Smart City Citta' Creative Position Paper

May 1, 2019 | Author: Ecosistema Urbano | Category: City, Creativity, Sustainability, Sustainable Development, Business
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Indice 1. Il termine “creatività” 2. La città “creativa” 3. Da dove deriva il bisogno di parlare di città creativa 4. Cosa significa creatività e coma la si persegue? 5. Concetto di “smart city” o “città creativa” 6. Elementi e caratteristiche di una città creativa

6.1 Caratteristiche identificate al FORUMPA 6.2 Classificazione di città europee di media dimensione e caratteristiche “ smart ”

7. L’Unione Europea e le “smart cities”

7.1 The Covenant of Mayors (Il Patto dei Sindaci) “smart cities” e reti di città creative 8. Buone pratiche ed esempi di “smart 9. Creatività, Cultura ed Economia

iniziativa pilota 10. Conclusioni. Ragioni e obiettivi del Laboratorio di Creatività Urbana come iniziativa 11. Cosa chiediamo agli invitati e al pubblico del primo seminario del Laboratorio di Creatività

Urbana?

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SMART CITY / CITTA’ CREATIVA : IDEE IN MOVIMENTO

Forum con le città, le imprese, imprese, i professionisti professionisti e i cittadini cittadini dell’Emilia-Romagna  a cura di Francesca Bettedi e Gianfranco Franz 

“Creatività è unire elementi esistenti  con connessioni nuove, che siano utili”  Jules Henri Poincaré, Scienza e Metodo  1

Il termine “creatività”

L’etimologia del termine “creativo” deriva dal "creare" latino, che condivide con "crescere" la radice KAR. In sanscrito, "KAR-TR" è "colui che fa " (dal niente), il creatore. Tra le tante definizioni di creatività che sono state coniate si sottolinea, per semplicità e precisione, quella fornita dal matematico Henri Poincaré, poiché, fondata sulla profonda conoscenza delle regole e sulla necessità di superarle o ridefinirle continuamente, presuppone il possesso di competenze e la capacità di manipolarle. Scrive, infatti, Poincaré: «Un risultato nuovo ha valore, se ne ha, nel caso in cui stabilendo un legame tra elementi noti da tempo, ma fino ad allora sparsi e in apparenza estranei gli uni agli altri, mette ordine, immediatamente, là dove sembrava regnare il disordine [...] Inventare consiste proprio nel non costruire le combinazioni inutili e nel costruire unicamente quelle utili, che sono un'esigua minoranza. Inventare è discernere, è scegliere [...] fra tutte le combinazioni che si potranno scegliere, le più feconde saranno quelle formate da elementi tratti da settori molto distanti. Non intendo dire che per inventare sia sufficiente mettere insieme oggetti quanto più possibile disparati: la maggior parte delle combinazioni che si formerebbero in tal modo sarebbero del tutto sterili. Ma alcune di queste, assai rare, sono le più feconde di tutte» 1

In estrema sintesi, Poincaré riflette sulla creatività come quella capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove e utili, dove l'utilità della combinazione nuova è "che sia bella". Da matematico egli non sta parlando di bellezza in senso strettamente estetico, ma di qualcosa che ha a che fare con l'eleganza: armonia, economia dei segni, rispondenza funzionale allo scopo. Ma affinché il processo sia davvero creativo, per Poincaré sono necessari presupposti, condizioni e risultati. Niente si crea dal nulla e gli elementi preesistenti sono necessari tanto quanto la competenza per unirli in nuove combinazioni, selezionando, fra quelli disponibili, quelli capaci di combinarsi insieme, creando nuova utilità e bellezza. Infine, il matematico francese ci obbliga a dare il giusto peso a quattro elementi da non sottovalutare: - la competenza, per riconoscere gli elementi da ri-combinare; - l’intuizione (se non anche l’istinto), che che aiuta a scegliere scegliere la più funzionale funzionale fra varie opzioni opzioni possibili e le variabili in gioco; - l’esperienza, intesa come un potenziamento dell’intuizione ed un affinamento dell’istinto; - ed, infine, la tenacia per procedere fra prove ed errori. Se dovessimo riassumere l’innovazione creativa, definita da Poincaré, potremmo utilizzare questa formula seguente: C = n*u

dove la creatività (C) è il prodotto di una quantità di "nuovo" (n) e di una quantità di "utile" (u). Novità e utilità devono essere compresenti, e non possono essere uguali a zero: in totale assenza di novità, o di utilità, non è quindi possibile definire "creativa" un'idea.

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Lungi dal voler ridurre il termine “creatività” ad una mera formula matematica, questa premessa ha l’obiettivo di sottolineare sottolineare quanto la creatività sia una attitudine mentale e individuale e che, in seconda battuta, può assumere una rilevanza sociale attraverso la cooperazione dei singoli e attraverso un costante esercizio per mantenere in equilibrio: la casualità (il talento naturale e l’esercizio al talento), la reattività (reazione singola e collettiva ai problemi), l’intuitività e la perseveranza, l’ideazione e la gestione.

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La città creativa La definizione di città creativa può essere banalmente ridotta a puro slogan e può essere utilizzata in modo stolido per un marketing  urbano di dubbia consistenza. Una città, infatti, non diventa

creativa solo perché qualcuno ha deciso che questo deve diventare. Una attitudine sociale e collettiva alla creatività è il vero elemento di base affinché contesti contes ti urbani, urbani, metropolitani e territoriali possano definirsi ed essere definiti creativi. Come scrive Charles Landry, il maggiore esperto mondiale di creatività urbana: «La città della creatività ha qualità differenti. Va contro l’esperienza griffata. Sovverte il  supinamente accettato. Mette alla prova le convenzioni. Cerca di essere autrice di se stessa e  della propria esperienza, anziché subirne una imposta in maniera predigerita. Le esperienze, troppo spesso, sono contenute in una cornice o in un tema preordinato, che lascia poco spazio  all’immaginazione di ciascuno. Al contrario, la città della creatività vuole modellare i propri  spazi; si trova a proprio agio nei territori del dubbio, dell’incerto e dell’imprevedibile; è pronta ad  adattarsi. Non tutte le persone creative denotano queste qualità nella loro vita, ma le città più  creative hanno un’atmosfera complessiva che lascia intravedere prospettive di incontri casuali, possibilità, opportunità, sorprese, eventi inaspettati, sfide, nonché il contrasto fra il bello e il  brutto. […] Le persone creative si manifestano in modi e forme differenti, ma troppo spesso  confondiamo lo stile con la creatività. Anche se indubbiamente molti artisti e creativi dei media  sono immaginativi, tendiamo a enfatizzarli. E, se le persone socialmente creative possono al  limite avere ben poco stile, ciò non toglie che siano in grado di interpretare le connessioni  2  sociali in modi nuovi e importanti e di essere preziosissime in alcuni contesti del city making» .

La città creativa è quindi quel contesto urbano e civico che sa mettere i propri abitanti nelle condizioni di poter esprimere al meglio le potenzialità di ciascuno, nei più diversi campi dell’attività umana, supportando le reti di relazione fra università, imprese, associazioni ed esaltando al tempo stesso valori intangibili, ma basilari, come la socialità, la solidarietà, il talento e la tolleranza, ma anche la collaborazione e la cooperazione come elementi che qualificano e rinnovano la competizione e lo sviluppo locale, impiegando “un regime di regolamentazioni e di incentivi per piegare la logica del mercato a finalità più elevate” 3.

“Progettare una città da sogno è facile […]. E’ ricostruirne una vitale che richiede fantasia”  Jane Jacobs, Vita e morte delle grandi città  3

Da dove deriva il bisogno di parlare di città creativa?

La città, grande, media o piccola, dei paesi ricchi e a economia matura, dei paesi emergenti e anche dei paesi sottosviluppati, vive una fase di radicali trasformazioni. Già oggi la maggioranza degli esseri umani vive in città. Secondo gli scenari delle Nazioni Unite, al 2050, quasi i tre quarti

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Il processo di crescita occorso negli ultimi cento anni, innescato dallo sviluppo industriale, aveva prodotto una crescita continua della città. Questo processo si è, tuttavia, svolto in forme lineari, alternando momenti più acuti di crescita urbana a fasi di declino e di successivo riequilibrio, anche se sempre in forme diverse dai processi di sviluppo vissuti in passato da molte città (vedi il caso di Bilbao, Cleveland, Dresda, Detroit, Genova, Lille, Sheffield, Torino, e così via). E non tutte le città hanno trovato le forme e i modi per tornare ai precedenti livelli di benessere e di rilevanza politica, economica, sociale e culturale. Come scrive Edward Glaeser, nel suo recente libro Triumph of the  City : «Not every city will succeed, because not every city has been adapt at adapting to the age of  4  information, in which ideas are the ultimate creator of wealth» .

E poco oltre, Glaeser sottolinea con estrema durezza che: «The age of the industrial city is over, at least in the West, and it will never return. Some  erstwhile manufacturing towns have managed to evolve from making goods to making ideas, 5  but most continue their slow, inexorable declines» .

Con una attenzione maggiore verso i perdenti, David Harvey, economista urbano di matrice marxiana, ricorda che, in ogni caso, “le città che perdono sono tante quante quelle che vincono” e con esse i loro cittadini 6. Con la deflagrazione della post-modernità e l’avvento della globalizzazione dei mercati e della finanza la città ha iniziato a conoscere un progressivo processo di diffusione e dispersione sul territorio, in forme mai, prima d’ora, sperimentate. Città diffusa, città dispersa, città esplosa, territorio metropolizzato e, converso, città marginalizzate, territori depressi sono definizioni codificate fra gli anni ’80 e ’90 del ‘900 per descrivere questo nuovo fenomeno. Fuoriuscita di attività, espulsione e esodo di residenti e di funzioni a basso valore aggiunto fanno da contraltare al continuo accentramento di funzioni rare e di grande pregio. Nel corso degli ultimi tre decenni la città occidentale e dei paesi ricchi, come ha evidenziato più di dieci anni fa Francesco Indovina, ha continuato a perdere massa (disperdendosi sul territorio periurbano), acquisendo sempre maggiore potere politico, culturale, finanziario 7. L’esagerato boom  immobiliare degli degli anni 2000 non è che il riflesso, rif lesso, da una parte di questo processo di perdita di massa e acquisizione di un potere sempre più intangibile e immateriale, risultato delle rivoluzioni tecnologiche, informatiche, finanziarie degli ultimi 30 anni e, dall’altra, della smisurata ibris  di un finanzcapitalismo , come lo ha definito Luciano Gallino, che ha ritenuto di poter produrre illimitatamente denaro da denaro 8. In questo stesso periodo le Amministrazioni locali si sono trovate a dover fronteggiare radicali cambi di paradigma. Fine dell’era del public-spending  e crisi dei sistemi di welfare . Crisi dei tradizionali modelli di pianificazione e governo del territorio. Necessità di adottare nuovi e difficili sistemi di programmazione programmazione e gestione, all’insegna dell’ottimizzazione dell’ottimizzazione dell’efficienza e dell’efficacia. dell’efficacia. Obsolescenza e insufficienza delle infrastrutture. Necessità di investimento in nuove e costose infrastrutture e attrezzature. Invecchiamento progressivo della popolazione. Forti processi di immigrazione. Impoverimento delle classi medie. Flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro.

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Edward Glaeser, Triumph of the City. How Our Greatest Invention Makes Us Richer, Smarter, Greener, Healthier, and  Happier , The Penguin Press, New York, 2011, p. 40. «Non tutte le città avranno successo [nel reagire alla crisi, Nda], perché non tutte le città erano adatte all’adattamento all’era dell’informazione, nella quale le idee sono il definitivo creatore di benessere» (traduzione degli autori). 5 Ibid., p. 42. «L’era della città industriale è trascorsa, almeno in Occidente, e non tornerà più. Qualche città industriale del passato ha gestito l’evoluzione dalla produzione di beni alla produzione di idee, ma la maggioranza continuerà nel

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Crescita della domanda di cultura, di formazione, di sanità e assistenza. Crisi ambientale e necessità di sviluppare sistemi di gestione dei servizi ambientali sempre più complessi e costosi. Con la crisi strutturale iniziata nel 2008 e destinata a durare – a detta degli esperti internazionali più autorevoli – per molti anni ancora, le città dei paesi ad economia matura vedranno acuirsi molti dei problemi emersi fra gli anni ’90 e 2000, con l’aggiunta di doverli affrontare con risorse finanziarie ancora più scarse. A fronte di questo quadro, le economie locali e le fasce più giovani della popolazione avranno avranno una unica opportunità opportunità per reagire, competere, mantenere i livelli di qualità della vita raggiunti nei decenni precedenti e, possibilmente, migliorarli: innovare, investire in ricerca, praticare la creatività, promuovere stili di vita e di consumo diversi, ridurre gli impatti ambientali, organizzare tempi urbani diversi, finalizzati al conseguimento di obiettivi di qualità anziché di quantità. Gli Amministratori, i dirigenti e i funzionari delle Pubbliche Amministrazioni sono quindi chiamati a farsi carico di nuovi difficili obiettivi, che si sommano e non sostituiscono i precedenti e tradizionali compiti del governo locale, i quali non possono essere spacciati – come spesso accade – come azioni creative 9. Altrettanto spesso questi obiettivi sono sintetizzati da parole d’ordine e slogan  quasi sempre abusati perché cool  e trendy , che hanno tuttavia il compito di rendere facilmente comprensibile il focus  della domanda di cambiamento. Smart cities, Green  cities , Slim cities, Slow cities, tanto quanto città creativa , sono definizioni che scontano, immancabilmente e, purtroppo, in via crescente, una certa dose di futilità, dovuta sia agli agenti del marketing  consulenziale e della ricerca applicata, sia all’esigenza degli amministratori locali di offrire una visione, o almeno degli aggettivi ad un’azione che spesso rimane ineffabilmente sulla carta. Malgrado ciò, queste definizioni sintetizzano e coagulano una mole di significati epocali e di mete da raggiungere obbligatoriamente. E’ fuori di dubbio, infatti, che le città occidentali, ma anche quelle delle nuove potenze potenze economiche mondiali, mondiali, che non riusciranno riusciranno a declinare qualche forma innovativa di sviluppo sociale ed economico, saranno condannate al lento e inesorabile declino di cui scrive Glaeser. Ma è altresì vero che non tutte le città e i sistemi territoriali riusciranno in questa corsa obbligata verso la creatività e alcune rimarranno “indietro”, per continuare a citare l’economista urbano statunitense. Quali strade potranno essere percorse da queste città? Una risposta, ancora embrionale e tutta da definire, può essere cercata nelle riflessioni sulla decrescita , svolte da Serge Latouche. Nei suoi più recenti saggi sulla critica alla nozione stessa di sviluppo e sulla decrescita felice , Latouche propone forme di evoluzione sociale che potrebbero riguardare quelle città e quei territori che non ce la dovessero (o volessero) fare. Si tratta di affermazioni azzardate e certamente da precisare meglio affinché si liberino di quel quid  di velleitario ed eccessivamente intellettualistico (e molto francese) che le contraddistingue, ma che meritano in ogni caso una riflessione. Scrive Latouche: «Senza pregiudicare la ricchezza dell’invenzione sociale, una volta che la creatività e  l’ingegnosità umane siano state liberate dalla zavorra economicistica e sviluppista, si possono  fin d’ora identificare, per il Nord, due forme di questa alternativa: la decrescita conviviale e il  10  “localismo”» .

Sugli atteggiamenti estremi rispetto alla questione del declino urbano, causato dalle trasformazioni economiche, si rimanda a qualche passaggio del libro Città morte , di Mike Davis, che ci ricorda la diversa attitudine di fronte a questi processi mostrata da Europa e da Stati Uniti 11. Il testo, in più 9

Come scrive Landry: «Le città più creative sanno anche rispondere all’essenzialità ordinaria (anche se diventa sempre più straordinaria) […]. Possiamo avere cura delle nostre città, ma spesso questa cura non è ben riposta. E, data la crescente complessità del mondo, è facile dimenticare l’essenziale. Soffriamo di un’amnesia collettiva, quanto a sapere urbano. Questo fa sì che consideriamo creative delle funzioni del city making che sono ordinarie, tradizionali, come quella di creare uno spazio pubblico, quando di fatto stiamo semplicemente applicando i principi più elementari. Sempre di più, dobbiamo definire creatività civica anche il mero voler insistere sugli elementi di base di un buon city making», cit., p. 396.

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tratti apocalittico, di Davis è tuttavia utile per capire come determinati processi di declino, di spopolamento e impoverimento urbano sono quasi sempre il risultato di deliberate scelte di politica economica e sociale e non ineluttabili fenomeni globali cui non si può reagire. Sulla coincidenza temporale fra crisi di alcune grandi città industriali nordamericane e scelte politiche che le produssero è illuminante quanto sostiene Paul Krugman, rispetto alla strategia di disarticolazione dei sindacati e l’attacco al Welfare State avviati dalla cultura liberista fin dalla metà degli anni ‘60 12. Connessioni analoghe possono essere fatte a proposito delle crisi europee che hanno investito città industriali mature. Si pensi a quanto scriveva Pierre Bourdieu a proposito della crisi delle banlieue  francesi a seguito delle politiche per la casa realizzate da Valery Giscard d’Estaing 13 o alle politiche attuate in Gran Bretagna dai governi di Margareth Tatcher a partire dai primi anni ’80 del ‘900 14. Per chiudere questa necessaria, ancorché breve digressione, sui processi di crisi, declino e possibile rinascita di molte città occidentali e tornare al tema della creatività urbana, è utile citare qui l’asciutto incipit di un commento di Arnaldo Bagnasco su Torino: «Torino era una fabbrica, sta faticosamente diventando una città. Sono evidenti i limiti di questa  semplificazione retorica, che ci permette però di riflettere su molte cose. Anzitutto che il tipo di  società sulla quale si era strutturata anche la società locale, semplicemente non c’è più. Le  difficoltà di tirarsi fuori fuori dal vecchio mondo sociale sono dunque certamente maggiori per quella  che era una città fordista. […] sono difficoltà almeno in parte diverse rispetto all’adattamento all’adattamento di  15  altre città al cambiamento dell’economia e della società oggi in corso» .

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Cosa significa creatività e come la si persegue?

Ha ragione Franco La Cecla, nella prefazione al citato libro di Charles Landry, a mettere in guardia l’Italia e la sua “ottica provinciale e ritardata” dalle facili assunzioni degli stimoli e dei ragionamenti svolti sulla questione della creatività urbana: «Il pericolo è credere che ci sia una ricetta generale, che si tratti davvero di un kit che serve a  16  Calcutta come a Parma; e questo è un po’ grottesco» .

Il pericolo di cui parlava La Cecla, nel 2009, all’arrivo del libro in Italia, si è realmente concretizzato e varie città o cittadine hanno iniziato ad auto-proclamarsi creative, smart , green e quant’altro. Per alcuni aspetti questo fenomeno è positivo e interessante. Dimostra attenzione, aggiornamento, volontà di trovare migliori percorsi di sviluppo, di sostenibilità, di coinvolgimento della cittadinanza. Ma il pericolo della banalizzazione impone di ritornare, tentando di dare maggior corpo, anche e soprattutto nelle pratiche, sui termini e gli obiettivi. Lo impongono le banalizzazioni, ma anche la miserabile fine di inconsistenti progetti e iniziative come l’Expo di Milano; la ancor più miserabile fine di grandi catarsi urbane come il quartiere di Santa Giulia, sempre a Milano; la patetica gracilità di Vega, dopo oltre 25 anni di investimenti, come polo tecnologico di Venezia, per recuperare le aree del petrolchimico lagunare; la sostanziale assenza di rilevanti rigenerazioni urbane e sociali ottenute in 15 anni di pratiche sui progetti integrati e i programmi complessi di riqualificazione

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PRUSST, Contratti di Quartiere, presto ridotti a buona occasione immobiliare, ma raramente capaci di reinventare processi processi di interazione sociale, di innovazione e di creatività. Infine, il ragionamento sulla creatività si impone a causa non solo della crisi economica e finanziaria mondiale, quanto a causa della pesantissima crisi della finanza locale a cui i Governi italiani degli ultimi dieci anni hanno ridotto le Amministrazioni locali. I tagli lineari su tutto il sistema dell’azione pubblica, dalla scuola alla sanità, dai beni culturali alla produzione di infrastrutture, dall’università alla ricerca, dall’ambiente alle politiche per i giovani e per l’integrazione, perpetrati continuativamente a partire dal 2007, in continuità con un decennio di tagli e di cure dimagranti, stanno mettendo in ginocchio proprio proprio gli elementi cardine della vita civile della città italiana. A fronte di una situazione tanto pesante e con le sole risorse per cercare di garantire almeno una saltuaria azione di cura e manutenzione, le città devono trovare la forza per innescare, dal basso, e coinvolgendo le forze più giovani, processi di rinnovamento culturale e civico, evitando, come mette in guardia La Cecla, “il pericolo che il management sostituisca la politica, nel senso non corrotto del termine”. Si può tentare, e sembra giusto farlo, una difesa d’ufficio del testo di Landry, anche se non ne ha alcun bisogno. Landry è britannico ed è tanto lontano dai consunti stereotipi neo-liberisti sulla competitività, l’attrattività e sulle virtù del mercato liberato dalle regole (presenti invece nei testi dello statunitense Florida 17), quanto dalle visioni ‘millenaristiche’ di Jacques Attali 18 o dalle riflessioni tanto accattivanti quanto ancora ineffettuali di Latouche sulla decrescita. Malgrado ciò egli non riesce a non dare un peso certamente eccessivo alla nozione e al ruolo del management , parlando «molto poco di folle, di masse, di classi, di ceti, di etnie, di immigrati e di popolazioni stanziali. Sembra che il problema delle città creative sia come trasformarle in un buon prodotto da  appeal, che venda all’esterno, ma non si capisce fino a che punto questo migliori la vita delle  persone che ci vivono […]. Il pericolo dell’approccio alla Landry è di pensare che tutto sia una  questione di buon management. In parte è vero, perché la città ha bisogno di un buon  amministratore di condominio; ma l’amministrazione non sostituisce la forma del palazzo, il suo  19  essere inserito in un contesto di quartiere e le vite di relazione che vi si svolgono» .

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Richard Florida, The Rise of the Creative Class , Basic Books, New York, 2002. In un mio libro del 2005 ho dedicato particolare attenzione al testo di Florida, ritenendo che, di lì a poco, a seguito della traduzione per i tipi della Mondadori, avrebbe ottenuto attenzione e favore in Italia, soprattutto perché sarebbe risultato facile, per gli amministratori locali più rapidi, per gli esperti di marketing  o per i consulenti di ‘politiche urbane’ estrapolare i concetti e gli slogan più diretti, semplificatori ed efficaci che, peraltro, non mancano nel testo. In Italia le teorie sulla classe creativa hanno ottenuto diffusione editoriale e successo mediatico con un discreto ritardo. Il volume di Florida è stato tradotto con qualche anno di ritardo e solo nel 2005 sono stati divulgati gli indici prodotti con il metodo delle 3T, ampiamente ampiamente divulgati dall’econom ista Irene Tinagli. Il metodo fondato su tre fattori (Technology  Technology , Talent , Tolerance ), ), come ogni strumento di settaggio di indici per la riduzione della complessità interpretativa (non dissimile in questo dagli indici che annualmente vengono pubblicati sulla qualità della vita delle città italiane), offre spunti per la lettura di città e paesi tanto interessanti quanto limitati, in particolare quando divengono oggetto di vulgate mediatiche.

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A sostegno della posizione di Landry, anche John Thackara, filosofo britannico e studioso delle dinamiche urbane, risponde con una critica puntuale all’idea di classe creativa di Richard Florida legata all’urbanistica e all’organizzazione di una città, dicendo “Il problema è che quando il concetto di “classe creativa” viene usato per fare urbanistica, si  finisce per costruire un quartiere ghetto pieno di persone creative. Alcuni urbanisti e  immobiliaristi pensano che, siccome in una certa area ci sono dei “creativi”, i prezzi delle aree  edificabili aumenteranno, appariranno dei ristoranti eleganti, e così via. Ma dal mio punto di  vista, le città più emozionanti sono quelle dove succedono cose inaspettate, in luoghi  inaspettati e tendenzialmente poco belli e marginali – ed è così che in passato alcune città  sono diventate luoghi interessanti.” (…) “L’urbanistica non deve essere appannaggio dei soliti creativi, deve anzi passare per le mani  dei cittadini: “Penso che la città creativa sia una città in cui i cittadini normali, che fanno ogni  genere di cose, sono protagonisti dell’innovazione in modi che i designer e gli esperti non  riescono a prevedere. Una città creativa creativa è in grado di svolgere le sue attività quotidiane in modi  20  sorprendenti”  .

Se tutto questo è vero, non bisogna tuttavia dimenticare che in Italia City making  arriva nel 2009, ma viene pubblicato in Gran Bretagna e Stati Uniti nel 2006, quando le sirene della globalizzazione, della crescita, della valorizzazione e della “produzione di denaro per mezzo di denaro” 21, della competitività e della innovazione fine a se stessa non conoscevano ostacoli. Il 2006 sembra oggi preistoria e le condizioni sono state talmente modificate dalla crisi della bolla finanziaria e immobiliare creata dai più ricchi fra i paesi ricchi, che oggi qualsiasi riflessione che utilizzi gli strumenti culturali prodotti solo pochi anni addietro è necessariamente costretta a scremare, ripulire, bonificare il contesto, a partire dal linguaggio per giungere agli obiettivi ultimi. Quest’opera di pulizia concettuale e di riformulazione creativa di paradigmi e pratiche è stata affrontata in campo economico e finanziario con risultati straordinariamente efficaci e creativi da Muhammad Yunus, premio Nobel per la Pace, più conosciuto come il “banchiere dei poveri”, fondatore della Grameen Bank (la banca di villaggio) e promotore dei cosiddetti “business sociali”. Nel suo ultimo testo, pubblicato nel 2010, dopo aver spiegato quanta energia, tempo, denaro e altre risorse vengano solitamente impiegate per investimenti concettualmente tradizionali, con la convinzione che solo a fronte di grandi sforzi sia possibile “attingere alle sorgenti della creatività e trovare le soluzioni ai problemi che affliggono la nostra società”, Yunus dimostra dimostra come si possa essere creativi (addirittura rivoluzionari rispetto ai dogmi egemonici del liberismo e dell’economicismo) attivando azioni e micro-azioni alle più diverse scale, dal villaggio alle multinazionali, coinvolgendo sia piccoli gruppi emarginati e sottosviluppati, sia colossi come Danone, Veolia Intel e Basf. Proprio per dare maggiore impulso ai progetti di “business sociale” Yunus ha fondato nel 2008 il Grameen Creative Lab di Wiesbaden, in Germania 22. 5

Concetto di “smart city”o “città creativa” Nel 1978 Charles Landry fonda COMEDIA (www.comedia.org.uk), una società di consulenza che si

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Jude Bloomfield, Patrick Wright e Il primo ad aver coniato e sviluppato il concetto di “città creativa” è tanti altri hanno contribuito alla di Comedia. Questa stato, come è già stato detto, il britannico Charles Landry, durante crescita storia trentennale risulta negli oltre gli anni ’80, nel libro “ The Creative City: a toolkit for Urban  500 progetti in tutto il mondo e in ”, come riflessione di fronte ai più di 200 pubblicazioni. Innovators and other writings ”, drammatici cambiamenti economici e sociali che stavano colpendo Comedia ha da sempre innovato e provocat o un modo differente di le città industriali inglesi. La prima menzione, che viene fatta, di provocato pensare e progettare. Fu tra i primi Città Creativa  fu durante un seminario organizzato in Australia, a sviluppare ed esplorare i nella città di Melbourne, nel 1988. La tematica principale riguardava concetti di economia creativa, come le arti e gli aspetti culturali potessero essere meglio integrati attraverso le risorse culturali e il ruolo chiave delle industrie nel processo di pianificazione per lo sviluppo di una città. culturali.

In Italia questi termini furono introdotti nel 1990 da Franco Bianchini, ricercatore e docente di Cultural Planning and Policy , Direttore del Cultural Planning Research Unit alla De Montfort University a Leicester (Gran Bretagna). Bianchini conosce bene, per tradizione italiana e per studio e ricerca, la nozione di risorsa culturale e riflette, non solo, sull’uso di tutte le arti da ricomprendere nella pianificazione, ma anche sull’importanza di formare e creare nuove partnership  tra pubblico e privato per poter assicurare una compiti, risorse economiche, sociali e culturali nell’ambito della città.

Nel 1988 1° menzio menzione ne di di Città Città Creativa durante un seminario a Melbourne, Australia Nel 1990 il concetto di Città Creativa approda in Italia grazie a Franco Bianchini

miglior distribuzione di ruoli,

Le ricerche di Landry e Bianchini mettono per prime in risalto l’importanza delle risorse culturali e del talento, talento, il valore intangibile di simboli e culture locali, momenti della vita pubblica, come festival, riti pubblici, il vestire e la cultura gastronomica, le sub-culture e le tradizioni intellettuali locali per attivare processi di rigenerazione urbana non meno importanti di grandi interventi di riqualificazione riqualificazione spaziale e infrastrutturale infrastrutturale delle città. Alla tipica prevalenza dell’approccio ingegneristico e architettonico Landry oppone con decisione un approccio fondato su valori intangibili, parlando di hardware  e software  della città, dove quest’ultimo è il prodotto delle dinamiche umane del luogo e delle connessioni e relazioni che si instaurano tra i diversi attori. L’importanza delle riflessioni di Landry risiede proprio nel sottolineare, oltre venti anni fa, la necessità di un equilibrio e una combinazione fra parte hard , fisica, economica e infrastrutturale infrastrutturale e parte soft , culturale, sociale e umana di un determinato luogo, integrando i saperi e gli obiettivi anche e soprattutto attraverso approcci multidisciplinari ai problemi e superando le strutture gerarchiche tradizionali. Possiamo, quindi, identificare e definire una città come “smart city” quando gli investimenti nel capitale umano e sociale, nei processi di partecipazione, nell’istruzione, nella cultura, nelle infrastrutture per le nuove comunicazioni, e in tanti altri ambiti soft e non solo hard , alimentano uno sviluppo economico sostenibile, garantendo un’alta qualità di vita per tutti i cittadini e prevedendo una gestione responsabile delle risorse naturali e sociali, attraverso una governance partecipata. La città creativa o “smart city” diviene quello spazio urbano diretto da una politica lungimirante ed efficace in termini di competitività e di sviluppo sostenibile con un sistema di pianificazione

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3. come uno degli degli elementi elementi strategici strategici su cui fare leva. Specifici interventi mirati dovranno essere pensati e articolati in modo da migliorare e attrarre nuovi talenti. Si potrà fare uso della creatività come “nuova filosofia” di città e come strumento di decisione e problem-  solving . 4. Affinché un processo creativo sia efficace è fondamentale prevedere il monitoraggio dei progressi ottenuti. In questo caso viene indicata l’attivazione di un Osservatorio in grado di misurare costantemente le performance territoriali messe in atto. 5. A seguire deve essere essere attivato un percorso di benchlearning  con e da altre città, creando reti collaborative di città e di esperienze e bilanciando l’esperienza locale con quella globale. Questo approccio alla gestione della città prevede una particolare attenzione per il capitale capital e umano, sociale e relazionale. Una smart city  sarà, infatti, una città che avrà tra gli obiettivi principali quello di voler raggiungere raggiungere la sostenibilità, economica economica e ambientale, e l’inclusione sociale di tutti i cittadini. Ciò potrà avvenire investendo maggiormente in mezzi di comunicazione e tecnologie innovative, tecnologie per la sostenibilità ambientale, e coinvolgendo la maggior parte della popolazione popolazione nella assunzione di decisioni di politiche pubbliche, pubbliche, puntando sempre più su processi processi di partecipazione, come le consultazioni e le deliberazioni online , così come sull’attivazione di laboratori di creatività partecipata. La sostenibilità, in tutti gli ambiti e settori della vita di una città, è considerata la maggior componente strategica per le smart cities . Sono, quindi, i differenti aspetti della sostenibilità, della creatività, dell’inclusione sociale e dello sviluppo culturale, a determinare la vera nozione di “smart city”. 6

Elementi e caratteristiche di una città creativa

La definizione “Smart City” risulta essere ancora sia un concetto confuso riguardo la sua essenza o sostanza, sia un titolo che viene utilizzato in modi differenti, non esistendo ancora metodologie e casistiche universalmente riconosciute. In Italia, le caratteristiche per essere definita smart city  sono quelle identificate dal FORUMPA 2010, svoltosi a Roma alla fine del mese di ottobre 2010. In Europa lo studio più articolato è, invece, quello svolto dal Politecnico di Vienna (TU), in collaborazione collaborazi one con altri enti di ricerca europei, su un campione di 70 città europee di media dimensione. Per il momento non esistono osservatori nazionali e internazionali sulle città creative ma solamente azioni e politiche di singole città. Si evidenzia, però, soprattutto in questi ultimi anni, un nascere di differenti reti reti di città e di studi scientifici comparati, oltre ad un notevole notevole numero di articoli e scritti a riguardo. 6.1

Caratteristiche Caratter istiche identificate identifi cate al FORUMPA FORUMPA Secondo il FORUMPA 2010 (Forum Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni), svoltosi a Roma

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traffico privato; privato; l’ottimizzazione delle emissioni industriali; il miglioramento dell’industria edilizia e del mercato della casa, così da abbattere le emissioni dovute a riscaldamento e climatizzazione; la razionalizzazione dell’illuminazione pubblica; la migliore gestione e l’ampliamento l’ampliamento del verde urbano; urbano; lo sviluppo svil uppo urbanistico basato sul “risparmio di suolo”, la bonifica delle aree dismesse. •

Economia della conoscenza e della tolleranza Una città smart è un luogo di apprendimento continuo, dove si auto-producono percorsi

formativi innovativi; è una città che offre un ambiente adatto alla creatività e, la promuove, incentivando incentivando le innovazioni e le sperimentazioni sperimentazioni nell’arte, nella cultura, nello spettacolo; che si percepisce e si rappresenta come un laboratorio di nuove idee; che privilegia la costruzione di una rete di reti non gerarchica, ma inclusiva, in cui i vari portatori di interesse e la comunità nel suo complesso com plesso possano avere avere cittadinanza cittadinanza e voce; è una città che sviluppa alleanze con le università, i centri di ricerca, le istituzioni della formazione, che dà spazio alla libera conoscenza e privilegia tutte le forme in cui il sapere è libero e diffuso. •

Trasformazioni urbane per la qualità della vita Una città smart ha una visione strategica del proprio sviluppo e sa definire, in base a

questa, scelte e linee di azione; considera centrale la manutenzione del patrimonio immobiliare e la sua efficiente gestione, utilizzando anche tecnologie avanzate per questo obiettivo; fonda la propria crescita sul rispetto della sua storia e della sua identità e privilegia in questo senso il riuso e la valorizzazione dell’esistente, dell’esistente, in un processo di rinnovamento rinnovamento che fonda i propri presupposti sulla conservazione. E’, infine, una città che, nel suo sviluppo fisico, crea le condizioni per promuovere la coesione e l’inclusione sociale, eliminando le barriere che impediscono impediscono la completa accessibilità per tutti i cittadini. •

Turismo e cultura Una città smart promuove la propria immagine turistica con una presenza intelligente sul

web; investe nella costruzione di una dimensione virtuale del proprio patrimonio culturale e delle proprie tradizioni, restituendole restituendole in rete come “bene comune” ad uso di tutti. E’ una città che utilizza tecniche avanzate per creare percorsi e “mappature” tematiche della città e le rende facilmente fruibili, promuovendo promuovendo un’offerta coordinata ed intelligente dei beni e

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Fig.1 Characteristic Characteristi c of a smart city, Smart cities ci ties – Ranking Ranking of European medium -sized cities, pg.11

Rudolf Giffinger, Giffinger, professore universitario al Politecnico di Vienna, afferma che: “una città di media grandezza viene considerata una smart city quando, basandosi  sulla combinazione tra i dati di fatto locali e le attività realizzate da parte dei politici, dell’economia e degli abitanti stessi, presenta uno sviluppo duraturo nel tempo, delle  sei caratteristiche sopra citate ”23.

Le medesime condizioni per effettuare il ranking tra le città sono: Numero di abitanti compreso tra 100.000 e 500.000; Bacino di utenza al territ territ orio inferiore a 1,5 milioni di persone; Presenza, almeno, di un’Università; un’Università; Possibilità di accedere e reperire dati rilevanti sia nel luogo sia all’esterno. • • • •

Occorre affermare che la classificaz ione effettuata, per le condizioni elencate qui sopra, permette sia confronti temporali in altri periodi sia, con un numero crescente di partecipanti e con un volume di dati maggiore, una qualità più elevata. Oltre alle sei caratteristiche precedentemente menzionate, lo studio è stato svolto definendo 31 fattori, determinati a loro volta, da 74 indicatori . La creatività, la novità e il fattore decisivo della ricerca è stato sicuramente quello di non focalizzarsi solamente sul criterio

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risorse. Ma è un coinvolgimento utile anche alla cittadinanza in generale, per ampliare prospettive ed orizzonti, per aumentare l’orgoglio di quanto si sta facendo e la consapevolezza della complessità dell’epoca in cui si vive; da ultimo, per migliorare la qualità della vita sociale della città. 7

L’Unione Europea e le “smart cities” Nell’ambito del Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (2007-2013), previsto da una comunicazione europea del 2007 e

2007-2013

Piano Strategico europeo per le tecnologie energetiche

dalle rispettive Direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, la n. 2001/77/CE e la n. 2006/32/CE, l’Unione Direttiva n. 2001/77/CE Europea prevede la creazione di una rete di trenta smart cities  da selezionare entro il 2020. Direttiva n. 2006/32/CE Queste città, campioni dell’efficienza energetica, dovranno aver intrapreso un percorso per ridurre al minimo l’impatto delle emissioni attraverso la realizzazione di sistemi edilizi e di trasporto intelligenti e utilizzeranno al meglio le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sia per migliorare l’efficienza energetica, sia per la formazione di nuovi professionisti nei settori dell’edilizia, dei trasporti e della logistica. Le città, che risponderanno a quanto previsto dall’Unione Europea, oltre a ricevere cospicui finanziamenti (si parla di 11 miliardi di Euro per i prossimi 10 anni), saranno considerate come buone pratiche cui ispirarsi. 7.1

The Covenant of Mayors (Il Patto dei Sindaci) A sostegno delle iniziative europee si affianca il Covenant of  Mayors , o Patto dei Sindaci , un impegno delle città firmatarie al Nel 2009 viene istituito il raggiungimento, entro il 2020, degli obiettivi fissati dall’Unione Covenant of Mayors Europea per le politiche energetiche, in termini di riduzione delle (Patto dei Sindaci)

emissioni di CO2, con i seguenti obiettivi specifici: •



Superare Superare gli obiettivi specifici fissati dalla UE per il 2020, riducendo le emissioni di CO2 di almeno il 20%;

2009 Anno Europeo della

Creatività e Innovazione

Presentare entro un anno dalla data suddetta un piano d’azione per l’energia sostenibile, che comprenda un inventario di base delle emissioni e che metta in evidenza come sono

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definizione che può accogliere e includere azioni e risultati i più diversi. In termini strettamente di ricerca, l’obiettivo finale potrebbe essere quello di creare una vera e propria banca dati di città creative, esperienze e buone pratiche a livello globale e ipotizzare, in secondo luogo, un osservatorio sul lungo periodo. CITTA (in ordine alfabetico) e RETI di CITTA Bilbao (Spagna)

Copenaghen (Danimarca)

MOTIVAZIONE SMART

FAMIGLIA SMART

PERIODO

Quartiere di Abandoibarra: una vecchia zona industriale e portuale dismessa, che oggi è diventata simbolo e centro della nuova Bilbao. Nel 1994 si redige il Piano Urbano Generale di Riqualificazione Urbana, il quale prevede oltre ad un concorso internazionale di idee per la rigenerazione di alcune aree particolari, anche tre focus strategici. Il primo è dato dallo sviluppo di infrastrutture fisiche atte a creare le condizioni materiali per un possibile seguito di lungo periodo, il secondo è il potere di attrazione e di più alta qualità della vita, mentre il terzo, ultimo elemento e tuttora in fase di attuazione è il cambiamento dei valori e dei parametri culturali della città e di chi la vive e la visita. L’obiettivo per questo quartiere è di trasformarlo in un cluster creativo culturale. La cultura diviene, in questo caso, il motore dello sviluppo urbano. Nello specifico l’agenzia Metropoli-30 e Bilbao Rìa 2000 (entrambe agenzie create ad hoc con la formulazione dei Piani per la città) agiscono sul territorio instaurando un vero e proprio partenariato imprenditoriale misto pubblico-privato. Da questa fase, l’ente addetto alla progettazione non ha più richiesto denaro pubblico, avendo precedentemente commercializzato i vari terreni dell’area di Abandoibarra. “Smart Cities – Copenaghen Vision” : il Piano Strategico della città ha come visione quella di rendere Copenaghen un “laboratorio verde” nel quale sperimentare soluzioni “verdi” (a bassi impatti ambientali) e sostenibili da esportare come esempi e buona pratica. Ha l’ambizione di porsi come frontrunner tra le smart cities. La città si pone tra gli obiettivi quello di raggiungere una riduzione del 20% nelle emissioni di CO2, nel quinquennio tra il 2005 e il 2015, fino ad arrivare alla totale neutralità di

Riqualificazione aree industriali e portuali dismesse, creazione Cluster creativo culturale, des des ign e alto livello architettonico

Dal 1994 al 2012

Ambiente, 2010 produzione di energia eolica, mobilità sostenibile (biciclette e veicoli elettrici)

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Edimburgo (Scozia)

Gaborone (Botswana )

Curitiba è da menzionare anche per essersi dotata, nel 1972, della prima isola pedonale in tutto il Brasile, costruita in un solo weekend per evitare e neutralizzare possibile proteste di disagio. E’ un esempio di città creativa anche per il livello di consapevolezza di sostenibilità ambientale e di qualità di vita di ogni singolo individuo, il quale si vede protagonista della crescita del benessere e del mantenimento, con standard elevati, della propria città. Un altro programma degno di nota è quello dell’accessibilità alla cultura per tutti con la nascita di ben 47 biblioteche pubbliche, ognuna di loro contraddistinta da un faro che sta a simboleggiare l’antico faro dell’antica biblioteca di Alessandria e dal quale si può controllare che non sussistano sussistano problemi per chi vi vuole accedere. Il Consiglio della città di Edimburgo ha approvato la decisione di diventare smart city servendosi delle tecnologie ICT per offrire servizi pubblici e adempiere alle proprie funzioni in maniera veloce ed efficiente. L’azione smart per la città riguarda, quindi, i servizi pubblici. L’Obiettivo è di renderli moderni, integrati, veloci, interattivi e accessibili a tutti i cittadini attraverso l’applicazione delle nuove tecnologie. In seguito alla lettura del libro “Triumph of the City ” di Edward Glaeser, Gaborone, capitale del Botswana, in Africa, viene annoverata tra le possibili smart cities per essere riuscita a gestire in maniera efficiente e con discreti meccanismi di governance le proprie risorse naturali, investendo sia nel capitale umano e sociale sia nella tutela del capitale fisico e naturale. Citando Glaeser: “Botswana’s success rests on good governance and natural 

ICT Tecnologie e innovazione legate ai servizi pubblici

2003

Risorse naturali ben gestite e investimenti nel capitale umano

2010

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Lussemburgo

moderno business center, a edifici residenziali ad alta efficienza e ad un campus universitario, vi è l’accessibilità a Internet per tutti. Il master plan del quartiere risale al 1992, e fu fortemente voluto dall’Amministrazione locale, che volle svilupparlo in partecipazione con i residenti, attivi e coinvolti sin dall’inizio. “Nel 1993, ad esempio, i progettisti costruirono un modello in scala 1:1 di un edificio ad angolo per dare un’idea precisa di come i futuri edifici avrebbero dialogato con il paesaggio. Architetti, residenti e altri stakeholder si trovarono a passeggiare nel sito per registrare impressioni e osservazioni utili ai fini del progetto definitivo, approvato nel 1996”. Da lì presero il via i lavori di bonifica e consolidamento del terreno, vennero avviati i primi cantieri, e nell’estate 2001 Arabianranta vide l’ingresso del suo primo residente. Gli ultimi lavori saranno ultimati entro il 2012. Secondo lo studio-ranking tra le 70 città europee svolto dall’Università di Vienna, in collaborazione con alter Università europee, Lussemburgo risulta essere al primo posto della classifica per i seguenti motivi. Per ognuna delle sei caratteristiche smart, precedentemente illustrate, ha ottenuto un risultato ben superiore alla media di tutte le altre città in esame. Si localizza al primo posto per la caratteristica di Smart Economy. Nello specifico, per tre fattori di questa caratteristica: immagine economica, produttività e ricezione internazionale ha ottenuto altissimi livelli, mentre per gli altri 3 fattori, i risultati ottenuti sono comunque superiori alla media generale. L’ulteriore caratteristica per la quale si è distinta è quella della Smart People con alti risultati nel fattore sociale e in quello della pluralità etnica. Altri due

scienza, riqualificazione sostenibile degli edifici, comunicazione e partecipazione sociale attraverso l’integrazione del sapere con la vita comunitaria, servizi pubblici on line.

Economia, fattori sociali e pluralismo etnico

2007

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Minneapolis (USA)

was an incubator for entrepreneurs) (…)Pirelli..using his  education to import ideas into Italy”  In seguito alla lettura del libro “Triumph of the City ” di Edward Istruzione e

Glaeser, Minneapolis viene riconosciuta dall’autore come formazione possibile smart city. Anche per ques ta città americana, l’educazione e la formazione sono stati gli elementi vincenti e caratterizzanti del successo economico della città Citando Glaeser:

2010

“the secret of the city’s success is education. ..The city ‘s  most striking economic success stories have some link to  that school” 

Piacenza (Italia)

Secondo il piano per la città, sono previste sia azioni hardware  come installare impianti fotovoltaici, realizzare una mobilità sostenibile, avere cura del verde urbano, preoccuparsi del ciclo dei rifiuti, e utilizzare il teleriscaldamento teleriscaldame nto sia azioni software : favorire la formazione della città creativa, da cui far emergere nuove economie per lo sviluppo locale. Piacenza è’ una città che ripensa al passato e reinterpreta il futuro. C’e’ già, infatti, un percorso di creatività, non a caso disposto lungo l’asse storico della via francigena. L’idea del percorso per la città dei creativi, ricalca la storica Francigena e punta a collegare alcuni luoghi urbani che già oggi incubano creatività. Tra questi, appena fuori dal Centro storico sulla via Francigena l’Università Cattolica, il Milestone Jazz Club e l’Accademia della Musica; botteghe storiche e nuovi laboratori d’arte e gallerie, la Biblioteca Comunale; l’Urban Center, il Politecnico, il Museo di Storia naturale, il Liceo artistico, la sala dei Teatini, la Galleria Galleria d’arte Biffi, la Libreria Mediateca, l’Apple store, il Teatro

mobilità sostenibile, energie rinnovabili e alternative, tutela dell’ ambiente, arte ed economia della cultura

Anni 2000

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Singapore (Cina)

stranieri sempre maggiore, presenta un alto indice di tolleranza e di integrazione culturale. Singapore è un caso eccezionale di città-stato-nazione-isola, è una città portuale e un importante snodo per tutta la regione. E’ una città costruita sulla cultura del nationbuilding, della sicurezza nazionale e della disciplina sociale. E’ caratterizzata da un forte livello di multiculturalità e multilinguismo, tanto da renderla una città aperta e disposta ad attrarre talento e investimenti. La fine degli anni’80 mostra i risultati più evidenti per la città come il Singapore Art Museum, la Singapore Film Commission ma più di tutte l’Esplanade, un centro artistico multifunzionale, che ha l’obiettivo di divertire, impegnare, educare e ispirare. Già nel 1991 il piano strategico delineava la necessita di stimolare la creatività e l’innovazione nel sistema educativo come strategia chiave per realizzare i vari progetti. Con la fine degli anni’90 si parla per Singapore di un “Rinascimento della città” proprio per lo spirito di creatività, innovazione, apprendimento multidisciplinare e il clima socioeconomico socioeconomico e culturale culturale che si respira. In seguito alla lettura del libro “Triumph of the City ” di Edward Glaeser, Singapore viene menzionata anch’essa tra le possibili smart cities. Il suo successo può essere ricompreso nel suo essere un denso agglomerato di persone creative con idee innovative inserite in un contesto pubblico all’altezza della situazione reale. Così come il Giappone, Singapore ha investito sia nell’educazione sia nell’attrarre talento straniero. Secondo Glaeser:

Alto livello di multiculturalità, edilizia urbana creativa, educazione

Presenza di ambiente e persone creative, contesto pubblico efficiente

Inizio anni’90

2010

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e attori economici e finanziari. Nel 2011 è Capitale della Cultura e ciò si tramuterà in un’opportunità unica per tutto il territorio circostante la città. L’obiettivo per Turku è di trasformarla in una città internazionalmente competitiva nel settore dell’economia creativa, dando maggior visibilità a tutti i settori creativi (realizzazione in corso di “Fun factory” un vero e proprio cluster creativo), sviluppando cooperazione tra il settore culturale e quello economico, sottoforma di team di lavoro multidisciplinari multidisci plinari e creazione creaz ione di eventi, seminari; e ideando proposte progettuali puntuali per ogni ambito della società. Queste, per esempio, sono la Turku Design Week (la prima edizione è stata nel giugno 2005): un’opportunità per i designer di mostrare il proprio lavoro e la passione per la creatività. Inoltre i Dipartimenti di Design aprono le porte a tutti coloro che sono interessati a vedere e comprendere come avviene la trasformazione di un’idea in oggetto reale. Perdipiù i negozi di design organizzano eventi inerenti alla settimana, mentre tutta la città festeggia l’arrivo dell’estate. Anche Arsnet è un evento da menzionare. Questo è un servizio unico, pensato per aiutare i professionisti culturali a incontrarsi con la domanda culturale della regione di Turku. Nella Galleria Arsnet si possono trovare circa 2000 professionisti di musica, arti visive, letteratura, danza, teatro, disegno, animazione di film e tanto altro. Oltre ad essere una galleria, o una vetrina pubblicitaria e, oltre a fornire un prezioso servizio alla città è fucina e laboratorio di tante ulteriori idee creative. E’, sotto ogni aspetto, un’idea vincente per il territorio. CITTA

MOTIVAZIONE SMART

FAMIGLIA

PERIODO

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essenziale per il proprio sviluppo economico. L’obiettivo delle città coinvolte dovrà, infatti, coincidere con la mission UNESCO di tutelare la diversità culturale. L’offerta che si propone agli amministratori locali delle città è la possibilità di creare una piattaforma internazionale su cui convogliare l’energia creativa delle proprie Città e dove poter proiettare le differenti esperienze locali in un contesto più globale, con il costante mantenimento di promuovere l’industria della cultura. Attraverso questa rete, le Città potrebbero, oltre che attirare maggiori investimenti per il territorio, condividere le proprie esperienze e sostenersi reciprocamente, valorizzando le proprie capacità ed incrementando la presenza dei propri prodotti culturali sui mercati nazionali ed internazionali. Un fattore fondamentale in questo processo di costruzione di rete è la creazione di partnership pubblico-privato per aiutare

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La città formula una richiesta ufficiale all’UNESCO insieme ad una lettera di approvazione firmata dal Sindaco della città, ove viene indicato il motivo “smart” della data città L’UNESCO richiede supporto alla Commissione Nazionale riguardo la domanda di adesione. Se quest’ultima non approva la richiesta, la candidatura potrebbe essere rigettata La richiesta viene esaminata da una commissione di esperti esterni, specializzati riguardo la tematica presentata dalla città, la quale provvederà a fare le eventuali raccomandazioni, riguardo la richiesta inoltrata, al Direttore-Generale UNESCO Il Direttore-Generale UNESCO prende la decisione finale di accettare o meno la candidatura della città,

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promozione strategica della città su questa dimensione creativa, culturale ed economica. In realtà, la grande creatività bolognese non è nella cucina, come può capitare di pensare, ma è nella musica: dalla classica al jazz passando per quella sinfonica, con la presenza del conservatorio, di sette scuole di formazione, di due musei, 22 teatri, 39 associazioni, 100 band e numerosi artisti, 9 etichette discografiche e 9 festival internazionali. Non esiste un sito specifico per la città di Bologna inserita nella rete delle città creative Unesco. Esiste, accessibile e consultabili on line, uno studio/ricerca eseguito da PromoBologna per conto del Comune. Non vengono indicati i nominativi dei responsabili dell’avvenuta adesione o di chi gestisce, monitora e valuta le azioni che vengono decise e attuate ogni anno ma si sa che per far parte del Network occorre redigere ogni due anni un elaborato di verifica delle azioni e dei progetti attuati per la città creativa secondo la

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Fiesole (FI): accoglie la Scuola di Musica di Fiesole che tra i

valori fondanti ha quello di promuovere la musica come fattore di crescita individuale e sociale, stimolo all’intelligenza, alla creatività e alla responsabilità.

Siena: sede della Fondazione Musei Senesi costituita

dall’Amministrazione Provinciale di Siena, con la partecipazione istituzionale dei Comuni di Siena e della sua Provincia, Curie Vescovili, dell’Università degli Studi di Siena, della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e della Banca Monte dei Paschi di Siena Spa. La Fondazione riunisce ben 33 musei della città e della sua provincia con il compito di valorizzarne il ricco patrimonio e promuoverne la conoscenza. Martina Franca (TA): dal 1975 è città del Festival della Valle

d’Itria che propone un ricco patrimonio operistico italiano ed europeo, associando attività di promozione e divulgazione a

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Sette città creative del nord Barese – Ofantino

Sette città creative del Nord Barese-Ofantino, sette vision Visioni strategiche che rappresentano altrettanti luoghi-tema, proposti come di ampia area “intuizioni territoriali”, che interpretano i temi e le occasioni per lo sviluppo del territorio e ne indirizzano l’evoluzione ed una visione strategica per tutto il territorio compongono il piano strategico proposto per quest’area. Le sette città sono: •



La Città della Ruralità: Orientata a promuovere lo sviluppo rurale, la formazione di distretti rurali, la diversificazione produttiva e il mantenimento dei paesaggi rurali nell’ambito del capitalismo di territorio; La Città della Produzione tipica: mirata alla promozione della produzione tipica come fattore di eccellenza territoriale, alla costituzione dei distretti

Anni 2000

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CITTA (in ordine alfabetico) e

MOTIVAZIONE SMART

FAMIGLIA SMART

PERIODO

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quantificato la rilevanza del settore culturale nell’economia, fornendo un valore economico della cultura: il Rapporto Jàn Figel (KEA, 2006) 24 affermava che, nell’anno 2003, il settore culturale e creativo dell’Unione Europea a 25 Stati Membri era pari a 636 miliardi di Euro (il 6,4% del PIL UE), superiore a quello dell’industria ICT e più che doppio rispetto all’industria •

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10 Conclusioni. Ragioni e obiettivi del Laboratorio di Creatività Urbana come iniziativa pilota

La crisi e la sua lunga durata impongono nuove forme di azione e di trasformazione. Le forme nuove per ri-pensare la città (entità relazionale e sociale prima ancora che spaziale) necessariamente devono rivelarsi creative e non ortodosse. ortodosse.

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con il rispetto che si deve al modello di Barcellona, non bisogna dimenticare che trenta anni di virtuosa e creativa gestione della trasformazione urbana hanno prodotto (soprattutto dopo gli eccessi immobiliari e senz’anima del Forum 2004), come effetto principale, l’affermazione della capitale catalana come meta di un poco virtuoso e scarsamente amato turismo di massa e crocieristico, mettendo a serio repentaglio proprio i fondamenti dell’identità culturale e urbana, che

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Da qui l’idea di proporre qualcosa di completamente nuovo, sia per la Regione, sia per il CRUTA, con l’obiettivo di sperimentare l’efficacia della proposta per poi, eventualmente, replicarla con mezzi più ampi e coinvolgendo possibilmente tutte le città della regione, nel 2012. Si è così scelto il metodo del cosiddetto “ free speach ”, ”, che non significa ” parole in libertà ”, ”, ma discussione libera e, soprattutto, varia, vari a, dove chi è chiamato a parlare ha poco poco tempo (5 minuti), utili a giungere

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