana nell'azione diretta e nella partecipazione delle masse popolari alle iniziative insurrezionali andava in quegli anni perdendo terreno di fronte a un ritorno in auge di programmi liberal-moderati, che sostituivano la politica alla lotta violenta e si prefiggevano di distruggere gradualmente a uno sbocco unitario e liberale con l'eliminazione degli ostacoli al libero commercio e mediante accordi di tipo confederale e alleanze internazionali.

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