Schemi Di Diritto Procedura Civile Proto Pisani Schemi Di Diritto Procedura Civile Proto Pisani

June 1, 2016 | Author: AM | Category: N/A
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CAPITOLO I

DIRITTO SOSTANZIALE E PROCESSO 1. DIFFERENZA TRA DIRITTO PRIVATO E DIRITTO PROCESSUALE CIVILE: Il diritto privato è un sistema di norme sostanziali che qualificano gli interessi umani, e proteggono le attività volte a realizzare quelli meritevoli di tutela, con la previsione di poteri, facoltà e doveri. Il diritto processuale civile disciplina specie di procedimenti, i processi, diretti ad assicurare ce le norme sostanziali, siano attuate, cioè che gli interessi protetti siano realizzati, anche nella ipotesi di mancata cooperazione fra i soggetti. Il diritto processuale, ha carattere strumentale nei confronti del diritto sostanziale e non potrebbe esistere senza quest’ultimo. 2.

FONTI. Fonti del diritto processuale, sono le disposizioni dedicate alla giustizia e al processo dalla Costituzione del 1948 e dalle carte internazionali dei diritti aventi vigore per l’Italia, nonché il codice di procedura civile e una serie di leggi speciali. Il codice di procedura civile è stato emanato il 28 ottobre 1940, ed entra in vigore nel 1942, insieme al codice civile.

3. GIURISDIZIONE. Giurisdizione significa dire il diritto, ed è l’attività che va a contrapporsi all’attività di creare il diritto. Il ruolo del giudice, non si limita però solo a dire il diritto, in quanto è frequente attribuire all’attività del giudice, carattere creativo. In ogni caso, anche quando il giudice “crea” il diritto, egli deve attenersi a canoni preesistenti, ed è tenuto a giustificarlo come il risultato dell’applicazione di un canone preesistente. Il giudice, si riferisce a canoni preesistenti, anche quando decide secondo equità, o quando applica clausole generali come la buona fede. Il potere del giudice, di rimettere alla Corte Costituzionale questioni di legittimità costituzionale delle leggi, lo rende promotore di un procedimento che può avere come esito la modificazione dell’ordinamento giuridico: anche in ciò, il giudice,si rende interprete di una dimensione preesistente e sovraordinata, rappresentata dalla Costituzione. La giurisdizione, individua una sede di applicazione del diritto, costituisce una delle sedi in cui il diritto si applica alle fattispecie concrete. La giurisdizione, non persegue fini diversi da quello della attuazione del diritto (art. 1012 Cost). 4.

DIMENSIONI NON STATUALI DEL DIRITTO E DELLA GIUSTIZIA . Hanno struttura processuale anche attività non giurisdizionali, di diritto pubblico e di diritto privato. La giurisdizione italiana, è detta “Statuale”, in quanto è affidata allo Stato. 5. REALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI PROTETTI. L’ordinamento giuridico, tutela la realizzazione degli interessi umani meritevoli, con la protezione delle attività e l’imposizione di contegni volti a soddisfarli. Gli interessi protetti, si realizzano in due modi: lo svolgimento di un’attività da parte del titolare dell’interesse, e la cooperazione di soggetti diversi dal titolare. A ciò corrispondono le due qualificazioni giuridiche fondamentali del comportamento umano: esprimere una posizione di vantaggio del soggetto (il facoltativo: facoltà e poteri) e quella di esprimere una posizione di svantaggio (il doveroso: dovere negativo e generale di astensione e gli obblighi). La norma giuridica, qualifica il comportamento umano con riferimento ad una determinata situazione di fatto che implica un interesse da proteggere. Al verificarsi di tale situazione, è collegato il sorgere di un effetto giuridico o situazione giuridica soggettiva, cioè della regola concreta di condotta che realizza l’interesse protetto dalla norma. Le due primarie figure di qualificazione, facoltativo e doveroso, non compaiono quasi mai da sole, ma sono gli elementi semplici di situazioni soggettive più complesse. Ad esempio, l’interesse sotteso al diritto di proprietà, è realizzato da facoltà di godimento del titolare, dal dovere negativo e generale di astensione altrui, che protegge i diritti assoluti, nonché da obblighi di fare altrui. La realizzazione degli interessi protetti, deve avvenire tramite una modificazione

materiale della realtà, ad esempio, l’esercizio di un diritto di libertà, la consegna, la restituzione, il godimento di una cosa. 6. …SEGUE: NORMA-POTERE-EFFETTO. La qualificazione giuridica del contegno umano può provenire da una norma giuridica che integra una fonte del diritto oggettivo, tipicamente legge, oppure da un atto di autonomia privata, contratto. In questo secondo caso, la norma di legge, non detta disciplina degli interessi in conflitto, in ordine ai beni, non collega direttamente ai fatti il sorgere di situazioni soggettive, ma demanda tale disciplina al potere dei privati. L’effetto giuridico, si produce secondo uno schema che può indicarsi come “norma-potere-effetto”: la norma di legge si limita a dettare in modo inderogabile le modalità di esercizio del potere, che normalmente non si inserisce in una preesistente relazione sostanziale tra coloro che esercitano il potere. È l’atto di esercizio del potere, ad esempio il contratto, che determina il sorgere di situazioni soggettive fra le parti. 7.

OCCASIONE DEL RICORSO AL PROCESSO: LA CRISI DI COOPERAZIONE . Finché i soggetti esercitano il potere e le facoltà legittimi e prestano tutta la cooperazione doverosa, le norme del diritto privato sono sufficienti al loro scopo. Una controversia, può sorgere se si afferma che si è verificata una crisi di cooperazione: se un soggetto afferma che un altro non ha svolto solo attività facoltativa, o non ha prestato tutta la cooperazione, o se afferma che vi è una contestazione o una minaccia di violazione di un proprio diritto. Se la controversia, verte su diritti disponibili, i soggetti possono comporla con mezzi negoziali da soli, transazione, rinunzia, o con la cooperazione di terzi, conciliazione, arbitrato. Se le parti non acconsentono alla risoluzione negoziale, o se la controversia verte su diritti indisponibili, è necessario ricorrere al processo giurisdizionale.

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GIUSTIFICAZIONE DEL PROCESSO: IL DIVIETO DI AUTOTUTELA PRIVATA. Se il diritto processuale non potrebbe esistere senza il diritto sostanziale, nemmeno quest’ultimo potrebbe esistere effettivamente senza il diritto processuale. Ciò sulla base degli articoli 392 e 393 cp, che individuano come reato il comportamento di chi, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa ragione da sé medesimo, mediante violenza o minaccia alle persone. In presenza di tale divieto di farsi ragione da se, sarebbe incompleto un ordinamento che si limitasse ad affermare con una norma di diritto sostanziale, una situazione soggettiva di vantaggio, senza predisporre con una norma processuale rimedi idonei ad attuare il diritto in caso di violazione, in quanto non garantirebbe l’attuazione del diritto proprio nel momento in cui questo è più bisognoso.

9. DIVERSITA’ DI DIRITTI E DIVERSITA’ DI RIMEDI GIURISDIZIONALI . I diritti bisognosi di tutela, possono avere la struttura e il contenuto più diversi. Tale diversità, impone allo Stato di adottare, invece dell’autotutela privata, rimedi giurisdizionali differenziati, che consentano ai titolari di ottenere gli stessi risultati che avrebbero dovuto conseguire attraverso al cooperazione spontanea da parte di altri soggetti. Questo, è l’oggetto della garanzia costituzionale del diritto d’azione, cioè dell’effettività della tutela giurisdizionale. Da ciò deriva che la giurisdizione civile è la controparte dell’autotutela. Affinché sia assicurata la tutela giurisdizionale di un determinato diritto, non è sufficiente predisporre un qualsivoglia processo, ma è necessario che il titolare del diritto violato, possa utilizzare uno o più processi, strutturati in modo tale da offrirgli un rimedio effettivo e non meramente apparente. Il diritto sostanziale, esiste effettivamente solo se il diritto processuale

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predispone rimedi adeguati agli specifici bisogni di tutela dei titolari dei singoli diritti. La tutela, deve essere specifica, cioè diretta a far conseguire al titolare del diritto, quelle stesse utilità garantitegli dalla legge o dall’atto di autonomia privata, e non utilità equivalenti. La tutela risarcitoria è diretta a far conseguire al titolare del diritto non lo stesso bene garantitogli dalla legge ma solo il suo equivalente monetario, o un’indennità. Dovrebbe intervenire nelle ipotesi in cui la tutela specifica non sia possibile perché il bene dovuto è andato distrutto, o disperso, o non sia necessaria, perché il titolare del diritto può conseguire altrimenti il bene tramite l’esercizio del suo potere di autonomia privata. 10. “NON NEUTRALITA’ “ DEL DIRITTO PROCESSUALE . Dal carattere strumentale del diritto processuale non discende quindi che esso sia neutrale, cioè che esso non possa incidere sul punto di equilibrio fra gli interessi in conflitto fissato dal diritto sostanziale. Spesso, dall’allestimento dei rimedi giurisdizionali, dipendono l’esistenza o il modo di essere dello stesso diritto sostanziale. Si consideri in primo luogo il diritto di proprietà. Gli articoli 948, 949, 950, 951, soddisfano tutti i bisogni di tutela del proprietario, in relazione alle varie possibili violazioni del suo diritto. Sono previsti rimedi efficaci contro lo spossessamento, ed altri. Si deduce che, la legge, agendo sul piano processuale, può modificare il punto di equilibrio fra i contrapposti interessi stabilito dalla norma sostanziale. Lo studio del diritto processuale, in questa prospettiva, contribuisce ad individuare qual’è il diritto effettivamente vigente, e ad evitare di considerare il processo civile come fenomeno esclusivamente tecnico, neutrale rispetto alle scelte politiche di fondo di ciascun ordinamento giuridico. 11.

ATTUAZIONE DEL DIRITTO SOSTANZIALE NEL PROCESSO DI COGNIZIONE ED ESECUZIONE. L’attuazione del diritto sostanziale attraverso i rimedi giurisdizionali, contempla due aspetti: uno cognitivo, e uno esecutivo. Nel loro aspetto di cognizione, i rimedi giurisdizionali, sono diretti ad accertare se il diritto fatto valere in giudizio esiste, oppure no, cioè ad accertare chi ha ragione e chi ha torto fra il soggetto che propone la domanda giudiziale, attore, e il soggetto che ne è destinatario, convenuto. Nel loro aspetto di esecuzione, i rimedi, devono avere la funzione di attribuire all’avente diritto, il bene che avrebbe dovuto conseguire tramite la cooperazione altrui, cioè di produrre quelle modificazioni della realtà che realizzano gli interessi protetti dalle norme di diritto sostanziale: ad esempio la reintegra nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato. Al fine dell’esecuzione, le tecniche sono due: l’organo giudiziario si sostituisce all’obbligato, oppure se la cooperazione di questi non può essere surrogata dall’attività dell’organo giudiziario, poiché l’obbligo è infungibile, si preme sulla sua volontà affinché cooperi, attraverso la minaccia di un male maggiore di quello che gli deriva dall’adempimento del dovere. Gli aspetti cognitivo e esecutivo, sono l’uno indipendente dall’altro. Vi sono però dei casi in cui i mezzi cognitivi sono da soli sufficienti a rimediare alla crisi di cooperazione, poiché la crisi consiste nella mera constatazione del diritto altrui, oppure perché il debitore adempie spontaneamente la sentenza che lo condanna al pagamento. Ci sono poi casi in cui è necessario attivare i mezzi esecutivi, mentre non sempre in questi casi, si devono attivare anteriormente i mezzi cognitivi.

12. ATIPICITA’ DEL DIRITTO DI AZIONE . Per ciò che riguarda l’aspetto della cognizione, il ruolo centrale, è svolto dai processi a cognizione piena. Essi hanno carattere atipico: il loro oggetto può essere qualsiasi diritto, purché affermato. Tale carattere, permette loro, di realizzare l’impegno costituzionale sancito dall’articolo 241, di garantire a tutti coloro che si affermano titolari di un diritto sostanziale, riconosciuto come tale dall’ordinamento, la possibilità di ricorrere alla tutela giurisdizionale civile, predisposta dallo Stato, senza la necessità di prevedere norme che ricolleghino il diritto di agire in giudizio a ciascun singolo diritto. In questo modo, si esprime il valore dell’atipicità del diritto di azione, cioè del potere di agire in giudizio.

13. PROCESSI DI COGNIZIONE PIENA. Questi tipi di processi, si articolano in 3 fasi: 1) fase introduttiva o preparatoria, diretta ad individuare il giudice, le parti e il diritto fatto valere in giudizio, e a controllare l’esistenza dei requisiti indispensabili per giungere alla pronuncia sul merito; 2) fase istruttoria, destinata all’acquisizione delle prove, cioè degli strumenti di conoscenza dei fatti controversi; 3) fase decisoria, ove il giudice applica le norme di diritto sostanziale alla fattispecie concreta così accertata, allo scopo di trarne la pronuncia finale sull’esistenza del diritto fatto valere in giudizio. 14. …SEGUE: SIGNIFICATO DI COGNIZIONE PIENA. I processi a cognizione piena, sono in Italia caratterizzati dal fatto che la legge predetermina le forme e i termini in cui si svolge l’attività delle parti e del giudice, e quindi i loro poteri, doveri e facoltà processuale. La predeterminazione legale delle forme e dei termini, che oggi è munita di garanzia costituzionale, ha ad oggetto in particolare: le allegazioni in punto di domande, eccezioni e fatti che ne costituiscono il fondamento; la tipicità dei mezzi di prova; le modalità di assunzione delle prove in giudizio e i soggetti su iniziativa dei quali, le prove possono essere assunte; i termini a difesa delle parti nelle varie fasi del processo. Inoltre, il processo a cognizione piena, si caratterizza per il fatto che il contraddittorio è pienamente realizzato in forma anticipata in quanto il provvedimento del giudice, è emanato solo dopo che entrambe le parti sono state messe in condizione di far valere tutte le loro ragioni. In considerazione di queste caratteristiche, l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato, acquista autorità di cosa giudicata sostanziale sulla base dell’articolo 2909 cc, cioè diviene relativamente incontestabile sul piano del diritto sostanziale e nel corso dei futuri processi. I principi costituzionali, sanciti dagli articoli 24, 111, 113 della Costituzione, impongono che le situazioni giuridiche soggettive, possono essere fatte valere in un processo di cognizione che abbia queste caratteristiche e che sia accompagnato dalla tutela cautelare e seguito da adeguate modalità di attuazione o esecutive. 15. …SEGUE: REQUISITI DI VALIDITA’ . Prima di pronunciarsi sul merito della domanda con cui si fa valere un diritto in giudizio, il giudice controlla l’esistenza delle condizioni di valida instaurazione e prosecuzione del processo, che si articolano in triplice serie: a) gli atti processuali sono da compiersi nel rispetto di requisiti formali indicati dalla legge (requisiti di forma e contenuto); b) gli atti devono snodarsi secondo una sequenza temporale predeterminata, nel rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge o dal giudice; c) gli atti devono essere compiuti da soggetti, parti e giudice, muniti di determinati requisiti che si dicono extraformali. Le questioni relative all’osservanza dei requisiti, questioni relative all’esistenza di un vizio processuale, sono questioni di rito, (eccezioni di rito) che possono essere sollevate dalle parti e in alcune ipotesi d’ufficio dal giudice. Dalla disciplina generale della nullità degli atti processuali, si desume che, i requisiti formali a pena di nullità dell’atto, non sono mai fine a se stessi, ma sempre funzionali allo scopo dell’atto, che è raggiunto quando la controparte o il giudice sono posti in condizione di esercitare il potere che la legge riserva loro nel segmento di procedimento successivo all’atto di cui si tratta. La nullità è sanata se l’atto ha conseguito il suo scopo (convalidazione oggettiva, art. 156 3 cpc), o se la controparte rinuncia a far valere il vizio (convalidazione soggettiva, art. 157 2 cpc). Inoltre se è compiuto un atto nullo, il giudice, dichiarata la nullità, ne dispone la rinnovazione affinché l’atto viziato sia sostituito con uno valido. Il codice non detta una disciplina generale dei requisiti soggettivi del processo (costituzione del giudice, giurisdizione, competenza, capacità di essere parte, legittimazione ad agire, litisconsorzio, interesse ad agire). Se il vizio non è sanato, a norma dell’art. 159 cpc si trasmette alla sentenza, che è perciò nulla. L’invalidità di questa, può essere fatta valere con i mezzi di impugnazione ad opera della parte soccombente, altrimenti il vizio si sana definitivamente. Le impugnazioni delle sentenze, accertato il vizio, non si limitano ad eliminare la sentenza, ma mirano a sostituirla con un’altra sul merito della causa. Eccezionali sono le ipotesi in cui

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un vizio verificatosi nel giudizio di primo grado e non sanato, conduce alla rimessione della causa al primo giudice. la disciplina dei requisiti di validità del processo, prevede una serie di strumenti diretti a depurarlo da eventuali vizi per consentirne la conclusione con una sentenza di merito sul diritto fatto valere in giudizio: scopo del processo di cognizione di primo grado è dire chi ha ragione e chi ha torto, e non il concludersi con una sentenza di merito.

sussistono gravi motivi, cioè se i motivi di opposizione appaiono fondati ad una prima delibazione sommaria, e se vi è pericolo di danno grave nella prosecuzione dell’esecuzione forzata.

TECNICHE ESECUTIVE

16. RIFORME. La disciplina del processo di cognizione è stata ampiamente riformata dalla legge 353 del 1990, che ha introdotto un processo caratterizzato dalla distinzione tra la fase introduttiva e la fase istruttoria, affidando un ruolo centrale alla prima udienza di trattazione in base all’articolo 183 cpc. la scansione del processo in fasi, è accompagnata dalla reintroduzione di un sistema di preclusioni, che è tendente ad assicurare il compimento degli atti processuali, nella fase per essi prevista.

ESECUZIONE FORZATA

17. …SEGUE: CODICE DEL 1942. la realizzazione di un processo civile concentrato attraverso un sistema di norme di preclusione,l è un obiettivo già posto nel codice di procedura civile del 1942, ma in quegli anni non ebbe particolare successo. 18. …SEGUE: NOVELLA DEL 1950. Sotto le pressioni dell’avvocatura, il sistema delle preclusioni, viene spazzato via dalle legge 581/50. Questa legge, introduce la modifica all’art. 184 cpc, che stabilisce che le parti, durante il corso del giudizio davanti al giudice, possono modificare le domande, eccezioni e conclusioni precedentemente formulate, produrre nuovi documenti, chiedere nuovi mezzi di prova e proporre nuove eccezioni. In questo modo si va programmando una completa sovrapposizione tra fase preparatoria e fase istruttoria, e la possibilità per le parti, di influire con la loro attività o inerzia, sullo svolgimento del procedimento.

23. TIPI DI PROCESSI DI ESECUZIONE FORZATA. I processi di esecuzione forzata, sono distinti, sia dal codice civile, sia da quello di procedura civile, a seconda dell’obbligo inadempiuto.

ESECUZIONE FORZATA

19. …SEGUE: RIFORMA DEL PROCESSO DEL LAVORO . La legge 533/73, ha costituito una inversione dalla novella del 1950. Le parti, in base a questa legge, le parti devono proporre le domande di merito, e far valere i mezzi di attacco e di difesa negli atti introduttivi del giudizio e concentrando la trattazione della causa in una sola udienza di discussione (art.420). 20. PROCESSI DI ESECUZIONE FORZATA. Nel caso di esecuzione, la sostituzione dell’attività del soggetto che non coopera con l’attività dell’organo giudicante è di due tipi: la prima è quella dei processi di esecuzione forzata, che consistono nel complesso si attività giuridiche e materiali compiute dall’organo giudiziario in sostituzione dell’obbligato, e nella privazione della tutela petitoria, di cui godrebbe. Questa tecnica non serve però a prevenire l’inadempimento, né ad attuare coattivamente obblighi infungibili. L’esecuzione forzata, è disciplinata dal codice civile. 21. …SEGUE: ESECUZIONE FORZATA COME ATTIVITA’ GIURISDIZIONALE . Nei processi di esecuzione forzata, a volte, può essere necessario l’impiego della forza fisica, ma ciò può avvenire solo ad opera di soggetti che appartengono all’ufficio giudiziario, assistiti dalla forza pubblica. I processi di esecuzione forzata appartengono alla giurisdizione e sono diretti dal giudice a garanzia della legittimità del loro svolgimento. 22. …SEGUE: TITOLO ESECUTIVO. Per iniziare un processo di esecuzione forzata, non è sufficiente che un soggetto si affermi titolare di un diritto, ma è necessario un requisito di ammissibilità. Occorre che il creditore disponga di un titolo esecutivo individuato dalla legge: può trattarsi di un provvedimento giudiziale, sentenza di condanna, o di un atto o documento di origine stragiudiziale, la cambiale. In questo secondo caso, il processo di esecuzione forzata si può mettere in moto anche se in precedenza non è stato svolto un processo di cognizione. La funzione del titolo esecutivo, è bandire dai processi di esecuzione forzata qualsiasi accertamento dell’esistenza del diritto. La proposizione dell’opposizione all’esecuzione, non sospende automaticamente il processo di esecuzione, ma su istanza del debitore che si oppone, il giudice dell’esecuzione, può disporre la sospensione se

PROCESSI DI COGNIZIONE CON FUNZIONE ESECUTIVA

ESECUZIONE FORZATA

24.

ESECUZIONE CON CONSEGNA O RILASCIO

ESECUZIONE DEGLI OBBLIGHI DI FARE O NON FARE

…SEGUE: ESPROPRIAZIONE FORZATA. La disciplina dell’espropriazione forzata, riguarda l’inadempimento dell’obbligo di pagare una somma di denaro: può essere un obbligo originario, o derivato dalla violazione di un obbligo originario di diverso contenuto. Con l’espropriazione forzata, si attua la responsabilità patrimoniale, dell’articolo 2741 c.c. Consiste, in una serie di provvedimenti e di atti dell’ufficio giudiziario, diretti a limitare, con il pignoramento, ed estinguere, con la vendita forzata, il diritto di proprietà del debitore sui beni del proprio patrimonio. La disciplina varia a seconda dei beni che il creditore intende aggredire, ma si possono individuare dei momenti centrali comuni: Pignoramento: crea un vincolo di indisponibilità giuridica e materiale su singoli beni; Intervento dei creditori: è eventuale. Serve a realizzare la par conditio, consentendo ai creditori diversi dal creditore pignoratizio, di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita del bene pignorato; Vendita forzata o assegnazione: l’ufficio giudiziario vende il bene pignorato ad un terzo,k o lo assegna ad un creditore, previo pagamento del prezzo;

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Distribuzione del ricavato: la somma ricavata dalla vendita, o dall’assegnazione, viene distribuita tra i creditori intervenuti o viene pagato il creditore pignorante, se non vi sono stati interventi.

25. …SEGUE: ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO . Concerne l’inadempimento dell’obbligo di consegnare o restituire un bene mobile determinato e infungibile, o di rilasciare un bene immobile. Può trattarsi di un obbligo originario o derivato dalla violazione del dovere di astensione. Si priva l’obbligato della tutela possessoria, mentre l’ufficiale giudiziario, apprende il bene materialmente, per immetterne l’avente diritto nel suo possesso, o nella sua detenzione. 26. …SEGUE: ESECUZIONE DI OBBLIGHI DI FARE O DI NON FARE . Riguarda l’inadempimento di un obbligo di fare fungibile. Può essere un obbligo originario (come ad esempio l’obbligo del locatore di effettuare le riparazioni necessarie a mantenere l’immobile locato in buono stato locativo) o di un obbligo derivato dalla violazione del dovere originario di astensione (obbligo di distruggere le opere costruite in violazione delle norme sulle distanze legali). Una volta terminate le modalità della esecuzione, si comprime il possesso dell’obbligato, privandolo della tutela possessoria, allo scopo di consentire ad un terzo di eseguire o distruggere l’opera materiale per soddisfare l’avente diritto. Mentre nell’espropriazione forzata, oggetto del processo non è il bene oggetto dell’obbligo inadempiuto, ma i beni appartenenti al patrimonio del patrimonio, nelle esecuzioni forzate per consegna o rilascio, e per obblighi di fare o non fare oggetto del processo esecutivo è direttamente il bene oggetto dell’obbligo inadempiuto. In questi due casi, si parla di esecuzione forzata in forma specifica. 27. PROCESSI DI COGNIZIONE CON FUNZIONE ANCHE ESECUTIVA . E’ la sostituzione dell’attività dell’obbligato inerte. A tale mezzo vi si può ricorrere se, per attribuire al titolare del diritto il bene che egli avrebbe dovuto ottenere dall’adempimento spontaneo, è necessario svolgere un’attività che produce una modificazione della realtà, per cui non occorre privare l’obbligato della tutela petitoria e/o possessoria. Può essere l’obbligo di emanare una dichiarazione di volontà che sorge dal contratto o per legge: l’obbligo di riconoscere il figlio naturale. In questi casi, l’effetto giuridico che sarebbe dovuto sorgere dall’adempimento dell’obbligato, è collegato alla sentenza emanata al termine del processo che ha accertato l’obbligo. Con ciò il processo di cognizione, svolge una funzione cognitiva (accertamento dell’esistenza dell’obbligo) ed esecutiva (attribuzione all’avente diritto del bene che avrebbe dovuto ottenere dall’adempimento spontaneo). 28. MISURE COERCITIVE. Sono misure previste dall’ordinamento per singole ipotesi, e non come figure generali, che inaspriscono la sanzione per l’inadempimento, con lo scopo di indurre l’obbligato ad adempiere personalmente all’obbligazione. 29. OBBLIGHI FUNGIBILI E INFUNGIBILI . Un obbligo è fungibile, quando un terzo può sostituirsi all’obbligato nel far conseguire al titolare del diritto le stesse utilità che egli avrebbe dovuto conseguire tramite la cooperazione dell’obbligato. Lo sonno gli obblighi di pagare una somma di denaro, di consegnare o rilasciare un bene mobile o immobile. Sono infungibili, gli obblighi specifici di non fare e il dovere di negativo e generale di astensione. In relazione agli obblighi di fare, la fungibilità, deve essere verificata concretamene. 30. TUTELA REPRESSIVA E TUTELA PREVENTIVA. Sono rimedi repressivi, quelli diretti ad eliminare gli effetti della violazione. La lesione del diritto, può essere prevenuta, attraverso l’imposizione di un’attività diretta ad eliminare la fonte di pericolo (obbligo di fare) o attraverso la reiterazione del dovere generale di astensione: sono rimedi preventivi in quanto hanno la funzione di prevenire la violazione del diritto. Un esempio è costituito dai provvedimenti di condanna ad astenersi nel futuro dal violare il diritto. L’attuazione di tali rimedi, può essere garantita solo attraverso le misure coercitive e mai attraverso l’esecuzione forzata, che presuppone la fungibilità della prestazione, e

quindi non è applicabile per un obbligo infungibile, come il dovere di astenersi dal violare un diritto. L’esecuzione forzata, può avere ad oggetto la eliminazione degli effetti della violazione dell’obbligo originario, attraverso l’esecuzione di obblighi derivanti fungibili di restituire, disfare. Spesso, il processo a cognizione piena, è un rimedio inadeguato a garantire da solo l’attuazione di molti diritti. Per esempio i diritti a contenuto non patrimoniale, il cui titolare subisce un pregiudizio irreparabile, che non si può riparare con risarcimento del danno, non possono essere sospesi per tutto il periodo che dura il processo di cognizione: i diritti di personalità e di libertà, richiedono rimedi urgenti, per intervenire non appena la violazione è stata commessa, e specifici, che consentano il godimento dello stesso bene immateriale protetto dalla norma sostanziale. Se le norme processuali non hanno questi rimedi, il diritto della personalità o il diritto di libertà si trasforma da diritto al bene, in diritto al risarcimento. 31. STRUTTURA DELLA TUTELA SOMMARIA . I processi disciplinati dal libro quarto del codice, sono caratterizzati per il fatto di essere tipici: si possono mettere in moto solo in presenza di requisiti speciali di ammissibilità, ulteriori rispetto a quelli generali, quali la giurisdizione, la competenza, la legittimazione ad agire: ciò attribuisce rilevanza alle peculiarità del diritto dedotto in giudizio e quindi alla specificità del suo bisogno di tutela. Sono caratterizzati per il fatto di presentare deviazioni rispetto al modello dei processi a cognizione piena. 32. …SEGUE: COGNIZIONE SOMMARIA PERCHE’ PARZIALE. In alcuni casi, la legge deroga alla regola secondo cui il contraddittorio è anticipato rispetto alla pronuncia giudiziale: può succedere che il provvedimento del giudice è emanato su istanza di parte, senza sentire le ragioni della controparte. Il contraddittorio, può essere attivato eventualmente in una fase successiva. Se il contraddittorio è anticipato, il provvedimento del giudice è limitato alla cognizione dei fatti costitutivi allegati a dall’attore a fondamento del diritto dedotto in giudizio. in questo caso si ritiene che la cognizione è sommaria perché parziale. 33. …SEGUE: COGNIZIONE SOMMARIA PERCHE’ SUPERFICIALE. In alcuni procedimenti il contraddittorio è anticipato rispetto all’emanazione del provvedimento, ma le sue modalità sono rimesse alla discrezionalità del giudice e non predeterminate dalla legge. Il giudice conosce sia i fatti allegati dall’attore a fondamento della sua pretesa, ma anche le difese del convenuto. In questi casi, la cognizione è sommaria perché è superficiale, poiché l’attività conoscitiva del giudice non avviene nelle forme e secondo le modalità previste dal codice di procedura civile. 34. EFFICACIA DEL PROVVEDIMENTO SOMMARIO NEL TEMPO. Una deviazione dal modello dei processi a cognizione piena, riguarda la stabilità degli effetti del provvedimento finale. 35. …SEGUE: PROVVEDIMENTI SOMMARI CAUTELARI. Sono provvedimenti idonei a reggere in modo definitivo i loro effetti, ma sono destinati a venire meno al momento dell’emanazione di un provvedimento definitivo. Nascono in previsione, e in atteso, di un successivo provvedimento definitivo e vengono meno al momento in cui è emanato tale provvedimento, al termine del processo a cognizione piena. 36. …SEGUE: PROVVEDIMENTI SOMMARI NON CAUTELARI. Sono provvedimenti idonei a dettare una disciplina incontestabile del diritto controverso, ma non sono capaci di ottenere le stesse utilità o utilità equivalenti ad una sentenza definitiva e divengono immutabili se il processo a cognizione piena non viene instaurato o si estingue.

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37. PROVVEDIMENTI SOMMARI SEMPLIFICATI ESECUTIVI. I principi costituzionali, impongono che la tutela giurisdizionale dei diritti possa avvenire in un processo a cognizione piena, destinato a concludersi con un provvedimento avente attitudine al giudicato formale e contenente un accertamento idoneo al giudicato sostanziale. La legge, prevede però che alcuni diritti possano essere fatti valere non solo in processi a cognizione piena, ma anche in processi sommari che sfociano in provvedimenti non idonei a dettare una disciplina incontestabile del rapporto controverso. Questi provvedimenti, sono dotati solo di efficacia esecutiva, analoga a quella dei titoli esecutivi di formazione stragiudiziale, ma privi dell’efficacia preclusiva del giudicato. L’accertamento che contengono, possono essere contestati in un futuro processo a cognizione piena, instaurato in via di opposizione, ma questi provvedimenti, hanno efficacia esecutiva, se non viene instaurato il processo a cognizione piena. Sono detti provvedimenti sommati semplificati esecutivi. Sono diversi dai provvedimenti cautelari, perché non rispondono all’urgenza del provvedere, e non sono strumentali ad un altro provvedimento definitivo, anche se sono affini ad essi. Essi non sono però idonei a dettare una disciplina incontestabile del rapporto controverso. La garanzia costituzionale del contraddittorio, richiede che il diritto di difesa del destinatario passivo, può solo essere compresso, ma non eliminato.

TUTELA SOMMARIA FUNZIONI

ECONOMIA PROCESSUALE

- titoli esecutivi stragiudiziali; - procedimento monitorio; - non contestazione.

EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA

- provvedimenti sommari cautelari; - provvedimenti d’urgenza.

EVITARE L’ABUSO DI DIFESA

- titolo esecutivo.

38. FUNZIONE DELLA TUTELA SOMMARIA . La tutela sommaria, ha una triplice funzione, ognuna relativa ad esigenze fondamentali. 39. TUTELA SOMMARIA IN FUNZIONE DI ECONOMIA PROCESSUALE . Evitare il costo del processo a cognizione piena, e cercare di non ingorgare l’amministrazione della giustizia con processi a cognizione piena inutili. 40. …SEGUE: TITOLI ESECUTIVI DI FORMAZIONE STRAGIUDIZIALE . Per soddisfare l’esigenza di economia dei giudizi, si usa la tecnica dei titoli esecutivi di formazione stragiudiziale: in base a documenti che attestano l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto, può iniziarsi l’esecuzione forzata.

Efficacia esecutiva, è attribuita non solo a provvedimenti giudiziali, ma anche ad atti o documenti di formazione stragiudiziale: per esempio la cambiale con il bollo. 41. …SEGUE: PROCEDIMENTO MONITORIO . Un’altra tecnica utilizzata per raggiungere l’economia processuale, è il procedimento monitorio: in Italia, l’esempio è il procedimento di ingiunzione, che consiste nella possibilità che il creditore ottenga un provvedimento giudiziale di condanna, senza contraddittorio con il debitore o l’obbligato che può successivamente instaurare il processo a cognizione piena. Può essere di tipo puro o documentale. La domanda giudiziale è fondata su fatti affermati, ma non sono provati in alcun modo. Il provvedimento giudiziale, emanato su tale base, diventa efficace, se il debitore non propone opposizione entro un termine perentorio: in caso contrario, è come se non fosse stato emanato. Il giudizio di opposizione è assimilabile ad un giudizio di primo grado avente ad oggetto l’accertamento dell’esistenza del diritto vantato dal creditore. La domanda giudiziale, è fondata su prove documentali, e il provvedimento giudiziale emanato, può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo, in pendenza dei termini per proporre opposizione. Questo provvedimento, sopravvive se il giudizio di opposizione si estingue per inattività o per rinuncia degli atti. Il giudizio, ha ad oggetto l’accertamento della esistenza del diritto vantato dal creditore, e il controllo della validità del provvedimento. Questa tecnica, in Italia è molto utilizzata, e senza di questa, si ha avrebbe un ingombro del processo a cognizione piena. 42. …SEGUE: NON CONTESTAZIONE IN PROCESSI A CONTRADDITTORIO ANTICIPATO . Una terza tecnica adottata per la economicità dei processi, è la non contestazione in processi a previo contraddittorio: il provvedimento sommario è emanato dopo che il convenuto non ha contestato, oppure che il giudice ha constatato la volontaria mancata costituzione del convenuto. 43. TUTELA SOMMARIA IN FUNZIONE DI EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE. 2° funzione della tutela sommaria. è assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, evitando che l’attore subisca pregiudizi irreparabili a causa della durata del processo a cognizione piena, in quanto spesso la sua durata, incide negativamente sull’effettività della tutela giurisdizionale. I due tipi di pericoli in cui si può incorrere a causa della durata del processo sono di due tipi: 44. …SEGUE: PERICOLO DA INFRUTTUOSITÀ PRATICA . È’ il pericolo che può subire il creditore di una somma di denaro, se non dispone di rimedi che impediscano al debitore di disperdere il proprio patrimonio durante il tempo necessario ad ottenere una sentenza di condanna esecutiva, al termine di un processo a cognizione piena. In questo caso, l’attore, incorre nel pericolo che durante lo volgimento del processo, sia diventata impossibile, o difficoltosa, l’attuazione del provvedimento derivante dal processo a cognizione piena. 45. …SEGUE: PERICOLO DA TARDIVITA’ . L’avente diritto agli alimenti, per esempio, subisce un pregiudizio irreparabile, se il suo diritto rimane insoddisfatto per il tempo necessario ad ottenere una condanna al termine del processo: la durata del processo, causa pregiudizio, protraendo lo stato di insoddisfazione del diritto. 46. …SEGUE: PROVVEDIMENTI SOMMARI CAUTELARI . I provvedimenti cautelari, rispondono all’esigenza di neutralizzare i pericoli di danno derivanti dalla durata del processo a cognizione piena. Questi provvedimenti sono di due tipi: o Se si è in presenza di un pericolo da infruttuosità, la misura cautelare deve prevenire il danno che può derivare dal verificarsi, durante le more del processo, di fatti che

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possano impedire la soddisfazione del diritto controverso: provvedimenti cautelari conservativi, i sequestri; Se si è in presenza di un pericolo da tardività, la misura cautelare, deve impedire il pregiudizio che la durata del processo può causare, anticipando la soddisfazione: provvedimenti cautelari anticipatori, assegno provvisorio di alimenti.

47. …SEGUE: PROVVEDIMENTI D’URGENZA . L’articolo 700 cpc, consente al giudice di emanare provvedimenti cautelari atipici, provvedimenti d’urgenza. Questi, consentono di proteggere provvisoriamente qualsiasi diritto, con i provvedimenti più idonei a tale scopo. È un cardine del sistema della tutela giurisdizionale, poiché realizza il valore dell’atipicità del diritto di azione, e consente all’esigenza, di evitare che la durata del processo vada a danno dell’attore che ha ragione di assurgere a principio generale dell’ordinamento.

53. …SEGUE: TUTELA INIBITORIA. La tutela inibitoria, deve essere intesa come condanna ad astenersi dal violare un diritto, obbligo ad un non fare. La tutela di condanna, non avrebbe più solo la funzione di reprimere violazioni già compiute, ma anche di prevenire violazioni future, se gli venisse riconosciuto campo più ampio. 54. …SEGUE: MISURE COERCITIVE. Questo istituto, nasce sull’orma delle astreintes, ma per averne una utilizzazione ottimale, bisognerebbe che concorresse con l’esecuzione forzata in forma specifica, per evitare la surrettizia criminalizzazione dell’inadempimento di obblighi civili ed idonei a rafforzare il bisogno di tutela specifica. 55. …SEGUE: TUTELA SOMMARIA. La lacuna che presenta questo istituto è che non è diretta a beni non patrimoniali.

48. TUTELA SOMMARIA IN FUNZIONE DI EVITARE L’ABUSO DEL DIRITTO DI DIFESA . 3° funzione della tutela sommaria. consiste nell’esigenza di evitare che il convenuto, abusi del diritto di difesa, delle forme previste nel processo a cognizione piena. Il convenuto potrebbe sfruttare il suo diritto a difendersi per prolungare la durata del processo, creando disagi all’attore: questo, viene quindi munito di un titolo esecutivo di formazione giudiziale,m con il quale può mettere in moto un processo di esecuzione forzata. Il tempo di svolgimento del processo, viene così addossato al convenuto, che è più incentivato ad ottenere l’accertamento dei fatti allegati a fondamento delle sue eccezioni, che se vengono accolte, determinano la perdita di efficacia del provvedimento. 49. AZIONI COSTITUTIVE NECESSARIE . La funzione giurisdizionale, è sollecitata da una crisi di cooperazione, tra soggetti sul piano del diritto sostanziale. Se non fosse intervenuta tale crisi, il titolare avrebbe potuto conseguire il bene senza ricorrere al processo. A volte però, la necessità di servirsi del processo, non deriva da una crisi di cooperazione, ma dal fatto che quel bene non può conseguirsi tramite la sola autonomia privata, ma solo dopo ce un provvedimento giurisdizionale, abbia accertato preventivamente la sussistenza di tutti i presupposti cui è collegato l’effetto giuridico. Queste sono dette “Azioni Costitutive Necessarie”, e la sentenza si presenta come elemento costitutivo della fattispecie cui il diritto sostanziale subordina il prodursi di un determinato effetto giuridico. 50. GIURISDIZIONE NON CONTENZIOSA. La tutela delle situazioni giuridiche soggettive, è una funzione giurisdizionale costituzionalmente necessaria, cioè è una funzione che la legge ordinaria, non potrebbe non attribuire al giudice. Il giudice, ha anche altre funzioni, costituzionalmente non necessarie, cioè che la legge ordinaria potrebbe rimettere nella sua discrezionalità ai poteri dei privati: Giurisdizione non contenziosa. Vi rientrano la nomina e la rimozione di rappresentanti legali di minori, incapaci: queste attività, possono essere rimesse dalla legge al potere amministrativo o al giudice. In questi casi, il giudice civile, non è chiamato ad assicurare la tutela giurisdizionale di situazioni giuridiche soggettive vincolate, ma a gestire interessi di minori, incapaci, che hanno come fine istituzionale, quello di curare interessi, e non è tenuto ad affidarle ad un soggetto come il giudice. 51. LACUNE DI TUTELA SPECIFICA E RELATIVE PROPOSTE DE IURE CONDENDO . Il processo civile, deve offrire dei rimedi alle diverse crisi di cooperazione che possono verificarsi sul piano del diritto sostanziale. I punti critici del nostro ordinamento, sono l’esecuzione forzata in forma specifica, la tutela inibitoria, le misure coercitive e la tutela sommaria. 52. …SEGUE: ESECUZIONE FORZATA IN FORMA SPECIFICA . Questo procedimento, regolato dagli articoli 605 e ss. del cpc, consiste nella consegna o nella costruzione, o distruzione di un’opera materiale. Questo, è però più adatto ai diritti di proprietà e diritti reali, piuttosto che ai diritti della personalità.

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1. PREMESSA. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, in Europa, si comincia a sentire l’esigenza di riconoscere categoria di diritti fondamentali e inviolabili, alle garanzie giurisdizionali e al processo: ne deriva la conseguenza che questi, vengono inseriti nelle nuove Costituzioni democratiche, il che porta all’imposizione del loro rispetto al legislatore ordinario. Queste garanzie, compaiono anche nelle carte internazionali dei diritti. 2. NORME COSTITUZIONALI SULLA GIURISDIZIONALE . La Costituzione, dedica alla giustizia, l’intero titolo IV della parte II, dall’articolo 103, al 113, illustrandone i tratti fondamentali. In quanto funzione statale, la giurisdizione, è espressione di sovranità popolare, essendo la fondamentale fonte di legittimità dei poteri pubblici. (art. 101 1). La giurisdizione, si attua mediante il giusto processo, regolato dalla legge (art. 111 1), e il suo esercizio, è diffuso fra una pluralità di giudici, soggetti soltanto alla legge, terzi ed imparziali: magistrati ordinari, regolati e istituiti dalle norme sull’ordinamento giudiziario (art. 1021 Cost., art. 1 cpc). l’articolo 241 Cost., specifica l’attività di applicazione del diritto alla fattispecie. 3. …SEGUE: GIURISDIZIONE ORDINARIA E GIURISDIZIONI SPECIALI . Accanto alla giurisdizione ordinaria, che ha per contenuto sia la tutela dei diritti soggettivi (giurisdizione civile), sia la cognizione dei reati (giurisdizione penale), e alla Corte Costituzionale, la Costituzione, prevede una serie di giurisdizioni speciali. Si tratta: I. Giurisdizione speciale amministrativa esercitata in primo grado dai Tribunali Amministrativi Regionali, e in appello dal Consiglio di Stato, su interessi legittimi e in particolari materie indicate dalla legge. II. La Giurisdizione della Corte dei Conti nelle materie di contabilità pubblica (art. 1033 Cost.). III. La Giurisdizione speciale dei Tribunali Militari tempo di guerra, e in tempo di pace per reati militari commessi da appartenenti alle forze armate (art. 1033 Cost.). Il principio di giurisdizione unica, è quindi solo tendenziale, e si esprime attraverso il divieto di istituire giudici straordinari, o nuovi giudici speciali (art. 1022 Cost.). In ogni caso, la giurisdizione ordinaria, mantiene un carattere privilegiato: l’autonomia dei giudici ordinari, per esempio, è ora prevista da norme costituzionali (artt. Da 104 a 107 Cost.), mentre l’indipendenza dei magistrati speciali, è assicurata da leggi ordinarie. Nonostante il divieto di istituire nuovi giudici speciali, la Costituzione, contempla la possibilità della sopravvivenza di giurisdizioni speciali esistenti al momento dell’entrata in vigore della stessa, purché sottoposte a revisione, per renderli conformi al canone dell’indipendenza. Da ciò deriva la sopravvivenza delle Commissioni Tributarie, e della giurisdizione disciplinare di numerosi consigli nazionali di ordini professionali. 4. EVOLUZIONE DEI RAPPORTI TRA GIUDICE ORDINARIO E GIUDICE AMMINISTRATIVO. I rapporti tra giudice ordinario e giudice amministrativo, speciale, sono peculiari e possono spiegarsi solo su base storica.

CAPITOLO II

ORGANIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA 7

5. …SEGUE: PRIMA DEL 1865. Nella fase pre-1865, le due giurisdizioni sono impermeabili. La giurisdizione amministrativa, distinta in attiva e contenziosa, si esercita attraverso i tribunali del contenzioso amministrativo, unici legittimati a provvedere sulle controversie che contrappongono cittadini e amministrazione. Sono sottratte al diritto comune. 6. …SEGUE: DOPO IL 1865. La legge 2248/1865, riduce l’amministrazione alla sola amministrazione attiva, sopprimendo i tribunali del contenzioso amministrativo. Viene indotto un sistema di giurisdizione unica ordinaria, cui sono devolute tutte le materie in cui si faccia questione di un diritto civile o politico, o che vi possa essere interessata la pubblica amministrazione. Quando la contestazione cade su un diritto che si pretende leso da un atto dell’autorità amministrativa, il giudice ordinario conosce la legittimità dell’atto amministrativo incidenter tantum, al solo fine di decidere sulla controversie, non può revocare l’atto, ne annullarlo, ma l’autorità amministrativa è obbligata a conformarsi al giudicato. 7. …SEGUE: SISTEMA EREDITATO DALLA COSTITUZIONE DEL 1948 . La legge 5992/1889, va a disciplinare il problema della tutela giurisdizionale dei privati, toccati dal atti amministrativi. Questa legge, istituisce la quarta sezione del Consiglio di Stato e le attribuisce competenza a risolvere con garanzie processuali le controversie genericamente relative a interessi. E con l’istituzione di altre 2 sezioni, il Consiglio di Stato, diviene il massimo organo di giustizia amministrativa in Italia. Resta però il vizio originario, di inserirsi in un organo che ha anche funzioni consultive con gravi limiti dell’autonomia, indipendenza e terzietà, limiti che vengono solo in parte sostituiti con la legge 186/1982. Le nuove sezioni del Consigli o di Stato, hanno competenza in materia di interessi pretesivi: sono interessi dei privati, aventi ad oggetto una mera possibilità di conseguire un vantaggio, a seguito del corretto esercizio del potere amministrativo. Spetta al Consiglio di Stato distinguere tra la miriade di interessi di fatto, quelli che si presentano in modo da farli assurgere ad interessi suscettibili di provocare il controllo, davanti alle sezioni del Consiglio di Stato, sulla legittimità dell’esercizio del potere amministrativo correlato. In un momento successivo, il Consiglio di Stato, amplia le proprie competenze, anche a situazioni che, ‘prima del 1889, erano diritti soggettivi devoluti al giudice ordinario, e poi anche all’attività vincolata della Pubblica Amministrazione. Dopo che i confini tra giurisdizione ordinaria e amministrativa si erano spostati verso un allargamento, oggi si ha una situazione diversa. 8. …SEGUE: ALLARGAMENTO DELL’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE ORDINARIA . Negli ultimi anni, si è avuto un processo teso a riallargare l’ambito della giurisdizione ordinaria. Ciò si colloca nel consolidato orientamento secondo cui, se la Pubblica amministrazione agisce in carenza assoluta di potere, il provvedimento amministrativo è inesistente e incapace di degradare il diritto soggettivo a interesse legittimo. Inoltre, si tende ad accreditare l’idea che in caso di attività vincolare della P.A., non è corretto parlare di interessi legittimi, perchè si trova in posizione di obbligo e non di potere, mentre il privato, è titolare di diritti soggettivi. In fine, a seguito dell’entrata in vigore e della progressiva attuazione della Costituzione, si afferma l’esistenza di un nucleo di diritti fondamentali del cittadino, che non possono essere degradati ad interessi legittimi dall’esercizio di un potere illegittimo o discrezionale della P.A. 9. …SEGUE: ALLARGAMENTO DELL’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA . Negli ultimi anni, si sono avuti interventi legislativi di allargamento dell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, imposti dalla difficoltà di applicare il criterio di riparto di giurisdizione, fondato sulla contrapposizione tra interesse legittimo e diritto soggettivo. Dal 1971, in materia di contratti e obbligazioni con l’amministrazione pubblica, al fine di determinare il contenuto del provvedimento finale, si ha la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le relative controversie.

10. …SEGUE: VERSOI L RIPARTO PER MATERIE . Negli anni 90, il criterio del riparto di giurisdizioni è residuale, e lascia il posto, ad un riparto effettuato sulla base dell’indicazione legislativa di materie determinate devolute alla giurisdizione ordinaria o amministrativa. Con una legge del 1998, si è avuto il passaggio alla giurisdizione del giudice ordinario, delle controversie sul pubblico impiego, prima affidate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 11. SELEZIONE DEI GIUDICI ORDINARI. Il rapporto tra giurisdizione e sovranità popolare non è di tipo elettivo, ma si ha assoggettando i giudici alla legge, in quanto manifestazione di sovranità popolare. La selezione dei giudici ordinari, avviene attraverso un provvedimento amministrativo, pubblico concorso, diretto ad accertare che gli aspiranti, possiedano le qualità professionali che li rendano in grado di provvedere all’interpretazione e all’applicazione della legge, inoltre, al fine del rispetto del principio della soggezione dei giudici alla sola legge, il pubblico concorso, tende ad assicurare l’indipendenza del soggetto. 12. …SEGUE: GIUDICI ONORARI . Ci sono però eccezioni alla norma del pubblico concorso. Una prima eccezione, consiste nella partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia, prevista per le Corti d’Assise in materia penale (art. 102 3 Cost.). una seconda eccezione, è la possibilità di nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli, interpretando la volontà dell’ Assemblea Costituente per tutte le funzioni della giustizia minore. Il magistrato onorario, è detto anche giudice non togato. 13. …SEGUE: SEZIONI SPECIALIZZATE. Due altre eccezioni alla regola della selezione dei giudici ordinari tramite concorso, sono dirette a rafforzare le qualità professionali dell’organo giudicante. La prima è la previsione che, presso gli organi giudiziari ordinari, possono istituirsi sezioni specializzare per determinate materie anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. Le sezioni specializzate, non sono giudici speciali, ma organi degli uffici giudiziari ordinari, e differiscono dalle sezioni ordinarie, solo per la specialità della loro composizione. Sono caratterizzate da collegi composti da giudici togati e da esperti, nominati in base alla qualificazione professionale, e alla capacità di risolvere controversie caratterizzate dalla particolarità tendina delle questioni che coinvolgono. Vi rientrano i Tribunali per i minorenni. 14. …SEGUE: PROFESSORI UNIVERSITARI E AVVOCATI ALLA CORTE DI CASSAZIONE . Questa seconda eccezione, sempre diretta a rafforzare la figura professionale, è la possibilità che, su designazione del Consiglio superiore della Magistratura, siano chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbaino almeno 15 anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. 15. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA. Il CSM, è stato istituito per garantire l’effettività dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici ordinari e istituire un raccordo tra il potere giudiziario e gli altri poteri. È presieduto dal Capo dello Stato, ed è costituito dal primo presidente e dal procuratore generale della Corte dei Cassazione, da 20 componenti eletti da tutti i magistrati ordinari, e dieci componenti eletti dal parlamento in seduta comune, tra professori ordinari di università in materie giuridiche, e avvocati con 15 anni di esercizio. Al CSM sono attribuite tutte le funzioni che riguardano lo status dei giudici, e quindi strumentali all’esercizio della giurisdizione, mentre al Ministro della Giustizia spetta, oltre alla facoltà di promuovere le azioni disciplinari contro i giudici, anche la responsabilità relativa all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla

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giustizia. Il CSM, è l’organo garante dell’autonomia e dell’indipendenza dell’ordine giudiziario nel suo complesso. Garantisce l’autonomia dei giudici sia a livello interno, rispetto ai capi dell’ufficio giudiziario, sia esterno, rispetto a poteri esecutivo o altri centri di potere, massoneria, mafia. È inoltre titolare della funzione di amministrazione della giurisdizione, intenzionalmente sottratta al potere esecutivo, per escluderne la dipendenza e al fine di evitare intermediazioni di qualunque tipo, tra dell’esecutivo, dei capi degli uffici, tra singolo giudice e legge da applicare. 16. PROFESSIONALITA’ DEI MAGISTRATI. L’articolo 1073 Cost., pone una seconda garanzia dell’indipendenza ed autonomia dei singoli giudici, stabilendo che i magistrati si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni. Si ripudia quindi un sistema gerarchico piramidale. Si è introdotta la progressione della carriera a ruoli aperti, cha ha luogo a seguito di una valutazione positiva deliberata dal CSM, previo esame del parere espresso dai consigli giudiziari, organi istituiti presso le Corti di appello, costituiti da magistrati eletti fra i giudici del distretto. Questo sistema, non garantisce però un effettivo controllo sulla professionalità ed efficienza dei magistrati. 17. LEGGE SULL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO . La Costituzione richiama spesso la legge sull’ordinamento giudiziario come legge base che dovrebbe dettare i principi generali sullo status dei magistrati. Questa legge risale però al 1941, e l’Assemblea Costituente aveva previsto la riformulazione dello stesso con una nuova legge, che non si è ancora avuta. 18. ISTITUZIONE DEL GIUDICE UNICO TOGATO DI PRIMO GRADO . Questa nuova figura è stata istituita nel 1998. E’ un giudice di primo grado, che decide in composizione monocratico, salvo alcuni casi previsti dal cpc, di decisione in composizione collegiale: in questo caso, l’organo decidente è composto da un collegio di 3 componenti, riserva di collegialità. 19. …SEGUE: PRINCIPIO DI COLLEGIALITA’ NEL CODICE DEL 1865 . Il codice di procedura civile del 1865, accogli il principio di collegialità ad esclusione del giudizio davanti al pretore. Un primo tentativo di istituire in Italia il giudice monocratico, effettuato nel 1912, incontrò l’opposizione dell’avvocatura, e fallì dopo meno di un anno. 20. …SEGUE: GIUDICE ISTRUTTORE NEL CODICE DEL 1942 . Il codice di procedura civile del 1942, accoglie una soluzione compromissoria: nel procedimento davanti al tribunale, viene introdotta la figura del giudice istruttore, a cui è affidata al trattazione e istruzione della causa, mentre la decisione è devoluta ad un collegio. Il tribunale è il giudice di primo grado per eccellenza, mentre al pretore e al conciliatore è rimessa la giustizia minore. 21. …SEGUE: GIUDICE MONOCRATICO NEL PROCESSO DEL LAVORO . La legge 533/1973, segna un contrasto con l’influenza di dare preferenza al collegio come organo giudicante, e attribuisce al pretore la competenza per materia a decidere sulle controversie in materia di lavoro. 22. …SEGUE: PRETURE CIRCONDARIALI E TRIBUNALE MONOCRATICO . Tra la fine degli anni 80 e gli inizi dei 90, si hanno una serie di interventi normativi volti a riformare l’ordinamento giudiziario. Nel 1989, vengono istituite le preture circondariali, e nel 1990, una legge, trasforma il tribunale in organo giudiziario che decide normalmente in composizione monocratico (art. 88 L. 353/1990). 23. …SEGUE: FASE FINALE . Avviate con l’istituzione delle preture circondariali, e dalla trasformazione del tribunale in organo monocratico, e agevolate dall’entrata in funzione del giudice di pace, le operazioni dirette all’istituzione del giudice unico di primo grado, culminano con l’entrata in vigore della legge n. 51/1998. Si giunge a questa figura, non con una rivoluzione dell’ordinamento giudiziario, ma con l’accorpamento degli uffici del tribunale ordinario e della pretura circondariale. In particolare, è stato soppresso l’ufficio del pretore, e le relative competenze, sono state devolute al tribunale, salvo alcune ipotesi in cui le funzioni sono passate alle amministrazioni.

24. …SEGUE: PRINCIPIO DEL GIUDICE MONOCRATICO . La scelta a favore della monocraticità, rispetto alla collegialità, si giustifica perché, essendo impossibile istituire la seconda per tutti i giudizi, la monocraticità è la condizione per attuare l’identità tra giudice che assume la prova, e giudice che decide la casa. Le resistenze alla devoluzione al giudice monocratico di tutte le controversie di primo grado, sono sfociate nella previsione di alcune materie, su cui si decide in composizione collegiale. Attualmente, gli uffici giudiziari che rendono la giustizia in materia civile, sono: giudice di pace,l tribunale, corte d’appello e Corte di Cassazione. 25. GIUDICE DI PACE. È un giudice onorario, istituito con legge nel 1991, allo scopo di alleggerire il carico di lavoro del giudice professionale di primo grado, ed è entrato in funzione nel 1995, prendendo il posto del giudice conciliatore. Gli uffici del giudice di pace, sono distribuiti in 828 sedi sul territorio nazionale, e il suo ruolo organico è stato fissato in 4.700 posti. A differenza delle esperienze inglesi e francesi, che hanno figure analoghe, il giudice di pace italiano, fa parte dell’ordinamento giudiziario, ed è soggetto unicamente alla legge, e tenuto al rispetto dei doveri posti a carico dei magistrati onorari, in quanto è sottoposto alla sorveglianza del CSM, con possibilità di delega del compito al presidente del tribunale territorialmente competente. Pur non essendo un giudice professionale, ma un semplice cittadino temporaneamente incaricato dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, il giudice di pace, dovrebbe svolgere la propria funzione tendenzialmente a tempo pieno, e la sua attività viene remunerata, con un compenso sottoforma di indennità commisurata al lavoro svolto effettivamente. La durata media di un processo innanzi al giudice di pace è di circa 320 giorni. 26. …SEGUE: REQUISITI PER LA NOMINA . Requisiti per la nomina sono: laurea in giurisprudenza, età compresa tra i 30 e 70 anni, l’aver cessato l’attività lavorativa, aver superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense (questo requisito non vale per coloro che hanno esercitato attività notarili, o insegnamento di materie giuridiche nelle università). Sono nominati dal CSM su proposta del Consiglio giudiziario territorialmente competente, più 5 rappresentanti del consiglio dell’ordine degli avvocati del distretto della corte di appello, e dopo 6 mesi di tirocinio negli uffici giudiziari. L’incarico dura 4 anni, rinnovabile per una volta. Il giudice di pace, svolge la sua attività tendenzialmente a tempo pieno, ed è dotato di professionalità specifica: ciò che lo differenzia dal conciliatore è che questi, svolgeva un ufficio gratuito, e aveva requisiti generici per la nomina. 27. TRIBUNALE . È il giudice togato di primo grado, che può articolarsi anche in una sede principale ed in sezioni distaccate, e le prime si trovano teneramente nei capoluoghi di provincia. Generalmente decide in composizione monocratico, ad eccezione di alcuni casi previsti da legge, in cui decide in composizione collegiale. In materia civile è giudice di appello rispetto alle sentenze del giudice di pace. Vi lavorano circa 2.200 giudici e la durata media del processo di cognizione di primo grado davanti al tribunale è di circa 975 giorni. 28. CORTE DI APPELLO . Gli uffici di corte di appello sono 26, oltre a 3 sezioni distaccate (Sassari, Bolzano e Taranto), ed hanno sede, quasi tutte, nei capoluoghi di regione (eccetto Aosta) e in 6 capoluoghi di provincia (Brescia, Salerno, Caserta, Lecce, Catania, Messina, Caltanissetta). Hanno composizione sempre collegiale, e competenza di giudici di appello rispetto alle sentenze di primo grado pronunciate dal tribunale, e alcune limitate attribuzioni di giudice di primo e unico grado. Vi sono assegnati circa 400 giudici, e la durata media di un processo presso la corte di appello è di circa 900 giorni.

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29. CORTE DI CASSAZIONE. dal 1923 è unica ed ha sede a Roma. In precedenza erano 5. alle sezioni civili, sono addetti circa 140 magistrati, e la durata media è di circa 2 anni e ½. 30. …SEGUE: ESATTA OSSERVANZA DELLA LEGGE . La Corte dei cassazione, rispetto agli altri giudici, adempie una funzione peculiare, in quanto assicura che i giudici interpretino e applichino esattamente le norme giuridiche. Questa funzione, detta nomofilachia, ha un risvolto costituzionale perché è strumento di coordinamento tra la giurisprudenza e l’attività legislativa. Questa funzione si affianca alla funzione di dare alla parte che si è vista dar torto dal giudice, uno strumento di controllo della giustizia e della validità della sentenza (compito già svolto dall’appello). 31. …SEGUE: UNIFORME INTERPRETAZIONE . Nella nomofilachia, può essere compreso lo scopo della Corte di cassazione di uniformare su tutto il territorio nazionale, l’applicazione giudiziale del diritto. Anche questo scopo ha rilievo costituzionale, poiché è un aspetto dell’attuazione del principio di uguaglianza. La funzione della Corte di cassazione, attiene alla formazione del diritto non solo da applicare alla controversia in atto, ma anche a quelle future: nel decidere il ricorso, la Corte, fissa un’interpretazione avente valore persuasivo ed esemplare, un’efficacia didattica per tutti i giudici dell’ordinamento. 32. …SEGUE: PUBBLICO MINISTERO E RICORSO ALL’INTERESSE DELLA LEGGE . Il compito della Corte di cassazione di assicurare l’esatta e uniforme applicazione giudiziale del diritto, sono varie. L’articolo 702 cpc, stabilisce che il pubblico ministero, interviene in ogni causa davanti alla Corte di cassazione, e nell’udienza di discussione, prende la parola dopo il relatore e gli avvocati, esponendo oralmente le sue conclusioni motivate. Il PM, è l’ultimo soggetto che prende la parola, mentre le parti rivestono una funzione appartata: ciò vuole significare che l’interesse principale che si mira a tutelare, non è quello privato dell’eliminazione della sentenza ingiusta o invalida, ma quello pubblico alla esatta interpretazione della legge. Inoltre, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, ha la legittimazione a proporre il ricorso nell’interesse della legge, senza che le parti possano giovarsi dell’eventuale cassazione della sentenza, se le stesse non hanno proposto ricorso tempestivamente. Ciò consente di scorgere la separazione tra interesse pubblico all’esatta e uniforme interpretazione della legge e l’interesse privato alla sentenza giusta. 33. …SEGUE: UNITARIETA’ DELLA CORTE E RISTRETTEZZA DEL COLLEGIO . Affinché la corte svolga efficacemente la propria funzione, è necessario che sia organizzata in modo unitario e composto da un numero ristretto di giudici. In presenza di un contrasto di decisioni tra le sezioni sulla medesima questione di diritto, è possibile affidare la composizione del conflitto ad una sezione allargata e autorevole della stessa Corte, le Sezioni Unite. 34. …SEGUE: CRISI. Il principale ostacolo alla restrizione del numero dei magistrati addetti alla Corte, consiste nel numero eccessivo di ricorsi in cassazione proposti annualmente. Questo elevato numero di ricorsi è dovuto principalmente a due fattori: l’inappellabilità di alcune sentenze di primo grado, e la facilità con cui la Corte disattende i suoi precedenti. Sotto il primo aspetto, la parte che si è vista dar torto da un solo giudice, è meno disponibile ad accettare la sconfitta, rispetto ad una parte che si è vista dar torto da due giudici diversi. L’appello svolge una funzione di filtro sui ricorsi, che è eliminato se la sentenza è inappellabile. Sotto il secondo profilo, la frequenza con cui la Cassazione contraddice i propri orientamenti, stimola la parte a proporre ricorso nella speranza che un orientamento contrario alla propria posizione sebbene consolidato, venga disatteso. La situazione di crisi della Corte di cassazione si avvita in un circolo vizioso difficile da rompere.

dell’articolo 1117. diversamente dalla Cassazione penale, in quella civile, è legittimo anticipare l’esecutività della sentenza rispetto al momento del suo passaggio in giudicato (in quella penale invece, l’imputato non è colpevole fino alla sentenza definitiva). Quindi il ricorso per cassazione, in ambito civile, è configurabile come garanzia oggettiva, ovvero strumento diretto alla eliminazione della inesatta interpretazione della legge nell’interesse pubblico. Quindi la garanzia costituzionale, dovrebbe interessare solo i ricorsi per materia penale, e in attesa della modifica dell’articolo 11 Cost., è stato estesa la possibilità della Corte di decidere il ricorso in camera di consiglio, (senza udienza pubblica, quindi in via accelerata rispetto al normale svolgimento del processo), in caso di ricorso manifestamente infondato o manifestatamene fondato. Inoltre, dovrebbero essere rivisti i criteri di scelta dei giudici della cassazione civile per assicurare la massima autorevolezza. 36. CORTE DI CASSAZIONE COME CORTE SUPREMA ? La Costituzione italiana, all’articolo 1118, limita il ricorso per cassazione conrto le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, ai soli motivi inerenti la giurisdizione. Questo significa che la Corte di Cassazione, non può garantire l’uniforme applicazione della legge in quei settori di diritto sostanziale e processuale affidati al Consiglio di Stato e alla Corte dei conti: in tali settori, la funzione nomofilachia è svolta da questi giudici speciali. Ciò impedisce alla Corte di cassazione di svolgere pienamente il suo ruolo di organo supremo della giustizia. 37. RAPPORTI TRA CORTE DI CASSAZIONE E CORTE COSTITUZIONALE . In alcuni ordinamenti, la Corte di cassazione svolge anche la funzione di controllare la costituzionalità delle leggi: ciò succede per esempio per la Corte Suprema Federale Statunitense. In Italia, si è avuto questo sistema fino al 1956, anno dell’istituzione della Corte Costituzionale. Prima di allora, il controllo di costituzionalità era esercitato dai giudici comuni, per cui la Corte di Cassazione, ebbe l’opportunità di svolgere un ruolo simile alla Corte Suprema americana. Dal 1956, la Corte Costituzionale, ha assunto il monopolio delle decisioni sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi. Si sono così creati all’interno dell’ordinamento italiano, due organi di vertice, con due competenze diverse: una per il controllo di costituzionalità delle leggi, l’altra per la garanzia della esatta ed uniforme interpretazione del diritto nazionale. 38. …SEGUE: DIRITTO VIVENTE. Il problema dei rapporti tra le due Corti, è stato recentemente superato seguendo delle linee direttrici. Spetta solo al giudice ordinario, alla Corte di cassazione, il compito di individuare l’esatta interpretazione della legge. La Corte costituzionale controlla la conformità della legge alla Costituzione. Oggetto del suo controllo è il diritto vivente, consolidato attraverso le interpretazioni della Corte di cassazione. affinché questa separazione di competenze, funzioni, occorre che la disposizione di legge sottoposta a controllo della Corte costituzionale, sia divenuta diritto vivente, cioè si sia formata quell’interpretazione consolidata a cui abbia contribuito anche la Corte di cassazione. 39. ….SEGUE: INTERPRETAZIONE CONFORME ALLA COSTITUZIONE . Nel 1988-89, grazie al suo presidente, la Corte costituzionale è riuscita ad eliminare gran parte delle questioni arretrate pendenti, utilizzando l’espediente di portare in udienza pubblica solo le questioni più importanti. La Corte oggi, riesce a pronunciarsi entro 6 medi dalla rimessione della questione.

35. …SEGUE: STRATEGIE DI INTERVENTO. L’attuale crisi della Cassazione civile, potrebbe essere superata se le si attribuisse il potere di selezionare i ricorsi su cui pronunciarsi, sulla base del grado di interesse generale da essi coinvolto. Ciò è ostacolato dalla garanzia costituzionale che assiste il ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà,

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possa essere anch’esso una categoria unitaria, che possa offrire tutela indipendentemente dal contenuto del diritto previsti dalle norme sostanziali. 7. TUTELA SPECIFICA E TUTELA RISARCITORIA . Appartengono alla tutela specifica, o reale, i rimedi diretti a far conseguire al titolare del diritto, le stesse utilità garantitegli dalla legge o contratto,m e non utilità equivalenti.

CAPITOLO II

Entra in azione nel momento in cui si verifica la mancanza di cooperazione tra i soggetti. Si manifesta nella tutela della proprietà, ei diritti reali di godimento, e si realizza con l’esecuzione forzata in forma specifica o ipotesi di tutela inibitoria o sommaria. La tutela risarcitoria, o obbligatoria, comprende i rimedi diretti a far conseguire al titolare del diritto, non le stesse utilità garantitegli dalla legge o dal contratto, ma solo un equivalente monetario. È esclusa l’esecuzione forzata in forma specifica, mentre è ammessa l’espropriazione forzata, come strumento di attuazione della condanna al risarcimento del danno.

ORGANIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA 1. PREMESSA. I principi fondamentali del processo sono le garanzie costituzionali di cui esso gode. Prima del 1948, erano nelle disposizioni generali che si trovavano nel libro I del codice di procedura civile. 2. DIRITTO DI AZIONE. L’art. 241 Cost., stabilisce che tutti possono agire in giudizio per tutelare i propri diritti e interessi legittimi: è questo il diritto di Azione. La Corte costituzionale, stabilisce che la garanzia costituzionale, non impedisce in assoluto che il diritto di azione subisca limitazioni, queste non devono però complicare l’esercizio del diritto di azione, ma essere funzionali agli interessi interni del processo. Limitazioni del diritto di azione, non possono essere utilizzate per realizzare interessi extraprocessuali. 3. …SEGUE: EPOCHE ANTERIORI. Nel diritto romano, la disciplina giuridica nei conflitti di interesse tra soggetti, era inclinata per lo più nella prospettiva del rimedio giudiziale concesso al titolare dell’interesse protetto. Il diritto era un sistema di azioni giudiziali tipiche, non un sistema di diritto sostanziali. In epoca moderna, il giusnaturalismo e l’illuminismo giuridico, portano all’esaltazione dell’individuo e della sua libertà. Ciò conduce a costruire sull’individuo un ricco corpo di situazioni giuridiche soggettive. Lo scopo è proteggere il nuovo individuo borghese e la sua libertà economica. 4. …SEGUE: EPOCA ATTUALE. Nel XIX secolo, il diritto processuale esce dalla sfera del diritto privato e si afferma come parte autonoma del diritto. L’azione è concepita come una situazione giuridica soggettiva processuale, il soggetto è collegato all’affermazione che il diritto sostanziale dedotto in giudizio esiste, non alla sua effettiva esistenza. Si ricorre al processo quando il diritto è violato, minacciato, contestato. Il potere d’agire in giudizio non è collegato all’effettiva esistenza del diritto. L’azione esiste, anche se si accerta che il diritto sostanziale non esiste. 5. …SEGUE: DEFINIZIONE. Il diritto d’azione, consiste in situazioni soggettive –poteri, doveri, facoltà – distribuite nell’arco del processo. Poteri, doveri e facoltà, trovano i loro aspetti unificanti sul piano funzionale del provvedimento giurisdizionale, e sul piano strutturale, nell’affermazione dell’esistenza del diritto sostanziale dedotto in giudizio. 6. TEORIA DELL’AZIONE ED EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE . La teoria del diritto d’azione, accentua l’obbligo dello stato di assicurare la tutela giurisdizionale a tutti i diritti previsti dalle norme sostanziali, ma la teoria non risolve il rapporto tra diritto sostanziali e processo: essa serve per raccordare tutti i diritti sostanziali al processo, ma è povera di rimedi, cioè modalità e contenuti della tutela attivata con l’esercizio del diritto di azione. La teoria dell’azione è astratta, segue perciò la convinzione che il diritto di azione, è autonomo da quello sostanziale e che il processo

8. …SEGUE: ESPANSIONE DELLA TUTELA SPECIFICA . La tutela specifica, si è estesa in vari settori del diritto sostanziale: o Diritti della personalità: si manifesta con l’introduzione della tutela inibitoria, a cui di regola non si accompagnano misure coercitive a garanzia della loro attuazione, né procedimenti sommari tipici. o Diritto industriale: introduzione di ipotesi di tutela inibitoria e di misure coercitive tipiche. o Diritto personali di godimento: si legittima il detentore all’azione di spoglio, mentre l’azione di manutenzione continua ad essere riservata al solo possessore. La dottrina dubita dell’utilizzabilità dell’esecuzione forzata in forma specifica da parte del conduttore che agisce per la consegna del bene locato. o Settore dell’obbligo a contrarre. o Rapporti di lavoro: la tutela specifica trova applicazione nel diritto del lavoratore illegittimamente licenziato di essere reintegrato nel posto di lavoro. o Libertà sindacale e diritto allo sciopero: la tutela specifica si esprime con l’introduzione del procedimento di repressione della condotta antisindacale. 9. …SEGUE: CODICE DEL 1942. Il codice civile del 1942, da un lato sembra escludere qualsiasi tutela specifica, con riferimento a tutti i rapporti obbligatori di origine contrattuale, e consentire solo quella risarcitoria, dall’altro, il codice ammette l’azione specifica in caso di adempimento di una obbligazione di origine contrattuale. 10. TERZIETA’ E IMPARZIALITA’ DEL GIUDICE . Il giudice è imparziale, altrimenti non è giudice. la legge costituzionale 2/1999, circonda di principi – terzietà e imparzialità – la garanzia del giusto processo. In precedenza, l’imparzialità, era desunta indirettamente dalla garanzia dell’autonomia e indipendenza della magistratura in collegamento con il principio di uguaglianza.

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11. GARANZIA DEL GIUDICE NATURALE . L’articolo 251 Cost., dice che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Questa garanzia impone che l’individuazione del giudice per la controversia, non dipende da valutazioni discrezionali dello stesso giudice, dell’attore, o di altri soggetti. Il giudice ha il dovere d’imparzialità e tale dovere non può tradursi in un obbligo di omogeneizzare la loro cultura e morale ad un qualsiasi modello ufficiale, alle parti deve essere assicurato oltre che un giudizio imparziale, il diritto ad essere non giudicati da un giudice scelto da altri. L’articolo 25, garantisce l’individuazione del giudice come persona fisica, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati. 12. PRINCIPIO DELLA DOMANDA. L’imparzialità del giudice, è la ratio sottesa al principio della domanda. L’organo giudicante, si attiva su istanza di un soggetto ad esso estraneo: nessun giudice senza attore. Ciò che per la parte è un onere, per il giudice è un dovere. La proposizione della domanda è il primo atto di esercizio del diritto di azione, individua il diritto sostanziale dedotto in giudizio e contribuisce a determinare la decisione del giudice che sarà scelto. 13. …SEGUE: ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI. Dal principio della domanda, deriva all’attore, l’onere di individuare il diritto dedotto in giudizio, non di allegare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Accanto al fatto costitutivo, eventualmente allegato dall’attore, possono poi emergere dagli atti del processo, fatti che fondano il loro diritto in via alternativa. 14. …SEGUE: ECCEZIONI. Il principio della domanda, non dovrebbe subire eccezioni, ma ce ne sono limitatamente a 2 casi: o L’articolo 6 della legge fallimentare, stabilisce che il fallimento può essere dichiarato anche d’ufficio, se risulta lo stato dallo stato di insolvenza dell’imprenditore; o Materia di giurisdizione nono contenziosa: articolo 336 cc, prevede il potere del tribunale dei minori di adottare, anche d’ufficio, in caso di urgenza e necessitò provvedimenti temporanei nell’interesse del minore. 15. DIVIETO DI UTILIZZAZIONE DEL SAPERE PRIVATO DA PARTE DEL GIUDICE . A presidio della terziarietà e imparzialità, al giudice è posto anche il principio del divieto di utilizzazione del sapere privato da parte del giudice. al giudice è fatto divieto di allegare d’ufficio al giudizio, fatti giuridicamente rilevanti e materiali di prova. 16. ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE . Sono istituti posti dal codice a tutela della terzietà e dell’imparzialità. L’articolo 51 cpc, elenca 5 casi di astensione obbligatoria da parte del giudice, ricomprendendoli in 2 categorie: quelli relativi ai rapporti tra giudice e oggetto della causa, e quelli relativi a rapporto tra giudice e persone coinvolte nel processo. Prevede inoltre un caso di astensione facoltativa, in caso di convenienza: se non si astiene non ci sono conseguenze. Se invece vige l’obbligo di astensione, e il giudice non lo fa, ciascuna delle parti può ricusarlo. il presupposto ricusazione, è duplice: 1) per i casi obbligatori; 2) se il giudice non si astiene. Si presuppone che il giudice, secondo una delle parti, si accinge a giudicare in una causa in cui, non essendo terzo, non è imparziale. L’istanza di ricusazione è soggetta a tempi molto brevi, e il codice, collega automaticamente all’istanza di ricusazione la sospensione del processo. Dà luogo ad un procedimento incidentale, in cui è sentito il giudice ricusato, ed è decisa con ordinanza non impugnabile. In caso di rigetto, la questione può essere riproposta impugnando la successiva sentenza. 17. INCOMPATIBILITA’ DA PREVENZIONE . I valori della terzietà ed imparzialità, richiedono che il giudice, dopo la valutazione sulla causa, non sia richiamato a effettuare una nuova valutazione sulla stessa, in un’altra fase della stessa, per evitare condizionamenti: forza della prevenzione.

18. PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO . Il principio del contraddittorio, è enunciato dagli articoli 1112 Cost., e dall’art. 101 cpc. E’ un principio fondamentale nel processo civile, e in via di espansione in quello amministrativo. 19. …SEGUE: CONCEZIONE TRADIZIONALE . Secondo l’ideologia tradizionale, il principio del contraddittorio, è espressione di ideologia liberale, e si affida al principio di uguaglianza formale tra le parti. Contenuto sufficiente e necessario del contraddittorio è una predisposizione paritaria dei poteri processuali, da un’eguaglianza degli stessi poteri di attacco e di difesa. Con il contrasto tra le parti, si realizza l’interesse pubblico alla giusta composizione della lite. 20. …SEGUE: DIFESA IN GIUDIZIO . Prima dell’inserimento di questo principio nell’articolo 111 del cpc, il principio del contraddittorio, aveva assunto un nuovo significato, correlato al diritto di difesa e al principio di uguaglianza. È stato inteso dalla giurisprudenza, della Corte costituzionale come espressione, non della garanzia che la parte sia assistita da un difensore tecnico, ma di un insieme di garanzie necessarie in qualsiasi processo: poteri di domanda, istruttori, di discussione. 21. …SEGUE: IN CONDIZIONI DI PARITA’ . La combinazione tra garanzie della difesa e principio di uguaglianza, si desume la garanzia del contraddittorio in condizioni di parità. Il principio del contraddittorio, è la possibilità effettiva delle parti in modo paritario, di partecipare attivamente allo svolgimento del processo e di influire con le proprie attività di difesa, sulla formazione della decisione del giudice. Tale principio, è rivolto all’interno del processo, rispetto alla garanzia costituzionale dell’azione che si estrinseca anche all’esterno del processo. La distinzione tra principio di uguaglianza formale e sostanziale, delinea una distinzione parallela, rapportata alla garanzia del contraddittorio, è tale che: Uguaglianza formale: predeterminazione paritaria delle armi; Uguaglianza sostanziale: uguaglianza dei soggetti di partecipare al giudizio servendosi di strumenti equamente distribuiti. 22. …SEGUE: NEL CORSO DEL PROCESSO . Secondo l’art. 101 cpc, il giudice non può statuire su alcuna domanda se la parte contro al quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa. L’articolo non richiede solo la citazione del convenuto, ma anche la sua comparizione. Dato che è impensabile subordinare lo svolgimento del processo ad un’attività del convenuto, questa norma va interpretata come se dicesse che il giudice non può statuire su alcuna domanda se la parte contro cui è proposta, non è stata regolarmente citata o non si è costituita. La garanzia del contraddittorio, impone al giudice che riveli d’ufficio una questione di diritto, o di fatto, rilevante per la decisione di indicarla alle parti, affinché esse possano svolgere argomentazioni e modificare domande, proporre eccezioni… 23. …SEGUE: DEROGHE ALL’ART 101 CPC. il giudice può statuire sulla domanda solo dopo che questa è stata portata a conoscenza della controparte, salvo che la legge disponga diversamente. Il principio del contraddittorio, non può essere derogato da atti di autonomia privata o regolamenti, ma solo da norme di legge che sono eccezioni. Le ipotesi di deroghe al principio, in cui il giudice può emanare un provvedimento senza sentire la controparte, possono raggrupparsi in 3 categorie: La preventiva audizione del controineressato, ponendolo sul chi vive, renderebbe inefficace il provvedimento richiesto (art. 2905 cc, sequestro conservativo). L’urgenza del provvedimento, non tollera la dilatazione temporale necessaria per attuare il contraddittorio; La particolare natura del diritto fatto valere o dei suoi fatti costitutivi (art. 633 cpc procedimento di ingiunzione).

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24. GARANZIA DELLA MOTIVAZIONE DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI . All’articolo 1116 Cost., si trova la garanzia della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, e presuppone l’idea della giustizia come possibilità di giustificazione mediante ragioni. Ha 2 funzioni: 1) Endoprocessuale: consente alle parti di valutare l’opportunità dell’impugnazione e articolarne i motivi. 2) Extraprocessuale: consente tramite il controllo della pubblica opinione un raccordo tra giudice e popolo. 25. GARANZIA DEL RICORSO IN CASSAZIONE . il ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze, è riconosciuto dall’art. 1117 cpc. fino agli anni 50 la Corte di cassazione ha interpretato la nozione di sentenza in senso sostanziale, riferendosi non al provvedimento ma al contenuto. Ha qualificato come ricorribile ogni provvedimento decisorio relativo a diritti ed avente attitudine al giudicato formale e sostanziale. 26. PRINCIPIO DELLA CORRISPONDENZA TRA IL CHIESTO E IL PRONUNCIATO . È sancito dall’art. 112 cpc, e costituisce uno sviluppo e arricchimento del principio della domanda. Il giudice dee pronunciarsi su tutta la domanda, e non oltre i limiti della domanda: non può statuire d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte solo dalle parti. 27. …SEGUE: ECCEZIONI IN SENSO LATO ED ECCEZIONI IN SENSO STRETTO . L’articolo 112, si riferisce alle “Eccezioni di merito”, cioè ad un atteggiamento difensivo con cui il convenuto, fa valere in giudizio la rilevanza dei fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto fatto valere in giudizio dall’attore. Al 112, sono estranee le “Eccezioni di rito”, (giurisdizione, competenza, legittimazione) per cui, il rapporto tra giudice e facoltà delle parti, è disciplinato da norme particolari. Dall’art. 112, si ricava che le eccezioni di merito, si distinguono in 2 categorie: Rilevabili d’ufficio: ECCEZIONI IN SENSO LATO; Rilevabili solo su istanza di parte: ECCEZIONI IN SENSO STRETTO. La differenza tra le due, ha un risvolto processuale: producono diversi effetti sul piano giuridico. 28. …SEGUE: NORMA-FATTO-EFFETTO. Questo schema ha valore di regola generale. Se viene dedotto in giudizio, un effetto che corrisponde a questo schema, il giudice deve dichiararne l’esistenza o inesistenza, solo che dagli atti del processo emergono i correlativi fatti rilevanti, senza che tale rilevanza sia loro attribuita da una dichiarazione delle parti. Se si tratta di fatti costitutivi, si può parlare di fatti costitutivi che operano ipso iure, mentre se si tratta di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, si avrò il fenomeno delle eccezioni di merito, rilevabili anche d’ufficio. L’effetto giuridico si produce solo se si verifica il fatto previsto dalla norma, senza che sia necessario l’esercizio di alcun potere che attribuisca rilevanza giuridica a tale fatto. L’articolo 922, collega il sorgere del diritto di proprietà a determinati fatti costitutivi: usucapione, accessione; il diritto al risarcimento del danno, consegue automaticamente all’esistenza di un fatto illecito, e all’inesistenza di cause di legittima difesa. Riprendendo in considerazioni gli esempi: nel primo caso, dedotto in giudizio il diritto di proprietà, il giudice ne accerta l’esistenza se dagli atti del processo, emerge l’esistenza del fatto costitutivo, senza che la sua rilevanza debba essere fatta valere dall’attore. Se invece dagli atti del processo emerge l’esistenza di un fatto che giustifica la proprietà del convenuto, il giudice rigetta la domanda dell’attore, senza che la rilevanza giuridica di tale fatto, debba essere fatta valere dal convenuto. L’altro esempio, se deduce in giudizio il diritto al risarcimento del danno, l’attore deve allegare il fatto illecito perché ciò è necessario per individuare il diritto e non perché il sorgere del diritto sia condizionato all’esercizio di un potere di attribuire rilevanza al fatto illecito. Il principio della rilevabilità d’ufficio degli effetti giuridici scaturenti da fatti modificativi,m impeditivi o estintivi allegati al processo, è la conseguenza del carattere di regola generale dello schema norma-fattoeffetto.

29. …SEGUE: NORMA-FATTO-POTERE SULL’AN-EFFETTO. Le eccezioni in senso stretto, il cui prodursi dell’effetto impeditivo, modificativo o estintivo è subordinato all’esercizio di un potere unilaterale di parte di attribuire rilevanza al fatto, rispondono ad una seconda tecnica di produzione di effetti giuridici sul piano del diritto sostanziale. In questo schema, gli effetti si producono solo se è esercitato un potere unilaterale di parte di attribuire rilevanza al fatto. I poteri di questa specie, sono definiti poteri sull’an, cioè poteri relativi al se l’effetto giuridico si produca o meno. Attore, può essere la parte che ha esercitato il potere, e il suo scopo è di ottenere, tramite il processo, l’accertamento immutabile degli effetti che la legge collega ai fatti modificativi, estintivi o impeditivi, se vi è stato l’esercizio del potere. Attore, può essere anche la controparte, che mira ad ottenere un accertamento immutabile della esistenza ed efficacia delle situazioni soggettive che chi ha esercitato il potere pretende di modificare, impedire o estinguere. 30. ...SEGUE: SINTESI SULLA RILEVABILITA’ D’UFFICIO DELL’EFFICACIA DEI FATTI ALLEGATI. Dai 2 schemi, scaturisce il principio della rilevabilità d’ufficio dell’efficacia giuridica dei fatti allegati in giudizio. “Proporre” eccezioni, comprende sia l’allegazione ad opera della parte, del fatto impeditivo, modificativo, estintivo, sia il potere processuale tramite il quale si fa valere in giudizio la rilevanza giuridica del fatto allegato. 31. PRINCIPIO DELL’IMPULSO DI PARTE. Mentre il principio di domanda è a inizio processo, tale principio è nel corse del processo. La prosecuzione del processo, può ispirarsi al principio d’impulso di pare o d’ufficio: la scelta è tecnica. Collegato a questo principio è l’estinzione del processo. 32. PRINCIPIO ELLA LEGALITA’ DELLA DECISIONE GIUDIZIARIA E IURA NOVIT CURA . L’art. 113 cpc, dice che il giudice, nel pronunciare sulla causa, deve seguire le norme del diritto, tranne che la legge gli attribuisca il potere di decidere per equità. 33. …SEGUE: PRONUNCIA SECONDO EQUITA’. In primo grado, o in appello, il giudice decide il merito della causa secondo equità, quando esso riguarda diritti disponibili e le parti lo chiedono espressamente. Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede i 1.000 euro. Il giudizio equitativa, come quello legalitario, appartiene al sistema della tutela giurisdizionale, e in base all’art. 24 Cost. comporta il rispetto delle norme costituzionali e comunitari. Il ricorso a tale giudizio, trae le sue ragioni nella circostanza che la legge sacrifica uguaglianze sentite dalla coscienza comune o differenze del pari sentite. Basato su valori di coscienza sociale, non soggettiva e individuale, le sentenze, con equità sono inappellabili. 34. SEGUE EQUITA’ INTEGRATIVA . L’equità integrativa è quando solo una parte rimessa al giudizio equitativo del giudice.

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CAPITOLO IV

DIRITTO DEDOTTO IN GIUDIZIO

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1. ATTO INTRODUTTIVO DEI PROCESSI A COGNIZIONE PIENA : I processi a cognizione piena si introducono con la domanda giudiziale, che è il primo atto con cui si esercita l’azione e si fa valere un diritto sostanziale in giudizio. È un atto che contiene le indicazioni degli elementi necessari alla individuazione del diritto: - Le parti; - L’oggetto; - Le ragioni della domanda. 2. PARTI: art. 163, comma 3, n 2. L’individuazione delle parti mira ad individuare: - Il soggetto che propone la domanda: ATTORE; - Il soggetto contro cui la domanda è proposta: CONVENUTO. L’art. 163, individua solo i soggetti rilevanti per l’individuazione del diritto fatto valere, le parti in senso sostanziale: sono i soggetti che subiscono gli effetti del processo e della sentenza. Accanto a questi soggetti ce ne sono altri che sono chiamati solo eventualmente, nel caso in cui sia necessaria la rappresentanza dei titolari del diritto. Questi soggetti non sono titolari del diritto, ma sono parti in senso formale: - Compiono gli atti del processo; - Non subiscono gli effetti del processo e della sentenza. L’articolo 163, si riferisce anche a soggetti che deducono in giudizio un diritto che egli stesso afferma altrui: è il caso della LEGITTIMAZIONE STRAORDINARIA. Il legittimato straordinario, è una parte in senso formale del processo, in quanto, compie gli atti del processo, ma non subisce in modo diretto gli effetti della sentenza, poiché non è titolare del diritto dedotto in giudizio. Il legittimato straordinario, agisce però in nome proprio e subisce gli effetti del processo.

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Mera difesa; Eccezione di merito; Domanda riconvenzionale; Chiamata in causa di terzi.

8. MERA DIFESA. Il convenuto contesta l’esistenza di uno dei fatti costitutivi vantati dall’attore a fondamento della sua domanda senza allegare alcun fatto ulteriore: lascia inalterato il diritto fatto valere in giudizio senza allegare alcun fatto ulteriore. Lascia inalterato il diritto fatto valere in giudizio senza allegare il novero dei fatti rilevanti al giudizio, ma rende controversi e bisognosi di prova, i fatti costitutivi. 9. ECCEZIONE DI MERITO. Il convenuto, lascia inalterato il diritto dedotto dall’attore, ma fa valere in giudizio, la rilevanza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto che vengono accertati dal giudice per verificare l’esistenza o meno del diritto. Possono essere di 2 tipi: - Rilevabili d’ufficio: ECCEZIONI IN SENSO LATO; - Rilevabili solo su istanza di parte: ECCEZIONI IN SENSO STRETTO.

6. ESEMPI. AZIONE CONTRATTUALE: il Petitum è il credito fatto valere; La Causa Pretendi è il contratto in quanto fatto costitutivo del credito. L’oggetto sostanziale è il diritto di proprietà; l’oggetto processuale è il ravvedimento di condanna alla restituzione. AZIONE DI DIVORZIO: Il Petitum è lo scioglimento del rapporto coniugale; La Causa Petendi è uno dei requisiti richiesti dalla legge.

10. DOMANDA RICONVENZIONALE. Con questo atto il convenuto si difende deducendo a sua volta in giudizio un diritto verso l’attore, proponendo una domanda riconvenzionale che è incompatibile con l’accettazione della domanda originaria dell’attore (art. 36). Il convenuto deduce un diritto in giudizio rispetto al quale, lui diventa attore. Su di essa il giudice è sempre tenuto a pronunciarsi (a differenza dell’eccezione), e viene proposta in un processo già instaurato. Possono essere di 3 tipi: 1. Il convenuto approfitta dell’instaurazione del processo per far valere un diritto che non ha alcun elemento di connessione con quella dedotta in giudizio dall’attore. Con questa, il convenuto non esplica alcuna attività difensiva, poiché non contesta la fondatezza della domanda principale: l’attore chiede la restituzione della somma data a titolo di mutuo, e il convenuto chiede la consegna del bene. 2. Il convenuto deduce un diritto il cui fatto costitutivo è identico a quello posto dall’attore a fondamento della sua pretesa. La domanda riconvenzionale di questo tipo, dipende dal titolo dedotto in giudizio dall’attore e non ha carattere difensivo: il convenuto per il pagamento del prezzo, non contestando l’esistenza e la validità del contratto, propone a sua volta domanda di condanna dell’attore alla consegna del bene. 3. Ha scopo difensivo. Il suo accoglimento è incompatibile con l’accoglimento della domanda originaria dell’attore. Dipende dal titolo che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione. Questo schema si verifica se il convenuto, invece di limitarsi a sollevare un’eccezione fondata su fatti impeditivi, modificativi o estintivi, propone una domanda riconvenzionale, avente ad oggetto un diritto la cui esistenza impedisce, modifica o estingue il diritto vantato dall’attore. L’attore chiede la restituzione del bene e il convenuto chiede l’accertamento di esserne proprietario.

7. COMPARSA DI RISPOSTA. Si pone a fronte dell’atto introduttivo compiuto dall’attore. È il primo atto difensivo del convenuto (art. 167), il cui contenuto è costituito di attività difensive:

11. CHIAMATA IN CAUSA DI TERZI . Art. 106. Risponde ad esigenze difensive. Il convenuto propone domanda di accertamento su un obbligo proprio. Ha connessione oggettiva con la domanda originaria dell’attore: hanno lo stesso petita, si controverte lo stesso bene, il convenuto sostiene di doverlo al terzo e non all’attore. È il caso in cui l’attore vanta un credito verso il convenuto, mentre questi sostiene che il suo creditore è il terzo e non l’attore.

3. OGGETTO: PETITUM. L’indicazione della cosa oggetto della domanda coincide con il requisito definito oggetto del processo. Può essere: - Mediato: è il bene della vita. Il bene a cui aspira l’attore; - Immediato: il provvedimento giudiziale richiesto. Può inoltre essere distinto in: - Sostanziale: è il diritto fatto valere in giudizio; - Processuale: provvedimento giudiziale richiesto. 4. RAGIONE: CAUSA PETENDI. È l’indicazione delle ragioni della domanda e coincide con il requisito definito titolo o causa. È il fatto costitutivo del diritto fatto valere in giudizio dall’attore.

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12. INDIVIDUAZIONE DEL DIRITTO DEDOTTO IN GIUDIZIO . Se il convenuto non fa valere a sua volta un diritto in giudizio (domanda riconvenzionale o chiamata in causa di terzi) il diritto in giudizio, è individuato dall’attore attraverso la domanda convenzionale. 13. DIRITTI ETERODETERMINATI. Sono i diritti che per essere identificati necessitano dell’indicazione della Causa Pretendi, oltre che quella del petitum e delle parti. Sono i diritti che possono esistere simultaneamente più volte con lo stesso contenuto fra gli stessi soggetti: diritto di credito. L’allegazione del fatto costitutivo ha valore di requisito di validità della domanda e la mancata indicazione determina incertezza in riguardo al diritto fatto valere come petitum e conduce ad un rigetto della domanda. 14. DIRITTI AUTODETERMINATI. Per questi diritti, l’identificazione non richiede l’indicazione della Causa Pretendi. Sono diritti che non possono sussistere più volte con lo stesso contenuto fra gli stessi soggetti. Il fatto costitutivo non è necessario per la sua individuazione, ma la giurisprudenza ritiene che debba essere allegato dall’attore, pena la nullità dell’atto introduttivo. 15. OGGETTO DEL PROCESSO. È il diritto individuato nella domanda giudiziale. Non sono fatti o atti, ma il diritto dedotto in giudizio con la domanda giudiziale. 16. OGGETTO DEL GIUDICATO . Il diritto dedotto in giudizio è oggetto del giudicato sostanziale che presuppone l’immutabilità della sentenza. L’individuazione del diritto dedotto in giudizio rileva ai fini della definizione dei limiti oggettivi del giudicato per delimitare la parte di accertamento contenuto nella sentenza passato in giudicato. 17. ALLEGAZIONE DI FATTI RILEVANTI. I fatti non indispensabili per la sua individuazione, non devono necessariamente essere allegati in giudizio dalle parti, ma possono emergere anche dagli atti del processo. La mancata allegazione da parte del convenuto dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi, non impedisce al giudice di pronunciarsi sull’esistenza nel diritto dedotto in giudizio. Nella prassi, i fatti rilevanti ai fini dell’esistenza del diritto, sono allegati dalla parte cui giovano: L’attore allega i fatti costitutivi; Il convenuto allega i fatti impeditivi, modificativi o estintivi. Un fatto è qualificato come costitutivo, impeditivo, modificativo o estintivo, in base all’interpretazione della norma da applicare alla fattispecie concreta dedotta in giudizio. La distinzione tra fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi, trova fondamento nel codice civile all’articolo 2697, in tema di ripartizione dell’onere della prova: “Chi vuole far valere un diritto in giudizio, deve provare i fatti che ne costituiscono fondamento”. I fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi, sono punti pregiudiziali, che il giudice deve prendere in considerazione: se controversi, questi fatti, danno luogo a questioni pregiudiziali che devono essere risolte dal giudice per statuire sull’esistenza , o meno, del diritto. 18. MERI FATTI E FATTI DIRITTI. I fatti dedotti in giudizio possono essere: Meri fatti: rilevano unicamente come fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi del fatto dedotto in giudizio (la colpa nella responsabilità extracontrattuale); Fatti-diritti: oltre ad essere costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi, fanno sorgere una fattispecie autonoma; potrebbero costituire oggetto di un’autonoma domanda. 19. PREGIUDIZIALITA’ TECNICA. Il fenomeno dei fatti-diritti, ha origine nella connessione per pregiudizialità tecnica tra diritti che si produce nelle ipotesi in cui un diritto o un rapporto giuridico,

entra come elemento costitutivo, impeditivo modificativo o estintivo in una fattispecie da cui deriva un diverso diritto o rapporto, la cui esistenza dipende: Dall’esistenza dei fatti costitutivi del diritto; Dall’inesistenza del diritto o rapporto impeditivo, modificativo o estintivo. In questi casi si dice che un rapporto è pregiudiziale all’altro e che questo è dipendente dal primo: la qualità di erede del soggetto che chiede il pagamento del credito ereditario. Se il rapporto condizionante esiste, non esiste sempre il rapporto condizionato, ma se il rapporto condizionante non esiste, non esiste neppure il rapporto dipendente, perché manca un elemento costitutivo della fattispecie. Il nesso pregiudizialità-dipendenza, esiste quando una norma giuridica, fa dipendere l’esistenza di una determinata situazione giuridica, non dall’esistenza o meno di un fatto materiale, ma da un’altra situazione giuridica. Dal punto di vista processuale si instaura un collegamento tra domande giudiziali, per cui il petitum di una domanda assume rilevanza di fatto costitutivo, impeditivo, estintivo, modificativo, del diritto fatto valere in un’altra domanda. Alla connessione per pregiudizialità appartengono: Cause accessorie; Accertamenti incidentali; Eccezione di compensazione; Cause riconvenzionali. 20. INCOMPATIBILITA’ FRA DIRITTI. È l’ipotesi in cui l’esistenza del diritto vantato dall’attore dipende dall’inesistenza di un fatto diritto incompatibile vantato dal convenuto. 21. ACCERTAMENTO INCIDENTER TANTUM. In caso di pregiudizialità o incompatibilità, il diritto o rapporto pregiudiziale, è oggetto di giudicato solo se la decisione con Autorità di Cosa Giudicata, è richiesta dalla legge o da esplicita domanda di una delle parti (questioni di status e capacità delle persone). Se le due condizioni non si verificano, l’unico diritto su ciò il giudice deve pronunciarsi è il diritto fatto valere in giudizio dall’attore e non anche il fatto-diritto su cui è sorta questione, ce il giudice conosce solo incidenter tantum. L’accertamento sul fatto-diritto, vale solo ai fini della statuizione sul diritto originariamente fatto valere dall’attore, ma non ha efficacia extraprocessuale: non ha efficacia di cosa giudicata. 22. …SEGUE: ESEMPIO. Tizio avvia un giudizio sul danneggiamento di un bene; Caio non contesta di aver danneggiato il bene, ma di esserne il proprietario. Il giudice accoglie l’eccezione accertando incidenter tantum che Caio è proprietario e rigetta la domanda di Tizio. Un secondo giudice non è vincolato dall’accertamento della proprietà di Caio che è stata accertata incidenter tantum e potrebbe quindi decidere diversamente. 23. PREGIUDIZIALITA’ LOGICA. È il caso in cui c’è un rapporto complesso. L’esistenza del singolo effetto dipende dall’esistenza del rapporto obbligatorio complesso: il diritto di pagamento di una rata e il diritto al pagamento dell’intero credito. 24. RAPPORTI GIURIDICI COMPLESSI DEDOTTI IN GIUDIZIO IN VIA FRAZIONATA . Il problema che sorge in questi casi è se il giudicato si estende o meno a tutto il rapporto. Anche se l’articolo 34 statuisce che il giudicato si estende a tutto il rapporto complesso solo se c’è una domanda esplicita in tal senso, la giurisprudenza ha adottato una diversa soluzione, operando sulla base di alcune massime “il giudicato si estende agli antecedenti logici e necessari, e talvolta sul giudicato implicito”. La giurisprudenza, in caso di pregiudizialità logica, ritiene che l’oggetto del processo si estendo in ogni caso all’intero

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rapporto di cui è parte o su ciò di fonda, anche se non è sorta questione sull’esistenza del rapporto complesso. 25. …SEGUE: RAPPORTI DERIVANTI DA CONTRATTI A PRESTAZIONI CORRISPETTIVE . Nei rapporti derivanti da contratto a prestazioni corrispettive, la limitazione dell’oggetto del processo alla sola coppia pretesa-obbligo espone al rischio di una contraddittorietà tra giudicati. 26. ACCERTAMENTO GIUDIZIALE DELL’INESISTENZA DEL DIRITTO . Il problema dell’estensione del giudicato agli antecedenti logici necessari si pone in riferimento all’accertamento giudiziale dell’esistenza del diritto che presuppone: Esistenza dei fatti costitutivi il diritto; Inesistenza dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi dedotti o deducibili. L’accertamento, dell’inesistenza del diritto dedotto in giudizio, può fondarsi sull’inesistenza anche di un solo fatto costitutivo, o sull’esistenza di un solo fatto impeditivo, estintivo, modificativo: i limiti oggettivi del giudicato in questo caso, possono essere più ristretti dei limiti oggettivi del giudicato di accertamento dell’esistenza del diritto. Esempio: nel caso dell’erede che fa valere in giudizio il diritto al pagamento del prezzo derivante dal contratto di compravendita stipulato dal de cuius. Il diritto è inesistente sia se l’attore non è erede, sia se il contratto stipulato dal de cuius è inesistente, nullo, annullabile, sia se l’obbligo di pagare il prezzo è soggetto a termine non ancora scaduto o a condizione che non si è ancora verificata, sia in caso di estinzione per compensazione, sia se il diritto è stato prescritto, etc. ciascuno di questi motivi può da solo essere sufficiente a giustificare la statuizione di rigetto. La pronuncia di rigetto, fa stato a tutti gli effetti sull’inesistenza in capo all’erede, nel momento al quale si riferisce il giudicato. 27. LIMITI TEMPORALI DEL GIUDICATO . L’accertamento giudiziale, si riferisce al momento in cui la sentenza è pubblicata, con il deposito nella cancelleria dell’ufficio giudiziario. Prima di tale momento, il giudice deve tener conto delle norme giuridiche anche sopravvenute. In caso di giudicato che accerti l’esistenza del diritto, quest’ultimo continua a vivere, e a svolgersi anche dopo il giudicato: operano su di esso i fatti sopravvenuti, sia estintivi che modificativi. Se il giudicato ha ad oggetto un rapporto di durata, accanto ai fatti estintivi o modificativi, opera anche lo ius superveniens che è idoneo a disciplinare quella parte del diritto o rapporto di durata che si svolge successivamente al momento a cui si riferisce il giudicato. Nel caso di giudicato che accerti l’inesistenza del diritto, non si parla di operatività dei fatti costitutivi, in quanto questi fatti operano come fatti generatori di un diritto diverso da quello accertato nel giudicato. Non incide inoltre, il venir meno del fatto che ne ha determinato l’inesistenza. Il venir meno del fatto estintivo può valere al massimo come fatto costitutivo di un nuovo diritto. 28. SINTESI SUL DIRITTO QUALE OGGETTO DEL PROCESSO E DEL GIUDICATO . Oggetto del processo e del giudicato è il diritto fatto valere in giudizio, che si determina sulla base dei tre classici elementi: Personae: i soggetti del processo; Petitum: oggetto della domanda; Causa Petendi: fatti costitutivi. La cosa giudicata si individua sulla base della domanda dell’attore: il giudice è vincolato dalle indicazioni delle parti, ma può chiedere loro i chiarimenti necessari. La causa petendi indica i fatti costitutivi allegati dall’attore a fondamento del diritto, mentre le eccezioni di merito sono costituite dall’allegazione dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi. L’allegazione dei fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi, e degli elementi del diritto, rileva ai fini dell’accoglimento o del rigetto della domanda, ma non allarga l’oggetto del giudizio e del giudicato. Questi fatti, sono conosciuti incidenter tantum, al fine di statuire sul diritto, a meno che non si sia alla presenza di fatti-diritti pregiudiziali che per esplicita domanda di parte o per legge,

debbano essere accertati cono autorità di cosa giudicata, o, secondo parte della giurisprudenza, in caso di rapporti complessi, di cui è parte il singolo effetto giuridico dedotto in giudizio. 29. ESSENZA DEL GIUDICATO SOSTANZIALE . Secondo l’articolo 2909 c.c., il giudicato sostanziale si ha quando il giudicato diviene definitivo e immutabile. Se in un primo giudizio si accerta che Tizio è proprietario di un certo bene, la proprietà non può essere rimessa in discussione in un successivo processo. Il giudicato sostanziale è ciò che un giudice in un futuro processo perché già deciso in un precedente processo. Inoltre tutte le questioni che sono sorte intorno al giudizio o che sarebbero potute sorgere, non possono essere oggetto di un nuovo processo. 30. …SEGUE: PRINCIPIO SECONDO CUI IL GIUDICATO COPRE IL DEDOTTO E DEDUCIBILE. La cosa giudicata si forma sull’accertamento, anche se nel processo non sono stati allegati tutti i fatti: il giudicato copre il dedotto e il deducibile. 32. …SEGUE: GIUSTIFICAZIONE TEORICA. L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato, tronca il nesso che collega la norma con la fattispecie concreta, sostituendosi ad essa nella disciplina del caso. Il giudicato sostanziale, opera come lex specialis tra le parti in relazione alla fattispecie dedotta in giudizio. 33. ARMONIA DELLE DECISIONI. L’ordinamento prevede strumenti diretti ad impedire il conflitto tra giudicati, e a favorire l’armonia delle decisioni delle controversie su diritti che esibiscono elementi di connessione sul piano del diritto sostanziale. Sono perciò previsti strumenti diretti ad intervenire: Ex ante, cioè prima che la pronuncia sia stata emessa: o Litispendenza; o Continenza; o Connessione; Ex post, strumenti diretti ad intervenire dopo la pronuncia: o Eccezione di cosa giudicata; o Revocazione. 34. …SEGUE: CONTRADDITTORIETA’ PRATICA TRA GIUDICATI . Con questi strumenti si cerca di evitare la contraddittorietà pratica tra giudicati, che consiste in un contrasto tra due precetti giudiziali indirizzati agli stessi soggetti in relazione ad uno stesso bene, e nello stesso momento: ANTINOMIA. Esempio: un primo giudicato accerta un diritto di credito di Tizio nei confronti di Caio, mentre un secondo lo nega. Il rischio da contraddittorietà pratica si verifica se in un secondo giudizio viene dedotto lo stesso diritto oggetto del primo giudizio, o un diritto con esso incompatibile. 35….SEGUE: CONTRADDITTORIETA’ LOGICA TRA GIUDICATI . Consiste in un contrasto tra la regola di condotta contenuta in un giudicato, e una premessa logica di una diversa regola di condotta contenuta in un altro giudicato. Vi danno luogo, pronunce difformi su diritti connessi per pregiudizialità dipendenza o per incompatibilità indiretta. Esempio: un primo giudicato accerta che Tizio è proprietario di un bene nei confronti di Caio, mentre un secondo giudicato, respinge la domanda di risarcimento di Tizio nei confronti di Caio, premettendo che Tizio non sia proprietario. 36. … SEGUE: SINTESI SULLA CONTRADDITTORIETA’ TRA GIUDICATI . Un conflitto di giudicati si verifica non solo in presenza di contrasto tra due precetti giudiziali relativi allo

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stesso bene (contraddittorietà pratica tra giudicati), ma anche se i precetti sono relativi a beni diversi, ed il contrasto tra il precetto contenuto in un giudicato e una premessa logica di un precetto contenuto in un altro giudicato (contraddittorietà logica tra giudicati). 37. LITISPENDENZA. È uno strumento diretto a prevenire la contraddittorietà pratica tra giudicati, e si applica quando tra le stesse parti, davanti a giudici diversi, sia dedotto lo stesso diritto, cioè sia fatto valere lo stesso petitum e sia stata allegata la stessa causa petendi. In questo caso, il giudice adito, in qualunque grado e stato, anche d’ufficio, dichiara con sentenza la litispendenza, e dispone con ordinanza, la cancellazione della causa dal ruolo, senza essere tenuto a verificare la competenza del primo giudice. Il provvedimento ha forma di sentenza, poiché chiude il giudizio instaurato davanti al secondo giudice. L’adozione di questa forma, consente, attraverso le impugnazioni, il controllo circa un eventuale errore del giudice che rischia di dar luogo ad ipotesi di denegata giustizia. Se le due cause sono state instaurate davanti allo stesso ufficio giudiziario, non si ha la soppressione di uno dei due processi, ma la loro riunione. In questo caso, non avendosi diniego di giustizia, si adotta un decreto e non una sentenza. 38. CONTINENZA. Si ha quando una causa (continente), ne comprende un’altra (contenuta), proposta davanti ad un giudice diverso. Esempio: la causa relativa al pagamento del capitale e degli interessi contiene la causa relativa al solo capitale. L’oggetto della causa relativa all’accertamento del rapporto obbligatorio complesso, è già compreso nell’oggetto dell’altra causa, pur non coincidendo con esso. La disciplina della continenza è criticabile in quanto, a differenza della litispendenza, fa dipendere la soppressione di uno dei due processi, da valutazioni attinenti la competenza dei due giudici: se uno dei due processi non viene soppresso, si corre il rischio di contraddittorietà pratica tra giudicati. Con riferimento a processi che iniziano con l’atto di citazione, per stabilire se una causa è proposta prima dell’altra, occorre considerare il giorno della notificazione dell’atto di citazione. 39. CONNESSIONE. La connessione è data dal collegamento tra rapporti sostanziali diversi, oggetto di diverse domande giudiziali, e quindi, materia di diverse controversie. 40. VALORI IN GIOCO NELLA CONNESSIONE E STRUMENTI PER REALIZZARLI . In presenza di una connessione tra rapporti giuridici sostanziali, oggetto di autonome controversie, è favorita l’attuazione di un simultaneus processus, ossia la trattazione e decisione congiunta, in un unico processo, delle controversie, per evitare lo spreco di attività processuale del giudice e delle parti, e per conseguire il coordinamento e l’armonia delle decisioni. A tal fine, si possono cumulare nello stesso processo domande connesse, o riunire le cause connesse proposte in processi separati. Per conseguire queste utilità, l’uso del simultaneus processus, comporta la previsione di deroghe ai criteri di competenza, in quanto consente di superare l’ostacolo della appartenenza, in base alle originarie regole di ripartizione della competenza, di ciascuna controversia connessa alla cognizione di giudici diversi. Inoltre è favorita dall’articolo 40 c.p.c. la trattazione simultanea di domande connesse, originariamente soggette a riti diversi, per esempio al rito ordinario e al rito in materia di lavoro. Oltre ai valori dell’economia dei processi e dell’armonia delle decisioni, in questo caso rileva anche il principio della ragionevole durata dei processi, infatti sulla base di questo principio, l’articolo 40, comma 2, stabilisce che non può essere ordinata la riunione delle cause, quando lo stato della causa principale o preventivamente proposta, non consente l’esauriente trattazione e decisione delle cause connesse. Al giudice è riconosciuto il potere di separare le cause inizialmente cumulate, quando la loro riunione, ritarderebbe, o renderebbe più gravoso il processo. Da ciò si deduce che la trattazione e decisione di più domande connesse, assicura il rispetto dell’economia processuale e dell’armonia delle decisioni, ma potrebbe entrare in conflitto con la celerità nella composizione delle controversie, poiché il giudice svolge un numero di attività superiore rispetto ad una sola domanda proposta. La risoluzione di tale conflitto è affidata alla priorità di un valore rispetto all’altro, fissata dall’interprete.

I valori dell’economia processuale, e dell’armonia delle decisioni, si profila diversamente a seconda della specie e dell’intensità del vincolo di connessione: più è intenso il vincolo, maggiore è l’opportunità che l’armonia della decisione prevalga sulla celerità nella composizione della controversia. Nell’ipotesi di connessione meramente soggettiva, il vincolo è molto tenue, mentre è più intenso nelle ipotesi di connessione oggettiva. 41. CONNESSIONE PER MERA IDENTITA’ DEI SOGGETTI . Questa ipotesi si verifica quando vengono cumulate nello stesso processo più domande, connesse per il solo fatto di essere proposte da o contro le stesse parti, che si affermano titolari dei rapporti giuridici dedotti in giudizio. È una connessione meramente soggettiva, che si distingue dalla connessione oggettiva, in cui più domande giudiziali sono connesse mediante elementi che attengono alla fonte del diritto dedotto in giudizio o al diritto medesimo. Esempio: una domanda di rivendica di un bene non ereditario è cumulata con una domanda di condanna al pagamento di un debito ereditario. Il cumulo, può avvenire per iniziativa dell’attore, che propone più domande verso lo stesso convenuto, o per iniziativa del convenuto che propone domanda riconvenzionale. In ipotesi di domande connesse per identità di parti, il simultaneus processus, non risponde all’armonia delle decisioni, poiché le cause non esibiscono elementi oggettivi di connessione, ma si cerca di tutelare l’armonia processuale. Il giudice non può riunire d’ufficio le cause proposte separatamente e può separare le cause cumulate dalle parti nello stesso processo, se la trattazione e decisione congiunta delle cause connesse impedisce la celere composizione delle controversie: il valore dell’economia dei processi, cede di fronte al valore della rapidità delle decisioni della controversia. 42. CONNESSIONE PER IDENTITA’ PARZIALE DI FATTO COSTITUTIVO . Questa ipotesi si verifica quando un determinato fatto è costitutivo di due rapporti giuridici sostanziali distinti: se i rapporti sono oggetto di autonome domande giudiziali, tale fatto integra un elemento comune alle causae petendi delle due domande. Esempio: se il compratore, convenuto per il pagamento del prezzo, non contesta l’esistenza ne la validità del contratto di compravendita, ma propone a sua volta domanda di condanna dell’attore di consegna del bene, i petita sono costituiti dal diritto al pagamento del prezzo e dal diritto alla consegna del bene, mentre le causae petendi, sono identiche: contratto di compravendita. Questa ipotesi di connessione, esiste solo per coloro che ritengono che il giudicato, in ipotesi di rapporti complessi, si formi solo sulla coppia pretesa-obbligo, immediatamente dedotta in giudizio e non anche sul rapporto complesso. Solo se si aderisce ad una nozione restrittiva dei limiti oggettivi del giudicato, è possibile ritenere che il contratto di compravendita dell’esempio, rilevi solo come fatto costitutivo comune ai due diritti e non come rapporto contrattuale complesso. Il simultaneus processus risponde non all’economia dei processi, ma anche all’armonia delle decisioni: se le due domande sono trattate in un unico processo, il fatto comune alle causae petendi, è necessariamente accertato in modo uniforme, mentre se le due controversie sono trattate in processi separati, l’accertamento rischia di essere difforme, ma nell’esempio ciò non si ha conflitto di giudicati perché il contratto di compravendita non fa parte del giudicato, ma viene accertato incidenter tantum. Il valore dell’armonia delle decisioni si profila solo come esigenza di evitare un contrasto di precedenti giurisprudenziali, e cede di fronte al valore della ragionevole durata del processo: il giudice può separare le cause cumulate dalle parti o da lui in precedenza riunite qualora la loro trattazione e decisione congiunta impediscano il celere svolgimento del processo. Nel caso in cui si ritenga che il in caso di rapporti complessi, l’oggetto del processo e del giudicato si estenda sempre al rapporto complesso, il valore dell’armonia delle decisioni, si profila come esigenza di evitare il conflitto di giudicati che deve essere scongiurato anche a costo di sacrificare la rapidità della decisione.

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Il giudice non può separare le cause cumulate dalle parti o da lui in precedenza riunite. A tal fine si presta la disciplina della continenza, in cui rientra questa ipotesi.

proprietario del bene danneggiato, proponendo domanda riconvenzionale di accertamento del suo diritto di proprietà.

43. CONNESSIONE PER PREGIUDIZIALITA’ . Nei casi di pregiudizialità-dipendenza, se la trattazione delle cause è separata, si rischia una contraddittorietà logica tra giudicati, ove il rapporto giuridico che costituisce petitum della controversia pregiudiziale ed elemento della causa petendi della controversia dipendente, venga accertato in modo difforme e si rompa quel legame di dipendenza tra rapporti disposto dal diritto sostanziale. Esempio: un primo giudicato accerta che Tizio è proprietario di un certo bene nei confronti di Caio e un secondo respinge la domanda di Tizio di risarcimento per danneggiamento dello stesso bene nei confronti di Caio; oppure, un primo giudicato accerta che Tizio ha diritto al risarcimento del danno nei confronti di Caio premettendo che Tizio è proprietario, e un secondo giudicato accerta che Caio, e non Tizio è proprietario del bene. Nel primo esempio è disconosciuta l’autorità del giudicato avente ad oggetto il diritto dipendente; nel secondo, il rapporto pregiudiziale è oggetto del giudicato successivo mentre il giudicato antecedente, ha ad oggetto esclusivamente il rapporto dipendente.

47. ECCEZIONE DI COSA GIUDICATA E REVOCAZIONE . Se si giunge ad una prima sentenza passata in giudicato, mentre pende ancora un secondo giudizio sullo stesso diritto, su un diritto direttamente incompatibile, o su un diritto dipendente, il giudicato può essere fatto valere nel secondo processo ancora in corso, attraverso l’eccezione di cosa giudicata. Se questo strumento non viene impiegato, e si giunge ad una sentenza contraria ad altra precedente, avente tra le parti autorità di cosa giudicata, residua la possibilità di proporre revocazione contro la sentenza purché non sia stata sollevata eccezione di cosa giudicata nel corso del processo (articolo 395, n 5). Sulla base dell’articolo 395, il conflitto tra giudicarti si risolve a favore del secondo giudicato, la violazione del primo giudicato, si traduce in un vizio della sentenza, che può essere fatto valere unicamente tramite l’appello ne la revocazione ordinaria, altrimenti si sana. Se nel secondo processo è fatto valere lo stesso giudizio, o un diritto incompatibile, e quindi il primo giudicato deve esplicare efficacia diretta o riflessa nel secondo giudizio, si ha la totale sostituzione del secondo al primo giudicato, mentre se nel secondo processo, è fatto valere un diritto dipendente, il primo giudicato è privato della idoneità a valere degli effetti del diritto dipendente dedotto nel secondo processo. L’eccezione di cosa giudicata, è sottratta a qualsiasi regime di preclusione, e individua nella scadenza dei termini per proporre revocazione ordinaria, il termine ultimo per sollevarla. Se invece l’eccezione di cosa giudicata è stata sollevata, il rimedio esperibile contro l’omissione di pronuncia o l’errore di giudizio, è l’appello o il ricorso per cassazione.

44. …SEGUE: ACCERTAMENTO INCIDENTER TANTUM DEL RAPPORTO PREGIUDIZIALE . Il conflitto presente nel secondo esempio, è tollerato dal nostro ordinamento, poiché, dedotto in giudizio il rapporto dipendente, il rapporto pregiudiziale è conosciuto incidenter tantum: l’articolo 34, esclude che il giudicato sul risarcimento del danno, si estenda anche all’accertamento del diritto di proprietà sul bene danneggiato. Il conflitto tra giudicati a cui si può arrivare, può essere risolto nel senso che il secondo giudicato, vale ad ogni effetto, tranne che per il diritto dipendente, oggetto del primo giudicato. La premessa logica del primo giudicato, contrasta con l’accertamento giudiziale, ma la salvaguardia dell’essenza del giudicato, esclude che sia rimesso in discussione il diritto di Tizio al risarcimento del danno. 45. …SEGUE: EFFICACIA RIFLESSA DEL GIUDICATO IN ORDINE AL RAPPORTO DIPENDENTE . La situazione di conflitto del primo esempio (un primo giudicato accerta che Tizio è proprietario di un certo bene nei confronti di Caio e un secondo respinge la domanda di Tizio di risarcimento per danneggiamento dello stesso bene nei confronti di Caio. È disconosciuta l’autorità del giudicato avente ad oggetto il diritto dipendente) non è tollerata dal nostro ordinamento, poiché l’accertamento con autorità di cosa giudicata del rapporto pregiudiziale, esplica efficacia riflessa in ordine ai diritti dipendenti. Il valore dell’armonia delle decisioni, è rivolta all’esigenza di evitare il conflitto tra giudicati e prevale sul valore della rapidità delle decisioni. Il giudice, non può separare le cause cumulate dalle parti o da lui in precedenza riunite. Il simultaneus processus, dovrebbe potersi realizzare sempre ex ante o ex post: l’unico caso in cui ciò non è possibile, è la pendenza delle cause in gradi diversi, in quanto il principio del doppio grado, esclude che la competenza per gradi, sia derogata qualsiasi sia il tipo di connessione esistente tra le domande da cumulare. In questo caso, l’unico strumento che può assicurare il coordinamento delle decisioni, è la sospensione del processo sulla causa dipendente, in attesa della definizione del processo sulla causa pregiudiziale. 46. CONNESSIONE PER INCOMPATIBILITA’ . Questa ipotesi si verifica quando entrambe le domande hanno come oggetto lo stesso rapporto giuridico: Tizio agisce in rivendicazione di un fondo nei confronti di Caio, che propone domanda riconvenzionale di accertamento del suo diritto di proprietà sul fondo. Si ha in questo caso incompatibilità diretta. Il valore dell’armonia, è salvaguardato per l’esigenza di evitare giudicati contraddittori su diritti tra loro direttamente incompatibili. Il giudice non può separare le cause cumulate dalle parti o da lui in precedenza riunite. Si ha incompatibilità indiretta, quando, una causa ha ad oggetto un diritto identico nei suoi elementi oggettivi, ad un diritto che è a sua volta pregiudiziale a quello oggetto dell’altra causa. Esempio: Tizio agisce in giudizio per il risarcimento del danno nei confronti di Caio, che afferma di essere lui il

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Costitutivo.

2. MERO ACCERTAMENTO. È l’ipotesi in cui l’attore chiede un provvedimento, che accerti che un proprio diritto esiste (accertamento positivo), o che non esiste un diritto che il convenuto vanta sul piano stragiudiziale (accertamento negativo). Il bisogno di tutela giurisdizionale è soddisfatto dalla sola autorità di cosa giudicata, dalla sola immutabilità dell’accertamento contenuto nella sentenza in tutti i futuri giudizi fra le stesse parti. L’ordinamento italiano, a differenza di quelli stranieri, non contiene alcuna disposizione esplicita che ammetta in via generale la tutela del mero accertamento, ma contempla numerose ipotesi tipiche. In questa ipotesi, acquista rilievo distinto, la crisi di cooperazione che si esplica nella mera contestazione del diritto altrui (vanto del nome altrui). Il bisogno di tutela giurisdizionale, si esaurisce nell’esigenza di restaurare quella certezza nelle relazioni sociali e giuridiche, infranta dal vanto o dalla contestazione. In questa ipotesi il titolare del diritto può mettere in moto un processo, per ottenere un provvedimento di mero accertamento del suo diritto ed eliminare pertanto il danno che gli deriva dalla incertezza. 3. … SEGUE: INTERESSE AD AGIRE IN MERO ACCERTAMENTO . L’articolo 100 cpc stabilisce che per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse. Questo è un requisito soggettivo, e opera soprattutto nel settore delle azioni di mero accertamento di un diritto. Oggetto della tutela di mero accertamento, possono essere solo diritti, e non meri fatti o situazioni giuridiche astratte. 4. TUTELA DI CONDANNA. Rispetto alla sentenza di mero accertamento, la sentenza di condanna, offre 3 utilità ulteriori: 5. …SEGUE: TITOLO ESECUTIVO. La sentenza di condanna, costituisce titolo esecutivo: è un titolo idoneo a mettere in moto il processo di esecuzione forzata. L’efficacia della sentenza esecutiva è anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, in quanto la sentenza di primo grado è sempre provvisoriamente esecutiva. 6. …SEGUE: IPOTECA GIUDIZIALE . Inoltre, secondo l’articolo 2818 cc, la sentenza di condanna è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Questa regola è valevole per ogni sentenza, anche non passata in giudicato, che porta condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altra obbligazione e precisa che costituiscono titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale anche le sentenze che contengono condanna al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente: è il caso della condanna generica. Sono inoltre titolo per iscrizione di ipoteca giudiziale, anche gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto (decreto ingiuntivo).

CAPITOLO VI

CONTENUTO DELLE SENTENZE 1. PREMESSA. Nel processo a cognizione piena, si chiede che il giudice emani, riguardo al diritto fatto valere, un provvedimento giurisdizionale di tutela che, può avere triplice contenuto: • Mero accertamento; • Di condanna;

Se la sentenza di condanna ha per contenuto il pagamento di una somma si danaro, l’ipoteca si iscrive per la somma determinata dalla sentenza, creando a favore del creditore un diritto reale di garanzia su alcuni beni del debitore, sui quali egli è soddisfatto in modo preferenziale rispetto agli altri creditori chirografi o a quelli successivamente iscritti. Se invece la sentenza di condanna ha per contenuto l’adempimento di un’obbligazione (obbligo

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di consegnare, fare), l’ipoteca si iscrive come avviene per la condanna generica, per la somma determinata dal creditore nella nota di iscrizione, ma il debitore può chiederne la riduzione. Il creditore può commisurare l’entità dell’ipoteca non solo all’equivalente monetario dell’altra obbligazione, ma anche al danno da minacciare al debitore in modo da premere sulla sua volontà e provocare l’adempimento spontaneo. L’ipoteca giudiziale ha una duplice funzione, munire il creditore di un diritto reale di garanzia, e assolvere funzione di misura coercitiva diretta a provocare l’adempimento da parte dell’obbligato. La funzione coercitiva incontra però due limiti: innanzitutto l’obbligato deve essere benestante e titolare di un patrimonio immobiliare, ed è necessario che il creditore sia fornito di disponibilità economiche sufficienti ad anticipare le spese per l’iscrizione dell’ipoteca. 7. …SEGUE: TRASFORMAZIONE DELLA PRESCRIZIONE BREVE . Il codice civile collega alla sentenza di condanna passata in giudicato, l’effetto di sostituire la prescrizione ordinaria, all’eventuale originaria prescrizione breve. 8. ASSENZA DI RELAZIONE NECESSARIA TRA CONDANNA ED ESECUZIONE FORZATA . La tutela di condanna è la forma di tutela giurisdizione civile dotata di maggiore forza coercitiva. Assolve funzioni diverse in relazione alla diversità dei bisogni di tutela delle singole situazioni sostanziali o delle crisi di cooperazione da cui ciascuna situazione sostanziale può essere colpita. La tutela della condanna può avere ad oggetto sia l’adempimento di obblighi già violati, che l’adempimento di obblighi non ancora violarti: nel primo caso, l’attuazione della condanna è garantita dai processi di esecuzione forzata se l’obbligo è fungibile. L’attuazione è garantita dalle misure coercitive se l’obbligo è totalmente o parzialmente infungibile o di difficile esecuzione da parte di un terzo. Se invece l’obbligo violato consiste in una attività che produce una modificazione ideale della realtà, la sua attuazione è assicurata dalla tecnica di collegare all’accertamento del giudice della cognizione, l’effetto giuridico che sarebbe dovuto sorgere dall’adempimento spontaneo dell’obbligo. Se la condanna ha per oggetto obblighi non ancora violati, la sua attuazione è assicurata dalla tecnica delle misure coercitive. 9. FUNZIONI DELLA CONDANNA. La tutela della condanna assolve diverse funzioni: 10. …SEGUE: FUNZIONE REPRESSIVA . Può essere diretta ad eliminare gli effetti della violazione già effettuata. Fornisce al titolare del diritto un titolo idoneo a fargli ottenere le stesse utilità pratiche garantitegli dal diritto sostanziale o quanto meno equivalenti. La condanna offre una tutela solo per equivalente nella forma del risarcimento del danno, se la violazione si è concretata nella distruzione del bene oggetto dell’obbligazione, oppure il debitore non ha la disponibilità del bene che si era impegnato a consegnare o rilasciare. Solo nel caso in cui non si rinvengono nel patrimonio del debitore beni sufficienti a soddisfare il creditore tramite il processo di espropriazione forzata, il processo civile non è in grado di assicurare alcuna tutela giurisdizionale , neanche per equivalente, a meno che un terzo non si sia obbligato a garantire l’adempimento della obbligazione del debitore personalmente o con i suoi beni. 11. …SEGUE: FUNZIONE PREVENTIVA. CONDANNA INIBITORIA . La tutela di condanna, può essere inoltre diretta ad impedire che la violazione sia compiuta: funzione preventiva. Fra i rimedi preventivi, importanti sono i provvedimenti di condanna ad astenersi nel futuro dal violare un diritto: aspirano a provocare l’adempimento personale da parte dell’obbligato, e la loro attuazione non può essere garantita dal processo di esecuzione forzata, ma dalla predisposizione di misure coercitive. La tutela inibitoria ha carattere generale, non è quindi limitato ai casi esplicitamente previsti, purché vi sia un diritto preesistente che sia stato violato. Per motivi di tutela della libertà personale, è da escludersi che la tutela inibitoria possa essere predisposta contro un comportamento illecito che non

integri gli estremi della violazione di un diritto preesistente: in questo caso è possibile solo la tutela risarcitoria. 12. …SEGUE: FUNZIONE REPRESSIVA E PREVENTIVA . Inoltre la tutela di condanna, può essere diretta ad eliminare gli effetti della violazione già effettuata e a prevenire violazioni future. 13. …SEGUE: FUNZIONE DI CONDANNA IN FUTURO (RINVIO) . Infine può essere diretta a premunire il titolare del diritto, di un titolo idoneo a reprimere la violazione non appena questa si sia verificata. 14. MISURE COERCITIVE. I provvedimenti aventi come contenuto l’ordine di adempiere obblighi non suscettibili di esecuzione forzata, sono da eseguirsi tramite la tecnica delle misure coercitive. È uno strumento che consiste nell’inasprimento della sanzione contro l’obbligato, nella minaccia di una lesione del suo interesse, più grave da quella che gli cagiona l’adempimento, allo scopo di indurlo ad adempiere. Sono indispensabili per assicurare l’attuazione degli obblighi infungibili, ma possono impiegarsi anche per l’attuazione di obblighi che, pur essendo fungibili, possono comportare particolari difficoltà nell’esecuzione da parte di un terzo. L’ordinamento italiano, impiega la tecnica delle misure coercitive in singole ipotesi, che sono assimilabili a diversi modelli di altri ordinamenti europei. 15. …SEGUE: MODELLO FRANCESE DELLE ASTREINTES . Legge sui brevetti per invenzioni industriali, e sui brevetti per marchi d’impresa. Nel disciplinare l’azione di contraffazione del brevetto per invenzioni industriali o per marchi d’impresa, la legge dispone che la sentenza, accertata la violazione del diritto, oltre a condannare il convenuto alla distruzione dei mezzi con i quali la violazione è stata commessa, può fissare una somma dovuta per ogni violazione successiva, e per ogni ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti contenuti nella sentenza stessa. In base a questo sistema, di origine francese, il giudice è autorizzato a determinare la somma di denaro che l’obbligato è tenuto a versare al creditore per ogni giorno di ritardo nell’attuazione del provvedimento giurisdizionale. La somma di denaro non è commisurata all’eventuale danno subito dal creditore, ma all’entità ritenuta dal giudice idonea ad eliminare l’interesse dell’obbligato all’inadempimento, e spingere ad adempiere. 16. …SEGUE: MODELLO TEDESCO ZWANGSGELD . L’articolo 18 della legge 300/70, per l’ipotesi di reintegrazione di un sindacalista illegittimamente licenziato, prevede che il datore di lavoro che non ottemperi alla sentenza di condanna o al provvedimento sommario emesso al termine del procedimento disciplinare, sia tenuto, oltre che alla retribuzione, a pagare al Fondo Adeguamento Pensioni dell’Inps, una somma pari all’importo della retribuzione dovuta al lavoratore per ogni giorno di ritardo nella reintegrazione. Questa ipotesi è di origine tedesca, ed è utilizzata per l’adempimento di obblighi di fare o non fare, proprio come le astreintes. Differenza tra i due modelli è l’impronta pubblicistica del modello tedesco rispetto a quello francese, prevedendo anche limitazioni della libertà personale, e dal fatto che le pene pecuniarie sono dovute allo stato e non al privatocreditore. 17. …SEGUE: MODELLO INGLESE DEL CONTEMPT OF COURT . L’articolo 28 della legge 300/70, nel disciplinare il procedimento di repressione della condotta antisindacale, dispone che il giudice una volta accertato il comportamento antisindacale denunciato, ordini la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. In caso di inottemperanza da parte del datore di lavoro, questi venga punito ai sensi dell’articolo 650

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c.p. Questo modello utilizza come misura coercitiva la comminatoria di sanzioni penali, ed è di derivazione inglese: l’inasprimento della sanzione consiste nel consentire al creditore in caso di mancato adempimento spontaneo, di chiedere allo stesso giudice ce l’inadempiente sia dichiarato colpevole di contempt e condannato all’arresto, che può essere inflitto solo a chi era nella condizione concreta di poter adempiere l’obbligazione. 18. …SEGUE: ASSENZA DI UN SISTEMA GENERALE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO . Al di là delle ipotesi specificate dalla legge, la tecnica delle misure coercitive, non è di carattere generale. 19. CONDANNA IN FUTURO. Con questo provvedimento il titolare del diritto è premunito, prima dell’inadempimento, di un titolo esecutivo di natura giudiziale, cosicché il titolare può mettere in moto il processo di esecuzione forzata se, e non appena, l’inadempimento si verifica. Non mira a prevenire la violazione del diritto ma ad eliminare il divario temporale tra il momento della violazione e la possibilità di iniziare il processo di esecuzione forzata. L’ordinamento italiano non contiene una norma che ammetta la condanna in futuro, ma prevede ipotesi specifiche: 20. …SEGUE: IPOTESI TIPICHE. • L’articolo 657 cpc, consente al locatore di intimare al conduttore licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida. Il locatore può procurarsi un titolo esecutivo con cui ottenere il rilascio coattivo dell’immobile in caso di inottemperanza all’obbligo, una volta scaduto il termine contrattuale. • L’articolo 664 cpc, consente al locatore di ottenere decreto di ingiunzione per l’ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all’esecuzione dello sfratto. Anche in questo caso, la condanna è richiesta per crediti futuri, ma a differenza del 657 cpc, l’inadempimento è già in atto per i canoni già scaduti. • L’articolo 148 cc, disciplina una forma di tutela urgente diretta a mantenere, istruire ed educare la prole. In presenza di un obbligazione periodica, il legislatore, presuppone che l’obbligato svolga una attività periodica o che sia titolare di un diritto a sua volta periodico, e prevede l’emanazione di un provvedimento contro il terzo debitor debitoris: questo provvedimento, ha come contenuto l’ordine di versare direttamente, a chi sostiene le spese per il mantenimento, una quota della somma che il terzo deve versare periodicamente al debitore inadempiente. la condanna in futuro, è giustificata dal carattere periodico degli obblighi, dall’inadempimento attuale che lascia presagire quello futuro, e dall’importanza che questi obblighi siano adempiuti tempestivamente. 21. …SEGUE: PROBLEMA DELL’AMMISSIBILITÀ IN VIA GENERALE . Dalle ipotesi non si ricava se la condanna in futuro sia o meno ammissibile in via generale. Contro questa teoria si potrebbe obiettare che la condanna in futuro non attesta che l’inadempimento è attuale,e si può replicare che dà però un certo grado di certezza dei fatti costitutivi del diritto. A favore, si poterebbe dire, che per esigenze di economia di giudizi, di evitare quindi giudizi reiterati, qualora vi sia ragione di credere che tali giudizi si renderebbero in ogni caso necessari, è ammissibile. In senso contrario si pone il rischio della strumentalizzazione del processo utilizzato con finalità vessatorie. I rischi esistono ma possono essere evitati sottoponendo la condanna in futuro ad una valutazione rigorosa dell’interesse ad agire come accade per l’azione di mero accertamento. 22. CONDANNA GENERICA. È disciplinata dall’articolo 278 cpc, e si ha quando è stata accertata la sussistenza del diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta. In questo caso, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione. Secondo l’articolo 2818 cc, la sentenza di condanna generica, è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

23. …SEGUE: DISTINZIONI DALLA SENTENZA DI CONDANNA . La condanna generica, si distingue, sotto il profilo strutturale della sentenza di condanna, poiché non ha ad oggetto un diritto in senso stretto, ma solo un segmento della situazione giuridica esistente tra le parti, cioè l’illegittimità dell’atto e la sua portata dannosa. A questo proposito si parla di condanna sull’an, cioè sul se il diritto esista. Solo l’esplicita disposizione dell’articolo 278, consente che tale segmento venga tratto ad oggetto di sentenza. La condanna generica si distingue anche sotto il profilo funzionale dalla sentenza di condanna, in quanto manca il requisito della liquidità richiesto dall’articolo 474 cpc: essa non costituisce titolo esecutivo e quindi non è diretta a reprimere al violazione, ma ha, lo scopo di costituire anticipatamente un titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale secondo l’articolo 2818 cc.. 24….SEGUE: DISTINZIONI DALLA SENTENZA DI MERO ACCERTAMENTO . La sentenza di condanna generica, si distingue dalla sentenza di mero accertamento, poiché l’ammissibilità di quest’ultima, è sostanzialmente rimessa al potere discrezionale del giudice, mentre la condanna generica, è ammissibile solo che si rilevi l’idoneità strutturale dell’atto illegittimo ad arrecare un danno patrimoniale risarcibile. Inoltre la sentenza di mero accertamento non è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. 25. …SEGUE: DISCIPLINA. Dato che la condanna generica accerta un fatto giuridicamente rilevante, e non un diritto, nell’ulteriore corso del processo, può accadere che si accerti in concreto l’inesistenza del danno, in modo che la successiva sentenza di liquidazione, privi di valore la precedente sentenza di condanna generica. La sentenza di condanna generica, è soggetta ad impugnazione immediata p differita, e mantiene la sua efficacia anche in caso di estinzione dell’ulteriore fase del processo diretto alla liquidazione del quantum. Questo tipo di condanna, può essere pronunciata anche dal giudice penale in caso di azione civile esercitata in sede penale. 26. CONDANNA PROVVISIONALE . Si ha quando nel corso del processo, oltre ad essere raggiunta la prova dell’illegittimità dell’atto e della sua potenzialità dannosa, sull’an, viene accertata anche una parte dell’ammontare del danno. Su istanza di parte, il giudice può accoppiare alla sentenza di condanna generica, una sentenza parziale di condanna, in cui inizia la liquidazione del danno. A differenza della condanna generica, quella provvisionale, articolo 278, è un provvedimento di condanna vero e proprio, e in quanto tale è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale per la somma in essa indicata. Qualunque sia l’esito della fase del processo diretta alla liquidazione, la condanna provvisionale, non perde la propria efficacia, ma è modificabile solo mediante i normali mezzi di impugnazione. È soggetta ad impugnazione immediata o differita, ed essendo soggetta al regime delle sentenze non definitive di merito sopravvive all’estinzione del processo. Questa condanna, assicura all’attore, prima dell’emanazione della pronuncia definitiva di merito, almeno quella parte di quanto gli spetta, per la quale è stata raggiunta la prova: può quindi sopperire alle lungaggini patologiche del processo, e alla difficoltà di accertare il danno nel suo completo ammontare. 27. TUTELA COSTITUTIVA. Nei casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria, può costituire, modificare o estinguere, rapporti giuridici con effetto tra le parti. Questa norma, rende tassative le ipotesi di tutela costitutiva, e ciò rischia di ostacolare l’effettività della tutela giurisdizionale.

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28. … SEGUE: NORMA-FATTO-POTERE SULL’AN-ACCERTAMENTO GIUDIZIALE-EFFETTO . Secondo la ricostruzione effettuata in Italia da Chiovenda, le azioni costitutive, si caratterizzano in quanto l’effetto giuridico sostanziale (di costituzione, modificazione o estinzione di rapporti giuridici sostanziali) è collegato all’accertamento giudiziale dell’esistenza di un diritto potestativo che può essere esercitato solo in giudizio: diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale. Accanto allo schema norma-effetto-potere, norma-fatto-effetto e norma-fatto-potere sull’an-effetto, si profila un ulteriore schema di produzione degli effetti giuridici: norma-fatto-potere sull’anaccertamento giudiziale-effetto. La norma detta la disciplina degli interessi in conflitto in ordine ai beni, individuandone le situazioni giuridiche soggettive (poteri, doveri e facoltà), che si collegano a determinati fatti. L’effetto giuridico è collegato ad una fattispecie complessa di cui sono elementi costitutivi, oltre ai fatti e all’esercizio del potere, anche il previo accertamento giudiziale dell’esistenza dei fatti. 29. …SEGUE: DISTINZIONE DALL’AUTONOMIA PRIVATA . Anche il diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale è un potere caratterizzato dalla discrezionalità del titolare nel suo esercizio o meno. Si distingue dall’autonomia privata, perché si inserisce in una preesistente relazione sostanziale tra le parti, e il suo esercizio costituisce uno degli elementi della fattispecie impeditiva, modificativa, estintiva di tale relazione e la discrezionalità non si spinge fino alla determinazione del contenuto degli effetti giuridici, che è prevista dalla norma giuridica. 30. …SEGUE: DISTINZIONE DAL DIRITTO DI AZIONE . All’affermazione dell’esistenza del diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale, si collega l’esistenza del diritto di azione. Il diritto di azione è distinto dal diritto dedotto in giudizio e collegato alla mera affermazione dell’esistenza di questo. 31. … SEGUE: ESEMPI. Nella categoria delle azioni costitutive, la dottrina comprende vari tipi di ipotesi: 1. Azioni dirette ad ottenere l’esecuzione specifica di un obbligo contrattuale o legale di concludere un contratto, o azioni dirette ad ottenere gli stessi effetti che si sarebbero potuti ottenere con una dichiarazione di volontà della controparte; 2. Azioni di annullamento, rescissione, risoluzione per inadempimento dei contratti; 3. Azioni di nullità del matrimonio, si scioglimento dello stesso e disconoscimento della paternità. La categoria delle azioni costitutive, non è però unitaria, in quanto al suo interno si devono distinguere le azioni costitutive dirette a produrre effetti conseguibili anche in via di autonomia privata dalle azioni costitutive dirette a produrre effetti non conseguibili attraverso l’autonomia privata, e all’interon della prima categoria, sono poi da considerarsi le ipotesi di attuazione coattiva di pretese all’adempimento di obblighi fi rilasciare dichiarazioni di volontà.

volontà, assolva anche la funzione esecutiva di attribuire all’avente diritto il bene che avrebbe dovuto ottenere dall’adempimento dell’obbligo. L’effetto che sarebbe dovuto scaturire dall’adempimento spontaneo, è collegato alla sentenza emanata al termine del processo di cognizione. Il carattere costitutivo della sentenza, attiene solo alla funzione esecutiva che il processo è chiamato ad assolvere. 33. …SEGUE: ATTUAZIONE GIUDIZIALE DI EFFETTI CONSEGUIBILI ANCHE IN VIA DI AUTONOMIA PRIVATA. Una volta escluse le azioni costitutive dirette ad ottenere dichiarazioni di volontà, vengono espunte da tale ambito le azioni dirette a costituire nuovi rapporti giuridici. Vi rientrano le azioni costitutive dirette a produrre un effetto conseguibile anche in via di autonomia privata: si tratta dei casi di annullamento, rescissione, risoluzione giudiziale dei contratti e dei negozi unilaterali, e risoluzione delle disposizioni testamentarie: tutte queste attività possono essere conseguibili anche in via di autonomia privata, in quanto, alla presenza di un contratto viziato da incapacità , errore, dolo o concluso in stato di pericolo o in stato di bisogno, le parti possono accordarsi non solo per ridurre ad equità, ma anche per annullare o rescindere il contratto, per esempio. In queste ipotesi si può scorgere una crisi di cooperazione sul piano del diritto sostanziale, anche se non consiste nella violazione di un dovere generale di astensione, né dall’inadempimento di un obbligo, ma si può individuare ugualmente un elemento oggettivo di antigiuridicità, e inosservanza di una regola di condotta. 34. …SEGUE: AZIONI COSTITUTIVE NECESSARIE . Queste azioni sono direte ad ottenere un effetto non conseguibile in via di autonomia privata, come per esempio la nullità del matrimonio, il divorzi. In questi casi, il processo si presenta come elemento costitutivo indispensabile della fattispecie cui è collegato il prodursi di un dato effetto giuridico. Il ricorso al giudice, è utilizzato in funzione di controllo preventivo della sussistenza del fatto che giustifica un determinato effetto, in considerazione della delicatezza delle materie e del rilievo dato agli interessi in esse coinvolti. 35. SENTENZE DETERMINATIVE: UNA CRITICA. Accanto alle sentenze di mero accertamento, di condanna e costitutive, una parte della dottrina ha elaborato una quarta categoria: le sentenze determinative, e inquadra le ipotesi in cui il giudice, in assenza di integrazioni determinate consensualmente tra le parti, è chiamato a determinare o specificare in vi equitativa, l’oggetto di obbligazioni individuate dalla legge o dal contratto attraverso criteri elastici: correttezza professionale, normale tollerabilità. Il giudice compie pur sempre un’attività interpretativa di canoni preesistenti seppure risultanti da complesse ricostruzioni tipologiche della realtà sociale.

32. …SEGUE: ATTUAZIONE GIUDIZIALE DI OBBLIGHI DI RILASCIARE DICHIARAZIONI DI VOLONTA’. In questo primo gruppo di ipotesi, rientra l’attuazione coattiva di obblighi di rilasciare dichiarazioni di volontà e comprende varie fattispecie dell’articolo 1032 cc (costituzioni di servitù coattive) e la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale, in quanto sia un obbligo legale del genitore a riconoscere il figlio naturale. In questo primo gruppo, è assente il potere sostanziale di attribuire rilevanza a fatti (è assente il diritto potestativo), ma vi è solo il potere processuale di agire per l’attuazione coattiva della pretesa insoddisfatta al rilascio della dichiarazione di volontà. Occasione del ricorso al processo, non è la necessità di ottenere tramite il processo il bene che non si è riusciti ad ottenere in via di adempimento spontaneo: è rispettata la strumentalità del processo nei confronti del diritto sostanziale. La peculiarità dell’obbligo di rilasciare una dichiarazione di volontà non è di essere infungibile, ma di essere un’attività che non si risolve in un’opera materiale, per cui non si può impiegare l’esecuzione forzata degli obblighi di fare. Da ciò scaturisce la necessità di predisporre un processo che oltre alla funzione cognitiva di accertamento della pretesa, insoddisfatta al rilascio di una dichiarazione di

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CAPITOLO IX

GIUDICE E I SUOI AUSILIARI 1. LEGITTIMAZIONE DEL GIUDICE . Per emanare provvedimenti validi, il giudice deve possedere un complesso di requisiti che determinano la sua legittimazione, che risultano dalla disciplina della costituzione del giudice (artt. 158, 161, 354), della giurisdizione (artt. 37, 41, 353) e della competenza (artt. 7, 38, 42). 2. COSTITUZIONE DEL GIUDICE IN RAPPORTO A GIURISDIZIONE E COMPETENZA . La costituzione del giudice ha carattere di disciplina generale a cui si contrappongono le discipline speciali della giurisdizione e della competenza: se una vicenda relativa alla legittimazione del giudice è qualificata dalla legge come di giurisdizione o competenza, si applicano tali discipline speciali altrimenti entrano in gioco le norme sulla costituzione del giudice. 3. DIFFERENZE TRA GIURISDIZIONE E COMPETENZA . La giurisdizione e la competenza a loro volta si differenziano tra loro: a) Quanto ai poteri del giudice e delle parti di rilevare le relative questioni; b) Quanto al modo attraverso cui le questioni possono essere portate all’esame della Corte di Cassazione indipendentemente dal sistema dei gradi; c) Quanto alla possibilità di traslazione della causa davanti ad un altro giudice o alle conseguenze della dichiarazione del difetto di giurisdizione e di competenza. Talvolta per differenziare la disciplina della giurisdizione da quella della competenza si evoca che la prima attribuisca la funzione giurisdizionale agli uffici giudiziari, mentre la seconda la ripartisca al loro interno. {La giurisdizione è la funzione diretta a dare applicazione concreta alle norme giuridiche, mentre la competenza è la misura di giurisdizione spettante a ciascun ufficio giudiziario ordinario}. 4. DIFFERENZA TRA COMPETENZA E COSTITUZIONE DEL GIUDICE . Le norme sulla competenza individuano l’ufficio giudiziario nel suo complesso. Queste norme inoltre riguardano la composizione dei collegi giudicanti, la nomina e l’assegnazione del giudice secondo le norme sull’ordinamento giudiziario. Rientrano nella disciplina della costituzione del giudice: a) In caso di uffici giudiziari complessi divisi in sezioni, l’attribuzione di una controversia all’una o l’atra sezione; b) Il rapporto tra sede principale e sezioni distaccate del tribunale; c) I rapporti tra collegio di tribunale e giudice istruttore in funzione del giudice monocratico. Se il giudice istruttore, in funzione del giudice monocratico, decide una controversia che doveva essere decisa dal collegio o viceversa, non si applica la disciplina relativa alla competenza, poiché si tratta di sue organi giudicanti diversi all’interno dell’unico ufficio giudiziario tribunale: i rapporti tra collegio di tribunale e giudice istruttore in funzione del giudice monocratico, non possono essere incasellati nello schema della competenza. Si parla quindi di un regime speciale di costituzione del giudice. 5. DISCIPLINA DELLA COSTITUZIONE DEL GIUDICE . La disciplina della costituzione del giudice stabilisce che i vizi sono rilevabili d’ufficio e danno luogo a nullità insanabili, non soggette a convalidazione, ma soggette al principio della conversione dei motivi di nullità della sentenza, in motivi di impugnazione.

La nullità della sentenza, si sana se non è fatta valere nei limiti e secondo le regole dell’appello e del ricorso per

cassazione. Le conseguenze in appello della nullità che si è verificata nel corso del giudizio di primo grado, si desumono dalle regole proprie dell’appello: dichiarata la nullità il giudice d’appello dispone la rinnovazione innanzi a sé degli atti compiuti in primo grado, senza rimettere la causa al primo giudice (art. 354). 6. LEGITTIMAZIONE DEL GIUDICE E GARANZIA DEL GIUDICE NATURALE . I criteri con i quali sono identificati l’ufficio giudiziario fornito di giurisdizione, competente e l’organo giudicante, rispondono al principio del giudice naturale stabilito all’articolo 25 della Costituzione. 7. PERPETUATIO IURISDICTIONIS . L’articolo 5, stabilisce che la giurisdizione e la competenza, si determinano con riguardo alla legge vigente allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza, rispetto ad essa, i successivi mutamenti della legge e dello stato di fatto medesimo. 8. QUESTIONI DI GIURISDIZIONE . Nell’ordinamento italiano, esse sono unicamente le 3 questioni indicate dall’articolo 37 cpc (giudice ordinario, giudice speciale, pubblica amministrazione). 9. …SEGUE: DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE . Il difetto assoluto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione, si ha ogni volta sia dedotto in giudizio un interesse di fatto, cioè non protetto dal nostro ordinamento né come diritto soggettivo, né come interesse legittimo, nei confronti della pubblica amministrazione. 10. …SEGUE: DIFETTO DI GIURISDIZIONE PERCHÉ FORNITO DI GIURISDIZIONE È UN GIUDICE SPECIALE. Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, perché fornito di giurisdizione è un giudice speciale, presuppone di individuare esattamente cosa si intende nel nostro ordinamento per giudice ordinario e giudice speciale. 11. …SEGUE: DIFETTO DI GIURISDIZIONE DEL GIUDICE ITALIANO . Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie che hanno elementi di collegamento con ordinamenti stranieri, presuppone di individuare la giurisdizione del giudice italiano, che è disciplinata dalla legge 218/1995. A questa disciplina, si aggiunge quella delle convenzioni internazionali di Bruxelles del 1968, e di Lugano del 1988. 12. …SEGUE: ENUMERAZIONE TASSATIVA DELLE QUESTIONI DI GIURISDIZIONE . Al di fuori delle 3 questioni presentate dall’articolo 37 cpc, ogni altra questione, fuoriesce dalla nozione di giurisdizione e da luogo ad una comune quaestio iuris, la cui errata soluzione, integra gli estremi di una violazione di legge, denunciabile attraverso il sistema ordinario dei mezzi di impugnazione. 13. …SEGUE: POTERI DEL GIUDICE E DELLE PARTI . Alle tre questioni di applica la disciplina speciale della giurisdizione. L’articolo 37, dispone che il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione, e nei

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confronti del giudice speciale, è rilevabile anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo. L’articolo 11 della legge, dispone che il difetto di giurisdizione del giudice italiano, è rilevabile dal convenuto costituito che non abbia accettato la giurisdizione italiana, espressamente (per iscritto), o tacitamente (senza eccepire il difetto nel primo atto difensivo). È rilevabile dal giudice d’ufficio, se il convenuto è contumace, se la causa concerne una azione reale avente ad oggetto beni immobili situati all’estero, o se la giurisdizione è esclusa per effetto di una norma internazionale. 14. …SEGUE: REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE . Il regolamento di giurisdizione è una modalità tramite la quale, la questione di giurisdizione può essere portata all’esame della Corte di Cassazione, ed è previsto dall’articolo 41 cpc, che dice che finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all’art 37 cpc. Il regolamento è proponibile anche dopo l’emanazione di una sentenza non definitiva affermativa della giurisdizione, non passata in giudicato, o nel corso del relativo giudizio di appello, instaurato a seguito di impugnazione. L’istanza si propone con ricorso, e il giudice provvede, a seguito del deposito del ricorso notificato nella sua cancelleria, a sospendere il processo se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile o infondata. Questo mezzo, non è applicabile all’ipotesi dell’interesse di fatto, dedotto in una controversia tra privati. 15. …SEGUE: TRASLAZIONE DELLA CAUSA . Il problema del passaggio della causa da un giudice all’altro fornito di giurisdizione, sorge solo in relazione al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice speciale. Se viene dichiarato difetto assoluto di giurisdizione, la causa non può essere trasferita, perché si conclude, mentre se vi è difetto di giurisdizione del giudice italiano, la causa non si trasferisce davanti al giudice straniero. A seguito della pronuncia della Corte di Cassazione che dichiara il difetto di giurisdizione, il processo dovrebbe proseguire davanti al giudice indicato come fornito di giurisdizione, con la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice sfornito di giurisdizione. Dall’articolo 3823 cpc, si desume che la causa potrebbe poter essere trasferita in entrambi i sensi (dal giudice speciale a quello ordinario e viceversa), in quanto stabilisce che la cassazione senza rinvio, è possibile solo se si riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento, e ogni altro giudice, difettano di giurisdizione: si desume che fuori dalle ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, il processo dovrebbe sempre proseguire di fronte al giudice nazionale indicato come fornito di giurisdizione. Sulla base dell’articolo 367 2 cpc, si ritiene però che la causa non possa essere trasferita dal giudice ordinario a quello speciale, in base al quale, nel caso in cui la Corte di cassazione si pronuncia a seguito di un regola,mento di giurisdizione, se questa dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, le parti devono riassumere il processo entro 6 mesi. analizzando l’articolo con l’argomento a contrario, si dovrebbe dedurre che la riassunzione non sarebbe possibile nel caso in cui dichiari la giurisdizione del giudice speciale: a seguito della pronuncia dichiarativa del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, il processo si conclude definitivamente, ferma restando l’efficacia vincolante della statuizione della corte. Si deduce quindi, che la domanda proposta davanti al giudice speciale, è una domanda nuova a tutti gli effetti, salvo il potere del T.A.R. di concedere la rimessione in termini per errore scusabile. Il potere di rimessione in termini è l’unica salvezza contro il decorso del termine di decadenza dei 60 gg per l’impugnazione dell’atto amministrativo, in favore del cittadino che abbia proposto la domanda davanti al giudice ordinario, nella erronea supposizione che la situazione giuridica dedotta in giudizio, fosse di diritto soggettivo e non di interesse legittimo. 16. EFFICACIA DELLA SENTENZA DICHIARATIVA DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE . L’efficacia della sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione è diversa secondo le ipotesi: 17. …SEGUE: NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE . La sentenza dichiarativa del difetto assoluto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione, è sentenza di merito come qualsiasi sentenza che rigetti la domanda per assenza nell’ordinamento di una norma che attribuisca rilevanza giuridica o tutela all’interesse azionato.

18. …SEGUE: NEL RIPARTO TRA GIUDICE ORDINARIO E GIUDICE SPECIALE . La sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione nel riparto tra giudice ordinario e giudice speciale, se è emanata dalla Corte di Cassazione, ha efficacia vincolante per il giudice indicato come fornito di giurisdizione, in quanto l’articolo 382 1 cpc, dispone che la Corte quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su questa, determinando quando occorre il giudice competente. A fondamento di questa teoria si pone anche l’articolo 111 della Costituzione, che attribuisce alla Corte di Cassazione, il compito istituzionale di risolvere le questioni di giurisdizioni. Se invece la sentenza è emanata da un giudice di merito, essa non vincola mai il giudice eventualmente indicato come fornito di giurisdizione 19. …SEGUE: NEI CONFRONTI DEL GIUDICE STRANIERO . La sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione del giudice italiano, se emanata dalla Corte di Cassazione, preclude la riproposizione della domanda davanti ad un giudice della Repubblica, ma non vincola il giudice straniero eventualmente indicato come fornito di giurisdizione. 20. COMPETENZA. Le norme sulla competenza, sono dirette ad individuare l’ufficio giudiziario nel suo complesso, e non il singolo giudice chiamato a decidere la controversia. A tal fine i criteri sono tre: Per valore: Si considera il valore monetario dell’oggetto della domanda; Per territorio: Si istituisce una corrispondenza tra un elemento spaziale della controversia e un ufficio giudiziario (per esempio la residenza del convenuto ); Per materia: si considera l’oggetto della domanda sotto profili diversi dal suo valore monetario. Dato un certo diritto da dedurre in giudizio, l’attore, per individuare il giudice competente, prima di tutto verifica se esiste una competenza per materia, poi per valore e infine per territorio. Si ha così l’individuazione del giudice naturale della controversia, che costituisce la base per le successive fasi del processo. L’articolo 6 cpc, aggiunge che i criteri di competenza non possono essere derogati per accordo delle parti, se non nei casi previsti dalla legge (articolo 28 cpc). Se prevista tra le condizioni di un contratto, la deroga deve essere approvata per iscritto. Se i9l contratto è stipulato tra un consumatore e un professionista, opera la disciplina sulle clausole vessatorie: l’articolo 1469-bis 3 n 18 e 19, considera vessatorie le clausole che prevedono deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria o stabiliscano il foro competente in una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore. Queste clausole sono inefficaci salvo che siano state oggetto di trattativa individuale con il consumatore. 21. …SEGUE: MATERIA E VALORE . La competenza del giudice di pace in materia civile, è descritta dall’articolo 7 cpc. Comprende: Le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 2552 €; Le controversie da infortunistica stradale con danni a cose o a persone non superiori a 15.493 €; Le opposizioni a sanzioni amministrative; Parte delle competenze in materia di contenzioso della vicinanza e della tolleranza. La competenza per valore del tribunale è residuale: è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice. L’articolo 9 2 cpc, prevede la sua competenza per materia: Materia relativa allo stato e capacità delle persone;

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Esecuzione forzata; Querela di falso; Controversie in cui il valore monetario non è determinabile; In materia di imposte e tasse è competente nei casi che fuoriescano dalla competenza delle commissioni tributarie. Il tribunale inoltre è competente per materia, sulle controversie di lavoro e previdenza, nonché su quelle relative alla locazione di beni immobili urbani. 22. …SEGUE: CALCOLO DEL VALORE DELLA CAUSA. La determinazione del valore della causa è disciplinata dagli articoli 10-16 cpc. In base all’articolo 10 1 cpc, il valore della causa ai fini della competenza, si determina dalla domanda, cioè dal petitum, dal diritto fatto valere in giudizio dall’attore, mentre l’attività difensiva del convenuto, non incide sulla determinazione del giudice competente, salvo alcune ipotesi. Questo calcolo rileva solo ai fini della individuazione del giudice competente, e non a fini di merito. Il 2° comma dello stesso articolo, prevede che, ai fini dell’individuazione del giudice competente per valore, le domande proposte nello stesso processo contro la medesima parte, si sommino tra loro. Nelle cause relative a somme di denaro o a beni mobili, non ci si affida solo alla somma indicata dall’attore, ma l’articolo 142 cpc, prevede che in caso di contestazione del convenuto, il giudice decida, ai fini della sola competenza, in base a quello che risulta dagli atti e senza istruzione: senza questa disposizione, l’individuazione del giudice competente, sarebbe rimessa all’arbitrio dell’attore, contro la garanzia costituzionale del giudice naturale precostituito per legge. Il convenuto può contestare solo nella prima difesa e l’incompetenza non può essere rilevata d’ufficio. Se questi non contesti, il valore della causa rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito: questo principio, essendo una deroga all’articolo 10 1 cpc, in quanto riferisce il vicolo per la decisione di merito alla somma indicata, si tende a restringere la deroga alle cause relative a beni mobili. 23. …SEGUE: TERRITORIO . La competenza per territorio, sancita dagli articolo 18-30 cpc, si distingue in derogabile e inderogabile per accordo delle parti. L’inderogabilità dei criteri previsti dall’articolo 28, rivela un interesse pubblicistico al loro rispetto. Se lo stabiliscono espressamente, le parti possono attribuire carattere esclusivo al foro convenzionale: se tale attribuzione non vi è, l’attore può scegliere tra il foro naturale e quello convenzionale, mentre se vi è, il convenuto può eccepire l’incompetenza del giudice del foro naturale di fronte al quel è stato citato. 24. …SEGUE: VARI TIPI DI FORO . Esistono vari tipi di fori, ossia uffici giudiziari territorialmente competenti. Possono essere: Generali: delle persone fisiche e giuridiche. Sono quelli davanti ai quali ognuno può essere convenuto per qualsiasi controversia non espressamente riservata ad altri fori. Speciali: sono quelli individuati specificatamente per determinate controversie. Possono diventare esclusivi qualora il convenuto abbia diritto ad esservi tratto a preferenza di atri fori; Elettivamente Concorrenti: si hanno, quando l’attore può scegliere a sua discrezione tra più fori; Successivamente Concorrenti: si profilano quando l’attore può scegliere un foro solo in mancanza dell’altro. Derogabili o Inderogabili, a seconda che si rientri o meno nei casi previsti dall’articolo 28 cpc. L’articolo 4132 cpc prevede tre fori elettivamente concorrenti: luogo in cui è sorto il rapporto, luogo in cui si trovi l’azienda, luogo in cui si trova la dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al memento della fine del rapporto. Al penultimo comma, l’articolo

413 cpc, si ha un foro successivamente competente, che coincide con quello generale delle persone fisiche. L’ultimo comma identifica come inderogabili questi fori. 25. COMPETENZA COME REQUISITO DI VALIDITA’ DEI PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE. Il nostro ordinamento, accoglie il principio secondo il quale, l’incompetenza del giudice, influisce solo sui provvedimenti del giudice che non può emettere una valida sentenza di merito, mentre rimangono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda: si consente che il processo possa continuare davanti al giudice competente e concludersi con una valida statuizione di merito sul diritto fatto valere in giudizio. L’articolo 50 cpc, prevede che la causa, proposta davanti al giudice incompetente, non venga meno in seguito alla sentenza che ne dichiari l’incompetenza, ma può essere riassunta dalle parti nei termini di legge, dinanzi al giudice competente. Con la riassunzione del processo, non si ha una nuova domanda, ma è un impulso processuale. Questo articolo rivela che la competenza del giudice è requisito di validità non della domanda giudiziale, ma degli atti e provvedimenti del giudice. 26. RILEVABILITÁ’ DELLE QUESTIONI DI COMPETENZA . la legge 353/1990, ha sostituito l’articolo 38 cpc. I nuovi primi 2 commi, prevedono da una parte l’incompetenza per materia, valore e territorio inderogabile, che è rilevabile anche d’ufficio non oltre la prima udienza di trattazione; dall’altra, l’incompetenza per territorio derogabile, che è rilevabile solo dal convenuto nella comparsa di risposta, pena la decadenza, con contestuale indicazione del giudice ritenuto competente. Per le eccezioni rilevabili anche d’ufficio è stato introdotto un termine unico, la prima udienza di trattazione, mentre per le questioni di competenza derogabile, il termine è la comparsa di risposata pena la decadenza. 27. EFFICACIA DELLA SENTENZA DECLINATORIA DI COMPETENZA DEL GIUDICE DI MERITO…. Le sentenze declinatorie sono quelle in cui il giudice si dichiara incompetente: accanto a questo contenuto negativo, hanno anche un contenuto positivo, indicano i giudice competente dinanzi al quale il processo può continuare. Gli effetti delle sentenze declinatorie pronunciate dai giudici di merito, sono disciplinati dagli articolo 44 e 45 cpc. 28. … SEGUE: …PER RAGIONI DI VALORE O DI TERRITORIO DEROGABILE . Se il giudice originariamente adito, ha dichiarato la propria incompetenza per ragioni di valore o di territorio derogabile, l’attore può esperire contro la sentenza un mezzo di impugnazione particolare, il regolamento di competenza, o può riassumere la causa entro 6 mesi dinanzi al giudice indicato come competente: in questo caso il processo continua davanti a questi, senza poter più sollevare questioni di competenza in quanto, la riassunzione della causa davanti al giudice indicato rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza dichiarata nella decisione. 29. …SEGUE: PER RAGIONI DI MATERIA O DI TERRITORIO INDEROGABILE . Se il primo giudice adito ha dichiarato la propria incompetenza per ragioni di materia o di territorio inderogabile, la sentenza emanata dal giudice originariamente adito, senza proposizione del regolamento di competenza, ma riassunta nei termini, non rende incontestabile la competenza dichiarata poiché il giudice dinanzi al quale questa è riassunta, può a sua volta dichiararsi incompetente e rivolgersi alla Corte di Cassazione, richiedendo d’ufficio il regolamento di competenza: la Corte di Cassazione determina così l’ufficio giudiziario competente in via definitiva e vincolante per tutti i giudici. 30. REGOLAMENTO DI COMPETENZA D’UFFICIO . Il regolamento di competenza d’ufficio, trovava il suo presupposto nella differenza di disciplina propria del vecchio testo

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dell’articolo 38 cpc, tra competenza per materia e territorio inderogabile e, competenza per valore e territorio derogabile. Questa differenza nel nuovo testo dell’articolo 38, non c’è più. La competenza per materia e per territorio, è assimilata alla competenza per valore. 31. REGOLAMENTO DI COMPETENZA SU ISTANZA DI PARTE . Il regolamento di competenza su istanza di parte, è un mezzo di impugnazione. Può essere proposto contro sentenze dalla parte soccombente sulla questione di competenza. Gli articoli 42 e 43 del codice di procedura civile distinguono un regolamento necessario da un regolamento facoltativo di competenza. 32.. …SEGUE: REGOLAMENTO NECESSARIO . Riguarda sentenze che siano pronunciate esclusivamente sulla competenza. Tali sentenze possono essere impugnate solo attraverso il regolamento di competenza. Ad esempio, per le sentenze definitive che accolgono l’eccezione di incompetenza sollevata dal convenuto o rilevata d’ufficio, legittimato a proporre regolamento necessario è l’attore. La funzione di questo mezzo di impugnazione è accelerare i tempi del processo, saltando un grado di giudizio. Le parti hanno un termine breve per impugnare tramite regolamento, altrimenti si vedono preclusa la possibilità della questione di competenza,m ad eccezione delle ipotesi della competenza per materia o per territorio inderogabile. 33. …SEGUE: REGOLAMENTO FACOLTATIVO . Previsto dall’articolo 43 cpc, è previsto contro le sentenze che hanno pronunciato sulla competenza e sul merito, in alternativa alla proponibilità degli ordinari mezzi di impugnazione utilizzabili quando insieme con la pronuncia della competenza si impugna quella sul merito. 34. SOSPENSIONE DEL PROCESSO A QUO . Ai sensi dell’art. 48 1 cpc, i processi relativamente ai quali è stato chiesto il regolamento di competenza, sono sospesi dal giorno in cui è presentata l’istanza al cancelliere , o dalla pronuncia dell’ordinanza che richiede il regolamento. Questo rimedio è considerato pericoloso in quanto può essere utilizzato dalla parte soccombente per lucrare l’effetto di una sentenza tardiva. 35. EFFICACIA DELLE SENTENZE DELLA CASSAZIONE SULLA COMPETENZA . La Corte di Cassazione si pronuncia su questioni di competenza proposte tramite il regolamento, nel caso in cui il giudice d’appello abbia ritenuto sussistente la competenza del giudice originariamente adito e quindi abbia emanato una sentenza sulla competenza e sul merito. Il ricorso per Cassazione, e il regolamento di competenza, sono soggetti ad un diverso regime processuale: per il ricorso il termine di decadenza, decorre dalla notificazione della sentenza ed è di 60 giorni; l’istanza di regolamento deve essere proposta entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza. Il regolamento può essere proposto da un difensore non abilitato ad esercitare le proprie funzioni davanti alle giurisdizioni superiori, ed è deciso in camera di consiglio. L’articolo 3822 cpc, dispone che la corte quando cassa per violazione delle norme sulla competenza statuisce su questa, emanando una decisione vincolante per tutti i giudici dell’ordinamento, a seguito della quale non si può più discutere né nel corso del giudizio, né in un eventuale secondo processo. 36. RAPPORTI TRA COMPETENZA E MERITO . La giurisprudenza ha deciso che le pronunce sulla competenza, non pregiudicano la decisione di merito: la decisione sulla competenza ha efficacia vincolante solo sul punto della competenza, mentre gli accertamenti di fatto e le qualificazioni giuridiche da cui è dipesa la soluzione, non valgono ai fini di merito (art. 383 cpc). 37. …SEGUE: ISTRUZIONE SOMMARIA SULLE QUESTIONI DI COMPETENZA . L’articolo 383 cpc, contiene un secondo principio generale relativo all’attività istruttoria sulle questioni di competenza: esse sono decise sulla base di un istruzione sommaria e non piena.

38. RESPONSABILITA’ DEL GIUDICE . Nel giudicare il giudice è soggetto solo alla legge e alla sua coscienza. In caso di errore, la parte può solo impugnare il provvedimento davanti ad un altro giudice per chiederne la riforma o la cassazione: se l’impugnazione non è accolta, l’eventuale errore del giudice è irrilevante e la parte è tenuta a rispettare il provvedimento. Nell’ordinamento la responsabilità del giudice può essere civile, penale o disciplinare. 39. …SEGUE: RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE . Mentre la responsabilità penale è ordinaria, quella disciplinare è rimessa all’iniziativa del Ministro della Giustizia o del procuratore generale della Cassazione ed è di competenza della sezione disciplinare della magistratura. Un decreto del 1946, considera illecito disciplinare il fatto del magistrato che manchi ai suoi doveri, o tenga una condotta tale che lo rende immeritevole di fiducia o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario. 40. …SEGUE: RESPONSABILITA’ CIVILE NEL CODICE DEL 1865 . La responsabilità civile è regolata da una legge del 1988, varata a seguito del referendum abrogativo degli articoli 55, 56 e 74 cpc. Nel codice del 1865, il giudice, era responsabile civilmente, quando era imputabile di dolo, frode o concussione, o nel caso di omessa pronuncia sulle domande delle parti (denegata giustizia). Per realizzare la responsabilità, la parte doveva proporre due istanza di sollecito,e tra le due ci doveva essere un intervallo di almeno 10 giorni. 41. …SEGUE: RESPONSABILITA’ CIVILE DEL 1942 . Anche se il metodo del codice previdente non desse problemi, nel 1940, si decise di modificarlo. Le istanze di costituzione furono ridotte ad una, sempre con 10 giorni a disposizione del giudice per decidere, ma l’azione fu assoggettata all’autorizzazione del Ministro della Giustizia e assegnata alla competenza di un giudice indicato dalla Cassazione. È’ intervenuta poi la Corte Costituzionale, dichiarando illegittima questa soluzione, in quanto non è ammissibile assoggettare un’azione civile alla decisione di un ministro, ne tanto meno che il giudice competente sia indicato caso per caso dalla Cassazione, ma questa disposizione è rimasta in vigore fino al referendum degli articoli 55, 56 e 74 cpc. 42. …SEGUE: REFERENDUM E L. 117/1988 . con la nuova norma, il giudice, risponde civilmente se ha agito con dolo o colpa grave oppure per diniego di giustizia, restringendo però l’ipotesi di colpa grave in ipotesi tassative, violazione di legge determinata da negligenza, e si è disciplinato il diniego di giustizia in modo lascivo, 30 giorni dalla costituzione in mora. L’azione di risarcimento, ora non è più esercitata da danneggiato nei confronti del magistrato, ma nei confronti dello Stato, previa autorizzazione rilasciata in un apposito procedimento: si è sostituita l’autorizzazione ministeriale con un processo preventivo diretto al rilascio dell’autorizzazione ad agire contro lo Stato per il danno del magistrato, verso il quale lo Stato può esercitare azione di rivalsa solo dopo che abbia provveduto al risarcimento. L’azione di rivalsa non può però eccedere, salvo dolo, una somma pari ad un terzo delle annualità dello stipendio al netto delle trattenute fiscali percepito dal magistrato al momento in cui l’azione di risarcimento è stata proposta. 43. AUSILIARI DEL GIUDICE. L’ufficio giudiziario è costituito dal giudice e da altri ausiliari che possono essere fissi o eventuali, cioè chiamati ad integrare l’ufficio ove se ne presenti la necessità. 44. …SEGUE: AUSILIARI FISSI: CANCELLIERE E UFFICIALE GIUDIZIARIO . Il cancelliere è il soggetto cui sono devolute le funzioni di segreteria indispensabili per l’efficienza del servizio giustizia. L’ufficiale giudiziario provvede alla notificazione degli atti, all’esecuzione degli ordini del giudice.

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45. …SEGUE: AUSILIARI EVENTUALI: CONSULENTE TECNICO, CUSTODE, ECC . Sono i consulenti tecnici e ausiliari, notai, interpreti.

CAPITOLO X

PARTI

1. DIVERSI SIGNIFICATI DEL TERMINE «PARTI». La nozione di parte nel diritto processuale ha un significato polivalente, che di volta in volta può indicare i meri soggetti degli atti processuali, i soggetti degli effetti del processo, i soggetti degli effetti della sentenza. Le parti in senso sostanziale sono i titolari del rapporto dedotto in giudizio: essi subiscono gli effetti del processo e della sentenza. Le persone eventualmente chiamate a rappresentare o assistere questi soggetti, non sono titolari del rapporto dedotto e sono parti solo in senso formale in quanto compiono gli atti processuali, ma non subiscono gli effetti né della sentenza, né del processo. Le parti in senso formale, sono soggetti che deducono in giudizio un diritto altrui (Legittimati straordinari): compiono gli atti processuali, ma non subiscono direttamente gli effetti della sentenza. A differenza dei rappresentanti, i legittimati straordinari, agiscono in nome proprio e subiscono gli effetti del processo. 2. CAPACITA’ DI ESSERE PARTE. La capacità di essere parte, in linea di massima, corrisponde alla capacità giuridica di diritto privato: spetta alle persone fisiche e alle persone giuridiche. Dall’articolo 754 cpc, si deduce però che la nozione di capacità di essere parte, è più ampia della capacità giuridica e comprende anche le associazioni non riconosciute, i comitati, le società di persone e probabilmente anche il condominio. Se parte è una associazione, o la società in nome collettivo, la morte o la perdita di capacità delle persone che la rappresentano, non incide sul processo; lo stesso vale per la morte o la perdita di capacità dei rappresentanti organici di persone giuridiche.

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3. CAPACITA’ PROCESSUALE. La capacità processuale, o capacità di stare in giudizio, è parallela alla capacità d’agire di diritto privato: le persone fisiche, le quali non hanno il libero esercizio dei diritti che si fanno valere, non possono stare in giudizio se non rappresentante, assistite o autorizzare, secondo le norme che regolano la loro capacità; mentre le persone giuridiche, le associazioni, i comitati, stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma di legge o dello statuto. Anche la capacità processuale non corrisponde perfettamente alla capacità d’agire sostanziale: vi sono soggetti che sul piano processuale sono privi di capacità, mentre non lo sono sul piano sostanziale (fallito e scomparso). Inoltre ci sono norme che prevedono autorizzazioni per i rappresentanti legali dei minori o degli incapaci e dettano disposizioni specifiche riguardo al potere di promuovere giudizi. 4. RAPPRESENTANZA PROCESSUALE VOLONTARIA . A parte la necessità di munirsi di un difensore, le parti possono stare in giudizio tramite un proprio rappresentante processuale volontario (art. 77 cpc). È necessario che il potere processuale sia rilasciato espressamente per iscritto e sia contenuto in una procura che conferisca la rappresentante, anche poteri di rappresentanza sostanziale. L’unica deroga è prevista per l’institore e il procuratore generale di chi non ha residenza in Italia, il cui potere di rappresentanza processuale si presume (art. 772 cpc). 5. DIFESA TECNICA. Di regola, il nostro ordinamento non consente alla parte di stare personalmente in giudizio, ma richiede la necessaria intermediazione di un difensore tecnico.

Eccezione a questa regola è prevista nei giudizi di competenza del giudice di pace: senza autorizzazione del giudice se la causa è di valore non eccedente i 500,00 euro, con l’autorizzazione del giudice in considerazione della natura ed entità della causa, se eccede tale valore (art. 82 1,,2 cpc). Dinanzi a tutti gli altri giudici, le parti stanno in giudizio con il ministero, o rappresentanza, di un avvocato legalmente esercente. Davanti alla Corte di Cassazione, con il ministero di un avvocato iscritto in apposito albo. La procura alle liti, è rilasciata secondo le forme previste dall’art. 83 cpc, e ai sensi dell’art. 842 cpc, e non attribuisce al difensore il potere di compiere atti che importino disposizione del diritto di contesa (conciliazione, confessione) a meno che non ne abbia ricevuto espresso potere. Quando la parte sta in giudizio con il ministero del difensore, questi può ricevere e compiere, nell’interesse della parte rappresentata, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono riservati espressamente ad essa (art. 841 cpc). La necessità del difensore al procedere del processo spiega la disposizione dell’art. 85 cpc, che stabilisce che la revoca e la rinuncia alla procura, non abbiano effetto nei confronti dell’altra parte, finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Non causano quindi interruzione al processo. Inoltre la procura è ultrattiva rispetto alla morte della parte (art. 300 cpc). Secondo l’articolo 86 cpc, la parte, o l a persona che la rappresenta, se ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore, può stare in giudizio senza il ministero di un altro difensore. 6. REGIME DEI VIZI. La disciplina dei vizi attinenti ai requisiti indicati è lacunosa. 7. …SEGUE: VIZI DI RAPPRESENTANZA, ASSISTENZA O AUTORIZZAZIONE IN PRIMO GRADO . La disciplina dei vizi della rappresentanza legale, volontaria, organica, dell’assistenza, delle autorizzazioni a stare in giudizio è dettata dall’articolo 1822 cpc. L’articolo dispone che tali vizi siano rilevabili d’ufficio da parte del giudice; che il giudice assegni alle parti un termine per la costituzione della persona alle quali spetti la rappresentanza, o per il rilascio delle autorizzazioni, allo scopo di

depurare il processo da tali vizi. Se il vizio non viene sanato secondo l’articolo 182 cpc, si trasmette alla sentenza. 8. …SEGUE: REGIME DI INVALIDITA’ DELLA SENTENZA… . Il tema del regime di invalidità della sentenza per vizi relativi alla capacità o alla rappresentanza processuale, si può affiancare il trattamento dei vizi relativi alla capacità di essere parte e alla rappresentanza tecnica del difensore, e non sono coperti dalla fattispecie dell’art. 182 2 cpc. Il regime è il seguente. 9. …SEGUE: …NEI CONFRONTI DI UN SOGGETTO PRIVO DELLA CAPACITA’ DI ESSERE PARTE. La sentenza pronunciata nei confronti di un soggetto privo della capacità di essere parte (persona fisica morta prima della notificazione della citazione introduttiva, o di una persona giuridica inesistente) è inefficace totalmente. 10. …SEGUE: …NEI CONFRONTI DI UN FALSUS PROCURATOR . Per i vizi relativi alla capacità o rappresentanza processuale, si hanno delle distinzioni. Se la domanda è proposta da o contro un falsus procurator (volontario, legale o organico), quindi da o contro un soggetto privo di rappresentanza, e il vizio non viene sanato, la sentenza non è imputabile alla parte falsamente rappresentata. La sentenza non è imputabile alla parte perché a lui non è imputabile la domanda. Non lo è nel caso di falsa rappresentanza del convenuto, perché non c’è stata attivazione del contraddittorio nei suoi confronti. 11. …SEGUE: …IN IPOTESI DI VIZIO DI RAPPRESENTANZA O ASSISTENZA . Nel caso di difetto non sanato di rappresentanza legale, o di assistenza, dei minori o degli incapaci che abiano agito, o siano stati convenuti personalmente in giudizio, si assoggetta il caso alla regola dell’art. 1611 cpc («la nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione, può essere fatta valere solo nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione»), convertendo i motivi di nullità in motivi di impugnazione in quanto, nonostante il vizio, l’incapace ha assunto la qualità di parte. Si deve però far riferimento agli istituti di protezione degli incapaci che hanno il compito sia di proteggere che di rappresentare l’incapace nel compimento di atti giuridici: saranno questi eventualmente a far valere la nullità della sentenza attraverso le impugnazioni. 12. …SEGUE: …IN IPOTESI DI DIFETTO DI AUTORIZZAZIONE . In caso di difetto di autorizzazione, il vizio, non rilevato e non sanato, non impedisce di riferire la sentenza alla parte, ma è assoggettatala regime dell’art. 1611 cpc. 13. VIZI DELLA DIFESA TECNICA. La disciplina della difesa tecnica è carente. Nel caso in cui la parte sta in giudizio personalmente senza l’intermediazione di un difensore tecnico si dà luogo a nullità insanabile che se rilevata per la prima volta in appello o in cassazione, dà luogo all’emanazione di una pronuncia meramente dichiarativa della nullità della sentenza e dell’intero processo di primo grado. Questa soluzione non è però condivisa da tutte le dottrine, e la lacuna di disciplina deve essere colmata tramite l’applicazione del principio generale della sanabilità in via retroattiva dei vizi processuali. 14. LEGITTIMAZIONE AD AGIRE. La legittimazione ad agire, o a stare in giudizio, riguarda l’individuazione del soggetto legittimato a dedurre in giudizio il singolo diritto sostanziale (Legittimazione Attiva), o ad individuare il soggetto legittimato a stare in giudizio nella veste di convenuto (Legittimazione Passiva). La regola generale in tema di legittimazione ad agire, è contenuta nell’articolo 24 1 della Costituzione, secondo il quale, tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.

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La titolarità del diritto d’azione è correlata in via di principio all’affermazione dell’attore di essere titolare del diritto dedotto in giudizio. Solo chi si afferma titolare del diritto è legittimato a farlo valere in giudizio.

A differenza della legittimazione ordinaria, la verifica della legittimazione straordinaria, si effettua sulla base dell’accertamento effettivo della titolarità da parte del terzo del diritto dipendente, in forza del quale egli è legittimato a dedurre in giudizio un diritto altrui. La deduzione in giudizio di un diritto, da parte di un legittimato straordinario, comporta che il legittimato ordinario sia chiamato necessariamente a partecipare al processo.

15. …SEGUE: LEGITTIMAZIONE STRAORDINARIA . Dall’art. 88 cpc, secondo il quale «fuori dai casi espressamente previsti dalla legge nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui», si desume che in ipotesi espressamente previste dalla legge, anche un soggetto che non si 18. SUCCESSIONE A TITOLO UNIVERSALE E PROCESSO . Durante il corso del processo, si possono afferma titolare, può far valere un diritto in giudizio. In queste ipotesi si ha una deroga al principio verificare fatti (morte, alienazione), idonei a determinare una successione nella situazione della correlazione tra affermazione della titolarità del diritto e titolarità del diritto di azione: sostanziale oggetto del processo. quest’ultimo spetta oltre che a chi si afferma titolare del diritto, anche ad un altro soggetto che può Se la successione avviene per estinzione della persona fisica o giuridica, il processo si sostituirsi al primo nel proporre la domanda giudiziale. Sono le ipotesi di sostituzione processuale o di interrompe finché esso non viene proseguito dai soggetti legittimati a stare in giudizio in legittimazione straordinaria, in cui i terzi non titolari del diritto, sono legittimati a farlo valere nel luogo della parte estinta. Se la persona estinta è una persona fisica, il processo continua nei processo in nome proprio; l’attore è il sostituto processuale e il titolare è sostituito. confronti degli eredi. Nel caso di persona giuridica, la dottrina propende per l’applicazione Se il carattere della disponibilità dei rapporti giuridici è la Ratio della legittimazione ordinaria, il dell’art. 110 cpc: il processo si interrompe ma la sua prosecuzione avviene da parte del carattere della indisponibilità di taluni rapporti privati è la Ratio della legittimazione straordinaria. successore a titolo particolare. Nel caso però di estinzioni di società per azioni, la Quando poi l’interesse pubblico generale coinvolto nel rapporto giuridico si fa più forte, il legislatore giurisprudenza ritiene che non si abbia l’interruzione del processo fingendo che l’estinzione allarga la legittimazione straordinaria a chiunque vi abbia interesse o la attribuisce addirittura al si perfezioni non con la cancellazione della società dal registro delle imprese, ma con la pubblico ministero (art. 69 cpc). conclusione dei processi pendenti. 16. …SEGUE: ESEMPI DI LEGITTIMAZIONE STRAORDINARIA . Ipotesi di legittimazione straordinaria: 19. SUCCESSIONE A TITOLO PARTICOLARE NEL DIRITTO CONTROVERSO . Mentre nelle ipotesi disciplinate dall’art. 110 cpc, la parte si estingue e sorge il problema di individuare i • Azione Surrogatoria: il creditore è titolare di un diritto dipendente dal patrimonio del debitore, soggetti legittimati a continuare il processo, nel caso di successione a titolo derivativo e mentre il debitore se non ha un patrimonio sufficiente a soddisfare i propri crediti, vede particolare per atto tra vivi nel diritto controverso,la parte non si estingue, ma aliena il compromesso il potere di disposizione e di gestione del proprio patrimonio. Il codice civile, art. diritto controverso (art. 1111,,3,4 cpc). 2900, legittima i creditori, in caso di inerzia del debitore, a dedurre in giudizio in nome proprio i Poiché la successione a titolo particolare inter vivos nel diritto controverso determina la diritti del debitore. perdita della legittimazione ad agire dell’alienante, in applicazione della correlazione tra • Articolo 1012 cc. L’usufruttuario è legittimato ad esercitare l’azione confessoria o negatoria titolarità del diritto e titolarità dell’azione dell’art. 81 cpc, si renderebbe necessaria una servitutis. Il contenuto del diritto dell’usufruttuario dipende dal contenuto del diritto del interruzione del processo, e una riassunzione nei confronti del successore particolare che proprietario, cosicché l’usufruttuario è legittimato a far valere in giudizio in nome proprio i porterebbe a degli inconvenienti, per questo si è adottato una disciplina idonea. diritti del nudo proprietario. • Ai sensi dell’articolo 1421 cc, l’azione di nullità del contratto, può essere fatta valere consolo dalle parti del contratto (legittimate ordinarie), ma anche da chiunque vi abbia interesse. 20. …SEGUE: DISCIPLINA. Il diritto romano e il diritto comune, risolvono il problema considerando invalida o inefficace l’alienazione della res litigiosa impedendo che l’alienazione privi la Nell’esercitare il potere di regolamentare i propri interessi, i privati devono rispettare alcuni parte originaria della legittimazione ad agire. requisiti o limiti fissati da norme. Quindi la nullità del contratto può essere fatta valere consolo Le legislazioni moderne hanno cercato di contemperare la tutela della controparte dalle parti ma anche chiunque possa subire un pregiudizio dall’esistenza del contratto nullo. dell’alienante con l’interesse alla circolazione dei beni. La parte può vendere la res litigiosa, • Sulla base dell’articolo 117 cc, il matrimonio contratto in violazione della legge, può essere ma la sua legittimazione ad agire non viene meno, e prevedendo che il processo prosegua impugnato non solo dai coniugi, che sono legittimati ordinari, ma anche dagli ascendenti, e da tra l parti originarie, l’articolo 111 cpc, introduce una deroga al principio di correlazione tra chiunque vi abbia un interesse legittimo e attuale, legittimati straordinari privati, ma anche dal titolarità del diritto e titolarità di azione, introducendo una legittimazione straordinaria pubblico ministero. sopravvenuta in capo all’alienante. Essendo però legittimato ordinario, il successore a titolo Da ciò si deduce come la legge intervenga sulla legittimazione a dedurre in giudizio un diritto particolare, può intervenite o essere chiamato nel processo, e se le parto vi consentono, attribuendola non solo ai titolari, ma anche a terzi privati o addirittura al pubblico ministero. l’alienante può essere estromesso, poiché ormai il successore è titolare del diritto controverso (art. 1113 cpc). Anche se il successore non interviene o non viene chiamato in 17. …SEGUE: PROBLEMI PROCESSUALI . Il difetto di legittimazione, sia ordinaria che straordinaria, causa, la sentenza pronunciata contro l’alienante, spiega efficacia anche nei suoi confronti costituisce questione di rito, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo. La verifica della ed è impugnabile anche da lui con i mezzi di impugnazione propri delle parti (art. 111 4 cpc). legittimazione ordinaria ad agire si effettua sulla base del diritto o rapporto dedotto in giudizio L’efficacia della sentenza si arresta se il successore può vantare l’acquisto in buona fede del dall’attore. Se il convenuto contesta l’effettiva titolarità del rapporto in capo all’attore, o l’effettiva bene mobile o un titolo di acquisto trascritto prima della trascrizione della domanda titolarità passiva in capo a se stesso, si è alla presenza di una questione di merito relativa all’esistenza giudiziale. o meno del diritto fatto valere, e non di una questione di rito, relativa all’esistenza del requisito extraformale della legittimazione ad agire. La differenza tra questione di legittimazione e questione 21. …SEGUE: FUNZIONE. La Funzione di questa disciplina è tutelare la parte che non ha adito alla relativa alla titolarità attiva o passi va del diritto ha rilievo pratico in quanto solo la prima è rilevabile successione contro il pericolo di dover sostenere più processi contro più persone in base ad d’ufficio in appello e in cassazione.

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una stessa situazione sostanziale. L’articolo 111 deve servire ad impedire che la necessità di servirsi del processo per la difesa del diritto torni a danno di chi è costretto a difendersi in giudizio.

in cui versa il diritto: l’interesse ad agire suppone la legittimazione, mentre questa non implica l’interesse.

22. …SEGUE: INDIVIDUAZIONE DELLA FATTISPECIE. Per diritto controverso è da intendersi la situazione che legittima la parte a stare in giudizio, il diritto sostanziale dedotto in giudizio, che costituisce l’oggetto del processo e dell’accertamento giurisdizionale. Si ha successione a titolo particolare nel diritto controverso nelle ipotesi in cui nel corso del processo di rivendicazione o di mero accertamento del diritto di proprietà, ad esempio, venga trasferito lo stesso diritto di proprietà, in quanto il diritto do proprietà costituisce l’oggetto del processo. Non si ha successione a titolo particolare nel diritto controverso nell’ipotesi di trasferimento di proprietà nel corso di un processo relativo all’invalidità del contratto traslativo. Non dà luogo a successione a titolo particolare nel diritto controverso il trasferimento del diritto di proprietà durante un processo di mero accertamento della qualità di erede. Inoltre, non da luogo a successione a titolo particolare nel diritto controverso, la costituzione di un diritto reale limitato, nel corso di un processo avente ad oggetto il diritto di proprietà.

29. DISCIPLINA DELLE SPESE DEL PROCESSO . Il processo ha i suoi costi. Quelli di organizzazione delle strutture materiali e personali , sono a carico dello Stato che vi fa fronte attraverso le imposte e le tasse. I costi di azione e difesa in giudizio, sono invece a carico delle parti. Secondo l’articolo 90 cpc, le parti provvedono alle spese per gli atti che compiono e chiedono (art. 2103 cpc). se il processo di cognizione di conclude con una sentenza definitiva o con una esecuzione forzata, le spese sono a carico della parte soccombente. Questa regola secondo cui le spese seguono la soccombenza, subiscono una deroga dall’articolo 92 cpc, secondo il quale non devono essere liquidate alla parte soccombente, le spese ritenute eccessive o superflue. La condanna alle spese è pronunciata a favore della parte vittoriosa,ma è facoltà del difensore con procura che il giudice, nella stessa sentenza, indichi a favore suo e degli altri difensori, gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di aver anticipate (art. 93 cpc).

23. PUBBLICO MINISTERO. Nel processo civile ha un ruolo marginale. Il codice di procedura civile distingue due modalità di partecipazione al processo civile: il pubblico ministero agente o interveniente.

30. …SEGUE: RESPONSABILITA’ AGGRAVATA . È Regolata dall’articolo 96 cpc, e prevista in due ipotesi: se la parte soccombente abbia agito in giudizio in mala fede o colpa grave, il giudice su istanza di parte condanna, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni che liquida nella sentenza. L’altra ipotesi, è il caso in cui il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, su istanza della parte danneggiata, condanna al risarcimento dei danni all’attore o il creditore procedente, che abbia agito senza la normale prudenza.

24. …SEGUE: AGENTE. Il pubblico ministero ha potere d’azione nei casi stabiliti dalla legge all’articolo 69. Vi rientrano alcuni casi di legittimazione straordinaria, e i casi in cui è coinvolto un interesse dei minori, in materia di stato civile e in materia societaria. Il pubblico ministero agente è un legittimato straordinario che fa valere in giudizio, in nome proprio, un diritto altrui. 25. …SEGUE: INTERVENIENTE. Il pubblico ministero interveniente si distingue a seconda che il suo intervento sia obbligatorio o facoltativo (art. 70 cpc). 26. …SEGUE: POTERI. I Poteri del pubblico ministero sono descritti dall’articolo 72 cpc. Il pubblico ministero che esercita il potere di azione, o interviene nelle cause che avrebbe potuto produrre, ha gli stessi poteri delle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste. Ha in particolare, potere di impugnazione. Il pubblico ministero che interviene obbligatoriamente o facoltativamente in una causa che egli non avrebbe potuto proporre ha poteri più limitati: può produrre documenti e dedurre prove, può prendere conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti. Può allegare fatti posti a fondamento di eccezioni rilevabili d’ufficio ma non può sollevare eccezioni in senso stretto. Non ha potere di impugnazione. 27. INTERESSE AD AGIRE . La norma sull’interesse ad egire è l’articolo 100 cpc, e corrisponde all’articolo 36 del codice di procedura civile del 1865. Da sempre è stata una norma di difficile interpretazione, il cui significato è stato poi chiarito da Chiovenda, secondo cui, l’interesse ad agire consiste è il danno ingiusto che l’attore subirebbe senza l’intervento degli organi giurisdizionali. L’interesse ad agire, non ha rilievo pratico nell’azione esecutiva, né nelle azioni costitutive, ma ha rilievo nell’azione di condanna nel caso in cui essa venga proposta da chi già possiede un titolo esecutivo stragiudiziale. Il difetto di interesse ad agire, è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e va verificato con riferimento al momento della decisione e non al momento della domanda. Se constata il difetto, il giudice rigetta la domanda con sentenza definitiva di rito (art. 279, n 2, cpc). 28. …SEGUE: DIFFERENZA CON LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE . La distinzione tra legittimazione ad agire ed interesse ad agire è chiara. La legittimazione ad agire, attiene alla relazione del soggetto con il diritto sostanziale dedotto in giudizio, mentre l’interesse ad agire, indica una situazione di fatto

31. ASSISTENZA GIUDIZIARIA AI NON ABBIENTI . È un principio costituzionale, sancito dall’articolo 243, e rappresenta un aspetto della garanzia dell’effettività è della tutela giurisdizionale, e del contraddittorio in condizioni di parità. La materia è ora regolata dalla legge 134/2001. condizione per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è il godimento di un reddito familiare inferiore ai 18 milioni di lire. L’istanza dell’interessato deve essere presentata al Consiglio dell’ordine degli avvocati presso il giudice competente a conoscere del merito. L’istanza deve contenere le enunciazioni in fatto e in diritto utili a valutare la fondatezza della pretesa. Il Consiglio dell’ordine degli avvocati, ammette al patrocinio a spese dello Stato, quando ragioni del non abbiente, risultino non manifestamente infondate. Il soggetto ammesso al patrocinio, può nominare un difensore di sua fiducia scelto tra gli iscritti ad uno degli albi degli avvocati. I compensi a favore del difensore sono corrisposti dallo Stato in misura della metà dei valori medi delle tariffe professionali. 32.. CONCLUSIONI DESUMIBILI DALLA DISCIPLINA DELLE NULLITA’ FORMALI E EXTRAFORMALI. Affinché il processo si concluda con una sentenza di merito sul diritto fatto valere dall’attore legittimato, la legge prevede strumenti idonei a depurarlo da eventuali vizi formali o extraformali. Il processo dovrebbe concludersi con una sentenza di mero rito nelle sole ipotesi di nullità dell’atto introduttivo per mancata indicazione o incertezza del diritto fatto valere, di difetto di legittimazione ad agire, di difetto di interesse ad agire. In tema di rinnovazione degli atti nulli ci sono i seguenti articoli: • 382, 392, 44 e 50 cpc, secondo cui il processo iniziato davanti ad un giudice incompetente, può proseguire innanzi al giudice competente; • 102, 331 cpc, secondo cui la domanda o l’impugnazione proposta nei confronti di solo alcune delle più parti che devono partecipare al giudizio necessariamente, è idonea, se il vizio è sanato, ad impedire decadenze sostanziali e processuali e a produrre tutti gli altri effetti sostanziali e processuali.

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1641,,2,3 e 291 cpc, attribuiscono efficacia retroattiva alla sanatoria costituita dalla rinnovazione della citazione inerente alla vocatio in ius. • 426, 427, 439, secondo cui la causa erroneamente introdotta nelle forme del rito speciale o ordinario, può proseguire se entro termini fissati dal giudice, viene riproposta nelle forme ad essa proprie. Queste disposizioni prevedono sanatorie retroattive: vizi processuali non impediscono gli effetti del processo e della domanda se vengono sanati entro un termine fissato dal giudice o dalla legge.

1. PREMESSA. Al processo possono partecipare più di due parti (litisconsorzio). 2. LITISCONSORZIO NECESSARIO. È il caso in cui il processo deve svolgersi necessariamente tra più parti. L’articolo 102 cpc, prevede che queste devono agire o essere convenute, nello stesso processo: se questo è promosso da alcune o contro alcune di queste, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito. Alcune ipotesi di litisconsorzio necessario sono espressamente previste dalla legge: all’articolo 784 cpc per l’azione di divisione, al 247 cpc per l’azione di disconoscimento della paternità, al 29002 cc per l’azione surrogatoria. La giurisprudenza ritiene che litisconsorzio necessario si abbia anche al di là delle ipotesi espressamente previste dalla legge. 3. …SEGUE: AMBITO DI APPLICAZIONE . L’articolo 102 cpc, trova applicazione in tre serie di ipotesi: • Quelle in cui la domanda è proposta da un LEGITTIMATO STRAORDINARIO; • Quelle in cui è dedotto un RAPPORTO PLURISOGGETTIVO; • Quelle di STRETTA OPPORTUNITÀ. 4. …SEGUE: LEGITTIMAZIONE STRAORDINARIA . Se la domanda è stata proposta da un legittimato straordinario, si ritiene che al processo debba partecipare anche il legittimato ordinario cui il legittimato straordinario si è sostituito, in quanto oggetto del processo e del giudicato è il diritto del primo. 5. …SEGUE: RAPPORTO PLURISOGGETTIVO . Le ipotesi in cui il diritto da dedurre è un rapporto plurisoggettivo, sono le più complesse. Vi rientrano le azioni relative agli status familiari, alle azioni di impugnazione negoziale di un contratto plurilaterale, alle domande dirette ad ottenete la costituzione di servitù su fondi di comproprietà. Anche se il diritto vivente esclude la possibilità di limitare il litisconsorzio necessario ai casi previsti dalla legge, il diritto positivo esclude che ogni volta che si deduca in giudizio un rapporto plurisoggettivo ci sia litisconsorzio necessario. L’articolo 1306 cc stabilisce che in ipotesi di obbligazioni solidali, anche fondate sulla comunione, e di obbligazioni indivisibili, la sentenza pronunciata nei confronti di uno solo dei contitolari, ha efficacia a favore, ma non contro, i contitolari che non hanno partecipato al processo. Questa disposizione presuppone che il processo possa svolgersi tra un solo con creditore e il debitore, e viceversa, quindi che in presenza di rapporti plurisoggettivo, il processo possa validamente svolgersi senza la partecipazione di tutte le parti del rapporto sostanziale. La giurisprudenza e la dottrina, hanno accolto una soluzione che afferma che in ipotesi di deduzione in giudizio di un rapporto costitutivo, si abbia litisconsorzio necessario solo se è esercitata una azione costitutiva. Questa tesi però non convince e si è prospettata una ulteriore tesi, che parte dall’articolo 1306 cc, in quanto esso si applica alle obbligazioni solidali e alle obbligazioni indivisibili; si dedurrebbe che in ipotesi di deduzione in giudizio di un rapporto plurisoggettivo, si ha litisconsorzio necessario sempre e solo che il rapporto sia indivisibile e non sia possibile applicare la disciplina del 1306cc.

CAPITOLO XI

PROCESSO CON PLURALITA’ DI PARTI 32

necessario, è sanata dal passaggio in giudicato formale della sentenza, che non produce effetti nei confronti dei litisconsorti pretermessi. Ciò indipendentemente dal fatto che l’azione fatta valere sia costitutiva, di condanna o di mero accertamento. 6. …SEGUE: ESEMPI. Si ha litisconsorzio necessario se è proposta domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto do compravendita, in cui una delle parti è composta da più soggetti (articolo 2932 cc). Lo stesso accade se si propone domanda di annullamento di tale contratto. In generale in ipotesi dirette ad accertare l’efficacia reale o inefficacia reale (nel senso dell’articolo 1376 cc) di un contratto bilaterale a parte collettiva a prestazioni corrispettive, si ha litisconsorzio necessario, poiché l’efficacia reale, deve prodursi nei confronti di tutti e il carattere corrispettivo, esclude che l’esito del processo possa essere assoggettato a quella valutazione su cui si fonda il 1306 cc. Altro esempio: se agisce in giudizio sulla base dell’articolo 2932 cc, solo uno dei promissori acquirenti, e ottiene una sentenza che produce gli effetti del contratto di compravendita non concluso, all’effetto favorevole per gli acquirenti che non hanno partecipato, si affianca l’effetto sfavorevole, obbligo di pagare il prezzo. Il carattere di interdipendenza delle prestazioni del contratto non concluso, esclude che l’esito del processo possa essere valutato in termini unicamente favorevoli o unicamente sfavorevoli come richiede l’articolo 1306 cc. Esempio: nel caso di annullamento di un contratto bilaterale a parte collettiva ad effetti obbligatori (compresa la compravendita di cose determinate solo nel genere o di beni mobili fungibili) non si ha litisconsorzio necessario poiché il rapporto è divisibile. Sulla base di questo criterio, che fa perno sull’articolo 1306 cc, si ha litisconsorzio necessario in ipotesi di azioni reali dirette ad ottenere la costituzione di un diritto reali di godimento contro più soggetti, e in ipotesi di domande dirette ad ottenere la costituzione, modificazione, o estinzione di status familiari o effetti reali,come il passaggio dalla proprietà indivisa alla proprietà divisa. 7. …SEGUE: IPOTESI DI STRETTA OPPORTUNITA’ . Sono le ipotesi previste dalla legge, per ragioni di opportunità. Vi rientra la partecipazione necessaria del responsabile del danno al giudizio contro l’assicuratore nell’azione di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli; la partecipazione necessaria dei creditori opponenti al giudizio di divisione (art. 784 cpc). Queste ipotesi sono di stretta interpretazione, cioè non possono dar luogo ad ulteriori ipotesi di litisconsorzio necessario rispetto a quelle espressamente previste. 8. …SEGUE: DISCIPLINA PROCESSUALE . Se la domanda non è proposta nei confronti di tutti i litisconsorzi necessari, è prevista una fattispecie di sanatoria a carattere retroattivo. rilevato d’ufficio il vizio, il giudice ordina alle parti di integrare il contraddittorio entro un termine perentorio (art 102 2 cpc): se nessuna delle parti provvede ad ottemperare l’ordine del giudice, il processo si estingue (art. 3073 cpc) con pronuncia d’ufficio con ordinanza dal giudice istruttore o con sentenza del giudice monocratico (art. 3074 cpc). Il vizio si sana, anche se il litisconsorte necessario pretermesso interviene volontariamente (art. 2682 cpc). Il vizio di mancata integrità del contraddittorio, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Se è rilevato in appello o in cassazione, comporta sempre l’annullamento della sentenza viziata e la rimessione della causa al giudice di primo grado, davanti al quale il processo deve essere riassunto entro il termine di 6 mesi dalla notificazione della sentenza. La domanda giudiziale, anche se proposta nei confronti di alcuni dei litisconsorti necessari, produce effetti sostanziali e processuali. La sentenza passata in giudicato, pronunciata in assenza di un litisconsorte necessario, secondo la dottrina è «inutiler data», cioè la sentenza non è idonea a produrre i suoi effetti, né nei conforti del litisconsorte pretermesso, né nei confronti delle parti fra le quali si è svolto il processo. Questo è un vizio che non è coperto dal principio della conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione (art. 1611 cpc) e sopravvive al giudicato. A questa conseguenza, si sottraggono le ipotesi di litisconsorzio necessario per ragioni di opportunità, per le quali, la violazione del litisconsorzio

LITISCONSORZIO FACOLTATIVO: Il processo può svolgersi o meno tra più parti. Il rapporto dedotto in giudizio intercorre tra più persone. • CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI QUESTIONI DI FATTO O DI DIRITTO; • CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI FATTO COSTITUTIVO; • CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI RAPPORTO PLURISOGGETTIVO (casi che non rientrano nell’articolo 1306 cc);  Obbligazioni Solidali a causa comune;  Obbligazioni Indivisibili;  Obbligazione derivata da violazione di un d. reale in comunione;  Impugnazione di delibere assembleari. • CONNESSIONE PER INCOMPATIBILITA’; • CONNESSIONE PER ALTERNATIVITÀ; • CONNESSIONE PER PREGIUDIZIALITA’;  Garanzia: • Propria o Per Evizione o Trasferimento dei diritti; o Per vincoli di coobligazione; • Impropria o Per Assicurazione sulla responsabilità civile; o Vendite a Catena. 9. CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI QUESTIONI DI FATTO O DI DIRITTO . Ci sono ipotesi in cui il processo, non deve, ma può svolgersi tra più parti (LITISCONSORZIO FACOLTATIVO), e sono ipotesi in cui vengono dedotti in giudizio rapporti giuridici che corrono tra più di due parti. In ordine crescente per intensità del vincolo tra le cause, viene per prima la Connessione per identità di questione di fatto o di diritto, litisconsorzio facoltativo improprio di cui all’articolo 103 1, ultima parte, cpc, le cause sono connesse perchè la decisione dipende dalla risoluzione di identiche questioni. Questa ipotesi, si verifica frequentemente nel settore delle controversie di lavoro: se più lavoratori agiscono contro lo stesso datore di lavoro per far valere diritti similari, ciascuno di essi deduce in giudizio un diritto distinto e autonomo, fondato su una distinta causa petendi, contratto di lavoro, ma la pronuncia sull’an del diritto azionato, dipende dall’interpretazione della stessa norma giuridica, o dallo stesso contratto collettivo. In ipotesi di domande giudiziali connesse per identità di questioni di fatto o di diritto, il simultaneus processus, assicura che l’accertamento degli stessi fatti, avvenga in modo uniforme ed esclude la possibilità che si formino accertamenti di fatti simili tra loro contrastanti. Il nostro ordinamento, tollera la disarmonia tra precedenti giudiziali dei giudici di merito, poiché essi non vincolano il giudice che affronta successivamente identiche questioni di fatto o di diritto, ne deriva che la giustificazione dell’attuazione del simultaneus processus in cause connesse per identità di fatto o di diritto, risiede nell’economia di giudizi, in quanto

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il cumulo processuale consente al giudice chiamato in ciascuno autonomo giudizio, di compiere determinate attività, una sola volta: questo valore cede se entra in conflitto con la rapidità delle decisioni. Il giudice può separare le cause cumulate dalle parti, o da lui in precedenza riunite, qualora la loro trattazione e decisione congiunta impedisca il celere svolgimento del processo (art. 103 2 e 2792, n 5, cpc). 10. CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI FATTO COSTITUTIVO. Si ha questo tipo di connessione nel caso di esistenza di più rapporti giuridici distinti, che hanno la loro fonte nel medesimo fatto costitutivo. Esempio: più autonomi diritti al risarcimento dei danni possono avere parte della loro fonte, nel medesimo fatto illecito. Se essi vengono dedotti in giudizio dai più danneggiati contro il danneggiante, si a connessione per mera identità di causa petendi tra domande proposte tra parti diverse. In questo tipo di litisconsorzio facoltativo, la trattazione e la decisione congiunte delle cause connesse, servono all’armonia delle decisioni, sotto il profilo dell’esigenza di evitare un contrasto di precedenti giurisprudenziali: questo valore cede di fronte al valore della ragionevole durata del processo se entra in conflitto con questo. Il giudice può separare le cause cumulate dalle parti o da lui in precedenza riunite, qualora la loro trattazione e decisione impedisca il celere svolgimento del processo (art. 1032 e 2792, n 5, cpc). 11. CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI RAPPORTO PLURISOGGETTIVO . Questa è l’ipotesi che rientra nello schema della connessione per identità di oggetto e comprende i casi in cui la deduzione in giudizio di un rapporto plurisoggettivo non dà luogo a litisconsorzio necessario: questi casi trovano la loro disciplina nell’articolo 1306 cc. 12. …SEGUE: OBBLIGAZIONI SOLIDALI A CAUSA COMUNE E OBBLIGAZIONI INDIVISIBILI . Vi rientrano le obbligazioni solidali a causa comune, che trovano la loro fonte nel medesimo fatto, modo di acquisto a titolo originario o contratto, e si dividono nei rapporti interni tra i diversi condebitori o tra i diversi con creditori. Vi rientrano anche le obbligazioni indivisibili. Esempio: più compratori di uno stesso bene fungibile sono debitori solidali dell’intero prezzo, nei confronti dell’unico venditore e concreditori dell’obbligazione indivisibile alla consegna del bene. L’articolo 1306 cc, si applica ad entrambi i rapporti plurisoggettivi (obbligo di pagare il prezzo, obbligo alla consegna del bene) poiché la disciplina dal codice civile per le obbligazioni sociali per espresso richiamo dell’articolo 1317 cc, si estende anche alle obbligazioni indivisibili. 13. …SEGUE: OBBLIGO DERIVATO DALLA VIOLAZIONE DI UN DIRITTO REALI E IN COMUNIONE. Nella connessione per identità di rapporto plurisoggettivo dedotto in giudizio, vi rientra anche l’obbligo derivato dalla violazione di un diritto reale di cui siano contitolari più soggettivi (art. 1100 ss. Cc). 14. …SEGUE: IMPUGNAZIONE DI DELIBERE ASSEMBLEARI . Un’altra ipotesi prevista dalla legge in cui non trova applicazione l’istituto del litisconsorzio necessario ma ciascun contitolare può agire o essere convenuto da solo in giudizio, è disciplinata agli articoli 2377 e 2378 cc, che dettano norme per l’impugnazione di delibere assembleari nelle società per azioni. La regola generale è contenuta nell’articolo 2377 1 cc che dice che le delibere delle assemblea, prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo, vincolano tutti i soci, anche non intervenuti o dissenzienti. Le delibere che non sono prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo, possono essere impugnate dai soci dissenzienti o assente entro 3 mesi dalla data di deliberazione o entro 3 mesi dall’iscrizione. Dall’articolo si desume che ciascun socio assente o dissenziente può impugnare la delibera senza la necessaria partecipazione di tutti gli altri soci legittimati ad agire e l’annullamento della delibera ha effetto rispetto a tutti i soci. L’articolo 2378 3 cpc, infatti, stabilisce che se più soci assenti o dissenzienti, impugnano la delibera, proponendo più domande connesse per identità di petitum e di causa petendi, tutte le impugnazioni relative alla stessa delibera devono essere istruite congiuntamente e decise con un'unica sentenza.

15. …SEGUE: DISCIPLINA. In tutti questi casi, il rapporto plurisoggettivo, può essere dedotto in giudizio fa uno o contro uno solo dei contitolari, senza determinare l’invalidità del processo. Ciò comporta il rischio di giudicati contraddittori se il rapporto è dedotto in giudizio in tempi diversi. Se invece lo stesso rapporto plurisoggettivo viene dedotto in giudizio disgiuntamente ma contestualmente, la trattazione e la decisione congiunta è favorita al massimo al fine di evitare il formarsi di giudicati contraddittori. L’unica norma che prevede l’obbligo di riunire le cause è l’articolo 23783 cc: l’obbligo del simultaneus processus, esclude il potere di separare le cause cumulate fin dall’inizio o riunite successivamente. Questa disciplina da origine ad una terza specie di litisconsorzio, che è detto unitario, o quasi necessario, che si colloca a metà strada tra il litisconsorzio necessario e il litisconsorzio facoltativo: è facoltativo in quanto alla sua instaurazione (ciascun soggetto può agire disgiuntamente), mentre è necessario quanto al suo svolgimento (la trattazione e la decisione delle più cause devono essere congiunte). 16. CONNESSIONE PER INCOMPATIBILITA’ . Rientra nello schema della connessione per identità di petitum, ed è costituita da domande aventi ad oggetto rapporti autonomi (cioè non legati da nessi di dipendenza giuridica sul piano sostanziale) e incompatibili (cioè relativi allo stesso bene) correnti tra soggetti diversi. Esempio: Tizio agisce in rivendicazione di un fondo nei confronti di Caio; in un distinto giudizio, Sempronio agisce in rivendicazione dello stesso fondo sempre nei confronti di Caio. L’esigenza di evitare il formarsi di giudicati contraddittori impone l’applicazione analogica dell’art. 2378 3 cc (obbligo di riunione; impossibilità di separazione), sempre che ciò sia possibile perchè le domande sono proposte nello stesso arco di tempo. La sentenza, in ogni caso, non manifesta efficacia a favore o contro i terzi che si affermino titolari di autonomi e incompatibili rapporti rispetto al rapporto oggetto immediato della sentenza resa tra le parti. L’accertamento giudiziale della proprietà di Tizio non esplica efficacia sulla proprietà vantata da Sempronio. Sempronio può subire un pregiudizio di fatto, poiché il giudicato in favore di Tizio crea incertezza sul suo diritto di proprietà. Per eliminare questo tipo di incertezza, ai terzi titolari di diritti autonomi e incompatibili, sono riconosciuti due rimedi: Intervento volontario principale nel giudizio di primo grado (art. 105 1 e 268 cpc) o d’appello: è un rimedio preventivo. Il terzo fa valere immediatamente il proprio diritto autonomo e incompatibile. Ha tutti i poteri di chi propone domanda giudiziale. La sentenza statuisce anche sul diritto del terzo dichiarando chi è titolare esclusivo del diritto. Opposizione di terzo ordinaria (art. 4041 cpc): è un rimedio successivo. È un mezzo di impugnazione straordinario esperibile contro le sentenze esecutive e in genere contro le sentenze passate in giudicato, non sottoposte ad alcun termine di decadenza; è un rimedio facoltativo la cui esperibilità non preclude al terzo, non intervenuto, di agire in via autonoma a tutela del proprio diritto. Il vantaggi odi questo mezzo è la sua idoneità, quale mezzo di impugnazione, ad eliminare la sentenza resa tra le parti, mentre lo svantaggio è dato dalla possibile perdita di un grado di giudizio. 17. CONNESSIONE PER ALTERNATIVITÀ. È la terza ipotesi di connessione per identità di oggetto, e si realizza, ad esempio, quando l’attore, incerto sul titolare passivo del rapporto, propone domanda giudiziale contro due o più soggetti chiedendo di accertare chi tra questi è davvero l’autore del fatto illecito al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni.

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La connessione per alternatività, che è una sottospecie della incompatibilità, può investire non solo il lato passivo, ma anche quello attivo: ad esempio, un debitore agisce nei confronti di più soggetti al fine di accertare chi tra questi è davvero il titolare del credito. Il cumulo di domande per alternatività si realizza spesso a seguito della contestazione da parte del convenuto della titolarità del rapporto, tramite la chiamata in causa del terzo indicato quale effettivo titolare. 18. CONNESSIONE PER PREGIUDIZIALITA’ . Questa ipotesi si realizza, quando il rapporto pregiudiziale corre tra A e B, mentre il rapporto pregiudicato corre tra soggetti in parte diversi: A e C, B e C. Questo schema si presenta di frequente nel caso in cui i vizi di un contratto, sono opponibili al terzo subacquirente. Esempio: il venditore agisce per l’annullamento di un contratto di compravendita e cumula nello stesso processo la domanda di restituzione del bene nei confronti del terzo avente causa a titolo gratuito dal compratore. Le domande sono connesse per pregiudizialità, poiché l’annullamento del contratto fa venir meno l’acquisto del terzo e concorre a costituire l’obbligo di questi di restituire il bene al primo venditore. In questo settore vi rientra la Garanzia. 19. GARANZIA. Sotto il profilo processuale, la garanzia si attua ogni volta che il convenuto nel processo originario (garantito), fa valere nei confronti di un terzo (garante) la pretesa di essere tenuto indenne dalle conseguenze economicamente svantaggiose della sua eventuale sconfitta processuale. L’interesse ad agire in garanzia, sorge solo quando accolta la domanda principale, il convenuto è condannato ad adempiere, e adempie, ma l’azione di garanzia, o di regresso, può essere esercitata in un momento anteriore: in tal caso la domanda di garanzia è eventuale, o subordinata, ed è esaminata se è accolta la domanda principale. La condanna del garante, può così avvenire contestualmente alla condanna del garantito. Se la domanda principale è rigettata, la domanda di garanzia è assorbita, cioè non viene esaminata. Ai fini processuali della garanzia, si riferiscono gli articoli 32, 106, 108, 331, 332 cpc. L’articolo 106 cpc, prevede la chiamata in causa su istanza di parte del garante. Per favorire il processo simultaneo sulla domanda principale su quella di garanzia, l’articolo 32 cpc consente la proposizione dell’azione di regresso davanti al giudice competente per la causa principale, anche in deroga ai criteri di competenza per territorio. L’articolo 108 cpc, prevede l’estromissione del garantito. Le fattispecie di diritto sostanziale che giustificano la domanda di garanzia, sono eterogenee. Non rientrano le garanzie reali (pegno e ipoteca), né le garanzie personali (fideiussione), in quanto l’azione del creditore nei confronti del terzo datore di pegno o ipoteca, non è qualificabile come azione di garanzia o regresso. 20. …SEGUE: TRASFERIMENTO DEI DIRITTI . Un primo gruppo della fattispecie è la garanzia per evizione, o garanzia da trasferimento dei diritti (artt. 1483, 1266 cc). La garanzia per evizione, consente al compratore che ha subito l’evizione totale o parziale della cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatto valere su di essa, di essere risarcito dei danni da parte del venditore. Il diritto del compratore alla garanzia dipende dall’esistenza, oltre che del contratto di compravendita, di un diritto del terzo sul bene compravenduto: ciò che rivela la sussistenza di una relazione di pregiudizialità tra i due diritti. Il compratore, convenuto dal terzo, ha l’onere di chiamare in garanzia il venditore per consentirgli l’esercizio pieno del diritto di difesa e per evitare che questo possa sottrarsi al diritto dipendente di garanzia. 21. …SEGUE: VINCOLI DI COOBLIGAZIONE . Un secondo gruppo di fattispecie è dato dalla garanzia da vincoli di coobligazione. Vi rientra il caso in cui il fideiussore, convenuto in giudizio dal creditore, propone azione di regresso nei confronti del debitore principale, e le ipotesi di obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo in cui il vincolo di solidarietà è nell’interesse esclusivo di uno solo dei coobligati, oltre che del creditore.

In questa prospettiva, il fideiussore compare come garantito. Proponendo domanda di garanzia nel processo originario, il fideiussore può, in caso di propria condanna ottenere a sua volta la condanna del debitore. L’esecuzione della condanna è subordinata all’adempimento della prestazione nei confronti del creditore da parte del fideiussore garantito. I rapporti tra obbligo del fideiussore e diritto di regresso di questi contro il debitore principale è una forma di pregiudizialità. Se da un lato il rapporto giuridico tra creditore e fideiussore è pregiudiziale rispetto al diritto di regresso che il fideiussore vanta nei confronti del debitore principale, dall’altro lato l’obbligo fideiussorio a sua volta dipende dall’esistenza del rapporto di credito-debito principale. Questo duplice nesso di pregiudizialità, rende molto opportuna l’unione delle due cause: se le due azioni vengono proposte separatamente, non si può escludere che il fideiussore debba pagare al creditore, ma non possa poi riscuotere la somma dal debitore principale, se questi dimostri poi in un successivo processo, l’inesistenza del rapporto di credito-debito principale. 22. …SEGUE: ASSICURAZIONE SULLA RESPONSABILITA’ CIVILE . Un terzo gruppo di fattispecie è dato dalla assicurazione sulla responsabilità civile, che è diversa dalla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti: per questi ultimi, si prevede l’azione diretta del danneggiato contro la società assicuratrice, nonché il litisconsorzio necessario tra danneggiato, società assicuratrice e responsabile del danno. Nel caso in questione, se il danneggiato agisce nei confronti del danneggiante, questi, ha il diritto di agire in regresso nei confronti della società assicuratrice per essere tenuto indenne dalle conseguenze svantaggiose di una sua eventuale soccombenza. Se non esiste la responsabilità del convenuto, non esiste nemmeno l’obbligo dell’assicuratore: esiste il nesso di pregiudizialità. 23. …SEGUE: VENDITE A CATENA . Un quarto gruppo emerge dalle vendite a catena. Ad esempio, un imprenditore, vende un determinato bene al grossista, il grossista lo cede al dettagliante che lo vende al consumatore: quest’ultimo, agisce nei confronti del dettagliante perché il bene è affetto da vizi non apparenti; il dettagliante chiama in garanzia il grossista, che a sua volta chiama in causa l’imprenditore. In questo caso si ha pregiudizialitàdipendenza: l’esistenza e l’entità dell’obbligo del dettagliante di risarcire il danno al consumatore, è pregiudiziale al rapporto dettagliante-grossista e quest’ultimo è pregiudiziale al rapporto grossista imprenditore. Oltre alla connessione per pregiudizialità si profila anche una connessione per parziale identità di fatto costitutivo: il vizio del bene costituisce causa petendi comune alle più domande giudiziali. 24. …SEGUE: GARANZIA PROPRIA E IMPROPRIA . Con riferimento ai quattro gruppi di fattispecie delineati, la giurisprudenza è ferma nel distinguere tra garanzia propria (nella quale rientrano la garanzia per evizione e la garanzia per vincoli di coobbligazione) e la garanzia impropria che abbraccia le figure della responsabilità civile e della vendita a catena. 25. …SEGUE: ESTROMISSIONE DEL GARANTITO . Nel chiamare in causa il garante, il garantito può evitare di proporre immediatamente l’azione di regresso, ma limitarsi a denunciargli la lite. In questo caso, se le parti non si oppongono, il garantito può chiedere di essere estromesso dalla causa, sulla base dell’articolo 108 cpc. Il garantito estromesso perde la qualità di parte ed il processo prosegue nei confronti del solo garante, che sta in giudizio in nome proprio e per conto del garantito. All’estromissione del garantito, si affianca la sostituzione processuale del garante che costituisce l’ipotesi in cui la sostituzione processuale non dà luogo al litisconsorzio necessario. Il titolare del diritto oggetto del

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processo, può in via eccezionale legittimamente non partecipare al processo, subendo però l’efficacia della sentenza. La partecipazione al processo del garante ha lo scopo di rendergli opponibile il giudicato sul diritto pregiudiziale: ad esempio, il compratore o il fideiussore che non propone azione di regresso, ma si limita a denunciare la lite, rende opponibile al venditore o al debitore principale la sentenza che pronunci l’evizione o condanni il fideiussore al pagamento. Nel secondo e autonomo processo avente ad oggetto il diritto di regresso, il venditore non può più dimostrare che esistevano ragioni sufficienti per un diverso accertamento del rapporto pregiudiziale ed il debitore, non può più rimettere in discussione l’esistenza del credito-debito principale. La denuncia della lite, inoltre, consente al garantito l’esercizio del diritto di difesa in modo più completo, poiché il venditore o il debitore principale sono i soggetti che più di ogni altro sono a conoscenza dei fatti e delle prove con cui provocare il rigetto della domanda di evizione o di adempimento dell’obbligo fideiussorio. 26. LIMITI SOGGETTIVI DELLA SENTENZA CIVILE . In relazione ai limiti soggettivi della sentenza civile, sorgono problemi per stabilire se nel caso in cui il rapporto pregiudiziale è stato accertato in un precedente giudizio fra i soggetti legittimati, la sentenza esplica o meno efficacia nel secondo processo avente ad oggetto il rapporto dipendente di cui è titolare il terzo. Ad esempio, se un contratto traslativo viene annullato in un primo processo e l’attore vittorioso chiede in un secondo processo la restituzione del bene al terzo che lo ha acquistato a titolo gratuito dal convenuto, il terzo può rimettere in discussione l’annullabilità del titolo d’acquisto del proprio dante causa? Con la costituzionalizzazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa (artt 24 e 110 Costituzione), si è posto il problema di individuare se esiste efficacia riflessa per le sentenze sul rapporto pregiudiziale. L’articolo 2909 cc, limita l’autorità dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato alle sole parti e a chi è succeduto a titolo universale o particolare nel rapporto oggetto della sentenza dopo il suo passaggio in giudicato. Ci sono, però disposizioni che presuppongono un più vasto manifestarsi dell’efficacia della sentenza nei confronti dei terzi. L’articolo 404 2 cpc, consente entro margini ristretti ai creditori, e agli aventi causa, di rimuovere l’efficacia riflessa della sentenza da essi subita: essi devono dimostrare, in un giudizio di OPPOSIZIONE DI TERZO REVOCATORIA, che la sentenza resa sul rapporto pregiudiziale, è l’effetto di dolo o collusione delle parti a loro danno. 27. …SEGUE: INDICAZIONI DEL DIRITTO POSITIVO . Il diritto positivo, non offre una soluzione univoca: A. in alcune ipotesi, la stessa norma che fissa il nesso di dipendenza sostanziale tra i rapporti (ad esempio l’articolo 15953 cc che stabilisce che la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore) collega a tale nesso il manifestarsi della efficacia riflessa della sentenza nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente (la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui). B. In altre ipotesi, la norma che fissa il nesso di dipendenza sostanziale tra rapporti, non prevede nulla circa il manifestarsi dell’efficacia della sentenza nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente: è il caso della norma sugli effetti dell’annullamento del contratto nei confronti dei terzi (art. 1145 cc). C. In altre ipotesi, si prevede che il terzo titolare del rapporto di pendente, se non ha partecipato, o non è stato messo in condizione di partecipare al processo avente ad oggetto il rapporto pregiudiziale, possa sottrarsi al vincolo della precedente decisione, dimostrando nel secondo processo, relativo al rapporto dipendente, che esistevano ragioni sufficienti per un diverso accertamento del rapporto pregiudiziale: è il caso della Garanzia per Evizione. D. Infine, nelle ipotesi di pregiudizialità-dipendenza nelle obbligazioni solidali, si esclude che la sentenza resa sul rapporto pregiudiziale possa avere efficacia sfavorevole nei confronti del terzo coobbligato solidale, titolare del rapporto giuridicamente dipendente. Ad esempio, è da escludere che la sentenza che accerti l’esistenza del credito-debito principale, della

responsabilità del dipendente o del conducente o della società, possa avere efficacia contro il fideiussore, il padrone o committente, il proprietario dell’autoveicolo, il socio illimitatamente responsabile. 28. …SEGUE: SOLUZIONI PROSPETTATE IN DOTTRINA. Mentre l’indicazione dell’esempio D, non può essere generalizzata e rimane confinata nel settore della solidarietà, sulle altre indicazioni, sono state avanzate tre ipotesi di soluzione. • Efficacia Riflessa Forte; • Assenza di Efficacia Riflessa; • Efficacia Riflessa Debole. 29. …SEGUE: EFFICACIA RIFLESSA FORTE. Nell’intento di conservare i nessi di dipendenza sostanziale tra i rapporti, una prima tesi generalizza l’efficacia riflessa della sentenza nei confronti dei terzi titolari di rapporti dipendenti (tesi dell’efficacia riflessa forte): il nesso di dipendenza sosterrebbe sempre ed automaticamente tale efficacia, in forza del principio secondo il quale la sentenza ha efficacia soggettiva potenzialmente illimitata. Il terzo non intervenuto nel processo (intervento adesivo dipendente) potrebbe rimuovere gli effetti riflessi entro i limiti dell’OPPOSIZIONE DI TERZO REVOCATORIA. 30. …SEGUE: ASSENZA DI EFFICACIA RIFLESSA. Questa tesi, valorizza l’articolo 2909 cc, e la garanzia costituzionale del diritto di difesa al fine di escludere che dal nesso di dipendenza sostanziale, discenda l’efficacia riflessa nei confronti dei terzi titolari di rapporti dipendenti. Questa efficacia, sarebbe da relegare alle ipotesi espressamente previste dalla legge. 31. …SEGUE: EFFICACIA RIFLESSA DEBOLE . Questa tesi prospetta un’ipotesi di conciliazione tra manifestarsi dell’efficacia riflessa e la tutela del diritto di difesa del terzo. A tal fine, essa generalizza la soluzione adottata dall’articolo 1485 cc, e sostiene che la sentenza esplicherebbe si efficacia nei confronti di tutti i terzi, e quindi anche nei confronti dei terzi titolari di rapporti dipendenti, ma tale efficacia non sarebbe immutabile, non coperta da autorità di cosa giudicata. Nel secondo giudizio instaurato, i terzi potrebbero, infatti, ottenere la disapplicazione incidenter tantum della sentenza, dimostrandone l’ingiustizia, cioè che esistevano ragioni sufficienti per un diverso accertamento del rapporto pregiudiziale. Essi non sarebbero tenuti a dimostrare che la sentenza è effetto di dolo o collusione a loro danno e ad agire nei termini e secondo le forme proprie dell’OPPOSIZIONE DI TERZO REVOCATORIA . 32. …SEGUE: SINTESI CRITICA. Contro l’efficacia riflessa debole, si obietta che la nozione di efficacia della sentenza alla quale il terzo può sottrarsi previa dimostrazione della sua ingiustizia, è evanescente: dischiude una nuova integrale cognizione del rapporto precedentemente accertato, mitigato da una redistribuzione dell’onere probatorio a carico del terzo. Inoltre, questa tesi contrasta con l’articolo 404 cpc, che esclude la proponibilità dell’opposizione di un terzo in via incidentale, e legittima i terzi titolari di rapporti dipendenti alla sola OPPOSIZIONE DI TERZO REVOCATORIA, con la prova di dolo o collusione. Inoltre, le soluzioni che fanno perno sull’efficacia riflessa debole, o sull’assenza di efficacia riflessa, non considerano che l’esigenza di certezza costituisce un valore protetto dall’ordinamento. Contro l’efficacia riflessa forte, si obietta che essa non sarebbe sufficientemente rispettosa della garanzia costituzionale del diritto di difesa, poiché sacrificherebbe la tutela dei terzi titolari di rapporti dipendenti nei limiti dell’OPPOSIZIONE DI TERZO REVOCATORIA.

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In sintesi, l’efficacia riflessa, non si produce contro i terzi titolari di rapporti dipendenti coobbligati solidali con una delle parti del processo. Esiste una prassi giurisprudenziale che tende ad estendere questa soluzione a tutto il settore dei rapporti meramente obbligatori. L’efficacia riflessa debole, si produce nei casi espressamente previsti dalla legge (1485 cc). L’efficacia riflessa forte, si produce in materia di status e di circolazione dei beni immobili. 33. INTERVENTO VOLONTARIO . L’intervento volontario del terzo nel processo di cognizione di primo grado, è disciplinato dall’articolo 105 del codice di procedura civile. Il primo comma, prevede tre specie di intervento, accomunare dai seguenti elementi: • Il terzo propone una domanda giudiziale, facendo valere un diritto in giudizio; • La domanda è connessa con quella originaria per identità di oggetto o di titolo (fatto costitutivo); • La domanda è proponibile nei confronti di entrambe le parti del processo originario, o nei confronti di una sola di esse. Sulla base delle varie ipotesi di connessione tra parti diverse, è agevole distinguere tra varie specie di intervento: o Intervento Principale; o Intervento Adesivo Autonomo; o Intervento Adesivo Litisconsortile; o Intervento Adesivo Dipendente. 34. ..SEGUE: INTERVENTO PRINCIPALE . Se il terzo fa valere nei confronti di entrambe le parti del processo originario una domanda connessa per identità di oggetto, si ha Connessione per Incompatibilità. Ad esempio, in un giudizio di rivendicazione, il terzo interviene affermandosi proprietario del bene controverso. 35. …SEGUE: INTERVENTO ADESIVO AUTONOMO. L’articolo 1051 cpc disciplina il caso in cui il terzo fa valere nei confronti di una sola delle parti del processo originario una domanda connessa con quella originaria per identità di titolo. In questo caso di ha Connessione per Identità di Fatto Costitutivo. Esempio: il terzo interviene per far valere il suo diritto al risarcimento dei danni basato sullo stesso fatto illecito su cui si basa la domanda originaria proposta da un altro danneggiato. Se non interviene, il terzo non subisce l’efficacia della sentenza resa tra le parti originarie. Il suo intervento, si atteggia come un rimedio facoltativo previsto in funzione di economia processuale e di prevenire la formazione di precedenti giurisprudenziali contrari. Al terzo sono da riconoscere tutti i poteri propri di chi propone domanda giudiziale, del tutto indipendenti da quelli delle parti originarie salva la possibilità di potersi avvantaggiare delle prove relative al fatto costitutivo comune. 36. …SEGUE: INTERVENTO ADESIVO LITISCONSORTILE . Se il terzo fa valere nei confronti di una sola delle parti del processo originario, una domanda connessa con quella originaria per identità di oggetto e di titolo, si versa in una ipotesi di connessione per identità di rapporto plurisoggettivo, che dà luogo a litisconsorzio unitario. Esempio: il comproprietario interviene in un giudizio di rivendica iniziato da un altro comproprietario. Se il terzo non interviene, è soggetto solo alla efficacia favorevole, ma non a quella sfavorevole della sentenza pronunciata tra le parti del processo originario. Il suo intervento è facoltativo, previsto in funzione di prevenire la formazione di giudicati contraddittori perché relativi allo stesso rapporto plurisoggettivo. L’intervento, in questo caso, non determina un allargamento oggettivo del processo, ma solo l’idoneità della sentenza a produrre effetti sfavorevoli anche a danno del terzo intervenuto. 37. …SEGUE: INTERVENTO ADESIVO DIPENDENTE . È quello sperimentato dal terzo al fine di sostenere le ragioni di una delle parti, quando vi ha un proprio interesse (art. 105 2 cpc). La giurisprudenza e la dottrina, ritengono che:

Il termine interesse si riferisca, alla situazione sostanziale che legittima l’intervento, non all’interesse processuale ad agire di cui all’articolo 100 cpc; o Che tale situazione legittimante sia data dalla titolarità da parte del terzo di un diritto giuridicamente dipendente dal diritto oggetto del processo originario; o Che il terzo, con il suo intervento, non deduca il suo diritto in giudizio. La funzione dell’intervento adesivo dipendente, muta a seconda che si consideri il terzo, soggetto o meno all’efficacia riflessa della sentenza pronunciata sul rapporto pregiudiziale oggetto del processo originario. Se il terzo titolare del rapporto dipendente è soggetto all’efficacia riflessa della sentenza, l’intervento assolve la funzione di assicurare al terzo una tutela preventiva, consentendogli di partecipare al processo che sfocia nel provvedimento giurisdizionale, alla cui efficacia sarebbe comunque soggetto. Con l’intervento, il terzo è privato del rimedio successivo della opposizione di terzo revocatoria, o della possibilità di eccepire dolo o la collusione a fronte della richiesta di adempimento della parte vittoriosa, e di ottenere la disapplicazione della sentenza nei suoi confronti, provando che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda, se si versa nell’ipotesi di cui agli articoli 14851, 2859 e 2870 cc. Se il terzo titolare del rapporto dipendente non è soggetto alla efficacia riflessa della sentenza, l’intervento assolve al funzione di consentire che il rapporto pregiudiziale sia accertato fra i legittimi contraddittori con efficacia vincolante anche nei confronti del terzo. In tal caso, il terzo può essere interessato ad intervenire al fine di prevenire il formarsi di un mero precedente giurisprudenziale sfavorevole, o di accertare nel contraddittorio di entrambi i legittimi contraddittori, l’esistenza o il modo di essere del rapporto pregiudiziale. o

38. …SEGUE: POTERI PROCESSUALI DELL’INTERVENIENTE ADESIVO DIPENDENTE . Se l’interveniente ha legittimazione straordinaria egli ha tutti i poteri propri delle parti, compreso il potere di autonoma impugnazione della sentenza. Se l’interveniente non ha la legittimazione straordinaria, nell’ambito del processo di primo grado ha pieni poteri istruttori, ha il poter di allegare al processo fatti posti a fondamento di eccezioni rilevabili d’ufficio, mentre al giurisprudenza è ferma nel negare all’interveniente adesivo dipendente, la legittimazione ad impugnare. 39. CHIAMATA IN CAUSA SU ISTANZA DI PARTE . È prevista dall’articolo 106 cpc, che stabilisce che ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita. Con la chiamata in causa, la parte può proporre domanda giudiziale contro il terzo, oppure può semplicemente denunciargli la lite. La chiamata in causa su istanza di parte, trova applicazione nella: o Connessione per Alternatività; o Connessione per Identità di Fatto Costitutivo; o Connessione per Identità di Rapporto Plurisoggettivo; o Connessione per Pregiudizialità. 40. …SEGUE: CONNESSIONE PER ALTERNATIVITA’ . E’ uno dei settori di maggiore applicazione dell’articolo 106 cpc. In questo ambito, bisogna distinguere tra chiamata in causa del terzo pretendente, e la chiamata in causa del terzo obbligato. La prima figura, rientra tra gli atteggiamenti difensivi del convenuto. Con la chiamata in causa del terzo pretendente, egli non contesta di essere obbligato, ma contesta che l’attore sia il creditore. In questo caso il convenuto, propone una domanda di accertamento di un obbligo proprio. L’ammissibilità di questa figura, è confermata dall’articolo 109 cpc: se è controverso a quale di più parti spetti una prestazione che l’obbligato si dichiara pronto ad eseguire, questi può essere estromesso dal giudizio.

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Se invece il convenuto si difende contestando di essere il debitore ed indicando un terzo come il vero obbligato: egli nono può chiamare in causa quest’ultimo, poiché non produrrebbe domanda di accertamento di un obbligo proprio, ma bensì farebbe valere in giudizio un diritto dell’attore. Il suo difetto di legittimazione ad agire è lampante. La chiamata in causa del terzo obbligato è ad istanza dell’attore. 41. …SEGUE: CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI FATTO COSTITUTIVO . Trova applicazione, maggiormente nel settore dei crediti e delle obbligazioni parziarie. Esempi: In caso di pluralità di debitori, un debitore convenuto contesta il fatto costitutivo del credito e gli atri condebitori pro quota possono essere chiamati in causa ad istanza dell’attore; in caso di pluralità di creditori, il debitore convenuto può chiamare in causa gli altri concreditori pro quota per vedere respinte tutte le domande proponibili sulla base dello stesso fatto costitutivo. Rientra in questa fattispecie, il fatto illecito che, convenuto in giudizio da parte di un danneggiato, chiami in causa anche un altro danneggiato dallo stesso fatto illecito, per vedere accertata una volta per tutte la propria assenza di colpa o di responsabilità. 42. …SEGUE: CONNESSIONE PER IDENTITA’ DI RAPPORTO PLURISOGGETTIVO . Questa fattispecie trova applicazione, in particolar modo per le obbligazioni solidali o indivisibili a causa comune. Esempi: un obbligato, convenuto in giudizio da un concreditore, chiama in causa gli altri concreditori proponendo domanda di accertamento negativo nei loro confronti, per ottenere una sentenza di rigetto che abbia efficacia anche contro di loro; un concreditore solidale convenuto in giudizio, contesta il fatto costitutivo e il creditore chiama in causa gli altri condebitori per ottenere una sentenza che abbia efficacia anche contro di loro. 43. …SEGUE: CONNESSIONE PER PREGIUDIZIALITA’ . In questo settore, vengono in considerazione innanzi tutto, la chiamata in causa del venditore dell’articolo 1485 cc, del terzo datore di ipoteca o del terzo acquirente dell’immobile ipotecato. In questi casi, la mera chiamata in causa dei terzi, senza proposizione di alcuna domanda nei loro confronti, assolve la funzione di rendere loro opponibile il giudicato sul rapporto previdenziale. C’è poi la chiamata in causa dei terzi titolari di diritti dipendenti che non sarebbero altrimenti soggetti ad alcuna efficacia della sentenza resa sul rapporto pregiudiziale: ad esempio, la chiamata in causa della società assicuratrice da parte dell’assicurato danneggiante; chiamata in causa del fideiussore da parte del creditore che abbia agito contro il debitore principale. 44. CHIAMATA IN CAUSA SU ORDINE DEL GIUDICE . è disciplinato dall’articolo 107 cpc. La chiamata in causa del terzo, su istanza di parte o su ordine del giudice, è sempre un atto avente la forma di citazione, cui provvede una delle parti originarie. La chiamata causa su ordine del giudice è subordinata alla valutazione preventiva di questi, sulla opportunità che il processo si svolga anche nei confronti del terzo al quale la causa è comune. Inoltre, se nessuna delle parti origina ottempera all’ordine di chiamata, la causa è cancellata dal ruolo e il processo si estingue se entro un anno nessuna delle parti originarie lo riassume, citando anche il terzo. La chiamata in casua del terzo per ordine del giudice, può essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore, cioè non è soggetta alle preclusione degli articoli 167, 183 e 269 cpc, per l a chiamata in causa di un terzo su istanza di parte. 45. …SEGUE: AMBITO DI APPLICAZIONE . L’ambito di applicazione dell’articolo 107 cpc, non è ben delineato, ma secondo la dottrina prevalente riguarda le seguenti ipotesi: o Connessione per Alternatività; o Terzo Titolare di Rapporto Pregiudiziale; o Terzo Titolare di Rapporto Dipendente; o Terzo Contitolare di un Rapporto Plurisoggettivo.

46. …SEGUE: CONNESSIONE PER ALTERNATIVITA’ . Vi trova applicazione, sia in ipotesi di contestazione della titolarità passiva del rapporto (stante il rischio che a seguito della trattazione separata delle controversi, l’attore risulti soccombente nei confronti del primo e del secondo convenuto), sia in ipotesi di contestazione, della titolarità attiva del rapporto (stante il rischio opposto di una doppia soccombenza del convenuto). La chiamata in causa per ordine del giudice, si rivela opportuna se l’esigenza di far partecipare il terzo al processo sorge dopo la scadenza dei termini di cui agli artt. 167, 183 e 269 cpc (ad esempio a seguito di risultanze istruttorie), altrimenti non vi è ragione di non affidarsi al potere di chiamata delle parti. 47. …SEGUE: TERZO TITOLARE DI RAPPORTO PREGIUDIZIALE . Una seconda ipotesi di applicazione dell’articolo 107 cpc, è il caso in cui il terzo sia titolare di un rapporto pregiudiziale a quello dedotto in giudizio. Ad esempio, il creditore agisce contro il fideiussore: al rapporto creditore-fideiussore è pregiudiziale il rapporto creditore-debitore principale; l’istituto previdenziale agisce contro il datore di lavoro per omissione contributiva, al rapporto pregiudiziale è pregiudiziale il rapporto di lavoro subordinato al terzo. In questa ipotesi, la partecipazione del terzo al processo, può essere opportuna non solo per prevenire il rischio di contrasto tra giudicati, ma anche per pervenire ad un corretto accertamento del rapporto pregiudiziale controverso, attraverso le allegazioni e le deduzioni probatorie del terzo. Secondo l’opinione prevalente in dottrina, a seguito della chiamata in causa del terzo, il rapporto pregiudiziale di cui egli è titolare, è accertato con autorità di cosa giudicata. 48. …SEGUE: TERZO TITOLARE DI RAPPORTO DIPENDENTE. È il caso in cui il terzo è titolare di un rapporto dipendente da quello dedotto in giudizio. Se il giudice si rende conto che e le parti fanno un cattivo uso dei loro poteri processuali, e sospetti la presenza di dolo o di una collusione a danno di terzi che sarebbero soggetti alla efficacia della sentenza, è opportuno che ordini la partecipazione del terzo al processo, per garantire l’effettività del suo diritto di difesa, e per prevenire l’emanazione di una sentenza viziata da dolo o collusione, impugnabile a norma dell’articolo 4042 cpc. 49. …SEGUE: TERZO CONTITOLARE DI RAPPORTO PLURISOGGETTIVO . è l’ipotesi in cui il terzo sia contitolare del rapporto plurisoggettivo dedotto in giudizio. Se il giudice avverte che il principio del contraddittorio funziona male (perché ad esempio il contitolare del rapporto originario non è in grado di sopportare da solo il peso di un processo relativo ad un oggetto collettivo) è opportuno che egli ordini la chiamata in causa di un contitolare confidando nelle sue allegazioni e deduzioni probatorie, per prevenire l’emanazione di una sentenza ingiusta. 50. …SEGUE: POSSIBILE COMPRESSIONE DEL PRINCIPIO DELLA DOMANDA . La chiamata in causa per ordine del giudice assolve la funzione di assicurare il corretto funzionamento del principio del contraddittorio, qualora a tale scopo si renda necessario un aumento delle parti del processo. Un risvolto della sua applicazione, è una possibile compressione del principio della domanda. La compressione è minima nelle ultime due ipotesi prese in considerazione, poiché l’oggetto del processo rimane inalterato e la chiamata in causa per ordine del giudice, incide solo sulla qualità degli effetti della sentenza nei confronti del terzo. Nella seconda ipotesi presa in considerazione, la compressione del principio della domanda, è tollerabile, poiché il rapporto pregiudiziale doveva in ogni caso essere conosciuto incidenter tantum e la chiamata del terzo comporta che tale accertamento sia coperto da autorità di cosa giudicata.

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