Storia Della Musica
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Dal Concerto Grosso di Arcangelo Corelli a Mozart. Appunti dal manuale "Storia della musica" di Baroni, Fubini...
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Storia della musica
Concerto Grosso: Arcangelo Corelli Intorno al ‘600 si afferma la forma del Concerto Grosso. La forma da cui attinge è la sonata, da cui eredita la struttura a più tempi (veloci e brevi alternati), la distinzione tra allegri e adagi e l’ utilizzo di modelli contrappuntistici e di danza. L’esponente più importante del Concerto Grosso è Arcangelo Corelli, che tra la seconda metà del ‘600 e l’inizio del ‘700 fissa i suoi parametri, che avranno riverbero anche sui concerti del tardo Settecento. Corelli mette a punto il concerto grosso e regolarizza l’ asfissiante libertà delle forme seicentesche. Divide l’ organico in concertino, composto da due violini e violoncelli e in concerto grosso, formato dagli archi: due parti di violini, viole, violoncelli e basso continuo che si appoggia sul clavicembalo. Questi due gruppi strumentali nel corso dei concerti dialogheranno e si contrapporranno. Recupera molto dalla polifonia vocale attraverso il suo stile imitativo, dalla musica per la danza che conferisce alla musica vivacità e quel gusto d’ intrattenimento mondano, e infine dal canto solistico del melodramma, della cantata e dell’ oratorio che concepiscono la melodia come un rafforzamento dell’ espressività della parola secondo la teoria degli affetti. Una caratteristica del concerto e della sonata è la distinzione razionale tra tonalià d’impianto, che viene presentata e elaborata negli episodi iniziali e finali del movimento, e la tonalità dominante, che si mostra verso la metà del brano. Negli allegri, per esempio, la melodia iniziale viene ripresa subito in contrappunto dalle varie voci, come conferma della tonalità (punto e a capo), da cui vengono ripresi ed elaborati gli episodi successivi.
4 o 5 movimenti con alternanza di tempi veloci e lenti: ALLEGRO - ADAGIO - ALLEGRO - LENTO - ALLEGRO Il primo teatro pubblico, il San Cassiano, venne inaugurato alla fine del ‘600 a Venezia. Prima di quel momento i concerti venivano presentati presso le corti, ma nel 1637 il teatro diventa di impresa. L’ edificio viene affittato, vengono assunte le orchestre e il guadagno si ha dalla vendita dei biglietti.
Antonio Vivaldi (1678 - 1742), il Concerto Vivaldi, prete libertino, dedica la sua esperienza alla musica, diventando maestro presso l’ Ospedale della Pietà, e compositore di numerosi concerti e sonate. Egli apporta delle novità nella forma del concerto. In primo luogo si afferma e si riduce definitivamente la forma di concerto a 3 tempi (vedi schema precedente). Nel primo tempo vi è un ritornello, con un episodio iniziale che ritorna alcune volte, affidato all’ orchestra che si alterna ad episodi virtuosistici, ma non per questo meno cantabili. Le esposizioni del
ritornello servono a stabilire l’ impostazione tonale della composizione: la prima e l’ ultima presentano il ritornello nella tonalità d’ impianto mentre le altre due lo presentano nella dominante e nella tonalità relativa. Gli interventi solistici invece sono più imprevedibili e liberi in quanto devono mostrare la bravura dell’ esecutore. Si definisce quindi il concerto solista che non ha più la contrapposizione nell’ organico tra concertino e concerto grosso ma tra uno o più solisti (solo/soli) che si oppongono al tutti. Oltre a ciò, Vivaldi aggiunge dinamiche più ricche nella composizione e supera i limiti della velocità media del concerto, utilizzando tempi più o meno veloci di quelli tipici del seicento e melodie piacevoli e ricche di varietà e fantasia che rafforzano la teoria degli affetti. Ne “Le Quattro Stagioni”, pubblicate nella raccolta “Il cimento dell’ armonia e dell’ invenzione”, affiora proprio questa propensione della musica vivaldiana di creare un legame tra i vincoli musicali inflessibilmente regolati, come l’ armonia, e quella necessità di esprimere un qualcosa di libero che non ha limiti. Riesce a trovare questo rapporto, che diventa rafforzamento di quella teoria degli affetti più volte citata, attraverso riferimenti extramusicali, che, per quanto riguarda le Quattro Stagioni, hanno le basi su dei sonetti poetici, riportati in partitura e indicati in corrispondenza delle sezioni musicali che descrivono e illustrano le immagini che i sonetti raffigurano. L’ ascolto, dunque, è guidato dal testo letterario e la capacità del compositore si dimostra nel far diventare la musica un mezzo di diffusione di suggestioni visive, anche senza l’ ausilio del testo, in quanto la rappresentazione è di per sé autosufficiente, grazie all’ imitazione di particolari suoni e rumori della natura che accostati l’ un l’ altro suscitano immagini ed emozioni (la cosiddetta teoria degli affetti).
3 movimenti: ALLEGRO - ADAGIO - ALLEGRO (o PRESTO)
Johann Sebastian Bach (1685 - 1750) Bach, dopo un lungo soggiorno a Weimar sotto costrinzione, si trasferisce nel 1717 a Koethen dove la sua produzione assume caratteri importanti in quanto, e per originalità e per dedizione, influenzerà i modelli di metà settecento. Compone numerose suites, le più importanti sono le 6 scritte per violoncello, di carattere didattico. Sperimenta nuove forme di polifonia che verranno poi applicate nei suoi nuovi modelli di canone, composizione polifonica, appunto, in cui le voci partecipanti si inseguono vicendevolmente sullo stesso tema per poi incontrarsi, con un tempo aggiuntivo, in una cadenza. Bach elabora il canone inverso, in cui due voci si rispondono a specchio; il canone cancrizzante in cui una prima voce elabora una melodia e la sviluppa, mentre una seconda voce inizia dalla fine e si conclude con l’inizio della melodia della prima voce. Come abbiamo detto, il canone si comporta come una fuga, e l’ esempio che Bach ci lascia è quello della Toccata e Fuga in Re Minore, scritta per organo, strumento polifonico per eccellenza (oltre che simbolo della religiosità musicale, essendo la musica una creazione di Dio). Durante la fuga, la voce prosegue liberamente entro uno schema ben definito, ma prima è introdotta da un preludio, anche detto Toccata. Un principio importante nella
scrittura della fuga è l’ aspetto deduttivo, tipicamente tedesco, ciò significa che tutto ciò che viene composto all’ interno della fuga deve derivare dal tema iniziale. Schema della fuga:
Sezione
Denominazione
Definizione
1
ESPOSIZIONE
Viene presentato il tema
2
DIVERTIMENTI
Parte del tema viene rielaborato
3
PEDALE
Le note basse si prolungano
4
STRETTI
Il tema viene sintetizzato, compattato
5
CADENZA
Avviene la tensione finale che si risolverà con la distensione.
Tipi di cadenza:
Cadenza Perfetta
TENSIONE - DISTENSIONE
Cadenza d’ Inganno
TENSIONE - APERTURA DISTENSIONE
Altrettanto importanti nella produzione bachiana sono i sei Concerti Brandeburghesi presentati nel 1721 a Koethen e scritti in onore del principe illuminato Margravio. Questi concerti, che traggono ispirazione e dalle opere di Vivaldi e dai lavori dei compositori francesi, sono stati rinominati alla fine del ‘800, dal titolo originale Concerts avec plusieurs instruments. Questo fa pensare che i modelli di riferimento principali sono i concerti francesi di Rameau e Couperin, infatti ciascuna parte è affidata ad un solo esecutore, senza raddoppiamenti o rafforzamenti nell’ organico, e si distacca dalle forme di concerto grosso e/o concerto solistco. Il terzo concerto, in particolare, si differenzia dagli altri cinque perchè è scritto per soli archi. Si distinguono tre gruppi di strumenti: violini, viole, violoncelli e violone con accompagnamento del clavicembalo. La caratterizzazione di questo concerto è che dal timbro omogeneo di soli archi, gli strumenti si separano nei rispettivi gruppi che dialogano tra di loro e che occasionalmente si riuniscono in un tutti. Il contrasto soli tutti avviene nel macro gruppo dei nove archi. L’ ascolto del concerto BWV 1048, a differenza dei concerti vivaldiani, non è guidato da un testo letterario, bisogna quindi focalizzarsi sulla costruzione di tale musica, composita di un’ architettura complessa ma che lascia nell’ ascoltatore un’ euforica eccitazione.
Il Concerto Brandeburghese n. 3, in Sol Maggiore, consta di tre tempi. Il primo è formato da due cellule ritmiche: un anapesto di due note brevi e una lunga che si impunta sulla terza nota, da cui si generano una successione di quartine fluide e scorrevoli. Il primo movimento è caratterizzato dalla coesistenza di questi due nuclei ritmici, uno statico e l’ altro dinamico, che ritornano ripetutamente per tutto il movimento. Proprio per questo, a differenza del concerto solistico di Vivaldi, non si riesce a percepire il ritornello, poichè non vi è alternanza di episodi dissimili, in questo modo il tempo sembra non trascorrere mai, ma si crea un tempo metafisico che non coincide con il tempo psicologico dello spettatore e che rimane imperturbabile. La musica per Bach è riflesso della sua religiosità, in quanto esaltazione della bellezza del creato, la musica è qualcosa che si avvicina a Dio e, come l’ essenza divina è incorruttibile dal divenire umano, così lo è anche la musica. Infatti, durante il movimento, i due principi (anapesto e quartina) non mutano di significato, rimane il loro carattere espressivo di ritmo e movimento, grazie a quell’ aspetto deduttivo tipicamente tedesco, cioè la capacità del compositore di far proliferare piccoli nuclei ritmici e tematici attraverso modulazioni, interazioni, compressioni ecc. Il secondo movimento del concerto è un Adagio, che conta una sola battuta e due note di cadenza frigia (IV V grado). Il terzo ed ultimo movimento è un adagio in 12/8. Una forma di danza in due sezioni A A’. In A avviene la modulazione da Sol maggiore alla dominante Re maggiore, in A’ invece si ritorna da Re maggiore a Sol maggiore.
A SOL MAGGIORE (TONICA)
A’ MODULAZIONE
RE MAGGIORE (DOMINANTE)
A’ RE MAGGIORE (DOMINANTE)
A MODULAZIONE
SOL MAGGIORE (TONICA)
Il tempo in 12/8 ricorda quello della giga, danza popolare veloce in tempi ternari. Per tutto il movimento i violoncelli e il basso suonano all’unisono, ma nonostante le sette voci, Bach in paritura ne riporta comunque dieci, per imprimere la simbologia numerica (e religiosa?) del 3+3+3+1=10. Il terzo movimento offre un senso di distensione rispetto al primo movimento, in quanto le sestine di semicrome affiancate al ritmo circolare della danza rendono il finale più fluido e scorrevole in una successione di ripetuti scambi di ruolo tra i singoli gruppi e strumenti che possono diventare parte principale e accompagnamento.
Lo stile classico e la forma-sonata
Bach muore nel 1750. Quest’ anno diventa un periodo di transizione tra le forme musicali tradizionali e le innovazioni di uno stile che successivamente sfocerà nel classicismo. E’ in questi anni (‘50 ‘60) che si afferma lo stile galante, dedito all’ eleganza, alla bellezza formale e alla perfezione musicale. E’ una continua ricerca di forme sempre più vicine ad uno stile teatrale, essendo questo in fervente crescita grazie all’ espansione dei teatri d’ impresa. I compositori si allontanano dal lavoro salariato delle corti per avventurarsi verso la libera professione. Tuttavia il pubblico si mostra al quanto disinteressato alla musica contemporanea ancora molto influenzata dal barocco e spinge i compositori alla ricerca di forme più sintetiche che mirino alla commozione dello spettatore, un’ impostazione musicale che tocchi i sentimenti umani e le loro passioni con l’ utilizzo, sempre più frequente, delle tonalità minori. Si afferma così lo stile cosiddetto Empfindsamer, già presente in altri campi artistici come la letteratura. I tempi però erano ancora troppo maturi ed era difficile per un compositore far coesistere in uno stesso brano drammaticità e perfezione formale, almeno fino al 1770, quando Haydn e Mozart riescono ad opporsi a questi limiti creando uno stile, definito classico, capace di comprendere e l’ eleganza della musica e la sua espressività drammatica. Prima di essi, gli stili galante e empfindsamer avevano annullato la scorrevolezza che il barocco e soprattutto Bach avevano fissato nei concerti e nelle suite, rendendoli privi di continuità, unitarietà e logica intrinseca. Lo stile classico si impunta particolarmente sulla formasonata, da non confondere con la sonata. Quest’ ultima, infatti, definisce una composizione in tre o quattro movimenti per uno strumento a tastiera o per due strumenti. Con il termine formasonata invece si intende lo schema costruttivo (la forma appunto) del primo movimento (allegro iniziale). Il concetto di forma musicale implica la suddivisione in parti, ne deriva quindi che la formasonata classica è composta da più sezioni, più propriamente tre: esposizione, sviluppo e ripresa. Si può definire, dunque, tripartitica . Nell’ esposizione vengono presentati i temi, ovvero quei disegni musicali posti all’ inizio della composizione, che servono a definire il carattere o l’ affetto del brano, e che nella formasonata classica sono due, quindi bitematica . Nell’ esposizione dunque è presentato un primo tema nella tonalità d’ impianto della composizione da cui poi si passa, attraverso un ponte modulante, ad un secondo tema presentato nella tonalità dominante (il quinto grado superiore rispetto a quello d’ impianto iniziale), o nella relativa maggiore se il tema iniziale è in tonalità minore. Una coda finale conferma la tonalità dominante e conclude l’ esposizione. Segue, a scelta del compositore, un ritornello che ripete tutta l’ esposizione. Nello sviluppo un tema o entrambi o parti di essi vengono rielaborati. Nella ripresa si riascolta tutto ciò che è avvenuto nell’esposizione, ma qui i temi sono presentati nella medesima tonalità di impianto. Il conflitto tonale tra i due temi, che ci è stato mostrato nell’ esposizione, viene dunque risolto dopo gli avvenimenti che si sono succeduti nello sviluppo.
T1
A
B
A’
ESPOSIZIONE
SVILUPPO
RIPRESA
P. M.
T2
CODA
ELABORAZIONE
T1
T2
CODA
tonica
DO + DO -
Ponte modul
dom.
SOL + MIb +
Conf. ton.
Nello sviluppo si rielaborano i temi. Libertà.
tonica
DO
Non avvien e modul.
tonica
DO
Chiud e il pezzo
Come è possibile notare, la formasonata ha al suo interno lo stesso principio deduttivo che era presente in Bach, cioè tutto deriva dal tema principale. Vi è un legame tra ciò che precede e ciò che succede, un gioco dinamico di causaeffetto. Alcuni elementi mutano, altri rimangono riconoscibili, ma sempre con una loro logica. La formasonata si basa sulla casualità, cioè il rapporto attraverso cui si intrecciano e si sciolgono le tensioni tra i temi (o “personaggi”). La causa diventa quindi quel concetto che sintetizza in un’ unità il molteplice (Kant), rendendola una composizione sintetica oltre che d’ azione, poichè ha una sua tendenza quasi autonoma a svilupparsi. Il suo materiale è una forza energica in continua e imprevedibile espansione che va a scontrarsi e a contrapporsi ad una forma strutturale che la contiene e che appunto le da forma. Dall’ esposizione allo sviluppo gli elementi o meglio la sostanza che si mostra può essere sovvertita, così come può permanere o essere definita in un’ ottica diversa senza mai perdere il proprio significato essenziale nel susseguirsi delle trasformazioni, poichè è sempre riconoscibile. La ripresa altro non è che un epilogo in cui riconoscere e tirare le somme su quegli elementi iniziali che hanno subito una storia (sviluppo) e che finalmente si possono comprendere e giudicare, dopo che si è avuta la possibilità di conoscere le loro possibilità di trasformazione e quindi di divenire.
Joseph Haydn (1732 - 1809) Joseph Haydn si trasferisce a Vienna, capitale della musica europea, negli anni ‘90 del ‘700, dove avevano grande influenza nella cultura musicale e nella sua diffusione Metastasio, Gluck e sovrani come Giuseppe II. Prima dei suoi viaggi per tutta Europa, però, nel 1761 Haydn si stabilisce ad Eisensstadt, città ai confini con l’ Ungheria, al soldo della dinastia degli Esterhàzy e vive a corte. Dopo la morte dell’ ultimo discendente si trasferisce a Parigi e in altri luoghi d’ Europa, dova si impone per le sue originali sinfonie. I lavori sinfonici di Haydn si collocano e per tempo e per modelli in tre periodi: SINFONIE STURM UND DRANG (IMPETO E TEMPESTA) : sono caratterizzati da suoni cupi e forti dal punto di vista emotivo. SINFONIE PARIGINE scritte intorno al 1780, commissionategli dalla Loggia Olimpica massonica di Parigi, associazione orchestrale per cui appunto scrisse 11 sinfonie (dalla numero 82 alla 92 del catalogo) e a cui appartengono le opriginalissime sinfonie “L’ Ours” e “La Pule”. Quest’ ultima presenta nel secondo movimento l’ imitazione dei versi e dei movimenti di una gallina, con un fine non prettamente imitativo ma parodico, per creare un contrasto tra drammaticità e comicità attraverso la contrapposizione bipolare di un tema tragico e di uno goliardico, solare. SINFONIE LONDINESI , scritte tra il 1790 e il 1809 e fortemente influenzate dalla tradizione handeliana.
Come già detto, nel 1790, dopo i suoi viaggi europei si trasferisce a Vienna. Qui attira l’ attenzione del barone Gottfried von Swieten, grande cultore della musica di Bach e di Handel, il quale suggerisce a Haydn la composizione di un grande oratorio sulla scia della tradizione handeliana. Nascono così, nel 1798 La Creazione (Die Shopfung) e nel 1801 Le Stagioni (Die Jahreszeiten, con cui il compositore affronta tematiche moderne: quella romantica di un recupero del passato storico, il rapporto primordiale dell’ uomo con la natura e il carattere descrittivo della musica già presente in altri suoi lavori ma non così espliciti quanto in questi due oratori. La Creazione, composta tra il 1796 e il 1798, è dovuta parzialmente all’ aiuto che il barone von Swieten diede a Haydn, senza il quale non sarebbe stato possibile comporre un’ opera così complessa che intreccia la tradizione tedesca di fine Settecento con la tradizione corale inglese. La composizione di questo oratorio fu piuttosto travagliata, un’ opera difficile per un fedele come Haydn. Lo si nota sin dalla prima parte dell’ oratorio, La rappresentazione del Caos , in cui i suoni sembrano che vaghino nel buio cosmico alla ricerca di una struttura solida, dando un senso di inquietudine e instabilità che potrà essere risolta solo da una figura superiore a tutto, che darà ordine nell’ intervento corale successivo e che mostra a tutti gli effetti le fonti della tradizione corale handeliana. La Creazione è un’ opera incline al descrittivismo che allude palesemente al mondo della natura, ma senza rendere il carattere descrittivo il fine ultimo della composizione che è unicamente mezzo espressivo che dona intensità emotiva e che rappresenta non l’ esteriorità della natura ma il sentimento umano di gratitudine nei confronti del Creatore.
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791) Mozart nasce a Salisburgo nel 1756 e inizia la sua carriera di compositore e di conoscitore della musica già dall’ età di sei anni, sotto la guida del padre Leopold, anch’ egli musicista. Dopo le prime esibizioni a Vienna e in alcune città vicine, la famiglia inizia un viaggio per l’ Europa Occidentale, arrivando anche a Parigi e a Londra. Già all’ età di dieci anni ebbe molte esperienze musicali in molti generi che la facevano da padrone in tutto il continente. Nel 1766 ritorna a Salisburgo e dopo due anni si reca, sempre al seguito del padre, in Italia e successivamente, nel 1773, giunge a Vienna. Tra il ‘73 e il ‘74 era in fase di maturità artistica, avendo preso contatto con lo stile classico di Haydn nella capitale musicale europea. Nel 1781 deccide di dedicarsi alla carriera di libero professionista, stabilendosi a Vienna. Qui incontra Haydn e si lega in un rapporto amichevole e professionale con il librettista Da Ponte. Nel 1784 viene presentata a Parigi Le Nozze di Figaro che viene proibita a Vienna perchè ritenuta anti nobiliare e vezzeggiativa nei confronti dell’ ancien regime. Mozart quindi dovette eseguire un’ auto censura per poter far ascoltare la sua opera al pubblico Viennese, che nonostante tutto non l’ accolse positivamente. Ad apprezzarla fu invece il pubblico di Praga per il quale gli fu commissionata un’ altra opera. La scelta di Mozart cadde sul Don Giovanni, sempre su libretto di Da Ponte, in cui opera buffa e tragedia si uniscono per dar forma ad un’ originale composizione che fa leva sulla contrapposizione formale di due stili fino all’ ora considerati antitetici e che risiedono nella storia e nei personaggi. Potremo trovare dunque personaggi dalle caratteristiche tragiche come Donn’ Anna e Don Ottavio, e quelli invece dai particolari di opera buffa come Leporello. Don Ottavio è il protagonista della
storia, il centro nevralgico intorno al quale si raccoglie l’ esistenza dei personaggi secondari, le cui vite vengono sconvolte dalla sfrenatezza goliardica del dissoluto. In quest’ opera Mozart inserisce quegli stessi aspetti che modellano le sonate dello stile classico, ovvero una forza dirompente scatenata dall’ esuberanza libertina, vitale e decadente di Don Giovanni che spezza gli equilibri e che tuttavia il compositore riesce a controllare attraverso i mezzi formali ed espressivi dello stile classico, così come si verifica nella sinfonia K. 550.
Sinfonia in Sol minore K. 550 La sinfonia K. 550 viene scritta nel 1788 ed è preceduta dalla K. 543 e seguita dalla K. 551. Il trittico deve essere considerato unitario perchè le tre composizioni si completano a vicenda. La tonalità minore della K. 543, malinconica, introduce all’ inquietudine della K. 550, i cui drammi si risolvono nella luminosità ascendente della K. 551. La K. 550 è l’ esempio dell’ espressione mozartiana di forze oscure, irrazionali a cui l’ illuminismo si apre. E’ espressione del tragico, dello sconvolgimento e del mistero. La tonalità di Sol minore è funzionale alla costruzione di sentimenti drammatici e appassionati, di dolore e di disperazione. Il primo tema del Molto Allegro è formato da tre note di ritmo anapestico (breve breve lunga) che si mostrano come elemento instabile, affannoso, quindi tendente alla trasformazione. Nella transizione al secondo tema, infatti, assume una forza violenta e martellante, a causa del ritmo ripetuto. Il secondo tema in Si bemolle maggiore cerca di addolcire il tutto ma gli echi striscianti della malinconia del primo tema continuano a essere presenti, per poi ritornare completamente in un grido forte dal ritmo anapestico che conclude l’ esposizione e che è ripreso contrappuntisticamente nello sviluppo, dove avviene la vera trasformazione: la violenza è più mite e delicata, le grida diventano lamenti e la forza si smorza in malinconia. Nella ripresa ritorna la violenza incontrollabile che ci è stata accennata nello sviluppo. L’ Andante è in Mi bemolle maggiore che rassicura dall’ affanno del primo movimento, si distende in una sensazione di serenità. Una figura di due biscrome scivola dolcemente all’ inizio dell’ esposizione, eppure continuiamo a sentire un certo sforzo nell’ organico che rende il tutto più ambiguo, possiamo definirla una calma apparente che non conferisce una sicurezza, sentiamo ancora quella malinconia che era la sostanza del primo movimento. Infatti nel proseguimento, quella cellula iniziale si lascia andare a un empito più passionale e drammatico su cui aleggiano forze oscure che permeano esposizione, sviluppo e ripresa e che non fanno presagire in che modo la composizione possa svilupparsi. Il mistero si addensa. Il tutto si complica ancora di più nel Minuetto, in cui si sente una tensione tragica che si contrappone all’ unico vero spunto di serenità introdotto dal trio in Sol maggiore del movimento. Nel finale della sinfonia, con il movimento ultimo, l’ Allegro Molto, si ha una corsa frenetica tra due temi, uno più spasmodico e convulso e l’ altro più liquido e scorrevole che però non riesce a imporsi sul ritmo forsennato dettato dal contrappunto dell’ organico, che prosegue la sua danza infernale di forze irrazionali e apparentemente incontrollabili e che si interrompono improvvisamente sul finale come se uscite trionfanti da una lotta contro le forze angeliche.
Requiem in Re minore
Nel suo ultimo anno di vita, nel 1791, Mozart vive una condizione precaria di salute ed economica. Gli viene commissionato da uno steraniero un Requiem per il funerale di una persona. Da quel momento in poi Mozart lavorerà alla composizione come se stesse scrivendo il Requiem per il proprio funerale. Muore un mese più tardi senza aver completato l’ opera. La moglie decide dunque di chiamare un allievo del marito per completare la composizione: Sussmayr.
REQUIEM IN RE MINORE
INTROITUS
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Requiem Aeternam Kyrie
SEQUENTIA
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Dies Irae Tuba Mirum Rex Tremendae Confutatis
Mozart completa i primi dieci minuti del Requiem, che coincidono con la prima sezione e alla particella (scheletro della partitura composto dal basso e dal canto) del Dies Irae fino alle prime otto battute del Lacrimosa, quella del Domine Jesus e dell’ Ostias. Il Requiem Aeternam ha un passo lento e regolare, luttuoso, di soli archi e corni di bassetto, per dare un colorito scuro alla composizione. Il Kyrie è una fuga doppia, di carattere bipolare, che lavora su due temi: uno più rigido e l’ altro più sciolto. Il Dies Irae è un pezzo sincopato che crea una sensazione di insicurezza e di instabilità, quasi di terrore, in quanto gli accenti sono spostati così come i punti di riferimento. Il Tuba Mirum è composto di quattro passaggi. Ha un aspetto teatrale perchè i suoni si comportano come dei personaggi. Entra in scena per primo il basso, poi il tenore, il contralto, poi il soprano che modula in maggiore. Nel Rex Tremendae vi è un ritorno alla violenza, all’ impetuosità. Pezzo sicopato che termina in maniera opposta.
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