Riassunto M. Fioravanti Lo Stato Moderno in Europa

May 2, 2017 | Author: Salvatore Bertulu | Category: N/A
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1. FORME E COSTITUZIONI DELLO STATO MODERNO Requisiti minimi dello stato (periodo di transizione dal sistema feudale) – Territorio definito sul quale è esercitato il potere. Non un semplice agglomerato di terre. – Rappresentanza che partecipa alle decisioni del sovrano per il bene comune. – Leggi scritte, spesso consuetudinarie, che regolano i rapporti fra il sovrano e le altre forze. Ancora non è presente il principio di sovranità statale, o monopolio. a) Stato giurisdizionale (forma dominante fino alla rivoluzione francese) – Territorio sempre più unitario, ma ancora fortemente dipendente dalle sue parti. – Diritto sempre più funzionale all'intero, ma ancora non omogeneo su tutto il territorio. – Governo rivolto all'intero territorio, ma che non uniforma centro e periferia (giurisdizioni). Il modello paradigmatico è quello dello stato assoluto francese, per la tendenza del sovrano a potenziare il proprio potere a danno di quello del consiglio. Il Re si pone al di sopra del diritto, ed è qui che sta la sovranità, che però è ancora limitata da soggetti locali (città, comunità rurali, chiesa). b) Stato di diritto (dalla rivoluzione francese agli inizi del XX secolo) – La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789) sancisce che la sovranità risiede nella nazione, e che nessun corpo o individuo può esercitare un'autorità che da essa non emani espressamente. L'autorità è ora legittima solo se è unica. Monopolio del potere. – La legge è l'espressione della volontà generale . Le giurisdizioni si limitano ora all'applicazione meccanica e neutrale della legge, che è la medesima su tutto il territorio. – La legge è ora applicata anche per mezzo della pubblica amministrazione. – La sovranità è limitata dai diritti naturali individuali, su tutti l'uguaglianza. Sarà dotato di una costituzione liberale volta a equilibrare i poteri (monarchie e parlamenti). c) Stato costituzionale (nuove costituzioni democratiche, 1948 in Italia) – Rinnovata attenzione verso gli interessi particolari (partiti). – Costituzione considerata come superiore alla legge statale (controllo di costituzionalità). a) Costituzione cetuale (stato giurisdizionale) Può essere considerata un ordinamento complessivo, basato su privilegi ed eccezioni, capace di organizzare il processo di governo e le relazioni tra i diversi poteri e soggetti agenti sul territorio: – Popolo, una molteplicità di soggetti collettivi che puntano a conservare un'identità distinta. – Signore territoriale, che per quanto potente deve arrestarsi difronte alla legge consuetudinaria del popolo, che altrimenti può esercitare il diritto di resistenza. b) Costituzione cetual-assolutistica (stato assoluto, forma intermedia) I ceti sono ancora importanti, ma il potere del sovrano non è derivato o controllato da altri poteri. c) Costituzione liberale (stato di diritto) Influenzata dalle teorie giusnaturalistiche, si oppone al sistema dei privilegi. Il popolo viene ora considerato come un insieme di individui singoli, tutti ugualmente sottoposti alla legge. – Principio della presunzione di libertà : Tutto ciò che non è vietato dalla legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina. – Riserva di legge: L'esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla legge. – Principio costituzionale: Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha una costituzione. Centralità della legge. d) Costituzione democratica (stato costituzionale) Oltre a quelli liberali, contiene i principi fondamentali e inviolabili che caratterizzano un certo regime politico, facendo sì che la costituzione si ponga in modo chiaro al di sopra del parlamento.

2. DIRITTI Un diritto è la pretesa legittima di qualcuno (individuo o gruppo) a che gli altri facciano o non facciano qualcosa nei suoi confronti. Dove ci sono diritti, ci sono altresì obblighi. Entrambi sono necessari perché vi sia ordine, ma variano nei contenuti di società in società e di epoca in epoca. I diritti non nascono all'improvviso dalla modernità; siamo piuttosto di fronte a un lungo e lento processo che fa di essi un elemento chiave della teoria e della prassi politico-giuridica. Il giusnaturalismo A partire dal seicento si sente l'esigenza di un nuovo criterio di legittimazione dell'individuo che faccia leva non sulla rivelazione, ma sulla ragione. Il paradigma giusnaturalista (Hobbes) introduce il concetto di “stato di natura”, un'ipotetica condizione umana al di fuori di qualsiasi relazione di potere e obbedienza. Colto nella sua essenza, l'individuo è un soggetto caratterizzato da bisogni e diritti fondamentali (libertà e uguaglianza). Si tratta di una rottura con la tradizione medievale, nella quale le prerogative dei soggetti non sono separabili dal corpo sociale di appartenenza. I diritti sono ora fondati sulla stessa natura umana. Il primo tentativo di applicazione della nuova teoria avviene in Inghilterra: è la Petition of Rights del 1628, con cui il parlamento si schiera a difesa dei sudditi contro l'arbitrarietà del potere regio. I “livellatori” inglesi guardano in particolare al diritto positivo, insistendo sul nesso fra libertà e partecipazione politica e rivendicando l'estensione del suffragio. Nel 1689, con Guglielmo d'Orange si afferma un regime di impronta monarchico-parlamentare; contemporaneamente vede la luce il Trattato sul governo di John Locke, che delinea l'immagine di un ordine che trova nella libertà e nella proprietà dei soggetti la propria struttura portante. Il sovrano non crea l'ordine, ma lo conferma e lo tutela. Tuttavia, l'Inghilterra è un eccezione. Nel resto d'Europa il modello assolutista impedirà il riconoscimento dei diritti naturali fino all'illuminismo e alla conseguente ondata riformatrice. La rivoluzione francese Può essere letta come un episodio di lotta per i diritti. Nella Dichiarazione è evidente l'influenza del giusnaturalismo inglese. Intervengono però due novità rilevanti indotte dall'atto rivoluzionario: – A proclamare i diritti non è un singolo individuo o gruppo, ma la nazione, il nuovo sovrano. Diritti e nazione divengono i due pilastri del nuovo ordine, concretizzati attraverso la legge. – Non basta la libertà “passiva”, ma occorre la libertà-partecipazione, ossia i diritti politici. Il XIX secolo I nuovi assetti politici europei si fondano sul nesso libertà-proprietà, ma con tempi e modalità diverse. In Francia il codice napoleonico accoglie l'eredità egualitaria della rivoluzione In Italia e in Germania, nonostante la mancata formazione di un'unità nazionale, si sviluppano movimenti che rivendicano la costruzione di un ordine fondato su libertà e proprietà. La libertà tedesca supererà il modello individualistico del giusnaturalismo inglese, rimanendo fedele al senso di appartenenza alla collettività. Nell'ottica della libertà-partecipazione, prosegue il dibattito sull'estensione del suffragio. Vi sono poi tre differenti modelli volti ad affrontare il pericolo dovuto all'emergente conflitto sociale tra le nuove classi, la borghesia capitalistica e il proletariato: a) Il mercato è sufficiente a ordinare il conflitto mentre lo stato fa da custode (liberismo). b) Lo stato deve fare da mediatore a sostegno dei soggetti più deboli (integrazione). c) Intervento diretto dello stato nella produzione. Centralità del diritto al lavoro (socialismo). Il XX secolo Il XIX secolo si conclude senza che i diritti sociali abbiano trovato una loro consacrazione giuridico-positiva. Solo dopo la prima guerra mondiale prendono campo nuove forme. La costituzione di Weimar del 1919 tenta di superare l'incompatibilità fra i diritti di libertà (negativi) e i diritti sociali. I successivi totalitarismi attaccano la centralità dell'individuo a favore del nuovo ente collettivo: la nazione per il fascismo, il popolo-razza per il nazionalsocialismo. I totalitarismi negano i diritti alla radice. Nel dopoguerra, al contrario, emerge una totale convergenza sulla necessità di coniugare la tutela delle libertà individuali con l'impegno della collettività contro la miseria, l'autonomia della persona con la garanzia dei diritti sociali. Nel 1948 l'ONU vara la Dichiarazione dei diritti universali dell'uomo, che sarà la nuova sfida dell'epoca contemporanea.

3. GIUSTIZIA E AMMINISTRAZIONE Il potere pubblico si manifesta in tre forme, ognuna corrispondente a un potere specifico: – Legge, potere legislativo, emanata dal parlamento, universale e astratta. – Sentenza, potere giuridico, emessa dal giudice, comando particolare e imparziale. – Atto amministrativo, potere esecutivo, lo stato prevale sugli interessi privati come da legge. Storicamente, la funzione essenziale dello stato è stata quella amministrativa, mentre lo sviluppo istituzionale è stato letto come il progressivo emanciparsi delle altre due funzioni. Tuttavia, il primato della prima fase dello stato va piuttosto alla giurisdizione. Dal medioevo fino al XIII secolo il potere si rinveniva soprattutto nell'atto di giudicare. Anche lo stato assoluto conserva il carattere composito e pluralistico dei corpi politici, e la funzione amministrativa è intesa come mediazione dei conflitti. Questo assetto conferma l'idea medievale della piena autosufficienza del diritto rispetto al potere politico. In particolare, il diritto processuale si presenta come lo strumento indispensabile di legittimazione di qualsiasi autorità. Il potere centrale si faceva carico della difesa esterna e della garanzia dell'ordine giuridico, lasciando la soddisfazione dei bisogni collettivi e le nuove responsabilità amministrative ad enti intermedi. L'idea di una gestione esecutiva del potere, e non più meramente giudiziaria, va consolidandosi nella seconda fase dello stato assoluto, con il passaggio dall'ufficio alla commissione, e cioè un semplice titolo provvisorio revocabile in qualsiasi momento dal Re. La completa rifondazione fu possibile solo dopo la rivoluzione, quando i corpi intermedi vengono definitivamente eliminati e la legge viene concepita non più come strumento di mediazione sociale, ma come unica espressione politica di una volontà generale che appartiene a tutti i membri dello stato. Con l'impero napoleonico viene portata a compimento la separazione tra giustizia e amministrazione. Rispetto all'ideale rivoluzionario, Napoleone si rende conto della necessità di una larga autonomia per l'amministrazione e di un depotenziamento del giudice, che diventa un'imparziale “bocca della legge”. Inoltre, il diritto non è più preesistente alla legge, ma si identifica interamente in essa. Se il regime amministrativo è l'autorità, la giustizia amministrativa ne è il limite. Il cittadino è in grado di verificare la corrispondenza dell'atto alle forme imposte. Con l'avvento dell'era industriale, l'amministrazione tende ad accentrarsi ulteriormente, incorporando l'ambito dei servizi pubblici. Ma è con la repubblica di Weimar si apre la stagione dell'interventismo e dell'economia regolata. I confini tra pubblico e privato iniziano a confondersi e lo stato, da soggetto politico, si evolve in soggetto economico, in diretta concorrenza con le imprese private. Lo sviluppo degli enti parastatali segna la fusione tra stato e società. Il successivo fallimento del progetto di un governo in grado di dirigere l'economia comporta una regressione dallo stato imprenditore-interventista al vecchio stato regolatore. Tuttavia, ciò ha aumentato ulteriormente le esigenze di regolazione economica. Il risultato è la creazione di nuovi poteri regolamentari molto vicini alle tipologie dello stato giurisdizionale. Lo stato del presente continua comunque ad essere uno stato amministrativo, sebbene la sua organizzazione interna si sia fatta sempre più complessa e frammentata.

4. CODICI Per codice si intende una raccolta di leggi organica e sistematica. Il primo codice nel senso tecnico e moderno del termine è quello napoleonico, mentre in precedenza il termine “codice” era piuttosto uno strumento di classificazione di testi di diritto attribuibile indifferentemente ad opere varie. Vi sono diversi criteri per distinguere i codici moderni da quelli pre-moderni: – Novità nei contenuti rispetto al materiale legislativo preesistente. – Unico testo legislativo organicamente compiuto, anziché pluralità di fonti. – Codificazione moderna (borghese) volta a creare un soggetto unico di diritto. – Non eterointegrabilità del codice, e cioè il principio della completezza. – Laicizzazione, esaurimento dell'origine divina-provvidenziale del diritto. – Tutela del codice da parte delle leggi politiche. Importante ruolo simbolico. Un altro codice “modello” fu quello tedesco del 1900, un momento di crisi dei valori liberali ottocenteschi a causa dello sviluppo industriale e della questione sociale. Nuovi modelli sono necessari oggi per affrontare i nuovi scenari come la globalizzazione e l'unione europea.

5. PROPRIETÀ E CONTRATTO Antico regime L'ordinamento giuridico è rivolto più alla cosa e alla sua produzione che al soggetto. Si valorizza più l'imprenditore sul bene, il gestore dell'attività produttiva, che il proprietario capitalista. Età post-rivoluzionaria L'individualismo borghese sposta la centralità sul nuovo soggetto-individuo liberato dalle ingombranti incrostazioni comunitarie. La proprietà individuale va difesa ad ogni costo, dagli altri e dalle ingerenze del potere politico. Postmoderno Le crescenti pretese del proletariato portano lo stato a porre dei limiti ai poteri del proprietario. La proprietà comporta degli obblighi. C'è un ritorno al passato con la rinnovata centralità dell'impresa, una realtà dinamica e funzionale allo stato, a danno della proprietà statica. Dai contratti al contratto Il contratto è lo strumento che assicura alla proprietà una libera ed efficace circolazione. Il processo storico-giuridico è un trapasso dai contratti al contratto: il plurale indica che il libero consenso dei singoli soggetti deve canalizzarsi in alcuni grandi schemi operativi predisposti dall'ordinamento (compravendita, mutuo, deposito, etc.) con lo stato che fa da controllore, mentre la nuova mentalità valorizza la libertà del singolo e il libero incontro di due o più volontà individuali che non devono più preoccuparsi di canali precostituiti o forme condizionanti. Non ha più rilievo la scelta di questo o quello schema contrattuale, ma l'accordo in sé. Questo cambiamento è dovuto al passaggio da una società elitaria a una società di massa sostanzialmente spersonalizzata.

6. LAVORO E IMPRESA Società industriale e silenzio della legge A partire dalla rivoluzione francese, libertà ed eguaglianza hanno privato il lavoro dalle minuziose regole del passato in cambio di un silenzio gravido di rinvii alle strutture giuridiche portanti del nuovo ordine: il contratto e la proprietà. Si prospetta un assetto economico armonico caratterizzato da singoli produttori che, infrante le catene del passato, si accordano obbedendo alla legge di un stato che è mero garante della loro libertà. Tale sistema normativo, fondato su proprietà e libertà, ma che trascura lavoro e produzione, sarà messo in crisi dal nascente capitalismo industriale. Lavoro e contratto: Il sistema ugualitario del libero contratto propone una situazione di netto privilegio per i datori di lavoro, mentre il lavoratore è sottoposto a una “dittatura contrattuale” riguardo alle modalità della prestazione, alla sua durata e al suo scioglimento. Diventa evidente il baratro esistente tra i proclami di libertà e uguaglianza della legge e la realtà sociale dell’industrializzazione, segnata da salari insufficienti, mancanza di tutela e condizioni insalubri. Impresa come atto di commercio: Il Code de commerce (1807) cerca di stabilire un equilibrio tra regole speciali e principi guida della libertà, ma bisogna attendere il Novecento per vedere una vera e propria regolamentazione del lavoro dipendente e del rapporto proprietà-impresa. La scoperta del sociale L'industrializzazione è una delle cause della questione sociale ed impone nuovi compiti allo stato. I primi provvedimenti riguardano l'apposizione di limiti nei confronti dell'incontrastata autonomia dei privati e di regole per i contratti di lavoro che tengano conto della subordinazione del lavoratore. Un altro fenomeno inedito è quello della “collettivizzazione” della classe lavoratrice. Diritto dell'impresa e diritti dei lavoratori L'intervento giuridico dello stato sulla società diviene particolarmente ampio con la prima guerra mondiale. Viene posta in discussione la visione del diritto come mero garante di un processo economico naturale. Superato il “dirigismo” dei regimi autoritari, l'affermazione della democrazia propone un diritto meno astratto e più attento ai meccanismi particolari e aperto al confronto tra proprietari e gruppi di lavoratori.

7. GIUSTIZIA CRIMINALE La storia del diritto penale può essere concepita come una progressiva fuoriuscita dal sistema della vendetta, con il conseguente incivilimento degli ordinamenti punitivi e la valorizzazione della funzione di difesa di persone, beni e società. La giustizia egemonica di apparato Nel medioevo, la vendetta era un ordinario mezzo di giustizia fondato sulla convinzione che i crimini tra persone fossero un fatto privato da risolversi senza l'intervento dei pubblici poteri. Soltanto verso il XIV secolo si fa strada il principio per cui chi commette un delitto non solo danneggia la sua vittima, ma offende la res publica. Nasce così la figura del giudice “ex officio”, al quale vengono concessi strumenti particolarmente penetranti (tortura) per ben imprimere tale nuovo principio. Si tratta di una giustizia penale autoritativa fondata su quattro presupposti tecnici : – Legge: costituisce il fondamento della giustizia, basata sulla certezza della pena. – Azione e prova: processo ad azione pubblica e raccolta delle prove con mezzi coercitivi. – Pena: concepita come segno di potere e autorità. Le praticae criminales sono la base dottrinale della giustizia egemonica. Esse prescrivono al giudice la condotta da attuare nei vari casi e ne legittimano l'operato. I diritti dell'accusato restano in ombra. Il paradigma dell'infrazione politica e l'espansione penale tra Cinquecento e Seicento La nuova concezione sposta la rilevanza penale dal piano del danno a quello della condotta. La mera disobbedienza diventa causa di pena. I criminali sono nemici dello stato, e lo stato ha il dovere di rappresentare i sudditi nella loro persecuzione. Il sistema penale si orienta verso obiettivi di prevenzione generale, tramite l'inasprimento delle pene e l'utilizzo di punizioni esemplari. Bisogna ricordare che siamo nel periodo storico delle persecuzioni religiose. L'inquisizione romana fece da modello per la centralizzazione e la gerarchizzazione dell'attività giudiziaria. La degenerazione delle pratiche, gli intellettuali riformatori e le prime codificazioni penali Nel corso del Settecento, la giustizia egemonica si coniuga con la ragione illuministica. Viene invocata una legge che rappresenti il volere di tutta la società e che sia finalizzata alla difesa di essa. Il giudice, primo servo di questa legge, si limiterà ad applicarla. I tradizionali principi di ispirazione etico-religiosa vengono sostituiti con quelli di laicità, ragione, utilità e proporzione. Viene garantita la libertà di pensiero e di espressione. Vengono inoltre messe al bando pene repressive come la tortura o la pena morte. Anche il processo, da macchina punitiva, diventa strumento di difesa da parte dell'imputato. Tutti questi elementi si cristallizzeranno nel codice napoleonico. Fascismo e stato forte – Democrazia e stato sociale I nuovi fenomeni sociali del XIX secolo spingeranno i governi a favorire l'ordine piuttosto che le libertà individuali. In Italia, il codice Zanardelli sembra approdare a un giusto compromesso, ma l'avvento del fascismo chiude definitivamente con la tradizione liberale. Il diritto penale non è più a tutela dei cittadini e della società, ma dello stato contro i suoi nemici. Le leggi fascistissime del 1926 annientano l'opposizione politica, sopprimono la stampa libera e ripristinano la pena di morte per reati politici. L'imputato perde nuovamente i suoi diritti alla difesa. La costituzione del 1948 chiude l'era fascista, ma l'ondata di eventi successivi, fino ai giorni nostri, produrrà un sistema penale ipertrofico, carico di norme speciali, con scarsa efficacia pratica.

8. RELAZIONI INTERNAZIONALI Con la conquista della sovranità degli stati nazionali (1648, pace di Westfalia) si crea un sostanziale equilibrio che permette ad ogni stato una condotta autonoma. Il pensiero giusnaturalista propone immediatamente l'idea di una comunità internazionale in grado di stabilire leggi giuste, fondate sul diritto naturale, applicabili a tutti (Ius Gentium). La controversia sulla libertà dei mari vede vincitrice la corrente di pensiero del “mare liberum”. Si giunge così alla creazione di un diritto internazionale e di un diritto bellico come strumenti diplomatici. Dal concerto europeo, che risolve i problemi delle colonie e della schiavitù, arriviamo infine alla Società delle Nazioni del 1919, comunque ancora giuridicamente debole e non in grado di garantire la pace.

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