Playboy.11.2015

May 7, 2017 | Author: NeXr0x | Category: N/A
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Descripción: Playboy.11.2015...

Description

M E N S I L E

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N . 4

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A N N O

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N O V E M B R E

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EDITORIALE » Cari Lettori,

poco prima della chiusura del numero di novembre, Playboy USA ha annunciato, attraverso il New York Times, che dal numero di marzo 2016 “saranno presenti pose provocanti ma non più donne completamente nude. Oggigiorno con un click si può accedere a tutto, il nudo non ha più il fascino del proibito di una volta, da qui la decisione del cambiamento”. La notizia ha fatto il giro del mondo in pochissime ore e anche noi publisher delle edizioni estere siamo stati un po' sulle spine, per lo meno fino a quando, in una riunione globale che ha visto presenti tutti i miei colleghi, l’America ha lasciato piena libertà ad ogni Paese di procedere come riterrà opportuno in base alla risposta del proprio pubblico. In Italia Playboy

continuerà ad essere il riferimento per l’uomo in edicola e in tutte le sue estensioni digitali. La scelta di Playboy USA è chiara e delinea un nuovo corso editoriale in cui la libertà, ancora una volta, riveste un ruolo fondamentale sulle pagine del nostro magazine. Abbracciamo con coraggio la decisione e rilanciamo: da oggi saranno le nostre protagoniste a scegliere in che modo mostrarsi ai lettori, con la garanzia della qualità di stile che contraddistingue la testata da sessant' anni. Del resto l’autodeterminazione femminile passa anche dal piacere e la volontà di mostrarsi senza veli e non saremo di certo noi a censurarle. Per partire bene con questo nuovo indirizzo la nostra prima Playmate italiana, Elena Riz, abbraccia uno dei simboli del design della Penisola. This is our “Italian Job”!

A N D R E A M I N O I A E DI TORE

N . 4

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N O V E M B R E

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S O M M A R I O

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36

52.

CURA DI SÉ For ever young L I F E S T Y L E N E V A

L E O N I

54.

LE RAGAZZE DEL PORNO

R U B R I C H E

Hard movie played by free women

12.

PLAYBOY WORLD

58.

News, feste ed eventi

PLAYBOY ADVISOR

13.

Domande e risposte by Charlie

SARANNO FAMOSE

F O R U M

Le dive di domani

60.

14.

FICTION O REALTÀ? di Elisabetta Cametti

NUDI E CRUDI News dal mondo

15.

SOCIAL BEAST

62

Il peggio dalla Rete

16.

VIAGGI Viva Las Vegas

P I C T O R I A L

17.

22.

34.

Eventi e appuntamenti da non perdere

La surroga del mutuo

Jarno Rosso Montepulciano sincero

MOSTRE

18.

CINEMA E SERIE TV Novità su piccolo e grande schermo

MONEY

24.

TECNOLOGIA Musica da ascoltare

IN VINO VERITAS

36.

MOTORI Provati per voi

28.

• MOTO

I nostri suggerimenti

Carpaccio di manzo by Giancarlo Morelli

• AUTO

20.

30.

Concerti, nuovi album e personaggi

The pink spank by Dom Costa

• LET THE MUSIC PLAY

32.

19.

LIBRI + VIDEOGAME

MUSICA

Edoardo Bennato

• INTERVIEW Stefano Bollani

FOOD

DRINK

PIANETA BIRRA Lambic

- Honda Africa Twin - Eicma Wave Jaguar XF

44.

SESSO Un tram chiamato desiderio

48.

STILE The gentleman's list

P B

I N T E R V I E W

CHRISTOPH WALTZ Dal teatro viennese a Tarantino, l'ultimo cattivo di Bond che ha conquistato l'America

Vivi

le

tue

7 vite

everyday

Scopri MANTICO zayno, la borsa sartoriale

www.mantico.it

SEZIONE N . 4

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N O V E M B R E

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S O M M A R I O

2 0 Q

98.

PHILIPP PLEIN Il Casanova della moda

110.

FACE TO FACE Mauro Covacich S P O R T S P E C I A L E

78.

NBA

0 0 7

114.

Milioni, donne e stravaganti follie

BOND GIRL'S WORLD

81.

DANILO GALLINARI

120.

Italian style

VITA DA 007

84.

124.

FITNESS The biker training

SEIMILA VOLTE BOND

P I C T O R I A L S

STONE-COLD FOX

86

126.

PORTRAIT Mariastella Gelmini, quando il potere ha i tacchi a spillo

130.

ARTIST PLAYGROUND Eros absconditus

136.

MODA The black and white selection

142.

104

LADY TABATA Fumetto a puntate G E T O P E N

ELENA RIZ La Playmate del mese

W I N D O W S

94.

S O C I A L

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DIRETTORE RESPONSABILE Vincenzo Petraglia - [email protected] REDAZIONE Chiara Mazzei [email protected] Federica Piacenza (Moda) - [email protected] Stefano Fisico (Musica e spettacolo) - [email protected] GRAFICA Michele Magistrini - [email protected] Sebastian Páez Delvasto - [email protected] Laura Pozzoni - [email protected] PHOTO EDITOR Carlo Sessa - [email protected] FOTO E ILLUSTRAZIONI Ansa, AP, Fotolia, The Noun Project COLLABORATORI Bruno Ballardini, Riccardo Barioni, Luca Bergamin, Elena Bia, Manuela Blandino, Davide Bonaiti, Gavin Bond, Elisabetta Cametti, Sara Cervo, Charlie, Dom Costa, Andrea De Santis, Francesca Di Maro, Sasha Eisenman, Davide Esposito, Franco Faggiani, Raffaele Gomiero, Giusy Iorlano, Maurizio Maestrelli, MaGiO, Greg Manis, Giancarlo Morelli, Giorgio Nadali, Elia Pasini, Biagio Picardi, Elisa Pitta, Irene Pittatore, Stephen Rebello, Sarah Scaparone, Irene Spagnuolo, Nico Vassallo KYTORI SRL Sede Sociale e Redazione Via NIno Bixio 7, 20129 Milano www.kytori.com [email protected] tel. +39 02. 365.19.240 - fax +39 02. 365.19.247 EDITORE E CEO Andrea Minoia - [email protected] DIREZIONE MARKETING Ciro Montemiglio - [email protected] PRODUCT MANAGER Clio Cueto - [email protected] UFFICIO STAMPA PICOandCo.municazione Via Savona 97/3c - Milano [email protected] - www.picoandcomunicazione.com PUBBLICITÀ PUBLISTAMPA SRL Sede Legale: Corso Vercelli 25 - 20144 Milano Sede Operativa: B. Quaranta 29 - 20141 Milano tel. +39 02.573.71.71 - 02. 546.99.93 - fax +39 02. 541.07.522 STAMPA POLIGRAFICI IL BORGO SRL Via del Litografo 6 40138 Bologna (BO) DISTRIBUZIONE PER L’ITALIA Distribuzione SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A. Via Bettola, 18 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tel. 02.660301 PLAYBOY ENTERPRISES, INTERNATIONAL EDITOR IN CHIEF HUGH M. HEFNER U.S PLAYBOY Chief Executive Officer Scott Flanders Chief Operating Officer David Israel Editorial Director Jason Buhrmester Art Director Mac Lewis PLAYBOY INTERNATIONAL PUBLISHING SVP/Content Licensing & Rights Mike Violano Publishing Services Manager Mary Nastos Digital Asset Manager Gabriela Cifuentes Coordinator Lacey Won ©2015 Kytori srl ©2015 PLAYBOY, as to material published in 2015, July; 2015, November; 2015, October; U.S. Edition of Playboy PLAYBOY, PLAYMATE, PLAYMATE OF THE MONTH, PLAYMATE OF THE YEAR, RABBIT, HEAD DESIGN AND FEMLIN DESIGN are trademarks of and used under licence from Playboy Enterprises International, Inc. Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione dei contenuti, totale e parziale in ogni genere e linguaggio è espressamente vietata. Tutti i marchi citati nella rivista sono di proprietà delle rispettive Case. Registrazione presso il Tribunale di Milano con il n. 215 del 2 luglio 2015

PLAYBILL SARA CERVO

DAVIDE ESPOSITO

DAVIDE BONAITI

ELIA PASINI

ELISABETTA CAMETTI

Editor

Fotografo

Fotografo

Giornalista

Scrittrice

Durante una giornata di agosto immersa nel suo mare sardo capisce che “da grande” vuole lavorare nell’editoria. Così dopo una laurea in Storia dell’Arte Contemporanea alla Sapienza si trasferisce a Milano, qui inizia a lavorare come photoeditor per importanti testate come Cosmopolitan e Gioia, dove scrive anche di arte. In passato ha collaborato come giornalista per L’Officiel Home, VanityFair. it e GQ.com. È stato critico fotografico per la manifestazione “FotoGrafica” e Festival Cortona On The Move. Attualmente è web content editor per il Milano Arte Moda, dove si occupa di cultura e lifestyle, scrive per altre testate, ha messo in stand by il suo blog volevofaresololaphotoeditor, con il quale ha vinto i Macchianera Blog Award, e studia per diventare una vera social media.

Figlio di pittrice e scrittore, lavora per circa dieci anni come architetto praticando fotografia architettonica, paesaggistica, still life e pubblicitaria. Vero ammiratore del rinascimento italiano studia i trattati dei più noti artisti dell’epoca e realizza numerose copie in dimensione e tecnica originale. Successivamente la fotografia e la modellazione 3D prendono il posto della pittura e della scultura. Sebbene maturi immediatamente una forte vocazione creativa per opere fine art si dedica prevalentemente alla fotografia commerciale, collaborando con molti marchi di moda internazionali, fino a diventare fotografo editoriale dal 2008, pubblicando su quasi 90 numeri di Playboy in tutto il mondo in soli cinque anni. Dal 2010 si avvicina al mondo degli spot video e del cinema, diventando direttore della fotografia del film Vorticale diretto dal fratello Matteo Esposito.

Ritrattista è il termine che meglio lo definisce: ciò che ama della fotografia non è solo la ricerca estetica, a cui comunque tende, da vero estimatore del “bello”, ma soprattutto la ricerca più profonda del personaggio che ha davanti all’obiettivo. In passato art director in agenzia pubblicitaria, ha lasciato pc e scrivania per viaggiare e dedicarsi al reportage, sua prima passione. Ha così scoperto che più che i posti per lui contano le persone, che esplora con vera curiosità attraverso la sua macchina fotografica, in qualunque paese si trovi. Ama fotografare le donne, fissare in uno scatto la loro complessità, ma ha anche scoperto che gli uomini non sono un soggetto poi così spiacevole. Lavora come freelance e i suoi editoriali sono pubblicati in Italia e all’estero.

25enne, riminese. Ha due grandi passioni: il basket e il rock (con Lovecraft e Hitchcock arriviamo a quattro). È diplomato alla Bottega Finzioni di Carlo Lucarelli e alla Holden di Alessandro Baricco. Ha pubblicato racconti (sul Corriere della Sera e su Playboy) e poesie; ha scritto per il teatro e ha intervistato musicisti, personaggi del mondo dello spettacolo (tra cui Lapo Elkann) e cestisti. Scrive per NBA Religion (network Gazzetta dello Sport) e per Metallized; è articolista, critico ed editor. Vorrebbe vivere una settimana – o un decennio – nella Swinging London (e incontrare gli Who al top della follia); sogna il giorno in cui assisterà all’ultima esibizione di un Michael Jordan ormai centenario – ma ancora in versione Air – con Jimi Hendrix tornato dall’aldilà per fare da colonna sonora alla partita.

Opinionista all’alba, top manager durante il giorno e scrittrice di notte. La stampa l’ha definita la signora del thriller italiano e Katherine Sinclaire, protagonista dei suoi libri, è stata battezzata “il contraltare femminile di Robert Langdon, l’eroe dei romanzi di Dan Brown”. Elisabetta si è laureata in Economia e Commercio all’università Bocconi e lavora da vent’anni nell’editoria, prima come direttore generale della divisione collezionabili di De Agostini e ora a Londra nel gruppo internazionale Eaglemoss. È spesso ospite a Mattino Cinque, dove approfondisce casi di cronaca. I suoi libri sono stati pubblicati in 12 paesi e, dopo il successo internazionale della saga K, torna in libreria in questi giorni con un nuovo thriller: Il regista (Cairo Editore). Primo attesissimo romanzo della serie 29, con protagonista la fotoreporter d’assalto Veronika Evans.

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WORLD

N E W S ,

of F E S T E

P L AY BOY E D

E V E N T I

NEWS

IL MONDO PARLA DI PLAYBOY » “Come la freccia dall’arco scocca vola veloce di bocca in bocca”… e così la drastica notizia è arrivata ai media e da lì si è diffusa come un’epidemia nelle case degli italiani: niente più nudo su Playboy. Ahhhhh….. un grido collettivo si è diffuso nell’aria, i lettori – telespettatori - utenti, vinti da un improvviso calo di pressione, si sono precipitati in bagno per bagnarsi i polsi, nello specchio i loro visi contorti in un’espressione di terrore… È la fine di un’era, dei numeri nascosti sotto al letto, delle finte copertine con cui i pendolari nascondevano le peccaminose immagini, delle

pagine costantemente “incollate”… proprio ora che col Nude Look non si doveva fare neppure lo sforzo di immaginare cosa era celato sotto il fitto boschetto. Ma stiamo scherzando? Di fronte a questa disperata reazione l’editore è dovuto intervenire, e con una dichiarazione incoraggiante ha restituito agli italiani l’agognata serenità. Rassicurati dalla smentita, che conferma altri ricchi anni di glabro splendore, possiamo ritornare sereni alle nostre scrivanie e attendere con impazienza i prossimi numeri ormai certi che non saremo obbligati a leggerlo solo per gli articoli…. almeno in Italia.

. IT

AAA CERCASI PLAYMATE » Vuoi diventare Playmate o suggerire a un’amica di candidarsi? Da oggi è possibile farlo direttamente dalla pagina Facebook (fb. com/playboyitalia). Come?

Semplicissimo: vai sulla pagina e clicca sull’App dedicata, compila il form e carica le foto. La tua candidatura sarà inoltrata in pochi minuti.

PLAYBOY PARTY

» Previste a Milano temperature bollenti per la serata del 28 novembre. Il famoso locale Indastria Milano sarà palcoscenico di una delle spettacolari feste firmate Playboy. Location esclusiva, musica strepitosa e conigliette esplosive per un party che si prospetta indimenticabile. Special guest la sexy Playmate di novembre Elena Riz… ESAGERARE è decisamente il nostro peccato preferito!

Via Toffetti 25 infoline: +39 344 209 9500 indastriamilano.it

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B E R T I N O G R E T A A S S I S T A N T P H . | R O M A H O M E B A S T I A N E L L I L O C A T I O N | S T R O N A T I G I U L I A H A I R | B O N A I T I D A V I D E P H O T O

FAMOSE

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NEVA LEONI ġRomana, 23 anni, ha studiato canto e recitazione, suona la chitarra e ha lavorato al cinema, in tv, a teatro. Da grande vorrebbe «continuare a fare l’attrice» e magari maturare più esperienza a teatro anche se le fa ancora «molta paura». Comunque, se non la rivedremo nel cast di Che Dio ci aiuti, potremo trovarla tra qualche mese sul grande schermo. È brava Neva, lo abbiamo già appurato, e pure molto graziosa e accattivante. Lei, che non riesce proprio a vedersi nei panni della bellona sexy, nella scelta tra dolce, seducente e brillante, risponde allegramente «brillante!». Buona vita e in bocca al lupo, Neva! - I.Spa

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ERRORI SONO

MARCHIATI NELLA PELLE 51%

»

Il numero di pipe con tracce di cannabis trovate nel giardino di Shakespeare a Stratford-Upon-Avon.

1 CM » La lunghezza

che il fumo può far perdere al pene secondo una ricerca americana. Anche se non viene utilizzato, con del sano sesso, tende ad accorciarsi e può ridursi anche di 1 o 2 cm.

degli italiani vuole sostituire un tatoo con uno nuovo

58%

dei tatoo da cambiare sono i nomi di partner del passato

$40.000

NUDI E CRUDI

» I soldi risparmiati nel 1987 da American Airlines semplicemente togliendo un'oliva a ciascuna delle insalate che serviva in prima classe.

35%

vuole cambiare citazioni celebri o tratte da film

31%

lo stemma della squadra del cuore

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» Le probabilità che un piccione ti caghi addosso durante una passeggiata di due ore a New York

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UN RENE NON È PER SEMPRE » Esistono musei di ogni tipo, si sa. Ma il museo dei collari di cane ci mancava. Esiste davvero, nel Kent, in un popò di castello che ospita una rara collezione che abbraccia cinque secoli, tracciando la storia dei collari dal Medioevo all'Epoca Vittoriana. I 100 pezzi furono raccolti dallo studioso di storia medioevale John Hunt e da sua moglie Gertrude, che la donò al Leeds Castle nel 1979 in memoria del marito.

» Il villaggio di Hokse, in Nepal, è ormai tristemente noto come “il villaggio dei reni”. Sì, perché la maggior parte dei suoi abitanti, per far fronte alla povertà, ha venduto un rene ai trafficanti di organi, i quali non si sono fatti scrupoli a raccontare che, tanto, sarebbe ricresciuto.

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Per una capitale più prosperosa...

social

beast LE CA**TE DEI VIP DALLA RETE D I

F R A N C E S C A

D I

M A R O

ŧIl polverone Marino ha gettato la capitale nello sconforto. Sfiducia e rassegnazione regnano tra le strade dell’antico impero, piegato dai siparietti della politica. Ma niente paura, ci pensa la Cipriani a “risollevare”… gli animi! La formosa showgirl italiana arriva su Instagram con la sua proposta elettorale:

“Francesca Cipriani, per una capitale più prosperosa. + Tette – Tasse”. Cara Francesca, ci dispiace contraddirti, ma questo matrimonio no sa da fare, con la tua proposta purtroppo le tasse aumenterebbero vertiginosamente a causa della “maggior occupazione del suolo pubblico”!

Camouflage Antò fa caldo! ŧIn occasione dell’autunno ecco un' altra foto di Naike

Rivelli... nuda, tanto per cambiare! Del resto arrivano i primi freddi, quale migliore occasione per spogliarsi! La bella figlia di Ornella Muti probabilmente soffre di una terribile dermatite da tessuto, o forse ha solo sempre molto caldo, sta di fatto che quando c’è lei di mezzo di tenersi i vestiti addosso proprio non se ne parla. Fortuna che almeno sia un bel vedere, perché in fatto di sensualità non le si può insegnare nulla. Le sue foto poi sembrano quasi artistiche. Probabilmente insieme a pizzi, frustini e “fili interdentali”, tiene chiuso in un cassetto anche un fotografo professionista. Del resto può sempre servire, un po’ come il pettine nella borsetta, mica che capiti di indossare un perizoma e non c'è nessuno pronto a fotografarti il sedere!

ŧStile eccentrico, macchine di lusso, vita da nababbo… Di chi parliamo? Di Lapo Elkann, ovviamente. Il rampollo di casa Agnelli non smette mai di stupirci e con i suoi look da superstar sembra voler ricordare a tutti i costi “quanti ne ha”! La sua ultima trovata, una foto scattata poco prima della partita della Juve, infilato in una tuta mimetica e pronto al decollo in elicottero… quale mezzo migliore di questo per evitare il traffico da stadio! Ma ciò che stupisce è la quantità di scatti che carica sul suo profilo Instagram. Post su post, senza tregua, tanto che qualcuno potrebbe insinuare che non abbia proprio nulla da fare… queste male lingue non perdono mai occasione! Ma noi, sempre candidi e benpensanti, siamo certi che anche se zio Paperone (anzi nonno) un po’ di monetine gliele ha lasciate, Lapo sia un vero stacanovista, tanto che pur di non fare tardi a lavoro… magari ci va in elicottero!

Nothing good happens before midnight ŧDonne, feste, yacht, donne, champagne, casinò, donne, suite, limousine e, nel caso non l’aveste capito… donne! Lui si chiama Dan Bilzerian, ed è l’uomo più seguito sui social network. Il suo profilo Instagram (@danbilzerian) ha oltre 13 milioni di fan. Il motivo? La fi… filosofia delle sue giornate! Il ricchissimo giocatore di poker ha infatti capito tutto della vita e passa il tempo tra feste e donne bellissime, tutte pagate ovviamente. Ma Dan sa anche unire il piacere agli affari, infatti è sempre grazie alla fi… filosofia delle sue giornate che i brand lo pagano per far comparire i propri prodotti nelle foto che pubblica su instagram. Per qualcuno è decisamente un nullafacente, per noi… semplicemente un genio!

VIAGGI

scenze con viaggiatori glamour da tutto il mondo. Al quarto si… piazza la piscina dell’Aria Casinò, so stylish!

IL POSTO GIUSTO PER PROVARE COSE FOLLI E RESPIRARE UN PO' DI ADRENALINA TRA GIOCO D'AZZARDO E DONNE DA URLO

tre al Mandala Bay la stessa compagnia è protagonista di Michael Jackson One, il musical in onore del mitico cantante.

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ŊCi sarà di sicuro anche

Elvis al via della Rock’n Roll Marathon il 15 novembre. Ovviamente non sarà il vero Presley (anche se, come sapete, secondo la leggenda The Pelvis ancora non sarebbe passato a miglior vita…), ma di sicuro uno dei tanti attori e cantanti che lo impersonano anche a Las Vegas adesso che Graceland sta per aprire un nuovo hotel museo nella capitale mondiale dei casinò: qui, del resto, al WestGate Resort, la mostra dedicata al

mito della musica americana sta registrando da mesi il tutto esaurito grazie alla raccolta di memorabilia, locandine, fotografie, il primo disco d’oro e persino la sua Harley Davidson, alla Lincoln Continental del 1962, oltre ai celeberrimi abiti con le perline luccicanti. A Sin City del resto, la città della perdizione e dei milioni di dollari, che si vincono o si perdono ogni minuto del giorno e della notte, non c’è distinzione tra finzione e verità: l’importante è solo giocare!

1

Correre sulla mitica Strip La maratona è un evento imperdibile perché si parte e si arriva sulla Strip (www. runrocknroll.com/ las-vegas), l’avenue che taglia come un panino al burro questa città oasi dalle luci elettriche colorate nel deserto del Nevada (non perdete il Museo dei Neon): si può scegliere il percorso da 5, 10 km, la mezza maratona o appunto la corsa completa, tutte si disputano al buio della sera, con la possibilità eccezionale di attraversare a piedi questa illusione fatta di slot machine, tavoli verdi pieni di fiche, hotel e casinò mirabolan-

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ti: il Bellagio con le sue zampillanti fontane, il Venetian Resort che è una copia della città lagunare con tanto di gondole, il lussuoso Caesars Palace. 2

Le Pool più Hot Anche se novembre è un mese più clemente dal punto di vista climatico, i giorni di gran caldo non mancano mai. E allora ecco che si ci spoglia e ci si tuffa nelle piscine dei casinò. Le più “hot” sono quella del Wynn Resort dove nell’acqua azzurra tra le palme pin up bionde e giovanotti dai muscoli rosati dal sole stanno tutti pigiati indossando solo bikini e slip, bevendo

cocktail. Anche la pool Nirvana dell’Hard Rock Hotel & Casinò sembra una spiaggia tropicale, che piace tantissimo a starlette e attori in vacanza da Hollywood, che sfoggiano i mini costumi acquistati nelle boutique del Crystals at the CityCenter’s mall. Da brividi il Beach Club 25 che si trova appunto al 25° piano dello Stratosphere Hotel: si gioca a beach volley guardando dall’alto i passanti che paiono piccoli come palloni. Al terzo posto della sexy pool parade c’è la piscina del Planet Hollywood: è praticamente sulla Strip, qui ci si rilassa alla grande sui lettini, facendo cono-

Al volante di una Supercar A Las Vegas tutto è possibile: guidare su di un circuito una Lamborghini, una Corvette, una Porsche (www.worldclassdriving.com), in pratica le supercar che si vedono nei telefilm d’azione made in USA. O varcare la soglia di un Museo interamente dedicato alla Mafia (www.themobmuseum.org) oppure fare lezioni di yoga mimando i salti dei delfini (www.mirage.com). E poi ci sono gli show musical: Zarkana, interpretato dal Cirque du Soleil all’Aria, men-

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Cena al Nobu e poi è party time Il Sushi del Nobu Restaurant è delizioso come se lo steste mangiando in Giappone. All’Atelier de Joel Robuchon, nell’MGM Grand, si gusta una

» Il Last Vegas Strip, il boulevard ad altissima concentrazione di hotel e casinò, è l’attrazione turistica più visitata al mondo con 39,67 milioni di persone andata a vederlo solo nel 2014. Per rendere l’idea, sappiate che il numero di visitatori della Tour Eiffel è 7 milioni. Se vi va di fare un giro per giocare alla Roulette, ricordatevi che il gioco da casinò più vecchio al mondo ha una particolarità: la somma di tutti i suoi numeri fa 666. Vi dice qualcosa?

tartare paradisiaca. Poi è tempo di party. Dove? Al sofisticato Hyde del Bellagio, disegnato da Philippe Starck, all’Hakkasan dell’Mgm dove si esibiscono alla consolle i dj più cool del momento. Infine, si va ad aspettare l’alba che accende di arancio le rocce rosse del Red Rock Canyon (A) una ventina di miglia fuori dalla città che da qui, sembra davvero un miraggio al neon. A

MOSTRE D I

C H I A R A

M A Z Z E I

L’ARTE di PLAYBOY A P P U N T A M E N T I

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P E R D E R E

DAIDO MORIYAMA Per i più metropolitani » Per la prima volta in Italia un corpus di oltre cento fotografie a

colori di Daido Moriyama, il maestro giapponese del bianco e nero, a cura di Filippo Maggia. “Il bianco e nero racconta il mio mondo interiore, le emozioni e i sentimenti più profondi che provo ogni giorno camminando per le strade di Tokyo o di altre città, come un vagabondo senza meta. Il colore descrive ciò che incontro senza filtri, e mi piace registrarlo per come si presenta ai miei occhi. Il primo è ricco di contrasti, è aspro, riflette a pieno il mio carattere solitario. Il secondo è gentile, riguardoso, come io mi pongo nei confronti del mondo”. www.galleriacarlasozzani.org MILANO | GALLERIA SOZZANI | 8 NOVEMBRE – 10 GENNAIO

EGOSUPERALTEREGO »Continua il ciclo di mostre dedicato alla valorizzazione della collezione MACRO. In questo caso sarà approfondito il tema della autorappresentazione e del ritratto, per trovare possibili connessioni con la pratica contemporanea del selfie, che gli artisti del secolo scorso

Per i più selfie

hanno anticipato attraverso i loro capolavori. Alla mostra sono abbinate una serie di pomeriggi di video-proiezione presso la Sala Cinema dedicati ai grandi maestri della video art italiana. www.museomacro.it

RO M A | M AC R O | 27 NOVE M BRE – 11 M AGGIO

ARTISSIMA

Per i più chic

» Torna la più importante fiera d'arte in Italia, con ben duecento gallerie da tutto il mondo. Oltre all’esposizione fieristica, Artissima si compone di tre sezioni artistiche dirette da board di curatori e direttori di musei internazionali, dedicate agli artisti emergenti, alla performance e alla riscoperta dei grandi pionieri dell’arte contemporanea. Tra le novità di quest'anno ci sarà Ypsilon St’Art Percorsi in Fiera, un programma gratuito di visite tematiche in fiera pensate in parallelo ai

Walkie Talkies e ai laboratori Zonarte per rafforzare ulteriormente l’impegno di Artissima per avvicinare il grande pubblico all’arte contemporanea. Poi ci sarà «In Mostra», un progetto espositivo speciale e «Opium Den», uno spazio eclettico concepito come saggio visivo sul collezionismo e sul confine fra oggetto d’arte e oggetto decorativo. www.artissima.it

TOR I N O | PAC | 6 – 8 N OVE MB RE

CINEMA E SERIE TV

ŁDAL

5 NOVEMBRE

007 SPECTRE Regia Sam Mendes Cast Daniel Craig, Léa Seydoux, Ralph Fiennes Genere spionaggio » Il quarto film che vede nei panni dell'ormai celeberrimo personaggio nato dalla penna di Ian Fleming Daniel Craig ci condurrà da Città del Messico a Roma, sulle tracce di un'organizzazione criminale di nome Spectre. Mentre il nuovo M, Gareth Mallory, combatte le forze politiche per mantenere in vita i servizi segreti, Bond comincia a rimuovere gli stati degli inganni che rivelano una terribile verità dietro alla Spectre. Per il 24esimo film di James Bond è stata creata anche una nuova Aston Martin, la DB10.

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C H I A R A

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ŁDAL

19 NOVEMBRE

HUNGER GAMES IL CANTO DELLA RIVOLTA • PARTE II Regia Francis Lawrence Cast Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Julianne Moore, Wes Chatham. Genere thriller » La saga si avvia a rapidi passi verso il capitolo finale. Katniss Everdeen capisce che la posta in gioco non riguarda soltanto la sopravvivenza, ma anche il futuro. Con l'intera Panem in guerra totale, Katniss affronta il Presidente Snow in uno scontro finale. Accompagnata dai suoi più cari amici - inclusi Gale, Finnick e Peeta – la ragazza va in missione con la squadra del Distretto 13, dove rischierà la vita per liberare i cittadini di Panem e attentare alla vita del Presidente Snow, sempre più ossessionato dal pensiero di distruggerla. Le trappole mortali, i nemici e scelte morali che aspettano Katniss la metteranno alla prova più di qualsiasi arena in cui abbia combattuto.

SER I ES

DAL 4 NOVEMBRE

© Foto Universal

iZombie

Canale Premium Action Ora Ogni mercoledì in prima serata 18

» Al via finalmente l’attesissima serie tv che rilegge con ironia e black comedy il genere dei “morti viventi”, che vanta la firma di Rob Thomas, già dietro il successo del cult Veronica Mars, ed è tratta liberamente dal fumetto omonimo best-seller di Chris Roberson e Michael Allred. Olivia - detta Liv - Moore è una studentessa di medicina diventata una zombie che lavora come assistente in un obitorio e aiuta la polizia a risolvere casi di omicidio grazie alla sua particolarissima dote: assorbe i ricordi dei cervelli di cui si nutre con fame atavica, oltre che adottare le abilità dei defunti. Per ingannare i viventi del suo aspetto spettrale, la famelica Liv spiega di essere seguace del filone dark/goth, mentre per la sua capacità di “nutrirsi” delle memorie professa di essere una sensitiva. Un mix di horror, comicità e dramma basato sul vincente connubio morti viventi/poliziesco che sembra promettere molto bene.

LIBRI

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C H I A R A

M A Z Z E I

IL VENDICATORE » Quindici anni dopo, un vecchio caso torna a scuotere la mente del detective privato Tate. Il primo caso di quando era ancora uno stimato poliziotto era stato quello della piccola Jessica Cole. Ritrovata morta in un mattatoio abbandonato. Giustizia era stata fatta. Forse. Perché ora un nuovo killer sembra intenzionato a colpire una lista di persone coinvolte nell'assassinio della bambina. E tutto sembra riportare Cole al vecchio mattatoio... Uno psycothriller mozzafiato, sanguinoso e nerissimo. Non potrete staccarvi dalla lettura. PAU L C L E AV E | E L L I OT | P P. 3 8 4 | 1 2 , 5 0 E U R O

LAVORO SENZA PADRONI

» Non saranno in molti ad aver sentito parlare di «workers buyout», il fenomeno per cui un’azienda fallita viene rilevata dai suoi ex dipendenti che si riuniscono in cooperativa e investono i loro Tfr per rilanciarne la produzione. Una sfida economica, ma anche e

soprattutto mentale, per cui gli operai si reinventano imprenditori. Mastrandrea ci accompagna in un viaggio in un universo sorprendente di «resistenze operaie», fra Italia, Europa e America Latina. Un saggio appassionante come un romanzo, che ci fa capire come per correggere le storture del libero mercato occorra ripartire dalla produzione, dalle vite reali e dall’amore per il lavoro.

ANGELO MASTRANDREA | BALDINI & CASTOLDI | PP. 176 | 15 EURO

IL VIDEOGIOCCO DI NOVEMBRE

IL CAMPIONE È TORNATO » Dopo aver raccontato il lato segreto del tennis attraverso la storia di Agassi nel romanzo di grande successo Open, il giornalista newyorkese decide ora di indagare sul mondo della boxe, sulle tracce del grande pugile degli anni '40 e '50 Bob Satterfield, scomparso dalle scene all'improvviso. Moehringer lo cerca ovunque, fra tribunali, galere, musei e cimiteri, in modo quasi ossessivo e ce lo racconto col suo stile perfettamente lucido ed

avvincente, che non può che avvinghiarci alle pagine con quella smania che solo i grandi narratori sanno generare.

J. R. MOEHRINGER | PIEMME | PP. 84 | 14 EURO

CALL OF DUTY BLACK OPS 3 » Un oscuro e drammatico futuro dal quale emerge una nuova tipologia di soldati Black Ops e dove il confine tra umanità e robotica militare si assottiglia sempre di più. Questo è il futuro del combattimento in Call of Duty®: Black Ops III. Design spaziale e ambienti più ampi creati per sfruttare l’hardware più potente e per dare ai giocatori la possibilità di “uscire dalle rotaie” e affrontare i nemici nel modo

che preferiscono con uno stile di gioco ad aree aperte. Nuclei cybernetici e apparati tattici sono modifiche cybernetiche che permettono un maggiore livello di personalizzazione da parte del giocatore. Un nuovo sistema di movimento sequenziale, basato sull’azione immediata e focalizzato sulla precisione, che permette ai giocatori di muoversi fluidamente e con accuratezza attraverso l’ambiente. Imperdibile.

DA L 6 N OVEMB R E | PS3 • PS4 • XB OX 360 • XB OX ON E • PC

MUSICA

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S T E F A N O

F I S I C O

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A L B U M I N U S C I TA

THE MUSIC PLAY SI PARTE!

EDOARDO BENNATO • PRONTI A SALPARE AA 5 anni di distanza dalla pubblicazione del suo ultimo album, Edoardo Bennato torna sulla scena musicale con il suo nuovo progetto discografico dal titolo Pronti a salpare, anticipato dal primo estratto Io vorrei che per te. Un album ricchissimo di contenuti. 14 brani in cui Bennato fotografa con la sua caratteristica ironia diversi aspetti della nostra società tra cui politica, famiglia, figli, futuro, amore, menzogna senza mai dimenticare le proprie radici.

“Viviamo un'era di grandi trasformazioni, di spostamenti biblici. Decine di migliaia, centinaia di migliaia di disperati cercano vie di scampo alle guerre, alla fame, alla miseria e si dirigono verso il conclamato benessere del mondo cosiddetto occidentale. Sono disposti a tutto, sono disperati, sono pronti a salpare! Ma tutti quanti noi dovremmo essere pronti a salpare. Il mondo cambia e dovremo entrare in un altro ordine di idee, guardare le cose da un altro punto di vista. Insomma, non solo gli emigranti ma tutti quanti noi in questo momento particolare dovremmo essere pronti a salpare. Ecco, il mio nuovo album si intitola proprio così, pronti a salpare!”

CLUB TO CLUB »#C2C15 è la quindicesima

edizione di Club To Club, il Festival di musica e arte alla costante ricerca del punto d'incontro perfetto fra avanguardia e pop. L'edizione di quest'anno si preannuncia esaltante: alla già ricca lineup si è aggiunto un artista straordinario, Thom Yorke, cantante e fondatore dei Radiohead, che si esibirà dal vivo il 6 novembre nella sua unica data italiana. Altro nome di punta, Jamie XX, il 24enne londinese che dopo aver forgiato il suono rivoluzionario di una band come The XX, ora è approdato al primo album solista con l'acclamato e caleidoscopico In Colour. TO RI NO | 4 – 8 N OV E M B RE

F J RE SP OE AK IN ST ( N O AN IN N E D M & YO D U B AC A SP OR H SE K IN GE I ( R NO E N O X W IN U IT S TE F & ) N RY D B LY O ED U RO B N IL Y S IV E N M ER R IG IX H SA ) T A L F M T. TO LI U T U M VE SI IS LT S C H R W A O H Y M O M U N F SI V A I SE R N C S E . U B A LT JA H LE I R K G Q A H M & M ER & U A SO SH SI T N C T K A N I N R LL K Y A EV T E N SH I O EA HE T TO FT O LE B F . U F E D F Z R R Z IC H OL EC & TU R AR LO O FU EV D W R R TU N D EA W ER M IN R LE ELL E G IS T S D F W I C R EA J IN EC T PO R OE D O . JA EV Y S LA R EA DA R D SO IN N B LE LE EA G D D ,R S V R ER R IC S C ISI E U O H C U E O L O & N A N O R M IV T S D IE ER CO (B IN L SA D OE G LA S E SH L S H M M (F A U R O T. D SI E & LI D ES C M U SH VE EL O IX N A R A F IV U H N G ) ER N EL E R SA FR DE Y J EY A L AN NS N M K E ) U SI C

DANCE SELECTION

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MUSICA

STEFANO BOLLANI CRESCIUTO A PANE E CHARLIE PARKER, IL FANTASIOSO MUSICISTA CHE SI DIVERTE A GIOCARE CON LE NOTE LANCIA IL SUO INNO ALLA LIBERTÀ. CHE PROPRIO NELLA MUSICA TROVA, A SUO DIRE, L'ESPRESSIONE MASSIMA

© V A L E N T I N A

C E N N I

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V I N C E N Z O

»I suoi concerti sono un mix incre-

dibile di grande musica e momenti quasi da cabaret, bravo com'è, mentre suona il pianoforte, a lanciarsi in esilaranti imitazioni di alcuni dei suoi colleghi musicisti. Caratteristiche che lo rendono uno dei jazzisti italiani più eclettici e apprezzati nel mondo, preso dal sacro fuoco della musica a soli sei anni per esordire poi professionalmente ad appena quindici, collaborando nel suo percorso con fenomeni come Richard Galliano, Enrico Rava, Bill Frisell, Paul Motian, Chick Corea, Hamilton de Holanda

e molti altri. Ed esibendosi sui palchi più prestigiosi del mondo: da Umbria Jazz al festival di Montreal, dalla Town Hall di New York alla Fenice di Venezia, fino alla Scala di Milano. Stefano Bollani è uno a cui piace sperimentare, cimentarsi in ruoli anche per lui inediti, come quello di autore teatrale e conduttore televisivo, ma soprattutto gli piace mescolare stili musicali. «Perché – dice – la musica è terapeutica e ci rende veramente liberi, saltando le parole e la pretesa che esse hanno di essere chiare e leggibili allo stesso modo per tutti».

P E T R A G L I A

PLAYBOY: Se non avessi fatto il musicista cos’altro avresti potuto fare nella vita? BOLLANI: Qualsiasi cosa che mi consentisse la stessa libertà. PLAYBOY: Da dove vengono le tue composizioni? Hai dei rituali, dei luoghi particolari dove vai a cercarle? BOLLANI: Vengono dal nulla e vanno nell’oltre. Da anni aspettavo di dirla! PLAYBOY: La musica è in qualche modo terapeutica? BOLLANI: Certo, la vita intera è terapeutica. Pian pianino impariamo a liberarci dai condizionamenti che famiglia e società, consapevoli o no, ci impongono. E la musica ha un grande ruolo, essendo una forma di comunicazione fra le più alte. E lo è perché salta le parole e la pretesa che queste hanno di essere chiare e leggibili allo stesso modo per tutti. PLAYBOY: A te piace molto improvvisare e “giocare” con la musica. Sei così anche con le donne? BOLLANI: A dire il vero improvviso anche in presenza di uomini, animali e oggetti. E conto sulla certezza che una buonissima parte del resto del mondo stia improvvisando con me. Il punto semmai è la struttura, la forma all’interno della quale tutti giochiamo. Cerco di fare in modo che sia la più larga e accogliente possibile. PLAYBOY: Musica ed eros in che rapporto stanno? BOLLANI: Ci vorrebbe molto spazio per parlare di musica ed eros. Sull’argomento hanno speso fiumi di inchiostro grandi pensatori. Facciamo così: sono d’accordo con alcuni di loro. PLAYBOY: Hai duettato con

tanti grossi nomi della musica. Mi racconti l'aneddoto più divertente che ti è capitato di vivere? BOLLANI: Bobby McFerrin, sul palco con me, che si avvicina al pianoforte incuriosito perché gli ho appena fatto il verso al microfono. Giustamente, per rendermi pan per focaccia, si è seduto e ha suonato a quattro mani con me. PLAYBOY: Un nome col quale ti piacerebbe duettare? BOLLANI: Caetano Veloso. È già capitato alcune volte ma perché accontentarsi? PLAYBOY: E cosa bolle di nuovo in pentola per te a livello professionale? BOLLANI: Fra marzo e aprile dell'anno prossimo girerò i teatri con La regina Dada, uno spettacolo scritto e interpretato con una straordinaria attrice/performer, Valentina Cenni, che mette un grande entusiasmo non solo in fase creativa ma pure nel resto della giornata, nel vivere la sua vita insieme a me.

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MONEY

MUTUI, É IL MOMENTO DELLE SURROGHE ECCO COME RISPARMIARE FINO A 100MILA EURO

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G I U S Y

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MIGLIORI OFFERTE DI MUTUO PER SURROGA SECONDO WWW.MUTUIONLINE.IT. MILANO. IMPIEGATO 35 ANNI, IMPORTO MUTUO € 100.000, VALORE IMMOBILE € 200.000. RILEVAZIONI DEL 07.10.15

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1,19% (EURIBOR 1M + 1,30%)

€468

1,3%

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1,36%

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€474

1,37%

1,19% (EURIBOR 1M + 1,30%)

€478

1,43%

1,19% (EURIBOR 1M + 1,30%)

TASSO FISSO*

I O R L A N O

utui, gioie e dolori degli italiani. Fino a poco tempo fa sembrava inverosimile, eppure oggi é possibile risparmiare sul proprio mutuo fino a 80100mila euro nell’arco di 20-30 anni. Come? Basta avvalersi della surroga, la sostituzione, cioè, del vecchio mutuo con un altro magari ai tassi attuali più vantaggiosi, senza costi aggiuntivi. Grazie alle nuove condizioni di mercato, con i tassi e spread ai minimi storici, sono molti gli italiani che hanno già effettuato una surroga quest'anno e la domanda continua ad essere forte. “Il risparmio c'è ed è anche importante - spiega Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it - se consideriamo che i tassi migliori di surroga sono intorno al 2,5%. Chi ha acceso un mutuo tra il 2011 e il 2013, ad esempio, sta pagando tuttora fino a oltre il 4% per il solo spread oppure tassi fissi anche superiori al 6%”. Non solo: il risparmio potenziale è altissimo anche per finanziamenti partiti oltre dieci anni fa. Per i soli mutui a tasso fisso accesi tra il 2012 e il 2013, il differenziale tra i tassi medi originari e i tassi fissi disponibili oggi è tale da permettere, grazie alla surroga, risparmi medi tra i 30mila e i 40mila euro su un mutuo iniziale di 120mila euro con durata dai venti ai trenta anni. E in molti casi l'effetto è ancora più rilevante: su mutui

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LA BUSSOLA, I MIGLIORI MUTUI DEL MOMENTO

€480

1,46%

RATA ISC (TAEG)

2,20%

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2,33%

2,65%

€537

2,72%

2,65%

€537

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€540

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trentennali accesi dal 2010 in poi una surroga potrebbe portare a risparmi fino a 80mila euro. Per quanto sembri quasi irreale che su un mutuo di 120mila euro si possa arrivare a risparmiarne 80mila, se si considerasse l'ipotesi di passare da un tasso fisso a uno variabile l'effetto sarebbe ulteriormente amplificato: “in alcuni casi spiega Anedda - il risparmio potrebbe superare i 100mila euro ma, in tal caso, tale misura sarebbe incerta in quanto legata all'andamento futuro dei tassi variabili”. Attualmente la surroga offre, quindi, la possibilità per molte famiglie di garantirsi un risparmio medio dai 2mila ai 3mila euro l'anno sul proprio mutuo, per di più con una rata mensile anche sensibilmente più bassa e la possibilità di accorciare la durata residua del mutuo rispetto a quella originaria. E potenzialmente sono ancora diverse centinaia di migliaia di mutui, accesi in anni più o meno lontani, che potrebbero godere dei risparmi di una surroga.

INTESA SANPAOLO IW BANK WEBANK BNL HELLO BANK

€435 2,77% *TASSO FISSATO DALLA BANCA

1,29% (EURIBOR 1M + 1,40%)

€335

1,4%

1,50% (EURIBOR 1M + 1,50%)

€345

1,43%

1,45% (EURIBOR 3M + 1,50%)

€343

1,46%

1,44% (EURIBOR 1M + 1,55%)

€342

1,46%

1,44% (EURIBOR 1M + 1,55%)

€342

1,49%

TASSO FISSO* INTESA SANPAOLO BNL HELLO BANK IW BANK BANCA SELLA

RATA ISC (TAEG)

RATA ISC (TAEG)

2,40%

€390

2,53%

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€416

2,97%

2,90%

€416

3,04%

3,0%

€422

3,08%

3,0%

€422 3,08% *TASSO FISSATO DALLA BANCA

Ecco come muoversi

La prima regola per chi sta pagando un mutuo caro (e lo sono tutti i variabili superiori all’1,5% e tutti i fissi superiori al 3% dato che questi sono oggi i migliori tassi di surroga del momento) è provare a rinegoziare le condizioni con la propria banca. L’istituto può benissimo respingere la proposta, ma in realtà è probabile che cerchi una mediazione. “Conviene comunque confrontare sempre le varie offerte sul mercato – suggerisce Anedda - Nella gran parte dei casi il risparmio c'é ed é importante”. Intanto é boom dei mutui a tasso fisso. Sono la scelta migliore in questo momento? “Sono ai minimi storici assoluti, intorno ai 2,5%, difficilmente si potrà scende al di sotto – spiega Anedda - Chi lo sceglie ora si garantisce un mutuo che costa pochissimo con la certezza che non cambierà. Insomma, una vera e propria miniera d’oro” .

LA SURROGA DEL MUTUO, COS’É »La surroga o portabilità del mutuo è una procedura introdotta in Italia con la legge n. 40/2007, (Legge Bersani) grazie alla quale è diventato possibile trasferire a costo zero il proprio mutuo da una banca a un’altra che proponga condizionimigliori.Lasurrogazione permette di modificare i parametri del mutuo senza variare il debito residuo, e senza costi aggiuntivi per il cliente: in tal modo la sostituzione del vecchio mutuo con uno più vantaggioso è facile e conveniente, e ad essere agevolate sono le famiglie che possono ridurre i costi connessi al pagamento delle rate (in particolare, il costo degli interessi sul mutuo).

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TECNOLOGIA

MUSICA PER TE E INTORNO A TE “LA MUSICA È L’UNICO PIACERE SENSUALE SENZA VIZI” SAMUEL JOHNSON D I

M A G I O

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VATO PROR VOI PE

Diffusore stereo portatile con Bluetooth®. Streaming senza fili da dispositivi dotati di tecnologia Bluetooth® aptX, con qualità da CD. NFC per associare dispositivi Android in automatico. Alimentazione a batteria interna con una autonomia di 10h di riproduzione. Anche se la forma è molto piccola ha due altoparlanti full range da 40mm e un radiatore passivo da 40x83mm per le basse frequenze. Possiede al suo interno un microfono per rispondere ad una chiamata utilizzando la cassa come vivavoce. Denon ENVAYA è resistente all’acqua. Se non hai un dispositivo Bluetooth® ENVAYA ha un ingresso stereo con jack da 3,5mm. Elegante chassis in resina con griglia frontale metallica. Puoi utilizzare la cassa sia in orizzontale che in verticale. Info: denon.it Prezzo: euro 139,00

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VATO PROR VOI PE

BOWER & WILKINS P3

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BOWER & WILKINS T7 Diffusore Hi-Fi con Bluetooth®. Perfetto in camera da letto, in cucina o in giardino, il T7 è il sistema senza fili più portatile e versatile. T7 è un diffusore che potete utilizzare ovunque. Basta ricaricarlo, e sarà possibile ascoltare fino a 18h di musica. Sufficienti per un pic-nic all’aperto o una serata attorno al barbecue. Il suono della T7 è privo di distorsioni, merito del sistema Micro Matrix: una struttura rigida a nido d’ape che rinforza il contenitore riducendo al minimo le vibrazioni. Info: bowers-wilkins.it Prezzo: euro 349,00

BEATS PILL 2.0 Casse Bluetooth® che grazie alle sue dimensioni compatte ti consentono di portare la tua musica sempre con te. La qualità audio della musica, dei filmati e delle telefonate non è mai stata così straordinaria. Beats Pill offre un suono potente e intenso. Controlla la tua musica via Bluetooth da una distanza massima di 10 metri. Beats Pill ti permette di viaggiare in tutta libertà, senza rinunciare a un’esperienza audio di alta qualità. Il suo design leggero e le sue dimensioni ridotte ti permettono di trasportarlo comodamente senza nessun ingombro. Ah, puoi anche rispondere alle chiamate grazie al Bluetooth® e al microfono interno alle casse. Info: beatsbydre.com Prezzo: euro 199,00

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jeycoleman.com

ph: Andrea Cencini

FOOD I grandi chef e le loro ricette ispirate da

CARPACCIO DI MANZO

PLAYBOY

Shabu shabu chutney di pomodoro piccante, maionese di patata bruciata D E L L O

C H E F

G I A N C A R L O

M O R E L L I

I N G R E D I E N T I

Per 4 persone • 240 gr di scamone • 40 gr di salsa di soia • 20 gr di senape in grani

CHATNEY • 200 gr di pomodori • 4 gr di radice di zenzero • 100 gr di aceto di vino bianco • 50 gr di zucchero • 4 spicchi di aglio • Peperoncino rosso q.b. • Un pizzico di sale

MAIONESE • 100 gr di patate di Oreno • 4 tuorli d'uova • 40 gr di olio d'oliva extravergine • sale e pepe q.b.

P R O C E D I M E N T O

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»Pulite lo scamone e marinatelo per tutta la notte con la salsa di soia e la senape in grani. Poi affumicate con trucioli di ciliegio per 30 minuti.

»Per il chutney, tagliate il pomodoro a concassè, ovvero a piccoli pezzi dopo averlo scottato in acqua e privato della buccia e dei semi. Marinatelo per una notte con zenzero, aceto, zucchero, aglio, peperoncino e sale. Cuocete in padella.

»Per la maionese cuocete le patate in acqua bollente, scolatele e raffreddatele. Montate la patata con l'uovo e olio extra vergine.

»Scottate lo scamone in padella e tagliatelo molto sottile. Componete il piatto con il chutney di pomodoro e maionese di patate.

!Bergamasco, classe 1959, Morelli studia, gira il mondo, si confronta con i simulacri dell’alta cucina in Francia e negli Stati Uniti, trova la sua strada e la sua filosofia. Nel '93 apre a Seregno il suo Pomiroeu, in dialetto “pometo”, un nome che rivendica quel legame viscerale con la terra che segna la sua cucina.

»L’eros è carnale. La passione è potenza. Il piacere va sezionato e parcellizzato, per gustarne tutte le sfaccettature. Il cibo è sesso, sensualità gustativa, attivatore di piacere, in modo diretto e simbolico. Il cibo è parola, finestra spalancata sull’intimità. E non c’è nulla di più erotico della conoscenza dell’altro. Il mio piatto gioca con tutto questo, con ironia. La carne, il manzo viene affettato e lasciato marinare lentamente, per una notte intera. La leggera affumicatura colpisce l’olfatto. Poi ecco l’esuberante peperoncino e il frizzante zenzero a segnare il chatney di pomodoro, un’impennata piccante ed esotica. L’energia delle uova prolunga il piacere e invade il palato accompagnata dalla consistenza morbida, setosa, fluida e sinuosa della patata.

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C U R A

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S C A P A R O N E

AZIENDA AGRICOLA

FRANCESCO QUAQUARINI

rosso frizzante fresco trasgressivo

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SEZIONE DRINK I MIGLIORI BARTENDER CREANO I LORO COCKTAIL PER PLAYBOY

THE PINK SPANK D I

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»Dom Costa è uno dei più riconosciuti bartender internazionali con 40 anni di esperienza nell’industria dell’ospitalità. Esperto di storia del bartending, ricercatore sul mondo della mixology e collaboratore di alcune delle più importanti riviste del settore

C O S T A

I N G R E D I E N T I

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Fever-Tree Indian Tonic Water 5cl Hendrick’s Gin 2 cl purée o succo di lampone 2 cl spremuta di pompelmo rosa 2 gocce di bitter al cardamomo

P R E P A R A Z I O N E

Colmare un bicchiere da long drink (o un calice da vino ampio) con ghiaccio, versare tutti gli ingredienti, miscelare e guarnire con una zesta di pompelmo e due lamponi.

Hendrick’s Gin è prodotto nella regione dell’Ayrshire in Scozia a partire da due alambicchi, Carter-Head e Bennett Still. Nel 1966 Charles Gordon – patron della William Grant & Sons – acquistò questi due alambicchi da collezione senza sapere esattamente cosa farne. Nel 1988 conobbe il ‘naso’ Lesley Gracie, lanciandole una sfida su come servirsi di essi per creare un gin in grado di integrare una miscela insolita rispetto al comune. Ci sono voluti 11 anni e numerosi esperimenti prima di poter arrivare a una formula vincente: 11 specie botaniche, alcune classiche e alcune stravaganti per la categoria, e un’infusione finale di petali di rosa damascena e cetriolo. Prodotto in small batch (450 litri per volta) Hendrick’s Gin è un Premium gin da intenditori semplicemente inusuale, non per tutti.

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La gamma di soft drink naturali Fever-Tree ha aperto la strada in tutto il mondo ad una nuova categoria di bevande: i mixer di qualità premium. Il marchio nasce nel 2004 quando Charles Rolls, ex direttore generale della Plymouth Gin, e Tim Warrilow si rendono conto della totale mancanza di bevande analcoliche all’altezza dei distillati premium da abbinare nei cocktail. In seguito ad un’avventurosa ricerca scovano tutti gli ingredienti adatti per produrre soft drink completamente naturali, creando ricette prive di conservanti e dolcificanti sintetici. Se 3/4 del tuo drink sono il mixer, assicurati di usare il migliore!

B I R R E D ’A U T O R E

LAMBIC UNA SPECIE DI MAGIA… M A U R I Z I O

M A E S T R E L L I

tillon, invece, il mosto è lasciato volontariamente t’s a kind of magic” cantava il grande nella vasca, detta di raffreddamento, per una notte Freddie Mercury in una celebre canzone di diversi anni fa. “Una specie di magia”. E intera. Un lasso di tempo nel quale i lieviti presenti nell’aria “attaccano” gli zuccheri e cominciano la una specie di magia è quello che succede quotiloro “magia” che poi si perfezionerà nelle botti di dianamente, ma solo dall’autunno a primavera, in legno dove il prezioso liquido riposa e matura per un particolarissimo birrificio di Bruxelles dove il almeno un anno. tempo sembra essersi fermato e dove il processo Il risultato è una birra straordinaria, produttivo segue ancora i tempi rustica e secca, con punte di acidità della natura. La Brouwerij Cantillon è una leggenda tra gli appasche possono stupire ma che lentamensionati di tutto il mondo. Fondata te conquistano il palato e trasformano quasi tutti i visitatori in veri e propri nell’anno di grazia 1900 da Paul adepti. Ma la fama di Cantillon non è Cantillon continua praticamente sempre stata tale. Se agli inizi del XX a lavorare con l’impianto originale secolo i produttori di lambic erano oggi guidato dall’attuale erede di famiglia, Jean Van Roy. La piccola diverse decine, il successo globale delle azienda è una specie di museo classiche lager e il conseguente modificarsi delle preferenze dei consumavivente, al terzo posto per numero di visitatori tra le attrazioni tori ha letteralmente decimato questi piccoli produttori mettendo a rischio della capitale belga, visitatori che rimangono stregati dalle massicce di estinzione il vero lambic. Cantillon Jean Van Roy caldaie in rame, dalla vasca aperta è uno dei pochi ad aver resistito e oggi, posta nel sottotetto e dalle lunghe file di botti dove in una fase storica di rivalutazione delle specialità legate alla tradizione, ha riconquistato un vasto si affina e matura una birra unica: il lambic. pubblico. Che lo celebra come giustamente merita. Il lambic è una birra che affonda le sue radici nella storia dell’uomo, quando ancora non si conosceva scientificamente il lievito che, normalmente, è oggi Brasserie Brouwerij Cantillon immesso nel mosto di birra per trasformarlo nella Rue Gheude 56, Bruxelles, www.cantillon.be bevanda alcolica che tutti conosciamo. Da Can-

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»Hanno iniziato a fare birra in maniera professionale in un luogo a dir poco strano: un vecchio silo di quelli che si usavano per conservare il grano. Ma la birra l’hanno sempre saputa fare molto bene e, potendo crescere, hanno deciso di spostarsi in un ambiente certamente meno “bohemienne” ma più funzionale. Oggi il Birrificio Rurale si trova a Desio (Monza Brianza) e “sforna” alcune delle birre artigianali italiane più piacevoli che si possano trovare in giro. Ve ne proponiamo una che a noi sta facendo letteralmente perdere la testa. Si chiama Seta Sour (5% vol) ed è una blanche, uno stile belga tradizionale, fatta con malto d’orzo, grano tenero non maltato, fiocchi d’avena, buccia d’arancia e coriandolo. Fin qui la ricetta della Seta classica elegante e profumata, ma la versione Sour è particolare perché quando si aggiunge il lievito s’inseriscono anche dei lactobacilli che le donano in aggiunta delle leggere sfumature acidule al gusto estremamente gradevoli e rinfrescanti. Insomma, una birra ideale per l’estate. O per ricordarsela. www.birrificiorurale.it

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LA BIRRA CHE NON T’ASPETTI: SETA SOUR

© O P T

Nel cuore di Bruxelles, a pochi passi dall’abbagliante bellezza della Grand Place, esiste un birrificio-museo dove le birre sono ancora prodotte con metodi vecchi di secoli e nel rispetto assoluto dei tempi imposti dalla natura. Non a caso il nome Cantillon è venerato dagli appassionati di tutto il mondo…

B E R N A R D

B O C C A R A

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Gusto inconfondibile e massima freschezza Birra dell’Alto Adige

Per la produzione vengono usati cereali, malto e acqua provenienti esclusivamente dall’Alto Adige. I birrifici altoatesini li lavorano in modo assolutamente tradizionale ed artigianale al fine di produrre la vera birra dell’Alto Adige. www.birraaltoadige.com

Birra

SE Z IV OIN IN NEO V E R I T A S

ROSSO D’ABRUZZO IN POLE POSITION D I

F R A N C O

F A G G I A N I

UN VINO GENUINO E SCHIETTO COME CHI LO PRODUCE, L'EX CAMPIONE DI FORMULA 1 JARNO TRULLI, CHE NELLE BOTTI METTE LA STESSA PASSIONE CHE PER UNA VITA HA MESSO IN PISTA

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"C

ome riconosco un abruzzese vero? Se lo vedo bere Montepulciano d’Abruzzo e mangiare gli arrosticini, gli spiedini di carne di pecora, di antica tradizione locale”. Jarno Trulli è un abruzzese Doc a tutti gli effetti. Mentre gli arrosticini li divora, specie quelli che prepara suo padre Enzo, vera autorità in materia, il vino - e che vino - lo produce direttamente, tra le morbide colline di Alanno, a metà strada tra la Maiella e le spiagge dell’Adriatico. Non da tempi recenti e non per moda da vip, ma per eterna passione, che nel 1999 lo invogliò ad acquistare, insieme agli

inseparabili amici dell’adolescenza (Luca Patricelli, Bruno Cavuto e Lucio Cavuto, stesso cognome ma nessuna parentela) il Podere Castorani, che trova le sue radici già alla fine del ‘700. L’idea del quartetto era quella di fare vini buoni, ambasciatori del territorio e naturali, privi cioè di qualsiasi intervento artificioso in cantina o del supporto di sostanze chimiche per coltivare uve. Ecco dunque applicate fin da subito le regole della coltivazione biologica. Le prime etichette coincisero quasi con le affermazioni di Jarno nei Gran Premi di Formula 1, iniziate nel 1997 e terminate nel 2011, con 256 competizioni e 11 podi. A un Gran Premio di Monza, al motor home della Renault,

una delle scuderie di maggior militanza di Jarno, anche io mi accodai a tutto il mondo della Formula 1 diligentemente in fila per mangiare gli arrosticini preparati a ritmo serrato da Enzo, e per bere il vino della cantina Castorani. “Diciamo la verità: la prima bottiglia si vendeva perché c’era il mio nome in etichetta ma la seconda e le successive perché il vino era buono”, ricorda Jarno (chiamato così dal padre in onore di Jarno Saarinen, grande pilota di moto finlandese). I vini sono oggi distribuiti in mezzo mondo ma seguono anche le attività del pilota-vignaiolo, diventato imprenditore in diversi settori: venditore d’auto d’epoca, specie Porche 356; albergatore in

CARATTERISTICHE

U VA MONTEPULCIANO D’ABRUZZO 100% DEN OMI N A ZI ON E COLLIN E PESCA RESI IGT (IN DICA ZI ON E GEOGR A FICA T I PI CA ) TEMPER ATU RA 18° - 20°

Svizzera, a Davos, dove il suo albergo è il più gettonato in occasione dell’annuale World Economic Forum; titolare con la moglie Barbara, architetto, di un’agenzia immobiliare a Lugano. Anche se la passione nei motori rimane in evidenza; è infatti fondatore della Trulli G.P., squadra che milita nel campionato internazionale di Formula E (in sostanza la Formula 1 di monoposto elettriche) e al tempo stesso meccanico di go kart, con cui gareggia Enzo Trulli, 10 anni, il più “anziano” dei tre figli (Marco e Veronica gli altri due). Del resto, che dire? Anche Jarno a 9 anni era già al volante di questi divertenti e scattanti insetti a motore che poi gli

hanno “aperto la strada”. “Attrazione per i motori ma anche per la terra”, puntualizza Jarno. “I maschi già bazzicano per i filari, si interessano, chiedono. Hanno già le carte in regola per essere abruzzesi veri anche loro”. Il vino preferito dal quarantunenne imprenditore pescarese rimane quello che porta il suo nome e la sua firma in etichetta, lo “Jarno Rosso”, voluto anni fa per sottolineare in qualche modo la sua vecchia passione per l’Amarone della veneta Valpolicella. Anche questo vino di casa Castorani, proprio come il grande rosso veronese, è ottenuto lasciando appassire le uve, quelle del montepulciano, per circa 100 giorni, in “fruttai”

dove temperature, umidità e flussi d’aria sono tenuti costantemente sotto controllo. I grappoli avvizziti, ricchi di zuccheri che poi regalano un grado alcolico elevato, 16,5, ma molto equilibrato, sono pigiati a gennaio, per produrre un vino dal colore rubino impenetrabile, dal sapore intenso e armonico. Prima di essere venduto affina tre anni e mezzo tra botti, vasche e bottiglie. Richiede dunque tempo, piccole attenzioni e pazienza. “Ma poi, a tavola, conquista il primo gradino del podio. Grazie, anche in questo caso, a un collaudato gioco di squadra tra natura rispettata e uomini dotati di professionalità e passione”.

SEN SA ZI O N I RUBINO IMPENETRABILE, AROMI DI ROSA APPASSITA, LIQUIRIZIA E CIOCCOLATO, GUSTO DI PICCOLA FRUTTA SOTTO SPIRITO CON NOTE BALSAMICHE A B B I N A ME N T I SUPER LATIVO CON LA SELVAGGI N A E COMUN QUE CON TUTTE LE CA RN I SA POR ITE, SI A A LLA GR IG L I A CHE ARROSTO. ECCELLEN T E, A PICCOLI SO RSI , A N CHE CON I FOR MAG GI STAGION AT I . IN SUPER A B ILE CON GLI ARROSTINI! PR EZZO 35 EURO

PRODUZIONE ECO-FRIENDLY Il Podere Castorani (www.poderecastorani.it) si trova in località Contrada Oratorio, in via Castorani 5, ad Alanno, un paese collinare con poco più di 3mila abitanti, in provincia di Pescara. La Tenuta, che ha al centro una storica villa della fine del '700, oggi disabitata ma simbolo del marchio aziendale, ha 32 ettari di terreni ondulati, 28 dei quali occupati dalle vigne “biologiche” di montepulciano d’Abruzzo, trebbiano,

cococciola, passerina e altri vitigni autoctoni del territorio. In cantina, al momento della vendemmia, arrivano comunque anche le uve di altri 40 ettari di filari presi in affitto di piccoli viticoltori locali, con i quali c’è uno stretto rapporto di collaborazione in fatto di scelte agronomiche e selezione dei grappoli. La produzione media annuale è di 500mila bottiglie, suddivise tra 8 etichette di rossi, 3 di rosati e 15 di bianchi.

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M OTO R I

AFRICA TWIN, HARLEY, BELLEZZA BELLEZZA SELVAGGIA IMMORTALE La maxi enduro Honda si rifà il look, puntando su eccezionali doti di trazione e un'eccellente luce a terra D I

R A F F A E L E

G O M I E R O

SCHEDA

HO N DA C R F 1 0 0 0 L AFR I C A T W I N C I L I N D R ATA CC 998 SI ST E M A AL I M E N TA Z I O N E IN IE Z IO N E EL E T T R O N IC A S E Q U E N Z IA L E M OTO R E B IC IL IN D R ICO PA R A L L E LO, R A F F RE D DATO A L IQ U I DO CO N D IST R IB U ZI O N E U N IC A M A 8 VA LVO L E A LT E ZZ A 25 0 M M DA T E R R A CO N A LT E ZZ A S E L L A R E G O L A B IL E A 8 5 0/870 M M TR AS M I SS I O N E C AT E N A SIG IL L ATA CO N O - R IN G FRENI DI SC H I F LOT TA N T I DA 3 1 0 M M CO N PI N Z E R A D IA L I S U L L’A N T E R IO R E E DA 2 5 6 M M S U L POSTERIORE CERCHI 21 ” (A N T E R IO R E ), 18” (POSTERIORE) P R E ZZO DA 1 2 . 4 0 0 E U R O

SEZIONE

NASCITA DI UN MITO PREDESTINATA A DIVENTARE UN SIMBOLO

S

arà indubbiamente tra le protagoniste dell’Eicma di Milano e stregherà chiunque sia minimamente appassionato di enduro, visto che la storia dell’Africa Twin nasce nel 1986 in occasione della Parigi Dakar. Rispetto all’antenata 750 che incorporava un motore a V, la CRFL 100 sfoggia un motore bicilindrico parallelo da 998 cc che eroga 95 inarrestabili cavalli a 7.500 giri/min con una coppia di 98 Nm che esce forte e lineare con il salire del numero di giri. Le doti di trazione dell’Africa Twin sono eccezionali, ma oltre a questo la maxi enduro Honda si distingue per il ridotto sviluppo in altezza del motore che le conferisce un’eccellente luce a terra (che in pratica è l'altezza della parte centrale della moto), requisito fonda-

» La Honda XRV 650 Africa Twin è una di quelle moto, insieme alla successiva versione 750, che sono destinate a diventare mito. Il nome è fortemente legato alla sua origine: Africa perché la moto nasce destinata alla competizione per

eccellenza, la Parigi-Dakar, su cui la casa giapponese intende sfidare la BMW che detiene il monopolio dei primi posti in classifica; Twin perché il motore era un bicilindrico. Quella fu una moto che lasciò il segno. E ora torna, per la gioia degli appassionati.

mentale per un’enduro votata all’off road. Oltre al cambio tradizionale, la CRF1000L si potrà avere anche con quello a doppia frizione Honda DCT, che, oltre a permettere di passare manualmente da una marcia all’altra, mette a disposizione due modalità automatiche, la D (Drive) che offre un perfetto equilibrio tra potenza e consumi portando l’autonomia a circa 400 km prima di fermarsi al distributore e S (Sport), per chi vuole una risposta più reattiva del cambio, con la possibilità di scegliere la mappatura migliore tra S1, S2 e S3. Il cambio comprende anche le funzioni G, (che riduce l’intervento della frizione durante i cambi marcia in modo da avere sempre la trazione sul

terreno senza fastidiosi “buchi”) e uno speciale sensore di inclinazione che comunica alla centralina il momento migliore per effettuare il passaggio di marcia consentendo un livello di controllo ulteriormente raffinato. Agile e leggera grazie alle sovrastrutture ridotte al minimo e alle sospensioni con forcella Showa a lunga escursione con tanto di mono ammortizzatore pluri regolabile, la CRF1000L

mantiene ben salda la tradizione Africa Twin garantendosi un posto in cima ai pensieri di chi vuole una moto dedicata al fuoristrada. La nuova CRF1000L Africa Twin sarà disponibile in tre versioni: Standard, ABS e DCT-ABS, per le quali sono previste quattro entusiasmanti colorazioni: CRF Rally, Tricolour, Silver, Black, tutte con gruppi ottici a LED.

COLORI CULT LA HONDA AFRICA TWIN È DISPONIBILE IN QUATTRO COLORAZIONI DA URLO

»

Tricolour

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CRF Rally

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Silver

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Black 37

NON

GUANTI HELD AIR N DRY

STYLMARTIN ROCKET

»Guanti moto in GORE-TEX, impermeabili e traspiranti, con tecnologia 2 in 1 per calore e grip ottimali, si adattano a ogni condizione climatica grazie alle doppie camere interne e sono realizzati con una combinazione di pelle e cordura, con il rivestimento del palmo della mano in pelle di canguro per resistere alle abrasioni www.held.de

»Un robustissimo stivaletto, realizzato in pelle pieno fiore in colore testa di moro e con effetto scrivente, adatto a essere indossato nel periodo autunno-inverno-primavera. Completamente waterproof e dotato di triplice sistema di chiusura, grazie agli inserti in materiale termoplastico garantisce comodità e resistenza nei punti più delicati del piede. www.stylmartin.it

EURO 169.95

EURO 239

SOLO MOTO »Tra pochi giorni a Milano, dal 19 al 22 novembre, si terrà la 73esima edizione dell’Eicma, dove i più grandi marchi del motociclismo presenteranno le novità in uscita nei prossimi mesi per la gioia di tutti gli amanti delle due ruote. Ma oltre alle novità motociclistiche di cui parleremo nel prossimo numero, Eicma è anche l’occasione per dare un'occhiata a cosa offre il mercato come accessori, dai caschi ultimo modello all’abbigliamento del perfetto centauro. Qualche consiglio? Eccolo! www.eicma.it

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DAINESE BLACKJACK LEATHER

AGV RP60 B4 DELUXE

»Giacca di ispirazione vintage che strizza l’occhio al look urbano, è fatta al 100% di pelle bovina, mantiene la temperatura corporea grazie alla fodera interna TechFrame e garantisce un elevatissimo standard di sicurezza grazie a protettori compositi removibili su spalle e gomiti. www.dainese.com

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GARMIN ZUMO 660

MOMODESIGN AVIO PRO

»Sviluppato appositamente per le esigenze del motociclista, questo navigatore possiede un ampio display a colori antiriflesso da 10,9”, integra un’interfaccia chiara e semplice, è completamente impermeabile, garantisce una buona autonomia quando è scollegato dalla batteria e si può utilizzare anche con i guanti. www.garmin.com

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E U RO 249

M OTO R I

JAGUAR XF

P

E, PER FAVORE, NON CHIAMATELO SOLO RESTYLING D I

R A F F A E L E

SCHEDA

JAG UA R XF

C IL I N D R ATA CC 1 .9 9 1 DA 2 .0 A 3 .0 CO N V 6

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G O M I E R O

arlare di restyling sarebbe un po' sminuire il lavoro fatto dai progettisti Jaguar: benché a livello di corpo vettura non si riscontrino sostanziali cambiamenti, da parte del team di sviluppo c'è stata la scelta chiara e netta, in relazione alla nuova generazione, di optare per un design che la distinguesse dalla massa, combinando stile a aggressività. Tecnicamente la nuova XF raggruppa molta esperienza Jaguar, dal pianale preso direttamente dalla XE, alle sospensioni anteriori derivate da quelle della F-Type, questo per avere una sostanziale diminuzione di peso (190 kg in meno) e una rigidità torsionale di circa il 28% superiore al precedente modello.

CAVALLI DA 163 A 3 8 1

VE LO CI TÀ M ASS IM A KM/ H DA 229 A 250

ACCELER A ZI ON E 0-100 KM/ H (S) 5,3 SECONDI (BENZINA 380 CV) 8,7 (DIESEL 163 CV)

CON SU MO COMB I N ATO 7, 3 – 6, 9 L/ 1 00 KM

PR EZZO DA 44. 20 0 EU RO

M OTO R I

PRESTAZIONI POTENTI Previsto per tutti i modelli il cambio automatico a 8 rapporti, mentre il manuale a sei marce si potrà avere solo con i diesel Ingenium. Se si è spaventati dai consumi, basta indirizzarsi verso il 2.0 a gasolio da 163 CV, che come propulsore non è oneroso come si potrebbe pensare (si parla di circa 4 litri ogni 100 Km), mentre se si sceglie il 3.0 V6 da 381 CV bisogna prepararsi a consumare più del doppio. In termini di prestazioni il top di gamma benzina da 380 CV fa lo 0 – 100 in soli 5,3 secondi con una velocità massima di punta di 250 Km/h, per cui se si ama mettere sotto pressione l’acceleratore non si rimarrà delusi. Più lento in ripresa il diesel da 153 CV... anche se lento è una parola grossa, visto che lo 0 – 100 lo fa in 8, 7 secondi, mentre la velocità di punta si assesta tranquillamente sui 230 Km/h. Su richiesta è possibile avere la

A OGNUNO IL SUO MOTORE »A livello motoristico, al lancio la XF sarà disponibile con il 3.0 V6 diesel biturbo da 300 CV e con il 3.0 V6 benzina sovralimentato da 340 e 381 CV; successivamente (circa 6 mesi) arriveranno i nuovi motori 2.0 diesel con tecnologia Ingenium nella variante da 163 e 180 CV.

trazione integrale, mentre se si rimane sulle due ruote motrici si può contare sull’All Surface Progress Controll (ASPC), un sistema che gestisce freno e acceleratore in modo da garantire sempre l’ideale motricità della vettura su qualsiasi tipo di superficie, che sia innevata, fangosa o bagnata.

TECNOLOGIA D'AVANGUARDIA Per la nuova XF è previsto un sistema di infotainment nuovo di zecca denominato inControl Touch Pro, che comprende un ampio schermo touchscreen da 10,2” con tecnologia Dual View, che consente di visualizzare due differenti schermate a seconda dell’angolazione dello sguardo. In pratica, guidatore e passeggero vedranno all’interno dello schermo funzioni differenti a seconda delle esigenze. Chi guida potrà avere sott’occhio il percorso grazie al navigatore satellitare, mentre il passeggero

potrà interagire liberamente con l’impianto audio o la tv di bordo, il tutto contemporaneamente all’interno dello stesso schermo. Disponibile una connessione wi-fi di bordo per collegare più dispositivi alla rete e varie applicazioni per controllare alcune funzioni tramite smartphone e tablet, oltre all’Hea Up display che visualizza sul parabrezza alcune utili informazioni come la velocità corrente, le indicazioni del navigatore e il limite di velocità sulla strada di percorrenza. Per quanto riguarda la guida, è presente il Jaguar Configurable Dynamic che permette al guidatore di impostare a sua discrezione rigidità degli ammortizzatori, durezza dello sterzo e reattività di motore e cambio a seconda delle esigenze di sportività o confort.

L'ARTE DEL DETTAGLIO » Sia gli interni che gli esterni propongono soluzioni hi-tech e di alto design.

M OTO R I & D I N TO R N I

PLAYBOY CHARITY for

P

layboy e motori insieme per una causa importante: la lotta ai tumori. Ideatore e partner di questa iniziativa il pilota e personaggio televisivo Gian Maria Gabbiani (in foto), da sempre ispirato nelle sue scelte sportive ed extra sportive dal sacro fuoco della velocità. Gian Maria, lombardo, cominciando a correre in tenera età, ha, infatti, avuto una carriera particolarmente eclettica che l’ha visto passare dalle formule alle ruote coperte transitando nel mondo dell’Offshore. A fine 2014 è arrivato per lui il debutto nel mondo degli Acceleration Weekend, categoria comprendente diversi tipi di competizione e che include anche le potenti vetture di Formula A1, capaci di regalare sempre spettacolo grazie alle esuberanti prestazioni non molto 42

distanti da quelle della Formula 1. Oltre a gareggiare praticamente su ogni genere di veicolo disponibile, il suo impegno si è allargato col tempo alla comunicazione, ponendo un particolare accento sulla beneficenza, e alla tivù, dove si è cimentato in programmi dedicati alla sicurezza stradale (Navigator su MTV, Drive Camp. Adesso guida meglio! su DeejayTV, Chi guida Meglio?, in onda in questo periodo su La7). In un'epoca in cui ci si ammala di tumore con una sempre maggiore facilità, ma nella quale si guarisce fortunatamente anche molto di più grazie alle cure sempre più efficaci rese disponibili dal progredire della ricerca, Gian Maria e Playboy hanno voluto raccogliere la sfida con un fundraising per finanziare proprio la ricerca. Il pilota lombardo è sceso in pista con i colori di Playboy, tornando alle ruote scoperte sull’impegnativo tracciato olandese di Assen. Sarà

possibile aggiudicarsi la tuta utilizzata in corsa e personalizzata dal produttore italiano Freem partecipando all'asta di beneficenza che si svolgerà dal 17/11 all'1/12 su CharityStars (www.charitystars. com), la piattaforma specializzata nel battere all'asta i memorabilia dei personaggi famosi, il cui ricavato sarà appunto devoluto alla ricerca contro il cancro. «Tengo molto a questa iniziativa – ha dichiarato il pilota – perché è una causa che sento par-

ticolarmente vicina, dato che questo male si è portato via mio nonno Dante e mia nonna Vittoria, ai quali ero molto affezionato. La ricerca è oggi l'unica arma che abbiamo a disposizione per combattere una malattia che riguarda ognuno di noi, nessuno escluso». Non resta dunque che collegarsi al sito di CharityStars, cercare tramite il motore di ricerca il profilo di Gian Maria Gabbiani con l'asta a lui associata e fare la propria offerta con un semplice click! 43

SESSO

UN TRAM CHIAMATO DESIDERIO

Gentili o rudi? Curati o al limite del rozzo? Uomini duri che non devono chiedere mai o accondiscendenti? O, ancora, primule rosse o marcatori stretti che non mollano la preda fino a estorcerle un appuntamento? Come è meglio essere? E soprattutto le donne cosa cercano in una relazione? Come funziona il complesso universo femminile e cosa le fa letteralmente sciogliere al di là del nostro aspetto estetico o del potenziale seduttivo che abbiamo? Le strategie possono essere tante. E così anche gli scivoloni da evitare. Da questo dipende la nostra soddisfazione nei confronti dell'altro sesso. Ne parliamo con il sessuologo e psichiatra Marco Rossi, della fortunata trasmissione “Loveline” di MTV. Partendo da una consapevolezza: il sesso non è una performance ma innanzitutto divertimento D I

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G I O R G I O

N A D A L I

“BISOGNA TORNARE AL SESSO NON FINALIZZATO AL PURO PIACERE, CIOÈ AL PIACERE ORGASMICO, MA AL SESSO COME DIVERTIMENTO”

“È

nella natura del desiderio di non poter essere soddisfatto, e la maggior parte degli uomini vive solo per soddisfarlo”, scriveva Aristotele. Ma una vita serena passa per il soddisfacimento di un sano desiderio sessuale. “Provo un intenso desiderio di tornare nell’utero… di chiunque”. Se per Woody Allen è così, a noi basta invece fare centro in maniera un po’ più mirata, ma senza disperdere inutili energie. Ma come? Quali sono i segreti dell’attrazione? Non ci basta desiderare. Vogliamo essere desiderati. Gli esperti dicono che gli uomini hanno una libido maggiore delle donne, mentre il desiderio di signorine e signore è più “fluido”. Secondo il sociologo americano Edward Laumann, “Il desiderio femminile è molto sensibile all’ambiente e al contesto della relazione”. Le fantasie sessuali femminili, a differenza di quelle maschili, esaltano il tatto, i sentimenti del partner, la risposte fisiche ed emotive a ciò che sta accadendo, l’umore e l’ambiente dell’incontro. È ciò che emerge da una ricerca delle psicologo dell’evoluzione Donald Symons, ma molti di

noi se ne erano già accorti. La concorrenza è spietata. Le donne fanno paragoni, sono più inclini a fantasticare su un uomo col quale sono state in intimità e a concentrarsi sui dettagli personali del partner, compreso il fatto che lui è stato in grado di eccitarle emotivamente e sessualmente. Le fantasie femminili si sviluppano più lentamente, con più tempo dedicato a immaginare carezze e toccamenti non genitali, piuttosto che ad atti sessuali veri e propri. Quelle maschili – secondo diversi studi – sono più impersonali e visivamente sessuali con un’attenzione su immagini sessuali e atti espliciti. Noi maschi immaginiamo una varietà di partner sessuali… comprese tutte quelle “prede” desiderate, ma che ci sono sfuggite. Insomma l'argomento è molto complesso, quanto piacevole e solleticante. Ne parliamo con Marco Rossi, lo psichiatra e sessuologo della fortunata trasmissione Loveline di MTV. PLAYBOY: Dottor Rossi, parliamo di seduzione. Quali sono gli errori più comuni che in genere noi maschietti facciamo? ROSSI: Partiamo da una considerazione: il segreto della

seduzione è innanzitutto l’autostima. Le donne sono particolarmente attirate da una sensazione di forza e di decisione che l’uomo è in grado di dare loro, contrariamente a quanto succede agli uomini, che sono, invece, attratti soprattutto dal fattore estetico. L'idea di forza che l’uomo suscita in loro è, dunque, fondamentale e questa si manifesta solo in presenza di una forte componente di autostima. L’errore che più facilmente viene commesso è quello dell’insistenza. Essere insistenti, infatti, non va mai bene nel gioco seduttivo, perché una donna deve avere sempre la sensazione che è lei in grado di attirare l’attenzione e non che l’uomo abbia in qualche modo bisogno di lei. PLAYBOY: Quindi non bisogna corteggiare troppo? ROSSI: Non bisogna essere troppo insistenti. Spesso succede, ad esempio, con messaggi tipo “buon giorno”, “buon pranzo”, “buon appetito”, “buona notte”… No, assolutamente no! Essere troppo addosso dà l’idea di debolezza, di poca decisione e di poca autostima. PLAYBOY: Cosa serve per far sentire una donna desiderata? ROSSI: Bisogna essere capaci

di sorprenderla, facendo qualcosa di particolare, interessante, diverso, sconvolgente, e di farla sentire importante, non dando mai tuttavia l'impressione che senza di lei non possiamo vivere. Le donne vogliono innanzitutto stare bene e cercano una persona che le faccia sentire protette. PLAYBOY: Oggi sembra che ci sia in giro sempre più insoddisfazione e frustrazione del desiderio e questo spinge molte persone a cercare nuovi tipi di esperienze e stimoli sessuali... ROSSI: Quello che io noto rispetto all’insoddisfazione oggi è che siamo bersagliati da messaggi riguardanti la sessualità e che c’è molta facilità di avere incontri sessuali e questo satura un po’ le capacità di eccitazione delle persone. Ci si illude che per potere sollecitare di più il nostro piacere sessuale bisogna fare cose “strane”, le cosiddette trasgressioni. Bisogna, invece, tornare al sesso non finalizzato al puro piacere, cioè al piacere orgasmico, ma al sesso come divertimento. Quindi più piacere e meno orgasmo. Non dobbiamo credere che solo le trasgressioni siano in grado di farci provare piacere. Quelle servono

SESSO

“TRA UN UOMO CON ADDOMINALE SCOLPITO MA UN PO’ ESAGERATO NELLA CURA DEL CORPO E UNO CON LA TARTARUGA AL CONTRARIO, LA DONNA PREFERISCE QUELLO CHE LA FA STAR BENE E LE FA VIVERE UN BELLA SITUAZIONE” per arrivare a un orgasmo più veloce. Bisogna invece avere un’idea di un sesso improntato a un piacere più prolungato. PLAYBOY: Perché spopolano i siti per incontri fra persone sposate? ROSSI: Perché dobbiamo tenere presente che viviamo in una società dove l’80% delle persone o ha tradito o tradisce. Il tradimento è ormai all’ordine del giorno e questo trova in Internet un mezzo molto semplice per arrivare velocemente al risultato. Questi siti servono proprio per accelerare i tempi. Quindi un luogo virtuale con le stesse regole dei luoghi reali e dove le persone già cercano la 46

stesse cose… PLAYBOY: Perché si tradisce? ROSSI: Perché ci si abitua molto facilmente a quello che si ha e, quindi, si vuole sempre qualcosa di più e ovviamente l’occasione fa l’uomo ladro… PLAYBOY: Una sana e attiva vita sessuale è essenziale per una salute psichica e psicologica? ROSSI: Assolutamente sì! Chi non vive una vita sessuale appagante è una persona che va facilmente incontro a situazioni di ansia, spesso è più soggetto a forme depressive e comunque subisce molto più facilmente le conseguenze dello stress. PLAYBOY: Il detto “Tu non fai abbastanza sesso” non sbaglia

dunque! ROSSI: Direi proprio di no, a patto che il sesso sia appagante. Non è importante il numero di rapporti sessuali né con chi, l’importante è di sentirsi appagati. È indubbio, comunque, che chi è solo, chi non riesce a trovare, chi ha poca capacità seduttiva vive in una condizione di frustrazione. Ecco però che imparare a utilizzare in maniera nuova mezzi come Internet e i siti di incontri può essere di aiuto alle persone che sono meno dotate di arte seduttiva. Per chi è molto timido la virtualità rende, infatti, più capaci di creare un contatto. PLAYBOY: Cosa favorisce o fa calare il desiderio maschile e quello femminile? ROSSI: Il desiderio maschile è favorito da tutto ciò che stimola le fantasie erotiche, che generano desiderio. Viene sfavorito invece dall’abitudine, dalla routine. Quello femminile è stimolato da fantasie non erotiche, ma di situazione. È sfavorito quando una donna si sente usata e non è, invece, come vorrebbe, la regina dell’uomo che desidera. PLAYBOY: Quanto conta l'aspetto estetico nel gioco seduttivo? ROSSI: L’aspetto esteriore di un uomo incide tra il 30 e il 40%. Non intendo l’uomo esageratamente curato, depilato, abbellito, palestrato… Va bene un uomo curato, ma non effeminato! L’uomo deve dare l’idea di forza, essere virile e rozzo. Rozzo non vuol dire che puzza... PLAYBOY: Ma cosa significa essere realmente virili? ROSSI: Il macho lavora sul muscolo. Il virile lavora sulla forza. Il macho è apparenza. Anche il magrolino può essere virile nei modi. PLAYBOY: Allora tutto è personalità! ROSSI: Bravo, l’idea che si deve dare a una donna è di forte personalità. PLAYBOY: Perché George Clooney continua a piacere anche a cinquant'anni? ROSSI: Perché ha innanzitutto fascino. Continua a piacere in

parte per l’aspetto estetico, ma anche e soprattutto per l'idea che suscita di forza, controllo e potere del suo mondo. PLAYBOY: Quindi è giusto vantarsi un po’ e mettersi in mostra con una donna. ROSSI: Sì, gli uomini che lo fanno... fanno bene. È chiaro che non bisogna esagerare. Non conquisti una donna solo se hai una Ferrari. E non dimentichiamo mai che per chi non ha grandi caratteristiche estetiche, le donne sanno andare oltre l’aspetto esteriore, per cui si possono conquistare se si riesce, come si diceva prima, a dar loro l’idea di forza e decisione. PLAYBOY: Allora anche chi ha la pancia ed è pelato può attirare… ROSSI: Assolutamente sì, ma l’importante è che sia uomo. Tra un uomo con addominale scolpito ma un po’ esagerato nella cura del corpo e uno con la tartaruga al contrario, la donna preferisce quello che la fa star bene e le fa vivere una bella situazione. Nel corteggiamento pensare solamente all'aspetto estetico non gioca certo a nostro favore. Sempre meglio un uomo che sa parlare di arte.

» Marco Rossi (www. marcorossi.it) è uno dei sessuologi più noti in Italia, in prima linea, oltre che tramite la sua attività clinica, anche in tivù con Loveline, in onda su Mtv, ed altri programmi. «Spesso – dice – l'uomo crede che possa provare più piacere solo attraverso la trasgressione. Quella serve per arrivare a un orgasmo più veloce, ma sarebbe invece più utile avere un’idea di sesso improntato a un piacere più prolungato».

Indovini qual’è la mia dipendenza.

the GENTLEMAN’S LIST Bond edition, niente è come sembra

D I FE D E R I CA PIACE NZA

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In ponyskin e zebrato il porta candela superchic firmato BAOBAB COLLECTION. Lusso minimale Black & White.

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HIDDEN VICE

Cigarettes case in argento per viziosi viziati, di BELFIORE

ME, MYSELF AND I

3

Pollice e indice liberi per le impronte che danno accesso a smartphone, tablet e persino all’auto. Un’idea di RICK OWENS

SCIANGAI BY ZANOTTA

L’APPESO

Sembra una statua la lampada/istallazione di SLAMP. Fa parte della linea “Illuminati,” designed by Nigel Coates. In bronzo con illuminazione a 360°, “Uomo” è un’applique da muro dell’altezza di 50 cm, in policarbonato vercinato. STILL LIFE @ TRENDFORTREND - TUTTI I PRODOTTI SONO DISPONIBILI SU LUISAVIAROMA.COM

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JUST LIKE A PILL Ricorda una pillola, ma dalle misure sembrerebbe più un contenitore, invece è la versione pop del vaso firmato VENINI

5 6 SPACE

Super visiera avveniristica. Ripara dai raggi ma anche dagli sguardi invadenti e indiscreti. MYKITA

In esposizione nei musei più importanti al mondo tra cui il MoMA di New York City, l’Israel Museum di Gerusalemme, il Kunstgewerbemuseum di Berlino e la Triennale di Milano, tanto per citarne alcuni, SCIANGAI by Zanotta è l’appendiabito di design per eccellenza dal 1973. Disegnato da De Pas, D’Urbino e Lomazzi, ha inanellato da subito una serie di premi tra cui la Selezione FIAT “Italian Design” nel 1978, l’anno seguente si aggiudica il Compasso D’Oro e il premio BIO 9 Ljubljana.

MEN BOARD NOIRaffaire

QUALUNQUE SPIA CHE SI RISPETTI VANTA UN GUARDAROBA MONOCROMATICO. MEGLIO SE NERO. UN PASSE-PARTOUT INECCEPIBILE E INDISCUTIBILE ANCHE SE NON SI È 007. DI

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CURA DI SÉ

FOREVER

YOUNG

LE CREME CONTRO I SEGNI DEL TEMPO D I

M ANU EL A

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REPHASE - JEUNESSE DE L’HOMME CREMA VISO, 50 ml Lussuoso trattamento anti-age, idratante, nutritivo, antiradicali liberi e rassodante. La Bio-tecnologia Tri-Ageless agisce con attivi mirati per proteggere in modo naturale il DNA della pelle. I peptidi stimolano la produzione di nuovo collagene e ridisegnano i contorni del viso. Tono, compattezza e luminosità, per una pelle sempre tonica e giovane.

WOMO - CREMA ATTIVA ANTI-AGE, 50 ml Un concentrato di preziosi ingredienti attivi frutto di avanzate ricerche si fonde a texture confortevoli e avvolgenti. Leviga rughe e segni di espressione, migliorando l’elasticità della pelle. Rassoda e tonifica i contorni del viso, contrastando efficacemente la perdita di tono. Ridona energia e vitalità, per un aspetto più sano e giovane.

DR. BRANDT - LASER FX PERFECT SERUM, 30 gr Questo siero levigante contrasta l’insorgere dei segni del tempo grazie alla sua composizione potenziata con Centella Asiatica, un tri-peptide biomimetico a sua volta racchiuso all’interno di un esapeptide. La pelle appare levigata e morbida fin dalla prima applicazione. La texture della pelle tornerà splendida.

ALGENIST POWER ADVANCED WRINKLE FIGHTER MOISTURIZER, 60 ml KIEHL’S POWERFULSTRENGTH LINE-REDUCING CONCENTRATE, 75 ml

WOMO - CREMA ANTI-RUGHE CONTORNO OCCHI, 20 ml Un trattamento anti-età integrale per correggere i segni del tempo sul contorno occhi. Si assorbe rapidamente senza ungere la pelle. Ipoallergenico, riduce l’aspetto di borse e occhiaie. Leviga rughe e linee di espressione, per un’azione anti-età globale e uno sguardo immediatamente più giovane e vitale. 52

Siero viso anti-age, ultraconcentrato in principi attivi specifici per prevenire e contrastare i danni del tempo. L’alta concentrazione in Vitamina C (10,5%) garantisce la sintesi di nuovo collagene e un efficace effetto anti-age. Rughe e segni d’espressione appariranno subito attenuati.

Un trattamento specifico per ridurre i segni del tempo, anche quelli più profondi, grazie all’azione dell’AlgaProtein, una cellula con un’altissima concentrazione di proteine e aminoacidi essenziali, in grado di veicolare i principi attivi fin nel cuore dell’epidermide. Il prodotto coniuga l’efficacia dell’AlgaProtein al potere dell’Acido Alguronico grazie a un sistema naturale di diffusione mirata dei principi attivi, capace di trasformare la pelle in soli 10 giorni.

testo di Sara Cervo foto di Andrea De Santis

LIFESTYLE

LE RAGAZZE

del PORNO La loro missione è combattere sesso ed erotismo che sfruttano le donne sovvertendo uno dei più consolidati pregiudizi che riguardano il genere. E dimostrando, anche grazie all’aiuto di mecenati del mondo culturale e imprenditoriale, che ci può essere arte anche nell’hard



“L’industria del porno è sessista perché viviamo in una società patriarcale e capitalista. Si arricchisce dei bisogni che la gente ha di sesso ed erotismo e nel farlo sfrutta le donne. Per combattere il pornosessismo devi distruggere capitalismo e patriarcato”. Così recita il quarto comandamento del manifesto redatto dalla regista svedese Mia Engberg, autrice di The Dirty Diaries Project, la raccolta di dodici porno d’autore, finanziato interamente per 50mila euro dalla statale Svenska Filminstitutet, che è stato d’ispirazione a “Le ragazze del porno”, il collettivo italiano tutto al femminile, nato dall’incontro fra diverse artiste che hanno voluto cimentarsi a livello cinematografico nel genere hard. Come ci racconta Monica Stambrini, la regista italiana che ha all’attivo una collaborazione con Bernardo Bertolucci, cortometraggi e documentari, e Benzina, il suo primo film, «L’idea è nata dall’incontro con Antonietta De Lillo, Tiziana Lo Porto e altre artiste. Entusiaste abbiamo iniziato a contattare altre registe per capire come realizzare il progetto, inizialmente la partecipazione fu più attiva, avevamo trovato venti adesioni, poi restammo in dieci, ma tutte e dieci con la volontà e la curiosità di indagare la tematica del porno». Un’impresa tanto appassionante quanto non facile da realizza-

ALCUNE DELLE RAGAZZE DEL PORNO. DA SINISTRA, LIDIA RAVVISO, ANNA NEGRI, ERIKA Z. GALLI, MARTINA RUGGERI E MONICA STAMBRINI.

LIFESTYLE

re, «tutto era nuovo, qui non si trattava solo di scrivere un film, qui si trattava di gestire un sito web, di creare un gruppo, di mettere in piedi un’idea e principalmente di trovare i soldi. Soldi che di certo non sarebbero arrivati con i finanziamenti pubblici, come al contrario successe per The Dirty Diaries, né tantomeno dalle tivù o dalle case di distribuzione, perché il porno è vietato ai minori di diciotto anni. Abbiamo tentato anche con gli sponsor, ci hanno offerto vibratori e dildi vari, ma nulla che potesse servire per girare e produrre i dieci cortometraggi che avevamo in mente. Anche i produttori, per quanto l’idea potesse essere culturalmente interessante, non era abbastanza promuovibile così ci siamo affidate al crowdfunding». Molte persone hanno aderito, anche se buona parte del ricavato è arrivato grazie alla collaborazione di altri artisti: pittori, scultori, fotografi che hanno offerto, volontariamente, le loro opere per metterle all’asta. «Alla fine siamo riuscite a portare a casa il necessario per la produzione di due pellicole – ci racconta Monica – benché la maggior parte con “art for porn”». Un progetto nel progetto di due mostre, una a Milano e l’altra a Roma, con opere che venivano messe all’asta e il ricavato utilizzato per la realizzazione dei cortometraggi. «Ad aderire, e anche a creare lavori appositamente per noi, sono stati in diversi, Elisa Montessori o Isabella Ducrot per citare due nomi. Quest’ultima per esempio, benché tratti prevalentemente tessuti, ci ha donato degli schizzi a sfondo erotico che difficilmente avrebbe potuto piazzare altrove». Un’esperienza, come ci dice Monica, che sicuramente verrà ripetuta, non prima però del 2016, magari con l’aiuto di un gallerista che possa guidarle fra nomi, più o meno famosi, e opere accessibili economicamente perfino ai più giovani, appassionati d’arte, ma ancora non così facoltosi da poter investire cifre elevate. «Anche se stiamo pensando a una piattaforma sul web dove poter comprare sempre sculture, disegni, fotografie o dipinti degli artisti che hanno preso a cuore questa iniziativa, che hanno capito chi siamo». Ovvero registe appassionate al tema, curiose di cimentarsi nel porno con un’impronta cinematografica e distante dagli innumerevoli video che spopolano su Youporn, filmati per lo più realizzati a casa con pochi mezzi e con troupe ridotte, il cui unico scopo è quello di arrivare alla scena della penetrazione per far eccitare lo spettatore. Come ci conferma la Stambrini: «Rispetto ai video homemade del web, il mio corto Queen Kong si avvicina ai porno anni ’70, vuole far sognare e intrattenere il pubblico. Di certo avere avuto una formazione adeguata, aver studiato per diventare regista e aver svolto questo mestiere è stato un vantaggio. Innanzitutto sai quale camera utilizzare: io, per esempio, ho girato tutto con una Alexa. Inoltre mi sono 56

potuta affidare all’esperienza di professionisti, sul mio set c’erano trenta persone, dalla costumista alla truccatrice, al direttore della fotografia. Ma soprattutto quello che fa la differenza fra il mio corto e quelli trasmessi via web è che la mia pellicola ha una trama, il cui prevalente fine non è quello di soddisfare sessualmente un pubblico. Anzi! La mia storia deve far emozionare e travolgere, e alcune delle poche persone che lo hanno già visto, anche se non ultimato nella post-produzione, alla mia domanda “Ti sei eccitato?” hanno risposto di no». Noi, invece, dovremo ancora attendere prima di trovare in qualche rassegna il film collettivo. Perché l’idea delle ragazze del porno è chiara: anche se non verrà trasmesso al cinema, deve essere presentato in qualche festival. Sia per non sprecare tutto il lavoro che è stato svolto in questi anni sia per non sperperare la generosità delle persone che hanno contribuito a finanziare il collettivo. «Per esempio – continua Monica – la mia pellicola è costata 20mila euro e capire come distribuirla non è un fattore da poco. Certo si può pensare di ispirarsi anche questa volta alla Engberg, che a seguito della prima pro-

iezione mise in vendita The Dirty Diares in dvd, ma di sicuro non ci si può affidare a Internet». I lavori, come dimostrano i due già portati a termine (l’altro è Insight, diretto da Lidia Ravviso e interpretato da Slavina, che è anche co-autrice), sono stati impegnati e impegnativi. La stessa ricerca degli attori non è stata una passeggiata. «All’appello hanno risposto in molti, attori di teatro, attori porno, giovani in cerca di lavoro, e anche coppie che volevano vivere e mostrare la loro sessualità. Ma pochi all’altezza delle aspettative». Tanto che la scelta di Monica è caduta su Valentina Nappi, l’attrice hard napoletana più famosa del momento. «Ci siamo piaciute subito, appena ci siamo conosciute abbiamo pensato di fare qualcosa insieme. Inizialmente il suo volto non mi sembrava adatto per la protagonista di Queen Kong. Poi andando avanti con i provini, non trovando niente che soddisfacesse l’impersonificazione del personaggio, ho capito che Valentina era la persona adatta. Sapeva recitare e non solo scene porno! La sua curiosità, la bellezza, l’intelligenza, il saper stare sotto il trucco per ore per indossare una maschera, mi hanno fatto capire di aver fatto la scelta giusta». Per gli altri

DA SINISTRA, ANNA NEGRI, SLAVINA, MONICA STAMBRINI, REGINA ORIOLI, OLGA LATEANO ED ERIKA Z. GALLI, AMICHE SUL SET MA ANCHE NELLA VITA.

© DEBORA VRIZZI

due personaggi la Stambrini, invece, si è affidata alle competenze di Janina Rudenska, nativa di Kiev, amburghese di adozione, con un’esperienza teatrale non da poco, e Luca Lionello, figlio d’arte che nel curriculum può vantare la partecipazione a La Passione di Cristo di Mel Gibson. «Quando Luca mi disse che sarebbe stato nel cast quasi non ci credevo. Bruciarsi per un porno poteva essere rischioso, ma nel momento in cui anche la sua agente non ha opposto resistenza, non mi è sembrato vero: avevo la possibilità di girare con attori professionisti». Le riprese sono finite, sia Insight che Queen Kong sono pronti, in attesa di trovare i finanziamenti per realizzare un terzo cortometraggio. Le ragazze del porno ad ogni modo sono soddisfatte, lo afferma anche Lidia Raviso nelle pagine del loro sito: nonostante non sia riuscita a mettere in pellicola un racconto di Melissa P, grazie all’aiuto di Nikky, un’artista e vj romana, e soprattutto di Slavina, è riuscita a raggiungere il suo obiettivo. “La pornografia – ne è convinta l’artista del movimento spagnolo post-porno Maria Llopis – è lo specchio della società in cui viviamo e tutto il nostro squallore si riflette in essa. Viviamo in un mondo dove la violenza contro le donne è parte della quotidianità, dunque non

mi preoccupo del fatto che la pornografia sia sessista”. Un tema, quello della violenza, molto delicato e quantomai attuale, che però, secondo Monica Stambrini, «non ha una connessione con le pellicole hard». Perché, dice, «la pornografia non è prostituzione, è legale e

INSIGHT UN CORTO PRODOTTO DALLE RAGAZZE REGIA DI LIDIA RAVVISO CON SLAVINA E ALBERTO ALEMANNO

DEL PORNO

le attrici che accettano di andare sul set a luci rosse sono consenzienti. E sinceramente ho provato più fastidio a leggere delle Olgettine e di Berlusconi». Dunque al bando giudizi e pregiudizi, l’arte va finanziata, anche se porno e in questo caso con un click.

Scrivo a te, Charlie, perché davvero non so con chi parlare. Ho famiglia e amici ma non credo capirebbero. Ho 22 anni e un desiderio: fare la escort. È una vocazione, la mia. E non ridere. So che sarei felice ma in casa, nel mio piccolo paese, tra la gente che frequento, scoppierebbe un piccolo inferno. Lety (provincia di Avellino) Lety, potrei risponderti semplicemente che la vita è tua e hai diritto di inseguire la tua idea di felicità… ma so che è naturale la paura di deludere o di essere giudicata o di restare incompresa per sempre. So di escort che hanno iniziato la professione in gran segreto e per un po’ di tempo hanno condotto due vite parallele ma questa non è la soluzione al tuo stato d’animo. Io suggerirei di lanciare qualche segnale, in modo sereno ma fermo. Magari con un’amica o, perché no, con tua madre. Alle volte le donne sono capaci di solidarietà immensa, sai? Potrebbero stupirti, davvero. E, comunque, sappi che non è una strada di piacere facile. Ci vogliono le qualità giuste. Pensaci, molto. Rispondi, almeno tre volte, a: perché? e valuta se le risposte sono convincenti.

Non sopporto più i selfie della mia donna. Su Facebook, su Instagram: scollata, ammiccante, seducente. Mi sono arrabbiato, ho provato con le buone, ho tenuto il muso come un ragazzino, ma niente. Lei rivendica la sua libertà: è un gioco, dice. So che si diverte, è una brava ragazza, mi è fedele, eppure non capisco: perché si ostina a ferirmi? Abbiamo 30 anni, stiamo insieme da 5, possiamo mandare all’aria tutto per delle foto? Alfio (Agrigento) Alfio, siamo diventati tutti un po’ ‘esibizionisti’. Ci piace piacere? Già, la sottile lusinga dei like è quella di renderci protagonisti delle altrui attenzioni, più o meno. Non che sia una novità, è storia di tutti i

PLAYBOY

ADVISOR di Charlie

tempi, i social hanno solo dato più opportunità, ecco tutto. Quella dei selfie è anche la prova delle prove, le donne in questo sono sempre in stato di allerta: sono bella, il mio fascino colpisce ancora? Se tutto il resto del ménage di coppia fila a meraviglia la lascerei giocare, Alfio. Però una domanda mi tocca fartela: le fai abbastanza complimenti? Sei certo insomma di farla sentire desiderata, apprezzata, amata?

Io e il mio lato B siamo in lotta perenne. Piace e questo non posso negare mi stuzzichi eppure è anche una specie di cruccio, me lo porto dietro come se fosse un fardello, un limite. Vorrei essere notata per altro. Sonia (Taranto)

Ho sempre amato la vostra rivista, da quando ero giovane. Oggi ho superato i quarant’anni e sono stato felice di vedere che siete tornati. Purtroppo mi è capitato di leggere articoli che scrivono su un cambio editoriale di Playboy, che ha stabilito che non verranno più pubblicate foto di donne nude sulla rivisita perché ormai la nudità si trova ovunque. Charlie, cosa ne pensi? Anche Playboy Italia si adeguerà a questa linea editoriale? Io ho sempre amato la vostra rivista (cartacea) perché era il giusto mix tra articoli interessanti da leggere e la possibilità di apprezzare la bellezza femminile nella sua massima espressione. Devo mettermi l’animo in pace? Non ne vedo la ragione visto che già oggi una rivista come Playboy potrebbe essere messa ai livelli di molte altre riviste patinate italiane che mostrano, in un modo o nell’altro, la bellezza femminile. Se invece si parla di crisi nell’editoria, beh, questa è tutt’altra storia e non credo che questa sia la risposta giusta, anzi forse bisognerebbe andare controcorrente. Paolo (Milano) Pubblico integralmente la tua mail e ti ringrazio, Paolo, mi offri l’occasione per rivolgermi a tutti i lettori e le lettrici di Playboy che vogliono capire meglio la linea editoriale. È vero, Playboy America ha fatto una scelta trasgressiva, quella di rivestire le conigliette, lasciando però a tutte le edizioni internazionali libertà di azione. Noi di Playboy Italia abbracciamo lo spirito del cambiamento ma con una marcia tutta nostra, assolutamente pro ‘libera autodeterminazione delle donne’, quindi lasceremo a loro e solo a loro la scelta di come posare, di optare per la nudità o di mostrare diversamente bellezza e sensualità. Riteniamo che la ricchezza del futuro di Playboy stia proprio nella libertà dei contenuti, nell’altissimo livello fotografico, nell’esplorazione sempre più ampia dell’erotismo, dell’universo femminile, del lifestyle e di molto altro (come dimostrano già i primi numeri del magazine). Ecco, Paolo, non censureremo il nudo ma accoglieremo la femminilità in tutte le sue forme. Questo credo voglia dire essere davvero al passo coi tempi e mantenere la rivista al top.

Te lo porti dietro, Sonia, è inevitabile! Scherzi a parte, il lato B ha la sua dignità, non si discute. È oggetto di occhiate e desideri da che mondo è mondo e, come ammetti, il fatto che il tuo piaccia è stuzzicante. Noteranno anche altro, Sonia, basta che tu sappia metterlo altrettanto in evidenza. Insomma sfoggia le tue virtù: il sorriso, il look, la simpatia, la gentilezza. Vedrai che la combinazione sarà vincente. P.S. e, comunque, bada a tenerlo in forma.

I miei primi 40 anni sono stati donne, motori, divertimenti. Sono ricco e ho potuto sempre togliermi ogni sfizio, vivere nel lusso e fare lunghi viaggi in giro per il mondo. Adesso avverto la mancanza di una casa da Mulino Bianco, con una moglie che mi aspetta quando torno dal lavoro e un paio di bambini che mi abbracciano urlanti. È troppo tardi? Rudy (Milano) Mai dire mai, almeno teoricamente. Se è troppo tardi lo dirà il destino. D’altra parte se non hai mai avuto voglia di famiglia forse non hai mai incontrato una donna con la quale amore, casa e figli venis-

sero naturali. E poi, Rudy, se hai 40 anni o poco più, hai tutto il tempo per diventare un compagno e un padre coi fiocchi!

Ho riletto molte delle opere di Italo Calvino, da ragazzo non ne avevo colto in pieno lo spirito. Inseguo la sua , la sottrazione di peso che si fa pensiero, ben al di là di tutto ciò che è ingombro. A 45 anni appena festeggiati mi avvio a una svolta di profonda e consapevole libertà. È un po’ come spogliarsi degli orpelli inutili e godersi quello che conta. Martino (Treviso) Sfondi una porta aperta, Martino, considero illuminato e illuminante il pensiero di Italo Calvino. ‘…che leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore’. Buona leggera vita!

Mi tirerò addosso le ire dell’universo femminile, ma lo scrivo: rimpiango i tempi in cui le donne facevano solo le mogli, le madri, le massaie Biagio (provincia di Palermo) Solo? Hai citato i tre ‘mestieri’ più difficili che genere umano conosca! Senti Biagio, la tua opinione è rispettabile come il parere contrario. Non credo neanche tu sia una voce isolata, anzi. L’uomo ha faticato e fatica a rapportarsi alla donna ‘nuova’ e in verità non è affatto detto che molte difficoltà di coppia non abbiano origine proprio dai ruoli più fluidi. D’altra parte le donne hanno seguito l’istinto dei tempi e hanno messo le ali. Io faccio speranzoso affidamento sull’amore, sul buon senso, sul buon gusto, sulla ragionevolezza. Insomma è ora di smetterla, di stare di qua o di là. Un punto di incontro

appagante e sereno si trova solo se uomini e donne giocano a carte scoperte. E adesso però spiegami una cosa: su Playboy cerchi donne solo mogli, madri, massaie?

Adoro le facce stupite o scettiche di quelli che non mi credono poeta! Sono loro a caricarmi, a rinnovare la passione, a regalarmi spunti. Un bel macho di 35 anni non può scrivere versi? La mia è una passione sociale, Charlie, mi piace definirla così. Scrivo rime feroci con il tocco dell’ironia. Mi diverte e in un certo senso mi dà una direzione. Possibile sia così strano che i palestrati piacenti abbiano cervello e buona cultura? Antonio (provincia di Cagliari)

Penso che non vi conosco, non conosco i vostri ragazzi e la comunicazione che c’è tra voi e quindi non voglio entrare nella questione a gamba tesa. Spesso i figli sono intransigenti e bacchettoni con i genitori. Non so se è il caso dei vostri, le perplessità di tua moglie potrebbero nascere da questo o da una forma di pudore… Nulla di male nell’idea, sia chiaro. Anzi la trovo piena di verve e di complicità, una vera emozione che siano così vive al 25° di nozze, complimenti. Sai che ti dico, Luca? Prova a scherzarci su, a sondare il terreno, a coinvolgerli come se fosse un tributo d’amore tuo alla loro mamma e viceversa. Nel contempo assicurati che anche lei sia davvero convinta. Buon 25°!

Io e mia moglie volevamo regalarci un

Ho un problema spinoso, Charlie. La mia compagna ha la passione delle piante grasse, io il fascino del cactus non lo capisco proprio. Porto pazienza, d’accordo. Dopo dieci anni di convivenza però i nostri spazi si sono rimpiccioliti oltre ogni umana sopportazione, ci sono spine ovunque, perfino sulla mensola mobile vicino al divano dove ogni volta rischio di essere infilzato a sangue. Adesso ha fatto capolino una piantina pure sul comodino della camera da letto. È troppo! Saverio (provincia di Savona)

calendario di nudo per il 25° anniversario di nozze (ebbene si, a 23 anni ci siamo promessi per ‘tutta la vita’ e per ora teniamo duro alla grande!). Una cosa erotica e intensa ma spiritosa, proprio come il nostro rapporto. Adesso che si avvicina il momento lei ha delle perplessità, teme che i nostri ragazzi, di 21 e 16 anni, possano vivere male questa nostra avventura osé… Che ne pensi? Luca, Sondrio

Che descrizione, Saverio, casa tua sembra un campo minato! Effettivamente la misura e il rispetto fanno un po’ difetto alla tua dolce metà, bisogna che tu faccia sentire il tuo dissenso forte e chiaro. Ecco, cogli l’ultima spina al balzo e metti dei paletti: in camera da letto e vicino al divano del tuo relax divieto assoluto. E poi, detto tra noi, la prossima grassa comprala tu: ne esistono di bellissime assolutamente prive di punte acuminate!

Al massimo avrei potuto sospettare che i muscoli non lasciassero loro intravedere lo spirito romantico… ma se è poesia sociale, my God, siamo quasi nella giungla degli stereotipi e dell’idiozia. Ops, pardon, forse ho calcato un po’ il giudizio ma se lo meritano, soprattutto le facce scettiche. Le stupite potrebbero essere, almeno, alla vigilia dell’ammirazione. Gli scettici farebbero bene a fare ginnastica, mentale oltre che fisica. Potevi mandarmela qualche rima ‘feroce’!

Se vuoi anche tu risposte alle tue domande in tema di cibo, moda, tendenze e sesso, scrivi a Playboy Advisor, via Nino Bixio 7, 20129 Milano, oppure manda una mail ad [email protected]. Le domande più interessanti verranno pubblicate in questa sezione del nostro magazine.

FORUM

Nov 2015

Una vita da thriller

QUANDO LA REALTÀ SUPERA LA FICTION (VLVWHXQFRQÀQHWUDODFDSDFLWjGLXQRVFULWWRUHGLLQYHQWDUHXQFULPLQH e quella di un assassino di metterlo in atto? DI ELISABETTA CAMETTI

“C

rimini quotidiani” potrebbe essere il titolo di un romanzo, di un film, di un pezzo giornalistico. Invece è qualcosa che ci riguarda più da vicino. Se un tempo erano i thriller e le serie televisive d’azione a stimolare la nostra adrenalina, ora è la cronaca nera a farla da padrone. Ci siamo accorti che la realtà supera la fantasia e che le emozioni che ci provocano i protagonisti della crime fiction non sono niente se paragonate alle scosse di orrore indotte dalla scoperta di violenze efferate commesse da persone insospettabili. E ci scuote ancora di più sapere che non esiste una distanza tra noi e il male. L’assassi-

no non esaurisce i delitti nelle pagine di coppia Martina Levato e Alex Bettecher, un libro e non basta spegnere il televisore accusati di aver sfregiato con l’acido gli ex per mettere fine alla sua fidanzati di lei, forse per spietatezza. Perché Hancancellare tracce pasL’assassino non nibal Lecter è fiction, ma sionali di ogni relazione il cannibale di Milwauprecedente. esaurisce i delitti kee no. E non occorre La realtà ci turba con nelle pagine di un andare oltre oceano per criminali che non sono trovare un mostro che perfetti sconosciuti libro e non basta fa a pezzi le vittime e traumatizzati da abusi spegnere la tv per le scioglie nell’acido. È infantili. Non sono assufficiente ascoltare la sassini che colpiscono PHWWHUHÀQHDOOD procura di Catania nel per soddisfare un istinto, sua spietatezza processo di Salvatore sia esso sadismo, schizoDi Grazia, indagato per frenia, fanatismo, o puro aver ucciso la moglie e distrutto il cada- piacere di cacciare. Non sono persone vere. O leggere delle aggressioni della mosse dall’insana smania di purificare

il mondo da alcune categorie: prostitu- si giudiziari in Corte d’Assise, Cassazione, te, omosessuali, gruppi etnici. Non sono Corte d’Assise d’appello, Suprema Corte nemmeno serial killer che, come squali, per poi scoprire che le indagini hanno risi aggirano in auto finché identificano sentito di colpevoli omissioni, clamorose la preda ideale. O che, come il ragno, defaillance e amnesie investigative in grado di invalidare il quaattirano la vittima sul proprio terreno. Spesso dro probatorio? Perché l’omicidio di Meredith sono mariti, fidanzati, L’hybristophilia, Kercher non avrà mai un compagni, amanti di l’attrazione verso colpevole certo? donne troppo fiduciose. E in questo scenario E troppo indifese. i criminali, è un degno di un fantasy, gli Uomini capaci delle fenomeno in azioni più barbare. Chi attori non sono solo assassini e vittime. Sullo abbandona la moglie crescita anche nel sfondo emergono peragonizzante in un bosco sonaggi folli come le dopo averle inferto oltre nostro Paese “serial killer groupies”, trenta coltellate, chi stermina l’intera famiglia in donne attratte dai crinome di un amore non corrisposto e poi minali. Vere e proprie fan che scrivono raggiunge gli amici per vedere la partita lettere d’amore a James Holmes, il giodella Nazionale. Qualcuno uccide per un vane che nel 2012 a Denver ha aperto il impeto di rabbia. La maggior parte sono fuoco durante la proiezione della prima omicidi volontari e spesso premeditati di Batman, uccidendo dodici persone che sfociano in processi lunghissimi dove, e ferendone più di cinquanta. I medici tra sentenze e ricorsi, la verità non sem- la definiscono hybristophilia, una malattia mentale che sta diventando un pre vede la luce. Quindi ci si chiede: a cosa servono percor- fenomeno di rilievo anche in Italia: le

SCRIVI ANCHE TU

ammiratrici di Salvatore Parolisi e Michele Buoninconti sono un esempio. Non si preoccupano di ciò che sostiene la procura e neppure del verdetto finale, perché pensano di vedere l’innocenza degli imputati oltre i delitti di cui sono accusati. Se l’atteggiamento deriva da una scarsa autostima, o nasce da una semplice mania di protagonismo, piuttosto che da una perversione, non fa differenza: è uno dei tanti strappi alla routine che mostra la parte più oscura dell’animo umano. E allora cosa aggiungere? Senza dubbio la fiction è meno assurda della realtà, perché l’autore cerca sempre di dare una fine ragionevole alla storia. Magari scade nel banale, ma se l’assassino non muore in una sparatoria, viene assicurato alla giustizia. Una Giustizia vera, che funziona. Migliore ancora una volta di quella della società in cui viviamo, che abbonda di casi irrisolti, di assoluzioni per mancanza di prove, di colpevoli che tra riti abbreviati e sconti di pena tornano in libertà dopo una manciata di anni.

Se anche tu vuoi darci il tuo personale punto di vista sui temi trattati nel Forum, manda un’email a [email protected] oppure scrivi a Playboy Forum, Via Nino Bixio, 7 20129 Milano.

INTERVIEW

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hristoph Waltz acchiappa un moscerino da frutta con una mano. L’attore, appena arrivato da un servizio fotografico e tutto in tiro in un abito grigio, si libera dell’insetto con una rotazione del polso risolutamente efficiente, lo sbatte via e si pulisce le mani sorridendo enigmaticamente. Avesse anche buttato quel cosino nella bocca e l’avesse ingoiato come Renfield, il pazzo mangia mosche di Dracula, sarebbe apparso perfettamente consono al suo personaggio. Date la colpa a Quentin Tarantino. Da quando Waltz è uscito dal nulla per vincere nel 2010 l’Oscar come Miglior attore non protagonista, grazie al ruolo del diabolico ed eloquente “cacciatore di Ebrei” nel film di Tarantino Bastardi senza gloria, la sua immagine sul grande schermo è praticamente diventata sinonimo del cattivo europeo perverso e spietatamente efficiente. Il seguito di Tarantino e Waltz tre anni dopo in Django Unchained – per cui Waltz vince di nuovo l’Oscar come Miglior attore non protagonista per il ruolo di cacciatore di taglie camuffato da dentista itinerante – non ha fatto che rinforzare la percezione della sua maestria nell’interpretare uomini garbati e sinistri che amiamo odiare. Oppure che odiamo amare? Da e fra le sue pietre miliari per Tarantino, Waltz, 59 anni, ha recitato il tema della cattiveria e le sue variazioni di alto livello nel The Green Hornet diretto da Michel Gondry, Carnage di Roman Polanski e Big Eyes di Tim Burton. Certo, ha anche ballato un walzer con Sweetums in Muppets Most Wanted, ma scommettiamo che sia riuscito lo stesso ad inquietare qualche giovane spettatore e pure qualche genitore. Prossimamente: un ruolo da cattivo in SPECTRE, la ventiquattresima avventura di spionaggio di James Bond. Ha anche appena firmato per dirigere il suo primo film, Il Peggior Matrimonio di Georgetown, un thriller basato su una storia reale, nella quale interpreterà un assassino arrampicatore sociale. Nato a Vienna nel 1956, discende da quattro generazioni di gente di teatro. I suoi nonni erano attori e la madre viennese e il padre tedesco creavano set teatrali. Un bambino pazzo per i film che iniziò a recitare professionalmente nella tarda adolescenza, avendo già studiato voce, opera e teatro alla Theresianum e alla Billrothgymnasium a Vienna. Dopo il diploma, ha studiato alla Max Reinhardt Seminar, la scuola di teatro dell’Università di musica e arti recitative a Vienna. Alla fine degli anni ’70, Waltz va a New York per studiare con le leggende del Metodo Lee Strasberg e Stella Adler. Più tardi, Waltz si trasferisce a Londra e lavora regolarmente a teatro. Nel 1980 era ben avviato sulla strada per diventare un’istituzione nelle serie e miniserie tv europee,

soprattutto nel genere crime e detective. Arruolato per interpretare preti, donnaiaoli, parassiti e persino Gesù, ha conquistato l’attenzione per aver rotto gli schemi interpretando un burocrate idealista che nuota contro corrente nella marea di corruzione dell’Est Europa nella miniserie satirica del 1990 per Channel 4 British, The Gravy Train ed il suo seguito del 1991 The Gravy Train Goes East. La maggior parte del suo lavoro europeo non è facilmente reperibile in dvd negli USA, ma sembra andare bene all’attore, che ha ironicamente ammesso “Ci sono giusto pochi film di cui non mi vergogno”. Poi, sei anni fa, Tarantino gli lanciò una cima di salvataggio dopo quello che l’attore definisce “tanti compromessi fatti nel corso degli anni; avevo cominciato a dubitare di me stesso”. Divorziato con tre figli grandi, l’attore attualmente condivide la sua vita con la costumista Judith Holste e la loro figlia di 10 anni, dividendosi tra le sue case di Los Angeles, Londra e Berlino. PLAYBOY ha mandato Stephen Rebello, che aveva appena intervistato Jeremy Renner, per incontrarsi con Waltz: “Waltz si è definito un “vecchio bacucco brontolone” e uno “snob totale”. Non delude le aspettative. È gradevolmente presuntuoso, profondamente intelligente, preciso nel linguaggio e di una comicità tagliente. Ci siamo salutati con lui che mi stringeva la mano e mi diceva che avevo abbondantemente superato le aspettative. Ho guidato fino a casa dubitando di me stesso. Colpa di Tarantino”. PLAYBOY: È sicuramente coinvolta la storia del cinema in SPECTRE, il nuovo film di James Bond, nel quale tu interpreti il malvagio Franz Oberhauser. A seconda di quale copione uno legga oppure a quale voce dia ascolto, il tuo personaggio potrebbe avere qualcosa a che fare con Blofeld, il capo del sindacato del crimine globale SPECTRE in sei dei precedenti film 007. In una macchina grossa come quella dei film di Bond, sei in grado di portare in questo ruolo qualcuna delle tue uniche ed eccentriche qualità per cui sei riconosciuto? WALTZ: È uno sforzo che sono desideroso di fare, ma non sono certo che ci sia molto spazio per quello. C’è molto poco che io possa dire sul mio ruolo, soprattutto da quando il copione è stato diffuso dai terribili hackers della Sony. C’è un apparato talmente grande dietro alla realizzazione di questo film, è piuttosto straordinario, davvero. Questo è il ventiquattresimo Bond, e nonostante oggigiorno tutto venga definito iconico, in un certo modo, i personaggi di Bond lo sono – semplicemente a causa della loro lunga storia e la ripetizione di film in film. Ciò che si ha in un film di Bond è davvero la continuazione del teatro popo-

lare come il Grand Guignol in Francia, la Commedia dell’arte in Italia o anche Punch and Judy (due maschere inglesi utilizzate nei teatri dei burattini, ndr), con personaggi ricorrenti come il Poliziotto, il Diavolo e la Morte. Nei film di James Bond ci sono anche gli archetipi classici e il cattivo di James Bond ha il suo preciso posto definito. Sarebbe una delusione se all’improvviso si avesse un approccio completamente diverso nell’interpretazione di un cattivo di Bond. Eppure, all’interno di tutto ciò, è parte del tuo lavoro di attore riuscire a renderlo interessante e nuovo. PLAYBOY: I film di James Bond interpretati da Daniel Craig sono più cupi, più violenti e più metidabondi rispetto ai Bond precedenti. Il suo arcinemico deve essere altrettanto serioso? WALTZ: Sicuramente con i Bond di Daniel anche il cattivo è cambiato enormemente. Hanno tolto un po’ del divertimento. PLAYBOY: Ti sei ispirato a qualche precedente nemico di Bond? WALTZ: I registi di quei film di Bond cambiavano quasi ogni film, quindi le cose cambiavano costantemente. Anche Bond stesso cambiava, qualche volta letteralmente, da film a film. C’era la figaggine di Sean Connery, ma spesso la leziosaggine dei cattivi prendeva mano nei film di Roger Moore. Dopo l’abbandono di Moore, non hanno fatto un passo decisivo per allontanarsi da quella tendenza fino all’arrivo di Daniel. SPECTRE assomiglia di più ai romanzi di Ian Fleming. È più serioso e senza troppa esuberanza. PLAYBOY: Da ragazzino avevi fantasie di te come James Bond? WALTZ: Ho sempre pensato fosse divertente al tempo, e certamente mi divertivo ad immaginarmici. Ma sicuramente non è mai diventata un’ossessione. Non sono mai stato un fanatico. PLAYBOY: Prima del 2009, poche persone fuori dall’Europa ti avevano visto, nonostante avessi già trascorso tre decadi in teatro, al cinema e in tv. Due grandi ruoli da cattivo nei film di Quentin Tarantino Bastardi Senza Gloria e Django Unchained hanno cementato la tua immagine sul grande schermo negli U.S.A. ed oltre. Qualcuno ti ha mai criticato, in senso positivo o negativo, per il fatto di recitare personaggi moralmente ambigui o propriamente malvagi in modo così complesso, divertente, pauroso e quasi solidale? WALTZ: A volte la gente mi critica, soprattutto riguardo a Bastardi Senza Gloria. La tendenza della critica è diversa da cultura a cultura. Negli Stati Uniti è sempre molto elogiativa. Non è irriverente nemmeno nella maggior parte dell’Europa. In Germania o da parte dei tedeschi, invece, le questioni sono sempre molto serie... non 65

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tanto per le connotazioni storiche. Si tratta più che altro della fissazione culturale che hanno i tedeschi di analizzare quasi tutto. Forse qualche volta lo fanno con umorismo quando mi criticano, ma il senso dell’umorismo tedesco è una forma che io ancora non comprendo a fondo. PLAYBOY: Ti sembrerà un non sequitur, ma hai familiarità con i film musicali degli anni ’30 con Fred Astaire e Ginger Rogers, giusto? WALTZ: Si, certo. Ascolta, so che sei incredibilmente preparato e conosci tutti i dettagli su di me, quindi io ti dirò: sì, ero un membro della Fred Astaire Fan Club di Vienna. Avevo circa 16 anni. Non avevo idea di cosa fosse in realtà un Fan Club. Pensavo, “Beh, forse se mi unisco al club potrei almeno vedere tutti i suoi film oppure imparare qualcosa sul Tip Tap”. PLAYBOY: Questo è interessante, nonché bizzarro e un po’ a caso, ma la mia domanda in realtà voleva arrivare da un’altra parte. WALTZ: [ride] Ah davvero? PLAYBOY: Completamente. C’è una citazione di Katharine Hepburn su Astaire e Rogers: “Lui le dà classe e lei gli dà sex appeal”. Tu cosa dai a Quentin Tarantino e lui cosa dà a te? WALTZ: Divertente. Posso dirti esattamente cosa fa Quentin per me. Non sono altrettanto sicuro di cosa faccio io per lui. Lui è un amico molto importante che apre un intero universo e mi invita ad entrare. Parlo della qualità e dell’intensità del suo lavoro e la sua conoscenza enciclopedica di storia cinematografica. Cosa altrettanto importante sono i suoi personaggi e il suo testo, perché non c’è nient’altro che si avvicini così. Quentin è capace di scrivere una frase di sette parole e l’intero personaggio è condensato in questa frase. A volte un’interminabile serie di azioni nasce da questa frase. Ecco la drammaturgia. I suoi personaggi dicono una cosa e ne fanno un’altra, come tutti noi facciamo. Potrei andare avanti a lungo su questo senza toccare nemmeno lontanamente l’argomento di quanta esposizione mi ha dato, la carriera e tutto il resto. PLAYBOY: Una volta hai definito i film di Tarantino “opera lirica senza canto”. Non lo hai portato ad un’opera con tantissimo canto, L’anello del Nibelungo di Wagner, eseguito dalla Los Angeles Opera nel 2010? WALTZ: Non so quanta esperienza avesse con l’opera prima. Penso andassimo al Die Walküre o Siegfried insieme. Non sembrava fuori posto. Sembrava anche apprezzare l’esperienza più di me. È un artista favolosamente sensibile. Assorbe tutto, come una spugna. PLAYBOY: Qual è l’esperienza più memorabile che hai condiviso con Tarantino, ultimamente? WALTZ: A parte alcuni film che altrimenti 66

non avrei visto, una delle cose più interessanti che mi ha mostrato è stato una compilation di trailer che ha messo insieme di film di adolescenti ribelli degli anni ’50. È stato come una storia culturale della ribellione adolescenziale e della cultura del rock-and-roll. Era affascinante. Probabilmente è stato meglio che guardare i film interi perché così ottieni gli highlights senza dover assistere alle scene nel mezzo, in cui non succede nulla, comunque. PLAYBOY: Durante gli anni di lavoro in Europa, avrai fatto centinaia di audizioni. Quanto è stato differente il tuo primo incontro con Tarantino? WALTZ: Di recente ho provato l’esperienza di ricevere sceneggiature per cui hanno fatto salti mortali per mantenerle segreti. Ti dicono, “Ogni pagina sarà filigranata col tuo nome!” Ho anche avuto difficoltà a leggere il testo perché il mio nome era talmente grosso che quasi copriva il testo. Finalmente leggi queste pagine top-secret e dici, “Beh, e chi vorrebbe diffondere questo in giro?”. Quentin non fa il prezioso a consegnare copioni, e così ho avuto l’intero copione di Bastardi prima dell’audizione e ho letto Django in diversi stadi a casa sua mentre lo scriveva. È molto sicuro della sua scrittura e a ragione. Quando si incontra con gli attori, gli operatori e produttori con cui potrebbe voler lavorare, lascia che loro leggano il copione prima per comprendere le sue intenzioni. È totalmente agli antipodi rispetto ai registi che assumono una posizione del tipo “Beh, vediamo se sei quello giusto o meno per il lavoro, non ti dico in cosa consiste il lavoro, sono io il giudice di tutto questo.” Beh, tanto il giudice sarà lui comunque, no? PLAYBOY: Quando hai accettato il premio come Miglior attore al Festival di Cannes nel 2009, ti sei commosso quando hai detto a Tarantino, “Mi hai restituito la mia vocazione”. Ma qualche volta ti senti confinato nei ruoli da cattivo, adesso? WALTZ: Interprete sempre lo stesso tipo di ruolo non è una cosa negativa in sé. Ma può portare a rimpianti appoggiarsi su ciò che si conosce come forma di sicurezza per l’investimento fatto su te stesso. Deriva da una mancanza di immaginazione oppure dalla preoccupazione per l’investimento. È infinitamente più arduo andare controcorrente. Altri tipi di ruoli sono lì fuori; sono solo più difficili da incrociare. Ma anche se sei scritturato contro quel prototipo, contro la tua tendenza, stai ancora aderendo ai principi di genere. Ma non mi sto lamentando. PLAYBOY: In cosa è diverso un set di Tarantino rispetto agli altri? WALTZ: Quentin ha questa regola severa, con tutto il suo cuore, con grande enfasi e veemenza, e che io sottoscrivo totalmente:

niente cellulari sul set. Appena arrivi sul set o nella location, una persona ritira tutti i telefoni. Se non puoi vivere senza il tuo gadget, non entrare sul set. Se devi essere reperibile per il tuo programma professionale quotidiano, non entrare sul set. O così o niente. Le persone devono effettivamente firmare un foglio in cui dicono di essere d’accordo. Come definirla? La chiamerei la Lex Quentini. PLAYBOY: Cosa succede ai trasgressori della Lex Quentini? WALTZ: Ti licenziano. Quella volta che qualcuno accese un computer sul set e fece quel rumore, Quentin si alzò e se ne andò senza dire una parola. Fa tutto parte di una discussione più ampia, però. La durata della nostra attenzione diminuisce sempre di più mano a mano che andiamo avanti. Perché succede? Per via delle costanti distrazioni, ecco perché. PLAYBOY: Distrazioni che non sono un’esclusiva dei set cinematografici, però. WALTZ: Oh no. Accade dappertutto, soprattutto a teatro e al cinema. Nel passato, diciamo trent’anni fa, ho assistito al declino della buona volontà delle persone di impegnarsi e dedicarsi ad un’esperienza. Al cinema, sono in disaccordo con le persone che sgranocchiano nachos con sopra qualche sbobba formaggiosa. Perché mai devi diffondere un simile olezzo per la sala? Mi domando se non ci sia un problema di educazione. Nessuno dice a queste persone che non sono a casa a guardare la televisione. Pensano di aver pagato per il diritto di fare ciò che fanno. Se queste persone messaggiano, la cosa odiosa è che si privano dell’esperienza del film. L’industria dell’intrattenimento, l’industria dell’elettronica, l’industria della moda, stanno tutte combattendo per avere la vostra attenzione su questi congegni tenuti in mano. PLAYBOY: Quindi stai dicendo che l’industria dell’intrattenimento si sta tirando la zappa sui piedi? WALTZ: Penso che la cosiddetta industria dell’intrattenimento ha inflitto grandi danni a se stessa quando ha “rotto la magia”. Adesso si concentra su commenti dietro le quinte, in cui chiedono ad ogni attore di commentare ciò che interpreta. Io mi rifiuto categoricamente di farlo. Non parlo dei miei personaggi perché mi tirerei via il tappetto da sotto i piedi. Perché dovrei dare alle persone istruzioni su come vedere e vivere l’esperienza di ciò che ho fatto? Se hai bisogno di queste istruzioni è perché eri preso dal tuo telefonino invece che da ciò che accadeva sul palco o sullo schermo. Se metti via il telefonino, puoi davvero ottenere ciò per cui sei andato a teatro. PLAYBOY: Tarantino una volta ha detto che ha visto così tanti attori fare le audizioni per il ruolo dell’agente delle SS in Bastar-

di senza Gloria senza trovare quello giusto, che ha preso in considerazione l’idea di non fare il film. Ti imbatti mai in attori che ti dicono di aver fatto l’audizione per quella parte prima di te o che Tarantino li voleva per il ruolo che alla fine hai vinto tu? WALTZ: In abbondanza. PLAYBOY: Quale percentuale di loro dice la verità? WALTZ: Con ogni probabilità un venti percento. Alcuni di loro forse scherzano. Alcuni addirittura dicono che avrebbero dovuto interpretarlo. Ma chi sono io per dire che non sia vero? Io non c’ero, sai cosa voglio dire? PLAYBOY: Chi è il tuo maggior rivale di questi tempi? WALTZ: Non lo voglio sapere. Non dico di non essere competitivo. Infatti sono un vecchio lupo. Ogni lupo ringhia quando vede un altro lupo. Una volta mi sono imbattuto in Dustin Hoffman a una partita di basket. Mia figlia conosce suo figlio. Suo figlio ci presentò dicendo “Papà questo è Christoph,

sai, ha recitato in Bastardi”. Hoffman mi guardò e disse, “Già, non l’ho visto. Strano però, perché di solito tengo d’occhio gli altri tizi bassi”. PLAYBOY: Tarantino non scrive e dirige spesso come tanti altri registi. Non sei nel suo imminente The Hateful Eight, ma quando hai sentito che stava realizzando il suo primo film dopo tre anni, non ti si sono drizzate le orecchie? WALTZ: Non solo ho drizzato le orecchie ma mi sono tirato su dalla sedia perché lavorare con lui è qualcosa che desidero veramente. Il mio rapporto con lui – almeno, io la vedo così – è che lui me lo chiederà se sarà giusto. E se non me lo ha chiesto, il ruolo non deve essere stato adatto. PLAYBOY: Come ti sei legato con Roman Polanski in Carnage e Tim Burton in Big Eyes? WALTZ: Ho trascorso tre mesi favolosi con Roman. Mi piace il suo essere diretto e il suo senso dell’umorismo tagliente e sarcastico. La precisione che mette nel fare i film

non trova parole. È un grande maestro, anche se è uno dei tizi bassi. La mia visione di lui è tollerante e comprensiva dell’uomo che è oggi. Non sono interessato a opinioni e preoccupazioni di cosa è successo 35 anni fa. Sono una persona morale che disprezza giudizi morali perché sono fatti a spese della moralità. PLAYBOY: I critici ci sono andati pesanti con te per Big Eyes. WALTZ: Mi ha punzecchiato. Ci penso spesso. Ho discusso con qualche giornalista perché il film si basava su una storia vera e qualche critico ha trovato che il mio personaggio fosse esagerato. Gli dissi “Non sono un antropologo. Non sono uno storico. Sono solo un attore che dipende dal copione e dal regista”. È stato esagerato? Sì, lo era. L’uomo che interpretavo era esagerato? Si, lo era, molto più di come l’abbia potuto ritrarre. Sono felice del lavoro e non scontento dei risultati. PLAYBOY: Hai accennato a quanto fossi affascinato dalla compilation di trailer di

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film di ribellioni adolescenziali di Tarantino. Crescendo in Austria, quanto eri ribelle? WALTZ: Non ero uno studente eccellente, ma non male. Sono cresciuto a ritmo tranquillo, ma qualche volta credo che non sarebbe stato tanto male se mi fossi sforzato un po’ di più. Di certo non ero uno che cercava attenzioni né il burlone della classe. Di solito i burloni della classe mi davano fastidio. PLAYBOY: Ti sei ribellato al dover seguire le tue quattro generazioni precedenti nel mondo dello spettacolo? WALTZ: Non ho mai fatto la scelta responsabile e deliberata di entrare in quella professione. Chiamala mancanza di resistenza, mancanza di vigore o di immaginazione. È stato sicuramente la mancanza di qualcosa che mi ha fatto passare per quella porta. Varcata la porta c’era il gran teatro tradizionale, fatto in un grande teatro di stato austriaco a Vienna dove il mio bisnonno e i miei nonni fecero gli attori. Tutto girava intorno a quella istituzione. Mia madre e mio padre erano designer lì. Quando mio padre morì ero un ragazzino molto giovane e quando mia madre si risposò, il mio patrigno era il direttore musicale lì. PLAYBOY: La tua famiglia ha avuto alti e bassi finanziari come succedeva, e succede ancora, ad alcune famiglie nello show business? WALTZ: No, se sei nel teatro nazionale austriaco è più come l’aristocrazia. Non c’è nulla di simile in America. Quando i miei nonni cominciarono a lavorare lì, mia nonna non aveva ancora l’età legale per lavorare, 21 anni, e suo padre la doveva accompagnare a riscuotere la paga in monete d’oro che provenivano dalle casse private dell’imperatore. Non avevano chiamate alla ribalta fino al 1980 credo, perché l’imperatore disse, “Io pago questi attori coi miei fondi privati. Non li espongo alla critica pubblica”. Una chiamata alla ribalta sarebbe stata letta come critica all’imperatore. PLAYBOY: C’erano molti discorsi di teatro intorno alla tavola della cena? WALTZ: Non c’era nient’altro che il teatro sotto diversi punti di vista. Era insopportabile. Sarebbe stato più interessante se la conversazione fosse stata più selettiva, di tanto in tanto. PLAYBOY: Qualcuno dei tuoi fratelli ha seguito la tradizione di famiglia? WALTZ: Ho un fratello che è direttore e manager di teatro. Ero un po’ nella mezz’età nel rapporto coi miei fratelli e sorelle. Abbiamo rapporti molto buoni e ci parliamo frequentemente. PLAYBOY: Eri appassionato di sport? WALTZ: Non particolarmente. Sono stato schermidore per qualche anno prima di dedicarmi alla recitazione. Ho gareggiato in dei tornei. Non ero particolarmente

bravo, ma mi ci divertivo. A quei tempi, soprattutto in Europa, il successo non era la forza motrice. Potevi ancora fare qualcosa in pace per il semplice piacere di farlo. Eccellere e competere, come una specie di sublimazione di testosterone ed aggressività istituzionalizzata su scala nazionale, è qualcosa che osservo con inquietudine, a dir poco. PLAYBOY: Eri un grosso fan della musica? WALTZ: Quando stavo crescendo, o eri un fan dei Beatles oppure dei Rolling Stones. Non potevi essere entrambi. A me piacevano i Beatles, anche se non avevo nulla contro i Rolling Stones. Ascoltavo di più cose come Frank Zappa e Mothers of Invention. La sua musica mi ha sempre parlato. Solo più tardi ho scoperto che era un tale fan devoto di Edgard Varèse che era andato a Vienna a studiare la musica atonale alla Scuola Viennese. Frank Zappa sapeva maledettamente bene ciò che faceva. Avevo sempre la radio accesa da ragazzino, ma presto misi in discussione il fattore rumore. Oggi giorno mi disturba davvero che della cosiddetta musica venga diffusa in ristoranti, dappertutto. Se la musica è bella non voglio continuare a conversare, voglio solo ascoltare. Se è brutta, è come l’inquinamento e disturba la conversazione. PLAYBOY: Essendo cresciuto negli anni ’70, hai sperimentato le droghe? WALTZ: Qualcuna, alcune più piacevoli di altre, ma in generale non ero troppo interessato alle droghe. Non facevano per me. Arrivo da un paese di vini, quindi quello è qualcosa che facevamo più spesso. Ma sì, ho fatto uso di droghe, non quanto ne avessero fatto altri, per niente. PLAYBOY: Che lavori facevi prima di entrare nella scuola di recitazione? WALTZ: Avevo 18 o 19 anni quando andai alla scuola di recitazione, ma prima di quello lavorai in studi televisivi come fattorino e come una specie di operatore. Ero interessato al cinema. Per un periodo volli fare l’operatore. Nei primi anni ’70 andai spesso a vedere i film nello straordinario Austrian Film Museum, dove facevano retrospettive di grandi registi ma anche di questi esagerati, pazzi e sperimentali registi, alcuni dei quali ancora esistono tutt’oggi. Quando ero un giovane attore avevo una sorta di ideale stile Fantasy Football dove pensavo sarebbe valsa la pena diventare attore se potevo lavorare con Billy Wilder, John Huston e Akira Kurosawa. A volte oggi vedo un ruolo in un vecchio film creato da uno di questi registi o altri che mi piacciono, e vago un po’ con la fantasia, pensando, “Se solo…”. PLAYBOY: Cosa hai ottenuto dalla scuola di recitazione? WALTZ: La odiavo e ne fui disgustato. Erano gli anni Settanta e tutto era intellettualizzato. Non sono una persona egregia. Avevo amici là. Tiravo avanti. Ma non mi

piacevano i corsi. C’erano attori noti che tenevano le lezioni, ma non me ne piaceva nemmeno uno. Capivo qual era il loro obiettivo, ma mi sembrava sempre arbitrario e restrittivo, con gli insegnanti che mi dicevano cosa fare, come bisognava farlo e perché. PLAYBOY: Perlomeno le scuole di recitazione attraggono gente di bell’aspetto, un po’ folle e creativa. Le possibilità di intrighi sessuali saranno state varie, no? WALTZ: Non avevo bisogno della scuola di recitazione per quello. L’Europa sembra essere un po’ più aperta in questo rispetto al altri Paesi. Abbiamo uno scambio più libero tra i sessi e molto prima PLAYBOY: Quanti anni avevi quando ti sei accorto che i membri del sesso opposto ti guardavano con apprezzamento? WALTZ: Cinque, forse prima. Almeno mi illudevo che mi guardassero con interesse perché io le guardavo con interesse. Quell’apprezzamento cambia naturalmente in pubertà, e dopo, cambia di giorno in giorno. Non significa che ci sia una traiettoria in declino – anzi, proprio l’opposto. E più vai in là con gli anni, l’apprezzamento evolve in qualcosa di molto più interessante. PLAYBOY: A quanti anni la prima ragazza? WALTZ: Circa 15 o 16 anni. È durata circa un anno. Mi piaceva molto. Andavamo molto d’accordo, facevamo cose insieme, era molto piacevole. Mi piacevano le ragazze vivaci, divertenti e alla mano, le ragazze che stavano al gioco con me e con quelli intorno ed erano una sorta di tipe da squadra. Ad oggi, non sopporto atteggiamenti capricciosi. Ho reazioni forti ed avverse alle principessine. PLAYBOY: Quella prima relazione romantica risultò tra i “liberi scambi tra i sessi?” WALTZ: Non ne voglio parlare. Sono leggermente ossessionato dalla privacy. È uno dei pochi princìpi ai quali mi aggrappo. Traccio una linea per stabilire la differenza tra l’esterno e l’interno. Parte del nostro problema al mondo e nella nostra società è che il confine tra interno ed esterno è totalmente sfumato. Non sai più chi sei. Perdi la tua struttura. Come fai a muoverti con sicurezza e senso d’identità se non hai un contorno chiaramente definito? PLAYBOY: Dovremmo leggere il libro Sex Perfection and Marital Happiness (Perfezione sessuale e felicità coniugale) scritto dal tuo nonno paterno, Rudolf von Urban, M.D.? WALTZ: Non penso sia necessario. Ho sfogliato il libro. È interessante dal punto di vista storico. Non è particolarmente scientifico. Era un medico ed analista che emigrò in America nel 1937. L’ho visto una volta nella mia vita per forse solo un’ora. Era interessato al sesso e diciamo che por69

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tò il concetto freudiano delle conseguenze negative della repressione sessuale a livello popolare. È una sorta di precoce libro di auto-aiuto. PLAYBOY: Sei mai stato in terapia? WALTZ: Certo, sì, è una cosa davvero buona da fare se trovi la persona giusta. Non penso ci sia nulla di eroico nel cercare di fronteggiare tutto da solo le cose che ti fanno soffrire. Un argomento perfetto a sostegno della terapia è la citazione di Einstein “Non puoi risolvere un problema con lo stesso pensiero che lo ha prodotto.” PLAYBOY: Sei stato un attore che ha lavorato sin dal 1976. Molti dei tuoi primi lavori non sono facilmente reperibili in America, ma grazie a YouTube e altri fonti online, le persone possono vedere filmati di te come ministro Anabattista che canta e balla e seduce una donna sposata in una vasca da bagno. E poi c’è la tua canzone con balletto del 1977 per un programma tv per bambini nella quale si nota una protuberanza, non proprio da bollino verde, nei tuoi collant colorati. WALTZ: Cosa fa la tv americana a proposito dei ballerini di danza classica maschi nei programmi per bambini? Le convenzioni sociali non alterano l’anatomia umana. Eppure in qualche modo non c’è problema a mostrare la testa di qualcuno che viene esplosa in mille pezzi e le sue cervella che schizzano su tutto il muro. Quello non lo puoi fare in Europa in un programma tv per bimbi. Ecco in che senso le culture sono diverse. Nel corteo funerale di François Mitterrand, proprio dietro al carro funebre c’erano la vedova e i figli e proprio dietro di lei c’erano la sua amante col figlio che avevano avuto insieme. Erano insieme nel lutto per la persona, non a esporre qualche edificio male costruito di ipocrisia sociale. Eppure in America, il governo si scioglie se un politico ha un’amante. Che le persone debbano scusarsi con la popolazione per avere una relazione extraconiugale? È un problema privato. PLAYBOY: Dopo aver lavorato in Europa sei arrivato a New York per studiare. Come si sono presentati gli Stati Uniti rispetto all’idea che ti eri fatta? WALTZ: Gli Stati Uniti erano meglio dell’idea che me ne ero fatto. Mi ero ritirato dalla scuola prematuramente – o forse, in ritardo – e sentivo di aver bisogno di più allenamento per ampliare un po’ la mia portata. Quindi arrivai qui e mi preparai con Lee Strasberg, che fu un grande, ed anche con Stella Adler, che fu l’esperienza cruciale, sbalorditiva, cardine di tutta la mia preparazione. Con Stella mi si è aperto un mondo. Anche allora, a New York, però, avevo la sensazione di assistere all’inizio della fine di un’era, di una cultura, di una città. Quando vai a New York oggi non c’è rimasto quasi nulla di quel mondo. 70

PLAYBOY: Hai visitato Los Angeles ai quei tempi? WALTZ: Una volta, brevemente. Volevo vedere la capitale mondiale del cinema. Sul volo di andata avevo una febbre alta ed ero malato come un cane, ma mi rifiutai di rimanere a riposarmi in un qualunque letto di hotel. Sono arrivato alla deriva di Diseneyland. Se non mi fossi ammalato prima di esserci andato, lo sarei diventato dopo quella visita. Vedere il lato merchandising dell’intrattenimento, portato a tali livelli estremi mi aveva impressionato. I miei sensibili nervi europei non lo potevano sopportare. PLAYBOY: Cosa sarebbe accaduto ai tuoi sensibili nervi europei se il tuo grande successo ti fosse arrivato nei tuoi venti o trent’anni? WALTZ: Mi piacerebbe credere che non mi avrebbe colpito troppo negativamente, ma come non potrebbe? Mi piacerebbe credere che non mi avrebbe donato grandi opportunità da molto prima e facilitato lo sviluppo che si può avere solo nei venti, trenta anni, ma è andata com’è andata. In un certo modo sono proprio grato di far esperienza di questo successo alla mia età perché ne ho una distanza critica. Ciò mi aiuta a mantenere la mia sanità, perché ciò che mi è successo è piuttosto pazzesco e difficile da credere. È qualcosa che bisogna affrontare con maturità, responsabilità e circospezione. Consumare il successo come una bevanda alcolica è godibile nella durata della festa, ma la mattina dopo il post-sbornia probabilmente ti lascia fuori uso per il resto della giornata. La fama e il successo ti possono far affrontare un post-sbronza dove invece è richiesta maturità. Se non hai quella, allora hai un problema. PLAYBOY: Hai notato la tua fama agire da afrodisiaco nei confronti di sconosciuti oppure addirittura vecchi amici? WALTZ: Sono impermeabile a tutte quelle cose, ma non significa che non ci faccia caso. Ho ancora energia in qualche senso e lo gestisco facendo un passo indietro. Esiste un’altra reazione però, che è tipicamente tedesca, dove le persone hanno l’atteggiamento di “Beh, io non sarò uno di quelli che gli lecca il culo”. All’improvviso sarai criticato o sfidato. Io sono conflittuale solo quando mi sembra sia appropriato. Ci rimango male quando vecchi amici cambiano il tono e l’argomento della conversazione sulla propria carriera e il loro successo in termini di competitività. Non sono propriamente preparato a tagliare i ponti a quel punto ma sono pronto a lasciar che il rapporto inizi a morire. PLAYBOY: Ora hai una stella a Hollywood Boulevard. Ad L.A. e Hollywood sono un po’ fissati per i C.A.P. e location vari, hai avuto la possibilità di scegliere le stelle intorno alla tua?

WALTZ: Anni fa camminavo giù da quella striscia di Hollywood Boulevard e mi sono scusato a voce alta perché avevo calpestato la stella di Buster Keaton. Sono un grande ammiratore di Keaton, oltre al fatto che abbiamo lo stesso compleanno. Vidi che la stella accanto a quella di Keaton era vuota e notai che dall’altra parte della stella di Keaton c’era quella di Peter Lorre. Dissi scherzando, “Oh quella tra Keaton e Lorre, quella dovrà essere la mia stella.” Sai non è che passeggio su Hollywood Boulevard ogni giorno ma la volta successiva che ci andai la stella era occupata. Quella era la mia stella. PLAYBOY: Almeno la stella che hai preso è davanti al ristornate più vecchio di Hollywood. WALTZ: Musso & Frank’s Grill è il mio ristorante preferito di L.A., quindi sono piuttosto felice di ciò. Charlie Chaplin e Douglas Fairbanks gareggiavano a cavallo fino a lì, da direzioni opposte, e chi perdeva la sfida pagava il conto. Chaplin e Fairbanks si sedevano all’unico tavolo con finestra perché dovevano tenere d’occhio i cavalli lì fuori. Puoi percepire quella storia lì dentro. PLAYBOY: Come vuole la tradizione dei ristoranti hollywoodiani di battezzare panini e piatti in onore di star cinematografiche, cosa dovrebbe essere la specialità Cristoph Walz? WALTZ: Spezzatino di fegato – magari con contorno di cipolle che ti fanno lacrimare gli occhi. PLAYBOY: Il tuo film imminente, Tarzan, ha i debuttanti Alexander Skarsgård e Margot Robbie. Sei anche in un romantico d’epoca, Tulip Fever, che come co-protagonisti ha Dane DeHaan e Alicia Vikander. Qualcuno di questi giovani attori ti colpirono particolarmente? WALTZ: In SPECTRE, Andrew Scott. PLAYBOY: Negli Stati Uniti è conosciuto soprattutto perché interpreta Moriarty nella serie BBC Sherlock con Benedict Cumberbatch. WALTZ: Sfortunatamente non ho delle vere scene in cui recito con lui ma già dalla prima lettura del copione tutti insieme mi trasmise qualcosa e pensai, Wow. Tarzan è stata un’esperienza interessante. Fanno così tanto con gli effetti visivi che avevo sempre la sensazione di fare metà del mio lavoro. PLAYBOY: Tirando le somme, come è essere Cristoph Walz di questi tempi? WALTZ: Ho le mie crisi. Fa parte del tutto. Mi piace il lavoro vero. Non mi piace girarci intorno. Sono più felice quando il lavoro è duro e tosto alle volte. L’attraverso lottando, impugnando tutto ciò. Ma non c’è nulla che odio di più della sensazione di aver fatto qualcosa alla buona, che si tratti di un film o della vita.

MODELLA NEWYORKESE E FASHION DESIGNER D’AVANGUARDIA, JULIA FOX PORTA SERENITÀ ALLA FORESTA DI CEMENTO DI MANHATTAN

Stone cold Fox FOTO DI GREG MANIS

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LA NUOVA STAGIONE DEL CAMPIONATO SPORTIVO PIU' OPULENTO E CONTRADDITTORIO DEL MONDO E' APPENA INIZIATA. BENVENUTI NELLO SCINTILLANTE MONDO DEI "GANGSTER IMBORGHESITI" TRA SPORT, SPERPERI E LUSSO SFRENATO..

(4) © AP Photo/Tom DiPace

Cristiano Ronaldo vi sembra il top dello stile? Balotelli il massimo dell'arroganza applicata allo sport? Cassano un pazzo scriteriato? Forse dovreste dare un'occhiata a quello che succede dall'altra parte dell'Oceano, in quello strano, ricchissimo, massimalista e sovrabbondante mondo chiamato Nba (National Basketball Association, per gli amici).

Gilbert Arenas (1), ad esempio, avrebbe molto da "insegnare" alla maggior parte delle star del calcio europeo. Il giocatore ex Washington Wizards – famoso anche per un alterco a base di pistole cariche con il compagno di squadra Javaris Crittenton – teneva una vasca con squali vivi dentro la sua villa capitolina. Arenas, tra le altre cose, ha percepito circa 36 milioni di dollari dagli Orlando Magic (che lo avevano acquisito da Washington) per non scendere in campo nelle tre stagioni scorse. Il giocatore, a specifica domanda, ha candidamente risposto che, sì, l'accordo tra lui e i Magic è stato il peggiore mai firmato da una squadra Nba nella storia della lega. Quando si dice l'onestà!

GALLINARI & CO. E il caso Allen Iverson (2)? A.I. – uno dei giocatori più rappresentativi degli anni Duemila – ha recentemente dichiarato bancarotta, dopo aver guadagnato più di 200 milioni di dollari nel corso di quattordici anni di carriera (in cui pare abbia mantenuto non meno di cinquanta persone). Tra i vezzi di Iverson: comprare un intero parco-vestiti nuovo durante ogni vacanza e trasferta fuori casa, per evitare di avere bagagli con sé (le valigie sono troppo da comuni mortali, eh A.I.?)

Gli esempi, per fortuna, non sono tutti negativi. "His Airness" Michael Jordan (4), mito assoluto dello sport di tutti i tempi, è recentemente entrato a far parte del novero delle duemila persone più ricche al mondo (1.741esimo, per la precisione; dati Forbes) e, contemporaneamente, è diventato il primo atleta della storia a mettere da parte un patrimonio sopra il miliardo di dollari.

» Jordan, è stato il

primo atleta della storia ad accumullare un patrimonio superiore al miliardo di dollari

Per non parlare di Charles Barkley (3) – storico rivale di Michael Jordan nell'epoca d'oro dell'NBA, famoso anche per la partecipazione al film Space Jam – che ha dichiarato di aver perso la bellezza di 10 milioni di dollari giocando d'azzardo.

Il suo "erede" Kobe Bryant (5) è da tempo riconosciuto come modello di stile, dentro e fuori dal campo. LeBron James (7), l'ultimo di questa dinastia di star della pallacanestro, ha già assaggiato il mondo del cinema (è da poco uscito Un Disastro di Ragazza, con una sua esilarante partecipazione nel ruolo del migliore amico del protagonista maschile) e ha guadagnato 44 milioni di dollari solo in sponsorizzazioni nella stagione appena trascorsa. Anche l'Italia – con il trio Nba Danilo Gallinari (6), Marco Belinelli e Andrea Bargnani – non se la passa affatto male. I giocatori italiani hanno firmato contratti da capogiro (Gallinari, il più quotato del lotto, prenderà circa 45 milioni di dollari complessivi nel prossimo triennio) e sono ormai diventati delle vere e proprie icone extrasportive, anche grazie a eventi come i recenti Europei di Francia.

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GLI INGAGGI STELLARI DEI RAGAZZI DEL GHETTO

Da decenni uno dei campionati più ricchi del mondo (con un giro d'affari complessivo comparabile a quello della Premier League di calcio inglese, ma con una sola squadra in rosso sulle trenta iscritte al campionato e con un valore medio delle franchigie di 1,1 miliardi di dollari), l'Nba guarda con fiducia al mercato europeo e a quello asiatico. I risultati economici ottenuti negli ultimi anni hanno superato di gran lunga le aspettative; esito: dalla stagione 2017-2018 il salario medio di un giocatore Nba si attesterà sui 10 milioni di dollari annuali (con picchi di più di 30 per le stelle della lega). I giocatori – avendo a disposizione cifre di questo tipo e provenendo spesso da background sociali estremamente disagiati – non impiegano molto, una volta entrati in Nba, per darsi alla pazza gioia e alle pazze spese fra ville, auto, donne, super car e extra lussi di ogni tipo. Detto di Arenas e di Iverson (entrambi cresciuti in contesti economico-familiari complessi, per usare un eufemismo), non

è difficile trovare casi di follia finanziaria e umana comparabili. Metta World Peace (nome di battesimo: Ron Artest) è noto per l'atteggiamento da duro in campo (sfociato in episodi drammatici come la famigerata rissa Pacers-Pistons del 19 novembre 2004), ma anche per l'esuberanza nel lifestyle. Metta, a quanto pare, sarebbe uno dei più assidui frequentatori della Hardwood Suite del Palms Casinò di Las Vegas, una bellezza da 10mila metri quadrati e 25mila dollari a notte (comprensiva di campo da basket regolamentare, ça va sans dire). Il suo padre putativo Dennis Rodman – compagno di squadra di Michael Jordan nei fenomenali Chicago Bulls di metà anni '90 – è quasi più noto per i deliri extracestistici che per le performance in campo (ugualmente spettacolari). Tra le altre pazzie: l'abito fucsia con cui si è presentato alla serata di gala in onore della release della sua autobiografia, i capelli tinti di colori sempre diversi e sempre stravaganti e l'amicizia con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un. L'Nba, per indirizzare i giocatori verso stili di vita consapevoli e per ovviare a questo tipo di comportamenti deleteri (che spesso cozzano con l'immagine globale del brand), ha istituito una serie di corsi di "etichetta" per le matricole al primo anno, matricole che spesso entrano nella lega da poco più che adolescenti. I giocatori internazionali, dal canto loro, sembrano adattarsi con sforzo sempre minore alla vita da star del basket. In un gioco di interscambi reciproci,

il risultato è l'esportazione di modelli tipicamente americani nei microcosmi sportivi europei, asiatici e africani. Il fascino mediatico e sportivo dei "gangster imborghesiti" e degli "uomini del ghetto" ha attecchito ormai da tempo anche nel calcio di casa nostra (vedi, per l'appunto, Balotelli e Cassano, tra gli altri), con svariati contesti sportivi (non solo calcistici) che si strutturano su modelli d'immagine sempre più "all'americana". Quello del basket americano – come hanno dovuto imparare i nostri tre connazionali e, con loro, i più di cento giocatori non autoctoni presenti nella lega statunitense – è un mondo che vive di estremi e iperboli. Il fatto che i Warriors – squadra detentrice del titolo e che annovera tra le proprie fila il fortissimo Steph Curry – abbiano o meno la chance di rivincere il campionato in questa stagione, passa quasi in secondo piano, di fronte alle caleidoscopiche e infinite follie che caratterizzano il lussurioso mondo Nba.

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MILLIONI

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» LeBron James, l'ultimo

della dinastia di star della pallacanestro, ha guadagnato 44 milioni di dollari solo in sponsorizzazioni nella stagione appena trascorsa.

10di dollari MILIONI annuali il salario medio di un giocatore Nba

» Dalla stagione

2017-2018 il salario medio di un giocatore Nba si attesterà sui 10 milioni di dollari annuali (con picchi di più di 30 per le stelle della lega).

IL CESTISTA LOMBARDO IN SETTE ANNI DI PERMANENZA IN NBA È DIVENTATO UNA VERA STAR. CON LO STILE CHE DA SEMPRE LO CONTRADDISTINGUE, LONTANO DAGLI ECCESSI E DALLE MEGALOMANIE DI MOLTI DEI SUOI COLLEGHI. PERCHÉ SOLDI E SUCCESSO POSSONO TALVOLTA FAR PERDERE LA BUSSOLA. PAROLA DI DANILO GALLINARI DI ELIA PASINI

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anilo Gallinari è diventato grande: stella assoluta della Nazionale italiana di basket e trascinatore degli azzurri ai recenti Europei, conclusisi purtroppo con una bruciante eliminazione nei quarti di finale, il Gallo punta a diventare sempre più una star anche in Nba, dopo una carriera americana sin qui martoriata dagli infortuni. E a 27 anni compiuti, con alle spalle una squadra di giovani rampanti, i Denver Nuggets, pronta a dare battaglia per riagguantare a distanza di due anni i playoff, ha tutte le carte in regola per riuscirci. Senza montarsi la testa però e rimanendo coi piedi per terra.

"LA RINUNCIA PIU' GRANDE? LA CUCINA DELLA MAMMA"

PLAYBOY: Danilo, è appena cominciata la nuova stagione in Nba, quali sono gli obiettivi? Dove possono arrivare i Nuggets? GALLINARI: L’obiettivo è quello di ricominciare da quanto fatto con la Nazionale agli Europei e dal finale positivo dell’ultima stagione Nba. Siamo una squadra giovane e con giocatori nuovi, abbiamo bisogno di un po' di tempo, ma le sensazioni sono positive. Vogliamo provare a tornare ai playoff dopo due anni di assenza. PLAYBOY: In America finora hai faticato a trovare continuità. A 27 anni ti senti pronto per essere leader pure in Nba, oltre che in Nazionale, considerando anche la bassa età media dei Nuggets? GALLINARI: Purtroppo nei miei sette anni in Nba sono stato bersagliato dagli infortuni, che a volte non mi hanno permesso di giocare come avrei voluto. Adesso sto bene e i Nuggets sono la squadra ideale per rafforzare la mia leadership. Voglio giocare al massimo quest'anno, mi sento pronto. PLAYBOY: Sei soddisfatto di quanto hai ottenuto sin qui nella tua carriera? GALLINARI: Sono convinto che tutto quello che ho fatto in questi anni, nel bene e nel male, sia servito ad aumentare il mio bagaglio di esperienze. Nel 2010, tre anni prima dell’infortunio che mi ha tenuto lontano dai campi di gioco per venti mesi, ho partecipato all'All Star Game nella gara riservata ai Rookies (matricole al primo anno, ndr) e anche al Three Point Contest (gara del tiro da tre punti, ndr). L’obiettivo è quello di tornare a giocare un All Star Game, stavolta con i senior, con i migliori giocatori dell'Nba, con i migliori al mondo. PLAYBOY: Chi era Danilo Gallinari prima di entrare in Nba e chi è Danilo Gallinari oggi? GALLINARI: Ero un ragazzo che, come tutti quelli che cominciano a giocare a basket, vedeva il mondo Nba lontano, inarrivabile. Ora che sto vivendo il mio sogno, tento di raggiungere il massimo nei risultati sia individuali che di squadra, cercando di rimanere consapevole delle mie capacità, ma anche delle difficoltà da affrontare per perseguire i miei obiettivi.

PLAYBOY: Com'è essere famoso negli Stati Uniti? Preferisci la "vita da star" o cerchi di mantenere un profilo basso? GALLINARI: Come gli appassionati di basket sapranno, sono stato scelto nel 2008 dai New York Knicks, la squadra della Grande Mela, e passare da Graffignana, il mio paese di origine di 2.300 abitanti, a New York è stato un bel salto! Dopo una prima fase di “assestamento“, peraltro molto veloce, mi sono adattato allo stile di vita americano e ora mi trovo benissimo. L’ostacolo principale è stato abbandonare la cucina della mamma. La pallacanestro qui è sicuramente più seguita che in Italia, tutti conoscono i giocatori. I tifosi sono tantissimi, ma non invadenti: ti lasciano vivere e rispettano la tua privacy. Chiaramente a Denver la realtà è completamente diversa, rispetto a New York, è una città molto più tranquilla. Tutto considerato, preferisco mantenere un profilo basso: frequentare i miei amici, divertirmi, ma senza esagerazioni. PLAYBOY: L'Nba è davvero un mondo così fuori dalle regole della vita quotidiana? Cosa pensi di chi si dà alle follie economiche e a un lifestyle da rocker, più che da sportivo? GALLINARI: Fama e ricchezza possono portare a comportamenti esagerati, ma io credo che molto dipenda dal background familiare e dai valori che ti sono stati trasmessi nel contesto in cui sei cresciuto. L'ambiente esterno e la pressione a volte fanno perdere la bussola, soprattutto a chi è privo di pilastri a cui aggrapparsi. Non condivido certi comportamenti estremi, le follie da star intendo, ma capisco che un certo tipo di stile di vita possa diventare coinvolgente. PLAYBOY: Ormai sei da diversi anni in Nba, di cose ne avrai viste... GALLINARI: Sono un veterano, ormai, anche per queste cose. Ne ho viste di tutti i colori, ma la maggior parte non sono raccontabili. In campo i comportamenti di solito sono nella norma, tranne qualche rissa, anche violenta. L'Nba ha regole comportamentali molto rigide: se sgarri sei soggetto a multe e squalifiche, che possono diven-

"NEGLI STATES LA PRESSIONE MEDIATICA SUI GIOCATORI E' PAZZESCA"

tare piuttosto pesanti. Fuori dal campo è diverso: la megalomania la vedi soprattutto nelle macchine superlussuose, nei vestiti costosissimi ed esagerati che indossano tanti giocatori e nella capacità di spendere grandi somme di denaro in pochi istanti. PLAYBOY: Avendo giocato anche a New York, che rapporto hai con la Grande Mela? GALLINARI: New York è la città che non dorme mai, davvero. Ci ho giocato per tre anni e lì è tutto incredibile: alle partite in casa, al Madison Square Garden, in prima fila ci sono i più famosi attori e attrici e altri personaggi del mondo dello spettacolo. Ogni sera sei invitato ai più importanti eventi mondani, puoi conoscere tutte le celebrità che vuoi con una facilità incredibile. Se entri in quel turbine e non sei equilibrato non ne esci più. La pressione mediatica sui giocatori è pazzesca, infatti si dice che: “se puoi farlo a New York, puoi farlo dappertutto“. PLAYBOY: E con l'Italia e con i fan nostrani che rapporto hai? GALLINARI: Rapporto molto buono e saldo, mi fa estremamente piacere sapere che i tifosi italiani mi seguono anche a distanza. Sentirli vicini è uno stimolo in più per fare sempre meglio. Cerco, nel limite del possibile, di tenere rapporti diretti soprattutto attraverso i social network. La mia pagina Facebook è seguitissima (quasi

» Danilo Galinari, 27 anni, è originario di Graffignana, nel Lodigiano, gioca nei Denver Nuggets, dopo aver militato anche nei New York Knicks.

440mila “mi piace”, ndr) e su Twitter ho tantissimi follower (585mila, ndr). PLAYBOY: Milano rimane sempre casa tua? GALLINARI: Milano è casa mia: lì ho iniziato la mia carriera da professionista, lì vivono i miei amici e lì è dove torno quando finisce la stagione Nba. Di recente mi sono concesso una full immersion nella Settimana della moda, prima di ripartire per gli States: esperienza super! Per me vale il detto: “Milan l'è on gran Milan”. PLAYBOY: Durante gli Europei l'elettricità intorno alla Nazionale era percettibile. Credi che il basket possa arrivare da noi col tempo a insidiare anche il calcio? GALLINARI: In Nazionale riuscivamo a sentire tutto il feeling con i tifosi, i nostri amici e familiari facevano da tramite. Si è creato, direi finalmente, un grande interesse, interesse che non dobbiamo assolutamente disperdere. Il basket sta crescendo enormemente a livello europeo, ma siamo ancora molto lontani dal calcio. Piano piano stiamo rosicchiando terreno, quindi chissà? Mai dire mai... PLAYBOY: Parlando sempre di futuro, dove si vede Danilo Gallinari tra vent'anni? GALLINARI: Per il momento mi godo questa fantastica esperienza: Nba, Stati Uniti e tutto il resto. Mi si stanno aprendo tante porte, spero solo di scegliere quella giusta quando la mia carriera sarà finita. PLAYBOY: Altro da aggiungere? GALLINARI: Io sono riuscito a realizzare il mio sogno e vorrei dire a tutti i ragazzi che iniziano a giocare a pallacanestro di non smettere mai di sognare. Chiudo con il motto che mi accompagna da sempre: “A tutto motore!”.

FITNESS

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»Al giorno d’oggi, e aggiungiamo per fortuna, per ogni sport esiste una preparazione atletica specifica, che anche se viene eseguita per lo più dai professionisti, certamente può essere indicata anche per gli sportivi della domenica o del weekend, amatoriali e appassionati. In questo nu-

mero, prendiamo in esame il motociclismo, uno sport che negli ultimi tempi sta prendendo sempre più piede. Sembra che i nuovi filoni di preparazione atletica si dirigano verso un tipo di allenamento più specifico, anche in situazioni molto differenti da quello che poi sarà il gesto di gara. Pro-

viamo, dunque, a creare un allenamento il più possibile specifico da fare in palestra per questa disciplina sportiva. Innanzitutto, andiamo ad analizzare quello che avviene in una gara motociclistica. La parola “chiave” per l’allenamento del motociclista è isometria. Poco utile, invece, sarebbe concentrare

la preparazione in consuete sedute di ipertrofia muscolare. Esse andrebbero sì ad aumentare di volume i distretti sollecitati, ma questi sarebbero allenati per un movimento che in gara non avverrà mai. Prima di cominciare, proviamo ad eseguire questo semplice circuito.

PROGRAMMA DI ALLENAMENTO PERFORMANCE 2 KICK BACK x 30

1 squat x 40 A

A

B

B

3 affondi con manubri

4 squat jump x 10

alle spalle x 20

C

A

A

B

C

B

P E R I P RINCIP IANTI È CON SI GLI A B I LE ESEGU I R N E LA METÀ

IN PALESTRA A

»il cardio 15 min

B

C

»il cardio 15 min

3x10

3x10

LAT MACHINE

PUSH DOWN

»il cardio 15 min

4x50"

4x60’’

3x10

PLANK SULLA SWISSBALL, GOMITI IN APPOGGIO

DISTENSIONE MANUBRI

di CONTRAZIONE ISOMETRICA in posizione di PULL UP con il petto vicino alla sbarra e il mento oltre la stessa

4x30

5x50"

SECONDI DI ISOMETRIA AL TRX IN POSIZIONE DI PLANK

di CONTRAZIONE ISOMETRICA ALLA PANCA PIANA con i gomiti in linea con le spalle

5x10+10 (dx e sx) DI SALTI SUL BOSU A 2 GAMBE E ATTERRAGGIO SU UNA GAMBA

5X50’’+50’’ SIDE PLANK

3x10

5x10

LEG EXTENSION

ADDUCTOR

4x60’’ SQUAT position su pedana propriocettiva

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P I C TO R I A L

Non abbiamo nulla contro l’autunno e le foglie che cadono, ma sicuramente preferiamo godere dei colori di stagione al chiuso e in compagnia di questi angeli ramati: DOMINIQUE JANE e GIA MARIE. Versati un whiskey caldo, accendi il fuoco e mettiti comodo. FOTO DI SASHA EISENMAN 86

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AT T U A L I T À D I

L U C A

B E R G A M I N

DIRITTI CIVILI

ULTIMA CHIAMATA L’ITALIA È TRA I NOVE PAESI EUROPEI, SUI VENTOTTO CHE COMPONGONO L’UNIONE, A ESSERE LEGISLATIVAMENTE ANCORA OMOFOBICA, CONSEGUENZA DI UNO STATO CATTOTRADIZIONALISTA FINORA SORDO A UNA REALTÀ CAMBIATA RADICALMENTE NEGLI ULTIMI VENT’ANNI E GIÀ AMPIAMENTE RECEPITA DALLA MASSIMA PARTE DELLA SOCIETÀ CIVILE (IL 75% DEGLI ITALIANI SI DICE FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DELLE COPPIE GAY), CHE CHIEDE RISPOSTE CONCRETE A BISOGNI CONCRETI. MA DOPO DECENNI DI DIBATTITI FORSE CI SIAMO ED ENTRO NATALE (NON SAREBBE MALE, NON SOLO PER I DIRETTI INTERESSATI MA PER UN PAESE COME IL NOSTRO CHE SI PROFESSA CIVILE, TROVARE QUESTO REGALO SOTTO L’ALBERO!) SI POTREBBE FINALMENTE ARRIVARE A UNA LEGGE DELLO STATO IN MATERIA. CON BUONA PACE DI TUTTI

«Quando Alessandra, la mia compagna da sei anni, si è ammalata, io non ho potuto stare al suo capezzale. Ad assisterla c’erano i suoi genitori – racconta la sua compagna Greta, fiorentina – che lei non vedeva da tanto tempo. Ho provato a convincere gli infermieri, i medici, ma non c’è stato modo. Avrei potuto dire che ero una semplice amica, ma non volevo essere falsa, ipocrita ed essere in un certo qual modo accondiscendente nei confronti di un sistema che nega i diritti all’assistenza sanitaria. La mia Ale aveva bisogno della persona che la ama davvero nel momento più difficile della sua vita. E io ero fuori, col cellulare in mano, in attesa che lei mi chiamasse dopo il risveglio dall’operazione: le lanciavo palloncini colorati dal cortile, sul davanzale esterno ho messo i coniglietti bianchi di peluche che lei ama e vasi piene di viole profumate, il suo fiore preferito. È stata la mia dolce protesta contro questo Stato cattotradizionalista cieco di fronte a una realtà cambiata così radicalmente e velocemente negli ultimi vent’anni nonché sordo di fronte ai bisogni concreti della persona umana a cominciare da quello di essere accuditi da chi ha veramente cura e sentimento nei confronti della sua anima e del suo corpo». Charles vive a Roma con Piero. O meglio ci viveva perché quello che lui si ostina a chiamare “mio marito”, è morto un anno e mezzo fa in un incidente stradale. «Ci era94

SECONDO L’ULTIMO SONDAGGIO CONDOTTO DA IPSOS ALL’INIZIO DI OTTOBRE, TRE QUARTI DEGLI ITALIANI SONO FAVOREVOLI AL RICONOSCIMENTO DELLE COPPIE GAY. DI QUESTI IL 37% È FAVOREVOLE AL MATRIMONIO E IL RESTANTE 37% ALLE UNIONI CIVILI. NUMERI CHE SOTTOLINEANO LA NECESSITÀ PER L’ITALIA DI ALLINEARSI A LIVELLO LEGISLATIVO, AL DI LÀ DELLE MINORANZE ARROCCATE SU POSIZIONI TRADIZIONALISTE, ALLA MASSIMA PARTE DEI PAESI EUROPEI.

vamo conosciuti in una crociera per single, un viaggio per mare aperto ovviamente a eterosessuali e gay. È stato un colpo di fulmine tra noi, complice un’alba sul ponte della nave mentre attraccavamo a Barcellona. In pratica ci siamo amati da quel momento e al Mercado de La Boqueria, seduti a un tapas bar avevamo già pianificato il nostro futuro brindando con una spremuta di frutta dai colori arcobaleno. Lo avrei raggiunto in Italia. Ho rinunciato al mio lavoro a Parigi per trasferirmi a Roma e stare con lui che svolgeva incarichi manageriali importanti. Dieci anni insieme, al suo fianco. Tra noi c’era una certa differenza di età. Piero è andato in pensione nel 2008, quello che prendeva bastava a entrambi per vivere bene. Poi la sua auto si schianta in un viale alberato della capitale. E da allora, insieme al dolore personale, comincia la mia battaglia per la reversibilità della sua pensione. In certi giorni ho pensa-

to di trovarmi in un Paese del Medioevo…». Ines sostiene di avere perdonato Maria per essere finita in carcere. «Avevamo perso il posto di lavoro quasi contemporaneamente, la fabbrica marchigiana di pelletteria in cui ci eravamo conosciute aveva chiuso per la mancanza di commesse dalla Germania. Avevamo debiti da pagare, le rate dell’automobile. Lei ha sbagliato a commettere la rapina in banca anche se con quella calza di nylon in testa e la maschera di Obama, che avevamo comprato per Halloween, beh, faceva proprio ridere. E poi la sua pistola giocattolo non era credibile, tanto che l’hanno fermata subito. Però perché io non potevo andare a trovarla in carcere, darle il mio conforto, allungare la mia mano per toccare la sua, portarle quel timballo di melanzane che lei adora? Mi rispondevano che non ero una familiare. Io non me ne andavo dai cancelli dell’istituto penitenziario. Lo “pre-

“Un diritto giusto è un diritto giusto: non ci possono essere valutazioni divergenti. I sentimenti contano anche nella stesura di una legge”

AT T U A L I T À

sidiavo” come se fossi una delle guardie. Ci sono rimasta per sessanta giorni consecutivi. Poi ho dovuto rinunciare, ma solo perché mi sono trovata nel frattempo un lavoro da cameriera, i soldi del resto erano finiti. Altrimenti non avrei mai ceduto. Un diritto giusto è un diritto giusto: non ci possono essere valutazioni divergenti. I sentimenti contano anche nella stesura di una legge». Aldo è un avvocato civilista che esercita al Tribunale di Palermo. «I miei colleghi scherzando dicono che detengo il record di redazione di atti che regolano la separazione e l’unione dei beni. Le coppie si rivolgono a me quando vogliono avere chiarezza sulle formule esatte da adottare. Gli altri legali del mio foro non conoscono però il vero rapporto che ho con Fabio, il mio compagno da cinque anni. Pensano che siamo

amici, che dividiamo la casa e le amicizie. Invece condividiamo la vita, siamo “un solo alito”. La nostra unione, di fatto e di cuore, però non riguarda i beni che possediamo. Se ci separassimo, un’eventualità che non si può mai escludere, non sapremmo come regolarci su come spartire la motocicletta cromata, il pianoforte laccato, le fotografie autografate di Hiroshi Sugimoto perché non c’è una norma al riguardo. E questa lacuna in una società fluttuante nei rapporti umani e materialista come questa è gravissima. Da avvocato dico che basterebbero davvero pochi comma».

UNA LEGGE SOTTO L’ALBERO

nalmente legge dello Stato. Un bel regalo di Natale probabilmente. Finalmente. La nostra classe politica con colpevole, imperdonabile ritardo, recependo l’apertura mentale di un Paese da tempo favorevole a una legislazione in materia (secondo l’ultimo sondaggio condotto da Ipsos all’inizio di ottobre, tre quarti degli italiani sono favorevoli al riconoscimento delle coppie gay. Di questi il 37% è favorevole al matrimonio e il restante 37% alle unioni civili), ha deciso di fare uscire definitivamente l’Italia dal limbo delle nove nazioni europee, sulle 28 che compongono l’Unione, rimaste legislativamente omofobiche, ovvero Grecia e Cipro insieme ai paesi dell’Est. Se pensiamo che ad Amsterdam ci si sposa tra persone dello stesso sesso dal 2001, Bruxelles ha dovuto attendere solo due anni dopo, a Londra le prime unioni civili sono state “celebrate” nel 2004, in Spagna gay e lesbiche convolano a nozze dal 2005 e che la cattolicissima (ora un po’ meno) Irlanda le ha sancite legalmente pochi mesi fa, beh possiamo dire che non abbiamo fatto una bella figura internazionalmente parlando. La Corte di Strasburgo ci ha ammonito per la seconda volta a settembre, dopo il primo cartellino giallo del giugno scorso, sulla necessità di garantire alle coppie gay istituzioni giuridiche assimilate a quelle delle coppie eterosessuali.

“Anche riguardo la sfera prettamente economica di una coppia non ci sono norme chiare. Una lacuna gravissima in una società materialista e fluttuante nei rapporti umani come la nostra”

In questo novembre 2015, Alessandra, Charles, Ines e Aldo, i nostri testimonial di cosa nel concreto voglia dire vivere in un Paese in cui le unioni di fatto non sono civilmente regolamentate, sentono di avercela fatta. Il ddl che porta il nome della senatrice Pd Monica Cirinnà (eterosessuale, sposata, madre) sulle unioni civili omosessuali, dopo trent’anni di dibattiti, neologismi partoriti e presto o tardi abortiti (Pacs, Dico, DiDore, e altri abomini linguistici consimili) sta per diventare – o lo sarà presumibilmente diventato quando Playboy, che da sempre sostiene la battaglia per la parificazione di diritti e obblighi tra gay ed etero, sarà già andato in stampa – realtà. E in dicembre quando dovrebbe iniziare la discussione e l’iter parlamentare sarà anche e fi-

ITALIA VATICAN FREE Eppure in un certo qual modo anche legalmente, qualche passo importante era già stato compiuto: dai 300 registri delle unioni civili – il primo a Empoli nel 1993 – esistenti nelle città italiane, al modulo di autocertificazione di famiglia omosessuale adottato a Bologna per compiere atti semplici quali prendere parte alle riunioni scolastiche; dalla trascrizione degli atti di matrimonio stipulati all’estero da sedici coppie gay da parte del Campidoglio dal tanto vituperato e dimissionario (per gli scontrini dei vini!) sindaco Ignazio Marino

PERFINO NELLA CHIESA CI SONO VOCI DISCORDI SUI DIRITTI DELLE COPPIE GAY, SOPRATTUTTO FRA PRETI E SUORE, OVVERO COLORO CHE SONO PIÙ VICINI ALLA GENTE COMUNE, QUINDI PIÙ APERTI E DISPONIBILI A DIALOGARE SULL’AMORE OMOSESSUALE. NELLE SFERE PIÙ ALTE DELLA GERARCHIA QUESTO TEMA RIMANE, INVECE, ANCORA UN TABÙ, NONOSTANTE IL RECENTE MEDIATICO COMING OUT DI MONSIGNOR KRZYSZTOF CHARAMSA.

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alla Questura di Parma che in settembre ha rilasciato il permesso di soggiorno a una coppia di omosessuali per motivi familiari. Questo anacronismo era già stato bypassato anche dall’arte nelle sue varie espressioni. I dati di successo al botteghino del film Io e Lei, diretto da Maria Sole Tognazzi, in cui si racconta la relazione normale di una coppia di donne che si amano, si lasciano e si ritrovano con sentimento vero, pudico e sincero, dimostra la maturità dell’Italia. «Le persone umane sono tutte diverse le une dalle altre – dice la regista – ma le storie d’amore sono tutte eguali, indipendentemente dal sesso. Ho scelto di raccontare l’amore tra due donne mature, nel pieno della propria consapevolezza di persona. Un po’ come ne Il Vizietto interpretato da mio padre. Volevo far vedere la normalità dell’amore. L’idea di avere personaggi così popolari come Margherita Buy e Sabrina Ferilli è volutamente forte e può dare un messaggio più potente sull’uguaglianza appunto e sulla semplicità del sentire indipendentemente dai generi sessuali». Il libro Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma, uscito per Edizioni E/O e scritto dal magistrato napoletano Eduardo Savarese, autore fra l’altro anche del bellissimo romanzo Le inutili vergogne, che racconta il suo amore per Luca e al tempo stesso la sua fede in Dio, è un’altra testimonianza seria, toccante, “vera” di quanto sia contemporaneo e così già profondamente radicato nella società un modus vivendi et amandi diverso da quello che alberga nella famiglia canonica. Il problema piuttosto risiede, ristagna, nei vertici della Chiesa Cattolica. «La base, mi riferisco – ha detto lo scrittore – ai preti e alle sue suore, ovvero coloro che sono più vicini alla gente comune, è più aperta e disponibile a dialogare sull’amore omosessuale, anche se non può approvarlo ufficialmente». E allora perché ci abbiamo messo

così tanto? Perché la Chiesa (anche se Papa Francesco si esprime sul tema in questi termini: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”) non vuole cedere sul monopolio dell’istituto del matrimonio. A dimostrarlo le parole usate dall’eminente cardinale Angelo Scola: “La famiglia è qualcosa di unico, dotata di una fisionomia ben precisa, assai specifica, legata al rapporto fedele e aperto alla vita tra un uomo e una donna. Non reputo conveniente una legislazione che nei principi o anche solo nei fatti, possa produrre confusione a questo livello. Noi cristiani siamo stati un po’ lenti nel riconoscimento pieno della dignità personale di quanti provano attrazione per lo stesso sesso. Ma non sono molto convinto che lo Stato debba occuparsi di questa questione”. E anche le affermazioni di monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, che ha tuonato contro un Governo che “mette all’angolo la famiglia tradizionale, pilastro della società, per spendere energie per queste forme di unioni particolari”. Manifestazioni quali il Family Day o “Difen-

diamo i nostri figli” in piazza San Giovanni a Roma hanno dimostrato quanto ancora influisca l’opinione dell’apparato ecclesiastico su una certa parte della società. E ovviamente una parte della classe politica è montata sul carro della Chiesa: la Lega è contraria al ddl Cirinnà. Forza Italia, anche se Silvio Berlusconi è d’accordo (brava a convincerlo è stata la compagna Francesca Pascale), lascia libertà di coscienza. Il Nuovo Centrodestra è favorevole a patto che non si usi la parola matrimonio ed è comunque pronto a far pagare il prezzo al Pd di questa sua conversione. Eppure a preti, vescovi e onorevoli recalcitranti basterebbe scendere in strada, entrare in un bar, un ristorante, in libreria, al cinema, andare sui social (l’incremento di coming out su Facebook in Usa è stato del 250% negli ultimi otto mesi) per capire che in Italia i Pacs sono chiari. Già da molto tempo. E che questa è davvero la volta buona perché Alessandra, Charles, Ines, Aldo e tutti quanti amano chi ha il proprio stesso sesso, siano cittadini uguali a tutti gli altri.

ADOZIONE SÌ ADOZIONE NO Quartiere Isola a Milano. La scena si ripete tutti giorni, intorno alle 8 e 15 del mattino: Marco accompagna a scuola Stefano, che ha sei anni, ed è il figlio che Andrea, compagno di Marco, ha avuto con Gloria prima che si lasciassero e il bambino restasse a vivere col padre. «Sembra più complicato di quello che è. Legalmente io non potrei prendermi cura di questo bambino – spiega Marco, pubblicitario – perché la Stato non mi permette di adottare il figlio biologico del mio compagno. Nella casa di ringhiera in cui abitiamo e anche per le maestre delle elementari, alla palestra di judo dove lo porto la sera, di fatto sono l’altro genitore di Stefano, però le autorità potrebbero impedirmi un gesto così semplice». La stepchild adoption, ovvero l’estensione alla coppia della responsabilità genitoriale, sta “spaccando” il Governo. La legge 184 del 1983 sulle adozioni prevede, tra i casi particolari, che il componente di una coppia diventi genitore del figlio, anche adottivo,

del coniuge: la decisione spetta al giudice e la coppia deve essere sposata da almeno tre anni o convivere more uxorio sempre per tre anni purché si sposi al momento della richiesta. Il ddl Cirinnà punta a estendere questa possibilità anche alle coppie omosessuali, ma una minoranza di deputati del Pd nicchia e vorrebbe un affido “rafforzato” della durata di due anni, rinnovabile sino al raggiungimento della maggiore età del figlio. Il ministro dell’Intero e leader di Ncd, Angelino Alfano, sulla stepchild adoption non ci sente proprio perché teme che questa ulteriore concessione possa trasformarsi nel viatico per arrivare alla legge sull’utero in affitto. «Lo invito all’Isola, così capisce – chiosa provocatoriamente Marco – che non c’è nulla di anormale. Conta l’amore per i bambini. Un giudice e gli assistenti sociali possono fare le verifiche caso per caso. Però il sentimento filiale non può essere oggetto di mercanzia politica».

PP 20 Questions PHILIPP PLEIN, L'ECCENTRICO STILISTA CHE HA LA FAMA DEL DON GIOVANNI, ORGANIZZA SFILATE CHE SEMBRANO ACTION MOVIE E VESTE TIPE COME MADONNA E BEYONCÉ, A RUOTA LIBERA SU DONNE, MOTORI E LUSSO di Luca Bergamin

Q1

PLAYBOY: Philipp, hai fama di grande conquistatore, seduttore incallito. Magari può sembrare un incipit di intervista un po’ troppo aggressivo, anche perché ci siamo appena conosciuti e siamo nel tuo ufficio di Lugano, tra robot transformer a grandezza umana, lampadari neri a forma di teschio, però la tentazione è troppo forte. Quindi, perdonami se te lo domando subito: quanti amori hai avuto, si possono contare? PLEIN: Beh, che ho avuto tante storie d’amore, passioni, incontri in cui il sesso a volte ha magari avuto prevalenza sul sentimen-

to, magari in gioventù, è sicuramente vero. Concedimi di cavarmela così: mi innamoro tutti giorni. Si può dire, quindi, che ne ho avuti tanti o nessuno…

Q2

PLAYBOY: Come conquisti una donna? Il tuo sorriso di uomo felice, l’appeal di imprenditore di successo il cui brand che spazia dagli abiti alle scarpe vanta un fatturato di 220 milioni di euro, i regali lussuosi, i viaggi in supercar sino alla tua villa di Cannes… PLEIN: A costo di apparire troppo egocentrico, cosa che un po’ sono, posso dire che quando una donna mi piace, mi prendo cura

di lei a 360 gradi. Lei deve solo preoccuparsi di stare al mio fianco e dedicarmi attenzione. E al resto ci penso io, a farla sentire una principessa contemporanea.

Q3

PLAYBOY: E allora, ragazze, fatevi avanti. Un momento, però, prima Phillip ci deve tracciare un identikit della sua ragazza ideale. Immagina di disegnarcelo su carta, come il modello di un abito, le misure, il colore, il materiale… inteso ovviamente come il carattere. PLEIN: Mi piacciono le donne veramente belle, con un carattere forte, deciso, consce

20Q

della loro beltà fisica. E poi confesso di avere un debole anche per la chirurgia estetica: adesso ci sono molti modi per migliorare il proprio fisico e non vedo perché non ricorrere al chirurgo per essere più piacenti in questa vita.

Q4

PLAYBOY: Gli stilisti sono quasi tutti gay, tu fai eccezione: ti sembra una cosa strana? Ti senti mai un pesce fuor d’acqua quando vi incontrate? PLEIN: Preferisco definirmi un lifestyle builder più che uno stilista, nel senso di una persona che sa interpretare e dettare quello che piace alla gente bella, di tendenza, dai calciatori alle modelle che frequentano il jet set. E comunque, no, non trovo nulla di strano a essere etero in un mondo in cui la maggior parte delle persone è gay.

Q5

PLAYBOY: Tu provieni dal design di arredo, hai iniziato inventandoti lettini luxury per cani dai padroni ricchi, eppure sei bravissimo a interpretare i gusti delle donne: è una dote che hai sempre avuto, sin da ragazzo? PLEIN: Sì, direi che so quello che le donne vogliono. Anche perché le guardo, le ascolto, le immagino: voglio che siano gioiose con i miei abiti addosso, che sentano sulla pelle l’ebbrezza di vivere. E si divertano.

Q6

PLAYBOY: Per questo la tua linea ha l’effetto di uno shock, è provocante: Madonna, Beyoncé indossano spesso i tuoi vestiti luccicanti. Deve fare così, una donna, per far innamorare Philipp Plein? PLEIN: Allora volete proprio trovarmi una fidanzata! Guarda che io ce l’ho già, è un avvocato russo che ha capito benissimo quello che cerco, ovvero una donna sicura di se stessa e al tempo stesso anche un po’ sottomessa. Pare un concetto contraddittorio, ma in realtà è più semplice. In questo senso penso che i maschi capiscano benissimo cosa voglio dire.

Q7

PLAYBOY: Raccontaci qual è stato l’approccio più ardito che una ragazza ha tentato nei tuoi confronti, intendo a una festa, a un party, magari una modella… PLEIN: Figuriamoci se io lascio che sia una donna a farsi avanti per prima, ma vogliamo scherzare? Non mi piace essere l’oggetto dell’approccio di alcuna. Sono sempre io a prendere le iniziative. Un uomo non deve dimenticarsi di essere il cacciatore.

Q8

PLAYBOY: Va bene, Philipp Plein è iperattivo oltre che sul lavoro, anche nell’amore. Però anche il lifestyle builder più glamour del fashion business avrà pur fatto una paz100

zia per una donna che magari gli resisteva, che gli diceva sempre no, rifiutava cocciutamente le sue avance… PLEIN: Cosa è la pazzia al giorno d’oggi? Ho visto di tutto per amore, per odio. Non so bene dove e come delimitare il concetto di follia. Ho uno strano rapporto coi limiti di una cosa, con l’impossibilità di realizzare una… possibilità. Credo molto in me. Non pongo limiti alle mie emozioni e credo che la mia moda dimostri che non mi spavento di fronte a ostacolo alcuno.

Q9

PLAYBOY: Nel tuo modo di intendere e vivere l’eros, c’è spazio per il romanticismo oppure no? PLEIN: Certo che credo nell’amore romantico, ma l’amore è un momento. Non credo nell’amore eterno, quindi è inutile illudere e illudersi: diciamo che la durata del momento è elastica, dipendente da tanti fattori, ma smettiamo per favore di parlare di sentimenti senza fine.

Q10

PLAYBOY: La moda è sensualità, è svestire ma non troppo, è mostrare ma sino a un certo punto, è lasciar sognare regalando la vista di un pezzo di quel sogno. Uno stilista pensa a quanto possa essere sensuale un abito quando lo disegna? PLEIN: Sì, io immagino sempre i miei vestiti sulla mia fidanzata, quando disegno un abito, “taglio” la pelle per una borsa, metto mano al materiale, alla forma di una scarpa, penso che a metterla sia la mia donna, mi domando se starebbe bene in un modo o in un altro. Confesso che qualche volta uso lei come modella: è più comodo!

Q11

PLAYBOY: Le tue sfilate sembrano scene di un action movie: ho visto Theophilus London rappare a cavallo di una moto d’acqua, motociclette volare sopra piramidi di automobili. Hai mai pensato alla regia, di dedicarsi al cinema? PLEIN: Non so cosa mi riservi il futuro, sono aperto a ogni possibile forma di espressione creativa, ma sicuramente voglio spostarmi verso Los Angeles. Sarò vicino a Hollywood e vediamo se a stretto contatto con l’industria del cinema, scaturiranno nuovi, mirabolanti progetti.

Q12

PLAYBOY: Visto che stiamo parlando di cinema, c’è un’attrice che ti fa letteralmente perdere la testa? Esiste una donna del grande schermo che avresti sempre voluto possedere? PLEIN: Oggi no, nessuna attrice in particolare stimola i miei istinti di maschio, però posso dire che la mia fantasia da ragazzo era la modella, poi diventata attrice, Cindy

Crawford. Avrei fatto qualsiasi cosa per averla e che invidia per Richard Gere quando divenne suo marito: penso che tanti abbiano provato quel mio stesso sentimento.

Q13

PLAYBOY: Prima hai dato un giudizio assai lusinghiero nei confronti della chirurgia plastica. Te lo richiedo perché voglio essere sicuro di avere capito bene: ma davvero ti piacciono le donne con le labbra da bambolone, i seni gonfiati, gli zigomi tirati come panni stesi ad asciugare con le mollette? PLEIN: Adesso stai facendo esempi in negativo un po’ estremi, io potrei controbattere elencandoti molti casi di donne divenute estremamente attraenti dopo essere passate sotto i ferri. Se ti mostro le fotografie, nemmeno te ne accorgeresti. Ci sono chirurghi e chirurghi.

Q14

PLAYBOY: Va bene, ci può anche stare. Però bisogna stare attenti, non trovi, a pubblicizzare modelli di bellezza da raggiungere a tutti costi. Penso ad esempio a quelle ragazzine che, per essere come le modelle, smettono improvvisamente di mangiare, il loro corpo si indebolisce e il sistema nervoso crolla. L’anoressia è una cosa seria e grave. PLEIN: Sì, l’anoressia è una malattia grave, però stiamo attenti a imputarne la responsabilità agli stilisti. Personalmente, poi, io non amo le ragazze magre, le ragazze che sfilano per me sono molto lontane dal mio modello estetico prediletto di donna. Però il mondo della moda ha le sue regole: le modelle sono così magre perché durante le sfilate deve risaltare l’abito che indossano, non la loro figura.

Q15

PLAYBOY: Torniamo a scherzare un po’ sulla tua fama… di Don Giovanni del fashion system: voglio sapere qual è il posto più strano e bello in cui hai fatto l’amore? PLEIN: In uno studio televisivo, però non posso dirvi se lei era la presentatrice o un’altra ospite. Di sicuro non è accaduto durante la diretta. In camerino? Mah…

Q16

PLAYBOY: La tua casa a Cannes, di cui ho visto le fotografie, ricorda un po’ quella di Hugh Hefner, il fondatore di Playboy. Ha uno stile molto da divo di Hollywood… PLEIN: Sì, è vero, anche se non è piena di playmate in bikini, dai capelli biondi e gli occhi azzurri che girano per le stanze, si bagnano nella piscina.

Q17

PLAYBOY: Però avete gli stessi gusti in termini di lusso. E so che a te piacciono le auto più costose, i motoscafi, gli elicotte-

ri, la velocità… PLEIN: Sono un ragazzo a cui piacciono le belle donne, le machine veloci, il lusso, e tutto quello che si sposa bene con questo genere di vita. Voglio divertirmi, godere i miei soldi, vivere nella bellezza. È il sogno un po’ di tutti quanti, non bisogna avere timore di dirlo.

Q18

PLAYBOY: Quindi è vero: un grande stilista conduce una vita da nababbo, circondato dagli agi, può soddisfare ogni suo desiderio, un party ogni sera, un grande albergo in ogni città… PLEIN: Alt, un momento! Io lavoro 17 ore al giorno, non prendo vacanze da anni e i weekend non esistono per me. La vita di un imprenditore del lusso in pratica è molto

meno glamour di quello che si pensa, ma diciamo che ci sono anche i momenti di assoluto piacere e di divertimento sfrenato, altrimenti tutto ciò non avrebbe senso.

Q19

PLAYBOY: C’è un libro al quale ti sei ispirato, che racchiude magari la filosofia del tuo pensiero, che leggi nei momenti di sconforto che capiteranno di certo anche a un tipo come te? PLEIN: L’arte della Guerra. Lo ha scritto un generale cinese vissuto tra il VI e il V secolo a.C. Mi sono ispirato alle sue massime per guidare la mia azienda. Te ne cito alcune: “In ogni conflitto le manovre regolari portano allo scontro, e quelle imprevedibili alla vittoria”, “Combatti con metodi ortodossi, vinci con metodi straordinari”. E so-

prattutto quella secondo la quale “quando ti muovi sii rapido come il vento, maestoso come la foresta, avido come il fuoco, incrollabile come la montagna”.

Q20

PLAYBOY: Uh, mi hai quasi convinto. Immaginiamo allora che tu, per un giorno, un anno, il tempo che ritieni necessario, sia presidente di un Paese, capo di un governo: cosa faresti per renderlo più bello, fare in modo che il buon gusto, lo stile abbiano il sopravvento sulla bruttura? PLEIN: No, non ci casco. Io faccio vestiti, non politica e sono ben felice di tenermene alla larga. Nel mio mondo creo sogni e belle cose: ecco il mio contributo alla bellezza universale.

"SO QUELLO CHE LE DONNE VOGLIONO. ANCHE PERCHÉ LE GUARDO, LE ASCOLTO, LE IMMAGINO: VOGLIO CHE SIANO GIOIOSE CON I MIEI ABITI ADDOSSO, CHE SENTANO SULLA PELLE L’EBBREZZA DI VIVERE. E SI DIVERTANO".

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“Tanti auguri a me”. Se lo dice davanti allo specchio, quella mattina, dopo essersi lavata la faccia. Se la sfrega forte, con quell’asciugamano azzurro ormai logoro a causa dei continui lavaggi, del costante utilizzo, nonostante le parure ancora perfettamente intonse nell’armadietto, ma “cosa me ne faccio, a me basta questa”. Ripensa a quell’assurda fantasia di andare da Ilaria a licenziarsi, che ipotetico atto di estremo coraggio, di estrema avventatezza, di estrema sfida, di impellente pazzia. Invece si avvicina allo specchio, il respiro che condensa il vetro, ormai senza occhiali non vede più, né da vicino né da lontano, e scopre una nuova macchiolina scura, vicino all’occhio destro. Macchie d’età, le chiamano. Lei le chiama conto alla rovescia. Inforca gli occhiali, cercandoli a tastoni sulla mensola accanto al lavabo, continuando a scrutarsi allo specchio, poi, nuovamente munita di due paia di occhi, prende il rossetto, lo passa con gesti ormai meccanici ma da qualche anno faticosi sulle labbra screpolate, poi il fondotinta sulle guance un po’ svuotate. Il telefono la distrae, per un attimo fatica a capire da dove derivi il suono, come se quella non fosse la sua casa, quello riflesso allo specchio il suo volto, quell’orrendo rumore metallico la suoneria del suo cordless, malefico arnese tecnologico compratole da Francesca, sua figlia. Ed è proprio lei a chiamare. “Pronto?”. “Mamma, dov’eri? Perché ci hai messo tanto a rispondere?”. “Ero in bagno amore, mi sto preparando per il lavoro…”. “Ah, ok, mi sono preoccupata! Comunque auguri, mamma, buon compleanno…”.

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Si avvia a piedi, il passo spedito, la massima velocità che il corpo le concede, verso la stazione dei treni. Una cattiva idea, quella di andare a vivere fuori città, se ne accorge ora, arrivata a un’età in cui tante comodità fanno sentire la loro mancanza. Una vita da pendolare, una vita a lavorare. È così che potrebbe riassumere i suoi ultimi quarant’anni, se non fosse per Francesca. Sua figlia le manca. Le manca eppure tutte le volte che la sente

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al telefono si vergogna a dirglielo, quasi che quell’ammissione potesse essere vista come un atto recriminatorio, una velata accusa per aver abbandonato colei che le ha donato la vita, andandolo a utilizzare, quel dono, lontano da lei, lontano dal suo paese e dalla sua nazione. E così finisce che le sere d’inverno, quando più Simona sente il peso di quell’assenza, quando guarda una fiction e si aspetta un suo commento aspro sulla dubbia capacità di recitazione degli attori, quando si gira verso il tavolo della cucina aspettandosi che lei le chieda cos’ha intenzione di preparare, quando entra nella sua camera e trova tutto, la trapunta rosa, i peluche, il computer e le centinaia di dvd, invece di chiamarla Simona si siede sul divano, e lì trascorre del tempo, talvolta ore. Senza fare niente, appoggiata allo schienale, la testa reclinata all’indietro. Poi si riscuote, va in cucina e si prepara un po’ di minestra, il televisore come unica compagnia, i termosifoni bassi per risparmiare, e ben presto si corica, la stanchezza di quella vita penetrata fino alle ossa. Non si immaginava di finire così, senza Gianfranco. Così giovane e così vedova. Se n’era andato una notte, senza far rumore, senza chiasso. Al mattino, semplicemente, invece di alzarsi come sempre, era rimasto disteso nel letto. A sessantatré anni, e ai cinquantacinque di Simona, Gianfranco aveva smesso di riscaldare quella casa, comprata assieme dopo tanti sacrifici. Gli stessi che avevano fatto per mandare Francesca all’università, per poi vederla sul divano, il volto gonfio di lacrime e disillusioni, dopo la morte di Gianfranco, dopo una laurea raggiunta con fatica e successo, senza lavoro, orfana di padre e di sogni. E allora l’unica soluzione era farla andare via, perché intimamente Simona non voleva che anche sua figlia si ritrovasse a fare un lavoro che non voleva, a trascorrere una vita stretta. Francesca è a Londra ormai da due anni. Entra in ufficio, accaldata, quegli sbalzi di temperatura che dopo quasi dieci anni di cessata attività ormonale ancora non l’hanno abbandonata. Si siede

D E L L A

L E T T E R AT U R A •

alla scrivania, saluta la collega, trent’anni più giovane, ambizioni e ostacoli ancora da vivere. Non sa che è il suo compleanno, non lo sa nessuno in realtà, chi dovrebbe saperlo? Se lo chiede, per un attimo, dove siano tutte quelle persone che in sessant’anni deve aver per forza incontrato, anche se ora della maggior parte di loro non ricorda nemmeno le fattezze, dove siano finiti gli amici di famiglia che dopo la morte di Gianfranco si sono fatti via via più vaghi, più lontani, come se tutto quello che fino a quel momento li avesse tenuti assieme, li avesse tenuti uniti, fosse la partecipazione a un determinato status sociale, l’accidentale condivisione di un matrimonio e una prole. Non può essere solo questo, a tenere insieme i rapporti. Non dovrebbe essere solo questo. Poi, muovendo lentamente a sinistra e a destra il capo, scaccia quel pensiero come se dovesse scrollarselo direttamente dalla testa, alla base dei capelli corti, e appoggia lo sguardo sui fogli impilati all’angolo destro della scrivania. Esce dall’ufficio poco dopo le cinque, va al supermercato vicino, se la prende comoda, accosta gli scaffali quasi studiandone l’architettura, oltre ai prodotti. Non deve correre, nessuno l’aspetta a casa. Finisce con il riempire il carrello delle solite cose, un po’ di carne bianca, dei bastoncini di pesce surgelati, qualche verdura non confezionata, costano di meno e durano di più, anche se vanno tagliate e pulite. Ha tutto il tempo, stasera come sempre. Abbassa lo sguardo sul carrello, una grottesca parodia della spesa di una volta, dove le cose venivano accatastate l’una sull’altra, tre bocche da sfamare, una figlia adolescente e un marito goloso, ora solo lei e il suo ventre rilassato. Con quelle due piccole buste di plastica si avvia verso la stazione dei treni, pronta a tornare a casa. Sul sedile di fronte a lei, una ragazza fa scoppiare una gomma da masticare a cadenza regolare, eppure la fa sussultare ogni volta. La guarda di sottecchi, non assomiglia a Francesca. Si concede la vista ormai scura del paesaggio che scorre accanto a lei, mentre cerca di ignorare il suo riflesso dal finestrino. Poi si distrae, e incrocia i suoi stessi occhi.

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Per un attimo si perde nel suo riflesso, poi l’abbassarsi e il rialzarsi della sua cassa toracica la distrae, le ricorda che è viva. Su e giù, su e giù. Niente ha più modificato quella cadenza. Nemmeno Alberto, quel vicino di casa che dopo la morte di Gianfranco ogni tanto la incrociava sul pianerottolo le rivolgeva un sorriso benevolo. Non è mai stata brava in queste cose, eppure ha sempre rimandato i suoi inviti, ha sempre smorzato le sue chiacchiere, per paura che potessero portare a qualcos’altro. Aveva paura di qualcosa che voleva, e ora si chiede il perché. “Non è così che doveva finire”, si trova a pensare Simona, “non è così che volevo finire”, si ripete, come se tutto fosse già terminato, la corsa conclusa. In effetti, lo è quella del treno. Simona scende, tramortita dai suoi stessi pensieri, una nuova, interdetta fatica nel sollevare quelle due buste in realtà così leggere, quell’avanzare ciondolando leggermente verso casa. Cammina a passi piccoli e spediti, seppur affaticata, il collo che comincia a sudare, stretto nella sciarpa di lana. Non riesce a liberarsi da quegli strani pensieri, il ricordo del desiderio a occhi aperti, “io mi licenzio”, lo vorrebbe fare, ma per fare cosa? Sembrerebbe pazza, agli occhi di chi, agli occhi di tutti, non è questo che insegnano le convenzioni sociali, manca poco e andrà in pensione, cosa vuole fare ormai vecchia, ormai sola, a sessant’anni? Non è più una ragazzina, non ha più il controllo della sua vita, ci sono altre persone a cui deve pensare. E non le viene, di colpo, in mente nessuno. Francesca non ha bisogno di lei, non ha più bisogno del Vicks sul petto coperto da una canottiera di lana, o di una tazza di tè, o di una borsa dell’acqua calda. Non ha più bisogno di un’autista, di una cuoca, di un’opinione, di un abbraccio. Ne ha più bisogno lei, vorrebbe che Francesca tornasse a casa, la guardasse, in piedi sulla porta e le dicesse “mamma ti ho fatto una sorpresa, buon compleanno”, ed eccola, la vede all’ingresso di casa, sorride mentre in cielo si sente il primo tuono, seguito da un fulmine che squarcia l’aria e le mostra quella sagoma indistinta per quello che è in realtà. Una proiezione della sua mente.

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E forse è meglio che Francesca non sia lì, che stia seguendo il suo sogno, che faccia una gavetta e che diventi una regista, come ha sempre voluto, e Simona spera che non si volterà mai indietro con tutta quella malinconia che si ritrova ad avere lei, non di una vita mai vissuta, non di cose non fatte, ma anzi di una vita che le ha dato tanto, qualche sogno infranto ma tanto amore, quello che molti non provano nemmeno in una vita intera. E ora non riesce ad accettare che sia tutto qui, che gli ultimi anni della sua vita debbano passare senza lasciare una traccia consistente, senza che lei possa assaporare ancora il calore di un’altra vita, di un’altra esistenza intrecciata alla sua, non importa in che forma, ma deve ancora esserci qualcosa in grado di far alterare quel respiro, quel sistema sistole-diastole, la solidità di quella vita. La prima goccia le scorre sotto la guancia sinistra, mentre sta per aprire il cancello del giardino, e per un attimo Simona crede veramente che sia pioggia. Rimane paralizzata, una busta a terra, la mano sinistra ancora sulla maniglia, come se nemmeno lei riuscisse a credere a quell’evento naturale, che dopo anni le si palesa così, con tanta semplicità. Lascia lentamente la presa sul cancello, si porta il palmo alla guancia, tira via quella lacrima e sbatte le palpebre, che le rivelano quante altre ancora stavano aspettando un suo consenso per uscire allo scoperto, per irrigare quei solchi intorno alla bocca, vicino agli occhi, sulle guance. Poi, dopo un altro tuono, arriva anche la pioggia. E Simona lascia improvvisamente l’altra busta, di colpo, il latte parzialmente scremato che per l’impatto si apre e comincia a riversare nella terra il suo contenuto. Simona abbassa per un attimo la testa, poi guarda più in là, verso il parco poco distante da casa, qualche lampione a illuminarlo, una panchina di legno che presto s’inzupperà, e si chiede come deve essere stare appoggiati allo schienale con la testa reclinata all’indietro, mentre sopra il cielo viene illuminato a giorno e le gocce di pioggia entrano nelle iridi aperte. Abbandona la spesa, c’è abbastanza cibo in casa, domani ricomprerà il latte, o forse no,

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forse domani non andrà al lavoro, forse starà a casa, leggerà un libro, magari al parco, speriamo che sia bel tempo. Si avvia, ora quasi più forte, più energica, verso quel parco, un desiderio oggi deve esaudirlo, se lo merita, e intanto sente il cappotto in lana cotta bagnarsi, l’attaccatura dei capelli farsi umida e infine fradicia, ma continua a camminare, mentre quella pioggia, quelle lacrime, lavano via il rossetto, il fondotinta e la lasciano così, con i segni dei suoi sessant’anni, senza più doverli nascondere, e le viene da ridere e piangere assieme, nel sentirsi, almeno per un momento, libera. X Elisa Pitta ha studiato Educazione Professionale a Firenze, poi è tornata nella sua Bologna, e nel 2015 si è iscritta a Bottega Finzioni, la scuola di scrittura creativa fondata da Carlo Lucarelli. Nonostante nella vita voglia scrivere, da Firenze ha maturato la sua attenzione per i temi sociali. Quando non scrive, guarda serie tv.

BOTTEGA FINZIONI »È una scuola di scrittura, uno studio professionale e una casa di produzione. Un luogo dove nascono le storie e dove l’idea di narrare si realizza in tutte le declinazioni mediali possibili: dai romanzi ai fumetti, dal cinema alla televisione, dal teatro alla radio. Come nelle antiche botteghe rinascimentali allievi e maestri lavorano insieme su progetti già in produzione o che saranno ideati e sviluppati in Bottega per essere proposti all’esterno. W W W. B O T T E G A F I N Z I O N I . I T

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DUE GIOIELLI TUTTI ITALIANI: LA CINQUECENTO, STORICA E INDIMENTICABILE AUTO, ED ELENA RIZ CON LE SUE CURVE ALTRETTANTO MORBIDE E ACCOGLIENTI. PEZZI RARISSIMI, LA CINQUECENTO HA GIÀ UN MUSEO MULTIMEDIALE DEDICATO, LA NOSTRA PLAYMATE RIMARRÀ NEL VOSTRO IMMAGINARIO. PER GODERE DAVVERO DEL BELPAESE, VIAGGIANDO FRA LE SUE DELIZIE NASCOSTE...

MISS NOVEMBRE

PLAYBOY PLAYMATE DEL MESE

Elena Rizzello PLAYMATE Novembre 2015 Misure: 91-57-87 Altezza: 174 cm Peso: 50 Kg Nata il: 29/01/1990 Nata a: Sora (FR) Qualcosa su di te: sono la ragazza della porta accanto, molto solare , romantica e tanto sognatrice!! Adoro viaggiare, cucinare e creare! Cosa ti piace in un uomo: in un uomo a primo impatto devono colpirmi lo sguardo ed il sorriso ! Dopodiché dipende tutto dai modi di fare ! Il mio ragazzo ideale e’ romantico, stiloso, semplice e sensuale! Cosa non ti piace: non mi piacciono gli uomini egocentrici e poco umili! Il tuo sogno piu’ grande: il mio sogno più grande e’ sicuramente quello di vedermi realizzata a livello lavorativo ed avere una bellissima famiglia! Incrocio le dita e spero si avveri! Cosa vuoi dire ai lettori di playboy: Vorrei salutare con un caloroso abbraccio e ringraziare tutti i lettori che da sempre seguono Playboy sperando che ,quel poco che sono riuscita a dare, sia stato piacevole ed interessante!

ASSISTENTI FOTOGRAFIA CLAUDIO VETRUGNO, GIULIA BAGETTO / MAKE UP MARCO PICCININ, FRANCESCA BIGHIN / HAIR FRANCESCO GIACONELLA / STYLIST LUIS MARURI / LOCATION MANAGER GIOVANNI BIGHIN / LOCATION FIAT 500 CLUB ITALIA

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L’UOMO CHE A M AVA L E

DONNE Conversazione con Mauro Covacich, l'autore dello splendido romanzo "La sposa", finalista all'ultimo Premio Strega, e di "A nome tuo", con il quale ha fatto letteralmente innamorare una come Valeria Golino... F O T O

“Le donne mi piacciono tantissimo, sono le figure protagoniste di questo nostro creato. Mi piacciono quando sono forti, piene di progetti, idee. Sono attratto soprattutto dalle artiste. Per questo ho scritto La sposa (il libro edito da Bompiani, finalista all’ultimo Premio Strega, è arrivato già alla sesta edizione - ndr) ispirato alla storia vera di Pippa Bacca, che ha messo in gioco la sua identità, cerando di raggiungere Beirut da Milano in abito da sposa. Ha pagato con la vita, è stata sfortunata, però il suo lascito è immenso, come la forza icastica dell’immagine che rappresenta questa figurina bianca, sposa con molti sposi. Tanti hanno visto solo vulnerabilità e ingenuità in quel suo fatale progetto artistico, io ci vedo la forza. Quella che noi scrittori ad esempio non abbiamo: noi ci proteggiamo da tutto con l’ironia e il cinismo, scansiamo i pericoli, giochiamo di rimessa, ridiamo delle cose. Certe donne, invece no, che lezione di vita ci danno”. Mauro Covacich, triestino trapiantato a Roma, è uno scrittore sincero che nelle parole, scritte e pronunciate, non si “nasconde” nella finzione. In Prima di sparire ha raccontato ad esempio la separazione dalla moglie e il nuovo amore per un’altra donna. Quella con la quale sta ancora adesso. Prima di pubblicare, però, ha fatto leggere il libro ad entrambe le protagoniste: perché la verità non deve comunque fare per forza male agli altri. PLAYBOY: Chapeau, non tutti lo avrebbero fatto, almeno così apertamente: scrivere del110

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la propria separazione, dell’intreccio amoroso che ha sconvolto due vite e chiedere alle altre protagoniste se ha sbagliato qualcosa nella ricostruzione… COVACICH: Quel libro è come un documentario, un film: tutto doveva corrispondere al vissuto. Le due donne della storia e anche della mia vita hanno accettato di rileggerlo, dicendo poi però che le cose non erano andate così come le avevo scritte, a conferma di quanto la memoria sia soggettiva. PLAYBOY: Sei stato subito felice di rispondere alle domande di Playboy, quando invece alcuni tuoi colleghi si sono rifiutati, usando come giustificazione che non volevano apparire in una rivista che mette donne poco velate in copertina… COVACICH: Credo dipenda da quella forma di correctness che scorre trasversale in tutte le cose, ma in questo caso non mi pare che si possa parlare di rivista che urti la sensibilità femminile e susciti quel tipo di sguardo macho oggettivamente fastidioso per una donna. E poi io ho un ricordo molto letterario di Playboy. PLAYBOY: Ti riferisci a un numero in particolare dell’edizione originale, quella americana? COVACICH: L’ultima intervista prima di morire, lo scrittore Roberto Bolaño la concesse proprio a Playboy e fu bellissima! Io ho amato molto il libro 2066 perché anche io ho scritto una pentalogia, anche se nella sua ci sono elementi che collimano e altri che ti portano fuori strada. E poi la sua vita, intrisa

Z A D D A

certo anche un po’ di leggenda, è stata randagia: Roberto ha vissuto in Cile, in Messico, girato l’America Latina, è finito in Spagna dove ha svolto molti lavori umili prima di diventare noto. E c’è un altro particolare, più frivolo se vogliamo, in merito a Bolaño, che mi lega a Playboy. PLAYBOY: Qui forse indovino: il giubbotto di pelle? COVACICH: Esatto! In quell’intervista, si vede lo scrittore indossarne uno nero. Ebbene, è la mia divisa invernale dal 1997! Mentre in primavera e autunno ne indosso sempre uno più leggero color carta da zucchero. PLAYBOY: Tu sei accostato simpaticamente anche ad Haruki Murakami perché siete entrambi scrittori maratoneti… COVACICH: Corro ancora, anche se ho compiuto 50 anni. Ho smesso e ricominciato tante volte: parto piano, incremento gli allenamenti, miglioro i tempi e poi... mi spacco qualcosa, o mi viene la tendinite. La maratona più bella è stata New York. Sembra banale dirlo, perché disputare quella gara adesso è diventato l’obiettivo esistenziale per una certa classe media, come i dirigenti aziendali, eppure è davvero diversa dalle altre: attraversi i cinque distretti della città, corri tra ali di folla dal primo all’ultimo metro, devi affrontare curve a schiena di asino. E correndo in mezzo alla strada hai come la sensazione di essere sollevato, come se fossi sopra a una passerella. Ho corso anche a Venezia. PLAYBOY: Mi pare di arguire che l’accostamento a Murakami non ti piaccia…

"Per uno scrittore raccontare il sesso non è impresa facile, perché quello reale è più ruvido e imprevedibile di quello narrato"

COVACICH: Se fosse come scrittore, sarebbe un grande onore, il suo Kafka sulla spiaggia o Norwegian Wood sono libri davvero belli, però come runner, mi dispiace per lui, vinco io. Non sono un fanatico, però la sua descrizione di come si affronta una maratona non è corrispondente al vero. Un runner vero non corre con la musica, si ascolta, sente il suo fisico, il rapporto tra esso e il luogo fisico in cui corre. Murakami con la sua musica jazz nelle orecchie mi sembra più un jogger. PLAYBOY: Perché è così difficile per uno scrittore raccontare il sesso? COVACICH: Situazioni prevedibili che rientrano nei canoni di una certa prevedibilità, quella modello YouPorn è piuttosto semplice: lei lo avvicina e gli sbottona la camicia… eccetera, eccetera. Invece il sesso che tutti viviamo è più ruvido di come viene rappresentato, più imprevedibile. Per questo per uno scrittore è complicato da narrare: il sesso è attraversato da tutta una serie di stratificazioni culturali, condizionato da un substrato di vissuto e di fantasie sempre diverso, è abitato da quella costellazione di cose che sono il tradimento, l’abbandono, la lussuria, il desiderio, il peccato… PLAYBOY: Ci sarà stato, comunque, uno scrittore che è ugualmente riuscito a cavarsela bene con la penna anche… tra le lenzuola. COVACICH: Ian McEwan in Chesil Beach racconta di una coppia che si sposa negli anni ’60 e poi fa l’amore, dandoti l’impressione di essere anche tu lì a guardare quando invece stai solo leggendo. Il romanzo, l’io di Philippe Forest è un’altra opera letteraria intrisa di carnalità. Nel cinema Lars von Trier - e non mi riferisco al film Nymphomaniac - ha un dono naturale per le scene sessuali. IL LIBRO, FINALISTA AL PREMIO STREGA 2015, RACCONTA LA

STORIA DELLA PERFORMER MILANESE PIPPA BACCA, MORTA TRAGICAMENTE IN TURCHIA DURANTE LA SUA ULTIMA ESPERIENZA ARTISTICA IN CUI VIAGGIAVA VESTITA DA SPOSA.

PLAYBOY: Cinquanta sfumature di grigio e gli altri libri di E. L. James sono bocciati, mi pare. COVACICH: Sono una sequela di stereotipi. Hanno venduto tanto perché la gente è affetta da indolenza mentale, preferisce sognare che le cose possano andare così quando non è così che succede nella realtà. PLAYBOY: La realtà, appunto. Hai questa fissazione di voler scrivere solo di quello che è vero. Perché? COVACICH: Voglio abbattere il diaframma tra realtà e finzione, non riesco a fare diversamente, è la mia scelta, coi romanzi ho chiuso. PLAYBOY: Parliamo delle donne di Covacich. Come sono? COVACICH: Mi piace l’artista perfomer Marina Abramovic, dotata di un fascino erotico senza eguali perché sprigiona forza, indipendenza: è una leonessa, carica di potenza, emana regalità. Negli anni ’70 è stata protagonista di performance davvero coraggiose, ad esempio si metteva nuda e il pubblico poteva fare quel che voleva col suo corpo. Ora fa la spesa con Miuccia Prada a Down Town, ma le perdono tutto. PLAYBOY: Donne forti, dunque, e anche muscolose? COVACICH: Direi sportive. Da ragazzino avevo una cotta onanistica per la ginnasta rumena Nadia Comaneci, adesso penso che Federica Pellegrini sia il modello assoluto di una bellezza legata alla fisicità. Se la vedo impegnata negli eventi di mondanità, sembra un pesce fuor d’acqua, mi fa tenerezza quando si mette tutta in tiro perché lei resta pur sempre invece una creatura del mondo liquido. L’unica eccezione per me è Juliette Binoche, delicata, bellissima.

PLAYBOY: Uno scrittore piace alle donne? COVACICH: In questa epoca di estrema mobilità e flessibilità in termine di relazioni, cosa che ha lati positivi e negativi, direi non più di altre categorie di persone. Certo, si hanno molte occasioni di incontro. PLAYBOY: Hai insegnato al liceo. Che professore era Mauro Covacich? COVACICH: Mi sono licenziato nel ’99, ero docente di storia e filosofia. Mi piaceva stare in classe, a contatto con la vita dei ragazzi, ma l’aspetto burocratico dell’insegnamento era invivibile già all’epoca, figuriamoci adesso: non potrei tornare indietro. PLAYBOY: Guardando avanti, invece, dove ti piacerebbe vederti? COVACICH: Magari sugli scaffali delle librerie degli Stati Uniti. Mi piacerebbe essere tradotto, entrare nel mercato anglo americano che è molto “resistente” nei confronti di quegli autori europei che non sono troppo folkloristici. PLAYBOY: Valeria Golino ha tratto da A nome tuo, un tuo libro che è piaciuto molto ai lettori anche se racconta la storia di una donna che aiuta i malati a morire, il suo primo film da regista, Miele. Quella, immagino, sia stata una gioia per te. COVACICH: È un film che ha vinto molti miei pregiudizi iniziali. Innanzitutto non pensavo che Valeria si azzardasse a prendere un soggetto così serio. Però ha cambiato il finale. PLAYBOY: Tra Golino e Jasmine Trinca, la protagonista del film, chi vorresti vedere sulla copertina di Playboy? COVACICH: Scelgo Trinca, è fisica, sportiva, il mio tipo.

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BELLEZZE

F E M M E FATA L E

DA 00...10 di Biagio Picardi

D

a Ursula Andress a Monica Bell ucci: affascinanti, sinuose, energiche, sicuramente spie tate, se necessario. In cerca di vendetta, di una miss ione da svolgere, spesso con un passato tormentoso e tormentato che le spinge a sparare, accoltellare, avve lenare oppure a usare con perizia sguardi e forme den tro e fuori la camera da letto. Insomma: non c’è Bond senza Bon d girl e così, negli anni, dal lontano 1962 con Licenza d’uccidere fino all’appena arrivato Spectre ogni film sul grande schermo (e, prim a ancora, ogni romanzo) ha avuto la sua bella. A volte perfino più di una ad avventura. Tutte in grado di far girare la testa all’a gente 007, buone o cattive che fossero. In principio, come detto, tocc ò alla mitica Ursula interpretare Honey Ryder, una commercian te di conchiglie giamaicana che viveva per vendicare il padre. Lei che esce con il costume bianco dalle acque dell’oceano, bella com e non mai, è uno dei momenti più indimenticabili della saga di Bond e tra le scene più famose dell’intera storia del cinema. Il suo nome, come spesso avviene nei romanzi della spia di Fleming, ha un doppio senso e letteralmente allude a una classica posizione sess uale, quella in cui la donna siede sopra l’uomo. La Andress è nel tem po diventata una vera e propria icona, probabilmente la più famosa di tutte le Bond girl. Eppure dopo di lei ce ne sono state almeno una trentina, senza contare le bellezze “anonime” che hanno affiancato, incontrato, baciato o desiderato l’imprendibile James. Una l’ha perfino sposato, Diana Rigg nei panni di Tracy Di Vicenzo, salvo poi essere uccisa il gior-

no stesso delle nozze. Indimenticab ili, poi, la Pussy Galore interpretata da Honor Blackman in Mis sione Goldfinger (1964), pure lì con tanto di doppio senso che allu deva alle generose forme della bella pilota, prima lesbica e poi “con vertita” ovviamente da Bond. E Daniela Bianchi, Dalla Russia con amore, 1963: sostituì un’altra eterea bionda, Virna Lisi che rifiu tò, dando splendore al personaggio di Tatiana Romanova, addiritt ura caporale dell’intelligence sovietica, in piena guerra fredda. Quindi le altre italiane: Luciana Paluzzi (Thunderball – Operazione tuono), Maria Grazia Cucinotta (Il mondo non basta, anche se non era proprio una Bond girl ed è durata lo spazio di una scena), Cate rina Murino (Casinò Royale) e ora Monica Bellucci, splendida cinq uantenne che s’è detta felice di essere una “Bond woman” e non una “Bond girl”, una donna e non una ragazza. Al suo fianco, in Spectre, c’è un’altra bellezza, Léa Seydoux, bionda, francese, modella, trent’anni. Infine, nella nostra carrellata, impossibile dimenticare dive come Carole Bouquet (che pareva fatta apposta per Solo per i tuoi occhi, 1981), Jane Seymour (Vivi e lascia morire, 1973), Sophie Marceau (Il mondo non basta, 1999) e Halle Berry (La morte può attendere, 2002). Ci sarebbe anche Kim Basinger, ma il film che la vede protagonista, Mai dire mai (1983), non viene considerato dagli esperti facente parte della filmografia ufficiale dell’affascinante spia. Ne abbiamo scelte dieci, le più significative e conturbanti a nostro parere, per ripercorrere, attraverso la loro bellezza, una saga immortale che dura da oltre cinquant’anni...

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URSULA ANDRESS

1962

DANIELA BIANCHI

1963

©UnitedArti sts FilmCo rp

Licenza di uccidere

Dalla Russia con amore

Goldfinger

Età 26 anni. Personaggio Honey Ryder, una commerciante di conchiglie che cerca vendetta. Segno caratteristico La scena in cui esce dall’oceano in costume bianco è una delle più famose della saga di Bond e dell’intera storia del cinema. È considerata la prima Bond girl. Frase di Bond «Non si preoccupi, ho intenzioni oneste…»

Età 21 anni. Personaggio Tatiana Romanova, caporale dell’Intelligence sovietica. Segno caratteristico La prima italiana ad affiancare Bond. È stata Miss Roma nel 1960. Frase di Bond «Hai la bocca perfetta per me»

Età 29 anni. Personaggio Pussy Galore, pilota lesbica di Goldfinger. Segno caratteristico Bond la convince due volte. A passare dai cattivi ai buoni e, a letto, dalle donne a… lui. Frase di Bond «Ti chiami Pussy Galore? Sto sognando…»

F E M M E FATA L E

Thunderball

HONOR BLACKMAN

1964

Età 28 anni. Personaggio Fiona Volpe, assassina per conto della Spectre. Segno caratteristico 007 la usa come scudo per salvarsi la pelle, di fatto uccidendola. Frase di Bond «La mia amica può sedersi un attimo? È stanca morta…»

Al servizio segreto di Sua Maesta' Età 31 anni Personaggio Tracy Bond, figlia di un boss mafioso e poi moglie di 007. Segno caratteristico L’unica che è riuscita a sposare James Bond. Frase di Bond «Abbiamo tutto il tempo del mondo»

1965 19 69 LUCIANA PALUZZI

DIANA RING

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CAROLE BOUQUET

1981

HALLE BERRY

2002

Solo per i tuoi occhi

La morte puo' attendere

Casino' Royale

Età 24 anni. Personaggio Melina Havelock, figlia di un colonnello dell’esercito ucciso da un terrorista. Segno caratteristico Vendicherà il padre uccidendo l’assassino con un formidabile colpo di balestra. Frase di Bond «Di cosa hai voglia? Non riesco proprio a immaginarlo…»

Età 36 anni. Personaggio L’agente segreta americana Giacinta Johnson, detta “Jinx”, che significa “sfortunata”. In realtà è un’autentica guerriera. Segno caratteristico In una scena del film esce dall’acqua come aveva fatto Ursula Andress quarant’anni prima. Frase di Bond «Che bel panorama!»

Età 29 anni. Personaggio Solange, moglie del terrorista greco Alex Dimitrios. Segno caratteristico Maltrattata dal marito, viene strangolata e uccisa perché ha fatto la “spia” con 007. Frase di Bond «Non è crudele? Forse è solo fuori allenamento…»

F E M M E FATA L E

Spectre

CATERINA MURINO

2006

Età 50 anni. Personaggio Lucia Sciarra, vedova di un mafioso e minacciata dagli stessi sicari. Segno caratteristico È la più “anziana” Bond girl della storia. Lei stessa s’è definita con orgoglio una “Bond Woman”. Frase di Bond «Il mio nome è Bond, James Bond»

Spectre Età 30 anni. Personaggio Madeleine Swann, la figlia dottoressa di un assassino. Segno caratteristico È attratta da 007 ma all’inizio non vuole avere nulla a che fare con lui. Frase di Bond «Sono la tua migliore garanzia di restare viva»

2015 20 15

MONICA BELLUCCI

LEA SEYDOUX

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DOLCE, MALEDETTA VITA DI UN AGENTE SEGRETO D I

B R U N O

B A L L A R D I N I

DONNE DA SBALLO, BELLE MACCHINE E MISSIONI IMPOSSIBILI: È QUESTO IL MITO UN PO’ ROMANTICO CHE SI È AFFERMATO NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO A PARTIRE DALL’EPOPEA DI JAMES BOND, TORNATO PROPRIO IN QUESTI GIORNI SUL GRANDE SCHERMO. MA COM’È NELLA REALTÀ LA VITA DI UNO 007? CE LA RACCONTA IN ESCLUSIVA UN AGENTE DEI NOSTRI SERVIZI SEGRETI. PERCHÉ SE DI GNOCCA, TALVOLTA ESPLOSIVA, NEL VERO SENSO DEL TERMINE, E DI AVVENTURE CE NE SONO IN ABBONDANZA, È ANCHE VERO CHE FORSE NON È TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA...

C GLI AGENTI SEGRETI IN ITALIA SONO CIRCA QUATTROMILA, DI CUI CIRCA 360 OPERATIVI SUL CAMPO, MENTRE GLI ALTRI SVOLGONO SVARIATE ALTRE MANSIONI. LE MISSIONI DA UN PUNTO DI VISTA STRATEGICO FUNZIONANO UN PO’ COME LE CELLULE TERRORISTICHE: MINI STRUTTURE CHE POSSONO ARRIVARE AD AVVIARE ANCHE TRAFFICI ILLECITI PER FINANZIARE LE VARIE ATTIVITÀ.

i avevo quasi rinunciato. Ma alla fine, dopo un’estenuante attesa, mille verifiche, e altrettante garanzie di anonimato, mi ha fatto sapere che accettava l’intervista. Non è stata la prima volta che mi sono trovato davanti un agente segreto. Anzi, a dire la verità, ne ho incontrati diversi in passato, tutte persone insospettabili. Come ho fatto a sapere che erano degli 007? Semplice. Sul più bello, magari nel corso di una cena, erano proprio loro a fare “outing”,

STO R I E

rivelandomi confidenzialmente che mestiere facevano. Così, “per simpatia”, dicevano. Tanto che, per diversi anni, mi sono fatto l’idea che il mondo degli 007 italiani fosse popolato da narcisi pronti a rompere il patto di segretezza con il proprio corpo d’appartenenza pur di vantarsi del proprio mestiere nelle occasioni mondane. Ma dopo la riforma dei Servizi segreti del 2007, sicuramente tutto questo non accade più. Un po’ per via dei nuovi regolamenti interni, un po’ per la ristrutturazione del sistema in tre agenzie – l’Aise (ex Sismi), l’Aisi (ex Sisde) e il Dis (ex Cesis) che coordina dall’alto le prime due – e un po’ per via di un rimodernamento generale con cui si vuole portare i nostri servizi agli standard della più moderna intelligence, sul modello americano. Incontro il mio uomo in Galleria Colonna, a Roma. È arrivato in anticipo all’appuntamento e mi attende seduto a un tavolino del caffè centrale. Si presenta come Leo, ma non credo affatto che questo sia il suo vero nome, tanto non fa alcuna differenza. Ed ecco cosa ci ha raccontato... PLAYBOY: Leo, ci racconti un po’ com’è entrato nei servizi... AGENTE: Io vengo dal corpo dei Carabinieri, ho fatto semplicemente domanda. Si può entrare anche dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia, ma, mi dispiace se qualche collega si offenderà leggendo, sarò pure di parte, però per me i migliori agenti sono quelli che provengono dai Carabinieri. PLAYBOY: Oggi in Italia è scoppiata la moda di questa professione, molti giovani vorrebbero accedere alle vostre selezioni, c’è un aumento esponenziale di iscrizioni perfino alle nuove facoltà di criminologia e studi investigativi. A cosa è dovuta questa moda? AGENTE: Veramente la moda c’è sempre stata, anche ai miei tempi. Adesso i film, i serial televisivi e una maggiore informazione su Internet non hanno fatto altro che amplificarla. Poi, dopo che mesi fa il senatore Marco Minniti (Autorità

delegata per la Sicurezza della Repubblica, ndr) si è rivolto in televisione direttamente ai giovani italiani invitandoli a mandare i loro curricula “perché i servizi hanno bisogno di nuove leve”... non l’avesse mai fatto, siamo stati praticamente sommersi dalla carta. In realtà, era più che sufficiente compilare le schede informative sul nostro nuovo sito web, perché bisogna imparare un po’ anche a cercarsele le cose. Ma vabbè... PLAYBOY: Com’è la vita dell’agente segreto? Dall’epopea di James Bond in poi nell’immaginario collettivo si è fissata una certa figura, quella di un privilegiato pagato profumatamente per fare l’avventuriero, avere donne in quantità, vitto e alloggio nei migliori hotel del

di gala. Non accade quasi mai di dover invitare a cena una bella gnocca in un ristorante di lusso. Nel qual caso dobbiamo giustificare tutto con nota spese. E poi la gnocca di turno dev’essere per forza un obiettivo, altrimenti al rientro ci fanno un culo così. PLAYBOY: E i favolosi stipendi? AGENTE: Quando si diventa “di ruolo”, si parte dal livello più basso, 1.500 euro al mese per arrivare al ruolo di dirigente. Un direttore di divisione, che non è affatto il massimo grado nei servizi, arriva a 8.500 euro. Sopra, ci sono ancora i capi reparto e dipartimento, fino a 10mila euro, e i vice direttori e i direttori, fino a 30mila euro al mese. In busta paga abbiamo anche un su-

“Una volta, a Baghdad, per salvarmi la pelle ho dovuto nascondermi fra i corpi carbonizzati di due soldati iracheni” mondo e, solo qualche volta, rischiare la pelle. Ma il gioco vale sempre la candela? AGENTE: James Bond e altri personaggi simili sono i cosiddetti “operativi”, quelli che vanno in missione e godono di benefici, protezioni, dotazioni e libertà d’azione particolari. Poi però, quando tornano a casa, riprendono a essere quello che sono sempre stati: dei funzionari statali. Niente di romantico, siamo esattamente degli impiegati che timbrano il cartellino come tutti gli altri. Quanto al mito di “donne e champagne”, privilegio degli agenti segreti sempre secondo quel mito, mi dispiace deludervi ma può accadere solo se la missione richiede di infiltrarsi in ambienti diplomatici e di dover partecipare a cene

perminimo detto “indennità di cravatta” che integra ulteriormente lo stipendio. E comunque siamo pagati meno dei quadri e dei manager privati che hanno infinitamente meno responsabilità di noi. PLAYBOY: Diciamo che non ve la passate poi così male. Quanti sono gli agenti segreti in Italia? AGENTE: Poco meno di quattromila, di cui circa 360 “operativi”, mentre gli altri svolgono svariate altre mansioni. PLAYBOY: Non le chiederò ovviamente le sue e quale grado ricopre, ma ci racconti quali sono state le missioni più importanti della sua carriera. AGENTE: Non ci sono missioni “più importanti”, per noi sono tutte importanti nello stesso modo, cambia solo lo

scenario. Ogni volta c’è da coordinare nuovi elementi culturali, politici, sociologici, territoriali, tirando fuori spesso soluzioni immediate, utilizzando l’intuizione e la capacità di sintesi... Sono stato in Iraq e Afghanistan, poi in Libia, più volte. Ma non posso elencare tutte le mie missioni altrimenti mi beccano subito. Diciamo che ho girato abbastanza... PLAYBOY: E quante volte ha rischiato la pelle? AGENTE: Quasi mai. È tutto pianificato nei minimi dettagli e inoltre noi abbiamo un addestramento paragonabile a quello dei corpi speciali militari con in più parecchie “integrazioni”. Quindi è difficile che ci si trovi nei pasticci anche se devo dire che, in un paio di occasioni, me la sono vista decisamente brutta. Non si è trattato di errori veri e propri ma di quelle casualità che sono sempre possibili. In un caso, avevo bucato una gomma alla periferia di Baghdad e fui costretto a restare fermo per un tempo indefinito in attesa di aiuti. Poi, quando vidi col binocolo due jeep dei ribelli che puntavano verso di me, versai all’interno dell’auto tutta la tanica di benzina che avevo a fianco a me, uscii dando fuoco all’auto e strisciai fino a un rottame di carro armato poco distante, infilandomi di corsa all’interno. Dentro c’erano i resti carbonizzati di due soldati iracheni. Rimasi in loro compagnia pregando che i guerriglieri non si avvicinassero. Finché non scese la notte e potei tornare a piedi in città. Ancora oggi sono felice di poterlo raccontare. PLAYBOY: Quindi è vero che agite sempre da soli... AGENTE: Non sempre. Una missione viene affidata singolarmente o a piccoli team che in un certo senso, da un punto di vista strategico, funzionano come le cellule terroristiche. Mini strutture che si formano su progetti diversi e possono operare anche all’estero dove, localmente, ci organizziamo con una rete di informatori e di “alleati” e possiamo perfino avviare traffici illeciti per il fi-

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“Le donne nei servizi segreti non sono tante, ma quelle operative sono micidiali, addestrate molto bene anche sessualmente” nanziamento di varie attività, ma sempre sotto il controllo dei servizi segreti americani. È come se si creassero dei servizi segreti all’interno dei servizi segreti. In realtà non c’è differenza gerarchica fra agenti se non l’anzianità e la missione dove c’è sempre un “capo progetto” come si dice nel management moderno. PLAYBOY: Avete molte donne negli organici? AGENTE: Ancora troppo poche per i miei gusti. Le mie colleghe sono tutte eccezionali, magari ce ne fossero di più! PLAYBOY: E di “Mata Hari”, di quelle fascinose seduttrici che nei film di spionaggio vengono usate dai servizi segreti nemici per neutralizzare un obiettivo, ce ne sono molte in giro? AGENTE: Sono abbastanza rare ma esistono. E quelle poche sono micidiali! Lei ricorderà la storia di spionaggio più famosa della nostra epoca: il rapimento dello scienziato nucleare Mordechai Vanunu, che aveva rivelato al Sunday Times il piano di armamento nuclea-

re di Israele. Ebbene, gli mandarono una certa Cindy Hanin (pseudonimo di Cheryl Ben Tov, americana con passaporto israeliano, ndr) spia addestratissima che durante la sua permanenza a Londra gli si avvicinò fingendosi turista, lo fece innamorare e lo persuase a fare una romantica vacanza a Roma dove lei lo servì su un piatto d’argento al Mossad. PLAYBOY: Si dice che siano “addestrate” anche sessualmente... AGENTE: Mah, mi creda, una donna può diventare facilmente molto pericolosa e senza bisogno di un particolare addestramento già così com’è. A parte gli scherzi, pare che le mediorientali abbiano particolari tecniche per “sconfiggere” il nemico a letto. Cioè non solo un particolare modo di muovere le anche che viene dalla semplice pratica della danza del ventre, ma anche un modo di, come posso dire... PLAYBOY: Dica pure. AGENTE: Sono capaci di fare

una specie di fellatio con la fica durante l’amplesso, roba da far perdere la testa. E infatti molti la perdono. PLAYBOY: Ha avuto modo di incontrarne? AGENTE: Personalmente no, ma quand’ero in Iraq ne mandarono una a un mio collega australiano. Apparentemente faceva la cameriera ai piani dell’Hotel Palestine, a Baghdad. In realtà apparteneva agli ex servizi di Saddam ormai parte della resistenza. Riuscì a rimorchiarlo dopo tutta una manfrina di piccoli messaggi erotici su bigliettini lasciati a intervalli regolari che coincidevano con i suoi turni di lavoro. Il collega, però, non era del tutto fesso. Le fece credere di averla scambiata veramente per un’inserviente che si guadagnava da vivere arrotondando come prostituta, e accettò l’appuntamento per la trombata finale alla somma pattuita. Ma non si fece trovare. Pochi minuti dopo lo scoccare dell’ora in cui avrebbero dovuto vedersi, nella stanza vuota

esplose un piccolo ordigno con gas chimici. Quando rividi il collega, l’unica cosa che disse in inglese fu più o meno: “Sta grandissima troia...”. Poi mi offrì un brindisi al bar per lo scampato pericolo. PLAYBOY: E nella vita privata com’è un agente segreto? AGENTE: È una persona comune. Nemmeno la sua famiglia conosce la sua vera occupazione, facendo spesso un mestiere finto come copertura. Ma lo scotto che si deve pagare per fare questo mestiere è spesso una famiglia rovinata, separazioni, divorzi. Non tutte le donne sono in grado di sopportare la vita caotica che facciamo, con assenze continue e ingiustificate. Tanto che, in passato, molte mogli hanno messo alle calcagna di miei colleghi degli investigatori privati per scoprire se per caso avessero un’amante. E regolarmente i detective tornavano con la coda fra le gambe perché non erano capaci di seguirci. D’altra parte, a ciascuno il suo mestiere no?

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SEIMILA VOLTE BOND D I

EDWARD COFFRINI DELL'ORTO e' IL MAGGIOR ESPERTO ITALIANO DELLA SPIA DI FLEMING. UNA PASSIONE CHE HA TRASFORMATO IN UNA STERMINATA COLLEZIONE

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James Bond, alle sue avventure, ai terribili nemici e alle affascinanti girl ha dedicato una collezione di seimila pezzi, tra libri, pupazzetti, poster originali, orologi e cimeli d’ogni tipo. Ha trasformato il suo albergo, l’Admiral Hotel a Milano, in un paradiso per gli appassionati di 007, con tanto di cascate di diamanti nelle camere, parcheggi

personalizzati e un bar che serve il Martini come spia comanda. Edward Coffrini Dell’Orto, 46 anni, è il maggiore esperto in Italia dell’universo creato da Ian Fleming nel 1952. Una passione che l’ha portato a scrivere sette libri, a conoscere di persona attori e produttori della saga e a fare perfino la comparsa in Casino Royale.

PLAYBOY: Quando sei diventato fan di James Bond? C. DELL’ORTO: A sette anni, quando mia madre mi regalò una macchinina Aston Martin DB5 della Corgi. Ancora oggi la chiamo “la mia Numero 1”, così come Zio Paperone fa col suo decino. La ruppi giocandoci e me ne feci spedire un nuovo modello dall’Inghilterra. Mi accorsi però che aveva le gomme in plastica

B I A G I O

P I C A R D I

e la targa non girevole e allora la smontai e usai i pezzi come ricambi per la prima. Tutte e due fanno parte della mia collezione. C’è da dire che Bond ha fan di ogni età, dal ragazzino all’anzianissimo. Ricordiamoci che il primo romanzo di Ian Fleming è uscito nel 1952, per lettori di almeno vent’anni che oggi ne hanno 83. E poi attira appassionati di auto, di armi, di orologi.

BONDMANIE

Nello “Admiral 007 Club”, che ho fondato insieme allo scrittore Carlo Cappi nel 1999 e che oggi conta quasi 400 iscritti, ogni socio cura un particolare settore. Io, ad esempio, sono maestro di sci e mi occupo di quell’aspetto lì. PLAYBOY: La famiglia Dell’Orto fa parte della storia di 007… C. DELL’ORTO: Sì, il carburatore della Lotus subacquea del film La spia che mi amava, del 1977, l’ha montato mio zio Luigi Dell’Orto. Quest’automobile sono riuscito anche a esporla in una fiera della fotografia e ha avuto un successo incredibile. PLAYBOY: Dove tieni i seimila pezzi della tua collezione? C. DELL’ORTO: Nei vari spazi dell’albergo, tutti aperti al pubblico tranne il mio ufficio, in cui tengo ad esempio i “testi sacri” che ogni tanto consulto, e “il bunker”, il locale seminterrato dove spesso facciamo riprese tv. PLAYBOY: Qual è il pezzo di maggior valore? C. DELL’ORTO: Probabilmente un rolex del 1958 regalatomi da Terence Young, il primo regista di 007. È un Submariner 6538, tra i collezionisti chiamato appunto “il James Bond”. L’ha indossato Sean Connery nei film e ha un valore di circa 30mila euro. Nella mia collezione ho sia il cinturino in coccodrillo originale che quello in nylon che l’ha sostituito. E vale molto anche un altro orologio, il GMT Master modello 6542, soprannominato “il Pussy Galore” in onore di una delle Bond girl più famose. PLAYBOY: È possibile farne una stima complessiva? C. DELL’ORTO: Impossibile. Intanto dovrei fare un inventario e non ne ho il tempo, anche perché è così varia che dovrei catalogare separatamente le pistole, i poster, i pupazzetti. Altri oggetti, poi, è difficile anche quotarli. Una volta in un mercatino di Novegro, Milano, ho preso un’automobilina per 38mila lire quando il venditore ne voleva 50mila: il giorno dopo l’ho vista su eBay a 2700 sterline. PLAYBOY: Altre chicche? C. DELL’ORTO: A parte la mia Numero 1, direi la pistola P99, marchiata Al servizio segreto di Sua Maestà. Me l’ha regalata l’attore Fabio Massimo Bonini e

ho dovuto prendere il porto d’armi per averla. Inoltre ho poster a tiratura limitata del valore di anche 2mila euro, libri autografati dall’attore Desmond Llewelyn, il primo interprete del personaggio di Q (quello che fornisce a 007 armi e oggetti speciali, ndr). E la pista non licenziata di Al servizio segreto di Sua Maestà. PLAYBOY: Come ti procuri i pezzi? C. DELL’ORTO: Ho una persona che gira i mercatini per me. Poi ci sono le aste su Internet e gli scambi. Ma quello di vecchio che poteva interessarmi ormai ce l’ho. Qualcosa, ad esempio dei libri, lo uso per serate quiz di beneficenza in albergo, dove invece dei pulsanti si sparano a salve colpi di pistola... PLAYBOY: Il tuo albergo in perfetto stile Bond... C. DELL’ORTO: Sì, abbiamo 21 stanze su sessanta totali ispirate a 007. Ci sono le golden e le diamonds, alcune dedicate ai film, altre alle Bond girl. Ne faremo una, “la Spectre”, in onore del nuovo film. PLAYBOY: Qual è il tuo film preferito? C. DELL’ORTO: Al servizio segreto di Sua Maestà, del 1969, perché per la prima volta Bond scia e inoltre vi si racconta molto della sua vita privata. Se ci fosse stato Connery al posto di George Lazenby avrebbe fatto il pieno di Oscar. PLAYBOY: E se dovessi scegliere un Bond? C. DELL’ORTO: Roger Moore. Sapeva di non poter competere con Connery e allora stravolse il personaggio rendendolo simile a sé, con un umorismo molto inglese. Una volta la BBC gli chiese quale fosse stato il miglior Bond della storia e lui rispose: “Perché, oltre a me ce ne sono stati altri?”. Fantastico. PLAYBOY: La gente, però, quando pensa a 007 cita Sean Connery… C. DELL’ORTO: Lui è stato il migliore e c’è totale identificazione tra i due. E pensare che quando Ian Fleming conobbe questo ragazzo che aveva fatto di tutto, anche il lucidatore di bare, lo ritenne più simile a un calciatore che a un attore. Per valutarlo lo invitò a cena insieme a due sue

amiche. E Connery fu così affascinante che le ragazze non ebbero dubbi: doveva essere lui James Bond! PLAYBOY: E di Daniel Craig, invece, cosa ne pensi? C. DELL’ORTO: Grandissimo attore, perfetto per i nostri tempi. Ma a molti sembra più simile a un russo, somiglia addirittura a Vladimir Putin... PLAYBOY: Invece tra le Bond girl quale sceglieresti? C. DELL’ORTO: Pussy Galore, pilota lesbica di Goldfinger interpretata da Honor Blackman. Quando Bond sente il suo nome, che significa “abbondanza di... pussy”, pensa di star sognando. Comunque ognuna ha il suo fascino. Ursula Andress in Agente 007 – Licenza di uccidere ha segnato un’epoca perché, come mi ha detto lei stessa, “il mondo non era pronto a vedermi uscire dall’acqua in quel modo”. Nel romanzo era nuda, eppure in bikini nel 1962 ottenne un effetto ancora superiore. Ho conosciuto anche Halle Berry, che a distan-

za di anni ha rifatto quella scena, e Caterina Murino, bellissima e molto alla mano. PLAYBOY: In Spectre ci sarà Monica Bellucci. Bella scelta? C. DELL’ORTO: Bellissima. Ero certo che prima o poi sarebbe diventata una Bond girl. La voleva già Pierce Brosnan anni fa ed è ancora di una bellezza eccezionale. Anche se, come ha scherzato lei, non sarà una “Bond girl” ma una “Bond woman”. PLAYBOY: Sei riuscito perfino a fare la comparsa in Casino Royale, nel 2006... C. DELL’ORTO: Sì, il punto più alto della mia carriera bondiana. Interpretavo un dottore. All’inizio dovevo spingere Craig su una sedia a rotelle, poi la scena è stata cambiata e alla fine non mi si vede molto. È stata una giornata di emozioni pazzesche: mi hanno truccato, tagliato i capelli, preparato. Ho martellato tutti pur di essere messo in lista e alla fine ero in cima a ben tre elenchi differenti.

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PORTRAIT

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MARIASTELLA G E L M I N I QUANDO IL POTERE HA I TACCHI A SPILLO D I

LO SGUARDO SEMPRE UN PO’ ACCIGLIATO E IMPERTURBABILE, IL PIGLIO SCRUPOLOSO, I TONI MORIGERATI E QUELL’ARIA UN PO’ CASTIGATA DA EDUCANDA: LA “PROFESSORESSA MORBOSA DALLA DOPPIA VITA”, COME L’HA DEFINITA UN CERTO TINTO BRASS, IN QUANTO A CARICA EROTICA HA POCO DA INVIDIARE ALLA NUOVA VALANGA ROSA DI POLITICHE BELLE E GIOVANI DELL’ATTUALE LEGISLATURA. LO DIMOSTRANO I COMMENTI E LE FANTASIE SESSUALI CHE CIRCOLANO SU DI LEI, SOPRATTUTTO IN RETE... Che uno come Tinto Brass qualche tempo fa abbia svelato che in una delle sue fantasie erotico-artistiche avrebbe visto molto bene Mariastella Gelmini nelle vesti (si fa per dire!) di protagonista di uno dei suoi film, vorrà pure dire qualcosa! Quella “professorina” – testuali parole – davvero conturbante “con quegli occhiali castigati e quell’aspetto da professoressa morbosa dalla doppia vita”. Non è tutto, sempre in ambito cinematografico, anche Pappi Corsicato l’avrebbe voluta nel ruolo di protagonista di un suo film al fianco della bellissima Caterina Murino, perché, disse, “donna di grande sex appeal”. Ancora, da un sondaggio di qualche anno fa l’ex ministra dell’Istruzione è risultata, fra le politiche, in cima alle fantasie sessuali di manager e imprenditori davanti a colleghe notoriamente collocate fra le belle del Parlamento come Mara Carfagna e Stefania Prestigiacomo. Ora parliamo-

I R E N E

S P A G N U O L O

ci chiaro, la Gelmini non sarà una di quelle bellone che quando passa ti volti d’istinto a guardarla, ma è indubbio che sia una donna dotata di una certa carica erotica. Affatto trascurabile. E anche oggi, a quarantadue anni e nonostante la valanga rosa delle belle del Pd che, oltre che in termini di poltrone, ha messo in ombra anche sotto il profilo dell’appeal estetico le “vecchie” pupille dell’ex Cavaliere, pare che a molti faccia ancora sangue. E lo dimostrano i commenti (c’è chi vorrebbe “sfilarle gli occhiali” in una sorta di remake della scena sul tavolo de Il postino suona sempre due volte e chi, invece, vorrebbe “sculacciarla invertendo le parti alunno-professoressa” oppure “vederla indossare lingerie sadomaso”) che circolano in Rete e che noi stessi abbiamo raccolto di prima mano. E non ce ne voglia Mariastella, non vogliamo certo essere irriverenti o mancarle di rispetto, visto anche il ruolo politico che ricopre, ma, ce lo consenta, dare piuttosto lustro anche a questa sua, fra le altre che certamente possiede, qualità.

IMPERTURBABILE MARIASTELLA Poco più di quarant’anni, l’avvocato Mariastella Gelmini di famiglia Dc e cultura cattolica, fresca coordinatrice per il Nord di Forza Italia, deputata dal 2006, è stata Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel Governo Berlusconi dal maggio 2008 al novembre 2011. Il portamento sobrio e occhialuto, l’abbigliamento contenuto, l’aria da signora della precisione, non hanno mai risparmiato l’occhio indiscreto della curiosità. Anzi.

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Talvolta i toni morigerati della longuette, il piglio scrupoloso, l’aplomb lontano da frivolezze procaci stuzzica l’immaginario sessuale più di un nudo. Insomma alla corte del partito berlusconiano, di cui la Gelmini è stata ed è voce di rilievo, la femminilità ha spesso avuto espressioni più appariscenti. Quando era avvistata e immortalata con Mara Carfagna, Michela Vittoria Brambilla, Daniela Santanché, Stefania Prestigiacomo, tanto per fare qualche nome, lei, la nostra Mariastella, spiccava semmai per il tailleur d’ordinanza, il rigore delle pose, l’acconciatura che non concede troppo alla moda e alle esuberanti nuance delle tinte. Ecco, l’immagine della Gelmini è quella della donna in carriera, seria e impegnata, che non tira fuori gli artigli della sensualità. Unici vezzi che smorzano l’impatto da insegnante severa sono i sorrisi, talvolta splendidamente larghi, e le montature colorate dietro le quali anche lo sguardo accigliato ha un guizzo vagamente fashion. La verità però, sotto il look irreprensibile, è arrivata nei bikini in spiaggia dove ha sfoggiato un bel fisico tonico e, bisogna dirlo, un lato B decisamente interessante. Il risvolto sexy allora c’è, eccome. Perché quando l’abito castigato veste la donna di potere con le curve giuste è ovvio che ai più non dispiace affatto. Questo, anzi, è uno spaccato molto allettante, del costume contemporaneo. Mariastella Gelmini si è affacciata al Parlamento e ha ricoperto in modo piuttosto compassato il ruolo di donna di vertice ai tempi in cui la politica si apriva, e molto, a un approccio assai più intrigante, seducente, passionale. Ne abbiam citate alcune ma l’elenco di donne belle e curate di area berlusconiana potrebbe continuare. Nulla di unicamente politico, d’altra parte. Sul fronte sociale e televisivo, dalla carta stampata al cinema, alla Rete e alla strada, la donna si è letteralmente spogliata molto. Questione di libertà, di cultura disinibita, di piacere per i trampoli 12 o su di lì, la scollatura, la minigonna. La Gelmini, che in fatto di corpo poteva permetterselo, ha prefe128

rito il profilo classico, il trucco educato, le abbottonature rispettose del pudore più antico. Ora, paradossalmente ma non troppo, è all’avanguardia. Quando all’orizzonte si intravede, laddove non si è già abbondantemente imposta, una nostalgia retrò, lei è già un esempio, un riferimento. Certo i commenti acidi o scettici sul suo conto non sono mai mancati, non solo a causa della gaffe rimasti negli annali del tunnel Cern-Gran Sasso. Magari a qualcuno è parsa bigotta o perfino scialba, in tutto questo stile sottotono. E d’altra parte però, come spesso accade a quelle tanto a modo, niente e nessuno l’ha fermata. Le critiche quando era Ministro, i veleni di partito, i ritratti di qualche giornale sono roba che alla determinazione all’attività politica di Mariastella

sembrano proprio non assestare colpi. Schizzata presto ai vertici era probabilmente destinata precisamente a non scomparire dal girone di quelli che contano. Sono recenti anzi le sue dichiarazioni di programma per Milano, Lombardia e dintorni, quasi da leader. Già, in campo è scesa davvero con tutto il consenso del capo, l’ex Cavaliere che lei riconosce ancora come unico vero faro del Centrodestra.

LA MORALE PRIMA DI TUTTO Parla di cautela, sobrietà, trasparenza, la Gelmini. Sì, le parole sembra sceglierle pendant con il low style. In questa classe e con questo linguaggio sembra incredibile possa aver dato della “cagna” alla collega Brambilla qualche annetto fa. Può darsi fosse stato solo gossip, veloce-

mente smentito, lo abbiamo archiviato nelle tante sbrodolate verbali di palazzo. O può darsi fosse veramente il passo diverso tra le due, la mora e la rossa, scappato di bocca in un nanosecondo di défaillance. In compenso ha scritto un libro di favole edito da Mondadori, Quando diventerai grande, con il quale ha ristabilito in pieno la figura di donna di tradizione fuori da effervescenze pepate. Inutile aspettarsi un memoir intrigante, un fantasy osé o qualche sfogo su compagne di cordata con formule di successo più vistose. Sono proprio fiabe con tanto di morale, a bastone e carota per intenderci. Sul suo concetto di morale insiste e non si smentisce neanche sulla pagina Facebook dove ammonisce: “Ognuno può esprimere liberamente le pro-

prie idee commentando i post. I commenti contenenti insulti e volgarità saranno cancellati”. Insomma maniaca della forma più che delle forme. Ma non sarà proprio questo non so che da educanda la molla eccitante?

IL FUOCO SOTTO LA CENERE Apparenze non sgargianti ma mica una deboluccia, il potere si direbbe sulla sua lunghezza d’onda. E quindi al chiacchiericcio sexy non può sottrarsi. Questo è quello che detta il popolo che ascolta ma allunga anche lo sguardo. Poteva risparmiarsi i sermoni sul merito lei che con la laurea in Giurisprudenza da Brescia è andata a prendersi l’abilitazione a Reggio Calabria, ma chiunque ne sappia qualcosa è consapevole che era in pieno “così fan tutti”, si sa. Nel mare magnum degli scandali nostrani questo era proprio uno scoop quasi ridicolo. L’appeal in ogni caso non passa da un “dettaglio” di questo tipo, quindi l’ex ministro può ancora soggiornare in qualche sogno erotico. Peraltro Mariastella, madre della piccola Emma nata nel 2010, si è separata dall’immobiliarista Giorgio Patelli e, dunque, oggi anche una single molto appetibile. Un’icona dal gusto formato famiglia si sospetta propenda più per sentimenti o affari ma l’eros ha i suoi meccanismi originali e talvolta sbalorditivi, quindi spasimare è possibile, altroché. D’altra parte quando difendeva il suo leader dalle accuse di bunga bunga compulsivo diceva che era solo un uomo perbene, che amava la vita e le belle donne, per questo tanto scatenava invidie e critiche quanto piaceva alla gente. Insomma aveva indulgenza, molta, per quel tipo di piacere che si incontrava nelle famose feste di Arcore. Ecco, questo è un tocco morbido e suadente che non guasta. Anzi, è la ciliegina sulla torta, suvvia. Pensare a una quarantenne in forma del pianeta Italia tutta stretta e costretta nel più asciutto, pudico, virtuoso costume potrebbe essere noioso, incredibile, esasperante. Una ventata di buon gusto l’abbiamo a lungo agognata però anche una politica grigia e sen-

za un pizzico di charme farebbe venire i brividi. Non di orrore, di sospetto. Andiamo, oltre al lato B, avrà sicuramente un lato umano frizzante anche Mariastella Gelmini. È una via di fuga da esempi illustri, tipo l’excursus di stile della Pivetti, ex giovanissima Presidente della Camera dei Deputati, quella che in co-

stanza di carica aveva assunto le sembianze di un’antica zitella bandendo lo specchio da casa per non avere pruriti di esibizione, e che dopo ha recuperato generosamente ogni privazione con slancio a gogò. Diamine, il phisique du rôle vuol dire stravolgere i connotati? Va bene, di Mariastella Gelmini non è che

volevamo una carrellata di foto hard per carità, neanche una passerella di amanti o di notti brave. Perché di lei è proprio l’austerità che finisce per stuzzicare e scatenare le più sfrenate fantasie erotiche. La vecchia storia, dunque, delle acque chete, del fuoco che cova sotto la cenere...

EROS ABSCONDITUS In anteprima sulle nostre colonne un interessante progetto artistico della nostra Irene Pittatore dedicato ai sogni e agli immaginari erotici contemporanei attraverso un percorso che vuole esplorarne bellezza, ossessioni, ricorrenze, scarti mediante il dialogo con esperti d’arte, filosofia, geografia e psicanalisi

PREFIGURAVO UNA NOTTE BATTUTA DA UN SOLE EQUATORIALE, RAGGIRATA DALLA PIÙ DISTANTE DELLE SEDUZIONI, UN TRAVASO DI ORDIGNI POETICI. UN FIGLIO SPECCHIAVA IL MIO ERRARE. POSSA SERVIRTI IL MIO VERSO, SERVIRE LA BELLEZZA SUPERSTITE A SE STESSA, AL TEMPO, AL RESTO, ALL’ABBANDONO. ABBATTA LA NOSTALGIA CHE MI ANNUNCIA, CHE MI ARRENDE ALLA SOGLIA DI UN COLLOQUIO CHE GIÀ TRAPASSA SENZA INIZIARMI AL TUO INCEDERE. INVESTIMI DELL’ATTO CHE MANCO, LA BOCCA URLA SONO L’UNICA FIGLIA, MA I PADRI SON TUTTI PERDUTI! (I.P., 2015)

E

ros absconditus è un progetto artistico dedicato ai sogni e agli immaginari erotici contemporanei. Opera attraverso specifiche call for dreams e ambisce a stimolare un confronto scevro di giudizi, offrendo suggestioni poetiche e performative sul corpus onirico raccolto. L’obiettivo è esplorarne bellezza, ossessioni, ricorrenze, scarti attraverso il dialogo con esperti d’arte, filosofia, geografia e psicanalisi. I primi esiti fotografici del progetto, qui presentati in anteprima, scaturiscono dal confronto con i sogni erotici di alcuni studiosi di sessualità coinvolti nella terza edizione della European Geographies of Sexualities Conference (sogni, suggestioni interpretative e considerazioni critiche sono pubblicati in forma di diario su geosexualities3.weebly.com). Le immagini sono state elaborate grazie alla partecipazione di Claudia, Coco, Lisa Parola e Pino Chiezzi. Il progetto, della cui fase conclusiva vi daremo poi conto, sfocerà a gennaio in una mostra curata da Nicoletta Daldanise e Roberto Mastroianni a Torino, in collaborazione, e in concomitanza, con il nuovo festival cinematografico dedicato all’eros e alla sessualità, il Fish & Chips Film Festival.

A R T I S T ' S P L AY G R O U N D

LA CURATRICE Nicoletta Daldanise

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Nascondersi, svelarsi, dismettere i panni di donna, sbirciare dallo spioncino dell’artista, perdere la coscienza di sé, lasciarsi attraversare dal flusso dell’inconscio altrui. L’artista spesso è un tramite, si fa filtro interpretativo della realtà, vive uno stato di trance in cui lascia comunicare liberamente gli stimoli esterni con un mondo interiore che li traduce in rappresentazione. Non può evitare di appropriarsi di punti di vista, di suggestioni emotive, di percezioni psichiche come in un’attrazione fatale per l’oggetto di conoscenza. Viceversa, c’è da chiedersi, soprattutto nel progetto di Irene Pittatore, quanto questo oggetto resista o ceda alla lusinghiera tentazione di farsi sottrarre l’essenza più intima e come questo concedersi vada a calibrare la trasparenza dell’intenzione dell’artista. Apertura o chiusura, opacità o traslucenza, l’immaginario individuale volge in collettivo, diventa una riflessione sull’erotismo e sulla sessualità contemporanea, sul suo spregiudicato trattamento pubblico e sulle spinosità che questo solleva. La naturalità che dovrebbe appartenere congenitamente alla dimensione erotica riaffiora, ma si ricopre di aculei; mette in guardia, ma lascia prorompere tutta la sua potenza. Il dolore che se ne può ricavare viene presagito eppure acquista una sua sensualità. Nel 1973, in piena temperie femminista, Gina Pane in Azione sentimentale cambia il corso della storia della performance e usa un mazzo di rose come simbolo vaginale, si conficca otto spine nel braccio e incide il palmo della mano con una lametta, disegnando una rosa col suo sangue. Il gesto, sebbene straziante, ha l’intenzione di aprire un varco di passaggio tra la propria condizione femminile e il resto della società: propone ancora un’offerta. Oggi le rose lasciano il posto alle cactacee, piante succulente che riescono a mantenere per sé le risorse vitali in luoghi ostili, lasciando sbocciare fiori bisessuali che si riproducono rigogliosi per via vegetativa. Le spine non sono più rivolte all’interno, ma puntano dritte e provocanti verso l’esterno. Quanto la consapevolezza, come nel caso degli studiosi invitati a raccontare il proprio sogno, alza barriere di difesa, quanto queste riescono a trattenere l’esplosione naturale dei sensi, in che misura è possibile afferrarla e restituirla al terzo occhio che guarda voyeuristicamente dall’esterno il dialogo tra due sensibilità? Anche il lettore è già chiamato in causa con il suo personale immaginario prima ancora che abbia il tempo di accorgersene.

IL GEOGRAFO Alberto Vanolo

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Nel suo progetto artistico, Irene Pittatore affronta un viaggio all’esplorazione dello spazio onirico legato all’immaginario erotico. Quello che affascina del progetto è la natura ibrida di questo spazio, in bilico fra dentro e fuori, visibile e invisibile, suono e silenzio, etnografia e autobiografia. Non si tratta infatti soltanto di esplorare i sogni degli altri, ossia di abbozzare una mappa del loro immaginario erotico, quanto di osservare e lavorare sul riverbero di questi sogni sull’artista stessa e sul mondo che la circonda. Questo gioco di specchi si complica ulteriormente laddove si parla dei sogni di studiosi di sessualità: Irene non maneggia direttamente la materia sessuale, quanto la rappresentazione della rappresentazione. Non è forse un caso che le immagini prodotte da Irene, di per sé, non abbiano – almeno dal mio punto di vista soggettivo – una carica strettamente erotica, almeno nel senso più canonico del termine. Piuttosto, le immagini sembrano vivere di vita propria, appunto come vegetali che crescono trapiantati sui corpi di persone che ruotano intorno a Irene. Le immagini dei corpi trapassati da forme e colori del mondo vegetale mi permettono di riflettere su un tema caro alle scienze so-

ciali: quello della natura, o meglio dell’immaginario della natura. Un po’ come i sogni cui si faceva riferimento prima, non esiste un singolo oggetto chiamato natura ed “esterno” all’uomo che lo osserva: se infatti immaginiamo come “naturale” tutto ciò che non è “artificiale” e “antropico”, ossia non è prodotto dall’uomo stesso, allora diventa arduo immaginare qualsiasi forma di natura che resista al contatto umano. Abiti, parchi, città, vigneti dai filari ben allineati, piatti e specialità gastronomiche e, per estensione, anche gli spazi erotici non sarebbero infatti immaginabili come oggetti “naturali”, in quanto prodotti umani. Ogni prodotto della cultura, attenendosi a questa visione miope, non farebbe che allontanarci da un ipotetico stato di natura che parrebbe preesistere all’uomo. Al contrario, se assumiamo una visione ampia della natura che possa includere anche l’uomo e i suoi prodotti, allora il concetto esplode, fino a costringerci a parlare di nature, al plurale. Le immagini di Irene mi suggeriscono una provocatoria sovrapposizione fra natura e cultura, una sovrapposizione che giunge, in maniera viscerale, alla collisione fra nature, sogni erotici e corpi umani.

LO PSICHIATRA Eugenio Torre

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Si tratta di un progetto di grande complessità e ricchezza: è esempio di come si possano affrontare le riflessioni avendo presente che si tratta di questioni non semplicemente complicate, ma complesse. Viviamo nella complessità che riguarda il caos, l’intelligenza artificiale, gli algoritmi genetici, la meteorologia, l’ecologia, la psicologia e la psichiatria, i sogni… Mi ha sempre emozionato quel che scrive J. Gleick in Chaos “… una goccia d’acqua che si spande nell’acqua, le fluttuazioni delle popolazioni animali, la linea frastagliata di una costa, la forma delle nubi …” … e il verso di Montale nell’omaggio alla moglie morta: “… le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede…” Ma veniamo alla mente, che produce i sogni. O è sognata? E questa è una delle questioni vertiginose ma fondamentali. Dice Jung che i tentativi di formulare una teoria comprensiva della fenomenologia psichica sono condannati al fallimento… perché la psiche non è soltanto l’oggetto della sua scienza, ma ne è anche il soggetto. Il fatto che il soggetto, la mente, e l’oggetto di studio, la mente, coincidano implica da un lato un dubbio costante sulle possibilità in generale, dall’altro pone limiti invalicabili per la conoscenza del mondo e dell’uomo. Oserei dire per fortuna… La “complessità di un sistema” è determinata non tanto dalle sue proprietà intrinseche oggettive, ma piuttosto dall’insieme costituito dal soggetto osservatore e dal fenomeno osservato. Non è possibile che “l’osservatore” (o il sognatore) di fenomeni come quelli di cui ci occupiamo non intervenga (consapevolmente o meno) con tutta la sua esperienza, i suoi desideri, il suo personale erotismo (che, verosimilmente nella sua professione ha spesso dovuto “contenere”) nella valutazione di ciò che osserva. E questo è, nello stesso tempo, il limite e la ricchezza di questo progetto. Vale la pena, a questo proposito, ricordare come i rapporti fra sesso ed erotismo ben rappresentino anche simbolicamente l’evoluzione dell’uomo dalla natura alla cultura. Da Pan a Eros. Non possiamo dimenticare che Pan rappresenta la natura nella sua forma più selvaggia: insegue le ninfe per violentarle, se non ne trova si accoppia con gli animali, se non trova animali si masturba freneticamente… Eros è un Dio in cui sentimento, amore e corpo si amalgamano mirabilmente. Entrambi ci abitano e nessuno dei due può essere escluso, ma Pan può mostrare la parte più terrestre della Natura a Eros e Eros può “addomesticare” Pan, aiutarlo nel cammino da natura a cultura.

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