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August 18, 2017 | Author: MargaritaMadokaDrullardBarett | Category: N/A
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VICTOR BOTT MEDICINA ANTROPOSOFICA Un ampliamento dell’arte di guarire

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Medicina antroposofica

Tutti i diritti riservati Titolo originale: Médecine anthroposophique. Un élargissement de l'art de guérir © 1987, Editions du Centre Triades, Paris © 1991, 1996 NUOVA IPSA EDITORE, Via Giuseppe Crispi, 50, 90145 Palermo Tel. 091-681.90.25 Traduzione di Giovanna Acampora Revisione di Claudio Mazza ISBN 88-7676-090-3

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Introduzione Affinché tutte le vie verso il bene non siano mai chiuse Soljenitsin

L’arte del guarire è sempre stata il riflesso dell’idea che l’uomo si è fatta di se stesso. Infatti la medicina attuale è stata fortemente influenzata dal pensiero materialistico del XIX° secolo che ha avuto la tendenza a considerare il corpo umano come una provetta in cui si svolgono dei processi analoghi a quelli di laboratorio. Ma il medico chiamato al letto del malato sa quanto questo modo di vedere le cose sia inadeguato alla realtà quotidiana; ne risulta una insoddisfazione più o meno confessata e l’impressione di non essere realmente all’altezza del proprio compito. Questa non è forse una prova che l’immagine che ci siamo fatti dell’uomo nell’ottica della scienza attuale è falsa o comunque incompleta? Sarebbe necessario rivedere questa impostazione al fine di creare una medicina più conforme alla realtà costituita dall’essere umano; una medicina a misura d’uomo. Questa impostazione ci è stata donata da Rudolf Steiner il fondatore dell’antroposofia. I risultati pratici ottenuti in campi così differenti come l’agricoltura, la pedagogia e la medicina testimoniano la validità dei principi steineriani; infatti l’antroposofia è innanzitutto una interpretazione dei fenomeni, è un metodo di indagine, è un cammino che può essere percorso con lo stesso rigore della ricerca scientifica pura; chi intraprende lo studio dell’antroposofia sarà colpito dal fatto che essa rappresenta un legame, una sintesi fra tutte le discipline umane. Non sembra sorprendente, per esempio, che possa esistere una relazione fra discipline così diverse quali la geologia e la medicina? Tuttavia, se si pensa che la terra e l’uomo si sono evoluti parallelamente, si comprenderà meglio come certe rocce possano servire come base per preparare rimedi per l’organo apparso contemporaneamente ad una determinata roccia; in seguito ne forniremo degli esempi.

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Medicina antroposofica

La nostra formazione - saremmo a volte tentati di dire deformazione intellettuale ha permesso i sorprendenti progressi tecnologici che tutti conosciamo, ma tuttavia costituisce un ostacolo alla conoscenza reale dell’uomo e dell’universo. Abituati fin dalle prime classi scolastiche a pensare in termini fisici, chimici o matematici, è per noi molto difficile affrontare senza pregiudizi discipline che studiano ciò che non si può contare, misurare o pesare. Dichiarare che tali conoscenze, poiché non sono accessibili ai nostri sensi, non esistono, è un credo privo di fondamenti come la fede cieca. L’uomo occidentale, nel suo stato di coscienza attuale, ha avversato la credenza di un mondo metafisico perché ha creduto che soltanto ciò che è accessibile ai propri sensi può essere studiato con rigore, ma non ricorda che applicando questo criterio al mondo sensibile non fa che avvicinarsi al metafisico. Se volesse restare coerente con se stesso dovrebbe limitarsi alle percezioni senza applicare il pensiero; e tuttavia questo pensiero, benché non accessibile ai nostri sensi, può essere studiato con rigore per mezzo del pensiero medesimo. Questo è il cammino che ha seguito Rudolf Steiner nel suo libro La Filosofia della libertà. Egli ha mostrato che esistono altre vie per la conoscenza e ne ha dato una descrizione dettagliata. Ha anche fornito i risultati dei suoi studi sul dominio soprasensibile ed ha dimostrato, tra l’altro, che l’essere umano non è soltanto costituito di un corpo ma anche di un’anima ed uno spirito. Le sue opere sono costituite da un certo numero di scritti e da circa seimila conferenze che sono state stenografate e moltissime di esse pubblicate. Non si può, nel quadro di questa opera, procedere ad uno studio approfondito dell’antroposofia, per cui certe nozioni possono sembrare dogmatiche al lettore non sufficientemente informato che potrà, se vorrà approfondire lo studio dell’antroposofia, consultare le molte opere tradotte in italiano e troverà inoltre, nelle note, le indicazioni bibliografiche necessarie. Mi sforzerò tuttavia di seguire una esposizione accessibile a tutti. È evidente che una critica valida non potrà che fondarsi sulla conoscenza approfondita dell’antroposofia. L’antroposofia si basa sul rispetto della libertà del pensiero, così Rudolf Steiner ho spesso ripetuto che non chiedeva di essere creduto, ma verificato. Noi possiamo aggiungere, 45 anni dopo la sua morte, che ogni volta che una verifica è stata possibile, le sue affermazioni si sono dimostrate giuste. Ecco un esempio: in una conferenza tenuta il 3 giugno 1924, parlando delle rocce lunari, Rudolf Steiner disse che esse sono differenti dai minerali terrestri ed appaiono come vetrificate. Allora non c’erano né cosmonauti né missili e la scoperta di Steiner non potè essere fatta che per una via spirituale; gli studiosi ridevano ancora di queste affermazioni fino a poco tempo fa, finché gli equipaggi dell’Apollo XI e XII hanno riportato delle rocce contenenti alcune perle vitree delle quali non si spiega l’origine. Coincidenze! diranno alcuni, ma a mano a mano che tutte le indicazioni di Rudolf Steiner si dimostrano esatte, si è costretti a concludere che il caso è molto compiacente.

Introduzione

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Prima di iniziare nella pratica della medicina antroposofica mi sentivo impreparato ed avevo confidato le mie esitazioni ad un collega di Basilea il Dottor Marti, che la praticava da lungo tempo ed al quale dedico questo libro. Egli mi disse: «Abbi il coraggio di iniziare». È ciò che ho fatto sforzandomi di dedicare molto più tempo a ciascun paziente. In tal modo ho avuto la sorpresa e poi la convinzione che non c’è ammalato a cui non si possa dare aiuto, anche se minimo. Spero, nel corso della trattazione, di poter fare condividere questa convinzione a chi non ha più fiducia nelle attuali conoscenze; ho scritto questo libro nell’intento di dare loro gli elementi necessari per iniziare questo cammino. Victor Bott Febbraio 1970

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Medicina antroposofica

NOTA SULLE PREPARAZIONI FARMACEUTICHE

I farmaci proposti da Rudolf Steiner non sono semplicemente delle preparazioni complesse; perché la sostanza naturale divenga farmaco è necessario che subisca quel trattamento del quale Rudolf Steiner ha fornito i criteri generali, lasciando ai suoi allievi la cura della messa a punto. Per questo motivo è stato necessario creare un laboratorio orientato sia verso la ricerca che la produzione. Questo fu fondato nel 1921 ad Arlesheim (Svizzera) e Rudolf Steiner lo chiamò Weleda; in seguito ne furono aperte filiali in tutto il mondo. Gli studi riguardanti l’efficacia dei prodotti, i periodi ottimali per la coltivazione delle piante ed i migliori ritmi di dinamizzazione possono essere ben condotti solo grazie a metodiche nuove e alla collaborazione di medici antroposofi, cosa che rappresenta un lavoro considerevole. Attualmente non esistono che due laboratori in grado di fornire dei medicamenti che rispondono perfettamente alle esigenze della medicina antroposofica: i laboratori Weleda già citati ed i laboratori Wala (Germania). Per ulteriori informazioni, in Italia è possibile rivolgersi alla A.M.O.S.

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PARTE PRIMA

L’uomo alla luce dell’antroposofia Considerato sotto il suo aspetto materiale, l’essere umano è incomprensibile. Solo considerandolo nella sua totalità, formata da un corpo, un’anima e uno spirito, diventa possibile farsene un’idea soddisfacente. Il corpo è composto da due parti: una che possiamo esaminare, che appartiene allo spazio, e l’altra che, facendo di lui un essere vivente, in perpetua trasformazione, appartiene al tempo. Sono in tutto quattro elementi che noi chiameremo gli elementi costitutivi. Sotto un altro aspetto, l’uomo, nella sua forma visibile, con le sue funzioni, si rivela un insieme costituito da due poli riuniti da un elemento mediano - il tutto formando una triade. L’uomo è così, ad un tempo, un essere quaternario e un essere ternario. Non è che stabilendo un legame tra questi due aspetti, come ci insegna l’antroposofia, che è possibile comprenderlo. Questo è quello che noi cercheremo di mettere in luce in questa prima parte.

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Capitolo I

I quattro elementi costitutivi dell’uomo I processi fisico-chimici che studiamo nel mondo minerale hanno la capacità di distruggere la vita ma di contro non possono né mantenerla né tanto meno crearla. Con l’aiuto del calore, del freddo, dell’elettricità, delle sostanze chimiche più disparate, si può uccidere una pianta, ma non far vivere un minerale. Provare a capire la vita applicandole nozioni acquisite dallo studio del regno minerale porta ad un’impasse, a domande a cui non si può rispondere. Mentre i luoghi denominati terra incognita sono scomparsi dai nostri atlanti, il numero delle domande senza risposta, per quanto riguarda la vita, non ha fatto che accrescersi. Si è creduto di aver dato loro risposta con teorie che si sono dimostrate false le une dopo le altre. Se, invece di inoltrarci nell’infinitamente piccolo, proviamo a studiare la vita nel suo insieme, scartando i pregiudizi che sono molto tenaci perché presentati da un punto di vista scientifico, giungiamo rapidamente ad una prima constatazione: la vita è dovunque in lotta, in contrapposizione ai processi fisico-chimici del mondo minerale. Il regno vegetale ci fornisce numerosi esempi. Mentre un minerale è soggetto alla gravità e tende a cadere, la pianta al contrario cresce in opposizione alla forza di gravità. Non è per osmosi ma malgrado l’osmosi, vincendola, che la linfa si eleva nei fusti. Le sostanze morte del mondo minerale, mescolandosi, tendono a liberare energie e a scendere ad un livello energetico inferiore. Nella pianta, al contrario, il livello energetico finale è più elevato di quello di partenza. Ciò presuppone l’entrato in gioco di forze considerevoli. Vedendo cadere una mela, Newton ebbe l’intuizione della legge di gravità, ma non sembra che si sia interrogato sul modo non meno misterioso in cui la mela era arrivata sul ramo. La mela che cade sfugge alla vita ed è soggetta solo alle leggi del mondo fisico, come la gravità che è una forza orientata verso il centro della terra. Ma fin quando la mela fa parte del melo, è sottomessa a forze cosmiche, solari ed altre, orientate in direzione opposta. Queste forze non agiscono in modo indifferente sulle

Problemi posti dalla vita

Le leggi del mondo minerale non spiegano la vita

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Medicina antroposofica

sostanze che appartengono al mondo fisico; esse le scelgono, selezionano, affinano, orientano, conferendo loro proprietà nuove e, in generale, li organizzano conformemente ad un piano prestabilito proprio per ciascuna specie. Queste forze non sono soltanto un fattore strutturale e di crescita, ma anche di riproduzione. Le forze eteriche

Queste forze, senza le quali non c’è vita, l’antroposofia le definisce forze eteriche o forze plasmatrici. Esse non devono essere confuse con l’ipotetica forza vitale di cui parlava la scienza del XIX secolo e che era soltanto una finzione destinata a gettare un velo pudico sull’ignoto. Esse non hanno niente a che vedere con l’ipotetico etere dei fisici. Queste forze eteriche o plasmatrici costituiscono per ciascuno essere vivente una specie di secondo corpo, il corpo eterico, intimamente unito al corpo fisico, unico accessibile ai nostri sensi. All’obiezione che nessuno ha mai visto questo corpo eterico, si può rispondere che nessuno ha mai visto l’elettricità, il magnetismo o la gravitazione, forze che ci sono note per i loro effetti. Allo stesso modo, ci si può rendere conto dell’esistenza delle forze eteriche per i loro effetti. L’obiezione della non visibilità non è dunque più valida di quella che farebbe colui che vede un solo colore all’esistenza dei colori. Tuttavia, mentre colui che vede un solo colore resterà tale tutta la vita, in ciascun uomo vi è, allo stato potenziale, un occhio spirituale che è possibile sviluppare permettendo la visione delle forze eteriche1 e la loro descrizione nei minimi dettagli.

Visualizzazione di queste forze

Benché queste forze eteriche siano di natura assolutamente diversa dalle forze elettromagnetiche, esiste un modo di mettere le une e le altre in evidenza. È noto che mettendo una calamita sotto un foglio di carta su cui è posta della limatura di ferro vedremo questa orientarsi in modo da formare una immagine del campo magnetico. Se dopo avere aggiunto qualche goccia dell’estratto di una sostanza vivente lasciamo cristallizzare una soluzione salina vedremo che i cristalli si orienteranno formando l’immagine delle forze eteriche dello sostanza vivente studiata.

Le cristallizzazioni sensibili

A questo metodo, suggeritogli da Rudolf Steiner, Ehrenfried Pfeiffer, che lo ha pazientemente messo a punto, ha dato il nome di cristallizzazioni sensibili2. Si tratta di un metodo non quantitativo ma qualitativo. La somiglianza con il metodo che mette in evidenza il campo magnetico con la limatura di ferro è superficiale, poiché, mentre lo spettro magnetico resta sempre lo stesso, le cristallizzazioni sensibili presentano una varietà infinita. Un osservatore allenato potrà stabilire a quale specie appartenga l’estratto aggiunto alla soluzione salina (viene usato del cloruro di rame) e perfino se si tratta di un estratto di radici, foglie o fiori. Le immagini variano anche in funzione della qualità della sostanza e consentono di

I quattro elementi costitutivi dell'uomo

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differenziare non solo i vegetali, ma anche il metodo con il quale sono stati coltivati. Applicata allo studio del sangue umano, la cristallizzazione sensibile è un aiuto prezioso per la diagnosi delle malattie, di cui permette di precisare alcune caratteristiche, così come la loro localizzazione. Per manifestarsi, le forze eteriche hanno bisogno di un supporto materiale, di uno strumento, costituito dall’acqua. Quanto una pianta ne è privata le forze eteriche si ritirano e la pianta muore, mentre nel seme esse possono restare latenti per anni; basta allora dare dell’acqua per vedere come le forze plasmatrici tornino ad essere di nuovo attive permettendo la germinazione, la crescita e la strutturazione sempre più spinte. Le sostanze derivate dal mondo minerale vengono trasformate ed elevate al livello del regno vegetale; acquistano allora proprietà nuove che non avevano prima nell’ambito del regno minerale. Dal punto di vista chimico non vi è differenza; l’analisi chimica non rivela che le proprietà del regno minerale, tuttavia le nuove proprietà che conferiscono le forze eteriche possono essere messe in evidenza a condizione di utilizzare metodi appropriati che non sono quelli del mondo minerale. Come abbiamo visto, la pianta si è parzialmente svincolata dalla gravità. L’animale, creatura orizzontale, sembra che abbia perduto questa facoltà, ma solo in apparenza, perché ciò che la pianta possiede di statico è trasformato dall’animale in una proprietà dinamica; esso può spostarsi, saltare, arrampicarsi e anche volare. Il movimento che lo caratterizza è inseparabile da un’altra facoltà: la sensibilità. Il desiderio come la paura possono provocarlo. Attrazione e repulsione o, potremo anche dire, simpatia ed antipatia3 sono i poli fra i quali oscilla sempre l’animale. Questi stati affettivi sono interiori e si manifestano esteriormente con dei movimenti. Quel contenuto che noi chiamiamo psichismo è il risultato di stimoli esterni che sono stati interiorizzati da un periodo più o meno lungo. L’animale, il suo psichismo e i suoi movimenti sono così strettamente legati fra loro che i Latini, che li avevano bene compresi, li rappresentavano con parole etimologicamente vicine che noi ritroviamo nella nostra lingua: animale, anima, animato. Infatti può essere dotato di movimento proprio solo ciò che è animato, cioè possessore di un’anima e l’animale è l’essere animato per eccellenza.

La vita animale

Pertanto, con l’animale, siamo in presenza di una facoltà nuova, l’interiorizzazione, che non troviamo nella pianta. Nell’animale il mondo esterno diventa contenuto, il che si manifesta nella sua struttura; basta confrontare l’organo respiratorio della pianta (la foglia) e dell’animale (l’alveolo polmonare) per rendersene conto. La foglia è circondata di aria che si trova all’esterno di essa, nell’alveolo polmonare l’aria interiorizzata è circondata dall’organo ed allo stesso tempo appare il movimento sotto

Il processo di interiorizzazione nell’animale

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Medicina antroposofica

foglia

morula

alveolo polmonare

blastula

gastrula

forma di respirazione (Fig. 1). Ritroviamo ugualmente tale processo di interiorizzazione in uno stadio embriologico molto precoce. Quando l’uovo comincia a svilupparsi forma un ammasso di cellule chiamato morula per la sua somiglianza con una piccola mora (Fig. 2); nello stadio successivo le cellule si dispongono alla periferia formando una piccola vescica chiamata blastula. Da questo momento in poi una parte della blastula si invagina e si giunge allo stadio di gastrula, così chiamato per la sua somiglianza con uno stomaco. Questa invaginazione è una tipica manifestazione animale di interiorizzazione, mentre la pianta non supera mai lo stato di blastula. Il corpo fisico o astrale

Dobbiamo chiederci cosa provoca questa gastrulazione. Per potere attuarsi è necessario che vi sia una forza che agisca nel senso della freccia della Fig. 2. La crescita, la moltiplicazione cellulare, la riproduzione sono manifestazioni delle forze eteriche, ma nella gastrulazione appare, con un fenomeno nuovo, una forza nuova, diversa dalle forze eteriche e che non esiste nella pianta. Dopo che si è verificata questa invaginazione e che si è costituita una cavità, questa forza vi si installa come in un nido. Costituisce nell’animale un terzo elemento - i primi due sono i corpi fisico ed eterico - che l’antroposofia chiama corpo psichico o corpo astrale, la ragione

I quattro elementi costitutivi dell'uomo

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di questa denominazione può essere così inquadrata: tutto ciò che è sensibilità - istinti, desideri, passioni, attrazioni e repulsioni - è l’espressione del corpo astrale, dello psichismo e del contento dell’anima. Ciò che proviene dal mondo esterno è interiorizzato dal corpo astrale, poi è nuovamente esteriorizzato sotto forma di movimento. Vi è come un movimento respiratorio, di alternanza fra l’interiorizzazione, forma di «simpatia», e l’esteriorizzazione, forma di «antipatia», che ci fa intravedere come l’aria non sia estranea a tali processi. Il corpo eterico ha bisogno dell’elemento liquido come supporto, il campo astrale non può agire che per mezzo dell’elemento gassoso. Abbiamo visto che è possibile per l’uomo sviluppare delle facoltà latenti che gli permettono di percepire il corpo eterico. Se continuiamo a sviluppare queste facoltà con un allenamento appropriato, potremo ugualmente giungere a percepire il corpo astrale non solo nelle manifestazioni sensibili ma nella sua realtà. Il corpo eterico, come si è visto, si oppone alla legge del mondo fisico e a sua volta l’astrale si oppone all’eterico, ma tale opposizione si manifesta su un altro piano; imponendo la sua direzione al corpo eterico, il corpo astrale lo limita e conferisce, a sua volta, proprietà nuove alla sostanza. Un esperimento che tutti conosciamo, quello del cuore di pollo di A. Carrel, può aiutarci a comprendere l’azione del corpo astrale. La cellula del cuore di pollo che è stata isolata non è più sotto l’influsso del corpo astrale del pollo. A che cosa va incontro? Essa si moltiplica in un ammasso che ricorda la morula, la vita che vi si manifesta è puramente vegetativa, eterica (e ancora non è che una particella di eterico), mentre la sensibilità, la differenziazione cellulare sono scomparse. Avremo in seguito l’occasione di riparlare di questo esperimento. L’animale, come si è detto, è un essere orizzontale, mentre nell’uomo ritroviamo la verticalità. In rapporto alla pianta l’animale ha compiuto una rotazione di 90°, l’uomo di 180°. Il fatto di considerare quest’ultimo come un animale superiore è uno degli errori della scienza materialista che ha impedito di sviluppare le nostre conoscenze in merito. Vi è tra l’uomo e l’animale, come fra l’animale e la pianta, uno iato dove la stazione verticale è solo una manifestazione che colpisce in modo particolare. Certamente, vi sono degli animali che sono capaci, per un tempo relativamente breve, di stare in posizione eretta, ma tale posizione richiede uno sforzo che sono incapaci di sostenere. Nell’uomo, al contrario, le masse sono perfettamente equilibrate e lo sforzo necessario è minimo. La tendenza alla verticalità e inscritta nella sua statura in generale e fin nei minimi particolari del suo scheletro. Basta paragonare lo scheletro dell’uomo a quello di un semplice antropoide per rendersene conto. Nella scimmia, per esempio, il peso del massiccio facciale deve essere compensato da una musco-

L’esperienza di Carrel

La stazione verticale

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Medicina antroposofica

latura possente della nuca, mentre nell’uomo la testa sta in equilibrio sulla colonna vertebrale; quest’ultima si è raddrizzata e ha conservato solo un leggero ricordo della sinuosità del serpente, giusto per conferirle l’elasticità necessaria. Linguaggio e pensiero

Altra caratteristica umana è il linguaggio. Gli animali gridano, solo l’uomo parla (il pappagallo non fa che imitare un verso per lui privo di ogni significato). Le reazioni degli animali sono in qualche modo degli automatismi ed è anche possibile crearne, con l’addestramento, di ogni tipo. Il linguaggio umano non è acquisito alla nascita, deve essere appreso, come la stazione verticale con sforzi incessanti. Una terza facoltà che appartiene solo all’uomo è il pensiero, anche esso si apprende e noi siamo sempre stupiti davanti ad un piccolo bambino che muove i suoi primi passi.

L’Io

L’animale dipende interamente dagli stimoli esterni e dai suoi istinti. Le circostanze nelle quali si trova in un dato istante vengono gli ricordano circostanze passate. Solo l’uomo può volontariamente ricordarsi del passato, immergersi in esso a proprio piacimento. L’uomo può anche entrare in se stesso e osservare il suo pensiero. Può divenire oggetto per se stesso e anche dare un nome a se stesso con questa piccola parola non applicabile su alcun altro: Io. Non è soltanto coscienza del mondo esteriore che lo circonda, come nel caso dell’animale; egli si distingue dal mondo esteriore ed ha coscienza di se medesimo. Questo Io non è una astrazione come l’avevano concepito certi filosofi, ma una entità altrettanto reale come lo sono il corpo fisico, il corpo eterico ed il corpo astrale; è lo spirito umano. È da lui che emana la forza che dà al nostro organismo la sua configurazione particolare, che spinge il bambino ad assumere la stazione eretta, a parlare ed a pensare. Possiede come gli altri corpi un substrato materiale: l’organismo di calore. Se fosse possibile isolare il calore del nostro organismo, vedremmo che esso non è lo stesso in tutte le parti, che presenta una struttura una organizzazione (che può essere parzialmente messa in evidenza con la fotografia all’infrarosso) ed è pertanto assolutamente giustificato parlare di un «organismo di calore» per mezzo del quale agisce l’Io. Allo stesso modo, il corpo astrale ha per supporto un «organismo-aria» ed il corpo eterico un «organismo-acqua». Possiamo riassumere ciò nella tabella di pag. 15. L’uomo ha così in comune con il regno minerale il corpo fisico, con il regno vegetale il corpo eterico, con il regno animale il corpo astrale, ma è il solo a possedere un Io o spirito umano.

L’uomo e la libertà

Per certi versi ciascun regno si oppone al precedente. Avviene la stessa cosa quando ci eleviamo dal regno animale all’uomo. L’animale è completamente soggetto ai suoi istinti e alle sue pulsioni; l’uomo è, grazie al suo Io, in grado di opporsi. Egli ha la possibilità di essere libero e può

I quattro elementi costitutivi dell'uomo

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ELEMENTI COSTITUTIVI DELL’UOMO

SUPPORTO ORGANICO

ELEMENTI NATURALI

Io o spirito umano Corpo psichico o astrale Corpo eterico Corpo fisico

Organismo di calore

Fuoco

Organismo-aria Organismo-acqua Organismo-minerale

Aria Acqua Terra

scegliere in funzione di un ideale morale. Questa libertà non gli è donata (altrimenti non sarebbe più una libertà) ma se la conquista per mezzo della volontà. Le passioni, le pulsioni, gli istinti sono comuni per tutti gli uomini; ma noi ci distinguiamo gli uni dagli altri per la maniera in cui li dominiamo. Nell’ambito di una stessa specie gli animali sono intercambiabili, non possedendo una individualità propria. Ciascun uomo, al contrario, è un essere a parte, pari a nessun altro; ciò si manifesta nella costituzione fisica, per esempio nel sangue, che non è mai identico a quello di un altro. Tale individualità appare anche nei più piccoli dettagli come le impronte digitali. Tuttavia non è il corpo fisico che stabilisce l’esistenza di queste caratteristiche individuali, ma non fa che ricevere, attraverso l’intermediazione del corpo eterico e del corpo astrale, l’impronta dell’Io. In effetti, la sostanza del corpo fisico si rinnova interamente in sette anni; esso pertanto sarebbe incapace di mantenere la struttura umana nella sua integrità senza l’azione dell’Io sul corpo fisico attraverso la mediazione del corpo astrale e del corpo eterico. Questo rinnovamento della sostanza in sette anni è stato messo in luce a più riprese da Rudolf Steiner; solo recentemente, grazie all’uso di radioelementi artificiali, è stato possibile darne la prova. Malgrado tale rinnovamento, tuttavia noi conserviamo la nostra identità. La nostra sostanza cambia, il nostro aspetto si modifica a poco a poco, il nostro psichismo si trasforma e tuttavia non dubitiamo un solo istante di essere rimasti lo stesso individuo, ricco di tutti i ricordi raccolti nel corso dell’esistenza.

L’individualità umana

I quattro elementi costitutivi mantengono fra di loro rapporti più o meno intimi. Il corpo fisico e il corpo eterico, strettamente legati, coincidono quasi esattamente e si separano solo con la morte. Essi formano il complesso inferiore fisico-eterico. Il complesso superiore - corpo astrale ed Io - realizza ugualmente una stretta unione, ma sarebbe sbagliato applicare un criterio di spazio come noi lo intendiamo nel mondo materiale, criterio a cui si sostituisce quello del grado di coscienza. Il legame fra il complesso superiore da una parte e l’inferiore dell’altra è meno stretto ed è soggetto a variazioni. Nel

Rapporti fra i quattro elementi

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Medicina antroposofica

sonno, il complesso superiore si stacca dall’inferiore e ciò che resta nel letto può allora paragonarsi a una pianta, tuttavia con la differenza che, nell’uomo, gli elementi superiori lasciano un impulso residuo nel corpo eterico. A poco a poco tale impulso si spegne e l’essere umano non può vivere senza di esso, diviene così necessario che l’Io ed il corpo astrale si incarnino nuovamente nel complesso inferiore e così l’uomo si risveglia. Lo stato di coscienza vigile e la coscienza di sé sono in effetti legati alla presenza dell’Io e del corpo astrale nel complesso inferiore. Quando al momento della morte il corpo eterico abbandona allo stesso modo il corpo fisico, quest’ultimo torna al mondo minerale e ne subisce nuovamente le leggi decomponendosi.

NOTE 1

Rudolf Steiner, Comment acquérir des connaissances sur les mondes supérieurs ou l’Initiation. Éditions du Centre Triades, Paris, VII ed., 1976.

2

Pfeiffer E., Empfindliche Kristallisationen als Nachweis von Formkräften im Blut. Emil Weise Verlag, Dresde, 1936. Bessenich F., Les forces formatrices et la méthode des cristallisations sensibles, Revue Triades, tome I, n° 2, Paris, 1953 (esaurito). Selawry A., La cristallisation sanguine, in Cahiers de médecine anthroposophique, supplement n° 1, juin 1980.

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È necessario precisare il senso che attribuiamo ai termini simpatia ed antipatia, dato che li useremo spesso. Nella simpatia si riassune tutto ciò che può spingerci verso un altro essere, nell’antipatia tutto ciò che può allontanarcene. In fin dei conti, tutti i movimenti dell’anima possono essere rapportati all’uno o all’altro di questi concetti se vengono intesi nel loro senso più largo, più profondo.

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Capitolo II

La triade umana Nell’iniziare a conoscere gli elementi soprasensibili dell’uomo, abbiamo fatto un primo passo. Ora studieremo i rapporti esistenti fra gli elementi e le differenti regioni del corpo fisico. L’osservazione rivela una polarità fra l’alto ed il basso dell’organismo. Al polo superiore la forma pressoché sferica del cranio si oppone alla struttura radiale degli arti. Le ossa del cranio costituiscono un contenitore solido che circonda le parti molli, negli arti al contrario sono le parti dure che occupano il centro; nel capo l’uomo è un invertebrato, negli arti un vertebrato. Il carattere radiale degli arti ci appare ancora meglio se contiamo le ossa: uno nella coscia, due nelle gambe, cinque nelle estremità. Questi due poli non sono sufficienti per fare un essere umano, occorre ancora un mezzo, un elemento di legame, senza il quale i poli non potrebbero esistere. Tale è il torace. Vista nel suo insieme, la gabbia toracica possiede ancora il carattere di sfericità della testa, ma ogni costa presa isolatamente ricorda la struttura allungata degli arti. Inoltre, la gabbia toracica avvolge le parti molli, ma essa stessa è circondata da una notevole muscolatura. Il rachide nel suo insieme è una struttura allungata circondata da muscoli come gli arti, mentre ciascuna vertebra presa isolatamente è un piccolo cranio che avvolge le parti molli del nevrasse.

La tripartizione dell’uomo

Ciò che ci ha rivelato l’anatomia, lo ritroviamo nella fisiologia, nel funzionale. Le ossa del cranio, a parte la mandibola, sono immobili; nell’altro polo, le ossa degli arti sono estremamente mobili. Quelle della gabbia toracica sono parzialmente mobili ma non hanno il grado di libertà di quelle degli arti. I loro movimenti, come quelli degli organi che esse circondano, sono ritmici; per questo motivo chiameremo questa regione intermedia la regione ritmica. Il polo cefalico è un luogo di concentrazione: luce, suoni, aria e alimenti vi penetrano. All’altra estremità, incontriamo la dispersione nel movimento centrifugo delle escrezioni. Fra i due poli noi troviamo

Aspetto fisiologico della polarità

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Medicina antroposofica

l’armonizzazione e il ristabilirsi dell’equilibrio fra l’alto ed il basso. Il sistema neurosensoriale, concentrato principalmente al polo cefalico, è lo strumento della sensibilità, del pensiero e della coscienza. Il polo inferiore è quello del movimento, del metabolismo (che è anche movimento), degli scambi sia nella muscolatura che nell’apparato digerente; è lo strumento della volontà. Armonizzando l’alto con il basso, realizzando il collegamento fra il pensiero e la volontà, il sistema ritmico è lo strumento del sentimento, dell’affettività. Generalizzazione della tripartizione

L’uomo è dunque un essere tripartito ma la descrizione che abbiamo dato non è che un grossolano approssimarsi alla realtà, poiché noi possiamo ritrovare questa tripartizione in tutti i piani, in ogni regione, in ciascun organo, in ciascun elemento, anche nei più piccoli. Così, nella testa, l’elemento sferico del polo superiore, con il suo contenuto di sostanza nervosa, predomina solo nel cranio. Il mascellare inferiore con la sua mobilità, la sua muscolatura, le sue ghiandole salivari digestive, costituisce un elemento del polo inferiore. Il naso è un elemento del sistema ritmico, con il quale comunica attraverso le vie respiratorie, esattamente come la bocca comunica con l’apparato digerente. Ma nell’ambito di questi tre livelli della testa, quello che domina resta l’elemento sferico, cefalico e neurosensoriale. Noi ritroveremmo questi tre piani, ma con una dominante inversa, al polo inferiore: così, nel femore troveremo una testa collegata ad una zona allungata, l’arto propriamente detto, per mezzo di un collo che ne costituisce la regione media. Nel piede la rotondità del tallone richiama il polo cefalico, le dita il carattere radiale degli arti.

Complessità dell’essere umano

Ma l’uomo è un essere molto complesso e lo studio del piede, sotto l’aspetto della tripartizione, ce ne dà un esempio. Se il tallone per la sua forma anatomica richiama il polo cefalico, per la sua funzione, cioè quando prende vigorosamente contatto con il suolo, ci fa pensare all’elemento volontario del polo inferiore. Ciò è più accentuato quando la collera ci fa battere il piede in terra. Le dita, al contrario, anche se sono «arti» per quanto riguarda la loro struttura, appartengono, per la loro ricca innervazione e per la loro funzione di tastare il suolo, al sistema neuro-sensoriale; vi è una sorta di paradosso, di dissociazione fra forma e funzione. Tali contraddizioni apparenti si riscontrano frequentemente nello studio dell’essere umano; è molto importante comprendere cosa significano se si vuole progredire verso una reale conoscenza dell’uomo. Nel caso del piede, il paradosso può essere risolto se si considera cosa è un processo sensoriale nel suo insieme. La percezione è un atto puramente neurosensoriale, ma nelle dita che tastano vi è la «volontà di percepire», un processo contemporaneamente sensoriale e volontario. È per la volontà di percepire, toccare e sentire il suolo che l’apparato neurosensoriale è stato spinto ad inviare le sue ramifi-

La triade umana

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cazioni fin nelle estremità degli arti. Questa partecipazione della volontà si ritrova d’altra parte in altre attività sensoriali come quando noi dirigiamo lo sguardo o tendiamo l’orecchio. Potremmo fare delle osservazioni simili per quanto riguarda la mano che quando si chiude in un pugno - una testa in miniatura - è simbolo di volontà, spesso di volontà contrariata, contenuta, cosa che spiegherebbe l’aspetto «cefalico» del pugno, mentre quando si apre è un organo sensoriale che tocca o diviene lo strumento ritmico del contatto sociale quando si tende la mano al prossimo. Tutto ciò che precede ci mostra quanto sia necessario un pensiero vivo se si vuole comprendere l’uomo. Il pensiero troppo schematico, strettamente intellettuale, ne è incapace, poiché non fa che sezionare, che comprendere ciò che è morto, proprio come il chimico che volendo analizzare una sostanza vivente deve prima ucciderla! Studiando successivamente il polo neurosensoriale, il polo del metabolismo o motorio-digestivo ed il sistema ritmico intermedio, noi abbiamo anche suddiviso l’uomo; ma egli è un tutto e dobbiamo ora considerarlo nel suo insieme. Quando poniamo dello zucchero sulla nostra lingua, proviamo una sensazione, quella del gusto dolce. Si tratta di un processo neurosensoriale che ci fa prendere coscienza di una qualità che appartiene alla sostanza depositata sulla lingua. Ma questo non è che una parte del processo. In realtà è tutto l’organismo che partecipa a questo processo e si prepara a ricevere lo zucchero, a trasformarlo, a digerirlo, a trasportarlo là dove l’organismo ne ha bisogno. Ma solo ciò che avviene nella sfera neurosensoriale colpisce la nostra coscienza; al di là della faringe, tutto si svolge inconsciamente. Inversamente tutto ciò che avviene nel polo motoriodigestivo si riflette al polo cefalico. Noi prendiamo in tal modo coscienza del risultato dei nostri movimenti, cosa che ci permette di controllarli. Uno stato normale implica l’equilibrio fra questi due poli. Se uno dei due tende a fare prevalere la sua attività, si fa in modo che venga ristabilito l’equilibrio, compito che deve essere svolto dal sistema ritmico, il cui principale attore è il cuore. Esso funziona sia come un organo neurosensoriale che percepisce ciò che viene dall’alto e ciò che viene dal basso, sia come uno sbarramento che orienta e canalizza il flusso sanguigno al fine di armonizzare le due tendenze. Uno dei grandi limiti al progresso della conoscenza della fisiologia circolatoria è stata l’idea meccanicistica che assimila il cuore ad una pompa. Tale pregiudizio è così fortemente ancorato nella coscienza che è molto difficile abbandonarlo. Nella sua lezione ai medici del 19201, Rudolf Steiner disse: «Vi è un processo di scambio fra le sostanze alimentari liquefatte e l’elemento

Interazione dei poli

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Medicina antroposofica

gassoso assorbito dal polmone. Questo processo può essere studiato con rigore: è il risultato di una interazione di forze. Gli elementi costitutivi di questo processo di scambio si incontrano e si accumulano nel cuore prima di questa interazione. Il cuore appare come una diga, da una parte di ciò che chiamerei le attività inferiori dell’organismo: l’assorbimento e la trasformazione degli alimenti e, dall’altra parte, le attività superiori. Fra queste ultime la respirazione occupa il posto meno elevato. Uno sbarramento, una diga è interposta e l’attività del cuore - questo è importante - è il risultato del gioco di forze fra la corrente alimentare e l’aria giunta dall’esterno. Tutto ciò che si manifesta nel cuore, tutto ciò che vi si può osservare, deve essere considerato come una conseguenza e provvisoriamente sotto il suo aspetto meccanico». Conferme sperimentali

Molto recentemente questa concezione del cuore come organo di equilibrio è stata verificata sperimentalmente in due ambiti differenti. Il professor Manteuffel2 ha fatto degli esperimenti su dei cani deviando la circolazione fuori del cuore ed ha constatato che il volume-minuto era considerevolmente aumentato. Se il cuore fosse una pompa, noi avremmo constatato una diminuzione o persino un arresto della circolazione. Alcuni bambini portatori di certe malformazioni cardiache presentano ugualmente un volume-minuto considerevolmente aumentato. Il professor Manteuffel cita il caso di una bambina di nove anni del peso di 25 Kg nella quale aveva misurato un volume-minuto di 11,3 litri. Sette giorni dopo l’operazione eseguita negli Stati Uniti, il volume minuto era di 1,451 litri, cioè normale. Altre osservazioni vanno nello stesso senso3. D’altra parte, gli embriologi sanno perfettamente che la circolazione sanguigna è precedente all’esistenza del cuore e delle pulsazioni. Noi vedremo ulteriormente quanto il fatto di considerare il cuore come un organo di equilibrio può essere fruttuoso dal punto di vista della terapia delle affezioni cardiache. Ad ogni modo, se volessimo stabilire un paragone del cuore con un meccanismo, lo si potrebbe definire un ariete idraulico.

Il polo della vita e il polo della morte

Proviamo ora ad approfondire le attività dei due poli dell’organismo. Noi abbiamo definito l’inferiore come quello del movimento e del metabolismo (essendo quest’ultimo un movimento di sostanze). Vi troviamo una intensa vitalità e di conseguenza una attività corrispondente del corpo eterico. La costante rigenerazione delle cellule dell’intestino, la moltiplicazione cellulare negli organi di riproduzione sono dei processi eterici per eccellenza, sono delle manifestazioni vitali. Al contrario, al polo neurosensoriale prevalgono dei processi di morte. Questo stato di cose raggiunge il suo punto culminante al livello della cellula nervosa incapace di rigenerazione. Si ha l’impressione che basti poco perché muoia totalmente. Vuol dire che le forze eteriche sono assenti al polo superiore?

La triade umana

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È qui che interviene la legge di compensazione della quale abbiamo già parlato. Le forze eteriche che si sono staccate dagli organi neurosensoriali sono divenute disponibili su un altro piano: quello del pensiero. Tutte le facoltà di rigenerazione di strutturazione, questa mobilità, questa infinita varietà di forme che caratterizzano la vita e le forze eteriche che sono alla sua origine, le ritroviamo nel pensiero. Noi possiamo, nel pensiero, creare le più diverse immagini, modellarle, associarle, amputarle e farle ricrescere nuovamente con quella molteplicità di aspetti che ritroviamo nel mondo vegetale. Ecco cosa sono diventate le nostre forze eteriche al polo superiore. Al polo inferiore esse inducono l’intensa vitalità del metabolismo; al polo superiore, esse non agiscono più per modellare delle sostanze, ma per strutturare dei pensieri, per concatenarli gli uni agli altri. Ciò ha per corollario un legame molto meno intimo del corpo eterico con il corpo fisico al polo superiore. Queste forze eteriche sono state metaformosate e messe a disposizione del corpo astrale e dell’Io. Esse intervengano sul piano psico-spirituale (vedi capitolo 8).

Metamorfosi delle forze eteriche nel pensiero

Gli alimenti che assorbiamo sono estranei al nostro organismo, hanno delle proprietà extra-umane. Perché l’organismo possa assorbirle, è necessario che siano private delle loro proprie forze eteriche. Ciò avviene nel tubo digerente, dove sotto l’influenza delle forze astrali provenienti dal polo superiore, gli alimenti sono degradati e privati del loro eterico extra-umano. Sforzandosi di trionfare sulle forze eteriche estranee, anche l’organismo si fortifica ed è in questo che consiste l’essenza del processo alimentare; non sono tanto importanti le sostanze, ma le forze di cui sono il veicolo. Dopo essere stata degradate, le sostanze attraversano la parete del tubo digerente e subiscono un nuovo processo di elaborazione. Esse vengono allora impregnate dalle forze eteriche ed astrali propriamente umane. Vediamo dunque agire il corpo astrale in modo opposto ai due poli dell’organismo. A partire dal polo cefalico, induce dei processi di decostruzione; a partire dal polo metabolico, dei processi di elaborazione. A livello del sistema ritmico, le forze del campo astrale oscillano costantemente fra queste due tendenze.

Le due fasi del processo alimentare

Abbiamo visto che per agire il campo astrale ha bisogno di un supporto: l’elemento gassoso. Al polo inferiore, in condizioni normali, questo elemento gassoso non è libero ma in soluzione nei liquidi; così il campo astrale è, a questo livello, intimamente legato all’organismo. Nel sistema ritmico, il campo astrale si emancipa parzialmente, portando con sé il suo supporto gassoso che vi appare ritmicamente, allo stato libero. Ciò perché il corpo astrale ma è più così implicato nei processi metabolici per cui diviene, a questo livello, disponibile per la vita affettiva. Adesso comprendiamo perché è così strettamente legato al sistema ritmico; per-

Legami del corpo astrale e dell’organismo

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ché la vostra vita affettiva è essa stessa una perpetua oscillazione fra i due poli della simpatia e dell’antipatia, un processo respiratorio dell’anima. Come agiscono corpo astrale ed Io

Se, al polo metabolico, il corpo astrale (e anche l’Io) sviluppano dei processi nei quali sono intimamente mescolati, tutt’altra cosa avviene al polo neurosensoriale. Qui, dopo l’elaborazione degli organi di senso «a loro immagine», si sono ritirati, si sono creati una specie di specchio, cosa che rende possibile la percezione, la presa di coscienza. Se il corpo astrale e l’Io restassero attivi in seno a questi organi, la percezione e la coscienza vigile sarebbero impossibili. È assolutamente necessario che i nostri organi neurosensoriali restino liberi per percepire le impressioni esterne. Abbiamo visto che le forze del corpo astrale uscite dal polo superiore inducono dei processi di destrutturazione sulla sostanze assorbite. Al polo superiore, queste medesime forze provocano la degradazione degli organi stessi ogni volta che entrano in gioco, dunque in occasione dei fenomeni di percezione, di presa di coscienza. Per azione dell’Io vi è più che una degradazione, viene provocato un vero processo di morte. Se gli organi non vengono distrutti è perché la parte del corpo eterico che a loro è rimasta legata rigenera istantaneamente ciò che è stato degradato. Ritroviamo qui l’opposizione fra il complesso inferiore fisico-eterico e il complesso superiore astrale ed Io.

La coscienza opposta alla vita

I processi di coscienza sono dunque legati ad una diminuzione della vitalità; ora comprendiamo meglio perché la vita si è tanto ritirata dai nostri organi di senso, perché il nervo non ricresce, perché un occhio somiglia tanto a uno strumento fisico. Può tuttavia avvenire che dei processi metabolici si manifestino là dove sono assenti in condizioni normali. È ciò che succede, per esempio, in una infiammazione oculare o dell’orecchio, per cui questi organi divengono inadatti alla loro funzione di percezione. Già una semplice congiuntivite compromette considerevolmente la visione; un orecchio affetto da otite non può udire. Tutto ciò ci apre nuovi orizzonti sulla nozione di malattia.

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NOTE 1

Rudolf Steiner, Médecine et science spirituelle, Dornach, 21 marzo - 9 aprile 1920, conferenza del 22 marzo. Éditions Anthroposophiques Romandes, Genève, II ed., 1984.

2

Manteuffel-Szoege L., Gonta J., «Réflexions sur la nature des fonctions mécaniques du coeur». Minerva Cardioangiologica Europea, VI, 261-267, 1958. Manteuffel-Szoege L., Turski C., Grundman J., «Remarks on Energy Sources of Blood Circulation». Bull. Société Inter. Chirur., XIX, 371-374, 1960. Manteuffel-Szoege L., «Energy Sources of Blood Circulation and the Mechanical Action of Heart», Thorax, XV, 47, 1960. Manteuffel-Szoege L., «New Observations concerning the Haemodynamics of Deep Hypothermia», Journ. Cardiovas. Surg., III, 316, 1962. Manteuffel-Szoege L., «Haemodynamic Disturbances in Normo- and Hypothermia with Excluded Heart and during Acute Heart Muscle Failure», Journ. Cardiovas. Surg., IV, 551, 1963. Manteuffel-Szoege L., «On Stopping and Restarting of Circulation in Deep Hypothermia», Journ. Cardiovas. Surg., V, 76, 1964. Manteuffel-Szoege L., Michalowski J., Grundman J., Pacocha W., «On the Possibilities of Blood Circulation Continuing after Stopping the Heart», Journ. Cardiovas. Surg., VII, 201, 1966.

3

Schreiber S.S., Rothschild M.A., «Blood Volume and Heart», Progress in Cardiovasc.Dis., IV, 6, 1962.

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Capitolo III

Salute e malattia Non è sezionando un cadavere che è possibile comprendere la malattia. L’autopsia rivela solo le conseguenze e non le cause. Possiamo avvicinarci alla malattia solo osservando l’uomo vivo. Una delle caratteristiche della malattia è di essere accompagnata da modificazioni del nostro stato di coscienza. Una semplice emicrania, così come una crisi di gotta portano una perturbazione nella nostra coscienza, non ci sentiamo bene. Noi prendiamo coscienza, avvertendo un malessere, dei processi organici che normalmente passano inosservati. Lo stato di benessere è caratterizzato dall’assenza della coscienza di ciò che ha luogo negli organi; ci rendiamo conto della loro esistenza soltanto quando il loro funzionamento è disturbato. I processi della coscienza appartengono normalmente al nostro apparato neuro-sensoriale, al polo cefalico; è quello il loro posto. Quando essi si manifestano al polo metabolico o nella zona ritmica, essi sono l’espressione di uno stato morboso, di una anomalia.

Coscienza e malattia

Abbiamo visto che i processi di coscienza implicano la presenza di un corpo astrale e di un Io e hanno come corollario dei fenomeni di degradazione e di morte. Quando questi processi neurosensoriali diventano relativamente molto importanti invadono il resto dell’organismo, dando luogo a manifestazioni di coscienza anormali. Queste possono interessare territori più o meno estesi sotto forma di semplice molestia, di dolori, o di crampi. Parallelamente, le funzioni metaboliche o motrici sono impedite. L’organismo nel suo insieme (o un organo isolato) ha tendenza a diventare troppo «testa», i processi di coscienza e di demolizione si intensificano a spese di quelli di elaborazione e di rigenerazione. Noi abbiamo ricevuto il frutto dell’Albero della conoscenza e perduto quello dell’Albero della vita. La malattia appare così come uno spostamento, come una preponderanza delle forze astrali sulle forze eteriche. Quello che si trovava al suo posto in una regione dell’organismo diventa malattia altrove.

Spostamenti dei processi neurosensoriali

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Medicina antroposofica

Ripercussione sul corpo fisico

Finché questa azione anormale dell’astrale (o anche dell’Io) colpisce soltanto il corpo eterico, noi restiamo nel campo del funzionale, ma se si prolunga sufficientemente può attaccare il corpo fisico e imprimersi in esso alla maniera di un sigillo, deformandolo. Sono le deformazioni, che per inteso possono a loro volta introdurre dei sintomi, che rivela l’autopsia. Può succedere, al contrario, che l’eterico sia sufficientemente forte per compensare l’azione dell’astrale e dell’Io; in questo caso la malattia non si manifesta lo stesso sul piano funzionale e resta latente. È quando ha passato una certa soglia che il corpo eterico non è più capace di ristabilire l’armonia e si manifesta la malattia.

La salute: un equilibrio instabile

La salute ci appare anche come uno stato precario, come un equilibrio instabile che deve costantemente essere ristabilito, dato che il corpo astrale è il grande fautore dei disturbi e il corpo eterico il grande guaritore. Questo non deve stupirci se ricordiamo che il corpo astrale è il vettore dei nostri istinti, delle nostre passioni, delle nostre pulsioni. Noi comprendiamo così che l’uomo, al quale sono state sottratte una parte di forze eteriche per essere messe al servizio del pensiero, è molto più vulnerabile degli esseri meno evoluti, presso i quali queste forze eteriche sono rimaste disponibili per la rigenerazione.

Lo spostamento verso il polo superiore

Con il predominio dell’astrale, abbiamo affrontato solo un aspetto della malattia, poiché si può produrre anche l’inverso. Può succedere che delle forze eteriche, diventate libere, restino inutilizzate, poiché l’Io non è stato abbastanza forte per metamoforsarle. Queste forze eteriche inutilizzate hanno allora tendenza ad agire per loro conto, a provocare proliferazioni, spinte vegetative anormali, formazioni tumorali. Ci troviamo dunque di fronte a due aspetti opposti delle malattia: nel primo caso, il campo eterico è sollecitato oltre misura; le forze che gli sono necessarie per rigenerare l’organismo gli vengono in qualche modo sottratte; nel secondo caso, le forze eteriche divenute libere restano inutilizzate e manifestano le loro potenzialità dove non dovrebbero. Questa predominanza dell’eterico si accompagna d’altronde a una diminuzione della coscienza, a un certo grado di obnubilazione.

Effetti di una intellettualizzazione troppo precoce

È un esempio, ahimè!, oggi frequente, di sottrazione prematura di forze eteriche: è la scolarizzazione troppo precoce che provoca uno sviluppo intellettuale prima che le forze eteriche necessarie siano divenute libere. È perfettamente possibile fare prematuramente appello a queste forze per accelerare lo sviluppo intellettuale; ed è precisamente là che risiede il rischio, perché ci si dimentica che questa sottrazione di forze eteriche si compie a discapito della salute, anche se le conseguenze non appariranno immediatamente. Infatti, le ripercussioni possono essere lon-

Salute e malattia

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tanissime, esse si manifesteranno spesso più tardi, lungo il corso dell’esistenza. Apparentemente tutto questo sembra molto semplice. In pratica è spesso difficile percepire a quale tendenza appartiene una malattia, perché ciò che osserviamo - i sintomi - sono in realtà delle risposte, delle reazioni dell’organismo ed essi possono essere strettamente vicini pur avendo delle cause opposte. Così quando le forze del corpo astrale uscite dal polo cefalico sono insufficienti a «digerire gli alimenti», per togliere loro il proprio eterico, quello che rimane diviene un alimento per la flora intestinale patologica e noi vediamo apparire le fermentazioni accompagnate da un sintomo: il gonfiore. Ma può succedere anche che l’astrale discenda, per così dire, di un grado: ciò che avviene normalmente al livello del polmone - liberare il gas carbonico - esso lo provoca al livello dello stomaco oppure dello stesso intestino. Si manifesterà allora aerogastrite o aerocolite che presentano entrambi il sintomo del gonfiore, da non confondere con quello dovuto alle fermentazioni.

I sintomi ingannatori

Accade anche che certe fasi appartenenti all’una o all’altra tendenza si succedano nel tempo, essendo talvolta la seconda una reazione alla prima. Noi possiamo osservare un fenomeno del genere osservando ciò che succede nel caso di una ferita: in una prima fase appariranno il dolore e l’infiammazione, espressioni di una maggiore attività del corpo astrale (dolore) e dell’Io (calore). In seguito si manifesta una fase proliferativa, dove il corpo eterico rigenera i tessuti distrutti e infine una terza fase di indurimento e di consolidamento dei tessuti neoformati, nella quale l’eterico si ritira ancora una volta, in parte, dalla zona cicatriziale e l’astrale intensifica ancora una volta la sua azione, ciò viene tradotto dalla nostra coscienza sotto forma di prurito. Se una di queste fasi è ostacolata, non avremo una corretta guarigione. Così se la prima fase si prolunga, e la seconda non può iniziare, osserveremo una ferita atona, senza tendenza alla guarigione. Se, al contrario, la seconda fase supera la misura (spesso come reazione a disinfezioni intempestive) noi vedremo apparire delle gemme carnose proliferanti, spesso all’origine dei cheloidi.

Inversione delle tendenze nel tempo

Una nozione molto importante, nella pratica, è quella della frequente polarità esistente tra il luogo di apparizione dei sintomi e quello dove noi dobbiamo ricercare la causa. Possiamo, per esempio, pensare all’eziologia epatica delle dermatosi. Noi possiamo anche osservare questa polarità in una affezione come l’otite. Questa, con la sua infiammazione, la lisi dei tessuti, la formazione di pus, è un processo metabolico che si manifesta al polo neurosensoriale. Cosicché i malati, presso i quali predomina il polo metabolico, sono più esposti a queste affezione. È dunque indispensabile sapere apprezzare i sintomi al loro giusto valore e sempre ricercare i loro corrispondenti al polo opposto.

Ricerca della causa delle malattie

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Medicina antroposofica

Bisogna curare la causa, non i sintomi

Sapere che un malato è affetto da polmonite non costituisce un vero suggerimento terapeutico. La medicina corrente, in questo caso, prescriverà degli antibiotici che non costituiscono in realtà che un palliativo diretto contro uno dei sintomi della malattia: l’infezione microbica. Il fatto di sopprimere questo sintomo non potrebbe essere in alcun caso una reale guarigione e provoca quasi sempre un nascondere in profondità la malattia, che avrà tendenza a manifestarsi di nuovo sotto la stessa o sotto un’altra forma, spesso più sorniona, più cronica. Qualunque medico, per quanto poco osservatore, ha potuto constatare questo stato che si trascina, conseguenza di un’affezione «ricacciata indietro».

La polmonite

Ma rivediamo la polmonite e osserviamo per esempio uno dei suoi sintomi: quello dell’epatizzazione polmonare. Questa espressione molto pittoresca traduce perfettamente quello che avviene: una parte del polmone prende la consistenza che ha normalmente il fegato; diviene in qualche modo un organo simile al fegato, un organo del metabolismo. Tutto avviene come se un processo normale al livello del fegato fosse stato spostato sul piano superiore, quello del polmone. Senza dubbio l’identità non è totale, la costituzione del polmone non lo permette; quello che avviene al livello del polmone non è che un riflesso. Se noi abbiamo la possibilità di ristrutturare questi processi metabolici che si sono riversati verso il polmone, di riportarli al normale, non indurremo noi una guarigione molto più reale che non distruggendo dei germi che si sono installati in un secondo tempo in un organo già malato? Tutto ciò è realmente possibile; queste forze di ristrutturazione noi li troveremo nell’Antimonium e più specificatamente nell’Antimonium tartaricum. Qui, abbiamo preso in considerazione un solo aspetto della malattia, come esempio; uno studio più dettagliato ci condurrebbe ad associare altri farmaci come, per esempio, Phosphorus o Ferrum phosphoricum, ma questo ci porterebbe troppo lontano per il momento.

La medicina: una educazione del pensiero

Questo esempio serve per incitare noi stessi a tentare di comprendere ciò che accade. Tali relazioni tra la patologia e la terapia non possono essere scoperti dal solo pensiero intellettuale ma richiedono da parte del medico uno sforzo di meditazione, una coscienza più sveglia di quella della nostra vita di tutti i giorni. Questa non è una via facile, ma chi sarà capace di praticarla, di prestare attenzione con coscienza a questa intuizione terapeutica, vedrà aprirsi delle possibilità di guarigione molto più ampie di quelle che fino ad ora ci sono state offerte.

Importanza dei fattori psichici

Tra i sintomi che noi osserviamo, quelli di ordine psichico non sono meno importanti di quelli rivelati dall’osservazione fisica. La classificazione delle malattie in mentali e fisiche è un po’ schematica e non corrisponde che a una dominante nei sintomi osservati. Il limite fra le due categorie rimane sottile. Noi abbiamo già visto che a tutte le affezioni si accompa-

Salute e malattia

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gnano delle modificazioni della coscienza e non esiste malattia cosiddetta mentale che non comporti dei cambiamenti fisici. Il corpo, o più esattamente il complesso fisico-eterico, è lo strumento del complesso astrale-Io; come potrebbe, questo, esprimersi correttamente attraverso uno strumento difettoso? Non vi è dunque niente di sorprendente nel fatto che i sintomi psichici possano aiutarci a meglio comprendere quello che succede nell’organismo. D’altra parte, vedremo che esistono dei sintomi psichici caratteristici di certi organi; possiamo per esempio distinguere diverse specie di paure in rapporto a determinati organi. Gli omeopati lo sanno perfettamente per averlo scoperto empiricamente, ma questo empirismo, tanto fruttuoso nella pratica, non sarà ugualmente soddisfacente sul piano del pensiero. Sentiamo, in noi stessi, il bisogno di comprendere, di imparare trovando il filo conduttore delle nostre molteplici osservazioni e non sapremo, nello stato attuale della nostra coscienza, contentarci di una credenza, di una tradizione, di un dogma o di una teoria se non sarà possibile illuminarla attraverso il nostro pensiero. Avendo posto le malattie in rapporto con i nostri stati di coscienza, sarebbe giustificato domandare perché il corpo astrale porta in sé questo potenziale morboso. La risposta oltrepasserebbe i limiti di un’opera di medicina, ma ciò che questo comporta potremo trovarlo in altre opere antroposofiche.

NOTE 1. Rudolf Steiner, La scienza occulta, Editrice Antroposofica, Milano, 1976.

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Capitolo IV

Isteria e Neurastenia Abbiamo già dimostrato che i rapporti tra il fisico, l’astrale e l’Io non sono uguali ai due poli dell’organismo. Al polo inferiore, quello degli scambi e del movimento, l’Io agisce in stretto collegamento con gli altri corpi. Sarebbe più esatto dire che la sua azione sull’organismo avviene attraverso o con l’intermediazione del corpo astrale, del corpo eterico e del corpo fisico. Questa azione mediata si traduce nell’organismo in processi di costruzione, di elaborazione, di rigenerazione, di vitalizzazione portati dalla corrente sanguigna in tutto l’organismo fino al polo neurosensoriale. Questa corrente è regolata, ritmata dal cuore; benché essa si espanda in tutto il corpo, ha sicuramente la sua origine al polo metabolico.

Gli elementi costitutivi al polo inferiore...

Al polo neurosensoriale, al contrario, i diversi elementi sono separati (1). A questo livello, l’Io, al posto di agire attraverso l’intermediazione degli altri corpi, si collega direttamente all’organismo. Questa azione dirette dell’Io segue i tragitti nervosi, inducendo dei processi di degradazione, di morte, di strutturazione (2).

...e al polo superiore

La prima corrente, nata dal polo metabolico, vivifica le sostanze, le «eterizza»; la seconda, nata del polo neurosensoriale, le uccide, le mineralizza, ma in tal modo rende anche possibili i processi del pensiero, della coscienza. Quello che la seconda corrente nata dal polo superiore ha ucciso dovrà essere rivitalizzata dalla prima, nata del polo inferiore, altrimenti l’organismo morirebbe. Siamo in presenza di una costante armonia tra le due correnti mediata dal sistema ritmico e più particolarmente dal cuore. Per essere più completi, dobbiamo segnalare che esistono ancora due correnti intermediarie di degradazione e di rigenerazione attenuate. Possiamo, senza perderci nei dettagli, permetterci di assimilarle alle precedenti.

Azione del complesso superiore sull’organismo

L’equilibrio tra queste diverse correnti non è identico per tutti gli individui e il predominio degli uni o degli altri provocherà diverse predisposizioni morbose.

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Medicina antroposofica

La tendenza isterica

I processi di degradazione indotti attraverso le correnti superiori svolgono un ruolo importante nella digestione. Abbiamo visto che, per essere ammessi ad attraversare la parete digestiva, gli alimenti dovranno perdere le loro caratteristiche proprie, dovranno subire una degradazione, quasi una disintegrazione. Supponiamo che le correnti superiori siano troppo deboli per degradare completamente gli alimenti; questi avranno tendenza a conservare le loro proprie caratteristiche all’interno dell’organismo, a comportarsi come sostanze estranee, a introdurre una chimica e una fisica esterne. Ai disturbi provocati dalla presenza di queste forze estranee nell’organismo, Rudolf Steiner ha dato il nome di isteria. Nel suo spirito, questa parola non vuole designare soltanto i sintomi psichici che conosciamo, ma un insieme di disturbi dei quali l’isteria degli psichiatri non è che il punto culminante.

...e la tendenza neurastenica

Può succedere, al contrario, che le correnti superiori, quelle che provocano la degradazione, siano troppo intense. L’Io esaurisce in qualche modo la sua azione al polo neurosensoriale e non gli rimane più abbastanza forza per indurre correttamente al polo inferiore, attraverso il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico, i processi di elaborazione. I processi di morte, di degradazione, prendono il sopravvento, l’organismo diventa allora troppo «spirituale», potremmo anche dire troppo «intellettuale». L’insufficienza di rigenerazione si esprime attraverso una tendenza all’accumulo di scorie che si depositano nell’organismo e costituiscono anche essi dei corpi estranei. Per questa seconda varietà di disturbi, dove predominano i processi di degradazione, Rudolf Steiner aveva scelto il nome di neurastenia, anche questo da intendersi in un senso più ampio di quello attribuitogli dalla psichiatria. È molto importante farsi una immagine viva di questa polarità tra le due tendenze morbose che costituiscono l’isteria e la neurastenia, poiché non è inesatto dire che tutte le malattie si avvicinano più o meno verso l’una o l’altra.

Semiologia di queste tendenze

A meno di avere sviluppato in noi delle facoltà di chiaroveggenza, ci è impossibile osservare direttamente queste correnti ma possiamo tutti scoprire i sintomi, cioè le reazioni dell’organismo a questi processi. Questi sono d’altronde infinitamente vari e spesso ingannatori. A un corpo estraneo, per esempio, l’organismo può reagire sia eliminandolo attraverso un processo infiammatorio, sia incistandolo attraverso un processo di sclerosi. È certo che l’infiammazione, con le sue manifestazioni sanguigne, i suoi intensi processi vitali, deve essere considerata come una reazione di natura «isterica», ciò che non le impedisce, all’occorrenza, di sembrare consecutiva a una affezione «neurastenica». La sclerosi, invece, con i suoi processi di invecchiamento, di degradazione, di devitalizzazione, di sedimentazione, è una reazione tipicamente neurastenica; possiamo tuttavia trovarla in un

Isteria e Neurastenia

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soggetto di tipo isterico, nel quale l’organismo si è in qualche modo rassegnato e non è più capace di una reazione infiammatoria. La conoscenza di questi fenomeni apre il cammino verso una terapia estremamente flessibile, che permette di sostenere l’organismo nei suoi tentativi di guarigione, piuttosto che ostacolarlo. Alla luce di quanto detto, è interessante studiare una affezione tipica di uno di questi processi. Quando la degradazione degli alimenti, per debolezza delle correnti superiori, è insufficiente, succede che alcune sostanze conservino un carattere estraneo attraversando la parete intestinale. All’interno del tubo digerente regna ancora, allo stato normale, una certa attività esteriore, extra-umana, ma superata la parete dell’intestino, noi siamo realmente all’interno dell’uomo, dove dovrebbero esistere solo i processi umani. Tutto quello si è introdotto di estraneo agisce allora come un veleno, una tossina, della quale l’organismo tenterà di sbarazzarsi. Non accade sempre, in particolare se il fegato non è più capace di svolgere le sue funzioni. Queste tossine saranno allora trascinate, attraverso la corrente sanguigna al polo neurosensoriale che tenterà a sua volta di «digerirle», di portare a termine quello che il tubo digerente aveva trascurato. Gli organi del polo neurosensoriale non sono, ovviamente, adatti a questo compito e il corpo astrale e l’Io, con uno sforzo non abituale, vanno in qualche modo ad aggrapparsi a questi organi. Questo collegamento non abituale si esprimerà per mezzo del dolore. Abbiamo abbozzato un quadro dell’emicrania e potremo mettere così in luce tutti i suoi sintomi, come ha fatto Husemann (3). Noi comprendiamo ora perché tutto ciò che diminuisce l’azione del corpo astrale e dell’Io al polo superiore può favorire l’emicrania. Così il periodo mestruale, esigendo una accresciuta attività del corpo astrale e dell’Io al polo inferiore, sottraendo delle forze già insufficienti dal polo superiore, potrà essere una causa scatenante. In caso di sovraccarico alimentare, la corrente superiore è assolutamente incapace di assolvere il suo compito e i sofferenti di emicrania istintivamente tendono a ridurre la loro alimentazione. Una emozione, una contrarietà, un sovraffaticamento mentale, l’eccesso delle impressioni sensoriali che accompagnano la vita moderna, sollecitando troppo il corpo astrale e l’Io, impediscono loro di assolvere il loro compito digestivo e possono in tal modo scatenare l’affezione. Notiamo ancora che negli uomini, l’azione del corpo astrale e dell’Io è più intensa al polo superiore; infatti, in generale, gli uomini sono meno soggetti all’emicrania che le donne, presso le quali questi elementi sono, al contrario, più intimamente legati al polo inferiore. Quale terapia proporre per questa affezione di tipo nettamente isterico? Al momento delle crisi, il processo troppo avanzato è difficile da combattere, questo non significa che non esiste alcuna possibilità di sollie-

L’emicrania

Come dominare un’emicrania al suo inizio

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Medicina antroposofica

vo. Ne citerò una che mi ha permesso qualche volta di interrompere una crisi minacciosa: respirare in un recipiente che contiene della mostarda. Normalmente, se noi mettiamo il naso al di sopra di un vasetto di mostarda, proviamo dei pizzichi violenti che provocano lacrimazione. In caso di emicrania si potrà respirare in una vaso di mostarda senza alcun disturbo. Le emanazioni solforose della mostarda chiamano il corpo astrale al suo compito e dirottano i processi verso un livello inferiore, facendo diminuire pertanto il dolore. Pericolo degli antalgici

Non si può parlare di emicrania senza spendere qualche parola sull’aspirina e gli altri antalgici. È certo che in caso di necessità - per esempio un esame da superare - saremo praticamente costretti a farvi ricorso. Tuttavia è importante sapere: a) che gli antalgici ostacolano l’azione dei corpi superiori sugli organi neurosensoriali, donde la loro azione analgesica, e b) che il loro uso abituale, indebolendo le correnti superiori già deficitarie in questi malati, non fa che favorire la loro predisposizione alle emicranie.

Trattamento di fondo della emicrania

Rudolf Steiner, cosciente dell’importanza sociale di questa affezione, dell’aumento della sua frequenza, dovuta alle condizioni della vita moderna, ha proposto un farmaco notevole per il suo trattamento. Si tratta del Ferrum Sulfuricum Silicicum 5% trit. La combinazione di ferro e di zolfo agisce nel punto di incontro dei processi digestivi e respiratori. Lo zolfo, che abbiamo già incontrato nella mostarda, intensifica i processi metabolici; il ferro agisce sui processi respiratori, donde il suo ruolo nell’emoglobina. Dando una combinazione di ferro e di zolfo, noi armonizziamo funzioni metaboliche e respiratorie ed impediamo ai processi digestivi di dirottare sul polo superiore. Silicea, il quarzo, è caratterizzato dalle sue forze di strutturazione. Queste forze esistono normalmente al polo superiore, dove sono state interiorizzate. Con il quarzo noi rinforziamo le correnti superiori di strutturazione. Un’immagine corrente può aiutarci ad impadronirci dell’azione di questo minerale e ricordare i rapporti esistenti tra i processi di strutturazione e il pensiero: solitamente non parliamo di un pensiero chiaro come il cristallo? Ferrum Sulfuricum Silicicum deve essere somministrato per periodi di sette settimane, tre volte al giorno la quantità di un piccolo pisello. Si farà in seguito una pausa di cinque settimane durante la quale si potrà dare Aurum metallicum D10, come pure una terapia per le funzioni epatiche. A questo scopo prescriveremo Fragaria vesca, fol. 20% / Vitis vinifera, fol. 20% / Eccipiente q.b.p. 100% trit. e Carduus marianus 10% / Chelidonium, rad. 10% / Digestodoron/Onopordon, fol. 10% / Taraxacum 10% / Urtica dioica 10% aa dil. (4). Le cure di sette settimane di Ferrum Sulfuricum silicicum dovranno essere seguiti per mesi, anche due a tre anni, ma si constaterà un netto miglioramento già nella prima quindicina. Bisognerà avere la pazienza di

Isteria e Neurastenia

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proseguire a lungo il trattamento se si vorrà ottenere una guarigione definitiva, cosa che comporterà anche un cambiamento del modo di vivere e delle abitudini alimentari. L’emicrania costituisce una maniera di reagire ai processi estranei che penetrano nell’organismo. Le cose non vanno sempre così lontano e le reazioni potranno aversi a tanti livelli. Così, un’albumina che conserva delle proprietà extra-umane, potrà essere eliminata dal rene, cosa che non vuole assolutamente dire che il rene sia malato; questo potrà occasionalmente divenirlo se questo eccezionale lavoro gli sarà richiesto per lungo tempo. L’organismo può così sbarazzarsi di ciò che non tollera, sotto forma di una infiammazione acuta, un’angina per esempio, o per via cutanea sotto forma di un eczema.

Diversità di reazioni dell’organismo

L’azione diretta dell’Io e del corpo astrale sull’organismo introduce in esso un predominio dei processi di morte e di decostruzione, con apparizione di sostanze anorganiche e perfino di minerali. L’Io ha bisogno di questi elementi minerali in piccola quantità per i processi di coscienza, il resto dovrà essere rivitalizzato dalle forze eteriche a partire dalle correnti provenienti dal polo inferiore. Nelle affezioni di tipo neurastenico, l’eccesso dei processi di disgregazione rispetto a quelli di rivitalizzazione lascia sussistere un residuo che ha la tendenza a depositarsi, a comportarsi come un corpo estraneo e del quale l’organismo tenterà di sbarazzarsi. Sono questi tentativi di eliminazione, queste reazioni dell’organismo e questi depositi che costituiscono i sintomi, che noi osserviamo. Un organismo giovane avrà tendenza a reagire piuttosto per mezzo di una infiammazione, a sbarazzarsi delle sostanze estranee con l’aiuto del pus. Un’angina, una sinusite, potranno anche essere una reazione a un processo di tipo neurastenico. Ma alla lunga, se le cause persistono, l’organismo si affaticherà, si rassegnerà e non sarà più in grado di reagire con una infiammazione. Gli elementi estranei avranno allora tendenza a depositarsi sotto forma di calcoli, di placche ateromatose, di tofi; in ogni modo, l’organismo si sclerotizzerà. Ci troviamo allora in presenza dei processi morbosi propri degli organismi invecchiati. Ma prima della rassegnazione totale dell’organismo, esiste ancora un mezzo di difesa possibile: l’incistamento. In questo processo si forma una membrana, che isola il corpo estraneo, di modo che le forze eteriche umane non potranno più penetrarlo. Queste forze si concentreranno allora molto più intensamente alla sua periferia, ciò che si traduce attraverso la formazione di una membrana d’incistamento (5). Benché meno intenso del processo infiammatorio, l’incistamento costituisce tuttavia una difesa dell’organismo. Questo spiega come un tumore, che è, anche esso, la sede di forze estranee, sia generalmente benigno quando è ben delimitato da una membrana che lo incista.

La sclerosi

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Medicina antroposofica

Fino ad ora abbiamo considerato l’isteria e la neurastenia sotto i loro aspetti organici, potremmo anche dire somatici. Proviamo adesso a vedere perché noi osserviamo tanto i sintomi fisici o funzionali quanto delle manifestazioni psichiche che, in altri momenti, dominano la scena. Per comprenderlo è necessario che ritornare alla nozione di equilibrio, di armonia, di compensazione, realizzata dal sistema ritmico tra l’alto e il basso. I tre piani delle manifestazioni morbose

Finché questa compensazione è possibile, non osserviamo alcun sintomo, ma se una delle dominanti si presenterà con una intensità anormale, vedremo apparire dei disturbi funzionali, altrimenti detti una disfunzione del corpo eterico. Se le cause persistono, se l’equilibrio non può essere ristabilito, le irregolarità del corpo eterico si imprimeranno nel corpo fisico come farebbe un sigillo nella cera. È allora che noi vedremo apparire i sintomi fisici che potremo rilevare con la palpazione, l’auscultazione, la radiografia, l’endoscopia e l’autopsia. Ci troveremo allora in presenza di una lesione, sia passeggera, sia definitiva, dell’organo. Ma può anche succedere che il disturbo, benché persistente, non sia tanto intenso da lasciare dei segni funzionali; in altre parole, per manifestarsi sul piano eterico. Il disturbo esiste tuttavia nel corpo eterico, ma non vi si manifesta. Come dice Rudolf Steiner, l’eterico imprimerà allora il suo sigillo nell’organo fisico in una maniera meno profonda, meno apparente, in qualche modo più superficiale impedendo all’organo di adempiere correttamente a questa funzione di «specchio» di strumento dell’anima. È come se questo specchio avesse perduto la sua limpidezza, non permettendo più al corpo astrale e all’Io di «riflettervisi» correttamente, dando origine a manifestazioni psichiche deformate, anomale. Tali manifestazioni sono caratteristiche dell’organo leso e delle sue funzioni; queste possono apparire isolatamente, ma non è raro vederle alternate ad affezioni organiche corrispondenti. È importante notare che al contrario delle lesioni «superficiali», le lesioni profonde degli organi, quelle che noi ritroviamo all’esame fisico, non provocano quasi disturbi psichici; essi si pongono, in qualche modo, «dietro lo specchio», non modificando il suo potere riflettente per l’anima. Si potrà così dire che la lesione profonda costituisce una specie di derivazione sul piano fisico; infatti vedremo spesso delle malattie psichiche attenuarsi o scomparire con l’apparizione di affezioni organiche.

Le dimostrazioni terapeutiche

È possibile mettere in evidenza queste lesioni superficiali, delle quali abbiamo parlato? A volte sì, ma sembra che i nostri metodi investigativi non siano ancora molto raffinati per permetterlo in ogni caso. Siamo noi, in questo caso, ancora autorizzati ad affermare queste relazioni tra organi e disturbi psichici? Senza alcun dubbio, poiché la terapia apporta delle conferme indiscutibili di ciò che la ricerca spirituale ci insegna a questo proposito.

Isteria e Neurastenia

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Si è tentato di stabilire una maniera di classificare le affezioni in isteriche e neurasteniche. Io mi sono accontentato di fornire l’esempio dell’emicrania, non in uno spirito di codificazione, ma per indicare un modo di procedere. È prima di tutto importante esercitarsi a scoprire in ciascun caso quello che avviene in realtà. Una classificazione già predisposta presenterebbe il grande rischio di annoverare delle affezioni diverse sotto una medesima rubrica, perché, in fin dei conti, ciò che importa non è il nome che noi daremo ad una affezione, ma la comprensione reale del processo. Sicuramente esistono delle malattie tipiche e noi abbiamo bisogno di schemi per aiutarci a cogliere ed a conservare nella nostra memoria alcuni elementi. Bisogna abituarsi a considerare gli schemi solo come dei tutori dei quali abbiamo bisogno per un certo tempo, per abbandonarli in seguito. È precisamente scoprendo quello che distingue un malato dal tipo generale che noi arriveremo a comprenderlo individualmente.

Evitiamo la trappola della codifica

Le nozioni che abbiamo appreso ci condurranno adesso sulla via della terapia. Naturalmente, qui possiamo offrirvi solo dei suggerimenti molto generali. Quando avremo a che fare con un paziente di tipo isterico, cercheremo di fortificare l’Io e il corpo astrale nelle loro correnti superiori, cosa che possiamo ottenere con Antimonium. L’antimonio, cristallizzando in fini aghi a raggiera, possiede un potere di strutturazione, particolarmente per le albumine. Possiamo anche dire che esso agisce nell’organismo alla maniera dell’Io, al quale esso può, per un certo tempo, sostituirsi, permettendogli di ritrovare le sue forze. Lo somministreremo sotto forma di iniezioni (6): Antimonium met. da D6 a D10. La sua combinazione con l’argento, Dyscrasite, è particolarmente indicata nei pazienti affetti tanto nella psiche che nel fisico. Bisogna in questo caso utilizzarlo in alta dinamizzazione: in D30. Nelle manifestazioni acute della isteria, faremo ricorso a Bryophyllum, sia per iniezioni da D3 al 5%, sia in diluizione al 5%. Questa pianta della famiglia delle Crassulacee possiede la proprietà di moltiplicarsi a partire dai frammenti di foglie, testimonianza di una vitalità, dunque di forze eteriche straordinarie. Introdotte nell’organismo, queste forze eteriche estranee intense costringono quelle dell’uomo a un lavoro non meno intenso, le occupano e le trattengono nella parte passa dell’organismo, in modo da impedire il loro straripamento sul polo neurosensoriale (è per questo che l’iniezione dovrà essere fatta nella coscia). Per un trattamento più profondo, si utilizzerà di preferenza: Bryophyllum argento cultum, farmaco ottenuto dalla dinamizzazione dell’argento attraverso la pianta (7). Noi lo prescriviamo in 0,1 o 1% per iniezioni sottocutanee.

Trattamento della isteria

Quando la degradazione insufficiente delle proteine nel tubo digerente si manifesterà attraverso la comparsa di albumine estranee nell’organismo e la loro eliminazione attraverso il rene, noi prescriveremo Ferrum sidereum D10/Pancreine D6 a.a. trit. Il ferro, metallo dell’incarnazione, obbliga l’Io a

Le albuminurie

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Medicina antroposofica

prendere meglio possesso dell’organismo. Associandolo a Pancreine, orienteremo la sua azione verso un organo che ha, fra gli altri ruoli, proprio quello di degradare le proteine. È raccomandato, d’altra parte, di prescrivere questa associazione nelle convalescenze di malattie febbrili quali influenza, morbillo, scarlattina, angina, ecc. Trattamento della neurastenia

Nelle affezioni di tipo neurastenico, il farmaco di base sarà Phosphorus in bassa soluzione: D6 o D5. Questo elemento, che ha la proprietà di prendere fuoco spontaneamente, fa da lanterna all’Io e lo dirige nell’oscurità dei processi metabolici (e anche dei processi volontari che sono in rapporto col metabolismo). In caso di surmenage intellettuale, lo sostituiremo vantaggiosamente con Kalium Phosphoricum D6. Dobbiamo infine sempre pensare a Prunus spinosa. Questa pianta spinosa ha la fioritura breve e splendida, le cui bacche sono astringenti, si pone un po’ all’opposto di Bryophyllum, del quale abbiamo già parlato più in alto. Piantata sotto un vecchio pomo, essa ha la proprietà di farlo rinverdire e rifruttificare. Nell’organismo umano, essa possiede un’azione rivitalizzante. Potremmo prescrivere Prunus spinosa sia sotto forma di bagni tiepidi (un cucchiaino da caffè di tintura-madre sarà sufficiente), sia per iniezioni sottocutanee in D3.

Trattamento dei crampi

Quando il corpo astrale agisce troppo intensamente sui muscoli noi vediamo apparire dei crampi. Questi potranno essere efficacemente combattuti per mezzo di un unguento a base di rame (Cuprum met. D1 ungt., la quantità di un pisello in frizione su ciascuna gamba, risalendo verso l’alto, la sera). Si utilizzerà lo stesso unguento sull’addome nella stipsi spastica e nelle coliche periombelicali dei bambini (frizionare nel senso delle lancette dell’orologio, utilizzare sempre pochissimo unguento). Le indicazioni dell’unguento di rame sono così numerose e varie che non è possibile enumerarle tutte in questa sede.

Argentum e Phosphorus

Nelle affezioni di tipo neurastenico, bisognerà ugualmente pensare ad Argentum. Forse ci si può stupire di vederlo citato qui, allorché noi ne abbiamo già parlato a proposito dell’isteria. Argentum e Phosphorus sono due medicamenti in polarità e non si dovranno mai prescrivere nel medesimo tempo. Ma si potranno utilizzare alternativamente, Argentum con la luna crescente, la sera, e Phosphorus con la luna calante, la mattina. Questo modo di procedere darà risultati particolarmente spettacolari quando ci troveremo di fronte a pazienti sensibili alla luna, che essi appartengano all’uno o all’altro tipo. La somministrazione ritmica di questi due rimedi costituisce un notevole aiuto quando si vuole ristabilire un armonioso equilibrio tra funzioni che si sono emancipate.

Isteria e Neurastenia

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NOTE 1

La parola «separati» non riesce ad esprimere esattamente la realtà, perché implica una nozione di spazio inapplicabile ad elementi non materiali. Tuttavia, in mancanza di meglio, possiamo utilizzarla se siamo consapevoli che fornisce solo una immagine della realtà.

2

Può sembrare un paradosso associare degradazione e strutturazione, tuttavia, nel mondo vivente, più un organo ha una forma, meno vitalità possiede. Pensate al sistema nervoso, molto strutturato ma incapace di rigenerazione. Pensate al bambino, ancora molto poco formato ma dalla vitalità esuberante. L’eccesso di strutturazione conduce alla morte; così, uno scultore alla ricerca di una forma sempre più strutturata, tagliando e ritagliando la sua statua, non lascerebbe che un mucchio di detriti.

3

Husemann F., Das Bild des Menschen als Grundlage der Heilkunst. Entwurf einer geisteswissenschaftlich orientierten Medizin, tomo II. Verlag Freies Geistesleben, 3a ed. aumentata, Stuttgart, 1986.

4

Cfr. Cap. XI.

5

I processi flogistici e di incistamento possono, naturalmente, costituire un mezzo di difesa di fronte ad un corpo estraneo che è penetrato accidentalmente nell’organismo, corpo che, a sua volta, resterà impenetrabile alle forze eteriche.

6

Salvo rare eccezioni, in medicina antroposofica la via di somministrazione dei farmaci iniettabili è sottocutanea. Quando non viene specificato il luogo di iniezione, questa verrà fatta fra le spalle.

7

I metalli vegetalizzati sono ottenuti da colture di piante appropriate su un terreno preparato con concime a base di questi metalli. Le piante così coltivate vengono usate come composto per concimare, l’anno seguente, una seconda generazione di piante. Queste serviranno a loro volta da concime per una terza generazione dalla quale si estrarrà il farmaco con i metodi usuali. Dobbiamo a Rudolf Steiner questo procedimento di dinamizzazione che esalta notevolmente le proprietà terapeutiche dei metalli e li orienta in funzione della scelta del vegetale.

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Capitolo V

Sonno e veglia Nel mondo occidentale molti dei nostri contemporanei soffrono di disturbi del sonno - e noi dovremo aggiungere anche dei disturbi della veglia - poiché se essi dormono male la notte, sono spesso non svegli durante il giorno. Ma il problema della veglia e del sonno non può essere risolto se non arriviamo a comprendere quello che si prova in questi due stati. Questa sarà dunque una eccellente occasione per ampliare le nostre conoscenze sulla natura dell’uomo.

L’insonnia, una malattia attuale

Nell’alternarsi tra i due stati noi intravediamo immediatamente un processo ritmico, una oscillazione tra due polarità: quella dove noi possiamo disporre della nostra piena coscienza, e l’altra dove la coscienza scompare. Tra questi due poli vi sono degli stati transitori, quelli del sogno, in seno ai quali, il sogno da sveglio e il sogno da addormentato non sono che due sfumature più o meno orientate verso l’uno o l’altro di questi due poli. Allo stato di veglia noi abbiamo delle percezioni, delle rappresentazioni, proviamo dei sentimenti, possiamo manifestare la nostra volontà. Percepiamo noi stessi come un essere distinto del mondo esteriore, distinto dagli altri esseri, come un individuo. Inoltre, quando noi ci risvegliamo, abbiamo una impressione di continuità, sarebbe più esatto dire una certezza assoluta di essere lo stesso di quello che si è addormentato la vigilia con lo stesso contenuto di coscienza (aumentato eventualmente dal contenuto dei nostri sogni). Tutto questo implica la presenza, allo stato di veglia, del nostro corpo astrale e del nostro Io nei corpi inferiori (eterico e fisico). Ciò che avvertiamo quando siamo svegli non può tradursi in un modo logico in termini di ragionamento. Noi non possiamo averne la conoscenza osservandoci dall’interno, in noi «meditando» noi stessi. Questo ci fa intravedere una via di conoscenza, che non passa, come per le scienze esteriori, attraverso i sensi, ma che non è, per questo meno rigorosa. Noi possiamo fare ugualmente l’esperienza inversa: osservare un’altra persona che dorme. Possiamo vedere la sua forma esteriore, possiamo pesarla, misurarla, ci troviamo dunque in presenza di un corpo fisico; ma

Il ritmo del sonno

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Medicina antroposofica

possiamo ancora osservare tutto un insieme di manifestazioni che ci faranno distinguere un uomo che dorme da un cadavere. Noi siamo testimoni come in una pianta di un insieme di fenomeni vitali, cosa che ci obbliga a concludere che è presente, oltre al corpo fisico, un corpo eterico. L’Io e il corpo astrale durante il sonno

Ma niente ci rivela la presenza dell’Io e neanche del corpo astrale in un dormiente. Siamo dunque obbligati ad ammettere che l’Io e il corpo astrale hanno lasciato i corpi inferiori durante il sonno, se ne sono in qualche modo distaccati. È possibile adesso comprendere perché gli elementi superiori, privati dello strumento che costituisce per essi il corpo fisico e il corpo eterico, non possono ricordarsi di quello che essi hanno potuto provare durante il sonno, al di fuori di essi. Certe tendenze materialiste vorrebbero farci credere, dato che alcuni interventi sul cervello sono capaci di modificare i nostri stati di coscienza, che lo psichismo non è che una secrezione di questo organo. Si tratta di un’assurdità, come affermare che il tempo non esiste più perché abbiamo rotto il nostro orologio. Il confronto un po’ schematico d’un uomo che dorme con una pianta non deve essere spinto troppo lontano. L’uomo è un essere estremamente complesso e gli schemi che noi proponiamo non possono essere che dei tasselli verso una comprensione al sempre più elaborata. Abbiamo visto nel capitolo precedente che il corpo astrale non agisce nello stesso modo al polo superiore e al polo inferiore. Esso decostruisce a partire dal polo neurosensoriale, aprendo così la via ai processi della coscienza ed elabora a partire dal polo digerente. Durante il sonno, soltanto la parte del corpo astrale legata al sistema neurosensoriale si stacca dai corpi inferiori. L’altra parte rimane legata al polo digerente e realizza al contrario un rapporto più intimo con gli elementi inferiori. Poiché i processi di degradazione necessari alla coscienza sono sospesi, i processi di rigenerazione sono molto più attivi. Tutti questi fenomeni potranno essere direttamente osservati dal chiaroveggente; in assenza di tale dono, possiamo solo constatare le manifestazioni esteriori del sonno e della veglia; tuttavia, quello che segue ci permetterà di comprenderle meglio.

Perché dormiamo?

Si pensa in generale che la voglia di dormire è dovuta alla stanchezza; ciò è inesatto. Si può essere molto stanchi senza avere voglia di dormire o, al contrario, avere voglia di dormire senza essere realmente stanchi. Espresso in questo modo, più che altro sembra un gioco di parole, perché stanchezza e voglia di dormire sono dei concetti vicini e abbastanza imprecisi. In realtà, la voglia di dormire esprime soltanto il bisogno dei corpi superiori (astrale ed Io) di distaccarsi dagli inferiori (eterico e fisico). Con l’aiuto di certe droghe, come il caffè, noi possiamo ritardare questo bisogno e fare sparire per un certo tempo la sensazione di stanchezza. Possiamo anche con l’aiuto di altre droghe, provocare il contrario. Se l’Io

Sonno e veglia

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e una parte del corpo astrale si distaccano durante il sonno dai corpi inferiori, essi si incarnano di nuovo al risveglio. Se per una ragione qualsiasi, questa incarnazione è ostacolata, ci sveglieremo male, proveremo una sensazione di stanchezza (la quale potrà perfettamente e senza il minimo riposo dissiparsi in poco tempo). In generale, possiamo dire che l’insonnia è una difficoltà o una impossibilità per gli elementi superiori di distaccarsi dagli inferiori. Le cause sono molte e ne studieremo alcune, in modo da poterci orientare sulle possibilità terapeutiche. Quando un organo è leso per una ragione qualsiasi, appare una discordanza tra il corpo fisico e il corpo eterico. Questo implica un’azione più intensa del corpo astrale sul corpo eterico, per obbligare quest’ultimo a uno sforzo riparatore. Può ugualmente accadere che il corpo astrale agisca direttamente sul corpo fisico, cosa che si manifesterà con dolori e crampi. Il dolore in effetti è una presa di coscienza di questa superattività del corpo astrale. È evidente che il legame più intenso del corpo astrale con gli elementi inferiori in un punto qualsiasi dell’organismo è in opposizione con il distacco necessario al sonno. Il corpo astrale e l’Io restano ancorati ai corpi eterico e fisico al livello della spina irritativa. Un tale legame può tuttavia restare al di sotto del livello della coscienza o non è percepito dalla coscienza in seguito alla lesione di un nervo (dente devitalizzato), dunque non può tradursi in un dolore; sappiamo che certi organi, anche gravemente danneggiati, non sono dolenti.

Le cause dell’insonnia

Bisognerà sempre interrogare i pazienti con molta precisione riguardo al loro sonno. Può accadere che, essendo l’attenzione orientata altrove, si ometta di farlo e che, in seguito, un paziente che avevamo curato con successo per una affezione completamente diversa, ci segnali che la sua insonnia è scomparsa. Ciò è una prova della preminente importanza della terapia delle cause sul trattamento dei sintomi. È molto importante conoscere come un paziente si addormenta, si risveglia, la qualità del suo sonno, del suo stato di veglia. Alcuni malati non sono ben svegli solo verso sera, altri al contrario, sono pieni di spirito appena usciti dal letto, ma sono incapaci di stare svegli la sera. Tutti questi segni aiutano a comprendere i rapporti tra i diversi involucri dell’Io, che sono il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico. Esercitandoci a leggere le varie disarmonie che possono manifestarsi tra i differenti corpi, diventeremo capaci di prescrivere una terapia che curi veramente le cause, cosa che dovrebbe essere lo scopo di ogni vera medicina.

Necessità di un interrogatorio approfondito

Questi disturbi spesso impiegano molto tempo a imprimersi nel corpo fisico e possono rimanere per anni nel dominio funzionale (quello dell’eterico). In un determinato paziente, per esempio, i disturbi del sonno appariranno qualche tempo dopo un’angina, accompagnata possibilmente da una

Trattamento delle insonnie

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Medicina antroposofica

albuminuria fugace. Tutto ciò è talmente discreto che le analisi e le prove funzionali avranno buone probabilità di risultare nella norma. Penseremo, ciononostante, ai reni e prescriveremo Equisetum D6; vedremo rientrare tutto nell’ordine in poco tempo. In un’altro paziente, che si sveglia regolarmente verso le tre del mattino, sospetteremo una lesione epatica. Somministreremo, tre volte al giorno, prima dei pasti, un misurino di Fragaria vesca fol. 20% / Vitis vinifera, fol.20% / Eccipiente q.s.p. 100% trit. per ristabilire le sue funzioni epatiche, forse anche Carduus marianus 10% / Chelidonium rad. 10% / Digestodoron / Onopordon, fol.10% - Taraxacum 10% / Urtica dioica 10% aa dil., che si indirizza piuttosto alla funzione biliare (10 gocce dopo i pasti in mezzo bicchiere d’acqua calda o in infusione); gli prescriveremo anche delle compresse calde sulla regione epatica con una infusione di millefoglie dopo il pasto di mezzogiorno, e avremo la sorpresa di vedere che questo paziente, probabilmente un po’ depresso, ritroverà la sua intraprendenza e il suo sonno. È bene sapere che queste lesioni non apparenti possono talvolta persistere per anni e avvelenare la vita di questi malati definiti volentieri immaginari, mentre basterebbe un po’ d’attenzione e di comprensione per aiutarli. Sia ben chiaro che i reni e il fegato non sono gli unici organi da sospettare ed io li ho scelti solo a titolo di esempio. Non importa quale organo sia in causa. Studieremo in seguito certi sintomi fisici che permettono d’incriminare determinati organi. Le insonnie possono anche, non bisogna dimenticarlo, essere rivelatrici di affezioni più gravi. Le troveremo frequentemente nei cancerosi nel periodo pretumorale. In questo caso, con le iniezioni di Viscum album fermentato, otterremo eccellenti risultati, cosa che conferma la natura precancerosa dell’insonnia. Avremo ancora occasione di tornare su questo argomento. Una discordanza tra il fisico e l’eterico non localizzata, ma particolarmente tenace, può apparire al seguito di un trauma psichico che bisognerà ricercare con molta accuratezza nell’anamnesi. In questo caso noi prescriveremo Argentum in D6 per via orale o meglio in iniezioni sottocutanee da praticare di preferenza in luna crescente. Se il trauma è molto antico, utilizzeremo delle dinamizzazioni più elevate (D15 o D20), ma è meglio, in linea di massima, cominciare con D6. Argentum è il medicamento del corpo eterico e spesso è bene far precedere un trattamento qualunque da alcune iniezioni di Argentum. Nel caso in cui un trattamento che a noi sembra giudiziosamente scelto si rivela a volte inefficace, potremo prescrivere anche una cura d’Argentum e riprendere in seguito il trattamento precedente che, dopo questo appello alle forze eteriche, diventerà attivo. Il ruolo del freddo

Prima di finire con le lesioni, un cenno sul freddo che può essere, una causa di insonnia. Il freddo può provocare una vera lesione del nostro «organismo di calore», impedendo al corpo astrale e all’Io di distaccarsi. Tutti sappiamo che i piedi freddi impediscono il sonno. Sappiamo meno che un materasso insufficientemente isolante può, provocando un raffreddamento progressivo, essere una causa di risveglio precoce. È sufficiente

Sonno e veglia

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allora mettere una o due coperte di lana sul materasso per ristabilire un sonno normale. Per i malati che soffrono di piedi freddi, prescriveremo dei pediluvi alternativamente caldi e freddi (1 minuto nell’acqua calda, 15 secondi in acqua fredda, alternando una dozzina di volte) seguiti da una leggera frizione delle gambe con unguento al rame (Cuprum met. D1 ungt.). Anche l’eccesso di calore, naturalmente, può disturbare il sonno, ma i pazienti, in generale, ne sono più coscienti. Ricordiamo ancora, come causa di risveglio prematuro, la fame e l’ipoglicemia (ciò fa pensare che il bicchiere d’acqua zuccherata delle nostre nonne non era solo frutto della semplice immaginazione). Al contrario, l’eccesso di cibo è esso stesso anche una causa frequente d’insonnia o più esattamente di cattivo sonno. Quando mangiamo troppo, noi chiediamo uno sforzo di digestione particolarmente intenso, sollecitiamo fortemente le forze di degradazione che provengono dal polo superiore; niente di sorprendente nel fatto che noi ostacoliamo il loro distacco. Nello stesso tempo, tutto questo si accompagna a una certa sonnolenza che non ha niente di paradossale poiché le forze sollecitate dalla digestione non sono più disponibili, al polo neurosensoriale per i processi di coscienza. In questo caso non potremo essere né pienamente svegli né trovare un sonno tranquillo; vi è uno spostamento dell’astrale in senso inverso dal distacco. Succede anche che gli alimenti, così come abbiamo visto per l’emicrania, attraversano la parete senza avere perduto tutte le loro forze «extra-umane». Queste apportano la loro caratteristiche estranee all’interno dell’organismo, e ciò che non ha potuto essere compiuto nel tubo digerente dovrà in questo caso essere eseguito da organi che non hanno tale ruolo. Il corpo astrale e l’Io sono allora sollecitati in maniera anormale in questi organi, cosa che ostacola il loro distacco. Abbiamo trovato questo processo presso coloro che soffrono di emicrania; bisogna sapere che esistono anche degli ipo-sofferenti di emicrania presso i quali l’insonnia potrà essere il sintomo dominante. Cureremo questi ultimi come dei sofferenti di emicrania con l’aiuto di Ferrum sulfuricum silicicum.

Fattori digestivi

Quanto precede riguarda le insonnie di tipo costituzionale che possiamo riscontrare nei malati di tipo isterico o di tipo neurastenico. Presso questi ultimi, come abbiamo visto nel capitolo precedente, il collegamento dell’Io e del corpo astrale col sistema neurosensoriale è troppo intenso, di conseguenza non sorprende il fatto che il distacco di questi corpi avvenga con difficoltà. Ma questi malati presentano ancora un altro sintomo: al mattino sono mal desti. Se noi li osserviamo attentamente, vedremo che questo risveglio incompleto non consiste tanto in una mancanza di coscienza, anche il loro pensiero è in genere molto attivo benché dispersivo; ma sono incapaci di intraprendere qualcosa. Per ben compren-

L’insonnia del neurastenico...

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Medicina antroposofica

derlo noi utilizzeremo un’immagine: quella dell’arciere che con la mano destra, il lato attivo, tende la coda che rappresenta le forze di volontà. La mano sinistra, di contro, che dirige la freccia, può essere assimilata alle forze del pensiero che provengono dal polo neurosensoriale che orientano la volontà verso un scopo. Queste due forze sono espressioni dell’Io a diversi livelli dell’organismo. Quella che non si risveglia nel neurastenico, è la mano destra, le forze della volontà. La sua testa è sveglia, ma il suo Io non arriva a prendere possesso del polo del metabolismo, sede della volontà. Un tale malato avrà dunque molte idee fugaci, perché il pensiero, per concentrarsi, ha bisogno dell’aiuto della volontà. Quanto a intraprendere qualche cosa, egli ne è incapace. ...e il suo trattamento

Phosphorus in bassa soluzione (D5-D6) agirà sull’Io come una luce su una persona smarrita nella notte, guidandolo verso il polo inferiore e obbligandolo a meglio incarnarvisi. Esso agirà come il fuoco prometeico sulla volontà del paziente. Aiutando in tal modo il paziente a prendere bene possesso del suo corpo, al mattino, noi gli faciliteremo, per contraccolpo, l’addormentamento la sera, a dimostrazione, ancora una volta, dell’importanza dell’aspetto ritmico delle funzioni organiche. A proposito del fosforo, potremmo domandarci quale sarebbe l’azione di un’alta diluizione, come per esempio D25. Questa domanda ha il suo posto nel trattamento dell’insonnia, poiché se in D6 il medicamento concentra l’Io al polo inferiore, in alta dinamizzazione lo disperderà, l’attirerà negli spazi cosmici. Potremo dunque prescrivere Phosphorus D25 la sera per facilitare l’addormentamento.

L’insonnia dell’isterico...

All’opposto del neurastenico longilineo, troviamo l’isterico di costituzione piuttosto picnica con predominanza del polo digerente. Se noi riprendiamo il nostro paragone con l’arciere, in questo caso sarà la mano destra - le forze della volontà - che predominerà. Egli avrà tendenza a spendersi senza controllo, spesso in pura perdita (Cfr. Cap. IV). Qui il corpo astrale e l’Io, proprio perché sono deboli al polo superiore, avranno tendenze ad aggrapparvisi, come un alpinista, che sente che stanno per mancargli le forze, si aggrappa a una parete. Questa reazione vorrebbe opporsi a questa marea montante proveniente dal polo inferiore. Ma poiché essi si aggrappano, l’Io e il corpo astrale hanno difficoltà a staccarsi. Questa è la causa dell’insonnia nell’isterico.

...e il suo trattamento

Il rimedio, l’abbiamo già visto (Cfr. Cap. IV), sarà Bryophyllum, che prescriveremo al 5% nella misura di 10 gocce verso le ore 18. In alcuni pazienti, gli effetti di questa marea crescente si manifesteranno piuttosto nella regione ritmica sotto forma di oppressione, di palpitazioni, di sensazioni di soffocamento (la precordialgia, al contrario, appartiene piuttosto al neurastenico). Prescriveremo loro allora, Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.s.p. 100% dil. per armonizzare le loro funzioni ritmiche (da 5 a

Sonno e veglia

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10 gocce prima dei tre pasti) o ancora Aurum met. D10 dil., 10 gocce verso le ore 21. Ricordiamo che le insonnie di origine epatica, delle quali abbiamo parlato precedentemente, appartengono soprattutto al tipo isterico, benché la mediocrità della nostra attuale alimentazione le faccia anche trovare nei pazienti di tipo neurastenico. All’inverso, le insonnie dovute all’eccesso di sollecitazioni neurosensoriali proprie della vita moderna, se esse colpiscono più elettivamente il neurastenico, non risparmiano i pazienti dell’altro tipo. Fino ad ora, non abbiamo utilizzato alcun sonnifero. È generalmente possibile farne a meno, ma con i pazienti che li utilizzano da molto tempo bisogna occasionalmente procedere a uno svezzamento progressivo in una o due settimane. Se l’abitudine non è troppo antica, possono essere soppressi bruscamente spiegando al paziente che dovrà accettare qualche notte bianca se vuole ritrovare un sonno normale. Non bisognerà mai dimenticare di disintossicare tali malati. È sempre bene ricordare loro che il sonnifero non procura loro un vero sonno più di quanto una compressa di aspirina non guarisca una carie. Si potrà sempre favorire l’avvio con un medicamento più sintomatico come Avena sativa 12,5% / Coffea tosta D60 15% / Humulus lupus 0,4% / Passiflora incarnata 2,5% / Valeriana off. rad. 10% / Eccipiente q.s.p. 100% dil. Ai soggetti che hanno difficoltà a rilassarsi, con angoscia, si daranno 5 gocce di Aconitum napellus D20 dil. A quelli che sono molto agitati, Belladonna D20. Al contrario, Coffea tosta dil. da D6 a D12 agisce bene nei pazienti che presentano una iperattività cerebrale con iperideazione.

L’illusione dei sonniferi

Nell’insonnia dei bambini, bisogna sempre cercare il rachitismo, il cui rimedio di base è Phosphorus D5 dil. (5 gocce al mattino). Ritroviamo qui il rapporto di Phosphorus con la luce. Nei bambini che hanno terrori notturni, si prescriverà Argentum met. D6 trit., un pizzico grande come un pisello la sera prima di dormire con luna crescente, alternando con Phosphorus D6 dil., 5 gocce al mattino con luna decrescente. Questo trattamento, molto efficace, deve essere seguito per qualche mese e consolidato in seguito con una cura di Ferrum met. D20 trit., un pizzico grande come un pisello, una o due volte al giorno. Io ho spesso osservato che i bambini che hanno ricevuto notevoli dosi di vitamina D da neonati, erano soggetti a terrori notturni. Questi bambini danno l’impressione di essere particolarmente induriti, sembrano più vecchi della loro età, precocemente intellettualizzati (ciò che non vuole affatto dire che siano più intelligenti). Presso questi ultimi, si sostituirà vantaggiosamente Argentum con Argentite D6 trit. Infine un buon rimedio che facilita l’addormentamento dei bambini o dei lattanti un po’ nervosi è Chamomilla rad. dec. D6 dil. (due volte al giorno 5 gocce prima dei pasti).

Trattamento dell’insonnia infantile...

Nei pazienti anziani, bisogna sempre pensare a Plumbum mellit. D12 o D20 trit. di cui riparleremo a proposito dell’arteriosclerosi.

...e senile

48 Insonnia e materialismo

Medicina antroposofica

In una conferenza ai medici e agli studenti in medicina tenuta nel 1924 (1), Rudolf Steiner aveva predetto che noi vedremo apparire delle vere epidemie di insonnia nella seconda metà del nostro secolo. Al di fuori della turba del ritmo della vita moderna, è una causa della quale non si può non tenerne conto. Come diceva Husemann (2), l’uomo che non vede nel suo prossimo che un aggregato di atomi non può avere il medesimo concetto della sua persona. Egli arriva così forzatamente a una contraddizione fondamentale. A poco a poco la sua anima perde tutta la possibilità di un contatto col mondo spirituale, che diventa per essa un deserto. Il fatto di tornare nel mondo spirituale addormentandosi - poiché il distacco del corpo astrale e dell’Io è in realtà un ritorno nel mondo spirituale - è risentito da questa anima come una caduta nel nulla, dinanzi alla quale essa indietreggia, impaurita; questa paura inconscia impedisce il distacco, dunque il sonno. In questi malati, spesso giunti al fondo dell’abisso materialista, non è raro trovare una nostalgia non confessata e spesso inconscia di nutrimento spirituale. È possibile aiutarli consigliando loro di dedicare ogni giorno anche solo cinque minuti a una meditazione fra quelle proposte da Rudolf Steiner. Sarà bene guardarsi da ogni proselitismo, soprattutto per rispettare la libertà individuale del paziente, e raccomandare queste meditazioni come si prescriverebbe un rimedio. Sonno e veglia ci appaiono adesso come un grande ritmo respiratorio: il mattino noi inspiriamo il nostro Io e il nostro corpo astrale, la sera noi li lasciamo di nuovo distaccarsi dai corpi inferiori che lasciamo nel nostro letto. Quello che avviene in grande nel corso nittemerale si ritrova in piccolo nella respirazione. Ogni inspirazione ci sveglia un poco, ogni espirazione ci addormenta un poco. Tutto ciò che è vita è ritmo.

NOTE 1

Rudolf Steiner, L’art de guérir approfondi par la méditation, Dornach, lezioni di Pasqua, conferenza del 23 aprile 1924 (in fine). Editions Anthroposophiques Romandes, Genève, 1982.

2

Husemann F., Das Bild des Menschen als Grundlage der Heilkunst, op. cit.

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Capitolo VI

Infiammazione e sclerosi

Celso aveva caratterizzato l’infiammazione con le quattro manifestazioni che noi tutti conosciamo: calor, dolor, tumor e rubor. In funzione di quello che abbiamo studiato precedentemente, cercheremo quali elementi si riferiscono a questi sintomi.

Caratteristiche dell’infiammazione

Noi abbiamo visto che l’Io ha come supporto fisico: «l’organismo di calore». Tutto quello che è processo calorico nell’uomo è una espressione dell’attività dell’Io e noi riferiremo naturalmente ogni sintomo calore all’Io. Il dolore è una presa di coscienza intensiva; è dunque al corpo astrale che dobbiamo riferire il sintomo dolore. Il tumor (l’edema) è un gonfiore, un afflusso liquido che traduce l’azione del corpo eterico. Sul piano fisico, noi constatiamo il rubor (rossore) è l’espressione della presenza sostanziale del sangue. Possiamo riassumere tutto questo nel seguente schema:

Rapporti con gli elementi costitutivi

Calor ... Dolor ... Tumor ... Rubor ...

espressione dell’ » » »

Io corpo astrale corpo eterico corpo fisico

L’infiammazione appare così come l’espressione dell’attività simultanea dei quattro elementi costitutivi ma di una attività ordinata, organizzata nella quale l’Io agisce attraverso i tre altri elementi. Al fine di dare una idea più esatta della realtà, modificheremo lo schema precedente nella maniera seguente: Io Io Io Io

→ calor → c. astrale → dolor → c. astrale → c. eterico → tumor → c. astrale → c. eterico → c. fisico → rubor

50 La febbre e l’infiammazione

Medicina antroposofica

Sarebbe possibile pensare a un’azione del corpo eterico isolato, per esempio, che si manifesterebbe con un rigonfiamento, ma questo sarebbe di natura semplicemente acquosa o linfatica. Il fatto che il gonfiore sia dovuto a un afflusso di sangue testimonia l’azione dell’Io sul corpo eterico. Questa azione gerarchica ci ricorda il processo che noi abbiamo studiato in occasione dell’isteria. L’infiammazione appartiene in effetti al polo caldo dell’organismo, al polo del metabolismo, qualunque sia la zona dove essa si manifesta. Piuttosto che un processo patologico, è una intensificazione dell’azione dell’Io attraverso i tre corpi. Sarà lecito sorprendersi che possano esistere dei processi infiammatori anche al polo superiore se non si tiene conto del fatto che il polo superiore non è esclusivamente, ma solo principalmente neurosensoriale, proprio come il polo inferiore, dove il metabolismo predomina e possiede anche dei nervi. Ci resta di sapere quali sono le cause dell’infiammazione; quando appare? Possiamo rispondere: ogni qualvolta un corpo o un processo estraneo si manifesta nell’organismo. Se la presenza estranea può avere un carattere accidentale (per esempio una scheggia), più frequentemente la flogosi è il risultato di una disfunzione, di uno squilibrio come quelli che abbiamo studiato nel capitolo IV. Dei processi estranei possono così nascere in seguito a un trauma, a un freddo o a un caldo eccessivo. Abbiamo un tipico esempio di reazione infiammatoria introducendo una sostanza minerale estranea, nella febbre che si provoca in un lattante al quale si fa bere una soluzione di sale marino all’1%. L’infiammazione è dunque una reazione, un processo di guarigione tendente alla eliminazione delle sostanze o dei processi estranei e bisogna sapere rispettarla. Combatterla in tutte le circostanze sarebbe un errore grave. Può accadere che, per la sua intensità o per la sua localizzazione, essa stessa costituisca un pericolo e il dovere del medico è allora di moderarla, ma annullarla con inconsideratezza sarebbe come cadere da Scilla a Cariddi e fare correre, a lunga scadenza, un pericolo non meno grande all’organismo. Nelle migliori condizioni l’esito dei processi infiammatori è la rigenerazione di ciò che è stato leso e il reinvestimento del corpo eterico di ciò che era diventato estraneo. È quello che avviene per esempio nella cicatrizzazione per prima intenzione, quando non vi è una perdita di sostanza e i bordi della ferita siano puliti e non hanno che da saldarsi. Ma le cose non sono sempre così facili. Le sostanze estranee, in altre parole divenute inaccessibili alle forze eteriche umane, costituiscono spesso un nutrimento di scelta per i microorganismi, che si installano e proliferano. L’infezione è sempre un processo secondario. Certo, possiamo provocare una malattia sperimentale inoculando un virus ma questo ha in comune con le infezioni correnti quanto un colpo di pistola ne ha con uno schiaffo. Nell’infezione le difese dell’organismo sono sollecitate in una maniera molto più intensa che nella semplice infiammazione e noi ritroviamo

Infiammazione e sclerosi

51

l’azione dell’Io attraverso gli altri corpi. Ciò che era calore locale nell’infiammazione diviene qui febbre; la formazione degli anticorpi può essere considerata anche come una manifestazione dell’Io, poiché questi sono un fattore di individualizzazione del sangue. Il corpo astrale provoca, oltre al dolore, l’eliminazione al livello degli emuntori. L’iperattività leucocitaria che porta alla formazione del pus è sotto la dipendenza del corpo eterico. Quando il bambino nasce, è ancora molle, le sue forme sono imprecise, il suo corpo è composto del circa 70% di acqua (quello dell’adulto ne contiene ancora il 60%) (1). Le ossa del cranio sono ancora elastiche e incomplete, lasciando fra loro gli spazi membranosi che sono le fontanelle. A poco a poco il bambino consoliderà le sue strutture; non soltanto le sue ossa, ma anche la sua pelle e infine tutti i suoi tessuti si induriranno e questo processo continuerà fino alla morte. Questo indurimento si accompagnerà a una diminuzione progressiva della tendenza alle infiammazioni.

Invecchiamento e indurimento

Se noi rapportiamo questi fatti ai presupposti del capitolo IV, dobbiamo ammettere che l’azione dell’Io al polo superiore è alla fine più intensa che al polo inferiore, che i processi neurosensoriali prendono il sopravvento su quelli del metabolismo. Se ci ricordiamo che durante il sonno l’Io e il corpo astrale si distaccano dal polo superiore, le funzioni metaboliche divengono allora più attive, questo fatto non ci sorprenderà più. In effetti, l’uomo dorme in media otto ore e veglia sedici ore. Durante la veglia, i processi neurosensoriali predominano con il loro corollario di degradazione, di mineralizzazione. Quello che è stato distrutto il giorno non può essere rigenerato del tutto la notte; ciò spiega perché, alla lunga, l’organismo, si degrada e invecchia e in una parola si sclerotizza. Fino a un certo tempo questi processi sono normali, ma oltre un certo tempo, diventano patologici.

I processi di coscienza causa dell’invecchiamento

Noi abbiamo nell’indurimento e la mineralizzazione del corpo, nella strutturazione che le accompagna, un processo polare dell’infiammazione che tende alla dissoluzione. Questi due processi si alternano spesso nell’uomo. Se l’infiammazione è la reazione alla mineralizzazione, all’indurimento, alla sclerosi, di contro, reagisce spesso a un processo di dissoluzione. Ciò si vede, per esempio, quella cicatrizzazione, dove, dopo uno stato infiammatorio, appare uno stato di consolidamento. Non constatiamo anche dei processi di sclerosi e di invecchiamento particolarmente rapidi, successivi ad affezioni infiammatorie? Ciò si osserva in maniera sorprendente negli anziani tubercolotici. Vediamo anche certi malati di tipo pletorico-digestivo, dunque infiammatorio, presentare in seguito delle sclerosi particolarmente rapide ed intense. Questa legge del pendolo ci aiuta a comprendere bene delle manifestazioni a priori paradossali.

Polarità tra infiammazione e sclerosi

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Medicina antroposofica

Apis

La terapia dell’infiammazione prima di tutto deve aiutare l’organismo nel suo sforzo di guarigione, non ostacolarlo. Noi disponiamo a questo scopo di due rimedi di base: Apis e Belladonna. La puntura (Apis) si accompagna ai quattro sintomi - calor, dolor, tumor, rubor - dell’infiammazione. Questo costituisce già una indicazione nell’ottica omeopatica, senza per questo spiegarci il processo di guarigione. Noi non possiamo comprendere l’azione di Apis senza considerare l’arnia nel suo insieme. È questa che costituisce un vero organismo, non l’ape isolata che non è che uno dei suoi membri (2). Questo organismo possiede una particolarità unica nel mondo degli insetti: quella di creare una omeotermia di un grado vicino a quello del sangue umano. Una tale proprietà ci fa intravedere un rapporto tra l’arnia e l’Io. Somministrando Apis, noi introduciamo nell’organismo dei processi calorici simili a quelli che si manifestano nell’infiammazione sotto la influenza dell’Io. Noi provochiamo in qualche modo una infiammazione artificiale, aiutando l’organismo a difendersi. Un’altra caratteristica dell’arnia appare nella struttura esagonale degli alveoli. Ci avviciniamo qui al regno minerale, al cristallo di roccia; appare una autentica polarità tra il calore quasi umano dell’ambiente e la struttura quasi minerale degli alveoli. È questa polarità che noi mettiamo a profitto, grazie alla sua similitudine, con la polarità fra l’azione mineralizzante dell’Io al polo superiore e la sua azione calorica al polo inferiore dell’uomo.

e Belladonna

Per comprendere l’azione della Belladonna, bisogna immaginarsi questa pianta nel suo ambiente naturale: il chiaroscuro umido del sottobosco. La sua crescita rapida in primavera è l’espressione delle forze eteriche intense, quindi improvvisamente, all’apparire del primo fiore, questo slancio è smorzato, dando l’impressione che altre forze hanno ostacolato la crescita.

Perché una pianta è velenosa?

Abbiamo visto che, in linea generale, le piante non possiedono che un corpo fisico e un corpo eterico. Al livello delle radici, sono le forze minerali che predominano, al livello delle foglie le forze eteriche. Con il fiore, la pianta si avvicina al mondo animale, prende contatto con le forze astrali, ma queste restano esteriori. Questo è il processo della pianta «normale»; ma nelle piante velenose, questa astralità invece di rimanere esteriore alla pianta, vi penetra, cosa che si traduce sul piano fisico con l’apparizione di sostanze tossiche. Ecco perché la nostra Belladonna sembra ostacolata nella sua crescita: queste forze astrali si oppongono alle forze eteriche, le frenano, in modo del tutto simile a quanto abbiamo osservato nell’animale. Assumendo tali piante, noi introduciamo nell’organismo una astralità estranea della quale è incapace di venire a capo; questo è il processo dell’intossicazione.

Processo astrale nella Belladonna

La presenza di forze astrali in un vegetale ha tendenza a conferirgli delle proprietà appartenenti all’animale. Così possiamo dire che nella Belladonna, appare come un desiderio - il desiderio è una manifestazione tipicamente astrale - di aprirsi al mondo esterno, alla luce. Ma la pianta

Infiammazione e sclerosi

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non possiede degli organi che le permettono di guardare; le piacerebbe aprire dei grandi occhi che essa non possiede. Essa può farlo solo all’interno di un organismo animale o umano e provoca allora la dilatazione delle pupille e l’occhio reagisce come se si trovasse nell’oscurità. Un’altra manifestazione astrale di desiderio è il bisogno di movimento che appare sotto forma di agitazione nell’intossicazione di Belladonna. Questa lotta fra l’eterico e l’astrale, noi la ritroviamo anche in un altro gruppo di sintomi di avvelenamento da Belladonna che ci avvicina all’infiammazione: il rossore del viso, la cefalea, la sensazione di pulsazioni. Queste sono della reazioni del corpo astrale attraverso il corpo eterico che tende a opporsi al processo polare dell’azione diretta del corpo astrale sul corpo fisico, azione che avviene principalmente al livello degli organi respiratori. Quello che per Apis si svolgeva tra l’Io e il corpo fisico, per Belladonna si svolge tra il corpo astrale e il corpo eterico. Somministrando Belladonna sotto forma diluita, aiuteremo l’organismo a ristabilire l’equilibrio.

Belladonna e infiammazione

Il complesso Apis mell. D3 / Belladonna D3 aa. dil. è così il medicamento di base dei processi infiammatori, soprattutto quando questi interessano il polo superiore, le vie respiratorie. In una angina lo somministreremo sotto forma di Apis mell. 0,1% / Belladonna 0,1% / Eucalyptus glob. 0,1% / Bolus alba q.s. 100%, in alternanza con Mercurius cyanatus D4 dil., ogni una-due ore. Ci vuole una buona dose di coraggio la prima volta che si sostituirà un tale trattamento al siero in una difterite, ma i risultati sono così probanti che dubito che chi l’ha provato una volta ritorni mai al siero. Nel caso di erisipela, di ascesso, di foruncolosi, daremo insieme ad Apis mell. D2 10% / Belladonna D2 10% / Eccipiente q.s.p. 100% dil. alternando ogni ora, Carbo vegetabilis 5% / Sulfur D1 10% / Eccipiente q.s.p. 100% trit.

Trattamento delle infiammazioni

Quando l’infiammazione rischia di diventare pericolosa, diventa necessario controllarla. In caso di temperatura alta, penseremo agli avvolgimenti, ai senapismi e soprattutto ai bagni la cui temperatura deve essere di 2°C inferiore a quella del paziente (non dimenticare di farli precedere da un cardiotonico leggero, o meglio da 5 o 10 gocce Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.s.p. 100% dil.). Uscendo dal bagno, si avvolgerà il malato in un accappatoio senza asciugarlo. Lo si farà ricoricare e gli si farà fare una infusione di sambuco o di tiglio per stimolare la sudorazione che, insieme a contribuire a far abbassare la temperatura, aiuta l’organismo a sbarazzarsi delle tossine. In tal modo favoriremo - come quando applichiamo un senapismo - lo spostamento dell’affezione verso la periferia, cosa che costituisce un fattore di miglioramento della prognosi.

Il controllo della febbre

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Medicina antroposofica

Se la temperatura si prolunga, si farà tutti i giorni o ogni due giorni una iniezione di Argentum met. D20 o D30. Questo medicamento non è destinato a combattere la febbre stessa, ma gli effetti novici che la sua persistenza può provocare (3). Come agiscono gli antibiotici

È possibile rinunciare agli antibiotici? L’importante in realtà non è di condannare un rimedio per esaltarne un altro, ma di essere perfettamente coscienti, di ciò che si fa. Abbiamo visto che i microorganismi sono degli agenti, non le cause delle malattie. Non sembra dunque, a priori, logico combatterli, cosa che porterebbe ad allontanare uno dei sintomi e in definitiva a mascherare o a metamorfosare la malattia che si manifesterà presto o tardi su un altro piano. Ci si renderà perfettamente conto di tutto questo quando si confrontano due pazienti curati per la medesima malattia, uno con antibiotici, il secondo aiutando soltanto l’organismo a difendersi. Il primo si trascina spesso per mesi, non arriva a ritrovare le proprie forze, ha l’impressione di non essere più se stesso. Il secondo, al contrario, dopo una malattia «calda», avrà una impressione di rigenerazione, di rinnovamento, sia nel morale che nel fisico. Egli dichiarerà, se è stato ben curato, di sentirsi meglio che prima della sua malattia. Questa sarà stata veramente superata. Il malato che viene curato con l’aiuto degli antibiotici somiglia un po’ a una persona che, al posto di pagare un debito, contrae una nuova ipoteca più gravosa. L’inefficacia di una terapia, ha spesso per causa una precedente terapia con antibiotici. In questo caso è raccomandabile cominciare prescrivendo una dose di Penicillinum, in dinamizzazione tanto più elevata (5, 7 o 9 CH) quanto più antica è stata somministrazione degli antibiotici. Bisogna anche sapere che la ripetizione degli antibiotici, oltre ai ben noti inconvenienti, comporta quello di uccidere progressivamente ogni possibilità di reazione infiammatoria dell’organismo, costituendo così il terreno favorevole al cancro.

La sclerosi

Se l’infanzia è l’età dell’infiammazione, la vecchiaia al contrario tende verso la sclerosi. Ma le persone anziane non ne sono tutte vittime, mentre la vediamo apparire in soggetti relativamente giovani. La sclerosi è dunque sia un processo morboso sia l’esagerazione di un processo normale di indurimento. Prima di proseguire a trattarla, ci si può chiedere se non esiste una profilassi di questa affezione. Questa deriva dalla genesi del processo, così come l’abbiamo descritto. Tutto ciò che esalterà l’azione diretta dell’Io sul corpo fisico sarà una causa che favorisce la sclerosi, e questo specialmente nella prima infanzia, poiché l’accelerazione dei processi di indurimento provocata nel soggetto giovane proseguirà per tutta l’esistenza. Non è dunque paradossale dire che la prevenzione di questa affezione deve iniziare alla nascita. Ne

Infiammazione e sclerosi

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riparleremo studiando il bambino. Quando la sclerosi è installata, è già più difficile combatterla ed è bene cominciare il trattamento fin dalle sue prime manifestazioni. Noi disponiamo a questo scopo di due rimedi principali: la betulla e il piombo. Se noi guardiamo una betulla quando le sue foglie si sono appena schiuse nell’aria soleggiata della primavera, possiamo già risentire tutto quello che questo albero esprime di giovinezza. Nella sua prima lezione ai medici (4), Rudolf Steiner ci mostra come certi caratteri particolari della betulla sono il riflesso di un processo organico umano. Nelle sue funzioni più centrali, dice, in ciò che avviene a livello della digestione, la formazione del sangue e nella respirazione, l’uomo è più vicino all’animale. Egli trasforma come questo ultimo le albumine vegetali; somministrando delle sostanze vegetali come medicina, ci indirizziamo più specialmente a queste funzioni centrali, facciamo appello ai processi che si svolgono fra il regno animale e il regno vegetale. Più verso la periferia, ci dice Rudolf Steiner, la partita si gioca «tra cielo e terra», tra l’Io, per quello che ha di cosmico, e il mondo minerale. Noi potremo osservare al livello della pelle un processo di eliminazione dei sali, di demineralizzazione. Somministrando un rimedio minerale, facciamo appello a ciò che vi è di più elevato nell’uomo, al suo Io, che reputiamo capace di venire a capo di questo minerale, di romperlo. Quello che succede, per esempio, quando somministriamo del silicio. Troviamo nella betulla qualche cosa di analogo: da una parte un processo di elaborazione delle albumine che si concentra al livello delle foglie giovani, dell’altra parte una eliminazione di sali minerali, in questo caso di potassio, al livello della corteccia. Rudolf Steiner ci dice che nella betulla, questi due processi sono separati; se essi fossero stati miscelati, la betulla sarebbe una magnifica pianta erbacea. Queste tendenze alla separazione dei due processi si ritrova presso altri alberi, ma essa è particolarmente marcata nella betulla. La sua corteccia sarà dunque un rimedio di scelta per stimolare nello organismo questo processo di demineralizzazione della pelle. La prescriveremo dunque nelle sclerosi e anche nelle dermatosi secche che danno l’impressione che la pelle non è più capace di eliminare correttamente i minerali.

Il processo della betulla

Utilizzeremo di preferenza la corteccia di betulla in iniezioni sottocutanee, poiché ci indirizziamo alla periferia, sotto forma di Betula alba, cort. 3%, due o tre iniezioni sottocutanee la settimana. Ma nella sclerosi, così pure nelle affezioni reumatiche, è pure interessante fare appello a questo processo centrale di elaborazione delle albumine che abbiamo descritto. Noi utilizzeremo allora degli estratti di foglie giovani per via orale. Una forma particolarmente gradevole di questo medicamento è l’Elixir di betulla Weleda. Noi possiamo così utilizzare le foglie giovani in infusione.

Applicazioni terapeutiche

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Medicina antroposofica

Questo esempio della betulla ci mostra in un modo particolarmente tangibile i rapporti e le similitudini che possono esistere tra la natura e l’uomo, e la cui comprensione ci porta direttamente sulla via della terapia. Il piombo nella sclerosi

Parleremo più dettagliatamente del piombo in uno studio successivo sui metalli (5). Qui ci limiteremo ad indicare la forma sotto la quale lo prescriveremo nella sclerosi: Plumbum mellitum D12 trit. Quando la sclerosi interessa specialmente la regione cerebrale, potremo prescriverlo in D20. Queste triturazioni devono essere somministrate due o tre volte al giorno, un quarto d’ora prima dei pasti in un cucchiaino da caffè di Elixir di betulla Weleda. Dopo quattro-sei settimane è bene fare una pausa, durante la quale, si prescriverà Argentum met. D6, che correggerà quello che il medicamento saturnino avrà potuto avere di eccessivo.

NOTE 1

Queste cifre devono essere considerate come medie e variano secondo gli autori (F. Husemann dà da 66 a 75% per il neonato e da 58 a 65% per l’adulto, W. zur Linden indica 80% per il neonato).

2

Rudolf Steiner, Entretiens sur les abeilles, Dornach, 26 novembre - 22 dicembre 1923, conferenza del 12 dicembre per esempio. Editions du Centre Triades, Paris, 1979.

3

Parleremo più dettagliatamente di Argentum nel capitolo XXV.

4

Rudolf Steiner, Médecine et science spirituelle, conferenza del 4 aprile 1920. op. cit.

5

Cfr. capitolo XXIV.

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PARTE SECONDA

Le tappe dello sviluppo umano Nella prima parte abbiamo tentato di farci un’idea della costituzione umana. I differenti aspetti che abbiamo individuato: i rapporti tra l’uomo formato da quattro elementi costitutivi da una parte, e da una triade - due poli e un centro - da un’altra parte, si modificano col tempo. In questa seconda parte studieremo questo divenire, che si effettua in periodi di sette anni. Potrà sembrare al lettore che in questo capitolo noi dedichiamo uno spazio troppo ampio alla pedagogia. Al contrario, noi non metteremo mai abbastanza in rilievo l’influenza della pedagogia sullo stato di salute lungo tutto il corso dell’esistenza.

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Capitolo VII

Dalla nascita ai sette anni Se l’uomo adulto è il più evoluto di tutti gli essere della creazione, egli, viceversa, è il meno avanzato nel proprio sviluppo alla nascita. Ciò non è sorprendente, poiché la ricchezza e la varietà delle sue facoltà hanno bisogno di una lunga maturazione e della persistenza di plasticità che permette un rimodellamento progressivo delle sue strutture. L’animale è praticamente in possesso delle sue attitudini sin dalla nascita; esse non fanno che perfezionarsi, non c’è acquisizione di nuove facoltà. Quelle che possiede sono altamente specializzate, molto più perfezionate di quelle dell’uomo; così, l’unghia del gatto è molto più adatta a un certo tipo di caccia della mano umana, ma le sue possibilità sono estremamente ridotte. La mano dell’uomo, al contrario, sarà capace di svolgere una quantità di compiti, ma dovrà imparare tutto. A quale perfezione saprà arrivare! Pensiamo alla mano dello scultore, a quella dell’orologiaio o ancora e quella del pianista. Questo apprendimento è possibile solo con l’aiuto di altri esseri umani. Un animale, viceversa, sa d’istinto; un’anatra, anche allevata da una gallina o in un’incubatrice, nuoterà senza che nessuno glielo insegni.

L’uomo è ricco di possibilità

Lo sviluppo dell’essere umano avviene in periodi di sette anni; la seconda dentizione e la pubertà ne sono i limiti e i riferimenti. È interessante notare la concordanza di questo ritmo con quello del rinnovamento totale della nostra sostanza nel corso di un settennio. Alla nascita, l’essere umano è il frutto di componenti ereditarie e ricevute dai genitori. A questa ascendenza, per la quale noi apparteniamo a una razza, a un popolo, a una famiglia, si va a sovrapporre ciò che noi apportiamo in proprio, ciò che farà di noi un individuo simile a nessun altro, ciò che costituisce il nucleo spirituale indistruttibile del nostro essere che si unisce al nostro corpo terrestre ad ogni incarnazione e lo ritrova ad ogni risveglio. Visto sotto il suo semplice aspetto materiale, l’essere umano resta totalmente incomprensibile. Immaginiamo per un istante che l’uomo sia solo il

Lo sviluppo in settenni

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Medicina antroposofica

risultato della sua ereditarietà; non vi sarebbe più differenza tra due esseri umani di quella che c’è tra due montoni. Ereditarietà e individualità

Ciò che l’uomo apporta dal mondo spirituale interferirà col patrimonio ereditario lungo tutto il primo settennio e finirà col creare un corpo compatibile con la struttura del nostro Io, un corpo che sia realmente uno strumento a misura propria. Ci basta osservare attentamente l’evoluzione del bambino per renderci conto che l’ereditarietà e l’influenza dell’ambiente non potrebbero, da sole, spiegarlo.

Le proporzioni del neonato

Osservando un neonato, siamo colpiti dalla relativa grossezza della testa; il resto del corpo e soprattutto gli arti ci appaiono come appendici della testa. Questa importanza relativa del polo cefalico è tanto più accentuata quanto meno avanzato è lo sviluppo dell’embrione. All’origine, l’uovo fecondato può essere considerato nient’altro che una testa.

Ruolo della testa

Questa grossa testa del bambino non sa pensare. Significa che è inattiva? È ancora Rudolf Steiner a darci la chiave di questo enigma: le forze di crescita che modellano il resto del corpo, egli dice, provengono dalla testa, e finché il corpo non avrà raggiunto un certo sviluppo, queste forze non saranno disponibili per pensare.

Forze di crescita e imitazione

Queste forze di crescita sono in realtà forze eteriche che si manifestano nella tendenza alla ripetizione che costituisce la moltiplicazione cellulare e anche nel bisogno di imitare che caratterizza il bambino nei primi sette anni, poiché l’imitazione è anche un processo di ri-produzione. Questo bisogno di imitare è imperioso; anche l’esempio dato dai genitori e in maniera più generale dall’ambiente del bambino è di un’importanza considerevole non soltanto per l’educazione dal punto di vista morale, ma anche per la strutturazione del suo organismo fisico. Ripetendo ciò che vede fare, il bambino imprime realmente una struttura al suo corpo. Questo vale sia per le cose buone che per quelle cattive. Così, l’aspetto armonioso della cornice nelle quali vive il bambino avrà ripercussioni profonde su tutto il suo essere. Passata una certa età, le forze eteriche assumeranno altri compiti, i loro rapporti con gli altri costituenti dell’essere cambieranno e ciò che sarà stato trascurato non potrà più essere recuperato. Nella stessa maniera ciò che sarà stato deformato non potrà più essere raddrizzato. Ne abbiamo un esempio tipico nei «bambini-lupi» (1), quei bambini che, allevati da un animale, sono diventati essi stessi animali e nessun ulteriore sforzo educativo riuscirà più a farne veri esseri umani. Un caso meno tragico ci è riferito da Norbert Glas (2) in una citazione che egli trae dal libro di E. S. Waterhouse, Psicology and Pastoral Work (Londra, 1939): Si tratta di un bambino di quattro anni che fu portato nella clinica di Tawistock perché lo si credeva affetto da follia, per

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il fatto che non parlava e passava il suo tempo a correre abbaiando come un cane. Dopo averlo esaminato, ci si accorse che il bambino era stato allevato da una balia che lo lasciava nel suo recinto e si occupava di lui solo per pulirlo e dargli da mangiare. La donna possedeva parecchi cani ai quali era molto affezionata e che colmava di gesti di tenerezza. Quando si trovò una persona comprensiva e devota per occuparsi di lui, il bambino si sviluppò rapidamente e ridiventò normale in diciotto mesi. Sarebbe assolutamente inesatto vedere il calcolo da parte del bambino, pensare che egli abbia potuto «fare lo sciocco per non pagar gabella». Assistiamo qui prima di tutto e quel bisogno di imitazione che caratterizza il bambino di quell’età. Non deve stupire il fatto che questo bisogno di imitazione si sia volto piuttosto verso i cani che verso la balia, presso la quale non trovava alcun affetto. Possiamo anche dire che il bambino ha così imitato la balia nella sua indifferenza verso un altro essere umano: anche lui è diventato indifferente verso di lei. Questo esempio ci fa sentire meglio l’estrema importanza che Rudolf Steiner attribuiva all’esempio che gli adulti danno ai bambini nel primo settennio. Egli lo riassumeva in queste parole: «Educare un bambino, è educare se stessi». Non contano soltanto le persone che circondano il bambino, ma anche tutto l’ambiente nel quale il bambino si trova. Un ambiente brutto, il cattivo gusto, colori sgargianti, la musica meccanica o, peggio ancora, un televisore, sono altrettanti veleni, traumi che lasceranno la loro impronta indelebile persino nel corpo fisico del bambino. Il caso del bambino di Tawistock ci aiuta anche a comprendere perché Rudolf Steiner sconsigliava di regalare al bambino giocattoli a forma di animali prima che sapesse camminare. In generale, i giocattoli hanno una considerevole influenza sullo sviluppo del bambino. Bisognerà anche proibire quelli che sono solo la caricatura del mondo vivente e quelli il cui carattere troppo perfezionato non lascia alcuno spazio all’immaginazione infantile. L’importanza dell’ambiente è tanto più importante quando più piccolo è il bambino; così si deve creare una cornice armoniosa fin dalla nascita. Quello, freddo e impersonale di un reparto di maternità, è senza dubbio l’opposto di ciò che sarebbe auspicabile. Per le ragioni di comodità - quanti errori questa ci fa commettere! - si isola il neonato da sua madre, mentre il suo posto è al suo fianco. Il calore della madre è per lui necessario; non solo il calore fisico, ma anche il calore spirituale dell’amore materno. Siccome è impossibile evidenziare questo calore con l’aiuto di un termometro, si stabilisce molto semplicemente che non esiste o che è senza importanza! Ci si accorgerà un giorno che le misure arbitrariamente instaurate ai nostri giorni a causa dell’ignoranza della vera natura umana, si ripercuotono non solo sulla psiche dell’individuo, ma anche sulla sua salute fisica provocando disturbi le cui manifestazioni possono propagarsi fin nella vecchiaia. Eccone un esempio: in ogni tempo le madri hanno

Importanza dell’entourage e dell’ambiente

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Medicina antroposofica

cullato i loro figli; essa sapevano istintivamente che era un bene per loro. Ma un giorno qualche pedante ha decretato che si dava al bambino una cattiva abitudine, dogma che il metodo autoritario non è mai fiorito tanto quanto di questi tempi! Gli Americani, che hanno la mania delle inchieste, hanno interrogato degli adulti per sapere se erano stati cullati quando erano piccoli e si sono accorti che coloro che lo erano stati conducevano un’esistenza più armoniosa. Quando si culla un bambino, si dà un alimento alla sua attività ritmica, si armonizza la sua affettività. Nello stesso ordine di idee, occorre cantare la ninna-nanna al bambino e, più tardi, raccontargli delle favole (quelle di Grimm e di Perrault sono ottime). L’allattamento

L’ambiente e il contatto affettivo sono una parte di ciò che il bambino riceve dal mondo esterno. Il nutrimento ne è un’altra e la sua influenza sullo sviluppo non è meno importante. Fino ai sei mesi, tutto ciò che non è latte materno non è che un ripiego. Come dice il dottor Rita Leroi (3): «Il seno, dapprima espressione della bellezza femminile, deve trasformarsi in organo della bontà che si offre». Voler preservare questa bellezza a detrimento della salute del bambino è una manifestazione di egoismo che espone più tardi al cancro del seno. Non è sufficientemente noto che la metà delle donne che ne sono affette non hanno mai allattato e che la maggioranza dell’altra metà ha avuto meno di tre figli ed ha allattato solo per poco tempo (4). Ci si meraviglia talvolta che tante madri ricorrano al poppatoio quando è così semplice l’allattamento al seno e si può pensare che non è estranea a questa moda la pubblicità per ogni tipo di latte in scatola. D’altro canto, sostenere che la deformazione del seno sia l’ineluttabile conseguenza dell’allattamento è falso.

Crescita e composizione del latte

Possiamo farci un’idea dell’importanza dell’allattamento materno paragonando crescita e composizione del latte nell’uomo e nei tre mammiferi del grafico riprodotto a pagina 63. Vediamo che la rapidità di crescita è praticamente proporzionale al tasso di caseina e di sali minerali (CaO + MgO + P2O5). Il tasso di lipidi segue ugualmente il movimento ma da più lontano. Per contro quello del lattosio è inversamente proporzionale alla crescita. Ben inteso, il latte di vacca dato a un lattante non lo farà crescere tre volte più in fretta, ma provoca tuttavia un aumento della ritenzione dei sali minerali nella proporzioni di 2,30 g/1,45 g in rapporto all’allattamento al seno, per un aumento di 100 g di peso. Vi è dunque nell’allattamento artificiale una mineralizzazione più rapida. È facile osservare che quest’ultima si accompagna a un risveglio più rapido della coscienza. L’allattamento artificiale genera dunque un processo di accelerazione e di conseguenza un invecchiamento più precoce.

Dalla nascita ai sette anni

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Abbiamo visto (Cfr. capitolo 2) che per essere assimilati, gli alimenti devono prima di tutto essere degradati. Le possibilità di degradazione del lattante sono molto limitate, non essendo ancora disponibili le forze necessarie per farlo; è questo il motivo per cui egli è così esposto alle tossiinfezioni alimentari. È dunque importante non sollecitare queste forze di degradazione al di là delle loro possibilità offrendo alimenti inadatti e procedere a qualsiasi cambiamento in maniera progressiva.

La digestione nel lattante

Certi pediatri raccomandano di dare ai bambini la carne molto presto, perché hanno constatato la sua influenza sullo sviluppo della muscolatura. Ciò è innegabile, ma è veramente auspicabile? Bisogna essere a conoscenza che dando la carne acceleriamo lo sviluppo del bambino; sviluppo che si arresterà tanto prima quanto sarà stato accelerato e resterà perciò incompleto. Se tanti adulti oggi conservano lungo tutta la loro esistenza uno psichismo infantile, si può essere certi che il modo in cui sono stati nutriti nell’infanzia c’entri in qualche maniera. Ricordiamo ancora che le uova date troppo presto fanno perdere al bambino il suo istinto naturale, di fronte al cibo. L’abuso delle uova, per il loro contenuto di ormoni sessuali, provoca pubertà premature, altra forma di accelerazio-

La carne e le uova

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Medicina antroposofica

ne poco auspicabile. I dettagli che concernano l’alimentazione del bambino andrebbero oltre lo schema di questo libro e ci si riferirà con vantaggio a opere più qualificate come quella del dottor Wilhelm zur Linden (5). Polo digestivo e motorio

Dal polo cefalico, il più sviluppato fisicamente, sono nate le forze che lavorano alla formazione del resto dell’organismo. Al polo digestivo e motorio, ancora allo stato di abbozzo, si trovano forze di volontà particolarmente intense, espressioni dell’Io che, dall’esterno, modella questo organismo per farne un suo strumento. Ritroviamo questo forze di volontà nei processi di nutrizione ed esse si esprimono attraverso l’ardore col quale il lattante succhia il seno della madre. Possiamo osservare come tutto il corpo, dalle labbra alle dita dei piedi partecipa a queste attività. Questa volontà si manifesta ugualmente nelle grida del bambino, in tutta la sua mobilità che contrasta col poco considerevole sviluppo delle sue membra.

Posizione eretta e marcia...

A poco a poco, i movimenti che sembravano caotici si vanno orientando verso un fine. Il bambino comincerà a sollevare la testa, poi tenterà di drizzare il tronco e riuscirà a sedersi per acquisire finalmente, dopo immensi sforzi, la posizione eretta a imparare a camminare. Il fatto di arrivare a reggersi sulle due gambe rappresenta un infaticabile ripetizione di tentativi, una forza di volontà della quale ci facciamo difficilmente un’idea e della quale pochissimi adulti sarebbero capaci. Solo coloro che hanno ricercato la perfezione in un esercizio, per esempio nel suonare uno strumento, possono sentirlo. Se ci si è potuti stupire all’inizio che l’antroposofia colleghi la volontà al polo del movimento, osservare un bambino che impara a camminare ci insegnerà quanto questo accostamento sia giustificato. Quasi contemporaneamente il bambino impara a parlare. Come per la marcia il bambino acquisisce il linguaggio per imitazione. Questa facoltà è intimamente legata alla respirazione e rappresenta così una manifestazione affettiva; ma, soprattutto all’inizio, il linguaggio è prima di tutto movimento, esercizio delle labbra, quindi attività volontarie. È solo più tardi, generalmente quando saprà camminare, che il bambino comincerà a pensare, cioè a cogliere una relazione tra il suono che produce e il suo significato. Camminare, parlare e pensare sono per il bambino tre grandi vittorie riportate su un organismo sul quale ha acquistato una certa padronanza. Niente di simile avviene nell’animale (6) che saltellerà in modo del tutto naturale, senza che gli sia necessario un particolare sforzo di apprendimento, poiché la facoltà di tenersi ritto sulle gambe gli è stata data e non deve acquisirla.

... linguaggio...

... e pensiero

La prima dentizione

I primi denti appaiono pressappoco quando il bambino impara a camminare. La loro eruzione è pure una manifestazione della volontà interiore che si accompagna spesso a processi infiammatori e a febbre. Il

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dente, per la sua durezza, non ci fa pensare a un corpo estraneo che l’organismo tenta di espellere con una infiammazione? Ciò non arriva, si capisce, sino all’espulsione totale, ma la parte più dura, lo smalto, è spinto all’esterno. Se il dente ha troppe difficoltà ad uscire, le forze di volontà ostacolate nella loro azione possono ribellarsi, cosa che si manifesterà con crampi o convulsioni. A circa tre anni, il bambino ha imparato a manifestare i suoi sentimenti, i suoi desideri, con le parole; comincia allora a distinguere se stesso dal mondo esterno al quale fino ad allora era mescolato più intimamente. Egli non si chiama più col proprio nome se fosse per se stesso un oggetto esterno simile agli altri, ma dice «Io». Il suo essere spirituale, il suo Io, si è incarnato più profondamente, nella stessa misura in cui il suo corpo fisico si è formato ed è diventato idoneo a riceverlo. Egli prende allo stesso tempo coscienza del mondo esterno che distingue dal suo essere interiore il quale comincia a popolarsi di ricordi. Questa presa di coscienza si accompagna generalmente al bisogno di imporsi con la tendenza a dire di «no» a tutto quello che gli si propone. Questo è molto irritante per i genitori ma passerà tanto più in fretta quanta minore resistenza gli si sarà opposta. Da questo momento il bambino continuerà, come per il passato, a voler imitare chi lo circonda, ma lo farà in maniera più cosciente. Sino ad ora l’imitazione ha avuto un carattere piuttosto automatico; adesso il bambino vuol fare come sua madre o come suo padre e in generale senza aiuto. È necessario che questo bisogno di imitazione possa manifestarsi liberamente. Se è ostacolato, tenderà a manifestarsi molto più tardi e a fare dell’adulto una pecora di Panurge. È probabile che se i bambini avessero la possibilità di appagare meglio il loro bisogno di imitazione, non diventerebbero, da adulti, schiavi di mode di ogni specie. Evidentemente non è possibile lasciar fare a un bambino qualsiasi cosa, e sono necessari tesori di immaginazione e molto presenza di spirito per poter guidare un bambino con dolcezza; l’educazione è veramente un’arte!

L’apparizione dell’Io

Alla fine del primo settennio, con l’eliminazione dei denti di latte, il bambino avrà completamente rinnovato la sua sostanza fisica. Si sarà costruito un corpo idoneo, le cui proporzioni si avvicineranno più a quella dell’adulto che a quelle del neonato. Il rapporto tra la testa e gli arti sarà tale che il bambino potrà toccare l’orecchio del lato opposto passando il braccio sopra la testa, cosa che costituisce un eccellente test della sua maturità scolare; ne vedremo il perché in seguito.

Proporzioni del corpo

L’intenso lavoro necessario per l’elaborazione del proprio corpo comporta per il bambino da zero a sette anni una minore resistenza alle malattie. Egli è abbandonato alle influenze esterne senza sufficiente difesa; così è necessario assicurargli una alimentazione corretta, una protezione

Predisposizione alle malattie

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Medicina antroposofica

contro tutte le aggressioni esterne. Il rumore, il freddo, il caldo, una luce troppo intensa possono causare dei disturbi. La regolazione termica che è sotto la dipendenza dell’Io non è garantita finché quest’ultimo non abbia preso in pieno possesso del corpo e l’omeotermia comparirà solo progressivamente. Se una luce troppo viva può diventare per il bambino piccolo causa di sofferenza e di malattie, la sua insufficienza, benché oggi questo avvenga molto più raramente che un centinaio di anni fa, può essere all’origine del rachitismo. Il rachitismo

Questa malattia è l’espressione tipica di uno squilibrio tra le forze di crescita e di strutturazione dell’organismo; così conviene soffermarsi su di essa. Lo studio di un osso rachitico ci rivela da una parte un’insufficienza di calcificazione, quindi un disturbo del metabolismo e da un’altra parte una proliferazione caotica del tessuto connettivo dell’osso. Siamo dunque in presenza di una mineralizzazione e di una strutturazione insufficiente. Questi due processi, come abbiamo visto all’inizio, rivelano l’azione diretta dell’Io sull’organismo. Nel rachitismo, l’Io è troppo debole per realizzarli, non arriva ad assicurare il metabolismo della luce, a trasformarla ed integrarla al chimismo delle ossa. Può anche succedere che l’Io non abbia luce sufficiente a sua disposizione; ma questa forma esogena di rachitismo è divenuta attualmente più rara.

La vitamina D

Si ha l’abitudine di dare ai lattanti, per prevenire il rachitismo o per curarlo, dosi di vitamina D di sintesi. Questa pratica è poco soddisfacente sul piano terapeutico, perché il suo carattere sostitutivo non riguarda la radice del male, non è priva di pericoli. Prima di tutto, se agisce sulla mineralizzazione, è viceversa senza effetti sulla strutturazione e rischia dunque di fissare la malattia invece di guarirla. In seguito essa rischia di provocare casi di ipercalcificazione - specialmente a livello dei reni talvolta mortali. Se casi così gravi sono relativamente rari, la somministrazione sistematica di vitamina D comporta nondimeno un indurimento troppo precoce non solo delle ossa, ma di tutti i tessuti. Non è raro vedere certi bambini dall’aria vecchiotta, dal cranio troppo piccolo, il cui sviluppo ulteriore non potrà compiersi normalmente. Una volta di più incontriamo queste tendenze e voler bruciare le tappe che è una delle piaghe della nostra epoca.

Il trattamento del rachitismo...

In un’affezione in relazione con le forze di luce e con l’Io, si penserà in primo luogo al fosforo, che sarà prescritto in D5 o D6 in ragione di tre gocce prima della prima colazione e prima del pasto di mezzogiorno (mai fosforo in bassa diluizione la sera). Se la malattia interessa soprattutto il polo cefalico (craniotabe), si prescriverà Phosphorus D30 in ragione di 5 gocce ogni due o tre giorni, che si potranno somministrare verso le 18. Per stimolare le forze di

Dalla nascita ai sette anni

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strutturazione, si darà Silicea D10 trit. In caso di deformazioni, si prescriverà Stannum met. D10 trit., grande quanto un pisello due volte al giorno; lo Stannum è ugualmente indicato in casi di craniotabe sotto forma di unguento (Stann. met. D1 25% ung.) spalmandolo su tutto il cranio durante la notte. Per stimolare il desiderio di stare in piedi, si darà al risveglio una quantità uguale a un pisello di Ferrum sidereum D20 trit. Per la profilassi del rachitismo, è bene dare alla madre, durante la gravidanza, i Sali calcarei nutritivi Weleda n° 1 e 2 (il n° 1 al mattino, il n° 2 alla sera). Questi saranno dati anche al bambino dopo la nona settimana.

... e la sua profilassi

È bene esercitarsi a riconoscere se i bambini appartengono al tipo a testa grossa o a testa piccola. Nei primi, predomina il sistema metabolico, essi hanno la tendenza a calcificarsi meno velocemente. I secondi, al contrario, si induriscono più rapidamente. Di conseguenza, ai primi si prescriveranno: Sali calcarei n° 2 solo più tardi. Eventualmente si sostituiranno con Calcarea carbonica ostrearum dalla D3 alla D6. È bene continuare i Sali calcarei per tutto l’infanzia, fin verso la pubertà. Si prescriveranno per periodi di quattro settimane, seguiti da una o due settimane di riposo. Dal 15 giugno al 15 settembre è bene sospendere la loro somministrazione. I Sali calcarei non sono sempre una profilassi sufficiente per il rachitismo; si aggiungeranno, al bisogno, 5 gocce di Phosphorus D6 al risveglio durante il periodo in cui difetta la luce solare. Per rimediare ai disturbi dell’ipervitaminosi D, si prescriverà Argentite D6 trit. (da sostituire eventualmente con Argentum met. D6 trit. per i biondi troppo sensibili allo zolfo) ma dare quanto un pisello, due o tre volte al giorno. Si potranno anche prescrivere dei bagni solforati caldi (un cucchiaino da caffè di Kalium sulfuratum 20% q.b. per ogni bagno).

Teste grosse e piccole

Le malattie infantili sono manifestazioni acute della lotta tra l’Io e le forze ereditarie. Vi sono periodi in cui l’essere spirituale cerca di manifestare la propria supremazia in maniera particolarmente intensa; questa volontà di imprimere profondamente la propria impronta nel corpo fisico provoca la predisposizione alla scarlattina. In altri periodi, l’essere spirituale, più labile, avrà la tendenza a cedere il passo al modello terrestre; il bambino sarà allora ricettivo al morbillo. Questo ci apparirà come una malattia piuttosto acquosa, un’inondazione, coi suoi occhi lacrimosi, le palpebre gonfie e l’aspetto un po’ tumefatto di tutto il corpo. Sono, queste, manifestazioni dell’eterico che, come sappiamo, ha come supporto l’elemento liquido. Al contrario, la scarlattina, col suo carattere più drammatico, ci fa pensare a un incendio; la secchezza della pelle e il tipo di eruzione, sabbiosa al tatto, richiamano questa azione mineralizzante dell’Io, il cui «fuoco lascia delle ceneri. Questa azione mineralizzante si ritrova persino nelle complicanze della scarlattina che sono la nefrite e il reumatismo.

Scarlattina e morbillo

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Medicina antroposofica

Trattamento del morbillo

Il trattamento del morbillo è semplice. Si deve dare al bambino Infludo Weleda (o Ferrum phos. comp.), secondo l’età da 3 a 6 gocce, ogni due ore e si deve mettere sul torace un senapismo per facilitare il manifestarsi dell’eruzione. Un’eruzione che si manifesta bene non crea complicazioni. Bisogna, certamente, lasciare il bambino al caldo e a riposo per un tempo sufficiente e prescrivere una dieta idrica durante la febbre. Quando la temperatura comincia a scendere, si distanzia Infludo, che non si deve mai interrompere bruscamente. In caso di bisogno si deve usare l’Elixir contro la tosse Weleda (mai codeina), o meglio un infuso di Althaea off., rad. 1 p. / Cetraria island. 2 p. / Pimpinella anisum, fruct. 1 p. / Prunus spin., flos 3 p. / Sambucus, flos 3 p. con l’aggiunta di un poco di mela. Questo infuso, oltre ad essere efficacissimo, è privo di ogni tossicità. Durante la convalescenza, si deve dare una o due volte al giorno di quanto un pisello di Ferrum sidereum D10 / Pancreina D6 aa trit., e tre cucchiaini da caffè al giorno di Hippophan Weleda.

Trattamento della scarlattina

Nella scarlattina è bene intervenire in primo luogo sulla faringe facendo ogni quattro ore una nebulizzazione con Apis mell. 0,1% / Belladonna 0,1% / Eucalyptus glob. 0,1% / Bolus alba q.s.p. 100%. Se l’angina è rossa, si deve dare in più, ogni quattro ore (due ore dopo ogni nebulizzazione), quanto un pisello di Cinnabaris D20 trit. Se l’angine è poltacea si deve sostituire Cinnabaris con Mercurius cyanatus D4 dil. (da 5 a 10 gocce secondo l’età). Il medicamento di base della scarlattina è Cassiterite 0,1%, che si deve aggiungere al bagno (2°C in meno della temperatura dell’ammalato) nella misura di un cucchiaio. Non dimenticare di somministrare un cardiotonico (da 5 a 10 gocce di Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.s.p. 100% dil.) prima del bagno. Se non è possibile il bagno, lo si deve sostituire avvolgendo tutto il corpo in panni freddi (bagnare un lenzuolo in acqua fredda alla quale sarà stato aggiunta una cucchiaiata di Cassiterite 0,1%. Dopo il bagno o i panni freddi, avvolgere il malato in un accappatoio asciutto e dargli un’infuso (fior di sambuco o di tiglio) per provocare la sudorazione. Il bagno o i panni freddi si faranno una volta al giorno o meno che un’alta temperatura non richiede una maggiore frequenza. Bisogna sempre sostenere il cuore e somministrare Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.s.p. 100% dil., almeno tre volte al giorno (da 5 a 10 gocce). Come in tutte le malattie febbrili acute, si deve prescrivere la dieta idrica ed essere molto prudenti nel ricominciare l’alimentazione (né sale né albumine). Durante la convalescenza si deve somministrare Ferrum sidereum D10 / Pancreina D6 aa trit. e Equisetum D6 dil., anche in assenza di sintomi di nefrite. Così trattata la scarlattina non espone a complicanze.

La pertosse

Se la scarlattina ci avvicina all’elemento fuoco e il morbillo all’elemento acqua, la pertosse è indubbiamente in rapporto all’elemento aria e al corpo astrale. Essa si distingue per gli accessi che tutti conosciamo, che costituiscono un disperato tentativo dell’organismo di sbarazzarsi del-

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l’aria contenuta nei polmoni. Nella normale respirazione, il rapporto del corpo astrale con l’organismo varia in maniera ritmica. Nella pertosse, in seguito alla irritazione dei bronchi, resta attaccato al corpo, provocando lo spasmo della glottide e trattenendo l’aria. Questa si comporta come un corpo estraneo che l’organismo vorrebbe espellere, cosa impossibile a causa della chiusura della glottide. Alla fine il tasso crescente di acido carbonico nel sangue provoca una tendenza alla sincope, dunque un distacco del corpo astrale; lo spasmo diminuisce e l’aria rientra fischiando nei bronchi. Può sembrare paradossale che un disperato tentativo di espellere l’aria finisca con una inspirazione. In realtà, l’organismo tenta di espellere l’aria residua che si comporta come corpo estraneo; all’apertura della glottide, l’aria penetra per l’elasticità del torace. Se osservate bene il comportamento di un bambino durante un eccesso di pertosse, vedrete che si tratta, come ha detto Rudolf Steiner, di una dispnea espiratoria e coglierete dal vivo il comportamento del corpo astrale. Questo ruolo del corpo astrale ci fa capire l’importanza del fattore affettivo nella pertosse. I figli di madri inquiete hanno pertossi più gravi, più drammatiche di quelli le cui madri conservano il loro sangue freddo. Eccone un esempio tipico. Avevo curato un bambino di pertosse poco prima di un viaggio e lo avevo affidato a un collega la vigilia della mia partenza. Tutto era andato benissimo fino al momento in cui la madre seppe di questa partenza. La sua inquietudine ebbe ripercussioni immediate sul bambino i cui accessi aumentarono considerevolmente in frequenza e in intensità, benché non vi fosse stato alcun cambiamento nella condotta della cura.

Il fattore affettivo

Per curare bene una pertosse, è necessario dunque cominciare col rassicurare le persone a contatto con l’ammalato ed esigere anche su certi punti una rigorosa disciplina. Prima di tutto bisogna ridurre considerevolmente l’alimentazione; questo non sempre è facile, perché una madre ha sempre paura che suo figlio muoia di fame, mai che muoia perché ha mangiato troppo! In caso di vomito si darà un leggero spuntino dopo un accesso. Se il vomito è frequente, bisogna pensare a compensare la perdita di cloruri somministrando del sale. Il vomito del lattante rischia di provocare una rapida disidratazione; bisogna badare a reidratarlo e dargli solo latte molto annacquato o infusi. Bisogna anche essere molto rigidi in ciò che concerne i calmanti per la tosse che sono all’origine di molte complicanze. La cura mirerà a temperare l’azione del corpo astrale grazie al Pertudoron Weleda e al Cuprum aceticum D3 dil. Si otterranno eccellenti risultati a condizioni di rispettare la posologia e di resistere alla tentazione di un dosaggio eccessivo. Ad un lattante si somministreranno al massimo tre gocce, a un bambino grande o ad un adulto non più di 5. Si daranno alternativamente ogni due ore e così ogni medicinale verrà somministrato ogni

Trattamento della pertosse

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Medicina antroposofica

quattro ore. All’inizio si devono somministrare i rimedi anche durante la notte. Per uno o due giorni si assiste generalmente a un leggero peggioramento che non deve a nessun costo comportare un aumento delle dosi e della frequenza delle somministrazioni, ma piuttosto una diminuzione. In seguito lo stato migliora. Gli insuccessi sono dovuti spesso a un sovraccarico dello stomaco. Non si deve temere di veder dimagrire un bambino, perché, appena la malattia sarà passata, il bambino darà prova di eccellente appetito e riacquisterà rapidamente il suo peso (salvo nel caso in cui gli accessi di tosse siano stati attenuati con la codeina e i suoi derivati). Questi rimedi si devono somministrare fino alla scomparsa totale degli accessi, ma si potrà distanziarne le somministrazioni appena il bambino comincia a stare meglio. Spesso si possono sospendere quasi subito quelle notturne. È interessante notare che dopo una pertosse, sussiste talvolta per più di un anno una certa irritabilità dei bronchi che fa sì che ad ogni raffreddore la tosse abbia l’andamento simile alla pertosse. Se osservate un bambino curato in questa maniera, sarete stupiti non solo della rapidità della convalescenza, ma soprattutto dei progressi che avrà fatto il bambino. Questi progressi si manifestano persino nel linguaggio. Viceversa, un bambino al quale la malattia sarà stata inibita, se la trascina dietro per mesi e talvolta anche per anni. Conseguentemente non si dovrebbe vaccinare un bambino contro la pertosse, perché significa privarlo di una possibilità di sviluppo che gli è donata dalla malattia.

Dalla nascita ai sette anni

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NOTE 1

Malson L.: I bambini selvaggi, mito e realtà. Union General d’Edition, Parigi, 1964, collezione 10-18.

2

Glas N.: Prima infanzia. Parigi 1966, collezione «I quaderni blu dell’arte dell’educazione» (esaurito).

3

Leroi R., Dr.: «Das Mammarkazinom», in Beiträge zu einer Erweiterung der Heilkunst, 6, 1970.

4

Kesseler E.: «Stillen und Brustkrebs», in Deutsche medizinische Wochenscrift 93 (13), 1968.

5

Zur Linden W., Dr.: Mio figlio, la sua salute, le sue malattie, 4ª ed. rivista e aumentata. Ed. del Centro Triades, Parigi 1985.

6

Non bisognerebbe neppure paragonare l’apprendimento della marcia a un ammaestramento. In questo, è l’uomo che impone la sua volontà all’animale con un qualsiasi sotterfugio.

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Capitolo VIII

Dai sette ai quattordici anni Fino ai sette anni, il corpo eterico è rimasto legato all’eterico universale come il corpo fisico era legato alla madre prima della nascita. Con la seconda dentizione, il corpo eterico si libera a sua volta e possiamo dire che nasce. Sino ad ora è stato occupato alla costruzione del corpo fisico, alla sua crescita, alla ristrutturazione delle sue proporzioni delle quali vediamo una manifestazione nel rapporto che esiste adesso tra la testa e gli arti. Una parte del corpo eterico resterà legato all’organismo e continuerà ad assumere la responsabilità dei processi di crescita e di rigenerazione; l’altra parte, avendo compiuto il suo compito sul piano fisico, diventa libera. Per quali funzioni questa parte diventa disponibile? In natura, niente si perde, tutto si trasforma. Queste forze, divenute libere, noi le ritroviamo sul piano del pensiero, nella memoria, nella rappresentazione, nel concatenamento dei concetti. Adesso comprendiamo perché, quando si constata un certo rapporto dimensionale tra la testa e gli arti, vi si può leggere il segno della maturità scolare. È sorprendente constatare la similitudine che esiste tra le forze della crescita e quelle del pensiero. Il seguente prospetto ne darà un’idea. Azione del corpo eterico nella crescita

nel pensiero

Riproduzione di elementi organici, per es. cellule

Riproduzione di elementi percepiti (nella rappresentazione)

Elaborazioni di elementi simmetrici (destra e sinistra)

Possibilità di pensare a dei contrari

Strutturazione della pianta

Strutturazione del pensiero

Metamorfosi delle forze eteriche

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Medicina antroposofica

Varietà delle forme

Varietà dei pensieri

Riduzione delle attività nei semi

Memorizzazione (immagazzinamento di elementi che possono essere riportati alla coscienza)

Concatenamento di una cellula con l’altra secondo un pieno

Concatenamento delle idee secondo una logica

Ramificazione

Associazione di idee

ecc.

ecc.

La dislessia

Ma perché le forze eteriche divengano forze di pensiero, è necessario che l’Io sia sufficientemente maturo per poterle utilizzare. Egli deve impadronirsene, strutturarle, altrimenti esse tenderanno a regredire allo stadio vegetativo. La dislessia costituisce uno degli aspetti di queste regressione. Essa è caratterizzata da irregolarità della metamorfosi del corpo eterico che si manifesta sul piano psichico sotto forma di immagini allo specchio. Queste ci ricordano la facoltà di riproduzione simmetrica che è una delle qualità del corpo eterico. Il bambino leggerà una «b» al posto di una «d», una «q» al posto di una «p», «la» invece di «al», «cor» invece di «roc», ecc. Questi disturbi, fortunatamente, sono passeggeri e spariscono in generale completamente quando l’Io riesce a incarnarsi meglio. Troveremo in seguito un altro aspetto di questa regressione delle forze eteriche a proposito del cancro.

Non troppo né troppo poche attività intellettuali

La liberazione di una parte del corpo eterico, apre nuove possibilità alla memoria ed è allora che il bambino diventa realmente capace di imparare. Non è impossibile insegnare a scrivere a un bambino sin dall’età di tre anni; ma si fa allora prematuramente ricorso a forze eteriche che dovrebbero essere riservate alla costruzione dell’organismo. Anche se ciò non comporta disturbi immediati, la sottrazione di queste forze si ripercoterà presto o tardi sulla salute. Anche dopo i sette anni bisogna tener conto delle possibilità individuali. Il bambino diventerà pallido e si indebolirà se chiederemo troppo alla sua memoria, se il polo neurosensoriale è troppo sollecitato. Al contrario, se lo è troppo poco, i processi sanguigni del polo metabolico avranno tendenza a prevalere e il bambino sarà esuberante. È facile constatare che l’epoca attuale chiede troppo alle forze del pensiero.

Sviluppo dell’affettività

La liberazione parziale del corpo eterico comporta una maggiore libertà del bambino di fronte all’ambiente esterno. È questa una condizione necessaria allo sviluppo della vita affettiva, sviluppo che occuperà il

Dai sette ai quattordici anni

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secondo settennio. Questa vita dell’anima è caratterizzata da una perpetua oscillazione tra due sentimenti primordiali ai quali possiamo ricondurre tutto quello che proviamo: la simpatia e l’antipatia (Cfr. nota 3 Capitolo 1). Questa oscillazione tra due contrari è dunque un’alternanza, un ritmo, e noi la ricolleghiamo al sistema ritmico dell’organismo. Questo sistema nel bambino è stato preformato, ma si sviluppa completamente, in modo da diventare lo strumento della vita affettiva, solo tra i sette e i quattordici anni. La formazione dell’organismo fino ai sette anni era principalmente sotto la direzione del corpo eterico. Adesso è il corpo astrale che condurrà la danza, poiché l’affettività, movimento dell’anima, è proprio una specie di danza che trova il suo alimento nelle percezioni sensoriali e si esprime col movimento degli arti oscillando così tra il polo cefalico e quello della mobilità, equilibrandoli. Prima dei sette anni, l’affettività del bambino è poco sviluppata; essa è soprattutto l’espressione dei suoi rapporti col suo ambiente esterno. Il bambino ricerca per esempio il calore materno. Egli vive nel suo ambiente senza aprirsi realmente al sentimento degli altri; egli è meravigliosamente obiettivo. Non prova quasi compassione e può dare prova di crudeltà perché non sente quello che sentono gli altri. Quando due bambini piccoli giocano insieme, ciascuno gioca per sé; può essere che uno imiti l’altro ma non c’è contatto interiore.

L’affettività prima dei sette anni

Con l’entrata in gioco del corpo astrale apparirà una interiorizzazione, uno scambio col mondo esteriore. Simpatie e antipatie saranno sentite nel più profondo dell’anima. Il bambino sarà in grado di provare amicizia, ma anche inimicizia. Egli svilupperà il suo senso sociale, giocherà in gruppo, canterà in coro o anche in canone. Anche la musica, in questo periodo, recita un ruolo tra i più importanti, perché aiuterà ad armonizzare le forze del pensiero e della volontà. Non è abbastanza noto che il nostro corpo è costruito secondo le leggi musicali e che specialmente i rapporti tra i diversi segmenti degli arti sono quelli degli intervalli musicali. Ci è anche possibile aiutare lo sviluppo del bambino insegnandogli a suonare uno strumento musicale e, in maniera più generale, con tutte le attività artistiche. Anche l’insegnamento, in questo periodo, dovrebbe sempre avere un carattere artistico, non essere soltanto austeramente intellettuale. Così la scuola non diventerebbe una pesante incombenza, la naturale curiosità del bambino, invece di smussarsi, resterebbe desta.

Educazione dell’affettività

Verso il nono anno si produce un evento che ci ricorda quello che è successo tra il secondo e il terzo anno: un processo di incarnazione dell’Io. Questi, all’epoca, aveva preso possesso del polo neurosensoriale; ora si lega più strettamente al metabolismo. Può succedere che questo processo sia ostacolato, cosa che potrà diventare causa di disturbi del metabolismo,

L’Io verso il nono anno

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Medicina antroposofica

per esempio di diabete. Questo è in effetti espressione di un’azione insufficiente dell’Io su certe funzioni del metabolismo. È interessante notare che il diabete compare a questa età più frequentemente che in nessun’altra. D’altro canto, il secondo settennio è piuttosto un periodo di buona salute, cosa che si spiega con la predominanza del sistema ritmico, armonizzatore. La malattia è sempre espressione di un’azione eccessiva di uno dei poli che il sistema ritmico si sforza di correggere ristabilendo l’equilibrio. Mobilità e coscienza

Essendosi legato al sistema metabolico verso il nono anno, l’Io, partendo da questo centro, prenderà a poco a poco possesso dei muscoli e delle ossa. I movimenti, che fino a quel momento avevano un carattere più automatico, diventano più coscienti, cosa che non sempre avviene senza alcune difficoltà. Potete tentare di farvene un’idea cercando di eseguire un movimento che fate abitualmente senza pensarci; ritroverete un po’ della goffaggine del periodo dell’apprendimento. Prendendo maggiore coscienza dei suoi arti, anche il bambino, verso i dodici anni, diventa maldestro. Spesso egli non sa bene che fare delle sue braccia e si ficca le mani in tasca, o quando se ne serve, lascia facilmente sfuggirsi degli oggetti con grande irritazione delle persone che sono con lui. Questo scompare in generale abbastanza rapidamente, ma può accadere che questi disturbi siano più seri e allora siamo in presenza della corea minore o ballo di S. Vito.

La corea o ballo di S. Vito

Ricordiamo di aver parlato proprio all’inizio, in merito al corpo astrale, del suo ruolo nell’interiorizzazione delle percezioni e nella reazione a questa che costituisce l’esteriorizzazione sotto forma di movimenti. Si tratta qui di un vero ritmo, di una «respirazione» alla quale l’Io partecipa nella presa di coscienza delle percezioni e nell’espressione volontaria che è il movimento. Se il corpo astrale non è in grado di svolgere la sua funzione, questi processi si compiono in maniera aritmica, l’Io non potrà esprimersi armoniosamente attraverso il corpo astrale; egli sarà ostacolato nella sua presa di possesso degli arti. Ma l’incapacità del corpo astrale ad adempiere il suo compito è l’espressione d’una dominante eterica che provoca una certa «viscosità», una certa inerzia che ostacola l’azione del corpo astrale. Comprendiamo adesso la sintomatologia della corea. Essa appare spesso in seguito ad una contrarietà, a un contrasto affettivo, a una paura che sono causa di indebolimento del corpo astrale. I disturbi respiratori ne sono i primi sintomi. La comparsa di movimenti involontari potrebbe farci credere a una eccessiva attività del corpo astrale; essi non sono in realtà che l’espressione dei suoi tentativi infruttuosi per diventare padrone della situazione e potremmo in merito ricordare l’immagine dell’alpinista che abbiamo descritto a proposito del crampo, ma con una differenza fondamentale: nel crampo il movimento cessa per la rigidità e i processi di coscienza si intensificano dolorosamente. Nella corea, il movi-

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mento si intensifica in maniera caotica e la coscienza si attenua fino all’esaurimento. Ciò ci dimostra che nel crampo abbiamo un processo eccessivo nato dal polo neurosensoriale (azione diretta dell’Io e del corpo astrale sull’organismo) e nella corea un processo eccessivo nato dal polo del metabolismo e del movimento (azione mediata degli elementi superiori). Comprendiamo anche che un’affezione simile può manifestarsi nel corso della gravidanza che è caratterizzata, anch’essa, da una dominante del polo inferiore e delle forze eteriche. Quale sarà il trattamento della corea? Prima di tutto l’allontanamento dalla scuola per evitare i traumi psichici che il comportamento del malato non mancherebbe di suscitare e che non farebbero che aggravare il suo stato. Si potrebbe anche pensare all’arsenico. Rudolf Steiner diceva: «Arsenizzare è astralizzare». Ma con questo farmaco bisogna essere prudenti perché si rischia facilmente di andare oltre l’effetto desiderato; sarebbe preferibile utilizzarlo nella sua sintesi naturale col ferro e col rame, come si trova in certe sorgenti del Nord-Italia (Levico, Roncegno). Non è mai stato possibile riprodurre in laboratorio questa combinazione naturale. Il ferro favorisce l’incarnazione dell’Io e il rame armonizza l’azione del corpo astrale. Questa acqua minerale potrà essere prescritta sotto forma di Levico D3 dil. in ragione di 5 gocce al mattino e a mezzogiorno. Esiste un eccellente farmaco della corea che dobbiamo al dottor Noll, uno dei pionieri della medicina antroposofica: Agaricus musc. D3 10% / Mygale avic. D4 10% / Stramonium D2 10% / Eccipiente q.s.p. 100% / dil. e Cuprum aceticum D3 10% / Zincum valerianicum D3 10% / Eccipiente q.s.p. 100% dil. Si devono somministrare alternate ogni due ore in ragione di 5 gocce. Sono anche utili i bagni solforati (Kalium sulfuratum 20% p.b., un cucchiaino da caffè in un bagno caldo), poiché lo zolfo ha la proprietà di ristabilire l’equilibrio tra il corpo astrale e il corpo eterico. Infine, se se ne ha la possibilità, sarebbe ottima cosa far praticare al paziente l’euritmia curativa (1).

Trattamento della corea

La corea è stata talvolta considerata come una complicanza della malattia di Bouillaud o reumatismo articolare acuto. Essa compare pertanto frequentemente in maniera isolata. Esiste nondimeno una relazione tra le due malattie le quali, pur avendo una semiologia totalmente diversa, hanno tuttavia cause simili. Il corpo eterico ha come supporto l’insieme organizzato dei nostri liquidi che possiamo chiamare il nostro «organismo-acqua». Questo deve essere attraversato da un processo respiratorio, potremmo dire «ventilato» dall’azione del corpo astrale sul nostro «organismo-aria». Nella malattia di Bouillaud, questo processo di ventilazione è insufficiente, la funzione respiratoria del corpo astrale è incompleta. Il risultato è la comparsa di ciò che possiamo chiamare dei «residui etericiacquosi che si comportano come corpi estranei e sono cause di predisposizione a reazioni infiammatorie ed essudative. Del resto, i più

La malattia di Bouillaud...

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Medicina antroposofica

esposti a questa malattia sono i temperamenti linfatici (soprattutto quelli a tendenza infiammatorie), caratterizzati dalla predominanza dell’eterico e dell’organismo-acqua. Dunbar l’ha notato in quei bambini dal viso liscio e spensierato che conferisce loro un’espressione angelica (2). Il fatto che la malattia passa da un’articolazione all’altra ci dà l’impressione dell’oscillazione, come se questo residuo eterico, che sfugge all’azione dell’astrale, fuggisse davanti a lui, corpo astrale che non arriva ad assumere la sua funzione in maniera globale. Siccome sono i processi metabolici che prendono il sopravvento, comprendiamo perché sono risparmiate le articolazioni del collo che comportano rapporti più stretti con i processi di strutturazione nati dal polo superiore. Succede anche alle piccole articolazioni della dita, perché alle estremità ritroviamo parimenti una prevalenza del sistema neuro sensoriale sul metabolismo, che è soprattutto centrale. Le ragazze, a causa della loro incarnazione meno profonda, sono più predisposte dei ragazzi. L’abbondanza della traspirazione indica il tentativo del corpo astrale di venire a capo dell’organismo-acqua. Questa sudorazione è un processo di guarigione che sarebbe sbagliato contrastare. ... e il suo trattamento

Scoliosi e cifosi

Al contrario, la terapia cercherà di stimolare l’organismo-acqua. Dobbiamo prescrivere in primo luogo un infuso di foglie di betulla, per favorire l’eliminazione e aiutare la strutturazione delle albumine. Queste così avranno una minore tendenza a depositarsi sotto forma di essudati. Bisogna anche, è importantissimo, sottoporre l’ammalato sin dall’inizio a un regime vegetariano leggero, povero di albumine e di sale. Come farmaco di base dobbiamo prescrivere ogni due ore, alternate, da 5 a 10 gocce di Aconitum nap. D3 10% / Arnica montana D1 10% / Bryonia D2 10% / Eccipiente q.s.p. 100 dil. e di Colchicum autumn. D2 10% / Sabina D3 10% / Eccipiente q.s.p. 100% dil. Localmente dobbiamo applicare senza massaggiare, l’unguento Arnica 10% o delle compresse appena inumidite di arnica (un cucchiaino da caffè di Arnica T.M. 40% / Alcool q.s.p. 100% in un terzo di bicchiere d’acqua). Con questa soluzione, umettare molto leggermente una flanella - arnica e lana vanno d’accordo - che si lascia sopra l’articolazione malata. Inumidire di nuovo una o due volte al giorno. Le compresse devono essere mantenute a temperatura adeguata con l’aiuto di una borsa di acqua calda. Non si deve dimenticare il cuore dando tre volte al giorno 10 gocce di Hyoscyamus 0,01% / Onopordon 2,5% / Primula officinalis 2,5% / Eccipiente q.b. 100% dil. Questa terapia mi ha sempre permesso di ottenere complete guarigioni senza complicanze e non ho mai fatto ricorso al salicilato o agli antiinfiammatori. Nel corso del secondo settennio, il rachide deve essere oggetto di particolare attenzione, poiché questo è il periodo in cui compaiono deformazioni come la scoliosi, la cifosi e la lordosi. Queste affezioni, a ragione, sono state messe in relazione con la frequentazione della scuola,

Dai sette ai quattordici anni

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ma è stata loro attribuita a torto una causa meccanica: lo stare a lungo seduti e il portare le cartelle sovraccariche. Abbiamo visto che mettersi ritti in verticale e la posizione eretta sono effetto dell’azione dell’Io (gli animali, che non hanno Io, stanno in orizzontale, anche le scimmie). L’Io, che si stacca dal corpo durante il sonno, lo ritrova al mattino. Questa incarnazione dovrebbe normalmente effettuarsi velocemente e completamente, cosa che si manifesterebbe attraverso la gioia e l’entusiasmo. Ora, sottoposto al sovraccarico delle funzioni intellettuali (non è la cartella che pesa ma la testa!) l’Io si incarna solo a malincuore e prende possesso dell’organismo in maniera incompleta; il bambino si sveglia male, è musone, si trascina e il suo rachide non ha più la forza di opporsi alla gravità e si incurva. D’altra parte, le forze eteriche sono troppo assorbite dai processi intellettuali a detrimento dei processi vegetativi. Non è possibile rimediare a tali inconvenienti con semplici cambiamenti di programmi; è soprattutto la maniera di insegnare che deve essere modificata. Sul piano medico, si deve cercare di fortificare l’Io e il corpo eterico. Dobbiamo pensare prima di tutto ai Sali Calcarei nutritivi, al Fosforo (in D5 o D6 la mattina), al ferro (Ferrum sidereum D10). Possiamo anche aiutare l’Io a prendere possesso dell’organismo con una frizione di acqua salata fredda sulla parte alta del dorso e sulle spalle al risveglio (un grosso pugno di sale marino in un litro di acqua). Per fortificare il corpo eterico, dobbiamo dare Prunus spinosa D3 dil. (10 gocce tre volte al giorno) o se possibile Prunus spinosa c. ferro Wala. In casi gravi di morbo di Scheuermann, bisognerà considerare l’allontanamento dalla scuola e fare iniezioni sottocutanee di Bambusa D6 / Dischi vertebrali D4 / Equisetum arvense D15 / Formica rufa D3 / Stannum met. D6 aa che si alterna con Betonica off. D3 / Rosmarinus off. D3. Infine, anche in questo caso, l’euritmia curativa sarà di enorme utilità.

Prevenzione e trattamento delle scoliosi

Durante tutto il secondo settennio, l’azione del corpo astrale sull’organismo ha provocato una trasformazione profonda, una maturazione il cui risultato è la pubertà. Cosa che constatiamo esternamente, la muta in senso lato, la metamorfosi di tutto l’organismo, accadono in pochissimo tempo, in rapporto al lavoro interiore che si è realizzato durante i sette anni precedenti, cosa che dona loro un andamento spettacolare. Il tono della voce si abbassa di un’ottava nel ragazzo, solo di un tono nella ragazza, cosa che dimostra che in quest’ultima il processo di incarnazione è meno profondo che nel ragazzo. Anche le forme femminili avranno un rilievo più arrotondato, espressione del lavoro più intenso delle forze eteriche. Nel ragazzo, viceversa, l’Io e il corpo astrale si impadroniranno più direttamente del corpo fisico al polo neurosensoriale, cosa che si tradurrà in forme più spigolose, in una respirazione di tipo addominale (il corpo astrale, attraverso il polo neurosensoriale scende più profondamente nell’organismo) e in una maggiore capacità cerebrale (predominanza del

La muta

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Medicina antroposofica

polo neurosensoriale). Avendo compiuto queste trasformazioni, il corpo astrale diventa a sua vola libero e disponibile per altri compiti. Accade a lui quello che era accaduto al corpo fisico alla nascita e al corpo astrale «nasce» a quattordici anni. Questo periodo è generalmente considerato come un passaggio particolarmente difficile. Esso è più agevolmente superato dagli allievi delle scuole Rudolf Steiner, dove si applica una pedagogia che tiene conto tanto delle realtà psichiche e spirituali che di quelle materiali.

NOTE 1

Questa terapia attraverso il movimento rappresenta l’applicazione specializzata dell’euritmia, concepita prima di tutto come arte del movimento. Con l’euritmia, si esprime in modo artistico, col movimento di tutto l’uomo, l’insieme dei rapporti che regnano nel mondo dei suoni - linguaggio e musica. L’euritmia curativa modifica questi movimenti in maniera che si ripercuotano su colui che li pratica e stimolino in lui le forze che presiedono alla formazione e alle funzioni dell’organismo. (Dr. Walter Holtzapfel, La medicina dell’avvenire, p. 29. Edizioni del Centre Triades, Parigi 1986).

2

Citato da F. Husemann in Das Bild des Menschen als Grundlage der Heilkunst. Op. cit.

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Capitolo IX

Dai quattordici ai ventuno anni La liberazione del corpo astrale intorno ai quattordici anni mette a disposizione degli adolescenti, che hanno doppiato il capo della pubertà, nuove forze delle quali dovranno imparare a servirsi. La maniera in cui ne faranno uso dimostra nuovamente la differenza dei processi di incarnazione nei due sessi. Nella ragazza, queste forze, meno profondamente incarnate, si manifestano in maniera più superficiale, sono come un abito, una toilette di cui si può approfittare per cercare di vedere l’effetto che fa sugli altri. C’è sempre la tentazione di vedere sino a che punto si può arrivare, e a un professore è necessaria molta vigilanza, molta presenza di spirito, e anche molto umorismo per salvare la faccia. Poiché non si tratta più di usare semplicemente l’autorità come nel primo settennio. Lì l’autorità aveva il suo spazio, a condizione di emanare quell’incontestabile superiorità che il bambino ammira; dopo i quattordici anni, essa rischia di degenerare in autoritarismo e di suscitare la ribellione. Nel ragazzo, queste forze astrali libere agiscono più in profondità, in maniera più intima; provocano anche, in lui, un senso di imbarazzo, da lì la tendenza a ripiegarsi su se stesso, a diventare un po’ orso, fino a fare dei grugniti a mo’ di risposte. Neppure in questo caso, l’autorità servirebbe a niente; serve al contrario il tatto, la delicatezza per dimostrare al giovane che queste forze che egli non sa ancora usare gli danno una coscienza più sveglia, una capacità di ragionamento che prima non possedeva; non è forse questo il periodo delle interminabili chiacchierate tra amici?

La nascita del corpo astrale

Nell’animale, la curva ascendente termina con la comparsa della possibilità di procreare che segna l’inizio dell’invecchiamento. Nell’uomo, viceversa, lo sviluppo ascendente prosegue dopo la pubertà e quando la curva diventerà discendente sul piano fisico, essa potrà restare ascendente sul piano spirituale fino alla morte, a meno che l’essere non si abbandoni alla materia e non ricada così in una certa animalità. Siamo dunque in presenza di due tendenze, l’una piuttosto femminile, l’altra piuttosto maschile, nella maniera di integrare le forze astrali divenute libere. Spinte

L’uomo e l’animale

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Medicina antroposofica

all’estremo, queste due tendenze diventeranno predisposizioni morbose. Nelle ragazze, se questa astralità non è controllata, se ella non è capace, sotto l’influenza dell’Io, di strutturare la spinta vitale delle forze eteriche, si manifesterà in maniera caotica e vedremo apparire l’isterismo. Ne abbiamo perlato nel quarto capitolo e non ci torneremo su. Se, al contrario, si esagera la tendenza maschile, se le forze astrali penetrano troppo profondamente nell’organismo, l’anima si interesserà troppo alla materia e specialmente al corpo, cosa che rischia di provocare una propensione all’erotismo e può portare, in certi casi, alla schizofrenia. È anche possibile che dei ragazzi siano soggetti all’isterismo e delle ragazze all’erotismo o alla schizofrenia, ma l’inverso è comunque più frequente. La clorosi...

L’insufficienza dei processi di incarnazione nelle ragazze può essere la causa di una malattia divenuta ai nostri giorni abbastanza rara: la clorosi o anemia essenziale delle ragazze. La pratica degli sports, la vita più intensa della nostra epoca, obbligano in qualche modo l’Io a prendere possesso dell’organismo. Nella clorosi, invece, l’Io sembra che si distanzi dall’organismo, che si incarni a malincuore, dando all’ammalata l’impressione di sentirsi estranea sulla terra. Sul piano fisico, questa insufficienza dei processi di incarnazione si traduce in un’anemia ipocromica. Il metabolismo del ferro, del metallo dell’incarnazione, non può avvenire correttamente senza le forze dell’Io. Non si tratta di mancanza di ferro, ma dell’impossibilità per l’organismo di assimilarlo, anche quando la somministrazione in forti dosi permette momentaneamente di far regredire i disturbi che caratterizzano questa malattia.

... e il suo trattamento

La terapia deve cercare innanzitutto di stimolare questo metabolismo del ferro, cosa possibile grazie all’utilizzazione dell’ortica, Urtica dioica, in un farmaco un altro componente del quale è la Fragaria vesca, la fragola: Fragaria vesca 15% / Mel 5% / Urtica dioica 30% / Eccipiente q.s.p. 100%. L’ortica agisce non tanto per il ferro che contiene, quando per il «processo ferro» che la caratterizza. Quanto alla fragola, possiamo dire che orienta questo processo verso il sangue. Possiamo anche utilizzare Urtica dioica ferro culta 0,1% o anche 1%, nel quale il ferro ha subito un processo di dinamizzazione attraverso la pianta (Cfr. nota 7, capitolo IV). Siccome l’anemia ha un rapporto con la luce e con l’Io, dobbiamo pensare naturalmente, come in tutte le affezioni che riflettono un processo di incarnazione insufficiente, al Phosphorus (D6 al mattino). Infine, alle ragazze che danno l’impressione «di fluttuare sopra il suolo», dobbiamo dare un poco di piombo in D6 o D10, ma con prudenza. Non dimentichiamo il rame, perché rende l’organismo ricettivo al ferro. Si deve utilizzare ancora una volta sotto forma di unguento (Cuprum met. D1 ung.) spalmandolo ogni giorno sulla regione splenica. Prima di chiudere con la clorosi, ricordiamo che il ferro ha dei «dei

Dai quattordici ai ventuno anni

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fratelli», gli elementi 27 e 28 della classificazione periodica, dei quali uno, il cobalto, può essere utile nei casi refrattari. Benché non sia esclusivamente appartenente al terzo settennio, la tubercolosi compare frequentemente in questo periodo ed è tanto meno fuori luogo parlarne adesso in quanto essa presenta una parentela eziologica con l’isterismo. Abbiamo definito quest’ultimo come un eccesso dei processi vegetativi di elaborazione. Quando questi debordano nella regione polmonare, vi creano la predisposizione alla tubercolosi. L’infezione dunque non è l’inizio della malattia, essa non è che la conseguenze di condizioni anormali persistenti che si sono installate nell’organismo. Questo non significa che il contagio non esiste. Solamente esso si manifesta meno sul piano fisico che su quello psichico. Le persone che vivono in comune, all’infuori dell’eventualità di una costituzione affine quando entra in gioco l’ereditarietà, hanno la tendenza a «inflenzarsi» a vicenda; fenomeni di mimetismo compaiono soprattutto in quelli che hanno un Io meno forte, che possono avere predisposizioni morbose affini. Il tipo «isterico», con la sua grande labilità, è, evidentemente, particolarmente esposto a questo genere di contagio. Questo concorda col particolare psichismo dei tubercolotici, caratterizzato dalla fantasia, dal senso della creazione artistica, che sono all’opposto del pensiero astratto nato dalle forze di strutturazione del polo neurosensoriale. Non è raro constatare in questi ammalati una certa noncuranza di fronte al loro stato che può arrivare alla fuga dalle realtà terrene, manifestazione di un vero rifiuto di incarnarsi. Non somiglia questo a quando abbiamo constatato nell’anemia clorotica?

La tubercolosi

Perché questa predilezione della tubercolosi per il polmone? È interessante fare un parallelo tra questo fatto e la bassa percentuale di silice contenuta in questo organo. Tra tutti gli organi, il polmone è quello che ne contiene di meno. Viceversa il pancreas, l’organo più ricco di silice, non è quasi mai colpito da tubercolosi. La ghiandola surrenale, altro organo povero di silice, costituisce un altro luogo di elezione per il bacillo di Koch. Questi fatti colpiscono ancora di più quando si viene a sapere che il polmone destro, più povero di silice viene colpito più spesso del sinistro. La silice, il cristallo di roccia, è l’espressione delle forze di strutturazione del polo superiore; essa è l’immagine della luce, del pensiero lucido che arriva all’astrazione, esattamente tutto quello che manca nella tubercolosi caratterizzata dalla comparsa di processi vegetativi, dalla formazione di essudati, necrosi caseose e pus. Queste ultime sono espressione delle forze del metabolismo. Quando la tubercolosi guarisce, saranno di nuovo i processi opposti di mineralizzazione e calcificazione a riprendere il sopravvento. Per concludere, il polmone, che è il più basso degli organi del

Predilezione della tubercolosi per il polmone

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Medicina antroposofica

polo superiore, per la sua posizione, è quello che è sottoposto di meno alle forze di strutturazione. Il ruolo della luce

Abbiamo ricordato l’affinità della silice con la luce, che, anch’essa, ha un ruolo importante nella tubercolosi. Sappiamo che la sua insufficienza può favorire la malattia; conosciamo anche la fragilità del bacillo di Koch esposto al sole e più esattamente ai raggi ultravioletti. Conosciamo anche l’azione benefica della luce ben dosata sui tubercoloci. Al contrario, una intempestiva esposizione al sole può essere all’origine di una tubercolosi particolarmente grave. Rudolf Steiner parla di metabolismo della luce. Questa, penetrando nell’organismo, subisce una metamorfosi. Nella stessa maniera in cui gli alimenti devono essere trasformati prima di penetrare nel nostro organismo, la luce deve essere trasformata per poter essere assimilata. Questa luce trasformata possiede anch’essa un potere battericida. Se l’organismo ne dispone in quantità sufficiente, i bacilli non potranno svilupparsi. Può accadere che l’insufficienza di luce esterna sia la causa della carenza in luce trasformata, ma più spesso è l’organismo che, in seguito all’azione insufficiente dell’Io a livello della pelle, è incapace di assicurare questa metamorfosi. Niente di strano allora, che una persona la cui pelle, organo di metamorfosi della luce, è stata danneggiata da una esposizione intempestiva al sole, diventa incapace di assicurare correttamente questa trasformazione e si è particolarmente esposta a una massiva invasione bacillare. Questa doppia eziologia, sia per insufficienza di luce, sia per incapacità di trasformarla, l’abbiamo già incontrata studiando il rachitismo.

Trattamento della tubercolosi polmonare

Nel trattamento della tubercolosi, dobbiamo cercare prima di tutto di fortificare i processi di strutturazione nati dal polo superiore; non sarebbe male se, a questo scopo, l’ammalato si sottoponesse a rigorosi esercizi di pensiero studiando, per esempio, geometria. Dobbiamo ridurre la tendenza a debordare del polo metabolico moderando l’apporto alimentare. Non c’è niente di più sbagliato che voler sovralimentare un tubercolotico. Dobbiamo agire sul processo di metamorfosi della luce con Phosphorus D5 somministrato al risveglio. Bisogna tuttavia sospendere Phosphorus nei mesi di aprile, maggio e giugno, durante i quali potrebbe essere causa di emottisi. Durante questo periodo si può sostituire con Magnesia phosphorica D6. Dobbiamo stimolare i processi di incarnazione col ferro, che possiamo prescrivere sotto forma di Ferrum rosatum, preparazione che associa al ferro petali di rose rosse. È bene dare contemporaneamente Graphites, che apporta anche forze di strutturazione. Si deve prescrivere Ferrum rosatum D2 10% / Graphites D14 10% / Eccipiente q.b. 100% dil., tre volte al giorno. Ai soggetti floridi, si deve prescrivere Ferrum muriaticum 0,1% / Graphites D15 q.b. 100% dil. Bisogna utilizzare anche le forze di strutturazione della silice, che sarebbe meglio

Dai quattordici ai ventuno anni

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dare sotto la forma vegetale d’Equisetum. Non bisogna mai dimenticare di curare contemporaneamente il fegato con Chelidonium o con Fragaria vesca / Vitis vinifera, perché quello che quest’organo avrà metabolizzato bene avrà una minore tendenza a debordare verso il polmone. Verso i ventun anni avverrà una quarta «nascita» quella dell’Io. Non è per caso che questa età era stata scelta per accedere alla maggiore età, poiché solo la libera disposizione dell’Io permette all’individuo di assumere le sue responsabilità in tutta coscienza. Tra i quattordici e i ventun anni, il pensiero è ancora fortemente influenzato dall’affettività; è solo dopo la liberazione dell’Io che avrà la possibilità di diventare realmente obiettivo. Qui si tratta proprio di una possibilità che non sempre sarà messa a profitto!. Vi sono ancora nell’evoluzione dell’individuo altri periodi di sette anni, ma, dato che hanno un rapporto meno diretto con la medicina, non ne parleremo. Facciamo notare tuttavia che i doni che portiamo nascendo ci permettono di progredire solo verso i ventotto anni; quello che diventeremo dopo questa età sarà frutto del lavoro che compiremo su noi stessi. Non c’è da meravigliarsi se alcuni, mentalmente, non vanno mai oltre questa età.

La «nascita» dell’Io

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PARTE TERZA

I quattro organi cardinali Da molto tempo, è stato attribuito un ruolo dominante a certi organi o gruppi di organi che sono stati chiamati organi cardinali. Essi sono stati tradizionalmente collegati ai quattro elementi naturali - terra, acqua, aria, fuoco - come i diversi temperamenti. L’antroposofia dimostra che ciascuno di questi organi può essere messo in rapporto con uno dei quattro elementi che costituiscono l’uomo. Riassumiamo l’insieme di queste analogie nel seguente specchietto: ELEMENTI COSTITUTIVI

ORGANI CARDINALI

ELEMENTI NATURALI

TEMPERAMENTI

Io

cuore

fuoco

collerico

Corpo astrale

rene

aria

sanguigno (1) o nervoso

Corpo eterico

fegato

acqua

linfatico o flemmatico

Corpo fisico

polmone

terra

malinconico

La conoscenza di questi rapporti permette una migliore comprensione della patologia di questi organi. Tenteremo di dimostrare in quale misura l’osservazione ci permette di confermare questi rapporti e descriveremo per ciascuno di essi alcune affezioni tipiche, nelle loro manifestazioni sia fisiche che psichiche. Abbiamo visto nel capitolo IV che un disturbo si può manifestare su tre piani - l’eterico o funzionale, il fisico, e l’astrale e psichico. Ci sforzeremo, nel corso delle descrizioni che seguono, di collegare questi diversi piani, di mostrare

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Medicina antroposofica

in particolare come funziona ogni organo in quanto «specchio dell’anima». Ciò ci permetterà di dedurne nuovi impulsi terapeutici come ce li propone la medicina antroposofica.

NOTA 1 Il termine «sanguigno» adoperato da Rudolf Steiner si può prestare a confusione, dato che certe classificazioni utilizzano questo termine per designare il temperamento collerico. Mi servirò tanto più volentieri del termine «nervoso» in quanto Rudolf Steiner mette il suo temperamento «sanguigno» in rapporto col sistema nervoso.

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Capitolo X

Il polmone Il polmone, per la sua funzione respiratoria, sembrerebbe essere a priori un «organo-aria», ma ciò che importa qui non è tanto la sostanza che attraversa l’organo quanto il ruolo che questo assicura nell’organismo. Ora il polmone è prima di tutto l’organo che ci mette in rapporto diretto col mondo esterno. L’apparato digerente, per esempio, non presenta rapporti così immediati col mondo esterno, poiché gli alimenti sono trasformati quando arrivano all’interno dell’organismo, cosa che non avviene per l’aria. Il polmone comincia a funzionare sin dal momento in cui veniamo al mondo, quando diventiamo esseri terrestri; esso è dunque un organo dell’incarnazione. Con la prima respirazione il corpo astrale si lega al complesso fisicoeterico; al momento della morte, con l’ultima espirazione, esso lo lascerà definitivamente. Ma ad ogni inspirazione questo legame tra i complessi superiori e quelli inferiori si intensifica, per allentarsi ad ogni espirazione. Queste constatazioni ci inducono già a considerare il polmone come un «organo-terra»; ma ce ne sono altre. Il polmone è strettamente legato al sistema nervoso (dunque al polo freddo dell’organismo); ciò si manifesta tanto nel corso dell’embriogenesi quanto nel funzionamento dell’organo, il quale dipende dal sistema nervoso molto più strettamente del cuore, cosa che ci permette cosa di modificare volontariamente il nostro ritmo di respirazione. Il polmone è anche un organo freddo la cui temperatura si aggira sui 35°,5. Il freddo non è proprio una particolare caratteristica dell’elemento terra? Infine, il polmone, per la sua funzione di regolazione del contenuto di CO2, agisce sul metabolismo dei carbonati e specialmente del carbonato di calcio, che è un elemento tipicamente «terra». Il deposito di calcare nella conchiglia dell’ostrica, per esempio, è l’aspetto polare di un’intensa vitalità; non diamo proprio Conchae (Calcarea carbonica) ai soggetti che presentano la tendenza a sviluppare i loro processi vitali in eccesso - a detrimento, s’intende, della coscienza - a diventare troppo «molluschi»?

L’organo-terra

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Medicina antroposofica

L’asma

Se il polmone è un «organo-terra», è necessario nondimeno che questa tendenza rimanga nei limiti fisiologici. Il suo eccesso conduce ad affezioni come l’asma. Noi assistiamo, in questa malattia, a manifestazioni spasmodiche della funzione respiratoria. L’aria è trattenuta negli alveoli polmonari, perché il corpo astrale si lega troppo intensamente all’organo. L’ammalato dà l’impressione di aver paura ad espirare e questa angoscia è una tipica manifestazione del corpo astrale. La ritenzione dell’aria impedisce evidentemente l’inspirazione. Questo legame troppo intenso del corpo astrale, questa «pressione» che esercita sull’organo provoca la secrezione di muco che peggiora ancor di più la difficoltà respiratoria. Non bisogna dimenticare che tutto ciò che è escrezione, nell’organismo, è una funzione del corpo astrale, la funzione di secrezione ghiandolare propriamente detta appartiene invece al corpo eterico. Queste secrezioni mucose della crisi asmatica sono consistenti, strutturate sotto forma di spirali di Curschmann o di cristalli di Charcot-Leyden. Sono queste le manifestazioni di un processo di mineralizzazione, di una tendenza «terra» troppo marcata, e gli spasmi compaiono come un tentativo del corpo astrale di venire a capo di questa durezza, di questa anormale resistenza. Assistiamo, nell’asma, allo spostamento di un processo che, normale al polo cefalico, diventa patologico quando scende nel polmone. In effetti, quando pensiamo, noi cristalliziamo un’idea, la riteniamo, la strutturiamo grazie all’attività del corpo astrale. È anormale che tali processi compaiano a livello polmonare, dove lo scambio con l’ambiente esterno deve avvenire ritmicamente, armoniosamente.

Asma e tubercolosi

Ciò che avviene nell’asma è il contrario di quello che abbiamo osservato nella tubercolosi nella quale ciò che è al proprio posto al polo metabolico ha la tendenza a invadere il polmone. Nella tubercolosi la forma si perde, assistiamo alla lisi dei tessuti e appare una vita batterica anormale; invece nell’asma si manifestano fenomeni spasmodici, processi di mineralizzazione, di strutturazione. Il polmone diventa allora troppo «terra». Nello psichismo di questi ammalati, noi ritroviamo questa stessa polarità. Il tubercolotico, come abbiamo visto, si distingue per la sua fantasia, per la sua noncuranza; l’asmatico viceversa per la sua ansia, per il suo ripiegamento in se stesso. Il tubercolotico sembra più giovane di quello che è in realtà, l’asmatico più vecchio. Questo non impedisce che processi di mineralizzazione accompagnino la guarigione dei tubercolotici provocando un più rapido invecchiamento.

Asma e diatesi essudativa

Nella genesi dell’asma, si ritrova spesso una diatesi essudativa. Ebbene, questa affezione consiste in uno spostamento di funzioni metaboliche nella zona neurosensoriale alla quale appartiene la pelle, cosa che sembrerebbe contraddire ciò che ho detto dell’asma. In realtà qui siamo di nuovo in presenza di quella legge del pendolo che, a una tendenza, ne fa seguire

Il polmone

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un’altra in direzione opposta. Tanto più il pendolo è stato spostato verso un lato, tanto più ampia sarà la sua oscillazione verso l’altro lato. Non è dunque sorprendente incontrare spesso un’asma allorché la diatesi essudativa è stata repressa invece che vinta. La stessa osservazione vale per l’asma che succede alle influenze, alle polmoniti o anche alle tubercolosi, soprattutto quando queste malattie sono state trattate con antibiotici. Ma si tratta ancora di asma le cui genesi è diversa e la cui origine si colloca realmente al polo metabolico. Le troviamo in quei soggetti di tipo digestivo, nei quali le manifestazioni spasmodiche del corpo astrale non sono che una reazione a un sovraccarico sostanziale nato dal polo metabolico. Questi ammalati sono simili a coloro che soffrono di bronchite cronica, malattia associata talvolta all’asma.

Asma e bronchite

Per il trattamento dell’asma, Rudolf Steiner ha indicato tre farmaci di base da somministrare sotto forma di iniezioni sottocutanee: 1° Prunnus spinosa D5 da iniettare nella nuca; 2° Tabacum D10 da iniettare nell’angolo corto-vertebrale; 3° Succus citri / Succus cydoniae da 1 a 3% da iniettare tra le spalle. Queste iniezioni sottocutanee sono somministrate successivamente nell’ordine indicato a due giorni di intervallo, ossia tre volte alla settimana. Prunus spinosa, la susina selvatica, possiede un sovrappiù di forze vitali che non si esauriscono in una rapida crescita della pianta. Queste forze vengono in aiuto a quelle del corpo eterico, così questa pianta è particolarmente adatta agli organismi esauriti, svuotati della loro vitalità. Tabacum agisce in modo più particolare sull’organismo-aria — ed è per questo che questa pianta è abitualmente fumata. La foglia del Tabacum presenta una zona interna dall’aspetto spugnoso che indica la sua affinità con l’elemento aria. Quest’ultimo è il supporto del corpo astrale. Rudolf Steiner dice di Tabacum che corregge la «deformazioni del corpo astrale». Questo farmaco deve essere iniettato a livello dei reni che, lo vedremo in seguito, sono «organi-aria» in seno ai quali il corpo astrale è particolarmente attivo. Succus citri / Succus cydoniae è una composizione di succo di limone e di mucillagine di mela cotogna che ha un’azione elettiva sulle mucose, che fortifica e rende meno irritabili. D’altronde è il farmaco specifico per il raffreddore da fieno (ne parleremo più dettagliatamente). Come complemento delle iniezioni, Rudolf Steiner consigliava di dare Quercus, cort. 10% dil., 10 gocce al mattino e Veronica off. la sera, sia per infusione, sia anche in diluizione 10%, 10 gocce. Veronica aiuta il corpo astrale a liberarsi e facilita il sonno mentre Quercus agisce piuttosto nella direzione di Calcarea carbonica. È talvolta difficile fare a meno di uno spasmolitico in caso di crisi, specialmente quando l’ammalato vi si è abituato. Si potrà sostituire con un’iniezione di Lobelia off. D6, pianta il cui frutto formato da una capsula vescicolosa

Trattamento dell’asma

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Medicina antroposofica

riproduce il processo di ritenzione dell’aria che abbiamo osservato nell’asma. Esattamente come Tabacum, questa pianta ha un rapporto con l’organismo-aria e talvolta è fumata dagli Indiani dell’America del Nord. Belladonna D3 per iniezioni aiuta a far cessare lo spasmo specialmente nei bambini. Negli ammalati anziani, molto meno sensibili, è bene cominciare il trattamento con bagni solforati (Kalium sulfuratum 20% p.b., un cucchiaio da minestra). Dopo il trattamento tipico che abbiamo appena indicato, bisogna generalmente ricorrere a una terapia più individualizzata, per consolidare quello che si è ottenuto col trattamento standard. Per determinarla, è utile conoscere, oltre il temperamento dell’ammalato, le condizioni climatiche o meteorologiche che scatenano abitualmente la crisi. Si deve dare Blatta orientalis agli ammalati sensibili al calore umido, Calcarea carbonica e Arsenicum album a quelli sensibili al freddo, Apis a quelli sensibili al caldo, ecc. Non è raro vedere un trattamento per l’asma così condotto scatenare un’affezione febbrile acuta, talvolta abbastanza violenta. Ciò indica che si è in via di guarigione e bisogna, più che mai, saper rispettare un tale tipo di febbre. Riappare talvolta un eczema che bisogna allora curare molto attentamente. Personalmente ho guarito così un buon numero di casi di asma in buona parte infantili. È una grande gioia per il medico vedere questi esseri gracili, la cui testa appare spesso come affondata tra le spalle, liberarsi poco a poco del loro calvario, recuperare il ritardo e divenire capaci di praticare sport come lo sci. Raffreddore da fieno e allergia

Benché non faccia parte delle affezioni polmonari propriamente dette, parleremo del raffreddore da fieno per la sua parentela con l’asma. Come quest’ultima costituisce una manifestazione allergica. Ma che cos’è l’allergia? La comprenderemo meglio confrontandola al suo equivalente psichico. Noi sopportiamo difficilmente certe persone. Proviamo nei loro riguardi una violenta antipatia e, per poco che siamo predisposti alla collera, il minimo contatto con loro rischia di farci uscire dai gangheri. Di fronte e queste persone siamo come sensibilizzati, cosa che può tradursi in parole e perfino in atti violenti. Questa antipatia esacerbata è una manifestazione della nostra affettività che tenta di farci respingere l’altra con tutta l’energia del nostro essere astrale; ma questo spiegamento di forze è smisurato nei confronti dei fattori che l’hanno provocato, al punto che un osservatore esterno trova questa reazione assolutamente fuori luogo. Avviene la stessa cosa per l’allergia. La reazione della mucosa nella coriza spasmodica è smisurata nei confronti di quel po’ di polline che l’ha provocata. Gli starnuti che l’accompagnano sono, sul piano fisico, ciò che, sul piano psichico, costituiscono la collera e l’antipatia. Non è dunque il polline che si deve chiamare in causa, ma la costituzione di colui che reagisce nei suoi confronti in modo così esplosivo. Le violente reazioni del corpo astrale, che si tratti di crampi o di spasmi, sono praticamente sempre segni della sua debolezza come l’abbiamo caratterizzata nell’im-

Il polmone

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magine dell’alpinista che si aggrappa alla roccia tanto di più quanto più debole si sente (Cfr. cap. V). La terapia del raffreddore da fieno mirerà dunque a rinforzare ed armonizzare l’azione del corpo astrale a livello della mucosa. A questo fine Rudolf Steiner ci ha proposto Gencydo (Succus citri / Succus cydoniae). Al momento della fioritura, il limone è sede di un intenso processo di dispersione, sotto forma di un profumo un po’ dolciastro. A questo processo di dispersione fa seguito un processo inverso di concentrazione nel frutto. Questa tendenza centripeta non arriva al disseccamento, come nei semi, ma lascia il posto ed un rigonfiamento che mette in gioco le forze eteriche; questo rigonfiamento è controllato, limitato da una scorza che ha quasi la consistenza del cuoio. Queste proprietà astringenti appaiono anche nella formazione dell’acido a detrimento degli zuccheri. Utilizzando il limone nella terapia noi mostriamo all’organismo la strada da seguire, gli diamo un modello. In effetti la mucosa deve essere resistente, non deve lasciare che i liquidi si disperdano, non deve più disseccarsi; deve rimanere umida. Anche la mela cotogna trattiene il processo di formazione dello zucchero, ma questa volta a beneficio della mucillagine il cui ruolo nelle mucose già conosciamo. È un frutto aspro, duro, le cui proprietà verranno rinforzate da quelle del limone.

Trattamento del raffreddore da fieno

Succus citri / Succus cydoniae (Gencydo Weleda) si deve somministrare sotto forma di iniezioni sottocutanee, a livello della fossa sopraspinosa, due volte alla settimana. È importante cominciare le iniezioni prima del periodo della comparsa del raffreddore da fieno, quindi a fine marzo, primi di aprile. Una seconda serie di 10 iniezioni si deve rifare in autunno. A queste iniezioni si devono associare delle nebulizzazioni nasali di Gencydo liquido, con l’aiuto di un nebulizzatore (bisogna diluire leggermente questo farmaco perché è un po’ denso). È importante che tutta la mucosa nasale sia impregnata di Gencydo. Sin dal primo anno assisteremo a un miglioramento dello stato dell’ammalato spesso spettacolare. Il trattamento si deve continuare per tre anni. Per il primo anno si devono usare le fiale all’1%, per il secondo e il terzo anno fiale al 3% e anche al 5%. È raro che un trattamento ben condotto non porti a una totale guarigione entro tre anni (1). Abbiamo collegato il raffreddore da fieno e l’asma per il loro carattere allergico e per il loro andamento spasmodico, che giustifica un trattamento parzialmente simile, ma non bisogna dimenticare che sotto altri aspetti esse sono piuttosto malattie opposte. Se nel raffreddore da fieno osserviamo una forte tendenza centrifuga, nell’asma, viceversa, abbiamo descritto una tendenza centripeta, che arriva alla mineralizzazione sotto forma di cristalli. Il polmone che ha la tendenza a diventare troppo consistente, troppo terra sarà in questo caso preservato dal Gencydo, che l’aiuterà a conservare la sua succulenza.

Differenza tra asma e raffreddore da fieno

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Medicina antroposofica

Ruolo del polmone nello psichismo

Il polmone, la cui funzione consiste in uno scambio permanente col mondo fisico, sul piano psichico svolge il ruolo di realizzare il contatto affettivo col nostro ambiente; poiché il contatto sociale, l’abbiamo già visto, è anche una forma di respirazione. Una deformazione «superficiale» (Cfr. cap. IV) dell’organo, impedendogli di adempiere il suo ruolo di «specchio dell’anima», ostacolerà le relazioni normali col proprio ambiente. Una tale deformazione può avere un’origine costituzionale e manifestarsi nel temperamento. Può anche apparire solo più tardi e diventare allora causa di disturbi psichici.

Il temperamento malinconico

Quando il polmone, «organo-terra», ha la tendenza a prendere una certa preponderanza sugli altri organi, l’intero organismo tende o essere dominato dal principio «terra». Il corpo allora diventa più denso, più fisico di quello che dovrebbe essere e il complesso Io-corpo astrale trova una certa difficoltà a incarnarsi. Questi elementi superiori si trovano allora nelle condizioni di coloro che hanno un martello troppo pesante in rapporto alla propria forza, e hanno bisogno di una sforzo sproporzionato al fine da raggiungere. Il corpo fisico dell’«uomo-polmone» è realmente pesante, denso, poco mobile. La sua andatura è pesante, come se trascinasse con le scarpe zolle di creta. La sua testa è spesso inclinata e la sua schiena curva, come se fosse attirato dal suolo. Questo è il ritratto del temperamento malinconico. Avere a carico un corpo del quale non arriva a essere interamente padrone è per il malinconico sorgente di pena, di sofferenza, così egli ha la tendenza a ripiegarsi su se stesso. Egli ha paura di ciò che lo circonda e teme la folla. Pertanto non è raro vederlo preferire l’anonimato di un grande magazzino alla piccola boutique che lo obbligherebbe a un contatto più intimo con i commercianti.

Psicosi in relazione al polmone

Quando queste tendenze si accentuano e prendono un carattere patologico, vediamo apparire dei sintomi psichici quali l’agorafobia: attraversare una pubblica piazza, in cui si sente privato di ogni rifugio, è per questi ammalati un vero supplizio. Il ripiegamento su se stessi si accentua e si popola di fantasticherie più sistematiche che varie. La loro immobilità si traduce sul piano del pensiero in due idee fisse, delle quali non possono liberarsi completamente che essendo coscienti del loro carattere assurdo. Questa «ritenzione» delle idee ci ricorda quella dell’aria nell’asma. Alla fine li vedremo sprofondare in una profonda malinconia o in un delirio sistematico.

Trattamento delle psicosi malinconiche

Nel trattamento dei disturbi psichici in rapporto con il polmone, bisognerebbe prima di tutto pensare ai bagni solforati caldi. Dobbiamo anche dare Sulfur o Hepar sulfur, lo zolfo che attiva il metabolismo e aiuta a combattere la

Il polmone

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tendenza all’indurimento. La terapia specifica deve essere costituita dal mercurio, che mobilita enormemente (2) sotto forma di Nasturtium mercurio cultum (0,1% o 1%) + Pulmine D6 (3) per iniezioni sottocutanee a livello del torace due o tre volte alla settimana. Notiamo che Rudolf Steiner (4) consigliava di interessare i soggetti di temperamento malinconico alle sofferenze degli altri, cosa che evita loro di richiudersi troppo in se stessi. Ai bambini con questo temperamento egli consigliava di dare molto zucchero.

NOTE 1

Cfr. anche capitolo XXVI, paragrafo «Tra solido e liquido».

2

Studieremo in seguito i rapporti tra gli organi, i pianeti e i metalli.

3

Da miscelare nella siringa.

4

Rudolf Steiner, Temperamenti, conferenze del Anthroposophique Romandes, Ginevra 3° Ed., 1984.

1909.

Editions

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Capitolo XI

Il Fegato Abbordare lo studio del fegato, equivale a penetrare in una foresta tropicale. La calda umidità che distingue quest’ultima si ritrova anche nell’organo. Il fegato, organo essenzialmente venoso, è ricco di liquidi al punto tale che le materie secche sono appena più di quelle contenute nel sangue. Contrariamente al polmone che presenta, col suo albero bronchiale, una configurazione finemente dettagliata, il fegato è molle e poco strutturato. Al contrario del rene, possiede una facoltà di rigenerazione considerevole poiché è possibile, nella sperimentazione animale, vederlo ricostruire dopo un’asportazione dell’80%. Questa proprietà ci avvicina al mondo vegetale e alla sua vitalità. In tedesco, la parola che indica il fegato: die Leber, deriva da leben, e significa letteralmente: «colui che fa vivere»; è la stessa cosa in inglese con la parola liver derivato da to live. Questo prova che un tempo gli uomini sentivano ancora in maniera istintiva, il rapporto tra quest’organo e la vita. È probabile che la parola francese foie tragga origine non da ficatum, colui che è ingozzato di fichi, ma da ficator, la cui radice ritroviamo nella parola vegetale. D’altronde il fico non è forse «l’albero della vita?». Poiché parliamo di etimologia, ricordiamo che, in francese, la parola figer significa «prendere la consistenza del fegato», cosa che ci pone al limite tra i due processi di Solve e Coagula degli alchimisti, tra la fase liquida e la fase solida. Altri fattori mettono in evidenza il ruolo del fegato nel metabolismo dell’acqua, come la sua azione sulla diuresi, la sua disfunzione nei versamenti sierosi, gli edemi e anche nelle ascite da ipertensione portale, che rivela un disturbo più grave di una semplice difficoltà meccanica. Infine, un’esperienza come quella dell’opsiuria provocata fornisce una prova sperimentale di questi rapporti del fegato con l’acqua. Questa fase liquida è indispensabile all’intenso chimismo presente in questo organo. Il fegato è così il centro dell’«organismo-acqua», supporto del nostro corpo eterico. Niente di strano dunque nel fatto che il fegato, come ha detto Rudolf Steiner e provato Treodor Schwenk (1), sia fortemente influenzato dalla qualità dell’acqua della regione nella quale viviamo.

Il fegato, organo della vita

98 Il centro del metabolismo

Il polo caldo?

Medicina antroposofica

Chimico o alchimista? Nella misura in cui il fegato è, più di ogni altro organo, sede di processi simili e quelli della natura, nella misura in cui è, come dice Rudolf Steiner, un enclave del mondo esterno, il fegato è un chimico. È per questo che è molto più facile mettere in evidenza i processi epatici coi normali metodi di laboratorio. Ma il fegato è anche un alchimista nella misura in cui le forze eteriche partecipano a queste trasformazioni. La glicogenesi e la glicogenolisi ce ne forniscono un esempio. Nella glicogenesi, il fegato trasforma il glucosio del sangue in glicogeno, sostanza insolubile simile all’amido che immagazzina. Nella glicogenolisi, il glicogeno è trasformato di nuovo in glucosio solubile. Questi processi, che sono un esempio tipico di Coagula e di Solve, si alternano secondo un preciso ritmo, indipendente dall’orario dei pasti. La glicogenesi, processo di assimilazione, ha luogo durante la notte; più esattamente comincia alle ore 15 per raggiungere il massimo verso le 3 del mattino. Il processo inverso di glicogenolisi, che è una forma di disassimilazione, comincia verso le 3 e raggiunge il massimo verso le 15; è dunque diurno (2). È interessante notare che noi troviamo processi simili nella formazione dell’amido e degli zuccheri nella pianta, cosa che ci avvicina di nuovo al mondo vegetale, alle forze eteriche e alla foresta tropicale sopra citata. Il fatto che il fegato possiede, oltre alla circolazione arteriosa e venosa che ritroviamo in tutti gli organi, una circolazione portale che gli fornisce un supplemento di CO2, apparenta anche i processi epatici a quelli del mondo vegetale, e in maniera particolare a quelli della foglia. In seguito ad un’esperimento di Claude Bernard, si è creduto a lungo che il fegato fosse il polo caldo dell’organismo. Misure più recenti e più precise hanno dimostrato che non lo è per niente e che la sua temperatura è assolutamente la stessa di quella rettale e varia insieme a essa. È tuttavia curioso che i Russi chiamino il fegato petschen, da petsch, stufa, il focolare della casa. Questo potrebbe essere messo in relazione col fatto che la bile è l’elemento fuoco nell’organismo. In effetti, la bile contribuisce, con la lipasi pancreatica, alla digestioni dei lipidi, sostanze necessarie al mantenimento della temperatura del corpo. La secrezione biliare, processo in rapporto con la degradazione degli alimenti nel tubo digerente, segue un ritmo nictemerale paragonabile a quello della glicogenolisi, che comincia alle 3 per raggiungere il massimo verso le 15. Questa bile si accumula nella cistifellea per essere utilizzata secondo i bisogni della digestione. Il fatto che queste due funzioni, glicoregolazione e secrezione biliare, segnano un ritmo indipendente dagli orari alimentari, conferma le concezione del fegato in quanto enclave del mondo esterno. Umidità e calore, questi due principi che ci sono stati di guida nella fisiologia, dominano anche la patologia epatica. Troveremo così malattie caratterizzate dall’eccesso o dall’insufficienza di umidità e dall’eccesso o dall’insufficienza di calore.

Il fegato

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Quando il fegato non assicura più correttamente il metabolismo dell’acqua, quando questa tende ad emanciparsi, essa diventa come un corpo estraneo per l’organismo, non circola più, stagna. Vediamo allora apparire edemi e versamenti sierosi. Essendo questi più o meno lontani dal fegato, non si pensa ad attribuirgliene la colpa. Si cerca allora una eziologia locale più o meno ipotetica. La prova del ruolo avuto dal fegato in questi versamenti ci sarà fornita da prove terapeutiche. In certe condizioni, questi versamenti possono diventare sede di processi infiammatori reattivi: l’organismo cerca di sbarazzarsi con l’infiammazione del liquido stagnante che si comporta come un corpo estraneo (Cfr. Cap. IV). Osserviamo un processo inverso nelle cirrosi, che sarebbe più esatto chiamare sclerosi epatiche. Queste affezioni si distinguono per un indurimento del fegato: il Coagula prende il sopravvento sul Solve. Il fegato si trova allora nella incapacità di assicurare il suo ruolo di vitalizzatore, soprattutto di fronte ai liquidi, e avviene dunque la stagnazione sotto forma di ascite. Anche i versamenti sinoviali e le artrosi sono disturbi del metabolismo dell’acqua ai quali non è estraneo il fegato. Questa perdita della forma, sia per eccesso di liquido, sia per l’indurimento dei tessuti articolari e periarticolari, è accessibile alla terapia epatica.

Disturbi del metabolismo dell’acqua

I disturbi della funzione biliare si devono mettere in rapporto con l’elemento calore. Ne abbiamo un esempio nell’epatite catarrale. Nell’eziologia di questa malattia, non è raro trovare un consumo eccessivo di grassi o l’utilizzazione di grassi di cattiva qualità. Quando l’organismo non arriva più a metabolizzarli correttamente, essi si comportano da corpi estranei e creano «focolai parassiti» (Rudolf Steiner). Questi sono una fonte di nutrimento, donde l’apparizione di processi infiammatori. Il rapporto tra le epatiti e il calore spiega anche la loro maggior frequenza nella bella stagione e nei paesi caldi. Queste infiammazioni si accompagnano ad un afflusso del sangue al fegato che genera un aumento della produzione di bile. Per un fatto che sembra paradossale, questo aumento di produzione non può più defluire attraverso le vie biliari; tutto avviene come nell’incendio di un cinema, dove gli spettatori sconvolti bloccano le uscite. La bile rifluisce allora verso il sangue, si spande in tutto l’organismo provocando l’itterizia o ittero.

Disturbi della funzione biliare

Nelle litiasi, assistiamo al fenomeno inverso: il fegato è troppo freddo, la produzione di bile insufficiente e si formano dei precipitati che si depositano sotto forma di calcoli nelle vie biliari. Le coliche epatiche che appaiono spesso nelle corso delle litiasi biliari sono l’espressione di un sussulto del corpo astrale che tenta di sbarazzarsi dei calcoli.

La litiasi biliare

Rudolf Steiner ha inaugurato una nuova terapia nelle affezioni epatiche proponendo tre farmaci:

Nuovi farmaci

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Medicina antroposofica

Fragaria vesc, fol. 20% / Vitis vinifera, fol. 20% / Eccipiente q.b. a 100%; Choleodoron; Stannum (lo stagno). Inoltre, egli ha messo in luce l’azione di piante come Cichorium intybus e Taraxacum. Fragaria/Vitis

Fragaria / Vitis è composto da foglie di fragole e foglie di vite. La fragola di bosco che cresce al calore umido del sottobosco (ricordo della foresta tropicale) è caratterizzata da un processo di elaborazione degli zuccheri, il cui esito è un ricettacolo carnoso cosparso di numerosi acheni. Anche nella vite, troviamo un intenso processo d’elaborazione degli zuccheri, ma questo si compie in piena luce e in pieno sole. Esso porta alla formazione di un grappolo, ogni acino del quale circonda qualche seme. Eppure non sono i frutti che noi utilizziamo, ma le foglie. In queste, i processi in divenire hanno ancora tutta la loro intensità. Queste due piante, benché abbiamo in comune gli intensi processi di formazione degli zuccheri, hanno d’altra parte caratteri opposti, cosa che fa di Fragaria / Vitis un farmaco che agisce non su una funzione isolata, ma sull’equilibrio tra le diverse tendenze del fegato. Possiamo prescriverlo in tutte le affezioni epatiche e specialmente in quelle in rapporto con la circolazione e il metabolismo dell’acqua. Orientano per la sua prescrizione sintomi come la sete o il desiderio di zucchero. Dobbiamo dare Fragaria / Vitis tre volte al giorno, prima dei pasti, in una quantità come un pisello.

Choleodoron

Il Choleodoron è composto da Chelidonium majus, la celidonia, e Curcuma xanthorrhiza. La celidonia, chiamata anche erba da verruche, cresce sui vecchi muri. Le foglie lobate, di tenera consistenza, contrastano con la durezza dell’ambiente in cui attecchisce. Il suo lattice giallo ricorda la bile. Il rizoma di curcuma che fa parte della composizione del curry proviene da una pianta tropicale. Con esso facciamo un richiamo particolare all’elemento calore. I caratteri dei suoi componenti fanno del Choleodoron il farmaco specifico delle affezioni biliari, specialmente della litiasi. Dobbiamo somministrarlo preferibilmente dopo i pasti in ragione di 10 gocce in mezzo bicchiere d’acqua calda o per infusione. È necessario prenderlo a lungo, per almeno tre anni, intercalando ogni tanto una pausa di due settimane. L’azione diCholeodoron è notevolmente rapida nei litiasici di tipo florido, spesso donne bionde, che hanno crisi di coliche epatiche impressionanti. La sua azione è più lenta negli ammalati bruni, di tipo malinconico. Dopo aver curato più di cinquecento ammalati affetti da litiasi biliare, senza aver avuto una sola volta bisogno di ricorrere all’intervento chirurgico, credo di poter sostenere non solo l’efficacia del farmaco, ma anche e soprattutto del metodo che ha permesso di scoprirlo.

Lo stagno

L’azione di Stannum si colloca nell’equilibrio tra il Solve e il Coagula, tra la perdita della forma e la eccessiva rigidità. Questo metallo gioviano, cristallizzato e nello stesso tempo malleabile, agisce sulle parti molli dell’organi-

Il fegato

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smo che modella (contrariamente al piombo che agisce sugli elementi minerale e lo scheletro). Stannum preserva bene tanto dal rammollimento che dall’eccessivo indurimento e impedisce la deformazione. Nei versamenti, dobbiamo prescriverlo associato a Bryonia (Bryonia D6 + Stannum met. D10) (3) per iniezioni sottocutanee in prossimità della zona interessata. Dobbiamo utilizzarlo anche sotto forma di unguento, spalmando la zona epatica nelle cirrosi e nelle asciti (Stannum D1 ung.). L’azione di Stannum sarà rinforzata e orientata dai processi di dinamizzazione attraverso le piante, di cui abbiamo precedentemente parlato (Cfr. nota 7 cap. IV). Cichorium stanno cultum 0,1% agirà soprattutto sulle malattie calde e acute del fegato, Taraxacum stanno cultum 0,1% sui processi degenerativi e cronici. Con queste descrizioni, siamo ben lungi dall’avere esaurito la patologia epatica. Le poche affezioni tipiche dovranno servirci da filo di Arianna e permetterci di trovare una via d’uscita verso la terapia in ogni caso particolare. Quello che spesso rende la diagnosi difficile è l’indolenza degli ammalati di fegato. A parte la colica epatica, che in realtà è un sintomo vescicolare, non possiamo quasi parlare di dolore al fegato. Non è neppure raro vedere gravi malattie epatiche evolversi per degli anni senza attirare l’attenzione dell’ammalato. È altrettanto importante conoscere la sintomatologia «psichica» dell’organo. L’«uomo-fegato», colui nel quale l’organismo-acqua e il corpo eterico hanno un’influenza preponderante, è caratterizzato da un temperamento linfatico o flemmatico. È un essere di natura bonaria, che si sente a proprio agio nei suoi panni come se fosse in un bagno tiepido. Egli presenta quell’inerzia propria dei liquidi che tornano spontaneamente alla loro posizione di equilibrio. Ha in generale una certa corpulenza e dà un’impressione di elasticità. La sua andatura è lenta, regolare, senza pesantezza.

Fegato e temperamento

Quando il fegato non recita più correttamente il suo ruolo di strumento dell’anima, queste caratteristiche hanno la tendenza ad accentuarsi. La bonomia si trasformerà in debolezza d’animo e l’inerzia in depressione. L’ammalato avrà l’idea fissa di perdere il benessere, avrà paura della vita e dei disturbi che essa potrebbe provocargli. Il fegato, organo della vita, genera con la sua disfunzione la paura della vita che si manifesterà per esempio col timore della mancanza di denaro o quello di vedere i suoi parenti vittime di incidenti. Diventa oggetto di preoccupazioni tutto ciò che l’avvenire potrebbe portargli. Questi ammalati hanno anche la tendenza a intestardirsi e cavillare. Il disturbo più caratteristico è senza dubbio la depressione. I metodi che ne sono colpiti diventano incapaci di assolvere i compiti più elementari, che appaiono loro come insormontabili.

La paura della vita

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Medicina antroposofica

Le psicosi epatiche...

Spinta all’estremo, la depressione diventerà totale abulia. Nel secondo capitolo, noi abbiamo messo la volontà in relazione col metabolismo, quindi non ci stupiremo di venire a sapere che il fegato è capace di generare tali disturbi. In una delle sue conferenze, Rudolf Steiner (4) mette l’energia volontaria in relazione col riassorbimento biliare nell’intestino: un riassorbimento troppo intenso ci infiamma, ci spinge all’azione; un riassorbimento insufficiente ci rende indolenti. Così, nell’ittero, in cui la bile è trattenuta nel fegato e il riassorbimento è praticamente nullo, risentiamo una invincibile stanchezza. Quando questo riassorbimento diventa troppo intenso, il desiderio di azione può degenerare in mania. Questo sintomo si alterna con quello della depressione nella psicosi maniaco-depressiva. Benché predisposto a questi disturbi, il temperamento linfatico non ne ha affatto l’esclusiva. La nostra alimentazione attuale, mantenendo uno stato di insufficienza epatica cronica, è all’origine di manifestazioni depressive che colpiscono numerosi ammalati, qualunque sia il loro temperamento.

...e il loro trattamento

Tutte queste manifestazioni esigono una terapia epatica come quella da noi descritta prima. Dobbiamo utilizzare principalmente Hepatine D4 / Taraxacum stanno cultum 0,1% aa. nella depressione, e Cichorium stanno cultum 0,1% / Hepatine D4 aa nella malattia «calda» che è la mania. Se fosse possibile procurarselo, suggerirei di sostituire Hepatine con Hepar delphini, dato che l’estrema sensibilità cutanea di questo cetaceo fa pensare a una costituzione epatica assolutamente particolare, poiché esiste una polarità tra il fegato e la pelle. In ogni rallentamento delle funzioni biliari, bisogna pensare anche al ferro, sia sotto forma di Chelidonium ferro cultum 0,1% per iniezioni sottocutanee, sia sotto forma di Ferrum met. D1 ung. per unzioni. Iniezioni e unzioni si devono fare nella zona vescicolare.

NOTE 1

Schwenk T., Grundlage der Potenzforschung, Schwäbisch-Gmund, 1954.

2

Wachsmuth G., Erde und Mensch, ihre Bildekräfte. Rhythmen und Lebensprozesse, vol. I, p. 329. Dornach, 1945.

3

Da miscelare nella siringa.

4

Rudolf Steiner, Mensch und Welt. Das Wirken des Geistes in der Natur, Dornach, conferenze d’ottobre 1923.

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Capitolo XII

Il rene La fisiologia ha studiato dettagliatamente la funzione escretrice del rene. Essa dà informazioni precise sul volume del sangue che circola, sulla proporzione del tasso di ossigeno nell’arteria e nella vena renale, sull’energia richiesta per il processo di escrezione per controbilanciare la pressione osmotica e sul numero di calorie trasportate dal sangue che circola. Se si fa il bilancio energetico del processo, ci si accorge che manca qualcosa: è sparita una parte dell’energia! Possiamo concluderne che nel rene, oltre al processo di escrezione, avviene qualcos’altro.

Un bilancio incompleto

Sin dal 1920 e più precisamente a partire dal 1925, Rudolf Steiner (1) aveva attirato, per primo, l’attenzione su una seconda funzione del rene, non meno importante dell’escrezione, che consiste nel trasformare le sostanze alimentari provenienti dalla digestione, a impregnarle di forze astrali, esattamente come il fegato le aveva impregnate di forze eteriche. Generalmente, quando un organo possiede una funzione esterna, compie anche, per contropartita, una funzione interna. Se, per il rene, questa consiste nell’«astralizzare» le sostanze alimentari, in altre parole a trasformarle in «sostanza sensibile», noi troveremo stretti rapporti tra i reni e il corpo astrale, e il supporto di quest’ultimo che è l’elemento gassoso (Cfr. Cap. I). I processi di escrezione, come abbiamo visto, sono già sotto la dipendenza del corpo astrale. D’altra parte, per l’alto consumo di ossigeno, per la sua sensibilità all’anossiemia e per la sua incapacità a rigenerarsi, il rene è simile al sistema nervoso che è lo strumento del corpo astrale. Questa somiglianza esiste per il primo abbozzo renale anche sul piano embriologico. La paura, manifestazione astrale, si ripercuote sul rene provocando ma pollachiuria. Non si può fare un accostamento etimologico tra neuron, nervo, e nephros, rene? Infine, è curioso notare che l’animale nervoso per eccellenza e uno tra i più intelligenti, il cavallo, è anche particolarmente esposto alle affezioni renali e alle coliche. Quando lo si vede galoppare, criniera al vento, si può sentire che tra questo animale e

Un organo astrale

104

Medicina antroposofica

Un organo arterioso

l’elemento aria ci sono stretti rapporti. Aggiungeremo che la secrezione renale varia in funzione della pressione atmosferica. Infine, la frequenza di meteorismo nelle malattie renali è una ragione di più per considerare il rene come un «organo-aria».

Umanizzazione delle albumine

Nel rene, quest’aria si manifesta solo sotto forma di combinazione. Il rene è principalmente un organo arterioso, il sangue della vena renale contiene poca anidride carbonica e mantiene il color rosso vivo del sangue arterioso. È l’opposto di quello che osserviamo nel fegato, che è soprattutto un organo venoso. Questa combinazione dell’ossigeno col sangue mostra bene che a questo livello, il corpo astrale, il cui vettore è proprio l’ossigeno, agisce a contatto dell’elemento liquido, dunque attraverso il corpo eterico, che genera i processi di elaborazione (Cfr. Cap. IV). La funzione escretrice, invece, implica un’azione più diretta del corpo astrale, un’azione di dinamica neurosensoriale.

L’irradiazione renale

Torniamo ai processi di elaborazione; questi poggiano soprattutto sui protidi. Benché esistano anche nel mondo vegetale, i protidi o albumine rappresentano la sostanza animale per eccellenza, in altre parole la sostanza capace di ricevere l’impregnazione del corpo astrale, necessaria per assicurare la sensibilità e la motilità. Gli alimenti che sono stati privati di ogni astralità e di ogni forza eterica estranea durante il loro passaggio attraverso il tubo digerente, che hanno raggiunto il «punto zero» attraversando la parete intestinale, si impregnano di nuovo di astralità umana nel rene. La secrezione urinaria infine non è che la polarità opposta di questo processo che esige il rigetto di ciò che il corpo astrale (e l’Io) non può utilizzare.

L’insufficienza dell’irradiazione renale...

A questo processo di assimilazione, Rudolf Steiner aveva dato il nome di «irradiazione renale», poiché esso non è localizzato esclusivamente nel rene; questi non è che il punto di partenza e irradia da lì in tutto l’organismo, determinandovi varie manifestazioni che noi descriveremo succintamente. Riassumendo, possiamo dire che l’«irradiamento renale» è un’azione mediata del corpo astrale, che induce un processo di assimilazione, mentre l’escrezione è un azione diretta del corpo astrale, di dinamica neurosensoriale. Vedremo successivamente ciò che succede quando questa «irradiazione renale» è troppo forte e quando è troppo debole. Un’irradiazione troppo debole equivale a un insufficiente processo di elaborazione delle albumine. È quello che spesso osserviamo nei soggetti di costituzione leptosomica. Le albumine insufficientemente «astralizzate» hanno la tendenza a comportarsi come corpi estranei, e come tali a essere eliminati dal rene. Avviene spesso, in tali soggetti, che l’azione insufficiente del corpo astrale non si limiti al solo polo inferiore,

Il rene

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ma che interessi anche il polo superiore. Si tratta di esseri mal incarnati nei quali tutto il complesso superiore - corpo astrale e Io - prende possesso dell’inferiore - fisico-eterico - solo a malincuore. Questo ha per conseguenza, lo sappiamo, una insufficiente degradazione degli alimenti nel tubo digerente e il passaggio nel sangue di albumine che hanno conservato caratteristiche extra-umane che il rene cercherà di eliminare. Questi due fattori: l’insufficiente astralizzazione del rene e la incompleta degradazione nel tubo digerente, si combinano più o meno nella maggior parte delle albuminurie. Ritroveremo questa eziologia nell’albuminuria da fatica, nell’albuminuria ortostatica, nella nefrosi lipoidica, ecc. Caratteristiche di questo stato sono pure altre manifestazioni come l’ipotensione arteriosa, il rallentamento del ritmo respiratorio, le fermentazioni intestinali dei glucidi con rutti ed emissione di gas. Tutti questi sintomi richiedono il ferro, metallo dell’incarnazione, che obbligherà il complesso superiore a prendere meglio possesso dell’inferiore. Dobbiamo qui prescrivere questo metallo sotto forma di Ferrum sidereum D10 / Pancreine D6 aa trit., per bocca o sotto forma di iniezioni. Dobbiamo pensare anche all’arsenico, che sarà prudente somministrare sotto forma di Levico D3.

... e il suo trattamento

I disturbi dell’escrezione: l’oligruria, l’anuria, la ritenzione di sale, sono piuttosto il segno di un’azione insufficiente del corpo astrale nella sua dinamica neurosensoriale. Essi spesso si accompagnano a nefriti acute e, di conseguenza, a manifestazioni di tipo infiammatorio, espressione di una reazione del polo metabolico.

I disturbi dell’escrezione...

In questo caso, è necessario ristabilire, nei reni, l’armonia tra i due processi. Dobbiamo utilizzare a questo fine la asperella (Equisetum arvense). In questa pianta, ricca di silice e di zolfo, e che non ha praticamente radici né fiori, il processo Sal della radice e il processo Sulfur del fiore si compenetrano nel gambo che in pratica costituisce l’intera pianta. Questa possiede una struttura «arieggiata» che ci orientano verso l’«organo-aria» che è il rene. Essa servirà in qualche modo da modello, da fattore armonizzante, tra la dinamica metabolica (Sulfur) e la dinamica neurosensoriale (Sal), per il rene. Equisetum si deve dunque utilizzare in generale nelle affezioni del rene, quali che siano le loro caratteristiche. Dobbiamo prescrivere Equisetum D6 (eventualmente, nelle malattie di vecchia data in D15), per bocca e per iniezioni sottocutanee. Nell’anuria, si devono applicare compresse calde sul rene e anche ventose scarificate. Bisogna anche fare iniezioni di Carbo D15 + Pancreine D6 (2) nella zona epigastrica (3).

...e il loro trattamento

Quando l’irradiazione renale diventa troppo forte, il processo di elaborazione delle albumine diventa ipertrofico e non è più equilibrato

Eccesso di irradiazione renale

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Medicina antroposofica

dai processi di strutturazione che provengono dal polo superiore. Ci troviamo allora nella situazione descritta a proposito dell’isterismo (Cfr. Cap. IV). Ma si tratta di altro: agendo in maniera troppo intensa al polo del metabolismo, il corpo astrale diventa incapace di influenzare armoniosamente il corpo fisico attraverso il corpo eterico, reprime quest’ultimo e tende a fare a meno della sua mediazione. Questo si traduce in crampi, in spasmi, in ipertensione arteriosa, in fermentazioni putride a spese dei protidi, in stipsi e in ritenzione di gas con meteorismo. In breve, tutti i sintomi della simpaticotonia. Sono predisposti a questi disturbi soprattutto i soggetti di tipo picnico. Le malattie renali proprie di questo tipo saranno soprattutto di carattere arterioso, dunque delle glomerulonefriti. Il problema del sale

Dato che la patologia renale pone il problema del sale, è necessario studiarne il ruolo nell’organismo. In genere le piante ne contengono poco, ma esse sono ricche di potassio. Quest’ultimo, come gli altri alcalini, è il testimone dell’attività eterica. Il cloruro di sodio, invece, è un elemento caratteristico degli esseri animati, altrimenti detti portatori di un corpo astrale. L’uomo e gli animali non possono fare a meno del sale e mantengono la sua percentuale a un tasso molto stabile quali che siano le condizioni esterne e l’apporto alimentare. Il sale dunque deve essere messo in relazione con il corpo astrale. Senza di lui il corpo astrale non potrebbe agire sul corpo eterico e sul suo supporto, l’organismo-acqua. Il consumo di sale, aprendo la via all’astrale, risveglia la coscienza. Se, al contrario, il corpo eterico e l’organismo-acqua prendono il sopravvento sul corpo astrale, la coscienza si attenua. Così, i bambini nutriti col latte di vacca, più ricco di sale del latte umano, sono più svegli di quelli nutriti al seno (Cfr. Cap. VII). Il desiderio di sali è generalmente caratteristico di una forte affinità del «complesso superiore» per il «complesso inferiore». La riduzione dell’apporto alimentare di sale aiuterà a frenare un’azione troppo intensa del corpo astrale. Sarebbe dunque inopportuno prescrivere una dieta povera di sale quando l’azione del corpo astrale è insufficiente. Bisognerà tuttavia agire con molto discernimento, tenendo conto del frequente groviglio dei diversi processi patologici nelle affezioni renali.

Gli edemi

Gli edemi sono spesso legati a una ritenzione di cloruro. Possiamo allora considerarli come una reazione dell’organismo-acqua, che cerca di sbarazzarsi del sale ammassandolo in un deposito quando il rene non è più capace di eliminarlo. Non tutti gli edemi hanno questa origine; essi il più delle volte sono l’espressione di una «paresi» dell’organismo-acqua, che lascia stagnare i liquidi.

Trattamento dell’eccesso di irradiazione renale

Il trattamento di una «irradiazione renale» troppo forte deve dunque consistere prima di tutto nel moderare l’azione del corpo astrale, eventualmente spostandolo da un polo verso l’altro; a questo proposito abbiamo già ricordato il

Il rene

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ruolo di Tabacum nel capitolo X. Un altro farmaco per questi disturbi è Carbo. Quando carbonizziamo una pianta, tutto ciò che è vitale viene eliminato, sussiste solo la struttura il cui vettore è il carbone. D’altra parte, il carbone presenta una notevole affinità con l’aria, non solo per la sua combustibilità, ma per le sue proprietà di assorbimento dei gas. Carbo è così il respiratore, esso aiuta il corpo astrale ad assumere i processi respiratori interni dell’organismo. Il meteorismo è uno dei suoi sintomi dominanti. Nelle malattie renali dobbiamo utilizzarlo in generale in D15. Facciamo ancora presente che un’iniezione di Carbo vegetabilis D30 permette generalmente di calmare una crisi di asma di origine renale. Utilizzando Carbo equiseti orienteremo più particolarmente l’azione di Carbo verso il rene. Un farmaco importante proposto da Rudolf Steiner per il trattamento di un’«irradiazione renale» troppo intensa è la radice di camomilla. Nella pianta, la radice rappresenta il polo Sal e deve essere messa in relazione col sistema neurosensoriale dell’uomo, sul quale possiede un’azione elettiva. (Il fiore, viceversa, agisce sul polo metabolico). D’altra parte la radice di camomilla è ricca di sali alcalini, che orientano la sua azione verso l’organismo-acqua. Così, possiamo dire che la radice di camomilla possiede delle proprietà di strutturazione di fronte e questo organismo. Dobbiamo prescriverla dunque tutte le volte che c’è motivo di armonizzare l’azione del corpo astrale sul corpo eterico. Si tratta di un farmaco dal vasto campo di applicazione. Dobbiamo prescrivere Chamomilla, rad. in D6, D15 o D30 secondo la zona dei sintomi dominanti, tenendo presente che le basse diluizioni corrispondono al polo metabolico. Ricordiamo che Chamomilla, rad. è un calmante in caso di agitazione; abbiamo già visto la sua utilizzazione in D4 per l’insonnia dei bambini. Un eccesso dell’azione del corpo astrale a livello dei reni, nella sua dinamica neurosensoriale, sarà all’origine di malattie come le nefriti croniche e la nefro-sclerosi. Questi processi sono spesso intricati con altri e possono evolvere per anni con esacerbazioni successive. Essendo il rene, all’opposto del fegato, incapace di rigenerarsi, la prognosi di queste malattie è sfavorevole.

Le nefriti croniche...

In questo caso, la terapia deve mirare a rinforzare la dinamica opposta, quella dunque dell’assimilazione. A questo fine dobbiamo utilizzare il rame. Possiamo impiegare il suo ossido: Cuprite D4 oppure la sua forma vegetale: Melissa cupro culta 0,1%. Chamomilla cupro culta troverà piuttosto la sua indicazione in caso di manifestazioni spasmodiche. Questi due preparati si possono somministrare per iniezioni o per os. Una maniera elegante ed efficace di utilizzare il rame è quella di applicarlo sotto forma di unguento all’altezza della proiezione renale (angolo costovertebrale). Si può prescrivere Cuprum met. D1 ungt. o associato a Tabacum: Cuprum met. D1 / Tabacum D6 aa ungt. Non dobbiamo dimenticare, ben inteso, Equisetum, del quale possiamo rinforzare la componente Sulfur prescri-

...e il loro trattamento

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Medicina antroposofica

vendo Equisetum sulfuratum tostum, sia in D4 in triturazione, sia in D10 in diluizione. Le ghiandole surrenali

C’è l’abitudine di separare la patologia renale da quella delle ghiandole surrenali. In realtà, se confrontiamo quest’ultima a quello che abbiamo detto a proposito dei reni, ritroveremo dei sintomi comuni. L’ipotensione e l’astenia dell’insufficienza surrenale ci richiameranno i sintomi dell’irradiazione renale troppo debole. Il suo eccesso, viceversa, può essere in relazione con l’ipertensione e i disturbi circolatori che si riscontrano nell’iperfunzione dei surreni. Tutti questi sintomi non sono altro che la traduzione delle stesse irregolarità nell’azione del corpo astrale e richiedono terapie similari.

I processi infettivi...

Benché non appartengano in proprio alla patologia renale, è necessario dire qualche parola sul trattamento dei processi infettivi dell’apparato urinario.

...e il loro trattamento

Nei flemmoni peri-nefritici, dobbiamo utilizzare Apis mell. D2 10% / Belladonna D2 10% / Eccipienti q.b. a 100% dil. e Carbo vegetabilis 5% / Sulfur D1 10% / Eccipiente q.b. a 100% trit. alternativamente come nell’infiammazione (Cfr. Cap. VI). Dobbiamo iniettare anche Echinacea ang. D3 e Argentum met. D20. Nelle pieliti e cistiti, quasi sempre conseguenze di un raffreddore, bisogna prima di tutto applicare compresse imbevute di un infuso caldo di millefoglio. Meglio ancora, si deve fare un semicupio con aggiunta dello stesso infuso. Cantharis comp. Wala (4) è un farmaco molto efficace che può essere somministrato sia per os (10 granuli da tre a sei volte al giorno) sia per iniezioni al basso ventre (da due a tre alla settimana). Questo farmaco deve sempre essere preso molto regolarmente, perché una somministrazione sporadica e irregolare sarebbe senza efficacia. Cantharis D3 per iniezioni è già, da sola, una misura efficace da applicare all’inizio di un trattamento di cistite. Si deve fare l’iniezione al basso ventre. In questi casi bisogna pensare anche ad Argentum nitricum D20.

La litiasi renale

Dalla parte opposta delle affezioni infiammatorie, troviamo la litiasi renale, nella quale i processi di mineralizzazione nati dal polo superiore, si estendono ad organi in cui sono indesiderabili. La composizione dei calcoli è senza importanza dato che l’organismo precipita quei materiali che si trovano momentaneamente a sua disposizione (urati, fosfati, ossalati o carbonati). Ciò che qui importa, è l’installazione di un processo anorganico di mineralizzazione. Non è raro riscontrare questa affezione nel bambino piccolo in seguito a somministrazione intempestiva di vitamina D; ve ne sono perfino di mortali. È interessante notare che gli ammalati colpiti da litiasi renale sembrano spesso appartenere allo stesso tipo, al punto che talvolta è possibile sospettare questa malattia a prima vista.

Il rene

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Il farmaco proposto da Rudolf Steiner in questa affezione, Lapis cancri silicicum D15, si compone di silice e di concrezione calcarea del gambero. Per la sua forma colloidale, la silice si avvicina al mondo organico e agisce sull’organismo-acqua. Il Lapis cancri è una concrezione calcarea che appare nella regione gastrica del gambero al momento della muta. Il gambero ridissolve in seguito rapidamente questi «calcoli», per mineralizzare il suo nuovo guscio, ed è per questo che essi possono essere utilizzati come farmaco nella litiasi. Grazie a Lapis cancri silicicum, non ho mai dovuto ricorrere ad un intervento chirurgico per una litiasi renale. In caso di crisi acuta, bisogna innanzitutto mettere tre ventose, sia nella zona lombare, sia nella proiezione ventrale dell’uretere, secondo la localizzazione del dolore. Spesso, questo atto così semplice permette di alleviare una crisi nell’arco di un quarto d’ora. Si può anche procedere ad applicazioni molto calde. Talvolta è necessario fare un’iniezione sottocutanea di Belladonna D3 / Oxalis acetosella D3 aa, loco dolenti. Questi provvedimenti rendono quasi sempre superfluo il ricorso agli oppiacei. Quando si è incerti tra una crisi di colica renale e una lombaggine, bisogna ricordare che l’ammalato colpito da lombaggine cerca sollievo nell’immobilità e quello colpito da colica renale nel movimento.

...e il suo trattamento

Assimilazione ed escrezione, i due aspetti del processo renale, costituiscono una specie di ritmo, di respirazione. Essi sono come una metamorfosi, a un livello più profondo, dell’inspirazione e dell’espirazione polmonare che abbiamo messo in parallelo con la simpatia e la antipatia (Cfr. Cap. I, nota 3). Tuttavia, questi due sentimenti sono caratterizzati da un certo grado di coscienza che non ritroviamo più nelle manifestazioni psichiche che potremmo mettere in rapporto con il rene. A questo livello, tutto è più profondo, più «organico», e per conseguenza meno cosciente. In quanto strumento dell’anima, metteremo dunque il rene in rapporto con la vita affettiva profonda. Così, la paura di «tipo renale» sarà una «paura organica». Questi soggetti temono di avere una malattia occulta, come pure alcune cancerofobie sono rivelatrici di una disfunzione renale non manifesta. Simpatia e antipatia sono movimenti diretti verso l’esterno; che cosa diventeranno nella loro metamorfosi renale, cioè a dire quando saranno diretti verso l’interno? Questa accettazione o questo rifiuto nella profondità del nostro essere si ripercuoterà sul nostro stato d’animo, il cui riflesso è il nostro umore.

Rene e vita affettiva

Essendo il rene un «organo-aria», ritroveremo la mobilità dell’elemento gassoso nell’umore del soggetto di tipo renale. Avrà emozioni vivaci, brevi e mutevoli. Seguirà, come la banderuola, i colpi di vento; avrà la tendenza a svolazzare. Sarà facilmente diviso tra direzioni opposte, donde la sua indecisione e, a un grado maggiore, la tendenza schizoide. Ma la mobilità non ha solo inconvenienti. Sul piano del pensiero essa apporta

Il temperamento renale

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Medicina antroposofica

la vivacità dell’intelligenza. Siamo qui all’opposto dell’idea fissa del tipo malinconico. Eppure questa intelligenza resta fredda, senza passione e se talvolta la passione vi si manifesta, sarà un fuoco di paglia, a volte anche un fuoco d’artificio. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, si tratta di un soggetto piuttosto sottile, longilineo, dal viso triangolare, la punta diretta in basso. Egli dà a tratti un’impressione di leggerezza e la sua andatura prende allora l’andamento di una danza. La sua grande affaticabilità lo fa ricadere presto nell’apatia. Talora lo vedremo camminare a testa alta, talora resterà accasciato sulla poltrona. La schizofrenia

Trattamento delle psicosi renali

Una lesione «superficiale» del rene, che non gli consente di assolvere il compito di strumento dello psichismo, potrà essere, se persiste, causa di gravi disturbi; quello che nel temperamento nervoso era solo tendenza schizoide diventerà schizofrenia. Ciò che era un disturbo di assimilazione sul piano fisico diventerà incapacità a «digerire», ad assimilare certi avvenimenti. Non sono più le albumine a comportarsi come corpi estranei all’anima, ma i contenuti psichici. D’altra parte, non è raro scoprire in questi ammalati delle disproteinemia. L’Io non occupa più il centro dell’anima e tutto si organizza, all’inizio spesso logicamente, attorno a questi «parassiti psichici» che costituiscono gli avvenimenti non superati. Siamo in presenza di un’affezione nella quale il corpo astrale predomina a spese dell’Io divenuto incapace di ordinare il contenuto psichico. Questi ammalati sono quasi sempre soggetti intelligenti, i loro ragionamenti sono logici, ma cristallizzati attorno a un’idea direttrice estranea alla realtà (spesso variabile nel tempo). Nella loro anamnesi si scopre spesso una precocità intellettuale unita a un prematuro invecchiamento fisico e morale. Avremo occasione di riparlarne a proposito del cancro. A tali ammalati, dobbiamo innanzi tutto somministrare il rame, metallo dell’assimilazione, sotto forma di Melissa cupro culta 0,1% / Renine D3 aa, per iniezioni sottocutanee (angolo costo-vertebrale). In caso di crampi, di spasmi, di pressione alta, sostituirlo con Chamomilla cupro culta 0,1% / Renine D3 aa. Come in ogni affezione renale, dobbiamo pensare a Equisetum e a Carbo vegetabilis. Si potrà prescrivere, per esempio, Carbo vegetabilis D30 + Equisetum D20 (5) per iniezioni sottocutanee, oppure Carbo equiseti D15. L’applicazione dell’unguento Cuprum met. D1 / Tabacum D6 aa proseguito regolarmente è spesso molto efficace. Infine, si deve tentare di dare un certo «peso» a questi ammalati, prescrivendo loro Plumbum, anche sotto forma di unguento (Plumbum met. D1 25% ungt.), applicato sulla regione splenica. Quando si vuole orientare l’azione del rame verso il sistema nervoso, si può utilizzare il suo silicato naturale, Dioptase, in linea di massima in elevata diluizione. Non si deve dimenticare che questi ammalati in generale mancano di calore. Bisogna

Il rene

111

dunque fare attenzione a che siano sufficientemente vestiti e prescrivere loro, all’occorrenza, Apis.

NOTE 1

Rudolf Steiner, Medicina e scienza spirituale, conferenza del 1 Aprile 1920 e Dornach. Op. cit. Fisiologia e terapia, conferenza de 27 ottobre 1922. Editions Anthroposophiques Romandes, Ginevra, 1986, pp. 157-161.

2

Da miscelare nella siringa.

3

Cfr. anche capitolo XXVII, paragrafo «La nefrite acuta».

4

Questo farmaco, preparato dei Laboratori Wala (Eckwälden R.F.A.), è composto da Cantharis D4 / Vesica urin. D6 / Equisetum D3 / Achillea D3 per i granuli, e rispettivamente D5, D6, D4, D4 per le fiale iniettabili. Le composizioni che ha fatto eseguire secondo questa formula non hanno mai dato risultati tanto buoni quanto quelli della preparazione originale, cosa che mette in evidenza l’importanza del procedimento stesso di preparazione.

5

Da miscelare nella siringa.

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Capitolo XIII

Il Cuore Il cuore è l’organo centrale del sistema ritmico e anche dell’intero essere umano. Non possiamo tuttavia comprenderlo considerandolo isolatamente, perché forma un tutt’uno con l’insieme della circolazione, contenente e contenuto, arterie, vene, capillari e sangue. Abbiamo precedentemente visto (Cfr. Cap. II) che il cuore non deve essere paragonato a una pompa. Questa falsa immagine è così radicata in noi per l’insegnamento ricevuto sin dalla prima infanzia che ci è difficile concepire che non è il cuore che mette il sangue in movimento, ma viceversa il sangue che mette in movimento il cuore. Eppure, oltre le esperienze di Manteuffel già citate, ce lo provano quelle realizzate dalla preparazione di Starling. Questa consiste nel collegare su un insieme cuore-polmone una canalizzazione che sostituisce la grande circolazione. Dal momento in cui il sangue è messo in movimento in questa canalizzazione e raggiunge il cuore, questo si mette a battere, anche dopo un’interruzione di parecchie ore, anzi di parecchi giorni! La supremazia del sangue è cosi messa chiaramente in evidenza.

Ruolo del cuore nella circolazione

Per il calore, per la mobilità, per il suo ruolo nel ricambio e anche per la facoltà di intensa rigenerazione (un globulo rosso vive soltanto un mese), il sangue appartiene al polo del metabolismo ed è opposto al sistema neurosensoriale. Il cuore è il punto di incontro tra queste due polarità che esso equilibra ed armonizza. La preparazione di Starling di cui abbiamo parlato consente ancora altre constatazioni: quando si intensifica la corrente sanguigna in direzione del cuore, quest’organo in una prima fase reagisce con un accrescimento dell’ampiezza delle contrazioni, poi, in una seconda fase, con una accelerazione del ritmo. Queste due reazioni come conseguenza hanno un aumento del volume/minuto. Noi non siamo coscienti di tali variazioni di portata nel nostro organismo, ma siamo perfettamente capaci di percepire l’accelerazione del ritmo; è dunque importante sapere che questa accelerazione deve essere riferita

Sangue e nervi

114

Medicina antroposofica

all’intensificazione dell’apporto venoso, dunque a modificazioni generate dal metabolismo. Diastole e sistole

L’arrivo del sangue venoso nel cuore provoca la diastole. A questo processo centrifugo di dilatazione segue una reazione neurosensoriale di contrazione di direzione centripeta, la sistole. Nella diastole il cuore cede alle forze del polo metabolico, si arrotonda e tende a perdere la propria forma; viceversa, nella sistole, le forze del polo neurosensoriale lo restringono e gli ridanno la sua struttura. Diastole e sistole sono così l’espressione di una polarità (v. figura). Questi due aspetti normalmente si alternano nel tempo. Possiamo così trovarne un’espressione nel volume in funzione delle costituzioni: nel tipo picnico, caratterizzato dalla predominanza del metabolismo, il cuore è più arrotondato; nel leptosomico neurosensoriale, il cuore è allungato.

Variazioni del ritmo

Se l’aumento della portata e l’accelerazione del ritmo sono espressioni dell’intensificazione dei processi metabolici, come li osserviamo dopo un pasto o durante la febbre, il rallentamento di quest’ultimo è al contrario espressione dell’azione dominante dei processi neurosensoriali. Ciò può essere osservato quando vi è irritazione del nervo vago, nel riflesso oculo-cardiaco, nella flogosi delle meningi, nelle encefaliti e in quelle malattie che si accompagnano a una diminuzione del metabolismo. Constatiamo ancora questo rallentamento del ritmo in caso di violenti dolori che sono, abbiamo visto, un’intensificazione dei processi di coscienza. Viceversa, quando l’azione del polo neurosensoriale è ostacolata, il ritmo si accelera, cosicché l’osserviamo in certe paralisi bulbari, in certe polinevriti e nelle intossicazioni come quella dovuta alla belladonna.

Il cuore

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Le variazioni del ritmo nel corso dell’esistenza riflettono le stesse tendenze: nel bambino dal metabolismo intenso, il polso è più rapido, mentre nei vecchi esso rallenta. Normalmente il cuore ha 72 battiti al minuto. Essendo il ritmo respiratorio di 18 al minuto, noi contiamo quattro pulsazioni per ogni respirazione. Questo rapporto di 4/1 tende a crescere nel picnico e a diminuire nel leptosomico, con valori rispettivamente di 5/1 e 3,5/1. Questi rapporti devono essere ricercati sistematicamente al momento in cui si esamina un ammalato, dato che la loro modificazione è il segno di uno sforzo del cuore allo scopo di ristabilire l’equilibrio tra i poli. Tale modificazione può eventualmente riflettere la difficoltà che il cuore incontra nell’assolvere tale compito. Si tratta di un segno sensibile e precoce che sarebbe colpevole trascurare.

Polso e respirazione

Il cuore è dunque il luogo in cui si affrontano le due polarità, in cui si compensano e si equilibrano. Il sistema ritmico in se stesso non può ammalarsi, esso è per definizione armonia, dunque anche salute. Invece, il suo strumento fisico, il cuore, può essere danneggiato quando lo sforzo di compensazione che gli si domanda va oltre le sue possibilità, soprattutto quando questo sforzo è imposto in maniera permanente. Le affezioni cardiache sono così il riflesso del predominio di un polo sull’altro. Esse sono dunque secondarie e spesso impiegano degli anni per manifestarsi, tanto il cuore si sforza di ristabilire sempre l’armonia. L’osservazione delle lesioni che si sono create dà così relativamente poche informazioni sul processo morboso. Bisogna prima di tutto studiarle nel tempo, cosa che implica una anamnesi approfondita. La conoscenza di questi processi sarà per il medico un incitamento sia a prevenire le affezioni cardiache che a curarle.

Genesi delle affezioni cardiache

L’influenza preponderante del metabolismo predispone all’infiammazione, ma questo non dice perché questa infiammazione si localizzerà al cuore. Questa localizzazione probabilmente non è mai primitiva; essa è spesso conseguenza di reumatismo articolare acuto, di scarlattina, di angine difteriche o altro. Non è neppure raro trovare un focolaio di infezione latente, per esempio a livello di un dente, espressione di un processo metabolico che non è al suo posto e che le forze di strutturazione del polo superiore non possono dominare.

Affezioni per preponderanza metabolica

A titolo di esempio, seguiremo un processo simile nel dettaglio, svolgeremo un filo di Arianna capace di guidarci nel labirinto di queste manifestazioni. Immaginiamo un soggetto nel quale predomini il polo metabolico. L’assimilazione delle albumine è intensa e il polo superiore

Un esempio

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Medicina antroposofica

non le struttura senza difficoltà. In occasione di una situazione conflittuale che chiede uno sforzo supplementare al polo superiore, questi processi di strutturazione sono ostacolati e albumine che presentano strani caratteri cominciano a ingombrare l’organismo. Questo reagisce allora con un processo infiammatorio, un’angina (1) per esempio, che tenta di «digerire» queste albumine; se vi riesce, tutto rientra nell’origine. Ma può accadere che essa non ci riesca perfettamente, che delle albumine anormali persistano. Queste proteine non completamente strutturate si depositano allora negli interstizi dei tessuti. Un cuore affaticato da sforzi persistenti di armonizzazione costituirà un luogo privilegiato per il deposito di tali proteine e diventerà così soggetto alle infezioni, poiché queste albumine non completamente «umanizzate» sono alimento di scelta dei batteri. Il cuore può così divenire sede di processi infettivi che si traducono in dissoluzione, in perdita della forma dell’organo. È quello che riscontriamo nelle endocarditi, nelle miocarditi, nelle pericarditi. Noi conosciamo le conseguenze di tali affezioni sul piano anatomico e funzionale. Malattie infettive

Oltre a queste malattie infettive del cuore, o eventualmente associate ad esse, si deve anche considerare un processo morboso legato direttamente alla funzione di equilibrio del cuore. In presenza di un predominio del metabolismo, la circolazione sanguigna intensa generata dal polo inferiore tenderà a sovraccaricare il cuore, a riempirlo troppo; la diastole sarà in un certo senso più forte della sistole generata dalle forze di strutturazione del polo superiore. A lungo andare, il cuore cederà a questa spinta venuta dal metabolismo: si dilaterà. Tale processo potrà, se le cause persistono, continuare sino all’asistolia. Assistiamo qui, come nelle malattie infettive, a una perdita della forma. Una tale evoluzione è spesso lenta, discontinua e insidiosa. Il predominio del metabolismo sul neurosensoriale si manifesta con una diminuzione della coscienza e queste affezioni spesso sono indolori. Questo spiega la frequenza di morti improvvise di questi ammalati che non si lamentano molto. Talvolta, per scoprire un po’ di dispnea o un’affaticabilità di cui non si deve trascurare il significato, è necessario interrogarli con cura.

Trattamento delle affezione da predominio metabolico

La terapia delle affezioni cardiache causate da predominio del polo metabolico deve prima di tutto essere una profilassi. Nel reumatismo acuto, la scarlattina, le angine, e in generale in tutte le malattie infettive, bisogna scaricare il polo metabolico, in altre parole mettere l’ammalato a dieta e a riposo a letto. Questi due provvedimenti eventualmente dovranno proseguire per parecchi giorni dopo che la febbre è scesa, in funzione della malattia. Essi talvolta sono difficili da ottenere nei bambini ed è necessario che il medico faccia valere la propria autorità. Durante la convalescenza si devono anche evitare le albumine (carne, uova)

Il cuore

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e si deve proibire che l’uso del sale sia ripreso troppo presto. La rialimentazione ideale deve cominciare con composta di mele e riso. Il ruolo del riposo a letto è evidente dato che l’attività muscolare è un processo metabolico. Ma bisogna anche evitare di sollecitare inutilmente il polo neurosensoriale perché sia in grado di adempiere il suo compito; bisognerà quindi proibire la radio, la televisione e perfino la lettura. L’ospedalizzazione, per il fatto che allontana l’ammalato dal suo ambiente abituale e dalle sue quotidiane preoccupazioni, ha talvolta un effetto salutare. Però deve essere di qualità e che non crei nervosismi supplementari. Tutto dipenderà dall’ambiente nel quale si trova l’ammalato. Nelle affezioni acute è di rigore l’isolamento, ma nelle malattie croniche, una sala comune dove regni il buon umore può favorire la guarigione. In tutte le malattie che minacciano particolarmente il cuore e specialmente in caso di febbre alta, si deve prescrivere, a titolo preventivo, Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.b. a 100% dil. (2). Nelle malattie infettive del cuore, dobbiamo utilizzare Apis / Belladonna alternativamente con Carbo / Sulfur (Cfr. Cap. VI). In caso di attacco del miocardio, dobbiamo dare della digitale (Digitalis e fol. dig. D3 dil., 5 gocce tre volte al giorno). Nelle pericarditi, dobbiamo dare Stannum / Bryonia (Cfr. Cap. XI). Nell’endocardite batterica subacuta o malattia di Osler, dobbiamo innanzitutto prescrivere una dieta vegetariana leggera che comprende una parte rilevante di verdure crude e frutta. Dobbiamo somministrare per iniezioni endovenose Argentum met. D30 e Echinacea ang. D3 (un’iniezione al giorno alternate). Dobbiamo prescrivere anche iniezioni sottocutanee di Antimonium met. D8 2 p. / Aurum met. D10 3 p. e Lachesis da D12 a D15. In tutte le malattie cardiache di origine metabolica, dobbiamo dare come trattamento di base Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.b. a 100%, per iniezioni o per os, e Aurum met. a bassa dinamizzazione (D10, eventualmente D6). Possiamo anche prescrivere il metallo in forma vegetale: Hypericum auro cultum 0,1%, dato che questa forma dà una sfumatura tonificante all’auriterapia. Allo stadio di lesione costituita o di scompenso, dobbiamo dare oltre la terapia di base, il biancospino, che possiamo prescrivere in associazione secondo la seguente formula: Adonis vernalis D2 / Convallaria maialis D2 / Crataegus D2 / Scilla maritima D2 aa dil. Grazie alla scilla, questa composizione aiuta la risoluzione degli edemi. A proposito di Convallaria, il mughetto, notiamo l’importanza in questa pianta dell’elemento ritmico per cui potremmo qualificarla come «musicale»; i fiori si dispongono sullo stelo a piani come note su un pentagramma e spesso formano una quinta e talvolta anche un’ottava. Ritroviamo questo stesso aspetto ritmico nella successione dei nodi della radice. Si sarebbe tentati di paragonarla al sigillo di Salomone col quale divide l’habitat, ma in quest’ultimo il carattere ritmico è più accentuato nella radice rispetto al mughetto. Le forze di pesantezza - dunque l’elemento «terra» - sono molto più marcate nel sigillo di Salomone.

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Medicina antroposofica

Queste caratteristiche, come pure la struttura più frastagliata, più aerea di quella del mughetto, orientano piuttosto la sua azione verso il polmone. Negli ammalati pletorici, utilizzeremo con successo Cnicus benedictus D1 / Paeonia D1 aa dil. (10 gocce tre volte al giorno). Paeonia, peonia o «rosa del contadino» non è forse l’immagine del viso fanciullesco del pletorico? Per tutte queste affezioni cardiache, la dieta è essenziale, poiché il cuore è sovraccaricato molto più spesso dalla alimentazione che dal lavoro muscolare. Così si raccomanda di cominciare il trattamento con una cura di mele per una settimana seguita da tre mesi di dieta vegetariana. Le affezioni da predominio neurosensoriale...

...e il loro trattamento

Quando il cuore subisce in maniera eccessiva l’azione indurente e strutturante del polo neurosensoriale, vediamo comparire manifestazioni molto diverse da quelle provocate dall’eccesso del metabolismo. La sistole predomina sulla diastole, i vasi, e in particolare le arterie coronariche, si sclerotizzano e presentano stenosi; inoltre, spasmi arteriosi riducono la circolazione. Talvolta un grumo, processo eccessivo di strutturazione del sangue, tappa il vaso completamente. Tali processi sono all’origine dell’angor, dell’infarto del miocardio e delle trombosi. Il dolore e l’angoscia, la sensazione della morte imminente, sono i sintomi dominanti di tali affezioni e contrastano con l’indolenza delle affezioni di origine metabolica. In generale, le precordialgie e le nevrosi cardiache sono l’espressione di eccessivi processi di coscienza a livello del cuore. Quanto alle palpitazioni, esse riflettono generalmente la reazione del cuore ad un improvviso afflusso sanguigno generato dal polo inferiore e appartengono piuttosto alle affezioni di origine metabolica. É importante notare che l’angina pectoris e l’infarto del miocardio colpiscono soprattutto soggetti abbastanza corpulenti, i picnici collerici. In queste affezioni dunque, non è il predominio costituzionale del polo neurosensoriale che entra in gioco, ma la sua eccessiva sollecitazione per il genere di vita. L’esempio tipico è quello dei managers. Una conferma lampante dell’influenza del genere di vita, l’abbiamo nella seguente osservazione di Enos e Holmes (3). Su alcuni soldati americani dell’età media di 22 anni, caduti nella guerra di Corea, sono state sistematicamente praticate delle autopsie. Esse hanno messo il luce il 77% di sclerosi delle coronarie, verosimilmente in rapporto con lo stress intenso e continuo al quale questi soldati erano sottoposti. Viceversa, non si riscontra mai angina pectoris né infarto nei monaci degli ordini contemplativi, siano o no vegetariani. Se nelle malattie cardiache metaboliche abbiamo prescritto un farmaco preparato da un bacca, quella del biancospino, nelle malattie cardiache «indurenti», dobbiamo utilizzare un farmaco derivato da un seme duro, quello dello strofanto, che stimola così nell’organismo delle forze di reazioni a questa durezza (4). Prescriveremo Oleum strophanti D3. Dobbiamo dare anche Aurum

Il cuore

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met., questa volta in D30 eventualmente associato a Tabacum D10. Prescrivendo Primula auro culta 0,1%, facciamo appello a una sfumatura rivitalizzante dell’auriterapia. Il trattamento di base deve comprendere anche Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.b. a 100%. Nell’angina pectoris, prescriveremo Cactus grandiflorus dalla D1 alla D4 e Magnesia phosphorica D3 trit. Nell’infarto, faremo appello alle proprietà rivitalizzanti di Prunus spinosa D2 o D3, associato a Scorodite D10 e ad Arnica pl. tota D10 + Tabacum D10 (5), che basta in generale a calmare l’ammalato. Nelle trombosi, dobbiamo associare all’arnica Hirudo off. D4. Teniamo presente anche l’azione notevole delle unzioni nella regione precordiale con Aurum met. D5 / Hypericum perf., flos. 10% aa ungt. tanto nelle nevrosi cardiache che nelle affezioni più gravi. Una reale guarigione di queste affezioni non si può ottenere senza una completa trasformazione del proprio genere di vita. All’inizio evidentemente questo sarà il riposo assoluto. In seguito sarà necessaria una vita calma in cui lo sviluppo spirituale dell’uomo farà posto poco a poco alla ricerca degli obiettivi materiali. Un’attività artistica (pittura, euritmia, musica, etc.) aiuterà molto l’ammalato a ritrovare un ritmo di vita armonioso. I ritmi umani sono in rapporto con i ritmi cosmici. Alcuni sono sotto la diretta influenza dei movimenti planetari o terrestri. Altri, pur mantenendo il ricordo della propria origine, sono stati interiorizzati, come il ciclo mestruale, che è un ritmo lunare e che, attualmente, non si trova più sotto la dipendenza di questo astro. Se consideriamo il ritmo respiratorio, che è di 18 respirazioni al minuto, avremo in 24 ore: 18 x 60 x 24 = 25.920 respirazioni. Questa cifra è quella della durata dell’anno platonico espresso in anni terrestri. Facciamo adesso il cammino inverso: dividiamo l’anno platonico per 12, otteniamo così il mese platonico di 2.160 anni terrestri; è il tempo medio che al punto vernale occorre per percorrere una costellazione dello Zodiaco. Dividiamo ora questo mese platonico per 30, otteniamo 72 anni terrestri, la durata media di una vita umana. Questa rappresenta dunque una giornata cosmica. Ma 72 è anche il numero medio di pulsazioni in un minuto. Questo ci dimostra sino a che punto il ritmo cardiaco è integrato nel ritmo solare!

Ritmo cardiaco e ritmo solare

Solo un organo intatto è capace di manifestare questo ritmo. Le lesioni di certe zone del cuore lo mettono nell’impossibilità di conformarsi a questa armonia e sono le cause principali dell’aritmia, talvolta transitoria, spesso definitiva. Esse devono sempre fare supporre l’esistenza di una lesione passata inosservata che bisognerà cercare. Al di fuori delle aritmie propriamente dette, conosciamo i disturbi del ritmo che abbiamo prima ricordato a proposito della predominanza di uno dei poli, le

Le aritmie

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Medicina antroposofica

bradicardie e le tachicardie. Studieremo brevemente tre forme di tachicardia delle quali è interessante conoscere le cause. La malattia di Bouveret

La tachicardia parossistica o malattia di Bouveret è caratterizzata da una crisi di accelerazione del ritmo. A causa dell’improvviso manifestarsi e dell’altrettanto improvviso cessare della crisi, questa affezione è stata messa in relazione col sistema nervoso. Ciò non è sbagliato se consideriamo il sistema nervoso come strumento del corpo astrale. Siamo dunque portati ad ammettere una brusca e momentanea sospensione dell’azione del sistema nervoso, cosa che implica uno «sganciamento» del corpo astrale in un dato punto del sistema nervoso, per esempio una specie di improvvisa paralisi del nervo vago. Questa labilità del corpo astrale fa sì che motivi minimi scatenino la crisi.

La tachicardia emotiva

Nella tachicardia emotiva, siamo in presenza di un processo inverso. Nel capitolo precedente abbiamo messo l’emozione in relazione col rene. Osservatevi al momento di un’emozione, sentirete realmente qualcosa salire dal più profondo di voi stessi; non si dice forse che si sente salire la collera? Nella tachicardia emotiva vi è effettivamente un afflusso sanguigno verso il cuore. Tuttavia, a causa dell’inerzia della massa sanguigna, non abbiamo qui la stessa istantaneità della crisi di tachicardia parossistica; l’inizio e soprattutto la fine della crisi si manifestano in maniera graduale.

Il morbo di Basedow...

La tachicardia del morbo di Basedow è abbastanza simile a quella emotiva. Questa malattia, d’altronde, appare talvolta in seguito ad un’emozione. Essa è l’espressione di una considerevole intensificazione dell’azione del corpo astrale in tutto l’organismo; è per questo che alcuni sintomi di queste malattie rivelano il rinforzarsi all’azione del corpo astrale nel polo inferiore (tachicardia), altri il suo rinforzarsi al polo superiore (dimagrimento). Questo spiega la variabilità delle forme cliniche di queste affezioni e alcuni suoi aspetti apparentemente contraddittori. Le manifestazioni, sia di eccesso quanto di insufficienza tiroidea, ci fanno intravedere gli stretti rapporti che esistono tra la tiroide e il corpo astrale.

...e il suo trattamento

Per moderare e armonizzare questa influenza del corpo astrale, dobbiamo utilizzare il rame: Cuprite D4 nelle bionde e Calcosina D4 nelle brune. Diciamo proprio bionde e brune, poiché si tratta quasi sempre di ammalate. Utilizzeremo anche Tabacum D10, e, in caso di sintomi cardiaci, Oleum strophanti D3 (6).

Il centro dell’organismo di calore

Se si può caratterizzare il fegato con l’immagine della foresta tropicale calda e umida, è il cuore che costituisce il centro dell’organismo di calore, del quale assicura la regolazione grazie all’intero sistema

Il cuore

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circolatorio. Tutti i processi calorici del nostro corpo sono inconcepibili in assenza di sangue e di circolazione, pertanto il cuore è il centro del nostro «organismo-calore», senza il quale l’Io non potrebbe manifestarsi. Il sangue è dunque lo strumento dell’Io come il sistema nervoso lo è del corpo astrale (7). In quanto risultato di una combustione - dunque in realtà di un processo di degradazione che lascia un residuo minerale, la cenere - la formazione di calore è sotto la dipendenza della diretta azione dell’Io al polo superiore (Cfr. Cap. II). È questo il motivo per cui l’eccitazione di certe zone del cervello provoca la febbre. Ma il calore esso stesso appare al polo inferiore e permette allora all’Io, dopo essersi associato alle forze astrali ed eteriche, di legarsi al sangue ed estendere la sua azione a tutto l’organismo a cominciare dal polo inferiore. Esso controbilancia così l’influenza del sistema nervoso. Non è soltanto il calore fisico che noi ritroviamo qui, ma anche il calore spirituale, quello dell’entusiasmo, quello del coraggio, quello del dono di sé, quello dell’amore. È quindi perfettamente legittimo mettere il cuore in relazione con l’elemento fuoco.

Il cuore e l’elemento fuoco

Tutte queste forme di calore caratterizzano l’«uomo-cuore», nel quale l’elemento costituente che domina è l’Io. Saremo dunque in presenza di una personalità forte, capace di perseguire un fine con accanimento, che tende a imporre la propria volontà con tutti i mezzi, ma anche disposto ad azioni generose; tutto dipende dallo scopo verso il quale la volontà gli permette di raggiungere le più alte vette. D’altra parte tale volontà mal sopporta l’ostacolo e predispone così alla collera. Fisicamente un temperamento simile ha una statura piuttosto tarchiata; è un picnico, ma senza la mollezza e l’elasticità del linfatico. La sua andatura dà l’impressione che voglia dare al suolo la propria impronta. I suoi occhi, spesso neri, brillano di cupa luce e sono diversi dagli occhi bruni dalla vellutata dolcezza di certi linfatici. La muscolatura è generalmente ben sviluppata. Come esempio tipico di temperamento collerico è stato citato il generale Bonaparte da Rudolf Steiner che aggiunge tuttavia che nell’imperatore si manifestò più tardi un certo grado di linfatismo. Anche Beethoven era certamente un tipo collerico.

Cuore e temperamento

La supremazia dell’Io si può trasformare nel bisogno di affermarsi a dispetto di tutto, nella volontà di persistere in una direzione, anche quando si riconosce che è sbagliata. Quello che era coraggio, cioè un’azione che supera coscientemente un pericolo, diventa folle temerarietà. Quello che era volontà diventa furiosa follia (18). Questa mancanza di controllo, questo scatenarsi, è il pericolo che il collerico corre. Egli talvolta arriva all’autodistruzione e trascinerebbe volentieri gli altri nella propria caduta. In questo caso è un incendio che devasta tutto.

La psicosi cardiaca

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Medicina antroposofica

La nevrosi cardiaca

Quando il cuore è troppo influenzato dalle forze del polo neurosensoriale, vediamo comparire le nevrosi cardiache, così frequenti tra la clientela. La percezione incosciente dei processi di distruzione e di morte generati da questo polo si tradurrà in angoscia, in paura della morte, anche in assenza di lesioni profonde tali da mettere in pericolo la vita dell’ammalato. Sono proprio le lesioni «superficiali» del cuore (Cfr. Cap. IV e Cap. IX) quelle che si accompagnano a tali sintomi.

Trattamento delle nevrosi e delle psicosi cardiache

Nelle manifestazioni nevrotiche che rivelano un’eccessiva influenza del polo superiore, dobbiamo innanzitutto prescrivere Primula auro culta 0,1% per iniezioni, e anche con unzioni nella regione precordiale con Aurum met. D5 / Hypericum perf., flos 10% aa. ungt. Dobbiamo pensare anche a Prunus spinosa D3 poiché si tratta di rivitalizzare l’ammalato. Nella follia furiosa viceversa, espressione di uno scatenamento delle forze di volontà in rapporto col metabolismo, dobbiamo utilizzare Hypericum auro cultum 0,1% ed eventualmente anche Belladonna D3. Di fronte a un ammalato in preda a una crisi, potremo ricorrere ad una iniezione di apomorfina (da 5 a 10 milligrammi). Provocando il vomito, si devia l’azione del corpo astrale, e insieme quella dell’Io, verso lo stomaco, e si frena così il polo della volontà. In caso di idee suicide, soprattutto se sono l’espressione di una tendenza all’affermazione di sé che arriva all’autodistruzione, dobbiamo prescrivere Aurum met. dalla D6 alla D10 (oppure eventualmente Hypericum auro cultum). A tutti questi farmaci dobbiamo sistematicamente associare Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.b. e 100% dil.

Andiamo oltre gli schemi

Attraverso gli organi cardinali, gli elementi costitutivi dell’uomo e gli elementi naturali, abbiamo tentato di delineare le caratteristiche dei quattro temperamenti. Un tale abbozzo resta necessariamente molto schematico e potrebbe costituire soltanto un metodo di accesso. Se vogliamo comprendere bene un essere umano, bisogna, dopo averlo provvisoriamente classificato in una categoria, cercare tutto quello che lo distingue da essa, tutto ciò che fa di lui un individuo simile a nessun altro, compito che nessun computer saprebbe compiere. Bisogna studiare l’essere umano nel tempo, fare una specie di biografia, che comprenda anche lo psichismo, se vogliamo essere in grado di guarirlo in profondità.

Le diverse paure

Molti nostri contemporanei vivono nella paura; paura dell’ambiente in rapporto col polmone nel melanconico, paura della vita in rapporto col fegato nel linfatico, paura «organica» in rapporto col rene nel nervoso e paura della morte in rapporto col cuore nel collerico. Si deve imparare a conoscere a poco a poco i sintomi di queste diverse paure, a valorizzarle, poiché costituiscono un aiuto prezioso per risalire alla sorgente del male. Il paragone dei quattro organi cardinali fra loro rivela fino a che punto le loro funzioni sono ostacolate e si ripercuotono le une sulle altre.

Il cuore

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Per la chiarezza dell’esposizione, sarebbe necessario studiarle successivamente, ma è solo ricercando il ruolo delle polarità e dei dati raccolti, grazie agli elementi di base conosciuti, che sarà possibile comprendere il tutto.

RIASSUNTO DEL TRATTAMENTO DELLE AFFEZIONI CARDIACHE I. Predominanza del polo metabolismo-volontà Trattamento di base: Hyoscyamus 0,01% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% Eccipiente q.b. al 100% dil. Aurum met. da D6 a D10 fiale Hypericum auro cultum 0,1% dil. o fiale Affezioni infiammatorie: prima di tutto mettere l’ammalato a dieta. Endocarditi: Apis mell. D2 10% / Belladonna D2 10% / Eccipiente q.b. al 100% dil. in alternanza con Carbo vegetabilis 5% / Sulfur D1 10% / Eccip. q.b. a 100% trit. Argentum met. D30 fiale Echinacea angustifolia D3 fiale Lachesis D12 fiale Miocarditi: Come le endocarditi + Digitalis e. fol. dig. D3 dil. (10 gocce tre volte al giorno). Pericarditi: Come le endocarditi + Bryonia D6 + Stannum met. D10 fiale (da mescolare nella siringa). Endocarditi lente: Regime vegetariano. Argentum met. D30 alternato a Echinacea angustifolia D3 per iniezioni endovenose quotidiane. Lachesis da D12 a D15 fiale Antimonium met. D8 2p. / Aurum met. D10 3p. fiale Carbo betulae methanolum D3 trit.

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Medicina antroposofica

Affezioni valvolari, insufficienze, scompensi: Adonis vernalis D2 / Convallaria maialis D2 / Crataegus D2 / Scilla maritima D2 aa dil. (da 10 a 15 gocce tre volte al giorno). Cnicus benedictus D2 / Paeonia off. D1 aa dil. (10 gocce tre volte al giorno). Pazzia furiosa: Apomorfina da 5 a 10 mg. fiale. Belladonna D3 fiale. Aritmie: Aurum met. D10 / Cactus grandiflorus D4 / Camphora D3 / Sarothamnus scoparius D2 aa dil. (10 gocce tre volte al giorno) II. Predominanza del polo neurosensoriale Trattamento di base: Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5% / Eccipiente q.b. al 100% dil. Aurum met. D30 fiale Primula auro culta 0,1% fiale Oleum strophanti D3 dil. Aurum met. D5 / Hypericum perf., flos 10% aa ungt. Angina pectoris: Cactus grandiflorus da D1 a D3 dil. o fiale Magnesia phosphorica D3 trit. Arnica, pl. tota D10 + Tabacum D10 fiale (Da mescolare nella siringa) Trombosi: Hirudo off. D4 fiale Arnica, pl. tota D10 fiale Nevrosi cardiache: Primula auro culta 0,1% fiale Prunus spinosa D3 dil. o fiale Aurum met. D5 / Hypericum perf., flos 10% ungt. Morbo di Basedow: Cuprite D4 trit. (bionde) Calcosina D4 trit. (brune) Tabacum D10 fiale Oleum strophanti D3 dil. Melissa cupro culta 0,1% dil. o fiale

Il cuore

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NOTE 1

Per V. von Weizsäckers, l’angina è sempre il risultato di una situazione conflittuale non superata. Una medicina totale dovrebbe dunque: 1) curare l’angina; 2) equilibrare l’organismo (moderando eventualmente l’esuberanza del metabolismo); 3) aiutare l’ammalato a uscire da questa situazione conflittuale.

2

Questo farmaco ha costituito l’oggetto di uno studio dettagliato apparso nelle Correspondances médicales (Weleda, Saint-Louis). Non lo studieremo quindi qui nel dettaglio benché lo citiamo a più riprese. Precisiamo tuttavia che si tratta di un preparato che aiuta il cuore ad assumere le sue funzioni di equilibrio, dunque dalle ampie indicazioni.

3

Enos e Holmes, J.A.M.A. 1953/XII, p. 1090.

4

Rudolf Steiner.

5

Da miscelare nella siringa.

6

Cfr. anche capitolo XXIX, paragrafo «Rame e ipertiroidismo.

7

Questo organismo di calore deve essere considerato sotto il suo aspetto dinamico e non in funzione delle temperature localmente rilevate, che sono variabili.

8

Noi capiamo bene qui che il controllo, generato dal polo neurosensoriale, è un freno alla volontà. Quando questo polo superiore (Epimeteo) agisce esclusivamente, la volontà è talmente frenata da essere annientata. Viceversa, in assenza di controllo, la volontà (Prometeo) si scatena. Una tale concezione dovrebbe spingerci a rivedere il concetto di «nervo motore» contro il quale si era sollevato Rudolf Steiner.

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PARTE QUARTA

Studio di alcuni problemi particolari Lontana da ogni dogmatismo, la medicina antroposofica non consiste in un insieme di ricette rigide da applicare a malattie rigorosamente catalogate. Essa è medicina dell’Uomo, dunque una medicina individuale. I pochi problemi particolari che affronteremo in questa quarta parte sono esaminati solo a titolo di esempio per fare in modo che si possa trovare una via verso la terapia, poiché lo scopo della medicina è innanzi tutto guarire.

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Capitolo XIV

Il problema del cancro Se possiamo definire il cancro come un processo di crescita patologica, non lo comprenderemo finché la crescita resterà per noi un enigma. Il problema della crescita normale può riassumersi in due domande: che cos’è la crescita? e perché si arresta? Affrontando il problema patologico, sarà necessario porre una terza domanda: perché, a un dato momento, la crescita ricomincia? Resta infine da sapere perché essa assume un carattere maligno e le ragioni della localizzazione del tumore. La prima domanda era stata posta dal ricercatore Sir William Savory, le seguenti tre da Walter Holtzapfel nel magistrale studio pubblicato nel 1967 (1). In realtà, Rudolf Steiner aveva dato le risposte a queste domande già da molto tempo ed eccellenti studi di Leroi (2) fondati su una lunga esperienza pratica, avevano affrontato il problema da molto vicino. Alla luce di ciò che è stato esaminato nei primi capitoli, tenteremo di fare una sintesi di questi differenti studi.

Le cinque questioni del problema

Abbiamo già risposto nei primi quattro capitoli alla prima domanda: che cos’è la crescita normale? Abbiamo visto che è il risultato di due processi, l’uno di moltiplicazione, generato da forze eteriche, e l’altro di strutturazione, espressione delle forze del corpo astrale e dell’Io, che trasformano le forze eteriche in forze modellanti. Se le forze di moltiplicazione, di riproduzione, agissero da sole, l’organismo diventerebbe un’immensa morula (Cfr. figura 2 cap. I), ma sin dallo stadio seguente della embriogenesi, nella blastula, appare una forma di strutturazione. Tutto avviene come se, alle forze centrifughe della morula, si opponesse un invisibile involucro contro il quale queste forze verrebbero ad appoggiarsi. Si ha l’impressione che le cellule, nella loro tendenza alla dispersione, vengano a serrarsi contro questo involucro e ad allinearsi in un solo strato, costituendo la blastula. Naturalmente non esiste alcun involucro nel senso materiale della parola. In realtà questo è la prima espressione delle forze di strutturazione a direzione centripeta. A questo stadio, tali forze agiscono ancora dall’esterno e, nella pianta, continueranno a farlo per tutta la loro

La crescita normale

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Medicina antroposofica

vita. Viceversa nell’animale e nell’uomo, vediamo queste forze interiorizzarsi allo stadio di gastrula. L’esperimento di Arndt

L’esperimento di Arndt, che Leroi ci descrive, è un esempio particolarmente sorprendente dell’azione di queste due forze, perché vi si vedono riproduzione e strutturazione succedersi nel tempo. Ecco ciò che dice: «Il professor Arndt ha osservato per lungo tempo un piccolo fungo che cresce nei boschi, chiamato Dictostelium muconoïdes. Esso è alto solo qualche millimetro: è sormontato da una capsula che contiene dello spore. Il professor Arndt ha coltivato questi funghi su brodo di coltura. Quando i funghi sono maturi, la capsula scoppia e le spore cadono sulla coltura. Queste spore si sviluppano e ne escono delle amebe. Se il brodo di coltura contiene batteri, le amebe cominciano ad assorbirli. Dopo aver fagocitato circa diecimila batteri, l’ameba comincia a dividersi. Essendo l’ameba un essere vivente composto da una sola cellula, si comporta come le altre cellule, quando queste si moltiplicano. Questo processo di moltiplicazione continua fino a che vi saranno migliaia e migliaia di cellule mobili. Al momento in cui comincia a mancare il nutrimento, si produce qualcosa di straordinario: Arndt descrive come comincino a propagarsi su tutta la coltura delle onde e come le cellule comincino a dirigersi verso determinati punti di concentrazione. Là, a poco a poco, esse edificano col proprio corpo il fungo! Esse dapprima formano il piede e un elemento che preannuncia la capsula e le spore. A poco a poco si vede nascere il fungo, il cui corpo è stato formato dalle stesse amebe. Un taglio ci mostra come le amebe si trasformano in cellule di fungo, differenziandosi secondo che formino la capsula o il piede!... Qualcuno ha chiesto al professor Arndt chi dirigeva le amebe affinché formassero un fungo. Ha risposto: il «dio» delle amebe. Non è esatto. Se si vuole parlare di un «dio», bisognerebbe dire: è il «dio» dei funghi». È particolarmente interessante osservare una proiezione di questo fenomeno ripreso al rallentatore. Questo artificio visualizza in maniera straordinaria le forze eteriche. Nella prima fase di questo esperimento, vediamo le forze di moltiplicazione a direzione centrifuga fare proliferare e disperdersi le amebe. Nella seconda fase, le forze formatrici centripete - il «dio» dei funghi orientano le amebe verso un centro e vi formano il fungo con l’aiuto del materiale cellulare che le amebe costituiscono.

L’esperimento di Carrel

Allorquando isoliamo delle cellule per coltivarle al di fuori dell’organismo che le ha generate, come nell’esperimento di Carrel, noi osserviamo esattamente il fenomeno inverso: la forma e la differenziazione si perdono e la proliferazione si accelera. Possiamo così definire la crescita normale come un processo di moltiplicazione controllato dalle forze di strutturazione.

Il problema del cancro

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Nel corso dell’esistenza, l’equilibrio tra queste due forze si modificherà progressivamente. A poco a poco la strutturazione, e con essa la mineralizzazione, prenderà una maggiore importanza relativa. L’organismo a mano a mano che invecchia si indurirà.

Variazione dell’equilibrio con l’età

Potremmo supporre che questo equilibrio si modifica per l’accrescimento delle forze di strutturazione. In realtà non è così; sono le forze di moltiplicazione che diminuiscono, o più esattamente che si trasformano. Esse possono trasformarsi, come abbiamo visto nel capitolo VIII, in forze del pensiero; ma possono anche essere utilizzate per la funzione degli organi che hanno contribuito a costruire. È quello che osserveremo per i testicoli e per le ovaie al momento della pubertà. Più tardi, alla menopausa nelle donne, quando questi organi rallentano o cessano la loro funzione, queste forze ridiventano disponibili. Esse allora dovranno subire una nuova metamorfosi sul piano spirituale e trasformarsi in saggezza e bontà. Parallelamente alla metamorfosi delle forze di moltiplicazione, assistiamo a quella delle forze di strutturazione il cui compito si riduce, ugualmente a vantaggio del pensiero. Questo a sua volta deve essere strutturato (Cfr. prospetto cap. VIII).

La metamorfosi delle forze eteriche

Alla seconda domanda risponderemo dunque: la crescita si ferma perché le forze, sia di riproduzione che di strutturazione, sono trasformate e utilizzate su un piano diverso. Con la terza domanda - perché, come osserviamo nel cancro, la crescita può riapparire a un dato momento ? - noi affrontiamo la patologia. Da quello che precede, constatiamo che la crescita può ricominciare solo se si verifica uno squilibrio tra le forze di moltiplicazione e quelle di strutturazione, a vantaggio della prima. È ciò che effettivamente succede: vi è metamorfosi insufficiente delle forze di moltiplicazione e diminuzione di quelle di strutturazione. Questa insufficiente metamorfosi delle forze vegetative spiega un gran numero di fatti. Vediamo così comparire dei sarcomi al momento in cui finisce la crescita ossea. Essendo questo arresto di crescita più precoce nelle femmine che nei maschi, lo è anche la comparsa dei sarcomi. Tumori ai testicoli si formano quando questi, per la loro ectopia, non possono diventare funzionali e le forze di crescita restano inutilizzate. Cancri dell’utero, del seno e della prostata hanno origine quando questi organi cessano di essere funzionali, e non si realizza la trasformazione delle forze che servivano alla loro funzione. Così il cancro del seno è più frequente nelle donne che non hanno allattato (Cfr. Cap. VII).

La metamorfosi incompleta

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Gli «isolotti di organizzazione»

L’assenza di metamorfosi, tuttavia, non porta sistematicamente alla proliferazione cellulare, essa non fa che creare le condizioni favorevoli alla sua comparsa. Nella sua prima lezione ai medici (3), Rudolf Steiner dice che la metamorfosi assente o incompleta crea quello che lui chiama «isolotti di organizzazione» che restano in riposo in attesa di condizioni favorevoli. È questa una concezione che ha delle analogie con la teoria di Cohnheim degli «isolotti embrionali» rimasti in riposo; con la differenza che questa teoria presuppone la presenza di residui fisici, mentre, nella concezione steineriana, sono delle forze (eteriche) che costituiscono questi «isolotti di organizzazione».

Cancro e schizofrenia

Se si ricorre troppo precocemente alle forze del pensiero, quando l’Io non è ancora maturo per guidare la trasformazione, le forze eteriche utilizzate mantengono un carattere vegetativo che si manifesterà molto più tardi con una propensione alla schizofrenia. Questa prematura sottrazione delle forze eteriche spiega la minore frequenza di cancro in alcuni ammalati di mente. I residui eterici che costituiscono questi «isolotti di organizzazione» non si risveglieranno fintanto che saremo equilibrati da forze di strutturazione sufficienti. In caso contrario, manifesteranno la loro potenzialità sotto forma di proliferazione cellulare. Nella misura in cui esse si sono integrate al corpo eterico e sono diventate forze modellanti, queste forze di strutturazione subiscono la metamorfosi esattamente come quelle della moltiplicazione; ma ciò risponde solo parzialmente alla terza domanda.

Infiammazione, sclerosi e cancro

Per meglio comprendere il concatenamento dei fatti, è necessario riconsiderare questa azione diretta dell’Io e del corpo astrale al polo neurosensoriale, che si traduce in processi di devitalizzazione, di strutturazione e di mineralizzazione. Se il corpo eterico, aiutato dall’Io, non rigenera ciò che è stato distrutto, si verifica un accumulo di elementi estranei che l’organismo tenta di eliminare con un’infiammazione. In caso di persistenza dei disturbi, l’organismo a poco a poco si rassegna e i processi infiammatori si attenuano, cosa che porta alla sclerosi. Ma accade anche che questi processi formativi generati dal polo superiore divengano ancora più intensi. Potremmo allora aspettarci che essi provochino una «supersclerosi». Niente di tutto ciò; poiché la vita non è che ritmo, nulla aumenta all’infinito, e quando un processo supera una certa intensità si trasforma. Ritroviamo qui la legge del pendolo: al di là di un certo punto, ciò che era forza formatrice di direzione centripeta si trasforma nel suo contrario e diviene forza di dispersione di direzione centrifuga; l’Io e il corpo astrale si ritirano degli organi facendo posto alle influenze terrestri esterne. Vi è dunque una polarità tra l’infiammazione e il cancro, confermata dalle guarigioni spontanee che si possono osservare nel corso di

Il problema del cancro

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affezioni febbrili acute, come l’erisipela; tra il cancro e la sclerosi esiste una polarità d’altra specie, ugualmente confermata in pratica dal fatto che nei cancerosi i sintomi di sclerosi sono più rari. Così, sclerosi e cancro sono varianti, di uno stesso processo di estensione a tutto l’organismo di ciò che normalmente appartiene al sistema neurosensoriale. Qualificando il cancro come «organo dei sensi erratico», Rudolf Steiner suscita un’immagine che permette di cogliere meglio ciò che precede. Negli organi dei sensi, e in generale nel sistema neurosensoriale, la strutturazione è spinta all’estremo a detrimento delle possibilità di rigenerazione; ma c’è dell’altro: perché un organo dei sensi sia idoneo alla percezione, è necessario che il corpo astrale e l’Io lo abbandonino. Un organo dei sensi somiglia molto a uno strumento di fisica. L’Io e il corpo astrale non potrebbero servirsi di un organo dei sensi senza averlo prima abbandonato più di quello che noi potremmo fare con un cannocchiale astronomico sistemandoci all’interno di esso. Questo è normale al polo sensoriale, ma diventa malattia al polo opposto. Abbandonando un organo del metabolismo, il corpo astrale e l’Io lasciano campo libero alle forze eteriche non trasformate che costituiscono gli «isolotti di organizzazione» rimasti in riposo, come pure alle influenze terrestri esterne.

Il cancro: organo dei sensi erratico

Alla terza domanda dunque noi rispondiamo: la proliferazione si risveglia quando si manifesta uno squilibrio tra le forze di strutturazione e quelle di moltiplicazione a vantaggio di queste ultime. Comprendiamo adesso perché il sistema nervoso, estremamente strutturato e differenziato, raramente dà origine a tumori (il 2% di tutti i cancri) e perché questi restino relativamente benigni. Viceversa, l’abbandono precoce a questo livello delle forze di strutturazione comporta la frequente comparsa dei tumori nella prima infanzia. Al contrario, al polo del metabolismo, dove i processi di rigenerazione restano intensi per tutta la vita, il cancro è più frequente (il 75% per gli organi digerenti e genitali riuniti) e presenta caratteri di malignità molto spiccati. In che cosa consiste questa malignità? Il patologo H. Siegmund diceva del cancro che è una «catastrofe della forma». Una catastrofe naturale lascia dietro di sé un caos, cioè tutto il contrario di ciò che è organizzato. La stessa cosa osserviamo nel cancro. Quando un organo del metabolismo diventa un «organo dei sensi erratico», cioè a dire che è abbandonato dalle forze organizzatrici dell’Io, e del corpo astrale, egli si apre alle influenze esterne e diventa lo zimbello dell’anarchia. Invece dell’ordine mantenuto dagli elementi costitutivi superiori, si vede che si

Una catastrofe della forma

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installa il disordine, tanto frequente nel nostro mondo attuale; le cellule, invece di essere inserite in un piano, si mettono a vivere la loro propria vita, fatta di proliferazione, ed a subire le influenze generate dal mondo fisico. Le influenza anarcoidi

Bisogna aggiungere che queste influenze esterne sono molto varie. Esse possono provenire da sostanze prodotte dalla industria umana, contro le quali l’organismo non sa difendersi. In virtù della sua comune origine con la natura, l’uomo è capace di reagire alle sostanze naturali; non fa lo stesso con le sostanze di sintesi, contro le quali è disarmato. Ne abbiamo un esempio nel fatto che il petrolio naturale non è cancerogeno, mentre i prodotti della sua distillazione lo sono a differenti gradi. Tra queste influenze esterne, bisogna includere tutto ciò che penetra nell’uomo attraverso gli organi dei sensi (e particolarmente attraverso quello dell’udito) e scivola nel subconscio senza essere stato filtrato dalla coscienza. Tentate di richiamare alla memoria tutte le percezioni uditive di una giornata, in una città moderna: il rumore delle automobili, degli aerei, delle diverse macchine, delle radio e dei televisori, ecc. Vi rendete conto che solo una piccolissima parte delle vostre percezioni è stata oggetto di una presa di coscienza. Queste aggressioni moderne favoriscono la nascita del caos che osserviamo nel cancro.

I fattori psichici

Fanno parte di queste aggressioni esterne anche gli shock psichici, dei quali conosciamo nel cancro il ruolo scatenante. Leroi porta un esempio che colpisce particolarmente di una donna che soffriva di cancro alla vescica in stato avanzato (4): «Sotto l’azione terapeutica il tumore innanzitutto si riassorbì. Poi, il marito di questa donna si ammalò e fu necessario amputargli una gamba; la donna ebbe subito una recidiva del suo cancro; un energico trattamento riuscì ancora a far recedere il male. L’anno seguente, il marito morì; la donna ebbe una nuova recidiva che potè peraltro essere dominata». Alcune statistiche, pubblicate negli Stati Uniti e in Svezia, hanno dimostrato che il cancro è molto più frequente nelle donne divorziate che per questo hanno subito dei traumi psichici anziché nelle donne sposate. Così la nostra risposta alla quarta domanda sarà: la malignità è l’espressione dell’azione anarcoide delle diverse influenze esterne che le forze interiori di organizzazione non sono più capaci di controllare.

La questione dei virus

Periodicamente si attribuisce il cancro a dei virus. Se è vero che è possibile far nascere dei tumori negli animali servendosi di virus oncogeni, non bisogna dimenticare che la loro inoculazione è un processo di laboratorio che niente ha in comune con ciò che noi riscontriamo in vivo. Ciò nondimeno, dei virus sono stati trovati in alcune cellule cancerose, cosa

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che non ha niente di sorprendente quando si sa che la maggior parte dei virus - alcuni sono anche cristallizzabili - si pongono tra il regno vegetale e il regno minerale. Si capisce allora la loro affinità con quei tessuti che sono stati abbandonati dalle loro forze «organizzanti». Questo ci permette di annoverarli tra le influenze esterne. Essi non sono la causa del cancro, ma anch’essi, verosimilmente, hanno un’influenza anarcoide. Gli «isolotti di organizzazione» sopracitati sono già causa di localizzazioni; ma ve ne sono molte altre. Una irritazione della pelle, che per la sua ripetizione o persistenza, non si accompagna più a reazioni infiammatorie, è segno della esclusione, nella zona interessata, del corpo astrale e dell’Io, che crea una possibilità di cancerizzazione. Questa può anche apparire in assenza di ogni predisposizione, e a maggior ragione quando le forze di strutturazione dell’organismo si sono indebolite. L’agente irritante può essere meccanico, chimico o anche fisico, come le bruciature e le radiazioni ionizzanti. Conosciamo le localizzazioni dovute al tabacco e all’alcool. La frequenza di cancro allo stomaco nei giapponesi non è estranea probabilmente alla loro abitudine di bere thè bollente.

I fattori di localizzazione

Noi sappiamo, grazie agli esperimenti di Druckrey (5) sui ratti, che il giallo del burro può attivare un cancro al fegato. Alcune sostanze dunque attaccano elettivamente certi organi. In questi esperimenti, è interessante notare che il tumore al fegato compare quando i ratti hanno assorbito una certa quantità, sempre la stessa, delle sostanze cancerogena; questo indipendentemente dagli intervalli più o meno lunghi durante i quali è stata sospesa la somministrazione. Sul piano della prevenzione, notiamo che nei ratti la cui razione alimentare contiene del miglio, la dose di giallo di burro che è necessaria per la comparsa del tumore è molto più rilevante. Il miglio dunque ha proprietà anticancerose, dovute probabilmente al suo tasso di silice, elemento che rafforza le forze di strutturazione.

Gli esperimenti di Druckey

Questa nozione di sommazione che intravediamo negli esperimenti di Druckrey non deve lasciarci indifferenti. La nostra attuale alimentazione contiene una moltitudine di prodotti chimici, nessuno dei quali sembra essere assorbito, da solo, in quantità sufficienti a provocare un cancro - li si dichiara perciò inoffensivi - ma è quasi certo che la loro somma ci fa oltrepassare una soglia pericolosa. Eccone un esempio: si sa che oltre un certo limite, il benzopirene è cancerogeno. J. Bornfelt (6) ha provato che in presenza di detergenti, è possibile provocare cancri allo stomaco con dosi molto inferiori a quelle che sarebbero necessarie in loro assenza.

I prodotti chimici nell’alimentazione

136 La nozione di punto debole

Medicina antroposofica

Si constata spesso che il cancro colpisce un punto debole dell’organismo, per esempio un organo che ha subito un intervento chirurgico più o meno remoto, oppure anche la zona di un vecchio trauma. Il concetto del colpo al seno, come fattore scatenante del cancro, è classico. Senza pretendere di aver esaurito la questione, abbiamo affrontato le cause principali delle localizzazioni, che sono: la persistenza degli isolotti di organizzazione, i raumi (meccanici, fisici, chimici e psichici), in maniera generale la nozione del punto debole. Avendo risposto alle cinque domande poste, ci resta da studiare l’evoluzione nel tempo della malattia cancerosa, e contemplare una possibilità di cura.

L’evoluzione della malattia cancerosa

La comparsa del tumore non è l’inizio della malattia, esso è soltanto la prima manifestazione fisica. Ma allora, quando comincia la malattia? Quando si tratta di una malattia acuta, di morbillo o di polmonite, si considera generalmente come inizio della malattia l’invasione batterica o la comparsa dei primi sintomi, mentre questi costituiscono già una conseguenza e non una causa. Quando si tratta di una malattia cronica, di un reumatismo, di una sclerosi e più ancora di un cancro, sembra impossibile stabilirne l’inizio, ma un interrogatorio ben condotto ci fornirà preziose informazioni.

L’inizio del cancro, un processo psichico

Spesso dei pazienti vengono a consultarmi dicendo: «Dottore, io non sono malato, ma ho l’impressione che qualcosa non va, manco di slancio, non mi piace più niente». L’anamnesi e l’esame di tali pazienti rivelerà tutta una serie di indizi ciascuno dei quali isolatamente non ha gran valore, ma la cui associazione diventa significativa. Somiglia a una depressione, ma non lo è. Spesso sono i parenti a spingerlo a farsi visitare, a causa del cambiamento del suo comportamento. Se si interroga il malato sull’inizio dei suoi disturbi, è molto raro che possa dare una risposta precisa. Tuttavia, un interrogatorio indirizzato sulla sua biografia rivelerà spesso l’esistenza, nel suo passato, d’un evento doloroso non assimilato, una specie di «spina psichica» della quale non è capace di venire a capo. Una spina fisica conficcata sotto la pelle è neutralizzata da un organismo sano che la respinge all’esterno formando un ascesso o, se è troppo profonda per essere espulsa, la incista. Allo stesso modo una «spina psichica» può essere sia assimilata e respinta, sia dimenticata, cosa che corrisponde all’incistamento. Ma se la persona non ha la forza di assimilare o dimenticare questa prova, questa non cesserà di irritarlo, dirigendo costantemente l’attenzione verso il proprio essere interiore, verso il rimuginare. Tali

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malati, come diceva molto bene il dottor Jean Schoch (7), hanno uno sguardo velato che sembra volto all’interno, essi danno l’impressione di tendere l’orecchio all’interno di se stessi. Niente può rallegrarli, poiché la gioia implica che ci si volga verso l’esterno. È raro che l’ammalato parli di primo acchito di questo aspetto del suo psichismo, poiché prova, coscientemente o no, una certa vergogna per non essere venuto a capo delle sue difficoltà. Soltanto quando si sarà instaurato un rapporto fiducioso tra il medico e il suo paziente, questi eventualmente si aprirà; così il medico deve agire con tatto, senza insistere, per timore che l’ammalato si richiuda in se stesso. Questi ammalati generalmente continuano a svolgere il proprio lavoro coscienziosamente, ma non traggono alcun piacere da attività alle quali volentieri si dedicavano. L’appassionato di bricolage lascia arrugginire i propri attrezzi, il musicista trascura il proprio strumento. Queste sono le caratteristiche della prima fase della malattia cancerosa, che si svolge completamente sul piano dello psichismo, dell’astrale (8). Questa prima fase può durare per anni. L’attività psichica anormale si ripercuoterà a poco a poco sui processi vitali, sul corpo eterico, perché questo tende continuamente a rigenerare ciò che l’attività astrale ha danneggiato. Fintantoché l’eterico ci riesce, non si manifesta alcun sintomo, ma se non basta più ad assolvere completamente il suo compito, comincerà a trascurare le sue abituali funzioni, se ne distoglierà per compensare quello che l’attività astrale deteriora. Allora fanno la loro comparsa i disturbi funzionali: fatica, insonnia, stitichezza, disturbi digestivi, ecc. Alcuni ammalati manifestano un’avversione più o meno marcata per la carne. La pelle diventa smorta, compaiono macchie e nei. Da notare anche la frequente assenza di segni di sclerosi relativi all’età dell’ammalato. L’insieme di queste manifestazioni funzionali, nessuna delle quali, presa da sola, è caratteristica della malattia cancerosa, deve tuttavia attirare l’attenzione del medico, perché generalmente è il segno della fase pretumorale della malattia, fase che si sviluppa sul piano dell’eterico. Le manifestazioni psichiche della prima fase, ben inteso, non per questo non scompaiono. Generalmente, questi sintomi regrediscono rapidamente sotto l’effetto di una terapia col Viscum album fermentato, cosa che prova ulteriormente che si tratta proprio di una malattia cancerosa. Questa seconda fase può, come la prima, durare per anni e anche, non sfociare mai in tumore se le difese dell’organismo sono sufficienti.

La seconda fase: i disturbi funzionali

Come nasce un tumore? È probabile che delle deficienze esterne radiazioni ionizzanti o sostanze tossiche - possano generare cellule mutanti o maligne su qualsiasi soggetto normale. Se l’organismo è sano, se si difende normalmente, queste cellule anormali saranno eliminate, ma nel

La terza fase: il tumore

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Medicina antroposofica

caso di insufficienza immunitaria, tali cellule potranno installarsi in un punto di minore resistenza dell’organismo e proliferarvi, dando origine a un tumore. È per questo che un trauma, sia fisico che psichico, che compare nel corso della seconda fase, potrà provocare il processo tumorale. Ruolo dell’immunità

Si trovano talvolta cellule maligne nel sangue di soggetti apparentemente sani, cellule che si considerano provenienti da una sciamatura in partenza da un tumore non individuabile che tuttavia non danno origine a metastasi, cosa che prova che esse sono distrutte dai linfociti. Ma tali cellule non saranno, in certi casi, anteriori al tumore, di cui sarebbero il punto di partenza? L’insufficienza immunitaria sembra risiedere principalmente nel fatto che il carattere estraneo della cellula maligna non è o è mal riconosciuta, per cui si crea la tendenza all’infiltrazione. Quando il carattere estraneo di un tumore è riconosciuto dall’organismo, viene incistato e resta benigno. Tuttavia, anche quando il tumore è maligno, l’organismo, lotta ancora creando attorno ad esso un «mantello di calore» che facilmente può essere evidenziato nei tumori superficiali con la termografia. Notiamo che nella fase pretumorale, non è raro che l’ammalato provi una sensazione di freddo nella zona dove il tumore comparirà.

La quarta fase: le metastasi

Il carattere centrifugo del tumore canceroso che è la proliferazione incontrollata delle cellule vicine, si limita all’inizio ai tessuti limitrofi che sono progressivamente infiltrati. Con la insufficienza progressiva delle difese dell’organismo, le cellule cancerose diventano ancora più autonome, si emancipano e si diffondono nell’organismo, dando origine alle metastasi. Eppure, anche a questo stadio, il rafforzamento delle difese immunitarie può ancora causare la regressione di tali cellule.

Durata dell’evoluzione

La durata dell’evoluzione varia soprattutto in funzione dell’età. Nell’essere giovane, in cui i processi di crescita sono ancora in piena attività, la malattia brucia le tappe al punto che distinguerle diventa complesso. Al contrario, nel soggetto anziano, che ha perduto le sue possibilità di rigenerazione, si osserverà talvolta un tale allungamento delle tappe, che il cancro non sarà la causa del decesso. La malattia cancerosa appare così come una costante lotta tra la tendenza all’emancipazione della cellula e le forze organizzatrici che governano la forma e le funzioni dell’organismo.

Importanza della diagnosi precoce

È estremamente importante per il medico saper riconoscere questa prima fase della malattia cancerosa, poiché è a questo stadio che la terapeutica dà i migliori risultati. Sarà prezioso l’aiuto dato dal laborato-

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rio. Si farà principalmente ricorso ai due metodi di cui Rudolf Steiner aveva suggerito il principio: quello delle cristallizzazioni sensibili e quello delle immagini capillari-dinamiche. Abbiamo già parlato del primo che è stato messo a punto da Pfeiffer e Bessenich (Cfr. Cap. I). Il secondo è stato oggetto di lunghe ricerche da parte di Kolisko ed è stato studiato per più di quarant’anni nella sua applicazione al cancro da Kaelin (9). Esso mette particolarmente in evidenza le tre tappe della malattia cancerosa, e dà utili indicazioni dal punto di vista della prognosi. Questi metodi di visualizzazione delle forze eteriche rivelano un aspetto qualitativo dei processi. Essi sono per questo molto più ricchi di insegnamento dei metodi quantitativi. Essi sono attualmente utilizzati nel mondo intero tanto per la diagnosi del cancro che per ricerche qualitative diverse. Viceversa, per il controllo del trattamento, sono indicatori preziosi il dosaggio del rame e del ferro serici. Nell’uomo sano il loro tasso oscilla tra 80 e 150. Nei cancerosi il tasso del rame serico si alza mentre quello del ferro serico si abbassa. Il dottor Helmuth Müller ha studiato la variazione di questi tassi in funzione dell’evoluzione della malattia negli ammalati trattati col Viscum album fermentato (10) e ha constatato la loro progressiva normalizzazione in tutti i casi in via di miglioramento clinico. Al contrario, la persistenza dei tassi anormali è sempre stato l’annuncio di recidive o di metastasi a breve termine. Alla luce di ciò che precede, il trattamento del cancro deve avere come scopo quello di ristabilire l’equilibrio tra le forze di strutturazione e quelle di proliferazione. Dobbiamo mirare essenzialmente a tre obiettivi: 1° rinforzare le difese dell’organismo e il suo potere di strutturazione; 2° favorire la trasformazione delle forze vegetative; 3° preservare l’organismo e il suo potere di strutturazione; 2° favorire la trasformazione delle forze vegetative; 3° preservare l’organismo da azioni esterne nocive.

Trattamento del cancro

La medicina classica raggiunge questi obiettivi? Né la chirurgia, né i raggi, né i citostatici possono pretenderlo. Tutto ciò non rinforza le forze di strutturazione, e non ha alcun effetto sulla trasformazione delle forze eteriche. La roentgeneterapia come la chirurgia cercano di distruggere il tumore, che è solo un sintomo locale della malattia cancerosa. Entrambe indeboliscono considerevolmente le difese dell’organismo, quindi questi metodi terapeutici spesso provocano delle recidive e l’aggravarsi dello stato generale dell’ammalato. Questo vuol dire che sono assolutamente da rifiutare? È certo che il tumore, vivendo a carico dell’organismo, costituisce in se stesso un fattore di indebolimento e di intossicazione che sarebbe utile eliminare. La chirurgia, quando è possibile e a condizione di limitarsi ad un intervento a minima, sembra preferibile alle radiazioni, che lascianoall’organismo l’incarico di eliminare i residui dell’alterazione. Quanto ai citostatici, impediscono la proliferazione in maniera cieca, paralizzandola sia dove essa è indispensabile alla vita - e perciò i suoi effetti

I trattamenti classici

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secondari sono nocivi - sia nella zona del tumore del quale ci si augura la distruzione. Restano gli ormoni. La loro azione è molto più selettiva. Essi non rinforzano le difese dell’organismo, non diminuiscono nemmeno le tendenze proliferatrici (piuttosto le rinforzano), ma le deviano verso le potenzialità di sesso opposto che ogni individuo porta in sé. Ciò non senza presentare gli inconvenienti che si conoscono. Non si può dunque, in realtà attribuire loro un’azione curativa. Il vischio

Esiste un farmaco capace di raggiungere il primo obiettivo: rinforzare le difese dell’organismo nel senso di una strutturazione? Ai medici che gli avevano chiesto consiglio, Rudolf Steiner propose il vischio (Viscum album). Questa pianta di cui si conoscevano alcune virtù terapeutiche dalla più lontana antichità, non era mai stata utilizzata, prima, nella cura del cancro. A più riprese, Rudolf Steiner diede indicazioni tanto per la preparazione che per l’utilizzazione del vischio. Perché il vischio? Osserviamo questa pianta; ci colpisce prima di tutto per la sua forma sferica. Noi non vi troviamo, come nelle altre piante terrestri, questo orientamento tra basso e alto, tra le forze di gravità e levità. Qualunque sia il luogo in cui si è attaccato col suo pollone, il vischio cresce perpendicolarmente al ramo portante, crescendo secondo regole proprie, con un proprio ritmo, emancipandosi dalle condizioni alle quali sono sottoposte le altre piante. Resta verde tutto l’anno, indipendentemente dalla propria esposizione alla luce. Il suo pollone conserva la clorofilla anche nell’oscurità del bosco in cui cresce. I frutti del vischio maturano d’inverno, facendo a meno del calore. Le stesse foglie, si orientano indifferentemente rispetto alla luce. E così il vischio non ha geotropismo né fototropismo; esso si emancipa sia dalle forze solari che da quelle terrestri, cosa che gli conferisce una particolarissima situazione nel mondo vegetale. È in una certa maniera una pianta anacronistica, rimasta indietro nell’evoluzione terrestre. È questo il motivo per cui non può crescere direttamente nel terreno ed ha bisogno di un ospite come intermediario. Possiamo dire che il vischio respinge le forze terrestri, comportandosi così in maniera opposta al tumore che invece si apre ad essa. Rudolf Steiner dice che anche il vischio si oppone all’azione delle forze eteriche, dunque alla proliferazione (11). Queste proprietà sono state confermate dalle ricerche farmaco-dinamiche (12).

Importanza della modalità di preparazione

Rudolf Steiner dà molte altre indicazioni relative alle proprietà anticancerose del vischio. Noi non possiamo trattarle qui, poiché la loro comprensione presuppone una approfondita conoscenza dell’antroposofia (13). Si deve tuttavia sapere che Rudolf Steiner ha insistito sulla necessità di sottoporre il vischio a una preparazione capace di farne un vero farmaco per il cancro, rinforzando quel carattere di emancipazione di cui abbiamo parlato.

Ricerche sul vismchio

Integrandosi in questo compito, Kaelin nel 1928 e, a cominciare dal 1934, il suo collaboratore Leroi (1906-1968) lavorarono per migliorare il farmaco

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Fig. 1: Curva di sopravvivenza dei malati operati con e senza metastasi linfatica indicato da Rudolf Steiner. Nel 1949, Leroi fondò ad Arlesheim (Svizzera) l’Istituto Hiscia, dove proseguì le ricerche sul cancro con la moglie, dottor Rita Leroi von May. Quest’ultima dirige attualmente una clinica vicina all’Istituto Hiscia, la Lukas-Klinik (clinica Saint-Luc), specializzata nel trattamento postoperatorio del cancro. Così, la preparazione del vischio e la maniera di utilizzarlo non hanno cessato di progredire. A differenza dei citostatici, il Viscum album fermentato non provoca disturbi e può essere utilizzato per anni senza inconvenienti. Esso non agisce in maniera cieca, ma concentra la propria azione nella zona peri-tumorale dove provoca un’iperemia e un rialzo termico. Questa reazione rende necessaria una certa prudenza nel trattamento del tumore cerebrale a causa dell’ipertensione intracranica che potrebbe provocare. Il Viscum album fermentato è perfezionabile. Esso non ha ancora raggiunto lo scopo che Rudolf Steiner gli attribuiva, cioè: sostituire il bisturi. Tuttavia, al momento attuale, esso è l’unico farmaco capace di rinforzare le

Risultati del trattamento con Viscum album fermentato

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Medicina antroposofica

I II III IV

Viscum album fermentato, senza metastasi linfatica, 22 casi. Viscum album fermentato, con metastasi linfatica, 15 casi. Gruppo testimone, senza metastasi linfatica. Gruppo testimone, con metastasi linfatica. Fig. 2: Curva di sopravvivenza degli ammalati operati di cancro bronchiale

difese dell’organismo nel senso di una strutturazione. E così, ammalati che sono stati irradiati hanno potuto sopportare dosi di raggi X molto più massicce, quando facevano contemporaneamente iniezioni di Viscum album fermentato. Da parecchi anni, ricerche comparative effettuate in diverse cliniche europee hanno dimostrato la superiorità di questo trattamento su tutti gli altri. Ecco tre studi comparativi di trattamento col Viscum album fermentato. Il primo è uno studio prospettivo randomizzato realizzato all’Istituto di oncologia clinica Bolzmann di Vienna (Austria) concernente ammalati operati per cancro allo stomaco (fig. 1, pag. 141) (14). Il secondo studio proviene dal centro di pneumologia della città di Vienna e concerne malati operati di cancro bronchiale. Il gruppo di controllo proviene dallo stesso centro ed è stato operato dallo stesso chirurgo (fig. 2, pag. 142).

Il problema del cancro

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Il terzo studio è stato realizzato su ammalati della clinica Saint-Luc ad Arlesheim, colpiti da cancro colo-rettale non operabile. Il gruppo di controllo si compone di ammalati della clinica che non avevano proseguito il trattamento col Viscum album fermentato (fig. 3). Non entrerò nel dettaglio del trattamento che il lettore potrà trovare nell’opuscolo recentemente aggiornato: Direttiva per il trattamento col Viscum album fermentato (15). Il secondo obiettivo: assicurare la trasformazione delle forze eteriche, non potrà essere raggiunto servendosi delle medicine. Passato il momento in cui avrebbe dovuto normalmente realizzarsi, ci si può anche domandare in che misura è ancora possibile compierla. È poco probabile che quello che avrebbe dovuto essere trasformato nel primo settennio si possa recuperare nell’adulto. In ciò che concerne le trasformazioni più tardive, come quella delle forze resesi disponibili in seguito all’arresto della funzione di un organo, è certamente possibile favorire servendosi di diverse terapie artistiche: pittura, modellatura,

Azione sulla metamorfosi delle forze eteriche

Fig. 3: Cancri colo-rettali inoperabili ed euritmia curativa. La loro sistematica applicazione nella clinica Saint-Luc di Arlesheim costituisce un fattore di miglioramento dagli innegabili risultati. Nel cancro è molto importante il ruolo dello psichismo. Abbiamo visto che poteva essere causa scatenante della malattia. Una guarigione in profondità sarà realmente possibile solo nella misura in cui noi trasformeremo l’ammalato «ulteriormente». Le terapie artistiche sono già un gran passo avanti verso una spiritualizzazione, dunque di una trasformazione di forze su un piano più elevato. Si deve anche ottenere la partecipazione dell’ammalato alla sua guarigione, cosa che è possibile solo se egli conosce il male

Il ruolo della psiche

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Medicina antroposofica

che lo affligge. Noi non abbiamo il diritto di lasciare un ammalato nell’incertezza. Sarà necessario molto tatto per avvertirlo e soprattutto per dimostrargli che il suo male non è irrimediabile. Vedremo allora l’ammalato riprendere coraggio a partecipare attivamente alla lotta. Questo punto di vista non ha niente di teorico; io personalmente ho sempre ottenuto i migliori risultati presso quegli ammalati che conoscevano il loro male. L’ammalato informato sa che il suo medico non gli mente, e la sua fiducia l’aiuta a lottare. Che differenza con l’orribile clima di falsa compassione, dove l’ammalato è avviluppato in una rete di menzogna, alle quali oppone un mutismo incredulo! Cure complementari

Il trattamento del cancro rende necessaria la mobilitazione di tutte le armi di cui disponiamo. Al Viscum album fermentato, dobbiamo associare diverse cure complementari (cf. Direttive per il trattamento col Viscum album fermentato), e dobbiamo curare particolarmente il fegato. Caspar Blond (16) ha dimostrato l’importante ruolo assunto da quest’organo nel cancro. Pensiamo anche al terzo obiettivo che ci eravamo fissati: preservare l’organismo da azioni nocive esterne. Questo rende necessario un cambiamento del modo di vivere, la creazione di un ambiente favorevole e soprattutto una sana alimentazione. Ciò pone spesso problemi attualmente quasi insolubili. Come, per esempio, procurarsi prodotti di qualità, non denaturati? Come essere certi del loro valore? La presenza di sostanze nocive, di pesticidi per esempio, a rigore, e in certi limiti, può essere rivelata dalle analisi. La questione della qualità potrebbe essere controllata servendosi delle cristallizzazioni sensibili, ma questi metodi non sono alla portata del privato cittadino. I negozi di prodotti dietetici sono lontani dall’offrire tutti delle garanzie serie, e mi è accaduto di vedere dei legumi rifiutati da un gruppo serio in seguito ad analisi che avevano rivelato la presenza di pesticidi, venduti e raccomandati dalla concorrenza! La sola possibilità, se non si può avere un proprio giardino, è di conoscere personalmente il produttore e tentare di rendersi conto della sua onestà. Bisogna anche esercitarsi a riconoscere ciò che è stato coltivato in maniera sana, dall’aspetto e dal gusto. Un legume coltivato secondo il metodo bio-dinamico rappresenta l’ideale (17).

Il trattamento precoce, fattore di riuscita

Il trattamento dei tumori maligni col Viscum album fermentato dà talvolta risultati insperati. Sarebbe tuttavia preferibile agire nel periodo pretumorale della malattia, durante il quale la riuscita è quasi certa. Si obietterà che è difficile giudicare l’efficacia del trattamento in assenza del tumore; non è esatto. Da principio, il miglioramento dello stato generale dell’ammalato è già un’indicazione. È possibile anche controllare l’evoluzione della malattia con gli esami del sangue servendosi delle cristallizzazioni sensibili o del metodo capillare-dinamico. Infine, accade che alcuni ammalati ai quali si era diagnosticato uno stato pretumorale non seguano il trattamento per ragioni diverse e siano, qualche anno più tardi, portatori di tumori maligni confermati (18). È evidentemente una prova di cui si preferirebbe fare a meno!

Il problema del cancro

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Nella profilassi, non bisogna trascurare ciò che abbiamo detto dell’ambiente, del genere di vita e dell’alimentazione. Ma la prevenzione del cancro comporta ancora un elemento capitale. Se vogliamo agire sul processo di trasformazione delle forze eteriche in forze del pensiero, bisognerà farlo al momento in cui il pensiero dovrebbe normalmente realizzarsi, dunque durante il periodo scolare. Così non insisteremo troppo sul ruolo di una pedagogia che permetta al bambino di svilupparsi armoniosamente. Una tale pedagogia dovrà obbligatoriamente tener conto dei fattori di sviluppo come li abbiamo descritti nella seconda parte di quest’opera.

Ruolo della pedagogia nella prevenzione del cancro

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Medicina antroposofica NOTE

1

Holtzapfel W., «Räumliche und zeitliche Ordnungen im Wachstum der malignen Tumoren», Beiträge zu einer Erweiterung der Heilkunst, 1967/6, Stuttgart.

2

Leroi A., «Le cancer, maladie d’époque», Rivista Triades, vol. II n° 4, Parigi, 1954 (esaurito). - «Cause e cura del cancro» - Rivista Triades, vol. XI n° 2 Parigi, 1963. - «Il cancro, problema della cellula o dell’organismo?» Rivista Triades, vol. XIII n° 3, 1966.

3

Rudolf Steiner: Medicina e scienza spirituale, conferenza del 24 marzo 1920 a Dornach. Cf. nota (1) cap. II.

4

Leroi A.: «Causes et traitement du cancer», Cfr. sopra nota (2).

5

Bauer K.H.: Das Krebsproblem, Berlino, Göttingen, Heidelberg, 11ª ed., 1963.

6

Bornfelt J.: Arch. Hyg. Bakt. 1960, 249.

7

Medico di Strasburgo che fu tra i primi ad esercitare la medicina antroposofica.

8

Cf. Blet D.: La psicosomatica del canceroso. Tesi di laurea, Montpellier, 1979.

9

Kaelin W.: Der kapillar-dynamische Bluttest zur Frühdiagnose der Krebskrankheit. Philosophisch-Anthroposophischer Verlag, Dornach, 1969.

10 Müller H.: «Das Verhalten der Serum-Eisen und Serum-Kupferwerte vor und während der Viscumbehandlung» (Il comportamento dei tassi di ferro esame serici prima e durante il trattamento col Viscum album fermentato). Erfahrungsheilkunde 23/3, 1973, e 25/3, 1976. 11 Rudolf Steiner: Medicina e scienza spirituale, conferenza del 2 aprile 1920. Cf. nota (1) cap. II. 12 Cfr. Gueguen J.-H.: «Il vischio e il cancro». Ed. A.D.A.P., Plescop, 1985. 13 Si può consultare a questo proposito Boïe D.: Mistel und Krebs (Vischio e Cancro) Verlag Fraies Geistesleben, Stuttgart, 1970. 14 I particolari di questi studi - come di altri - possono essere richiesti all’Istituto Hiscia, CH - 4144 Arlesheim - Cfr. anche Gueguen J.-H.: Il vischio e il cancro (op. cit.). 15 Pubblicato dall’Istituto Hiscia, CH - 4144 Arlesheim - (letteratura riservata esclusivamente ai medici).

Il problema del cancro

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16 Blond C.: The Liver and Cancer (Fegato e cancro) Ed. John Wright, Bristol, 1960. 17 A proposito del metodo bio-dinamico, consultare: - Kabisch H.: Guida pratica del metodo bio-dinamico nell’agricoltura, 5ª ed. Edizioni del Centro Triades, Parigi 1986. - Pfeiffer E. e Riese E.: l’allegro orto, o come curare il proprio giardino secondo il metodo bio-dinamico, 3ª ed. rivista e aumentato. Edizioni del Centro Triades, Parigi, 1986. - Pfeiffer E.: La fecondità della terra. Metodo per ristabilire la fertilità del suolo, 7ª ed. Edizioni del Centro Triades Parigi, 1979. Vedere anche la pubblicazioni del Movimento di coltura bio-dinamica (Leimbach, 68800 Thann): - Thun M.: Calendario della semina e dell’apicoltore (pubblicazione annuale). Indicazioni pratiche secondo le ricerche fatte sulle costellazioni, ad uso dei giardinieri, degli orticoltori, e degli agricoltori, 4ª edizione, 1980. 18 Cfr. Blet. D.: La psicosomatica del canceroso. Vedere sopra nota (8).

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Capitolo XV

Il ciclo genitale della donna L’osservazione del ciclo mestruale ci porta a dividerlo in due fasi principali, l’una caratterizzata dalla elaborazione, l’altra dalla distruzione ed eliminazione dei prodotti di quella. Tali processi, l’abbiamo visto al capitolo II, sono l’espressione dell’azione dell’Io e anche del corpo astrale, ora al polo inferiore, grazie alla mediazione del corpo eterico, ora in maniera diretta al polo superiore. L’alternarsi di queste due fasi costituisce il ritmo proprio all’insieme degli organi genitali femminili. Il ruolo dell’Io appare pure nel fatto che la funzione mestruale è in stretto rapporto col sangue - organo dell’Io - e con l’emopoiesi. Si evidenzia anche dal fatto che la mestruazione è un processo esclusivamente umano che non si riscontra negli animali. In questi, i fenomeni che consentono la procreazione seguono generalmente un ritmo annuale, cioè un ritmo simile a quello delle piante, e che potremmo qualificare come eterico. Non vi sono in loro mestruazioni e anche le pseudo mestruazioni del macaco reso sono anovulari. Infine, il fatto che talvolta un accesso febbrile possa sostituirsi ad una mestruazione deve essere messo pure in relazione all’azione dell’Io.

Il ciclo mestruale e l’Io

Nella stessa maniera in cui abbiamo messo il ritmo cardiaco in relazione con quello del sole, siamo portati a collegare la periodicità di 28 giorni del ciclo mestruale a quella delle fasi lunari (1). Sappiamo tuttavia che la mestruazione non è direttamente influenzata dalla luna, altrimenti tutte le donne sarebbero mestruate contemporaneamente. Il ritmo lunare in realtà si è interiorizzato. Potremmo anche dire che l’organismo femminile ne ha conservato il ricordo. Una concezione materialista potrebbe far obiettare che la successione delle due fasi del ciclo non è che un automatismo, nel quale ciascuno dei processi attiva il successivo, esattamente come un pendolo ridiscende quando ha raggiunto una certa altezza. In realtà, il fatto che ad un ciclo raccorciato da circostanze esterne, succede un ciclo più lungo (e viceversa)

Un ritmo lunare interiorizzato

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Medicina antroposofica

è la dimostrazione che esiste una compensazione, dunque una regolazione interna che possiamo modificare solo temporaneamente. La differenza con un meccanismo è proprio questa. Così, quando regoliamo un orologio, questo mantiene la differenza di orario fintanto che non lo rimettiamo all’ora esatta; viceversa, se noi sfalsiamo il ciclo mestruale con un’iniezione di ormoni, l’organismo tenderà a compensare la differenza da se stesso, in modo da ritrovare il proprio ritmo naturale. È anche possibile sconvolgere l’organismo al punto tale da metterlo nell’impossibilità di ristabilirsi, ma il fatto di distruggere una funzione in un organismo non è assolutamente una prova dell’inesistenza di questa. Le due fasi del ciclo

La prima fase del ciclo, che va dalla fine delle mestruazioni all’ovulazione, al quattordicesimo giorno, è caratterizzato da questa azione dell’Io modificata grazie alla mediazione successiva del corpo astrale, del corpo eterico e del corpo fisico, che gli conferiscono la dinamica propria al polo metabolico caratterizzata dai processi di proliferazione, costruzione ed elaborazione. Nell’ovaia, questa dinamica si traduce nella maturazione dell’ovulo e la formazione del follicolo di De Graaf; nell’utero, si traduce nella proliferazione della mucosa che prepara la nidificazione dell’ovulo. Questa fase di proliferazione va anche un po’ oltre l’ovulazione, poiché la formazione del corpo giallo le appartiene ancora. Se l’ovulo è fecondato, il corpo giallo persisterà durante tutta la gravidanza, costituendo questa un prolungamento e un rafforzamento di questa prima fase. Viceversa, l’ovulo non fecondato muore, e questo costiuisce il primo passo della seconda fase caratterizzata dall’azione diretta dall’Io sull’organismo che porta ai processi di distruzione. Il corpo giallo allora si appassisce, lasciando sull’ovaia un piccolo nodulo cicatriziale. La mucosa uterina si degrada e diventa luogo di ristagno del sangue che perde la sua vitalità e che sarà eliminato con le mestruazioni. Questa escrezione di ciò che è sfuggito alla vita è accompagnata da contrazioni uterine che testimoniano una accresciuta attività del corpo astrale. In realtà, il passaggio dalla prima alla seconda fase non è così netto come potrebbe sembrare dalla nostra descrizione un po’ schematica. Così l’ovulazione è un processo d’escrezione, che rende necessario l’intervento del corpo astrale. Essa annuncia già la seconda fase, benché si ponga verso la fine della prima. Al contrario, la formazione del corpo giallo è un processo di proliferazione che appartiene allo prima fase, benché debordi sulla seconda. La formazione degli ormoni, follicolina e luteina, è la testimonianza di una attività ghiandolare generata dal corpo eterico e che appartiene alla prima fase; ma l’escrezione di questi ormoni nell’urina è un processo di eliminazione proprio alla seconda. Ciò prova che nell’organismo, le sostanze sono meno importanti dei processi di cui sono il risultato. Per tutta la gravidanza i due ormoni, follicolina e luteina, continueranno a essere secreti.

Il ciclo genitale della donna

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La loro formazione appartiene bene dunque ai processi di elaborazione e, in assenza di gravidanza, alla prima fase. Questo accenno fisiologico del ciclo mestruale in rapporto con gli elementi che costituiscono l’essere umano è indispensabile alla comprensione dei disturbi della mestruazione. Esso ci permetterà anche di istituire una terapia razionale per essi. Vediamo subito la possibilità di due anomalie: l’una caratterizzata da un eccesso dei processi di elaborazione e di proliferazione; l’altra, da un eccesso di quelli di distruzione.

Le tendenze patologiche

Lo spostamento dell’equilibrio verso la tendenza alla proliferazione si traduce in iperplasia ghiandolare, ipertrofia della mucosa e in eccesso di follicolina. L’iperemia che accompagna la prima fase continua durante la seconda e le mestruazioni aumentano in abbondanza. Il sangue eliminato è rosso vivo, non è completamente degradato e conserva un carattere arterioso. L’emorragia non è, come nelle normali mestruazioni, il risultato della degradazione della mucosa, ma la conseguenza della sua congestione; è una specie di esplosione, così il flusso è generalmente in anticipo. Tali disturbi si accompagnano spesso a vertigini, lipotimie, disattenzione e tendenza all’oblio caratteristiche di una diminuzione della coscienza. Tali donne, spesso pletoriche, tendono frequentemente alle emicranie (cf. cap.IV). Ritroveremo qui il tipo Calcarea carbonica degli omeopatici. In questo tipo di ammalati, ciò che corrisponde alla sostanza molle e viva dell’ostrica, predomina sulla sostanza minerale e morta della conchiglia.

L’eccesso di proliferazione

Quando predominano le tendenze della seconda fase, quando la degradazione, la distruzione e la morte prendono il sopravvento, assistiamo a fenomeni di stasi che non si limitano alla mucosa uterina. Le vene si dilatano, le estremità diventano cianotiche; le mestruazioni poco abbondanti e scure arrivano in ritardo. Siamo qui in presenza del tipo Pulsatilla degli omeopatici. Sono degli ammalati nei quali predominano le forze della terra – per esempio la gravità; il ristagno venoso è una delle espressioni di queste forze di pesantezza – la tendenza alla malinconia, lo sguardo e la testa rivolti verso terra sono altre. L’Anemone pulsatilla è caratterizzato da una forte radice a fittone ancora tutta impregnata di forze terrestri. Le foglie, viceversa, finemente frastagliate, si aprono abbondantemente alle forze cosmiche. Poi il fiore, a forma di campana inclinata verso terra, è sottoposta a sua volta alle forze di gravità. Infine, alla maturazione, il gambo si raddrizza e il frutto dall’aspetto piumoso si orienta di nuovo verso il cosmo. L’intera pianta diventa così l’espressione ritmica della lotta tra le forze terrestri e le forze cosmiche, che finisce con la vittoria di queste ultime. Questo fiore pasquale concentra in sé morte e resurrezione. La predilezione della pulsatilla per i terreni silicei ci ricorda la polarità tra Calcarea carbonica e Pulsatilla.

L’eccesso di degradazione

152

Medicina antroposofica

Le amenorree

Quando le forze dell’Io sono sollecitate troppo intensamente al polo superiore - cosa frequente durante un eccessivo lavoro intellettuale come nel corso degli studi e della preparazione agli esami - , queste forze non sono più disponibili al polo inferiore per le funzioni genitali. D’altro canto, la distruzione intensa che comporta un sovraccarico intellettuale deve essere incessantemente compensata dalla forze eteriche di rigenerazione, pena gravi disturbi. Questa sottrazione, tanto delle forze dell’Io che di quelle del corpo eterico al polo inferiore, rende impossibili i processi di maturazione dell’ovulo e di proliferazione della mucosa uterina. Avviene una soppressione della prima fase del ciclo e, siccome non se ne può avere una seconda senza la preparazione costituita dalla prima, non vi è più né ciclo né mestruazioni. Siamo qui in presenza di una amenorrea per sottrazione di forze. A questo processo generale si associa spesso un fattore scatenante: brusco raffreddamento in occasione di un bagno, o per esempio choc psichico. Finché la causa - l’eccesso di lavoro intellettuale - persiste, la guarigione non è possibile. Bisogna quindi prima di tutto instaurare un diverso genere di vita. L’Io che al polo superiore è attore, al polo inferiore si comporta piuttosto da spettatore e, una volta insediato nel suo palco, non ha assolutamente più voglia di ridiscendere sulla scena e riprendere il proprio ruolo. Saranno necessarie talvolta molte “astuzie” per riportarvelo. Il riscaldamento del polo inferiore è una di queste, dato che il calore è l’elemento dell’Io. Un po’ diversa è l’amenorrea delle ragazze anemiche. In questo caso non troviamo questa iperattività intellettuale. L’Io s’incarna malvolentieri sia al polo superiore che a quello inferiore. Per riprendere l’immagine precedente, diremo che non preferisce il palco alla scena e che entra a teatro solo con rammarico. Queste amenorree esigono prima di tutto che si curi l’anemia (cf.cap.IX). Aggiungiamo che a volte questa forma e la precedente si mescolano.

L’amenorrea primaria

Normalmente gli organi genitali subiscono una trasformazione nel corso del secondo settennio, sotto l’influenza del corpo astrale. Se questo non assolve correttamente il proprio ruolo, questi organi non arriveranno alla maturità, resteranno infantili, e i caratteri sessuali secondari - pelosità, sviluppo delle ghiandole mammarie, cambiamento della voce, etc.) non compariranno. La trasformazione delle forze eteriche sul piano della funzione non si compie, cosa che ha per corollario la persistenza di organi eterici come il timo. Il processo delle amenorree primarie è questo.

L’amenorrea per eccesso eterico

Oltre alle amenorree secondarie per sottrazione di cui abbiamo parlato prima ne esistono altre che, viceversa, sono il riflesso di una iperattività del corpo eterico. Questo, ipertrofico, diventa in qualche maniera «impermeabile» all’azione del corpo astrale e dell’Io, che sono

Il ciclo genitale della donna

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allora incapaci di assumere le loro funzioni di differenziazione. Non c’è dunque ovulazione, ancor meno processo di degradazione, quindi la seconda fase. I processi di proliferazione che dovrebbero limitarsi alla mucosa uterina tendono a invadere tutto l’organismo, provocandovi l’obesità e l’infiltrazione. Questo somiglia un poco a ciò che avviene nella gravidanza e non è raro vederle succedere a questa forma di amenorrea. Ricordando Calcarea carbonica e Pulsatilla, abbiamo aperto la strada alla terapeutica. In generale dobbiamo utilizzare il calcare quando i processi della prima fase sono eccessivi e tendono a debordare. Al contrario utilizzeremo Pulsatilla quando sono troppo intensi quelli della seconda fase. Nella tendenza alle menorragie, Rudolf Steiner consigliava di adoperare Corallium rubrum da preferire a Calcarea. Lo prescriveremo in triturazione D3, o meglio ancora sotto forma di unguento da spalmare ogni giorno sulla regione sovra-pubica (Corallium rubrum 0,1% Ossa 1%/ Tormentilla 2,5% - Eccipiente q.b. al 100% ungt.). In caso di forti emorragie, dobbiamo ricorrere o una o più iniezioni di Antimonium met. D6/Marbre D6 aa. nella regione sovrapubica. Otterremo ugualmente ottimi risultati con quella pianta così modesta che è la Thlaspi bursa-pastoris (in D1, D2 o D3).

Trattamento delle menorragie

Quando predominano i processi di distruzione della seconda fase, e le forze terrestri la spuntano, in presenza di sintomi di stasi venosa e predisposizione alla malinconia, daremo Pulsatilla dalla D3 alla D6. Sarà pure necessario rinforzare l’azione del corpo eterico prescrivendo Argentum che conviene applicare la sera sotto forma di unguento (Argentum met. D1 ungt.) nella regione sovrapubica. Si deve procedere a queste applicazioni nella prima fase del ciclo, alternandole con la somministrazione di Pulsatilla durante la seconda fase. Come complemento di Argentum, dobbiamo prescrivere Prunus spinosa D3, D4 o D5.

Trattamento delle ipomenorree

Nella pratica, noi riscontreremo spesso disturbi della mestruazione che può essere difficile classificare nell’una o nell’altra tendenza e che si raggruppano abitualmente sotto il nome di dismenorree. Questi disturbi sono l’espressione della mancanza di armonia tra i diversi elementi costitutivi. Essi si accompagnano spesso a delle manifestazioni spasmodiche in rapporto col corpo astrale, che di conseguenza compaiono nei periodi del ciclo in cui il corpo astrale normalmente entra in gioco. Così, alla fine della seconda fase, le mestruazioni, processo di eliminazione dei residui della degradazione della mucosa e del sangue, si accompagnano a contrazioni uterine provocate dal corpo astrale. Tali contrazioni possono prendere un andamento spastico e tradursi in crampi dolorosi. Un disturbo della stessa natura, benché con minore intensità, può manifestarsi al momento dell’ovulazione, che è pure un processo di escrezione che implica la partecipazione del corpo astrale.

Le dismenorree...

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Medicina antroposofica

...e il loro trattamento Trattamento delle

Allevieremo questi disturbi di natura spastica prescrivendo Chamomilla vulg. rad. D20/Tormentilla D30 aa dil., 10 gocce prima dei pasti (cominciare due giorni prima delle mestruazioni e continuare finché è necessario). Potremmo ugualmente fare ricorso alla Belladonna D6 (nelle donne brune) o alla Chamomilla D3 (nelle donne bionde). Questo trattamento per bocca deve essere completato, al bisogno, con delle unzioni quotidiane nella regione sovra-pubica Oxalis acetosella 10% ungt. Pensiamo anche al Cuprum met. D1 ungt. da applicare sulla regione lombare. Una vera guarigione delle dismenorree tuttavia richiede un trattamento più in profondità. Siccome questi disturbi spesso causano un raffreddamento cronico delle estremità inferiori, nessuna guarigione sarà possibile fintantoché non si sarà ottenuto dall’ammalato che indossi un adeguato abbigliamento. Toccate i piedi delle vostre ammalate, li troverete spesso ghiacciati, benché esse dichiarino di non soffrire il freddo. Questo trattamento in profondità, applicabile a tutti i disturbi della mestruazione, si potrà realizzare con una composizione che noi dobbiamo e Rudolf Steiner: Achillea millefolium flos 4% - Origanum majorana 6% - Quercus robur 5% - Thlaspi bursa-pastoris 3% - Urtica dioica, flos 2% - Eccipiente q.b. al 100% dil. Dobbiamo prescriverne da 5 a 10 gocce prima dei tre pasti. È necessario proseguire la cura per parecchi mesi, con l’interruzione nel periodo delle mestruzioni. Questa cura potrà essere completata o seguita da quest’altra: Mentha piperita, fol. 3p. - Origanum majorana, herba 4 p. - Ruta graveolens, herba 3 p. (un’infusione coricandosi). Per la loro azione armonizzante, questi due rimedi si rivolgono all’insieme dei disturbi mestruali quali che siano le loro tendenze.

amenorree

Il trattamento delle amenorree pone spesso un difficile problema, soprattutto quello delle amenorree primarie che richiedono innanzitutto, rimedii costituzionali. Per obbligare l’Io a ridiscendere nella sfera genitale e assolvervi la sua funzione, dobbiamo prescrivere Mucilago levistici D6, in alternanza con Ovarinum D3, 10 gocce di ognuno due volte al giorno, (eventualmente si possono muscolre invece di prenderle alternativamente). Nello stesso ordine di idee, dobbiamo prescrivere Phosphorus D6, 10 gocce al risveglio. Dobbiamo anche ordinare Calcarea carbonica ostrearum o Pulsatilla secondo il tipo di ammalate con le quali avremo da fare. Al momento della riapparizione delle mestruazioni bisognerà iniziare una cura di Achillea millefolium, flos. 4% Origanum majorana 6% - Quercus robur 5% - Thlaspii bursa-pastoris 3% Urtica dioica, flos 2% - Eccipiente q.b. al 100% dil., di lunga durata come pure di Mentha piperita, fol. 3 p. - Origanum majorana, herba 4 p. - Ruta graveolens, herba 3 p.

NOTA 1

Studieremo in seguito, dettagliatamente, i rapporti tra i cicli planetari e i ritmi umani.

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Capitolo XVI

Il problema delle affezioni cutanee Le opere di dermatologia colpiscono per la minuzia delle loro descrizioni, la preoccupazone del dettaglio al quale ha largamente contribuito il microscopio. Ma non affrontano affatto la profondità del problema quando alle cause delle affezioni cutanee e la terapia, il più delle volte molto deludente, si limita a misurare palliative. Lo studio di qualche affezione cutanea comune dimostrerà che è possibile comprendere meglio la genesi di questa malattia ricercando il loro rapporto con la totalità dell’organismo umano e aprirà così la strada ad una terapia più razionale. Ritroviamo nella pelle il riflesso della triade umana col suo polo neurosensoriale, il suo polo metabolico e la sua ritmica via di mezzo, triade che appare tanto sul piano anatomico che funzionale e della quale noi tenteremo di cogliere le caratteristiche.

La tripartizione della pelle

In quanto organo dei sensi, la pelle appartiene evidentemente al sistema neurosensoriale. Ma essa possiede anche un’altra caratteristica propria al polo cefalico: quella delle forze di strutturazione. Essa delimita il corpo fisico e noi dobbiamo ad essa la nostra forma esteriore. Alle forze eteriche di crescita, di direzione centrifuga, essa oppone forze di limitazione di direzione centripeta, di natura astrale. È nell’equilibrio tra queste forze - le quali hanno ricevuto, entrambe, l’impronta dell’Io - che risiede la bellezza delle forme come possiamo ammirarla nell’Afrodite di Cnido. Nel bambino, la dominante eterica centrifuga tende a riempire le forme, ad arrotondarle e perfino a gonfiarle. Nel vecchio, al contrario, le forze di strutturazione e di mineralizzazione prendono il sopravvento, il turgore dovuto alle forze centrifuga scompare, la pelle perde la sua elasticità e diventa flaccida. Appaiono le rughe come cerniere tra due zone di pelle più rigide, cosa che costituisce un processo identico, sebbene meno intenso, a quello dell’articolazione dei diversi elementi del carapace degli invertebrati. Fisicamente, in effetti, noi tendiamo, invecchiando, a diventare degli invertebrati. In compenso dovremmo, con l’età, rinforzare

La pelle organo neurosensoriale

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Medicina antroposofica

le nostre strutture morali, diventre «vertebrati» sul piano dell’etica e non accontentarci di conservare ciò che ci procura la corazza delle convenzioni sociali o religiose. Le forze di crescita metamorfosate

Negli animali, anche al di fuori degli invertebrati, gli elementi duri della pelle - peli, piume, scaglie, corna, zoccoli, ecc. - sono molto più sviluppati che nell’uomo, che ha trasformato le forze necessarie alla crescita di questi elementi sul piano del pensiero (Cfr. Cap. VIII). E così l’uomo deve vestirsi. Mangiando il frutto dell’albero della conoscenza, ha preso coscienza della propria nudità.

Processi ritmici

La formazione dello strato esterno dell’epidermide, composto di cellule morte, è caratteristico dei processi di morte e mineralizzazione del polo neurosensoriale. La sua trasparenza ricorda quella della silice che si trova in quantità relativamente rilevante nella pelle e nelle fanere. Tale trasparenza - che d’altra parte diminuisce con la pigmentazione - ci lascia indovinare ciò che avviene nello strato vascolare del derma, la regione ritmica della pelle. I moti dell’anima sono accompagnati da modificazioni della circolazione che procovano il rossore o il pallore dei tegumenti. Le manifestazioni ritmiche della pelle si esprimono così con la funzione respiratoria, della quale conosciamo tutta l’importanza.

Funzioni metaboliche

Infine, troviamo nella pelle un insieme di processi metabolici, principalmente localizzati nell’ipoderma, lo strato più profondo. Le ghiandole sudoripare si trovano in questo strato come i bulbi piliferi, sedi di un’intensa attività proliferativa. In certe zone, il viso per esempio, essa contiene anche una sottile muscolatura la cui attività si rivela con la mimica.

Disturbi del metabolismo

La pelle è dunque in rapporto con le tre regioni - neurosensoriale, ritmica e metabolica - dell’organismo, delle quali essa è il riflesso. In tal modo, anche le affezioni cutanee sono spesso la conseguenza dei disturbi di questi organi. La partecipazione della pelle a questi disturbi è in genere l’espressione di una esteriorizzazione dei processi morbosi che costituiscono un tentativo di guarigione. La frequente comparsa di asma dopo una diatesi essudativa rientrata, la sua guarigione nel caso di ricomparsa dei sintomi cutanei, ne sono la prova. Questo genere di affezione è il risultato di un processo incompleto di trasformazione della albumine. La pelle si sforzerà di trasformare ed eliminare ciò che non sarà stato interamente metabolizzato dagli organi interni. Questa iperattività delle funzioni metaboliche della pelle è accompagnata da manifestazioni centrifughe attraverso il derma. Eritema, papule e vesciche non sono altro che stadi diversi di questo processo di «digestione» e di escrezione delle albumine a carattere estraneo. Ritroviamo, con sfumature diverse, questi

Il problema delle affezioni cutanee

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sintomi nelle piodermiti, nei foruncoli, negli eczemi con trasudazione, ecc. In questo caso, si tratta di manifestazioni di giovinezza della pelle, quindi si incontrano più frequentemente all’inizio della vita che non alla fine. Quando i processi di devitalizzazione e di mineralizzazione diventano eccessivi, riscontriamo delle dermatosi secche: ittiosi, psoriasi, eczema secco, ecc. In questo quadro rientrano anche le manifestazioni pruriginose, la cui intensità contrasta spesso con la scarsezza o assenza di sintomi obiettivi, perché il prurito è una esacerbazione dei processi neurosensoriali che spingono a grattarsi. Il grattarsi costituisce un tentativo di eliminazione degli elementi troppo duri, per esempio le croste.

Dermatosi secche

Certe affezioni cutanee sembrano appartenere allo stesso tempo ai processi metabolici e neurosensoriali. È il caso dell’orticaria, la cui eruzione è un sintomo metabolico e il prurito una manifestazione neurosensoriale. Questa doppia appartenenza in realtà segnala un disturbo del sistema ritmico della pelle nella sua dinamica circolatoria. Altre affezioni in rapporto con questo sistema hanno piuttosto una sfumatura «respiratoria». In generale, questa funzione così importante della pelle e le sue ripercussioni sull’organismo sono veramente troppo trascurate dalla medicina. Sul piano dermatologico, la conseguenza di disturbi respiratori della pelle sono verosimilmente le micosi. In genere, i funghi non si sviluppano che in ambienti mal ossigenati. All’origine di queste affezioni micotiche, o che le favoriscono, ritroviamo spesso l’uso di prodotti cosmetici di cattiva qualità o detergenti di sintesi. Così, la comparsa sul mercato di certi detergenti è stata accompagnata da vere epidemie di perionissi nelle casalinghe. I deodoranti e i preparati contro il sudore, provocano un vero e proprio processo di autointossicazione paragonabile a quello che causerebbe una ritenzione di urine. È importante sapere che l’odore sgradevole di alcuni tipi di traspirazione è dovuto alla fermentazione del sudore, favorita dall’alcalinità dei saponi o al fatto di indossare abiti di tessuti sintetici. In altri casi, l’odore della traspirazione è in relazione con l’alimentazione.

Disturbi della funzione ritmica

Un certo numero di dermatosi non fanno parte di nessuna delle predette categorie, come le verruche o papillomi. La loro causa è un difetto localizzato della funzione limitativa della pelle. Tutto accade come se vi fosse un buco attraverso il quale i processi di proliferazione si esteriorizzassero. Vi è realmente un «buco eterico», una piccola zona in cui l’eterico umano è assente, che permette a certi virus di insinuarsi, di sviluppare il loro proprio eterico e di proliferare. Questo processo mostra una certa somiglianza con quello che abbiamo descritto nel cancro (Cfr.

Le verruche

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Medicina antroposofica

Cap. XIV). Questa locale debolezza dell’eterico umano è in relazione con la sua intensificazione in un’altra regione per un disturbo più profondo. Basta allora porre rimedio e quel disturbo perché l’eterico riprenda il suo posto e le manifestazioni cutanee spariscano. Pelli e organi profondi

L’esistenza di disturbi interni nelle manifestazioni periferiche come le dermatosi, d’altra parte, è praticamente una regola generale; anche in quelle che sembrano dovute unicamente ad aggressioni esterne, esiste spesso un fattore che predispone in profondità. Questo spiega come alcuni soggetti siano più resistenti di altri e queste aggressioni. Spesso i disturbi profondi interessano la funzione epatica, poiché esiste una polarità tra il fegato e la pelle.

Polarità tra pelle e fegato

Alle forme molli e imprecise del fegato, si oppone la strutturazione della pelle con i suoi elementi duri - strato corneo, fanere. La predominanza dell’elemento liquido nel fegato contrasta con la secchezza e la mineralizzazione della pelle. Se il fegato è il polo caldo dell’organismo, la pelle ne è, al contrario, la regione più fredda. Il fegato è un organo a dominante venosa, mentre l’incarnato della pelle è l’espressione della presenza di sangue arterioso; ce ne rendiamo ben conto quando questa caratteristica scompare nella cianosi. Infine, alla insensibilità del fegato, organo metabolico, si oppone l’estrema sensibilità della pelle, organo principalmente neurosensoriale. Eppure i due organi possiedono una proprietà comune: la loro intensa facoltà di rigenerazione. A questa segue, nella pelle, un processo non meno intenso di devitalizzazione delle cellule dell’epidermide e delle fanere.

Le diatesi essudative...

Quando certe funzioni epatiche sono deficitarie, la pelle tende a sostituirsi ad essa. La pelle diventa allora più calda, più umida, meno sensibile e perde la sua forma dando origine a bolle, vesciche, ecc.; la polarità tra i due organi si attenua. Sono questi i processi che noi osserviamo nella diatesi essudativa.

...e il loro trattamento

Il trattamento di queste dermatosi esige dunque, prima di tutto, l’istituzione di una dieta che permette di alleggerire il fegato e di una cura epatica di base (Cfr. Cap. XI). A quella aggiungeremo una terapia più specifica. Parlando della betulla (Cfr. Cap. VI), abbiamo visto che questa pianta ha la proprietà di scindere i processi di albuminizzazione e mineralizzazione, il primo diretto verso la foglia e il secondo verso la corteccia. Con l’estratto di foglia di betulla, aiuteremo l’organismo ad assumere correttamente e nel luogo voluto i suoi processi di albuminizzazione. Eviteremo così lo spostamento di questi verso la pelle. Dobbiamo prescrivere Betula alba, fol. D3 dil., 10 gocce prima dei tre pasti.

Il problema delle affezioni cutanee

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Lo zolfo è necessario alla metabolizzazione della albumine; dobbiamo prescriverlo sotto forma di Sulfur da D3 a D6. Questo provoca spesso l’esacerbazione passeggera dei sintomi che non costituisce contro-indicazione. Possiamo anche associare lo zolfo al ferro quando la funzione respiratoria della pelle ci sembra ostacolata. Dobbiamo allora prescrivere Pyrite D3 trit. Quando lo zolfo nell’organismo sembra voler sfuggire alla vita, cosa che si manifesta col cattivo odore delle secrezioni, dobbiamo ordinare Hapar sulfur D6. Potremo anche fare ricorso alle forze di strutturazione dell’antimonio sotto forma di Antimonium met. da D6 e D10. Nei soggetti dal metabolismo pletorico, che danno un’impressione di mollezza, di imprecisione dei limiti, dobbiamo utilizzare il guscio dell’ostrica: Calcarea carbonica ostrearum, in media o alta diluizione (D15 o D30). La tentazione di applicare un trattamento esterno a queste dermatosi è tanto più forte in quanto l’ammalato ha sempre l’impressione di non essere ben curato, se non attacchiamo direttamente i sintomi visibili. Non sempre è facile fargli comprendere l’origine interna dell’affezione. Non dimentichiamo mai che l’interruzione improvvisa delle escrezioni può diventare la causa di disturbi molto più gravi. Ci si contenterà dunque di misura d’igiene che consistono in lavande o bagni tiepidi addizionati di Calendula TM 40% - Alcool q.b. al 100% (1 o 2 cucchiaini da caffè in un bagno bastano), oppure meglio ancora di un infuso di Chamomilla vulg. flor. / Juniperus com., rum. / Sambucus nigra, flor / Urtica dioica, fol. / Viola tricolor, herba aa; questa deve essere somministrata pure per bocca (1 o due tazze al giorno). Si devono prescrivere i diversi saponi, detersivi e creme. Abbiamo visto (Cap. III) che l’azione diretta dell’Io sull’organismo, come essa si manifesta sorattutto al polo superiore, provoca una devitalizzazione, una mineralizzazione. Ma l’Io possiede in compenso la facoltà di spuntarla con questi minerali, di «spezzarli». I processi di devitalizzazione sono necessari all’esistenza della coscienza vigile; a quelli di demineralizzazione, viceversa, è intimamente legata la coscienza che noi abbiamo di noi stessi in quanto individui. Ma l’Io nella sua facoltà di demineralizzazione è limitato. Se la devitalizzazione e la distruzione sono eccessive in rapporto alle sue possibilità, si formano dei residui, dei depositi che si comportano da corpi estranei. Ritroviamo questi processi di demineralizzazione e di eliminazione di sali nella pelle umana. Ciò non sorprende dato il suo carattere principalmente neurosensoriale. Quando questi processi di demineralizzazione sono insufficienti in rapporto a quelli di tendenza contraria, le parti dure si accumulano, rendono la pelle secca, squamosa o crostosa, come possiamo vedere nell’ittiosi, negli eczemi secchi o nella psoriasi; essa prende, entro certi limiti, un carattere animale, particolarmente marcato nell’ittiosi. Esiste bene dunque un rapporto tra il carattere dei nostri tegumenti, che comprendono molto meno elementi

La funzione della demineralizzazione

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Medicina antroposofica

Trattamento delle dermatosi secche

cornei di quelli degli animali e la coscienza di sé che appartiene solo al genere umano. Per vincere queste affezioni che induriscono la pelle, dobbiamo utilizzare questa volta la corteccia della betulla. Questa favorirà l’orientamento verso la periferia e stimolerò l’eliminazione di ciò che è diventato troppo duro e troppo minerale. Dobbiamo prescrivere la Betula alba, cort. D2, per iniezioni sottocutanee o per os. Ciò non toglie che si possono dare contemporaneamente foglie di betulla per le loro proprietà vitalizzanti e diuretiche, per esempio sotto forma di Elixir di betulla Weleda. Dobbiamo anche risvegliare le forze di demineralizzazione dell’Io somministrando un minerale duro come la silice. Dobbiamo prescriverlo in piccole dosi, in media o alte diluizioni: Silicea dalla D15 alla D30 trit., grande come un pisello, una o due volte alla settimana. Associandolo a Betula alba, cort., orienteremo la sua azione verso la pelle. A titolo profilattico generale, dobbiamo fortificare l’Io nel compimento del suo impegno di demineralizzazione grazie al rosmarino. Questo deve essere messo a contatto della pelle in una forma finemente divisa. Si deve utilizzare a questo fine, sia il Rosmarino per il bagno Weleda, sia l’Olio per il corpo al rosmarino Wala. Praticate al mattino, queste cure svegliano la coscienza e favoriscono, di conseguenza il sonno notturno; la sera, rischiano di provocare l’insonnia. Disponiamo inoltre di un eccellente mezzo di lotta contro l’indurimento della pelle: i bagni solforati (Kalium sulfuratum 20% p.b., un cucchiaio per bagno).

Trattamento dei pruriti

Nelle affezioni molto pruriginose, dobbiamo far fare dei lavaggi caldissimi con l’infuso Chamomilla vulg. flor / Juniperus com., sum. / Sambucus nigra, flor / Urtica dioica, fol. / Viola tricolor, herba aa. Più il prurito sarà intenso, più i lavaggi saranno caldi! L’infuso può anche essere aggiunto a un bagno caldo in caso di lesioni estese. Nel prurito senile, sempre in relazione all’arteriosclerosi, non dobbiamo dimenticare di prescrivere Plumbum mellit. ed Elisir di Betulla Weleda (Cfr. Cap. VI).

Trattamento delle psoriasi

Nelle psoriasi, non otterremo buoni risultati se non facendo iniziare il trattamento con una cura di mele, di una settimana, seguita da tre mesi di regime vegetariano. In seguito l’ammalato deve astenersi da ogni grasso di origine animale. Oltre Betula alba, cort. e Silicea, dobbiamo prescrivere Gallae halepenses D2 o D3 trit., grande quanto un pisello tre volte al giorno, e Agaricus murcarius D10 dil., 10 gocce due volte al giorno, in un decotto di Buxus sempervirens, lign. / Ceratonia siliqua, lign. / Sassafras, lign. aa. Nei casi gravi si devono fare due iniezioni settimanali di Formica rufa dalla D6 alla D15.

L’acne...

L’acne giovanile è caratterizzato dalla ritenzione di sebo e di residui che formano un comedone. Questo si comporta da corpo estraneo, provocando una reazione di infiammazione ed eliminazione, l’insieme che

Il problema delle affezioni cutanee

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costituisce la punta di acne. Vi è dunque all’origine, un difetto dei processi di escrezione. Spesso, nella ragazza, va di pari passo con una predominanza della prima fase del ciclo mestruale e un eccesso di follicolina (Cfr. Cap. XV). Questa affezione è più frequente nel sesso femminile. Quando, nei soggetti longilinei, l’acne si localizza soprattutto al torace, si deve pensare sempre alla possibilità di una predisposizione alla tubercolosi. Notiamo sull’argomento che la foruncolosi, che ha dei punti in comune con l’acne, può costituire una vera «malattia di scambio» con la tubercolosi; non affrettiamoci quindi troppo a far sparire una foruncolosi e curiamo prima lo stato generale. Il trattamento dell’acne richiede l’istituzione di una dieta simile a quello raccomandato per le psoriasi: una settimana di mele e tre mesi di regime vegetariano. Oltre al trattamento costituzionale, si deve prescrivere Silicea D30 (da sostituire per alcuni ammalati con Calcarea carbonica ostrearum), alternandola con Sulfur D3. Nei casi gravi, si deve ricorrere all’Apis / Belladonna e Carbo / Sulfur. Bisogna anche combattere la stitichezza, servendosi per esempio di un leggero infuso di Tisana Clairo Weleda, coricandosi. Si devono sempre stimolare le funzioni escretrici del corpo astrale, specialmente la sudorazione. Localmente, si devono fare delle abluzioni e si devono applicare delle compresse di acqua il più calda possibile, nella quale si aggiungono uno o due cucchiaini di caffè di Calendula TM 40% - Alcool q.b. al 100%, mattina e sera. In principio bisogna astenersi da ogni applicazione di unguenti tranne, eventualmente, in casi di acne indurita, in cui si potrà utilizzare l’unguento Mercurius vivus D15. Teniamo anche presente che quest’ultimo dà buoni risultati anche in altri casi di indurimento, come il calazio. L’unguento va applicato la sera, dopo il lavaggio con la Calendula. I bagni di mare e di sole favoriscono la guarigione dell’acne.

...e il suo trattamento

Le micosi devono ugualmente essere trattate con lavaggi caldissimi alla Calendula mattina e sera. Dopo il lavaggio del mattino, si deve cospargere con Antimonium met. 0,1% - Arnica montana 2,5% - Calendula off. 1,7% Echinacea ang. 1,7% - Silicea 0,1% - Eccipiente q.b. al 100%. Dopo quello della sera, si deve applicare un po’ d’unguento Cuprum met. 0,4% - Tabacum 1% aa. Per caso di intertrigine, inserire un po’ di garza o di cotone nelle pieghe cutanee per aerare. Essendo le micosi favorite dei saponi alcalini, questi dovranno essere proibiti. Si deve utilizzare un sapone acido e si deve fare un risciacquo acido (acqua con aceto o limone) degli abiti a contatto delle parti interessate. Queste precauzioni valgono anche per la bromidrosi e spesso bastano per eliminarle (1).

Trattamento delle micosi

Benché non costituiscono «malattie» della pelle, ma sono le conseguenze di un trauma, è importante affrontare qui il trattamento delle

Piaghe ed ustioni

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Medicina antroposofica

ferite e delle bruciature, poiché i risultati alla lunga dipendono molto della natura delle prime cure. Trattamento delle piaghe

Per le ferite, si devono lavare con acqua tiepida addizionata con Calendula TM 40% - Alcool q.b. al 100% (un cucchiaino da caffè in una tazza di acqua). Si deve procedere, se necessario, al trattamento medico-chirurgico della ferita e lasciarci sopra una compressa imbevuta di Calendula diluita (mai utilizzarla pura). Quando inizia la cicatrizzazione, si può sostituire la compressa con l’unguento Antimonium met. 0,005% - Balsamum per. 0,4% Calendula off. 3% - Mercurialis per. 5% - Resina laricis 0,2% - Eccipiente q.b. al 100%. In caso di tendenza all’infeziome, sostituire l’acqua tiepida con acqua calda per i lavaggi e le compresse. La guarigione delle ferite così trattate è spettacolare. Quando si tratta di una ferita lineare (taglio), si potrà, dopo un lavaggio accurato, accostare i labbri ben asciutti della ferita servendosi di un nastro adesivo trasparente, e questo evita le suture. In caso di ferita profonda, come quella che può causare un chiodo, si deve fare un bagno caldissimo con aggiunta di Calendula TM 40% - Alcool q.b. al 100%. Se appare necessaria la profilassi antitetanica, si deve fare un’iniezione sottocutanea di Belladonna D30 - Hyoscyamus D15 aa (Rudolf Steiner).

Trattamento delle ustioni

Le ustioni si devono curare servendosi di compresse di Arnica montana TM 5% - Urtica urens TM 85%. Si prepara contemporaneamente una soluzione a 1/10, ossia un cucchiaio da minestra della miscela per nove cucchiai da minestra di acqua, con cui si imbevono le compresse. Queste si lasciano sulle ustioni e periodicamente si inumidiscono; non devono mai asciugarsi. Dopo cinque giorni, la compressa può essere tolta, se necessario si rinnova oppure se l’epitelizzazione è completa, si sostituisce con l’unguento di Arnica montana 0,25% - Urtica urens 4,75% - Eccipiente q.b. al 100%. Il termine di cinque giorni può essere considerevolmente abbreviato per piccole bruciature poco profonde. Questo trattamento delle ustioni è rimarchevole per la rapidità del sollievo, che appare in genere entro un quarto d’ora, per la rapidità della guarigione e per la qualità della cicatrizzazione, che non lascia cheloidi. In caso di ustioni estese, si deve, ben inteso, completare con un trattamento generale: Arnica montana, p. tot. D3 dil., 10 gocce da 3 a 6 volte nelle 24 ore, Hyoscyamus 0,1% - Onopordon, flos 2,5% - Primula off., flos 2,5% Eccipiente q.b. al 100% dil., 10 gocce tre volte al giorno, Argentum met. D30 un’iniezione sottocutanea ogni giorno o ogni due giorni a fare bere molta acqua con aggiunta di Elisir di betulla Weleda, per favorire la diuresi. Arnica / Urtica urens dà anche sollievo e una rapida guarigione nei colpi di luce (diluire a 1/20 e applicare le compresse sulle palpebre chiuse) e nelle insolazioni (da trattare come le ustioni).

Il problema delle affezioni cutanee

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La farmacopea antroposofica comprende molti unguenti pochi dei quali sono destinati al trattamento delle malattie cutanee. Somministrando un farmaco per via orale, si ricorre soprattutto al metabolismo. La via sottocutanea mette in gioco il sistema ritmico. Applicando un farmaco sotto forma di unguento sull’organo dei sensi che è la pelle, ci si indirizza principalmente al sistema neurosensoriale. Il medicamento applicato non agisce per penetrazione sostanziale attraverso la pelle, ma per il suo dinamismo. E così possiamo assimilare una medicina applicata sotto forma di unguento a una dinamizzazione elevata. L’incontestabile efficacia di questa forma terapeutica è una prova lampante dell’insufficienza delle nozioni di fisica allorché si vuole

NOTE 1

Trattamento complementare (H. Miller): Ferrum sidereum D20 fiale + Epifisi D4 fiale per iniezioni sottocutanee due o tre volte la settimana.

Ruolo delle applicazioni esterne

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PARTE QUINTA

Principi di farmacodinamica antroposofica In presenza di un ammalato, il problema dominante è la scelta della terapia e più particolarmente la scelta del farmaco. Per essere perfetta, questa scelta implicherebbe l’esatta conoscenza di tutte le conseguenze che può dare l’introduzione di una sostanza qualsiasi in un dato organismo. Quasi sempre questa conoscenza si basa su constatazioni empiriche e molto frammentarie. Ciò è particolarmente vero per le nuove sostanze medicinali. Questo empirismo fa pensare al cieco che avanza a tentoni e deve essere superato se si vuole istituire una medicina razionale. Il problema fondamentale, dunque, è quello di sapere se è possibile conoscere, a priori, al di fuori di ogni sperimentazione, l’effetto di un farmaco su un determinato organismo umano. Questa domanda riceverà una risposta positiva solo se sarà possibile conoscere i rapporti che possono esistere tra l’uomo e la natura. Rudolf Steiner ha indicato la via da seguire per arrivarci, via della quale abbiamo dato un’idea in certe osservazioni terapeutiche (Cfr. in Tomo I, Apis e Belladonna, cap. 6). In questa quinta parte, tenteremo di chiarire queste relazioni tra l’uomo e i tre regni della natura dai quali ricaveremo i nostri rimedi.

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Capitolo XVII

Il farmaco, mediatore tra la natura e l’uomo Le sostanze da cui ricaveremo i nostri rimedi sono prodotte dai diversi regni della natura – minerale, vegetale e animale – e sono, per questo, sostanze estranee all’uomo. Anche una sostanza prelevata da un altro essere umano – come il sangue di una trasfusione – presenta per chi la riceve un carattere estraneo. È dunque necessario che l’organismo nel quale si sarà introdotta una qualunque sostanza la trasformi, la faccia propria; perché l’essere umano, col suo Io, è individualizzato a tal punto che tollera solo ciò che ha in via preliminare trasformato in sostanza propria, che ha marcato col suo sigillo. E si sforzerà in compenso di sbarazzarsi di tutto ciò che conserva proprietà estranee. Così, l’organismo rigetta il trapianto di un organo prelevato da un altro individuo. È possibile farglielo tollerare solo annullando tutte le sue reazioni di difesa, in altre parole facendogli perdere la sua individualità, cosa che, evidentemente, è incompatibile con una esistenza che rispetti l’integrità della persona.

L’uomo e le sostanze naturali

Questa necessità di trasformare, di umanizzare tutto ciò che l’organismo assorbe, concerne tanto le medicine, qualunque sia la maniera di introdurle, quanto gli alimenti. Obbligandolo a trasformare una sostanza estranea, noi chiediamo all’organismo un lavoro; e così suscitiamo in lui reazioni che, se la scelta del farmaco è corretta, avranno la possibilità di ristabilire l’armonia tra i suoi elementi costitutivi – corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e Io – cioè di guarirlo. Sarebbe evidentemente molto allettante che esista sempre un farmaco capace di ristabilire questo equilibrio, cosa che, alla fin fine farebbe pensare ad un prolungamento infinito della vita. Non dimentichiamo che l’equilibrio tra i quattro elementi costitutivi si modifica continuamente dalla nascita alla morte, disegnando un profilo caratteristico per ogni individuo in funzione del suo destino. Ristabilire l’equilibrio consisterà dunque nel riavvicinarsi a questo profilo nella misura in cui l’individuo se ne era allontanato. Ciò non significa che sia assolutamente impossibile modificare il profilo in

Reazione dell’organismo alle sostanze naturali

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Medicina antroposofica

questione, ma affronteremmo qui un problema di etica medica che andrebbe oltre i limiti di questo libro. L’introduzione di una sostanza nell’organismo esige non solo un lavoro, ma anche adeguate attitudini. L’organismo sarebbe incapace di realizzare queste trasformazioni se non sapesse come attaccare la sostanza estranea, esattamente come sareste incapaci voi di smontare un meccanismo che non conoscete. È dunque necessario che l’organismo abbia una certa conoscenza del rimedio, che ne abbia conservata la memoria, cosa che implica un rapporto, una parentela tra l’uomo e la natura. Noi dobbiamo dunque ricercare questa parentela, studiare quando e come si è costituita, in altre parole risalire il corso dell’evoluzione nella stessa maniera in cui studiamo un albero genealogico quando ricerchiamo dei legami familiari. L’evoluzione: un processo spirituale

L’idea di evoluzione come l’aveva concepita Darwin era troppo intaccata da concezioni materialiste per non condurre ad un vicolo cieco. Fu necessario che Rudolf Steiner offrisse la strada alla ricerca spirituale per darle tutta la sua ampiezza e dimostrasse che le scoperte della paleontologia non sono in effetti che i testimoni materiali di un processo evolutivo il cui impulso si può trovare solo sul piano spirituale. Alcuni lettori troveranno tale affermazione difficilmente accettabile. È tuttavia innegabile che alla luce delle cognizioni fornite da Rudolf Steiner, l’insieme del problema si mette a posto e i dettagli oscuri gradualmente si chiariscono. Le indicazioni di Steiner, l’una dopo l’altra, si rivelano esatte, grazie a scoperte che a quell’epoca sarebbero state impossibili e non avrebbero potuto realizzarsi senza il progresso della tecnica; ne abbiamo dato un esempio nella nostra introduzione. Al contrario, non è stato possibile sinora coglierlo in fallo nelle sue previsioni.

La vita precede il minerale

Nel libro La scienza occulta, pubblicato nel 1910 (1), Rudolf Steiner descrive l’evoluzione dell’uomo e quella dell’universo come due fenomeni inseparabili. Le attuali teorie vorrebbero farci ammettere che un assemblaggio fortuito di molecole avrebbe anticamente dato origine a un primo essere vivente dal quale sarebbero nati tutti gli altri. Lecomte de Noüy (2), già, aveva dimostrato la futilità di questa teoria; più recentemente W. Heitler, professore di fisica all’università di Zurigo, ne ha dimostrato la matematica impossibilità (3). Secondo la teoria del caso, i regni viventi sarebbero nati dal regno minerale. La ricerca spirituale dimostra che è avvenuto l’inverso: gli esseri viventi sono anteriori al regno minerale che si può considerare una loro secrezione. Ciò sarebbe incomprensibile se non si pensasse che questi esseri viventi sono esistiti prima sul piano spirituale e che la loro esistenza fisica è il risultato di un processo di addensamento che finisce nella forma materiale. Nella forma attuale, l’uomo è il risultato di una lunghissima evoluzione. Questa maturazione era necessaria perché egli raggiungesse

Il farmaco, mediatore tra la natura e l’uomo

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il grado di perfezione che lo caratterizza. Così l’uomo è l’essere più antico dell’evoluzione, benché, nella sua forma attuale, sia stato l’ultimo a manifestarsi. Esiste una legge dell’evoluzione che Rudolf Steiner ha messo ben in evidenza: perché vi sia perfezionamento, è necessario che gli elementi, i più elaborati, i più raffinati, si separino dai più grossolani, esattamente come un liquido torbido non può chiarificarsi se non lasciando depositare le parti più dense. Così perché l’uomo divenisse ciò che è oggi, era necessario che si producesse questa decantazione degli altri regni. Nel corso della sua evoluzione, l’uomo ha successivamente respinto ogni altra forma vivente, vegetale e animale, che, a sua volta, ha depositato il mondo minerale. Ciò che acquisisce una struttura fisica e, per questo, una certa durezza, non ha più la plasticità sufficiente per essere in grado di trasformarsi. Potevano evolversi solo quegli esseri che esistevano soltanto sul piano spirituale, o che almeno avessero un corpo fisico ancora molto malleabile. Così, il corpo di un bambino può ancora modificarsi, mentre quello di un adulto è definitivamente fissato.

La «decantazione», legge fondamentale dell’evoluzione

Le diverse forme di vita conosciute si sono successivamente manifestate sul piano fisico. Divenute di conseguenza troppo dense, hanno praticamente cessato di evolversi. Questo spiega la discontinuità tra le diverse forme che scopre la paleontologia e l’impossibilità di scoprire forme intermedie. Ma se l’evoluzione non poteva proseguire in quegli esseri definitivamente fissati sul piano fisico, essa restava nondimeno possibile nei loro parenti rimasti molto più malleabili e, per questo, incapaci di lasciare tracce materiali, per esempio sotto forma di fossili. Alla stessa maniera, non si costruirebbe un’automobile moderna prendendo i pezzi di una vecchia macchina e modificandone la forma. La trasformazione avviene nella mente dell’ingegnere, dunque sul piano dello spirito e il veicolo che noi utilizziamo non è che un esemplare, una tappa della sua creazione. Possiamo così descrivere l’evoluzione come la creazione continua di una intelligenza spirituale i cui esseri fisici sono gli schizzi successivi. In un libro molto interessante, W. Schüpbach (4) ha riunito un gran numero di scoperte della biologia moderna in perfetta armonia con queste indicazioni di Rudolf Steiner.

Continuità sul piano spirituale Discontinuità sul piano fisico

Ciò che precede permette di intravedere la parentela che esiste tra il mondo esteriore e l’uomo. Al di fuori del carattere generale di tale parentela, Rudolf Steiner ha rilevato relazioni più particolari tra determinati organi o gruppi di organi e determinati elementi della natura. Come, per esempio, la corrispondenza tra l’orecchio interno e l’onice, di comparsa simultanea, che implica una conseguenza terapeutica.

Grado di parentela tra sostanze e organismo

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Medicina antroposofica

La questione che avevamo posta era quella della possibilità, per un organismo umano, di distruggere una sostanza naturale. In virtù di questa parentela che abbiamo prima citata, questo processo di distruzione sembra realmente possibile. Lo è tuttavia a gradi diversi. Con ogni evidenza, l’organismo avrà un comportamento molto diverso se si tratterà di sostanze respinte dal genere umano nel corso della sua evoluzione, sostanze di cui l’organismo ha più o meno perduto il ricordo, o di sostanze che hanno una struttura simile ai suoi attuali costituenti. E così, piccole quantità di piombo o di arsenico apporteranno all’organismo problemi molto più difficili di quelli che potrebbero arrecare il ferro o il carbonato di calcio. Noi abbiamo l’abitudine di definire i primi veleni rispetto ai secondi, ma alla fine è tutta questione di dosi. Al di là di una certa quantità diventa veleno anche il sale marino. In maniera più generale, ogni sostanza – anche un alimento quotidiano come il pane – presa in quantità eccessiva diventa tossica quando l’organismo non è più in grado di digerirla, di distruggerla. L’organismo e le sostanze di sintesi

Quale sarà allora l’atteggiamento dell’organismo di fronte a sostanze di sintesi chimica che gli sono in linea di massima sconosciute? Sarà in grado di distruggerle? Non c’è, in questo caso, un’unica risposta: alcune sostanze di sintesi possiedono una struttura abbastanza simile a quella delle sostanze naturali; in questo caso, l’organismo ne verrà a capo con una facilità o una difficoltà paragonabile a quelle che avrebbe avuto nel degradare i loro omologhi naturali. Viceversa, altre sostanze gli sono totalmente estranee; l’organismo non sa che farne. È questo il caso del DDT, del quale l’organismo non sa sbarazzarsi, che a poco a poco si fissa sui grassi, rendendoli non idonei alle loro funzioni. E così, all’interno dell’organismo si formano delle strutture estranee che Rudolf Steiner chiamava fantasmi del corpo fisico.

Le forze aumentano per Quando noi assorbiamo una sostanza, ciò che è importante per sollecitazione l’organismo non è tanto la sostanza in sé quanto le forze di cui essa è il

vettore, e alle quali l’organismo deve necessariamente opporre le proprie. È proprio distruggendo le sostanze, opponendosi alle loro forze, che esso si fortifica, così come un muscolo non si sviluppa se non per mezzo della forza che esso oppone alla forza di gravità (o ad altre forze esterne). Così, le forze eteriche e astrali dell’uomo, come quelle del proprio Io, si intensificano quando sono sollecitate dal processo digestivo. Tuttavia, questa sollecitazione non dovrebbe andare oltre le possibilità dell’organismo, altrimenti questo si rassegnerebbe e, invece di fortificarsi, si indebolirebbe. Se noi somministrassimo qualche centigrammo di aconitina – sostanza apportatrice di intense forze astrali – il corpo astrale umano sarebbe incapace di venirne a capo; l’aconitina, in questo caso, si com-

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porterebbe da tossico. La sua azione, in una data affezione, non potrà essere benefica se non nella misura in cui l’organismo sarà capace di annullare le forze astrali di questo farmaco. Infatti, come dice Rudolf Steiner, l’organismo omeopatizza il farmaco, ed è solo nella misura in cui esso è capace di realizzare questa omeopatizzazione che vi è azione terapeutica. E Rudolf Steiner aggiunge che, proprio per questo motivo, non dovrebbero esserci controversie tra allopatici e omeopatici: in realtà, dice, non vi sono allopatici, perché quello che è stato prescritto sotto forma allopatica subisce nell’organismo un processo di omeopatizzazione e guarisce solo attraverso questo. (5)

L’organismo «omeopatizza»

Samuel Hahnemann aveva intuito tutto ciò e questo l’aveva portato alle dinamizzazioni di cui è l’inventore. Infinitamente più coraggioso degli scienziati moderni che sacrificano gli animali, egli sperimentò le sostanze su se stesso. Fece così questa fondamentale scoperta dell’omeopatia: l’inversione delle proprietà di una sostanza nel corso della dinamizzazione, tradotta con l’aforisma: similia similibus curantur. Resta il fatto che la ragione profonda di questo fenomeno poteva essere rivelato solo da una conoscenza approfondita dell’essere umano e dei suoi rapporti con la natura, così come l’ha messa in luce l’antroposofia. Il Dr. K. Koeller illustra questa invenzione delle proprietà nel corso della dinamizzazione in modo molto immaginifico con una favola di Esopo: quella del cane che, avendo rubato un pezzo di carne, deve passare un fiume per tornare alla sua tana. Vedendo la sua immagine nell’acqua vi si getta sopra prendendola per un altro cane. Tentando di impadronirsi del riflesso della propria carne, lascia andare il suo reale bottino. Il cane rappresenta qui il corpo astrale e il pezzo di carne la parte del corpo fisico di cui il corpo astrale si è impossessato. Per fargli allentare la presa, noi gli offriamo un riflesso del processo morboso: cioè la sostanza dinamizzata che, in dosi ponderali, avrebbe provocato la stessa malattia. La dinamizzazione non realizza forse una vera immagine riflessa del processo morboso? Si comprende facilmente come i contemporanei di Hahnemann abbiano messo in dubbio l’efficacia del suo metodo. Formati alla scuola scientifico-materialista, essi non potevano ammettere l’esistenza di proprietà farmaco-dinamiche in diluizioni sempre più elevate. Ma perseverare oggi in tale atteggiamento sarebbe prova di oscurantismo, giacché non mancano le prove scientifiche dell’attività delle dinamizzazioni.

Le scoperte di Hahnemann...

I primi esperimenti furono fatti più di cinquant’anni fa da L. Kolisko, quando era ancora vivo Rudolf Steiner, che le dava indicazioni sul metodo da seguire. Il suo principio è questo: alcuni chicchi di grano sono messi a germogliare nella dinamizzazione da sperimentare, contemporaneamente ad alcuni testimoni messi nell’acqua distillata (6). Se

...e la loro conferma sperimentale

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Medicina antroposofica

si utilizzano, come ha fatto L. Kolisko, soluzioni di sali metallici, ci si accorge che le basse dinamizzazioni – D1, D2, D3 – hanno un’azione paralizzante sulla crescita delle piantine. Questo rallentamento della crescita si attenua con l’aumento del tasso della dinamizzazione, per raggiungere, ad un dato momento, un valore zero per cui non c’è più differenza con i testimoni. Se si continua l’esperimento con dinamizzazioni sempre più elevate, invece di un rallentamento si manifesta una accelerazione di crescita. Questa stimolazione della crescita raggiunge, a un dato momento, il massimo, poi decresce nuovamente fino a un secondo punto zero al di là del quale si manifesta un nuovo fermo. Otteniamo così una curva che presenta tre zone distinte da una parte e dall’altra della linea dei testimoni; l’andamento di questa curva era stato previsto da Rudolf Steiner. È importante notare che gli esperimenti di Kolisko sono stati condotti con grande rigore e, come ha dimostrato più recentemente Pelikan (7), sono perfettamente riproducibili. Gli esperimenti di Heintz, metodo biologico...

Dopo, numerosi ricercatori si sono interessati a questo problema. Citiamo, tra gli altri, i lavori di Jarricot, di G. Bertrand, di Person, di Devraigne, di Boiron e suoi collaboratori, di Wurmser e Lapp, di Peyraud, di Nétien, di Bockemühl, di Junker, di König e molti altri. E. Heintz, vecchio professore di ricerche all’Università Pasteur di Strasburgo, ha pubblicato le sue ricerche sulle dinamizzazioni (8). Egli dapprima ha osservato l’effetto di successive dinamizzazioni di cumarina su alcune dafnie e su alcuni pesci. A basse diluizioni (D2 – D4), questa sostanza esercita sugli animali dell’acquario un effetto di repulsione, poi, a mano a mano che aumenta il tasso di dinamizzazione, l’effetto di repulsione si attenua fino a sparire verso la D10. Se si prosegue l’esperimento, allora si vede comparire un effetto opposto di attrazione, che raggiunge il massimo circa alla D12 e poi si attenua per sparire verso la D14. Compare ancora una nuova fase di repulsione con un massimo verso la D16. Verso la D24 la curva raggiunge di nuovo lo zero. In questi esperimenti, le tre fasi previste da Rudol Steiner sono messe in evidenza molto chiaramente.

...e fisico

Heintz non si è accontentato di questi risultati. Essendo fisico, egli cercò di mettere in evidenza gli effetti della dinamizzazione servendosi di un metodo puramente fisico. Dopo pazienti ricerche, egli creò quello che chiamò elemento D (fig. 3). Questo è costituito da due elettrodi di leghe diverse, convenientemente scelte, collegati a un millivoltmetro e messi in moto da un vibratore. Gli elettrodi stanno immersi nelle dinamizzazioni da sperimentare. Sorvoliamo qui sulle ragioni che hanno spinto Heintz a creare tale dispositivo (9). Questo consente di ottenere una curva a tre fasi che hanno lo stesso andamento generale di quelle ottenute servendosi di recettori biologici (fig. 4). L’elemento D è un

Il farmaco, mediatore tra la natura e l’uomo

173 Fig.1: Curva di dinamizzazione. Azione della cumarina (D1D24) sulle dafnie. Le verticali indicano la dispersione rilevata su dieci serie di prove.

Fig.2: Curva di dinamizzazione. Azione della cumarina su alcuni pesci (a: Danio Malabaricus; b: Carassius). La curva presenta tre zone distinte: I e III di repulsione, e II di attrazione. T: Controllo.

Fig.3: Schema del principio di funzionamento dell’elemento D applicato alla misurazione delle dinamizzazioni.

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Medicina antroposofica

dispositivo estremamente sensibile, è quindi necessario procedere alle misurazioni a temperatura costante. Le curve ottenute a diverse temperature hanno sì lo stesso andamento generale, ma, fatto rimarchevole, quella a 37° presenta la massima ampiezza (fig. 5). Questi esperimenti realizzati servendosi dell’elemento D sono di importanza capitale, perché: a) È la prima volta che l’attività di soluzioni omeopatiche è stata messa in evidenza da un metodo puramente fisico. Ecco un argomento inoppugnabile da opporre ai detrattori dell’omeopatia, che non potranno più pretendere che i loro successi sono dovuti al solo effetto psicologico del medico sul malato. b) Questo metodo permetterà di migliorare i processi di fabbricazione e controllare i farmaci dinamizzati. c) Infine, esso corrobora i risultati ottenuti servendosi dei recettori biologici, che confermano le previsioni di Rudolf Steiner e apportano una prova supplementare della validità della ricerca spirituale. Tripartizione della curva di dinamizzazione

Rudolf Steiner aveva effettivamente sostenuto l’esistenza delle tre zone della curva di dinamizzazione: «Quando dinamizzate, incontrate all’inizio un punto zero al di là del quale si manifestano proprietà opposte. Ma non è tutto; se continuate in questa via, raggiungete un secondo punto zero in cui queste proprietà a loro volta si annullano. Potete allora superare questo secondo punto e trovare proprietà ancora più alte. Queste ultime, benché si pongano sulla stessa linea delle prime, tuttavia sono di natura assolutamente diversa (10)».

Dal ponderabile all’imponderabile

Che rappresentano queste proprietà? Fino al primo zero, prevalgono indiscutibilmente le proprietà fisico-chimiche della materia: la pesantezza, la coesione, ecc. Ciò che domina, al di là, è l’inverso, Rudolf Steiner dice: è la radiazione. Nella seconda fase, la sostanza diluita irradia nel veicolo che serve alla diluizione. Dopo essere passato da un massimo, questa radiazione decresce a sua volta sino al secondo zero. Se proseguiamo il procedimento, hanno origine nuove proprietà opposte a quelle della seconda fase. Non può più trattarsi di coesione e tuttavia questa nuova proprietà le è simile. Rudolf Steiner la definisce strutturazione. In partenza, siamo in presenza della coesione della sostanza ponderabile; all’altra estremità si manifestano le forze di strutturazione, siamo nel regno dell’imponderabile. La fase media, dice Marti (7), oscilla tra il ponderabile e l’imponderabile, tra la coesione e la strutturazione. Queste nozioni possono essere messe a confronto con l’idea della tripartizione sviluppata nel primo volume (capitolo II). Al polo del metabolismo abbiamo incontrato dei processi sostanziali simili a quelli della fisica e della chimica e conseguentemente alle proprietà della prima fase di dinamizzazione. Dal polo neuro-sensoriale partono pro-

Il farmaco, mediatore tra la natura e l’uomo

175 Fig. 4: Curva in alto: influenza della dinamizzazione della cumarina sulla tensione elettrica misurata con l’elemento D. In basso: riproduzione della curva della Fig.2 per un paragone.

Fig.5: Influenza della temperatura sulle curve di dinamizzazione di cloruro mercurico HgCl2

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Medicina antroposofica

cessi di strutturazione simili a quelli che caratterizzano la terza fase. Un tale accostamento conduce ad una concezione razionale dell’utilizzazione delle diverse dinamizzazioni. Le basse dinamizzazioni agiranno al polo del metabolismo, le alte al polo neuro-sensoriale e le medie nella zona ritmica mediana. Ciò non significa che per un’affezione, i cui sintomi apparenti risiedono nella testa, bisogna sistematicamente usare un’alta diluizione, perché la malattia potrebbe benissimo essere al polo opposto. Così, in un’otite media, se noi somministriamo Levisticum e rad. in D3, agiamo direttamente sulla zona metabolica e indirettamente sui sintomi dell’orecchio medio. Ci si potrebbe ancora chiedere se le dinamizzazioni corrispondenti ai punti zero non siano prive di effetti terapeutici. Non è certo questo il caso. Non dimentichiamo che questi punti sono solo momenti di equilibrio tra due ordini di proprietà che possono manifestarsi perfettamente a diversi livelli dell’organismo. D’altronde la pratica conferma l’esattezza di questo punto di vista. Decimali o centesimali?

Voi avete potuto constatare che le dinamizzazioni consigliate in medicina antroposofica sono sempre decimali (D3, D6, D15 ecc.). Perché non centesimali alla maniera di Hahnemann? Rudolf Steiner pensava che le decimali sarebbero state più efficaci. Alcuni esperimenti di Kolisko, ripresi più tardi da Pelikan (7), hanno dimostrato che le curve ottenute con diversi modi di diluizione – 1/5, 1/7, 1/10, 1/30, 1/100 – hanno tutte lo stesso andamento generale, ma l’ampiezza della curva è più grande con le decimali (fig. 6). Se, invece di stabilire la curva in funzione del numero della diluizione (1a, 2a, 3a, ecc.), si stabilisce in funzione del tasso reale di diluizione, le curve non sono più paragonabili assolutamente (fig.7). Dobbiamo quindi attendere – e l’esperienza l’ha confermato – uno stesso effetto terapeutico da una D9 e da una C9, da una D20 e da una C20 ecc., le D tuttavia sembrano un po’ più efficaci. Questa analogia tra le D e le C non è però valevole per le basse dinamizzazioni, nelle quali sussistono proprietà farmacodinamiche dovute alla presenza quantitativa di sostanza. Avremo allora notevoli differenze tra le D e le C. Effettivamente una D3 corrisponde a 10-3 e una C3 a 10-6. Bisogna saperne tener conto nelle prescrizioni. Questo studio delle dinamizzazioni dimostra che al momento attuale, non può più esistere alcun dubbio sul valore terapeutico dei preparati omeopatici. Coloro che li hanno utilizzati per parecchi anni ne sono convinti da tempo, ma era necessaria la sperimentazione per dare diritto di cittadinanza a questo metodo tanto ricco di possibilità. Coloro che, ancora oggi, la rinnegano, provano soltanto la loro limitatezza o la loro pigrizia intellettuale, quando non si tratti di malafede.

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Non dimentichiamo nemmeno il considerevole apporto dell’antroposofia sia nella comprensione che nella verifica sperimentale dei processi di dinamizzazione e delle loro applicazioni terapeutiche.

NOTE 1

Rudolf Steiner, La scienza occulta nelle sue linee generali (1910), Ed. Antroposofica, Milano, 1985.

2

Lecomte du Nouy, L’avvenire dello spirito, Einaudi, Torino.

3

Heitler W., Die naturwissenschaftliche Erkemntnis und der Mensch. Braunschweig, 1961.

4

Schüpbach W., Nuove prospettive in biologia.Editions du Centre Triades, Paris, 1969.

5

Rudolf Steiner, Scienza dello spirito e medicina, Dornach 21 marzo – 9 aprile 1923, Ed. Antroposofica, Mialno, 1983.

6

Kolisko L., Physiologischer und physikalischer Nachweis der Wirkung kleinster Entitäten, Arbeitsgemeinschaft anthroposophischer Ärzte, Stuttgart.

7

Collettivo, Potenzierte Heilmittel, Stuttgart, 1971.

8

Heintz E., Il comportamento delle dafnie sotto l’influenza di soluzioni di cumarina e di solfato di rame. Resoconti Acad.sci., T. 258, P. 3292.

9

Heintz E., Misura dell’azione delle diluizioni successive servendosi di pile elettriche. Gli annali omeopatici, 1971, p. 515.

10 Rudolf Steiner, Scienza dello spirito e medicina, conferenza del 31 marzo 1920.

178 Fig.6: Effetto dei differenti tassi di dinamizzazione sulla crescita di germi di grano. In ascissa il numero della dinamizzazione.

Fig.7: Le curve sono state stabilite non in funzione del numero della dinamizzazione, ma in funzione del tasso reale di diluizione. Non c’è più alcuna concordanza tra le curve.

Medicina antroposofica

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PARTE SESTA Pianeti e metalli Alla luce dell’antroposofia, le relazioni tra pianeti e metalli appaiono sotto un nuovo aspetto. Le possibilità che la terapeutica offre attraverso i metalli si manifestano in tutta la loro ampiezza quando questa è illuminata da una patologia planetaria. Precisiamo immediatamente che quest’ultima non ha niente a che vedere con l’astropatologia che ricerca l’influenza dei corpi celesti sull’organismo, anche se una tale influenza innegabilmente esiste. Ciò che noi qui consideriamo è l’espressione di un processo di interiorizzazione in rapporto alla formazione del nostro corpo. L’uomo, il mondo planetario lo porta nei suoi organi e la maniera in cui si compie tale interiorizzazione si riflette nella loro patologia. Cominceremo ad affrontare questa per studiare in seguito i sette metalli principali. Nelle pagine seguenti, faremo spesso riferimento ai concetti esposti nel primo volume. Per la comprensione di questo studio è indispensabile che essi siano stati perfettamente assimilati dal lettore. Il corpo fisico, come appare ai nostri occhi, è il risultato di un processo formativo soprasensibile che si prepara molto prima della nascita. È necessario accennare, solo brevemente, alcuni aspetti di questa elaborazione se vogliamo capire la morfologia (spazio), la fisiologia (tempo) e la patologia del corpo umano. Siccome non è possibile, nell’ambito di questo lavoro, entrare nei dettagli, alcuni concetti potranno sembrare dogmatici a quei lettori che hanno poca familiarità con gli insegnamenti antroposofici. Questo studio è comunque perfettamente accessibile al lettore meno preparato, a condizione che egli voglia accettare provvisoriamente i dati della ricerca spirituale ai quali si fa riferimento come ipotesi di lavoro ricche di conseguenze pratiche.

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Capitolo XVIII

Il doppio processo planetario (1) La scienza attuale, per materialista che sia, conosce la materia in modo molto imperfetto. Grazie a una notevole tecnica, essa sa utilizzarla a proprio vantaggio ma in realtà non la capisce. Non molto tempo fa regnava ancora il dogma della persistenza degli elementi. Si pensava allora che una certa quantità di materia non potesse né essere creata né distruggersi e che la massa di ogni elemento presente nell’universo fosse costante. La scoperta della fissione nucleare non ha modificato gran che tale pregiudizio. Attualmente si sa trasformare un elemento in un altro liberando energia, si sa degradare la materia, ma non crearla (2). In definitiva, tutti i processi fisico-chimici sfociano nel loro insieme nella degradazione, mai nella creazione. Il nostro pianeta sembra aver superato la sommità della curva ed essere sulla via della progressiva distruzione. Per la cosmologia antroposofica, il mondo minerale è nato dal vegetale e dall’animale. Alcuni esperimenti tenderanno a provare che questa operazione è ancora possibile ai nostri giorni, anche se domina la distruzione.

Conoscenza della materia

Tra le sostanze minerali, i metalli occupano un posto privilegiato. Salvo eccezioni piuttosto rare, non li si trova allo stato puro ed è necessario far intervenire un tecnico per estrarli dalle loro combinazioni. I metalli sono così legati alla civilizzazione, allo sviluppo dell’essere umano e quindi sono nate espressioni come: l’età dell’oro, l’età del bronzo, ecc. Essi, per questo, hanno uno stretto rapporto con le forze dell’Io. Allo stato di tracce, i metalli esistono su tutta la terra, ma sotto forma di minerali essi si concentrano in determinate zone. Essi sono in qualche maniera gli organi di quell’essere vivente che è la terra. Per la scienza dello spirito, ogni sostanza è il termine finale di un processo. Si potrebbe dire che il processo si esaurisce, che muore nella materia. I metalli, minerali anch’essi, sono il risultato di un processo planetario molto lontano. Gli Antichi conoscevano questi rapporti tra pianeti e metalli che la scienza dello spirito di Rudolf Steiner ha rimesso in luce.

I metalli e l’Io

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Medicina antroposofica

La scienza materialista definirebbe volentieri superstizioni tali rapporti; eppure, esperimenti come quelli di Kolisko (4) hanno dato la prova della loro realtà. In terapeutica, non faremo riferimento alle proprietà fisicochimiche dei metalli. Introdotte a viva forza nell’organismo, esse vi si comportano come processi estranei, fattori di disturbi, di degradazione e di morte. Grazie al processo di dinamizzazione omeopatica, è possibile fare rivivere quelle forze planetarie delle quali i metalli sono il risultato e utilizzarle per ristabilire l’armonia tra gli elementi costitutivi e più particolarmente per orientare le forze dell’Io in un dato senso. Ogni sostanza minerale introdotta nell’organismo, dice Rudolf Steiner, deve necessariamente subire una trasformazione, passare attraverso uno stadio non sostanziale: quello di etere di calore, prima di diventare utilizzabile dallo stesso organismo. Un tale processo ricorre all’Io, le cui forze sono così sollecitate molto intensamente. «È un vero combattimento che l’Io è costretto a sostenere contro il minerale e crederlo capace di superarlo significa testimoniargli grande stima (5)». I nostri organi «pianeti interiorizzati»

Per utilizzare razionalmente queste proprietà soprasensibili dei metalli, è necessario non solo conoscere i loro rapporti con i pianeti, ma anche la maniera in cui questi si manifestano nell’organismo. Abbiamo visto che il ritmo lunare era stato interiorizzato negli organi di riproduzione e specialmente in quelli della donna. Il processo di interiorizzazione delle forze planetarie è molto più generale e ad ogni pianeta corrisponde nell’essere umano un organo o, più esattamente, un insieme di funzioni. Il microcosmo-uomo è realmente il riflesso del macrocosmo. Il fatto di parlare di interiorizzazione ci porta immediatamente a pensare al corpo astrale, al quale abbiamo attribuito questo processo che inizia con la gastrulazione, strutturando così a poco a poco tutti i nostri organi, grazie alla mediazione del corpo eterico.

Le sfere planetarie...

Se l’osservazione del corpo fisico rivela i meccanismi della sua formazione, essa non fornisce ragguagli sulle loro cause. La formazione dei nostri organi è, effettivamente, il risultato di una preparazione che comincia molto tempo prima della nascita e del concepimento. Quando l’Io – solo elemento permanente dell’essere umano – si appresta ad incarnarsi di nuovo, attraversa successivamente le sfere planetarie, i cui pianeti, come li osserviamo nel cielo, rappresentano solo una localizzazione fisica. E così, ci si può rappresentare la sfera di Saturno come un globo immenso il cui diametro corrisponde più o meno alla sua orbita.

... e il loro attraversamento da parte dell’Io

Avvicinandosi alla terra in vista di una sua incarnazione, l’Io attraversa successivamente le diverse sfere dove egli soggiorna più o meno a lungo (6). Durante tale soggiorno, con l’aiuto delle alte entità spirituali, forma progressivamente questo elemento soprasensibile del

Il doppio processo planetario

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suo essere che noi abbiamo chiamato – si capisce adesso perché – il suo corpo astrale. Secondo la durata del soggiorno in ciascuna sfera, questo corpo astrale sarà dotato di varie qualità che si rifletteranno più tardi nel funzionamento degli organi. Contrariamente a ciò che pensano certi astrologi, non è un’improvvisa influenza delle costellazioni al momento della nascita che orienta il corso della vita. La configurazione del cielo al momento della nascita non è che la sottoscrizione di questa lunga preparazione alla nostra venuta sulla terra; essa testimonia la nostra fedeltà all’appuntamento. Un paragone ci permetterà di capire meglio questa relazione: a nessuno verrebbe l’idea di affermare che la causa dell’arrivo in un preciso momento di un impiegato sia l’orologio di controllo dello stabilimento; esso dà solo la prova del momento dell’arrivo. Ma, per essere arrivato in quel dato momento, l’impiegato si sarà trovato durante il tragitto da casa allo stabilimento in determinate condizioni, condizioni che non avrebbe incontrate se fosse venuto in un altro momento. Nella stessa maniera, il fatto che un anima arrivi sulla terra in un preciso momento implica determinate condizioni di cui ci fornisce la prova «l’orologio celeste». Queste caratteristiche astrali si manifesteranno nell’organismo lungo tutta l’esistenza ed eserciteranno la loro influenza sul funzionamento degli organi. È importante, quindi, conoscerne i sintomi in vista di una terapia con i metalli. Tutto ciò che è vita è ritmo, costituito da due polarità le cui manifestazioni si alternano e si equilibrano. Così, all’incarnazione segue la disincarnazione; alla nascita si contrappone la morte. Dopo la morte, noi riattraverseremo le sfere planetarie, ma in senso inverso al percorso che ha preceduto la nascita. Il processo di incarnazione non cessa improvvisamente alla nascita, esso si prolunga, pur attenuandosi, fino alla morte. Allo stesso modo, il processo di disincarnazione non comincia al momento della morte, ma sin dal momento della nascita; per noi il processo di morte comincia, se pur discretamente, sin dal nostro arrivo sulla terra. Questo processo si intensificherà nel corso della nostra esistenza. Ciò significa che la nascita costituisce l’inizio del processo di disincarnazione. Tra questi due processi si stabilisce un equilibrio, diverso per ogni età. Lo spostamento di questo equilibrio nell’uno o nell’altro senso costituirà una manifestazione patologica. Queste due correnti possono essere schematizzate come indica la figura 8. E così, l’organismo terrestre non è sottoposto soltanto all’influenza della I corrente, quella della incarnazione, ma risente, sin dalla nascita, quella della seconda corrente, della disincarnazione, i cui effetti polari vengono ad equilibrare quelli della prima. Questi concetti possono sembrare astratti, perciò è bene illustrarli. Consideriamo il primo processo, quello della incarnazione: vediamo

Incarnazione e disincarnazione

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Medicina antroposofica

che conduce alla creazione di un essere terrestre, alla creatura. Ma la creatura diventa a sua volta creatore. La creazione dell’uomo è la materializzazione di una corrente spirituale. Quando l’uomo diventa a sua volta creatore, quando dipinge, quando scolpisce, che fa? Agisce in senso inverso: si impadronisce della materia morta e le infonde un elemento spirituale che non vi si trovava, egli spiritualizza la materia. Allo stesso modo il secondo processo, quello della disincarnazione, è un processo di spiritualizzazione che si oppone alla materializzazione, all’addensamento dell’incarnazione. Esistono anche polarità di un ordine diverso che oppongono le une alle altre le sfere planetarie. Troveremo, quindi, una polarità di azione tra la sfera saturniana e la sfera lunare, tra la sfera di Giove e quella di Mercurio e tra quelle di Marte e Venere. Il sole resta isolato e costituisce il punto centrale attorno al quale si orientano queste polarità. Queste considerazioni preliminari consentiranno ora di affrontare l’aspetto concreto di questi processi. NOTE 1

Nel 1950, il Dr. B.C. Lievegoed pubblicava nel Der Beitrag der Geisteswissenschaft zur Erweiterung der Heilkunst (Hybernia-Verlag, Dornach) un articolo su questo argomento così importante per la comprensione di una terapeutica razionale con i metalli. Il presente studio gli deve molte idee. Vogliamo esprimergli qui la nostra riconoscenza.

2

I radio-isotopi non possono essere considerati una creazione, poiché essi stessi sono un residuo di degradazione, ottenuto, per esempio, col bombardamento di particelle.

3

Si è trovato, per esempio, negli escrementi dei lombrichi più calcio di quello che non ne contenesse ciò che mangiavano. Il lupino giallo, che cresce solo su terreni silicei, ha foglie che contengono un elevato tasso di calcio. Non dimentichiamo gli esperimenti di Herzeele nella seconda metà dello scorso secolo, i cui lavori sono stati soffocati con una vera congiura del silenzio e più recentemente quelli di Hauschka in Germania e di Kervran in Francia.

4

Kolisko L., Sternenwirken in Erdstoffen, Dornach, 1932.

5

Rudolf Steiner, Conferenza del 10 novembre 1923, in «L’uomo nei suoi rapporti con gli animali e gli spiriti degli elementi». Éditions du Centre Triades, Paris 4a ed., 1984.

6

La spiegazione della durata più o meno lunga di tale soggiorno e delle caratteristiche che ne derivano, vanno oltre l’ambito di questo lavoro. Cfr. su questo argomento Rudolf Steiner, Vita da morte a nuova nascita, Vol. 141, opera omnia, Ed. Antroposofica, 1967.

Il doppio processo planetario

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Fig.8: Il doppio processo di incarnazione e disincarnazione attraverso le sfere planetarie.

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Capitolo XIX

Saturno e la Luna La prima sfera planetaria che attraversa l’Io scendendo dai mondi spirituali verso la terra è quella di Saturno. Essa costituisce per ciò un limite esterno al mondo planetario, che isola dal resto del cosmo. L’Io vi raccoglie i primi elementi di «sostanza astrale» con cui formerà poco a poco il suo corpo astrale. In questa zona, l’Io acquista le forze che gli permetteranno più tardi di manifestarsi nel mondo spaziale fisico. Questo primo impulso è quello che andrà più in là nel senso della materializzazione: esso porterà sino al minerale, sino allo scheletro. Caratterizzeremo quest’ultimo come fosse l’immagine spaziale dell’Io, ma la sua immagine morta. Così, la prima corrente di Saturno, quella che corrisponde all’incarnazione può essere riassunta nelle parole: morte nello spazio. Là dove questa corrente si ferma, avendo esaurito tutte le forze, comincia a manifestarsi l’aspetto polare, quello che proviene dalla corrente della disincarnazione, che chiameremo la seconda corrente di Saturno. Per capire bene questa polarità, è necessario ricordarsi, come dice Rudolf Steiner (1), che non si trovano nell’universo processi che si propagano all’infinito, che esiste un limite. Quando questo limite è raggiunto, il processo torna su se stesso, ma ciò che torna è di natura diversa. Un tale concetto, come vedremo, si applica bene tanto allo spazio che al tempo.

Le due correnti di Saturno

La realtà di una concezione siffatta appare chiaramente nei processi saturniani. Nella I corrente, osserviamo questo processo di ossificazione e mineralizzazione che termina in una struttura morta; è precisamente là dove termina, dove si ferma la formazione dell’osso, che comparirà il midollo osseo, tutte le funzioni del quale costituiscono una polarità alla prima corrente: invece della morte, si manifesta un’intensa vita nel processo di formazione delle cellule sanguigne, nell’ematopoiesi. All’ossificazione si oppone la distruzione dell’osso con gli osteoclasti nel periodo della crescita; al freddo del minerale si sostituisce il calore del sangue. La prima corrente è stata caratterizzata dalla comparsa di una

Ossificazione ed ematopoiesi

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Medicina antroposofica

struttura nello spazio, le manifestazioni vitali della seconda si collocano in compenso nel tempo, cosa che spiega anche la breve vita delle emazie che, dopo qualche settimana vanno a morire nella milza, l’organo di Saturno. Quattro versi di Rudolf Steiner esprimono ammirevolmente questa doppia polarità: Schau den Knochenmann, Und du schaust den Tod. Schau ins innere der Knochen Und du schaust den Erwecker (2). Ed eccone la traduzione: Vedi lo scheletro dell’uomo, Tu contempli la morte. Volgi lo sguardo all’interno delle ossa, È la risurrezione che si rivela a te. Così, se la prima corrente si può tradurre con morte nello spazio, riassumeremo la seconda corrente di Saturno con risurrezione nel tempo. Lo scheletro, immagine morta dell’Io, ci mette in rapporto col passato. Il sangue, viceversa, strumento vivo dell’Io, ci conduce verso il futuro. È attraverso il calore del sangue, in costante rinnovamento, che l’Io si manifesta nella sua volontà, in questo volere che si può esprimere solo al futuro – e in effetti, noi non possiamo volere ciò che è stato, ma solo ciò che sarà. Ruolo della milza

In quanto «cimitero» delle emazie, la milza compie una funzione di morte in rapporto con la prima corrente di Saturno. Ma essa assicura anche una funzione legata alla digestione e alla circolazione addominale. Il ritmo dei pasti, nelle migliori condizioni, corrisponde molto imperfettamente ai ritmi interni dell’organismo. La necessaria compensazione è assicurata dalla milza: se noi consumiamo un pasto abbondante, il suo volume aumenta e diminuisce di nuovo nell’intervallo tra un pasto e l’altro. Questa funzione ritmica appartiene molto chiaramente al tempo, quindi alla seconda corrente di Saturno. Allo stesso modo in cui la sfera di Saturno si colloca nel macrocosmo al limite del mondo planetario, nel microcosmo umano la milza costituisce una specie di diaframma spirituale tra le regioni digestive da una parte, in cui regnano ancora, in una certa misura, i processi esterni, e dall’altra parte le zone interne sottoposte alle proprie leggi. È la parte «spirituale» soprasensibile di quest’organo che, in caso di asportazione, si occupa alla meno peggio di compiere queste funzioni.

Saturno e la Luna

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Le manifestazioni normali di queste due correnti sono tali che si equilibrano vicendevolmente. Ma può accadere che una delle due predomini sull’altra. Quando la prima corrente di Saturno prende il sopravvento sulla seconda, i processi di indurimento e di ossificazione diventano troppo intensi. Nel bambino ciò si tradurrà in un cranio troppo duro e troppo piccolo, con una intellettualizzazione troppo precoce e una «facies» da vecchio. Non è raro osservare in questi bambini una predilezione per i cattivi odori e una propensione a giocare con i propri escrementi. Tale tendenza quasi fisiologica nel lattante, che ha molto bisogno di una I corrente di Saturno, sarà nettamente patologica nel bambino più grande. Notiamo anche l’azione similare della vitamina D, che si comporta come un condensatore di fronte alla I corrente. Questa stessa prevalenza porterà l’uomo più anziano alla sclerosi e soprattutto all’arteriosclerosi: il processo di ossificazione tende a traboccare dal suo ambito ed a sconfinare nel sistema cardiovascolare; invade i vasi sanguigni come se volesse farne delle ossa.

Eccesso dalla I corrente di Saturno

Anche un sonno troppo profondo è un sintomo dell’eccesso della I corrente di Saturno cui si attaglia mirabilmente l’espressione «avere un sonno di piombo»; perché questo metallo, come vedremo, è quello di Saturno. In questo caso, dice Rudolf Steiner, l’Io e il corpo astrale si staccano eccessivamente dal complesso fisico-eterico (Cfr. vol. I, capitolo V). Tale irregolarità ha per corollario una situazione diurna inversa: l’Io e il corpo astrale si radicano troppo profondamente nel polo cefalico durante la veglia. Da lì, inducono un processo di mineralizzazione troppo intenso. In questi processi di sclerosi, l’intero organismo si addensa, fino a diventare talvolta inabitabile per gli elementi soprasensibili. Si crea allora una situazione paradossale: l’Io e il corpo astrale sono troppo attaccati ad un organismo che, essendo così denso, non può più ospitarli. Una simile situazione finisce generalmente con qualche accidente vascolare come l’apoplessia: gli elementi superiori, rompendo il giogo, distruggono la prigione. Si devono ricollegare alla preponderanza della I corrente di Saturno malattie come l’intossicazione saturnina con la sua anemia, le anemie ipercromiche (ritroveremo gli ipercromici con Marte), le agranulocitosi e la panmieloftisi. In tutte queste affezioni la resurrezione degli elementi figurati del sangue è ostacolata.

Saturno e il sonno

Una funzione importante della sfera saturniana è la memoria. La fissazione di un ricordo è un fenomeno che tende alla morte, simile a quello della formazione dello scheletro. La memoria presenta un carattere di fissità in opposizione alla vita del pensiero. Un ricordo è come un pensiero cristallizzato. Questo aspetto di conservazione, di immagazzinamento, ci mette in rapporto con il passato e deve essere distinto dalla

La memoria

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Medicina antroposofica

presa di coscienza di un ricordo, dalla ripresentazione che fa rivivere quel passato che era come congelato (3). Anche la memorizzazione è un processo di morte che ben appartiene alla I corrente di Saturno. Se la volontà, come abbiamo visto in precedenza, ci orienta verso il futuro, la memoria, viceversa, non può rapportarsi che al passato. Noi possiamo ricordare solo ciò che è stato; possiamo ripresentarci ciò che è già stato presente, almeno una volta, nella coscienza. Questo aspetto è stato perfettamente capito dagli Antichi che simboleggiavano le forze della testa con l’Ariete: essi lo raffiguravano con la testa girata all’indietro, cioè verso il passato. Sclerosi del pensiero

Vista sotto quest’angolazione, la preponderanza della I corrente di Saturno si tradurrà in un’eccessiva rilevanza del pensiero e della memoria a detrimento della volontà. È normale caratteristica del vecchio che essa resti entro certi limiti. Il pericolo, per lui, è di attaccarsi troppo ai ricordi, alle proprie abitudini e diventare, come dice Rudolf Steiner, «un beneficiario dello spirito», la cui biografia si ferma, al quale non succede più niente di nuovo. Se, malgrado l’età, l’uomo vuole continuare a progredire, è necessario l'opporsi a questa tendenza alla mummificazione delle forze di resurrezione spirituale della II corrente di Saturno.

Coscienza dell’Io e posizione eretta

Al contrario, quando la I corrente di Saturno è recessiva, la presa di coscienza è ostacolata, manca di supporto. Questa deficienza deve essere messa in parallelo con i disturbi della stazione eretta in caso di debolezza dello scheletro. Coscienza dell’Io, stazione eretta e calcificazione sono infatti intimamente legati. Così, negli astronauti, ai quali l’assenza di gravità annulla ogni sensazione di verticalità, l’interesse per le cose terrestri si attenua mentre l’organismo si decalcifica rapidamente. I disturbi della coscienza dell’Io sono frequenti negli adolescenti, soprattutto nelle ragazze – essendo il sesso femminile incarnato meno profondamente – che danno o hanno allora l’impressione di fluttuare al di sopra del suolo. Esse mancano di «aplomb» e più semplicemente di piombo, in altri termini di Saturno. Queste manifestazioni somigliano ad alcuni sintomi della schizofrenia, affezione nella quale l’Io perde il controllo del corpo astrale, e comprendiamo come Rudolf Steiner abbia raccomandato per questi ammalati l’applicazione di un unguento al piombo sulla zona splenica.

Milza ed entusiasmo

Somiglia alla precedente un’altra indicazione, in cui Rudolf Steiner segnala il ruolo della milza nell’entusiasmo (4). Il suo contrario, l’ipocondria, veniva attribuita ugualmente a quest’organo dai Greci e anche dagli Inglesi quando parlano di spleen. Quando ne soffriamo, noi proviamo un impressione di pesantezza, di grigiore e di freddo; diventiamo in un certo senso come di piombo. La milza subisce troppo intensa-

Saturno e la Luna

191

mente in quel momento l’influenza della I corrente di Saturno. Viceversa, quando si manifesta l’influenza della II corrente, c’è il calore saturniano, questo primordiale divino calore che sentiamo sotto forma di entusiasmo; noi sentiamo «Dio in noi». Questo non è molto possibile quando la milza è troppo occupata nella sua funzione fisica di armonizzazione, sia quando abbiamo consumato un pasto troppo abbondante sia quando soffriamo la fame. Dimentichiamo troppo spesso, noi medici, l’importanza di quest’organo che compie le sue funzioni tanto discretamente e trascuriamo purtroppo quel gesto terapeutico così semplice che consiste in un’unzione della zona splenica. Con questi differenti sintomi, abbiamo trattato la predominanza della II corrente di Saturno sulla prima. Noi vi annovereremo naturalmente le malattie che si manifestano con disturbi di ossificazione come l’osteomacia, l’osteoporosi, il rachitismo, il morbo di Lobstein, ognuna con le sue sfumature particolari e in generale tutte le malattie che rivelano un’insufficienza del metabolismo calcico. Questa predominanza della II corrente di Saturno potrà anche manifestarsi con una eccessiva attività della ematopoiesi: poliglobulia, morbo di Vaquez (con componente di Marte I), ecc. Infine, sempre in rapporto col sangue e l’Io, bisogna citare la febbre, che è una intensificazione del calore di Saturno II. Non dimentichiamo che l’infiammazione, di cui la febbre è un sintomo, è una reazione di difesa ai processi di indurimento indotti dalla I corrente di Saturno. Ricordiamo anche che le malattie febbrili si accompagnano sempre a decalcificazione, come si osserva nella tubercolosi. Allorché questa si avvia alla guarigione, vediamo che l’infiammazione al contrario cede il passo alla calcificazione delle lesioni.

Decalcificazione e febbre

All’estremità opposta, dalla parte della terra, il mondo planetario è delimitato dalla sfera lunare, l’ultima che l’anima attraversa prima di prendere possesso di un corpo terreno. Le forze che essa raccoglierà qui dovranno permetterle l’elaborazione di un nuovo organismo; esse si riferiscono alla riproduzione della vita. Ne troviamo negli organi genitali, gli organi della Luna – una manifestazione che si esprime con un potere di moltiplicazione assolutamente fantastico; così, un centimetro cubo di sperma contiene 250 milioni di spermatozoi. Questo potenziale di riproduzione non è limitato alle sole cellule germinali, provengono da lì tutta la vita embrionale e ogni rigenerazione tissulare.

La sfera lunare

Nel suo aspetto più primitivo, la riproduzione si riduce ad un processo ripetitivo che tende a riprodurre all’infinito una stessa immagine. È ciò che si osserva nell’esperimento del cuore di pollo di Carrel. Una cellula si concatena all’altra, sempre simile alla precedente, per un tempo illimitato, mentre niente viene a interrompere il processo che

L’eterna ripetizione

192 Correnti lunari ed embriogenesi

Medicina antroposofica

tende a formare una gigantesca morula. Possiamo allora riassumere questo processo «lunare I» con le parole: ripetizione infinite, espansione illimitata e indifferenziazione. Queste sono manifestazioni che si collocano nel tempo, così opponendosi a quelle della I corrente di Saturno che sono spaziali; esse sono però apparentate con Saturno II per la vita che le caratterizza. Precisiamo a questo proposito che le funzioni del midollo osseo, per il loro carattere riproduttivo, appartengono pure alla I corrente della Luna. Collegheremo ad essa anche l’ereditarietà che tende, anch’essa, a riprodurre all’infinito esseri identici. Ma l’essere umano non diventa un’immensa morula; l’osservazione dell’embrione rivela una serie di arresti successivi della moltiplicazione. È anche stupefacente osservare la brusca interruzione, senza motivo apparente, della proliferazione cellulare in alcune ben determinate zone dell’embrione. Ci si domanda che cosa sta per prodursi e non sarebbe inesatto dire che si assiste a una vera «suspense», parola che traduce perfettamente l’arresto della crescita. Poi, dopo un certo tempo, compaiono delle nuove forme, associate ad un processo di differenziazione cellulare che conduce all’abbozzo di un nuovo organo. La riproduzione fa largo alla differenziazione, il processo temporale della I corrente lunare cede il posto al processo spaziale della II. Questo gioco tra forze opposte delle due correnti proseguirà lungo tutta l’embriogenesi e da questa polarità nasceranno tutti gli organi. Limitazione e differenziazione sono manifestazioni spaziali caratteristiche della II corrente della Luna, polari a quelle della I corrente. Esse sono simili, ma non identiche, a quelle della I corrente di Saturno.

Pelle e scheletro cutaneo

Gli effetti delle correnti lunari si possono osservare bene a livello di pelle: la costante rigenerazione delle cellule cutanee appartiene alla I; in compenso, la differenziazione che prosegue sino alla cheratinizzazione e alla morte delle cellule, permettendo così alla pelle di compiere la sua funzione di limitazione nello spazio, appartiene alla II corrente lunare. Non si può parlare della pelle senza pensare agli insetti presso i quali differenziazione e limitazione sono intensificate sino alla formazione di uno scheletro cutaneo. Ci si trova là in presenza di una tendenza opposta a quella che si manifesta nella morula (che, nel suo straordinario potenziale di moltiplicazione, esiste anche nell’insetto). Lo stesso processo di formazione di uno scheletro cutaneo si ritrova presso altri invertebrati, come il gambero, che non può crescere se non rigettando ogni anno il suo guscio. Durante il breve periodo della muta, il processo Luna I torna a essere molto attivo. Anche l’uomo «rigetta il suo guscio», ma in maniera continua e impercettibile, per desquamazione. Le fanere

Saturno e la Luna

193

– capelli, peli, unghia, ecc. – sono aspetti particolari di questo scheletro lunare. Non c’è da stupirsi che gli Antichi abbiano messo in rapporto con le forze lunari corna e zoccoli. Come abbiamo visto, gli organi di riproduzione sono organi della Luna e appartengono alla sua I corrente per l’enorme potenziale di moltiplicazione delle cellule germinali. Eppure, la II interviene ugualmente tanto nei soggetti maschili che femminili. Anche in questi organi, la moltiplicazione è limitata e porta a una differenziazione: quella dei sessi. Ciò è stato confermato sperimentalmente: la allacciatura dei canali deferenti causa l’atrofia delle cellule seminali a vantaggio di quelle interstiziali con accentuazione dei caratteri sessuali secondari. Ciò non è del resto che un aspetto particolare della trasformazione delle forze di moltiplicazione. La loro metamorfosi sul piano psichico è di un’importanza infinitamente maggiore per l’esistenza e l’evoluzione dell’essere umano.

La differenziazione sessuale

All’altra estremità del corpo, noi troviamo ancora un organo tipicamente lunare: il cervello. Questo si è formato, come la pelle, a cominciare dall’ectoderma. In questo organo, la II corrente lunare si è manifestata così intensamente che ogni possibilità di rigenerazione del tessuto nervoso è scomparsa a vantaggio di un altro grado di differenziazione. Così è diventato disponibile per più alte funzioni: quelle del pensiero e della coscienza che utilizzano le forze trasformate di rigenerazione. Tali processi sono da raffrontare con ciò che abbiamo detto prima in merito alla memoria e a Saturno I. Tali sono gli aspetti fisiologici di queste due correnti lunari. Rimane da ricercare quali sono le manifestazioni patologiche provocate dalla predominanza dell’una o dell’altra delle due.

Differenziazione del sistema neurosensoriale

Le affezioni tumorali sono innegabilmente dovute al una intensificazione dei processi di moltiplicazione. Nel cancro, ci troviamo in presenza di un processo lunare I scatenato che il II non è capace di controllare o limitare. Secondo il grado di squilibrio, ritroveremo tutta la gamma dei tumori da quelli benigni a quelli maligni. Le leucemie sono processi simili, ma includono in più un fattore Saturno II. In questo ambito rientrano anche un certo numero di malattie genitali che si traducono in una iperattività delle cellule riproduttrici, per esempio la macrogenitosomia. Questa affezione d’altronde è spesso sintomatica del tumore del testicolo.

Luna e cancro

Quando, viceversa, l’equilibrio si sposta a vantaggio della II corrente della Luna, la rigenerazione cellulare diventa insufficiente. Nei lattanti, ciò si traduce nell’ipotrofia; i tessuti sono molli, mancano di

Eccesso della corrente Luna II

194

Medicina antroposofica

turgore e la pelle tende ad avvizzirsi. In età diverse, vedremo apparire alcune malattie della pelle: duroni, ipercheratosi, ittiosi, macchie senili – e delle mucose: ulcerazioni, degenerazioni, craurosi vulvare, ecc. A livello di sistema nervoso, la differenziazione porta i tessuti ad uno stadio prossimo alla morte; l’intensificazione della II corrente farà loro superare l’ostacolo provocando la degenerazione e l’atrofia. Le affezioni virali del sistema nervoso hanno qui un loro posto, poiché la comparsa di un virus – microorganismo che si colloca a metà strada tra vegetale e minerale – è la testimonianza di un processo di morte parziale, con poche reazioni febbrili. Ad un eccesso della II corrente della Luna appartengono anche certe insufficienze genitali come l’azoospermia ed alcune amenorree. In tali affezioni, è talvolta difficile distinguere l’eccesso da incriminare, tanto più che l’equilibrio tra le due correnti si modifica nel tempo. Solo un’attenta osservazione e l’andamento dell’evoluzione permetteranno di decidere. Così, avendo classificato la macrogenitosomia tra le malattie causate dall’eccesso della I, saremmo tentati di classificare l’infantilismo genitale tra quelle causate dall’eccesso della II. Eppure questa affezione comporta innegabilmente un’insufficienza di differenziazione e spesso conduce al cancro. In questo caso, l’eccesso della I è verosimilmente più precoce e accompagnato da un eccesso di Venere I, di cui vedremo in seguito le caratteristiche. Tra Saturno e Luna da una parte, e le correnti I di incarnazione e II di disincarnazione dall’altra, c’è una doppia polarità (i cui riflessi ritroveremo nella terapeutica) che possiamo riassumere nel prospetto della pagina seguente.

Pagina seguente: Tav. 1: Saturno e Luna

Saturno e la Luna

SATURNO

INCARNAZIONE

I

DISINCARNAZIONE

II

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LUNA

MILZA – SCHELETRO MIDOLLO OSSEO

ORGANI SESSUALI CERVELLO – PELLE

SPAZIO

TEMPO

Morte nello spazio – Mineralizzazione Formazione dello scheletro (immagine morta dell’Io) Ematolisi splenica Bambini dalla testa piccola, dalla facies invecchiata. Intellettualità precoce

Eterna ripetizione – Riproduzione Moltiplicazione cellulare

Osteopetrosi, osteite condensante Sclerosi, arteriosclerosi, otosclerosi, cataratta, nefrosclerosi Microcefalia Predilezione per i cattivi odori, crudeltà, iperintellettualità, assenza di senso morale Pensiero morto, automatico, schematico Attaccamento alla terra, «beneficiari dello spirito»

Tumori benigni – Verruche Cancro Leucemie (con partecipazione di Saturno II)

TEMPO

SPAZIO

Bambini dalla testa grosse “faccia da luna piena” – Sognatori Immaginazione creatrice (proliferazione sul piano del pensiero).

Delirio, allucinazioni, sonnambulismo

Resurrezione nel tempo - Biografia Processi ematopoietici del midollo osseo (con partecipazione di Luna I) Calore (espressione viva dell’Io) Entusiasmo

Differenziazione

Rachitismo Osteomalacia Osteoporosi Morbo di Lobstein Febbre

Ipotrofia del lattante (è meno un eccesso della II che una carenza della I) Dismenorree Sterilità, azoospermia Affezioni degenerative del tratto genitali, craurosi vulvare Cheratosi, ittiosi Atrofie nervose, affezioni virali e degenerative del sistema nervoso Oligofrenia

Disturbi della coscienza di sè, “mancanza di assetto”.

Formazione del sistema nervoso e della pelle Spirito critico

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Medicina antroposofica NOTE

1

Rudolf Steiner, Scienza dello spirito e medicina, op. cit.

2

Rudolf Steiner, Aspetti dei misteri antichi, Dornach 23 novembre – 23 dicembre 1923, Ed. Antroposofica, Milano, 1982.

3

Cosa che non impedisce che il pensiero e, in generale, i nostri processi di coscienza si facciano a detrimento della vita e siano possibili solo nella misura in cui questa si è ritirato dagli organi necessari a tale funzioni (cf. vol.I, capitoli II e VIII).

4

Rudolf Steiner, Lo spirito nella formazione dell'organismo umano, Dornach 20-23 ottobre 1923, Ed. Antroposofica, Milano, 1991.

5

Per semplificare, abbiamo classificato le tendenze in due gruppi I e II. Per essere assolutamente rigorosi avremmo dovuto sdoppiare ogni gruppo in + e in -, e avremmo avuto I+, I-, II+ e II- (allora avremmo classificato il rachitismo non in II ma in I-). Tuttavia, in quel caso molte affezioni sarebbero state difficili o impossibili da classificare per la loro appartenenza a due sottogruppi diversi. Questi prospetti non sono limitativi e il lettore potrà incorporarvi molte altre affezioni.

197

Capitolo XX

Giove e Mercurio Dopo aver raccolto le forze di Saturno, l’Io, proseguendo la sua discesa, attraversa la sfera seguente: quella di Giove. Le forze astrali che accoglierà si manifesteranno a loro volta nell’organismo umano, ma i territori che le riguardano sono diversi da quelli in cui regnano le forze di Saturno. Giove agisce sulle parti molli dell’organismo, alle quali conferisce la forma. Egli non struttura, come invece fa Saturno, la struttura minerale e densa dell’osso, la sua azione si arresta alla cartilagine – Giove dà la forma, modella la sagoma. Ciò che noi cogliamo esteriormente di un essere umano è soprattutto l’opera di Giove. Non sono le ossa né la pelle a dare all’uomo la sua forma esteriore – che tuttavia senza essi non potrebbe sostenersi – ma le parti molli: muscoli, tessuti connettivi e adiposi. Sul piano psichico, ritroviamo le stesse forze gioviane nel pensiero. Non si dice forse «formare un pensiero»? Ciò non è in contraddizione col ruolo attribuito alle forze eteriche nel pensiero. È proprio ad esse che ricorrono i processi del pensiero così come quelle della crescita; ma tali forze eteriche non diventano realmente modellatrici se non sotto l’influenza delle forze astrali. Noi possiamo modellare l’argilla solamente perché è malleabile, ciò che implica la presenza di acqua. Allo stesso modo, le forze gioviane agiscono partendo dall’elemento liquido al quale conferiscono progressivamente consistenza. Noi passiamo con essa dallo stato di sol a quello di gel. Abbiamo lasciato le immutabili strutture cristalline di Saturno per la plasticità dei colloidi. Questo gioco tra Solve e Coagula, l’abbiamo già incontrato studiando il fegato, così non ci sorprende che esso sia l’organo di Giove. Si ritrova anche questa dualità liquido-solido nelle articolazioni e nelle sierose, altri luoghi di predilezione dei processi gioviani.

Giove, il modellatore

La forma immobile è in polarità col movimento; d’altra parte l’una non potrebbe esistere senza l’altro. Ogni creazione implica l’esi-

Forma e movimento

Tra Solve e Coagula

198

Medicina antroposofica

stenza di un movimento che modella. Noi possiamo ottenere una forma, è vero, introducendo una sostanza in uno stampo; però, in questo caso, non c’è veramente creazione, ma solo riproduzione, cosa che ci riporta ai processi lunari precedentemente studiati (1). L’azione di Giove somiglia molto di più alla modellatura dell’argilla che fa apparire, usando le mani, forme rotonde, sporgenti o concave. L’infinita varietà delle forme umane è realmente all’opposto dell’eterna riproduzione dovuta alle forze lunari. Che ne succede di queste forze gioviani quando hanno finito il loro lavoro di modellatura? Tutto si svolge come se esse penetrassero allora nella forma che hanno creato per animarla. Dopo aver plasmato il muscolo o l’articolazione, esse conferiscono loro la mobilità. Se il muscolo contribuisce a formare la sagoma, ne è anche l’elemento attivo. Quello che era forma diventa allora movimento; la fisionomia diventa mimica. La relazione tra la forma e il movimento si manifesta anche nei processi di percezioni delle forme. Abitualmente noi pensiamo, un po’ ingenuamente, di percepire le forme col senso della vista. Studiamo correttamente questi processi e vedremo che ciò è inesatto. La vista ci fa percepire solo la luce e i suoi diversi aspetti: i colori. Quando percepiamo una forma, in realtà noi ne seguiamo i contorni, facciamo intervenire il nostro senso del movimento. Questo movimento, ricorrendo al quale noi percepiamo le forme, generalmente non è cosciente, può anche succedere che lo eseguiamo solo col pensiero. Tale attività del senso del movimento ci appare ancora più chiaramente quando percepiamo una forma per mezzo del tatto. Compiamo allora dei gesti molto simili a quelli che sono serviti per modellarla. La lettura ricorre al senso del movimento

Quando un bambino impara a leggere, esegue fisicamente questi movimenti seguendo il contorno delle lettere con lo sguardo; osservatelo attentamente, vedrete non solo i suoi occhi, ma anche la testa, descrivere un piccolo cerchio quando legge una «o». È anche possibile facilitare considerevolmente l’apprendimento della lettura facendo disegnare o meglio dipingere al bambino grandi lettere sulla lavagna. A quelli che hanno maggiori difficoltà sarà bene far percorrere la forma della lettera sul pavimento senza, ben inteso, averla prima tracciata. Più si va avanti nell’apprendimento, meno diventano percettibili tali movimenti; alla fine essi saranno eseguiti solo col pensiero. Il processo di astrazione si effettuerà tanto meglio quanto più si sarà fatto ricorso al senso del movimento; un bambino dovrebbe dunque imparare a scrivere prima che a leggere. Quando noi applichiamo il metodo di lettura detto globale, bruciamo le tappe, sollecitiamo troppo rapidamente le facoltà di astrazione, il processo si compie male e favorisce ulteriormente la dislessia. Forma e movimento sono dunque due aspetti polari delle forze

Giove e Mercurio

199

gioviane, tanto sul piano fisico che su quello del pensiero: con la I corrente noi modelliamo, con la II ci esprimiamo col movimento. Lievogoed (Cfr. nota (1) p. 184) come esemplificazione della I corrente sceglie il personaggio del commerciante inglese in cui tutto è rigido e asciutto; senza alcun movimento superfluo, con l’espressione fredda e cortese, diremmo stereotipata. Possiamo pensare anche al giocatore di biliardo i cui movimenti, esattamente calcolati, sono ridotti al minimo indispensabile. Non si racconta forse che certi giocatori affetti da gotta segnavano i punti servendosi della secrezione di un tofo (2) che sporgeva dall’articolazione di un dito? In effetti, la gotta è un’affezione tipica dell’eccesso della I corrente di Giove; è una malattia del sedentario che riduce ancora le possibilità di movimento. Più genericamente, appartengono a questa corrente le affezioni che portano all’anchilosi: artrosi, poliartrite cronica evolutiva ecc. Gli episodi infiammatori di poliartrite cronica non sono altro che tentativi di guarigione del processo morboso. Tentativi certo dolorosi e, generalmente, poco efficaci, perché spesso seguiti da un peggioramento. Non è raro constatare che i soggetti affetti da poliartrite cronica evolutiva (P.C.E.) hanno mantenuto nel loro aspetto e nel loro comportamento qualcosa di infantile o giovanile. Ciò sembra in contraddizione coi sintomi della malattia – immobilità, rigidezza e anchilosi – propri della vecchiaia. Il paradosso scompare se ci rendiamo conto del fatto che restare giovanile, dunque non evolversi, è pure una forma di immobilità. La malattia appare allora come una reazione che obbliga il paziente a compiere quell’evoluzione alla quale vorrebbe inconsciamente sfuggire. Forse si deve considerare nella stessa prospettiva, ma a uno stadio più precoce, il reumatismo articolare acuto o morbo di Bouillaud. Ciò sembra tanto più verosimile in quanto i postumi di questa malattia sono un ostacolo alla manifestazione delle forze giovanili. Nelle affezioni gioviane, noi sfioriamo spesso il paradosso. Così, nella P.C.E. di cui abbiamo parlato, chiamata anche reumatismo deformante, assistiamo alla perdita progressiva della forma delle articolazioni; saremmo dunque tentati di classificare tale affezione nell’eccesso della II corrente. Ma quella che chiamiamo deformazione è in realtà un eccesso del processo formativo, assolutamente diverso del processo di dissoluzione della forma della II corrente. Nello stesso modo, un albero nodoso ci appare come un accentuazione, non come una scomparsa della forma.

Eccesso di processo formativo

Le affezioni spasmodiche dei muscoli entrano nello stesso schema, soprattutto quando hanno, come i crampi, un carattere tonico: restando contratto, il muscolo accentua la propria forma a detrimento della mobilità. Nelle contratture cloniche, sembra che l’organismo cerchi di compensare il processo con una reazione antagonista.

Spasmi e crampi

200

Medicina antroposofica

La patologia delle cartilagini è simile alla patologia articolare e sembra generalmente difficile da capire. Qui di nuovo la nozione di polarità tra le due correnti di Giove, apre la via allo studio di queste affezioni e alla loro terapia. Le cirrosi

Nel fegato, organo di Giove, l’eccesso della I corrente si trasformerà nell’indurimento delle cirrosi e delle sclerosi epatiche. La cirrosi spesso è accompagnata dall’ascite; questa potrebbe essere interpretata come una tendenza alla liquefazione propria alla II corrente. In realtà non è così; non si tratta che di un fenomeno di stasi, di rallentamento della circolazione, dunque di immobilizzazione, della quale parleremo più oltre. Sul piano psichico, l’eccesso della I corrente si manifesterà con una certa rigidità del pensiero, con l’attaccamento a idee preconcette e con una maniera di pensare dogmatica che può arrivare al fanatismo. Notiamo tuttavia che quest’ultimo caso comporta un elemento combattivo marziano.

Accentuazione del Se l’immagine del commerciante inglese ci è servita a fare la movimento e caricatura della I corrente di Giove, quella dell’attore o, ancor meglio, dissoluzione della forma quella del mimo, illustra perfettamente la II. In essa tutto è festa,

espressione. Quando questa corrente gioviana di disincarnazione diventa eccessiva, la forma tende a dissolversi, e il movimento tende ad accentuarsi. Genericamente entrano in questo schema le affezioni infiammatorie, soprattutto quando sono accompagnate da formazioni di pus, costituendo quest’ultimo un caratteristico processo di dissoluzione e perdita della forma. Non bisogna però dimenticare che la febbre è un sintomo che appartiene a Saturno II. La tubercolosi, allo stadio essudativo o caseoso, ne è un tipico esempio, ma già la fibrosi associata è la prova di una reazione dell’organismo che cerca di opporsi alla dissoluzione. Tale reazione si accentuerà ancora con la calcificazione della guarigione come abbiamo visto al capitolo precedente.

Movimento e metabolismo

Nel fegato, l’eccesso della corrente II si manifesta con epatiti e ascessi, e nelle articolazioni con artriti suppurate. Tutte queste affezioni che stiamo passando in rivista caratterizzano bene la perdita della forma, ma apparentemente non sono accompagnate da un aumento del movimento, non essendo i malati febbricitanti particolarmente irrequieti. L’aumento tuttavia esiste, ma invece di manifestarsi all’esterno, si trasforma in metabolismo che, anch’esso, è una varietà di movimento. Metabolismo e movimento sono legati così strettamente che Rudolf Steiner aveva unificato la loro sede sotto la denominazione comune di «polo del metabolismo e delle membra» (Stoffwechsel – Gliedmassen System). In altre affezioni come i tic, le coree, il delirium tremens, ecc., che appartengono pure alla II corrente, è il movimento che va oltre la

Giove e Mercurio

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normalità. Sono simili a questo genere di affezioni anche i movimenti oscillatori della testa che si osservano in certi bambini rachitici. Se, per la sua mancanza di calcificazione, il rachitismo appartiene alla II corrente di Saturno, esso a causa della mancanza di formazione delle cartilagini, è anche caratteristica di Giove II. La carenza del processo formativo si manifesta anche in una malattia che spesso gli è associata: l’idrocefalia, che si può considerare il vero prototipo di questo genere di affezioni. Qui, il Solve prevale nettamente sul Coagula, tendenza che ritroviamo in molte formazioni di liquidi come le meningiti, le pleuriti, le pericarditi, le peritoniti e anche l’idrartrosi. Non bisogna tuttavia confondere tali essudati infiammatori con fenomeni di stasi di cui l’ascite cirrotica è un esempio.

L’idrocefalia

Tra le manifestazioni psichiche di questa corrente, troveremo l’impossibilità di concentrare l’attenzione, la fuga delle idee e alcuni disturbi dell’intelletto che si traducono nell’incapacità di dare forma al pensiero, una specie di deliquescenza mentale.

Sintomi psichici

Tra Giove e Mercurio esiste una polarità simile a quello che oppone la Luna a Saturno. Anche Mercurio oscilla tra movimento e forma, ma al contrario di Giove, qui il movimento è primario e la forma secondaria. Guardiamo cadere una goccia di mercurio: essa si divide in goccioline inafferrabili estremamente mobili che danno l’impressione che basterebbe poco perché si animassero. Poi, riunendosi nuovamente queste gocce rallentano il loro movimento.

Polarità Giove – Mercurio

Tali movimenti alternativi di dispersioni e confluenza, questa La mobilità mercuriale incessante circolazione, la ritroviamo in tutti i liquidi dell’organismo. E così, i liquidi si disperdono nelle cellule, poi si ricongiungono di nuovo in corrente nelle vene e nei vasi linfatici; lo stesso nel tubo digerente, il chimo si disperde nei villi intestinali dotati di incessanti movimenti, poi confluisce di nuovo nella corrente generale della digestione. La mobilità è una delle fondamentali proprietà dei globuli bianchi, soprattutto dei polinucleati che, grazie alla loro malleabilità, si insinuano dappertutto, sono adatti alla diapedesi e si impadroniscono di ogni specie di detrito che altrimenti si accumulerebbe nell’organismo. Quando una corrente incontra un ostacolo, oppure quando due correnti si incontrano, nasce un vortice, cioè una forma. Tali fenomeni sono stati studiati in maniera notevole da T. Schwenk (3), che è riuscito e riprodurre in laboratorio, agendo su alcune correnti, forme organiche come quella di cui lui dà un’immagine che somiglia in modo impressionante a una laringe e tante altre.

Nascita della forma in seno a una corrente

202 I nostri organi: i vortici immobilizzati

Medicina antroposofica

Nell’organismo tali forme nascono ovunque esista una corrente. Così, la laringe è luogo di rallentamento della corrente respiratoria. Il cuore è un altro esempio: le sue fibre muscolari disegnano un vortice particolarmente visibile quando pratichiamo il taglio trasversale della punta dell’organo. Come Rudolf Steiner aveva realmente visto, il cuore non è la causa della circolazione, ma la conseguenza dell’incontro di due correnti. Anche i gangli linfatici nascono in alcuni punti di rallentamento della circolazione linfatici. Nel polmone, organo di Mercurio, gli alveoli sono pure punto di incontro di corrente aerea e di corrente sanguigna.

Tali strutture devono essere distinte da quelle della I corrente di Forme gioviane e forme mercuriali Giove. Questi modella, come se agisce dall’esterno, forme emisferiche

ad immagine della volta celeste: le bozze frontali e la volta cranica, la cupola diaframmatica, la cupola del polo superiore del fegato, le teste delle articolazioni, ecc. Queste forme presentano pochi particolari, tranne quelle che nascono nell’intersezione di due emisferi. Negli arti, obbedendo alla loro dinamica raggiata, le sfere si allungano a fuso, come quelle dei muscoli. Le forme di mercurio, viceversa, nate dal movimento, sembra siano state scavate dall’interno. Esse hanno come principio la spirale, e questa è tanto più accentuata quanto la corrente è più rapida (cuore, laringe). I vortici tendono alla molteplicità; anche le forme mercuriali sono infinitamente variate, approfondite fin nel minimo dettaglio e spesso asimmetriche come dimostrano le impronte digitali (4). I reticoli capillari nei quali i liquidi si disperdono per confluire di nuovo sono un’altra formazione tipicamente mercuriale.

La sorgente dell’umorismo

Dando vivacità al pensiero, le forze di Mercurio sono la sorgente dell’umorismo. Giochi di parole e battute di spirito sono un’ottima medicina per la rigidità compassata di Giove. Lo sanno bene gli studenti che si burlano più volentieri del professore irrigidito nelle sue abitudini e nelle sue stranezze. La risata che si espande come goccioline di mercurio ha tali virtù terapeutiche che, secondo Rudolf Steiner, un insegnante che non fa ridere i propri allievi almeno una volta durante l’anno scolastico non può essere buon pedagogo. Ma l’umorismo detesta la ripetizione; gli scherzi ripetuti diventano un’abitudine, assumono un carattere statico che toglie loro ogni gusto. Personalmente ricordo un professore che ripeteva ogni anno, alla stessa classe, la stessa battuta che non suscitava più negli allievi altro che sarcasmo. Non per caso, presso i Greci e i Latini, Ermes-Mercurio era il dio dei mercanti e dei ladri. Gli uni e gli altri contribuiscono, ciascuno a modo proprio, a rimettere in circolazione ciò che tenderebbe a ristagnare. Mercurio era anche il messaggero degli dei, quello che stabilisce il collegamento e in tal modo mette le notizie in circolazione. Ritroviamo qui ancora il movimento,

Giove e Mercurio

203

ma vi si associa il concetto di contatto. Mercurio è un dio giovanile (5) e per questo contrasta con la maturità di Giove. Il concetto di collegamento, di messa in contatto, si ritrova nel Il polmone: organo di polmone, organo di Mercurio. Qui la corrente sanguigna viene incontro Mercurio alla corrente aerea; l’interno è messo direttamente in contatto con l’esterno. Questi due aspetti di Mercurio, mobilità e forma, sono l’espressione della sua polarità. la mobilità corrisponde alla I corrente di incarnazione e la forma alla II corrente di disincarnazione. Vi è dunque in rapporto a Giove un’inversione. Secondo gli spostamenti di equilibrio, sia verso un eccesso di mobilità, sia verso una insufficienza, riscontriamo nell’apparato respiratorio due tipiche affezioni delle due correnti di Mercurio. Così, la logorrea è caratteristica dell’eccesso della I corrente. Essa appare come un vero torrente di tutto ciò che viene dall’interno e dal basso dell’organismo; per questo è associata alla predominanza del polo metabolico e all’isterismo. Il flusso di parole non rispecchia più un pensiero ben costruito. Questi soggetti «pensano con la lingua» e sono incapaci di riflettere in silenzio. All’opposto, troviamo l’asma, caratterizzata dalla ritenzione della corrente gassosa, dalla tendenza alla strutturazione dell’espettorato, dalla predominanza del polo neuro-sensoriale, dalla tendenza nevrastenica e dei processi terrestri esterni. Notiamo ancora che la logorrea è una stranezza più specificatamente femminile, poiché la donna, meno profondamente incarnata dell’uomo, è più soggetto alla instabilità e all’agitazione. In compenso è anche meno portata al dogmatismo. L’asma viceversa appare come un’affezione piuttosto maschile. L’eccesso della I corrente si manifesterà anche con affezioni come la diarrea, la scialorrea, la rinorrea, ecc.

Logorrea e asma

Invece, l’eccesso della II corrente di Mercurio provocherà la stasi, come possiamo osservare nell’ascite cirrotica e nella maggioranza degli edemi. Qui l’elemento caratteristico è la passività dei liquidi, che cedono alla forza di gravità. Al contrario, la tumefazione che accompagna un trauma – il bernoccolo conseguenza di una botta – è sintomatico dell’accelerazione della circolazione e della diapedesi. In relazione alla attività ghiandolari, troveremo altri sintomi di stasi comprovanti l’eccesso di Mercurio II, che si manifestano con l’accumulo delle secrezioni e il loro indurimento, come il calazio. Il processo di stasi può anche simulare il corso del destino come abbiamo visto a proposito dell’angina e costituisce allora un tentativo di mobilizzazione, dunque una reazione alla stasi. L’arresto nel corso del

Le stasi

204

Medicina antroposofica

destino appartiene indiscutibilmente alla II corrente, ma la reazione che è l’angina fa ricorso alle forze della I. Anche una terapia intempestiva rischia di ostacolare quel che la reazione può avere di salutare (6). In tutte le correnti dell’organismo possono comparire delle stasi; così, all’origine delle adenoidi c’è una stasi nella circolazione linfatica, quella del sangue venoso provoca le varici e le emorroidi. Sul piano del pensiero, la stasi si tradurrà in viscosità mentale e, al limite, in idee fisse. Se ad essere ostacolata è la corrente affettiva, osserveremo difficoltà di contatto con gli altri, processo molto simile a quello dell’allergia. Riunendo le nozioni studiate nello schema che segue, coglieremo meglio la doppia polarità che oppone le quattro correnti di Giove e di Mercurio. La diagonale Giove I – Mercurio II è caratterizzata dalla forma. Superfici arrotondate (riflesso della sfera celeste) che sembrano modellate con la mano e tendenza alla simmetria per Giove; espressione del gioco delle correnti, formare dei particolari e asimmetrie per Mercurio. La seconda diagonale, che collega Mercurio I a Giove II, è quella del movimento. Movimento proprio, movimento in sé per Mercurio, movimento come espressione dell’anima per Giove. Potremmo anche dire che il movimento di Giove è l’espressione delle forze astrali, quello di Mercurio piuttosto la manifestazione delle forze eteriche – ma ciò è vero solo fino ad un certo punto. Per apprezzare questi rapporti, abbiamo bisogno di un pensiero particolarmente vivace, perché Mercurio, nella sua mobilità, sfugge ad ogni dogmatismo e ad ogni schema.

Giove e Mercurio

INCARNAZIONE

I

DISINCARNAZIONE

II

205

GIOVE

MERCURIO

FEGATO – CARTILAGINI MUSCOLI

POLMONE – LINFA GHIANDOLE

FORMA (per il modellato)

MOVIMENTO (in sé)

Formazione del modellato, della sagoma Dà la consistenza agli organi Crea le superfici Strutturazione del pensiero

Messa in moto dei liquidi (sangue, linfa, chimo, chilo, liquido cefalorachidiano) Diapedesi leucocitaria – Scambio Mobilità del pensiero – Umorismo

Cirrosi Rigidità muscolare, crampi Rigidità articolare Artrosi, gotta Glaucoma

Diarree Ptialismo Sudori Spermatorrea Enuresi Morbo do Hodgking – Linfocitosi Dispersione – dilettantismo Agitazione, instabilità, logorrea, urania

Rigidità del pensiero, dogmatismo, orgoglio, intolleranza Depressione, paura della vita, abulia MOVIMENTO (in quanto espressione)

FORMA (per rallentamento di una corrente)

Mimica Mobilità articolare Movimento muscolare

Strutturazione degli organi cavi (cuore, laringe, gangli linfatici)

Idrocefalia Idrartro, suppurazioni articolari Versamenti infiammatori Suppurazioni (perdita della forma) Tubercolosi caseosa Obesità (per mancanza di strutturazione) Rammollimento cerebrale Fuga delle idee, difficoltà di concentrazione, incoerenza Tic, corea, delirium tremens

Adenoidi Angine, scarlattina Indurimenti ghiandolari, ingorghi Cisti, adenomi, calagi Stasi, asciti, edemi Sindrome di Meniere Allergie, asma Impossibilità di contatto, paura del proprio ambiente Viscosità mentale, idee fisse Malinconia Stereotipia

Tav. 2: Giove e Mercurio

206

Medicina antroposofica NOTE

1

È interessante notare l’importanza raggiunta da questi processi di riproduzione nella nostra civiltà. La stampa, la fotografia, l’industria delle materie plastiche, il lavoro in serie, etc..., consistono nel riprodurre in numero illimitato di esemplari uno stesso oggetto. Questa tendenza diventa pericolosa quando si manifesta nella vita sociale e vorrebbe fare diventare gli uomini esseri identici, incapaci di ogni iniziativa personale, degli automi; in breve, ridurre il mondo a un immenso formicaio.

2

Il tofo è un deposito di urati e colesterolo, dall’aspetto ferroso, nel tessuto cellulare sottocutaneo. Può accadere che esso buchi la pelle e finisca per eliminarsi da solo.

3

T. Schwenk, Il caos sensibile, Ed. Arcobaleno, Oriago, 1992.

4

Il disegno delle impronte digitali si può paragonare a certe incisioni preistoriche come quelle del tumuli di Gavr’inis nel Morbihan. Coloro che le hanno incise hanno riprodotto le forze eteriche che vedevano ancora all’opera nella natura.

5

Tra i sette e i quattordici anni, i bambini sono sotto l’influenza di Mercurio, e da ciò dipende la minore morbosità di questo periodo – Giove corrisponde alla maturità (da cinquantasei a sessantatré anni) e Saturno alla vecchiaia (da sessantatré a settant’anni).

6

Ci accorgiamo così sino a che punto la medicina possa essere un’arte. Lo scienziato sarà soddisfatto della scomparsa dell’angina; l’artista che dovrebbe essere il medico potrà considerare la propria opera compiuta solo se la sua terapia, invece di ostacolare, avrà favorito il ristabilirsi della corrente dell’esistenza.

207

Capitolo XXI

Marte e Venere Le diverse correnti planetarie presentano alcune analogie e abbiamo incontrato, nei numerosi pianeti analizzati, processi formativi che abbiamo potuto distinguere benissimo gli uni dagli altri. In Giove II e Mercurio I si sono manifestati diversi aspetti del movimento. Il concetto di movimento, o più esattamente di attività, è fondamentale per Marte ed è tanto più importante distinguerla dal II processo di Giove e dal I di Mercurio in quanto i loro effetti interferiscono continuamente. Ciò ci costringerà talvolta a tornare su ciò che abbiamo già detto. Possiamo farci un’idea di Marte raffigurandoci un lanciatore di giavellotto. In un primo tempo osserviamo una concentrazione di forze, in un secondo tempo l’arma è proiettata verso un bersaglio, in un terzo tempo infine essa raggiunge tale bersaglio sul quale esercita un’azione. Concentrazione, movimento ed effetto esprimono bene le tre fasi del processo che si riscontra nell’organo di Marte che è la cistifellea: la bile comincia ad accumularsi, in seguito è spinta nell’intestino dove compie il lavoro necessario alla digestione dei grassi. Marte è caratterizzato così da un’attività guidata verso uno scopo ben preciso. È questo che lo distingue dalla mobilità di Mercurio, che somiglia più a un gioco, e dal movimento di Giove II, che è l’espressione del contenuto interiore. Viceversa, Marte dirige la propria attività verso un elemento esterno che vuole influenzare. Marte cerca di eliminare gli ostacoli, mentre Mercurio li aggira con disinvoltura.

Marte, pianeta dell’attività guidata

L’azione di Marte ha tuttavia i suoi limiti. Nell’immagine richiamata all’inizio, il giavellotto può incontrare una quercia conficcandovisi; allora si mette a vibrare. Lo stesso fenomeno, infinitamente più sfumato nasce allorché l’archetto attacca le corde del violino, o quando l’aria espirata fa vibrare le corde vocali. La plasticità della laringe è, come abbiamo visto, il risultato di forze mercuriali, ma la voce è effetto di Marte. Ce lo dimostrano le grida di guerra lanciate anticamente dai combattenti, non

Marte, i suoni e la parola

208

Medicina antroposofica

tanto, come si pensa, per intimidire l’avversario, quanto per accrescere in se stessi le forze marziane. Quello che abbiamo detto a proposito della laringe è vero anche per il cuore. Questo è, in ordine alla sua struttura, il risultato di un processo mercuriale dell’incontro di due correnti, ma il battito è l’espressione delle forze marziane che incontrano l’ostacolo cardiaco; perciò, nell’anemia, l’insufficienza di Marte si traduce in un indebolimento del polso. Lo strumento dell’Io

Le forze marziane l’espressione delle quali abbiamo trovato nella corrente dell’aria che va incontro alla laringe, nell’ondata sanguigna e nel flusso biliare, appartengono alla I corrente di incarnazione. Corrente che si esprime ancora, sul piano psichico, con la volontà, che noi abbiamo avuto già occasione di mettere in relazione alla funzione biliare. Marte appare così come un mediatore dell’Io, che permette a quest’ultimo di prendere pienamente possesso del suo strumento fisico e di manifestarsi sul piano terrestre.

Etere dei suoni o etere chimico

Il suono nasce allorché le forze di Marte incontrano un ostacolo (il giavellotto che si conficca nella quercia e che vibra), ma lo stesso ostacolo può entrare in vibrazione, non sonora ma chimica. La sostanza che tende ad ostacolare le forze di Marte subisce una modificazione chimica. Questo accostamento tra chimismo e suono può stupire; eppure, non sono forse le leggi che reggono le combinazioni chimiche analoghe alle leggi dell’armonia? Pensiamo alla classificazione periodica degli elementi che segue un ritmo di ottava (1). Rudolf Steiner ha chiamato queste forze, che si trovano all’origine dei suoni come a quella delle sistesi chimiche, etere chimico o dei suoni (2); sono le forze che si manifestano nella II corrente di Marte, facendo apparire la struttura reale, benché fugace, che costituisce un suono (3), tanto bene quanto quella di una sintesi chimica. Notiamo tuttavia che i processi di carattere analitico appartengono alla I corrente di marte. Così, l’aggressività dell’acido cloridrico dello stomaco, che degrada gli alimenti, è una proprietà caratteristica di Marte I, paragonabile a quella della bile nell’intestino. Non è sorprendente che le anemie ipocrome e la clorosi, affezioni sintomatiche di una carenza di Marte I, sono spesso accompagnate da una insufficienza digestiva con ipo o acloridria.

L’epatite

Nella stessa maniera, l’epatite detta «virale» è una affezione che certifica una temporanea debolezza della I di Marte. Essa si accompagna a un arresto del flusso biliare, con impossibilità di digerire i grassi, grande stanchezza e inibizione della volontà. La definizione di «epatite detta 'virale'» è appropriata perché, qui come altrove, il processo infettivo non è la causa della malattia, ma una delle sue manifestazioni secondarie.

Marte e Venere

209

Non si può parlare di Marte senza accennare alla balbuzie, all’allergia e alla collera. In quanto manifestazione vocale, la balbuzie è sotto il dominio di Marte. Il fatto che è accompagnata dall’ansia prova che in questa malattia le forze marziane sono insufficienti e non arrivano a vincere l’ostacolo contro il quale tuttavia concentrano tutti i loro mezzi. Siamo in presenza di un fenomeno simile a quello che abbiamo descritto per l’ittero catarrale paragonando la stasi biliare alla calca che impedisce l’uscita da un luogo pubblico in caso di incendio. Non si dice forse anche del balbuziente che le sue parole «si affollano all’uscita»? Ritroviamo una situazione quasi analoga nell’allergia. Anche lì, delle forze marziane insufficienti, tentando di vincere ad ogni costo, generano reazioni che vanno al di là della loro meta. Poiché Marte non è solo colui che attacca, ma anche colui che difende. Tutte le difese dell’organismo, tutto ciò che si oppone attivamente alla penetrazione di elementi estranei, appartiene alla I corrente di Marte. L’allergico si trova nella situazione di un assediato che si sente debole, ha paura, e scarica tutte le proprie batterie al più piccolo allarme. L’immunità, viceversa, somiglia alla vigilanza di colui che, sicuro delle proprie forze, reagisce solo in misura dell’attacco. Essa è anche espressione di buon equilibrio tra Marte e Venere come vedremo oltre. Ciò che avviene nell’allergia sul piano fisico si ritrova sul piano psichico nella collera e nell’aggressività. Che non sono, come si sarebbe tentati di credere, sintomi di un Marte I forte, ma una improvvisa e disarmonica scarica di forze che non riescono a superare l’ostacolo, che non è obbligatoriamente esteriore. Le nostre imperfezioni morali sono tanti ostacoli interiori capaci di suscitare le nostre collere e anche le nostre prostrazioni. L’aggressività è in fondo una manifestazione di debolezza che tenta di prendere il sopravvento. Ma le debolezze non si traducono tutte con queste «fuga in avanti» e spesso preferiscono il ripiegamento, considerando che tutto è perduto in partenza. È l’atteggiamento che caratterizza la depressione. Per il malato che ne è colpito, ogni più piccolo incarico sembra insormontabile e la sua mancanza di volontà può arrivare fino alla completa abulia. La malattia può anche comportare fasi alternativa di depressione e aggressività, come nella psicosi maniaco-depressiva. Non dimentichiamo che la depressione non è solo un fatto di Marte, ma anche quello di un Giove II troppo debole. Le manifestazioni morbose di queste due correnti sono vicine, come gli organi di questi pianeti – fegato e cistifellea – e le loro funzioni.

Balbuzie, allergia e collera

Le affezioni che abbiamo appena descritto si riferiscono a un Marte troppo debole; vediamo adesso quali sono le manifestazioni di un Marte troppo forte o predominante. I soggetti portatori di una tale tendenza sono generalmente di tipo collerico. Essi fanno la loro strada eliminando senza il minimo scrupolo gli ostacoli che danno loro fasti-

Eccesso di Marte I

210

Medicina antroposofica

dio. Fintantoché tutto cede innanzi a loro, non sono violenti; ma se si presenta una resistenza inattesa, possono essere colti da una rabbia distruttrice che arriva alla pazzia furiosa. A differenza di Marte I debole, le loro collere sono rare e terribili. Sul piano organico, un Marte I forte si tradurrà in ipertensione pletorica o anche in una poliglobulia del tipo Vaquez. Potremo ancora dire di questi soggetti che essi spendono e spandono; la loro eccessiva attività li condanna a un logorio precoce e talvolta a una morte violenta. Ares ed Efesto

Avremmo potuto dare un nome al lanciatore di giavellotto che illustra la I corrente di Marte: quello di Ares, il dio greco della guerra, il distruttore. Egli è anche colui che dispensa il calore, che lo disperde. In compenso, la I corrente di Marte corrisponderebbe piuttosto alle attività di Efesto, il fabbro che, ricorrendo al fuoco che egli concentra, rimodella il ferro e agisce da creatore. Egli è l’immagine di quelle forze di sintesi chimica di cui abbiamo parlato prima. Nell’organismo, il processo di creazione interessa notoriamente le albumine e consiste nella loro ristrutturazione al di là della barriera intestinale. Quando tali processi di ristrutturazione – si potrebbe anche dire di umanizzazione – sono insufficienti, le albumine si comportano come sostanze estranee, di cui l’organismo cerca di sbarazzarsi. Questa eliminazione può avvenire attraverso il rene e danneggiarlo se si prolunga; può anche effettuarsi attraverso la pelle e si realizza allora una diatesi essudativa. Questa affezione è simile all’allergia, ma non ne ha la violenza.

Parlare ed ascoltare

Se parlare è affare di Marte, ascoltare lo è di Venere. Marte dirige la propria attività verso l’esterno, Venere verso l’interno. Così, i processi di assimilazione, di immagazzinamento, di accumulo, di interiorizzazione e in maniera più generica tutti quelli che si riferiscono all’economia, sono sotto la dipendenza delle forze astrali raccolte dall’Io, durante il suo attraversamento della sfera di Venere. Il rene, di cui abbiamo mostrato il ruolo nell’assimilazione delle albumine, è l’organo di Venere; lo è anche per le sue funzioni di escrezione. Ma i processi venusiani non si limitano alla sfera renale, e noi troviamo altri esempi di accumulo, come quello del glicogeno nel fegato, e dei grassi nella pelle.

La circolazione venosa

La circolazione venosa costituisce un altro processo tipicamente venusiano (4). Al contrario della circolazione arteriosa marziana, essa va dalla periferia verso il centro. Presenta anche un carattere più passivo, e da questo deriva il rischio di stasi, quando il sangue, cedendo alla forza di gravità, provoca dilatazioni venose e varici. La circolazione venosa pone d’altra parte un enigma insolubile se ci si ferma alle spiegazioni meccanicistiche. Se aprite un qualsiasi libro di fisiologia, vi leggerete che il sangue sale nelle vene, dai piedi al cuore, per la vis a tergo, cioè per la

Marte e Venere

211

forza ascensionale; ma i fisiologi sono incapaci di dire in che consiste tale forza ascensionale e tentano di assimilarla ad un residuo di pressione arteriosa attraverso i capillari. Quando non si trova una spiegazione soddisfacente, si nasconde la propria perplessità sotto il pudico velo di una parola latina! D’altro canto, questo tentativo, di spiegazione meccanicistica della circolazione venosa è ancora più discutibile nel caso della vena porta. Questo sistema portale costituisce quello che si chiama un reticolo mirabile, in altre parole un reticolo di vene che terminano con capillari alle due estremità, mentre le altre vene non terminano con capillari, ma in un vaso principale che sfocia nel cuore. La vena porta nasce dai capillari intestinali e termina nel reticolo capillare epatico, e trasporta le sostanze nutritive al fegato. Essa, per questo, ha un importante ruolo nel processo venusiano di assimilazione. La circolazione venosa, nel suo complesso diretta in senso inverso alla gravità non può avvenire se non sotto l’impulso delle forze eteriche, un po’ alla maniera in cui esse provocano la risalita della linfa nelle piante. Le forze eteriche sono esse stesse sotto la direzione delle forze astrali, nel nostro caso della I corrente di Venere. Un’immagine, quella del vento che provoca le correnti marine, può aiutare ad afferrare meglio il concetto. A proposito di Marte II, abbiamo rievocato il personaggio di Efesto come immagine per la risintesi e per la ristrutturazione chimica delle sostanze. Efesto, non dimentichiamolo, era lo sposo di Afrodite, cioè di Venere, di cui Ares-Marte era l’amante. Vediamo qui EfestoVulcano e Venere darsi la mano allo scopo di realizzare l’elaborazione della sostanza umana: Efesto la ricrea e Afrodite-Venere la conserva; le attività dei due coniugi si completa ammirevolmente. Troppo spesso, consideriamo la mitologia come delle favole perché non sappiamo più scoprire in queste fantasia la realtà di cui sono il riflesso.

Elaborazione e immagazzinamento

Tutti questi processi sono caratteristici della I corrente di Venere. Bisogna aggiungervi ancora il concetto di economia – Venere non solo vuole ricevere, ma anche conservare, cosa di cui Marte è incapace. Ella non fa perdere nulla e la più piccola particella è da lì messa a profitto. Anche P. Lievegoed presenta l’immagine di Venere come quella di una donna di casa economa, attenta ai bisogni di ognuno, che sa ascoltare le conversazioni e non appare che raramente, ma sempre a proposito, che sa soprattutto creare l’ambiente caldo e accogliente in seno al quale gli altri possono esprimersi. Certo, Venere è anche simbolo di beltà, ma non dimentichiamo che le forze necessarie alla sua manifestazione dovrebbero, con l’età, trasformarsi di un piano più elevato.

Il principio di economia

212 Venere e raccoglimento

Medicina antroposofica

Questa I corrente di Venere sarebbe incompleta se non le attribuissimo una forma di interiorizzazione un po’ particolare: quella che l’uomo realizza quando si raccoglie, quando medita o prega. Un’attitudine così è l’opposto della collera di Marte, e non è certo un caso se, etimologicamente, la parola venerazione, che serve a designarla, deriva da Venere.

Assimilazione, Con le due correnti di Venere affrontiamo una polarità inversa. secrezione ed escrezione L’interiorizzazione si muterà in esteriorizzazione, l’assimilazione in

escrezione. È importante collocare bene questi tre processi dell’assimilazione, della secrezione e dell’escrezione in relazione gli uni agli altri. Tra l’assimilazione di direzione centripeta e l’escrezione di direzione centrifuga, che appartengono rispettivamente alle correnti I e II di Venere, si collocano i processi di secrezione ghiandolare, contemporaneamente scambio (Mercurio) ed elaborazione (Marte II). Disassimilazione ed escrezione sono in rapporto con i processi di coscienza del polo superiore. L’assimilazione viceversa, propria alla I corrente di Venere, fa ricorso alle forze astrali del polo inferiore e si accompagna ad una diminuzione della coscienza, suscettibile, in certi casi, di arrivare all’apatia e allo stupore. Ci si può domandare se, a causa della separazione durante il sonno degli elementi costitutivi superiori – Io e corpo astrale – da quelli inferiori, processi di escrezione ed eliminazione non siano per caso sospesi. Vi è effettivamente una diminuzione notturna di tutti i processi di escrezione, ma non una sospensione totale, poiché l’organismo prosegue per un certo tempo le attività indotte dagli elementi superiori, anche in loro assenza. Osserviamo così un massimo della secrezione biliare e della glicogenolisi verso le 15, e un minimo verso le 3. I processi di assimilazione variano in senso inverso, dimostrando un legame più marcato di una parte del corpo astrale col polo metabolico durante il sonno. Così, la glicogenesi e il riassorbimento intestinale dei grassi hanno il loro massimo alle 3 e il loro minimo alle 15. Tanti altri processi organici seguono questo ritmo nictemerale.

Inversione del ritmo nictemerale

Accade che questi ritmi siano turbati, e anche invertiti. Ne sono un esempio i sudori notturni. La sudorazione costituisce normalmente un corollario delle attività psico-spirituali coscienti. Quando queste si compiono imperfettamente durante la veglia, l’organismo cerca di rifarsi durante il sonno. Precisiamo a questo proposito che le attività psico-spirituali non concernono unicamente il pensiero. Ne fanno ugualmente parte il sentimento e l’esercizio della volontà. Accade che si suda al momento di un’intensa attività mentale, nel corso di una partita a scacchi per esempio, esattamente come per un lavoro muscolare che non potrebbe

Marte e Venere

213

compiersi in assenza di volontà. In compenso, durante il sonno, pensiero, sentimento e volontà sono sospesi. La nicturia è un altro esempio di inversione del ritmo di escrezione: al contrario della norma, il massimo di escrezione urinaria si compie allora durante il sonno. Un tale disturbo deve far sospettare una nefrosclerosi. L’abbondanza relativa dell’escrezione urinaria notturna non costituisce sempre una vera inversione. Essa si verifica anche nell’insufficienza cardiaca. In questo caso, l’aumento dell’emissione urinaria è dovuta solo al decubito, sia notturno che diurno, essendo facilitata la mobilizzazione dei liquidi che tendono al ristagno. L’insieme formato dai reni e dai loro satelliti, le ghiandole surrenali, costituisce l’organo di Venere in seno al quale si manifestano più particolarmente le due correnti di questo pianeta. Il ruolo della surrenale concerne principalmente i processi di assimilazione della I corrente. Questa ghiandola è il luogo preferito dal corpo astrale per agire sul corpo eterico. In caso di lesione della surrenale, il corpo eterico, non ricevendo più l’impulso del corpo astrale, si atrofizza, e le funzioni vitali si degradano. Si vedono comparire allora sintomi come l’adinamia, l’ipotensione, l’ipoglicemia e diversi disturbi del metabolismo che formano il quadro del morbo di Addison. Il sale, in questo caso, si comporta come elemento estraneo e non è più trattenuto. Ma non si deve credere che la lesione della ghiandola sia sempre primitiva; l’inverso è certamente la regola in tutti i casi in cui la debolezza della I corrente di Venere non provoca sintomi così spiccati come quelli del morbo di Addison. Quando, viceversa, la I corrente di Venere è troppo forte, ritroviamo i sintomi dell’irradiazione renale troppo intensa, principalmente caratterizzata dalla ipertensione e dal meteorismo addominale. Va da sè che la predominanza della I corrente di Venere, intensificando l’assimilazione, predisporrà all’obesità. Tale affezione va spesso di pari passo con la golosità, ma sarebbe inesatto dire che ne è la conseguenza obbligatoria. Sarebbe più esatto considerare la golosità come una manifestazione parallela sul piano psichico.

Il rene, organo di Venere

La predominanza della II corrente accelererà le escrezioni. Potrà provocare diarrea, eccessiva assimilazione può anche, in certi casi, spingere colui che ne soffre a compensare le perdite aumentando la propria alimentazione. È quello che si riscontra in certi mangioni che restano magri; in mancanza di compensazione possono comparire magrezza e cachessia. La polifagia e la polidipsia del diabetico sono un altro esempio del fenomeno di compensazione. Pur avendo troppo zucchero nel sangue, il diabetico prova la sensazione di esserne privo perché non può utilizzarlo. È un po’ come una persona che morirebbe di fame accanto ad un armadio pieno di provviste, perché ne ha perduto la chiave. Esiste

Eccesso della II corrente di Venere...

214

Medicina antroposofica

d’altronde un certo parallelismo tra il morbo di Addison e il diabete. Nel primo, il corpo astrale troppo debole è incapace di servirsi del sale; nel secondo, è l’Io che non sa utilizzare lo zucchero. Quest’ultimo, elemento minerale cristallizzabile, deve essere trasformato in glicogene – sostanza più vicina al vegetale e alla vita – nel fegato. Il disturbo dell’assimilazione testimonia un’insufficienza della I corrente di Venere, probabilmente anche della II di Marte. L’Io rappresenta qui la chiave dell’armadio della metafora sopra accennata. Ma quando la chiave si è perduta, succede che la serratura – il pancreas – si arruginisce per mancanza di funzionamento. Il pancreas sta all’Io come la surrenale sta al corpo astrale. ...e insufficienza

Per la sua funzione escretoria, il rene appartiene alla II corrente di Venere. Questa così fa ricorso alle forze del corpo astrale, ma, in questo caso, nella sua dinamica superiore, in rapporto con i processi di coscienza. Un’insufficienza della II corrente sarà causa di disturbi dell’escrezione: oliguria e anuria. Estesa ad altri organi, potrà procurare stipsi o insufficienza di secrezione sudorale.

Semiologia psichica

Sul piano psichico, la predominanza della I corrente provoca stati di ebetismo, quasi di stupore, in rapporto a un eccesso di funzioni vegetative. Succede invece che la parte del corpo astrale che si stacca normalmente dal complesso inferiore – eterico-fisico – resta in qualche modo «agganciato al rene» quando questo è sede di una lesione non palese, potremmo ancora dire superficiale, che provoca l’insonnia. Ad un stadio più acuto comparirà una specie di squilibrio tra il corpo astrale, che resta legato all’organo, e l’Io incapace di assicurare la propria egemonia sul corpo astrale – tale squilibrio genera la tendenza schizoide. Queste descrizioni vogliono far comprendere la doppia polarità che esiste tra le due correnti di Marte e quelle di Venere, polarità che tenderemo di riassumere nello schema che segue.

Marte e Venere

INCARNAZIONE

I

DISINCARNAZIONE

II

215

MARTE

VENERE

CISTIFELLEA – LARINGE

RENE – VENE

ESTERIORIZZAZIONE (Ares)

INTERIORIZZAZIONE

Attività guidata (verso l’esterno) Parlare Circolazione arteriosa. Polso Secrezione biliare Combustione, non assimilazione glicogenolisi Attività volontaria – Infliggere Ironia

Assimilazione Ascoltare, creare l’ambiente Circolazione venosa e portale Immagazzinamento, economia, glicogenesi Passività, recettività – Subire Raccoglimento Indulgenza – consolazione Spirito di sacrificio

Morbo di Basedow Ipertensione rossa Poliglobulia Colica epatica Collera, bisogno di distruzione

Obesità, gotta Tubercolosi Morbo di Wilson Stipsi atonica Apatia, stupore, ebetismo

INTERIORIZZAZIONE (Efesto)

ESTERIORIZZAZIONE

Attività guidata (verso l’esterno) chimismo (etere dei suoni)

Escrezione, «desalinizzazione» Secrezione urinaria, sudorale, lattea

Raucedine Balbuzie Nefrosi lipoidica Anemie ipocrome, clorosi Allergia

Sordità Diarree croniche Febbre tifoide Morbo di Addison Magrezza, cachessia Polifagie, polidipsie (reattive) Poliuria, iperidrosi, disidrosi, efidrosi Nausea Autismo Tendenza schizoide

Aggressività (del debole) Paura della vita – Depressione Paralisi della volontà, abulia

Tav. 3: Marte e Venere

216

Medicina antroposofica NOTE

1

Cfr. a questo proposito E. Bindel e A. Blickle, Zahlengesetze in der Stoffeswelt und in der Erdenentwicklung, Stuttgart, 1985.

2

Rudolf Steiner descrive quattro eteri: l’etere del calore, l’etere della luce, l’etere chimico o etere dei suoni, e l’etere di vita, comparsi successivamente nel corso dei quattro stadi planetari. Per maggiori dettagli, cf. Rudolf Steiner: «La scienza dell’occulto» V. Bott, P. Coroze, E. Marti: Le forser de vie. Editioni del Centre Triades, Paris, rispettivamente 1976 e 1981.

3

Queste strutture sono state messe in evidenza da Chladni. Egli faceva vibrare delle piastre cosparse di sabbia. Più recentemente, P.E. Schiller ha messo in evidenza le strutture provocate da suoni in una fiamma sensibile ricorrendo ad uno stroboscopio. Se ne troveranno riproduzioni nel libro di T. Schwenk: Il caos sensibile, Ed. Arcobaleno, Oriago, 1992.

4

Ci si può domandare se esiste un legame linguistico tra Venere e vena, oppure tra vena e venire, dato che questo verbo indica una direzione centripeta in opposizione al verbo andare la cui direzione è centrifuga.

217

Capitolo XXII

Il Sole Per l’astronomo, il Sole non è un pianeta, ma una stella. Per l’occultista il Sole costituisce ciò che chiameremo il cuore dell’organismo planetario. Al di là di Saturno comincia il mondo delle stelle fisse (1), quello dello Zodiaco, al di qua della Luna comincia il mondo terrestre. Una concezione simile non è in contraddizione con le conoscenze astronomiche, ma considera le cose da un diverso punto di vista. L’astronomo concepisce l’universo come un sistema materiale al quale tenta di applicare, con un’estrapolazione un po’ azzardata, le leggi dedotte dallo studio della terra. Egli così materializza l’universo. Per la scienza della spirito, i corpi celesti sono più di tutto ciò. Le ricerche di Rudolf Steiner dimostrano che il loro aspetto esteriore non è che la manifestazione fisica di forze spirituali. Possiamo così rappresentare l’universo come un tutto del quale ogni sfera possiede caratteristiche e funzioni proprie. Quindi, il mondo planetario o astrale è quello del movimento e del ritmo; esso è il mediatore tra il mondo stellare e la terra. Questo torna ad attribuire alla nostra terra una ubicazione centrale, in opposizione alla periferia cosmica. In questa polarità periferia-centro si inserisce il mondo planetario orientato sul Sole. Tale geocentrismo conferisce una grandissima importanza alla terra, non per il suo volume o la sua massa, ma per il ruolo che ricopre in quanto teatro delle attività dell’uomo incarnato. Se gli Antichi piazzavano la terra al centro dell’universo, non lo facevano per ignoranza – la loro conoscenza dell’astronomia non era certo rudimentale, basterebbe a provarlo l’esistenza delle piramidi – ma perché per essi l’uomo prevaleva sulla materia. Oggi, si taccerebbero piuttosto di strettezza di vedute gli scienziati che negassero l’influenza dei pianeti. Molti esperimenti realizzati nel corso degli ultimi cinquant’anni, come quelli di Kolisko, di A. Fyfe, di M. Thun e di Faussurier hanno provato la realtà di tali influenze.

Posto del sole in un sistema geocentrico

Movimento e ritmo caratterizzano il mondo planetario e particolarmente il suo organo centrale (2): il Sole. L’osservazione della corona

Il cuore dell’organismo planetario

218

Medicina antroposofica

solare ha rivelato l’alternarsi di fasi di contrazione ed espansione sincrone alla comparsa e scomparsa delle macchie solari (3). La corona, ora si dilata – soprattutto nelle regioni equatoriali – mentre le macchie regrediscono, ora si contrae mentre il numero delle macchie cresce, l’insieme del ciclo dura circa undici anni. Contrazione ed espansione fanno del Sole un vero cuore con sistole e diastole, un organo centrale del mondo planetario. La contrazione e comparsa delle macchie corrisponde ad un processo di materializzazione, la dilatazione e la scomparsa delle macchie ad una smaterializzazione o spiritualizzazione. È proprio attraversando la sfera solare che l’Io raccoglierà le forze necessarie all’elaborazione del sistema ritmico del nostro organismo e particolarissimamente del cuore. Materializzazione e spiritualizzazione

Preso nel suo insieme, il processo di incarnazione realizza anche esso una sistole e quello di disincarnazione una diastole, processi nel corso dei quali gli elementi soprasensibili dell’entità umana si concentrano in un organismo terrestre e si dilatano di nuovo nel cosmo. In fase discendente, la traversata della sfera solare porta alla materializzazione, in fase ascendente, in compenso, porta alla spiritualizzazione. Nel nostro organismo l’effetto della prima corrente domina durante la prima metà dell’esistenza, fin verso i trentacinque anni, quello della seconda prevale durante l’altra metà, dai trentacinque anni sino alla morte.

Difficoltà di incarnazione

Questo è il processo normale. Ma può accadere che la prima corrente sia troppo debole, che la seconda abbia, sin dalla prima metà dell’esistenza, un’importanza relativa troppo grande. Questo stato di cose provocherà difficoltà di incarnazione il cui primo sintomo è la tendenza all’aborto. Un essere che non porta con sè forze solari sufficienti non arriva ad attaccarsi al piano fisico; è incapace di superare le difficoltà che può incontrare nell’organismo materno. Certo, ci possono essere delle difficoltà insormontabili, anche per un’anima in possesso di tutte le forze solari, e potremo così osservare tutte le sfumature tra l’aborto isolato e la completa sterilità, secondo i rapporti che si stabiliscono tra le forze dell’anima che cerca di incarnarsi e le strutture corporee della madre. Più tardi, questa debolezza della corrente di incarnazione si tradurrà in debolezza fisica, debolezza costituzionale, in una maggiore predisposizione alle malattie febbrili con delirio. Il più delle volte, tali soggetti sono dei leptosomi. L’anoressia, il pallore, la mancanza di slancio, la predisposizione alle malattie febbrili e al delirio sono altrettanti sintomi della debolezza della I corrente solare; più accentuata essa provocherà malattie infiammatorie del cuore: pericarditi, miocarditi ed endocarditi. Può anche succedere però che l’Io lentamente vinca queste debolezze; allora vediamo questi esseri che finiscono per aggrapparsi

Il Sole

219

alla vita e, attraverso tante vicissitudini, arrivare alla vecchiaia. Essi hanno tanto lottato a volte per acclimatarsi sulla terra che, nella vecchiaia, soffrono molto a staccarsene. Altre anime, nelle quali dominano le forze solari I, danno l’impressione di precipitarsi sulla terra e ancorarvisi solidamente. Sono bambini robusti, dalla carnagione scura, che amano i giochi e gli sports. Sono generalmente di costituzione picnica. Se tale preponderanza della I corrente, normale durante la prima metà della vita, persiste oltre i trentacinque anni, sarà un ostacolo alla spiritualizzazione. L’uomo che si lega con troppo forza alla terra avrà predisposizione all’arteriosclerosi, all’ipertensione, alle affezioni degenerative del cuore: infarto, coronarite, ecc. Sul piano psichico, una predominanza della I corrente sarà accompagnata da eccessivo desiderio dei beni materiali con un’intensa attività orientata sempre alla loro acquisizione. Tali soggetti hanno delle difficoltà a concepire ciò che si riferisce allo spirito. Nella vecchiaia, essi tendono all’avarizia e sono incapaci di staccarsi dai loro beni. La loro morte diventa un combattimento drammatico, perché si aggrappano disperatamente a un corpo fisico che la loro costituzione ha contribuito molto a rendere troppo minerale e inadatta ad ospitare un’anima.

Preponderanza della I corrente solare

La preponderanza della II corrente provocherà la fuga innanzi alla realtà, la paura del mondo terreno e delle sue esigenze. Le persone che hanno tali tendenze vorrebbero vivere in un mondo immaginario. E questo può arrivare sino ai più vari deliri. Molti malati di mente hanno così cercato più o meno coscientemente rifugio nella loro alienazione: questo somiglia a un suicidio morale. Lo schema che segue riassumere le manifestazioni delle due correnti solari:

Fuggire le realtà

Non bisogna dimenticare che le forze solari tendono all’equilibrio. Noi oscilliamo continuamente tra questi due poli ed è da tale ritmo che nasce l’armonia. Il cuore, organo solare, compensa l’eccesso di vita della diastole con le forze di strutturazione della sistole e viceversa. Tra queste due correnti si stabilisce un’alternanza, un equilibrio dinamico e vivente, mai uguale a sè stesso, che si modifica progressivamente nel corso dell’esistenza. Questo ritmo, che vorrebbe sempre correggere gli eccessi, è il grande guaritore dell’organismo. Quanti divari è riuscito a compensare prima di soccombere anch’esso allorché le discordanze erano durate troppo a lungo! Senza di lui l’organismo si ammalerebbe continuamente, e l’arte di guarire consisterà prima di tutto in un aiuto apportato alle forze solari per equilibrare le polarità delle diverse correnti planetarie l’espressione delle quali è il nostro corpo astrale.

Un equilibrio vivente

220

Medicina antroposofica

SOLE

CUORE – CIRCOLAZIONE Tipo picnico Soggetti robusti, abbronzati ben svegli Attivi, amano gli sports e i giochi all’aria aperta

Tipo leptosomico Soggetti esili, pallidi, sognatori Mancano di slancio, amano la lettura i giochi intelligenti

Appetito buono Accelerazione dei processi di incarnazione che portano ad un invecchiamento precoce Il complesso superiore (Io – astrale) domina

Appetito scarso Rallentamento dei processi di incarnazione

Angosce, precordialgia Stenocardia Angina pectoris Coronariti, infarto Trombosi

Palpitazioni, vampate di calore vertigini, assenze, sincopi Affezioni febbrili con delirio Cifosi, scoliosi, lordosi Ptosi Affezioni infiammatorie del cuore, insufficienze cardiache Rammollimento cerebrale Aborti Diatesi essudativa Malinconia, fuga dalla realtà, tendenza al suicidio

Sclerosi Dermatosi secche pruriginose Agitazione maniacale, follia furiosa

Tav. 4: Il Sole

Il complesso inferiore (fisicoeterico) tende ad emanciparsi e l’organismo cede alle forze di gravità.

II SPIRITUALIZZAZIONE → LA CORRENTE DI DISINCARNAZIONE DOMINA

← MATERIALIZZAZIONE LA CORRENTE D'INCARNAZIONE DOMINA

I

Il Sole

221

NOTE 1

Esistono al di là di Saturno ancora tre pianeti astronomici: Urano, Nettuno e Plutone. Secondo la cosmologia steineriana, questi non sarebbero nati dal sistema solare, al quale si sarebbero congiunti in seguito, arrivando dall’esterno.

2

Questa espressione usata ora per la terra, ora per il Sole, potrebbe indurre in errore. Quando noi definiamo la terra come “centrale” noi l’opponiamo alla periferia come il punto al cerchio. Applicato al Sole, l’aggettivo “centrale” caratterizza la sua posizione mediana tra questi due poli che sono la periferia e il punto, e anche tra i pianeti esterni e quelli interni.

3

Fotografie impressionanti di tale processo si trovano nel libro di G. Wachsmuth: L’evolution de la terre. Supplemento N° 9 alla rivista Triades, Parigi, 1960.

223

PARTE SETTIMA I sette metalli principali Nel mondo minerale, i metalli occupano eccezionalmente un posto particolare. Esistono in natura allo stato nativo. Nella maggior parte dei casi, li si trova sotto forma di combinazioni nei minerali, dai quali possono essere estratti solo per mezzo di tecniche più o meno elaborate e con l’aiuto del fuoco. Diventano così una conquista umana e si capisce facilmente come possa esistere un rapporto, non fosse altro che per questo, tra la coscienza umana e il mondo dei metalli. Tutti i metalli posseggono una caratteristica comune: quella di riunire in loro, proprietà apparentemente contraddittorie, tenacità e malleabilità. Certo, la natura ci offre sostanze più dure dei metalli, come il diamante, ma esse sono prive di malleabilità. Al contrario l’argilla, estremamente plastica, non possiede praticamente alcuna tenacità. I metalli hanno anche un’altra proprietà notevole: quella di condurre in gradi diversi il calore e l’elettricità. In compenso, gli altri minerali sono generalmente isolanti. Tali proprietà, i metalli le devono alle forze planetarie che li hanno fatti nascere. I sette pianeti del nostro sistema sono così all’origine dei sette metalli che abbiamo definito principali. Gli altri metalli che si trovano in natura portano in sè l’influenza di due o più pianeti. La conoscenza dei sette metalli principali così come la svilupperemo nei capitoli che seguono, apre la via allo studio degli altri e alla loro utilizzazione sul piano terapeutico.

225

Capitolo XXIII

Ordine planetario e metalli L’utilizzazione dei metalli in terapeutica risale alla più remota antichità. Nella conferenza del 10 febbraio 1923, Rudolf Steiner ne fornisce un esempio. Egli dimostra come gli Antichi avevano osservato la relazione che esiste tra certi disturbi digestivi – dissenteria, febbre tifoide, ecc. – il pianeta Venere e il rame. Essi avevano constatato un aggravamento di queste malattie quando la luce di Venere era visibile e una loro minore gravità quando questo pianeta era nascosto dalla terra. Avevano concluso che qualcosa sulla terra attenuava l’effetto di Venere, che l’elemento responsabile di tale attenuazione era il rame e che si poteva utilizzare quest’ultimo per curare le summenzionate malattie. Durante il Medio Evo, i metalli hanno un ruolo più importante nell’alchimia. Ma le proprietà studiate sui metalli dagli alchimisti era di una natura diversa da quelle che interessano i fisici e i chimici attuali. Paracelso fu un grande conoscitore dei metalli e delle loro virtù terapeutiche. Fu lui a dare allo zinco il suo nome. Nella medicina del tempo che fu, ebbe un ruolo importantissimo tra i metalli l’antimonio; i nostri avi conoscevano bene la pallina di antimonio che si conservava in tutte le farmacie di casa e che si usava all’infinito. Nel XVI° secolo, questo metallo era considerato un rimedio universale e tale ne fu l’abuso, che la Facoltà di Medicina di Parigi ne proibì l’uso nel 1566. Malgrado ciò, l’antimonio continuò a essere utilizzato sino all’inizio del XX° secolo. È curioso notare come l’attuale medicina chimica ricorre sempre meno ai metalli. Questi ormai sono utilizzati solo per le loro proprietà battericide. La moda dell’oro in reumatologia è scomparsa così velocemente come era apparsa. L’argento è stato detronizzato dagli antibiotici, esattamente come il mercurio che era stato tanto importante nell’arsenale antisifilitico; e non si prescrive più né unguento grigio né calomelano. Sono ancora sfruttate solo le proprietà diuretiche di certe combinazioni organiche del mercurio, dato che il suo uso come disinfettante non costituisce effettivamente una terapia. Di fatto, solo il ferro è ancora prescritto nelle anemie ipocromiche, certamente perché è presente in quantità ponderabile nell’organismo.

Richiami storici

226

Medicina antroposofica

Un nuovo impulso

La medicina antroposofica è realmente quella che ha ridato alla terapeutica per mezzo dei metalli un posto di primo piano ponendola su solide basi. Rudolf Steiner ha dimostrato che i metalli sono il risultato di un processo. Potremmo anche dire in maniera più immaginifica, ma che riflette bene la realtà, che alcune forze spirituali sono imprigionate come per un incantesimo nella sostanza metallica, toccherà a noi rompere l’incantesimo in previsione della loro utilizzazione in terapeutica. Sappiamo che questo linguaggio apparirà a molti lettori poco scientifico, ma c’è forse una maniera migliore di far capire la realtà? Tali forze, dando origine ai metalli, o meglio condensandosi sotto forma di metalli, lasciano in questi la loro impronta, la loro firma, che toccherà a noi decifrare.

Come classificare i metalli

Quando si studia un metallo, non bisogna mai perdere di vista il pianeta cui corrisponde. In uno studio sui metalli, W. Pelikan (1) li ha raggruppati su un cerchio secondo la loro massa atomica. Tenendo conto del processo planetario precedentemente studiato, abbiamo preferito disporli in funzione dei pianeti che corrispondono loro e seguendo l’ordine che segue l’Io nell’attraversamento delle sfere planetarie nel corso dell’incarnazione (Cfr. fig. 8, pag. 195). Ritroviamo questo stesso ordine classificando i sette pianeti in funzione della durata della loro rivoluzione siderale: SATURNO GIOVE MARTE

10.759 giorni 4.332 giorni 686 giorni LUNA

SOLE 365 giorni (riv. app.) VENERE 224 giorni MERCURIO 87 giorni 27 giorni

Tab.5: Rivoluzione siderale dei pianeti

Armonie celesti e proprietà fisiche

Ponendo il sole e l’oro in cima – a grande signore grande onore -, vediamo immediatamente le polarità che abbiamo scoperto ordinarsi da una parte e dall’altra dell’asse di simmetria verticale passando per il Sole. Lo studio dei metalli confermerà punto per punto questa disposizione. Sulla figura 10, abbiamo indicato a lato di ciascun metallo il suo numero atomico quale appare nella classificazione periodica degli elementi. Il piombo è quello che ha il numero e la massa atomica più alti; esso è posizionato come Saturno suo pianeta – alla periferia della classifica. Se noi colleghiamo i metalli con una linea spezzata, seguendo l’ordine decrescente dei numeri atomici, otteniamo una stella regolare a sette punte. Esiste dunque un rapporto armonico tra l’ordine delle sfere planetarie e la struttura interna dei metalli. Anticamente gli uomini

Ordine planetario e metalli

227

Fig.9 Corrispondenze tra pianeti e metalli

erano coscienti di tali rapporti, e non è per caso che essi hanno dato a ciascun giorno della settimana il nome di un pianeta. L’ordine che hanno seguito è quello delle tappe successive della creazione come risulta dalle ricerche spirituali di Rudolf Steiner (2). Riprendiamo la nostra figura di base e annotiamoci i giorni della I giorni della settimana settimana in corrispondenza dei pianeti (fig.11): sabato per Saturno, domenica per il Sole (in inglese Sund-ay, in tedesco Sonn-tag), lunedì per la Luna, martedì per Marte, mercoledì per Mercurio, giovedì per Giove e venerdì per Venere. Se tracciamo una linea spezzata seguendo quest’ordine, vediamo disegnarsi un’altra stella regolare a sette punte, con punte più acute della precedente. È interessante notare a questo proposito un’indicazione terapeutica di Rudolf Steiner per un’ammalata molto indebolita. Egli aveva consigliato al medico che la curava di prescriverle: domenica, oro in D10; lunedì, argento in D3; martedì, ferro in D4; mercoledì, mercurio in D6; giovedì, stagno in D10; venerdì, rame in D10 e sabato piombo in D10 (3). L’ordine in cui abbiamo disposto i nostri metalli è inverso a quello della loro conduttività elettrica e termica (fig.12). Fa però eccezione il mercurio; si può attribuire ciò al fatto che il mercurio mantiene lo stato liquido a temperatura ordinaria, perché se si solidifica diventa buon conduttore e l’ordine ideale tende a ristabilirsi.

Conduttività elettrica e termica

228

Medicina antroposofica

Fig.10: Pianeti e numeri atomici dei metalli

Fig.11 Pianeti e giorni della settimana Reazioni dei metalli al calore

I metalli hanno anche altri modi di reagire al calore, modi che si traducono nella loro fusibilità, il loro coefficiente di dilatazione e il loro calore specifico e, caratteristica interessante, la differenza tra i loro punti di fusione e di ebollizione. Le prime tre di queste proprietà si dividono in due gruppi (fig.12): un gruppo superiore – che comprende rame, oro e ferro – composto da metalli poco fusibili, poco dilatabili e che richiedono molto calore per riscaldarsi. Un gruppo inferiore che

229

Ordine planetario e metalli

Fig.12: Effetti del calore. Conduttività termica ed elettrica comprende lo stagno, il piombo, l’argento e il mercurio, metalli facilmente fusibili, che si dilatano molto e si riscaldano facilmente. (Questa ultima proprietà, detta calore specifico, si deve rapportare non alla massa, ma al volume, bisogna cioè tener conto del calore necessario per aumentare di un grado un dm3 di metallo). La tabella che segue fornisce la differenza tra il punto di fusione e quello di ebollizione dei nostri sette metalli principali (4). Metallo

Simbolo chimico

Punto di fusione

Punti di ebollizione

Differenze

Rame Mercurio Argento

Cu Hg Ag

1083 - 39 961

2310 357 1950

1227 396 989

Oro

Au

1063

2600

1537

Ferro Stagno Piombo

Fe Sn Pb

1537 232 327

3200 2270 1620

1663 2038 1293

Tav.6: Punto di fusione e punto di ebollizione dei metalli

230

Medicina antroposofica

Fig.13: Differenze tra fusione ed ebollizione

Vediamo immediatamente che i metalli di sinistra nella figura 13 – rame, mercurio e argento – corrispondono alle differenze più basse, mentre quelli di destra – ferro, stagno e piombo – corrispondono alle differenze più alte. In più, calcolando la media delle prime tre cifre della colonna delle differenze e quella delle tre ultime, otteniamo rispettivamente 871 e 1665, valori tra i quali si colloca quello dell’oro: 1537. Potere riflettente

Studiamo ora il comportamento dei metalli di fronte alla luce; troviamo un debole potere riflettente per i metalli di destra: piombo e ferro, e un alto potere riflettente per quelli di sinistra: argento e rame (fig. 14, pag. 241). Lo stagno e il mercurio si distinguono e sembra che abbiano anche cambiato posto: lo stagno, più brillante e con un riflesso più caldo, dovrebbe porsi tra il rame e l’argento, e il mercurio più grigio, più opaco, sembrerebbe più al suo posto tra il ferro e il piombo. È comunque curioso constatare la simmetria di tali irregolarità.

Proprietà chimiche

La figura 14 mostra anche la ripartizione delle proprietà elettrochimiche dei metalli: a sinistra i metalli elettronegativi, a destra gli elettropositivi. Questi ultimi tendono più facilmente alla formazione di sali. Quelli di sinistra, viceversa, tendono a conservare il loro stato metallico, cosa che spiega il fatto che li si trova talvolta in natura allo stato nativo. Quanto all’oro, esso occupa un posto particolare: è il più elettronegativo dei metalli, forma difficilmente dei sali e non si ossida.

Ordine planetario e metalli

231

Fig.14: Poteri riflettenti. Elettro-affinità. Valenze

Fig.15: Polarità paradiametrali Esiste allo stato naturale solo sotto forma di metallo, è il più nobile di tutti. Sempre in rapporto con le proprietà chimiche, constatiamo che i metalli del gruppo di sinistra sono per prima cosa monovalenti, quello del gruppo di destra sono bivalenti.

232 Altre polarità

Medicina antroposofica

La nostra figura di base può essere modificata ancora, come nella figura 15. Determinando sempre l’oro l’asse verticale di simmetria, lasciamo la linea orizzontale che caratterizza la polarità mercuriostagno. Ma qui, invece di opporre il rame al ferro e l’argento al piombo come nella figura 9, tracciamo delle diagonali che oppongono il rame al piombo e l’argento al ferro, disegnando così una croce di Sant’Andrea. Queste nuove polarità corrispondono ad alcune realtà sul piano fisico: il rame possiede più alto calore specifico e di fusione – entrambi in rapporto al volume -, il piombo i più bassi. La diagonale Cu-Pb si riferisce al calore. La polarità tra l’argento e il ferro concerne la luce, essendo il potere riflettente dell’argento il più alto, quello del ferro il più basso. La linea orizzontale Hg-Sn concerne la polarità delle masse specifiche, essendo il mercurio il più denso e lo stagno il meno denso (astrazione fatta, ben inteso, per l’oro, che si pone al di fuori delle polarità); al contrario della loro massa specifica, il mercurio è il metallo che passa più facilmente dallo stato liquido allo stato gassoso, e lo stagno quello che vi passa più difficilmente (Cfr. tav. 6, pag. 239). Queste tre ultime polarità (Cu-Pb, Ag-Fe, e Hg-Sn) conferiscono tutto il loro valore ad un’indicazione terapeutica data da Rudolf Steiner in un dibattito seguito ad una conferenza tenuta agli educatori della scuola Waldorf. Egli consigliava, quando un metallo era stato somministrato per sei settimane, di dare il suo contrario per oltre due settimane, al fine di evitare l’assefuazione e di mantenere l’effetto terapeutico, e indicava come contrari il rame e il piombo, l’argento e il ferro, il mercurio e lo stagno. Tutte queste concomitanze non possono essere l’effetto del caso; al contrario, dimostrano che i metalli hanno conservato il ricordo della loro origine cosmica; cercando di ritrovarla, noi diventiamo capaci di utilizzare i metalli al fine di ristabilire nell’uomo l’armonia cosmica che ha perduto ammalandosi. NOTE 1

Pelikan W., I sette metalli, Ed. Arcobaleno, 1991.

2

Rudolf Steiner, La scienza occulta nelle sue linee generali, op. cit.

3

Walter H., Die sieben Hauptmetalle, Dornach, 1966.

4

I valori che figurano in questa tabella sono presi dal Cours de Chimie di H. Pariselle, Ed. Masson et Cie, paris, 1956. Le cifre non corrispondono esattamente ai dati di W. Pelikan, ma se si raggruppano le differenze per ordine crescente, si ritrova lo stesso ordine. Ed è quello che qui importa.

233

Capitolo XXIV

Il Piombo In mano, un pezzetto di piombo provoca una spiccata sensazione di pesantezza. Tra i nostri sette metalli principali, esso è uno dei più pesanti, superato in densità solo dal mercurio e dall’oro. Si potrebbe anche dire che il piombo subisce in maniera intensa le forze di attrazione della terra. Per questa pesantezza, il metallo si pone all’opposto della luce, nei confronti della quale si mostra avido, assorbendola intensamente, non riflettendone che un livido bagliore; anche appena tagliato ha scarsa luminosità e la perde rapidamente a contatto con l’aria. La polarità tra il piombo e la luce si ritrova nel nostro linguaggio: infatti quando diciamo che il piombo è pesante (lourd, in francese. N.d..T.), noi utilizziamo una parola derivata dal termine latino luridus, che significa opaco, scuro; come descrive bene il piombo! In maniera molto generica, la pesantezza è sempre stata legata all’oscurità e la leggerezza alla luce. Così, gli Inglesi usano la parola light e il suo composto lightness, i Tedeschi parole simili Licht e leicht per indicare la luce e la leggerezza. Possiamo anche accostare il francese leger a lux e quante altre parole! Vedremo poi come il piombo, con l’intossicazione saturnina, ci porta verso la mineralizzazione, verso la terra e la pesantezza. Curiosamente, i rapporti di questo metallo si invertono con i suoi sali: la bianchezza, il potere riflettente e coprente della biacca, carbonato di piombo, l’hanno fatta utilizzare a lungo in pittura, ed è stata abbandonata solo per la sua tossicità. Lo stesso per i silicati di piombo che danno al cristallo splendore e sonorità.

Piombo e pesantezza

Tuttavia, sotto forma di metallo il piombo è malleabile e dà un suono opaco; una campana di piombo sarebbe priva di sonorità! Assorbe le vibrazioni di alta e bassa frequenza e costituisce un ottimo isolante contro il rumore. Anche in questo caso subisce senza reagire. La sua proprietà di soffocare o attutire l’impatto è usata per migliorare i carburanti: aggiungendo alla benzina tetraetile di piombo, si attenua la brutalità dello scoppio e si impedisce al motore di «Battere».

Piombo e suono

234

Medicina antroposofica

Piombo e radiazioni ionizzanti

Il piombo possiede anche un considerevole potere di assorbimento delle radiazioni ionizzanti – raggi X, raggi beta e gamma. Tali radiazioni molto penetranti, particolarmente pericolose per l’organismo umano, che distruggono, sono fermate dal piombo. Questa proprietà è sfruttata nella fabbricazione di recipienti destinati al trasporto di sostanze radioattive (radio, radio-isotopi, ecc.), oltre che nella protezione del personale esposta alle radiazioni.

Piombo e calore

Il pezzetto di piombo preso in mano si riscalda rapidamente. Si dice anche che ha un calore specifico debole: richiede poco calore per riscaldarsi e ne perde poco raffreddandosi. Il suo coefficiente di dilatazione è alto ed è superato solo da quello del mercurio, in altre parole esso richiede per dilatarsi in maniera notevole poco calore. Molte delle proprietà del piombo sono l’opposto di quelle dell’argento che occupa nella figura 9 di pag. – una posizione simmetrica. E così, il piombo è, tra i sette metalli, il peggiore conduttore di calore ed elettricità, mentre viceversa l’argento è il migliore. Si può tenere facilmente un pezzetto di piombo per un’estremità senza bruciarsi mentre si fa fondere l’altra estremità sulla fiamma. Il piombo fonde facilmente, è sufficiente la fiamma di una candela. Riassumendo le sue proprietà, diremo che il piombo subisce passivamente gli effetti del calore. Se questo metallo ha bisogno di così poco calore per riscaldarsi, dilatarsi e fondersi, non è perché ha in sè ancora qualcosa del calore primordiale di Saturno?

Proprietà chimiche

Lo studio delle proprietà chimiche del piombo dimostra che è leggermente elettropositivo. Forma facilmente dei sali, ed è assolutamente eccezionale trovarlo allo stato nativo. I sali di piombo sono insolubili o poco solubili, cosa che indica il loro carattere minerale. Esposto all’aria, il piombo si ricopre di uno strato impermeabile di carbonato o di ossido, che protegge il metallo da ogni ulteriore attacco. Tale proprietà permette di usare questo metallo da protezione contro gli agenti atmosferici e contro gli effetti dell’acqua di mare: così si ricoprono con un rivestimento di piombo i cavi elettrici e telefonici. Anche in questo caso il piombo dimostra la propria passività di fronte al mondo esterno.

Funzione di limitazione

Le diverse proprietà del piombo hanno dunque un carattere comune: la passività, l’indifferenza, il rifiuto di trasmettere ciò che arriva dall’esterno, sia che si tratti di calore, di luce, di suono, di effetti chimici, di elettricità o di radiazioni ionizzanti. Aggiungiamo che esso si oppone alla trasmissione della vita, perché provoca, come vedremo nell’intossicazione saturniana, la degradazione e la morte. Tali proprietà di isolamento e di limitazione sono sempre quelle della sfera di Saturno. Questo

Il Piombo

235

è alla periferia del sistema solare, esattamente come il piombo è alla periferia della classificazione periodica degli elementi. In natura, il piombo si trova soprattutto sotto forma di solfuro: la galena. Questa spesso è contenuta in una ganga di calcite (carbonato di calcio), che dimostra così l’affinità del piombo con il calcio. La galena cristallizza nel sistema cubico, come il salgemma e il diamante. Il cubo costituisce una forma tipicamente terrestre, in opposizione al’esagono cosmico della silice e dei cristalli di neve. Tra gli altri minerali di piombo, citiamo ancora la piromorfite, che contiene un fosfato naturale di piombo. Questo minerale è un isomorfo dell’apatite, un fosfato naturale di calcio. Ritroviamo il fosfato di calcio col carbonato nelle nostre ossa. L’affinità del calcio e del piombo si manifesta anche nell’isomorfismo dei loro carbonati e nel fatto che i due metalli sono bivalenti.

Stato naturale

Il piombo è il metallo dell’Ovest. Un tempo i Romani lo sfruttavano in Spagna. Attualmente, più della metà dei giacimenti del mondo appartengono all’America del Nord. Forse non è un caso che proprio gli abitanti della penisola Iberica, penisola del piombo, sono partiti alla conquista del Nuovo Mondo, il «continente del piombo». Allo stato normale, il corpo umano non contiene piombo in quantità ponderabile. Tuttavia ve ne è traccia nelle ossa e nelle calcificazioni patologiche: calcoli renali, calcoli biliari, ecc. Viceversa è nel sangue che è più difficile metterlo in evidenza , tranne, ben inteso, in caso di intossicazione. Questi fatti costituiscono una vera sottoscrizione delle due correnti saturniane descritte sin dall’inizio dello studio di questo pianeta: la prima agisce sull’osso concentrandovi il piombo, mentre la II lo fa sparire dal sangue.

Il metallo dell’Ovest

L’intossicazione da piombo è ricca di insegnamenti. Si è pensato a lungo che piccole quantità di piombo che si credeva totalmente eliminato con le urine, non provocassero disturbi. Tale concezione erronea è stata sapientemente sfruttata dalle industrie interessate (1). In realtà, l’assenza di saturnismo clinico, non significa affatto che tali dosi siano inoffensive e oggi si sa che molte affezioni di cui si ignorava l’eziologia possono con certezza essere imputate al piombo. Così, una certa tristezza, una tendenza alla malinconia, tradiscono spesso un addensamento progressivo dell’organismo dovuto al piombo. Rudolf Steiner ha ricordato il ruolo avuto nel movimento operaio dai tipografi resi più taciturni e quindi portati alla riflessione dal piombo assorbito a causa del loro lavoro. Agendo in senso contrario alla vita, il piombo sveglia la coscienza. Alcuni esperimenti realizzati da Egorova (2) hanno dimostrato che l’iniezione di due millesimi di milligrammo di piombo/Kg per sei giorni

Saturnismo latente

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Medicina antroposofica

consecutivi bastano a provocare la lesione dei testicoli e degli spermatozoi. Il piombo, dice Stöfen nella sua opera notevolmente documentata (3), lede tutti gli organi, e i disturbi descritti da questo autore presentano tutti una caratteristica comune, la degradazione della vita: infatti le aberrazioni cromosomiche possono provocare malformazioni ereditarie, aborti, parti prematuri, aumento della mortalità infantile, raccorciamento della lattazione, arteriosclerosi, encefalopatie, nefropatie, ecc. Non finiremmo mai di enumerare le affezioni che possono essere provocate o favorite dal piombo – Barmes (2) studiò la frequenza della carie presso gli indigeni della valle di Sepik, in Nuova Guinea, in relazione alla presenza di 32 elementi che esistevano allo stato di tracce nella loro alimentazione. La sola correlazione significativa concerneva il piombo. Facciamo notare che gli indigeni adottavano una alimentazione priva di zucchero. Gli abitanti della valle vicina che adottavano esattamente la stessa alimentazione non presentavano carie. La presenza o l’assenza di fluoro non ha portato alcuna modifica. Altri studi ugualmente citati da Stöfen hanno confermato l’azione del piombo sulla carie (4). È probabile che l’evoluzione della patologia dopo il XV secolo, caratterizzata da una diminuzione delle malattie «calde» a profitto delle «fredde», deve essere rapportata al piombo. Tale evoluzione ha per corollario una modifica dello stato di coscienza del mondo occidentale nel senso di una intellettualizzazione. Queste trasformazioni si sono considerevolmente accelerate nel corso degli ultimi cinquant’anni, durante i quali le dosi di piombo quotidianamente assorbite, anche dalle persone meno esposte, sono fortemente aumentate. Gli abitanti delle grandi città, a causa del piombo diffuso nell’atmosfera dalle automobili, si trovano talvolta al limite della dose considerata tossica, e si è arrivati a considerare normale l’assorbimento quotidiano di 0,5 mg (5) di piombo! Il saturnismo cronico

Dosi maggiori sono all’origine del saturnismo cronico clinicamente accertato – la forma acuta è rara -, caratterizzata dalla devitalizzazione e mineralizzazione progressiva di tutto l’organismo. La pelle diventa smorta, le mucose si disseccano, cosa che si traduce in raucedine per la laringe e in tosse per i bronchi. Le secrezioni intestinali diminuiscono, compaiono spasmi dolorosi che provocano la stitichezza, e realizzano il quadro della colica da piombo. Nell’apparato uro-genitale appaiono la ritenzione urinaria, la dismenorrea e la tendenza all’aborto. Non è risparmiato il fegato che quando ne è colpito provoca l’ematoporfininuria. Il sistema nervoso, la cui vitalità è già ridotta al minimo allo stato normale, è particolarmente colpito. Sopravvengono paralisi, che interessano soprattutto gli estensori, provocano attitudini alla flessione e contratture. La degenerazione del nervo ottico provoca un’amaurosi progressiva. Cefalee, perdita della memoria, disturbi affettivi e ansietà sono

Il Piombo

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in rapporto all’arrivo della malattia alla zona cerebrale. Ne è colpito anche il sangue, e la comparsa di emazie a granulazioni basofile consente la diagnosi dell’intossicazione (6). Nel sistema cardo-vascolare, gli spasmi sono all’origine di una ipertensione arteriosa. A lungo andare, l’interno dei vasi degenera e si sclerotizza. L’irrigidimento delle articolazioni è causa di dolori reumatici. Infine, anche i reni rischiano la sclerosi. Quando si configura l’insieme di questi sintomi di devitalizzazione, di disseccamento e di contratture, si ha l’impressione che se si lasciasse andare avanti l’intossicazione, essa ridurrebbe l’uomo allo stato di mummia incartapecorita simile a quelle che sono state ritrovate in Perù. A questo proposito, è interessante notare che la razza rossa, da cui discendono gli Indiani di questa zona, si è formata sul continente atlantico, sotto l’impulso dei misteri di Saturno (Rudolf Steiner). Ricordiamo ancora la predominanza del «principio testa» – polo minerale saturniano – presso i popoli dell’America precolombiana, predominanza che caratterizza tutte le loro rappresentazioni umane. Ritroviamo ancora l’azione di Saturno nel simbolismo della piuma – aquila, serpente piumato – elemento secco, minerale e privo di vita (7). Si capisce che questa razza saturniana si sia orientato verso il «continente di piombo». La sintomatologia dell’intossicazione da piombo come l’abbiamo appena descritta è paragonabile a quella che ci ha rivelato lo studio della I corrente di Saturno (Cfr. tav. 1, pag. 205). Da questa concordanza vien fuori un filo conduttore che ci permette di orientare a ragion veduta la terapia del piombo. Bisogna evidentemente evitare dosi tossiche. Per esempio, se prescriviamo una triturazione in D4, la dose quotidiana assorbita in ragione di tre dosi al giorno sarà nell’ordine di 1/20° di milligrammo. Siamo dunque un po’ al di sotto della tollerabilità ammessa; un D3 sfiora già il limite tossico. In pratica, salvo per il Minium di cui riparleremo, non si scenda al di sotto di D6. Abbiamo visto che l’organismo intossicato elimina del piombo attraverso le urine. Quando l’intossicazione finisce, la plomburia diminuisce fino a scomparire, benché resti del piombo nell’organismo. Come hanno dimostrato i lavori della signorina Wurmser e di Lapp, il processo di eliminazione può essere risvegliato dalle somministrazione di piombo a dosi omeopatiche non ponderabili.

Il piombo mummifica

Dove si collocherà l’azione di una dinamizzazione dell’ordine di D6? Benché quest’ultima abbia perduto il suo potere distruttore sull’organismo, caratteristico delle dosi tossiche, essa agisce nondimeno tramite il metabolismo, che suscita, cominciando da lui, una reazione dell’Io nella sua dinamica opposta, neuro-sensoriale. Ritroviamo qua un principio assolutamente generale di cui Rudolf Steiner tiene conto nel suo primo corso ai medici (8): «Tutto ciò che avviene al polo inferiore ha il

Azione del piombo dinamizzato

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Medicina antroposofica

suo negativo, il suo contrario al polo superiore». Così, quando riscaldiamo i piedi ricorrendo a un senapismo, noi raffreddiamo la testa. È assolutamente esatto, come ha detto Rudolf Steiner, che le basse dinamizzazioni agiscono tramite il metabolismo, le alte tramite il neurosensoriale (e le medie attraverso il sistema ritmico); ma se noi dimentichiamo che partendo da uno di tali poli suscitiamo una reazione inversa al polo opposto, noi non possiamo capire i processi terapeutici e saremo incapaci di gestirli ragionevolmente. Se, in pratica, le cose sembrano meno rigide, ciò è dovuto al fatto, che l’organismo tende spontaneamente a guarire, a ristabilire l’equilibrio. Nella misura in cui l’organismo «omeopatizza» i farmaci che gli somministriamo, esso corregge anche i nostri errori sulla scelta delle dinamizzazioni. Ma l’organismo non sempre ha la forza di omeopatizzare, di correggere i nostri errori, e in questo caso, solo la scelta della dinamizzazione giusta sarà in grado di portare alla guarigione. Indicazioni Dunque, dando del piombo in bassa diluizione, ricorriamo alle terapeutiche del piombo forze dell’Io nella loro dinamica superiore; tendiamo così, partendo dal

polo cefalico, a frenare l’eccessiva vitalità del metabolismo. Agiamo per conseguenza nel senso di un aumento della I corrente di Saturno. Il piombo in bassa diluizione sarà quindi indicato quando la I corrente di Saturno è insufficiente o quando predominano le correnti opposte – Saturno II e soprattutto Luna I. In linea di massima, ciò si traduce in un eccesso di vitalità, in una intensificazione del metabolismo che ha per corollario una diminuzione della coscienza – noi sappiamo che questa può manifestarsi solo a detrimento della vita. Va da sé che tali manifestazioni di eccesso della I corrente della Luna saranno più frequenti al principio che alla fine dell’esistenza. La concordanza tra i sintomi fisici e psichici avrà, anche qua, un grande valore per stabilire la diagnosi e scegliere il farmaco, ma non costituisce una regola assoluta. In certi casi, vedremo i disturbi fisici e funzionali alternarsi con quelli psichici o anche mancare completamente. La predominanza dei processi vegetativi si manifesta di preferenza e in maniera precoce nei bambini con la testa grossa. Quello che in genere non è che una tendenza più o meno facile da scoprire culminerà nell’idrocefalia, della quale parleremo a proposito dello stagno. I bambini della testa grossa si mineralizzano meno presto degli altri, le loro fontanelle impiegano più tempo a chiudersi e sono soprattutto meno svegli, più sognatori degli altri. Il medico ha bisogno di molte acutezza per scoprire precocemente il limite tra il fisiologico e il patologico, tra ciò che è normale e ciò che non lo è più. Sarebbe assolutamente sbagliato credere che tutti bambini dalla testa grossa abbiano bisogno del piombo; è bene invece dar loro sin dalla nona settimana i Sali di calcio nutritivi Weleda (N°1 al mattino, N°2 alla sera). Il piombo sarà riservato

Il Piombo

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per i casi patologici, dovrà essere maneggiato con molta prudenza, e non deve essere mai dato senza controllo. Sarà prescritto dalla D6 alla D10 (Plumbum met. da D6 a D10 trit.) oppure sotto forma di unguento (Plumbum met. D1 ungt.) applicato sulla testa – o, più esattamente nel punto dove i capelli formano un piccolo vortice che chiameremo spiga. Secondo le ricerche spirituali di Rudolf Steiner questo punto costituisce per il corpo eterico un «centro delle forze di rigetto del piombo». Il punto della spiga, centro della calotta cranica, è anche la fonte del polo minerale dal quale le forze saturniane agiscono sull’embrione. Applicandovi del piombo, agiremo dunque come se lo facessero le forze della I corrente di Saturno e compenseremo ciò che esse avevano di insufficiente nel bambino rimasto «troppo embrionale». Così facendo, non agiamo più tramite il metabolismo, ma in maniera molto più diretta: il risultato tuttavia è lo stesso. Va da sé che una terapia come questa è applicabile solo nel caso in cui il cranio non sia troppo mineralizzato, cosa appunto che succede nei bambini dalla testa grossa nei primi anni di vita. In bambini più grandi, tali applicazioni non avrebbero probabilmente alcune effetto, e dovremo allora fare ricorso ad una cura per via orale e persino ipodermico. Quando la diminuzione della coscienza è più accentuata, conduce al ritardo mentale. Questo contrasta spesso con uno sviluppo fisico normale o un po’ esuberante. Il piombo trova in questo caso una delle sue principali indicazioni e sarà tanto più efficace quanto prima sarà stato somministrato. Se il medico riesce a sospettare precocemente la predisposizione al ritardo mentale, delle semplici applicazioni di unguento al piombo potrebbero prevenire la comparsa di molti gravi disturbi. Sfortunatamente, questi bambini attirano meno la attenzione in quanto hanno una buona costituzione fisica. Nello stesso ordine di idee, bisognerà ricorrere al piombo nei postumi dell’encefalite, per esempio in seguito a vaccinazione, e nei disturbi che seguono una commozione cerebrale, caratterizzati, anch’essi, da un’attenuazione della coscienza. La preponderanza del metabolismo spesso ha come conseguenza l’obesità. Nel bambino che ne è colpito, specie se sembra un po’ addormentato, sarà utile ricorrere al piombo. Tali bambini ricordano la patogenesi della Calcarea Carbonica degli omeopatici. Ritroviamo in questo caso l’affinità tra il piombo e il calcio, che spesso è bene associare nella pratica.

Il piombo nel ritardo mentale

Abbiamo visto come le forze eteriche di crescita si trasformano, verso i sette anni sotto l’influenza dell’Io, in forze di pensiero, di rappresentazione. Quando queste forze abbondano e si manifesta sul piano del pensiero la tendenza alla proliferazione, essa dispone alla fantasia e stimola l’immaginazione creatrice. Ma può accadere che l’Io non sia

Piombo e schizofrenia

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Alcoolismo e Minium

Medicina antroposofica

abbastanza forte da mantenere il controllo di tali forze, che si emancipano quindi sotto forma di allucinazioni. Un tale processo può avere carattere passeggero privo di gravità, così come si osserva nel delirio che accompagna una febbre alta, che è di per sè una manifestazione caratteristica della II corrente di Saturno. In compenso, quando le allucinazioni assumono carattere permanente, esse si organizzano, sotto l’influenza del corpo astrale dominante – in assenza del controllo dell’Io -, realizzando una forma sistematica di delirio spesso caratteristica della schizofrenia. Ancora una volta in questo caso il piombo ci aiuterà a consolidare l’Io al polo neuro-sensoriale, nella sua dinamica superiore. Sarà bene, allora, cominciare col prescrivere il metallo sotto forma vegetabilizzata: Cichorium plumbo cultum 0,1%, per iniezioni sottocutanee da due a tre volte alla settimana. Si deve attendere che l’Io sia sufficientemente consolidato per prescrivere il piombo sotto forma di metallo (Plumbum met. alla D6 alla D10), dato che questa forma esigerebbe dall’Io uno sforzo che in principio sarebbe incapace di compiere. Quando la schizofrenia assume un carattere silenzioso, ad andamento depressivo o malinconico, si farà cominciare il trattamento con Aconitum plumbo cultum e si cercherà di creare il colore di cui l’Io ha bisogno per esprimersi, con delle unzioni della zona splenica con l’unguento al piombo (Plumbum met. D1 ungt.). L’alcolismo ha molti punti in comune con quanto scritto sopra. L’alcolista ha anche lui un Io debole; il suo metabolismo è intensificato, e si trova in uno stato infiammatorio cronico; infine anche lui soffre di allucinazioni. Benché a lungo andare il suo etilismo porti con sè la sclerosi e l’invecchiamento precoce, la sua tossicomania non rileva eccesso della I corrente di Saturno, ma caso mai il contrario. Rudolf Steiner aveva consigliato di curare questi ammalati con un sale di piombo: Minium D3 in triturazione e al bisogno D6 per iniezioni. Facciamo notare che sarebbe un errore somministrare questo preparato all’insaputa dell’ammalato, perché non si potrebbe ottenere una guarigione senza la sua partecipazione. Certo il suo Io è debole, ma si deve ricorrere proprio a quel poco che si manifesta in lui; in definitiva si può fortificare la volontà solo attraverso la volontà. Allo stesso modo in cui non si può fortificare un muscolo altro che facendolo lavorare – a condizione tuttavia di non andare oltre le sue possibilità. Questo trattamento e applicabile anche ad oltre tossicomanie.

Trattamento delle distrofie ossee

L’ossificazione e la mineralizzazione sono dipendenti della I corrente di Saturno. La sua insufficienza provocherà diverse forme di distrofia come l’osteomalacia, le osteoporosi, il morbo di Paget, il morbo di Lobstein, ecc., tutte malattie che necessitano di piombo a bassa diluizione. Esistono tuttavia altre distrofie ossee, come l’osteite conden-

Il Piombo

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sante e l’osteopetrosi, nelle quali la I corrente è, viceversa, eccessiva e di cui riparleremo. Notiamo ancora gli interessanti risultati ottenuti nel trattamento delle metastasi ossee della Cerusite D8 e dalla Piromorfite D8, due composti naturali del piombo che si devono somministrare per iniezioni sottocutanee in prossimità del punto algico. L’osteoporosi senile pone un problema un po’ particolare, perché si accompagna ad un processo inverso di sclerosi arteriosa. Si ha l’impressione che la tendenza alla mineralizzazione sia passata ai vasi. La demineralizzazione dell’osso è senza dubbio un processo di disincarnazione proprio a Saturno II, mentre l’arteriosclerosi appartiene alla I corrente. Non è sbagliato dire che le ossa sono, in linea di massima, in anticipo sui tessuti molli: la loro mineralizzazione comincia precocemente sin da prima della nascita; sarebbero anche i primi a subire i processi di disincarnazione, mentre il resto dell’organismo continua ad indurirsi. Vi sarebbe così un decalogo spazio-tempo delle due correnti. Tuttavia, non è indicato prescrivere il piombo in bassa diluizione nell’osteoporosi senile; viceversa i Sali calcarei nutritivi Weleda costituiscono un eccellente prevenzione alla fragilità ossea degli anziani.

Osteoporosi e arteriosclerosi

Con l’arteriosclerosi, noi affrontiamo le affezioni in relazione con una prevalenza della I corrente di Saturno. Benché la tendenza all’indurimento sia prevalente verso la fine dell’esistenza, può tuttavia riscontrarsi precocemente. Ne troviamo un tipico esempio nel bambino a testa piccola che tende a mineralizzarsi e a intellettualizzarsi troppo velocemente. Contrariamente al bambino a testa grossa, egli è troppo sveglio. Questa tendenza molto diffusa, dovuta probabilmente ed un saturnismo latente, è stata ancora accentuata da diverse pratiche che accelerano la mineralizzazione: alimentazione con latte di vacca, inizio troppo precoce di alimentazione composta da carne, eccesso di sollecitazioni neuro-sensoriali e soprattutto prescrizione sistematica di vitamina D. Numerosi bambini sono morti di sclerosi renale o polmonare in seguito ad assunzione di vitamina D, e quelli che sopravvivono per tutta la loro vita piangono le conseguenze di una mineralizzazione troppo precoce, e tra queste la modificazione della coscienza non è la meno grave. Tali bambini spesso sono oggetto di un’ammirazione tanto stupida quanto fuori posto. In realtà, le loro facoltà intellettuali troppo precoci raggiungono rapidamente il massimo, e allora cessano di evolversi e prendono un andamento schematico. Il pensiero si fa automatico, funziona come un computer; in realtà si disumanizza. Tale tendenza così generalizzata non è certo estranea alla mancanza di armonia in tante cose della nostra attuale società e non potrà che accentuarsi nei prossimi decenni.

Accelerazione e mineralizzazione

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Medicina antroposofica

L’epilessia

Tra le manifestazioni psichiche che si riscontrano talvolta nei bambini a testa piccola, citiamo anche la crudeltà, la coprofagia, la coprolalia e la predilezione per i cattivi odori (9). Allorché in bambini così alcuni organi si induriscono troppo rapidamente, essi diventano difficilmente permeabili agli elementi costitutivi superiori – corpo astrale e Io. Questi, soprattutto il corpo astrale, tentano allora di vincere la resistenza che l’organo oppone loro, «scuotendo» tutto l’organismo nella stessa maniera in cui noi scuotiamo una porta che non vuole aprirsi, e questo provoca una crisi epilettica. L’indurimento non interessa necessariamente tutto l’organismo e spesso si limita ad un organo o anche ad una parte di organo – cervello, stomaco, fegato, polmone, ecc. Il diagnosticare quale organo, se è possibile farlo, apre la strada ad eventuali terapie che permettono a volte la guarigione. Si può, tra l’altro, procedere all’applicazione di unguenti al piombo sulla zona cutanea corrispondente all’organo. Si può anche somministrare del piombo ed alta diluizione: Plumbum mellitum trit. oppure Plumbum met. dil., dalla D12 alla D20. Ricordiamo comunque che non tutti i tipi di epilessia riguardano questa categoria di bambini a testa piccola e sono allora da mettersi in rapporto con un’ipertrofia del metabolismo, che può pure costituire un ostacolo – locale o generale – alla penetrazione del corpo astrale.

Piombo e miele

Il rimedio base dell’arteriosclerosi è il Plumbum mellitum D12 trit. Si tratta di piombo preparato con miele e zucchero. Dando del piombo solo, si induce ad una attività che normalmente dovrebbe essere compiuta dall’Io. Sostituendosi ad esso, facilitandogli così il compito, si tende ad indebolirlo, tanto più in quanto il trattamento si deve protrarre a lungo. Intervengono allora lo zucchero e il miele, che obbligano l’Io a svolgere la sua attività. Essi così armonizzano l’azione del piombo.

Le alte dinamizzazioni

Per capire l’azione del piombo ad alta dinamizzazione, si deve tornare a ciò che dicevamo prima. L’alta dinamizzazione agisce al polo neuro-sensoriale provocando una reazione sul metabolismo. Si comprende allora la frase di Rudolf Steiner che a prima vista sembra paradossale: «Ciò che, a partire dal sistema neuro-sensoriale, a bassa dinamizzazione fa ammalare, a partire dal sistema metabolico ad alta diluizione provoca la guarigione». Il paradosso si risolve se noi capiamo che Rudolf Steiner conosce le reazioni dell’organismo in questi due poli. Così, un’alta dinamizzazione di piombo agisce bene al polo neurosensoriale, provocando però una reazione inversa nel metabolismo, attivandolo e permettendogli di lottare meglio contro gli indurimenti e la sclerosi. Con le alte dinamizzazioni del piombo viene aumentato il calore saturniano del sangue, e provochiamo un po’ di febbre in questi organismi troppo freddi. Intensifichiamo così la II corrente di disincar-

Il Piombo

243

nazione di Saturno. Non si tratta, naturalmente, di provocare il distacco dell’Io; ecco perché, ricorrendo al miele, l’obblighiamo ad interessarsi di più all’organismo. Il Plumbum mellitum D12 è malgrado tutto una dinamizzazione media e possiede per questo un’azione ritmica, armonizzante tra l’eccessivo indurimento e la tendenza alla disincarnazione. Non è proprio questo che noi cerchiamo quando le ossa si demineralizzano e i vasi si induriscono? Noi in questo caso disponiamo realmente, di un farmaco ideale per combattere tali tendenze tanto frequenti nella seconda metà dell’esistenza. Esso deve essere somministrato un quarto d’ora prima dei tre pasti, in triturazione quanto un pisello, preferibilmente accompagnato da un cucchiaino da caffè di Elisir di betulla Weleda. Quando le manifestazioni arteriosclerotiche sembrano interessare più particolarmente la testa, cosa che si accompagna a perdita di memorie, vertigini, disturbi di orientamento, otosclerosi e opacizzazione del cristallino, si deve utilizzare di preferenza il Plumbum mellitum D20 trit. In questo caso, l’esame dell’iride può fornire un’indicazione preziosa: l’arco senile infatti predomina in alto. Nei casi gravi, si potrà ricorrere alle iniezioni sottocutanee di Plumbum mellitum in D12, D20 o anche D30, per due o tre settimane.

Trattamento dell’arteriosclerosi

La tendenza alla disincarnazione indotta dal piombo al alta dinamizzazione può anche essere messa a profitto per favorire il sonno. In questo caso si deve utilizzare il metallo puro, senza zucchero né miele: Plumbum met. D20 sia in diluizione, per bocca, sia per iniezioni sottocutanee, associate preferibilmente a Primula/Onopordon/Hyoscyamus. In questo caso il Plumbum si deve dare la sera.

Il piombo nell’insonnia...

Si deve pensare al piombo anche nelle anemie del tipo Biermer. In tali malati esiste una predominanza della I corrente di Satuno e soprattutto un’insufficienza delle II: la «risurrezione nel tempo» – la cui espressione organica è il rinnovamento delle cellule – è insufficiente. Si tratta quasi sempre di ammalati di sesso femminile le cui forze eteriche saranno state nel corso dell’esistenza troppo sollecitate, per esempio da numerose gravidanze. Esse sono incapaci di sviluppare tutto il calore di cui avrebbero bisogno, benché talvolta possano manifestarsi reazioni febbrili di buon auspicio. Mancano di entusiasmo, dando un’impressione generale di rassegnazione. Può anche apparire la sclerosi del tessuto nervoso del midollo spinale, che indica che il processo polare di Luna I non è più controbilanciato. Sembra proprio indicato prescrivere a tali ammalati applicazioni di piombo nella zona splenica (Plumbum met. D1 ungt.) oppure iniezioni sottocutanee (Plumbum met. D20).

...e nelle anemie

244 Un antidoto: l’argento

Medicina antroposofica

Somministrato troppo a lungo, il piombo rischia di perdere la propria efficacia a causa dell’assuefazione, e rischia altresì di diventare nocivo. Quindi bisognerà intercalargli, dopo tre o quattro settimane di trattamento al piombo, una o due settimane di Argentum D6, preferibilmente durante la luna crescente. Quando un trattamento al piombo si sarà dimostrato inefficace, prima di riprenderlo si deve prescrivere il medesimo trattamento di Argentum. Con lo stesso principio, segnaliamo che si possono ottenere risultati interessanti nel trattamento del saturnismo con dei pediluvi arricchiti da una soluzione di nitrato d’argento (Argentum nitricum D4, un cucchiaino da caffè per un pediluvio).

NOTE 1

Verso il 1920, una compagnia americana, la Ethyl Lead Inc., che produceva tetraetile piombo da incorporare alla benzina, aveva assunto un giovane ricercatore di nome di Kehoe, incaricandolo di fare delle ricerche scientifiche destinate e provare l’innocuità di tale prassi, per rassicurare l’opinione pubblica. Tali ricerche disgraziatamente hanno fatto testo nel mondo intero per parecchi decenni e sono state confutate solo recentemente. (Secondo Stöfen, Blei als Umweltgift, Eschwege.).

2

Citato da Stöfen id.

3

Cfr. nota (1)

4

Da notare che ciò che, a torto, si indica col nome di piombatura dentaria, è in realtà un amalgama d’argento.

5

Questa tolleranza è almeno dieci volte troppo alta. Che dire allora degli abitanti di certe città che assorbono ogni giorno 1,5 mg di piombo e talvolta molto di più!

6

Il test all’A.L.S. è molto più sensibile e precoce.

7

Al contrario nell’antica India predominava il principio: ventre, rappresentato dalla vacca, e anche la mobilità degli arti come si manifesta in Shiva.

8

Rudolf Steiner, Scienza dello spirito e medicina, op. cit.

9

Sembra che l’intossicazione saturnina, soprattutto quella dovuta al piombo tetraetile, renda fetido l’odore del corpo. Si sa anche che il cattivo odore del corpo è spesso legato ad una mancanza di socievolezza. Questi due fatti si devono collegare ad un terzo che ha ugualmente carattere asociale: l’aumento della criminalità legato al saturnismo latente. (Secondo Stöfen, cf. sopra).

245

Capitolo XXV

L’argento Noi siamo più spesso in contatto con l’argento anziché col piombo, benché quest’ultimo sia molto meno raro. Ma l’argento per tutte le sue proprietà, è molto più affascinante! Indossare un gioiello di piombo, oltre i rischi di intossicazione che comporterebbe, ci metterebbe a disagio. Soppesando un pezzo di argento non si ha la stessa impressione di pesantezza di un pezzo di piombo di eguale volume, e tuttavia la densità del piombo non supera quella dell’argento: 11,35 contro 10,5. Ma l’argento è chiaro, brillante, mentre il piombo è scuro e spento, e tali proprietà modificano indubbiamente la nostra impressione di pesantezza; luce e leggerezza vanno di pari passo, esattamente come oscurità e pesantezza. Tra tutti i metalli, l’argento è quello che ha il più alto potere riflettente. Questa proprietà lo pone, entro certi limiti, all’opposto del piombo, e più particolarmente all’opposto del ferro, il cui potere riflettente è ancora meno alto, come dimostra la seguente tabella: Argento Oro Stagno Rame

95% 85% 76% 73%

Mercurio Piombo Ferro

72% 61% 56%

Tab.7 Potere riflettente dei sette principali metalli in % di luce riflessa in rapporto alla luce incidente. L’argento non modifica la luce come fanno gli altri metalli, ma la rinvia inalterata; e così è il metallo ideale per la fabbricazione degli specchi. Riflettere un’immagine è una forma di riproduzione. Se mettiamo due specchi l’uno di fronte all’altro, vi ci vediamo riflettere un’infinità di immagini e ritroviamo così quell’eterna riproduzione che era servita a caratterizzare la I corrente di Luna. Tale capacità di riproduzio-

Il principe della luce

246

Medicina antroposofica

ne si manifesta anche nell’estrema sensibilità dell’argento alla luce. La soluzione di un sale di questo metallo si decompone spontaneamente alla luce, depositando uno specchio d’argento metallico sulle pareti del flacone; quindi è necessario conservare le soluzioni di sali d’argento nell’oscurità. Questa proprietà è utilizzata in fotografia: una lastra o una pellicola ricoperti con un emulsione di un sale di argento – generalmente un alogenuro – nella gelatina annerisce alla luce, per liberazione di argento metallico. Anche un’esposizione brevissima basta ad innescare il processo che continua al momento dello sviluppo facendo ricorso ad un riduttore. Il cloruro d’argento manifesta anche la proprietà di riprodurre i colori, poiché prende la tinta dalla luce incidente. Sfortunatamente, questi colori così belli sono fugaci, non possono essere fissati, cosa che rende il fenomeno inutilizzabile per la tecnica della fotografia a colori. Argento e piombo

Per molte proprietà l’argento si colloca all’opposto del piombo. Esso è il miglior conduttore di calore ed elettricità, mentre il piombo ne è il peggiore. Tuttavia, la polarità tra piombo e argento non è assoluta e, per alcune proprietà, i due metalli sono viceversa molto simili. Sono entrambi abbastanza molli, la loro temperatura di fusione è inferiore a 1000°C e la quantità di calore necessaria alla loro fusione è debole. Entrambi si volatilizzano facilmente, l’argento esalando vapori blu. Ed entrambi si dilatano facilmente (fig.12, pag. 239).

Argento e ossigeno

Mentre allo stato solido l’argento non manifesta alcuna affinità con l’ossigeno, allo stato liquido esso ha la proprietà di dissolvere – senza tuttavia ossidarsi – 22 volte il suo volume di questo gas. Al momento della solidificazione, questo ossigeno viene bruscamente e rumorosamente espulso – fenomeno chiamato raggrinzamento; sulla superficie dell’argento, che era liscia e brillante allo stato di fusione, si formano piccoli crateri che ci ricordano quelli della Luna(1). Proprio come l’argento è incapace di trattenere l’ossigeno che aveva dissolto, il nostro satellite è incapace di trattenere l’elemento gassoso, da questo ne deriva l’assenza di atmosfera. L’argento puro è molle, è talmente malleabile che è possibile ridurlo in lamine estremamente sottili, al punto tale da farci passare attraverso la luce, alla quale danno una tinta viola. L’argento è anche molto duttile ed è possibile, da un grammo di metallo, estrarre un filo lungo due chilometri. Proprietà come queste somigliano a quelle di un liquido viscoso, cosa che conferma ancora una volta la tendenza dell’argento a prendere forma cristallina. Quando si vuole utilizzare l’argento in oreficeria o per coniare monete, lo si indurisce aggiungendovi una piccola quantità di rame.

L'Argento

247

Con la sua sonorità, l’argento ritrova la polarità col piombo. Facendo tintinnare una moneta, si può facilmente distinguere una moneta falsa – composta generalmente di piombo leggermente argentato – da una vera. E così l’argento è il metallo ideale per la fabbricazione di certi strumenti musicali per i quali è necessaria una sonorità particolarmente chiara e pura come i flauti. Una piccola quantità d’argento aggiunta al bronzo delle campane rende il loro suono più chiaro – non si dice forse «un suono argentino, una voce argentina»? Viceversa se si aggiunge un po’ di piombo al bronzo di una campana, il suo suono sarà più «caldo». La sonorità che l’argento manifesta così chiaramente nello spandere le proprie onde costituisce anch’essa una forma di eterna riproduzione.

Argento e suono

Chimicamente, l’argento è caratterizzato dalla propria elettronegatività che ne fa un metallo nobile che si rifiuta ostinatamente di ossidarsi. Tuttavia, è possibile ottenere ossidi d’argento per via traverse, per esempio facendo agire della potassa su nitrato d’argento. Si ottiene così del protossido d’argento Ag2O molto instabile; a contatto con ammoniaca, si trasforma in una polvere nera che, secca, ha la proprietà di esplodere violentemente al minimo contatto (argento fulminante).

Un metallo nobile

In compenso, l’argento possiede una notevole affinità con lo zolfo e gli alogeni. La presenza di tracce di idrogeno solforato nell’atmosfera provoca l’annerimento del metallo. I sali d’argento più interessanti sono certamente gli alogenuri: fluoruro solubile e cloruro, bromuro, ioduro solubili. Questi ultimi tre sono usati in fotografia. Trattando una soluzione di nitrato d’argento con l’acido cloridrico, si ottiene un precipitato bianco, raggrumato di cloruro d’argento. Questo fonde a 260°; raffreddandosi si rapprende in una massa che ha l’apparenza e la consistenza del corno: l’argento corneo. Tale fenomeno si deve ricollegare all’affinità che abbiamo stabilito tra la II corrente della Luna e le sostanze cornee.

Affinità chimiche

La grande facilità con la quale l’argento forma dei colloidi dimostra quanto questo metallo sia vicino ai processi vitali. Quando su una lastra di vetro ricoperta di gelatina cromatizzata si lascia cadere una goccia di nitrato d’argento, si formano una serie di anelli, detti anelli di Liesegang. La reazione si sposta progressivamente verso la periferia, come le onde che si formano quando cade una pietra nell’acqua. Si ritrova qui un processo di riproduzione la cui immagine ricorda certe forme vegetali come i semi di amido o quella che appare tagliando un tronco d’albero. I processi vitali sono un elemento caratteristico di tali ripetizioni.

Tendenza alla vita

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Medicina antroposofica

Stato naturale

Allo stato naturale si incontra spesso l’argento sotto forma di solfuro: l’argentite, che cristallizza come la galena nel sistema cubico. Si trova anche un cloruro: l’argento corneo naturale. L’argento esiste a volte allo stato nativo dove affiorano i filoni, ma resta allo stato di sale in profondità. L’argento nativo esiste sotto due forme, tutte e due più simili al vegetale che al minerale: sia in sottili filamenti arricciati: l’argento filiforme, sia in piccole masse sferiche che formano grappoli. Quasi sempre, l’argento accompagna un altro metallo, piombo, oro, talvolta anche il rame, come se avesse il compito di controbilanciare un’influenza troppo marcata dei metalli che accompagna. Così, non esiste praticamente piombo senza argento. I più ricchi giacimenti di argento sono in America (Messico, Bolivia, Perù e America Settentrionale), e si ha l’impressione che il «continente di piombo» ha, più che altro, bisogno dell’antidoto che è l’argento. L’acqua di mare, ambiente vitale per eccellenza, contiene argento finemente suddiviso, circa dieci milligrammi per metro cubo. W. Cloos (2) ha dimostrato l’importanza dell’affinità dell’argento con l’ambiente marino: la proporzione dell’argento in rapporto al piombo è là di 1/13°, mentre è solo di 1/250° nell’ambiente minerale. L’argento era conosciuto fin dai tempi più lontani. Convertendolo in moneta, lo si fa partecipare ed una nuova forma di riproduzione. Questo uso era così comune che già ai tempi dei Greci, il nome del metallo serviva a designare la moneta e la ricchezza. Se, allo stato naturale, l’argento è spesso legato al piombo, una volta estratto, tende ad affermare la sua polarità emigrando verso l’est. Già nel Medio Evo, la maggior parte dell’argento sfruttato in Europa partiva per l’Oriente.

Effetti sull’organismo

Metallo nobile e poco alterabile, l’argento è privo di tossicità ed è particolarmente adatto alla confezione delle posate e dei piatti. I sali d’argento, viceversa, sono tossici e possono provocare diarree e infiammazione delle mucose. L’argento accentua il legame del corpo eterico col suo supporto fisico, l’organismo-acqua. A questo proposito, è bene ricordare il ruolo del corpo eterico in tutti i processi di riproduzione, che lo indicano anche col nome di «corpo delle forze modellanti», di quelle forze che, partendo da un modello spirituale, costruiscono il nostro organismo. L’argento accresce l’influenza del corpo eterico sull’elemento liquido del corpo fisico. Tale intensificazione delle forze eteriche spinge il corpo astrale alla periferia, provocando meteorismo e timpanismo.

Affinità con la pelle

Nell’intossicazione da sali d’argento, vediamo che la pelle prende una tinta d’ardesia. Tale sintomo è la conseguenza dell’affinità di questi sali con la pelle, nella quale si depositano. Sotto l’influenza della luce,

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essi vi si decompongono, liberando il metallo che provoca allora la colorazione scura. Tale affinità dell’argento con la pelle è una conferma dei rapporti di quest’ultimo con la II corrente della Luna: l’argento metallico «morto» si fissa nella zona cornea morta dell’organismo. Quando Saturno provoca dei disturbi, bisogna fare ricorso alla Luna, cioè al suo metallo, l’argento. Saremmo ricorsi dunque all’argento nel saturnismo e, in generale, in tutte le affezioni che rivelano un eccesso di una delle due correnti di Saturno. Se predomina la I corrente, l’argento si deve dare in bassa diluizione: della D4 alla D6. Questa terapia è particolarmente indicata nei bambini e testa piccola, dalla facies invecchiata, mineralizzati troppo precocemente. Questi bambini sono spesso bruni, caratteristica che ci deve far preferire al metallo puro il suo solfuro: Argentite D6 trit., sempre più attivo quando è prescritto prima di coricarsi, poiché i processi che noi cerchiamo di intensificare predominano durante la notte. Ciò non impedisce, se vogliamo un trattamento intensivo, di somministrare il farmaco tre volte al giorno. Nei terrori notturni, frequenti in questo tipo di bambini, dobbiamo alternare l’Argentum D6 trit. (nei biondi) o l’Argentite D6 (nei bruni) col Phosphorus D5 e D6 dil. L’argento si deve dare la sera, durante la luna crescente, il fosforo la mattina, durante la luna calante. In generale, l’argento è più attivo durante la luna crescente (dalla luna nuova alla luna piena), ma non sempre è possibile aspettare il momento più favorevole alla sua prescrizione. Tale periodicità d’altronde è imperativa solo quando i sintomi sono influenzati dalle fasi lunari. Qualche volta si può moderare l’impazienza dell’ammalato con la prescrizione di una terapia preparatoria – per esempio, qualche giorno di Thuya. Ai bambini a testa piccola si devono ricollegare i lattanti ipotrofici, denutriti, che mancano di tono muscolare, dalla pelle flaccida, nei quali l’assenza di turgore dei tessuti è l’espressione non di un eccesso della I corrente di Saturno, ma della carenza della I corrente della Luna. Dobbiamo, anche qui, ricorrere all’argento a bassa dinamizzazione: dalla D4 alla D6 Le ipotrofie reagiscono molto favorevolmente anche alle iniezioni sottocutanee d’acqua di mare (Aqua marina 5% D4), associata eventualmente a Prunus spinosa (Aqua marina D3 / Prunus spinosa D6 o Aqua marina 5% / Prunus spinosa D6 aa). L’azione vivificante dell’acqua di mare è certamente dovuta in parte al suo tasso di argento.

L’antidoto di Saturno

Ricollegandosi le funzioni riproduttiva alla I corrente della Luna, dobbiamo utilizzare l’argento quando è necessario stimolarle e regolarizzarle. Molte dismenorree reagiscono positivamente all’argento. Questo metallo a volte dà risultati insperati nelle sterilità sia maschili che femminili. Abbiamo così curato con successo molte donne considerate, dopo parecchi esami, sterili incurabili. In questi casi dobbiamo prescri-

Trattamento delle affezioni della sfera genitale

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Medicina antroposofica

vere l’argento in D6, per periodi di due settimane coincidenti con la prima metà del ciclo. Non si deve più tener conto qui delle fasi lunari, ma della «Luna interiorizzata» negli organi di riproduzione. Il trattamento per bocca sarà utilmente completato da un’applicazione vespertina di unguento (Argentum met. D1 ungt.) sul basso ventre. Quando la dismenorrea si accompagna alla metrite, bisogna prescrivere ovuli vaginali (Argentum 0,4%) da introdurre prima di coricarsi, ogni sera o una sera sì e una no, dose generalmente sufficiente. L’Argentum va prescritto anche come trattamento complementare nelle uretriti gonococciche. Nel qual caso si deve prescrivere Argentum nitricum D4 dil. ogni due ore, alternandolo con Cannabis sat. D3 / Cantharis D4 / Eucalyptus 10% aa. È possibile che questo trattamento possa rendere superfluo il ricorso agli antibiotici, ma noi ci guarderemo bene dall’affermarlo, non avendo avuto occasione di prescriverlo. In ogni modo, le blenorragie esigono ripetuti controlli batteriologici, a causa delle remote conseguenze che un trattamento insufficiente rischia di provocare. Localmente, si devono fare delle applicazioni di compresse calde o dei semicupi con aggiunta di Thuya TM. Quando i processi morbosi sembrano solidamente ancorati all’organismo, è bene, per cominciare abbinare all’argento un metallo vegetabilizzato. Nei casi che precedono, dove è necessario rivitalizzare l’organismo, dobbiamo usare la Thuya argento culta 0,1% (l’eccesso di vitalità, come vedremo, esige viceversa il Bryophyllum argento cultum). Un rimedio per l’eccessiva mineralizzazione

Le ulcere gastroduodenali

Infine, nel quadro di una predominanza della I corrente di Saturno, citiamo le stipsi secche. Le feci dure come pietre, dette scibali, provano che c’è un processo di intensa mineralizzazione. Che siano e no la conseguenza di una intossicazione da piombo, opporremo loro l’argento a bassa dinamizzazione. L’argento è un rimedio utile anche nelle ulcere dell’apparato digerente, affezione caratterizzata dalla predominanza della digestione – processo astrale di distruzione – sulla corrente eterica di rigenerazione della mucosa digestiva . In questo caso dobbiamo prescrivere l’Argentum nitricum D4 o D6, ricorrendo alla capacità dell’Argentum per stimolare la rigenerazione e al Nitricum per assorbire l’eccesso di astralità. Ad alta dinamizzazione, l’Argentum nitricum ha proprietà diametralmente opposte; lo vedremo più altre.

Disarmonie tra fisico ed Normalmente, il corpo eterico coincide abbastanza esattamente eterico... col corpo fisico, ma l’articolazione tra i due elementi costitutivi inferio-

ri può essere turbato in diversi modi. Un trauma fisico o morale può provocare un certo distacco del corpo eterico. Il termine distacco, preso nel suo senso letterale, caratterizza perfettamente l’anomalia: il corpo

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eterico non coincide più esattamente col fisico. Un tale stato si tradurrà con disturbi della vitalità o con disturbi della coscienza, eventualmente con tutti e due insieme. È un processo dello stesso genere di quello che è all’origine della medianità: la parte del corpo eterico staccata dal fisico, riflette verso il corpo astrale, anche lui parzialmente staccato, processi estranei al proprio organismo, senza usare la via dei sensi. Una tale percezione extra-sensoriale si accompagna dunque, a causa del distacco più o meno completo degli elementi superiori, a una diminuzione della coscienza e ad una perdita di quel controllo che l’Io dovrebbe esercitare su ogni percezione. Con qualche variante, ritroviamo un processo similare nei sonnambuli o nei soggetti in stato di ipnosi, dato che il distacco del corpo eterico interessa principalmente la zona posteriore della testa. In un soggetto sottoposto ripetutamente all’ipnosi, il distacco del corpo eterico, sempre più instabile, tende a persistere; e così la persona diventa sempre più facile da ipnotizzare. A lungo andare, questo stato porterà con sè dei gravi disturbi persino sul piano fisico. Notiamo ancora che un soggetto dall’Io sufficientemente forte può sembrare resistere all’ipnotizzatore. In tutti questi disturbi dobbiamo ricorrere all’argento, perché questo metallo lega più intimamente il corpo eterico al corpo fisico. Anche qui la norma sarà la bassa dinamizzazione, intorno alla D6. In caso di trauma si deve completare il trattamento con unzioni al basso ventre con Oxalis 10% ungt.

...e il loro trattamento

L’isterismo è affine ai disturbi che precedono, perché è una specie di versamento delle forze eteriche che respingono il corpo astrale verso la periferia; da lì derivano le sensazioni superficiali così diverse percepite da questi ammalati: sfioramenti, solletico, formicolii, ecc. Anche in questo caso l’argento sarà utile per riportare al suo posto il corpo eterico. All’inizio del trattamento, è particolarmente indicato qui l’argento vegetabilizzato, Bryophillum argento cultum 0,1%. Si deve somministrare sotto forma di iniezioni sottocutanee nelle coscie, perché bisogna attirare verso il basso il corpo eterico che tende a dilagare nell’alto dell’organismo. Più tardi, sarà bene consolidare il trattamento con il metallo (Argentum met. D6) o al suo composto naturale di antimonio, la discrasite, che aggiunge alle proprietà dell’argento l’effetto di strutturazione dell’antimonio.

L’argento nell’isterismo

Le allucinazioni sono, anch’esse, manifestazioni abbastanza simili alle precedenti. Abbiamo visto che i nostri processi di coscienza possono compiersi solo nella misura in cui la vita si sia ritirata dagli organi neuro-sensoriali. Il cervello è come uno specchio il cui ruolo è quello di riflettere le nostre percezioni verso gli elementi costitutivi superiori. La

Le allucinazioni

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Medicina antroposofica

qualità di uno specchio è la sua passività, perché se introduce elementi che gli sono propri, deforma l’immagine riflessa. Allo stesso modo, se dei processi vitali invadessero il nostro cervello, le immagini riflesse alla nostra coscienza sarebbero deformate e, a un grado maggiore, prenderebbero vita nuove immagini. Questo è, in fondo, il processo di allucinazione. Anche qui, l’argento è il mezzo per richiamare nella loro sfera i processi eterici vitali (Bryophillum argento cultum 0,1% e successivamente Dyscrasite D20). Regolazione dell’organismo-acqua

La ripercussione dell’instabilità del corpo eterico sull’organismoacqua, suo supporto, ne turba le funzioni. La mancanza di turgore nei tessuti del lattante ipotrofico segnalato prima ne è un esempio; l’enuresia infantile ne è un altro, e giustifica un trattamento con l’argento, sotto forma di unguento (Argentum met. D1 ungt.) applicato la sera nella zona vescicale. Anche certe diarree rivelano queste labilità e reagiranno bene all’argento. Tale metallo costituisce, così un regolatore dell’organismoacqua che agisce bene tanto nell’eccesso di secchezza che nell’eccesso di umidità.

Rispetto a controllo della febbre

L’antagonismo tra Saturno e la Luna sarà sfruttato ancora nelle affezioni che rilevano un predominio della II corrente di Saturno (ma allora si deve utilizzare l’argento ad alta diluizione (da D20 a D30). La febbre ne sarà la principale indicazione. Tuttavia non bisogna dimenticare che essa è un aiuto prezioso, che si deve saper rispettare nella misura in cui contribuisce alla guarigione. È solo quando va al di là del suo scopo, sia per intensità che per durata, che converrà moderarla. Questo, per esempio, succede nelle febbri tifoidi. L’Argentum D20 o D30 si deve iniettare, secondo la necessità, ogni due giorni, ogni giorno e eccezionalmente due volte al giorno. Tuttavia non bisognerà aspettarsi, con l’argento, uno spettacolare calo della temperatura, e sarà a volte necessario completare le iniezioni con i bagni o l’avvolgimento in panni bagnati.

Indicazioni d’Argentum nitricum

La febbre accompagna nella maggioranza dei casi un processo infettivo il cui esito è il disfacimento dei tessuti e la comparsa di pus. La perdita della forma è stata riferita alla II corrente dei Giove, che presenta alcune somiglianze con la II di Saturno. Tutti i processi infettivi – sarebbe troppo lungo enumerarli – qualunque sia la localizzazione, necessitano di argento ad alta dinamizzazione. In questi casi sarà vantaggioso sostituire al metallo uno dei suoi sali: Argentum nitricum da D20 a D30 per iniezioni sottocutanee attorno al focolaio d’infezione. Con Argentum nitricum, noi ricorriamo, da un lato, alle forze dell’Io grazie al metallo, e dall’altro lato mobilitiamo le forze del corpo astrale e l’effetto dell’acido nitrico.

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L’Argentum nitricum D20 permetterà anche di combattere altri aspetti meno acuti della perdita della forma, tanto diversi come la piorrea alveolo – dentaria, il rammollimento cerebrale e alcune forme di obesità. La gravidanza isterica costituisce un aspetto particolarissimo di questa perdita della forma e rientra nel campo dello stesso trattamento. D’altra parte, una simile affezione è affine all’isteria e quest’ultima, a sua volta e in un certo senso, può essere considerata come una perdita della forma. Abbiamo fatto notare a pag.- i rapporti che esistono tra la II corrente della Luna e la pelle, specialmente nell’ipertrofia dei tessuti cornei. In questa affezione, sembra del tutto indicato usare quella sostanza così particolare qual’è l’argento corneo (Argentum chloratum nat. da D6 a D10). L’eccesso della II corrente lunare si manifesta anche nelle atrofie e nelle affezioni virali del sistema nervoso, nelle quali, da principio, si deve ricorrere all’argento a bassa dinamizzazione. NOTE 1

La mappa del fondo del Pacifico, redatta con sondaggio agli ultrasuoni, rivela ugualmente un paesaggio lunare formato da una moltitudine di vulcani sottomarini spenti. Ora è probabile che la Luna si sia staccata dalla terra dal polo Pacifico.

2

Cloos W., Saturn-Blei und Mond-Silber-Prozesse in Mensch und Erde, in Heilmittel für typische Krankheiten, Dornach, 1963.

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Capitolo XXVI

Lo Stagno Riprendiamo la figura 9 di pag. 237. Da una parte e dall’altra dell’asse di simmetria verticale che passa attraverso l’oro, troviamo, al di sopra della coppia piombo-argento, una seconda coppia: stagno-mercurio. Questi due metalli si distinguono per comportamenti particolari, come se cercassero di imporsi di fronte agli altri sfuggendo alla regola generale; è lo stesso per l’oro, posto in cima ad un triangolo isoscele ai cui angoli inferiori troviamo il mercurio e lo stagno. La particolarità del mercurio, sulla quale torneremo, è di essere a temperatura normale l’unico metallo liquido.

La coppia stagno-mercurio

Tra il ferro e il piombo, metalli smorti del gruppo di destra, lo stagno ha una bella lucentezza, e si sarebbe tentati di scambiarlo col mercurio, la minore luminosità del quale e la tinta grigia farebbero piuttosto allineare a destra. Così, lo stagno somiglia un po’ all’argento ed è stato a lungo usato al suo posto per fabbricare gli specchi (stagnatura del vetro). I foglietti di stagno che nella nostra infanzia avvolgevano i cioccolatini – rimpiazzati adesso da carta d’alluminio – erano impropriamente chiamate «carta d’argento». Altra singolarità, lo stagno, che in natura si incontra generalmente sotto forma di ossido, non si ossida a temperatura normale e, come un metallo nobile, conserva la propria lucentezza.

Un metallo dal comportamento singolare

Ma questo metallo sorprende anche per altre proprietà: è il solo che abbia un odore; questo compare non appena entra in contatto con la pelle. Non è tutto: al contrario degli altri metalli, quando lo si riscalda oltre i 160°, invece di rammollirsi, si indurisce e diventa friabile al punto da poter essere polverizzato. Dà così l’impressione di volersi difendere dall’azione del calore. Reagisce ancor più singolarmente al freddo: al di sotto di – 18°, comincia a trasformarsi in una polvere grigia, lo stagno grigio, meno denso dello stagno bianco comune, e ciò tanto più rapidamente quanto più è bassa la temperatura. Da quando è inne-

Reazione al caldo e al freddo

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Medicina antroposofica

scata, tale trasformazione continua, come una malattia; e così gli Antichi parlavano di peste dello stagno. È anche possibile inoculare questo «malattia» a un pezzo di stagno che non ne è colpito, praticandovi una scarificazione e introducendovi un poco di stagno grigio. Si forma allora, alla superficie del metallo, una specie di pustola che si estende progressivamente. Questa trasformazione dello stagno è stata, la causa della distruzione di molti pezzi antichi, conservati in alcuni musei non riscaldati, durante inverni rigidi. Ma il processo non è irreversibile: fondendo lo stagno grigio, esso, raffreddato, ridiventa stagno bianco. Il fatto di diminuire di densità per effetto del freddo, al momento della trasformazione in stagno grigio, ciò è una proprietà che questo metallo divide con l’acqua, che diminuisce di densità raffreddandosi (al di sotto dei 4°C). Stagno e piombo

Col piombo, suo vicino, lo stagno ha alcune proprietà in comune: è molle, poco tenace, facilmente fusibile, cattivo conduttore del calore e dell’elettricità, e agevolmente dilatabile. I metalli del gruppo di destra (fig.13, pag. 240) comportano un notevole scarto tra punto di fusione e punto di ebollizione, proprietà che culmina nello stagno, poiché lo scarto è per lui di 2.038°. Anche qua, esso sembra voler resistere all’effetto del calore e conservare lo stato liquido il più a lungo possibile. Lo stagno, come il piombo, fonde facilmente, ma non si lascia forgiare. In compenso, non annerendosi a contatto dell’aria, lo stagno è l’opposto del piombo. Esso è anche il più leggero dei sette metalli principali.

Un metallo paradossale

Benché metallo molle, lo stagno possiede, al contrario del piombo, una struttura cristallina, e quando si piega una sbarra di stagno, si avverte uno scricchiolio: il grido dello stagno. Struttura cristallina e malleabilità (da non confondere con forgiabilità) sono due proprietà contraddittorie che stupisce incontrare nello stesso metallo. È un’altra maniera di rendersi singolare. Lo stagno, come Giano, mostra così un doppio volto. In lega col rame, gli conferisce durezza formando il bronzo. Aggiunto al piombo, fornisce una lega più fusibile di ognuno dei suoi componenti, cosa che lo fa usare per la saldatura detta «stagno». Tale saldatura, che contiene generalmente il 33% di stagno, deve a quest’ultimo la notevole fluidità che le permette di colare e insinuarsi tra i pezzi da saldare. Si aggiunge un po’ di stagno anche al metallo dei caratteri di stampa (piombo-antimonio-stagno) per accrescere la sua fusibilità e la sua fluidità.

Proprietà chimiche

La chimica dello stagno è semplice: i suoi principali composti sono ossidi e cloruri. L’ossido bivalente SnO2, chiamato anche «polvere di stagno», è usato per la preparazione degli smalti e, a causa della sua durezza, per la levigatura delle pietre. Quest’ossido fornisce degli idrati

Lo Stagno

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di carattere acido, capaci di formare degli stannati; così, gli ossidi di stagno si comportano indifferentemente come un acido o come una base; anche questa è una singolarità dello stagno. Il cloruro stannoso Cl2Sn è adoperato in tintoria, è il «sale di stagno delle tintorie». In sè stesso è incolore, ma mette in luce il colore di certe tinture vegetali alle quali si aggiunge. Il cloruro stannico Cl4Sn è un liquido volatile, come il tetracloruro di carbonio Cl4C e il tetracloruro di silicio Cl4Si. Questi due elementi d’altra parte, il carbonio e il silicio, appartengono alla stessa famiglia dello stagno nella classificazione periodica degli elementi. In soluzione nell’acqua, il cloruro stannico si idrolizza formando un idrossido colloidale. Tra i composti dello stagno, citiamo anche il solfuro stannico S2Sn chiamato aurum musivum: l’oro dei mosaici, adoperato per la doratura del gesso e del ferro. In natura, lo stagno si incontra principalmente sotto forma di ossido, la cassiterite. Essa si presenta in cristalli scuri, molto brillanti, che appartengono al sistema tetragonale la cui forma elementare è un prisma a base quadrata. La cassiterite forma dei filoni nel granito dove tende a sostituirsi al feldspato È spesso accompagnata da fluorite e da topazio o da granito topazificato. Il granito è composto da quarzo, feldspato e mica e forma così una triade in seno alla quale quarzo e mica rappresentano gli elementi polari, relazionati da un elemento intermedio, il feldspato Il quarzo è il cristallo per eccellenza, espressione delle forze cosmiche di strutturazione. La mica, invece, con le sue lamelle sovrapposte, è più vicina all’elemento liquido, che si può rappresentare come un’infinità di piani che scivolano gli uni sugli altri. Nei giacimenti di stagno, non è più il feldspato ad avere il ruolo di legame tra gli estremi, ma la cassiterite; essa così partecipa allo stesso tempo all’uno e all’altra. Noi ritroviamo nella struttura cristallina dello stagno le forze cosmiche del quarzo e nella sua malleabilità una proprietà che lo avvicina all’elemento liquido a «struttura stratificata». Queste due proprietà si manifesteranno sul piano terapeutico. Il quarzo in realtà è silice, un ossido di silicio, metallo del gruppo dello stagno. Silice (SiO2) e cassiterite SnO2 hanno formule similari.

Il minerale di stagno: la cassietrite

Gli Antichi cercavano lo stagno nelle isole cassiteridi, oggi Cornovaglia, a sud-ovest dell’Inghilterra. Attualmente, i giacimenti più importanti sono in prossimità dell’equatore. Pelikan (1) fa a questo proposito un’osservazione molto interessante: «Se si divide la Terra al centro col piano della sua orbita attorno al Sole, quello dell’ellittica, si ottiene un grande cerchio inclinato di 23°, 30' in rapporto a quello dell’equatore. I diversi giacimenti di stagno si pongono su uno di questi grandi cerchi o, più esattamente, sistematicamente da una parte e dall’altra di questo. Il quale cerchio attraversa esattamente i giacimenti boliviani: lapaz, oro-

Geografia dello stagno

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Medicina antroposofica

ro, Potosi; in Africa, attraversa il Niger con i suoi importanti giacimenti. In Asia, passa per la Birmania, a nord e a sud della quale si trovano i giacimenti più ricchi del mondo. Infine, i giacimenti australiani e tasmaniani si trovano a sud di questo cerchio, mentre dall’altra parte della terra, a nord del cerchio, alla stessa distanza si trovano i giacimenti meno importanti della Spagna e le tanto celebri miniere di Inghilterra e Boemia. Se la terra girasse su sè stessa attorno a un’asse perpendicolare al piano della sua orbita – come fa Giove unico tra tutti i pianeti -, se dunque il suo asse fosse spostato di 23°, 30', cosa che porterebbe il polo nord nei pressi del grande Lago dell’Orso in Canada, i giacimenti formerebbero una cintura equatoriale di stagno con due sottili strisce a nord e a sud, nelle regioni temperate (fig.16). Esiste dunque una geografia dello stagno in relazione ad una caratteristica propria a Giove – il pianeta dello stagno -, che unico gira su sè stesso attorno ad un asse perpendicolare al piano dell’ellittica. Questa geografia dello stagno è molto diversa da quella del piombo studiata prima. Accanto alla cassiterite, segnaliamo l’esistenza di due minerali di stagno di minore importanza: la pirite di stagno, che è un solfuro, e un silicato naturale di stagno, l’arandisite, importante per noi sul piano terapeutico. Usi dello stagno

Né lo stagno – purché esente da piombo – né i suoi sali sono tossici per l’uomo, e questo metallo è stato in passato largamente utilizzato per la fabbricazione di cucchiai e recipienti destinati all’alimentazione. Il foglio di stagno, oggi rimpiazzato per ragioni economiche dal foglio di alluminio, più resistente ma meno morbido, serviva un tempo per avvolgere prodotti alimentari. Oggi, lo stagno ha un ruolo notevole nell’industria delle conserva, dove serve per la saldatura delle scatole e soprattutto a proteggerle dalla corrosione. Tale industria è attualmente con molte probabilità la maggior consumatrice di stagno. Aggiungendo un po’ di stagno al rame, si ottiene il bronzo, la cui durezza è dovuta alla struttura cristallina del primo. Il rame da solo non sarebbe abbastanza duro per fabbricare utensili, armi o leve. Il bronzo ha avuto un ruolo talmente importante nello sviluppo dell’umanità che ha dato il proprio nome ad una civilizzazione: l’età del bronzo. Era allora il metallo più duro conosciuto dagli uomini e si resta stupefatti di fronte alla perfezione dei monumenti realizzati usando attrezzi di bronzo.

Rapida escursione linguistica

Il nome dello stagno deriva probabilmente dal celtico ystaen, da collegare col greco stenos che significa forza, col tedesco Stein e con l’inglese stone che significano tutti e due pietra, cioè «il duro». In latino si trova stammum e stagnum, due sinonimi che servono a indicare sia lo stagno che la palude, la distesa d’acqua. Stagno significa rendere solido,

Lo Stagno

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Fig. 16: Principali giacimenti e circolo dello stagno

indurire. Queste parole evocano anch’esse il doppio volto dello stagno, da un lato la sua proprietà di indurire il bronzo e dall’altro il concetto di fluido immobilizzato. Quando un avvenimento inatteso ci sorprende al punto di impedirci di reagire, da renderci immobili come statue, noi ci diciamo stupiti, espressione che ha la stessa radici della parola inglese stone. Diremmo anche pietrificati. Ma è ancora un’altra maniera di «pietrificarsi». Colui che ha di sè stesso un’opinione troppo alta si considera volentieri un monumento che sucita l’ammirazione degli altri, brillando di una luce artificiale che non è quella dell’oro e neppure quella dell’argento, una luce un poco usurpata come quella dello stagno. E così, per issarsi sul piedistallo, di quanta flessibilità da «stagno» egli sarà capace anche quando le sue articolazioni cigolano sia pure poco! Speriamo che una dinamizzazione del metallo di Giove possa guarire nello stesso tempo le sue ginocchia arrugginite e il suo orgoglio! Ma con questo suggerimento affrontiamo già la terapeutica. Eccesso di consistenza ed eccesso di fluidità sono le chiavi della terapeutica per mezzo dello stagno. Queste manifestazioni riflettono i disturbi dell’organismo-acqua in relazione col fegato. Abbiamo riassunto le affezioni caratteristiche di tali processi in rapporto alle correnti di Giove e di Mercurio nella tabella di pag.- In principio, quando si manifesta la tendenza all’indurimento e al disseccamento, che esprime una predominanza della I corrente di Giove, noi ricorriamo allo stagno in dinamizzazione media: Stannum met. da D8 e D12. Agiremo nella stessa maniera nei processi di ristagno relativi ad una predominanza della II

Tra solido e liquido

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Medicina antroposofica

corrente di Mercurio. Allora dobbiamo prescrivere Stannum met. dalla D8 alla D12 nelle cirrosi, le asciti, gli edemi e in certi eczemi in relazione col fegato. Nello stesso ordine di idee, esiste una precisa indicazione di Rudolf Steiner che concerne il trattamento complementare delle corize spasmodiche con Plumbum/Stannum: nei soggetti a tendenza ipocondriaca, si deve dare Plumbum D14 2 parti / Stannum D14 1 parte e nei soggetti a tendenza eretica Plumbum D14 1 parte / Stannum D14 2 parti, questo sotto forma di triturazione due volte al giorno grande come un pisello (2). Nello stesso quadro, notiamo anche i bambini adenoidei, poco svegli e predisposti ai parassiti intestinali – sintomi che riflettono una certa forma di ristagno – ai quali dobbiamo prescrivere pure lo Stannum da D8 a D10 trit. Lo stagno nelle depressioni

Il risentimento dei disturbi epatici sullo psichismo si manifesterà principalmente con la depressione, talvolta con la mania o anche con un’alternarsi di entrambe. Il trattamento deve sempre cominciare col metallo vegetalizzato per iniezioni sottocutanee: Taraxacum stanno cultum 0,1% nella depressione e Cichorium stanno cultum 0,1% nella mania, entrambi associati di preferenza all’Epatina D4. Eccezionalmente, in casi molto gravi, si dovrà ricorrere ai metalli vegetalizzati all’1%. In seguito, sarà necessario consolidare il trattamento con lo Stannum met. da D8 a D12 o con l’Arandisite, un silicato naturale di stagno, in D6 o D15.

Stagno e formazioni cistiche

Anche le formazioni cistiche sono da mettere in relazione con un disturbo dell’organismo-acqua, perché sono anche loro una forma di ristagno legato al fegato, che necessita di stagno. Così, le cisti ovariche regrediscono rapidamente con Alumen crudum 0,1% / Cuprum met. 0,0002% / Nitricum acidum 0,23% / Stannum met. 0,2% / Eccipiente q.b. al 100% e non è raro che dopo una settimana di trattamento la cisti non sia più palpabile, perché, da quando si abbassa la pressione del liquido, la cisti diventa flaccida come un pallone sgonfio e non da più alla mano che palpa l’impressione di durezza che aveva permesso di scoprirla. Bisogna tuttavia continuare il trattamento per parecchie settimane, anzi parecchi mesi, istituendo ogni tanto una pausa di dieci, quindici giorni. Nella stessa ottica, un’iniezione di Stannum, da principio in D20, potrebbe essere capace di alleviare rapidamente una sindrome di Ménière, agendo sull’ipertensione dell’endolinfa. Lo stesso trattamento potrebbe essere proposto anche per l’ipertensione intracranica. Nei processi simili al glaucoma, sono stati ottenuti ottimi risultati con iniezioni sottocutanee di Stannum met. da D20 a D30 e istillazioni oculari di collirio Stannum met. D8 / Succinum D6 aa. Tale trattamento dovrà essere completato con somministrazione per bocca di Cissus ossa D3 o D6 trit. (esiste anche per iniezioni sottocutanee in D6).

Lo Stagno

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L’eccesso della II corrente di Giove è caratterizzata dalla perdita della forma. Ne abbiamo un tipico esempio nell’idrocefalia. Oltre l’unguento al piombo da applicare nella zona della spiga si deve applicare la mattina un unguento allo stagno sulla fronte (Stannum D1 25% ungt.). Si deve anche confezionare un berretto munito di un foglio di stagno che il bambino deve portare durante la notte. Per bocca si deve dare Stannum met. da D15 e D20 trit., due volte al giorno quanto un pisello mescolato al latte del biberon (oppure, se si tratta di un bambino allattato al seno, somministratelo così com’è prima della poppata). I bambini idrocefali sono ipersensibili a tutti gli stimoli neuro-sensoriali e particolarmente alla luce; e così Rudolf Steiner raccomandava di non esporli al sole e lasciarli durante il primo anno ed eventualmente anche il secondo, in una semi oscurità, facendoli uscire solo al crepuscolo. La prescrizione e l’applicazione di tale misura hanno bisogno di molto coraggio, ma i buoni risultati della terapia sono la prova della sua validità.

Trattamento dell’idrocefalia

Stannum da D8 a D10 si deve dare in tutti i versamenti infiammatori, pleuriti, pericarditi, asciti, e negli idrartri, sotto forma di iniezioni sottocutanei loco dolenti, associato eventualmente a Bryonia D6. È bene completare questo trattamento con unzioni delle zone interessate con Stannum met. D1 ungt. Tale trattamento spesso rende le punture superflue e in genere permette di evitare le conseguenze, specialmente le aderenze. Stannum D10/Bryonia D3 sarà un buon farmaco anche per la bronchite.

Stannum nei versamenti

L’artrosi è la principale indicazione dello stagno. Essa è contemporaneamente disseccamento e perdita della forma – questa può essere secondaria – delle cartilagini articolari. Si deve prescrivere lo Stannum 1% poi 5% trit. quanto un pisello tre volte al giorno. Congiuntamente si deve prescrivere Phosphorus in ol.D3, prima una goccia, poi due, poi tre ogni mattina, da prendere in un poco di zucchero. In seguito si ridiscende a due gocce, poi a una. Si sospende poi tanto il Phosphorus che lo Stannum per due settimane e si ricomincia. Lo Stannum D10 5% potrà essere prescritto anche in un altro aspetto della perdita della forma, nella fattispecie in alcune obesità. Bisogna però essere prudenti nella prescrizione dello Stannum ai soggetti magri e devitalizzati, ed eventualmente far precedere il trattamento con lo stagno da una cura di una quindicina di giorni di Argentum D6. Abbiamo d’altronde già ricordata la perdita della forma a proposito dell’argento; quanto precede può, all’occorrenza, motivare la scelta tra i due metalli.

Trattamento dell’artrosi

Nella scarlattina Rudolf Steiner raccomandata di fare delle bagnature o avvolgimento con l’aggiunta di un cucchiaio di Cassiterite 0,1%,

La cassiterite, il rimedio della scarlattina

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l’ossido naturale di stagno, al fine di prevenire le complicazioni di questa malattia come nefriti e reumatismi. Ciò si spiega quando si sa che, in questa malattia, l’influenza intensa dell’Io può avere come conseguenza una degradazione dell’organismo-acqua. In questa stessa ottica si può capire come Rudolf Steiner abbia raccomandato la Cassiterite D2 alternata a Cuprite in due casi di morbo di Basedow. Se, dopo aver così studiato lo stagno, consultiamo una patogenesi dello Stannum capiremo meglio i sintomi che vi appaiono, scoperti empiricamente dagli omeopati. Non abbiamo d’altro canto la pretesa di aver esaurito i casi che giustificano il ricorso allo Stannum e abbiamo voluto dare solo un filo conduttore che permetta di usare giudiziosamente tale metallo.

NOTE 1

Pelikan W., I sette metalli, op. cit.

2

Walter H., Die sieben Hauptmetalle, obs. 109.

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Capitolo XXVII

Il Mercurio Quale bambino, dopo aver rotto un termometro, non ha tentato di afferrare le gocce di mercurio sparse sul pavimento? Ma appena crede di averle prese ecco che scappano dividendosi in goccioline ancora più piccole e mobili che si disperdono ai quattro angoli della stanza, e bisogna usare dell’astuzia per raccoglierle, tanto è la vivacità che manifestano; si può per esempio farle rotolare su un foglio di carta, dove diventa possibile riunirle in una goccia più grossa che sfugge al minimo movimento. Perché l’argento vivo spinge al gioco, anzi di più, è un gioco esso stesso, un gioco che, sfortunatamente, non è privo di pericolo data la tossicità di questo metallo (1). Se si riesce a trattenere un po’ di mercurio nel cavo della mano, si prova una curiosa sensazione di pesantezza che contrasta stranamente con la sua mobilità. Perché il mercurio è, dopo l’oro, il più pesante dei nostri sette principali metalli, con una densità di 13,5, ponendosi così all’opposto dello stagno che è il più leggero. Ma il mercurio subisce totalmente la forza di gravità solo quando è tenuto in un recipiente chiuso. Dal momento che si libera, esso cerca di emanciparsi dal peso disperdendosi nell’atmosfera sotto forma di gocce estremamente piccole. Questa dispersione è così rapida che, se una goccia di mercurio cade per terra nell’angolo di un stanza, qualche istante dopo si possono scoprire tracce in tutta l’atmosfera del posto. Si tratta effettivamente di una diffusione che avviene anche in assenza di correnti di convezione, che avrebbero bisogno di un tempo molto più lungo per diffondere i vapori di mercurio in tutte la stanza. Se il mercurio si disperde tanto agevolmente sotto l’influenza delle forze della leggerezza, le goccioline si riuniscono non meno facilmente quando dominano le forze della pesantezza. È sufficiente dare al foglio di carta sul quale si trovano le goccioline una forma leggermente concava per vederle confluire sul fondo e fondersi in una sola grossa goccia. Questo processo di concentrazione, di confluenza, è irrealizzabile con gli altri metalli in condizioni ordinarie. Si può realizzarla tuttavia, sia sottoponendo i metalli preventivamente ridotti in polvere a pressioni

Il gioco dell’argento vivo tra gravità e leggerezza

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elevatissime – procedimento detto sinterizzazione -, sia portando il metallo allo stato mercuriale, cioè fondendolo. Ma c’è anche un’altra maniera di riunire fra loro particelle metalliche: si usa proprio il mercurio realizzando un amalgama, cioè una lega di mercurio con un altro metallo. È in questo modo che si otturano le cavità dentarie ricorrendo ad un amalgama di argento chiamato impropriamente piombatura. Le particelle d’argento triturate con qualche goccia di mercurio si saldano rapidamente tra di loro formando una massa che indurisce progressivamente. In un processo così, il mercurio manifesta visibilmente il suo ruolo di elemento legante o intermediario, capace di riunire ciò che è separato. Il processo MERCUR

Dispersione – riunione (2), l’alternanza tra queste due tenenza, l’armonizzazione tra questi due poli, caratterizzano non solo il mercurio in quanto metallo, ma anche tutto quello che si può raggruppare sotto il nome di processo mercuriale, quello che gli alchimisti chiamavano MERCUR (3). Per loro, MERCUR era uno stato, o meglio un processo intermediario tra quelli che designavano come SULFUR (lo zolfo) e SAL (il sale). Nel sale, il processo di concentrazione continuava sino allo stato di minerale, designato anche col nome di TERRA. In quello dello zolfo, la dispersione porta alla fine al FUOCO, al calore. MERCUR oscilla tra i due senza mai raggiungere gli estremi: la sua condensazione porta solo allo stato di ACQUA e la sua dispersione a quello di ARIA. Ciò ci permette di stabilire un rapporto tra i tre stati e i quattro elementi: FUOCO —-——— ZOLFO ARIA ———— MERCURIO ACQUA ———— MERCURIO TERRA ———— SALE Il mercurio è ora ARIA, ora ACQUA. Considerato così, MERCURIO può essere collegato ai processi organici che si compiono da una parte e dall’altra del diaframma: sopra, nel polmone – organo del pianeta Mercurio -, si manifesta come ARIA; sotto, negli intestini, come ACQUA. La costante mobilità dei villi intestinali, paragonabili a gocce d’acqua, e la fluidità del mezzo intestinale giustificano pienamente tale punto di vista. La natura ci offre molti esempi di MERCUR; la rugiada ne è una esemplificazione tipica, nei suoi due aspetti di condensazione e di dispersione. Il primo porta alla formazione sull’erba di gocce che talvolta arrivano a riunirsi formando piccole pozze d’acqua, come si può osservare nel cavo delle foglie di alchemilla, pianta che ha la forma di un parapioggia rovesciato e mezzo aperto. Alla fase notturna di condensa-

Il Mercurio

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zione, succede, sin dal levar del sole, quella di dispersione: la rugiada evapora e ridiventa ARIA. Rudolf Steiner esprime così questa polarità: «Come un tessitore, il processo mercuriale collega continuamente il cosmico al terrestre»; e ancora: «Il mercuriale è la compensazione tra il tellurico e ciò che, in qualche maniera, è sovra-tellurico... tra il terrestre e l’extra-terrestre» (4). MERCURIO appare dunque come il mediatore, il ritmo compensatore tra i due poli SAL e SULFUR, che si avvicina ora all’uno, ora all’altro, senza mai raggiungerli. Se per la sua eterna ripetizione la cellula appartiene alla Luna, per la sua forma deve essere collegata a Mercurio. Non ha forse come forma fondamentale, malgrado tutte le varianti, la forma di goccia? Anche nella cellula noi ritroviamo le due tendenze: quella alla dispersione che caratterizza gli esseri unicellulari, le amebe per esempio, e quella alla condensazione in quegli ammassi di protoplasma chiamati syncytiums, che si incontrano soprattutto nel tessuto reticolo-endoteliale (5). L’esperimento di Arndt come l’abbiamo descritto illustra particolarmente bene le due tendenze: la prima fase ameboide di moltiplicazione che corrisponde alla dispersione, e la seconda di formazione del fungo a quella di concentrazione. Nei tessuti organici pluricellulari – la quasi totalità di quelli che costituiscono il nostro organismo – le due tendenze si equilibrano.

La cellula e la goccia...

La cellula vivente è così simile alla goccia di mercurio che sembra basterebbe un niente per valicare il passo tra l’inanimato e il vivente, sogno di tanti biologi. Rudolf Steiner spiega che cosa vi si oppone (4): «Il mercuriale è ciò che è stato privato della vita e ne ha conservato solo la forma a goccia, e dobbiamo considerarlo come dotato di un’irresistibile inclinazione a diventare goccia vivente, a diventare una cellula; ma ne è impedita dall’azione del pianeta Mercurio e non è altro che un cadavere: una gocciolina di mercurio...Ogni goccia di argento vivo sarebbe viva in assenza del pianeta Mercurio». Sono dunque delle forze planetarie che impediscono alla vita di nascere in tutto ciò che prende forma di goccia, le stesse forze planetarie che sono all’origine del metallo che chiamiamo mercurio, forze che noi liberiamo di nuovo con la dinamizzazione per usarle sul piano terapeutico.

...e la vita

Unico metallo esistente allo stato liquido a temperatura normale, il mercurio contrasta così con lo stagno e la sua struttura cristallina. Un’altra polarità tra questi due metalli si manifesta nel loro modo di reagire al calore: il mercurio comincia a volatilizzarsi a temperatura ambiente, mentre bisogna raggiungere i 2.038° per far passare lo stagno dallo stato liquido a quello gassoso. Per portare il mercurio a ebollizione basta fargli raggiungere i 396° oltre il punto di fusione (fig. 13). Lo

Polarità mercurio-stagno

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stagno, benché leggero, rifiuta così di perdere la propria unità, mentre il mercurio vorrebbe continuamente sottrarsi alla pesantezza disperdendosi. E così, proprio come lo stagno suo antagonista, il mercurio si distingue con un comportamento singolare. Questo si manifesta anche nella sua conduttività termica ed elettrica, entrambe deboli, mentre ci si aspetterebbe l’inverso, a causa della sua posizione a fianco del rame e dell’argento (fig. 12). Ma tale irregolarità non è altro che la conseguenza del suo stato liquido. Reso solido per mezzo di raffreddamento al di sotto di – 39°, il mercurio diventa un buon conduttore. Altra singolarità del mercurio: il suo potere riflettente relativamente basso e il suo colore grigio, di fronte allo stagno, metallo brillante dalla tonalità più calda, come se questi due metalli avessero scambiato il posto che spetta loro a causa del loro comportamento di fronte alla luce. Proprietà chimiche

Le proprietà chimiche del mercurio sono caratterizzate dalla sua forte elettronegatività, simile a quella dell’argento, e per il fatto di essere dapprima monovalente come gli altri metalli del gruppo di sinistra (fig.14, pag.-). Il mercurio è così quasi un metallo nobile, che rifiuta di combinarsi con l’ossigeno a temperatura normale e che conserva la sua brillantezza quando è puro; ma si appanna rapidamente a contatto dell’aria se contiene tracce di rame o di piombo, a causa dell’ossidazione di questi ultimi. Così è possibile purificare il mercurio facendolo attraversare da una corrente d’aria che ossida le impurità e queste, più leggere, si raccolgono in superficie. Il mercurio si combina con l’ossigeno solo verso i 350°, formando un ossido rosso, la cui formula è HgO, che si scompone di nuovo nei suoi elementi se si alza la temperatura arroventandolo. Tale proprietà è stata utilizzata in laboratorio per estrarre ossigeno dall’aria. Caratteristica di questo metallo è anche il fatto che il mercurio non forma idrati né carbonati.

Calomelano e sublimato

Se il mercurio non si unisce volentieri all’ossigeno, all’idrogeno e al carbonio, possiede in compenso una marcata affinità con gli alogeni e lo zolfo. I suoi due cloruri, il mercuroso o calomelano e il mercurico o sublimato corrosivo, sono molto conosciuti. Il calomelano è una polvere bianca non solubile nell’acqua. In presenza di ammoniaca, diventa di un nero intenso, da cui deriva il nome di calomelano che significa «nero bello». La polarità tra leggerezza e pesantezza che caratterizza il metallo, nel suo sale si manifesta sotto forma di opposizione tra luce e oscurità. (6). Per il fatto di non essere solubile, il calomelano è insipido e non tossico, cosa che ne ha permesso l’utilizzazione come vermifugo e come purga, anche per i bambini. Il sublimato, invece, leggermente solubile nell’acqua, è un potente veleno, usato a volte per disinfettare le mani e gli strumenti chirurgici.

Il Mercurio

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Con lo zolfo, il mercurio forma dei solfuri uno dei quali, di colore intenso, è usato in pittura sotto il nome di vermiglione. È il colore preferito dai bambini, colore che si accorda molto bene con la loro costituzione eminentemente mercuriale.

Il vermiglione

Il mercurio si incontra allo stato naturale, proprio sotto forma di un solfuro, il cinabro, anch’esso di colore scarlatto. Il cinabro si trasforma facilmente in mercurio metallico con semplice arrostimento, operazione nella quale si riassume tutta la sua metallurgia. Questo minerale contiene quasi sempre mercurio metallico in piccole goccioline. Se si illumina un campione di cinabro con la luce di una lampada a vapori di mercurio, il suo bel colore rosso si spegne e la pietra appare grigiastra. Perché la luce emanata da una lampada di quel genere, prodotta da un arco elettrico che viene fuori in un’atmosfera rarefatta di vapori di mercurio, ha una colorazione blu-verde, che è complementare a quella del cinabro. Il rosso vivo che dà origine al «calore» dello zolfo è in contrasto col blu-verde dovuto all’elettricità. Sempre il calore è quello che dà origine all’ossido rosso e che trasforma l’ossido giallo ottenuto chimicamente in ossido rosso. Tali diverse manifestazioni ci lasciano intravedere un contrasto tra gli effetti del calore e quelli dell’elettricità, che noi qui non possiamo sviluppare di più. Annotiamo ancora che la luce emanata da una lampada a vapori di mercurio è ricca di radiazione ultravioletta dotata di un’intensa attività chimica, sebbene invisibile, i raggi ultravioletti impressionano l’emulsione fotografica e sono capaci di effettuare numerose sintesi chimiche, tra cui a livello della pelle quella della vitamina D, dall’ergosterolo.

Stato naturale

I giacimenti di cinabro, l’unico minerale di mercurio sfruttato, sono soprattutto europei. Più dell’8'% del metallo estratto proviene da Almaden in Spagna, da Monte Amiata in Italia e da Idria in Carniola. I giacimenti americani e russi sono molto meno importanti. Il mercurio è così doppiamente il metallo di mezzo, a metà strada tra l’oriente e l’occidente, a metà strada anche tra le zone tropicali e il polo Nord. Ad Almaden, l’estrazione del mercurio è oggetto di una usanza strana: tutti gli abitanti, qualunque sia la loro professione, lavorano alla miniera uno o due giorni alla settimana; si vedono così medici e avvocati partecipare allo sfruttamento della miniera. Facendo ricorso in tal modo a tutta la popolazione, è stato possibile ridurre al minimo il tempo del lavoro di ognuno e, di conseguenza, il tempo di esposizione al rischio di intossicazione. Benché conosciuto sin dall’antichità, il mercurio era un tempo poco usato. Il suo sfruttamento in maniera intensa è stato iniziato dagli Spagnoli all’epoca di Carlo V allo scopo di estrarre, per amalgamazione, l’argento dei giacimenti poveri, dopo l’esaurimen-

Un metallo «europeo»

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to dei più ricchi. E così se ne è estratto e trasportato in America più di 100.000 Kg all’anno. Un ruolo di intermediario

Il mercurio è usato in numerosi apparecchi di fisica, per lo più strumenti di misurazione, i più comuni dei quali sono il barometro e il termometro, nei quali questo metallo serve a mettere in evidenza uno stato fisico. Ha così un ruolo di intermediario, di legame tra il mondo fisico e l’uomo. In altri apparecchi serve a stabilire contatti elettrici, altra maniera di realizzare dei legami. Tanti altri usi di questo metallo si ricollegano a tale funzione di legame già ricordato a proposito di amalgama, per esempio quando il mercurio è usato come catalizzatore, cioè allo scopo di realizzare sintesi chimiche nelle quali interviene con la sua sola presenza. Questa funzione di relazione era rappresentata dagli Antichi con l’immagine del dio Mercurio dai sandali alti (per i Greci Ermes).

Il mercurio cerca di insinuarsi dovunque

La divisibilità del mercurio si manifesta in special modo in presenza dei corpi grassi, cosa che permette di realizzare delle sospensioni (olio grigio, unguento grigio, unguento napoletano, ecc.) nelle quali le goccioline metalliche sono così piccole che sono capaci di passare attraverso la pelle e provocare intossicazioni. Il mercurio così si insinua in tutto l’organismo e si fissa preferibilmente sui grassi. Diventa allora difficile eliminarlo dall’organismo nel quale tende ad accumularsi. Questo fatto è stato messo spesso in evidenza dall’anatonomo Hyrtl che esercitava a Vienna nel secolo scorso. Ogni volta che praticava un’autopsia, non mancava mai di spezzare un osso e mostrarlo ai suoi studenti. Se il soggetto aveva subito un prolungato trattamento antisifilitico di mercurio, si vedevano allora le goccioline del metallo che si era accumulato nelle trabecole ossee.

Intossicazione mercuriale

L’idrargirismo o intossicazione da mercurio è una malattia grave, per lo più di origine professionale, le cui vittime sono gli operai che lavorano col mercurio (estrazione del metallo, fabbriche di termometri) o con i suoi sali (cappellifici). Ma il mercurio è oggi utilizzato così largamente che finisce per avvelenare i mari e gli oceani, al punto da provocare intossicazioni di massa, come a Minamata in Giappone, dove centinaia di pescatori sono morti o si sono ammalati. Il mercurio contenuto nell’acqua di mare è assorbito e concentrato nel plancton. Questo, assorbito a sua volta dai molluschi, subisce nel loro organismo una nuova concentrazione. Sono allora i pesci che si nutrono di molluschi che concentrano nuovamente il veleno. Alla fine: pescatori di Minamata, che vivono quasi esclusivamente di molluschi e di pesce, hanno accumulato nel loro organismo quantità di mercurio tali da provocare disturbi gravi e spesso mortali.

Il Mercurio

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Se, a causa della nostra alimentazione più varia, noi siamo meno esposti a incidenti mortali come quelli dei pescatori di Minemata, ciò non toglie che rischiamo forme di intossicazione tanto più pericolose in quanto esse sono lente e subdole. Il pericolo è così reale che certi paesi nordici sono arrivati a limitare per legge il consumo settimanale del pesce! Si resta costernati davanti la leggerezza – ma si tratta veramente di leggerezza? – di certi scienziati, che fissano dei tassi al di sotto dei quali non ci sarebbero più effetti tossici, perché nel corso di brevissimi periodi di osservazione non hanno scoperto niente di anormale. Certo è difficile stabilire una relazione di causalità su periodi di dieci, venti e trenta anni, ma proprio questo dovrebbe spingere alla massima prudenza. L’aumento del tasso di mercurio nei crostacei e nei pesci dimostra che i meccanismi di disintossicazione naturale che esistono, sono verosimilmente sovraccarichi e incapaci di controbilanciare i massicci scarichi tossici delle industrie e dell’agricoltura. Le intossicazioni acute si traducono in disturbi dell’apparato digerente (ulcerazione delle mucose e diarree) e renali (nefrite). L’anuria provocata dalla nefrite mercuriale si deve contrastare con l’azione diuretica di certi composti organo-mercuriali. Ciò che, in un caso, provoca la malattia può anche, usato correttamente, aiutare la guarigione. Nelle intossicazioni croniche, noi osserviamo tanto manifestazioni digestiva di accelerazione del transito, come pure sintomi di intensificazione dei movimenti sotto forma di tremori. Ad uno stadio diverso, le manifestazioni hanno una tendenza contraria: rallentamento delle escrezioni con indurimento ghiandolare e rallentamento dei movimenti che arrivano alla paralisi con contratture muscolari dolorose (calambres dei minatori spagnoli). L’intossicazione da mercurio può dunque manifestarsi sotto due opposti aspetti: accelerazione o rallentamento. In una conferenza del 30 giugno 1922 (7) Rudolf Steiner espose un aspetto dell’azione delle forze mercuriali che permise di affrontare meglio la terapeutica: «L’azione delle forze mercuriali dà all’uomo la possibilità di prendere possesso dei costituenti solidi del proprio corpo. Se tali forze mercuriali non esistessero, noi resteremmo sempre al di fuori della parte consistente del nostro organismo». Sono proprio queste forze che permettono al mercurio di insinuarsi con tanta facilità in tutto il corpo, forze che si manifestano tipicamente nella diapedesi leucocitaria e più genericamente in tutti i movimenti e in tutti gli scambi liquidi dell’organismo.

Ruolo delle forze mercuriali nell’organismo

Queste forze, le abbiamo già incontrate studiando le correnti planetarie di Mercurio di cui sono le manifestazioni. Il loro eccesso o la loro mancanza sono da ricollegare all’una e all’altra di tali correnti come le abbiamo schematizzate nella tabella 2, come le malattie corri-

Metallo e correnti planetarie

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Medicina antroposofica

spondenti date a titolo di esempio. Abbiamo dimostrato che certe affezioni dovute ad una predominanza della II corrente di Mercurio (o ad una insufficienza della I) si possono curare con lo stagno; il farmaco base resta tuttavia il mercurio, che sembra possedere un’azione più diretta, più immediata, ma può essere anche meno durevole e profonda di quella dello stagno. Ricordiamo ancora che il bambino, tra i sette e i quattordici anni si trova in un periodo «mercuriale» nel corso del quale sarà particolarmente sensibile ad una terapia che utilizza il mercurio. Trattamento degli adenoidei

Il bambino linfatico, adenoideo, è un tipico esempio dell’insufficienza della I corrente. In un bambino così, le correnti liquide sono rallentate e danno un’impressione di ristagno. Lo sviluppo eccessivo degli organi linfoidi – tonsille, adenoidi, ecc. – è l’espressione di una loro stasi. Il processo mercuriale si manifesta in questo caso nel suo aspetto di condensazione, e noi gli opporremo preferibilmente la forma «calda» del mercurio: il cinabro – generalmente è usato in D20, giustificato nei pressi del polo cefalico. Se però si tratta di un processo che interessa tutto l’organismo, sarebbe più logico usare una dinamizzazione media, per esempio la D12, sempre sotto forma di triturazione. Tale trattamento dovrà essere completato da altri provvedimenti tra cui la somministrazione dell’Archangelica è uno dei principali. L’Archangelica è una pianta il cui carattere mercuriale si manifesta in un certo equilibrio in ciò che in essa ha rapporto con l’aria e con l’acqua. Deve essere somministrata in D3 o D6 prima dei tre pasti da 5 a 8 gocce, contemporaneamente al Cinnabaris D12 o D20 trit. Non bisogna dimenticare di dare i Sali calcarei nutritivi Weleda N°1 e 2, Conchae che ha un’azione disidratante. Infine, l’applicazione di unguento Berberis fructus 10% sulla zona della vescica, prima di addormentarsi, si è rivelato molto efficace.

Cinabro e angine

Il Cinnabaris D20 sarà una buona medicina anche per le angine, soprattutto le angine rosse. Ricordiamo che l’angina è la conseguenza organica di una stasi nella corrente del destino (Cfr. vol. I, nota (1)), e colpisce spesso esseri che si trovano nell’incapacità di assumere un nuovo orientamento della loro esistenza, o perché non ne trovano la forza in sè stessi, o perché fattori esterni vi fanno ostacolo.

La difterite

La difterite è un aspetto particolare di questo problema e Rudolf Steiner ne riferisce le cause a un’esistenza anteriore nel corso della quale il soggetto si sarebbe dimostrato particolarmente collerico (8). In questa malattia, l’uso del Mercurius cyanatus D4, da 5 a 8 gocce ogni due, quattro ore, alternato a Apis 0,1% / Belladonna 0,1% / Eucalyptus 0,1% / Eccipiente q.b. al 100% per nebulizzazioni della faringe, dà risultati costanti, indiscutibilmente superiori al siero antidifterico sia per la rapidità dell’azione che per la qualità della guarigione. La sparizione delle false

Il Mercurio

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membrane raramente avviene dopo le 48 ore e la convalescenza è rapida. Si deve però esigere assolutamente che si stia a letto durante la settimana che segue la sparizione dei sintomi locali e della febbre, per timore di complicazioni cardiache. Durante questo periodo si deve prescrivere Hyoscyamus 0,1% / Onopordon 2,5% / Primula off. 2,5%T / Eccipiente q.b. al 100% dil. (9) da 5 a 8 gocce tre volte al giorno. Le adeniti sono un’altra forma di stasi della corrente linfatica. Essa costituiscono il più delle volte una reazione ad un processo di dispersione anch’esso mercuriale: dispersione di microrganismi e di cellule cancerose. In questi casi, non si userà il mercurio per aumentare la dispersione, ma per frenarla e per tentare di reintegrare sotto il controllo dell’organismo ciò che tenderebbe a sfuggirgli. Un tale processo di indurimento reattivo deve essere ricollegato alla predominanza della I corrente di Mercurio piuttosto che alla II. Presenta anche una componente Luna I per il suo aspetto di proliferazione. Sembra logico dunque usare, in questi casi, il mercurio sotto forma metallica in media o alta dinamizzazione, D15 o D20. Si ottengono spesso eccellenti risultati con applicazioni cutanee, nei pressi dei gangli colpiti, di unguento Mercurius vivus D15. Altre forme di indurimento rispondono favorevolmente a questa terapia semplice, per esempio gli indurimenti mammari e i calazi. Per questi ultimi, oltre l’unguento applicato la sera sulle palpebre, si devono dare, mattina e sera, dieci gocce di Staphisagria D10. L’unguento Mecurius vivus porterà un rapido sollievo nelle orchiti, siano esse o no parotitiche. Il mercurio è il trattamento base degli orecchioni, altra forma di indurimento ghiandolare. Si deve somministrare sotto forma di iniezioni sottocutanee: Mercurius vivus D8, una fiala ogni uno o due giorni. Intorno al collo si deve applicare un impiastro fatto con un poco di unguento di Archangelica 10% e si deve dare, per bocca, il Barium citricum D3 trit., tre volte al giorno, quanto un pisello. Una rigida dieta permetterà di evitare le complicazioni pancreatiche. La stasi biliare è, anch’essa, un aspetto tipico di rallentamento di una corrente; si accompagna in genere alla comparsa di una struttura sotto forma di calcoli e costituisce cos’ un tipico esempio della predominanza della II corrente di Mercurio. Abbiamo già visto che tale affezione reagisce notevolmente bene al trattamento col Choleodoron, ma non è proibito pensare anche in questo caso al mercurio. Non dimentichiamo che le virtù colagoghe del calomelano sono conosciute da molto tempo. Noi gli preferiamo comunque una preparazione dinamizzata, per esempio il Mercurius dulcis o il Mercurius bi-iodatus.

Adeniti e indurimenti

Trattamento della parotite

La stasi biliare

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Medicina antroposofica

Le nefrite acuta

Stasi e indurimento caratterizzano anche la nefrite acuta – essa può d’altronde essere di origine mercuriale -, e sembra logico rimediarvi col mercurio, per esempio ricorrendo al Mercurius corrosivus da D4 a D6 per iniezioni sottocutanee. Tuttavia, questo provvedimento non dispensa dalle altre cure di cui abbiamo già parlato nel capitolo relativo ai reni. Noi personalmente non abbiamo alcun ricordo di casi di nefrite acuta nell’esercizio della nostra professione di medici antroposofici. È verosimile che la terapia che la medicina antroposofica consiglia nelle affezioni che rischiano di provocare una simile complicazione renda questa molto rara.

Mercurio e turbe mentali

Le manifestazioni psicologiche dell’eccesso della II corrente di Mercurio, vanno dalla «lentezza mentale» come si riscontra nei soggetti adenoidei, sino allo stereotipo e all’idea fissa. Quest’ultima è caratteristica del tipo che abbiamo chiamato «uomo-polmone» trattando quest’organo che è l’organo di Mercurio. Una delle caratteristiche di questo tipo risiede nella tendenza a piegarsi su sè stesso. Tale desiderio dell’uomo-polmone di richiudersi deve essere collegata alla struttura e forma di gabbia del torace, zona che gli Antichi mettevano in relazione al regno del Cancro. Ora, Cancer, in latino, indica tanto il granchio quanto la prigione. L’uomo-polmone, presso il quale dominano certi aspetti di questo organo di Mercurio, ha una particolare difficoltà a realizzare contatti con gli altri. Forse perché si sente più ostacolato nelle sue reazioni che realmente protetto da questa sua «gabbia»? È sempre lui che soffre di un timore morboso di tutto ciò che gli viene da ciò che lo circonda. La difficoltà di contatto sul piano affettivo è un processo identico e quello che riscontriamo sul piano organico sotto forma di allergia. Questo comporta, è vero, un carattere di brutalità tipicamente marziano. Potremmo dire che, in mancanza di Mercurio, il soggetto reagisce con Marte. Forse abbiamo in questo la spiegazione di molte aggressività, sia psichiche che organiche. Da questo punto di vista, sembra giusto ricorrere al mercurio, per un trattamento di fondo delle allergie. In questo caso dobbiamo prescriverlo nella sua forma vegetalizzata: il Nasturtium mercurio cultum 0,1%, preferibilmente per iniezioni sottocutanee, due o tre volte alla settimana. Anche qua il mercurio ci aiuterà a riportare sotto il controllo dell’organismo ciò che tende a sfuggirgli. Siccome il polmone è realmente l’organo che ci mette direttamente in contatto col mondo esterno, dobbiamo associare il Pulmina D4 al Nasturtium mercurio cultum. Data la suscettibilità degli allergici, è più che mai giustificata la forma vegetalizzata del metallo, con la sua azione più mite, e dobbiamo ricorrere al metallo stesso quando l’Io sarà diventato capace di trionfarne.

Il Mercurio

273

A proposito di stereotipia, non dimentichiamo che anche il pensiero intellettuale moderno soffre di mancanza di elasticità. Esso può portare ad un’alta tecnicità, ma gli sfugge la realtà della vita. In questo senso, il mondo occidentale attuale avrebbe bisogno del mercurio che può dargli la pedagogia steineriana, realmente capace di guarirlo del suo materialismo.

Anche la pedagogia è del mercurio

Torniamo adesso alla I corrente di Mercurio che abbiamo sfiorato a proposito di adeniti. Il suo eccesso si manifesterà con un’attivazione dei movimenti liquidi che possono arrivare al versamento. Ne derivano certe diarree e coliti, e più generalmente le ipersecrezioni. Il mercurio, come abbiamo visto, può accelerare la diuresi; può anche provocare la scialorrea e la spermatorrea. Anche la formazione di un tappo di cerume per eccesso di secrezione delle ghiandole del condotto uditivo può essere considerato un processo mercuriale. Tutte queste manifestazioni hanno una nota «isterica» e possono essere curate col mercurio. Nelle coliti e nelle enteriti, dobbiamo usare il Mercurius vivus D4 10% / Nasturtium off. 5% / Stannum met. D4 10% / Eccipiente q.b. al 100% trit. tre volte al giorno, in dose quanto un pisello. Questa composizione costituisce anche il farmaco base della tubercolosi intestinale, per la quale era stata inizialmente concepita. Le diarree estive reagiscono bene al Mercurius vivus D15 trit. In mancanza di questo farmaco, si deve ricorrere al carbone di caffè in ragione di tre cucchiaini da caffè al giorno. L’interesse di tale farmaco sta sia nella sua efficacia che nella facilità della preparazione che il malato potrà fare da sè in ogni circostanza. Basta carbonizzare a fuoco vivo in un recipiente metallico una manciata di chicchi di caffè e ridurli in polvere dopo averli fatti raffreddare. Tutta l’operazione richiede meno di mezz’ora e si può realizzare anche in campeggio. Il ricorso al Mercurius vivus D15 sarà necessaria anche in quelle affezioni che tendono a cronicizzarsi.

Il mercurio nelle affezioni «isteriche»

Anche la bronchite è una manifestazione di ipersecrezione. Si può paragonarla ad un processo digestivo spostato, in altre parole ad un’attività metabolica che invade un altro organo – i bronchi – dove non è al suo posto. Il Cinnabaris da D8 a D12 aiuterà col mercurio a reinserire questo processo che tende a sfuggire al controllo dell’organismo, e con lo zolfo riporterà le attività digestive nella sfera del metabolismo.

Bronchiti e cinabro

Nelle manifestazioni psichiche del predominio della I corrente di Mercurio, così simile all’isterismo e caratterizzate da logorrea, instabilità e agitazione che può arrivare alla mania, dobbiamo usare un’altra forma vegetalizzata del mercurio, Bryophyllum mercurio cultum per iniezioni sottocutanee allo 0,1% da praticare al polo inferiore dell’organi-

Agitazione e mania

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Medicina antroposofica

smo, all’inizio della coscia. In seguito si deve usare il metallo stesso, preferibilmente in alta diluizione. Queste poche indicazioni non hanno certo esaurito le possibilità terapeutiche che offre il mercurio, metallo che si potrebbe chiamare farmaco universale – le sue molteplici possibilità sono ad immagine della varietà di attribuzioni del dio Mercurio-Ermes, del quale i medici hanno ereditato il caduceo.

NOTE 1

Quando accidentalmente cade del mercurio, si dovrebbe immediatamente prendere, come antidoto, un poco di Stannum D10.

2

Tale polarità è illustrata in maniera rimarchevole da un racconto di Grimm: Lo spirito in bottiglia. Le forze mercuriali vi sono rappresentate in un piccolo essere in forma di ranocchio chiamato Mercurius, imprigionato in una bottiglia, ma che appena liberato diventa un gigante – Lo studioso – in altre parole l’iniziato – che libera queste forze deve restarne il padrone ed essere capace di imprigionarle di nuovo, cosa che può fare usando l’astuzia. In cambio della propria libertà, lo spirito gli regala un impiastro capace di guarire ogni piaga – immagine dei processi mercuriali di guarigione -, e di cambiare il ferro in argento. Quest’ultima proprietà ci mette in relazione con la polarità ferro/argento così come risulta dalla figura 15, pag.- Cfr. P. Paede, Der Geist im Glass oder der Weg zur Heilkunst, in Beiträge zu einer Erweiterung der Heilkunst, 1970/4.

3

Per evitare ogni confusione, noi indicheremo: a) il pianeta Mercurio con la emme maiuscola; b) il mercurio metallo con la emme minuscola; c) il processo degli alchimisti con MERCUR.

4

Rudolf Steiner, Scienza dello spirito e medicina, op. cit.

5

Un sincizio è un agglomerato di cellule che hanno perduto le loro membrane.

6

Allorché Ulisse, che andava da Circe, incontra Mercurio-Ermes, questi raccoglie e gli dà un’erba per preservarlo dal fascino della maga. Non è strano che questa pianta abbia un fiore bianco e una radice nera e si chiami molu, che ritroviamo in calomelano?

7

In Questions humaines, réponses cosmiques, Editions Anthroposophiques Romandes, Genève, 1988.

8

Rudolf Steiner, Le manifestazioni del karma, Amburgo 16-28 maggio 1919, Ed. Antroposofica, Milano, 1991.

9

Cfr. Tomo I, nota (1) pag. 125.

275

Capitolo XXVIII

Il Ferro Tra le civiltà e i metalli esiste uno stretto legame, perché l’utilizzazione dei secondi fa ricorso all’attività umana, che si manifesta con la volontà, il pensiero o anche con i sentimenti. Se raccogliere e trasformare i metalli come l’oro, l’argento, il rame e lo stagno, era relativamente facile, il ferro in compenso non poteva ottenersi che a prezzo di duro lavoro. Per l’estrazione dei suoi minerali, è necessaria un’elevata temperatura, e per trasformarlo in metallo utilizzabile, bisogna spendere molte energie, la cui sola sorgente fu, per millenni, quasi esclusivamente il muscolo umano. D’altra parte, la fabbricazione del ferro ha sempre fatto ricorso ad una tecnica molto più elaborata di quella necessaria per lavorare gli altri metalli. Bisognava costruire per prima cosa un forno, o almeno un focolare che permettesse di raggiungere le temperature richieste per la riduzione del minerale, cosa che rendeva necessario l’uso di un mantice per primitivo che fosse. Si otteneva allora una massa spugnosa che si doveva martellare a caldo per conferirle quelle qualità che rendono il ferro tanto prezioso: la durezza e la tenacia. Ci si può domandare se la parola ferro, in latino ferrum, non derivi dal verbo ferio che significa battere; ferrum sarebbe in tal modo “colui che è stato battuto o martellato”, parole che traducono così l’importanza del lavoro necessario per ottenere tale metallo. Ferro può anche essere collegato a pyr, il fuoco, senza il quale non c’è ferro, ma il fuoco non si ottiene proprio battendo la selce? I Greci chiamavano il ferro sideros, ricordando così la sua origine cosmica, mentre per i latini sembra che abbia dominato il concetto l’attività necessaria al suo ottenimento. Sideros e ferrum, queste due parole rendono molto bene tutta la differenza che passa tra Greci e Latini.

Ferro e lavoro umano

Ciò che noi indichiamo abitualmente col nome di ferro non è il metallo puro, ma quasi sempre acciaio, cioè una combinazione di ferro e di carbonio la cui proprietà sono ulteriormente migliorate dalla tem-

L’acciaio

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Medicina antroposofica

pra, un raffreddamento brusco del metallo incandescente, che consacra in qualche maniera il matrimonio tra il ferro e il carbonio. Questi due elementi hanno l’uno per l’altro una grande affinità della quale dovremo riparlare. Possesso della terra e dominazione umana

Perché un metallo così difficile da ottenere era tanto ricercato dagli uomini, perché essi vi hanno dedicato tante energie? Che vantaggio presentava in rapporto a quelli precedentemente usati, specialmente al bronzo? Tutti lo sanno, sono la durezza e la tenacia, anche la elasticità che gli danno questa superiorità. Con attrezzi di ferro, l’uomo diventava realmente capace di impossessarsi della terra; con una zappa di ferro, con un aratro dal vomere di ferro, era possibile lavorare meglio la terra; con un piccone di ferro, era più facile aggredire la roccia per derubarla dei suoi tesori. Sin dall’inizio, il ferro non fu usato solo per fabbricare attrezzi, ma anche per fabbricare armi che consentissero a chi le possedeva d’imporre agli altri il proprio dominio. Il ferro diventa così strumento di conquista della terra e quello della volontà e della potenza. Attrezzi ed armi, questi due aspetti del ferro, furono rappresentati da due divinità già citate a proposito delle correnti planetaria: EfestoVulcano, il fabbro, e Ares-Marte, dio della guerra.

Schiavitù e libertà

Ma col ferro si può anche fabbricare la catena che serve a ridurre l’uomo in schiavitù, e i Romani chiamavano “ferritum” lo schiavo che consuma i suoi ferri a forza di portarli. Il ferro diventa così lo strumento e anche il simbolo di un legame troppo forte col nostro mondo terrestre, che arriva alla privazione della libertà. Se da un lato il ferro permette all’uomo di liberarsi in certo qual modo dalle costrizioni della materia, rischia anche di renderlo suo schiavo. Da una parte consente di prendere possesso della terra, ma il possessore rischia di vedersi a sua volta posseduto.

Il metallo terrestre

Il ferro è diventato il metallo terrestre per eccellenza. La crosta terrestre ne contiene enormi quantità e occupa il quarto posto nella graduatoria di abbondanza degli elementi, dopo l’ossigeno, il silicio e l’alluminio. È anche il più abbondante dei sette metalli principali, la cui quantità media, presente nella crosta terrestre, è la seguente: Ferro Rame Piombo

4,7% 0,01% 0,002% Oro

Stagno Argento Mercurio 0,0000001%

Tab.8: Percentuale dei metalli nella crosta terrestre

0,0006% 0,000004% 0,000003%

Il Ferro

277

Questa tabella ci dimostra che il ferro è circa 500 volte più abbondante del rame, 2500 più del piombo, 10.000 più dello stagno, 1 milione di volte più dell’argento e del mercurio e 40 milioni di volte più dell’oro. L’abbondanza dei metalli segue così una progressione logaritmica. Il ferro si trova praticamente dappertutto; la sua presenza nel suolo e nelle rocce si manifesta quasi sempre col colore, al punto che le rocce bianche, abbastanza rare, sono generalmente le sole prive di ferro, assenza dovuta alla liscivazione degli agenti atmosferici. I colori provenienti dal ferro sono estremamente vari: il giallo delle terre ocracee, il rosso della arenarie e delle lateriti, il grigio delle argille – che diventano rosse alla cottura – il verde delle olivine e delle cloriti, il bruno delle rocce vulcaniche, etc... Il ruolo degli altri metalli nella colorazione delle rocce è molto minore e possiamo affermare che, in assenza di ferro, il nostro mondo sarebbe di un pallore anemico! Abbiamo considerato la formazione dei metalli sulla terra come il risultato di un processo planetario (cf. sopra). Come spiegare allora questa grande abbondanza del ferro? Rudolf Steiner la spiega con la cosmogonia. Egli ha descritto parecchie volte come il pianeta Marte, all’inizio del periodo lemurico ha attraversato la terra. Questa, a quel tempo, non aveva né la dimensione né la consistenza che noi oggi osserviamo. Capiremo meglio quello che era se la considereremo un organismo vivente. Essa possedeva allora un’atmosfera di albumina estremamente tenue e i suoi costituenti più duri avevano la consistenza della cera. La sua dimensione corrispondeva approssimativamente all’attuale orbita di Marte. Attraversando la terra, Marte – anch’esso molto diverso da quello che è oggi – ha lasciato come traccia del suo passaggio il ferro, o meglio quello che è diventato ferro (1). È sempre all’epoca lamurica che l’uomo ha ricevuto, per la prima volta, la coscienza dell’Io (2). Vediamo così delinearsi un rapporto tra il ferro e l’Io dell’uomo, rapporto di cui preciseremo in seguito alcuni dettagli.

Il ruolo di Marte

Benché il ferro sia un po’ dappertutto, viene sfruttato però solo Ripartizione geografica dei giacimenti nelle zone in cui è più forte la sua concentrazione. I principali giacimenti di ferro si distribuiscono con una certa regolarità nei pressi di un cerchio parallelo all’equatore e più o meno equidistante da questo e il polo Nord. Abbiamo già constatato un fenomeno dello stesso genere a proposito dello stagno, i cui giacimenti si dividono da una parte e dall’altra di un grande cerchio inclinato di 23°,30' sull’equatore. Per il ferro, invece, la cintura costituita dai suoi principali giacimenti forma un piccolo cerchio, parallelo all’equatore e posto nella zona temperata. Se cerchiamo di stabilire un parallelo tra la terra, organismo vivente, e

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Medicina antroposofica

l’uomo, noi metteremo in relazione le zone equatoriali, caratterizzate dal calore, l’umidità e la vegetazione rigogliosa con la parte metabolica. All’altra estremità, i poli Nord e Sud, in cui la vita si ritira, richiamano il sistema neuro-sensoriale. Le regioni temperate, con l’alternarsi delle stagioni, col passaggio periodico di perturbazioni atmosferiche ora fredde, ora calde, si ricollegano con ogni evidenza al sistema ritmico, respiratorio e circolatorio dell’uomo. È in questa regione temperata, particolarmente favorevole allo sbocciare di successive civiltà, che si trova il ferro. Facciamo notare anche che si trovano in queste stesse regioni i principali giacimenti di carbone che dimostrano così l’affinità del ferro per il carbone. I quattro minerali principali

A parte il giacimento unico al mondo dell’isola di Disko a ovest della Groenlandia, non si trova ferro allo stato nativo, e la sua presenza in quel luogo in blocchi di parecchie tonnellate costituisce certamente un’eccezione. Altrove, il ferro si trova soprattutto sotto quattro forme: solfuri, ossidi, idrati e carbonati. Queste quattro classi di minerali possono essere paragonate ai quattro elementi (nel senso alchimistico): i solfuri all’elemento FUOCO, gli ossidi all’elemento ARIA, gli idrati all’ACQUA e i carbonati alla TERRA. Questa classificazione si riflette persino nel loro aspetto esteriore. I solfuri esistono principalmente sotto tre forme: 1) la pirrotite (FeS), che costituisce cristalli di colore bronzeo. 2) La pirite (FeS 2) con i suoi bei cristalli giallo dorato, di aspetto metallico, che forma ora dei cubi, ora dei dodecaedri pentagonali. Contiene sempre un po’ di oro e a volte è stata sfruttata per questo motivo. 3) La marcassite, dalla stessa formula (FeS 2) della pirite, si presenta sotto forma di noduli. Questi hanno una bella struttura interna formata da cristalli giallo pallido raggiati dalla periferia verso il centro e mostrano una certa analogia con lo spaccato di un limone. Questo orientamento centripeto è una vera attestazione del processo di incarnazione del ferro. La marcassite si incontra il più delle volte nei cretacei superiori. Pelikan (3) dimostra il rapporto di questi tre solfuri di ferro col calore: la pirrotite si è formata alla più alta temperatura, la pirite a una temperatura minore e la marcassite – la più terrestre delle tre – a quella più bassa. Questi minerali testimoniano così: differenti stadi della terra nel corso dei quali si sono formati.

Il minerale è generato dalla vita

Precedentemente abbiamo considerato la terra come un organismo vivente. Per essa come per l’uomo, la mineralizzazione è segno di vecchiaia. Non dimentichiamo che la vita non è nata, come talvolta ancora si pensa, dal minerale; è questo viceversa che è nato dalla vita. Quando la terra aveva ancora un’atmosfera di albumina, essa era tutta impregnata di processi viventi. Per la nostra attuale costituzione, una

Il Ferro

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simile atmosfera sarebbe stata irrespirabile, ma vi prosperavano altri esseri viventi, i cui residui attuali sono i tiobatteri. L’atmosfera albuminosa era ricca di zolfo, carbone e azoto. Tali sostanze sono state fissate o precipitate. Lo zolfo si è combinato col ferro, dapprima sotto forma di pirrotina, poi di pirite, infine di marcassite. Il carbone si è depositato sotto forma di carbon fossile, e l’azoto si ritrova nella nostra attuale atmosfera. E così, il processo di devitalizzazione e mineralizzazione è in parte legato alla comparsa del ferro. Senza di esso, la vita in seno a quell’atmosfera di albumina avrebbe conservato il carattere esuberante di cui abbiamo testimonianza nei fossili del carbonifero. Se, formando dei solfuri, il ferro ha fissato l’elemento FUOCO, negli ossidi si è impadronito dell’elemento ARIA. I rapporti tra il ferro e l’ossigeno variano in funzione di due tipi di valenza di questo metallo. In quanto bivalente, il ferro forma un ossido ferroso o protossido di ferro, formula FeO, ma che è instabile e non si incontra mai in natura allo stato libero. Lo si trova in compenso associato ad altri elementi – silicio, magnesio, ecc. – in minerali come l’olivina, il diallagio e, genericamente, nelle rocce verdi, tutte basiche. Quando si comporta da elemento trivalente il ferro forma con l’ossigeno un ossido ferrico Fe2O3 di reazione acida chiamato sesquiossido di ferro. Quest’ultimo esiste allo stato naturale in quantità considerevole sotto il nome di ematiti o di ferro oligisto che talvolta cristallizza in lamelle di un nero brillante raggruppato in “rose di ferro”. L’ematite costituisce più spesso masse cristalline granitiche più o meno rosse. Essa è responsabile della colorazione rossa di formazioni geologiche imponenti (permiano e arenaria variegata del triassico). L’ematite è uno dei principali minerali di ferro.

Ferro e ossigeno

Un altro ossido di ferro, la magnetite, dalla formula Fe 3O4, può essere considerato come una combinazione di protossido basico e di sesquiossido acido e così essere assimilato ad un sale. La magnetite possiede in comune con la pirrotite, la proprietà di essere magnetica, da cui il nome. Cristallizza in ottaedri o in dodecaedri romboidali. La si trova in giacimenti considerevoli in Svezia (Kirunaava) negli Urali, nell’America settentrionale e, in giacimenti meno importanti, in tanti altri posti. La magnetite è di formazione più antica dell’ematite, cosa che farebbe pensare la seconda un prodotto di decomposizione della prima.

La magnetite

Fissando l’elemento ACQUA, il ferro forma un sesquiossido di ferro idratato, la goethite, della quale esistono molte varietà. Questo minerale si è formato nei mari poco profondi a detrimento di altri giacimenti degradati dagli agenti atmosferici. Una varietà di ferro idratato, la limonite, forma gli importanti giacimenti del bacino della Lorena. Nella nostra epoca, è ancora possibile osservare la formazione di deposi-

Idrati di ferro

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Medicina antroposofica

ti di idrato di ferro in certi laghi della Finlandia. Piriti contenute nelle rocce circostanti sono disgregate dagli agenti atmosferici, trasformate in idrati che le acque trasportano verso le sponde in leggero pendio dei laghi. Là, in acque poco profonde, l’idrato si deposita. Dopo alcuni anni, lo strato diventa tanto rilevante da giustificarne lo sfruttamento per mezzo di draghe. Carbonati di ferro

Una quarta classe di minerali di ferro è costituito dai carbonati, nei quali il ferro è fissato all’elemento TERRA: il carbonio. Questo minerale, chiamato siderite o ferro spatico, dalla formula FeCO3, è dovuto all’azione dell’anidride carbonica dell’aria sul ferro. Esso presenta alcune analogie col calcare dalla formula omologa CaCO3 e forma talvolta con questo un carbonato misto: l’ankerite. Come il calcare (o carbonato di calcio), il carbonato di ferro è solubile nell’acqua arricchita di anidride carbonica, da qui l’esistenza delle acque ferruginose. Se queste acque perdono l’anidride carbonica, il ferro precipita sotto forma di deposito color ruggine. Come gli idrati, i carbonati sono di formazione relativamente recente. Tra le molteplici forme sotto le quali in natura il ferro si manifesta, ce n’è una che ci interessa in maniera particolare per il suo ruolo terapeutico benché esista solo in piccolissime quantità. Si trovano nel nord d’Italia, a Levico e a Roncegno delle sorgenti minerali le cui acque contengono una combinazione unica di ferro, rame e arsenico. Ne riparleremo in seguito.

Il ferro meteorico

Studiando le principali forme di minerali, dai solfuri ai carbonati, abbiamo seguito, avanzando dal FUOCO alla TERRA passando attraverso l’ARIA e l’ACQUA, un vero processo di incarnazione. Il ferro si è mostrato sotto una forma sempre più terrestre, che si accentua vieppiù quando la metallurgia trasforma tali minerali in acciaio. Ma il ferro esiste anche sotto una forma cosmica nei meteoriti. Tutti abbiamo potuto osservare verso la fine dell’estate e in autunno le “stelle filanti”. Per lungo tempo esse sono state considerate il risultato di riscaldamento di corpi compatti per l’attrito nell’atmosfera. In realtà non è così. Alcuni meteoriti raccolti subito dopo la loro caduta sono appena tiepidi. La loro formazione sembra piuttosto il risultato di un processo di condensazione – si è anche parlato di implosione – di una sostanza cosmica nell’avvicinarsi alla terra. È avvicinandosi alla terra che questa sostanza cosmica diventa terrestre. I meteoriti conservano tuttavia il segno della loro origine cosmica nella struttura cristallina a larghe lamelle. Se si attacca con l’acido la superficie precedentemente levigata di un meteorite, si vedono apparire delle figure che hanno una certa analogia con i cristalli di neve. Orbene, la neve al contrario della grandine, rivela l’azione delle forze cosmiche.

Il Ferro

281

Oltre ai meteoriti che vanno da un peso di alcuni grammi a parecchie tonnellate, si trova nell’atmosfera una enorme quantità di particelle microscopiche, che realizzano una vera “pioggia di ferro” particolarmente abbondante a San Michele. Se possiamo usare una metafora, diremmo che il ferro cosmico viene a guarire la terra dalla febbre estiva o, piuttosto, dai processi sulfurei legati al calore dell’estate.

La pioggia di ferro

Esistono molti altri minerali che contengono ferro, ma in quantità insufficiente a giustificarne l’estrazione. Essi però possono avere un ruolo importante nella natura. Il ferro così possiede una proprietà antitossica perché fissa certi elementi la cui presenza allo stato libero renderebbe impossibile sul nostro globo ogni forma di vita. Pelikan (4) riporta un esempio interessante di fissazione dello zolfo per mezzo del ferro: “Ancora ai nostri giorni assistiamo a fenomeni di questo genere. E così nel bacino profondo e chiuso del mar Nero, la putrefazione delle materie albuminoidi immerse si accompagna a formazione di idrogeno solforato, un gas molto tossico che rende impossibile ogni forma di vita. L’apporto di sali di ferro attraverso i fiumi provoca, a profondità media, la formazione di pirite microscopiche, e disintossica così il mare, permettendo una vita vegetale e animale rigogliosa negli strati superiori. Il ferro fissa anche l’arsenico, e la maggior parte di tale elemento esiste sotto forma di combinazione col ferro e lo zolfo: l’arsenopirite o mispickel. Sappiamo anche che l’idrato di ferro preparato sul momento è un vero antidoto dell’arsenico. Il ferro ha anche la proprietà di precipitare i metalli pesanti. Il mercurio, il piombo, il rame, etc..., trascinati progressivamente verso gli oceani dai corsi d’acqua, avrebbero reso già da molto tempo l’ambiente marino inadatto alla vita senza la presenza dell’idrossido di ferro, portato anch’esso dai fiumi. L’idrossido si combina con i metalli pesanti e precipita sotto forma di fango rosso che si deposita nel fondo degli oceani. Alcune particelle organiche ugualmente trascinate con quei fanghi provocano la riduzione di tali composti in sali ferrosi che risalgono alla superficie, nei pressi della quale si ossidano di nuovo e riprecipitano sotto forma di idrossido. Questo movimento ascendente-discendente in seno all’oceano realizza un vero processo respiratorio. A proposito dell’azione antitossica del ferro, citiamo anche la sua azione sull’acido cianidrico e i cianuri alcalini, veleni respiratori estremamente violenti che esso rende inoffensivi fissandoli sotto forma di ferro o ferro cianuri non tossici.

Ruolo antitossico del ferro

Ciononostante, si coglie l’importanza del ferro in natura solo studiando il suo ruolo presso gli esseri viventi. È comparso col ferro un tipo di respirazione che prima non esisteva: la respirazione polmonare, e il suo complemento polare: l’assimilazione clorofilliana. Questi due

Funzione respiratoria del ferro

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Medicina antroposofica

processi si contrastano e si completano come l’assimilazione e la disassimilazione. Abbiamo visto che la coscienza poteva manifestarsi solo a detrimento della vita, rendendo così necessario all’esistenza un processo di disassimilazione. Si può affermare che questo è inesistente presso gli esseri inferiori – la maggior parte invertebrati – esseri puramente vegetativi, metabolici, che utilizzano per la loro respirazione non il ferro, ma il rame. Consentendo la comparsa della respirazione polmonare, il ferro ha dunque un ruolo indispensabile allo sbocciare della coscienza. Emoglobina e clorofilla

La respirazione polmonare, legando l’ossigeno al carbonio, può tuttavia esistere solo se incontra il processo opposto all’assimilazione clorofilliana che trattiene il carbonio e libera l’ossigeno. Tale funzione non può esercitarsi in assenza di ferro, anche se la clorofilla in se stessa non ne contiene. Queta sostanza esiste in abbondanza nell’ortica e negli spinaci, piante utilizzate allo scopo di estrarla, e che sono caratterizzate dal loro alto contenuto di ferro. Esiste tra la struttura chimica della clorofilla e quella dell’ematina, pigmento della emoglobina, una somiglianza che colpisce. Queste due sostanze sono costituite da quattro nuclei di pirrolo riuniti da una molecola di magnesio per la prima e di ferro per la seconda (Cfr. fig. 17). Tali sostanze hanno però funzioni

Fig. 17

Pirrolo

Clorofilla

Ematina

Il Ferro

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opposte. La loro polarità si manifesta anche nel loro colore e nella loro fluorescenza: la clorofilla è verde con una fluorescenza rossa, l’ematina viceversa è rossa con una fluorescenza verde. Quando si esaminano queste formule, si è colpiti dal loro aspetto che richiama stranamente le croci formate dai cristalli di staurolite, un minerale composto da ferro, alluminio e silicio. Anche la pirite forma spesso cristalli cruciformi. Il ferro, metallo dell’incarnazione, prende quindi la forma della croce, simbolo dell’incarnazione per eccellenza.

La croce di ferro

Il ferro, come lo stagno, non è tossico, ma è il solo metallo, nell’organismo, che ci sia in quantità ponderabile. In un uomo di 70 chili, si trovano circa 5,85 grammi così ripartiti:

Il ferro nell’organismo

Emoglobina Mioglobina Citocromo circa Plasma Riserva circa

3,25 g 0,60 g 1,00 g 3-4 mg 1,00 g

Tab. 9 Ripartizione del ferro nell’organismo

Come si vede il ferro è presente in tutto l’organismo, ma è il sangue, e particolarmente le emazie (globuli rossi) che ne contengono la maggior parte, sotto forma di emoglobina. Tale sostanza è costituita da due elementi: un’albumina incolore, la globina, che ha la sua propria struttura per ogni individuo, e un pigmento ferrico: l’ematina, identica in tutti gli esseri a sangue rosso – grazie a tale pigmento, l’emoglobina è capace di convogliare ora l’ossigeno, ora l’anidride carbonica (CO2), realizzando con questi gas combinazioni labili e reversibili. In compenso, con l’ossido di carbonio (CO), l’emoglobina forma una combinazione stabile in condizioni ordinarie, rendendo così le emazie che ne sono cariche inadatte al trasporto dell’ossigeno e dell’anidride carbonica, cosa che causa l’asfissia. Il sangue arterioso, ricco di ossigeno, ha un colore rosso vivo che ricorda quello dell’ematite. Il sangue venoso, viceversa, carico di anidride carbonica, è scuro; potremmo dire così che esso è più “carbonico” o più “terrestre”. Se un organismo tende a diventare troppo “venoso”, i tegumenti prendono una tinta bluastra chiamata cianosi. Diventa allora necessario stimolare la respirazione ricorrendo al carbonio, la cui avidità per l’ossigeno è conosciuta. Somministrato sotto forma dinamizzata, in D30 per esempio, attira letteral-

284

Medicina antroposofica

mente l’ossigeno all’interno dell’organismo, rimediando a stati di asfissia come quelli che si possono osservare nella crisi d’asma e in tante altre affezioni. Ferro e incarnazione

Come mostra la tabella precedente, anche il plasma contiene ferro, anche se in piccolissime quantità – circa mille volte meno delle emazie. Questo ferro ha non dimeno un ruolo importante e, come ha dimostrato H. Müller, la variazione del suo tasso, paragonato a quello del rame, può costituire un elemento della diagnosi e soprattutto di previsione nell’evoluzione del cancro. Nel soggetto normale, il tasso di ferro plasmatico o sierico – il siero non e che del plasma defibrinato – è relativamente stabile e si colloca tra 80 e 150 microgrammi per 100 ml (1 microgrammo = 1 millesimo di milligrammi). B. Speck (5) ha dimostrato che esiste una variazione diurna del ferro serico che decresce leggermente nel corso della giornata. Ha anche dimostrato che il tasso medio di ferro serico dei soggetti femminili è leggermente inferiore a quello dei soggetti maschili. Altre ricerche hanno rivelato variazioni parallele del tasso di emoglobina. Il sangue è dunque più ricco di ferro al mattino al risveglio, cioè al momento dell’incarnazione degli elementi costitutivi superiori – Io e corpo astrale – negli inferiori. D’altra parte, i tassi medi sono un po’ più alti nei soggetti maschili, più profondamente incarnati dei femminili. Il sangue riflette quindi molto rigorosamente la maniera in cui si articolano i diversi elementi costitutivi dell’uomo.

Affinità per l’ossigeno

Abbiamo già ricordato le proprietà chimiche del ferro a proposito dei suoi diversi minerali. Ricordiamo che esso è, tra i nostri sette principali metalli, il più elettropositivo, e da questo deriva la facilità con la quale si combina con la maggior parte degli altri elementi. Per la sua grande affinità con l’ossigeno, si ossida facilmente, soprattutto con l’aria umida, formando la ruggine. Questa non isola il metallo contro un’ulteriore ossidazione, per cui è necessario proteggerlo, sia con vernice, sia ricorrendo ad un altro metallo meno aggredibile (zinco, stagno, piombo, etc...). Già allo stato puro, il ferro è più duro degli altri sei metalli. Tale durezza può essere considerevolmente aumentata se si combina il ferro al carbonio per trasformarlo in acciaio, sottoponendolo poi alla tempra.

Il magnetismo

Il ferro possiede anche la curiosa proprietà di essere magnetico, cioè di poter esercitare una forza di attrazione (o di repulsione) su altre masse che hanno la stessa proprietà. Il ferro si impadronisce così di forze, e Rudolf Steiner dice che appropriandosene si comporta un po’ come un ladro. Tali forze magnetiche hanno un’importanza considerevole nella nostra civiltà tecnica. Ci si rende conto che in assenza di magnetismo non saremmo andati al di là dello stadio della macchina a

Il Ferro

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vapore? Non avremmo neppure bussole – la quasi totalità delle invenzioni che usiamo ogni giorno ricorrono in un modo o nell’altro al magnetismo, e all’elettricità cui è intimamente legato. Facciamo fatica a concepire sino a che punto siamo diventati schiavi di queste forze, delle quali conosciamo così poco, l’influenza sull’uomo. E così, per le sue proprietà magnetiche, il ferro ci lega ancora più strettamente al mondo materiale, alla terra. Dobbiamo dunque essere particolarmente vigili e restare perfettamente coscienti, se non vogliamo diventare irrimediabilmente schiavi della materia e delle sue forze, se vogliamo conservare la nostra vera liberà. Qui nescit Martem nescit artem (6), dice un antico proverbio che tradurremo così: “Chi ignora Marte (l’azione del ferro) ignora l’arte (di guarire)”. Questo metallo ha avuto un ruolo importante nella terapeutica sin dall’antichità. Si sa oggi che era usato nell’India antica e in Egitto, anche se la sua presenza nel sangue e la sua funzione come è considerata al momento attuale erano sconosciute. Anche i Greci ne hanno fatto largamente uso – Galeno e Celso hanno somministrato ai loro malati l’acqua della tempra della fonderie che conteneva sesquiossido di ferro. Allora, il ferro ha fatto parte di tutte le farmacopee. Qual’è dunque l’azione del ferro nell’organismo? A causa della sua presenza in quantità considerevole nel sangue e della sua funzione respiratoria, tale azione deve avere uno stretto rapporto col sistema ritmico. Essa è così il riflesso del ruolo avuto dal ferro nelle zone temperate, le zone ritmiche e respiratorie della terra. Somiglia molto tutto questo al concetto di organo-terra sviluppato durante lo studio del polmone. Accennando prima al ruolo del ferro nella civilizzazione, abbiamo insistito sulla maniera in cui esso lega l’uomo alla terra. Agisce in maniera simile nell’organismo, legando l’Io al suo supporto fisico. Abbiamo visto che l’Io ha bisogno del calore del sangue per manifestarsi nel corpo umano. Tale calore non potrebbe esistere se non ci fosse il ferro. L’Io è guidato dagli spazi cosmici verso la terra con l’aiuto del ferro. A contatto del ferro, il più minerale dei componenti sanguigni – l’ematina è una sostanza che cristallizza – l’Io è spinto all’azione, costretto a vincere la resistenza che gli oppone il metallo, svegliandosi di conseguenza alla coscienza terrestre. Il ferro è realmente il metallo dell’incarnazione terrestre, e la sua insufficienza nell’organismo, nel caso di un’anemia ipocromica, si traduce in mancanza di attività o di volontà, in freddolosità e con un’attenuazione della coscienza che fa sì che l’anemico sembra non essere presente e sè stesso. In una conferenza ai medici (7), Rudolf Steiner descrive il ruolo del ferro nel sangue sotto un aspetto un po’ diverso: «Se consideriamo il sangue, siamo in presenza di un elemento che, a causa semplicemente della sua costituzione, è costantemente malato. Il sangue è malato per la sua propria costituzione e da essere

La forza di guarigione del ferro

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Medicina antroposofica

incessantemente guarito con un apporto di ferro. (...) Il processo sanguigno ha sempre bisogno di essere guarito dalla natura stessa, dal minerale, dal ferro». Ciò esige una spiegazione: in che cosa è malato il sangue? Ce se ne può fare un’idea riconsiderando i processi che abbiamo attribuito alla I corrente di Venere e più precisamente quelli che si riferiscono alle albumine e alla loro assimilazione. Il sangue, particolarmente quello venoso, si arricchisce delle albumine venute dal metabolismo e, come esse, di tutte le forze vegetative di rigenerazione e di proliferazione caratteristiche di questo polo. A questo processo naturale di albuminizzazione, che rischierebbe, se diventasse eccessivo, di portare alla decomposizione, la natura oppone il ferro, dando l’esempio di una guarigione anch’essa naturale. Il sangue diventa così teatro di una battaglia tra i processi vegetativi nati dal metabolismo e quelli che inducono il ferro a partire dall’apparato respiratorio e più particolarmente dall’organo marziano che è la laringe. Ed effettivamente è da qui che l’azione del ferro si irradia verso la parte inferiore dell’organismo, opponendosi alla tendenza albuminizzante. Questa azione del ferro nel sangue è ben illustrata dalla struttura delle emazie. Queste sono prematuramente uccise dal ferro o poco ci manca. Esse perdono il proprio nucleo e diventano incapaci di rigenerazione, ma il ferro conferisce loro una certa resistenza e consente una sopravvivenza di circa tre mesi. Nelle anemie, per insufficienza di ferro, le emazie conservano più a lungo il loro potenziale di rigenerazione, cosa che si traduce con la aumentata persistenza del nucleo. Variazioni della sideremia con l’età

I rapporti tra il ferro e il processo di incarnazione dell’Io sono rafforzati dallo studio della variazione della percentuale del ferro nell’organismo in funzione dell’età. Tale percentuale è debole nella prima infanzia, per aumentare in seguito e raggiungere il valore definitivo verso la pubertà. Ciò nonostante, il tasso di emoglobina (in grammi) raggiunge il 15-16% nei neonati e nei primi giorni di vita, riflettendo così l’intensità del processo di incarnazione che costituisce una nascita. In seguito questo tasso diminuisce fin verso i tre mesi quando è solo l’8-9%. Ci si può domandare perché il tasso scende nel neonato considerato che il latte praticamente non fornisce altro al lattante che ferro. Molto semplicemente perché nel bambino devono dominare i processi vegetativi di crescita e di moltiplicazione. Senza questo eccesso di metabolismo e di albuminizzazione, il bambino sarebbe incapace di costruire il proprio organismo. L’aumentata morbosità del bambino prima dei sette anni è legata a questa relativa mancanza di ferro. Tra gli undici e i tredici anni, il peso medio del bambino aumenta del 25%. Durante questo stesso periodo, il tasso del ferro cresce del 35%. È in questo periodo che l’essere umano acquisisce una certa maturità, e lascia l’infanzia per

Il Ferro

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discendere definitivamente sulla terra. Segnaliamo anche che il tasso del ferro serico raggiunge il suo valore definito verso il terzo anno di età, nel corso del quale il bambino comincia a dire: Io. Si potrebbe essere tentati, dal punto di vista medico, di supplire a questa apparente carenza di ferro, ma sarebbe un grave errore disconoscere le intenzioni della natura legando l’Io all’organismo fisico troppo prematuramente. Questo non significa però che ci si deve astenere sistematicamente da una terapia marziale, se lo stato patologico del bambino la giustifica. Se l’azione del ferro è in relazione soprattutto col sistema ritmico, essa si riversa tuttavia tanto verso il polo neuro-sensoriale che verso quello del metabolismo-movimento. La cellula nervosa, tanto specializzata, si devitalizza, e corre continuamente il rischio di vedere degradare le proprie albumine. Come l’emazie, è incapace di moltiplicazione, ma al contrario di quella, non può rinnovarsi, deve sussistere per tutta la vita. È dunque necessario che sia rivitalizzata dall’esterno, per mezzo del sangue e dell’ossigeno che il sangue apporta. Si rimane stupiti vedendo che il cervello, che rappresenta meno di un quarantesimo del peso del corpo, consuma da solo il 15% dell’ossigeno inalato, sebbene non compia alcun lavoro fisico. Tale intenso apporto di ossigeno dimostra a che punto i processi di degradazione del tessuto nervoso debbano essere compensati. La respirazione del tessuto nervoso ha bisogno, anch’essa, di ferro sotto forma di fermenti respiratori, i citocromi.

Ruolo del ferro al polo neurosensoriale

All’altra estremità, al polo metabolico, ritroviamo una funzione legata alla presenza del ferro: la funzione biliare. Questa può essere considerata come il risultato del processo sanguigno. Esiste una polarità tra il ferro, elemento minerale da una parte, e dall’altra il calore generato dall’Io nel sangue, calore senza il quale l’Io non potrebbe manifestarsi. Il ferro chiama l’Io, il quale suscita il calore necessario alla propria manifestazione. Nel fegato, i due elementi della polarità si dissociano: il ferro si deposita e il calore sfugge sotto forma di bile, da sempre collegata all’elemento FUOCO. La cistifellea, dopo aver raccolto la bile, la manda nell’intestino tenue incontro ai grassi. Nel regno vegetale, i grassi appaiono nel seme, al polo caldo della pianta, dove esse concentrano in sè stesse il calore solare. Come tutte le sostanze della natura esteriore i grassi non possono entrare nel sangue se non dopo essere stati spogliati delle proprie caratteristiche. Questo processo per i grassi, figli del calore, può avvenire solo attraverso una forza al loro livello: quella del fuoco della bile. È solo dopo questo lavoro di degradazione che essi possono superare la parete dell’apparato digerente, riversarsi nel sangue e diffondere il loro calore nell’organismo.

...e al polo metabolico

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Medicina antroposofica

Lo stesso ragionamento è applicabile anche ai grassi animali, benché questi siano stati già parzialmente trasformati; ma se, per la loro animalizzazione, essi si avvicinano in un certo senso all’uomo, se ne allontanano però a causa della specificità animale. Tale specificità, essendo di natura eterico-astrale, non appare nella loro composizione chimica. Forse sarebbe possibile metterla in evidenza col metodo delle cristallizzazioni sensibili, ma dal canto nostro ignoriamo se un simile studio è stato fatto a proposito dei grassi. Calore e volontà

Per esercitare la volontà è indispensabile il calore; il freddo paralizza e non può compiersi attività muscolare in assenza di ferro, contenuto nei muscoli sotto forma di mioglobina. Grazie ad essa, Marte può manifestarsi in un’attività esteriore (Cfr. sopra). Ciò dimostra, ancora una volta, fino a che punto sono intimamente legati metabolismo e movimento; e quando Rudolf Steiner indica il polo inferiore dell’uomo come quello del metabolismo e del movimento, l’associazione non ha realmente nulla di arbitrario. Riportiamoci adesso alla tabella 3 di pag. 215, vi troviamo, da una parte, i disturbi dovuti all’insufficienza della I corrente di Marte (classificati per semplificazione nella predominanza della II, che va spesso alla pari con una debolezza della I). Dall’altra parte, troviamo, in alto a destra, le affezioni collegate a un eccesso della I corrente di Venere. Paragoniamo ora questi due gruppi di affezioni con ciò che abbiamo detto sul ruolo del ferro nell’organismo, e vedremo che le une e le altre possono essere considerate come l’espressione della carenza di questo metallo. È dunque al ferro che dobbiamo fare ricorso per il loro trattamento, o più esattamente alle forze di cui il ferro è vettore. Vediamo adesso sotto quali forme dobbiamo prescriverlo.

Solfuro di ferro ad eccesso di albuminizzazione

Quando predominano i processi di assimilazione, allorché le tendenze “albuminizzanti” si riversano al polo superiore, si deve opporre loro il ferro sotto forma di Pirite in triturazione, da principio in D3. È questo un farmaco indicato in molti casi, le bronchiti, laringiti, angine, etc..., che reagiscono bene. Sarà bene prescriverlo alternandolo col Cinnabaris D20 trit. del quale abbiamo già parlato nel capitolo precedente. La pirite è anche uno dei componenti del Ferrum sulfuricum silicicum, specifico per l’emicrania. Perché la pirite? Perché un solfuro di ferro? Qual’è il ruolo dello zolfo? Rudolf Steiner ha descritto la sua azione in maniera molto immaginifica: lo zolfo, dice, «umetta le dita» che modellano l’albumina alla maniera del vasaio che si bagna le dita per lavorare l’argilla. Lo zolfo serve così da intermediario tra il ferro e le albumine; esso conduce il metallo verso queste ultime.

Il Ferro

289

In certi casi, lo zolfo non sarà sufficiente e bisognerà ricorrere al fosforo (Infludo, Ferrum phos. comp.). Nelle affezioni polmonari più gravi, polmoniti, pleuriti, bronchiti si dovrà ricorrere all’Aconitum nap. D3 50% / Bryonia D2 10% / Eccipiente q.b. al 100% e all’Antimonium tartar. D2 10% / Phosphorus D4 10% / Eccipiente q.b. al 100% dati alternativamente ogni ora o ogni due ore in ragione di 10 gocce. Questa medicina non contiene ferro, per cui si raccomanda di associare il Ferrum Phosphoricum D8 per iniezioni sottocutanee, soprattutto in presenza di febbre alta.

Polmoniti e bronchiti

Quando nella tubercolosi polmonare, noi prescriviamo il Ferrum muriaticum 0,1% / Graphites D15 q.b. al 100%, agiamo sulle albumine sin dallo stadio digestivo; la pirite agisce ad un altro livello, tra i processi sanguigni e la respirazione (8). In linea di massima, il Ferrum muriaticum da D3 a D6 sarà indicato nei casi di insufficienza o di rallentamento della digestione, nelle ptosi gastriche e nelle anemie con disturbi digestivi noti. Benché strettamente legate al ferro, non riparleremo delle anemie ipocromiche e delle clorosi già trattate (cf. vol.I, pag.-). Ricordiamo tuttavia che, in questi casi, si ricorre al processo ferro che esiste in alcune piante piuttosto che al metallo stesso (Urtica dioica – Fragaria vesca). Nei casi gravi, sarà bene cominciare con iniezioni del metallo vegetalizzato: Urtica dioica ferro culta 0,1% fiale due o tre volte alla settimana, nella fossa sovraspinale sinistra (9).

Il ferro nella tubercolosi

Nelle malattie febbrili, l’Io è costretto a compiere nell’organismo uno sforzo eccezionale. Dopo essere riuscito a trionfare del processo morboso, esso tenderebbe a riposarsi, ad allontanarsi dall’organismo, come se incarnarsi gli ripugnasse. Ha bisogno, e questo è normale, di riprendere fiato, ma è necessario che esso non resti a lungo in questo stato di indifferenza nei confronti dell’organismo. Noi l’aiuteremo a ritrovare la strada del corpo fisico grazie al ferro meteorico associato ad un estratto di pancreas, organo che costituisce per l’Io un vero punto d’appoggio. Così, durante le convalescenze, dobbiamo prescrivere il Ferrum siderum D10 / Pancreina D6 trit. tanto quanto un pisello prima dei tre pasti.

Il ferro nelle convalescenze

Quando la degradazione delle albumine minaccia il sistema nervoso, dobbiamo usare il metallo puro ad alta dinamizzazione, perché miriamo al polo superiore. Dobbiamo allora prescrivere il Ferrum met. da D20 e D30 in tutte le affezioni degenerative del sistema nervoso, eventualmente in concorso con argento (cf. sopra). Potremo anche utilizzare un arseniato naturale di ferro, la scorodite, particolarmente indicata nei postumi di poliomelite e nella loro prevenzione: Scorodite D10 fiale, un’iniezione sotto-

Consolidamento del sistema nervoso

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Medicina antroposofica

cutanea ogni dieci giorni. L’arsenico fa ricorso al corpo astrale – «arsenizzare, significa, astralizzare», diceva Rudolf Steiner – e la sua combinazione col ferro sollecita il complesso superiore – Io e corpo astrale – nel suo insieme. Levico e le sue indicazioni

Levico, di cui abbiamo parlato precedentemente (cf. sopra), realizza un complesso di ferro, rame e arsenico che non si può ripetere in laboratorio. Rudolf Steiner (10) dice di queste acque minerali che compensano in sè le forze del ferro e del rame e che, grazie all’arsenico, estendono il campo d’azione di tale effetto compensatorio. Se somministrassimo un semplice miscuglio di ferro e di rame, non otterremmo una compensazione, ma un annullamento dei loro effetti. In compenso, la combinazione naturale dei due ha un effetto armonizzante. Tale effetto è trasferito su un piano superiore, quello astrale, grazie all’arsenico. Levico è effettivamente una medicina notevole in certi squilibri del corpo astrale come quelli che si riscontrano in diversi periodi dell’infanzia. E così sarà bene fare iniziare un trattamento con Levico D3 dil., da cinque a dieci gocce secondo l’età, prima dei pasti. Nei bambini che hanno la tendenza all’insonnia, si deve evitare di dare Levico la sera.

Ferro e funzione biliare

L’ittero catarrale e i disturbi della secrezione biliare sono un campo importante per la terapia marziale. Tuttavia ci sembrerebbe imprudente stimolare la funzione biliare bloccata all’inizio di un’epatite. Sarebbe più saggio cominciare a sbloccarla ricorrendo al Mercurius dulcis D4 o D6 trit. In seguito, quando le feci cominciano a riprendere colore, si potrà usare il ferro sotto forma di unguento: Ferrum met. D1 ungt., applicato sulla zona epato-biliare. Si può anche prescrivere il metallo vegetalizzato: Chelidonium ferro cultum 0,1%.

Trattamento della balbuzie

Se ci si ricorda che abbiamo caratterizzato la II corrente di Marte col fatto di parlare – e all’occasione anche gridare!, si sarà portati logicamente a usare il ferro nei disturbi dell’eloquio. Rudolf Steiner ha raccomandato nella balbuzie – l’uso della pirite. Si deve dare la Pirite 1% o 5% in triturazione, tanto quanto un pisello tre vole al giorno, durante o dopo i pasti. Dato al 5% prima dei pasti rischierebbe di provocare disturbi digestivi. Contemporaneamente, si deve applicare un po’ d’unguento al rame tra le spalle una volta al giorno (Cuprum met. D1 ungt.) allo scopo di attenuare il carattere spasmodico di questa malattia. Questo è un notevole esempio di terapia che cerca di armonizzare due polarità. A proposito della voce, bisogna anche ricordarsi che una voce debole, spesso espressione di una certa timidezza, deve sempre orientare la terapia verso il ferro.

Il Ferro

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Il ferro, metallo dell’incarnazione, dovrà essere prescritto il più delle volte alle bionde e alle rosse, generalmente meno profondamente incarnate, piuttosto che alle brune. Dobbiamo prescriverlo in maniera speciale agli albini – per esempio sotto forma di Nontronite D12 trit., la silice che orienta l’azione del ferro verso la periferia. Questa stessa forma potrà essere usata nelle depigmentazioni cutanee: vitiligine, etc.. Benché ciò possa sembrare paradossale, si deve fare ricorso al ferro anche nelle melanosi, orientando però la sua azione verso l’organo in causa (fegato, surrene). Si dovrà pensare al ferro anche in presenza di altri sintomi di incarnazione insufficiente, la freddolosità e il raffreddamento delle estremità. In questi casi l’Urtica dioica 5% D3 è un ottimo farmaco. Ad uno stadio più grave, questo rifiuto dell’Io ad incarnarsi correttamente potrà provocare vertigini e tendenza alla sincope. Dovremo allora prescrivere un farmaco proposto da Rudolf Steiner: il Ferrum hydroxydatum 2% o 5% trit. Durante la gravidanza sarà opportuno supplire alla carenza di ferro col Ferrum pomatum D1 dil., 10 gocce tre vole al giorno. Si può anche far mangiare alla paziente una mela ogni sera, mela nella quale 24 ore prima si saranno conficcati quattro chiodi, che potranno essere usati di nuovo il giorno dopo.

Le bionde hanno maggior bisogno di ferro delle brune

Il ferro è prezioso nel trattamento delle nevrosi e delle psicosi. Aiuta i depressi a ritrovare il coraggio di vivere ed è indicato soprattutto all’inizio della cura (eventualmente preceduta da una cura di Argentum), in attesa che lo Stannum, che agisce più in profondità, abbia fatto effetto. Per questi ammalati dobbiamo usare il metallo vegetalizzato: il Chelidonium ferro cultum 0,1% fiale, da due a tre iniezioni sottocutanee alla settimana, nel punto di Murphy, perchè attraverso il processo biliare che cerchiamo di stimolare la volontà. Più genericamente il ferro può essere usato nelle paure e le angosce. La paura dell’ambiente, che abbiamo collegato al polmone, si può curare non solo col mercurio, ma anche col ferro. In questo caso si deve dare l’Urtica dioica ferro culta 0,1% per bocca o per iniezioni. Nelle angosce, dobbiamo fare ricorso al Ferrum arsenicosum o al Levico (da D6 a D12 e altre), tenendo conto così della componente astrale di questo sintomo. Nei soggetti affaticati, angosciati, dai tegumenti infiltrati – spesso donne – il Ferrum arsenicosum D3 trit. dà buoni risultati. Queste poche indicazioni che riguardano il ferro non pretendono di esaurire l’argomento; esse vogliono essere solo un filo conduttore attraverso la vasta gamma di terapie marziali e dimostrare come sia fondato il proverbio – qui nescit Martem nescit artem.

Ferro e disturbi psichici

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Medicina antroposofica NOTE

1

Rudolf Steiner, La saggezza dei Rosacroce, Monaco 22 maggio – 6 giugno 1907, Ed. Antroposofica, Milano, 1983.

2

Rudolf Steiner, La scienza occulta nelle sue linee generali, op. cit.

3

Pelikan W., I sette metalli, op. cit.

4

Convegno medico di Arlesheim, 1973. Resoconto delle conferenze, Weleda.

5

Speck B., Diurnal Variation of Serum Iron and the Latent Ironbinding in Normal Adults, in Helv. Med. Acta, 1968, 34/3.

6

Nel gioco di parole tra Marte e artem, ritroviamo le due tendenze che MarteAres e Vulcano-Efesto simbolizzano (ars = tecnica, elaborazione).

7

Rudolf Steiner: conferenza del 23 marzo 1920, op. cit.

8

Holtzapfel, riprendendo le indicazioni di Rudolf Steiner, raccomanda per il bambini: Ferrum carbonicum da D3 a D6 per i disturbi metabolici; Ferrum muriaticum D6 per i disturbi circolatori; Ferrum citricum D8 per i disturbi respiratori; Ferrum met. D10 nelle cefalee del periodo scolare. (Holtzaphel W., «Kupfer und Eisen in der kindlichen Entwikklung», Korrespondenz-Blätter für Ärzte n° 30, marzo 1957).

9

È in questo punto del corpo di Sigfrido che si era posata una foglia di tiglio, mentre l’eroe nordico si bagnava, per rendersi invulnerabile, nel sangue del drago che aveva ucciso. È di una ferita ulteriore in questo punto, il solo rimasto vulnerabile, che l’eroe morirà più tardi. In ogni uomo, questo è un punto particolarmente sensibile alla terapia marziale, soprattutto quando questa mira particolarmente alla respirazione o alla circolazione, cioè al sistema ritmico.

10 Rudolf Steiner, Scienza dello spirito e medicina, op. cit.

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Capitolo XXIX

Il Rame Attirando lo sguardo, invitando la mano a toccarlo, il rame suscita più di ogni altro metallo la simpatia. Gli oggetti di rame mettono in una casa una nota calda e intima. Al contrario del ferro, sempre aggressivo, il rame sollecita l’amicizia. Uno strumento in ferro incita all’azione, il rame è accogliente, è per autonomasia il metallo dei recipienti – oggetti destinati a ricevere. Un oggetto in ferro è sempre preso a malincuore, ed è per questo che gli utensili, come i coltelli per esempio, sono muniti generalmente di manici di legno. Un coltello tutto in metallo taglia l’appetito più del cibo. Certi iniziati provano una vera ripugnanza ad afferrare un oggetto in ferro. Il rame, invece, è piacevole da toccare, piace tenerlo in mano, perché il calore del corpo viene incontro a quello che si sprigiona da lui.

La seduzione del rame

Il rame, ben lucidato, possiede un vivo scintillio rosa che richiama l’incarnato della pelle. Uno specchio in rame ci rimanda un’immagine colorita di persona in perfetta salute. Lasciato all’aperto, il metallo comincia a prendere toni più caldi, poi si appanna progressivamente fino a raggiungere una colorazione bronzea. Col tempo si copre completamente di una patina verde mandorla che, preservandolo dalle intemperie, ne mette in risalto l’eleganza, facendone la copertura ideale delle cattedrali. Che differenza col ferro, che il cancro della ruggine finisce col corrodere completamente!

La bellezza dei colori

I colori generati dal ferro si impongono per la loro quantità; essi si spandono dappertutto, lasciano poco posto al biancore. Quelli del rame, viceversa, più rari, colpiscono per la loro qualità, la loro vivacità, come lo prova la cangiante bornite i cui riflessi iridati, nella vetrina dei minerali, attirano lo sguardo sin dal primo momento. Così il rame sveglia il piacere dei sensi, e non è senza ragione che gli alchimisti lo chiamavano meretrix metallorum la “cortigiana dei metalli”. Il rame è

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Medicina antroposofica

veramente il metallo di Afrodite, che attira, come lei, tanto lo sguardo che la mano. La polarità rame-ferro

Se si ordinano i metalli su un cerchio, come abbiamo fatto nella figura 9 di pag.-, il rame e il ferro occuperanno posizioni simmetriche in rapporto a l’asse che passa per l’oro, dimostrando così delle polarità che li contrappongono. Se consideriamo la loro affinità elettrica, troviamo una perfetta simmetria tra l’elettropositività del ferro che si valuta in + 34 e l’elettronegatività del rame a – 34. Il rame è un metallo abbastanza duro e viene dopo il ferro nella classificazione dei sette metalli principali in ordine di tenacità come dimostra la seguente graduatoria:

Ferro Rame Argento

60 35 28

Stagno 3,9 Piombo 2,4 (Mercurio 0) Oro 16

Tab. 10: Tenacità dei sette metalli principali in Kg/mm2

La durezza del rame aumenta ancora con l’incrudimento, cioè quando lo si lavora, ma un riscaldamento moderato consente di fargli ritrovare tutta la sua malleabilità, che non perde nel corso di un brusco raffreddamento. Non si può dunque temprare il rame come il ferro. In lega con lo stagno, il rame forma il bronzo (cf. sopra), più duro del rame ma meno duro del ferro, ma che permette almeno la fabbricazione di utensili. Contrariamente al ferro, il bronzo non fa scintille da acciarino, cioè non dà faville quando lo si batte con una pietra. Per questo, nelle polveriere, si usano attrezzi di bronzo e si esclude ogni pezzo di ferro che rischierebbe di provocare una scintilla fatale. La malleabilità del rame ne fa il metallo per eccellenza del calderaio. Gli si possono dare tutte le forme volute. Nell’antagonismo tra il rame, che subisce la sollecitazione e l’acciaio indeformabile del martello che gliela impone, ritroviamo tutto quello che oppone Venere e Marte. Il rame è anche il metallo che si presta meglio al lavoro dell’incisore, che accetta nei minimi dettagli l’incisione del bulino o l’aggressione dell’acido. Tale rimarchevole sensibilità del rame appare in maniera stupefacente nel metodo delle cristallizzazioni sensibili di Pfeiffer dove il cloruro di rame si dimostra capace, più di ogni altro sale, di rivelare le forze eteriche. La tabella della pagina seguente riassumerà la polarità tra il ferro e il rame.

Il Rame

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Caratteristiche

Rame

Ferro

Reazione alla luce Sonorità Contatto Conduttività elettrica e termica Malleabilità

brillante, tinta calda dolce piacevole buona

opaca, tinta grigia aspra spiacevole cattiva

prende facilmente le forme recipienti (recettività)

si lascia lavorare a freddo con difficoltà armi, attrezzi (aggressività) al magnetismo positiva (+34) bivalente terrosi, molto diffusi

Utilizzazione Permeabilità Affinità elettrica Valenza primaria Colori del minerale

all’elettricità negativa (-34) monovalente vari, brillanti e abbastanza rari

Tab.11: La polarità rame/ferro Benché antagonisti, il rame e il ferro si danno la mano, sia nell’uo- Rame e ferro mo che nella natura. Questa proprietà è stata messa a profitto sul piano «si danno la mano» tecnico – quello della sub-natura! – in tutti quegli apparecchi che fanno ricorso contemporaneamente all’elettricità e al magnetismo (elettrocalamite, dinamo, motori elettrici, trasformatori, relè, ecc.): il rame, buon conduttore di elettricità, consente la formazione di campi magnetici di intensità variabile, che solo il ferro può concentrare e condurre. Ognuno dei due metalli da solo non sarebbe capace di realizzare ciò che la loro unione consente. Una tale associazione di forze della sub-natura rischia, se non stiamo attenti, di minacciare la libertà umana. Ciò non significa che ci si deve rifiutare di servirsene, ma deve indurre alla vigilanza, al risveglio della coscienza che è l’unica cosa che può permettere una vera padronanza morale di tali forze. Il rame non sarebbe il metallo di Afrodite se non accettasse di Affinità chimiche varie legarsi a numerosi elementi. Conserva tuttavia, se non una vera nobiltà, comunque una certa eleganza che traspare nella bellezza dei suoi sali. Gli acidi, anche deboli, lo attaccano facilmente, ma queste combinazioni sono instabili e torna agevolmente allo stato metallico. È per questo motivo che si trova spesso allo stato nativo sotto forma di belle arborescenze. Esso dunque, anche per le sue proprietà chimiche, è la meretrix metallorum. In ragione di tali numerose affinità, i minerali di rame sono molto vari. È rappresentata l’intera gamma dei colori: il rosso e il bruno della

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Medicina antroposofica

cuprite dai cristalli dai bagliori metallici per un indice di rifrazione che supera quello del diamante; il giallo dorato della calcopirite, il verde della malachite, dell’olivina e del brillante dioptasio, il blu dell’azzurrite e il violaceo della covallite. La bornite riunisce da sola nelle sue iridescenze tutta la ricchezza di questa tavolozza. Anche il nero è rappresentato da certe varietà di calcosite. Minerali principali

I principali minerali di rame sfruttati sono i solfuri, situati generalmente in profondità. Quando i filoni sono vicini alla superficie, subiscono l’influenza degli agenti atmosferici e si trasformano in carbonati (malachite e azzurrite) o in ossidi (cuprite). Il rame spesso è associato al proprio antagonista, il ferro, – come l’argento lo è al piombo – e forma con lui diversi minerali (bornite, calcopirite, erubescite).

Geografia del rame

La ripartizione del rame sulla superficie della terra presenta delle particolarità interessanti. Per afferrarla, bisogna rappresentarsi la terra o uno stadio molto precedente alla sua evoluzione. Se ammettiamo la teoria di Wegener sulla deriva dei continenti, è possibile su un globo terrestre rimetterli al posto che verosimilmente occupavano prima di questa deriva. Diciamo bene globo terrestre, perché su un mappamondo o un planisfero, l’operazione non è più possibile, a causa della deformazione che i contorni hanno subito, per essere stati proiettati su una superficie piana. È tuttavia possibile dare un’immagine del risultato di una tale operazione (fig.18). Come si vede, le zone periferiche sono fortemente deformate; soltanto l’Africa, situata al centro, conserva più o meno la sua forma. Vediamo così l’America del Sud coincidere con l’Africa, e l’America del Nord con l’Europa, mentre resta vuoto il posto che verosimilmente occupava l’Atlantide. Viene a trovarsi ad est dell’Africa il continente australiano che faceva parte probabilmente del continente scomparso di Lemuria. La massa continentale costituita dalla riunione dell’Europa, dell’Africa, delle Americhe e dell’Australia, costituisce quello che Wachsmuth (1), lavorando sui dati di Rudolf Steiner, chiama il polo Atlantico. La terra, dalla quale la Luna non si era ancora staccata, aveva allora la forma di un ellissoide di rotazione (fig.19). Una delle estremità formava il polo Atlantico, l’altra il polo Pacifico, da cui si è più tardi staccata la Luna. Sulla massa ricostituita del polo Atlantico (fig.18) abbiamo riportato i principali giacimenti di rame: Canadà, Nuovo Messico, Cile, Katanga, Urali e Australia. Li vediamo ordinarsi su un piccolo cerchio che approssimativamente ha come centro il massiccio dell’Hoggar, sul tropico del Cancro. Il raggio di questo cerchio corrisponde ad un angolo al centro di 46°20', ossia esattamente il valore dell’angolo sotto il quale osserviamo Venere – il pianeta del rame – al momento della sua maggiore elongazione. Le figure 18 e 19 richiedono alcune osservazioni.

Il Rame

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Fig.18: Il polo Atlantico e il cerchio di rame EU: Europa. AS: Asia. AM.N.: America del Nord. AM.S.: America del Sud. AT: Atlantide. LE: Lemuria. AU: Australia. Giacimenti principali: 1: Nuovo Messico (U.S.A.) 2: Canadà. 3: Urali. 4: Australia. 5: Katanga ——— Circolo del rame Esse sono in parte ispirate da quelle che figurano nel libro di Wachsmuth, ma presentano alcune differenze: 1. Il polo Atlantico è posto sul tropico del Cancro, mentre Wachsmuth lo pone sull’equatore. Di conseguenza, il polo Pacifico è posto più in basso; corrisponde nella figura 19 alla fossa dei Tonga, la più profonda di tutti gli oceani (10882 m.). 2. L’Australia è posta contro il continente africano, mentre Wachsmuth la lascia più o meno al suo posto attuale, ad est della Lemuria. Si può pensare che quando la luna è uscita dalla terra (al polo Pacifico), il continente Lemuro-australiano è andato alla deriva e in parte è caduto nel vuoto così creatosi. L’Australia attuale, che costituiva la parte occidentale della Lemuria, proprio per questo sarebbe stata l’unica a

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Medicina antroposofica

Fig.19: L’ellissoide terrestre prima della separazione dalla Luna non naufragare. In appoggio a questa tesi, teniamo presente l’esistenza di un pianoro sottomarino che si estende dall’Australia alla fossa dei Tonga, che sarebbe in questo caso un resto della Lemuria. Anche il continente asiatico ha probabilmente subito una leggera deriva verso est, dando origine al mar Rosso, al golfo Persico e forse anche al mar Caspio. Si può supporre che all’epoca della formazione del rame, la terra girava su sè stessa attorno ad un asse Hoggar-Tonga, restando il polo Antartico orientato verso il Sole. Il cerchio del rame è allora il luogo geometrico dei punti dai quali si vede Venere al momento della maggior elongazione, subendo così la sua influenza in modo privilegiato. Ciò confermerebbe l’indicazione di Rudolf Steiner secondo la quale “il rame è nato sotto la diretta influenza di Venere” (2). Osserviamo anche che quando noi superiamo il cerchio del rame in direzione dell’Asia, il rame diventa sempre più scarso. Il rame nel regno vegetale...

Però in piccole quantità si trova del rame su tutta la terra. Benché molto meno abbondante del ferro (Cfr. tavola 8, pag. 286) non ha però nella natura un ruolo meno importante. La sua presenza allo stato di

Il Rame

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tracce sembra necessario per la formazione della clorofilla, benché questa non ne contenga, e la sua assenza nei vegetali provoca delle malformazioni che interessano soprattutto le foglie. In una conferenza del 31 ottobre 1923, Rudolf Steiner parla di esperimenti fatti a Stuttgart su alcune piante nelle quali delle dinamizzazioni di rame hanno provocato la comparsa di ondulazioni su tutto il perimetro delle foglie. Se tracce di rame sono indispensabili ai vegetali superiori, al contrario questo metallo è tossico per quelli inferiori: funghi e alghe. Osserviamo anche che la presenza di rame sembra indispensabile all’attività della vitamina B1 la cui abbondanza nei tessuti vegetali e animali varia col variare di questo metallo. Il rame è indispensabile al regno animale quanto a quello vegetale. Lo troviamo in numerosi invertebrati sotto forma di emocianina, un pigmento respiratorio nel quale ha un ruolo analogo a quello del ferro nell’emoglobina degli animali a sangue caldo. Gli animali respirano ricorrendo al rame (molluschi, celenterati, crostacei) che possiedono tutti un carattere comune: la predominanza del metabolismo e delle funzioni di assimilazione. Così, un’ostrica è quasi interamente costituita da una massa di albumina vivente, poco strutturata e incapace di tollerare nel proprio organismo l’elemento minerale, che rigetta sotto forma di conchiglia. Le mancano tutti i processi di esteriorizzazione dell’animale superiore in rapporto alla presenza del ferro – lo spostamento, il verso. Un’ostrica infatti non è altro che assimilazione, interiorizzazione e vita. C’è una ragione perché Venere è stata da sempre rappresentata nascente dall’elemento nutritivo marino nel cavo di una conchiglia. Ella non è, come troppo spesso si pensa, il simbolo delle funzioni lunari di riproduzione, ma quello dei processi di assimilazione di recettività e di interiorizzazione che predominano nel sesso femminile, di avvolgimento e protezione come la conchiglia per il mollusco. Opposti ai molluschi, troviamo gli uccelli, animali aerei, fortemente disseccati. Curiosamente, in loro, il rame si è spostato alla periferia, e, per alcuni di essi, come il touraco, ha un ruolo nella pigmentazione del piumaggio. Non è più l’assimilazione a dominare, ma l’aspetto esteriore – altro elemento venusiano. Il rame qui è al servizio di un’altra forma di astralità. In linea di massima, il rame interviene nella pigmentazione animale e umana. I peli del coniglio bianco sono meno ricchi di rame di quello dei conigli scuri, e, nei cani e nei gatti chiazzati o tigrati, i peli scuri ne contengono più di quelli chiari. Nell’uomo, la formazione della melanina è legata alla presenza del rame.

...e nel regno animale

Tutti i tessuti dell’organismo umano contengono rame. Un soggetto di peso medio ne contiene da 0,2 a 0,3 grammi ossia circa dieci volte meno del ferro.

Il rame nell’organismo

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Medicina antroposofica

Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, non è il rene, organo di Venere, il più ricco di rame, ma il fegato, organo venoso di assimilazione. Forse questo fatto traduce semplicemente un processo di approvvigionamento simile a quello che esiste per il ferro. Milza e polmone sono, viceversa, al di sotto della media. Il siero dell’uomo ne contiene circa 97% e quello della donna 106/%. Vi è dunque inversione di rapporto ferro/rame secondo il sesso, a vantaggio del ferro nell’uomo e del rame nella donna. Nella donna incinta, il tasso di rame serico aumenta sino a 230%. In genere cresce proporzionalmente all’attività metabolica. Aumenta così nell’ipertiroidismo, e lo stesso nel cancro. Come ha dimostrato H. Müller, le variazioni del rapporto rame serico/ ferro serico costituiscono una preziosa guida nel trattamento e nella diagnosi dei malati di cancro (3). È interessante notare anche l’aumento del rame serico in alcune malattie mentali quali la schizofrenia e l’epilessia, malattie nelle quali l’Io non assicura più le funzione di controllo del corpo astrale. Si constata anche un rialzo del tasso di rame serico nelle affezioni biliari accompagnate da ittero, nelle quali il processo ferro è carente. Tossicità del rame

Il rame è stato a lungo accusato di essere un potente veleno. È certamente molto meno velenoso del piombo e del mercurio, e può anche avere un effetto salutare. Così, gli operai che lavorano il rame si sono dimostrati più resistenti al colera. Simonin (4) non menziona malattie professionali dovute al rame. Tuttavia, ingerire grosse quantità di sali di rame provoca disturbi digestivi: diarrea, vomiti, spasmi gastrici e disfagia. Le conseguenze dell’ingerimento di piccole quantità di rame sono state notevolmente descritte da Hugo Schultz (5): compaiono sintomi psichici quali malinconia, depressione, panico, paura della morte, disorientamento, perdita della memoria e fuga delle idee. A questi disturbi della coscienza si aggiungono vertigini, sensazione di pesantezza, un afflusso di sangue al cervello; il polso si accelera, diventa piccolo e duro, tutto il corpo si raffredda. L’iperemia del polmone si traduce in una sensazione di pressione, di tensione, e in un’intensa dispnea. Si notano anche profuse sudorazioni e la raucedine causata dall’infezione delle mucose. I muscoli sono sede di crampi e contratture dolorose. Tutti questi sintomi descritti da Schultz denunciano l’insufficienza o l’assenza di controllo del corpo astrale da parte dell’Io.

Il morbo di Wilson

Il morbo di Wilson o degenerazione epato-lenticolare è un’affezione ereditaria legata ad un difetto del metabolismo del rame e degli aminoacidi. Esso è caratterizzato da rigidità muscolare, tremori, disturbi psichici e oculari. Comporta inoltre un curioso sintomo: la pelle sembra come se ci si fosse infiltrata dell’aria e dà l’impressione toccan-

Il Rame

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dola di ovattata imbottitura, che prende in un certo senso un eccessivo carattere venusiano. Fortunatamente, si tratta di una malattia rara, ma abbastanza spesso si riscontra questo sintomo cutaneo in forma meno grave dove la pelle dà semplicemente l’impressione di grande delicatezza ed elasticità. Ne sono risparmiati solo i contorni degli occhi e queste persone si fanno notare subito per le occhiaie persistenti che si incassano nei tessuti vicini. Il rame, dice Rudolf Steiner, è imparentato con i processi della zona inferiore dell’organismo, a tutto ciò che si compie al di sotto del diaframma, all’assimilazione, al calore, come all’elaborazione della linfa e del sangue. Dobbiamo quindi usare questo metallo a basse dinamizzazioni le cui affinità col polo inferiore dell’organismo già conosciamo (Cfr. sopra). Tra tutte le osservazioni che riguardano ammalati per il quali Rudolf Steiner aveva consigliato il rame, la dinamizzazione più alta che abbiamo potuto trovare, per quel che ci riguarda, è una D10; si tratta comunque di una indicazione isolata. Le più usate vanno dalla D4 alla D6. In una conferenza tenuta a Torquay il 14 agosto 1924, egli spiega a questo proposito: «Quando si somministrava ad un neofita dell’antica Caldea, dopo averlo accuratamente preparato con esercizi spirituali, del rame dosato molto abilmente – oggi diremmo ad alta dinamizzazione omeopatica – egli aveva l’impressione che le sue parole avevano un calore maggiore (...) perché i nervi che vanno dalla laringe al cervello si riscaldavano anche essi. La stessa alta dinamizzazione di rame provocherebbe ai nostri contemporanei un malanno alla laringe. Al di sopra del cuore, il rame è in collegamento con la laringe, al di sotto con l’apparato digerente». Altrove (16), Rudolf Steiner precisa che tale azione del rame al polo digestivo concerne quei processi che si compiono al di là della parete intestinale. Siamo dunque senz’altro nel campo dell’assimilazione e in quello dell’irradiamento renale.. Il rame sarà allora il farmaco di base nei disturbi dell’assimilazione quali si possono manifestare in caso di insufficienza della I corrente di Venere (Cfr. tavola 3, pag. 225). Magrezze, cachessia, denutrizione, ecc., si devono curare con Cuprum sulfuricum da D4 a D6. Spesso, l’uso del rame sotto forma di unguento può dare ottimi risultati. Nel lattante atrepsico, si devono frizionare le gambe con pochissimo unguento (l’equivalente di una lenticchia) Cuprum met. D1 25%.

Rame e assimilazione

Una delle indicazioni principali del rame è la tubercolosi addominale. Nelle tubercolosi del tenue si deve prescrivere Coffea tosta 1% / Cuprum sulf. D2 5% / Plumbum met. D15 90% / Eccipiente q.b. al 100% l’equivalente di un pisello tre volte al giorno. Viceversa, per l’intestino crasso, si deve utilizzare Mercurius vivus D4 10% / Nasturtium off. 5%/ Stannum met. D14 10% / Eccipiente q.b. al 100% (Cfr. sopra). Nelle

Un farmaco per le tubercolosi addominali

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Medicina antroposofica

tubercolosi renali, si deve ricorrere ad un carbonato di rame, la malachite, e si deve prescrivere: Malachite D6 trit. l’equivalente di un pisello tre volte al giorno. Il riscaldatore

Il rame ha una rimarchevole azione sull’organismo di calore. Si deve prescrivere alle persone freddolose, a quelli che soffrono di freddo alle estremità, e nelle affezioni conseguenti a questo stato (fibromi, appendiciti, cistiti, ecc.). A questi ammalati si devono frizionare gli arti con Cuprum met. D1 ungt. Sarà bene far portare loro delle solette che includono una sottile lamina di rame. Nelle appendiciti, si devono prescrivere frizioni alle ginocchia, sempre con lo stesso unguento, poiché esiste una relazione tra ginocchia e appendice che gli agopuntori, crediamo, conoscono bene. In caso di mani fredde si potranno impegnare gli ammalati a eseguire ogni sera degli esercizi con una sfera di rame. (Si tratta, ben inteso, di rame rosso, non di ottone).

Rame e anemie

Per la sua azione sull’ematopoiesi, si deve prescrivere il rame nelle anemie. Ci sono anemie che non reagiscono affatto al ferro se non si ricorre contemporaneamente al rame. Anche in questo caso rame e ferro si danno la mano. In linea di massima, un’unzione giornaliera della zona splenica con l’unguento al rame basta a completare una terapia marziale e ad assicurarle efficacia.

Rame e circolazione venosa

Il rame è anche la medicina base delle stasi venose – varici, emorroidi, stasi portale, ecc. – ed è probabile che il suo effetto di riscaldamento delle estremità sia dovuto alla sua azione stimolante della circolazione venosa. In effetti, il sangue venoso che cede alla gravità (Cfr. sopra) e stagna nei vasi che dilata, costituisce un ostacolo indiretto alla circolazione arteriosa. Togliendo questo ostacolo, attivando la circolazione venosa, si facilita insieme quella arteriosa. Anche qui, Venere e Marte si danno la mano e si completano. Il trattamento deve essere essenzialmente esterno: frizione delle gambe in direzione del cuore, due o tre volte alla settimana, con un poco di unguento Cuprum met. D1 o anche con la Lozione tonica al rame Weleda e portare solette di rame. Si deve completare con un trattamento interno: Kalium aceticum stibiatum D3 trit., l’equivalente di un pisello tre volte al giorno, ed eventualmente Hirudo e Lachesis. Le frizioni delle gambe ricorrendo all’unguento al rame devono essere prescritte, in caso di gravidanza, sistematicamente.

Un antispasmodico

Le forze del rame, dice Rudolf Steiner, si oppongono in un certo senso a quelle del ferro e, di conseguenza, dobbiamo ricorrere a loro quando la I corrente di Marte si manifesta troppo intensamente. E così nelle ipertensioni collegate ad un eccesso di irradiamento renale Chamomilla cupro culta 0,1%, per iniezioni sottocutanee due o tre volte la

Il Rame

303

settimana, sarà un farmaco di prima qualità per togliere lo spasmo arterioso. Il rame, sotto tutte le forme, costituisce il farmaco antispasmodico per eccellenza e va prescritto nei crampi sotto forma di unguento, particolarmente nelle coliche peri-ombelicali dei bambini (responsabili di tante appendicectomie inutili), nei pilorospasmi e nelle stipsi spasmodiche. Le frizioni si devono fare girando lentamente attorno all’ombelico in senso orario e premendo moderatamente. Un luogo di elezione per l’azione del rame è costituito dal plesso solare. L’azione antispasmodica del rame può essere vantaggiosa anche nei tics e nella corea di Sydenham o ballo di S. Vito, di cui abbiamo già parlato. Il rame sarà il farmaco base nelle spasmofilie e nelle tetanie. Holtzapfel raccomanda in questi casi la forma Chamomilla cupro culta 0,1% per bocca. Anche le forme di tossi spasmodiche, tra cui la pertosse, sono curabili col rame sotto forma di Cuprum acet. D3 dil.. Ricordiamo l’azione del rame nella balbuzie (Cfr. sopra). Anche nell’asma, di cui abbiamo segnalato il collegamento col rene, il Cuprum D5 trit. permetterà di agire sullo spasmo bronchiale. Sarebbe d’altronde indicato prescrivere a tutti gli asmatici unzioni della zona renale (angoli costovertebrali) con Cuprum met. D1 / Tabacum D6 ungt. Questa terapia così semplice è applicabile in tutte le affezioni croniche che implicano una partecipazione del rene: insufficienza renale, nefrite, nefrosclerosi, così come nei disturbi psichici legati ai reni la cui caratteristica è l’emancipazione del corpo astrale in rapporto all’Io e che Treichler (7) caratterizza in modo lapidario con due parole: agitazione-ebetismo, indicando così i sintomi principali tra i quali oscillano questi malati.

Rame e reni

Il rame, dice ancora Rudolf Steiner in una conferenza del 29 agosto 1924, aiuta l’organizzazione dell’Io a ristabilire il proprio equilibrio di fronte al corpo astrale. Questo metallo costituisce così il farmaco-tipo, non solo delle affezioni psichiche già segnalate, ma anche di quelle nelle quali l’emancipazione del corpo astrale interessa più specialmente il piano funzionale. Questo avviene nel morbo di Basedow, per il quale la medicina antroposofica prescriva d’abitudine la Chalcosina D4 o la Cuprite D4. In un caso, posteriore alla pubblicazione del I volume, in cui la Cuprite non aveva dato i risultati previsti, abbiamo ottenuto una sedazione spettacolare della tachicardia, scesa da 140 a 80 in due settimane, ricorrendo al metallo vegetalizzato. Melissa cupro culto 0,1%, somministrato per bocca in ragione di 10 gocce tre volte al giorno. Ricordiamo, benché ciò concerne un altro metallo, che questi ammalati in seguito possono stabilizzarsi con applicazioni di unguento Argentum met. D1 sulla zona anteriore del collo, al momento di coricarsi. L’eccessiva

Rame e ipertiroidismo

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Medicina antroposofica

influenza del corpo astrale sull’organismo può, invece di essere generale come nell’ipertiroidismo, localizzarsi in alcuni organi, come possiamo osservare nelle ulcere gastro-duodenali. Anche qua il rame può essere usato come complemento dell’argento (Cfr. sopra). In questi ammalati, esiste generalmente una partecipazione della sfera renale; così Hauschka (8) ha raccomandato di associare al rame un estratto di ghiandola surrenale sinistra. Ispirandoci a questa idea, potremmo prescrivere: Malachite D6 / Surrenina sinistra D6, 10 gocce prima dei tre pasti. Per finire, citiamo anche una curiosa indicazione di Rudolf Steiner che concerne il rame (9), benché essa non sia a dire il vero di ordine terapeutico: «Il rame dà la facoltà di trovare della analogie. Sotto la sua influenza, il pensiero non è più ostacolato dall’elemento fisico del cervello». Varietà dei minerali, ricchezza dei colori molteplicità delle applicazioni terapeutiche caratterizzano il rame. Se gli alchimisti hanno potuto paragonarlo ad una cortigiana, noi medici potremmo, chiamarla la domestica tuttofare, avvicinandoci così all’immagine della casalinga economa di cui si era servito Lievegoed per illustrare la I corrente di Venere. NOTE 1

Wachsmuth G., L’evolution de la terre, op. cit.

2

Rudolf Steiner, Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura, Helsinki 3-14 aprile 1912, Ed. Antroposofica, Milano, 1985.

3

Müller H., Précancérose, méthodes de diagnostic et prophylaxie, Colloquio medico d'Arlesheim, 1973. Atti delle conferenze, Weleda.

4

Simonin, Médecine du travail, Maloine, Paris.

5

Schultz H., Wirkung und Anwendung der unorg Arzneistoffe.

6

Rudolf Steiner, Fondamenti scientifico spirituali della terapia, Dornach 11-18 aprile 1921, Ed. Antroposofica, Milano, 1987.

7

Rudolf Treichler, medico psichiatra antroposofico autore di numerosi lavori psichiatrici parecchi dei quali sono stati pubblicati dalle Editions du Centre Triades – in particolare: Biographie et Psychologie: Évolution, troubles et maladies de l'âme humaine (1988) e Pour une psychiatrie différente: Dynamique de la schizophrénie (1983).

8

R. Hauschka, medico, fondatore dei laboratori Wala.

9

Conferenza del 13 ottobre 1906.

305

Capitolo XXX

L’Oro Se il rame suscita la simpatia, l’oro suscita la meraviglia, meraviglia molto ben espressa da questa piccola parola della nostra lingua dove ritroviamo la vocale O nelle interiezioni che indicano il nostro stupore e la nostra ammirazione. Si può realmente e in molti modi ad-or-are l’oro. Non è certo per caso che ritroviamo le stesse lettere o-r per indicare la preghiera e la bocca, in or-azione per esempio. Gli etimologi obietteranno che la parola oro che serve a indicare il metallo viene dal latino Aurum, ma non troviamo forse in AU l’idea di preghiera, come nell’AUM degli antichi indù? Ritroviamo la sillaba or nella parola origine, che si potrebbe tradurre con: ciò che è stato creato con la bocca (or-almente), o meglio dal Verbo. L’oro è quindi il metallo del Verbo, dello spirito. Non potremmo dire la stessa cosa di alcun altro metallo. L’oro è bello, brillante e manifesta sin dall’inizio la sua affinità con la luce del sole. Per parlare dell’oro, bisogna averlo sotto gli occhi. Comprate un foglio d’oro (1) da un corniciaio o da un doratore, chiedetegli di metterlo tra due lastre di vetro e contemplatelo, lasciatelo parlare, ha tante cose da raccontarvi. L’oro ama brillare, ama la luce al punto tale che cerca di occupare la superficie più grande possibile e si lascia stendere in fogli il cui spessore non supera i dieci millesimi di millimetro; in altre parole bisogna sovrapporne diecimila per ottenere lo spessore di un millimetro, e dei grammi d’oro possono ricoprire un metro quadrato di superficie. Guardate adesso il sole attraverso la vostra lamina d’oro; sembrerà verde. Effettivamente, una lamina simile è così sottile che lascia passare la luce conferendole una tinta verde. I giochi dell’oro e della luce ci riservano ancora altre sorprese. Se si precipita l’oro in una soluzione del proprio cloruro, si vede apparire una bella tinta rossa: la porpora di Cassio. L’oro racchiude in sè così tre tinte: il giallo dorato riflesso dalla propria superficie, che sta nel mezzo tra la porpora delle soluzioni colloidali e il verde della trasparenza. Si può realizzare un esperimento che prova indiscutibilmente questa posizione centrale del giallo tra il rosso e il verde: illuminate una superficie

Il metallo solare

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Medicina antroposofica

bianca con due luci diverse, una rossa e l’altra verde, otterrete una superficie gialla. D’altra parte è possibile variando la proporzione di rosso e di verde, ottenere tutta la gamma di sfumature che separano queste due tinte. Se guardate la superficie gialla così ottenuta attraverso un prisma, la vedrete sdoppiarsi in due superfici, una rossa e l’altra verde! L’oro così contiene in sé una triade: i suoi due colori complementari, il rosso e il verde, che si oppongono, e il suo elemento ritmico evidenziato dalla bella luminosità dorata. Non è curioso ritrovare qui la stessa polarità rosso-verde scoperta studiando la clorofilla e l’emoglobina ? (Cfr. sopra). Vediamo in questo modo delinearsi un rapporto tra l’oro e le zone ritmiche della pianta e dell’uomo. La luminosità dell’oro è stata sempre paragonata alla luce del sole, proprio come il riflesso dell’argento a quella della Luna. Sappiamo benissimo, insieme ai fisici, che la luce della luna è in proporzione più ricca di raggi gialli, e che, se fotografiamo il nostro satellite con una pellicola a colori, otteniamo, con grande stupore, una grande palla gialla. Ma quando si tratta di colori, ciò che importa non è quello che misurano gli strumenti di fisica, ma ciò che noi vediamo e sentiamo. Fuori dalla nostra vista, la nozione di colore è priva di senso. Niente di più triste dell’illuminazione con lampade o tubi detti luce diurna, la cui tinta livida non corrisponde affatto all’impressione dorata data dalla luce del sole! E se, dopo una giornata di sole, osserviamo di notte la luna piena, essa ci dà proprio l’impressione di essere argentata. Queste sensazioni soggettive non sono un’inganno, perché innegabilmente esiste un rapporto tra l’oro e il Sole, tra l’argento e la Luna, come hanno dimostrato gli esprimenti di Kolisko, di A. Fyfe e di Faussurier (Cfr. sopra). La polarità luce/gravità

Se l’oro, dopo l’argento, è il metallo più brillante, esso è, viceversa, tra i sette principali, il più pesante, con una densità di 19,3. Ritroviamo qui, ma ad un grado maggiore, la polarità leggerezza/gravità scoperta per il mercurio. Per il mercurio la leggerezza non supera lo strato di ARIA e la gravità lo strato di ACQUA. L’oro va oltre, e vorrebbe trasformarsi completamente in luce, in qualcosa più tenue dell’aria. D’altra parte, l’oro si condensa in una massa tra le più dense della crosta terrestre. Quando si riduce in lamine infinitamente sottili, un poco alla maniera dei liquidi, come per esempio un sottile strato di olio, esso tende a occupare uno spazio a due sole dimensioni, mentre il mercurio, disperso allo stato di ARIA, occupa sempre uno spazio a tre dimensioni e resta così più vicino alla materia. In compenso, condensandosi, l’oro forma una massa solida più densa del mercurio e tende persino a cristallizzare. Così, nelle due direzioni, l’oro va oltre il mercurio. Data l’alta densità dell’oro, ci si potrebbe aspettare di incontrarlo principalmente nelle profondità della terra; non è così, perché l’oro si

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L'Oro

MERCURIO

¾® ARIA

LUCE

¬¾¾¾¾

¾® ACQUA

SOLIDO

¬¾¾¾

ORO

trova sia in superficie nelle rocce silicee, anch’esse somiglianti alla luce, sia in filoni a profondità medie. Fatto ancora più curioso: si trova oro allo stato colloidale negli altri strati dell’atmosfera. Dunque l’oro riunisce in sè, oltre quella del rosso e del verde, una seconda polarità: quella che oppone la luce alla gravità, o la luce alla materia, o la luce all’oscurità, che è la stessa cosa. Se ci si ricorda che Rudolf Steiner dice che la materia in generale è luce condensata, possiamo definire l’oro luce condensata che tuttavia ha conservato qualcosa della luce originale. L’oro vuole restare se stesso; è un aristocratico che evita di mescolarsi alla folla. Non può però restare, come i gas rari, estraneo ad ogni combinazione chimica. Il cloro che nasce dall’acqua regia ordinaria o dall’acqua regia clorata (3) è capace di attaccarlo formando dei cloruri. L’oro rifiuta ostinatamente di ossidarsi, è il metallo nobile per eccellenza e in ciò somiglia all’argento. Come per quest’ultimo è possibile tuttavia ottenere degli ossidi usando una via traversa, un’astuzia. Ma un ossido così ottenuto, come quello dell’argento, è estremamente instabile e forma con l’ammoniaca una polvere grigia che scoppia al minimo urto: l’oro fulminante. L’oro è intaccato anche dai cianuri alcalini, cosa che permette di recuperarlo nei minerali relativamente poveri. I cianuri alcalini capaci di intaccare l’oro sono anche potentissimi veleni che agiscono – fatto curioso – proprio sull’emoglobina del sangue, della quale abbiamo messo in parallelo con quelle dell’oro le proprietà luminose. Quella stessa sostanza che paralizza il pigmento respiratorio degrada l’oro, lo sottrae alla luce e lo lega al processo del chimismo terrestre. Dei nostri sette metalli, l’oro è il più elettronegativo e tende così a sostituirsi agli altri nelle reazioni. Tale proprietà è usata in fotografia per il viraggio dei negativi: quando questi si immergono in una soluzione di sale di oro, l’oro si sostituisce all’argento. Il negativo così trattato prende una calda inalterabile tonalità bruna.

L’oro, un aristocratico

Contrariamente agli altri metalli, l’oro esiste in natura solo allo stato nativo. Benché raro, è un metallo diffusissimo ed esistono poche rocce che non ne contengono tracce. In linea di massima, l’oro è presente nella crosta terrestre in dose omeopatica equivalente a un D9, ossia un milligrammo per tonnellata. L’oro ama particolarissimamente la sostanza, tutta luce, che è la silice, ma non si combina mai con essa, preservando la propria integrità. Così, i graniti, ricchi di silice, conten-

Pepite e pagliuzze

308

Medicina antroposofica

gono in media 1 grammo d’oro per tonnellate, ciò che equivale già a una D6. Quest’oro si ritrova sotto forma di pagliuzze nelle alluvioni che risultano dall’erosione di quelle rocce. Esso può essere estratto dalle sabbie con procedimenti diversi, il più semplice dei quali è quello del lavaggio: l’oro, più pesante, si raccoglie al centro del cono, mentre le sabbie sono portate vie dall’acqua. Si trovano a volte masse d’oro più consistenti, le pepite, il cui peso può raggiungere parecchi chilogrammi. La più pesante trovata in Francia, del peso di g 543, fu raccolta verso il 1850 da un pastore degli Avols in Ardeche; questo ne fa solo un ciottolo di due centimetri di diametro, ma un ciottolo molto pesante! Il metallo del polo africano

I principali giacimenti di oro sono distribuiti su tutto il pianeta; tuttavia, i giacimenti africani sono di gran lunga i più importanti e questo continente è in testa alla produzione mondiale col 62%. Così il continente del Sole è lo stesso dell’oro. Diremo pure che quel continente è il cuore della terra? Guardiamo di nuovo la figura 19 di pag. 308 con la sua polarità Atlantico/Pacifico. Da una parte il continente africano, il cuore dell’organismo terrestre, all’epoca sempre orientato verso il Sole, e dall’altra il polo Pacifico, come un utero dal quale si è staccato il corpo della Luna. Quella polarità Atlantico/Pacifico – sarebbe più esatto dire Africa/Pacifico – corrisponde a quella che oppone nel corpo umano il cuore all’utero e di cui tiene conto Rudolf Steiner in una conferenza tenuta ad alcuni medici il 16 aprile 1921. Essa corrisponde anche alla polarità Sole/Luna e a quella che oppone l’oro all’argento. Una tale concezione non è contraria all’ordine nel quale abbiamo allineato pianeti e metalli, così come appare nelle figure da 8 a 15; cambia solo il punto di vista ed è per questo che è stato solo accennato. Il fatto di esaminare le cose da un angolo nuovo costituisce d’altronde un ottimo esercizio mentale, vero antidoto alla sclerosi del pensiero.

Il metallo della sommità e del centro

Torniamo ora alla posizione che è servita da base a questi studi. Abbiamo messo l’oro al centro della figura e in cima all’ettagono (Fig. da 9 a 15). Ci si aspetterebbe che l’oro possedesse, per questo, proprietà intermedia tra quelle dei metalli di sinistra e quelle dei metalli di destra. Ciò è vero per alcune tra queste, come la conduttività termica ed elettrica, la differenza tra punto di fusione e di ebollizione (Fig. 13), e per la tenacità (Cfr. tavola 10, pag. 304), ma per altre proprietà non è proprio il caso. Così, l’oro è il più pesante e il più elettronegativo dei sette metalli e si pone realmente in cima. Ma esso porta in sé l’inverso della pesantezza: la luce; riunendo in sè la polarità pesantezza/luce, l’oro ridiventa il metallo del centro. Ancora, alla sua grande inerzia chimica in rapporto alla sua elettronegatività, possiamo opporre la sua ubiquità, il fatto che si trova dappertutto. Così, l’oro, quando riunisce in sè delle proprietà polari, resta il metallo del centro. Per gli alchimisti,

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era insieme SALE, MERCURIO e ZOLFO, e dicevano: Facilius est aurum facere quam destruere – è più facile fare l’oro anziché distruggerlo – esperimentando così la difficoltà di isolare i tre stati dell’oro, tanto intimamente uniti ad esso. L’oro era conosciuto sin dalla più lontana età, ma era assolutamente proibito possederne, essendo tale metallo riservato al culto; solo il Resacerdote ne aveva la custodia. L’oro era così il metallo della spiritualità più profonda. Noi di questo abbiamo conservato a lungo il ricordo usandolo fino ai nostri giorni per fabbricare strumenti di culto: calice e estensorio. Nella pittura primitiva, il fondo dorato sul quale erano rappresentati i personaggi divini o sacri rifletteva la sua spiritualità. Più tardi, questo spazio si è ristretto all’aureola che circondava la testa dei santi, poi l’oro è completamente scomparso dai quadri. Ne è rimasta però una traccia nell’abitudine di dorare la cornici. L’oro aveva un ruolo importante nelle vetrate; aggiungendo al vetro piccole quantità di cloruro di oro si otteneva la loro magnifica tinta rossa. Simbolo di saggezza spirituale, l’oro è progressivamente diventato quello della ricchezza terrestre, della potenza materiale. Alessandro il grande aveva in suo possesso tutto l’oro dell’antichità. Dopo la sua morte, questo metallo si è disperso per tutto il mondo antico. Avidi di oro, i Romani impiegavano 60.000 schiavi nel lavoro delle miniere. Si erano impadroniti dei tesori della Gallia, ma non erano capaci di trattenere quest’oro di cui avevano bisogno per pagare le loro legioni, e la mancanza di oro ha contribuito certamente alla disgregazione della loro potenza. Il Medio Evo era povero di oro. Verso la fine di quest’epoca, l’oro si era concentrato nelle mani dei Templari che lo amministravano al di là di ogni pensiero egoistico. Geloso della loro potenza e invidioso delle loro ricchezze, Filippo il Bello distrusse il loro ordine, ma non è certo che l’oro sia caduto nelle sue mani, malgrado le torture alle quali sottopose i maestri dell’ordine. Attualmente, la sete dell’oro aumenta. Quante crudeltà hanno commesso gli Spagnoli per impadronirsi dell’oro degli Incas! La maggior parte delle spedizioni avevano come fine la ricerca dell’oro e delle spezie. Il tempo delle vie dell’oro (Klondike, Australia) non è molto lontano dai nostri giorni. Attualmente la potenza degli Stati si fonda in gran parte sul possesso dell’oro, e un capo di Stato recentemente ha potuto anche fondare il proprio potere su un “bluff”, facendo credere di detenere tutto l’oro del governo al quale si era sostituito, mentre non ne aveva neanche un’oncia. Attualmente si estraggono da miniere come quelle di Witwatersrand, della Kolyma e da altre, grandi quantità di oro al prezzo di un considerevole lavoro le cui condizioni sono talvolta analoghe alla schiavitù del tempo dei Romani, quando non sono peggiori. E che diventa questo oro tirato fuori a prezzo di tante pene, anzi di tante sofferenze?

Oro e civilizzazione

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Medicina antroposofica

Ci si affretta a seppellirlo di nuovo nei sotterranei delle banche nazionali! Si può immaginare un’attività più sterile, un atteggiamento più contraddittorio? Ma la nostra epoca è tutta una contraddizione! Questo metallo così nobile, fatto per dilagare e mettersi in mostra in piena luce, per essere ammirato e rallegrare il cuore con la sua bellezza, è costretto a concentrarsi in pesanti lingotti, immobilizzato nell’oscurità delle fortezze, servendo solo, con la propria massa, a consolidare il dominio di alcuni uomini sul resto dell’umanità. In questa maniera, l’oro è distolto dalla propria missione; invece di contribuire all’elevatezza dello spirito, diventa strumento del potere materiale e della schiavitù delle anime. Sciogliere l’oro dall’incantesimo

Spetta a noi sciogliere dall’incantesimo quest’oro così strettamente legato al mondo materiale, liberarlo dalla pesantezza, tirarne fuori le forze di luce e di leggerezza dinamizzandolo, e facendone strumento di guarigione. Bisogna anche saperlo usare a ragion veduta, e per far questo, conoscerne l’effetto sull’uomo.

Tossicità

I sali di oro sono tossici e provocano accidenti gravi. L’uso terapeutico massiccio di tali sali, oggi abbandonato, ha provocato accidenti mortali. Neppure le soluzioni colloidali dell’oro sono prive di tossicità. L’oro metallico, viceversa, non è tossico e può essere adoperato senza timore per fabbricare tazze o posate. Un bambino che inghiotta accidentalmente un pezzo d’oro non corre alcun rischio. Tuttavia, forse a causa della presenza di acido cloridrico nello stomaco, l’ingestione regolare di piccolissime quantità di oro provoca disturbi che gli omeopati conoscono bene: congestione, vampate di calore, palpitazioni, malinconia e tendenza al suicidio. Sono gli stessi sintomi che abbiamo attribuito ad una predominanza della corrente di disincarnazione solare e che abbiamo riassunto nella tavola 4 e che riproduciamo qui di seguito.

Le due correnti solari

Lo studio di questa tabella dimostra da una parte sintomi che evidenziano la tendenza dell’uomo a diventare troppo materiale, dall’altra la tendenza a diventare troppo spirituale. Si tratta, ben intesto, di manifestazioni organiche, funzionali o psichiche, che escludono ogni giudizio morale e che non hanno, in linea di massima, alcun legame con l’atteggiamento più o meno materialista o spiritualista dell’individuo. Il medico commetterebbe un grave errore se traesse da questa sintomatologia una conclusione sul piano etico; il suo ruolo è di curare, non di giudicare. La maggior parte dei sintomi e delle affezioni che figurano in questa tabella sono già venuti fuori quando abbiamo studiato gli altri pianeti. Diremo che il Sole riassume, in un certo senso, tutte le tendenze precedentemente riscontrate, cosa che ben si attaglia alla posizione centrale nei due processi di incarnazione e disincarnazione (Cfr. Fig. 8).

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SOLE

CUORE – CIRCOLAZIONE Tipo picnico Soggetti robusti, abbronzati ben svegli Attivi, amano gli sports e i giochi all’aria aperta

Tipo leptosomico Soggetti esili, pallidi, sognatori Mancano di slancio, amano la lettura i giochi intelligenti

Appetito buono Accelerazione dei processi di incarnazione che portano ad un invecchiamento precoce Il complesso superiore (Io – astrale) domina

Appetito scarso Rallentamento dei processi di incarnazione

Angosce, precordialgia Stenocardia Angina pectoris Coronariti, infarto Trombosi

Palpitazioni, vampate di calore vertigini, assenze, sincopi Affezioni febbrili con delirio Cifosi, scoliosi, lordosi Ptosi Affezioni infiammatorie del cuore, insufficienze cardiache Rammollimento cerebrale Aborti

Sclerosi Dermatosi secche pruriginose Agitazione maniacale, follia furiosa

Il complesso inferiore (fisicoeterico) tende ad emanciparsi e l’organismo cede alle forze di gravità.

Diatesi essudativa Malinconia, fuga dalla realtà, tendenza al suicidio

II SPIRITUALIZZAZIONE → LA CORRENTE DI DISINCARNAZIONE DOMINA

← MATERIALIZZAZIONE LA CORRENTE D'INCARNAZIONE DOMINA

I

Il sole è realmente l’organo centrale del mondo planetario, come il cuore lo è del corpo umano; il primo assicura l’equilibrio tra pianeti interni ed esterni, il secondo quello tra i poli metabolici e neurosensoriale. Tuttavia, la funzione equilibratrice del Sole e di conseguenza del suo metallo, l’oro, si estende al di là del sistema planetario, andando da una parte oltre la sfera saturniana verso il cosmo, lo spirituale, e dall’altra oltre la sfera lunare verso il terrestre e il materiale. L’oro diventa così il metallo dell’armonia, ma l’equilibrio che esso assicura è diverso da quello realizzato dal mercurio. Sentiamo a questo proposito Rudolf Steiner (4): Data la compensazione realizzata dal processo mercuriale su un piano ristretto, siamo naturalmente portati a ricercare l’equivalente in

L’equilibrio del mercurio e quello dell’oro

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Medicina antroposofica

un campo più vasto. Poiché quello mercuriale è il fattore di equilibrio tra il tellurico e l’extra tellurico. Ma in realtà, l’intero nostro universo è permeato di spirito, e questa è un’altra polarità. Considerate da una parte la terra e dall’altra tutto ciò che è extraterrestre; vi troverete la polarità luce/pesantezza che interessa questo campo limitato. Ma ne esiste un’altra che si fonda tra l’insieme formato dalla terra e da quello che c’è al di fuori di essa da una parte, e ciò che permea questo insieme dall’altra, tra ciò che è spirituale e ciò che è materiale ponderabile o imponderabile che sia quest’ultimo. In ogni punto del materiale deve costituirsi un equilibrio tra questo materiale e lo spirituale. Ciò concerne tutto l’universo. Il punto dell’universo più vicino a noi dove questo equilibrio si costituisce è il Sole. È proprio il Sole che realizza nell’universo l’equilibrio tra materiale e spirituale. E questo avviene perché il Sole è allo stesso tempo elemento regolatore del sistema planetario e organizzatore delle forze che penetrano nel nostro sistema materiale. Accanto all’immagine delle corrispondenze tra i diversi pianeti e i metalli, ne nasce una tra il Sole e l’oro. In raltà, gli Antichi non apprezzavano l’oro per il suo valore arimanico, ma proprio per i suoi rapporti col Sole, con l’equilibrio tra spirito e materia. Così, con l’oro, noi ci poniamo su un piano più elevato di quello del mercurio. L’oro diventa in tal modo il metallo principe della terapeutica e richiede, più di ogni altro, di essere usato con discernimento. Ricordo del processo di incarnazione

È quindi importantissimo capire bene i processi di incarnazione e disincarnazione con le loro conseguenze sul piano organico. Tentiamo dunque di approfondirli anche a rischio di ripeterci. In colui che s’incarna profondamente, il complesso superiore (Io-corpo astrale) ha un forte ascendente sul complesso inferiore (fisico-eterico). Diremo anche che tutto il suo organismo è fortemente sollecitato, cosa che provoca un’intensa attività tanto al polo metabolico che a quello neuro-sensoriale. Un tale soggetto, avendo la padronanza del proprio corpo, sta bene nei propri panni, è contento di vivere e, nella prima metà della propria esistenza si ammala raramente. Tuttavia, chi si immerge troppo profondamente nel proprio corpo disperde le proprie forze verso l’esterno, non controlla più la propria attività, ma ne è trascinato. È ciò che culmina nella pazzia furiosa. Quest’attività troppo intensa – la spada che consuma la guaina – porta con sè una più rapida degradazione dell’organismo. Se è bene e normale che la corrente di incarnazione predomini durante la prima metà dell’esistenza, dovrebbe, quando l’uomo oltrepassa i trentacinque anni, cedere il passo a quella di disincarnazione, per non rischiare di veder comparire i disturbi elencati nella colonna sinistra della tabella, disturbi che possiamo riassumere in una parola: sclerosi. E così un

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eccessivo ascendente dello spirito sul corpo porta alla fine alla materializzazione. Quando, viceversa, la corrente di incarnazione è recessiva, il complesso inferiore (fisico-eterico) tende ad emanciparsi, ad imporre le proprie leggi; la materia (corpo fisico) e i processi vitali (corpo eterico) la fanno da padrone. E così il leptosomico, meno ben incarnato, subisce più intensamente le forze di pesantezza del picnico: egli si incurva, soffre di ptosi, e la posizione eretta prolungata può da sola provocare una sincope, in altre parole una fuga del complesso superiore. Il suo eterico mal controllato si manifesta con una crescita smisurata e con una predisposizione alle malattie infettive. Ciononostante, tali soggetti raggiungono spesso età avanzate. Attraverso le vicissitudini della loro esistenza, hanno imparato a poco a poco a incarnarsi meglio, al punto talvolta di aggrapparsi troppo al loro corpo nella seconda metà della vita, durante la quale dovrebbe dominare la corrente di disincarnazione. Sarebbe comodo poter classificare sistematicamente gli ammalati nell’una o nell’altra categoria e applicar loro la terapia corrispondente, ma la vita è così complessa che questo non succede senza difficoltà. Il medico deve tener conto sia delle manifestazioni passeggere che della costituzione generale che non sempre coincidono. Alcuni ammalati, e sono numerosi, oscillano continuamente tra le due tendenze; ora sono troppo incarnati, ora lo sono insufficientemente, e a volte danno l’impressione che il loro complesso superiore tenti di scuotere l’inferiore, che mal padroneggia, con delle scosse successive. la psicosi maniacodepressiva ne è un tipico esempio. Le cose si complicano anche per il fatto che l’ascendente del complesso superiore sull’inferiore può dominare ad un polo soltanto dell’organismo, anzi soltanto in un organo. L’uomo è decisamente un essere molto complicato, ed è necessaria molta arte per praticare una terapia razionale che eviti i pericoli rappresentati da uno schematismo rigido e da un brancolamento cieco.

Tra schematismo e brancolamento

Generalmente, le alte dinamizzazioni agiscono al polo superiore e le basse e quello inferiore; questo è vero per l’oro come per le altre sostanze. Da un punto di vista pratico, è forse più utile sapere in quale direzione agisce l’oro secondo il grado di dinamizzazione; e possiamo dire che quelle basse, da D6 a D10, agiscono nel senso dell’incarnazione, della materializzazione, e quelle alte nel senso della disincarnazione, della spiritualizzazione. Le medie, lo vedremo, hanno soprattutto proprietà equilibratrici. Di preferenza quindi, dobbiamo prescrivere l’oro in bassa dinamizzazione a quei soggetti giovani il cui processo di incarnazione deve essere rinforzato, e le alte ai soggetti meno giovani. L’Aurum da D6 e D10 aiuterà l’Io e il corpo astrale a prendere possesso meglio del complesso inferiore e a vincere le sue leggi. Dobbiamo dare quindi

Scelta delle dinamizzazioni

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Medicina antroposofica

Aurum met. D10 per la minaccia di aborto, espressione di rifiuto o di difficoltà di incarnazione. Dobbiamo ugualmente prescrivere l’Aurum da D6 a D10 in triturazione o per iniezioni in tutte le sintomatologie che provano la preponderanza delle forze di gravità della materia: deformazione del rachide, ptosi, stasi venose, ecc., soprattutto nei giovani. Anche gli anziani possono presentare sintomi dello stesso genere: curvandosi un vecchio cede alle forze di gravità, ma in lui è in causa più la degradazione dal corpo fisico che una debolezza del processo di incarnazione. Sarebbe allora un errore prescrivergli oro a bassa dinamizzazione, soprattutto in maniera costante. Al contrario, si deve aiutare l’Io a staccarsi progressivamente da un tale organismo diventato troppo minerale. Sintomi fisici dell’oro

La preponderanza delle forze di gravità, il fatto di portarsi dietro un organismo indocile perché troppo fisico, induce alla malinconia, alla fuga fuori dal mondo materiale e al suicidio. Questo è un caso per un indicazione certa di Aurum a bassa dinamizzazione ma in principio è meglio rimpiazzarlo col metallo vegetalizzato: la Primula auro culta 0,1%, che si deve prescrivere sotto forma di iniezioni, sottocutanee. In seguito, quando l’organismo avrà cominciato a reagire bene, si deve ricorrere all’Aurum met. D6 in triturazione o per iniezioni. Entrano nello stesso quadro, su un piano non più fisico ma funzionale, sintomi come le vertigini, le assenze, le lipotimie, etc..., curabili anche loro con oro a bassa dinamizzazione. Allora, in caso di sincope, si deve somministrare immediatamente per iniezione l’Aurum met. D10 all’altezza del plesso solare.

Oro e diatesi essudative

Ci si può sorprendere di incontrare le diatesi essudative tra i disturbi dovuti ad una insufficienza del processo di incarnazione, ma non sono proprio le forze del complesso superiore che compiono la trasformazione degli alimenti (cf. vol. I)? Quando i processi di degradazione e di umanizzazione sono incompleti a causa di un’insufficienza del complesso superiore, l’organismo cerca di sbarazzarsi per via cutanea delle sostanze che hanno conservato un carattere estraneo. Potremo, anche in questo caso, ricorrere all’oro a bassa dinamizzazione. Nello stesso ordine di idee si pone il trattamento delle screpolature, delle ragadi, delle fissure e fistole anali, piaghe torpide, etc.., con applicazione di unguento all’oro (Aurum met. D5 ungt.) con ottimi risultati.

Eccessiva materializzazione dell’organismo

La predominanza della corrente di incarnazione, a meno che non sia veramente troppo eccessiva, non provoca alcun disturbo nell’infanzia e nella giovinezza, ma comporta un’usura precoce dell’organismo, troppo intensamente sollecitato dal complesso superiore. Questo si traduce in un invecchiamento precoce, nella sclerosi, e in genere in una

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tendenza dell’organismo a diventare troppo fisico. E così, il sangue diventa ipercoagulabile e provoca le trombosi. I sintomi iniziali sono spesso angosce e precordialgie; più tardi compariranno angina pectoris, coronariti e infarti, soprattutto nei soggetti eccessivamente attivi esposti a molti stress. In questi casi si deve ricorrere all’oro ad alta dinamizzazione. Dobbiamo prescrivere due o tre iniezioni sottocutanee alla settimana di Aurum met. da D20 a D30 che sarebbe utile associare alla Betulla cortex D2 o anche 3% (da mescolare nella siringa) in caso di sclerosi arteriosa. Malati di questo tipo sono spesso soggetti a perdita di memoria e reagiscono molto bene alla Formica D6, che sarebbe ugualmente utile prescrivere sotto forma di iniezioni, da alternare con le precedenti. Quando con queste affezioni compaiono dei disturbi psichici – angoscia, paura della morte, etc...., è preferibile ricorrere alle proprietà rivitalizzanti del metallo vegetalizzato con Primula auro culto 0,1%, somministrato sia per iniezioni sottocutanee, sia per bocca. L’agitazione maniacale e la pazzia furiosa, al contrario, reagiscono meglio con l’Hypericum auro cultum o con l’Aurum met. da D6 a D10, cosa che può sembrare paradossale. L’esperienza (5) dimostra che tale scelta è buona, e il paradosso si risolve se si tiene conto del fatto che intensificando il processo di incarnazione, si introduce anche un elemento di controllo della volontà scatenata. Alla tendenza sclerotizzante appartengono anche le dermatosi secche, pruriginose, e per questo ugualmente curabili con l’oro ad alta dinamizzazione. Ma l’oro non è la sola cura di tali affezioni sulle quali non torneremo. Ristabilire l’armonia è rendere la salute ad un ammalato. Può accadere che un trattamento, invece che da un ritorno alla salute, sia seguito da sintomi opposti, sia a causa di una cura troppo lunga, sia per la propensione del malato a oscillare da un estremo all’altro come abbiamo spiegato prima. Bisognerà allora essere in grado di attenuare tali oscillazioni facendo ricorso all’attività regolatrice del sistema ritmico. Infatti, tutto quello che fortifica il ritmo, aiuta a guarire. Il semplice fatto di assumere un farmaco ad orari regolari possiede già una virtù curativa. Tutte le attività artistiche vere, poiché provengono dalla sfera del sentimento e del ritmo, contribuiscono alla guarigione. La loro efficacia può essere considerevolmente accresciuta da un appropriato orientamento. La medicina antroposofica fa così ricorso alla pittura, alla modellatura, alla musica, all’arte della parola e all’euritmia terapeutica. Sfortunatamente, così notevolmente efficaci, per adesso, non sempre sono alla nostra portata. Possiamo tuttavia spingere i nostri ammalati a condurre un’esistenza più regolare, più armoniosa e, per questo, meno traumatica per il loro sistema ritmico. Anche noi contribuiremo al loro equilibrio prescrivendo l’oro a dinamizzazione media, per esem-

Ristabilire l’armonia

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Medicina antroposofica

pio l’Aurum met. D15, soprattutto a fine cura. Se l’argento ci serve spesso da preludio ad un trattamento, non dimentichiamo di prescrivere l’oro alla sua conclusione, esso ci aiuterà a fortificare il cuore, permettendogli di assicurare meglio l’euritmia dell’organismo. Tra Lucifero e Ahriman

L’oro, metallo solare, metallo del centro, ha dunque il potere di preservare l’uomo tanto dalla tentazione luciferica di un’eccessiva evasione verso lo spirito, che da quello, ahrimanica, di una irrimediabile caduta nella materia. Tra questi due aspetti del male, così ben caratterizzati da Rudolf Steiner, si situa la via mediana aperta dallo spirito solare, il Cristo. L’oro è proprio il metallo del Verbo divino, come noi abbiamo anticipato per ragioni puramente linguistiche all’inizio di questo capitolo. Somministrando l’oro, il medico è, nella vita moderna, come il riflesso del Re-sacerdote dei tempi passati, e aiuta colui che egli cura a realizzare in sè stesso il ponte dell’equilibrio tra la materia e lo spirito; egli compie una vera missione sacerdotale che esige, al pari delle cognizioni, la propria trasformazione interiore. Il medico antroposofico deve tendere proprio a questo ideale per una perfetta conoscenza di sè, per un lavoro assiduo e coltivando l’amore del prossimo, poiché l’uomo non agisce nel mondo solo per quello che fa, ma soprattutto per quello che è (R. Steiner). NOTE 1

Si trovano fogli d’oro destinati alla doratura, di circa cm. 8x8, che costano abbastanza poco. Sono incredibilmente sottili, e così bisogna maneggiarli, con molta precauzione. Messi tra due vetri, restano intatti.

2

È molto importante sapere che mescolare dei colori, per esempio quelli originati da due sorgenti luminose colorate, o da due zone del prisma, è tutt’altra cosa che mescolare le sostanza materiali quali sono le vernici. Quando mescolate due luci, la luce aumenta – nel nostro esempio, il rosso e il verde mescolati danno un giallo più brillante del rosso o del verde presi da soli. Quando mescolate due vernici – sostanze materiali – voi aumentate l’oscurità. Noi descriviamo qui semplicemente, alla maniera di Goethe, esperimenti che abbiamo realizzato, astenendoci dall’elaborare una qualsiasi teoria. Se non si fosse fatto accecare dalla passione di cui diede prova nel corso delle sue discussioni con Newton, Goethe avrebbe senza dubbio fatto egli stesso questa fondamentale distinzione tra mescolanza di luci e mescolanza di colori.

3

L’acqua regia ordinaria è una mescolanza di acido cloridrico e di acido nitrico concentrati. L’acqua regia clorata è una mescolanza di acido cloridrico e clorato di potassio.

4

Rudolf Steiner, Scienza dello spirito e medicina, op. cit.

5

Cfr. R. Treichler, in Husemann/Wolff, Das Bild des Menschen als Grundlage der Heilkunst, vol. III, Stuttgart, 1986.

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Conclusione Caro lettore, aprendo questo libro, hai cercato la risposta a molte domande. Se ho saputo chiarirne qualcuna, ne avrò certamente suscitate molte altre. Non ho trattato in queste pagine che un numero ristretto di malattie, e sono lontano dall’aver richiamato tutte le indicazioni di Rudolf Steiner che riguardano la medicina; ma risvegliando la vostra curiosità, forse avrò raggiunto lo scopo meglio che proponendo ricette applicabili ciecamente. Alla prima lettura, certe idee ti saranno sembrate inusuali, perché è difficile coglierle intellettualmente col solo pensiero e le immagini che mi è capitato di utilizzare forse ti avranno fatto sorridere. Lascia riposare questo libro. Quando lo riprenderai, ti saprà dare nuovi lumi; ciò che potrà esserti sembrato assurdo di primo acchito ti apparirà del tutto naturale. Praticando la medicina antroposofica troverai a poco a poco le risposte auspicate, poiché l’antroposofia è un cammino del quale non basta rintracciare la traccia sulla carta, ma che richiede di essere praticata; essa è un’evoluzione, una trasformazione di sé.

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