Storia Del Jazz

December 19, 2017 | Author: Vincenzo Mosca | Category: Jazz, American Popular Music, Music Of The African Diaspora, American Styles Of Music, Performing Arts
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Storia del Jazz

CONSERTATORIO STATALE DI MUSICA “DOMENICO CIMAROSA” – AVELLINO Ministero dell’Università e della Ricerca Alta Formazione Artistica e Musicale

Corso di Storia del Jazz: M° Salvatore Santaniello

STORIA DEL JAZZ DALLE ORIGINI ALLO SWING

TESI IDONEITA’ – I° ANNO TRIENNIO JAZZ

Vincenzo Mosca

STORIA DEL JAZZ – Dalle origini allo Swing

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Le Origini Le radici del Folklore Molti sono gli antenati del jazz: reminiscenze della musica africana, canti e richiami di lavoro, canti religiosi spiritual delle chiese protestanti, canto blues degli afroamericani, ragtime pianistico di derivazione euro-americana, musica europea per banda militare e perfino echi dell'opera lirica sono i più importanti elementi che hanno contribuito a questa fortunata e geniale sintesi artistica.

Figura 1. I Virginia Minstrel (1843)

Le radici del jazz affondano nella cultura musicale africana della vita di tutti i giorni degli schiavi neri (sebbene molto contaminata dalle culture europee, soprattutto inglesi e francesi, dominanti nel sud degli Stati Uniti). Queste persone avevano con sé una tradizione che esprimevano mentre lavoravano (i cosiddetti "field hollers" e "work song"), mentre pregavano (gli "spiritual", che negli anni trenta del XX secolo avrebbero dato origine al "gospel") e durante il loro tempo libero. Già nel 1819 l'architetto Benjamin La Trobe lasciò testimonianze scritte e disegni di feste di schiavi che si riunivano in Congo Square, una piazza della città, per ballare e suonare usando strumenti e musiche improvvisate. Nel corso del XIX secolo e soprattutto nella seconda metà, le tradizioni musicali afroamericane iniziarono a trovare eco in spettacoli d'intrattenimento, attraverso varie forme di rappresentazione, delle quali forse le più famose erano i "Minstrel show" 1 che in una cornice carica di stereotipi razziali rappresentavano personaggi tipo dell'afroamericano. Le musiche di scena di questi spettacoli erano rielaborazioni di musiche afroamericane (o presunte tali). Molti sono gli antenati del jazz: reminiscenze della musica africana, canti e richiami di lavoro, canti religiosi spiritual delle chiese protestanti, canto blues degli afroamericani, ragtime pianistico di derivazione euro-americana, musica europea per banda militare e perfino echi dell'opera lirica sono i più importanti elementi che hanno contribuito a questa fortunata e geniale sintesi artistica. Da questo substrato musicale emerse, alla fine dell'Ottocento, un canto individuale che venne chiamato blues e che ebbe una vasta diffusione, anche attraverso i nascenti canali commerciali, tra la popolazione afroamericana. La combinazione armonica e melodica che si trova nel blues non ha riscontro nella musica occidentale (eccetto almeno una ballata irlandese risalente al 1600 che ha struttura in 12 battute e giro armonico tipico del blues più arcaico e tradizionale) e si ritrova nel jazz fino dalle origini.

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Gli attori in questi spettacoli si annerivano la faccia con turaccioli bruciati, ed erano spesso bianchi camuffati. Queste forme di camuffamento erano perciò dette "blackface" (faccia nera)

STORIA DEL JAZZ – Dalle origini allo Swing

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Chicago e il Midwest La migrazione degli afroamericani dal Sud al Nord degli Stati Uniti, che ebbe luogo tra il 1910 e il 1920, portò con sé anche molti musicisti di New Orleans, attratti dai maggiori guadagni che venivano offerti ai musicisti al Nord e, secondo molte testimonianze, anche dalla decadenza dell'intrattenimento a New Orleans, che viene fatta coincidere simbolicamente, con la chiusura di Storyville, il quartiere a luci rosse di New Orleans, che avvenne nel 1917 ad opera del Ministero della Guerra: la Figura 1. Louis Armstrong negli anni cinquanta tradizione vuole che il jazz fosse nato e avesse prosperato nei bordelli del quartiere. Molto probabilmente l'importanza di Storyville per il jazz è stata esagerata, ma è certo che molti protagonisti vi suonarono, e che, forse anche a causa di questo, fin dagli inizi il jazz ebbe una pessima reputazione. Il jazz veniva spesso portato al Nord sui battelli che risalivano il Mississippi, che assumevano orchestre come intrattenimento di bordo. La meta di molti dei musicisti fu Chicago, città che attrasse anche King Oliver, e attorno alla quale si creò una scuola da cui emersero molti protagonisti soprattutto bianchi, tra cui Bix Beiderbecke, Frank Trumbauer (primo Saxofonista americano - il Sax era stato brevettato nel 1846 a Parigi ed esportato al seguito delle bande militari), Pee Wee Russell. Dal punto di vista musicale il suono contrappuntistico e d'insieme (normalmente con esposizione del tema alla cornetta, supporto armonico affidato agli arpeggi del clarinetto il tutto legato dalle frasi e dagli effetti di glissato del trombone e con improvvisazioni collettive finali) delle formazioni di New Orleans cede il passo ad uno stile in cui domina la performance del solista (grazie anche ad una nuova generazione di musicisti più preparate tecnicamente), mentre iniziano ad emergere figurazioni ritmiche più sofisticate di quelle di derivazioni bandistica. La figura principale del periodo è Louis Armstrong, che fu chiamato a Chicago dal "Re" di New Orleans Joe "King" Oliver. Dopo alcuni mesi con il gruppo di Oliver, Armstrong (con le storiche registrazioni dei suoi gruppi, gli Hot Five e gli Hot Seven), nel 1925 si affermò come il trombettista simbolo del movimento (Armstrong è considerato il più prolifico e talentuoso musicista jazz di tutti i tempi). Alla richiesta di scrivere una storia della musica Jazz, Miles Davis rispose: "La storia del jazz si scrive in quattro parole... Louis Armstrong, Charlie Parker". Sono gli anni che vedono anche la nascita dell'industria discografica: nel 1920, la cantante blues Mamie Smith incide "Crazy Blues", che vende un milione di copie e fa esplodere il settore delle incisioni dedicate ai neri, i cosiddetti "race records" (registrazioni razziali), che fanno decollare la carriera di molti musicisti, tra cui molti cantanti di blues, dei quali forse la più famosa è Bessie Smith. Il legame tra il blues e il jazz durante questi anni vive in maniera sotterranea, a causa della connotazione fortemente razziale e la fama di scarsa raffinatezza del blues: si vedranno musicisti bianchi[7] che assumono pseudonimi neri per incidere il blues, mentre i jazzisti, che si rivolgevano al pubblico bianco dei locali notturni, per lungo tempo eviteranno di suonare il blues in pubblico.[8] Si deve notare come molti dei brani che in questo periodo contengono la parola blues nel titolo non siano affatto blues ed usino il termine solo per il suo effetto coloristico.

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3 Dopo il fatale “giovedì nero” del 24 ottobre 1929, quando Wall Street travolse nel crollo milioni di americani e soprattutto per le persone di colore iniziando l’era della grande Depressione che scandì non solo la fine del blues ma anche del jazz. Gli uomini del jazz ricevettero un colpo durissimo dalla crisi poiché molti locali chiusero i battenti e molti musicisti furono costretti ad abbandonare la musica o i migliori jazz man si recavano nelle sale di incisione per musica più o meno “commerciale”. Nel 1933 furono incisi molti dischi di jazz ma prettamente per il mercato britannico e grazie ad Hammond poterono tornare nelle sale di incisione i più famosi jazzisti come Goodman, Hawkins, Taddy, Wilson ed esordì anche Billie Holiday. Prima di allora la presenza simultanea in studi di registrazione di bianchi e neri si era verificato solo per caso e nemmeno in pubblico non erano mai stati visti suonare tutti insieme, ma questo problema in Europa non esisteva anzi era vista come un’arte esotica. In America il jazz era etichettato come qualcosa di osceno ed associato agli speakeasies cioè ai gangsters che li controllavano e li frequentavano. Dal 1933 quando fu decretata la fine del proibizionismo il jazz non fu associato all’illegalità e determinò una possibilità di lavoro per i musicisti e per i cantanti di blues. Quando nelle altre città vi era il declino del jazz a sud ovest e precisamente in Kansas City il jazz aveva cominciato a prosperare basti ricordare Bennie Morten iniziò a registrare i suoi primi dischi. Per i musicisti di jazz la città viene vista come una specie di paradiso in terra infatti i locali di Kansas City erano famosi per le jam session alle quali prendevano parte i migliori musicisti e i bianchi non erano minimamente rappresentati. Ci troviamo tra il 1933 e il 1936, o giù di lì, quando si può assistere agli esordi di Count Basie e Charlie Parker. Le orcherste di Kansas City suonavano uno jazz di stile particolare era un poco rozzo e non influenzato dalle esigenze di spettacolo e soprattutto il pubblico non era esigente fatta di musicisti che si divertivano e il pubblico voleva solo divertirsi in buona compagnia. Intorno al 1930 Morten faceva del jazz con riffs e arrangiamenti impiantato su botta e risposta tra trombe e tromboni; lo stile dei blues singers era caratterizzato dallo shout, l’urlo dall’impeto predicatorio tipico dei canti religiosi (sermons, jubilees). Inizia così “l’era dello swing” che va dal 1935 al 1945 smorzando quel grande divario che c’era stato in precedenza con il jazz tra bianchi e neri. Nel 1935 quando la grande depressione fu superata e si riusciva a guardare al futuro con fiducia arrivò il momento che i giovani volessero divertirsi facendo cambiare molte cose e di conseguenza anche la musica lasciando da parte alle canzoni sentimentali e lasciando il posto a musica scacciapensieri, festosa ed eccitante fatta apposta per ballerini e a questa musica fu dato il nome di swing. Lo swing altro non era che jazz ma più levigato messo a punto con un ritmo più fluido e ballabile. Fu Benny Goodman a dare il via allo swing craze nel 1934 grazie ad un importante programma radiofonico e che lo classificò come “re dello swing”. A dargli filo da torcere c’erano altre grandi orchestre come quella di Duke Ellington, di Armstrong, di Count Basie, di Kirk e Glenn Miller. Le orchestre swing erano piacevoli da ascoltare e da guardare poiché tutti i componenti indossavano eleganti uniformi con il leader in frac. Poi c’erano le sale da ballo frequentate dai giovani in cui imperversavano i jitterbugs ovvero i patiti dello swing patiti del Lindy hop, conoscevano ogni pezzo, stile o

STORIA DEL JAZZ – Dalle origini allo Swing

4 battuta di ogni orchestra swing. Nella primavera del 1938 si assiste al primo festival della storia jezzista “il carnevale dello swing”. A New York sorsero molti locali dove si poteva ascoltare jazz, blues e swing ma il Jimmy Ryan’s er uno di quelli dove lo swing regnava sovrano, l’Onyx prettamente prediletto dai jazz man si poteva assistere ad uno spettacolo gratuito offerto da Art Tatum. Quando in Europa cominciò la guerra in America la swing craze ebbe gli ultimi sussulti di vitalità poiché gli organici delle orchestre divennero molto instabili a causa della chiamata alle armi anche se nel 1939 era ancora vivissimo l’interesse per la musica swing. La fine dell’era dello swing la si fa terminare con la morte di Glann Miller durante la guerra e la sua musica servì agli europei cosa era l’era dello swing scoppiata in america prima della guerra. Gli europei poterono ascoltare tutti i migliori pezzi suonati e cantati dalla metà degli anni trenta in cui si affermarono Billie Holiday, Ella Fitzgerald e Mildred Bailey. Quando anche l’era dello swing giunse al termine molti studiosi del jazz pensarono che la loro musica avesse esaurito il suo corso eppure stava per ricominciare tutto da capo dopotutto c’era stata una guerra!

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