SEO Google. Guida Al Web Market - Francesco de Nobili

April 16, 2017 | Author: Pearsoft | Category: N/A
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Francesco De Nobili

SEO Google Guida al web marketing con gli strumenti di Google

© 2014 Area 51 s.r.l., San Lazzaro di Savena (Bologna) Prima edizione e-book Area51 Publishing: marzo 2014 Cover: Valerio Monego Redazione e sviluppo ebook: Enrico De Benedictis Se intendi condividere questo ebook con un’altra persona, ti chiediamo cortesemente di scaricare una copia a pagamento per ciascuna delle persone a cui lo vuoi destinare. Se stai leggendo questo ebook e non lo hai acquistato, ti chiediamo, se ti piace, di acquistarne anche una copia a pagamento, al fine di poterci permettere di far crescere il nostro lavoro e di offrirti sempre più titoli e una qualità sempre maggiore. Grazie per il tuo aiuto e per aver rispettato il lavoro dell’autore e dell’editore di questo libro. Data la rapidità con cui i tool di sviluppo e i linguaggi vengono aggiornati, i contenuti di questo ebook si intendono fedeli allo stato dell’arte al momento della pubblicazione.

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Introduzione In questi ultimi anni si è finalmente sviluppata anche in Italia la consapevolezza che il web può rappresentare un’enorme opportunità per la promozione e la crescita di un’azienda o di un singolo professionista. Ma non solo. Il web sta creando nuove opportunità di lavoro grazie alle nuove professionalità che sono nate in quei Paesi che per primi hanno investito sulla rete e che già ora beneficiano di un netto vantaggio nei confronti di chi è rimasto indietro su questi argomenti. La prima regola del web è farsi trovare facilmente dai navigatori o dai potenziali clienti, ecco perché questo libro è dedicato soprattutto a chi vuol diventare professionista in questo campo o vuole semplicemente saperne di più sulla tecnica che permette di dare visibilità a un sito web: la Search Engine Optimization (SEO). Dopo aver compreso e analizzato il funzionamento di Google, il motore di ricerca più utilizzato al mondo, verranno approfonditi gli aspetti tecnici e teorici della SEO. Inoltre verrà insegnato un vero metodo di lavoro per gestire queste attività e soprattutto come utilizzare gli strumenti gratuiti forniti da Google per sfruttare efficacemente queste tecnica e diventare, ad esempio, SEO specialist o SEO manager. L’approccio di questo libro è legato più agli aspetti comunicativi rispetto ad altri testi dello stesso ambito, perché il reale valore della SEO è dato soprattutto dai contenuti testuali: per questo verranno approfondite anche tecniche di copywriting e comunicazione persuasiva. Nella seconda parte del libro verrà dato spazio a tutte le attività legate al web marketing e alla SEO off page, che comprende tutte le azioni di posizionamento sui motori di ricerca effettuate all’esterno del sito. Anche in questo caso vedremo come utilizzare in maniera efficace gli strumenti offerti da Google e come monitorare le nostre attività di web marketing grazie all’analisi dei visitatori del sito, attraverso Google Analytics. Un intero capitolo è dedicato alla comunicazione e alla gestione della promozione attraverso i social network, il cosiddetto social media marketing, con un occhio di riguardo all’ottimizzazione SEO per ogni singolo social network e soprattutto all’impatto sempre maggiore che avrà Google Plus sui motori di ricerca. L’ultimo capitolo è dedicato alle ultimissime novità di Google: dai nuovi servizi MyAnswers e Google Now, fino ad arrivare all’analisi del recente algoritmo Hummingbird, le nuove penalizzazioni e un sguardo verso il futuro che è già iniziato, con il cosiddetto web semantico. Il libro si chiude infine con due appendici: la prima dedicata ad un’analisi degli strumenti e dei tool gratuiti utili alla SEO che non sono forniti direttamente da Google, ma che utilizzano i suoi dati. La seconda è invece dedicata agli operatori di ricerca di Google e a come sfruttarli al meglio per le diverse attività SEO.

I box di approfondimento All’interno del testo sono stati inseriti due tipi di box che identificano due sezioni differenti: “Glossario”: raccoglie le definizioni dei termini tecnici citati nel testo per favorire la comprensione dei contenuti.

“Approfondimento sul web”: in cui vengono consigliati articoli, guide e link per approfondire l’argomento trattato, in modo dettagliato sul web.

Sommario 1 - Comunicazione e marketing online: la svolta Il manifesto Cluetrain Capire il motore di ricerca Google SEO on page e SEO off page L’evoluzione dell’algoritmo di Google Professione SEO: perché non se ne può fare a meno

2 - Gestione SEO on page Pianificare le attività Diario di bordo con Google Calendar La scelta del dominio Densità e prossimità delle parole chiave I tag HTML Il tag title Il meta tag description I tag di intestazione URL “parlante” Ottimizzare il nome dei file pdf Ottimizzare le immagini Ottimizzare i link

3 - SEO on page: gli strumenti di Google Prima di tutto: quali parole chiave scegliere? La long tail strategy Scoprire la concorrenza con Google Google AdWords: i volumi di ricerca Google Trends: scegliere le parole del momento Sfruttare i consigli di Google Suggest Creare i testi con WordPress SEO

4 - Web copywriter Scrivere per il web: le basi La piramide rovesciata e la regola delle 5w

La revisione finale del testo Creare contenuti di qualità Tecniche di copywriting Tecniche di persuasione: i principi Creare un piano editoriale

5 - Tecniche di web marketing Tra SEO off page e web marketing Backlink e link popularity L’attributo Nofollow Promuoversi sui forum Promuoversi attraverso i blog Promuoversi con i guest post Article marketing e comunicati stampa Landing Page: da navigatori a consumatori L’email marketing Advertising online: tipologie Il pay per click advertising

6 - Web Marketing: gli strumenti di Google Google Webmaster Tools Inviare la Sitemap e creare il file robots.txt Verificare le Query di ricerca Verificare i backlink Gestione dei sitelink L’indicizzazione con Google Webmaster Tools Google Analytics: conoscere il pubblico Le estensioni SEO per Chrome Google Scraper Report Google Alert

7 - L’authorship di Google e gli altri social Come condividere sui profili social Promuoversi con Facebook Twitter SEO

YouTube: fare SEO con i video Google Plus e la rivoluzione dell’authorship

8 - Verso una nuova SEO tra social e mobile Da Search Plus Your World a MyAnswers e Google Now L’impatto di Hummingbird Verso una SEO semantica Le penalizzazioni: automatiche o manuali? Come evitare le penalizzazioni

Appendice 1 Altri Strumenti utili per la SEO

Appendice 2 Operatori di ricerca per la SEO

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APITOLO 1

Comunicazione e marketing online: la svolta

Il manifesto Cluetrain Per capire e comprendere a fondo tutte le potenzialità offerte dalla comunicazione online e conseguentemente dal web marketing, è obbligatorio fare un salto indietro di qualche anno e atterrare nel 1999 quando alcuni studiosi ed esperti di comunicazione lanciarono sul web un vero e proprio manifesto che racchiude 95 tesi per riformare il linguaggio e le tecniche di comunicazione e promozione in funzione del web. Il manifesto Cluetrain che in seguito è diventato anche un libro (pubblicato da Perseus Books nel 2000), è stato oggetto di molti dibattiti e critiche soprattutto nei primi anni del nuovo millennio, a causa delle sue prospettive apparentemente visionarie che invece oggi risultano attuali e propedeutiche per nuove scenari. Tutte le 95 tesi si possono leggere gratuitamente sul sito ufficiale del manifesto (http://cluetrain.com/), ma è utile commentare alcuni punti che dimostrano come chi ha saputo concretizzare queste tesi, all’epoca visionarie, oggi viaggia con qualche anno di vantaggio rispetto alla concorrenza e per questo alcuni punti possono essere di spunto anche in prospettiva futura. Tra gli assunti che offrono indicazioni su come comunicare e promuoversi online, non si può evitare di segnalare: “Gli iperlink sovvertono la gerarchie.” Per raggiungere la camera da letto di una casa si deve necessariamente entrare dal cancello, poi dalla porta d’ingresso, attraversare il corridoio e trovare la porta giusta per accedere alla camera desiderata. Nel web non è più così, poiché grazie ai motori di ricerca non sempre si raggiunge direttamente l’home page del sito e pertanto il percorso di visita potrà sicuramente essere differente da come è stato immaginato, soprattutto se chi lo ha organizzato i contenuti de sito si è basato esclusivamente sull’home page. Appare dunque evidente come diventerà sempre più fondamentale curare testi e architettura del sito in funzione di questo assunto, oltre a comunicare al visitatore la sua esatta posizione all’interno del sito, (attraverso ad esempio l’utilizzo delle briciole di pane). Le briciole di pane o Breadcrumbs, indicano la gerarchia di navigazione del sito all’interno di una pagina (ad esempio Home > Ricette > Primi Piatti). Generalmente si suddividono in 3 tipologie: Location breadcrumbs, in cui viene indicata esclusivamente la posizione gerarchica della pagina consultata, senza considerare il percorso fatto dal visitatore. Path breadcrumbs, in cui viene invece mostrano tutto il percorso che il visitatore ha fatto una volta entrato nel sito. Attribute breadcrumbs, in cui sono veicolate meta informazioni o categorie, come ad esempio il prezzo, l’autore di un libro, il marchio di un prodotto etc.

“Se qualcosa è buono o cattivo, comunque lo sapranno tutti.” Sul web non si può “bluffare”, prima o poi se si nasconde qualcosa, verrà fuori. Quindi nella comunicazione e nella promozione online è bene mantenere la massima trasparenza ed eventualmente anche presentare gli errori fatti come incentivo a migliorarsi. “I mercati sono fatti di esseri umani.” La caratteristica del web è che nascono interazioni e condivisioni direttamente da persone e individui reali, non da variabili demografiche o da categorie socio-economiche. Questo significa che per la promozione o la reputazione online è fondamentale saper ascoltare e comunicare direttamente con i nostri lettori/clienti/utenti. “Sia che fornisca informazioni, opinioni, scenari, argomenti contro o divertenti digressioni, la voce umana è sostanzialmente aperta, naturale, non artificiosa.” Questo significa che soprattutto attraverso il web è possibile essere realmente presenti nelle conversazioni che si svolgono tra le persone. Quindi diventa fondamentale esserci e nel modo corretto, sia che si voglia promuovere la propria attività, i propri prodotti o servizi o più semplicemente promuovere sé stessi per cercare o crearsi un lavoro. Per essere presenti in queste conversazioni in modo attivo occorre pertanto comunicare utilizzando in qualche modo la stessa lingua di chi utilizza il web. Tuttavia è bene sapere che per entrare realmente in contatto con queste conversazioni non occorre utilizzare tecnicismi o strategie artificiali, ma come vedremo nel corso del libro, il centro della comunicazione deve rimanere la persona cercando il più possibile di evitare di creare contenuti esclusivamente per un motore di ricerca! Anche se è l’assunto numero 4, l’ho volutamente inserito per ultimo perché racchiude passato, presente e futuro della principale tecnica di promozione sui motori di ricerca, la SEO (Search Engine Optimization). Infatti, solo qualche anno fa questo assunto poteva essere visto come utopia, poiché tecniche informatiche più o meno lecite, permettevano attraverso l’inserimento di parole chiave nascoste, di posizionare siti web di dubbio contenuto in cima alle liste di motori di ricerca. Oggi questo non è più possibile poiché Google, il motore di ricerca più utilizzato al mondo, penalizza queste tecniche rendendo invisibili nelle liste di ricerca i siti web che utilizzano questi espedienti o che all’interno dei loro testi ripetono più volte parole chiave senza alcuna logica semantica. Non solo, i recenti aggiornamenti degli algoritmi di Google stanno andando tutti verso la direzione di premiare contenuti originali e che vengono apprezzati dagli utenti, non dai computer! Appare quindi necessario per sfruttare appieno le tecniche di web marketing e della SEO in particolare, analizzare la principale variabile di questo campo: il motore di ricerca Google. Interessanti approfondimenti e riflessioni sul manifesto Cluetrain, si possono trovare

in questo articolo: http://carlosway.it/mktg/riflessioni-sul-cluetrain-manifesto/

Capire il motore di ricerca Google Spesso per spiegare le tecniche di marketing online o più in generale servizi e prodotti del web, si usano metafore riferite ad esempi di vita reale. Può essere d’aiuto quindi pensare al motore di ricerca come ad una grande libreria dove i libri sono i milioni di siti web che popolano la rete. Alcuni libri sono catalogati secondo categorie d’interesse, ma alcuni sono inseriti in una categoria sbagliata; altri libri sono posizionati con la copertina ben visibile, altri sono inseriti “di taglio” ed è possibile leggere solo il titolo; alcuni sono presenti nella vetrina principale oppure accanto alle casse in modo che ogni cliente veda il libro. Ovviamente i libri che avranno più possibilità di essere letti sono quelli in vetrina o accanto alla cassa che rappresentano nella metafora, i siti che si posizionano nei primi 5 posti nella pagina dei risultati di ricerca, la cosiddetta SERP (Search Engine Results Page).

Figura 1 — Un esempio di SERP (Search Engine Results Page).

Queste posizioni di prestigio si possono comprare attraverso la pubblicità a pagamento, oppure si possono raggiungere utilizzando le tecniche SEO. Inserire il proprio libro nella giusta categoria, può invece rappresentare l’equivalente inserimento del proprio sito web all’interno della giusta Directory: portali all’interno dei quali i siti web vengono inseriti (su segnalazione degli amministratori del sito) secondo strutture gerarchiche o ad albero che li suddividono in categorie in base all’argomento. Tuttavia questo lavoro di “categorizzazione” viene ormai effettuato direttamente da Google in base ai contenuti del sito.

In poche parole, se non attuiamo le giuste tecniche di posizionamento, il nostro libro (sito web) potrebbe rimanere nascosto nella libreria (motore di ricerca). Ma quali sono le regole della libreria e qual è il criterio che il nostro libraio (Google) utilizza per posizionare sugli scaffali il nostro libro/sito? Usciamo ora dalla metafora per capire meglio come funziona un motore di ricerca e soprattutto quali sono i fattori che influenzano il posizionamento di determinate parole chiave al suo interno. Fondamentalmente il motore di ricerca è un programma che utilizza congiuntamente database, software e algoritmi matematici per trovare informazioni sul web legate alla parola chiave richiesta dall’utente. Google si è affermato tra i motori di ricerca proprio per la qualità del suo mix di strumenti utilizzati: un potentissimo algoritmo capace di effettuare ricerche veloci nei database e soprattutto l’utilizzo di strumenti software che permettono di analizzare velocemente le informazioni sul web. Tra gli strumenti software utilizzati, il più importante è sicuramente quello che viene definito Spider: un programma che gestisce un insieme di componenti che analizzano gli indirizzi delle pagine web e integrando le categorie presenti nei database, raccolgono e memorizzano le informazioni da utilizzare per il motore di ricerca. Quindi il primo concetto fondamentale da tenere ben presente quando si vuole sfruttare la potenzialità di un motore di ricerca è avere più informazioni possibili sullo Spider utilizzato: quando farlo passare dal nostro sito, quali indicazioni fornire e come aiutarlo nella ricerca di informazioni all’interno del nostro sito. Google fornisce molte indicazioni su come utilizzare il suo Spider chiamato Googlebot, ad esempio quali sono le modalità di accesso al proprio sito o eventualmente come impedire allo Spider l’accesso ad alcune pagine. Per facilitare il lavoro dello Spider, la prima operazione fondamentale da compiere è quella di inviare a Google la Sitemap del proprio sito. Ma che cos’è la Sitemap e perché è così importante? La Sitemap, come si intuisce dal nome, non è altro che la mappa del sito web, generalmente sotto forma di file xml (quindi equivale ad una pagina web) che facilita ai motori di ricerca la scansione del sito, favorendo la sua indicizzazione. Inoltre la Sitemap consente di fornire allo Spider informazioni supplementari, come la frequenza di aggiornamento delle notizie, la data dell’ultimo aggiornamento del sito, dati specifici legati ai contenuti, ad esempio la durata di un video o le dimensioni di un’immagine. Le modalità di creazione della Sitemap seguono un protocollo ufficiale (Protocollo Sitemap 0.9) a cui aderiscono sia Google che Yahoo e Microsoft: in questo modo la stessa Sitemap è compatibile anche su altri motori di ricerca. Vedremo in seguito e nel dettaglio come inviare la Sitemap a Google per indicizzare in modo corretto il nostro sito.

SEO on page e SEO off page L’invio della Sitemap consente dunque di agevolare il lavoro dei software legati al motore di ricerca per indicizzare il proprio sito. Queste azioni sono ancora più importanti se il sito o il dominio è di recente costituzione, poiché velocizzano il processo di riconoscimento da parte dei motori di ricerca. Una volta indicizzato il sito, occorre iniziare il lavoro che riguarda il suo posizionamento, ovvero la posizione all’interno della pagina dei risultati di ricerca (SERP) di parole chiave legate al sito. Dopo lo Spider, entra in gioco un’altra componente fondamentale del motore di ricerca: l’algoritmo. Ma qual è il suo funzionamento e quali sono i fattori che lo influenzano per posizionare una parola chiave all’interno di un motore di ricerca? È la famosa domanda da un milione di dollari (anzi il suo valore è sicuramente maggiore), poiché non tutte le leggi che regolano il funzionamento dell’algoritmo di un motore di ricerca, Google in primis, sono state svelate. Pertanto è possibile solo ipotizzare, grazie a prove empiriche, quali fattori sono maggiormente impattanti sul posizionamento di determinate parole di ricerca, anche se alcuni di questi fattori sono comunque forniti direttamente da Google perché migliorano la qualità dei siti web, con l’obiettivo di fornire risultati sempre più corrispondenti alle informazioni richieste. Ad oggi i principali fattori che influenzano il posizionamento, possono essere suddivisi in fattori on page, ovvero che riguardano le caratteristiche tecniche delle pagine del sito web e fattori off page, in cui rientrano invece tutte le caratteristiche che derivano da attività effettuate all’esterno del sito. Attualmente i principali fattori on page sono: ottimizzazione delle parole chiave nei tag HTML, in particolare il tag title e il meta tag description; ottimizzazione dei tag di intestazione; utilizzo di URL “parlanti”; densità delle parole chiave nei contenuti.

Figura 2 — Esempio di ottimizzazione delle parole chiave nel tag title HTML.

Poiché i motori di ricerca considerano anche altri fattori, come ad esempio la popolarità del sito o la sua reputazione online, è importante considerare bene anche le azioni da effettuare all’esterno del sito che servono non solo per i motori di ricerca, ma per promuovere e far conoscere direttamente il proprio sito.

I principali fattori off page che possono influenzare in modo positivo anche i motori di ricerca sono: numero e qualità dei backlink; utilizzo di landing page; article marketing e comunicati stampa; interviste sul proprio sito con altri blogger o siti web dello stesso argomento. social media marketing; I backlink, chiamati anche link di ritorno, non sono altro che link che puntano a un determinato sito. Questo termine non definisce solo i siti presenti nel blogroll, ovvero la lista di link di siti o blog che il gestore del sito segue per interessi comuni o per scambio reciproco di link, ma in realtà è qualsiasi link che punta al nostro sito che provenga da forum, siti web o social network. Analizzeremo nel dettaglio all’interno dei prossimi capitoli come gestire questi fattori on page e off page per migliorare reputazione e posizionamento sui motori di ricerca, in particolare su Google.

L’evoluzione dell’algoritmo di Google Abbiamo visto come alcuni fattori che influenzano il posizionamento sui motori di ricerca sono pubblici e in alcuni casi come ad esempio per Google, è lo stesso motore di ricerca che fornisce informazioni per ottimizzare i propri siti web in funzione anche dei cambiamenti e delle evoluzioni dell’algoritmo. Ecco perché è importante vedere come è evoluto l’algoritmo di Google in questi anni, sia per smentire alcune indicazioni molto in voga sul web che per capire quali saranno in futuro i fattori che avranno maggior peso per il posizionamento. Dal 2003 al 2007 Google si è concentrato soprattutto sulle modifiche di algoritmo per penalizzare tecniche innaturali di ottimizzazione delle pagine web. Gli algoritmi chiamati da Google “Dance” e “Florida” colpiscono nel 2003 i siti web che utilizzano la tecnica di keyword stuffing, ovvero la ripetizione innaturale di parole chiave all’interno di una pagina web. Il 2004, attraverso il nuovo algoritmo denominato “Austin”, è dedicato alla penalizzazione delle tecniche di Black Hat SEO, come ad esempio nascondere parole chiave all’interno delle pagine web utilizzando font di dimensioni minime o utilizzando per le parole chiave lo stesso colore dello sfondo, per poterle ripetere più volte nel testo senza disturbare la lettura del visitatore. L’algoritmo “NoFollow” del 2005 come si evince dal nome, introduce l’attributo “NoFollow” che indica al motore di ricerca quali link non indicizzare (ad esempio nei commenti di un blog) per favorire la qualità dei link in entrata.

Ma la vera rivoluzione del 2005 è l’aggiornamento algoritmico Local Maps che incide sui risultati di ricerca in funzione e in relazione alla localizzazione: si inizia a parlare di Local SEO. Interessanti anche i successivi cambiamenti algoritmici che tra il 2005 e 2006 cercano di fare pulizia sui link in entrata, penalizzando soprattutto link reciproci o acquistati da siti specializzati. Dal 2007 oltre agli aggiornamenti di algoritmo, entrano in gioco una serie di cambiamenti nella struttura di ricerca di Google (lato utente) che modificano in modo significativo anche le SERP. Queste modifiche arrivano nel 2007 attraverso l’Universal Search, con cui Google aggiunge nei risultati di ricerca le opzioni “notizie”, “immagini”, “video” e nel 2008 con l’inserimento nel box di ricerca, dei suggerimenti in tempo reale, mentre l’utente sta digitando la parola ricercata. Rimanendo sul fronte degli algoritmi, la prima grande rivoluzione arriva con l’algoritmo “Caffeine” del 2009 che permette di accelerare l’indicizzazione e posizionamento quasi in tempo reale. Da questo momento si inizia a parlare di SEO in real time e per molti si aprono orizzonti nuovi soprattutto per pubblicizzare eventi o contest che prima necessitavano di molto tempo di preparazione per essere promossi sul web. Dalla fine del 2010 entrano invece in gioco tutti i fattori legati all’utilizzo dei social network come ad esempio il Social Signal del 2010 con cui Google inizia ad utilizzare i riscontri sui social media per aumentare il ranking di posizionamento o il +1 Button che anticipa l’arrivo di Google Plus e il suo impatto sui motori di ricerca. Oltre ai social network, Google raffina sempre più i risultati di ricerca cercando di premiare contenuti di qualità e non duplicati. Per questo motivo con l’arrivo dell’algoritmo “Panda” nel 2011, vengono penalizzati siti con contenuti di bassa qualità o con troppi spazi pubblicitari e con un nuovo aggiornamento algoritmico chiamato “Freshness”, sempre nel 2011, vengono premiati i siti con contenuti aggiornati frequentemente. Nel 2012 le grandi novità sono il nuovo aggiornamento algoritmico “Penguin” che ha penalizzato ancora di più il keyword stuffing e i backlink di dubbia provenienza o collegati a pagamento oltre all’introduzione di Google Search Plus Your World, con cui i risultati di ricerca vengono determinati dal grado di autorità e connessioni sociali con il social network Google Plus. Quest’ultima integrazione è legata a doppio filo con il futuro di Google che va verso una ricerca sempre più legata al cosiddetto web semantico fatto di contenuti reali e non di tecniche informatiche, come dimostra l’aggiornamento “Knowledge Graph” che aggiunge informazioni aggiuntive nei risultati come immagini collegate, data di nascita dell’autore, video collegati etc. In questo modo Google vuole integrare e comprendere le reali dinamiche che nascono e si evolvono tra le persone nella vita di tutti i giorni, penalizzando ed escludendo sempre di più contenuti nati in maniera artificiale o fittizia per scopi commerciali. L’evoluzione di questi concetti è stata integrata totalmente dall’algoritmo Hummingbird

(Colibrì) che a Settembre 2013 ha portato una nuova rivoluzione nelle SERP di Google perché, pur utilizzando alcuni componenti dai precedenti algoritmi (come l’analisi dei backlink di Penguin o dei contenuti duplicati e di bassa qualità con Panda) è concepito come un algoritmo totalmente nuovo che reinterpreta i dati a disposizione cercando di fornire una risposta sempre più precisa alle richieste dell’utente. Nell’ultimo capitolo vedremo l’impatto e il funzionamento specifico di questo algoritmo anche se è importante stare molto attenti anche ai continui esperimenti che Google attua sulle SERP. Per rimanere costantemente aggiornati sui continui aggiornamenti dell’algoritmo di Google: http://www.seomoz.org/google-algorithm-change Il nuovo algoritmo Hummingbird (Colibrì) insieme al nuovo servizio My Answers amplifica ancor di più una delle caratteristiche principali di Google: la personalizzazione dei risultati in base alle ricerche del singolo utente. Infatti Google non effettua una ricerca globale in tutto il suo database, ma estrapola i risultati a seconda dell’argomento e delle intenzioni di chi sta effettuando la ricerca, personalizzando i risultati che ha elaborato in relazione ad aspetti connessi all’utente.

Figura 3 — My Answers: il nuovo tasto per i risultati privati attivo nelle SERP.

Diventa quindi molto importante capire in che modo una persona effettua una ricerca su Google e la prima discriminante fondamentale consiste nel comprendere se questa ricerca viene effettuata essendo già collegati al proprio account Google, oppure no (in termine tecnico quest’ultima opzione si definisce “senza accesso eseguito”). L’account Google è un sistema di accesso unificato che consente di accedere a tutti i prodotti Google gratuiti (Gmail, Google Gruppi, Picasa etc.) Per ottenere un account Google è sufficiente inserire i propri dati all’interno di questo link: https://accounts.google.com/signup Per avere maggiori informazioni sull’utilizzo e le funzionalità dell’account Google questo è il link della guida ufficiale: https://support.google.com/accounts/? hl=it#topic=3382296 In questo modo chi effettua una ricerca con il proprio account Google, fa sì che tutte le ricerche e le attività web effettuate possano essere salvate da quella che Google definisce “Cronologia web”. Per chi ha un account Google è possibile verificare la propria Cronologia web semplicemente attraverso questo link: https://history.google.com/history/ La cronologia web è privata, ma è utilizzata da Google per personalizzare le ricerche dell’utente nel tentativo di migliorare la risposta.

L’obiettivo di Google è infatti quello di anticipare i bisogni dell’utente per fornire una risposta in base all’utilizzo “storico” del motore di ricerca. Significa che se effettuiamo una ricerca su Google digitando per la prima volta la parola “Pesca” e successivamente clicchiamo in corrispondenza di una pagina web che si riferisce al frutto, le volte successive Google inserirà nelle prime posizioni della “nostra” SERP le pagine web che si riferiscono al frutto del pesco e non alla cattura di animali che vivono in ambiente acquatico o ad un a lotteria in cui vengono estratti da un’urna i biglietti vincenti! Google oltre a personalizzare la pagina dei risultati in base alle ricerche effettuate con un account Google, le modifica in funzione della località da dove vengono effettuate, rilevando la posizione geografica dall’indirizzo IP da cui si accede al web. L’indirizzo IP (Internet Protocol address) è un’etichetta numerica che permette di identificare univocamente uno specifico computer o un qualsiasi altro dispositivo di rete o una rete, riconoscendone la provenienza geografica. A questo punto la domanda di chi si approccia alla SEO potrebbe essere: come possiamo verificare la vera posizione del nostro sito per verificare nelle SERP se le ricerche dipendono dalla località e dalla cronologia web o dalle ricerche precedentemente effettuate? La soluzione c’è ed è molto semplice: è sufficiente aggiungere il parametro &pws=0 all’indirizzo URL dei risultati dei risultati dei motori di ricerca per far apparire i risultati senza personalizzazioni. Essendo in Italia, per evitare personalizzazioni relative alla località è sempre bene effettuare questa ricerca dall’estensione .com di Google. Quindi se volessimo verificare la SERP relativa alle parole chiave “SEO Google” senza alcuna personalizzazione scriveremo nell’indirizzo URL: https://www.google.com/search?q=seo+google&pws=0

Figura 4 — Esempio di ricerca con il parametro &pws=0.

Questo metodo può risultare utile non solo a chi fa SEO, ma anche agli utenti che possono capire come cambiano le loro ricerche a seconda dell’aggiunta di personalizzazioni o meno, e in certi casi aiuta a “smascherare” chi promuove i propri risultati SEO in modo “poco onesto”, ad esempio portando il proprio computer durante i colloqui con l’azienda che gli ha affidato il lavoro SEO. Infatti, avendo già effettuate molte ricerche sull’azienda sul proprio computer, ovviamente sarà molto più probabile trovare il sito oggetto dell’attività SEO nelle prime posizioni delle SERP.

Professione SEO: perché non se ne può fare a meno Una volta preso atto di queste personalizzazioni, ci si potrebbe chiedere se vale davvero la pena di lavorare alla cosiddetta “SEO organica” o non sia meglio pagare per essere posizionati su Google, attraverso l’apposito servizio Google AdWords. Per SEO organica detta anche SEO naturale, si intende il posizionamento delle pagine del nostro sito web dovuto esclusivamente delle tecniche SEO utilizzate senza investire in forme pubblicitarie. In realtà, anche se i tempi del posizionamento organico possono non essere brevi e a volte è difficoltoso raggiungere gli obiettivi prefissati, a differenza delle campagne a pagamento possono durare nel tempo, poiché un annuncio promozionale appena terminerà la campagna farà sparire completamente dalle SERP il nostro sito. Inoltre la maggior parte degli utenti è naturalmente predisposta a visionare e cliccare sui risultati organici perché ormai inizia a riconoscere i link che deviano dagli annunci pubblicitari a pagamento e tende a evitarli. Ecco perché qualsiasi tipo di attività (imprenditoriale, promozionale, a carattere sociale

etc.) non può ormai prescindere da utilizzare una figura professionale legata alla SEO, che generalmente viene definita Search Engine Optimizer o SEO Specialist o Search Engine Expert. Search Engine Expert: “…figura professionale che, gestendo e supportando lo sviluppo di servizi Web e di marketing digitale, si occupa del raggiungimento del miglior ritorno sull’investimento (ROI) dato dalla visibilità all’interno di motori di ricerca e servizi a loro afferenti.” Definizione contenuta nel documento ufficiale, realizzato dal Gruppo Web Skills Profiles, con lo scopo di definire i profili professionali europei ICT di terza generazione che siano maggiormente aderenti al settore del Web. Link al documento completo: http://www.skillprofiles.eu/stable/g3/profiles/WSP-G3007.pdf Il SEO dunque, se ci riferiamo al professionista che utilizza queste tecniche per ottimizzare i siti web, diventa “la chiave” per essere presenti in modo efficace online soprattutto per chi attraverso il web vuole promuoversi, offrire i propri servizi, vedere i propri prodotti. Abbiamo iniziato a intravedere qualche caratteristica che ogni Seo Specialist dovrebbe avere anche se, in apparenza, queste caratteristiche potrebbero sembrare esclusivamente tecniche o comunque legate al mondo dell’informatica: software, database, algoritmi matematici, modifica di linguaggi di programmazione come l’HTML etc. In realtà questo libro vuole approcciarsi alla SEO con uno sguardo più “umanistico”, avvicinandosi sempre più a quella “SEO semantica” che Google sta portando avanti ormai da tempo e che sta iniziando a concretizzarsi dopo l’avvento dell’algoritmo Hummingbird (Colibrì). Ecco perché cercheremo di affrontare la parte più tecnica, quella dedicata alla SEO On page, con una particolare attenzione rivolta a chi conosce poco o nulla di programmazione HTML, utilizzando i tanti strumenti che ci offre il web per superare qualsiasi “barriera” informatica.

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APITOLO 2

Gestione SEO on page

Pianificare le attività Per promuovere un sito nuovo o già esistente attraverso le tecniche SEO e di web marketing, i primi passi fondamentali da compiere consistono nel preparare un piano di azioni in cui possano essere verificati i dati e in base ai risultati raggiunti, sia possibile proporre nuove azioni o modifiche per raggiungere gli obiettivi prestabiliti in fase di programmazione. Per questo motivo occorre pianificare una strategia precisa e crearsi un metodo di lavoro efficace, utilizzando i giusti strumenti a nostra disposizione che fortunatamente sono forniti gratuitamente proprio dal motore di ricerca per cui concentriamo i nostri sforzi, ovvero Google. La prima cosa da fare per utilizzare tutti questi strumenti offerti, è creare un account di Google inserendo un indirizzo mail valido e una password, da questo link: accounts.google.com/NewAccount?hl=it Anche se, come abbiamo visto, i recenti cambiamenti algoritmici di Google permettono posizionamenti molto più veloci rispetto a qualche anno fa, è sempre bene pianificare una strategia che permetta di programmare i propri obiettivi e monitorare le azioni intraprese e i risultati ottenuti. Ovviamente tutto questo deve essere impostato tenendo conto della variabile tempo e deve essere sempre possibile poter modificare i propri obbiettivi in meglio o in peggio, a seconda dei risultati. La variabile tempo è da considerare secondo due aspetti differenti. Il primo aspetto riguarda il tempo che occorre pianificare per le varie attività di SEO e web marketing. ovvero entro quanto tempo posizionare le parole chiave tra i primi 10 risultati o quanti nuovi visitatori al sito deve portare un’azione di web marketing, ad esempio entro 1 settimana. Il secondo aspetto riguarda il tempo necessario a svolgere tutte queste attività che è quindi strettamente legato alle risorse che si hanno a disposizione, in quanto un’efficace attività di web marketing ha comunque bisogno di risorse continue, soprattutto se si decide di utilizzare i social network a supporto di queste azioni. Per pianificare queste attività è possibile utilizzare il diagramma di Gantt integrato con l’istogramma delle risorse. Diagramma di Gantt Per la realizzazione del diagramma di Gantt (dal nome dell’ingegnere americano che lo introdusse all’inizio del XX secolo), è necessario associare alle attività di promozione la loro durata stimata. Questa tecnica consente di descrivere il programma di realizzazione di un progetto, nel nostro caso di promozione, attraverso la rappresentazione della durata delle sue attività su un grafico (istogramma)

utilizzando l’asse delle ascisse come scala temporale. Sull’asse verticale, non orientato, sono indicate le attività di cui si compone il progetto. La collocazione delle “barre” di attività lungo l’asse temporale consente di evidenziare non solo la durata, ma anche l’epoca di realizzazione di ogni attività. Spesso a questo diagramma si affianca l’istogramma delle risorse perché il diagramma di Gantt ha il difetto di non essere ottimizzato per l’utilizzo delle risorse. L’istogramma delle risorse viene costruito indicando, per ogni periodo, la quantità di risorse complessivamente necessarie in base al tempo stimato.

Per realizzare un diagramma di Gantt delle attività, è possibile utilizzare Gantt Project, software gratuito scaricabile dal sito www.ganttproject.biz/. Per creare un diagramma di Gantt in cui è possibile associare le attività alla risorse, esiste un altro software gratuito chiamato Open Proj scaricabile dall’indirizzo: http://sourceforge.net/projects/openproj/

Diario di bordo con Google Calendar Anche se il diagramma di Gantt è un ottimo strumento di lavoro soprattutto per la pianificazione, Google Calendar, strumento gratuito offerto da Google, permette di creare une vero e proprio diario di bordo con avvisi, per gestire tutte le attività legate alla SEO e al web marketing. Soprattutto per quanto riguarda la gestione delle azioni legate alla SEO, è infatti necessario crearsi un diario di tutte le attività effettuate per capire quali incidono in modo positivo o negativo sui motori di ricerca o se, ad esempio, si riscontrano fluttuazioni nei posizionamenti di determinate parole chiave, in corrispondenza con aggiornamenti dell’algoritmo di Google. Google Calendar è un ottimo strumento per gestire un diario di bordo SEO perché oltre a tener traccia di tutte le azioni trascritte, permette anche di inviare promemoria, utili ad esempio a verificare i risultati delle azioni intraprese tempo prima. Per utilizzare questo strumento è sufficiente collegarsi con il proprio account di Google a questo link: https://www.google.com/calendar?hl=it È possibile nominare calendari diversi a seconda delle attività, quindi volendo possiamo anche creare due calendari differenti: uno legato alle azioni SEO on page e l’altro dedicato alle attività di web marketing. Una buona metodologia di lavoro potrebbe essere la seguente: in data 02/07/2013 fissiamo l’obiettivo di essere presenti con il nostro sito web nelle prime due pagine di Google, con una determinata parola chiave (ad esempio “booktrailer”); creiamo su Google Calendar l’evento come riportato dalla figura 5, avendo cura di

personalizzarlo compilando la form dedicata al nome (ad esempio “Posizionamento prime 2 pagine booktrailer”); scegliamo il calendario utilizzato (nel nostro caso “Diario_SEO”); inseriamo eventualmente inseriamo una descrizione dettagliata; scegliamo un colore dell’evento per differenziarlo dalle azioni intraprese e dall’analisi dei risultati (ad esempio blu); lasciamo le altri opzioni come indicato nella figura 5.

Figura 5 — Esempio di utilizzo di Google Calendar.

Allo stesso modo tracciamo le azioni SEO intraprese, nominandole in modo descrittivo (ad esempio “Modifica meta tag description”) e colorandole con un colore diverso per differenziarle dagli obiettivi (ad esempio utilizziamo il colore rosso). Infine, impostiamo l’evento di analisi dei risultati, utilizzando la stesse modalità sopra descritte, ma in questo caso impostiamo anche il promemoria, via mail o tramite pop-up per ricordarci quando effettuare il controllo. In questo modo sarà sempre possibile verificare le azioni svolte ed eventualmente effettuare modifiche nel caso in cui gli obiettivi non vengano rispettati.

La scelta del dominio Una delle prime scelte da compiere, in parte legate alle tecniche SEO, è la scelta del nome di dominio del sito web, soprattutto nel caso di nuovi siti o progetti, ma anche nel caso in cui occorra migliorare il posizionamento di siti già esistenti. Ecco qualche caratteristica che può esser utile per scegliere il giusto nome di dominio: utilizzare un nome non troppo lungo (mai più di 3 parole chiave) e facile da

ricordare; scegliere parole comuni utilizzate dalla maggior parte delle persone (ad esempio meglio il termine “assistenza computer” che “assistenza videoterminali”); scegliere un nome di dominio unico e non confondibile con altri; evitare di utilizzare caratteri speciali o trattini tra due parole. Ad esempio magliecalciointernazionali.com è meglio di maglie-calcio-internazionali.com, perché è più facile comunicarlo anche oralmente, mentre per i motori di ricerca non fa differenza perché capiscono la divisione tra le 3 parole chiave; corrispondenza delle parole chiave utilizzate nel dominio con gli argomenti trattati dal sito. Risulta ormai meno fondamentale, soprattutto a livello SEO, la scelta dell’estensione del dominio (.it, .com, .net, .org etc.) che può dipendere invece dal pubblico di riferimento. Se il pubblico sarà esclusivamente italiano è preferibile un’estensione .it, ma è bene ricordare che un’estensione .com anche a livello di brand, può essere molto significativa, perché è riconosciuta in tutto il mondo ed è anche tra le più antiche estensioni disponibili, essendo nata nel 1985, anche se il suo boom è legato alla diffusione di Internet nel 1997. Tra le caratteristiche che possono incidere soprattutto a livello di SEO c’è anche l’anzianità del dominio che più è alta, più favorisce il posizionamento sui motori di ricerca, anche se ovviamente il sito web deve comunque rispondere a determinate caratteristiche di contenuti: un sito non aggiornato da anni verrà comunque penalizzato da Google, rispetto ad un sito più recente, ma aggiornato frequentemente.

Densità e prossimità delle parole chiave Se per la scelta del dominio occorre solo concentrarsi su quali parole chiave scegliere, per tutte le altre pagine del sito web entrano in gioco altre variabili, ad esempio quante volte ripetere una parola chiave che vogliamo posizionare o come comportarsi nel caso di più parole chiave da utilizzare. Entriamo allora nel cuore della SEO, introducendo due caratteristiche fondamentali per l’utilizzo della parole chiave in un testo: la densità e la prossimità. È possibile quantificare la densità come risultato del rapporto tra il numero di volte che compare una parola chiave da utilizzare per il posizionamento sui motori di ricerca e tutte le altre parole presenti in una pagina web. Questo rapporto generalmente si esprime in percentuale, pertanto va moltiplicato il risultato per 100. Ad esempio se ripetiamo 6 volte una parola chiave in un testo con 150 parole totali, la densità sarà pari al 4% (6/150 x 100= 4%). Tuttavia per far sì che queste parole chiave scelte, portino ad un miglior posizionamento della pagina web sui motori di ricerca, occorre equilibrarle con il resto del testo della pagina, poiché uno sbilanciamento eccessivo di parole chiave può essere visto in modo negativo dai motori di ricerca, Google in primis, che tendono a penalizzare chi utilizza questa tecnica in modo eccessivo. Non esistono numeri o formule precise, ma solamente un lavoro di equilibrio per

riuscire a ripetere le parole chiave in modo da farsi notare da Google e allo stesso tempo mantenere il testo “naturale” e leggibile, curando qualitativamente i contenuti testuali. Proprio per questo, ultimamente, accanto al concetto di Keywords density si è fatto strada il concetto di Keywords rank: non conta solo la densità di parole chiave, ma conta molto anche la posizione all’interno del testo. Un’altra caratteristica legata alle parole chiave che riveste una notevole importanza per il posizionamento sui motori di ricerca, è la cosiddetta prossimità delle parole chiave che altro non è che la distanza delle parole chiave all’interno di un testo. Google tende a posizionare tra i primi posti nelle SERP le pagine in cui due parole chiave sono riportate senza alcuna congiunzione o altra parola in mezzo. Ad esempio se si cerca “lavoro web” verrà posizionata meglio una pagina che utilizza come parole chiave nel titolo e nella pagina “lavoro web”, rispetto ad una che utilizza “lavoro sul web”. Ovviamente più due termini ricercati sono distanti, più verranno posizionati in basso nelle SERP, per questo se si vogliono posizionare due parole chiave, è sempre meglio evitare qualsiasi elemento tra i due termini scelti e concentrare questa tecnica soprattutto sul titolo della pagina poiché è il primo elemento che Google considera per la prossimità delle parole chiave, anche se sarebbe meglio mantenere la stessa prossimità anche all’interno dei contenuti del testo della pagina.

I tag HTML Una volta assimilati i concetti di densità e prossimità, è il momento di applicarli dal punto di vista tecnico, attraverso l’ottimizzazione dei tag HTML. Come già detto uno dei concetti chiave delle tecniche SEO è quello di favorire lo Spider ad accedere al nostro sito, cercando di fornire tutte le informazioni possibili in merito ai suoi contenuti. I tag HTML, altrimenti detti meta tag, sono informazioni nascoste all’occhio del visitatore, ma contenute all’interno del codice HTML che permettono di comunicare agli Spider, informazioni aggiuntive su una pagina web o su un documento multimediale collegato. Per modificare o inserire questi tag, è sufficiente salvare la propria pagina web e modificare il codice html attraverso un semplice editor di testo come ad esempio Block notes. Oppure nel caso di utilizzo di un CMS, come ad esempio WordPress, è sufficiente installare ed impostare correttamente un plugin dedicato, come vedremo dettagliatamente nel corso del libro. Un CMS (Content management system) è un software che serve per gestire interamente i contenuti di un sito web una volta installato su un server. I CMS gratuiti più utilizzati al mondo sono WordPress (http://wordpress.org/), Drupal (http://drupal.org) e Joomla (http://www.joomla.org/). La scelta del CMS dipende da molti fattori, ma pur essendo tutti e tre sistemi Open source

- ovvero in cui il software è libero e può essere sviluppato gratuitamente - per la facilità di installazione, di utilizzo e di aggiornamento, consigliamo sicuramente WordPress. Inoltre è il CMS che è cresciuto più velocemente creando un’enorme comunità di appassionati che facilita il suo sviluppo e permette di aggiungere numerose funzionalità, nella maggior parte dei casi gratuitamente.

Il tag title Ovviamente uno dei codici che più influenzano i motori di ricerca è il tag legato al titolo della nostra pagina web, ovvero il tag title. Ecco perché diventa fondamentale anche per chi deve curare la scrittura di un testo web, iniziare fin da subito a pensare ai contenuti testuali in ottica SEO, in modo da automatizzare questi processi, evitando di modificare direttamente il codice HTML ogni volta che si pubblica un nuovo contenuto. Per visualizzare il codice HTML di una pagina web è sufficiente cliccare con il tasto destro del mouse mentre si sta navigando su un sito web e a seconda del browser utilizzato seguire le seguenti istruzioni. Per PC (con sistema operativo Windows) Se si utilizza come browser Chrome o Firefox una volta cliccato con il tasto destro del mouse, scegliere l’opzione “Visualizza sorgente pagina”. È anche possibile utilizzare i comandi da tastiera tenendo premuti contemporaneamente i tasti CTRL e lettera U. Nel caso si preferisse come browser Internet Explorer, è sufficiente scegliere l’opzione “HTML”. Anche in questo caso è possibile utilizzare il comando veloce premendo contemporaneamente i tasti CTRL e lettera U. Per Mac Se si utilizza il browser Safari occorre rendere visibile il menù “Sviluppo”, scegliendo la voce “Avanzate” dal menù “Preferenze” e spuntando la voce “Mostra menù Sviluppo nella barra dei menù”. A questo punto è sufficiente selezionare “Mostra Sorgente pagina”. È possibile anche utilizzare il comando rapido da tastiera, cliccando contemporaneamente i tasti , Command, Option e lettera U. Per Firefox e Chrome l’opzione da selezionare è sempre “Visualizza sorgente pagina” oppure anche in questo caso è possibile attivare il comando da tastiera tenendo premuti contemporaneamente i tasti Command, Option e lettera U. La figura sottostante mostra un esempio di come è posizionato il tag title all’interno del codice HTML (sottolineato in blu) e soprattutto evidenzia come il titolo dell’articolo verrà automaticamente visualizzato all’interno della pagina di ricerca di Google.

Figura 6 — Posizionamento del title nel codice HTML e visualizzazione su Google.

In questo esempio sono inoltre riportate due tecniche SEO molto interessanti legate al titolo e che possono portare risultati di posizionamento eccellenti. La prima regola riguarda l’utilizzo dei due punti all’interno del titolo, in questo caso “App marketing: il nostro nuovo ebook”. Google da grande importanza alle prime parole del titolo e premia una forma di contenuti formata da due parti: una parte sintetica + una parte descrittiva. In questo caso la prima parte “App marketing” è volutamente sintetica e legata alle parole chiave che si vogliono indicizzare, mentre la seconda parte entra maggiormente nel dettaglio, specificando che è il titolo di un ebook (altra parola chiave) e che è appena uscito (“nuovo”). Un’altra tecnica utilizzata è quella dell’inserimento nel title del separatore pipe “|” che rappresenta un elemento molto interessante perché Google lo riconosce come un elemento separatore che divide il tag title in due blocchi. Se non si ha necessità di dividere in due blocchi il titolo perché si vogliono comprendere nel posizionamento anche le parole chiave del dominio del sito web, il pipe può essere sostituito dal trattino “-” (carattere ASCII 45). In ogni caso questi simboli vengono utilizzati per includere nel titolo il nome del proprio sito web, in modo da fornire al visitatore la provenienza dell’articolo sin dal titolo, quindi in modo automatico fin dal risultato dei motori di ricerca. Un’altra caratteristica fondamentale riguarda la lunghezza del titolo che deve comunque mantenersi sintetico, poiché Google tende ad indicizzare un massimo di 12 parole inserite nel title e soprattutto mostra al massimo 70 caratteri (spazi inclusi) nel campo titolo delle SERP. Tuttavia, poiché Google ultimamente sta facendo alcuni esperimenti sul nuovo layout delle SERP, adattandolo sempre di più alla visualizzazione mobile, è consigliabile mantenersi comunque sotto i 58 caratteri (spazi inclusi) per non rischiare di avere il titolo “tagliato” nelle SERP dopo i prossimi aggiornamenti grafici.

Il meta tag description Sempre guardando l’esempio della figura 6, appare evidente come la descrizione della pagina che appare subito dopo la data, sia molto importante, soprattutto per far capire al lettore il contenuto dell’articolo.

La parte di codice HTML che gestisce il campo descrizione è chiamata description e oltre a curarla dal punto di vista comunicativo, poiché rappresenta l’anteprima dell’articolo, è bene prestare attenzione ad alcuni dettagli, poiché questo tag ha una grande importanza per i motori di ricerca. Utilizzando l’esempio della figura 6, vediamo come appare il meta tag description nel codice HTML:

Anzitutto occorre prestare attenzione alle lunghezza della description, sia per il numero di parole da utilizzare - generalmente è meglio non superare le 15 parole - sia per il numero di caratteri (spazi inclusi) che per indicazione di Google non dovrebbero mai essere superiori a 158 per essere presenti integralmente nelle SERP. Il meta tag description è molto importante per il posizionamento perché Google cerca proprio in questa porzione di codice HTML le informazioni da mostrare in anteprima nel campo snippet, nel caso non le trovasse nel contenuto del testo.

Figura 7 — Esempio di snippet nelle SERP.

Lo snippet, quando si riferisce ai motori di ricerca, è un breve estratto di una pagina web indicizzata, che in Google equivale a: titolo della pagina, indirizzo URL e descrizione dell’articolo. Ecco perché occorre sempre compilare il meta tag description: in questo modo: Google non riempirà la descrizione cercando i contenuti nella pagina, ma troverà il contenuto corretto direttamente dal codice HTML. Appare quindi evidente come sia fondamentale lavorare molto su questo campo, cercando di riempirlo di contenuti persuasivi per attirare il visitatore ad entrare nella nostro sito e mettendo in correlazione le parole chiave presenti nel titolo e nel testo della pagina web.

I tag di intestazione I tag di intestazione come si evince dal nome, riguardano il tipo di intestazione da dare al testo e possono considerarsi l’equivalente degli stili di testo utilizzati dai principali programmi di scrittura. Tuttavia il loro utilizzo non è solo quello di indicare una formattazione del testo diversa

esclusivamente a livello visivo, bensì consentono di attribuire una maggior importanza alle parole scelte all’interno di questi tag, anche agli occhi dei motori di ricerca. È possibile organizzare un testo di una pagina web assegnando fino a 6 tag di intestazione in ordine d’importanza, dal tag H1 che generalmente viene collegato al titolo della pagina, fino ad arrivare al tag H7 assegnando via via minor importanza ad altre parti del testo. È quindi possibile assegnare 7 diversi livelli di importanza ai contenuti testuali, anche se logicamente i più importanti e i più utilizzati sul web sono i primi 3 tag: H1, H2 e H3, da utilizzare rispettando sempre l’ordine gerarchico decrescente, senza saltare alcun livello in modo che dopo l’H1, vada sempre l’H2, senza saltare direttamente all’H3. Il tag H1, l’unico obbligatorio, è quello che avrà la maggior importanza per il motore di ricerca, quindi generalmente viene utilizzato per il titolo, dovendo indicare sinteticamente l’argomento della pagina web o dell’articolo ed ovviamente come già detto, deve contenere al suo interno le stesse parole chiave inserite nel tag title e nel meta tag description. Il tag H1 deve inoltre essere utilizzato solamente una volta per pagina ed è consigliabile posizionarlo il più in alto possibile poiché gli Spider leggono la pagina web dall’alto verso il basso. I tag H2 possono invece essere ripetuti (il consiglio è comunque di non ripeterli più di 3 volte) e generalmente vengono utilizzati per frammentare il testo in sottotitoli, sezioni o paragrafi, cercando di fornire un ordine alle pagine web che devono comunque mantenere un contenuto testuale sintetico. I tag H3 possono essere utilizzati per sotto paragrafi, per link testuali, per elenchi o per liste di link o altri contenuti. Gli altri tag fino al tag H7, vengono solitamente utilizzati per testi aggiuntivi, note, approfondimenti, informazioni di contatto o di diritti, legati alla pagina web. Ecco un breve esempio di come utilizzare questi tag nel codice HTML: App marketing: il nostro nuovo ebook È disponibile il nostro nuovo ebook: una guida per promuovere la tua app Come promuovere la tua app online le principali tecniche di web marketing Come promuovere la tua app all’interno degli store Le regole specifiche di promozione a seconda dello store utilizzato Disponibile sui principali store

URL “parlante” Tra le ottimizzazioni SEO on page, rientra tra le principali tecniche da utilizzare, la denominazione degli indirizzi URL del proprio sito web.

L’indirizzo URL (Uniform Resource Locator) è l’indirizzo con cui viene identificata non solo una pagina web (ad. esempio chisiamo.html), ma anche una risorsa multimediale ad esso collegata come file, immagini, o altri contenuti multimediali. Pertanto la prima azione da compiere, è controllare che gli indirizzi URL delle pagine HTML generate dal sito web, siano modificabili, in quanto alcuni software per gestire siti web generano pagine numeriche, o legate alla data di pubblicazione della pagina (es. www.sito.com/?id=4126&idlivello=3 o www.sito.com//2012/01/12/titolo.html). Se è possibile modificare gli indirizzi URL o impostarli automaticamente, è bene che questi contengano sempre le parole chiave rilevanti per title, meta tag description e contenuti testuali. Per questo motivo perché vengono definiti in gergo URL “parlanti”. Sempre utilizzando l’esempio della figura 6 che riguarda il lancio di un nuovo ebook, l’indirizzo URL legato all’articolo è http://www.comunicazionelavoro.com/appmarketing-il-nostro-nuovo-ebook Come si può vedere dall’esempio è sempre preferibile utilizzare il simbolo “-” per separare le parole, evitando accuratamente caratteri accentati o speciali che alcuni browser non accettano, rendendo non usufruibile la pagina. Un altro elemento importante da considerare, soprattutto per siti aziendali o che hanno all’interno diverse categorie, è la denominazione delle cartelle. Infatti, è opportuno organizzare i contenuti per categorie creando specifiche cartelle, in modo tale da ordinare i contenuti del sito e aumentare la possibilità di posizionamento. Ad esempio, un sito di un negozio di abbigliamento potrebbe dividere i suoi prodotti per cartelle, sfruttando anche le parole chiave: www.sito.com/scarpe/scarpe-sportive-nike, in modo da attirare i visitatori che cercano come parole chiave “scarpe sportive” o “scarpe sportive nike”.

Ottimizzare il nome dei file pdf Come già detto, l’indirizzo URL non è legato esclusivamente alla pagina web, bensì a tutte le risorse multimediali ad essa collegate, come ad esempio documenti da scaricare, immagini, link etc. Ecco perché è importante ottimizzare dal punto di vista della SEO anche queste risorse, iniziando a lavorare sul loro nome e utilizzando le stesse regole che sono state applicate per il nome della pagina. Tuttavia è possibile ottimizzare a fondo anche gli “attributi” di queste risorse, ad esempio i file con estensione pdf, attraverso numerosi tool gratuiti (uno di questi è Debenu pdf Tool scaricabile da questo indirizzo http://www.debenu.com/products/desktop/debenupdf-tools/free/). Gli attributi del file con estensione pdf da ottimizzare, oltre al nome del file, sono: Title: attributo fondamentale perché viene utilizzato anche come titolo nei risultati

dei motori di ricerca; Author: indica l’autore del documento. Può avere importanza anche per i motori soprattutto se legato all’authorship dell’autore. Subject: rappresenta fondamentalmente la descrizione del nostro documento che apparirà sui motori di ricerca. Quindi vanno utilizzate le stesse tecniche di ottimizzazione utilizzate per il meta tag description.

Ottimizzare le immagini Anche per le immagini esistono attributi che possono favorire il posizionamento di una pagina web sui motori di ricerca, ma per ottimizzarli occorre agire lato codice HTML. Prima di tutto, è sempre bene nominare il file legato all’immagine con le regole che abbiamo già visto: ripetizione delle parole chiave separate dal “-” (es. cover-ebook-appmarketing.jpg). Per quanto riguarda il codice HTML invece, occorre intervenire sugli attributi alt e title (nel codice HTML rispettivamente e ). L’attributo alt nasce per permettere di leggere i contenuti di una pagina web a persone con disabilità e nello specifico per comunicare il contenuto di un’immagine. Inoltre, fornisce le informazioni sull’immagine qualora questa non fosse presente per problemi legati al caricamento o al browser. Quindi occorre prestare molta attenzione ad utilizzare questo attributo, equilibrando le parole chiave con l’accessibilità. L’attributo title permette invece di mostrare un testo descrittivo al passare del mouse sopra l’immagine e per questo può essere liberamente sfruttato dal punto di vista SEO, utilizzando le parole chiave da indicizzare, purché coerenti con i contenuti dell’immagine. Ecco come utilizzare questi attributi nel codice HTML utilizzando il solito esempio:

Le immagini di un sito web devono sempre essere molto leggere come dimensioni, per permettere alla pagina di caricarsi velocemente, qualità che viene premiata da Google per il posizionamento nelle SERP. È bene quindi comprimere il peso dei file di tutte le immagini prima di pubblicarle sul sito utilizzando programma di editing di immagini. Ad esempio Gimp, scaricabile da questo link http://gimp.linux.it/www/downloadhome.html, è un ottimo programma di editing gratuito che permette di ottimizzare le immagini per il web grazie al plugin “Save for web” (per scaricarlo: http://registry.gimp.org/node/33).

Ottimizzare i link Anche i link inseriti all’interno del sito web possono essere ottimizzati in maniera simile alle immagini, poiché anch’essi possono utilizzare l’attributo title, con la differenza che il testo descrittivo apparirà quando il mouse si posiziona sulle parole scelte per essere “linkate”. Proprio le parole da “linkare”, vanno scelte in modo approfondito, poiché anche queste possono essere molto importanti per il posizionamento della pagina web. Ecco perché è assolutamente da evitare collegare il link a frasi del tipo “clicca sul link” o “clicca qui per saperne di più”, poiché sono termini talmente generici da non portare nessun informazione aggiuntiva. Molto meglio ottimizzare il collegamento ai link, aggiungendo le informazioni specifiche correlate alle parole chiave scelte per la pagina web, ad esempio “link all’anteprima dell’ebook app marketing”. Generalmente una buona strategia da utilizzare, è quella di inserire nell’attributo title del codice HTML, lo stesso testo scelto per essere linkato, ad esempio: Link (scarica gratis ebook app marketing).

Anchor Text Il testo che viene utilizzato per rimandare attraverso un link a un altro sito web viene chiamato tecnicamente Anchor Text, ossia testo di ancoraggio. Nell’esempio di codice HTML sopra riportato equivale a “Link (scarica gratis ebook app marketing)”.

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APITOLO 3

SEO on page: gli strumenti di Google

Prima di tutto: quali parole chiave scegliere? Abbiamo visto come la SEO si basa essenzialmente sull’ottimizzazione delle parole chiave da posizionare sui motori di ricerca: dominio, tag HTML, immagini, documenti etc. Ma come si identificano le giuste parole chiave per far sì che il nostro sito web sia posizionato in modo efficace sui motori di ricerca? Questa è forse la fase più delicata, determinante e complessa di un progetto SEO: per questo dedicheremo un approfondimento specifico, soprattutto per imparare a creare una metodologia che permetta di scegliere in modo strategico le giuste parole chiave per raggiunger l’obiettivo che ci siamo prefissati. Ed è proprio dall’obiettivo che dobbiamo partire: può sembrare scontato ma bisogna imparare anche a crearsi obbiettivi concreti, realistici, raggiungibili. La prima domanda legata agli obbiettivi per chi si approccia ad un ottimizzazione SEO per un’azienda o per un progetto, potrebbe essere: quali sono le parole chiave che i nostri potenziali visitatori/clienti utilizzano per trovare i prodotti o servizi offerti? Questa in realtà potrebbe non essere la domanda corretta per partire, perché generalmente, quando le aziende si trovano nella condizione di dover decidere per quali parole chiave posizionarsi, i criteri per la scelta sono abbastanza superficiali, limitandosi in molti casi ai prodotti, servizi offerti o a generici argomenti che riguardano il brand o l’attività svolta. Inoltre soprattutto se stiamo lavorando per un’azienda, potrebbero essere scelti termini molto tecnici pensati esclusivamente per gli addetti ai lavori (colleghi, fornitori, competitor etc.) che tuttavia vengono utilizzati poco o niente da chi effettua una ricerca sul web cercando quello specifico prodotto o servizio. Pensiamo ad esempio ad un’azienda che vende finestre che vuole essere posizionata su Google per i propri prodotti: se fate scegliere all’azienda quale parole chiave posizionare la risposta potrebbe essere “Infissi in vetro camera”. Nulla da eccepire, il termine tecnico è quello corretto, ma la domanda che ogni SEO dovrebbe sempre porsi è: se un utente volesse questo prodotto come lo cercherebbe su Google? In questo caso, utilizzando gli strumenti che verranno ampiamente descritti all’interno di questo capitolo, scopriremo presto che le persone o meglio i potenziali clienti, quando effettuano una ricerca su Google in questo caso digiterebbero “finestre in doppio vetro” utilizzando 2 termini sinonimi per descrivere lo stesso prodotto, sostituendo “finestre” al posto di infissi e “doppio vetro” al posto di “vetro camera”. Quindi proviamo a stilare alcune domande preliminari che dobbiamo utilizzare prima di scegliere le giuste parole chiave o di partire con qualsiasi tipo di progetto SEO: 1. Qual è il reale obiettivo e quali risultati vogliamo raggiungere a seguito della presenza della pagine del sito web aziendale (o del nostro progetto) su Google? 2. Qual è il target di utenza a cui ci rivolgiamo (clienti fidelizzati, nuovi clienti,

diffusione del brand etc.)? 3. Abbiamo necessità di essere presenti su Google per ampliare il nostro target? Se sì, in quali settori (o argomenti) correlati alla nostra attività? 4. Quali sono i servizi o i prodotti offerti dall’azienda o dal sito web oggetto del progetto SEO? 5. Tra i prodotti e i servizi offerti, quali sono i termini che vengono utilizzati dagli utenti per ricercarli su Google? 6. Attraverso un’analisi SWOT riusciamo ad analizzare e individuare i punti di forza e di debolezza dell’azienda, dei prodotti/servizi correlati o del progetto? 7. Quali sono i nostri competitor e con quali parole chiave sono posizionati su Google? L’analisi SWOT o SWOT Analysis, è uno degli strumenti maggiormente utilizzati per l’analisi preliminare dei piani di marketing o comunicazione di un azienda o di un progetto. Il nome deriva dall’acronimo formato dalle quattro parole in lingua inglese Strengths (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce). L’analisi SWOT interpreta in chiave di minacce e opportunità le tendenze evolutive espresse dall’ambiente esterno e analizza i punti di forza e di debolezza interni all’azienda o al progetto che vogliamo promuovere. In questo modo possiamo ottenere informazioni utili preliminari per rendere più efficaci le azioni di comunicazione rispetto al contesto nel quale si andranno a inserire. Una volta ricevute le risposte a queste domande dobbiamo impostare un metodo che ci permetta di pianificare in modo adeguato la scelta delle parole chiave. Pertanto in relazione alle risposte avute, proviamo a individuare: frasi, combinazioni, sinonimi di parole chiave che un utente potrebbe cercare in relazione ai bisogni legati alla nostra azienda o al nostro progetto; una categoria di parole chiave suddivise per tipologia (riguardanti un prodotto, un brand, un’azione da svolgere etc.); un elenco di termini e sinonimi che possono essere in qualche modo associati al nostro brand, magari prendendo ispirazione da altri competitor o aziende di riferimento legate ad altri settori. Abbiamo già capito quanto sia importante scegliere le giuste parole chiave in base al significato semantico e al loro reale utilizzo da parte dell’utenza. Ma dal punto di vista quantitativo? Quante parole chiave dobbiamo utilizzare? Anche in questo caso partiamo dagli utenti: quante parole chiave vengono utilizzate solitamente quando effettuano una ricerca?

Le statistiche in questo caso affermano che in media: tra il 30 e il 40% degli utenti effettuano una ricerca utilizzando una sola parola chiave; tra il 10 e il 30% utilizzano una combinazione di 2 o 3 parole chiave; il 10% utilizza più di 3 parole chiave. Visti i dati, istintivamente saremo portati a scegliere sempre una sola parola chiave e invece il consiglio è quello di utilizzarne più di una: è il momento di introdurre il concetto di long tail strategy, la strategia della “coda lunga”.

La long tail strategy Prima di capire in cosa consiste questa strategia è bene focalizzare bene l’obiettivo comune a ogni progetto SEO: creare contenuti di qualità che sappiano rispondere ai reali bisogni degli utenti, portandoli a compiere l’azione di cliccare sul link del nostro sito web, quando effettuano una ricerca su Google. Questo significa che se sappiamo intercettare in modo esatto i bisogni dell’utente, abbiamo molte più possibilità di ricevere una visita al sito web da parte sua. A confermare questa tesi ci viene in soccorso Chris Anderson che afferma che una strategia di marketing è molto più efficace se predilige la promozione di prodotti che hanno un basso volume di vendita o una bassa richiesta da parte dell’utente (prodotti di nicchia). Infatti questi prodotti “specifici” possono portare collettivamente a costituire una quota di mercato ben superiore rispetto a prodotti competitor di grande popolarità, ma che sono quantitativamente in numero esiguo. Riferita all’ambito SEO e nello specifico alla scelta delle parole chiave, possiamo quindi affermare che è preferibile utilizzare più parole chiave (3 o 4) combinate fra loro con un volume di ricerca inferiore, rispetto a scegliere singole o poche parole chiave (1 o 2) con un alto volume di ricerca. Facciamo un esempio concreto per comprendere meglio questa strategia. Dobbiamo lavorare a un progetto SEO per un’azienda di Firenze che vende vini di tutti i tipi, ma con una predisposizione per i vini rossi del territorio. A intuito, il termine “vino rosso” otterrà elevati volumi di ricerche su Google ogni mese, tuttavia sarà molto meglio lavorare per posizionarsi su qualcosa di più specifico come ad esempio “vini rossi toscani” o ancor meglio “vini rossi toscani pregiati”. Il motivo è molto semplice: chi sta cercando informazioni su Google e digita “vino rosso” probabilmente non ha le idee molto chiare su cosa sta cercando e vuole verosimilmente solo dare un’occhiata alle varie possibilità offerte. Chi invece digita “vini rossi toscani pregiati” ha già deciso che sta cercando un vino con determinate caratteristiche (in questo caso “rosso”, “toscano” e “pregiato”) ed è pertanto molto più propenso a cliccare sul sito web o addirittura ad acquistare online il prodotto.

Per questo motivo quel 10% di utenti che utilizza più di 3 parole chiave per una ricerca, rappresenta in realtà il nostro vero “target” a cui dobbiamo mirare, poiché è quello che ha le maggiori possibilità di effettuare una conversione. Infatti, l’ipotetica parola chiave ideale, non è quella che raccoglie il maggior numero di visitatori, ma quella che raccoglie il maggior numero di risultati/conversioni.

Figura 8 — Rappresentazione grafica della long tail strategy applicata alla SEO.

Tuttavia, anche se la combinazione di più parole chiave legata alla long tail strategy può risultare più semplice ed efficace da attuare, la strategia di scelta delle parole chiave corretta, dovrà essere impostata creando una sapiente amalgama delle tre tipologie di parole chiave che possiamo brevemente riassumere in: 1. 1 o 2 parole chiave generiche, cercando di utilizzare parole chiave con concorrenza abbastanza bassa, per aumentare le possibilità di permanenza prolungata nelle SERP e soprattutto ottenere un discreto volume di traffico verso il nostro sito web; 2. 2 o 3 parole chiave specifiche, cercando di utilizzare parole utilizzate espressamente dal nostro target di riferimento o dagli argomenti trattati. In questo modo porteremo un discreto traffico al nostro sito formato da utenti che sono interessati ai nostri argomenti e potenzialmente intenzionati ad approfondire; 3. più di 3 parole chiave legate a frasi o azioni che un utente vorrebbe compiere, in modo da intercettare i bisogni di alcune nicchie di mercato che ci interessano particolarmente. Probabilmente i volumi di traffico al sito risulteranno molto più bassi rispetto alle altre 2 scelte di utilizzo delle parole chiave, ma la possibilità che questa tipologia di visitatori compia un’azione come acquistare sul nostro ecommerce è decisamente più alta rispetto alle altre due strategie proposte. Se volessimo quantificare l’utilizzo di queste tecniche, all’interno del nostro piano di scelta delle parole chiave in riferimento al numero totale di articoli pubblicati, potremmo seguire queste percentuali:

50% di articoli con più di 3 parole chiave legate a frasi o azioni che un utente vorrebbe compiere; 30% di articoli con 2 o 3 parole chiave specifiche; 20% di articoli utilizzando 1 o 2 parole chiave generiche. Soprattutto per quanto riguarda le parole chiave generiche, dovremmo prestare molta attenzione alla concorrenza, o meglio al livello di competizione riferito ad una determinata parola chiave che non dipende esclusivamente da quante sono le pagine dei nostri competitor posizionate nelle SERP, ma deve tener conto anche delle azioni effettuate per posizionarsi.

Scoprire la concorrenza con Google Abbiamo visto che il livello di competizione, è una delle caratteristiche fondamentali per la scelta della giusta parola chiave, quindi per prima cosa dobbiamo essere in grado di analizzarlo, attraverso il primo strumento a nostra disposizione: ovvero Google, il motore di ricerca stesso, poiché ci fornisce nella maschera di ricerca il numero di risultati presenti sul web e quanto tempo ha impiegato per la ricerca. Ad esempio la ricerca delle parole “corso seo” al momento in cui viene scritto questo libro produce 1.310.000 risultati. Molto probabilmente riuscire a posizionarsi nelle prima 5 posizioni delle SERP con queste parole chiave, può risultare quasi impossibile, tuttavia il vero lavoro di ricerca delle giuste parole chiave inizia da questo momento. Se infatti iniziamo a modificare leggermente le parole chiave, magari aggiungendo dei dettagli, possiamo riuscire a “giocarcela”, soprattutto se sappiamo lavorare bene con le tecniche SEO descritte nel capitolo precedente. Proviamo infatti ad aggiungere che il corso SEO è per CMS WordPress, il risultato della ricerca “corso seo wordpress” diminuisce a 386.000. E se aggiungessimo anche che il corso offre reali opportunità per chi vuole lavorare nella comunicazione? Proviamo a effettuare la ricerca con le parole chiave “corso seo wordpress comunicazione”: solo 94.000 risultati, tutta un’altra concorrenza… Ma possiamo anche andare oltre e provare ad analizzare nello specifico le loro strategie SEO: digitiamo le parole chiave di nostro interesse su Google e clicchiamo su una delle prime pagine della SERP per capire quali parole chiave utilizzano e soprattutto dove vengono posizionate all’interno delle loro pagine web: titolo, descrizione, altri meta tag etc. Per ottenere queste informazioni è sufficiente accedere al codice sorgente della pagina web che ci interessa, utilizzando le indicazioni contenute nel capitolo precedente, premendo contemporaneamente sulla tastiera il tasto CTRL e la lettera U (per chi utilizza Mac i tasti da premere in contemporanea sono Option, Command e lettera U). Google ci offre anche la possibilità di andare direttamente a cercare informazioni sulla concorrenza aggiungendo alle nostre ricerche, comandi specifici chiamati in termine

tecnico “operatori di ricerca”. Per sapere ad esempio quante pagine nell’indice di Google hanno utilizzato la parola “corso social marketing” nell’attributo tag title, è sufficiente scrivere nella barra di ricerca di Google: allintitle:“corso social marketing”

Figura 9 — Esempio di utilizzo dell’operatore allintitle.

Google mostrerà nelle SERP l’elenco di tutte le pagine web che hanno inserito questa parola chiave nel tag title e una stima quantitativa sotto la voce “risultati” che indicherà il numero di pagine web indicizzate con queste caratteristiche. In modo analogo potremmo conoscere quali pagine web hanno inserito le parole chiave che ci interessano all’interno dell’indirizzo URL, utilizzando l’operatore di ricerca allinurl. Utilizziamo le stesse parole chiave di prima: allinurl:“corso social marketing”

In Appendice analizzeremo i principali operatori di ricerca e il loro utilizzo per trovare altre interessanti informazioni. Ora che abbiamo capito come analizzare la concorrenza o meglio il livello di competizione legato alle nostre parole chiave, vediamo come riuscire a conoscere il numero di ricerche effettuate dagli utenti in riferimento alle parole chiave che ci interessano.

Google AdWords: i volumi di ricerca Anche in questo caso Google offre un ottimo servizio gratuito attraverso lo strumento per gestire le campagne di Google AdWords. Per utilizzare questo strumento è sufficiente attivare un account AdWords gratuitamente

(https://adwords.google.it/) utilizzando mail e password del proprio account Google. Questo tool che nasce con l’obiettivo primario di gestire il sistema per l’acquisto di pubblicità online di Google, può essere utilizzato in maniera molto efficace anche per l’analisi e la scelta delle parole chiave, vediamo come. Una volta entrati nella pagina principale del tool di Google Adwords è sufficiente cliccare su “Strumenti e analisi” e dal menu a tendina scegliere “Strumento di pianificazione delle parole chiave”.

Figura 10 — La pagina di scelta dello “Strumento di pianificazione delle parole chiave”.

A questo punto alla domanda “Cosa Vuoi fare?” scegliamo come risposta “Cerca idee per le parole chiave e i gruppi di annunci”. In questo modo avremo la possibilità di inserire le parole chiave che abbiamo pensato di utilizzare per il posizionamento all’interno del form “Opzione 1: inserisci le parole chiave”.

Figura 11 — Il form di ricerca per le parole chiave.

Sotto il campo “Targeting” scegliamo la località da dove vengono effettuate le ricerche che ci interessano (es. Italia) e la lingua utilizzata (es. Italiano o Tutte le lingue, in caso di termini utilizzati anche da lingue straniere). Possiamo anche scegliere se effettuare la ricerca solo sul motore di ricerca Google o se estenderle anche ai partner di ricerca, ovvero i siti della rete di ricerca che collaborano con Google per pubblicare annunci. Nel campo “Targeting” è presente anche un’altra opzione “Mostra parole chiave a corrispondenza inversa” che è indifferente per la nostra ricerca, perché riguarda esclusivamente gli inserzionisti che non vedranno pubblicati i propri annunci quando una ricerca contiene uno qualsiasi di questi termini. A questo punto possiamo cliccare sul bottone “Trova idee” e cliccando sulla “linguetta” idee per le parole chiave, avremo la possibilità di visualizzare la stima del numero di ricerche mensili legate a quella parola chiave sotto la voce “Termini di ricerca”.

Figura 12 — I risultati di una ricerca effettuata con lo “Strumento di pianificazione delle parole chiave”.

Ma non solo, Google fornisce informazioni anche sulle parole chiave correlate, sotto la voce “Parole chiave (per pertinenza)” e possiamo anche ordinarle iniziando da quelle maggiormente cercate, cliccando sul menù a tendina “Media delle ricerche mensili” che ci permette di effettuare una classifica sull’utilizzo di queste parole in Italia (se abbiamo attivato il filtro Italia come località). Questo strumento fornisce anche un altro dato legato alla concorrenza (bassa, media, alta), ma attenzione ad utilizzare questa indicazione, poiché è riferita alla competizione relativa agli inserzionisti di Google AdWords che stanno investendo sul circuito pubblicitario legato a quella parola chiave, quindi non coincide direttamente con quanti siti sono presenti sul web con quella parole chiave! Tornando alla pagina di scelta dello “Strumento di pianificazione delle parole chiave”, riportata nella figura 10, alla domanda “Cosa Vuoi fare?” scegliamo come risposta: “Ottieni il volume di ricerca per un elenco di parole chiave o raggruppale in gruppi di annunci”. In questo modo possiamo inserire le parole chiave che abbiamo pensato di utilizzare per il posizionamento all’interno del form “Opzione 1: inserisci le parole chiave” per verificare attraverso le opzioni di punteggiatura il tipo di corrispondenza che ci interessa.

Figura 13 — Il form “Ottieni il volume di ricerca per un elenco di parole chiave o raggruppale in gruppi di annunci”.

Prima di inserire le parole chiave all’interno del form “Opzione 1: inserisci le parole chiave” è opportuno saper digitare correttamente i termini ricercati in base al tipo di corrispondenza: Corrispondenza generica: riporta volumi di ricerca contenenti le parole chiave scelte, per sinonimi, comuni errori di digitazione e anche per altre parole chiave che Google considera correlate. In questo caso è sufficiente scrivere direttamente ad esempio: corso seo. Corrispondenza Esatta: verranno restituite solo le ricerche che corrispondono esattamente, lettera per lettera, alla parole chiave inserite. Per conoscere questo dato è sufficiente scrivere le parole chiave tra parentesi quadre: [corso seo]. “Frase”: Google restituirà tutte le ricerche che contengono esattamente le parole chiave, anche in combinazione con altre parole. In questo caso occorre scrivere le parole chiave d’interesse tra virgolette: “corso seo”.

Google Trends: scegliere le parole del momento Un altro strumento molto utile per la scelta delle giuste parole chiave in funzione dei volumi di ricerca è Google Trends (http://www.google.com/trends/?hl=it) che dopo la sua fusione con il servizio Google Insight for Search, permette di capire che andamento hanno le parole digitate su Google, confrontando i volumi di ricerca tra varie parole chiave a seconda delle aree geografiche, degli intervalli di tempo e delle categorie di argomenti. Tuttavia è possibile sfruttare questo strumento anche per altri scopi, ad esempio nel caso

di indecisione su 2 termini simili da utilizzare come parola chiave, scegliendo quello più utilizzato e scoprendo l’andamento di quella parola nel tempo o il suo utilizzo a seconda del pubblico di una determinata zona geografica. Facciamo un esempio concreto: dobbiamo scrivere un articolo sul web marketing dedicato al pubblico statunitense e siamo indecisi sul titolo da utilizzare poiché sul web abbiamo trovato come sinonimo molto utilizzato “digital marketing”. Una volta digitati i due termini separati da virgola, selezioniamo come filtro “Stati Uniti” e avremo come risultato lo screen che appare nella figura.

Figura 14 — Utilizzo di Google Trends per il confronto tra 2 termini simili.

Possiamo vedere come nel corso degli anni il termine “digital marketing” indicato con il colore blu, abbia superato come utilizzo il termine “web marketing”, sia dai risultati totali di ricerca che dal trend, a dimostrazione che due parole chiave molto simili, possono avere performance di ricerca molto diverse, anche a seconda della zona geografica utilizzata, poiché se si prova lo stesso raffronto utilizzando come filtro “Italia”, il risultato è l’opposto! Per questo motivo, prima di scrivere, è altamente consigliato effettuare questa indagine preliminare per evitare di scegliere parole chiave poco utilizzate dai potenziali visitatori del sito, con una conseguente diminuzione delle possibilità di ricevere traffico per mezzo delle ricerche effettuate sui motori di ricerca. Un altro utilizzo molto interessante di Google Trends, è sfruttarlo per conoscere le parole più cercate del momento in tutto il web o per specifici argomenti (Finanza, Libri e letteratura, Hobby e tempo libero, Viaggi etc.). Il procedimento è molto semplice: basta effettuare la ricerca non inserendo alcuna parola chiave, impostare un determinato periodo di tempo (per sapere i trend del momento, consigliamo di scegliere gli ultimi 30 o 7 giorni), la nazione specifica e se vogliamo l’argomento specifico. Nell’esempio sotto riportato (Figura 15) abbiamo avuto la necessità di scrivere per un sito web alcune biografie legate a campioni dello sport, per questo abbiamo cercato di capire i termini più utilizzati negli ultimi 30 giorni nella categoria sport in Italia. Ecco che

nei risultati “In crescita” troviamo alcune parole chiave che coincidono con nomi di campioni dello sport o di società sportive.

Figura 15 — Utilizzo di Google Trend per verificare le parole chiave “del momento”.

Quindi se scriviamo articoli utilizzando correttamente queste parole chiave, abbiamo molte più possibilità di ricevere visite direttamente da Google. Inoltre questo strumento può essere utilizzato anche per monitorare le parole chiave più in crescita nel nostro settore di riferimento o collegare quando possibile le parole chiave “del momento” ai nostri articoli.

Sfruttare i consigli di Google Suggest Google Suggest è il software utilizzato da Google per aiutare l’utente nella ricerca mentre sta digitando una parola chiave, attraverso il suggerimento di una serie di parole chiave correlate per completare una ricerca in base alle richieste degli utenti. Se ad esempio scriviamo “comunicazione”, Google ci suggerisce 10 parole chiave in questo ordine: comunicazione non verbale, comunicazione black list, comunicazione lavoro, comunicazione cessione fabbricato etc. È quindi possibile scegliere i contenuti e le parole chiave partendo dai suggerimenti di Google, oppure utilizzare i suggerimenti in base alla lettera che viene utilizzata dopo la prima parola chiave. Infatti se cerchiamo “comunicazione w” la tendina ci suggerisce altre 10 parole chiave in questo ordine: comunicazione web, comunicazione wikipedia, comunicazione web 2.0 etc. In questo modo possiamo abbinare tante parole chiave diverse a seconda della lettera che utilizziamo dopo il primo termine di ricerca, ovviamente confrontando i suggerimenti anche con la concorrenza presente sul web. Per utilizzare in modo corretto Google Suggest è bene effettuare le ricerche senza

utilizzare il nostro account e nel caso in cui fosse attivo il servizio Google Instant - che limita Google Suggest a soli quattro risultati - occorre disattivarlo, entrando nella pagina preferenze (http://www.google.it/preferences) e selezionando nella categoria “Previsioni Google Instant”, la voce “Non mostrare mai i risultati di instant”. Per scoprire la classifica delle parole chiave più cercate abbinate a una determinata lettera (es. comunicazione a, comunicazione b etc.) esiste uno strumento online che utilizzando i dati di Google Suggest, ci presenta i risultati di tutte le lettere (e numeri) correlati a una parola chiave: Ubersuggest (http://ubersuggest.org). Per ottenere i risultati è sufficiente impostare la parola chiave che ci interessa, scegliere la lingua e il tipo di ricerca che vogliamo fare (ed es. web, immagini, news, video etc.).

Figura 16 — Esempio dei risultati di Ubersuggest.

Ubersuggest è pertanto lo strumento ideale per la creazione di contenuti specifici e soprattutto per lavorare sulle parole chiave legate alla long tail strategy.

Creare i testi con WordPress SEO Se gli strumenti appena descritti possono essere utilizzati con qualsiasi sistema di gestione di siti web, esistono alcuni strumenti specifici per CMS che aiutano in maniera completa ed efficiente a scrivere correttamente testi in funzione della SEO. Premesso che uno dei CMS più utilizzati proprio per le sue caratteristiche “SEO oriented” è WordPress, possiamo avere uno strumento altamente professionale installando il plugin gratuito “WordPress SEO” creato da uno dei maggiori esperti di applicazioni per WordPress: Yoast de Valk. I plugin non sono altro che piccoli programmi o applicazioni che permettono di modificare o estendere le funzionalità di WordPress e di conseguenza del tuo sito. Questo plugin permette di gestire numerose attività di SEO e web marketing per il proprio sito, tuttavia una delle sue funzioni principali è quella relativa alla corretta impostazione del testo degli articoli o delle pagine dal punto di vista SEO. Una volta attivato il plugin, ogni volta che creiamo un nuovo articolo o una nuova pagina, nella Bacheca di WordPress, apparirà una nuova finestra sotto i contenuti dell’articolo o pagina, come riportato nella Figura 17.

Figura 17 — Finestra generale di WordPress SEO per ogni articolo o pagina.

Da questa finestra è possibile avere accesso alle funzionalità principali del plugin: Anteprima Snippet: è l’anteprima di come l’articolo o la pagina apparirà sui motori di ricerca, in questo caso su Google; Parola Chiave Principale: è la parola chiave su cui focalizzare l’attenzione dell’articolo o della pagina. È sempre meglio inserirla manualmente per effettuare la verifica sul testo, anche se il plugin suggerisce automaticamente le parole chiave più ricercate su Google in base all’argomento dell’articolo. Appena salvato l’articolo, il plugin effettua un’analisi per verificare se l’articolo è ottimizzato dal punto di vista SEO. Nell’esempio della figura, la parola chiave compare 1 volta nel titolo dell’articolo, 1 volta nell’URL, 4 volte nei contenuti dell’articolo, 1 volta nel SEO title e 1 volta nella Meta description. Titolo SEO: permette di inserire il testo del tag title ed è possibile inserire lo stesso titolo dell’articolo cliccando sul tasto “Genera un titolo SEO”. Meta description: permette di inserire il testo del tag meta description, con la possibilità di visualizzare l’anteprima nelle SERP. Inoltre cliccando sulla scheda “Analisi della pagina” nel menù superiore, è possibile analizzare l’articolo o la pagina dal punto di vista SEO, con consigli dettagliati sull’ottimizzazione del testo, in modo da poterlo perfezionare in seguito, come riportato dalla figura 18.

Figura 18 — I consigli SEO della scheda “Analisi della pagina”.

Nel sito ufficiale dell’autore di questo plugin, Yoast de Valk, viene spiegato nel dettaglio come configurare il plugin WordPress SEO e come attivare le sue numerose funzionalità, oltre ad alcuni componenti aggiuntivi, installabili però a pagamento: https://yoast.com/wordpress/plugins/seo/

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APITOLO 4

Web copywriter

Scrivere per il web: le basi Abbiamo visto quali sono le tecniche e quali sono gli strumenti da utilizzare per ottimizzare i testi per gli algoritmi che gestiscono i motori di ricerca, specificatamente Google, ma poiché come già detto la tecnica più importante è quella di scrivere per le persone, vediamo come si scrive sul web e come si possono attirare lettori a seconda degli obbiettivi che ci siamo prefissati. Infatti, lo scopo principale, è quello di creare contenuti di qualità, unendo le classiche tecniche di scrittura con il mezzo a nostra disposizione, il web, che presenta caratteristiche specifiche anche in funzione del pubblico e della modalità di fruizione dei contenuti. Quindi per prima cosa, è bene conoscere lo strumento utilizzato, poiché sia che si legga da monitor, sia che si legga da dispositivi mobile come smartphone o tablet, la velocità per attirare l’attenzione dell’utente è molto differente rispetto alla lettura su carta. Appare quindi evidente come la prima caratteristica per la scrittura sul web sia rappresentata dalla capacità di creare contenuti che “saltino all’occhio” del visitatore, in modo da focalizzare l’attenzione sui contenuti principali, rimandando l’approfondimento a parti di contenuto raggiungibili con link o altre tecniche. Proprio per questo motivo i testi non devono essere troppo lunghi e devono privilegiare un linguaggio semplice e immediatamente comprensibile, poiché il lettore potrebbe essere assolutamente a digiuno dell’argomento che stiamo trattando. Questo approccio può essere molto utile, anche nel caso di articoli contenuti all’interno di siti specialistici, perché è possibile utilizzare link di approfondimento (collegando ad esempio una sorta di glossario per i neofiti dell’argomento trattato) o descrivendo sinteticamente tra parentesi il termine non conosciuto. I link di approfondimento possono portare a pagine interne o a risorse esterne, in ogni caso è molto importante curare con attenzione il testo descrittivo che apparirà quando il mouse si posiziona sulle parole scelte per essere “linkate”, sia per i motori di ricerca, sia per il lettore che deve capire cosa sta cliccando. Dal punto di vista tecnico occorre utilizzare uno stile di scrittura molto essenziale, eliminando i contenuti superflui, utilizzando frasi brevi e le forme attive dei verbi, anziché le forme passive. Anche l’aspetto del testo è importante perché permette al lettore di focalizzare l’attenzione in modo efficace. Per far questo è opportuno dividere il testo in paragrafi, sviluppando un solo concetto per ogni singolo paragrafo, avvalendosi anche di elenchi puntati o numerati e utilizzando il grassetto per le parole o i termini più importanti.

La piramide rovesciata e la regola delle 5w Un interessante metodo di scrittura che può fare ottenere ottimi risultati sul web è la cosiddetta piramide rovesciata. Questo metodo che deriva direttamente dal mondo del giornalismo, consiste fondamentalmente nell’iniziare il testo dalla conclusione del nostro contenuto per poi

scendere nel dettaglio durante la prosecuzione dell’articolo che stiamo scrivendo. La piramide rovesciata è particolarmente adatta al web perché la lettura online, come abbiamo visto, è molto veloce e i nostri lettori spesso hanno poco tempo per decidere se leggere o meno una pagina web, a causa della quantità di informazioni che si possono ottenere: per prima cosa verranno attratti dalla conclusione dell’articolo che noi presenteremo nelle prime righe, poi se vorranno approfondire, continueranno a leggere il resto del nostro testo. Questa metodologia è consigliata per strutturare i nostri contenuti ed è fondamentalmente l’opposto di quello che viene insegnato in ambito accademico, sia per le tesi di laurea che per le pubblicazioni. In quel caso si parte sempre da un’introduzione, mentre la parte centrale riguarda il ragionamento o eventualmente i contenuti empirici e sollo alla fine si riportano le conclusioni. Un esempio di piramide rovesciata è rappresentato proprio da questi ultimi paragrafi. Nel primo paragrafo infatti spiego brevemente di cosa parlerà il testo: un metodo di scrittura sul web che si chiama piramide rovesciata. Il secondo e terzo paragrafo sono invece dedicati alla spiegazione più dettagliata del metodo di scrittura: spiego da dove deriva e perché è adatta al web. Pur essendo importanti, sono comunque dettagli secondari che servono per completare la spiegazione di questa tecnica di scrittura. Il quarto paragrafo scende ancora di più nel dettaglio proponendo la differenza tra questo metodo e le abituali tecniche di scrittura che vengono insegnate nel mondo accademico. Il presente paragrafo pur essendo quello conclusivo, in realtà illustra l’esempio utilizzato e rappresenta pertanto esclusivamente un commento ad un dettaglio ancora meno importante. Per aiutarci a sintetizzare nelle prime righe il concetto principale dei contenuti dell’articolo, è possibile utilizzare una delle più utilizzate tecniche giornalistiche, la regola delle 5 w (who, what, where, when, why): ovvero indicare nelle prime righe del nostro articolo, le risposte alle domande chi, cosa, dove, come, quando, perché. È incredibile pensare come questa tecnica sia stata utilizzata per qualsiasi mezzo di comunicazione: dal telegrafo ieri, fino al web oggi. Infatti secondo diversi studiosi la regola delle 5w risale proprio all’epoca del telegrafo quando i giornalisti che utilizzavano questo strumento di comunicazione, avevano numerosi problemi perché le infrastrutture non erano ancora perfettamente ottimizzate e pertanto la linea cadeva molto spesso. Per risolvere questo inconveniente ed essere certi che la notizia arrivasse al giornale completa e prima degli altri, il primo contatto della comunicazione effettuato via telegrafo, racchiudeva tutti gli elementi essenziali della notizia utilizzando proprio la regola delle 5W: in questo modo anche in caso di problemi il giornale avrebbe comunque potuto pubblicare l’articolo per primo e i dettagli sarebbero stati aggiunti solamente in seguito o magari “romanzati” e immaginati dalla redazione stessa.

La revisione finale del testo Naturalmente anche sul web, non si può prescindere dall’evitare errori ortografici o grammaticali, quindi è sempre meglio rileggere il testo più volte prima di pubblicarlo, ancor meglio dopo qualche ora se il tempo lo consente, in modo da non aver “più in testa” i contenuti dell’articolo. La rilettura del testo serve a verificare anche se il contenuto è realmente “attraente” e inoltre può anche essere utilizzata in funzione SEO. Dopo aver scritto l’articolo in maniera naturale, possiamo quindi arricchire e ottimizzare ancora di più il testo, aggiungendo nei punti giusti le parole chiave scelte per l’obiettivo. Per la revisione finale del testo esistono moltissimi metodi efficaci che dipendono principalmente dalle abitudini o dalle proprie attitudini: c’è chi legge il testo al contrario per verificare ogni singolo termine, chi aspetta il giorno dopo per leggere “a mente fredda” e in maniera più critica il testo precedentemente scritto, c’è chi preferisce la lettura a voce alta. Qualsiasi sia la modalità utilizzata possiamo elencare questi aspetti da controllare: la chiarezza nell’esposizione, leggendo il testo come un utente medio che potrebbe non conoscere a fondo l’argomento trattato; la verifica strutturale del testo, controllando se “scorre” bene e se i contenuti seguono un percorso logico strutturato; l’ assenza di qualsiasi tipo di errori ortografici, grammaticali, di sintassi; la coerenza del “tono” della struttura e della tipologia di linguaggio (tecnico, formale, informale etc.); la presenza delle parole chiave scelte (soprattutto per quanto riguarda titolo e sottotitolo); la correttezza dei link collegati soprattutto in caso di link esterni. Questi consigli riguardano alcuni aspetti tecnici nella maggior parte dei casi oggettivi: ma come si può verificare che il nostro testo pronto per la pubblicazione, sia realmente interessante per il nostro potenziale pubblico?

Creare contenuti di qualità Apriamo allora una piccola parentesi partendo da uno degli assiomi tanto cari a Google e ai web copywriter di tutto il mondo: “Content is the king”, ovvero sono i contenuti l’aspetto più importante per ogni testo sul web. Il motivo è molto semplice: scrivere contenuti di qualità permette di sfruttare al meglio le opportunità offerte dal web grazie alla sua velocità di condivisione delle informazioni in maniera “virale”. Anche se viene spesso utilizzata dagli sviluppatori di Google per invitare i SEO copywriter a scrivere contenuti di qualità e non legati a formule informatiche-

matematiche, la frase “Content is the King” è stata formulata per la prima volta da Bill Gates nel 1996. È possibile consultare la traduzione dell’articolo da questo link del blog Pennamontata: http://www.pennamontata.com/news-copywriter/contentking-bill-gates-e-la-sfera-di-cristallo Partendo proprio dalla grande quantità di informazioni presente sul web, dobbiamo chiederci come riuscire a creare davvero un “valore” ai nostri contenuti, visto che spesso ci troviamo di fronte a molti contenuti di bassa qualità o che magari sono “copiature” con parole simili di altri articoli che magari hanno avuto un buon seguito. Come sempre dobbiamo metterci nei panni delle persone che stanno navigando sul web in cerca di notizie su un determinato argomento: quali caratteristiche dovrebbe avere il nostro testo per fornire una risposta chiara ed esaustiva a chi sta cercando queste informazioni? La prima caratteristica deriva direttamente dalla necessità di ottenere visibilità rispetto ai tanti contenuti presenti sul web: l’originalità. Creare un contenuto realmente originale significa che attraverso il nostro testo possiamo fornire informazioni che un utente difficilmente potrebbe trovare sugli altri siti web. Questo non significa che il nostro contenuto debba per forza essere “unico”: è infatti possibile rendere originale un contenuto, magari già dibattuto sulla rete, presentandolo in maniera differente rispetto ad altri siti web che trattano lo stesso argomento. Ad esempio utilizzando infografiche, approfondimenti, esempi reali, prove empiriche, casi studio etc. Tuttavia le caratteristiche essenziali per riuscire a risponder realmente alle richieste e ai bisogni dell’utenza, sono senza dubbio la pertinenza e l’autorevolezza che ogni contenuto deve avere per avere “successo” sull web. La pertinenza è un concetto che sicuramente va “a braccetto” con la SEO perché grazie all’utilizzo di parole chiave correlate con l’argomento del sito web, l’utente riconosce un determinato codice linguistico pur trovando termini diversi che ruotano attorno a un unica parola chiave. Se ad esempio abbiamo un sito web che parla di comunicazione, cercheremo di creare contenuti in qualche modo “attinenti” con il nostro argomento principale: scrittura, giornalismo, pubblicità, linguaggio, semantica, web, televisione, social network etc. In questo modo il nostro sito web, non parlerà esclusivamente di comunicazione, ma si potrà ampliare ad altri argomenti perché l’argomento che trattiamo, in questo caso la comunicazione, implica ad esempio la conoscenza di tecniche di scrittura che sono collegate con la conoscenza del linguaggio, fino a estendersi alla semantica e via dicendo. Appare evidente come sia possibile a questo punto creare testi per approfondire l’argomento principale, andando maggiormente nel dettaglio ed “esplorando” contenuti che seppur apparentemente lontani dal nostro argomento principale, sono in realtà collegati da un filo logico e, appunto, pertinente. Questa caratteristica permette inoltre di attirare lettori/visitatori differenziati, permettendo inoltre di ampliare il nostro bacino di utenza. Sempre facendo riferimento all’esempio sopra proposto, pensiamo a un articolo, magari tecnico, legato alla semantica

del testo che può interessare docenti o studenti di comunicazione. Oppure pensiamo a un articolo legato all’analisi della comunicazione all’interno di un programma televisivo, ad esempio una sit-com: potremmo attirare gli appassionati di quel programma, ma anche pubblicitari o operatori di marketing che sono interessati alle dinamiche interne al programma per fini promozionali. Se la pertinenza è una caratteristica che si può impostare in qualche modo a tavolino, pianificando i contenuti da pubblicare e dipende esclusivamente da chi crea i contenuti, l’autorevolezza è una caratteristica che un sito web o un autore acquisiscono col tempo, perché è un sorta di giudizio di qualità fornito dai lettori. Ma come si può riuscire a conquistare questa autorevolezza? Prima di tutto occorre riuscire a fornire contenuti realmente utili ai nostri lettori cercando ad esempio di risolvere problemi (ad esempio: “Come fare per…”) senza dimenticare di rivolgersi a tutta la potenziale utenza interessata, addetti ai lavori e non, specificando ad esempio tutti i passi operativi da compiere per risolvere un’esigenza (es. “Come installare un componente aggiuntivo sul proprio browser”). A questo punto è facile intuire che un contenuto di qualità, per essere davvero tale, oltre alle caratteristiche che abbiamo già elencato, deve possederne una in particolare per far sì che sia realmente rispondente alle aspettative e alle esigenze di un lettore: l’utilità. Quindi il vero contenuto di qualità è quello che, da lettori, non vediamo l’ora di commentare, di condividere su un social network o sul web, di linkare sul nostro sito perché lo riteniamo davvero utile anche per i nostri lettori.

Tecniche di copywriting Come già detto, qualunque sia l’argomento del nostro sito, tutte le tecniche di scrittura sul web hanno come obiettivo principale quello di raggiungere un utente e convincerlo che il contenuto dell’articolo o della pagina ha caratteristiche e qualità che in qualche modo soddisfano un suo bisogno o una sua esigenza. Abbiamo visto varie caratteristiche che un testo deve avere per ottenere curiosità prima e successivamente fiducia, da parte del potenziale lettore. Tuttavia per scrivere contenuti che attirino l’attenzione dei lettori esistono anche numerose tecniche originate da studi ed esempi derivanti dal mondo della pubblicità, del marketing e della comunicazione. Abbiamo visto nelle pagine precedenti come la scelta del titolo di un testo, sia questo una pagina web o un articolo del sito/blog, è un elemento fondamentale in ottica SEO, poiché è la prima informazione che un utente trova nelle SERP una volta che ha effettuato una ricerca. Ecco perché il titolo rappresenta il singolo elemento in grado di determinare l’eventuale azione di conversione dell’utente che si tramuta in un click verso il nostro sito web: infatti se non è colpito dal titolo molto probabilmente non leggerà il resto dell’articolo o, ancor peggio, cercherà un altro sito per soddisfare la sua richiesta di informazioni. Cerchiamo allora di appropriarci delle tecniche efficaci per creare un titolo persuasivo, partendo dalla storia della pubblicità e analizzando uno dei titoli che ha avuto maggior

successo, portando l’azienda che ha beneficiato di questo titolo a ottenere un significativo incremento di vendite. L’azienda di cui stiamo parlando è la Rolls-Royce che nel 1959 affidò a David Ogilvy i contenuti pubblicitari del suo nuovo modello di auto in commercio. Il titolo ideato da David Ogilvy recitava: “A 60 miglia orarie il rumore più forte nella nuova Rolls-Royce viene dall’orologio elettrico.” Questo titolo aveva un approccio molto differente rispetto agli altri annunci pubblicitari dell’epoca, perché per la prima volta, invece che mettere al centro l’oggetto di vendita o promozione, in questo caso le caratteristiche di velocità ed eleganza tipiche della Rolls Royce, veniva focalizzata l’attenzione sull’esperienza che i passeggeri avrebbero vissuto durante la guida: la sensazione di comfort derivante dalla silenziosità dell’autovettura che dimostrava l’alta tecnologia con cui era stata progettata all’epoca. Da questo titolo è nata una tecnica che consiglia di utilizzare alcuni principi per creare un titolo che possa portare, per quanto riguarda il web, ad alti numeri in termini di conversioni e conseguentemente anche di condivisioni dell’articolo su social e web. Il primo principio da sfruttare è quello dell’automazione: riuscire a trovare un motivo per cui i contenuti del nostro titolo possano in qualche modo migliorare qualsiasi tipo di attività al nostro lettore, diminuendo magari utilizzo di tempo ed energie. Facciamo un esempio concreto: dobbiamo promuovere un software che permette di gestire più social network contemporaneamente. Meglio utilizzare un titolo come questo? “Utilizza questo software per gestire più social network contemporaneamente”. Oppure sarebbe meglio un titolo così? “Gestisci i tuoi social network con un click”. Sicuramente il secondo titolo avrebbe maggior possibilità di successo, portando un lettore a cliccare sul contenuto dell’articolo, perché il primo titolo potrebbe far sembrare che chi utilizza questo software debba comunque eseguire la maggioranza del lavoro. Invece, se analizzato attentamente, il secondo titolo sembra intendere che ci sia appunto un’automazione, quasi che il lavoro da eseguire per chi utilizza questo prodotto sia esclusivamente quello di cliccare un bottone, perché il resto del lavoro è effettuato dal software stesso: in questo modo l’utilizzatore non è praticamente coinvolto nel lavoro che deve eseguire! È questo che si intende per automazione: far credere a chi ci sta leggendo che il nostro prodotto o servizio è talmente automatico che permette di raggiungere i risultati con il minimo sforzo, perché implica che il prodotto stesso riesca autonomamente a risolvere il problema di chi lo sta utilizzando. È logico che questa tecnica può essere utilizzata esclusivamente con prodotti che hanno queste caratteristiche, ma un buon approccio a ogni argomento potrebbe essere proprio questo: in che modo il nostro contenuto può portare a un’automazione per chi sta leggendo?

Da qui possiamo continuare la creazione del nostro titolo perfetto con un’altra domanda fondamentale che aiuta a introdurre un nuovo principio: qual è il beneficio che può portare al lettore il nostro prodotto, servizio o, direttamente, i contenuti dell’articolo stesso? L’idea che dobbiamo tenere in mente mentre stiamo preparando un titolo, è quella di far comprendere immediatamente al lettore quali sono i benefici che può ricevere dal prodotto, servizio o dal contenuto dell’articolo, se intenderà leggerlo completamente. Sembra abbastanza semplice riconoscere questi benefici, ma in realtà è molto facile confonderli con le caratteristiche legate a un dato prodotto. Facendo un esempio pratico, se vogliamo scrivere un articolo o una recensione che riguarda un tablet con un tastiera universale collegabile, non dovremo concentrare le nostre attenzioni sulla tastiera, ma sottolineeremo il fatto che in questo modo sarà possibile scrivere in maniera molto più rapida, grazie alla possibilità di utilizzare una tastiera fisica. Anche in questo caso la miglior tecnica è quella di mettersi dei panni del potenziale lettore facendosi la domanda che si farebbe lui: perché dovrebbe interessarmi? Questa domanda potrebbe essere utilizzata proprio mentre si prepara un titolo o magari il sottotitolo che dal punto di vista della SEO equivale alla description, per riuscire a focalizzare l’obiettivo sui reali benefici che conterrà il nostro articolo o che si riferiscono al nostro prodotto/servizio. Proviamo a fare un esempio pratico e vediamo come è possibile arrivare alla creazione di un titolo efficace con questa tecnica. Il titolo è “Nuova estensione per Chrome: programma i tuoi post di Google Plus per la prima volta anche dai profili privati.” Ora proviamo a ricreare l’ipotetico dialogo che porterebbe alla creazione di questo titolo: Interlocutore 1) C’è una nuova estensione per Chrome! Interlocutore 2) Quindi? Perché dovrebbe interessarmi, quali sono i suoi benefici? Interlocutore 1) Perché permette di programmare i posti di Google Plus. Interlocutore 2) Quindi? Perché dovrebbe interessarmi, quali sono i suoi benefici? Interlocutore 1) Per la prima volta puoi programmare anche i post del tuo profilo privato (fino a ora era possibile solo per i profili business). Interlocutore 2) Effettivamente mi sembra qualcosa di utile per il mio utilizzo di Google Plus, mi attira, voglio saperne di più! Questo esempio, se pur in modo sottile e discreto, contiene un termine, “la prima volta”, che svolge un ruolo duplice. Questo termine infatti, essendo collegato a un variabile temporale, ci fa capire che stiamo assistendo a qualcosa di unico che sta accadendo in questo momento, portando il lettore a volerne saperne di più: se aspetta troppo tempo a leggere i contenuti dell’articolo potrebbe non avere più questa sorta di “esclusiva” rispetto ad altri lettori.

Inoltre, probabilmente, il lettore può essere spinto dalla curiosità di capire meglio a cosa si riferisce esattamente questa unicità: riferendoci al nostro esempio spiegheremo nel testo che fino a ora era stato possibile programmare i post su Google Plus solo per le pagine business aziendali o le pagine Local legate a negozi o attività locali. Quindi, utilizzare riferimenti temporali come “gli ultimi posti disponili” o “ancora per poco” permette di invitare il potenziale lettore a velocizzare la sua azione perché lo porta a essere quasi in competizione con gli altri lettori e viene pertanto attirato da un senso di urgenza, sia che si tratti di un interessante articolo sul suo argomento proferito che di un articolo promozionale per vendere un prodotto o un servizio, ad esempio un corso con posti limitati. L’altro “sentimento” che deve scaturire dalla lettura dal nostro testo e che è può favorirne la lettura è la curiosità. In questo caso potremmo anche lavorare molto con la fantasia e provare a creare titoli che potrebbero anche essere fuori contesto: “La SEO in realtà non esiste. E ti spiego perché”, potrebbe esser un ottimo titolo per promuovere un corso dedicato alla SEO, anche se a prima vista potrebbe sembrare il contrario. Pensiamo a un utente che sta cercando informazioni sulla SEO e sarebbe anche interessato a frequentare un corso per riuscire a comprendere meglio queste tecniche. Se si trova di fronte a un titolo del genere, potrebbe pensare: cosa significa questo titolo? E io che sto cercando da giorni informazioni su questo argomento? Allora sto perdendo tempo? Qualunque sia la sua domanda, sarà comunque spinto dalla curiosità che lo porterà a volerne sapere di più su quest’argomento. A questo punto nel testo potremmo tranquillizzarlo, affermando ad esempio che anche se ha speso tempo per cercare informazioni, ha finalmente trovato quello che cercava e che è solo un certo tipo di SEO che non esiste: quella che in pochi click automatici permette di posizionarsi nelle SERP, mentre quella che viene insegnata nel corso permette risultati più duraturi con un lavoro costante nel tempo. Tornando alla storia della pubblicità, se David Ogilvy è diventato famoso per il titolo promozionale creato per la Rolls Royce, il pubblicitario statunitense Rosser Reeves è diventato famoso per l’annuncio promozionale creato per le M&M’s nel 1952: “Si sciolgono in bocca, non in mano”. Questa slogan, ancora utilizzato oggi nelle pubblicità delle M&M’s, ha portato allo sviluppo di un vero e proprio modello teorico pubblicitario tra i più utilizzati dai principali copywriter e pubblicitari: la Unique Selling Proposition. Creare una Unique Selling Proposition significa sostanzialmente comunicare attraverso una sola frase, l’unicità del proprio contenuto, in modo da renderlo riconoscibile, unico e persuasivo nei confronti dei lettori. Tuttavia, non è semplice creare una Unique Selling Proposition, sia per la difficoltà a rendere unico un contenuto o un prodotto, sia perché per riuscire a comunicare aspetti spesso complessi di un determinato argomento, può essere più indicato utilizzare un testo pur sintetico, ma descrittivo. Proviamo ad applicare questa tecnica attraverso un esempio concreto.

Dobbiamo pubblicare un articolo online per pubblicizzare un’applicazione che permette di trovare gli eventi e i locali per passare la serata in città. In questo caso una Unique Selling Proposition come “L’app che non fa mai venire l’alba” oltre a renderla subito riconoscibile, può scatenare meccanismi psicologici e di viralità che legano i potenziali utenti (che sognano realmente di divertirsi tutta la notte) al reale servizio che quest’app fornisce. Questo esempio fa capire esattamente come utilizzare le diverse tecniche di persuasione quando si vuole vendere un qualsiasi prodotto o si vuole attirare l’attenzione di potenziali lettori, perché l’attenzione va posta sulle principali caratteristiche del prodotto o dell’articolo al fine di creare una comunicazione promozionale in funzione dei nostri obiettivi. Infatti prima di tutto occorre conoscere in modo approfondito il prodotto o l’argomento, in questo caso l’applicazione che permette di trovare eventi e locali per la serata in città: conosciamo il servizio che offre e le funzionalità che la possono rendere unica rispetto ad altre app. Inoltre conosciamo il target a cui è dedicata quest’app che risponde a un bisogno concreto dell’utenza: trovare qualcosa da fare per passare la serata. Questi bisogni sono strettamente legati alla sfera emotiva delle persone e permettono di giustificare eventuali acquisti, nel nostro esempio il download di un’applicazione. Appare quindi evidente come le tecniche di scrittura persuasiva non consistono solo nel voler convincere qualcuno a effettuare un’azione, ma arrivano ben più nel profondo del lettore, poiché il vero obiettivo è quello di riuscire attraverso queste tecniche di comunicazione a influenzare i suoi comportamenti fino a portarlo in modo naturale a cambiare convinzioni e azioni.

Tecniche di persuasione: i principi I più importanti esperti di marketing e di pubblicità hanno imparato a includere nelle loro tecniche comunicative gli studi di psicologia legati all’influenza sociale che dimostrano come la persuasione sia legata essenzialmente a 6 principi fondamentali: reciprocità, impegno e coerenza, testimonianza sociale, simpatia, autorità, scarsità. Alcuni di questi sono stati legati ad azioni e tecniche concrete di marketing o copywriting persuasivo, vediamo quindi come possiamo utilizzarle. Il primo principio è quello della reciprocità e si basa sul fatto che le persone sentono il bisogno di ricambiare in qualche modo un favore o un dono (materiale o immateriale) ricevuto. Questo bisogno agisce generalmente in modo importante su chi lo riceve, portandolo a essere quasi obbligato a rendere in qualche maniera il favore ricevuto. Pertanto quando si scrive qualsiasi testo promozionale occorre focalizzare l’attenzione a quello che si offre subito e magari gratuitamente, per poi, solo in seguito, focalizzare l’attenzione su ciò che potrà essere più completo o a pagamento. Sempre mantenendo l’esempio concreto sopra descritto, in caso di promozione di un’applicazione in 3 formati diversi (gratuita, a pagamento con prezzo basso, a pagamento con prezzo medio) sarebbe meglio far visualizzare da subito tutte le offerte

contemporaneamente, in modo da permettere al potenziale cliente di scegliere liberamente. Se sarà soddisfatto dell’applicazione gratuita non esiterà a provare la prima a pagamento anche in funzione di un atto di ringraziamento per il fatto di essere stati trasparenti. Il secondo principio è definito “Della testimonianza sociale”. La sostanza di questo principio è che ognuno apprende ed è influenzato da quello che le altre persone ritengono giusto e che magari riescono a fare. Per questo la testimonianza sociale permette di superare barriere psicologiche grazie al fatto che possiamo visualizzare i risultati di un’azione effettuata da un’altra persona che per vari motivi noi non abbiamo avuto la forza di compiere. Per molti prodotti, le recensioni sono un esempio di come sfruttare questo principio, ma per poter gestire questo atteggiamento emotivo sarebbe interessante proporre sul proprio sito delle recensioni approfondite di utenti che hanno ricevuto in regalo un determinato prodotto e che quindi “ci mettono la faccia” volentieri, legando il principio della testimonianza a quello della reciprocità. Un’altra modalità legata alla comunicazione persuasiva potrebbe essere quella di creare testi promozionali dove vengono comunicati quanti e quali altri utenti o aziende utilizzano il nostro prodotto. Sempre facendo riferimento all’esempio dell’app sui locali, una buona frase che sfrutta questo principio potrebbe essere: “…la maggior parte degli universitari della tua città usa la nostra app”. Così come nei rapporti sociali siamo più portati a frequentare persone simpatiche e comunicare costantemente con loro, anche nei rapporti con i potenziali lettori questa caratteristica può essere sfruttata a nostro favore per produrre un rapporto che nel nostro caso si traduce in fidelizzazione: ecco perché può esser utile utilizzare un terzo principio di persuasione quello della simpatia. L’obiettivo principale dal punto di vista dei contenuti testuali, è quello di riproporre le caratteristiche fondamentali che possono renderci simpatici nella vita di tutti i giorni: familiarità, affinità, cooperazione, utilizzo di complimenti, credibilità, interesse, associazionismo etc. Un buon utilizzo di questa tecnica è quello di complimentarsi spesso con i propri lettori, avendo cura di ringraziare in misura maggiore chi ci segue da più tempo, ad esempio ringraziandolo a un anno dall’iscrizione alla newsletter o comunque a ogni sua partecipazione ad attività promozionali o a offerte. Abbiamo già visto nelle tecniche di copywriting come il valore di qualsiasi contenuto aumenta in modo esponenziale tanto più la sua disponibilità è ridotta: su questo concetto si basa il principio della scarsità. La scarsità si può esprimere sia a livello quantitativo che a livello temporale, indicando che un prodotto sarà disponibile per breve tempo, oppure legandolo alla poca concorrenza su quell’argomento. Esempi di tecniche di copywriter persuasivo possono essere utilizzati confrontando il prodotto con altri concorrenti (“…tra i prodotti più preformanti che esistono in circolazione”), rendendolo particolarmente vantaggioso (“il prodotto con il miglior

rapporto qualità/prezzo”), sfruttando la sua unicità (“l’unico prodotto che riesce davvero a fare questo”), o legandolo al poco tempo a disposizione (“ancora per pochi giorni il tuo prodotto a un prezzo mai visto”).

Creare un piano editoriale Abbiamo appreso diverse tecniche per scrivere un testo efficace attingendo da diverse scienze e ambiti di applicazione: pubblicità, marketing, psicologia etc. Tuttavia, queste tecniche, pur risultando fondamentali per la creazione di contenuti di qualità che sono centrali in ottica SEO, hanno bisogno di una strategia per poterle attuare in modo efficace. Ecco perché diventa fondamentale creare un vero e proprio piano editoriale per organizzare la pubblicazione dei propri contenuti online. Attenzione però a non considerarlo come una gabbia che imprigiona la creatività, anzi semmai è il contrario, deve essere uno strumento dinamico sempre pronto a raccogliere idee e ad applicarle entro uno schema che possiamo comunque gestire con una buona dose di elasticità. Ma come si crea un piano editoriale per un sito web? Anche in questo caso dobbiamo partire dai reali obiettivi che attraverso questo strumento, ci spingono a pianificare i contenuti da pubblicare sul nostro blog o sito web. Prima di partire con la vera e propria creazione del piano editoriale, occorre quindi differenziare i diversi obiettivi per argomenti, in base alle variabili temporali (breve, medio, lungo periodo). Ad esempio, uno degli obiettivi potrebbe essere quello di promuovere un evento che si terrà tra tre mesi. Ovviamente la frequenza di pubblicazione di articoli di promozione dell’evento sarà maggiore con l’avvicinarsi dell’evento stesso, mentre nei primi giorni pubblicheremo con una minor frequenza, perché il rischio che le persone si dimentichino della data o non sappiano ancora se possono parteciparvi, è ancora molto alto. Diversamente, un obiettivo di lungo termine, come ad esempio il rafforzamento del brand aziendale, comporta invece una programmazione costante con strategie di contenuti differenti da “diluire” nel tempo, anche in diversi mesi. Prima di analizzare nello specifico la pianificazione dei contenuti, è bene valutare in corrispondenza degli obiettivi scelti, quale sia il target di riferimento a cui ci vogliamo rivolgere. In molti casi si creano veri e propri “profili tipo” per identificare il nostro pubblico e di conseguenza differenziare i vari contenuti. Se attiviamo la possibilità di commentare i nostri articoli sul blog, potremmo iniziare a creare alcuni “profili tipo”, ricavando le informazioni sia dalle modalità di interazione che dai profili social network integrati con il sito (inserendo ad esempio l’obbligatorietà di connettersi da un social network per commentare). Potremmo dunque creare vere e proprie schede dedicate ai lettori dei nostri articoli, indicando le caratteristiche fondamentali per conoscere in modo approfondito chi ci segue (genere, età, passioni, interessi etc.).

Ad esempio: donna sposata, tra i 30 e i 40 anni, lavoratrice, interessata al benessere e alla cura del corpo oppure uomo single, under 30, studente, appassionato di tecnologia e musica, etc. Definiti gli obiettivi e il pubblico di riferimento possiamo finalmente impostare la tipologia di contenuti da utilizzare. Le tipologie di contenuti sono davvero innumerevoli, ma è bene conoscere a fondo la diversa tipologia per poter differenziare il nostro piano editoriale in maniera funzionale agli obiettivi e al target di riferimento. Ecco allora alcune tipologie di contenuti da utilizzare: infografiche, grafici esplicativi; sondaggi, ricerche originali o statistiche su argomenti interessanti; saggi, articoli, pubblicazioni da commentare; esperienze, storie personali, case history; resoconti di eventi a cui si è partecipato; indicazioni o strumenti utili da utilizzare inerenti gli argomenti d’interesse; contenuti ludici o divertenti (o che comunque distraggono dall’argomento principale); test o quiz; contenuti fortemente interattivi o con video o immagini d’impatto. A questo punto occorre trovare una modalità per creare un piano editoriale dividendo i contenuti in base alla frequenza di pubblicazione, ad esempio nell’arco di un anno. È questo il modello ideato da Russell Sparkman di Fusionspark Media che permette di creare il proprio piano editoriale secondo uno schema chiamato “1-7-30-4-2-1”, dividendo la pubblicazione dei contenuti in base alla frequenza nell’arco di un anno dove: il numero 1 sta per contenuti da pubblicare tutti i giorni (ad esempio una rassegna stampa quotidiana su argomenti d’interesse); 7 si riferisce alle pubblicazioni settimanali (es. approfondimenti o notizie che riepilogano la settimana); il numero 30 riguarda quei contenuti che vengono pubblicati con cadenza mensile (es. un’intervista a un influencer o a qualche esperto del settore); 4 indica quei contenuti da pubblicare ogni 3 mesi (magari recensioni di eventi o articoli promozionali legati all’inizio delle stagioni); gli ultimi numeri 2 e 1, come è ormai chiaro, indicano quei contenuti che devono essere pubblicati rispettivamente 2 volte e 1 volta l’anno e sono pertanto legati, ad esempio, ad approfondimenti o report annuali che richiedono un elevato lavoro di approfondimento.

È possibile costruire il proprio piano editoriale in maniera efficace e facilmente condivisibile utilizzando Google docs o, per chi utilizza il CMS WordPress, attraverso alcuni plugin che permettono di organizzare il proprio piano editoriale pubblicando in modo automatico gli articoli. A questo link tutte le informazioni per sfruttare al meglio Google Docs e WordPress: http://unbounce.com/content-marketing/blog-editorial-calendar/

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APITOLO 5

Tecniche di web marketing

Tra SEO off page e web marketing Se fino ad ora abbiamo visto come ottimizzare le pagine del nostro sito in funzione della SEO, ora è bene focalizzare l’attenzione su tutte le azioni che riguardano l’esterno del sito sia per favorire un miglior posizionamento del nostro sito sui motori di ricerca (SEO off page) che per promuoverlo e farlo conoscere nel mare del web (web marketing). Spesso le tecniche SEO off page e di web marketing vanno “a braccetto” perché l’obiettivo principale è comune: creare popolarità e autorità al nostro sito web, allacciando collaborazioni, relazioni e legami online. Dal punto di vista tecnico-informatico questa serie di tecniche potrebbe risultare molto più semplice rispetto alle già descritte tecniche SEO on page, tuttavia per queste attività, entrano in gioco altri fattori, come la capacità di interazione e collaborazione con gli altri che, proprio per questo, possono creare maggiori difficoltà se non sappiamo interagire in modo corretto ed efficace.

Backlink e link popularity Come già detto il posizionamento sui motori di ricerca oltre che dalle tecniche SEO on page, dipende essenzialmente dalla link popularity del nostro sito, ovvero dalla quantità e qualità dei backlink. Tuttavia prima di fare incetta di link di ritorno verso il nostro sito, è bene conoscere in che modo Google valuta i link. Per capire il metro di valutazione di Google dobbiamo tornare a pensare alle persone e non agli algoritmi: saranno premiati con un buon posizionamento nelle SERP, i siti che hanno backlink che portano un reale valore aggiunto al sito, di approfondimento o di autorevolezza. Ad esempio avere un backlink da un sito istituzionale o governativo può favorire la credibilità dei nostri contenuti, così come accade se riceviamo un link da un sito che tratta e approfondisce argomenti simili ai nostri. L’idea di base e l’obiettivo teorico sarebbero quelli di ricevere tanti link in modo spontaneo perché i nostri contenuti sono di qualità e in questo modo dobbiamo ragionare quando creiamo questi ultimi. Proprio perché questi link dovrebbero essere spontanei, Google tende a premiare nel tempo i siti che ricevono backlink in modo costante, senza picchi di link concentrati in un determinato lasso di tempo che potrebbero significare acquisto di link o attività di scambio di link innaturale. Ovviamente è diverso il caso in cui in concomitanza con un evento promosso, riceviamo backlink perché l’evento viene pubblicizzato su altri siti; in questo caso avremmo comunque un picco di popolarità riscontrabile sulle SERP che potrà durare solo poco tempo in funzione della data dell’evento stesso. È bene quindi crearsi in modo naturale una potenziale rete di backlink, analizzando i siti o i blog che in qualche modo potrebbero essere utili per approfondire i nostri contenuti, in modo da creare un reale valore aggiunto per i nostri lettori. Una volta pubblicati contenuti

che contengono link a siti esterni, sarà possibile contattare i gestori dei siti o dei blog “linkati” per creare collaborazioni ed eventualmente per fare utilizzare i nostri contenuti nel medesimo modo. Attenzione a quali pagine del sito fare puntare i link, soprattutto dopo l’avvento dell’algoritmo Google Penguin, poiché potrebbe risultare penalizzante collegarli sempre alla home page. Quindi oltre a diversificare i backlink ad articoli o pagine diverse è bene evitare backlink da siti che contengono malware, siti per giochi d’azzardo o con contenuti pornografici. I malware sono software che attraverso la semplice navigazione di un sito web o a seguito di download dal sito stesso o dalla posta elettronica, possono mettere a rischio la privacy del proprio computer o il suo funzionamento. Vedremo in seguito quale strumento utilizzare per analizzare i backlink in entrata e come eventualmente rimuoverli per evitare penalizzazioni. Un’ulteriore accortezza da indicare ai siti che accettano di linkare al nostro sito è quella di utilizzare sempre parole o elementi differenti per inserire il link: ovvero una volta faremo puntare il nostro sito dall’immagine del logo, una volta dalla URL, un’altra volta da una frase (“Per saperne di più sull’argomento X clicca qui”). Differenziare gli elementi di provenienza dei link rende infatti i backlink molto più naturali “agli occhi” di Google.

L’attributo Nofollow Abbiamo visto quanto sia importante creare una solida struttura di backlink per aumentare la nostra link popularity e di conseguenza ottenere benefici in termini di posizionamento nelle SERP. Prima di partire a caccia di link però, è importante conoscere un attributo fondamentale che è stato ideato per impedire ai motori di ricerca, Google in primis, di seguire il link, rendendo di fatto inefficace per i benefici SEO il backlink tanto agognato. Questo attributo si chiama “Nofollow” e può essere attivato modificando direttamente il codice HTML manualmente o utilizzando i CMS più comuni (WordPress, Joomla, Drupal) che permettono inoltre di attivare una modalità automatica. Nello specifico, se il codice HTML di un link standard è questo: Link al sito Comunicazione Lavoro

Con l’attributo Nofollow il codice HTML diventerà: Link al sito

Comunicazione Lavoro.

Quindi non tutti i link possono contribuire a migliorare il posizionamento del nostro sito web: i nostri link che saranno utilizzati da altri siti con il codice (rel=“nofollow”) che abbiamo visto sopra, non porteranno nessun beneficio in termini di link popularity. Ma quando e perché è nato questo attributo? Il motivo, come spesso accade in questi casi, è legato alla sicurezza: nel 2005 i principali servizi di blogging (Google, Yahoo, Microsoft) inserirono questo attributo per prevenire lo spam derivante soprattutto dai commenti ai singoli articoli. Google ha poi voluto utilizzare questo attributo per indicare i link a pagamento: in questo modo ha tentato di separare i link “naturali” da quelli nati per esigenze commerciali. Ecco perché se veniamo pagati per promuovere un link all’interno del nostro sito, siamo in qualche modo obbligati da Google a utilizzare questo attributo per indicare che il link non è naturale: in questo modo non rischieremo penalizzazioni che potrebbero portare a una perdita di posizioni consistente nelle SERP. Un altro caso in cui dobbiamo assolutamente usare l’attributo Nofollow è in corrispondenza di articoli che forniscono la possibilità agli utenti di lasciare commenti. Questo è infatti uno dei terreni più fertili per i cosiddetti “cercatori di backlink” che spesso si limitano a inserire nello spazio riservato ai commenti il loro link, senza neanche commentare l’articolo che abbiamo pubblicato, danneggiando in questo modo non solo la qualità del sito, ma rischiando di “inquinare il nostro sito” essendo questi link collegati a siti spam che possono anche contenere malware. Quindi, prima di attivare i commenti ai nostri articoli, occorre impostare in modo automatico l’attivazione dell’attributo Nofollow per evitare questo rischio, soprattutto se gli utenti possono inserire contenuti senza avere la possibilità di essere filtrati da un moderatore. Se utilizziamo il CMS WordPress, per aggiungere in maniera automatica l’attributo Nofollow ogni volta che un utente inserisce un link nella casella dei commenti, è sufficiente modificare il file functions.php. Si può modificare questo file direttamente dalla Bacheca di WordPress accedendo al menù Aspetto, poi cliccando su Editor e infine sul tasto Funzioni tema (functions.php), nell’elenco dei file presenti sulla destra della schermata.

Figura 19 — Il menù Editor di WordPress per il file functions.php.

Per attivare l’attributo Nofollow in automatico nei commenti è sufficiente inserire questo codice prima dell’ultimo tag “?>”: /************ * Add a rel=“Nofollow” to the comment reply links ************/ function add_Nofollow_to_reply_link( $link ) { return str_replace( ’”)\’>’, ’”)\’ rel=\’Nofollow\’>’, $link ); } add_filter( ’comment_reply_link’, ’add_Nofollow_to_reply_link’ );

Questo codice diventa valido anche se sono già stati pubblicati link nei commenti precedenti, quindi da questo momento in poi, Google riconoscerà l’attributo Nofollow anche se i commenti sono stati pubblicati prima della modifica. È possibile approfondire in modo dettagliato la procedura di inserimento manuale dell’attributo Nofollow ai commenti per chi utilizza come CMS WordPress, attraverso questo link: http://www.paulund.co.uk/add-relNofollow-to-wordpresscomment-reply-links Un altro motivo valido per utilizzare l’attributo Nofollow è nel caso di utilizzo di infografiche o indirizzi URL legati a immagini provenienti direttamente da altri siti. Il motivo è molto semplice: spesso le infografiche e alcune immagini di impatto vengono utilizzate perché sono un’ottima strategia per ottenere backlink, essendo facilmente condivisibili. Tuttavia per lo stesso motivo, sono molto esposti al rischio di usi illeciti di link perché

potrebbero essere utilizzati per far puntare i link a parti terze o non specificare la vera origine del contenuto. In questo caso è bene valutare il link di provenienza dell’infografica o dell’immagine, perché rimane corretto mantenere una sorta di autorevolezza in riferimento a chi ha realmente fornito un contributo valido, quindi va valutato con attenzione caso per caso: se succedesse a noi di avere un attributo Nofollow per un contenuto che riteniamo valido, non ci rimarremmo bene, no?

Promuoversi sui forum Una tecnica molto utile sul web per promuovere il proprio sito è quella di interagire sui forum. Anche in questo caso vanno cercati i forum che trattano gli argomenti del nostro sito e, in maniera molto “naturale”, solamente quando il regolamento del forum lo consente, è possibile citare o inserire il link a pagine del nostro sito. Sempre se il regolamento del forum lo consente, è possibile inserire una firma automatica ogni volta che si inserisce un post. La firma è sostanzialmente un breve testo che viene inserito in modo automatico alla fine di ogni post dell’utente e generalmente permette di utilizzare codice HTML, con conseguente possibilità di inserire un link. In questo caso può risultare un’ottima strategia promozionale inserire all’interno della propria firma un link al sito, magari con un messaggio che attiri l’attenzione su un articolo interessante o su un evento di particolare rilevanza legato al sito. Il miglior utilizzo dei forum però è quello che ci permette di aumentare la nostra reputazione, facendo capire che siamo esperti in un determinato argomento e fornendo risposte agli altri utenti del forum. Quella dei forum è una delle attività più importanti di promozione anche perché ha un notevole risvolto dal punto di vista della link popularity, in quanto i post dei forum importanti sono molto ben posizionati sui motori di ricerca. La miglior strategia in riferimento alle risorse a disposizione, è avere una presenza costante nei forum, quindi meglio frequentare i nostri forum di riferimento 15-30 minuti tutti i giorni che dedicarci anche 2 ore, ma solo una volta a settimana.

Promuoversi attraverso i blog I blog rappresentano un altro valido strumento soprattutto per aumentare la propria reputazione e ottenere collaborazioni. Il concetto è simile a quello dei forum, ma per inserire commenti a un post pubblicato su un blog, occorre una maggior disciplina poiché stiamo entrando davvero in “casa” di qualcun’altro: pertanto è bene agire con la massima cura soprattutto per quanto riguarda i contenuti. Fermo restando che dovremmo cercare blog che trattino totalmente o in parte gli argomenti del nostro sito, una buona tecnica è quella di commentare un post dimostrando di conoscere la materia in oggetto ed evitando di inserire link al proprio sito, anche perché ormai i link che derivano dai commenti non vengono considerati dai motori di ricerca. Per capire quali blog scegliere in base agli argomenti, può essere utile visitare il sito

http://www.blogitalia.it/ dove sono riportati i blog italiani suddivisi per categoria. Inoltre può essere utile verificare i profili social (Facebook, Twitter e Google Plus) legati al blog, per capire il livello di popolarità e quante persone seguono il blog stesso. Pertanto i link al nostro sito inseriti all’interno dei commenti di un blog, possono servire esclusivamente ad approfondire argomentazioni, ad esempio in un articolo che parla di viaggi in Francia, possiamo inserire il link al nostro articolo che parla di un viaggio a Parigi. La maggior parte dei blog sono gestiti da persone che cercano altri blogger per condividere e far conoscere il loro sito, quindi il più delle volte sono molto contenti se qualcun altro scrive per loro all’interno del loro blog per aumentare poi la diffusione dell’articolo e conseguentemente del proprio blog, attraverso i canali o i profili social del blogger “ospite”. Per questo motivo, molti blogger permettono ai lettori di scrivere sulle cosiddette colonne degli ospiti o attraverso i guest post. Le colonne degli ospiti offrono l’opportunità di scrivere su un argomento di interesse e generalmente, all’inizio o alla fine del post, il proprietario del blog fornisce la possibilità di inserire una breve biografia dell’autore, l’indirizzo del sito web/blog e uno o due link a piacere. Per poter scrivere su una colonna ospiti, il più delle volte è sufficiente iscriversi al blog e verificare se i blogger ospiti sono autorizzati a contribuire, ricordandosi comunque di scrivere un articolo in qualche modo attinente ai contenuti del blog e al suo pubblico. Alcuni blogger richiedono invece contenuti specifici su determinati argomenti e hanno generalmente all’interno del blog una sezione dedicata a questa forma di promozione chiamata guest post o guest blogger.

Promuoversi con i guest post Proprio sui guest post occorre soffermarci con maggiore attenzione perché è una delle tecniche più utilizzate e dibattute dai professionisti della SEO. Ma perché la tecnica dei guest post è così interessante? Fondamentalmente perché con un’unica azione è possibile: accrescere il valore della nostra reputazione online o nel caso di azienda, della brand reputation; aumentare il numero di backlink verso il nostro sito; attivare forme di collaborazione con esperti del settore che ci interessa o con blogger che hanno un certo seguito di lettori. In molti casi il blogger o il gestore del sito web ha all’interno del sito, una pagina dedicata che definisce le modalità di guest post o guest blogging. All’interno di questa pagina vengono definite le linee guida che descrivono generalmente quali argomenti si devono

trattare per ottenere una pubblicazione all’interno del blog. Alcuni blogger inoltre, accettano articoli solo da lettori che hanno già scritto commenti in relazione agli articoli precedentemente pubblicati nel blog. Dal punto di vista tecnico, ogni blogger che accetta la pubblicazione di guest post all’interno del proprio blog, fornisce le guide redazionali e le specifiche richieste: lunghezza dell’articolo, impaginazione e formattazione, gestione dei link (con generalmente indicato il numero massimo di backlink proposti), gestione e ottimizzazione delle immagini, stile del linguaggio utilizzato etc. Alcuni blogger inoltre preparano già dei modelli preimpostati per creare l’articolo con uno schema simile a questo: Presentazione: in cui spieghiamo le nostre competenze e perché siamo interessati a scrivere per uno degli argomenti richiesti dal guest post. Spesso in questa parte è possibile inserire il link al proprio sito o blog. Titolo e sottotitoli: in alcuni casi sono anche riportati dei limiti al numero dei caratteri, proprio per creare testi ottimizzati dal punto di vista della SEO, come abbiamo visto nei capitoli precedenti. Elenco a scaletta: per creare una formattazione facilmente leggibile, dove elencare gli approfondimenti dell’articolo. Esempi e approfondimenti: questa parte è dedicata ai link di approfondimento che punteranno agli articoli del nostro sito o magari ad altri blog in cui abbiamo creato articoli sfruttando il guest blog. In altri casi i blogger che accettano di pubblicare i nostri post, richiedono la pubblicazione di loro articoli sul nostro sito egualmente validi, in modo da permetterci di contraccambiare l’articolo pubblicato. Quindi per cercare i siti web e i blog che mettono a disposizione una sezione per la pubblicazione di guest post, occorre cercare in maniera scrupolosa su Google utilizzando come termini di ricerca ad esempio: “guest post”, “guest blogging”, “guest blogger” etc. Poiché questa modalità di articoli promozionali è molto utilizzata soprattutto negli Stati Uniti, può essere utile effettuare queste ricerche anche utilizzando termini in lingua inglese come “guest contributor”, “guest post author”: ovviamente però il nostro sito dovrà contenere articoli scritti anche in questa lingua. Esistono inoltre molti blogger o gestori di siti web che pubblicano guest post in qualche modo “mascherati”, da contributi di esperti del settore o blogger esterni. Una volta notati questi articoli “particolari”, occorre mettersi in contatto direttamente con il blogger o il gestore del sito web, ovviamente cercando blog e siti web che trattano argomenti affini a quello di nostro interesse. Inoltre, prima di contattare il blogger (generalmente dalla pagina “Contatti”), cerchiamo di farci notare sul blog creando commenti interessanti volti a dimostrare la nostra effettiva competenza sugli argomenti trattati.

Dal punto di vista tecnico per quanto riguarda la creazione dei contenuti, è altamente consigliato seguire alcune semplici regole per creare un guest post realmente efficace. Oltre naturalmente a evitare di proporre articoli non originali o pubblicare lo stesso guest post su altri blog, è altamente consigliato ottimizzare i contenuti in base al target di riferimento dei blog sui quali verranno ospitati. Cresceranno in questo modo le probabilità che i nostri contenuti siano considerati validi e interessanti dai lettori abituali del blog, con una conseguente possibilità di condivisione. Per “conoscere” bene i lettori di un blog è bene studiare gli articoli pubblicati in precedenza e soprattutto i commenti dei lettori. Un fatto da non sottovalutare riguarda inoltre l’ottimizzazione lato SEO anche di questi post. Infatti, anche se l’articolo che vogliamo ottimizzare per i motori di ricerca sarà ospitato su altri siti non di nostra proprietà, dobbiamo considerarlo totalmente come un nostro articolo e quindi sfruttarne tutte le tecniche SEO che possiamo utilizzare. Non dobbiamo infatti dimenticare che ottimizzando l’articolo per essere ben posizionati sulle SERP, non solo aiuteremo ad aumentare la popolarità del blog o sito web che lo ospita, ma soprattutto aumenteremo le possibilità che questo elevato numero di visite possano arrivare verso il sito linkato, ovvero il nostro! Tuttavia non dobbiamo pensare che la pubblicazione sia fine a se stessa, riponendo l’attenzione esclusivamente sui nostri link, ma dobbiamo comunque fare in modo che il maggior numero di persone condivida l’articolo. Ovviamente in caso di eventuali link esterni che vogliamo aggiungere al nostro articolo, occorre valutare attentamente se questi siti sono attendibili o che non siano a rischio di penalizzazione da parte di Google, altrimenti rischieremmo di perdere la fiducia da parte del blogger che incorrerebbe a sua volta in un rischio di penalizzazione “a cascata”. Oltre a queste indicazioni, dobbiamo fare attenzione alla tipologia di blog che ospita il guest post: stiamo alla larga da blog o siti web che pubblicano esclusivamente contenuti pieni di link, poiché Google potrebbe considerarli artificiosi con un alto rischio di penalizzazione. Per lo stesso motivo è consigliato inoltre preferire quei blog che ospitano guest post con una frequenza non eccessiva, ad esempio una volta a settimana, rispetto a quelli che pubblicano questa tipologia di articoli molto più spesso e che potrebbero essere poco credibili agli occhi di Google. Recentemente Google ha dichiarato che l’attività di guest blogging è valutata in maniera negativa se abusata, perché come ormai di consuetudine l’azienda di Mountain View tenta di scoraggiare i professionisti SEO dalla creazione di contenuti di bassa qualità o in qualche modo artificiosi (ad esempio, con un elevato numero di link provenienti da un solo sito) nel tentativo di ingannare il suo algoritmo. Pertanto, se si continueranno a utilizzare i consigli sopra riportati, soprattutto in merito alla stessa tipologia di argomenti e alla ricerca comunque di un contenuto di qualità, il guest blogging rimarrà sempre una delle tante “frecce” a disposizione dell’arco dei SEO, l’importante è che non sia l’unica!

Ecco un esempio di blog che offre la possibilità di diventare guest blogger pubblicando articoli in tema con l’argomento trattato: http://www.mysocialweb.it/guest-blogger/

Article marketing e comunicati stampa Per far conoscere e promuovere articoli importanti può essere molto utile pubblicare i nostri articoli su siti specializzati attraverso l’article marketing. L’article marketing consiste nello scrivere un articolo in siti specializzati che possono portare backlink per aumentare la nostra link popularity o che semplicemente possono fare conoscere a un diverso pubblico i contenuti del nostro sito. L’aspetto fondamentale è che l’articolo da pubblicare su questi siti deve essere originale e non duplicato, quindi può essere ad esempio un “lancio” di un determinato argomento che invita ad approfondire attraverso un link sul nostro sito. Esistono molti siti o portali che si occupano di ricevere articoli di questo tipo anche se ormai molti di questi sono stati penalizzati da Google dopo l’avvento dell’algoritmo Penguin, quindi è sempre bene verificare la reale autorevolezza di questi siti: generalmente questi portali hanno delle regole molto rigide per la pubblicazione degli articoli che richiedono espressamente che l’articolo proposto sia inedito, altrimenti non verrà pubblicato. Un’altra modalità che spesso viene confusa con l’article marketing è la possibilità di ricorrere a comunicati stampa. Tuttavia questa modalità di divulgazione è molto diversa dall’article marketing, anche perché nasce originariamente molto prima del web: nel 1906 infatti Ivy Lee ideò questo testo per fornire ai giornalisti le informazioni corrette in merito a un incidente che aveva coinvolto la compagnia ferroviaria della Pennsylvania. Da quel giorno cambieranno per sempre i rapporti tra aziende e giornalisti, poiché il comunicato stampa verrà utilizzato proprio come strumento principale per le relazioni pubbliche, con l’obiettivo di informare i media su novità, iniziative, eventi legati al proprio brand. Con l’avvento della posta elettronica, il comunicato stampa ha cambiato molto il suo ruolo primario e si è dovuto in qualche modo adattare alle nuove tecnologie. Infatti oltre a poterlo inviare immediatamente a un enorme numero di giornalisti e redazioni, il bacino di utenza si è ampliato notevolmente perché va mandato anche a blogger, influencer, esperti del settore e a servizi di distribuzione online. Con l’esplosione del web e dei social network il comunicato stampa si è ulteriormente evoluto e soprattutto negli Stati Uniti ha cambiato anche nome in “Social media news release”. Il sito statunitense Shiftcomm (www.shitfcomm.com) ha addirittura creato un modello per la creazione dei questi nuovi comunicati stampa 2.0. scaricabile dal seguente link: http://www.shiftcomm.com/downloads/smprtemplate.pdf

Figura 20 — Modello di Social media news release.

Oltre alla parte dedicata ai riferimenti (Contact information) che deve sempre riportare nome, mail e sito web di chi sta scrivendo il comunicato, occorre prestare attenzione alla parte dedicata alla News Release Headline. Questa parte corrisponde al titolo del nostro comunicato che, come già scritto nel capitolo precedente, deve racchiudere tutte le informazioni necessarie atte ad attrarre il potenziale lettore. Per la versione online non è necessario ripetere nel titolo che quello che stiamo inviando è un comunicato stampa perché i portali a cui viene inviato, sono già specializzati nella ricezione di questa tipologia di testi, quindi se evitiamo di specificarlo, risparmieremo un prezioso numeri di caratteri che ci potrebbe far comodo dal punto di vista della SEO. Il core news che vediamo nel template è il cuore della notizia, preparato secondo la regola delle 5W che abbiamo già trattato nel capitolo precedente: deve essere sintetico, ma allo stesso tempo esaustivo. Abbiamo poi tutta la parte dedicata alle funzionalità aggiuntive che possiamo utilizzare esclusivamente online:

l’RSS Feed che permette di ricevere in automatico l’aggiornamento della pagina web; ogni tipologia di collegamento multimediale (file audio, video, infografiche) relativo all’argomento o al prodotto che stiamo promuovendo; la possibilità di scaricare documenti o programmi (More multimedia available by request); i link per collegare altre pagine di approfondimento o in caso di e-commerce per prodotti o pagine analoghe; eventualmente l’inserimento di commenti o recensioni sul prodotto o servizio di cui stiamo parlando (Pre-approved quotes from corporate executives, analysts, custome and/or partners); eventuali collegamenti a social network (nell’esempio vediamo “Delicio.us”) o parole chiave per portali di aggregazione notizie (in questo caso “Technorati”). Pertanto, anche se parliamo di comunicato stampa online dobbiamo sempre tener presente che l’obiettivo è diverso da quello dell’article marketing, perché come abbiamo visto il comunicato stampa non nasce per aumentare la nostra link popularity, ma il suo scopo è fondamentalmente quello di creare una notizia per diffondere informazioni sul nostro brand, in modo da restare sempre visibili sui portali Web del settore e aumentare di conseguenza la nostra notorietà. Sia che si tratti di article marketing che di comunicati stampa, abbiamo bisogno di conoscere su quali portali web pubblicare i nostri testi, anche in funzione degli argomenti che trattiamo. Per trovare i portali web o i circuiti di notizie legate la nostro settore è possibile utilizzare l’aggregatore di notizie per eccellenza: Google News. Google News è il servizio offerto da Google per raccogliere le notizie di qualità offerte dalla rete. La specificità di questo servizio è dovuta al fatto che non vengono inseriti articoli di scarso valore, contenenti istruzioni pratiche, rubriche di consigli, blog personali. Per essere inseriti all’interno del servizio di Google News occorre inoltre offrire contenuti costantemente aggiornati e di interesse per il pubblico: questo significa che i siti che sono presenti su Google News sono automaticamente autorevoli e sono soprattutto immediatamente indicizzati. Significa inoltre che avere i nostri contenuti pubblicati in questo servizio direttamente o indirettamente (utilizzando altri portali Web) ci permetterà immediatamente di ricevere un considerevole aumento di visite al nostro sito. Poiché i maggiori utilizzatori di questo servizio sono proprio siti e portali web che pubblicano comunicati stampa o gestiscono testi di article marketing, per scoprire i portali più autorevoli che offrono questo tipo di servizi, sarà sufficiente accedere a Google News e cercare le parole chiave legate agli argomenti oggetto del nostro comunicato stampa o del nostro testo nel caso di utilizzo di portali di article marketing. Per quanto riguarda i siti che offrono un servizio di pubblicazione di comunicati stampa troveremo già nelle SERP l’indicazione “Comunicati stampa” tra parentesi accanto alla data.

Figura 21 — Esempio di snippet in Google News, di un articolo legato ad un portale che offre servizi per comunicati stampa.

Per i portali di article marketing dovremmo invece cliccare all’interno del link corrispondente all’articolo e verificare che tipo di servizi offre il sito che ha pubblicato quel post su Google News.

Landing Page: da navigatori a consumatori Un’efficace campagna di marketing online, non si concretizza solamente con l’aumento di visibilità del proprio sito all’interno dei motori di ricerca, ma deve indurre i semplici lettori o navigatori della rete a compiere azioni legate al nostro sito che in gergo tecnico vengono definite conversioni. Per questo motivo, uno degli aspetti fondamentali nel momento in cui qualcuno visita una pagina del sito web, è che esso riesca a individuare immediatamente e in maniera semplice, le informazioni ricercate e soprattutto che le informazioni stesse lo inducano, ad esempio, ad effettuare immediatamente il download di un nostro prodotto multimediale o eventualmente la compilazione di un form per richiedere l’iscrizione alla newsletter. Per raggiungere questi obiettivi, esiste una tecnica precisa nel marketing online legato ai siti web: la realizzazione efficace delle cosiddette Landing Page. In gergo, una Landing Page (in italiano, “pagina di atterraggio”) viene definita come la pagina web che un utente raggiunge dopo aver cliccato su uno dei risultati forniti dalla SERP (in questo caso, la pagina dovrebbe risultare pertinente rispetto alla descrizione fornita dal motore di ricerca immediatamente sotto al titolo cliccabile) oppure dopo aver cliccato su un annuncio pubblicitario in cui il testo contenuto nella pagina risulta ottimizzato intorno a una parola chiave o una frase specifica. Pertanto una Landing Page è una pagina web creata appositamente per la campagna pubblicitaria che si intende lanciare. Tuttavia non è possibile fornire, all’interno di un banner pubblicitario, tutti i dettagli e le specifiche per effettuare l’acquisto, per questo motivo viene sviluppata una Landing Page in cui vengono indirizzati tutti i click provenienti dal banner. Fondamentalmente, la funzione principale della Landing Page consiste nel condurre un navigatore all’interno nel nostro sito web e nell’offrire all’utente delle indicazioni precise legate ai servizi specifici, veicolando la visita mediante un tragitto predefinito. Le modalità secondo cui viene sviluppata questa pagina, derivano ovviamente dagli obiettivi che si intendono perseguire, dal target di mercato e anche dalla propria offerta, ma l’elemento fondamentale è focalizzato sulla conversione degli utenti da semplici navigatori a consumatori di un prodotto o servizio, come ad esempio l’iscrizione ad una newsletter o il download di un e-book.

Una newsletter è una mail che viene inviata a intervalli di tempo prestabiliti a tutti coloro che hanno richiesto questo servizio. La newsletter può riguardare uno specifico argomento relativo a un sito web o semplicemente avvisa ogni qual volta è stato pubblicato un nuovo articolo. Serve fondamentalmente per far rimanere aggiornati gli utenti di un sito e soprattutto per creare un legame di fidelizzazione con loro. Per creare una landing page efficace esistono molte tecniche, ma possiamo semplicemente seguire alcuni accorgimenti per impostarla correttamente e creare testi realmente attraenti. Prima di tutto dobbiamo utilizzare un linguaggio all’interno del testo della landing page, orientato all’azione e al vantaggio: se un utente arriva sulla nostra landing page e non capisce entro 3 secondi cosa fare sulla pagina, la abbandona immediatamente. Per evidenziare i vantaggi di un prodotto, possiamo ad esempio scrivere “Con il prodotto/servizio X, tu puoi…” invece che elencare tutte le “fredde” caratteristiche tecniche. Dobbiamo inoltre stare attenti ad utilizzare le stesse parole chiave in corrispondenza del nostro argomento. Quindi all’interno della nostra landing page utilizzeremo le stesse parole chiave nella headline (la frase/titolo che apre la pagina), nel form, nella call to action, in modo tale che l’occhio dell’utente possa orientarsi immediatamente dal punto di vista semantico. La call to action generalmente assume l’aspetto di un bottone comprensivo di testo che una volta cliccato, rimanda il navigatore a concludere un’azione ben precisa (il download di un prodotto multimediale, l’inserimento di dati in un form, l’iscrizione alla newsletter etc.) Inoltre, per porre l’attenzione sul nostro lettore mettendolo al centro del discorso, dobbiamo dare “del tu” a chi ci sta leggendo: in questo modo ridurremo anche la distanza tra lui e la nostra offerta. Sempre per cercare di ottenere immediatamente la fiducia del nostro lettore, un utile stratagemma utilizzato spesso nelle landing page, è quello di inserire qualche testimonianza sui nostri prodotti o servizi, in modo da far identificare il visitatore con i testimonial. Per quanto riguarda i contenuti testuali dobbiamo sempre ricordarci di comunicare nel modo più diretto e chiaro possibile, andando immediatamente dritti al punto: se abbiamo 3 secondi per catturare l’attenzione del lettore, togliamo ogni parola superflua che rischia di non apportare nessun valore. Per facilitare la velocità di lettura dobbiamo anche tener conto della formattazione, ricorrendo a grassetti, elenchi puntati, icone, immagini, per dare più risalto ad alcune informazioni e contribuire alla conversione. Una volta creata e pubblicata la nostra landing page, dobbiamo analizzare i risultati e

ritoccarla continuamente per vedere quali modifiche rispondono meglio in base al target dei nostri lettori, al tipo di prodotto/servizio, all’offerta, etc. Ecco un esempio di un’ottima landing page italiana collegata al sito Suonare chitarra che utilizza tutte le tecniche e i consigli sopra descritti:

Figura 22 — Esempio di landing page visualizzabile integralmente dal seguente link: http://suonarechitarra.com/gratis/lezionichitarra/

L’email marketing Tra le tecniche più utilizzate e redditizie di marketing online, l’email marketing rappresenta sicuramente un mondo da esplorare e da valutare attentamente per saper scegliere quali varianti di questa tecnica utilizzare, soprattutto se l’obiettivo principale del nostro sito è fidelizzare l’utente o come nelle Landing Page portarlo a effettuare un’azione. Una delle tecniche più utilizzate nel settore dell’email marketing sono le cosiddette mail transazionali o transactional email. Sono fondamentalmente email strutturate che vengono inviate, generalmente in modo automatico, in seguito a un’azione ben precisa dell’utente, come ad esempio l’iscrizione alla newsletter o il riepilogo di un determinato acquisto effettuato online. Una variante delle mail transazionali sono le cosiddette mail event trigged che sono invece legate o a una precisa scadenza (ad esempio la fine del periodo di utilizzo di un servizio di prova gratuito) oppure sono legate a particolari azioni effettuate dall’utente in occasione di eventi o azioni particolari: dal compleanno dall’utente, all’invio di una mail in caso di procedura di acquisto non terminata correttamente, per tentare di convincere l’utente a concludere l’acquisto. Queste due tipologie di tecniche sono tra le più utilizzate grazie alle alte probabilità di lettura perché nella maggior parte dei casi, il destinatario della mail sa che la riceverà e quindi è ben propenso ad accettarla. Altre caratteristiche positive di questa tecnica derivano dalla possibilità offerta alle aziende di personalizzare i propri messaggi poiché è possibile conoscere in modo

specifico il mittente del contenuto, pur rimanendo correttamente attuabili in riferimento alle leggi sulla privacy. Dal punto di vista comunicativo è molto importante curare i testi delle mail di questa specifica tecnica anche in funzione della modalità con cui viene utilizzata. Se ad esempio stiamo scrivendo un messaggio di conferma di iscrizione alla newsletter o di conferma di registrazione, è importante utilizzare un linguaggio che promuove l’utilizzo del nostro sito e anche le informazioni per le potenziali offerte. Sempre dal punto di vista comunicativo è sempre bene “coccolare” gli utenti che seguono da più tempo il sito, ringraziandoli e cercando di intercettare le loro esigenze o i loro consigli, poiché sono gli utenti che meglio conoscono i servizi e le notizie provenienti dal sito. Per capire chi ci sta seguendo da tempo è sufficiente verificare la data di iscrizione alla newsletter, oppure le date dei commenti, nel caso in cui fossero abilitati per gli articoli o le pagine.

Advertising online: tipologie Il web permette di ricercare e combinare facilmente tra loro le informazioni che ci occorrono, per questo è necessario coinvolgere i potenziali lettori o utenti del nostro sito, attraverso l’utilizzo di una tipologia di linguaggio in grado di “catturarli”, poiché non sono più soggetti tempestati dai messaggi pubblicitari in modo passivo, bensì diventano soggetti attivi che devono essere convinti con metodi di coinvolgimento emozionale appositi, fornendo informazioni specifiche sui prodotti e i servizi. È anche per questo motivo che il cosiddetto advertising online risulta essere uno strumento che permette un’efficacia considerevolmente superiore rispetto ai cosiddetti strumenti di comunicazione che si avvalgono dei media tradizionali, inoltre poiché è solo recentemente in fase di crescita e sviluppo, non è ancora abbastanza conosciuto dalla maggior parte di imprese e allo stesso tempo anche dai potenziali concorrenti del nostro sito. Vediamo nel dettaglio quali sono le tipologie dell’advertising online iniziando dal formato più diffuso sul web ovvero il banner. Questa tipologia di messaggio promozionale consiste in una piccola immagine grafica (che può essere anche un’applicazione multimediale con animazioni e suoni) che viene inserita all’interno di una pagina web e che costituisce un collegamento diretto tra la pagina in cui si trova e un altro sito. Quindi l’obiettivo principale di questo strumento pubblicitario è indirizzare il visitatore a un determinato sito web, inserendo un link diretto nella pagina dell’inserzionista. I banner online si contraddistinguono rispetto ai classici modelli promozionali, perché permettono di esaminare gli effetti della campagna pubblicitaria in tempo reale, in modo tale da poter essere indirizzati a un pubblico effettivamente interessato. A seconda delle caratteristiche del layout del sito, della tipologia di promozione o delle scelte comunicative, è possibile utilizzare diverse tipologie di banner. Il Vertical Banner (in italiano “Banner verticale” e “Banner grattacielo”) è un banner di

forma lunga e stretta, generalmente inserito lungo la colonna di destra o di sinistra di un sito web che permette di essere visualizzato anche durante lo “scrolling” della pagina, oltre a offrire un maggior spazio di esposizione per i contenuti promozionali. Il Floating Banner (in italiano “Banner fluttuante”) è invece una tipologia di Banner che come caratteristica principale ha la possibilità di utilizzare il movimento per catturare la curiosità del navigatore, spostandosi all’interno del sito web sopra gli elementi statici che lo compongono. La caratteristica principale di questo tipo di formato è quindi quella di sfruttare le molteplici modalità di movimento che permettono inoltre di comparire con una maggiore frequenza sullo schermo rispetto ad esempio ai Vertical Banner. Esiste anche una variante a queste tipologie di banner, molto utilizzata sul web fino a poco tempo fa, ovvero il cosiddetto Pop-up. Consiste in una nuova finestra che si apre automaticamente, sovrapponendosi a quella correntemente caricata, permettendo di visualizzare il messaggio pubblicitario, oppure in alternativa anche un’intera pagina Web. Pur essendo stati considerati molto profittevoli da parte degli inserzionisti, oggi i navigatori li reputano alquanto seccanti e spiacevoli, poiché, proprio per via della loro caratteristica di sovrapporsi alle altre finestre, devono essere chiuse per poter continuare a visualizzare il contenuto della pagina web sottostante. Per questo motivo attualmente, la maggior parte dei browser contengono un’applicazione che consente di bloccare preventivamente ogni genere di pop-up, azzerando sul nascere qualsiasi potenzialità derivante da questo strumento.

Il pay per click advertising Negli ultimi anni la “maturazione” dei naviganti della rete derivata dall’aumento delle competenze informatiche, anche per evitare pubblicità troppo invasive, ha portato come conseguenza un minor utilizzo dei banner pubblicitari da parte degli inserzionisti che si stanno ormai sempre più spostando verso una nuova forma pubblicitaria: il cosiddetto pay per click advertising. Il pay per click advertising è una tipologia di pubblicità generalmente legata ai motori di ricerca che permette all’inserzionista di pianificare i propri annunci pubblicitari acquistando alcune parole chiave legate all’esposizione di un banner che viene esposto solamente quando l’utente digita le stesse keywords scelte dall’inserzionista, all’interno del motore di ricerca. Se ad esempio il nostro sito propone ricette vegetariane, possiamo creare un banner legato alle parole chiave “ricette vegetariane” che ovviamente contiene un link al sito web, in modo che ogni qualvolta un utente digita queste parole nel motore di ricerca, appare un banner che lo porta direttamente al sito. Questo modello pubblicitario è caratterizzato dal fatto che chi investe in questa tipologia di pubblicità paga solamente per i click che vengono effettuati sul proprio banner e quindi solo quando il sito web di riferimento legato al banner, viene realmente visitato: ecco perché diventa fondamentale “catturare” il potenziale cliente sul proprio sito web, utilizzando tutte le tecniche di marketing persuasive già in parte analizzate, concentrandosi sulle parole chiave in cui il nostro sito è meno posizionato.

Un fattore molto importante riguarda il posizionamento del banner all’interno del motore di ricerca, dovuto al fatto che non tutti i motori di ricerca assicurano la prima posizione nei risultati, poiché soprattutto i motori di ricerca più utilizzati, inseriscono il banner pubblicitario a pagamento a seconda di fattori come il Click-Through Rate di Google. Il Click-Through Rate (spesso abbreviato in CTR) è un rapporto tra il numero di visualizzazioni dell’annuncio (le cosiddette Impression) e il numero di click che le persone effettuano una volta visualizzato. Il CTR quindi è un importantissima variabile che permette di misurare se le parole chiave scelte hanno attinenza o meno con il nostro annuncio. Avere un CTR elevato significa che gli utenti trovano il nostro annuncio utile e rispondente a quello che stavano cercando, diversamente un CTR basso indica che il messaggio dell’annuncio o le parole chiave utilizzate non sono strettamente o direttamente collegate con la ricerca dell’utente. Il CTR è caratterizzato da un punteggio di qualità che può influenzare i costi e, come anticipato, la posizione dell’annuncio all’interno del motore di ricerca. Pertanto una volta attivato un servizio di pay per click advertising è necessario monitorare costantemente il CTR per verificare il ritorno di investimento pubblicitario e per scegliere annunci e banner legati a parole chiave che hanno maggior visibilità. Un servizio che permette tutto questo è naturalmente AdWords, il sistema di pay per click advertising di Google che è ovviamente il più consigliato al mondo, anche perché nel solo territorio italiano viene utilizzato dal 92% degli inserzionisti. Tra i vantaggi di questo sistema oltre alla semplicità di gestione, sono da segnalare la possibilità di trovare facilmente supporto per le opzioni e funzionalità avanzate, grazie alla numerosa comunità di utilizzatori, oltre ovviamente al servizio di supporto sempre di grande qualità, fornito dalla società di Mountain View. Inoltre, essendo il servizio più utilizzato in Italia, è possibile sfruttare la visibilità dei banner anche su network e portali collegati con questo sistema, come ad esempio gli italiani Virgilio, Libero, Arianna etc.

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APITOLO 6

Web Marketing: gli strumenti di Google

Google Webmaster Tools Dopo aver visto le principali tecniche di web marketing da utilizzare per pubblicizzare il nostro sito vediamo quali strumenti possono essere utili per la gestione delle attività di promozione online. Lo strumento principale che ogni gestore di sito web dovrebbe utilizzare è Google Webmaster Tools (in italiano Strumenti per webmaster di Google) che permette di monitorare e ottimizzare qualsiasi attività del nostro sito. Per poter accedere a questo strumento basta accedere a Google Webmaster Tools (www.google.com/webmasters/tools/?hl=it) con il nostro account di Google e fare verificare il sito. Per verificare il proprio sito, una volta entrati nel proprio account Google Webmaster Tools, è sufficiente cliccare il pulsante rosso in alto a destra “Aggiungi un sito”, inserire l’indirizzo del sito (senza il prefisso “http://” quindi www.nomesito.com) ed entrare nella pagina “Verifica proprietà”. A questo punto possiamo scegliere due modalità di verifica: metodo consigliato o metodo alternativo.

Figura 23 — Schermata del metodo consigliato per la verifica del sito con Google Webmaster Tools.

Se scegliamo il metodo consigliato ci apparirà una finestra con indicata questa procedura: scaricare il file di verifica HTML creato da Google Webmaster Tools; caricare il file con un client FTP, all’interno della cartella httpdocs oppure www.nomesito.com; confermare di aver eseguito correttamente il caricamento del file attraverso l’indirizzo che viene fornito al punto 3 della procedura; Un client FTP è un programma che permette di caricare i file del sito direttamente sul server scelto.

Una volta installato il client FTP, per collegarlo al server è sufficiente utilizzare i dati forniti via mail dal servizio di hosting: nel campo “Host” scriveremo ftp.nomesito.com, dove al posto di nomesito andremo a scrivere il nome del dominio e la sua estensione (ad esempio .com o .it). Mentre nei campi “Nome Utente” e “Password” inseriremo quelli ricevuti via mail dall’hosting per la gestione del servizio. Tra i client FTP più utilizzati e che funzionano su qualsiasi sistema operativo consigliamo Filezilla, scaricabile gratuitamente da qui: http://filezillaproject.org/download.php Per chi utilizza WordPress e il plugin WordPress SEO di cui abbiamo parlato nel capitolo 3, è sufficiente scegliere “metodo alternativo” dalla pagina “verifica proprietà” e selezionare l’opzione “Aggiungi un metatag alla home page del tuo sito”. In questo modo verrà creato automaticamente un codice metatag come quello della figura 24.

Figura 24 — Codice metatag di Google Webmaster Tool da inserire nel sito.

A questo punto sarà sufficiente accedere alla Dashboard del plugin SEO attraverso il pannello di controllo di WordPress, incollare il codice nel campo “Strumenti per i webmaster di Google”, come riportato nelle figura 9 e cliccare sul pulsante “Salva le impostazioni”.

Figura 25 — Inserimento del metatag all’interno del plugin WordPress SEO.

Al termine delle due procedure sarà sufficiente tornare sulla Home di Google Webmaster Tools per controllare che non compaia più la scritta “Verifica questo sito”, sotto il nome di dominio del nostro sito. Google Webmaster Tools offre innumerevoli strumenti per gestire il proprio sito, tuttavia ci concentreremo esclusivamente su quelli che ci possono interessare principalmente per gestire le attività di SEO e web marketing.

Inviare la Sitemap e creare il file robots.txt Nel capitolo 1 abbiamo parlato dell’importanza della Sitemap ai fini dell’indicizzazione del nostro sito web: vediamo quindi come inviarla con Google Webmaster Tool al nostro motore di ricerca preferito. Per prima cosa creiamo la nostra Sitemap utilizzando un sitemap generator online, come ad esempio quello accessibile all’indirizzo http://www.xml-sitemaps.com/ È sufficiente inserire l’URL del nostro sito all’interno del form “Starting URL” e decidere la frequenza di aggiornamento del nostro sito attraverso le opzioni nel menù a tendina “Change frequency”, scegliendo “Daily” se il sito viene aggiornato giornalmente, “Weekly” settimanalmente, “Mounthly” mensilmente etc. Dopo aver cliccato il tasto “Start” è possibile scaricare la nostra Sitemap in formato XML e caricarla via FTP nella cartella principale del nostro sito in modo da visualizzarla all’indirizzo http://www.nomesito.com/sitemap.xml. Per inviare la Sitemap a Google, è sufficiente accedere all’interno della pagina principale di Google Webmaster Tools, alla sezione Ottimizzazione, quindi su Sitemap e cliccare sul pulsante “AGGIUNGI/TESTA SITEMAP”. Nella casella di testo che apparirà, è sufficiente inserire il percorso alla Sitemap (ad esempio, se la Sitemap si trova all’indirizzo http://www.nomesito.com/sitemap.xml, è sufficiente digitare sitemap.xml) e cliccare sul tasto “Invia Sitemap”.

Una volta creata la sitemap, possiamo compiere un’altra importante operazione per favorire la corretta indicizzazione del sito: la creazione del file robots.txt. Il file robots.txt serve a comunicare ai motori di ricerca quali sezioni del sito devono indicizzare. Questo file è molto utile perché non tutte le pagine del sito vanno indicizzate e soprattutto sono da evitare contenuti duplicati che possono portare a penalizzazioni per il posizionamento dei motori di ricerca. Vediamo le indicazioni passo passo per scrivere questo file con estensione .txt che possiamo creare con un semplice programma di editing di testo (ad esempio Blocco Note). Il comando principale è “Disallow”: serve a indicare qual è il contenuto da bloccare, deve iniziare con il simbolo / e può essere usato anche con alcune combinazioni di caratteri speciali. Tuttavia il primo comando da utilizzare per iniziare a creare il file robots.txt è “User Agent” e serve a indicare a quale robot dei motori di ricerca ci riferiamo (ad esempio Googlebot). È sempre consigliabile applicarlo a tutti i motori di ricerca inserendo il valore * (asterisco) per specificare che tale comando viene applicato a tutti i robots. Quindi la prima riga del nostro file robots.txt sarà: User-agent: *

Le prossime righe del file saranno invece dedicate a quelle cartelle che non sono caricate manualmente, ma potrebbero produrre contenuti duplicati come ad esempio i feed rss, i commenti o i trackback. In questo caso utilizzeremo il comando “Disallow”, indicando questo tipo di cartelle attivate in automatico: Disallow: /trackback/ Disallow: /feed/ Disallow: /comments/ Disallow: */trackback/ Disallow: */feed/ Disallow: */comments/

Il Trackback è una funzionalità per scrivere una risposta a un post pubblicato su un altro blog che fa comparire in modo automatico sul nostro sito o blog, un indirizzo URL per gestire la comunicazione tra i due blog. Se utilizziamo un motore di ricerca interno, a ogni risposta verranno generati indirizzi URL che corrisponderanno a contenuti già presenti sul sito e quindi potrebbero essere considerati da Google contenuti duplicati, con il conseguente rischio di penalizzazione

nelle SERP. Per evitare questo problema è sufficiente bloccare l’indicizzazione di tutti gli indirizzi URL creati dall’esecuzione della Query del motore di ricerca interno, scrivendo: Disallow: /*?* Disallow: /*?

Per lo stesso motivo dovremo bloccare l’indicizzazione proveniente dagli archivi delle categorie e/o dei tag se utilizzati, bloccandoli attraverso il comando: Disallow: /tag/ Disallow: /category/

Se utilizziamo un CMS come WordPress è importante impedire l’indicizzazione dei file e delle cartelle di installazione e gestione di WordPress che sono comuni a tutti i siti che utilizzano questo CMS. Basterà quindi scrivere nel file: Disallow: /wpDisallow: /cgi-bin/ Disallow: /wp-admin/ Disallow: /wp-includes/ Disallow: /wp-content/

Sempre in caso di utilizzo di WordPress dovremmo invece indicare che le immagini e i media contenuti nei nostri articoli o pagine vengano correttamente indicizzati da Google, andando ad indicare la cartella di provenienza ed utilizzando per la prima volta il comando “Allow”: Allow: /wp-content/uploads/

A questo punto dobbiamo indicare nel nostro file robots.txt l’indirizzo della nostra Sitemap utilizzando la forma classica sitemap.xml o la versione compressasitemap.xml.gz: Sitemap: http://www.nomesito.it/sitemap.xml

oppure

Sitemap: http://www.nomesito.it/sitemap.xml.gz

Ecco come apparirà il nostro file robots.txt per un sito non gestito con WordPress: User-agent: * Disallow: /trackback/ Disallow: /feed/ Disallow: /comments/ Disallow: */trackback/ Disallow: */feed/ Disallow: */comments/ Disallow: /*?* Disallow: /*? Disallow: /tag/ Disallow: /category/ Allow: /wp-content/uploads/ Sitemap: http://www.nomesito.it/sitemap.xml

Se invece utilizziamo WordPress aggiungeremo i comandi specifici per questo CMS: User-agent: * Disallow: /trackback/ Disallow: /feed/ Disallow: /comments/ Disallow: */trackback/ Disallow: */feed/ Disallow: */comments/ Disallow: /*?* Disallow: /*? Disallow: /tag/ Disallow: /category/ Disallow: /wpDisallow: /cgi-bin/ Disallow: /wp-admin/ Disallow: /wp-includes/ Disallow: /wp-content/

Allow: /wp-content/uploads/ Sitemap: http://www.nomesito.it/sitemap.xml

A questo punto possiamo salvare il file con estensione txt nominandolo “robots” (nome completo con estensione: robots.txt) e lo andremo a caricare nel root principale del nostro spazio web, ovvero nella cartella principale. A seconda del servizio di hosting utilizzato, questa cartella potrebbe essere “www.nomesito.it”, “httpdocs” o “public_html”; è riconoscibile anche perché all’interno della cartella c’è il file sitemap.xml o sitemap.xml.gz (se compressa).

Verificare le Query di ricerca Dal menù principale di Google Webmaster Tools, all’interno della sezione Traffico è possibile accedere ad uno degli strumenti più interessanti offerti da questo tool: l’analisi delle Query di ricerca in un periodo compreso tra gli ultimi 30 giorni (preimpostato) fino ad arrivare ad un massimo di 90 giorni. La Query di ricerca consiste in uno o più termini che vengono digitati dall’utente all’interno della casella di ricerca di Google o in qualsiasi motore di ricerca. Quest’analisi è fondamentale per capire se realmente il nostro sito è ottimizzato lato SEO, poiché ci permette di verificare se nell’elenco delle Query sono presenti le parole chiave che abbiamo impostato negli articoli o nelle pagine del sito.

Figura 26 — Grafico e tabella dell’analisi delle Query in Google Webmaster Tools.

La tabella dei risultati, come si vede dalla Figura 26, oltre a riportare l’elenco e il numero complessivo delle Query ci offre anche:

il numero delle volte in cui le nostre pagine sono comparse in Google (Impressioni); il numero di volte che gli utenti hanno cliccato nella SERP in relazione alla Query (Clic); il rapporto tra numero di clic ricevuti e impressioni generate da una specifica Query (espresso dal CTR); la posizione media nel ranking dei risultati di ricerca di Google relativa a una specifica parola chiave (sotto la dicitura Posizione media). Quello che vediamo nella figura 26 è il grafico di base che ci permette di valutare i dati del nostro sito nel periodo temporale che abbiamo scelto. Tuttavia per analizzare le nostre strategie SEO e verificarne i risultati, è molto più utile il grafico avanzato attivabile cliccando il tasto “Con modifica” che permette di valutare i dati sopra riportati in rapporto ai cambiamenti nel corso del tempo ed evidenziando con il colore verde i risultati positivi e con il colore rosso i risultati negativi. Oltre ad analizzare le nostre strategie SEO o l’impatto degli algoritmi di Google, possiamo anche verificare quali Query hanno avuto più incremento di posizione poiché è possibile visualizzare i dati in base alla miglior percentuale di crescita o indice di incremento, semplicemente cliccando sulla parola “Modifica” accanto all’indicatore di riferimento. Nell’esempio della figura sottostante vediamo quali parole chiave legate al nostro sito hanno avuto il maggior incremento di posizione nelle SERP.

Figura 27 — Tabella che illustra le parole chiave con maggiore incremento.

Sempre dalla tabella dedicata alle Query può risultare molto interessante ottenere informazioni e dati aggiuntivi sulle singole parole chiave. Per ottenere questi dati è sufficiente cliccare sulla parola chiave che ci interessa, all’interno della colonna “Query di ricerca”. Possiamo in questo modo conoscere quali pagine sono collegate alla parola chiave e l’andamento delle posizioni all’interno delle SERP. In questo modo, oltre a verificare i singoli contenti che stanno funzionando meglio in

termini di posizionamento, possiamo anche scoprire collegamenti o connessioni magari non previsti in precedenza e che possono quindi aiutare a sviluppare e ideare nuovi contenuti di successo.

Figura 28 — Esempio di analisi delle Query di ricerca.

Grazie a questo strumento, è quindi possibile verificare l’efficacia dei nostri articoli o delle pagine del nostro sito, poiché nel caso in cui una determinata parola chiave ha portato una diminuzione di click effettivi da parte degli utenti, possiamo agire variando title o meta description (che come già detto sono gli elementi presenti nelle SERP) e verificare dopo 2 o 3 giorni il risultato di questa modifica, poiché i dati dell’analisi delle Query di ricerca si aggiornano dopo circa 72 ore.

Verificare i backlink Sempre all’interno della sezione Traffico dal menù principale di Google Webmaster Tools, attraverso la voce Link che rimandano al tuo sito è possibile verificare i backlink per ogni singola URL presente sul nostro sito.

Figura 29 — La tabella dei backlink in Google Web Master Tools.

È quindi possibile sapere quali siti ci hanno linkato (sotto la voce Chi utilizza più link), quali pagine o articoli hanno ricevuto più link (I tuoi contenuti con più link) e quali sono i principali termini utilizzati per realizzare i collegamenti al nostro sito da parte degli altri siti (Come sono collegati i tuoi dati). Inoltre se utilizziamo l’opzione “Scarica ultimi link”, cliccando su “Altro” dalla tabella

“Chi utilizza più link”, possiamo scaricare in formato CSV gli ultimi backlink in ordine di tempo, in modo da poter ad esempio contattare l’autore del blog o sito che ci ha linkato per ringraziarlo e magari proporre una collaborazione. Possiamo utilizzare questo file anche per rimuovere i backlink che contengono malware, siti per giochi d’azzardo o con contenuti pornografici che possono portare penalizzazioni del nostro sito da parte di Google, come descritto nel capitolo 5. Per far questo, dopo aver analizzato attentamente quali siti collegati possono essere sospetti, è sufficiente preparare un file in txt (ad esempio con l’editor di testo Block notes) elencando i link da rimuovere e avendo cura di posizionarli uno per riga. Una volta completato l’elenco, è sufficiente caricare il file attraverso questo link: https://www.google.com/webmasters/tools/disavow-links-main Attraverso questo link https://www.google.com/webmasters/tools/disavow-links-main è possibile attivare la procedura da eseguire per rimuovere i link che possono portare penalizzazioni al nostro sito. Per far questo, è sufficiente creare un file .txt in cui sono presenti gli indirizzi URL dei link da escludere (scrivendo un link per ogni riga). Una volta caricato il file è sufficiente inviarlo tramite il form denominato “Rinnega link”.

Gestione dei sitelink Tra le tante opzioni fornite da Google Webmaster Tools c’è la possibilità di verificare i sitelink assegnati al nostro sito ed eventualmente di declassarli, quando ci rendiamo conto che non sono utili ai potenziali visitatori, in modo che quel determinato sitelink non venga più visualizzato nei risultati.

Figura 30 — Esempio di sitelink: sotto al risultato di ricerca, compaiono link alle pagine più rilevanti del sito.

I sitelink sono link posizionati sotto il risultato di ricerca nella SERP e vengono attivati da Google quando il sito rispetta determinati requisiti in base alla struttura del sito, alle visite, ai contenuti, al numero e alla qualità dei backlink etc. Non tutti i siti hanno il privilegio di

avere l’assegnazione dei sitelink e anche per i siti che rispondono ai requisiti, il processo di assegnazione da parte di Google è abbastanza lungo (fino a 4 mesi). Per andare a declassare un sitelink che non riteniamo utile a chi sta effettuando una ricerca è sufficiente accedere alla sezione Configurazione dal menù principale di Google Webmaster Tools e cliccare su Sitelink. A questo punto inseriamo l’indirizzo URL che non vogliamo che appaia più nei sitelink all’interno del campo Declassa e clicchiamo sul tasto “DECLASSA”.

L’indicizzazione con Google Webmaster Tools Per quanto riguarda l’indicizzazione del nostro sito, Google Webmaster Tools offre due strumenti molto utili. Il primo permette di vedere una pagina del nostro sito come la vede Google attraverso la sezione Visualizza come Google, accessibile dal menù Salute. Per far questo basta inserire l’URL che ci interessa, cliccare il pulsante “RECUPERA” e cliccare sul link “Riuscita” appena l’operazione di recupero è conclusa. A questo punto possiamo sfruttare un’altra opportunità offerta da questo strumento: se clicchiamo infatti sul pulsante “INVIA ALL’INDICE” accanto al link “Riuscita”, possiamo suggerire velocemente a Google l’indicizzazione della pagina scelta, senza per forza dover aspettare i tempi della scansione. L’altro strumento utile per l’indicizzazione del nostro sito è accessibile sempre dal menù Salute alla voce Stato dell’indicizzazione e permette di controllare grazie a un grafico, la quantità di pagine del nostro sito che Google ha indicizzato nel tempo. Questi dati sono molto interessati perché il numero di URL indicizzate può essere confrontato con il numero di pagine web indicizzate dalla nostra sitemap (accessibile dalla voce Sitemap sotto il menù Ottimizzazione) in modo da intervenire sulle URL che la sitemap non indicizza. Un’altra interessante opportunità offerta da Google Webmaster Tools è quella di verificare tutti gli eventuali problemi del nostro sito legati al codice HTML e nello specifico ai tag title e meta description, fondamentali per la SEO. Infatti dal menù “Aspetto nella ricerca” scegliendo la voce “Miglioramenti HTML” possiamo identificare in un unico report la presenza di problemi relativi a questi due attributi HTML sopratutto in merito ai contenuti interni duplicati. Nel caso si riscontrassero tag title o tag meta description duplicati, è sufficiente cliccare sulla voce corrispondente e procedere alla correzione.

Figura 31 — La schermata “Miglioramenti HTML”.

Google Analytics: conoscere il pubblico Essere in grado di tenere traccia di ogni singola azione realizzata da un visitatore sul nostro sito non ha prezzo, soprattutto quando questa azione può indicare la direzione da seguire nelle strategie legate alle attività di web marketing. Per questo motivo è importante conoscere a fondo il nostro pubblico attraverso uno dei principali strumenti offerti dal web, ovvero la cosiddetta web analytics, che permette attraverso il monitoraggio delle statistiche di accesso, di tracciare e analizzare i dati di navigazione su un sito web e soprattutto di poter interpretare le attività online dell’utente, in corrispondenza delle nostre attività di web marketing. Ma quali sono le azioni da compiere per analizzare in maniera efficace le statistiche di accesso al sito? La prima regola consiste nell’affiancare un’attività di controllo periodico (prefissata generalmente una volta a settimana) a un attività puntuale, in funzione di particolari attività di web marketing o di comunicazione persuasiva. In questo modo è possibile individuare facilmente una serie di informazioni legate a eventuali problemi relativi alla visibilità o all’usabilità di alcune pagine, oppure legate ai motivi di una mancata indicizzazione da parte dei motori di ricerca o, ancora, di intere sezioni del sito che per motivi diversi non vengono prese in considerazione dai visitatori. Avere la possibilità di disporre e analizzare questi dati permette come già detto, di conoscere i visitatori del sito in profondità, soprattutto in riferimento ai contenuti più graditi, nell’ottica di rimodulare continuamente offerta e servizi del nostro sito web. Esistono ormai molti software per effettuare l’analisi degli accessi al proprio sito, tuttavia secondo una ricerca effettuata nel giugno del 2012 da Pingdom utilizzando i dati del sito Alexa (uno dei portali di riferimento per le statistiche dei siti web), Google Analytics è il servizio più utilizzato sul web, infatti il 62% dei migliori 10.000 siti presenti sul web utilizzano questo strumento di analisi, offerto gratuitamente da Google. Per utilizzarlo è sufficiente creare un account Google Analytics dalla seguente pagina: http://www.google.com/intl/it/analytics/ inserendo l’indirizzo mail e la password con i dati del nostro account di Google. Una volta terminata l’iscrizione ad Analytics, verrà fornito un codice javascript, da inserire nelle pagine del sito per permettere a Google di rilevare i dati di traffico dei visitatori.

È possibile inserire il codice all’interno del nostro sito seguendo le istruzioni fornite dal servizio di assistenza di Google Analytics accessibile dal seguente link: https://support.google.com/analytics/ Oppure, se utilizziamo WordPress come CMS, possiamo inserire il codice attraverso un plugin, come ad esempio “Google Analytics for WordPress” di Yoast che permette di installare il codice in modo semplice e automatico: http://wordpress.org/extend/plugins/google-analytics-for-wordpress/ Ma quali sono i dati essenziali che consentono di ottenere un quadro concreto dei visitatori che ci stanno seguendo?

Figura 32 — La schermata principale del menù Pubblico > Panoramica.

Pur essendo potenzialmente infiniti, i primi dati da monitorare per utilizzare efficacemente Google Analytics sono quelli accessibili dal macro menù Pubblico, ovvero: “Dati demografici (Età, Sesso)”: possono essere attivati con un codice aggiuntivo e permettono di conoscere oltre al genere sessuale, la composizione per categorie di età del nostro pubblico. “Interessi (Categorie di affinità, Altre categorie, Segmenti in-market)”: anche questa opzione viene attivata con un codice aggiuntivo ed è molto interessante per scoprire informazioni relative agli interessi dei nostri utenti. Questi dati sono rintracciabili dal servizio pubblicitario AdWords di Google. “Dati Geografici (Lingua, Località)”: è importante capire da dove arriva il nostro traffico dal punto di vista geografico e se abbiamo un sito multilingua, è ancora più utile perché potremo scoprire lingue o paesi emergenti interessati ai nostri contenuti. “Comportamento (Frequenza e Recency, Nuovi e di ritorno, Coinvolgimento)”: questi dati sono molto importanti perché ci offrono un indice di “appetibilità” del nostro sito, soprattutto legato alla SEO poiché la percentuali dei nuovi visitatori rappresenta il nostro “termometro” delle azioni SEO e di web marketing legate al sito. “Tecnologia (Browser e sistema operativo, Rete)”: questi dati sono molto importanti per l’usabilità del sito, perché ci offrono la possibilità di conoscere le tecnologie che

utilizzano i visitatori per accedere alle nostre pagine. Infatti dobbiamo sempre essere sicuri che il nostro sito sia completamente funzionante nei browser correnti e soprattutto verificare il comportamento dei nuovi browser per dispositivi mobili, in modo da pianificare eventuali sviluppi grafici del sito adatti a questo tipo di dispositivi. “Mobile (Panoramica, Dispositivi)”: strettamente correlato a i dati precedenti questo menù ci offre la possibilità di approfondire nello specifico i dati sull’utilizzo del mobile arrivando nel dettaglio sino al tipo di dispositivo utilizzato per permettere di modificare contenuti e grafica in funzione delle dimensioni dello schermo. Quando i tuoi utenti passano ai dispositivi mobili, conoscere i dispositivi che utilizzano, i metodi di immissione che usano per interagire con i tuoi contenuti e le dimensioni dello schermo su cui visualizzano i tuoi contenuti ti permette di modificare le versioni correnti e pianificare sviluppi futuri. “Personalizzato (Variabili personalizzate, Definito dall’utente)”: da questo menù è possibile utilizzare variabili personalizzate per analizzare il comportamento globale dei visitatori in un intervallo di date, anziché le diverse interazioni con il nostro sito a ogni sessione, come impostato di default. Il macro menù “Acquisizione” è uno dei più interessanti per capire il comportamento dei nostri visitatori e soprattutto per capire da dove sono generate queste visite.

Figura 33 — La schermata principale del menù Acquisizione > Panoramica.

Anche questo macro menù si divide in sezioni per ogni tipologia di dati, la prima delle quali è nominata “Canali” e ci consente di avere un rapporto unico in merito alla provenienza dei nostri visitatori, raggruppando i dati in funzione delle risorse utilizzate: Organic Search, indica il traffico che deriva dai i motori di ricerca; Referral, specifica i domini dai quali hanno origine le nostre visite; Email, indica il traffico che deriva dalle mail, molto utile ad esempio per capire le visite proveniente da una newsletter;

Social, indica tutto il traffico proveniente dai social network; Direct, ci dovrebbe fornire i dati relativi ai visitatori che hanno digitato direttamente nel browser un URL legato al nostro sito. In realtà la maggior parte di questi dati si riferisce a quelle visite in cui non è possibile stabilirne la provenienza (come ad esempio le visite provenienti da chi utilizza Gmail come servizio di posta elettronica). “Tutto il traffico” e “Tutti referral”, sono i nomi dei menù che riguardano la sorgente e il mezzo da dove provengono le nostre visite. Per sorgente viene indicato il sito web da cui ha origine la visita: può essere un motore di ricerca, uno specifico social network, un sito che fa parte della nostra rete di backlink o che semplicemente ha fatto un link a un nostro articolo etc. Per mezzo si intende, invece, la modalità con cui un visitatore è arrivato al sito: tramite newsletter, da una ricerca organica, da social network etc. Il menu “Tutto il traffico” offre una visione d’insieme, indicando il traffico ricevuto sia dalla sorgente che dal mezzo utilizzato, mentre il menù “Tutti referral” è specializzato nelle singole sorgenti da cui proviene il traffico. Il menù “Campagne (Parole chiave, Risultati organici)” sarebbe dedicato a chi ha attive campagne pubblicitarie AdWords, ma offre a tutti un’interessante possibilità di verificare quali parole chiave utilizzate hanno portato traffico al sito. Purtroppo però circa l’80% di questi dati è nascosto per ragioni di sicurezza da Google, come dichiarato nelle comunicazioni ufficiali e in questo caso alle parole chiave viene dato il valore di (not provided). “Sociale” è il menù dedicato alle interazioni del nostro sito con i social network e viceversa. All’interno di questo menù la voce principale da monitorare è “Referral dei social network” dove possiamo visualizzare tutte le metriche (Visualizzazioni di pagina, Durata media visita, Pagine/Visita) per il traffico proveniente da ogni singolo social network. Interessanti anche le voci Plug-in e Flusso dei visitatori. La prima voce permette di conoscere i dati relativi all’utilizzo dei pulsanti di condivisione presenti nel nostro sito (“Mi piace” per Facebook, “+1” per Google Plus, “Tweet” per Twitter etc.), mentre Il Flusso dei visitatori, mostra i percorsi che i nostri visitatori provenienti dai social network hanno intrapreso all’interno del nostro sito ed è possibile verificare il percorso per ogni diverso social network di provenienza. Se abbiamo già collegato il nostro sito a Google Webmaster Tools possiamo usufruire di una serie di dati molto interessanti per avere sotto controllo tutte le nostre attività SEO. Il macro menù “Ottimizzazione per i motori di ricerca” ci fornisce le informazioni sulle Query di ricerca di Google che hanno portato visite al nostro sito. Per attivare questi dati è sufficiente accedere alla pagina principale di Google Webmaster Tools, cliccare sul tasto “Gestisci sito”, scegliere “Proprietà di Google Analytics”, indicare il sito che si vuole associare e quindi cliccare sul tasto “Salva”. In questo modo potremmo visualizzare i dati relativi alla voce “Query” che ci mostra le

Query di ricerca che hanno generato la maggior parte delle visualizzazioni degli indirizzi URL del nostro sito web. Possiamo anche ordinare i dati in base al numero di click ricevuti, identificare le Query di ricerca per le quali il nostro sito ha una buona posizione nelle SERP e soprattutto rapportare questi dati ai click effettivi (CTR). Un’altra voce interessate è “Pagine di destinazione” che ci mostra gli indirizzi URL del nostro sito web che hanno generato la maggior parte di visualizzazioni delle SERP di Google. In questo modo è possibile studiare le stesse metriche precedentemente descritte in funzione dei singoli indirizzi URL. Ma perché collegare Google Webmaster Tools a Google Analytics se abbiamo gli stessi identici dati? In realtà questi due strumenti definiscono le parole chiave in maniera diversa poiché la pagina delle parole chiave in Google Webmaster Tools mostra esclusivamente le parole più significative che Google ha trovato sul nostro sito. In Google Analytics invece le “parole chiave” vergogno indicate sia per descrivere entrambe le Query del motore di ricerca provenienti dai risultati organici che quelle provenienti da campagne pubblicitarie AdWords, pur differenziandole. Google Webmaster Tools inoltre non consente di effettuare analisi nel passato oltre al trimestre attuale e inoltre non offre tutti servizi di reportistica e salvataggio dei dati che rappresentano la vera peculiarità di Goole Analytics. Se vogliamo invece analizzare a fondo i comportamenti dei nostri visitatori dobbiamo visitare il macro menù “Comportamento”.

Figura 34 — La schermata principale del menù Comportamento > Panoramica.

Una delle voci più interessanti di questo macro menù è sicuramente “Contenuti del sito” che ci offre tantissimi dati per capire in che modo i visitatori interagiscono con i contenuti del nostro sito. Infatti possiamo accedere ai seguenti dati: tempo medio sulla pagina: indica il tempo di permanenza dei visitatori su una determinata pagina o un determinato insieme di pagine, mediato con il tempo di permanenza totale; frequenza di rimbalzo: rappresenta la percentuale di visite di una sola pagina, quelle

in cui la persona esce dal nostro sito dalla stessa pagina in cui è entrata senza interagire con essa. Ovviamente più questa percentuale è bassa meglio è, altrimenti significa che il nostro sito non è interessante agli occhi del visitatore che lo ha appena scoperto. le pagine in cui i nostri visitatori entrano e quelle da cui escono dal nostro sito. Molto utile ai fini SEO, soprattutto per la parte legata alla struttura del sito web, è la voce “Velocità sito” che ci permette di visualizzare sia il tempo medio di caricamento del sito in funzione del browser utilizzato o del Paese/zona da cui avviene l’accesso, oltre a fornire analisi dettagliate dei rendimenti di velocità per ogni singola pagina. La funzione più interessante è tuttavia “Suggerimenti velocità sito” che, sia per la versione Desktop del nostro sito che per quella mobile, fornisce indicazioni dettagliate su come migliorare la velocità del sito e delle singole pagine. È molto importante tenere monitorata questa caratteristica, perché un sito web che si carica lentamente, oltre a incidere negativamente sul posizionamento nelle SERP di Google, può diventare frustrante per la navigazione e diminuire l’usabilità del sito stesso da parte degli utenti. L’ultimo macro menù da analizzare approfonditamente è “Analisi dati In Page” che ci permette di effettuare una valutazione visiva di come gli utenti interagiscono con le pagine del nostro sito, indicando attraverso una piccola finestra la percentuale di utenti che ha cliccato su ogni singolo elemento presente nella pagina: utilissimo per verificare ad esempio l’efficacia della nostra landing page, le pagine di e-commerce, le pagine dove sono presenti call-to action etc. Quando iniziamo ad avere dimestichezza con i principali parametri di Google Analytics, è bene fissare pochi indicatori o variabili da analizzare, focalizzandosi ad esempio solo sull’analisi settimanale delle sorgenti di traffico, dei nuovi accessi al sito o sul numero di visitatori che visitano le pagine che più ci interessano. Una delle funzioni più interessanti di Google Analytics è la possibilità di personalizzare le dashboard con soluzioni personalizzate per ogni obiettivo. Non solo possiamo creare le nostre dashboard con i dati che ci interessano ma possiamo importare all’interno del nostro Google Analytics i report personalizzati da utenti. Una volta effettuato l’accesso a Google Analytics è sufficiente accedere alla gallery che contiene tutti i rapporti personalizzati da importare sul nostro sito attraverso questo link: www.google.com/analytics/gallery/#landing/start/ È possibile scegliere i report in base alle classifiche (sotto le voci “Recommended”, “Most popular”, “Top contributors”) oppure digitando nel motore di ricerca interno le parole chiave che riguardano i report adatti alle nostre esigenze (ad es. SEO). Per la scelta finale sicuramente è possibile farsi un’idea in base alle valutazioni degli altri utenti, ma sicuramente la soluzione migliore è importare il singolo report, provarlo e verificare se è adatto alle nostre esigenze. Analizzare l’andamento di un sito web, le visite, la performance, l’usabilità, il percorso interno di un utente, oltre a essere un’attività interessante, è tra le più importanti per il

settore SEO e non solo e occorre quindi saper sfruttare tutte le potenzialità di Google Analytics. Una volta scelti i parametri fondamentali da analizzare, è importante confrontarli in funzione del tempo e delle azioni intraprese, ad esempio confrontando i dati prima e dopo una campagna promozionale online. In questo modo è possibile dare un maggior valore al dato misurato, oltre naturalmente a farsi guidare anche in fase di eventuali azioni di web marketing da modificare o rivedere in futuro. Avere la possibilità di monitorare il traffico del sito permette di verificare non solo le attività on line di marketing, ma anche quelle off line. Se ad esempio abbiamo appena presentato il nostro sito a un incontro pubblico, a qualche fiera del settore o è stato pubblicato un articolo che parla di noi sulla stampa, possiamo valutare immediatamente l’efficacia di queste azioni grazie al traffico generato sul sito. Inoltre questa analisi diventa significativa anche per la scelta dei partner pubblicitari confrontando i risultati raggiunti a parità di investimento.

Le estensioni SEO per Chrome Oltre ai vari strumenti di supporto alla SEO che abbiamo visto in questo capitolo, Google offre la possibilità di supportare la gestione di ogni attività volta a migliorare il posizionamento del proprio sito all’interno delle SERP, attraverso il suo browser: Google Chrome. Il browser Google Chrome può essere infatti arricchito con nuove funzionalità scaricando e installando software aggiuntivi gratuiti che vengono definiti estensioni. Tutte le estensione validate da Google sono scaricabili dal webstore di Chrome all’indirizzo: http://chrome.google.com/webstore Una volta scelta l’estensione da installare, è sufficiente cliccare sul pulsante “Gratis” e se richiesto, confermare l’accesso ai vari dati cui potrà accedere l’estensione cliccando sul pulsante “Aggiungi” nella finestra di dialogo. Da quel momento in poi, ogni volta che apriremo Google Chrome avremo la possibilità di sfruttare le potenzialità offerte dall’estensione appena installata. Proprio perché si riferiscono esclusivamente al browser di Google, esistono molte estensioni dedicate alla SEO che sfruttano i dati del motore di ricerca. Una delle estensioni dedicate alla SEO più utilizzate è sicuramente MozBar, installabile direttamente dallo store Chrome attraverso questo link: https://chrome.google.com/webstore/detail/mozbar/eakacpaijcpapndcfffdgphdiccmpknp Una volta installata, questa estensione ci permette di accedere ad alcuni dati interessanti mentre stiamo navigando: attraverso un box laterale ci fornisce punteggi SEO e dati relativi alla pagina web che stiamo visitando come ad esempio il meta tag title, il meta tag description, l’individuazione delle parole chiave utilizzate, il riconoscimento dei tag d’intestazione, i backlink interni ed esterni e quelli con attributo Follow e NoFollow. Inoltre permette di creare ricerche personalizzate in funzione dei diversi motori di ricerca (Google, Bing e Yahoo), del paese di appartenenza, della regione o città.

Un’altra estensione molto completa sia per la SEO on-page che per quella off-page è Sorezki SEO Plus (https://chrome.google.com/webstore/detail/sorezki-seoplus/fppbohabnbkicdpaggehhpaadklacacj). Questa estensione ci fornisce molte informazioni in merito al ranking di popolarità del sito in base a diverse caratteristiche fornite dai portali specializzati che si occupano di questo tipo di servizi (Alexa, Majestic SEO etc.). Mentre la parte dedicata alla SEO onpage offre diverse analisi dei tag HTML, i dettagli del server utilizzato, la densità delle parole chiave utilizzate, oltre a offrire suggerimenti per ottimizzare il posizionamento nelle SERP dei motori di ricerca. Per verificare in ogni momento quali link hanno l’attributo NoFollow, sicuramente l’estensione più efficace è NoFollow Simple che permette di visualizzare immediatamente i link con attributo NoFollow evidenziandoli con un rettangolo tratteggiato rosso mentre si sta navigando, in modo da scegliere con cura il sito web o blog con cui sviluppare collaborazioni. L’estensione è attivabile dal seguente link: https://chrome.google.com/webstore/detail/noFollowsimple/apkcjkicpemmmakhhpbglcdlgphcjpae Infine chiudiamo con un’estensione molto interessante che può esserci utile quando troviamo qualche sito web che ci piace particolarmente per come è strutturato, oppure quando incontriamo una landing page accattivante che magari è collegata a un ecommerce particolare, o ancora qualche nuova funzionalità che vorremmo integrare nel nostro sito. Spesso la prima domanda che ci facciamo in questi casi è: chissà che piattaforma o CMS è utilizzato per questo sito e, se fosse lo stesso che utilizziamo noi, quale funzionalità aggiuntiva o plugin è stato installato? A tutte queste domande ci può fornire immediatamente una risposta l’estensione Wappalyzer che non solo identifica il CMS utilizzato, ma elenca anche eventuali plugin installati, widget utilizzati, strumenti di Google collegati, tipologie di forum o chat, piattaforme di e-commerce o di blogging, framework, JavaScript e altri dettagli legati al sito che stiamo vistando. Questa estensione è molto utile anche per analizzare i competitor che si occupano di argomenti simili al nostro o i siti web che sono meglio posizionati di noi nelle SERP, in modo da carpirne i segreti, magari installando gli stessi plugin se utilizziamo il medesimo CMS.

Google Scraper Report È possibile che durante le nostre attività di promozione del sito possiamo incorrere in spiacevoli esperienze come quella di scoprire che non solo i nostri contenuti sono stati copiati, ma addirittura che il sito web che ha sfruttato questa pratica poco corretta, si ritrova con un posizionamento migliore del nostro, rispetto alle parole chiave che anche noi volevamo ben posizionare. Infatti, non sempre Google riesce a verificare la paternità dei contenuti, penalizzando immediatamente chi ha duplicato testi già esistenti sul web.

Ecco perché Google ha creato uno strumento che permette di segnalare queste pratiche scorrette e tutelare chi opera in modo corretto sul web: questo strumento si chiama Google Scraper Report ed è fondamentalmente un form da compilare per segnalare al motore di ricerca eventuali contenuti duplicati.

Il suo funzionamento è molto semplice: una volta entrati nel form (attraverso il seguente link https://docs.google.com/forms/d/1Pw1KVOVRyr4a7ezj_6SHghnX1Y6bp1SOVmy60QjkF0Y/vie è sufficiente inserire l’indirizzo URL del sito web da cui proviene il contenuto originale, l’indirizzo URL del sito Web che ha copiato i contenuti e l’indirizzo URL relativo alla pagina dei risultati del motore di ricerca che dimostra il miglior posizionamento del sito web che ha duplicato i contenuti.

Figura 35 — Il form di Google Scraper Report.

Per terminare la procedura di segnalazione è sufficiente dichiarare che il nostro sito web segue le linee guida per i webmaster create da Google e infine cliccare sul tasto “Invia”. Google, una volta ricevuta la richiesta, non garantisce la risoluzione immediata del problema nelle SERP e neppure la penalizzazione del sito web segnalato. È comunque probabile che i dati raccolti da questo form servano a migliorare il funzionamento dell’algoritmo nell’ottica di non penalizzare i siti web che offrono contenuti originali, inoltre in qualche modo utilizzando questo form stiamo segnalando a Google che siamo attenti alle sue linee guida e vogliamo migliorare il suo servizio di motore di ricerca. Google ha creato delle Linee Guida ufficiali per aiutare i gestori di siti web e i SEO a far trovare il loro sito web dal motore di ricerca in modo corretto, eseguirne la scansione e indicizzarlo, offrendo inoltre alcuni consigli e suggerimenti pratici per

migliorare il posizionamento nelle SERP, oltre a fornire le risoluzioni dei problemi più comuni. È possibile scaricare la guida in italiano in formato pdf da questo indirizzo: https://www.google.com/intl/it/webmasters/docs/search-engine-optimization-starterguide-it.pdf

Google Alert Un utile strumento offerto da Google che qualsiasi SEO deve saper utilizzare nel migliore dei modi è senza dubbio Google Alert. Fondamentalmente questo strumento serve per monitorare nuovi contenuti e informazioni provenienti dal web e dai social network in riferimento a una o più parole chiave. Ma la vera specificità di questo servizio consiste nella possibilità di inviare tutti i risultati automaticamente via e-mail o attraverso feed RSS a intervalli di tempo stabiliti da noi. Feed RSS è un metodo che serve per notificare l’aggiornamento di un sito web o un blog. Generalmente è prevista un’icona con un link che indica come rimanere in qualche modo “abbonati” al contenuti di quel sito. Per attivarlo è sufficiente cliccare sul link o sull’icona e scegliere il lettore RSS preferito con il relativo account collegato. Questo strumento quindi permette una molteplicità di utilizzi perché può essere utilizzato ad esempio per verificare la nostra reputazione online, quali siti web o blog hanno pubblicato link al nostro sito, come gli utenti parlano dei nostri articoli o, nel caso di aziende o brand, dei nostri prodotti e servizi. Inoltre è possibile utilizzarlo per verificare le reputazione online dei nostri competitor e cercare nuovi siti web o blog che si occupano di argomenti simili ai nostri per creare collaborazioni. Vediamo come utilizzare al meglio questo strumento, anzitutto entrando nella pagina principale all’indirizzo: https://www.google.com/alerts?hl=it

Figura 36 — La pagina di configurazione di Google Alert.

A parte la barra di ricerca che vedremo in seguito come sfruttare al meglio nel dettaglio per ottenere i dati di cui abbiamo bisogno, è possibile decidere la tipologia di fonte dei contenuti offerti da Google tra Tutto (in cui si intende tutto il web) o solo dalle categorie News, blog, video, discussioni o libri.

Possiamo poi indicare la frequenza di ricezione dell’avviso via mail (occasionale, una volta giorno o una volta a settimana) e se ricevere tutti i risultati trovati o solo quelli ritenuti da Google più pertinenti in base alla Query di ricerca inserita. L’ultimo campo è ovviamente dedicato all’indirizzo mail a cui inviare gli avvisi oppure è possibile utilizzare un servizio di feed RSS. Per configurare al meglio queste informazioni è utile impostare la fonte delle informazioni all’interno della quale attivare l’avviso su “Tutto”. Per quanto riguarda la frequenza, dipende in base alle proprie necessità anche se quella giornaliera è la più efficace, mentre per la quantità di risultati è sicuramente bene impostarla su “Tutti”. Ma veniamo alla barra di ricerca di Google Alert e vediamo come sfruttarla al meglio utilizzando gli operatori di ricerca. La modalità più semplice è quella di inserire una parola chiave in riferimento agli argomenti che vogliamo monitorare. In questo caso è necessario inserire le parole chiave tra virgolette: “parole chiave”, ad esempio “Corso SEO”. Se vogliamo invece monitorare i siti che hanno citato il nostro sito web, possiamo inserire questa Query di ricerca: nome sito o brand -site:nomesito.com (ad esempio Comunicazione Lavoro site:comunicazionelavoro.com). In questo modo, possiamo verificare se chi ci ha citato ha inserito un link al nostro sito e, nel caso non lo avesse fatto, contattarlo per provvedere a farlo. Non dimentichiamo naturalmente in ogni caso di ringraziarlo per la citazione, potrebbe diventare un nostro prezioso collaboratore! Con la stessa tecnica di ricerca possiamo verificare le menzioni relative ai nostri competitor, magari proponendo il nostro sito come contenuto alternativo sullo stesso argomento al sito web o blog che ha citato il nostro competitor. Se vogliamo invece verificare chi sta linkando una pagina del nostro sito o fare la stessa cosa per le pagine dei competitor, dobbiamo inserire nella barra di ricerca: nomesito.com -site:nomesito.com site:comunicazionelavoro.com)

(ad

esempio

comunicazionelavoro.com

-

Possiamo inoltre farci segnalare periodicamente da Google Alert la nostra presenza sui social network o quella dei nostri competitor, inserendo come Query di ricerca: http://nomesito.com site:urlsocialnetwork (ad esempio http://comunicazionelavoro.com site:facebook.com) Si possono inoltre impostare tantissime segnalazioni differenziate in base alle diverse parole chiave che ci interessano ed eventualmente cancellare gli alert che non ci interessano più o che portano segnalazioni errate o di poco interesse.

Figura 37 — La pagina di gestione di Google Alert.

Per gestire le diverse segnalazioni ed eventualmente cancellare quelle che non ci interessano più, è sufficiente cliccare sul pulsante “Gestisci i tuoi avvisi” e sul tasto “Elimina” nella riga corrispondente alla segnalazione che vogliamo eliminare. Possiamo anche modificare le diverse impostazioni su frequenza, tipologia di contenuti e quantità di risultati, cliccando sul tasto “Modifica” in corrispondenza della segnalazione che vogliamo modificare.

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APITOLO 7

L’authorship di Google e gli altri social

Come condividere sui profili social La maggior parte delle tecniche di web marketing finora presentate permettono, in alcuni casi automaticamente, di promuovere il proprio sito con un tipo di comunicazione prettamente monodirezionale, soprattutto se scegliamo di non abilitare i commenti ai nostri articoli: noi comunichiamo un messaggio senza aver possibilità di interagire con il nostro lettore. Diverso invece è il discorso per tutti gli strumenti del cosiddetto web 2.0, in primis fra tutti i social network, dove il vero valore aggiunto anche dal punto di vista promozionale, è il rapporto costante con i nostri visitatori che si basa su un approccio comunicativo bidirezionale: dall’interazione con gli utenti possono nascere fidelizzazione, autorevolezza del nostro sito, collaborazioni etc. È dal contributo dato da ogni utente attraverso informazioni, opinioni, commenti ed esperienze che nasce in rete una nuova cultura condivisa. Il web non rappresenta come i media tradizionali un’emittente di contenuti, ma è uno spazio di generazione di contenuti e significati. Prima di valutare quale attività effettuare sui social network, è importante capire che proprio la tipologia di comunicazione bidirezionale necessita di tempo, energie e tecniche ben precise, poiché in caso di errori gravi, i danni sono maggiori delle opportunità offerte e in alcuni casi sono difficilmente rimediabili. Quindi, prima di lanciarsi a capofitto nel social media marketing (così viene definita l’attività di promozione attraverso i social network), occorre prestare molta attenzione sulle reali risorse a nostra disposizione per gestire questa attività. Tuttavia, anche nel caso decidessimo di non creare un profilo sui social network legato al nostro sito, potremmo beneficiare dell’effetto “virale” dei social inserendo a ogni articolo o pagina, i bottoni di condivisione (vedere esempio figura 38) per permettere a ogni utente di condividere, attraverso i propri profili social, i contenuti del nostro sito.

Figura 38 — Esempio della presenza dei tasti di condivisione sui social network.

Per aggiungere i tasti di condivisione ai social network esistono diversi plugin per WordPress, ma uno dei più utilizzati è il plugin 1-click Retweet/Share/Like che oltre a consentire di aggiungere all’interno di articoli o pagine una barra che permette la

condivisione sui social network, permette anche di pubblicare automaticamente i post nelle pagine dei profili social network associati al nostro sito.

Promuoversi con Facebook Il social network più utilizzato al mondo è Facebook, pertanto partiamo da questo social che permette di condividere informazioni personali e creare gruppi o Fan Page. Facebook è un social utilizzato soprattutto per il suo carattere informale, divertente e spontaneo, quindi queste caratteristiche obbligano a usare una tipologia di comunicazione molto “friendly” e lontana dalla classiche tecniche promozionali. Il primo passo da compiere per fare marketing su Facebook è quello di creare una Fan Page che permette di promuovere il nostro sito, la nostra azienda o il nostro brand. Per creare la nostra Fan Page è sufficiente scegliere tra le tante categorie messe a disposizione da Facebook attraverso questo link: http://www.facebook.com/pages/create.php Il principale obiettivo della nostra Fan Page è dare priorità e spazio ai commenti dei fan, proponendo contenuti interessanti legati agli argomenti del nostro sito. La forza virale della Fan Page è che ogni post pubblicato sarà visibile da un nostro fan che potrà condividerlo sulla bacheca di tutti suoi amici, con un potenziale di visibilità enorme. Se per esempio abbiamo 100 fan con una media di 400 amici a testa, il nostro post condiviso potrà essere visto da 40.000 persone. Ma come mai è consigliato effettuare attività di social media marketing creando una Fan Page, invece che utilizzare il nostro profilo privato su Facebook? Il motivo principale è perché Facebook stesso ha creato le Fan Page per effettuare attività di promozione pubblicitaria che invece sarebbe vietata dai profili privati (pena la cancellazione da Facebook con conseguente perdita di tutti i dati). Ma esistono anche motivi di utilità e di opportunità, anzitutto perché la Fan Page è visibile a tutti gli utenti, poiché anche i non iscritti o quelli che non hanno effettuato l’accesso a Facebook possono visualizzare la pagina. Il nostro profilo privato, invece, è visibile solo dai nostri amici o in alcuni casi, solo dalla rete d’iscritti. Una Fan Page può avere inoltre un numero illimitato di fan, mentre i profili privati possono avere fino a 5000 amici, inoltre è possibile iscriversi automaticamente a una Fan Page poiché non è necessaria la conferma, come invece accade per le richieste di amicizia dei profili privati. Un’altra possibilità di interazione offerta da Facebook per raggiungere potenziali nuovi visitatori del nostro sito è la creazione di un Gruppo che, se rispetto alle Fan Page è più semplice da creare e da gestire, ha tuttavia maggiori limitazioni, come ad esempio l’impossibilità di aggiungere applicazioni o la possibilità di interagire esclusivamente attraverso la bacheca. Pertanto se le risorse lo consentono, per promuovere il nostro sito è sempre consigliato preferire le Fan Page rispetto alla modalità appena descritta che invece può essere utilizzata partecipando attivamente (magari attraverso il profilo privato) all’interno dei Gruppi creati da altri utenti che trattano gli stessi argomenti del nostro sito, al fine di conoscere e contattare nuove persone potenzialmente interessate ai nostri contenuti.

Facebook ha dedicato un servizio di supporto per fornire informazioni a chiunque voglia promuoversi con questo social network, accessibile attraverso questo link: https://www.facebook.com/business

Twitter SEO Il secondo social network attualmente più utilizzato in Italia è Twitter, un sito di microblogging in cui i messaggi sono limitati a soli 140 caratteri. Per capire bene come funziona Twitter occorre analizzare il sistema sul quale si basano tutte le interazioni del social network, ovvero il “Following” che rappresenta la possibilità di seguire un utente o di essere seguiti da altri utenti. Se si decide di seguire un utente ed essere aggiornati sui suoi tweet pubblicati, bisogna andare sul profilo di quell’utente e cliccare la voce “Segui” presente sotto il suo nome. Da quel momento, tutti i tweet pubblicati da quell’utente saranno mostrati nella bacheca della homepage personale. Inoltre, nella colonna di sinistra della propria pagina personale è possibile visualizzare il numero dei “following” (le persone seguite) e dei “follower” (le persone da cui invece si è seguiti). In qualsiasi momento si può decidere liberamente di eliminare un utente dai propri following con un semplice click. Twitter permette di creare un breve profilo per fare in modo che i follower sappiano dove andare per saperne di più su di te. Per creare un profilo è sufficiente seguire le istruzioni di iscrizione da questo link: www.twitter.com Il profilo consente di inserire un link verso una pagina web: quindi il primo consiglio è quello di inserire il link alla pagina del nostro sito web sia che si decida di aprire un profilo privato, sia nel caso si decidesse di creare un profilo Twitter legato direttamente al nostro sito. Occorre inoltre prestare molta attenzione alla scelta del nome del profilo che deve essere breve e senza caratteri speciali, poiché deve essere digitato dagli utenti che vogliono in qualche modo entrare in contatto con il nostro profilo, attraverso la cosiddetta “menzione”. La menzione è un modo per fare riferimento in un tweet a un altro utente attraverso il suo nome (es. @nomeutente). Gli utenti menzionati ricevono una notifica e possono a loro volta rispondere al messaggio e continuare la discussione. Un retweet è invece una possibilità offerta dal pulsante omonimo in Twitter per decidere di ri-condividere un tweet particolarmente interessante con i nostri follower (coloro che ci seguono su Twitter). In questo modo gli utenti possono condividere velocemente e nuovamente il messaggio, inserendo il nome dell’utente che lo ha condiviso originariamente. Non esiste un’unica modalità per utilizzare Twitter dal punto di vista del social media marketing, il consiglio è quello di utilizzarlo per aggiornarsi, partecipare, seguire altri utenti, condividere e ogni tanto promuovere, cercando di seguire e farsi seguire dagli utenti a cui interessano argomenti affini ai contenuti del nostro sito.

Tuttavia poiché su Twitter già da tempo sono attivi numerosi brand, blogger e probabilmente anche i nostri competitor che pubblicano numerosi contenuti per catturare l’attenzione del numero più alto di utenti, dobbiamo essere in grado di sviluppare una strategia per integrare Twitter nelle nostre attività di promozione. Essendo Twitter un social network da utilizzare quotidianamente per le sue caratteristiche di micro blogging che lo rendono estremamente veloce, dobbiamo pianificare “a tavolino” una strategia che tenga conto anche del tempo che possiamo dedicare questa attività e soprattutto delle risorse utilizzate. Anche in questo caso è bene fissare i reali obiettivi per cui utilizziamo Twitter tenendo presente che, come per Facebook, il numero di utenti che ci seguono (in questo caso i nostri follower) non è una metrica totalmente attendibile, perché quello che conta realmente è l’interazione e il coinvolgimento legato ai tweet che pubblichiamo. Anche se l’obiettivo è esclusivamente quello di promuovere i contenuti del nostro sito dobbiamo sempre aver chiare le caratteristiche del nostro pubblico di riferimento, tenendo presente che in Twitter c’è una differenza sostanziale rispetto a Facebook: non è presente la divisione tra profili aziendali e profili privati, il profilo è unico. Da questo punto di vista Twitter facilita molto la ricerca del pubblico che ci interessa poiché è stato il primo social network a utilizzare un sistema di codifica per aggregare gli argomenti: l’hashtag. Infatti utilizzando il simbolo # prima della parola chiave correlata che ci interessa, possiamo indicare che il nostro tweet si riferisce a uno specifico argomento, ad esempio #SEO. Inoltre l’hashtag diventa un vero e proprio link, perché cliccando su di esso è possibile visualizzare tutti i tweet pubblicati con quello specifico argomento. Quindi per cercare persone, blogger, aziende che effettuano conversazioni all’interno di Twitter legati agli argomenti del nostro sito, è sufficiente digitare nella barra di ricerca il simbolo # seguito dalla parola chiave che ci interessa. Gli hashtag possono essere anche utilizzati per eventi, congressi, fiere. Generalmente l’organizzatore dell’evento comunica l’hashtag ufficiale e chiunque può utilizzare l’hashtag per parlare dell’evento, segnalare la sua presenza a una fiera o magari seguire qualche diretta Twitter legata a un congresso: in questo modo potremmo seguire le persone o le aziende che seguono eventi legati ai nostri argomenti. Prima di andare alla ricerca di pubblico o persone da seguire, è bene però che il nostro profilo abbia pubblicato qualche tweet, magari comprensivo di link al nostro sito, in modo da far capire di cosa parliamo e per suscitare interesse nel caso qualcuno visiti il nostro profilo Twitter. Una volta creata una base minima di contenuti possiamo iniziare a seguire altri utenti che trattano argomenti di nostro interesse, premendo il tasto “Segui”. Spesso molti utenti che iniziamo a seguire, se notano contenuti interessanti nel nostro profilo, cominceranno a seguire il nostro account di conseguenza, effettuando il cosiddetto follow-back. Attenzione però a non abusarne, poiché Twitter ha delle regole molto restrittive per il following aggressivo degli altri account, quindi è consigliato non seguire più di 20 utenti al giorno

soprattutto se il nostro account è online da poco tempo. Tuttavia, è bene sapere che tutti i link del nostro sito presenti su Twitter, possono aumentare la nostra link popularity, perché sono da considerarsi backlink come se provenissero da qualsiasi altre pagina web. Pertanto riuscire ad avere presenza e autorevolezza su Twitter (ad esempio con un elevato numero di retweet) può portare un vantaggio diretto anche in termini di SEO. Ecco perché diventa fondamentale nella scrittura di un tweet inserire sempre il link al nostro sito, oltre naturalmente a uno o più hashtag correlati ai nostri argomenti. Per sfruttare questa potenzialità anche in termini di SEO è utile inoltre, curare in modo particolare la nostra biografia utilizzando le parole chiave correlate agli argomenti o ai nostri contenuti e se riusciamo, anche i principali hashtag utilizzati, tenendo presente che abbiamo a disposizione solamente 160 caratteri. Per completare al meglio tutte le informazioni relative al nostro profilo Twitter occorre anche inserire il nostro sito web, in modo che appaia ogni volta che un utente accede al nostro profilo. Fortunatamente i caratteri utilizzati per inserire l’indirizzo del nostro sito web non rientrano nel limite dei 160 caratteri, infatti possiamo inserirlo direttamente nella sezione “Impostazioni”, scegliendo la voce “Profilo” e inserendo l’indirizzo nel form denominato “Sito Web”.

Figura 39 — La sezione “Impostazioni” di Twitter.

YouTube: fare SEO con i video Continuiamo ad approfondire opportunità e possibilità offerte dal web per promuovere il nostro sito, analizzando uno degli strumenti più potenti per aumentare la nostra visibilità e di conseguenza il numero dei potenziali visitatori, soprattutto se i nostri contenuti sono multimediali: stiamo parlando di YouTube, il portale di condivisione video più diffuso al mondo. Il suo funzionamento è molto semplice e immediato: dopo l’iscrizione (possiamo utilizzare il nostro account di Google) dovremo creare un canale personalizzato in cui inserire i video legati al nostro sito, che potremo inoltre incorporare direttamente nelle

nostre pagine utilizzando il codice embedded fornito da YouTube. Il codice embedded è un codice HTML fornito da YouTube (cliccando su Condividi > Codice da incorporare) che permette di inserire il video, compreso di immagine di anteprima, all’interno delle pagine web del nostro sito. YouTube è efficacemente indicizzato sui motori di ricerca, quindi anche in questo caso è importante curare il nome del video per far sì che contenga almeno una parola chiave per la quale vogliamo essere indicizzati, utilizzando questo link (https://ads.youtube.com/keyword_tool) per analizzare le migliori keywords e ottimizzare il target di ricerca. La potenza di YouTube è data anche dai risultati nelle SERP, in quanto Google evidenzia il risultato attraverso una piccola anteprima, la data di inserimento, il canale YouTube di provenienza e la solita descrizione presa dal meta tag di YouTube. In questo modo, anche se il risultato non è tra i primi 5, l’attenzione del visitatore è molto più elevata, grazie all’anteprima del video che lo distingue dagli altri risultati. Ma come riuscire a fare SEO e soprattutto trovare visibilità, considerata l’innumerevole quantità di video presenti su YouTube? Anche se l’algoritmo di YouTube è leggermente diverso dal motore di ricerca, alcuni elementi e fattori di posizionamento sono molto simili, infatti anche in questo caso è fondamentale ad esempio che il titolo e la descrizione del video contengano tutte le parole chiave correlate ai nostri argomenti. Si aggiungono poi altri fattori tipici di questo strumento per condividere video, come ad esempio la durata del video che generalmente favorisce nel posizionamento i video con un minutaggio maggiore. Inoltre, come nella maggior parte dei social, viene premiato il coinvolgimento e il seguito del video su YouTube, quindi: numero di commenti, numero di mi piace, numero totale delle visualizzazioni del video ed eventualmente numero di persone iscritte al canale YouTube. Dopo aver creato il nostro video per ottimizzarlo dal punto di vista della SEO sia interna a YouTube che di conseguenza nelle SERP di Google, dovremo inserire le parole chiave scelte nel titolo e nella descrizione del video cercando di includerle tra le prime parole utilizzate, perché YouTube utilizza ancora un motore di ricerca che posiziona al meglio i primi termini che appaiono, soprattutto nel titolo. YouTube offre inoltre un campo tag espressamente dedicato alle parole chiave, dove possiamo inserire sinonimi o eventualmente termini correlati, utili al nostro posizionamento. Rimangono valide anche per i video di YouTube le stesse regole che abbiamo utilizzato per l’ottimizzazione delle immagini ai fini del posizionamento sulle SERP, quindi dobbiamo inserire le parole chiave scelte anche nel nome del file che verrà caricato sul nostro canale YouTube.

Google Plus e la rivoluzione dell’authorship

Alla fine del 2009 Google introduce una novità che impatterà notevolmente sul rapporto tra Google e i social network: la Google Social Search. Fondamentalmente si tratta di un modifica che porterà nel 2012, grazie all’avvento della funzionalità Search Plus Your World, un impatto diretto sul motore di ricerca che inizierà a fornire i risultati di ricerca in base alle condivisioni della nostra cerchia di amici. Per far questo, viene utilizzato Google Social Circle che Google sfrutta per creare un database contenente tutti i nostri collegamenti che provengono dal mondo Google: ad esempio la rubrica in Gmail, le connessioni che abbiamo sui nostri profili social (indicati nella sezione Informazioni del nostro profilo Google Plus), ogni tipo di interazione avuta utilizzando uno strumento di Google e naturalmente le nostre connessioni provenienti dal profilo di Google Plus, il social network di Google. Questa funzionalità è rimasta a lungo attiva esclusivamente negli Stati Uniti ed è arrivata in Italia solo nel dicembre 2013 con il nuovo servizio MyAnswers che integra questo sistema di ricerca. Di questa nuova funzionalità e del suo meccanismo, parleremo specificamente nel prossimo capitolo. Il motivo del ritardo di attivazione anche nel nostro paese di questo nuovo sistema, probabilmente è legato al fatto che negli Stati Uniti i numeri di Google Plus erano già abbastanza elevati nel 2012, mentre in Italia si sta assistendo a una rapida crescita di utenti attivi solo negli ultimi mesi, anche se il trend è in crescita esponenziale. Uno dei motivi di questo successo è dovuto anche alla grande crescita nell’utilizzo dei dispositivi mobili (smartphone e tablet) che utilizzano sistemi operativi Android, poiché per utilizzare tutti i servizi proposti, occorre accedere con un account di Google che in automatico crea un profilo personale su Google Plus. Queste premesse servono per far capire l’impatto di Google Plus e le concrete conseguenze sempre maggiori che porterà questo social sul motore di ricerca più utilizzato al mondo. Ma facciamo ordine e spieghiamo brevemente il funzionamento di Google Plus, che possiamo già definire molto più simile a Twitter che a Facebook. Una volta attivato il nostro profilo personale (https://plus.google.com/?hl=it) con le credenziali di accesso dell’account Google, la gestione è molto simile a Twitter, in quanto possiamo seguire le persone che ci interessano senza richieste di amicizia, ma inserendole in “cerchie” che possiamo creare e organizzare in base agli argomenti (ad esempio esperti SEO, amici, colleghi di lavoro, etc.) Ogni post che scriviamo può essere condiviso con tutti (Pubblico), con un singolo utente, con le nostre cerchie, con le cerchie estese (che comprendono le persone che seguono un profilo inserito nelle nostre cerchie) e nelle community che seguiamo (l’equivalente dei Gruppi di Facebook). Google Plus, oltre ai profili personali, permette di creare una pagina definita “Business” anche per le aziende o per altri tipi di progetti (onlus, progetti Web, associazioni, etc.). Inoltre per le attività locali come ad esempio negozi o ristoranti, permette di creare profili personalizzati definiti Google Plus Local che sostituiscono il vecchio servizio

Google Places con la possibilità di ottenere una visibilità “dedicata” all’interno delle SERP. Appare evidente come la possibilità di promozione attraverso questo strumento sia notevole soprattutto se si inizia a partecipare attivamente alle discussioni, inserire post legati al sito, o utilizzare l’innovativa funziona Hangout che permette di organizzare video-ritrovi attraverso la propria webcam o il proprio desktop, registrabili e condivisibili su YouTube. Google Plus quindi è molto più di un social network, poichè integra al suo interno tutti i servizi di Google. Ad esempio è possibile condividere i nostri contenuti presenti su Google Drive, direttamente dal nostro profilo su Google Plus. Oppure, se vogliamo lasciare commenti e recensioni su YouTube o Google Play, siamo obbligati a farlo attraverso il nostro profilo Google Plus. Ma il vero valore aggiunto di Google Plus rispetto agli altri social è la sua influenza diretta nei risultati delle SERP, attraverso alcuni fattori che indicano popolarità ed engagement di un autore di contenuti di un sito web: il numero di +1 e condivisioni ricevute per ogni post pubblicato; il numero di cerchie in cui l’autore è inserito; il numero dei commenti per ogni post pubblicato; il numero e l’autorità dei siti collegati al proprio profilo Google Plus (alla voce Altri profili). Per riconoscere la corrispondenza tra un profilo Google Plus e l’autore dei contenuti di un sito web, Google utilizza la cosiddetta “authorship autore” che viene evidenziata nelle SERP con l’aggiunta della foto, il link al profilo Google Plus e il numero di persone che ci hanno inserito nelle proprie cerchie (vedere l’esempio nella figura 40).

Figura 40 — Esempio di authorship nelle SERP, riconoscibile dall’immagine dell’autore.

Per collegare il nostro sito al profilo Google Plus, se disponiamo di un indirizzo mail con lo stesso dominio del nostro sito (es. [email protected]), è sufficiente inviare il nostro indirizzo mail tramite Google attraverso questo link: https://plus.google.com/authorship Dopodiché il nostro indirizzo di posta elettronica sarà aggiunto automaticamente al nostro profilo, analogamente al link del sito web a cui lo abbiamo collegato. Se non abbiamo questa tipologia di indirizzo di posta, possiamo utilizzare la modalità legata all’aggiunta di un codice HTML a ogni articolo a cui vogliamo attribuire la cosiddetta “authorship autore”. Il codice da inserire è il seguente: Nome e cognome autore

Ovviamente dovremo sostituire [profile_url] con l’indirizzo URL del nostro profilo Google Plus e inserire il nome e cognome dell’autore nello spazio successivo dedicato. Ad esempio: Francesco De Nobili

Se non siamo pratici di HTML e utilizziamo il CMS WordPress, è sufficiente entrare dalla Bacheca in Utenti > Il tuo profilo e inserire l’indirizzo URL del proprio profilo Google Plus come riportato nella figura 41.

Figura 41 — Inserimento dell’indirizzo URL del profilo Google Plus dal menù Utenti > Il tuo profilo.

Nella figura 41 vediamo un indirizzo URL formato da numeri (https://plus.google.com/100223936862381166888) mentre nell’esempio precedente in cui si indicava il codice HTML da implementare manualmente, l’indirizzo URL della pagina personale Google Plus era riportato diversamente (https://plus.google.com/+FrancescoDeNobili). Questa differenza è dovuta al fatto che abbiamo avuto la possibilità di personalizzare il nostro indirizzo URL con il nome e cognome, la cosiddetta Vanity URL. La Vanity URL è molto utile soprattutto se si vuole comunicare l’indirizzo del nostro profilo personale su Google Plus anche in forme diverse rispetto al link, ad esempio in forma cartacea. Per poter ottenere un indirizzo URL personalizzato, dobbiamo avere almeno 10 persone che ci seguono, il nostro profilo deve essere attivo da più di 30 giorni, la foto del profilo deve riferirsi a una sola una persona e il volto deve essere ben riconoscibile (sono da evitare quindi simboli, loghi o altre tipologie di immagini che non identificano il volto di una persona). Una volta fatto questo, sarà sufficiente inserire nel nostro profilo Google Plus l’indirizzo del nostro sito alla voce Autore, nella scheda Link accessibile dal menù Informazioni. Nell’esempio della figura 42 ho aggiunto il link al sito di cui sono autore e responsabile, Comunicazione Lavoro.

Figura 42 — Inserimento del sito Comunicazione Lavoro visibile sotto la voce Autore.

A questo punto possiamo controllare se Google ha verificato l’authorship delle pagine del nostro sito inserendo l’indirizzo URL e cliccando sul tasto “ANTEPRIMA” dal seguente

indirizzo: http://www.google.com/webmasters/tools/richsnippets Oltre all’autorship autore, Google Plus offre la possibilità di associare il nostro sito web non solo all’autore dei contenuti, ma a quello che si potrebbe definire editore, ovvero il brand, il nome dell’azienda, un progetto Web, un’associazione etc. Questa tipologia di collegamento viene definita “authorship publisher” perché rappresenta la proprietà dei contenuti, ad esempio di un brand o di un’azienda al sito stesso, indipendentemente dall’autore che ha pubblicato gli articoli. Il risultato nelle SERP sarà però diverso rispetto agli articoli pubblicati con l’autorship autore, che sono identificati con l’immagine e il nome dell’autore e sono collegati al profilo personale su Google Plus. Nel caso dell’autorship publisher, apparirà nelle SERP un box a destra dove troveremo l’immagine collegata al profilo della pagina Google Plus business o local, eventuali dati di contatto, post recenti e possibilità tramite il bottone “Segui” di inserire direttamente nelle nostre cerchie il profilo che abbiamo trovato nella pagina dei risultati del motore di ricerca.

Figura 43 — Esempio di autorship publisher nelle SERP.

Per rendere attiva l’authorship publisher del nostro sito web dovremo inserire questa stringa di codice nella nostra home page: Trovaci su Google+

Il numero ID è quello che appare nella barra degli indirizzi del browser una volta entrati nella Pagina Google Plus Business o Local, ovviamente in caso di vanity URL già attivata, va inserito il nome della pagina come riportato sulla barra del browser. Per chi utilizza il CMS Wordpress, è possibile implementare l’authorship publisher attraverso il plugin WordPress SEO by Yoast. È infatti sufficiente accedere al menù SEO attraverso la Bacheca di WordPress, scegliere la voce “Social” e in corrispondenza della scheda Google Plus, inserire

l’indirizzo URL della pagina business Google Plus nel form dedicato.

Figura 44 — Menù del plugin WordPress SEO by Yoast per l’inserimento dell’authorship publisher.

In questo modo, anche se il nostro sito è multi autore o vogliamo che l’authorship autore sia divisa dall’authorship publisher, possiamo decidere di aggiungere il link alla pagina personale di Google Plus per ogni utente. A questo punto è necessario collegare il nostro sito web dal profilo della pagina Google Plus Business, entrando nella scheda “Link” accessibile dal menù “Informazioni” e digitando l’indirizzo URL della nostra home page nell’apposita sezione denominata “Sito web”. Google ha attivato uno strumento molto interessante per scaricare in un unico file tutti i dati di condivisione, i post e le informazioni del nostro profilo Google Plus, attraverso questo indirizzo https://www.google.com/takeout/ accessibile con le credenziali dell’account Google. La questione dell’autorship ha sicuramente un grande impatto per chi si occupa di SEO, tuttavia Google negli ultimi mesi, nel tentativo di mantenere alta la qualità delle proprie ricerche, sta iniziando un lavoro di rimozione nelle SERP di alcuni autori o publisher. Infatti Google vuole che questa funzionalità sia riconosciuta esclusivamente ad autori ed editori che hanno un certo seguito di pubblico e che in qualche modo hanno una vera autorevolezza nell’argomento di cui parlano nel loro sito web. Esistono tuttavia alcuni semplici accorgimenti tecnici che non dobbiamo mai dimenticare per evitare fin da subito di perdere l’autorship nelle SERP, fermo restando che

dobbiamo comunque avere un certo seguito di pubblico sia nel nostro sito web che nel nostro profilo Google Plus. Prima di tutto dobbiamo utilizzare il nostro vero nome e cognome evitando soprannomi o nickname, poiché Google preferisce nomi reali ritenendoli più professionali. Inoltre dobbiamo evitare di ripetere più volte nella stesso articolo la dicitura “scritto da” o “by”, poiché la paternità dell’articolo che riporta nome e cognome deve essere presente solo una volta. Ruth Burr presenta in questo articolo un caso concreto in riferimento al riconoscimento dell’autorship autore per gli articoli del sito Moz.org: http://moz.com/blog/getting-authorship-to-work Abbiamo visto come Google sta rinnovando tutta la gestione del suo motore di ricerca proprio in funzione di Google Plus, analizzando a fondo tutte le possibili connessioni e condivisioni sul web dei vari profili collegati. Per questo motivo, visti gli ingenti investimenti sullo sviluppo di Google Plus e la velocità di aggiornamenti e funzionalità, è altamente consigliabile entrare il prima possibile in questo social (che alla fine del 2012 è diventato il secondo social più utilizzato al mondo), poiché l’impatto sulla ricerca tra pochi anni sarà ancora più potente e determinante. Per essere aggiornati su questi sviluppi e sulle possibilità lavorative offerte dal mondo web, consiglio di seguirmi sul mio profilo Google Plus: https://plus.google.com/u/0/+FrancescoDeNobili Inoltre con Comunicazione Lavoro sono docente di diversi corsi dedicati al Social media marketing e ad argomenti per promuoversi sul web. Per conoscere date e dettagli dei corsi organizzati visitate la pagina: http://www.comunicazionelavoro.com/corsi

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APITOLO 8

Verso una nuova SEO tra social e mobile

Da Search Plus Your World a MyAnswers e Google Now Per comprendere a fondo il grande impatto che Google Plus sta avendo nelle SERP di Google, dobbiamo fare un passo indietro nel tempo e più precisamente tornare al 10 gennaio 2012 e spostarci oltreoceano. È il giorno in cui Google lancia per la prima volta i risultati personalizzati collegati a Google Plus, esclusivamente su Google.com o per chi aveva impostato la lingua inglese (US) come lingua predefinita. Era la prima volta che le SERP si modificavano in base alla nostra attività su Google Plus, con l’aggiunta di due bottoni presenti sotto la barra di ricerca che ci permettevano di mostrare o nascondere i risultati personalizzati. Ma cosa significava visualizzare i risultati personalizzati? Fondamentalmente nei risultati personalizzati veniva data la priorità di posizionamento ai post, alle migliori pagine, ai migliori profili personali di Google Plus in funzione della parola chiave cercata. Questa funzionalità veniva chiamata Search Plus Your World e tutti si aspettavano l’estensione del suo utilizzo per le altre lingue e gli altri paesi. Invece, forse per problemi legati alla privacy, Google nell’agosto del 2013 ha sostituito questa funzionalità con il nuovo servizio MyAnswers che in breve tempo, più precisamente il 4 dicembre 2013, è arrivato anche in Italia. Proprio per venire incontro ai problemi di privacy, questo nuovo servizio ci permette di avere dei risultati privati e sicuri, in base agli strumenti di Google che già utilizziamo. Infatti MyAnswers integra al suo interno tutti i dati provenienti dalle relazioni che abbiamo creato attraverso i diversi servizi di Google: da Google Plus a Google Calendar, da Gmail a Google Drive, etc. Anche con questa nuova funzionalità però Google Plus è protagonista assoluto, poiché ogni ricerca è influenzata e condizionata dai contatti che abbiamo attraverso Google Plus, vediamo come. Per prima cosa, mentre stiamo per effettuare una ricerca, Google come impostazione predefinita ci mostra i risultati privati e solamente dopo aver cliccato sull’apposito pulsante a forma di mappamondo, possiamo tornare ai risultati classici.

Figura 45 — I due bottoni per la gestione della visualizzazione dei risultati privati.

Ma se lasciamo l’impostazione predefinita che impatto hanno questi risultati privati sulle SERP? Fondamentalmente Google, oltre ai classici risultati organici, ci mostrerà tutti gli articoli provenienti dai profili privati o dalle pagine business che seguiamo su Google Plus, ovvero che fanno parte della nostre cerchie. Ovviamente tutto questo accade quando gli articoli contengono in qualche modo delle

informazioni pertinenti alla parola chiave ricercata su Google. Appare quindi evidente come questa rivoluzione porterà sempre di più a creare contenuti legati alla SEO, anche direttamente sulle nostre pagine Google Plus che paradossalmente potrebbero addirittura diventare concorrenti delle pagine provenienti dal nostro sito web. MyAnswers è molto di più e rientra in quella logica di integrazione totale tra web e mobile che Google sta ormai attivando da anni. Infatti l’idea di Google è quella di trasformare il motore di ricerca, soprattutto se utilizzato da dispositivi mobili come smartphone o tablet, in una sorta di risponditore automatico, in base alle domande effettuate. La vera potenzialità di questa nuova funzione deriva al fatto che non vengono integrati esclusivamente con i nostri dati provenienti dai servizi Google utilizzati, ma anche con tutte le interazioni e le richieste che effettuiamo all’interno di siti web o servizi, come ad esempio compagnie aeree, hotel, portali dedicati ai viaggi, prenotazioni per ristoranti, o acquisti di biglietti per eventi. Attraverso questo link (http://www.google.com/landing/now/integrations.html) è possibile visualizzare gli attuali servizi e i brand che sono integrati in MyAnswers. Sempre per mantenere questa logica che come punto di partenza si basa sulle domande e sulle specifiche esigenze degli utenti, è nata l’applicazione Google Now, disponibile per i dispositivi mobili. Questa applicazione ci permette di attivare sui nostri dispositivi, una serie di schede che ci forniscono in modalità notifica, integrandosi con la nostra agenda, le informazioni relative ad alcuni servizi come ad esempio il traffico, il meteo, i trasporti pubblici etc.

Figura 46 — Una scheda di esempio di Google Now.

Ad esempio, la scheda traffico ci informa sul tempo di percorrenza stimato in base al traffico o ai lavori in corso, riferendosi all’itinerario di viaggio che dovremmo seguire magari in funzione degli appuntamenti della nostra giornata. Anche questa diventa una funzionalità da studiare a fondo soprattutto per chi ha attività locali o servizi che possono

essere integrati in quest’applicazione. Tuttavia appare evidente come l’impatto di queste funzionalità obbliga a essere presenti in modo professionale su ogni piattaforma fornita da Google e ad applicare le tecniche della SEO in ogni singolo testo che stiamo per realizzare: da Google Plus alle informazioni contenute nelle schede di Google Now.

L’impatto di Hummingbird Se Google ha aumentato le proprie funzionalità per venire incontro alle nuove modalità di fruizione dei contenuti soprattutto da dispositivi mobili, non poteva essere da meno il nuovo algoritmo Hummingbird che sta rivoluzionando le SERP, come hanno fatto in passato gli algoritmi Panda e Penguin. In realtà questo algoritmo è ancora più rivoluzionario dei precedenti perché dal punto di vista funzionale è un algoritmo completamente nuovo che tuttavia sfrutta alcuni dati provenienti dagli algoritmi precedenti, nello specifico per l’analisi dei backlink, sfruttando l’algoritmo Penguin, e per la verifica dei contenuti duplicati o di bassa qualità, individuati all’algoritmo Panda. La vera rivoluzione rispetto a prima, consiste nel fatto che mentre i precedenti algoritmi lavoravano dividendo le frasi in singole parole, ora questo algoritmo cerca di interpretare frasi complete e più lunghe, confrontandole con i dati precedentemente archiviati, per fornire risultati sempre più precisi e personalizzati in funzione delle richieste dell’utente. Quindi il principio di base su cui si basa Hummingbird è quello di riuscire ad aumentare la capacità di interazione tra Google e l’utente che sta effettuando una ricerca. In questo modo le SERP mostreranno risultati sempre meno legati a parametri semiautomatici dipendenti principalmente dalla densità di parole chiave, ma, pur tenendo conto di tutti gli attributi legati alla SEO da cui è formata una pagina web, forniranno i risultati con un approccio maggiormente semantico in riferimento ai contenuti. Facciamo un esempio concreto: effettuiamo una ricerca su Google con le parole chiave “quando è nato Francesco Totti”. Prima dell’avvento di Hummingbird, probabilmente nelle SERP avremmo trovato molti forum o blog dove veniva espressamente fatta questa domanda. Oggi invece, oltre ad avere un risultato come quello della figura sottostante, abbiamo anzitutto un’indicazione di argomenti correlati: Google ci fornisce immediatamente nomi e date di nascita di giocatori di calcio italiani con un’età simile a quella di Francesco Totti.

Figura 47 — Dettaglio della SERP con ricerca “quando è nato Francesco Totti”.

Inoltre nei primissimi risultati della SERP, a differenza di un tempo, non troviamo una pagina che contiene le parole chiave inserite come nell’ordine della barra di ricerca, ma siti di statistica o che si basano su un concetto domanda/risposta come ad esempio il servizio Yahoo Answers. Certamente questo è solo un primo passo verso una risposta da parte di Google minuziosamente precisa, ma in questo modo possiamo capire che la strada che mette al bando trucchi e modifiche artificiose al codice HTML, sia già stata intrapresa, favorendo quindi la qualità dei contenuti e la correttezza delle informazioni.

Verso una SEO semantica Cambia in questo modo anche il funzionamento di Google nel momento in cui un utente sta effettuando una ricerca. Infatti dopo aver effettuato una ricerca, l’algoritmo interpreta la parola chiave associandola a una serie di parole chiave in qualche modo sinonime, verificando le frasi che contengono parole simili a quelle ricercate. A questo punto prima di restituire la risposta, Google interrogherà vari database verificando la corrispondenza tra le frasi generate dietro le chiavi utilizzate. Pertanto rispetto a prima, l’interpretazione del testo viene analizzata considerando l’intera frase e non le singole parole, in modo da fornire risultati più pertinenti. Questo sicuramente favorirà chi si è abituato a creare contenuti utilizzando la strategia della coda lunga, ampiamente spiegata nelle pagine precedenti, ma ancora di più chi ha da sempre messo al centro dei propri contenuti il lettore, evitando magari di ripetere in modo innaturale le parole chiave scelte ai fini del posizionamento, ma utilizzando parole correlate o sinonimi, come previsto dalle regole classiche delle lingua italiana. In questo modo le competenze di un SEO devono ampliarsi necessariamente alla semantica delle parole, utilizzando le tecniche di copywriting già descritte nel capitolo 4 e cercando di creare contenuti partendo proprio dalle ipotetiche domande dei potenziali lettori. Appare evidente, però, come questo nuovo algoritmo porti a strutturare in maniera leggermente differente i nostri siti web indirizzandoli verso un’ottica sempre più “conversazionale” integrata con i social network e con il mondo dei dispositivi mobili.

Probabilmente dovremmo sempre di più riflettere sui contenuti generati dagli utenti che leggono il nostro sito, quindi dovremo predisporre menù o sezioni del sito dedicate proprio all’interazione con i lettori: commenti, forum, sezioni che riepilogano domande frequenti con relative riposte etc. In conclusione, l’arrivo di Hummingbird che secondo molti esperti è la più grande rivoluzione algoritmica dal 2001, sta a significare che ci stiamo avvicinando sempre di più al cosiddetto “Web semantico”. Questo comporta anche un diverso approccio strategico per quanto riguarda le attività di web marketing o di promozione del nostro sito web. Pensiamo ad esempio a cosa potrebbe diventare una strategia di backlink, quando i motori di ricerca saranno in grado di associare il nostro nome o il nome della nostra azienda, ai contenuti prodotti o ai servizi che offriamo senza l’utilizzo di link. Pensiamo, ad esempio, a una pagina di un altro sito web che riporta esclusivamente nel testo un commento positivo a una nostra attività svolta, ad esempio un corso: “Ho frequentato il corso di Comunicazione Lavoro tenuto da Francesco De Nobili dedicato alla SEO e ne sono uscito entusiasta!”. L’algoritmo, pur non essendo presente alcun link, potrebbe associare, in base ad esempio all’authorship di Google Plus, che Francesco De Nobili è autorevole in un argomento specifico, in questo caso a insegnare la SEO. Inoltre potrebbe associare questa attività a un sito (in questo caso Comunicazione Lavoro), stabilendo una connessione tra questi dati e presentando a chi sta effettuando la ricerca, un risultato coerente con le parole chiave utilizzate.

Le penalizzazioni: automatiche o manuali? L’avvento di Hummingbird, oltre a modificare le funzionalità del motore di ricerca e soprattutto i risultati nelle SERP, ha portato alcune modifiche anche per quanto riguarda le cosiddette penalizzazioni che fondamentalmente comportano la perdita di posizioni del nostro sito all’interno delle SERP. Prima di analizzare il quadro delle penalizzazioni esistenti dopo le ultime modifiche dovute all’algoritmo Hummingbird, è bene sapere che esistono due tipologie differenti di penalizzazioni. Il primo tipo riguarda le penalizzazioni cosiddette manuali, in cui la perdita di posizioni all’interno delle SERP, deriva da un’azione manuale effettuata generalmente dal team di esperti di Google, in base a segnalazioni da parte di altri utenti o a seguito di un’analisi programmata di una determinata SERP che non coincide con le reali richieste dell’utenza. Il secondo tipo di penalizzazioni è invece definito automatico e deriva direttamente dagli algoritmi che individuano eventuali criticità e portano a una perdita di posizioni per il nostro sito all’interno delle SERP in relazione a determinate parole chiave. Nel caso di penalizzazioni manuali riceveremo una notifica in Google Webmaster Tools, visibile sotto la voce “Azioni manuali” nel menu “Traffico di ricerca”. In questi casi possiamo rispondere direttamente effettuando la cosiddetta “richiesta di riconsiderazione”, in cui nella maggior parte dei casi, dovremmo specificare a Google che i problemi riscontrati sono relativi ad attività che non si ripresenteranno, comunicando

eventualmente gli accorgimenti tecnici adottati per non ricorrere in questo tipo di problema. Se non riceviamo risposte da parte di Google in breve tempo, aspettiamo almeno altri tre mesi per inviare di nuovo la nostra richiesta di riconsiderazione. Generalmente i tempi in cui si recupera il posizionamento del nostro sito web possono variare in questo caso da un paio di settimane a due mesi. Per verificare invece le penalizzazioni automatiche, visto che non ci viene fornita alcuna comunicazione o notifica, possiamo sempre utilizzare gli strumenti forniti da Google. Ad esempio attraverso Google Webmaster Tools possiamo verificare se i link in entrata sono in qualche modo provenienti da siti di spam, se ad esempio lo spider di Google non riesce a trovare alcune nostre pagine o se addirittura sono presenti errori nella Sitemap. Anche Google Analytics è molto utile da questo punto di vista, perché ci permette di verificare l’andamento del traffico proveniente dai motori di ricerca: se notiamo significativi diminuzioni di traffico provenienti dalla ricerca organica, è evidente che stiamo incappando in una penalizzazione automatica. In questo caso i tempi per risolvere la penalizzazione e tornare a posizionare il nostro sito nelle posizioni precedenti all’interno delle SERP, possono variare da 24 ore a 30 giorni, a seconda degli aggiornamenti dell’algoritmo. È bene quindi riassumere brevemente quali azioni compiere o evitare, per non incorrere in penalizzazioni alla luce anche delle ultime novità relative all’algoritmo.

Come evitare le penalizzazioni Alcune semplici regole che sono rimaste invariate con l’avvento di Hummingbird riguardano ad esempio la velocità o, meglio, le performance del sito. Il nostro sito infatti deve essere funzionante in tutte le sue parti, avere una buona velocità di caricamento delle pagine ed essere organizzato con una struttura semplice e ordinata: in questo modo, oltre a evitare le penalizzazioni di Google, favoriremo anche l’esperienza di navigazione dei nostri lettori. Altri fattori legati al corretto funzionamento del nostro sito web, sui cui dobbiamo concentrarci, sono gli errori delle pagine non più esistenti (Errore 404) o a cui abbiamo cambiato nome o destinazione (redirect): vanno assolutamente messe a posto perché Google non gradisce pagine di questo tipo. Uno dei pilastri SEO per non incorrere in penalizzazioni è evitare in modo assoluto contenuti duplicati: avere blocchi di testo identici o simili all’interno del nostro sito (contenuti duplicati interni) o presi da altri siti (contenuti duplicati esterni) è sinonimo di scarsa qualità per Google. I contenuti devono essere presenti una sola volta sul web e, a parte le citazioni esplicite e il plagio (che sfugge al nostro controllo), è bene verificare che nel nostro sito web non ci siano “doppioni” e copie di contenuti. Un altro aspetto che può portare a penalizzazioni è la sovra-ottimizzazione: un uso smodato delle tecniche di ottimizzazione per un buon posizionamento (che in gergo tecnico viene definito keyword stuffing) viene interpretato da Google come un tentativo di

forzare il posizionamento naturale e viene perciò penalizzato. Se questi consigli erano validi anche prima dell’avvento di Hummingbird, questo algoritmo nel tentativo di migliorare l’esperienza dell’utente e la risposta del motore di ricerca, ha cercato di colpire alcune tecniche che se estremizzate, potevano in qualche modo ingannare non solo Google, ma gli utenti stessi. Ecco perché ad esempio è altamente sconsigliato ottenere dei link dallo stesso network o aggregatore di siti perché, se diversi siti sono collegati allo stesso aggregatore, è evidente che con molta probabilità questi link sono innaturali perché sono poche le possibilità che tutti quei siti trovino realmente interessante il sito web aggregatore, tanto da linkarlo naturalmente all’interno dei propri contenuti. In passato alcune tecniche per creare una solida struttura di backlink si basavano sulla pubblicazione di link a siti web o blog che si occupavano di argomenti correlati. Questi link, collegati sempre alla homepage del sito di destinazione, venivano inseriti nel cosiddetto footer, il piè di pagina di un sito web o nel blogroll, spesso posizionato nella barra laterale, in modo che fossero mostrati in tutte le pagine del sito web che li ospitava. Ecco perché questa tecnica adesso viene penalizzata da Google: significa in qualche modo moltiplicare questi link per tutte le pagine presenti all’interno del nostro sito e questa attività è molto simile allo spam. Pertanto nel caso di siti web o aziende con cui collaboriamo o per cui abbiamo lavorato e che vogliamo comunque inserire all’interno del nostro sito attraverso un link, è altamente consigliato creare una sezione nel menù espressamente dedicata a questa funzione (collaborazioni, portfolio etc.) in modo che i link non vengano replicati nelle altre pagine del nostro sito web. Concludendo, anche se arriveranno nuovi algoritmi e cambieranno le modalità di risposta da parte di Google in funzione di una ricerca sul suo motore di ricerca, potremmo sempre considerare quanto scritto nelle linee guida fornite ufficialmente da Google. “Progetta le tue pagine per gli utenti, non per i motori di ricerca.” “Non ingannare i tuoi utenti.” “Evita i trucchi per migliorare il posizionamento nei motori di ricerca. Una buona regola generale è chiederti se ti sentiresti a tuo agio nello spiegare il tuo comportamento a un sito web concorrente o a un dipendente di Google. Un altro test utile consiste nel chiederti se quanto stai facendo sarà d’aiuto ai tuoi utenti e se lo faresti ugualmente se i motori di ricerca non esistessero.” “Pensa a ciò che rende il tuo sito web unico, prezioso o coinvolgente. Fai in modo che il tuo sito web si distingua dagli altri nel tuo campo.” Partiamo sempre da questi consigli prima di iniziare con qualsiasi progetto SEO e ricordiamoci che il primo strumento da utilizzare come per molte cose è sempre lo stesso: il cervello, usato insieme a una buona dose di buon senso.

Appendice 1 Altri strumenti utili per la SEO Di seguito vediamo altri strumenti gratuiti utili alla attività SEO e web marketing che non sono forniti direttamente da Google ma che utilizzano i suoi dati. Screaming Frog Screaming Frog è probabilmente il programma più completo per fornire informazioni dettagliate sul funzionamento corretto del nostro sito web. Questo programma permette infatti di controllare errori nel codice HTML, problematiche strutturali del sito e tantissime altre attività molto tecniche che potrebbero essere oltre che un po’ noiose, abbastanza complesse da effettuare per chi non conosce a fondo la struttura di un sito web. Screaming Frog si installa sul proprio desktop ed è disponibile per sistemi operativi Windows, iOS, Linux. Esiste una versione gratuita che ha alcune limitazioni che riguardano le opzioni di configurazione e un limite di 500 indirizzi URL da analizzare. Tuttavia la versione gratuita permette comunque di effettuare una completa analisi del nostro sito, simulando il comportamento degli spider dei motori di ricerca. Attraverso questo programma è infatti possibile: verificare gli errori del client o del server; controllare i link esterni e il loro corretto funzionamento; ottenere informazioni sui meta tag description e tag d’intestazione duplicati, mancanti o che superano i limiti di carattere consigliati da Google; verificare il corretto funzionamento dei link interni; analizzare gli attributi SEO delle immagini e dei documenti come ad esempio il riconoscimento del testo alternativo mancante o superiore ai limiti di caratteri consigliati da Google; generare una Sitemap in formato XML; verificare che il codice di Google Analytics sia realmente presente e funzionate in tutte le pagine. Questo programma permette inoltre di effettuare attività di web marketing e di costruire la propria rete di backlink, infatti è possibile: sapere quali sono le pagine più importanti dei nostri competitor; sapere quali anchor text usano i competitor nei link interni; verificare l’appartenenza di un sito ad un network di link; verificare i backlink e gli anchor text del nostro sito e confrontarli con quelli dei nostri competitor.

Link ufficiale dal sito ufficiale per il download di Screaming Frog e tutte le informazioni: http://www.screamingfrog.co.uk/seo-spider/

Figura 48 — La pagina ufficiale per il download di Screaming Frog.

Ahrefs Site Explorer Ahrefs Site Explorer è uno strumento completo online per l’analisi dei backlink e non solo. Per utilizzarlo è sufficiente entrare nel sito e inserire il nome di un dominio che vogliamo analizzare, quindi eventualmente anche i nostri competitor, e cliccare sul pulsante “Search links”. A questo punto come risultato finale avremo un report completo con alcuni dati molto significativi come il numero di backlink totali del sito che abbiamo analizzato, il numero dei domini e di IP che che hanno link verso il sito analizzato. Viene inoltre rappresentata in maniera differenziata la distribuzione dei link in base ai diversi attributi Follow o NoFollow. Inoltre questi dati sono anche rappresentati graficamente con l’indicazione temporale per offrirci immediatamente informazioni relativamente ai link che stiamo analizzando per verificare se sono diminuiti o sono aumentati nel tempo. Sotto ai grafici, abbiamo nel dettaglio le specifiche dei diversi backlink con dati che riguardano: numero totale e tipologia dei domini che si collegano al sito analizzato; numero delle pagine di riferimento e numero dei domini per i testi utilizzati nei link (come frasi); numero delle pagine di riferimento e numero dei domini per le singole parole chiave utilizzate nei link; lista della maggior parte di ancora test utilizzati dai domini rappresentata sottoforma

di tag cloud. Sia nella sezione backlink che nella sezione dedicata ai domini è inoltre presente una funzione molto interessante che permette di verificare gli ultimi link in ordine di tempo. Da segnalare anche l’analisi dell’impatto del sito sui social network che ci descrive numericamente il numero di condivisioni su Facebook, Google plus e Twitter. Questo tool è gratuito, ma con molte limitazioni che riguardano il numero di backlink e di report da visualizzare al giorno o l’analisi a ritroso nel tempo. Esistono ovviamente diversi pacchetti a pagamento per aumentare le funzionalità di questo strumento, tuttavia la versione gratuita permette comunque di avere un interessante quadro d’insieme sia per quanto riguarda il nostro sito che per un’analisi delle strategie dei nostri competitor. Link diretto alla pagina principale di Ahrefs Site Explorer: https://ahrefs.com/siteexplorer/

Figura 49 — La pagina report di Ahrefs Site Explorer.

Majestic SEO Majestic SEO è uno dei tool più utilizzati da chi si occupa di SEO, probabilmente perché da un unico sito offre tantissimi menù e strumenti per gestire un progetto SEO a 360 gradi, oltre a offrire una versione in molte lingue, italiano compreso. Pur offrendo diversi strumenti al suo interno, il punto di forza di questo sito è sicuramente il menu “Site Explorer” (http://it.majesticseo.com/reports/site-explorer) a cui è collegata anche la home page di Majestic SEO: http://it.majesticseo.com/ È infatti sufficiente inserire sulla barra di ricerca principale il dominio del sito web che ci interessa e il software inizierà a fornirci tutti i dati riguardanti l’analisi dei backlink e i dati che riguardano il funzionamento del sito, come la velocità di caricamento delle pagine o eventuali indirizzi URL non funzionanti. Anche in questo caso viene offerta una panoramica molto vasta: domini di provenienza, backlink nuovi o che abbiamo perso, anchor text utilizzati, una visualizzazione grafica della provenienza dei backlink e la

classifica delle singole pagine più linkate.

Figura 50 — Un dettaglio del report creato dal menù Site Explorer.

Attraverso il menu “Link map tools” è possibile accedere ad una serie interessante di strumenti come ad esempio Keyword checker (http://it.majesticseo.com/reports/keywordchecker). Digitando o inserendo tramite copia incolla fino a 50 parole chiave, questo tool mostra la frequenza con cui le parole chiave vengono visualizzate nei nostri indici. Sempre dal menu “Link map tools” è possibile accedere a un altro strumento interessante cliccando sulla voce “Bulk backlink checker” (https://it.majesticseo.com/reports/bulk-backlink-checker) che permette di analizzare i numeri di backlink per ogni singolo indirizzo URL mostrando inoltre la tipologia dei domini di riferimento, ad esempio se provengono da siti web educativi o governativi. È possibile inoltre, tramite il menu denominato nella versione italiana “Comparatore” (https://it.majesticseo.com/reports/comparator) confrontare le statistiche principali tra domini differenti (al massimo 5): uno strumento molto utile soprattutto se vogliamo fare analisi sui competitor all’interno del nostro settore. Tutti gli strumenti di Majestic SEO possono essere utilizzati gratuitamente con poche limitazioni numeriche, creando una account direttamente dal seguente link: https://www.majesticseo.com/account/register Anchor Text Over Optimization Questo strumento on-line permette di effettuare un’analisi del sito specifica per gli anchor text utilizzati, molto utile per verificare le aree in cui abbiamo utilizzato con sovrabbondanza lo stesso testo collegato a un link. È bene ricordare infatti che anche se tutte le parole chiave che abbiamo utilizzato come anchor text hanno la stessa importanza, un eccesso di backlink con lo stesso anchor text viene penalizzato da Google: ecco perché può essere utile avere un report che possa immediatamente riassumere le percentuali di utilizzo e le quantità dei nostri anchor text. Questo tool ci fornisce infatti un report dove vengono riassunti il numero di domini

principali e il numero totale di backlink da cui provengono i nostri link, associati agli anchor text utilizzati. Il report presenta inoltre i numeri evidenziati con colore differente a seconda del pericolo di sovra-ottimizzazione: in rosso gli elementi fortemente ottimizzati, in rosa moderatamente ottimizzati e in verde gli anchor text che non sono in pericolo di sovra-ottimizzazione.

Figura 51 — Il report creato da Anchor Text Over Optimization.

È possibile creare velocemente il report sopra descritto accedendo ad Anchor Text Over Optimization all’indirizzo URL: http://www.removeem.com/ratios.php SEMRush Uno dei tool online che da diverso tempo viene utilizzato da molti SEO è senza dubbio SEMRush, perché è stato uno dei primi a fornire dati in relazione ai volumi di ricerca, in corrispondenza delle parole chiave ricercate. Il suo funzionamento è molto semplice: una volta entrati nella home page (anche in questo caso come per Majestic SEO è prevista la versione in lingua italiana) è sufficiente digitare nella barra di ricerca la parola chiave di cui vogliamo ottenere dati e selezionare su quale versione di Google effettuare la ricerca, ad esempio Google.it. Avremo immediatamente una panoramica dei dati più interessanti come ad esempio: il volume di ricerca mensile; il livello di competitività della parola chiave analizzata (espresso con un valore che va da 0,1 a 1); la tendenza delle ricerche nel corso del tempo (espressa in mesi); il rapporto della parola chiave rispetto ad altre ricerche effettuate, sia per quanto riguarda frasi simili che per parole chiave correlate; la classifica nelle SERP dei domini meglio posizionati in base alla parola chiave ricercata.

Figura 52 — Esempio di report di analisi di una parola chiave.

Se nella stessa barra di ricerca usata precedentemente decidiamo di inserire il nome di un dominio, avremo informazioni dettagliate sul traffico di quel sito web, con la possibilità anche di visualizzare l’andamento nel tempo delle visite e, nel caso di utilizzo di pubblicità a pagamento, potremo vedere anche il traffico derivante da questo tipo di campagne pubblicitarie.

Figura 53 — Esempio di report di analisi di un dominio.

Proprio il confronto tra SEO organica e SEO a pagamento è molto interessante perché ci offre anche la possibilità di verificare quali sono i nostri concorrenti per quanto riguarda la SEO organica e, se eseguiamo una ricerca basandoci sul nostro dominio, anche quali potrebbero essere i principali concorrenti che utilizzano campagne pubblicitarie a pagamento in funzione dei nostri temi. Tuttavia questo strumento è utilissimo proprio per studiare le strategie operate dai nostri competitor in riferimento alle parole chiave utilizzate da loro, poiché possiamo anche verificare quali sono le parole chiave meglio posizionate, sia per la ricerca organica che per gli investimenti effettuati in campagne pubblicitarie a pagamento.

Anche questo strumento ha una modalità gratuita con alcune limitazioni, come ad esempio la possibilità di estrarre un massimo di 10 report al giorno o la visualizzazione limitata ai primi 10 risultati per quanto riguarda la versione non a pagamento. Per avere accesso ai dati di questo interessante tool è consigliato creare un account gratuito attraverso il seguente link: http://it.semrush.com/it/ Keyword Spy Un utile strumento gratuito per effettuare l’analisi sulla competitività delle parole chiave e per scoprire quelle utilizzate dei nostri competitor, è senza dubbio Keyword Spy. Per effettuare questa analisi, è sufficiente accedere alla home page di Keyword Spy, impostare come paese “Italia” accanto al pulsante Search (se vogliamo effettuare una ricerca in lingua italiana) e digitare la parola chiave che ci interessa nel box di ricerca.

Figura 54 — Il report di Keyword Spy.

Avremo immediatamente un report che ci indicherà una panoramica dei volumi e degli andamenti di ricerca, il numero degli inserzionisti per la parola chiave ricercata e il numero dei competitor per quanto riguarda il posizionamento organico. È possibile inoltre scoprire quanto investono su una determinata parola chiave i nostri competitor e quanto stanno spingendo per posizionarla nella ricerca organica. Questa funzione è a pagamento, ma è possibile provarlo gratuitamente fornendo i nostri dati per 30 giorni. Per utilizzare questo strumento è sufficiente collegarsi al seguente link: http://www.keywordspy.com/ Cute Rank Se ci rivolgiamo a un pubblico internazionale, utilizzando magari un sito multilingua o pubblicando contenuti esclusivamente in lingua inglese, potremmo avere necessità di verificare il posizionamento del nostro sito in base alla versione locale di Google, ad

esempio Google.fr Google.de, Google.br etc. Per aiutarci in questo controllo esiste uno strumento gratuito installabile sul nostro PC (disponibile in versione Windows e Mac) che ci permette di controllare non solo il posizionamento delle parole chiave che ci interessano nelle diverse versioni locali di Google, ma anche di tutti gli altri motori di ricerca (Yahoo, Bing, Ask etc.). Questo tool si chiama Cute Rank ed è scaricabile in versione gratuita da questo sito: http://cuterank.net/ Una volta installato il programma sul nostro PC il funzionamento è molto semplice: è sufficiente infatti inserire il nostro indirizzo URL e aggiungere le parole chiave che vogliamo analizzare, anche a gruppi di parole chiave. A questo punto è sufficiente selezionare il motore di ricerca che desideriamo monitorare e per ognuno di questi è possibile selezionare la versione locale dedicata. Possiamo anche effettuare un’altra interessante ricerca selezionando, ad esempio, tutti motori di ricerca diversi nello stesso paese. Ad esempio, se stiamo svolgendo attività SEO per un’azienda che esporta in Brasile, potremmo selezionare tutti motori di ricerca brasiliani.

Figura 55 — Esempio analisi impostando i motori di ricerca brasiliani.

È possibile inoltre aggiornare automaticamente l’analisi del posizionamento delle parole chiave che ci interessano in base a una frequenza predefinita, quindi creare e scaricare un report in diversi formati (tra cui CSV per Excel, HTML e PDF). TalkWalker Alerts Abbiamo già visto che Google fornisce un servizio per creare segnalazioni in base agli articoli che vengono pubblicati in rete legati alle parole chiave che ci interessano: Google Alert. Tuttavia in alcuni casi Google Alert non fornisce tutti i risultati richiesti, soprattutto se vengono effettuate molte segnalazioni i dati sono poco precisi. Inoltre, come molti strumenti di Google, è un servizio che potrebbe sparire tra poco tempo se non verrà aggiornato come è successo a Google Reader, se Google stessa deciderà di eliminarlo in attesa di un integrazione futura sin Google Plus. Ecco perché può essere molto utile utilizzare un’alternativa a Google Alert per svolgere lo stesso lavoro, ma in maniera più completa. Questo strumento si chiama TalkWalker Alerts ed è accessibile gratuitamente attraverso il seguente link:

http://www.talkwalker.com/alerts

Figura 56 — La pagina di configurazione di TalkWalker Alerts.

La pagina di configurazione delle segnalazioni è molto simile a quella di Google Alert: all’interno del form SEARCH QUERY, abbiamo la possibilità di inserire le parole chiave che vogliamo monitorare, mentre la finestra RESULT TYPE, ci permette di scegliere se visualizzare tutti i contenuti trovati sul web (scegliendo “Everything”), oppure solo quelli provenienti dai blog, dalle News o dalle discussioni. Inoltre è possibile scegliere anche la lingua utilizzata attraverso le opzioni della finestra LANGUAGE, impostare la frequenza di ricevimento delle segnalazioni (giornaliero “Once a day” o settimanale “Once a week”) e infine se farsi segnalare tutti i risultati trovati “All results” o solamente quelli più pertinenti con le parole chiave scelte “Only the best results”. A differenza di Google Alert che prevede anche l’invio delle segnalazioni tramite Feed RSS, TalkWalker Alerts fornisce gli alert esclusivamente via mail, da indicare nell’ultima casella YOUR EMAIL. Dopo aver creato le segnalazioni, di nostro interesse, è possibile gestirle modificando le impostazioni o eliminandole attraverso il menù MANAGE, accessibile direttamente dal link: http://www.talkwalker.com/alerts/manage Inoltre è possibile importare gli alert già creati per Google Alert utilizzando un file in formato csv attraverso il menù IMPORT accessibile direttamente dal link: http://www.talkwalker.com/alerts/import

Appendice 2 Operatori di ricerca per la SEO Google come altri motori di ricerca permette di effettuare ricerche specifiche attraverso appositi comandi e simboli da utilizzare nella barra di ricerca, che vengono denominati operatori di ricerca. Questi comandi possono esserci molto utili per le nostre attività SEO sia per verificare la corretta indicizzazione del nostro sito web che per trovare informazioni per la creazione di nuovi contenuti interessanti per i nostri lettori. L’operatore virgolette (“ ”) Partiamo dai comandi più semplici e utilizzati come ad esempio il comando virgolette (“ ”) che indica a Google che stiamo cercando un gruppo di parole chiave preciso o una frase esattamente come è stata formulata. Ad esempio “offerte lavoro in comunicazione”. L’operatore meno (-) Come abbiamo visto nell’utilizzo di Google Alert nel capitolo dedicato agli strumenti per il web marketing, può essere molto interessante escludere dai risultati di ricerca determinati siti web in relazione alle parole chiave ricercate. Per far questo è sufficiente usare la seguente sintassi: parole

chiave

-site:nomesito.estensione

(ad

esempio

seo

google

-

site:wikipedia.org)

Figura 57 — Esempio di inserimento dell’operatore meno (-).

L’operatore asterisco (*) Ricercare la prossimità delle parole chiave può invece risultare utile nelle circostanze in cui non sappiamo esattamente cosa cercare, in riferimento a un argomento preciso. Se ad esempio digitiamo nella barra di ricerca:

come * su Facebook

avremo probabilmente come risultato nelle SERP, articoli che descrivono come promuoversi su Facebook, come dedicare un link su Facebook, come taggare gli amici su Facebook etc. Gli operatori Allintext, Allintitle, Allintitle, Allinurl Allintext è un comando molto interessante che serve per trovare contenuti specifici che riguardano un determinato argomento o parola chiave e serve inoltre per verificare le pagine del nostro sito indicizzate, corrispondenti alle parole chiave che abbiamo voluto ottimizzare per il posizionamento su Google. La sintassi di questo comando molto semplice: allintext: parola chiave (ad esempio allintext: comunicazione seo) Potremmo anche sfruttare l’operatore virgolette in maniera più avanzata, al fine di effettuare una ricerca più avanzata. Ad esempio se abbiamo bisogno di cercare un corso sul CMS WordPress a Bologna che contenga però anche la parola Stazione, perché probabilmente si riferirà al fatto che la sede del corso sarà vicino alla stazione dei treni o indicherà come arrivare al corso una volta arrivati con il treno, il comando da utilizzare sarà: allintext: corso wordpress bologna “stazione”

In modo analogo potremmo effettuare una ricerca approfondita sugli attributi SEO maggiormente utilizzati, come ad esempio le parole chiave presenti nel tag title, utilizzando il comando Allintitle, ad esempio: allintitle: corso inglese

Oppure potremo effettuare una ricerca all’interno dell’anchor text utilizzando il comando Allinanchor, seguito dalla parola chiave specifica da ricercare all’interno del testo collegato al link. Ad esempio: allinanchor: sito lavoro

Allo stesso modo potremmo ricercare parole chiave specifiche all’interno dell’indirizzo URL utilizzando il comando Allinurl, come ad esempio:

allinurl: hotel siena

L’operatore site L’operatore site è uno dei più utilizzati, in quanto permette di determinare in modo immediato e preciso la corretta indicizzazione di un sito web all’interno di Google. Per vedere l’elenco di tutte le pagine indicizzate è sufficiente utilizzare questo comando: site:www.nomedelsito.estensione ad esempio site:www.comunicazionelavoro.com Non sempre l’operatore site visualizza correttamente tutti gli indirizzi URL indicizzati da Google, anche nel caso in cui clicchiamo sull’opzione “Ripeti la ricerca con risultati omessi” che ci viene proposta nella prima pagina delle SERP per estendere la visualizzazione anche a tutte le altre pagine e ottenere l’elenco completo. Ma se oltre ai risultati che ci mostrano tutte le pagine indicizzate da Google del nostro sito (o quello di un nostro competitor) volessimo verificare anche le pagine che non sono indicizzate, perché lo abbiamo indicato attraverso il file robots.txt? Potrebbe essere molto utile per verificare se abbiamo correttamente impostato le limitazioni al file robots.txt e scoprire se qualche pagina non è indicizzata, magari a causa di un errore che abbiamo fatto nella creazione del file dedicato all’indicizzazione. Per ottenere questi risultati completi, che comprendono tutte le pagine indicizzate e quelle non indicizzate dal file robots.txt, è sufficiente procedere in questo modo. Dopo che abbiamo effettuato la nostra ricerca utilizzando l’operatore site (ad esempio site:www.comunicazionelavoro.com) e visualizzati i risultati, inseriamo nell’indirizzo URL del browser appena generato da Google questo comando: &start=990&filter=0

A questo punto Google ci fornirà tutti i risultati partendo dall’ultima pagina disponile (in questo caso abbiamo indicato a Google di iniziare dal 990° risultato) che corrisponde all’ultima pagina, poiché Google limita il numero di risultati a 1.000.

Figura 58 — Esempio di SERP dopo aver aggiunto il comando &start=990&filter=0.

In questo modo le prime pagine che vedremo nelle SERP potrebbero essere proprio quelle non indicizzate a causa del file robots.txt e saranno facilmente riconoscibili proprio dalla dicitura “Non è disponibile una descrizione per questo risultato a causa del file robots.txt del sito.”

Possiamo inoltre ricercare tutte le pagine che contengono determinate parole chiave all’interno di uno specifico sito web facendo precedere il termine che ci interessa, al comando site ad esempio: roma site:www.comunicazionelavoro.com

In questo modo, ad esempio, avremo nelle SERP una lista di tutte le pagine del sito Comunicazione Lavoro che contengono la parola Roma, utile in questo caso per conoscere tutti gli annunci di lavoro pubblicati che si riferiscono alla città di Roma. Il comando link Un modo rapido per verificare i link che rimandano al nostro sito web, i già citati backlink, è quello di utilizzare l’operatore link inserendo il nome del sito web (senza www) immediatamente dopo questo comando, ad esempio: link:comunicazionelavoro.com

È comunque consigliato utilizzare gli strumenti precedentemente descritti, poiché ultimamente Google ha ristretto molto il risultato di questa ricerca inserendo solo determinati backlink in base alla tipologia del sito, ad esempio istituzionale o governativo. Il comando Related Questo comando è molto utile quando stiamo cercando siti web per collaborazioni o vogliamo conoscere eventuali nuovi competitor, perché permette di trovare siti web che hanno affinità con le parole chiave dell’indirizzo URL ricercato. La sintassi è molto semplice, poiché è sufficiente inserire il nome del sito (sempre senza www) dopo il comando related, ad esempio: related:larepubblica.it

In questo caso avremo una lista di siti web simili come contenuti a La Repubblica (quindi quotidiani, giornali online, siti d’informazione etc.). Il comando legato al tempo Spesso per scrivere articoli accattivanti e attuali per il nostro potenziale pubblico abbiamo bisogno di cercare contenuti che tengano conto delle discussioni e degli articoli più recenti in riferimento a un determinato argomento perché magari è probabile che le persone aumentino le ricerche per un tema fortemente dibattuto. È per questo che diventa fondamentale saper effettuare in modo corretto e preciso una ricerca su Google, impostando la dinamica temporale.

Per far questo, una volta effettuata la ricerca della parola chiave che ci interessa, possiamo andare sulla voce “Strumenti di ricerca” presente accanto alla voce “Altro”, subito sotto la barra dove abbiamo inserito la parola chiave. A questo punto ci apparirà un nuovo sottomenu formato da tre voci: Qualsiasi lingua, Qualsiasi Data, Tutti risultati. Ovviamente andremo a scegliere il menù “Qualsiasi Data” e potremmo impostare la ricerca per un arco temporale definito, selezionando le opzioni che ci vengono fornite da Google: “Ultima ora”, “Ultime 24 ore”, “Ultima settimana”, “Ultimo mese”, “Ultimo anno”. Possiamo inoltre scegliere un periodo di date ben definito utilizzando l’ultima voce “Intervallo di date” attraverso il calendario che ci viene fornito da Google. Ma se dobbiamo creare contenuti di un evento o di un fatto che sta avvenendo nel momento stesso o a poche ore da quando abbiamo fatto la ricerca? Potrebbe essere infatti molto utile anche per il posizionamento, essere tra i primi a fornire contenuti validi e comunque, nel caso di un evento o un accadimento importante, non sarebbe bello creare una diretta web basandoci sulle informazioni presenti su Google? Anche in questo caso possiamo avvalerci di un utilissimo comando che ci permette di visualizzare i risultati con tempistiche inferiori agli ultimi 60 minuti. Per attivarlo, dopo che abbiamo effettuato una ricerca, è sufficiente aggiungere alla fine dell’indirizzo URL generato da Google, questo comando: &tbs=qdr:

Dovremmo però completarlo specificando il tempo che vogliamo definire per la visualizzazione dei risultati, tenendo presente che il numero di ore si identifica con la lettera h, il numero di minuti con la lettera n e il numero di secondi con la lettera s. Quindi, facendo un esempio concreto, se vogliamo visualizzare i risultati di ricerca di Google relativi a una determinata parola chiave negli ultimi 15 minuti il comando da aggiungere all’indirizzo URL sarà: &tbs=qdr:n15

Figura 59 — Esempio dell’utilizzo del comando &tbs=qdr riferito agli ultimi 15 minuti.

Se vogliamo invece avere i risultati nelle ultime 12 ore, aggiungeremo all’indirizzo URL la scritta: &tbs=qdr:h12

Possiamo anche impostare ricerche per tempistiche inferiori, magari per eventi sportivi, impostando la ricerca agli ultimi 30 secondi ad esempio. In questo caso aggiungeremo il seguente codice all’indirizzo URL generato da Google: &tbs=qdr:s30

Un modo semplice ed efficace per creare contenuti attuali soprattutto per chi crea contenuti informativi.

L’autore Francesco De Nobili insegna “Comunicazione e Web” presso l’Università di Bologna (Corso di Laurea magistrale in Scienze della Comunicazione Pubblica e sociale). È responsabile del progetto web Comunicazione Lavoro (www.comunicazionelavoro.com), rivolto a chi cerca lavoro nel campo della comunicazione e nelle professioni del web, con annunci di lavoro pubblicati quotidianamente e corsi di formazione di cui è docente, legati al web marketing, alla comunicazione online e ai nuovi media.

Ringraziamenti Il primo ringraziamento è per mia moglie e mia figlia che mi hanno sopportato in questi mesi di creazione e scrittura…ora che il libro è terminato sarò più tranquillo e rilassato, prometto! Grazie Iris per la tua amicizia e professionalità, non solo hai rivisto il testo, ma mi hai fornito utili consigli per aggiunte e approfondimenti. E grazie naturalmente ai tuoi colleghi di Smart.it che credono e lavorano sul web dal 1995: grazie per la vostra competenza e per il supporto ai miei progetti! Un grazie speciale va ai lettori di Comunicazione Lavoro a cui è dedicato questo libro, ho cercato di prepararlo in base alle vostre necessità e alle richieste di lavoro che ricevo dalle aziende per cercare di fornirvi uno strumento utile per trovare il lavoro che sognate. Grazie inoltre ai miei studenti universitari e a quelli dei miei corsi, ognuno di voi mi ha fornito spunti utili per cercare di rispondere ai vostri bisogni, spero di esserci riuscito! Ultimo ma non meno importante (anzi!) il mio ringraziamento a Simone, Silvia, Valentina, Mirco, Enrico di Area51 Publishing: grazie per la grande fiducia e la splendida avventura che stiamo vivendo…e siamo solo all’inizio!

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