Riassunti Geografia Economica Da 9 Cfu

May 23, 2018 | Author: Alina Teodorescu | Category: Coke (Fuel), Petroleum, Agriculture, Multinational Corporation, Natural Gas
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Capitolo 1 Le categorie geografiche nel contesto della globalizzazione dell’economia. In fase preliminare si può affermare che i caratteri di costruttività e di operatività nei confronti delle scelte economiche sono ben visibili già nella genesi della disciplina che si fa risalire al XIX secolo. Nata quale ramo della statistica descrittiva dei fenomeni economici, la geografia economica si afferma successivamente come “conoscitiva” e “scientifica”. Massi nel 1979 ha affermato che “la geografia economica è scienza di

analisi nello studio dei microspazi, ma persegue la sintesi nello studio dei macrospazi”. Se la geografia economica, secondo Toschi, Toschi, è la scienza che ha per oggetto i fenomeni economici in quanto differenziati differenziati e distribuiti sulla superficie terreste e in quanto si coordinano nell’insieme del mondo economico, assumono assumono rilievo la distribuzione dei bisogni, delle risorse e il tramite t ramite spaziale. In tale definizione si ritrovano le interconnessioni interconnessioni e i rapporti tra la geografia economica e le altre geografie

 contiene un carattere di professionalità che discende da quelli che sono i compito del geografo economico. La definizione di geografia economica ha insiti nella propria enunciazione i due principali metodi di indagine, che non si escludono a vicenda, bensì interagiscono: -metodo induttivo: è l’osservazione dei fenomeni, della loro distribuzione e delle loro dinamiche evolutive  per giungere alla formulazione formulazione di ipotesi generali; generali; -metodo deduttivo: è il metodo che si fonda su ipotesi generali e, verificandole nella loro reale

manifestazione, perviene all’individuazione dei fenomeni. Le linee fondamentali che hanno guidato il pensiero geografico-economico sono state:

- Il determinismo (di Carl Ritter e Friedrich Ratzel), quale teoria che attribuisce predominanza assoluta ai fattori fisico-naturali  attività economiche economiche e interrelazioni interrelazioni tra ambiente e uomo sarebbero fortemente regolate da determinanti di ordine ecologico,

- Il possibilismo (di Paul Vidal de la Blache), quale paradigma che riconosce all’uomo la possibilità di

trasformazione dell’ambiente; convinzione che l’ambiente offra delle opportunità che pero’ saranno tradotte in effettive solaente dall’azione dell’uomo. - Il volontarismo, quale teoria che riconosce la

predominanza assoluta dell’azione umana. Uomo al centro dell’attenzione e ambiente come condizionamenti da superare.

In tale ottica si affermano affermano le nuove ideologie del pensiero socio-politico, come la lettura marxiana dei fenomeni e l’affermazione di una logica di tipo deduttivo, che si riflettono nelle i ndagini geografico-

economiche, che saranno le fondamenta del metodo quantitativo, cioè dell’utilizzazione di modelli spaziali  per l’interpretazione geografica. - La teoria generale dei sistemi, quale studio delle relazioni che intercorrono tra gli elementi del sistema

(complesso di strutture interagenti tra di loro, mosse da uno stesso processo), e tra questi e l’ambiente

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esterno. In questa teoria vige il principio del feed-back , secondo il quale il mutamento di qualsiasi elemento del sistema va a ripercuotersi su tutti gli altri, provocando una serie di reazione e retroazioni.

L’oggetto e il luogo. I fenomeni economici costituiscono l’ambito di indagine della geografia economica (e non solo), esaminati nell’ottica della loro distr ibuzione ibuzione sulla superficie terrestre; delle dinamiche dei processi di localizzazione; localizzazione; delle loro modificazione e del modellamento modellamento della superficie terrestre.

 Nell’attuale ottica della concezione sistemica, secondo secondo la quale l’intero pianeta (il geosistema) geosistema) ingloba sia il sistema ecologico sia il sistema si stema socio-economico, socio-economico, i fatti economici devono essere investigati nelle loro forti interrelazioni con gli altri componenti del sistema stesso.  L’unità elementare elementare reale della della geografia economica economica è il luogo. Il termine luogo indica la porzione della superficie terrestre i cui caratteri geografici si vogliono descrivere. In genere, al suo interno è implicita la dimensione “piccola” di porzione di superficie terrestre: il luogo costituisce infatti l’unità elementare di una regione, individuata come un insieme di luoghi contigui.

Tra i termini derivati da “luogo” troviamo: -localizzazione, cioè il processo con il quale si colloca qualcosa su un punto della superficie terrestre; terrestre; -localismo, cioè il riconoscimento riconoscimento e la valorizzazione valorizzazione di specificità locali. Il localismo è inteso come sistema

locale e intende sottolineare nell’attuale fase di sviluppo economico la rilevanza delle piccole e medie dimensioni produttive e la loro influenzabilità da fattori fortemente particolari che spesso si traducono anche in una discreta capacità di modificare gli input dominanti a livello di grandi aree geografico-economiche. geografico-economiche. Il luogo è la base, cioè l’unità elementare anche per lo spazio e il territorio.

Lo spazio e il territorio. L o spaz spazii o è un’entità illimitata e indefinita, dotata o no di determinate proprietà geometriche, nella quale sono situati oggetti reali.

Un significato molto più realistico si affida all’organizzazione naturale dello spazio, trasformata dall’uomo in spazio umanizz ato, il quale costituisce il vero oggetto primario di investigazione della geografia economica.

 Il territorio implica territorio implica un concetto profondo di area nella quale uno stato è in grado di esercitare la  propria sovranità, con tutte le implicazioni sulle forme di riconoscimento interno e internazionale di tale potere; in realtà, quando ci si riferisce al territorio si assegna rilievo ai singoli elementi e strutture che lo compongono, in relazione agli obiettivi della ricerca e alla scala di dettaglio con cui si vuole condurre l’indagine.  Nei contributi più recenti, si riconosce nel territorio un complesso di rapporti non solo orizzontali, ma anche verticali, che si interconnettono tra gli individui e l’ecosistema naturali, tra i luoghi e la cultura che in essi si esprime. L’area diversamente strutturata a seconda s econda delle specificità naturali e dei vari sistemi di organizzazione socio economica oltre che delle singole

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esterno. In questa teoria vige il principio del feed-back , secondo il quale il mutamento di qualsiasi elemento del sistema va a ripercuotersi su tutti gli altri, provocando una serie di reazione e retroazioni.

L’oggetto e il luogo. I fenomeni economici costituiscono l’ambito di indagine della geografia economica (e non solo), esaminati nell’ottica della loro distr ibuzione ibuzione sulla superficie terrestre; delle dinamiche dei processi di localizzazione; localizzazione; delle loro modificazione e del modellamento modellamento della superficie terrestre.

 Nell’attuale ottica della concezione sistemica, secondo secondo la quale l’intero pianeta (il geosistema) geosistema) ingloba sia il sistema ecologico sia il sistema si stema socio-economico, socio-economico, i fatti economici devono essere investigati nelle loro forti interrelazioni con gli altri componenti del sistema stesso.  L’unità elementare elementare reale della della geografia economica economica è il luogo. Il termine luogo indica la porzione della superficie terrestre i cui caratteri geografici si vogliono descrivere. In genere, al suo interno è implicita la dimensione “piccola” di porzione di superficie terrestre: il luogo costituisce infatti l’unità elementare di una regione, individuata come un insieme di luoghi contigui.

Tra i termini derivati da “luogo” troviamo: -localizzazione, cioè il processo con il quale si colloca qualcosa su un punto della superficie terrestre; terrestre; -localismo, cioè il riconoscimento riconoscimento e la valorizzazione valorizzazione di specificità locali. Il localismo è inteso come sistema

locale e intende sottolineare nell’attuale fase di sviluppo economico la rilevanza delle piccole e medie dimensioni produttive e la loro influenzabilità da fattori fortemente particolari che spesso si traducono anche in una discreta capacità di modificare gli input dominanti a livello di grandi aree geografico-economiche. geografico-economiche. Il luogo è la base, cioè l’unità elementare anche per lo spazio e il territorio.

Lo spazio e il territorio. L o spaz spazii o è un’entità illimitata e indefinita, dotata o no di determinate proprietà geometriche, nella quale sono situati oggetti reali.

Un significato molto più realistico si affida all’organizzazione naturale dello spazio, trasformata dall’uomo in spazio umanizz ato, il quale costituisce il vero oggetto primario di investigazione della geografia economica.

 Il territorio implica territorio implica un concetto profondo di area nella quale uno stato è in grado di esercitare la  propria sovranità, con tutte le implicazioni sulle forme di riconoscimento interno e internazionale di tale potere; in realtà, quando ci si riferisce al territorio si assegna rilievo ai singoli elementi e strutture che lo compongono, in relazione agli obiettivi della ricerca e alla scala di dettaglio con cui si vuole condurre l’indagine.  Nei contributi più recenti, si riconosce nel territorio un complesso di rapporti non solo orizzontali, ma anche verticali, che si interconnettono tra gli individui e l’ecosistema naturali, tra i luoghi e la cultura che in essi si esprime. L’area diversamente strutturata a seconda s econda delle specificità naturali e dei vari sistemi di organizzazione socio economica oltre che delle singole

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stratificazioni di esperienze storiche, assume una propria fisionomia in relazione alla comunità di  persone insediate.

Il possibilismo ha affermato il paradigma città-campagna, il quale indica il complesso dei rapporti tra aree urbane e aree rurali. L’affermazione delle attività industriali con l’accentuarsi e il diffondersi delle fome di urbanizzazion e accompagnate dall’esodo dalle campagne, ha comportato l’instaurarsi di un insieme di relazioni tra comunità e territorio ancora  più complesso e forse dipendente in una qualche misura dalla volontà delle comunità economicamente più forti esprimenti il prevalere del settore secondario. Successivamente, questo paradigma è stato sostituito con il paradigma città-regione, inteso quale area in cui le attività socio economiche fanno capo ai centri urbani e che descrive il complesso dei rapporti che si instaurano tra centri urbani.

La regione e il sistema.  Nel linguaggio comune si fa riferimento, spesso, alla regione con molte imprecisioni, definendo la stessa secondo caratteri riferiti a delimitazioni amministrative. Vallega definisce la regione come un “sistem a spaziale in quanto composto da elementi fisici e umani, interconnessi, mossi da un processo e condotti spontaneamente o volontariamente verso un traguardo; aperto in quanto protagonista di relazioni esterne . Si può dire che la regione è il risultato di un processo definito r egionali gion ali zzazi azi one  , con il quale si indica il modo con cui si organizzano effettivamente su un determinato territorio i flussi di beni e di persone, le reti infrastrutturali in un rapporto di interazione con gli ecosistemi naturali: è quindi il processo che conduce all’individuazione della regione .

I processi di regionalizzazione hanno dato origine alla: 1. Regione naturale, ascritta a una fase di predominio del pensiero deterministico, è il risultato di  processi di regionalizzazione scanditi dalle condizioni naturali e integrati, poi, con le implicazioni storiche e con la ripartizione amministrativa. Nella toponomastica attuale se ne possono trovare tracce significative. 2. Regione omogenea: ha per fondamento il possibilismo, prende le mosse da quella naturale ma se ne discosta per alcune peculiarità. Viene definita tale in quanto sono omogenee le tipologie dei flussi, delle reti e dei sistemi insediativi della regione. Il carattere prevalente è quello della staticità nell’organizzazione delle attività umane. Emergono due caratteri fondamentali da questa regione:

 Il genere di vita, che è l’insieme l ’insieme delle pratiche economiche e sociali e dei comportamenti territoriali che tendono a permanere immutati nel tempo;  Il paesaggio, che è l’insieme delle fattezze visibili e sensibili che caratterizzano i luoghi.   Il

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3. Regione funzionale, è basata sull’idea del volontarismo. C ostituisce una costruzione nella quale l’interazione città-città supera completamente quella di città-campagna, che non scompare ma assume un ruolo complementare. Si afferma con la nascita e lo sviluppo delle attività industriali che a loro volta provocano una espansione delle attività terziarie complementari. Velocizzazione dei flussi di beni e di persone tramite una vera e propria rivoluzione dei trasporti.

Fondamentali sono i concetti di:

 Gravitazione, che è la base dei fenomeni di polarizzazione e tende a spiegare i fenomeni di interazione fra più centri, dei quali uno è costituito dal polo;

  Polarizzazione, che è il fondamento della regione funzionale. Questa inf atti si è affermata con il

graduale spostamento di interesse verso lo studio dell’articolazione spaziale dei processi economici.  Nella regione polarizzata si individuano quei poli che esercitano una forza di attrazione maggiore degli altri e sui quali gravitano una serie di processi socio-economici, provenienti appunto , dall’area di gravitazione. La gravitazione verso il polo economico si determina perché il suo centro è in grado di produrre una quantità superiore di funzioni ai residenti. 4. Regione sistemica: segna la fase di evoluzione della regione funzionale leata alla stessa evoluzione dei processi reali, in cui la terziarizzazione ha avuto un ruolo fondamentale.

il Vallega precisa che definire la regione come sistema, implicitamente sposta l’attenzione da ciò

che è mero risultato, la regione, al processo che l’ha generato, la regionalizzazione. I sistemi territoriali indicano unità territoriali complesse, la cui costituzione è di rilevanza strategica ai fini dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni. La loro evoluzione poggia su una  persistente attenzione alla trasformazione delle strutture produttive e sociali che tende a rafforzare le interazioni e la coesione delle forze interne: in altri termini, il processo di territorializzazione, cioè il processo di trasformazione e di identificazione delle strutture economiche e sociali che rafforzano la coesione, è contemporaneamente causa e effetto dei processi di strutturazione del territorio, che dipendono dagli obiettivi, dalle azioni e dalle sinergie delle componenti economiche e sociali. Tuttavia, si deve ricordare che sono possibili anche percorsi inversi, definiti di deterritorializzazione, che si possono verificare qualora venga meno la coesione tra le diverse forze

del sistema territoriale, che perdono l’originaria capacità di aggregazione e di organizzazione, sia  per cause interne che per eventi esterni. Per esempio, la globalizzazione dell’economia va modificando il ruolo e il peso dei molti sistemi territoriali, che si legano in meta sistemi, così come vanno cambiando i comportamenti degli stati, sempre più orientati a nuove forme di aggregazione sociale e economica. Il processo di globalizzazione della produzione e del mercato ha determinato una forte spinta alla competizione. La ricerca di nuove quote di mercato per compensare quelle perdute è la motivazione che predomina nelle strategie di molte aziende in Paesi come Europa, Usa, Russia e Giappone per

fronteggiare l’avvento di Cina e India.

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La capacità competitiva, ossia quella crescita elevata e sostenuta da produttività richiesta dall’UE  per fronteggiare la competizione internazionale, si sviluppa sia nell’ambito delle impresa, che in interventi come adeguamenti strutturali, ricerca e innovazione, tecnologie dell’informazioni… la geografia entra a pieno titolo negli elementi costitutivi della capacità competitiva di un paese.

Tra i principali indicatori della capacità competitiva troviamo: -la competitività, quale la capacità di aumentare il livello gerarchico alla scala mondiale; -la vulnerabilità, quali i diversi livelli di rischio (tecnologico, organizzativo e territoriale) che deprimono la capacità competitiva di un Paese.

Capitolo 2 Geografia delle attività agricole e dell’economia rurale. Le attività agricole, denominate “settore primario”, in quanto le prime a manifestarsi e a essere organizzate, sono presenti e diffuse in tutta la parte abitabile della Terra.

 Il nucleo dell’indagine geografico-economica concernente queste attività risiede nello studio dello  sviluppo del settore agricolo, inteso quale soggetto che agisce nell’organizzazione dello spazio, e nella consapevolezza della necessità di soluzione di talune emergenze.

Con riferimento alla globalizzazione, particolare attenzione si rivolge al rapporto globale/locale, che

indica il ruolo che l’economia rurale svolge nella promozione e nell’affermazione di nuove forme  produttive e nell’incremento dei volumi di beni di origine agricola, come i prodotti DOP (denominazione di origine controllata), marchio attribuito agli alimenti le cui caratteristiche qualitative sono dipendenti dal territorio in cui sono prodotti, e IGP (indicazione geografica  protetta), marchio attribuito ai prodotti agricoli e alimentari di qualità, la cui produzione avviene in

un’area geografica determinata.  Nonostante le grandi trasformazioni economiche che pongono al centro dell’attenzione altri comparti produttivi, l’agricoltura continua a rappresentare un importante campo di indagine geografica.  Nelle connessioni tra agricoltura e organizzazione del territorio, è importante chiarire che esiste un passaggio da un’organizzazione dello spazio agricolo (estensione di luoghi, attraversato da flussi materiali e immateriali dove è prevalente l’uso agricolo del s uolo) a un’organizzazione del territorio, sul quale l’agricoltura interagisce con gli altri settori economici.

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 Nello studio dell’organizzazione dello spazio agricolo si è passato dall’affermazione della  preminenza dei condizionamenti naturali (determinismo), alla centralità del paradigma cittàcampagna, proprio del possibilismo vidaliano, per passare poi dalla fase del volontarismo in cui,

con la crescito e lo sviluppo dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione, l’agricoltura ha visto ridursi sensibilmente il proprio peso.

Il passaggio alla fase di visione sistemica dell’organizzazione del territorio ha visto riaffermarsi l’agricoltura come un fattore importante di crescita nel paradigma socio -economico attuale. Il settore agricolo deve pero’ in ogni caso dare risposta alla necessità di garantire l’alimentazione: ciò può essere fatto attraverso nuove forme di organizzazione della produzione (vd. organismi geneticamente modificati OGM), più capitali o mezzi tecnologici.

Fattori determinanti per l’attività primaria Per far fronte all’obiettivo minimo di garantire la sopravvivenza, le attività agricole si basano sullo sfruttamento di risorse in modo da produrre la quantità di cibo sufficiente alle richieste di alimentazione degli individui, ripetute per l’i ntero arco di vita. Poiché ogni singolo individuo, per poter sopravvivere, deve poter contare su una combinazione di  principi alimentari, resta inteso che è su tali combinazioni che si deve organizzare la loro  produzione e la loro distribuzione  è stata proprio la disponibilità di beni prodotti dal settore  primario ad aver consentito alla popolazione mondiale di aumentare in numero. Le forti interdipendenze tra attività agricole, hanno agito insieme agli altri comparti produttivi, nel creare i sistemi economici attuali.

Umberto Toschi ha individuato i fattori condizionanti l’attività agricola dividendoli in: - Esterni, che agiscono all’esterno del processo produttivo e fanno parte delle risorse naturali, quali il clima, il suolo, le condizioni biosferiche (connessioni tra animali e vegetali);

- Interni, che sono fortemente influenzati dall’attività dell’uomo, quali la

conquista delle terre,

l’irrigazione, gli strumenti di lavorazione del suolo.  Paterson ha individuato, invece, due condizionamenti: - I fattori naturali,cioè il condizionamento alle attività agricole operato dagli elementi fisiconaturali, quali la temperatura, l’umidità, il rilievo e il suolo; - La remora socio-economica, cioè il condizionamento operato dall’uomo e dalle comunità umane nel l’organizzazione sociale e produttiva, quale l’ignoranza e i pregiudizi.

In entrambe le interpretazioni emerge il ruolo congiunto con le scelte operate dalla comunità, delle risorse fisico-naturali

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E’ nella sostituzione del capitale, rappresentato anche d ai fertilizzanti, al lavoro nella combinazione dei fattori produttivi che si esprime l’incremento della quantità di beni ottenuti e la riduzione/eliminazione delle carestie.

non bisogna trascurare pero’ l’impatto che questi strumenti posso avere sul degrad o delle risorse naturali, rinnovabili o non rinnovabili che siano.

I modelli spaziali di von thunen e sinclair Le forme di utilizzo del suolo agricolo vengono studiate da due modelli: - Modello teorico-deduttivo di Von Thunen, costruito sulla base dell’ipotesi di un’agricoltura già trasformata, indirizzandosi prevalentemente veros il mercato.

Il suo presupposto è l’individuazione di scelte razionali da parte di operatori che destinano i loro  prodotti a città, superando la fase di un’agricoltura tradizionale, indirizzata all’autoconsumo. Il modello ha alcune ipotesi di partenza restrittive rispetto alla realtà e fondate su scelte economicamente razionali da parte dei coltivatori in uno spazio indifferenziato: -

esistenza di uno stato isolato, dominato da una grande città ricevente dei prodotti agricoli tale città si trova in una pianura indifferenziata, dove non esistono difformità di fertilità dei  suoli e gli spostamenti sono facili; -  gli agricoltori hanno come atteggiamento razionale la massimizzazione del profitto.

RP = R ( p  –  c ) –  Rdt RP = rendita di posizione per unità di superficie R = resa unitaria  p = prezzo di mercato per unità di prodotto c = costo di produzione per unità di prodotto t = tariffa di trasporto per unità di distanza d = distanza dal mercato

Per ogni prodotto agricolo si avrà: -

un prezzo specifico di mercato dipendente dalla domanda\offerta del bene stesso. Un costo di trasporto variabile a seconda del tipo di prodotto, ma crescente solo in relazione alla distanza tra produzione e vendita in città Un costo di produzione costante nello spazio Una determinata resa per unità di superficie

Le critiche al modello vanno a colpire particolarmente la restrittività delle ipotesi alla base dello stesso, e alla verosimiglianza tra risultati ottenuti e con il modello e i casi reali.

Con riguardo al modello, è stato criticato l’inserimento della produzione di legname nella seconda fascia partendo dalla città, dimenticando però gli usi e i prezzi di tale bene nel periodo in cui è stato formulato il modello; inoltre, condizione necessaria affinché il modello funzioni è che ogni curva di

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rendita abbia una pendenza negativa e contemporaneamente intercetti l’asse delle ordinate in un  punto più elevato.

- Modello di Sinclair, il quale ipotizza un andamento del valore agricolo del suolo speculare

rispetto a quello della rendita di von Thunen (che si identifica con l’andamento del valore del presso del suolo agricolo) e cioè più basso vicino al centr o urbano. Con il passare del tempo, si ci è spostati da una geografia rurale, ponendo attenzione al carattere morfologico e territoriale delle aree agricole, a una geografia agraria, ponendo attenzione al carattere economico o giuridico delle attività agricole, a una geografia agricola, ponendo attenzione alla globalità degli aspetti delle attività agricole.

 Nel settore primario sono i fattori di produzione (terra, capitale e lavoro) a determinare le forme e i caratteri dei sub sistemi, quali l’agricoltura contadina e l’agricoltura capitalistica  entrambe si differenziano per la sostituzione del capitale al lavoro, per le forme di conduzione, per l’estensione delle aziende.

Il settore agricolo è presente e agisce in tutte le economie mondiali, seppure con caratteristiche e ruoli molto difformi tra loro. Ciò obbliga a indagare sua un grande sia s u piccola scala; ad es. nelle economie dei Paesi ad alto reddito, il numero degli addetti al settore primario sul totale sia % molto inferiore rispetto a quello del secondario e del terziario. Lo stesso PIL incide per un 27% dei Paesi a basso reddito e per un 2% per quelli ad alto reddito. Le importazioni, nel 2005, incidono per un 6,75% nei Paesi a basso reddito e per un 6,53% in quelli ad alto reddito; le esportazioni, invece, incidono per un 9.45% nei Paesi a basso reddito e per un 6,07% in quelli ad alto reddito.

Tale contrapposizione è ancora piu evidente nell’esame del livello raggiunto dalla produzione totale di alimenti delle agricolture dei paesi a economia avanzata. Per la produzione dei cereali la  produttività per ettaro è nettamente difforme. I paesi ad alto reddito conseguono rese in qualche caso doppie o quasi doppie rispetto a quelle imputabili ai paesi a basso medio reddito.  poiche i luoghi di produzione non coincidono con i luoghi di consumo, se non altro nelle quantità richieste, sono significative le dimensioni delle esportazioni di alimenti.

La produzione di alimenti può contare su una superficie agricola pari al 37,01% della superficie totale.  Nei contesti delle economie avanzate, vi è uno scarso peso della superficie agricola ma un alta quota di superficie arabile e a colture permanenti. La sostanziale stabilità della consistenza delle superfici per uso agricolo è dovuta ad una soddisfacente espansione delle produzioni, in considerazioni delle molteplici bonifiche (azioni volontarie tese alla conquista di spazio utile per le attività agricole).

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Due elementi fanno riflettere sul grado di sviluppo delle economie agricole: -il consumo di fertilizzanti: -la meccanizzazione, cioè l’introduzione di mezzi meccani ci nel lavoro agricolo in sostituzione di strumenti tradizionali. Le interconnessioni tra il settore primario, secondario e terziario constatano e sottolineano la stratta interdipendenza tra i vari comparti della produzione; è infatti difficoltoso scindere il lavoro strettamente agricolo da quello impiegato per la conservazione o una prima lavorazione dei prodotti, definibili come industria, così come da quello attinente alla promozione sul mercato, definibile come terziario. Inoltre nel settore primario vi è compresa non solo l’attività agricola, ma anche la

caccia, la pesca, l’attività mineraria. Sono avvenute notevoli trasformazioni che hanno portato a modificare i fattori interni ed esterni, definiti dal Toschi, con una conseguente caratterizzazione delle aziende che si avvicina alla tipologia industriale  la stessa organizzazione del lavoro è simile a quella tipica dell’industria e tutto ciò si basa sul processo decisorio che tende a lasciare spazi soltanto residuali e marginali ad agricolture che, per organizzazione e modi di conduzione, sono definibili come familiari. Permangono tuttavia alcuni caratteri tipici del comparto agricolo tradizionale e da questo si creano forme d’interdipendenza tra agricoltura e settore primario o secondario, come l’integ razione e interazione, la complementarità, la competitività, la conflittualità, la repulsione, la neutralità e

l’estraneità. La forma più compiuta d’interdipendenza, che assume il carattere di dipendenza del primario nei confronti del secondario e del terziario, può essere rappresentata dal livello che i vari sistemi agricoli hanno raggiunto in funzione della quota di produzione che può contare già su contratti di

acquisto da parte dell’industria. Tale forma d’interdipendenza può dare una misura soltanto della presenza dell’industria che si avvale quale materia prima (input industriale) dei prodotti agricoli (output agricolo).

Le forme di complementarità sono quelle che si fondano sul lavoro part-ti me e in generale sull’integrazione dei redditi conseguiti contemporaneamente nei diversi settori. Si possono individuare rapporti di frizione, competitività e conflittualità che è possibile ricondurre a

forme di concorrenzialità per l’impiego della manodopera, soprattutto per l’uso dei suoli. In  particolare, costruzioni di infrastrutture e urbanizzazione, che modificano profondamente le rendite fondiarie, sono elementi di polemica. Le interdipendenze tra settore agricolo e industriale e agricolo e altri omparti produttivi hann modificato e prodotto consegueze impo rtanti nell’organizzazione e gestione del territorio.

Riforma agraria e rural planning Per sopperire ai forti condizionamenti derivanti da fattori sia socio-economici sia di origine fisiconaturale, si sono succeduti nel trascorrere del tempo taluni interventi che sono definiti “riforma

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agraria”. Generalmente la riforma ha agito sulla spinta di una forte distorsione tra domanda e offerta di

lavoro agricolo, come ad es. le riforme del ‘900, il sui scopo era di adeguare l’organizzazione  produttiva del settor e primario a un’offerta di lavoro agricolo estremamente eccedentaria. La riforma agraria, in generale, agisce sull’individuazione della dimensione aziendale giudicata ottimale in quel momento e nel luogo in cui viene attuata e può prevedere l’accorpament o nel caso di parcelle produttive troppo piccole e frammentate, o la s uddivisione delle stesse nel caso di appezzamenti troppo estesi. In alcuni casi, può prevedere il passaggio della proprietà da forme individuali a forme collettive o addirittura il contratto agrario. Qualunque sia il tipo e qualunque siano gli esiti attesi della riforma agraria, al di là dei necessari

miglioramenti nella capacità produttiva che essa vorrebbe garantire, c’è sempre l’alta considerazione da parte degli agricoltori nei confronti della proprietà dei terreni, che è considerata uno status symbol.

Le riforme agrarie, intervenendo in aree dalle es igenze specifiche, incidono sui paesaggi agrari e sull’organizzazione produttiva del settore. Allo stesso modo incide la rural planning , cioè il

complesso di attività di pianificazione per conseguire specifici scopi nell’ambiente rurale, la quale ha sostituito la riforma agraria. Inoltre occorre distinguere la rural planning, i cui obiettivi sono il mantenimento e il miglioramento degli standard di vita rurale nelle aree più remote e il controllo e

la gestione dell’urbanizzazione nelle aree perturbane, dalla pianificazione agricola,i cui obiettivi sono la pianificazione degli insediamenti, le attività ricreative rurali per la popolazione urbana e il controllo del loro uso, la gestione e la conservazione del paesaggio rurale.  Nei Paesi a più elevato reddito il tema della sicurezza alimentare è affrontato in termini di qualità dei prodotti, tanti che ne sono corollari l’etichettatura, l’ele ncazione degli ingredienti, la scadenza,

gli eventuali additivi adoperati al fine di rendere disponibile per ogni singolo individuo l’accesso e l’uso della quantità e qualità di principi nutritivi essenziali per la propria esistenza.  Nei paesi in via di sviluppo, ciò non può essere fatto in quanto è essenziale porre attenzione alle cause e alle possibili soluzioni di sottoalimentazione e di fame  tutto questo si ha perché il sottosviluppo si manifesta essenzialmente con redditi procapite bassi, forti diseguaglianze sociali e scarsa disponibilità d’acquisti, e la soluzione non  può essere vista quindi nell’importazione di alimenti. Concorrono ad aggravare il problema alcune condizioni generalmente sfavorevoli: la

contrazione dello spazio utile per l’agricoltura, anche in conseguenza dell’urbanizzazione, la desertificazione; la sostituzione di talune colture atte all’alimentazione con altre finalizzate ad alri usi, prettamente energetici.

L’agricoltura e le multinazionali alimentari Considerare le multinazionali del settore alimentare, può agevolare la comprensione delle ricadute sia direttamente sulla formazione dei prezzi e sulla sicurezza alimentare, sia sulle nuove frontiere

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dell’ottenimento dei prodotti. Importante da considerare è il ruolo preponderante e cres cente delle imprese multinazionali (NESTLE’, UNILEVER, McDONALD’s), operanti nel settore primario, che effettuano investimenti diretti all’estero (IDE). Queste hanno una capacità di controllo che varia dal 10% al 25% del capitale dell’impresa operante all’estero e hanno un numero minimo di filiali all’estero al fine di raggiungere il profitto globale e non loca le. Le multinazionali operanti nel settore agricolo, per loro natura, si espandono seguendo logiche di integrazione orizzontale, vale a dire pr oduzioni identiche rispetto al Paese d’origine ; integrazione verticale; allorché ci si avvale della stessa filiera, dalla produzione di mezzi tecnici fino all’industria di trasformazione; diversificazione delle attività nei vari mercati, che si misura con la specializzazione in singoli settori e che deve tener conto delle specificità dei singoli mercati. Il processo di penetrazione delle imprese multinazionali nel settore agricolo si sta sviluppando anche sotto forme diverse, per esempio con alleanze strategiche, accordi di cooperazione e altro.

E’ necessario distinguere le multinazionali agroalimentari che operano in agricoltura, i cui IDE in entrata nel 2001 erano pari a 0,42% e IDE in uscita 0,24% e le multinazionali dell’industria alimentare, i cui IDE in entrata erano pari a 2,40% e IDE in uscita 3,03%. L’accesso alle risorse idriche e l’irrigazione Le risorse idriche sono scarse, tanto da far ipotizzare che possono rappresentare un possibile elemento di frizione tra i vari Paesi e le varie comunità. A livello mondiale, all’agricoltura è destinato il 70% dei consumi idrici totali, mentre l’industria ne assorbe il 20% e i consumi civili appena il 10%. La nuova agricoltura richiede una crescente quantità di una risorsa ormai scarsa, tanto da dover ricorrer e a moderne tecniche produttive, come l’irrigazione, che sfrutta le acque superficiali o sotterranee. Dersertificazione Alla progressiva espansione dello spazio utile e alla messa a coltura delle terre marginali si contrappone la desertificazione, cioè la progressiva espansione dei deserti a seguito di fattori naturali (variazioni climatiche) e fattori antropici (deforestazione, eccessivo sfruttamento dei  pascoli…); inoltre è da aggiungere l’urbanizzazione  che si presenta sia nei paesi a economia arretrata che in quelli a economia avanzata. Agli inizi degli anni novanta il fenomeno continuava a investire vaste aree del pianeta in modo  particolare alcune aride, semiaride e subumide che coinvolgevano in particolare popolazioni con alto livello di povertà e instabilità politica, a dimostrazione delle strette interconnessioni tra sistemi socio-economici e fenomeni che a un’analisi superficiale possono sembrare legati maggiormente a cause naturali.

Attualmente la desertificazione interessa le aree di oltre 100 Paesi, mentre si calcola che nelle zone

aride è minacciata circa il 70% dell’intera superficie: si stima che ogni anno si perdono a causa di questo fenomeno circa 6 milioni di ettari, specialmente in Africa, in Asia e il Sud Italia. La questione ambientale

Accanto a forme di inquinamento correlate all’industrializzazione, non sono di minor impatto quelle

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dovute alle dinamiche delle produzioni agricole.

L’uso di prodotti chimici utili per la lotta ai parassiti e per la produzione di concimi e fertilizzanti hanno avuto e hanno ripercussioni sulle risorse dell’ecosistema naturale: dall’inquinamento dell’acqua a quello del suo e dell’aria. In tale ottica sono da distinguere due grandi categorie: 1. Le agricolture non sostenibili: - Con ri percussioni i n situ   sono queste le agricolture che presentano for ti i mpatti sul suolo   , come erosione, desertificazione… - Con r ipercussioni i n situ e ex situ   si tratta di sistemi agricoli che producono impatti sul la risorsa acqua   , quali la riduzione delle falde acquifere… Le ripercussioni anche economiche, saranno diverse a seconda del livel lo economico delle aree in cui agiscono tali agricolture. 2. Le agricolture sostenibili (o alternative), tutte quelle in cui la gestione tiene conto della necessità di risparmio delle risorse rinnovabili

(acqua) e non rinnovabili (suolo), della preferenza verso l’utilizzazione in quantità non elevate di fitofarmaci e fertilizzanti chimici, delle pratiche di risparmio energetico. In generale la sostenibilità agricola presuppone il riutilizzo degli scarti di produzione

Capitolo 3 Geografia dell’energia e delle altre materie prime minerali.

Il processo di industrializzazione, bruscamente interrotto dalla Seconda Guerra Mondiale, è ripreso negli anni ‘50-‘60 con ritmi di crescita esponenziale  in un numero crescente di Paesi, come gli USA

o l’Inghilterra, la Francia, l’Italia e il Giappone che prima si sono sottoposti ad un processo di ricostruzione post-bellico e successivamente alla crescita economica. Dopo gli anni ’60, l’attenzione si è riv olta alla valutazione delle risorse naturali, circa le materie  prime e le fonti d’energia, ritenute scarse, finite e quindi non rinnovabili.  Lo stato generale delle disponibilità elle risorse provate e immediatamente disponibili, cioè delle riserve, e la scoperta di nuovi giacimenti, hanno generato un clima di grande fiducia dell’industria mineraria  e di conseguenza anche di tutte le attività di trasformazione industriale dei paesi occidentali, e anche dell’area comunista, Cina compresa. Tutta la letteratur a specializzata manifestava un grande ottimismo sulle disponibilità future di materie prime e soprattutto di combustibili fossili. In particolare, soprattutto per il petrolio, incominciavano a delinearsi prospettive meno rassicuranti sia per l’entità delle risorse sia per le implicazioni geopolitiche inerenti le regioni più dotate  vi era

infatti un’asimmetria tra le aree più produttive e quelle consumatrici.

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Per questi motivi, combustibili fossili e materie prime sono oggetto di scontri politici e bellici.

Con la progressiva industrializzazione della Repubblica Popolare Cinese, dell’India e degli stati dell’Est Asiatico, si sono sviluppate politiche di cooperazione, da parte della prima, che offrono grandi opere strutturali contro materie prime.  Nei Paesi già sviluppati, l’aumento dei consumi e  delle fonti d’energia, riguarda prevalentemente il

terziario; nei Paesi emergenti, invece, è in pieno corso la fase dell’industrializzazione, con processi chiamati Energy intensive, con consumi intensivi sia di fon ti d’energia sia di materie prime  da destinare alle industrie di base (metallurgia, petrolchimica, cantieristica) che secondo il principio della divisione internazionale del lavoro, divenute obsolete nei paesi svil uppati, si sono traferite in quelli emergenti.

Pertanto, l’enorme consistenza della domanda delle fonti d’energia e delle altre materie prime minerali impiegate sta ridando attualità nel sistema d’informazione mondiale sulla durata delle risorse, sia a livello scientifico che divulgativo. La prima fondamentale constatazione che si può fare è che l’intero processo d’informazione è afflitto da due condizionamenti necessari: 1. Il primo, di carattere strettamente politici, riguarda la strumentalizzazione che le informazioni subiscono a causa dei rapporti di forza esistenti nella contrattazione internazionale, al fine di consolidare uno status quo di posizione dominante nel rapporto di scambio; 2. Il secondo riguarda elementi oggettivi di carattere tecnico che hanno impedito la formulazione di criteri univoci ,non solo nei confronti di una valutazione globale, ma anche di quelli inerenti le singole materie prime minerali.

Risorsa è la quantità di minerale presente in un territorio conosciuto, la cui concentrazione di materiale utile è maggiore rispetto al valore medio della distribuzione dello stesso nella litosfera e negli oceani; Riserva è la parte di risorsa utilizzabile alle condizioni economico-tecniche attuali.

La valutazione e la identificazione quantitativa delle disponibiltà è una variabile dipendente da elementi di valutazione oggettivi, ma in misura considerevole anche da elementi soggettivi derivanti da interessi di parte non sempre facilmente identificabili. La trasformazione delle risorse in riserve dipende da una progressiva qualificazione delle risorse,

attraverso dei parametri tecnici e economici, inerenti all’estrazione e alla commercializzazione. La valutazione sintetica delle risorse e delle riserve Il processo completo di classificazione di una risorsa è un’operazione molto comple ssa, che si svolge con valutazioni, sulla consistenza geologica e sulla possibile utilizzazione delle risorse , che si intersecano tra loro e che si riassumono in quattro livelli:

1. Individuazione delle risorse globali: già a partire dagli anni ’60, si c i è preoccupati circa il possibile esaurimento delle fonti d’energia, giustificato da un consumo esponenziale del petrolio e di alcune altre materie prime minerali come il rame lo zinco e lo stagno.

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Questo livello può essere ottenuto facendo riferimento a alcune concezioni: - Concezione ottimistica, di Zimmermann, per il quale non c’è alcun limite alle risorse, in quanto qualsiasi minerale può diventarlo, ciò derivava soprattutto dal periodo storico, anni 50 e 60, in cui il consumo delle risorse era relativamente basso e ci si affidava a una crescente tecnologia di estrazione mineraria; - Concezione geologica, secondo la quale le risorse globali vengono indicate in relazione alla loro disponibilità geologica, espressa in termini di giacimenti, cioè di aree in cui si individua una concentrazioni di minerale utile maggiore rispetto al valore medio della distribuzione dello stesso nella litosfera e negli oceani; - Concezione economico-geologica dell’Associazione degli Ingegneri Minerari Metallurgici della Repubblica Federale di Germania, per cui le risorse globali partono da una concezione geologica, ma vengono poi delineate in base a considerazioni economiche anche se puramente indicative, secondo aumenti futuri di costo prevedibili.

Matrice dei criteri di valutazione delle risorse minerarie dello U.S.Geological Surbey: le risorse globali sono definite da una matrice la cui estensione varia in relazione a: -un grado di attendibilità geologica; -un grado di fattibilità economica, cioè alla praticabilità dello sfruttamento attuale e futuro delle risorse.

2. Attendibilità geologica , riferibili alle risorse globali delimitate nel primo livello e basato sui valori di profondità, spessore, estensione degli strati. I gradi di accuratezza delle informazioni geologiche circa quelle caratteristiche possono essere certi, se le stime sono comprese tra il 90100%, incerti tra 10-30%, aleatori tra 0-10%.

3. Fattibilità economica, riferita alle condizioni economiche, istituzionali e tecnologiche in atto al momento della classificazione e espressa in termini di profitto  le valutazioni economiche risentono molto della stabilità o instabilità del mercato. In sede internazionale, dato le difficoltà di unificare gli schemi di classificazione, le valutazioni monetarie vengono sostituite da valori fisici, come la profondità, lo spessore degli strati, le impurità e simili, che lasciano supporre un diverso andamento dei costi. 4. Grado di recupero, espresso in percentuale della misura accertata in un dato giacimento del minerale effettivamente estraibile. Tale percentuale è sempre inferiore al 100% a causa delle perdite ordinarie legate alle caratteristiche organolettiche e a causa di una generale impossibilità di trovare tecnologie idonee al recupero integrale della risorsa.

Il potenziale delle risorse d’energia tradizionali

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Durante gli anni 60 e 70 molti paesi compresa l’italia raggiunsero un livello di dipendenza  petrolifera altissima oltre il 70%. Si attuò quindi una politica di diversificazione delle fonti e dei luoghi di approvvigionamento per ragioni politiche. Il successo di tale politica comportò una rivalutazione di altre fonti fossili tradizionali.

I carbon fossili. Sono i combustibili estratti dalla Terra in miniere sotterranee o a cielo aperto derivanti dalla fossilizzazione di vegetali; sono presenti soprattutto nei bacini sedimentari continentali. Caratteristiche. - Il potere calorifico dei carboni dipende dalla percentuale di presenza del c arbonio che è di circa il 60% per la torba; tra il 60-90% per il carbone sub-bitumisoso; il 90% per il bituminoso; il 95% per

l’antracite. I giacimenti di carbone si identificano in base a spessore, estensione e profondità.

- In base alla profondità, si hanno: • giacimenti sotterranei, che si suddividono in sfruttabili a parete continua longwall mining (dove si estrae il minerale, creando delle gallerie che venuto meno il carbone possono crollare  estrazione  pericolosa e costosa) e a parete a pilastro o Room and pillar: quando la profondità non è eccessiva e gli strati sono molto spessi e con sviluppo orizzontale, lo strato carbonifero viene sfruttato modellando le gallerie d’estrazione, intorno a un altro strato di carbone che funge da s ostengo; si estrae oltre il 60%, mentre per il longwall mining si raggiunge il 50%, con elevata creaz ione di detriti e elevati rischi per i minatori.

• giacimenti a cielo aperto, che consentono metodi molto simili a quelli delle cave. Uno o più strati sono ubicati in superficie oppure a una profondità massima di 100 mt raggiungibile con una maxi escavatrice.

Una volta pronto per l’uso, il carbone fossile si suddivide in alcune categor ie fondamentali: -carbone termico o da vapore, usato negli impianti termini; -carbone da coke o metallurgico , impiegato nell’industria siderurgica per creare circa i  due terzi

della produzione mondiale d’acciaio. Dalla crisi petrolifera degli anni 60 il carbone è stato rivalutato come fonte energetica e oggi, i carbon fossili contribuiscono al 25% del bilancio energetico mondiale e al 40% della produzione totale di elettricità.

Pertanto il carbone, pur essendo una risorsa non rinnovabile, è la fonte d’energia fossile che al momento ha i più elevati tassi d’espansione, oltre ad essere la più abbondante e ad essere distribuita in quantità notevoli in circa 40 Paesi. In base ai ritmi di sfruttamento attuale si stima che le riserve accertate saranno in grado di assicurare una durata di circa 150 anni.

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Il primo Paese produttore è la Cina con circa 2,9 mld di tonnellate annue, ma nella graduatoria mondiale sono scomparti Fr ancia, Gran Bretagna, Belgio, dove è problematica l’estrazione.  Il paese con più riserve di carbone sono gli Stati Uniti con circa 450 mld di tonnellate anche di qualità, secondo posto russia, terzo cina, quarto australia. Nel tempo, grazie alle nuove tecnologie, i carboni fossili stanno dimostrando una grande flessibilità per esse re manipolati e trasformati in combustibili liquidi e gassosi. Il petrolio.

Il petrolio è la base fondamentale dell’economia in tutti i Paesi del mondo. La sua presenza è essenziale per le industrie delle chimica di base dai concimi arificiali fino alla cosmetica. Questa rilevanza nel sistema energetico mondiale e una marcata asimmetria geografica tra luoghi d  produzione e luoghi del consumo conferiscono al petrolio una centralità geopolitica unica

nell’intero settore delle materie prime. Il Medio Oriente è la regione che possiede oltre i due terzi delle riserve estraibili mondiali e,

ultimamente, tende a espandersi ai ritrovamenti nell’Asia centrale. Da un punto di vista geomorfologico, il petrolio presenta una gamma di tipologie, dovuta alla

 profondità e alla giacitura dei giacimenti e, all’interno degli stessi, a una posiziona tura delle sacche o una diversa complementarietà delle rocce madri e delle rocce magazzino. C’è poi prese nza di acqua e gas che contribuiscono sull’economicità di tutte le fasi che vanno dalla ricerca, agli accertamenti fino al’estrazione. Sono tutti dei parametri che influiscono sulla stima delle risorse e delle riserve ma che prestano il fianco a manipolazione che alla fine influenzano anche le fasi delle contrattazioni dei prezzi. In linea con gli organismi internazionali, si farà riferimento al petrolio convenzionale che esclude il grezzo estraibile dai carboni, dagli scisti bituminosi e altre formazioni geologiche, dalle quali  provengono i petroli definiti pesanti.

 Nella metà del XIX secondo, in Pennsylvania, si è cominciato a perforare il suolo e a avviare uno sfruttamento industriale del petrolio. Il suo stato liquido, affiancato dalla sua massima agibilità nella terraferma e nel mare, ha permesso il trasporto per lunghissime distanze. Il suo elevato potere

calorico lo ha reso altamente competitivo con le altre fonti d’energia, con le quali spesso interagisce, come nel caso degli impianti termoelettrici polivalenti.

Sin dagli anni ’60, la sua durata probabile era cautamente calcolata in anni, con la formula Riserve / Produzione Annua, ma, oggi, il WEC (World Energy Council) ritiene che, con la sua quota nel  bilancio energetico mondiale pari al 37%, si prevede che il primato del petrolio sulle altre fonti durerà per qualche altro decennio. Negli Stati Uniti il valore delle risorse è molto simile al valore delle riserve pari al 65% e sarebbe stato molto superiore se non si fosse ricorso a massicce importazioni dal medio oriente che dopo più di trenta anni hanno intaccato le loro riserve per solamente un quarto.

Il 62% delle riserve sono ubicate nei Paesi del Medio Oriente; il 13% nell’America del Nord e del Sud; il 15% in Africa e il restante 10% nella Federazione Russa.  Nel 2008 la quantità di petrolio estratta è pari a 150 miliardi di greggio, di cui la metà è stata

estratta negli ultimi vent’anni. Questa forte espansione ha anche contribuito all’evoluzione del

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trasporto marittimo, che ha indirizzato tutta la cantieristica mondiale. Le petroliere sono aumentate in dimensioni e stazza raggiungendo capacità di trasporto con le ULCC (ultra large crude carrier) di oltre 400000 tonnellate di petrolio. Recentemente, il prezzo del petrolio ha subito pesanti impennate, quando oltre alle speculazioni di routine, gli è stato attribuito anche il ruolo di bene rifugio.

Le produzioni più elevate riguardano il Medio Oriente e in particolare l’Arabia Saudita, poi gli Stati Uniti e la Federazione Russa.  Nuove aree petrolifer e, come la Libia, l’Algeria, la Nigeria, l’Egitto, il

Sudan e la Guinea

equatoriale, sono emerse nell’Africa. Il gas naturale. Il gas naturale, prodotto dalla decomposizione in assenza di ossigeno, di mate riale organico, per decenni è stato considerato la fonte energetica nobile, ma ora è impiegato in maniera più corrente, come per esempio nelle centrali termoelettriche e per il riscaldamento domestico  il gas naturale sarà uno dei combustibili fossili che si prevede contribuirà nella misura dell’83% agli  incrementi dei consumi d’energia fino al 2030.  Il gas naturale occupa il terzo posto dopo il petrolio e il carbone, contribuendo alla domanda mondiale annua per il 23,5%. Tra l’altro, si sono sviluppate le t ecnologie per il suo trasporto. La liquefazione, i gasdotti a grande  pressione, la loro possibilità di percorsi sottomarini hanno enormemente allargato le sue potenziali di mobilità. Sin dal 1980 le riserve di gas naturale sono cres ciute con una media del 3,4% annuo grazie a nuove scoperte. La domanda è in espansione ovunque, estendendosi in Asia, Africa, America Latina, soprattutto in quei Paesi che registrano una forte crescita economica; in aumento è anche la domanda non solo come combustibile, ma anche come materia prima per la produzione di fertilizzanti. Secondo l’andamento della domanda corrente la durata probabile è stata stimata in 130 anni. Le riserve sono concentrate, con il 73% di quelle totali in due aree il Medio Oriente e la Federazione Russa, seguono il Canada, gli Stati Uniti al 6° posto. La produzione di gas naturale, in questi ultimi anni sta aumentando un po’ dappertutto: per l’europa si segnala soprattutto la norvegia, ma anche l’italia grazie ai nuovi rigassificatori e al trasporto marittimo con metaniere.  Il  primo produttore mondiale è la federazione Russa con 640 milioni di metri cubi l’anno, superando gli Stati Uniti. La crescita produttiva del gas naturale è in competizione con il mercato del carbone soprattutto nelle centrali termoelettriche dove contribuisce in maniera diretta all’abbattimento dei gas a effetto serra. L’energia idroelettrica.

L’energia idroelettrica, prodotta da un corso d’acqua in presenza di un dislivello, è stata inserita tra le fonti tradizionali in quanto, pur essendo rinnovabile e aver contribuito alla crescita industriale e civile di molti Stati, in modi Paesi sono stati raggiunti tetti massimi di producibilità. Si tratta di un argometo molto complesso in quanto i sistemi di sbarramento pongono seri problemi agli habitat naturali. L’Italia deve molto all’estensione della rete fluviale alpina. Dislivelli e masse idriche hanno reso disponibili dei potenziali idrogravitazionali sfruttati con sbarramenti e turbine. Il primato industriale

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acquisito dall’Italia settentrionale è strettamente legato all’energia id roelettrica ricavata dalle acque dei suoi fiumi a regime perenne.

L’idroelettricità svolte una funzione strategica per la sua duttilità nel coprire le punti di domanda giornaliere; infatti, è sufficiente aprire il flusso dell’acqua e l’energia ottenuta tra mite il passaggio nelle turbine può subito essere immessa nella rete. La produzione di idroelettricità più grande del mondo spetta alla Cina, che contribuisce alla  produzione di elettricità nella misura del 16%, seguono Canada, Francia, Italia, Norvegia, Federazione Russa, Stati Uniti. L’energia elettronucleare e l’uranio.

L’energia nucleare, definita anche nucleotermoelettrica, è il tipo di energia termica che permette di  produrre elettricità grazie al vapore, proveniente dalla fissione degli atomi d’ura nio 235, in acqua  pesante, bombardati da neutroni.

E’ stata protagonista di tre distinte fasi: 1. Anni 50. La prospettiva era quella di un’energia pulita e praticamente inesauribile, data anche l’opportunità ventilata di una rigenerazione delle scorie del la combustione; costi molto superiori a quelli sostenuti dalle altre fonti. 2. Anni 80 Alcuni piccoli incidenti, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, hanno creato terreno fertile  per la nascita di un movimento antinucleare, rafforzatosi dopo la strage di Chernobyl dl 26 aprile 86 (in Italia una moratoria attraverso un referendum) o ignorato da altri paesi come la Francia che . 3. (Fase attuale) È caratterizzata da un rinascente interesse per l’energia nucleare come fonte  pulita, abbondante e economicamente competitiva rispetto ai combustibili fossili.

In linea generale, si può affermare che l’attuale produzione d’uranio è inferiore alla domanda, anche se è sfruttato commercialmente in 19 Paesi, di cui almeno la metà ne produce quantità apprezzabili che stanno considerando di riaprie le loro miniere.

L’uranio, estratto sia a cielo aperto che sotterraneo, è prodotto in combinazione o come accessorio alla produzione del rame e dell’oro. In linea teoria, l’uranio e i suoi minerali sembrano illimitati in termini di risorse, in quanto presenti anche nel mare.

Il Canada è il più grande produttore d’uranio mondiale  e ne destina l’85% all’esportazione, mentre l’Australia assume il terzo posto. All’inizio del 2008 nel mondo erano attivi 435 reattori nucleari  per una potenza installata di 367 gw pari al 16% di tutta l’elettricità mondiale. Il nucleare non produce emissioni che danneggiano la qualità dell’area, non contribuisce all’acidità delle piogge e è estraneo al cambiamento climatico. Anche se esistono emissioni, sono talmente

minime che, considerando l’intero ciclo di vita di una centrale nucleare, hanno una ricaduta sull’ambiente quasi irrilevante rispetto a quella di un impianto termoelettrico, pur di ultima generazione. Secondo questa tesi ottimista, dopo l’incid ente di Chernobyl, le tecniche di sicurezza sviluppate hanno tenuto per due decenni fino all’incidente nella centrale nucleare di Fukushima, classificato 7 nella classe di pericolosità INES come cernobyl. Si tratta di confronti opinabili, in quanto se il r ischio nucleare è di tipo spiccatamente aleatorio, rimane comunque possibile, e la sua portata può essere catastrofica e di riflesso immediato, il rischio legato al termoelettrico, che è invece continuativo e cumulabile in un degrado climatico  pervasivo e turbatore di cicli naturali di lungo periodo.

Dopo queste premesse, esiste sul nucleare una divisione nell’opinione pubblica mondiale. In Europa, per esempio, mentre in alcuni Paesi il governo ha fatto una scelta netta a favore, in altri si

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va avanti con esitazione e in alcuni altri si è nettamente contrari. I pessimisti del nucleare non fanno soltanto riferimento ai rischi di incidenti, ma danno grande rilievo al problema dello smaltimento dei residui radioattivi della combustione, per il quale esistono due alternative: 1. La prima consiste nel riprocessare i residui per estrarre i minerali riutilizzabili di uranio e  plutonio o depositarli per un futuro riciclaggio; 2. La seconda consiste nel considerare i residui come rifiuti che, introdotti in appositi contenitori, dovrebbero essere stoccati in luoghi di massima sicurezza.

Il continente più dotato di impianti di generazione è l’Europa, compresa la Federazione Russa, con 204 centrali. In Europa spicca la Francia, con 59 centrali, 16% della produzione; 79% della  produzione di elettricità nazionale. Seguono Germania, Regno Unito, Giappone, Stati Uniti,

America Latina… Le energie alternative e il risparmio energetico.

Il 1972 e il 1973 segnano l’inizio di una rivoluzione sull’atteggiamento della comunità internazionale nei confronti non solo delle risorse energetiche, ma di tutte quelle naturali. - Nel 1972, un gruppo di studiosi, guidati da Peccei, produssero un modello dell’ecosistema mondo; - Nel 1973m fu dichiarato dai Paesi produttori del Medio Oriente, l’ embargo petrolifero a tutti i Paesi geopoliticamente riferibili allo schieramento occidentale.

Il petrolio, quindi, è divenuto il protagonista degli approvvigionamenti e dei consumi d’energia, ma anche di quello su tutte le risorse minerarie. Per l’approvvigionamento e l’impiego, oltre al tema dell’esaurimento, incombe quello della sicurezza delle forniture e della lievitazione dei prezzi, ma anche il coinvolgimento nell’inquinamento e nell’effetto serra. L’entusiasmo dei sostenitori di profonde riforme del  sistema energetico mondiale ha indotto una commistione tra il termine: -fonte energetica alternativa, cioè che può sostituire una o più fonti tradizionali per necessità e per convenienza economica; -fonte energetica rinnovabile, cioè che non si esaurisce dopo la sua trasformazione e il suo consumo.

In questo periodo l’enfasi maggiore sulle fonti alternative è dovuta al loro ruolo di riduzione di anidride carbonica e degli altri gas a effetto serra e alla possibilità di limitare la dipendenza dalle importazioni di fonti fossili. Il risparmio energetico contribuisce in maniera rilevante, alla riduzione

di emissioni di anidride carbonica e alla riduzione di quantità d’energia impiegata per unità di PIL  prodotto, a prezzi costanti. Il solare. Il solare, cioè la fonte energetica fornita dal Sole, costituisce la fonte energetica per eccellenza.

L’energia che il sole fornisce costantemente è diecimila volte superiore a tutta l’energia usata, ma ancora non riesce a essere sfruttata in maniera adeguata. Nel suo comp lesso l’energia solare è la più abbondante nel suo intervento diretto (radiazione solare) ed indiretto(vento, biomassa, idraulica…). Come fonte alternativa e rinnovabile, si considererà soltanto la radiazione solare. L’energia solare che raggiunge la Terr a è pari solo al 60%, mentre il resto è riflesso nello spazio o

trattenuta dell’atmosfera. Secondo l’opinione pubblica mondiale e le istituzioni nazionali e internazionali, la radiazione

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solare, nel lungo periodo, diventerà la fonte primaria. L’uso dell’energia solare non è limitata soltanto ai Paesi più soleggiati. Il solare inotre è la grande  prospettiva di molti paesi in via di sviluppo che già adesso soffrono per la totale assenza o il difficile accesso alle fonti tradizionali. Questa energia sta conoscendo ulteriori applicazioni: - Termico La tecnologia per l’utilizzo termico dell’energia solare ha raggiunto uno stadio di maturità e affidabilità abbastanza buono: gli impianti captano la radiazione solare per mezzo di uno o più collettori che trasferiscono l’energia termica a un fluido vettore, in funzione della temperatura da raggiungere; L’innovazione e lo sviluppo tecnologico nel settore hanno consentito nell’ultimo decennio un aumento del rendimneto dei pannelli solari di circa il 30%. In italia la crescita è costante grazie agli incentivi fiscali anche se, paradossalmente inferiore rispetto a paesi più freddi

dell’europa del nord. - Il solare termodinamico grazie anche al csp (concentration solar power) potrebbe essere in grado di soddisfare fino al 7% dei fabbisogni energetici mondiali entro i l 2030 e un quarto entro il 2050:

attraverso gli impianti è possibile sfruttare l’energia termica del sole con gli specchi ustori di Archimede, cioè ampi specchi piani o parabolici che concentrano i r aggi solari in un punto nei quali

si trovano dei tubi dove scorre un fluido termovettore al fine di trasformare l’energia termica in vapore che mette in funzione delle turbine, come nelle centrali termoelettriche. - Il sistema fotovoltaico è costituito da uno o più moduli e da un regolatore di carica, per trasformare la radiazione in energia elettrica proprio nei luoghi in cui essa è necessaria e nella

quantità vicina all’effettiva domanda. Essi danno l’enorme vantaggio di non dover pagare la bolletta al proprio gestore, ricevendo anzi un compenso dallo stesso gestore.

La torba. La torba è lo stadio iniziale della formazione del carbone, in depositi di materiali vegetali e acqua. E’ quasi scomparsa dai computi energetici degli organismi internazionali, sebbene sia comu nque una varietà di carbone. E’ inserita informalmente nelle stime delle biomasse.  Viene considerata una fonte rinnovabile molto lenta.

La biomassa. La biomassa è il complesso di materiali vegetali impiegati per la produzione di energia. La Finlandia è un paese che ci ricorre da parecchi anni, dove gli scarti industriali della lavorazione del legno e della carta sono destinati alle centrali termoelettriche. Producono dei vantaggi per le imprese di questo settore in quanto evitano di dover stoccare gli scarti o pagare per il loro

smaltimento. Sebbene cio’, dovuto alla combustione, si genera qualche problema per l’ambiente connesso alle emissioni di ossidi di azoto e di zolfo.

Il biocombustibile. Il biocombustibile è un propellente ottenuto in modo indiretto da alcune formazioni vegetali che sono anche commestibili soprattutto cereali. Questo, al contrario dei derivati del petrolio, rilasciano

nell’ambiente quantità di carbonio, pari a quelle assimilate dalla pianta nel suo ciclo vitale, e

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 bassissime quantità di zolfo e azoto.  Nel 2006 si è assistito a un forte impiego su vasta scala dei biocombustibili, dovuto principalmente

all’inaudito incremento del prezzo del petrolio. Crisi politiche si sono manifestate nel sud est asiatico dove l’aumento dei prezzi d ei cerali e una loro minor disponibilità hanno provocato sollevazioni popolari. La trasformazione degli utilizzi dei campi agricoli, dall’alimentazione ai trasporti, ha modificati sensibilmente l’agricoltura di molti paesi, che hanno iniziato a produrre canna da zucchero, mais e cereali. Il biodisel è l’altro importante biocombustibile che veniva  prodotto da oli vegetali, grassi animali e grasso per esterificazione. Il principale produttore è la Germania.

Il geotermico.  L’energia geotermica è l’energia generata da acque surriscaldate provenienti dal sottosuolo in  presenza di fenomeni vulcanici. Si tratta di una fonte in grande espansione, con incrementi annuali che variano dal 3 al 7%. Per quanto riguarda la produzione di elettricità, il primato spetta agli Stati Uniti; seguono le Filippine, il Messico, l’Indonesia e l’italia. Per quest’ultima gli impianti  più importanti si trovano in toscana, negli impianti situati a larderello.

L’eolico.

L’energia eolica è l’energia che si genera dalla forza del vento s econdo un minimo di costanza nella velocità. I venti costituiscono la più importante attività dell’atmosfera in base a sollecitazioni che provengono dal calore del sole, dalla rotazione terrestre, dagli effetti delle temperature degli oceani e delle calotte polari.

Le zone più ventose della Terra si trovano nelle regioni costiere dell’Europa, delle Americhe, dell’Africa e dell’Oceania. Le risorse totali ottenibili dal moto dei venti sono stimate in circa 1 milione di giga watt per tutta la superficie terrestre.

Stime ottimistiche valutano che l’eolico in terra e oltre mare potrebbero far fronte all’intero fabbisogno di elettricità dell’UE; proprio per questo, la stessa UE ha previsto per il 2010 di aumentare di 16 volte la potenza installata. La Germania è al primo posto al mondo per la capacità installata.

L’energia eolica è stata installata sia nei Paesi sviluppati che in via di sviluppo, per la rapidità che consente nella localizzazione degli impianti e nella sostituzione del diesel. La loro produttività dipende dall’altezza della torre e dal diametro del rotore; all’altezza è dovuta anche la maggiore velocità del vento e quindi la quantità di energia producibile. Gli impianti eolici vengono generalmente raggruppati nella forma di fattorie del vento con un minimo di 10 macchine ciascuna e un massimo di 100 macchine. Per un macchina media, il periodo di ammortamento dei costi iniziali non supera i sei mesi, ma l’inquinamento atmosferico è nullo; però sussistono due aspetti negativi: il rumore e l’im patto estetico sul paesaggio.

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Il mare: le maree, il moto ondoso e le escursioni termiche.

La marea è la variazione di livello giornaliera di grandi masse d’acqua, quali gli oceani e i mari, generata dall’interazione della gravità terrestre e quella lunare.  Nel fenomeno delle maree si creano forti flussi di energia cinetica. Per sfruttare l’energia delle maree esistono due metodi: 1. Il primo consiste nello sfruttare il ciclo, trattenendolo nelle sue fasi: si costruiscono ampi sbarramenti, dove il dislivello medio tra bassa e alta marea è di 10m; 2. Il secondo è quello di incanalare i flussi fl ussi in condotte in modo che agiscano su delle pale, in modo simile a quanto avviene nell’eolico; Sfruttare le escursioni termiche degli oceani (OTEC ): ): si tratta di convertire in font e d’energia rinnovabile il divario di temperatura tre le acque superficiali tropicale, e subtropicali, e le acque di  profondità, circa 1000m, provenienti provenienti dalle regioni polari. In base alla posizione dei flussi di acqua calda e fredda, gli impianti possono essere localizzati a terra, fluttuanti e con forme combinate.

Il risparmio energetico.  Nel 1992, a Rio de Janeiro, sono sono state messe le basi per il Protocollo di Kyoto, nel quale è richiesto icienza e quindi al risparmio ai Paesi partecipanti di attribuire un ruolo fondamentale all’eff icienza energetico , cioè la razionalizzazione dell’uso dell’energia dell’energia per ottenere con la l a medesima entità di energia una quantità maggiore di PIL. Secondo l’IEA, nei prossimi decenni l’efficienza energetica potrebbe abbattere il 65% del le

emissioni legate alla gestione integrale delle fondi d’energia. Gli investimenti nelle tecnologie idonee hanno raggiunto 1,6 miliardi di dollari nel 2007 e comportano non solo una riduzione ri duzione delle emissioni, ma anche una riduzione dei costi unitari delle varie fonti. America settentrionale e UE sono coloro che realizzano le performances migliori.

L’intensità energetica, energetica, misura del risparmio, è il rapporto tra il consumo di energia e il PIL P IL e dipende da mutamenti strutturali dei sistemi economici nazionali ; invece, l’efficienza energetica è la capacità di nuove tecnologie di ridurre l’intensità energetica. Già alla fine degli anni 60 sono comparsi i termini energy saving e energy intensive, riferiti maggiormente al settore industriale o a suoi comparti. In quegli anni l’intero settore industriale

dell’italia come di altri paesi era energy intensive e andava a influire i nfluire pesantemente sull’intensità energetica dell’italia. L’aumento del costo dell’energia e delle materie prime pr ime energetiche, ha comportato un ridi mensionamento dell’intensità energetica, aumentando aumentando l’efficienza e il risparmio energetico. Il mercato dell’energia: valenze geoeconomiche e geopolitiche.

Il consumo d’energia è un elemento geoeconomico complesso e fondamentale per gli attuali equilibri geopolitici mondiali per quanto riguarda i temi dell’economia, della politica internazionale e dell’ambiente ; la sua dinamica ha un andamento che segue l’evoluzione economica e sociale di un Paese, restando agganciata al tradizionale parametro del PIL  in un Paese arretrato, il consumo d’energia è molto  basso, proprio come il suo PIL, salvo quei paesi in cui es iste una consistente attività mineraria gestita da multinazionali che hanno introdotto impianti in quel paese per sfruttare

l’estrazione mineraria.

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In termini analitici, il consumo di energia è la variabile (y) che ha un rapporto di dipendenza con quella del PIL che si assume come variabili indipendente; la funzione però non è del tipo  perfettamente lineare.  Il consumo d’energia può essere influenzato: influenzato: -dalle crisi economiche-finanziarie che possono ridurre i consumi a causa di un ristagno

dell’economia e dell’industria. -dalle differenze, tra Paesi, dei valori medi delle temperature; -dalla composizione per fonti, che ha delineato due diversi periodi:

1. prima degli anni ’70, il petrolio ha quasi superato l’aliquota del 70% nei bilanci energetici di alcuni Paesi, come l’Italia  in alcuni Paesi si sono intraprese delle politiche energetiche tese a far diminuire la dipendenza del petrolio importato. 2. dopo gli anni 80, prima i consumi d’energia cominciano a crescere, ancora in maniera meno che  proporzionale al crescere del PIL; successivamente, quando si verifica il take off (decollo) i consumi d’energia sono cresciuti in maniera più che proporzionale a l PIL reale. Il motivo è che in quella fase il sistema produttivo è caratterizzato da settori primari Energy intensive, cioè a alto

consumo d’energia per unità di PIL. I flussi import export Le fonti d’energia a livello primario danno luogo ai flussi impor t export, in termini di peso e di valore, più importanti del mondo. Il flusso import export è una funzione essenziale del si stema economico e in particolare per il sistema energetico: tra le fonti tradizionali, il protagonista è il  petrolio, con 2000milioni di di tonnellate di esportazioni nel 2008 e una forte asimmetria tra paesi  produttori e paesi utilizzatori. La federazione russa, insieme ai paesi arabi ha fortemente aumentato l’esportazione di petrolio e la sua produzione. Negli produzione. Negli anni ’90, però, però, il nuovo grande protagonista è il gas naturale, in quanto il suo trasporto è divenuto un elemento strategico per la Federazione Russa (primo produttore al mondo) , dal quale dipende una notevole quota del consumo dell’UE. Va

rilevato che l’impiego del gas naturale aumenta l’efficienza l’ efficienza energetica e fa diminuire le emissioni di anidride carbonica. Per quanto riguarda le importazioni, si evidenziano le richieste del Giappone, degli Stati Uniti,

dell’Italia, per l’uso nelle centrali termoelettriche. Anche il carbone fossile è oggetto di rilevanti flussi import export, poiché dopo le crisi petrolifere e il relativo aumento dei prezzi degli idrocarburi ha beneficiato di un revival che sembrava impossibile. Il carbone, quello da vapore, si è reso ancora fortemente forte mente competitivo. L’australia, sebbene la remota distanza dai principali centri di consumo, è il primo esportatore al mondo, tra gli importatori prevale il giappone.

La logistica L’esigenze di trasporto sono aumentate prima a livello locale, poi a livello nazionale e internazionale. carbone Partendo dal carbone, il suo trasporto terrestre ha comportato l’allestimento di unit train, cioè treni merci dedicati, con partenza dalla bocca di miniera. Per i trasporti marittimi i bulk carriers

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(porta rinfuse) hanno subito degli a umenti di stazza sull’onda delle importazioni

di carbone d’oltremare che sono diventate competitive nei porti europei già dagli anni Sessanta. I costi del carbone comunitario sono cresciuti e si è ritenuto r itenuto di chiudere quasi totalmente i giacimenti che erano stati tenuti aperti con sovvenzioni della Comunità Europea. Data l’organizzazione

cantieristica in generale, con l’aumento delle importazioni del carbone, anch da parte del giappone, il principio delle economie di scala ha comportato un aumento della stazza lorda media di t utte le  portarinfuse. Petrolio Tuttavia è con il trasporto del petrolio che inizia i nizia una vera rivoluzione nei trasporti marittimi, che seguivano la rotta del Canale di Suez, chiuso dopo il secondo conflitto araboisraeliano  la rotta alternativa prevedeva la circumnavigazione dell’Africa e quindi un aumento esponenziale della portata delle petroliere, attraverso le superpetroliere che hanno come limite minimo le 200000 tonnellate di stazza lorda raggiungendo le 500000 tonnellate per le ULCCs. La riapertura del Canale di Suez ha comportato una graduale riduzione delle stazze lorde.

L’altro grande mezzo di trasporto del petrolio e del gas naturale per via terrestre è rispettivamente l’oleodotto e il gasdotto che costituiscono delle reti naz ionali e internazionali (il primato spetta agli Stati Uniti). La via marittima prevale nel trasporto tr asporto di idrocarburi (petrolio e gas). Il gas t rasportato via pipeline  proviene prevalentemente da giacimenti terrestri di gas metano. Le metaniere per il trasporto marittimo del lng (liquefied natural gas) hanno incrementato il t rasporto marittimo per gli idrocarburi. In italia sono presenti più rigassificato ri, che hanno il compito di rigassificare il gas liquido trasportato dalle metaniere. ategia delle pipeline e la complessità delle relazioni internazionali, in quanto E’ importante la str ategia formano tratte che attraversano vari Stati.

Le materie prime minerali. Dopo la macchina a vapore e il motore a scoppio, l’energia elettrica e il suo ampio utilizzo hanno causato un’evoluzione tecnologica che ha ridotto la manodopera; l’invenzione del chip da computer ha facilitato la creazione di nuovi prodotti.

 Nella metà degli degli anni ’70, si è parlato parlato di una seconda seconda rivoluzione industriale, industriale, nella quale si andavano affermando l’elettronica, la miniaturizzazione… A questo si è accompagnato un processo di sostituzione di alcune componenti con altre materie prime spesso meno costose. Questi processi sostitutivi sono stati formalizzati con il modello del ciclo vitale della materia prima e hanno riguardato metalli come il ferro, il rame e il piombo.

Diverso è il caso dei minerali “rari” che incidono sui costi e sul valore aggiunto di un prodotto, necessari a creare prodotti molto sofisticati. Inoltre, negli strumenti della comunicazione, vengono

sempre più spesso impiegati impiegati minerali rari come il nichel, il litio, l’argento e l’oro. Durante tutto il XX secolo, esperimenti e invenzioni sono intervenute nella metallurgia, con  prodotti sempre più puri: soprattutto le leghe si rivelano sempre più resistenti alla trazione, traz ione,

all’erosione, all’abrasione e alle alte temperature. Tutto questo complesso di innovazioni ha comportato un aumento della produzione industriale i cui residui solidi, liquidi e gassosi hanno provocato provocato l’emersione e la rapida crescita dell’in quinamento e della compromissione ambientale. In generale comunque si può affermare che per le materie prime minerali, almeno in questi anni e prescindendo dai prezzi, le aree di approvvigionamento non

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creano problemi geopolitici come avviene per il petrolio e i l gas naturale.

Le principali risorse delle materie prime minerali sono i minerali metalliferi, come l’alluminio, i l ferro, il rame, il piombo e il nickel abbastanza concentrati in tanti Paesi. Altri invece possiedono una dotazione monoculturale, cioè l’attività economica o il settore produttivo di un unico tipo di risorsa, come in Cile, in India, in Perù. Tutti i flussi di produzione e lavorazioni di materie prime minerali sono in aumento ma con trend, fatta salva la Cina, di tipo lineare. Tale trend è comunque problematico per la compromissione ambientale: il loro massiccio impiego non ha comunque migliorato le condizioni di vita della  popolazione dei territori più poveri.

Capitolo 4 Geografia dell’industria. I beni dei quali spesso conosciamo il marchio e il luogo di produzione sono a nostra disposizione grazie all’industria e al suo intreccio dei rapporti tecnico -funzionali, che si distinguono in: - Verticali, ossia processi produttivi legati in successione, che consentono la graduale trasformazione delle materie prime nel prodotto finito; - Laterali, ossia processi produttivi distinti e destinati a convergere in un’industria di assemblaggio; - Di servizio, ossia l’utilizzo di processi produttivi o di servizi, organizzati da altri  operatori,  presenti in una determinata area.

L’industria si avvale non soltanto dei tradizionali fattori della produzione, ma anche delle attività svolte da altre imprese che operano nei tre settori dell’economia e tende a sua volta a generare un complesso eterogeneo di attività materiali e immateriali, produttive o di servizio.

L’industrializzazione si configura come un fenomeno complesso e dinamico, in gradi di coinvolgere nel suo processo evolutivo tutte le imprese interconnesse. Con l’avvento e l’evolu zione dei processi di industrializzazione, si organizza un nuovo modello di  produzione e si affermano nuove forme di utilizzazione dello spazio geografico. Le trasformazioni economiche si trasferiscono sul tessuto territoriale, dapprima con imponenti concentrazioni industriali, successivamente con una diffusione spaziale delle attività produttive che infittisce le relazioni economiche avviate dalle imprese. La complessa articolazione del settore industriale e le sue incessanti trasformazioni richiedono una  preliminare classificazione merceologica: si hanno così: - Industrie estrattive delle materie prime minerarie e energetiche; - Industrie manifatturiere in senso stretto, che trasformano i fattori produttivi in beni di consumo, di consumo durevole e strumentali; - Industrie delle costruzioni, volte all’edificazione dei manufatti; - Industrie energetiche, dedicate alla trasformazione e alla distribuzione delle fondi di energia. Queste attività industriali hanno costantemente migliorato e modificato prodotti e processi, determinando la nascita e la diffusione di nuove industrie e filiere, e contribuito, anche su scala globale, a nuove forme di organizzazione territoriale.

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L’evoluzione del settore industriale Importanti trasformazioni economiche, tecniche e social i hanno dato origine alla nascita e

all’evoluzione dell’industria. A oggi, si possono distinguere in tre fasi rivoluzionarie:

1. La prim a ri volu zione in dustri ale  , iniziata in Inghilterra, grazie all’invenzione della macchina a vapore da parte di James Watt (1783), imprime un rapido sviluppo all’estrazione del carbone, che sostituisce la legna, contribuendo alla diffusione di miniere, in Europa occidentale, Stati Uniti e Russia europea. Ne beneficia la siderurgia, che si localizza nelle aree di estrazione del carbone e del ferro; nuovo vigore viene dato al comparto tessile che finisce per rafforzare le agglomerazioni industriali già presenti. Si afferma una nuova organizzazione del lavoro che sostituisce il modello artigianale preesistente, basata su fabbriche che richiedono consistenti quantità di manodopera a  bassa qualificazione  si mobilitano flussi migratori che svuotano le campagne e cercano opportunità in città;

2. Con l a seconda r ivolu zione industri ale,  alla fine del XIX secolo, il cambiamento delle fondi di

rifornimento energetico (il carbone viene sostituito dall’idroelettricità e dal petrolio) favorisce la nascita e la diffusione di nuove industrie, che tendono a localiz zarsi in prossimità dei mercati si consumo e dei porti. Con l’invenzione del motore a scoppio, prende avvio anche la produzione automobilistica, destinata

a incidere profondamente sui destini industriali mondiali. Infatti, dall’industria automobilistica, derivano nuovi modelli di organizzazione aziendale, dalla standardizzazione e fabbricazione in seria alla disintegrazione del processo produttivo.

3.Ter za r ivolu zione in dustr ial e   Negli anni che concludono il XX secolo, la terza rivoluzione industriale si caratterizza per un ponderoso impiego di tecnologie che rinnovato tutto il sist ema industriale: microelettronica, informatica, telecomunicazioni digitali… La centralità del cambiamento di paradigma spetta alla ricerca e sviluppo che permette la trasformazione degli assetti  produttivi alla scala globale e che apre la pista per futuri traguardi economici e sociali. Questa rivoluzione cambia il funzionamento e la struttura delle imprese, che divengono sempre più sensibili all’applicazione del know -how nei loro processi aziendali, quale risorsa strategica indispensabile per gestire la complessità del mercato mondiale e mantenere elevati livelli di competitività. Il rinnovamento tecnologico diminuisce la quantità di occupati industriali, modifica le caratteristiche degli addetti e dei contratti, afferma una flessibilità del lavoro diversa. Le industrie  per gestire una competizione internazionale senza precedenti, ricercano nuovi spazi di produzione e di mercato e anche per loro la flessibilità diviene un obiettivo primario, che modifica i pregress i e consolidati sistemi di relazioni economiche.

Il ruolo determinante dell’innovazione Un ruolo determinante per l’industria è data dalle invenzioni e dalle innovazioni. L’invenzione, come frutto dell’immaginazione e della riflessione umana, deve essere sviluppata al fine di dare luogo alla scoperta di nuovi prodotto o processi produttivi, che costituiscono le innovazioni.

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Secondo Shumpeter, il processo innovativo è il fattore scatenante della crescita economica e dell’instabilità ciclica del sistema economico, in quanto il trasferimento delle att ività innovative dovrà attraversare quattro fasi: prosperità, recessione, depressione e ripresa. Le innovazioni possono essere distinte in: - Radicali , ossia fenomeni discontinui che si diffondono nel sistema economico con un lungo ciclo; - I ncrementali ,  ossia fenomeni continui, diretti al miglioramento del prodotto e del processo; - Tecnol ogiche, in grado di incidere trasversalmente sull’intera organizzazione economica e sociale.

Per comprendere il ruolo delle innovazioni produttive è bene utilizzare lo schema del ciclo di vita dei prodotti,  di Vernon, che è costituito da quattro f asi : 1. F ase ini ziale, che richiede elevati input progettuali, scientifici e tecniche che provengono anche da economie esterne all’impresa con un impiego di capitale contenuto ; 2. Fase di svil uppo,  che richiede sia grandi capacità manageriali per pianificare e organizzare la nuova fase produttiva e il conseguente mercato di vendita, sia grandi investimenti per avviare le  produzioni; 3. F ase di matur ità, ossia la produzione in serie e si caratterizza per la stabilità della tecnologie e  per la standardizzazione della produzione, quets afase continua a richiedere capitali ma può essere utilizzata manodopera meno specializzata. 4. F ase di declino o obsolescenza . Il prodotto diviene obsoleto e non più idoneo a soddisfare un  bisogno, in quanto l’evoluzione tecnologica impone beni nuovi e  più evoluti. Le prime due fasi si sviluppano nei Paesi che presentano un più avanzato sistema economico, dove sono più forti le interazioni tra industrie, strutture di ricerca, istituzioni finanziarie, offerta di lavoro qualificato e modelli di consumi evoluti , mentre nella terza fase, di maturità, e dell’ampia diffusione del prodotto che ne anticipa il progressivo declino, la produzione necessita di abbondante manodopera non specializzat. Di conseguenza la strategia aziendale orienta il decentramento della  produzione verso aree e paesi non ancora industrializzati. Peraltro le imprese esternalizzando il  processo di maturità del prodotto avviano una diffusione territoriale del modello industriale

destinato a favorire lo sviluppo della regione. L’impresa innovatrice, che intende mantenere il suo  posizionamento nel mercato dovrà continuamente accompagnare le fasi che caratterizzano il ciclo di vita del prodotto con nuovi prodotti.

Le logiche della localizzazione industriale A partire dal 1909, con la teoria economica della localizzazione elaborata da Alfred Weber, si avvia una serie di analisi e interpretazioni sulle logiche di localizzazione delle industrie. Occorre ricordare

che l’economia aziendale si occupa dei fattori economici e finanziari in gioco e concentra la sua attenzione sulla comparazione dei costi e dei ricavi relativi alla gestione di una singola azienda per il raggiungimento del break even poi nt, ossia l’intersezione in un diagramma cartesiano, di due flussi finanziari, in complesso dei costi e il complesso dei ricavi. I modelli interpretativi sulla scelta ottimale della localizzazione industriale poggiano sulla priorità assegnata ai seguenti obiettivi:

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- Minimizzare i costi di trasporto; - Disporre di un ampio bacino di manodopera; - Usufruire di economie esterne; - Incrementare i margini di profitto.

La minimizzazione dei costi di produzione richiede un’attenta analisi sulle caratteristiche d ella  produzione e sui fattori necessari e quindi sulla loro disponibilità e prezzo. Weber si focalizza sui costi di trasporto. La presenza di uno o più impianti industriali interconnessi poteva costituir e un importante fattore di attrazione per le future localizzazioni, in quanto si configura un risparmio di agglomerazione:

infatti, le economie esterne di scala o di agglomerazione si potevano realizzare grazie all’immediata disponibilità di infrastrutture quali vie di comunicazione e tr asporti, acqua energia e manodopera; alla possibilità di avviare relazioni funzionali tra imprese operanti nello stesso segmento produttivo;

allo scambio e diffusione di informazioni e innovazioni: all’apprezzamento delle produzioni da  parte del mercato.  Nella seconda fase dell’industrializzazione le economie di agglomerazione diventano economie di urbanizzazione, in quanto lo sviluppo delle nuove e diverse imprese manifatturiere privilegia i luoghi di mercato. Con lo sviluppo industriale si assiste a una progressiva perdita di importanza dei condizionamenti imposti dai costi di produzione e una costante attenzione all a massimizzazione delle vendite. Il  processo di urbanizzazione alimenta e viene alimentato dal tessuto produttivo sempre più diversificato e da una serie di servizi. Di converso, l’eccessiva concentrazione di attività e di risorse tende a far diminuire le originarie economie esterne, tanto da trasformarle in diseconomie di agglomerazione e di urbanizzazione. Le imprese industriali si vedono costrette allora a invertire la rotta e in tal senso si osservano tre diversi orientamenti: , mosso prevalentemente dall’aumento del costo del 1. il primo orientamento di rilocalizzazione  suolo urbano e dalla congestione dei trasporti, spinge le imprese a abbandonare il precedente sito

industriale, a favore di un’ubicazione nelle aree periferiche delle grandi concentrazioni urbane. Si  possono, infatti, rilocalizzare gli impianti in centri urbani di minore dimensione o in aree marginali non urbanizzate, superando anche confini nazionali e continentali, perseguendo una riduzione dei costi aziendali e una conquista di nuovi mercati; 2. Il secondo orientamento interessa le imprese di grandi dimensioni, che decidono la deverticalizzazione del processo produttivo, attraverso la scomposizione dei suoi segmenti.

L’analisi dei costi aziendali si trasferisce sui cicli di produzione più costosi e più banali che possono essere gestiti da altre imprese di piccola e media dimensione anche localizzate in aree geografiche diverse. Queste aziende forniranno le produzioni necessarie e segmentate alla grande impresa, che dovrà procedere al successivo assemblaggio. Si verifica il graduale abbandono del modello di organizzazione fordista (sistema di accumulazione che poggia sulla crescita reciproca di produzione e di consumo) per spostare verso logiche just in time. Si riferisce a una divisione del lavoro fortemente specializzata e differenziata, con una

 produzione orientata all’offerta di massa di beni in serie poco costosi) per pervenire ad un modello di organizzazione post-fordista(che indica i sistemi di produzione flessibile che sfruttano specifici

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segmenti o nicchie di mercato); 3. Il terzo orientamento, ossia la for mazione di sistemi i ndustri ali per if er ici , si può verificare come un processo autonomo di sviluppo, determinato dal livello di interazioni raggiunte dal contesto sociale, economico e territoriale. (disretti industriali nel nord est italia) Il pensiero di Umberto Toschi Umberto Toschi nel 1960 sottolineava che tutti i fattori geografici agiscono economicamente sul  processo di localizzazione in quanto elevano o deprimono i costi di produzione, i prezzi e i profitti; analogamente, tutti i fattori economici, come costi e ricavi, agiscono in funzione geografica, orientando con la loro distribuzione spaziale ogni successiva localizzazione.

 Nel contributo proposto da Toschi, i fattori vengono distinti in: -influenti, che orientano le scelte delle imprese: condizioni fisiche e naturali; condizioni demografiche; condizioni storiche; condizioni topografiche dei fattori produttivi; condizioni tecnico-ingegneristiche degli stabilimenti; leggi proprie dei processi di localizzazione; -essenziali, che determinano le scelte delle imprese: fattori tecnici; fattori paratecnici; fattori  politici. Il ragionamento di Toschi permette di comprendere che, in ogni contesto temporale e spaziale, uno o più dei fattori richiamati possono assumere un nuovo o un rinnovato ruolo prioritario per l’impresa con l’evoluzione degli stessi nei diversi periodi storici, e nei di versi luoghi geografici.

L’impresa e il territorio L’impresa è differenziata per attività economica, per struttura organizzativa e per comportamento spaziale. Ciascuna impresa, in virtù delle relazioni che sviluppa, influenza e determina il comportamento del sistema imprenditoriale.La dimensione delle industrie è in grado di modificare non soltanto il sistema economico nazionale e internazionale ma di incidere sul sistema sociale. L’affermazione dell’industria coincide di fatto con la nascita dell’impresa,  ossia di un nuovo modello di produzione che organizza i diversi fattori per perseguire peculiari obiettivi, di prevalenza economici ma anche sociali. L’organizzazione è l’imprenditore , che deve preliminarmente scegliere quale dimensione dare all’impresa. Il problema della dimensione, ossia della quantità di input e output del ciclo produttivo, assume un ruolo prioritario anche nel processo di ubicazione.

La dimensione dell’impresa viene considerata in base al: -numero di occupati; -parametro economico in grado di rappresentare la portata delle attività svolte (fatturato e bilancio annuo). Si definiscono micr oimpr ese   , quelle che occupano meno di 10 persone e con un fatturato o bilancio annuo inferiore a 2 milioni di euro; si definiscono piccole impr ese   , quelle che occupano meno di 50  persone con un fatturato o bilancio annuo inferiore a 10 milioni di euro; si definiscono medie imprese   , quelle che occupano meno di 250 persone e con fatturato annuo che non supera i 50 milioni o bilancio annuo inferiore a 43 milioni di euro. La dimensione aziendale si modifica nel tempo, sia per la crescita interna (conquista di nuovi mercati) sia per la crescita esterna (acquisizione di altre imprese). L e grandi im prese   sono imprese che orientano il comportamento delle altre aziende, del mercato e

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dei diversi Paesi. Nelle prime due fasi di industrializzazione c’è sata dapprima la volotnà di creare imprese monoprodotto, mentre poi successivamente diversificate. La diversificaz ione nasce da regole antitrust o da motivi economici, i n particolare per ripartire il rischio d’impresa. L e mul tin azionali sono aziende che si caratterizzano per l’intensità degli investimenti diretti

all’estero, ove localizzano nuove attività produttive o acquisiscono alcune delle attività presenti. Queste hanno perseguito una strategia sistematica di espansione internazionale che si esprime non

soltanto nell’organizzazione di impianti di produzione e di reti di distribuzione in più Paesi del globo, ma soprattutto nella gestione integrata delle attività nazionali e estere. Si possono individuare i principali orientamenti strategici e territoriali delle imprese multinazionali come: - Disporre delle materie prime strategiche per lo sviluppo industriale domestico e conquistare nuovi mercati internazionali, privilegiando le aree geografiche dei Paesi meno sviluppati che non avevano le risorse necessarie per lo sfruttamento diretto delle loro risorse (africa e medioriente) - Utilizzare abbondante forza lavoro a basso costo per segmenti produttivi standardizzati; - Penetrare nei Paesi evoluti, con elevata propensione al consumo. - Intessere alla scala globale una fitta rete di accordi industriali, commerciali, finanziari e strategici con altre imprese delle varie regioni del mondo.

Questo orientamento definisce globale l’attuale generazione di imprese multinazionali. I distretti industriali, invece, sono, secondo la normativa italiana, delle aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttive

dell’insieme delle imprese. Per Pierre George, lo spazio industriale (parte dello spazio geografico, che si trasforma e viene trasformato nel tempo dai processi di territorializzazione) è insieme concentrato e universale, discontinuo e organizzato in fasci di relazioni. I diversi percorsi di industrializzazione hanno consentito di individuare sei tipologie: 1. Aree industriali metropolitane; 2. Regioni industriali consolidate; 3. Regioni manifatturiere in declino; 4. Aree tecnologiche; 5. Regioni periferiche in via di sviluppo; 6. Regioni periferiche sotto sviluppate Per misurare il processo di sviluppo e di diffusione delle industrie vengono in genere utilizzati come indicatori la produzione energetica e il consumo; la produzione manifatturiera e il valore aggiunto; il numero di occupati e la loro incidenza. Le nuove localizzazioni industriali delle grandi imprese hanno cercato di minimizzare il costo del lavoro, determinando una divisione internazionale del lavoro (risultato della globalizzazione della

 produzione che si manifesta con la diffusione dell’industrializzazione in numerosi Paesi e con l’approvvigionamento globale), che ha innervato il processo di intern azionalizza zio. L’impresa rete è la nuova configurazione per le relazioni t ecnico-funzionali delle imprese, cioe’ una gamma di imprese interdipendenti, colegate in diverse forme contrattuali , che operano in forma dipendente o autonoma alla realizzazione del progetto-prodotto.

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Capitolo 5 Geografia del terziario  Il settore terziario è l’offerta di servizi, con elevato contenuto di immaterialità, destinata alla  popolazione e agli altri attori economici. Il riferimento all’immaterialità tratta di una prest azione che, sebbene consenta di collegare i divers i segmenti di produzione materiale di un bene a differenzi fruit ori, può essere rivolta sia a migliorare

l’attività umana che a favorire l’organizzazione economica e lo sviluppo complessivo del Paese. In tal senso, l’attività di servizio può riferirsi a un bene immateriale come l’istruzione, che innalza il livello di vita della popolazione, oppure a un bene materiale, come un semilavorato, che per essere utilizzato deve necessariamente essere trasferito da un luogo di produzione al luogo di consumo. Il terziario è presente in ogni contesto territoriale, ma si differenzia per quantità e qualità di servizi che possono essere svolti da imprese private, istituzioni pubbliche e professionisti. Il processo di espansione del terziario modifica e struttura il tessuto territoriale, in particolare selezionando e rafforzando alcune trame urbane.

La terziarizzazione dell’economia è un fenomeno diffuso, in quanto presente in tutti i Paesi del mondo, ma non uniforme per la diversità dei caratteri s trutturali e spaziali che lo contraddistinguono.  Le classificazioni del terziario sono: -merceologica, dove le attività vengono raggruppate in relazione all’oggetto del servizio e si distinguono in:

 Trasporti e comunicazioni (trasporto di merci, persone e informazioni);  Commercio (ingrosso, dettaglio, alberghi)  Credito e assicurazioni (sistema bancario e assicurativo);  Servizi per le imprese (di tipo finanziario, organizzativo, commerciale e tecnico);  Servizi collettivi di interesse pubblico (istruzione, sanità, sport…);  Pubblica amministrazione (uffici pubblici del governo centrale e degli altri enti locali.

-funzionale, dove le attività vengono raggruppate distinguendo il destinatario finale del servizio:

Servizi all e fami gli e, destinati al consumo finale come il commercio al dettaglio. La dimensione demografica e il reddito prodotto e disponibile determinano la quantità e qualità dei consumi delle famiglie e di conseguenza orientano la localizzazione delle attività terziarie  si forma così una struttura piramidale dei servizi, cioè la forma che rappresenta la diffusione dei servizi in base alle diverse peculiarità di utilizzo.

 Servizi per la coll etti vità, gestiti dallo Stato per consentire la crescita del Paese.

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Le attività pubbliche si devono distinguere in quelle amministrative e quelle di interesse collettivo.

L’orientamento spaziale del terziario pubblico devo seguire la distribuzione della popolazione al fine di garantire l’accessibilità ai servizi che posso no essere obbligatori (formazione scolastica) oppure liberamente scelti (formazione universitaria).

Servizi per le impr ese, che vengono ripartite in cinque gruppi: 1. Il terziario per il terziario, dove si collocano tutte quelle funzioni destinate a supportare

l’organizzazione dei servizi alle famiglie; segue l’orientamento territoriale del terziario alle famiglie, e quindi segue la distribuzione della popolazione e il suo reddito. 2. Il terziario alla produzione e alla distribuzione, che offre servizi di pulizia e di ristoro aziendale,

attività di analisi chimiche e merceologiche…l’orientamento territoriale tende a seguire la distribuzione spaziale delle industrie cui vengono offerti servizi esternalizzati per il terziario. 3. Il terziario per la gestione amministrative e finanziaria, costituito da servizi continui di vigilanza, elaborazione dati, consulenza; come per il terziario alla produzione, la localizzazione segue la distribuzione territoriale dei destinatari a cui offrono i servizi. 4. Il terziario decisionale, costituito da attività prevalentemente finanziarie che orientano il potere economico e politico del Paese, e si distribuiscono in concentrazioni nelle città più importanti del mondo5. Il terziario di ricerca e sviluppo, sviluppatosi per innovare i processi produttivi (scegliendo gli addensamenti produttivi e le aree di specializzazione industriale) o per innovare i prodotto, le  principali aree metropolitane.

Atti vitàquaternarie, ossia attività di comando, decisione, pianificazione e orientamento politico e culturale, che vengono espresse dal governo politico e dalle grandi imprese industriali alle diverse scale geografiche di riferimento.

Il terziario pubblico è l’insieme delle attività di servizio svolte dallo stato e dalle istit uzioni  pubbliche per innalzare lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Lo stato tende quindi a distribuirle territorialmente, aumentando le strutture di servizio e diversificandole per peculiarità funzionali. E’ evidente come l’espansione del terziario pubbl ico sia correlata ai livelli di sviluppo raggiunti dal paese in quanto dalla finanza pubblica disponibile deriva la quantità e varietà dei servizi messi a disposizione della collettività. Il terziario privato è costituito da una serie di attività di servizio destinate al mercato, svolte da imprese e professionisti privati. La sua distribuzione territorial dipende dalla dimensione quantitativa del potenziale mercato e dalla sua capacità di spesa. Inoltre il prezzo del servizio erogato dai privati segue i parametri aziendali al contrario del terziario pubblico.

Gli orientamenti territoriali delle attività terziarie La localizzazione delle attività terziarie segue la distribuzione spaziale della popolazione e delle imprese e contribuisce a rendere sempre più complesso il tessuto territoriale  lo sviluppo sociale e economico si riflette sullo spazio geografico, che viene s trutturato per consentire lo svolgimento

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delle funzioni insediative e produttive, dando origine o rafforzando la città, che tende a attrarre e a diffondere intensi flussi di risorse materiali e immateriali.

Il passaggio dall’economia rurale all’economia industriale e terziaria ha di fatto orientato e rafforzato i processi di urbanizzazione. L’orientamento territoriale del terziario tende a rep licare quello industriale, che viene sostituito dalla gamma di attività di supporto alle imprese. Il processo di terziarizzazione non si sviluppa soltanto nei contesti urbani, ma tende a diffondersi anche laddove siano ancora prevalenti altre attività, si agricole che industriali. La separazione tra terziario e secondario è ormai molto sottile e i legami che si instaurano tra i diversi comparti finiscono per indebolire la limitazione tra i due settori, che sembrano viceversa rappresentare un continuum di funzioni economiche. La rappresentazione cartografica utilizza un utile strumento interpretativo elaborato da Attilio Celant negli anni Ottanta: la matr ice delle compr esenze,  che è una tabella a doppia entrata dove vengono ordinati i servizi per livello gerarchico (nelle colonne) e i comuni (nelle righe) per

dimensione demografica, al fine di verificare i livelli di terziarizzazione raggiunti nell’area geografica di riferimento.

 Nella matrice si trovano delle anomalie, definite “rumore della matrice”: sono se rvizi non allineati alla dimensione demografica del contesto urbano, che dipendono dalla peculiarità del comune che svolge della attività specializzate in un comparto o dalla contiguità spaziale che diffonde nei comuni limitrofi attività di più elevato livello gerarchico.

I trasporti e le comunicazioni Il sistema dei trasporti ha consentito e sostenuto la crescita e lo sviluppo di tutti i sistemi economici e sociali. Il trasporto ha dovuto sostenere lo sviluppo economico e sociale dei Paesi, superando i vincoli

frapposto dall’ambiente naturale e dalla distanza geografica dei luoghi; modificando strutture e mezzi; aumentando e diversificando le direttrici di flusso. In particolare, la distanza geografica tra le diverse località, misurabile geometricamente in una retta, si è di fatto declinata in distanza itineraria (percorso tra luoghi per tipo di trasporto) e in distanza economica (misura della distanza tra luoghi, che si esprime moltiplicando il costo unitario di trasporto per tipo di trasporto con la distanza itineraria e dividendolo per la velocità di circolazione del vettore utilizzato).

 Nel 1948, Edgard Hoover ha posto l’attenzione sul peso delle operazioni di carico e di scarico, che  potevano susseguirsi nei casi di cambiamento nelle modalità di trasporto, generando dei costi fissi  ben più rilevanti del costo variabile di percorrenza che tendeva a crescere in maniera meno che

 proporzionale rispetto all’aumentare della distanza. Questa composizione dei costi definisce tre livelli di convenienza: 1. Sull e distanze brevi, il tr asporto meno costoso èquell o stradale; 2. Sul le distanze intermedie èil f err oviar io; 3. Sul le lun ghe distanze, il tr asporto più conveni ente èquell o mar ittimo. Il sistema dei trasporti si articola in settori, che a sua volta genereranno un servizio ampiamente differenziato, in virtù delle relazioni tecniche e funzionali che intercorrono tra i tre elementi essenziali: il percorso, i punti di accesso, il veicolo. La classificazione prevalente poggia sul tipo di  percorso e quindi sul vettore utilizzato e distingue i trasporti in: - Stradali: strade statali, provinciali, comunali, private…

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- Su rotaie: reti ferroviarie… - Marittimi, dove i porti rappresentano i terminali e punti di accesso prestabiliti; - Acque interne: fiumi, canali, laghi… - Aerei; - Via fune; - Per condotta, sia sotterranea che sottomarina, dedicati al trasporto di particolari prodotti liquidi. Lo sviluppo di questi settori è stato condizionato non solo dalla diversa configurazione dei Paesi, ma anche dalle variegate forme di organizzazione economica e sociale, in grado di stimolare o di assorbire i processi di innovazione tecnologica che hanno interessato s ia le varie tipologie di mezzi di trasporto, sia i più complessi processi di infrastrutturazione della rete dei trasporti e dei suoi terminali.

La rete dei trasporti è un misuratore delle relazioni tra aree geografiche diverse che poggiano su: - Complementar ietà : l’interazione spaziale si realizza attraverso il sistema delle comunicazioni  perché si scambiano risorse tra le diverse aree geografiche; - Convenienze alter nati ve: l’interscambio e l’interazione tra due aree sono possibili soltanto se non vi sono convenienza alternative, offerte da altre aree; - Conteni mento della distanza economica, altrimenti l’interazione possibile tra due aree provocherà la sostituzione del prodotto; - Complessitàdei f attori generatori di interscambio.

 Nell’ambito dei trasporti, particolare rilievo assumono i nodi, cioè luoghi urbani collegati e interconnessi che, nell’ambito di un’area g eografica, presentano i più elevati livelli di accessibilità. Un nodo che di fatto costituisce il principale punto di entrata o di uscita di una regione prende il nome di gateway. Sia i gateway portuali che quelli interni assumoni modelli organizzativi omogenei, detti di containerizzazione, grazie all’unitizzazione dei traporti. Ciò comporta una notevole riduzione delle cosiddette rotture di carico che incidono sui costi del trasporto. Le interazioni spaziali inoltre non si possono racchiudere soltanto nel mero ambito della circolazione di  persone e merci, ma si sono progressivamente estese alla comunicazione e alla informazione. Le innovazioni che si sono avute in questi ultimi due settore hanno completamente trasformato la natura degli scambi dell’informaz ione. Le grandi trasformazioni del sistema dei trasporti e delle comunicazioni hanno consentito non

soltanto l’evoluzione dell’economia nei diversi Paesi del mondo, ma anche il rafforzamento del ruolo svolto dal commercio internazionale. E’ necessario dis tinguere tra le varie categorie merceologiche quelle che presentano più elevati contenuti di high tech, come aerei, rispetto alle categorie a basso contenuto tecnologico. La distinzione incide soprattutto sul ruolo svolto dal Paese. Qualora le esportazioni si svolgano con

 prodotti tradizionali, a basso contenuto tecnologico, l’inserimento nel commercio internazionale di nuovi Paesi produttori determina la riduzione delle quote di mercato internazionale e quindi la  perdita di posizionamento del Paese; viceversa esportazioni a alta tecnologia o a alto contenuto innovativo non possono che rafforzare il ruolo e la posizione internazionale. L’intensificazione del commercio internazionale si è avvalsa del sistema bacario e finanziario, che si è specializzato per sostenere sia gli scambi internazionali che la domanda di finanziamento di operazioni al’ester,

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trainata in particolare dalle esigenze delle imprese multinazionali.

Il turismo Tra i servizi dedicati alle persone si impone il turismo: il carattere fondamentale che caratterizza il

turista poggia sullo spostamento da un luogo all’altro e sul pernottamento, ossia sulla fruizione di  peculiari strutture ricettive. Sotto il profilo economico, il turista è un consumatore particolare, in quanto spende il suo reddito personale in aree diverse ris petto a quelle in cui lo ha prodotto. Il turismo, quindi, si configura come un fenomeno di circolazione, liberamente scelto, di persone e di redditi fra luoghi diversi e su distanze più o meno grandi. Il suo carattere spaziale è evidente e si esprime in forme visibili sullo spazio geografico, ove si creano relazioni e interdipendenze fra gli elementi del sistema territoriali interessato. Il primo schema interpretativo del turismo si deve attribuire a Umberto Toschi del 1947. Il fenomeno turistico viene distinto in tre diversi aspetti: 1. M omento attivo, dove si prendono in considerazione i principali fattori che orientano la domanda turistica nella scelta della destinazione, del relativo periodo di soggiorno e della forma organizzativa.

Il turismo proprio è costituito dal turismo religioso, culturale, d’arte… il turismo improprio è determinato, invece, da motivi di salute, di lavoro… 2. Momento dell a cir colazione  , dove il turista si sposta dal luogo di residenza verso la meta  prescelta, attraverso diverse modalità di circolazione turistica, con o senza soste intermedie, con o

senza spese lungo l’itinerario. 3. M omento passivo , dove l’attenzione viene focalizzata sull’offerta turistica, cioè sulla capacità del luogo di accogliere e intrattenere il turista. Le destinazioni turistiche necessitano di insediamenti stabili e adeguate strutture ricettive per poter attrarre flussi turistici.

In relazione alle dimensioni crescenti delle strutture disponibili si possono distinguere i centri turistici in: - Stazioni turistiche, rappresentate da aziende di cura, soggiorno e turismo; - Località turistiche, ossia pluralità di strutture turistiche di dimensione modesta; - Nuclei turistici, come i villaggi vacanza. I centri turistici possono essere inoltre: - Monofunzionali o polifunzionali, in relazione alla presenza di uno o più motivi di attrazione; - Monostagionali o bistagionali, in relazione alla distribuzione dei turisti nel corso dell’anno; - Alberghieri o extra-alberghieri, in relazione alla prevalenza delle strutture alberghiere sul sistema ricettivo complessivo. I centri turistici devono ampliare la gamma delle opportunità ricreative, anticipando i bisogno dei turisti e in tal senso necessitano del sostegno del sistema territoriale cui insistono. Le regioni turistiche ricettive sono caratterizzate da un insieme di luoghi contigui legati insieme da relazioni formali, basate sulle connotazioni del paesaggio, che si differenziano rispetto alle aree circostanti. Il sistema turistico locale si raggiunge, invece, se aumentano i livelli di integrazione e cooperazione

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tra imprese, istituzioni e popolazione locale.

Capitolo 6 Geografia del lavoro  Nel corso del 2008 si sono manifestati preoccupanti segni di una crisi finanziaria senza precedenti. Il tema del lavoro diviene, ancora una volta, centrale: è cronaca attuale, infatti, la perdita di posti di lavoro in rami strategici della produzione industriale negli USA (automobilistico) ; mentre in Italia, soprattutto nelle piccole e medie imprese, ritenute prima dell’attuale crisi, il fulcro dell’economia nazionale.

Con la crisi, si è preso coscienza non solo dell’attuale distribuzione del lavoro a livello internazionale, ma anche della mobilità del lavoro, intesa a livello settoriale, di categorie  professionali e considerata causa delle migrazioni interne e internazionali. La mobilità, ossia la capacità e la propensione a muoversi e spostarsi, dipende da numero fatt ori,  primo fra tutti la natura del mercato del lavoro e si esprime nella territorializzazione del fattore lavoro. Il lavoro, con le sue caratteristiche attuali ha il proprio fondamento nella rivoluzi one industriale  fin ad allora era impossibile scindere il fattore lavoro dai singoli comparti economici tra i quali spiccava quello primario. Tutti i molteplici aspetti della correlazione tra lavoro e affermazione della rivoluzione industriale dipendono dalla concentrazione di numerose unità produttive cui corrisponde una concentrazione spaziale di numerosi soggetti di lavoro (manodopera) in uno spazio definito, sostanzialmente scarso. Ciò comporterà una concentrazione abitativa molto elevata, che sfocia nel bisogno di organizzazione degli spazi urbani. Con la rivoluzione, il lavoro perde in parte la peculiarità di immobilità e tende a divenire più mobile, fino a sfociare nel pendolarismo (spostamento giornaliero e con regolarità tra il luogo di residenza e il luogo di lavoro); ed è con ciò, che contribuisce a una diffusione di nuove forme economiche.

Il mercato del lavoro e le sue emergenze Il lavoro è un fattore della produzione e quindi è stato studiato tenendo conto sia della sua localizzazione, sia delle sue caratteristiche quale merce, al pari degli altri fattori, primi fra tutti la terra e il capitale. Per sua natura, però, non può essere definito merce, d al momento che è costituito da individui e ha quindi dignità umana.

 Nello specifico, il lavoro è un fattore di produzione vivo, radicato nell’esistenza umana, e non un semplice input; il lavoratore è portatore di uno spess ore culturale che no gli deriva solo dal luogo della produzione, ma più in generale dal suo ambiente  il lavoro è una pseudo-merce, che diventa merce mediante l’offerta ai datori di lavoro.  Rispetto alle risorse di materie prime il lavoro è un fattore di produzione più uniformemente distribuito sul territorio.

Domanda e off er ta di l avoro  Il mercato è il luogo fisico o concettuale dove s i incontrano domanda e offerta, dalle quali scaturisce il prezzo.

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 Nel caso del lavoro, la domanda è rappresentata dalle qualità e quantità di attività lavorativa richiesta dalle strutture economiche nel loro complesso e su tutte le scale territoriali; l’offerta è rappresentata dalla quantità e qualità di lavoro che i lavoratori intendono soddisfare; il  prezzo è rappresentato dal salario. Gli scambi tra domanda e offerta riguardano l’attività lavorativa, espressa in ore di lavoro o in numero di lavoratori.

Dal punto di vista puramente statistico, la domanda è rappresentata dal volume dell’occupazione effettiva nei vari settori economici; l’offerta è costituita dall’insieme delle forze lavoro ( persone occupate e disoccupate in cerca di lavoro); il prezzo medio è il livello di salario monetario corrisposto nei vari settori che compongono il sistema economico. Uno dei problemi cruciali per i sistemi economici è quello della disoccupazione che può esse re volontaria o involontaria. L a disoccupazione volontari a  è la quota di forze di lavoro che ritengono di non essere inte ressati al livello di salario determinato sul mercato e/o alle condizioni di produttività richieste dallo stesso. L a disoccupazione in volontari a  è la quota di forze lavoro che non trova occupazione a causa di crisi economiche. In generale, di recente si imputano la consistenza e la persistenza della disoccupazione alla rigidità della domanda e dell’offerta di lavoro  da qui ne discende l’auspicio di una maggiore flessibilità  che è la reazione alla variazione della domanda, che si esprime anche in forme di adattamento. Per rigidità del mercato , cioè il rimanere invariato del salario al modificarsi della domanda e

dell’offerta, si intende, per esempio, la rigidità salariale che avrebbe impedito il riassorbimento della disoccupazione o che sarebbero una conseguenza delle imperfezioni del mercato. Per quel che riguarda il mercato del lavoro italiano, Capparucci sintetizza gli elementi di rigidità in: - Ingente peso di contributi sociali che gravano sul costo del lavoro; - Rilevanti costi di turnover (costi di assunzione, ad es.); - Normative contrattuali che limitano l’impiego discrezionale del lavoro; - Forme di protezione sociale; - Minimi salariali relativamente elevati; - Scarsa variabilità del salario nel tempo e nello spazio.

L’ipotetica flessibilità dovrebbe essere compatibile con la crescita economica, occupazionale e della  produttività media, che permetta di avere un certo grado di competitività sui mercati internazionali.

Tutto questo dovrebbe essere fatto nell’ottica della legalità, mentre sappiamo che esiste un sommerso che modifica in maniera significativa il mercato del lavoro. Il lavoro e l’intervento di natura pubblica

L’obiettivo per qualsiasi sistema economico non può limitarsi alla mera piena occupazione (condizione per la quale ogni singolo individuo è occupato), ma deve prevedere di tenere presente che, essendo il lavoro uno dei fattori basilari della produzione, è necessario essere consapevoli che qualsiasi decisione di politica economica produce effetti sul mercato del lavoro. L’intervento di natura pubblica può essere indiretto (da non apparire immediatamente) o espli cito

(con l’evidente intento di influire su domanda e offerta). Gli interventi sul mercato di lavoro possono essere: -  Politiche dell’occupazione: strumenti di carattere macroeconomico, tendenti ad agire sulle grandezze aggregate dell’economia  e quindi sul livello di occupazione;

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- Poli tiche del l avoro:  interventi di tipo microeconomico, tendenti ad agire su specifici segmenti di

forza lavoro e, quindi, prevalentemente sulla composizione dell’occupazione; - Politiche di svil uppo  : strategie di sviluppo di sistemi produttivi integrati a livello locale per favorire indirettamente la crescita dell’occupazione;  sono previste in modo particolare per le aree in ritardo economico, specificatamente nelle economie duali, dove coesistono aree sviluppate e aree in ritardo di sviluppo. - Politiche di r eddito:  controllo dei redditi da lavoro e da capitale, per il contenimento

dell’inflazione e la crescita dell’occupazione. Le politiche del lavoro di natura pubblica in ogni caso non possono essere esaminate solamente a livello locale o nazionale, in quanto la crisi dell’economia nella fase attuale della nostra società, è globale.

Le peculiarità del quadro italiano sono: - L e disparitàgenerazional i , che vedono fortemente penalizzati i giovani nei confronti delle classi di età più mature; - L e disparitàdi genere,  cioè forti asimmetrie tra occupati, che vedono le donne rappresentare una quota ancora marginale del mercato del lavoro, nonostante via sia un trend positivo in questo senso. In Italia vi è una forte difficoltà nell’entrata nel mondo del lavoro  si sono sviluppati contratti di lavoro come il part-time, il co.co.co., il co.co.pro, che sono indirizzati a garantire una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro. (scheda cassa integrazione guadagni)

Le territorializzazione del fattore lavoro  Nella teoria economica neoclassica, il mercato del lavoro è trattato come un qualsiasi altro fattore, la cui localizzazione è strettamente legata al prezzo, mentre è trascurato il contesto sociale, che invece appare decisivo. Il fattore lavoro è spazialmente differenziato, proprio in conseguenza del fatto che è espressione di esperienze di varia natura e di valori culturali, strettamente legati all’ambiente.  Le stesse strutture  produttive domandano non solo quantità di lavoro, ma spesso qualità, intesa quale specializzazione, strettamente legata a luoghi e regioni. A comportamenti soggettivi nei confronti del lavoro, interagiscono fattori sociali, che sono insieme causa ed effetto di relazioni politiche e sociali filtrate attraverso codici culturali propri

dell’ambiente del lavoratore. I fenomeni di conflitto, di cooperazione o di altro che ne derivano conducono a considerare il lavoro come un fattore che è espressi one del territorio. Sia per quanto riguarda il tasso di attività per regione che per il tasso di occupazione e di disoccupazione, esiste una forte dicotomia tra le regioni del Centro-Nord e quelle del MezzogiornoIsole.

La mobilità dell’offerta di lavoro

Sebbene per tradizione si pensi che l’offerta del lavoro abbia u na scarsa mobilità, dovuta essenzialmente alle consuetudini lavorative e ai luoghi di residenza, la storia ci mostra al contrario una discreta propensione alla mobilità, variamente aggettivata.

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La mobilità può essere considerata:

-  All’interno della struttura stessa dell’offerta di lavoro  può essere ricondotta a spostamenti tra i diversi settori economici richiedenti lavoro o spostamenti tra le categorie professionali; - Quale spostamento da un’area a un’altra si tratta di spostamenti rappresentati da migrazioni su diversa scala territoriale, dalle singole circoscrizioni amministrative, ai singoli Paesi, al contesto internazionale. Dal punto di vista temporale possono essere spostamenti temporanei o permanenti.

La mobilità dell’offerta contribuisce a originare, trasformare, complessificare l’insieme dell’organizzazione territoriale, con nuove forme di insediamento, di espansione o di ridimensionamento delle strutture abitative, dei centri abitati e delle infrastrutture. Non vanno inoltre trascurate le conseguenze di ordine psicol ogico derivanti dalla mobilità del fattore lavoro. La

domanda e l’offerta di lavoro si confrontano con le molteplici specificità e specializzazioni, e nelle diverse aree, adeguandosi l’una all’altra e dando luogo anche a cambiamen ti temporali e strutturali. Una delle manifestazioni più importanti di tal adeguanto tra domanda e offerta sono gli spostamenti intersettoriali, cioè il passaggio della manodopera da un settore all’altro dell’attività

economica (per esempio dall’agricoltura all’industria  questo passaggio è stato fondamentalmente agevolato dalla possibilità di percepire un salario più elevato, meno stagionale e meno precario che non quello agricolo). Tali spostamenti non hanno, però, ricadute soltanto positive. Infatti, non tutti i lavoratori sono in grado di effettuare un passaggio da un settore a un altro che richieda un più elevato grado di specializzazione. Da non trascurare sono gli aspetti psicologici e sociali di tali spostamenti, da un tipo di lavoro prettamente stagionale a uno industriale determinato dalla catena

di montaggio in primis. Cio’ richiede senza dubbio una forte e radicale adattabilità a nuove e completamente differenti condizioni di lavoro.

Gli spostamenti tra categorie professionali sono il passaggio da una categoria all’altra degli occupati da lavoratori dipendenti a indipendenti. (per esempio da operaio a imprenditori). Inoltre si individuano nuove categorie, tra gli indipendenti, per esempio le figure dei co.co.co. e dei prestatori d’opera occasiona le, introdotte dagli interventi di politiche del lavoro in merito alla flessibilità.

Spostamenti intersettoriali e tra categorie professionali interagiscono, sono influenzati e a loro volta influenzano la mobilità del lavoro territoriale, che si esprime sotto forma di spostamenti di  popolazione da campagna a città, da aree poco sviluppate ad aree di consolidato sviluppo economico. Gli spostamenti assumono sovente un aspetto globale dando luogo alle migrazioni internazionali.

L e migr azioni internazionali sono gli spostamenti di individui da uno Stato all’altro e dipendono da un mercato del lavoro fortemente interrelato all e economie delle singole aree; si possono così interpretare come la risposta dell’offerta (lavoratori), che è disposta alla mobilità risp etto alla domanda (organizzazione della produzione). Secondo Simoncelli, i caratteri distintivi delle migrazioni internazionali si possono distinguere in relazione:

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- Al la durata, in temporanee o permanenti; - Al la composizione  , in di singoli individuo o di interi nuclei familiari; - All’ambito territoriale, in intracontinentali (minore distanza) e intercontinentali; -  Alle qualità lavorative dell’emigrante, se più o meno specializzato; - Alle modalità, in migrazioni volontarie individuali, pianificate o programmate, legali, clandestine. Le aree di destinazione (Occidente; Paesi del Vicino Oriente ricchi di risorse petrolifere, Paesi

industrializzati dell’Est asiatico) sono quelle in cui più elevato è il livello di reddito, maggiori sono le opportunità di occupazione, e che le aree di provenienza sono quelle in cui il reddito è basso, scarseggia il lavoro, il sistema produttivo non è ancora sviluppato. Le migrazioni sono alimentate non dai più poveri del globo, piuttosto da coloro che non si accontentano del lavoro del luogo di residenza e che hanno conoscenza dell’esistenza di opportunità migliori fuori del proprio Paese.

Tra i fattori che influiscono nella scelta dell’area di destinazione troviamo le affinità di ordine culturale, affinità linguistiche, motivazioni storico-politiche; prossimità geografica. I flussi migratori internazionali subiscono forti accelerazioni e forti frenate a seconda

dell’andamento dell’economia nelle varie aree del mondo, che si ripercuote inevitabilmente sul mercato internazionale del lavoro.

Capitolo 7 Geografia delle complessità urbane Quando si parla di città generalmente si intende qualcosa che non sia campagna, e pertanto il villaggio, il borgo e la borgata sostanzialmente sono considerati campa gna. Tuttavia le aree suburbane e rururbane ( non ancora pienamente coperte dall’edificato e in cui sono presenti segni attivi di agricoltura) non sono più considerate campagna. La soglia tra città e campagna deve essere trovata nella densità dell’edificato o della popolazione residente. L’aggregazione di  più

soggetti all’interno di un territorio ristretto, quale quello urbano, da’ vita a quelle che oggi chiameremmo economie di agglomerazione dette anche economie urbane. La condivisione dello spazio insediativo diventa un elemento di rafforzamento della comunità che viene a crearsi, in quanto si ottengono dei vantaggi che non si avrebbero se si restasse isolati, rendendo maggiormente  produttive talune attività economiche. Le prime città risalgono a 5000 anni fa, in mesopotamia e lungo la valle del nilo, non a caso vicino a importanti corsi d’acqua, fondamentali non solo per

l’irrigazione, ma anche per i commerci tra la costa e le acque interne. Tuttavia bisogna aspettare la rivoluzione industriale per osservare una vera e propria rivoluzione urbana, con londra che diventò

la prima vera metropoli dell’era contemporanea. Il fenomeno urbano deve essere letto attraverso i suoi legami con il territorio. Secondo Umberto Toschi negli anni 30, c’è una doppia definizione di città, presa singolarm ente e prese come unità di una distribuzione, si può parlare infatti di poleogeografia, cioè una geografia della città, che si occupa della morfologia urbana e di una geografia delle città che consiste nello studio della distribuzione delle unità urbane nei rapporti di interdipendenza con l’ambiente geografico naturale e umano.

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 Nel corso degli anni 50 il funzionalismo diventa un punto di riferimento obbligato per chi si occupa non solo di geografia urbana, ma di tutti i fenomeni che mettono in atto relazioni orizzontali tra gli elementi di un territorio. Questo porterà alla definizione di città come luogo in cui si creano forze in

grado di generare e attrarre flussi da e verso gli altri centri. Per misurare l’estensione di tali fenomeni si fa riferimento a modelli teorici ed analisi empiriche in grado di ricostruire i campi di forza in gioco. Con tali analisi si tenta di delineare i confini entro i quali la città serve a sé stessa e i confini entro i quali entra in relazione con i centri minori o altre città. La città sarà quindi suddivisa in: -

-

Umland: corrisponde all’area dei pendolari cioè quell’area all’interno della quale è possibile misurare gli spostamenti giornalieri per motivi di lavoro o studio. Hinterland: generalmente più ampio dell’umland, l’hinterland è l’area degli spostamenti  pendolari saltuari verso il centro urbano più importante che si innescano per acquistare beni o utilizzare servizi non reperibili nei centri minori. Viene usato sesso per delineare la cintura di centri che fungono da aree residenziali per i lavoratori che si recano giornalmente presso il centro più importante, ma che svolgono anche funzioni produttive o commerciali decentrate dal centro urbano. Area di influenza: è la distanza massima che raggiunge la capacità di attrazione di una città ed è più sfumata nell’estensione rispetto alle prime due.

La città sviluppa i suoi rapporti funzionali sino a formar una vera e propria città-rete integrando all’interno di essa confini esterni alla città, attingendo al territorio che la circonda. Un’ integrazione ce non esclude una successiva inclusione di tali aree mediante il fenomeno della conurbazione cio’ della saldatura di città e centri minori, diventando dapprima una città sistema e succ essivamente una metropoli, per poi sfociare ingrandendosi sempre di più in megalopoli. Anche se non si giunge alla megalopoli un centro di maggiore importanza potrà essere riconosciuto come regione urbana o come area metropolitana. La città, pur lontana dalle metropoli e aree metropolitane, e pur potendo assolvere autonomamente alla maggior parte delle funzioni, non resta is olata, ma tocca altre città  per completarle. Si parla quindi una rete di città, integrando le proprie funzioni per giungere a sistemi di città. Le economie urbane I processi di crescita urbana sono determinati da processi economici e sociali di causazione circolare e cumulativa, ossia il meccanismo centripeto di attrazione di flussi materiali e immateriali, che creano una concentrazione di produzione-consumi tale da attrarre altri investimenti e quindi altri processi produttivi, con una crescita continua. Ciò che determi na vantaggi nella concentrazione delle attività economiche e che porta alla crescita della città sono particolari economie di agglomerazione che nel caso delle città prendono il nome di economie urbane. Queste sono  particolari economie di scala per le quali solo raggiungendo una dimensione urbana adeguata si

ottiene il massimo dell’efficienza. La città e la regione urbana in questo modo funge da serbatoio di manodopera nelle attività commerciali, industriali e di servizio, ma è anche il luogo in cui è

 possibile avere un’elevata domanda di beni e servizi provenienti dalla città stessa e dalle aree circostanti, e per le città globali, anche da migliaia di km. Tuttavia le economie di agglomerazione,  possono anche dar vita a rendimenti decrescenti, che conducono a una riduzione delle economie di

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scala prodotte dall’agglomerazione, divenendo diseconomi e di agglomerazione ( mancanza di adeguate politiche urbane che conducono a traffico, congestione dei trasporti e delle comunicazioni, aumento criminalità ecc..). Il ciclo di vita delle città e le trasformazioni urbane Le città si trasformano continuamente. Molte di queste notano una circolarità dei processi di cambiamento e di crescita delle città e parlano di ciclo di vita della città stessa. Il ciclo di vita è composto di 4 fasi: -Urbanizzazione: è un processo continuo che consiste nell’espansione della città soprattutto nell’area centrale, che vede crescere il numero degli abitanti,  a danno delle popolazioni rurali. -Suburbanizzazione: si presenta come un fenomeno di decentramento della popolazione residente nella fasce periferiche della città e si manifesta attraverso un incremento della popolazione in tali aree. E’ un fenomeno fav orito dal miglioramento dei trasporti e determinato dalla ricerca di costi  più bassi per gli appartamenti, ma anche dal desiderio di sfuggire ad altri aspetti negativi che caratterizzano il centro urbano quali la congestione, la decadenza di alcuni quartieri e la criminalità. -Controurbanizzazione: il decentramento porta inoltre alla crescita dei centri urbani di minori dimensioni in prossimità del centro urbano maggiore. La perdita di popolazione del centro urbano maggiore è spesso riconducibile a una rinfunzionalizzazione della città, in cui i centri residenziali si

spostano all’esterno o nella periferia della città per lasciare al centro le attività di servizio. In alcuni casi il centro della città o core area diviene quasi area esclusiva per le attività di servizio. Altre volte il processo di controurbanizzazione porta alla vera e propria creazione di new town attorno al centro urbano maggiore. (caso londinese) -Riurbanizzazione: si ritorna a un processo di urbanizzazione della città, spesso accompagnato dal fenomeno di gentrification ossia di una riqualificazione della composizione abitativa di un quartiere della città . (esempio, quartiere di harlem new york)

Le funzioni urbane La funzione di una città è la funzione che la città assume all’interno di un territorio e che giustifica la sua nascita. Bisogna distinguere tra: -

-

Funzioni urbane: sono tutte quelle che la città mette in atto al fine di servire il centro urbano stesso o i centri urbani che hanno un rapporto funzionale con tale centro. (produttive, residenziali, amministrative, sociali, commerciali, finanziarie, turistiche) Specializzazione funzionale: è la funzione urbana prevalente, quella per cui la città si distingue e che può essere all’origine della formazione della città stessa. (es.. città po rtuale, turistica, industriale). La specializzazione funzionale può essere misurata con quello che viene chiamato indi ce del sur plu s di occupazione. Un centro risulta specializzato se l’occupazione di un determinato settore del centro urbano, supera il val ore atteso dell’occupazione di quel settore a livello nazionale.

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Le città moderne prendono vita da una profonda specializzazione delle are e che porta a una successiva complessificazione delle funzioni, fino a condurle a divenire locali tàcentr ali (sono quelle città che offrono beni e servizi ai centri circostanti, che dipendono da esse).

L’armatura urbana L’armatura urbana è un sistema di reti. Una rete è un sistema di città che dà vita a flussi di persone, merci e informazioni. Proprio perché si tratta di sistemi tali reti si sovrappongono tra loro pur appartenendo a diversi ambiti e diversi livelli. Esistono tre livelli di rete: -

Primo l ivell o: appartiene alla rete urbana, alla sua organizzazione e gestione, che è rappresentata dalle relazioni che si instaurano tra i centri urbani, di dimensioni diverse con funzioni diverse.

-

Secondo livello: la rete di primo livello è determinata dalla presenza all’interno della stessa, di una rete di secondo livello, formata a sua volta da tre reti o  Produzione: riguarda le imprese e le loro reti logistiche che si creano da e verso

l’impresa stessa. o

o

-

Consumo: riguarda la distribuzione commerciale, dagli ipermercati al negozio al dettaglio con i servizi connessi.  Personale: riguarda l’individuo e la sua vita d’ogni giorno.  Ne fanno parti i servizi alle famiglie, ma la rete è personale e ogni individuo ha la propria rete che dipende dalle proprie esigenze. (scuola, lavoro, svago)

Terzo livello: riguarda la rete delle infrastrutture tecniche, cioè le reti di trasporto (strade, ferrovie) e quelle di comunicazione (telefono, internet).

All’interno della rete, agiscono dei rapporti di forza che possono essere di tipo: -

-

Rete polarizzata: è un’armatura urbana in cui un solo centro urbano di grosse dimensioni catalizza gli altri centri urbani, dovuto principalmente dalla presenza di un’elevata quantità di servizi, dai più banali ai più rari all’interno del centro urbano.   (Es.. parigi, roma antica con le strade consolari) Rete gerarchi ca:   per rete gerarchica intendiamo una distribuzione ordinata di centri urbani

in cui ogni centro assume un certo numero di funzioni urbane e serve un’area di dimensioni

-

 proporzionali ai servizi offerti. I centri che offrono servizi più banali sono più numerosi di quelli che offrono servizi più rari e vi è un solo centro (la località centrale) che offre i servizi e i beni più rari alla regione, la cui estensione dipende dalla portata di questi beni. Rete compl ementar e:   è una rete urbana caratterizzata dalla presenza di centri di uguale livello gerarchico. In tale contesto, non c’è la prevalenza di un centro sugli altri e, nel caso di perfetta complementarietà, si è in presenza di una specializzazione funzionale di ognuno dei centri. In tal modo si attuano delle economie di scala e di agglomerazione, proprio come

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succede con i distretti industriali marshalliani. (es. rete urbana complementare, pianura  padana).

Il modello Christaller-Losch

Walter Christaller nel 1933 afferma che i fattori economici sono decisivi per l’esistenza delle città. Essi creano rapporti tra centri di taglia e di importanza differente che, a causa di tale interazione, si distribuiscono in maniera diversificata sul territorio. In base quindi alla maggiore o minore quantità di servizi messi a disposizione si stabilisce una gerarchia in cui il centro più importante è la cosiddetta località centrale che offre beni e servizi centrali alle località complementari. Il modello è

inserito all’interno di uno spazio perfettamente pianeggiante e percorribile senza ostacoli di alcun genere e in alcun modo possibile in tutte le direzioni. E’ all’interno di questo spazio disegnata una armatura urbana costituita da una località centrale che serve sei località complementari, che a loro volta servono altre 6 località di livello inferiore. Ciò si ripete per 7 livelli gerarchici. Ogni località avrà una sua area di mercato. Questo è ben definito da Losch che idealizza il mercato attraverso il

cono della domanda in un diagramma cartesiano dove l’origine degli assi è il centro urbano sull’ascisse c’è la distanza e sulle ordinate la domanda di beni e servizi, quest’ultima diminuisce a mano a mano che ci si allontana dall’origine degli assi, in quanto sulla distanza incidono i costi di trasporto che, una all’aumentare della distanza dal centro urbano riducono la c onvenienza a recarsi  presso quella località per acquistare beni o se rvizi, ciò determina la portata del bene o servizio. Chi

si troverà fuori dalla portata del bene o servizio per quella specifica località, si troverà all’interno di un’altra portata per un’altra località, a indicare che vi è un continuum di località e aree di mercato con diversi centri urbani. La dimensione del mercato e quindi la centralità di una città, dipende dalla sua dimensione demografica. Il concetto di soglia, come area di mercato minima di clienti che acquistano il servizio o bene, e la portata massima sono i due concetti alla base della centralità del centro, in quanto se la soglia è maggiore della portata massima del centro, il servizio o bene verrà venduto in un centro gerarchicamente superiore. (metodo dei telefoni regione città per misurare la centralità) Il modello di Christaller, è stato creato in matrice neoclassica, basata sull’equilibrio tra domanda e offerta di beni e servizi, tuttavia è noto che a prevalere è lo squilibrio, determinato da particolari fenomeni che portano una località a crescere più che proporzionalmente rispetto ad altre. Inoltre

christaller, nel suo modello non poteva considerare la seguente terziarizzazione dell’economia, e la modificata portata dei servizi che sono diventati da locali a globali. Le vie di trasporto e la formazione dell’armatura urbana

Lo studio delle vie di trasporto consente di comprendere meglio la struttura e la genesi

dell’armatura urbana stessa. L’armatura urbana è l’insieme dei centri urbani all’interno di una regione. Se da una parte sono i centri abitati a creare la necessità di linee di trasporto, le stesse spingono i centri abitati a crescere o pongono le condizioni perché possano sorgere nuovi centri. Le vie di trasporto sono uno dei modi per contenere la frizione della distanza, che si è affievolita con

l’evoluzione delle vie di comunicazione, ma che non è stata mai annullata, in quanto i flussi materiali sono in continua crescita.

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La creazione e il miglioramento delle vie di trasporto portano a un ridimensionamento della distanza economica, che si esprime moltiplicando il costo unitario del trasporto con la distanza itineraria, dividendo per la velocità di percorrenza del vettore utilizzato. Questo ha ridotto i tempi di trasporto e ha contribuito a ridurre i costi.

Il modello che cerca di spiegare l’evoluzione dell’armatura urbana, è un modello  dal basso elaborato da Haggett nel 1965 , in cui in fasi successive, vengono a formarsi dei centri sempre più di numero ridotto ma sempre più connessi alle vie di trasporto e altri centri complementari staccati

dalle principali linee di trasporto. Tale modello di evoluzione omogenea, spiega solo l’evoluzione dell’armatura nei paesi industrializzati con un processo di crescita economica  graduale.  Nel modello di sviluppo dall’alto  utilizzabile per paesi ex-coloniali,

l’armatura urbana non nasce dalla struttura delle località presenti già all’interno del paese, ma nasce dall’esigenza commerciale dei paesi colonizzatori. Il modello che tenta di spiegare lo sviluppo urbano in questi paesi è il modell o di T aaff e, M orr il e Gould in cui ad esempio in brasile, c’è una penetrazione verso l’interno con la creazione di centri di commercio interni, che sviluppano in fasi, fino a divenire completamente collegati i centri costieri, interni e i centri più importanti. I l modell o di Vance invece spiega lo sviluppo della rete urbana nei paesi colonizzatori e nei paesi coloniali, legato al flusso di merci e persone che si stabilisce tra di essi.

La logistica, l’intermodalità e i costi di trasporto

I costi di trasporto influenzano la localizzazione dei servizi e la distribuzione dei beni. I costi totali di trasporto hanno una triplice componente: -

Costi fissi :  sono quelli legato alla costruzione della via di traporto o ai costi di ammortamento del mezzo di trasporto Costi variabili:  sono soprattutto i costi del carburante e della manodopera, crescono col crescere della distanza da percorrere o col tempo di percorrenza Costi di terminale: sono quelli relativi al carico e allo scarico del prodotto dal mezzo di trasporto

A partire soprattutto dalla metà del XX secolo, sono state messe a punto modalità di trasporto in grado di abbassare i costi unitari di trasporto e ridurre la frizione della distanza. (navi più grandi,

centri intermodali, trasporto combinato… ecc..). Un modello di riferimento per il trasporto è il modello di Hoover del 1948. Secondo questo modello, ogni mezzo di trasporto ha costi fissi, costi di terminale e costi variabili diversi, per cui ogni modalità di trasporto viene scelta in base a tali costi fissi/terminale e sulla distanza da  percorrere. (grafico: ordinate costi, ascisse distanza di percorrenza) -

Tr asporto su str ada: ha bassi costi fissi e di terminale, ma costi variabili molto alti, per cui risulta essere conveniente per le brevi distanze.

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-

Tr asporto f er roviari o: costi di terminale e costi fissi più alti, ma costi variabili più bassi del trasporto su strada. Trasporto navale:   le economie di scala ottenute grazie a una maggiore quantità di beni trasportati abbassano notevolmente i costi unitari, per cui questa modalità risulta conveniente per i trasporti sulla lunga distanza, nonostante i costi fissi e di terminale elevati.

La Città La città assume forme diversificate che derivano da una molteplicità di fattori: pianificazioni a scopo di difesa, riparo dagli eventi atmosferici, spontanei adattamenti alle condizioni fisico naturali del sito e delle vie di trasporto.

A partire dall’osservazione dei centri urbani e della loro morfologia (la forma della città individuata attraverso la sua pianta), si possono individuare dei tipi generali di piante della città: -

I r regolare (medievale): in Europa appartiene allo sviluppo medievale. Tale irregolarità dell a maglia, però non toglie che la città medievale abbia comunque caratteristiche di regolarità simili per tutte consistenti in cinta muraria, castello, cattedrale, piazza, su cui tutte le strade convergevano.

-

A scacchi era: tipica della città romana e utilizzata per la gran parte delle nuove città che i Romani operavano all’interno dell’impero.  Di forma quadrata era formata con strade di orientamento nord sud (cardine) e orientamento est ovest (decumano). Alle due strade  principali nord sud e est ovest corrispondevano le 4 porte della città. La scacchiera viene riutilizzata in era ottocentesca.

-

Pianta r adiale: si diffonde soprattutto nella città di fondazione rinascimentale e barocca

come segno d’eleganza. Ce ne sono pochi esempi di soluzioni urbanistiche di questo tipo, uno di questi è la place de l ’Etoile a Parigi, da cui si dipartono a raggiera dodici avenues. -

Cittàlin eari : sono quelle che si formano lungo le vie di trasporto. Si tratta di città che si avvicinano alle strade di maggiore importanza disponendosi lungo il loro percorso per sfruttare il vantaggio di posizione.

La rendita urbana Il valore del suolo urbano o rendita urbana assume un andamento decrescente dal centro della città verso la periferia. Tale andamento decrescente è determinato dal fatto che la posizione centrale di una città (central business district, CBD) è generalmente quella più ambita dalle attività di servizio e commerciali, che necessitano di visibilità e pertanto sono disposte a pagare un prezzo più alto di altre attività per localizzarsi al centro. Ciò vale finchè non sussistono diseconomie di agglomerazione che possono spingere le attività a delocalizz are.

Il modello che è possibile utilizzare per spiegare tale fenomeno è il  modell o dell a rendita di posizione di V on T hun en. La rendita urbana si comporta come la rendita agricola solo che al posto dei costi di trasporto vi è la centralità come fenomeno principale che determina la localizzazione. Le

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diverse attività si localizzeranno in base alla loro esigenza di essere in posizione più o meno centrale e in base ai costi che sono in grado di sopportare. Si creerà quindi un paesaggio fatto a

anelli concentrici, in cui ogni anello conterrà un’attività o una funzione. Il mercato delle aree urbane avrà una diversa elasticità della domanda. Nelle aree centrali la domanda è rigida e un miglioramento dei trasporti ne riduce la rigidità, viceversa nelle aree periferiche. Eccezioni a tale modello riguardano le diseconomie di agglomerazione al centro, degrado sociale del centro urbano. Inoltre aree periferiche che si instaurano lungo le vie di trasporto principali  possono assumere valori simili a quelle del centro urbano, in quanto si ottengono dei vantaggi di  posizione. La creazione di insediamenti periferici può inoltre seguire logiche speculative dal momento che l’aumento demogr afico, può condurre a un aumento del valore delle aree per iferiche. Le aree funzionali all’interno della città

All’interno di un centro urbano si susseguono concentricamente delle aree funzionali. Il modello utilizzato per spiegare tale successione di aree è il modello di Bur gess.

Il modello si basa sull’osservazione dal punto di vista sociologico dell’organizzazione della città, letta attraverso il paradigma ecologico. Il modello presenta questa successione ad anelli: 12345-

Core business district Zona industriale Zona residenziale operaia Zona residenziale Zona dei lavoratori pendolari

Tuttavia questo modello, come altri (settori radiali di hoyt) hanno una schematizzazione a volte troppo rigida che poco ha a che fare con una organizzazione della città. Tuttavia il modello a mosaico di ullmann e harris, propone una diversa organizzazione che nasce da agglomerazione per le funzioni che traggono vantaggi dalla reciproca vicinanza. Viene quindi a formarsi una morfologia non schematizzata diversa per ogni città ma che segue lo schema logico di una localizzazione per costi rendita urbana e per importanza di centralizzazione.

Capitolo 8 Diseguaglianze territoriali e politiche di sviluppo Attraverso l’evidenza delle differenziazioni e degli squilibri nel genere di vita d elle popolazioni, a cui si è iniziato a dar peso dagli anni 50, si cominciava a riflettere sulle teorie e sui metodi della

crescita economica e si avviava un’intensa attività di sperimentazione di strategie di sviluppo, in grado di modificare i divari territoriali.

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L a crescita economi ca   è il processo regolare di accrescimento della capacità produttiva di un sistema economico e poggia su tre principali elementi: 1. L’accumulazione di capitale che include tutti i nuovi investimenti in attrezzature e risorse umane; 2. La crescita della popolazione da cui discende la forza lavoro; 3. Il progresso tecnologico. Per Simon Kuznets premio nobel dell’economia, la crescita economica di un Paese è l’incremento a lungo termine della capacità di fornire alla popolazione una varietà sempre più ampia di beni economici, capacità basata sul progresso tecnologico e sui cambiamenti istituzionali e ideologici che la crescita richiede. L’analisi condotta sulla crescita storica del reddito nazionale dei Paesi sviluppati gli conse nte di individuare sei caratteristiche comuni: 1. Elevati tassi di crescita del prodotto pro-capite e della popolazione; 2. Elevati tassi di incremento della produttività totale dei fattori;

3. Elevati tassi di trasformazione strutturale dell’economia; 4. Elevati tassi di cambiamento sociale e ideologico; 5. Tendenza a estendere il raggio della propria azione al resto del mondo, in cerca di mercati e materie prime; 6. Limitazione di tale crescita economica ad appena 1/3 della popolazione mondiale. Le prime due caratteristiche costituiscono le variabili economiche aggregate, la terza e la quarta rappresentano le variabili di trasformazione strutturale, mentre la quinta e la sesta sono fattori attinenti alla diffusione internazionale della crescita.

Nell o svil uppo economico invece non assume rilievo soltanto la disponibilità di beni e s ervizi valutabile in termini di crescita economica, ma si aggiungono dei parametri qualitativi che sono strettamente determinati dal sistema culturale presente nello specifico ambito territoriale di riferimento. Il concetto di sviluppo è quindi mutevole nel tempo e nello spazi o, non soltanto per la naturale propensione al miglioramento dei livelli di vita della popolazione, ma anche in relazione alla diversa attenzione delle società verso il conseguimento di nuovi parametri qualitativi.

Il progresso è l’acquisizione da parte dell’umanità di forme di vita migliori e  più complesse, in quanto associate all’ampliamento del sapere scientifico e al perfezionamento della tecnica. La complessità dello sviluppo economico mette in relazione: - Le risorse esplicite o palesi, che rappresentano le categorie logiche dell’economia (sono la base  per lo sviluppo); - Le risorse implicite o occulte, che rappresentano le variabili extraeconomiche dello sviluppo (popolazione e relazioni stabilite con il territorio di appartenenza).

Le variabili economiche, politiche, sociali e geografiche che governano l’omologazione (o unificazione dello spazio) e la differenziazione (o frammentazione dello spazio) sono state descritte

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nel sistema socio-spaziale da Antonio Cunha.

Alla base c’è Gaia, il nostro sistema terrestre, che ha subito le continue trasformazioni della  presenza umana. Al di sopra, il sistema economico sostiene e viene sostenuto dalle forme culturali che dominano nei diversi territori. Molto potenti sono le relazioni che legano insieme cultura,

economia e politica. Inoltre, troviamo il sistema fisico, che nell’era della globalizzazione venne sostituito dal mercato.

Le principali interpretazioni dello sviluppo e dei divari  Numerosi sono stati i contributi teorici per individuare le cause che avevano determinato

l’arretratezza di un territorio e quindi il suo mancato sviluppo. I principali studi devono essere attribuiti a:

- Perroux

Gli elementi principali del suo ragionamento poggiano sull’individuazione delle possibili caratterizzazioni dello spazio economico (campo di azione dei soggetti economici che innescano meccanismi di sviluppo squilibrato), che era distinto dallo spazio geonomico o banale (spazio geografico distinto per caratteristiche fisiche e di popolazione)  Ai contenuti meramente geografici dello spazio geonomico, privilegia l’analisi dello spazio economico. I diversi elementi che caratterizzano i due tipi di spazio possono dar luogo a quattro combinazioni: 1. Spazio economico contraddistinto da potenti campi di f orze che agisce su uno spazio banale dotato di alta intensità di elementi geonomici  regioni più sviluppate del globo; 2. Spazio economico contraddistinto da deboli campi di forze che agisce su uno spazio banale dotato di bassa intensità di elementi geonomici  regioni marginali del globo per economia e  popolamento; 3. Spazio economico contraddistinto da potenti campi di f orze che agisce su uno spazio banale dotato di modesta intensità di elementi geonomici  regioni con ampie possibilità di sviluppo, ma  bassa incidenza demografica; 4. Spazio economico contraddistinto da deboli campi di forz e che agisce su uno spazio banale dotato di alta intensità di elementi geonomici  regioni più arretrate del mondo. In queste regioni,  per migliorare la situazione è bene avviare un polo di sviluppo (intervento esogeno di localizzare

una industria di grande dimensione in un’area periferica, al fine di innescare i meccanismi di sviluppo. - Hirschman. Osserva gli effetti della localizzazione del polo di sviluppo proposto da Perroux,

in un’area

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arretrata. Lui nota che il polo di sviluppo avvia un processo moltiplicatore di tipo cumulativo, generatore di nuove opportunità sia dal lato dell a domanda di beni e servizi sia dal lato dell’offerta.

- Myrdal.

Le critiche al modello di polo di sviluppo come soluzione delle diseguaglianze economiche  provengono da Myrdal. Egli propone il modello della causazione cir colar e e cumu lativa,  che focalizza l’attenzione sui possibili effetti di sperequazione economica conseguenti a una  polarizzazione delle attività industriali. Questo modello provocherà una concentrazione di attività economiche, che tenderà ad alimentarsi, per la sua capacità di generare economie esterne, in grado di richiamare nuove imprese, di offrire opportunità occupazionali e quindi una nuova domanda di  beni e servizi, che potrà essere soddisfatta da nuove imprese.

Tale processo viene spiegato attraverso due effetti: 1. Effetto di riflusso, ossia il trasferimento di capitale e di altri fattori produttivi verso il nuovo  polo di sviluppo; 2. Effetto di diffusione dello sviluppo, quando il surplus disponibile nell’area centrale avvia forze centrifughe, che vanno a innescare processi cumulativi in altre aree, precedentemente periferiche. Tuttavia senza interventi correttivi adeguati, la diversa intensità dei due effetti non potrà che

favorire l’effetto di riflusso con un aumento della sperequazione e degli squilibri nella regione. Gli stadi temporali dello sviluppo  Nel 1960, Rostow, e successivamente Fourastié, rifletté sulle diverse fasi del processo di sviluppo: - Stadio preparatorio del decollo (pre-take-off); - Stadio del decollo (take-off); - Stadio della maturità e dei grandi consumi di massa.

Entrambi gli autori prendono in esame l’evoluzione economica dei Paesi dell’Europa occidentale e dell’America settentrionale, a partire dal 1780.  Nelle società tradizionali prevale l’attività agricola, mentre modesta è la quota di occupazione nell e attività di trasformazione e di commercializzazione. In seguito, l’avvio e l’affermazione dell’attività industriale hanno trasformato la struttura produttiva, con un trasferimento degli addetti dall’agricoltura al secondario e al terziario. Questa modifi ca ha avviato il processo di trasferimento della popolazione, dalle campagne alle città, determinando una poderosa trasformazione territoriale. Fiedmann nel 1964 fu colui che per la prima volta ha postulato le fasi dello sviluppo:

1. F ase preindustri ale  , che presenta i diversi centri urbani, i quali svolgono una funzione dominante esclusivamente sui territori circostanti, ancora dediti all’economia primaria (staticità dello sviluppo); 2. Fase dell’industrializzazione incipiente, che sottolinea il predominio di un centro, il quale è in

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grado di attrarre opportunità economiche rispetto al territorio circostante; avvio dello sviluppo squilibrato tra centro e periferia.

3. F ase di matur itàin dustr ial e,  che si realizza quando la periferia si scompone e al suo interno si sviluppano altri centri di crescita strategica che di fatto frenano la predominanza dell’unico centro ; 4. Fase dell’integrazione spaziale, che mette in

evidenza l’integrazione economico -spaziale di

un’economia. Il ragionamento poggia sulla t rasformazione dell’organizzazione spaziale che deriva

dall’evoluzione delle interrelazioni fra i centri urbani e le aree circostanti. Lo spazio economico viene distinto in quattro tipologie: 1. Un centro urbano-industriale, che concentra risorse materiali e immateriali; 2. Le aree periferiche, economicamente dipendenti dal centro; 3. Le regioni di frontiera, utilizzate per lo sfruttamento delle risorse rinvenute che originano fenomeni di immigrazione; 4. Le aree periferiche o aree transazionali a tendenza discendete, contraddistinte da declino economico e emigrazione.

Le principali critiche al modello elaborato da Friedmann si possono sintetizzare in una visione

 prevalentemente esogena dello sviluppo. In seguito a queste critiche, l’autore propone la teoria generale dello sviluppo polarizzato, dove cerca di analizzare le complesse dinamiche tra centro e  periferia.

L’approccio marxista allo sviluppo. La principale caratteristica delle teorie marxiste è legata alla priorità data ai rapporti sociali internazionali, che determinano su varie scale geografiche condizioni di ineguaglianza. La diversità dei processi di sviluppo nei vari paesi viene interpretata come manifestazione spaziale dei diversi  processi sociali (economici, politici ed economici) Questo approccio parte dall’analisi del capitalismo, che ha esteso e rafforzato la sua influenza tramite la colonizzazione e il costante ampliamento dei mercati, inducendo alla trasformazione delle società che diventano sempre più funzionali a un’ulteriore affermazione  del capitalismo stesso. Da tale paradigma, discende una visione dello sviluppo in cui la dipendenza delle aree periferiche da quelle centrali si rafforza sempre di più. Per spiegare i meccanismi che alimentano tale processo, la teoria dello scambio ineguale viene contrapposto alla legge dei vantaggi comparati. teoria dello scambio ineguale è il divario tra i prezzi di scambio che tende ad avvantaggiare il Paese esportatore di manufatti rispetto al Paese esportatore di materie prime; legge dei vantaggi comparati è il risultato positivo che conseguono due Paesi nel commercio internazionale, in quanto le reciproche specializzazioni consentono di disporre di beni a prezzi più  bassi. Ogni paese tende ad esportare quei beni che produce a costi inferiori rispetto al paese

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importatore, quando pero’ aumentano i paesi e si infittiscono i flussi commerciali, si osserva la graduale eliminazione del vantaggio comparato nei paesi arretrati in quanto sono tutti costretti a

competere per l’esportazione di materie prime, danneggiandosi l’un l’altro e andando a rafforzare i  paesi sviluppati importatori che dalla concorrenza ci guadagnano degli esportatori.

Il sistema mondiale dell’economia capitalista è stato analizzato da Wallerstein, che sottolinea come gli scambi internazionali abbiano dato origine a un sistema-mondo caratterizzato da una forte gerarchia. In particolare, si distinguono tre dimensioni areali: 1. Il centro, ossia i Paesi e le economie che costituiscono il motore del process o di accumulazione del capitalismo; 2. La semiperiferia, ossia le aree di più recente industrializzazione e le regioni agricole inserite saldamente nei circuiti internazionali commerciali; 3. La periferia, regioni economicamente arretrate, che dispongono di fattori produttivi a basso costo. Le trasformazioni temporali e spaziali delle relazioni economiche e politico-sociali modellano lo spazio geografico, determinando profonde o transazioni differenziazioni. Le caratteristiche fondamentali del sottosviluppo Lacoste nel suo volume “geografia del sottosviluppo”  ha elencato 14 caratteristiche fondamentali che contraddistinguono un Paese sottosviluppato, tra cui carenze alimentari, deficit culturale e sanitario, industrializzazione minima o incompleta…  Ai primi posti ci sono le difficoltà maggiori  per la popolazione, sono infatti le difficoltà di sopravvivere che orientano tutte le attività produttive e le forme di insediamento. Il prodotto nazionale lordo (PNL) è uno degli elementi di valutazione del sottosviluppo. Attraverso la misurazione del reddito prodotto, si è cercato di rappresentare le regioni del sottosviluppo e di verificare, nel tempo, i possibili cambiamenti dei singoli Paesi nelle posizioni internazionali di sviluppo.

A metà degli anni ’50, il mondo era diviso in: - Primo mondo (Paesi a economia capitalistica); - Secondo mondo (Paesi a economia pianificata); - Terzo mondo (tutte le regioni arretrate). In seguito i paesi del terzo mondo vengono classificati in: - Paesi meno sviluppati; - Paesi in via di sviluppo. In ogni caso le cla ssificazioni possono variare in base all’istituto che effettua

la classificazione.

Gli orientamenti dello sviluppo Le politiche di sviluppo si sono mosse lungo quattro linee di pensiero: della modernizzazione, della dipendenza, dello sviluppo alternativo, delle necessità primarie.  Negli anni 50-60, il paradigma della modernizzazione sosteneva la necessità e l’urgenza di favorire

lo sviluppo con l’abbandono dei valori tradizionali, mediante l’industrializzazione e la relativa

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crescita economica. L’assenza d ei necessari fattori di produzione, in particolare capitale e tecnologia, rendeva indispensabile la presenza di un investitore straniero, in grado di individuare su quali settori concentrare la produzione. Le possibili intese venivano di fatto orientate dai pregressi rapporti di colonizzazione o vicinanza geografica, che pero’  potevano anche provocare insidiosi elementi di conflittualità. La neo-colonizzazione è la persistenza di relazioni di dipendenza economica e sociale che legano ancora un Paese i ndipendente al Paese straniero che lo aveva  precedentemente colonizzato.

Alla fine degli anni ’60 e ai primi dei ’70, la teoria della dipendenza  si contrapponeva al paradigma della modernizzazione. Il ragionamento poggiava sull’origine del sottosviluppo, causato dal mercantilismo e dal colonialismo. Le regioni del Primo mondo avevano orientato i destini dei paesi del Terzo mondo per innalzare quelle produzioni di materie prime agricole e minerarie necessarie  per incrementare i livelli di sviluppo dell’Occidente.  Attraverso il commercio internazionale, i Paesi sottosviluppati dipendevano dai Paesi avanzati per ingenti quantità di trasferimenti in termini di investimenti, prestiti, informazioni, tecnologie. Inoltre, i Paesi sottosviluppati dovevano trasferire valuta sia per compensare i differenziali dei prezzi di scambio sia per restituire i debiti contratti.

Inoltre c’era anche un drenaggio di risorse umane e di capitali, senza i quali un territorio è inibito nel suo sviluppo.

 Negli anni ’70, si affermavano la teori a dell o svil uppo altern ativo  e la teoria delle necessità  primarie. Con lo sviluppo alternativo si voleva sottolineare che i grandi investimenti in tecnologie e industrie non erano in grado di veicolare le trasformaz ioni necessarie, perché lontane dai bisogni e dai livelli di conoscenza della popolazione locale  si doveva porre l’attenzione su interventi in grado educare la popolazione ad autogestire il progetto di sviluppo. E’ infatti sviluppo alternativo considerare prioritario intervento di sviluppo teso a soddisfare i bisogni reali della popolazione nel suo contesto territoriale. Per la teori a delle necessitàprimar ie ,  sempre negli anni 70 era necessario intervenire

immediatamente per eliminare le cause prime della povertà (fame, sete, poca sanità…) . L’aspetto fondamentale che caratterizza queste due teorie rispetto alle precedenti è la visione dal  basso dello sviluppo, ossia una visione che parte dalle condizioni reali di vita della popolazione e dal contesto tradizionale di riferimento, che aiutato e rispettato può consentire un graduale cambiamento. Indipendentemente dalle forme istituzionali dei Paesi arretrati, ogni intervento deve essere concordato con il governo locale. Per migliorare l a situazione, sono state attuate grandi opere che hanno richiesto progettazioni e investimenti dall’estero, ma dall’interno hanno ricevuto grandi quantità di manodopera.

Capitolo 9 Questione ambientale e sostenibilità La Dichiarazione del Millennio mirava a riaffermare gli scopi dell’ONU all’inizio del nuovo

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millennio e a definire obiettivi finalizzati alla gestione sostenibile delle risorse e alla soluzione dei  problemi legati allo sviluppo. Questo deve tener presente che il sistema terra è composto da: - Sistema naturale, che fornisce le risorse acqua, cibo…); - Sistema socio-economico, che traduce, spesso, queste risorse in scarti. All’interno di questo sistema, la distribuzione dei fattori della produzione concorrono a creare vari tenori di vita diversi. Per riequilibrare i rapporti di questi sistemi, bisognerebbe pensare in termini di co-evoluzione tra ambiente, economia e società. Lo sviluppo sostenibile è il rapporto equilibrato tra sistema socio-economico e sistema ambientale. Si tratta di un tipo di sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Questo rapporto equilibrato può esser raggiunto anche tramite la capacità di carico, cioè la quantità

di biomassa che può essere sostenuta all’interno di un sistema e che non deve essere superata  ciò viene misurata dall’impronta ecologica, cioè la misura dei consumi individuali espressa in ettari di territorio. Malthus ha affermato che è in atto uno squilibrio tra risorse alimentari e popolazione, poichè la  produzione di alimenti cresce nel tempo in progressione aritmetica, mentre la popolazione in

 progressione geometrica ( non considera però l’aumento dovuto alle tecnologie)  la soluzione consiste o nell’aumento della produzione di alimenti o nella diminuzione della pressione della  popolazione. Hubbert ha dimostrato che vi sono dei limiti fisici alle risorse, affermando che la produzione

mondiale di petrolio avrebbe avuto un picco intorno all’anno 2000, per poi calare nei successivi 100 anni (come effettivamente è in corso). Boulding affronta il problema delle risorse considerando la teoria dei sistemi. Esistono tre sistemi:

1. Aperto: hanno scambi di materia e energia con l’esterno; 2. Isolato: non hanno scambi;

3. Chiuso: hanno scambi sono all’interno. Paragona la terra a una navicella spaziale, dove gli occupanti hanno a disposizione una limitata quantità di cibo e ossigeno che devo utilizzare. Lui stesso introduce il concetto di entropia, cioè la misura del disordine in un sistema o la misura dell’energia non più utilizzabile all’inte rno di un sistema, non perché venga distrutta, ma perché viene convertita in energia a bassa utilità. La crescita economica, misurata generalmente attraverso il PIL, è un indicatore di quantità (di cambiamento), mentre lo sviluppo è un indicatore di qualità di cambiamento, che include il  benessere, la crescita del reddito, delle condizioni di salute, di struzione. Hardin, relativamente allo squilibrio tra risorse e popolazione, afferma che la tragedia dei beni di  proprietà comune, quali i beni ambientali, sta nel fatto che potendo essere accessibili a tutti senza  pagare un prezzo, sono sfruttati oltre i limiti  secondo lui è necessario dotare di un prezzo

l’ambiente, attraverso politiche di comando e controllo (affidate all’economia ambitale), in modo da r endere più oneroso inquinare e spingere verso azioni compatibili con l’ambiente. Il club di Roma tenta di rispondere alla questione se il processo di crescita in atto sia o no

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compatibile con lo sviluppo umano e sociale e se sia sostenibile, mettendo in relazione varie variabili che non soddisfano molti. Il risultato a cui si arriverà sarà un improvviso declino del livello della popolazione e del sistema industriale, a meno che non si riuscirà a trovare nuovi risorse o nuove tecnologie. Tra coloro che sostengono che vi sono dei limiti biofisici alla crescita perpetua e che la crescita economica non è sinonimo di sviluppo, vi è Daly, che parlando di economia ecologica, sostituisce il PIL con L’ISEW, cioè un sistema di contabilità alternativo in grado di esclu dere dal calcolo del PIL

le voci che sono delle perdite dal punto di vista della sostenibilità e dell’ambiente. Il concetto di sviluppo sostenibile si sostanzia con la Commissione Brundtland, la quale chiarisce che soddisfare i bisogni significa assicurare ai poveri la loro parte di risorse per sostenere la

crescita. Inoltre si afferma l’equità sociale, cioè l’eguaglianza che scaturisce anche da una più giusta distribuzione delle risorse tra generazioni presenti e future. Il raggiungimento e il mantenimento della sostenibilità è ottenuto mediante la conservazione del capitale naturale prima e dopo dei processi di produzione e di trasformazione. La sostenibilità può essere descritta da due modi di interpretarla diversi: - Pensiero Debole: il fallimento del mercato nel campo ambientale esiste e deriva da soluzioni all’interno del mercato, come i prezzi -ombra; inoltre il capitale naturale costante è ottenuto con il

capitale prodotto dall’uomo. Politiche win-win sono politiche che tendono a risolvere i problemi ambientali attraverso la soluzione dei problemi di sviluppo economico. - Pensiero Forte: il sistema ambientale non deve essere modificato  si deve puntare su fonti di energia rinnovabili, sul riciclo… La sostenibilità viene raggiunta attraverso il manteni mento del

throughout da parte dell’ecosistema, cioè non deve essere indebolita la capacità dell’ecosistema di sostenere l’entropia dei flussi fisici di materia e energia. Politiche eco-eco sono politiche che mettono sullo stesso piano il livello economico e quello ecologico. La curva ambientale di Kuznets è la rappresentazione della relazione tra reddito pro-capite e

impatto ambientale, in cui quest’ultimo aumenta nelle prime fasi di crescita economica e cala nelle fasi più mature. Il passaggio delle politi che dall’ambito globale a quello locale avviene mediante politiche bottom -

up, dal basso verso l’alto che coinvolge le forze locali. Le forme di multilevel governance invece coinvolgono un elevato numero di soggetti e di portatori di interesse. Un esempio di passaggio globale  locale è fornito da Agenda 21, cioè un documento  programmatico del 1992 sulle strategie da applicare per raggiungere la sostenibilità nel XXI. L’Agenda 21 Locale prevede che le autorità locali dialoghino con i cittadini, le organizzaz ioni locali e le imprese private, creando un consenso in modo da ottenere informazioni per una migliore strategia e maggiore consapevolezza in merito al raggiungimento dello sviluppo sostenibile. Le politiche ambientali e le politiche aziendali appaiono essere in perenne opposizione. Secondo uno schema di classificazione basato sulle capacità manageriale delle imprese di affrontare

l’adeguamento alle disposizioni in materia ambientale, l’atteggiamento più frequente è quello di tipo adattivo, dove l’impresa  sceglie di uniformarsi alla legislazione ambientale vigente. Sempre più

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spesso però si assiste ad un atteggiamento reattivo, cioè l’adesione volontaria delle imprese a  politiche di gestione ambientale, legate ai prodotti eco-compatibili e a incentivazioni per le imprese. Una classificazione complementare a quella di tipo manageriale è quella legata al livello di innovazione dei processi e dei prodotti che permette di suddivide le imprese in: - Compatibili, cioè quelle che diminuiscono l’impatto ambientale utilizzando sistema di abbattimento delle emissioni; - Sostenibili, cioè quelle che abbattono l’impatto ambientale adottando tecnologie pulite, innovando i processi produttivi e i prodotti.

Il riscaldamento globale è l’innalzamento della temperatura media della terra causata da attività umane attraverso l’emissione di gas serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto) che intrappolano l’energia solare nell’atmosfera, o da azioni (come la deforestazione) che impediscono l’assorbimento naturale di ta li gas. L’effetto serra è un fenomeno naturale senza il quale sulla terra si avrebbero forti escursioni termice tra giorno e notte. E’ il trattenimento della radiazione solare all’interno dell’atmosfera, prodotto da alcuni gas, come l’anidride carbonica. Il problema del riscaldamento globale è stato portato avanti dall’IPCC, che ha il ruolo di fornire ampie, oggettive, aperte e trasparenti basi scientifiche sul rischio del cambiamento climatico indotto sall’uomo sui suoi potenziali impatti e sulle scelte di  mitigazione di questi ultimi. Secondo alcuni suoi documento, a temperatura della superficie terrestre è aumentata tra 0,6 –  0,8 °C durante il XX secolo. Gli effetti del riscaldamento globale sono: - Diretti, come lo scioglimento dei ghiacci nelle calotte polari e l’innalzamento del livello dei mari; - Indiretti, come la migrazione dio uccelli, la salinità nelle acque marine.

Capitolo 10 Pianificare il territorio La politica del territorio è un complesso di attività riguardanti l’utilizzazione de l’organiz zazione delle risorse del territorio e delle forme di insediamento. La politica del territorio non è cosa moderna ma nasce già nelle antiche civiltà e nella stessa Roma antica. La politica del territorio è espressione della coesione e dell’efficienza econo mica e sociale del sistema economico e sociale.

L’organizzazione del territorio è un complesso di azioni di una collettività volte a utilizzare in modo razionale il territorio di sua pertinenza. Essa, così come la politica del territorio, è scandita anche dall’affermazione di una concezione dottrinale che può essere naturalismo della regione naturale,  possibilismo della regione , volontarismo della regione funzionale, e analisi sistemica che permette di studiare l’organizzazione del territorio con un’atten zione più ragionata nei confronti

dell’ecosistema naturale. Definizione di pianificazione del territorio La pianificazione del territorio è un insieme di azioni che sono predisposte per raggiungere gli obiettivi di una organizzazione e gestione del territo rio, in cui è implicito l’impegno da parte di

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autorità private e pubbliche. La pianificazione deve far par te di un sistema aggregato di più enti

 pianificatori che hanno il compito di agire sull’intero territorio disaggregato in un approccio sistemico. La pianificazione, nelle forme e con le attenzioni che sono alla base dei suoi compiti, si

afferma a grandi linee nelle economie industrializzate o che si avviano all’industrializzazione, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, in conseguenza dell a trasformazione significativa degli assetti urbani. Gli interventi non sono più rivolti solo all’interno delle città, ma all’interazione tra città e territori circostanti. Si produce quindi un cambiamento nella pianificazione urbana, che non è più solamente mirata all’intervento sull’uso del suolo urbano, ma deve tener conto delle

funzioni economiche tipiche della città e del collegamento tra queste e quelle dell’intorno urbano. La pianificazione rurale invece è mirata all’intervento sull’uso del suolo e a salvaguardare

l’ambiente rurale. La protezione dell’ambiente naturale pero’ va spesso in conflitto con l’obiettivo di sviluppo della produzione agricola e della creazione di occupazione, che s arebbero invece obiettivi maggiormente inerenti alla pianificazione agricola piuttosto che rurale. La localizzazione industriale è un aspetto di fondamentale importanza nella pianificazione territoriale, sia nel caso in cui le azioni siano dirette alla localizzazione di impianti in aree che ne sono sprovviste, sia nel caso in cui siano dirette al recupero economico di are in cui si è prodotto o si sta producendo un declino. L a strategia spaziale si estrinseca attraverso la scelta stessa della dimensione territoriale e delle strutture idonee delle aree verso cui dirigere gli interventi di  pianificazione.

Le scale della pianificazione possono essere diverse a seconda della dimensione spaziale della  stessa: -

Pianificazione nazionale Pianificazione regionale Pianificazione locale

La pianificazione e l’ambiente

Con l’affermarsi delle produzioni industriali basate sull’uso intensivo delle risorse naturali, con la continua e massiccia richiesta di risorse già conosciute e di nuove risorse hanno comportato un’erosione dello spazio anche in aree considerate uniche dal punto di vista ambientale. Si iniziò quindi la costituzione dei primi parchi naturali, (nel caso italiano ammontano a quasi il 5% del territorio) che è stato un esempio di pianificazione ambientale, tesi a tutelare un’area specifica, limitando o interrompendo le attività economiche e le trasformazioni del paesaggio in quella

determinata area. E’ innegabile quindi la necessità di un’azione pianificatoria e programmatica dei sistemi territoriali più attenta all’individuazione delle condizioni ecologiche e non solo di quelle economiche. Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA)

La VIA, valutazione d’Impatto Ambientale, è una procedura di tipo tecnico la quale costituisce strumento per individuare, descrivere, ma soprattutto valutare gli effetti sull’ambiente e sul territorio di localizzazioni di strutture e infrastrutture e/o di attuazione di progetti. Lo scopo è quello

di eliminare o minimizzare gli impatti che dovessero essere valutati negativamente per l’ambiente

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stesso. L’analisi del VIA è più duttile e flessibile soprattutto rispetto all’analisi costi benefici,  poiché prevede oltre alla monetarizzazione, una analisi delle componenti sociali interessate. I  progetti interessati dal via possono essere sottoposti obbligatoriamente a valutazione o discrezionalmente.

La VIA prevede tre momenti di indagine: 1) identificazione dell’impatto… 2) elaborazione delle strategie… 3) valutazione delle alternative… che può comprendere anche la non realizzazione del  progetto. La VIA ha sostituito: - l’anali si costi benefici , che presentava degli inconvenienti in quanto monetizzava le conseguenze determinate dalla costituzione di una determinata opera, e non considerava in modo adeguato i  benefici che potevano essere molto dilazionati ne tempo.

-la r edazione di bil anci ecologici terr itor iali , in cui vengono valutate e quantificate le emissioni inquinanti ed i consumi di risorse della regione presa in esame, allo scopo di verificarne il grado rispetto al carico ambientale sostenibile. Valutazione Ambientale Strategica (VAS) La VAS ha il compito di permettere di individuare quali siano gli obietti vi strategici da raggiungere,

e gli strumenti e i modi per raggiungerli, con l’assistenza dei governi locali. Pianif icazioni di ti po top down : è la pianificazione dall’alto verso il basso, inteso come gerarchia di territori Pianif icazioni di ti po bottom up: è la pianificazione dal basso verso l’alto, inteso come gerarchia di territori Le esperienze di pianificazione regionale OLANDA - Randstad Holland: definita anello urbano con il cuore verde, quest’area racchiude le  principali città con funzioni di livello internazionale e nazionale in Olanda. Amsterdam, centro

culturale e finanziario, Rotterdam principale porto d’europa, L’Aja, capitale, Utrecht, centro fornitore di servizi di rango nazionale.  Piano Delta: era un piano che tendeva alla sistemazione dei tre grandi fiumi dei Paesi  bassi, in cui era previsto un ermetico sbarramento dei bracci del delta. GERMANIA –  Bacino della Ruhr: è un’area di oltre 4 000 km2 caratterizzata dalla presenza di

risorse carbonifere che hanno permesso l’affermarsi dell’industria carbonifera in europa a partire dal XIX secolo, ha subito numerose pianificazioni maggiormente di tipo industriale in quanto nell’area di influenza del settore carbonifero si sono agglomerati servizi di trasporto apposito, e numerose imprese carbonifere con imprese di servizi correlate. USA –  pianificazioni sui bacini idrografici della Tennesee Valley authority: ha costituito a partire dagli anni 30 del novecento un’esperienza pianificatoria indirizzata allo sviluppo di aree arretrate, sulla scia della dottrina keynesiana. Essa era basata sostanzialmente allo sviluppo delle risorse

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idriche, con speciale attenzione alla pianificazione più ampia dei bacini fluviali. GRAN BRETAGNA  –  New Town: è la creazione di nuove città pianificate per decongestionare le città più grandi. Avevano uno schema di modello urbanistico con linee ben precise basato su un centro amministrativo e commerciale, circondato da quartieri residenziali con parchi e aree agricole e villette a schiera con giardino. FRANCIA –  Le villes nuovelles: sulla scia delle new town britanniche. Con esse si intendeva rispondere alla necessità di liberare spazi interni alla città di parigi, con uno spostamento della

 popolazione verso l’esterno. Il piano prevedeva la nascita di 8 città satelliti con una distanza di 15 35 km dal centro, con lo scopo di migliorare l’integrazione tra residenza, attività ricreativa, servizi, lavoro e qualità dell’ambient e.

Capitolo 11 Cartografare la complessità La cartografia tematica è la rappresentazione dei fenomeni fisici e socio-economici presenti nel territorio. Questa ha un forte legame co la geografia economica. Nello studio della rappresentazione e interpretazione dei fenomeni territoriali e della loro complessità, si è passati da una realizzazione manuale di carte, tutto sommato semplici in cui i fenomeni venivano semplicemente rappresentati, alla realizzazione di analisi effettuate attraverso carte che è ciò che chiamiamo “ analisi spaziale” .

Quest’ultimo passaggio è stato reso agevole dalla comparsa della cartografia automatica, realizzata con specifici programmi informatici utilizzati nella creazione dei GIS (geographic information system) o sistemi informativi geografici. Per l’analisi dei fenomeni territoriali attraverso i gis si

va spesso ad attingere a risorse matematico statistiche. Prima dell’avvento dei GIS, affinchè le carte funzionassero davvero come strumento di ricerca e non come prodotto della ricerca si aveva  bisogno di grandi sforzi che implicavano un impegno elevato e congiunto di molti soggetti. I GIS hanno reso possibile la gestione tecnica autonoma del dato statistico e del dato cartografico.

La cartografia tematica La carta è una rappresentazione ridotta approssimata e simbolica della realtà, che attraverso l’uso di proiezioni geografi che , viene riportata su una carta una porzione superficiale terrestre. La carta tematica è invece una rappresentazione cartografica di uno o più fenomeni, diversamente distribuiti in una regione o su un territorio (conformazione geologica, clima, popolazione, precipitazioni, comunicazioni)

Le carte tematiche in base ai dati rappresentati si distinguono in: -

Carte tematiche che rappresentano fatti concreti o carte di posizione

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-

Carte tematiche che si fondano su dati astratti, derivati da medie o da altri rapporti e riferite

ad aree nelle quali manca un’immediata corrispondenza tra simboli e fenomeni rappresentati. In base alla temporaneità del fenomeno: -

Carte statiche che sono la rappresentazione di uno stato;

Carte dinamiche che sono rappresentazioni dell’evoluzione temporale di un fenomeno.

Ci ò che ci interessa studiare èla rappresentazione dei f enomeni su diverse carte defi ni te i n base al ti po di dati u til izzati: Carte per punti : sono utilizzate nella rappresentazione di fenomeni discreti, cioè quei fenomeni non continui sul territorio, ai quali è possibile associare una posizione nello spazio. I punti utilizzati  possono avere valore singolo o di aggregazione. I simboli utilizzati sono pittogrammi, ideogrammi, simboli, segni convenzionali e simboli proporzionali. Pur potendo utilizzare un gran numero di figure, una maggiore precisione è data dall’utilizzo di figure geometriche com e cerchi, quadrati e triangoli che possono essere anche proporzionati facilmente al valore del punto. Trasformando i singoli elementi del fenomeno in punti è possibile desumere oltre alla struttura (modo di disporsi degli individui gli uni rispetto gli altri) , anche la densità ( rapporto tra il numero di individui e

l’area presa in considerazione) e la dispersione (posizione degli individui rispetto all’area considerata d=popol./superf ). Carte per linee: attraverso di queste vengono rappresentati fenomeni lineari (strade, corsi d’a cqua, ferrovie, linee elettriche) . Ciò che interessa non è la rappresentazione delle linea in sé stessa, ma le connessioni di questa, della quantità di flussi che si generano tra questi elementi, della direzione dei flussi. La linea può essere impiegata per sintetizzare la struttura di una rete di trasporto o di comunicazione, come nel caso in cui si voglia mostrare la composizione della rete ferroviaria o le destinazioni di una compagnia aerea. In quest’ultimo casi si utilizza il grafo. Il grafo serve a valutare maggiormente la qualità di una rete (trasporti, comunicazioni), trascurandone la lunghezza .Il grafo è una figura geometrica composta da  nodi e archi con la quale è possibile rappresentare una rete e studiarne la sua qualità. Esso misura anche la connettività (qualità dei legami di un nodo con un altro nodo) e l’ accessibilità ( possibilità maggiore o minore di un nodo di essere raggiunto dagli altri nodi del grafo). Un grafo è perfettamente connesso e accessibile quando tutti i vertici sono legati tra loro. Per le vie di trasporto si utilizza solitamente il grafo ad albero, mentre per le comunicazioni il grafo polarizzato. Per misurare la lunghezza del percorso è possibile farlo dividendo l’accessibilità del nodo per il numero dei vertici totali del grafo. Attraverso l’uso de lle linee è anche possibile rappresentare l’ intensità dei flussi di persone o di beni tra una località e

un’altra e ed è possibile cartografare tale flussi attraverso un arco di spessore proporzionato al flusso stesso. Altra misurazione è quella della quantità di flussi fra un nodo e tutti gli altri nodi, ma per compiere

questo tipo di misurazione pero’, si deve costruire un grafo a circuiti e una matrice origine destinazione. Attraverso questa è possibile valutare qual è il centro che attrae maggiormente i flussi  provenienti dagli altri centri, cioè il centro di attrazione

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Carte per aree: le carte per aree sono utilizzate per rappresentare fenomeni che è possibile circoscrivere o misurare all’interno delle aree. Possono essere di  due tipi:

carte di posizione: collocano sulla carta un fenomeno ubicato in un’area precisa che

sarà di

dimensione e di forma dell’estensione del fenomeno che si va a rilevare. carte a mosaico: sono derivate da rapporti tra il fenomeno da descrivere e l’a rea considerata, oppure

da medie di valori contenuti nell’area stessa. (es.. resa agricola di una superficie) . Nelle carta a mosaico o coroplete, vengono utilizzate delle classi di valori, non superiore a 8 o 10, che raggruppano più valori. Possono essere utilizzate ad esempio per evidenziare la densità di una determinata zona. Carte per superfici : rappresentano le superfici topografiche, che si riferiscono alla morfologia del territorio. Con queste possono essere rappresentati fenomeni morfologici, metereologici, e anche economici (costi di trasporto). Queste carte legano fra loro fenomeni continui che vengono rappresentati con piani quotati, attraverso le curve d livello o isoipse. Le curve di livello sono il

luogo geometrico, cioè l’insieme dei punti con una determinata quota. L’equidistanza, è il dislivello tra una isolinea e un’altra. La cartografia automatica e i sistemi informativi geografici La cartografia automatica deriva tutte le sue funzioni dall’apparato tecnico e teorico della cartografia e della cartografia tematica in particolare, per sfociare nei CAM (computer aided mapping) che sono programmi cartografici che utilizzano dati cartografici e dati attributo. (quest’ultimi sono dati numerici o alfanumerici univochi che identificano i dati car tografici, racchiusi in un database) . I dati possono essere dati RASTER, cioè immagini digitali composte da  pixel, o dati VETTORIALI, cioè immagini digitali i cui elementi sono ottenuti utilizzando coppie di coordinate cartesiane. Vi sono molti programmi di cartografia automatic a, tra cui ricordiamo il GRASS (geographic resources analysis support system). IL GIS Il GIS (sistema informativo geografico) è un sistema di software, hardware, dati e persone che raccolgono, registrano, analizzano, e distribuiscono informazioni sulle aree del pianeta.

L’attività del GIS può essere suddivisa in quattro momenti: 1) Descrizione:  serve a evidenziare i caratteri variabili, cioè a mostrare le dinamiche che si

sviluppano sull’ecumene. 2) Spiegazione  : è la fase interpretativa, in cui i GIS forniscono una visualizzazione, anche dinamica. 3)  Predizione: è la fase in cui vengono predetti determinati fenomeni, che possono essere di natura metereologica, o anche economica (geomarketing). 4)  Giudizio: il GIS diventa un sistema di supporto alle decisioni di tipo spaziale. Grazie

all’elevata quantità di informazioni che il GIS mette a disposizione, il giudizio e le decisioni che devono essere prese, diventano più agevoli.

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