Riassunto Di Antropologia Culturale
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breve riassunto di Antropologia....
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ESAME DI ANTROPOLOGIA CULTURALE
Ugo Fabietti
ELEMENTI DI ANTROPOLOGIA CULTURALE Riassunto
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GENESI E STRUTTURA DELL’ANTROPOLOGIA DELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE: NATURA E ORIGINI DELL’ANTROPOLOGIA: 1.1 1.1
ANTR ANTROP OPOL OLOG OGIA IA SIGN SIGNIF IFIC ICA… A…
Antropologia, letteralmente, significa “studio del genere umano”, definizione vaga perché sono molti i saperi che si occupano dello studio dell’uomo. Antropologia culturale lo studio del genere umano dal punto di vista delle idee, dei comportamenti espressi dagli esseri umani in tempi e luoghi distanti tra loro. !’antropologia l’insieme delle riflessioni condotte attorno a "uesti comportamenti ed idee, prendendo spunto dal fatto che gli essere umani si rivelano estremamente differenti, sia sul piano storico, che in relazione all’ambiente in cui vivono.
Comparsa dell’antropologia.
!e origini dell’antropologia come disciplina non sono facilmente databili, ma "uelle pi# lontane risalgono ad $rodoto %&' sec. A.(.), nonostante egli non parli mai di antropologia. !e radici pi# vicine a noi risalgono all’umanesimo, ai dibattiti aperti dopo la scoperta del nuovo mondo, sorti da "uesiti prima poco considerati o inimmaginabili. (on l’espansione coloniale crebbero a dismisura i contatti con i popoli indigeni ed anche le descrizioni dei loro costumi e delle loro istituzioni sociali. *a per avere un progetto scientifico all’interno di "ueste descrizioni bisogna attendere i filosofi e gli scienziati naturali, che cominciarono ad elaborare una teoria unitaria del genere umano. +ell’epoca coloniale, gli antropologi si sono distinti dai con"uistatori per la volont di stabilire rapporti di reciproca comprensione con le popolazioni studiate.
Cosa fanno gli antropologi?
All’inizio gli antropologi si sono occupati di popolazioni contemporanee, ma geograficamente lontane, diversi da "uelle europee o di origine europea, studiandone religione, riti, istituzioni sociali e politiche, tecniche di costruzione dei manufatti, arte.
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GENESI E STRUTTURA DELL’ANTROPOLOGIA DELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE: NATURA E ORIGINI DELL’ANTROPOLOGIA: 1.1 1.1
ANTR ANTROP OPOL OLOG OGIA IA SIGN SIGNIF IFIC ICA… A…
Antropologia, letteralmente, significa “studio del genere umano”, definizione vaga perché sono molti i saperi che si occupano dello studio dell’uomo. Antropologia culturale lo studio del genere umano dal punto di vista delle idee, dei comportamenti espressi dagli esseri umani in tempi e luoghi distanti tra loro. !’antropologia l’insieme delle riflessioni condotte attorno a "uesti comportamenti ed idee, prendendo spunto dal fatto che gli essere umani si rivelano estremamente differenti, sia sul piano storico, che in relazione all’ambiente in cui vivono.
Comparsa dell’antropologia.
!e origini dell’antropologia come disciplina non sono facilmente databili, ma "uelle pi# lontane risalgono ad $rodoto %&' sec. A.(.), nonostante egli non parli mai di antropologia. !e radici pi# vicine a noi risalgono all’umanesimo, ai dibattiti aperti dopo la scoperta del nuovo mondo, sorti da "uesiti prima poco considerati o inimmaginabili. (on l’espansione coloniale crebbero a dismisura i contatti con i popoli indigeni ed anche le descrizioni dei loro costumi e delle loro istituzioni sociali. *a per avere un progetto scientifico all’interno di "ueste descrizioni bisogna attendere i filosofi e gli scienziati naturali, che cominciarono ad elaborare una teoria unitaria del genere umano. +ell’epoca coloniale, gli antropologi si sono distinti dai con"uistatori per la volont di stabilire rapporti di reciproca comprensione con le popolazioni studiate.
Cosa fanno gli antropologi?
All’inizio gli antropologi si sono occupati di popolazioni contemporanee, ma geograficamente lontane, diversi da "uelle europee o di origine europea, studiandone religione, riti, istituzioni sociali e politiche, tecniche di costruzione dei manufatti, arte.
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Fino a pochi decenni fa, gli antropologi si sono occupati di popoli definiti “selvaggi” o “primitivi”, perché considerati rappresentanti di fasi arcaiche della storia del genere umano. +ella seconda met dell’-ttocento, gli antropologi non studiavano i popoli direttamente, bens a distanza, avvalendosi delle descrizioni fornite loro da viaggiatori, esploratori, funzionari coloniali. /ra la fine dell’-ttocento e i primi anni del 00 secolo, gli antropologi cominciarono a recarsi di persona nei luoghi delle popolazioni oggetto dei loro studi, dando inizio ad una nuova stagione della ricerca antropologica, una vera rivoluzione perché da "ui non si pi# tornati indietro.
1.2 1.2
UNA UNA SOL SOLA A ANT ANTRO ROPO POLO LOGI GIA A O TAN TANTE TE ANTR ANTROP OPOL OLOG OGIE IE? ?
!’antropologia non frutto esclusivo della cultura occidentale, ma spesso proprio presso popolazioni semplici e sprovviste di istituzioni che possiamo trovare le pi# affascinanti visioni dell’uomo e del cosmo. Alcuni antropologi, pertanto, escludono l’idea che il discorso sul genere umano sia prodotto soltanto di una determinata cultura ed epoca. !’antropologia sviluppatasi nella tradizione di pensiero occidentale sarebbe, di conseguenza, solo una delle tante antropologie elaborate in tempi e luoghi diversi. !’antropologia sarebbe solo un modo , tra molti, in cui gli esseri umani pensano a se stessi. !’antropologia che si va a considerare in "uesto libro, espressione di una societ in grado di esercitare un politico, militare ed economico su molte altre societ del pianeta. !’antropologia culturale un sapere che opera criticamente su se stesso, sulle sue nozioni, categorie, metodi e su risvolti etico1 politici che accompagnano le sue riflessioni.
OGGETTO E METODO DELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE: 2.1
COS’E’ LA CULTURA?
!a “cultura” un complesso di idee, simboli, azioni e disposizioni storicamente tramandati, acquisiti, selezionati e largamente condivisi da un certo numero di individui, mediante i quali questi ultimi si accostano al mondo in senso pratico e intellettuale.
-ggetto privilegiato dell’antropologia sono le differenze tra idee e comportamenti che intercorrono tra le varie comunit umane. 3
2.2
LA NATURA DELLA CULTURA:
'l genoma umano non possiede le informazioni indispensabili per poter far fronte al mondo circostante, un uomo nasce incompleto. 'l nostro modo di disporci al mondo ci stato insegnato dal gruppo in cui siamo venuti al mondo, che a sua volta frutto di una lunga storia di rapporto con l’ambiente. +ei pensieri e negli atti, gli esseri umani sono determinati perché per vivere in mezzo ai loro simili, devono adottare codici di comportamento pratico e mentale che siano riconoscibili e condivisi da altri. 2li antropologi hanno messo in evidenza alcune caratteristiche della cultura che riguardano il modo in una essa organizzata al proprio interno, la sua natura strumentale e le sue capacit di adattamento e di trasformazione.
La cultura come complesso di modelli.
!a cultura presenta forme interne di organizzazione, che non mai rigida e meccanica e coincide con i modelli che orientano le attitudine pratiche e intellettuali di coloro che li condividono. 3enza tali modelli, gli uomini non sarebbero tali. ' modelli sono insiemi di idee e di simboli proprio del contesto culturale in cui un essere umano vive e che gli servono dai guida per il comportamento ed il pensiero, introiettati attraverso l’educazione, implicita od esplicita. La cultura è operativa.
3enza i modelli culturali, gli uomini non potrebbero agire, pensare, sopravvivere4 infatti "ualun"ue atto o comportamento umano finalizzato ad uno scopo, materiale o intellettuale, guidato dalla cultura. !a cultura operativa perché mette l5uomo nella condizione di agire in relazione ai propri obiettivi adattandosi all’ambiente naturale, sociale e culturale che lo circonda. Habitus %sociologo francese 6ourdieu)4 sistema durevole di disposizioni, sia fisiche sia intellettuali, che sono il risultato dell’interiorizzazione di modelli di pensiero e di comportamento elaborati dalla cultura in risposta all’ambiente fisico, sociale e culturale che ci circonda.
La cultura è selettiva.
' modelli sono alimentati da una tensione continua con altri modelli condivisi dagli stessi soggetti. !a cultura un complesso di modelli tramandati, ac"uisiti e selezionati4 le generazioni successive ereditano i modelli delle generazioni pretendenti e li integrano con dei nuovi in base alla propria esperienza nel mondo in mutamento o per l’influenza di modelli di altre culture. 'l principio di selezione si attiva "uando, ac"uisendo nuovi modelli da culture differenti, "uesti vengono coniugati con "uelli in vigore o si blocca l’eventuale intrusione di modelli incompatibili con "uelli in atto. /ramite la messa in atto dei processi selettivi, le culture si rivelano aperte e chiuse contemporaneamente. +on esistono culture totalmente aperte o chiuse. 3ono i processi di selezione ad includere o escludere dai 4
propri modelli culturali, modelli provenienti da culture differenti che potrebbero rivelarsi dannosi. La cultura è dinamica.
!e culture non sono entit statiche e fisse, bens prodotti storici. !e culture si trasformano molto sia per logiche proprie sia in relazione agli elementi di provenienza esterna. La cultura è differenziata e stratificata.
All’interno di ogni singola cultura vi sono diversi modi di percepire il mondo, di rapportarsi agli altri,di comportarsi7 i modelli culturali di riferimento spesso risultano diversi a seconda del grado di istruzione. 3pesso sono gli interessi, e "uindi la cultura, dei soggetti socialmente pi# forti a prevalere4 "uesto un aspetto definito dall’antropologo Roger 8eesing con il termine di “controllo culturale”. $gli definisce la “distribuzione della cultura” il modo in cui il sapere ripartito tra i diversi gruppi sociali, tra individui appartenenti a generazioni diverse e tra categorie sessuali differenti. Comunicazione e creatività.
!a cultura esiste nella capacit che gli esseri umani hanno di trasmettersi dei messaggi, cio di comunicare. !a dimensione comunicativa centrale ad ogni tipo di processo culturale. !a cultura esiste come sistema riconoscibile di segni, ma non significa che "uesti siano fissi e ripetibili all’infinito, ma possono essere combinati secondo se"uenze riconoscibili ma innovative, capaci di creare nuovi significati. La cultura è olistica.
' modelli culturali interagiscono sempre con altri modelli, e il loro coniugarsi in un insieme complesso pi# o meno coerente viene denominato “cultura”. 9er il continuo integrarsi e coniugarsi di modelli diversi e novi rispetto a "uelli esistenti, la cultura viene detta “olistica”, cio integrata, complessa, formata da elementi che stanno in un rapporto di interdipendenza reciproca. Esistono i confini in una cultura?
!e culture non hanno confini netti, precisi, identificabili con sicurezza7 hanno dei nuclei forti che le assimilano ad alcune e le differenziano da altre. 2.3
LA RICERCA ANTROPOLOGICA
'l fatto di riconoscere che la cultura olistica non comporta il dovere di conoscerla nella sua totalit, ma di studiarla adottando una prospettiva che ci predispone a stabilire collegamenti tra i vari aspetti della vita di coloro che vivono "uella stessa cultura. 2li antropologi studiano di soliti soltanto determinati aspetti di una cultura, pur essendo costretti a considerare il fenomeno oggetto delle loro ricerche in relazione a tutti gli altri aspetti di "uella cultura. L’etnogr!" e # r$$o#t %e" &%t"'.
: l’elemento chiave della ricerca antropologica, segna l’incontro con realt culturali diverse da "uelle dello studioso, rappresenta
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lo studio di tali realt attraverso prospettive e tecniche particolari. 'l principale compito dell’antropologo sul campo "uello di raccogliere dati utili per la conoscenza della cultura che si vuole studiare, che possono provenire dalla raccolta di storie e miti riguardanti la comunit in "uestione, ricerca di informazioni sui riti, ma soprattutto l’esperienza personale dell’antropologo che vive con "uella gente che vuole studiare. !a ricerca antropologica si avvale anche di interviste, compilazione di tabelle e "uestionari, di registrazioni audiovisive, ecc. ;uello che differenzia l’antropologia dalle altre scienze umane che gli antropologi passano molto tempo a stretto contatto con le persone sulle "uali compiono ricerca,ponendosi in “osservazione partecipante” L’o((er)*"one +rte$"+nte.
/rascorrendo molto tempo a contatto con gli ospiti delle sue ricerche, l’antropologo alla fine impara a vedere il mondo dal loro punto di vista, e capire come essi si vedono nel proprio mondo. ;uesto non significa che l’antropologo sta diventando come i suoi ospiti, ma sta assorbendo modelli culturali che prima non capiva, con la possibilit di gestirli e metter in atto all’occorrenza un processo di “vai e vieni” tra due culture, essenziale per la ricerca antropologica. !’antropologo pu< ancora permettersi un’osservazione distaccata dell’esperienza condivisa e partecipata con gli appartenenti alla cultura da lui indagata. Centralità dell’etnografia per l’antropologia.
' ricercatori che entrano in contatto con popolazioni differenti devono mettere in atto una sorta di negoziazione anche politica con gli appartenenti a "uella cultura. !a dimensione etnografica conferisce all’antropologia una particolarit unica tra le scienze umane, perché fa di "uesta disciplina un sapere che si fonda sullo studio dei contesti socio1culturali specifici e basato su esperienze dirette. GLI ASSUNTI FONDAMENTALI DEL RAGIONAMENTO ANTROPOLOGICO: 3.1
LA PROSPETTI,A OLISTICA
!a prospettiva olistica ha avuto importanti riflessi sugli stili di ricerca adottati dagli antropologi, che per lungo tempo hanno preferito studiare piccole comunit, ritenute pi# semplici nelle interconnessioni tra differenti aspetti della vita sociale. -ra la prospettiva olistica comun"ue importante e centrale in "uanto strettamente legata alla problematica del contesto. 3.2
LA PRO-LEMATICA DEL CONTESTO.
' dati individuati, selezionati e raccolti devono essere considerati in base al contesto di provenienza. (on l’entrata in gioco della prospettiva olistica, il ricercatore obbligato a prendere in considerazione tutti gli altri aspetti di "uella cultura. !a ricostruzione del contesto consente di fare emergere sfaccettature e differenti significati che un dato pu< assumere se osservato da diversi punti di vista. !a prospettiva contestuale permette anche di collegarsi ad altri contesti ed altri fenomeni,all’interno di una sola cultura o tra culture diverse.
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3.3
LO SGUARDO UNI,ERSALISTA E ANTIETNOCENTRICO.
Fin dalle origini l’antropologia si presentata come un sapere universalista, che considera, cio, ogni forma di produzione culturale come degna di attenzione e utile alla conoscenza del genere umano. ;uesto aspetto dell’antropologia si oppone all’etnocentrismo manifestato da tutte le culture, ovvero la tendenza istintiva e razionale che porta a ritenere i propri comportamenti e i propri valori migliori di "uelli degli altri. 3./
LO STILE COMPARATI,O Fin dall’inizio gli antropologi adottarono il metodo di confrontare fenomeni diversi per ricavare delle costanti. $ssi ricercavano "uegli elementi che sembravano corroborare le loro ipotesi e le loro teorie aprioristiche, ma si trattava di un metodo illustrativo,la cui validit era data per scontata gi in partenza. +el corso del 00 secolo sono venuti ad emergere due principali stili comparati4 il primo si esercita su societ storicamente correlate o geograficamente vicine7 "uesto consente un controllo delle variabili maggiore e ha come vantaggio la precisione descrittiva, mentre limitata dal fatto che non consente grandi generalizzazioni7 il secondo prende in considerazione societ prive di legami storici reciproci e cerca di pervenire a all’elaborazione di tipologie e conclusioni pi# ampie del primo metodo. ' limiti sono la mancanza di precisione analitica e il rischio di generalizzazione indebite. 'l vantaggio sta nel fatto di offrire ampie e sintetiche visioni dei fenomeni considerati.
3.0
LA ,OCAIONE DIALOGICA E L’ANTROPOLOGIA OME TRADUIONE
!a ricerca etnologia ha il suo punto di partenza nel porsi in ascolto di una cultura che magari ha dei segni linguistici differenti, che richiedono un’interpretazione, una traduzione specialmente di tipo concettuale. 3.
L’INCLINAIONE CRITICA E L’APPROCCIO RELATI,ISTA.
!’antropologia non mira a conservare le culture in un astratta autenticit. !a funzione critica dell’antropologia non si esaurisce nella difesa delle culture pi# deboli, ma consiste nell’individuare le trasformazioni delle culture in contesti storici diversi7 tale funzione critica rimette in discussione anche l’etnocentrismo della cultura di cui espressione. !’antropologia un sapere critico anche nei confronti di se stesso perché non deve idealizzare le pratiche e i valori dei popoli che studia. (on l’espressione relativismo culturale (Levi-trauss!si indica che comportamenti e valori, per essere compresi, devono essere considerati all’interno del contesto complessivo all’interno del "uale prendono vita. 3.
L’IMPIANTO PLURIPARADIGMATICO
'n antropologia si sono susseguiti molti paradigmi nel corso del tempo4 evoluzionismo, storicismo, funzionalismo, diffusionismo, strutturalismo, neoevoluzionismo, mar=ismo, neostrutturalismo, prospettiva ermeneutica, ecc. >iversamente da "uanto accade nelle altre scienze, in antropologia pu< succedere che pi# paradigmi possono costituire contemporaneamente punti di riferimenti per gli studiosi di "uesta disciplina.
7
'l carattere pluiriparadigmatico dell’antropologia conseguenza del fatto che si tratta di un sapere che si fonda sull’esperienza etnografica. 3.4
IL RIS,OLTO APPLICATI,O
3in dagli inizi l’antropologia si present< come un sapere dai risvolti applicativi. Al giorno d’oggi, l’antropologia pu< fornire utili strumenti di lavoro anche in campo educativo, a "uegli insegnanti che hanno a che fare con scolari provenienti da contesti culturali in cui i metodi di apprendimento si basano su principi molto diversi dai nostri. 3.5
LA CONDIIONE RIFLESSI,A E IL DECENTRAMENTO DELLO SGUARDO
!’antropologia ritenuta riflessiva nel senso che, tramite l’incontro con soggetti appartenenti a culture diverse, permette di esplorare la propria cultura e la propria soggettivit. ;uesta dimensione centrale perché permette di cogliere meglio il punto di vista degli altri, e osservando le caratteristiche positive di una cultura altra, possiamo apprezzare di pi# le caratteristiche positive della nostra, cos come venendo ad apprendere i limiti di una cultura diversa, ci si rende consapevoli anche dei limiti della propria cultura. 9er ottenere "uesto risultato dobbiamo “decentrare” il nostro sguardo, cercare di osservare noi stessi attraverso lo sguardo degli altri.
UNITA’ E DI,ERSITA’ DEL GENERE UMANO &RAE'6 GENI6 LINGUE6 CULTURE 1.1
APPARENTEMENTE DI,ERSI MA DEL TUTTO SIMILI
3ul piano culturale, esistono numerosissime variabili di comportamenti e di idee che contraddistinguono anch’ egli appartenenti ad un unico modelli culturale. +onostante "uesta grande variet nel genere umano, vi sono anche elementi di forte unit4 il naturalista 2eorge !eclerc, alla fine del 0''' secolo fu in grado di stabilire che tutti gli uomini fanno parte di un’unica specie, pi# avanti gli antropologi dimostrarono che gli esseri umani sono tali perché produttori di cultura. 'l razzismo ha preteso di stabilire un nesso causale tra aspetto fisico e cultura, di giustificare le dominazione di alcuni gruppi su altri7 un atteggiamento di autocelebrazione della propria superiorit e disprezzo per coloro che sono ritenuti inferiori. /utto ruota intorno al concetto di razza, che una nozione di costruzione culturale, perché secondo gli studiosi non ci sono fondamenti scientifici per poter individuare diversi distinzioni di razza umana. 1.2
POPOLAIONI GENETIC7E E FAMIGLIE LINGUISTIC7E
!’idea di famiglia linguistica risale alla seconda met del 0&''' secolo, denominazione del giurista inglese ?ones, che raggrupp< alcune lingue in un insieme di lingue non pi# parlate, ma ricostruibili a partire da frammenti di testi, insieme che divenne noto come la famiglia indoeuropea. !a presenza di una lingua pu< essere il frutto di almeno "uattro processi4 a)occupazione iniziale di un’area disabitata7 b) divergenza7 c) convergenza7 d) sostituzione di una lingua. 8
1.3
GENI6 LINGUE E CULTURE
!a distanza genetica tra popolazioni, la sua larga corrispondenza con la distanza tra famiglie linguistiche, non trova corrispettivo nelle differenze culturali. 1./
LE AREE CULTURALI
'l grande sviluppo delle ricerche etnografiche del novecento ha indotto gli antropologi a sistemare le conoscenze ac"uisite secondo il criterio delle aree culturali, regioni geografiche al cui interno si possono riscontrare elementi sociali, culturali, linguistici relativamente simili, che per< devono essere considerate indicative delle maggiori differenza socio1culturali del pianeta. !a scelta degli elementi socio1culturali in rappresentanza delle singole aree finiscono per far sembrare predominante un modello culturale rispetto ad un altro, e ancora, gli si attribuisce una caratteristica di staticit che non gli propria. !e principali “aree culturali” sono4 @) europa7 @) australasia7 B) unione sovietica7 C) nordamerica7 C) giappone7 D) centroamerica7 E) sudamerica7 ) nordafrica1medioriente7 G) africa subsahariana7 H) india7 I) area cinese7 @J) sudest asiatico7 @J) area del pacifico. FORME STORIC7E DI ADATTAMENTO 8 LE SOCIETA’ &AC9UISITI,E' 2.1
7OMO SAPIENSE SAPIENS6 IL COLONIATORE
+el corso degli ultimi cin"uemila anni, la storia dell’uomo “anatomicamente moderno” stata caratterizzata da un lento e faticoso processo di adattamento all’ambiente in cui viveva. 3i dicono “ac"uisitive” le popolazioni che realizzano la propria sussistenza attraverso il prelievo di risorse spontanee dall’ambiente. Fino alla rivoluzione industriale del 0&''' secolo in $uropa, l’uomo rimasto saldato alle forme storiche di adattamento sviluppatesi nei precedenti DJ mila anni4 la caccia1 raccolta, l’agricoltura, la pastorizia nomade. 2.2
I CACCIATORIRACCOGLITORI: PASSATO E PRESENTE
!a caccia e la raccolta hanno subito una progressiva e radicale ritrazione di fronte all’avanzata di altre forme storiche di adattamento, in primo luogo l’agricoltura. Anche dal punto di vista dell’organizzazione sociale vi sono differenze4 i cacciatori1raccoglitori della preistoria,, rispetto a "uelli moderni, erano pi# stanziali e formavano gruppi di centinaia di persone. ' cacciatori1raccoglitori moderni sono assai mobili e i loro gruppi sono composti da non pi# di una trentina di persone. 2.3
CARATTERISTIC7E DELLE SOCIETA’ AC9UISITI,E
!a caccia1raccolta si basa su tecniche di sfruttamento delle risorse naturali per l’ac"uisizione di risorse spontanee, di natura animale e vegetale. ;uesta forma storica di adattamento non implica alcun intervento dell’uomo sulla natura che ne possa determinare un cambiamento. +elle societ ac"uisitive il lavoro umano si presenta come un’attivit a rendimento immediato. 9er gli antropologi il carattere “spontaneo” delle risorse su cui si basano le societ ac"uisitive avrebbe ripercussioni importanti sull’organizzazione delle societ stesse, la cui sopravvivenza resa possibile solo grazie ad un forte sentimento di cooperazione 9
tra gli appartenenti. +on esiste divisione del lavoro e le donne non vengono relegate alle mura domestiche. !e conoscenze e le abilit non sono stabili, e "uindi non sono trasmissibili da una generazione all’altra4 non si ha formazione di gruppi sociali differenziati. !e bande %gruppi di piccole dimensioni) studiate dagli antropologi presentano una notevole discontinuit nella composizione4 gli individui cambiano spesso gruppo, le giovani coppie, in particolare, si trasferiscono con la loro prole presso altri gruppi in un processo chiamato in antropologia flusso. 2./
LE SOCIETA’ AC9UISITI,E OGGI: RESIDUI DEL PASSATO O CASI DI ODIERNA MARGINALITA’?
!e differenze inerenti alle societ ac"uisitive rendono problematico leggere nelle societ ac"uisitive moderna degli eredi di "uelle preistoriche,perché sarebbe riduttivo e fuorviante ritenere che i cacciatori1raccoglitori di oggi sono dei relitti del passato,nonostante ci possano illuminare sullo stile di vita dei nostri antenati. $’ sbagliato ritenere che i cacciatori1raccoglitori di oggi vivano nell’isolamento rispetto ad altre forme di adattamento e di organizzazione sociale. Alcuni antropologi pensano che "ueste societ non potrebbero sopravvivere se non si mantengo no in contatto con societ basate su diverse forme di adattamento. FORME STORIC7E DI ADATTAMENTO 8 COLTI,ATORI E PASTORI 3.1
ORTICOLTORI E CONTADINI
'l fatto che le societ ac"uisitive abbiano lasciato il posto ad altre forme di adattamento dipende dall’addomesticamento di piante e animali, che apr scenari alimentari, demografici e politici dirompenti per "uel tipo di societ. -rticultura e agricoltura sono attivit che richiedono un investimento lavorativo nel processo di produzione, il lavoro un’attivit a rendimento differito, non immediato. 3econdo alcuni antropologi, le societ la cui sussistenza fondata sull’agricoltura, contengono in sé le premesse per la comparsa dell’autorit politica e della stratificazione sociale. !e societ contadine sono sempre state parte di sistemi sociali complessi in funzione dei "uali si sono sviluppate e da cui sono state plasmate. 3.2
POPOLI PASTORI E COMUNITA’ &PERIPATETIC7E'
!a pastorizia e l’agricoltura, che segnano il passaggio da un’economia di caccia1raccolta e un’economia di produzione propria, sembrano essersi sviluppate pi# o meno contemporaneamente. !a pastorizia nac"ue in medio oriente all’epoca della rivoluzione agricola e riveste molte forme. !a pastorizia nomade una forma di adattamento iperspecializzata, che non consente di combinare efficacemente l’allevamento di animali migratori con forme di produzione agricola o artigianale. !e comunit “peripatetiche” sono "uelle in movimento.
COMUNICAIONE E CONOSCENA ORALE E SCRITTO
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1.1
COMUNICAIONE ORALE E COMUNICAIONE SCRITTA
!e culture come la nostra, presso le "uali esiste una scrittura diffusa, sono dette “culture a oralit ristretta”, mentre fino a non molto tempo fa esistevano culture “a oralit primaria”, che non conoscevano alcuna forma di scrittura, e che oggi sono "uasi del tutto scomparse. 3ino al ''' millennio a.(. l’umanit non conosceva la scrittura. !’esame di alcune caratteristiche dello stile di comunicazione orale utile per osservare come esso si accompagni a certe modalit di pensiero. !o stile di pensiero di chi maneggia "uotidianamente un alfabeto grafico per certi aspetti diverso da "uello di chi predilige la comunicazione solo orale e senza un alfabeto standard. +elle societ ad oralit primaria, si tende ad utilizzare tecniche mnemoniche per la narrazione poetica, religiosa, politica, conoscitiva, giuridica e amministrative grazie ad un sistema di ripetizioni e clausole, e "uesto fa s che "ueste formule cambiano molto poco nel tempo e si trasmettano pressoch immutate di generazione in generazione. 'l procedere per formule non scompare con il passaggio all’alfabeto grafico. Un ulteriore caso di ostilit tra scrittura o oralit rappresentato dal “regresso all’oralit” nelle societ ricche e post1industriali4 il linguaggio televisivo e le forme di trasmissione delle informazioni tramite immagini hanno portato ad una regressione della ricchezza lessicale e delle conoscenze linguistiche di certe fasce sociali e di et. 1.2
PAROLA6 CORPO6 PERCEIONE DEL MONDO
3pesso, per accentuare la forza espressiva dei discorsi o dei racconti, la narrazione accompagnata da una gestualit ben precisa, spesso inconsapevole, ma che va in accordo con le parole pronunciate. +elle culture ad oralit primarie certi discorsi prevedono determinati gesti, posture, inflessioni della voce e non altre. Alcuni popoli hanno una vera e propria “teoria della parola”, come per esempio i >ogono, popolazione africana, che crede che la parola sia la proiezione sonora del corpo nel mondo, l’estensione spaziale della personalit dell’uomo. 1.3
SCRITTURA6 ORALITA’6 MEMORIA
Una fondamentale differenza tra culture orali e culture con scrittura sta nel fatto che "ueste ultime godono delle presenza di tecniche di trasmissione del sapere, di conservazione della memoria. !a trasmissione orale delle conoscenze, basata sulla memoria, tende a produrre effetti “omoestatici”4 tende , cio, ad eliminare tutto cio che non ha interesse per il presente, in "uesto modo per< vengono perdute molte conoscenze del passato. Un caso diverso riguarda "uelle societ che conservano tracce indecifrabili di passato funzionali al presente4 ci sono parole non pi# decifrabili perché si persa memoria del significato ma che hanno ancor una specifica funzione nella vita attuale di "uella comunit che le adottano. 1./
ORALITA’ ED ESPERIENA
3e il rapporto immediato tra parola ed esperienza viene meno, il significato della parola tende a modificarsi o a perdersi. 'l 11
pensiero fondato sulla comunicazione orale ha un carattere concreto piuttosto che astratto. ' soggetti che hanno interiorizzato la scrittura pensano in maniera tendenzialmente diversa da coloro che si muovono in contesti orali7 la scrittura consente l’ac"uisizione di un pensiero pi# ampio di "uello legato all’oralit, perché permette di entrare in contatto con altri mondi, altri punti di vista e di confrontarli in maniera sistematica per elaborare nuove posizioni. 1.0
SCRITTURA E IDENTITA’ NEL MONDO GLO-ALE Alcuni popoli, specialmente "uelli africani, ad oralit primaria hanno cominciato ad adottare la scrittura per potersi difendere dai dominatori e distinguersi dai popoli vicini e rivendicare la propria identit.
PERCEIONE E COGNIIONE 2.2
PERCEIONE DEL MONDO FISICO E STILI COGNITI,I
!a percezione del mondo fisico coincide con i processi mediante i "uali un individuo organizza le informazioni di carattere sensoriale, ma la percezione del mondo fisico pu< risultare differente tra un individuo ed un altro. !o psicologo !ev &KgotsLiM distinse tra processi cognitivi elementari e sistemi cognitivi funzionali. ' processi cognitivi elementari sono alcune capacit universalmente presenti e formalmente identiche a tutti gli uomini normali %non colpiti da particolari patologie)4 astrazione N capacit di focalizzare l’attenzione su un aspetto di un complesso di elementi7 categorizzazione N capacit di raggruppare gli elementi in gruppi o classi7 induzione N dallo specifico al generale7 deduzione N dal generale allo specifico. ' sistemi cognitivi funzionali sono il prodotto del contesto culturale entro cui il soggetto attiva i processi cognitivi elementari. 2li antropologi hanno constatato che individui provenienti da ambiti culturali diversi si apportano al mondo seguendo diversi stili cognitivi, che possono oscillare tra due estremi ideali4 lo stile cognitivo globale e "uello articolato . !o stile cognitivo globale caratterizzato da una disposizione cognitiva che parte dalla totalit del fenomeno considerato per giungere solo successivamente alla particolarit degli elementi che lo compongono. !o stile cognitivo articolato , al contrario, parte dai singoli elementi per giungere in seguito alla totalit del fenomeno. 2.3
L’ETNOSCIENA 2li antropologi che si sono occupati delle classificazioni nei vari contesti culturali definiscono la loro specializzazione con il termine di etno-scienza. +ei processi di classificazione del mondo fisico1naturale, la categorizzazione sembra prodursi in relazione a un prototipo , un oggetto1rappresentazione che rappresenta il punto di riferimento attorno al "uale vengono costruite categorie o classi.
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2./
DAI PROTOTIPI AGLI SC7EMI
' prototipi sono un modo di organizzare la percezione del mondo circostante, ma non consentono di mettere concettualmente in forma la realt. !a possibilit di individuare e ordinare la realt data dagli schemi, che sono ci< che organizza la nostra esperienza. 2.0
LA TERMINOLOGIA DEL COLORE. TRA UNI,ERSALISMO PERCETTI,O E DETERMINAIONE SOCIOCULTURALE.
Alla fine degli anni ’J gli antropologi statunitensi 6rent 6erlin e 9ual 8aK confrontarono le terminologie dei colori in B lingue diverse, accertando che il numero dei termini presenti variava da un minimo di due a un massimo di undici. ;uesti termini fondamentali, chiamati “di base”, riflettono fenomeni di percezione e non hanno bisogno di specificazioni per essere compresi. !e loro conclusioni furono che tutti gli esseri umani sono capaci di percepire le differenze %undici) del colore, ma "ueste differenze vengono espresse con undici termini diversi, o vengono ricondotte ad altre categorie cromatiche. !a terminologia cromatica di base si sviluppa secondo una linea precisa4 nei sistemi che possiedono solo due termini, sono sempre chiaro e scuro, in "uelli che ne possiedono tre, sono sempre biano, nero, rosso 7 nei sistemi con pi# termini , a "uei tre vengono aggiunti il giallo e il verde7 il sesto termine sempre il blu, e man mano si aggiungono tutti gli altri, dal pi# semplice al pi# complesso. 3econdo i due antropologi, il numero di termini impiegati per designare i colori varia a seconda della complessit culturale e tecnologica della cultura in "uestione. !e variazioni nel significato dei colori hanno a che vedere con le connotazioni che i colori stessi hanno ricevuto, che spesso precedono le definizione cromatica in senso stretto. TEMPO E SPAIO 3.1
DUE CATEGORIE DEL PENSIERO UMANO
2li esseri umani hanno la percezione della trasformazione delle cose e della loro finitezza, l’avvicendarsi di fenomeni "uali il giorno e la notte, il sonno e la veglia, l’estate e l’inverno. 'n riferimento alla trasformazione delle cose e di sé, gli uomini percepiscono ci< che noi chiamiamo tempo, mentre in riferimento al posizionamento del proprio corpo e delle cose rispetto ad altri corpi, percepiscono ci< che noi chiamiamo spazio, categorie che costituiscono “intuizioni a priori” universali. 3econdo 8ant, la percezione dello spazio e del tempo sono funzioni primarie dell’attivit mentale, senza le "uali non potremmo dare forma al pensiero7 non potremmo fare nulla senza spazio e tempo perché sono le dimensioni costitutive di "ualun"ue modo di pensare. >urLheim sostiene che tempo e spazio sono “istituzioni sociali”4 lo stile di pensiero predominante all’interno di una societ influenzerebbe, secondo il sociologo, le valenze affettive, simboliche e persino percettive che il tempo e lo spazio assumono in "uel contesto. 3.2
IDEE DEL TEMPO
'l senso di un tempo non "uantizzato, ma carico di significati speciali, presente in tutte le societ che hanno bisogno di 13
rievocare periodicamente l’atto considerato il fondamento della propria esistenza, eventi come il (apodanno o il +atale ne sono un esempio. $tnografia molto ricca di esempi di come le culture prive di pensiero cronometrico collocano gli eventi nel tempo. 'l tempo non "ualificabile detto “tempo "ualitativo”, ma non sconosciuto alle nostre societ basate sul tempo "uantizzato. 'l tempo cronometrico, espressione di societ organizzate sul piano amministrativo, politi e produttivo, tende ad essere la rappresentazione del tempo dominante, se non esclusiva. 3.3
3./
IMMAGINI DELLO SPAIO
!o spazio costituisce spesso un elemento centrale per la memoria di un gruppo, ma anche una dimensione che, per poter essere vissuta, deve essere addomesticata. +ella cultura umana c’ sempre la necessit di concepire un luogo dello spazio come punto di riferimento e di sicurezza. LA CORRELAIONE DI TEMPO E SPAIO !’antropologo britannico (hristopher OallpiLe ha sviluppato un esempio di teoria della distinzione tra tempo operatoria e concezione preoperatoria del processo temporale, riconducendo "ueste due concezioni alla distinzione di 9iaget tra pensiero operatorio e pensiero preoparatorio . 'l pensiero operatorio mette in relazione spazio e tempo considerandoli due variabili dipendenti e produce una concezione "uantitativa, lineare e misurabile sia del tempo che dello spazio. 'l pensiero peroperatorio privo di "uesta caratteristica ed tipico del pensiero infantile fino a H anni, e non stabilisce una connessione tra i fattori di durata" successione" simultaneità. !a mancanza di una concezione non lineare e "uantificabile del tempo sembra non escludere la capacit di coordinare perfettamente durata, successione, simultaneit.
SISTEMI DI PENSIERO COSMOLOGIE6 SISTEMI &C7IUSI' E SISTEMI &APERTI' 1.1
LA RICERCA DELLA COERENA
+essuna visione del mondo, per "uanto complessa, articolata e sofisticata totalmente coerente7 tutte sono, al contrario, costellate da incogruenze, contraddizioni, spiegazioni irrisolte e zone d’ombra. /uttavia, si pu< dire che il pensiero umano sempre alla ricerca della coerenza, caratteristica di ogni sistema di pensiero. ' sistemi di pensiero comprendono ambiti di riflessione molti diversi, "uali la rappresentazione dello spazio e del tempo, le credenze religiose, le pratiche magiche o di stregoneria, le teorie sul rapporto culturaPnatura, "uelle relative al rapporto tra i sessi, alla riproduzione, alla causalit in generale. 1.2
DIFFERENE E SOMIGLIANE
!’antropologo inglese Robin Oorton mise a confronto i “sistemi di pensiero tradizionali” africani con i sistemi di pensiero occidentali ed individu< che entrambi sono alla ricerca di una spiegazione del mondo, dove spiegare significa4 @) oltrepassare il senso comune e la diversit dei fenomeni7 B) ricercare l’unit dei principi e delle cause7 C) semplificare al di l della complessit 14
dei fenomeni7 D) superare l’apparente disordine per ricercare un principio d’ordine del mondo7 E) cogliere la dimensione di regolarit di fenomeni, al di l della loro anomalia o casualit. ' sistemi di pensiero africani affrontano "uesti problemi in termini di concetti religiosi e di divinit, mentre il sistema scientifico moderno in termini di forze fisiche. 1.3
1./
L’USO DELLE ANALOGIE ESPLICATI,E: MALATTIA E RELAIONE SOCIALI
'l pensiero elabora sempre analogie esplicative4 nel pensiero occidentale ci si rivolti alle “cose” per costruirle, mentre gli altri sistemi hanno privilegiato il mondo sociale, e sono personalizzate. Ad esempio, per i (amerunensi, l’A'>3, oltre ad essere, come per noi occidentali, una malattia a trasmissione sessuale molto grave, , per i giovani, anche una manifestazione delle forze maligne dei capi che vogliono trattenerli presso di loro nelle zone rurali, dove si possono avere rapporti solo previa autorizzazione del capo. SISTEMI C7IUSI E SISTEMI APERTI 3econdo Oorton, i sistemi di pensiero rilevabili in Africa sono sistemi definibili “chiusi”, mentre "uelli che fanno capo a concetti di natura scientifica sono, invece, denominati sistemi “aperti”. +ei primi vi una causalit diretta tra parole e oggetti1azioni, come se il “dire” fosse anche il “fare”. ;uesta distinzione tra apertura e chiusura si rivelata, con il tempo, eccessivamente rigida7 "uesta distinzione ora va intesa in senso relativo e non assoluto, ma pu< essere utile per comprendere come certe trasformazioni nel modo di ragionare possano essere determinate da mutamenti importanti nel sistema di trasmissione delle conoscenze e della comunicazione delle informazioni.
PENSIERO METAFORICO E PENSIERO MAGICO 2.1
LE CREDENE APPARENTEMENTE IRRAIONALI E IL PENSIERO METAFORICO
Alcuni popoli affermano che gli alberi siano il luogo dove abitano gli spiriti, oppure affermano di incontrare le anime dei loro defunti nei sogni, o pronunciano formule magiche di buon auspicio4 si tratta di cosmologie e sistemi di pensiero diversi dai nostri. !’antropologo australiano Roger 8eesing ha sollevato il problema che spesso il pensiero degli altri popoli stato interpretato “alla lettera”, come se "uanto venisse affermato fosse la loro concezione “ultima” e definitiva della realt e si chiesto se solo noi siamo capaci di pensare metaforicamente o ne sono capaci anche altri popoli. ;uando i 6ororo affermano di essere Arara rossi %mitici pappagalli, unici loro animali da compagnia) , intendono "uesto animale come un simbolo dello spirito aroe in "uanto iridescenti, della simbiosi tra uomo e animali per il fatto di essere custoditi dalle donne,e della strana condizione dell’uomo, ruolo dominante nella politica e nei riti da una parte e apparente dipendenza dalle mogli dall’altra. 2.2
LA MAGIA E LE SUE INTERPRETAIONI
9er “magia” si intende comunemente un insieme di gesti, atti e formule verbali e a volte scritte mediante cui si vuole influire sul corso degli eventi o sulla natura delle cose, per cui un atto magico sarebbe un’azione compiuta da un mago o stregone con 15
l’intenzione di influire positivamente o negativamente su "ualcuno o "ualcosa. !a “magia nera” consiste in operazioni verbali o materiali su oggetti appartenuti o che sono stati a contatto con la persona che si vuole colpire7 la “magia bianca”, invece, detta anche curativa, ha il fine di produrre effetti benefici sul soggetto prescelto. ' primi antropologi interpretarono la magia come un’aberrazione intellettuale tipica dell’uomo primitivo o come una scienza imperfetta e ritenevano, altres, che ci fosse un legame stretto tra magia, scienza e religione. ;e( Fr*er riteneva che esistessero due tipi principali di magia4 la magia imitativa, che si basava sull’idea errata che imitando la natura la si sarebbe potuta influenzare, e la magia contagiosa, si fonderebbe sull’idea, anch’essa sbagliata, che due oggetti venuti in contatto tra loro avessero il potere di agire l’uno sull’altro anche a distanza. M#"no E DELL’ALTRO IDENTITA’6 CORPI6 &PERSONE' 1.1
I CONFINI DEL (> E LA RAPPRESENTAIONE DELL’ALTRO: IDENTITA’ALTERITA’
!’appartenenza di un individuo ad un gruppo resa possibile dalla condivisione, almeno parziale, di determinati modelli culturali, che gli permettono di far parte di un “+oi” che traccia confini nei confronti degli “altri”.
17
Appartenenza e distinzione sono due aspetti opposti ma complementari del vivere e del sentire umani. !’idea di appartenere ad un sé collettivo e "uella di essere ci< che siamo come individui rientra nel concetto di identità. 9i# le nostre certezze sono minacciate, pi# si sviluppa in noi la “retorica dell’identit”, con cui si acuisce il senso del confine tra sé e l’altro. 1.2
CORPI
2li esseri umani hanno esperienza del mondo attraverso il corpo, si tratta di una conoscenza “incorporata”, che sta alla base di ci< che 6ourdieu ha definito $abitus, complesso degli atteggiamenti psico1fisici mediante i "uali gli esseri umani stanno al mondo. ;uesto “stare al mondo” uno stare di natura sociale e cultura, cos come le emozioni sono incanalate secondo modelli culturali precisi. 'l corpo degli esseri umani “culturalmente disciplinato” e le tecniche preposte all’attuazione di tale disciplina dipendono dai modelli culturali in vigore. 'l corpo il veicolo privilegiato per manifestare la propria “identit”, socialmente individuabile, e tatuaggi, perforazioni, circoncisioni, infibulazioni, ecc, sarebbero tutte pratiche finalizzate a "uella che lo studioso Remotti ha definito antropopoiesi. 3ul corpo si proiettano valori e stili culturali differenti. 1.3
CORPI SANI E CORPI MALATI
'l corpo pu< essere strumento di “resistenza” e di “risposta”, consapevole o inconscia, nei confronti delle situazioni esterne. 'n "uesti ultimi anni, alcuni antropologi hanno messo in evidenza come alcuni individui “incorporano” il disagio sociale dando luogo a patologie di vario tipo. >isturbi psichici di soggetti migranti come "uelli dell’Asia, dell’America meridionale e centrale vengono oggi affrontate tenendo conto del contesto culturale di provenienza e della relazioni di autorit, sociali e affettive, entro cui "uesti individui sono cresciuti. 'l modo antropologico di accostarsi alle concezioni di salute e malattia ha posto in evidenza che non esiste medicina svincolata dal contesto sociale e culturale nel "uale viene praticata. 'l paradigma biomedico occidentale si basa sull’idea che la malattia fisica abbia solamente cause di tipo organico, cio biologico7 inoltre sostiene che l’efficacia di una cura possa dipendere solo dall’assunzione di determinati farmaci e concentra la terapia solo sulle zone del corpo su cui si manifesta la sofferenza, senza tenere conto degli e"uilibri complessivi e dell’interazione tra le varie parti del corpo. Un’ulteriore caratteristica del paradigma biomedico occidentale la “medicalizzazione del paziente”, ovvero l’in"uadramento del malato come soggetto “altro”, separato dalla comunit sociale e lavorativa. 3pesso la concezione occidentale della medicina entra in conflitto con le medicine locali. 1./
&PERSONE'
!a “bioetica” lo studio degli atteggiamenti e delle idee che sono implicite nel nostro modo di trattare il corpo umano nella sua relazione con la sfera della persona, della dignit dell’individuo, della sua libert, del suo diritto alla vita, ecc. 18
Anche nelle culture diverse da "uella occidentale l’individuo considerato come ricettacolo di motivazione ed affetti e come soggetto capace di capire e interpretare il mondo. !a nozione di persona rinvia al modo in cui un individuo entra in relazione con il mondo sociale circostante4 ci< che noi chiamiamo “persona” si presenta ovun"ue come un insieme di elementi costitutivi, di natura materiale e spirituale, dotati di una certa capacit di “integrazione”. ' 3amo ritengono che l’essere umano sia costituito da nove componenti, i soli che possono individuare la presenza di una persona4 il corpo, il sangue, l’ombra, il sudore, il soffio, la vita, il pensiero, il doppio %l’anima), il destino individuale. A "ueste caratteristiche si aggiungono gli “attributi”4 il nome, la potenza e=tra1umana del concepimento, la presenza di un antenato che pu< incarnarsi in un neonato o in un altro, la presenza di coppie di spiriti domestici o del bosco che scelgono un individuo come proprio supporto. GENERE6 SESSO6 EMOIONI 2.1
FEMMIMILE E MASC7ILE
Forse il confine identitario pi# netto "uello tra maschile e femminile, a cui vengono ridotti gli oggetti e i fenomeni della realt. !’universalit dell’opposizione tra maschile e femminile non implica che in tutte le culture si abbiano rappresentazioni analoghe della relazione tra i sessi. 2.2
SESSO E GENERE
Allo scopo di distinguere tra identit sessuale anatomica e identit sessuale socialmente costruita, gli antropologi usano i termini sesso e genere. Le differenze sessuali sarebbe, allora, legate alle caratteristiche anatomiche, le differenze di genere risulterebbero dal diverso modo di concepire “culturalmente” la differenza sessuale. +elle nostre societ ragazzi e ragazze ricevono educazioni di genere differenti. !e culture, partendo dall’utilizzo simbolico delle differenze biologiche, costruiscono la femminilit e la mascolinit, rappresentazioni sociali e culturali dell’identit spesso sorprendentemente diverse tra loro. 2.3
SESSO6 GENERE6 RELAIONI SOCIALI
Una delle prime rappresentazioni sociali della differenza di genere che le donne siano preposte alla riproduzione. 'n realt, non c’ niente di meno naturale della riproduzione umana, dal momento che partorire, allattare, accudire i figli sono tutti atti culturalmente determinati. 'l controllo della capacit riproduttiva delle donne costituisce un elemento cruciale di tutti i sistemi sociali e della nascita di certe forme di potere, controllo che si accompagna a complesse rappresentazioni sociali, comunicative, educative e di comportamento tra individui di sesso differente. /ali rappresentazioni sono per lo pi# implicite, ma nelle societ dotate di scrittura sono anche oggetto di norme giuridiche. *olte culture hanno costruito degli spazi di genere, come le “case degli uomini” in +uova 2uinea e gli “haram” nel mondo mussulmano. 19
!a separazione, l’esclusione, la distinzione tra i sessi sono realizzate mediante la messa in opera di simboli, pratiche, attribuzioni di ruoli, tanto reali "uanto immaginari. *olte societ insistono sui tratti connessi con l’uso del corpo, specialmente in pubblico. 2./
EMOIONI
!o studio delle emozioni costituisce un settore di ricerca sviluppato solo recentemente dall’antropologia e nasce come parte di interesse per la costruzione del 3é nei confronti dell’alterit. 2li stati d’animo fanno parte di una pi# generale sfera dell’interiorit, in cui non sempre facile distinguere tra emozioni, sentimenti e sensazioni. i sentimenti sono i concetti che una cultura possiede di un determinato stato d’animo. ' problemi connessi con lo studio antropologico delle emozioni sono molteplici e complessi, ma gli antropologi sono tutti d’accordo sul fatto che gli stati d’animo non sono universali, ovvero non vengono espressi dovun"ue nello stesso modo, sono ,piuttosto, espressi da “soggetti culturali”, cio in base ai modelli culturali introiettati nell’infanzia. 2li studi pi# recenti di antropologia delle emozioni si sono sforzati di “tradurre” "uei concetti e "uelle parole che in determinati contesti sociali vengono utilizzati per esprimere particolari stati d’animo, sentimenti, emozioni. >elle emozioni in generale si pu< dire che con modulate in relazione all’et, al genere, alla posizione sociale, al contesto pubblico o privato, alle concezioni locali della mente e del corpo nonché al carattere della persona. /utte le culture presentano un modo “razionale” di parlare delle emozioni, possiedono, cio, concetti e nozioni atte a descriverle, ed esse non cadono al di fuori della sfera razionale della vita umana. CASTE6 CLASSI6 ETNIE 3.1
CASTE
'l termine casta viene oggi utilizzato in maniera fluida e generica in riferimento a gruppi sociali ritenuti superiori e inferiori ad altri e per "uesto tendono a condurre una vita separata. Casta un termine che in lingua portoghese significa “casata”, “stirpe”. !avorare, mangiare, usare oggetti d’uso "uotidiano, fre"uentare luoghi ecc sono atti che non consentono ai membri delle caste superiori di entrare in contatto con "uelli delle caste inferiori. 9er alcuni antropologi, il sistema delle caste altro non sarebbe che il frutto della tendenza umana alla stratificazione sociale, per altri per riuscire a capire "uesto sistema bisogna rifarsi a criteri strettamente socio1economici. 'l sistema delle caste, per alcuni antropologi ha lo stesso principio del totemismo, che opera una distinzione tra i gruppi servendosi delle diversit esistenti tra le specie naturali. 'l sistema castale distingue, invece, gli essere umani sulla base di un elemento culturale4 le differenze tra i gruppi occupazionali vengono assimilate a delle differenze naturali.
20
!a caste ind# si auto1percepiscono come gruppi naturali, unit chiuse sul piano matrimoniali, separate le une dalle altre sulla base di precisi divieti. 3.2
CLASSI
!a nozione di classe sociale strettamente legata alla tradizione della filosofia e dell’economia politica europea. !e distinzioni di classe si riflettono anche sul piano culturale, e sulle differenze culturali “di classe” nascono forme di distanziazione sociale “di fatto”, ma non di diritto. !’appartenenza di classe non ascrittiva4 nel contesto della societ moderna, il proletariato pu< egli stesso divenire capitalista, le classi non sono fisse e chiuse, si hanno infatti in sistemi sociali, economici e politici in cui formalmente assicurata a tutti la possibilit di ascendere socialmente. !e classi non sono la stessa cosa dei gruppi occupazionali. !addove non esiste coscienza di classe, una forma di auto1 percezione che nasce dalla contrapposizione con altri gruppi sociali, non sarebbe legittimo parlare di classi sociali. !’applicazione del concetto di classe trova, pera "uesta relazione nasceranno dei figli che saranno considerati discendenza del padre sociale, e non del padre naturale. ;uesto perché in "uella societ avere figli per una donna un fattore di realizzazione sociale. 2li antropologi hanno trovato "uasi impossibile giungere a una definizione universale di matrimonio, ma una definizione maggiormente comprensiva pu< affermare che “il matrimonio è una transazione c$e si risolve in un accordo in cui una persona stabilisce un diritto continuativo di accedere sessualmente a una 25
donna" e nel +uale la donna in +uestione è suscettibile di avere dei figli., atrimonio" famiglia" gruppo domestico&
il matrimonio un atto che legalizza un rapporto sessuale dal "uale possono nascere dei figli, considerati legittimi. !a famiglia composta dai coniugi e dai figli definita famiglia nucleare" che esiste "uasi sempre nel contesto di "uella che si chiama famiglia estesa, costitutiva degli individui appartenenti a tre generazioni e che formano spesso un gruppo domestico . 1.
ESOGAMIA ED ENDOGAMIA
!e nozioni di esogamia e endogamia sono strettamente legate al concetto di matrimonio. Esogamia indica l’unione matrimoniale con un individuo esterno al gruppo, mentre endogamia denomina l’unione matrimoniale con un individuo all’interno del gruppo. La proibizione dell’incesto&
con "uesta espressione si indica il divieto, universalmente diffuso nelle societ umane, relativo all’unione sessuale e matrimoniale tra determinati individui Cugini incrociati e cugini paralleli&
secondo alcuni antropologi, il modo pi# semplice per determinare gli individui consentiti e "uelli vietati sul piano matrimoniale "uello di distinguere tra cugini incrociati %figli e figlie di fratelli germani di sesso differente) e cugini paralleli % figli e figlie di fratelli germani dello stesso sesso), ma "uesta differenza ha senso solo se si in presenza di gruppi unilineari esogamici. %l principio di reciprocità&
l’esogamia, in relazione ai gruppi di discendenza unilineari, pu< essere letta come un meccanismo per istaurare relazioni di cooperazione e alleanza tra gruppi diversi. 'l principio di reciprocit lo scambio di donne messo in atto in alcune societ in cui un gruppo stabilisce relazioni privilegiate con altri gruppi. cambio allargato e scambio differito&
lo “scambio delle donne” pu< assumere forme allargate %che coinvolge pi# di due gruppi) o differite %il gruppo che cede una donna, ne riceve una in cambio nella generazione successiva). ruppi di discendenza endogamici&
in certe societ prevale la tendenza a instaurare unioni matrimoniali endogamiche rispetti al lignaggio o al gruppo di discendenza. 'l matrimonio tra cugini paralleli un modello di unione preferenziale, non obbligatorio. 26
LE TERMINOLOGIE DI PARENTELA 2.1
2.2
TERMINOLOGIE DI &PARENTELA' O DI &RELAIONE'?
Una terminologia di parentela il complesso di termini di una societ dispone per designare gli individui in relazione di consanguineit e di alleanza. I TRE ASSUNTI DI MORGAN E GLI OTTO PRINCIPI DI ROE-ER ' tre assunti di *organ4 1 ad ogni termine con cui un individuo designa un suo parente ne corrisponde sempre un altro usato da "uest’ultimo per designare il primo % riconosciuto dagli antropologi come legge di coerenza interna dei reciproci). 2 i sistemi terminologici di parentela rientrano in poche categorie fondamentali. 3 sistemi molto diversi possono trovarsi in regione geograficamente prossime, mentre sistemi tra loro simili possono essere tracciati in localit molto distanti. 2li otto principi di 8roeber %non tutti i sistemi fanno uso di tutti i principi e nemmeno degli stessi)4 1 la generazione& tutti i sistemi distinguono tra $go e il padrePla madre, lo zioPla zia. 2 %l sesso& tutti i sistemi distinguono il sesso del parente7 in alcuni per< la distinzione limitata ad alcuni individui %in inglese il termine cousin designa sia “cugina” che “cugino”) 3 La distinzione tra consanguinei e affini& i sistemi separano terminologicamente i parenti di sangue da "uelli ac"uisiti attraverso il legame matrimoniale. / La distinzione terminologica tra consanguinei in linea diretta e consanguinei in linea collaterale& "uesto principio costituiva, per *organ, il discrimine tra sistemi di parentela descrittivi(con la presenza del criterio) e classificatori%con assenza del criterio). 0 La biforcazione& "uesta caratteristica condivisa solo da alcuni sistemi e prevede che i parenti dal lato materno siano designati con termini differenti da "uelli dal lato paterno. Età relativa& prevede la distinzione terminologica tra individui maggiori o minori di et % es4 fratello minore, fratello maggiore) %l sesso del parente attraverso il +uale passa la relazione con l’individuo a cui il termine si riferisce& esempio4 cugini incrociati e cugini paralleli. 4 Condizione %vivente o defunto) del parente a cui si fa riferimento.
2.3
I SEI SISTEMI TERMINOLOGICI DI PARENTELA
2li antropologi hanno isolato sei tipi principali di sistemi terminologici di parentela e hanno assegnato loro "uesti nomi4 $aaiano" esc$imese" oma$a" cro" iroc$ese e sudanese. 27
;uesti sei tipi possono essere raggruppati in tre differenti categorie4 a! sistemi non lineari o bilaterali b! sistemi lineari c! sistemi descrittivi istemi non lineari o bilaterali& $aaiano ed esc$imese.
$go non fa distinzione sul piano terminologico tra parenti dal lato materno e parenti dal lato paterno. 'l nostro sistema di tipo eschimese. 'l sistema $aaiano fa uso esclusivamente dei principi della generazione e del sesso. $go distingue solo tra maschi e femmine e la loro generazione di appartenenza. 'l sistema esc$imese distingue i membri del suo nucleo famigliare da tutti gli altri. !a differenza principale tra "uesti sistemi che "uello eschimese adotta, oltre ai principi @ e B di 8roeber, anche il D. istemi lineari4
la presenza di "uesti sistemi registrata presso societ con gruppi di discendenza unilineare. $go distingue i cugini incrociati da "uelli paralleli e i parenti consanguinei da parte del padre da "uelli da parte della madre. ;uesti sistemi adottano il principio di biforcazione, il E di 8roeber, e fondano i parenti dello stesso sesso e della stessa linea di discendenza, per "uesto tali terminologie sono chiamate a fusione biforcata. adotta il criterio della biforcazione e fonde %l sistemi cro terminologicamente le sorelle della madre con la madre, e i fratelli del padre con il padre. 9er cogliere le differenze col sistema irochese, bisogna tenere presente che i sistemi croQ4 a) sono tipici delle societ patrilineari, b) distinguono tra i parenti del matrilignaggio della madre di $go e i parenti del matrilignaggio del padre di $go. c) Usa lo stesso termine per indicare i figli di costoro. /utti ci< indipendentemente dalla generazione. %l sistema oma$a speculare a "uello croQ. ' membri del
patrilignaggio della madre di $go si distinguono terminologicamente solo in base al sesso, ma non alla generazione. istemi descrittivi&
caratteristica di "uesti sistemi usare un termine diverso per ogni parente di $go appartenente alla propria generazione, a "uella dei genitori e a "uella dei figli. 3i tratta di sistemi a “massima distinzione terminologica” LA PARENTELA COME PRATICA SOCIALE
28
3.1
LA PARENTELA NELLE SOCIETA’ UNILINEARI BPATRI E MATRILINEARE ruppi patrilineari&
sono "uelli che ricorrono pi# fre"uentemente tra "uelli studiati dall’antropologia. 3i pensato che la residenza patrilocale sia nata per far restare i maschi in un luogo e allontanare le donne verso un altro gruppo. !e regole dell’esogamia %le donne si sposano fuori) e della residenza patrilocale sarebbero all’origine dei gruppi di discendenza patrilineare. Alcuni ritengono che il criterio della patrilinearit potrebbe essere il prodotto di una forma di divisione del lavoro che vede gli uomini impegnati insieme in attivit di cooperazione intensa e continuativa. %l controllo della progenitura&
la preoccupazione di avere figli maschi che assicurino la discendenza centrale per ogni gruppo di discendenza patrilineare. *olte culture enfatizzano l’elemento maschile attribuendogli anche "ualit intellettuali rispetto alle donne7 "uesto tipico delle societ patrilineari. !e societ patrilineari hanno istituzioni, come il levirato e il sororato , che sono finalizzate all’ac"uisizione di prole maschile. 'l levirato ha lo scopo di conservare l’appartenenza della progenitura di un uomo defunto al gruppo di discendenza di "uesti7 il sororato ha lo scopo di rimpiazzare la fertilit di una donna defunta mediante la cessione della sorella di "uest’ultima al gruppo di discendenza del marito vedovo. 'l controllo della progenitura e della fertilit delle donne, ha comportato , presso "uesto tipo di societ, la nascita di vari sistemi di scambio matrimoniale. /ra "ueste istituzioni che ruotano intorno allo scambio matrimoniale presente una chiamata “prezzo della sposa”, che noi preferiamo chiamare piuttosto “compensazione matrimoniale”. La compensazione matrimoniale&
potrebbe essere definita come una "uantit di beni, di solito privi di valore d’uso immediato, che il gruppo del futuro sposo cede al gruppo della sposa. 'l gruppo della donna conserva sempre la possibilit di intervenire in caso di contrasti o di maltrattamenti ai danni della prole di una donna o di lei stessa. 'l principio dell’endogamia nelle societ in cui la figura della donna adombrata funziona da ammortizzatore contro la perdita dei diritti della donna nei confronti del marito. ruppi matrilineari&
in "uesti gruppi vi distribuzione assimetrica del potere e dell’autorit tra maschi e femmine, perché anche "ui "uesti sono appannaggio degli uomini. !a discendenza trasmessa per via femminile e l’autorit per via maschile. 3pesso la discendenza
29
patrilineare associata alla residenza avuncolocale, cio nei pressi del fratello della madre dello sposo.
L’avuncolato&
il nome che gli antropologi hanno dato a un complesso di elementi culturali %residenza, autorit, eredit, ecc) che caratterizzano la relazione tra un individuo e il figlio di sua sorella. *alinoQsLi scopr che nelle comunit delle isole /roiland lo zio materno, oltre a provvedere al sostentamento della famiglia della sorella, esercita l’autorit sui suoi figli maschi, trasmette i beni, le conoscenze sacre e profane e le eventuali cariche politiche e religiose. /iscendenza o residenza? %l dilemma delle società matrilineari.
Uno dei maggiori problemi che le societ a discendenza matrilineare devono affrontare come risolvere la tensione tra il potere e la discendenza. Al centro di tale tensione traviamo i fratelli della donna e il marito di "uest’ultima che si contendono il controllo sulla prole della donna stessa. /ale tensione si manifesta soprattutto in relazione alla scelta del modello di residenza il destino delle società matrilineari&
la progressiva riduzione delle societ matrilineari sembra essere l’effetto dell’espansione dell’-ccidente4 le societ matrilineari si trovano "uasi tutte, infatti, nelle aree del mondo che hanno subito di pi# la colonizzazione4 le Americhe, l’Africa subsahariana, l’-ceania, e da "uesta sono state maggiormente danneggiate sul piano demografico e hanno maggiormente sofferto per l’imposizione del diritto europeo. La condizione della donna nelle società matrilineari&
si pu< valutare la posizione di una donna in base all’autorit esercitata su di lei dal marito e dal fratello. &i sono societ in cui l’autorit del marito maggiore di "uella del fratello, oppure, al contrario, "uella del fratello di gran lunga superiore a "uella del marito. 3embra che la condizione della donna sia migliore laddove l’autorit del marito e del fratello sono pari e si bilanciano consentendo alla donna di appoggiarsi ora all’uno ora all’altro. ruppi a discendenza doppia&
sono "uelli dove $go appartiene a due linee di discendenza4 "uelle stabilite una dal patrilignaggio e una dal matrilignaggio. (onvenzionalmente, entrambe le linee di discendenza danno origine ad altrettanti gruppi corporati, ma "uesta una visione troppo rigida, perché4
30
1
1
i gruppi di discendenza doppia sono possibili solo perché ciascuno ha delle funzioni differenti da "uelle dell’altro. 3e le funzioni fossero identiche, i due gruppi si ostacolerebbero a vicenda. !a discendenza doppia non sembra evocare le rappresentazioni delle due linee tali da attribuire a entrambe lo stesso peso.
ruppi di discendenza cognatica&
sono gruppi che tracciano la loro discendenza da un antenato sia attraverso individui di sesso maschile che femminile. Una caratteristica di "uesti gruppi di discendenza che un individuo pu< far parte di linee differenti, le "uali possono non avere, per $go, la stessa importanza. Alcuni antropologi hanno messo l’accento sul modello di residenza adottato nei gruppi di discendenza cognatica4 si constatato che in "uesti gruppi di discendenza si tende ad adottare forme di residenza patrilocale. DIMENSIONE RELIGIOSA6 ESPERIENA RITUALE. CONCETTI E CULTI 1.1
COS’E’ LA RELIGIONE?
!a nozione di religione sembra essere scontata per noi4 infatti un complesso di credenze che si fondano su dogmi %le verit della fede) e su riti, cerimonie e liturgie che hanno lo scopo di avvicinare i fedeli a delle entit sovrannaturali. *a facile trovare popoli che non hanno dogmi della fede, altri che non hanno di, altri che non hanno templi né individui specializzati nelle attivit di culto. /roviamo sempre, peri fronte alla morte le societ fanno riferimento ai valori ultimi sui "uali esse si fondano, rendendoli espliciti, pubblici e "uindi rappresentandoli attraverso l’uso rituale di simboli dotati di significato. ' riti funerari contengono gesti, azioni, parole che richiamano alla mente dei partecipanti i valori e i significati sui cui la societ fonda l’ordine del mondo e di sé medesima. +elle societ non stratificate i riti funerari sono pressoch identici per tutti. 34
+elle nostre societ, i binomi amore1morte, sesso1morte, rinascita1 morte costituiscono termini di scandalo proprio perché rendono impensabili le regole su cui si fondano le nostre istituzioni sociali. 'n altre culture, "ueste relazioni vengono sottolineate in continuazione, dal momento che la morte e i riti che l’accompagnano esplicitino gli elementi stessi dell’ordine ancestrale che il cuore stesso del sistema normativo. ' rituali funerari non contengono, per
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