Postura Judo

August 27, 2018 | Author: judocastelfranco | Category: Judo, Muscle, Sports, Circulatory System, Human Anatomy
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METODOLOGIA METODOLO GIA DELL’ ALLE  ALLENAME NAMENTO NTO

S cienze motorie, Roma;  Giovanni Melchiorri, Università di Roma Tor Vergata, Facoltà di Medicina e chirurgia, Corso di Laurea in Scienze Federazione italiana judo, lotta, karate e arti marziali, Roma;  Alberto di Mario, Federazione italiana judo, lotta, karate e arti marziali, Roma;  Renato Manno, Istituto di scienza dello sport del Coni, Roma, Federazione italiana judo, lotta, karate e arti marziali, Roma;  Elvira Padua, Università di Roma Tor Vergata, Facoltà di Medicina e chirurgia, Corso di Laurea in Scienze motorie, Roma

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Postura ed esercizi con sovraccarico

L’allenamento specifico negli sport di combattimento: importanza della postura negli esercizi con sovraccarico L’allenamento della forza richiede una preparazione sia generale che specifica che hanno l’obbiettivo di indurre adattamenti neuromuscolari in grado di rendere l’atleta più competitivo. Se l’esercizio è troppo analitico, o troppo differente rispetto alle richieste della gara, c'è il rischio di allungare i tempi necessari per indurre l'allenamento desiderato o quello di fallire la trasformazione delle capacità acquisite in qualità utili nella competizione. Un allenamento specifico della forza negli sport di combattimento, e in tutti gli sport in cui è possibile un contatto con l'avversario, non può prescindere dall’impiego della forza contestualizzato alle condizioni posturali tipiche dello stesso sport. Nel judo e nella lotta, vista la complessità dell’impiego muscolare

collegato alla posizione in piedi (ortostatica) e al gesto tecnico, assumono importanza le diversità tra il lavoro in ortostatismo e quello non in ortostatismo. Per questo è stato introdotto un esercizio che simula la “distensione su panca” e un altro che simula il movimento di “remata”. Con l’ausilio di una macchina dedicata sono stati eseguiti tali movimenti in piedi rendendo l’esercizio più simile all’attività di gara. Per verificare l’applicabilità della metodica in atleti d’elite sono stati eseguiti test a carico crescente su atleti della nazionale Italiana di Judo. I risultati preliminari e la buona compliance dimostrata dagli atleti incoraggia a prendere maggiormente in considerazione l’importanza della postura durante l’allenamento con sovraccarichi.

   5    7  .   n    I    V    X    X   o   n   n    A   a   v    i    t   r   o   p   s   a   r   u    t    l   u   c    i    d   a    t   s    i   v    i    R    /    S    d    S

Introduzione

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   5    7  .   n    I    V    X    X   o   n   n    A   a   v    i    t   r   o   p   s   a   r   u    t    l   u   c    i    d   a    t   s    i   v    i    R    /    S    d    S

L’allenamento della forza richiede una preparazione sia generale sia specifica. La prima si compone di esercizi non necessariamente collegati all’impegno di gara, la seconda sollecita strutture e funzioni in modo specialistico rispetto alle richieste della gara. Entrambi hanno come obbiettivo quello di stimolare tali componenti più intensamente rispetto all’esercizio di gara, così da indurre adattamenti più significativi e rendere l’atleta più competitivo. Se l’esercizio è troppo analitico, oppure troppo differente rispetto alle richieste della gara, c'è il rischio di allungare i tempi necessari per indurre l'allenamento desiderato o addirittura quello di fallire l'auspicabile trasformazione delle capacità acquisite in qualità utili nella competizione. Si può verificare una relativa perdita di tempo, un accumulo di fatica e si rischia di provocare squilibri muscolari pericolosi nella genesi delle affezioni da sovraccarico funzionale. Tale ragionamento è ancora più importante in quanto le situazioni di gara si svolgono in condizioni variabili, poco prevedibili, sono situazioni nelle quali, per loro natura, si ricerca l’instabilità dell’avversario e, quindi, in tali condizioni di instabilità richiedono all’atleta di produrre un gesto tecnico caratterizzato da consistenti livelli di forza e potenza, grande precisione e controllo della propria “instabilità” per evitare le conseguenze di un controattacco da parte dell'avversario. L’insieme dei fenomeni descritti pone un problema determinante, forse tenuto in conto nella sostanza, ma non sempre valutato come uno degli elementi di base della specificità e cioè la postura adottata durante l’esecuzione delle esercitazioni. Un allenamento specifico della forza negli sport di combattimento, e più in genere in tutti gli sport in cui è possibile un consistente contatto con l'avversario (per esempio rugby, football americano), non può prescindere dall’impiego della forza contestualizzato alle condizioni posturali tipiche dello stesso sport. Nel judo e nella lotta, vista la complessità dell’impiego muscolare collegato alla posizione in piedi (ortostatica) e al gesto tecnico, le diversità tra il lavoro in ortostatismo e quello non in ortostatismo assumono una grande importanza. Sia per consuetudine sia per praticità esercizi quale la panca e la “remata” hanno rivestito un ruolo centrale nell'allenamento e nella valutazione della forza ma, a nostro avviso, negli sport di combattimento va rivalutata la possibilità di eseguire tali esercizi in una condizione più simile a quella della gara, prevalentemente nella stazione eretta.

Per dare più senso alla logica fin qui sviluppata in questo articolo dobbiamo soffermarci sul concetto “dinamico” di postura. Il termine postura, spesso evoca solamente condizioni parafisiologiche o patologiche dell’apparato muscolo-scheletrico. Per definizione invece si parla di postura come della posizione di un segmento corporeo rispetti agli altri segmenti e del corpo nella sua interezza rispetto all’ambiente che lo circonda e quindi come di una strategia adottata dal corpo nel mantenimento dinamico di una posizione (condizione) rispetto alla forza di gravità. Nel nostro caso in particolare, come per altro riportato in più lavori scientifici (Puchalska Belkania 2006; Darcmelia, Belkania 19856; Singer et al. 2001) nel descrivere l’esercizio fisico vogliamo porre l’attenzione sulla posizione dei segmenti corporei (arti superiori ed arti inferiori) rispetto al tronco e sulla posizione che il corpo, nella sua totalità, assume durante l’esercizio. Relativamente alla posizione corporea è possibile dividere grossolanamente gli esercizi con sovraccarichi in tre categorie: 1. esercizi eseguiti con il tronco in posizione sdraiata; 2. esercizi eseguiti con il tronco in posizione eretta da seduti; 3. esercizi eseguiti con il tronco in posizione eretta da in piedi. Le differenze esistenti tra queste tre categorie sono sostanziali! Negli esercizi svolti con tronco in posizione eretta nella stazione eretta le masse muscolari coinvolte sono decisamente più consistenti con importanti ripercussioni a livello neuromuscolare, cardiocircolatorio, respiratorio e metabolico. Negli esercizi in posizione sdraiata così come in quella seduta il contributo della

muscolatura degli arti inferiori è esiguo o addirittura nullo quando l’esercizio viene svolto da sdraiato. Lo stesso avviene per la muscolatura del tronco in genere e, in particolare, per quella parte importantissima della muscolatura che agisce sul canestro pelvico (core ). Gli esercizi così eseguiti si fanno più segmentali e la loro azione è rivolta, nella migliore delle ipotesi ad alcuni distretti muscolari. La “concentrazione” dell’effetto allenante neuromuscolare sul singolo muscolo, su muscoli sinergici o al massimo su di un segmento muscolare corporeo trovano a nostro avviso maggiore campo di applicazione nel body building, in alcune fasi particolari dell’allenamento o nel recupero da infortuni; essi però hanno minore potere allenante rispetto a movimenti complessi che coinvolgono intere catene cinetiche. Piuttosto che tentare una individuazione dei singoli muscoli coinvolti in un movimento complesso per poi allenarli in maniera localizzata decontestualizzandoli dalla loro azione all’interno di una catena cinetica, sembrerebbe più naturale allenarli attraverso movimenti in cui il singolo muscolo estrinseca la sua azione come componente di una catena muscolare ed in cui il movimento è collegato alle finalità dello stesso e all’ambiente circostante con le sue perturbazioni, prima di tutto la forza di gravità. La forza prodotta si fa funzionale  alle necessità. Tali concetti già alla base di noti metodi riabilitativi e di allenamento sportivo producono caratteristici effetti fisiologici. Nei soggetti sani l’esercizio fisico, qualunque sia la sua natura, è caratterizzato da un adeguamento della funzionalità cardiovascolare e respiratoria alle sue richieste. Tale adattamento dell’organismo entro certi limiti è proporzionato alla intensità dell’esercizio stesso. Oltre all’intensità però molti altri fattori contribuiscono ad influire sulla entità e sulla modalità della risposta. Tra questi la condizione di salute, lo stato di allenamento generale e specifico al tipo di richieste, la tipologia dell’esercizio, le condizioni climatiche e l’ ambiente teatro dell’attività fisica sono tra i più studiati. Minore attenzione viene spesso rivolta alle volte alle condizioni gravitazionali, clinostatismo o ortostatismo, nelle quali è eseguito l’esercizio fisico. Relativamente all’ambiente, almeno che non intervengano esigenze particolari, si può dare per scontato che un nuotatore si alleni prevalentemente in acqua. Non altrettanto diffusa risulta l’attenzione nei confronti della posizione in piedi piuttosto che sdraiata, nella quale si esegue l’esercizio. È noto che nel semplice passaggio da una posizione distesa ad una in piedi si può assistere a grossolane variazioni nella funzionalità cardiocircolatoria. In partico-

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Figura 1 – CCA.

Figura 2 – CA e CP.

Figura 3 – Particolare CCP.

lare la gittata cardiaca può diminuire fino al 30% e la gittata sistolica anche del 40%. Si può assistere ad un aumento della pressione diastolica e della frequenza cardiaca che può incrementare anche del 30% (Puchalska, Belkania 2006). Tale adattamenti non sono univoci in tutti i soggetti, ma possono modificarsi in relazione con l’adattabilità individuale del sistema cardiovascolare alle forze gravitazionali (Darcmelia, Belkania 1987) o a causa di condizioni patologiche come nel diabete, nella ipertensione arteriosa, in alcune patologie cardiache o durante la gravidanza. Tali adattamenti vascolari, legati alle forze gravitazionali, si possono ulteriormente modificare durante l’esercizio fisico eseguito in diverse condizioni gravitazionali, in piedi piuttosto che sdraiato, quando come avviene durante l’allenamento con sovraccarichi, si verifica un aumento della pressione e del volume sanguigno intratoracico (Singer et al. 2001). La posizione di lavoro, quindi, è in grado di condizionare la risposta cardiovascolare all’esercizio fisico. A parità di esercizio la posizione condiziona il tipo di risposta vascolare con conseguente modificazione della performance in un dato esercizio e delle capacità di recupero dopo lo sforzo (Cotsamine et al. 1987). Il tipo di risposta cardiovascolare all’allenamento in posizione sdraiata risulta chiaramente diverso da quello che avviene durante l’impegno agonistico. Come indicato in altri lavori scientifici (Haennel et al. 1992), inoltre, la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa media e la gittata sistolica e cardiaca si modificano al variare del tipo e della posizione e in particolare risultano incrementati negli esercizi che coinvolgono una maggiore quantità di masse muscolari. Gli esercizi segmentali coinvolgono un solo

segmento corporeo, al massimo simmetricamente, limitando il numero di muscoli che intervengono nell’esercizio. Con il lavoro in piedi la quantità di masse muscolari coinvolte è molto maggiore, come avviene durante il combattimento, con il coinvolgimento degli arti inferiori e dei muscoli del tronco amplificando la differenza nella risposta cardiovascolare tra il lavoro in piedi e quello da sdraiato. Si combinano in modo specifico le sensibilità al mantenimento dell’equilibrio, la sensibilità alle accelerazioni inferte e/o subite, fenomeni che collegandosi agli aspetti cardiovascolari e metabolici, tipici del lavoro in piedi, sono sia causa che manifestazione dello “specifico” senso di fatica. In particolare nell’allenamento con sovraccarichi alcuni esercizi prevedono una posizione sdraiata come nella distensioni su panca, in decubito supino, o al “rematore” in decubito prono. Tali esercizi, per la loro somiglianza con alcuni movimenti “tecnici”, sono stati molto utilizzati nella preparazione atletica di molti sportivi e di diverse discipline. Nel judoca, in particolare l’efficacia del sistema neuromuscolare nei movimenti di “spinta” e di “tirata” sono stati associati positivamente al livello agonistico con livelli decisamente più elevati di efficacia negli atleti di alto livello (Franchini et al. 2007). Da quanto sopra riportato è evidente che gli esercizi eseguiti in clinostatismo producono un coinvolgimento del sistema cardiovascolare diverso da quello ottenibile in stazione eretta. La diversità non si limita però al solo coinvolgimento del sistema cardiovascolare, ma coinvolge anche aspetti biomeccanici. Gli esercizi eseguiti da sdraiato concentrano il loro potere allenante su alcuni distretti corporei decontestualizzandoli dalle catene cinetiche muscolari

proprie dell’attività della vita quotidiana e dell’attività agonistica. Almeno che non si tratti di una gara di distensione su panca, il movimento eseguito da sdraiato risulta assolutamente poco affine alle esigenze dell’atleta, che durante la gara, è solito utilizzare quel distretto muscolare in stazione eretta come avviene nel judo. Nel  judo la capacità di produrre alti livelli di forza è la risultante della continua ricerca di un compromesso tra la capacità di produrre forze e il mantenimento di una condizione di equilibrio posturale. Quindi si è sentita la necessità di avere la possibilità di eseguire degli esercizi simili alla distensione su panca e al movimento di remata che, relativamente agli arti superiori ed in parte al tronco sono fortemente allenanti per la muscolatura sollecitata nelle fasi agonistiche, in una posizione più simile alla gara. Si è pensato quindi di valutare la spinta e la trazione in condizioni più vicine alla condizione abituale di allenamento e gara: la “spinta” e la remata sono state eseguite in piedi utilizzando una macchina appositamente costruita. La possibilità di lavorare in piedi permette di avvicinare maggiormente l’esercizio allenante al gesto sportivo che nella sua complessità non coinvolge singoli muscoli, ma piuttosto catene muscolari in cui l’azione del muscolo singolo è integrata alla attivazione di altri distretti muscolari. Nel movimento di “spinta” in piedi, per esempio, è facilmente immaginabile come l’attivazione dei muscoli “antero-interni” della spalla e quelli dell’arto superiore sia reso possibile e totalmente integrato nella attivazione massiva della intera catena cinetica muscolare anteriore (CA) e di quella crociata anteriore (CCA) (figura 1, 2) (Bosquet).

   5    7  .   n    I    V    X    X   o   n   n    A   a   v    i    t   r   o   p   s   a   r   u    t    l   u   c    i    d   a    t   s    i   v    i    R    /    S    d    S

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   5    7  .   n    I    V    X    X   o   n   n    A   a   v    i    t   r   o   p   s   a   r   u    t    l   u   c    i    d   a    t   s    i   v    i    R    /    S    d    S

Nel movimento di “remata”, eseguito in piedi è ipotizzabile una forte attivazione muscolare dei muscoli dorsali e più in generale della muscolatura che agisce sulla scapole, e della muscolatura delle braccia, ma tale attivazione è integrata e resa possibile dalla attivazione dell’intera catena cinetica posteriore (CP) di quella crociata posteriore (CCP) (figura 2, figura 3) (Bosquet 2002). I movimenti così eseguiti sono movimenti complessi che coinvolgono catene cinetiche muscolari piuttosto che singoli distretti muscolari. Per tale motivo la quantità di muscoli coinvolta è decisamente superiore rispetto ai movimenti segmentali. Dal punto di vista metabolico l’attivazione di così grande quantità di muscoli rende il lavoro più dispendioso e soprattutto più affine alle richieste della gara. A nostro avviso il migliore potere allenante di questi esercizi in piedi è anche da ricercare nella maggiore abilità richiesta per eseguire correttamente l’esercizio, ma anche una buona possibilità di standardizzazione del movimento che ne consente l’uso come dinamometro specifico per judoca e lottatori. Movimenti complessi in stazione eretta richiedono una attivazione “anticipatoria“ di alcuni muscoli che è pre programmata, specifica per l’obiettivo prefissato e strettamente correlata al movimento segmentale. Tali attivazioni sono da considerare come adeguamenti posturali, come una strategia adottata dal nostro SNC nell’intento di rendere possibile un compito motorio (Nardone, Schieppati 1998). Questa strategia avviene in stazione eretta e come detto è specifica per l’obiettivo prefissato. In tal senso il nostro obiettivo era quello di riprodurre in una macchina da allenamento, con gli enormi limiti legati alla riproduzione di un movimento naturale, un movimento simile a quello eseguito durante alcuni azioni tecniche. Pur nella impossibilità di riprodurre fedelmente un movimento così complesso e per lo più eseguito con un avversario, la strumentazione consente un movimento riproducibile e misurabile più vicino all’azione tecnica consentendo misurazione della efficienza neuromuscolare e l’esecuzione di allenamenti controllati. Come avviene durante alcuni movimenti tecnici, nelle esecuzioni di esercizi in piedi il corpo nella sua complessità è alla continua ricerca di un equilibrio rispetto alle forze gravitazionali che su esso intervengono. Se oltre alle forze gravitazionali intervengono delle “perturbazioni” il compito si fa più complicato e le strategie adottate si fanno più complesse. Se il semplice lavorare in piedi è già di per se più complicato che lavorare da sdraiati, il dover lavorare in piedi spingendo o tirando a sé un sovraccarico noto aggiunge difficoltà al movimento. Se pur difficilmente paragonabili alle per-

turbazioni provocate dall’avversario, con le sua imprevedibilità, tali perturbazioni rappresentano comunque nel nostro caso un avvicinamento delle condizioni di allenamento e di valutazione a quelle di gara. È possibile così valutare la forza e potenza in modo più collegata alle necessità di gara. Un primo approccio teso a studiare l’applicabilità, il gradimento e la soggettiva percezione di somiglianza della prova proposta a quello agonistico è stato condotto sugli atleti della Nazionale Italiana di Judo. Materiale e Metodi

Atleti

Sono stati testati gli atleti della Nazionale Italiana di Judo in preparazione dei Campionati Mondiali 2007. Compatibilmente con le esigenze del momento agonistico è stato scelto un atleta per ogni categoria di peso, sia per gli uomini che per le donne. I test sono stati eseguiti a venti giorni dalla competizione. Macchina per lavoro in piedi

Partendo dal presupposto di voler prediligere gli esercizi di “spinta” e “tirata” abbiamo utilizzato una macchina che consentisse questo tipo di gesto in stazione eretta. La macchina è costituita da un “piantone”, una piattaforma antiscivolo e un pacco pesi montato su due ercoline e collegato da cavi allo stesso piantone. Il piantone è libero di muoversi sul piano sagittale con movimento pendolare attraverso due cerniere che lo collegano alla piattaforma. La lunghezza del piantone è regolabile in base all’altezza del soggetto. Per rendere le prese più possibile simile a quelle della fase agonistica sono previsti

Figura 4 – Macchina per lavoro in piedi (MAS 1) regolata per le spinte.

due sistemi di regolazione (figura 4). Le prese, l’altezza delle regolazioni e la posizione dei piedi è stata registrata per favorire la ripetizione dei test nell’arco del tempo. Alla stessa macchina, invertendo le impugnature, è possibile eseguire sia i movimenti di spenta che quelli di tirata. Procedura sperimentale

Agli atleti sono state spiegate le modalità e le finalità del test. Nei giorni precedenti il test gli atleti avevano avuto modo di familiarizzare con la strumentazione. A scopo didattico il movimento è stato diviso in cinque fasi: posizionamento, caricamento sugli arti inferiori, fase iniziale di “spinta” con gli arti superiori , massima attivazione degli arti superiori, fine movimento. (figura 4 e 5).

Figura 4 – Sequenza delle cinque fasi della spinta in piedi.

Figura 5 – Sequenza delle cinque fasi della tirata in piedi.

Dopo un riscaldamento codificato gli atleti eseguivano il test che consisteva in quattro serie di tre ripetizioni. Il carico esterno era crescente per ogni serie tra il 30 e il 60% del peso corporeo per le “spinte” e tra il 30 e il 70 % per le “tirate”. Tra ogni serie veniva concesso un recupero di 4 min. Agli atleti veniva chiesto di eseguire ogni singola ripetizione al massimo della velocità. Tra le ripetizioni eseguite con tecnica corretta veniva scelta la prova migliore. Il test di “spinta” in piedi e quello di “tirata” in piedi sono stati eseguiti in due giorni diversi. La posizione dei piedi è stata registrata cosi come tutte le altre regolazioni su apposito verbale.

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Dinamometria

Il Muscle LabTM  (Bosco SistemTM , Rieti ) è stato utilizzato per misurare alcune variabili meccaniche legate al movimento. In particolare si è utilizzato l’encoder  lineare e il software  dedicato per la misura della velocità del movimento, della potenza e della forza prodotta. L’encoder  veniva calibrato per ogni atleta rispetto alla posizione di inizio e fine del movimento. Risultati

Trattandosi di atleti con caratteristiche corporee assolutamente differenti tra loro i dati sono presentati non come valore assoluto ma piuttosto come misura relativa. Pur rimanendo l’obiettivo quello del confronto intra individuale a distanza di tempo (longitudinale), l’espressione delle variabili in funzione del peso corporeo può essere utile per meglio comprendere l’efficienza raggiunta dagli atleti. Le variabili prese in considerazione sono il massimale 1Rm: il massimale calcolato; 1Rm/kg: il massimale calcolato normalizzato per il peso corporeo; Wattmax: la massima potenza misurata durante il test; kgmaxWatt: il carico esterno con cui l’atleta produce la sua massima potenza; Watt/kg: la massima potenza normalizzata per il peso corporeo; N/kg: la massima forza misurata durante il test normalizzata per il peso corporeo. Ad ogni atleta è stato casualmente associato un codice numerico. I dati sono presentati in tabelle separate per gli uomini e per le donne, per l’esercizio di “spinta” in piedi e di “tirata” in piedi (tabelle 1-4). Discussione

Questo lavoro è basato su dati preliminari che necessitano di ulteriore approfondimento. Potrebbe essere di grande interesse un approfondimento sugli aspetti biomeccanici e metabolici legati all’utilizzo di que-

Atleta

1Rm

1Rm/kg

Wattmax

KgmaxWatt

Watt/kg

N/kg

1

128

0,87

614

59,4

4,15

6,30

2

50,7

0,66

295

25,3

3,88

5,13

3

64,3

0,91

343,7

32,9

4,91

6,93

4

119

1,29

513

64,5

5,88

6,36

5

60,3

0,92

256

29,8

3,95

6,80

Tabella 1 – Risultati nella “spinta” in piedi di cinque atleti.

Atleta

1Rm

1Rm/kg

Wattmax

KgmaxWatt

Watt/kg

N/kg

1

73

1,04

366

31,3

5,23

6,5

2

31

0,58

125

18,8

2,36

4,3

3

49

0,83

215

23,7

3,65

4,92

4

68

0,85

243

47,1

3,04

5,56

5

34

0,50

214

16,2

3,1

4,12

Tabella 2 – Risultati nella “spinta” in piedi di cinque atlete.

Atleta

1Rm

1Rm/kg

Wattmax

KgmaxWatt

Watt/kg

N/kg

1

166

1,12

716,6

72,5

4,84

6,74

2

69,7

0,91

373

32,6

4,9

6,64

Tabella 3 – Risultati nella “tirata in piedi” di due atleti.

Atleta

1Rm

1Rm/kg

Wattmax

KgmaxWatt

Watt/kg

N/kg

1

48

0,82

216

29,5

3,6

4,97

2

69,4

0,87

366,5

32,6

4,58

5,73

Tabella 4 – Risultati nella “tirata in piedi” di due atlete.

   5    7  .   n    I    V    X    X   o   n   n    A   a   v    i    t   r   o   p   s   a   r   u    t    l   u   c    i    d   a    t   s    i   v    i    R    /    S    d    S

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   5    7  .   n    I    V    X    X   o   n   n    A   a   v    i    t   r   o   p   s   a   r   u    t    l   u   c    i    d   a    t   s    i   v    i    R    /    S    d    S

sta strumentazione così come sulla riproducibilità e sulla validità del test rispetto al livello agonistico. La compliance degli atleti è stata ottima e nella esecuzione non si è verificato nessun infortunio. Il movimento eseguito pur nella sua complessità risulta naturale. Rispetto ai movimenti di “spinta” e tirata da sdraiati le azioni di “spinta” e di “tirata” in piedi, che in questa tipologia di atleti rappresenta la normale estrinsecazione di un movimento propedeutico per alcune azioni tecniche, risulta anche più vicino ad alcune azioni del vissuto quotidiano. Da noi intervistati alla fine del test gli atleti hanno riferito una sufficiente somiglianza del movimento con il gesto tecnico . In particolare gli atleti hanno trovato che la ricerca della migliore posizione per la “spinta” in piedi è interessante perchè simile alla strategia adottata durante alcuni gesti tecnici come nel tentativo di allontanare l’avversario in cui l’efficacia del gesto è legata sia alla capacità di produrre forza che alla abilità nel mantenere il baricentro corporeo nella migliore posizione. Il movimento di “tirata” in piedi è risultato più naturale per tutti gli atleti che lo hanno eseguito istintivamente in maniera corretta . Le variabili fisiologiche, come noto in letteratura, sono influenzate dalla posizione del corpo ed anche gli adattamenti all’allenamento lo saranno. L’allenamento in posizione sdraiata risulta poco specifico per gli  judoca, ma sicuramente è caratterizzato da minore stress a livello della colonna vertebrale. In tal senso è ipotizzabile una integrazione tra i due tipi di lavoro in piedi e sdraiato a secondo delle fasi di preparazione

e delle condizioni dell’atleta. La macchina per il lavoro in piedi può essere utilizzata per i test e per l’allenamento. Se i prossimi studi sulla riproducibilità confermeranno le impressioni positive riportate in questo lavoro, è ipotizzabile l’utilizzo della strumentazione da noi proposta per eseguire una misura ergometrica più possibile vicina alle sollecitazioni a cui l’atleta è sottoposto durante l’attività agonistica (ergometria specifica) (Dal Monte, Faina 1999). Il lavoro in stazione eretta per il coinvolgimento

muscolare massivo che provoca può essere utile quando si vogliono studiare i rapporti tra lo stato nutrizionale e l’efficienza fisica. Nella maggioranza dei casi esiste una leggera discrepanza tra il peso corporeo lontano dalla gara e quello di gara. L’obiettivo di ridurre al minimo tale differenza è di fondamentale importanza, ma si è avvertita la necessità di avere dei mezzi di controllo dell’efficienza fisica in funzione della variazione della composizione corporea (Melchiorri et al. 2000). Si potrebbe ipotizzare la possibilità di una sorta di feedback della funzionalità muscolare sulla efficacia del trattamento dietoterapico. Non solo il peso corporeo come controllo della efficacia della dieta, ma piuttosto l’integrarsi di variabili funzionali con quelle ponderali nella logica che ad una diminuzione di peso non dovrebbe corrispondere una diminuzione della efficienza. In tal senso le misure dinamometriche saranno rivalutate in funzione della composizione corporea eseguendo uno scaling delle variabili meccaniche per la massa magra del singolo atleta (Melchorri, Faina 1997). Similmente nel controllo degli adattamenti indotti dall’allenamento la possibilità di eseguire test in cui il movimento oggetto del test si avvicina molto a quello tecnico potrà consentire una ottimizzazione delle strategie di tapering finalizzate ad un impegno agonistico. La macchina per il lavoro in piedi può essere utilizzata per i test e per l’allenamento. Conoscendo il massimale di ogni singolo atleta è possibile elaborare degli allenamenti finalizzati al miglioramento delle diverse qualità muscolari come si farebbe con qualunque altro esercizio con sovraccarichi.

Bibliografia Puchalska L., Belkania G.S. Haemodynamic ressponses to the dynamic exercise in subjects exposed to different gravitational condition, J. of Physiol.and Pharmacol., 2006, 57, suppl 11, 103-11. Darcmelia W. A, Belkania G., Typological characteristic of hemodynamic states in orthostatic in healthy people, Kosm. Biol. Aviakosm. Med., 1985, 19, 2, 26-33. Singer W., Opfer-Gehaking T. L., McPhee B. R., Hilz M. J., Low P. A., (2001) Influence of posture on the  Valsalva manoeuvre, Clin. Sci., 2001, 100, 433-440. Haennel R: G et All Changes in blood pressure and cardiac output during maximal isokinetic exercise. Arch Phys Med Rehabil 1992; Feb , 73(2), 150-155.Franchini E., Nunes A. V., Moraes J. M., Del Vecchio F. B., Physical fitness and anthropometrical profile of the Brazilian male judo team, J. Physiol. Anthropol., 26, 2007, 2, 59-67. Bosquet L., Le catene muscolari, Roma, Ed. Marrapese, 2002. Nardone A., Schieppati M., Postural adjustaments associated with voluntary contraction of leg muscles in standing man, Exp. Brain. Res., 69, 1998, 3, 469-480. Dal Monte A., Faina M. Valutazione dell’atleta, Torino, UTET, 1999. Melchiorri G., Andreoli A., Candeloro N., De Lorenzo A., Changes in body composition caused by intense physical training, Clin. Ter. 2000, 151, 2, 73-6. Melchiorri G., Faina M., Scaling in athletes of different sport, SecondAnnual Congress of European College of Sport Science, Nice 1997.

Ringraziamenti: Gli autori vogliono ringraziare sinceramente tutti gli atleti della nazionale seniores, il Direttore Tecnico Felice Mariani ed i tecnici Dario Romano e Luigi Guido per la loro fattiva collaborazione ed i dirigenti della Federazione Italiana Judo Lotta Karate ed Arti Marziali per l’attenzione riservataci. Giovanni Melchiorri, [email protected]

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