Rune Nordiche
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le rune nordiche...
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By Lion885
I libri dell’altra scienza
RUNE NORDICHE
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MAGDALENA CALAND
RUNE NORDICHE Oracoli di passato, presente, futuro
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Grafica di copertina: Camelot Titolo originale: Voorspellen met Runen © Uitgeverij Schors, Amsterdam, Olanda 1997 Traduzione di Cristina Coronelli Proprietà letteraria riservata 200 Xenia Edizioni Via Carducci 31-20123 Milano Stampato in maggio 2000 per Xenia Edizioni da A.L.E. S.r.l. dì S. Vittore Olona (Mi) Questo libro è stampato su carta ecologica senza cloro tipo Biomaster prodotta dalla Cartiera di Toscolano
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INTRODUZIONE
Secondo gli storici, i primissimi abitanti dell’Europa Settentrionale proverrebbero dagli altipiani dell’Iran. Questo spiegherebbe l’influenza palesemente massiccia esercitata dalle condizioni climatiche e dalla struttura dei territori dove si sono insediati in seguito alla trasmigrazione etnica sulle loro convinzioni religiose e sul mutamento del loro stile di vita. Il paesaggio suggestivo quanto selvaggio che caratterizzava l’Europa Settentrionale, il sole di mezzanotte, la magica eppure algida aurora boreale e l’oceano con i flutti che s’infrangono impetuosi sulle alte scogliere e sui ghiacciai del Circolo Polare Artico devono essersi impressi nell’animo di quella gente, esattamente come i germogli che sbocciano in modo repentino e misterioso nel corso di una brevissima estate, il sole che non tramonta mai, il mare azzurro e i geyser. Non c’è da stupirsi se gli islandesi conservano vividi ricordi legati alle credenze dei primi abitanti dell’isola. Basta percorrere con lo sguardo il paesaggio umido e freddo per immedesimarsi nella visione degli antichi abitanti, convinti che il mondo fosse stato plasmato da una miscela unica e irripetibile di fuoco e ghiaccio. La mitologia nordica è accattivante e al tempo stesso tragica. Il filo conduttore va ricercato nell’imperituro ciclo in cui l’estate breve e ritemprante cede il passo all’inverno interminabile punteggiato da un clima rigidissimo, da tormente di neve, dalla grandine e dal ghiaccio. Sicuramente nessuno si meraviglia del fatto che le sue divinità mitologiche evocassero asperità e una spiccata crudeltà. Le tradizioni legate a queste figure non sono affatto idilliache e incantevoli come quelle degli abitanti dell’assolato meridione, dove i rami degli alberi sono ricolmi di frutti maturi e la gente può lasciarsi accarezzare dai raggi del sole in qualunque momento. Si evince che i nostri antenati giudicavano il freddo e il ghiacciò alla stregua di spiriti maligni, da cui ci si doveva proteggere il più possibile, giacché durante la caccia o la pesca gli uomini erano esposti a numerosi pericoli e alle insidie climatiche, e soffrivano a causa dei lunghi inverni gelidi, cupi e senza sole. Interpellati sulle modalità con cui è avvenuta la creazione del mondo, gli Scaldi o poeti norvegesi, i cui cantici vengono inanellati nell’Edda e nelle saghe, solevano rispondere che non esisteva né terra, né mare, né aria e ovunque dominavano le tenebre, laddove le persone si erano fatte un vago concetto circa la possibile presenza di entità potenti e invisibili, che governavano l’aspro clima e dettavano legge. Le divinità se le figuravano come creature superiori tali da guadagnarsi il loro ammirato stupore, poiché sembravano dar prova di maggiore abilità nel fronteggiare le crudelissime forze della natura onde garantirsi la sopravvivenza. Uno degli aspetti più pregnanti della mitologia norvegese era da ricercare nella convinzione del popolo secondo cui le divinità sarebbero appartenute a una stirpe mortale. Gli Asi (divinità) erano nati e pertanto se ne deduceva che i loro giorni sarebbero giunti al termine. Essendo stati generati da un miscuglio di elementi divini e demoniaci — incarnando quindi delle entità incomplete —, celavano, esattamente come gli uomini, il seme del decadimento, ed erano destinati a perire di morte naturale, pei poi raggiungere l’immortalità dell’anima. Chi si addentra nello studio dei miti e delle saghe dovrà fare i conti con il rischio di confondersi le idee. Questo significa che ciò che risultava valido in una particolare epoca, non sarebbe più stato in grado di soddisfare le aspettative della coscienza in espansione di un popolo vissuto in un’epoca successiva. Si tratta di un aspetto che affiora con la massima chiarezza nella descrizione dei tratti
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salienti delle numerose divinità, le cui qualità hanno subito nel corso del tempo una serie di mutamenti spesso profondi.
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I Riti e tradizioni delle popolazioni nordiche
Già durante l’età della pietra abbiamo assistito all’incontro fra due diverse culture: a volte questi incontri si sono manifestali con un certo vigore e a tratti hanno dato origine a una serie di «contaminazioni». La prima cultura era di stampo rurale, snella mente vincolata a un luogo ben preciso e che seppelliva i suoi figli vissuti costantemente entro i suoi confini. Le radici della seconda cultura affondavano nelle regioni iperboree, che all’epoca probabilmente non erano ancora completamente rivestite dal Circolo Polare Artico. Questa civiltà nomade costituita da pastori e cacciatori, armati di una scure a doppio taglio, era dedita a un culto del sole e non aveva fissa dimora. La sua gente era estroversa, cremava i suoi morti e si appellava alla sua origine e connotazione divina. Essa riconosceva il potere delle rune. All’inizio gli adepti di questa civiltà credevano che il cielo ruotasse su quattro pilastri, sorretti da quattro nani: Austri (Est), Westri (Ovest), Nordr (Nord) e Sudri (Sud). La corrispondenza etimologica con i nomi dei punti cardinali che ben conosciamo si commenta da sé. Il sole (Sol) e la luna (Mani) erano i primogeniti degli dei, il cui influsso cangiante si palesava nel compimento del ciclo della Terra. La notte (Nott) e il giorno (Dagr) rendevano visibile questo mutamento. Il giorno scaturisce dal grembo della notte. Seguendo questo filo conduttore, si può comprendere a rigor di logica come mai l’inizio dell’anno venisse fatto cadere in primavera. Particolarmente gioiosi e suggestivi erano i festeggiamenti durante l’equinozio di primavera e d’autunno. La nostra Pasqua allude tuttora alle caratteristiche della sua simbologia: il mondo — che presenta la forma di un uovo — è associato alla frantumazione e allo scaturire di qualcosa di nuovo, rappresentato dall’apparizione della dea Ostsara (il cui nome è evocato dal termine tedesco «Ostern» e dall’inglese «Eastern» = Pasqua). Il suo nome significa: «colei che viene dall’Est». L’inizio della stagione della semina e l’uscita in mare delle barche dei pescatori veniva salutato nelle foreste e in altri luoghi sacri con una serie di danze, riti e cerimonie. In autunno si celebrava la festa del raccolto: durante le processioni si era soliti esibire un carro del sole trainato da puledri bianchi. Sulla sommità del carro splendeva una lastra dorata, il simbolo del sole, che attestava la gratitudine nei confronti di questo astro. Popoli come i Normanni e i Vichinghi, che dimoravano in prossimità del mare, prendevano commiato dal sole, il quale nei cupi mesi invernali si manteneva pressoché invisibile, applicando su una nave la lastra dorata. Oltre alle feste diurne, le popolazioni nordiche celebravano anche due feste notturne, che avevano inizio durante i solstizi. Il 21 giugno, in coincidenza con il solstizio d’estate, intere comunità si radunavano in un luogo situato sulla sommità di un monte, dove si procedeva alla rappresentazione del tramonto dando fuoco ad arbusti collocati all’interno di ruote; queste ultime venivano quindi fatte rotolare lungo il declivio del monte in questione. Verso mezzanotte si bruciavano le ghirlande di foglie fissate su lunghi bastoni che simboleggiavano l’albero della vita. Prima che sorgesse il sole, due uomini salutavano la «nascita del sole» al suono di lur — strumenti a fiato di bronzo lunghi e ricurvi —, alle cui estremità erano collocate delle lastre dorate. Il solstizio d’inverno di dicembre cadeva nel cuore della dodicesima notte dedicata al padre degli dei. In questa occasione, si creavano dei ceppi a forma di piramide che venivano disseminati in vari luoghi, e sulla cui sommità veniva fissata una ruota a rappresentazione del sole. All’interno
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della piramide ardeva un grande fuoco simboleggiante la vita, che rimaneva acceso anche se avviluppato dalle tenebre. A mezzanotte il fuoco veniva spento, per accenderne uno nuovo sulla sommità della piramide: il nuovo anno è nato, la vita si manifesta in tutta la sua luce e in tutta la sua possenza, ora è visibile agli occhi di ciascun individuo. Nel frattempo le donne addobbavano un abete di stelle fatte di giunchi intrecciati. La tradizione di questi riti, pur se con modalità alquanto diverse, si è mantenuta intatta fino al Medioevo, mentre in alcune località si è perpetrata più a lungo, anche se in modo frammentato. Gli Scaldi e i Bardi, poeti e menestrelli che si spostavano di corte in corte, ospiti di duchi e castellani dell’Europa settentrionale, cantavano i miti e le saghe dell’antichità, oltre alle profezie delle Nome. Essi cantavano «l’ultima battaglia del mondo», il crepuscolo degli dei, la saggezza del padre supremo, le rune nonché i miti e le saghe sugli dei e sui ghiacciai. Dobbiamo essere grati soprattutto a questi cantori, che hanno illustrato buona parte dei racconti nel ciclo poetico dell’ Edda, se una cospicua quantità delle storie è stata tramandata alle generazioni successive, fino ai giorni nostri.
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II L’origine delle rune
Ma che cosa sono realmente le rune? «Simboli incisi sulle pietre», sostengono i più, poiché le associano mentalmente alle antiche civiltà nordiche, ai Normanni, ai Vichinghi nonché a misteriosi riti magici non meglio definiti. Chi desidera approfondire ulteriormente la conoscenza e l’impiego delle rune, dovrebbe cercare di immedesimarsi con la dimensione mentale che ne ha favorito la creazione. Sono stati ritrovati alcuni esemplari di rune risalenti anche alle epoche più remote, ricavati dall’argilla, dal metallo, dal legno (i reperti riguardanti quest’ultimo materiale sono naturalmente pochissimi) e dall’osso. Solo molto più tardi, nel corso della storia, sarebbero state incise sulla pietra. Si sono avute tracce della presenza di rune su quasi tutto il territorio europeo e non solo: dalle Colonne d’Ercole (Gibilterra) fino alle coste dell’India, esse rappresentano altrettanti retaggi di tempi lontanissimi e ormai irrimediabilmente conclusi. A dispetto degli innumerevoli tentativi di leggere e interpretale le rune come se si trattasse di caratteri ortografici, non è affatto semplice sviscerarne il significato nascosto, giacché non lo si può trasporre nella dimensione mentale dei giorni nostri. In origine, ogni runa rappresentava un intero universo concettuale e racchiudeva molteplici informazioni. I sacerdoti dovevano essere a conoscenza dell’accezione magica delle rune, tramandata di padre in figlio durante i riti iniziatici. Con simili presupposti, è probabile che non fosse un’impresa ardua spezzare questa fragile catena di tradizioni, laddove occorreva semplicemente limitarsi a impedire, a chi ne veniva escluso, di ricevere una simile eredità. La storia documenta l’esistenza dell’editto di Lippe, emanato da Carlo Magno nel 783: «In seguito alla soppressione dei riti pagani, è vietato procedere alla celebrazione degli stessi. Chiunque sia sospettato di preferire la cremazione alla sepoltura dei defunti, di partecipare a riti o a feste pagane, di arrecare oltraggio o molestia ai rappresentanti della Chiesa cristiana, pagherà con la sua testa...». Al presente editto ha fatto seguito la decapitazione di 4.500 primogeniti appartenenti ai più nobili casati sassoni, un’esecuzione di massa consumatasi in prossimità delle pareti esterne dei monti che si trovano sul versante sud-occidentale della Selva di Teutoburgo. Come attestano le documentazioni storiche dell’epoca, la carneficina ebbe luogo in un solo giorno. I primi caratteri simbolici atti a riprodurre i pensieri sono stati battezzati «rune», dal termine gotico runa, che significa «segreto». Ognuno di questi simboli costituiva un serbatoio di conoscenza intuitiva, e a chi dimostrava grande competenza nell’interpretazione dei loro contenuti veniva riconosciuto un grande potere. Le rune non si limitavano a essere un veicolo atto a svelare le dinamiche del destino, poiché fin dall’inizio ricoprivano un ruolo tanto profetico quanto ritualistico, che consentiva di invocare le divinità o altre entità superiori affinché migliorassero il corso dell’umana esistenza. Correva l’anno 98, quando Cornelio Tacito, storico romano, scrisse nell’opera Germania, riferendosi ai riti delle popolazioni nordiche, che le divinazioni compiute avvalendosi del loro oracolo erano decisamente più evolute rispetto a quelle di tutti gli altri popoli. loro metodo era semplicissimo; essi tagliavano uno o più rami giovani e rigogliosi, preferibilmente di un albero da frutta, per poi suddividerli in 24 frammenti di grandezza più o meno uguale, sui quali incidevano diversi caratteri. Con grande disinvoltura li lanciavano sopra un
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fazzoletto utilizzato a tale scopo. Dopo che il sacerdote della stirpe o, qualora il rito fosse celebrato all’interno del nucleo familiare, il capofamiglia aveva invocalo le divinità, quest’ultimo — ad occhi chiusi — sceglieva tre di quei bastoncini lasciandosi guidare dall’intuito, e infine li avrebbe interpretati in base ai simboli incisi. All’epoca di Tacito, le rune erano già diffuse presso le popolazioni nomadi, i mercanti, i Normanni, i soldati, i Vichinghi, i prigionieri e gli schiavi di buona parte del continente europeo; poiché la comunicazione era divenuta un fattore indispensabile, la creazione di un alfabeto comune non era solo auspicabile ma addirittura imprescindibile. Questo giustifica l’iniziale impiego delle rune, un alfabeto denominato Futhark, prendendo spunto dalle sillabe dei primi sei caratteri:
Col tempo si sono sviluppati tre sistemi runici, che affondano le radici nell’antichità: 1. il Futhark più antico (24 rune) 2. il Fulhorc anglofrisone (29-33 rune) 3. il Futhark più giovane (16 rune) Questo libro utilizza il Futhark più antico, che è composto da 24 rune. Le 24 rune vengono suddivise in tre gruppi utilizzati tutti insieme e contrassegnati da otto caratteri. I tre gruppi, designati come Aett = Otto, portano il nome della prima runa di ciascun gruppo:
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A prescindere dal significato di ogni singola runa che compone questo gruppo, occorre soffermarsi su alcune indicazioni fornite dal gruppo in quanto entità globale, e finalizzate al compimento di uno stile di vita all’insegna della stabilità. Il filo conduttore di questo primo gruppo, che comincia con Fehu (bestiame, prosperità) per concludersi con Wunjo (gioia) è: trovare i presupposti per un’esistenza stabile e prospera. Il fatto di possedere del bestiame e il benessere che ne derivava costituivano le premesse più importanti ai fini di una «bella vita». La forza fisica e l’impeto istintivo che consente ai proprietari di proteggersi dagli intrusi erano esaltati come mirabili virtù, poiché in un contesto di pericolo esse sarebbero state in grado non solo di difendere ma anche di custodire i beni posseduti. I a tutela della stabilità era peraltro ravvisabile nella capacità di prevedere gli avvenimenti negativi dell’ambiente circostante e di prendere dei provvedimenti atti a scongiurare i conflitti che ne sarebbero scaturiti. Le discussioni e gli scambi di vedute erano un lusso che ci si poteva permettere in un ambito protetto; tuttavia, per salvaguardare la risolutezza, era indispensabile che non degenerassero mai in conversazioni interminabili, foriere di nessun progetto e di nessuna azione concreta. Il neologismo forza creatrice definisce in modo esauriente questo gruppo.
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Il filo conduttore di questo secondo Aett, che ha inizio con la runa Hagalaz (grandine) per concludersi con Sowild (sole), è legato al concetto del tempo, della dipendenza dall’imprevedibilità dei fenomeni atmosferici, dalle stagioni, dalle grandinate e dalle bufere di neve, dal gelo, dal caldo, dalla siccità e dalle altre inevitabili manifestazioni avverse. Il punto focale di queste otto rune andava ricercato nella speranza che le condizioni climatiche stagionali esercitassero un influsso benefico sul raccolto, proteggendo altresì le navi e la navigazione. Hagalaz (grandine), unitamente al seme del gigante di ghiaccio Ymir, era definita la più chiara di tutte le specie di cereali: essa discendeva vorticosamente dal cielo, agitata da mugghiami bufere, per dissolversi nel volgere di qualche tempo in acque feconde che avrebbero ammantato i terreni incolti. Queste otto rune inducono il soggetto dinamico del primo gruppo a confrontarsi con l’incontrollabile volubilità, c h e potrebbe insorgere a seconda delle circostanze. S’instaura un crescente bisogno di consapevolezza. La speranza nutrita nei confronti di un positivo evolvere dell’annata illustra sapientemente il filo conduttore di questo Aett. Il terzo e ultimo gruppo, che ha inizio con Tiwaz (stella) per concludersi con Othial (latifondi), rispecchia, in virtù del suo contenuto di stampo perlopiù arcano e magico, l’esigenza di elaborare una serie di criteri differenziati atti a costruire una società destinata a diventare sempre più complessa. In questo gruppo, i mutamenti e i progressi, di cui è foriera l’evoluzione umana, vengono scrutati da.vicino e, laddove occorre, trasformati. Questa trasformazione non si limita ad offrire una panoramica circa i progressi di matrice positiva compiuti dal genere umano, ma si sofferma parimenti sugli aspetti negativi, che in ultima analisi dovrebbero condurre a Ragnarök (avvizzimento, decadimento e rinascita). Se le otto rune del gruppo Fehu danno risalto agli dei e a tutte le altre entità e se le otto rune del gruppo Hagalaz descrivono le forze antagoniste, importanti ai fini dell’evoluzione, le otto rune del gruppo Tiwaz forniscono una visione d’insieme che fa ben sperare sulla crescita spirituale dell’uomo. Per quanto attiene al gruppo Tiwaz, oltre al neologismo crescita spirituale, il termine trasformazione risulta particolarmente indicato.
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III Il significato delle 24 rune e delle figure mitologiche a cui corrispondono In questa sezione del libro viene approfondito il significato delle 24 rune, evidenziando, nei limiti del possibile, le corrispondenze mitologiche che vi fanno riscontro. Elencheremo le rune in sequenza, basandoci sulle forme e sui nomi ad esse attribuiti nonché sulle loro modalità d’impiego nell’antico Futhark.
Runa
Figure mitologiche
1. Fehu 2. Uruz 3. Thurisaz 4. Ansuz 5. Raido 6. Kenaz 7. Gebo 8. Wunjo 9. Hagalaz 10. Naudiz 11. Isa 12. Jera 13. Eihwaz 14. Perth 15. Algiz 16. Sowild 17. Tiwaz 18. Berkana 19. Ehwaz 20. Mannaz 21. Laguz 22. Inguz 23. Dagaz 24. Othial
Thor/Donar Audumla Loki Odino/Wotan Sole e Luna Freyr (Frey) Freyja Balder Niflheim Dee del destino (Nome) Jòtunheim - Utgard Freyr (Frey) Yggdrasil Vidarr Heimdall Sol (Sunna) Tyr (Tiw, Ziu, Tiwaz) Frigg (Berchta) Svadilfari e Sleipnir Heimdall Njórd Freyr (Fry, Ing) Ragnaròk Ragnaròk
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1. FEHU - Bestiame, Prosperità Sillaba: f Il significato tradizionale della runa Fehu è correlato al possesso di un patrimonio zootecnico perlopiù notevole. Nelle società per nulla complicate che caratterizzavano l’Europa Settentrionale all’epoca della diffusione delle rune, possedere del bestiame era sinonimo di ricchezza, la quale a sua volta era associata al potere. Il potere di una dinastia era commisurato al mimerò dei suoi armenti. Nell’inclemenza del clima nordico, il bestiame non si limitava a garantire il sostentamento ma costituiva anche una merce di scambio appannaggio di un commercio redditizio. Sotto l’egida dei capi delle dinastie, incaricati della spartizione piuttosto equa del patrimonio, gli abitanti del villaggio potevano sentirsi al sicuro; indubbiamente la prosperità di cui beneficiavano i pochi privilegiati era a tratti fonte d’invidia e livore. Così si esprime il ciclo poetico dell’Edda a tale proposito: ...La ricchezza scatena dissapori fra i propri simili. Il lupo si cela Nella selva... La runa Fehu è strettamente legata ai contesti per i quali si soleva invocare la protezione di Thor/Donar.
Significato divinatorio: L’energia della runa Fehu dimora nel possesso dei beni mobili. Se in fase divinatoria questa runa esce al diritto e se, alla luce dei fattori contingenti, può presentare una connotazione positiva, significa che denaro o beni di possesso si profilano all’orizzonte. Potrebbe trattarsi di un aumento di stipendio o di una vincita al gioco, oppure di un regalo che il consultante è prossimo a ricevere. Se invece la runa è rovesciata, lo si potrebbe interpretare come un monito che impone di non indulgere a capricci o a spese avventate per non mettere a repentaglio la sicurezza del futuro. Significato della runa al diritto: Prosperità, possesso di beni, diritto di proprietà, oggetti preziosi, risolutezza e intraprendenza, impulsività. Significato della runa al rovescio: Passività, noia, dipendenza, sudditanza, asservimento, povertà, debiti. Corrispondenze: Tarocchi: Vili arcano maggiore - La Giustizia
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Astrologia: Sole in Ariete/Luna in seconda casa I Ching: 1° esagramma, Ch’ien - Il Creativo
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THOR/DONAR In una vasta parte della Scandinavia e dell’Islanda, Thor/Donar era ritenuto assai più importante di Odino/Wotan, ossia della divinità principale. Con ogni probabilità, i forti e indipendenti abitanti di quelle terre apprezzavano l’estrema bellicosità di Thor rivelata principalmente nei confronti dei giganti, e nutrivano simpatia per i suoi difetti. Non si può escludere che il primo Thor avesse delle qualità più nobili rispetto al suo successore, la cui voce tonante, udibile anche a notevoli distanze, gli era valso il soprannome «la ruggente testa calda» (Hlorridi). La letteratura norvegese al pari di quella islandese si sofferma sulla sua forza invincibile, sul suo comportamento da sempliciotto ai limiti della cialtroneria, sulla sua lentezza nel coordinare i pensieri e sulla sua disarmante sincerità che lo ha reso un beniamino delle folle. Nondimeno il primo Thor — al contrario del personaggio che abbiamo tratteggiato poc’anzi — era il temibile dio della Tempesta e del Tuono al pari di Odino. Le credenze popolari volevano che quando infuriava un temporale si udissero le ruote possenti del carro di Thor, intento a solcare le nubi. I fulmini che dardeggiavano nel cielo erano Mjölnir (lo sfracellato re), il rovente martello di Thor che si ritraeva nella sua mano come un boomerang, dopo essere stato brandito e percosso in preda all’ira. Con lo stesso martello, egli benediceva anche i matrimoni e i contratti aventi valore giuridico. Quando fu innalzato il rogo destinato ad accogliere Balder, Thor lo benedisse con il suo martello. Egli presiedeva a tutte le adunanze popolari e alle questioni giuridiche del Midgard, operava guarigioni e suscitava i sogni. Fu anche dio del Vento e del Tempo atmosferico e successivamente anche dio dell’Agricoltura e della Navigazione. Soprattutto nell’antica Norvegia, egli era assai più venerato di Odino/Wotan, il quale era considerato perlopiù un sacerdote, laddove invece Thor/Donar veniva sostanzialmente idolatrato alla stregua di un padre spirituale. Ovunque sorgevano templi a lui dedicati. S’invocava il suo consiglio e il suo aiuto nell’ambito di tutte le transazioni commerciali. Inoltre era considerato il protettore del lavoro sereno e pacifico, per non parlare dei suoi interventi (all’insegna dei consigli e dell’azione) in difesa delle proprietà degli abitanti del Midgard contro l’assalto dei giganti e di altre forze demoniache. All’inizio, è probabile che la caduta dei meteoriti abbia ispirato la leggenda di Mjölnir, il martello di pietra che faceva parte degli attrezzi di Thor; successivamente si è voluto credere che i nani Brok e Sindri abbiano costruito questo possente martello appositamente per lui. Si trattava peraltro di un’arma che ben tratteggiava l’invincibile forza di questa divinità. La lancia trafigge, la scure taglia, mentre il martello si abbassa fragorosamente e frantuma. La moglie di Thor si chiamava Sif (colei che rallegra e consola). La figlia Thrudr, il cui nome deriva da Thrudheim (campo di forza), domicilio di Thor, era una mitica incarnazione del dio, esattamente come i due figli Magni (forza) e Modi (impetuosità). Si dice che Thor abbia generato Magni con la gigantessa Jarnsaxa (ferro). Il marito di Jarnsaxa, Hrungnir, sfidò Thor a duello e lo fece cadere posandogli il piede magico e possente sul petto. Nessuno era sufficientemente forte da spostare il piede del gigante. Tuttavia Magni, il figlio di Thor che all’epoca del fatto non aveva più di tre giorni di vita, con un gesto noncurante tolse il piede senza la benché minima fatica.
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2. URUZ - Uro, Forza Sillaba: u La forza che pervade questa runa è indomabile, allo stato puro e incredibilmente vitale. Essa simboleggia l’irrefrenabile impulso di mettersi in mostra. Uruz (uro) era il nome di un bue selvaggio che viveva nelle foreste dell’Europa Settentrionale e che si sarebbe estinto solo nel XVII secolo. L’altezza delle spalle si aggirava intorno ai due metri; questo animale aveva un folto mantello a pelo lungo nonché lunghe e terribili corna ricurve con le quali afferrava chiunque gli sbarrava il cammino. Non si lasciava addomesticare, anche se catturato giovanissimo. Gli si dava volentieri la caccia, poiché era un ambito trofeo soprattutto per i più giovani clic in tal modo si sarebbero assicurati un posto d’onore all’interno della famiglia: colui che possedeva il maggior numero di (orna di uro era un eroe. Durante i festeggiamenti, queste corna venivano utilizzate a mo’ di bicchieri. La runa Uruz può infondere la speranza e il coraggio di afferrare il toro per le corna. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: L’uro, animale impetuoso e aggressivo con lunghe corna appuntite che si aggira per lande desolate e coraggioso combatte, senza paura è un animale bellicoso. La runa ispirata a questa figura è strettamente correlata alla mucca Audumla, allegoria dell’abbondanza. Significato divinatorio: La runa Uruz rispecchia la forza, la resistenza, la virilità e la salute di ferro. Rappresenta anche le sfide. Anticamente, i giovani dell’estremo Nord si dovevano limitare ad abbattere i selvaggi uri e a dar prova del coraggio degno di un eroe prima di poter accedere di diritto a un ruolo all’interno della società. La runa simboleggia forza di volontà, coraggio nonché una fase esistenziale in cui è d’obbligo prendere una serie di decisioni. Se la runa appare al rovescio, è indice di vigliaccheria: qualcuno elude le difficoltà e le sfide. Significato della runa al diritto: Salute di ferro, forza fisica, dinamismo, volontà d’acciaio, pacifismo, coraggio, fiducia in sé stessi. Significato della runa al rovescio: Avidità di piaceri, brutalità, durezza, insensibilità, sentimentalismo, indolenza, occasioni perdute, salute cagionevole, delusioni.
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Corrispondenze: Tarocchi: II arcano maggiore - La Papessa Astrologia: Sole in Toro/Luna in ottava casa I Ching: 7° esagramma, Shih - L’Esercito
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LA MUCCA AUDUMLA Narrano i miti e le leggende che in principio esisteva un baratro, l’immenso Nulla (Ginnungagap), entro cui scorreva l’acqua, non crescevano alberi e non sbocciavano fiori. Nell’estremo Nord, al limitare del mondo, al di là di questo baratro, vi era un luogo ammantato di fumo e nebbia, detto Niflheim, mentre a Sud si estendeva uno sfavillante paese del Fuoco, noto come Muspellsheim. Dodici fiumi dalle gelide acque pressoché simili a lastre di ghiaccio nascevano a Niflheim per poi confluire in altrettante correnti, la cui sorgente aveva sede nel paese del Fuoco; tuttavia queste acque erano intrise di un potente veleno che le congelava nel volgere di breve tempo. Non appena le gelide acque del Nord si mescolarono a questa massa pressoché immobile, il baratro di Ginnungagap si riempì di cristalli di ghiaccio e brina. L’aria calda, proveniente dal paese del Fuoco di Muspellsheim, sciolse il ghiaccio e dalla miscela composta dalle due correnti nacque il gigantesco Ymir, il mugghiante uro. Scrivono i bardi poetici dell’Edda che quell’evento segnò l’inizio caotico della vita. L’unione fra l’ardente mare fiammeggiante di Muspellsheim con la freddissima nebbia, la grandine e le bufere di neve del fumoso mondo di Niflheim generò all’alba dei tempi anche Audumla, la mucca dell’abbondanza. Dalla sua mammella scorrevano quattro canali del latte, che costituivano il nutrimento del gigantesco uro Ymir, che comunque nacque senza essere stato concepito. Ognuna di queste entità produsse — senza concepirla — una discendenza. Ymir la creò con il suo sudore, Audumla leccò il ghiaccio dalle rocce, vivificandolo, e Buri (il genitore) fu svegliato alla vita. Börr, il figlio di Buri, prese in moglie la gigantesca figlia Bestia. Da questa unione nacquero Odino, Vili e Vé, che si rivoltarono seduta stante contro il furioso gigante di ghiaccio Ymir, riuscendo a sconfiggerlo. Scagliarono l’enorme corpo nel baratro di Ginnungagap, che si riempì fino all’orlo del suo sangue. Scoppiò un diluvio universale in cui tutti annegarono ad eccezione di due giganti. Bestia e Bòrr riuscirono a mettersi in salvo e s’insediarono a Est, per la precisione a Jòtunheim, dove diedero origine a una nuova stirpe di giganti. Successivamente, Odino, Vili e Vé ripescarono il corpo del gigante sconfìtto dalle vorticose acque del baratro e con esso plasmarono il mondo degli uomini, che chiamarono Midgard (domicilio intermedio). Con le ossa di Ymir furono create le montagne, il suo sangue riempì i mari, la sua carne divenne terraferma e le sue sopracciglia si mutarono in alberi. Il suo cranio venne utilizzato come firmamento, dove le tre divinità collocarono le luminose scintille prelevate dal fiammeggiante mare di Muspellsheim. Crearono dei carri di trionfo in onore del sole e della luna e li guidarono sulla retta via. Fu così che l’ordine fu stabilito nel mondo.
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2. THURISAZ - Mostro, Caos, Spina Sillaba: th/d La forza espressa dalla runa Thurisaz provoca il caos che si rivolta contro la società in cui regna l’ordine. Questa runa libera tutte le caratteristiche negative dei giganti del ghiaccio. Per designare la loro connaturata crudeltà, nei paesi scandinavi si era soliti chiamarli «adescatori di donne». La runa in questione rappresenta una forza dirompente, che occorre riconoscere tempestivamente e tenere a bada poiché altrimenti si rivolterebbe — quasi all’istante — contro colui che l’ha innescata. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: La spina è acuminata e dolorosa, perniciosa se la si afferra, ma insopportabilmente atroce per il combattente su cui costantemente muoversi deve. Questa runa è stata attribuita a Loki, poiché con le sue azioni subdole egli ha cagionato turbamento e dissapori. Significato divinatorio: La runa Thurisaz esprime i piccoli risentimenti che occorre elaborare quotidianamente. Di per sé, come le spine, sono solo fastidiosi, ma a tratti, complice la mancanza di obiettività o d’introspezione, potrebbero assumere proporzioni gigantesche non commisurate alla causa scatenante. Sarebbe opportuno discutere dei problemi con gli amici, aspettando pazientemente il vostro turno. Non giungete a conclusioni affrettate; la prudenza non è mai troppa. Significato della runa al diritto: Forza che è fonte di caos; raggiri; disturbo, ostacolo, limitazione. Significato della runa al rovescio: Inganno, perversione, corruzione, seduzione (soprattutto da parte di una donna). Corrispondenze: Tarocchi: IV arcano maggiore - L’Imperatore Astrologia: Sole in Capricorno/Luna in quarta casa I Ching: 7° esagramma, Shih - L’Esercito
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LO KI Loki era originariamente un demone e quindi — come Odino/Wotan — un’entità ctonia (sotterranea). Da alcune fonti si apprende che Loki e Odino sarebbero addirittura fratelli, mentre secondo altre testimonianze queste due divinità, com’era consuetudine nei paesi nordici, avrebbero sottoscritto un patto di sangue. Il primo Loki era il dio del focolare; successivamente sarebbe divenuto il dio dell’astuzia e dell’inganno esecrato ovunque. Thor, che incarnava l’instancabile zelo norvegese, era l’energico, rozzo e a tratti ingenuo avversario di Loki, il quale per contro simboleggiava l’opportunismo e l’inventiva che si fa beffe della verità. Queste due divinità erano legate da un rapporto cameratesco. Thor era fondamentalmente leale, mentre Loki era un intrigante nato. A lungo andare, la sua natura subdola lo ha allontanato dalla retta via, inducendolo a sviluppare un animo estremamente perfido ed egoista. Egli costituisce la metafora del Male sotto forma d’inganno e tradimento. Gli dei hanno tardato a riconoscere questa versione occulta del Male, persuasi com’erano che Loki appartenesse a loro. Loki viaggiava con loro e prendeva parte ai loro svaghi. Gli consentivano peraltro di presenziare alle loro adunate, dove ebbero la sventura di seguire i suoi consigli a detrimento dell’onore e dell’innocenza che li caratterizzava. Loki dimorò perlopiù nella società di Thor. Loki accompagnò anche Thor alla rocca dell’Utgarda-Loki di Jötunhein, per solitane al gigante Geirod il martello magico di Thor, che lui stesso gli aveva procurato con l’astuzia. Fu lui a rubare la collana di Freyja e a tagliare i capelli d’oro di Sif, la sposa di Thor; consegnò inoltre Idun, dea della primavera, e le mele dell’eterna giovinezza nelle mani del gigante Thiazzi. Si conoscono pochissimi casi in cui ha elargito un benefico consiglio agli dei, fornendo loro un aiuto concreto; ancor più raramente è avvenuto che egli li traesse d’impaccio da una situazione difficile che lui stesso aveva cagionato. Il ruolo ambiguo rivestito da Loki per quanto attiene alla morte di Balder (vedi più avanti) convinse gli dei a combattere il Male con estrema decisione. Per ragioni di sicurezza, Loki si tramutò in un salmone e si nascose fra le acque di una cascata. Thor fini col ripescarlo gettando la sua rete. Loki fu incatenato in una caverna situata nei meandri di una roccia (cfr. Prometeo nella mitologia greca), dove abitava un serpente che instillò il suo veleno sul volto di Loki. Poiché il veleno gli causava un dolore insopportabile, sua moglie Sigyn (consorte di Loki nella società degli Asi) lo mise dentro una coppa. Tuttavia, bastava socchiudere il coperchio della coppa perché nuove gocce di veleno investissero il volto di Loki, il quale, torcendosi dal dolore, faceva tremare la terra. Nel crepuscolo degli dei e con l’esplosione dell’ultima battaglia del mondo (Ragnarök), Loki spezzò quasi senza fatica le sue fradice e consunte catene e divenne il comandante dell’esercito dei giganti.
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3. ANSUZ - uno degli Asi, Bocca Sillaba: a La runa Ansuz non si limitava a essere la runa della parola, del canto e di altre espressioni poetiche, bensì anche la runa delle formule magiche destinate a essere tramandate alla generazione successiva. Poiché per le popolazioni nordiche questa runa costituiva parimenti l’espressione della loro fede nella guida divina, Ansuz fungeva anche da contraltare al caos. I legittimi aspetti della natura erano un esempio per le norme di comportamento che avrebbero plasmato una società dove l’ordine avrebbe potuto regnare maggiormente. Narra la mitologia che un giorno Odino, il suo amico Hönir e Loki trovarono due alberi sulla spiaggia. Con quegli alberi i tre dei modellarono un uomo, che chiamarono Ask (frassino) e una donna, che chiamarono Embla (rampicante). Odino donò loro il soffio vitale e l’intelletto, Hönir gli organi di senso e Loki il sangue e il volto. Da Ask e Embla discende il genere umano. Il poema epico islandese della Völuspa dedicato alle rune recita a tale proposito: Nessun anelito vi pervadeva, né sangue o percezione, Nessuna parola profferita, né vita tingeva le vostre labbra; Odino vi infuse il soffio vitale, Hönir vi fece dono degli organi di senso, Il sangue e il volto ve li diede Loki. La runa Ansuz, spesso designata come runa divina, era dedicata a Odino, la divinità più importante che dimorava nell’olimpo nordico. Significato divinatorio: Se durante la divinazione la runa Ansuz riveste un ruolo di primo piano, significa che il consultante è una persona razionale, per esempio un giornalista, oppure una persona che ama il dialogo e lo scambio di opinioni o anche un soggetto alla ricerca di qualcosa. Il consultante conoscerà sempre nuova gente che lo aiuterà ad evolvere. Siate preparati a eventuali tranelli e scansateli silenziosamente. Sappiate che per coltivare i vostri talenti occorrono tempi lunghissimi. Significato della runa al diritto: Oratore o autore impetuoso e carismatico, intuizioni rivelazioni, relazioni e contatti sorprendenti, spiritualità in qualche modo elastica. Significato della runa al rovescio: Persona che induce alla chiacchiera boriosa, intrigante, ingannatore, calunniatore, sensazionalismo.
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Corrispondenze: Tarocchi: I arcano maggiore - Il Bagatto Astrologia: Sole in Gemelli/Luna in dodicesima casa I Ching: 59° esagramma, Huan- La Dissoluzione (La Dispersione)
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ODINO/WOTAN Odino, Wuotan o Wotan era la divinità suprema dell’olimpo nordico, ed essendo il più anziano degli dei occupava di diritto il trono più alto. Hlidskialf, così si chiamava, non si limitava a essere un trono eminente bensì anche un luogo da cui si dominavano tutti i mondi con lo sguardo. Di conseguenza egli era sempre ben informato riguardo a quanto accadeva fra i giganti, gli elfi, i nani e gli uomini. Odino era spesso avvolto in una tunica di color grigio-blu, simbolo del cielo solcato dalle nuvole che egli impersonificava. Un cappello a tesa larga rivolta all’ingiù celava le sue orbite vuote. Nella mano reggeva solitamente la lancia Gungnir rivestita di rune, che non falliva mai il suo obiettivo. Intorno al dito o al braccio portava l’anello magico Draupnir che — in quanto simbolo della fertilità — si ottuplicava ogni nove giorni. Asgard, il domicilio degli Asi, dove regnava perennemente la primavera, riluceva e sfavillava di oro e pietre preziose. Asgard era circondato da ampi corsi d’acqua, che brulicavano di spade affilatissime, mentre i galli sorvegliavano le porte. Bifröst (arcobaleno) era il nome del ponte che collegava Asgard a Midgard, il mondo degli uomini, su cui Heimdall montava la guardia. Oltre al sontuoso palazzo di Gladsheim, ove si ergevano dodici troni su cui sedevano gli dei in occasione dei loro raduni, ad Asgard Odino possedeva un secondo palazzo, detto Walhalla, che rappresentava il salone in cui venivano condotti i soldati valorosi periti sul campo di battaglia. Le sue porte erano così larghe da consentire l’accesso contemporaneo a 800 soldati schierali uno accanto all’altro. Il salone era adornato da colonne dorate su cui erano incise le rune; il loro fulgore era tale da illuminare tutto l’ambiente. Il tetto era costituito da lastre argentee sapientemente lavorate, mentre i tavoli erano ricoperti di sontuosi oggetti e doni realizzati con cura da Odino per i suoi ospiti. Gli spiriti degli eroi caduti — gli Einheriar — venivano rifocillati con un pasto abbondante, e le Valchirie riempivano le corna di scintillante idromele. Nell’antichità, le popolazioni dell’Europa Settentrionale consideravano la guerra come la più nobile delle occupazioni e il coraggio come la suprema virtù; Odino veniva adorato soprattutto come dio della guerra e della vittoria. Vigeva la convinzione secondo cui, in occasione di un conflitto armato, egli inviasse le Valchirie, le sue fanciulle della guerra, per scegliere la metà dei soldati caduti (l’altra metà spettava a Freyja), dar loro il bacio della morte e condurli in sella a baldi destrieri al di là del fragile ponte iridato di Bifröst, fino al Walhalla. Una volta lì, gli eroi sarebbero stati accolti con tutti gli onori e condotti dinanzi al trono di Odino, che avrebbe offerto loro un corno ricolmo di spumeggiante idromele come ricompensa per il loro coraggio. A Odino si deve la scoperta delle rune nel corso di un rito sulla rinascita. Dopo essersi ferito con la punta della sua spada, si appese per un piede a un ramo dell’albero della vita Yggdrasil (cfr. XII lama dei Tarocchi – L’Appeso). Rimase appeso a testa in giù per nove giorni, senza bere né mangiare, a un ramo posto al di sopra della fonte della saggezza, sorvegliata da suo zio Mimir. Allo stremo delle forze, scoprì le rune sul fondo della sorgente. Ormai completamente esausto, emise un grido e si protese verso il basso finché riuscì ad afferrare quei caratteri magici e a premerli contro il petto. Con l’ausilio del loro potere magico, il dio cadde privo di sensi dall’albero… pur tenendo le rune saldamente strette fra le mani. Questi simboli magici furono il contributo di Odino allo sviluppo della civiltà. Facendogli bere un sorso d’acqua attinto alla fonte della saggezza, Mimir lo risvegliò alla vita. Tuttavia Mimir pretese che Odino sacrificasse il suo occhio destro in nome del sapere primordiale che il dio aveva trangugiato con quel sorso d’acqua. Secondo alcune testimonianze, da allora Mimir, zio materno di Odino, si dissetava ogni giorno alla fonte a cui Odino sacrificò il suo occhio. Nondimeno, anche all’apice della gloria, Odino continuò a essere volubile e imprevedibile, e altrettanto dicasi per la sua benevolenza. Egli era capacissimo di portare qualcuno in palmo di mano salvo poi gettarlo via come una scarpa vecchia, senza alcuna ragione plausibile. Comunque non era solo volubile ma anche e soprattutto assai lascivo. Nessuna dea, gigantessa o donna mortale era al sicuro dai suoi approcci focosi; di conseguenza egli aveva un numero imprecisato di figli e figlie. In quanto divinità suprema, Odino era giocoforza l’amante della Madre Terra, e poiché gli abitanti dell’Europa Settentrionale conoscevano tre aspetti della terra, per ognuna di queste forme gli assegnarono una moglie. La prima fu Jörd, la terra aspra, che gli diede il bellicoso figlio Thor/Donar, dio del tuono. La seconda nonché la più importante fu Frigg, la terra fertile, che gli diede Balder, l’amato dio della primavera, e il prode Hermodr. La terza moglie fu Rinda, personificazione della terra dura e gelata, che cedette con grande riluttanza agli approcci di Odino e diede alla luce Vali, simbolo della vegetazione.
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Secondo alcune fonti, Odino avrebbe sposato anche Saga a cui faceva visita giornalmente nel suo palazzo di cristallo Sökkvabekk, situato fra il verde rigoglioso e un placido e gorgogliante laghetto. Sorseggiando una coppa di fresco idromele, ascoltava i suoi canti che narravano le gesta di dei ed eroi, delle sue grandi imprese e dei gloriosi eventi del passato. Nei miti e nelle saghe scandinave, molte altre donne oltre a Frigg, Jörd e Rinda ebbero un ruolo importante nell’esistenza di Odino; fra queste citeremo Grid, la madre di Vidarr; Gunnlöd, la madre di Bragi; e le nove figlie della dea del mare Agir, le ondine, che insieme diedero vita a Heimdall.
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4. RAIDO – Ruota, Viaggi, Comunicazione Sillaba: r Il significato profondo di questa runa risiede nella capacità di muoversi nella consapevolezza dei propri limiti connaturati, individuando la presenza di eventuali barriere. Questa runa rappresenta parimenti la forza di una persona e le decisioni da prendere; inoltre essa impone la disciplina affinché si crei ordine nell’ambito del proprio stile di vita commisurandolo agli intenti del singolo individuo. Il divorare con la runa Raido implica la volontà di scegliere il proprio cammino esistenziale e di ascoltare la voce interiore; in altre parole, non bisogna lasciarsi influenzare da nessuno e raggiungere la meta prefissata senza andare per le lunghe. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: (Cavalcare) è preludio di grande diletto per il soldato che entrerà nel Walhalla, ma quanta energia costerà a colui che un lungo cammino in groppa a un poderoso destriero percorrere dovrà.
Significato divinatorio: Colui che riesce a vedere oltre il suo naso dovrà essere pronto a intraprendere viaggi, tanto nella dimensione mentale quanto in quella spirituale, in cerca di nuovi orizzonti e nuove conoscenze: è questo il messaggio contenuto nella runa Raido. Colui che rimane seduto davanti alla stufa di casa sua, nell’attesa che un guru gli suoni alla porta per vendergli scampoli di saggezza prefabbricata, non farà molta strada. Tuttavia ciò non significa che si debba preparare lo zaino seduta stante e partire alla volta di Katmandu o del Tibet. Il viaggio che bisogna intraprendere è un’esplorazione dell’ignoto nonché la ricerca dei valori che meglio si attagliano al consultante; di conseguenza il viaggio conduce alla scoperta di sé stessi. Questo richiede lealtà, fatica o sacrificio. Il risultato ripaga ampiamente delle avversità sopportate, poiché coincide con l’autoaffermazione e la consapevolezza di ciò che si può fare, e di ciò che si vuole. Fidatevi del vostro istinto quando desiderate unirvi a un gruppo, poiché dovrete avere la percezione che bastino poche parole per comprendere i vostri sforzi. Significato della runa al diritto: Ricerca, crescita spirituale, disponibilità a mettere ordine, capacità di creare ordine, viaggi (anche interiori), indipendenza, nuovi orizzonti, giustizia. Significato della runa al rovescio: Inquietudine, turbamento, disillusione, trasferimento, regressione, atteggiamento sconclusionato, ristagno.
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Corrispondenze: Tarocchi: V arcano maggiore - Il Papa Astrologia: Sole in Sagittario/Luna in terza casa I Ching: 45° esagramma, Ts’ui -La Raccolta
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IL SOLE E LA LUNA Alsvidr (velocista) era uno dei cavalli della carrozza — l’altro cavallo si chiamava Arvakr (mattiniero) — che trainavano il carro della dea del sole Sunna o Sol, a bordo del quale essa solcava quotidianamente il cielo. Sunna si celava allo sguardo degli uomini, avviluppandosi fra i raggi dello Svalin, il suo dorato scudo solare. Era considerata la sorella della luna (Mani). L’Edda più giovane le attribuisce Mundilfari (colui che fa oscillare o ruotare l’asse) come padre e Glenr (fulgore) come consorte. Due giovani lupi inseguivano senza tregua il carro di Sunna e Mani allestito da Odino, Vili e Vé. Questi lupi erano discendenti del lupo di Fenri. Jarnsaxa, un’anziana gigantessa dedita al cannibalismo, li condusse a Utgard così che, una volta adulti e robusti, avrebbero potuto divorare il sole e la luna. Quasi tutte le popolazioni rurali credevano che questi corpi celesti corressero il rischio, in occasione delle eclissi di sole e di luna, di essere divorati da demoni raccapriccianti con le sembianze di draghi o serpenti. Per questo motivo, nel corso di quelle manifestazioni della natura, si cercava di fare il più possibile rumore e di mettere in fuga i mostri urlando o percotendo delle botti di ferro. Nell’universo delle saghe nordiche, ognuno di questi demoni aveva un nome: Managarmr (il lupo lunare) dava la caccia alla luna, mentre prima o poi un giovane discendente del lupo Fenri avrebbe divorato il sole. Inoltre, altri due lupi, Sköll (testa calda) e I Iati (odio) stavano alle calcagna di quest’ultimo astro.
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6. KENAZ - Fiaccola, Luce Sillaba: k Anticamente il fuoco simboleggiava l’illuminazione spirituale nonché il repentino discernimento. Prima dell’avvento del Cristianesimo, in primavera si era soliti accendere dei grandi falò sulle montagne per invocare il ritorno del sole, poiché per numerose popolazioni pagane esso simboleggiava la forza vitale. A proposito di qualcuno che all’improvviso approda alla consapevolezza e dà una svolta alla sua vita prefiggendosi nuove mete, si dice spesso che si è aperto alla luce dello spirito. Il significato della runa Kenaz trova riscontro in questa affermazione sol lo vari aspetti. Kenaz non è solo sinonimo di consapevolezza di sé, di sapere interiore e della fiducia nel fatto che, solcando mia terra sconosciuta, la luce splenderà lungo il cammino e verrà indicata la direzione da seguire. Il significato di Kenaz va cercato anche nell’obbligo di armarsi per contrastare le influenze avverse e di acquisire competenze (tecniche) da trasmettere alle generazioni che verranno. Questa runa era dedicata a Freyr, dio del sole, che governava la terra degli elfi di luce. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: Una fiaccola dispensa luce a tutti, la fiamma abbacinante s’irradia; eppure arde luminosa e inestinguibile per colui che confida nel fuoco interiore. Significato divinatorio: Se durante la divinazione, la posizione della runa Kenaz appare particolarmente rilevante, significa che si profilano grandi cambiamenti in cui si potranno risolvere molti vecchi problemi e instaurare nuovi rapporti. Si aprono nuove prospettive e sorge il desiderio di esprimersi attraverso l’arte e la creatività. La runa al rovescio prelude invece alla perdita di beni preziosi o alla fine di una lunga relazione ormai logora. Significato della runa al diritto: Rivelazione, presa di coscienza improvvisa, ispirazione, luce sul cammino, discernimento, talento artistico. Significato della runa al rovescio: False speranze, perdita di prestigio, illusioni perdute, atteggiamento inconcludente, vulnerabilità, spirito inerme, debolezza.
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Corrispondenze: Tarocchi: VII arcano maggiore - Il Carro Astrologia: Marte congiunto a Venere I Ching: 4° esagramma, Mêng- La Stoltezza giovanile
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FREYR O FREY Secondo fonti islandesi, una guerra sarebbe esplosa fra gli Asi e i Vani perché questi ultimi avevano ricacciato ad Asgard la strega del malaugurio Gulveig (minerale aurifero). Logorati dal conflitto, sottoscrissero un armistizio che prevedeva uno scambio di ostaggi appartenenti alla discendenza divina: per i Vani, il dio Njörd e i suoi figli Freyr e Freyja, mentre per gli Asi l’agile Hönir dai lunghi piedi oltre a Mimir, il custode della fonte della saggezza. Da quel momento i Vani ebbero accesso alla società degli dei di Asgard. Freyr, un dio della fertilità, era lo sposo di Erdr (Madre Terra). In Svezia era adorato con il nome di Fricco, mentre in Norvegia e in Islanda era noto come Freyr. Freyr e suo padre Njörd erano invocati nella speranza di ottenere un abbondante raccolto; in occasione dei pasti sacrificali veniva sempre elevato in loro onore un corno colmo di dolce idromele, implorando un anno di pace e prosperità. Poiché il padre di Njörd era anche un dio della tempesta, i marinai lo pregavano affinché il vento fosse favorevole e le loro imbarcazioni fossero protette. Dopo Odino e Thor, il ruolo più importante nell’ambito delle saghe norvegesi è rivestito da Freyr. In origine era un dio fallico della natura, che mandava il sole e la pioggia. In seguito si sviluppò in un dio del sole e della fertilità, la cui dimora era fissata nel palazzo di Uppsaldir (il più alto dei cieli), e a Ljossälsfheim, la lei i a degli elfi di luce, ricevuta in dono dagli dei dopo che gli erano spuntati i primi denti (d’oro). Egli cavalcava un cinghiale d’oro, che si rinnovava costantemente ed era considerato come un sole; anche il dio era circondalo da un alone di luce bianca. All’inizio dell’inverno (Yulefest), veniva sacrificato in suo onore il più bel cinghiale del branco, e al tempo stesso veniva formulato un voto a cui si sarebbe tenuto fede nell’anno che stava per cominciare. Freyr possedeva inoltre una spada magica e invincibile, in grado di combattere da sola, nonché la veloce nave Skidbladnir (legno alato), costruitagli dai nani Brok e Sindri. Non appena venivano issate le vele, essa si dirigeva da sola verso la meta prescelta; quando non gli occorreva più, la ripiegava e la riponeva nella sua borsa. Tutti i cavalli bianchi (simboli della fertilità?) erano dedicati a Freyr, che in numerose località veniva adorato anche in questa forma. Durante l’ultima battaglia del mondo di Ragnarök, quella che annunciava il crepuscolo degli dei, Freyr fu sconfitto dalla spada Fiammeggiante del tenebroso Surtr, uno dei figli del mondo infuocato di Muspellsheim. Aveva lasciato in pegno la sua magica spada al gigante Gymir, quando ne sposò la figlia Erdr. Per questo motivo, durante quella battaglia fatale, potè utilizzare come arma di difesa solo un frammento di corna di cervo, raccolto in fretta e furia da terra.
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7. GEBO - Dono, Ospitalità, Matrimonio, Sacrificio Sillaba: g La runa Gebo simboleggia un regalo che dona perenne letizia. La forza di questa runa fa sì che due persone, quasi sempre un uomo e una donna, inizino una relazione senza costrizioni che permetta loro di sentirsi più forti e di esprimere creatività. A tale proposito, recita una strofa dell’Havamal: Quando incontri qualcuno che ti ispira fiducia, e desideri che si affezioni a te, scambia con lui doni e pensieri e bussa incessantemente alla sua porta. Questa runa è stata associata a Freyja, a cui è dedicato il venerdì. Significato divinatorio: Se durante la divinazione la runa Gebo esce in un punto importante, significa che nell’immediato futuro il consultante riceverà un dono che potrebbe essere foriero di gioia eterna. Può essere un matrimonio, una solida relazione, una maggiore profondità di sentimenti o il miglioramento delle condizioni economiche attraverso una società. Occorre comunque sacrificare qualcosa in nome di tutto ciò; anche nello stile di vita subentrano dei cambiamenti. L’esito finale sarà comunque all’insegna della positività e dell’armonia. Significato della runa al diritto: Un regalo, dare e ricevere, spirito di sacrificio, ospitalità, nobiltà d’animo, società, ricompensa, testamento o eredità. Significato della runa al rovescio: Dipendenza, avidità, privazioni, oneri da sopportare, uccello del malaugurio, solitudine. Corrispondenze: Tarocchi: VI arcano maggiore - Gli Innamorati Astrologia: Sole in Pesci/Luna in sesta casa I Ching: 64° esagramma, Wei Chi - Prima del compimento
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F R E VJ A Freyja, figlia di Njörd, dio del mare e della tempesta, apparteneva, esattamente come suo fratello Freyr, alla stirpe divina dei Vani. Poiché in fondo presentava molte analogie con la dea Frigg, moglie di Odino, entrambe erano considerate dee dell’amore. dome il fratello, Freyja cavalcava un cinghiale e anch’essa veniva invocata affinché favorisse la fertilità. Viaggiava a bordo di un carro trainato da gatti a cui elargiva a piene mani fiori e frutti. Era inoltre una profonda conoscitrice delle arti magiche, e trasmise a Odino buona parte del suo sapere. Freyja era la regina delle Valchirie, fanciulle della guerra, che suggellavano con il bacio della morte il triste fato dei soldati periti sul campo di battaglia. Metà dei caduti venivano issati sui loro baldi destrieri e condotti all’interno di Sessrymnir (la sala dalle mille sedie) nel palazzo di Freyja, detto Folksvang. Lì, Freyja curava le loro ferite e offriva un corno colmo di spumeggiante idromele, il nettare degli dei, ispiratore di eloquenza, canti e danze. L’altra metà dei caduti veniva accompagnata nel Wallialla, dove Odino e il suo esercito ombra, l’Einheriar, erano pronti ad accogliere gli eroi riservando loro la medesima ospitalità. Anche questa dea poteva assumere un aspetto diverso e non di rado si trasformava in un falco; e proprio assumendo questa Ibi ma fece sì che l’ipocrita Loki liberasse Idun, la dea della primavera (vedi più avanti). Poiché nell’aspetto originale Freyja era una dea della fertilità, si era soliti pregarla quando si era alla ricerca di un buon marito o di una buona moglie o quando ci si voleva assicurare una discendenza numerosa e sana. Come la maggior parte delle dee della fertilità presenti nell’universo mitologico, anche Freyja era un’adultera. Nell’Europa del Nord, Freyja veniva spesso confusa con Frigg, non solo per una certa assonanza che caratterizzava i loro nomi, ma per il ruolo pressoché analogo ricoperto da queste due divinità. Narra una leggenda ad essa ispirata, che un giorno Freyja si recò da Svartälfheimr, il fabbro dei nani neri che viveva sottoterra, e sul suo bancone scorse una collana associata alla bellezza e all’onniscienza. Mai prima d’ora aveva visto qualcosa di simile. La dea, che nutriva una passione per i gioielli, desiderava ardentemente di entrare in possesso di questo monile. I nani erano disposti ad esaudire il suo desiderio, a patto che trascorresse una notte con ognuno di loro. Freyja acconsentì senza neppure un attimo di esitazione. Quando Odino lo seppe, s’infuriò al punto da incaricare il perfido Loki di rubare durante la notte la collana detta Brisingamen, da cui la dea non si separava mai. A tale scopo, Loki si trasformò in una pulce e disturbò il sonno di Freya: quest’ultima cominciò ad agitarsi nel letto finché il gancio della collana si aprì, permettendo così a Loki di sfilare indisturbato il gioiello che Odino voleva. Ma il prode dio Heimdall, custode del ponte iridato, vide e udì tutto. Dopo un’aspra battaglia fra le onde tempestose in prossimità della scogliera, riuscì a sottrarre a Loki il gioiello prediletto della dea, restituendolo a una felicissima Freyja.
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8. Wunjo - Gioia, Desideri esauditi Sillaba: w/v Poiché la runa Wunjo ha un potere di persuasione al di sopra delle parti, essa consente di armonizzare dei punti di vista diametralmente opposti, esaudendo i desideri e ripristinando l’equilibrio. Questa runa ristabilisce la pace e restituisce l’armonia; favorisce inoltre l’instaurarsi di nuove relazioni (d’affari), che non sono solo ed esclusivamente sinonimo di fortuna e gioia perenne, ma che possono parimenti preludere a una situazione economica positiva. La gioia genera nuova energia che fino a poco prima era bloccata. Ravvivati da un’inconsueta chiarezza, ci si rende conto di dover desistere da alcuni progetti e obiettivi, se non s’intende compromettere l’armonica connessione fra l’ego e il sé. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: Letizia è concessa a colui che ha poche angustie, a colui che ha ricevuto in dono una ferrea salute, e a colui che è benedetto da una casa in cui regna la pace. Questa runa è perlopiù associata all’amatissimo dio Balder. Narra il poema epico danese che la sua nave con a bordo le sue spoglie mortali venne fatta affondare nel mar Baltico. Significato divinatorio: Questa runa è apportatrice di buone notizie, è sinonimo di fortuna e letizia dopo un periodo avverso nonché di convalescenza e fiducia in sé stessi. Costituisce la ricompensa per i sacrifici fatti, e le prospettive per il futuro appaiono rosee. Wunjo simboleggia l’anello di congiunzione fra le opinioni più diverse che si fondono armoniosamente, culminando nell’amicizia e nella buona volontà. Questa runa designa anche il senso della famiglia e il patriottismo. Significato della runa al diritto: Gioia, desideri esauditi, tolleranza, cameratismo, simpatia, armonia, fortuna perenne. Significato della runa al rovescio: Struggimento, sfiducia, ostacoli insormontabili, allontanamento, disarmonia. Corrispondenze: Tarocchi: XI arcano maggiore - La Forza Astrologia: Giove in Bilancia/Venere in Leone I Ching: 26° esagramma, 7a Ch’u - La Forza domatrice del grande
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BALDER Dall’unione di Odino con Frigg nacquero due gemelli, diversissimi sotto il profilo fisico e caratteriale. Hödr, il dio delle tenebre, era malinconico, introverso e cieco. Suo fratello Balder era invece considerato il dio della luce, della purezza e dell’innocenza. Era bello e noto in virtù del suo aspetto radioso; chiunque lo vedeva non poteva fare a meno di amarlo, e nessun dio poteva eguagliare la sua bontà. Il giovane dio della luce conosceva bene i segreti delle rune poiché erano tatuate sulla sua lingua; egli conosceva inoltre i poteri nascosti delle erbe. La gentilezza e il fascino che emanavano da Balder erano invisi solo a Loki. Giacché questo dio ipocrita detestava il giovane e bellissimo Balder, non perdeva l’occasione di escogitare malefici piani atti a distruggerlo. Una notte, Balder sognò il suo declino. I sogni turbarono la sua serenità e l’indomani li raccontò agli altri dei. Frigg, che come Odino possedeva poteri magici, per amore di suo figlio strappò alle entità e alle forze della natura la promessa che mai essi avrebbero arrecato alcun male a Balder. Da quel momento Balder parve essere divenuto invulnerabile. Per averne conferma, gli altri dei fecero il gesto di colpirlo con le loro armi, ma non vi furono dardi, pugni o calci che potessero ferirlo. Questo miracolo mandò a monte i malefici progetti di Loki, il (piale, travestitosi da vecchia, fece visita a Frigg per sondare il terreno. Durante la conversazione, egli ebbe modo di scoprire che tutte le entità e le forze della natura avevano formulato la promessa di non arrecare alcun male a Balder, a eccezione di un ramo di vischio, cresciuto su una quercia a ovest del Walhalla. Loki recise frettolosamente il ramo, lo appuntì e lo diede al fratello di Balder, Hödr, il dio cieco della notte, che con l’aiuto di Loki lo puntò contro il dio della luce. Il ramo di vischio raggiunse l’obiettivo trafiggendo il cuore dell’adorato Balder, che stramazzò al suolo privo di vita. Gli dei, profondamente addolorati e in preda allo sgomento, non riuscivano comunque a spiegarsi ciò che era accaduto. Essi inviarono il figlio di Odino, Hermodr, in sella a Sleipnir, il cavallo a otto zampe dello stesso Odino, nel regno delle ombre di Niflheim, per implorare il ritorno di Balder. Dopo molteplici peripezie e peregrinazioni, raggiunse la porta del regno delle ombre, dove la dea Hel gli fece strada e raccolse uno straziante appello affinché fosse concesso il ritorno di Balder dal regno dei morti. Pur essendo spaventosamente brutta, Hel non era una dea cattiva e volle esaudire la preghiera di Hermodr legata alla restituzione di Balder alla vita, ponendo come condizione che tutti gli esseri viventi del mondo piangessero per lui. Poiché tutti amavano Balder, il suo ritorno nel mondo degli dei sembrava ormai cosa fatta. Nondimeno Loki era risoluto a suggellare il suo tradimento; si trasformò nella gigantessa Thokk (carbon fossile) e rifiutò di versare una sola lacrima per la morte del giovane e bellissimo dio. Balder fu condannato a restare nell’Averno, fino all’ultima battaglia del mondo di Ragnarök, che coincise con il crepuscolo degli dei, per far quindi ritorno, più radioso e puro che mai, in un mondo rinato.
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9. HAGALAZ - Grandine, bufere di neve, semi, uovo Sillaba: h La runa Hagalaz simboleggia le forze distruttive della natura, che colpiscono inaspettatamente e possono sovvertire il ritmo dell’esistenza. Per esempio, può capitare che una persona intenta a seguire una trasmissione televisiva senza avvedersi di nulla venga sorpresa di punto in bianco da un fulmine o da una tempesta che finisce per scoperchiarle la casa, quando addirittura essa non prende fuoco. Una forza come questa manda a monte i progetti ambiziosi (specie quelli elaborati a lungo), poiché le circostanze, che sfuggono al controllo dell’individuo, ne ritardano o ne ostacolano la realizzazione. Queste circostanze potrebbero anche essere un ostacolo esterno al manifestarsi di un evento, indurre situazioni conflittuali o causare l’alienazione di alcune pulsioni interiori. Questa runa mette peraltro in guardia sul pericolo incombente di scegliere la strada più facile, che culminerebbe in un ristagno del processo di crescita personale. La runa Hagalaz racchiude quindi il complesso principio secondo cui siamo esposti a situazioni difficili e pericolose, in cui tuttavia si celano i semi di una fruttuosa crescita. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: Grandine, il più luminoso dei cereali, che raffiche di vento sospingono in avanti, cade dalla sommità del cielo per sciogliersi in feconde acque. La runa Hagalaz veniva chiamata «il seme del gigante di ghiaccio Ymir».
Significato divinatorio: Questa runa rappresenta una forza incontrollabile e distruttiva, che colpisce all’improvviso e sconvolge seduta stante i progetti a lungo coltivati. Bisogna essere subito messi in guardia dalla reazione logica di imboccare la strada più facile. Del resto, rinunciando alle ambizioni poco convincenti e avventate, limitando così i danni che ne conseguirebbero, si possono impedire molte sofferenze. Significato della runa al diritto: Avvenimenti che ostacolano la realizzazione di progetti avventati, influssi distruttivi inaspettati. Significato della runa al rovescio: Afflizioni, rinunce, rinvii e incombenze, dolore, perdita, sofferenza, crisi, sciagure.
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Corrispondenze: Tarocchi: XXI arcano maggiore - Il Mondo Astrologia: Sole in Acquario/Luna in quinta casa/Pianeta Urano I Ching: 51° esagramma, Chén- L’Eccitante (Lo Scuotimento, il Tuono)
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NIFLHEIM Su Niflheim, il mondo degli spiriti awolto dal fumo e dalla nebbia, dove si aggiravano strani mostri dall’aspetto raccapricciante, regnava la dea Hel. Secondo la tradizione delle saghe norvegesi, il regno delle ombre di Niflheim era situato nell’estremo Nord, sul margine più esterno del mondo; il gelido fiume Gjöll lo separava dal regno degli uomini. In quel luogo inospitale e silenzioso, mai illuminato dal sole, sedeva Hella o Hel, la figlia di Loki, immersa in malinconici pensieri, intenta a ispezionare la schiera dei suoi spiriti prediletti. Il suo aspetto era ripugnante, mentre, seduta a capo chino sul trono, fissava sconsolata il pavimento. Metà del suo volto era solcato da rughe profonde, e l’altra metà era invisibile, perché era avvolta da ombre nere come la pece. Il tetto dell’opprimente palazzo sommerso di Hel era fatto di serpenti che stillavano il loro veleno sul pavimento; le pareti erano costituite da cristalli di ghiaccio. Tuttavia la dea Hel non agiva con perfidia. Il suo regno delle ombre era un luogo dove regnava l’ozio, il silenzio, l’immobilità. Una volta messo piede laggiù, era impossibile abbandonarlo senza l’aiuto di qualcuno. Non era tanto un luogo di castigo quanto un luogo di ristagno e di decadimento di ogni possibilità.
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10. NAUDIZ - Destino, tempo, determinazione Sillaba: n La runa Naudiz simboleggia il principio dell’universo che oppone resistenza. Come per la runa Hagalaz, tutto sfugge al controllo del singolo individuo essendo il risultato ineluttabile della legge di causa ed effetto. In questo caso si assiste alla trasposizione nella realtà concreta del principio fondamentale che governa l’azione e la reazione. Questa runa legata al destino, che affonda le sue radici nel buio e nel freddo, manifesta giocoforza il bisogno di luce e calore, i quali tuttavia possono emanare solo dalla propria interiorità. Anche Naudiz è apportatrice di un monito: «Non chinare il capo e non rinunciare per nessun motivo alla speranza!» Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: Il destino stringe in una morsa il petto e il cuore, ciò nonostante aiuto e salvezza non verranno meno per colui che vi opporrà resistenza prima che sia troppo tardi. La runa Naudiz è associata a Skuld (futuro), la più giovane delle tre dee del destino. Significato divinatorio: Questa runa rappresenta la maturazione delle idee e dei propositi, della nascita, dell’attesa e del destino, che dà i suoi frutti purché si abbia pazienza. La runa Naudiz è la metafora di colui che regge un fardello scomodo e pesante. Essa evoca anche un senso di sopportazione — quantunque si sappia che è sbagliato — e dona la forza per accettare di buon grado la sofferenza rendendola produttiva nei limiti del possibile, pur se la speranza che giungano tempi migliori è ridotta al lumicino. Significato della runa al diritto: Sopportazione, resistenza; capacità di cogliere le opportunità che offrono una via d’uscita; fermezza. Significato della runa al rovescio: Preoccupazioni, carestia, ansia, povertà, sfinimento, paura, resistenza altalenante alle avversità e alle iniquità. Corrispondenze: Tarocchi: XV arcano maggiore - Il Diavolo Astrologia: Luna in Scorpione/Sole in seconda casa I Ching: 36° esagramma, Ming/- L’Ottenebramento della luce
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LE DEE DEL DESTINO O NORNE In origine fu Orlog — una forza impersonale a cui era impossibile sfuggire e che era impossibile rinnegare — a governare le sorti del mondo. La battaglia fra gli Asi e i Vani divampò dopo che questi ultimi ebbero inviato ad Asgard la strega del malaugurio Gulveig (minerale aurifero), la quale colmava il cuore degli dei e degli uomini di insaziabile cupidigia, affinché seminasse lo scompiglio fra gli Asi. Per tre volte essi gettarono Gulveig nel fuoco, da cui puntualmente riemergeva più bella e seducente. Fu così che Odino, in preda alla collera, scagliò la sua lancia Gungnir, che non falliva mai l’obiettivo, in direzione di Vanaheim. Quel gesto segnò l’inizio della guerra fra gli Asi e i Vani. A quel punto apparvero tre misteriose sorelle avvolte in un velo nero, che subentrarono al ruolo di Orlog, pur se con una connotazione più sfumata. Esse spiegarono la legge di causa ed effetto — incarnata da Orlog — chiarendo il concetto secondo cui dalle azioni passate e presenti scaturisce ineluttabilmente il destino di domani. Sknld, la più giovane delle tre Nome, volgeva lo sguardo verso il futuro. Era colei che tesseva i fili dell’umana esistenza fin dal momento della nascita. Quando si celebrava un matrimonio, Verdandi, che scrutava intensamente il presente, univa i due fili della vita, mentre Urdr, la più anziana delle tre sorelle, paragonabile a una vecchia strega, guardava nel passato fantasticando su eredi e antenati. Quando moriva un comune mortale, essa recideva i fili della vita e ne affidava lo spirito alla dea Hel nel regno delle ombre di Niflheim. Le dee del destino dimoravano con i loro filatoi nella fonte della saggezza, presso le radici di Yggdrasil, l’albero della vita. Esse non vegliavano solo sulla salute dell’albero, bensì anche sulla sorte degli dei. Si prendevano cura di Yggdrasil, l’albero protettore degli dei, innaffiandolo quotidianamente con acqua attinta alla fonte della saggezza, affinché non avvizzisse ma si conservasse verde, fresco e forte, a dispetto delle continue devastazioni perpetrate dal perfido serpente Nidhöggr a danno delle sue radici. Tuttavia, neppure gli dei potevano sottrarsi alla forza del destino; narra il poema della Völuspa che l’avvento delle dee del destino ha coinciso con la fine del periodo d’oro, dell’indistruttibilità e dell’innocenza degli Asi. Parrebbe perfino che le circostanze che hanno culminato nel Ragnarök siano dipese dalla decisione delle Nome.
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11. ISA - Ghiaccio, isolamento, ristagno Sillaba: i/ei La runa Isa rappresenta il principio del restringimento e del ripiegamento su di sé. Essa attira a sé tutto ciò che si trova nelle sue vicinanze, per avvolgerlo nel silenzio, nelle tenebre e nel freddo. Di per sé questa forza costituisce un elemento distruttivo, nondimeno laddove mette un freno a un dinamismo impetuoso e a briglie sciolte, essa assolve al suo ruolo indispensabile. In virtù delle sue caratteristiche volte a smorzare gli ardori, questa runa getta un ponte fra i principi conflittuali. Il poema epico islandese dedicato alle rune recita a tale proposito: Il ghiaccio stabilisce la portata dei fiumi e il tetto dei flutti; è un grande pericolo per il comune mortale. La runa esprime la contrapposizione tra il fuoco che divampa a Muspellsheim e il freddo pungente del regno dei giganti di ghiaccio. Significato divinatorio: Può trarre in inganno a dispetto della sua natura silenziosa e impercettibile. Può paralizzare anche le onde impetuose sotto la sua superficie ed erigere statici monumenti con l’acqua delle cascate e delle sorgenti, a riprova della sua forza. Il ghiaccio, in maniera subdola e sottile, impedisce l’azione. Sarebbe prudente congelare le faccende che coinvolgono il consultante fino al «disgelo», che rimuove l’isolamento, quando tutto si rimetterà in moto con rinnovato entusiasmo. Significato della runa al diritto: Concentrazione, ristagno, staticità, autocontrollo, blocco di situazioni indesiderate, forza di volontà. Significato della runa al rovescio: Atteggiamento subdolo, inattendibilità, egoismo, raffreddamento di un rapporto, noia, isolamento. Corrispondenze: Tarocchi: IX arcano maggiore - L’Eremita Astrologia: Sole in Cancro/Luna in decima casa I Ching: 41° esagramma, Sun - La Diminuzione
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J ÔT U N H E I M - U T G A R D Narrano le saghe norvegesi che Jôtunheim, l’arido e freddo regno dei giganti di ghiaccio che possedevano poteri magici, si trovava sul versante più orientale al limitare del mondo. Il gelido fiume Gjöll lo separava da Midgard. In questo regno sommerso, detto Utgard, dimorava l’invincibile e famelico lupo Fenrir; lì il serpente Jôrmungandr attendeva l’occasione propizia per schiacciare la Terra, mentre il perfido serpente Nidhòggr addentava senza tregua le radici dell’albero della vita Yggdrasil e l’anziana gigantessa di ghiaccio Jarnaxa si occupava del lupo del sole e del lupo della luna, incaricati di divorare questi due corpi celesti non appena fossero diventati adulti. Su questo regno arido e freddo, mai rischiarato dal sole, governava Utgarda-Loki, la cui moglie Angrboda (messaggera del male) partorì il famelico lupo Fenrir e altri mostri demoniaci. Alla sua discendenza apparteneva anche la bruttissima dea Hel. Gli abitanti di Jôtunheim, prigionieri del gelido ristagno che caratterizzava questo regno dove raramente cambiava qualcosa, sostituivano alla viva operosità che caratterizzava gli altri mondi, aggressività e invidia. Nelle scaramucce con gli dei, a causa della loro grettezza mentale e della goffaggine dei movimenti, finivano immancabilmente per avere la peggio. In particolare, essi avevano l’obbligo di onorare Thor come loro maestro.
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12. JERA- Anno, raccolto, mutamenti ciclici Sillaba: j/y La runa Jera rappresenta l’aspetto ciclico, destinato a riproporsi perennemente, delle manifestazioni naturali fra cui possiamo annoverare l’avvicendarsi delle stagioni, delle maree, del giorno e della notte, ecc. Se per esempio viene auspicato un buon raccolto, sarebbe opportuno predisporsi in tal senso all’inizio dell’anno, seminando o piantando con cura e dedizione. Il duro lavoro nei campi svolto all’inizio dell’anno, se tutto procederà senza intoppi, sarà ricompensato in autunno. Questa runa pone l’accento sulla necessità di portare a termine con la massima cautela i progetti perennemente ricorrenti e a lunga scadenza, dove nulla garantisce il coronamento di tutti gli sforzi tesi al successo. A dispetto di questo fattore improntato alla precarietà, la runa Jera esercita un influsso notevolmente positivo. Tanto il poema epico norvegese quanto quello islandese, ambedue dedicati alle rune, recitano a tale proposito: (Un buon raccolto) è produttivo per gli uomini, una buona estate, un maturo terreno arato, se Frodhi (Freyr) vorrà essere benevolo. La runa Jera era dedicata a Freyr, dio della fertilità avvolto da una luce radiosa, invocato affinché portasse una tenue pioggia e un buon raccolto.
Significato divinatorio: Jera è la runa dell’esito felice, del buon raccolto dopo un anno d’intenso lavoro. Ciò che si semina verrà raccolto. Questa runa simboleggia anche il ciclico moto perpetuo dell’umana esistenza. Se esce Jera, può significare che all’orizzonte si profila un periodo d’intensa fatica oppure che è il momento di gioire per una gravidanza a lungo desiderata. E comunque d’obbligo un avvertimento: non forzate gli eventi, poiché c’è un tempo per ogni cosa. Significato della runa al diritto: Gioia, buoni risultati, prosperità, realizzazione di ansiose aspettative e di progetti accarezzati da lungo tempo. Significato della runa al rovescio: Delusioni improvvise, cambiamenti continui, mutamento delle circostanze, insicurezza, negligenza. Corrispondenze: Tarocchi: III arcano maggiore - L’Imperatrice
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Astrologia: Sole in Toro/Luna in seconda casa I Ching: 11° esagramma, T’aì - La Pace
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FREYR O FREY Gli abitanti di Vanaheim erano dei e dee della fertilità nonché della crescita organica. La loro esistenza era scandita da un andamento ciclico delle cose, culminante in una società armoniosa e ben strutturata. Nulla sembrava turbare l’equilibrio e le giuste proporzioni. Le stagioni si avvicendavano perennemente, al pari del giorno e della notte, delle maree, della semina e del raccolto e di tutti gli altri fenomeni di matrice ciclica anche quelli personali. Lo sviluppo silenzioso e la maturazione erano indicativi di questo dominio equilibrato, poiché non esistevano precarietà di sorta. Ovunque regnavano letizia e benessere. Da fonti islandesi si evince che antagonismi e battaglie abbiano opposto gli Asi ai Vani. Essendo comunque stanchi di tutte quelle scaramucce, strinsero un’alleanza perenne, e la stirpe degli dei attuò uno scambio di ostaggi: i Vani cedettero Njörd, dio del mare e della tempesta, e i suoi due figli Freyr e Freya, mentre gli Asi cedettero l’agile Hönir dai lunghi piedi e il saggio Mimir, custode della fonte della saggezza. Nel corso di questi negoziati dai toni non sempre pacati, Mimir fu decapitato a tradimento. La sua testa fu consegnata agli Asi, e Odino lo risvegliò alla vita presso la fonte della saggezza di Urd, in cui erano racchiuse le rune magiche. Da quel momento, Odino e la testa di Mimir congiurarono gli eventi che in futuro avrebbero atteso gli dei. Perciò gli Asi accolsero nel loro ambiente Njòrd, Freya e Freyr. Sebbene in origine Freyr fosse un simbolo fallico e certamente non un dio, nei loro canti gli Scaldi norvegesi e islandesi ne fornirono una personificazione tale che gli valse un’infinità di caratteristiche umane. In Svezia era adorato con il nome di Fricco, mentre in Norvegia e in Islanda era noto come Freyr. Colui che desiderava prosperità, un buon raccolto o voleva intraprendere un viaggio tranquillo invocava l’aiuto di suo padre Njörd, dio del mare e della tempesta, nonché quello di Freyr. Per questo motivo, durante i sacrifici in corrispondenza dello Yule veniva offerto loro, in linea di massima, un corno colmo di dolce idromele, affinché contribuissero all’avvento di un anno di pace e prosperità; inoltre si facevano voti solenni a cui si sarebbe tenuto fede nell’anno che stava per cominciare. Il suo palazzo Uppsaldir (il più alto dei cieli) era avvolto, come lo stesso dio, dalla luce del sole. Egli era molto amato dagli dei. Quando da bambino, durante la seconda dentizione gli spuntarono denti d’oro, gli dei gli donarono Ljossälfsheim, la terra degli elfi di luce. Egli cavalcava un cinghiale d’oro di nome Gullinbursti (setole d’oro), costruitogli dal nano Sindri, che si rinnovava costantemente e le cui setole d’oro illuminavano le notti più cupe, dando l’impressione di essere in pieno giorno. Un tale fenomeno induceva a credere di essere in presenza del sole, tanto più che il dio era comunque avvolto da una luce radiosa.
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13. EIHWAZ - L’albero della vita (tasso), resistenza Sillaba: e L’albero della vita è sempre verde, un elemento della natura che rimane pressoché immutato nel corso dei lunghi e rigidi mesi invernali. Perciò l’albero costituisce un simbolo di speranza riposta nel fatto che il mondo non si estinguerà del tutto grazie al susseguirsi delle stagioni. Il poema epico anglofrisone utilizza a più riprese una serie di allegorie che illustrano il significato simbolico dell’albero della vita: si tratta di un albero solido e inflessibile, che in un certo qual modo richiama l’asprezza della stagione invernale. La sua robustezza simboleggia parimenti la sua grande forza. In virtù della durezza del suo legno resinoso non è stato battezzato solo «il custode del fuoco (interiore)», bensì è stato ravvisato anche come il sole dentro casa, che consentiva di sopravvivere ai lunghi inverni rigidi. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: Il tasso è un albero possente; le sue robuste radici lo ancorano saldamente alla terra. Che gioia accendere un fuoco con i suoi rami. Significato divinatorio: La runa Eihwaz simboleggia la sintesi fra le inclinazioni caratteriali antitetiche, come ad esempio nel caso degli eccessi di collera che si fondono con la meditazione spirituale, dei bassi istinti che si uniscono alla sensibilità, della brutalità che diviene tutt’uno con l’inerzia, ecc. Questo genera non solo forza e vitalità, ma anche una volontà più forte, una maggiore fiducia in sé stessi, nonché resistenza e autoaffermazione. Questa runa rappresenta una sorta di «sorvegliante dell’ingresso» che, rientrando nel novero dei soccorritori, assicura protezione in caso di grande pericolo. Quando vi confrontate con le problematiche del passato, non fatevi carico di quegli oneri di cui non siete pienamente convinti. Siate fedeli a voi stessi! La runa Eihwaz allude alle possibilità che si dischiudono nel momento in cui viene intrapreso un nuovo cammino. Non di rado preannuncia un periodo di attesa. Mantenete un atteggiamento risoluto e scrutate sempre in direzione del futuro. Significato della runa al diritto: Forza di volontà, fiducia in sé stessi, fedeltà, casa propria, amministrazione di lasciti, agenti immobiliari. Significato della runa al rovescio: Incostanza, autocommiserazione, corruzione, vecchie problematiche che si ripetono, problemi risolti a metà.
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Corrispondenze: Tarocchi: XII arcano maggiore - L’Appeso Astrologia: Sole in Scorpione/Luna in seconda casa I Ching: 16° esagramma, Yu- Il Fervore
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YGGDRASIL Yggdrasil, l’albero protettore degli dei, è fuoriuscito dai meandri della terra. I suoi rami sempreverdi si protendevano fino al cielo e ombreggiavano tutti i nove mondi. Ai suoi piedi, in prossimità della fonte della saggezza, le tre Nome, ossia le dee del destino Urdr, Verdandi e Skuld, tessevano i loro fili del passato, del presente e del futuro. Esse non si limitavano a innaffiare l’albero sacro — le cui foglie carnose risultavano perennemente minacciate — con l’acqua attinta alla fonte della saggezza di Urdr, bensì vegliavano anche sulla sorte degli dei. Giallar, il corno di Heimdall, con cui avrebbe dovuto annunciare Ragnarök quando fosse giunta l’ora, giaceva al sicuro fra le radici di Yggdrasil. Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino, e la capra Heidrun, che produceva incessantemente l’idromele, vale a dire il nettare degli dei, si cibavano dei suoi rami; quattro cervi ne rosicchiavano i germogli, mentre il perfido serpente Nidhöggr e innumerevoli vermi addentavano senza posa le sue radici. Eppure l’albero della vita non avrebbe potuto inaridirsi prima che scoppiasse Ragnarök —l’ultima battaglia del mondo — nonché prima che giungesse la fine della vita, del tempo e dei mondi. Nel frattempo l’aquila, che montava la guardia su un ramo posto all’interno della corona dell’albero, intonava a squarciagola un canto sulla creazione e sulla distruzione del mondo. Sopra il capo dell’aquila volteggiava Verdrfölnir, il falco dallo sguardo acuto e profondo che riferiva agli Asi tutto ciò che accadeva nel mondo. Lo scoiattolo Ratatoskr ascoltava il resoconto del falco e subito dopo scendeva precipitosamente dalla cima, percorrendo il fusto, fino alle radici del possente albero, dove aggiornava Nidhöggr sulle ultime notizie. Successivamente ritornava in fretta e furia alla sua postazione sulla sommità dell’albero, per meditare su tutto quanto aveva udito. Una delle massicce radici di Yggdrasil si protendeva fino a Niflheim, il regno delle ombre situato nel mondo degli spiriti, mentre le altre due radici raggiungevano rispettivamente Jôtunheim, il dominio dei giganti di ghiaccio, e Midgard, il domicilio degli uomini. Le sue cime possenti toccavano il cielo, e le stelle erano appese come mele dorate alla sua corona. Ogni giorno la dea Idun coglieva queste mele per offrirle agli dei. Narra la leggenda che il miele del benessere gocciolava dai suoi rami e colmava i fiumi. In analogia con il corpo umano — la cui colonna vertebrale racchiude il canale della forza, da cui, al pari dei rami, si diramano tutti i nervi importanti fino a raggiungere gli organi ai quali infondono vitalità — la cosmologia delle popolazioni nordiche soleva rappresentare un albero della vita universale, che comprendeva tutti i nove mondi interconnessi fra loro. Questi nove mondi, che si celavano sotto il suo fogliame, erano: Asgard, Ljossälfsheim, Midgard, Svartälfsheim, Helheim, Vanaheim, Jôtunheim, Muspellsheim e Niflheim. Nove patrie io conosco, e nove possenti rami crescono sul solido albero, che affonda le radici nella terra profonda... ...così narrava la profetessa Saga, che cantava la creazione, le gesta epiche degli dei e la distruzione del mondo. Essa dipingeva i nove mondi, come se fossero cresciuti sui rami dell’albero della vita. Poiché tuttavia non sono mai stati descritti singolarmente, è possibile distinguerli solo in virtù di alcuni segni di riconoscimento generici.
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14. PERTH - Segreti, ilarità Sillaba: p Perth, la più allegra dì tutte le rune, una fonte di letizia e diletto, può essere sinonimo di leggere facezie. Ad ogni modo sarebbe opportuno evitare di parlare troppo, specie con toni particolarmente entusiasti, o di spiattellare segreti prima di aver esplorato o recepito anche le tendenze nascoste. Solo quando si è intimamente sicuri del fatto che le cose debbano essere prese sul serio oppure no, molti scogli potranno essere superati con tatto e ironia. Sotto il profilo organico, questa runa può sottendere ingordigia, ubriachezza ed eccessiva voluttuosità. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: Perth è apportatrice di gioia e giocosità agli intrepidi quando i soldati contenti si ritrovano insieme intorno a una birra. Significato divinatorio: Questa runa incarna più di ogni altra la gioia e l’esuberanza. Se nel corso della divinazione si pone eccessivamente l’accento su Perth, ciò potrebbe ravvisare un’eccessiva dissolutezza sotto tutti i punti di vista. Pensiamo ad esempio al vino che, se bevuto in quantità normali mette allegria, ma se bevuto in quantità eccessive può annebbiare la mente. Sebbene i soggetti che presentano molte caratteristiche di Perth garantiscano indubbiamente una compagnia allegra e scanzonata, questo non significa che si possa sempre fare affidamento su di loro. Non fatevi cogliere di sorpresa, complice l’atmosfera distesa e noncurante, da belle parole e allettanti proposte. Non divulgate segreti e altre questioni familiari, onde non correre rischi di sorta. Significato della runa al diritto: Umorismo, ilarità, privilegi inaspettati, un regalo anonimo, possibilità nascoste. Significato della runa al rovescio: Eccessi, sprechi, millanteria, seduzione, ubriachezza, ingordigia, moventi nascosti. Corrispondenze: Tarocchi: X arcano maggiore - La Ruota della Fortuna Astrologia: Mercurio in Leone/Saturno in settima casa I Ching: 48° esagramma, CMng- Il Pozzo
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VIDARR Dalla relazione di Odino con la bella gigantessa Grid nacque Vidarr, forte quanto taciturno. Egli era la personificazione delle imperiture forze della natura e viveva a Landvidi, un palazzo nascosto nel cuore dell’impenetrabile foresta vergine, dove regnava il silenzio assoluto. Vidarr viene raffigurato con indosso l’armatura, che rimanda una figura snella, proporzionata che calza un’enorme scarpa di ferro. Questa particolare calzatura si deve alla visione magica e previdente di sua madre Grid, poiché essa sapeva che in occasione della caduta del mondo Vidarr avrebbe dovuto fronteggiare l’indomabile lupo Fenrir per vendicare la morte del padre; perciò essa gli aveva fornito una scarpa di ferro a guisa di protezione in prospettiva della lotta con il mostro famelico. La scarpa era così grossa e rigida da resistere agli attacchi sferrati dai denti aguzzi del lupo Fenrir. Quando un giorno Vidarr si presentò ad un ameno e informale raduno degli dei, questi ultimi lo salutarono calorosamente poiché sapevano che la sua straordinaria forza sarebbe stata utile nelle situazioni di pericolo. Dopo che gli ebbero offerto un corno colmo di spumeggiante idromele, Odino invitò il figlio a seguirlo lino alla fonte della saggezza di Urd, dove, come di consueto, le Norne erano intente a tessere i loro fili. Odino le interrogò riguardo al suo futuro e a quello di Vidarr; le tre veggenti pronunciarono questa frase: Iniziato in gioventù. In tessuto oltre. Ciò che era negli intenti sarà fatto. E insieme: gioioso trionfo. Pur se pronunciate in maniera sibillina, le loro frasi erano punteggiate da alcuni chiari indizi: il tempo passa e tutto si trasforma; se mai Odino fosse caduto nell’ultima battaglia del mondo, suo figlio lo avrebbe vendicato. Dopo la vittoria sui suoi nemici, Vidarr avrebbe governato un mondo nuovo. Mentre le Norne parlavano, un tremito percorse le foglie dell’albero della vita, che si mossero come sotto l’impulso di un gelido vento. L’aquila appollaiata sui rami più alti sbatté nervosamente le ali, e perfino il serpente Nidhöggr smise per un attimo di rosicchiare le radici dell’albero. Vidarr non profferì parola e fece ritorno al suo palazzo, immerso in solitarie congetture. Quando infine sedette sul suo trono, rifletté a lungo sulla continuità, sul futuro e sull’eternità. Accadde ciò che le Nome avevano predetto. Dopo aver sconfitto Odino durante la battaglia di Ragnarök (il crepuscolo degli dei) nel corso di una sanguinosa lotta, il lupo Fenrir diresse la sua rabbia contro il figlio. Ma Vidarr schiacciò la mascella del mostro con la sua scarpa di ferro, ne agguantò la parte superiore e spezzò la belva in due senza la benché minima fatica.
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15. ALGIZ - Svolta, difesa, protezione Sillaba: z Questa runa annuncia una situazione che presuppone tanto una difesa quanto una protezione. Se durante la divinazione con le rune, la posizione di Algiz è più che mai rilevante, occorre interpretarla alla stregua di un avvertimento, espresso sostanzialmente in questi termini: «Fai in modo di andartene se non vuoi che li aizzi contro il cane»! Algiz funziona come uno schermo protettivo con cui si difende colui che l’ha estratta. L’influenza di questa runa si recepisce a livello fisico, emotivo e anche spirituale. Essa protegge inoltre dalle aggressioni degli uomini, degli animali e degli spiriti. Nelle situazioni di pericolo, la si può utilizzare anche per proteggere altre persone. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: (Segge) si sente a suo agio nella palude, cresce nell’acqua; con i suoi steli coriacei e appuntiti può stupire colui che coglierla vuole, finché il sangue scorre... Significato divinatorio: Il significato di questa runa è: «Non fare un passo avanti o sparo». Il consultante si ritroverà puntualmente nella situazione in cui qualcuno gli farà delle proposte allettanti, cercando di farlo deviare dal cammino che ha scelto di percorrere. Costui lotterà comunque contro i mulini a vento poiché se nel corso della divinazione questa runa avrà un ruolo saliente, se ne dedurrà che il consultante è in grado di fiutare il pericolo incombente. Egli possiede uno speciale organo di senso che gli permette di bloccare e neutralizzare simili proposte. Colui che estrae questa runa può contare sulla protezione di un potente angelo custode. Significato della runa al diritto: Difensore, protettore, custode, tutore, guida, soppressore di influssi nefasti, nuove amicizie. Significato della runa al rovescio: Minacce, tabù, pericolo, soggetto repellente, disertore, codardo, adulatore, seduttore. Corrispondenze: Tarocchi: XVIII arcano maggiore - La Luna Astrologia: Luna in Cancro/Sole in ottava casa I Ching: 29° esagramma, K’an - L’Abissale (l’Acqua)
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HEIMDALL Heimdall era un dio della luce generato da nove gigantesse che vivevano ai confini del mondo, e da Odino il quale un giorno, passeggiando lungo la spiaggia, vide nove bellissime gigantesse (le ondine, figlie del dio del mare Agir e della sua demoniaca consorte Ran), profondamente assopite sulla candida sabbia. Narra il poema epico del l’Edda che l’incanto che egli provò posando lo sguardo su quelle meravigliose creature fu tale da far sì che tutte e nove fossero fecondate. Giunto il momento del parto collettivo, le nove madri diedero alla luce un figlio che chiamarono Heimdall (splendore del mondo). Esse lo nutrirono con l’acqua del mare, il calore del sole e la forza della terra. Pare che questa singolare dieta sia stata corroborante al punto da permettere al giovane dio di crescere in tutto il suo vigore nel volgere di un lasso di tempo sorprendentemente breve e di precipitarsi ad Asgard da suo padre. Heimdall era un dio caritatevole e, sotto il profilo caratteriale, aveva molti aspetti che lo accomunavano a Balder e a Freyr. Una volta approdato ad Asgard, gli dei gli affidarono un incarico in ve ste di custode di Bifröst, il ponte iridato fatto di fuoco, terra e acqua, di cui avevano ultimato la costruzione e di cui andavano particolarmente fieri. Heimdall, il cui domicilio era situato a Himinbjörg (salone del cielo), era un dio giovane e possente che, con la sua bianca armatura e il suo sorriso radioso — possedeva scintillanti denti d’oro — aveva un aspetto molto attraente. Al pari di un uccello, gli bastavano poche ore di sonno, per non parlare della sua vista che nell’oscurità gli permetteva di vedere fino a molti chilometri di distanza; inoltre egli sentiva crescere in lontananza l’erba e il mantello lanuginoso delle pecore. Fra gli oggetti che accompagnavano Heimdall, occorre ricordare Giallar, una tromba di zinco o di ottone che, ogniqualvolta vi ci soffiava dentro, produceva un suono che riecheggiava negli angoli più remoti dell’universo. Essa si celava fra le radici di Yggdrasil in attesa del giorno in cui Heimdall l’avrebbe usata per annunciare l’imminente inizio di Ragnarök, l’ultima battaglia fra divinità e giganti, preludio non solo del crepuscolo degli dei ma anche della fine del mondo. L’acerrimo nemico di Heimdall era il subdolo Loki, che si faceva perennemente beffe dello spirito caritatevole da cui era pervaso questo dio paziente. Nel corso dell’ultima battaglia del mondo, Heimdall avrebbe dovuto sconfiggere il suo ipocrita avversario; invece fu lui a cadere. Heimdall simboleggiava i tratti salienti della pazienza, della tolleranza, dell’attenzione e della riservatezza, in assenza delle quali nessun regno, celeste o terreno, potrebbe durare a lungo.
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16. SOWILD - Sole, forza vitale, nucleo o essenza, chakra del cuore Sillaba: s Questa runa rappresenta i raggi che il sole invia sulla terra, si tratta cioè di una forza dinamica, mobile e attiva. Sowild costituisce uno dei simboli del cerchio del sole. La forma evoca una saetta, e come la saetta anche questa runa può colpire all’improvviso per spazzare via le forme eccessivamente vecchie; nondimeno essa è parimenti indicativa di nuovi valori. La XVI lama degli Arcani Maggiori dei Tarocchi (la Torre) evidenzia come basii un fulmine per disintegrare possenti torri di pietra. In linea di massima, Sowild guida il consultante verso la meta che ha già scelto e che sta seguendo per sua natura. Sowild lampeggia in lontananza come una boa luminosa infondendo coraggio e Fiducia a colui che cerca. Il poema epico islandese recita a proposito di questa runa del sole: Il sole è lo scudo delle nuvole; con il suo caldo, radioso bagliore è colui che distrugge il ghiaccio. Significato divinatorio: Se nel corso della divinazione esce la runa del sole, viene evidenziata una notevole vitalità o un irrefrenabile spirito di intraprendenza che pervade il consultante. Questa è la runa della fioritura che ci esorta ad attingere a piene mani ai nostri talenti, anche se ci appaiono inconciliabili. Vi si cela anche un monito contro la presunzione e l’esaurirsi delle riserve energetiche. In contrapposizione con la forza difensiva di Algiz (runa 15), la forza solare di Sowild è di matrice aggressiva. I tentativi di fare un uso improprio di questa energia culmineranno nel buio e nella disperazione. Significato della runa al diritto: Intraprendenza, equilibrio, forza di volontà, motivazione, tenacia, prontezza di riflessi, ardimento. Significato della runa al rovescio: Ipereccitabilità, spirito vendicativo, distruttività, invidia. Corrispondenze: Tarocchi: XIX arcano maggiore - Il Sole Astrologia: Sole in Leone/Luna in quinta casa I Ching: 64° esagramma, Wei Chi - Prima del compimento
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SOL/SUNNA Per illuminare il mondo appena creato, Odino, Vili e Vé misero nel cielo delle scintille sfavillanti prelevate da Muspellsheim, il paese del fuoco. Le scintille più piccole erano le stelle, mentre le più luminose erano gli astri, il sole e la luna, che gli dei collocarono in sontuosi carri d’oro. I cavalli Arvakr (mattiniero) e Alsvidr (maratoneta) trainavano il carro del sole; lo scudo Svalin (refrigeratore) li proteggeva dai raggi solari diretti. Il carro della luna si era comunque assicurato anch’esso un baldo destriero, Alsvin (possente); non aveva bisogno di scudi per proteggersi dai tenui raggi della luna. Ma a chi sarebbe toccato il compito di dirigere i cavalli, indicando loro la buona strada? La scelta degli dei cadde su due gentili rampolli del gigante Mundilfari, il quale era molto fiero dei suoi figli a cui aveva imposto i nomi dei due corpi celesti. Sol, la fanciulla del sole, e suo fratello Glaur (brace) assolvevano quotidianamente al dovere loro imposto, guidando i destrieri attraverso il cielo verso i periodi di tempo predeterminati. Per questo motivo gli dei chiamarono Nott (notte), figlia del gigante Norvi, per affidarle il carro di colore scuro, trainato dal cavallo nero Hrimfraxi (criniera di ghiaccio), dalla cui criniera ondeggiante cadevano sulla terra la rugiada e la brina. La dea della notte si sposò tre volte. Dall’unione con il primo marito Nagilfari nacque un figlio di nome Aud; dal secondo matrimonio nacque la figlia Jörd, mentre dal terzo marito, il dio Dellinger (alba), ebbe un figlio bello come il sole, cui dette il nome di Dag. Quando gli dei videro quell’essere sublime, costruirono un carro anche per lui, trainato da Skinfraxi (criniera scintillante), un luminoso cavallo bianco la cui criniera emanava dei raggi di luce che infondevano splendore, calore intenso e gioia a ogni essere vivente. Poiché tuttavia il male incalza perennemente il bene nella speranza di annientarlo, gli antichi abitanti dei paesi nordici immaginavano che i due corpi celesti rappresentati dal sole e dalla luna fossero inseguiti senza sosta dai feroci lupi Sköll (resistenza) e Hati (odio), i quali perseguivano solamente un obiettivo: impadronirsi dei carri e divorare quelle entità luminose, affinché il mondo intero ripiombasse per sempre nelle tenebre primordiali.
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17. TIWAZ - risoluto e coraggioso, la Stella Polare Sillaba: t Questa runa costituisce la metafora di un principio di continuità: ordine e regole, giustizia e spirito di sacrificio a favore di una società ben strutturata. Tiwaz è la runa del confronto e del conflitto nell’ambito di situazioni che richiedono coraggio. Anche la lotta all’illegalità e i procedimenti legali appartengono al suo raggio d’azione. Sotto l’influsso di Tiwaz, si può formulare un giudizio equo, sulla base di un’analisi obiettiva e precisa dei fatti. Il sentiero che conduce al successo potrebbe esigere dei sacrifici; nondimeno, scegliendo di agire con competenza, fiducia, lealtà e con uno spirito analitico e metodico, i risultati non si faranno attendere a lungo. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: (Tiwaz) è una stella, che mai abbandona la sua rotta, fra le nebbie della notte, mai si appanna il suo fulgore... una boa luminosa per colui che cerca. Significato divinatorio: Tiwaz incita ad assumere un atteggiamento combattivo per quanto attiene alla giustizia sociale, all’assistenza, alla legge, ai contratti, all’ordine e alle regole. Fermezza e perseveranza possono essere foriere di vittorie in questi settori, le quali faranno sì che il consultante divenga un accanito sostenitore degli interessi dei più deboli. Qualora invece egli scelga di trarre vantaggi puramente personali dai risultati prodotti da tanti sforzi, le conseguenze potrebbero essere ravvisabili in procedimenti legali, rottura di relazioni, prolungati periodi di solitudine e perfino in risse. Significato della runa al diritto: Guida, protezione, punti di riferimento, consigli e sostegno in circostanze avverse, apertura. Significato della runa al rovescio: Finalità sbagliate, cattivi consigli, successo illusorio, ingenuità, sentimentalismo. Corrispondenze: Tarocchi: Vili arcano maggiore - La Giustizia Astrologia: Sole in Bilancia/Luna in prima casa I Ghing: 21° esagramma, ShihHo- Il Morso che spezza
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TYR , TIW, ZIU O TIWAZ In origine Tyr era il dio della verità. Egli soprintendeva all’amministrazione della giustizia, controllando che le promesse e gli impegni venissero onorati. Presso alcuni ceppi nordici era noto come Ziu, mentre gli anglofrisoni lo chiamavano Tiw e i germani Tyr. I soldati frisi, arruolati nella milizia romana, lo adoravano come «Things». Per loro, egli era il dio della rappresentanza popolare e della giurisdizione. Il termine danese-norvegese «Thing» o «Ting» e il termine olandese «Geding» significano tuttora giurisdizione o dibattimento. Nella Germania Nord-occidentale, i dibattimenti si svolgevano all’interno di una foresta sacra nel nome di Tyr, in onore del quale venivano innalzati sacrifici con grande solennità e rispetto. A nessun imputato era concesso di accedere a questa foresta senza manette; chi cadeva non poteva rialzarsi ma doveva raggiungere strisciando la lancia di Tyr, situata per terra all’ingresso del tribunale. Questa lancia simboleggiava l’equità della sentenza. Nel nome di Tyr, un gruppo composto dagli anziani apriva le udienze di «Things», verificando peraltro che tutto procedesse all’insegna del giusto. Tyr non aveva solo una buona reputazione grazie alla sua rettitudine, ma gli furono anche attribuiti coraggio e lealtà. S’invocava il suo nome anche nell’ambito di controversie su questioni di vita o di morte. Ecco un aneddoto indicativo del carattere di Tyr: un giorno gli dei stabilirono d’incatenare le caviglie del famelico nonché divoratore di carogne mostro Fenrir (lupo Fenrir), che si trovava nel regno dei morti di Utgard, nell’estrema regione orientale. A tale scopo, essi incaricarono i nani di fabbricare una fune che nessun essere vivente sarebbe mai riuscito a sciogliere o a spezzare. I nani ricavarono quella fune dai baffi di un gatto, dalla peluria di una donna, dal respiro di un pesce e dalla saliva di un uccello. Dopodiché, gli dei cercarono di convincere Fenrir a collaudare l’indistruttibilità di questa fune con la sua forza possente. L’erculeo e feroce animale, sospettando che questa proposta celasse un tranello, accettò a condizione che uno degli dei mettesse la mano nelle sue fauci spalancate. Poiché gli dei erano persuasi del fatto che il lupo sarebbe divenuto preda di una furia delirante non appena si fosse accorto dello scherzo che gli era stato giocato, una volta trovatosi stretto da una fune indistruttibile, nessuno di loro si offrì di mettere una mano dentro le sue fauci. Alla fine, si fece avanti Tyr che mise tranquillamente la mano destra nella bocca del mostro. Non appena Fenrir si rese conto di non poter distruggere la fune neppure con tutta la sua possente forza e udì le risate canzonatorie degli dei, staccò la mano di Tyr con il morso. Da allora, Tyr fu soprannominato «colui che ha una sola mano». Nel caso di accordi o impegni da mantenere in modo coerente, è lui il dio che si era soliti invocare. Egli aveva un ruolo di notevole importanza nell’ambito della società dell’epoca che si trovava in una fase di espansione. Al gruppo dei legislatori anziani, a «Thing», era dedicato il martedì.
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18. BERKANA - Crescita, gravidanza, sicurezza, la betulla Sillaba: b Si tratta perlopiù di una runa femminile, che soleva essere associata all’influsso materno della dea Berchta: una delle forme assunte da Frigg, la silenziosa moglie di Odino. Berchta era la protettrice delle madri e dei figli, pur non avendo discendenti. Il suo domicilio si trovava nell’Ade, dove si prendeva cura di rigogliosi giardini, dedicandosi con abnegazione anche alle anime dei bambini deceduti in tenera età. Tanto Berchta quanto Frigg, al pari della runa Berkana, si possono a tratti rinchiudere in un silenzio carico di segreti e promesse. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: La betulla non dà frutti; sui suoi rami nessun seme si sviluppa rigoglioso, tuttavia spuntano sui suoi poderosi rami innumerevoli foglie delicate fino a raggiungere la sua corona che si protende verso il cielo. Significato divinatorio: Berkana, la runa dell’energia femminile e della fecondità, può annunciare una nascita o un matrimonio; tuttavia essa può essere anche indicativa di un nuovo modo di pensare, dell’inizio di un’impresa o della fusione di due diverse mentalità tese al raggiungimento di un obiettivo comune. Questa forza che dà la vita consiglia soprattutto al ricercatore spirituale di non escludere la sessualità dalla sua esistenza, poiché il sentiero che conduce all’illuminazione non passa necessariamente attraverso l’ascetismo. Le interferenze familiari riguardo alla realizzazione di progetti a lungo accarezzati dissimulano un certo squilibrio. Significato della runa al diritto: Accadimento, processo di crescita, riservatezza, nascita, casa propria, protezione, amore. Significato della runa al rovescio: Desiderio di scatenare passioni irrefrenabili, lussuria, passione non corrisposta, sterilità, ristagno. Corrispondenze: Tarocchi: III arcano maggiore - L’Imperatrice Astrologia: Sole in Vergine/Luna in dodicesima casa I Ching: 48° esagramma, Ching- Il Pozzo
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FRIGG, BERCHTA, HOLLE Alcuni studiosi di mitologia ritengono che Frigg, Fricka o Freyja fosse una delle figlie di Jörd e di Odino, il quale un giorno sarebbe diventato suo marito. Essa era la dea delle nuvole, la regina degli dei e la protettrice delle unioni. Frigg era una donna snella e dall’incedere solenne che, coerente con la sua natura mutevole, si avvolgeva in lunghe tuniche di colore bianco o nero. Un’alta cintura d’argento, a cui era appeso un elegante mazzo di chiavi, le fasciava la vita sottile. Pur essendo a conoscenza di ciò che avrebbe riservato il futuro, non fece mai parola con nessuno delle sue veggenze. A dispetto delle sue frequenti apparizioni in compagnia del consorte, Frigg amava trattenersi fra le mura del suo palazzo Fensalir (regione delle paludi) dove, seduta davanti al suo filatoio, tesseva con grande solerzia fili d’oro oppure intrecciava lunghe reti di nuvole colorate. Il suo filatoio era sormontato da pietre preziose che durante la notte rilucevano nel cielo quasi fossero una costellazione. Nel Nord questa costellazione era conosciuta come il filatoio di Frigg, a differenza degli abitanti del Sud che designavano queste scintille luminescenti con l’appellativo di «cintura di Orione». Questa dea leggiadra invitava gli spiriti delle coppie che nel corso della vita terrena erano state felici a trattenersi presso il suo palazzo Fensalir ammantato dalla luce della luna, affinché, anche dopo la morte, avessero modo di tenersi compagnia senza essere mai più costretti a separarsi. Frigg era peraltro considerala la dea delle unioni e dell’amore materno. Nelle sembianze di Berchta (la donna bianca), essa prendeva volentieri sotto la sua protezione le anime dei bambini non nati e quelle dei bambini morti in tenerissima età. Proteggeva l’agricoltura e lo sviluppo del mondo vegetale, di cui si prendeva cura in modo coscienzioso insieme a una torma di bambini e driadi (ninfee boscherecce). Le ninfee si potevano scorgere all’estremità della coda delle mucche, poiché sporgevano da sotto i loro candidi mantelli. Fintanto che la dea veniva pregata rispettosamente, essa non avrebbe abbandonato il luogo preposto alla sua adorazione. Narra comunque la leggenda che abbandonò il paese portando con sé il suo aratro, l’erpice e tutto il suo seguito di aiutanti, per continuare altrove la sua opera di sostegno. Poiché Berchta, nella sua veste di filatrice, era conosciuta quanto Frigg, era considerata la protettrice di questo lavoro manuale tipicamente femminile. Era diffusa la credenza secondo cui, nelle dodici notti precedenti e successive al solstizio d’inverno, essa viaggiasse in lungo e in largo per accertarsi della qualità dei fili tessuti dalle donne. Alle fanciulle che avevano svolto un lavoro accurato donava un filo d’oro, tessuto da lei stessa. In alcune regioni dove la dea era conosciuta come Holle, si credeva che avesse portato il lino agli uomini, insegnando loro a utilizzarlo. La sua apparizione preannunciava ricchi doni e grande fortuna. Inoltre si credeva che di notte, quando la tempesta di neve ululava nelle foreste, essa solcasse l’aria a briglia sciolta in sella a un cavallo bianco, insieme a Odino e al suo esercito di anime. A farle compagnia in questa caccia sfrenata erano anime sotto forma di cani e gatti.
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19. EHWAZ - Cavallo, movimento, progresso Sillaba: e In virtù del suo enorme potenziale fisico, da lui concesso in prestito al suo cavaliere, il cavallo era considerato un animale sacro. Nella sequenza del Futhark, Ehwaz assume un significato più profondo all’interno di quest’ultimo gruppo composto dalle otto rune della trasformazione. Il «cavallo» simboleggia il mezzo di locomozione che conduce il soggetto in un mondo a lui sconosciuto, senza fargli mancare il suo sostegno una volta approdati laggiù. È indispensabile allenare e curare il corpo e lo spirito affinché in seguito il loro lavoro si riveli ottimale. Nel poema epico anglofrisone si dice che un buon cavallo faccia del suo padrone un principe: (Il cavallo) procura gioia a principi e gentiluomini; un cavallo da combattimento, che fiero si regge sui suoi zoccoli, incita al dialogo nobili ed eroi; un buon cavallo infonde coraggio a chi è inquieto.
Significato divinatorio: Questa runa consiglia, alla luce di una serie di sicurezze acquisite, di lavorare per il futuro con fervore e con la massima fiducia. Siate dinamici; l’immobilità è sinonimo di regressione. Prestate il più possibile attenzione alle circostanze che mutano, cercate dei compagni che condividano il vostro modo di pensare. Come il cavaliere che stringe un’alleanza con il suo cavallo, insieme voi dovrete superare tutti gli ostacoli che impediscono la crescita di quanto avete intrapreso. Badate a non attaccarvi al carro di qualcuno, poiché siete chiamati a ricoprire il ruolo di colui che trasporta i pesi. Significato della runa al diritto: Lealtà, fiducia, società, trasloco, cambiamento di posizione o un nuovo compagno, rapidi progressi. Significato della runa al rovescio: Inquietudine, ostacoli, avventatezza, problemi di trasporto, partecipazione non ponderata a imprese rischiose. Corrispondenze: Tarocchi: I arcano maggiore - Il Bagatto Astrologia: Sole in Gemelli/Luna in nona casa I Ching: 31° esagramma, Hsien - La Stimolazione (la Domanda di matrimonio)
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SVADILFARI E SLEIPNIR Svadilfari era il nome del cavallo dello sconosciuto architetto che era disposto a erigere entro i tre inverni successivi un muro che cingesse Asgard, esigendo a titolo di ricompensa Freyja, il sole e la luna. Gli Asi acconsentirono su consiglio di Loki, ponendo tuttavia come unica condizione che il lavoro venisse ultimato entro l’inverno stesso. L’architetto non ebbe nulla da eccepire, purché al suo cavallo fosse concesso di aiutarlo nell’esecuzione dell’incarico. L’accordo fu infine suggellato da un giuramento. Egli si mise all’opera il primo giorno d’inverno. Gli Asi stabilirono che il cavallo dovesse trasportare incredibili quantità di roccia e pietre, galoppando di gran carriera fino ai punti dove il suo proprietario doveva utilizzarle. Il muro cresceva a vista d’occhio: esso era solido e possente come un iceberg nonché liscio e scintillante come acciaio levigato. Verso la fine dell’inverno era quasi ultimato. Solo il portone non era stato ancora costruito, nondimeno l’architetto se ne sarebbe occupato senza fatica nei tre giorni che gli rimanevano a disposizione. Gli Asi convocarono un’assemblea dove espressero tutta la loro ansia poiché, quando l’architetto, a titolo di ricompensa per il lavoro svolto, si fosse accaparrato Freyja, il sole e la luna, non solo Asgard sarebbe stata privata di tutta la bellezza affondando nella povertà, ma il mondo sarebbe stato per sempre avvolto dalle tenebre. Cercarono disperatamente una via d’uscita, senza comunque scorgere una possibile soluzione, e cominciarono a meditare sulle circostanze e sulle modalità che li avevano spinti a cacciarsi in un simile guaio. Tutti sapevano chi fosse l’istigatore del male: chi altri poteva essere se non il subdolo e perfido Loki. Essi gli rivolsero la terribile minaccia di mandare all’aria l’accordo stipulato con l’architetto. Loki giurò sul suo onore che avrebbe fatto in modo d’impedire all’architetto di terminare la costruzione del muro entro il termine concordato, così che gli avrebbero potuto negare la ricompensa pattuita. Loki si trasformò seduta stante in una giumenta. L’indomani, mentre l’architetto e il suo cavallo Svadilfari si stavano dirigendo verso le montagne per raccogliere pietre e legna per il muro, una giumenta andò loro incontro nitrendo voluttuosamente. Svadilfari si precipitò immediatamente verso di lei, strappando le briglie e spezzando in due il carro, e lanciandosi in uno sfrenato inseguimento attraverso campi, monti e valli, mentre l’architetto arrancava dietro di loro. L’inseguimento si protrasse per tutto il giorno e per tutta la notte, e quando finalmente l’architetto riuscì a catturare il cavallo, erano entrambi stremati al punto che non furono in grado di ultimare il muro neppure il giorno successivo. Quando scese la sera, l’anonimo architetto osservò il muro che ormai non sarebbe riuscito a completare entro il termine stabilito e andò su tutte le furie. Accusò gli dei di avergli negato la ricompensa pattuita con l’astuzia e con l’inganno. Smanioso di vendicarsi ad ogni costo, radunò pietre e ceppi enormi con cui disintegrare Asgard e i suoi abitanti. Fu solo in quel momento che gli dei si resero conto del fatto che l’architetto era un gigante della montagna, e invocarono a squarciagola l’aiuto di Thor. Quest’ultimo, appena tornato da un viaggio, atterrò in mezzo alla folla degli dei con una saetta accecante e impetuosa che scosse la terra in un profondo tremito, colpì l’iroso architetto sulla testa con il suo martello, e gli fracassò il cranio duro come una pietra. In seguito, Loki sarebbe divenuto padre di un puledro a otto zampe, e con i denti ricoperti di rune. Questo puledro era Sleipnir, l’adorato cavallo di Odino, con cui sfrecciava alla velocità del vento attraverso l’aria, il fuoco e le onde del mare.
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20. MANNAZ - L’uomo, unità, evoluzione spirituale Sillaba: m Le popolazioni dell’Europa Settentrionale attribuivano particolare importanza ai legami di sangue e all’unità del parentado. Ogni individuo apparteneva a un clan, al quale giurava lealtà per tutta la vita. Quantunque si incoraggiasse entro certi limiti lo sviluppo di una propria individualità, era implicito che nessuno dovesse agire solo nel suo personale interesse, poiché tutti i componenti del clan venivano coinvolti nei risultati delle azioni compiute da un singolo individuo. L’unica eccezione a questa regola era rappresentata dal patriarca della famiglia al quale, nelle vesti di intermediario fra il clan e i suoi dei, veniva permesso d’impartire direttive coerenti con le sue vedute. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: (L’uomo), che si erge nel cuore della vita, è fedele ai suoi familiari, anche se saranno costretti a separarsi, poiché gli dei nella loro saggezza hanno deciso di affidare la sua peritura carne alla terra.
Significato divinatorio: Questa runa pone l’accento sul significato del vostro status sociale nonché sull’importanza che esso riveste per voi e per i vostri simili. Mannaz non simboleggia solo la ricerca di una propria armonia bensì evidenzia anche il bisogno imprescindibile di collaborare con gli altri. La runa sottintende inoltre il sostegno ricevuto dai propri coetanei. Si possono trovare argomentazioni valide o superare dure prove. A prescindere dalla portata dei vostri meriti e dalla validità dei risultati ottenuti, mantenetevi sempre tolleranti e modesti. Significato della runa al diritto: Intelligenza, buon senso, lealtà, spirito di adattamento, atteggiamento conciliante, spirito caritatevole, competenza. Significato della runa al rovescio: Astuzia, malizia, calcolo, manipolazione, atteggiamento borioso con la famiglia e il parentado.
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Corrispondenze: Tarocchi: X arcano maggiore - La Ruota della Fortuna Astrologia: Sole in Acquario/Luna in quarta casa I Ching: 8° esagramma, Pi - La Solidarietà
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HEIMDALL Molti sono i nomi con cui era adorato Heimdall. Talvolta prendeva addirittura il posto di Odino oppure veniva paragonato a lui. Questo figlio di Odino e di nove gigantesse era comunque noto perlopiù come il custode del ponte iridato Bifröst. Con il nome di Riger, era considerato l’antenato divino dei vari ceppi da cui si è costituita la società degli uomini. Narra il poema epico dell’Edda: Un giorno, camminando lungo la spiaggia di Midgard, Heimdall giunse davanti a una capanna fatiscente, dove incontrò Ai ed Edda (bisnonno e bisnonna), una coppia di poveri vecchietti che lo invitarono a dividere il loro pasto frugale. Heimdall, che si faceva chiamare Riger, accettò di cuore l’invito e fu loro ospite per tre giorni. Trascorse le notti disteso nel letto fra i due coniugi, insegnando loro molte cose. Dopodiché riprese il suo cammino. Nove mesi più tardi, Edda diede alla luce un bimbo di carnagione scurissima, goffo e robusto che chiamò Tari. Ben presto Tari mostrò di essere dotato di un’enorme forza fisica nonché di avere la stoffa per il lavoro duro. In seguito sposò Thyr, una florida fanciulla con mani rese ruvide dal lavoro e con dei piedi massicci che, al pari del consorte, faticavano dall’alba fino a tarda sera. La coppia ebbe molti figli, i cui discendenti sarebbero stati tutti i braccianti dei paesi nordici. Dopo aver lasciato la misera capanna riprendendo a girovagare in lungo e in largo, Riger raggiunse una prospera fattoria. Non appena mise piede in quella luminosa dimora, fu accolto da Afi e Amma (nonno e nonna), i quali, dando prova di grande ospitalità, lo invitarono a dividere il loro pasto semplice ma succulento. Riger accettò volentieri l’invito e soggiornò per tre giorni nella casa di quelle persone. Trascorse le notti disteso nel letto fra i due coniugi, insegnando loro molte cose. Dopodiché riprese il suo cammino. Nove mesi più tardi, Amma partorì un robusto maschietto dagli occhi azzurri che chiamò Cari. Una volta cresciuto, si scoprì che Cari era un agricoltore nato. Sposò Snör, una robusta massaia, che portava appeso alla cintura della sua gonna confezionata con pelle di capra un grosso mazzo di chiavi. La coppia generò moki figli, che divennero i capostipiti della stirpe rurale nordica. Nel frattempo Riger aveva raggiunto un imponente castello situato su un colle. Lì fu ricevuto da Fadir e Madir (padre e madre), che indossavano abiti sfarzosi, e che gli riservarono una calorosa accoglienza. Vennero serviti i vini e i cibi più pregiati. Anche in questo caso, Riger si trattenne per tre notti presso la coppia, insegnando loro molte cose prima di incamminarsi verso il suo castello Himinbjörg, per riprendere l’incarico di custode del ponte iridato. Nove mesi più tardi, Madir diede alla luce un bimbo esile, con una debole struttura ossea, scintillanti occhi azzurri e capelli biondi. Lo chiamò Jarl. Presto, il giovane mostrò una predilezione per la caccia e per le più disparate tecniche di combattimento. Riger lo riconobbe come suo figlio e gli insegnò non solo a interpretare le rune, bensì anche ad amministrare la sua eredità. Jarl sposò Erna, una bella ed esile fanciulla che gli diede molti figli, tutti destinati a governare il loro popolo. Come sta scritto nel Rigsmäl, Konur, il figlio più giovane, divenne il primo re di Danimarca.
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21. LAGUZ - Acqua, mare, palude Sillaba: l La runa Laguz simboleggia l’acqua, nella fattispecie il mare, ma anche i fiumi, le paludi, le fonti e le cascate. L’acqua è un simbolo complesso. Come forza positiva è sinonimo di fertilità sotto forma di pioggia fruttifera e di laghetti scroscianti, mentre nella sua accezione negativa essa è indice di alta marea, inondazioni, grandine, neve e ghiaccio... al pari delle manifestazioni che turbano il mondo. L’acqua simboleggia anche la paura che suscita l’ignoto, un luogo dove i marinai muovevano, senza saperlo, ciò che si trovava sotto la superficie. Nella sfera personale, l’acqua corrisponde all’ineluttabilità delle pulsioni inconsce. Miti e leggende narrano che splendide sirene, ondine e ninfe di mare stringevano i comuni mortali in un abbraccio fatale, per poi imprigionarli nel loro regno posto sotto la superficie dell’acqua, dove li avrebbe attesi un’umida sepoltura. Non ci si può comunque sottrarre all’acqua, neppure nella sua forma meno spaventosa, poiché la fertilità e la sessualità sono indissolubilmente legate alla vita. Laguz è una runa misteriosa, paragonabile al proverbiale influsso della luna: emozioni, passione, sbalzi d’umore, sensibilità, sogni, esaltazione, sessualità. Con la runa Laguz, s’invocava l’aiuto del dio del mare Njörd e della sua consorte Nerthus, dea della terra. Nerthus veniva adorata in un tempio edificato a Seeland, isolotto danese circondato dalle acque di un lago. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: Un mare tempestoso perennemente appare dinanzi agli occhi di colui che naviga a bordo di una rullante imbarcazione; le alte onde incutono terrore; il cavallo marino non obbedisce alle sue redini. Significato divinatorio: Una tipica qualità della runa Laguz va ricercata nella sua profonda e partecipe solidarietà con tutto ciò che avviene intorno a lei. Poiché la sua forza è tendenzialmente di natura emotiva, essa è subordinata alle pulsioni esterne. Perciò il consultante assume un atteggiamento guardingo; si strugge, interroga, assorbe, indossa una maschera, è imprevedibile e lunatico. Benché il suo giudizio sia puramente soggettivo, non di rado egli dimostra un chiaro intuito in certi contesti, che lo induce a spingersi a occhi chiusi verso il nocciolo della situazione. Poiché in un simile frangente il ruolo della logica è pressoché irrilevante, l’esternazione delle deduzioni finali è valida quanto impossibile. Significato della runa al diritto: Sensibilità, emotività, ispirazione, fantasticherie, atteggiamento sognante, attaccamento, sentimento, entusiasmo.
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Significato della runa al rovescio: Fraintendimenti, atteggiamento sconcertante, vaga percezione di sé, irrealtà, delusioni, ricatto emotivo, tradimento, atteggiamento soffocante. Corrispondenze: Tarocchi: XVIII arcano maggiore - La Luna Astrologia: Luna in Cancro/Sole in Pesci I Ching: 61° esagramma, ChungFu - La Verità interiore
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NJÖRD Al termine della terribile guerra divampata sanguinosamente fra gli Asi e i Vani, vi fu uno scambio di ostaggi. Hönir, fratello di Odino, si trasferì a Vanaheim, mentre Njörd s’insediò ad Asgard con i due figli Frey e Freyja. Si soleva invocare Njörd affinché placasse le tempeste che infuriavano in prossimità del mare; a tale scopo gli fu messo a disposizione il palazzo Noatun che si ergeva sulla costa: in tal modo, le sue benefiche intercessioni si sarebbero potute estendere anche al commercio e alla pesca. Lo si invocava parimenti affinché, come impersonifìcazione dei mesi estivi, egli carpisse i raggi del sole di primavera per estinguere i fuochi dell’inverno. Lo si pregava anche affinché contribuisse a favorire un buon raccolto. Ci si dedicava intensamente all’agricoltura durante i tre corti mesi estivi, specie sui fiordi e nelle baie. Come recitava un proverbio: il benessere arride a colui che costruisce su Njörd. Quando fu esiliato ad Asgard, Njòrd fu costretto a lasciare la moglie a Vanaheim. Gli fu assegnato uno dei dodici troni posti nell’immenso salone delle riunioni, affinché presenziasse a tutti gli incontri e alle sedute consiliari degli Asi. Durante uno di questi incontri, si disquisì a lungo circa una delle peggiori malefatte di Loki in cui anch’essi, fino ad un certo grado, erano rimasti coinvolti. Cos’era accaduto? Il gigante Thiazzi (testa calda) si era trasformato in un’aquila e, per ripagarlo del suo comportamento astuto, afferrò Loki con i suoi possenti artigli mentre si stava librando nell’aria. In cambio della sua libertà e della sua incolumità, pose come condizione che gli consegnasse Idun, la dea della primavera nonché custode delle mele dell’eterna giovinezza, che gli dei regolarmente mangiavano. A Loki non rimase altra scelta che tendere un tranello a Idun, lungo la strada del ritorno. Egli le disse di poterle mostrare delle mele assai più speciali delle sue. Forte di un simile pretesto, la rinchiuse insieme alle sue mele in un luogo abbandonato, da dove Thiazzi la prelevò conducendola nella sua fredda e solitaria fortezza di nome Thrymheim, presso cui dimorava con la figlia Skadi. Notando che mancavano le mele, gli Asi scoprirono subito che Idun era stata rapita e, formulando terribili minacce, costrinsero Loki a revocare la sua vile azione. Tramutatosi nel falco di Freyja, Loki volò fino al domicilio di Thiazzi, trasformò Idun in una noce e la riportò ad Asgard tenendola stretta nel suo becco. Thiazzi, che a sua volta si era nuovamente trasformato in un’aquila, li inseguì. Tuttavia, in prossimità di Asgard, cadde in un falò acceso appositamente per annientarlo nell’ardente mare di fiamme, e, mortalmente ferito, precipitò negli abissi. Non trascorse molto tempo dal ritorno di Idun da Thrymheim e dalla morte di Thiazzi, quando gli dei riuniti al gran completo furono colti di sorpresa dalla visita di Skadi, la collerica figlia del gigante di ghiaccio. Essa si era spinta lì affinché gli dei riparassero alla morte di suo padre. Skadi, la dea dell’inverno, era molto bella. Indossava un corto costume da caccia e un’armatura d’argento; portava una spada scintillante, frecce appuntite, calzoni bianchi di pelle e scarponi da neve. Gli dei convennero che la sua collera era legittima. Le indicarono il firmamento, in cui avevano aggiunto gli occhi di suo padre che erano divenuti stelle scintillanti, per tributargli gli onori che si era guadagnato. Ma Skadi non era per nulla soddisfatta. Sentendosi colpevoli, gli dei finirono col dirle che avrebbe potuto scegliersi uno di loro come suo sposo; tuttavia le sarebbe stato consentito di vedere solo i piedi nudi dei candidati fra cui scegliere, poiché le furono bendati gli occhi. Il suo sguardo cadde su un paio di piedi ben fatti, che lei attribuì a Balder, e la scelta fu presto fatta. Dopo che le fu tolta la benda, non nascose la sua delusione nell’accorgersi di aver scelto Njördr. Comunque ciò non impedì alla coppia di trascorrere alcune piacevoli settimane ad Asgard. In seguito, Njördr condusse la moglie nel suo palazzo di nome Noatun, ma il monotono rumore del mare, le stridule grida dei gabbiani e le urla delle foche innervosirono a tal punto Skadi da indurla a supplicare il marito di riportarla a Thrymheim. Njörd, che si sarebbe sacrificato volentieri
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per far piacere alla consorte, accolse la sua preghiera e concordarono di trascorrere nove mesi su dodici nella dimora di Thrymheim, e i restanti tre mesi presso Noatun, il palazzo del marito. Tuttavia, a mano a mano che si avvicinavano alle montagne rivestite da fitte foreste dove sorgeva il castello, il sibilo del vento fra gli abeti, il rombo delle valanghe, lo scricchiolio del ghiaccio e l’ululato dei lupi parvero insopportabili a Njörd come il monotono rumore del mare risultava inviso alla moglie. Njörd e Skadi, che incarnavano l’estate e l’inverno, sopportarono questi spostamenti per qualche tempo. Skadi trascorreva a Noatun, ossia al mare, i tre corti mesi estivi, e Njörd soggiornava per i nove lunghi mesi invernali nel gelido Thrymheim. Alla fine presero la decisione di separarsi, poiché i loro gusti sarebbero stati perennemente inconciliabili. Entrambi fecero ritorno alle rispettive dimore per riprendere i loro consueti ritmi di vita. Dopo qualche tempo, Skadi si risposò con Ullr, il dio dell’inverno, della caccia e del tiro con l’arco, che quasi sempre si spostava pattinando sul ghiaccio. Ebbero un figlio di nome Säming, che un giorno sarebbe divenuto il primo re di Norvegia.
Odino e il suo cavallo a otto zampe Sleipnir
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22. INGUZ - Compimento, nuovo inizio, ampliamento Sillaba: ng Ing era un dio dei danesi. Nei suoi libri, Tacito accenna a una stirpe nordica, quella degli Ingaevanes, che viveva sxd Mar Baltico. Freyr, dio della fertilità, era noto anche con l’appellativo di Ing. Poiché Freyr era il figlio di Nertus (Madre Terra) e al pari di sua madre viaggiava a bordo di un carro, se ne può dedurre che Ing fosse un dio della fertilità legato alla casa e al focolare (terra), colui che si prendeva cura della famiglia. E probabile che proprio per quel motivo fosse ritenuto l’aspetto sano e produttivo della vita sessuale. Se la runa Laguz simboleggia la forza e l’influsso dell’acqua (emozioni), Inguz esprime la forza e gli influssi complementari. I ,a runa Inguz è strettamente legata alla luna — alla parte sensibile della psiche umana —, perché incarna il desiderio di essere desiderati, il bisogno di condividere se stessi vicendevolmente, nonché la ricerca dell’armonia nell’ambito dei rapporti interpersonali. Un aspetto connesso al divenire o alla crescita consiste nel preparare il terreno a una buona fine: lì risiede la motivazione principale di Inguz. Quando esce questa runa, significa che il consultante possiede l’energia per portare a compimento o padroneggiare una situazione che prelude a un nuovo inizio. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita alludendo a Inguz: (Ing) fu il primo danese dell’est che videro gli uomini, finché egli riprese la via dell’est (ossia del «ritorno») attraverso il golfo, la sua carrozza lo seguì, di lui i soldati dicono che sia un eroe. Significato divinatorio: Se in fase divinatoria esce Inguz, significa che il consultante ha raggiunto una condizione di equilibrio interiore. Sta bene con se stesso, emana sicurezza e ha la sensazione di occupare il posto che gli spetta nel mondo. Le rune circostanti hanno il compito di svelare se si tratta di uno stato d’animo permanente o transitorio, poiché in genere pochissime persone riescono a mantenere ininterrottamente questo equilibrio interiore durante le piccole, grandi difficoltà della vita quotidiana. Tuttavia, oltre al fatto di prendersi a cuore il benessere della casa e della famiglia, la runa Inguz preannuncia anche l’inizio di nuove attività e aspettative. Significato della runa al diritto: Equilibrio, vitalità, buon senso, calore umano, produttività, cambiamento dei propri valori, nuovo inizio. Significato della rima al rovescio: Lavoro accanito, lavoro duro, carriera instabile, inquietudine, disagio, dubbi, pessimismo.
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Corrispondenze: Tarocchi: IV arcano maggiore - L’Imperatore Astrologia: Luna nera I Ching: 24° esagramma, Fu - Il Ritorno (la Svolta)
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FREYR (FREY O ING) Uno dei poemi più belli racchiusi nel ciclo epico dell’Edda narra che un giorno Freyr salì al trono di Odino, Hlidskialf (questo è il nome del trono), e dalla sua sommità percorse con lo sguardo l’ampia distesa del mondo. Scrutando il gelido paesaggio nordico, vide in un batter d’occhio una splendida fanciulla che stava entrando nella casa del gigante di ghiaccio Gynir; un attimo dopo, quella creatura leggiadra — si chiamava Erdr ed era considerata la personificazione della luce del Nord — si era già dileguata nell’abitazione paterna. Freyr s’innamorò dell’incantevole fanciullate il suo cuore si colmò del desiderio di prenderla in moglie. Innamorato nonché in preda alla tristezza e alla malinconia, fece ritorno a casa immerso nei suoi pensieri. Egli era divenuto così distratto, che suo padre Njördr incaricò il fido servitore Skirnir di risalire alla causa di questo comportamento fattosi repentinamente cupo. Dopo lunghi tentennamenti, Freyr confessò il suo amore per Erdr e la sua disperazione dovuta al fatto che l’oggetto del suo amore non solo era la figlia del gigante di ghiaccio Gymir e di Angur-Boda, ma anche una r:irente del gigante di ghiaccio Thiazzi, ucciso dagli Asi. Temeva che lei non lo avrebbe mai accolto amichevolmente. Skirnir lo consolò offrendosi di presentare una proposta di matrimonio alla fanciulla, a condizione di prendere con sé Blodughofi, l’impavido cavallo di Freyr che poteva sfrecciare attraverso il fuoco e l’acqua. Inoltre, come pegno volle la scintillante spada di Freyr. Quest’ultimo era più che disposto a sottoscrivere simili condizioni. Riflettendo sull’eventualità di non essersi ancora guadagnato l’amore della bella Erdr, Freyr sprofondò di nuovo nella tristezza che, a causa dell’innamoramento, lo proiettò nella sua seconda natura. Perciò non si accorse che Skirnir si aggirava poco lontano aspettando l’occasione propizia per creare l’immagine riflessa di Freyr con l’acqua della superficie del laghetto e per travasarla in un corno. Con questo ritratto, undici mele d’oro e Draupnir, l’anello magico, Skirnir cavalcò fino a Jôtunheim, per assolvere al suo incarico. Con l’aiuto del cavallo Blodughofi, irruppe attraverso il muro di fiamme che circondava la casa di Gymir, e subito dopo incontrò la magnifica Erdr. Il ritratto di Freyr non riuscì a toccare il suo cuore, i doni che le porse Skirnir furono rifiutati con alterigia, e la minaccia di essere decapitata con la spada magica, non le fece la benché minima impressione. Il servitore intagliò delle rune in un ramo a scopo divinatorio e le annunciò che, se non avesse accettato la proposta, sarebbe stata condannata a rimanere per sempre zitella oppure a sposare un orribile gigante di ghiaccio con tre teste. La descrizione delle sgradevoli prospettive che l’attendevano nel caso avesse ribadito il suo rifiuto la spaventò al punto da indurla ad acconsentire di buon grado a diventare la moglie di Freyr. Skirnir si riprecipitò a Ljossälfsheim, il paese degli elfi di luce, dove regnava Freyr, e gli comunicò la lieta novella. L’umore di Freyr migliorò; tuttavia quando Skirnir gli disse che avrebbe dovuto pazientare nove notti prima di poter vedere la sua sposa, il dio ripiombò nella tristezza, affermando che tutto quel tempo gli sembrava insopportabile. Malgrado la disperazione dell’innamorato, l’attesa si esaurì e Freyr corse rinfrancato nella verde terra di Buri, dove ad attenderlo c’era Erdr che indossava l’abito da sposa. Essa sbocciò nel ruolo di moglie, regnando con orgoglio al fianco di Freyr.
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23. DAGAZ - Luce del giorno, speranza, fiducia, apertura Sillaba: d Questa runa annuncia l’alba di un nuovo giorno. Lo si considerava un avvenimento lieto nei paesi dell’estremo Nord, specie nei lunghi inverni freddi e bui. Poiché si adorava il sole in quanto simbolo della vita, non si veniva mai meno al rito quotidiano di salutarlo al suo sorgere mattutino. L’aurora e il crepuscolo sono momenti magici, in cui la luce e le tenebre rivelano la stessa l’orza cangiante. La runa Dagaz sintetizza, plasma e fa scaturite un nuovo significato da presunti contrasti. Dagaz simboleggia anche la stagione in cui la forza del sole è al suo massimo. Perciò l’influsso di questa runa è associato parimenti al solstizio d’estate di metà giugno. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito: (Il giorno) è l’amato messaggio degli dei; l’eminente luce dell’imperatore dona al povero e al ricco letizia e speranza ed è utile a tutti. Significato divinatorio: Il termine aurora illustra adeguatamente il significato di questa runa. La runa Dagaz è il ponte che conduce a tempi migliori. Le rune che durante la consultazione escono al diritto, possono fornire dei suggerimenti riguardo alla direzione che occorre imboccare per approdare a questi tempi migliori. Dagaz può chiarire anche l’influsso esercitato dalle rune, sotto forma di pietre o bastoncini, uscite a faccia in giù. Essa può inoltre placare gli influssi circoscritti o gli strali lanciati da un ambiente ostile. Talvolta annuncia lunghi periodi di notevole impegno e di grande benessere. Regnano la speranza e la fiducia che all’alba i periodi bui ce li saremo lasciati alle spalle! Significato della runa al diritto: Discernimento, dinamismo, una fase esistenziale all’insegna dell’intraprendenza, ottimismo, benessere. Significato della runa al rovescio: Sbandamento e ambiguità; dubbi fra la luce e le tenebre; il bene e il male, progresso e ristagno. Corrispondenze: Tarocchi: XVII arcano maggiore - Le Stelle Astrologia: Sole in Sagittario/Luna in undicesima casa I Ching: 49° esagramma, Ko- Il Sovvertimento (la Muta)
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24. OTHIAL- Eredità, terreni, tradizioni Sillaba: o Questa runa viene associata al concetto di proprietà, poiché Othial è la runa del profitto e del guadagno. Non si può comunque escludere che questi profitti derivino da un’eredità che vi costringa a rinunciare a qualcosa. Potrebbe essere molto difficile, quando ciò a cui dovete rinunciare costituisce una parte del vostro passato, del vostro bagaglio culturale o di ciò che finora avete orgogliosamente posseduto per diritto di nascita. Altrettanto dicasi se, per quanto attiene al vostro status sociale o all’immagine che avete di voi stessi, ad un certo punto la decisione che dovrete per forza prendere vi donerà la libertà di essere ciò che siete, come realmente siete. Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a proposito di questa runa: (Il possesso) costa caro, per colui dal cui godimento può ricavare il giusto commisurandolo all’utilità; quasi sempre in casa sua regnerà il benessere.
Significato divinatorio: Questa runa simboleggia i beni di famiglia, come immobili e terreni, di cui si entra in possesso attraverso l’eredità. Se tuttavia la runa è rovesciata, può essere indice di perdite, litigi e controversie legali o perfino di cambiamenti apportati alle volontà testamentarie. Inoltre, il consultante dovrà fare i conti con una verifica fiscale relativa ai suoi redditi. Significato della runa al diritto: Eredità, disposizioni testamentarie, patria e luogo di nascita, status sociale, cambiamento ed espansione. Significato della runa al rovescio: Controversie legate all’eredità, procedimenti legali intentati per rivendicare il diritto di possesso su terreni e beni di famiglia, perdita di proprietà, sprechi. Corrispondenze: Tarocchi: XXI arcano maggiore - Il Mondo Astrologia: Sole in Acquario/Luna in Toro I Ching: 64° esagramma, Wei Chi - Prima del compimento
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RAGNARÖK - IL CREPUSCOLO DEGLI DEI Ragnarök è il crepuscolo o il tramonto degli dei. È la lotta ingaggiata dagli dei contro le forze demoniache. Uno degli aspetti più sorprendenti che caratterizza la mitologia norvegese risiede nella credenza degli uomini alla mortalità dei loro dei. L’origine degli Asi è stata gloriosa e degna di ammirazione; nondimeno, essendo scaturiti da un miscuglio di elementi divini e demoniaci, essi recavano in loro il seme della transitorietà. La loro imperfezione ne avrebbe decretato la fine. Nelle mitologie nordiche si consuma un dramma che lentamente culminerà nella gloria e poi nel declino degli dei. Esse narrano come gli Asi abbiano accolto Loki, l’incarnazione del male, nel loro regno; come abbiano seguito i suoi ipocriti consigli, sopportando di ritrovarsi puntualmente in situazioni avverse, da cui ne sarebbero usciti solo al prezzo del loro onore e della loro innocenza. Infine egli divenne cosi potente da non esitare a impossessarsi del loro bene più prezioso, la purezza e l’innocenza, di cui Balder, il figlio di Odino, costituiva la personificazione. Dopo la morte di Balder, nuvole grevi si addensarono sul mondo delle divinità scandinave; i segnali che annunciavano l’approssimarsi dell’ultima battaglia del mondo divennero sempre più inequivocabili. Il sole e la luna furono divorati dai lupi che li inseguivano da sempre e nel cuore dell’estate il mondo fu avvolto dalle tenebre. Grandinate e bufere di neve imperversavano sibilando da tutte le direzioni dei venti su ciò che poco prima erano verdi distese erbose. Poiché tutto il bene sembrava essersi dileguato dal mondo, gli dei sentirono che le antiche profezie stavano per compiersi e che i segnali che preannunciavano l’avvento del Ragnarök, il crepuscolo degli dei, erano già nettamente riconoscibili. Un atroce vento (Fimbulvetr) prese a soffiare senza tregua, imperversando per più di tre stagioni e finendo per congelare ogni essere vivente. Fra gli uomini regnava disordine e discordia, dal mare s’innalzavano minacciose onde alte come case, Yggdrasil tremava perché il mostro Nidhöggr era riuscito ad azzannare le sue tre radici. Le tre dee del destino sedevano tutte imbacuccate accanto alla fonte della saggezza, in mezzo ai loro fili lacerati, rinchiuse in un misterioso silenzio. Per l’ultima volta, Odino afferrò il capo di Mimir per chiedergli consiglio, prima di montare in sella a Sleipnir, dirigendosi alle vaste pianure di Vigridr, teatro dell’ultima battaglia del mondo. Il gallo rosso Fialar, che sorvolava il Walhalla, diede l’allarme, prontamente imitato da Gullin- Kambi, il gallo di Midgard, mentre anche l’uccello rosso cupo di Hel annunciò a Niflheim l’imminente pericolo. Nell’udire le urla penetranti dei galli, Heimdall, senza esitare un solo istante, si portò alle labbra la tromba Giallar e suonò l’allarme tanto atteso, che riecheggiò in tutto il mondo. Il lupo Fenrir sciolse senza fatica i lacci che lo imprigionavano e si apprestò a raggiungere l’esercito dei giganti di ghiaccio. Onde impetuose e dense di schiuma sballottavano Nagilfar, la nave del destino di Ran, costruita con le unghie degli uomini annegati. La nave galleggiava a malapena, quando Loki, che nel frattempo si era liberato senza nessuno sforzo dalle catene a cui era imprigionato, salpò con i giganti di ghiaccio armati fino ai denti e con i loro cavalli; fu così che Nagilfar fece rotta verso le vaste pianure di Vigridr, solcando le tumultuose acque. All’improvviso il cupo Surtr fendette l’aria, e attraverso il varco scintillante che si era aperto sfrecciò a cavallo con la sua spada fiammeggiante, seguito dai suoi violenti compagni di Muspellsheim. Quando i giganti di ghiaccio si radunarono sul ponte iridato Bifröst per prendere d’assalto Asgard, il ponte, che oscillava pericolosamente, cominciò a scricchiolare sotto il peso degli zoccoli dei cavalli, finendo per cedere. Durante quest’ultima battaglia del mondo furono regolati molti conti rimasti in sospeso. Thor sconfisse Jörmungandr, l’invincibile drago di Midgard; tuttavia, gli fu fatale aver respirato l’enorme quantità di veleno esalato dal mostro sul campo di battaglia e anche il dio trovò la morte. Heimdall sconfisse l’acerrimo nemico Loki, ma durante la battaglia fu mortalmente ferito. Odino ingaggiò una sanguinosa lotta contro il lupo Fenrir, il quale ebbe comunque la meglio. Vidarr, il figlio taciturno, con la sua scarpa di ferro vendicò la morte del padre, secondo quanto prescritto dal codice d’onore degli dei. Spezzò in due l’orribile belva, dopo aver messo la sua scarpa di ferro dentro le fauci spalancate, e gli strappò la mascella superiore con tutte le sue forze.
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Freyr, il dio della luce, fu ucciso dall’arma del cupo Surtr, che con la sua spada infuocata disintegrò e ridusse in cenere i palazzi degli dei. In questa battaglia, le uniche armi di difesa di Freyr furono le corna di un cervo trovate per terra, poiché aveva lasciato in pegno la sua spada che combatteva da sola al gigante Gymir, quando cercò di conquistare i favori di sua figlia Erdr. La vita se ne andò tra le fiamme e il fumo; mari e fiumi debordarono, finendo per sommergere la terra. La fine del mondo si stava avvicinando. Eppure la speranza non si era ancora spenta. Nel mondo degli uomini erano sopravvissuti due esseri, Lif (vita) e Lifthrasir (desiderio di vita), che sarebbero divenuti i capostipiti di un nuovo genere umano. Quelli che sopravvissero all’atroce vento (Fimbulvetr), dentro le cavità e le fessure del tronco di Yggdrasil, riemersero alla luce del giorno e ripopolarono la Terra. Nel mondo rinato sarebbero riapparsi anche i figli degli antichi dei, Balder e Hödr, Vidarr e Vali, Modi e Magni, che s’insediarono nei palazzi ricostruiti, dove un tempo lo scettro era nelle mani di Odino e dei suoi. I loro convegni si sarebbero tenuti a Idavöllr, che un tempo era stato Un campo da gioco degli Asi, dove i convenuti avrebbero rievocato le epiche vicende di cui furono protagonisti i loro padri. Il termine Ragnarök si traduce spesso come «crepuscolo degli dei»; si tratta comunque di un’interpretazione errata. Ragna Rök sono due vocaboli islandesi che significano «destino ineluttabile». Nel dodicesimo secolo, gli Scaldi norvegesi vi aggiunsero alcune sillabe, e si ebbe così la trasformazione in Ragnarökkr, una parola che venne tradotta ambiguamente come «crepuscolo degli dei». Ragnarök è una visione profetica del tramonto dell’universo e, per quanto attiene all’atmosfera e ai particolari, presenta molte analogie con l’Apocalisse del Nuovo Testamento.
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IV Come creare da soli le proprie rune
Le rune, siano esse in forma di pietre, bastoncini o carte, da utilizzare a scopo divinatorio, si possono acquistare nei negozi specializzati. Tuttavia alcune persone si sentono particolarmente legate alle pietre o ai bastoncini runici che hanno fabbricato da sole tenendo conto delle loro preferenze. In linea di massima occorrono solo 24 pezzetti di carta o cartone, su cui tracciare i segni grafici delle rune. Nondimeno, la maggior parte dei consultanti, in virtù del tipo di legame a cui abbiamo appena accennato, desiderano utilizzare sempre lo stesso set di bastoncini o di pietre. I bastoncini o le pietre runiche si possono confezionare utilizzando legno, osso, pietre o altro materiale resistente. Il consultante impiega rune di ogni forma e dimensione. All’atto pratico, le rune migliori si sono dimostrate quelle di piccole dimensioni, piatte, rotonde o quadrate, realizzate in ceramica, legno oppure osso e con un diametro di circa 1,5 cm (a tale scopo si possono ad esempio utilizzare sassolini, gettoni o fagioli). Molto validi potrebbero dimostrarsi pezzetti di legno stretti e sottili, aventi forma quadrata o rettangolare, con una lunghezza che oscilla fra 1,5 e 2 cm (va benissimo anche il lato posteriore di pietre ruvide), oppure dei pezzetti di cartone o cartoncino con una grandezza pari a circa 1 x 2 cm. Benché il materiale più comunemente utilizzato per le «pietre» runiche sia il legno di un albero da frutta, vanno benissimo anche carte minuscole, sulle quali, per questioni di spazio, più che il nome delle rune vengono evidenziati il numero e la sillaba di ogni singola runa. A prescindere dalla forma o dal materiale prescelto, la runa intagliata, marchiata a fuoco o disegnata dovrà essere colorata. Secondo la tradizione, si è soliti optare per il rosso o il blu; ma sarà adatto qualsiasi altro colore, scelto lasciandosi guidare dall’intuito o dalle sensazioni. Sarebbe opportuno evitare di scegliere il bianco come colore che fa da sfondo ai bastoncini, alle pietre o alle carte, poiché il colore tradizionale del tappeto su cui vengono lanciate le rune è proprio di questo colore. Ma anche in questo caso vale il seguente principio: non fatevi influenzare dalle tradizioni, quando si tratta di scegliere il vostro personale abbinamento cromatico. Riponete le rune in un sacchettino (di pelle) che sia sufficientemente proporzionato alla vostra mano: ciò vi consentirà di estrarre a occhi chiusi una o più rune. Per i bastoncini e per le carte runiche, il contenitore più adatto sarà naturalmente un astuccio. A seconda della grandezza dei bastoncini o delle pietre runiche utilizzate, le dimensioni del tappeto saranno mediamente pari a 30 x 30 cm. Sul tappeto vengono tracciati tre cerchi concentrici: il più piccolo ha un diametro di circa 5 cm, quello intermedio di 10 cm, e quello più grande di 20 cm circa. Il cerchio piccolo in posizione centrale simboleggia la predisposizione, quello intermedio le circostanze, mentre il cerchio esterno rappresenta i desideri, le ambizioni e talvolta i risultati.
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IL TAPPETINO DELLE RUNE È SUDDIVISO IN TRE CERCHI: Cerchio A: Cerchio B: Cerchio C:
rappresenta la predisposizione rappresenta le circostanze rappresenta i desideri e le aspirazioni (ambizioni)
L’anello esterno (c) è suddiviso in quattro sezioni: 1. Regno delle realizzazioni pratiche: atteggiamento pratico/realista, materialismo 2. Regno dell’intuito: impulsività; azioni improntate al massimo entusiasmo e alla passione sfrenata che non di rado svaniscono in un attimo 3. Regno delle emozioni: rappresenta le reazioni e gli atteggiamenti emotivi 4. Regno dell’intelletto: atteggiamento razionale e aperto, riflessione
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V Metodi di lettura delle rune
La runa di Freyja Se si desidera valutare velocemente una situazione nelle sue accezioni generiche, il metodo più semplice consiste nell’estrarre una sola runa. Quest’unica runa rappresenta tanto il problema e le attuali circostanze quanto la soluzione. Estrarre la runa di Freyja equivale ad acquisire prontezza di spirito per quelle situazioni che impongono di prendere una decisione immediata, anche se il consultante non dispone di dati precisi sull’argomento in questione. Esempio: un mio allievo, che occupava un posto di responsabilità all’interno di un’azienda su cui incombeva la minaccia di uno sciopero del personale, durante l’intervallo per il pranzo si è trovato dinanzi all’obbligo di scegliere fra la possibilità di licenziare il personale al completo, chiudere l’azienda e cercar fortuna altrove o fra la possibilità di mettersi a capo dell’azienda, dirigendola sotto la sua piena responsabilità. Dopo essersi appartalo con le sue rune, ne ha estratta una ed è ritornato nel giro di un minuto «nel ruolo di giovane amministratore dell’azienda», per dirla con le sue parole. Quella da lui estratta era Dagaz, la runa dell’apertura di un varco, di un nuovo inizio e delle possibilità promettenti. L’oracolo delle tre rune Se vi trovate in una situazione complessa, formulate mentalmente la domanda in modo chiaro. Scegliete una runa per volta e disponetele a faccia in giù, una accanto all’altra, da destra a sinistra, rispettando la sequenza in cui le avete scelte. Ecco come appariranno davanti a voi:
Leggendo da destra a sinistra, noterete quindi che la prima runa indica la situazione così com’è, la seconda runa (intermedia) indica il tipo di atteggiamento richiesto; e la terza runa (sinistra) chiarisce come evolverà la situazione. Naturalmente si possono attribuire anche altri significati alle rune. Per esempio:
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Una mia allieva mi aveva pregato di leggerle le rune perché voleva qualche chiarimento circa il suo lungo fidanzamento. Queste sono le rune che ha scelto:
Se ne deduce che ha sacrificato la sua indipendenza in nome della lunga relazione con il compagno e che vorrebbe sposarlo. Sebbene all’inizio nutrisse qualche dubbio sul matrimonio, ora è contenta di aver fatto il primo passo. A proposito, nel frattempo è rimasta incinta. L’oracolo delle nove rune Rispetto ai tarocchi, ai Ching e ad altre forme di divinazione, l’impiego delle rune presenta qualche vantaggio, poiché il lancio e l’interpretazione delle stesse non solo è semplicissimo ma anche sostanzialmente rapido. L’esperto stende le sue 24 rune sull’apposito tappeto ben teso su un piano d’appoggio e le mescola a faccia in giù, come avviene ad esempio con le tessere dello Scrabbk o del domino. 11 consultante sceglie 9 delle 24 rune e, mentre si concentra sulla domanda, le mescola in silenzio tenendole nell’incavo delle sue mani. Dopodiché le lancia, né troppo forte né troppo debolmente, nei tre cerchi concentrici del tappeto. Perché nove rune? Bella domanda. Alcuni esperti rispettano la tradizione che prevede la scelta di dodici rune, quando addirittura non le utilizzano tutte e 24; altri invece determinano la quantità di rune da estrarre avvalendosi di un sistema numerologico. Non esistono regole fisse, poiché all’atto pratico si è visto che: 1. le nove pietre o i nove bastoncini si adattano anche alle mani più piccole; 2. si possono mescolare facilmente nell’incavo delle mani; 3. contengono abbastanza informazioni da consentire una lettura minuziosa e profonda. Alla base dell’impiego di nove rune, si pone anche un motivo convincente di matrice tradizionale: narra la leggenda che Odino si sia appeso a testa in giù a un ramo dell’albero della vita Yggdrasil, sopra la fonte della saggezza, perché voleva imparare a scrutare nel futuro. Tutto ciò gli è costato nove lunghi giorni e nove lunghe notti trascorsi in quella scomoda posizione, senza mangiare né bere, fino alla scoperta della saggezza delle rune. Se colui che legge le rune desidera apprendere questa saggezza, dovrà sceglierne nove in segno di rispetto nei confronti di questo gesto: una per ogni giorno in cui Odino è rimasto appeso sopra alla fonte della saggezza. Quanto all’uso della numerologia, praticata da molte persone che leggono le rune, bisognerebbe rifletterci bene, perché si tratta di un metodo di divinazione che, sotto il profilo cronologico, è assai lontano dalle radici culturali delle rune. Perciò, grazie a questo metodo (scelta del numero delle pietre), molti esperti possono aggiungere un tocco personale alla loro interpretazione. Ai fini di una maggior completezza, indicherò qui di seguito il rapporto fra numeri e lettere:
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Il suddetto schema funziona così: l’esperto cerca i numeri che corrispondono a ciascuna lettera del nome del consultante, e aggiunge i valori che sono stati determinati, senza dimenticare la data di nascita. Il risultato ottenuto sommando queste cifre darà un numero che non può essere di due cifre: Esempio: Supponiamo che l’esperto desideri determinare la quantità di rune da utilizzare per Frans Silleman, che è nato il 1° febbraio 1960.
Frans Silleman, mentre è intento a mescolare lentamente le nove rune, si concentra sulla domanda che desidera formulare, prima di lanciarle una dopo l’altra sul tappeto. Fatto questo, l’esperto controlla la posizione delle rune: ci sono delle rune a faccia in giù, delle rune cadute sulla superficie laterale, delle rune che si toccano e si sovrappongono? Una forma strana è comunque riconoscibile? Per esempio, sono cadute più rune nel regno dell’intelletto o delle emozioni, oppure vi è una maggior concentrazione di rune nel regno delle realizzazioni pratiche o dell’intuito? Sembra più difficile di quanto effettivamente sia; in fondo si tratta solo di osservarle in modo preciso. In genere, quasi tutte le rune cadono formando un gruppo molto compatto. Queste rune costituiscono il gruppo principale e rivestono un’importanza maggiore, poiché evidenziano le problematiche più scottanti e onerose oppure gli interessi del consultante. Basandosi sulla forma che prende corpo nel punto in cui sono cadute le rune, l’esperto «legge» la struttura delineatasi attraverso il lancio. Egli riconosce il gruppo principale, il gruppo o i gruppi secondari e/o le singole rune. La sequenza in cui bisogna leggere un gruppo o le singole rune si può quasi sempre determinare partendo dalla runa più vicina al consultante e terminando con quella che si trova più lontana da quest’ultimo. Il gruppo che contiene la maggior parte delle rune è il gruppo principale. La direzione in cui sono state lanciate le rune fornisce l’indicazione corrispondente. Nel corso di un medesimo lancio si possono formare dei gruppi secondari, che contengono solo due o tre rune. Esse sono perlopiù indicative di fattori di cui il consultante è consapevole solo in parte. Capita che una singola runa cada sul tappeto completamente staccata dalle altre. Oltre al significato assunto dalla runa e dalla posizione in cui si trova, essa rimanda a un avvenimento ben distinto, che tuttavia riveste una notevole importanza per il consultante, poiché ha lasciato un segno profondo dentro di lui. Le rune a faccia in giù rivelano che il consultante non è (ancora) per nulla consapevole del significato di una situazione simboleggiata dalla runa. Durante il lancio, può succedere che una runa cada sulla superficie laterale. La spiegazione più semplice va ricercata nella non totale certezza del risultato che rende irrilevante il significato della runa. Se una runa presente sulla superficie laterale si trova all’interno di un gruppo formato da altre rune, a seconda del contenuto di questo gruppo essa ne può sottolineare la forza come pure annullarla. Perciò è estremamente importante esaminare attentamente la posizione di questa runa sul tappeto. Un ultimo aspetto non meno importante consiste nel fatto che non tutte le rune cadono in modo ineccepibile in uno dei sei settori. Alcune atterrano per metà nell’uno e per metà nell’altro settore, oppure un angolo lambisce il confine di un settore. In questi casi, la runa esprime una duplice
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tendenza e la sua posizione deve essere esaminata con la massima precisione affinché la lettura si armonizzi con le altre rune. Se la runa Berkana, che influisce peraltro sulla vita familiare, cade per metà nel cerchio della Predisposizione e per metà in quello delle Circostanze, potrebbe indicare per esempio che il consultante potrebbe trarre beneficio dall’accrescimento della famiglia. Se la runa Naudiz, che simboleggia peraltro un monito sulla direzione presa dal proprio percorso esistenziale, si trova quasi del tutto nel settore delle emozioni dell’anello dei desideri e delle ambizioni, a eccezione di un angolo che si trova nell’anello delle circostanze, può voler dire che probabilmente i progetti del consultante sono irrealizzabili, poiché non sono ancora giunti a maturazione. Esempio di lettura delle rune Una mia allieva desiderava creare una struttura per ragazze mentalmente ritardate; tuttavia i mezzi di cui disponeva erano alquanto limitati. Le trattative riguardo alle sovvenzioni e alle licenze richiedevano un enorme dispendio di tempo, energia e pazienza. La sua nuova iniziativa avrebbe richiesto anche molto tempo e attenzione. Queste sono le rune che ha lanciato:
a
1 2a 3a 4a 5a 6a 7
a
8a 9a
La sequenza in cui sono state lanciate le rune: runa: Fehu, runa numero 1 runa: Uruz, runa numero 2 runa: Hagalaz, runa numero 9 runa: Kenaz, runa numero 6 runa: Sowild, runa numero 16 runa: Tiwaz, runa numero 17 runa: Wunjo, runa numero 8 runa: Ansuz, runa numero 4 runa: Gebo, runa numero 7
(Le rune che durante il lancio sono cadute sul tappeto a faccia in giù sono evidenziate in grigio)
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Il gruppo principale è composto dalle rune 1 - 6 Posizione 1: Fehu (runa numero 1 — accumulo di ricchezze) si trova a faccia in giù nel settore delle realizzazioni pratiche dentro l’anello dei desideri e delle ambizioni. Ciò evidenzia il desiderio d’intraprendere qualcosa di concreto, che tuttavia non si traduce necessariamente in risultati visibili. Posizione 2: Uruz (runa numero 2 — la forza, superamento di ostacoli e avversità) si trova sia nel settore delle realizzazioni pratiche dentro l’anello dei desideri e delle ambizioni, sia nell’anello delle circostanze. Questo significa che, pur se ci vorrà molto tempo prima che la sua attività dia qualche risultato, non bisogna arrendersi e continuare a lavorare sodo. Posizione 3: Hagalaz (runa numero 9, che simboleggia le influenze avverse incontrollabili) si trova nell’anello delle circostanze. Questo significa che l’impegno nel suo ambiente sarà avversato da una serie di sgradevoli imprevisti. Posizione 4: Kenaz (runa numero 6 — ripristino della forza di volontà e della fiducia in se stessi) si trova in parte nell’anello delle circostanze e per metà nel cerchio della predisposizione. Ciò rafforza la convinzione che il successo le arriderà grazie esclusivamente al suo impegno nonché alla piena fiducia nella bontà delle attività intraprese; questo atteggiamento scaturisce da una predisposizione interiore. Posizione 5: Sowild, (runa numero 16 — vitalità e contatti sociali favorevoli) si trova nel cerchio della predisposizione. Questo significa che il suo atteggiamento aperto, brioso e piacevole la rende simpatica a tutti. Deve comunque guardarsi dall’inganno. Posizione 6: Tiwaz (runa numero 17 — opposizione alle avversità e trionfo della giustizia) si trova quasi del tutto nell’anello delle circostanze, a eccezione di una punta che si trova nel cerchio della predisposizione. Questo fa sì che essa difenda con coraggio e tenacia i suoi punti di vista, eliminando in modo convincente ogni ostacolo dal suo cammino. Il significato di questo gruppo principale: Se desidera riscuotere successo con le sue attività, dovrà costantemente meditare sui suoi progetti. Per questo motivo, è indispensabile che il suo atteggiamento sia improntato alla massima serietà, evitando di essere troppo dispersiva. Dovrà anche fare i conti con numerosi ostacoli e delusioni inaspettate. Tuttavia, grazie al suo spirito pratico, alla perseveranza e all’entusiasmo, riuscirà a superare gran parte delle situazioni avverse. Le singole rune: 7. Wunjo (runa numero 8 — gioia e realizzazione dei desideri) si trova per metà nel regno dell’intelletto e per metà nel regno delle realizzazioni pratiche, dentro l’anello dei desideri e delle ambizioni. Questo significa che nell’ambito della realizzazione dei suoi progetti viene fatto buon uso dell’intelligenza, senza perdere di vista la realtà. 8. Ansuz (runa numero 4, superamento di un esame e acquisizione di conoscenze) è a faccia in giù, oltretutto quasi completamente nel settore dell’intuito all’interno dell’anello dei desideri e delle ambizioni, a eccezione di un angolo che si trova nell’anello delle circostanze. Questo significa che, senza esserne consapevole, si lascia sostanzialmente guidare dall’intuito quando si tratta di prendere decisioni importanti. Ciò costituisce un fattore di rischio. 9.Gebo (runa numero 7, regali, ospitalità, società e spirito di sacrificio nonché ricerca dell’armonia nelle relazioni interpersonali). Questa runa si trova in parte nel settore pratico e intuitivo dell’anello dei desideri e delle ambizioni e in parte nell’anello delle circostanze. In questo caso si direbbe che la struttura oggetto di strenue lotte potrebbe avere un esito maggiormente positivo qualora optasse per una direzione collettiva o per una società.
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Riassunto di questa divinazione con le rune Poiché nell’immediato futuro la consultante non raccoglierà grandi consensi, si vedrà costretta a superare anche troppe avversità. Ciò che intraprenderà richiederà molta determinazione, fermezza e duro lavoro. Spesso sorgeranno ostacoli, perplessità e preoccupazioni che riuscirà a sconfiggere con abilità e intelligenza. Tuttavia, molte delle sue problematiche contingenti troverebbero una soluzione se stipulasse un accordo di collaborazione o una società riguardante la sua nuova iniziativa.
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APPENDICE Breve profilo delle rune
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La sequenza delle ultime due rune (23 e 24) è intercambiabile.
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I nove mondi
Di seguito troverete una rappresentazione schematica dei nove mondi dell’albero della vita, che sono strettamente correlali fra loro. Come avrete modo di osservare, cinque di questi mondi creano un asse cosmico verticale il cui fulcro è Midgard. L’asse viene incrociato da quattro punti di forza molto dinamici. Questi quattro assi ruotano intorno all’asse centrale, irradiando il loro flusso ai restanti mondi. Benché ognuno di questi mondi possedesse una propria identità, un proprio ruolo e una propria realtà, essi agivano congiuntamente dando vita all’universo delle popolazioni nordiche. I cinque mondi, che formano l’asse verticale dello schema, si chiamano — dall’alto verso il basso —: Asgard, Ljossälfsheim, Midgard, Svartölfheim e Helheim; Vanaheim, Jôtunheim, Muspellsheim e Niflheim compongono invece i settori dei quattro campi di forza. Gli dei collocarono la terra al centro dell’universo e la chiamarono Midgard (mondo intermedio). Essa divenne il domicilio degli uomini. Fecero in modo che fosse circondata dal mare, proteggendola dall’alta marea e dalle invasioni dei giganti con un muro di cinta. I giganti vivevano tutti nell’Est, sulla costa di Jôtunheim, che a sua volta fu chiamata Utgard. A ovest di Midgard e sopra la stessa si trovava Vanaheim, il domicilio dei saggi e luminosi Vani, u n a stirpe divina che, al termine di un’aspra battaglia con gli Asi, strinse un’alleanza permanente con questi ultimi. Svartälfheim, il domicilio degli elfi neri, si trovava sotto terra, probabilmente nelle vallate oscure che conducevano al fiume che separava il regno dei morti dal regno dei vivi. Helheim, così si chiamava il regno dei morti, era strettamente legato a Niflheim, il mondo avvolto dal fumo e dalle nebbie del Nord. A sud si trovava Muspellsheim, il mondo del fuoco, su cui regnava Surtr con la sua spada infuocata e in cui vivevano i figli di Muspell. Sopra Midgard, si estendeva Ljossälfsheim, la terra dei gentili elfi di luce posta nell’etere assolato. Ad altitudini ancora più elevate di Ljossälfsheim, gli Asi fondarono il potente regno di Asgard, dove la primavera regnava incontrastata, mentre l’oro e le pietre preziose scintillavano in tutto il loro fulgore. Il largo fiume Ifìng separava Asgard dalla regione dei giganti (Jötuns), pur se non garantiva una sufficiente protezione dalle loro continue invasioni; i giganti non si limitavano a essere aggressivi, ma erano anche dei buoni stregoni, che con i loro incantesimi riuscivano benissimo a danneggiare gli altri, inguaiandoli a dovere.
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I domicili degli dei
Ad Asgard, posto sulla sommità di Yggdrasil, gli dei edificarono castelli e palazzi che rilucevano come stelle. Questo significa che esistevano dodici di questi palazzi, la qual cosa, stando alla loro descrizione, contraddiceva le leggende. Molto più in alto di Asgard si stagliava Hildskialf (porta girevole), il trono di Odino che contemplava lo sguardo del padre supremo, scrutando i mondi nonché le azioni degli uomini, degli elfi e dei giganti. Bilskirnir (saetta scintillante), il domicilio di Thor, contava 540 piani e si ergeva sopra il suo possedimento rurale di nome Thrudvang (campo di forza). Ydalir (valle del tasso), presso cui viveva Ullr, l’arciere che sfrecciava sui pattini da ghiaccio. Valaskialf, l’argenteo domicilio del luminoso figlio di Odino, Vali, che a poche ore dalla nascita si trasformò in un giovane possente che sconfisse il cieco Hödr, sovrano delle tenebre. Questo gesto gli permise di vendicare l’assassinio del dio del sole Haider, perpetrato da Hödr. In segno di ringraziamento, gli dei gli fecero dono di un palazzo sormontato da uno sfavillante tetto d’argento. Il palazzo di cristallo Sökkvabekk (fluire del tempo) era il domicilio di Saga, dea della storia; il ciclo epico AcWEdda narra che gelidi e placidi torrenti si snodavano attraverso il verde possedimento rurale; Odino e Saga sedevano sul loro trono nel silenzio dei saloni del palazzo, bevendo giorno dopo giorno da calici d’oro. Saga viveva in questo palazzo e cantava, accompagnata dal mormorio dell’acqua, le valorose gesta di dei ed eroi, finché le fiamme della spada di Surtr non disintegrarono i nove palazzi e tutti gli altri domicili divini. Allora essa si alzò per tenere compagnia ai superstiti, che erano sfuggiti al fuoco e alla spada, volò con loro dagli abitanti della Scandinavia e cantò, in una lingua a loro sconosciuta, le gloriose e coraggiose gesta di dei ed eroi. Per fortuna i suoi canti non andarono persi; alcuni furono trascritti nell’Edda e sono un tesoro poetico che non potrà mai più scomparire nel nulla. Il quinto palazzo si chiamava Gladsheim (casa luminosa); possedeva 500 porte e apparteneva al padre degli dei; ospitava il Walhalla, il domicilio dei valorosi soldati cadmi. Lo scintillante edificio era circondato dalla selva Glasir dalle foglie d’oro. Il palazzo Thrymheim (casa del tuono) in cui viveva Skadi, la figlia del gigante Thiazzi rimasto ucciso, si immaginò in un primo tempo che si trovasse a Jôtunheim; tuttavia, i canti tramandati lo hanno collocato ad Asgard. Nel palazzo Breidablick (vasti orizzonti), dove viveva il glorioso Haider, era impossibile pensare o agire in nome del male. I Heimdall, il custode degli dei e del ponte iridato che conduceva ad Asgard, risiedeva a Himinbjörg (sala del cielo), dove gli ilei sorseggiavano il dolce idromele. Folkvangr (attendente del popolo), il nono castello, apparteneva alla potente dea Freyja, che vi conduceva metà degli eroi i .ululi sul campo di battaglia e curava le loro ferite. A Glitnir (casa scintillante) viveva Forseti (presidente). Secondo fonti islandesi, egli era un figlio di Balder e Nanna. Era il più venerato di tutti i giudici. Pronunciava sentenze in ogni sorta di processo, fungeva da giudice di pace e contribuiva ad appianare i conflitti. Noatun (cantiere navale) era il castello dell’adoratissimo Njörd, uno dei Vani che fu accolto dagli Asi. Era il protettore della navigazione perlopiù idolatrato come dio della tempesta. Saga decretò come dodicesimo domicilio celeste anche il palazzo Landvidi (vasta pianura), dove viveva Vidarr, il taciturno figlio di Odino, non lontano dalla gigantessa Grid. Vidarr calzava costantemente al piede destro una scarpa di ferro. Egli avrebbe vendicato la morte del padre
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durante l’ultima battaglia del inondo (Ragnarök), ingaggiando una lotta con il feroce lupo Fenrir, e schiacciandolo con la scarpa di ferro. Per quanto attiene al significato dei palazzi celesti appena menzionati, se ne può dedurre che corrispondessero alle costellazioni dei segni zodiacali. Ciò è reso ancor più verosimile dal fatto che nessuno di questi palazzi fu assegnato al pur meritevole dio Tyr; non compare neppure Wingolf, il domicilio delle dee, e manca all’appello perfino Fensalir (regione delle paludi), il palazzo della consorte di Odino, ossia dell’amatissima dea Frigg. Ullr, per esempio, che viveva a Ydalir, non era solo il dio del tiro con l’arco, bensì anche un accanito pattinatore; lo si incontrava perlopiù sull’argenteo terreno ghiacciato. Egli regnava come protettore della caccia, quando d’inverno il sole si trovava nel segno del Sagittario. Freyr era il suo figlioccio, e quando gli spuntarono i primi denti (d’oro) gli dei gli donarono il regno di Ljossälfsheim, il domicilio degli elfi di luce posto sopra Midgard; il palazzo di Freyr ad Asgard non viene comunque menzionato da nessuna parte. Il dio della luce rinacque durante il solstizio d’inverno. Lo Yulefest si celebrava con letizia in onore delle giornate sempre più lunghe e dell’arrivo della luce, servendo cibi e bevande. Successivamente veniva sacrificato un cinghiale, l’animale cavalcato da Freyr, che si rinnovava senza sosta, mentre le corna traboccanti di bevande facevano il giro degli ospiti. Con il palazzo Valis, sormontato da uno scintillante tetto d’argento, si alludeva alla costellazione dell’Acquario, o alla stagione in cui monti e vallate si ammantano di neve e ghiaccio, avvolti da una luce ancora tenue in un freddo bagliore argenteo. Comunque sia, l’idea che i domicili degli dei corrispondessero alle costellazioni dei segni zodiacali, parrebbe una teoria illuminante.
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Glossario dei nomi e dei termini mitologici
Nota preliminare: Per semplificare la ricerca dei contenuti e delle corrispondenze, si farà riferimento ad alcune voci già menzionate nel presente glossario e in altri punti del libro. Ägir - il dio del mare che, essendo stato accolto dagli Asi (stirpe divina), ha acquisito una certa importanza. Sua moglie Ran (saccheggio) era una creatura demoniaca che divorava i cadaveri degli annegati. Le sue nove figlie incarnavano le onde del mare che, durante le più terribili burrasche, si avvinghiavano ai marinai. Albero della vita Yggdrasil - Dal suolo scaturì il grande frassino del mondo, l’albero protettore degli dei, che con i suoi possenti rami separava il cielo dalla terra e il cui tronco rappresentava l’asse dell’universo. Secondo alcune leggende, il fogliame di Yggdrasil avrebbe celato nientemeno che nove mondi. Nessun uomo riusciva a scrutare oltre la sua altezza. Le sue radici erano più profonde e solide di quelle delle montagne, mentre la sua cima sempreverde si protendeva fino alle stelle. Delle sue tre radici, una si estendeva fino a Niflheim — il regno delle ombre di Hel, popolato dal mondo degli spiriti — nutrendosi con l’acqua della sorgente Hvergelmir, da cui nascevano le dodici correnti ghiacciate che confluivano a Ginnungagap, nel grande nulla. La seconda radice si estendeva fino alla sorgente di Mimir a Midgard, mentre la terza attingeva l’acqua dalla fonte della saggezza di Urd ad Asgard. Urd era la più anziana delle tre Nome o dee del destino, creature misteriose che guidavano la sorte di tutti gli esseri viventi. Essa dimorava ai piedi di Yggdrasil, l’albero della vita sempreverde, dove ogni giorno si radunavano gli Asi per i loro convegni. Yggdrasil era minacciato da tutte le parti. Quattro cervi divoravano i suoi verdi germogli, il cavallo di Odino, i cui denti erano sormontati da rune, pascolava ai suoi piedi, e il nano Heidrun, che produceva senza sosta l’idromele, ossia il nettare degli dei, banchettava con le sue foglie. Il più accanito era comunque il perfido serpente Nidhòggr, un gigantesco mostro che addentava in continuazione le radici di Yggdrasil. Solamente le cure amorevoli delle dee del destino impedivano il deperimento dell’albero. Per preservarne l’aspetto florido, ogni giorno lo innaffiavano con l’acqua della fonte della saggezza di Urd. Vedi Yggdrasil, Ragnaròk. Alsvidr (maratoneta) - era uno dei cavalli che trainavano il carro della dea del sole Sunna o Sol nel suo quotidiano viaggio attraverso il cielo, l’altro si chiamava Arvakr (mattiniero). I carri di Sunna e Mani erano perennemente inseguiti da due giovani lupi, discendenti del lupo Fenrir. Jarnsaxa, un’anziana gigantessa dedita al cannibalismo, li allevò a Utgard affinché, una volta divenuti grandi e grossi, fossero in grado di divorare il sole e la luna. Vedi Ragnarök, Fenrir, Utgard. Andhrimnir - il cuoco che a Einheriar (esercito delle anime di Odino), nel paradiso dei soldati di Odino/Wotan chiamato Walhalla, ogni sera cucinava la carne del cinghiale Saehrimnir, che si rinnovava costantemente. Vedi Odino, Freyr.
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Angrboda (messaggera del male) - moglie di Utgarda-Loki e madre dei demoni divoratori di cadaveri, come il lupo Fenrir, il perfido serpente Nidhöggr nonché i lupi del sole e della luna. Vedi Loki, Jòtunheim/Utgard. Arvakr - uno dei cavalli che trainava il carro della dea del sole Sunna attraverso il firmamento. Asi - con questo nome le popolazioni nordiche erano solite designare l’olimpo delle loro divinità. Buona parte dei ceppi venerava in genere tre dei: Odino (Wotan), Thor (Donar) e Tyr (Saxnot). In seguito, Freyr sarebbe praticamente subentrato a quest’ultimo. Oltre a queste divinità maschili, venivano adorate anche le dee Freyja e Frigg, considerate entrambe dee dell’amore. Vedi Odino, Thor, Thyr, Freyja, Frigg. Asgard - il regno degli dei, dove la primavera regnava incontrastata e dove l’oro e le pietre preziose scintillavano in tutto il loro fulgore. Era circondato da grandi Fiumi con spade affilatissiine, mentre le porte di accesso erano sorvegliate da integerrimi galli. Bifröst (ponte iridato) era il nome del ponte che collegava Asgard a Midgard, il mondo degli uomini, sorvegliato da Heimdall. Questo universo pressoché sigillato e sfaccettato simboleggiava il regno dello spirito nei suoi molteplici aspetti, dalla forma più elevata della coscienza fino alla personalità magica. Era anche la sede del Walhalla, dove Odino governava sul regno degli eroi caduti. Vedi Heimdall, Walhalla, Odino, Freyja, Valkyrijur (Valchirie). Ask e Embla - il primo uomo e la prima donna furono creati da Odino, Hònir e Lodur (Loki), i quali utilizzarono due alberi caduti. Narrano altre leggende che il primo uomo e la prima donna, assopiti nel castello del tempo in attesa di nascere, furono creati con le sopracciglia del gigante Buri (genitore). Odino vi insufflò la vita, Hönir diede loro l’anima e l’intelletto, mentre Lodur (Loki) fece loro dono del sangue e dei colori. Secondo altre fonti, furono Odino e i suoi figli Vili e Vé ad occuparsene. L’uomo fu chiamato Ask (frassino) e la donna Embla (rampicante). Si presume che da loro discenda il genere umano. Vedi Odino, Loki. Audumla - la mucca Audumla era l’allegoria dell’abbondanza. Si nutriva con la brina che leccava dalle rocce del baratro Ginnungagap fino al grande Nulla; tali rocce si trovavano così ad essere vivificate. Esse contenevano la vita che generò il gigante Buri (genitore), da cui avrebbe avuto origine la stirpe dei giganti di ghiaccio (Hrimthurses). Come Ymir, l’uro gigantesco, anche questo gigante ha creato una discendenza senza concepimento. Balder - era uno dei figli di Odino e di Frigg. Il suo carattere poteva essere sostanzialmente paragonato a quello del dio greco Apollo. Nessuna divinità era in grado di eguagliare la sua saggezza o la sua bontà; chiunque lo udiva o lo vedeva non poteva fare a meno di amarlo. Loki istigò suo fratello Hòdr, il dio cieco della notte, a ucciderlo a tradimento. Balder viveva con la moglie Nanna nel castello Breidablick. Vedi Balder, Loki. Berchta - dea imparentata con Freyja/Frigg. Era rappresentata come filatrice e con i piedi piatti, disturbo che colpiva per l’appunto le filatrici. Puniva le fanciulle indolenti imbrogliando le loro matasse di fili e imbrattandole di pece, oppure scaraventando i loro filatoi fuori dalla finestra. Era nota anche come Dama Bianca. Vedi Frigg, Berchta, Holle. Bergelmir - figlio dell’uro gigantesco Ymir. Bergelmir e sua moglie scamparono al diluvio universale scandinavo trovando rifugio in una barca. Il diluvio universale fu provocato dagli dei che avevano ucciso l’impetuoso gigante Ymir, gettando il suo enorme corpo nelle acque schiumose di Ginnungagap. Vedi Audumla.
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Bestia - Nuora dell’uro gigante Ymir e moglie del gigante Börr. Bestia e Börr furono gli unici superstiti del diluvio universale; furono i capostipiti di una nuova stirpe di giganti insediatasi a Jôtunheim, nell’est. Vedi Audumla. Bifröst (ponte iridato) - il ponte che separava il cielo dalla terra, o il punto di raccordo fra Asgard e Midgard, su cui vegliava Heimdall con la sua vista acuta e l’udito finissimo. Thor non era autorizzato ad attraversarlo, poiché i suoi possenti passi lo avrebbero lesionato; per questo motivo egli doveva guadare il fiume, al contrario degli Asi che ogni giorno attraversavano il ponte per recarsi al tribunale situato in prossimità della fonte della saggezza di Urd. Vedi Asgard, Heimdall, Ragnarök. Bilskirnir - il palazzo di 540 piani, in cui dimorava il dio Thor/Donar, quando non era impegnato nelle sue incessanti battaglie contro i giganti aggressivi. Vedi Donar/Thor. Bolthorn (spina del male) - Nonno di Odino nonché padre di Bestia e Mimir. Fu il capostipite dei giganti della montagna. Börr o Buri (il genitore) - Figlio dell’uro gigante Ymir. Vedi Audumla, Bestia. Bragi - il poeta Bragi era uno dei figli di Odino e della gigantessa Gunnlöd. Si tratta dello Scaldo Bragi con l’arpa d’oro, che visse alla metà del nono secolo d.C. Gli Einheriar (vedi) lo adoravano come dio della poesia; egli era inoltre il consigliere di Odino nonché uno degli Scaldi che si esibivano alla sua corte. Altre fonti lo vogliono sposo di Idun o Iduna, la dea della primavera che custodiva le mele dell’eterna giovinezza degli dei. Vedi Idun, Odino, Loki. Breidablick (vasti orizzonti) - il palazzo del dio del sole Balder, nei cui saloni era impossibile pensare o agire in nome del male. Vedi Balder. Brisingamen - la collana di Freyja confezionata dai nani Brok e Sindri, figli del vecchio re dei nani Iwaldur. Vedi Nani, Loki, Heimdall, Freyja. Brok - uno dei nani che nella loro fucina sotterranea forgiava gli oggetti sorprendentemente magici degli dei. Vedi Nani, Loki, Freyr, Donar/Thor. Buri (genitore) - il gigante Buri fu il primo discendente di Ymir, l’impetuoso e caotico uro gigante. Vedi Audumla. Caccia sfrenata - Quando la bufera sibilava fra i rami degli alberi, si pensava che Odino e l’Einheriar, il suo esercito di anime, andassero a caccia solcando l’aria. Era convinzione che fosse pericoloso rimanere all’aperto poiché le persone avrebbero potuto essere catturate facilmente durante la caccia sfrenata. I feroci cacciatori e Holle guidavano l’esercito delle anime, mentre i loro accoliti li seguivano con le sembianze di lupi, gatti o di altri esseri. Vedi Einheriar, Odino, Holle. Crepuscolo degli dei - la caduta degli dei. Vedi Ragnarök. Donar/Thor - nella sua forma primordiale, il dio del tuono Thor/Donar non era affatto inferiore al primo Odino/Wotan. In origine, sull’intero territorio scandinavo, Thor era venerato almeno quanto lui. Col tempo, il suo aspetto sarebbe divenuto alquanto rozzo; i suoi lineamenti erano grossolani, le sue maniere non si potevano certo definire raffinate; la sua chioma selvaggia e gli occhi, dove balenava lo spirito bellicoso, erano di colore rosso. Utilizzava il martello magico Mjölnir (sfracellatore) che gli ritornava in mano come un boomerang; in un primo tempo non si può escludere che siano state le cadute di meteoriti a ispirare l’idea di questo possente martello; successivamente si preferì credere che fosse stato forgiato dai nani Brok e Sindri. Quest’arma tratteggiava peraltro benissimo la forza quasi invincibile del dio. La spada trafigge, la scure taglia, e
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il martello sfracella. Loki, amico-nemico degli Asi nonché loro attendente e persecutore, teneva spesso compagnia a Thor. Quest’ultimo, che gli era amico, era uno dei pochi dei che riusciva a esercitare una certa influenza sulla subdola furbizia di Loki; perciò lo convinceva spesso a rimediare alle situazioni difficili che aveva innescato, o a renderle nulle. Il carro di Thor, con cui egli intraprendeva le spedizioni belliche contro i giganti, era trainato da due arieti, Tanngnjostr e Tanngrisnir (colui che rompe i denti e colui che li digrigna). Oltre al martello, Thor possedeva un guanto di ferro, che rendeva il suo pugno più che mai forte e corazzato. La cintura Megingjörd, che faceva comunque parte dei suoi effetti personali, accentuava la sua forza inesauribile. Thor non si distingueva solo in virtù della sua forza straordinaria, ma anche per il suo smodato appetito e per lo sguardo infuocato che nessuno riusciva a sostenere. Un giorno Thor volle rientrare in possesso, con un espediente, del suo martello che il vile e perfido Loki aveva consegnato al gigante Thrymr. Dopo aver assunto le sembianze della dea Freyja, si trasferì alla rocca di Thrymheim (luogo dei giganti), per unirsi in matrimonio con Thrymr. Loki, che aveva escogitato questo piano, avrebbe dovuto stare al suo fianco durante la cerimonia, nei panni di una damigella. Durante il banchetto che si svolse prima dello sposalizio, Thor mangiò due buoi, otto salmoni nonché tutte le pietanze preparate appositamente per le donne; onde «innaffiare» tutto questo ben di Dio, si scolò tre barili di idromele. Il gigante si stupì non poco dello smisurato appetito, a cui tuttavia l’astuta «damigella» Loki pose subito rimedio con una spiegazione bell’e pronta: «Tanta era la sua nostalgia per Thrymheim, che durante il viaggio, ossia per otto giorni e otto notti, Freyja non ha toccato cibo». Commosso, Thrymir volle abbracciare la sposa, ma quando le sollevò il velo e nei suoi occhi incontrò lo sguardo infuocalo di Thor, indietreggiò di alcuni passi in preda al terrore. Ancora una volta, la damigella fornì una saggia risposta: «Freyja non ha dormito per otto giorni e otto notti per il desiderio, e nei suoi occhi divampa la bramosia». Thrymir abbassò quindi il martello di Thor per suggellare l’unione. Tuttavia, poiché il martello era a portata di mano della sposa fasulla, Thor glielo strappò, sopraffacendo Thrymr e l’intera stirpe dei giganti. Sul possedimento rurale di Thrudvang (campo di forza), Thor dimorava nel palazzo Bilskirnir (saetta scintillante), che contava 540 piani ed era il punto di partenza delle sue spedizioni di guerra contro i giganti. Si può paragonare Thor a Giove, poiché entrambe le divinità lucevano riecheggiare sordi tuoni, e turbinare crepitanti saette. Sostanzialmente, per quanto attiene al carattere, bisogna ammettere che il dio romano Marte presenta maggiori affinità con lui. Erano entrambi dei della guerra che a stento reprimevano la loro bellicosità già alle prime avvisaglie e che permetteva loro di battere l’avversario. Il giovedì (da «Donartag» = giorno di Donar) era dedicato a Thor/Donar. Nell’Iliade, Zeus rivela ad Ares, nome greco di Marte, che tutti gli dei dell’Olimpo lo esecrano più di ogni altro, giacché non conosce maggior diletto della lite e del combattimento. Odino, dopo essere assurto al ruolo di divinità principale, avrebbe potuto formulare lo stesso rimprovero a Thor. Vedi Loki, Hrungnir, Thrymr. Draupnir - Dall’anello d’oro di Odino/Wotan, forgiato dai nani, ogni nove notti gocciolavano otto identici anelli. Vedi Odino, Nani, Balder. Edda - significa bisnonna. Questo è il nome che l’arcivescovo di Skalholt, Brynjolf Sveinsson, diede al codice di pergamena da lui ritrovato in Islanda nel 1643 e che a suo parere era redatto nella forma poetica delle più antiche saghe dei Normanni. Secondo le stime effettuate, il ritrovamento dello scritto risale circa ai primi anni del XIV secolo; lo stile riflette comunque l’epoca del massimo splendore della poesia norvegese degli Scaldi, epoca compresa fra il X e l’XI secolo, mentre il contenuto risale a epoche ben più remote. Già allora si attribuì al letterato Saemund Sigfusson non solo la raccolta di buona parte dei canti frammentari, bensì anche la stesura dei racconti in prosa.
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Questo Saemund, profondo conoscitore dell’antichità norvegese, pare sia vissuto in Islanda fra il 1054 e il 1133. La maggior parte delle saghe non sono peraltro originarie dell’Islanda, giacché il loro contenuto è perlopiù indogermanico. La prima metà dell’Edda racchiude i canti degli dei, che sono evocazioni romanzate di canti autentici, antichi e d’ispirazione mitologica, o poemi di Scaldi in una nuova veste lirica con frammenti mitologici, da cui sono tratti gli antichi miti o i canti, oltre a singoli versi. Nei canti dell’Edda sono «tati mantenuti i miti appartenenti alle divinità indogermaniche: i Germani se ne sono impossessati dopo la scissione dai popoli europei delle tribù primitive, da cui si sarebbero sviluppati alcuni isolati ceppi scandinavi del popolo principale. Non tutti i canti degli dei, normalmente associati all’Edda, erano già presenti nel Codice Regio di Sveinsson, di proprietà della Regia Biblioteca di Copenhagen. Due nuovi canti derivano invece da due diversi codici dell’Edda più recente di Snorri Sturluson (1178-1242). Ciò significa che in questa raccolta vengono narrate sia le saghe dei miti più antichi sia altri miti in prosa altrettanto antichi, pur se non menzionati nell’Edda di Saemund. Oltre ai canti degli dei, compaiono anche i canti epici, ossia le saghe dei Walsungen e dei Nibelunghi. Einheriar (alcuni signori) - L’esercito, capeggiato da Odino, delle anime degli eroi caduti sul campo di battaglia. Dimorava nel Walhalla, dove veniva rifocillato con l’idromele, prodotto incessantemente dalla capra Heidrun, e con le carni del cinghiale selvatico Saehrimnir che si rinnovava senza posa. Durante il crepuscolo degli dei (Ragnarök), si schierò con gli dei per combattere contro i giganti. Vedi Odino, Valchirie. Elfi - erano entità con cui gli abitanti dei paesi nordici, in pratica, popolavano la natura. Secondo fonti anglofrisoni, esistevano elfi di terra, d’acqua, di mare e d’aria nonché elfi bianchi e neri. Nella tradizione folkloristica inglese sono perlopiù diffusi in qualità di elfi di luce: spiritelli astuti, molesti eppure servizievoli (cfr. Puck nel Sogno di una notte di mezza estate e Ariel ne La tempesta di Shakespeare). Gli elfi di luce erano raffigurati come piccole e graziose fanciulle che si cullavano al sole del mattino su intricate distese di fiori e piante o che danzavano e cantavano nella nebbia al sorgere della luna. Potevano tuttavia creare i temporali con la forza dell’incantesimo e seminare la malattia fra gli uomini. Il solare domicilio degli elfi di luce, che si trovava nel mondo ultraterreno, fu ricevuto in dono da Freyr per festeggiare la sua seconda dentizione. Elivagar - Dalla sorgente Hvergelmir di Niflheim scaturivano dodici correnti, le Elivagar. Esse contenevano un liquido velenoso e gelido, che si congelava rapidamente. Elli - La vecchiaia, che un giorno, nelle fattezze di un’anziana signora, combatté contro Thor/Donar. Il dio oppose resistenza con tutte le sue forze a quel mostruoso essere, ma alla fine si vide costretto a riconoscere che gli era superiore. Gli dei non potevano addirittura competere con la forza del tempo e dell’età. Embla - la prima creatura femminile creata dagli dei con il tronco di un albero e svegliata alla vita. Vedi Audumla, Odino, Ask. Erdr, Gerdr o Erda - Dea della terra. Amante di Freyr. Vedi Jörd, Freyr. Fenrir o lupo Fenrir - il famelico lupo nemico degli dei, che viveva nel regno dei morti di Utgard. Nell’ultima battaglia del mondo divorò Odino e il sole, dopodiché fu sconfitto da Vidarr, figlio di Odino. Vedi Loki, Ragnarök, Tyr, Vidarr. Fensalir (regione delle paludi) - il sontuoso palazzo avvolto nella luce lunare della dea Frigg, consorte di Odino. Vedi Frigg, Berchta, Holle. Fimbulvetr - il rigido inverno che si protrasse per tre stagioni e che congelò tutti gli esseri viventi. Annunciò l’avvento di Ragnarök, il crepuscolo degli dei. Vedi Ragnarök.
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Fiörgyn - la madre di Thor. Una delle dee della terra nonché identica a Jörd e Erda, dea della terra. Folksvang - il palazzo di Freyja, dea della fertilità, in cui si trovava il grande salone dei ricevimenti Sessrymnir con oltre mille sedie per gli Einheriar. Al termine di un banchetto conviviale, Freyja insegnò le regole delle arti magiche a metà delle anime dei soldati caduti sul campo di battaglia. Folletti - vedi Omini della terra. Forseti (presidente) - secondo fonti islandesi, questo dio della verità, della pace e della riconciliazione era uno dei figli di Balder e Nanna. Fu il migliore di tutti i giudici. Tutti i processi avevano luogo nel suo castello Glitnir (scintillio). I Frisoni del Nord lo adoravano con il nome di Fosete. L’isola Helgoland, ribattezzata Fosetesland in suo onore, era il centro delle preghiere a lui rivolte; laggiù, presso una sorgente sacra, gli venivano dedicati dei sacrifici umani. Grazie ai loro contatti con i Frisoni, anche i Germani del Nord ebbero modo di conoscere questa divinità, adattandone il nome alla loro lingua. Solo più tardi si sarebbe rivelato come figlio di Balder e Nanna. Freki - uno dei due lupi che accompagnavano sempre Odino. Vedi Odino. Freyja (imperatrice) - questo è il significato del nome con cui la mitologia nordica designava questa fiera divinità. Insieme a Frigg, la sposa silenziosa di Odino, Freyja, dea dell’amore e della fertilità nonché originaria di Vanaheim, viene menzionata spessissimo. Al termine delle scaramucce fra gli Asi e i Vani e una volta sancita la pace, Freyja, suo padre Njörd e suo fratello Freyr furono presi in ostaggio ad Asgard. Freyja sposò il misterioso Odur, che se ne andava in giro per il mondo suscitandole grandi ansie, e che non era quasi mai a casa. Come Odino, essa praticava le arti magiche; inoltre, prendeva sotto la sua protezione le anime dei caduti, curava le loro ferite e le riceveva nel salone Sessrymnir del suo palazzo Folksvang, dove veniva organizzato un banchetto. Le Valchirie, che vegliavano su Ireyja e Odino, colmavano d’idromele le coppe dei caduti, cantando e danzando per loro. Al pari di suo fratello Freyr, Freyja cavalcava un cinghiale selvatico, mentre il suo carro era trainato da gatti. Si era soliti pregarla quando si desiderava trovare un buon marito o una buona moglie, e se ci si voleva assicurare una discendenza sana. Come quasi tutte le dee della fertilità della mitologia, anche freyja indulgeva spesso all’adulterio. Durante un allegro banchetto, a cui il geloso Loki non era invitato, gli rivelò sgarbatamente in presenza degli ospiti di avere un animo infedele, perché di sicuro era andata a letto più volte con tutti gli dei, non solo con lui! Si associava Freyja a Venere, la dea dell’amore della mitologia latina. Vedi Freyja, Heimdall, Loki. Freyr o Frey - In origine, Frey era un dio della fertilità che porgeva ascolto ai Vani. La crescita tranquilla fino alla maturità costituiva un tratto saliente del paese dei saggi Vani, dove i dubbi non erano di casa. Letizia e prosperità regnavano incontrastate, quantunque le fonti islandesi abbiano riferito di una guerra scoppiata fra gli Asi e i Vani. Quando tuttavia ne ebbero abbastanza delle scaramucce, strinsero un’alleanza perenne ed effettuarono uno scambio di ostaggi: i Vani si privarono del dio Njörd e dei suoi figli Freyr e Freya, mentre gli Asi cedettero il veloce Hönir dai lunghi piedi nonché Mimir, il custode della Ibnte della saggezza. Nel corso di questi negoziati non sempre sereni, Mimir fu decapitato a tradimento. La testa di Mimir fu inviata agli Asi, e ( Mino lo richiamò alla vita presso la fonte della saggezza, che conteneva le rune magiche. Da allora, Odino e la testa di Mimir discussero sul futuro che avrebbe atteso gli dei. Perciò gli Asi accolsero benevolmente Njörd e i suoi figli Freyja e Freyr.
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Fra gli oggetti posseduti da Freyr c’era un’invincibile spada magica che combatteva da sola e la nave luminosa Skidbladnir (legno alato), che faceva rotta autonomamente verso la sua meta, una volta issate le vele; quando non ne aveva bisogno, egli poteva ripiegarla e riporla nella sua bisaccia. Non si sa molto del suo aspetto esteriore, se non che era circondato da una luce radiosa e che era un dio nobile e valoroso. In Svezia veniva adorato come Fricco, in Norvegia e in Islanda come Freyr. Chi desiderava ottenere benessere o un buon raccolto, invocava l’aiuto di suo padre Njörd, dio del mare e della tempesta, oltre che quello di Freyr. Durante i pasti sacrificali, gli veniva offerto un corno colmo di dolce idromele, auspicando un anno di pace e prosperità. Poiché Njörd veniva adorato anche come dio della tempesta, i marinai lo invocavano affinché assicurasse loro un vento favorevole e la protezione delle loro navi. Nelle saghe norvegesi, Freyr riveste il ruolo più importante dopo Odino, Thor e Loki. Benché in origine fosse un simbolo fallico della fertilità, nel corso del tempo si trasformò in un dio del sole, che regnava sulla pioggia, sul vento e sul buon raccolto. Ogni autunno abbandonava la sua amata (G)Erdr, lasciandola in preda alle lacrime e alla disperazione, per ricongiungersi a lei nella primavera successiva, quando con il suo carro si trovava poco lontano. In occasione del solstizio d’inverno (Yule), si soleva sacrificare a Freyr il più bel cinghiale selvatico, formulando voti e buoni propositi che ci s’impegnava a tener fede nell’anno che stava per cominciare. Durante l’ultima battaglia del mondo che annunciava il crepuscolo degli dei, Ragnaök, Freyr fu ucciso dalla spada infuocata del cupo Surtr, uno degli impetuosi figli del mondo di fuoco Muspellsheim. Freyr si era visto costretto a difendersi con un frammento di corna di cervo caduto da un muro, poiché aveva lasciato in pegno al gigante Gymir la sua invincibile spada magica, quando volle conquistarsi i favori di sua figlia (G)Erdr. Vedi Ragnarök, Surtr, Muspellsheim. Frigg o Fricka - In quasi tutti i paesi, questa dea era considerata la sposa di Odino. Fryja veniva spesso scambiata con Frigg, non solo per via dell’assonanza fra i due nomi, ma anche per il ruolo pressoché analogo rivestito dalle due dee. Nondimeno, Frigg era la dea suprema e conosceva il destino di tutti gli esseri viventi, compreso quello del figlio Balder, ma non ne fece parola con nessuno. Frigg amava soggiornare nel suo palazzo Fensalir (regione delle paludi) avvolto dalla luce della luna dove, seduta accanto al filatoio, si dilettava a tessere le nuvole. Il suo carattere e quello di Freyja affondano le radici nel medesimo principio: erano le compagne femminili delle divinità maschili. Tuttavia nei miti dell’Edda, Frigg era più che altro una dea celeste, attorniata da ancelle. Di queste ancelle, la più importante era sua sorella Fulla (abbondanza), che era a conoscenza di tutti i suoi segreti. Vedi Balder, Loki, Frigg/Berchta/ Holle. Futhark - È il nome dell’alfabeto runico, composto dalle sillabe delle prime sei rune. Noi conosciamo il Futhark più antico, che contava 24 rune, a differenza del Futhark anglofrisone che ne contava da 29 a 33, e del Futhark più recente che ne contava 16. Garmr - il feroce cane infernale con quattro occhi e il petto insanguinato, che sorvegliava l’ingresso del regno dei morti Niflheim (cfr. il cerbero della mitologia greca). Geirrödr - uno dei figli gemelli di re Hrauding, che attentò alla vita di suo fratello Agnar. Egli aveva imprigionato Odino, spacciatosi per un vagabondo, e assistette per otto giorni e otto notti alle torture che gli aveva inflitto. Odino era legato fra due alti falò, le cui fiamme non lo potevano raggiungere direttamente. All’inizio del nono giorno, Odino intonò a squarciagola una profezia, al termine della quale un sovrano sarebbe stato ucciso dalla sua stessa spada. Non appena svanì l’eco delle ultime parole, si sciolsero le catene che bloccavano Odino, le fiamme divennero tremolanti, il fuoco si spense e il dio si stagliò radioso in mezzo alla sala. Geirrödr, che aveva appena udito l’infausta profezia, sfoderò subito la sua spada per trafiggere colui che l’aveva sfacciatamente
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intonata. Ma non appena vide la sua improvvisa metamorfosi, indietreggiò terrorizzato, inciampò e cadde sulla punta affilata della sua spada che, come aveva previsto Odino, gli trapassò il cuore. Gerda, Gerdr o Erdr - era la splendida figlia del gigante di ghiaccio Gynir. Freyr l’aveva notata quando un giorno, senza l’autorizzazione di Odino, si arrampicò sul suo alto trono Hlidskialf. Egli volle prenderla in moglie ad ogni costo. Mandò il suo fedele servitore Skirnir a casa di Gyrnir, per formulare a nome suo una proposta di matrimonio all’amata. Vedi Freyr, Jörd. Geri - uno dei due vigili lupi che accompagnavano sempre Odino. Vedi Odino. Giganti - noti anche come ioti, troll o tursi (forza), erano creature con un enorme corpo, un appetito non comune e una grande forza; talvolta possedevano diverse teste e diverse braccia. Erano in possesso di tutti i poteri magici e non di rado assumevano l’aspetto di animali, come ad esempio nel caso di Grendel, Midgardsormer o Jörmungandr. Li si considerava perlopiù nemici degli uomini e degli dei. Gli Ioti (divoratori) discendevano dal gigante Börr; lui e sua moglie Bestia furono gli unici sopravvissuti del diluvio universale, causato dal sangue di Ymir. Gli Ioti vivevano nell’est, a Jötunheim o a Utgard, conosciuto anche come il regno dei morti. Oltre ai giganti della montagna, abilissimi architetti e costruttori, fra i giganti troviamo anche alcuni Tursi di Hrym, giganti oltremodo enormi, giganti della brina o giganti del ghiaccio a cui furono insegnate le arti magiche. Anche tra le manifestazioni della natura come il vento, la tempesta, la grandine e i temporali, incontriamo regolarmente le entità demoniache sotto forma di giganti. Vedi Audumla, Jötunheim, Ragnarök. Giganti della montagna - la stirpe dei giganti della montagna (che nell’estremo Nord venivano chiamati anche «troll») si è sviluppata parallelamente a quella dei giganti di ghiaccio. Erano abilissimi architetti e costruttori che restaurarono la rocca degli Asi, gravemente lesionata durante la guerra fra gli Asi e i Vani. Bolthorn fu il capostipite dei giganti della montagna. Vedi Svadilfari. Ginnungagap - il baratro del grande nulla, che esisteva da quando fu creato il mondo. Vedi Audumla, Odino. Gladsheim - luogo di letizia, uno dei palazzi di Odino. Gleipnir - l’indistruttibile fune che i nani confezionarono con i baffi di un gatto, la peluria di una donna, le radici di un monte, i nervi di un orso, il respiro di un pesce e la saliva di un uccello, per legare Fenrir, il lupo che divorava tutto. Vedi Tyr, Fenrir. Grendel - un mostro che si nutriva di cadaveri al seguito della demone divoratrice di carogne Ran (saccheggio), tratteggiata dall’antica mitologia norvegese; questa imperatrice del mare dedita al cannibalismo di uomini, con la sua rete cercava di catturare i marinai annegati. A lei apparteneva Nagilfar, la nave della morte costruita con le unghie degli uomini morti. Nella battaglia di Ragnarök, essa fu inviata a combattere contro gli dei; Loki teneva con disinvoltura il timone fra le onde schiumose; con lui a bordo c’erano tutti i giganti di ghiaccio armati lino ai denti. Vedi Ran, Ragnaròk, Utgard, Agir. Gridr - Madre di Vidarr, dio taciturno con la scarpa di ferro. Vedi Vidarr, Ragnaròk, Odino. Gullfaxi (luna d’oro) - il cavallo di Hrungnir, il gigante che sfidò Thor/Donar a ingaggiare una lotta con lui, perché Thor aveva generato un figlio di nome Magni con sua moglie, la gigari tessa Jarnsaxa. Vedi Thor/Donar.
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Gullinborsti (setole d’oro) - il cinghiale selvatico avvolto da r aggi di luce che si rinnovava in continuazione ed era cavalcato da Freyr. Vedi Freyr, Walhalla. Gulltoppr - Il cavallo di Heimdall. Vedi Heimdall. Gulveig (minerale aurifero) - la strega incredibilmente bella eppure malefica, che fu mandata ad Asgard dai Vani per gettare lo scompiglio fra gli Asi. Questi ultimi la scaraventarono per tre volte nel fuoco, da cui comunque riemerse sempre più bella e seducente, poiché la bellezza era un dono fattole dalla natura. Le conseguenze della sua visita sono ravvisabili nella guerra fra gli Asi e i Vani. Vedi Odino. Gungnir - la lancia di Odino, che non falliva mai l’obiettivo, forgiata e rivestita di rune magiche dai nani Sindri e Brok. Vedi Odino. Gunnlöd - la corpulenta figlia del gigante Sutting sorvegliava i tre barili di idromele che favorivano l’ispirazione poetica. Chiunque avesse bevuto un sorso di questo idromele, sarebbe diventato un famoso cantore o poeta. Quando Odino si mise sulle tracce di questa prodigiosa bevanda, al termine di lunghe peregrinazioni finalmente scoprì la caverna dove veniva conservato ermeticamente chiuso. Riuscì a introdursi nella caverna, il cui ingresso era molto angusto, trasformandosi in un serpente. Trascorse tre giorni e tre notti nella grotta stalagmitica di Gunnlöd e fu autorizzato a bere un sorso di idromele da ciascun barile per placare la sua sete. Abusando dell’ospitalità di Gunnlöd, Odino si scolò tutti e tre i barili; dopodiché indossò le sue ali d’aquila e si librò nell’aria, volando veloce come il vento fino ad Asgard. Benché Odino si fosse impossessato del dono della poesia, lo utilizzò raramente. Fa eccezione Bragi, il figlio generato con Gunnlòd, che ebbe il privilegio di diventare il dio della poesia e della musica, incantando il mondo con la sua arpa d’oro e i suoi canti. Hati e Sköll - Odio e Testa calda, i due giovani lupi che inseguivano il sole e provocavano il maltempo e le eclissi solari, poiché non erano ancora abbastanza grossi e robusti da divorarlo in un solo boccone. Ancora oggi, gli svedesi definiscono questi fenomeni naturali «Solulv» (lupo del sole), mentre gli islandesi li chiamano «Ulfkreppa» (attenti al lupo). Sulla luna incombeva la stessa sorte, poiché era inseguita da Managarmr, il cane della luna. Vedi Sunna. Heidrun - la capra che forniva ininterrottamente agli dei l’idromele, la loro bevanda preferita. Essa brucava il verde fogliame di Yggdrasil. Vedi Odino, Freyja e Freyr. Heimdall - fu partorito da nove madri, le nove ondine, figlie del dio del mare Agir e di sua moglie. Durante una delle sue passeggiate sulla spiaggia, Odino le vide distese e assopite nella sabbia. Narra il ciclo poetico dell’Edda, che tale fu l’incanto provato quando il suo sguardo si posò su quelle bellissime creature, che tutte e nove furono fecondate. Il giovane dio crebbe con sorprendente rapidità per poi precipitarsi ad Asgard da suo padre. Gli Asi lo ingaggiarono come custode del ponte iridato Bifröst; viveva nella sua rocca Himinbjörg, situata in prossimità del ponte. Possedeva una vista e un udito finissimi e aveva fama di essere un saggio. Poiché aveva denti d’oro, era soprannominato Gullintanni (colui che possiede denti d’oro); il suo cavallo, dalla criniera d’oro, fu chiamato Gulltrop (macchia d’oro). Vedi Heimdall, Freyja, Loki, Ragnarök. Hel - la figlia di Loki e della gigantessa Angrboda. Era la dea della morte. Regnava sulle anime dei morti provenienti dai nove mondi, e che confluivano nel suo palazzo di ghiaccio situato sotto terra. Lì, per esempio, Odino potè svegliare la trapassata Volva dal suo sonno eterno, giacché egli desiderava interpellare la profetessa deceduta riguardo alla resurrezione di suo figlio Balder. Questo regno silenzioso e fumoso, dove non splendeva mai il sole, era separato dal regno degli uomini grazie al gelido fiume Gjöll. Vi regnava la dea Hella o Hel. Vedi Niflheim.
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Helheim - nel castello della terra ardeva il fuoco della trasformazione. A ovest di Helheim, i morti potevano sorseggiare una bevanda dell’oblio che li avrebbe liberati dal ricordo della vita appena trascorsa, mentre a est (dove Balder si trattenne per qualche tempo), si sarebbe custodita la forza del sole. Quel luogo racchiudeva la conoscenza degli antenati. Vedi Balder, Niflheim. Hermodr - il prode figlio di Odino, che in sella a Sleipnir, il cavallo a otto zampe del padre, si recò nel regno dei morti di Hel, perorando la causa del rilascio di Balder dall’averno. Vedi Balder, Odino, Hel. Hlidskialf (porta girevole) - il magnifico trono da cui Odino, il padre supremo, scrutava i mondi, osservando quello che succedeva tra gli uomini, gli elfi e i giganti. Vedi Odino, Frigg. Hlorridi - Poiché Thor/Donar aveva una voce potente, veniva chiamato anche Hlorridi (la ruggente testa calda). Vedi Thor/ Donar. Hödr - il figlio cieco di Odino e di Frigg che — per un vile scherzo di Loki — uccise suo fratello Balder con un ramo di vischio. Vedi Balder, Loki. Holda, Holde, Holle o Hulla - una compagnia femminile durante la caccia sfrenata di Odino e del suo esercito di anime. Quando di notte imperversava la tempesta, anche Holle andava a caccia, solcando l’aria con la sua schiera di spiriti. Tuttavia la si scambiava anche per Berchta, Harke e Frigg. Il coleottero del sole di Holda (cfr. lo scarabeo degli Egizi) trasportava le anime dei bambini dalle nuvole alla terra. Un gallo faceva la guardia davanti alla porta della casa di Holle. Vedi Caccia sfrenata, Frigg, Berchta. Hönir o Lödurr - il figlio di Odino tenuto in ostaggio a Vanaheim, che spesso accompagnava Odino e Loki nelle loro scorribande. Vedi Ask e Embla. Hrimfaxi (plenilunio) - il nero destriero cavalcato dalla notte; il giorno viaggiava invece in sella al cavallo bianco Skinfaxi (luna fittizia o luna scintillante). Vedi Sunna, Mani. Hringhorni - la nave su cui fu innalzato il rogo per lo sconfìtto Balder. Fu trascinato sulla terraferma a bordo di una carrucola in modo che lo si potesse adornare con fiori e oggetti preziosi; tuttavia, senza l’aiuto della gigantessa Hyrockin di Jötunheim, che spostava le montagne con le mani, sarebbe stato impossibile gettarlo in acqua. Essa teneva un gigantesco lupo al guinzaglio, costituito da un orribile serpente che la condusse dove la nave sarebbe salpata per l’ultimo viaggio di Balder. Benché la nave fosse sovraccarica, Hyrockin la sospinse con alterigia nel Mar Baltico, chiamato così in onore dell’amato dio Balder. Vedi Balder. Hrungnir - il gigante che appoggiò il suo enorme piede intriso di una magica forza sul petto di Thor/Donar, poiché quest’ultimo aveva generato un figlio con Jarnsaxa, la moglie di Hrungnir. Nessuno tranne Magni, il promettente figlio di Thor, sarebbe stato in grado di togliere il piede dal suo petto. Vedi Donar/Thor, Magni. Hrym - Il comandante dei giganti, giunti a cavallo dall’Est armati fino ai denti, per offrire il loro contributo alla caduta degli dei nel corso della battaglia di Ragnarök. Vedi Ragnarök. Hugin e Munin (pensiero e memoria) - due corvi che accompagnavano Odino nei suoi viaggi e lo rendevano edotto sui segreti e sugli intrighi orditi nel mondo. Vedi Odino. Hevergelmir (pentolone che bolle) - una sorgente custodita da lei e da cui nascevano le dodici correnti Elivagar che scorrevano attraverso tutti i mondi. In questa sorgente vivevano numerosi serpenti velenosi, e il perfido serpente Nidhöggr rosicchiava incessantemente una delle tre radici di Yggdrasil. Vedi Audumla, Yggdrasil.
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Hymir (l’assonnato) - un gigante, padre di Tyr, che viveva al limitare del cielo. Egli possedeva un pentolone profondo un miglio e largo altrettanto. Thor se ne impadronì per fare la birra, poiché il dio del mare Agir aveva invitato gli Asi a un banchetto nelle sue grotte di corallo sul fondo del mare, affinché dimenticassero la tristezza per la morte di Balder e per il tradimento di Loki. Vedi Thor. Idavöllr - la regione di Asgard in cui gli Asi organizzavano riunioni e attività ludiche. Essi vi costruirono templi e luoghi sacri, conducendo una vita spensierata fino alla visita di Gullveig che portò nel mondo il primo conflitto (la guerra fra gli Asi e i Vani), e alla venuta delle Nome o dee del destino, che annunciò la fine del periodo d’oro e della spensieratezza. Vedi Gullveig, Norne, Freyr. Idromele degli Scaldi - noto anche come Odrerir (idromele dei poeti). I nani lo ricavavano dal miele e lo mescolavano con il sangue dell’onnisciente Kwasir. Gunnlöd, la figlia di Suttung, sorvegliava i tre barili di idromele che erano custoditi in una grotta stalagmitica nelle viscere della terra. Odino riuscì ad impossessarsene giocando d’astuzia. Vedi Odino, Gunnlöd. Idun o Iduna - dea islandese-norvegese, personificazione della primavera nonché custode delle mele dell’eterna giovinezza (cfr. le Esperidi della mitologia greca). Viveva ad Asgard con suo marito, il poeta Bragi. Ogni giorno, gli Asi si recavano da lei a prendere le mele deposte sul suo magico vassoio di cristallo, che tuttavia, pur essendo elargite in abbondanza, non si esaurivano mai. È evidente che il possesso di queste mele suscitava l’invidia degli altri. Loki, che aveva giocato un tiro mancino al gigante Thiazzi, fu costretto a pagare un riscatto in cambio della libertà. Dovette cedere alla richiesta del gigante, il quale volle per sua soddisfazione le mele dell’eterna giovinezza di Idun. Loki cercò di sottrarre le mele con l’inganno, portando via Idun da Asgard, con il pretesto di aver visto altrove delle mele molto più belle. Tuttavia, non appena Idun e le sue mele furono lontani da Asgard, il perfido Loki l’abbandonò al suo destino. Prima che potesse rifugiarsi nel suo palazzo celeste, Thiazzi, trasformatosi in un’aquila, l’agguantò con i suoi artigli e la condusse a Thrymheim, il suo castello freddo e solitario dove egli viveva con la figlia Skadi. Vedi Loki, Thiazzi, Skadi. Ivaldi - il re dei nani, padre di Brok e Sindri. Vedi Nani, Loki, Freyja. Jarnsaxa (ferro) - la moglie del gigante Hrungnir, che con Donar generò il figlio Magni (forza). Vedi Thor/Donar. Jörd - dea della terra, spesso considerata la madre di Thor/ Donar. Secondo altre fonti, Hlodyn e Fjörgyn erano le madri di Thor. Vedi Thor/Donar, Freyr. Jörmungandr o Midgardsormer - l’invincibile serpente che cinse la terra in attesa del momento propizio per schiacciare Midgard. Jötunheim - il regno dei giganti dove, secondo quanto riferiscono alcune fonti, si trovava anche Utgard, il regno dei morti. In contrapposizione con l’esistenza tranquilla di Vanaheim, gli abitanti di Jötunheim rivaleggiavano pressoché forzatamente con altri paesi. A causa del loro spirito competitivo, gli abitanti di questo territorio opponevano resistenza a tutto ciò che incrociava il loro cammino. Conoscevano la magia e ricercavano perennemente la lotta, mentre la loro società rimaneva invece pressoché statica. Si direbbe che gli abitanti di Jötunheim si accanissero unicamente per contribuire all’inquietudine. Jötunheim era un luogo dominato dalla forza distruttrice, che non di rado precorre lo sviluppo di nuove idee. Vedi Thiazzi, Geirödr, Utgard.
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Kvasir - Dopo che fu sancita la pace fra gli Asi e i Vani, i due popoli sputarono in un barile per suggellare l’armistizio. Da questa saliva crearono il saggio Kvasir (predicatore). Ma i nani Fjalarr e Galarr lo uccisero a tradimento; con il suo sangue, che mescolarono al miele, fecero tre barili di idromele, che stimolava l’estro poetico. Suttungr, il figlio del gigante Gillingr, che i nani fecero ubriacare, ricevette in dono da loro i tre barili di idromele dei poeti, giacché si sentivano in colpa per come si erano comportati. Suttungr depose i barili in una grotta stalagmitica in fondo alle montagne, che era sorvegliata da sua figlia Gunnlöd. Vedi Odino, Bragi, Gunnlöd. Ljossälfsheim - il regno degli elfi di luce. Questo mondo circondato da alte montagne e da profonde vallate si trovava in un’immensa distesa di candida luce solare. Era il luogo che simboleggiava la chiarezza dello spirito. Lì si sviluppavano i ragionamenti e s’imbastivano progetti. Su questo dominio regnava l ‘reyr, il dio del sole avvolto dalla luce radiosa. Vedi Freyr, Elfi. Loki - era una delle divinità più importanti all’interno dell’olimpo scandinavo. In origine viene raffigurato come un cadavere demoniaco, un’entità ctonia (sotterranea), esattamente come Odino/Wotan. Fu associato in quanto tale anche a entità simili. I .a maggior parte delle fonti indicano Angrboda (messaggera del male) come sua moglie. Altre fonti sostengono che questa divinità non era imparentata con la triade del creato Odino, I Hönir e Loki (vedi Ask e Embla), ma all’inizio apparteneva alla stirpe dell’uro gigante (Ymir), che era molto più antica rispetto a quella di Odino. Alcune leggende vogliono che fosse figlio del gigante Farbauti (colui che crea il fuoco), mentre sua madre sarebbe stata la gigantessa Laufeja (isola boscosa). Col tempo, egli avrebbe acquisito un ruolo di maggior rilievo, pur rimanendo un’insolita entità doppia, per metà dio e per metà demone. Talvolta veniva incontro alle esigenze di altre divinità, e di quando in quando elargiva loro consigli se gli tornava comodo o se ciò gli avrebbe procurato qualche vantaggio. Da demone rozzo finì per trasformarsi in un dio insidioso che si beava alla prospettiva di ingannare il prossimo o di mettergli i bastoni fra le ruote. Un giorno tagliò i capelli d’oro della moglie di Thor, Sif, mentre stava dormendo. Thor pretese, pronunciando terribili minacce, che egli rimediasse a quel gesto. Dopo alcune riflessioni, Loki si recò dai nani Brok e Sindri — figli di Ivaldi, re dei nani — che si distinguevano in virtù del loro grande ingegno. Egli li convinse non solo a confezionare una nuova capigliatura per Sif, ma anche a forgiare Gungnir, la lancia di Odino, e a costruire Skidbladnir, la nave di Freyr. Dopodiché con altri due nani scommise la sua testa che non sarebbero stati in grado di riprodurre due oggetti belli come Brok e Sindri. Una volta decisa la scommessa, Loki si trasformò in una vespa invadente, tentando di distogliere i nani dal loro lavoro; essi comunque riuscirono a terminare l’anello d’oro Draupnir per Odino, il cinghiale selvatico con le setole d’oro per Freyr e il martello Mjöllnir per Thor. Quando gli Asi furono chiamati a decretare il migliore fra gli oggetti confezionati dai nani, la loro scelta cadde su Mjöllnir, il martello di Thor. Secondo i termini della scommessa, Loki avrebbe dovuto essere decapitato, ma riuscì a sottrarsi. Fuggì calzando scarpe che gli fecero solcare l’aria sorvolando il mare; in seguito sostenne di aver scommesso la sua testa ma certamente non il suo collo. Anche con il gigante Thiazzi (testa calda), dotato di poteri magici, Loki entrò più volte in conflitto. Un giorno Thiazzi, che si era trasformato in un’aquila, lo afferrò e lo trascinò ad alta quota per punirlo a causa della sua prepotenza. Fu disposto a concedergli la libertà solo a condizione che Loki gli portasse la dea Idun insieme alle sue mele dell’eterna giovinezza. Con il pretesto che altrove vi fossero mele assai migliori, Loki la rinchiuse con le sue mele in un luogo sperduto dove l’aveva condotta per confrontare i due tipi di mele, per poi lasciarla sola. Thiazzi scese in picchiata dalle nuvole, la ghermì con i suoi artigli per condurla a Thrymheim, il castello freddo e solitario dove viveva con sua figlia Skaldi. Essendo rimasti senza le mele dell’eterna giovinezza, gli Asi non tardarono ad accorgersi del rapimento di Idun e costrinsero Loki, formulando terribili minacce, a porre rimedio al suo perfido gesto. Dopo aver assunto le sembianze
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del falco di Freyja, Loki volò fino al domicilio di Thiazzi, trasformò Idun in una noce e la ricondusse ad Asgard tenendola nel becco. Thiazzi, che si era trasformato in un’aquila, li inseguì. Tuttavia, giunto nei pressi di Asgard, precipitò nel tempestoso mare di fiamme dove divampava un falò allestito appositamente a questo scopo dietro le mura di Asgard e, ormai ferito a morte, sprofondò negli abissi. Egli ebbe un ruolo di primo piano anche in numerose vicende legate a Thor/Donar, di cui era tanto alleato quanto rivale. Per esempio contribuì a liberare il martello del dio dalle grinfie del gigante Thrymir, quantunque il furto fosse stato tramato da lui stesso. Accompagnò Thor nel suo viaggio nell’est inclemente, per punire il terribile gigante Utgarda dopo essersi a sua volta insinuato nel suo corpo. Loki accompagnò Thor sul campo di battaglia che lo avrebbe opposto al gigante Geirrör, da lui sfidato, aiutandolo con una serie di astuti trucchi. Thor era l’unico ad essere tenuto abbastanza in pugno da Loki. Nel novero delle discutibili avventure di Loki, oltre alla morte di Balder, rientra anche il furto di Brisingamen, la preziosa collana di Freyja. Dopo averla nascosta sotto uno scoglio, la sorvegliò assumendo le sembianze di una foca. Heimdall, che aveva assistito al furto, si trasformò a sua volta in una foca e, al termine di un aspro combattimento, strappò a Loki il prezioso gioiello. Ebbe un ruolo ambiguo anche per quanto attiene alla morte di Balder (vedi). Dovendosi sottrarre alle ire degli dei, si trasformò in un salmone e si nascose fra le acque di una cascata, dove fu ripescato da Thor con una rete. A causa del suo esecrabile gesto, gli Asi superstiti lo incatenarono a una roccia all’interno di una caverna situata in profondità, dove viveva un serpente che stillava gocce del suo veleno sul volto di Loki. Poiché il veleno gli procurava un dolore insopportabile, sua moglie Sigyn (la consorte di Loki nella società degli Asi) mise il serpente in un recipiente chiudendolo bene. Tuttavia, non appena il recipiente si apriva, il veleno gocciolava sul volto di Loki che si contorceva per il dolore al punto da far tremare la terra. Rimase incatenato fino al crepuscolo degli dei; allo scoppio dell’ultima battaglia del mondo (Ragnarök), Loki si liberò quasi senza fatica dalle catene ormai consunte e capeggiò l’esercito dei giganti. In uno stadio successivo della mitologia, Loki, come Lucifero, divenne un traditore nonché il simbolo del male. Il motivo può essere eventualmente ricercato nella progressiva diffusione del Cristianesimo, anche se forse si è trattato di un epilogo inevitabile. Egli amava l’inganno che gli procurava grande diletto. Le sue azioni erano malvagie, poiché fare del male lo rallegrava parecchio. Riguardo a ciò che nella credenza popolare si attribuiva al diavolo, occorre dire che gli abitanti dell’estremo Nord associavano questa figura perlopiù a Loki. Il patto di sangue fra Odino e Loki è una sorta di alleanza con il diavolo, un’alleanza che più tardi, nel Medioevo, incontreremo più spesso, per esempio con il patto che Faust stringe con il diavolo. Vedi Loki, Balder, Thor/Donar, Freyja, Heimdall, Idun, Sif, Nani, Svadilfari, Ragnarök. Magni - il figlio di Thor/Donar e della gigantessa Jarnsaxa. Magni aveva solo tre giorni di vita quando, con un gesto noncurante, tolse il pesantissimo piede di Hrungnir che il gigante aveva appoggiato sul petto di suo padre, il quale aveva ingaggiato un combattimento con lui. Magni era l’unico a essere abbastanza forte da spezzare l’incantesimo e togliere il piede. Vedi Thor/Donar, Hrungnir. Managarmr - il lupo lunare, un giovane lupo che inseguiva la luna che un giorno, una volta cresciuto, avrebbe divorato. Vedi Sol/Sunna, Jötunheim/Utgard. Mani - la luna. Vedi Alsvidr, Sol/Sunna. Megingjörd - la cintura della forza di Thor/Donar che, quando la indossava, accentuava ulteriormente il suo enorme vigore. Vedi Thor/Donar.
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Midgard - il regno degli uomini. Era il mondo in cui lo spirito e la materia si sono uniti per avviare una proficua collaborazione culminata nello sviluppo dell’ego e dove la realtà si trovava al centro dell’interesse. Il Dio Thor/Donar osservava con indulgenza ciò che succedeva in quel mondo. Vedi Thor/Donar. Midgardsormer - il verme di Midgard o il serpente di Midgard, noto anche come Jörmungandr. I grandi mari e gli oceani che lambivano il mondo ispirarono ai Germani la credenza secondo cui un enorme mostro con le fattezze di un serpente stringesse la terra in una morsa. Quando le spumeggianti onde del mare s’infrangevano sulle coste, gli uomini immaginavano che il perfido mostro Jörmungandr, gonfio di collera, stesse cominciando a schiacciare la terra. Quando il serpente Midgardsormer strisciò sulla terraferma per fornire il suo contributo nell’ultima battaglia del mondo contro gli dei, fece un tale rumore e scatenò così tante onde da strappare le gomene di Nagilfar, la nave di Ran, costruita con le unghie dei marinai annegati. Loki s’impossessò della nave, che solcava il mare senza una rotta precisa; raccolse i giganti armati fino ai denti e i loro cavalli, per dirigersi verso la vasta pianura Vigridr dove avrebbe avuto luogo Ragnarök. Vedi Ragnarök. Mimir (ricordo) - il saggio Mimir, che montava la guardia davanti alla fonte della saggezza, beveva ogni giorno un sorso dell’acqua di sorgente che gli permetteva di scrutare meglio nel futuro. Mimir, che era lo zio materno di Odino, fece bere a quest’ultimo — estenuato da un rito sulla rinascita che lo aveva costretto a rimanere appeso per nove giorni e nove notti a un ramo di Yggdrasil — un sorso d’acqua della fonte a condizione che il dio sacrificasse un occhio. Odino accettò questa condizione, ravvisandovi l’ineluttabilità del destino. Narrano alcune leggende che da allora Mimir bevve l’acqua cristallina della fonte in memoria del sacrificio di Odino. Durante un armistizio sopraggiunto in occasione della guerra fra i Vani e gli Asi, il saggio Mimir, che accompagnava Hönir, il figlio di Odino, a Vanaheim dove ci sarebbe stato uno scambio di ostaggi, fu decapitato a tradimento. La sua testa fu inviata a Odino e, grazie alle rune magiche e agli esorcismi, fu richiamata in vita e le fu assegnato un posto in prossimità della fonte della saggezza. La testa poteva leggere molto in là nel futuro, quando Odino le parlava attraverso le sue rune magiche. Poco prima dell’ultima battaglia del mondo (Ragnarök), Odino e la testa di Mimir discussero ancora a lungo sugli eventi futuri nonché su altri misteriosi fenomeni, senza tralasciare la caduta e la resurrezione del mondo degli dei. Vedi Odino, Nome, Ragnarök. Mjölnir (sfracellatore) - il martello di Thor/Donar forgiato dai nani, che non falliva mai l’obiettivo e ritornava nella sua mano come un boomerang, quando il dio lo scagliava in preda all’ira. Vedi Thor/Donar. Modi - il figlio minore di Thor/Donar e di sua moglie Sif. Vedi Thor/Donar, Ragnarök. Mundilfari - il padre del sole (Sol) e della luna (Mani). Vedi Alsvidr. Munin - uno dei due corvi che accompagnavano Odino nei suoi viaggi. Vedi Odino. Muspellsheim - A sud si trovava il mondo del fuoco di Muspellsheim, un mondo di scintille luminose e di fiamme ardenti che simboleggiava la fonte di tutte le energie; esso era espansivo, imprevedibile e intenso. Il sud costituiva la metafora di un’energia proiettata verso l’esterno, e avvolgeva come per incanto l’inerme regno di Niflheim. Lo scambio intercorso fra questi due luoghi faceva sì che a Midgard, posto nel flusso energetico che li delimitava, ci fosse vita. A Muspellsheim la vita, così come la intendiamo noi, era bella quanto impossibile. Si narra che i giganti di fuoco abbiano popolato le propaggini esterne di questo mondo incandescente, la cui frontiera di Surtr era sorvegliata dal gigante di fuoco con la spada infuocata. Vedi Audumla, Ragnarök.
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Nagilfar - la nave della morte Nagilfar, costruita con le unghie dei naufraghi di sesso maschile, apparteneva alla dea Ran, l’imperatrice del mare che catturava gli uomini. Durante il crepuscolo degli dei, fece rotta contro di loro. Vedi Ragnarök, Ran. Nani - Con i vermi dello scheletro putrefatto dell’uro gigante Ymir, gli dei crearono i nani, adatti a vivere e a lavorare nelle viscere della terra. Essi divennero degli artigiani particolarmente abili. Poiché gli dei li «fabbricarono» utilizzando frammenti di vario tipo, essi non potevano riprodursi. Se uno di loro moriva, due cosiddetti principi dei nani specializzati in questo «settore» provvedevano a costruirne uno nuovo con terra e pietre. Al pari di Odino, possedevano una tunica e un berretto o un cappuccio che li rendevano invisibili. Nani, folletti, gnomi, troll, ecc. erano soprattutto in grado di forgiare degli oggetti incredibilmente belli. Tutte le armi e gli effetti personali degli dei, come la lancia di Odino e il suo anello d’oro Draupnir, il martello di Thor, il cinghiale d’oro di Freyr e la sua nave pieghevole, per non parlare della collana di Freyja, erano opera dei nani Brok e Sindri. Spesso, durante la notte, i nani aiutavano gli uomini a pulire le loro case, mentre altre volte si trasformavano in spiriti molesti. L’eco (nel norvegese antico «Dvergmali» = voce dei nani, linguaggio dei nani) è comunque associato a loro. In questo magico mondo di forze soprannaturali trovavano spazio anche le rune. Vedi Omini della terra. Nanna - la moglie di Balder, che alla sua morte lo seguì nell’averno. Vedi Balder, Loki. Narfi (padre della notte) - uno dei figli di Loki e di Sigyn. Vedi Loki. Nehalennia - divinità ctonia nonché dea della navigazione. Varie raffigurazioni di questa dea sono state ritrovate sulle isole situate nell’estuario del Reno: la rappresentavano con una cornucopia fra le braccia, ricolma di frutta, spighe e fiori, mentre ai suoi piedi era accucciato un cane lupo da guardia. Sono stati ritrovati altri dipinti che la ritraggono con un piede sulla ruota di prora di una nave e con un braccio proteso sul remo. Anche sull’isola di Walcheren (Olanda) sono stati ritrovati dipinti e oggetti a lei dedicati. Nerthus - l’incarnazione della Madre Terra, una dea molto dignitosa. In una foresta sacra dell’isola danese di Seeland le fu dedicato un tempio. Lì si trovava il suo carro adornato da il velo bianco. Era chiamata anche la «dea bianca». Quando si spostava a bordo del suo carro velato trainato da mucche bianche, costeggiando i campi a lei dedicati, si organizzavano ovunque feste gioiose, tutte le spade restavano inguainate e ogni lotta era considerata irriverente nei confronti di questa dea. Dopo i festeggiamenti, la dea velata e quindi invisibile rientrava nel suo tempio. I servitori che avevano partecipato alle celebrazioni venivano sacrificati alla dea con un rito che imponeva di gettarli in un lago. Anche il carro della dea veniva scaraventato nel lago; con questi gesti s’invocava la pioggia abbondante che avrebbe garantito la fertilità della terra. La festa in onore di Nerthus aveva luogo all’inizio dell’anno. Nidhöggr - il perfido serpente Nidhöggr addentava incessantemente le radici dell’albero della vita Yggdrasil. Vedi Albero della vita, Yggdrasil. Niflheim - il mondo delle nebbie e delle ombre. La sorgente delle acque si trovava a Niflheim: acque freddissime pressoché simili al ghiaccio. Era un luogo che possedeva forze magnetiche in grado di risucchiare tutto e di ridurre tutto ciò che avevano aspirato in dimensioni minuscole. Si trattava di un mondo in cui il presente, come lo intendiamo noi, era bello quanto impossibile, una sorta di buco nero. Vedi Audumla, Hel. Njörd - durante i negoziati di pace avviati dopo la guerra fra gli Asi e i Vani, Njörd nonché i suoi figli Freyja e Freyr furono presi in ostaggio ed esiliati ad Asgard, dove gli dei li accolsero benevolmente.
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Njörd era conosciuto come il dio che regnava sul mare e sulla tempesta. Viveva con la seconda moglie Skadi (malanno, castigo) nel suo grande castello Noatum (cantiere navale), che si ergeva sulla costa. Lei era la figlia di Thiazzi, il gigante rimasto ucciso in tragiche circostanze, e trascorreva tre mesi dell’anno a Noatum, mentre lui trascorreva i restanti nove mesi a Thrymheim (casa del tuono), la gelida rocca di proprietà della consorte. Skadi impegnava il tempo dedicandosi alla caccia, alle gare di sci e di pattinaggio nonché ad altri sport invernali (lei incarnava l’inverno rigido e lui il clima più mite). Un errore ha causato questa unione: un giorno, la futura moglie di Njörd si era recata dagli Asi in preda all’ira, affinché le fosse «risarcita» la morte di suo padre. Gli dei le offrirono di scegliersi uno di loro come marito; tuttavia durante la scelta le fu concesso solo di osservare i piedi degli Asi chiamati in causa. Dopo un’attenta riflessione, la sua scelta cadde su colui che aveva i piedi più piccoli, nella convinzione che appartenessero al bellissimo Balder. Si rivelò comunque un errore poiché i piedi più piccoli erano di Njörd. Vedi Loki, Idun. Nome o dee del destino - dopo la visita ad Asgard della strega del malaugurio Gulveig (minerale aurifero), culminata nella guerra fra gli Asi e i Vani, comparvero accanto alle radici di Yggdrasil tre misteriose sorelle avvolte in un velo nero, che sedute ai loro filatoi tessevano la sorte di ogni individuo e il karma delle famiglie. Lo sguardo di Skuld, la più giovane delle tre Nome, era orientato verso il futuro. Era la filatrice che, quando nasceva un essere umano, ne tesseva i fili della vita. Quando si celebrava un matrimonio, Verdandi, che scrutava intensamente nel presente, annodava i due fili della vita, mentre Urdr, la più anziana delle tre sorelle, che somigliava a una vecchia strega, guardava nel passato fantasticando su eredi e antenati. Alla morte di qualcuno, essa recideva i fili della vita e affidava lo spirito del defunto alla dea Hel che governava sul regno delle .ombre di Niflheim. Solo gli eroi caduti venivano condotti nel Walhalla per combattere al fianco di Odino contro le forze del male, nell’ultima battaglia del mondo. Vedi Albero della vita, Yggdrasil. Odino o Wotan - in origine era un’entità ctonia nonché dio della tempesta, che nel cuore della notte, quando i venti ululavano, andava a caccia solcando il cielo con al seguito l’inquietante Einheriar, l’esercito delle anime dei soldati caduti. Il vocabolo tedesco «Wut» (rabbia) deriva dal suo nome. La rabbia si riflette nel rude potere delle forze della natura. Quando di notte imperversava la tempesta, nel mugghiarne sibilo del vento, la gente riconosceva distintamente il rombo degli zoccoli di Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino, e dei cavalli della schiera di anime che lo seguiva. In un secondo tempo, quando nel pensiero umano gli dei assunsero un aspetto più diversificato, Odino non fu più considerato il sovrano dei fenomeni naturali bensì il sovrano delle forze della natura. Se ne dedusse che egli dominasse i fenomeni naturali con le sue arti magiche; egli poteva istigarli o placarli a suo piacimento. Pur non essendo particolarmente venerato come soldato valoroso, grazie ai suoi poteri magici riportò numerose vittorie, tali da incutere il panico fra le schiere nemiche, anche grazie alla sua lancia Gungnir, che non falliva mai l’obiettivo giacché i nani Brok e Sindri l’avevano rivestita di rune. Egli era peraltro conosciuto in virtù della sua capacità di guarire gli ammalati e i feriti nonché di risvegliare i caduti alla vita. Spesso si aggirava nei panni di un vagabondo stanco e malinconico, avvolto in una tunica grigio-blu e con un cappello a tesa larga calcato sulla fronte, per nascondere le sue orbite vuote. Per la precisione, si era visto costretto a sacrificare l’occhio destro onde poter avere il privilegio di bere un sorso di acqua vitale dalla fonte della saggezza su cui vegliava Mimir; questo sorso d’acqua gli aveva donato dei poteri soprannaturali. Odino era conosciuto ovunque anche come «colui che ha un solo occhio». Odino era perennemente scortato da due lupi, Ceri (famelico) e Freki (vorace); inoltre i suoi due corvi volavano davanti a lui per raccogliere le novità in ogni angolo del mondo. Il primo si chiamava Hugin (pensiero) e il secondo Munin (memoria). Per questo motivo, egli non era all’oscuro di nulla e scrutava in tutti i progetti segreti.
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In una fase successiva dell’evoluzione umana, Odino fu considerato un saggio legislatore che guidava le azioni e la staticità degli dei e degli esseri umani. Essendo dotato di notevole eloquenza nonché di un grande talento poetico, tutti erano estimatori della sua arte (vedi Gunnlöd). Nella mitologia norvegese che risale all’epoca dei Vichinghi, dominava il concetto legato a un paradiso dei soldati, il Walhalla, e a un palazzo destinato agli eroi caduti, l’Einheriar. Il tetto era rivestito di oro, e il portale occidentale era sorvegliato da un lupo, sopra il cui capo volava un’aquila. Alle pareti erano appesi scudi e lance, sulle panche erano disseminate armature e corazze. Centinaia di porte si aprivano su innumerevoli stanze. Il palazzo era reso inaccessibile al mondo esterno dal portone Valgrind (portone della morte) ed era circondato dal fiume Valglaumir. Nel salone, Yggdrasil dispiegava le sue foglie sempreverdi e ai suoi piedi pascolava la capra Heidrun, che produceva senza sosta l’idromele per gli abitanti del Walhalla. Ogni sera il cuoco Andhrimnir (cuoco dell’aria) preparava per l’Einheriar, cuocendola nel pentolone Eldhrimnir (pentolone incandescente), la carne del cinghiale selvatico Saehrimnir (carne tenera), che si rinnovava in continuazione. Lì Odino sedeva sul suo trono dorato, i lupi Geri e Freki erano accoccolati ai suoi piedi, mentre i corvi Hugin e Munin rano appollaiati sulle sue spalle. Ogni mattina Odino e il suo Einheriar uscivano a divertirsi sull’immenso campo da gioco Idavöllr dove simulavano dei combattimenti. Di sera, prendevano parte a un allegro baccanale, dove le Valchirie riempivano le loro corna che fungevano da boccali. Le Valchirie erano soldatesse virginee inviate da Odino sui campi di battaglia per dare il bacio della morte a quegli eroi caduti che lui aveva scelto di ammettere nell’Einheriar e per accompagnarli al Walhalla. In veste di cacciatore, Odino rivolgeva Gungnir, la sua lancia rivestita di rune che non falliva mai l’obiettivo, su colui che voleva sconfiggere. I suoi adoratori gli offrivano i corpi dei nemici vinti. Ciò attesta l’origine demoniaca di Odino rendendo molto più accettabile il patto di sangue siglato in epoche remote con Loki, poiché lo stesso Odino, al pari di Loki, talvolta indulgeva alla furbizia e all’inganno. Anche la mancanza di un occhio, che fa parte delle sue caratteristiche maggiormente datate, è connessa alle sue tenebrose origini: i demoni dediti al cannibalismo (cfr. il ciclope Polifemo della mitologia greca) erano spesso dipinti con un solo occhio. Altre divinità erano peraltro menomate: Tyr aveva una mano sola e il cranio di Thor era lesionato. In virtù dei suoi poteri magici e della sua saggezza, Odino/Wotan può essere associato a Mercurio. In origine gli fu dedicato il mercoledì (in inglese «Wednesday» = giorno di Wotan). Lo si potrebbe paragonare anche a Giove, poiché Giove come Odino fu legislatore e progenitore. Essendo comunque un’entità complessa, Odino si potrebbe benissimo associare anche a Marte, in quanto dio del «Wode» (rabbia) nonché imperatore dei campi di battaglia. Secondo il canto della Völuspa, la prima battaglia divampò sotto le nuvole del mondo anche per il suo intervento. Un giorno i Vani mandarono Gulveig (metallo aurifero), una strega del malaugurio, ad Asgard, affinché seminasse lo scompiglio fra gli Asi. Essi la gettarono per tre volte nel fuoco, da cui puntualmente emergeva più bella e seducente, instillando nel cuore degli dei e degli uomini invidia, discordia e cupidigia. Fu allora che il collerico Odino scagliò la sua possente lancia in direzione di Vanaheim, dando inizio alla guerra fra gli Asi e i Vani. Una volta suggellata la pace, tre misteriose sorelle velate ripresero il loro posto con i rispettivi filatoi accanto alle radici di Yggdrasil: erano le dee del destino o Norne. L’età del candore infantile era tramontata; neppure gli dei poterono sfuggire al fato. Vedi Gunnlöd, Freyja, Frigg, Saga, Ullr, Vidarr, Rindr, Loki, Balder, Norne. Odur - era il consorte di Freyja. Non essendo quasi mai a casa, Freyja pianse molte lacrime per lui. Infine si vide costretta a cercarlo in giro per il mondo. Odur era un’allegoria del sole estivo, che risvegliava l’amore. Omini della terra, folletti, nani - secondo le credenze popolari, è probabile che fossero gli spiriti dei trapassati che di notte, mentre tutti dormivano, aiutavano gli uomini, per esempio facendosi carico di pesanti incombenze; a volte, invece, si manifestavano in qualità di spiriti
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molesti. Quasi sempre, come Odino, indossavano una tunica e una cappa magica che li rendevano invisibili; potevano inoltre assumere forme diverse o trasformarsi in animali. Cavalcavano topi, strisciavano nelle abitazioni e nelle stalle e sembravano nutrire una grande predilezione per i cavalli bianchi. Di quando in quando, rapivano i bambini, il che potrebbe ricondurre alla loro originaria identità di ladri di anime. Molti omini della terra avevano zampe al posto dei piedi, erano schivi e uscivano perlopiù di notte e in piccoli gruppi. Detestavano il suono delle campane. A volte gli omini della terra rapivano le donne incinte, per garantire la sopravvivenza della loro specie, poiché secondo le credenze popolari tutti gli omini della terra erano dei vecchietti raggrinziti che per evitare l’estinzione della loro specie avevano bisogno di una discendenza dall’esterno. Altre fonti li consideravano un popolo primitivo che custodiva la natura archetipica e repressa dell’uomo. Vedi Nani. Orlog - l’incarnazione dell’ineluttabile destino del mondo, la cui valenza non era individuale bensì collettiva. Il destino, intessuto dalle Norne o dee del destino, si costruiva su basi soggettive o familiari, pur essendo quanto meno altrettanto inevitabile. Ragnarök - è il crepuscolo degli dei, la caduta di questi ultimi, l’ultima battaglia del mondo. Si tratta dell’ultima azione bellicadegli dei contro le forze demoniache. Nel corso di questa battaglia, l’intera esistenza sarebbe stata divorata dalle fiamme e dal fumo, mentre i mari e i fiumi sarebbero debordati sommergendo la terra con le inondazioni. Gli uomini sarebbero rimasti congelati nelle grandinate e nelle bufere di neve, finendo per essere avvolti dalle tenebre. La fine del mondo si avvicinava. Eppure la speranza non sarebbe venuta meno. Benché il termine Ragnarök si traduca quasi sempre come «crepuscolo degli dei», bisogna sottolineare che si tratta di un’interpretazione errata. Ragna Rök è un neologismo islandese e significa «destino ineluttabile». Nel dodicesimo secolo, gli Scaldi norvegesi vi aggiunsero alcune sillabe, trasformandolo in Ragnarökkr, una parola che ha ispirato la scintillante traduzione di «crepuscolo degli dei». Ragnarök è una visione profetica del declino dell’universo e, per quanto attiene all’atmosfera e ai dettagli, presenta molte analogie con l’Apocalisse del Nuovo Testamento. Ran - La demone Ran era l’imperatrice che rapiva gli uomini e governava sul regno dei morti negli abissi marini. Al seguito di questa demone divoratrice di cadaveri vi era anche il mostro Grendel, che più tardi sarebbe stato sconfitto da Beowulf. Chiunque avesse fatto naufragio in mare e fosse annegato, sarebbe stato catturato dalla rete di Ran e divorato. Quando imperversava la burrasca, le sue nove figlie, le ondine, offrivano il loro abbraccio ai marinai. All’avvento del crepuscolo degli dei, Nagilfar, la nave della morte di Ran costruita con le unghie degli uomini annegati, fece rotta contro di loro. Vedi Ragnarök. Ratatoskr - l’aquila Vedrföllnir viveva nella corona dell’albero Yggdrasil e scrutava attentamente i nove mondi. Percorreva con lo sguardo la regione alla ricerca di eventuali assediami, diramando i suoi comunicati allo scoiattolo Ratatoskr (colui che semina il terrore), che correva su e giù per il massiccio tronco dell’albero della vita, riferendo a sua volta le novità al perfido serpente Nidhöggr, che rosicchiava le radici di Yggdrasil. Vedi Albero della vita Yggdrasil. Rindr o Rinda - la profetessa Vaia, morta già da secoli, fu svegliata dal sonno eterno da Odino nel regno dei morti di Niflheim, con l’aiuto di rune magiche e di alcuni incantesimi, poiché egli voleva conoscere ulteriori dettagli sulla morte del figlio Balder. Essa predisse al dio che la morte di Balder sarebbe stata vendicata da un suo discendente, e precisamente da uno dei figli della principessa Rindr. Quando venne meno anche l’ultima speranza di un ritorno di Balder ad Asgard, Odino si recò da re Billing, il padre di Rindr. Spacciandosi per un valoroso soldato, offrì al sovrano i suoi servigi. Tali furono le gesta eroiche da lui compiute, che re Billing lo nominò generale e gli offrì la mano di sua figlia Rindr. Quest’ultima, tuttavia, lo respinse con alterigia.
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A quel punto egli si trasformò in un ricco orefice, ma anche in quel caso ottenne un secco rifiuto. Allora partecipò alla festa organizzata alla corte del duca, in veste di prode cavaliere. Ma quando dopo un ballo cercò di abbracciare Rindr, la bella e fiera fanciulla gli assestò un calcio che lo fece barcollare e poi cadere. Infine si trasformò in un’anziana e fedele ancella, a cui la sua padrona si era molto affezionata. Sempre nelle vesti di ancella, la fece ammalare gravemente, complici alcune formule magiche. Dopodiché si spacciò per un guaritore in grado di lenire la sua sofferenza. Le restituì la salute nel volgere di pochi giorni, conquistandosi così il cuore colmo di gratitudine di Rindr. Dall’unione nacque un figlio di nome Vali, che nel volgere di qualche ora divenne un uomo giovane e forte; a Nu egli era un protettore al pari del dio dell’inverno Ullr, che prediligeva pattinare sul ghiaccio o andare a caccia. Ma finché non portò a termine il suo compito, non ebbe un attimo di pace. Vali, sporco e spettinato, fece il suo ingresso nel Walhalla e colpì con le sue frecce il cieco Hödr, dio delle tenebre, che aveva ucciso suo fratello Balder su istigazione di Loki. Così fu vendicata la morte dell’amatissimo dio, e fortunatamente gli Asi fecero costruire il palazzo Valaskjalf per Vali, il cui tetto era fatto d’argento scintillante. Vedi Balder, Ullr, Njörd, Skadi. Rune - i segni grafici carichi di misteri che Odino, stremato dopo aver concluso il rito della rinascita, raccolse sul fondo della fonte della saggezza. Vedi Balder, Ullr, Njörd, Skadi. Saga - la dea della storia era una delle figlie di Odino. Essa viveva nel suo palazzo di cristallo Sökkvabekk (flusso del tempo), chenon abbandonava quasi mai. Secondo quanto ci viene narrato dal ciclo epico dell’Edda, placidi torrenti dalle acque limpide si aprivano un varco attraverso il verde terreno assolato, dove gli uccelli cinguettavano e una leggera brezza muoveva appena le foglie degli alberi. Odino, che ogni giorno faceva visita a sua figlia mettendola al corrente delle sue imprese, sedeva accanto a Saga sul suo alto trono, scrutando silenziosamente il mondo e sorseggiando l’idromele fresco e spumeggiante versato in calici d’oro. In questo palazzo, Saga cantava il presente, il passato e il futuro del mondo nonché le grandi gesta di dei ed eroi. I torrenti gorgoglianti e il canto degli uccelli l’accompagnavano finché, durante il crepuscolo degli dei, il fuoco della spada infuocata di Surtr disintegrò i dodici palazzi degli Asi e tutti gli altri domicili. Fu allora che essa si alzò per tenere compagnia ai superstiti, scampati al fuoco e alla spada; volò con loro dagli abitanti della Scandinavia per i quali cantò, in una lingua che non conoscevano, le gesta epiche e valorose di dei ed eroi. Fortunatamente i suoi canti non sono scomparsi senza lasciare traccia; alcuni sarebbero stati successivamente trascritti nell’Edda per diventare un tesoro poetico che non potrà più andare perso. Vedi Edda. Saehrimnir - il cinghiale selvatico che si rinnovava in continuazione e che ogni giorno forniva carne fresca all’Einheriar. Vedi Odino, Walhalla. Sessrymnir - quando Odino e Freyja ebbero un diverbio sui poteri magici, stabilirono che lei gli avrebbe trasmesso le sue arti magiche, a condizione che le fosse affidata la metà delle anime dei caduti, per condurle nella sala Sessrymnir del suo palazzo Folksvang. In quella sala che conteneva più di mille sedie, sarebbe stato organizzato un allegro banchetto. Vedi Freyja. Sif - la moglie di Thor/Donar, a cui Loki tagliò i lunghi capelli d’oro. Vedi: Thor/Donar, Loki, Nani. Sigyn - La moglie di Loki ad Asgard. Essa raccoglieva in un recipiente il veleno che il serpente faceva gocciolare sul volto di Loki nella caverna dove il dio era stato incatenato a una roccia. Gli
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dei inflissero questo castigo a Loki, per il suo ruolo estrema mente ambiguo nell’episodio della morte di Balder. Vedi Loki, Balder. Sindri - uno dei figli di Ivaldi, re dei nani, che insieme a suo fratello Brok forgiava gli oggetti sorprendentemente favolosi degli dei. Vedi Freyja, Loki, Freyr, Thor/Donar, Nani. Skadi - la figlia di Thiazzi, il gigante di ghiaccio rimasto ucciso. Skadi (malanno, castigo) era la moglie di Njörd, dio del mare. Essa impegnava il tempo con la caccia, il pattinaggio sul ghiaccio e lo sci. Scelse Njörd come marito per errore e non riuscì mai ad acclimatarsi nel palazzo Noatun che sorgeva in riva al mare, così come Njörd non superò mai il disagio che provava nella di lei rocca di Thrymheim sperduta fra le alte montagne. Dopo qualche tempo, la coppia decise di separarsi e Skadi si risposò con Ullr, arciere nonché dio dell’inverno, che adorava pattinare. Vedi Njörd, Loki, Thiazzi, Idun. Skidbladnir (legno alato) -I nani Brok e Sindri costruirono per il dio Freyr Skidbladnir, la veloce nave avvolta dalla luce, che faceva rotta da sola verso la destinazione prescelta. Quando Freyr non ne aveva bisogno, la piegava e la riponeva nella sua bisaccia. Vedi Nani, Freyr, Loki. Skuld - la più giovane delle tre Nome (dee del destino), che ogni giorno innaffiava le radici dell’albero della vita Yggdrasil con l’acqua della fonte della saggezza. Così facendo, le sue foglie non sarebbero avvizzite, giacché il perfido serpente Nidhöggr rosicchiava costantemente le sue radici. Vedi Nome, Albero della vita, Yggdrasil. Sleipnir - Il velocissimo cavallo a otto zampe di Odino, che conduceva il dio Nu a destinazione, accompagnandolo ovunque sfrecciando attraverso l’aria e l’acqua. Sui suoi denti erano incise delle misteriose rune. Vedi Svadilfari, Hermrodr, Balder, Odino. Sökkvabekk (flusso del tempo) - questo era il nome del palazzo di cristallo della profetessa Saga, dove la dea della storia cantava le epiche gesta degli eroi. Molti di questi canti non sono andati persi e sono presenti nel ciclo dell’Edda. Vedi Saga. Sol, Sunna o Summa - la dea del sole, che come Mani, la dea della luna, era inseguita dai mostri. Fra quasi tutte le popolazioni rurali vigeva la convinzione che durante le eclissi di sole e le eclissi di luna questi corpi celesti rischiavano di essere divorati da spaventosi demoni con le fattezze di draghi o serpenti. Per questo motivo, nel corso di tali manifestazioni della natura, si cercava di fare il più possibile rumore, scacciando i mostri urlando a squarciagola o percuotendo barili di ferro. Nelle saghe scandinave, ognuno di questi demoni ha un nome ben preciso: Managarmr (il lupo lunare) inseguiva la luna, a differenza di un giovane discendente del lupo Fenrir, che un giorno avrebbe divorato il sole. Il sole era inoltre inseguito da altri due lupi, Sköll, (testa calda) e Hati (odio). Vedi Alsvidr. Surtr - il cupo gigante di fuoco di Muspellsheim, che all’avvento di Ragnarök capeggiò la sua armata impetuosa e invase Asgard. Con la sua spada infuocata, ridusse in cenere tutti i domicili e i palazzi degli dei. Il ponte Bifröst (arcobaleno) rovinò sotto i passi pesanti dell’armata del gigante di fuoco. Vedi Ragnarök. Svadilfari - questo è il nome del cavallo del gigante della montagna che su richiesta degli dei avrebbe dovuto erigere nel volgere di tre inverni un muro alto fino al cielo che cingesse Asgard. Tuttavia, non sarebbe trascorso molto tempo prima che gli Asi sperimentassero sulla loro pelle la facilità con cui Gulveig, la strega del malaugurio, poteva invadere il loro regno. Come se non bastasse, notarono che a Muspellsheim e a Jötunheim si era radunato un numero impressionante di giganti del fuoco e del ghiaccio, i quali si accingevano a invadere la luminosa Asgard; oltretutto avevano fatto irruzione a Midgard in parecchie occasioni.
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Lo sconosciuto architetto, che si era offerto di assolvere a questo incarico, pretese a titolo di ricompensa la mano della bella Freyja nonché il sole e la luna, in quanto straordinarie sorgenti luminose per le sue attività. Gli Asi tergiversarono dinanzi alle condizioni dettate ma quel briccone di Loki li spinse ad acconsentire alle richieste dell’architetto purché ultimasse il lavoro in un solo inverno. L’architetto non ebbe nulla da eccepire riguardo alla scadenza fissata, scommettendo di farcela a costruire il muro entro i termini concordati, a condizione che il suo cavallo fosse autorizzato ad aiutarlo nello svolgimento dell’incarico. Di nuovo gli Asi tergiversarono dinanzi alle condizioni dettate, ma Loki li convinse ad accettare poiché quello stupido animale non avrebbe influito in alcun modo sul prosieguo del lavoro. 1’accordo fu sancito, e tutte le parti in causa giurarono solennemente di attenersi in maniera scrupolosa alle condizioni stipulate. Il primo giorno d’inverno, l’architetto diede inizio ai lavori. Gli Asi constatarono con orrore che il cavallo galoppava trascinando incredibili quantità di roccia e pietre nei punti in cui il suo padrone ne aveva bisogno. Il muro cresceva a vista d’occhio: era solido e possente come un iceberg, nonché levigato e scintillante come l’acciaio. Verso la fine dell’inverno era pressoché finito. L’unico elemento da fabbricare era il portone d’ingresso, che tuttavia l’architetto non avrebbe avuto difficoltà a realizzare nei tre giorni di cui ancora disponeva. Gli Asi si radunarono in preda all’ansia, poiché qualora l’architetto si fosse preso Freyja, il sole e la luna come ricompensa per il lavoro svolto, non solo si sarebbe impossessato di tutta la bellezza di Asgard lasciandola in miseria, ma anche il mondo sarebbe rimasto per sempre avvolto dalle tenebre. Pur cercando disperatamente una via d’uscita, non riuscirono a intravedere nessuna soluzione e ripensarono a come si erano cacciati in questo guaio. Sapevano tutti chi fosse l’istigatore del male; e chi altri poteva essere se non il vile e subodolo Loki? Essi gli intimarono, minacciandolo pesantemente, d’infrangere l’accordo stipulato con l’architetto. Loki promise che avrebbe impedito a quest’ultimo di terminare il muro entro i termini prestabiliti, in modo da potergli negare la ricompensa pattuita. L’indomani, Loki si trasformò in una giumenta. Mentre l’architetto e il suo cavallo Svadilfari si stavano dirigendo verso le montagne nell’intento di raccogliere pietre e legna per il muro, la giumenta andò loro incontro, galoppando in modo seducente. Svadilfari si lanciò immediatamente al suo inseguimento, strappando le briglie e spezzando in due il carro. La inseguì per campi, monti e valli, mentre l’architetto arrancava dietro a loro. L’inseguimento si protrasse per tutto il giorno e per tutta la notte, e quando finalmente l’architetto riuscì a catturare il cavallo, erano entrambi così esausti che non riuscirono a terminare il muro neppure il giorno dopo. La sera, lo sconosciuto architetto osservò il muro che ormai non sarebbe più stato in grado di finire per tempo, e andò su tutte le furie. Accusò gli dei di avergli negato la ricompensa con l’astuzia e con l’inganno. Smanioso di vendicarsi con tutte le sue forze, radunò un numero imprecisato di rocce e ceppi enormi per schiacciare Asgard e i suoi abitanti. Solo allora gli dei compresero che l’architetto era un gigante della montagna e implorarono a squarciagola l’aiuto di Thor. Quest’ultimo, appena rientrato da un viaggio, atterrò con un fulmine accecante che fece tremare la terra, in mezzo agli dei riuniti al gran completo, e colpì la testa dell’iroso gigante con il suo martello, fracassandogli il cranio duro come roccia. Qualche tempo dopo, la giumenta (Loki) che aveva adescato Svadilfari partorì un puledro a otto zampe e con i denti sormontati da rune. Questo puledro era Sleipnir, l’amatissimo cavallo di Odino, che sfrecciava veloce come il vento con il suo padrone attraverso l’aria, il fuoco e le onde del mare. Vedi Odino, Thor/Donar, Loki. Svartälfsheim - il regno degli elfi neri. Gli elfi neri erano dei nani che nelle loro officine sotterranee forgiavano gli oggetti più belli e sorprendenti. I nani simboleggiavano l’aspetto creativo della società. Vedi Freyr, Freyja, Loki, Thor/Donar.
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Tanngnjostr e Tanngrisnir (colui che rompe i denti e colui che li digrigna) - gli arieti che trainavano il carro di Thor/Donar. Vedi Thor/Donar. Terra - il miracolo della terra che si rinnova ogni anno ha stimolato la fantasia di quasi tutte le popolazioni dell’antichità. Essa era considerata la madre della vita, che ogni primavera permetteva alla natura di rifiorire in innumerevoli forme. Non sono pochi i riti e i festeggiamenti celebrati in suo onore che sono stati tramandati per lungo tempo, a riprova della venerazione manifestata nei confronti della fertilità della terra. Il rituale di mangiare le uova, o di seppellirle sotto terra quando ha inizio la stagione della semina, dovrebbe infondere forza vitale agli uomini e alla terra (cfr. acquisto e consumo delle uova di Pasqua). La fertilità della terra ha avuto modo di essere trasferita anche sull’uomo e sugli animali. All’inizio dell’anno, durante gli equinozi si soleva percuotere le fanciulle e le donne con rami freschi, possibilmente sulle parti scoperte del corpo: questo rito magico era finalizzato a trasferire in loro la fertilità della terra. Ad ogni modo, simili rituali venivano compiuti in occasione di un matrimonio (cfr. la festa di Luperco celebrata dagli antichi Romani). Bestiame, alberi da frutta, campi di granoturco e campi di lino venivano sottoposti al medesimo rituale. Una sferzata con la cosiddetta bacchetta della vita infondeva vigore e teneva alla larga i demoni della malattia. La credenza secondo cui gli esseri umani nascessero dal grembo della terra, per farvi ritorno alla loro morte e per rinascere un giorno o l’altro, era assai diffusa, almeno secondo colui che ha raccolto i testi dell’Edda. Thiazzi - il gigante di ghiaccio che, aprofittando di una scorrettezza del subdolo Loki, fece in modo che la dea Idun e le mele d’oro dell’eterna giovinezza fossero rapite e condotte nella sua fredda e solitaria rocca di Thrymheim (luogo ghiacciato) dove viveva con la figlia Skadi. Vedi Loki, Idun. Thor - vedi Donar. Tyr, Things, Tiw, Tiwaz o Ziu - poiché Odino e Thor presero quasi subito il posto di Tyr, si sa pochissimo riguardo al suo aspetto. In origine era un dio della guerra che in seguito si sarebbe trasformato nel dio supremo della giurisprudenza; egli stipulava accordi e controllava che gli impegni assunti fossero mantenuti. Tyr era il custode dei dodici lupi e quando Odino lo usurpò del suo potere, dopo che egli ebbe sacrificato la mano destra al temibile lupo Fenrir, mantenne comunque la carica di supremo dio del diritto. Alcuni ceppi nordici lo chiamavano Ziu, gli anglofrisoni Tiw e i germani Tyr. Il suo nome deriva dal sanscrito Dyaus e dal greco Zeus. Se ne dedusse quindi che Tiwaz, questo è il nome che probabilmente ha avuto in epoca preistorica, fosse un dio della luce e del cielo destinato a perdere sempre più potere nel corso del tempo, e a cui sarebbero subentrati altri dei (Odino) Ullr - il dio dell’inverno era il figlio di Sif dai capelli d’oro e il figliastro di Thor/Donar. Suo padre, il cui nome non compare nelle saghe, dev’essere stato uno dei più temibili giganti di ghiaccio; questo spiegherebbe forse la predilezione di Ullr per la neve e il ghiaccio, specie per quanto attiene al pattinaggio sul ghiaccio argenteo. Era inoltre un eccezionale arciere e un appassionato cacciatore che le mugghiami bufere che imperversavano nelle selve oscure o sulle pianure ammantate di neve non riuscivano a scoraggiare, poiché egli si avvolgeva in pesanti pellicce per proteggersi dal gelo. Questo dio dell’inverno, della caccia e del tiro con l’arco era solitamente ritratto sui pattini per il ghiaccio, con una faretra colma di frecce e un grande arco. Giacché il legno del tasso era il più indicato per le sue frecce, egli piantò la sua tenda a Ydalir, la valle dei tassi, dove il clima era perennemente freddo e umido.
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Il dio dell’inverno Ullr, detto anche Oller, era considerato la divinità più importante dopo Odino, di cui prendeva tacitamente il posto durante le sue assenze invernali. In quei periodi diveniva il sovrano assoluto, tenendo in pugno Asgarcl e Midgard, e secondo alcune fonti anche Frigg, la moglie di Odino. Poiché Ullr era tirchio, Frigg, che non si privava mai di nulla, salutava il ritorno di Odino con immensa letizia; quest’ultimo costringeva l’intruso a cercare nuovamente rifugio nell’estremo Nord. In Scandinavia si dice che tempo dopo Ullr avrebbe sposato la gigantessa di ghiaccio Skadi (malanno), l’incarnazione femminile del freddo invernale, che nel frattempo aveva divorziato da Njörd. Tale era la comunanza di interessi fra Ullr e Skadi, che i due coniugi vissero in totale armonia. Vedi Skadi, Njörd, Loki, Idun. Urdbrun - la fonte della saggezza, che si trovava ai piedi dell’albero della vita Yggdrasil ed era custodita dalle tre Nome Urdr, Verdani e Skuld. Vedi Nome, Yggdrasil. Urdr - la più anziana delle tre Nome, il passato. Vedi Nome. Utgard o Utgarda-Loki - nell’averno, Utgard o Jötunheim accoglieva demoni come Jötnar (divoratore di cadaveri), il perfido serpente Nidhöggr, il lupo Fenrir e un’anziana gigantessa che allevava i lupi che avrebbero dovuto divorare il sole e la luna. Laggiù regnavano Utgard-Loki, il demone nemico degli dei, e sua moglie Angrboda (messaggera del male). Vedi Rindr, Odino. Vaia - la profetessa morta da secoli che, su esortazione di Odino, aveva previsto che la morte di Balder sarebbe stata vendicata da un suo discendente generato da Rindr, la figlia di re Billing. Vedi Rindr, Odino. Valaskjalf - il palazzo edificato dagli dei per Vali, il figlio di Rindr e di Odino, perché aveva vendicato la morte di Balder, assassinato da Hödr, il dio cieco delle tenebre. Vedi Balder, Loki, Rindr. Valchirie - nove virginee fanciulle immortali e bellicose, che Odino o Freyja inviavano sui campi di battaglia. Esse partecipavano ai combattimenti proteggendo i loro beniamini. Scoccavano il bacio della morte ai caduti, accompagnandone una metà nel Walhalla. L’altra metà dei caduti sarebbe stata da loro condotta da Freyja, nella sala Sessrymnir che contava mille sedie, dove li attendeva un sontuoso banchetto. Vedi Einheriar, Odino, Freyja, Walhalla. Vali - il figlio di Rindr e di Odino. Nel volgere di poche ore si sviluppò in un giovane possente; egli era inoltre un provetto tiratore come il dio dell’inverno Ullr. Fece il suo ingresso nel Walhalla tutto spettinato e sporco, e colpì Hödr con le sue frecce; con questo gesto pareggiò i conti per la morte di Balder. Il palazzo donatogli dagli dei in segno di gratitudine si notava anche in lontananza per via del suo scintillante tetto d’argento. Vedi Rindr, Balder, Loki. Valkyrjur/Valchirie - erano una sorta di ancelle belligeranti che Odino o Freyja mandavano a combattere sui campi di battaglia. Avevano molti elementi in comune con le ninfe, le sirene e altre creature simili. Il loro compito sul campo di battaglia consisteva nel suggellare la sorte degli eroi caduti con il bacio della morte, e quindi di condurre i loro spiriti nel Walhalla dove sarebbero stati arruolati nell’Einheriar, l’esercito delle anime di Odino. Questo esercito si dissetava con il frizzante idromele prodotto senza sosta dalla capra Heidrun. Ogni sera il cuoco Andhrimnir lessava nel pentolone Eldhrirnnir la carne succulenta del cinghiale selvatico Saehrimnir, che si rinnovava perennemente. All’avvento del crepuscolo degli dei, il Ragnarök, l’esercito delle anime combatté al fianco degli dei contro i giganti. Vedi Odino, Freyja. Vanaheim - il regno dei saggi Vani. Gli abitanti di Vanaheim erano dei e dee della fertilità e dello sviluppo organico. Il loro mondo era improntato a una ciclica regolarità, che culminò in una società ben strutturata. Si assisteva a un perenne avvicendamento delle stagioni, della notte e del
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giorno, delle maree, della semina e del raccolto nonché di tutte le altre manifestazioni cicliche — anche a livello personale — che fosse lecito immaginare. La crescita serena era tipica di questo regno equilibrato che non conosceva il dubbio. Letizia e prosperità regnavano ovunque. Vanir (Vani) - gli abitanti di Vanaheim che, nel corso di un armistizio durante la guerra contro gli Asi, effettuarono uno. scambio di ostaggi e sancirono un’alleanza permanente. Vedi Gullveig, Njörd, Freyr, Freyja, Hönir. Vé - Un fratello di Odino. Con i suoi fratelli Vili (volontà) e Vé (santità), Odino creò il mondo dall’enorme corpo di Ymir, l’uro gigante sconfitto. Vedi Odino. Vedrfòlnir - il falco dallo sguardo acuto e penetrante che dimorava nella corona di Yggdrasil scrutando il mondo, affinché potesse segnalare per tempo l’approssimarsi delle sciagure. Vedi Albero della Vita Yggdrasil, Nome. Vidarr - il taciturno figlio di Odino e della gigantessa Gricl. Vidarr era un giovane forte, snello e con una figura gradevole che indossava un’armatura, una spada nonché una scarpa di ferro. Secondo alcune fonti, per questa particolare calzatura bisognava ringraziare lo sguardo magico e previdente della madre Grid: sapendo che nell’ultima battaglia del mondo, egli avrebbe dovuto fronteggiare il feroce lupo Fenrir, gli diede la scarpa di ferro per proteggersi. La scarpa era in grado di resistere ai denti aguzzi del mostro rapace contro cui Vidarr avrebbe dovuto combattere per vendicare la morte di suo padre (Odino). Vedi Ragnarök. Vili - Narra il ciclo epico dell’Edda, che Odino, Vili e Vé crearono la terra, il sole e la luna con frammenti di scheletro dell’uro gigante Ymir, plasmando il mondo in modo proporzionato. Vedi Audumla. Walhalla - il salone in cui Odino accoglieva gli spiriti dei soldati caduti (Einheriar), accompagnati lì dalle Valchirie dopo il «bacio della morte» affinché si preparassero all’ultima battaglia del mondo. Vedi. Odino, Valkyrjur (Valchirie). Wotan - vedi Odino. Yggdrasil - Yggdrasil era l’albero protettore degli dei, ai cui piedi tre dee del destino velate tessevano i fili del fato. Secondo alcune fonti, nove mondi si celavano nel suo fogliame. Vedi Albero della vita Yggdrasil.
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INDICE
Introduzione Cap. I - Riti e tradizioni delle popolazioni nordiche Cap. II - L’origine delle rune Cap. III - Il significato delle 24 rune e delle figure mitologiche a cui corrispondono Cap. IV - Come creare da soli le proprie rune Cap. V - Metodi di lettura delle rune Appendice Breve profilo delle 24 rune I nove mondi I domicili degli dei Glossario dei nomi e dei termini mitologici
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