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August 1, 2017 | Author: micol53 | Category: Transmission (Mechanics), Gear, Clutch, Carburetor, Milan
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Sertum 500...

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SERTUM 250 VL-4 Regolarità 1950

REGINA del R EGOLARISMO REGOLARISMO

La

Con tre differenti modelli la Casa milanese colse molte affermazioni nazionali e diverse medaglie d’oro nelle massacranti Sei Giorni Internazionali Testi di Massimo Chierici, foto di Saverio Livolsi

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SERTUM 250 VL-4 Regolarità

Se vi capita di discorrere di moto da regolarità, a seconda dell'età del vostro interlocutore, le prime Case nominate sono KTM, Puch, SWM, Zündapp; i più anziani ricordano con nostalgia le Guzzi, le Gilera e i Morini a quattro tempi degli anni Sessanta. Ma agli inizi che motociclette utilizzavano i primi regolaristi di casa nostra? Innanzitutto, va ricordato che già nel 1931 a Merano si svolge per la prima volta in Italia la "Sei giorni inSe non fosse per la presenza delle tabelle portanumero, difficilmente verrebbe da pensare di trovarsi di fronte ad una motocicletta vincente nella regolarità; ma, del resto, tutte le moto dei pionieri del fuoristrada erano praticamente moto stradali adattate con qualche modifica di dettaglio.

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ternazionale" che vede vittoriosa la squadra Gilera con i piloti Luigi Gilera, fratello del titolare Giuseppe, Miro Maffeis e Rosolino Grana. La lenta, ma costante, diffusione di questo sport nel nostro paese la si può far risalire al primo dopoguerra e parlando di quel periodo bisogna anche citare marchi come Sterzi, Rumi, Capriolo, MV e ancor prima Sertum. Sertum? Si chiederanno i più giovani, sì, proprio Sertum! Che a differenza di quanto possa far presup-

porre il nome, era un italianissimo prodotto costruito a Milano dalle officine meccaniche Fausto Alberti come marchio per le proprie motociclette ritenute, a ragione, di ottima qualità, scelsero una regale corona, vocabolo quest’ultimo che in latino si traduce proprio con la parola “Sertum”. Operanti dal 1922 e specializzate nella costruzione per conto terzi di componenti e motori completi per l’industria, la motonautica e l’aeronautica, le officine

milanesi debuttano nel 1932 presentando una 175 a quattro tempi con valvole laterali, soluzione tecnica già controcorrente in un periodo in cui iniziavano ad affermarsi i motori a valvole in testa sicuramente più performanti, ma evidentemente i vertici dell’azienda puntarono sulla robustezza e sulla collaudata costanza di prestazioni che tali motori garantivano. Per mettere in evidenza tali doti, cosa c’è di meglio che affrontare le lunghe e massacranti gare di rego-

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larità che si svolgono su percorsi di ogni tipo? Ed ecco che già dai primi anni di vita le Sertum partecipano vittoriosamente, oltre a qualche gara di velocità, alla “24 ore” del moto club Milano, alla “Coppa del Prete”, alla “Sei giorni di Padova” e a molte altre manifestazioni famose in quegli anni. Le moto utilizzate sono la 250, ma anche la 500 bicilindrica; i piloti che più si mettono in luce sono il collaudatore Nino Grieco, Guido Benzoni, Mario Ventura, Enrico Lavelli. Nel 1939 alla Sei Giorni Internazionale che si disputa in Germania, la Sertum è presente con nove motociclette che arriveranno tutte al traguardo conquistando un bottino di cinque medaglie d’oro, una d’argento e tre di bronzo; terminata la lunga parentesi dovuta ai tragici eventi bellici, l’attività sportiva riprende nel 1946 con la partecipazione ad alcune ga-

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re nazionali con le 250 VT a valvole in testa. L’anno seguente a Zlin in Cecoslovacchia dove si disputa la prima Sei Giorni del dopoguerra, le due squadre italiane al via sono così composte: Benzoni e Ventura con le 250 VT, Fornasari con la 500 a valvole laterali, Grieco in coppia con Garlaschelli in sella ad un sidecar con motore 500 a valvole laterali, tutti in lotta per conquistare il Trofeo, mentre per il Vaso d’Argento sono in gara Francone, Giudici e Messori con le 250 VT oltre a Baldi ma iscritto come isolato. Ventura e Giudici terminano le impegnative prove con zero punti di penalità e si aggiudicano la medaglia d’oro, Francone quella di bronzo mentre gli altri sono costretti al ritiro. Nel 1948 la Sei Giorni si svolge a Sanremo, ma l’unica Sertum al traguardo è quella di Onorato Francone che si deve accontentare della medaglia d’argento; la

sfortunata prestazione di Sanremo è presto cancellata dalla vittoria di Ventura, Damiani e Benzoni proclamati vincitori pari merito alla prima edizione dopoguerra della Valli Bergamasche. Nel 1949 con un nuovo modello di 250 a valvole laterali, Mario Fornasari è terzo alla Valli, ma la stagione di gare nazionali sarà colma di importanti successi ottenuti dai “Tre Moschettieri” (così vennero soprannominati i tre piloti ufficiali della casa lombarda), Benzoni, Fornasari e Ventura che si aggiudicano il Trofeo Nazionale di Regolarità a squadre vincendo “Lo Scudo del Sud”, la “24 Ore” del moto club Milano e la “Mille Miglia Motociclistica” organizzata dal moto club Roma. Anche la partecipazione alla Sei Giorni che si disputa a Llandrindod Wells in Inghilterra è ricca di soddisfazioni grazie a Benzoni, Fornasari e Strada che conquistano l’oro. A tanti successi sportivi non ne corrispondono altrettanti commerciali o, perlomeno, non sufficienti alla sopravvivenza dell’azienda: già l’anno seguente si intravedono i primi sintomi che porteranno alla chiusura definitiva nel 1952; il trio Benzoni, Fornasari, Ventura passa alla MV; la partecipazione alle gare continua, sia pur in forma ridotta, con la Ghibli, l’ultima versione della 250, in alcune manifestazioni sul territorio italiano con i piloti Romano, Riva, Strada e Francone: alla Valli Bergamasche che si disputa su tre giornate di gara, Miro Riva è secondo, Guglielmo Strada quarto, Bruno Romano quinto, un buon risultato complessivo che permette la conquista della vittoria a squadre. La partecipazione ufficiale alle competizioni termina nel 1950; Riva, Strada e Romano passano alla Rumi. L’anno seguente qualche pilota privato porta in gara la 250, ma ormai “La regina del regolarismo”, così come venne definita dalla stampa dell’epoca, è obsoleta nei confronti delle più leggere e maneggevoli due tempi MV, Rumi, Sterzi, Mival che segneranno un nuovo periodo della motoregolarità. Per chi volesse approfondire la conoscenza della Sertum, consigliamo il libro “Moto Sertum” di Mario Colombo edito dalla Giorgio Nada Editore dal quale, per gentile concessione, sono state tratte le foto storiche ed alcuni dati indispensabili per la stesura del nostro articolo. Ma veniamo alla motocicletta fotografata in queste pagine: si tratta di una 250 VL-4 acquistata nuova nel 1950 da un mugnaio residente nelle montagne parmensi, il quale per i suoi spostamenti, doveva necessariamente transitare per viottoli e strade non ancora asfaltate; venuto a conoscenza dei successi fuoristradistici della Sertum, decide di acquistarne una e al momento dell'ordine accenna al concessionario le

sue specifiche esigenze; la moto svolge per lunghi anni il suo dovere, passa di mano e finisce per molto tempo abbandonata e completamente smontata in un soppalco di un piccolo magazzino. Passano gli anni e nonostante siano parecchi i “cacciatori di moto d’epoca” della zona a sapere dell’esistenza della Sertum, solo recentemente il nostro lettore Paolo Scaffardi di Bedonia in provincia di Parma riesce a farsela cedere e ad avviare il restauro completo durante il quale, confrontandosi con gli esperti di marca, ha scoperto alcune piccole differenze rispetto agli altri esemplari giunti ai nostri giorni. La mezza balestra che aziona il molleggio posteriore ha uno spessore maggiore di 5 cm per far sì che motore e telaio abbiano una luce a terra maggiore; di conseguenza anche il cavalletto di sostegno è più lungo e l’asta che comanda il freno posteriore, sempre per evitare ostacoli, passa in alto. La parte inter-

Sui cavi dei comandi al manubrio ne erano fissati altri di scorta; questa soluzione permetteva di perdere meno tempo in caso di sostituzione. Il nostro lettore Paolo Scaffardi, che ringraziamo per averci messo a disposizione questo esemplare, ha effettuato il restauro di persona; sfortunatamente però non ha ancora reperito la "guancia" in gomma che orna la parte destra del serbatoio.

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Il lato destro del motore dove è posizionata la trasmissione primaria. L'ingranaggio calettato sull'albero motore dà il movimento ad un ingranaggio sottostante che comanda la pompa dell'olio e ad altri due sovrastanti: uno a destra aziona la camme della valvola di scarico, quello di sinistra la camme per la valvola di aspirazione e il ruttore dell'accensione. Tolto il carterino alla base del cilindro, si accede ai dadi per la regolazione delle valvole. Si notino la leva del cambio e la pedivella di avviamento montate sullo stesso alberino. La testa, a differenza della maggior parte degli esemplari giunti ai giorni nostri che l’hanno di ghisa, è di lega leggera.

Il carburatore Dell'Orto con diffusore da 22 millimetri ha la vaschetta sul lato destro anziché su quello sinistro.

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na del parafango posteriore è rinforzata. Il libretto di circolazione conferma che i pneumatici 3,50 x 19 vengono montati in origine al posto dei 3,00 x 19, ed infine la corona posteriore ha 53 denti anziché 50. Altre differenze dalla serie si riscontrano anche nel motore che monta una testa in lega d’alluminio anziché quella di ghisa, il carburatore munito di filtro ha la vaschetta laterale sulla parte destra anziché a sinistra, i carter motore nella zona della coppa dell’olio non hanno quelle piccole alette di raffreddamento presenti in altri modelli, il tappo per il rifornimento dell’olio è posizionato dietro al cilindro e non anteriormente. Anche nel momento della “messa in fase” è stato necessario calcolare col goniometro gli effettivi gradi di anticipo visto che con quelli standard la motocicletta non funzionava perfettamente, difatti l’aspirazione che solitamente apre a 25° prima del punto morto superiore e chiude a 55° dopo il punto morto inferiore, oppure in altri casi apre a 10° e chiude a 60°, nel nostro caso specifico è 10° dopo il p.m.s. per l’apertura e 80° dopo il p.m.i. per la chiusura. Lo scarico è invece conforme alla serie che prevede valori di 70° all’a-

pertura e 10° alla chiusura o in alternativa 75° e 15°. Molto probabilmente per meglio assecondare le esigenze del cliente, la moto è stata assemblata con alcune delle stesse componenti utilizzate per montare le motociclette ufficiali che partecipavano alle gare. Ma cosa aveva di speciale questa “Regina del regolarismo” che le consentiva di vincere tantissime competizioni? Cominciamo a descriverla dal telaio monotrave a culla semplice aperta realizzato in lamiera stampata per quanto riguarda la parte anteriore, in fusione di lega leggera la parte centrale che comprende anche l’alloggiamento per la batteria e ancora in lamiera stampata la parte posteriore alla quale è fissata la sella e il parafango; la forcella in lamiera stampata è a parallelogramma con mollone centrale; al posteriore, il forcellone oscillante, anch’esso in lamiera stampata, ammortizza le asperità del terreno grazie ad una semibalestra infulcrata nella parte centrale del telaio e da due ammortizzatori a frizione del tipo detto “a compasso”; per inciso va ricordato che nel modello 250 VT la forcella e il forcellone sono in tubi; le ruote, di rapido smontaggio e intercambiabili fra di loro, hanno cerchi in ferro e mozzi con tam-

Sopra, il motore, che ha le misure vitali di 66 x 73 mm ed una compressione di 5.3:1, era accreditato nella versione standard di 8,7 CV a 5.500 giri/min; pochi cavalli ma, grazie al tiro ai bassi regimi e la costanza di prestazioni, sufficienti a trarsi d'impaccio nella guida in fuoristrada. A fianco, Il tappo per il rifornimento dell'olio è qui posizionato nella parte posteriore del motore. In altri esemplari si trova anteriormente.

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In alto a destra, l'asta che comanda il freno posteriore è stata montata in posizione alta a differenza dei modelli di serie. Al centro a destra, la corona (solitamente con 50 denti) veniva sostituita all'origine con una da 53 per migliorare il tiro in salita. Qi sopra, il parafango posteriore, a differenza dei modelli di serie, è rinforzato nella parte interna. Viste le frequenti forature, era buona norma munirsi di camere d'aria di scorta.

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buro centrale da 170 millilmetri. Per quanto riguarda il motore, nel nostro caso si tratta di un tranquillo monocilindrico a quattro tempi con valvole laterali dalle misure vitali di 66 x 73 millimetri per una cilindrata complessiva di 249,7 centimetri cubici, compressione di 5,3 : 1 e potenza dichiarata in 8,7 cavalli a 5.500 giri/min; il cilindro e la testa sono in ghisa (ma, come precedentemente detto, l’esemplare fotografato è dotato della testa in lega leggera), carburatore Dell’Orto con diffusore da 22 millimetri, frizione a dischi multipli in bagno d’olio, e cambio a quattro rapporti. L’accensione è affidata normalmente ad uno spinterogeno, ma in alcuni esemplari, in particolare per la versione militare, veniva montato un magnete posizionato davanti al cilindro; la trasmissione primaria è ad ingranaggi: quello principale è calettato sull’albero motore che dà il movimento ai due ingranaggi degli alberi a camme e all’altro ingranaggio che dà il movimento alla pompa dell’olio. Va anche ricordato che, parlando dell’attività agonistica, diversi successi sono stati ottenuti col mo-

dello a valvole in testa ma ancora scoperte e con l’ultimissimo modello Ghibli con distribuzione ad aste e bilancieri e valvole in bagno d’olio: modello che però ha vita brevissima per l’imminente chiusura della fabbrica e di cui non è dato sapere se sia entrato effettivamente in produzione o realizzato in pochi esemplari di pre-serie. Tutti e tre i tipi di motore però hanno il basamento e i relativi organi praticamente identici e si differenziano esclusivamente per la parte termica. Come abbiamo visto, nessun segreto speciale rendeva la Sertum particolarmente adatta al fuoristrada se non l’eccezionale tiro ai bassi regimi e l’affidabilità meccanica... a prova di Sei Giorni; gran parte del merito, quindi, va attribuito ai piloti che con la poca potenza a disposizione e un peso non indifferente di 150 chilogrammi da portare a spasso… devono aver fatto certe faticacce... Altri fattori che sicuramente hanno influito nell’ottenimento di tanti successi sono rappresentati dall’organizzazione e dall’assistenza forniti ai piloti sui tracciati di gara.

In alto, il mozzo anteriore ritratto dal lato sinistro. Si noti il perno della ruota con l'appendice per lo smontaggio rapido. I mozzi delle ruote, realizzati in lega leggera, sono intercambiabili fra di loro; sono infatti ben visibili, anche su quello anteriore, i fori di alloggiamento del parastrappi della corona. La parte centrale dei cerchi era elegantemente verniciata con lo stesso colore rosso di tutta la carrozzeria.

La forcella anteriore a parallelogramma ammortizza le asperità del tracciato grazie al mollone centrale che si intravede nella foto.

SCHEDA TECNICA SERTUM 250 VL-4 MOTORE: monocilindrico verticale a quattro tempi con valvole laterali ALESAGGIO E CORSA: 66 x 73 mm CILINDRATA TOTALE: 249,7 cc COMPRESSIONE: 5,3:1 POTENZA DICHIARATA: 8,7 CV a 5.500 giri/min ACCENSIONE: a spinterogeno (in alcuni esemplari a magnete) CARBURATORE: Dell’Orto SB 22, diffusore da 22 mm FRIZIONE: dischi multipli in bagno d’olio CAMBIO: 4 rapporti TRASMISSIONE PRIMARIA: ingranaggi

TELAIO: monotrave a culla semplice aperta composto dalla parte anteriore in lamiera stampata e da quella centrale in lega leggera SOSPENSIONE ANTERIORE: forcella a parallelogramma in lamiera stampata e mollone centrale SOSPENSIONE POSTERIORE: forcellone oscillante con semibalestra e ammortizzatori a frizione FRENI: anteriore e posteriore a tamburo centrale con diametro di 170 mm RUOTE: a raggi con cerchi di ferro 19 x 2,5 PNEUMATICI: anteriore e posteriore 3,00 x 19 PESO DICHIARATO: 150 kg a vuoto CAPACITÀ SERBATOIO: 13 lt. (1 di riserva)

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A fianco, Mario Ventura, Mario Fornasari e Guido Benzoni (da sinistra), qui ripresi alla prima edizione dello “Scudo del Sud” disputato nel 1949 con le 250 VL, vennero soprannominati “i Tre Moschettieri” (foto dal Libro “Moto Sertum” di Mario Colombo, Giorgio Nada editore). Sotto, questa istantanea, scattata presumibilmente nel 1937-’38, testimonia come in alcune occasioni i piloti Sertum fossero al via delle gare di regolarità anche con le 500 bicilindriche (foto dal libro “Moto Sertum”).

Da sinistra, Nino Grieco, collaudatore e pilota ufficiale, ripreso con la 250 VT alla Sei Giorni del 1939. Gli altri componenti della squadra italiana sono: Luigi Gilera, Ercole Frigerio, Felice Macchi ed Ettore Villa con le Gilera 500 (foto dal libro “Moto Sertum”).

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A fianco, una delle 250 VT Sport fotografata alla fine della Sei Giorni del 1939 che si svolse in Germania (foto dal libro “Moto Sertum”). Nella pagina precedente in basso a destra, la 250 VL-4 qui nella foto ufficiale diffusa all’epoca: venne prodotta dal 1948 al 1951 (foto dal libro “Moto Sertum”).

Qui sopra, ecco come la motocicletta... era stata rimessata... insieme ad alcune parti di una Sertum 500. Una volta caricata sul furgone, inizia l’operazione restauro. Sotto, il serbatoio nello stato in cui si trovava all’atto del ritrovamento e con le misurazioni fatte per ricostruirne la grafica.

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