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ENI’S ’ WAY Anno I - Numero 1 - Ottobre 2006
M
O N O G R A F I
Il secolo di Contiene I. R.
The Century of
Mattei
E
ENI’S WAY
LA MONOGRAFIA THE MONOGRAPHY
Pag. 3
FOCUS / FOCUS
UN UOMO NEL FUTURO A MAN IN THE FUTURE
Pag. 4
Periodico Eni
Anno I - Numero 1 Nuova serie - Ottobre 2006
Roberto Poli
FOCUS / FOCUS
LA STRATEGIA DELLE SFIDE THE STRATEGY OF CHALLENGES
EMONOGRAFIE NI’SWAY
Pag. 10
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 564/2002 del 15.10.2002
Paolo Scaroni
PROSPETTIVE / PERSPECTIVES
NELLA STORIA DELL’ENERGIA IN THE HISTORY OF ENERGY
Pag. 20
Giulio Andreotti
PROTAGONISTI / PROTAGONISTS
IL SECOLO DI MATTEI THE CENTURY OF MATTEI
Pag. 32
Carlo Maria Lomartire
FRONTIERE / FRONTIERS
IL DOVERE E IL BISOGNO DELLA MEMORIA THE DUTY OF MEMORY AND THE NEED FOR IT
Pag. 42
Alberto Clô
QUALITÀ / QUALITY
CAMBI DI SCENA CHANGES OF SCENE
Pag. 58
Giulio Sapelli
SISTEMI / SYSTEMS
QUELL’IDEA DI SVILUPPO THAT IDEA OF DEVELOPMENT
Pag. 82
Valerio Castronovo
INTERVISTA / INTERVIEW
IL PROGETTO DI RINASCITA THE PROJECT OF REBIRTH
Pag. 94
Giorgio Secchi
FORUM / FORUM
IL CORAGGIO DI CAMBIARE THE COURAGE TO CHANGE
Pag. 102
Luigi Valgimigli
CULTURA / CULTURE
LE ENERGIE DEL “PETROLIERE SENZA PETROLIO” THE ENERGY OF “THE OILMAN WITHOUT OIL”
Pag. 118
Luigi Valgimigli
SOLUZIONI / SOLUTIONS
L’INNOVAZIONE COME SCELTA INNOVATION AS CHOISE
Pag. 138
Maurizio Dallocchio - Ombretta Pettinato
TENDENZE / TENDENCIES
L’ITALIA MIGLIORE THE BEST ITALY
Pag. 148
Simone Misiani
ENI’S WAY / MONOGRAFIE
1
2 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
ENI’S WAY
Il secolo di
Enrico Mattei LA MONOGRAFIA. NEGLI STRATEGIA INTERNAZIONALE DI
ANNI
CINQUANTA
LA
MATTEI CAMBIA RADICALMENTE
I RIFERIMENTI POLITICO-ECONOMICI DEL SETTORE ENERGETICO MONDIALE E CONSENTE ALL’ITALIA DEL DOPOGUERRA UN INSPERATO SVILUPPO.
A
CENTO ANNI DALLA NASCITA DEL FONDATORE
ENI, ALCUNE
RIFLESSIONI SULLA SUA VISIONE IMPRENDITORIALE ANCORA OGGI DI STRAORDINARIA ATTUALITÀ.
THE MONOGRAPHY. IN INTERNATIONAL
STRATEGY
THE
FIFTIES MATTEI’S
RADICALLY
MODIFIED
THE
POLITICAL-ECONOMIC REFERENCE POINTS IN THE GLOBAL ENERGY SECTOR AND ACTIVATED POST-WAR ITALY’S UNHOPEDFOR DEVELOPMENT.
ONE
HUNDRED YEARS AFTER
ENI’S
FOUNDER WAS BORN, HERE ARE SOME REFLECTIONS ON HIS ENTREPRENEURIAL VISION, ONE OF REMARKABLE INTEREST ALSO TODAY. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
3
UN
PERSONAGGIO DI ESTREMA MODERNITÀ,
SEMPRE IN CONTRO TENDENZA.
COSÌ DEL
PRESIDENTE ENI TRACCIA LA FONDATORE ENRICO MATTEI. IL
FIGURA
UN UOMO NEL FUTURO
Q
di
ROBERTO POLI
uest’anno ricorre il centenario della nascita di Enrico Mattei ed Eni ha voluto ricordare il proprio fondatore dando vita a numerose iniziative, tra cui quella di dedicargli questa edizione di Eni’s Way Monografie con articoli di studiosi e personalità che a vario titolo si sono interessati alla sua vita, alla sua azione imprenditoriale, politica e manageriale. Enrico Mattei ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’Italia nel dopoguerra. Intuì, con un anticipo di molti anni rispetto ai suoi contemporanei, l’impatto della ricostruzione post-bellica e la storica occasione che aveva l’Italia in quegli anni per diventare un paese industrialmente evoluto. Aveva valutato che la disponibilità di energia a buon mercato avrebbe creato le condizioni per lo sviluppo del Paese e per questo portò avanti con determinazione il progetto che si concretizzò, nel 1953, con l’approvazione da parte del Parlamento della legge istitutiva dell’Ente Nazionale Idrocarburi: un ente pubblico, posseduto dallo Stato, ma che sarebbe stato gestito con criteri privatistici. Mattei aveva capito che i problemi dell’energia sono problemi degli Stati, intuizione che aveva un predecessore illustre, Winston Churchill. Gli avvenimenti recenti confermano l’attualità del suo pensiero. Molte altre furono le intuizioni che caratterizzarono l’azione imprenditoriale del fondatore Eni. Tra le più note posso citare l’impiego del gas naturale quale fonte primaria di energia; la necessità di disporre di fonti alternative agli idrocarburi, come il nucleare; l’importanza di impostare su basi diverse il rapporto con i paesi produttori, concetto che ritorna oggi di grande attualità; la grande attenzione alla formazione dei giovani ed alla formazione continua del personale – indispensabili per poter competere sullo scacchiere internazionale; la creazione nel 1957 della Scuola Superiore per gli Idrocarburi, la prima business school post-lauream in Italia. 4 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
FOCUS
Enrico Mattei nasce ad Acqualagna (Pesaro) il 29 aprile 1906. Dopo essere stato per cinque anni Commissario dell’Agip fonda Eni nel 1953 e ne diviene Presidente. Enrico Mattei was born at Acqualagna (Pesaro province) on April 29, 1906. After having been Agip’s Commissioner for five years Mattei set up Eni in 1953 and became its Chairman. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Un’altra sua caratteristica fu quella di essere un uomo sempre in contro tendenza: questo tratto distintivo della sua personalità lo si ritrova in molti episodi della sua vita e può forse aiutare a comprendere, o comunque a far riflettere sulle ragioni per cui egli non fu capito a sufficienza dai suoi contemporanei. Chi agisce sempre in contro tendenza diventa infatti per definizione soggetto difficile. Mattei, che pure per Eni nutriva grandi ambizioni, non aveva forse sperato che essa un giorno sarebbe diventata una delle “sette sorelle”. Dopo la sua scomparsa, nel 1962, l’espansione della società è proseguita e si è rafforzata. Ai suoi successori va riconosciuto il merito di averla fatta grande, ma è certamente vero che senza le sue grandi intuizioni non sarebbe stato possibile raggiungere i traguardi di oggi. Eni che è oggi una società quotata sui mercati internazionali, è una società completamente diversa, molto più grande, presente in oltre 70 paesi, più integrata e focalizzata sull’attività propria degli idrocarburi, che cerca di portare avanti, in un mutato contesto internazionale, i principi fondamentali che il suo fondatore affermò. Eni rimane ancora un patrimonio del Paese, una bandiera dell’Italia nel mondo, una multinazionale che coniuga la cultura italiana con la globalizzazione in atto. Proprio per questo temi come la responsabilità sociale di impresa, ovvero il ruolo che una grande azienda moderna deve svolgere nella società, al di là della sua dimensione prettamente economica, sono al centro dell’attenzione della società. Eni, così come affermò il Presidente della Repubblica nel 2003 quando – caso unico nella storia repubblicana – concesse alla società il privilegio di celebrare il 50° anniversario della fondazione al Quirinale, “rappresenta un pezzo della storia d’Italia”. Il mio, il nostro auspicio ed il nostro impegno è che rappresenti anche un pezzo del futuro dell’Italia.
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Il francobollo commemorativo di Enrico Mattei nel centenario della nascita, emesso il 29 aprile 2006 da Poste Italiane. The Enrico Mattei commemorative stamp on the centennial of his birth, issued on April 29, 2006 by Poste Italiane (The Italian Post Office).
FOCUS
A
PERSON WHO EMBODIES MODERNITY
AND GOES AGAINST THE TREND: HERE'S HOW
ENI'S CHAIRMAN DESCRIBES ENI'S FOUNDER, ENRICO MATTEI.
A MAN IN THE FUTURE
T
by
ROBERTO POLI
his year marks the 100th anniversary of the birth of Enrico Mattei and Eni has undertaken to commemorate its founder with numerous actions, including dedicating this issue of Eni’s Way Monografie to him with articles by scholars and personalities who for various reasons have taken an interest in his life and his entrepreneurial, political and managerial activity. Enrico Mattei played a fundamental role in Italy’s post-war development. He understood, many years ahead of his contemporaries, the impact of the post-war reconstruction and the historic opportunity Italy had in those years to become an industrially developed country. He knew that the availability of cheap energy would create the conditions required for the country’s development, and, for this reason he pushed ahead with the project that became real in 1953 when Parliament voted the law setting up the National Agency for ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Il Presidente Eni consegna il diploma di fine corso a uno studente della Scuola Superiore sugli Idrocarburi, oggi Scuola Enrico Mattei. Eni’s Chairman hands the final course diploma to a student of the High School of Hydrocarbons, today’s Enrico Mattei School.
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Hydrocarbons: a public-sector, state-owned body which would, however, be managed with private-style criteria. Mattei realized that energy problems were state problems, just as an illustrious figure had realised before him: Winston Churchill. Recent events confirm the current validity of his thinking. Many more intuitions marked the entrepreneurial action of Eni’s founder. Among the best known, I can mention: the use of natural gas as primary source of energy; the need for energy sources other than hydrocarbon fuels, such as nuclear energy; the importance of setting up the relations with producing countries on a new basis, an idea which is of great interest once more today; the great care for training young people and the continuous training of staff – both indispensable to be able to compete on the international scene; the creation of the High School for Hydrocarbons in 1957, the first post-graduate business school in Italy. Another of his characteristics was that of being a trend-defying man all the time: this distinctive personality trait can be seen in many episodes in his life and may possibly help understand, or at least reflect on, the reasons why his contemporaries could hardly understand him. Those who always defy trends are regarded, by definition, as people hard to deal with. Mattei, though he had great ambitions for Eni, maybe did not hope it would one day become one of the “seven sisters”. After his death in 1962, the company has kept on growing and getting stronger. His successors deserve credit for having made it so, but it is certainly true that, without his great intuitions, it would not have been possible to reach the goals of today. Eni, which is now a company listed on international markets, is today a completely different company: it is much larger, it operates in over 70 countries, it is more integrated and focused on the oil and gas business. It is a company which is trying to carry on, in a very different international context, the basic principles its founder established. Eni remains an asset for the country, an Italian emblem around the world, a multinational company that brings Italian culture into the on-going globalisation. For this very reason, such issues as corporate social responsibility, that is, the role a large, modern company must play in society, beyond its strictly economic dimension, are at the centre of the Society’s attention. Just as the Italian Head of State said in 2003 when he granted the company the privilege to celebrate the 50th anniversary of its founding at the Quirinal, the Presidential Palace – something unique in Italian history – Eni “represents a piece of Italy’s history.” My wish, our wish is, and our efforts are in the hope that it may represent also a piece of Italy’s future.
ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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FOCUS ENI
DI OGGI E DEL FUTURO, IL SUO RUOLO
INTERNAZIONALE E I SUOI SUCCESSI.
L’EVOLUZIONE DELLE SCELTE E DELLE DI ENRICO MATTEI NELLE PAROLE DELL’AMMINISTRATORE DELEGATO.
INNOVAZIONI
LA STRATEGIA DELLE SFIDE
N
di
PAOLO SCARONI
on ho conosciuto Enrico Mattei, se non indirettamente attraverso le testimonianze di quanti hanno vissuto lo sforzo creativo della nascita dell’azienda nel 1953; ma conosco ormai abbastanza bene Eni da avvertire che alcuni brillanti risultati di oggi sono il frutto – plasmato negli anni – di idee e ambizioni che furono proprie dei primi anni della storia dell’azienda. Mi riferisco in particolare a tre straordinari pilastri sui quali il fondatore Eni ha costruito un’impresa e un’idea di impresa straordinariamente moderne e avanzate: l’avvio dell’industria del gas in Italia con almeno un decennio di anticipo rispetto all’Europa, il tentativo di costruire nuovi rapporti di collaborazione con i paesi produttori, la modernizzazione della cultura d’impresa italiana. Io ritengo – ma non sono il solo – che queste innovazioni abbiano contribuito a cambiare la storia economica dell’Italia e a dotare Eni di un carattere proprio che la differenzia ancora dalla gran parte dei suoi concorrenti. L’intuizione di Mattei di avviare lo sfruttamento del gas italiano prodotto e la metanizzazione del Paese è forse la più importante fra queste, anche se nacque da un “incidente”: l’Agip aveva cercato petrolio in Val Padana, ma aveva trovato il gas. Per le società petrolifere del tempo, il ritrovamento di gas era considerato una iattura (e lo sarebbe rimasta a lungo) perché di fat-
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Il salvataggio dell’Agip dal decretato scioglimento, la rivoluzione dei rapporti tra paesi produttori e compagnie petrolifere, l’impegno per lo sviluppo del metano: ecco alcune delle sfide poste da Mattei per la creazione di un’industria energetica nazionale che emancipasse il paese dal potere delle oil companies internazionali. Agip’s rescue from the decreed winding up, the revolution in relationships between producing countries and oil companies, the commitment to developing natural gas: here are some of the challenges raised by Mattei for the creation of a domestic energy industry to liberate the nation from the power of international oil companies.
ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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to non esisteva un mercato del gas. Basti pensare che in tutta Europa il gas rappresentava meno dell’1% dell’energia complessivamente utilizzata. Mattei – comprendendo le potenzialità del settore – iniziò a posare tubi che portassero il gas ai principali centri di consumo del nord Italia. La disponibilità di energia a basso costo fu per la rinascente industria italiana un catalizzatore di sviluppo, capace di sostenere il miracolo economico che avrebbe garantito al paese tassi di crescita fra i più alti d’Europa fra il 1957 e il 1962. Alla fine degli anni Cinquanta, l’Italia aveva già una rete di trasporto del gas di 6.000 km, la più estesa al mondo in rapporto al territorio e alla popolazione, la terza in termini assoluti dopo Usa e Urss. Il gas con la cosiddetta “rendita metanifera” rimase per decenni la fonte principale di utili per Eni, consentendo il finanziamento dello sviluppo all’estero anche nelle attività upstream. Da allora e fino alla fine del decennio scorso, Eni ha pienamente realizzato la sua missione di garantire la sicurezza energetica del Paese, dotando l’Italia di uno dei migliori sistemi infrastrutturali del gas al mondo, cosa piuttosto insolita in un paese come il nostro che non spicca certo per la qualità delle infrastrutture. 12 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei e il Presidente egiziano Gamal Nasser. Il loro incontro determina una svolta per i futuri rapporti tra Eni e mondo arabo. Le attività Eni nel Paese iniziano nel 1954. Mattei and Egyptian President Gamal Nasser. Their encounter marked a turning point in the relationships between Eni and the Arab world. Eni started operating in Egypt in 1954.
I
by
PAOLO SCARONI
never knew Enrico Mattei other than indirectly through the tales of those who experienced the creative effort of the company’s founding in 1953, but I know Eni well enough to realise that some of today’s brilliant results are the fruit – moulded over the years – of ideas and ambitions that belonged to the early years of the company’s history. I make particular reference to the three extraordinary pillars upon which Eni’s founder built an extraordinarily modern and advanced business and business ideal: the start of natural gas industry in Italy at least a decade ahead of the rest of Europe, the efforts to construct new cooperative relationships with producer countries and the modernisation of Italian business culture. I believe – and I am not alone – that these innovations have contributed to changing the economic history of Italy and bestowed Eni with a unique character that singles it out among most of its competitors even today. Mattei’s idea of launching the use of Italian-produced natural gas and the “gasification” of the country is arguably the most important of these, even though it was born out of an “accident”: Agip had searched for oil in the Padana valley and it struck natural gas instead. Oil companies in those days considered the discovery of natural gas a piece of bad luck (and would continue to do so for a long time) because there was no real market for gas. In all of Europe, natural gas made up less than 1% of total usage. Mattei
ENI
OF TODAY AND OF THE FUTURE; ITS INTERNATIONAL ROLE AND ITS SUCCESSES. THE EVOLUTION OF
ENRICO MATTEI’S
CHOICES AND INNOVATION ACCORDING TO THE
CHIEF EXECUTIVE OFFICER.
THE STRATEGY OF CHALLENGES FOCUS 13
Ma il panorama è radicalmente cambiato. La liberalizzazione ha tolto a Eni la missione pubblica di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas per l’Italia, e il peso delle attività midstream e downstream gas italiane nel portafoglio Eni si è drasticamente ridotto. Oggi quelle attività contribuiscono all’utile operativo Eni per meno del 15% e sono, invece, le attività internazionali della compagnia a finanziare la crescita. Nondimeno, lo stimolo del modello offerto da Mattei consiste nel trasferire su scala globale i successi realizzati in campo nazionale, con la riproposizione di grandi progetti integrati in paesi dotati di riserve ma privi delle risorse necessarie a svilupparle e in nuovi mercati a elevato potenziale di crescita ma carenti di capacità infrastrutturale. Questo non vuol dire che l’Italia non sia più importante per noi. Ma soprattutto non significa che noi non siamo più importanti per l’Italia. Al contrario, continuo a credere fermamente che Eni sia forse il solo soggetto italiano in grado di confrontarsi alla pari con i grandi paesi produttori. E un rapporto di collaborazione paritaria con i paesi fornitori di gas è e sarà cruciale per garantire all’Italia approvvigionamenti certi a prezzi competitivi. Anche il secondo importante pilastro dell’eredità di Mattei nasce in realtà da una condizione di svantaggio. L’Italia era un paese povero di risorse energetiche e relegato a un ruolo marginale sul piano internazionale. Il mondo del petrolio era dominato da sette grandi società petrolifere anglo-americane – le cosiddette “Sette Sorelle” – che avevano di fatto il monopolio delle forniture di greggio all’Europa occidentale. Per ottenere il suo “posto al sole” in un panorama di spazi molto limitati, Mattei propose un nuovo sistema di relazioni contrattuali con i paesi produttori. Tale sistema garantiva a questi ultimi sia una maggiore partecipazione ai profitti dalla produzione petrolifera, sia il coinvolgimento paritario nella guida delle attività di estrazione e commercializzazione del greggio: innovazioni radicali rispetto agli equilibri su cui poggiava il potere delle “Sette Sorelle”. La fine prematura della vicenda umana di Mattei non gli consentì di raggiungere i risultati sperati. Nel 1962, alla morte di Mattei, Eni produceva meno di 160.000 boe/giorno di idrocarburi, di cui 120.000 erano costituiti dal gas prodotto in Italia. All’estero erano attivi soltanto 18 pozzi petroliferi. Mattei riuscì comunque a seminare il terreno sul quale Eni negli anni successivi ha costruito non solo la sua reputazione unica di impresa comunque “diversa”, ma è riuscita a espandersi decennio dopo decennio fino a diventare la sesta compagnia petrolifera mondiale. A inizio 2006, Eni produce oltre 1,8 milioni di barili giorno in oltre 20 paesi e ha costruito solide basi nelle aree produttive a maggiore potenziale di crescita al mondo. Ma oggi, come ieri, la “formula Mattei”, intesa come la capacità di uscire fuori dagli schemi e immaginare soluzioni innovative per cooperare con i paesi produttori, è la vera sfida per Eni e per tutta l’industria petrolifera. In un contesto di accesa competizione, in cui le imprese petrolifere internazionali possono accedere a meno del 20% delle riserve provate di idrocarburi, è necessario tornare all’approccio di Mattei per allacciare nuovi 14 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
1950, Mattei mostra il campo di Caviaga, nei pressi di Lodi. Scoperto dall’Agip nel 1944, rappresenta il primo grande giacimento di gas naturale europeo. Da qui prende avvio l’avventura energetica dell’Italia.
1950, Mattei shows the Caviaga field, near Lodi. It was discovered by Agip in 1944 and represented the first major European natural gas development. Italy’s energy adventure starts from here.
realised that the market had potential and began to lay pipelines to convey gas to all the main consumer hubs in Northern Italy. The availability of low cost energy became a catalyst for development for the resurgent Italian industry, capable of supporting the economic miracle that would allow Italy to be one of Europe’s fastest growing countries from 1957 to 1962. In the late 1950’s, Italy already boasted a 6,000 km gas pipe network, the most extensive in the world in relation to its surface and population, and the third largest after USA and USSR. Natural gas with the so-called “gas yield” was the main source of profits for Eni for decades, allowing the company to make development-oriented investments abroad even in the upstream area. Since then, Eni fully accomplished its mission of guaranteeing energy security to the country all the way to the end of the last decade, giving Italy one of the best natural gas infrastructures in the world, a rather unusual feat for a country like Italy which certainly does not stand out for the quality of its infrastructures. But the landscape has changed radically. Deregulation has deprived Eni of its public-sector mission to guarantee the supply of natural gas to Italy and the weight of midstream and downstream Italian gas assets in Eni’s portfolio has been drastically reduced. Today, those assets represent less than 15% of Eni’s operating profits, while Eni’s overseas business finance the company’s ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Kazakhstan, Mar Caspio, isola artificiale per la perforazione e messa in produzione di Kashagan, il più grande giacimento al mondo scoperto negli ultimi trent’anni. Il suo sviluppo è una delle più impegnative sfide dell’industria petrolifera mondiale. L’attività è condotta da una joint venture cui partecipa Eni con il ruolo di operatore unico. Kazakhstan, Caspian Sea: a man-made island for the drilling and development of Kashagan, the largest oil field discovered in the world in the last 30 years. Its development represents one of the most daunting challenges ever faced by the oil industry worldwide. The project is run by a joint venture with Eni as single operator.
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growth. Nonetheless, the stimulus provided by Mattei’s model consists in transferring domestic achievements to the global scale, by offering again large-scale integrated projects to countries which have hydrocarbon reserves but lack the necessary resources for developing their industry, and in new, high-potential markets which lack the required infrastructure. This does not mean, however, that Italy no longer matters to us, and it absolutely does not mean that we no longer matter to Italy. On the contrary, I continue to firmly believe that Eni is possibly the only Italian player which can deal with the world’s big producer countries on equal terms. A cooperative relationship on equal terms with gas exporting countries is and will be crucial in guaranteeing safety of supply of natural gas to Italy at competitive prices. The second important pillar of Mattei’s legacy was also born out of adverse circumstances. Italy was a country lacking in energy resources and confined to a marginal role on the world scene. The oil world was dominated by seven great Anglo-American oil companies – the so-called “Seven Sisters” – which had a de facto monopoly of crude oil supply to Western Europe. To gain its “sunny spot” in a scene with very limited openings, Mattei proposed a new system of contractual relationships with oil producing countries. Such a system guaranteed the latter both a larger cut in the profits of oil production and an involvement as equals in managing oil production and sales. These were a radical departure from the grounds the Seven Sisters’ balance of power relied on. Mattei’s all too premature death did not allow him to achieve the results he wished for. In 1962, upon Mattei’s death, Eni produced less that 160,000 boe per day of hydrocarbons, of which 120,000 were Italian natural gas. Outside Italy, Eni only had 18 producing oil wells. Mattei, however, managed to sow the seeds from which Eni, in later years, not only built its reputation as a “different” company, but also managed to grow, decade after decade, until it became the world’s sixth largest oil company. Early in 2006, Eni produced over 1.8 million barrels a day in over 20 countries and it has built solid bases in producing areas with the highest development potential in the world. But today, like yesterday, the “Mattei formula,” understood as the ability to depart from set patterns and think up new solutions for cooperation with producer countries, is the real challenge confronting Eni and the entire oil industry as well. In a sharply competitive environment where international oil companies can have access to less than 20% of proven oil and gas reserves, it becomes necessary to turn again to Mattei’s approach to develop a new relationships with producer countries. Once again, Eni is set to follow the path of cooperation and understanding, seeking fresh solutions to meet the needs of producer countries while simultaneously working towards its own business objectives. Under this category fall the great integrated projects in the oil and gas industry – from production to treatment and transportation to ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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rapporti con i paesi produttori. Ancora una volta, Eni seguirà la strada della collaborazione e della comprensione, cercando soluzioni innovative che vadano incontro alle necessità del paese produttore, pur perseguendo al contempo i propri obiettivi di business. In quest’ottica rientrano i grandi progetti integrati lungo la filiera oil&gas – dalla produzione, al trattamento e trasporto, fino agli impieghi finali a scopi industriali – che consentono l’accesso alle riserve di idrocarburi così come lo sviluppo industriale del paese produttore. La conduzione di tali progetti farà leva sulla disponibilità di un unicum di competenze ingegneristiche e tecnologiche che rappresenta un importante vantaggio competitivo per Eni rispetto ai suoi concorrenti. Un vantaggio che trae le sue origini proprio nel disegno concepito da Mattei di dotare Eni di capacità tecniche di eccellenza al servizio delle attività petrolifere, attraverso le società Saipem e Snamprogetti. Il terzo grande pilastro della creazione di Mattei ha un carattere più filosofico e metodologico, poiché riguarda lo spirito di modernità con cui egli seppe interpretare il concetto di impresa, uscendo ancora una volta al di fuori di schemi precostituiti e conosciuti. Tanto per cominciare, Mattei disegnò la struttura organizzativa Eni secondo i più moderni precetti della scienza organizzativa sviluppati negli Stati Uniti, e a tal fine si rivolse al miglior esperto dell’epoca (la società Booz Allen). Nel formare la sua squadra, Mattei volle le intelligenze più brillanti dell’epoca e non ebbe timore di affidare incarichi di responsabilità ai giovani. Mattei promosse anche una serie di interventi architettonici assolutamente innovativi, come il centro direzionale di Metanopoli e il palazzo Eni a Roma, affidandosi ai migliori esperti di architettura dell’epoca. Non solo. Egli dedicò molta attenzione alla formazione specialistica del personale e creò nel 1957 la Scuola Superiore per gli Idrocarburi che, a partire dal 1969, prese il suo nome. Molti dei ragazzi stranieri, che hanno frequentato la scuola nel corso degli anni, hanno assunto ruoli importanti nei paesi di provenienza e mantenuto solide relazioni di collaborazione con Eni. Ancora oggi la società continua ad attribuire una grande importanza allo sviluppo sia delle competenze e conoscenze tecniche dei suoi professionisti sia dell’attitudine a lavorare in contesti culturali internazionali. Naturalmente, in oltre cinquant’anni di storia il contesto di riferimento è totalmente cambiato: sono cambiati l’Italia, il mondo, i concorrenti, i temi geopolitici, le logiche di business. Soprattutto è cambiata Eni, allora ente di Stato nella sua infanzia, finanziato dal denaro pubblico, oggi una delle più grandi società petrolifere al mondo, quotata alle borse di Milano e New York. Sarebbe ingenuo riproporre lo stile di Mattei e affrontare le sfide di oggi come lui fece con quelle del passato. La vera eredità che Mattei ci lascia, quindi, è il messaggio, la lungimiranza, la capacità di affrontare i problemi e anche le sconfitte in modo innovativo, la volontà di compiere scelte audaci per costruire il futuro. E su questo messaggio – tuttora presente nel patrimonio genetico Eni – vale la pena di investire ancora per alimentare con nuova linfa lo sviluppo di domani.
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Saipem 7000, mezzo navale Eni per il sollevamento e la posa in mare. Durante la costruzione del gasdotto Blue Stream ha posato condotte nel Mar Nero a una profondità record di 2.150 metri. A fronte, tecnici Eni in Congo. Saipem 7000, Eni’s vessel for lifting and laying at sea. During the construction of the Blue Stream gas pipeline, Saipem 7000 laid pipes at a record depth of 2,150 meters in the Black Sea. Besides, Eni technicians in Congo.
industrial end use – which allow access to hydrocarbon resources as well as industrial development in producer countries. The management of these projects will build on the unique combination of engineering and technological skills that represent for Eni a major competitive assets vis-à-vis its competitors. It is an asset which stems from the very formula conceived by Mattei of equipping Eni with outstanding technical skills for use in the oil industry through Saipem and Snamprogetti. The third great pillar in Mattei’s design is of a more philosophical and methodological nature, as it concerns the spirit of modernity with which he could approach the concept of corporate business, breaking away, once again, from pre-constituted and standard patterns. To begin with, Mattei designed the organisational structure of Eni in accordance with the most up-to-date tenets of organisational science developed in the United States, and to this end he turned to the most outstanding expert of the time (the US consulting firm Booz Allen.) In assembling his team, Mattei looked for the brightest minds of the time and had no fear of entrusting the younger team-mates with positions of responsibility. Mattei also promoted a series of novel architectural projects, as with Metanopoli’s executive centre and the Eni building in Rome, enrolling the greatest architectural experts of the time. But not only. He devoted a great deal of attention to the specialized training of the staff and, in 1957, founded the School for Higher Studies on Hydrocarbons (Scuola Superiore per gli Idrocarburi) which was named after him in 1969. Many of the foreign students who attended the school over the years took on important roles in their home countries and maintained solid cooperative relationships with Eni. Also today, the company continues to attach great importance on the development of both the skills and technical know-how of its professionals and the readiness to work in international cultural environments. Naturally, in over fifty years of history, the context has thoroughly changed: Italy, the world, the competition, geo-political issues and business logic have changed. Above all, Eni has changed. In Mattei’s time, it was a state-owned company in its infancy, financed by the government; now, it is one of the largest oil companies in the world, listed in the stock exchanges in Milan and New York. It would be naïve to propose Mattei’s style anew and to face the challenges of today the way he did those of the past. The true legacy Mattei has left us is, therefore, the message, the foresight, the ability to face up to challenges and even to defeat in an innovative way, the will to make bold choices to build the future. And this message – still present in the genetic heritage of Eni – is worth investing in again to infuse fresh blood into the development of tomorrow.
ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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PROSPETTIVE
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L’AZIONE
ENRICO MATTEI PAESE. NELLA POLITICA
E LE IDEE DI
AL SERVIZIO DEL
EUROMEDITERRANEA E SUL MERCATO ENERGETICO INTERNAZIONALE.
NELLA STORIA DELL’ENERGIA
L’
di
GIULIO ANDREOTTI
importanza e la genialità di Mattei. Enrico Mattei emerge sulla scena nazionale durante la Resistenza, con quelle fotografie dei capi che sfilano per Milano il giorno della fine della guerra di libe-razione. Mattei è accanto a Parri, Stucchi, Cadorna, dentro questo piccolo gruppo di massimi dirigenti di quella che era stata la Resistenza al Nord. In questo periodo egli matura una vocazione anche politica, dentro il campo democratico, e diviene deputato perché giustamente pensava che il Parlamento fosse anche una tribuna dalla quale diffondere e nella quale inquadrare politicamente certe sue idee. Più tardi sopravvenne per lui, come per altre personalità dell’epoca, il problema dell’incompatibilità fra due ruoli, nel suo caso quelli di dirigente economico e di parlamentare. L’Italia allora era un paese che usciva da anni di guerra, ma anche prima dello scoppio del conflitto era classificabile tra i meno sviluppati degli odierni paesi sottosviluppati. Questa arretratezza peraltro si accompagnava ad una mentalità per molti versi dannosa, il mito cioè dell’autarchia a tutti i costi, la mentalità per la quale noi eravamo più bravi degli altri e non avevamo bisogno d’imparare niente da nessuno;
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questa mentalità sbagliata si scontrava anche con i problemi di fondo della nostra economia, come per esempio quello delle fonti d’energia, assenti o comunque carenti nel nostro paese, ed ecco allora la storia dell’Agip, che sembrò presto un ramo sterile da buttar via. Problemi complessi e difficili dunque, quelli ereditati dopo la fine della guerra, di fronte ai quali Enrico Mattei si pose controcorrente. Aveva avuto l’incarico di liquidatore dell’Agip e si trovò alle prese con la mentalità classica di quella burocrazia che ancora nel 1955 diceva che bisognava liberarsi da “queste seccature”, cioè gli enti in liquidazione, tutti egualmente “inutili”. Mattei in realtà intuì che l’Agip aveva un futuro, e la sua intuizione si rivelò giusta. Il mercato del petrolio. Quello del petrolio è un mercato che condiziona molto, lo vediamo anche con la guerra d’Iraq, i cui motivi veri devono ancora essere chiariti. Poi c’erano posizioni che andavano anche oltre un certo equilibrio: non solo Mattei, ma penso anche a Gronchi, quando ricevette gli esponenti del movimento di liberazione algerino, suscitando le proteste della Francia che li riteneva terroristi e non in realtà persone che lottavano per l’indipendenza. La grande novità dell’Italia del dopoguerra era stata quella di riaffacciarsi sullo scenario internazionale, dopo quel periodo di isolamento 22 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
1956, la visita del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi a Metanopoli (San Donato Milanese). In apertura, Mattei effettua delle riprese durante il viaggio in Iran nel 1958. 1956, the visit of Italian President Giovanni Gronchi at Metanopoli. Previous page, Mattei taking pictures during a 1958 trip in Iran.
M
by
GIULIO ANDREOTTI
attei’s importance and ingeniousness. Mattei appears on the national scene during Italy’s Resistance war, in those photographs picturing the Resistance leaders marching through Milan on the day the liberation war ended. Mattei walks alongside Parri, Stucchi and Cadorna, in this small group of leaders of the Resistance movement in northern Italy. At that time he developed also a political vocation in the democratic camp and became a Member of Parliament, as he justly thought the Parliament was also a forum from where he could spread and where he could organize politically some ideas of his. Later on there arose for him, too, as with other political figures of that time, the question of incompatibility between two offices, in his case that of industrial manager and member of Parliament. Italy at that time was coming out from years of war, but even before the outbreak of war Italy could be ranked among the least developed of today’s underdeveloped countries. This backwardness got along with a mentality that was under many aspects harmful, that is the myth of autarchy at all costs, the mentality according to which we Italians were better than the others and had no need to learning anything from anybody; this wrong attitude clashed also with the basic problems of our economy, such as, for example, that of energy sources, that were nonexistent or in any case in short supply in our country. And here comes the story of Agip, which
ENRICO MATTEI'S CONTRIBUTION TO THE NATION IN THE AREA OF EURO-MEDITERRANEAN POLICY AND IN THE BROADER INTERNATIONAL ENERGY MARKET.
IN THE HISTORY OF ENERGY PERSPECTIVES ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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durante il quale comparivano sui muri massime del tipo “molti nemici, molto onore”. Questa attenzione verso l’esterno matura non tanto da parte dei politici puri, ma piuttosto di coloro che si occupavano di politica economica e di rapporti mercantili. Fra costoro cito Ezio Vanoni perché capì che quell’intuizione che Mattei aveva sull’Agip era giusta e ne difese le scelte: di fare le ricerche per il metano e per il petrolio anche sul nostro suolo; di tessere legami con i paesi produttori perché non era giusto che il petrolio fosse di tutti tranne che dei paesi in cui c’era; di arginare le grandi cordate internazionali che, all’epoca, non suscitavano simpatie nei paesi esportatori di petrolio. Mattei e il Medio Oriente. A proposito di rapporti internazionali, Nasser è stato un personaggio importante che si fece promotore di una forte politicizzazione, il famoso socialismo islamico ed evidenziò l’importanza di una attenzione per l’Oriente, per il mondo arabo. In Medio Oriente ci fu poi la vicenda dell’Iran, dove all’inizio degli anni Cinquanta sembrò a un certo punto che Mossadeq prendesse in mano la situazione; invece gli successe lo Scià, che proprio il giorno in cui Mossadeq veniva rovesciato, fuggì in Italia. Ho fatto quest’incursione nella cronaca passata perché l’Iran è attuale ancora oggi per le note vicende e in questo momento abbiamo una necessità assoluta di dialogare con l’Iran. Non noi italiani da soli, ma dico che per la vocazione che abbiamo, noi dobbiamo spingere gli altri a farlo, altrimenti il mondo si mette con le spalle al muro e non ci saranno né vincitori né vinti. Certi dicono: ma tu sei per Israele o per i palestinesi? Io mi rifiuto di accettare questa logica e cito il Vangelo: “Chi ha bisogno del medico è l’ammalato”. Adesso sono più ammalati i palestinesi e dobbiamo cercare insieme di trovare una cura per loro”. So che è difficilissimo però dobbiamo tener conto che ci sono problemi irrisolti e che devono essere affrontati. Nel 1948 l’Onu creò lo Stato di Israele e creò lo Stato arabo, con un’unica votazione. Venne creato lo Stato d’Israele, ma non lo stato arabo, che ancora oggi non c’è. Ho partecipato personalmente a due riunioni organizzate con una formula che si riteneva utile: alcuni ex combattenti israeliani, giordani e palestinesi dovevano stare due giorni assieme per vedere se almeno parlavano tra loro. Non abbiamo ottenuto niente, anzi si sono messi a litigare tra 24 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Il Presidente Eni ricevuto dal re del Marocco. La strategia di Mattei puntava ad allacciare relazioni internazionali con i governanti dei paesi produttori per stabilire alleanze e innovativi rapporti di business.
Eni’s Chairman received by the King of Morocco. Mattei’s strategy aimed at setting up international relations with the governments of producer countries to develop alliances and innovative business relationships.
shortly seemed to be a sterile branch to be cast away. Complex and difficult problems were left over from the war and Enrico Mattei faced them moving against the tide. He was named liquidator of Agip and had to cope with the standard mentality of that bureaucracy which even in 1955 kept saying it was mandatory to get rid of “such nuisance”, that is to say companies in liquidation, all of them equally “useless”. Mattei instead guessed that Agip had a future and he guessed right. The oil market. The oil market carries much weight, we can see it also with the Iraq war, whose real reasons still need to be clarified. Then there were positions that went beyond a certain balance: not only with Mattei but I think of Gronchi as well, when he received the representatives of the Algerian liberation movement, triggering the protests from France which regarded these people as terrorists and not really as people fighting for independence. The great novelty for post-war Italy was its comeback on the international scene after that time of isolation, when one could read slogans like “many enemies, much honour” inscribed on the walls. This new attention to the outside did not so much develop in pure politicians but in people handling economic policy and trade relations. From among them I mention Ezio Vanoni, because he understood that Mattei’s approach to Agip was right and upheld his decisions: to explore for natural gas and oil also on Italian territory; to weave bonds with producing countries, because it wasn’t fair that oil should belong to everybody except for the countries where oil was to be found; to check the big international cartels which, at the time, were not very popular with oil exporting countries. Mattei and the Middle East. Talking about international relations Nasser was an important figure, who promoted a bold politicisation, the well known Islamic Socialism, and stressed the importance of paying attention to the East, the Arabian world. In the Middle East then we had the Iranian case, a country where in the early 1950’s Mossadeq seemed at a certain moment to take the situation in his hands; instead he was succeeded by the Shah who had fled to Italy on the very day Mossadeq was overthrown. I made this foray into old events because Iran is an up-to-date topic also today due to the well known events and in this very moment we absolutely need to have a dialogue with Iran. Not just we Italians but I say that thanks to our vocation we should urge the others to do it, otherwise the world will end up in a corner and there will be no winners and no losers. Some people ask: Are you on the side of Israel or on the side of Palestinians? I refuse to accept this logic and quote the Gospel: “Who need a doctor are those who are ill”. Right now the Palestinians are more ill and we need to find a cure for them together. I know it is very hard but we must consider there are unsolved problems and that they must be coped with. In 1948 the UN deliberated on the creation of the State of Israel and the Arabian State with a single vote. The State of Israel was created, unlike the Arabian State that up to today does not exist. I personally took part in two meetings organized following a model believed to be useful: some former Israeli, ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Jordanian and Palestinian fighters had to spend two days together to see whether they at least could speak to each other. We got nowhere, on the contrary, even the two Israelis started to quarrel because one of them was a labour supporter and the other voted Likud. Today we have to get out of the non-talk. This is the teaching we get from Enrico Mattei, if we want to use his memory in a positive way and not in a sterile way when facing the current situation. In 1980 there was a situation of total refusal between the two sides: the European Community then called on Palestinians and Jews to meet and start a dialogue, even if it seemed to be impossible. But it was the right way and in the end this dialogue took place. Sometimes we need to read history anew and read it free from prejudice. From this point of view we know how much weight energy issues, as a whole, carried in our history, in particular in the post-war period. Never underestimate the impact of economic problems in the life of a nation: this was Mattei’s right approach but his ground-breaking efforts clashed with the situation prevailing in the energy sector since there was in effect a widespread subjection to established interests. Mattei very courageously went against the tradition, against huge and established interests and fought against a nearly insurmountable state of subjection to others. No doubt, the hope that Italy, too, might have oil resources of its own proved to be wrong but all the natural gas policy was successful: we clashed with strong established interests and at the same time we followed a certain strategy of ours. This is the perspective with which we must remember Enrico Mattei’s policies. Mattei was a man of formidable self-assurance: self-assurance may sometimes leads to exaggeration but it helps, because the methodical doubt can be good philosophically or to write essays but it is no use as guidance for life. Mattei taught us not to put up with a certain kind of economic dominance in the field of energy sources and for this reason he stirred up controversy, not only with regard to exploration on Italian territory, but also by exerting a certain influence on producing countries to make them aware of their wealth and therefore of the fact that they didn’t need to submit to the multinational companies. Mattei had the gift of knowing how to hand developing countries the redemption keys to progress, without yielding to some kind of fate. These problems are with us also today. I think that in post-war reconstruction Mattei must be remembered for his great insight, a capacity that did not come to him from academic learning, actually it did not come from any academia, but it was a true insight that even a nonproducing country could in some way bring to bear some influence in the field of energy sources. Remembering Mattei has a positive side also because there is never anything repetitive in life, life runs on, sometimes runs backward, and therefore theories and programs need be approached with the variants that come up along the way: yet there are some permanent themes. One of these is the attention for what was and is the Middle East question in particular, and ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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di loro anche i due israeliani, perché uno era laburista e l’altro del Likud. Oggi dobbiamo uscire dal non colloquio. Questo è l’insegnamento che ci viene da Enrico Mattei, se vogliamo utilizzare la sua memoria positivamente, e non in modo sterile, per affrontare la situazione attuale. Nel 1980 vi era una situazione di chiusura tra le due parti: la Comunità europea allora auspicò che palestinesi ed ebrei si incontrassero affinché cominciasse un dialogo, anche se la cosa sembrava irrealizzabile. Ma era la strada giusta e alla fine questo colloquio c’è stato. Qualche volta abbiamo la necessità di rileggere la storia, e di rileggerla senza pregiudizi. Da questo punto di vista sappiamo quale forza di condizionamento, nella nostra storia passata, e in particolare nel dopoguerra, avesse l’insieme dei problemi dell’energia. Guai a non tener conto dell’incidenza che i problemi di carattere economico hanno nella vita di una nazione: questo era il modo giusto di collocarsi di Mattei, le cui aperture andarono a urtare contro delle realtà consolidate nel settore dell’energia, perché era diffusa di fatto una soggiacenza ad interessi consolidati. Mattei, con molto coraggio perché si trattava di andar contro la tradizione, contro posizioni consolidate ed enormi, lottò contro la quasi invincibilità di uno stato di soggezione ad altri. Certo, la speranza che anche noi potessimo avere delle fonti di petrolio si rivelò sbagliata, ma tutta la politica del metano ebbe successo: urtavamo contro forti interessi consolidati, e nello stesso tempo avevamo una certa nostra linea. È in questa ottica che dobbiamo ricordare quella che fu la politica di Enrico Mattei. Mattei era un personaggio con una sicurezza formidabile: a volte essere sicuri può portare anche ad esagerare, però aiuta anche, perché il dubbio metodico può valere filosoficamente, o per scriver saggi, ma non serve come orientamento di vita. Mattei ha insegnato a non rassegnarsi ad un certo dominio economico nel campo delle fonti di energia e, per questo, sviluppò polemiche, non solo con la ricerca in ambito nazionale, ma anche con una certa influenza sui paesi produttori perché prendessero coscienza della propria ricchezza e del fatto che quindi non fossero costretti ad assoggettarsi alle multinazionali. Mattei ebbe la dote di saper consegnare ad alcuni paesi in via di sviluppo delle chiavi di riscatto per il loro progresso, senza soggiacere ad una specie di fatalità. Problemi che noi abbiamo anche oggi. Penso che nella ricostruzione Mattei deve essere ricordato per la sua grande capacità di intuizione, una capacità che non gli veniva da un approfondimento accademico, infatti non veniva da alcuna accademia, ma era veramente un’intuizione quella della possibilità che anche un paese non produttore potesse in qualche maniera avere influenza nel campo delle fonti d’energia. Ricordare Mattei ha anche un valore di carattere positivo perché nella vita non c’è mai niente di ripetitivo, la vita evolve, qualche volta involve, e dunque le teorie e le programmazioni vanno sempre affrontate con le varianti che lungo la strada si presentano: però ci sono alcune linee permanenti. Una di queste è l’attenzione per quello che era ed è il problema del Medio Oriente in particolare, e un po’ più in generale della capacità di comprendere certe caratteristiche, miste di cultura e politica, del mondo islamico. Il Medio Oriente è stato a lungo una sorta di punto centrale per l’evoluzione o la non evoluzione della vita internazionale nel suo complesso, e in parte lo è ancora con i risvolti più recenti fortemente inquietanti. Certamente una connessione tra politica ed economia ci deve essere per forza, però bisogna sempre evitare uno squilibrio fra gli impulsi che derivano dall’una o dall’altra ispirazione. È una questione peraltro che riguarda anche il problema che abbiamo oggi con l’Iran, e che era dentro una delle intuizioni di Mattei. In Iran si ebbe ad esempio la svolta del dopo Scià: per noi era un momento difficile perché il khomeinismo non poteva trovare adesione da parte nostra. Tuttavia c’era anche la necessità di distinguere quello che era un interesse di carattere più generale da un interesse specifico di 28 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
1960, la firma dell’accordo energetico tra Italia e Urss. A pagina precedente, Mattei durante la visita a un impianto. 1960, the signature of the Italy-USSR energy agreement. Previous page, Mattei while visiting a plant.
more generally the question of being able to understand certain peculiarities, a mixture of culture and politics, of the Islam world. The Middle East was for a long time a sort of focal point for the evolution or the non-evolution of international life as a whole, and partly it is still now, with its most recent implications being deeply worrying. Certainly there must be a connection between politics and economics, but we must always try and avoid an imbalance between that impulses that stem from one or the other inspiration. It is moreover an aspect that concerns also the problem that we have with Iran today, and that was part of one of Mattei’s intuitions. In Iran we had for example the post-Shah shift: for us it was a challenging time because Khomeinism could not get our support. There was also the need to tell what was a more general interest from a more specifically political interest. And thus the problem was defined, but not for a solely material and economic calculation, that is investments and commercial relations, but because we believed that what was happening was a domestic event in a changing country; so we maintained our presence in Iran. There are many examples and personalities in diverse fields that teach us how paying attention to the Muslim world is of the greatest importance: I remember the King of Morocco Hassan II who while speaking to me with enthusiasm about Giorgio La Pira, asked me if being a Muslim he still could be a witness in his beatification process: he greatly admired La Pira, and his poverty, because he had visited him in his cell in St. Mark’s convent in Florence and had been fascinated by him. Why does all this count today? To be able to have a certain role and a certain substance in a world that cannot depend just on economic interests: we will be in for trouble if we do not remember that there are also trends and points of reference that go beyond this dimension.
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carattere più strettamente politico. E così fu distinto il problema, ma non per un calcolo solo materiale ed economico, cioè gli investimenti, i rapporti commerciali, ma perché ritenemmo che quello che succedeva era un fatto interno a un paese che cambiava; così la nostra presenza in Iran continuò. Sono molti gli esempi e le personalità di diversi campi che ci insegnano come una linea di attenzione al mondo islamico sia di grandissima importanza: ricordo il re del Marocco Hassan II che parlandomi con entusiasmo di Giorgio La Pira, mi chiese se lui come musulmano potesse essere testimone nel suo processo di beatificazione: era ammiratissimo della persona di La Pira, e anche della sua povertà, perché lo aveva visitato nella sua celletta del convento di San Marco e ne era rimasto affascinato. Perché tutto questo oggi conta? Per poter avere un certo ruolo e un certo contenuto in un mondo che non può dipendere solo da interessi economici: guai non ricordarsi che ci sono anche correnti e punti di riferimento che vanno al di là di questa dimensione. In Italia registriamo spesso una polemica tra pubblico e privato nel campo dell’economia, ma se leggiamo la Costituzione riscontriamo sulla questione un grande equilibrio: l’errore in effetti sta nel fondamentalismo o del pubblico o del privato. Il messaggio di Mattei è proprio questo, è un’educazione di tipo economico che insegna a sforzarci di credere alla coesistenza di pubblico e privato, a non ritenere che le privatizzazioni siano la soluzione dei problemi, o che la presenza pubblica in campo economico sia un’invadenza di campo, tanto più che questa invadenza era nata solo nella crisi del ’29, e non per invadere un campo privato che era completamente in mano alle banche, ma per sanare e rilanciare l’economia: così era nato l’Iri e anche nei confronti di Eni ci fu la convinzione che il campo dell’energia è determinante per l’economia nel suo complesso, come del resto ci indicano oggi le ripercussioni anche su di noi, del problema del freddo in Russia o dei rapporti meno buoni tra l’Ucraina e la Federazione Russa. Anche Vanoni è stato determinante per questo modello di coesistenza, a volte anche competitiva, tra pubblico e privato. Oggi siamo alle prese col problema più vasto della globalizzazione, un problema terribile per chi deve impostare un’azione di carattere amministrativo e finanziario. Penso allora che dobbiamo sempre di più abituarci ad inquadrare almeno nell’Unione europea i nostri problemi, le nostre idee, i nostri progetti, ma possibilmente anche con questa veduta di prospettive più ampia: dalla storia del dopoguerra, di quel che si è costruito nel dopoguerra, dobbiamo cercare di trarre gli insegnamenti utili. Ricordare il passato non è solo un rievocare doveroso, ma anche un voler capire come si pongano delle basi per poter oggi contribuire alla creazione di questo mondo che certamente è fatto di grandissime potenzialità, ma anche di grandissimi problemi. GIULIO ANDREOTTI, senatore a vita di nomina del presidente della Repubblica, ha tratto questo testo dalla sua prolusione al master “Enrico Mattei in Medioriente” dell’Università di Teramo. 30 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
1959, il Presidente Eni in visita agli impianti Agip di Gela.
1959, Eni’s Chairman visiting the Agip plant at Gela.
In Italy we often have arguments between the public and private spheres in the field of economics, but if we read the Constitution we notice a great equilibrium on the matter: the mistake in effect lies in fundamentalism in either the public or the private sphere. Mattei’s message was exactly this, it is an economic type of education that teaches us to try hard and believe in the coexistence of the public and private spheres, not to believe that privatisations are the solution to all problems, or that the public presence in the field of economics amounts to intrusiveness, even more so since this “intrusiveness” came about only out of the 1929 crisis, and not with the aim to step into the private sphere that at the time was completely in the hands of the banks, but to restore and re-launch the economy: thus IRI was born and also regarding Eni, there was the conviction that energy was crucial for the economy as a whole, as for that matter it was pointed out by the repercussions we, too, suffered in Italy from the coldwave problem in Russia or the deteriorating relations between Ukraine and the Russian Federation. Vanoni, too, played a crucial role for this model of coexistence, at times competitive, too, between the public and private spheres. Today we are confronted with the broader problem of globalization, a formidable problem for those who have to undertake an organizational or financial project. I think therefore that we need to get increasingly accustomed to frame our problems, our ideas, our projects within the European Union context, but possibly also from this broader perspective: from post-war history, from what was built in the post-war period, we must draw the lessons that are of use to us. Remembering the past is not only a dutiful commemoration, but also an effort to understand how we can lay the foundation to be able to contribute today to the creation of this world that certainly has a huge potential, but also huge problems. GIULIO ANDREOTTI, a senator for life appointed by the Italian President, drew the above text from the inaugural lecture he delivered to the “Enrico Mattei in the Middle East” master course at the Teramo University. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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25 aprile 1960: anniversario della Liberazione. Mattei interviene a Piazza del Duomo. Al collo, il fazzoletto delle formazioni partigiane cattoliche di cui fu comandante. April 25, 1960: anniversary of the Liberation. Mattei speaks in Milan’s Cathedral Square. Around his neck, the scarf of the Catholic Partisan units, which he led as commander.
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PROTAGONISTI RITRATTO
ENI A 100 ANNI DALLA NASCITA. LA RAGIONE DEL SUO MITO: UN PERSONAGGIO CONCRETO, REALE E TALE SEMPRE RIMASTO, MA INCOMPARABILE PER CARISMA E POPOLARITÀ. DEL FONDATORE
IL SECOLO DI MATTEI
È
di
CARLO MARIA LOMARTIRE
ragionevole e certamente non retorico, a cento anni dalla nascita del suo fondatore, considerare la storia Eni un’epopea. Dell’epopea, infatti, ha tutte le caratteristiche: la visione folgorante di un disegno grandioso; l’impresa come lunga e tenace marcia verso l’ignoto; il numero, la forza e la determinazione dei nemici; la ferma coscienza del diritto al proprio spazio vitale insieme alla fede salda nelle proprie ragioni. È sempre così che, proprio grazie all’energia travolgente dell’epopea, vengono erette le grandi costruzioni della storia. Ma queste che abbiamo elencato come le caratteristiche dell’epopea trovano sempre la loro sintesi in una figura originaria: a seconda dei casi il patriarca, il fondatore, il condottiero, insomma il protagonista e la guida dell’epopea. Il leader, diciamo oggi. Una figura che, comunque, presto assume caratteristiche perfino mitiche. Infatti le grandi edificazioni della storia poggiano sempre sul mito del fondatore. Per legittimare la propria esistenza, per rivendicare i propri diritti e, quando è possibile, per affermare il proprio primato. Ma anche per costituire una riserva di motivazioni e quindi di energie, utile sempre e indispensabile nei momenti di ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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crisi e di trasformazione; una tradizione condivisa alla quale richiamarsi quando si corre il rischio di una crisi d’identità o addirittura quando è messa a repentaglio la propria esistenza. D’altra parte il mito del fondatore è enormemente più forte e più efficace se viene costruito non su una figura puramente leggendaria o diventata tale ma su un personaggio reale, concreto e tale rimasto. Eni dispone, per sua fortuna, di una figura del fondatore non solo reale, concreta e storicamente vicina – nato cento anni fa – ma pure straordinariamente carismatica e popolare: Enrico Mattei, il Fondatore. Ebbene, si tratta di un punto di forza straordinario, di un privilegio e perfino di un vantaggio competitivo, proprio per quel surplus di motivazioni che è in grado di suscitare soprattutto nelle fasi critiche della vicenda aziendale. Il mito di Mattei, d’altra parte, ha caratteristiche tutte particolari. Tipicamente italiane e in particolare dell’Italia eroica del dopoguerra, che riemerge dalla distruzione, dalla disperazione, dalla fame e dal sangue. Un ragazzo povero della profonda provincia italiana, dell’Italia rurale della prima metà del secolo, figlio di un carabiniere e con un’istruzione poco più che elementare, diventa dapprima – già negli anni ’30 e in una Milano che non è certamente quell’esplosione di vitalità della metropoli del mira34 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei a Matelica in provincia di Macerata dove si stabilisce con la famiglia all’età di tredici anni. Mattei at Matelica, Macerata province, where he settled with his family at the age of 13.
I
by
CARLO MARIA LOMARTIRE
t is reasonable and non-rhetorical, at the centennial of the birth of its founder, to consider the story of Eni as an epic. It has all the features of an epic: the striking vision of a grand design, the feat as a long, tenacious march into the unknown, the number, strength and determination of its enemies, the resolute awareness of its right to its own vital space and a solid faith in its own reasons. It is always in this way, thanks to the sweeping energy of the epic, that great constructions are erected throughout history. However, these characteristics of the epic are always epitomized in an original figure, in some cases either the patriarch, the founder, the commander, in any case the main character and leader of the epic. This figure soon takes on legendary characteristics, too. The great constructions of the past all stand on the myth of the founder. To legitimize their own existence, to claim their rights and, when possible, to affirm their supremacy. But also to build a reserve of motivation and therefore of energies, always useful and indispensable in moments of crisis and transformation, a shared tradition to call upon in the event of an identity crisis or when their very existence is at risk. The myth of the founder is a great deal stronger and more efficient if it is built not on a purely legendary figure or one who has become so, but on a real and concrete character that has stayed so. Eni, luckily, has a founding
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PORTRAIT OF THE FOUNDER OF
ENI, 100 YEARS
ON FROM
HIS BIRTH, EXPLORING THE REASONS BEHIND HIS LEGEND: A PRACTICAL MAN WHO STAYED GROUNDED BUT WHOSE CHARISMA AND POPULARITY REMAINS UNPARALLELED.
THE CENTURY OF MATTEI PROTAGONISTS ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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colo economico – un industriale milanese di successo, ricco non ancora trentenne, prototipo con largo anticipo dell’uomo che “si è fatto da sé” e che andrà di moda almeno un paio di decenni dopo. Poi, durante la seconda guerra mondiale è il capo dei partigiani cattolici, il combattente che dopo il 25 aprile sfila in piazza del Duomo, nella Milano liberata, con i rappresentanti del Cln alla testa del Corpo volontari della libertà. Infine, salvata l’Agip e fondato l’Eni (eccola, la visione folgorante) diventa uno dei più potenti protagonisti della prima storia repubblicana. Per qualcuno, in quegli anni, addirittura il più potente: niente di meno che “Italy’s new Cesar”, per la stampa americana. Secondo l’accezione etimologica greca, che come al solito è molteplice, soprattutto nell’uso che ne fa Omero, mythos significa “parola, discorso, racconto”; ma anche “progetto, macchinazione”. Ecco, la figura di Mattei si avvia a prendere la strada del mito, nel momento in cui concepisce un progetto arditissimo, un disegno visionario, un grande sogno: dare all’Italia l’indipendenza energetica. È una fase storica in cui progettare e sognare, allora considerati di fatto sinonimi, non solo è possibile ma è un dovere patriottico, nell’Italia che tenta di risollevarsi, insanguinata, mutilata ed esausta, dalle macerie e dal fango in cui l’aveva gettata la guerra. Ed è proprio il sogno che permette a Mattei di convertire l’ordine ricevuto di liquidare l’Agip nel suo esatto contrario. Il sogno diventa la visione profetica della grande azienda energetica nazionale: non sopprimere ma rivitalizzare l’Agip moribonda, politicamente screditata ma grande giacimento di competenze e motivazioni, per far nascere da quelle radici, comunque profonde e forti, Eni. Ecco, dunque, l’epopea da intraprendere, ecco il Grande Progetto al cui servizio mettere il mito. Per realizzarlo, per dar corpo alla sua visione, Mattei punta sulla risorsa che meglio conosce, che meglio sa impiegare: punta sull’uomo, l’unica fonte energetica – ripeterà spesso – di cui sa con certezza che l’Italia è straordinariamente ricca. Ma Mattei sa anche che per suscitare queste energie deve caricarsi di carisma e somministrare motivazioni ed entusiasmi in dosi massicce. Il suo non è calcolo o ragionamento o proposito razionale ma intuizione, quasi percezione. Mattei, infatti, è un leader naturale fin da ragazzo, perciò sa istintivamente muoversi stando alla testa di un gruppo, trascinare uomini in un’impresa comune, convincerli che ne vale la pena senza doverne spiegare il perché. Riesce dunque, inconsapevolmente ma costantemente, ad attribuirsi i tratti “mitologici” che gli servono per costruire la propria leggenda. Sa, sente quali corde far vibrare e le tocca regolarmente, ripetutamente, perché il mito nasce anche dalla ripetizione del racconto da tramandare. E Mattei racconta: racconta del padre carabiniere che cattura eroicamente il brigante Musolino (in realtà gli è quasi caduto fra le braccia) per rappresentare il senso del dovere e del sacrificio. Esalta l’immagine della madre amatissima (e su di lui influentissima) per enfatizzare i valori della famiglia, della coesione sociale, e lo spirito di sacrificio. Ripete continuamente, spesso con qualche esagerazione strumentale e un po’ di tendenzioso vittimismo, il racconto di un’infanzia di miseria ed emarginazione per dimostrare che col lavoro e l’impegno chiunque può farcela. 36 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei a un ricevimento con Greta Paulas, sposata a Vienna nel 1936. Mattei at a reception with Greta Paulas, whom he married in Vienna in 1936.
figure which is not only real, concrete, and historically close – born one hundred years ago – but also extraordinarily charismatic and popular: Enrico Mattei, the Founder. This is a great strength, a privilege and even a competitive advantage, for that surplus of motivation that it is able to evoke especially in critical phases in the life of a company. The myth of Mattei, on the other hand, has features of its own, typically Italian and in particular of heroic Postwar Italy, emerging from destruction, desperation, hunger and bloodshed. A poor lad from a remote provincial area, from rural Italy in the first half of the century, the son of a “carabiniere” and with an education just a bit more than elementary, becomes first, – in the 1930’s in a Milan that was certainly not experiencing the burst of vitality of the capital city of the “economic miracle” – a successful Milanese businessman, who had grown rich before he was 30, the early prototype of the Italian “self-made man” that was to become fashionable at least a couple of decades later. During World War II he is the head of Catholic Partisans, the fighter who after April 25th marched in Piazza del Duomo, in liberated Milan, with the representatives of the National Liberation Committee (CLN) at the head of
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Mattei nei pressi di un erogatore di carburante in una stazione di servizio Agip. Dal 1961 nelle stazioni di servizio compaiono i primi ristoranti, bar, tavole calde. Lungo la rete vengono inaugurati 29 motels. Mattei standing near a petrol pump at an Agip service station. Starting in 1961 the first restaurants, bars and cafeterias went up at service stations. A total of 29 motels were opened along the network.
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the Liberty Volunteers Corps. Later, having saved Agip and founded Eni (here is the striking vision) he becomes one of the most powerful figures in Italy’s early Republican history. For some, in those years, he was even the most powerful, nothing less than “Italy’s new Caesar” for the American press. According to its Greek etymological acceptation, which is as usual manifold, especially in Homer’s use of it, mythos means “word, discourse, tale” but also “project, machination”. Here is the figure of Mattei as he embarks upon the road to the myth, in the moment in which he conceives a very bold project, a visionary plan, a great dream: to give Italy energy independence. This is a historical phase in which planning and dreaming, then considered to be the same thing, are not only possible but are a patriotic duty, in an Italy that attempts to rise again, blood-stained, mutilated and exhausted, from the mud and ruins in which the war had thrust it. It is this dream that allows Mattei to turn the order he has received to liquidate Agip into the exact opposite. The dream becomes the prophetic vision of the great national energy company: not to suppress a dying Agip, politically discredited and yet a big repository of skills and motivation, and to give birth to Eni from those roots which were despite everything deep and strong. Here, then, is the epic to undertake, here is the Grand Plan for the legend to realize. To do this, to give form to his vision, Mattei looks to the resource he knows best, that he knows how to use: he bets on people, the only energy source – he would often say – that he knows with certainty that Italy is very rich in. Mattei also knows that in order to rouse this energy he must be full of charisma and must administer massive doses of motivation and enthusiasm. His is not calculation or reasoning or rational purpose, but intuition, almost perception. Mattei was a natural leader since he was a boy. So he knows instinctively how to move at the head of a group, how to drive men in a common enterprise, to convince them that it is worthwhile without having to explain why. He is able therefore, unintentionally but constantly, to put on the “mythological” traits that help build up his own legend. He knows, he feels which are the notes to play and he plays them frequently, repeatedly, because the myth is born also out of the repetition of the tale that is passed down. Mattei recounts: he tells of his father, a “carabiniere” who heroically captured Musolino (actually, the bandit virtually fell into his arms) to represent a sense of duty and sacrifice. He extolls the image of his much beloved mother (who has a great influence on him) to emphasize family values, social cohesion and the spirit of sacrifice. He continuously repeats, at times with an instrumental exaggeration and a bit of biased self-pity, the tale of a childhood of poverty and ostracism to demonstrate that with hard work anyone can make it. He exaggerates the number, hostility, strength and villainy of his enemies, real or imagined. Perhaps, though, in this case it is not an exaggeration. He has the backing, it is true, of some of the most active and powerful minds of ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Esagera il numero, l’ostilità, la forza e la perfidia di nemici, veri o presunti. Ma forse in questo caso non si tratta di un’esagerazione. Ha dalla sua parte, è vero, alcune tra le più vivaci e poderose intelligenze del suo tempo insieme alla componente più innovativa e intraprendente della politica italiana. Ma effettivamente si trova a battersi contro forze economiche e politiche immani e contro un apparato della comunicazione compatto e come sempre schierato a difesa dello status quo. Eppure ce la fa, ogni mossa funziona alla perfezione: la figura del mito si compone quasi naturalmente perché sullo sfondo c’è sempre il Grande Disegno, che tratto dopo tratto diventa realtà: ed è quello che conta e che rimane, tutto il resto è accessorio e funzionale. Il mito del fondatore, d’altra parte, ha spesso una conclusione tragica e fatale, un epilogo di morte. Quasi sempre, purtroppo anche nella realtà, il fondatore si immola per la sua opera. Il mito di Mattei rispetta anche quest’ultimo, definitivo canone: trova questa conclusione fatale nel cielo di Bescapè. È l’epilogo di morte e di mistero, un mistero che, nonostante le molte inchieste e le troppe ipotesi, per qualcuno ancora avvolge quella vicenda. Il mito del Fondatore viene così completato e diventa incancellabile. Può sembrare un paradosso, ma la forza evocativa della figura di Mattei è molto più viva e persino più “mitica” in chi lo ha personalmente conosciuto, in chi ha lavorato con lui e con lui concretamente ha avuto a che fare, al suo tempo, anche solo nella proiezione della sua immagine. Anzi, lavorando alla sua biografia, ho talvolta perfino percepito la vaga sensazione come di un certo sottile senso di fastidio e di imbarazzo, all’interno di Eni, per questa figura, oggi centenaria, tanto ingombrante e indubbiamente problematica. È un po’ – ho utilizzato altre volte questa immagine – come quando in certe famiglie di un tempo si parlava del nonno garibaldino: qualcuno sbuffava annoiato, qualcun altro alzava rassegnato gli occhi al cielo, ma nessuno si sognava di rimuovere la foto del nonno dal comò. Giacché il mito ha anche questa caratteristica: quando è ben interiorizzato, si può perfino trascurarlo, fingere – solo fingere, però – di dimenticarlo, di accantonarlo, di rimuoverlo. Ma il mito resta. Ora, a cento anni dalla nascita di Enrico Mattei, forse è finalmente arrivato il momento di elaborare un rapporto più maturo, equilibrato e sereno con la figura Fondatore. Il che non esclude la conservazione del mito, che certamente può sopravvivere anche in presenza di un atteggiamento positivamente critico. Qualcosa di simile, insomma, al rapporto col padre, che tale resta nonostante se ne scoprano (o se ne immaginino) i difetti. Un rapporto che può attraversare anche fasi conflittuali e contestative ma al quale non si disconosce mai, non si può disconoscere il ruolo primario. Un rapporto che diventa più facile da elaborare man mano che il tempo toglie spazio alle emozioni per consegnarlo alla ragione. CARLO MARIA LOMARTIRE, giornalista, vicedirettore di “VideoNews”, è autore del libro Mattei. Storia dell'italiano che sfidò i signori del petrolio (Mondadori editore). 40 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Bescapè (Pavia): 27 ottobre 1962. Enrico Mattei muore in un incidente aereo all’età di 56 anni. Da nove anni era alla guida di Eni.
Bescapè (near Pavia): October 27, 1962. Enrico Mattei died in an airplane accident at the age of 56. He had been nine years at the helm of Eni.
his time together with the most innovative and enterprising component in Italian politics. But he is in effect fighting against huge economic and political forces and against a communications machine that is compact and that, as always, is on the side of the status quo. And yet he does it, every moves works to perfection: the figure of the legend is built naturally because it has the Grand Plan at its base, which bit by bit becomes reality. This is what matters and what remains. All the rest is merely functional and incidental. The legend of the founder often has a tragic and fatal end, an epilogue of death. Almost always, unhappily, in real life as well, the founder is sacrificed for his work. The legend of Mattei follows this last, definitive canon: his fatal end is met in the sky of Bescapè. It is an epilogue of death and of mystery – a mystery that, despite numerous investigations and too many theories, continues to envelop that incident. The legend of the Founder thereby becomes complete and indelible. It may seem paradoxical, but the strength evoked from the figure of Mattei is much more alive and even more “mythical” in those who knew him personally, in those who worked with him and had dealings with him, even in the mere projection of his image. While working on his biography, I sometimes perceived a slight sense of annoyance and embarrassment within Eni for this figure, who today would have been 100, so cumbersome and undoubtedly problematic. It’s a bit like – I’ve used this image other times – in certain families of the past one used to speak of a grandfather who fought alongside Garibaldi: someone would grumble boredly, someone else would roll their eyes to the sky, but no one dreamed of removing the photo of Grandfather from the chest of drawers. A myth has this characteristic: when it has been internalized, one can even ignore it, pretend – but only pretend – to forget it, to put it away, to remove it. But the myth stays on. Now, one hundred years from the birth of Enrico Mattei, perhaps the time has finally arrived to develop a more mature relationship, more serene and balanced, with the Founder image. This does not exclude the conservation of the myth, which certainly can survive also in the presence of a positive critical attitude, something similar to the relationship with one’s father, which keeps on being Father even once we discover (or imagine) his defects. This is a relationship that can pass through conflicting and critical phases but to which we never deny nor can deny the primary role. This is a relationship which becomes easier to work out once time has taken room away from emotions to make way for reason. CARLO MARIA LOMARTIRE, journalist, deputy editor of “VideoNews”, is the author of Mattei. Storia dell'italiano che sfidò i signori del petrolio (Mattei, the History of the Italian who challenged the Lords of Oil) (Mondadori editore). ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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FRONTIERE IL
ENI-MATTEI RIMANE TUTTORA INDELEBILE. PERCHÉ LA MISSIONE DI DESTINO DELL’UNO È LA STESSA DELL’ALTRO. LA PARABOLA DELL’UOMO È LA STORIA DI BINOMIO
SVILUPPO E DI CRESCITA INTERNAZIONALE DI
ENI.
IL DOVERE E IL BISOGNO DELLA MEMORIA
D
di
ALBERTO CLÔ
i Enrico Mattei molto si è scritto e dibattuto in passato. Di lui oggi poco si parla e si sa. Se ne scrisse da fronti nettamente contrapposti: in modo talora agiografico – sino a sfiorarne la mitologia: un David senza armi contro agguerriti Golia del petrolio – più di sovente in modo denigratorio, quale simbolo negativo della politica italiana, del capitalismo di Stato, di quella nuova classe di potenti che Eugenio Scalfari, che di Mattei pure aveva stima, avrebbe poi bollato come ‘boiardi di stato’. Termine che diverrà “epiteto” ingiurioso per l’intera classe dirigente pubblica che pure molto ha contribuito a fare grande l’Italia industriale del dopoguerra. Delle due raffigurazioni che sono state date, è la seconda, quella negativa, che ha preso ad attecchire e che tende a riaffiorare. Il Mattei, quindi, corruttore della vita politica italiana, antesignano del malaffare nell’industria pubblica, sintomo e simbolo della debolezza dello stato. Un qualcosa che sarebbe meglio dimenticare e non avesse a ripetersi, come scrisse qualche ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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anno fa un senatore della Repubblica: indispettito del fatto che managers di imprese pubbliche continuassero a conseguire buoni risultati, col “rischio” che ciò allentasse la via della loro privatizzazione. Di Enrico Mattei imprenditore poco o nulla si è detto dopo la sua morte. Un silenzio insieme paradossale e imbarazzante. Paradossale: perché è sul terreno dei risultati che egli avrebbe dovuto essere prima di tutto giudicato. Non solo quelli che seppe conseguire in vita, ma ancor più quelli che la sua azione avrebbe consentito di raggiungere nel tempo. Imbarazzante: perché se quel bilancio fosse stato stilato, Enrico Mattei ne sarebbe uscito a testa alta. I fatti – e non è retorico dire la storia – gli hanno dato ragione, mentre hanno sconfessato chi in vita pregiudizialmente lo attaccò con inusitata asprezza, acrimonia, acidità per le sue scelte imprenditoriali. Scelte innovative che il corso degli eventi nell’industria petrolifera e soprattutto in quella metanifera avrebbe dimostrato di straordinaria lungimiranza e di geniale intuizione. I suoi veri nemici non furono, a ben vedere, i Golia del petrolio: le famose “sette sorelle” che pure “combatté” tutta una vita. No. I suoi più accaniti nemici li ebbe in casa: a iniziare da quei ‘Catoni’ – come Mattei apostrofò il suo più acerrimo nemico: Indro Montanelli – che dalle pagine dei quotidiani lo attaccarono, denigrarono, offesero; sostenendo in modo spudoratamente fazioso le ragioni delle ‘sette sorelle’ e dell’amministrazione americana che le proteggeva. Più di quanto essi facessero. In cinque feroci articoli apparsi sul Corriere nel luglio del 1962, tre mesi prima della morte, Montanelli dette a Enrico Mattei dell’incapace, per aver investito nello sfruttamento del metano in Italia, che a suo dire, si sarebbe “esaurito di lì a poco”; dell’imbroglione, per aver avviato una stagione di collaborazione paritaria con i paesi produttori di petrolio del Medio Oriente; del ‘traditorello e truffatore da strapazzo’ per aver venduto ai russi nostri manufatti in cambio di petrolio, rompendo la solidarietà con le potenze anglo-americane. A quelle accuse la storia ha dato una risposta inequivocabile, ma nessuno si è preso la briga di ammetterlo. La conclusione è che il primo presidente dell’Eni è stato ed è tuttora un personaggio scomodo. Da morto non meno che da vivo. Parlarne è però doveroso. Primo: per lo straordinario interesse e attualità che la sua vicenda – il suo ‘caso’ – comunque riveste. Secondo: per contribuire a ristabilire la verità delle cose. Mattei nasce ad Acqualagna, nelle Marche, il 29 aprile 1906 da una modesta, ma non poverissima famiglia. Suo padre, maresciallo dei carabinieri, ebbe un momento di notorietà per aver contribuito alla cattura del famoso brigante Musolino. Con poca voglia di studiare, comincia a lavorare a 14 anni come garzone e poi operaio in una conceria sino a divenirne 44 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
In apertura di articolo, Mattei con Alcide De Gasperi (a sinistra) ed Ezio Vanoni (a destra) nel 1950 a Cortemaggiore, luogo del primo ritrovamento petrolifero italiano avvenuto nel 1949.
Top, Mattei alongside Alcide De Gasperi (left) and Ezio Vanoni (right) in 1950 at Cortemaggiore, site of Italy’s first oil discovery in 1949.
M
by
ALBERTO CLÔ
uch has been said and written about Enrico Mattei in the past. Nowadays, little is said and little is known about him. He was written about from neatly opposed positions: sometime in an idealizing way – even verging on mythology: an unarmed David facing the embattled Goliaths of petroleum – most of the times in a disparaging manner, as the negative symbol of Italian politics, of State capitalism, of that new class of powerful that Eugenio Scalfari, who still held Mattei in esteem, later branded as “State barons”. This expression was bound to become a term of abuse for the whole national ruling class which still did a great deal to make post-war industrial Italy great. The latter of these two depictions, the negative one, started taking root and tends to crop up again. That is, Mattei as a corruptor of Italian politics, pioneer of shady deals in the State industry, symbol and symptom of the state’s weakness. Something we’d better forget about and that hopefully won’t crop up again, as an Italian senator wrote a few years back, annoyed by the fact that State-controlled company managers kept on achieving good results, thus raising the “risk” of slowing down the privatisation process. Hardly anything was said about Enrico Mattei as an entrepreneur after his death. A paradoxical as well as embarrassing silence. Paradoxical because he should have been judged above all on the grounds of the results achieved. Not only the ones he could achieve in his lifetime, but even more the ones that his policy might have achieved over time. Embarrassing because had that balance been drawn up, Enrico Mattei would have come out holding his head high. Facts – and it’s no rhetoric to say history – have proved him right, and proved wrong those who in a biased way attacked him in
THE ENI-MATTEI
COMBINATION HAS LEFT AN INDELIBLE
ENI’S HISTORY BECAUSE BOTH SHARED A COMMON GOAL. MATTEI’S PATH IS PART AND PARCEL OF ENI’S INTERNATIONAL GROWTH AND DEVELOPMENT. MARK ON
THE DUTY OF MEMORY AND THE NEED FOR IT FRONTIERS ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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direttore generale. Nel 1929 parte per Milano, crea una piccola impresa sempre nel campo delle concerie. Prende a frequentare i circoli del cattolicesimo lombardo dei Boldrini, Dossetti, Vanoni. Riprende a studiare di notte. È in quell’ambiente che maturerà i forti sentimenti di giustizia sociale e di rivalsa personale e nazionale che animeranno la sua azione. Poi la guerra. Nel 1943 torna nelle Marche per poi entrare nelle formazioni partigiane cattoliche del Nord, dove assume funzioni di comando. Nell’ottobre del 1944 è fatto prigioniero. Riesce a fuggire dopo 40 giorni in modo rocambolesco: causando un blackout elettrico e calandosi dalla finestra. Nel 1945 è nominato Commissario dell’Agip per l’Alta Italia con lo specifico compito di liquidarla. L’Agip – vale ricordare – era stata costituita nel 1926 come conseguenza (e non causa) del totale disinteresse che i privati avevano dimostrato nei fatti verso l’attività mineraria, nonostante i generosissimi sussidi pubblici loro erogati con apposita legge del 1911. Sussidi – una costante “anomalia” nella storia dell’industria energetica italiana – che si spingevano sino alla fornitura gratuita dei macchinari per chi avesse intrapreso attività di prospezione e che Luigi Einaudi arriverà a chiosare come “trivellazioni nelle casse dello Stato”.
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1925, Enrico Mattei nella Conceria Fiore di Matelica, l’azienda più sviluppata della zona. La carriera di Mattei nella Conceria è rapida: entrato nel 1923 come garzone, diviene presto operaio poi aiutante chimico, e a soli venti anni, direttore di laboratorio.
1925, Enrico Mattei in the Fiore Tannery at Matelica, the best developed industry in the area. Mattei’s career in the tannery moved fast: he joined as an apprentice, soon moved on to worker, then to chemical assistant and when he was just 20, to laboratory head.
life with unusual harshness, acrimony and bitterness for his entrepreneurial choices. They were innovative choices which the course of events in the oil industry and above all in the natural gas industry have proved to be the fruit of exceptional far-sightedness and bright intuition. As a matter of fact, his real enemies were not the oil giants, the so-called “seven sisters”, which he fought against throughout his life. No. His worst enemies were right at home, starting from those ‘Catos’ – as Mattei called his archenemy: Indro Montanelli – who attacked, disparaged and insulted him from the front pages of newspapers, supporting in a blatantly onesided manner the cause of the seven sisters and the US administration that protected them. And doing it more fiercely than the latter did. In five ferocious articles published in the Corriere in July 1962 – three months before his death – Montanelli called Mattei incompetent for having invested on natural gas development in Italy, as, he maintained, natural gas would “soon run out”; he called him a swindler for starting cooperating on equal terms with Middle East oil-producing countries; he called him a petty traitor and mean fraudster for selling the Russians Italian industrial products in exchange for oil, thus breaking the solidarity with the Anglo-American powers. History has given an unmistakable reply to those accusations, but nobody bothered admitting it. The conclusion is that Eni’s first chairman was, and still is, an uncomfortable figure. No less so after his death than when he was alive. But it is right to talk about him. Firstly, because his story – his “case” – is extremely interesting also today. Secondly, in order to help restore the truth. Mattei was born in Acqualagna, in the Marches region, on 29 April 1906, from a modest, but not very poor, family. His father, a warrant officer of the Carabinieri, had a fleeting moment of fame for having helped capture Musolino, a notorious bandit. Mattei didn’t like to study, so he started working, at 14, first as an apprentice, then as a worker in a tannery and going on until he became the general manager. In 1929 he left for Milan and put up a small tanning enterprise. He started attending Lombard Catholic clubs of Boldrini, Dossetti, Vanoni. He took up studying again, at night. That’s the environment in which he developed a strong feeling for social justice and personal and national redemption, which were to drive his actions. Then came the war. In 1943 he went back to the Marches and later joined the Catholic Partisan Troops in Northern Italy, where he took on a role of command. He was captured in October 1944 and managed to escape 40 days later, in a daring way, causing a power blackout and climbing down a window. In 1945 he was appointed Agip Commissioner for northern Italy, and given the specific task to wind it up. It is worthwhile stressing that Agip was established in 1926 as a consequence ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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(not the cause) of a total lack of interest private groups had shown for the mining industry, as proved by hard facts, despite the very generous public funds allocated to them under a 1911 law. These subsidies – a constant ‘anomaly’ in the history of Italy’s energy industry – sometimes went as far as supplying the machinery, free-of-charge, to whoever took on prospecting activities. Luigi Einaudi even called them “drilling into the state coffers”. Between 1910 and 1925, hydrocarbon policy in Italy was clearly liberal-minded: so much so that it was written into a 1921 law (R. D. L. n. 1605, art. 7) that “the State should never and in no way manage” mining research. Nonetheless, that liberal directive was to no avail, as the government admitted in its report to the Chamber for the conversion into law of decree n. 677 of 4 May 1924: “No financial bodies – the report said – have turned up willing to venture into such research and it is highly improbable they will, because here, capital carefully picks the path of safe investment. In fact, in the oil industry, the good Italian companies preferred to undertake praiseworthy efforts abroad, where research is much less uncertain […]. Unfortunately, the great programmes didn’t go beyond the newspaper article”. Mattei did not abide by the order of winding up Agip. He enhanced, with the few resources available, mining activities, especially in the Po valley. The number of drilled wells almost doubled and the aggregate number of meters drilled was 20 times higher. The number of wells completed rose from 6 in 1945 to 95 in 1953 and to some 260 in the early 90s. That ‘disobedience’ led to the first major discoveries of natural gas (rather than oil) at Caviaga in 1944 and especially at Cortemaggiore in 1949. Hydrocarbon reserves soared from very marginal levels to 300 million of barrels of oil equivalent in 1953, to a peak of 2,000 million in the late 80s. The first appreciable results – despite not meeting expectations, but still considerable for a poor country such as Italy was then – triggered the interest of private groups again. All of a sudden, as from 1945, the public administration started receiving “hundreds of requests for oil permits in the Po valley” by private companies which hadn’t dared start anything before, not even with public funds. That’s when the denunciations against Mattei’s started showing up along with the harsh opposition, especially by archenemies such as Montecatini and Edison, to any sort of idea regarding the consolidation of State activities in the exploitation of the promising hydrocarbon resources, and especially to granting Eni exclusive rights in the Po valley, which was exactly what Mattei had planned. The establishment of Eni, with charter law n. 136 of 10 February 1953, after 18 months of harsh debates in parliament, marked his great political victory. His strategic plan was to equip the country with a strong “national” company, to ease the endemic scarcity, vulnerability and high costs of the energy sources it needed; to bridge the chronic technological gap Italy had developed also in this industry; to make up for the inaction of private groups. In short, to start bridging the gap with the more advanced industrial countries, which were staking their future development on the availability of oil. In his opinion, that goal was an absolute must if Italy was to pursue solid economic growth, politically not subject to external interests. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Tra il 1910 e il 1925 la politica degli idrocarburi in Italia fu orientata in senso nettamente liberista, tanto che in un testo di legge del 1921 (R. D. L. n. 1605, art. 7) si arrivò a stabilire che dalla ricerca mineraria avrebbe dovuto essere “esclusa sempre ogni e qualsiasi conduzione da parte dello Stato”. A nulla però valse quell’orientamento liberista, come avrebbe ammesso il governo nella relazione alla Camera per la conversione in legge del D. L. 4 maggio 1924, n. 677. “Organismi finanziari – vi si poteva leggere – disposti a correre l’alea di queste ricerche non si sono costituiti, ed è ben difficile si possano costituire, perché da noi il capitale sceglie giudiziosamente la via dell’impiego sicuro. Tanto è vero che nel campo del petrolio le buone società italiane hanno preferito prendere lodevoli iniziative all’estero, dove le ricerche si presentano molto meno aleatorie […]. Purtroppo i grandi programmi non sono andati oltre l’articolo del giornale”. Mattei disattende, come è noto, la consegna di liquidare l’Agip. Intensifica, anzi, nei limiti delle poche risorse disponibili, gli sforzi nella ricerca mineraria specie in Val Padana. I pozzi perforati vengono quasi raddoppiati, con un aumento di oltre 20 volte dei metri perforati. Quelli ultimati passano dai 6 del 1945 ai 95 del 1953 ai circa 260 dei primi anni Novanta. Quella “disobbedienza” porterà ai primi importanti ritrovamenti di gas metano (più che di petrolio) nel 1944 a Caviaga e soprattutto nel 1949 a Cortemaggiore. Le riserve di idrocarburi da livelli del tutto marginali raggiungono i 300 milioni di barili petrolio equivalente nel 1953 sino al massimo di 2.000 milioni alla fine degli anni Ottanta. I primi confortanti risultati – pur se inferiori alle aspettative ma pur sempre di grande rilievo per un paese povero come era l’Italia di allora – riaccenderanno l’interesse dei privati. D’incanto, a partire dal 1945, l’amministrazione statale riceve “centinaia di domande per concessioni petrolifere nella pianura padana” da imprese private che prima nulla avevano osato anche coi soldi dello stato. Da lì, muovono le grida contro Mattei e l’acerrima opposizione – specie da parte degli “storici avversari” Montecatini ed Edison – verso ogni idea di consolidamento dell’iniziativa pubblica nello sfruttamento delle promettenti risorse di idrocarburi. Ancor più verso il riconoscimento all’Eni di ogni esclusiva in Val Padana. Esattamente il disegno di Mattei. La costituzione dell’Eni, con la legge istitutiva n. 136 del 10 febbraio 1953, dopo 18 mesi di durissimo scontro parlamentare, segna la sua grande vittoria politica. Il suo disegno strategico era di dotare il nostro paese di una robusta impresa “nazionale” che consentisse di attenuarne l’endemica scarsità, vulnerabilità, onerosità delle fonti di energia di cui abbisognava; di superare il cronico ritardo tecnologico che anche qui avevamo accumulato; di rimediare alla latitanza dell’industria privata. In sintesi: di ridurre la distanza che ci separava dagli altri paesi industrialmente più avanzati che sulla disponibilità di petrolio andavano costruendo il loro futuro di sviluppo. Un obiettivo, a suo avviso, pregiudiziale a ogni possibilità per l’Italia di intraprendere un percorso di crescita economicamente solido e politicamente non subalterno a interessi esterni. Da lì si rafforza la sua straordinaria e insieme tragica avventura. Parlando di sé con Eugenio Scalfari nel 1957 – è riportato nella prefazione alla sceneggiatura del “Caso Mattei” – ebbe a dire: “Io sono come Francis Drake: un corsaro al servizio del mio paese. M’hanno dato un compito che è quello di conquistare all’Italia un posto nella industria del petrolio. Avete idea di quali problemi comporti un incarico di questo genere? Che tipo di avversari? Quali sproporzione di forze? Quale intreccio di interessi economici, politici, militari? Chi tocca il petrolio fa politica. Che lo voglia o no. Da 50 anni le compagnie governano gli stati e gli sceiccati dell’Arabia e del Golfo Persico preparano i colpi di stato, pagano le favorite o le tribù ribelli. Fanno di tutto”. E ancora “Che dovrei fare? Andare tutti i giorni alla Farnesina per farmi dire se posso pestare un callo al presidente della Standard Oil o se devo cedergli il posto a tavola? 50 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
That’s when his extraordinary and tragic adventure took off. Talking about himself to Eugenio Scalfari in 1957 – this is taken from the preface to the screenplay of “The Mattei Affair” – he said: “I am like Francis Drake: a pirate serving my country. I was given the task of conquering a place in the oil industry for Italy. Do you have any idea of the problems such a duty entails? What type of opponents I must face? What disparity of strength? What tangle of economic, political and military interests is involved? Whoever is into oil, is into politics, whether he likes it or not. Oil companies have been governing the states and sheikhdoms of Arabia and of the Persian Gulf for 50 years, they have set up coups, paid the favourites or the rebel tribes. They do all sorts of things. What should I do? Go every day to the Foreign Affairs Ministry and ask if I may step on the toe of Standard Oil’s president or if I should offer him my seat at the table? That’s not what I’ve been asked to do. I was asked to free Italy from the chains of oil slavery. I’m the one who chooses how to. Once I’m done, I can be judged. That’s when someone will decide whether I should be punished or rewarded. But until that moment comes, I must be allowed to follow my methods”. Mattei was not an unarmed prophet, nor a Don Quixote. He was a man armed with brilliant intuitions, a strong determination and a great courage. A man who fought a battle against the powers of his era, becoming on his turn powerful, too, using some of their same methods, which could be approved of or not. His entrepreneurial intuitions turned out to be just as farsighted as his political ones. Two of them are really worth dwelling on, because of their historical importance and their extraordinary current interest. The first is the gas strategy: staking on its exploitation, transport, widespread use in the industry and homes. A strategy which the large oil companies used to loathe and almost make fun about in those times. They preferred to burn it in the atmosphere, or walk away from the fields where they found it, because it was too expensive. Spending money this way was, in their opinion, a real waste: something only State utilities could “afford to do”. Half a century later, everyone considers natural gas the “energy source of the future”, with most of the advanced countries reconverting their energy balances towards it. A resource which has grown more precious, and that is more sought for on the markets, despite it is costly and difficult to locate, transport and procure. If Enrico Mattei hadn’t fought – alone against everyone – to exploit the gas fields he discovered in Italy, to build a close-knit network of gas pipelines to distribute it to enterprises and households, setting up a chemical industry downstream to make gas into fertilisers and other by-products; thinking up and starting importation projects from very remote areas (Algeria, the Netherlands and Russia), today Italy would literally be outside the gas industry, or could at the very best have a very marginal share of it. The fact that Eni should paradoxically and ironically charged with all of that – being accused of holding a “domineering position” in the market, which is the very result of the other groups’ reluctance in investing on it – is the most significant symptom of the lack of historical memory and the lack of knowledge we have in Italy when it comes to energy issues (both near and far). It is worthwhile recalling the “anti-monopolistic goals” historically achieved by Eni with its actions against oil, fertilisers and gas cartels, as Giuliano Amato has acknowledged, or the fact that “had the Po Valley natural gas been entrusted to private groups – as Paul Frankel wrote, who surely didn’t oppose large oil companies – it would have been more costly, and not cheaper for consumers”. In the energy industry, particularly in the gas one, it is absolutely impossible to understand the ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Non è questo che mi hanno chiesto. Mi hanno chiesto di svincolare l’Italia dalla servitù del petrolio. I mezzi per raggiungere il risultato li scelgo io. Loro possono giudicarmi, alla fine, e stabilire se merito d’essere punito o premiato. Ma adesso mi debbono lasciare lavorare a modo mio”. Mattei non è stato né un profeta disarmato né un Don Chisciotte. È stato un uomo armato di geniali intuizioni, di una forte determinazione a fare, di un grande coraggio. Un uomo che ha combattuto una battaglia contro i potenti di allora, divenendo egli stesso potente, usando dei loro stessi mezzi: condivisibili o meno. Le sue intuizioni imprenditoriali si sono dimostrate lungimiranti non meno di quelle politiche. Di due merita, in particolare, trattare: per l’importanza storica che ebbero e per la loro straordinaria attualità e modernità. La prima è la strategia del metano: puntare al suo sfruttamento, trasporto, impiego estensivo nell’industria e nelle case. Una strategia che allora le grandi compagnie petrolifere esecravano e quasi deridevano, preferendo bruciarlo in atmosfera o abbandonare i campi in cui lo si ritrovava, perché troppo costoso. Spendere i soldi in tal modo significava, a loro dire, gettarli al vento: quel che solo un’impresa pubblica poteva “permettersi di fare”. A distanza di mezzo secolo il metano è oggi da tutti ritenuto la “fonte energetica del futuro” verso cui si vanno riconvertendo i bilanci energetici della più parte dei paesi avanzati. Una risorsa divenuta vieppiù preziosa e contesa sui mercati internazionali, pur se difficoltosa e costosa da scoprire, trasportare, acquisire. Se Enrico Mattei non si fosse battuto – contro tutti – per poter sfruttare i giacimenti di metano che aveva ritrovato in Italia; costruire in modo capillare reti di metanodotti per distribuirlo a imprese e famiglie; costruirvi a valle un’industria chimica per trasformarlo in fertilizzanti ed altri derivati; disegnare e avviare progetti di importazione a grandissime distanze (Algeria, Olanda, Russia), oggi l’Italia sarebbe letteralmente fuori dall’industria del metano o ne disporrebbe in misura marginale. Che di tutto ciò si faccia oggi addebito, paradossalmente e ironicamente, proprio a Eni – imputandole una “posizione dominante” sul mercato che è esattamente la risultante dell’altrui disinteresse a investirvi – è il più significativo sintomo della scarsa memoria storica e della nulla conoscenza che si ha delle vicende energetiche (lontane e vicine) del nostro paese. È allora utile rammentare le “finalità antimonopolistiche” che Eni ha storicamente assolto contro i cartelli del petrolio, dei fertilizzanti, del metano, come ebbe a riconoscere Giuliano Amato, o il fatto che “se il metano della Val Padana fosse stato affidato all’iniziativa privata – come scrisse Paul Frankel, certo non avverso alle grandi compagnie petrolifere – sarebbe stato più costoso e non più economico per il consumatore”. Nell’industria energetica, e in quella metanifera in particolare, se non si risale al passato, se non se ne ricostruiscono puntualmente le vicende, se non si ha conto dei vincoli economici che condizionano le decisioni imprenditoriali – si pensi solo agli oggi osteggiati contratti di lungo ter52 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Anni Cinquanta, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi visita uno stabilimento accompagnato da Enrico Mattei. The Fifties, Italian President Luigi Einaudi accompanied by Enrico Mattei while visiting a plant.
present and even more, to plan the future if we don’t go back to the past, painstakingly reconstructing what happened, if we aren’t aware of the economic bonds that affect entrepreneurial choices – just think about the long-term contracts between exporters and importers, which are met with great hostility today, though without them there would be no natural gas trade today. But perhaps, asking people for this is too much. A few data allow to comprehend, much better than words, the extraordinary results that Mattei’s actions allowed to achieve. In 1945, when he was appointed Agip Commissioner, Italy produced barely 42 mln cubic metres of natural gas: 12 mln by companies which were to be absorbed by Eni, 30 mln by private companied. In 1953, when Eni was established, production soared to 2.3 bln cubic metres, 2 bln by Eni, 0.3 bln by other companies (which had invested nothing in exploration, focusing just on already developed fields). In the mid 90s, production reached its peak, about 20.5 bln cubic metres (19 bln by Eni, 1.5 bln by other companies). As for the national network of gas pipelines built by Eni, it grew from 800 km in 1949 to 3,000 km in 1953, to over 30,000 km in the early years of the new millennium. Consumption rose from 42 mln cubic metres in 1945 to 2 bln in 1953, to 85 bln in 2005, with imports accounting for a steadily expanding percentage (they account now for 85%), thanks to the extraordinary and technologically advanced transport infrastructures built abroad by Eni, and to the
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mine tra esportatori e importatori, in assenza dei quali non vi sarebbe oggi alcun commercio di gas metano – ebbene, in assenza di tali conoscenze è impossibile capire il presente e ancor più disegnare il futuro. Ma forse è chiedere troppo. Pochi dati rendono conto, meglio di ogni parola, dei risultati straordinari che l’azione di Mattei ha consentito di ottenere. Nel 1945, anno in cui è nominato Commissario dell’Agip, si producono in Italia appena 42 milioni di metri cubi di metano: 12 da società che poi confluiranno in Eni, 30 da società private. Nel 1953, anno di costituzione dell’Eni, la produzione raggiunge i 2,3 miliardi: 2 di produzione Eni, 0,3 di altre imprese (che nulla avevano investito in esplorazione, spremendo solo i campi sviluppati). Alla metà degli anni Novanta, la produzione raggiunge il suo apice intorno ai 20,5 miliardi di metri cubi: 19 circa di pertinenza Eni, 1,5 di altri operatori. Parallelamente, la rete nazionale di metanodotti realizzata da Eni balza dagli 800 chilometri del 1949 ai 3.000 chilometri del 1953 e agli oltre 30.000 dei primi anni Duemila. Quanto ai consumi, passano dai 42 milioni di metri cubi del 1945 ai 2 miliardi del 1953, fino agli 85 del 2005: con un contributo delle importazioni in progressiva crescita (oggi pari all’85%) grazie alle straordinarie e tecnologicamente avanzate infrastrutture di trasporto realizzate all’estero da Eni e ai contratti di importazioni a lungo termine vantaggiosamente sottoscritti sin dagli anni Sessanta. La storia del metano in Italia è la storia Eni. Una storia di assoluta avanguardia e di successo mondiale, da tutti invidiata, da noi oggi paradossalmente esecrata. Una storia, vale ribadire, che avrebbe potuto svolgersi secondo un diverso copione se solo l’iniziativa privata avesse osato recitarvi una parte: giacché nulla e nessuna norma lo impediva (tranne in Val Padana). Quel che tuttavia non è mai accaduto: né nel mezzo secolo che seguì la nascita di Eni né, venendo ai nostri giorni, a seguito della “liberalizzazione” metanifera. Salvo qualche pur lodevole eccezione, “i grandi programmi non sono andati oltre l’articolo del giornale” – esattamente come lamentava nel 1924 la citata relazione del governo – e come testimoniano le decine e decine di faraonici progetti di importazione del metano annunciati ma mai puntualmente realizzati. Nel libro Petrolio e Potere, riportando l’opinione di un rappresentante di interessi americani sulla situazione italiana, scrive Paul Frankel “l’iniziativa privata si sarebbe avvantaggiata qualora l’Eni avesse prosperato nel suo ruolo di impresa pubblica, in una economia per tutti gli aspetti concorrenziale” [ed. it., 1970, pag. 110]. Ieri come oggi. L’altra grande intuizione di Enrico Mattei è la strategia, industriale e politica insieme, che avvia con i paesi produttori. Strategia che ha rivoluzionato il mondo del petrolio: consolidando quell’ineludibile processo di loro affrancamento dalle potenze coloniali e dalle grandi compagnie petrolifere, che ne erano espressione e strumento, che sarebbe andato a pieno compimento con le due grandi Crisi degli anni Settanta. L’attualità di quel disegno non sta tanto nel fatto che le intese che Mattei delineò – e che Montanelli apostrofò come “imbrogli” – sarebbero divenute termine di riferimento delle nuove 54 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
advantageous long-term importation contracts signed by Eni as early as the 1960s. The history of natural gas in Italy is Eni’s history. A history of absolute avant-garde and a success that is envied worldwide but is paradoxically met with execration in Italy today. Once again, it is worthwhile stressing that such a history could have evolved differently had the private initiative dared participate, since nothing and nobody prevented private groups from joining in (except in the Po Valley). That’s something that actually never happened, neither in the past half century, following the institution of Eni, nor in the present day, following the ‘gas industry deregulation’. There are only a few praiseworthy exceptions; “the great programmes didn’t go beyond the newspaper article” – exactly as the government report complained back in 1924 – and as the dozens of pre-announced but never fulfilled gas importation mega projects prove. In his book Oil and Power, Paul Frankel reported the opinion of a US interest bearer on the Italian situation: “the private initiative would have enjoyed a benefit if Eni had prospered as a public utility, in a truly competitive economy”, [ed. it., 1970, pg. 110]. That goes for the present day too. Mattei’s other great intuition was the political as well as industrial strategy he took up with the producing countries. This strategy revolutionised the oil industry, by enhancing that inescapable process of such countries breaking off colonial powers and the oil giants that
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relazioni contrattuali con i paesi produttori, soppiantando l’“odiato” strumento delle concessioni, ma soprattutto nel fatto che dalla difficile crisi che oggi attraversa i mercati del petrolio e del metano se ne esce solo rilanciando su basi nuove la cooperazione tra paesi produttori e paesi consumatori. Attualizzando, in altri termini, il disegno strategico che fu di Enrico Mattei. La condizione prima per uscire dall’attuale crisi è che si creino le premesse politiche per un ritorno dei capitali, delle tecnologie, delle imprese occidentali nei paesi produttori, specie del Medio Oriente, ove sta localizzata la più parte delle riserve mondiali di petrolio, data l’assoluta necessità del mondo intero di disporne in misura vieppiù crescente visto l’enorme aumento della domanda attesa nei prossimi due decenni (da 85 ad oltre 110 milioni di barili al giorno). Sviluppo economico e stabilità politica di quelle aree sono le condizioni imprescindibili per questo ritorno delle imprese occidentali e, insieme, sono la principale garanzia contro l’oil terrorism che minaccia la sicurezza energetica del mondo intero. Mai come in questo momento le esigenze della cooperazione, della stabilità, della pace si imporrebbero come necessarie. Ma mai come adesso paiono lontane dal potersi dire soddisfatte. “Pensando in particolare al Medio Oriente – sono parole di Mattei in un bellissimo discorso che tenne a Roma nel 1959 davanti a una platea di diplomatici – io credo che un piano multilaterale, liberamente negoziato e amministrato in comune, che armonizzasse le posizioni delle diverse parti interessate […] rappresenterebbe il modo migliore di perseguire gli interessi generali, nel rispetto di legittimi interessi particolari”. Parole dette circa 50 anni fa, ma ancor oggi di una straordinaria attualità, acutezza, lungimiranza. Sono trascorsi 100 anni dalla nascita di Mattei, 44 anni dalla sua morte, 53 dalla fondazione dell’Eni. Quel che possiamo oggi affermare è che i ‘compiti’ che gli furono affidati sono stati pienamente raggiunti. Il contributo Eni allo sviluppo economico e industriale del nostro paese e alla nascita e crescita di una robusta industria energetica nazionale è stato di enorme e indiscutibile – anche se oggi messa in discussione – rilevanza. Partendo praticamente da zero; con impianti “tenuti insieme col filo di ferro”, come ebbe a dichiarare alcuni anni fa Egidio Egidi, simbolo e bandiera di quei tempi eroici; potendo far conto su scarse risorse minerarie interne e su esigue risorse finanziarie esterne; trovandosi a combattere contro monopoli e oligopoli di inusitata forza, Eni ha saputo assicurare al paese larghe, affidabili, convenienti disponibilità di petrolio e di metano. Lo ha fatto lungo un percorso di crescita che l’ha portato a divenire, all’inizio degli anni Duemila, la 6° impresa petrolifera del mondo, la 1° impresa italiana, la 49° nel mondo per capitalizzazione. Altre imprese, inizialmente ben più forti, sono uscite di scena: come è accaduto per tre delle “sette sorelle”. Rammentare oggi questi risultati è il minimo che si possa fare per ristabilire la verità delle cose e per prestare il giusto tributo a un grande italiano. Nella citata conversazione con Scalfari, Mattei chiedeva ai suoi avversari di “giudicarmi alla fine e stabilire se merito d’essere punito o premiato”. Nella ricorrenza della sua nascita sarebbe doveroso che il nostro paese lo premiasse. Nell’unico e miglior modo possibile: riconoscendo appieno i suoi meriti e i risultati che la sua azione ha consentito di raggiungere nell’interesse del paese. Un riconoscimento tanto più doveroso nel momento in cui a Eni si addebita la colpa d’aver fatto esattamente ciò che gli era stato richiesto di fare e nel momento in cui Eni si trova, esattamente come mezzo secolo fa, a doversi confrontare con agguerriti monopoli esteri e, ancor più, con molti avversari interni. ALBERTO CLÔ, docente di economia industriale all’Università di Bologna, è consigliere d’amministrazione Eni e presidente dell'Osservatorio petrolifero internazionale Eni. 56 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
represented them: this came about with the two great Crises of the 70s. The topicality of that policy isn’t to be seen much in the fact that the deals outlined by Mattei – that Montanelli shrugged off as ‘cheating’ – eventually became the term of reference in new contractual relations with producing countries, replacing the “hated” tool of permits, and above all in the fact that the toilsome crisis the oil and gas markets are living through today can be overcome only be giving new momentum to cooperation between producing and consuming countries. Namely, bringing up to date the strategy Enrico Mattei had devised. The foremost condition to overcome the current crisis is to lay the political foundations for a return of capital, technologies, western enterprises in producing countries, especially in the Middle East, where most of the world’s oil reserves are located. This is a must, considering the world’s absolute need to increase oil supply to meet demand expected to soar over the next two decades (from 85 to over 110 million barrels per day). Economic development and political stability in those areas are categorical conditions for a return of western companies; plus, they are the chief ‘warranty’ against the so-called oil terrorism, which threatens energy security worldwide. The need for cooperation, stability and peace has never been so indispensable, yet they have never been so remote as they are now. “Regarding the Middle East in particular – said Mattei in a beautiful speech he delivered in Rome in 1959 before an audience of diplomats – I reckon that a multilateral, freely negotiated and jointly managed plan, to dovetail the views of the parties involved […] is the best way to pursue general interests, whilst respecting legitimate particular interests”. A speech uttered about 50 years ago, yet still extremely topical, to-the-point and visionary. Mattei was born 100 years ago, he died 44 years ago, Eni was founded 53 years ago. What we can assert today is that the ‘tasks’ he was entrusted with have been entirely accomplished. Eni’s contribution to Italy’s industrial and economic development, and to the creation of a solid national energy industry has been huge and undeniable, even if it is currently being questioned. Starting almost from scratch, with installations “held together by iron wire”, as Egidio Egidi, symbol and emblem of that heroic era, said a few years back; counting only on meagre domestic mining resources and on meagre external financial ones; having to fight against uncommonly strong monopolies and oligopolies, Eni succeeded in giving the country a plentiful, reliable and economical supply of oil and gas. It did so following a path that allowed it to become, at the beginning of the new millennium, the world’s sixth largest oil company, Italy’s n. 1 company, and the 49th largest worldwide by market capitalisation. Other companies, which at first were much stronger, have disappeared: it happened to three of the “seven sisters”. Recalling these achievements today is the least we can do to speak the truth and ensure that a great Italian man be given the appropriate credit. In the aforementioned conversation with Scalfari, Mattei asked his rivals to “be judged once I’m done. That’s when you will decide whether I should be punished or rewarded”. On the centennial of his birth, Italy ought to reward him, in the only possible way: that of fully acknowledging his merits and the results his actions allowed to achieve, in the country’s interest. Such an acknowledgment is even more due now that Eni is being accused of having done exactly what it was asked to do; now that, just like half a century ago, Eni must face fierce foreign monopolies and, above all, many domestic adversaries. ALBERTO CLÔ teaches industrial economics at the University of Bologna, he is an Eni Board director and president of Eni’s International Oil Observatory. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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La grandezza di Mattei sta nell’aver compreso che lavorare nelle fonti energetiche vuol dire lavorare in un’impresa che ha una rilevanza strategica internazionale enorme. Capire questo ha significato trasferire a Eni una forza competitiva eccezionale. Mattei’s greatness lies in the fact that he understood that working with energy sources meant working in a business having huge and strategic international relevance. Thanks to this insight he infused Eni with remarkable competitive strength. 58 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
QUALITÀ AL
ENI L’ITALIA DEVE MOLTO DI PIÙ CHE LA CREAZIONE DI UN’INDUSTRIA ENERGETICA DI LIVELLO MONDIALE. PERCHÉ MATTEI HA ANTICIPATO E PROPIZIATO LA MODERNIZZAZIONE DI TUTTO IL PAESE. FONDATORE
CAMBI DI SCENA
A
di
GIULIO SAPELLI
Enrico Mattei l’Italia deve molto di più che la creazione di un’industria energetica di livello mondiale. E ciò è tanto più vero oggi, quando i sistemi economici, per la più profonda interdipendenza, sono radicalmente cambiati rispetto all’epoca in cui egli agiva. Con questo spirito interpretativo vorrei affrontare tre questioni, sempre tenendo come filigrana la figura di Mattei. La prima è il rapporto tra il fondatore e l’impresa, il che vuol dire capire sociologicamente la differenza tra imprenditore e impresa. Non sono la stessa cosa e la figura di Mattei ce lo dimostra molto bene, anche se l’una e l’altra insieme si tengono, ma è una unità di distinti. La seconda questione che vorrei affrontare è collocare la vicenda del nostro nella situazione delle oil companies e del mercato del greggio e delle fonti energetiche nel periodo in cui egli agisce e fonda l’Eni, quindi nell’immediato secondo dopoguerra. L’Eni ha la sua nascita istituzionale nel 1953, con la legge che la crea, ma è già attiva nell’immediato secondo dopoguerra grazie alla grande tradizione dell’Agip che era stata fondata nel 1926, pur avendo tutt’altre finalità e modelli organizzativi. Infine la terza questione, da cui noi non possiamo esimerci perché siamo protagonisti del nostro tempo. Essa è riassunta dal porci questa domanda: che cosa rimane dell’eredità di Enrico Mattei? Che è la domanda, in fondo, che si pongono poi tutte le donne e gli uomini che lavorano nei grandi gruppi industriali quando pensano ai fondatori, ai creatori di quelle grandi organizzazioni economiche. E questo è un interrogativo al quale bisogna rispondere guardando non tanto al presente ma al futuro, perché il presente è sempre l’anticipazione del ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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futuro: il presente non è che il legame tra il passato e il futuro e interrogarci su questo nesso ci aiuta a bene operare, con consapevolezza e umiltà.
IL RAPPORTO TRA IL FONDATORE E L’IMPRESA Veniamo al rapporto tra l’uomo Mattei e l’Eni. Esso è il rapporto tra l’imprenditore e l’impresa. La vicenda di Mattei è per molti versi straordinaria, perché Mattei nasce come piccolo imprenditore, è un piccolo imprenditore chimico. Con il fratello gestisce un’attività chimica, e questa attività viene sconvolta dalla bufera della seconda guerra mondiale. Mattei rompe con la tradizione dell’imprenditorialità italiana e presenta alcune caratteristiche dell’imprenditorialità internazionale, perché, come molti altri grandi capitani d’industria internazionali, nella sua giovinezza è profondamente animato dall’impegno civile. Infatti, Mattei non è soltanto uno dei protagonisti dell’economia mondiale perché fonda l’Eni: è uno dei protagonisti della storia d’Italia. Mattei è un dirigente della lotta partigiana in Italia, ossia della Lotta di Liberazione Nazionale contro gli occupanti tedeschi e i fascisti della Repubblica di Salò, loro alleati. E lo è operando nel cuore del sistema industriale italiano: a Milano e in Lombardia. Quest’ultima, del resto, si caratterizza, nella storia della Resistenza al nazismo e ai suoi alleati, i collaborazionisti fascisti, per il fatto che alcuni degli interpreti della vita economica italiana operano con determinazione nelle file della Resistenza. Basterà ricordare Ferruccio Parri e Cesare Merzagora, e soprattutto Giorgio Falck, uno dei protagonisti della grande dinastia siderurgica che sino a ieri ha informato di sé la vicenda industriale italiana. Mattei, durante la lotta antifascista, ha un ruolo specifico. Non è soltanto un partigiano combattente: è l’uomo che tiene i rapporti con i grandi gruppi economici e assicura il finanziamento alla lotta armata e agli apparati logistici di cui essa necessita. Chi l’accompagnerà in questa vicenda come partigiano combattente sarà colui che gli succederà alla guida dell’Eni, quando egli morirà nel cielo di Bescapè nell’ottobre del 1962: Eugenio Cefis. Cefis è ufficiale dei carabinieri, diventa comandante dei partigiani autonomi in Val d’Ossola ed è l’uomo che tiene i collegamenti tra l’intelligence inglese che operava in Svizzera e le truppe partigiane che operavano in Italia. La vicenda di Mattei è atipica nella storia dei fondatori di grandi industrie. Se qualcuno ha curiosità per la storia attraverso le immagini, guardi quella straordinaria fotografia, che appare in tutte le storie d’Italia che vogliano documentare gli avvenimenti con materiale visivo, dove si vedono i capi della Resistenza che – attorno al generale Cadorna, comandante in capo delle armate partigiane – sfilano a Milano il 25 aprile 1945, accanto a Luigi Longo, a Sandro Pertini, a Ferruccio Parri capo storico della Resistenza e dirigente dell’ufficio studi della Edison. Mattei sfila a fianco di questi uomini alla testa di un lungo e festoso corteo. È essenziale ricordare questi nessi tra storia della persona, storia dell’impresa e storia della nazione perché troppo spesso si pensa che l’afflato creativamente emotivo dell’imprenditore possa essere inteso soltanto da un punto di vista economico razionale. Mattei è, invece, la prova che non si possono avere grandi avventure industriali, grandi visioni industriali, senza grandi ideali civili. Infatti, quando Mattei viene incaricato dal governo succeduto alla caduta della dittatura – il primo governo libero del nostro paese – di dirigere l’Agip come Commissario straordinario, l’idea era allora di occuparsene come Commissario liquidatore: le prime indicazioni politiche che sortirono dal gruppo economico politico che compartecipava al nascente potere democratico erano infatti di tipo liberista molto ortodosso. L’Agip era un’azienda costruita nel periodo dell’autarchia, cioè della chiusura dei mercati, dell’artificiale politica di sostituzione 60 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
I
by
GIULIO SAPELLI
taly owes much more to Enrico Mattei than just the creation of an internationally renowned energy industry. That’s even more so today, in an era in which economic systems, owing to a much higher level of inter-dependency, have changed radically since his time. It is with this interpretational approach that I’d like to tackle three issues, having all the time Enrico Mattei’s figure as a guiding thread. The first is the relationship between the founder and the enterprise, which entails the sociological understanding of the difference between entrepreneur and enterprise. They are not the same thing, and Mattei proved this very well. They surely carry each other, but they make a unity of distinct entities. The second issue I’d like to address is to set Mattei’s work in the context of oil companies and the market of crude oil and energy sources at the time he founded Eni, that is in the immediate postwar period. Eni was officially instituted by a law passed in 1953, but it was already operating immediately after World War II, thanks to the great tradition of Agip, which had been set up in 1926, even if it had quite different purposes and organisational pattern. Lastly, the third issue, which we cannot ignore because we are actors in our own time. It is summed up by asking ourselves this question: what is left of Enrico Mattei’s legacy? That’s, after all, the question all men and women working in large industrial groups ask themselves when thinking about the founders, the creators of those large economic organisations. It’s a question that can be answered not by looking to the present, rather to the future, because the present day is always the prologue to the future. The present time is just the link between
ITALY
OWES
ENI'S
FOUNDER MUCH MORE THAN
THE CREATION OF A LEADING GLOBAL ENERGY INDUSTRY. THE
MATTEI ANTICIPATED AND ACCELERATED MODERNIZATION OF THE WHOLE COUNTRY.
CHANGES OF SCENE QUALITY ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Milano 1945, sfilata dei componenti del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà guidato dal generale Raffaele Cadorna (al centro). Alla sua sinistra, Ferruccio Parri e Giovanni Battista Stucchi; alla sua destra, Luigi Longo, Enrico Mattei e Fermo Solari. In quegli anni Mattei è un dirigente della lotta partigiana italiana. Milan, 1945. Parade of the members of the General Command of the Freedom Volunteers Corps, led by Gen. Raffaele Cadorna (in the middle). To his lefthand, Ferruccio Parri and Giovanni Battista Stucchi; to his righthand, Luigi Longo, Enrico Mattei and Fermo Solari. In those years, Mattei was a leader in Italy’s Partisan struggle.
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delle importazioni che il fascismo aveva propugnato. Anch’essa, come l’Iri, del resto, doveva essere riaffidata alla mano privata e al meccanismo oligopolistico di un mercato che, in Italia, allora esisteva soltanto nelle parole vuote dei retori. Come capiterà per l’Iri – che fino in anni recenti non troverà privati disponibili ad accollarsi le grandi industrie siderurgiche, le grandi banche, le grandi compagnie di armamento che ne costituivano l’ossatura – l’Agip inizialmente non trova degli imprenditori in grado di affrontare le grandi sfide che derivano dalla ricerca petrolifera. E Mattei si convince che l’Agip va invece salvata e ricostruita, esaminando la documentazione delle ricerche sismiche, parlando con i vecchi capi dell’Agip – e qui si rivela l’intelligenza straordinaria, l’apertura mentale e l’assenza di pregiudizi – soprattutto con l’ingegner Zanmatti: si trattava di tecnici profondamente compromessi con il regime fascista, persone che lui avrebbe dovuto epurare e allontanare. Mattei invece capisce che quelle persone detengono un patrimonio tecnologico straordinario, hanno – come noi usiamo dire oggi – delle capabilities difficilmente riproducibili e in Italia eccezionalmente scarse, che sono quelle della conoscenza geologica e sismica: non si insegnava sismica nelle università, c’era una carente ricerca scientifica (anche se il petrolio si ricercava dalla fine dell’800 soprattutto nell’Appennino emiliano). Mattei capisce che quegli uomini possono essere il nerbo di una nuova impresa che ha il compito di risolvere un secolare problema dell’industrializzazione italiana: la carenza di fonti energetiche. Nell’economia internazionale la carenza di fonti energetiche conduce un paese a un deficit nella bilancia dei pagamenti, perché c’è una dipendenza dalle importazioni. L’Italia era un paese che aveva vinto la guerra, non vi era dubbio, però nel secondo dopoguerra c’era scarsità di risorse energetiche, c’era da ricostruire interamente l’economia tedesca e l’economia francese. L’Italia era l’unico paese europeo a base industriale che possedeva un grande vantaggio competitivo: nella parte industrializzata del suo territorio la guerra non era stata combattuta, era stata combattuta al Sud dove non c’erano i grandi insediamenti industriali. E soprattutto all’Italia si presentava una formidabile occasione: cogliere con le sue merci e con la sua produzione le opportunità che si aprivano per la ricostruzione dei due giganti europei: la Francia e la Germania. Soprattutto quest’ultima: la storia d’Europa è la storia della Germania… l’Europa va dove vanno i tedeschi… Per poter approfittare di questa grande occasione, nel secondo dopoguerra bisognava innanzitutto cambiare l’orizzonte della politica economica: non più una politica di sostituzione delle importazioni, ma una politica rivolta all’esportazione. Per farlo però bisognava aumentare enormemente la produttività del lavoro e la produttività del sistema. Una questione simile si era posta all’Italia anche all’inizio del ’900 e l’Italia l’aveva risolta brillantemente sul fronte delle capacità energetiche. Infatti, grazie a quel concentrato di intelligenza tecnico-scientifica che era raccolto allora attorno al Politecnico di Milano, l’Italia divenne precocemente uno dei più grandi produttori di energia idroelettrica. L’energia idroelettrica sostituisce il carbone, di cui l’Italia è priva se non per pochi giacimenti a scarso rendimento. Mattei capisce che questa è la sfida decisiva senza vincere la quale l’Italia non avrà un destino industriale e quindi lavoro e benessere per il suo popolo. E persegue questa sfida spregiudicatamente: non obbedisce agli ordini del governo che vuole liquidare l’Agip. E invece la rilancia. Riesce a compiere questo miracolo grazie ai reticoli sociali, ai network, che aveva accumulato come comandante della guerra partigiana con coloro che – mentre Mattei si era dedicato all’Agip – in quel tempo erano diventati protagonisti della classe politica: sedevano in Parlamento, alcuni erano ministri, alcuni erano a capo di grandi 64 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
past and future, and focusing on this link helps us work well, being aware and humble at the same time.
RELATIONSHIP BETWEEN FOUNDER AND ENTERPRISE As for the relationship between Enrico Mattei and Eni, it’s the entrepreneur-enterprise one. Mattei’s exploit is somewhat extraordinary, because Mattei started off as a small entrepreneur in the chemistry business. He ran a chemistry enterprise with his brother, an activity which was crushed by the advent of World War II. Mattei broke off from the tradition of Italian entrepreneurship, and presented some features of the international entrepreneurship, because, just as many other international industry chieftains, he was yung, and driven by a strong sense of civic duty. Indeed, Mattei isn’t just one of the protagonists of the world economy because he founded Eni: he is actually a protagonist of the Italian history. He was one of the high officials of the Italian Partisans’s struggle, that is the National Liberation Struggle against the Nazi occupiers and their allies, the Fascists of the Republic of Salò. He operated in the very heart of the Italian industrial area: Milan and Lombardy. As a matter of fact, Lombardy stands out in the Resistance against the Nazis and their allies, the fascist collaborators, because, many of the eminent figures of the Italian economy joined the Resistance. It is enough to mention Ferruccio Parri and Cesare Merzagora, and above all Giorgio Falck, one of the protagonists of the renowned steelworks dynasty which until recently contributed to shaping Italy’s industrial life. Mattei played a specific role in fighting off the Nazis and Fascists. He wasn’t just a Partisan fighter, he was the man who kept in touch with the large economic groups, ensuring funds to the Resistance and its logistic organization. The man who assisted him as a fighting partisan was Eugenio Cefis, who would succeed him at Eni’s helm after Mattei’s death in the skies of Bescapè in October 1962. Eugenio Cefis was a Carabinieri officer, and became commander of the independent Partisans in Val d’Ossola. He was the liaison officer keeping in touch with the British intelligence operating in Switzerland. Mattei’s story is atypical compared with those of other large industrial group founders. Anyone interested in studying history through images might want to look at that extraordinary photograph, which shows up in all books of Italian history where images are used to illustrate events: in this picture we can see all the Resistance leaders, led by general Cadorna, Commander in Chief of the Partisan troops, marching in Milan on 25th April 1945. Enrico Mattei was marching alongside Luigi Longo, Sandro Pertini and Ferruccio Parri, Resistance leader and head of Edison’s research department. It is crucial to keep in mind these connections between history of the person, history of the enterprise and history of the nation, because too often one thinks that an entrepreneur’s creative drive only takes cue from a rational and economic viewpoint. On the contrary, Mattei proved that great civic ideals are the key to pave the way to large industrial feats. Indeed, when Mattei was appointed Agip’s Extraordinary Commissary by the government that succeeded the overthrown dictatorship – Italy’s first free government of the post-Fascist era – the idea was for him to act as official receiver. The first political guidelines of the politicaleconomic group supporting the newly born democratic power were, as a matter of fact, very orthodoxically free-trade. Agip had been established in the autarchic era, when markets were closed, when Fascism pursued the policy of doing away with imports. Agip, like IRI, had to be handed back to the private sphere and the oligopolistic mechanism of a market which, in Italy, at that time existed only in the empty words of orators. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Lo Scià Reza Pahlavi visita Metanopoli in compagnia del Presidente Mattei. L’Iran rappresenta un paese importante per gli inizi della storia petrolifera internazionale Eni. Qui si inaugura la “formula Mattei” che rivoluziona la contrattualistica petrolifera dell’epoca. La formula prevede la compartecipazione dello stato produttore in caso di ritrovamento petrolifero con utili che salgono al 75% contro il 50% precedente. Shah Reza Pahlavi visiting Metanopoli accompanied by Eni’s Chairman Mattei. Iran had an important role in Eni’s early international oil history. It was in Iran that the “Mattei formula” was unveiled, upsetting deal making in oil industry at the time. The formula called for the producing nation to have a 75 pc profit share if oil was struck against the previous 50 pc share. 66 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
As would happen also with IRI – which until recently couldn’t find private groups ready to take on the big steelworks industries, big banks and big shipyards which formed its backbone – in the beginning Agip couldn’t find entrepreneurs capable of taking up the challenging task of oil exploration. Mattei, on the other hand, became convinced that Agip was to be saved and rebuilt, after examining seismic research papers, talking to veteran Agip executives, especially engineer Zanmatti – and here shows up Mattei’s exceptional cleverness, his open-mindedness and freedom from prejudice. These officials had been deeply involved with the Fascist regime, they were people Mattei should have sent off. Instead, he realised those people had an extraordinary technological expertise: people with such a geological and seismic know-how were very hard to locate in Italy. These subjects were not taught in Italian universities ; scientific research was lacking (even though oil was being sought for since the late 19th century, especially on the Apennines in Emilia Romagna). Mattei understood that those men could be the cornerstone of a new enterprise, whose task was to resolve the long-standing problem of Italian industrialisation: the lack of energy sources. In the international economy, the lack of energy sources causes a balance of payments deficit, because the country depends on import. Italy was a country that had won the war, but after World War II there was a shortage of energy sources and the German and the French economies had to be entirely reconstructed. Italy was the only European industrialised country that enjoyed a competitive advantage: the war had not been fought in its industrialised area. It was fought in the south, where there were no large industrial districts. Above all, Italy had a great opportunity: exploiting its production to help reconstruct two European giants, France and Germany, especially the latter: the history of Europe is the history of Germany… Europe goes where the Germans go… In order to exploit this opportunity, economic policies had to change their aims, shifting from an import replacement philosophy to an export-oriented one. But labour and system productivity had to be boosted enormously to do so. A similar issue had arisen in the early 20th century, and Italy solved it brilliantly as concerns energy. Through the technical-scientific expertise gathered at the Milan Politecnico University, Italy soon became one of the largest producers of hydroelectrical energy: it replaced coal, which Italy lacks except for a few, not very productive, mines. Mattei understood that this was the ultimate challenge. If Italy failed, it wouldn’t become an industrialised country, thus there would be no jobs nor welfare for its people. He pursued this goal aggressively: he disobeyed the government’s orders, which wanted to wind up Agip, and gave new momentum to it. He did this miracle through the social networks he formed during the liberation war, when he was a Partisan troops leader, with figures who – while Mattei had turned to Agip – had become leading politicians. Some were MPs, some were ministers and some were at the head of large banks. Raffaele Mattioli, Chairman of Banca Commerciale Italiana, was the first to grant loans to Enrico Mattei. Not a state loan, not an IRI loan. A loan from a bank owned by IRI, such as Banca Commerciale. Mattioli firmly believed in Mattei’s project, which was backed by an impressive technical and economic documentation. He supported Mattei’s project for the industrialisation of the country: to fulfil it, within an economy that was opening its markets, a change was needed among the leaders of the Italian industry, which – before Mattei’s advent – was based on an oligopoly of private electricity and chemical groups. Electricity was distributed only in the wealthiest areas of the country; the chemical industry – especially fertilisers – was entirely run by Montecatini, which charged high prices and hindered ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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istituti di credito. Raffaele Mattioli, presidente della Banca commerciale italiana, è il primo a concedere crediti a Enrico Mattei. Sono prestiti che non vengono dallo stato, non vengono dall’Iri, vengono da una banca dell’Iri come era naturalmente la Banca commerciale. Ma Mattioli crede fortemente nel progetto di Mattei, sostenuto da una imponente documentazione tecnica ed economica. Mattioli condivide con Mattei il progetto di industrializzazione del paese per realizzare il quale, in una economia che va aprendosi, occorre cambiare il blocco di comando dell’industria italiana, che prima dell’apparizione sulla scena di Mattei era raccolto – fondamentalmente – attorno ai gruppi elettrici e chimici oligopolistici privati. L’energia elettrica veniva distribuita solo nelle zone più ricche del paese, l’industria chimica – soprattutto quella dei fertilizzanti – era in mano alla Montecatini, che impediva di fatto, con gli alti prezzi, la meccanizzazione agricola e la creazione di un’industria agro-alimentare. E l’energia era quella idroelettrica: ancora quella dell’inizio del secolo. Si delinea, invece, con Mattei e attorno a Mattei, un blocco di nuove industrie innovative: la Fiat, la Pirelli, l’Olivetti. Tutte industrie che avevano come vocazione – questo vorrei che fosse chiaro, perché è il messaggio universalistico che questa vicenda ha in sé – non tanto il mercato interno, quanto, invece, il mercato dell’esportazione, e non tanto i mercati poveri, quanto i mercati ricchi che educano l’impresa perché i concorrenti sono tecnologicamente più avanzati, le esigenze dei consumatori sono più raffinate. Tra gli anni ’50 e ’60 del ’900 si crea in Italia questo gruppo innovativo. Insieme alla Fiat, alla Pirelli, all’Olivetti (pensate ad Adriano Olivetti, l’altra meteora straordinaria e tutta spirituale dell’economia italiana del ’900, il quale muore due anni prima di Mattei, solo e abbandonato dalla sua famiglia, mentre la sua impresa continua la sua corsa...), l’Eni di Mattei è tra i protagonisti del cambiamento degli equilibri del potere economico italiano. Un equilibrio fragile e precario, che trent’anni dopo sarà già messo in discussione e travolto dalla globalizzazione. Per quei tempi esso svolge un ruolo formidabile e decisivo per trasformare l’Italia da paese agricolo-industriale in paese industriale-commerciale. E qui ben si comprende quanto la figura morale e intima dell’imprenditore aiuti la crescita dell’impresa grazie a una costellazione di capacità che non sono direttamente tecnologiche ed economiche, ma sono quelle di una visione, di un’idea strategica, in cui l’attività di impresa si colloca. Per Mattei e per coloro che lo aiutarono nella sua impresa (in primo luogo Ezio Vanoni) l’idea strategica era chiara: l’Italia doveva dotarsi di un’industria energetica nazionale in grado di fornire a prezzo più basso di quello degli oligopoli internazionali dell’energia, così da consentire la crescita industriale dal basso del sistema economico nazionale. La fioritura delle piccole e medie imprese negli anni ’60 non sarebbe stata possibile senza la creazione dell’Eni che ha contribuito ad abbassare radicalmente l’input dei costi per la produzione. Quindi l’imprenditore e l’impresa sono fenomeni sociali strettamente collegati, ma anche distinti, e anche nell’analisi e nello studio noi dobbiamo affrontarli distintamente. Oggi dedichiamo tanta attenzione allo studio delle human resources perché abbiamo finalmente capito che le capacità personali possono servire all’impresa se sono coerenti con quello che è il disegno che l’impresa nelle sue tappe evolutive si pone. Le imprese di successo non sono degli stagni dove l’acqua si cheta: sono dei laghi dove essa entra ed esce. Se le imprese non sono dei laghi non si riesce a realizzare questo cambiamento.
IL CONFLITTO STRATEGICO CON LE MAJORS Naturalmente Mattei realizza il suo ideale grazie a un forte rapporto con la classe politica. Al 68 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
the mechanisation of agriculture and the creation of an agrifood industry. And the energy that powered industry was hydro-electric, as it was at the start of the century. A bloc of new, innovative industries takes shape with Mattei and around Mattei: Fiat, Pirelli, Olivetti. All these companies – this is what I’d like to stress as this is the universal message conveyed by Mattey’s story – focus more on export than on the domestic market, more on the wealthy markets than the poor ones, because wealthy markets help the enterprise grow, as competitors are technologically more advanced and consumers more exacting. This new innovative group was formed in Italy during the 1950s and 1960s. Along with Fiat, Pirelli, Olivetti (Adriano Olivetti was another extraordinary fleeting figure of Italy’s 20th century economy; he died two years before Mattei, alone, abandoned by his family, while his company kept on running…), Mattei’s Eni is one of the protagonists of the change of balance in Italy’s economic powers. A fragile and unstable balance, to be called into question and upset by globalisation only 30 years on. In that span of time, it played a formidable and crucial role in converting Italy from an agricultural-industrial country to an industrial-commercial one. And now one can well understand to what extent the entrepreneur’s moral and intimate personality can help his business grow thanks to a variety of skills which are neither specifically technological nor economic: they are the skills of a vision, a strategic idea which provide the groundwork for business activity. That strategic idea was clear in Mattei’s mind as well as in the mind of the people who helped him with his work (first of all Ezio Vanoni): Italy should develop a national energy industry that would provide the country with cheaper energy than that supplied by international energy oligopolies so as to ensure a bottom-up industrial growth of the country’s economic system. The strong development of small and medium-sized enterprises in the 1960’s wouldn’t have been possible without Eni because Eni helped reduce production costs dramatically. Therefore, entrepreneurs and enterprises are two closely related, yet separate social phenomena. So, in our analyses and studies, we have to deal with them separately. Today, we are paying so much attention to the issue of human resources because we have finally understood that personal skills can prove useful for an enterpise as long as they are consistent with the objectives pursued by the enterprise during its evolution. Successful businesses are not like ponds of still water: they are more like lakes where water keeps flowing in and out. If businesses are not like lakes, such change is impossible to achieve.
STRATEGIC CONFLICT WITH MAJORS Of course, Mattei managed to achieve his goal thanks to his strong ties with the political class. At that time, the relationship between economy and politics was a relationship between powers and authorities in which power and authority were largely in the hands of the economy. Mattei, being at the same time a politically-skilled entrepreneur and one of the founders of the Italian Democratic Republic, could speak to politicians not like a peer, but like a superior speaking to his subordinates. Eni’s act of incorporation was drawn up by people who, as usual in industrializing countries characterised by a strong and influential political class and a weak economic class lacking a clear perception of the community’s interests, remained loyal to the starter and undisputed leader of this new challenge. All that enabled Mattei to develop a national energy policy based on the monopoly of the Valle Padana resources entrusted to Eni and to quickly establish Eni itself. This was the groundwork ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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tempo di Mattei il rapporto tra economia e politica era un rapporto tra poteri e autorità in cui il potere e l’autorità stavano in mano potentemente all’economia. E Mattei, proprio perché è contemporaneamente imprenditore dotato di capacità politica ed è uno dei fondatori della Repubblica democratica, parla con i politici non da pari a pari, ma da superiore a inferiore. La legge istitutiva dell’Eni viene scritta da uomini che, come accade in tutti i paesi in via di industrializzazione in cui la classe politica è forte e autorevole e quella economica debole e priva di una visione degli interessi generali, sono sodali con colui che di quella avventura è l’iniziatore e il dominatore indiscusso. Naturalmente questo dà a Mattei la possibilità di costruire una politica energetica nazionale fondata sul monopolio delle risorse della Valle Padana che vengono affidate all’Eni e di costruire con grande rapidità l’Eni medesima. Ecco le basi grazie alle quali egli può instaurare un conflitto strategico internazionale con le majors che dominavano il mercato mondiale. Mattei può far questo perché l’Eni è un’impresa di stato. Ma è un’impresa di stato dove non comandano i politici: comanda un imprenditore dotato di potere politico e che raccoglie attorno a sé – sull’onda delle capacità dell’ingegner Zanmatti dell’Agip – tutta una generazione che io ho chiamato spesso nei miei scritti “la generazione dei 110 e lode dei Politecnici italiani”. L’Eni raccoglie il fior fiore degli ingegneri italiani e anche degli economisti. La scelta strategica sul mercato mondiale è netta. È una politica diretta all’alleanza con i paesi produttori. E questa è anche l’originalità e l’universalità del messaggio di Mattei. L’industria petrolifera è un’industria unica al mondo perché una parte importante del suo processo produttivo è destinata all’esaurimento: non sono risorse irreversibili, sono risorse limitate. Inoltre: queste risorse, per come si è dipanata la storia mondiale, ci piaccia o meno, sono proprietà di stati nazionali. La maggioranza di questi stati nazionali, soprattutto nell’immediato secondo dopoguerra del ’900, erano o l’Unione Sovietica, che era un paese a regime economico diverso da quello capitalistico, quindi a economia statizzata e burocratizzata dove era essenziale il comando politico sull’economia, o paesi – come si usava dire allora – in via di sviluppo, dominati o da caste militari o da regimi semidittatoriali. Alcuni di questi paesi (l’Algeria, l’Iran, l’Egitto) erano investiti da quel grande moto liberatorio, ai suoi inizi, che fu la decolonizzazione. Mattei comprende che la questione essenziale per garantire all’Eni, “il parente povero” tra le majors, un vantaggio competitivo era creare – grazie a quelle basi atipiche dell’industria petrolifera che ho ricordato prima – un legame organico tra paesi produttori e paesi consumatori. L’Eni doveva creare più stretti collegamenti tra produzione, fabbricazione e consumo, collegamenti che non fossero dettati da una politica di dominazione dei paesi produttori. È un’idea, questa, come tutta l’opera di Mattei, che deve molto al pensiero cattolico internazionale. Il Vaticano, del resto, era allora un centro intellettuale di primissimo ordine e uno dei problemi di fondo della politica vaticana era – come oggi, del resto – quella di preservare le minoranze cristiane nel Medio Oriente. E questo poteva essere fatto solo con una politica di pace, tanto più dopo la creazione dello Stato d’Israele che aveva scatenato conflitti in Medio Oriente e i con paesi rivieraschi dell’Africa del Nord. Mattei interpreta questo disegno, su questo non ho alcun dubbio. E grazie a questo disegno e all’appoggio politico che ne deriva e che sostiene lui e la sua politica energetica diretta ad agire in forme rivoluzionarmente innovative nel contesto internazionale mediorientale, egli codefinisce potentemente la politica estera dell’Italia per un lungo periodo. Questa spinta propulsiva dura ancor oggi, anche con le difficoltà sempre più grandi che incontra sia sulla scena internazionale sia sul fronte interno della stessa Eni e della stessa Italia. 70 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei si convince che l’Agip va salvata e ricostruita sia esaminando la documentazione delle ricerche sismiche sia parlando con i vecchi capi della società, come l’ingegner Zanmatti (con lui nella foto), tecnici che detengono un patrimonio di conoscenze straordinario. Mattei became convinced Agip was to be rescued and rebuilt both by examining documents about seismic research and by talking to old company managers, such as engineer Zanmatti (with him in the picture), technicians with outstanding expertise. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Mattei fonda il collegamento tra produzione, fabbricazione e distribuzione grazie a dei contratti privilegiati che stipula con i paesi produttori, contratti che comprendono lo scambio di petrolio contro servizi essenziali per la modernizzazione dei paesi produttori. Lo fa spregiudicatamente. Finanzia e appoggia, anche con degli istruttori militari (molti dirigenti dell’Eni erano stati partigiani combattenti, molti erano ex-carabinieri), i ribelli dell’esercito di liberazione algerino. E questo, a parer mio, è ciò che lo porterà alla morte. Appoggia la rivoluzione di Mossadeq in Iran, si collega fortemente all’Egitto di Nasser, che diventa una delle piattaforme fondamentali storiche dell’Eni. L’Eni non esisterebbe senza la stabile alleanza creata in quarant’anni di indefesso lavoro in Egitto e con l’Egitto. Come, del resto, in Angola, in Congo e soprattutto in Nigeria. Mattei esprime un pensiero e un’azione imprenditoriale molto moderna: capisce che un’industria con quelle caratteristiche strutturali non può agire se non crea dei rapporti stabili e di lunga durata con i paesi produttori. L’Eni è forse la compagnia più importante che agisce in Nigeria perché ha creato dei rapporti stabili con quel paese, quale che fosse il suo regime politico. Non v’è dubbio: si lavora più costruttivamente e civilmente con regimi democratici, però sappiamo che non è con le politiche dell’embargo o dell’isolamento che si risolvono i problemi in quei paesi, e sappiamo anche che sono solo i popoli di quei paesi che possono conquistare la loro democrazia. Quindi l’Eni appare come un attore internazionale diverso dal solito. Perché? Perché cerca di rompere il monopolio internazionale del petrolio. Su questo ci sono state molte leggende, molte leggende storicamente false. Una di queste è quella che sostiene che questa politica avesse, negli anni in cui Mattei operava, come principali avversari le imprese americane. Quest’asserzione è il frutto di una profonda ignoranza dei processi che avvengono nel Mediterraneo dopo la seconda guerra mondiale, dove assistiamo a un cambiamento colossa72 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
thanks to which he could embark on a strategic international conflict with the majors which, at the time, dominated the world market. Mattei could do so because Eni was a State company, yet a State company tra Eni e Marocco. in which decision-making was not in the hands of politicians, but of a Rabat, politically powerful entrepreneur who brought together, along with deal signing between Agip’s skilful engineer Zanmatti, a whole generation whom I’ve often Eni and Morocco. called in my works “the first-class honour degree generation of Italian engineering faculties”. Eni could boast Italy’s best engineers and economists, too. Its strategic choice on the global market was clear: it was a policy of alliance with producing countries, which represents the original and universal feature of Mattei’s philosophy. The oil industry is unique in that a key component of its production process is bound to run out sooner or later, its resources being limited rather than unlimited. Additionally, having history gone the way it has, these resources, whether we like it or not, are now owned by States. Most of these States, especially after the second world war, were either part of the former Soviet Union (that is a country with an economic regime unlike the capitalist one, having a State-controlled and highly bureaucratised economy where the economy was dominated by politics) or developing countries (as they used to be called at the time) ruled by military classes or semi-dictatorships. Some of those countries (Algeria, Iran and Egypt) were living through that great liberation experience, then at its inception, which went down into history with the name of decolonization. Mattei understood that in order to ensure Eni, the majors’ “poor cousin”, a competitive lead, thanks to the atypical features of the oil industry mentioned above, an organic link between producing and consuming countries was needed. Eni should develop closer ties between production, manufacturing and consumption not defined by the domineering policy of producing countries. This concept, like Mattei’s whole work, owes a lot to the international Catholic thinking. On the other hand, at that time, the Vatican was a major intellectual centre and one of the Vatican’s main policies, like today, was preserving Christian minorities in the Middle East. That could be possible only through a peaceful policy, especially after the creation of the State of Israel had caused conflicts both in the Middle East and North African coastal countries. Mattei interpreted this design: I’m sure about that. Thanks to this design and the ensuing political support for him and his energy policy, aimed at adopting revolutionary attitudes in the international Middle East context, he contributed to defining Italy’s foreign policy for a long time. This thrust continues today despite the ever-growing obstacles it is faced with both at the international and national levels and within Eni itself. Mattei established the relationship between production, manufacturing and distribution thanks to a number of privileged contracts signed with producing countries: contracts under which oil was exchanged for key services for the modernization of producing countries. He did so aggressively. He funded and supported, also through military instructors, (a lot of Eni’s top executives had fought as partisans during WWII, and many were former Carabinieri officers), the rebels of Algeria’s Liberation Army: something that, in my opinion, would lead to Rabat,
firma di accordi
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le: finisce l’egemonia britannica e inizia l’egemonia americana. Gli inglesi sono in grande difficoltà dopo la seconda guerra mondiale nel Mediterraneo. Non riescono a combattere sul campo contro i partigiani comunisti in Grecia dove c’è la guerra civile che dura dal 1945 al 1949: i comunisti greci contro gli ordini di Stalin scatenano un’insurrezione e aizzati da Tito si buttano in un’avventura. Ma chi interviene in Grecia? Non più gli inglesi, ma i nordamericani. Gli inglesi dominavano il Mediterraneo ma erano in una crisi profonda. Compiono, infine, l’errore storico che segna la loro definitiva caduta egemonica. Quando Nasser, protagonista di quei moti, nazionalizza il Canale di Suez, l’Inghilterra, la Francia e Israele invadono l’Egitto. Quello è il segno della fine dell’egemonia britannica nel Mediterraneo. Gli Stati Uniti non si schierano con le potenze europee e di fatto appoggiano Nasser. Questo cambiamento di prospettiva era ben compreso da Mattei. Egli aveva un intellettuale di razza che lo consigliava e di cui – purtroppo – non si parla mai: il professor Boldrini dell’Università Cattolica che non era un semplice statistico, era l’uomo che mediava tra Mattei, le alte sfere vaticane, la politica. E Mattei, inoltre, aveva nominato direttore degli studi dell’Eni Giorgio Fuà, il quale aveva prima lavorato con Gurdnal Mirdal all’Onu e conosceva bene i problemi del Medio Oriente. Ma torniamo al Mediterraneo. L’alleanza egitto-americana non ha immediati esiti positivi e nello scontro della guerra fredda, che ha nel Mediterraneo come in Asia un punto di attrito decisivo (e qui il problema del controllo delle fonti energetiche diviene cruciale), l’Unione Sovietica per un breve periodo sostituisce gli Stati Uniti nell’alleanza con l’Egitto. La ragione di ciò è assai complessa. Basti qui dire che sui problemi della politica postcoloniale il Dipartimento di Stato americano è diviso: le stesse majors sono divise. Mattei aveva, per esempio, lavorato a lungo a un accordo con la Esso, condividendo la stessa aspirazione anticolonialistica. Quando muore è Cefis a siglare un accordo storico e questo perché i veri avversari, a quel tempo, erano compagnie come la BP e la Shell in primis, seguite dai francesi. Esse vedevano apparire nel Mediterraneo un protagonista di tipo nuovo: le grandi compagnie nordamericane che avevano come orizzonte il mondo. Pensate che quando l’Eni nasce, la Standard Oil possedeva in Italia una società che l’Eni fa sua negli anni ’50: la Società Italiana Petroli. L’abbandona, dopo anni di ricerca negli Appennini, perché gli americani consideravano il mercato italiano troppo povero. Davano un giudizio sbagliato perché pensavano che noi avremmo avuto uno sviluppo economico più lento: eravamo la retrovia. Invece Mattei gioca le sue carte e lo scontro è quindi durissimo con le grandi potenze coloniali europee. L’Italia fa una politica diversa da queste ultime. E l’Eni è l’artefice di questa politica. Se si va in Africa l’Eni viene accolto con una simpatia, con un entusiasmo con cui non si accolgono le altre compagnie. Mattei, in definitiva, persegue una politica di approvvigionamento nelle aree a rischio politico ma di sicuro sviluppo minerario. La stessa cosa farà, infatti, in Urss, con la sua politica di accordi a lungo termine che ancora oggi sono uno dei tratti distintivi e vitali dell’Eni. E questo sì che impensierisce gli Stati Uniti, prima che ci sia quell’evoluzione nella politica estera, soprattutto con la politica di Lindon Johnson, che è stato con Roosvelt il più grande presidente degli Stati Uniti nel ’900 e che fonderà la politica di coesistenza pacifica. Mattei l’anticipa. I rapporti Eni con la Russia dura74 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
his death. He supported Mossadeq’s revolution in Iran and established strong relations with Nasser’s Egypt, which would become one of Eni’s key platforms. Eni wouldn’t exist without the stable alliance developed in forty years of steady work in Egypt and with Egypt. The same applies in Angola, Congo and, above all, Nigeria. Mattei stood for extremely modern entrepreneurial thinking and action: he understood that an industry with the structural characteristics that I mentioned above, needed stable and longlasting relationships with producing countries in order to operate. Eni is perhaps the most important company currently operating in Nigeria because it managed to establish stable relationships with that country, irrespective of its political regime. No doubt, you can operate more constructively and civilly with democratic regimes, but you know that problems in those countries can’t be solved by imposing embargoes or isolating them. And you know, too, that it’s up to the very people of those countries to conquest their own democracy. Therefore, Eni represents an unusual international actor. Why is it? Because it struggled to break the international oil monopoly. Of the many legends which came out of it, many are historically false. One of these holds that in Mattei’s time this policy had as its main opponents the US companies. Maintaining this, however, reveals a profound ignorance of the historical events taking place in the Mediterranean area after the Second World War and bringing about a radical change: Britain’s hegemony gave way to America’s one. It was a hard time for Britain in the Mediterranean area at the end of the second world war. They couldn’t fight on the field against Communist partisans in Greece, where a civil war raged on between 1945 and 1949. Greek Communists, spurred by Tito, ignored Stalin’s orders and started an uprising. In the end it was not Britain that stepped in in Greece but the US. The British used to rule the Mediterranean but
Sicilia, Gela, la posa della prima pietra dello stabilimento Anic nel 1960. La raffineria nasce in seguito alla scoperta di petrolio nella zona meridionale dell’isola. Sicily, Gela, the laying of the foundation stone of the Anic plant in 1960. The refinery was built following the discovery of oil in the south of the island.
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no dagli anni ’50 e sono rapporti duraturi e stabili; erano prima con l’Unione Sovietica adesso sono con tutte le Repubbliche della Confederazione e con i tecnici, con gli operai, con i ministri di quella che oggi è una grande Confederazione di grandi stati indipendenti, l’Eni ha fatto sempre non solo dei grandi affari ma ha dimostrato come si possa lavorare per il benessere dei paesi in cui si opera. Ma compiere quella scelta ai tempi di Mattei significava avere uno straordinario coraggio che prima che imprenditoriale era politico. Sottolineo la questione perché in questa azione è implicito un messaggio universalistico. La vicenda di Mattei e la vicenda dell’Eni dimostrano che lavorare nelle fonti energetiche vuol dire lavorare in un’impresa che per il suo solo essere ha una rilevanza strategica internazionale eccezionale. La forza dell’Eni è stata quella di aver compreso rapidamente questo problema. Io penso che questa sia stata la vera capacità competitiva che Mattei ha dato all’Eni, perché la sua era una visione politica, ed egli capiva che le grandi imprese sono anche un attore politico. Qualsiasi atto compiono è un atto politico. Una delle caratteristiche fondanti dell’Eni viene dall’incrocio della visione politico-strategico internazionale con le capabilities tecnico-scientifiche che Mattei realizza negli anni ’50.
QUALE EREDITÀ? Che cosa c’è di universale nell’esperienza di Mattei? La prima risposta risiede nella dimostrazione che il rapporto tra imprenditore e impresa è tanto più produttivo quanto più non si limita a una pura visione economicistica dell’esistente. Le imprese hanno bisogno di un’alta gamma di competenze e di capacità personali. E sono le persone il patrimonio più prezioso di un’impresa. La seconda risposta risiede nella riflessione che occorre compiere sul messaggio che nasce dall’origine dell’Eni. L’Eni quando nasce è un’azienda di stato e tutta la sua politica viene concepita per cercare di scardinare il gruppo di comando industriale italiano del tempo, del quale gli Stati Uniti davano unanimemente un giudizio negativo perché era un’economia a bassa pervasività di mercato, cioè dominata dagli oligopoli. I grandi liberali del tempo, Ugo La Malfa per esempio, il gruppo di intellettuali raccolto attorno a Il Mondo e poi a L’Espresso, una parte della sinistra democristiana, interpretavano l’industria di stato come uno strumento per rompere il meccanismo oligopolistico, per creare nuovi attori che agissero sul mercato, in termini tecnici per abbassare le asimmetrie informative e le barriere all’entrata, dato che l’invisibile mano del mercato non riusciva ad abbassare quelle imperfezioni: poteva farlo lo stato creando delle industrie pubbliche. Questa era la teoria dell’industria pubblica allora prevalente. Eni nasce con questo spirito. E questo è lo spirito con cui, per esempio, taluni che sono stati nominati nel board della società in questi anni hanno agito: hanno creduto che uno dei compiti Eni di oggi fosse di ritornare in parte a quello spirito originario. Certo oggi molte condizioni strutturali sono mutate. Oggi non si può più dire che Eni è al servizio della nazione, perché oggi non esistono più nazioni economiche come nel periodo delle economie chiuse. La globalizzazione è la fine del rapporto nazione ed economia che è esistito fondamentalmente dalla prima guerra mondiale passando attraverso le grandi crisi fino alla fine degli anni ’80, dove era la nazione a prevalere sull’economia. Solo la Francia continua a perseguire questa prevalenza della nazione sull’economia. Noi non dobbiamo crederci più: non è solo l’economia che si mondializza, sono le società che si stanno mondializzando. 76 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
now were experiencing a profound crisis. In the end, they made that historical mistake which marked the end of their hegemony. When Nasser, the leader of the movements that I mentioned before, nationalized the Suez Canal, Britain, France and Israel invaded Egypt. That marked the end of the British hegemony in the Mediterranean. The USA didn’t take sides with European powers and actually supported Nasser. This change of perspective was clearly understood by Mattei. He could rely on a first-rate intellectual among his advisors, who – unhappily – is never mentioned, namely professor Boldrini of Milan’s Catholic University, who was not a mere statistician: he was the man who acted as an intermediary between Mattei, the Vatican’s senior representatives and politics. Mattei had also appointed, as Eni’s research director, Giorgio Fuà, who had previously worked with Gurdnal Mirdal at the United Nations and was an expert on Middle East issues. Let’s move back to the Mediterranean. The US-Egypt alliance had no immediate positive effects and during the cold war, which had a particular friction spot in the Mediterranean and in Asia (here, the issue of the control of energy sources becomes crucial), the Soviet Union replaced, although for a short time, the US in their alliance with Egypt. The reason for that is quite complex. It is enough here to say that the US State Department was split over the main postcolonial political issues: the majors themselves were split. Mattei, for instance, had worked for a long time at an agreement with Esso, sharing its anti-colonialist aspirations. When he died, Cefis signed a historic agreement with Esso and that’s because Eni’s true opponents, at the time, were companies such as BP and Shell followed by French ones. They were witnessing the arrival of a new actor in the Mediterranean: the great US companies whose horizon was as wide as the world itself. When Eni was established, Standard Oil owned in Italy a company that Eni would eventually buy in the 1950’s: the Società Italiana Petroli. Standard Oil sold that company after years of research in the Apennines because the Americans believed the Italian market was too poor. They were wrong. They thought that our economic development would be slower: they thought that we were lagging behind. Nevertheless, Mattei played his cards and the clash with Europe’s great colonial powers was extremely violent. Italy’s policy was completely different and Eni was the main force behind this policy. If you go to Africa, you can see Eni is welcomed with a feeling, an enthusiasm unknown to other companies. Mattei, after all, conducted a supply policy in politically risky areas which, however, were bound to have a strong resource development. He will do the same with the Soviet Union with his policy of long-term agreements which are still one of Eni’s distinct and most vital features. That raised concern in the US until they experienced a major turn in their foreign policy with Lindon Johnson, who was alongside Franklin D. Roosevelt the greatest US president of the 20th century and developed a policy of peaceful coexistence. Mattei anticipated him. Eni has had stable and long-lasting relations with Russia since the 1950’s: first with the Soviet Union and now also with the Republics of the Confederation and with the technicians, the workers and the ministers of what is today a great Confederation of great independent States, Eni has always concluded major deals while demonstrating that it is possible to work for the welfare of the countries in which you are operating. Nevertheless, making that choice at Mattei’s time was a proof of political sooner than entrepreneurial courage. I stress this point because this position implies a universal message which is even more relevant to young people from all over the world who choose to study in this prestigious School: a school Eni is extremely proud of. No university can provide the training ensured by major companies. The slogan seems to be: you’ll be able to access the world and will benefit from that. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Mattei interpretò precocemente questo cambiamento incipiente, pur all’interno di una condizione strutturale determinata dalla necessità del rifornimento energetico nazionale. I suoi eredi, sino agli anni ’80, si sedettero sulla rendita monopolistica tanto del mercato domestico quanto del possesso di una fonte di energia preziosa come il gas. Credo che in questi anni Eni sia ritornata, invece, alla sua missione originaria, naturalmente non avendo più l’orizzonte della «compagnia di bandiera», ma di una compagnia che opera in tutti i paesi in cui si trovano le fonti energetiche e in cui vengono distribuite e cioè lavorate, nell’agone della competizione mondiale. Quindi Eni non è più legata all’Italia come destino e neppure soltanto all’Europa: Eni è una media multinazionale che deve divenire una compagnia globale. L’unica impresa che in Italia possa porsi questo obiettivo è Eni. Qui risiede l’orgoglio Eni e delle sue donne e dei suoi uomini. È questa l’attualità del ritorno a un messaggio originario di Mattei in un mondo profondamente cambiato. Mattei ha dato un formidabile impulso tecnologico all’Eni e all’Italia. Per un lungo periodo l’Eni è stata, con la Pirelli, la Fiat e l’Olivetti, l’impresa d’eccellenza nella ricerca tecnologica. Quando Mattei ha fatto questo negli anni ’50 e ’60 del ’900 la ricerca sismica, geologica, petrolifera praticamente non esisteva. Eni, per esempio, ha creato una Scuola che è uno straordinario caso mondiale di integrazione tra tecnologia ed economia e tra culture, nazioni, filosofie della vita diverse. E l’ha fatto – e questa è l’altra caratteristica – senza un egoismo economicistico. Eni non fa questo per coloro che spera che vengano a lavorare nel suo gruppo, ma perché è convinta che disseminare capacità, conoscenze, donare, sia qualcosa che una grande impresa deve fare anche per rinnovare la sua missione originaria. L’impresa ha una responsabilità sociale importantissima. L’Eni
Mattei è un grande esempio di integrità personale: ha sempre agito per affermare l’interesse Eni. Donava il suo stipendio a un monastero di suore di clausura e quando morì, la moglie non possedeva nulla. Il Consiglio di Amministrazione Eni deliberò in via straordinaria un lascito per la signora Mattei.
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Mattei’s and Eni’s experience demonstrate that working with energy sources means working in an enterprise with a notable and strategic international relevance. Eni’s strength was understanding that soon. I believe that this is the real competitive skill that Mattei taught Eni, because his vision was a political one and he knew that great businesses are also political actors. Whatever they do is a political action. One of Eni’s main basic characteristsics is the combination of an international political and strategic vision and the technical and scientific capabilities developed by Mattei in the 1950’s.
WHAT LEGACY? What’s the universal aspect in Mattei’s experience? The first answer is to be found in the proof that the relationship between entrepreneur and enterprise is more productive when it goes beyond a mere economicist approach. Enterprises require a wide-ranging know-how and personal skills. The people are an enterprise’s most valuable asset. The second answer is in the reflection one makes on the message that comes from Eni’s foundation. When it was established, Eni was a State company, and its entire policy was conceived to disrupt Italy’s industrial ‘control room’ of that era, which was very negatively viewed by the US, because it was an economy that didn’t allow the market to expand, being dominated by oligopolies. The great liberals of that era, for example Ugo La Malfa, the group of intellectuals of Il Mondo and, later, of L’Espresso, a segment of the Christian Democrats left wing all considered the state industry a tool to break the oligopoly mechanism, to introduce new actors on the market and, from a technical aspect, to reduce information asymmetry, since the invisible hand of the market couldn’t do it: the state could by creating Mattei provided state industries. This was the theory of state industry, which was then an outstanding the dominant one. Eni was born with this spirit. This is the spirit with example of personal which, for example, some of the members appointed on the Eni board integrity: he acted acted over the past years, believing that one of Eni’s tasks today is to go all the time to foster back to some extent to that original spirit. Many structural conditions Eni’s interest. have surely changed since then. He always gave Today, we cannot say that Eni is serving the nation, because economic his pay to a convent nations, such as the ones existing in the era of closed economies, are no of cloistered nuns more. Globalisation put an end to the nation-economy relation, which and when he died, basically existed from World War I, enduring the great crises, making it his wife had to the late 80s, when nations prevailed over economy. Only France no property. keeps putting the nation above the economy. We must no longer Eni’s Board of believe it: it isn’t economy alone that is going global, it’s the actual Directors decided societies that are going global. to grant Mrs. Mattei Mattei was a forerunner in interpreting this incipient change, even if in a life annuity. the context of a structural condition determined by the nation’s need of energy security. His heirs, up to the 80s, enjoyed the yields of Eni’s monopoly control both on the domestic market and on a precious energy source such as natural gas. I believe that over the past years Eni has gone back to its original mission, obviously having no longer the horizon of a ‘national flagship ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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non è mai venuta meno a questo e l’ha fatto ad alti livelli, come attraverso la Scuola Eni Enrico Mattei che è una scuola severissima nell’accesso, severa nel suo costume, fondata sul rigore. Infine, vorrei dire un pensiero che spesso, troppo spesso, non si enuncia: ciò che ha sostenuto Mattei in tutta la sua vicenda terrena è stato il rigore religioso. Mattei era un uomo intimamente credente, profondamente conscio del cammino nel solco della Provvidenza. Ricordiamo che donava sempre, ininterrottamente, il suo stipendio a un monastero di monache di clausura. Quando è morto sua moglie non possedeva nulla e il consiglio di amministrazione dell’Eni deliberò in via straordinaria un lascito per la signora Mattei. Quando troppo spesso ascoltiamo o leggiamo che Mattei era il profittatore, il corruttore per eccellenza, siamo sconcertati… Mattei può aver agito spregiudicatamente per affermare l’interesse dell’Eni. Ma mai per interesse personale. Mattei è uno straordinario esempio di integrità personale che ci ricorda che, astrattamente, l’etica d’impresa non esiste: esiste l’integrità etica dei manager che lavorano nell’impresa. Mattei muore tragicamente, come un martire. Come i martiri, ci lascia un messaggio di speranza e di fiducia nel futuro dell’uomo. GIULIO SAPELLI è professore ordinario di storia economica e di analisi delle organizzazioni all’università di Milano, presidente del Centro per la cultura d'impresa e membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Eni Enrico Mattei.
Un pozzo esplorativo in Marocco. An exploration well in Morocco.
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company’, but of a company operating in all countries where energy sources are to be found and where they are distributed and processed, in a competitive worldwide race. Thus, Eni’s destiny is no longer attached to Italy or even Europe alone: Eni is a medium-sized multinational company that must become a global company. The only Italian enterprise that can aims at such a goal is Eni. This is what makes Eni, its women and its men so proud. That’s why Mattei’s original message is still so topical in a world that has changed so much. The third aspect I’d like to focus on is recalling that Mattei gave a formidable technological momentum to Eni and Italy. For a long time, Eni was – along with Fiat, Pirelli and Olivetti – the ultimate company in technological research. When Mattei achieved this in the 1950s and 60s, seismic, geological and petroleum research practically didn’t exist. Eni, for example, created this school, an extraordinary case of integration between technology and economics, between different cultures, nations and lifestyles. He did so – and that’s an important aspect – without economic selfishness. Eni doesn’t do this for those it hopes will join Eni, but because it is convinced that spreading skills and knowledge, donating is something that a large enterprise must do, also to renew its original mission. Enterprises have a foremost social responsibility. Eni never failed to meet it, and did so at very high levels, such as instituting the ‘Enrico Mattei’ Eni School, which is extremely strict in selecting candidates, as it is based on rigour. Finally, I’d like to express a thought that is too often concealed: what drove Mattei in his earthly exploit was religious rigour. Mattei was a firm believer, aware of the path paved by Providence. He always donated his salary to a convent of cloistered nuns. When he died, his wife had no property and Eni’s board resolved, through an extraordinary decision, to grant her a legacy. Too often we hear or read that Mattei was profit-minded, the ultimate corruptor. That leaves us astonished… Mattei might have acted aggressively in Eni’s interests, never for personal ones. Mattei is an extraordinary example of personal integrity who reminds us there is no such abstract thing as enterprise ethics: there is the ethical integrity of managers working in an enterprise. Mattei died tragically, like a martyr. As a martyr, he left us a message of hope and trust in mankind’s future. GIULIO SAPELLI is full professor of Economic History and Organization Analysis at the State University of Milan, president of the Centre for Enterprise Culture and member of the Board of Directors of the Eni Enrico Mattei Foundation.
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L’eredità che Mattei lascia a Eni nel momento della sua scomparsa comprende la vocazione internazionale, lo spirito di frontiera, la capacità progettuale e innovativa, l’alta professionalità di manager, tecnici e operai. The legacy Mattei left Eni at the time of his death includes the international call, the frontier spirit, the planning and innovative capability, the outstanding professional standards of its managers, technicians and workers. 82 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
SISTEMI L’AUTONOMIA
ENERGETICA QUALE LEVA
DI CRESCITA ECONOMICA E DI PROGRESSO.
È
IL SEGNO DI DISCONTINUITÀ DI
MATTEI:
UN PASSAGGIO ESSENZIALE NELLA STORIA DELL’IMPRENDITORIA E NELLA POLITICA INDUSTRIALE DEL PAESE.
QUELL’IDEA DI SVILUPPO
N
di
VALERIO CASTRONOVO
essuna immagine, come quella di un apparecchio pronto a spiccare il volo ma costretto ogni volta a rimanere a terra, può sintetizzare meglio il corso dei primi vent’anni dell’Agip, l’Azienda generale italiana petroli, istituita nel maggio 1926. Numerose cause avevano bloccato l’Agip sulla pista di partenza, soprattutto quelle di ordine politico; in quanto non c’era stata alcuna sua iniziativa che non avesse recato comunque il segno di decisioni assunte dallo stesso Benito Mussolini, da alcuni suoi ministri, o da alti papaveri della burocrazia. Ed esse s’erano rivelate, il più delle volte, strumentali o approssimative, quando non controproducenti. Sta di fatto che all’indomani della Liberazione molti avrebbero voluto liquidare su due piedi l’Agip considerandolo nient’altro che un “carrozzone” dell’autarchia fascista. In realtà si trattava di una valutazione infondata. Dato che l’Agip era giunta, alla vigilia della guerra, ad annoverare varie raffinerie, oltre a una rete di distribuzione di idrocarburi, e a coprire quasi un terzo del fabbisogno nazionale di greggio grazie anche alle importazioni dalla rumena Prahova di cui aveva assunto il controllo pressoché ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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1960, Mattei incontra Kossighin, primo ministro dell’Unione Sovietica, per siglare un’intesa per l’importazione di consistenti quantità di greggio. 1960, Mattei meets Soviet premier Kosigyn to sign a deal to import sizeable amounts of crude oil.
totale. Ma soprattutto contava un buon stuolo di specialisti provetti, la cui attività di prospezione si era concentrata negli ultimi tempi su alcune “piste promettenti” della pianura padana. E questa pattuglia di tecnici e geologi era sopravvissuta salvaguardando una parte degli impianti e continuando le ricerche anche durante la Repubblica di Salò. Sarebbe stato perciò un peccato disperdere un prezioso patrimonio di cognizioni ed esperienze pratiche. Fu appunto questo il motivo principale addotto da Enrico Mattei; nominato il 30 aprile 1945 dal Clnai commissario straordinario dell’Agip, per cercare di scongiurare lo smobilizzo dell’azienda, che il ministero del Tesoro avrebbe voluto imporre per risparmiare un po’ di soldi. In questa battaglia, che sembrava persa in partenza, Mattei s’im84 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
N
by
VALERIO CASTRONOVO
o image can more fittingly epitomize the first twenty years of Agip, Azienda Generale Italiana Petroli, incorporated in May 1926, than that of an aircraft ready to fly but forced to stay on the ground every time it wants to take off. Plenty of reasons blocked Agip’s take-off, mainly political reasons, as there had been no Agip effort not bearing the sign of decisions taken by Benito Mussolini, some of his ministers or other ranking bureaucrats. Most of these decisions turned out to be instrumental or imprecise, even counterproductive. It is a fact that after the Liberation many would have wanted to get rid of Agip right away, as they regarded the company nothing more than a “cattle wagon” of fascist autarchy; actually this was a groundless evaluation. Shortly before the war, Agip had succeeded in having several refineries, along with a fuel distribution network and was able to meet nearly one third of the national need for crude oil, also thanks to importations from Romania’s Prahova, a company which it had brought almost 100 per cent under its control. Most of all, Agip had a staff of specialists whose prospecting activity had lately been focused on some “promising leads” in the River Po Valley. This team of technicians and geologists had survived and managed to safeguard part of Agip’s facilities and continue their research activities even during Mussolini’s Salò
ENERGY
SELF-SUFFICIENCY AS A LEVER FOR PROGRESS AND ECONOMIC GROWTH. THIS IS THE SIGN
OF
MATTEI’S
DIVERGENCE: A FUNDAMENTAL STEP IN ITALY’S ENTREPRENEURIAL HISTORY AND INDUSTRIAL POLICY.
THAT IDEA OF DEVELOPMENT SYSTEMS ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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pegnò con una carica ideale e una passione che gli derivavano dalla sua milizia di ex-comandante partigiano delle formazioni di area cattolica. Dopo aver vissuto la Resistenza come il preludio del riscatto nazionale, egli riteneva infatti che fosse ora necessario portare a compimento l’opera di rinascita democratica del paese valorizzando le capacità e le risorse di cui si disponeva affinché gli italiani tornassero padroni del proprio destino. E, a suo avviso, l’Agip era una delle leve che, se utilizzata al meglio per accertare l’effettiva consistenza di alcuni giacimenti in corso d’esplorazione, avrebbe potuto contribuire alla ricostruzione economica dalle rovine della guerra e ad allentare la dipendenza dell’Italia dall’estero. C’era indubbiamente in questa convinzione di Mattei un forte empito di patriottismo, che si spiegava appunto con la sua milizia nella lotta di liberazione, ma anche una valutazione realistica delle potenzialità di un’azienda come l’Agip che, a differenza di quanto si credeva comunemente, non era affatto una pianticella priva di linfa e ormai appassita. Senonché le petizioni di Mattei e l’irruenza con cui le sosteneva non sarebbero bastate a neutralizzare l’ostilità al suo progetto da parte di alcune grosse concentrazioni finanziarie domestiche e straniere, pronte a mettere le mani sull’Agip se fosse stata posta in vendita. Essenziale si rivelò, per la stessa sorte di Mattei, reintegrato nel giugno 1948 al vertice dell’Agip (accanto a Marcello Boldrini) dopo esserne stato estromesso un anno prima, il patrocinio di un uomo politico autorevole quanto sagace come Ezio Vanoni, allora ministro delle Finanze. In quanto rappresentante della sinistra democristiana e, allo stesso tempo, stretto collaboratore di Alcide De Gasperi in virtù del suo equilibrio di giudizio e del suo sodo pragmatismo, Vanoni seppe infatti creare le condizioni affinché il rilancio dell’Agip, insieme alla riorganizzazione dell’Iri, venisse incluso in un programma di governo che, all’insegna dell’interventismo pubblico, assecondasse lo sviluppo delle forze produttive per riassorbire la disoccupazione e attuasse una serie di riforme di carattere economico e sociale. Una volta scampato il pericolo di un’eclissi dell’Agip, Mattei rivelò capacità realizzatrici fuori dal comune e, insieme, una spregiudicatezza manovriera che spiazzarono i suoi avversari. Dopo la scoperta di un primo pozzo di gas a Cortemaggiore, egli creò a tambur battente, ricorrendo a ogni possibile espediente, una rete di trasporto (destinata a divenire la più estesa al mondo dopo Stati Uniti e Unione Sovietica) che rese il metano una fonte energetica di prim’ordine e a portata di mano. E ciò avrebbe contribuito ad accelerare la corsa delle imprese del “triangolo industriale” verso il “miracolo economico”. Certo, fu ancora una volta determinante l’azione lungimirante di Vanoni allorché si trattò di condurre in porto il tormentato iter in sede politica che diede vita nel 1953 all’Eni, quale holding delle attività minerarie e di quelle petrolchimiche. Tuttavia Mattei non si fermò a questo punto, non si limitò a gestire da allora i risultati così raggiunti. E dire che i successi da lui via via conseguiti per estendere il raggio d’azione dell’ente petrolifero di 86 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Republic. It would have been a pity to waste such a precious heritage of knowledge and expertise. That’s the main reason put forward by Enrico Mattei, appointed Agip’s extraordinary commissary by the Committee of National Liberation of Upper Italy (CLNAI) on April 30, 1945, to try and avoid disbanding the company, as the Treasury Ministry meant to do to save some money. Mattei took up this battle, which seemed to be lost even before being fought, putting in a moral drive and a passion he had gained when he served as commander of Catholic-oriented Partisan troops. After having experienced the Resistance as preparation to a national revival, he reckoned it was time to complete the process of Italy’s democratic rebirth by enhancing the skills and resources available to allow Italians to become anew masters of their own destiny. In his opinion, Agip was one of the levers which, if appropriately used to know the real size of some fields being explored, could have helped rebuild the war-devastated economy, making Italy less dependent from other countries. Mattei’s conviction was surely backed by a patriotic drive, which goes back to his participation in the war of liberation. Yet there was also a realistic evaluation of the possibilities a company such as Agip had: unlike the generally-held opinion had it, Agip was not a lifeless, dying-out plant. However, Mattei’s requests and the ardour with which he made them wouldn’t have sufficed to overcome the hostility his project met in some large national and international financial holdings, ready to get hold of Agip as soon as it would be put up for sale. A crucial support to
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Ezio Vanoni ed Enrico Mattei a una manifestazione della “Millemiglia”. In virtù del suo equilibrio di giudizio e pragmatismo, Vanoni, ministro delle Finanze e stretto collaboratore di De Gasperi, seppe creare le condizioni affinché il rilancio dell’Agip venisse incluso in un programma di governo che assecondasse lo sviluppo delle forze produttive per riassorbire la disoccupazione e attuasse una serie di riforme di carattere economico e sociale. Ezio Vanoni and Enrico Mattei at an event of the Millemiglia open-road endurance race. Thanks to his balanced judgment and matter-of-fact approach, Vanoni, Finance minister and close aide of then premier De Gasperi, set up the conditions to make sure Agip’s rescue was written into a government program aimed at supporting industrial development, fighting unemployment and launching a number of economic and social reforms. 88 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei, who was reinstated at the top of Agip in June 1948 (alongside Marcello Boldrini) after having been ousted one year earlier, came from an eminent and smart politician, Enzo Vanoni, who was Finance Minister at the time. Being, at the same time, a representative of the Christian Democrats’ left-wing, and close assistant to Prime Minister Alcide De Gasperi, because of his balanced judgements and solid pragmatism, Vanoni managed to include Agip’s fresh start, along with IRI’s reorganization, in a government programme to support industry, curb unemployment and make social and economic reforms through state intervention. Once Agip no longer risked disappearing, Mattei proved to have exceptional management skills, which, together with his daring moves, took his rivals by surprise. After discovering a gas well at Cortemaggiore, he resorted to all possible means and quickly set up a transport network (to become the world’s largest, after the US and Soviet Union’s ones) which made natural gas a foremost energy source, always at hand. This was going to speed up the pace of the so-called ‘industrial triangle’ enterprises, paving the way to Italy’s “economic miracle”. Sure, Vanoni’s far-sightedness was once again crucial, since he had to complete the winding political procedures that led to establishing Eni in 1953, as a holding of mining and petrochemical activities. Nonetheless, Mattei didn’t stop here, he didn’t sit back and managed the results he had obtained, even if the chain of achievements he had scored to expand the state oil company’s sphere of action assured him, since the mid 1950s, both an unquestioned leadership in the state-controlled sector of the economy, and a strong personal clout with all political sides, as well as great prestige among industrialists, similar to that gained by Vittorio Valletta, the man who triggered carmaker Fiat’s success. Eni’s president aimed higher, obsessed with an ambitious and daring plan: that of guaranteeing Italy’s energy supply self-sufficiency as to avoid it being relegated to an economically inferior condition and politically subordinate position. This goal had been an obsession with all Italian governments since the beginning of the 20th century, when the country began going industrial. Many, both in Italy and abroad, thought that “an oilman without oil”, such as Mattei (who had processed the oil of other groups until then, mainly from British Petroleum, linked to the British Admiralty) would have gone nuts trying to defy the so-called “Seven Sisters” that held the oil production and market monopoly. That’s when he threw on the table a card no one had expected: a truly revolutionary formula for that era. He proposed oil-producing countries a much more profitable sharing out of profits compared with the agreements made with the US and UK giants, and on top of that offered them Eni’s cooperation in crude oil exploration and use, through the establishment of joint ventures on an equal footing. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Stato gli avevano assicurato, fin dalla metà degli anni Cinquanta, sia una leadership indiscussa nell’ambito del settore economico pubblico, oltre che una larga influenza personale negli ambienti politici d’ogni colore, sia la conquista di una posizione di potere al vertice del firmamento industriale pari a quella di Vittorio Valletta, l’artefice delle fortune della Fiat. Ma il presidente dell’Eni puntava più in alto, assillato com’era da un disegno altrettanto ambizioso quanto audace: ossia, di garantire l’autonomia energetica dell’Italia in modo che non rimanesse relegata a una condizione sia di inferiorità economica che di subalternità politica. Un obiettivo, questo, che era stato il rovello dall’inizio del Novecento, dal primo decollo industriale del nostro paese, di tutti i governi succedutisi fino allora sulla scena italiana. In molti, sia in patria che all’estero, erano convinti che un “petroliere senza petrolio” come Mattei (che fino a quel momento aveva lavorato il greggio di altri, per lo più della British Petroleum apparentata all’Ammiragliato britannico) si sarebbe spaccato la testa a sfidare le “Sette Sorelle” che detenevano il monopolio della produzione e del mercato. Senonché egli gettò sul tavolo un asso che nessuno s’aspettava e che era una vera e propria formula rivoluzionaria per quei tempi. Egli propose infatti ai paesi produttori una ripartizione dei profitti molto più vantaggiosa di quella che li legava alle multinazionali anglo-americane e inoltre offrì loro la collaborazione dell’Eni nella ricerca e nell’utilizzo del greggio mediante la costituzione su un piede di parità di apposite società miste. Fu così che l’Agip, quella sorta di apparecchio che per tanto tempo era rimasto appiedato a terra, prese decisamente il volo. È pur vero che l’Eni non aveva mercati di sbocco tali da garantire ai paesi produttori sicure e cospicue entrate al riparo da ogni rischio imprenditoriale ed evenienza congiunturale. Tuttavia Mattei aveva incrinato lo strapotere delle “Sette Sorelle”, che sino ad allora era parso altrettanto assoluto che intangibile. E quel che più importava, aveva accreditato l’Eni, quale impresa garante di un rapporto decisionale di partnership, presso i governi del Medio Oriente e quelli africani di nuova indipendenza. Tanto più in virtù del fatto che l’Italia non aveva retaggi coloniali da difendere e che anzi, attraverso le iniziative della sua diplomazia miranti ad acquisire un maggior peso nelle relazioni internazionali, non faceva mistero di appoggiare la causa antimperialista del Terzo Mondo. Negli Stati Uniti la strategia di Mattei suscitò serie preoccupazioni, non solo perché stava mettendo a repentaglio gli interessi delle principali compagnie americane, ma anche perché sembrava dettata da un sussulto nazionalista tendenzialmente neutralista. E tanto più Washington fu indotta a crederlo dopo l’intesa siglata da Mattei nell’ottobre 1960 con l’Unione Sovietica, per l’importazione di consistenti quantità di greggio: sebbene quest’accordo fosse stato giustificato da Roma sia adducendo la convenienza del prezzo praticato dai russi (inferiore del 20 per cento a quello delle compagnie occidentali), sia invocando l’interesse comune 90 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
That’s how Agip, that kind of aircraft that had been left stranded on the ground for so long, eventually took off. If truth be told, however, Eni didn’t operate in enough markets to guarantee the producer countries safe and significant income, independently of entrepreneurial risks and economic development. Nevertheless, Mattei had shaken the overwhelming power of the “Seven Sisters”, which, until then, seemed to be absolute and untouchable. Above all, he made Eni gain credit as an enterprise guaranteeing a partnership decision-making process with the Middle East governments and in newly independent African countries. He could do this also thanks to the fact that Italy had been left with no ‘colonial’ legacy to defend and rather never concealed its support for the anti-imperialist cause of third world countries though its diplomatic initiatives aimed at having a greater role in international relations. In the US, Mattei’s strategy caused serious concern, not just because it undermined the interests of US oil majors, but also because it seemed driven by a nationalist resurgence that tended towards neutrality. And Washington was led to believe this even more after the agreement signed by Mattei with the Soviet Union in October 1960, for the import of large quantities of crude oil: even if this agreement was justified by Rome by both pointing the Russians were charging cheaper prices (20 percent less than those of western companies), and calling upon the common western interest in fostering tension-easing with Moscow by expanding trade. Indeed, Mattei wanted Eni to be given full “right of citizenship” with access to oil and natural gas resources. In January 1955 he had written to the chairman of Standard Oil, “Italy is a small, old country, that in just a few decades has decisively undertaken the path of serious industrial production. Our national surface is just a 26th of that of the United States, our population a third. These numbers help understand how our harsh and poor land is also overpopulated. It is necessary to take that into account when evaluating our achievements and our efforts, especially considering that on this side of the Atlantic the strenuous work of men is fertilised by the help of nature and by a social mechanism that day by day is becoming more perfect and more pliant under the demands of circumstance.” In practice, when Esso and a few other companies were finally willing, although reluctantly, to stop considering Eni just as a “pirate ship”, to be gotten rid of, the conditions were laid for some mutual and fruitful forms of cooperation. Thus also a solution could be worked out to settle a conflict with the French (due to the support Eni had given to the Algerian National Liberation Front) to the point of suggesting a deal between Eni and a State oil company being created in Paris. In fact, what Mattei left as a legacy at the time of his tragic death in October 1962 was a group that, besides identifying totally with the need of Italy to rely on its own production and supply system in the oil and gas sector, boasted important credentials and potential for the future. This ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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dell’Occidente a favorire, attraverso lo sviluppo degli scambi commerciali, una distensione con Mosca. In realtà, quel che Mattei voleva era che all’Eni fosse riconosciuto un “diritto di cittadinanza” a pieno titolo nell’accesso alle fonti petrolifere e di gas naturale. Nel gennaio 1955 aveva scritto al presidente della Standard Oil “L’Italia è un piccolo, vecchio paese, che solo da pochi decenni si è decisamente incamminato sulla via della produzione industriale in serie. La nostra area nazionale è appena un ventiseiesimo di quella degli Stati Uniti, la nostra popolazione un terzo. Questi numeri fanno comprendere quanto il nostro suolo aspro e povero sia anche sovrappopolato. Bisogna tener conto di ciò nel valutare le nostre realizzazioni e i nostri sforzi, specialmente considerando che da questa parte dell’Atlantico lo strenuo lavoro degli uomini è fecondato dal soccorso della natura e da un ingranaggio sociale che di giorno in giorno diventa più perfetto e meglio plasmabile sotto l’urgenza delle circostanze”. In pratica, quando la Esso e qualche altra compagnia furono infine disposte, sia pur “obtorto collo”, a non considerare più l’Eni solo una “nave corsara”, da togliere di mezzo, vennero ponendosi le premesse per alcune reciproche e fruttuose forme di collaborazione. Così pure venne avviato a soluzione il contenzioso con i francesi (dovuto all’appoggio fornito a suo tempo dall’Eni al Fronte di liberazione nazionale algerino) al punto da prefigurare un’intesa fra l’Eni e una società petrolifera di stato in via di costituzione a Parigi. Di fatto, quello che Mattei lasciò in eredità al momento della sua tragica scomparsa nell’ottobre 1962 era un gruppo che, oltre a identificarsi totalmente con l’esigenza primaria dell’Italia di contare su un proprio sistema di produzione e di approvvigionamento diretto nel campo degli idrocarburi, vantava importanti credenziali e potenzialità per l’avvenire. Esse consistevano in una vocazione internazionale caratterizzata da un forte spirito di frontiera e in alcune leve destinate ad accrescere negli anni successivi i livelli di competitività e redditività dell’Eni: da una robusta capacità progettuale e innovativa, nel campo tanto dell’impiantistica che dell’ingegneria civile e delle infrastrutture di trasporto, alla professionalità di una schiera di manager e di tecnici addestrati in base a sistemi avanzati di reclutamento e di formazione. Insomma, per quanto fosse stato accidentato e controverso l’itinerario di Mattei, l’opera da lui realizzata, nel giro di poco più di un decennio, aveva rappresentato per il paese un “salto di qualità”, una svolta decisiva, in un settore cruciale come quello energetico. VALERIO CASTRONOVO è professore ordinario di storia contemporanea all'Università di Torino ed editorialista del quotidiano economico “Il Sole 24 Ore”.
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consisted in an international vocation characterised by a bold frontier spirit and some instruments destined to increase Eni’s levels of competitiveness and profitability over the coming years: from a robust and innovative planning capacity in the fields of plant and civil engineering and transport infrastructure, to the skills of an array of managers and technicians prepared on the basis of advanced recruitment and training systems. In all, for as much as Mattei’s path was bumpy and controversial, his work in the space of just over a decade, represented a “leap of quality” for Italy, a crucial turnaround in a crucial sector such as energy. VALERIO CASTRONOVO is professor of Contemporary History at the University of Turin and is an editor with the financial daily, “Il Sole 24 Ore”.
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INTERVISTA PADRE
ENI, GIOVANNI BERSANI ENRICO MATTEI
DELLA LEGGE ISTITUTIVA
RICORDA CON LA FIGURA DI
IL CLIMA POLITICO CHE NE HA ACCOMPAGNATO QUEI PRIMI, DECISIVI ANNI.
IL PROGETTO DI RINASCITA
“H
di
GIORGIO SECCHI
o molti ricordi di Mattei, veniamo entrambi dalla Resistenza. Siamo stati eletti tutti e due deputati il 18 aprile ’48, per la Dc. In Parlamento ci scambiavano sempre l’uno per l’altro, nonostante non riscontrassi una grande somiglianza tra di noi. I commessi della Camera mettevano spesso nella mia casella la posta indirizzata a lui e lo stesso succedeva con me. Il periodo più intenso fu quando ci mettemmo al lavoro per realizzare la legge per istituire l’Ente Nazionale Idrocarburi, di cui sono stato presentatore e relatore in Parlamento”. Il senatore Giovanni Bersani, 92 anni, è nel suo ufficio a Bologna, dove vive e ancora lavora continuando ad assicurare al Cefa - una tra le più importanti associazioni del volontariato internazionale, che si occupa di interventi in favore dello sviluppo delle popolazioni agricole di Africa, America Latina, Balcani e Medio Oriente - il dinamismo, l’entusiasmo e la volontà di quando la fondò nel 1971. La legge di cui è padre, la numero 136 del 10 febbraio 1953, fu l’atto formale di costituzione Eni. Grazie a quella legge l’impresa si vide riconosciuto il compito di “promuovere ed attuare iniziative di interesse nazio94 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
LA CARRIERA POLITICA COME IMPEGNO CIVILE Giovanni Bersani, oggi 92enne, bolognese eletto al Parlamento nel 1948, è stato vice ministro del Lavoro nell'ultimo governo De Gasperi, deputato e senatore nel Parlamento italiano per più legislature; dal 1960 al 1989 parlamentare europeo e per sei anni vicepresidente. Fermamente convinto del valore della cooperazione, è stato per dieci anni vicepresidente nazionale Acli e infine presidente nazionale del Movimento cristiano lavoratori. Tra le proposte di legge da lui presentate, oltre a quella che istituì Eni nel 1953, è da ricordare in particolare la prima legge organica italiana sulla cooperazione allo sviluppo e volontariato internazionale del 1971. A livello internazionale, dal 1976 al 1989, è stato presidente dell'Assemblea parlamentare del Trattato di Lomè tra la Comunità economica europea e 70 paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico e, alla scadenza del mandato, acclamato presidente a vita ad honorem. Nel 1971 ha fondato il Cefa, oggi una delle principali componenti del volontariato internazionale italiano ed europeo.
Dopo essere entrato in contatto con i circoli antifascisti milanesi, il 25 luglio 1943 Mattei si unisce, insieme a Marcello Boldrini, ai gruppi partigiani operanti sulle montagne circostanti Matelica (Marche). Having entered into contact with Milan’s anti-fascist groups, Mattei along with Marcello Boldrini joined partisan fighters on the mountains surrounding Matelica in the Marches region on July 25, 1943.
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THE POLITICAL CAREER AS A CIVIC COMMITMENT Giovanni Bersani, aged 92, was born in Bologna. He was elected MP in 1948, and was deputy Labour Minister in De Gasperi’s last cabinet; he was MP and senator of the Italian Parliament for several terms; European MP from 1960 to 1989, and vice-president for six years. Firmly convinced that cooperation has a great value, he was, for ten year, deputy national president of Acli and also national president of Christian Workers Movement. Among the bills he presented, aside from the one that instituted Eni in 1953, it is worth mentioning the first Italian organic law on international cooperation for development and voluntary work, in 1971. At an international level, he was chairman of the Parliamentary Assembly of the Lomé Treaty between the European Economic Community and 70 African, Caribbean and Pacific countries, from 1976 to 1989. When his term expired, he was given the title of honorary president for life. In 1971 he founded Cefa, currently one of the main bodies of Italian and European International voluntary work. 96 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
“I
by
GIORGIO SECCHI
have many memories of Mattei, we both came from the Resistance. We were both elected MPs on 18 April 1948, with the Christian Democrats. In Parliament, people often used to mistake us, despite there wasn’t much resemblance, in my opinion. The Lower House clerks often used to put his mail in my mailbox, and the same happened to my mail. The most intense period was when we started working on the law to establish the Ente Nazionale Idrocarburi, which I introduced and proposed in Parliament”. Senator Giovanni Bersani, aged 92, is in his office in Bologna, where he lives, and still works, for CEFA - one of the most important international charity associations, which deals with measures to boost development among agricultural people in Africa, Latin America, the Balkans, the Middle East – with the same energy and enthusiasm he had when he founded it, back in 1971. The law he presented, law n.136 of 10th February 1953, was the formal act instituting Eni. Thanks to that law, the enterprise was assigned the task of “promoting and enforcing national interest undertakings in the sector of hydrocarbons and natural gases”, competing with private companies, but holding exclusive rights for the research and
FATHER
ENI WAS BUILT ON, REMEMBERS ENRICO MATTEI
OF THE LAW THAT
GIOVANNI BERSANI
AND THE POLITICAL CLIMATE THAT ACCOMPANIED HIS FIRST AND CRUCIAL YEARS.
THE PROJECT OF REBIRTH INTERVIEW ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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nale nel campo degli idrocarburi e dei vapori naturali” in regime di concorrenza con le imprese private ma con il diritto esclusivo per la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi in valle Padana. La voce del senatore, attraverso il telefono, arriva, forte e pacata. Sta aspettando una delegazione di capi tribù somali, in arrivo da Londra: “Vengono a ringraziarci perché abbiamo soccorso e curato una ragazza di un piccolo villaggio oltre Giuba, siamo riusciti a farla operare e a risolvere gravi malformazioni congenite”. E intanto comincia a raccontare quegli anni, nell’immediato dopoguerra, in cui si lavorava a ricostruire l’Italia, uscita sconfitta dalla guerra e con un tasso indicibile di povertà: “Ci trovavamo nello studio del ministro delle Finanze, Ezio Vanoni, con il presidente della Commissione Industria di cui non ricordo il nome - forse Togni o Quadrello - e Mattei. Vanoni era il punto di riferimento e con lui condividevamo l’idea che l’Italia fosse in una fase d’emergenza. Credevamo fosse compito dello stato realizzare alcuni grandi progetti capaci di rimettere in piedi l’economia. Ci ispiravamo al lavoro di quel gruppo di intellettuali cattolici che nel luglio 1943 si era riunito, presso il monastero benedettino di Camaldoli, con l’intento di confrontarsi e riflettere sul magistero sociale della Chiesa. Quel lavoro, proseguito a Roma sotto la guida di Vanoni, si era tradotto, nella primavera del 1945, nella pubblicazione del cosiddetto «Codice di Camaldoli» che affrontava i punti fondamentali del problema della comunità umana, in particolare i più vivi e urgenti problemi del lavoro e della vita economica”. In effetti a don Luigi Sturzo, vecchio fondatore del Partito Popolare, non piaceva la piega presa dalla Democrazia Cristiana: “Si è posto, in quanto partito, il problema dell’unità politica dei cattolici. Ma così”, si sfogherà qualche anno più tardi don Sturzo con lo storico Gabriele De Rosa, “è diventata debitrice dell’Azione Cattolica. E ha dovuto accettare di essere non un partito, ma un coacervo di partiti: c’è la consorteria di Fanfani, quella di Enrico Mattei, quella della Base…”. Ricorda Bersani: “Solo io conosco le difficoltà che ho passato con Don Sturzo. Temeva che lo stato, una volta messo su un sistema di imprese pubbliche, non avrebbe mollato la presa e la politica avrebbe finito per farla da padrone. Per me era un maestro che veneravo. Abitava presso certe suore, di cui ho scordato il nome, e ben due volte ci siamo incontrati per parlare della costituzione dell’Eni. Lui sui progetti di Mattei picchiava duro. Furono colloqui molto difficili”. Il senatore allora era assistente di diritto amministrativo. “Avevo cominciato a collaborare con Vanoni e la sua linea di orientamento era molto decisa verso l’intervento ‘straordinario’ dello stato nel ridisegnare il sistema delle imprese. Quando stavamo lavorando alla legge istitutiva” prosegue Bersani “Mattei sosteneva con grande passione il progetto, condivideva fino in fondo l’idea di Vanoni sulla necessità di un’organizzazione produttiva pubblica, finalizzata a promuovere il bene comune, collegan98 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Un distributore di benzina Victoria prodotta dalla Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP) negli anni Venti.
A pump distributing the Victoria petrol that Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP) produced in the 1920s.
development of hydrocarbons in the Po Valley. The senator’s voice comes through loud but calm over the phone. He is waiting for a delegation of Somali tribe chiefs, flying in from London: “they are coming to thank us because we rescued and cured a girl from a small village, beyond Juba. We managed to have her undergo surgery, to resolve serious congenital malformations”. Meanwhile, he starts telling about those years, the immediate postwar era, when people worked to reconstruct Italy, defeated in the war and extremely poor. “We were in the office of Finance Minister Ezio Vanoni, with the chairman of the Industry Committee, whose name I cannot recall - possibly Togni or Quadrello - and Mattei. Vanoni was our point of reference, we agreed on the fact that Italy was going through an emergency phase. We believed it was the state’s duty to accomplish some great projects to give new momentum to the economy. We took cue from the work of that group of Catholic intellectuals who met at the Benedictine monastery of Camaldoli in July 1943 to debate over the social teaching of the Church. That work was pursued in Rome under the guidance of Vanoni, and became, in spring 1945, the so-called Camaldoli Code (“Codice di Camaldoli”), which tackled the crucial aspects of the human community issue, particularly the most topical and urgent ones, such as labour and economic life”. Indeed, don Luigi Sturzo, founder of the People’s Party, didn’t like the new turn taken by the Christian Democrats: “as a political party, it has taken up the issue of the political union of Roman Catholics. But by doing so – don Sturzo complained a few years later, talking to historian Gabriele De Rosa – it is now in debt with Azione Cattolica. And it had to accept the fact it is not a party, rather an assemblage of parties: the proFanfani faction, the pro-Mattei faction, the ‘grass-root’ faction …”. Bersani recalls: “Only I know the problems I went through with don Sturzo. He feared that the state, once a system of public sector companies had been set up, wouldn’t let go, and that politics would end up ruling everything. To me, he was a mentor, I worshipped him. He used to live with some nuns, I can’t remember their name, and we met twice to discuss about the constitution of Eni. He was very critical of Mattei’s projects. Those were hard talks”. The senator was then administrative law assistant professor. “I started collaborating with Vanoni, and his strategy staked a lot on an ‘extraordinary’ state intervention in the reorganisation of the enterprise system. When we were working on the instituting law – says Bersani – Mattei was very keen on this project, he totally agreed with Vanoni on the need to have a State-run, industrial organization, whose final aim was to enhance the common good, linking producer interests to consumer interests. Over the following years, however, he exploited the power he had to put the parties and the political situation under pressure. It is sufficient to recall the role he played in the success of the Grass-root ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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do gli interessi dei produttori con quelli dei consumatori. Negli anni successivi, però, si servì della forza acquisita per esercitare una pressione sui partiti e la situazione politica. Basta ricordare il ruolo che ebbe nell’affermarsi della corrente di Base dentro la Dc e i primi ammiccamenti ai socialisti”. Vanoni aveva una grande autorità su Mattei. “Era l’unico che poteva temperarne l’aggressività. Purtroppo morì all’improvviso, nel 1956, dopo il famoso discorso al Senato. Mi ha colpito” e la voce del senatore prende una piega amara “il silenzio che circonda Vanoni, l’inventore della riforma tributaria. Certo” riprende il racconto Bersani “i giorni della discussione in aula sulla legge istitutiva furono terribili, i petrolieri e i giornali, tutti, dal Corriere della Sera al Giornale d’Italia si scatenarono, ‘Ma cosa vuole questo giovane avvocato’, scrivevano (non avevo ancora 40 anni), ‘si mette a disputare di politica energetica?’. Eh, erano bei tempi, quelli, per la politica, si facevano grandi battaglie”. E poi? “Negli anni successivi alla costituzione dell’Eni” ricorda ancora il senatore “le mie divergenze con Mattei vennero fuori. Una volta ero in via del Tritone, a Roma, sento suonare più volte il clacson. Mi volto e vedo un’auto, un’utilitaria, dipinta di giallo. E Mattei alla guida. Mi fa segno di salire e mi assale: ‘Vedi, non ho più l’autista, li abbiamo mandati tutti al lavoro in azienda, ho abolito le auto di lusso per ridurre i costi di gestione’. ‘E perché l’hai dipinta di giallo?’, gli chiesi. ‘Tutti ci devono riconoscere e vedere che stiamo risparmiando per raddrizzare la situazione’. E ci riuscì. Quel giorno in auto cercò di approfondire le ragioni del nostro contrasto ma non arrivammo a ricomporlo”. Però rimase un clima di cordialità. “Un’altra volta” testimonia Bersani “ero a New York per un incontro con i sindacati americani. Anche lui era lì, stava trattando per aprire uno stabilimento dell’Anic nei fertilizzanti. Mi chiamò e mi invitò per un incontro. Mi ricordo anche una riunione presso la Camera di Commercio di Bologna sui problemi di Ravenna e della Romagna. C’erano Mattei e i deputati locali: il modenese Medici, il ravennate Zaccagnini, io e Salizzoni, bolognesi. In un giorno decidemmo il raddoppio del porto di Ravenna, la costruzione dell’autostrada e il nuovo impianto dell’Anic. Erano anni fantastici, si riuscivano a fare cose straordinarie nel rapporto tra politica ed economia”. Dal tono sembra di cogliere un riferimento critico all’oggi, ma il senatore non cade nella trappola, ormai ha un’età in cui non gli succede più.
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faction of the Christian Democrats, and in the early feelers with the socialists”. Vanoni had a great influence over Mattei. “He was the only one who could dampen his aggressiveness. Unfortunately, he died suddenly, in 1956, after his famous speech at the senate. What struck me – Bersani’s voice clearly unveils some sorrow – was the silence enveloping Vanoni, the man who conceived the tax reform. Sure, the days we debated the Eni law in Parliament were terrible, oilmen and papers, every single one, from Corriere della Sera to Giornale d’Italia leashed out in fury: ‘What does this young lawyer want’, they used to write (I still hadn’t turned 40),’ ‘How dare he discuss energy policies?’ Those were epic days, great battles were fought in politics”. What then? “In the years that followed the institution of Eni”, recalls Bersani, “my divergences with Mattei all arose. I remember walking down Via del Tritone in Rome, when I suddenly heard someone tooting the car horn. I turned around and saw a small yellow car, Mattei sitting behind the wheel. He gestured me to get in: ‘See, I no longer have a driver, we sent them all to work at the company. I have abolished deluxe cars to reduce management costs’. ‘Why did you paint it yellow?’, I asked him. ‘Everyone must recognise us and see we are saving money to get the situation straight’. And he succeeded. That day, in the car, he tried to examine thoroughly the reasons of our divergence, but we never managed to bridge that gap”. Yet the relationship was always a warm one. “I was once in New York to attend a meeting with US trade unions. He was there too, negotiating to open an Anic factory in the fertilisers sector. He called me and invited me to take part in a meeting. I also remember a meeting at the Chamber of Commerce of Bologna, on the problems of Ravenna and Romagna. Mattei and the local MPs were there: Medici, from Modena, Zaccagnini from Ravenna, Salizzoni and I, both from Bologna. In one day we resolved on doubling the size of Ravenna’s harbour, the construction of the motorway and the new Anic factory. Those were extraordinary years, great things could be achieved in the politics-economy channel”. From his tone of voice I gather a criticism to present day, but the senator doesn’t fall into the trap, he’s now grown to an age when it no longer happens to him. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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LO
SPIRITO DI
MATTEI
NEI RACCONTI PARALLELI
DI CHI HA LAVORATO SOTTO LA SUA GUIDA.
MARCELLO COLITTI, EGIDIO EGIDI, FRANCESCO GUIDI E MARIO PIRANI RIVIVONO LE PRIME ESPERIENZE: ANNI IRRIPETIBILI CHE HANNO FATTO GRANDE ENI.
IL CORAGGIO DI CAMBIARE
Obiettivo della strategia di Mattei è far nascere un’industria energetica italiana che rappresenti il motore per la ripresa economica e per lo sviluppo industriale del paese dopo la tragica esperienza della guerra. Mattei’s strategy was aimed at setting up an Italian energy industry that could work as the engine of the nation’s economic recovery and industrial development after the tragic experience of wartime. 102 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
FORUM
E
di
LUIGI VALGIMIGLI
nrico Mattei è nato 100 anni fa. Ha vissuto la tragica esperienza della guerra e la fase, difficile e faticosa, della ricostruzione. Di quel periodo storico e sociale la sua figura incarna gli aspetti più complessi. Il suo rapporto con l’Agip inizia nell’immediato dopoguerra. L’Italia è tutta da ricostruire; un acceso dibattito politico, economico, imprenditoriale anima il paese e riguarda la via da seguire per rimettere in moto le nostre industrie e la nostra economia. Alcuni sostengono che occorre affidarsi all’imprenditorialità privata; altri ritengono indispensabile l’intervento dello Stato. Un progetto comune: ricostruire l’Italia. “Mattei continuava a ripetere: ‘dobbiamo rifare l’Italia’ e caricava i suoi collaboratori in modo incredibile”, ricorda Marcello Colitti. “Sono entrato all’Eni il 2 febbraio 1956. L’Eni era giovane, con pochi dipendenti, anch’essi in gran parte giovani. Si lavorava 10-12 ore il giorno e nessuno se ne stupiva. Ci sentivamo protagonisti di una grande sfida. L’idea-forza era: adoperare le risorse energetiche italiane e quelle che l’Agip andava scoprendo nel mondo per sostenere lo sviluppo economico dell’Italia. Attorno a questo progetto si era formato, all’Agip e all’Eni, un management orgoglioso e competente”. Molti luoghi comuni su Mattei non corrispondono alla realtà del personaggio, sostiene Colitti. “Si è detto che era un uomo autoritario. Non è vero: era autorevole, ma non autoritario. Aveva un grande senso del servizio e della dignità sua personale e dell’Italia e non accettava che questa dignità venisse offesa. Di fronte all’arroganza dei potenti, si trasformava in una vera e propria furia.” Il gruppo Eni era già consistente perché comprendeva due grandi aziende come Agip e Snam, ma la holding era piccola e la struttura ancora confusa. “La confusione si è risolta, in gran parte, nel ’57, quando fu avviata la riorganizzazione dell’Eni sulla base del modello americano di staff & line. Mattei, primo tra tutti in Italia, affidò la riorganizzazione alla società di consulenza americana Booz Allen. Il nuovo modello organizzativo, snello ed efficiente, era avveniristico rispetto alla tradizione italiana. Aziende come Fiat e Olivetti lo realizzarono soltanto molto tempo dopo.” ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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In quegli stessi anni l’Eni fondò, a San Donato Milanese, l’Istituto superiore del petrolio che ebbe tra i suoi primi docenti esperti della Booz Allen e del mondo petrolifero statunitense. “All’Ufficio studi – prosegue Colitti – si lavorava come matti, ma ci si divertiva anche, si rideva molto, perché eravamo tutti giovani. Il nostro capo era Giorgio Fuà1. Ogni volta che andavamo da lui, il divertimento intellettuale era assicurato. Giorgio aveva la passione di insegnare e lo faceva in un modo fantastico”. I rapporti con Mattei erano abbastanza sistematici, anche perché l’Ufficio studi preparava i suoi discorsi. “Mattei interveniva spesso a convegni, inaugurazioni, conferenze stampa. Per un certo periodo conservò l’abitudine di pronunciare tre discorsi ogni weekend: uno come presidente dell’Eni, uno come uomo politico democristiano e uno come dirigente del Corpo volontari della libertà2 ”. Non avremmo avuto il ‘miracolo economico’ senza le intuizioni di Mattei, sostiene Colitti: “Il boom italiano degli anni ’50-’60 è stato possibile grazie alla disponibilità del gas naturale che l’Eni seppe portare nel mercato con una rapidità inimmaginabile. Anche i più polemici dovettero ammettere che nessuna impresa privata sarebbe riuscita a realizzare, a tale velocità, la rete dei metanodotti”. Il 27 ottobre 1962 avvenne la tragedia di 104 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei è un grande comunicatore. Partecipa spesso a convegni, inaugurazioni e pronuncia discorsi come imprenditore e come politico. Mattei was a great communicator. He often showed up at conventions, opening ceremonies and delivered speeches as an entrepreneur and a politician.
E
by
LUIGI VALGIMIGLI
nrico Mattei was born 100 years ago. He lived through the tragic experience of war and the difficult and tiring period of reconstruction. He embodied the most complex aspects of that historical and social period. His relationship with Agip began immediately after the war. Italy needed total reconstruction. A lively political, economic, and business debate animated the country and concerned the path to follow to get our industries and economy going again. Some argued that it was necessary to trust in private business, others believed State intervention to be indispensable. A common project: Italian reconstruction. “Mattei used to repeat: ‘we must rebuild Italy’ and he inspired his collaborators incredibly”, recalled Marcello Colitti. “I joined Eni on 2 February 1956. Eni was new, with few employees, most of whom were young, too. You worked 10-12 hour days and no one was surprised at this. We felt we were taking part in a big challenge. The guiding idea was: use Italian energy resources and those that Agip was discovering around the world to support the growth of the Italian economy. Agip and Eni created a proud and competent management around this project.” Many views commonly held about Mattei do not correspond to the
THE
SPIRIT OF
MATTEI
RUNS THROUGH PARALLEL STORIES
WRITTEN BY PEOPLE WHO WORKED FOR HIM.
MARCELLO COLITTI, EGIDIO EGIDI, FRANCESCO GUIDI AND MARIO PIRANI RELIVE THEIR EARLY EXPERIENCES: UNBEATABLE YEARS THAT MADE ENI GREAT.
THE COURAGE TO CHANGE FORUM ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Bescapè. “La morte di Mattei per tutti noi fu come la scomparsa di un padre. Ma non eravamo preoccupati per il futuro del nostro lavoro: c’erano alcuni problemi finanziari, di indebitamento, ma l’azienda era solida e poteva contare sul patrimonio che Mattei era riuscito a infondere ai suoi collaboratori: la capacità di far progredire il sistema con una velocità straordinaria. E l’Eni continuò a progredire anche dopo la morte del suo primo presidente”. L’eredità del fondatore. C’è un segno del destino nella ‘chiamata’ all’Agip di Egidio Egidi. “Era il 1949. Mi ero appena laureato in ingegneria e lavoravo al Genio civile di Macerata. Un giorno ricevetti un telegramma che mi convocava alla sede Agip di Roma. Conoscevo Mattei, amico di mio padre, ma quel telegramma fu una sorpresa. Mattei mi ricevette subito e, senza tanti preamboli, mi propose – o meglio, mi ‘ordinò’ – di lavorare in Valle Padana. ‘Lunedì prossimo – mi disse – presentati a Cortemaggiore. Per ora non ti assumo ma ti dò una borsa di studio. In Valle Padana ho grandi progetti, è una buona occasione per la tua futura carriera professionale; ma se non vai bene, ti caccio via’. Non chiesi nessuna spiegazione, mi venne spontaneo rispondere: sissignore.” Non fu facile per Egidi spiegare alla sua famiglia la decisione di piantare un I TESTIMONI impiego sicuro per andare allo sbaraglio, senza contratto, in un’azienda chiacchieMarcello Colitti è uno dei consulenti più ascolrata. “Ma non mi sono mai pentito di tati nel settore del petrolio. È entrato in Eni nel quel ‘sissignore’. Ho vissuto con entusia1956 e ha ricoperto incarichi di crescente smo il periodo pionieristico degli anni responsabilità. È stato fra l’altro presidente di ’50. Avevamo pochi mezzi tecnici, ma Enichem e vicepresidente Agip. possedevamo un buon know-how tecniEgidio Egidi è stato uno dei principali pionieri e co-geologico e avevamo un grande entuprotagonisti del processo di sviluppo e internasiasmo. Mattei ci invitava a recarci negli zionalizzazione dell’Agip. È stato per un breve Stati Uniti per imparare da chi aveva più periodo presidente dell’Eni e ha ricoperto ruoli esperienza. E tutti noi raggiungevamo il manageriali in aziende del gruppo Fiat. Texas, la California, per apprendere sul Francesco Guidi è socio dell’Associazione piocampo il mestiere del petrolio.” nieri e veterani Eni. È autore di numerose pubAll’Agip Mineraria, Egidi ha coperto blicazioni sulla storia Eni e su problematiche responsabilità crescenti, da responsabile del petrolio e del gas. È direttore responsabile del distretto di Ravenna, fino a direttore di Assomin notizie, notiziario mensile della generale e amministratore delegato. Associazione mineraria italiana. Dopo la morte di Mattei, Egidi dovette Mario Pirani è una grande firma del giornaliraccoglierne l’eredità per gli aspetti che smo e un intellettuale della sinistra italiana. riguardavano il settore della ricerca e Militante comunista dal 1944, in seguito alla produzione di idrocarburi in Italia e repressione della rivolta ungherese uscì dal all’estero. “La situazione finanziaria Pci e dall’Unità. È stato tra i fondatori de La dell’Eni era critica e c’era il timore di non Repubblica. poter continuare a investire grossi capitali di rischio in nuove avventure petrolife106 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
reality of the person, argues Colitti. “They said he was an authoritarian man. That’s not true: he was authoritative, but not authoritarian. He had a great sense of service and of his personal dignity and that of Italy and he did not accept offence to these dignities. In the face of the arrogance of the powerful, he turned into real fury.” The Eni group was already large because it included two big companies such as Agip and Snam, but the holding was small and the structure still confused. “The confusion was resolved, largely, in 1957, when Eni was reorganised on the basis of an American staff & line model. Mattei, firstly within Italy, entrusted the company’s reorganisation to the American consultants Booz Allen. The new organisational model, trim and efficient, was futuristic compared to Italian tradition. Companies such as Fiat and Olivetti only went that way a long time after.” In those years Eni founded, in San Donato Milanese, the Higher Oil Institute, which had among its first teachers experts from Booz Allen and the United States’ oil industry. “At the Research Department – Colitti went on – we worked like madmen, but we also enjoyed ourselves, laughing a lot, because we were all young. Our boss was Giorgio Fuà1. Every time we went to him, intellectual WITNESSES entertainment was assured. Giorgio had a passion for teaching and did it in a Marcello Colitti is one of the most prominent fantastic way”. oil sector consultants. He joined Eni in 1956 Reports with Mattei were quite systematic, and took on ever more responsible jobs. also because the Research Department He was, among other things, chairman of prepared his speeches. Enichem and vice-chairman of Agip. “Mattei often spoke at conventions, Egidio Egidi was one of the main pioneers and inaugurations, press conferences. For a actors in the growth and internationalisation certain period he had the habit of giving of Agip. He was also briefly chairman of Eni three speeches every weekend: one as and he also held managerial positions in the chairman of Eni, one as a Christian Fiat group. Democratic politician and one as a leader Francesco Guidi is a member of the Eni of the Freedom Volunteers Corps2 ”. We would not have had the ‘economic Pioneers and Veterans Association. miracle’ without Mattei’s intuitions, He authored many publications on the history argues Colitti: “The Italian boom of the of Eni and oil and gas issues. He is editor in 1950’s and 1960’s was possible thanks to chief of Assomin notizie, the Italian Mining the availability of the natural gas that Eni Association’s monthly newsletter. knew how to bring to the market with Mario Pirani is a big name in journalism and an unimaginable rapidity. Even the most intellectual of the Italian left. argumentative had to admit that no He was a Communist activist from 1944, but private business would have managed to left the PCI and Unità after the suppression of create the network of gas pipelines so the Hungarian uprising. He was one of the quickly.” founders of the daily newspaper La Repubblica. The Bescapè tragedy took place on 27 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Quando Mattei decise di entrare nel settore del Gpl (gas propano liquido immesso in bombole) il mercato era già occupato da numerosi operatori. Per imporsi, attuò prezzi molto vantaggiosi per il pubblico. Dopo un anno la società Agipgas aveva già un milione di utenti. When Mattei decided to enter the LPG sector (LPG is liquid propane gas sold in cylinders), the market had already been taken up by numerous operators. To break into the market he sold LPG at a price very convenient for the public. In one year the company Agipgas added up one million users. 108 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
October 1962. “Mattei’s death for us was like losing a father. But we weren’t worried about the future of our work: there were some financial problems, debt, but the company was solid and could count on the legacy that Mattei had managed to imprint on his collaborators: the skill to make the system progress at an extraordinary velocity. And Eni continued to advance even after the death of its first chairman.” The founder’s legacy. There is a mark of destiny in Egidio Egidi’s ‘call’ to Agip. “It was 1949. I had just graduated in engineering and was working at Genio civile in Macerata. One day I received a telegram summoning me to the Agip office in Rome. I knew Mattei, a friend of my father, but that telegram was a surprise. Mattei received me immediately and, without much in the way of a preamble, asked me – or better, ‘ordered’ me – to work in Valle Padana. ‘Next Monday – he said to me – report to Cortemaggiore. For now I won’t hire you but will give you a scholarship. I have big projects in Valle Padana. It is a good opportunity for your future professional career, but if you don’t do well, I’ll get rid of you’. I did not ask for any explanation, but spontaneously answered, yes sir.” It was not easy for Egidi to explain to his family his decision to leave a secure job to throw himself into the fray, without a full job, in a controversial company. “But I never regretted that ‘yes sir’. I enthusiastically lived through the pioneering period in the 1950’s. We had little in the way of technical equipment, but we had a good technogeological know-how and we had great enthusiasm. Mattei asked us to go to the United States to learn from those with more experience. And all of us went to Texas and California to learn the oil job in the field.” Egidi had a growing responsibility for Agip Mineraria, being manager of Ravenna district, moving up to be general manager and managing director. After Mattei’s death, Egidi had to take on his legacy as regarded exploration and production of hydrocarbons in Italy and abroad. “Eni’s financial situation was critical and there was the fear of not being able to continue investing large amounts of risk capital in new oil ventures, above all abroad. Eugenio Cefis, who managed the group’s financial resources, thought about disbanding exploration activities: we would have bought oil from the “Seven Sisters”, who at that time were offering it for under 2 dollars a barrel. He called me and asked me to examine a plan to liquidate oil exploration. This made me wince, because Cefis was serious. I didn’t speak to anyone, but that night I couldn’t manage to sleep. The next day I went back to Cefis and told him clearly that I was not willing to be the liquidator of the Mining department. I explained to him that I thought his decision was wrong: ‘You don’t want to finance our research and are going to finance that of Shell or Esso. You must remember that when they sell the crude, they also make you pay for the exploration’. I added a strategic consideration: if we left the research market, we would have no longer been able to get back to it and this would put us in the hands of the “Seven Sisters”, who certainly would not have continued to supply us with crude ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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re, soprattutto all’estero. Eugenio Cefis, che gestiva le risorse finanziarie del gruppo, pensò di smobilitare l’attività mineraria; il petrolio lo avremmo comprato dalle “Sette Sorelle” che a quel tempo ce lo offrivano a meno di 2 dollari al barile. Mi chiamò e mi chiese di studiare un piano di liquidazione della ricerca petrolifera. C’era da rabbrividire, perché Cefis comandava sul serio. Non ne parlai con nessuno, ma quella notte non riuscii a dormire. Il giorno dopo tornai da Cefis e gli dissi chiaramente che non ero disponibile a fare il liquidatore della Mineraria. Gli spiegai che ritenevo sbagliata la sua decisione: ‘Lei non vuol finanziare la nostra ricerca e va a finanziare quella della Shell o della Esso. Si ricordi che quando le vendono il greggio, le fanno pagare anche la ricerca’. Aggiunsi una considerazione di carattere strategico: se fossimo usciti dal mercato della ricerca, non avremmo più potuto rientrarci e questo ci metteva nelle mani delle “Sette Sorelle” che non avrebbero certo continuato per sempre a fornirci il greggio a prezzi così bassi”. Cefis rimase colpito dalle argomentazioni di Egidi. Ripensò alla sua decisione: la Mineraria non fu venduta. Quando vennero a conoscenza di questo fatto, alcuni colleghi commentarono: il primo salvataggio dell’Eni lo ha fatto un marchigiano, Mattei; il secondo un altro marchigiano, Egidi. Qualche anno dopo, le crisi petrolifere confermarono la validità delle tesi di Egidi: “Lo stesso Cefis mi espresse il suo apprezzamento. Come Mattei, Cefis possedeva una grande personalità, non amava gli yesmen e stimava chi aveva il coraggio di sostenere le proprie convinzioni”. Qual è stata, per Egidi, l’eredità di Mattei? “Un bel training di professionalità, la forza morale di decidere con autonomia, la consapevolezza di essere protagonista di un’impresa solida, utile e duratura. All’Eni ho vissuto anche momenti difficili. Tuttavia conservo un grande senso di appartenenza e continuo a seguire con partecipazione le sorti della società”. Stazioni di servizio con i servizi. Una targa a Caviaga3 ricorda che da qui partì l’intuizione sul gas di Enrico Mattei che permise all’Italia di entrare nelle grandi strategie mondiali degli idrocarburi. “Con la sua intuizione imprenditoriale e la sua capacità comunicativa – spiega Francesco Guidi – Mattei riuscì a far comprendere, non solo al governo, ma anche all’opinione pubblica, alle amministrazioni locali e alle imprese, il valore del gas naturale che allora era una fonte pressoché sconosciuta, in Europa”. Francesco Guidi è entrato all’Eni il 1° dicembre 1953. Aveva lavorato per dieci anni nella redazione romana della Stampa e, nel frattempo, aveva continuato gli studi e si era laureato in ingegneria. Il suo curriculum di giornalista-ingegnere fu apprezzato in Eni che lo assunse all’Ufficio stampa. “La holding era ancora piccola: eravamo un centinaio di persone. Mattei lo vedevamo poco perché lui stava soprattutto alla sede dell’Agip in via del Tritone. Lo incontravo in occasione di convegni, conferenze stampa o colloqui con i giornalisti. Il nostro lavoro era impegnativo perché i giornali non erano teneri con l’Eni e il presidente era molto attento a tutti gli aspetti della comunicazione”. Mattei era 110 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei mostra il villaggio Eni di Corte di Cadore per le vacanze dei dipendenti. Per la sua costruzione si rivolse a uno dei più prestigiosi architetti del momento, Edoardo Gellner, raffinato interprete dell’architettura della montagna.
Mattei shows Eni’s mountain village built at Corte di Cadore for employees on holiday. He assigned the task to build it to one of the most acclaimed architects of the time, Edoardo Gellner, a fine interpreter of mountain architecture.
at such cheap prices for ever.” Cefis was struck by Egidi’s argument. He rethought his decision and Mining was not sold. When they came to know about this, some colleagues commented that the first saviour of Eni had been a man from the Marches, Mattei; and the second was another Marches man, Egidi. A few years later, the oil crises confirmed the validity of Egidi’s thesis: “Cefis expressed his appreciation of me. Like Mattei, Cefis had a great personality. He did not like yes men and esteemed those with the courage to argue for their views.” What does Egidi see as Mattei’s legacy? “A great training in professionalism, the moral strength to decide autonomously, the awareness of being part of a solid, useful, and long lasting enterprise. I also had difficult times at Eni. Anyway, I still have a great sense of belonging and I continue to keenly follow the company’s affairs.” Service stations with services. A plaque in Caviaga3 recalls that it was from here that Enrico Mattei’s intuition began that allowed Italy to enter the great world hydrocarbon strategies. “With his business intuition and his communication skills – explains Francesco Guidi – Mattei managed to make not just the government, but also public opinion, local government and business, understand the value of natural gas, which then was an almost unknown source in Europe”. Francesco Guidi joined Eni on 1 December 1953. He had worked for ten years for the Rome desk of the daily newspaper La Stampa and, in the meantime, had continued to study and graduated in engineering. His journalism-engineering curriculum was appreciated at Eni, which employed him in their press office. “The holding was still small. We were about a hundred people. We didn’t see Mattei very much because he was mainly at the Agip office in Via del Tritone. I met him at conventions, press conferences or meetings with journalists. Our work was demanding because the newspapers were not kind to Eni and the chairman was very attentive to all aspects of communication.” Mattei was the man with big intuitions. He had opened a network of gas pipelines that did not exist in any other European country and he continued to embark on strategies and projects that overturned traditions and market balances. “For example, when he decided to enter the LPG sector, there were already some cartel companies and big private operators who were operating in that market in Italy. These companies were asking for a 2000 lire deposit on a gas bottle, which was a tidy sum in those days. Mattei did not just break the LPG price cartel, but he offered the bottles free, without a deposit. Just one year later Agipgas had one million users.” Mattei also brought his innovatory revolution to the petrol distribution sector. Guidi recalls the inauguration of the Ponte Milvio service station, in Rome, in the presence of the minister of finance, Tremelloni: “It was the first Italian service station designed not just for the car, but also for ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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l’uomo delle grandi intuizioni, aveva avviato una rete di metanodotti che non esisteva in alcun paese d’Europa e continuava a mettere in moto strategie e progetti che sconvolgevano tradizioni ed equilibri di mercato. “Ad esempio, quando decise di entrare nel settore del Gpl, c’erano già in Italia alcune compagnie di cartello e grandi operatori privati che operavano in quel mercato. Per la bombola, queste compagnie chiedevano una cauzione di 2.000 lire, che allora era una bella cifra. Mattei non solo ruppe il cartello dei prezzi del Gpl, ma offrì le bombole gratis, senza cauzione. Già dopo un solo anno Agipgas aveva raggiunto il milione di utenti”. Mattei portò la sua rivoluzione innovatrice anche nel settore della distribuzione carburanti. Guidi ricorda l’inaugurazione della stazione di servizio di Ponte Milvio, a Roma, alla presenza del ministro delle Finanze, Tremelloni: “Fu la prima stazione di servizio italiana progettata non solo per l’automobile, ma anche per i passeggeri. C’erano il bar, le toilette e questo rappresentava una grande novità”. Tra le intuizioni di Mattei vi fu anche l’idea dei motel: “In Italia non esistevano: c’erano negli Stati Uniti, ma quelli realizzati da Mattei erano molto più belli. Erano puliti, ospitali e costavano poco”. 112 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Un religioso legge agli abitanti di Cortemaggiore (Piacenza) un articolo che racconta la positiva avventura petrolifera del luogo, dove è stato effettuato il primo ritrovamento petrolifero italiano (1949). A church cleric reads to the people of Cortemaggiore (in the Piacenza province) an article telling about the oil adventure of the site where Italy’s first oil discovery was made in 1949.
passengers. There were bars and toilets and this represented a great innovation.” Among Mattei’s intuitions was also the idea of motels: “They didn’t exist in Italy: they were in the United states, but those built by Mattei were much lovelier. They were clean, hospitable and cheap.” Guidi added another account from 1954. “Mattei took part in the natural gas congress held in Piacenza. During the three days of works the journalists stayed at Milan’s Hotel Duomo and we organised, with a few cars, their transfer from Milan to Piacenza and back. On the final day, Mattei told journalists, ‘I’ll come with you too because I want to show you San Donato Milanese’. When we arrived there, the chairman pointed out a large level ground adjacent to the San Donato buildings and said: ‘Over there will be Eni’s headquarters. It is in an extraordinarily favourable position: here arrives the Naples-Milan ‘motorway of the sun’, three kilometres away is the Rogoredo railway station and, a little further away, the Linate military airport which will be turned into a civilian one’. This was Mattei, a factory of ideas and projects, which he always managed to carry out.” After a few years at the press office, Guidi went to the operational sector, first in Italy and then ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Guidi aggiunge un’altra testimonianza che risale al 1954. “Mattei prese parte al congresso del metano che si tenne a Piacenza. Durante i tre giorni dei lavori i giornalisti alloggiavano all’hotel Duomo di Milano e noi provvedevamo, con alcune macchine, al loro trasferimento da Milano a Piacenza e viceversa. L’ultimo giorno Mattei disse ai giornalisti: ‘vengo anch’io con voi perché voglio farvi vedere San Donato Milanese’. Quando arrivammo lì, il presidente indicò una grande spianata adiacente alle costruzioni di San Donato e disse: ‘Lì sorgerà il centro direzionale dell’Eni. È una posizione straordinariamente favorevole: qui arriverà l’autostrada del sole NapoliMilano, a tre chilometri c’è la stazione di Rogoredo e, poco più lontano, l’aeroporto di Linate che da militare sarà trasformato in civile’. Questo era Mattei: una fucina di idee e di progetti, che riusciva sempre a realizzare”. Dopo alcuni anni di esperienza all’ufficio stampa, Guidi è passato al settore operativo, prima in Italia poi all’estero. È stato responsabile Agip in Libia, in Egitto, in Nigeria… “Quando è morto Mattei ero in Libia, con l’incarico di capo del gruppo sismico. Fu uno shock per tutti noi, italiani e libici. Tutti i paesi produttori manifestarono il loro dolore per la morte di quell’uomo che, con la sua formula rivoluzionaria, li aveva fatti entrare nella stanza dei bottoni, dove prima di allora non potevano mettere piede. Alcuni anni dopo gli algerini vollero chiamare ‘Enrico Mattei’ il gasdotto transmediterraneo Algeria-Italia”. Un modello per l’Algeria. Mario Pirani è entrato all’Eni nel 1960. “Ero uscito dal Pci e avevo lasciato l’Unità, dove ero responsabile delle pagine economico-sindacali. Incontrai Mattei a Borca di Cadore, in una di quelle casette del villaggio Eni. Ci andai con Giorgio Ruffolo, che allora era un funzionario dell’Eni molto vicino a Mattei. Facemmo una lunga chiacchierata. Il presidente mi illustrò il suo pensiero sull’Algeria. Pensava che, dopo l’indipendenza, l’Eni avrebbe potuto avere un rapporto privilegiato con questo paese. Era interessato soprattutto al gas naturale, una fonte che allora le compagnie petrolifere non tenevano in alcuna considerazione. La cosa non mi meravigliò perché Mattei aveva avuto l’intuizione di valorizzare il metano della Valle Padana che veniva utilizzato da un numero crescente di industrie e di famiglie italiane”. Come giornalista dell’Unità, Pirani aveva avuto diverse occasioni di incontrare Mattei e aveva scritto una serie di pezzi sull’Eni. “Avevo anche scritto – ricorda - un articolo polemico sui suoi ‘maneggi’ per far sposare Maria Gabriella di Savoia con lo scià di Persia. Lui si era un po’ seccato, ma quest’episodio non incise nei nostri rapporti.” Allora la stampa di sinistra era abbastanza favorevole a Mattei, ma la stampa ‘moderata’ no: “C’erano attacchi continui di Indro Montanelli sul Corriere della Sera e c’era tutta la campagna anti-Mattei di don Sturzo. Da parte mia, avevo fatto capire all’Unità e al partito comunista quanto la politica di Mattei fosse innovatrice e importante”. Il presidente dell’Eni offrì a Pirani un lavoro di estremo interesse: tenere i rapporti con la resistenza algerina e in modo particolare con il governo 114 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Mattei a pesca con alcuni amici. La pesca era una passione per la quale allentava gli impegni di lavoro e i vincoli di riservatezza sulla sua vita privata.
Mattei fishing with friends. He had a passion for fishing and for it he relaxed his working tasks and his privacy.
abroad. He was manager of Agip in Libya, in Egypt, in Nigeria. “When Mattei died I was in Libya as head of the seismic group. It was a shock for all of us, Italians and Libyans. All producer countries showed their pain over the death of that man who thanks to his break-through formula had made them enter the engine room, where they had previously not been able to set foot. Some years later the Algerians wanted to name the Algeria-Italy Transmediterranean gas pipeline, Enrico Mattei.” A model for Algeria. Mario Pirani joined Eni in 1960. “I had left the PCI (Italian Communist Party) and had left Unità, where I had been in charge of the economy-union pages. I met Mattei at Borca di Cadore, in one of those small houses in the Eni village. I went there with Giorgio Ruffolo, who was then an Eni worker and very close to Mattei. We had a long chat. The chairman outlined his thinking on Algeria. He thought that after independence, Eni would have a privileged relationship with that country. He was interested above all in natural gas, a source that oil companies then did not take at all into consideration. This did not astound me because Mattei had had the intuition to value natural gas in the Padana Valley that was used by a growing number of Italian industries and families.” As a Unità journalist, Pirani had had various opportunities to meet Mattei and had written a series of pieces on Eni. “I had also written – he recalls – a polemical article on his ‘dealings’ trying to arrange the marriage of Maria Gabriella of Savoy with the Shah of Persia. He was a bit annoyed but this episode did not affect our relations.” The leftwing press at the time was quite favourable to Mattei, but the ‘moderate’ press was not. “There were continuous attacks by Indro Montanelli in Corriere della Sera and there was the whole antiMattei campaign by Don Sturzo. On my part, I had made Unità and the Communist Party understand just how much Mattei’s policies were innovatory and important.” The chairman of Eni offered Pirani extremely interesting work: keeping up relations with the Algerian resistance and particularly with the provisional government of the Algerian republic, which was based in Tunis. “I was given an office in Tunis, under the cover of the title of Office for Relations with North Africa’s Press. In a morocco leather green ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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provvisorio della repubblica algerina, che si trovava a Tunisi: “Mi fu assegnato un ufficio a Tunisi, sotto la copertura della dizione di Ufficio per le relazioni con la stampa dell’Africa del nord. In una cartella di marocchino verde avevo le credenziali Eni, scritte di pugno da Mattei, per tutti i governi dell’Africa del nord e per il Gpra4. Il mio ufficio e la mia abitazione a Tunisi diventarono una specie di micro-ambasciata”. Quando nel 1961 cominciarono le trattative dell’armistizio di Evian5, l’Eni aiutò la delegazione algerina a delineare la futura politica energetica del loro paese: “Suggerimmo di mantenere la collaborazione con i francesi, ma con una titolarità diretta algerina e con una propria azienda di stato. Da questa idea nacque la società pubblica algerina Sonatrach, che si richiamava al modello Eni. In un primo momento i francesi ci osteggiarono, anche perché Mattei aveva rifiutato di entrare nel pool che le multinazionali petrolifere avevano in progetto di costituire in Algeria. Poi, però, si resero conto del valore di un’alleanza energetica a tre fra Italia, Algeria e Francia”. Questa alleanza cambiava radicalmente la strategia francese e avrebbe potuto avviare una più vasta politica energetica europea. La nuova strategia prevedeva accordi e joint-ventures fra la nascente Sonatrach, l’Eni e l’Elf. C’era anche il progetto di un gasdotto che dai giacimenti sahariani avrebbe attraversato Marocco, Gibilterra, Spagna, Francia e Italia: “Mattei mi aveva incaricato di aprire un ufficio a Parigi, per curare i rapporti con il governo francese e con la Elf. Ma quell’ufficio non si è mai aperto. Mentre ero a Roma e mi apprestavo a partire per Parigi, Mattei morì. Poco dopo anche le ipotesi di alleanza che avevamo avviato furono abbandonate”. “Mattei – ricorda Pirani – aveva rotto il cartello delle ‘Sette Sorelle’ con una innovativa formula di associazione, che rendeva concreta l’amicizia e il sostegno ai nuovi governi del Terzo mondo, impegnati nel difficile passaggio dall’indipendenza al riscatto economico”. La morte del presidente dell’Eni fu un lutto per tutti i paesi produttori del mondo.
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Giorgio Fuà (Ancona 1919-2000), è stato uno dei massimi economisti italiani. Dal 1959 ha insegnato alla Facoltà di Economia e Commercio di Ancona. Ha lavorato con Adriano Olivetti, con Gunnar Myrdal all'ONU e con Enrico Mattei all'Eni. Ha fondato l'Istao, istituto di formazione manageriale.
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Nel Corpo Volontari della Libertà confluivano durante la Resistenza diverse formazioni partigiane. Forte di 200.000 uomini, agiva sotto le direttive dei Comitati di Liberazione Nazionale, organizzati dai rappresentanti dei partiti politici sciolti dal fascismo.
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A Caviaga (Lodi), nel 1944, l’Agip scoprì il primo grande giacimento europeo di gas naturale.
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GPRA, Gouvernement Provisionel de la République Algérienne, il governo provvisorio in esilio che, da Tunisi, guidava la Resistenza algerina.
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L’armistizio di Evian, firmato nel marzo 1962, pose fine alla guerra di liberazione algerina contro i colonialisti francesi durata 7 anni. Dopo un referendum tenutosi in tutta l’Algeria e risoltosi a favore del Fronte di Liberazione Nazionale, i francesi abbandonarono il paese.
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folder I had Eni’s credentials written by the hand of Mattei, for all North African governments and for GPRA4. My office and my house in Tunis became a sort of mini-embassy.” When in 1961 negotiations began for the Evian Accords5, Eni helped the Algerian delegation to outline their country’s future energy policy. “We advised them to keep working with the French, but with direct Algerian ownership and through a State company of their own. From this idea came the Algerian state owned company, Sonatrach, which was shaped after the Eni model. At first the French were opposed to us, also because Mattei had refused to join the pool that the oil multinationals were planning to set up in Algeria. Then, however, they realised the worth of a three-way energy alliance between Italy, Algeria, and France”. This alliance radically changed the French strategy and could have started a wider European energy policy. The new strategy called for agreements and joint-ventures between the nascent Sonatrach, Eni and Elf. There was also a gas pipeline project that would have gone from the Saharan fields across Morocco, Gibraltar, Spain, France and Italy: “Mattei asked me to open an office in Paris, to look after Eni’s relations with the French government and with Elf. But that office was never opened. While I was in Rome and was getting ready to leave for Paris, Mattei died. Shortly after also the ideas of alliance that we had opened up were relinquished.” “Mattei – recalls Pirani – had broken up the “Seven Sisters” cartel with an innovative formula of association, which made concrete the friendship and support to new governments in the Third World, engaged in the difficult passage from independence to economic redemption.” The death of Eni’s chairman was felt keenly by all the world’s producer countries.
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Giorgio Fuà (Ancona 1919-2000) was one of the greatest Italian economists. From 1959 he taught at the Economics and Commerce Faculty at Ancona. He worked with Adriano Olivetti, with Gunnar Myrdal at the UN and with Enrico Mattei at Eni. He founded Istao, a management training institute.
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There were various partisans groups in the Freedom Volunteers Corps during the Resistance: 200,000 strong, it acted under orders from the National Liberation Committees, organised by representatives of the political parties that had been outlawed by the Fascist regime. 3
At Caviaga (Lodi) Agip discovered the first big European natural gas field in 1944.
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GPRA, Gouvernement Provisionel de la République Algérienne, the provisional government in exile that, from Tunis, led the Algerian resistance.
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The Evian Accords, signed in March 1962, brought an end to the seven year Algerian war of liberation against French colonialists. After a referendum held throughout Algeria was won by the National Liberation Front, the French quit the country. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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CULTURA ATTORNO
AL SUO DISEGNO DI MODERNIZZAZIONE
DEL PAESE E DELLA SOCIETÀ ITALIANA
MATTEI
COINVOLSE PERSONAGGI PRESTIGIOSI DEL MONDO DELLA CULTURA E DELL’ARTE.
LE ENERGIE DEL “PETROLIERE SENZA PETROLIO”
E
di
LUIGI VALGIMIGLI
nrico Mattei pensava in grande. Aveva intuito che, per modernizzare il paese, non bastavano le grandi fabbriche. Ci volevano autostrade, motel, autogrill, ma anche architetti, intellettuali, poeti, scrittori, artisti capaci di esprimere una cultura della modernità. Fin da giovane, Mattei aveva dimostrato doti di grande condottiero e capacità di cogliere al volo ogni possibile opportunità. Aveva lasciato Matelica alla fine degli anni Venti per cercare lavoro a Milano; un decennio dopo era un ricco imprenditore. Il suo compaesano Marcello Boldrini, cinquantenne professore di statistica all’Università Cattolica di Milano, lo aiutò a colmare le sue lacune culturali. Quello di Mattei con Boldrini fu un incontro fertile perché il professore mise il giovane imprenditore rampante a contatto con personaggi come Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Amintore Fanfani, Enrico Falck, che in quegli anni gravitavano intorno alla Cattolica. In quell’ambiente si discuteva molto anche del ruolo dell’imprenditore cristiano e della sua missione sociale. Mattei riprese gli studi e, sotto la guida di Boldrini, affinò la sua cultura, anche politica, e il suo gusto artistico, sviluppò la passione per la pittura
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del ventesimo secolo, collezionando molte opere importanti, come le Vele, capolavoro di Carrà. Poi venne la guerra. Nel 1944 Mattei, che si era avvicinato al Partito Popolare, lasciò la guida della sua azienda al fratello ed entrò nella Resistenza partigiana. Il binomio dell’innovazione: industria e cultura. All’indomani della Liberazione Mattei iniziò la sua avventura all’Agip e all’Eni. Il “petroliere senza petrolio” possedeva l’energia delle grandi intuizioni. Intuì, con trent’anni d’anticipo sugli altri paesi europei, il valore del gas naturale e, già alla fine degli anni ’50, aveva realizzato la più grande rete di metanodotti d’Europa. Cercò l’alleanza con i paesi produttori anziché quella con le grandi compagnie, concluse un accordo di lungo periodo con l’Urss, progettò l’oleodotto dell’Europa Centrale Genova-Ingolstadt... Il suo disegno volto a modernizzare l’Italia spaventava molti. La sua idea di impresa pubblica, vista come strumento per colmare le lacune del capitale e dei capitalisti privati, fu attaccata aspramente da molti settori. Mattei si rese conto che per raggiungere i suoi obiettivi aveva bisogno di comunicare, essere capito, apprezzato e appoggiato. Fu il primo uomo d’impresa italiano a rivolgersi all’opinione pubblica. Il fascino di Mattei attirava tecnici e intellettuali che volevano lavorare per 120 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Il Presidente Eni dona una riproduzione della Chiesa Santa Barbara di Metanopoli al cardinale Montini che diventerà Papa Paolo VI. Eni’s Chairman presents a reproduction of St. Barbara’s Church at Metanopoli to Cardinal Montini, who was later to become Pope Paul VI.
E
by
LUIGI VALGIMIGLI
nrico Mattei thought big. He had perceived that, in order to modernize the country, it wasn’t enough to have large factories. There was a need for motorways, motels and petrol stations with restaurants, but also architects, intellectuals, poets, writers and artists who were able to express modern culture. Ever since he had been a young boy, Mattei had shown great skill as a leader and the ability to grasp all opportunities in his path. He had left Matelica at the end of the nineteen twenties to look for work in Milan, and a decade later he was a rich entrepreneur. Another person from the same town, Marcello Boldrini, a fifty-year-old professor of statistics at the Catholic University of Milan, helped him to fill some of his cultural gaps. The meeting between the two of them was a very productive one, seeing as the professor put the up-and-coming entrepreneur in contact with figures such as Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Amintore Fanfani, and Enrico Falck, who in those years were part of the circle of friends close to the university. In that environment there were many discussions also on the role of the Christian entrepreneur and his social mission. Mattei resumed his studies and, under the guiding hand of Boldrini, improved his culture, also about politics, as well as his artistic taste, and
IN HIS VISION FOR A MODERN ITALY AND ITALIAN SOCIETY, MATTEI INVOLVED MANY PRESTIGIOUS FIGURES FROM THE WORLDS OF CULTURE AND ART.
THE ENERGY OF “THE OILMAN WITHOUT OIL” CULTURE ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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L’IDEA DELLA GRANDE SCUOLA INTERNAZIONALE Cinquant’anni di alta formazione, 2.400 allievi provenienti da 100 paesi dei cinque continenti. Si tratta della Scuola Superiore Enrico Mattei che nasce nel 1957 aprendo la strada alla formazione post-universitaria nelle discipline tecniche ed economiche in Italia. Sin dall’inizio della sua storia l’Eni, con il primo presidente, ha attribuito importanza prioritaria allo sviluppo delle capacità e delle competenze professionali dei giovani in un contesto di rapporti internazionali. È con questo spirito che la Scuola Enrico Mattei, oggi parte integrante di Eni Corporate University, dedica la propria attività all’alta formazione post-universitaria nel settore energetico. La Scuola è una realtà internazionale che trasmette, oltre a competenze tecnico-professionali, anche il più ampio sistema di valori sul quale si fonda Eni. Dal 1991 ha arricchito i propri programmi formativi introducendo il tema dell’ambiente e istituendo il Master Medea in Management ed economia dell’energia e dell’ambiente. Al Master sono ammessi i laureati italiani e stranieri orientati a percorsi professionali in imprese, authorities, enti ed organismi che operano nel settore energetico e ambientale. Dal 2001 la Scuola è entrata a far parte di Eni Corporate University. La società Eni utilizza il proprio consolidato network di rapporti con le più prestigiose università nazionali e internazionali per promuovere e realizzare progetti formativi nelle attività chiave del business aziendale. Ciò consente di soddisfare i fabbisogni di specifiche professionalità di Eni e delle sue società. Questo impegno si concretizza attraverso collaborazioni che favoriscono l’integrazione dei percorsi formativi con il know-how e le competenze dell’industria dell’oil&gas: master universitari, assegnazione di borse di studio per la frequenza di corsi specialistici, corsi di laurea specialistica, progetti formativi specifici per giovani laureati provenienti da paesi non europei di interesse strategico per la società. La collaborazione con il mondo universitario si realizza, in particolare, con il progetto Master che nasce dalla partnership con quattro tra i più prestigiosi atenei: l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l’Università degli studi Roma Tre, l’Università degli studi di Bologna e il Politecnico di Torino. Il progetto ha dato vita per tre anni accademici a quattro master di secondo livello in due settori chiave per il business della compagnia petrolifera. La “carta in più” che distingue Progetto Master Eni dalle tante iniziative post-laurea è proprio la finalizzazione all’assunzione nella società. Con questo obiettivo è stata modellata una formazione che consente allo studente di acquisire elevate specifiche competenze tecniche e gestionali, immediatamente utilizzabili nella vita lavorativa. LAURA BARBIERI
la modernizzazione del paese. Lui cercava il meglio e spesso, anche nel mondo della cultura, scompigliava le carte. Nel 1956 affidò il progetto del primo palazzo uffici Eni di Metanopoli a Marcello Nizzoli che era un designer famoso nel campo delle macchine per scrivere. E Nizzoli mise a frutto la sua capacità progettuale affinata in molti anni di collaborazione con l’Olivetti e concepì l’edificio come una grande torre-macchina, che parlava, insieme, il linguaggio dell’architettura classica e quello moderno dei materiali e delle nuove tecnologie. 122 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Giovani ospiti del soggiorno estivo montano di Borca di Cadore. Le iniziative di Mattei per le famiglie dei dipendenti sono volte a creare lo spirito di gruppo. Children staying at the Eni mountain holiday village at Borca di Cadore.The efforts Mattei undertook for the families of the employees were meant to develop a team spirit.
developed a passion for twentieth-century painting, collecting a lot of important works, such as “le Vele” (“the Sails”), a masterpiece by Carrà. Then came the war. In 1944 Mattei, who had become interested in the People’s Party, left the management of his company to his brother and enlisted in the Partisan Resistance. The two key words of innovation: industry and culture. Shortly after the Liberation, Mattei began his adventure with Agip and Eni. “The oilman without oil” had the energy typical of great intuition. He understood, thirty years ahead of other European countries, the value of natural gas and, at the end of the 1950s, had already created the largest network of gas pipelines in Europe. He focused on forging alliances with producer countries rather than with large companies, concluded a longterm agreement with the USSR, planned the Central European GenoaIngolstadt oil pipeline… His plan to modernize Italy scared a large number of people. His idea of State enterprise, seen as a tool to fill the gaps in private capital and private capitalists, was bitterly attacked from many sides. Mattei realized that, to reach his goals, he needed to communicate, to be understood, appreciated and supported. He was the first Italian businessman to address himself to public opinion. The fascination of Mattei attracted technical experts and intellectuals who
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Nel 1957 Mattei diede vita ad un progetto di alta formazione, la “Scuola di studi superiori sugli idrocarburi” che aprì in Italia la strada alla formazione post-universitaria nelle discipline tecniche ed economiche. Attraverso un’intensa esperienza educativa in comune tra giovani di diverse provenienze nazionali, la scuola si prefiggeva di sviluppare una cultura condivisa, ispirata dall’Eni. Vi parteciparono molti studenti dei paesi produttori. La Scuola metteva a loro disposizione il patrimonio di esperienza dell’Eni. La gran parte di quegli studenti è poi diventata la classe dirigente delle società petrolifere del Terzo e Quarto mondo. Una rivista per tutti: dal presidente della Repubblica al perforatore. Quando ancora non era diffusa l’abitudine delle vacanze, Mattei decise di realizzare un villaggio vacanze per i lavoratori dell’Eni. E si rivolse ad uno degli architetti più prestigiosi, Edoardo Gellner, che realizzò lo splendido villaggio di Corte di Cadore, alle pendici del Monte Antelao. Aveva visto che la Standard Oil pubblicava una bella rivista in carta patinata, a tiratura limitata per le pubbliche relazioni ad alto livello (mentre ai dipendenti era riservato un bollettino). Ebbe l’idea di un rotocalco diretto sia ai dipendenti sia a personalità esterne, “Una rivista per tutti:
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1958, un momento della cerimonia per il conferimento a Enrico Mattei della laurea honoris causa in Ingegneria chimica dell’Università di Bologna. A photo from the 1958 ceremony to confer on Enrico Mattei the Chemical Engineering Degree honoris causa at the Bologna University.
THE IDEA OF THE BIG INTERNATIONAL SCHOOL Fifty years of higher training, 2400 pupils from 100 countries in five continents. This is the Enrico Mattei Advanced School, created in 1957 opening the way for post-university training in technical and economic disciplines in Italy. Since early in its history, Eni, with its first chairman, has been giving priority to the development of the capabilities and professional skills of young people in a context of international relations. It is with this spirit that the Enrico Mattei School, today an integral part of Eni Corporate University, has dedicated its activities to higher post-university training in the energy sector. The School is an international body that conveys, along with techno-professional skills, the wider system of values on which Eni is based. Since 1991 it has enhanced its training programmes by bringing in the environment theme and setting up the Medea Master’s degree in the Management and Economy of Energy and the Environment. Italian and foreign graduates are admitted onto the MA course if they are oriented towards careers in companies, regulators, agencies and organizations that operate in the energy and environment sector. Since 2001 the School has become part of Eni Corporate University. Eni uses its own consolidated network of relations with the most prestigious national and international universities to promote and conduct training projects in key company business activities. This helps meet the need of Eni and its companies for specific professional skills. This effort can be carried out by means of collaborations that foster the integration of training pathways with the know-how and skills of the oil and gas industry: Master’s degrees, scholarships for specialist courses, specialist degree courses, specific training projects for young graduates from non-European countries of strategic interest for the company. The collaboration with the universities is carried out, in particular, through the MA project that has grown out of the partnership with four of the most prestigious universities: the Catholic University of the Sacred Heart in Milan, Rome Three University, Bologna University and Polytechnic of Turin. The project has given life for three academic years to four second level MA’s in two key sectors for oil company business. The ‘additional card’ that sets apart the Eni MA Project, from many postdegree courses is that it is aimed at training people to be hired by the company. As a result the training course has been fashioned in such a way as to allow students to acquire specific advanced technical and managerial skills that can be put to use right away in the workplace. L. B.
wanted to work for the modernization of the country. He looked for the best and often, even in the world of culture, put an unexpected twist on things. In 1956 he entrusted the plan for the first Eni office buildings in Metanopoli to Marcello Nizzoli, who was a famous designer in the field of typewriters. Nizzoli put to use his design skills sharpened over many years of collaboration with Olivetti and imagined the building as a huge towermachine which spoke both the language of classical and modern ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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QUEL CANE A SEI ZAMPE CONTINUA A CORRERE ll cane a sei zampe: un animale “fantareale” dalla cui bocca esce una fiamma rosso-fuoco, la zampa davanti piantata sul terreno e le altre librate in aria, come una macchina in frenata. Da sempre è un marchio riconosciuto come sinonimo di carburante. Un animale fantastico, una sorta di centauro moderno, le sei zampe a simboleggiare le quattro ruote dell’auto e le due gambe del suo guidatore. L’interpretazione del famoso simbolo dell’Eni viene fornita dall’ufficio stampa negli anni Cinquanta mentre la verità sul suo autore, Luigi Broggini, un protagonista delle arti figurative italiane nei decenni a cavallo della seconda guerra mondiale, viene svelata, per suo volere, solo dopo la sua scomparsa, trent’anni più tardi. Il simbolo nasce nel 1952 a seguito di un concorso bandito per due cartelloni stradali destinati ai prodotti Supercortemaggiore e Agipgas. Il concorso ha un successo strepitoso. Basti pensare che vengono presentati oltre 4.000 bozzetti e sono necessarie 14 riunioni della giuria per scegliere il vincitore. All’unanimità poi, in una seduta conclusiva a Merano nel settembre 1952, viene scelto il “Cane a Sei Zampe” da una commissione composta da personaggi di grande rilievo nel mondo dell’arte e della comunicazione a sottolineare l’importanza che l’Eni attribuisce al concorso (ma si racconta anche che il primo premio del concorso fosse stato assegnato a un altro bozzetto: una raffineria dalle cui ciminiere uscivano fiamme). Il bozzetto risulta presentato da Giuseppe Guzzi, in realtà non l’autore dell’opera, ma solo il suo rifinitore e sembra che in una prima versione raffigurasse il “cane a sei zampe” con la testa in avanti e la fiamma proiettata nella stessa direzione. Solo in seguito, giudicando troppo aggressiva la figura, si è pensato di correggere il disegno, girando la testa del cane all’indietro. In questo modo l’animale ha assunto la posizione più innaturale, ma meno feroce, che ci è familiare. È Enrico Mattei a volere quel simbolo per il suo gruppo: una “benzina inconfondibile con un marchio inconfondibile” ragione per cui “l’automobilista non può sbagliare”, come spiega bene il claim di una delle prime campagne pubblicitarie con il “cane” protagonista. Cinquant’anni dopo, Emilio Tadini, pittore, poeta e romanziere, considera il logo Eni “un’innovazione davvero felicissima, questa del cane a sei zampe. Semplicità, complessità. Un equilibrio straordinario fra varie componenti espressive (...) Una figura che non si esaurisce nel primo impatto, nel primo effetto. Continua ad agire. Continua a sollecitarci, a chiamarci in causa.” LAURA BARBIERI
dal presidente della Repubblica all’ultimo perforatore”. Il Gatto Selvatico divenne subito un vivace strumento di informazione aziendale e di divulgazione culturale. Anche in questo caso, il presidente dell’Eni non rispettò le regole del gioco. A dirigere il Gatto Selvatico non chiamò una firma prestigiosa del giornalismo ma un grande poeta e scrittore. Il direttore, Attilio Bertolucci, coinvolse nella rivista artisti e intellettuali come Comisso, Parise, Gadda, Caproni, Pea, Cassola, Bassani, Alfonso Gatto. La controcopertina a colori era dedicata alla storia della pittura ed era scritta (ma non firmata) dal direttore. Le critiche a Il Giorno e la censura al documentario di Ivens. Il 21 aprile 1956 uscì il primo numero de Il Giorno, quotidiano finanziato dall’Eni e 126 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
THAT SIX-LEGGED DOG KEEPS RUNNING The six legged dog: a “fantareal” animal from whose mouth shoots a red flame, the front leg planted on the ground and the others hovering in the air, like a car braking. It has always been a trademark recognised as a synonym for fuel. A fantastic animal, a sort of modern centaur, the six legs symbolising the four wheels of the car and the two legs of its driver. The interpretation of the famous Eni symbol was supplied by the company press office in the 1950’s, while the truth about its author, Luigi Broggini, a character in Italian figurative arts during the Second World War, was made known, on his request, only after his death, 30 years later. The symbol was created in 1952 following a competition for two roadside placards for Supercortemaggiore and Agipgas products. The competition was a resounding success. More than 4000 sketches were submitted and it took 14 meetings for the jury to pick the winner. Then unanimously, at the final meeting in Meran in September 1952, the “Six-legged Dog” was chosen by the commission made up of leading people in the world of art and communication, which emphasizes the importance Eni attached to the competition (but it is also said that the top prize in the competition was awarded to another sketch: a refinery whose chimneys emitted flames). The sketch had been submitted by Giuseppe Guzzi, who in reality wasn’t its author, but just its “finisher” and it seems that in an earlier version the “six legged dog” was pictured with its head looking forwards and the flames going in the same direction. Only later, judging the image to be too aggressive, they changed the drawing, turning the dog’s head backwards. In this way the animal took on a more unnatural position, but a less ferocious one, which is familiar to us. It was Enrico Mattei who wanted that symbol for his group: an “unmistakeable petrol with an unmistakable trademark”, about which “motorists cannot be mistaken”; as explained the ‘claim’ in one of the early advertising campaigns with the “dog” as the leading symbol. Fifty years later, Emilio Tadini, painter, poet and novelist, considers the Eni logo to be “a real wonderful innovation, that of the six legged dog. Simplicity, complexity. An extraordinary balance between various expressive components (…) An image that is not used up at first sight, in its first effect. It continues to act. It continues to stir us, to bring us in”. L. B.
architecture, the later being that of materials and new technologies. In 1957 Mattei gave life to a project of advanced training, the “School for Higher Education on Hydrocarbons” which in Italy paved the way for postgraduate training in technical and economic disciplines. By way of an intensive educational experience among youths of different nationalities, the school set itself the task of developing a shared culture, one inspired by Eni. Many students from producer countries participated. The School put at their disposal ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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GATTO SELVATICO: IL MEZZO COME MESSAGGIO Gatto Selvatico era la traduzione letterale di wildcat e indicava, nel Webster Dictionary, “an oil well drilled in an area not known to be productive”, il pozzo esplorativo ovvero il trabocchetto che l’uomo scavando nella terra tende al petrolio e agli altri idrocarburi. Gatto Selvatico è il nome della testata proposta a Enrico Mattei da Attilio Bertolucci chiamato nel luglio 1955 ad assumerne la direzione. Bertolucci intuì l’allusione alle persone avventurose e avventuriere e la propose a Mattei che accettò commentando che avrebbe fatto volentieri l’avventuriero, ma per lo stato. La rivista aziendale dell’Eni era destinata sia all’esterno sia ai dipendenti e doveva essere, come scrive Mattei stesso sul primo numero “il punto di incontro, l’organo di comunicazione fra uomini operanti in spazi diversi e lontani ma uniti da interessi comuni e comuni propositi.” Mattei voleva che la rivista arrivasse anche al più lontano dei dipendenti in tutto il mondo e che riportasse dal mondo gli articoli sull’Eni sia positivi sia negativi. Ma Gatto Selvatico non si occupò solo di comunicazione industriale; la sua operazione fu soprattutto culturale: il lettore veniva guidato verso esperienze letterarie di alto livello. Oltre ad affidare la parte illustrativa della rivista alla mano di Mino Maccari, il direttore si circondò di collaboratori importanti come Giorgio Caproni, che inaugurò la rivista con un racconto, Giuseppe Berto, Carlo Cassola, Giorgio Bassani, Carlo Emilio Gadda di cui rimane famoso l’articolo con la ricetta del risotto alla milanese. Nella seconda pagina di copertina la rubrica Caro lettore presentava il contenuto del numero e nella pagina accanto un’altra rubrica non firmata, ma curata da Enzo Forcella, riguardava fatti di costume. Una parte della rivista era dedicata alla vita aziendale, un’altra alla cultura. Bertolucci stesso si riservava le presentazioni delle controcopertine dedicate alla storia dell’arte, senza mai firmarle. L’unico articolo a sua firma uscì nell’ottobre del ’62 in memoria di Enrico Mattei, ricordandone tra l’altro la partecipazione alle riunioni per l’impostazione della rivista. Una presenza che dimostrava l’importanza per lui di esserci attivamente e la volontà che la rivista pur “espressione marginale dell’Azienda fosse improntata dallo spirito che animava tutta l’attività dell’Azienda stessa. Vero spirito di sostanziale, autentica democraticità”. LAURA BARBIERI
diretto da Gaetano Baldacci, brillante e spregiudicato giornalista marchigiano. La sua giovane redazione, sotto la direzione di firme come Italo Pietra, Gaetano Afeltra, Guglielmo Zucconi, costituì un vivaio per il giornalismo italiano. Gli alti costi de Il Giorno fornirono un’occasione per altri attacchi a Mattei. Ma il nuovo quotidiano raggiunse, per un certo periodo, tirature elevatissime ed anche i più critici dovettero convenire che il giornale era vivace e innovativo negli articoli, nelle fotografie, nella grafica e nella linea editoriale. Fu il primo quotidiano italiano ad usare il colore. La linea politica de Il Giorno si caratterizzava per il suo avvicinamento ai paesi africani e mediorientali in contrasto con le strategie dei paesi ex colonialisti, Francia e Gran Bretagna. 128 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
GATTO SELVATICO: THE MEDIUM AS MESSAGE “Gatto selvatico” was the literal translation in Italian of wildcat, which meant in Websters Dictionary, “an oil well drilled in an area not known to be productive”. “Gatto selvatico” was the name of the journal proposed to Enrico Mattei by Attilio Bertolucci, called on in July 1955 to be its editor. Bertolucci knew right away that it hinted to adventurous and adventurer people and proposed it to Mattei who accepted it commenting that he would have happily been an adventurer, but for the state. Eni’s house organ was aimed both at the outside and at employees and was to be, as Mattei wrote in the first issue, “the meeting point, the organ of communication between men operating in various and faraway places but united by common interests and a common purpose.” Mattei wanted the magazine to reach even the most far-out employees all over the world and to bring in from the world articles about Eni that were both positive and negative. But Gatto Selvatico was not just involved in industrial communication; its operation was above all cultural. The reader was guided towards high level literary experiences. Besides entrusting the artwork side of the magazine to Mino Maccari, the editor surrounded himself with important colleagues such as Giorgio Caproni, who launched the magazine with a story, Giuseppe Berto, Carlo Cassola, Giorgio Bassani, Carlo Emilio Gadda who authored a famous article with the recipe for Milanese risotto. On the back cover the Dear reader column presented the contents of the issue and on the opposite page an unsigned column, compiled by Enzo Forcella, dealing with topical news items. A section of the magazine was devoted to company events, another to culture. Bertolucci himself wrote about art history on the inside covers but without ever signing the articles. The only article by-lined by him came out in October 1962 in memory of Enrico Mattei, recalling among other things that Mattei used to take part to the meetings for planning out the magazine. A presence that showed the importance he gave to being actively involved and his desire that the magazine “while being a lesser component of the company should be imbibed by the same spirit that energized all the work of the Company; the spirit of substantial and authentic democracy.” L. B.
the experience accumulated throughout the years by Eni. Most of the students were later to become top managers in oil companies in the Third and Fourth World. A magazine for everyone, from the President of the Republic to the driller. When the habit of going on holiday hadn’t yet become very popular, Mattei decided to build a holiday village for Eni workers. He turned to one of the most prestigious architects, Edoardo Gellner, who built the splendid village of Corte di Cadore on the slopes of Monte Antelao. He had noticed that Standard Oil published a nice glossy magazine in a limited edition for high-level public relations (while for employees there was a newsletter). He had the idea of a magazine for both employees and ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Un numero speciale della rivista Gatto Selvatico realizzato in occasione della mostra “Italia produce” svoltasi a Teheran nel 1958. A special issue of the magazine Gatto Selvatico published on the occasion of the “Italy produces” show held in Teheran in 1958.
Il grande comunicatore non poteva ignorare il cinema. Nel 1955 l’Eni realizzò un documentario sulla scoperta e messa in produzione del giacimento di Cortemaggiore. La regia fu affidata a Carlo Capriata, ma Mattei volle anche la collaborazione del grande Alessandro Blasetti. All’indomani della scoperta del metano in Val Basento, Mattei decise di produrre un documentario sull’estrazione e raffinazione degli idrocarburi in Italia. Ne affidò la realizzazione a un grande della cinematografia e maestro del documentario: Joris Ivens. Al film – intitolato “L’Italia non è un paese povero” – collaborarono anche i fratelli Taviani, Tinto Brass, Valentino Orsini e, per i commenti, Alberto Moravia. Il film fu girato per la Rai. A Mattei piacque, ma ai funzionari della Rai no. Il documentario fu censurato e, alla fine, la televisione ne trasmise solo dei frammenti, con la motivazione che il film presentava uno spaccato dell’Italia troppo crudo. Una bella chiesa e un grande prete. Mattei era un cattolico praticante e innovativo. Per la chiesa di Santa Barbara, al centro del quartiere di Metanopoli, coinvolse molti artisti. Accanto al grande mosaico di 130 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
non-employees, “A magazine for everyone, from the President of the Republic to the very last driller”. The Gatto Selvatico (Wildcat) immediately became a useful tool for company information and cultural issues. Even in this case, the chairman of Eni didn’t go by the rules. At the head of the Wildcat he didn’t put a leading figure in the world of journalism but a well-known poet and writer. The editor in chief, Attilio Bertolucci, involved artists and intellectuals in the magazine, such as Comisso, Parise, Gadda, Caproni, Pea, Cassola, Bassani, and Alfonso Gatto. The back cover in colour was dedicated to the history of painting and was written (but not signed) by the editor in chief. Criticism of Il Giorno and censorship of a documentary by Ivens. April 21, 1956, the first issue of Il Giorno came out, a daily newspaper financed by Eni and edited by Gaetano Baldacci, a brilliant and open-minded journalist from the Marches region. His young editorial staff, under the direction of figures such as Italo Pietra, Gaetano Afeltra, and Guglielmo Zucconi, constituted a sort of nursery for Italian journalism. The high costs of Il Giorno was a chance for other attacks on Mattei. But the new daily reached, for a certain period, very high levels of copies sold and even its harshest critics were forced to concede that the paper was lively and innovative in its articles, photographs, graphics and editorial line. It was the first daily to use colour in Italy. The politics of Il Giorno were closer to African and Middle Eastern countries and in contrast with the strategies of former colonial powers such as France and Great Britain. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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IL CINEMA DI JORIS IVENS Sassi di Matera. Una donna parla in dialetto e invita a entrare, mostra l’interno della sua grotta e racconta la sua vita. Una scena riprende in primo piano l’ultimo nato disteso sull’amaca, coperto di stracci, le mosche gli camminano sul viso. E mentre scorrono altre immagini di bambini tristi e poveri, lo speaker commenta: “Eppure, in questa rovina vive qualcuno”. Sono alcuni fotogrammi di un film “L’Italia non è un paese povero” girato da Joris Ivens per l’Eni: scene proibite, tagliate dalla censura della Rai dell’epoca. È il 1959 quando Enrico Mattei, che aveva visto “Zuiderzee” e “Nuove Terre”, chiede al regista olandese di realizzare un film sull’Eni e sullo sviluppo energetico del paese. Lo stesso Ivens in una biografia racconta: “Un giovane cineasta, Valentino Orsini, mi parlò di Mattei, del gas italiano, dell’ostacolo frapposto dai politici, del ruolo della stampa e dei monopoli stranieri. Mattei rappresentava il capitalismo di stato e io avevo bisogno di sapere di più sull’uomo e sulle sue posizioni. Alla fine accettai e chiesi di incontrarlo”. Mattei voleva un documentario che raccontasse l’Italia e la trasformazione che stava vivendo alla fine degli anni Cinquanta: da paese agricolo a potenza industriale in cui il Sud si svuotava per riempire le grandi città del Nord. Un paese in cui lo sviluppo industriale voleva dire benessere e in cui l’energia e in particolare il gas avevano un ruolo fondamentale. Il presidente dell’Eni seguì personalmente gran parte della lavorazione lasciando però a Ivens, che si circondò di assistenti destinati a diventare famosi (i fratelli Taviani, Tinto Brass, Valentino Orsini), la totale autonomia. Il documentario fu realizzato, ma la Rai si rifiutò di mandarlo in onda, se non censurato e presentato come “Frammenti di un film di Ivens”. Il commento del film di Ivens era stato scritto da Alberto Moravia e letto da Enrico Maria Salerno. Nella versione censurata la voce era di Arnoldo Foà. La versione originale è stata salvata da Tinto Brass, che all’epoca collaborava con il Museo nazionale del cinema di Torino e con la Cinémathèque française di Parigi. Brass nascose la copia integrale del film all’interno della valigia diplomatica della quale era dotato evitando così che la versione autentica del film di Ivens finisse persa per sempre. È un caso forse unico in Italia, quello di una grande industria e del suo manager che promuove una riflessione cinematografica sull’attualità e che affida l’immagine dell’azienda a un personaggio che, oltre a essere un grande cineasta, era anche un grande spirito anticonformista. LAURA BARBIERI
Fiorenzo Tomea (Il Calvario), la chiesa ospita opere di Giò e Arnaldo Pomodoro, Pericle Fazzini, Bruno Cassinari, Franco Gentilini. Alcune di queste opere – come il Calvario – furono commissionate direttamente da Mattei. Ma il presidente del gruppo non si accontentava dell’architettura e dell’arte. Per la chiesa del villaggio Eni voleva anche un grande prete. Si rivolse al suo amico David Maria Turoldo, sacerdote, frate dei servi di Maria, intellettuale e poeta che predicava la fatica gioiosa della speranza. “Mattei – ha raccontato padre Turoldo – insisteva perché accettassi l’assi132 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
THE CINEMA OF JORIS IVENS Caves of Matera. A woman speaks in dialect and asks one in, showing the guest inside her cave and talking about her life. A close-up captures her youngest child lying on a hammock and covered in rags, flies crawling on his face. And while other images of sad and poor children run, the speaker comments: “Even in this ruin someone lives.” These are some of the images from a film, “Italy is not a poor country”, shot by Joris Ivens for Eni: banned scenes, cut by RAI censors at the time. It was 1959 when Enrico Mattei, who had seen “Zuiderzee” and “New Earth”, asked the Dutch director to shoot a film about Eni and Italy’s energy development. Ivens recounts in a biography: “A young film maker, Valentino Orsini, talked to me about Mattei, about Italy’s natural gas, about the obstacles created by politicians, about the role of the press and foreign monopolies. Mattei represented state capitalism and I needed to know more about the man and his views. In the end I accepted and asked to meet him.” Mattei wanted a documentary that told about Italy and the change it was living through in the late 1950s from an agricultural country into an industrial power in which the South emptied out to fill up the big cities of the North. A country where industrial growth meant well-being and where energy and in particular natural gas played a fundamental role. The chairman of Eni personally followed a large part of the shooting, but gave total autonomy to Ivens, who surrounded himself with assistants bound to become well known (the Taviani brothers, Tinto Brass and Valentino Orsini). The documentary was made, but RAI refused to broadcast it, until it was censored and presented as “Fragments of a film by Ivens”. The commentary on the film by Ivens had been written by Alberto Moravia and read by Enrico Maria Salerno. In the censored version the voice was that of Arnoldo Foà. The original version was saved by Tinto Brass, who at the time was collaborating with the National Museum of Cinema in Turin and with the Cinémathèque française in Paris. Brass hid the uncut version of the film inside his diplomatic suitcase and thus avoided the authentic version of the film by Ivens being lost forever. It was perhaps the only time in Italy in which a large industrial firm and its manager sponsored a cinematic reflection on a topical issue, and in which the image of the company was put into the hands of a man who, in addition to being an artist of the cinema, was also a real anti-conformist. L. B.
The great communicator couldn’t ignore the world of cinema. In 1955 Eni made a documentary on the discovery and development of the oil field of Cortemaggiore. The film was to be directed by Carlo Capriata, but Mattei wanted also the collaboration of the great Alessandro Blasetti. Shortly after the discovery of natural gas in the Basento Valley, Mattei decided to produce a documentary on the extraction and refining of hydrocarbons in Italy. In charge of it he put an important name of cinematography and a master in the field of documentaries: Joris Ivens. In doing the film – entitled “L’Italia non è un paese povero” (“Italy isn’t a ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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METANOPOLI Alle porte di Milano sorge Metanopoli, la “città del metano” voluta da Enrico Mattei per i lavoratori dell’Eni, che a partire dagli anni ’50 iniziarono a lavorare nei due nuovissimi palazzi di vetro, in una zona in cui allora c’erano solo risaie e campi di granturco. Concepita con criteri urbanistici d’avanguardia, secondo la filosofia del villaggio aziendale che mirava a integrare in un’unica realtà operai, impiegati e dirigenti dell’azienda di Stato, Metanopoli ha mantenuto il suo aspetto originale, con case basse circondate da giardini e viali alberati. La storia di Metanopoli ha origine alla fine degli anni Quaranta, legata allo sviluppo dell’industria petrolifera in Italia. Nel 1953 Mattei decide di costruire un centro per la manutenzione dei metanodotti e una stazione di gas compresso per automezzi. Vengono quindi realizzate le basi di Metanopoli: la stazione di servizio Agip, dell’architetto Mario Bacciocchi e il Complesso industriale Snam progettato dagli architetti Bacigalupo e Ratti. In seguito Mattei decide di concentrare in un unico luogo le attività direzionali e di gestione della Snam, e le abitazioni di operai, impiegati e dirigenti. Nasce così la città del metano, il nome stesso Metanopoli sarebbe stato coniato da Mario Bacciocchi nel corso di una discussione con Mattei sullo sviluppo dell’insediamento. Lungo la via Emilia si sviluppa una collezione di pregiati esempi di architettura. Il Primo Palazzo Uffici, denominato “il castello di vetro”, è stato progettato da Marcello Zizzoli e Gianmario Oliveri nel 1955 a forma esagonale. Sulla sommità dell’edificio Piero Porcinai ha progettato anche un giardino pensile sul quale affacciava, all’epoca, l’appartamento di Mattei. Il Secondo Palazzo Uffici, realizzato pochi anni più tardi dagli architetti Bacigalupo e Ratti, è caratterizzato da una pianta stellare a tre bracci. A ridosso del Viale Alcide De Gasperi, Bacciocchi ha realizzato nel 1955 l’unica vera piazza di Metanopoli, dominata dal complesso parrocchiale di Santa Barbara caratterizzato da forme quattrocentesche toscaneggiati. All’interno e all’esterno della chiesa opere di Arnaldo e Giò Pomodoro, Tassinari e Cascella. Altri elementi significativi, i Laboratori di ricerca scientifica e tecnica di Bacciocchi che nel ’55 ha anche realizzato una parte del complesso sportivo (il campo di calcio, la tribuna e il tennis coperto) mentre sono attribuiti a Bacigalupo e Ratti la piscina coperta e a Zoppini e Mattioni la piscina scoperta. LAURA BARBIERI
La chiesa di Santa Barbara dell’architetto Mario Bacciocchi. In primo piano la statua in marmo di Santa Barbara di Aldo Caron. A destra il primo Palazzo uffici di Metanopoli. Saint Barbara’s church by architect Mario Bacciocchi. In the foreground, St. Barbara’s marble statue by Aldo Caron. At right, the first Office Building at Metanopoli. 134 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
METANOPOLI On the edge of Milan stands Metanopoli, the “City of Methane” Enrico Mattei wanted for Eni’s employees, who in the early 1950’s started working in two new glass-walled buildings in an area where at the time there were only rice and cornfields. Conceived with avant-garde urban planning criteria, according to the company village philosophy which aimed at integrating workers, office clerks and managers of the state-owned government into one reality, Metanopoli has retained its original appearance, with low houses surrounded by gardens and tree-lined avenues. Metanopoli’s history begins in the late 1940’s and is linked to the development of the oil industry in Italy. In 1953, Mattei decided to build a maintenance centre for gas pipelines and a compressed gas station for road vehicles. So the grounds were laid for Metanopoli: the AGIP petrol station by architect Mario Bacciocchi and the SNAM industrial complex by architects Bacigalupo and Ratti. Later, Mattei decided to bring together SNAM’s executive and managerial activities and the houses of workers, clerks and managers in one place. So the City of Methane was born. The very name “Metanopoli” is said to have been coined by Mario Bacciocchi in a discussion with Mattei concerning the settlement’s development. Along Via Emilia a fine collection of architectural works is on display. The First Office Building, also called “the glass castle,” was designed by Marcello Zizzoli and Gianmario Liveri in 1955 in a hexagonal shape. On the top of the building, Piero Porcinai also designed a roof garden which was overlooked at the time by Mattei’s apartment. The Second Office Building, built a few years later by architects Bacigalupo and Ratti, features a star shape with three wings. In 1955, behind Alcide De Gasperi Avenue, Bacciocchi built the only true square in Metanopoli, dominated by the parish complex of Saint Barbara, featuring a style reminiscent of Quattrocento Tuscan architecture. Inside and outside the church are displayed works by Arnaldo and Giò Pomodoro, Tassinari and Cascella. Other remarkable buildings include the Technical and Scientific Research Laboratories by Bacciocchi, who in 1955 also built a large sports complex (the football pitch, the stand and the indoor tennis courts), while the indoor swimming pool was designed by Bacigalupo and Ratti, and the open-air swimming pool by Zoppini and Mattioni. L. B.
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stenza spirituale e religiosa della nuova comunità che, diceva, avrebbe dovuto essere un modello dell’inserirsi della Chiesa nel mondo creativo del lavoro, un inserimento, anche questo, tutto da inventare”. Turoldo rispose che non se la sentiva: “la nostra amicizia è il modo migliore di collaborare fra noi”. Percepire il bisogno di figure innovative, anche all’interno della Chiesa, faceva parte della personalità di Mattei, del complesso di sogni e di valori che erano alla base della sua sfida. Ripeteva che il petrolio è una risorsa della cooperazione, “volta al benessere di chi quella risorsa possiede per dono della natura e di chi la utilizza per forza della sua industria”. Credeva nello sviluppo industriale e nella crescita economica, che considerava strumenti di riscatto dalla miseria e dall’inferiorità sociale. Aveva la consapevolezza che l’industria italiana doveva svecchiare la sua cultura, uscire dai confini del “triangolo industriale”, valorizzare il ruolo dei lavoratori, creare ricchezza e distribuirla in un sistema di solidarietà sociale. Ricevette molti stimoli dal mondo della cultura e dell’arte e, a sua volta, stimolò intellettuali e artisti a collaborare al suo disegno di modernizzazione. Quando morì, era conosciuto in tutto il mondo. Molti piansero. E molti tirarono un sospiro di sollievo.
Mattei a colloquio con alcuni giornalisti. Per diffondere le sue idee, i valori che lo animano e gli obiettivi che si prefigge parla spesso con la stampa, che in quel periodo si divide tra chi lo sostiene con fervore e chi lo avversa con asprezza.
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Mattei talking to a group of newsmen. In order to spread his ideas, the values that drove him and the objectives he set himself Mattei spoke often to the press, which at the time was split between those backing him with zeal and those opposing him with harshness.
poor country”) – Ivens was assisted by the Taviani brothers, Tinto Brass, Valentino Orsini and, for the comments, Alberto Moravia. The film was shot for RAI, the Italian state radio and TV. Mattei liked it, but RAI managers didn’t. The documentary was censored and, at the end, only some portions were broadcast on television, following the reasoning that the film presented Italy under too bad a light. A beautiful church and a great priest. Mattei was a practicing, innovative Catholic. For the church of Santa Barbara in the centre of Metanopoli he involved many artists. Next to the large mosaic by Fiorenzo Tomea (The Calvary), the church has works by Giò and Arnaldo Pomodoro, Pericle Fazzini, Bruno Cassinari, and Franco Gentilini. Some of these works – such as The Calvary – were directly commissioned by Mattei. But Eni’s chairman wasn’t satisfied with architecture and art. For the church of the Eni village, he also wanted a great priest. He turned to his friend David Maria Turoldo, priest and friar of Mary’s Servants, an intellectual and poet who preached the joyful toil that is hope. “Mattei”, told Father Turoldo , “insisted on my taking on the spiritual and religious assistance of the new community which, he said, would have been a model for the Church to enter the creative world of work, something to be invented as a new thing”. Turoldo answered that he didn’t feel up to it and told him: “Our friendship is the best way for us to collaborate”. Understanding that there was a need for innovative figures, also inside the church, was a part of Mattei’s personality, of the intertwined dreams and values that were at the base of his efforts. He was in the habit of repeating that oil is a resource of cooperation, “for the well-being of those who have it as a gift from nature and those who use it for the strength of their industry”. He believed in industrial development and in economic growth, which he considered tools to rescue people from poverty and social inferiority. He was aware that Italian industry had to rejuvenate its culture, getting out of the confines of the “industrial triangle”, to enhance the role of workers, to create wealth and distribute it in a system of social solidarity. He received a large amount of stimulus from the worlds of culture and art and in turn stimulated intellectuals and artists to collaborate on his plan for modernization. When he died he was known all over the world. Many cried for him. And many drew a sigh of relief.
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L’innovazione che ha guidato l’attività di Mattei si è rivolta ai processi e ai prodotti, ma anche ai comportamenti strategici, alla gestione dei rapporti internazionali, all’organizzazione e gestione manageriale. The innovation drive that inspired Mattei’s activity targeted processes and products but also strategic behaviour, international relations, organization and management.
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SOLUZIONI UN’ESPERIENZA DI ROTTURA E D’AVANGUARDIA. LA STORIA DI MATTEI È ANCORA OGGI UNO STRAORDINARIO ESEMPIO DI MANAGEMENT STRATEGICO E GESTIONALE.
L’INNOVAZIONE COME SCELTA
R
di
MAURIZIO DALLOCCHIO e OMBRETTA PETTINATO
ipercorrendo le principali tappe dell’evoluzione della gestione aziendale negli ultimi 50 anni, si evince che il fil rouge che collega i vari periodi della storia di essa è un cambiamento, spesso repentino e imprevisto, guidato dall’innovazione. Il ritmo del cambiamento è talvolta così rapido che la capacità di cambiare ha costituito, e costituisce tutt’oggi, il principale vantaggio competitivo delle imprese. La globalizzazione dei mercati ha determinato e determina una condizione di crescente capacità produttiva e un’offerta di gran lunga superiore alle potenzialità di assorbimento della domanda. Le imprese si trovano quindi a confrontarsi con una progressiva sovrabbondanza di beni sempre più sofisticati e a costi decrescenti e con una copiosa varietà di alternative per motivare una domanda distratta e infedele. Per fronteggiare gli esuberi di produzione, le imprese stanno abbracciando nuove logiche di concorrenza basate su profondi ripensamenti sulle teorie di management e marketing. Così, mentre nella cosiddetta fase dell’economia di scarsità (che ha caratterizzato gli Stati Uniti fino agli anni ’40 e l’Italia fino alla fine degli anni ’50), i principi base della gestione “razionale” d’azienda sono stati elaborati per “pilotare” una domanda che era superiore all’offerta, e nella fase successiva, quella dell’economia di benessere (protrattasi fino agli anni ’80), l’evoluzione degli scenari internazionali ha orientato le imprese a stimolare una domanda in continuo equilibrio dinamico con l’offerta, nell’odierno scenario internazionale si ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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assiste a un eccesso di offerta che costituisce un nuovo fattore di sviluppo delle stesse imprese. Numerosi economisti si sono occupati del fenomeno della concorrenza ma chi ha fornito le prime interpretazioni chiave del fenomeno è soprattutto Michael Porter, con il volume sulla strategia competitiva del 1980. La sua prima intuizione fu che il grado di competitività del settore influisce in maniera determinante sui risultati medi delle imprese che operano nel settore. Secondo Porter, il successo della manovra di un’impresa non dipende soltanto dalla qualità della stessa, ma anche dalla reazione dei concorrenti. Una forte componente analitica relativa alla formulazione strategica prevale sulla mera implementazione, seppur perfetta, dell’azione da svolgere; da qui un’analisi rigorosa dei comportamenti prevedibili dei concorrenti nella definizione delle linee di azione strategica. Il concetto di market disruption (punti di rottura) irrompe sulla staticità delle teorie tradizionali, volendo col termine indicare la rottura dell’equilibrio e la ricerca di vantaggi competitivi non durevoli, attraverso un continuo e repentino cambiamento delle regole del gioco e del terreno di confronto. Se si accetta tale impostazione di pensiero, risulta allora che la concorrenza non si realizza più solamente entro i confini ristretti del settore,
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Mattei compie un viaggio di lavoro in Cina nel dicembre del 1958 e incontra il Ministro degli Esteri cinese Chen-Yi. L’Italia, allora, non ha rapporti diplomatici con il Paese.
Mattei went on a business trip to China in December 1958 and met the Chinese foreign minister, Chen-Yi. At the time Italy had no diplomatic relations with China.
L
M O
D
by AURIZIO ALLOCCHIO and MBRETTA ETTINATO
P
ooking over the main stages of the evolution of business management in the last 50 years, the common thread connecting the various periods in its history is innovation-led change, often sudden and unexpected. The pace of change is at times so quick that change capacity has constituted and still constitutes today the main competitive advantage for companies. Market globalisation has created and continues to create a condition of growing production capacity and supply that is a lot larger than what demand can absorb. Businesses thus find themselves facing a progressive overabundance of ever more sophisticated goods at decreasing costs and with a big variety of alternatives to stir an unheeding and disloyal demand. To deal with redundant production, businesses are embracing a new competitive logic based on profound rethinking of management and marketing theories. Thus, while in the phase of so-called scarcity economy (which characterised the US up to the 1940’s and Italy to the late 1950’s), the basic principles of “rational” business management were drawn up to “steer” demand that was greater than supply and in the successive phase, that of well-being economy (which carried on up to the 1980’s), international developments oriented businesses towards
A TIME
OF CHANGE AND OF BEING
AT THE FOREFRONT, THE
MATTEI
STORY
REMAINS AN EXTRAORDINARY EXAMPLE OF STRATEGIC AND ORGANISATIONAL MANAGEMENT.
INNOVATION AS CHOISE SOLUTIONS ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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ma subisce progressiva contaminazione di carattere “company specific” indebolendo la spiegazione di matrice “industry specific” delineata dal modello di Porter. Quanto più si è in presenza di market disruption tanto più il successo dipende dalle competenze, dalle capacità di innovazione, dalla velocità di apprendimento e di risposta ai cambiamenti in atto nell’arena competitiva. Tale intuizione sconvolge dunque l’impostazione tradizionale che orbita attorno al concetto di sostenibilità del vantaggio competitivo e coerenza strategica, per proporre una visione dinamica e sempre mutevole del confronto concorrenziale in cui la discontinuità strategica diviene il nuovo terreno di battaglia. Ciò è ancora più vero se si opera in settori ipercompetitivi, o meglio in un clima di “turbo-capitalismo”, in cui fattori oggettivi quali la caduta delle barriere politiche, l’innovazione, la liberalizzazione dei mercati, la globalizzazione, la deregulation guidano il sistema economico verso strade inesplorate, impongono regole diverse, nuove strategie e svolte radicali ai sistemi di gestione delle imprese. Sebbene in un contesto storico ed economico diverso, l’attivismo e l’incredibile capacità di orientamento di Enrico Mattei divengono forieri di una ideologia che si svilupperà soltanto verso la metà degli anni ’90. L’esperienza di Mattei, all’Agip prima e all’Eni poi, costituisce una storia per molti aspetti avventurosa e in assoluto una delle vicende più singolari della storia italiana in cui ritroviamo aspetti d’estrema attualità riflessi in un comportamento mirato alla produzione di vantaggi competitivi ottenuti grazie alla costante tensione verso l’innovazione e alla creazione di squilibri e sconvolgimenti dello status quo del mercato. Guardando alla sua storia, piuttosto che a piani di lungo periodo e a vantaggi competitivi duraturi, Mattei persegue differenti combinazioni strategiche e operative, creando vantaggi temporanei e ricorrendo a successioni di piccoli attacchi strategici spesso facilmente reiterati per distruggere quelli dei concorrenti. La “scoperta” del sistema delle concessioni, il risveglio e il successivo “rinascimento” dell’Agip, quasi prossima alla liquidazione, gli acrobatici sforzi per destinare fondi alla ricerca, l’ammodernamento della struttura organizzativa e commerciale, la creazione di Liquigas, azienda che avrebbe rivoluzionato la distribuzione del gas e, infine, l’apertura nei confronti del Medio Oriente sono soltanto alcune delle principali scelte strategiche del fondatore, che hanno segnato possibili punti di rottura (o di market disruption appunto) all’interno della logica competitiva dominante. E non solo. Accanto alle tradizionali leve competitive (quali costo e qualità, know how e tempestività, costruzione di posizioni di forza), attorno alle quali da sempre orbitano le mosse e le contromosse competitive, o “interazioni strategiche dinamiche”, emerge un nuovo comportamento di forte attualità, essenziale per il futuro successo e per la sopravvivenza dell’Agip sul mercato. Ci riferiamo alla capacità di creare network. 142 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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L’apertura al mondo arabo da parte di Mattei è funzionale al raggiungimento di obiettivi economici, ma è anche coerente con la linea interculturale e interreligiosa di quegli anni. Mattei’s overture to the Arab world assisted in attaining economic objectives but was also in keeping with the inter-cultural and inter-religious approach of those years. 144 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
stimulating demand which was in a continuous dynamic equilibrium with supply, in the current international scene there is an excess of supply that represents a new development factor for businesses. Many economists have dealt with competition but the one who has provided the first crucial interpretation of the phenomenon was Michael Porter in his 1980 book on competitive strategy. His first insight was that the level of competitivity in a given sector decidedly affects the average results of businesses operating in the sector. According to Porter, the success of a company move does not depend just on its quality, but also on the reaction of competitors. A strong analytical component relating to strategy planning prevails over mere implementation, however perfect, of the action to undertake; from here he made a rigorous analysis of the predictable behaviours of competitors in drawing up strategic lines of action. The concept of market disruption breaks in on the static nature of traditional theories, going with the term to indicate the disruption of balance and the search for not-lasting competitive advantages by continually and suddenly changing the rules of the game and the field of play. If one accepts this kind of thinking, it becomes the case that competition no longer occurs just within the restricted boundaries of the sector, but it suffers progressive “company specific” contamination, thus weakening the explanation of the “industry specific” origin outlined by the Porter model. The more market disruption there is, the more success depends upon skills, innovation capacity, the speed of learning and responding to changes occurring in the competitive arena. Such an insight does therefore upset the traditional approach revolving around the concept of the sustainability of competitive advantage and strategic consistency, and puts forward a dynamic and ever changing vision of competitive confrontation in which strategic discontinuity becomes the new battleground. This is even truer if you work in hypercompetitive sectors, or rather in a “turbo-capitalism” environment, in which objective factors such as the removal of political barriers, innovation, market liberalisation, globalisation and deregulation drive the economic system onto unexplored paths and impose different rules, new strategies and radical turns to corporate management systems. Even if the historical and economic context was different, Enrico Mattei’s drive and incredible capacity for leadership, became the harbinger of a philosophy that would develop only in the mid-1990’s. Mattei’s experience at Agip first and then at Eni, constitutes what was in many ways an adventurous story and undoubtedly one of the most singular in Italian history in which we discover very topical aspects in efforts aimed at producing competitive advantages achieved thanks to the unrelenting drive for innovation and the creation of imbalances and disruptions to the market status quo. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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Mattei capisce che il futuro dell’Italia si fonda sulla sua autonomia nella produzione di energia perciò crea un nuovo sistema basato su accordi diretti nel Medio Oriente tra paesi produttori e paesi consumatori del petrolio, entrando in competizione ma ancor più sconvolgendo l’egemonia delle “Sette Sorelle”, le grandi imprese petrolifere internazionali che detenevano un monopolio mondiale di fornitura del petrolio. Una mossa rischiosa ma che grazie al suo virtuosismo e alla sua capacità di pianificare anzitempo e con cura le difese dialettiche, legali e politiche contro prevedibili attacchi, gli permise di poter fronteggiare con estrema velocità e con successo alle (tutte già previste) mosse dei competitori. La chiave di volta di questo processo di crescita risiede dunque, ancora una volta, nell’innovazione che si può declinare, nel caso Mattei, almeno su sei fronti: innovazione di processo, innovazione di prodotto, innovazione nel comportamento strategico, innovazione nel gestire i rapporti internazionali, innovazione organizzativa e innovazione manageriale. Sei, come le zampe del noto logo che da anni contraddistingue il colosso Eni e a cui ciascuno attribuisce interpretazioni diverse, ma comunque convergenti verso un modello di gestione del gruppo proattivo, veloce, dinamico; una sorta di centauro moderno possibile attraverso la simbiosi fra la macchina e l’automobilista, l’azienda e il suo leader. MAURIZIO DALLOCCHIO è professore ordinario di finanza aziendale dell’Università Bocconi di Milano e coordinatore del Master in Corporate finance della Sda Bocconi. OMBRETTA PETTINATO è docente a contratto dell’Istituto di amministrazione, finanza e controllo (Iafc) dello stesso ateneo.
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Looking at his history, rather than long term plans and lasting competitive advantages, Mattei pursued different strategic and operational combinations, creating temporary advantages and turning to a series of small strategic attacks often easily repeated to destroy those of the competition. The discovery of the concession system, the reawakening and successive “rebirth” of Agip, which was virtually on the verge of liquidation, the strenuous efforts to allocate funds for research, the modernisation of the organizational and marketing structure, the creation of Liquigas, a company that would revolutionise gas distribution in Italy and, finally, the overtures to the Middle East, are just a few of the founder’s main strategic decisions, which have marked breakaway points (or exactly market disruptions) in the prevailing competitive logic. And not just. Alongside traditional competitive levers (such as cost and quality, knowhow and timeliness, establishment of strong positions), around which competitive moves and countermoves have been revolving all the time, or “dynamic strategic interactions” emerges a new very modern behaviour which proved to be crucial for future success and for Agip’s survival on the market. We are referring to network-creating capacity. Mattei understood that Italy’s future rested on its energy producing autonomy and to this end he set up a new system based on direct agreements in the Middle East between oil producer and consumer countries, entering into competition but even more upsetting the dominance of the “Seven Sisters”, the big international oil companies that ran a worldwide monopoly on oil supplies. A dangerous move but thanks to his great skill and his capacity to carefully plan ahead his arguments and legal and political defences against the predictable attacks, it allowed him to deal very quickly and successfully with (all the already predicted) moves by competitors. The keystone in this process of rapid growth therefore, resides once again in innovation that can be defined, in Mattei’s case, at least on six fronts: process innovation, product innovation, strategic behaviour innovation, innovation in handling international relations, organisational and managerial innovation. Six, like the legs of a well-known logo that has for years symbolised the giant Eni, and to which everyone gives different interpretations, yet converging towards a proactive, fast, and dynamic model of group management; a sort of modern centaur made possible through the symbiosis between car and driver, the company and its leader. MAURIZIO DALLOCCHIO, professor of corporate finance at Milan’s Bocconi University and coordinator of the M. A. in Corporate finance of Sda Bocconi. OMBRETTA PETTINATO is a lecturer at the Institute of Administration, Finance, and Control (IAFC) at the same university.
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AL DI LÀ DEL PROFILO ECONOMICO, C’È UN ASPETTO ANCORA INESPLORATO DELLE VICENDE DI MATTEI E DI ENI. L’IMPATTO CHE LE INIZIATIVE E L’IMPEGNO DEL SUO FONDATORE HANNO AVUTO SULLA SOCIETÀ E SUL COSTUME DI TUTTO IL PAESE.
L’ITALIA MIGLIORE
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TENDENZE Tutte le favolose meraviglie della mille e una notte, e molte altre si sono avverate, la macchina le avvera. Hanno cessato d’essere slanci nell’impossibile della fantasia e del sentimento, sogni, simboli della sconfinata libertà della poesia. Sono divenuti effetti di strumenti foggiati dall’uomo. (Giuseppe Ungaretti, in Civiltà delle macchine, n. 1, 1953).
V
di
SIMONE MISIANI
i è un paradosso che riguarda la figura di Enrico Mattei. Mentre esiste una ricchissima produzione sull’uomo d’azione, molto minore interesse è stato dedicato a indagare i caratteri del suo indirizzo culturale industrialista, la fiducia ottimistica nel rapporto tra progresso e democrazia e l’idea di democrazia industriale che guida il suo concreto operare nella direzione della politica aziendale. Il discorso chiama in gioco il sostegno di Mattei al mondo degli intellettuali, il contributo da lui dato al dialogo e alla conciliazione tra la cultura umanistica e quella tecnico-scientifica, tra il mondo della libertà e quello delle regole imposte dalla civiltà delle macchine. Le iniziative volte alla rappresentazione di una idea di sviluppo non solo in senso scientifico ma anche artistico, trasformando ogni tecnica in una “tecnica artistica”. In altri termini l’idea di poter affidare la guida di Prometeo a Orfeo. Il percorso di formazione culturale di Mattei è tutto interno agli archetipi del cattolicesimo sociale rielaborato ad opera dei Laureati cattolici nella seconda metà degli anni Trenta, tra i quali Giorgio La Pira, Marcello Boldrini ed Ezio Vanoni. La sua concezione del rapporto tra la religione e la politica è pervasa dal sogno di conciliare il cattolicesimo con la modernità. Vi è in lui l’idea di poter impiegare le istituzioni economiche pubbliche come strumento di elevazione della persona e di realizzazione del riconoscimento dei diritti democratici al fine di fondare una società basata sui valori dell’umanesimo cristiano. È la terza via che si trova riassunta nel Codice di Camaldoli, manifesto costitutivo della sinistra democristiana. La politica energetica è l’occasione per dare una risposta positiva alla ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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domanda di giustizia proveniente dalla povera gente, dare concretezza a una politica di sviluppo dal basso, che metteva al primo posto il problema del Mezzogiorno. L’Eni si fa interprete di una idea di nazione in senso moderno, non soltanto politico ma anche economico e sociale, con le radici nel Risorgimento e gli esiti ultimi nella battaglia per il riconoscimento del diritto dei popoli ad avere una propria nazione. Prospetta una concezione dello sviluppo come strumento del riscatto democratico dei popoli “poveri”, distante sia dalla posizione del blocco occidentale, a cui pure appartiene, e sia anche dalla visione marxista di matrice sovietica. La tradizione meridionalista si associa a una propensione al dialogo interre150 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Silvana Mangano, tra le più grandi attrici italiane, avvia la sua carriera negli anni Cinquanta, periodo di splendore per la cinematografia italiana.
All the fabulous marvels of the thousand and one nights and many others have come to pass, the machine has brought them about. They have ceased to be flights of fantasy and feeling into the impossible, dreams, symbols of the boundless freedom of poetry. They have become the effects of tools moulded by man. (Giuseppe Ungaretti, in Civiltà delle macchine, n. 1, 1953).
T
by
SIMONE MISIANI
here is a paradox concerning the figure of Enrico Mattei. While a great deal has been written about the man of action, much less interest has been dedicated to the exploration of the traits of his industrial culture policy, the optimistic confidence in the relationship between progress and democracy and the idea of industrial democracy that guided his direction of company policy. It’s a subject that brings into play Mattei’s support for the intellectual world, the contribution he made to dialogue and reconciliation between humanistic and techno-scientific cultures, between the world of freedom and that of regulations imposed by machine culture. The initiatives aimed at the representation of an idea
ABOVE
AND BEYOND THE ECONOMIC PROFILE,
THERE IS STILL AN UNEXPLORED ELEMENT OF THE HISTORY OF
MATTEI
AND
ENI:
THE IMPACT OF THE INITIATIVES AND THE COMMITMENT OF ITS FOUNDER HAVE HAD ON SOCIETY AND ON SHAPING Silvana Mangano,
THE ITALIAN WAY OF LIFE.
one of Italy’s greatest movie actresses, started
THE BEST ITALY
her career in the 1950s, an era of splendour for the Italian cinema.
TENDENCIES ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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ligioso e si fa proposta di politica di collaborazione con i paesi dell’area mediterranea e del Terzo mondo. Il momento di svolta è rappresentato dal 1955 con la nascita del sistema delle Partecipazioni statali di cui l’Eni costituisce il polo trainante. È una terza via tutta interna allo schema bipolare, che ha un momento fondamentale nella battaglia culturale. Mattei attribuisce all’Eni la missione nazionale di esportare nel mondo una concezione partecipativa delle politiche di intervento economico, una idea di programmazione diretta dall’alto e governata dal basso. L’approccio partecipativo aveva due motivazioni, radicalmente differenti: la prima di tipo funzionale, vedeva nella partecipazione lo strumento per ottenere il consenso rispetto alle iniziative da realizzare; la seconda vedeva nella attivazione della partecipazione la finalità principale dell’intervento stesso. Il nesso tra i mezzi e i fini della politica culturale di Mattei è rintracciabile soprattutto nel rapporto tra democrazia ed educazione. Vi è un implicito richiamo al pensiero di Dewey rielaborato nel secondo dopoguerra dai gruppi vicini a Gaetano Salvemini. Viene proposta una via allo sviluppo, non traumatica né imposta dall’alto, ma fondata sulla speranza di sconfiggere la miseria della civiltà contadina e al contempo salvaguardare la dignità della loro identità culturale. Questa impostazione vale tanto per l’Italia quanto per il mondo in via di sviluppo. Il suo pensiero è simbolicamente rappresentato dalla nota formula contrattuale del fiftyfifty, inteso qui, non tanto e non solo come elemento di regolazione delle controversie economiche, quanto come elemento di una idea di concertazione fondata sul riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei popoli. Propone una visione dello sviluppo industriale, inteso come fondamento di una rivoluzione democratica, di cui la soluzione della questione energetica e infrastrutturale avrebbe dovuto rappresentare il nodo strategico. Introduce in Italia il tema della responsabilità etica dell’impresa pubblica, sia pure entro formule che oggi sono giudicate superate. Impegna l’Eni in una battaglia per il rinnovamento culturale e su questa via avviene l’incontro con gli intellettuali. Ha come modello di riferimento le politiche scientifiche poste in essere da Adriano Olivetti a Ivrea. Vi è uno scambio e direi quasi un travaso di idee tra le due grandi imprese che testimonia di legami e rapporti più profondi di quanto la storia politica ha fatto emergere. L’Eni propone una concezione sociale e direi anche estetica del progresso industriale. Diffonde una immagine della civiltà industriale capace di superare la contraddizione tra l’aspirazione alla libertà e la standardizzazione del sistema di fabbrica, apre le porte a una poetica della modernizzazione. È stato sottolineato dagli studiosi di storia economica il rilievo del rapporto tra Mattei e l’economista Giorgio Fuà, a cui era stato affidato il compito di impiantare e dirigere l’Ufficio studi, funzione poi svolta da Giorgio Ruffolo. È iniziato un primo lavoro di scavo per ricostruire la strategia di coinvolgimento dei dipendenti attraverso iniziative culturali, l’or152 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
La macchina da scrivere Studio 44 del 1952. Per l’innovativo stile manageriale, gli avanzati principi di gestione aziendale, la figura di Adriano Olivetti è per molti aspetti vicina a quella di Enrico Mattei.
The 1952 Studio 44 typewriter. With his innovative managerial style and his advanced principles of corporate governance, Adriano Olivetti’s personality is under many aspects close to that of Enrico Mattei.
of growth not just in the scientific sense but also in the artistic, transforming every technique into an “artistic technique”. In other terms the idea of being able to hand over Prometheus’s direction to Orpheus. Mattei’s cultural training was entirely within the archetypes of social Catholicism developed by Milan’s Catholic University graduates in the second half of the 1930’s, among whom were Giorgio La Pira, Marcello Boldrini and Ezio Vanoni. His idea of the relationship between religion and politics was imbibed with the dream of reconciling Catholicism with modernity. He nourished the idea of being able to employ public-sector economic institutions as an instrument of elevating the individual and bringing about the recognition of democratic rights with the aim of creating a society based upon the values of Christian humanism. This was the “third way” that was enshrined in the Camaldoli Code, the founding platform of the Christian Democratic left. Energy policy provided an opportunity to give a positive response to the demand for justice from the poor, creating a bottom up growth policy, giving top priority to the question of Italy’s underdeveloped South. Eni became the interpreter of an idea of the nation in the modern sense, not just politically but also economically and socially, with its roots in the ‘Risorgimento’ and its ultimate result in the battle for the recognition of the right of peoples to have a nation of their own. It prospected a concept of growth as a tool for the democratic renewal of “poor” nations, equally removed from the position of the western block, to which still it belongs, and to the Soviet style Marxist vision. The “Meridione” tradition was associated with a propensity for interfaith dialogue and proposed a policy of cooperation with countries in the Mediterranean area and in the Third World. The turning point came in 1955 with the birth of a system of state shareholdings of which Eni represented the driving force. It is a “third way” thoroughly within the bipolar system, which has a crucial element in the cultural struggle. Mattei gave Eni the national mission to export worldwide a participatory conception of the politics of government intervention in the economy, an idea of planning managed from on high and governed from down below. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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ganizzazione non competitiva del lavoro e le relazioni sindacali. Una scarsa attenzione è stata dedicata, fino ad oggi, agli aspetti più propriamente culturali della politica aziendale, la strategia di comunicazione e di rappresentazione dell’idea di sviluppo e di democrazia industriale che forma un elemento di grande interesse e di estrema modernità. L’approfondimento di questo ambito della politica aziendale dell’Eni permette di evidenziare gli elementi portanti dell’idea di democrazia industriale che si viene configurando in Italia tra la metà degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta. Mattei persegue, con intensità che non ha paragoni tra gli imprenditori italiani, l’obiettivo di combattere, con gli strumenti della comunicazione di massa, la battaglia per convincere gli italiani e gli osservatori internazionali dei vantaggi del modello di democrazia industriale proposto dall’Eni. Affida questo compito di pedagogia civile all’editoria, ma anche alla produzione di cortometraggi e documentari prodotti in collaborazione con l’Istituto Luce e la televisione. Ciò che interessa qui, in modo particolare, è il contributo offerto dagli intellettuali all’opera di edificazione di una idea positiva del progresso industriale. La poesia civilmente impegnata esce dalla torre d’avorio, dove si era rinchiusa negli anni del Regime, e milita a favore di un modello di modernizzazione dal volto umano. Sogna la possibilità di imbrigliare il progresso tecnologico dandogli una finalità positiva a favore del benessere dell’umanità. Nasce una estetica industrialista a cui anche l’Eni di Mattei dà un contributo di rilievo, garantendo a intellettuali e artisti uno spazio di libertà per discutere e veicolare le loro idee. La cultura umanistica italiana si apre alle novità emerse dal processo di modernizzazione. Se il principale punto d’incontro, tra le arti e la tecnica, si svolge sul terreno della scrittura, nelle riviste, i libri e le pubblicazioni in genere, le novità di maggior rilievo sono raggiunte sul piano della estetica cinematografica. La produzione di documentari vive in questo decennio uno sviluppo straordinario, si sperimentano linguaggi e forme espressive inedite, si consuma una crisi semantica delle arti e si prepara l’avvento di una società delle immagini con il primato del linguaggio filmico sulla editoria, come veicolo e fattore di comunicazione di massa. Si viene saldando in questo decennio il nesso tra le politiche di sviluppo economico e sociale e la produzione di documentari, sotto un duplice versante: come veicolo di strategia comunicativa delle politiche in atto e ricerca di forme 154 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Nata nel 1956, la Seicento Multipla della Fiat rappresenta uno dei simboli del boom economico italiano degli anni CinquantaSessanta.
Fiat’s Seicento Multipla car was created in 1956 and represented one of the symbols of Italy’s economic revival of the 1950s1960s.
The participatory approach had two radically differing motivations: the first was of a functional type and saw in participation the tool to obtain consensus over initiatives to be carried out; the second saw the main aim of initiatives in turning on participation itself. The nexus between the means and the ends of Mattei’s cultural policy can be found above all in the relationship between democracy and education. There is an implicit reference to the thinking of Dewey as it was worked over after the Second World War by groups close to Gaetano Salvemini. A development policy was proposed that was neither traumatic nor imposed from on high, but based on the hope of overcoming the poverty of peasant culture and at the same time safeguarding the dignity of the peasants’ cultural identity. This approach counts as much for Italy as for the developing world and it was symbolically represented by the well-known fifty-fifty contractual formula, meaning here, not so much and not just a tool to regulate economic controversies, but rather an element of an idea of ‘acting in concert’ based on the recognition of the right of peoples to self-determination. This vision of industrial development was intended as the foundation of a democratic revolution, in which the solution of the energy and infrastructural issues should have represented the strategic junction. It introduced into Italy the question of the ethical responsibility of State-owned enterprises, albeit within formulae that today are judged obsolete. Eni engaged in a battle for cultural renewal and this provided the ground for an encounter with intellectuals. It had as its reference model the scientific policies brought into being by Adriano Olivetti at Ivrea. There was an exchange and I would say almost a decanting of ideas between the two big businesses which is evidence of deeper bonds and relations than what political history tells us. Eni was proposing a social and I would say also aesthetic concept of industrial progress. It was spreading an image of industrial civilisation capable of overcoming the contradiction between the urge for freedom and the standardisation of the factory system, opening the doors to a poetry of modernisation. Economic historians have underlined the relevance of the relationship between Mattei and the economist Giorgio Fuà, who had been assigned the task of setting up and run the Research Office, a role then carried out by Giorgio Ruffolo . An initial research has begun in order to reconstruct the strategy of involvement of employees through cultural efforts, the ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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e linguaggi di comunicazione democratica le cui linee di fondo avrebbero preso corpo nel corso dei decenni successivi. L’ipotesi su cui ci muoviamo è il convincimento dell’esistenza di un nesso forte, un filo conduttore che lega le politiche economiche di sviluppo e la produzione in senso quantitativo e qualitativo di documentari. Accanto e all’interno di un acuirsi della strategia della guerra fredda culturale si fa strada in questo decennio la ricerca di una rifondazione in senso democratico del rapporto tra politica di modernizzazione e crescita dei livelli di democrazia, di cui il linguaggio cinematografico offre un veicolo di straordinaria presa. Dentro questo specifico scenario il documentario diviene a un tempo motore di comunicazione e di educazione ai valori della democrazia in senso moderno da un lato, e strumento di partecipazione attiva dei cittadini alla elaborazione delle strategie di politica economica dall’altro. Si tratta di un percorso circolare entro cui si apre e si racchiude l’esperienza della programmazione negli anni Cinquanta in Italia. Le radici della storia di questo genere di documentario sono nella cinematografica educativa realizzata negli anni del fascismo, ma il fatto nuovo che imprime una svolta formale è costituito dalla rottura dal periodo bel156 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
non-competitive organisation of work and union relations. Little attention has been given, until now, to the more specifically cultural aspects of corporate policy, that is the strategy to convey and represent the idea of growth and industrial democracy that forms an element of great interest and extreme modernity. An in-depth examination of this aspect of Eni’s corporate policy brings out the basic elements of the industrial democracy philosophy that developed in Italy between the mid-1950’s and the mid-1970’s. Mattei pursued, with an intensity that has no match among Italian businessmen, the aim of fighting, with the instruments of mass communication, the struggle to convince the Italian people and international observers of the advantages of the model of industrial democracy proposed by Eni. He entrusted this civic education task to publishing, but also to the production of short films and documentaries in cooperation with the ‘Istituto Luce’ and television. What is interesting here, particularly, is the contribution offered by intellectuals to the work of promoting a positive idea of industrial progress. Civically engaged poetry left its ivory tower, where it had withdrawn during the Fascist years, and works in favour of a model of human face modernisation. It dreamt about harnessing technological progress and give it the positive target of human wellbeing. This brought forth an industrial aesthetics to which Mattei’s Eni, too, gave a remarkable contribution, guaranteeing intellectuals and artists a space of freedom to discuss and spread their ideas. Italian humanistic culture opened up to the new developments from the process of modernisation. While the main meeting point between the arts and technology, was provided by writing in magazines, books and publications in general, the biggest changes occurred in cinematographic aesthetics. Documentary production in this decade saw an extraordinary growth, experimenting with unheard-of languages and expressive forms, living through a semantic crisis of the arts and preparing for the beginning of an image society where movie language was taking top place over publishing as a vehicle for and factor of mass communication. In this decade there was a coming together of the connection between economic and social development policies and the production of documentaries, under two aspects: as a vehicle of strategic communication of ongoing policies and as a research into forms and languages of democratic communication whose basic lines would take shape over the following decades. The hypothesis that we have adopted is the belief in the existence of a strong link, a conducting thread connecting the policies for economic development and the production of documentaries in the quantitative and qualitative senses. Alongside and within a heightening of the strategy of cultural cold war there also began in this decade a research into a democratic re-casting of the relationship between modernisation policy and growth of levels of democracy, to which cinematic language offered a vehicle of ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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lico. La produzione di documentari di propaganda del sistema industriale prende avvio in concomitanza con l’applicazione del piano Marshall. Negli anni Cinquanta sono le grandi imprese private e pubbliche, come in primo luogo l’Olivetti, l’Eni e aziende del gruppo Iri, a ereditare questa esperienza e a proiettarla in avanti nell’Italia del boom. I grandi gruppi imprenditoriali finanziano la realizzazione di filmati in collaborazione con l’Istituto Luce e la Rai e si valgono di case di produzione cinematografiche specializzate in questo settore. Mattei intuisce la portata rivoluzionaria impressa dalla filmografia e dalle potenzialità offerte dal mezzo catodico, entrato in funzione dalla fine del 1954. In questa fase il cinema si affianca alla carta stampata e si fa suo complemento. Un riferimento obbligato è al Giorno di Gaetano Baldacci fondato nel 1956 che ha una funzione di quotidiano politico nazionale. Questa testata contribuisce al rinnovamento nel modo di fare il giornalismo in Italia e anche a introdurre sulla carta stampata i temi e i problemi della grande trasformazione in atto nella società. Per ricostruire la politica culturale aziendale è più utile seguire la vita della rivista aziendale. Nel 1955 nasce Il Gatto Selvatico che forma la ragnatela, il sogno e il disegno della politica culturale dell’Eni negli anni di Mattei. Il modello di riferimento è la Civiltà delle macchine, il periodico finanziato dall’Iri e diretto dal poeta e matematico Leonardo Sinisgalli, il quale ultimo, dal 1958, fu chiamato a dirigere l’ufficio pubblicità dell’Agip. La direzione viene affidata ad Attilio Bertolucci, allievo di Roberto Longhi, poeta e storico dell’arte, legato da rapporto di amicizia con Montale, Ungaretti e Morandi e in diretto contatto con il gruppo degli intellettuali olivettiani. Il tramite era stato Tito De Stefano, responsabile dell’ufficio stampa del gruppo. Per un decennio Il Gatto Selvatico aprì il mondo aziendale alla cultura della modernizzazione, contribuì a porre le fondamenta di una estetica della civiltà industriale. È un rotocalco per tutti, che poteva essere letto dal presidente della Repubblica come dall’ultimo dei dipendenti, dove l’alta cultura umanistica si incontrava con la illustrazione dei ritrovati della tecnica. Nella visione del Gatto Selvatico vi era il convincimento che la modernizzazione avrebbe potuto contribuire a dare nuovo impulso al recupero del rapporto con il passato e alla valorizzazione delle identità del paesaggio storico italiano. A testimonianza di ciò è il catalogo, curato da Bertolucci, sull’arte romanica nella Valle Padana nelle zone dove erano in corso le ricerche di metano. Vi era il convincimento e forse anche l’illusione che il presente e il futuro avrebbero indotto al recupero del rapporto con il passato. Il volume indulge in un’analogia intorno al concetto di rapporto tra l’uomo e la natura che ha al centro il tema dell’utilizzo delle risorse naturali e rintraccia nel lungo periodo le radici del processo di civilizzazione contemporanea. Il cuore della rivista era dedicato ad illustrare i risultati della politica meridionalista, gli insediamenti realizzati in Basilicata e in Sicilia e lo sviluppo 158 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Attilio Bertolucci, padre di Bernardo, viene scelto da Mattei per la direzione della rivista Gatto Selvatico. Del Direttore la controcopertina di ogni numero dedicata a un argomento di storia dell’arte, sua grande passione.
Attilio Bertolucci, Bernardo’s father, was appointed by Mattei to be editor-in-chief of the Gatto Selvatico magazine. His were the back-covers of all issues, devoted to a topic of art history, which was his great passion.
extraordinary effectiveness. Within this specific scenario documentaries became an engine of communication and education in the values of democracy in the modern sense on the one hand, and an instrument of citizens’ active participation in the development of economic strategies on the other. It was a circular route framing the experience of planning in Italy in the 1950’s. The roots of the history of this type of documentary were in the educational cinema created during the years of fascism, but the new fact that made for a formal change was the disruption caused by the war. The production of propaganda documentaries for the industrial system began along with the Marshall Plan. In the 1950’s the big private and State companies, such as in first place Olivetti, Eni and IRI group companies, inherited this experience and cast it forwards into the Italy of the boom. The big business groups financed film productions jointly with Rome’s ‘Istituto Luce’ and RAI and made use of production companies specializing in this sector. Mattei understood the revolutionary importance of film making and the potential of television, which came on air at the end of 1954. In this phase cinema flanked printed material and complemented it. One obligatory reference needs to be made to the Giorno of Gaetano Baldacci founded in 1956 as national political daily newspaper. This newspaper contributed to the renewal of Italian journalism and also brought into the newspaper world the issues and problems of the great transformation under way in society. To reconstruct corporate cultural policy it is more useful to follow the life of the corporate magazine. In 1955 Il Gatto Selvatico (The Wild Cat) was founded, forming the web, dream and design of Eni’s cultural policy during Mattei’s time. The reference model was Civiltà delle macchine (Civilisation of machines), the journal funded by IRI and directed by poet and mathematician Leonardo Sinisgalli, who, in 1958, was appointed head of Agip’s advertising office. Attilio Bertolucci, a pupil of poet and art historian Roberto Longhi, a friend of Montale, Ungaretti and Morandi, and directly in touch with the group of the so-called “olivettian” intellectuals, was appointed chief editor of Il Gatto Selvatico. Their point of contact was Tito De Stefano, in charge of the Eni group’s press office. For a decade, Il Gatto Selvatico opened up the corporate world to the culture of modernisation, it helped lay the foundations for the aesthetics of the industrial civilisation. It was a magazine for everyone, it could be read by the President of the Republic as well as by any employee; in it high humanistic culture blended with the illustration of technical innovation. From the Gatto Selvatico viewpoint, modernisation could help retrieve the relationship with the past, and help enhance the identity of Italy’s historical landscape. Bearing witness to this was the catalogue, edited by Bertolucci, on Romanic art in the Po river Valley in the areas where natural gas exploration was underway. There was the belief, and perhaps even the ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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della presenza dell’Eni nei paesi del Mediterraneo. Il tema del dialogo tra Occidente e Oriente forma un punto centrale della politica culturale dell’Eni. Sorprende il punto di vista laico nei riguardi del mondo islamico. Mattei mostra di condividere l’impostazione culturale data dalla rivista a questo tema. L’apertura al mondo arabo era certamente funzionale al raggiungimento degli obiettivi economici, ma era anche coerente con la linea di dialogo interculturale e interreligioso promossa da La Pira negli incontri fiorentini e nei colloqui mediterranei. Il Gatto Selvatico ospitò una inchiesta sull’Iran affidata alla penna del noto orientalista Francesco Gabrieli. L’impostazione dello studioso italiano era tutta rivolta a esaltare i tratti e gli elementi di una storia comune tra Oriente e Occidente e considerare le differenze come ricchezza e non come limite al dialogo fra i popoli. Un numero del Gatto Selvatico era interamente scritto in lingua araba. Fatto eccezionale per quegli anni. La linea di dialogo con il mondo islamico diede luogo a una ricca produzione filmica. Sono numerosi i documentari di viaggio che ritraggono i diversi paesi del Medio Oriente con cui si sono stretti accordi e intese economiche. Primo fra tutti, per importanza e valore estetico, è il lungo documentario realizzato per la Rai da Bernardo Bertolucci, il figlio di Attilio, con la consulenza di Alberto Ronchey: La via del petrolio (1967). Il documentario segue la via del petrolio dalla Persia e si spinge fino al cuore dell’Europa. “Il film racconta con grandi trovate cinematografiche – come le poesie di Giorgio Caproni lette sullo sfondo del porto d’arrivo – il viaggio del petrolio dalla Persia fino a Genova con la nave e poi da qui, attraverso gli oleodotti, al lago di Costanza”. La teoria sull’esistenza di un conflitto di civiltà tra Occidente e Oriente che ha preso corpo dopo l’11 settembre del 2001, sembra aver cancellato in un giorno il contributo scientifico di questo filone del pensiero storico-religioso che aveva in Italia una tradizione consolidata di studi. In particolare ha ignorato i risultati indubbi ottenuti dalla politica di relazioni economiche e culturali con i paesi del Medio Oriente condotti nel secondo dopoguerra. In questo quadro così profondamente modificatosi, vi sono comunque segnali in controtendenza. Si è venuta affacciando negli ultimi anni un’analisi della globalizzazione come scambio tra culture diverse, che si richiama in modo esplicito alla filosofia del dialogo e anche all’esperienza dell’Eni. Non vanno lette forse anche in questa direzione le tesi dell’economista Amartya Sen circa la necessità di considerare le differenze culturali come la principale risorsa per lo sviluppo nell’era della globalizzazione? Al principio degli anni Sessanta si intensifica la battaglia culturale e massmediologica condotta dall’Eni come contributo a sostegno a quella svolta politica che sembrava a portata di mano. Le iniziative culturali intraprese dovevano rappresentare passi sulla via della distensione con le forze che avrebbero dato vita al centrosinistra. A questa fase risale la decisione dell’Eni di finanziare la realizzazione di due documentari il cui valore estetico va ben al di là della contingenza della vita politica nazionale: il 160 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
Giorgio Ruffolo, uno dei grandi personaggi della squadra Eni degli albori chiamato da Mattei a dirigere l’Ufficio studi. Giorgio Ruffolo, one of the great personalities in the Eni team at its inception, called by Mattei to head the Research Office.
illusion, that present and future would help recover that link with the past. The volume lingers over an analogy concerning the idea of man-nature relationship, which hinges on the use of natural resources, going back, in the long run, to the roots of the contemporary civilisation process. The core of the magazine was devoted to illustrating the results of the policy for the south, the settlements built in the regions of Basilicata and Sicily, and the expansion of Eni’s presence in Mediterranean countries. The dialogue between east and west was a focal point in Eni’s cultural policy. The lay view of Islamic countries came as a surprise. Mattei shared the magazine’s cultural stance on this issue. Opening to the Arab world surely helped attain economic goals, but it was also consistent with the policy of intercultural and inter-religious dialogue, fostered by La Pira in the “Florentine encounters” and “Mediterranean talks”. Il Gatto Selvatico published an investigation on Iran, written up by renowned expert of eastern affairs, Francesco Gabrieli. He strived to emphasize traits and elements of history shared by the East and the West, and regarded diversity as an asset rather than a limit to dialogue between peoples. An issue of Gatto Selvatico was entirely written in Arabic, something quite extraordinary in those days. The policy supporting dialogue with the Islamic world led to a considerable footage production. There are many travel documentaries describing the Middle Eastern countries with which Eni reached economic agreements. First and foremost, for its importance and aesthetical value, is the long documentary made for RAI by Bernardo Bertolucci, son of Attilio, with the help of Alberto Ronchey: The Petroleum Road (1967). The documentary follows the oil way from Persia to the heart of Europe. “The film shows – with great cinematographic exploits, such as Giorgio Caproni’s poems, read in the background of the arrival port – how oil travels from Persia to Genoa on a ship, and then up to Lake Constance through pipelines”. The theory of an east-west clash of civilisations that came about after the Sept. 11, 2001Twin Towers attack seems to have wiped out in one day the scientific contribution of this line of the historical and religious thought, which had a consolidated tradition of studies in Italy. This theory ignored in particular the unquestionable results attained with the policy of holding economic and cultural relations with middle eastern countries in the aftermath of the Second World War . However, in this deeply changed picture, there are still some ‘countertrend’ signals. Globalisation begins to be considered an exchange between different cultures, which refers openly to the pro-dialogue philosophy and also to Eni’s experience. Shouldn’t we read something of it also in the theory of economist Amartya Sen about the need to regard cultural diversity as the main resource for development in globalisation? In the early sixties, Eni intensified its cultural and mass-media battle to support a political change that seemed to be at hand. It undertook a ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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primo ritrae la Sicilia al bivio tra arretratezza e sviluppo industriale, si avvale della consulenza dello scrittore Leonardo Sciascia e rappresenta le speranze di tutto un filone della cultura meridionalista; il secondo documentario rappresenta la politica di Mattei come un episodio della battaglia mondiale per l’affermazione dei diritti alla cittadinanza democratica dei paesi in via di sviluppo. Il regista è l’olandese Joris Ivens autore di alcuni fondamentali cortometraggi che hanno segnato storia di questo genere. Il documentario avrebbe dovuto rappresentare un paese in movimento. Mattei intendeva, così, contrapporre agli attacchi che venivano da parte della stampa internazionale e degli osservatori interni, una inchiesta in grado di rilanciare l’immagine dell’Eni e dell’Italia nel mondo della guerra fredda. La realizzazione del documentario fu affidata alla Casa di produzione Proa, specializzata nel settore. Ivens accettò l’offerta e mostrò di condividere l’impostazione della battaglia di Mattei, da lui reinterpretata liberamente in chiave rivoluzionaria. Il documentario fu girato a più riprese, tra il 1959 e il 1960. Alla realizzazione collaborarono i fratelli Paolo e Vittorio Taviani e Valentino Orsini. Tinto Brass fece da aiuto regista e Alberto Moravia curò la stesura dei testi del commento sonoro. Il film dura quasi due ore e si divide in tre episodi, Fuochi nella Valpadana, Due città e Appuntamento a Gela. Il documentario ripercorre l’Italia in un viaggio dal Nord al Sud sull’onda delle suggestioni e le emozioni fornite dalla rivoluzione impressa dall’arrivo dell’Eni. Si apre con una festa a Ferrandina nella provincia di Matera. La gente accorre attorno al pozzo da cui sprigiona la fiamma gassifera. È il simbolo della speranza di benessere che si affaccia in una regione ancora arretrata. È questo il leit-motiv che fa da sottofondo al girato. Il terzo episodio si chiude a Gela con la profezia che la localizzazione dell’impianto petrolchimico avrebbe risolto i problemi della miseria e dato la felicità pubblica ai meridionali. Il documentario doveva andare in onda con un titolo volutamente battagliero L’Italia non è un paese povero. A causa della censura andò in onda con tagli di 25 minuti con il titolo di Frammenti di un documentario di Ivens. Furono eliminate le scene che ritraevano con crudo realismo le condizioni della miseria contadina che ancora avvolgevano le zone interne del Mezzogiorno d’Italia. Se, a distanza di oltre quarant’anni, molte delle suggestioni possono essere considerate superate e datate, il documentario di Ivens continua ad esercitare un notevole fascino, per le novità formali e espressive, che caratterizzano sia l’uso della macchina da presa (ad esempio la presa diretta), che i modi e le forme del racconto, dove unisce in uno stile visionario il mondo fantastico e il mondo reale. SIMONE MISIANI è docente di storia contemporanea alla facoltà di scienze politiche dell’università di Teramo. 162 ENI’S WAY / MONOGRAFIE
number of cultural initiatives which were meant to help ease tension with the political sides that would give birth to the centre-left coalition. That’s when Eni decided to fund and make two documentary films whose aesthetic value goes beyond mere national politics circumstances: the first one portrays Sicily at a crossroads between backwardness and industrial development; it boasts a contribution by novelist Leonardo Sciascia and represents the hopes of one current of pro-south culture. The second documentary illustrates Mattei’s policy as an episode in the world battle for the success of the democratic rights in developing countries. It was directed by Dutchman Joris Ivens, who directed several other short films which have marked the history of this branch of cinema. The documentary was supposed to represent a country on the move. That’s how Mattei wanted to respond to criticisms voiced by the international press and interior observers: an investigation capable of improving the image of Eni and Italy in the cold war era. The filming of the documentary was entrusted to Proa production house, specialised in this sector. Ivens accepted the offer and showed he shared Mattei’s approach, which he freely reinterpreted from a revolutionary viewpoint. The documentary was shot in 1959 and 1960. Among the people who collaborated were brothers Paolo and Vittorio Taviani, Valentino Orsini, Tinto Brass (assistant director) and Alberto Moravia, who edited the texts of the sound track. The documentary lasts almost two hours, featuring three episodes: Fuochi nella Valpadana (Fires in the Po Valley); Due città (Two cities) and Appuntamento a Gela (Meeting in Gela). It’s a trip from northern to southern Italy, driven by the suggestions and emotions raised by the radical change introduced by Eni’s arrival. It starts with a feast at Ferrandina, a small town in the province of Matera, South Italy. People gather around a well that spurts out a gas flame. It’s the symbol of hope and wellbeing for a backward region. That’s the leitmotif of the entire film. The third episode ends in Gela, with the prophecy that the setting up of a petrochemical factory would solve the problems of poverty and bring the southerners public happiness. The documentary should have been broadcasted with a deliberately confrontational title, Italy is not a poor country. Censorship had 25 minutes of the footage obscured, and renamed it “Fragments of a documentary by Joris Ivens”. The scenes crudely and realistically depicting the peasant poverty still prevailing in inner southern regions were removed. If, over 40 years later, many of those hints can be considered overcome and outdated, Ivens’ documentary is still remarkably fascinating, because of the formal and expressive innovation it brought about both in the use of the camera (for example, live shooting) and in the way the stories are told, blending fiction and reality in one single, visionary style. SIMONE MISIANI is professor of modern history at University of Teramo, faculty of Political Sciences. ENI’S WAY / MONOGRAFIE
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