Solmisazione Parte II
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Didattica storica
A cosa servono i duo?
La solmisazione (Parte II) di Andrea B orns orns t tein e in
Le eccezioni
Se la melodia ascende solo una nota oltre l’esacordo, quella nota sarà cantata Fa e non ci sarà alcuna mutazione, a meno che il compositore (o chi per lui) non abbia apposto un bequadro (o un diesis in funzione di bequadro) su quella nota. Bononcini (1673) spiega la faccenda molto chiaramente:
Qui è d’avvertire che alla nota dell’ultima posizione, o corda, di queste deduzioni, vi s’intende s’intende naturalmente naturalmente il bemolle per raddolcir raddolciree l’asprezza del tritono, come in molte cantilene di buoni autori si può vedere:
V b w w w w w w A w Do
Re
Mi
Fa
Sol
La
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Fa
Do
Re
Mi
Fa
Sol
La
Fa
e quando per avventura vi si trova collocato appresso il bequadro, si deve fare la mutazione nel La, dicendo Re Mi invece di La Fa:
V b w w w w w œ n w Do
Re
Mi
Fa
Sol
Re
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Mi
Re
Mi
Fa
Sol
Re
Mi
Q uesta vesse uesta regola è chiamata del «Fa supra La » e i teorici hanno sempre discusso se la regola a v e sse influenzato la pratica (ovv ero ero il rifuggire il tritono v esse melodico e le seste maggiori) oppure se l’orecchio – il gusto musicale – a v esse imposto la regola. Bononcini sembra sposare la prima ipotesi. Bernardino Lupacchino,
primo Duo III , Cant o, o, miss. 57-60, I l l prim
libr o a a d d u e v oci (V ene ue v enez ia ia 1559)
sesta maggiore → minore
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tritono evitato
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Ma la regola del
Fa
Sol
Fa
La
La
«Fa supra La » dev e essere applicata con cognizione, perché possono esserci eccezioni. Scri v e A ndreas ndreas Ornitoparch rnitoparchus us (1517):
Questa re g ola ola non vale quando la melodia ascende subito dopo al F fa ut, come possimo vedere nell’inno A v ve maris stella .
V w w Nw w w w w w w w w Re
( La
Fa
Sol)
Re
Mi
Do
Re
Mi
Fa
Sol
Fa
Mi
Re
Un’altra eccezione coin v olge ve, olge il Fa: in una musica senza bemolle in chia v e , ogni bemolle dev e essere chiamato Fa senza per questo coinv olgere olgere altre note nella mutazione:
Bernardino Lupacchino,
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So Sol
Duo V II , Tenore, miss. 37-39
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So Sol
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N° 3 LUGLIO-SETTEMBRE 2000 HORTUS MUSICUS
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Didattica storica
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Giuseppe Giamberti, «Ballo di Mantua», Duo (Rome, (Roma, 1657) 1657)
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Adriano Banchieri, «Primo duo in contrapunto sopra Ut Re Mi Fa Sol La» Cartella musicale (Venice, (Venezia,1614) 1614) [voce superiore] Discepolo [upper line]
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FINE
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DA CAPO
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All’opposto, cantare note alterate con diesis non coinvolge nessuna mutazione: dobbiamo solo alzare l’intonazione della nota senza cambiare il suo nome. Scrive Orazio Scaletta (1626):
Il diesis è un segno di virgole incrociate, come qui si vede, del quale a’ principianti si dirà sol questo: che quelle note che seguiranno dietro al diesis saranno di sostentazione, cioè se li darà la voce più delicata. Cerone ci f ornisce un buon esempio delle regole che coinvolgono le alterazioni e il zione sono mie aggiunte, utili per comprendere le mutazioni implicite:
«Fa supra La ». Nell’esempio le note nere e la loro relativa solmisa -
Domenico Pietro Cerone, El Melopeo y Maestro (Napoli 1613), p. 495
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Re
La
Sol
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• R isol v ere l’eserciz io su Ba nc hieri, U t R e
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Sol
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La
Fa
Sol
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Sol
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M i F a S ol La
• R isol v ere l’eserciz io su Gia mberti, B allo d i Ma nt ua
Dagli esempi che finora abbiamo visto, dovrebbe risultare c hiaro che la solmisazione è una tecnica dinamica: le note cambiano il loro nome in rapporto alle seguenti. Provare a solmisare solo piccoli f rammenti di melodia non ha senso, perché occorre sempre prevedere lo sviluppo della melodia,
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HORTUS MUSICUS N° 3 LUGLIO-SETTEMBRE 2000
Didattica storica
come prescrive Orazio Scaletta nei suoi «Avvertimenti per cominciar a leggere»:
cc hi o in c he r ig a s ia pos ta la c hi av e, c he sor te di c hi av e s ia , s e s i ca nt a pe r bemoll e lo scolaro […] v ol end o d ar pr inc ipi o al l egge re , deve pr ima d ar de ll ’o cc hi o s empr e ina nti pe r a ntivede re s e occorr es s e f ar la mut az i one o no. P osc ia c he que st a pra ti ca conosc e rà pront am o pe r bequa dr o, scorr end o con l ’o ente e con f ac il ità g ra nde o gni not a , pe r di st an te c he s ia l ’una d all ’a l t ra . La pratica colta della solmisazione Q uando solmisiamo può capitare di usare la stessa successione di silla be per passaggi a ff atto diversi. I compositori si sono sempre sentiti liberi di giocare con queste successioni di silla be, per esempio creando melodie in cui le note assumono un significato letterale oppure costringendosi a impiegare la stessa serie di poche silla be per l’intero pezzo. Un noto ‘gioco’ musicale rinascimentale, proba bilmente utilizzato per la prima volta da Josquin, era «La Sol Fa R e Mi», ovvero «Lassa f are a mi», come pare amasse dire il cardinale milanese Ascanio Sf orza , promettendo ciò che poi difficilmente avrebbe mantenuto. Il compositore fiammingo potrebbe aver desunto il tema dalla barzelletta «Lassa f are a mi, non ti curare», attribuita a Sera fino A quilano, grande amico di Josquin e come lui al servizio del cardinale attorno agli anni ’80 del Q uattrocento.
Orlando di Lasso compose un ottimo esempio di duo didattico impiegando quest’obbligo. • Risolvere l’esercizio 6 su Lasso, La Sol Fa Re Mi
I canoni sono già un tipo di obbligo e Berardi (1693) ce ne mostra alcuni nei quali il testo è generato dalle silla be della solmisazione: Ang elo Berard i, «De ca noni sopra le vocali», I l pe rché mus i ca le (Bologna 1693), pp. 114-15 La
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Un altro trucco è f ar cantare alle voci le stesse silla be, ma non sulle stesse note. Q uesto era un obbligo molto praticato e d era chiamato «imitazione con inganno». Scrive Artusi (1603):
c he una par te incominc ia n d o no s i f a o gni v ol ta L’ing an
un so ggett o, i l cons eguente la s eguit a non pe r g l i s te ss i g ra di, ma s ebbene pe r g li s te ss i nomi
di s il la be o di s uoni. Uno stupendo esempio d’inganno è in un duo di Grammatio Metallo: X • Risolvere l’esercizio 7 su Met allo, D uo I limiti
della solmisazione sono due grossi limiti nella solmisazione: il primo è la difficoltà di solmisare musiche con diesis o più di un bemolle in chiave; il secondo è l’impossibilità di solmisare passaggi cromatici. Inf atti non possiamo cantare due note consecutive distanti tra loro un semitono assegnando a esse lo stesso nome. Non a caso la musica didattica a due voci ha sempre e sistematicamente evitato questo genere di passaggi. Il primo problema , però, può essere risolto cambiando la chiave del pezzo: se per esempio dobbiamo cantare un brano con due diesis scritto in c hiave di V iolino, possiamo semplicemente leggerlo in chiave di Tenore senza alcun accidente: Ci
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Se la musica non modula possiamo sempre trovare la giusta chiave e tonalità per solmisarla f acilmente, ma dobbiamo saper leggere in tutte le chiavi: quest’a bilità era considerata assolutamente prioritaria nella didattica antica e ritengo che anche oggi sia da raccomandare caldamente. Q uando nel corso del Seicento la musica cominciò a essere pubblicata in tonalità complesse, cominciarono a d apparire nei trattati e nelle raccolte didattiche tavole di conversione che permettevano di trovare il più semplice accoppiamento possibile di c hiave/armatura di chiave. Q ueste tavole erano tutte più o meno come quella che qui ho trascritto, stampata nel trattato P ri mi e l ementi di mus ic a pra tti ca pe r g l i s tudenti pr inc ipi an ti di t al pro fe ss io ne , pubblicato a V enezia nel 1707 dall’editore Antonio Bortoli:
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