Riassunto Teoremi e Dimostrazioni Analisi Matematica 1

February 2, 2017 | Author: ubbusatla | Category: N/A
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DEFINIZIONE DI LIMITE TENDENTE AL LIMITE FINITO l Si dice che f tende al limite finito l Є R per x tendente a +∞, e si scrive limx+∞f(x) = l, se per ogni numero reale ε > 0, esiste un numero reale B ≥ 0 tale che per ogni x Є dom f, x > B  ‌│f(x) – l│< ε.

limxX0- = sup[f(x): x Є I(x0), x < x0] ≤ f(x0) Simultaneamente, per x Є I(x0), con x > x0, si ha f(x0) ≤ inf[f(x): x Є I(x0), x > x0] = lim xx0+ f(x). Pertanto vale la prima implicazione.

In forma equivalente la condizione appena enunciata richiede che per ogni intorno Iε (l) di l, esista un intorno Ib(+∞) di +∞ tale che: per ogni x Є dom f, x Є Ib (+∞)  f(x) Є Iε (l). DEFINIZIONE DI LIMITE TENDENTE A INFINITO Si dice che f tende a +∞ per x tendente a +∞ e si scrive limx+∞f(x) = +∞ se, per ogni numero reale A > 0, esiste un numero reale B ≥ 0 tale che per ogni x Є dom f, x > B  f(x) > A. DEFINIZIONE DI CONTINUITA’ Sia x0 un punto del dominio di una funzione f. la funzione dicesi continua in x0 se per ogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che Vx Є dom f, │x – x0│ < δ  │f(x) – f(x0)│< ε. Con il linguaggio degli intorni la continuità può essere espressa come: per ogni intorno Iε(f(x0)) di f(x0) esiste un intorno Iδ (x0) di x0 tale che: Vx Є dom f, x Є Iδ (x0)  f(x) Є Iε(f(x0)). DEFINIZIONE DI LIMITE L PER X TENDENTE A X0 Sia f una funzione definita in un intorno di X0 Є R, tranne eventualmente nel punto X0. Si dice che f ha limite l Є R (o tende a l) per x tendente a x0, e si scrive: limxX0f(x) = l se per ogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che: Vx Є dom f, 0 < │x – xo│< δ  │f(x) – l│< ε. Con il linguaggio degli intorni: per ogni Iε (l) di l esiste un intorno Iδ (x0) di x0 tale che: Vx Є dom f, x Є Iδ (x0) \ [x0]  f(x) Є Iε (l) DEFINIZIONE DI DISCONTINUITA’ ELIMINABILE Sia f una funzione definita in un intorno di x0, escluso eventualmente il punto x0. Se f ammette limite l Є R per x tendente a x0 e se a) f è definita in x0 ma f(x0) ≠ l, oppure b) non è definita in x0, diciamo che x0 è un punto di discontinuità eliminabile per f. DEFINIZIONE DI LIMITE INFINITO PER X TENDENTE A X0 Sia f una funzione definita in un intorno di Xo Є R, tranne eventualmente nel punto x0. Si dice che f ha limite +∞ (o tende a +∞) per x tendente a x0, e si scrive: limxX0f(x) = l Se per ogni A > 0 esiste un δ > 0 tale che Vx Є dom f, 0 < │x – x0│ < δ  f(x) > A. Con il linguaggio degli intorni diremo che per ogni intorno IA (+∞) di +∞ esiste un intorno Iδ (x0) di x0 tale che: Vx Є dom f, x Є Iδ(x0) \ [x0]  f(x) Є IA (+∞) DEFINIZIONE DI DISCONTINUITA’ DI PRIMA SPECIE (O DI SALTO) Sia f una funzione definita in un intorno di X0 Є R, tranne eventualmente nel punto x0. Se f ha, per x tendente a x0, limiti destro e sinistro finiti ma diversi tra loro, diciamo che x0 è un punto di discontinuità di prima specie (o di salto) per f. Il salto di f in x0 è definito come: [f]x0 = limx  X0+ f(x) – limxX0- f(x). TEOREMA: Sia f una funzione definite e monotona in un intorno destro I+(c) del punto c (dove c può essere un numero reale oppure -∞), escluso al più il punto c stesso. Allora esiste, finito o infinito, il limite destro per x  c e precisamente si ha: limxc+ f(x) =





Inf [f(x): x Є I+(c), x > c]se f è crescente;

Sup [f(x): x Є I+(c), x > c] se f è decrescente. Analogamente, se f è una funzione definita e monotona in un intorno sinistro I(c) del punto c (dove c può essere un numero reale o +∞), escluso al più il punto c stesso, si ha: limxc-f(x) =

• •

Sup [f(x): x Є I- (c), x < c] se f è crescente, Inf [f(x): x Є I- (c), x < c] se f è decrescente.

COROLLARIO: Sia f definita e monotona in un intorno I(x0) di un punto x0 Є R. Allora esistono finiti il limite destro e sinistro per x  c e precisamente si ha

• •

Se f è crescente allora: limxXo-f(x) ≤ f(x0) ≤ limxXo+ f(x)

Se f è decrescente allora: limxXo-f(x) ≥ f(x0) ≥ limxXo+ f(x). DIMOSTRAZIONE: Sia f crescente. Per ogni x Є I(x0) con x 0 oppure l = +∞ esiste un intorno I(c) si c tale che f è strettamente positiva in I(c) \ [c]. Un risultato analogo vale per il segno negativo. DIMOSTRAZIONE: Supponiamo dapprima che l sia finito > 0. Consideriamo l’intorno Iε(l) di l di raggio ε = l/2 > 0. In base alla definizione di limite esiste un intorno I(c) di c tale che: Vx Є dom f, x Є I(c) \ [c]  f(x) Є Iε(l). Osservando che Iε(l) = (½ l; 3/2 l) è contenuto (0, +∞), concludiamo che tutti i valori di f(x) sono strettamente positivi. Se l = +∞, è sufficiente fissare un qualunque intorno IA(+∞) = (A, +∞) di +∞ (con A>0) e applicare la definizione di limite. COROLLARIO DEL TEO DI PERMANENZA DEL SEGNO: Supponiamo che f ammetta limite l (finito o infinito) per x  c. Se esiste un intorno I(c) di c tale che f(x) ≥ 0 in I(c) \ [c], allora l ≥ 0 oppure l = +∞. Un risultato analogo vale per il segno negativo. DIMOSTRAZIONE: Per assurdo, se fosse l = -∞ oppure l < 0, il teo di permanenza del segno implicherebbe l’esistenza di un intorno I’(c) di c tale che f(x) < 0 in I’(c)\[c]. Nell’intersezione dei due intorni I(c) e I’(c) si avrebbe contemporaneamente f(x) < 0 e f(x) ≥ 0, il che è assurdo. PRIMO TEOREMA DEL CONFRONTO: Supponiamo che per x tendente a c, la funzione f abbia limite l mentre la funzione g abbia limite m (entrambi finiti o infiniti). Se esiste un intorno I(c) di c tale che f(x)≤g(x) in I(c) \ [c], allora l ≤ m. DIMOSTRAZIONE: Se l = -∞ oppure m = +∞ non c’è nulla da dimostrare. Altrimenti consideriamo la funzione ausiliaria h(x) = g(x) – f(x). Per ipotesi, si ha h(x) ≥ 0 in I(c)\[c]. Inoltre, il teo sull’algebra dei limiti ci assicura che Limxc h(x) = limxc g(x) – limxc f(x) = m – l Applicando il corollario del teo di permanenza del segno alla funzione h, otteniamo m – l ≥ 0, cioè la tesi. SECONDO TEOREMA DEL CONFRONTO (TEOREMA DEI DUE CARABINIERI) Siano date tre funzioni f, g ed h; supponiamo che f ed h abbiano lo stesso limite finito per x  c: limxc f(x) = limxc h(x) = l Se esiste un intorno I(c) di c nel quale siano definite le tre funzioni (tranne al più enl punto c) e tale che: f(x) ≤ g(x) ≤ h(x), Vx Є I(c)\ [c], allora si ha che: limxcg(x) = l. DIMOSTRAZIONE: Verifichiamo la definizione di limite per g. Fissato un intorno Iε(l) di l, dall’ipotesi limxcf(x) = l deduciamo l’esistenza di un intorno I’(c) di c tale che:

Vx Є dom f, x Є I’(c)\ [c]  f(x) Є Iε(l) Da cui, f(x) Є Iε(l) significa: l – ε < f(x) < l + ε. Similmente deduciamo dall’ipotesi limxc h(x) = l l’esistenza di un intorno I’’(c) di c tale che: Vx Є dom h, x Є I’’(c)\ [c]  l – ε < h(x) < l + ε.

dell’intervallo [a0;b0]; se invece f(c0) < 0, poniamo a1 = c0 e b1 = b0, ovvero consideriamo la metà destra dell’intervallo [a0,b0]. In entrambi i casi, abbiamo costruito un nuovo intervallo [a1;b1] contenuto in [a0;b0] tale che: f(a1) < 0 < f(b1) e b1 – a1 = (a0 – b0)/2 Iterando tale procedimento o si perviene, in un numero finito di passi, ad uno zero di f oppure si costruisce una successione di infiniti intervalli [an,bn] che soddisfano le seguenti proprietà:

Definiamo l’intorno I’’’(c) di c = I(c) ∩ I’(c) ∩ I’’(c). In I’’’(c)\ [c] sono verificate le tre condizioni e in particolare si ha: x Є I’’’(c)\ [c]  l – ε < f(x) ≤ g(x) ≤ h(x) < l + ε, cioè g(x) Є Iε(l).

Vx Є I(c)\ [c].

Si conclude applicando il secondo teorema del confronto. TEOREMA (PROPRIETA’ DEI LIMITI): Supponiamo che, per x c, la funzione f ammetta limite l (finito o infinito) e la funzione g ammetta limite m (anch’esso finito o infinito). Allora, ogniqualvolta l’espressione a secondo membro è definita, si ha:

• • •

f(an) < 0 < f(bn)

bn – an = (b0 – a0)\2n

e

[dimostrazione per induzione].

COROLLARIO: Sia f una funzione limitata in un intorno di c, cioè esistono un intorno I(c) ed una costante C > 0 tali che │f(x)│ ≤ C, Vx Є I(c)\ [c] Sia poi g una funzione tale che Limxc g(x) = 0 Allora si ha che: limxc f(x)g(x) = 0 DIMOSTRAZIONE: Ricordando le definizioni di limite, è immediato verificare che limxc g(x) = 0 se e solo se limxc│g(x)│ = 0. Cioè: 0 ≤│f(x)g(x)│≤ C│g(x)│,

[a0,b0] contiene [a1,b1] contiene ….. contiene [an,bn] contiene ….

Limxc [f(x) ± g(x)] = l ± m

In questo secondo caso mostriamo che che esiste un unico x0 e che tale punto è uno zero di f. Osserviamo che le due successioni {an} e {bn} soddisfano: a0 ≤ a1 ≤ … ≤ an ≤ … ≤ bn ≤ … ≤ b1 ≤ b0. Pertanto la successione {an} è monotona crescente e limitata mentre la successione {bn} è monotona decrescente limitata. Esistono quindi x0-, x0+ Є [a,b] tale che Limn∞ an = x0e limn∞ bn = x0+ Da cui X0+ - X0- = limn∞(bn – an) = limn∞(b – a)\2n = 0 E dunque x0- = x0+. Indichiamo con x0 tale valore. Usando ora la continuità della funzione f e il teorema di sostituzione risulta: limn∞f(an) = limn∞f(bn) = f(x0). Infine ricordando che f(an) < 0 < f(bn) e applicando il primo teorema del confronto alle successioni {f(an)} e {f(bn)} si ha:

Lim xc [f(x)g(x)] = lm

Limxc [f(x)/g(x)] = l/m g(x) ≠ 0 in I(c)\ [c] DIMOSTRAZIONE: Dimostriamo i primi due casi: limxc[f(x) ± g(x)] = l ± m. Fissato ε > 0 consideriamo l’intorno di l di raggio ε/2; per ipotesi, esiste un intorno I’(c) di c tale che Vx Є dom f, x Є I’(c)\ [c]  │f(x) – l│< ε/2. Similmente: Vx Є dom g, x Є I’’(c)\ [c]  │g(x) – m│< ε/2. Poniamo I(c) = I’(c)∩I’’(c). Allora se x Є dom f ∩ dom g appartiene a I(c)\ [c], entrambe le disuguaglianze precedenti saranno soddisfatte; dunque, ricordando la disuguaglianza triangolare: │(f(x) + g(x)) – (l + m)│ = │(f(x) – l) + (g(x) – m)│ ≤ │f(x) – l│ + │f(x) – l│+ │g(x) – m│ < ε/2 + ε/2 = ε Il che dimostra la tesi. Verifichiamo ora che limxc [f(x)g(x)]= +∞ nel caso in cui l = +∞ e m sia finito e > 0. Fissato un numero reale A > 0, consideriamo l’intorno di +∞ di estremo inferiore B=2A/m > 0. Per ipotesi, esiste un intorno I’(c) di c tale che: Vx Є dom f x Є I’(c)\ [c]  f(x) > B D’altra parte considerato l’intorno di m di raggio m/2 esiste un intorno I’’(c) di c tale che Vx Є dom g x Є I’(c)\ [c]  │g(x) – m│ < m/2 Vale a dire m/2 < g(x) < 3m/2. Poniamo I(c) = I’(c) ∩ I’’(c). Allora, se x Є dom f ∩ dom g appartiene a I(c)\ [c]; entrambe le condizioni sono soddisfatte. Pertanto: f(x)g(x) > f(x)m/2 > Bm/2 = A. Dunque la tesi è dimostrata. PROPRIETA’ GLOBALI DELLE FUNZIONI CONTINUE. DEFINIZIONE DI ZERO DI FUNZIONE. Data una funzione reale f, chiamiamo zero di f ogni punto x0 Є dom f in cui la funzione si annulla. TEOREMA DI ESISTENZA DEGLI ZERI Sia f una funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a,b]. Se f(a)f(b) < 0, cioè se f assume valori di segno discorde agli estremi dell’intervallo, allora esiste uno zero di f nell’intervallo aperto (a,b). Se inoltre f è strettamente monotona in [a,b], allora lo zero è unico nell’intervallo. DIMOSTRAZIONE: Non è restrittivo supporre che f(a) < 0 < f(b). Poniamo a0 = a e b0 = b e sia c0 = (a0 + b0)/2 il punto medio dell’intervallo [a0;b0]. Calcoliamo f(c0). Abbiamo tre possibilità: se f(c0) = 0 allora x0 = c0 è uno zero di f; se f(c0)>0, poniamo a1 = a0 e b1 = c0, ovvero consideriamo la metà sinistra

limn∞f(an) ≤ 0

e

limn∞f(bn) ≥ 0

dovendo essere 0 ≤ f(x0) ≤ 0 si ottiene f(x0) = 0. Se f è strettamente monotona in [a,b] allora è iniettiva e dunque lo zero è unico. COROLLARIO DEL TEOREMA DI ESISTENZA DEGLI ZERI Siano f e g due funzioni continue nell’intervallo chiuso e limitato [a,b]. Se f(a) < g(a) e f(b) > g(b), allora esiste almeno un punto x0 nell’intervallo aperto (a,b) tale che f(x0)=g(x0) DIMOSTRAZIONE: Introduciamo la funzione ausiliaria h(x) = f(x) – g(x). Essa è continua in [a,b] in quanto differenza di due funzioni continue. Inoltre per ipotesi si ha h(a) = f(a) – g(a) < 0 e h(b) = f(b) – g(b) > 0. Pertanto h soddisfa le ipotesi del teorema di esistenza degli zeri. Esiste dunque in (a,b) un punto x0 tale che h(x0) = 0, cioè la tesi. TEOREMA DEI VALORI INTERMEDI Sia f una funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a,b]. Allora f assume tutti i valori compresi tra f(a) e f(b). DIMOSTRAZIONE: Se f(a) = f(b) il risultato è banale; diversamente supponiamo che f(a) < f(b). Sia z un qualunque valore compreso tra f(a) e f(b) e definiamo la funzione costante g(x) = z. Dalle disuguaglianze f(a) < z < f(b), otteniamo immediatamente f(a) < g(a) e f(b) > g(b). Pertanto se applichiamo il corollario del teo di esistenza degli zeri nell’intervallo [a,b] alle due funzioni f e g, otteniamo l’esistenza di un punto x0 in [a,b] tale che f(x0) = g(x0) = z. Se f(a) > f(b) si scambiano i ruoli tra le funzioni f e g. TEOREMA DI WEIERSTRASS. Sia f una funzione continua su un intervallo chiuso e limitato [a,b]. Allora f è limitata su [a,b] e ivi assume valori minimo e massimo. m = minx Є [a,b] f(x) e M = max x Є [a,b] f(x). Dunque: f([a,b]) = [m,M]. SIMBOLI DI LANDAU N.B. Definiamo con c uno dei simboli: • x cioè un numero reale,

• •

x0+;x0+∞, -∞

Siano dunque f e g due funzioni definite nell’intorno del punto c, tranne eventualmente il punto c e sia g(x) ≠ 0 per x ≠ c. Supponiamo che esista finito o infinito il limite: limxc f(x)\g(x) = l

Se l è finito, diciamo che f è controllata da g per x  c: f = O(g), x c (f è o grande di g per x  c) Tale proprietà può essere ulteriormente precisata:

1.

se l è finito e ≠ 0 diciamo che f è dello stesso ordine di grandezza di g per xc (f g, xc)

2. 3.

se l = 1 diciamo che f è equivalente a g per x c (f ~ g, xc) se l = 0 diciamo che f è trascurabile rispetto a g per x c (f = o(g), xc).

E’ utile la proprietà: f ~ g  f = g + o(g). DIMOSTRAZIONE: Definiamo h(x) = f(x) – g(x) per cui si ha f(x) = g(x) + h(x). Ora f ~ g  limxc f(x)/g(x) = 1  limxc(f(x)\g(x) – 1) = 0  limxch(x)\g(x) = 0

M, xM Є (a,b). Abbiamo dunque trovato un punto di estremo per f interno al dominio e in cui f è derivabile. Il teorema di Fermat ci garantisce che xM è un punto critico x0 cercato. TEOREMA DI LAGRANGE (O DEL VALOR MEDIO) Sia f una funzione definita su un intervallo chiuso e limitato [a,b], continua su [a,b] e derivabile almeno su (a,b). Allora esiste x0 Є (a,b) tale che f(b) – f(a) = f’(x0) Ogni punto che soddisfi tale relazione è detto punto di Lagrange per f in (a,b). DIMOSTRAZIONE: Consideriamo la funzione ausiliaria definita su [a,b] g(x) = f(x) – f(b) – f(a) (x-a) Essa è continua su [a,b] e derivabile su (a,b), perché differenza della funzione f (che lo è per ipotesi) e di una funzione affine, continua e derivabile su R. Notiamo che si ha: g’(x) = f’(x) – f(b) – f(a).

 h = o(g).

Si verifica quindi che g(a) = f(a), g(b) = f(b). Pertanto tutte le ipotesi del teorema di Rolle sono soddisfatte dalla funzione g. Ne segue che esiste un punto x0 Є (a,b) tale che: g’(x0) = f’(x0) – f(b) – f(a) = 0 cioè la tesi.

PROPOSIZIONE Si vogliano studiare i limiti limxc f(x)g(x) oppure limxc f(x)\g(x). Se f- e gsono due funzioni tali che f-~f e g- ~ g per x c allora a) Limxcf(x)g(x) = limxc f-(x)g-(x) b) Limxcf(x)\g(x) = limxcf-(x)\g-(x)

INTERVALLI DI MONOTONIA DI UNA FUNZIONE Sia I un intervallo ed f una funzione derivabile su I. Valgono le seguenti implicazioni:

DIMOSTRAZIONE: per a) si ha limxcf(x)g(x) = CALCOLO DIFFERENZIALE PROPRIETA’ DELLA DERIVATA. Sia f una funzione pari (rispettivamente dispari) derivabile in tutto il suo dominio. Allora la derivata f’ è una funzione dispari (rispettivamente pari). DIMOSTRAZIONE: Se la funzione f è pari, si ha f(-x) = f(x) Vx Є dom f. Deriviamo entrambi i membri di questa uguaglianza, osservando che la funzione f(-x) è composta dalla funzione x |-x e dalla funzione y |f(y) e, pertanto, la sua derivata è la funzione –f’(x). Ne segue che f’(-x) = -f’(x) Vx Є dom f, cioè la funzione f’ è dispari. DEFINIZIONE DI PUNTO CRITICO Dicesi punto critico di una funzione f ogni punto x0 in cui f sia derivabile e si abbia f’(x0) = 0. TEOREMA DI FERMAT Sia f definita in tutto un intorno di un punto x0 e derivabile in x0. Se x0 è un punto di estremo per f, allora f’(x0) = 0, cioè x0 è un punto critico per f. DIMOSTRAZIONE: Supponiamo che x0 sia un punto di massimo per f e sia Ir(x0) un suo intorno tale che f(x) ≤ f(x0) Vx Є Ir(x0). In tale intorno si ha quindi Δf = f(x) – f(x0) ≤ 0. Se x>x0, cioè Δx = x – x0 > 0, il rapporto incrementale Δf\Δx è ≤ 0, pertanto grazie al corollario del teo di permanenza del segno, si ha Limxx0+ f(x) – f(x0) ≤ 0 Viceversa, se x x0, si ha f(x) – f(x0) ≥ 0 e x – x0 > 0 Anche in questo caso il rapporto incrementale Δf\Δx tra x ed x0 è ≥ 0. Riassumendo: Δf\Δx = f(x) – f(x0) ≥ 0 Vx ≠ x0 E, applicando il corollario del teo di permanenza del segno al limite Limxx0 Δf\Δx = f’(x0) Otteniamo che f’(x0)≥0. DIMOSTRAZIONE b): Sia f tale che f’(x) ≥ 0 Vx Є I. Fissiamo due punti x1 0. Dunque concludiamo che f(x2) – f(x1) = f’(x)(x2 – x1) ≥ 0; abbiamo stabilito la tesi. Il teorema appena dimostrato afferma che

• •

f’(x) ≥ 0, Vx Є I  f è crescente su I. f’(x) > 0 Vx Є I  f è strettamente crescente su I.

TEOREMA DI DE L’HOPITAL Siano f e g due funzioni definite nell’intorno di c, tranne eventualmente nel punto c, e tali che Limxc f(x) = limxcg(x) = L Con L = 0 oppure +∞ oppure -∞. Se f e g sono derivabili nell’intorno di c, tranne eventualmente in c, con g’ ≠ 0, e se esiste (finito o infinito)

Si ha f’(x0) = limx x0+ f(x) – f(x0) = Limxx0- f(x) – f(x0)

limxcf’(x)\g’(x),

e f’(x0) dovrà essere contemporaneamente ≥ 0 e ≤ 0 e pertanto deve essere nulla.

allora esiste anche

TEOREMA DI ROLLE Sia f una funzione definita su un intervallo chiuso e limitato [a,b], continua in [a,b] e derivabile almeno su (a,b). Se f(a) = f(b), allora esiste un x0 Є (a,b) tale che f’(x0) = 0 cioè esiste almeno un punto critico di f in (a,b). DIMOSTRAZIONE: il teorema di Weierstrass assicura che l’immagine f([a,b]) di f è un intervallo chiuso e limitato [m,M], essendo m e M rispettivamente il minimo e il massimo della funzione sull’intervallo:

e tale limite è uguale al precedente.

m = minx Є [a,b] f(x) = f(xm); M = maxx Є [a,b] f(x) = f(xM) per opportuni xm, xM Є [a,b]. Se m = M allora f è costante su [a,b], dunque in particolare f’(x0) = 0 Vx Є (a,b) e la tesi è dimostrata. Sia invece m < M. Poiché m≤f(a)=f(b)≤M, una almeno tra le disuguaglianze strette f(a) = f(b) < M; m < f(a) = f(b) dovrà essere soddisfatta. Se f(a) = f(b) <

limxcf(x)\g(x)

PROPRIETA’ DEL POLINOMIO DI McLAURIN Il polinomio di McLaurin di una funzione pari (rispettivamente dispari) contiene solo potenze pari (rispettivamente dispari) della variabile indipendente. DIMOSTRAZIONE: Supponiamo che f sia un funzione pari, derivabile n volte in un intorno dell’origine. Ricordando la proprietà delle funzioni e delle derivate (che dice che la derivata prima di una funzione pari è dispari), dall’ipotesi che f sia pari deduciamo che f’ è dispari, f’’ è pari, f’’’ è dispari e così via. In generale le derivate di ordine pari f(2k) sono funzioni pari, mentre le derivate di ordine dispari f(2k+1) sono funzioni dispari. Per concludere è sufficiente osservare che una funzione dispari g definita nell’origine necessariamente si annulla in tale punto; infatti ponendo x = 0 nella relazione g(-x) = -g(x) si ottiene g(0) = - g(0), da cui g(0) = 0.

dunque F(φ(x)) è una primitiva della funzione f(φ(x))φ’(x) cioè la tesi. PROPOSIZIONE Sia f : (a,b)  R una funzione derivabile n volte in x0 Є (a,b). Se esiste un polinomio Pn di grado ≤ n, tale che f(x) = Pn(x) + o((x – x0)n) x x0, allora Pn coincide con il polinomio di Taylor Tn = Tfn,xo di ordine n generato da f in x0. DIMOSTRAZIONE: Dall’ipotesi si ricava che Pn(x) = f(x) + φ(x), con φ(x) = o((x – x0)n) per x x0. Analogamente alla formula di Taylor per f in x0, Tn(x) = f(x) + ψ(x), con ψ(x) = o((x – x0)n). Dunque Pn(x) – Tn(x) = Σck (x – x0)k. Dobbiamo dimostrare che tutti I coefficienti ck sono nulli. Per assurdo, supponiamo che esistano dei ck non nulli e sia m il più piccolo indice compreso tra 0 ed n tale che cm ≠ 0. Allora Pn(x) – Tn(x) = Σck (x – x0)k

F(x) = ∫ f(s) ds Una funzione integrale di f su I. Allora F è derivabile in ogni punto di I e si ha F’(x) = f(x), Vx Є I. DIMOSTRAZIONE: Fissiamo dapprima un punto x interno ad I e sia Δx un incremento (positivo o negativo) tale che x + Δx appartenga ad I. Consideriamo il rapporto incrementale della funzione F tra x e x + Δx: F(x + Δx) – F(x) = 1 ( f(s)ds - f(s)ds). Si ha poi: f(s)ds = f(s)ds + f(s)ds e dunque F(x + Δx) – F(x) = 1 f(s)ds = m(f; x, x + Δx)

E, dividendo per (x – x0)m, si ha Pn(x) - Tn(x) = cm + Σck(x – x0)k – m

Abbiamo quindi stabilito che il rapporto incrementale della funzione integrale F tra x e x + Δx coincide con la media integrale di f sull’intervallo di estremi x e x Δx. Possiamo dunque applicare il teorema della media integrale alla funzione continua f; esso garantisce l’esistenza di un punto z = z(Δx) in tale intervallo, per il quale si ha m(f; x, x + Δx) = f(z(Δx)) e dunque F(x + Δx) – F(x) = f(z(Δx))

Passando al limite per x  x0 si ottiene Cm = 0 Contro l’ipotesi. CALCOLO INTEGRALE PROPRIETA’ DELLA PRIMITIVA Se F e G sono due primitive di f sull’intervallo I, allora esiste una costante c tale che G(x) = F(x) + c, Vx Є I DIMOSTRAZIONE: Introduciamo la funzione ausiliaria H(x) = G’(x) – F’(x) = f(x) – f(x) = 0 Vx Є I. Dunque la funzione H ha derivata nulla in ogni punto di I. Facciamo vedere che ciò implica che H è costante su I. Osserviamo che H costante su I  H(x1) = H(x2) = Vx1,x2 Є I Siano dunque x1, x2 Є I; applichiamo la seconda formula dell’incremento finito alla funzione derivabile H. Allora, per un opportuno x compreso tra x1 e x2, si ha H(x2) – H(x1) = H’(x)(x2 – x1) = 0 Concludiamo che H(x1) = H(x2) PROPRIETA’ DI LINEARITA’ DELL’INTEGRALE Siano f(x) e g(x) funzioni integrabili su un intervallo I. Allora, per ogni α, β Є R, la funzione αf(x) + βg(x) è integrabile su I e si ha ∫ (αf(x) + βg(x))dx = α∫ f(x)dx + β∫ g(x)dx DIMOSTRAZIONE: Sia F(x) una qualunque primitiva di f(x) e G(x) una qualunque primitiva di g(x). Ricordando la proprietà di linearità della derivata, si ha (αF(x) + βG(x))’ = αF’(x) + βG’(x) = αf(x) + βg(x),

TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE Sia f definita e continua su un intervallo I della retta reale. Sia x0 Є I fissato e sia

Vx Є I.

Ciò significa che la funzione (αF(x) + βG(x)) è una primitiva di αf(x) + βg(x) su I, il che, ricordando la definizione di integrale equivale alla tesi. REGOLA DI INTEGRAZIONE PER PARTI Siano f(x) e g(x) funzioni derivabili su un intervallo I. Se la funzione f’(x)g(x) è integrabile su I, allora lo è anche la funzione f(x)g’(x) e si ha ∫ f(x)g’(x)dx = f(x)g(x) - ∫ f’(x)g(x)dx DIMOSTRAZIONE: Sia H(x) una qualunque primitiva della funzione f’(x)g(x) su I. Ricordando la formula di derivazione del prodotto abbiamo: [(f(x)g(x) – H(x)]’ = (f(x)g(x))’ – H’(x) = f’(x)g(x) + f(x)g’(x) – f’(x)g(x) = = f(x)g’(x). Pertanto la funzione f(x)g(x) – H(x) è una primitiva della funzione f(x)g’(x), cioè la tesi. REGOLA DI INTEGRAZIONE PER SOSTITUZIONE. Sia f(y) una funzione integrabile su un intervallo J e sia F(y) una sua primitiva. Sia poi φ(x) una funzione derivabile, definita su un intervallo I a valori nell’intervallo J. Allora la funzione f(φ(x))φ’(x) è integrabile sull’intervallo I e si ha ∫ f(φ(x))φ’(x)dx = F(φ(x)) + c. DIMOSTRAZIONE E’ sufficiente ricordare la formula di derivazione di una funzione composta, che fornisce: d F(φ(x)) = dF (φ(x))dφ (x) = f(φ(x))φ’(x)

Facciamo ora tendere Δx a zero. Supponiamo Δx > 0. Dalla relazione x ≤ z(Δx) ≤ x + Δx, e, per il teorema di confronto dei limiti, deduciamo che limΔx0+ z(Δx) = x Similmente limΔx0- z(Δx) = x e quindi limΔx0z(Δx) = x. Usando la continuità di f in x si ha allora limΔx0 f(z(Δx)) = f(limΔx0 (z(Δx)) = f(x). Pertanto, passando al limite precedentemente accennato, si ottiene la tesi F’(x) = limΔx0F(x + Δx) – F(x) = f(x)

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