Robin S. Sharma - Il Monaco Che Vendette La Sua Ferrari

January 7, 2017 | Author: lilsimm8536 | Category: N/A
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Robin S. Sharma

IL MONACO CHE VENDETTE LA SUA FERRARI

Traduzione di Anna Sudano Titolo originale: The Monk who Sold His Ferrari Prima edizione TEADUE febbraio 2000

Trama Julian Mantle è un avvocato di grido, potente, ammirato, ma anche incalzato dallo stress, dal bisogno di nuove esperienze e da uno strisciante sentimento di insoddisfazione. Quando un attacco cardiaco lo costringe a fermarsi, la sua vita subisce una svolta: Julian lascia tutto - compresa la sua amata Ferrari, simbolo del suo successo - e parte per l'Himalaya. Quando torna è un altro uomo: vitale, saggio, libero, felice. É un uomo nuovo, che ha scoperto un segreto e che vuole condividerlo col mondo... Il monaco che vendette la sua Ferrari è un'affascinante parabola sulla scelta cui si trovano di fronte gli uomini e le donne che ogni giorno si sentono soffocati dalla fretta, dagli impegni, dal bisogno di senso. Un romanzo che racconta quella sintesi di saggezza orientale e di regole occidentali per la riuscita personale che sono alla base della ricetta di Robin Sharma per una nuova vita consapevole e felice.

Robin S. Sharma, avvocato americano, è un'autorità internazionale di strategie di leadership e sviluppo personale. É autore di numerosi best seller motivazionali, tra i quali Vivere alla grande, apparso nelle edizioni TEA.

«Un'affascinante storia che insegna e incanta al tempo stesso.» Paulo Coelho

INDICE 1. Il campanello d'allarme 2. L'ospite misterioso 3. La miracolosa trasformazione di Julian Mantle 4. Un magico incontro con i Saggi di Sivana 5. Lo studente di spiritualità 6. La dottrina del mutamento personale 7. Il giardino meraviglioso 8. Riaccendi il tuo fuoco interiore 9. L'antica arte di comandare se stessi 10. Il potere della disciplina 11. La tua risorsa più preziosa 12. Lo scopo supremo della vita 13. Il segreto immemorabile dell'eterna felicità

Ritengo che la vita non sia una tremula candela, ma una fiaccola che adesso è in mia mano, e cercherò di tenere accesa il più a lungo possibile per consegnarla poi alle generazioni future. George Bernard Shaw

Capitolo 1 IL CAMPANELLO D'ALLARME Si accasciò a terra proprio al centro di un'affollata aula di tribunale. Era uno degli avvocati più illustri d'America, celebre per i vestiti italiani da tremila dollari che fasciavano il suo fisico robusto non meno che per il prestigioso palmarès di successi legali. Restai lì come paralizzato, incapace di parlare o di muovermi. Il grande Julian Mantle, colpito da un infarto, si agitava sul pavimento come un neonato indifeso, sudando, contorcendosi e tremando convulsamente. Da quel momento, tutto sembrò muoversi al rallentatore. «Oh, santo Cielo, Julian si sente male!» gridò la sua segretaria, con una folgorante interpretazione emotiva dell'evidenza. La giudice sembrava in preda al panico, e mormorò qualcosa al telefono privato che le avevano installato per le emergenze. Quanto a me, non riuscii a fare altro che ripetere mentalmente la litania: Ti prego, vecchio stupido, non morire. É troppo presto per andartene. Non meriti di finire così. L'usciere - che fino a un attimo prima sembrava impagliato con un palo nella schiena entrò in azione praticando un massaggio cardiaco all'eroe forense caduto. La segretaria, china al fianco di Julian, con i riccioli biondi che ricadevano sul viso paonazzo di lui, gli sussurrava parole di conforto... che evidentemente lui non sentiva. Conoscevo Julian da diciassette anni. Ci eravamo incontrati per la prima volta quando ero ancora uno studentello assunto da un suo socio come praticante estivo. All'epoca era proprio sulla cresta dell'onda, un avvocato brillante, audace e fascinoso con malcelati sogni di grandezza: la stella nascente del suo studio legale, un principe del foro in pectore. Ricordo ancora una sera in cui lavorai fino a tardi, e alla fine, passando accanto al suo regale ufficio, sbirciai una citazione incorniciata sopra la scrivania di quercia. Era di Winston Churchill, e la diceva lunga sul tipo d'uomo che era Julian: Sono sicuro che in questo giorno noi siamo padroni del nostro destino, che il compito che ci è stato affidato non è superiore alle nostre capacità, che le sofferenze e le insidie che comporta non trascendono i nostri mezzi. Se avremo fede nella nostra causa e un'indomita volontà di vittoria, la vittoria non ci sarà negata.

Questi principi, Julian li metteva in pratica. Era forte, caparbio e disposto a lavorare diciotto ore al giorno per conseguire quel successo che riteneva essere nel suo destino. Bisogna aggiungere che suo nonno era stato un senatore molto in vista, e suo padre un autorevolissimo giudice della Corte Federale: insomma, proveniva da una famiglia eminente, e sulle sue spalle vestite da giacche di Armani pesavano ingenti aspettative. Con tutto questo, era stato lui l'artefice delle proprie fortune. Gli piaceva far le cose a modo suo... e adorava dare spettacolo. Lo stile anticonformista con cui gestiva i processi gli era valso le prime pagine dei giornali. I ricchi e famosi facevano la coda per essere assistiti da lui quando avevano bisogno di un formidabile stratega dal piglio aggressivo. Non meno note, e chiacchierate, erano le sue attività extra-professionali. Le cene ai ristoranti più raffinati della città in compagnia di top-model mozzafiato, o le omeriche bevute con una chiassosa cricca di broker che lui chiamava la sua «squadra di demolizione», divennero leggendarie. Ancora non riuscivo a credere che mi avesse chiamato a lavorare con lui al sensazionale caso d'omicidio che stava dibattendo in quell'inizio di estate. D'accordo, mi ero laureato a Harvard, la sua università: ma non ero certo il praticante più promettente dello studio, e dal mio albero genealogico non stillava una sola goccia di sangue blu. Mio padre, dopo un periodo di ferma nei marines, aveva passato tutta la vita a fare la guardia giurata in una banca. Mia madre veniva addirittura dal brutale Bronx. Eppure mi scelse fra tutti gli altri disperati contendenti al posto di galoppino in quello che diventò famoso come «il padre di tutti i processi per omicidio», spiegando che gli piaceva la mia «fame di successo». Naturalmente vincemmo, e il manager che era stato accusato di avere barbaramente assassinato la moglie ritornò un uomo libero... rimorso permettendo. Quell'estate imparai una cosa fondamentale, molto più importante di una lezione su come si solleva un ragionevole dubbio dove non ne esistono... questo, dovrebbe saperlo fare qualunque avvocato che si rispetti. No: appresi i fondamenti della psicologia della vittoria ed ebbi la rara occasione di vedere in azione un maestro. Cercai di assorbire tutto come una spugna. Su invito di Julian mi fermai allo studio come associato, e in breve nacque tra noi una solida amicizia. Devo dire che lavorare con lui non era semplice: la posizione di allievo era spesso frustrante, e più di una volta i nostri dissensi sfociarono in veri scontri, con polemiche e grida fino a tarda sera. O era

come diceva lui, o niente. Si credeva infallibile, ma sotto quella dura scorza era anche capace di affetti sinceri. Benché indaffaratissimo, non dimenticava mai di chiedermi di Jenny, la ragazza che continuavo a chiamare «la mia sposina» anche se ci eravamo sposati ancor prima di andare ad Harvard. Quando seppe da un altro praticante che avevo qualche problema di soldi, fu lui a farmi ottenere una borsa di studio. Insomma: Julian, poteva mostrarsi duro come una roccia, ed era un impenitente viveur, ma non si dimenticava mai degli amici. Il suo vero problema era di essere un maniaco del lavoro. Nei primi anni spiegava questa ossessione dicendo che «lo faceva per il bene dello studio», e in realtà aveva già programmato di prendersi un mese di vacanza alle isole Cayman «sicuramente il prossimo inverno». Ma più passava il tempo, e più aumentava la fama della sua bravura e con essa i carichi di lavoro. I casi diventavano sempre più importanti e ben pagati e Julian, che non si tirava mai indietro davanti a una sfida, lavorava come un forsennato. Nei rari momenti di abbandono, mi confidava di non riuscire a dormire più di due ore di seguito senza svegliarsi con un senso di colpa perché non stava lavorando. Presto capii che era divorato dall'ambizione di avere di più: più prestigio, più gloria, più soldi. Come si poteva prevedere, Julian diventò un grande avvocato. Ottenne tutto quello che quasi tutti desiderano: una reputazione prestigiosa e un reddito di milioni di dollari, una villa principesca in un quartiere di celebrità, il jet privato, la villa in un'isola tropicale, e il suo giocattolo più prezioso: una rossa Ferrari parcheggiata nel vialetto di casa. Ma io sapevo che la sua vita non era invidiabile come poteva apparire. Colsi indizi di una catastrofe incombente, e non perché fossi più perspicace dei miei colleghi, ma semplicemente perché passavo quasi tutto il tempo con lui. Eravamo sempre insieme in quanto eravamo sempre al lavoro. Sembrava che l'attività non rallentasse mai. All'orizzonte c'era sempre un nuovo caso più importante di quello precedente. E poi, Julian era un perfezionista, la preparazione non lo soddisfaceva mai. Cosa sarebbe successo se il giudice avesse fatto questa domanda? oppure quella, no, per carità! E se la nostra ricerca fosse stata imperfetta? E se lo avessero preso in castagna in un'aula gremita, come un cervo abbagliato dall'improvviso lampo dei fari? Piano piano, anch'io mi lasciai risucchiare in quel microcosmo che gravitava solo sul lavoro. Eravamo schiavi dell'orologio, curvi a sgobbare come indemoniati al

sessantaquattresimo piano di un anonimo grattacielo in vetro e acciaio: mentre la maggioranza delle persone di buon senso stava a casa a godersi la famiglia, noi credevamo di avere il mondo in mano, accecati da una fallace concezione del successo. Più tempo passavo con Julian, più capivo che si stava autodistruggendo. Sembrava in preda a una specie di desiderio di morte. Niente mai lo appagava. Alla fine il suo matrimonio fallì, interruppe ogni rapporto con suo padre e, benché possedesse tutte le cose che chiunque desidera, non aveva trovato quello che stava cercando. Lo si vedeva, e a tutti i livelli: emotivo, fisico e spirituale. A cinquantatré anni, Julian ne dimostrava ottanta. Il suo volto era un intrico di rughe, testimonianza tutt'altro che luminosa di una filosofia di vita logorante e del tremendo stress indotto da una quotidianità sregolata ed eccessiva. Le cene a tarda sera in costosi ristoranti francesi, coronate da pestilenziali sigari cubani e svariati cognac, gli avevano procurato un imbarazzante sovrappeso. Si lamentava sempre di non poterne più del fatto di non poterne più. Aveva perso il senso dell'umorismo, sembrava diventato incapace di ridere. Il suo temperamento entusiasta aveva lasciato il posto a una cupezza funerea. Insomma, credo che la sua vita non avesse più scopo. Forse la cosa più triste era che aveva perso smalto anche in tribunale. Se una volta folgorava gli ascoltatori con argomentazioni eloquenti, persuasive e inattaccabili, ora tendeva allo sproloquio inconcludente, divagando intorno a elementi oscuri e marginali che c'entravano poco o nulla con il nocciolo del dibattimento. Se un tempo replicava vigorosamente alle obiezioni della parte avversa, adesso esibiva un sarcasmo che talvolta faceva spazientire quegli stessi giudici che un tempo l'avevano considerato un genio del foro. Insomma, la vitalità di Julian cominciava a vacillare. Ma non era soltanto per lo stress che rischiava di morire anzitempo. Ebbi la sensazione che il problema fosse ancora più grave, che riguardasse il suo spirito. Quasi ogni giorno mi ripeteva che non provava più passione per quello che faceva, e si sentiva prigioniero di un senso di vuoto. Aggiungeva che agli inizi della carriera amava veramente la sua professione, anche se al principio l'aveva scelta per tradizione familiare. Le complicazioni e le sfide intellettuali della legge lo affascinavano e stimolavano la sua energia. L'idea di svolgere un servizio socialmente utile lo aveva ispirato e motivato. A quei tempi, era qualcosa di più di un figlio di papà del Connecticut. Vedeva se

stesso come una forza positiva, uno strumento di progresso sociale che poteva avvalersi delle proprie doti naturali per aiutare gli altri. Quel sogno attribuì un significato alla sua vita. Gli diede uno scopo e alimentò le sue speranze. Un altro fattore lo aveva condotto a quel crollo. Prima del mio arrivo nello studio aveva vissuto una terribile tragedia. Secondo uno dei soci anziani era stato colpito da una disgrazia che non si poteva nemmeno nominare, e in effetti non trovai nessuno disposto a parlarne liberamente. Persino il vecchio Harding, il socio gerente famigerato per la sua mancanza di discrezione (passava più tempo nel bar del Ritz-Carlton che in ufficio), disse di aver giurato riserbo. Qualunque fosse quel mistero insondabile, sospettavo che la spirale autodistruttiva di Julian risalisse a esso. Ammetto di avere provato curiosità, ma soprattutto volevo aiutarlo. Non era solo il mio consigliere; era il mio migliore amico. E poi accadde quel brutto infarto che mise al tappeto l'invincibile Julian Mantle riavvicinandolo alla sua mortalità. Un lunedì mattina, proprio nell'aula del tribunale numero sette, la stessa dove un giorno avevamo vinto il padre di tutti i processi per omicidio.

***

Capitolo 2 L'OSPITE MISTERIOSO

Ci fu una riunione d'emergenza di tutti i membri dello studio. Appena la sala del consiglio si fu riempita, compresi che si trattava di un problema serio. Il primo a prendere la parola fu il vecchio Harving. «Sono spiacente di dovervi comunicare una bruttissima notizia. Nella giornata di ieri, mentre stava dibattendo in aula il caso Air Adantic, Julian Mantle è stato colpito da un grave infarto. Attualmente si trova in un reparto di terapia intensiva, ma i medici mi hanno comunicato che le sue condizioni si sono stabilizzate e si rimetterà. Tuttavia Julian ha preso una decisione della quale credo che tutti voi dobbiate essere informati. Ha deciso di lasciare la nostra famiglia e cessare l'attività forense. Non tornerà più allo studio legale». Restai sconvolto. Sapevo che stava vivendo un periodo difficile, ma mai e poi mai avrei immaginato che abbandonasse. E poi, dopo tutto quello che avevamo passato insieme, credevo che avrebbe avuto il riguardo di dirmelo personalmente. Invece non mi permise neanche di andarlo a trovare all'ospedale. Tutte le volte che tentai, le infermiere mi respinsero dicendo che dormiva e non poteva essere disturbato. Rifiutò addirittura di rispondere alle mie telefonate. Forse gli ricordavo la vita che voleva dimenticare. Ma non posso negare che quel comportamento mi amareggiò. Questo episodio risale a più di tre anni fa. In seguito sentii dire che Julian era partito per l'India con una specie di spedizione. Aveva raccontato a uno dei soci che voleva semplificare la sua vita, che «aveva bisogno di alcune risposte», e che sperava di trovarle in quel paese così intriso di misticismo. Aveva venduto la sua casa, l'aereo e l'isola privata. Aveva persino venduto la Ferrari. «Julian Mantle che diventa un santone indiano...» pensai. «É proprio vero che a far l'avvocato ti può succedere di tutto...» Nei tre anni successivi, mi trasformai da giovane avvocato superindaffarato in avvocato meno giovane, più sfibrato e parecchio cinico. Ho messo al mondo dei figli e alla fine anch'io ho cominciato a cercare un senso nella mia vita. Credo che a spingermi sia stata proprio la paternità. I

figli hanno cambiato radicalmente la mia visione del mondo e il mio ruolo all'interno di esso. Aveva ragione mio padre quando mi diceva: «John, stai sicuro che sul letto di morte non rimpiangerai di non avere passato abbastanza tempo in ufficio». Così ho un po' invertito il senso di marcia. Mi adattai a un'esistenza accettabile, anche se relativamente piatta. Passavo più tempo in casa, mi iscrissi al Rotary Club e cominciai a giocare a golf: di sabato, per non mettere in allarme soci e clienti. Ma spesso, nei momenti di ozio, pensavo a Julian e mi chiedevo cosa fosse stato di lui dopo che ci eravamo inaspettatamente separati. Forse si era sistemato in India, un paese così vario e contraddittorio da poter soddisfare anche uno spirito insonne come lui. O magari faceva trekking su nel Nepal? Oppure il sub nelle Cayman? Una cosa era certa: non aveva rimesso la toga. Da quando era partito per il suo esilio volontario, nessuno aveva ricevuto da lui neanche una cartolina. Circa due mesi fa sentii bussare alla porta e ricevetti le prime risposte a qualcuno dei miei interrogativi. Avevo appena finito con l'ultimo cliente di una giornata faticosissima, quando Genevieve - la mia assistente legale, una perla d'intelligenza - fece capolino nel mio ufficio piccolo ma elegante. «C'è uno che vuole parlare con te, John... dice che è urgente, e che non se ne andrà prima di averti detto quello che deve dirti». «Sto uscendo, Genevieve», ribattei con impazienza. «Vado a mangiare qualcosa e poi finisco la relazione Hamilton. Adesso non ho tempo di vedere nessuno. Fissagli un appuntamento come per gli altri, e se rompe le scatole chiama la sorveglianza». «Ma dice che ha un bisogno assoluto di vederti. Non vuole sentirsi dire di no!» Per un attimo pensai seriamente di chiamare la guardia ma poi, pensando che poteva trattarsi davvero di un caso drammatico, abbozzai: «E va bene, mandamelo... Magari riesco a essergli utile». La porta del mio ufficio si aprì pian piano, e quando fu spalancata del tutto, vidi davanti a me un giovanotto sorridente che poteva avere trentacinque anni. Era alto, slanciato, muscoloso e irradiava vitalità ed energia da tutti i pori. Mi ricordava i ragazzi perfetti che avevo conosciuto alla facoltà di Legge, quelli che provenivano da famiglie perfette, con case perfette, automobili perfette e persino la pelle perfetta. Ma nel mio visitatore non c'era solo un bell'aspetto giovanile... c'era come un sottofondo di pace e serenità che lo faceva sembrare quasi divino. E quei suoi occhi azzurri e penetranti mi fendettero come un rasoio che incide la pelle elastica di un adolescente emozionato che si fa la barba

per la prima volta. «Un altro avvocato di grido che mira al mio posto», pensai. «Ma Santo Iddio, perché se ne sta lì impalato a guardarmi? Spero che non fosse la moglie di costui quella che ho rappresentato in quel caso importante di divorzio che ho vinto la settimana scorsa. Forse chiamare la guardia non era un'idea così stupida». Il giovane continuava a guardarmi, come un Buddha sorridente avrebbe guardato il suo allievo prediletto. Dopo un momento di silenzio lungo e imbarazzante parlò con una voce sorprendentemente perentoria. «É così che tratti chi ti viene a trovare John?... anche quelli che ti hanno insegnato tutto su come avere successo in tribunale? Avrei dovuto tenermeli per me i segreti del mestiere...» disse, distendendo le labbra carnose in un largo sorriso. Una strana sensazione mi solleticò la bocca dello stomaco. Riconobbi subito quella voce suadente, un po' rauca. Il cuore iniziò a martellarmi in petto. «Julian? Sei tu? Non è possibile... sei davvero tu?» La gran risata del visitatore confermò i miei sospetti. Il giovane in piedi di fronte a me non era altri che il santone indiano disperso da anni: Julian Mantle. Restai sgomento di fronte a quell'incredibile metamorfosi. Il colorito spettrale, la tosse maligna, lo sguardo spento del mio collega di un tempo... tutto scomparso. Scomparsi quell'aspetto senile e quell'espressione sofferente che sembravano indelebili. L'uomo che avevo davanti era in perfetta forma: il suo viso senza rughe era raggiante. Lo sguardo brillava come uno squarcio aperto su una vitalità straordinaria; ma forse ancora più incredibile era la serenità che Julian trasmetteva. Solo restando seduto a guardarlo mi sentivo perfettamente in pace con me stesso. Non era più il socio anziano di un grande studio legale, divorato dall'ansia e a rischio d'infarto. Al contrario, questo Julian era aitante, vitale e sorridente: una metamorfosi straordinaria ed esemplare. ***

Capitolo 3 LA MIRACOLOSA TRASFORMAZIONE DI JULIAN MANTLE Davanti alla versione riveduta e corretta di Julian Mantle rimasi a bocca aperta. «Come fa un uomo che solo pochi anni fa sembrava vecchio e stanco, a essere oggi così energico e gioviale?» mi domandavo incredulo, «É forse merito di qualche magica pozione, o ha bevuto alla fontana dell'eterna giovinezza? Qual è la causa di questa straordinaria trasformazione?» Fu Julian a rompere il silenzio. Mi spiegò che l'estrema competitività del mondo legale gli era costata molto, e non solo a livello fisico ed emotivo, ma anche spirituale. La frenesia e gli innumerevoli impegni lo avevano logorato e debilitato finché il corpo non era crollato e la mente aveva perso smalto. L'infarto era stato soltanto la manifestazione di un problema più grave: lo stress e l'ossessione del lavoro avevano minato anche la sua ricchezza più importante e più umana: il suo spirito. Quando il medico gli aveva dato l'ultimatum - o la smetti con questo lavoro o ci lasci la pelle lui aveva intravisto un'occasione d'oro per riaccendere il fuoco che si sentiva dentro da giovane e che poi si era estinto a mano a mano che l'attività legale diventava sempre meno un piacere e sempre più un lavoro. Julian si entusiasmò nel raccontarmi come avesse venduto tutti i suoi beni materiali e fosse partito per l'India, una terra che lo aveva sempre affascinato per la sua millenaria cultura e le tradizioni spiritualistiche. Aveva visitato tanti piccoli villaggi viaggiando a volte a piedi e a volte in treno, osservando le usanze, ammirando paesaggi immutabili e imparando ad amare il popolo indiano, che gli trasmetteva un senso di calore e gentilezza, come una prospettiva nuova sul vero significato della vita. Alcuni erano restii ad aprire le loro case e i loro cuori a quello stanco visitatore occidentale, ma lui li comprendeva e non se ne crucciava. A mano a mano che in quel magico ambiente ai giorni si susseguivano le settimane, forse per la prima volta da quando era bambino Julian ricominciò a sentirsi sereno e pieno di vita. La sua naturale curiosità e la sua creatività si rianimarono, e finalmente tornò a ridere. Julian mi spiegò che, pur avendo gustato ogni istante e ogni

situazione, il viaggio in India per lui era stato ben altro che una semplice vacanza. Lo definì «un'odissea personale dell'io». Mi confidò che era determinato a scoprire la sua vera identità e il significato della sua vita prima che fosse troppo tardi. Per raggiungere lo scopo, il primo passo che intendeva compiere era attingere al vasto bacino di conoscenze di quell'antica cultura per vivere una vita più gratificante, soddisfacente e illuminata. «Non vorrei sembrarti un po' svitato, John... ma è stato come se dentro qualcosa me l'ordinasse, qualcosa che mi diceva che dovevo intraprendere un viaggio spirituale per riaccendere la scintilla che avevo perduto», continuò. «É stato un periodo meravigliosamente liberatorio, per me». Più si inoltrava nel territorio indiano, più sentiva parlare di monaci che vivevano oltre cento anni: monaci che, nonostante l'età avanzata, conducevano una vita giovanile, energica e dinamica. Più viaggiava, più gli descrivevano yogin senza età che conoscevano l'arte del dominio della mente e del risveglio spirituale. E più cose vedeva, più desiderava comprendere le dinamiche da cui potevano sortire questi miracoli della natura umana, sperando di applicarne la filosofia alla sua vita. Nelle prime tappe del viaggio, Julian si recò in visita ad alcuni maestri famosi e molto considerati. Mi raccontò che tutti lo avevano accolto con le braccia aperte e il cuore sincero, condividendo con lui le perle di saggezza apprese nel corso di una vita di meditazione sui più elevati temi esistenziali. Il mio amico si sforzò anche di descrivermi la bellezza degli antichi templi sparsi tra i mistici paesaggi indiani: edifici che sembrano i custodi fedeli dell'antica sapienza. Di fronte alla sacralità di quei luoghi si era commosso senza ritegno. «É stato un periodo veramente magico, John. Che strane sensazioni... da un giorno all'altro eccomi qui: un avvocato a pezzi che aveva venduto tutto, dal cavallo da corsa al Rolex, e raccolto poche carabattole in uno zaino che sarebbe stato il mio compagno di viaggio verso le millenarie tradizioni dell'Oriente». «É stato difficile mollare tutto?» gli chiesi senza trattenere la mia curiosità. «A dire il vero è stata la scelta più semplice della mia vita. La decisione di smettere e vendere tutto è venuta naturale. Come dice Albert Camus, «la vera generosità verso il futuro consiste nel dar tutto al presente». Ecco, questo è precisamente quello che ho fatto. Sapendo che avrei dovuto cambiare, ho deciso di seguire il mio cuore, e di farlo in maniera radicale. La vita è diventata molto più semplice e ricca di

significato quando mi sono lasciato alle spalle tutto il fardello del passato. Nel momento in cui ho smesso di prodigarmi alla ricerca dei grandi piaceri della vita, ho incominciato a godere di quelli piccoli, come guardare le stelle che tremolano in una notte di luna o lasciarmi baciare dai raggi del sole in una bella mattina d'estate. E l'India è un posto intellettualmente così stimolante che non ho pensato quasi mai a quello che avevo lasciato». Ma i primi incontri con sapienti ed eruditi, per quanto emozionanti, non portarono Julian a quella conoscenza cui anelava, né lo illuminarono sulle tecniche atte a perseguirla. Fu solo quando ormai si trovava in India da circa sette mesi che avvenne in lui il primo vero cambiamento. Accadde quando si trovava nel Kashmir, la mistica regione che si stende placida ai piedi dell'Himalaya: qui Julian ebbe la fortuna di incontrare un saggio di nome Yogin Krishnan. Quest'uomo esile, dal cranio perfettamente rasato, era stato avvocato anche lui... nella sua «precedente incarnazione», come spesso ripeteva scherzando con uno smagliante sorriso. Esasperato dal ritmo febbrile della moderna Nuova Delhi, proprio come Julian, aveva abbandonato tutti i beni materiali per ritirarsi in un mondo più semplice, più puro, diventando custode del tempio del villaggio. Così era pervenuto a conoscere se stesso e lo scopo della propria esistenza all'interno del più ampio disegno della vita. «Ero stanco di vivere come se mi esercitassi a un allarme aereo. Ho capito che la mia missione era servire gli altri e contribuire in qualche modo a rendere migliore questo mondo. Adesso vivo per dare», spiegò a Julian. «Trascorro giorno e notte in questo tempio, e la mia vita è frugale ma ricca di gioia. Condivido le mie riflessioni con chi viene a pregare. Servo i bisognosi. Non sono un prete, ma soltanto un uomo che ha trovato la sua anima». Julian raccontò la sua storia a quell'avvocato diventato monaco. Parlò della sua vita precedente, del successo e dei privilegi. Confessò la sua ossessione per il lavoro e per il denaro. Con grande emozione svelò il tormento interiore e la crisi spirituale che aveva vissuto quando i marosi di una condotta disordinata avevano travolto il suo corpo e la sua mente. «Anch'io ho percorso questa strada, amico mio. Anch'io ho sofferto quello che tu hai sofferto. Eppure ho imparato che ogni cosa succede per una ragione», spiegò comprensivo lo yogin. «Ogni evento

ha uno scopo, e ogni rovescio racchiude una lezione. Mi sono reso conto che il fallimento, personale, professionale o addirittura spirituale, può risultare determinante per espandere la nostra interiorità. Ci fa crescere, e conduce a un'incredibile serie di gioie della mente. Non rimpiangere mai il tuo passato, ma accettalo invece come un maestro». All'udire queste parole, Julian provò grande esultanza. Forse Yogin Krishnan era la guida spirituale che aveva sempre cercato. Chi meglio di un ex avvocato, che aveva trovato un miglior modo di vivere attraverso un'odissea personale, poteva insegnargli i segreti per dare alla sua vita più equilibrio, magia e gioia? «Ho bisogno del tuo aiuto, Krishnan. Ho bisogno di imparare a costruire una vita più ricca, più completa». «Sarei onorato di assisterti in qualunque modo», gli rispose lo yogin. «Ma... posso darti un consiglio?» «Certo». «Da quando mi trovo qui a badare al tempio, sento parlare di un mistico gruppo di saggi che vivono su, nell'Himalaya. Forse è una leggenda, ma sembra che abbiano scoperto un certo sistema che migliorerebbe profondamente la qualità della vita di ognuno... e non intendo solo nel suo aspetto fisico. Si presume che sia un insieme olistico e in sé completo di principi e tecniche immutabili capaci di liberare il potere della mente, del corpo e dell'anima». Julian restò incantato: sembrava proprio quello che cercava. «E... dove vivono esattamente questi monaci?» «Nessuno lo sa, e mi spiace di essere troppo vecchio per iniziare la ricerca. Ma ti dirò una cosa, amico mio: molti hanno provato a cercarli senza successo... anzi, con conseguenze tragiche. Avventurarsi fra i più arditi picchi dell'Himalaya è pericolosissimo. Anche il più abile degli scalatori può trovarsi in serie difficoltà su una via impervia sotto la tormenta. Ma se stai cercando le chiavi d'oro capaci di schiuderti un radioso benessere, una stabile felicità, la pace interiore... ebbene, io non possiedo la saggezza che tu brami, loro sì». Julian, che non è uno che si arrende facilmente, si diede a incalzare Yogin Krishnan: «Sei proprio sicuro di non avere idea di dove vivano?» «Tutto quello che posso dirti è che la gente di questo villaggio li chiama i Grandi Saggi di Sivana. Nella loro mitologia Sivana è l'"oasi dell'illuminazione". Quei monaci vengono venerati come se avessero natura e poteri divini. Se sapessi dove andarli a cercare, mi sentirei in dovere di dirtelo. Ma in tutta

onestà, non lo so... né io né altri ne sappiamo nulla». Il mattino seguente, quando i primi raggi del sole indiano danzarono tra le ombre dell'orizzonte, Julian si incamminò verso la favolosa regione di Sivana. All'inizio pensò di assoldare uno scerpa che lo aiutasse a scalare le montagne, ma poi, chissà perché, l'istinto gli suggerì di fare il viaggio da solo. Forse per la prima volta nella sua vita Julian si era liberato dai freni della ragione accordando fiducia all'intuito. Sentiva che non gli sarebbe successo niente di male. Era sicuro che avrebbe trovato quello che andava cercando. Così, con zelo da missionario, incominciò a salire. I primi giorni fu una passeggiata. Talvolta gli capitava di accompagnarsi a qualche cordiale montanaro che saliva per un sentiero alla ricerca di un particolare legno ideale per l'intaglio, o semplicemente del senso di beatitudine che quel luogo fantastico offriva a chi osasse avventurarsi così in alto, quasi a toccare il cielo. Talaltra procedeva da solo, meditando, chiedendosi dov'era stato fino a quel momento nella sua vita, e dove invece era diretto adesso. Alla fine anche l'ultimo villaggio si ridusse a poco più di un granellino di sabbia circondato da quel paesaggio fiabesco. La maestà dei picchi innevati dell'Himalaya gli faceva venire il batticuore e per un lungo momento, rimase senza fiato. Si sentiva in totale sintonia con l'ambiente, legato a esso dall'affinità che possono provare due vecchi amici dopo tanti anni passati ad ascoltare i rispettivi segreti e a ridere delle rispettive barzellette. L'aria fresca di montagna gli rischiarò la mente e infuse energia al suo spirito. Avendo girato il mondo varie volte, Julian credeva di avere visto tutto, ma era la prima volta che si trovava di fronte a un simile splendore. Le meraviglie che degustò in quel magico momento erano come uno squisito omaggio alla sinfonica ricchezza della natura. Si sentiva felice, euforico, spensierato... Fu lassù, al di sopra dell'umanità, che lentamente Julian fece capolino dal bozzolo del mondo ordinario e cominciò a esplorare il regno dello straordinario. «Ricordo ancora le parole che risuonavano nella mia mente in quei luoghi», proseguì. «Pensavo che, alla fine, la vita è fatta di scelte. · seconda delle scelte che si compiono si rivela il destino di ognuno di noi, e io ero sicuro che la mia scelta fosse quella giusta. Sapevo che la mia vita non sarebbe più stata la stessa, che stava per succedermi qualcosa di eccezionale, forse addirittura miracoloso. Fu un risveglio indescrivibile». A mano a mano che Julian si inerpicava per le erte vie dell'Himalaya, cresceva anche la sua preoccupazione. «Ma era

un'ansia di segno positivo, come quella che avevo provato la sera del ballo della scuola, o prima dell'inizio di un processo importante, quando i giornalisti mi inseguivano fino all'ingresso dell'aula. E benché non avessi l'aiuto di una guida né di una mappa, la direzione era facile da seguire: un sentiero stretto e appena battuto mi condusse fino agli ultimi recessi di quelle montagne. Era come se una bussola interiore mi guidasse a destinazione. Non credo che avrei potuto fermarmi neanche se avessi voluto...» Julian era sempre più infervorato: le parole gli fluivano dalla bocca come un fiume in piena. Nei successivi due giorni di viaggio lungo la via che così almeno sperava - lo avrebbe condotto a Sivana, ripensò spesso alla sua vita precedente. Per quanto si sentisse totalmente libero dallo stress e dalla tensione che lo avevano attanagliato, si chiedeva se davvero avrebbe potuto rinunciare per il resto dei suoi giorni alle sfide intellettuali che la professione gli aveva proposto da quando aveva lasciato Harvard. Rivide il suo ufficio a pannelli di rovere nel rutilante grattacielo del centro, e la deliziosa casa al mare che aveva svenduto in tutta fretta. Pensò ai vecchi amici con cui frequentava i ristoranti più raffinati e i locali alla moda. Non ultima, pensò alla sua amata Ferrari, a come era felice quando girava la chiavetta di avviamento, e sentiva la grinta di tutti quei cavalli mettersi in moto rombando. Poi all'improvviso, mentre procedeva, i suoi ricordi furono bruscamente interrotti perché accadde qualcosa di indimenticabile. Un po' più in alto lungo il sentiero scorse un'altra figura, vestita in modo strano, con una lunga veste rossa fluente che terminava in un cappuccio azzurro. Che cosa ci faceva mai un uomo in quel luogo sperduto dove lui era giunto dopo sette giorni di faticoso cammino? Trovandosi lontano da qualunque segno di presenza umana, e ancora incerto sulla direzione da prendere per Sivana, lanciò un saluto al nuovo compagno di viaggio. La figura non rispose ma accelerò il passo, non concedendo a Julian nemmeno la soddisfazione di uno sguardo fugace. Ben presto il misterioso viaggiatore si mise a correre, facendo graziosamente danzare la veste dietro di sé, come un lenzuolo appeso al filo del bucato in un giorno d'autunno. «Ti prego, amico... ho bisogno del tuo aiuto per trovare Sivana», gridò Julian. «Sono sette giorni che viaggio, ho poca acqua e poco cibo... Temo di essermi perduto!» Di colpo la figura si arrestò. Julian si avvicinò cauto, mentre il viaggiatore rimaneva perfettamente immobile e silenzioso. La testa non si mosse, le mani non

fecero un gesto, i piedi non si spostarono. Julian non riusciva a vedere la faccia sotto il cappuccio ma notò il contenuto di un cestello nelle mani del viaggiatore: una collezione dei fiori più belli e delicati che avesse mai visto. Al suo avvicinarsi la figura strinse il cestino a sé, come a mostrare l'amore per i fiori e la diffidenza verso quell'occidentale corpacciuto, comune, da quelle parti, quanto la rugiada nel deserto. Julian osservò il viandante con viva curiosità. Un improvviso raggio di sole rivelò sotto il cappuccio un volto maschile. Non aveva mai visto un tipo simile. Benché avesse come minimo l'età di Julian, le sue fattezze erano così insolite che dovette fermarsi a fissarlo per quella che gli sembrò un'eternità. Aveva occhi felini e talmente penetranti da costringerlo a distogliere i suoi. La carnagione olivastra era morbida ed elastica, il corpo sembrava pieno di forza ed energia, e benché le sue mani tradissero l'età avanzata, trasmetteva un tale senso di giovinezza e vitalità che Julian si sentì ipnotizzato, proprio come un bambino che assiste per la prima volta a uno spettacolo di magia. «Questo dev'essere uno dei Grandi Saggi di Sivana», pensò, stentando a trattenere la felicità. Disse: «Mi chiamo Julian Mantle. Ho sentito parlare dei Saggi di Sivana. Sa dove posso trovarli?» L'uomo sembrò riflettere sull'aspetto di quello straniero stanco. La sua serenità e la sua pace lo facevano apparire una figura angelica, illuminata nell'anima. Poi parlò soavemente, quasi in un sussurro: «E perché, amico, stai cercando questi saggi?» Allora Julian capì di avere incontrato proprio uno di quegli inafferrabili monaci, e subito gli aprì il cuore rivelandogli tutte le peripezie trascorse. Parlò della sua vita precedente e della crisi spirituale che lo aveva assalito; gli raccontò che aveva sacrificato salute ed energia in cambio di effimeri successi professionali. Aveva barattato i tesori della sua anima per un robusto conto in banca e un'esistenza improntata alla massima: «vivi veloce, muori giovane». Poi gli parlò del viaggio in India e dell'incontro con Yogin Krishnan, suo esempio e maestro. Il viandante rimase impassibile. Parlò soltanto quando Julian gli svelò il suo desiderio bruciante, quasi ossessivo, di apprendere gli antichi insegnamenti. Cingendogli le spalle con un braccio, disse dolcemente: «Se davvero desideri diventare più saggio per vivere una vita migliore, allora è mio dovere aiutarti. Infatti io sono uno di quei saggi che stai cercando. Sei la prima persona in tanti anni ad averci trovato. Mi congratulo per la tua tenacia.

Dovevi proprio essere un avvocato...» Fece una pausa, come se fosse incerto sul passo successivo, poi continuò: «Se lo desideri puoi venire con me, essere mio ospite presso il tempio. É nascosto fra i monti. I miei fratelli e le mie sorelle ti accoglieranno a braccia aperte. Lavoreremo insieme per insegnarti i precetti e le tecniche che i nostri antenati si sono tramandati nei secoli. «Prima di accompagnarti nel nostro mondo e condividere con te la conoscenza che arricchirà la tua vita di felicità, forza e significato, devo chiederti una promessa», proseguì il saggio. «Quando avrai imparato le eterne verità, tornerai nel tuo paese, in Occidente, per diffonderle fra coloro che ne hanno bisogno. Pur vivendo quassù in mistico isolamento, noi ci rendiamo conto della confusione in cui versa il tuo mondo. Gli uomini buoni si stanno smarrendo, e sarai tu a dar loro la speranza che meritano... e, soprattutto, gli strumenti adatti per realizzare i loro desideri. Non ti chiedo altro». Julian accettò subito le condizioni del saggio, promettendo che avrebbe diffuso la dottrina che si accingeva ad apprendere. Mentre i due uomini salivano verso lo sperduto villaggio di Sivana, il sole tramontò, in un ardente cerchio rosso che si addormentava dolcemente dopo una giornata lunga e faticosa. Julian non avrebbe mai dimenticato la magia di quel momento, mentre camminava al fianco di un monaco indiano senza età che gli ispirava un amore fraterno, verso il luogo che tanto aveva sognato, con tutte le sue meraviglie e i suoi misteri. «É stato il momento più straordinario della mia vita», commentò. Julian aveva sempre creduto che la vita si riducesse a pochi momenti chiave. Quello era uno di essi. Nel profondo dell'anima capì che stava voltando pagina, che tra poco sarebbe stato molto più ricco di quanto fosse mai stato prima. ***

Capitolo 4 UN MAGICO INCONTRO CON I SAGGI DI SIVANA Dopo aver camminato molte ore per un dedalo di sentieri nei prati e fra le rocce, i due viaggiatori giunsero a una vallata verdeggiante. Da un lato le bianche vette dell'Himalaya offrivano protezione dalle intemperie come soldati di guardia all'accampamento dei loro comandanti. Di fronte si stendeva una fitta pineta, ennesimo regalo della natura a quell'autentico paradiso terrestre. Il saggio guardò Julian con un dolce sorriso: «Benvenuto nel Nirvana di Sivana». Poi i due scesero lungo un altro sentiero ancor meno battuto in direzione della foresta che ricopriva il fondovalle. L'aria fresca e frizzante di montagna profumava di pino e di sandalo. Scalzo per dare requie ai piedi indolenziti, Julian sentiva il muschio umido sotto le dita. Si stupì di vedere orchidee dai colori vivaci, e tanti altri bellissimi fiori che danzavano tra gli alberi, come se anche loro godessero della bellezza e dello splendore che li contornava. Da lontano, Julian sentì voci cordiali, soavi e serene, ma continuò a seguire il saggio senza dir nulla. Dopo aver camminato per un altro quarto d'ora, i due giunsero in una radura. Qui l'ex avvocato si trovò di fronte uno spettacolo che, con tutta la sua esperienza e il suo disincanto, non avrebbe mai potuto immaginare: un piccolo villaggio interamente fatto di rose (o almeno, così sembrava). Al centro del villaggio sorgeva un tempietto simile a quelli che Julian aveva visto nei suoi viaggi in Thailandia e nel Nepal: ma questo era costruito con fiori rossi, bianchi e rosa, legati insieme con lunghe funi e rametti multicolori. Le capannine che lo circondavano dovevano essere le modeste abitazioni di quei saggi. Julian era senza parole. In quanto ai monaci, quelli che vedeva avevano lo stesso aspetto del suo compagno, che ora gli rivelò di chiamarsi Yogin Raman. Spiegò anche di essere il più anziano dei Saggi di Sivana e capo della comunità. I membri della mistica colonia sembravano incredibilmente giovani e si muovevano con decisione, come se tutti avessero una precisa finalità. Nessuno

parlava: rispettavano la tranquillità del luogo svolgendo le loro occupazioni in silenzio. Gli uomini - sembravano una decina in tutto indossavano la stessa tunica rossa di Yogin Raman, e accolsero Julian sorridendo. Nel loro aspetto si leggevano tranquillità, perfetta salute e una soddisfazione profonda. Era come se la tensione, che nel nostro mondo moderno ci afferra quasi tutti, avesse compreso di non essere gradita in quell'eremo di serenità, e fosse migrata verso paesaggi a lei più adatti. Anche se non vedevano una faccia nuova da anni, quegli uomini reagirono con estrema calma, salutando con un semplice inchino il visitatore venuto da lontano. Anche le donne non lasciavano indifferenti. Nel fluttuare dei sari di seta rosa e dei capelli neri come l'ebano adorni di bianchi fiori di loto, frullavano indaffarate per il villaggio con stupefacente agilità. Ma non erano in preda al nevrotico attivismo che pervade la vita di noi occidentali; al contrario, la loro operosità era semplice e aggraziata. Raggianti di serenità zen, alcune lavoravano all'interno del tempio, allestendo quella che sembrava una festa; altre recavano legna da ardere e arazzi finemente ricamati. Tutte erano impegnate in attività produttive. Tutte comunicavano un senso di letizia. Ma più di ogni altra cosa, i volti dei Saggi di Sivana rivelavano la forza connaturata al loro modo di vivere. Pur essendo uomini maturi, da ciascuno di loro promanava la gioia senza ombre di un bambino, gli occhi brillavano di giovanile vitalità. Nessuno aveva il viso solcato da rughe, nessuno aveva i capelli grigi... nessuno sembrava vecchio. Julian, che non credeva ai propri occhi, si vide offrire un autentico banchetto di frutta fresca e verdure esotiche... in seguito avrebbe scoperto che quella dieta era una delle chiavi della perfetta salute di cui godevano i saggi. Quando si fu rifocillato, Yogin Raman lo accompagnò in quella che sarebbe stata la sua casa: una capanna piena di fiori con un lettuccio su cui era posato un diario dalle pagine bianche. Benché non avesse mai visto niente di simile al mondo incantato di Sivana, Julian ebbe l'impressione di ritornare a casa, di essere tornato a un paradiso già conosciuto. L'istinto gli diceva che era già stato nel villaggio delle rose, anche solo fugacemente, e che proprio lì avrebbe avuto modo di riaccendere il fuoco vitale che lo aveva scaldato prima che la professione si impadronisse della sua anima; proprio lì i frammenti dispersi del suo spirito avrebbero lentamente incominciato a ricomporsi. Così ebbe inizio la vita di Julian tra i Saggi di Sivana: una vita di semplicità, serenità e armonia. Presto si sarebbe

sentito come non aveva mai osato sperare.

Capitolo 5 LO STUDENTE DI SPIRITUALITÀ I sogni dei grandi sognatori non si avverano mai, vengono sempre superati. Lord Alfred Whitehead Erano le otto di sera e dovevo ancora preparare il mio intervento in tribunale dell'indomani... ma pendevo dalle labbra di questo ex avvocato dalle mille risorse che aveva rovesciato la sua vita come un guanto grazie all'incontro con quei miti saggi indiani e al loro magistero. Che vicenda incredibile, pensai... che favolosa metamorfosi. Chissà se i segreti appresi da Julian tra i monti avrebbero potuto elevare la mia vita ridestando in me il senso di meraviglia per il mondo in cui viviamo. Più lo ascoltavo, e più mi rendevo conto che il mio spirito si era arrugginito. Cos'era rimasto delle passioni che mi animavano quando ero più giovane? Allora provavo gioia anche per le cose più semplici. Forse era arrivato il momento di reinventare il mio destino. Julian capì che ero affascinato dalle sue parole e aspiravo a mia volta alla vita illuminata che ora lui praticava grazie all'insegnamento dei saggi. Il ritmo del racconto si fece più incalzante. Spiegò che, grazie alla sua sete di saggezza e al suo ingegno - affinato da tanti anni di battaglie nei tribunali - si era guadagnato la stima e l'affetto della comunità di Sivana, al punto che alla fine i monaci lo considerarono membro onorario della famiglia e lo trattavano come uno di loro. Aspirando ad ampliare la sua conoscenza dei processi della mente, del corpo e dell'anima, e a raggiungere un'assoluta padronanza di sé, Julian trascorreva ogni momento della giornata sotto la tutela di Yogin Raman. Per lui il saggio più che un maestro diventò un padre, anche se erano quasi coetanei: in realtà, sembrava che quell'uomo avesse accumulato la sapienza di molte vite e godesse al pensiero di condividerla con Julian. Le lezioni incominciavano prima dell'alba: Yogin Raman si sedeva vicino al suo allievo e gli trasfondeva un fiume di illuminazioni sul significato della vita e di tecniche ad altri ignote, ma da lui pienamente acquisite, allo scopo di vivere con maggiore energia, creatività e soddisfazione. Insegnò a Julian alcuni antichi principi per allungare la vita, restare giovani ed essere più felici: in più, la duplice disciplina della padronanza di sé e dell'autoresponsabilità avrebbe scongiurato eventuali ricadute nel

caotico stato di crisi che aveva caratterizzato la sua vita in America. Col passare del tempo, il mio amico comprese che la sua mente racchiudeva un tesoro di potenzialità latenti in attesa di essere risvegliate e impiegate per scopi più alti. A volte il maestro e l'allievo non facevano altro che contemplare lo sfolgorante sole indiano che sorgeva dal verde cupo dei prati sottostanti. Oppure rimanevano in silenziosa meditazione, contenti delle gioie del silenzio. O ancora passeggiavano nella pineta, discutendo concetti filosofici e godendosi la reciproca compagnia. Julian mi raccontò che i primi indizi della sua crescita interiore si erano manifestati dopo appena tre settimane. Aveva incominciato a notare la bellezza nelle cose più comuni: si trattasse delle meraviglie di una notte stellata o del fragile incanto di una ragnatela dopo la pioggia. Il nuovo stile di vita, le nuove abitudini avevano cominciato a influire decisamente sul suo universo interiore. Applicando i principi e le tecniche dei saggi per un mese, cominciò a sviluppare un profondo senso di pace e serenità interiore.., proprio quello che gli era mancato in tutta la sua vita. Diventò più gioioso e spontaneo, acquisendo di giorno in giorno maggiori energie creative. A questi mutamenti psicologici fecero seguito la vitalità fisica e la forza spirituale. Il fisico corpulento di Julian diventò più asciutto e vigoroso, mentre il pallore malsano del viso lasciò il posto a una cera invidiabile. Si sentiva capace di fare qualunque cosa, di essere qualunque cosa, di esprimere le infinite potenzialità che tutti possediamo. Incominciò ad amare la vita e a riconoscere in ogni suo aspetto il lato divino. L'antico complesso di regole dei monaci di Sivana aveva fatto il miracolo. Dopo una pausa, quasi a sottolineare che lui stesso stentava a credere al proprio racconto, Julian assunse un piglio filosofico. «Mi sono reso conto di una cosa molto importante, John... Tutto il mondo, compreso il mio mondo interiore, è un luogo veramente straordinario. Ho capito che il successo materiale non significa nulla se non hai anche un successo spirituale. C'è una differenza fondamentale tra lo star bene e l'essere benestante. Quando ero un avvocato di fama, me la ridevo delle persone che dicevano di volersi migliorare dentro e fuori. «E cambiate vita!», pensavo. Ora ho imparato che la padronanza di sé e una costante attenzione alla mente, al corpo e all'anima sono indispensabili per trovare il proprio io più spirituale e vivere la vita che si sognava. Come

puoi occuparti degli altri se non ti sai occupare neanche di te stesso? Come puoi far del bene se non stai bene? Non posso voler bene a te se non riesco a voler bene nemmeno a me stesso!» A un tratto Julian mostrò una certa inquietudine, come se si sentisse a disagio. «John, prima d'ora non avevo mai aperto il mio cuore a nessuno. Ti chiedo scusa... è solo che tra quelle montagne ho provato un tale senso di purificazione, un così travolgente risveglio dello spirito nei confronti delle forze universali, che non posso fare a meno di far partecipi gli altri di quello che so». Poi, accorgendosi che si stava facendo tardi, mi disse che doveva andare e mi salutò. «No, Julian, tu non puoi lasciarmi adesso», ribattei. «Mi sono veramente entusiasmato a sentirti parlare del tuo viaggio mistico e della dottrina di Sivana. Non puoi piantarmi così, a metà... sarebbe una cattiveria». «Tornerò, amico mio... non preoccuparti. Mi conosci... lo sai che quando inizio a raccontare una bella storia, non mi fermo più. Ma tu hai il tuo lavoro da sbrigare, e io devo occuparmi di alcune faccende private». «Dimmi solo una cosa. Funzioneranno anche con me i metodi che hai imparato a Sivana?» «Il maestro compare quando l'allievo è pronto. Tu, e molti altri nella nostra società, siete pronti per la dottrina che ora ho il privilegio di possedere. Ognuno di noi può conoscere la sapienza dei saggi. Ognuno ne può trarre beneficio. Non si può rinunciare a comprendere la perfezione che abbiamo dentro. Ti prometto che ti farò partecipe della loro saggezza millenaria. Abbi solo pazienza. Ci rivedremo domani sera a quest'ora, a casa tua, e ti dirò tutto quello che occorre sapere per dare un nuovo senso alla tua vita. D'accordo?» «E va bene... immagino che se sono riuscito a sopravvivere tutti questi anni, l'attesa di altre ventiquattro ore non mi ucciderà», risposi un po' deluso. A questo punto, il principe del foro tramutatosi in illuminato santone orientale se ne andò, lasciandomi con la testa piena di domande senza risposta e di pensieri incompiuti. Lì, seduto in silenzio nel mio ufficio, mi resi conto di quanto piccolo fosse il nostro mondo. Pensai all'oceano di conoscenza in cui non avevo intinto neanche un dito. Pensai a come mi sarei sentito se avessi riprovato il gusto per la vita e la curiosità che avevo da ragazzo. Come desideravo sentirmi più vivo, trascorrere giornate traboccanti di energia. Forse avrei smesso anch'io di fare l'avvocato. Forse anch'io ero nato per una vocazione più alta. In questo stato d'animo vulcanico e impaziente, spensi le luci, chiusi la porta e uscii nel caldo afoso di una nuova notte d'estate.

Capitolo 6 LA DOTTRINA DEL MUTAMENTO PERSONALE Sorto un artista della vita... la mia vita è la mia opera d'arte. Suzuki. Come aveva promesso, la sera dopo Julian mi venne a trovare. Verso le sette e un quarto sentii bussare quattro volte in rapida successione alla porta di casa mia, una tipica villetta in stile Cape Cod, con orribili imposte rosa che però, secondo mia moglie, la facevano assomigliare a non so quale raffinata magione fotografata su Architectural Digest. Dal canto suo, Julian mi apparve sorprendentemente diverso dal giorno prima. Aveva ancora un'aria sana e mirabilmente tranquilla, ma quello che indossava mi mise un po' in imbarazzo. Il suo corpo aitante era rivestito da una lunga tunica rossa terminante in un cappuccio azzurro finemente ricamato. E anche se era un'afosa serata di luglio, teneva il cappuccio sopra la testa. «Salute a te, amico», mi disse Julian con calore. «Salve...» «Non spaventarti... Cosa credevi che mi sarei messo. Un vestito di Armani?» Scoppiammo a ridere, prima in sordina, poi sempre più forte. Julian non aveva certo perso il gusto per le battute spiritose che tanto mi divertivano quando eravamo colleghi. Mentre ci accomodavamo nel mio salotto disordinato ma confortevole, non potei fare a meno di notare il prezioso rosario di grani di legno che portava al collo. «Che cosa sono? Sono molto belli». «Più tardi ti spiegherò», rispose, strofinando alcuni grani tra il pollice e l'indice. «Stasera abbiamo molte cose di cui parlare». «Allora cominciamo. Oggi al lavoro non sono riuscito a combinare niente, tanto ero eccitato per il nostro incontro». Dopo questa imbeccata, lui cominciò subito a rivelarmi altri particolari sulla sua trasformazione e la naturalezza con cui si era realizzata. Mi disse delle antiche tecniche dirette ad acquisire il controllo della mente estirpando la disposizione all'ansia che logora la nostra società. Parlò della sapienza fatta di serenità ed equilibrio raggiunta da Yogin Raman e dagli altri monaci: attraverso di essa era possibile sprigionare la fonte perenne di giovinezza ed energia che

riposa in ciascuno di noi. Anche se era evidente che parlava con grande convinzione, cominciai a sentirmi un po' scettico. Non si stava prendendo gioco di me? Dopo tutto, questo ex portento di Harvard era famoso nello studio anche per i suoi memorabili scherzi. E poi, il racconto era davvero incredibile. Pensate: uno degli avvocati più famosi d'America getta la spugna, vende tutti i suoi beni e parte per l'India dove realizza una catarsi spirituale per poi tornare dall'Himalaya trasformato in santone e profeta. No, non poteva essere vero. «Dai, Julian... smettila di prendermi in giro. Comincio a sospettare che tutta questa storia sia uno dei tuoi soliti scherzacci. Scommetto che hai affittato la tunica al negozio di costumi di fronte all'ufficio», insinuai, ridendo un po' nervosamente. Julian rispose senza batter ciglio, come se si aspettasse la mia incredulità: «Senti un po'... tu come la dimostri la tua tesi in aula?» «Portando delle prove convincenti». «Esatto. E allora valuta le prove che ti offro. Guarda la mia faccia senza rughe, da ragazzo. E la mia forma fisica. Non vedi come sono pieno di energie? E il senso di pace che trasmetto al solo guardarmi... non puoi non aver visto che sono cambiato!» Su questo non poteva essere contraddetto. Solo pochi anni prima sembrava più vecchio di decenni. «Non sei andato dal chirurgo plastico, vero?» «No», sorrise Julian. «Loro si occupano solo dell'esteriorità. Io avevo bisogno di guarire dentro. La mia vita assurda mi aveva condotto in uno stato di angoscia permanente. Quell'infarto è stato molto più di un infarto... come se si fosse lacerato il mio nucleo interiore». «Ma la tua storia è così... misteriosa. E strana, anche». Di fronte alla mia insistente diffidenza Julian non fece una piega. Notando la teiera che avevo lasciato sul tavolo accanto a lui, cominciò a versare del tè nella mia tazza. Continuò fino a quando la tazza fu piena... e poi ancora! Il liquido traboccò dall'orlo ricadendo prima sul piattino, e poi sul prezioso tappeto persiano di mia moglie. All'inizio restai a guardare in silenzio, poi esplosi: «Ma insomma, Julian, cosa stai facendo? La tazza è traboccata. É inutile che continui, non ce ne sta più!...» Per un lungo momento mi guardò fisso. «Ti prego John, non fraintendermi. Io ho rispetto per te, veramente... ne ho sempre avuto. Però, come questa tazza, sembri pieno delle tue idee. E come può entrare qualcosa di diverso... se prima non provi a svuotarti?» Fui colpito dalla verità delle sue parole. Aveva ragione. I lunghi anni trascorsi in un mondo conservatore come quello della giurisprudenza, facendo ogni giorno le

stesse cose con le stesse persone che formulavano sempre gli stessi pensieri, avevano riempito la mia tazza fino all'orlo. Mia moglie Jenny mi diceva sempre che avremmo dovuto conoscere gente nuova ed esplorare situazioni nuove. «Ti vorrei un po' più avventuroso, John...» era la sua frase ricorrente. Non ricordavo di avere letto un libro che non avesse a che fare con il diritto: la professione era la mia vita. Ora però mi rendevo conto che tutto questo aveva intorpidito la mia creatività e ristretto le mie prospettive. «Va bene, ho capito», ammisi. «Forse fare l'avvocato per tanto tempo mi avrà reso uno scettico impenitente. Dal momento in cui ti ho visto entrare nel mio ufficio, qualcosa nel profondo del cuore mi ha detto che la tua trasformazione era sincera, e che forse avrei potuto trarne esempio. Però evidentemente non ci volevo credere». «John, questo è il primo giorno della tua nuova vita. Ti chiedo soltanto di pensare intensamente alla dottrina e alle tecniche che ti spiegherò, e di applicarle con tenacia per un mese. Dovrai seguire questi metodi con una fiducia totale. Non è un caso che si siano tramandati per migliaia di anni: funzionano». «Un mese mi sembra molto». «Seicentosettantadue ore di lavoro interiore per migliorare radicalmente ogni istante del resto della tua vita... be', sono un buon affare, non ti sembra? Investire su te stesso è il migliore investimento che ti capiterà mai di compiere. E non migliorerà solo la tua vita, ma anche quella di chi ti sta attorno». «Com'è possibile?» Solo quando hai appreso l'arte di amare te stesso puoi amare gli altri. Solo quando hai aperto il tuo cuore per intero puoi toccare quello degli altri. Quando sentirai di avere un centro, e di essere vivo, sarai nella condizione ideale per diventare una persona migliore». «E cosa devo aspettarmi che succeda in queste seicentosettantadue ore che fanno un mese?» «Sperimenterai dei cambiamenti - nei processi fisici, mentali, e addirittura spirituali - che ti sorprenderanno. Avrai più energia, più entusiasmo, e un'armonia interiore che forse non hai mai provato in tutta la tua vita. La gente incomincerà a sorprendersi, a dirti che sembri più giovane e felice. Nella tua vita rifluirà una costante sensazione di benessere e di equilibrio. E questi sono solo alcuni dei benefici del Sistema di Sivana». «Incredibile!» «Tutto quello che sentirai stasera è stato concepito per migliorare ogni aspetto della tua vita. La dottrina dei saggi è attuale oggi non meno di cinquemila anni fa. Non solo arricchirà il tuo mondo interiore, ma ti renderà più efficiente anche

nella vita pratica. Questa sapienza è davvero la forza più potente che abbia mai incontrato... è diretta, immediata, ed è stata sperimentata da secoli nel laboratorio della vita. E soprattutto, funziona per tutti. Ma prima che ti comunichi la mia conoscenza, devi promettermi una cosa». Lo sapevo che c'erano delle condizioni. «Non si mangia mai gratis», diceva la mia amatissima madre. «Quando avrai ultimato il tuo apprendimento e verificherai i grandi miglioramenti conseguiti, devi addossarti la missione di trasmettere la dottrina in modo che altri possano trarne beneficio. Questo è quanto ti chiedo. Se sei d'accordo, mi aiuterai a mantenere l'impegno che ho assunto con Yogin Raman». Accettai senza riserve, e Julian cominciò a insegnarmi la sapienza che considerava sacra. Le tecniche erano diverse, ma al cuore del Sistema di Sivana c'erano sette virtù di base, sette principi fondamentali che rappresentavano le chiavi del dominio di sé, della responsabilità personale e dell'illuminazione spirituale. Julian mi raccontò che Yogin Raman era stato il primo a condividere con lui le sette virtù dopo che si trovava a Sivana da qualche mese. In una notte serena, mentre tutti gli altri si erano abbandonati al sonno, Raman bussò piano alla porta della sua capanna e parlò alla sua mente con la voce di una guida soave: «Sono molti giorni che ti osservo da vicino, Julian. Credo che tu sia un giusto che desidera sinceramente riempire la sua vita di tutto ciò che è buono. Da quando sei arrivato ti sei aperto alle nostre tradizioni e le hai abbracciate. Hai imparato molte delle nostre consuetudini e hai apprezzato i loro effetti salutari. Hai mostrato rispetto per le nostre usanze. La nostra gente vive in questo modo semplice e pacifico da tempo immemorabile, ma i nostri metodi sono noti a pochi. Il mondo ha bisogno di apprendere la nostra dottrina per vivere con saggezza. Questa notte, alla vigilia dell'inizio del terzo mese che trascorrerai qui, comincerò a farti partecipe dei lineamenti del nostro metodo, a beneficio non solo tuo, ma di tutti quelli che vivono nella tua parte di mondo. Starò con te ogni giorno, come stavo vicino a mio figlio quando era bambino. Purtroppo, è morto alcuni anni fa. Era arrivata la sua ora e io non voglio rammaricarmi. Insieme a lui ho trascorso bellissimi momenti, di cui serbo il ricordo. Adesso ti considero mio figlio e sono contento di pensare che tutto ciò che ho imparato in questi anni di contemplazione silenziosa continuerà a vivere in te». Guardai Julian e vidi che teneva gli occhi chiusi, come se con gli occhi della mente stesse viaggiando a ritroso nel paese da fiaba dove aveva attinto la

grazia della conoscenza. «Yogin Raman mi disse che le sette virtù necessarie per una vita di pace interiore, gioia e ricchezza dello spirito, erano spiegate da un racconto mistico. In quel racconto c'era l'essenza di tutto. Poi mi chiese di chiudere gli occhi come ho fatto ora nel tuo soggiorno, e di immaginare questa scena: Sei seduto nel mezzo di uno splendido giardino, lussureggiante e ricchissimo dei fiori più colorati che abbia mai visto. L'ambiente è magicamente tranquillo e silenzioso. Assapora i piaceri sensuali di questo paradiso, sentiti come se avessi tutto il tempo del mondo per goderne. Se ti guardi intorno, vedrai che al centro del giardino incantato si eleva un faro rosso, alto sei piani. Improvvisamente il silenzio è rotto da un cigolìo, e la porta alla base del faro si apre. Ne esce barcollando un lottatore giapponese di sumo, alto quasi tre metri e pesante quattro quintali che, quasi distrattamente, si dirige al centro del giardino: «E tieni presente - osservò ridacchiando Julian - che il lottatore di sumo è nudo! O meglio... non completamente. Ha una cordicella di filo rosa che gli nasconde le vergogne». Il lottatore incomincia a girare per il giardino, trova un cronometro d'oro luccicante dimenticato lì da qualcuno molti anni prima. Vi scivola sopra e cade a terra con un tonfo formidabile. Il lottatore sviene e rimane disteso, immobile e in silenzio. Proprio quando pensi che sia morto, il lottatore si risveglia, forse animato dalla fragranza di qualche fresca rosa gialla sbocciata nelle vicinanze. Recuperata l'energia, il lottatore scatta in piedi, e guarda istintivamente alla sua sinistra. Quello che vede lo sbalordisce. Attraverso i cespugli, sul limitare del giardino, nota un lungo sentiero tortuoso, dove sfolgorano milioni di diamanti. Come spinto da un impulso irresistibile il lottatore si incammina lungo il sentiero, che conduce diritto alla via della gioia eterna e alla beatitudine imperitura. Julian mi confessò che, dopo avere ascoltato questa storia bizzarra tra le vette dell'Himalaya, seduto al fianco di un monaco che aveva visto personalmente la luce dell'illuminazione, era rimasto deluso. Lui si aspettava qualche rivelazione sconvolgente, tale da stimolarlo ad agire, o farlo piangere di commozione. Invece tutto quello che aveva sentito era una storiella mal concepita su un lottatore di sumo e un faro. Yogin Raman notò il suo disappunto e disse: «Non sottovalutare mai la forza della semplicità». «Questo racconto non sarà forse la sofisticata dissertazione che ti aspettavi», proseguì il santone, «ma nel suo messaggio c'è un universo di sottigliezze, e la sua morale è pura. Dal

giorno del tuo arrivo, ho riflettuto a lungo sul modo di trasmetterti la mia dottrina. All'inizio pensavo di impartirti una serie di lezioni, ma poi ho concluso che un metodo così banale non fosse in sintonia con la natura arcana della sapienza che dovevi apprendere. Potevo chiedere ai miei fratelli e alle mie sorelle di trascorrere a turno un po' di tempo con te per farti da guide... ma neanche questa era la via più appropriata per quello che dobbiamo comunicarti. Poi finalmente ho trovato quello che credo un metodo insieme creativo ed efficace per trasmetterti l'intero Sistema di Sivana e le sue sette virtù... cioè il racconto mistico. «All'inizio potrà sembrarti futile, infantile. Ma ti assicuro che ciascun elemento di questa storia rappresenta un principio eterno indispensabile per una vita radiosa, e ha un significato profondo. Il giardino, il faro, il lottatore, il filo rosa, il cronometro, le rose e il tortuoso sentiero di diamanti sono altrettanti simboli delle sette virtù. Posso anche assicurarti che se terrai a mente la storia e le fondamentali verità che rappresenta, avrai in te la conoscenza che ti serve per innalzare la tua vita e quella di chi ami. E nel momento in cui applicherai quotidianamente questa saggezza, cambierai nella mente, nelle emozioni, nel corpo e nello spirito. Inciditi la storia nella memoria a caratteri indelebili, e serbala nel tuo cuore. Se ne seguirai gli insegnamenti senza riserve ti condurrà a una completa metamorfosi». «Fortunatamente io l'ho fatto, John», concluse Julian. «Carl Jung ha detto: "I tuoi desideri diventeranno chiari se riesci a leggere dentro il tuo cuore. Chi guarda fuori, sogna; chi guarda dentro, si sveglia". In quella notte indimenticabile ho guardato nel profondo del mio cuore e l'ho reso partecipe degli antichi segreti con cui possiamo arricchire la mente, educare il corpo e alimentare l'anima. Adesso è giunta l'ora di condividerli con te». ***

Capitolo 7 IL GIARDINO MERAVIGLIOSO La maggior parte delle persone vivono sfruttando le loro potenzialità fisiche, intellettuali e morali - solo in minima parte. Tutti noi disponiamo di tali riserve di energia a cui potremmo attingere, che non ce le sogniamo neppure. William James «Nel racconto il giardino simboleggia la mente», spiegò Julian. «Se curi la tua mente, se la nutri e la coltivi come un giardino fertile e ricco, vedrai che fiorirà più di quanto non ti immagini. Ma se lascerai attecchire le erbacce, non riuscirai mai a raggiungere quel senso di pace e di profonda armonia interiore che vai cercando. Ora, John... rispondi a questa domanda. Se mi recassi nel cortile dove coltivi quel giardino di cui mi parlavi un tempo, e gettassi rifiuti tossici sulle tue belle petunie, non ne saresti entusiasta, vero?» «Naturalmente». «Tutti i bravi giardinieri custodiscono il loro giardino come prodi soldati, assicurandosi che non vi entri mai nulla che lo contamini. Eppure... pensa ai rifiuti tossici che ogni giorno la maggior parte delle persone introduce nel fertile giardino della propria mente: i timori e le ansie, i crucci del passato, le angosce per il futuro, e quelle paure senza fondamento che devastano irreparabilmente il nostro mondo interiore. Nella lingua dei Saggi di Sivana, un idioma che si parla da migliaia di anni, l'ideogramma che indica la preoccupazione assomiglia molto a quello che rappresenta la pira funebre. Yogin Raman mi ha spiegato che non si tratta di pura coincidenza. L'ansia sottrae alla mente molto del suo potere; la qual cosa, presto o tardi, danneggia lo spirito». «Per vivere al massimo delle tue potenzialità, devi vigilare alla porta del tuo giardino, ammettendovi solo le informazioni di miglior qualità. Non puoi permetterti il lusso di un solo pensiero negativo: neanche uno. Le persone più felici, dinamiche e soddisfatte di questo mondo non sono diverse da te. Siamo tutti fatti di carne e ossa. Tutti scaturiamo dalla medesima fonte universale. Tuttavia quelli che non si limitano alla pura esistenza, quelli che alitano sul fuoco delle loro potenzialità umane assaporando appieno la magica danza della vita, fanno cose diverse da chi vive comunemente. Prima di tutto, nutrono un atteggiamento positivo nei confronti della realtà e di tutto quello che succede loro». Continuò

Julian: «I saggi mi hanno insegnato che in media una persona formula circa sessantamila pensieri al giorno. Ma quello che mi ha lasciato interdetto, è che il novantacinque per cento di questi pensieri sono gli stessi già formulati il giorno precedente!» «Dici sul serio?» «Ma certo... Sono le catene di una mente impoverita. Le persone che ogni giorno pensano alle stesse cose, per lo più negative, hanno preso abitudini mentali sbagliate. Invece di concentrarsi su quanto di positivo c'è nella loro vita pensando a migliorarla, restano prigionieri del passato. Si preoccupano per un rovescio sentimentale o qualche problema finanziario. Si rammaricano perché hanno avuto un'infanzia difficile. Si arrovellano su questioni ancor più insignificanti: l'impiegato allo sportello che li ha trattati sgarbatamente, il commento un po' acido di un collega di lavoro. Chi gestisce così la propria mente permette alle preoccupazioni di defraudarla della forza vitale, tarpando le ali alle sue formidabili potenzialità che, lasciate libere, darebbero alla vita tutto ciò che le occorre... in ambito emotivo, fisico e spirituale. Queste persone non si rendono conto che per imparare a gestire la propria vita bisogna prima saper gestire la propria mente». «La tua mentalità ti deriva soltanto dall'abitudine», proseguì Julian sempre più deciso. «La maggior parte degli uomini non ha idea di quanto siano immensi i poteri della mente. Ho scoperto che anche i pensatori più esercitati utilizzano solo un centesimo delle loro capacità. A Sivana, i saggi hanno avuto il coraggio di esplorare regolarmente le loro potenzialità inutilizzate, ottenendo risultati sbalorditivi. Attraverso una disciplina ferrea, Yogin Raman, ha condizionato la sua mente a rallentare il battito cardiaco. Ha persino imparato a non dormire per settimane. Non è indispensabile che tu ti ponga obiettivi tanto ardui, ma devi almeno incominciare a riconoscere la tua mente per quello che è: il più grande dono della natura». «Esistono degli esercizi specifici per liberare il potere della mente? Se imparassi a rallentare il mio battito cardiaco sarei gettonatissimo alle feste», motteggiai. «Per ora non pensarci. Più avanti ti insegnerò alcune tecniche che ti dimostreranno il potere di questa antichissima dottrina. Nel frattempo, l'importante è che tu ti renda conto che la padronanza dei meccanismi mentali si acquisisce per mezzo di un condizionamento progressivo: niente di più e niente di meno. Alla nascita siamo costituiti quasi tutti della stessa materia prima-, ciò che contraddistingue coloro che hanno

maggior successo o sono più felici degli altri, è la capacità di utilizzarla e raffinarla. Se ti impegni a trasformare la tua vita interiore uscirai in breve tempo dai confini dell'ordinario entrando in un mondo straordinario». Vidi che il mio maestro si stava abbandonando all'entusiasmo: i suoi occhi brillavano mentre parlava del potere della mente e dei tesori di bontà che egli era certo di suscitare. «Sai, John... alla fine dei conti, c'è soltanto una cosa su cui esercitiamo un dominio assoluto». «I nostri figli?» domandai con un sorriso bonario. «No, amico mio... la nostra mente. Forse non siamo in grado di controllare il tempo, o il traffico, o l'umore di chi ci sta intorno, ma di sicuro possiamo dominare le nostre reazioni. Tutti abbiamo il potere di determinare in ogni momento i nostri pensieri. É una delle caratteristiche proprie dell'essere umano. Sai... una delle verità più luminose che ho appreso nei miei viaggi in Oriente è anche di solare semplicità». Julian fece una pausa quasi solenne, come se fosse sul punto di porgermi un dono di inestimabile valore. «E sarebbe?» «Che non esiste una realtà oggettiva... o se preferisci, un "mondo reale". Non esistono concetti assoluti. Il tuo peggior nemico può essere il mio amico più caro. Un fatto che a qualcuno appare tragico ad altri potrebbe dischiudere infinite opportunità. Quel che davvero differenzia le persone generalmente positive e ottimiste da quelle sempre tristi è il modo di interpretare ed elaborare le circostanze della vita». «Ma Julian... una tragedia è sempre una tragedia!» «Ti faccio un esempio. Attraversando Calcutta incontrai una maestra di nome Malika Chand. Adorava insegnare: i suoi alunni erano come figli per lei, e ne coltivava le potenzialità con pazienza infinita. Il suo motto era: "Conta più la determinazione che il quoziente di intelligenza"; e lei non lo tradiva mai. Tutta la sua comunità sapeva che quella donna viveva per dare, per aiutare senza alcun tornaconto chiunque ne avesse bisogno. Una notte purtroppo la sua amata scuola, silenziosa testimone della crescita proficua di tante generazioni di bambini, fu incendiata da un piromane. Tutta la comunità soffrì per la grave perdita, ma col tempo la rabbia si trasformò in apatia, le famiglie si rassegnarono all'idea che i loro figli sarebbero rimasti senza scuola». «E Malika che fece?» «Lei era diversa... oh, sì, davvero un'ottimista incorreggibile. Al contrario degli altri, ravvisò nella disgrazia una grande occasione. Spiegò ai genitori dei bimbi che da qualunque disavventura si può trarre un

vantaggio (basta aver la pazienza di cercarlo): anche da quel malaugurato incendio. In fin dei conti la scuola bruciata era decrepita e fatiscente. Entrava acqua dal tetto, il pavimento si era incurvato irreparabilmente sotto lo scalpiccio di migliaia di piedini. Insomma, era un bene che fosse arrivata l'occasione che stavano aspettando, l'ora di unire le forze della comunità e costruire una scuola migliore, capace nel futuro di accogliere tanti, tantissimi bambini. Così, incalzati da quella maestrina ancora piena d'energie a più di sessantanni, gli abitanti unirono le loro risorse e raccolsero abbastanza quattrini per costruire una scuola nuova di zecca, che sorse come un radioso tempio all'immaginazione trionfante sulle avversità». «Quindi sarebbe un po' come la vecchia massima che suggerisce di considerare il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto?» «Proprio così. Qualunque cosa ti capiti nella vita, tu solo hai la facoltà di decidere come reagire. Se ti abitui a cercare in ogni situazione il lato positivo, la qualità della tua vita sarà più elevata e più ricca. Questa è una delle leggi più importanti della natura». «E tutto parte dall'usare la mente in modo più efficace?» «Esatto, John. Ogni successo nella vita, materiale o spirituale, deriva da quella massa di nove chili di peso che ti spunta fra una spalla e l'altra. O più precisamente, dai pensieri che elabori in ogni secondo di ogni minuto di ogni giorno. Il tuo aspetto esteriore riflette le condizioni della tua realtà interiore. Vigilando sui pensieri e sulle reazioni ai fatti della vita, comincerai a diventare padrone del tuo destino». «Sai che hai proprio ragione, Julian? Temo che la mia vita sia diventata talmente frenetica da non lasciarmi il tempo per riflettere su questi problemi. Quando andavo all'università, Alex, il mio migliore amico, aveva la passione dei libri sul misticismo. Diceva che leggerli gli dava l'energia e la motivazione necessarie a far fronte ai nostri pesantissimi carichi di studio. Una volta mi raccontò di aver letto in uno di questi libri che l'ideogramma cinese che significa "crisi" è composto di due caratteri: uno vuol dire "pericolo", l'altro "occasione". Immagino che anche gli antichi cinesi sapessero che nelle tenebre di ogni avversità c'è un aspetto luminoso... basta avere il coraggio di cercarlo». «Yogin Raman diceva: "Nella vita non ci sono errori, solo lezioni. Non esiste qualcosa che si possa chiamare esperienza negativa, ma occasioni per crescere, imparare e procedere lungo la strada del dominio di sé. É attraverso la lotta che diventiamo forti. Anche il dolore può essere un meraviglioso maestro"». «Come, il

dolore?» protestai io. «Sì, certo. Per vincere il dolore, prima devi provarlo. In altre parole, come puoi veramente assaporare la gioia di trovarti in vetta alla montagna se prima non ti sei trovato nelle bassure del fondovalle? Capisci?» «Cioè, per gustare le cose buone bisogna conoscere quelle cattive?» «Sì, ma ti consiglio di smetterla di giudicare i fatti secondo l'antitesi positivo-negativo. Cerca piuttosto di viverli, accogliendoli con gioia e traendone insegnamento. Ciascun evento può insegnarti qualcosa, e queste piccole lezioni alimentano la crescita interna ed esterna. Senza di esse rimarresti sempre fermo nello stesso punto. Prova a guardarti intorno: generalmente gli uomini maturano grazie alle esperienze più difficili. E se ti scontri con un esito imprevisto e deludente ricorda che per legge di natura quando si chiude una porta, se ne apre un'altra». Trascinato dall'entusiasmo, Julian continuò, alzando le braccia al cielo come un predicatore che si rivolge ai fedeli: «Una volta applicato con fermezza questo principio alla vita di tutti i giorni, comincerai a condizionare la tua mente a elaborare i fatti in una chiave più positiva e costruttiva; e bandirai per sempre le preoccupazioni. Cesserai di essere prigioniero del passato, trasformandoti in artefice del futuro». «E va bene... ho afferrato il concetto. Tutte le cose che accadono, anche le peggiori, racchiudono una lezione. Quindi dovrei essere disponibile a imparare da qualunque esperienza per temprarmi ed essere più felice. Cosa altro deve fare un avvocaticchio piccolo-borghese per migliorare la sua vita?» «Anzitutto, invece che alla memoria, incomincia a dare spazio alla tua magnifica immaginazione». «Non puoi spiegarti meglio?» «Per liberare le potenzialità della mente, del corpo e dell'anima, devi prima espandere l'immaginazione. Le cose vengono sempre create due volte: prima nel laboratorio della mente, e dopo - soltanto dopo! - nella realtà. Io definisco questo processo "cianografico", perché qualsiasi cosa tu crei nel mondo esterno, prima si sarà impressa in forma progettuale nel tuo mondo interiore, sul rutilante schermo della mente. Quando dominerai i pensieri e vedrai chiaramente che cosa desideri dalla vita terrena concentrandoti su queste aspettative, sentirai forze latenti risvegliarsi dentro di te. Comincerai a liberare le autentiche potenzialità della tua mente affinché creino la vita meravigliosa che senti di meritare. Da questa sera in poi, scorda il passato. Trova il coraggio di sognare te stesso come un'entità maggiore della somma delle tue condizioni e prerogative. Punta al meglio, e otterrai risultati sbalorditivi. «Sai,

John... dopo tanti anni spesi nell'avvocatura, ormai credevo di sapere tutto. Ho studiato nelle migliori scuole, ho letto tutto il possibile nel campo del diritto, ho lavorato con i principi del foro. D'accordo: al gioco della professione ero un vincente, ma ora mi rendo conto che stavo perdendo al gioco della vita. Ero così occupato a rincorrere i grandi piaceri che ho completamente tralasciato quelli piccoli. Non ho neppure sfogliato i grandi romanzi che mio padre mi consigliava di leggere. Non ho costruito nessuna vera amicizia. Non ho imparato ad apprezzare i capolavori della musica. Detto questo, mi reputo ancora un fortunato. Il mio giro di boa è stato l'infarto... è come se dentro di me fosse squillata una sveglia. Che tu mi creda o no, l'infarto mi ha dato una nuova occasione per vivere una vita più ricca e illuminata. Come Malika Chand, nella disgrazia ho intravisto i semi di una grande fortuna. E soprattutto, ho avuto il coraggio di farli crescere». Era evidente che, pur ringiovanito nell'aspetto, Julian era diventato anche molto più saggio. Capii che quella sera mi si offriva ben altro che la possibilità di fare una bella chiacchierata con un vecchio amico: forse quello era il momento decisivo, la grande occasione per ricominciare da capo. Mi misi a pensare a tutte le cose sbagliate che c'erano nella mia vita. Indubbiamente avevo una bella famiglia e un lavoro solido, ero quel che si dice uno stimato professionista... Eppure nei momenti di rilassamento sentivo che mi mancava qualcosa. Dovevo riempire il vuoto che stava incominciando a risucchiare la mia vita. Da bambino sognavo di raggiungere grandi traguardi. Spesso mi immaginavo nei panni di un eroe sportivo o di un magnate della finanza. Credevo veramente di poter fare, avere, ed essere tutto quello che avessi desiderato. Ricordo anche come mi sentivo, quando ero un adolescente dell'assolata West Coast. Ero appagato da divertimenti semplici. Divertimento era trascorrere un pomeriggio d'estate facendo il bagno senza il costume o andare in bicicletta per i boschi. Ero animato da una curiosità insaziabile verso la vita, ero un avventuriero. Non ponevo limiti al mio futuro. E, francamente, erano quindici anni che non provavo più quella felicità, quel senso di libertà. Che cosa era successo? Forse mi ero scordato dei miei sogni all'avvento dell'età adulta, quando mi ero rassegnato a comportarmi come si vuole che si comporti un adulto. Forse li avevo persi di vista quando ero andato all'università e avevo cominciato a parlare come si vuole che parli un avvocato. Sia come sia, quella sera accanto a Julian che mi apriva il suo cuore davanti

a una tazza di tè freddo mi fece prendere la decisione di dedicare meno tempo a guadagnarmi da vivere e molto di più a crearmi una vita. «Si direbbe che ti abbia spinto a riflettere», osservò Julian. «Ora, comincia a pensare che i tuoi sogni si avverino, proprio come quando eri bambino. Jonas Salk ha scritto: "Ho avuto sogni ed incubi. Ho superato gli incubi grazie ai sogni". Coraggio, John, rispolvera i tuoi sogni. Riprendi a onorare la vita e a celebrarne i prodigi. Risuscita il potere della mente che realizzerà i tuoi desideri. Se lo farai, l'universo coopererà con te arricchendo di magia la tua vita». Poi Julian frugò nella tunica ed estrasse un cartoncino grande più o meno quanto un biglietto da visita e con gli orli logori, evidentemente perché veniva maneggiato di continuo da mesi. «Un giorno, mentre percorrevo un silenzioso sentiero di montagna in compagnia di Yogin Raman, gli domandai qual era il suo filosofo preferito. Mi rispose che si sentiva debitore di molti, e perciò era esitante a scegliere una singola fonte d'ispirazione. Tuttavia mi disse che serbava nel cuore una citazione: alcune frasi che racchiudevano tutti i valori fondamentali della sua vita contemplativa. In quel luogo bellissimo e quasi inaccessibile il saggio dell'Oriente ebbe la bontà di ripetermele, e io a mia volta le impressi nel mio cuore. Mi servono ogni giorno a rammentarmi tutto quello che siamo e tutto quello che potremmo essere. Sono parole del grande filosofo indiano Patanjali. Ripeterle ogni mattina ad alta voce prima di sedermi a meditare influisce profondamente sul corso della mia giornata. Ricorda, John: le parole sono l'incarnazione del potere della mente». Poi Julian mi porse il cartoncino. C'era scritto: Se sei animato da un grande proposito o da un progetto straordinario, tutti i tuoi pensieri spezzeranno le loro catene: la mente trascenderà ogni limite, la coscienza si espanderà in ogni direzione, e ti ritroverai in un nuovo mondo, grande e meraviglioso. Forze nascoste, facoltà latenti si animeranno dentro di te e ti scoprirai migliore di quanto mai avresti immaginato di essere. In quel momento compresi il legame tra la vitalità fisica e l'agilità della mente. Julian era in una forma perfetta, e sembrava molto più giovane del giorno in cui l'avevo conosciuto. Traboccava di gioia di vivere, e sembrava che la sua energia, il suo entusiasmo e il suo ottimismo non avessero confini. Certo, sapevo che aveva mutato radicalmente il suo stile di vita, ma era chiaro che quell'incredibile trasformazione gli veniva dalla felicità mentale. Per stare bene di fuori bisogna prima stare bene dentro, e

trasformando il suo modo di pensare Julian Mantle aveva trasformato la sua vita. «Ascolta, Julian... Come devo agire esattamente per acquisire questo atteggiamento positivo, sereno e motivato? Dopo tanti anni passati a ripetere sempre le stesse cose, credo che i miei muscoli mentali si siano un po' infiacchiti. A pensarci bene, non credo di avere un gran controllo sui pensieri che fluttuano nel giardino della mia mente», confessai. «La mente è un meraviglioso servitore... ma anche un padrone terribile. Se pensi in modo negativo, è perché non ti curi della tua mente e non ti sforzi di concentrarla sul bene. Fu Winston Churchill a dire che "il prezzo della grandezza è essere responsabili di ciascuno dei nostri pensieri". Solo in seguito potrai raggiungere l'atteggiamento mentale che stai cercando. Ricordati che la mente è uguale agli altri muscoli del corpo e che l'uso sviluppa l'organo». «Mi stai dicendo che, se non la esercito, la mia mente si indebolirà?» «Certo. Ascolta: se vuoi potenziare i muscoli del braccio, devi allenarli. Se vuoi irrobustire i muscoli delle gambe, farai lo stesso. La regola vale anche per la mente. Potrà fare per te cose meravigliose solo se glielo permetterai. Se impari a usarla bene, realizzerà ogni tuo desiderio. Se ne avrai riguardo, ti restituirà anche una perfetta forma fisica. E tornerà alla propria condizione originaria, pacifica e serena... ammesso che il tuo proposito sia veramente questo. Una massima memorabile dei Saggi di Sivana dice: I confini della vita sono solo creazioni di noi stessi». «Non credo di avere capito, Julian». «I pensatori illuminati sanno che sono i loro pensieri a formare il loro mondo, e che la qualità della vita di ogni individuo corrisponde di fatto alla ricchezza dei suoi pensieri. Se vuoi vivere una vita più serena e più ricca di significato, devi concepire pensieri più sereni e più ricchi di significato». «Insegnami qualche scorciatoia, Julian». «Che vuoi dire?» domandò Julian con gentilezza, facendo scorrere le dita abbronzate sul tessuto sgargiante della tunica. «Quello che mi stai raccontando mi entusiasma, sul serio, ma... sai, io sono un tipo impaziente. Non potresti insegnarmi qui, adesso, nel mio salotto, qualche esercizio o qualche tecnica per cambiare il mio modo di usare la mente?» «I trucchi non funzionano. Un mutamento interiore, per essere profondo e duraturo, deve richiedere tempo e fatica. La costanza è la madre della crescita personale. Questo non significa che ci vorranno degli anni prima che la tua vita si trasformi: è sufficiente che

applichi queste strategie tutti i giorni per un mese soltanto e ti stupirai. Comincerai ad attingere a livelli più alti delle tue possibilità e a muoverti in una dimensione miracolosa. Ma per giungere a questo non ti devi preoccupare del risultato. Goditi invece il processo di espansione e crescita interiore. Per assurdo, meno ti soffermi sull'obiettivo finale e più presto ci arriverai». «Com'è possibile?» «É come la classica storia di quel ragazzo che se n'era andato di casa ed aveva fatto molta strada per recarsi a studiare presso un grande maestro. Quando incontrò il vecchio saggio, per prima cosa gli domandò: "Quanto tempo ci vorrà perché diventi saggio come te?" «Il responso fu secco: "Cinque anni". «"Ma è tantissimo tempo", protestò il ragazzo. "E se sgobbo il doppio?" «"Allora ce ne vorranno dieci", disse il maestro. «"Dieci! É veramente troppo. E se studio giorno e notte?" «"Quindici anni", rispose il saggio. «"Non capisco", insistette il ragazzo. "Ogni volta che ti prometto di dedicare più energia al mio obiettivo, mi rispondi che ci vorrà un tempo maggiore. Perché?" «"La risposta è semplice. Se tieni un occhio sempre fisso sulla destinazione, te ne rimane solamente uno per guidarti lungo il viaggio"». «Hai fatto centro, avvocato», riconobbi cordialmente. «Mi sembra di sentire la storia della mia vita». «Sii paziente e vivi nella consapevolezza che tutto quello di cui vai in cerca lo raggiungerai, purché ti ci prepari e lo aspetti». «Ma io non sono mai stato fortunato, Julian. Tutto quello che possiedo me lo sono guadagnato con la perseveranza». «Ma cos'è la fortuna, amico mio?» replicò Julian senza scomporsi. «Solo un connubio tra preparazione e opportunità». Poi, con voce sommessa, aggiunse: «Prima di illustrarti esattamente i metodi che mi hanno insegnato i Saggi di Sivana, devo spiegarti alcuni concetti fondamentali. Innanzitutto, non scordarti mai che alla base della padronanza della mente c'è la concentrazione». «Davvero?» «Lo so... ha sorpreso anche me: ma è vero. Ti ho già detto che la mente può fare cose stupefacenti. Il solo fatto di poter concepire un desiderio o un sogno significa già che dentro di noi abbiamo la capacità di realizzarlo. Questa è una delle grandi verità universali da cui muovono i Saggi di Sivana. Per liberare il potere della mente, prima devi essere capace di imbrigliarla concentrandola sull'obiettivo a cui miri. Quando riuscirai a focalizzare un unico scopo, la tua vita si arricchirà di doni inimmaginabili». «Perché è così importante concentrarsi?» «Ora ti proporrò un enigma da cui trarrai la

risposta. Poniamo che ti sia smarrito in un bosco, in pieno inverno. Hai un disperato bisogno di scaldarti. Nello zaino non hai altro che una lettera del tuo migliore amico, una scatoletta di tonno e una piccola lente di ingrandimento che ti serve perché sei un po' miope. Fortunatamente sei riuscito a trovare un po' di legna secca, però non hai fiammiferi. Come fai per accendere il fuoco?» Perbacco. L'indovinello di Julian era proprio difficile. Non avevo la minima idea della soluzione. «Mi arrendo». «É molto semplice. Metti la lettera fra la legna secca e puntaci sopra la lente: questa concentrerà i raggi del sole, accendendo il fuoco in pochi secondi». «E la scatoletta del tonno?» «Oh, quella era solo per metterti fuori strada», rispose Julian con un sorriso. «Ma la morale è questa: se avessi posato la lettera sopra la catasta, non sarebbe successo nulla: se invece usi la lente per concentrare i raggi del sole sulla lettera, la catasta prende fuoco. Lo stesso discorso vale per la mente. Quando concentri il suo incredibile potere su obiettivi chiari e rilevanti, in breve tempo incendierai le tue potenzialità e otterrai i grandi successi a cui accennavo prima». «Per esempio?» «Solo tu puoi rispondere a questa domanda. Che cosa stai cercando? Vuoi essere migliore come padre e vivere una vita più equilibrata e gratificante? Desideri sentirti più realizzato spiritualmente? Credi che la tua vita sia povera di avventura e di divertimento? Prova a riflettere...» «Che ne dici della felicità perenne?» «Bravo! Pensa in grande...» commentò lui ridendo. «Non c'è niente di peggio che iniziare dalle bazzeccole. E poi... sì, anche la felicità è alla tua portata». «Come posso raggiungerla?» «I Saggi di Sivana conoscono il segreto della felicità da più di cinquemila anni. Per fortuna non vedevano l'ora di svelarmelo. Desideri che te lo dica?» «No, prima pensavo di andare a ricoprire i muri del garage con la carta da parati». «Eh?» «Julian, Julian... ma certo che desidero conoscere il segreto della felicità eterna. Non è quello che cercano tutti, alla fine?» «É vero. Ebbene, eccolo qui... Ehm... potrei avere un'altra tazza di tè?» «Avanti, vieni al dunque». «D'accordo. Il segreto della felicità è semplice: scopri che cosa desideri veramente e indirizza tutte le tue energie verso questo obiettivo. Se osservi bene le persone più felici, più sane, più soddisfatte, vedrai che ognuna di loro ha trovato la sua vocazione nella vita, e dedica le sue giornate ad essa. Di solito questa vocazione è anche utile agli altri. Quando riuscirai a

concentrare il potere della tua mente e le tue energie sull'attività che prediligi, riuscirai a realizzare ogni tuo desiderio con la massima semplicità e senza fatica». «Devo solo cercare di stabilire che cosa mi appassiona, e poi farlo?» «A patto che sia un'attività meritevole», precisò Julian. «In che senso "meritevole"?» «Come ti ho detto, John, la tua passione deve in qualche modo aiutare gli altri, tendere a migliorare anche la loro vita. Ha detto molto bene Victor Frankl: "Il successo, come la felicità, non può essere inseguito: deve arrivare di conseguenza. E questo può darsi soltanto come effetto involontario della dedizione individuale a una causa di più ampio respiro". Quando scoprirai qual è la tua missione nella vita, tutto il tuo mondo si animerà. Ti sveglierai colmo di energia e di entusiasmo, e totalmente concentrato sul tuo progetto. Non avrai tempo da perdere e il tesoro della tua mente non si disperderà in rivoli inutili. Estirperai automaticamente il vizio dell'ansia, diventerai più efficiente e produttivo. Meglio ancora, sentirai anche una profonda pace interiore, come se avessi una forza che ti guida a compiere la tua missione. É una sensazione stupenda...» concluse Julian, estatico. «Affascinante. E mi piace molto il fatto di svegliarsi con una sensazione di benessere. Se proprio devo essere sincero, Julian, per lo più la mattina vorrei solo poter restare sotto le coperte, pur di non affrontare il traffico, i clienti corrucciati, l'aggressività degli avversari in tribunale e il flusso incessante di pensieri negativi. Queste cose mi stancano da morire». «Lo sai perché la gente dorme tanto?» «Perché?» «Perché non ha nient'altro da fare. Quelli che si svegliano all'alba hanno una cosa in comune». «Sono tutti pazzi?» «Spiritoso... No: hanno trovato un fine che accende le loro potenzialità interiori. Sono sospinti dalle motivazioni senza sforzo, non in maniera ossessiva o malsana. E grazie al loro entusiasmo e alla passione per quello che fanno, l'energia non viene mai dispersa. Sono gli esseri più entusiasti e pieni di vita che avrai mai la fortuna di incontrare». «Che cos'è questa storia di disperdere energia? Julian, mi puzza proprio di New Age. Scommetto che non è stato ad Harvard che ne hai sentito parlare». «Vero. Ma i pionieri di questa dottrina sono stati proprio i Saggi di Sivana: ed essa resta valida oggi come tanti secoli fa. Troppi di noi si logorano con le inutili preoccupazioni che quotidianamente ci allontanano dalla vitalità e dalla nostra naturale energia. Hai mai visto la camera d'aria di una ruota di bicicletta?» «Certo». «Quando è gonfia ti porta agevolmente a destinazione; ma se

ci sono delle perdite, alla fine la gomma si sgonfia e il viaggio bruscamente si interrompe. Anche la mente funziona così. Le preoccupazioni provocano dispersioni di preziosa energia e potenzialità, proprio come le perdite di una camera d'aria. In breve resti a secco di energia, e la creatività, l'ottimismo e la determinazione svaniscono, lasciandoti sfinito». «So di che cosa parli. Spesso trascorro le mie giornate letteralmente sommerso dallo stress. Devo essere dappertutto nello stesso momento, e mi sembra di non riuscire ad accontentare nessuno. Ultimamente, poi, ho notato che anche se faccio poco lavoro fisico, in capo a una giornata le mie ansie mi riducono a uno straccio. Quando ritorno a casa tutto quello che riesco a fare è versarmi uno scotch e fare lo zapping con il telecomando». «Vedi? É la conseguenza dell'eccessivo stress. Invece quando avrai trovato il tuo scopo, la vita ti sembrerà più semplice e più gratificante. Non avrai nemmeno bisogno di lavorare». «Stai parlando di prepensionamento?» «No», disse Julian con il tono severo che lo distingueva quando era un principe del foro. «Dico che il tuo lavoro diventerà un gioco». «Non sarà troppo rischioso abbandonare il lavoro per mettermi a cercare la mia grande passione, lo scopo della vita? Sai, ho una famiglia, degli impegni da assolvere. Quattro persone che dipendono da me». «Non ti ho detto che devi abbandonare la professione legale domani. Però dovrai correre qualche rischio in più. Rivoluziona la tua vita. Leva le ragnatele, imbocca la strada meno battuta. La maggioranza delle persone vive entro i confini del suo piccolo mondo confortevole. Yogin Raman è stato il primo a spiegarmi che il regalo più grande che puoi fare a te stesso è abituarti a superare questi confini. Solo così sarai sempre padrone di te stesso e sfrutterai appieno le tue prerogative umane». «Che sarebbero...?» «La tua mente, il tuo corpo e la tua anima». «E allora: quali rischi dovrei correre?» «Comincia a essere meno pragmatico. Fai le cose che desideri da sempre. Conosco degli avvocati che hanno lasciato il lavoro per recitare in teatro, e contabili che si sono trasformati in jazzisti. In questo modo hanno riconquistato la profonda felicità che gli sfuggiva da tempo. Cosa c'è di grave se non possono più permettersi due vacanze all'anno o una villa alle Cayman? Correre qualche rischio calcolato alla lunga conviene. Come puoi arrivare in terza base se hai ancora un piede in seconda?» «Credo di aver capito». «Allora prenditi il tempo per riflettere. Individua il vero scopo della tua vita e trova il coraggio di

perseguirlo». «Con tutto il rispetto, Julian... io non faccio altro che pensare. Anzi, il mio vero problema è che penso troppo. La mia mente non si ferma mai. É un tale vulcano di pensieri inutili, che certe volte mi fa proprio ammattire». «Quello che ti sto consigliando è diverso. Ogni giorno i Saggi di Sivana trascorrevano ore a meditare in silenzio non solo su dove erano, ma anche su dove stavano andando: sul loro scopo, e sul come stavano trascorrendo la loro vita. E soprattutto riflettevano a fondo, con sincerità di cuore, su cosa avrebbero potuto fare per essere migliori. I piccoli progressi quotidiani producono risultati duraturi, che a loro volta danno luogo a metamorfosi positive». «Quindi dovrei soffermarmi metodicamente a riflettere sulla mia vita?» «Sì. Bastano dieci minuti al giorno di meditazione per modificarne radicalmente la qualità». «Capisco dove vuoi arrivare, Julian. Il problema è che una volta entrato nel tritacarne della mia giornata-tipo, non riesco neanche a trovare dieci minuti per il pranzo». «Amico mio... dire che non hai tempo per migliorare i tuoi pensieri e la tua vita è come dire che non hai tempo per fermarti a far benzina perché sei troppo impegnato a guidare. Alla fine sarai comunque costretto a fermarti». «E va bene. Però, Julian, scusa se insisto... prima mi hai detto che mi avresti insegnato delle tecniche». «Una è particolarmente efficace. É quella prediletta dai Saggi di Sivana che, rivelandomela, mi hanno dimostrato grande amicizia e fiducia. Dopo averla praticata per ventuno giorni mi sono sentito energico, entusiasta e vitale come non mi accadeva da tempo. L'esercizio risale a più di quattromila anni fa, e si chiama il Cuore della Rosa». «Continua». «Per eseguirlo non ti occorre altro che una rosa appena colta e un luogo tranquillo. L'ideale sarebbe la quiete della campagna, ma andrà bene anche una stanza, purché silenziosa. Inizia a fissare il centro della rosa, il suo cuore. Yogin Raman mi ha spiegato che la rosa assomiglia molto alla vita: lungo la via troverai delle spine, ma se hai fede e credi nei tuoi sogni le supererai godendo di tutta la bellezza del fiore. Continua a fissare la rosa. Osserva il suo colore, la sua forma, la sua magnifica opulenza. Assaporarne la fragranza e non pensare ad altro. Inizialmente ti verranno degli altri pensieri, distraendoti dal cuore della rosa. Questo è tipico delle menti non esercitate, ma non devi preoccuparti: presto migliorerai. Cerca soltanto di rivolgere la tua attenzione all'oggetto su cui ti stai concentrando. In breve la tua mente acquisterà più forza e

disciplina». «Tutto qui? Non mi sembra difficile». «La sua bellezza è appunto questa, John», replicò Julian. «Bada però che, affinché sia efficace, devi eseguire l'esercizio ogni giorno. Le prime volte faticherai a restare concentrato anche solo per cinque minuti. Viviamo a un ritmo così frenetico che la tranquillità e il silenzio sono diventati delle imbarazzanti stravaganze. Molti, se spiegassi loro l'esercizio, direbbero che non hanno il tempo di fermarsi a fissare un fiore. Sono gli stessi che ti diranno che non hanno tempo di assaporare la risata di un bambino o di camminare scalzi sotto la pioggia. Sono sempre troppo frenetici, troppo occupati. Non hanno neanche il tempo di costruire delle vere amicizie, perché l'amicizia ti assorbe, è impegnativa». «La sai lunga su questo tipo di persone». «Ero uno di loro», commentò Julian. Poi si interruppe e rimase in silenzio, a guardare l'orologio che mia nonna ci aveva regalato - a Jenny e a me - per l'inaugurazione della casa. «Ogni volta che penso a quelli che vivono così oggi, mi tornano alla mente le parole di un vecchio scrittore inglese che piaceva tanto a mio padre: "Non dobbiamo permettere all'orologio e al calendario di tenerci nascosto che ogni attimo della vita è un miracolo, e un mistero". «Insisti, soffermati sempre più a lungo a godere del cuore della rosa», riprese Julian con voce profonda. «Nel giro di una settimana o due dovresti essere in grado di eseguire l'esercizio per venti minuti senza che la tua mente sia distratta da altri problemi. Sarà il primo segno che stai riconquistando la fortezza della tua mente. Da quel momento in avanti essa vedrà soltanto quello su cui le ordini di concentrarsi... sarà la tua umile serva, una serva capace di compiere prodigi. Ricordati: o sarai tu a dominare la tua mente, o sarà lei a dominare te. «Ti accorgerai quasi subito di essere molto più calmo. Questo è un ulteriore passo in avanti, vorrà dire che stai perdendo il vizio. La tua vita sarà pervasa da un senso di felicità che ti renderà capace di apprezzare le innumerevoli bellezze che ti circondano. Ogni giorno - anche se sarai indaffarato, e dovrai affrontare un sacco di difficoltà - ritorna al Cuore della Rosa. É la tua oasi. É il tuo rifugio silenzioso, la tua isola di pace. Non dimenticare mai che la quiete e il silenzio sono una forza portentosa. La quiete è il ponte che ti collega alla sorgente dell'intelligenza universale pulsante in ogni vita». Ero affascinato dalle parole di Julian. Davvero quel semplice esercizio sarebbe bastato per migliorare sostanzialmente la qualità della mia vita?

«Ci dev'essere stato qualcos'altro oltre al Cuore della Rosa per cambiarti così radicalmente», pensai ad alta voce. «Sì, è vero. In effetti, la mia trasformazione nasce da un concorso di diverse strategie molto potenti. Ma non ti preoccupare... non sono più complesse dell'esercizio che ti ho appena insegnato». Poi dalla bocca di Julian, come da una fontana di conoscenza, ricominciò a sgorgare il racconto del viaggio a Sivana. «Un'altra tecnica particolarmente efficace per eliminare le preoccupazioni e gli influssi negativi che rendono la mente meno vitale, è basata su quelli che Yogin Raman chiama i Pensieri Contrapposti. Ho scoperto che, per le grandi leggi della Natura, la mente può elaborare un solo pensiero alla volta. Fai una prova, John... e scoprirai che è così». Provai: era così. «Sfruttando questa tecnica sconosciuta, tutti possono approdare in breve tempo a un'attitudine mentale positiva e creativa. Il procedimento è semplice: quando un pensiero indesiderato occupa il punto focale della tua mente, sostituiscilo subito con uno migliore. É come se la tua mente fosse un grande proiettore, e ogni pensiero una diapositiva. Ogni volta che sullo schermo appare un pensiero negativo, devi cancellarlo con uno positivo. «É per questo che porto al collo questo rosario... Quando mi accade di formulare un pensiero negativo, mi levo la collana e sfilo un grano. Questi grani di ansia finiscono poi in una ciotola che tengo nello zaino: costituiscono un promemoria che mi rammenta quanta strada mi resta da percorrere sul cammino della responsabilità e della padronanza dei miei pensieri». «Ma è grandioso! Sono indicazioni davvero pratiche: non avevo mai sentito niente di simile. Parlami ancora di questa filosofia dei Pensieri Contrapposti». «Ecco un esempio concreto. Hai avuto una giornata faticosa in tribunale. Il giudice non concorda con la tua interpretazione della legge, l'avvocato avversario è in una botte di ferro e il tuo cliente è insoddisfatto di te. Torni a casa tutto triste e ti sprofondi nella tua poltrona preferita. Il primo passo sarà renderti conto che stai pensando a cose negative. L'autocoscienza è il trampolino di lancio verso la padronanza di noi stessi. Il secondo passo sarà capire una volta per tutte che, come hai permesso ai pensieri tristi di farsi strada, altrettanto facilmente puoi sostituirli con pensieri più piacevoli. Rovescia la tristezza. Sforzati di essere più allegro ed

energico. Sentiti felice... Non escludo che riuscirai a sorridere. Muovi il tuo corpo come fai quando sei allegro e pieno di entusiasmo. Alzati in piedi, respira a fondo e volgi il potere della tua mente in una direzione positiva. In pochi minuti ti sentirai diverso. Non solo: praticherai con costanza il Pensiero Contrapposto, applicandolo a ogni insorgere di pensieri negativi, vedrai che in poche settimane non l'avranno più vinta. Hai capito dove voglio arrivare?» Julian continuò: «I pensieri sono vitali, sono cose vive. Come dire...? palline di energia. Molte persone non pensano mai alla natura dei loro pensieri, ma è la qualità del pensiero che determina la qualità della vita. I pensieri fanno parte del tuo mondo materiale, proprio come il lago dove nuoti o la strada su cui cammini. Le menti deboli compiono azioni deboli. Una mente forte e disciplinata, che chiunque è in grado di costruirsi attraverso la pratica quotidiana, può far miracoli. Se vuoi vivere appieno la tua vita, cura i pensieri come se fossero i tuoi beni più preziosi. Impegnati seriamente per eliminare ogni confusione interiore, e vedrai che presto avrai notevoli soddisfazioni». «Non ho mai considerato i pensieri cose vive, Julian», replicai, ancora un po' stupito. «Ma mi rendo conto che influenzano ogni aspetto della mia realtà». «I Saggi di Sivana credono fermamente che dovremmo concepire solo sattvic, cioè pensieri puri. Loro raggiungono questo stadio attraverso le tecniche di cui ti parlavo, unite a una dieta naturale, alla ripetizione di formule positive che chiamano mantra, alla lettura di libri sapienziali e alla costante ricerca di una vita illuminata. Se nel tempio della loro mente entra anche un solo pensiero impuro si puniscono camminando per chilometri fino a raggiungere un'imponente cascata dove rimangono sotto l'acqua ghiacciata col rischio di morire». «Mi sembrava di aver capito che questi saggi fossero persone equilibrate... Farsi una doccia di acqua gelata tra le impervie montagne dell'Himalaya solo perché si è formulato un pensierino negativo mi sembra un po' troppo». Con la prontezza dell'avvocato, Julian ribatté: «John, te lo ripeto. Non puoi permetterti il lusso di un solo pensiero negativo». «Sei sicuro?» «Sicuro. L'ansia è come un embrione: nasce piccola, ma cresce a dismisura. In breve diventa un organismo autonomo». Si interruppe un istante e poi sorrise. «Scusa se sembro un po' un predicatore quando parlo della filosofia che ho appreso nel mio viaggio.

Il fatto è che ho scoperto gli strumenti che possono migliorare la vita di molte persone, gente che si sente insoddisfatta, apatica e infelice. Basterebbero poche pratiche quotidiane, come quella della tecnica del Cuore della Rosa, e una costante applicazione del Pensiero Contrapposto per vivere la vita che desiderano. Penso che meritino di essere informate. «Prima che passi dal giardino al momento successivo del racconto mistico di Yogin Raman, devo confidarti un altro segreto che ti sarà di grande aiuto. Esso si basa sull'antico principio per cui ogni cosa viene sempre creata due volte, prima nella mente, poi nella realtà. Ti ho già spiegato che i pensieri sono cose concrete, come messaggeri che noi inviamo all'esterno per influenzare il mondo fisico. Sai anche che se speri di cambiare radicalmente il tuo mondo esteriore, devi partire dal di dentro, e mutare la qualità dei tuoi pensieri. «I Saggi di Sivana conoscono un metodo eccellente per accertarsi di concepire pensieri puri e sani; una tecnica efficacissima volta a realizzare i nostri desideri. E funziona con tutti: con un giovane avvocato che vuol migliorare le proprie condizioni economiche, con una madre che ambisce a una vita familiare più ricca, o con un rappresentante che vuole incrementare le sue vendite. La tecnica è nota ai saggi come il Segreto del Lago. Per applicarla, i maestri si alzavano alle quattro del mattino, convinti che le prime ore del giorno avessero proprietà magiche. A quell'ora i saggi s'incamminavano per una serie di sentieri di montagna angusti e scoscesi che li conducevano fino al punto più basso della loro regione. Lì proseguivano lungo una via a stento visibile fra splendidi pini e fiori esotici, fino a una radura. In fondo a questa si stendeva un lago azzurro, coperto da migliaia di bianchi fiori di loto. L'acqua del lago era incredibilmente immobile e tranquilla. Un angolo di paradiso. I saggi mi raccontavano che già i loro antenati si recavano al lago». «Qual è il Segreto del Lago?» domandai impaziente. Julian mi spiegò che i saggi scrutavano nelle acque del lago quieto e immaginavano che i loro sogni si avverassero. Se il loro desiderio era quello di coltivare la virtù della disciplina, immaginavano di svegliarsi all'alba, di eseguire senza errori tutto il rigoroso programma di esercizi e di trascorrere le giornate in silenzio per accrescere la loro forza di volontà. Se cercavano maggiore felicità, immaginavano di sorridere o di ridere di cuore ogni volta che incontravano un fratello o una sorella. Se aspiravano a essere più coraggiosi, immaginavano di affrontare audacemente un momento di difficoltà o di crisi. «Una volta Yogin

Raman mi raccontò che da ragazzo si sentiva timido e insicuro perché era più piccolo rispetto agli altri suoi coetanei, che pure lo trattavano con gentilezza e simpatia. Per vincere il suo disagio, Yogin Raman prese l'abitudine di recarsi al lago, usandolo come uno schermo su cui proiettare la persona che sperava di essere. A volte si immaginava come un capo energico che parlava ai suoi seguaci con voce perentoria e autorevole. Oppure si figurava come avrebbe voluto essere: un uomo dotto e saggio, ricco di carattere e di forza interiore. Tutte le virtù che sognava di avere nella vita, le osservava riflesse sulla superficie del lago. «In pochi mesi, Yogin Raman si trasformò nell'uomo che mentalmente si era figurato di essere. Vedi, John... la mente lavora per immagini, le quali influiscono sull'immagine di sé e quest'ultima influisce sui sentimenti, sulle azioni e sui risultati che si conseguono. Se la tua "autoimmagine" ti dice che sei troppo giovane per essere un avvocato di successo, o troppo vecchio per migliorare le tue abitudini, non raggiungerai mai questi traguardi. Se 1'" autoimmagine" ti dice che un'esistenza ricca di stimoli, una perfetta salute, o la felicità, sono accessibili soltanto a individui con un vissuto diverso dal tuo, questa previsione alla fine si avvererà. «Viceversa, dovrai sempre proiettare sullo schermo della mente immagini stimolanti e creative. Einstein ha detto che "l'immaginazione è più importante della conoscenza". Dedicati ogni giorno - anche solo per pochi minuti - all'esercizio della visualizzazione creativa. Immagina te stesso come vorresti essere: un grande uomo di legge, un genitore degno di ammirazione o un cittadino esemplare». «Devo trovarmi un lago particolare per applicare la tecnica del Segreto del Lago?» chiesi ingenuamente. «No. Il Segreto del Lago è solo il nome con cui i saggi chiamano questa tecnica millenaria di condizionare la mente mediante immagini positive. Se sei davvero determinato puoi esercitarti anche nel tuo salotto, o addirittura in ufficio. Chiudi la porta, stacca il telefono e chiudi gli occhi. Poi incomincia a respirare a fondo. Dopo due o tre minuti comincerai a sentirti rilassato. A questo punto visualizza nella mente quello che vorresti essere, possedere e ottenere nella tua vita. Se vuoi essere il miglior padre del mondo, immagina te stesso nell'atto di ridere e giocare con i tuoi figli, rispondendo alle loro domande a cuore aperto. Immagina di comportarti con gentilezza e serenità in una situazione di tensione. Ripeti mentalmente a te stesso come controlleresti le tue reazioni se ti trovassi a viverle davvero.

«La magia della visualizzazione può essere applicata a un'infinità di situazioni diverse. Puoi servirtene per essere più incisivo in tribunale, per rafforzare i rapporti con gli altri e crescere spiritualmente. Se lo desideri, potrai ricavarne anche un profitto economico e cospicui vantaggi materiali. Devi renderti conto che la tua mente è come una calamita, capace di attrarre tutto quello che desideri. Se nella tua vita c'è un vuoto, è perché ce un vuoto nei tuoi pensieri. Attraverso queste antiche tecniche, invece, tutto avrà senso e sarai molto, ma molto più felice». All'inizio era come se Julian parlasse in una lingua sconosciuta. Non avrei mai immaginato che la mente avesse il potere magnetico di attrarre ricchezze spirituali e materiali. Né mai avevo sentito parlare del potere dell'immaginazione e degli effetti profondi che essa esercita su ogni aspetto della realtà. Eppure, nel profondo del mio cuore credevo sinceramente alle parole del mio amico. Era un uomo famoso in patria e all'estero per le sue doti di intelligenza e di raziocinio, aveva già percorso il sentiero su cui io stavo per incamminarmi, ed ero certo che mi avrebbe aiutato. A mano a mano che lo ascoltavo, quello che andava dicendo mi sembrava sempre più convincente. É fuori dubbio che la maggior parte di noi non sfrutta neanche la minima parte delle proprie potenzialità mentali. Come potrebbe altrimenti una madre arrivare a spostare un'automobile per salvare il figlio che è stato investito? Come potrebbero i maestri di arti marziali spezzare i mattoni a mani nude? Come potrebbe lo yogin rallentare il proprio battito cardiaco o sopportare degli atroci dolori senza batter ciglio? Forse il vero problema stava dentro di me, nel mio caparbio scetticismo. Ma alla fine, la sveglia era suonata. «Ma Julian.... » obiettai, « se mi metto a fare questi esercizi in ufficio... insomma, i miei soci mi credono già abbastanza svitato». «Yogin Raman e i soavi sapienti con cui viveva amavano ripetere: "Non c'è niente di nobile nell'essere superiori a un'altra persona. La vera nobiltà consiste nel superare il nostro precedente io". Se vuoi migliorare la tua vita e avere tutto quello che ti meriti, devi tirare dritto per la tua strada. Non importa che cosa dirà di te la gente. Importa quello che tu pensi di te stesso. Se credi che sia giusto quello che stai facendo, non preoccuparti del giudizio degli altri: fai come il cuore ti detta. E per favore, non cadere mai nel vizio di misurare la tua

autostima sulla stima degli altri. Come predica Yogin Raman: "Ogni secondo che trascorri pensando ai sogni di qualcun altro lo sottrai ai tuoi"». Mancavano sette minuti a mezzanotte. Stranamente non mi sentivo per nulla stanco. Quando lo dissi a Julian, lui sorrise di nuovo. «Hai appreso un altro principio della vita illuminata. A ben guardare, la stanchezza è una creazione della mente. Essa domina l'esistenza di chi vive senza uno scopo e senza sogni. Ti farò un esempio. Non ti è mai capitato di trovarti un pomeriggio in ufficio a rileggere qualche arido dossier, quando all'improvviso la tua mente incomincia a vagare... e poi ti senti stanco, ti sembra di non poterne più?» «Qualche volta», risposi, non volendo ammettere che quella era la norma. «Certo, succede di sentirsi indolenti». «Però se ti telefonasse un amico per invitarti al baseball, o per chiederti un consiglio per giocare meglio a golf, sono sicuro che di colpo sprizzeresti energia da tutti i pori. Addio stanchezza: le energie ti tornerebbero miracolosamente. Non è così?» «É vero, maestro». Julian sapeva di aver centrato il bersaglio. «Allora la tua stanchezza era solo una creazione mentale, una cattiva abitudine che la tua mente accampa come una scusa ogni volta che ti trovi di fronte a un compito noioso. Questa sera, invece, è chiaro che sei affascinato dalla mia storia e hai voglia di condividere la sapienza che mi è stata rivelata. Il tuo interesse e la tua concentrazione ti danno energia. Non pensi né al passato né al futuro. Ti sei concentrato sul presente, sulla nostra conversazione. Se abitui la tua mente a vivere nel presente in ogni momento, disporrai sempre di una grande energia, in qualsiasi ora della giornata». Annuii, conquistato dalle parole del mio amico. I principi di Julian erano intrisi di tanto buonsenso... eppure non ci avevo mai pensato. Temo proprio che il senso comune non sia poi così comune. Ripensai alle parole che mi diceva mio padre quando ero bambino: «Solo chi cerca trova». Avrei voluto che fosse lì, vicino a me. La sapienza di Julian in pillole la virtù Controlla la mente la saggezza. Coltiva la mente: fiorirà più di quanto non ti immagini. La qualità della tua vita è determinata dalla qualità dei tuoi pensieri. Non esistono errori, ma solo insegnamenti. Trasforma le sconfitte in occasioni per espanderti interiormente e crescere come individuo le tecniche. Il Cuore della Rosa. Pensiero Contrapposto. Segreto del Lago. pensiero guida. IL segreto della felicità è semplice: scopri che cosa desideri veramente e indirizza tutte le tue energie verso questo obiettivo... Quando riuscirai a concentrare il potere della tua mente e

tutte le tue energie sull'attività che prediligi, riuscirai a realizzare ogni tua aspirazione in tutta semplicità e senza sforzo. ***

Capitolo 8 RIACCENDI IL TUO FUOCO INTERIORE Fidati di te stesso. Vivi la vita che saresti felice di vivere. Dai il meglio di te stesso soffiando sulle piccole scintille della potenzialità per trasformarle nelle fiamme dell'atto. Foster C. McClellan «Lo sai?...» osservò Julian, «per molti versi questa conversazione con te mi ricorda quella volta in cui Yogin Raman mi narrò il suo racconto mistico». «Veramente?» «Il nostro incontro cominciò la sera e si protrasse nella notte. Tra noi due si era stabilito un contatto così intenso che l'aria sembrava carica di elettricità. Come ti dicevo, sin dal nostro primo incontro Raman è stato per me il fratello che non ho mai avuto... e adesso qui seduto vicino a te, mentre gioisco della curiosità dipinta sul tuo volto, avverto la medesima energia, la stessa intesa. A dire il vero, ti ho sempre voluto bene come a un fratello minore. Mi rivedo molto in te». «Eri un avvocato senza uguali, Julian. Non dimenticherò mai la tua efficienza». Ma era chiaro che non gli interessava affatto visitare il museo del passato. «Ora John... mi piacerebbe continuare a illustrarti gli elementi della favola di Yogin Raman: ma prima di proseguire, devo insistere su alcuni particolari. Conosci già alcune efficaci strategie per cambiare la tua vita che ripagheranno con doni meravigliosi la costanza con cui le applicherai. Fra poco ti aprirò il mio cuore e ti rivelerò tutto quello che so, come ho promesso. Voglio solo assicurarmi che tu abbia compreso fino in fondo quanto è importante che, a tua volta, trasmetta poi questa dottrina a tutti coloro che ne hanno bisogno. Viviamo in un mondo molto difficile, pervaso dalla negatività, e molte persone vanno alla deriva come navi senza timone, anime perse alla ricerca di un faro che le aiuti a non schiantarsi contro gli scogli. Tu devi essere la loro guida. Sto riponendo in te la mia fiducia affinché sia diffuso il messaggio di Sivana». Dopo un istante di riflessione, promisi fermamente a Julian che avrei accettato questo compito. Allora lui riprese: «L'effetto più mirabile di queste tecniche è che quando cerchi di migliorare la vita degli altri, di riflesso si innalza anche la tua. Questa verità è basata su un antico assioma che ti aiuterà a vivere in modo straordinario».

«Sono tutto orecchi». «Fondamentalmente, i saggi dell'Himalaya vivevano nell'osservanza di un'unica semplice regola: chi più aiuta il prossimo, più raccoglie sul piano affettivo, fisico, mentale e spirituale. É questa la via per raggiungere la pace interiore e l'appagamento materiale». Avevo letto già che colui che studia gli altri è dotto, ma chi studia se stesso è illuminato. Ora però per la prima volta, vedevo un uomo che conosceva davvero se stesso, forse la parte più elevata di sé. Nel suo abito monacale, con un accenno di sorriso da giovane Buddha sul volto giovanile, Julian Mantle sembrava avere tutto: salute, gioia, e una chiara cognizione del proprio ruolo nel caleidoscopio dell'universo. Eppure non possedeva niente. «Questo si riallaccia all'immagine del faro», continuò Julian, sempre concentrato sul suo obiettivo. «Mi domandavo cosa c'entrasse nella storia di Yogin Raman». «Cercherò di spiegartelo. Dunque... tu sai che la mente è come un fertile giardino: se vuoi che fiorisca, devi nutrirla ogni giorno e non permettere che le erbacce dei pensieri e delle azioni impure vi attecchiscano. Fai la guardia alla sua porta. Conservala forte e sana. Farà miracoli, se soltanto glielo permetterai». «Ricorderai che in mezzo al giardino c'è un enorme faro. É il simbolo di un altro antico principio della vita illuminata: lo scopo della vita è una vita che abbia scopo. Quelli che sono veramente illuminati sanno che cosa vogliono ottenere dalla vita, sia fisica che spirituale. Priorità definite e propositi bene articolati svolgeranno un ruolo simile a quello del faro, offrendoti guida e rifugio quando si alzano le onde. Vedi, John,... ognuno di noi può rivoluzionare la propria vita cambiando rotta. Ma se non sai neanche dove sei diretto, come potrai sapere quando arriverai alla meta?» Julian mi riportò indietro nel tempo, quando Yogin Raman gli illustrava questo principio. Ripeté esattamente le parole del saggio. «"La vita è divertimento", diceva Yogin Raman. Siamo abituati a pensare che meno uno lavora, più è felice. Invece la fonte della vera felicità è racchiusa in una sola parola: realizzazione. Una felicità non effimera la consegui lavorando con costanza per raggiungere i tuoi obiettivi e avanzando fiduciosamente in direzione dello scopo. Questo è il segreto per accendere il fuoco interiore che si cela in te. Capisco che possa sembrarti una beffa: hai fatto tanta strada per liberarti da una realtà tutta incentrata sul lavoro e sulla realizzazione, per arrivare qui e sentirti dire che il segreto per raggiungere la felicità eterna sta nella realizzazione... Eppure è proprio

così». «Erano monaci stakanovisti?» scherzai. «Direi proprio il contrario. Quei saggi sono sommamente produttivi, ma la loro produttività non è frenetica. Al contrario: è pacifica, votata a uno scopo preciso, e depurata di ogni aggressività». «Com'è possibile?» «Tutto quello che facevano aveva un fine. Benché fossero isolati dal mondo moderno e vivessero in una dimensione spiritualmente rarefatta, si dimostravano comunque efficienti. Alcuni passavano il tempo a compilare trattati filosofici; altri scrivevano componimenti poetici leggendari dalla struttura complessa, che mettono alla prova l'intelletto e stimolano la creatività. Altri ancora passavano il tempo nel silenzio assoluto della contemplazione, tanto da sembrar quasi statue assise nell'antica posizione del loto. I Saggi di Sivana non perdono tempo. La loro coscienza collettiva dice che la vita ha uno scopo e si sentono obbligati a realizzarlo. «Un giorno Yogin Raman mi confessò: "Forse ti chiederai che cosa desiderino o sperino di realizzare un gruppo di saggi che non possiede nulla in un luogo come questo, dove il tempo sembra essersi fermato. Ma vedi... la realizzazione non è per forza materiale. Per quanto mi riguarda, i miei obiettivi sono godere della pace mentale, essere padrone di me stesso e raggiungere l'illuminazione. Se non riesco a realizzarli prima che la mia vita abbia termine, sono certo che morirò incompleto e insoddisfatto"». Era la prima volta che Julian sentiva parlare di morte dai Saggi di Sivana. «E dalla mia espressione Yogin Raman capì che ero turbato. Allora disse: "Non devi preoccuparti, amico mio. Ho già passato i cent'anni, e non ho ancora intenzione di togliere il disturbo. Sono solo convinto che una volta individuate chiaramente le mete da prefiggerti nel corso della tua vita siano esse materiali, affettive, fisiche o spirituali - alla fine troverai la gioia eterna. La tua esistenza sarà bella come la mia, e arriverai a conoscere una realtà pienamente appagante. Ma devi individuare lo scopo della tua vita, e poi concretizzare questa aspirazione attraverso un'azione costante. Noi saggi lo chiamiamo Dharma, che in sanscrito significa scopo della vita"». «Dunque anch'io per essere appagato in modo duraturo dovrò realizzare il mio Dharma?» domandai. «Esattamente. É dal Dharma che vengono l'armonia interiore e la soddisfazione eterna. Il Dharma è basato sull'antico principio per cui a ognuno di noi è stata assegnata una missione eroica qui sulla Terra; e allo scopo di compierla disponiamo di un patrimonio unico di qualità e talenti. Il segreto è scoprirli e, di conseguenza, scoprire il principale

obiettivo della propria vita». Lo interruppi: «É un po' come quello che dicevi prima sui rischi da correre». «Sì e no». «Non capisco». «Sì, nel senso di dover affrontare degli incerti per scoprire in che cosa riesci meglio e qual è il vero scopo della tua vita. Molte persone lasciano il lavoro che ha impedito loro di progredire quando scoprono il vero fine della loro esistenza. É naturale che l'esame di coscienza e la ricerca della propria anima racchiudano sempre qualche rischio. No, nel senso che non si corre nessun rischio autentico scoprendo se stessi e la propria missione nella vita. La conoscenza di sé è il DNA dell'autoilluminazione. É una cosa bellissima... anzi, fondamentale». «Qual è il tuo Dharma, Julian?» chiesi con noncuranza, tentando di mascherare la mia curiosità. «Il mio?... è semplice: aiutare gli altri disinteressatamente. Ricorda, non troverai la tua vera gioia dormendo, rilassandoti o sprecando le ore nell'indolenza. Come ha detto Benjamin Disraeli: "Il segreto del successo è la costanza del proposito". Per raggiungere la felicità devi riflettere sui traguardi positivi che ti proponi di raggiungere e su come comportarti per raggiungerli. É l'applicazione pratica della filosofia in base alla quale le cose più importanti non dovrebbero mai essere sacrificate per quelle meno importanti. Il faro del racconto di Yogin Raman ti ricorderà sempre quanta forza risieda nel porsi obiettivi chiari e determinati e soprattutto nell'avere la tenacia per raggiungerli». Nelle ore successive, imparai da Julian che tutte le persone pienamente evolute e realizzate conoscono l'importanza di esplorare i propri talenti scoprendo la vocazione in cui incanalare le doti umane che si possiedono. Alcuni aiutano altruisticamente l'umanità curando gli ammalati, altri creando opere d'arte. C'è chi si scopre ricco di comunicativa e diventa un grande insegnante, e chi ha idee innovative in campo economico o scientifico. Il segreto è essere disciplinati, avere chiara la propria missione e assicurarsi che sia utile ad altri. «E una specie di pianificazione, come quella che fanno i manager quando devono definire i loro obiettivi?» «La definizione degli obiettivi è il punto di partenza. Se fissi i tuoi propositi intermedi, libererai la linfa creativa capace di indicarti la strada del tuo scopo finale. Che tu ci creda o no, Yogin Raman e gli altri saggi erano abilissimi nella pianificazione». «Stai scherzando? Un cenacolo di monaci superefficienti che vivono tra le montagne dell'Himalaya, meditando tutta la notte e pianificando tutto il giorno! Questa è bella!» «John, John... giudica solo dai risultati. Guarda me. A volte, quando mi

guardo allo specchio, neppure mi riconosco. La mia vita frustrante di un tempo si è trasformata in un concentrato di avventura, mistero e gioia. Sono ringiovanito, mi sento in una forma smagliante: sono felice! Questa dottrina è così potente e ricca di vitalità, che finisce per conquistarti completamente». «Non fraintendermi, Julian. Credo a quello che dici, anche se alcune tecniche mi sembrano un po' bizzarre. Ma ho promesso di sperimentarle, e lo farò. Sono affascinato anch'io». «Se ho visto più lontano di altri, è solo perché mi sono avvalso di maestri più grandi dei loro», riprese Julian in tono modesto. «Eccoti un altro esempio. Yogin Raman era un esperto arciere, un vero maestro. Per illustrare la sua teoria sull'importanza di porsi scopi chiari in ogni momento della vita e realizzare la propria missione, mi diede una dimostrazione che non potrò mai scordare. «Vicino al punto dove eravamo seduti sorgeva un'enorme quercia. Il saggio prese una rosa dalla ghirlanda che portava sempre al collo, e la collocò al centro del tronco. Quindi dallo zaino, suo inseparabile compagno quando si avventurava sui pendii più remoti, come il luogo dove allora ci trovavamo, estrasse tre oggetti: il suo arco preferito, in legno di sandalo profumato e robusto, una freccia e un fazzoletto rosa, simile a quelli che portavo al taschino dei miei vestiti costosi per far colpo su giudici e giurati...». E qui la voce del mio amico ebbe un tremito imbarazzato. Yogin Raman chiese a Julian di bendarlo con un fazzoletto. «Quanto sono lontano dalla rosa?» domandò poi al suo allievo. «Tre metri», valutò approssimativamente Julian. «Mi hai mai guardato quando mi esercito nell'antica arte del tiro con l'arco? Lo faccio tutti i giorni». «Ti ho visto fare centro da ben più lontano... e non ricordo una sola volta che tu abbia mancato il bersaglio da questa distanza», osservò Julian. Poi, con gli occhi bendati e i piedi saldamente piantati sul terreno, il maestro tese la corda al massimo e scoccò la freccia, mirando alla rosa che pendeva dall'albero. La freccia si piantò nella grande quercia con un colpo secco, mancando abbondantemente il bersaglio. «Con le virtù sovrumane che possiedi, credevo potessi fare di meglio, Yogin Raman. Che cosa ti succede?» «Abbiamo viaggiato fino a questo luogo remoto per un solo motivo. Ho deciso di svelarti tutta la mia conoscenza terrena. Lo scopo di questa dimostrazione è quello di sottolineare l'importanza di avere obiettivi chiari e di capire esattamente dove stai andando. Quello che hai visto conferma il principio irrinunciabile per chiunque cerchi di realizzare il proprio scopo: non

riuscirai mai a colpire il bersaglio che non vedi. Gli uomini passano la vita sognando di essere più felici, di vivere più intensamente e di provare forti passioni... ma non comprendono l'importanza di riservare dieci minuti al mese per riflettere sugli obiettivi della loro vita e meditare sul loro Dharma. Se avrai chiari i tuoi obiettivi, il mondo ti sarà amico, sarà più ricco e magico». «Vedi, John... nel mondo da cui provieni, la gente stabilisce obiettivi economici e materiali. Non c'è niente di sbagliato, se per loro è questo che conta. Ma se tu vuoi raggiungere la padronanza di te stesso e l'illuminazione interiore, dovrai fissarti delle mete anche in ambiti diversi. Forse ti sorprenderà sapere che io mi sono proposto di raggiungere la pace mentale, di riempire ogni mio giorno di energia e regalare amore a chi mi circonda. La programmazione non è un metodo valido solo per i bravi avvocati come te, che vivono in un mondo pieno di attrattive materiali. Chiunque desideri migliorarsi dentro e fuori farebbe bene a prendere un foglio di carta e buttar giù i propositi per la sua vita. Nel preciso momento in cui fa questo, le forze naturali entreranno in azione e cominceranno a trasformare i suoi sogni in realtà». Sentirlo parlare in questo modo mi affascinava. Ai tempi del liceo, quando giocavo a football, il mio allenatore mi parlava sempre dell'importanza di sapere cosa ci aspettavamo da ogni partita. «Sappi sempre dove vuoi arrivare», era il suo motto: e la nostra squadra non si sarebbe mai sognata di metter piede in campo senza un chiaro piano di gioco programmato per portarci alla vittoria. Mi domando perché, crescendo, non mi sia mai impegnato a ideare un piano di gioco della mia vita. Forse Julian e Yogin Raman mi avrebbero aiutato a farlo. «Cosa c'è di straordinario nel tirar fuori un foglio di carta e scrivere i propri intenti? Come può rivelarsi determinante un atto così semplice?» domandai. Julian non aspettava altro. «Il tuo spontaneo interesse mi stimola, John. L'entusiasmo è uno degli ingredienti chiave per essere vincenti, e sono felice di constatare che te ne resta ancora. Prima ti spiegavo che in media ognuno di noi elabora circa 60.000 pensieri al giorno. Trascrivendo i tuoi desideri e le tue intenzioni, mandi come un segnale al subconscio: il seguente pensiero è ben più importante degli altri 59.999. In seguito, la tua mente esplorerà, come un missile telecomandato, tutte le occasioni di realizzare il tuo destino. É un processo scientifico di cui generalmente non prendiamo coscienza». «Alcuni dei miei soci sono bravissimi a pianificare. Ora che ci penso,

a livello economico sono le persone di maggior successo che conosca. Ma non credo che siano anche le più equilibrate». «Forse non si pongono gli obiettivi giusti. Vedi, John, la vita, a conti fatti, ti dà quello che le chiedi. Molte persone desiderano essere più sane o più appagate, ma se chiedi loro cosa vogliono esattamente, non ti sanno rispondere. La vita cambia nel momento in cui fissi i tuoi obiettivi e ti poni alla ricerca del tuo Dharma». Negli occhi di Julian scintillava la verità delle sue parole. «Ti è mai successo di conoscere qualcuno con un nome che ti sembrava raro e poi accorgerti di trovare quel nome dappertutto, nei giornali, alla televisione, nel tuo stesso ambiente di lavoro? Ti sei mai interessato a un nuovo argomento - per esempio, la pesca con la mosca - scoprendo all'improvviso che ovunque tu vada senti parlare dei prodigi di questa tecnica di pesca? Questa è soltanto una manifestazione del principio eterno che Yogin Raman chiama joriki, vale a dire «la mente concentrata». Prova a indirizzare ogni stilla di energia mentale sulla scoperta di te stesso. Impara a capire in che cosa ti distingui, e che cosa ti rende felice. Adesso stai facendo l'avvocato, ma forse dovresti entrare all'università o nella scuola, vista la tua pazienza e il tuo amore per l'insegnamento. Forse sei un pittore o uno scultore mancato. Di qualunque cosa si tratti, individua la tua passione e seguila». «Ora che ci penso seriamente, sarebbe triste arrivare alla fine della vita senza avere capito di essere portato per qualcosa che avrebbe potuto gratificarmi e aiutare gli altri, anche soltanto un poco». «Giusto. Quindi d'ora in avanti stai molto attento allo scopo della tua vita. Fai attenzione alla miriade di occasioni che ti danzano intorno. Comincia a vivere con più gusto. La mente umana è il dispositivo filtrante più formidabile che esista. Se la usi bene, scarterà quello che percepisci come superfluo e ti passerà solo le informazioni di cui hai bisogno in quel momento. In questo istante, mentre siamo qui seduti nel tuo soggiorno, stanno accadendo centinaia, anzi migliaia di cose cui non prestiamo la minima attenzione: le risatine soffocate degli innamorati che passeggiano là fuori, il pesce rosso nella vasca alle tue spalle, l'aria fresca che soffia dal condizionatore, addirittura il tuo cuore che batte. Se decido di concentrarmi sul mio battito, a poco a poco determinerò il suo ritmo e altre sue caratteristiche. Allo stesso modo, se decidi di concentrarti sugli obiettivi della tua vita, la tua mente comincerà a scartare le cose meno importanti fissandosi su quelle importanti». «A dire la verità, credo proprio che per me sia ora di

individuare uno scopo», interloquii. «Non fraintendermi, la mia vita è ricca di molte cose belle... ma non è gratificante come penso che potrebbe essere. Se lasciassi questo mondo oggi stesso, credo che non farebbe una gran differenza». «E come ti senti per questo?» «Depresso», risposi con sincerità. «So di essere creativo. A dire il vero, da ragazzo dipingevo veramente bene. Voglio dire... prima che la professione mi risucchiasse con la promessa di una vita più sicura». «Hai mai desiderato fare il pittore?» «Non ci ho mai pensato molto, ma ti dirò una cosa: quando dipingevo mi sentivo in paradiso». «Ti entusiasmava?» «Completamente. Quando afferravo i pennelli perdevo la cognizione del tempo. Vivevo nella tela. Provavo un senso di libertà assoluta, come vivere in un'altra dimensione». «Bene, John: questo è il potere che zampilla dalla tua mente quando ti concentri su un'attività che ti piace. Goethe ha scritto che noi "siamo formati e forgiati da ciò che amiamo". Forse il tuo Dharma è allietare il mondo con ritratti e paesaggi pieni di serenità... E allora, comincia col dipingere tutti i giorni per qualche ora». «E se utilizzassi questa filosofia per finalità meno esoteriche di quella di cambiare la mia vita?» domandai sorridendo. «Potrebbe andare bene lo stesso», rispose Julian. «Per esempio?» «Supponiamo che uno dei miei obiettivi, non il più importante certo, sia buttar giù la pancia. Da dove comincio?» «Non sentirti in imbarazzo. É partendo dalle piccole cose che ti eserciti nell'arte della determinazione e della realizzazione». «Sarebbe come dire... che un viaggio di mille passi inizia con uno?» chiesi a lume d'intuito. «Precisamente. La realizzazione di obiettivi minori avvicina ai più importanti. E allora, per rispondere esattamente alla tua domanda, non c'è niente di sbagliato nel proporsi obiettivi secondari, e che magari sembrano futili». Julian mi raccontò che i Saggi di Sivana avevano messo a punto un metodo semplice, pratico e funzionale in cinque tappe successive. Il primo passo era visualizzare nitidamente il risultato. Se puntavo a perdere peso, Julian mi consigliava, ogni mattina al risveglio, di immaginarmi snello e in forma, pieno di energia e di vitalità. Più questa immagine è netta, e più efficace sarà il processo. La mente, sosteneva, è un'incredibile miniera di energie e il semplice atto di "immaginare" il mio obiettivo avrebbe dato il "la" alla sua realizzazione. La seconda tappa era esercitare una pressione positiva su me stesso. «Il motivo principale per cui la gente non mantiene le proprie decisioni è che

ricade facilmente nelle vecchie abitudini. Non sempre la pressione è una forza negativa: anzi, può stimolarti a raggiungere grandi mete. Spesso gli uomini compiono grandi imprese quando si trovano con le spalle al muro e sono costretti ad attingere alla fonte delle potenzialità più nascoste». «Come posso esercitare una pressione positiva su me stesso?» chiesi pensando all'infinità di circostanze in cui avrei potuto applicare questo metodo, dall'alzarmi prima alla mattina all'essere un padre più paziente e affettuoso. «Be', i modi sono tanti, ma uno dei più efficaci è quello di formulare l'impegno di fronte ad altri. Di' a tutti quelli che conosci che hai deciso di perdere il peso in eccesso, o di scrivere il romanzo che hai in mente da tempo, o di fare qualunque altra cosa tu ti proponga. «Una volta che avrai annunciato al mondo il tuo proposito, automaticamente intorno a te si determinerà una pressione positiva che ti aiuta a realizzarlo, perché nessuno vuole apparire un fallito. A Sivana, i miei maestri usavano mezzi più drastici. Si dichiaravano reciprocamente che, se non avessero perseguito con costanza i loro impegni - come digiunare per una settimana, o alzarsi quotidianamente alle quattro del mattino per la meditazione -, sarebbero scesi alle cascate e sarebbero rimasti sotto l'acqua ghiacciata fino a perdere la sensibilità delle braccia e delle gambe. Questo è un esempio estremo di come si possa esercitare una pressione positiva per creare una buona abitudine e raggiungere l'obiettivo prefissato». «"Estremo" è un eufemismo, Julian. Quantomeno bizzarro!» «Ma efficacissimo! É semplice, sai? Quando induci la mente ad associare il piacere con le buone abitudini e il castigo con le cattive, cessi istantaneamente di essere debole». «Ma... dicevi che c'erano cinque tappe da compiere per realizzare i propri desideri. Quali sarebbero le altre tre?» «Sii paziente, John... ora ci arrivo. Riepiloghiamo: la prima tappa è immaginare nitidamente il risultato. La seconda è creare una pressione positiva che ti stimoli. La terza è semplicissima: non formulare un proposito senza aver prima stabilito una tabella di marcia. Per fissare un obiettivo devi associarlo a una precisa scadenza. É esattamente come quando devi preparare una causa: ti concentri sempre su quelle che il giudice ha programmato per l'indomani, e non su quelle di là da venire». «E comunque», continuò Julian, «ricordati che un proposito che non sia stato messo per iscritto, resta vago e fluttuante. Esci a comprare un'agenda... andrà benissimo anche una a buon mercato, di quelle a spirale. Chiamala il tuo Libro dei Sogni e riempila di desideri, obiettivi

e aspirazioni. Impara a conoscerti e a capire cosa vuoi». «Non mi conosco già?» «La maggior parte delle persone non si conosce. Non investono tempo per valutare le loro forze, le loro debolezze, le loro speranze e i loro sogni. I cinesi definiscono l'immagine in questi termini: ci sono tre specchi che compongono l'immagine riflessa di una persona; il primo è come vedi te stesso, il secondo è come ti vedono gli altri, e il terzo riflette la verità. Conosci te stesso, John. Conosci la verità. «Dividi il tuo Libro dei Sogni in diverse sezioni, corrispondenti ai vari ambiti della tua vita: in ciascuna sezione elencherai i propositi relativi a quell'ambito. Per esempio, definirai le finalità inerenti al benessere fisico, al miglioramento personale, ai rapporti con gli altri, ma senza trascurare gli aspetti economici, e soprattutto quelli spirituali». «Ehi!» lo interruppi «ma sembra un gioco! Non avevo mai pensato che cercare di migliorarsi potesse essere così creativo. Devo mettermi subito alla prova». «Un'altra tecnica molto efficace è riempire il Libro dei Sogni con immagini di cose che desideri e di persone che hanno sviluppato le capacità, i talenti e le qualità che vorresti emulare. Tornando a te e alle tue "maniglie", se vuoi perdere e tornare in forma, incolla nel tuo Libro dei Sogni la foto di un maratoneta o di un altro grande atleta. Se vuoi essere il miglior marito del mondo, incollerai nella sezione "rapporti con gli altri" la foto di qualcuno che lo è, o lo è stato: per esempio, tuo padre. Se sogni la villa al mare o una macchina sportiva, trova una foto invitante che abbia il soggetto desiderato e inseriscila nel Libro dei Sogni. Poi sfoglia la tua agenda tutti i giorni, anche solo per pochi minuti. Deve diventare un'amica preziosa, una confidente. I risultati ti stupiranno». «Questi sono metodi rivoluzionari, Julian. Per quanto si tratti di idee in circolazione ormai da secoli, tutti quelli che conosco potrebbero migliorare la qualità della loro vita applicandole quotidianamente, anche solo in parte. Di sicuro a mia moglie piacerebbe avere un Libro dei Sogni: lo riempirebbe di foto del sottoscritto senza questa famigerata pancia». «Be', non è poi così grossa», mi consolò il mio amico. «E allora perché Jenny mi chiama Mister Ciambella?» Julian scoppiò a ridere, io gli andai dietro, e in breve eravamo in preda alle convulsioni. «Be', se non riesci a ridere di te stesso, di chi altri vuoi ridere?» osservai, mentre mi sforzavo inutilmente di tornare serio. «Hai perfettamente ragione, amico mio. In passato, uno dei miei problemi principali era che prendevo le cose con troppa serietà. Adesso

sono molto più allegro. Godo di tutti i doni della vita, per piccoli che siano. «Ma qui sto divagando. Ho ancora un sacco di cose da dirti, e mi vengono in mente tutte in una volta. «Torniamo al metodo delle cinque tappe. Dopo aver visualizzato bene il risultato, creato la pressione intorno a te, fissato una scadenza e preso l'impegno per iscritto, il passo conclusivo è applicare quella che Yogin Raman chiama la Magica Regola del 21. Gli uomini e le donne del suo villaggio ritengono che, per radicare il nuovo comportamento, bisogna praticare la nuova abitudine per ventun giorni consecutivi». «Perché proprio ventuno?» «Quei saggi erano maestri impareggiabili nell'arte di creare abitudini nuove e gratificanti. Un giorno Yogin Raman mi disse che, una volta acquisita, una cattiva abitudine non può più essere estirpata». «Ma se è tutta la sera che mi esorti a cambiare il mio stile di vita. Come posso riuscirci se le brutte abitudini non si possono estirpare?» «Ho detto che le cattive abitudini non possono essere estirpate. Non ho detto che non possono essere sostituite», ribatté Julian scandendo le parole. «Julian, sei sempre stato il re della semantica. Credo di avere capito il concetto». «L'unico modo per far subentrare una nuova abitudine è concentrare tutte le energie in modo che quella vecchia si dilegui come un ospite indesiderato. Il processo di insediamento avviene in circa 21 giorni, il tempo necessario affinché si sviluppi una nuova sequenza neurale». «Poniamo che io voglia iniziare a esercitarmi nella pratica del Cuore della Rosa per eliminare l'abitudine all'ansia e vivere con un ritmo più sereno. Dovrò farlo tutti i giorni nello stesso momento?» «Buona domanda. La prima cosa che ti dirò è che non devi fare niente. Tutto quello che ti insegno stasera, te lo sto offrendo da amico sinceramente interessato alla tua crescita e al tuo sviluppo. Ogni strategia, tecnica o strumento è stato sperimentato nel tempo con risultati efficaci e tangibili. Te lo assicuro. E anche se il cuore mi spingerebbe a supplicarti di provare il sistema dei saggi, la coscienza mi impone di limitarmi a trasmetterti questa dottrina come ho promesso, lasciando a te il compito di applicarla. Quello che voglio dire è: non fare mai niente solo perché devi. Si fa qualcosa solo perché lo si vuole fare e perché si pensa che sia giusto». «Sembra un discorso ragionevole, Julian. Non preoccuparti, non ho pensato neanche per un istante che tu mi stessi ingozzando di questi precetti a forza. E comunque, coi tempi che corrono mi potresti ingozzare solo di bomboloni... e non ti costerebbe neanche troppa fatica». Julian abbozzò

un sorriso. «Grazie amico. Ora, per rispondere alla tua domanda, il mio consiglio è di provare il metodo del Cuore della Rosa ogni giorno, nello stesso posto e alla stessa ora. La ritualità ha una forza incredibile. I campioni dello sport che prima di una gara importante mangiano le stesse cose o si allacciano le scarpe allo stesso modo, attingono al potere del rituale; e lo stesso i membri di una congregazione religiosa che celebrano determinate ricorrenze indossando determinate vesti, o gli uomini d'affari che prima di parlare al Consiglio d'Amministrazione fanno sempre la stessa strada o parlano delle stesse cose. Vedi John, se compi un'azione tutti i giorni alla stessa ora, questa entrerà a far parte della tua routine quotidiana e si trasformerà subito in abitudine». «Per esempio, molte persone appena sveglie fanno sempre le stesse cose senza averne la minima consapevolezza. Aprono gli occhi, escono dal letto, vanno in bagno e cominciano a lavarsi i denti. Perciò, tenendo fede al tuo obiettivo per ventuno giorni, praticando la nuova attività tutti i giorni alla stessa ora, pian piano la assimilerai nella tua routine quotidiana. In breve tempo compirai questa azione - che si tratti di meditare, di alzarsi più presto o di leggere per un'ora al giorno - con la stessa facilità con cui ti lavi i denti». «É questa l'ultima tappa?» «L'ultimo passo, nel metodo dei saggi, si può muovere anche man mano che si avanza lungo il cammino della vita». «La mia tazza è sempre vuota», dissi rispettosamente. «Goditi il cammino. I Saggi di Sivana ribadivano spesso questo concetto. Secondo loro un giorno senza una risata e senza amore è un giorno senza vita». «Non sono sicuro di riuscire a seguirti». «Quello che voglio dire è che mentre cammini sul sentiero dei tuoi propositi devi cercare di divertirti. Non ti scordare mai l'importanza di vivere dando libero sfogo all'allegria. Non mancare mai di cogliere la perfetta bellezza di tutte le cose viventi. Questo giorno, anzi, questo preciso momento che stiamo condividendo, è un regalo. Sii vitale, ilare e curioso. Resta fedele alla tua missione di servizio disinteressato agli altri. A tutto il resto penserà l'universo. Questa è una delle più importanti leggi di natura». «E mai rimpiangere il passato?» «Proprio. Nell'universo non c'è irrazionalità. Per ogni cosa che ti è successa o ti succederà c'è una ragione. Ricordati quello che ti ho detto, John. Ogni esperienza offre una lezione. Perciò smetti di ingigantire i piccoli rovesci, e assapora la vita». «É tutto?» «No, ho ancora molto da insegnarti. Sei stanco?» «Niente affatto. Anzi, mi sento proprio su di

giri. Sai, Julian, che a motivare la gente sei un drago? Hai mai pensato di entrare in pubblicità?» «Non capisco», rispose lui con dolcezza. «Non importa. Tentavo solo di fare lo spiritoso». «Bene. Ora, prima di continuare con il racconto di Yogin Raman, vorrei chiarirti ancora un punto riguardo alla realizzazione dei tuoi desideri». «Certo, dimmi». «C'è una parola che i saggi pronunciano in modo quasi reverenziale». «Quale?» «Questa semplice parola per loro è densa di profondo significato, e torna di continuo nelle loro discussioni quotidiane. La parola è passione, e la dovrai tenere sempre impressa nella tua mente mentre persegui la tua missione. Un'ardente passione è il miglior propellente per i sogni. Qui nella società opulenta abbiamo perso le nostre passioni: non facciamo le cose perché ci piace farle, ma perché dobbiamo farle. Questa formula porta all'infelicità. E non ti sto parlando di passione "romantica", per quanto anch'essa sia ingrediente fondamentale di una vita degna di essere vissuta. Ti sto parlando di passione per la vita. Rivendica la gioia di svegliarti ogni mattina pieno di forza e di gioia. Accendi il fuoco della passione in tutto quello che fai. Avrai grandiose soddisfazioni sul piano materiale e spirituale». «Detta così, sembra una cosa facile». «Ma lo è. Da stanotte in avanti, assumi il pieno controllo della tua vita. Decidi una volta per tutte di essere padrone del tuo destino. Vai per la tua strada. Scopri la tua vocazione e gusterai l'estasi di una vita ispirata. Alla fine, ricordati sempre che quello che hai davanti o dietro le spalle non è niente al confronto di quello che sta dentro di te». «Grazie, Julian. Avevo davvero bisogno di sentirmi dire queste cose. Fino a stanotte non avevo mai preso coscienza di quello che mancava alla mia vita. Vagavo senza meta, senza uno scopo autentico. Le cose cambieranno, te lo prometto. E ti ringrazio infinitamente». «Di nulla, amico mio. Io sto semplicemente realizzando il mio scopo». *** LA SAGGEZZA DI JULIAN IN PILLOLE. IL SIMBOLO. LA VIRTÙ. Persegui il tuo scopo. LA SAGGEZZA. Scopo della vita è avere uno scopo nella vita.

Scoprire e realizzare la tua missione porta alla gratificazione eterna. Occorre definire chiari propositi personali,professionali e spirituali, e avere il coraggio di perseguirli TECNICHE il potere dell'esame di coscienza. Le cinque tappe per realizzare i tuoi propositi. PENSIERO GUIDA. Non ti scordare mai l'importanza di vivere dando libero sfogo all'allegria. Non mancare mai di cogliere la perfetta bellezza di tutte le cose viventi. Questo giorno, anzi, questo preciso momento che stiamo condividendo, è un regalo. Sii vitale, ilare e curioso. Resta fedele alla tua missione di servizio disinteressato agli altri. A tutto il resto penserà l'universo. ***

Capitolo 9 L'ANTICA ARTE DI COMANDARE SE STESSI Gli uomini buoni cercano perennemente di migliorarsi. Confucio. «Il tempo sta passando veloce», disse Julian prima di versarsi un'altra tazza di tè. «Presto sarà mattino. Desideri che continui, o per stanotte ne hai abbastanza?» Per nessuna ragione avrei lasciato che quest'uomo, custode di inestimabili perle di saggezza, si interrompesse a metà. Inizialmente il suo racconto mi era sembrato troppo fantasioso, ma a mano a mano che lo ascoltavo e ne assorbivo la filosofia immortale, mi resi conto di credervi profondamente. Qui non si trattava delle elucubrazioni improvvisate di qualche ciarlatano visionario. L'aspetto di Julian testimoniava quanto fosse veritiero il messaggio che voleva trasmettermi. Avevo fiducia in lui. «Continua, ti prego, Julian... ho tutto il tempo del mondo. Stanotte i bambini dormono dai nonni, e prima che Jenny si alzi, passeranno delle ore». Allora Julian proseguì la spiegazione del racconto simbolico che doveva illuminarmi. «Prima ti ho spiegato che il giardino rappresenta il fertile giardino della tua mente, colmo di incantevoli tesori e di ricchezze inestimabili. Ti ho anche parlato del faro, che rappresenta il potere dell'atto propositivo e l'importanza di scoprire la propria vocazione nella vita. Ricorderai che successivamente dalla porta del faro esce un lottatore di sumo alto quasi tre metri e che pesa quattro quintali». «Sembra un filmaccio di Godzilla». «Quando ero piccolo mi piacevano». «Anche a me. Ma continua», lo incalzai. «Nel sistema dei Saggi di Sivana il lottatore di sumo è il ruolo di un elemento fondamentale. Yogin Raman mi ha raccontato che molti secoli fa, nell'antico Oriente, i grandi maestri concepirono e affinarono una filosofia chiamata kaizen, una parola giapponese che significa "costante perfezionamento", ed è il contrassegno di ogni uomo e ogni donna che vive un'esistenza pienamente risvegliata». «Come può il concetto di kaizen arricchire la vita dei saggi?» domandai. «Ti dicevo prima che il successo esterno è conseguenza del successo che otteniamo dentro di noi. Se vogliamo davvero migliorare il nostro mondo esterno cioè la nostra salute, le nostre relazioni, le nostre finanze, prima di tutto, dobbiamo intervenire sul nostro mondo interiore. Il modo più efficace per farlo è quello di

cercare sempre di migliorare se stessi. La padronanza di sé stessi è il DNA della padronanza della propria vita». «Julian, spero che non ti offenderai se ti dico che tutto questo discorso sul mondo interiore mi suona un po' esoterico. Ricordati che sono solo un avvocato piccolo-borghese che abita in un tranquillo sobborgo residenziale, con una famigliare parcheggiata nel vialetto e il tagliaerba in garage. «Insomma... tutto quello che mi avevi spiegato fin qui mi sembra di averlo capito. In pratica si rifa al buon senso comune, che al giorno d'oggi purtroppo non sembra più comune come dovrebbe essere. Ma sul concetto di kaizen, devo confessarti che ho qualche difficoltà. Cosa vuol dire "migliorare il mio mondo interiore"? A che cosa ti riferisci esattamente?» La risposta di Julian fu immediata: «Nella nostra società tendiamo ad etichettare gli ignoranti come deboli. Invece chi confessa la propria mancanza di conoscenza e cerca di istruirsi, trova la via verso l'illuminazione prima degli altri. Le tue domande sono oneste, e mi dimostrano quanto tu sia aperto alle idee nuove. Nella società odierna la forza più potente è quella del cambiamento. In molti hanno timore di intraprenderlo, ma è da saggi abbracciarlo. La tradizione zen parla di spirito del principiante: coloro che si mantengono aperti alle novità - coloro che hanno sempre la tazza vuota - raggiungeranno livelli di realizzazione e di gratificazione sempre più elevati. Non avere mai ritegno a porre anche le domande più ovvie. Interrogare è il modo più efficace per raggiungere la conoscenza». «Grazie. Ma questo kaizen non lo capisco ancora». «Quando dico che devi migliorare il tuo mondo interiore, alludo semplicemente alla necessità di migliorare te stesso, di espandere la tua mente: è il più grande dono che possa fare a te stesso. Forse adesso ti credi troppo impegnato per lavorare sul tuo spirito. Grave errore: se ti dedicherai ad arricchire di disciplina, energia, forza e ottimismo il tuo carattere, riuscirai a realizzare anche i desideri che riguardano il mondo esteriore. Se coltivi un profondo senso di fede nelle tue capacità e uno spirito combattivo, niente potrà impedirti di riuscire. Sforzati di dominare la tua mente in modo che essa si curi del tuo corpo e alimenti la tua anima, e troverai nella vita una fonte inesauribile di vigore e ricchezza. Come disse molti secoli fa Epitteto: "Nessun uomo è libero se non è padrone di sé"». «Allora kaizen, in realtà, è un concetto molto pratico». «Bravo. Rifletti, John. Come può una persona gestire un'azienda se non sa gestire se stesso? Come puoi accudire una famiglia

se non sei capace di badare a te stesso? Come puoi far del bene se tu per primo non ti senti bene? Capisci adesso?» Ma sì, certo. Era la prima volta che riflettevo seriamente sull'importanza di migliorare se stessi. Avevo sempre pensato che le persone che vedevo in metropolitana chine su libri come Vivere alla grande. o Il potere del pensiero positivo, fossero anime sconvolte alla disperata ricerca di un farmaco che le rimettesse in sesto. Ora invece capivo che i più forti sono quelli che dedicano del tempo a rafforzare se stessi e solo migliorando se stessi si può sperare di migliorare la sorte degli altri. Cominciai a riflettere su tutte le cose che avrei potuto migliorare. Potevo sfruttare in mille modi il surplus di energia e di salute che avrei conseguito attraverso gli esercizi. Liberandomi dall'irascibilità e dal vizio di prevaricare avrei arricchito e consolidato il rapporto con mia moglie e i miei figli; eliminando la tendenza all'ansia avrei trovato la pace della mente e la profonda felicità che stavo cercando. L'ha scritto lo stesso Robin S. Sharma. Più ci pensavo, e più mi venivano in mente possibili miglioramenti. A mano a mano che intravedevo le possibilità che mi si schiudevano davanti, il mio entusiasmo cresceva. Ma mi resi conto che Julian stava parlando di qualcosa la cui portata andava oltre l'esercizio fisico, la dieta salutare e una vita senza stress. Quello che aveva imparato sull'Himalaya era più profondo e più significativo: si trattava di rafforzare il proprio carattere, pensare costantemente a migliorarsi e vivere con coraggio. Mi spiegò che questi tre atteggiamenti di base procurano all'individuo una vita non solo virtuosa, ma piena di soddisfazione, successo e pace interiore. Il coraggio è una qualità che possiamo coltivare tutti, e che alla lunga si rivela immensamente remunerativa. «Che rapporto ha il coraggio con l'essere padroni di se stessi e con lo sviluppo interiore?» domandai. «É il coraggio che ti permette di andare per la tua strada, di fare quel che vuoi perché sai che è giusto. Il coraggio ti dà l'autocontrollo per insistere dove gli altri hanno fallito. In sostanza, la quantità di soddisfazione che avrai dipende dal grado di coraggio con cui vivi. Grazie a esso puoi renderti conto fino in fondo delle meraviglie di quella canzone di gesta che è la tua vita. E chi è padrone di sé è molto coraggioso». «Bene. Sto rendendomi conto del potere che otterrò lavorando su me stesso. Ma da dove comincio?» Julian ritornò alla sua conversazione con Yogin Raman, in quella che ricordava come una magnifica notte trapunta di stelle. «Anch'io all'inizio ho avuto difficoltà

con il concetto di perfezionamento di sé. Dopo tutto, ero un avvocato del diavolo uscito da Harvard, non avevo tempo per le teorie New Age sciorinate da figuri con i capelli tagliati da cani che bighellonavano per gli aeroporti. Fu proprio questa rigidità mentale che frenò la mia mente in quegli anni. Così, più sentivo parlare Yogin Raman e più riflettevo sui dolori e i tormenti del mondo da cui provenivo e degustavo ogni goccia della filosofia kaizen: un arricchimento della mente, del corpo e dell'anima». «Perché in questi ultimi tempi le parole mente, corpo e anima sono così ricorrenti? Alla televisione sembra che non si parli d'altro». «É la trilogia dei doni naturali dell'uomo. Migliorare la mente senza coltivare le doti fisiche sarebbe una vittoria inutile. Elevare la mente e il corpo ai più alti livelli senza nutrire l'anima ti farebbe sentire vuoto e insoddisfatto. Ma se dedichi le tue energie a sprigionare tutte le potenzialità di questi tre doni, conoscerai l'estasi divina e vivrai una vita illuminata». «Non vedo l'ora, socio». «Per quanto riguarda il problema da dove cominciare, ti prometto che fra poco ti insegnerò alcune tecniche antiche ed efficaci. Ma prima devo mostrarti un esempio pratico. Mettiti nella posizione adatta per fare le flessioni sulle braccia». «Santo cielo», pensai, «adesso Julian diventa un sergente istruttore...» Ma la curiosità e il desiderio di "riempire la tazza" mi convinsero a ubbidire. «Adesso fai più flessioni che puoi. Non fermarti fino a quando non sarai veramente sicuro di non poterne più». Cominciai a darci dentro sbuffando, dato che il mio corpaccio di quasi un quintale era abituato, al massimo, a fare quattro passi insieme ai bambini fino al McDonald's o a trascinarsi stancamente su un campo da golf con i colleghi di lavoro. Le prime quindici flessioni furono una vera tortura. Con l'afa estiva che aumentava la fatica, cominciai a sudare come un cavallo. Ero comunque risoluto a non fare figuracce e continuai finché, con i muscoli delle braccia, non cedette anche la mia vanità. A quota ventitré gettai la spugna. «Basta, Julian. Mi sembra di morire». «Sei sicuro di non riuscire a continuare?» «Sicurissimo. Smetto. L'unica lezione che imparerò da questo esercizio è come farsi venire un infarto». «Fanne ancora dieci, e poi ti puoi fermare», mi ordinò Julian. «Stai scherzando!» Ma continuai: uno, due... cinque... otto... dieci. Poi mi abbattei al suolo completamente esausto. «Ho vissuto esattamente la stessa esperienza con Yogin Raman, la notte in cui mi ha raccontato la storia», riprese Julian. «Mi ha detto che il dolore è un gran maestro».

«Cosa si può imparare da un'esperienza del genere?» chiesi senza fiato. «Yogin Raman e tutti i Saggi di Sivana dicevano che un uomo cresce molto quando entra nella Zona dell'Ignoto». «Va bene. Ma cosa c'entra con le mie flessioni? «Quando sei arrivato a ventitré mi hai detto che non ne potevi più, che quello era il tuo limite assoluto. Eppure, quando ti ho sfidato a continuare, ne hai aggiunte altre dieci. Dunque dentro di te avevi una riserva di energia, e quando hai dato fondo alle tue risorse, l'hai trovata. Yogin Raman mi ha insegnato una verità fondamentale: Gli unici limiti nella tua vita sono quelli che poni a te stesso. Solo quando ti avventuri fuori dal territorio della comodità ed esplori l'ignoto incominci a esprimere il tuo vero potenziale. É il primo passo in direzione della padronanza di sé e del controllo su ogni situazione della vita. Se ti spingi al di là dei tuoi limiti, come hai fatto poco fa in una circostanza apparentemente banale, attingi a riserve fisiche e mentali che non immaginavi di possedere». Ricordai di aver letto di recente che l'individuo medio utilizza solo una minima parte delle sue capacità umane. «Affascinante», pensai. «Chissà dove arriveremmo se le sfruttassimo pienamente». Julian capì di avere fatto centro. «Pratica l'arte del kaizen ogni giorno. Lavora sodo per migliorare mente e corpo. Nutri il tuo spirito. Fai le cose di cui hai paura. Sciogli le briglie all'energia e all'entusiasmo. Guarda sorgere il sole. Balla sotto la pioggia. Sii la persona che sognavi di essere. Fai le cose che hai sempre voluto fare ma non hai fatto perché falsamente convinto di essere troppo giovane o troppo vecchio, troppo ricco o troppo povero. Preparati a vivere una vita capace di volare in alto, una vita goduta appieno. In Oriente dicono che la fortuna favorisce le menti preparate. Io credo che le menti preparate siano favorite dalla vita». Julian continuò nella sua appassionata perorazione. «Metti a fuoco le cose che ti bloccano. Hai paura di parlare, o hai problemi nei rapporti con gli altri? Ti manca un atteggiamento positivo, oppure hai bisogno di maggiore energia? Fai un inventario scritto delle tue debolezze. Chi è soddisfatto della propria vita, pensa più degli altri. Trova il tempo di riflettere su che cosa ti impedisca di prendere dalla vita quello che vuoi veramente. Una volta identificate le tue debolezze, devi affrontarle e attaccarle. Se ti spaventa parlare in pubblico, impegnati a tenere venti discorsi; se hai paura di iniziare una nuova attività o di chiudere un rapporto deludente, raccogli fino all'ultimo grammo della tua

determinazione e fallo. Potrebbe essere per te il primo assaggio di vera libertà. La paura non è che un mostro creato dalla tua mente, un flusso di pensieri negativi». «Niente altro che un flusso di pensieri negativi? Buona questa. Vorresti dire che le mie paure sono solo mostriciattoli immaginari penetrati di soppiatto nella mia mente?» «Proprio così, John. Se permetti che ostacolino le tue azioni, non farai altro che assecondarli, nutrirli del cibo che preferiscono. Ma se vinci le tue paure, vinci nella vita». «Fammi un esempio». «D'accordo. Prendiamo la paura di parlare in pubblico, un problema molto comune. Quando facevo l'avvocato, conoscevo dei colleghi che avevano paura di entrare in aula. Avrebbero fatto di tutto, avrebbero preferito patteggiare anche per un cliente non colpevole, piuttosto che alzarsi in piedi e parlare davanti a un'aula gremita». «Ne ho conosciuti anch'io». «Pensi davvero che siano nati con questa paura?» «Credo proprio di no». «Pensa a un bambino. Non conosce limiti. La sua mente è una terra promessa di potenzialità e di talenti. Se la coltiverà con passione sarà un grande uomo; se l'abbandonerà a se stessa diventerà, nel migliore dei casi, un mediocre. Quello che voglio dire è che nessuna esperienza, si tratti di parlare in pubblico, chiedere un aumento al capo, fare un bagno in mare o camminare sulla battigia in una notte stellata, è dolorosa o piacevole in sé. É la tua mente che ne determina il sapore». «Interessante». «A un bambino si può far credere che una giornata di sole sia una noia oppure che un cagnolino sia pericoloso. A un adulto si può far credere che la droga rende liberi. É tutta questione di condizionamenti, non credi?» «É vero». «Lo stesso vale per la paura. La paura è un riflesso condizionato: un'abitudine logorante che ti succhia l'energia, la creatività, la vitalità. Appena la paura solleva la testa, ricacciala giù. Ti ripeto ancora una volta, il miglior modo per riuscirci è fare le cose che ti spaventano. Studia l'anatomia della paura e ti renderai conto che sei tu che l'hai creata, è una costruzione mentale. E, come ogni altra costruzione, demolirla è semplice quanto erigerla. Individua pazientemente tutte le paure che riescono a penetrare nella fortezza della tua mente, e poi distruggile. Basterà per infonderti fiducia in te stesso e renderti più sereno e felice». «Davvero si possono eliminare tutte le paure?» chiesi stupito. «Grande domanda. La risposta è un SI!, sonoro e inequivocabile. Tutti i Saggi di Sivana erano assolutamente liberi da

ogni forma di paura. Lo si capiva da come camminavano, da come parlavano, da come ti guardavano diritto negli occhi. E ti dirò di più, John...» «Cioè?» lo incalzai, rapito da quello che stavo ascoltando. «Anch'io non ho paure. Grazie alla conoscenza di me stesso ho scoperto che la mia condizione naturale è quella di un essere di forza indomabile e di potenzialità illimitate. Solo che per anni sono rimasto prigioniero della mia accidia e dei miei timori. E ti dirò un'altra cosa: cancellando le paure dalla tua mente, assumerai un aspetto più giovanile e ti sentirai più in forma». «Il famoso legame corpo-mente», dissi sperando di mascherare la mia ignoranza. «Già. I saggi orientali ne parlano da migliaia di anni... Adesso la chiamano New Age», commentò Julian, il volto illuminato da un radioso sorriso. «I saggi mi hanno insegnato anche un altro principio eterno su cui rifletto spesso. Credo che ti sarà molto utile se vuoi raggiungere i traguardi dell'autodisciplina e della padronanza. Mi infonde la giusta motivazione nelle occasioni in cui vorrei prendere le cose con eccessiva calma e leggerezza. Il concetto fondamentale è il seguente: quello che contraddistingue gli individui pienamente realizzati da quelli che non vivono in modo ispirato è che i primi fanno cose che gli altri non gradiscono fare... benché sovente non le gradiscano neppure loro. «Gli illuminati, coloro che tutti i giorni sperimentano la felicità profonda, sono pronti a sacrificare il piacere di oggi per godere domani di un pieno appagamento. Affrontano di petto le loro debolezze e le loro paure, sopportando il disagio che sopravviene quando si varca la soglia dell'ignoto. Scelgono di vivere secondo la sapienza del kaizen, in una perenne tensione al miglioramento. A poco a poco quello che prima era difficile diventa sempre più facile. Le paure che un tempo precludevano loro la felicità, la salute e la prosperità che avrebbero meritato, volano via come figurine di carta». «Perciò, se voglio dare una svolta alla mia vita, mi consigli di cambiare prima me stesso?» «Sì... è come la storiella che mi raccontò una volta il mio professore all'università. Una sera dopo una dura giornata di lavoro, il padre di un bambino si stava finalmente rilassando con la lettura del giornale. Il figlio, che giustamente aveva voglia di giocare, cominciò a infastidirlo. Alla fine, esasperato, il padre strappò dal giornale una foto del globo terrestre e la ridusse in tanti pezzetti. «Tieni, piccolo... cerca di rimetterli assieme», disse al bambino, nella speranza che il rompicapo lo avrebbe tenuto occupato per un po'. Con suo grande stupore, dopo un minuto il

bambino tornò con la fotografia perfettamente ricomposta. Il padre chiese al figlio come avesse fatto; quello gli sorrise con aria birichina e rispose: «Sai, papà? Dietro la terra c'era la foto di una persona. Una volta ricomposta la persona, si è ricomposto anche il mondo». «É una bella storia». «Vedi, John, le persone più sagge che ho incontrato, dai monaci di Sivana al professore di Harvard, sembrano conoscere la formula della felicità». «Insegnala anche a me, allora...» dissi con un pizzico di impazienza. «É proprio quello che ti ho già detto: la felicità viene dal progressivo raggiungimento di obiettivi meritevoli. Se fai qualcosa che ami davvero fare, sarai pienamente appagato». «Ma se la felicità si ottiene semplicemente facendo quello che si desidera fare, perché tante persone sono infelici?» «Hai centrato il problema. Perché fare quello che ti piace - per esempio lasciare il lavoro per fare l'attore, o sprecare meno tempo in cose inutili richiede una buona dose di coraggio. Devi avere il coraggio di uscire dal cerchio della comodità, e all'inizio il cambiamento è sempre un po' doloroso e rischioso. Ma è il sistema migliore per vivere più felice». «E cosa dovrei fare di preciso per mettere in pratica questo principio?» «Pensa alla storiella del professore: se ricomponi te stesso, ricomporrai anche il tuo mondo. Diventando padrone della tua mente, del tuo corpo e del tuo carattere, ti troverai immerso come per magia nella felicità e nell'abbondanza. Ti occorre solo lavorare su te stesso per dieci minuti, al massimo un quarto d'ora, al giorno». «E cosa simboleggia il gigantesco lottatore di sumo della storia di Yogin Raman?» «Il nostro pletorico amico ti ricorderà sempre il potere del kaizen, la parola che in giapponese sta a significare costante crescita e progresso di se stessi». In poche ore Julian mi aveva rivelato la filosofia più efficace e straordinaria con cui mai fossi venuto a contatto, svelandomi i magici poteri della mente e i tesori in essa nascosti; mi aveva insegnato esercizi utili a essere più sereni e a concentrarsi sui propri sogni e desideri; mi aveva edotto sull'importanza di trovare uno scopo nella vita e di definire chiari obiettivi per ogni aspetto della nostra realtà personale, professionale e spirituale. Infine mi aveva iniziato all'eterno principio della padronanza di sé, il kaizen». «Come si pratica l'arte del kaizen?» «Ti insegnerò dieci rituali antichissimi ma di somma efficacia. Se li eseguirai ogni giorno con convinzione e fiducia, nel volgere di un mese otterrai risultati tangibili. Se persevererai, assimilandoli nella routine quotidiana, ti regaleranno salute di ferro,

sconfinata energia, felicità e serenità invidiabili. E alla fine realizzerai il tuo destino che ti spetta per diritto di nascita. «Me li insegnò Yogin Raman, che confidava ciecamente nella loro efficacia. Come puoi vedere dal mio aspetto, io sono la prova incarnata del loro potere. Ti chiedo solo di ascoltare quello che ho da dirti e di giudicare poi dai risultati». «Effetti sconvolgenti in soli trenta giorni?» domandai incredulo. «Sì. Tutto quello che ti si chiede è di ritagliarti un'ora al giorno per un mese e compiere i rituali che sto per descriverti. Si tratta di investire su te stesso. E non rispondermi che non hai tempo!» «Ma è così», mi scusai. «Lavoro come uno schiavo. Non ho neanche dieci minuti da dedicare a me stesso... figuriamoci un'ora, Julian!» «Come ti ho già spiegato, dire che non hai tempo per lavorare sulla tua mente o sul tuo spirito, è come dire che non hai tempo per fermarti a far benzina perché sei troppo impegnato a guidare. Alla fine sarai costretto a fermarti». «Tu dici?» «Certo». «E perché?» «Mettiamola così. É come se tu fossi una potente auto sportiva, molto sofisticata e velocissima, che costa milioni di dollari». «Be', Julian... tu mi lusinghi». «La tua mente è la più grande meraviglia dell'universo e il tuo corpo è in grado di realizzare imprese che ti potrebbero sbalordire». «Convinto!» «Considerando il prezzo di questa auto eccezionale, sarebbe saggio spingerla al massimo giorno e notte, senza mai fare neanche una breve sosta per raffreddare il motore?» «No, certo». «Bene... e allora perché tu non ti fermi mai? Perché non fai una sosta breve per far riposare il motore surriscaldato della tua mente? Capisci che cosa voglio dire? Fermarsi un'ora al giorno per recuperare energie è essenziale... Se interrompi il tuo ritmo frenetico per migliorare te stesso, quando riattacchi sarai molto più efficiente». «E basta un'ora al giorno per un mese?» «Sì. Quando ero ricco e famoso ero alla ricerca di una formula magica di questo tipo. L'avrei pagata due milioni di dollari se l'avessi trovata. E invece, pensa un po', anche se nasconde una sapienza di inestimabile valore, è gratis. Ti si richiede solo disciplina e l'osservanza quotidiana di alcuni semplici rituali. Ma ricordati che devi credere con tutta l'anima nel suo valore. «Per lo più, i suoi effetti non saranno momentanei». «Che significa?» «Se dedicherai al rituale un'ora al giorno - eseguendo gli esercizi correttamente! - dopo trenta giorni noterai cambiamenti radicali. Ci vuole un mese perché un'abitudine ti entri nella pelle». «Si può fare», dissi. Era troppo evidente che Julian

aveva scoperto dentro di sé una vera riserva di vitalità e serenità: la sua trasformazione aveva del miracoloso. Così decisi di dedicare un'ora al giorno alla pratica dei principi e delle tecniche che mi avrebbe insegnato. Dovevo incominciare a lavorare al mio personale miglioramento invece di cercare di cambiare il comportamento degli altri, come avevo fatto fino ad allora. Forse anch'io mi sarei trasformato come Julian. Sì, valeva la pena di tentare. Quella notte, seduto sul pavimento del mio soggiorno, appresi quelli che Julian chiamava i Dieci Rituali della Vita Radiosa. Alcuni richiedevano un piccolo sforzo di concentrazione, altri erano facilissimi: ma tutti mi incuriosivano e promettevano effetti stupefacenti. «Il primo esercizio è chiamato Rituale della Solitudine. Richiede semplicemente che ogni tanto ritagli per te un momento di tranquillità». «E in cosa consisterebbe questo momento di tranquillità?» «In un periodo, che può durare dai quindici ai cinquanta minuti - quanto ritieni giusto - in cui esplori il potere rigenerante del silenzio e giungi a capire chi sei», mi spiegò Julian. «Una specie di sosta per il mio povero motore surriscaldato?» suggerii con un sorriso. «La metafora è piuttosto azzeccata. Hai mai fatto un lungo viaggio in macchina con la tua famiglia?» «Come no? Ogni estate andiamo al mare a passare un paio di settimane con i genitori di Jenny». «Bene. E non ti capita di fermarti lungo la strada?» «Sì, certo: per mangiare o schiacciare un pisolino, magari dopo essere stato assordato per sei ore dai litigi dei miei figli sul sedile posteriore». «Bene, allora considera il Rituale del Silenzio come una sosta per la tua anima. Serve ad autorigenerarsi e si esegue per qualche minuto, lasciandosi avvolgere da una bellissima coltre di silenzio». «Che cos'ha di così bello il silenzio?» «La solitudine e il silenzio ti mettono in contatto con la tua fonte creativa e liberano la sconfinata intelligenza dell'Universo. Vedi, John... la mente è come un lago. Nel nostro mondo confuso, molte persone non sono in pace con se stesse, sono piene di ansia e di agitazione. Ma basta fermarsi ogni giorno per un istante, e immergersi nel silenzio e nella tranquillità, che il lago della mente torna piatto e sereno. Grazie a questa pace interiore acquisterai una profonda sensazione di benessere, di calma ed energia. Riuscirai persino a dormire meglio, e durante le tue normali attività quotidiane proverai una nuova sensazione di armonia». «Dove devo trascorrere questo momento di tranquillità?» «Teoricamente ovunque... coricato sul letto, o anche in ufficio. La chiave sta nel trovare un luogo di vera quiete... e

bellezza». «Che c'entra la bellezza?» «Le belle immagini calmano le anime agitate», rispose Julian con un profondo sospiro. «Un mazzo di rose o anche un unico giglio gioveranno ai tuoi sensi e ti rilasseranno completamente. Sarà una specie di "santuario dell'io", dove potrai godere di queste bellezze». «Cosa sarebbe un santuario dell'io?» «In pratica è un luogo segreto dove andrai per crescere mentalmente e spiritualmente. Può essere una stanza inutilizzata della casa, oppure un cantuccio tranquillo in un piccolo appartamento. L'importante è ricavare lo spazio in cui svolgere attività rigeneranti, il buon ritiro che aspetta placidamente il tuo arrivo». «Mi piace molto. Sono convinto che avere un luogo tranquillo dove rifugiarmi dopo il lavoro potrebbe cambiare la mia vita. Potrei rilassarmi per un po' e liberarmi dello stress della giornata. Forse poi sarebbe anche più piacevole starmi vicino». «E qui veniamo a un altro punto fondamentale. Il Rituale della Solitudine esprime meglio le sue potenzialità se viene applicato ogni giorno alla stessa ora». «Perché?» «Perché entrerà a far parte della tua routine quotidiana. Se sarai regolare, presto non potrai più fare a meno della tua dose quotidiana di silenzio. E queste abitudini positive ti avvicineranno al tuo destino». «C'è altro che devo sapere?» «Sì. Se ti è possibile, entra quotidianamente in contatto con la natura. Una breve passeggiata in mezzo ai boschi, o anche pochi minuti trascorsi a coltivare l'orto, ti avvicineranno alla sorgente di serenità assopita dentro di te. Il contatto con la natura ti permetterà di sintonizzarti con l'infinita sapienza nascosta nella parte più nobile del tuo essere. «La profonda conoscenza del tuo io ti farà esplorare zone nuove del tuo potere interiore. Non dimenticarlo mai!» concluse Julian, sempre più infervorato. «Con te il rituale ha funzionato?» «Splendidamente. Mi sveglio all'alba, e la prima cosa che faccio è dirigermi verso il mio santuario segreto. Lì esploro il cuore della rosa fino a quando ne sento il bisogno. Certi giorni mi fermo per ore, altre volte solo dieci minuti. Il risultato è più o meno lo stesso: una profonda sensazione di pace e una incredibile abbondanza di energia fisica. E qui arriviamo al secondo rituale: il Rituale del Movimento». «Sembra interessante... di cosa si tratta?» «Si tratta della cura del proprio corpo». «Scusa?» «É semplice. Il Rituale del Movimento si basa sul principio secondo il quale se curi il tuo corpo, curi anche la tua mente. Se rinvigorisci il tuo corpo, rinvigorisci anche la tua mente. Se alleni il tuo corpo, alleni anche la tua mente. Il tuo corpo è un tempio, e va curato ogni giorno con un

esercizio salutare. Fai circolare il sangue, muoviti. Lo sapevi che una settimana è composta di 168 ore?» «Non ho mai fatto il calcolo». «Credimi sulla parola. Almeno cinque di esse dovrebbero essere utilizzate per una qualunque attività fisica. I Saggi di Sivana praticavano l'antica disciplina dello yoga per risvegliare il loro fisico ed essere sempre forti e dinamici. Era davvero un bello spettacolo vedere questi meravigliosi esemplari, che erano riusciti a sottrarsi alle ingiurie degli anni, stare umani, capovolti sulle loro teste, diritti come fusi, al centro del villaggio!» «Hai mai praticato lo yoga, Julian?» «Jenny ha iniziato l'estate scorsa, e dice che si sente ringiovanita di cinque anni». «Facciamo una premessa John: non c'è nessun esercizio specifico che trasformi magicamente la tua vita. Le metamorfosi permanenti si determinano solo attraverso la costante e combinata applicazione delle diverse tecniche che ti sto insegnando. Tuttavia, lo yoga è un metodo molto efficace per dare la stura alle tue riserve di vitalità. Io lo pratico quotidianamente, ed è una delle cose più belle che posso fare per me stesso. Non solo ringiovanisce il corpo; mi serve per la concentrazione, e a suo tempo mi ha anche aiutato a sbloccare la mia creatività. É una disciplina ammirevole». «E che altro fanno i saggi per prendersi cura del proprio corpo?» «Secondo Yogin Raman e i suoi fratelli e sorelle, le passeggiate in ambienti naturali di alta montagna o tra i boschi, eliminano la stanchezza riportando il corpo alla sua naturale condizione di vitalità. E quando infuria il maltempo, essi si esercitano nella quiete delle loro capanne. I Saggi di Sivana possono saltare un pasto, ma mai la loro serie quotidiana di esercizi». «E che cos'hanno nelle loro capanne? Macchine per il bodybuilding?» ironizzai. «Non proprio. O praticano posizioni yoga, o eseguono serie di flessioni su una mano sola. Non credo sia per loro molto importante il tipo di esercizio al quale si dedicano: è sufficiente che si muovano e immettano aria fresca nei polmoni». «Ora, che cosa c'entra l'aria fresca?» «Ti risponderò con una delle massime di Yogin Raman: Respirare bene vuol dire vivere bene». «La respirazione è così importante?» chiesi sorpreso. «Appena giunsi a Sivana, i saggi mi insegnarono subito che per raddoppiare o triplicare le mie energie dovevo praticare l'arte della corretta respirazione». «Ma tutti sanno come si fa a respirare... anche i lattanti!» «Non proprio, John. Molti di noi sono in grado di respirare per sopravvivere, ma pochi sanno respirare per risvegliare le proprie energie. Respirano troppo

superficialmente, e non assumono una quantità di ossigeno sufficiente a fare funzionare il loro corpo in maniera ottimale». «Si direbbe che per respirare bene occorra essere degli scienziati...» «Quasi. Anche i saggi la pensavano così. Secondo la loro filosofia, assumere più ossigeno durante l'atto della respirazione libera le riserve di energie e ripristina lo stato naturale di vitalità». «Da dove devo cominciare?» «In fondo è molto semplice. Due o tre volte al giorno fermati per qualche minuto e concentrati sulla tua respirazione, cercando di respirare più a fondo e con maggiore efficacia». «Come faccio a sapere se sto respirando con efficacia?» «Be', se la tua pancia risulta leggermente sporgente, significa che stai effettuando una corretta respirazione addominale. Yogin Raman mi ha insegnato un trucco per capire se respiro correttamente: metto le mani a coppa sullo stomaco e se quando inspiro sono spostate in fuori, va tutto bene». «Interessante». «Troverai ancora più interessante il terzo rituale della Vita Radiosa», incalzò Julian. «Sentiamolo». «É il Rituale dell'Alimentazione Vitale. Quando ero avvocato andavo avanti a patate fritte, bistecche e altre porcherie. Mangiavo nei ristoranti più raffinati della città, ma continuavo a trangugiare schifezze. Non lo sapevo, ma questa era una delle cause del mio malessere». «Davvero?» «Sì. Una dieta squilibrata ha conseguenze deleterie sulla tua vita. Ti sottrae energie spirituali e fisiche. Mina il tuo spirito e ostacola la tua lucidità mentale. Secondo Yogin Raman, quello che dai da mangiare al tuo corpo nutre anche la tua mente». «Perciò immagino che tu abbia cambiato alimentazione?» «Decisamente. E subito mi sono sentito benissimo, e l'effetto è diventato visibile anche esternamente. Avevo sempre creduto di essere così giù di corda per colpa dello stress, delle tensioni dovute al lavoro... o semplicemente perché stavo invecchiando. A Sivana ho scoperto che questo stato letargico era dovuto alla cattiva alimentazione». «E che cosa mangiavano i saggi per conservarsi sani e vigorosi?» «Cibi vivi», rispose Julian. «Eh?» «Ho detto: cibi vivi. I cibi vivi sono i cibi che non sono morti». «E dai, Julian... non puoi spiegarti meglio?» «Fondamentalmente sono quelli creati dalla naturale interazione tra il sole, l'aria, la terra e l'acqua. In pratica, si tratta di dieta vegetariana. Mangia solo verdure fresche, frutta e cereali, e vivrai in eterno». «Possibile?» «A Sivana molti saggi hanno superato i cent'anni e non mostrano segni esterni di vecchiaia. Proprio la settimana scorsa ho letto che un gruppo di ricercatori si è recato a Okinawa, una

piccola isola nel Mar Cinese Orientale perché pare che laggiù ci sia la più alta concentrazione al mondo di ultracentenari». «E cosa hanno scoperto?» «Che uno dei loro segreti è la dieta vegetariana». «Ma è salutare questo tipo di dieta? Ho l'impressione che non dia abbastanza energie. Ricordati che sono un avvocato sempre in pista, e ho bisogno di sentirmi in forze». «Ma se questa è la dieta che la natura ci ha destinato! É viva, vitale e sanissima. I saggi la prediligono da migliaia di anni. Si chiama sattvic, o dieta pura. E per quanto riguarda la forza... gli animali più forti del pianeta - i gorilla, gli elefanti - sono orgogliosi fautori della causa vegetariana. Lo sapevi che un gorilla è circa trenta volte più forte di un uomo?» «No, ma grazie dell'informazione». «Ascolta... i Saggi di Sivana non hanno affatto una mentalità integralista. Tutta la loro saggezza è basata sull'eterno principio per cui "ognuno deve vivere la propria vita con moderazione evitando gli eccessi". Se ti piace la carne, continua pure a mangiarla: ricordati solo che stai assumendo cibo morto. E comunque riduci la quantità di carne rossa: è pesante da digerire e, dato che la digestione è uno dei processi più faticosi per il nostro corpo, comporta inutili sprechi di energia. Capisci dove voglio arrivare? Come ti senti dopo aver mangiato una bistecca rispetto all'energia che hai dopo aver mangiato un'insalata? Se proprio non ti va di diventare completamente vegetariano, comincia col mangiare un'insalata a ogni pasto, e della frutta al posto del dolce. Basterà a farti stare molto meglio». «Non sembra una cosa terribile», dissi. «É tanto tempo che sento parlare dell'efficacia della dieta vegetariana. Proprio la settimana scorsa Jenny mi raccontava di una ricerca effettuata in Finlandia, da cui risulta che il 38% dei convertiti alla dieta vegetariana dopo appena sette mesi dichiara di sentirsi meno stanco e molto più sveglio. Cercherò di infilare un po' di insalata in ogni pasto. Anzi, a guardare il tuo aspetto, addirittura mi vien voglia di nutrirmi soltanto d'insalata». «Prova per un mese, e vedrai. Ti sentirai benissimo». «Okay... se funziona con i saggi, funzionerà anche con me. Prometto che tenterò: non mi sembra uno sforzo titanico, e comunque sono stufo di accendere il barbecue tutte le sere». «Se il Rituale dell'Alimentazione Vitale ti ha convinto, credo proprio che apprezzerai anche il quarto». «La tazza del tuo allievo è ancora vuota». «Il quarto rituale è quello della Ricca Conoscenza. Si basa sull'importanza di istruirci e di

espandere la nostra conoscenza per tutta la durata della vita, a vantaggio nostro e di chi ci sta accanto». «La vecchia idea per cui "conoscenza è potere"?» «Anche qualcosa di più, John. La conoscenza è potere solo in forma latente: perché il potere si manifesti, bisogna risvegliarlo. Quasi tutti sappiamo come comportarci nelle diverse situazioni che si presentano, e più generalmente nella vita: il problema è che poi non applichiamo questa conoscenza con impegno e continuità per realizzare i nostri desideri. In pratica, il Rituale della Ricca Conoscenza ti chiede di diventare alunno della vita; e specialmente di mettere a frutto quello che hai imparato nell'aula della tua esperienza». «E in che cosa consiste?» «Yogin Raman e gli altri saggi lo suddividevano in molti sub-rituali che eseguivano quotidianamente. Una delle tecniche più importanti è anche una delle più semplici. Puoi iniziare ad applicarla anche oggi». «Non è una cosa troppo lunga vero?» Julian sorrise. «Ricorda che tutte le tecniche che ti sto insegnando avranno l'effetto di renderti efficiente e produttivo come non mai. Sii lungimirante, non taccagno». «Cosa?» «Pensa a quelli che dicono di non avere abbastanza tempo per fare il back-up al computer perché sono troppo impegnati a lavorare. Poi succede che l'hard disk si rompe, e in un istante vanno in fumo mesi di lavoro, quando sarebbe bastato fermarsi pochi minuti al giorno per salvare tutto. Capisci cosa intendo?» «Dovrei stabilire le mie priorità?» «Esatto. Cerca di non vivere nell'incubo delle scadenze; concentrati invece sulle cose che ti vengono suggerite dalla tua coscienza e dal tuo cuore. Se investi su te stesso e ti impegni a esprimere tutte le potenzialità della mente, del corpo e del carattere, ti sembrerà di avere al tuo interno un navigatore che ti indica la rotta giusta per ottenere i risultati più remunerativi. Non sarai più ossessionato dalle lancette dell'orologio e comincerai a vivere la tua vita». «Mi hai convinto anche stavolta. E quali sono i sub-rituali che vorresti insegnarmi?» «Leggi con regolarità. Leggere mezz'ora al giorno ti sarà di grande giovamento. Ma, ti avverto... non si dovrà trattare di letture caotiche e indiscriminate. Seleziona con cura i temi e le parole che introdurrai nel giardino della tua mente in modo che ti facciano crescere, che migliorino il tuo essere e la qualità della tua vita». «Cosa leggevano i saggi?» «Trascorrevano buona parte del loro tempo a leggere e rileggere i grandi insegnamenti filosofici dei loro antenati. Ricordo ancora quegli uomini meravigliosi, seduti su sgabelli di bambù, tutti assorti nella lettura di quei loro libri bizzarramente

rilegati, e con i volti illuminati da un vago sorriso. É stato proprio a Sivana che ho imparato il potere del libro e il principio per cui un libro è il migliore amico del saggio». «Vuoi dire che dovrei mettermi a leggere ogni buon libro che riesco a procurarmi?» «Sì e no», rispose Julian. «Non ti direi mai di non leggere tutti i libri che puoi... Però ricorda che alcuni libri vanno assaggiati, alcuni masticati e altri inghiottiti interi. Il che mi fa venire in mente un'altra cosa». «Che hai fame?» «No, John», disse Julian ridendo. «Quello che voglio dirti è che per ricavare il meglio da un libro, non devi solo leggerlo, ma studiarlo. Analizzalo come fai con i contratti che i grossi clienti sottopongono alla tua consulenza legale. Esaminalo, lavora con esso, fallo diventare parte di te. I saggi rileggevano i libri sapienziali della loro grande biblioteca fino a dieci o a quindici volte. Consideravano i testi filosofici come sacre scritture, documenti di origine divina». «É davvero così importante leggere?» «Mezz'ora al giorno cambierà la tua vita nel più piacevole e sorprendente dei modi, perché da subito abbraccerai con lo sguardo le inesauribili riserve di sapere che sono a tua disposizione purché tu voglia attingervi. Ogni risposta ai tuoi problemi è già scritta in un libro. Se aspiri a diventare migliore come avvocato, padre, amico o amante, esistono dei libri che ti guideranno diritto al tuo obiettivo. Qualunque errore abbia commesso nella tua vita, qualcun altro lo aveva già commesso. Credi davvero che le sfide che ti tocca affrontare siano una prerogativa solo tua?» «Be', non ci avevo mai pensato. Ma ho capito cosa vuoi dire, e capisco che hai ragione». «Tutti i problemi che ciascuno di noi ha affrontato o affronterà nella sua vita, sono già stati affrontati da altri prima di lui. Per questo nei libri si trovano tutte le risposte e le soluzioni che ci servono. Basta leggere i libri giusti e far tesoro dell'esperienza altrui». «Ma quali sono esattamente i libri giusti?» «Amico mio, fidati del tuo gusto personale. Per quanto mi riguarda, da quando sono tornato dall'Oriente, leggo soprattutto biografie di personaggi che ammiro... e poi i classici della letteratura». «C'è qualche titolo in particolare che consiglieresti a un principiante volonteroso?» gli chiesi sorridendo. «Certo. Imparerai molto dalla biografia di un grande americano: Benjamin Franklin. Credo che ricaverai grandi stimoli a crescere anche leggendo l'autobiografia del Mahatma Gandhi, La forza della verità. Poi ti consiglio Siddharta, di Hermann Hesse, gli scritti filosofici di Marco Aurelio, e almeno qualche opera di Seneca. Potresti anche leggere

Pensa a diventare ricco, di Napoleon Hill. L'ho letto la settimana scorsa, e l'ho trovato molto profondo». «Pensa a diventare ricco! » esclamai. «Credevo che dopo l'infarto avessi mollato questa roba. Non ne posso più di tutti questi manuali per fare i soldi velocemente, prodotti in serie da mercanti furbastri a caccia di poveri ingenui». «Frena, ragazzo! Sono perfettamente d'accordo con te», mi interruppe Julian con la pazienza di un nonno saggio e amorevole. «Anch'io avrei voglia di far rivivere nella nostra società l'etica di una volta. Questo libro però non insegna ad arricchirsi di quattrini, ma di vita. Conosco l'ossessione del denaro per averla provata, e sono il primo a dire che c'è una differenza abissale tra essere ricchi e vivere in modo ricco. Pensa a diventare ricco è un libro sulle vere ricchezze, prime fra tutte quelle dello spirito, e su come far entrare nella nostra vita tutto quello che è buono. Faresti bene a leggerlo. Ma non insisterò oltre». «Scusa Julian... sono sempre il solito avvocato pronto alla requisitoria. Temo che ogni tanto il mio caratteraccio abbia la meglio. Devo cercare di migliorare anche in questo. In realtà ti sono molto grato per quello che mi stai insegnando». «Figurati. Torniamo al punto della lettura. Vuoi sapere un'altra cosa interessante?» «Dimmi». «Non sarà tanto quello che ricavi dai libri ad arricchirti; è quanto i libri spremono da te che alla fine ti cambierà la vita. Vedi, John, in fondo i libri non insegnano niente di nuovo». «Ne sei sicuro?» «Come no? I libri aiutano semplicemente a vedere quello che già abbiamo dentro di noi. É in questo che consiste l'illuminazione: dopo aver viaggiato a lungo e visitato tanti luoghi lontani, ho scoperto di essere tornato al punto da dove ero partito quando ero ragazzo. Ma ora conosco me stesso, quello che sono e quello che posso essere». «Quindi per compiere questo rituale bisogna leggere e solcare l'oceano di informazioni contenute nei libri?» «In parte. Per ora leggi mezz'ora al giorno, il resto verrà da sé», disse Julian con un'aria un po' misteriosa. «Perfetto. Ora, qual è il quinto rituale?» «É il Rituale della Riflessione Introspettiva. I saggi credevano fermamente nel potere della contemplazione interiore. Attraverso la conoscenza di se stessi si entra in una dimensione del nostro essere inesplorata, di cui non sospettavamo neppure l'esistenza». «Sembra un po' astratto». «E invece è un concetto di mirabile

praticità. Vedi, ognuno di noi ha delle capacità latenti. Conoscerle vuol dire riportarle alla luce. Ma la meditazione non si limita a questo: ti renderà più forte e più saggio, e ti farà stare meglio con te stesso. É un uso della mente molto vantaggioso». «Non ho ancora capito bene», dissi. «Non preoccuparti. Quando ho sentito parlare per la prima volta di questo rituale, non capivo neanch'io. Ma fondamentalmente, la riflessione introspettiva non è altro che l'abitudine a pensare». «Perché, allora... non pensiamo tutti? Non è il pensiero che caratterizza l'essere umano?» «Sì, tutti... o quasi tutti gli uomini pensano: ma il problema è che pensano appena a sufficienza per sopravvivere. In questo rituale invece pensare serve per progredire. Se leggi la biografia di Benjamin Franklin capirai cosa intendo. Tutte le sere, dopo una giornata di proficuo lavoro, Franklin era solito ritirarsi in un angolo tranquillo della sua casa e riflettere sulla giornata appena trascorsa. Ripensava a ogni sua azione, a quelle positive e costruttive e a quelle sbagliate, e metteva a fuoco gli errori in modo da non ripeterli. Fu così che raggiunse progressivamente la padronanza di sé. Anche i Saggi di Sivana si comportavano allo stesso modo: ogni sera si ritiravano nelle loro capanne-santuari ricoperte di petali di rose, sedevano e meditavano in silenzio. Yogin Raman stendeva anche un diario di quello che aveva fatto durante il giorno». «E che cosa scriveva?» «Prima elencava le attività compiute: dagli esercizi fisici mattutini agli incontri con gli altri saggi, alle gite nei boschi per far legna o raccogliere cibo fresco. Poi annotava anche i pensieri che gli erano passati per la mente durante la giornata». «Ma non è difficile? Io faccio fatica a ricordarmi che cosa ho pensato cinque minuti fa... figuriamoci dopo ore». «Ma se lo fai tutti i giorni, diventerà facile. Chiunque può aspirare ai risultati che ho ottenuto io. Su questo non ho dubbi. Il vero problema è che troppe persone soffrono di una terribile malattia che io chiamo scusite». «Credo di averla contratta parecchio tempo fa», riconobbi. «E allora smettila di inventare scuse, e comincia a fare.» esclamò Julian con voce vibrante. «A fare che cosa?» «A pensare. Abituati a guardarti dentro. Tornando a Yogin Raman, una volta elencato tutto quello che aveva fatto e pensato nella giornata, scriveva, su un'altra colonna a fronte, la sua personale valutazione. Considerando le sue azioni e i suoi pensieri

oggettivati per iscritto, si chiedeva se fossero di natura positiva: in caso affermativo continuava a dedicare loro le sue preziose energie, perché alla lunga lo avrebbero ripagato». «E altrimenti?» «Altrimenti faceva un piano d'azione per eliminarli». «Credo che un esempio mi potrebbe aiutare a capire meglio». «Un esempio personale?» «Perché no? Sarei curioso di conoscere qualche tuo pensiero inconfessabile». «Veramente mi riferivo a te». Scoppiammo a ridere come due bambini impegnati in un gioco divertente. «Va bene...» dissi infine. «Tanto vinci sempre tu». «Okay. Prova a pensare a quello che hai fatto oggi. Scrivilo lì, su quel foglietto», mi comandò Julian. Capii che stava per verificarsi un fatto importante. Era la prima volta, dopo anni, che mi fermavo a riflettere sulle cose che avevo fatto e sui pensieri che mi avevano attraversato il cervello nel corso di una giornata. Mi sembrava un'operazione certo strana, ma intelligente. In fin dei conti, come potevo sperare di migliorare se prima non individuavo le mie carenze?» «Da dove devo cominciare?» domandai. «Da quello che hai fatto stamattina. Fermati solo sui punti principali, perché abbiamo ancora molte cose di cui parlare, e vorrei ritornare fra qualche minuto alla favola di Yogin Raman». «Allora... mi sono svegliato alle 6.30 al suono del mio gallo elettronico», dissi in tono scherzoso. «Sii serio e vai avanti», mi redarguì Julian. «Poi ho fatto la doccia e la barba, ho ingurgitato una brioche veloce e sono corso al lavoro». «E la tua famiglia?» «Dormivano ancora tutti. Poi, quando sono arrivato in ufficio, ho scoperto che il signore con cui avevo appuntamento per le 7.30 stava lì dalle 7.00... ed era furioso!» «E come hai reagito?» «Gliene ho dette quattro... Che altro potevo fare? Subire come se fosse stata colpa mia?» «E dopo, che cosa è successo?» «Le cose sono andate di male in peggio. Mi ha chiamato il tribunale per dirmi che il giudice Wildabest voleva vedermi nel suo ufficio, e che se non fossi arrivato entro dieci minuti, "sarebbero cadute delle teste". Te lo ricordi Wildabest, vero? Sei tu che lo hai soprannominato la Bestia, dopo che se l'era presa con te perché avevi parcheggiato la Ferrari nel suo posto auto», gli dissi ridendo. «In quel momento ti è venuta voglia di mollare tutto, vero?» disse Julian, osservandomi con quel suo sguardo penetrante famoso per inchiodare gli imputati. «Comunque... sono corso in tribunale e ho litigato di nuovo, stavolta con un impiegato. Poi sono tornato in ufficio, e sulla segreteria telefonica c'erano 27 messaggi, tutti urgenti. Devo

continuare?» «Prego». «Be'... mentre tornavo a casa, mi ha telefonato Jenny per chiedermi di passare da sua madre a prendere una di quelle fantastiche torte che sa fare solo mia suocera. Il problema è che quando ho imboccato l'uscita della tangenziale mi sono trovato in un ingorgo che non si vedeva da anni. Insomma, ero bloccato all'ora di punta, col sole a picco, la temperatura a quaranta gradi, i nervi a fior di pelle e la sensazione che il tempo mi stesse scivolando fra le dita». «E come hai reagito?» «Ho imprecato. Mi sono messo a gridare come un matto, lì in macchina. Vuoi sapere cosa ho detto?» «Non credo siano parole adatte al giardino della mia mente», rispose Julian. «Ma potrebbero essere un ottimo fertilizzante». «No, grazie. Possiamo fermarci qui. Ora, prova a riflettere un istante sulla tua giornata. Ovviamente ci sono alcune cose che, col senno di poi e avendone la possibilità, avresti fatto in modo diverso». «Ovviamente». «Quali, per esempio?» «Be', in un mondo perfetto innanzitutto mi sarei alzato prima. Non credo mi faccia bene iniziare la giornata di corsa. Al mattino vorrei avere un po' di tempo per il rodaggio. La tecnica del Cuore della Rosa, che mi hai insegnato prima, mi sembra interessante. Mi piacerebbe tanto fare colazione con tutta la famiglia intorno al tavolo... solo il tempo per una tazza di latte e cereali, e sarei già più contento: ho sempre avuto il cruccio di non stare abbastanza tempo con Jenny e i bambini». «Ma il mondo è perfetto, la tua vita è perfetta. Tu hai il potere di controllare la tua giornata. Hai il potere di elaborare pensieri positivi. Il potere di vivere i tuoi sogni!» s'infervorò Julian. «Me ne sto rendendo conto. Ora comincio a credere che posso farlo». «Bene, allora. Continua nel consuntivo». «Dunque, vorrei non essermi arrabbiato con il mio cliente. Vorrei non avere litigato con quello del tribunale, vorrei non aver dato in escandescenze per il traffico». «Ma al traffico non importa molto se tu lo copri di insulti, vero?» «Be', sì... continua ad essere quello che è». «Ora capisci il potere del Rituale della Riflessione Introspettiva? L'analisi delle azioni e dei pensieri della giornata diventa un metro con cui misurare il tuo progresso. L'unico modo per migliorare domani è sapere dove hai sbagliato oggi». «E stabilire un piano d'azione affinché non capiti più?» «Precisamente. Commettere errori in sé non è una cosa negativa. Gli errori fanno parte della vita e sono fondamentali per crescere. Come dice il proverbio latino: Errare humanum est, perseverare diabolicum. C'è qualcosa di malsano nel ripetere giorno dopo giorno gli stessi sbagli: dimostra una totale mancanza di

coscienza, cioè della prerogativa che distingue gli uomini dalle bestie». «Non è la sola». «Ma è la principale. Solo un essere umano può giudicarsi dall'esterno e capire se quello che fa è giusto o sbagliato. Un cane non ne è in grado, non ne è in grado un uccello, e neanche una scimmia. Ma tu sì. Ecco in cosa consiste il Rituale della Riflessione Introspettiva. Scopri ciò che hai fatto di positivo o di negativo nella tua giornata, e poi mettiti subito al lavoro per migliorare». «C'è molto su cui riflettere, Julian,... davvero molto», dissi meditabondo. «Che ne dici di passare al Sesto Rituale della Vita Radiosa, quello del Risveglio Mattutino?» «Oh-oh! Credo di sapere di che si tratta». «Uno dei migliori consigli che ho ricevuto nell'Eden di Sivana è stato quello di abituarmi ad alzarmi all'alba e a iniziare la giornata con vigore ed entusiasmo. Quasi tutti dormiamo più del necessario. A una persona normale possono bastare sei ore di sonno per garantirsi salute e dinamismo. Il sonno non è altro che un'abitudine, e come ogni altra abitudine puoi sforzarti di estirparla e ottenere lo scopo desiderato: in questo caso dormire di meno». «Ma se mi alzo troppo presto, non riesco a connettere», obiettai. «I primi giorni ti sentirai molto fiacco, è vero. Per la prima settimana sarai uno straccio, ma se sopporti questo breve supplizio, più avanti ne trarrai grandi benefici. Cambiare abitudini è sempre fonte di disagio; ma è un po' come mettersi un paio di scarpe nuove, che all'inizio sono dure e scomode, e poi si ammorbidiscono e ti calzano come un guanto. Spesso la sofferenza è un segnale della crescita interiore. Non averne paura... cerca piuttosto di rispettarla». «Bello, l'idea di alzarmi più presto mi stuzzica già. Ma, dimmi... cosa intendi per presto?» «Non esiste un'ora ideale. Anche in questo caso farai quello che ti senti. Come dice Yogin Raman: Rifuggi gli eccessi, agisci con moderazione». «Alzarsi all'alba, però, mi sembra un po' eccessivo». «Sbagliato. Non c'è niente di più naturale che alzarsi in tempo per godere dei primi raggi di sole. Per i Saggi di Sivana il sole è un dono del cielo ed essi si espongono ai suoi raggi regolarmente, ma senza esagerare. Li ho visti spesso danzare in pura letizia al primo sole del mattino. Sono convinto che questo sia uno dei segreti della loro longevità». «Prendi il sole anche tu?» «Certo. Mi ringiovanisce. Quando mi sento stanco, mi ravviva.

Secondo le antiche culture orientali, il sole è in intima relazione con l'anima. I popoli lo adoravano perché faceva crescere i raccolti, e con essi la loro gioia. La luce solare libera la nostra vitalità reintegrando le energie fisiche ed emotive. É una medicina gradevole, se presa con moderazione. Ma sto divagando. Il punto è alzarsi presto tutti i giorni». «E come farò ad abituarmi?» «Ti svelerò alcuni accorgimenti. Innanzitutto ricordati che è più importante come dormi di quanto dormi. É meglio dormire sei ore di sonno ininterrotto e profondo piuttosto che dieci di sonno agitato. Scopo del sonno è concedere tregua al tuo corpo, in modo da fargli recuperare la forza e il naturale stato di salute, minati dallo stress e dai cimenti quotidiani. Le abitudini dei saggi ruotano intorno al principio per cui la qualità del riposo è più importante della quantità. Per esempio, Yogin Raman non mangerebbe dopo le otto di sera, perché è convinto che la digestione alteri e comprometta la qualità del suo sonno. Inoltre, prima di addormentarsi ama meditare con il sottofondo di un'arpa melodiosa». «E per quale motivo?» «Dimmi una cosa, John... Qual è l'ultima cosa che fai prima di addormentarti?» «Guardo il telegiornale insieme a Jenny... come la maggior parte delle persone che conosco». «Era facile da immaginare», commentò Julian, mentre negli occhi gli balenava una luce misteriosa. «Perché mi guardi così? Che cosa c'è di male nell'ascoltare le notizie del mondo prima di andare a dormire?» «I dieci minuti prima di addormentarti e i primi dieci minuti di sonno influenzano profondamente il tuo subconscio. In quei momenti devi formulare solo pensieri positivi e rasserenanti». «Come se il cervello fosse un computer?» «Praticamente sì, perché nel corso del sonno esso elabora i dati che gli hai trasmesso. E il suo programmatore sei solo tu. Decidendo quali pensieri immettere, ne determini anche il risultato. Quindi, prima di andare a dormire, non guardare il telegiornale e non litigare con nessuno, spazza via dalla mente quello che hai fatto durante il giorno. Rilassati. Se vuoi, bevi una tisana, ascolta un po' di musica classica e preparati ad abbandonarti tra le braccia di Morfeo». «E così, se dormo meglio, avrò meno bisogno di dormire». «Giusto. E ricorda l'antica regola del ventuno: se ripeti un'azione per ventun giorni di fila, essa diventerà un'abitudine. Perciò prima di arrenderti perché ti senti troppo stanco, ricorda di eseguire questo rituale per tre settimane: a quel punto esso sarà già divenuto parte della tua vita. Riuscirai facilmente a svegliarti alle cinque e mezza o addirittura alle cinque,

pronto a gustare i portenti del nuovo giorno». «Va bene... mettiamo pure che mi alzi alle cinque e mezza. E dopo, cosa faccio?» «La domanda dimostra che rifletti, amico mio. Siamo sulla buona strada. Una volta in piedi, hai diverse possibilità. Il principio fondamentale da seguire è iniziare la giornata nel migliore dei modi. Come dicevo, quello che fai e pensi nei primi dieci minuti condiziona notevolmente il resto della tua giornata». «Davvero?» «Certo. Pensa positivo. Ringrazia il cielo per quello che ti ha regalato. Sfoglia il tuo libro dei sogni. Ascolta buona musica. Guarda sorgere il sole, oppure fai una breve passeggiata tra il verde. I Saggi di Sivana hanno l'abitudine di ridere, anche senza motivo apparente, solo per spremere sin dall'alba qualche goccia del succo della felicità». «Julian... mi sto sforzando di tener vuota la mia tazza, e ammetterai che per un principiante ho già fatto molti progressi... Ma questo mi sembra veramente strampalato, anche per dei monaci himalayani». «Invece non lo è. Sai quante volte al giorno ride un bambino di quattro anni?» «Non ho la minima idea». «Io sì: trecento. E adesso prova ad indovinare quante volte ride in media un adulto della nostra società». Tirai a indovinare: «Cinquanta?» «Quindici», rispose Julian con un sorrisetto. «Capisci? Ridere è la medicina dell'anima. Anche senza motivo, tu guardati allo specchio e ridi per un paio di minuti. Ti sentirai benissimo. Come ha scritto William James: «Noi non ridiamo perché siamo felici, siamo felici perché ridiamo». Inizia la tua giornata piacevolmente: ridi, gioca e rendi grazie per quello che possiedi. La vita sarà ricca di squisite soddisfazioni». «Tu cosa fai per iniziare la giornata col piede giusto?» «Ho elaborato una tabella mattutina piuttosto piena, che comprende un po' di tutto: dall'esercizio del Cuore della Rosa al bere due bicchieri di succo di frutta appena spremuto. Ma c'è una tecnica in particolare che voglio insegnarti». «Dimmi». «Dunque: dopo esserti svegliato, recati nel tuo Santuario del Silenzio. Rilassati, concentrati, e poi chiedi a te stesso: "Cosa farei oggi se fosse l'ultimo giorno della mia vita?" Il segreto è comprendere fino in fondo il senso di questa domanda. Elenca mentalmente le cose che faresti, le persone con cui vorresti parlare, come assaporeresti tutti gli attimi che ti rimangono. Immaginati intensamente in questa situazione. Pensa a come ti comporteresti con la tua famiglia e i tuoi amici, a come tratteresti anche un qualunque estraneo se sapessi di

essere giunto alla fine della tua vita. Se vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo, la tua vita acquisterà qualcosa di magico. «E a questo punto possiamo passare al Settimo Rituale: quello della Musica». «Penso che mi piacerà». «Ne sono sicuro. I Saggi di Sivana amano molto la loro musica: infonde loro la stessa energia che traggono dal sole. La musica li fa ridere, cantare, danzare. Sarà così anche per te. Non sottovalutare mai il potere della musica. Dedicale un po' del tuo tempo, anche solo ascoltando la radio in macchina mentre vai in ufficio. Se ti senti depresso o stanco, ascolta della musica. É uno degli stimolanti più sottili che conosca». «A parte te!» esclamai dando sfogo al mio entusiasmo. «A me basta ascoltarti, e mi sento già meglio. Sei davvero cambiato, Julian... e non solo nell'aspetto. Il tuo cinismo, la tua negatività sono spariti; la tua aggressività è un lontano ricordo. Sembri proprio in pace con te stesso. Questa notte hai toccato il mio cuore». «E il bello deve ancora venire... Ora però, lasciami andare avanti». «Sono tutto orecchi». «Bene. L'Ottavo Rituale è quello della Parola. Ogni mattina, pomeriggio e sera i Saggi di Sivana recitano una serie di mantra: ritengono che serva moltissimo ad aumentare la forza e la capacità di concentrazione della mente, e a sentirsi più felici». «Che cos'è un mantra?» domandai. «Un mantra non è altro che una sequenza di parole unite per dar luogo a un effetto positivo. In sanscrito, man significa "mente", e tra "liberazione": dunque il mantra è una frase che libera la mente. E credimi, John... i mantra raggiungono davvero questo scopo». «Tu ne reciti?» «Certo. Ovunque io vada essi sono i miei fedeli compagni. Che mi trovi sull'autobus o in una biblioteca o nel parco, confermo costantemente quanto c'è di buono nel mio mondo attraverso i mantra». «Li ripeti ad alta voce?» «Non necessariamente. Sono molto efficaci anche in forma scritta. Ma ho notato che ripeterli ad alta voce giova molto al mio spirito. Quando ho bisogno di sentirmi motivato, ripeto a me stesso a voce alta: "Mi sento attivo, disciplinato e pieno di vigore" per due-trecento volte. Per conservare la massima fiducia in me stesso conquistata con la perseveranza, ripeto: "Io sono forte, abile e tranquillo". Uso i mantra anche per mantenermi giovane e scattante», concluse Julian. «Come fa un mantra a mantenerti giovane?» «Le parole, che siano scritte o pronunciate, esercitano un enorme potere sulla mente, influenzandola e condizionandola. Se è importante quello che dici agli altri, figurati quello che dici a te stesso». «Dovrei parlare da solo?» «Proprio così. Tu

sei quello che pensi nell'arco della giornata. E sei anche quello che ti dici nell'arco della giornata. Se ti dici che ti senti vecchio e stanco, questo mantra produrrà anche effetti esteriori analoghi. Se ti dici che sei debole e demotivato, trasmetterai questa impressione agli altri. Se invece ti dici che sei in forma, dinamico e pieno di vitalità, la tua vita subirà una trasformazione. Vedi... le parole che dici a te stesso influiscono sull'immagine che hai di te, ed essa determina le tue azioni. Per esempio se pensi di non essere in grado di fare niente di buono, riuscirai a fare solo cose mediocri. Viceversa, se ti ritieni una persona entusiasta e libera dalle paure, le tue azioni avranno questa impronta. L'immagine di sé è una specie di profezia autoappagante». «Com'è possibile?» «Se ti credi incapace di fare qualcosa - per esempio, di trovare la compagna ideale o di vivere senza stress - questo condizionerà la tua autoimmagine, e ti renderà difficile star bene insieme a una donna o costruirti una vita serena. L'autoimmagine negativa saboterà ogni tuo sforzo». «E perché?» «Semplice. L'immagine che hai di te stesso è una dittatrice, non ti permette di comportarti in un modo che non sia coerente con essa. La cosa bella però è che tu puoi modificarla, come puoi modificare ogni altro aspetto della tua vita che non vada nella direzione del miglioramento. I mantra ti saranno molto utili per raggiungere questo obiettivo». «E se cambio il mio mondo interno, cambierò anche il mio mondo esterno», compitai come uno scolaretto che ripete la lezione. «Impari in fretta, John», commentò il mio maestro con aria soddisfatta. «Ora passiamo al Nono Rituale della Vita Radiosa. É il Rituale della Coerenza del Carattere, ed è una specie di corollario al concetto di autoimmagine di cui discorrevamo prima. In poche parole, ogni giorno devi cercare di compiere azioni che rafforzino il tuo carattere. Un carattere forte incoraggia l'autostima e migliora la qualità delle tue azioni; le azioni positive ripetute formano le buone abitudini, e le buone abitudini ti guidano verso il tuo destino. Dice Yogin Raman: "Se semini un pensiero, raccoglierai un'azione. Se raccogli un'azione, seminerai un'abitudine. Se semini un'abitudine, raccoglierai un carattere. Se semini un carattere, raccoglierai il tuo destino"». «Che devo fare per forgiare il mio carattere?» «Qualunque cosa alimenti le tue virtù. E prima che tu mi chieda quali sono per me le virtù, lasciami chiarire il

concetto. I Saggi di Sivana credono fermamente che solo un'esistenza virtuosa valga la pena di essere vissuta: una vita in cui ogni azione sia governata da alcuni princìpi eterni». «Ma non avevi detto che le loro azioni erano governate dalla finalità?» «E così è: ma la loro vocazione implica anche una vita coerente con i principi eterni serbati nel cuore per secoli dai loro avi». «Me li potresti dire, Julian?» «Oh, sono semplici: laboriosità, compassione, umiltà, pazienza, onestà e coraggio. Se agisci in osservanza di essi ti sentirai in pace e in armonia con il tuo spirito, come chi si comporta rettamente, rispettando le leggi della natura e dell'universo. Attingerai a una nuova fonte di energia - come potremmo dire? - a un potere superiore. La tua vita farà un salto di qualità, passando dall'ordinario allo straordinario, e diventerai partecipe della sacralità del tuo essere. Questo è il primo passo verso la perenne illuminazione». «Hai mai provato queste sensazioni?» «Sì, e... credimi, le proverai anche tu. Fai le cose giuste, opera con coerenza. Mantieni integro il tuo carattere. Segui il tuo cuore. Il resto verrà da sé. E non ti sentirai mai solo», aggiunse Julian. «In che senso?» «Te lo spiegherò un'altra volta, forse. Nel frattempo ricordati che per forgiare il carattere devi lavorare quotidianamente su te stesso. Per citare Emerson: "Il carattere è superiore rispetto all'intelletto. Un'anima grande sarà forte nella vita come nel pensiero". Avrai costruito il tuo carattere quando il tuo comportamento seguirà i principi che ti ho esposto. Altrimenti non potrai mai raggiungere la felicità». «E l'ultimo rituale?» «Si tratta del Rituale della Semplicità, che è basilare e li riassume tutti. É indispensabile vivere una vita semplice. Yogin Raman una volta mi ha detto: "Non bisognerebbe mai vivere impastoiati fra le minuzie. Concentrati solo sulle cose più importanti e significative, e ti prometto che la tua vita sarà ordinata, gratificante e mirabilmente serena". «Aveva ragione, sai? Quando ho deciso di separare il grano dal loglio, nella mia vita è entrata l'armonia: sono uscito dall'occhio del ciclone e ho trovato il tempo per odorare la fragranza delle rose». «Che cosa fai per coltivare la semplicità?» «Ho smesso di comprare vestiti costosi. Mi sono tolto il vizio di leggere sei giornali al giorno. Ho smesso di essere disponibile per tutti. Mangio di meno e seguo la dieta vegetariana. In pratica, ho ridotto le mie necessità. Se non farai lo stesso, John, non ti sentirai mai realizzato. Sarai come il giocatore di

roulette che aspetta sempre l'ultimo giro" nella speranza che esca il suo numero fortunato. Se per tutta la vita desideri più di quello che hai, come potrai essere felice?» «Ma prima mi hai detto che la felicità è frutto della realizzazione. Ora invece devo ridurre i miei bisogni e accontentarmi di poco. Non è un paradosso?» «Ottimo affondo, John. Davvero brillante. In effetti potrebbe sembrare contraddittorio, ma non è così. É vero, la felicità dipende dalla realizzazione dei tuoi sogni, ed è giusto spingersi il più avanti possibile su questa strada. Ma non è la felicità effimera quella a cui devi tendere: non devi cercare l'oro alla fine dell'arcobaleno. Io, ad esempio, quando ero già multimilionario, mi dicevo che il traguardo del mio successo sarebbe stato un conto in banca di trecento milioni di dollari. Questa invece era la ricetta per l'infelicità». «Trecento milioni?» domandai sbigottito. «Trecento, sì. Così, malgrado la mia ricchezza, non ero mai soddisfatto. Mi sentivo infelice. Ora lo posso ammettere, ero divorato dall'avidità. La mia storia assomiglia molto a quella di Re Mida... la conosci, vero?» «Certo. Mida amava l'oro al punto che pregò gli dei affinché tutto quello che toccava diventasse oro. Fu esaudito e se ne rallegrò. Ma poi si rese conto che la sua vita era diventata impossibile: non poteva più fare nulla, nemmeno mangiare, perché anche il cibo che toccava si trasformava in oro». «Bravo. Anch'io, ero talmente pazzo per i soldi che non riuscivo più a godermi niente. Sai che a un certo punto riuscivo a mangiare solo pane e acqua?» «Scherzi? Credevo che tu andassi sempre a cena nei migliori ristoranti della città con tutti quei tuoi amici famosi...» «Sì, all'inizio. Ma pochi sanno che, a furia di far vita sregolata, mi ero ammalato di ulcera, sanguinante per giunta. Mi bastava addentare un hot dog, ed erano le pene dell'inferno. Che macabra ironia! Con tutti i soldi che avevo, ritrovarmi a poter mangiare solo pane e acqua!». Per un istante Julian si rabbuiò. «Ma, vedi... per me, il passato è passato. Questa è un'altra grande lezione della vita. Come ti ho già detto, il dolore è un grande maestro, e per vincerlo prima dovevo provarlo, altrimenti non sarei quello che sono ora». «Qualche consiglio per semplificare la mia vita?» «Puoi fare mille cose. Anche i dettagli hanno importanza». «Per esempio?» «Non rispondere al telefono tutte le volte che squilla, non perder tempo a leggere posta inutile, smetti di andare al ristorante tre volte alla settimana, straccia la tessera del golf e passa più tempo con i bambini, ogni tanto non metterti l'orologio, qualche volta guarda sorgere il sole, vendi il cellulare e butta il cercapersone. Devo

continuare?» «Ho capito. Ma devo proprio vendere il telefonino?» chiesi con ansia, come un bambino preoccupato per il suo orsacchiotto. «Decidi tu. Il mio compito è quello di insegnarti la saggezza che mi hanno trasmesso a Sivana. Non è necessario che tu segua proprio tutti i miei consigli. Verificherai personalmente quali ti sono utili». «Già. Rifuggi gli eccessi, agisci con moderazione». «Bravissimo». «Devo ammettere che ogni tecnica mi sembra straordinaria. Ma basterà davvero solo un mese per cambiare la mia vita?» «Forse anche meno, o forse di più», rispose Julian assumendo la sua aria più sorniona, con le fossette alle guance. «Rieccoci. Non puoi spiegarti meglio, Grande Saggio?» «Oh... puoi continuare a chiamarmi Julian, anche se Grande Saggio non mi dispiacerebbe come intestazione sulla carta da lettere. Dico che ci vogliono meno di trenta giorni perché in definitiva cambiare è un processo spontaneo». «Spontaneo?» «Sì, avviene in un baleno. Nell'esatto momento in cui decidi nel profondo di elevare la qualità della tua vita, sarai una persona nuova, che segue naturalmente il corso del proprio destino»; «E perché più di trenta giorni?» «Ti garantisco che, praticando la dottrina, nel volgere di un mese vedrai un deciso cambiamento: avrai più energia, meno preoccupazioni, più creatività e meno stress. Detto questo, non devi neanche pensare che il Sistema di Sivana sia del tipo "a presa rapida". Si tratta di tradizioni millenarie che vanno applicate quotidianamente e per tutta la vita. Se le abbandoni, ritornerai altrettanto rapidamente ai vecchi vizi». Dopo avermi esposto i Dieci Rituali della Vita Radiosa, Julian fece una breve pausa. Poi riprese: «So che desideri che io prosegua, e lo farò. Credo così fermamente in quanto ti sto insegnando che non mi sento in colpa se ti terrò sveglio tutta la notte. Forse è giunto il momento buono di scendere un po' più in profondità». «Come? Perché tutto quello che ho sentito finora non sarebbe profondo?» «I segreti che ti ho rivelato permetteranno a te e a quelli che li apprenderanno da te di crearvi la vita che desiderate. Ma la filosofia dei Saggi di Sivana va oltre. Per ora ti ho insegnato dei precetti estremamente pratici: ma è bene che tu comprenda la spiritualità da cui scaturiscono. Se adesso le mie parole ti sono oscure, non importa: limitati ad ascoltarle, e a masticarle per un po'. Alla fine le digerirai». «Quando l'allievo è pronto, apparirà il maestro?» «Esatto», disse Julian sorridendo. «Sei sempre stato un ottimo allievo». «Be', sono pronto. Parlami di queste faccende

spirituali», lo incitai, incurante del fatto che fossero le due e mezza. «Dentro di te c'è il sole, la luna, il cielo, e tutte le meraviglie dell'Universo. L'intelligenza che ha creato queste meraviglie è la medesima che ha creato te. Le cose che ti circondano provengono dalla stessa fonte. Siamo tutt'uno». «Non sono sicuro di seguirti». «Ogni essere di questa terra ha un'anima, e tutte le anime fluiscono in una sola, l'Anima Universale. Nutrire la tua mente e la tua anima vuol dire alimentare l'Anima Universale. Se migliori la tua vita, migliori la vita di quelli intorno a te. E quando avrai il coraggio di procedere con fiducia in direzione dei tuoi sogni, ti approssimerai al potere dell'Universo. Come ti ho già detto, la vita ti dà quello che le chiedi. É sempre pronta ad ascoltarti». «Perciò la padronanza di sé e il kaizen, mi aiuteranno ad aiutare gli altri aiutandomi ad aiutare me stesso?» «Più o meno. Quando espanderai la tua mente, avrai più cura del tuo corpo, nutrirai il tuo spirito e capirai esattamente cosa intendo». «So che mi consigli solo per il mio bene, ma non è facile raggiungere la padronanza di sé per un modesto padre di famiglia che finora si è preoccupato di sviluppare più la sua clientela che la sua mente. E se non ce la faccio?» «Credimi... non ce la farai solo se non avrai il coraggio di tentare. L'unico ostacolo che ci separa dai nostri sogni, è la paura di commettere errori. Eppure sbagliare è fondamentale per avere successo, in tutti i campi: ci mette alla frusta e ci fa crescere. Ci insegna una lezione e ci accompagna verso la via della luce. I maestri orientali sostengono che una freccia che centra il bersaglio è il prodotto di cento altre che l'hanno mancato. Imparare dagli errori è una delle più importanti leggi di natura. Non avere paura di sbagliare... l'errore è un tuo amico». «Perciò dovrei apprezzare il fallimento?» chiesi incredulo. «L'Universo favorisce i coraggiosi. Quando deciderai, una volta per sempre, di innalzare la tua vita al massimo livello, la tua forza d'animo ti guiderà da sé. Secondo Yogin Raman, il destino di tutti è stabilito fin dalla nascita, e trabocca di splendidi tesori. Sta a noi avere il coraggio di realizzarlo. Una storia che lui mi ha raccontato ti farà capire meglio. «C'era una volta, nell'antica India, un gigante malvagio che viveva in un immenso castello affacciato sul mare. Dato che il gigante era rimasto a lungo lontano da casa per combattere in una serie di guerre, i bambini del villaggio avevano preso l'abitudine di andare a giocare nel

meraviglioso giardino del castello. Ma un brutto giorno il gigante ritornò dalla guerra e cacciò fuori tutti i bambini. "Andate via di qui, e non fatevi più vedere!" urlò infuriato sbattendo il pesante portone di quercia. Poi intorno al giardino costruì un altissimo muro di pietra per impedire che i bambini vi entrassero di nuovo. «Venne l'inverno e il freddo implacabile che caratterizza il nord dell'India. Il gigante sperava che finisse presto e ritornasse il caldo. Ma anche quando nel villaggio vicino arrivò la primavera, il giardino del gigante restava in una morsa di gelo. Un giorno, finalmente, il gigante sentì profumo di fiori, e dalle sue finestre entrò il tepore del sole. "É ritornata la primavera!" gridò allora il gigante, correndo nel suo giardino... ma quello che vide lo lasciò senza parole. I bambini del villaggio erano riusciti a scavalcare il muro e stavano giocando tra gli alberi fioriti: solo grazie alla loro presenza il giardino si era trasformato da una fredda distesa desolata in un rigoglio di rose, orchidee e narcisi. Tutti i bambini ridevano e giocavano felici... No, un momento, non tutti. Con la coda dell'occhio, il gigante notò un bambino più piccolo degli altri che piangeva perché non era riuscito a scavalcare il muro del giardino. Allora il gigante si intenerì, e per la prima volta in vita sua, si pentì dei suoi modi scontrosi. "Aiuterò questo bambino", disse fra sé; e gli corse incontro. Alla vista del gigante che si avvicinava, gli altri bambini scapparono a frotte, temendo che li volesse uccidere. Ma il piccino rimase dov'era, oltre il muro. "Ucciderò... questo gigante cattivo", balbettò tremante. "Difenderò il nostro campo di giochi". «Ma il gigante aprì le braccia verso il bambino in segno di pace. "Io ti sono amico", disse. "Ti aiuterò a scavalcare il muro e a entrare nel giardino, che d'ora in poi sarà tuo". Il piccolo, diventato di colpo un eroe per tutti gli altri bambini, faceva capriole di gioia; e regalò al gigante la collana che portava sempre al collo. "Questo è il mio amuleto", gli disse. "Voglio che lo tenga tu". «Da quel giorno, i bambini giocarono sempre nel giardino insieme al gigante; ma il piccino coraggioso che il gigante aveva particolarmente a cuore non ritornò più. Con il passar del tempo il gigante diventò debole e malato. I bambini continuavano a giocare nel suo giardino, ma lui non aveva più la forza di far loro compagnia. Nel silenzio di quelle giornate, i suoi pensieri riandavano quasi sempre al piccino coraggioso. «Un giorno, era un inverno particolarmente rigido, il gigante diede un'occhiata fuori dalla finestra e vide una cosa straordinaria: benché

tutto il giardino fosse coperto di neve, al centro campeggiava un meraviglioso roseto, coperto di fiori coloratissimi. Lì accanto era seduto il bambino a cui il gigante voleva tanto bene. Il piccolo sorrideva dolcemente. Allora il gigante esultò di gioia e corse fuori ad abbracciare l'amico. "Dove sei stato per tutti questi anni, piccolo mio? Mi sei mancato tanto". «Il bambino rispose con aria pensierosa: "Tanti anni fa mi hai fatto entrare nel tuo giardino magico. Ora sono tornato a prenderti per portarti nel mio". Più tardi, quando i bambini andarono a trovare il gigante, lo trovarono disteso a terra, morto. Era coperto da capo a piedi di bellissime rose. «Anche tu, John, sii sempre coraggioso come il bambino indiano. Non fuggire mai; segui i tuoi sogni, ed essi ti condurranno verso il destino che ti attende. Segui il tuo destino ed esso ti condurrà verso le meraviglie dell'Universo. Segui le meraviglie dell'Universo ed esse ti condurranno in un sublime giardino pieno di rose». Mentre volgevo lo sguardo su Julian per dirgli che la fiaba mi aveva profondamente commosso, mi accorsi di una cosa sorprendente: quel gladiatore dei tribunali, che aveva passato gran parte della sua vita a difendere imputati ricchi e famosi, stava piangendo. LA SAGGEZZA DI JULIAN IN PILLOLE. LA VIRTÙ. Pratica il kaizen. LA SAGGEZZA. La padronanza di sé è il DNA del controllo della propria vita. Il successo esteriore comincia da quello interiore. L'illuminazione deriva dalla cura costante della propria mente, del proprio corpo e della propria anima. LE TECNICHE. Fai le cose che temi. I Dieci Rituali. per vivere una Vita Radiosa. PENSIERO GUIDA. L'Universo predilige i coraggiosi. Quando deciderai, una volta per sempre, di innalzare la tua vita al massimo livello, la tua forza d'animo ti guiderà da sé in un luogo magico traboccante di splendidi tesori. ***

Capitolo 10 IL POTERE DELLA DISCIPLINA Sono sicuro che in questo giorno noi siamo padroni del nostro destino, che il compito che ci è stato affidato non è superiore alle nostre capacità, che le sofferenze e le insidie che comporta non trascendono i nostri mezzi. Se avremo fede nella nostra causa e un'indomita volontà di vittoria, la vittoria non ci sarà negata. Winston Churchill. Julian continuò a servirsi del racconto mistico di Yogin Raman come fulcro della dottrina che voleva trasmettermi. Ora sapevo dell'esistenza del giardino della mia mente, una riserva di energie e poteri nascosti. Attraverso l'immagine del faro avevo compreso la suprema importanza di definire il proprio scopo nella vita e l'utilità di porsi obiettivi per migliorare se stessi. Il lottatore di sumo, invece, mi ricordava il concetto di kaizen e i munifici doni della padronanza di sé. Ma ignoravo che il bello sarebbe venuto adesso. «Come ricorderai, il nostro lottatore di sumo è completamente nudo». «Sì... tranne la cordicella rosa che pudicamente gli cela le parti pendule», lo interruppi in tono scherzoso. «Proprio così. Il filo rosa servirà a ricordarti il potere dell'autocontrollo e della disciplina, fondamentali per condurre un'esistenza ricca, felice e illuminata. I miei maestri di Sivana erano sicuramente gli uomini più sani, sereni e soddisfatti che abbia mai incontrato. Ma anche i più disciplinati. Sono stati loro a insegnarmi che la virtù dell'autodisciplina è come un cavo elettrico. Hai mai osservato con attenzione un cavo elettrico, John?» «Non è una delle mie attività principali», dissi ridendo. «Bene, una volta o l'altra dagli un'occhiata. Noterai che è composto da migliaia di sottilissimi fili di rame intrecciati. Preso singolarmente ciascuno di essi è fragile e debole: ma tutti insieme formano un'unione che va oltre la somma delle parti, e il cavo diventa più resistente del ferro. L'autocontrollo e la forza di volontà operano allo stesso modo. Per costruire una volontà ferrea, è necessario compiere tanti piccoli atti di disciplina personale: nel loro insieme, questi atti varranno a costruirti una grandissima forza interiore. Come dice quel vecchio proverbio africano: "Unendo tante ragnatele si può catturare un leone". Liberando la forza di volontà, diventerai padrone del tuo mondo interiore. Attraverso una pratica costante

dell'antica arte dell'autocontrollo non ti troverai più di fronte a ostacoli insormontabili, né a problemi troppo ardui da risolvere, né a crisi troppo difficili da superare. Grazie all'autodisciplina scoprirai dentro di te le riserve mentali necessarie per affrontare le avversità. Ricorda anche che la mancanza di volontà è una malattia mentale, se ne soffri, devi dedicare tutto il tuo impegno a sconfiggerla. La forza di volontà e la disciplina sono basilari per formare il carattere e vivere secondo i tuoi sogni. La volontà ti permette di fare quello che dici di voler fare quando lo decidi. Ti spinge ad alzarti alle cinque del mattino in una fredda giornata d'inverno per meditare o nutrire il tuo spirito con una passeggiata in mezzo ai boschi, quando invece saresti tentato di restare nel tepore del letto. Ti impone di tacere quando una persona ti insulta o fa qualcosa che non condividi. Ti fa credere nei tuoi sogni anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili. Ti aiuta a mantenere i tuoi impegni con gli altri e quelli, ancora più importanti, con te stesso». «É davvero una virtù così fondamentale?» «Ma certo, amico mio. É la virtù indispensabile a chiunque voglia costruirsi una vita ricca di passione, opportunità e pace». Poi Julian si frugò nella tunica ed estrasse un medaglione d'argento, di quelli che si potrebbero trovare in qualche museo egizio. «Dove l'hai rubato?» ironizzai. «Me l'hanno regalato i Saggi di Sivana l'ultima sera che ho trascorso con loro. É stato un saluto festoso e pieno di affetto tra membri di una famiglia che ha scoperto il segreto della felicità... ma è stata anche una delle notte più tristi della mia vita. Non volevo lasciare il Nirvana di Sivana: era il mio santuario, un'oasi dove sono racchiuse tutte le cose buone e belle del mondo. I suoi abitanti erano diventati i miei fratelli e sorelle spirituali. Quella notte ho lasciato a Sivana una parte di me». Il ricordo lo commosse. «Che cosa dicono le parole incise sul medaglione?» «Ora te le leggo. Non dimenticarle mai, John. Nei momenti di difficoltà mi hanno aiutato tanto, e spero che saranno un balsamo anche per te quando ne avrai bisogno». Grazie all'acciaio della disciplina, forgerai un carattere ricco di coraggio e di pace. Grazie alla forza di volontà ascenderai al sommo della vita e potrai dimorare in una reggia colma di tutto ciò che è buono, gioioso e vivace. Senza queste virtù ti perderai come un marinaio senza bussola, che alla fine affonda insieme alla sua nave. «Non ho mai riflettuto molto sull'importanza dell'autocontrollo, anche se spesso ho rimpianto di non essere capace di maggior disciplina», ammisi. «Mi stai dicendo che posso davvero

sviluppare in me l'autocontrollo come mio figlio sviluppa i suoi bicipiti in palestra?» «Il paragone è perfetto. Tu hai il controllo sulla tua disciplina proprio come tuo figlio l'ha del suo corpo in palestra. Chiunque, anche l'uomo più debole o indolente del mondo, può acquisire in breve tempo tutta la disciplina che gli occorre. Un ottimo esempio è il Mahatma Gandhi: la gente lo vede come un santo moderno, un uomo capace di digiunare per settimane intere e sopportare tremende sofferenze per i propri ideali. Ma se studi un po' la vita di Gandhi, scoprirai che non è sempre stato un esempio di autocontrollo». «Non mi dirai che Gandhi non sapeva resistere alla cioccolata!» «Non proprio, John. Ma da giovane, ai tempi in cui faceva l'avvocato in Sudafrica, era piuttosto collerico, e la disciplina del digiuno e della meditazione gli erano tanto sconosciute quanto la fascia bianca con la quale ad un certo punto si cinse i fianchi e che sarebbe diventata famosa in tutto il mondo». «Mi stai dicendo che con la giusta miscela di allenamento e preparazione posso ambire alla stessa forza di volontà del Mahatma Gandhi?» «Ogni individuo è diverso. Uno dei concetti fondamentali che ho appreso da Yogin Raman è questo: gli uomini veramente illuminati non cercano mai di assomigliare agli altri, ma di superare se stessi. Non fare a gara con gli altri. Gareggia con te stesso. «Grazie all'autocontrollo, troverai anche la determinazione a fare le cose che hai sempre desiderato. Per esempio allenarti alla maratona, o discendere i torrenti in canoa... oppure lasciare i tribunali per metterti a fare il pittore. Qualunque cosa stia sognando adesso - si tratti di ricchezze materiali o spirituali - è una tua scelta, e non sarò io a giudicare. Ti dico solo che se coltivi le tue riserve nascoste di volontà, potrai realizzare qualunque sogno. «Potenziando l'autocontrollo e l'autodisciplina, proverai un profondo senso di libertà: e tanto basta per cambiare la tua visione delle cose». «Spiegati meglio». «Liberi, lo siamo quasi tutti. Possiamo andare dove vogliamo e fare quello che vogliamo. Ma troppi uomini liberi in realtà sono schiavi degli impulsi e subiscono gli eventi invece di affrontarli di petto, come la schiuma sbattuta contro gli scogli che va dovunque la portino le maree. Se nel bel mezzo di un pomeriggio in famiglia vengono chiamati dall'ufficio, vi si precipitano senza nemmeno interrogarsi un attimo sulle cose che veramente li aiutano a star bene, che danno loro uno scopo. Alla luce di tutto quel che ho visto in Occidente e in Oriente, ho capito che questi invidui godono della libertà come diritto, che però non esercitano nella

pratica. Alla loro libertà manca un ingrediente fondamentale: la capacità di vedere la foresta oltre gli alberi e di scegliere le cose importanti invece di quelle urgenti». Be', c'era poco da fare: Julian aveva ragione. Per parte mia, non potevo certo lamentarmi: avevo una bella famiglia, una casa confortevole e un crescente successo nel lavoro. Ma onestamente non mi sentivo libero. Il mio telefonino era una specie di prolungamento del mio braccio destro. Correvo tutto il giorno come un pazzo. Mi sembrava di non avere mai tempo per comunicare veramente con Jenny; e trovare nell'immediato futuro un momento di pace da dedicare a me stesso mi sembrava difficile quanto vincere la maratona di Boston. Più ci pensavo e più mi rendevo conto di non aver mai gustato il nettare della libertà vera, senza vincoli: nemmeno da giovane. Dovevo ammettere di essere completamente schiavo della mia debolezza. Ho sempre fatto quello che tutti gli altri mi dicevano di fare. «E potenziando la mia volontà sarò più libero?» «La libertà è come una casa: la si costruisce mettendo un mattone sopra l'altro. Il primo che devi posare è la volontà, la virtù che ti stimola a muoverti sempre nella giusta direzione, infondendoti l'energia necessaria ad agire con coraggio. Potrai guidare la tua vita verso ciò che desideri, e non farti trascinare da essa». Julian mi descrisse anche i notevoli vantaggi pratici di una vita disciplinata. «Va da sé che potenziare la forza di volontà ti aiuterà a estirpare le cattive abitudini; ti sentirai in forma e pieno di energie. Vedi, John... l'autocontrollo non è altro che il controllo della mente. La volontà è la regina della mente. La padronanza della mente incomincia dal controllo dei singoli pensieri. Una volta sviluppata la capacità di scartare i pensieri deboli per concentrarti su quelli positivi, seguiranno automaticamente delle azioni positive e buone. Attirerai come una calamita tutto quanto di buono e positivo c'è nel tuo mondo. «Ti faccio un esempio. Immaginiamo che ti ponga l'obiettivo di alzarti alle sei del mattino per andare a correre nel parco dietro casa. Siamo in pieno inverno, e ti suona la sveglia interrompendo un sogno bellissimo. Il primo impulso è quella di spegnerla e di girarti dall'altra parte. Probabilmente rimanderai la corsa all'indomani. Per qualche giorno andrai avanti così, e poi deciderai che sei troppo vecchio per cambiare abitudini, e che fare jogging è un obiettivo irraggiungibile». «Devo dire che mi conosci bene». «Ora... prova un po' a immaginare uno scenario alternativo. Siamo ancora in

inverno. Suona la sveglia e tu lì per lì pensi di rimanere a letto, ma poi, invece di arrenderti alle abitudini, le sfidi con decisione. Cominci a visualizzare il tuo aspetto, e come staresti e ti comporteresti se fossi in perfetta forma. Ti sembra già di sentire i complimenti dei colleghi mentre passi loro accanto con il tuo fisico snello e scattante. Concentrati su quello che potresti fare se avessi più energia. Non passeresti più le tue serate davanti alla televisione perché alla fine di una lunga giornata in tribunale ti senti troppo stanco per fare qualunque cosa. Ora i tuoi giorni saranno pieni di vitalità, entusiasmo e significato». «Credi che questa prospettiva basti a farmi anticipare la sveglia e a convincermi a correre al mattino presto?» «I primi giorni sarà dura, avrai la tentazione di restartene a poltrire. Ma Yogin Raman credeva fermamente in questa verità: Il bene trionfa sempre sul male. Perciò se tieni duro e dichiari guerra a tutti i pensieri negativi che col tempo si sono insinuati nella tua mente, vedrai che alla fine saranno loro a sentirsi a disagio e ad andarsene come ospiti indesiderati». «Vuoi dire che i pensieri possono essere paragonati a oggetti concreti?» «Certo. E in questo senso hai su di essi un controllo assoluto. Pensare positivo è facile come pensare negativo». «E allora perché tanta gente sembra interiorizzare soltanto le peggiori informazioni che ci arrivano dal mondo?» «Perché non conosce l'arte dell'autodisciplina e dell'autocontrollo. La maggior parte delle persone che conosco non immagina minimamente di poter controllare i propri pensieri. Sono convinti che vadano per conto loro, non capiscono che se non li controlliamo, saranno loro a controllare la nostra mente. Al contrario, ti garantisco che se ti concentri solo sui pensieri positivi, e usi tutta la tua forza di volontà per scacciare quelli negativi, ne trarrai un beneficio immediato». «Quindi, in sostanza, per trovare la forza di alzarmi presto, mangiare di meno, leggere di più, essere meno ansioso e più paziente o più attivo, devo semplicemente educare la volontà a depurare i miei pensieri?» «Se controlli i tuoi pensieri, controlli la tua mente. Se controlli la tua mente, controlli la tua vita. E quando finalmente sarai arrivato al punto di controllare completamente la tua vita, sarai padrone del tuo destino». Era quello che volevo sentirmi dire. In quella serata bizzarra quanto ispiratrice, da cinico che studia con sospetto l'ex avvocato diventato santone, mi ero trasformato in un credente che finalmente, dopo tanti anni, aveva aperto gli occhi. Avrei voluto che anche Jenny sentisse le parole di Julian... e, perché no?,

anche i ragazzi. Sono sicuro che ne sarebbero rimasti colpiti quanto me. Ho sempre sperato di diventare migliore come padre e marito, di vivere in modo più ricco, ma poi mi ritrovavo sempre preso fino al collo in quisquilie che sembravano tanto urgenti. Forse proprio per debolezza d'animo, per mancanza di autocontrollo. Guardavo il dito che indicava la luna e non vedevo la luna. E intanto il tempo passava. Sembrava ieri, che ero ancora uno studente di legge pieno di energia e di entusiasmo: sognavo di diventare un leader politico, o un giudice di corte suprema. Poi, a poco a poco, mi ero lasciato macinare dal trantran di tutti i giorni. Persino il vecchio Julian, famoso per la sua spavalderia, mi ripeteva sempre che "l'autocompiacimento uccide". Più ci pensavo, più mi rendevo conto di avere smarrito ogni ambizione... non le più futili, come possedere una casa più grande o un'auto più potente, ma quelle profonde, autentiche, che danno senso alla vita. Julian continuava a parlare, ma a io non lo sentivo più, ero perso in un sogno a occhi aperti. Mi rividi bambino, e poi mi immaginai da vecchio: a sessantanni sarei stato ancora nello stesso ufficio, con le stesse persone, ad affrontare le stesse battaglie legali? Il solo pensiero mi faceva rabbrividire. Da giovane sognavo di dare il mio piccolo contributo alla costruzione di un mondo migliore, ma adesso mi sentivo proprio inutile. Credo sia stato in quel preciso momento, mentre stavo seduto accanto a Julian in un'afosa notte di luglio, che avvenne la metamorfosi. I giapponesi lo chiamano satori, il "momento del risveglio", e provai veramente la sensazione di essermi svegliato. Decisi che d'ora in avanti avrei realizzato i miei sogni, che la mia vita si sarebbe elevata su, su, fino ad altezze mai raggiunte; e improvvisamente, per la prima volta, assaporai il gusto della libertà. La libertà di chi decide, una volta per sempre, di prendere in mano la propria esistenza e tutti gli elementi che la costituiscono. «Ti insegnerò una formula per sviluppare la tua forza di volontà», disse Julian, ignaro della mia repentina trasformazione interiore. «Perché la saggezza, se non viene applicata in modo corretto, non porta a nulla. «Tutti i giorni, mentre vai a lavorare, dovrai ripetere alcune semplici parole». «Uno di quei mantra che mi dicevi?» «Esatto. Questo risale ai tempi più remoti ed è noto solo ai monaci di Sivana. Continuando a ripeterlo, in breve svilupperai un saldo autocontrollo e una volontà

ferrea. Ricordati, John: le parole possono influenzare profondamente la tua vita. Sono l'incarnazione verbale del potere. Se ripeti parole di speranza, diventerai ottimista; se ripeti parole di gentilezza, diventerai gentile; se ripeti parole di coraggio, diventerai coraggioso. Le parole hanno un grande potere». «Okay, sono tutto orecchi». «Il mantra che ti consiglio di ripetere almeno trenta volte al giorno è questo: Io sono di più di quello che sembro, racchiudo in me tutta la forza e la potenza del mondo. Vedrai che porterà a grandi cambiamenti. E se vuoi risultati ancor più rapidi, abbina a queste parole l'esercizio di visualizzazione creativa di cui ti parlavo prima. «Per esempio, cerca un posto tranquillo. Siediti e chiudi gli occhi. Cerca di mantenere il corpo immobile, perché il primo segno di debolezza della mente è non riuscire a controllare i movimenti del corpo. Concentrati bene, e non permettere che la tua mente divaghi. Ora ripeti il mantra ad alta voce, più volte. Convinciti di esercitare un assoluto controllo sulla mente, sul corpo e sullo spirito. Immagina di affrontare una difficoltà con la stessa forza d'animo di Gandhi o di Madre Teresa di Calcutta. Otterrai risultati sorprendenti». «Tutto qui?» domandai, sbalordito dall'apparente semplicità della formula. «Questo esercizio basta a risvegliare la mia forza di volontà latente?» «É una tecnica che i maestri orientali si tramandano da secoli. E non è un caso che sia ancora praticata: evidentemente funziona. Come sempre, giudica dai risultati. Se ti interessa, conosco altri metodi per rafforzare la volontà e l'autodisciplina... ma ti avverto: potranno sembrarti un po' strampalati». «Non preoccuparti Julian. Ormai pendo dalle tue labbra». «Bene. Anzitutto devi abituarti a fare le cose che non ti piacciono. Nel tuo caso potrebbe essere semplicemente rifare il letto al mattino, oppure andare al lavoro a piedi. Esercitando quotidianamente la forza di volontà, sarai sempre meno schiavo dei tuoi impulsi più deboli». «L'uso sviluppa l'organo?» «Proprio così. Per rafforzare la volontà e la forza interiore prima di tutto le devi esercitare. E più ti applichi, più presto conseguirai gli effetti sperati. Il secondo esercizio è uno dei preferiti di Yogin Raman: si tratta di non parlare per un giorno intero. Sono ammesse soltanto le risposte a domande dirette». «Una specie di voto del silenzio?» «Esattamente questo, John. Secondo i monaci tibetani che hanno diffuso questa pratica, trattenersi dal parlare è un ottimo sistema per coltivare l'autodisciplina». «Ma in che modo?» «Tacendo per un giorno, condizioni la volontà a fare quello che le

ordini. Tutte le volte che ti viene l'impulso di parlare, respingilo e resta in silenzio. Non devi credere che la tua volontà viva di vita propria o abbia una mente autonoma. É al tuo servizio, aspetta solo che tu le dica cosa deve fare. Più la controlli e più la rafforzi. Il problema è che normalmente gli uomini non la sfruttano». «Perché?» domandai. «Probabilmente perché sono convinti di non possederla. Sono pronti a dare la colpa a tutti e a tutto, tranne che a se stessi e alla loro debolezza. Quelli che hanno un brutto carattere ti diranno: "Non posso farci niente, l'ho preso da mio padre". Gli ansiosi più incalliti ti diranno: "Non è colpa mia, è il mio lavoro che è stressante". I dormiglioni ti diranno: "Il mio corpo ha bisogno di dieci ore di sonno al giorno". Non si rendono conto di essere moralmente responsabili nei confronti delle loro straordinarie potenzialità: responsabili di stimolarle e farne uso. Quando capirai tutta l'importanza delle immutabili leggi di natura che regolano l'universo e gli esseri viventi, capirai anche che è un tuo diritto essere tutto quello che puoi essere. Come hai il potere di elevarti socialmente al di sopra dell'ambiente in cui sei nato, così puoi liberarti del tuo passato e non esserne più prigioniero. Ma per questo, devi diventare padrone della tua volontà». «Sembra difficile». «In realtà è un'idea molto pratica. Prova a pensare a quante cose potresti fare se raddoppiassi o triplicassi la tua forza di volontà. Potresti finalmente fare attività fisica con costanza e profitto; organizzarti in modo da utilizzare al meglio il tuo tempo; sradicare definitivamente la tendenza all'ansia; e anche diventare un marito ideale. Grazie alla forza di volontà, potrai riaccendere l'entusiasmo e la vitalità che dici di aver perso negli anni. É un aspetto che merita attenzione e impegno». «In conclusione dovrò esercitare regolarmente la mia forza di volontà?» «Sì. Invece di assecondare le tue debolezze, decidi di fare le cose che sai di dover fare. Su di noi le cattive abitudini esercitano come un magnetismo, ma bisogna vincerlo, come il razzo vince la forza di gravità quando sale verso il cielo. Spicca il volo, John: in poche settimane sarai un altro». «E il mantra mi aiuterà?» «Certo. L'azione combinata del mantra che ti ho insegnato e l'esercizio della visualizzazione di te stesso secondo i tuoi desideri ti renderanno una persona disciplinata e virtuosa. É importante anche non voler fare il passo più lungo della gamba: ogni lungo viaggio comincia da un

piccolo passo. Non si cresce in un giorno solo, ma per gradi. Per esempio, incomincia alzandoti presto la mattina: ti infonderà fiducia e ti spingerà verso traguardi più elevati». «Non vedo il nesso». «Per vincere la guerra prima devi vincere le battaglie. Un piccolo successo come alzarsi più presto ogni giorno è sufficiente per gratificarti. Ti sei posto un obiettivo e l'hai raggiunto. Stai bene. Ora il trucco sarà continuare a porsi traguardi sempre più alti e sempre più lontani; così alla fine produrrai automaticamente la magica forza propulsiva che ti farà dar fondo a tutto il tuo potenziale. Ti piace sciare?» mi chiese Julian all'improvviso. «Moltissimo», risposi. «Io e Jenny portiamo i ragazzi in montagna ogni volta che possiamo... cioè raramente, purtroppo». «Bene. Prova a pensare a quello che succede quando ti butti giù per una pista. La partenza è lenta, ma dopo qualche secondo prendi velocità e niente ti può più fermare, vero?» «Chiamami pure Saetta delle Nevi. Adoro l'ebbrezza della velocità!» «Che cos'è che ti fa andare veloce?» «Forse il mio fisico aerodinamico?» «Buona questa», rise Julian. «Ma sbagliata. É lo slancio. La stessa cosa succede quando sviluppi l'autodisciplina: parti piano, e poi prendi velocità. Puoi cominciare alzandoti presto tutte le mattine o facendo una passeggiata intorno all'isolato ogni sera o spegnendo la televisione quando sai di averla guardata a sufficienza: come vuoi. Queste piccole vittorie ti daranno lo slancio necessario a proseguire sulla strada dell'autodisciplina. Presto ti ritroverai a far cose che nemmeno ti sognavi, con un vigore e un entusiasmo impensabili. Vedrai John... è un passaggio inebriante. E la cordicella rosa del lottatore di sumo servirà a ricordarti il potere della volontà». Proprio mentre Julian finiva di parlare, fecero capolino nel soggiorno i primi raggi di sole, allontanando la notte come un bambino scosta la coperta che gli dà fastidio. «Questo sarà un gran giorno», pensai. «Il primo giorno della mia nuova vita». La saggezza di Julian in pillole. Sviluppa l'autodisciplina. la saggezza. L'autodisciplina si raggiunge attraverso piccoli atti quotidiani di coraggio. Per rafforzarla bisogna esercitarla di continuo. La forza di volontà è la virtù essenziale di una persona realizzata. le tecniche. Mantra. Visualizzazione creativa. pensiero guida. Dichiara guerra a tutti i pensieri negativi che col tempo si sono insinuati nella tua mente, e vedrai che alla fine saranno

loro a sentirsi a disagio, come ospiti indesiderati.

Capitolo 11 LA TUA RISORSA PIÙ PREZIOSA Saper organizzare il proprio tempo è il primo contrassegno di una mente ordinata. Sir Isaac Pitman «Sai cosa c'è di strano nella vita?» mi chiese Julian. «Dimmelo». «Quando la gente capisce cosa vuole e come deve fare per ottenerlo, è quasi sempre troppo tardi. É fin troppo vero il proverbio che dice: "Se il giovane sapesse, e se il vecchio potesse..."» «Immagino che siamo arrivati al cronometro della storia di Yogin Raman». «Esatto. Il lottatore scivola su un cronometro d'oro che qualcuno ha lasciato in mezzo al meraviglioso giardino», mi ricordò Julian. «E come potrei dimenticarlo?» Ormai avevo capito che il racconto del saggio Raman altro non era che una serie di metafore per memorizzare facilmente i diversi elementi della filosofia di Sivana. Comunicai la scoperta al mio amico. «Ecco che emerge il sesto senso dell'avvocato! Sì, hai proprio ragione. All'inizio i precetti del mio sublime maestro mi sconcertavano, e stentavo a comprenderne il significato, proprio come poco fa è successo a te. Ma ciascun elemento della storia - dal giardino al lottatore nudo, dalle rose gialle al sentiero di diamanti di cui ti parlerò fra breve - aiuta ad assimilare un corrispondente elemento della filosofia di Sivana. Il giardino mi ricorda di far entrare nella mente solo pensieri stimolanti; il faro, l'importanza di chiarire il mio scopo; il lottatore di sumo, la necessità di sviluppare la conoscenza; e il filo rosa, i prodigi della forza di volontà. Non passa giorno senza che io rifletta su questo racconto mistico». «E il cronometro d'oro, che cosa rappresenta?» «É il simbolo della nostra risorsa più preziosa: il tempo». «Ma allora, il pensiero positivo e la padronanza di sé?» «Senza il tempo non significano nulla. Sei mesi dopo il mio arrivo a Sivana, un pomeriggio, mentre stavo leggendo nella mia capanna, venne a trovarmi Divea, una saggia del villaggio, ma anche una donna bellissima dai capelli corvini e lucenti lunghi fino alla vita e una voce melodiosa. Mi spiegò che era la più giovane fra tutti i saggi e che Yogin Raman le aveva detto che io ero il migliore allievo che egli avesse mai avuto. «"Forse è stato proprio il dolore che hai sofferto nella tua vita precedente a permetterti di accogliere nel tuo cuore la nostra saggezza.

Sono venuta a portarti un regalo, in nome di tutta la comunità di Sivana. Te lo offriamo con gioia in segno del nostro rispetto per te, che hai fatto tanta strada per conoscere la nostra cultura, senza mai giudicarci né deridere le nostre tradizioni. Per questo, anche se hai deciso di partire fra poche settimane, ti consideriamo uno di noi. Nessuno straniero ha mai ricevuto quello che sto per offrirti"». «Di che si trattava?» chiesi impaziente. «Divea estrasse un oggetto dalla sua sacca di cotone e me lo porse. Avvolto in una carta profumatissima c'era un oggetto che non avrei mai creduto di trovare in un luogo come quello: una clessidra in miniatura - veramente minuscola - di vetro soffiato e legno di sandalo. Divea mi raccontò che ognuno dei saggi da bambino ne aveva ricevuta una. "Anche se non possediamo nulla e viviamo con semplicità, noi rispettiamo il tempo e prestiamo attenzione al suo trascorrere. Queste piccole clessidre ci ricordano la nostra mortalità e l'importanza di vivere ogni singolo giorno intensamente e appieno, concentrati sulla meta che ci siamo proposti"». «É incredibile pensare che quei monaci isolati tra monti inaccessibili si preoccupassero del tempo». «Nessuno di loro ne sottovalutava l'importanza: tutti avevano sviluppato quella che io chiamo "la coscienza del tempo". Vedi, ho imparato che il tempo ci scorre tra le dita come la sabbia nella clessidra, e che non ritorna più. Chi fin dall'infanzia non ha sprecato il suo tempo vivrà un'esistenza gratificante e ricca; chi invece non si è mai reso conto che controllare il tempo è controllare la vita, non sfrutterà mai a fondo le sue potenzialità. Vedi, John... il tempo è democratico: che tu sia ricco o povero, che viva nel Texas oppure a Tokio, hai sempre a disposizione ventiquattro ore al giorno. La differenza tra una persona soddisfatta della propria vita e una che si lascia vivere, è l'uso diverso che essi fanno di quelle ventiquattro ore». «Una volta ho sentito dire a mio padre che sono proprio le persone più indaffarate ad avere tempo in abbondanza. Tu cosa ne pensi?» «Sono d'accordo: le persone più produttive organizzano le giornate con molta efficienza... perché sono costrette a farlo. Pianificare perfettamente gli impegni non vuol dire necessariamente essere dei drogati da lavoro. Al contrario, la gestione del tempo ti permette di fare con più agio le cose di cui ti importa. Essere padroni del proprio tempo vuol dire essere padroni della propria vita. Insomma, stai attento all'impiego che ne fai: il tempo non è una risorsa illimitata. «Ti faccio un esempio», proseguì

Julian. «É lunedì mattina e hai l'agenda piena di appuntamenti, incontri e sedute in tribunale. Invece di alzarti come sempre alle 6.30, buttare giù un caffè, schizzare al lavoro e passare una giornata frenetica e stressante per riuscire a far tutto, la sera prima ti prendi un quarto d'ora per pianificare l'indomani. O, meglio ancora: dedichi un'ora della tua tranquilla domenica mattina a organizzare tutta la settimana. Scriverai sull'agenda gli orari in cui incontrare i clienti, fare le ricerche legali e rispondere alle telefonate. Non dimenticarti la cosa più importante, cioè di programmare anche i tuoi propositi di crescita personale, sociale e spirituale. Questo semplice atto è il segreto per vivere con equilibrio. Ancorando tutti gli aspetti essenziali del tuo percorso a un programma giornaliero, arricchirai la tua settimana e la tua vita di significato e di pace». «Non mi starai dicendo che ogni tanto devo interrompere il lavoro per fare una passeggiata nel parco o per meditare?» «Sì, invece. Perché sei così legato alle convenzioni? Perché pensi che bisogna agire o atteggiarsi in un certo modo solo perché così fanno gli altri? Vai per la tua strada e non curarti di nessuno. Potresti iniziare a lavorare un'ora prima, così a metà mattina ti prendi il lusso di fare quattro passi in quel bellissimo parco che c'è vicino all'ufficio. Oppure, puoi lavorare qualche ora in più all'inizio della settimana per smettere prima il venerdì, e magari portare i tuoi figli allo zoo. Non è impossibile nemmeno lavorare qualche ora alla settimana in casa, per stare più vicino alla tua famiglia. Gestisci il tempo in modo creativo: organizza la settimana intorno alle tue priorità, anche se all'inizio ti costerà un po' di fatica. E ricordati che fallire nella pianificazione significa pianificare il fallimento. Per di più, inserendo nella tua agenda non solo gli appuntamenti di lavoro, ma anche gli appuntamenti interiori - come leggere, rilassarti, o dedicare più tempo alla famiglia - sfrutterai le giornate con molta più efficienza. Non commettere l'errore di considerare sprecato il tempo che impieghi per arricchire i tuoi momenti non lavorativi. La vita non è fatta a compartimenti stagni: è un insieme compatto e coerente. Il tuo comportamento a casa influisce sul tuo comportamento al lavoro; il modo in cui tratti le persone in ufficio influisce sul modo in cui tratti i tuoi famigliari o i tuoi amici». «Lo so, Julian, ma proprio non ho tempo di fare pause durante la mattinata. Ti dirò di più: lavoro anche di sera. In questi giorni è un vero massacro». Appena ebbi detto queste parole, al solo pensiero della montagna di

lavoro che mi aspettava sentii un nodo allo stomaco. «Essere occupati non è una scusa. La vera domanda che devi porti è: in che cosa sono occupato? Una delle regole auree che ho imparato a Sivana è che l'ottanta per cento di quello che riesci a realizzare nella vita è frutto solamente del venti per cento delle tue attività. Yogin Raman la chiamava l'"Antica Regola del Venti". «Non capisco». «Okay. Torniamo al tuo frenetico lunedì. Dalla mattina alla sera avrai passato il tempo facendo un sacco di cose: hai telefonato ai clienti, hai scritto arringhe, hai letto delle favole a tuo figlio minore per farlo addormentare, hai giocato a scacchi con tua moglie, eccetera. D'accordo?» «D'accordo». «Ma fra tutte le attività che hanno occupato il tuo tempo, solo il venti per cento produrrà qualche effetto significativo. Solo il venti per cento influirà sulla tua vita in modo permanente. Sono le cosiddette "attività ad alto impatto". Per esempio: tu credi che fra dieci anni ti resterà qualcosa del tempo che hai passato a chiacchierare davanti alla macchina del caffè o in una tavola calda piena di fumo, oppure a guardare la televisione?» «Credo proprio di no». «Infatti. E converrai anche che, viceversa, ci sono altre attività che risulteranno fondamentali». «Vuoi dire le ore trascorse ad ampliare le mie conoscenze legali, o a stringere rapporti con la mia clientela... in definitiva, il tempo investito per migliorare professionalmente?» «Sì, certo... ma anche il tempo che passi con i tuoi figli, o con Jenny, o a contatto con la natura; il tempo che passi a ringraziare per tutto quello che hai la fortuna di avere. Il tempo dedicato a rinnovare il tuo spirito, il tuo corpo e la tua mente. Sono queste le attività "ad alto impatto" che ti permetteranno di prefigurare la vita che ti meriti. Organizza le tue giornate riempiendole di questo genere di attività. Le persone illuminate sono mosse dalle loro priorità. Se vuoi essere padrone del tuo tempo, segui questa regola». «Grande! Sono tutte cose che ti ha insegnato Yogin Raman?» «Questa è la scuola della vita, John. Sicuramente Yogin Raman mi ha svelato segreti meravigliosi, dei principi immortali che non dimenticherò mai. Ma anche dalla vita si ricavano profondi insegnamenti e tutte le mie esperienze, alla luce di quanto mi hanno trasmesso i saggi, ora si incastrano perfettamente come tessere di un mosaico, indicandomi la strada verso una vita migliore». Julian aggiunse: «Spero anche che tu faccia tesoro dei miei iniziali errori. Ci sono uomini che sanno trarre insegnamento dagli errori degli altri.

Questi sono i saggi. Altri invece pensano che si impari solo con l'esperienza personale, e finiranno per sopportare dolori e angosce inutili». Nella mia carriera di avvocato avevo partecipato a molti seminari sulla gestione del tempo, ma non avevo mai ascoltato una filosofia di padronanza del tempo stesso simile a quella che mi stava esponendo Julian. Qui la pianificazione del proprio tempo non era vista solo in funzione del lavoro: si trattava di un sistema distico, che avrebbe potuto rendere ogni aspetto della mia vita più gratificante ed equilibrato. Compresi che se avessi programmato le mie giornate in modo razionale, non sarei diventato solo più efficiente, ma anche più felice. «Allora la vita è un po' come una fetta di pancetta. Se vuoi essere padrone del tuo tempo devi separare il grasso dalla carne». «Bravo. Adesso hai capito. E per quanto io sia vegetariano, la tua similitudine mi piace, perché esprime perfettamente il concetto. Se ti concentri a fondo sulla carne, non puoi perdere tempo con il grasso, e seguendo questo principio la tua vita entrerà nella dimensione straordinaria a cui facevo riferimento all'inizio. In questo modo i tuoi desideri saranno esauditi e la porta del tempio dell'illuminazione si spalancherà magicamente davanti a te. «A proposito: rammenta di non permettere a nessuno di rubarti il tempo. Guardati dai ladri di tempo, quelli che ti telefonano regolarmente mentre stai mettendo a letto i bambini o ti sei appena sprofondato nella tua poltrona preferita per leggere un bel romanzo. Hanno come un sesto senso che li fa puntualmente piombare nel tuo ufficio nei cinque minuti di pausa che eri riuscito a ritagliarti nel corso di una giornata terrificante. É o non è così?» «Come no! Hai perfettamente ragione. E io sono sempre troppo gentile per non lasciarli entrare o liquidarli in quattro e quattr'otto», confessai. «Devi essere spietato con chi cerca di derubarti del tempo. Abbi il coraggio di negarti alle cose irrilevanti, perché solo così potrai concederti alle cose che contano davvero. Quando vuoi lavorare con tranquillità a un caso importante, barricati in ufficio. Non rispondere al telefono ogni volta che suona: il suo scopo è di agevolarti la vita non di distruggertela. Alla fine, vedendo che dai valore al tuo tempo, anche gli altri ti rispetteranno di più. Si renderanno conto che il tuo tempo è prezioso, e smetteranno di farne saccheggio». «E che mi dici del vizio di rimandare? Tante volte rimando le cose che non ho voglia di fare preferendo leggere posta inutile o sfogliare distrattamente riviste legali.

Non sarà solo per ammazzare il tempo?» «Ammazzare il tempo è una giusta metafora. Certo, è proprio della natura umana fare le cose che ci attirano ed evitare quelle più noiose o pesanti; ma come ti dicevo, gli individui più produttivi si sono abituati a fare le cose che agli altri non piacciono... e non è detto che piacciano neanche a loro». Mi soffermai a riflettere sulle parole di Julian. Forse il mio problema non era il vizio di rinviare le cose. Forse, più semplicemente, la mia vita era diventata troppo complessa. Julian capì che tentennavo. «Secondo Yogin Raman chi è padrone del proprio tempo vive con semplicità. La natura non aveva previsto per noi un ritmo tanto frenetico e concitato. Tuttavia, essere produttivi e avere ben chiari i nostri scopi non serve a nulla se va a scapito della serenità d'animo. In fondo è questo che mi ha subito affascinato nella dottrina dei Saggi di Sivana: l'equilibrio tra efficienza e appagamento spirituale». Era venuto il momento di toccare il mio punto dolente. «Julian, tu sei sempre stato schietto e sincero con me, e allora cercherò di esserlo anch'io. Non ho intenzione di vendere la macchina o la casa per essere più felice e soddisfatto. Sono legato ai beni materiali che mi sono conquistato, anche a quelli superflui: sono il premio per anni di lavoro e di fatica. Però dentro di me, ho un senso di vuoto: come ti ho già detto, da studente coltivavo tanti sogni. C'è ancora un sacco di cose che vorrei fare nella mia vita. Pensa che ormai ho quasi quarantanni e non sono mai stato nel Grand Canyon, né sulla Torre Eiffel... non ho mai camminato nel deserto, non ho mai remato su un lago tranquillo in una splendida giornata d'estate. Non mi sono mai tolto le scarpe per camminare a piedi nudi nel parco, fra le risate dei bambini e i cani che abbaiano. Non riesco nemmeno a ricordarmi l'ultima volta in cui sono andato a passeggio subito dopo una nevicata, solo per il piacere di ascoltare i rumori attutiti e tornare bambino». «Allora semplifica la tua vita!» esclamò affettuosamente Julian. «Applica l'Antico Rituale della Semplicità a ogni aspetto del tuo mondo, così da avere più tempo per gustare queste meraviglie. Uno degli sbagli più tragici che possiamo fare è guardare troppo lontano. Quanti sognano un magico roseto che spunti all'orizzonte e intanto non si godono i fiori che hanno nel loro giardino. Che disastro!» «Dammi un consiglio». «Sta a te: fai quello che desideri di più. Io ti ho descritto le tecniche di Yogin Raman: tu trova solo il coraggio di

sperimentarle. Oh, ecco però... ora mi viene in mente un'altra cosa che contribuisce alla tranquillità e alla semplicità della mia vita». «Cioè?» «Adoro fare una breve siesta di pomeriggio. Mi fa sentire più forte, mi rigenera e mi ringiovanisce. É una specie di sonno di bellezza», rise Julian. «La bellezza non è mai stato esattamente il tuo forte». «E invece l'ironia è sempre stato il tuo, e ne sono lieto. Non dimenticare mai il potere della risata. Ridere, come ascoltare musica, è un meraviglioso tonico per eliminare stress e tensioni. Yogin Raman diceva: "La risata apre il cuore e placa lo spirito. Nessuno dovrebbe prendersi sul serio al punto di non riuscire a ridere di se stesso"». Julian fece un'ultima considerazione a proposito del tempo. «Non ti ho detto la cosa più importante, John. Smetti di vivere come se davanti a te avessi ancora cinquecento anni. Quando Divea mi regalò la piccola clessidra mi diede un consiglio che non dimenticherò mai». «E quale?» «Il momento migliore per piantare un albero sarebbe stato quarantanni fa, il secondo è adesso. Non sprecare neanche un minuto dei tuoi giorni. Devi acquisire una mentalità da letto di morte». «Scusa?» l'interruppi turbato. «Credo di non aver capito bene... Mentalità da letto di morte?» «Intendo un nuovo modo di considerare la vita che ti infonderà molta più energia: ricordandoti che ogni giorno può essere l'ultimo, non potrai che assaporarlo appieno». «Ma mi sembra un po' macabro... mi fa pensare alla morte». «Invece è una filosofia che inneggia alla vita. La mentalità da letto di morte farà sì che alla mattina ti svegli domandandoti: "Cosa farei se questo fosse l'ultimo giorno della mia vita? Come tratterei la mia famiglia, i colleghi, gli sconosciuti?". Sono sicuro che faresti mille cose con estremo entusiasmo, traendo il massimo da ciascun istante. Il pensiero di avere i giorni contati basterebbe a cambiare la tua vita». Julian continuò: «Abituati a sperimentare tutto senza mai tirarti indietro. Libera ogni energia e indirizzala verso i tuoi desideri. Non avere paura di sognare, non accettare una vita mediocre. Trova il coraggio di attingere alle tue più nascoste risorse. É un tuo diritto!» «Questa sì è roba forte». «E c'è dell'altro. Conosco un semplice trucco per spezzare il sortilegio del senso di frustrazione che affligge tanta gente». «La mia tazza è sempre vuota», ribadii con umiltà. «Agisci come se sbagliare fosse impossibile, e il successo sarà assicurato. Spazza via ogni pensiero che ti distolga dal tuo obiettivo, materiale o spirituale che sia. Osa, e non porre limiti

alla tua immaginazione. Non restare mai prigioniero del passato, ma sii l'architetto del tuo futuro: ti rinnoverai di continuo, trovando motivazioni sempre diverse». Era ormai mattina e la città si stava risvegliando. Il mio amico cominciava a dare i primi lievi segni di stanchezza dopo una notte trascorsa a trasmettere la sua sapienza a un allievo assetato di cambiamento. Tuttavia ero sgomento di fronte alla sua resistenza. Forse un giorno anch'io avrei potuto contare su quell'entusiasmo e quella forza che animavano Julian. «Siamo quasi arrivati al termine della spiegazione del racconto, e si avvicina il momento in cui dovrò lasciarti», mi disse soavemente Julian. «Sai, mi restano tante cose da fare, e tante persone da incontrare». «Dirai ai tuoi soci che sei tornato a casa?» chiesi cercando di dissimulare la mia curiosità. «Non credo proprio, no... Il Julian Mantle che loro conoscevano è molto cambiato. Penso in modo diverso, vesto in modo diverso, faccio cose diverse... in una parola, non sono più quello. Non so neppure se mi riconoscerebbero». «Be', sì... sei davvero un uomo nuovo», convenni, sorridendo al pensiero di vederlo salire sulla rombante Ferrari, che era stato il suo orgoglio, in tunica da santone. «Sarebbe più giusto dire che sono un nuovo essere». «Non vedo la differenza», obiettai. «Conosci il vecchio detto indiano: Noi non siamo esseri umani che vivono un'esperienza spirituale, siamo esseri spirituali che vivono un'esperienza umana? Ora ho capito qual è il mio ruolo nell'universo: so chi sono, non sono più nel mondo... è il mondo che è dentro di me». «Credo che questo concetto dovrò masticarlo un po' prima di digerirlo», ammisi in tutta sincerità. «Lo credo, amico mio... ma non ti preoccupare: verrà il momento in cui le mie parole ti saranno chiare. Se applicherai le tecniche che ti ho insegnato e diventerai padrone della tua esistenza, comprenderai il senso della tua vita, un puntino sulla tela immensa dell'eternità. Capirai finalmente chi sei e qual è lo scopo supremo della tua vita». «Vale a dire?» «Renderti utile. Puoi abitare in una casa da sogno o girare in fuoriserie, ma esiste solo una cosa che ti seguirà fino al termine dei tuoi giorni: la tua coscienza. Ascolta la tua coscienza e lascia che ti guidi: lei sa che cosa è giusto. Ti dirà che la tua vocazione è aiutare gli altri disinteressatamente, nella forma che ti è più congeniale. Questo mi ha insegnato il mio peregrinare; e ora devo incontrarmi con gli altri, aiutarli e guarirli. La mia missione sarà diffondere la sapienza dei Saggi di Sivana fra tutti

quelli che ne hanno bisogno. Questo è il mio scopo supremo». Anche un'anima non illuminata come la mia vedeva chiaramente come il fuoco della conoscenza avesse acceso il cuore del mio amico: tanto era appassionato, pieno di fervore, e tutto preso dalla sua dottrina. D'altra parte, la sua trasformazione da vecchio avvocato malaticcio in giovane atleta snello e muscoloso non poteva esser frutto solo di una dieta sana e di un po' di ginnastica. Nel suo viaggio fra le grandi montagne Julian si era cibato di un alimento molto più nutriente. Aveva scoperto un segreto vanamente inseguito nei secoli. Si trattava di qualcosa di più grande del segreto della giovinezza o dell'appagamento, più grande della felicità. Julian aveva scoperto il segreto dell'io.

Rispetta il tuo tempo LA SAGGEZZA. Il tempo è la nostra risorsa più importante e non è illimitata. Concentrati sulle tue priorità e mantieni l'equilibrio. Semplifica la tua vita LE TECNICHE. L'Antica Regola del Venti. Abbi il coraggio di dire di no. Vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo PENSIERO GUIDA -Il tempo ci scorre tra le dita come i granelli di sabbia nella clessidra, e non ritorna più. Chi fin dall'infanzia non ha sprecato il suo tempo vivrà un'esistenza gratificante e ricca.

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Capitolo 12 LO SCOPO SUPREMO DELLA VITA Ogni essere vivente non vive solo, né per se stesso. William Blake. «A parte il loro aspetto giovanile», considerò Julian, «quello che mi sorprese maggiormente nei Saggi di Sivana fu la loro cortesia. «Una volta Yogin Raman mi raccontò che quando era bambino, ogni sera suo padre entrava silenziosamente nella sua capanna e gli domandava quale buona azione avesse compiuto durante la giornata. Se non ne aveva compiuta nessuna, suo padre lo faceva alzare perché facesse un'azione gentile o di qualche utilità per gli altri prima di andare a dormire». «Vedi, John... tu puoi avere dieci case al mare e cinque belle macchine in garage, ma alla fine la qualità della tua vita sarà determinata dalla tua generosità nei confronti degli altri-, è questa la principale virtù degli uomini illuminati». «Ha forse a che vedere con le rose gialle della storia di Raman?» «Certo. Le rose gialle ti ricorderanno sempre questo proverbio cinese: "Nelle mani di chi ti regala un fiore rimane sempre un po' di profumo". Il significato è evidente: se cerchi di migliorare la vita degli altri, indirettamente migliori anche la tua. Se ti eserciti quotidianamente a compiere piccoli atti di gentilezza, la tua vita acquisterà gioia e significato. Per rendere ogni tuo giorno un giorno sacro, aiuta gli altri... in qualunque modo». «Mi stai suggerendo di fare del volontariato?» «Sarebbe un primo passo eccellente. Ma io parlavo di qualcosa di più astratto. Ti sto consigliando di adottare un nuovo paradigma nella tua esistenza». «Non ho capito. Puoi spiegarmi cosa intendi per paradigma?» «Un paradigma è semplicemente un modo di vedere un aspetto della vita, o la vita in generale. Come dire che i pessimisti vedono il bicchiere mezzo vuoto, e gli ottimisti mezzo pieno. Interpretano la stessa situazione in modo diverso perché hanno paradigmi diversi. In pratica, il paradigma è la lente attraverso cui vedi gli eventi della vita, esterni o interni». «Allora quando mi dici di adottare un nuovo paradigma, mi stai dicendo di mutare prospettiva?» «Praticamente sì. Per migliorare decisamente la qualità della tua vita, devi osservare la tua vita su questa terra da una nuova prospettiva:

renderti conto che come sei arrivato nel mondo senza niente, senza niente te ne andrai. E stando così le cose, ci può essere solo una ragione per cui viviamo». «E quale?» «Donarci agli altri, offrire il nostro contributo. Ciò non significa dover gettare alle ortiche i tuoi beni materiali, o lasciare il lavoro e dedicare la tua esistenza agli emarginati e ai poveri... anche se conosco persone che l'hanno fatto e ora sono molto felici. Il mondo sta cambiando. Rispetto al denaro diventa sempre più importante dare un significato alla vita. Anche alcuni nostri colleghi avvocati abituati da sempre a giudicare gli altri in base al reddito, ora guidicano le persone in base al loro impegno umano, al loro cuore. Trovi insegnanti che rinunciano a un lavoro sicuro per favorire la crescita intellettuale dei bambini più bisognosi. In molti ormai seguono la propria vocazione interiore, rendendosi conto di essere al mondo per uno scopo ben preciso, e di disporre di tutti i mezzi adatti a realizzarlo». «Per esempio?» «Proprio i mezzi di cui ti ho parlato questa sera: ampiezza di risorse mentali, sconfinata energia, creatività, disciplina, serenità. Basta liberare questi tesori e usarli per qualcosa di utile». «Ora sì che ti seguo. E da dove dovrei incominciare a far del bene?» «Innanzitutto cambia la tua prospettiva e non vederti più unicamente come individuo, ma come parte di un insieme». «E quindi devo essere più gentile e comprensivo?» «Considera che la cosa più nobile che puoi fare nella vita è dare agli altri. I saggi orientali chiamano questo processo "liberazione dalle catene dell'io": si tratta di superare l'egocentrismo ed elevarsi verso una dimensione più alta. Questo comporta che devi dare di più agli altri in termini di tempo e di energia, ossia le tue risorse più preziose. Puoi compiere gesti importanti, come prenderti un anno sabbatico, interrompere il lavoro e andare ad aiutare i poveri; o anche piccole cose, come dare la precedenza a qualche auto bloccata in un ingorgo. Potrà sembrarti retorico, ma se c'è una cosa che ho capito è che la tua vita diventa magica nel momento in cui ti sforzi di migliorare il mondo. Yogin Raman mi disse che quando nasciamo noi piangiamo, mentre il mondo ride di gioia. Dovremmo agire in modo che alla nostra morte il mondo pianga mentre noi sorridiamo sereni». Julian aveva ragione. Una delle cose che non sopportavo più nel mio lavoro era la palpabile certezza di non dare al mondo il contributo di cui sentivo che sarei stato capace. D'accordo: avevo sempre il privilegio di lavorare a casi importanti e, facendo trionfare giuste cause, potevo creare precedenti positivi; il fatto

era, però, che per me il lavoro non era più una passione, ma soltanto un mezzo per far soldi. All'università, come molti ai miei tempi, ero un idealista. Tra pizze rafferme e caffè freddi, discutevamo di come avremmo cambiato il mondo. Da allora erano passati quasi vent'anni, e miei ideali sono diventati quelli di pagare il mutuo della casa e di accantonare più soldi per la pensione. In tutto questo tempo mi ero chiuso nel bozzolo della mia classe sociale, e ormai lo sentivo come una seconda pelle. Julian riprese: «Ti racconterò una storia che ti farà capire bene cosa intendo. C'era una volta una vecchierella che restò vedova del suo adorato marito. Allora andò a vivere con il figlio, la nuora e la loro figlioletta. Un giorno dopo l'altro la sua vista si indeboliva, e il suo udito peggiorava. Le sue mani tremavano al punto che a volte le cadevano i piselli dal piatto, o versava la zuppa. Non sopportando più il disordine che lei involontariamente creava, un giorno il figlio e la nuora sistemarono un tavolino vicino all'angolo delle scope, e da allora la fecero mangiare lì, tutta sola. All'ora di pranzo la nonnina li guardava con gli occhi pieni di lacrime, ma loro le rivolgevano la parola solo per redarguirla quando le cadeva il cucchiaio. «Una sera, appena prima di cena, la bambina era seduta sul pavimento a giocare con le costruzioni. "Che cosa stai costruendo?" le domandò sollecito suo padre. "Sto costruendo un tavolino per te e la mamma, così quando sarete vecchi potrete mangiare nell'angolino". Per un momento, che sembrò durare un'eternità, il padre e la madre rimasero muti, poi scoppiarono a piangere. Si erano resi conto della crudeltà del loro comportamento, e del dolore arrecato alla vecchierella. Da quel giorno la nonna mangiò insieme a loro al grande tavolo da pranzo e se le cadeva un boccone o la forchetta, nessuno ci faceva più caso. «I genitori di questa storia non sono cattive persone», spiegò Julian. «Avevano bisogno soltanto della scintilla della consapevolezza per accendere la candela della compassione. La compassione e i gesti quotidiani di gentilezza rendono la nostra vita assai più ricca. Ogni mattina rifletti sul bene che potrai fare agli altri durante il giorno. Un elogio sincero a chi meno se lo aspetta, un gesto di affetto regalato a un amico nel momento del bisogno, qualche piccola attenzione dimostrata ai tuoi cari senza nessuna ragione particolare, sono benedizioni della vita. E a proposito dell'amicizia, conserva i tuoi amici, tienili ben stretti: un uomo che ha almeno tre amici veri è un

uomo molto ricco». Annuii. «Gli amici ti regalano allegria, calore e umanità. Che cosa c'è di meglio, per sentirsi più giovani, di una bella risata condivisa con un amico? Gli amici ti aiutano a essere umile quando inizi a crederti chissà chi, ti fanno sorridere quando cominci a prenderti troppo sul serio. I buoni amici sono lì ad aiutarti quando ti trovi in un momento di difficoltà e le cose ti sembrano peggiori di quanto non siano. Quando ero avvocato, non avevo tempo per gli amici... e adesso, a parte te, sono da solo. Nessuno con cui fare una passeggiata nel bosco, o parlare dello stupendo libro che ho appena letto, o a cui comunicare le mie emozioni. Nessuno a cui aprire l'anima quando un magico tramonto d'autunno mi commuove e mi riscalda il cuore». Ma il rimpianto di Julian fu breve. «Comunque sia... non ho tempo per rimpiangere il passato: i Saggi di Sivana mi hanno insegnato che per la mente illuminata, ogni alba è un nuovo giorno». Avevo sempre visto Julian come una specie di avvocatosupereroe, capace di sbaragliare gli avversari con la stessa forza dirompente del karateka che sfascia una pila di mattoni: ora di fronte a me c'era un uomo gentile, dolce e pacifico. Sembrava sicuro della propria identità e del proprio ruolo su questa terra. Era come se guardasse i dolori passati con gli occhi di un maestro vecchio e saggio; e nello stesso tempo era chiaro che vedeva nella sua vita molto più della somma degli eventi trascorsi. I suoi occhi brillavano di fede nel futuro: mi sentii avviluppare da quella incontenibile gioia di vivere, dalla profonda beatitudine di chi gioisce senz'ombra di amarezza delle tante meraviglie del mondo. L'infallibile avvocato Julian Mantle, il Perry Mason dei VIP, da essere umano avido ed egoista si era trasformato in essere spirituale teso soltanto alla felicità degli altri. E forse la sua strada era la stessa che avrei percorso io. La saggezza di Julian in pillole. Aiuta disinteressatamente gli altri. La qualità della tua vita sarà determinata dalla generosità che hai dimostrato. Coltiva la sacralità di ogni giorno; vivi per dare. Migliorando la vita degli altri, la tua vita si eleverà altissima. le tecniche. Gesti di cortesia quotidiani. Dare a chi ha bisogno. Coltivare relazioni più ricche. pensiero guida. La cosa più nobile che puoi fare nella vita è dare agli altri: si tratta di elevarsi ad una dimensione più alta.

Capitolo 13 IL SEGRETO IMMEMORABILE DELL'ETERNA FELICITÀ Quando ammiro la meraviglia di un tramonto o la bellezza della luna, la mia anima si espande nell'adorazione del Creatore. Mahatma Gandhi Erano passate dodici ore da quando Julian era arrivato a casa mia per insegnarmi la dottrina dei Saggi di Sivana: probabilmente le dodici ore più importanti della mia vita. Di colpo mi sentivo libero, motivato, pieno di entusiasmo. Julian aveva radicalmente mutato la mia visione della vita, attraverso il racconto di Raman e le eterne virtù simboleggiate e racchiuse in esso. Mi resi conto di non avere mai verificato la portata del mio potenziale umano. Avevo sperperato gli immensi doni che la vita mi aveva concesso. Adesso finalmente la dottrina di Julian mi dava la possibilità di toccare con mano le smagliature e le ferite emotive che mi precludevano la felicità. Ero commosso. «Fra poco me ne vado. Avrai sicuramente i tuoi impegni, e anch'io ho delle faccende da sbrigare», disse Julian in tono di scusa. «Il mio lavoro può aspettare». «Il mio purtroppo no», fece lui sorridendo. «Ma prima di andar via devo spiegarti l'ultimo simbolo della storia di Raman. Ricorderai che il lottatore di sumo, quando esce dal faro e si incammina verso il centro del meraviglioso giardino, vestito solo di un filo rosa, scivola su un orologio e cade perdendo conoscenza. Dopo un lungo istante, rinviene grazie al profumo delle rose gialle. Il lottatore salta in piedi tutto contento e con suo grande stupore nota un sentiero tortuoso ricoperto di minuscoli diamanti per il quale si incammina. Naturalmente è il sentiero che lo conduce alla felicità eterna». «Una cosa che capita tutti i giorni», ironizzai. «Ammettiamo pure che Yogin Raman abbia una fervida immaginazione... tuttavia ti sarai reso conto che gli elementi contenuti in questa storia hanno un significato importante... e per di più un carattere molto pratico». «É vero», convenni. «Il sentiero di diamanti rappresenta la suprema virtù del vivere in modo illuminato. Serbando sempre in cuore questo principio, arricchirai la tua vita al di là di ogni speranza. Comincerai a

trovare sublimi meraviglie nelle cose più semplici e, se terrai fede alla promessa di trasmettere a tua volta queste conoscenze ad altri, permetterai anche a loro di attingere a una nuova dimensione spirituale». «Impiegherò molto per raggiungere quest'ultimo traguardo?» «Il concetto di base è semplice e facilmente assimilabile, ma la sua applicazione automatica ed efficace richiede almeno due settimane di pratica costante». «Muoio dalla voglia di sapere di che si tratta». «É un'espressione paradossale, perché la settima e somma virtù riguarda la vita. I Saggi di Sivana sostenevano che per essere felici bisogna vivere il presente. Il passato è solo acqua che scorre, e il futuro è un sole remoto all'orizzonte della nostra immaginazione. Il momento decisivo è adesso. Impara a vivere nel presente e assaporalo fino in fondo». «Capisco esattamente che cosa vuoi dire, Julian. Passo la maggior parte del mio tempo a crucciarmi su eventi passati che non posso più cambiare, oppure a preoccuparmi su prospettive future che non si avverano quasi mai. Nel mio cervello si affollano milioni di pensieri inutili che mi spingono in milioni di direzioni diverse... E una sensazione davvero esasperante». «Perché?» «Perché mi sfinisce! La mia mente non ha requie. A volte mi succede di concentrarmi solo su quello che ho di fronte: solitamente quando sono costretto a buttar giù di furia un'arringa e non ho tempo di pensare ad altro; oppure quando sto giocando a pallone con i miei figli e voglio vincere. Allora le ore sembrano volare e mi sento veramente concentrato. É come se al mondo esistesse solo la cosa che sto facendo in quel momento; e tutto il resto - i conti da pagare, i problemi di lavoro, le ansie - fosse svanito. A ben guardare, questi sono proprio i momenti in cui sono più in pace con me stesso». «Essere impegnati in una sfida davvero coinvolgente è il modo più sicuro per giungere alla piena realizzazione personale. Ma ricordati sempre che la felicità è un percorso, non è un punto d'arrivo. Vivi l'oggi, perché nessun giorno sarà più uguale ad esso...». A questo punto Julian giunse lentamente le mani in un gesto di preghiera, come per ringraziare dei segreti di cui era stato reso partecipe. «É questo che rappresentano i diamanti del racconto?» chiesi. «Sì! Proprio come il lottatore, che alla fine raggiunge la felicità eterna imboccando il sentiero di diamanti, anche tu potrai vivere una vita meravigliosa se solo prenderai coscienza che il sentiero su cui stai camminando è lastricato di pietre preziose e

ricco di altri meravigliosi tesori. Smettila di rincorrere i grandi piaceri della vita trascurando quelli piccoli. Rallenta il passo e ammira la sacra bellezza di ciò che ti circonda. Lo devi a te stesso». «Vuoi forse dire che non devo preoccuparmi dei miei obiettivi futuri, e concentrarmi invece sul presente?» «No», rispose recisamente Julian. «Sogni e obiettivi sono indispensabili per raggiungere la felicità. E la speranza nel futuro che ti fa alzare dal letto al mattino, che ti infonde energia ed entusiasmo. Voglio dire soltanto che non devi mai anteporre il raggiungimento di uno scopo alla tua felicità. Non rimandare mai a domani le cose che potrebbero darti gioia e benessere oggi. Oggi è il giorno da vivere pienamente; non quello in cui vincerai la lotteria o andrai in pensione». Julian incominciò a camminare avanti e indietro per la stanza come l'esperto avvocato che si accinga all'arringa finale. «Se all'ufficio stanno assumendo dei giovani per alleggerire un po' il lavoro, approfittane subito per passare più tempo in famiglia; se il tuo conto in banca sta salendo, approfittane subito per dedicarti alla cura del tuo corpo, della tua mente e della tua anima. É adesso che devi godere dei frutti della tua fatica! É oggi che devi cogliere l'attimo! E non dimenticarti mai, neanche per un minuto, del dono della tua famiglia». «In che senso?» «Di vivere l'infanzia dei tuoi figli», rispose semplicemente Julian. «Scusa?» «Ci sono poche cose che contano quanto essere partecipi dell'infanzia dei nostri figli. A che ti serve fare tanti passi verso il successo se perdi i primi passi dei tuoi bambini? Che senso ha comprare una casa bellissima se non ne dividi con loro il calore? Non ti sembra assurdo essere un avvocato noto a tutti se loro non ti conoscono?» la voce di Julian era rotta dall'emozione. «E so quello che dico». No, pensai, qui proprio non ci siamo. L'immagine che avevo di Julian era quella dell'avvocato di grido che difende i pezzi grossi e se la spassa con le top model. Che ne poteva sapere un ex playboy della paternità? Che ne sapeva dei problemi che dovevo affrontare io ogni giorno per mantenermi all'altezza su tutti i fronti, essere un professionista di successo, un buon padre e quant'altro? Ma lui ancora una volta col suo sesto senso intuì quello che stavo pensando. «So benissimo cosa vuol dire avere un bambino», disse quasi sottovoce. «Come? Se ho sempre pensato che tu fossi lo scapolo più conteso della città». «Prima di far carriera ero sposato... questo lo sapevi, vero?» «Sì». Fece una breve pausa, come un bambino che sta per rivelare un grande segreto al suo migliore amico.

«Quello che non sai è che avevo anche una figlia, la creatura più dolce e delicata della terra. Io invece, a quei tempi, ero più o meno come quando mi hai conosciuto tu: arrogante, ambizioso e pieno di speranze. Avevo tutto quello che si possa desiderare: un futuro radioso, una bellissima moglie e una figlia fantastica. Ma proprio nel momento in cui la mia vita sembrava perfetta, in un solo attimo ho perso tutto». Per la prima volta da quando lo avevo rivisto, un velo di tristezza si distese sul volto gioioso di Julian. Una lacrima scivolò sulla sua guancia abbronzata e cadde sul morbido tessuto della tunica rossa. La rivelazione mi lasciò sconvolto e senza parole. «Non c'è bisogno che continui, Julian», dissi con affetto, cingendogli le spalle con un braccio. «Ma devo, John. Fra tutte le persone che ho conosciuto nella mia vita passata, tu sei quello in cui ripongo le più belle speranze. Te l'ho già detto: mi ricordi me stesso quando ero più giovane. Ma se continui a vivere così, sprofonderai in un abisso senza scampo. Sono tornato dal Paradiso terrestre proprio per dirti che ti aspettano ancora tante cose meravigliose, tanti momenti di cui gioire senza riserve. «L'automobilista ubriaco che ha investito mia figlia in un assolato pomeriggio d'autunno, non si è portato via soltanto la sua vita, ma anche la mia. Da quel momento ho perso il mio orizzonte: ho cominciato a drogarmi di lavoro nella speranza che la carriera e i successi agissero da anestetico. A volte mi fermavo a dormire in ufficio per paura di tornare a casa e ritrovare tanti ricordi strazianti. E mentre la carriera saliva sempre più in alto, il mio mondo interiore precipitava nel caos. A causa di questa forsennata mania del lavoro, mia moglie, la mia fedele compagna dai tempi dell'università, finì per lasciarmi, e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il mio stato di salute peggiorò e ben presto mi trovai avvitato in una spirale autodistruttiva. Avevo soldi a palate e potevo comprare tutto quello che volevo, ma avevo venduto la mia anima...». «Perciò, quando mi raccomandavi di star vicino ai miei figli, intendevi dire che non devo mai sacrificare la mia famiglia per il lavoro?» «Ancora oggi - ventisette anni dopo che ci ha lasciato mentre la stavamo accompagnando al compleanno della sua amica del cuore - darei qualsiasi cosa pur di risentire la sua risata, o vederla giocare in giardino. Vorrei stringerla tra le braccia, accarezzarle dolcemente i capelli. Si è portata via un pezzo del mio cuore; e anche se da quando sono tornato da Sivana la mia vita ha assunto un nuovo

significato, non passa giorno senza che in un angolo della mia mente riveda il suo visino roseo. Hai dei figli meravigliosi, John... non dimenticarlo mai. E la cosa più bella che tu puoi regalare loro è il tuo amore. Impara a conoscerli. Fagli capire che il loro affetto conta più di mille soddisfazioni professionali. Presto usciranno di casa, saranno indipendenti e a loro volta si faranno una famiglia. A quel punto sarà troppo tardi, non potrai più rifarti del tempo perduto». Julian aveva toccato un punto dolente del mio cuore. Talvolta mi rendevo conto che il troppo lavoro stava lentamente ma inesorabilmente allentando i miei rapporti con la famiglia... Ma era come una brace che ardeva lentamente, caricandosi in silenzio di energia per divampare alla fine in maniera distruttiva. Sapevo che i miei figli avevano bisogno di me, anche se non me l'avevano mai detto. Per fortuna Julian aveva sollevato l'argomento. Il tempo stava passando inesorabilmente, e loro crescevano così in fretta... Un tempo, ogni sabato mattina presto, nell'aria fresca e corroborante, prendevo Andy e lo portavo a pescare in quel posticino che piaceva tanto a suo nonno. Adesso quanto tempo era passato dall'ultima volta? Non me lo ricordavo neppure. Più riflettevo e più avevo voglia di battere la testa contro il muro. Rappresentazioni natalizie, concerti, partite di baseball... tutte occasioni perse, sempre sacrificate a quel dannato Moloch del lavoro e della carriera. «Che cosa sto facendo?» mi domandai. Stavo forse cadendo anch'io nella spirale autodistruttiva di cui parlava Julian? Ma decisi che da quel momento tutto sarebbe cambiato. «La felicità è un percorso», proseguì Julian con voce appassionata. «É una scelta che spetta a te: puoi soffermarti ad ammirare la bellezza dei diamanti lungo il sentiero, o continuare a correre fino alla fine dei tuoi giorni, alla disperata ricerca del forziere nascosto che poi si rivelerà vuoto. Goditi ogni momento speciale della tua vita di tutti i giorni, perché l'oggi è la sola cosa che sei certo di possedere». «Tutti possono vivere intensamente il presente?» «Sicuro. Quali che siano le tue attuali condizioni, puoi esercitarti a godere dei doni della vita e a riempirla di momenti magici». «Ma non è una visione un po' troppo ottimistica? Pensa a uno che perde tutto, ma proprio tutto, per colpa di un investimento sbagliato: può subire un crollo non solo finanziario ma anche esistenziale. «Le dimensioni del tuo conto in banca o della tua casa non c'entrano nulla con il modo in cui vivi o con la tua felicità. Questo mondo è pieno di miliardari infelici. Credi che i Saggi di

Sivana fossero ricchi sfondati o avessero la casa in Costa Azzurra?» «D'accordo, credo di aver capito». «C'è una differenza sostanziale tra l'avere un sacco di soldi e l'avere un sacco di vitalità. Quando comincerai a ringraziare la vita per quello che hai - fallo anche solo cinque minuti al giorno - capirai che cosa voglio dire. Quanto all'esempio che portavi prima, anche un uomo incappato nella rovina finanziaria può ringraziare la sorte per tante altre fortune che gli restano da godere. Prova a chiedergli se non ha ancora la salute, l'amore della sua famiglia e il rispetto della comunità. Domandagli se non è contento di avere la cittadinanza di questo paese, e un tetto sopra la testa. Forse non gli saranno rimasti altri beni che la capacità di lavorare sodo e l'abitudine a sognare in grande: e tuttavia, anche questi sono beni preziosi, preziosissimi. Ci sono tante cose per cui dovremmo sentirci contenti. Per il saggio, anche gli uccelli che cantano sul nostro balcone in un bel giorno d'estate possono essere un dono straordinario. Ricordati, John: non sempre la vita ti dà quello che le chiedi, ma ti dà sempre quello di cui hai bisogno». «Quindi, per imparare a vivere il momento, dovrei abituarmi a provare una vera gratitudine per tutti i doni, spirituali e materiali, che mi sono concessi?» «Proprio così. E un metodo molto efficace per vivere più intensamente. Cogliendo l'attimo, accenderai la scintilla vitale che ti permetterà di coltivare il tuo destino». «Coltivare il mio destino?» «Sì, perché come ti ho spiegato prima, ognuno di noi ha delle attitudini particolari. Tutti gli esseri umani, ciascuno a modo suo, sono dei geni». «Dici così perché non conosci certi avvocati con cui sono costretto a lavorare», osservai sarcastico. «No, intendo proprio tutti», ribadì Julian scandendo le parole. «Tutti abbiamo qualcosa per cui siamo particolarmente portati. Quando finalmente individuerai lo scopo supremo e rivolgerai ad esso tutte le tue energie, il tuo genio rifulgerà e la tua vita si riempirà di gioia. Quando imboccherai la tua strada maestra - che sia quella di diventare un grande insegnante o un pittore ispirato - i tuoi desideri si realizzeranno senza sforzo. Non avrai neanche bisogno di esercitarti: anzi, a dire il vero, più insisterai e più la strada sarà lunga. Farai meglio a seguire il sentiero dei tuoi sogni, fidando pienamente in quello che succederà. Con questo atteggiamento raggiungerai direttamente la tua meta divina: ecco cosa intendo per coltivare il tuo destino. Sarò ancora più semplice. Quando ero bambino, mio padre mi raccontava sempre la favola di Peter e il filo magico.

Dunque... c'era una volta Peter, un ragazzino molto vivace a cui tutti volevano bene: la sua famiglia, i suoi maestri e i suoi amici... Ma Peter aveva un piccolo, grande problema». «Quale?» «Peter non riusciva a vivere il presente. Non aveva imparato a godere della vita. Quando era a scuola, sognava di essere fuori a giocare. Quando giocava, sognava di essere già in vacanza. Peter sognava sempre ad occhi aperti, non godendosi mai il presente che la vita gli offriva. Un mattino, Peter stava camminando nel bosco vicino a casa. Siccome si sentiva stanco, decise di fermarsi in una radura e di fare un pisolino. Si addormentò come un sasso, ma dopo qualche minuto, si sentì chiamare per nome: "Peter, Peter!" ripeteva una voce stridula. Quando aprì gli occhi... sorpresa! Si ritrovò dinnanzi una donna vecchia di almeno cent'anni, con i capelli candidi che le ricadevano sulle spalle come matasse di lana arruffata. Nella mano rugosa aveva una pallina magica, con un foro nel centro da cui pendeva un lungo filo dorato. «"Peter", disse la vecchia, "questo è il filo della vita. Se lo tiri piano piano, in pochi secondi passerà un'ora; se tiri più forte, in pochi minuti passeranno giorni interi. Se tiri con tutta la tua forza, in pochi giorni passeranno dei mesi o addirittura degli anni". Peter era eccitato dalla scoperta. "Oh, mi piacerebbe tanto averlo!" esclamò smanioso. Allora la vecchietta si chinò e gli diede la pallina con il filo magico. «Il giorno dopo, Peter era seduto nel suo banco a scuola, e si sentiva annoiato e irrequieto. Improvvisamente si ricordò del suo nuovo giocattolo. Tirò il filo pian piano e si trovò subito a casa, a giocare nel suo giardino. Rendendosi conto dei poteri del filo magico, Peter presto si stancò di andare a scuola e desiderò essere un ragazzo più grande, alla scoperta della vita. Allora tirò il filo un po' più forte e si ritrovò adolescente, con una ragazza di nome Elise. Ma Peter non era ancora soddisfatto. Egli non era in grado di cogliere la bellezza di ogni istante e di esplorare le semplici meraviglie offerte dalle diverse fasi della vita. Sognava invece di essere già adulto, e così tirò di nuovo il filo, sicché gli anni passarono in un lampo. Si ritrovò allora trasformato in un uomo maturo. Elise era diventata sua moglie e Peter era circondato da tanti bambini. Ma notò un'altra cosa: i suoi capelli neri avevano iniziato a diventare grigi, e la sua dolce e adorata mamma era diventata vecchia e debole. Eppure, Peter ancora non riusciva a vivere il presente. Perciò, tirò un'altra volta il filo d'oro e attese la nuova trasformazione. «Adesso aveva novant'anni. Ormai i suoi folti capelli scuri erano

diventati bianchi come la neve e la moglie, un tempo bellissima, era morta già da qualche anno. I suoi deliziosi bambini erano cresciuti ed erano usciti di casa per vivere la loro vita. Così, a un tratto, Peter si rese conto di non essersi mai fermato a godere di nulla. Non era mai andato a pescare con suo figlio, non aveva mai fatto una passeggiata al chiaro di luna con sua moglie, non aveva mai piantato un albero... e non aveva mai nemmeno trovato il tempo di leggere quei bellissimi libri che tanto piacevano a sua madre. Era sempre andato di corsa, senza fermarsi a guardare le bellezze che adornavano il suo cammino. «Questa scoperta rattristò molto Peter. Allora, per riordinare le idee e rasserenarsi un po', decise di andare a fare un giro nel bosco dove era solito giocare da bambino. Entrò nel bosco, si accorse che gli alberelli della sua infanzia erano diventati querce gigantesche; era stupendo, sembrava di trovarsi in un Paradiso Terrestre. Allora si distese sull'erba di una radura e si addormentò profondamente. Dopo qualche minuto, qualcuno lo chiamò: "Peter, Peter!" Aprì gli occhi e con suo grande stupore rivide la vecchia che gli aveva regalato la pallina molti anni prima. «"Ti è piaciuto il mio regalo?" «"All'inizio è stato divertente, ma ora lo odio a morte", disse Peter. "Tutta la vita mi è passata davanti agli occhi senza che potessi goderne un solo istante. Certo, ci saranno anche stati dei momenti molto belli e altri molto tristi, ma non ho avuto la possibilità di coglierli. Ora mi sento vuoto, mi manca il dono della vita". «"Sei davvero un ingrato", disse la vecchietta. "Ma ti concederò di esprimere un ultimo desiderio". «Peter ci pensò un istante e poi rispose fulmineamente: "Vorrei ridiventare bambino e riprovare a vivere daccapo". Poi si riaddormentò. «A un tratto sentì di nuovo che qualcuno lo chiamava, e si risvegliò. "Chi sarà questa volta?" si chiese. Quando aprì gli occhi, scoprì con gioia che era sua madre che lo stava chiamando, e che era tornata giovane, sana e forte. Allora Peter si rese conto che la vecchietta aveva mantenuto la promessa e che l'aveva riportato all'infanzia. «"Su, Peter, dormiglione! Se non ti sbrighi ad alzarti farai tardi a scuola", lo ammoniva sua madre. Naturalmente Peter scattò su dal letto e da quel momento incominciò a vivere come aveva sperato: una vita piena, ricca di gioie, soddisfazioni e successi... Ma tutto ebbe inizio quando smise di sacrificare il presente per il futuro e si rese conto di dovere vivere nell'oggi». «Bello!» esclamai sottovoce. «Purtroppo, John, la suggestiva storia di Peter e del filo magico è soltanto una favola. Nel mondo della realtà nessuno ti offrirà una

seconda occasione per correggere un'impostazione sbagliata. Tu oggi hai la possibilità di risvegliarti prima che sia troppo tardi. Ora consentimi di riepilogare: il tempo sguscia via come i granelli di sabbia della clessidra; è qui e ora il momento di cambiare, di stabilire una volta per tutte quali sono le tue priorità e di concentrarti su di esse. Trascorri più tempo con le persone che danno un senso alla tua vita. Ringrazia la sorte per i momenti speciali che ti offre, abbandonati alla loro forza. Fai le cose che hai sempre desiderato. Scala la montagna che ti sei sempre ripromesso di conquistare, o se preferisci impara a suonare la tromba... balla sotto la pioggia, oppure avvia una nuova attività. Impara ad amare la musica, studia una lingua straniera, riaccendi la scintilla della tua giovinezza. Non sacrificare mai la felicità alla carriera. Ravviva il tuo spirito ed eleva la tua anima. É questa la via per raggiungere il Nirvana». «Il Nirvana?» «A Sivana, i saggi credono che la meta ultima delle anime illuminate sia un luogo detto Nirvana. A dire il vero, più che un luogo, il Nirvana è uno stato mentale, che trascende qualunque esperienza precedente. Nel Nirvana tutto è possibile: il dolore non esiste, e la danza della vita viene eseguita con un ritmo di divina perfezione. Raggiungere il Nirvana significa toccare il Paradiso in terra. Per i saggi rappresenta lo scopo supremo della vita», concluse Julian, il cui placido volto irraggiava ora una beatitudine quasi angelica. «Siamo qui per uno scopo ben preciso», continuò in tono profetico. «Rifletti sulla tua vocazione, e su come ti puoi donare agli altri. Spezza le catene della gravità. Da oggi accenderai la scintilla della tua vita e la lascerai brillare in tutto il suo splendore. Comincia ad applicare i miei insegnamenti. Sii tutto quello che puoi essere. Verrà il giorno in cui anche tu gusterai i frutti del Nirvana». «Come mi accorgerò di aver raggiunto lo stato di illuminazione?» «Oh, da piccoli segnali. Comincerai ad aver coscienza della santità di quanto ti circonda: il fascino di un mistico raggio di luna, del cielo terso in un abbagliante giorno estivo, del delizioso profumo di un giglio, o della risata birichina di un bimbo». «Julian... ti prometto che le ore che mi hai dedicato stanotte non saranno state sprecate. Mi dedicherò anima e corpo a vivere secondo la dottrina dei Saggi di Sivana, e ti garantisco che trasmetterò queste conoscenze a chiunque ne possa trarre beneficio. Ti do la mia parola, con tutto il cuore», proclamai con la voce rotta dall'emozione. «Diffondi intorno a te questa ricchezza. Le persone che saprai raggiungere ne trarranno gli

stessi mirabili vantaggi. E ricordati sempre di non pensare solo alla meta suprema: goditi anche il viaggio, è altrettanto incantevole. «Vuoi ora ascoltare l'ultima e più bella delle storie che mi ha narrato Yogin Raman?» «Mi faresti felice». «Molti anni fa, nell'antica India, un maragià voleva costruire un palazzo in onore di sua moglie che fosse segno dell'amore e dell'affetto sconfinati che provava per lei. Pensò a una costruzione unica al mondo: doveva splendere al chiaro di luna e suscitare l'ammirazione di tutti per i secoli a venire. I suoi muratori lavoravano ogni giorno, senza sosta, sudando come schiavi sotto il sole cocente e, con il passar dei mesi, il palazzo prendeva forma. Alla fine, dopo ventidue anni di lenti progressi, il palazzo di puro marmo fu terminato: era proprio un monumento grandioso, un simbolo dell'amore stagliato contro l'azzurro del cielo. Sai di quale palazzo sto parlando?» «Non ne ho la più pallida idea». «Del Taj Mahal, una delle Sette Meraviglie del Mondo», rispose Julian. Con la storia della lenta costruzione giorno dopo giorno di questo meraviglioso palazzo, Yogin Raman voleva farmi capire che ognuno di noi è una delle meraviglie del mondo; ognuno di noi, a suo modo, è un eroe. Tutti abbiamo la potenzialità di compiere imprese straordinarie. Tutto quello che ci occorre è muovere i primi piccoli passi in direzione dei nostri sogni. Come il Taj Mahal, una vita realizzata e illuminata è frutto degli sforzi quotidiani, della costanza di sovrapporre mattone a mattone. Le vittorie piccole aprono la via alle grandi. I graduali, minimi progressi, si trasformano in abitudini positive. Dalle abitudini positive scaturiscono risultati concreti, che a loro volta ti daranno la forza di continuare. Incomincia a vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo. E incomincia subito, da oggi: istruisciti di più, ridi di più e fa quello che ti piace veramente. Non sottrarti al tuo destino. Non ha importanza né quello che è passato né quello che ti aspetta: conta soltanto quello che hai dentro di te». Senza aggiungere altro, Julian Mantle, l'ex avvocato multimilionario fattosi santone, si alzò, mi abbracciò come il fratello che non ho mai avuto e uscì dalla mia casa, nel caldo soffocante di una nuova giornata d'estate. Quando mi ritrovai solo e cercai di raccogliere le idee, mi accorsi che quell'incomparabile messaggero aveva lasciato una sola traccia del suo passaggio: lì sul tavolo davanti a me era rimasta la sua tazza, vuota. La saggezza di Julian in pillole.

il simbolo. la virtù. Vivi il presente. la saggezza. Cogli l'attimo. Assapora il presente. Non sacrificare mai la felicità per la carriera. Goditi l'itinerario della tua vita e vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo. le tecniche. Goditi i tuoi figli. Sii grato della tua vita. Asseconda il tuo destino. pensiero guida. Ognuno ha uno scopo ben determinato. Smetti di essere prigioniero del tuo passato. Sii artefice del tuo futuro. Sette virtù senza tempo della vita illuminata. 1. Controlla la mente. Il giardino meraviglioso. 2. Persegui il tuo scopo. Il faro. 3. Pratica il kaizen. Il lottatore di sumo. 4. Sviluppa l'autodisciplina. La molla. 5. Rispetta il tuo tempo. Il cronometro. 6. Aiuta disinteressatamente gli altri. Le rose. 7. Vivi il presente. Il sentiero di diamanti.

FINE

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