Planificazione Dei Trasporti (Parte 2)

July 5, 2022 | Author: Anonymous | Category: N/A
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA CIVILE

CORSO DI TECNICA DEI TRASPORTI (Prof. L. La Franca)

APPUNTI DI  PIANIFICAZIONE DEI TRASPORTI

(a cura dell’Ing. Pietro Zito)

A.A. 2006/2007  

 

1.   INTRODUZIONE   Un sistema di trasporto può essere definito come quell’insieme di componenti e di loro interazioni che determinano la domanda di spostamenti fra punti diversi del territorio e l’offerta di servizi di trasporto per il soddisfacimento di tale domanda. I componenti del sistema di trasporto sono costituiti dagli utenti, persone o merci, dalle infrastrutture, dai mezzi utilizzati direttamente o indirettamente per la produzione del servizio. Questi sono legati da una serie di relazioni come la dipendenza dal tempo di percorrenza di un tronco stradale, dalla quantità di utenti che lo utilizzano, o la dipendenza degli utenti del servizio  pubblico dalle tariffe praticate. E’ chiaro che le varie componenti di un sistema sociale interagiscono tra loro ad un livello molto profondo e, proprio per tale motivo, per risolvere uno specifico problema, è necessario effettuare delle semplificazioni, a volte anche drastiche e senza le quali il problema non sarebbe risolvibile. Il criterio è quello di isolare gli elementi ritenuti rilevanti  per il problema in esame: esame: questi con le loro loro interconnessioni ccostituiscono ostituiscono il sottosistema sottosistema rilevante o  sistema di progetto.

Tutto il resto viene definito ambiente esterno  e viene tenuto in conto

unicamente attraverso le sue relazioni con il sistema di progetto. Il criterio generale seguito è quello di considerare come sistema di progetto quello entro il quale si prevede si esauriscano in buona misura gli effetti degli interventi progettati. Per chiarire meglio quanto detto, si consideri una città, o sistema urbano, all’interno della quale è possibile individuare molteplici sottosistemi, fra i quali quello dei trasporti è quello di nostro interesse. Tutti gli elementi del sistema urbano non inclusi in quello in analisi costituiscono l’ambiente esterno, spesso definito  sistema delle attività, che però interagisce profondamente con il sistema dei trasporti, basti pensare all’importanza che la localizzazione delle residenze ha sulla mobilità. In generale un sistema di trasporto può essere ulteriormente scomposto in due sottosistemi fortemente interagenti: quello costituito dagli utenti del servizio, con le loro caratteristiche, che di solito viene indicato come Sistema di Domanda, e quello costituito dalle componenti sia fisiche che organizzative che contribuiscono a produrre il sistema, che di solito viene indicato come Sistema di Offerta (Figura 1). La pianificazione dei trasporti può essere definita come l’attività di decidere la realizzazione di interventi sul sistema dei trasporti, sulla base degli effetti che si prevede ne possano derivare. Gli interventi possono essere di natura diversa, come la costruzione di nuove infrastrutture, la modifica delle esistenti, l’organizzazione dell’offerta dei sistemi di trasporto pubblico o privato, fino alla definizione delle tariffe e degli orari di esecuzione del servizio pubblico. È possibile definire tre livelli di pianificazione, in funzione del tipo di intervento da progettare.

 

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 Figura 1 - Sistema di Trasporto Trasporto

 

Si parla di  pianificazione strategica, quando il piano prevede consistenti investimenti di capitale per la realizzazione di nuove infrastrutture (strade, ponti, porti) e quindi tempi globali di realizzazione e di vita tecnica particolarmente prolungati (10, 20 anni ed oltre). Il livello intermedio delle operazioni di pianificazione di solito viene definito come  pianificazione tattica, all’interno della quale sono raggruppati piani a breve e medio termine che implicano limitati investimenti, come l’individuazione delle tariffe del sistema di trasporto pubblico o gli schemi generali di una rete di trasporto, senza però arrivare alla progettazione esecutiva degli elementi di dettaglio, come l’orario delle corse. Infine si attua la  pianificazione operativa , o d’esercizio, relativa agli interventi sul sistema di trasporto da realizzarsi in tempi brevi. E’ il caso dei Piani Urbani del Traffico (PUT) nei quali sono  previsti interventi di regolazione regolazione della circolazione e della sosta, o ddei ei piani d’esercizio de dell trasporto  pubblico, con la definizione dei perco percorsi rsi di linee, frequenz frequenzee ed orari.

2.   LA  D DOMANDA  D DI  M MOBILITÀ  La mobilità è contraddistinta, in termini di spostamenti urbani e su lunga distanza, dalla necessità degli individui di svolgere attività che hanno una localizzazione in genere diversa dal luogo di origine dello spostamento stesso. Quando i flussi sono prossimi alla capacità dei diversi tronchi stradali (o la superano per periodi limitati) si innesca il fenomeno della congestione; in questo caso cioè le prestazioni e le condizioni di utilizzo dei diversi elementi (ad esempio i tempi di  percorrenza di un tronco stradale o il comfort a bordo di un autobus) dipendono dal numero di utenti che lo utilizza nell’unità di tempo (flussi di traffico). Questo fenomeno, oltre ad altri non secondari effetti negativi (quali l’inquinamento acustico e atmosferico e l’intrusione visiva nel caso del traffico stradale), può modificare in modo significativo i tempi di viaggio, l’affidabilità, i consumi di carburante o, in altri termini, le prestazioni e le caratteristiche del servizio di trasporto offerto dai diversi modi. Per molti anni i problemi di congestione si sono manifestati  prevalentemente nella fascia oraria di punta del mattino 7-9, e di conseguenza i modelli di  

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simulazione della domanda studiati ed utilizzati hanno riguardato quasi esclusivamente gli spostamenti con primo estremo casa, relativi a tale periodo. In sostanza sono stati modellizzati  preferibilmente i cosiddetti “spostamenti sistematici”, che per le loro caratteristiche di alta ripetibilità sono anche più facilmente riproducibili. ri producibili. Successivamente, Successivame nte, le componenti non sistematiche della mobilità sono cresciute notevolmente, e si è avuto un incremento di congestione anche nei periodi tradizionalmente di “morbida”: è sorta così la necessità di modelli di domanda capaci di stimare le caratteristiche degli spostamenti anche in fasce orarie diverse da quelle tradizionali di punta. Riferendosi in particolare alle aree urbane (ma il discorso può essere facilmente esteso alle aree extraurbane), vari metodi possono essere utilizzati per la stima della domanda in relazione sia ai mezzi disponibili (non ultimo i vincoli economici) sia all’uso che di tali stime si intende fare. Si distinguono pertanto modelli statistico-descrittivi, stime da conteggi di traffico, e modelli comportamentali. Nel seguito, dopo una breve descrizione dei primi due metodi, l’attenzione sarà focalizzata in particolare sull’uso dei modelli comportamentali, in quanto, come si vedrà in seguito, sono quelli che consentono non solo di stimare la domanda di mobilità, ma anche di interpretare il comportamento degli utenti in merito alle scelte di viaggio. La domanda di mobilità (o domanda di trasporto) può essere formalmente definita come il numero di utenti con determinate caratteristiche che usufruisce del servizio offerto da un sistema di trasporto in un periodo di riferimento prefissato (ora, giorno, e l’ampiezza di tale periodo dipende dallo scopo dell’analisi). L’unità di misura della domanda di mobilità è utenti/tempo, ad esempio: trasporto stradale individuale

(veic./h), trasporto ferroviario e trasporto stradale collettivo

(pass./h). Per tutte le tre tipologie di trasporto si può anche parlare di spostamenti/h. La domanda di mobilità è, pertanto, un flusso di spostamenti. Lo studio della domanda di mobilità serve a determinare i flussi sulle reti di trasporto, intesi, come il numero di utenti che si serve di un sistema di trasporto esistente o che si servirebbe di un sistema di trasporto da progettare. Stimata la domanda di trasporto è possibile pertanto, verificare il funzionamento di un sistema di trasporto già esistente o da progettare. Uno studio sulla mobilità che interessa un sistema di trasporto (esistente o da progettare) avviene secondo le seguenti fasi: 1. 

individuazione dell’area di studio

2. 

suddivisione in zone dell’area di studio (zonizzazione)

3. 

definizione del modello di offerta del sistema di trasporto

 

4.  

stima (tramite indagini o modelli) della domanda di trasporto che interessa l’area di studio (matrici OD = matrici Origine Destinazione) 4

 

5. 

simulazione dell’interazione domanda/offerta (calcolo dei flussi di traffico sulle diverse componenti del sistema)

I risultati ottenuti ott enuti dalla fase 5 (flussi sulle componenti del sistema di trasporto) possono essere utilizzati per effettuare valutazioni sul funzionamento di un sistema esistente o per progettare un nuovo sistema di trasporto. In seguito saranno descritte sinteticamente le singole fasi del processo di analisi della domanda di mobilità.

2.1  Individuazione dell’area di studio Si definisce area di studio l’area geografica all’interno della quale si trova il sistema di trasporto (che si intende progettare o sul quale si intende intervenire) e nella quale si ritiene si esauriscano la maggior parte degli effetti degli interventi progettati. Il confine dell’area di studio è detto cordone: tutto ciò che si trova al di fuori è detto ambiente esterno, del quale interessano solo le interconnession i nterconnessionii con l’area di studio; tali interconnessioni sono rappresentate con dei nodi, detti centroidi esterni, posti in corrispondenza dei punti in cui il cordone “taglia” le infrastrutture di trasporto per l’ingresso e l’uscita dall’area di studio. L’area di studio può essere anche l’intero Paese nel caso di un piano nazionale dei trasporti, un’area urbana o una parte di essa nella quale si intende realizzare un intervento di gestione del traffico (Figura 2).

 Figura 2 - Zonizzazione Zonizzazione e rete di base

 

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2.2  Zonizzazione La zonizzazione consiste nel partizionare l’area di studio in zone di traffico (di numero finito); in questo modo è possibile stimare il numero di spostamenti che si hanno tra una zona di origine O ed una zona di destinazione D. Ad ogni zona si associa un punto (detto nodo centroide) in cui si ipotizza siano concentrati tutti i punti di origine degli spostamenti che hanno origine dalla zona e tutti i punti di destinazione di tutti gli spostamenti che hanno destinazione in quella zona. In questo modo si commette un’approssimazione, che sarà tanto migliore quanto maggiore è il numero delle zone. Il nodo centroide è disposto baricentricamente rispetto alla localizzazione delle residenze e delle attività della zona. La zonizzazione deve essere effettuata in modo da rendere accettabile l’approssimazione di sostituire alla molteplicità di punti di origine (destinazione) della zona un unico punto. Dal punto di vista applicativo esistono diverse possibili zonizzazioni per lo stesso problema; alcuni criteri da seguire sono:   i separatori fisici del territorio (fiumi, ferrovie, ecc.) di solito vengono utilizzati come



confini di zona, in quanto impediscono un collegamento “diffuso” tra zone adiacenti, ma solo in punti limitati (ponti, ( ponti, sottopassaggi, ecc.)   le zone di traffico si ottengono, in generale, aggregando le particelle censuarie



dell’ISTAT, in modo da poter utilizzare i dati del censimento   si può adottare un diverso dettaglio di zonizzazione in funzione della diversa precisione



che si vuole ottenere; ad esempio zone più piccole nel centro storico e più grandi in  periferia   in generale si tende ad aggregare zone omogenee dal punto di vista insediativo



(residenziale, industriale, ecc.) Ad ogni zona di traffico individuata si attribuisce un numero progressivo ed un nodo centroide, che assume lo stesso numero della zona (Figura 3). Anche i centroidi esterni sono numerati; ad essi si danno numeri progressivi a partire da quello successivo all’ultimo numero di zona.

 

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 Figura 3 - Numerazione Numerazione delle zone

 

2.3  Metodologie di stima della domanda di trasporto Oltre ad avere una caratterizzazione temporale, la domanda è anche spazialmente definita, in quanto gli spostamenti devono essere suddivisi per luogo di Origine e di Destinazione, e danno origine alle cosiddette matrici di domanda (matrici O/D). Queste sono caratterizzate dal numero di righe e di colonne pari al numero di zone (o di centroidi) fra le quali possono avvenire gli spostamenti, ed il generico elemento della matrice rappresenta il numero di spostamenti fra l’origine O e la destinazione D con certe caratteristiche (quali il motivo, il modo, il percorso). E’ possibile distinguere tre tipi di spostamenti che interessano un’area urbana: urbana: gli spostamenti con origine interna all’area di studio e destinazione interna (spostamenti interni o intrazonali), spostamenti con origine interna e destinazione esterna o viceversa (spostamenti di scambio), spostamenti con origine esterna e destinazione esterna che attraversano l’area di studio (spostamenti di attraversamento). La valutazione degli spostamenti di scambio e di attraversamento avviene solitamente con metodi di tipo statistico, ad esempio con indagini a bordo o al cordone, e indagini a domicilio.  Nel primo caso si intervista un campione di utenti di un certo modo di trasporto; le interviste  possono essere effettuate al bordo della strada per gli automobilisti e i loro passeggeri, passeggeri, oppure sul mezzo o ai terminali (stazioni, fermate) per gli utenti dei sistemi di trasporto pubblico. Il campione di utenti da intervistare viene scelto casualmente (ad esempio, decidendo di intervistare un utente ogni N transitati), e chiedendogli informazioni relativamente al motivo del suo spostamento, la frequenza, l’origine e la destinazione, e così via. Poiché si tratta di intervistare individui che stanno già effettuando uno spostamento, il tempo a disposizione per avere informazioni è comunque limitato, perché l’intervista deve essere svolta rapidamente. Quando tali indagini vengono eseguite per stimare la sola domanda di scambio e di  

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attraversamento prendono il nome di indagini al cordone. Maggiori informazioni possono invece aversi nel caso delle interviste a domicilio (eventualmente previo contatto telefonico per stabilire la disponibilità della persona a lasciarsi intervistare), utilizzando un questionario che contenga domanda sia sul tipo di spostamento compiuto il giorno precedente, sia sulle caratteristiche socioeconomiche delle persone che fanno parte del gruppo familiare. Anche in tal caso il campionamento è di tipo casuale, e può essere ottenuto estraendo casualmente per l’intera area di studio un certo numero di famiglie dagli elenchi ufficiali dell’anagrafe, oppure procedendo in modo da garantirsi un certo numero di famiglie intervistate per ogni zona di traffico. Altri esempi di indagini cosiddette a destinazione possono essere le interviste telefoniche o postali. Questi metodi di indagine, che si è detto essere prevalentemente usati per stimare la domanda di scambio e di attraversamento, possono facilmente essere utilizzati per stimare l’intera matrice di domanda, e pertanto riferendosi a tutte le caratteristiche di interesse dello spostamento, allo scopo di suddividere gli utenti per classi omogenee, ottenendo quindi stime più attendibili della domanda stessa. Metodi di stima di questo genere consentono di ricavare dati sulla mobilità di tipo statistico/descrittivo, nel senso che né si ricercano né si indaga sulle cause che hanno portato l’utente, nel contesto socio-economico e urbano in cui si trova, a compiere le scelte da lui dichiarate, ma si prende come dato di fatto il tipo t ipo di spostamento compiuto dallo stesso. Indagini di questo tipo, quindi, sono difficilmente trasferibili nel tempo e nello spazio, perché risultano abbastanza contingenti, e comunque scarsamente interpretabili se non come dato statistico.  Nelle pratiche applicazioni, di solito, difficilmente di ricorre ad un solo metodo di stima,  preferendo indagini diverse per le varie componenti della mobilità. Così, nel caso più frequente, si rileva la mobilità di scambio e di attraversamento con indagini al cordone, e quella interna con indagini a domicilio. Non è superfluo osservare che quest’ultimo tipo di indagine viene utilizzata anche per la stima dei parametri dei modelli comportamentali, come verrà chiarito nel seguito. Quindi, la domanda di mobilità può essere stimata attraverso indagini dirette e modelli matematici. Le indagini dirette consistono nel rilevare le caratteristiche attuali della domanda di mobilità mediante conteggi di traffico e/o interviste agli utenti del sistema di trasporto. I modelli matematici consentono di stimare la domanda di mobilità attuale e futura, in funzione di caratteristiche socio-economiche e territoriali dell’area di studio e del sistema di trasporto in essa operante. La calibrazione dei modelli matematici si basa, comunque, su risultati di apposite indagini sulla mobilità; i risultati di alcune tipologie di indagine (conteggi dei flussi di traffico) possono, inoltre, essere utilizzati per migliorare le stime di matrici OD ottenute tramite modelli o tramite altre tipologie ti pologie di indagine. Le principali metodologie di indagine sulla domanda di mobilità sono:  

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  indagini sui flussi di traffico;



  indagini su aree ristrette;



  indagini al cordone;



  indagini su aree vaste;



  indagini sulla domanda di sosta;



Tranne le indagini sui flussi di traffico, tutte le indagini sono di tipo campionario, cioè sono rivolte solo ad un sottoinsieme (campione) del totale di persone interessate dallo studio (universo). Il campione deve essere sempre estratto a caso. Le Indagini sui flussi di traffico Sono indagini tese a rilevare l’entità e la composizione del flusso di traffico che, in un determinato periodo di tempo, attraversa una prefissata sezione del sistema di trasporto. I risultati dell’indagine forniscono informazioni utili per:   verificare il funzionamento del sistema di trasporto corrente;



  verificare la capacità dei modelli (domanda, offerta ed interazione domanda/offerta) di



riprodurre la realtà; 

  tarare i modelli matematici per la stima della domanda   migliorare le matrici OD ottenute con modelli o indagini su aree vaste



  individuare la variazione temporale della domanda di trasporto nel corso della giornata



(individuazione dell’ora di punta) Una matrice OD rappresenta gli spostamenti che interessano l’area di studio, in un determinato periodo di tempo, suddivisi per luoghi (zone) di origine e di destinazione e per modo. Pertanto, la matrice OD è una matrice quadrata, con un numero di righe e di colonne pari al numero di zone più il numero di centroidi esterni. Il generico elemento d od  od   della matrice rappresenta il numero di spostamenti che, nell’unità di tempo considerata, hanno origine nella zona O e destinazione nella zona D (rappresenta, pertanto, un flusso di spostamenti). La somma degli elementi della i-esima riga rappresenta il totale dei flussi emessi dalla zona iesima nell’unità di tempo, ed è detto flusso “emesso” o “generato” dalla zona: d o =  Σ d  d d    o od  d  

Analogamente si può definire un flusso fl usso “attratto” dalla zona D come: d d  od  d   d  =  Σ o d o

Il numero totale di spostamenti che interessano l’area di studio nell’unità di tempo considerato è dato dalla somma di tutti gli elementi della matrice OD:  

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d =  Σ o  Σ d  d d    od od

La matrice OD può essere partizionata in quattro settori, in relazione al tipo t ipo di zona di origine e di destinazione:   si parla di spostamenti interni all’area di studio se la zona di origine e di destinazione



sono entrambe interne all’area di studio; in particolare, gli spostamenti che hanno origine e destinazione all’interno della stessa zona sono detti intrazonali (essi non sono simulabili dal modello), gli altri sono detti interzonali;   sono spostamenti di scambio quelli che hanno l’origine e la destinazione una all’interno



e l’altra all’esterno dell’area di studio; si dividono in spostamenti di scambio I-E (interni-esterni) ed E-I (esterni-interni);   sono spostamenti di attraversamento quelli che hanno sia l’origine che la destinazione



esterne all’area di studio, ovvero ne utilizzano il sistema di trasporto. Tipologie di spostamento e loro individuazione i ndividuazione nella matrice OD

 Figura 4 - Matrice origine/destinazione origine/destinazione

Le matrici OD possono essere caratterizzate in funzione delle caratteristiche degli spostamenti rilevanti ai fini dell’analisi:   unità temporale di riferimento (ora, fascia oraria, giorno, anno)



   periodo di tempo di riferimento riferimento (ora di punta, giorno giorno della settimana)



  modo dello spostamento (piedi, auto, autobus, ecc.)



  motivo dello spostamento (Casa-Lavoro, Casa-Acquisti, ecc.)



Si possono avere tutte le possibili combinazioni, ad esempio:   matrice OD dell’ora di punta su auto per tutti i motivi



 



matrice OD giornaliera tutti i modi motivo Casa-Lavoro… La domanda di mobilità è variabile nel tempo; ad esempio, il numero di spostamenti che  

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avvengono in un’area urbana sono diversi da un’ora all’altra della giornata, ma sono diversi anche nella stessa ora di due giorni diversi. La dinamica temporale della domanda di mobilità può essere studiata su tre orizzonti temporali:   variazioni di lungo periodo o trend



  variazioni nel corso di un determinato periodo di riferimento





i dentiche caratteristiche   variazioni fra intervalli di tempo di identiche

2.3.1  Variazioni di lungo periodo (trend) Sono variazioni di lungo periodo del livello o della struttura della domanda di mobilità; ad esempio la variazione della domanda di trasporto nel corso degli anni, dovuta a variazioni dei  parametri socioeconomici e tterritoriali. erritoriali. Queste variazioni sono di solito il risultato di cambiamenti strutturali nei parametri socio-economici e territoriali che determinano la domanda di mobilità. Così ad esempio variazioni del livello di attività economiche, delle tecnologie produttive, del reddito disponibile, della motorizzazione individuale, delle caratteristiche socio-demografiche della  popolazione, degli stili di vita e di consumo, dei fenomeni di inurbamento, hanno modificato negli anni in modo sostanziale il livello e la struttura strutt ura della domanda di trasporto viaggiatori e merci.

 Figura 5 - Traffico Passeggeri Passeggeri

 Figura 6 - Traffico Merci Merci

 

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2.3.2  Variazioni nel corso di un determinato periodo di riferimento Sono anche dette variazioni intraperiodali. Sono le variazioni della domanda di mobilità che si verificano all’interno di un periodo di analisi che comprenda più periodi elementari di riferimento (ad esempio la variazione della domanda oraria nel corso della giornata o la variazione della domanda giornaliera tra i diversi giorni della settimana). Tali variazioni si ripetono ciclicamente come andamento, anche se i valori della domanda nei singoli sottoperiodi possono assumere valori diversi.

 Figura 7 - Domanda Domanda di mobilità (spostamenti di andata)

 Figura 8 - Domanda Domanda di mobilità (spostamenti di ritor ritorno) no)

2.3.3  Variazioni fra intervalli di tempo di identiche caratteristiche Sono anche dette variazioni interperiodali. Ad esempio sono le variazioni della domanda nell’ora di punta di diversi giorni con caratteristiche simili (tra le 7:30 e le 8:30 di due mercoledì successivi). Queste variazioni non sono dovute ad eventi sistematici, ma dalla intrinseca aleatorietà del fenomeno della mobilità. Nella realtà i tre tipi di dinamica si sovrappongono tra loro in modo spesso non distinguibile.  

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 Figura 9 - Andamento dei flussi flussi di traffico stradale in giorni feriali successivi successivi

 

2.4  Modelli comportamentali Un modello di domanda può essere formalmente definito come una relazione matematica che, dato un sistema di attività e di offerta di trasporto, consente di associare ad essi il valore medio della domanda con le sue caratteristiche rilevanti in un determinato periodo temporale di riferimento. Dal  punto di vista matematico matematico si può quind quindii scrivere che: d od  (SE,T). od (C 1,C 2 ,...) = f (SE,T).

dove d od  od  (C 1,C 2 ,...) è il flusso di domanda di caratteristiche C 1 C 2 ,... ,fra le zone O (origine) e D (destinazione) tra cui avviene lo spostamento; essa è espressa come funzione delle caratteristiche socio-economiche relative al sistema di attività SE   (ad esempio, il numero di famiglie residenti nella zona O il numero di posti di lavoro sempre nella stesa zona), e delle caratteristiche relative al sistema di offerta, T (quali i tempi connessi allo spostamento, i costi monetari, le distanze per spostarsi fra coppie di zone con i diversi modi disponibili). Le variabili che definiscono i vettori di dati SE e T vengono anche definite attributi. Come già accennato in precedenza, la domanda di trasporto nasce dall’esigenza di spostarsi  per motivi diversi (ad esempio per lavoro o per studio, ma anche per per svago, acquisti personali, cure, etc.). Le caratteristiche che definiscono lo spostamento effettuato (l’origine, la destinazione, il modo, il percorso, per citare i più immediati) sono il frutto di una serie di scelte compiute dall’utente, scelte che possono essere di tipo diverso per utenti diversi, e originate da motivazioni diverse. Nel caso specifico dei viaggiatori (ossia gli utenti del sistema di trasporto), si può distinguere inoltre tra scelte del luogo di residenza e del luogo di lavoro, scelta di possedere un’auto, o comunque un mezzo privato, e scelte di tipo più frequente quali quelle di fare o meno uno spostamento per un certo motivo, con un certo mezzo e seguendo un dato percorso. Ognuna  

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delle precedenti scelte viene indicata come “dimensione di scelta”, e sarà ad esse che si farà riferimento nel seguito. Le scelte del luogo di residenza, di lavoro, e del possesso auto, dette anche  scelte di mobilità, vengono solitamente considerate ad un livello gerarchico superiore alle altre, in quanto richiedono un maggior costo di cambiamento e sono quindi più stabili nel tempo. Le altre scelte, invece,  possono essere tutte od in parte, rimesse facilmente in discussione in tempi brevi, e vengono solitamente indicate come scelte di viaggio. Mentre le scelte di mobilità sono prevalentemente oggetto delle scienze economiche e del territorio, le scelte di viaggio sono invece specificatamente oggetto dell’ingegneria dei trasporti, e saranno pertanto quelle che verranno considerate nella trattazione che segue. I modelli di domanda utilizzati simulano pertanto le scelte di viaggio, ed in particolare la scelta di effettuare o meno lo spostamento per un certo motivo (s), la scelta di recarsi ad una certa destinazione (d), di usare un dato mezzo di trasporto (m), e di seguire un certo percorso (k) sulla rete di trasporto, in un prefissato intervallo temporale di riferimento rif erimento (h). E’ importante premettere che i modelli che possono essere utilizzati sono comunque una schematizzazione della realtà, e tra l’altro devono riuscire a interpretare e simulare le scelte compiute dagli utenti, che possono agire con motivazioni del tutto diverse uno dall’altro, e possono inoltre cambiare facilmente atteggiamento (e quindi compiere diverse scelte di viaggio) in relazione a certe variazioni nel sistema. I modelli pertanto non saranno sempre in grado di riprodurre  perfettamente la realtà, proprio per la natura stessa del sistema che si intende simulare. Inoltre, i modelli di domanda richiedono la stima (o calibrazione) dei parametri incogniti presenti, e poiché  per tale fase è necessaria un’opportuna base dati riferita alle caratteristiche dello spostamento e alle caratteristiche socio-economiche degli utenti, modelli più complessi richiedono anche base dati più articolati, e a volte informazioni non sempre facilmente quantificabili o comunque reperibili. Il modello di domanda più utilizzato nelle pratiche applicazioni è il cosiddetto “modello a quattro stadi”, costituito dalla combinazione di quattro sottomodelli, ognuno dei quali simula la  probabilità delle scelte che che effettua l’utente. In particolare:   il  sottomodello di generazione simula la scelta di effettuare o meno lo spostamento



 per il motivo s nel periodo temporale di riferimento h, generato nell’origine o, indicato con d o(  ss, h)1;   il  sottomodello di distribuzione simula la probabilità di scelta di recarsi alla



destinazione d, avendo origine in o e motivo s dello spostamento nel periodo h,

 

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indicato con p(d / osh)2;   il  sottomodello di scelta modale simula la scelta del mezzo m  da utilizzare per



spostarsi da o a d per il motivo s nel periodo temporale h, indicato con  p(m / odsh); infine,   il  sottomodello di scelta del percorso simula la scelta del percorso k   da usare per



spostarsi da O a D per il motivo s con il modo m nel periodo temporale h, indicato con p (k/odsmh)  Tutti questi sottomodelli sono considerati funzione delle caratteristiche socio-economiche, SE, e delle caratteristiche del sistema di offerta, e quindi si può utilizzare, per un periodo   h, la seguente notazione semplificata: d ood  p(d / os)·  p p(m / ods)·  p p(k / mods) d ( s,m, k )= d o.( s)·  p

(1)

 Nell’espressione riportata si sono separate le varie scelte, che sono comunque interdipendenti tra di loro; infatti, per motivi di trattabilità analitica si preferisce utilizzare il prodotto di sottomodelli, ciascuno relativo ad una dimensione di scelta, piuttosto che una funzione di domanda globale. La sequenza delle scelte può essere naturalmente diversa da quella riportata, perchè si può ipotizzare un diverso ordine con il i l quale le scelte stesse vengono effettuate dall’utente. Ad esempio, nel modello riportato, la scelta del modo risulta condizionata da quella della destinazione, mentre risulta condizionante per la scelta del percorso. Da un punto di vista generale, i modelli di domanda proposti in letteratura e usati nella pratica  possono essere classificati in base al tipo di attributi utilizzati ed alle ipotesi comportamentali dalle quali derivano. Relativamente al primo aspetto, i modelli si dicono aggregati se le variabili SE   e T   sono relative ad un insieme o un aggregato di utenti, omogenei per caratteristiche (ad esempio, tutti quelli che iniziano lo spostamento in una certa zona di traffico); si dicono invece disaggregati se gli attributi considerati sono relativi al singolo utente (ad esempio, i tempi e i costi fra l’inizio e il termine esatto dello spostamento). In realtà non esistono né modelli interamente aggregati né interamente disaggregati, ma piuttosto modelli per i quali almeno alcune variabili presentano maggiori o minori livelli di aggregazione. Tale livello di aggregazione delle variabili dipende naturalmente dallo scopo per cui si modellizza la domanda. La finalità è di simulare il sistema di trasporto schematizzato in una rete, il livello di aggregazione è quanto meno zonale, in quanto, gli 1 2

 con questa di notazione matematica si vuole specificare che, ad esempio, d o è funzione del motivo s e del periodo temporale riferimento h.  con questa notazione matematica si indica che, ad esempio, la probabilità di scelta di recarsi alla destinazione d è funzione della destinazione stessa, condizionata dai parametri relativi all’origine o, al motivo s e al periodo h.

 

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attributi del sistema di offerta sono ottenuti fra fr a i centroidi rappresentativi delle zone. Relativamente al secondo punto, i modelli si dicono comportamentali se derivano da esplicite ipotesi sul comportamento di scelta degli utenti, mentre si diranno descrittivi se descrivono semplicemente le relazioni fra domanda e variabili SE  e T   senza formulare alcuna specifica ipotesi sul comportamento degli utenti. Inoltre, esistono i cosiddetti modelli misti, i più diffusi nella  pratica, in cui alcune dimensioni di scelta (e quindi alcuni sottomodelli) sono simulate con modelli descrittivi e altre con modelli comportamentali. Tali modelli sono i più diffusi data la difficoltà  pratica di simulare il comportamento di scelta dell’utente su tutte le dimensioni. Dei sottomodelli  presenti nella (1), il sottomodello di generazione è tipicamente descrittivo, quello di distribuzione è descrittivo, ma può anche avere un’interpretazione comportamentale, il sottomodello di scelta modale è tipicamente comportamentale, e infine la scelta del percorso è simulata con un modello comportamentale. Quest’ultimo, solitamente, viene implicitamente utilizzato nelle procedure di assegnazione

che consentono di ottenere i flussi sugli archi della rete di trasporto data la matrice

O/D e il sistema di offerta.

2.5  I modelli di utilità casuale I modelli comportamentali più utilizzati per la simulazione della domanda di trasporto sono quelli che appartengono alla famiglia dei modelli ad utilità casuale. Questi si basano sull’ipotesi che l’utente sia un decisore razionale, e che effettui le sue scelte massimizzando l’utilità che egli associa ad ogni alternativa; inoltre, per una serie di cause di diverso tipo, non è possibile prevedere con esattezza la scelta che egli farà, ma soltanto calcolare la  probabilità che egli faccia una determinata scelta. Più in dettaglio, le ipotesi di base dei modelli ad utilità util ità casuale sono le seguenti:   il generico utente “i” nell’effettuare la propria scelta considera tutte le alternative a sua



disposizione, che appartengono al suo insieme di scelta,  I i; tale insieme di scelta può essere diverso da utente ad utente (si pensi ad esempio ad una persona sprovvista di  patente o di autovettura che non avrà a sua disposizione il mezzo privato come modo di trasporto).   l’utente “i”  associa ad ogni alternativa del suo insieme di scelta un valore di utilità



 percepita, U   i j  , e sceglie l’alternativa con la massima utilità; tale utilità risulta una funzione degli attributi che caratterizzano l’alternativa stessa,  xkj , e di alcuni parametri da stimare,  β k . Gli attributi  xkj che caratterizzano l’alternativa possono essere distinti in  più classi, Si parla di attributi di livello di servizio , che sono quelli propri del sistema di trasporto (tempi, costi, comfort, etc.), di attributi del sistema delle attività, che sono quelli che dipendono dall’uso del territorio dell’area di studio (per es., numero di negozi  

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o numero di scuole in una zona), e di attributi socio-economici, che sono quelli propri dell’utente o del gruppo familiare cui appartiene (possesso di patente, numero di autovetture possedute in famiglia, etc.). Si possono distinguere, inoltre, attributi generici e attributi  specifici  per ogni alternativa: I primi sono presenti in tutte le alternative nella stessa forma e con lo stesso peso ( β k ), mentre i secondi sono presenti solo in alcune alternative, oppure sono valutati in modo diverso per ogni alternativa;   l’utilità che il generico utente “i” associata ad ogni alternativa è una variabile aleatoria,



in quanto essa non è perfettamente nota all’analista né per quanto riguarda la forma funzionale, né per quanto riguarda il suo valore esatto; ciò dipende sia dai limiti propri della modellizzazione, sia dalle caratteristiche stesse dell’utente, le cui scelte e le cui valutazione possono subire modifiche difficilmente modellizzabili. Infatti, utenti con le stesse caratteristiche (e quindi con lo stesso vettore3  di attributi nell’utilità) possono avere gusti diversi o percepire diversamente l’alternativa, oppure possono valutare soggettivamente in modo diverso alcuni attributi, per cui le loro scelte saranno piuttosto varie nonostante l’apparente omogeneità. Inoltre, alcuni attributi considerati dall’utente nel compiere la scelta possono non essere stati inclusi dall’analista, oppure inclusi solo in modo approssimato (in alcuni casi ciò è dovuto all’impossibilità di misurare quantitativamente alcuni attributi, quali il comfort o la sicurezza stradale). L’utilità U i j si  può scomporre in due aliquote: la prima, detta utilità sistematica, indicata con V i j, è costante per tutti gli utenti con lo stesso vettore di attributi, e la seconda è un residuo aleatorio ε j : U ijij =V ijij (X iji ) j + ε j 

Per quanto riguarda la forma funzionale per l’utilità sistematica, quella più utilizzata è di tipo lineare: V  ji =  ∑k  β k  xkji

 

essendo  xikj  il k-esimo attributo della j-esima alternativa per l’utente i, e  β k i parametri da stimare. L’introduzione del residuo aleatorio nell’utilità U i j  tiene conto del fatto che l’utente ha una  personale percezione dell’alternativa, e le sue scelte avvengono in modo non perfettamente  prevedibile dall’analista, per cui è possibile solo calcolare la probabilità che egli faccia una determinata scelta.

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  Per vettore si intende una n-pla di elementi scalari, ad esempio il vettore riga o colonna di dimensioni rispettivamente (1 x n) o (n x 1); dove n è il numero di elementi del vettore.

 

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3.   IL  M MODELLO  D DI  O OFFERTA  D DEL  S SISTEMA D DI   TRASPORTO  Per rappresentare in modo semplice ed immediato il sistema di offerta di trasporto lo strumento più idoneo è sicuramente il  grafo. In generale si definisce rete un grafo ai cui archi è associata una caratteristica quantitativa. I  grafi a loro volta, sono definiti come una coppia ordinata di insiemi: N, insieme di elementi detti nodi, ed L, insieme di coppie di nodi appartenenti ad N, detti archi o rami. Simbolicamente un grafo G può essere indicato come G=(N,L). I grafi utilizzati per le reti di trasporto sono in generale orientati; ovvero gli archi hanno un verso e llee coppie di nodi che li definiscono sono coppie ordinate. Un arco che collega la coppia di nodi (i,j) può essere indicato con un unico indice che ne rappresenta la posizione nella lista di tutti gli archi del grafo oppure con la coppia di indici (i,j) relativi al nodo iniziale e al nodo finale dell’arco stesso. In una rete di trasporto e per il modello di offerta ad essa associato, oltre agli archi che rappresentano, come si vedrà in seguito, fasi dello spostamento, si possono definire delle particolari sequenze di archi, detti percorsi che rappresentano degli spostamenti dalla origine alla destinazione. Ad archi e percorsi possono poi associarsi due tipi di variabili: costi e flussi. Le variabili di arco e di  percorso sono collegate fra loro in fun funzione zione della topolog topologia ia della rete alla quale quale sono relative. Detti i e j due nodi del grafo, questo si dirà orientat o se la coppia ordinata (i, j) è diversa dalla coppia (j, i), si dirà non orientato nel caso contrario. Ad esempio il grafo stradale è solitamente un grafo orientato in quanto i diversi rami stradali hanno un loro verso di percorrenza, e quindi non tutte le coppie (i, j), per ogni i  e  j, possono essere utilizzate per rappresentare il collegamento tra i nodi. In un grafo orientato il primo nodo della coppia (i, j) si dice nodo iniziale e il secondo nodo finale. Un grafo inoltre si dice connesso se da ogni nodo è possibile raggiungere tramite un percorso ogni altro nodo del grafo. Infine, un grafo si dice pesato se ad ogni arco resta associata una funzione matematica che individua una quantità connessa all’arco. Ciascun arco del grafo utilizzato per rappresentare un sistema di trasporto corrisponde ad una fase dello spostamento, cioè la percorrenza di un elemento fisico (ad esempio un tronco stradale) e/o una attività connessa allo spostamento (ad esempio l’attesa di un treno ad una stazione); in entrambi i casi l’attraversamento dell’arco è caratterizzato da un tempo di trasferimento e/o da altri oneri sopportati dall’utente. Il costo generalizzato medio di trasporto, o più sinteticamente il costo di trasporto di un arco  sopportate dagli utenti

è una variabile che sintetizza il valore medio delle diverse voci di costo così come da loro percepite nella effettuazione delle scelte di trasporto e,

 più; in particolare, nella scelta del percorso. In altri termini il costo di trasporto di un arco riflette la disutilità degli utenti a percorrere l’arco stesso (attraversare l’elemento fisico e/o svolgere l’attività  

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rappresentata dall’arco). Gli elementi che compongono il costo di trasporto sono in generale grandezze non omogenee, per esempio tempo di percorrenza, costo monetario, discomfort. Si definisce vettore dei costi di arco un vettore c   c la cui generica componente cl  è costituita dal costo (generalizzato) di trasporto sull’arco l  =  = (i,j). Il vettore dei costi di arco avrà dimensione (n L x 1 ) dove n L  è il numero degli archi del grafo G. Quindi, un  percorso, in un grafo rappresentativo dell’offerta di trasporto è una sequenza di archi consecutivi che collegano un nodo iniziale (origine del percorso) ed un nodo finale (destinazione del percorso). Un percorso rappresenta quindi una sequenza di fasi di uno spostamento. Di solito nei grafi che rappresentano sistemi di trasporto si considerano esclusivamente percorsi che collegano fra loro nodi rappresentativi delle zone di traffico o nodi centroidi introdotti; tali percorsi rappresentano quindi una sequenza completa di fasi che consente di raggiungere una certa destinazione partendo da una certa origine. Per quanto detto ogni percorso è univocamente associato ad una e una sola coppia O-D mentre la stessa coppia O-D  può essere collegata collegata da più pe percorsi. rcorsi.

 Figura 10 - Grafo e matrice matrice archi-percorsi

La relazione esistente fra archi e percorsi in un grafo può essere rappresentata con la matrice di incidenza archi-percorsi,  A. La matrice  A  A   ha tante righe quanti sono gli archi, n L , e tante colonne quanti sono i percorsi n p; il generico elemento che la compone, alk , vale uno se l’arco l  appartiene  appartiene al  

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∈ k, k  , vale zero altrimenti, l ∉ ∉ k  (vedi Figura 10). La matrice di incidenza archi-percorsi è  percorso k, l ∈

in definitiva una matrice di elementi binari che può essere “letta” in due modi diversi: se si scorrono tutti gli elementi di una riga corrispondente al generico arco l  si  si possono individuare tutti i percorsi che lo comprendono (colonne k  per le quali risulta alk   = l), viceversa se si scorrono gli elementi di una colonna corrispondente al generico percorso k, si possono individuare tutti gli archi che lo compongono (righe l  per le quali risulta alk =1). Il concetto di costo generalizzato di trasporto può essere esteso dagli archi ai percorsi. Il costo generalizzato medio di trasporto Ck   di un generico percorso k, è definito come una grandezza scalare che sintetizza (omogeneizza) le diverse voci di costo percepite dagli utenti (di una certa categoria) nella effettuazione delle scelte di spostamento e, più in particolare, di percorso. Se il grafo si utilizza per simulare le caratteristiche di un solo modo di trasporto si definisce monomodale e si considera un unico tipo di utente e di servizio, mentre si dirà multimodale quando è relativo ad un sistema formato da più modi di trasporto (ad esempio auto private e autobus di linea, oppure auto private, autobus di linea e ferrovia), da infrastrutture di diverso livello qualitativo e/o da diversi servizi o categorie di utenti. In questi grafi multimodali devono essere considerati i  punti di interscambio o di trasferimento da un modo all’altro. Essi sono in genere rappresentati da  più nodi, spesso relativi allo stesso luogo fisico, fra i quali esiste un tempo o più in generale un costo di trasferimento fra i diversi modi di trasporto. Un esempio tipico di punto di interscambio è rappresentato, ancora una volta, dalla fermata di autobus urbani: in tali nodi, infatti, l’utente passa dal modo “piedi” al modo autobus, ed il termine di costo principale considerato è pari al tempo di attesa alla fermata. La costruzione di un grafo rappresentativo dei collegamenti offerti da un sistema di trasporto richiede la definizione degli elementi che lo costituiscono (nodi ed archi) in funzione delle caratteristiche del sistema fisico che si intende rappresentare, successivamente si dovranno individuare gli elementi che si ritengono significativi ai fini dell’analisi del sistema reale e per i quali si vogliono conoscere flussi e prestazioni. In ogni caso nodi e archi saranno relativi all’insieme delle infrastrutture e/o ai servizi di trasporto che sono stati individuati come rilevanti. Si tratta in definitiva di rappresentare con un grafo i collegamenti fra le zone di traffico, o meglio fra i centroidi che le rappresentano, consentiti dalla rete di base. In questa fase ci si limita ad indicare dei criteri su come possono essere selezionate le infrastrutture ed i servizi rilevanti per lo studio della mobilità, che saranno poi rappresentate con il modello di offerta. Gli elementi (infrastrutture e servizi) da selezionare dipendono dagli scopi dello studio. Ad esempio se si vuole studiare la domanda di trasporto su una metropolitana, per verificarne  

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il livello di servizio, è necessario considerare sia l’infrastruttura ed i servizi (corse) della metropolitana che le infrastrutture (strade) ed i servizi (linee di trasporto su gomma) che ricadono nell’area servita dalla metropolitana; questi, infatti, influenzano il funzionamento della metropolitana, sia perché adducono utenza, sia perché possono essere sistemi di trasporto alternativi. L’insieme degli elementi considerati è anche detta “rete di base” o schema di base ed è, di solito, rappresentata graficamente evidenziando le infrastrutture sulle quali avvengono i servizi di trasporto (assi stradali, ferroviari, stazioni, ecc.). Successivamente, la rete di base sarà trasformata nel vero e proprio modello di offerta di trasporto, nel quale ogni elemento possiederà delle caratteristiche quantitative ben precise (es. tempi di percorrenza, tempi di attesa, costi, ecc.).

 Figura 11 - Rete di Base

 Nel grafo rappresentativo di una rete di trasporto stradale i nodi rappresentano punti fisici del territorio e precisamente sono situati in corrispondenza di intersezioni tra diverse strade o in corrispondenza di strozzature su una stessa strada; gli archi orientati rappresentano i collegamenti tra questi diversi punti, cioè tratti di strada con caratteristiche geometriche, funzionali e  prestazionali omogenee. Ad esempio, un tratto di strada tra due intersezioni a senso unico è rappresentata con un solo arco, secondo il verso di percorrenza; una strada a doppio senso di marcia è rappresentata con due archi, rappresentativi ciascuno del proprio senso di marcia. I nodi rappresentativi di intersezioni sono detti nodi reali, per distinguerli dai nodi centroidi; gli archi rappresentativi di tratti di strada sono detti archi reali  

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 Figura 12 - Archi reali

In Figura 13 sono riportate le due possibili rappresentazioni di una intersezione stradale a quattro braccia, si osservi che con la rappresentazione con un unico nodo non è possibile discriminare tra svolte consentite e non, né da un punto di vista topologico né del costo di trasporto. tr asporto. In altri termini non si possono escludere percorsi che comportino una svolta a sinistra (4-5-2) se questa non è consentita, come in figura, né si possono differenziare i tempi di attesa per manovre che hanno fasi di verde con durata diversa, ad esempio la svolta a destra (4-5-3). Entrambe queste  possibilità sono invece invece consentite da dalla lla rappresentazion rappresentazionee dettagliata della figura figura..

 Figura 13 - Rappresentazione Rappresentazione di una intersezione

 

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  I nodi reali sono numerati progressivamente a partire da numeri successivi a quelli utilizzati  per i centroidi. I nodi centroidi sono collegati alla rete di trasporto tramite archi fittizi detti archi connettori, rappresentativi degli spostamenti che avvengono per raggiungere la rete di base, a  partire dal luogo reale di origine dello spostamento (un esempio e mostrato nella figura seguente). Si noti come i nodi reali non sono stati numerati.  Nodi reali ●  Archi reali →  Archi connettori ---► 

 Figura 14 - Rappresentazione Rappresentazione di una rete di trasporto

I servizi di trasporto collettivo sono accessibili solo in alcuni punti e sono disponibili solo in alcuni istanti. Esempi tipici sono i servizi di linea (autobus, treni, aerei) che possono essere utilizzati solo fra i terminali (fermate, stazioni, aeroporti) e sono disponibili solo ad alcuni istanti (orari di  partenza). Un modello di offerta di un sistema di trasporto collettivo (su ferro o su gomma) rappresenta le diverse fasi dello spostamento:   accesso al sistema (pedonale o in altro modo) 

  attesa alla fermata/stazione



  viaggio a bordo del veicolo



  egresso dal sistema



Il grafo relativo ad un sistema di trasporto collettivo, pertanto, presenta una varietà maggiore di tipologie di archi e nodi rispetto r ispetto a quello relativo al sistema di trasporto privato. Tipologie di nodi:   nodi centroidi





  nodi pedonali   nodi fermata



 

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  nodi di linea



Tipologie di archi:   archi connettori



  archi pedonali



  archi di salita





  archi di discesa   archi di linea



In generale, in uno spostamento su un sistema di trasporto collettivo il modello prevede che l’utente percorra i seguenti archi:   Arco connettore (dal centroide di origine ad un nodo pedonale)



  Archi pedonali (fino a giungere ad un nodo fermata)



  Arco di salita (congiunge il nodo fermata ad un nodo di linea) l inea)



  Archi di linea (rappresentano la parte dello spostamento a bordo del veicolo)



  Arco di discesa (dal nodo di linea corrispondente alla fermata)





  Archi pedonali (fino a giungere al nodo pedonale collegato al centroide)   Arco connettore (fino al nodo centroide di destinazione)



 Figura 15 - Rappresentazione Rappresentazione di una rete di trasporto colle collettivo ttivo

3.1  Costi e flussi d’arco e di percorso Come detto in precedenza, un grafo ai cui archi siano state associate delle caratteristiche quantitative si definisce rete, ed in particolare nel caso del sistema di trasporto ad ogni arco è intuitivamente associato il costo, nella sua accezione più generale, legato al trasferimento lungo l’arco stesso. Si definisce costo di trasporto di un arco la grandezza scalare che sintetizza le varie voci di costo prese in considerazione dall’utente per effettuare il trasferimento. In altri termini, il  

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costo di trasporto sull’arco è una combinazione di grandezze non necessariamente tra loro omogenee quali il tempo, il costo monetario, lo stress, etc. Se si vuole ridurre il costo ad una grandezza scalare o si considera una sola delle sue componenti ritenuta rilevante, ad esempio il tempo di trasferimento, oppure, se si vogliono considerare tutte, occorre omogeneizzarle attraverso l’introduzione di coefficienti di reciproca sostituzione, che tengano cioè conto di quanto vale (o  pesa) un’unità della grandezza a rispetto ad un’unità della grandezza b. Ad esempio, considerando una forma lineare si può scrivere: n

ci = ∑ α i xi i =1

 

in cui ci  è il costo generalizzato di trasporto per l’arco i  considerato,  xi  sono le varie componenti (quali il tempo, costo monetario, etc.) e gli α i i coefficienti di reciproca sostituzione. La grandezza ci  si definisce costo generalizzato del trasporto sull’arco i. E’ importante considerare che  possono esistere altre voci di costo sia per gli utenti (ad ( ad esempio il rischio di incidenti) che per la collettività (ad esempio l’inquinamento acustico ed ambientale) connessi al trasferimento lungo un arco. Tuttavia, tali voci di costo non sono solitamente considerate dall’utente nell’effettuare le scelte connesse agli spostamenti, e per questo motivo non sono considerate come facenti parte del costo di trasporto, che può essere definito come un costo “interno” al sistema di trasporto, utilizzato  per la simulazione del suo funzionamento. Le altre voci di costo rappresentano un “costo esterno” che, assieme ai costi interni, possono essere utilizzate per la valutazione degli interventi sul sistema. Si definisce vettore di costi di arco un vettore c la cui generica componente ci  è costituita dal costo (generalizzato) del trasporto sull’arco i. Si definisce invece costo (generalizzato) del percorso quello percepito dall’utente lungo un percorso. Solitamente si assume che tale costo, indicato con C kk    essendo

k il percorso considerato, sia pari alla somma dei costi d’arco che compongono il  percorso stesso. Sfruttando la già richiamata matrice di incidenza archi-percorsi, A, si può scrivere che: C k  = ∑iaik ci

 

o anche, in forma matriciale: T 

C = A  c

essendo C   il vettore dei costi di componenti C kk ,   AT   la trasposta della matrice di incidenza archi-percorsi, e c il vettore dei costi d'arco. Un’altra grandezza (sempre scalare) associata all’arco è il cosiddetto  flusso d’arco. Esso  

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rappresenta il numero medio di utenti che percorre l’arco in un intervallo unitario di riferimento. In realtà il numero di utenti che utilizza un sistema di trasporto (ossia la domanda di trasporto) varia nel tempo, ma si assume solitamente l’ipotesi di funzionamento stazionario, ossia si assume che la domanda di trasporto con le sue caratteristiche presenti solo delle oscillazioni casuali attorno ad un valore medio che si mantiene costante in un intervallo temporale sufficientemente ampio da garantire che si mantenga inalterato il numero medio di utenti che, in sotto-intervalli assunti unitari,  percorre ogni arco del grafo. Anche in tal caso si definisce definisce vettore dei flussi d’arco il vettore f  la cui generica componente f i rappresenta il flusso sull’arco i. Un flusso d’arco non è altro che la somma dei flussi sui percorsi che utilizzano quel ramo; sfruttando ancora la matrice di incidenza archi-percorsi, e detto F il vettore dei flussi di percorso il cui generico elemento  F kk    è il flusso sul percorso k  che   che collega una coppia di nodi, si può scrivere che:  f i = ∑k  aik  F k   

ed in forma matriciale:  f = AF

La conoscenza del vettore di flussi d'arco (o di percorso) consente di simulare il funzionamento del sistema, e di stabilirne la configurazione nell'intervallo temporale di riferimento considerato. La conoscenza del vettore di flussi d’arco (o di percorso) consente di simulare il funzionamento del sistema, e di stabilirne la configurazione nell’intervallo temporale di riferimento considerato.  Nel caso più generale il costo medio di trasporto relativo ad ogni arco del grafo è una funzione sia del flusso che percorre l’arco stesso, sia del flusso sugli altri archi. La funzione scalare ci  = ci(   )  prende  f 

pertanto il nome di funzione di costo, e consente di calcolare il costo medio di trasporto su ciascun arco in corrispondenza ad una data configurazione del sistema di trasporto. Si

 parla di “costo medio” in quanto il costo generalizzato generalizzato del trasporto prese presenta, nta, a parità di flussi, delle oscillazioni aleatorie.  Solitamente, al crescere del valore del flusso su un arco il corrispondente costo medio di trasporto aumenta (si pensi al tempo di attesa ad un’intersezione semaforizzata al crescere del numero di utenti in coda per attraversare l’intersezione stessa); tale fenomeno prende il nome di congestione e la rete di trasporto tr asporto si definisce congestionata.

Se il costo di trasporto sull’arco i dipende dal solo flusso sull’arco i, ci = c i(f i ), la funzione di costo si dice separabile (si pensi ad esempio al caso di una carreggiata autostradale a senso unico di marcia). Se invece il costo di trasporto sull’arco i  dipende dai flussi su più archi, o in generale,  

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dall’intero vettore di flussi, ci = ci(  f  ), le funzioni di costo si dicono non separabili (si pensi al caso di un tronco stradale urbano bidirezionale, in cui il costo di trasferimento su una corsia è comunque influenzato anche dal flusso che transita sulla corsia opposta). Esistono naturalmente diversi tipi di funzioni di costo, più o meno sofisticate, che non è  possibile elencare in questa sede. Inoltre, anche il costo generalizzato può essere considerato in vario modo a secondo delle componenti ritenute rilevanti che vengono inserite. Si farà pertanto riferimento alle funzioni di costo più usate nelle pratiche applicazioni, e ad un costo di trasporto costituito dal solo tempo di percorrenza, che, specialmente nei sistemi urbani, costituisce la variabile di gran lunga prevalente nel determinare il funzionamento del sistema. E’ possibile distinguere due quantità che definiscono il tempo di percorrenza: il tempo di corsa e il tempo di attesa all’intersezione. Su questa base, si possono ulteriormente distinguere due casi fondamentali: condizioni di flusso ininterrotto e condizioni di flusso interrotto. Nel primo caso, tipico dei sistemi extraurbani, il tempo di percorrenza è praticamente costituito dal solo tempo di corsa, perché l’eventuale tempo di attesa all’intersezione è trascurabile rispetto al precedente termine. Una funzione di costo spesso utilizzata per determinare il tempo di corsa è della forma:  β  t i = t    oi 1 + α ( f i / qi )

 

In tale espressione t oioi è il tempo di percorrenza in condizioni di circolazione libera (ossia senza interferenze tra i veicoli che percorrono il ramo), f i è il flusso sull’arco i, e qi la sua capacità, ovvero il numero massimo di utenti che riesce a passare attraverso la sezione stradale nell’unità di tempo di riferimento; α   ee  β   sono coefficienti che dipendono dalle caratteristiche generali della strada, e i cui valori vanno determinati caso per caso sulla base di rilievi sperimentali. Il secondo caso, relativo al flusso interrotto, è tipico dei sistemi urbani, in quanto la lunghezza dei rami è piuttosto contenuta, ed il tempo di attesa all’intersezione è spesso confrontabile con quello di corsa lungo il ramo. In tal caso conviene calcolare separatamente le due quantità. Per quanto riguarda il tempo di corsa  t a, esso viene semplicemente calcolato come rapporto tra la lunghezza dell’arco  La ed una velocità media di percorrenza va, funzione delle caratteristiche della rete non rappresentata sul grafo: t a = La /va 

Si può assumere una velocità di: 

  15-20 km/h in zone urbane centrali   20-30 km/h in zone urbane periferiche



 

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  30-40 km/h in ambito extraurbano



Si noti che tale velocità è una funzione delle caratteristiche stradali (larghezza della carreggiata, pendenza, tortuosità, numero di intersezioni secondarie al Km, etc.), delle caratteristiche legate alla circolazione (possibilità o meno di sorpasso, grado di disturbo alla circolazione) e del flusso sull’arco. Relazioni anche abbastanza complesse sono state sperimentalmente calibrate e verificate in alcune aree urbane italiane, fornendo risultati positivi. A livello applicativo viene comunque spesso utilizzata una relazione empirica semplificata del tipo: V=10 + 3L

in cui V  è   è la velocità espressa in Km/h, ed  L la larghezza utile della sezione espressa in m, ossia la larghezza libera per il traffico veicolare esclusa la fascia destinata a sosta legale o occupata abitualmente dalla sosta illegale. Per quanto riguarda il tempo di attesa, anche in tal caso esistono diverse formulazioni teorico-empiriche.

3.1.1  Archi connettori ed archi pedonali. Il tempo di percorrenza dell’arco tpa si calcola come rapporto tra la lunghezza dell’arco La e la velocità media Vpa sull’arco stesso: tpa = La /Vpa

dove Vpa è assunta pari alla velocità media di un pedone (0,8-0,9 m/s = 2,9-3,2 km/h) se si assume che il passeggero raggiunga a piedi la fermata/stazione del sistema (autobus, tram, metropolitana). Velocità diverse possono essere assunte se si prevede che l’utente raggiunga la fermata/stazione con altri mezzi, come nel caso di sistemi park-and-ride.

3.1.2  Archi di salita Agli archi di salita è attribuito un tempo pari al tempo medio di attesa twa  dell’utente alla fermata. Tale tempo medio di attesa è pari alla metà dell’intertempo della linea l  L, nel caso di sistemi ad elevata frequenza e bassa/media regolarità (autobus urbani, metropolitane, ecc.), se vi sono, invece, più linee che portano l’utente alla stessa destinazione, il tempo di attesa va calcolato cumulando le corse delle diverse linee (intertempo calcolato in funzione della frequenza cumulata delle diverse linee). Se invece, il sistema è a bassa frequenza ed elevata regolarità (autobus extraurbani, treni a media e lunga percorrenza, ecc.), l’utente non si reca in modo “casuale” alla fermata, per cui il tempo medio di attesa si fissa in modo diverso. Infatti, l’utente si recherà alla fermata un certo tempo prima della partenza della corsa che deve prendere (10-15 minuti), a  prescindere dalla sua frequenza.  

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3.1.3  Archi di discesa Il tempo di percorrenza dell’arco di discesa td a è fissato in funzione del tipo di veicolo del sistema di trasporto; ad esempio si può fissare un tempo di 2-5 sec per un autobus e di 10-30 sec per un treno (considerata la possibilità di coda in discesa).

3.1.4  Archi di linea Il tempo di percorrenza su un arco di linea tl a si calcola attraverso i diagrammi del moto o in funzione della velocità commerciale media misurata sul sistema. Per un sistema su ferro (metropolitana, ferrovia, ecc.) in sede completamente riservata, il tempo di percorrenza su un arco di linea si può calcolare, in funzione delle caratteristiche di velocità massima, accelerazione, contraccolpo e tempo di sosta alla ffermata/stazione ermata/stazione come: tl a = La /vmax + vmax /a M  + a M  /j M  + tsa

Dove tsa  è il tempo medio di sosta connesso all’arco a, assunto pari alla metà del tempo medio di sosta connesso al nodo origine di a, più la metà del tempo medio di sosta connesso al nodo destinazione di a. Per i sistemi in sede totalmente o parzialmente promiscua (tram, autobus, ecc.) si preferisce misurare (o, in fase di progetto, fissare, in funzione di ciò che accade in realtà simili) la velocità commerciale media della linea, che dipende non solo dalle caratteristiche dei veicoli (velocità, accelerazione, ecc.), ma anche del traffico stradale sulla sede promiscua. Detta vcm  tale velocità media, il tempo medio di percorrenza è dato da: tl a = La /vcm 

4.   I  M MODELLI  D DI  A ASSEGNAZIONE   Le probabilità di scelta del percorso giocano un ruolo molto importante nel modello complessivo di simulazione del sistema di trasporto, in quanto consentono di collegare le matrici O/D dei singoli modi ai flussi sui percorsi e sugli archi delle reti modali, in funzione dei costi di  percorso. Il modello che consente di esplicitare questo legame prende il nome di modello di assegnazione.

Per esplicitare in modo formale il modello di assegnazione, nella sua espressione

generale, si supponga per semplicità che gli spostamenti considerati utilizzino un unico modo di trasporto, e pertanto il grafo del sistema di trasporto per gli spostamenti considerati sia monomodale.  

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Il flusso medio sul percorso k  relativo  relativo al modo m che collega la coppia di nodi centroidi O/D (con k ∈  ∈ I   I odm odm) può essere ottenuto come prodotto del flusso di domanda sul modo m, d od  od (m), per le  probabilità di scelta del del percorso, comu comunque nque calcolate:  F kk  = d ood   p(k/mod)   d  (m) ⋅  p(k/mod)

(4) 

La quantità d od  od (m) è un elemento della matrice O/D relativo al modo m, e si assume pari alla somma dei flussi O/D per i diversi motivi: d od  (m ) = ∑ s d od  (m / s )

 

Le probabilità di scelta del percorso dipendono sia dal costo sul percorso stesso, sia dal costo dei percorsi alternativi; in generale, perciò, indicato con C  m  il vettore dei costi di percorso con il modo m, si può scrivere che:  P m=P m(C  m )

Pertanto, dalla (4), in forma matriciale risulta: ri sulta: d  m   F m = P m(C  m )   d 

(5)

Esprimendo la (5) in termini di flussi d’arco (ricordando che il vettore di flussi d’arco si può ottenere dal vettore di flussi di percorso moltiplicandolo per la matrice di incidenza archi-percorsi,  A) si ha:  f  m = A m P m(C  m ) d  m 

(6)

essendo  A m la matrice di incidenza archi-percorsi con il modo m., f  m il vettore dei flussi d’arco con il modo m, e dm la domanda modale. Le relazioni precedenti consentono quindi di associare ad una data domanda di trasporto i corrispondenti vettori dei flussi di percorso e di arco, in funzione dei costi sulla rete. Tali relazioni costituiscono la rappresentazione formale del modello di assegnazione ad una rete monomodale.  Naturalmente è possibile possibile anche ottene ottenere re relazioni analoghe per reti multimodali. In generale, si parla di modello di assegnazione quando gli elementi della matrice P dipendono esclusivamente esclusivamente dai costi sugli archi della rete.  Nella letteratura scientifica si distingue tra modelli deterministici e modelli stocastici a secondo che si simuli la scelta del percorso con un modello di scelta deterministico o stocastico. Per quanto riguarda il tipo di approccio, invece, si può distinguere fondamentalmente tra approccio  statico o di equilibrio, che è quello tradizionalmente utilizzato e maggiormente studiato  

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negli ultimi decenni, ed approccio dinamico, tuttora oggetto di ricerca. L’approccio statico o di equilibrio consiste nel ricercare quella configurazione del sistema, e quindi dei flussi ( F*  e  f *  ), congruente con i costi che da essa derivano. In termini matematici il  problema può essere essere formulato come segue: segue:  F  =P(C(F  ))  d *

*

o anche in termini di flussi d’arco come:  f   = AP(C(f  ))  d *

*

I vettori  F*,  f *,   d  d   e C   sono detti rispettivamente vettori dei flussi, di domanda e dei costi di equilibrio. Pertanto, lo stato di equilibrio è quello ottimale in cui le relazioni tra domanda, flussi e costi sono soddisfatte, e non sussistono condizioni per cui lo stesso debba modificarsi (in termini di aggiustamenti successivi dei vettori significativi). Matematicamente il problema dell’equilibrio può essere formulato come il problema di trovare un vettore di flussi che riproduca se stesso, sulla base della corrispondenza definita dal modello di domanda e di assegnazione. Inoltre si parla ancora di equilibrio deterministico o stocastico a secondo delle ipotesi fatte sul modello di scelta del percorso (e quindi dal modo in cui vengono calcolati gli elementi della matrice P). Un’ulteriore possibilità riguarda l’ipotesi di rete r ete congestionata o non congestionata: nel primo caso, i costi sono funzione dei flussi sulla rete, mentre nel secondo caso sono costanti. Nel caso di rete non congestionata e modello di scelta del percorso di tipo deterministico l’algoritmo risolutivo utilizzato in letteratura è noto come “Tutto o Niente” (AoN dall’acronimo inglese  All or Nothing )),, ed è così detto in quanto la domanda tra una coppia O/D viene assegnata tutta al minimo percorso che collega la coppia in esame, mentre ogni altro percorso risulta scarico. Procedendo in tal modo  per tutta la rete e sommando per ogni arco l’aliquota di domanda O/D che utilizza l’arco stesso appartenente al percorso minimo tra O/D si ottengono i flussi sull’intera rete di trasporto. Per rete congestionata, invece, e modello di scelta del percorso sempre deterministico, l’algoritmo risolutivo utilizzato è il DUE, dall’acronimo inglese  Deterministic User Equilibrium . In questo caso, essendo la rete congestionata e quindi i costi dipendenti dai flussi, si parla di equilibrio in quanto occorre trovare quel vettore di flussi tali che i costi corrispondenti riproducano i flussi stessi.  Nel caso di modello di scelta del percorso stocastico, e rete non congestionata, il carico sulla rete si ottiene tramite i cosiddetti modelli SNL (dall’acronimo inglese Stochastic Network Loading )).. Per ottenere i flussi sulla rete occorre calcolare la probabilità di scelta per ogni percorso che collega ogni coppia O/D; questo può essere fatto sia con un modello Logit che Probit, per citare quelli più utilizzati nella pratica.  

31

 

Infine, per rete congestionata e modello di scelta del percorso sempre di tipo stocastico, si utilizzano le procedure di assegnazione di equilibrio note come SUE, ossia Stochastic User  Equilibrium.

 Ipotesi sulle funzioni di costo  Modello di scelta del percorso

 Deterministico Stocastico

 Rete non congestionata (c=cost) (c=cost)

Rete congestionata (c=c(f)) (c=c(f))

AoN

DUE

SNL (Probit o Logit)

SUE (Probit o Logit)

5.   BIBLIOGRAFIA D DI  A APPROFONDIMENTO:   − 

E. Cascetta (1998), Teoria e metodi dell’ingegneria dei sistemi di trasporto, UTET.

− 

M. de Luca (2000), Manuale di pianificazione dei trasporti, FrancoAngeli.

 

32

 

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA CIVILE

CORSO DI TECNICA DEI TRASPORTI (Prof. L. La Franca)

APPUNTI DI TRASPORTI URBANI E METROPOLITANI

(a cura dell’Ing. Guglielmo Lacava)

A.A. 2006/2007  

 

 

1.   SISTEMI  D DI  T TRASPORTO U URBANI  E E  M METROPOLITANI   I sistemi di trasporto collettivo, utilizzati in ambito urbano e metropolitano, hanno come finalità principale, oltre quella di soddisfare le esigenze di mobilità degli utenti, di limitare quanto  più possibile l’uso dell’auto privata, favorendo in tal senso un riequilibrio modale. Un utilizzo sempre più massiccio, da parte della popolazione, di questi sistemi di trasporto, contribuisce a un abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico e acustico, in quanto l’adozione di una siffatta  politica di mobilità porta alla riduzione della presenza dei veicoli sulla rete stradale e, quindi, al decongestionamento decongestionam ento di quelle aree urbane caratterizzate da elevata densità di traffico. Compiere una classificazione rigorosa dei sistemi di trasporto collettivo, è un’impresa ardua vista la grande varietà di qualità specifiche proprie dei veicoli, di tecnologie utilizzate, di  prestazioni potenziali e di forme di organizzazione organizzazione del servizio servizio che li caratterizzan caratterizzano. o. Tuttavia, è possibile fare una classificazione operando una prima suddivisione in tre macrocategorie vale a dire:

- sistemi a guida libera con motore di trazione a bordo •  autobus  •   filobus 

- sistemi a guida vincolata con motore di trazione a bordo •   sistemi in sede promiscua (tram) •   sistemi in sede riservata

  metropolitana leggera (LRT)



  metropolitana (RRT)



  ferrovia suburbana (RGR)



•   sistemi in sede riservata a guida completamente automatica (AGT) •   sistemi in sede riservata su monorotaia

•   sistemi in sede riservata a levitazione magnetica

- sistemi a guida vincolata con motore di trazione a terra •   sistemi di trasporto a fune

  funicolari



  funivie



  ascensori



•   sistemi di trasporto con infrastrutture mobili

  scale mobili   nastri trasportatore (tapis roulant)





34

 

 

1.1  Sistemi a guida libera con motore di trazione a bordo 1.1.1  Autobus Esso è, di sicuro, il veicolo di trasporto pubblico collettivo più usato e meno oneroso dal  punto di vista economico in quanto, non necessita di costi di impianto della linea, e che meglio si adatta a qualsiasi tipologia di città.

 Figura 16 - Autobus

Le peculiarità principali, di questo sistema consistono: Vantaggi:

nella grande capacità di adattamento ad ogni tipo di percorso (può essere messo in esercizio sulle strade ordinarie ma anche su strade particolarmente strette grazie alle dimensioni contenute di alcuni modelli come il  pollicino), ad ogni tipo di esigenza da parte degli utenti (è possibile variare i tracciati delle linee, le fermate possono essere disposte quasi ovunque e cambiate di posizione) e nella buona economicità grazie ai moderati oneri di spesa (non richiede forti costi di investimento, manutenzione ed esercizio);

Svantaggi:   Svantaggi:

nelle prestazioni limitate in termini di regolarità di esercizio (è soggetto al traffico veicolare privato), capacità di trasporto (di gran lunga inferiori a quelle dei sistemi su ferro) e velocità commerciali (modeste per l’elevato numero di fermate, per le  prestazioni proprie dei dei veicoli e per la notevole notevole influenza de dell traffico veicolare).

 Negli ultimi anni nell’ambito dei trasporti urbani vi è stato un notevole progresso tecnico che ha prodotto, per migliorare l’economia del trasporto, differenti tipologie di veicoli in relazione alle grandezze caratteristiche (autosnodati, veicoli lunghi, medi, corti) e all’ambiente nel quale si muovono (veicolo urbano, suburbano, interurbano).  Naturalmente, il sistema costituito da veicoli medio e lunghi è prevalentemente indicato per i tragitti urbani e suburbani caratterizzati da sedi stradali abbastanza ampie, inoltre, qualora si dovessero avere, nelle zone attraversate, elevati flussi di utenza allora si preferisce utilizzare l’autosnodato, mentre è opportuno prevedere l’utilizzo di veicoli corti nei percorsi caratterizzati da 35

 

 

vie di circolazione strette, come nel caso di molti centri storici di medie e grandi città, e in talune zone marginali caratterizzate da domanda modesta. Tabella 1 - Tipologia dei veicoli e loro caratteristiche principali (Fonte: Cantarella)

Lunghezza (m)

Autobus corto o Autobuss medio medio Autobus Autobus lungo lungo Autobus Autobus snodato snodato minibus (Pollicino) Autobu 6-7 8-9 11-12 16-18

Larghezza (m)

2,1

2,5

2,5

2,5

Altezza (m)

2,8

3,0

3,0

3,2

 N° porte

1-2

3

3-4

4

20-40 (10 a sedere)

80 (16 a sedere)

120 (20 a sedere)

180 (30 a sedere)

70

70

70

60

Capacità (posti) Velocità massima (Km/h)

Il numero di porte è relativo alla capacità di carico del veicolo ed è strettamente legato all’ambito territoriale di servizio, per di più, da questo ultimo aspetto dipende il rapporto tra posti a sedere e posti in piedi. Infatti, nel caso di autobus urbani i veicoli presentano percentuali molto limitate di posti a sedere (circa 10%); per gli autobus suburbani si arriva al 35-40%; nel caso   di autobus interurbani il numero di posti a sedere deve essere oltre il   65%, tuttavia, è consentito il trasporto di passeggeri in piedi solo per brevi tragitti; nel caso di autobus granturismo non è ammesso il trasporto di viaggiatori in piedi (ciò permette di sottoporre gli stessi a maggior accelerazioni, mantenendo mantenendo buone velocità commerciali e buoni limiti di confort e sicurezza, ma con capienze del mezzo limitate). Il motore dell’autobus montato sulla maggior parte dei veicoli è di tipo  Diesel, ad iniezione diretta; la cui potenza massima varia tipicamente tra i 75 kW e i 165 kW. Essi permettono  prestazioni abbastanza buone consentendo al contempo garanzia di durata e di affidabilità. I consumi dipendono dal tipo di autobus, dal grado di vetustà, dalla velocità commerciale e dalla massa trasportata, in genere si aggirano sui 20-25 litri per 100 km. Naturalmente, essi presentano un notevole inconveniente legato alla produzione di inquinanti quali ossido di carbonio (CO), di idrocarburi incombusti (HC) e di anidride carbonica (CO2). Proprio nel tentativo di ridurre gli impatti sull’ambiente, in termini di riduzione delle emissioni inquinanti atmosferiche e acustiche la ricerca  ha rivolto una crescente attenzione verso l’impiego e lo sviluppo di motori a trazione elettrica o mista o alimentati da fonti energetiche alternative. Gli autobus elettrici in generale sono dei minibus utilizzati, soprattutto nei centri storici, per i 36

 

 

motivi sopra citati, essi, tuttavia, presentano degli svantaggi rispetto ai veicoli alimentati a gasolio o  benzina, vale a dire un basso rendimento energetico (dalla produzione dell’energia sino alla sua utilizzazione alle ruote) e problemi di ridotta autonomia legata alle limitate capacità delle batterie trasportabili, costi di acquisto e manutenzione molto onerosi. Gli autobus ibridi sono dotati di due motori, uno termico ed uno elettrico, il motore elettrico è alimentato da un alternatore il quale è alimentato da quello termico. Interposte tra i due motori vi è una serie di batterie ricaricabili che fungono da accumulatori, cioè immagazzinano energia in determinate condizioni di moto durante le quali essa è in eccesso (discesa, sosta, decelerazioni) per  poi rilasciarla quando serve (in partenza, in salita o nei centri storici in cui si viaggia in “tutto elettrico”). Gli autobus alimentati da fonti energetiche alternative al petrolio possono utilizzare come combustibile il  GPL  (Gas di Petrolio Liquefatto), o meglio ancora il gas naturale per esempio il metano,

infatti, mentre il primo è sostanzialmente equivalente alla benzina presenta, però maggiori

rischi, il secondo può sfruttare al meglio la grande disponibilità di risorse e una sempre più diffusa rete di distribuzione, nonostante vi sia qualche problema legato alla capacità di immagazzinamento a bordo. Interessanti studi prevedono inoltre la messa in esercizio di veicoli elettrici alimentati da celle che producono l’energia a partire dall’idrogeno.

1.1.2  Filobus I filobus o trolleybus  sono dei veicoli dotati di  motore elettrico (a bordo) alimentati attraverso una linea elettrica aerea. Le caratteristiche geometriche e di capacità   sono analoghe a  quelle degli autobus medi, lunghi e autosnodati, con l’eccezione che essi sono dotati di pantografo.

 Figura 17 - Filobus

I vantaggi e gli svantaggi offerti dai filobus rispetto agli autobus classici possono essere individuati nei seguenti: 37

 

 

motore elettrico (ridotti consumi energetici locali ma non totali e  modesto

Vantaggi:  Vantaggi: 

inquinamento acustico ed atmosferico). Svantaggi: 

la presenza della linea aerea, che serve per l’alimentazione dei veicoli, vincola i tracciati e ha un impatto visivo sull’ambiente urbano, inoltre necessita di investimenti anche sostenuti per l’installazione degli impianti fissi di linea e delle

sottostazioni di alimentazione. Anche per i filobus ci sono varie tipologie concepite per soddisfare diverse esigenze di servizio, come pure differenti tipologie in relazione al sistema propulsivo e alla tecnologia. Fra questi si può annoverare il filobus bimodale, il quale è un veicolo che può essere utilizzato indifferentemente come filobus o autobus, svincolandosi in tale configurazione, anche per tratti del  percorso, dalla presenza presenza della line lineaa di alimentazione. Vi è fra gli altri, ancora, un’altra tipologia chiamati  filobus trimodale  in quanto permette l’utilizzo di tre fonti di energia di trazione differenti e distinte: linea aerea, motore diesel e batteria. Resta, nondimeno, unica la modalità di trasmissione del moto realizzandosi, infatti, in modo indipendente dalla fonte di energia, tra motore elettrico e ruote.

1.2  Sistemi a guida vincolata con motore di trazione a bordo  Nel campo dei trasporti urbani e metropolitani vi sono dei sistemi di trasporto a guida vincolata che riescono a coprire un’ampia serie di prestazioni. L’insieme di caratteristiche comuni come, appunto, la guida vincolata, la propulsione elettrica e il grado di separazione della via, fanno sì che questi sistemi quali il tram, le metropolitane sia leggere che tradizionali e i treni suburbani siano raggruppati in un’unica categoria. I vantaggi offerti da questi sistemi sono molteplici, tuttavia esistono anche alcuni svantaggi. Ad esempio, la guida su sede propria naturalmente facilita l’incremento di prestazioni di servizio (capacità, velocità commerciale, frequenza) riduce gli impatti sull’ambiente, migliora il i l comfort per i passeggeri, aumenta i livelli di sicurezza. Di contro vi sono notevoli costi d’investimento e i  percorsi, essendo essendo vincolati al tracciato esistente, non risultano risultano flessibili.

1.2.1  Sistemi in sede promiscua (Tram) Il tram può essere assimilato ad un filobus con guida vincolata su rotaie annegate nella  pavimentazione, con esso sono possibili condizioni di circolazione su sede promiscua. Di recente,  però si è preferito adottare adottare la soluzione ch chee prevede de deii percorsi più lungh lunghii in corsia riservata. I veicoli possono avere una capacità nettamente superiore agli autobus e ai fìlobus: la lunghezza di un veicolo arriva fino a 30 m e la capacità, può arrivare a superare i 250 posti. 38

 

 

 

 Figura 18 - Il Tram della città di Messina

Vantaggi:

economicità di esercizio legata ai modesti consumi energetici (bassa resistenza di rotolamento), assenza di emissioni inquinanti, capacita medio-alta, possibilità di esercizio sia su sede riservata che promiscua, rispetto agli autobus. Costi di

Svantaggi:

investimento notevolmente inferiori rispetto a quelli di una metropolitana. La linea area di alimentazione ha un forte impatto negativo dal punto di vista visivo sull’ambiente urbano. Necessita di costi di investimento maggiori rispetto a quelli  per gli autobus, i tracciati tracciati sono “vinco “vincolati” lati” dalle rotaie.

Esiste una vasta gamma di mezzi, raggruppabili in 4 classi e suddivisi per capacità, lunghezza, numero di vetture e di assi: 1. veicoli ad 1 cassa e 4 assi

lungh. 13-14 m

2. veicoli con 2 casse e 4 assi (articolati)

lungh. 18 m

3. veicoli con 2 casse e 6 assi (articolati) 4. veicoli con 3 casse e 8 assi (dopp. articolati)

lungh. 19-21 m lungh. 26-30 m

Tuttavia, è sempre possibile operare una composizione diversa tramite casse intermedie di dimensioni ridotte. Il veicolo più diffuso presenta 4-6 assi, lunghezza di 13-21m, larghezza 2,32,8m, capacità di 150-250 passeggeri con il 20-40% di posti a sedere e velocità max 70km/h. In generale la guida è monodirezionale, ma di recente sono entrati in esercizio, in diverse città, mezzi bidirezionali. Inoltre, le ricerche più avanzate sono state indirizzate a migliorare l’accesso ai veicoli tramite la messa in opera di pianali ribassati o di banchine rialzate; e si è puntato a migliorare l’aspetto complessivo del sistema attraverso l’uso di sistemi informativi, di nodi intermodali, di servizi e attrezzature alle fermate. Per quanto riguarda l’alimentazione energetica ha caratteristiche simili al filobus. L’energia 39

 

 

elettrica viene fornita da una linea elettrica aerea e captata tramite strisciamento da un pantografo  posto sulla sommità del veicolo; la tensione di alimentazione è intorno ai 600 cc. In certi casi, per migliorare le prestazioni e per eliminare completamente l’impatto visivo delle linee aeree, è stata adottata l’alimentazione a terza rotaia, la cui tensione è di 750 cc. L’infrastruttura tramviaria è costituita da rotaie, con scartamento pari a 1435mm, immerse nella pavimentazione, quindi a differenza di quelle ferroviarie non risentono delle dilatazioni termiche, presentano inoltre il vantaggio di ridurre i rumori e di migliorare il comfort dei  passeggeri. I problemi principali, per queste vie, consistono nei limiti di curvatura del tracciato, e nelle difficoltà a superare pendenze sostenute a causa dei bassi valori di aderenza dovuti al contatto ferro/ferro.

1.2.2  Sistemi in sede riservata (Metropolitana) La norma UNI 8379 relativa ai “Sistemi di trasporto su rotaia o altra guida vincolante – termini e definizioni” suggerisce alcune definizioni puntuali per la ferrovia, la metropolitana di tipo tradizionale e la metropolitana leggera,che vengono di seguito riportate: • 

la ferrovia è un sistema di trasporto per persone e cose, anche per lunghe distanze e per elevati livelli di traffico, mediante veicoli automotori e veicoli mossi da un mezzo di trazione, circolanti su rotaia, ovvero con altra guida vincolante, in sede propria, con regime di circolazione regolata da segnali;

• 

la metropolitana è un sistema di trasporto di massa, di alta capacità e frequenza nell’ambito delle conurbazioni, costituito da veicoli automotori o mossi da veicoli automotori circolanti su rotaia, ovvero con altra guida vincolante o completamente svincolata da qualsiasi altro tipo di traffico, con regime di circolazione regolata da

• 

segnali; la metropolitana leggera è un sistema di trasporto di massa, che mantiene le caratteristiche della metropolitana ad eccezione della portata oraria, che è prevista minore, e dei veicoli che, qualora opportunamente attrezzati, possono essere utilizzati su tratti di linea che, avendo caratteristiche tranviarie, non rientrano nella categoria delle metropolitane leggere. 

Inoltre fanno parte dei sistemi di trasporto in sede riservata, anche altri sistemi quali le metropolitane a guida completamente automatica e le ferrovie a cremagliera. La metropolitana è un sistema di trasporto di massa ad elevata capacita e regolarità.

40

 

 

   Figura 19 - Metropolitana

Esistono tre tipologie di metropolitane, che hanno ambiti di applicazione e costi diversi:   Metropolitana leggera (Light Rail Transit – LRT)



  Metropolitana (Rapid Rail Transit - RRT)



  Ferrovia Suburbana o Metropolitana Regionale (Regional Railway - RGR)



1.2.3  Metropolitana leggera (LRT) Il termine “leggera” non si riferisce al peso dei veicoli e/o degli impianti fissi, ma al fatto che tutto il sistema è ridotto rispetto a quello tradizionale, in termini di portata oraria, di capacità, di dimensioni dei veicoli e degli impianti. Questo sistema si adotta quando si ha un livello di domanda elevato ma non così alto da giustificare l’utilizzo della metropolitana tradizionale. Esso, quindi, si pone come un sistema intermedio tra quello tranviario tr anviario e quello metropolitano classico. La metropolitana leggera agisce prevalentemente in sede propria ed è per questo che soprattutto nei centri storici viaggia in galleria, tuttavia sono consentite, solo per brevissimi tratti, commistioni con il traffico privato. Le performance, evidentemente, migliorano all’aumentare del grado di separazione della via. La velocità commerciale arriva fino ai 40 km/h e la capacita della linea arriva a 10.000-15.000p 10.000-15.000pass./h. ass./h. I veicoli sono costituiti generalmente da due, tre o quattro casse ed hanno lunghezze variabili da 28 a 35m e capacità fino a 100 passeggeri per ogni cassa, le varie configurazioni dipendono ovviamente dai flussi interessati e dalle caratteristiche geometriche del tracciato. Il numero di porte e la loro altezza sono concepite per facilitare l’accesso e l’egresso da parte degli utenti di modo che queste operazioni siano effettuate nel più breve tempo possibile. La trazione è elettrica, come per la metropolitana tradizionale, ma alimentata attraverso una tensione inferiore in genere a 750V a corrente continua. L’armamento adottato generalmente è uguale a quello ferroviario, le rotaie  presenti a livello superficiale superficiale sono anne annegate gate nella pavimentazione pavimentazione e in materiali materiali resinosi. 41

 

 

1.2.4  Metropolitana (RRT) Questo tipo di sistema opera esclusivamente in sede protetta   e  nei  centri urbani,  prevalentemente in galleria, ciò è dovuto al fatto che bisogna realizzare maggiori prestazioni in termini di frequenza, di velocità commerciale, di capacità di trasporto. Essa richiede elevati costi di investimento, per cui si giustifica solo in  corridoi metropolitani con domanda di trasporto molto forte. I costi di costruzione in galleria possono arrivare ad oltre  500  milioni di Euro/km. La convenienza economica di una metropolitana inizia, quindi, dai  15.000-20.000 pass./h per senso di marcia in quanto per tali flussi i costi di gestione, calcolati per passeggero trasportato, sono relativamente di gran lunga inferiori a quelli di altri altr i sistemi di trasporto. La linea è sempre a doppio binario, le banchine di accesso sono sempre allo stesso livello del  piano di calpestio interno dei veicoli e le porte sono in grande numero, tutto per permettere un rapido movimento di entrata ed uscita dei passeggeri alle fermate. I convogli sono costituiti da più veicoli (vagoni) di lunghezza usuale pari a 17m ed una capacità di carico fino a 250 posti con un numero di posti a sedere disponibili da 32 a 40; ogni convoglio ha almeno due vagoni, la capacità di linea arriva fino a 35.000pass./h, 35.000pass./h, grazie anche a una elevata velocità commerciale che arriva fino a 50km/h. Il convoglio può risultare dalla composizione di più vetture, ma in generale si preferisce l’accoppiamento di due vagoni in modo tale da costituire la cosiddetta “Unità di Trazione” avente lunghezza di 35 m circa. Come detto precedentemente, la trazione è elettrica analogamente ai sistemi di trasporto  ferroviario, la tensione di alimentazione in genere è pari a 1500V a corrente continua. È possibile raggiungere elevati ordini di grandezza in termini di capacita della linea grazie alle elevate frequenze che si possono ottenere (40convogli/h) con intertempo tra due passaggi successivi che può arrivare fino a 90s. La velocità massima possibile è dell’ordine di   100km/h, l’accelerazione massima in avviamento è dell’ordine do 0,9-1,2m/s2 mentre la decelerazione varia tra 1,0 e 1,2m/s2. L’armamento, in genere, adoperato è simile a quello ferroviario, la via di corsa  può essere sopraelevata vale a dire in rilevato, viadotto o ponte, a livello superficiale e in galleria. Infine, assume un’importanza particolare ai fini della sicurezza e della potenzialità della linea il sistema di segnalamento e di telecomunicazione.

1.2.5  Metropolitana Regionale (RGR) Questo sistema di trasporto ha caratteristiche del tutto simili a quelle di una ferrovia ordinaria, solo che opera in ambito metropolitano e regionale coprendo distanze dell’ordine dei 30-50km, assicurando, peraltro, viaggi confortevoli, veloci, regolari, frequenti, affidabili e di grande capacità dai 5.000 ai 10.000 pass./h. 42

 

 

1.3  Sistemi di trasporto non convenzionali 1.3.1  Sistemi in sede riservata a guida completamente automatica (AGT) Questi nuovi sistemi sperimentati e messi in esercizio negli ultimi anni prevedono una guida completamente automatica (Automated Guideway Transit - AGT). Essi sono provvisti di veicoli la cui guida è completamente controllata da un elaboratore elettronico che sostituisce in tutto e per tutto il guidatore. Pur viaggiando in sede completamente riservata hanno però, in  generale, ruote gommate e la rotaia è costituita da travi in acciaio o cemento armato; alcune ruote sono portanti altre hanno la funzione di guida. L’automazione della guida permette di perseguire un duplice obiettivo legato alla riduzione dei costi di esercizio, in seguito alla riduzione del personale addetto, e alla capacità di rendere più flessibile il sistema di trasporto in funzione della domanda, evitando in tal senso l’eccesso di  potenzialità nelle ore di morbida. Inoltre, i livelli di sicurezza sono più alti rispetto ad altri sistemi grazie all’evoluzione e allo sviluppo tecnologico e informativo di alcuni strumenti avanzati che  permettono la conoscenza istante per istante della posizione e della velocità di ogni convoglio  presente sulla linea. linea.

1.3.2  Sistemi in sede riservata su monorotaia Questo sistema è composto da veicoli che sono supportati e guidati da   un solo elemento viario, generalmente, una trave profilata.

 Figura 20 - Monorotaia

I veicoli possono procedere o appoggiati o sospesi alla trave guida. La costruzione della via  può avvenire senza eccessivo intralcio alla circolazione, e con un’occupazione di suolo limitata. Sono sistemi estremamente silenziosi, ma di impatto visivo notevole, inoltre, le spese di manutenzione della sede sono notevoli. 43

 

 

1.3.3  Sistemi in sede riservata a levitazione magnetica (Maglev) Si basano su sistemi in grado di tenere sollevato il veicolo   dalla infrastruttura mediante forze di repulsione magnetica. Il Maglev è il primo impianto di questo tipo entrato in esercizio nel 1984 e collega l’aeroporto di Birmingham con la vicina stazione ferroviaria lungo un tracciato di 620m. Il sistema è realizzato mediante sospensione ad attrazione con elettromagneti in corrente continua. Questi sistemi si propongono in ambiente urbano e suburbano in alternativa alle metropolitane. Il vantaggio che questo sistema presenta, rispetto ai sistemi tradizionali, principalmente è connesso alle elevate performance raggiunte in termini di velocità, comfort, ma anche di efficienza economica in quanto, sfruttando il bassissimo valore della resistenza di avanzamento, si ha la  possibilità di consumare consumare meno potenza potenza di trazione.

 Figura 21 - Maglev

Oggi, invece, sono oggetto di ricerca e sperimentazione nell’intento di realizzare prestazioni superiori con  velocità  nettamente superiori rispetto ai sistemi convenzionali, in modo tale da competere con l’aereo sulle medie distanze fra i 400 e i 500 km.  

1.4 Sistemi a guida vincolata con motore di trazione a terra

Questi sistemi di trasporto sono contraddistinti dal fatto che il motore si trova a terra e non a  bordo del veicolo, il veicolo viene fatto muovere mediante dei cavi di trazione o la via di corsa diventa essa stessa mobile.

1.4.1  Sistemi di trasporto a fune I sistemi di trasporto a fune utilizzano dei cavi per trasmettere l’energia di trazione e quindi  produrre lo spostamento spostamento del mezzo e possono es essere sere adoperati per ddue ue tipi di servizi:   servizio a navetta (impianti a moto discontinuo)



  servizio ad anello (impianti a moto continuo)



 Nel primo caso, il veicolo si muove avanti e indietro bidirezionalmente tra due terminali, su 44

 

 

una medesima linea. Nel secondo caso i mezzi si muovono lungo un tracciato chiuso di forma circolare. In genere, una centrale operativa controlla e supervisiona l’esercizio.

1.4.2  Funicolare È un sistema di trasporto a fune con veicoli poggiati al suolo  e utilizzato, in generale, su tratti di breve lunghezza (2-4km) e con forti dislivelli (oltre il 10%), vale a dire quando si presentano situazioni orografiche particolari, inoltre, le velocità massime non superano i 40km/h.

 Figura 22 - Funicolare

Esistono funicolari completamente automatizzate utilizzate  in  alcuni casi anche in piano, come quella del sistema  Poma 2000, che serve i movimenti di trasferimento dei cittadini di Laon (Francia) dal centro della vecchia città a quella nuova. La via è unica in quanto il servizio è a navetta, la velocità commerciale risultante è di 25km/h e con questo tipo di esercizio si trasportano 600 passeggeri l’ora per direzione.

1.4.3  Funivia I veicoli di questo sistema si muovono sospesi su dei grossi cavi di acciaio ad altissima resistenza. Si distinguono i sistemi monofune da quelli bifune; nel primo caso un’unica fune ha funzione portante e traente; nel secondo, invece, le funi assolvono una alla funzione traente e l’altra a quella portante.

45

 

 

 Figura 23 - Funivia

 

Le cabine possono avere diverse dimensioni si va da quelle aventi 10 posti, caratteristiche degli impianti monofune, fino a quelle di 150 posti per gli impianti bifune. La velocità di regime è dell’ordine di 35km/h per gli impianti circolari, mentre è dell’ordine dei 20km/h per quelli a navetta, si possono coprire distanze fino a 4km.

1.4.4  Sistemi di trasporto con infrastrutture mobili Sono sistemi di trasporto  di ausilio alla mobilità pedonale, impiegati in aree ad elevata frequentazione quali le stazioni ferroviarie e metropolitane, i centri commerciali, gli aeroporti, centri universitari, ovvero come di recente è successo impiegati in città d’arte e centri storici difficilmente accessibili come per esempio Perugia, Orvieto, etc., naturalmente, questo tipo di approccio permette di liberare il centro urbano dal traffico veicolare.

1.4.5  Scale mobili La EN 115 definisce la  scala mobile  come “l’installazione azionata da motore con gradini in movimento senza fine, per il trasporto di passeggeri in salita ed in discesa”. In generale questi sistemi operano in ambiti di applicazione caratterizzate da pendenze elevate fino a 30 gradi.

 Figura 24 - Scala mobile

46

 

 

  Sempre secondo la EN 115, i gradini devono avere una profondità pari a 0,40m e larghezza secondo una terna di possibilità, cioè:   0,60m per il trasporto di una persona



  0,80m per il trasporto di 1,5 persone



 



1,00m per il trasporto di due persone La lunghezza del piano inclinato, solitamente, non supera i 16m. La scala mobile può funzionare solo in salita, solo in discesa o in entrambi (marcia banalizzata). Il funzionamento può essere continuo o essere attivato in automatico da un sensore che rileva il passaggio dell’utente attraverso la zona di accesso.

1.4.6  Nastri trasportatori La normativa di riferimento che è la stessa delle scale mobili vale a dire la EN 115 definisce marciapiede mobile  “l’installazione

azionata da motore, con superficie in movimento senza fine

(esempio segmenti, tappeto) per il trasporto di passeggeri fra due punti allo stesso o a diverso livello”.

 Figura 25 - Marciapiede mobile mobile

Esistono nastri trasportatori (tapis roulant) che possono raggiungere velocità maggiori, con opportune tecnologie. Un esempio di tapis roulant in servizio pubblico è il 610 NPT che è in grado di smaltire condizioni di traffico molto elevate. La velocità di norma non supera i 0,9m/s, mentre  per gli  speedway  cioè per i nastri trasportatore accelerati le velocità arrivano fino ai 12km/h (3,3m/s). La capacità dipende dalla lunghezza, ed è data da una formula analoga a quella di cui 47

 

 

sopra, e dalla facilità di accesso, ora nell’ipotesi in cui riescano a salire simultaneamente 3  persone/s si avrebbe avrebbe una capa capacità cità di 9.000pas 9.000pass/h. s/h.

1.5  Variabili caratteristiche di un sistema di trasporto collettivo Come già detto precedentemente, esistono differenti sistemi di trasporto collettivo che soddisfano esigenze diverse dell’utenza. Per individuare la funzione peculiare di ciascun sistema di trasporto si fa ricorso all’analisi delle loro prestazioni e alla correlazione delle loro variabili. I principali parametri di esercizio di una linea di un sistema trasporto collettivo sono: • 

velocità commerciale media;

• 

frequenza del servizio;

• 

capacità oraria;

• 

tempo di giro;

• 

numero di veicoli necessari al servizio;

• 

 posti-km e veicoli-km (misurano il quantitativo di oofferta fferta di trasporto prodotta).

La velocità commerciale media  (vCM ) di una linea può essere definita come rapporto tra la lunghezza della linea (lAB) e il relativo tempo medio di percorrenza (t AB), ovviamente comprensivo del tempo di sosta alle fermate: vCM = lAB / tAB La  frequenza  f f  di   di una linea è il numero di veicoli (bus, tram, treni, ecc.) di quella linea che  passano per una fermata in un intervallo temporale di riferimento per per esempio l’ora, pertanto l’unità di misura della frequenza è veic./h. Ad esempio, valori di frequenza usuali, per i sistemi di trasporto collettivo su gomma in ambito urbano, variano da 3 a 12 veicoli/ora, mentre in ambito extraurbano i valori di frequenza naturalmente sono inferiori. I  di L’intertempo  I    di una linea è il distanziamento temporale tra il passaggio successivo di due

veicoli della linea per una qualunque fermata. Quindi l’intertempo, non è altro che l’inverso della frequenza cioè  I   = 1/ f   f . Ora, nel campo dei trasporti urbani si preferisce misurare, in quanto più rispondente alla realtà, l’intertempo in minuti, per cui la relazione di cui sopra si modificherà come segue:  I  =  = 60 / f  

La capacità oraria  C  di   di una linea è il carico massimo, in termini di passeggeri, trasportabile su una certa tratta. Essa può essere calcolata in funzione della frequenza (o dell’intertempo) e della capacità del veicolo. Si fa riferimento al carico massimo perché il numero di passeggeri a bordo dei veicoli di una linea di trasporto varia da una tratta all’altra. La capacità oraria è data da: C = f ⋅ ⋅ Cap  Cap 

48

 

 

dove Cap è la capacità del veicolo in servizio sulla linea. li nea. Il tempo di giro TG è il tempo necessario a un veicolo in esercizio su una linea per un ritorno al capolinea di origine, ovvero a passare due volte per una stessa fermata, ed è dato dalla seguente formula: TG = L / vCM

dove: TG è il tempo di giro espresso in ore,  L è la lunghezza totale della linea espressa in km

vCM è la velocità commerciale espressa in km/h. Il numero di veicoli  NV   necessari per poter esercire la linea rispettando la frequenza di esercizio f  si  si calcola come:  NV = Int (TG ⋅  f   f ) + 1

oppure:  NV  = Int (60 ⋅  TG  TG / I ) + 1

La funzione Int è quella che arrotonda un numero per difetto all’intero più vicino. Ad esempio, se il tempo di giro è 40 minuti occorre un veicolo per mantenere una frequenza di 1 veic./h; infatti, alla fine del tempo di giro lo stesso veicolo può effettuare anche la corsa successiva. Se il tempo di giro è invece di 1 h e 20 minuti occorrono 2 veicoli per mantenere la frequenza di 1 veic./h; infatti occorre un secondo veicolo per mantenere la stessa frequenza. I  Posti-km  e i veicoli-km sono indicatori della quantità di servizio prodotto; possono riferirsi ad un’ora, un giorno o altro intervallo temporale di riferimento, quelli relativi all’ora sono dati rispettivamente da:  posti-km = f  ⋅  L  L ⋅  Cap  veicoli-km = f  ⋅  L   L.

1.6  Esercizio Una azienda di trasporto gestisce una linea a servizio delle località indicate nella figura seguente, si precisa che la linea suddetta è ad andata e ritorno. I veicoli a disposizione dell’azienda hanno una capacità totale (posti a sedere più posti in piedi) pari a 80 posti/veicolo. La velocità commerciale della linea è vCM = 15 km/h.

49

 

 

 

 Figura 26 - Linea di esercizio esercizio

Tabella 2 - Matrice origine destinazione oraria (passeggeri/ora)

O\D A

A -

B 200

C 130

B

180

-

150

C

120

90

-

Progettare la  frequenza  della linea considerando un coefficiente di riempimento dei veicoli  pari all’85%. Calcolare il numero di autobus necessari sulla linea (parco veicolare). Calcolare i posti-km, i veicoli-km.

Svolgimento Dalla matrice origine destinazione oraria si evince che la capacità oraria  C i della linea (ricordando la definizione di essa: carico massimo in termini di passeggeri trasportabile su una tratta) è 200pass./h, inoltre è nota la capacità dei veicoli in esercizio su detta linea che è di 80posti/veic. e, tenendo conto del coefficiente di riempimento pari all’85%, si ha che Capi  = 80*0,85 = 68 posti/veic. La frequenza della linea esercita è:  f = C / Cap = 200 / 68 = 2,95 ≅ 3 veic./h

Pertanto, il relativo intertempo risulta pari a:  I  =  = 60 / f  = 60 / 3 = 20 minuti

Il tempo di giro è dato da: TG = L / vCM = 10 / 15 = 2/3 h

Il numero di autobus necessari sulla linea è:  NV  = Int (TG · f   f ) + 1 = Int (2/3 (2/3 * 3) + 1 = 3 bus 

I posti-km, i veicoli-km ed i passeggeri-km sono dati dalle seguenti:  posti-km = f  · L   L · Cap = 3· 10 · 68 = 2040 posti-km (in un’ora). veicoli-km = f  · L  L = 3 · 10 = 30 veicoli-km (in un’ora).

1.7  Confronto tra prestazioni per sistemi di trasporto I sistemi di trasporto pubblico collettivo offrono una vasta gamma di modalità di utilizzo in 50

 

 

rapporto alle proprie prestazioni. La tabella seguente propone dei parametri tecnico-operativi caratteristici di alcune categorie di sistemi di trasporto di massa. Tabella 3 - Parametri tecnico-operativi tipici di sistemi di trasporto collettivo (fonte: Cantarella)

PARAMETRO

SISTEMA DI TRASPORTO BUS

TRAM

LRT

RRT

RGR

40-120

80-120

100-120

120-300

140-200

1

1-3

2-4

3-10

1-10

CAPACITÀ CONVOGLIO (posti/conv.)

40-120

80-360

200-800

360-3000

140-2000

VELOCITÀ MASSIMA (Km/h)

40-80

60-70

60-100

80-100

80-130

FREQUENZA MASSIMA (conv./h)

60-120

60-120

40-90

20-40

10-30

2400-8000 2400-8000

4000-15000 4000-15000

6000-20000 6000-20000

15000-30000 15000-30000

10000-3500 10000-350000

15-25

12-20

20-45

25-60

40-70

200-500

200-500

350-800

500-2000

1200-4500

CAPACITÀ VETTURE (posti/veic.)  N. VETTURE PER PER CONVOGLIO

CAPACITÀ CAPA CITÀ DI LINEA LINEA (pass./h) (pass./h) VELOCITÀ COMMERCIALE COMMERCIALE (km/h) DISTANZA TRA LE STAZIONI

La figura seguente traccia i campi coperti dalle diverse classi di sistemi di trasporto t rasporto collettivo, rappresentano il loro range di funzionamento, ponendo in relazione la capacità di linea e la velocità commerciale.

 Figura 27 - Parametri Parametri tecnico-operativi per cclassi lassi di sistemi di trasp trasporto orto (Fonte Vuchic, 1981)

I sistemi di trasporto più pesanti (metropolitane, ferrovie suburbane, rappresentati nel campo   più grande in alto a destra della figura) sono in grado di trasportare trasportare oltre 30.000pass/h 30.000pass/h per direzione, 51

 

 

mentre le metropolitane leggere (campo  intermedio in figura) si attestano sull’ordine dei 6.00020.000pass./h per direzione, mentre i tram e gli altri sistemi di superficie ( campo in basso in figura) sono indicati per capacità che vanno dai 3.000 ai 15.000pass./h per direzione. Sono pure rappresentati i campi relativi alle prestazioni delle autovetture in ambito urbano e autostradale. Le migliori prestazioni offerte dalle metropolitane di tipo tradizionale e dalle ferrovie suburbane si rivelano più adatte su tragitti la cui distanza media fra le stazioni sia superiore ai 750 metri, infatti solo per questi casi si potranno ottenere velocità commerciali superiori. Gli altri sistemi sono più idonei per tragitti caratterizzati da flussi più modesti e distanze fra le stazioni più brevi.  Nella stessa figura sono fissati dei campi  caratteristici di ogni categoria, per tenere in considerazione la grande varietà di sistemi di trasporto, proprio in funzione di ciò esistono dei limiti di sovrapposizione fra le diverse zone, pertanto la classificazione dei sistemi non deve essere  pensata in modo rigido.

2.   LA  S SOSTA    Nell’ambito della circolazione dei veicoli si distinguono due momenti fondamentali, uno dinamico, costituito dalla marcia dei veicoli stessi, l’altro statico, costituito dal loro stazionamento in spazi che possono far parte o no della carreggiata stradale. Le sempre più frequenti situazioni di congestione sono dovute, da un lato all’elevato numero di veicoli circolanti negli ambiti urbani, dall’altro a carenze organizzative della circolazione e ad insufficienze infrastrutturali. La carenza di spazi destinati al parcheggio, in particolare, produce correnti di traffico parassita, che aumentano la quantità di traffico circolante, tanto più dannosi quanto più le sedi stradali sono ristrette dalle auto in sosta. L’organizzazione del sistema dei trasporti, in particolare nelle aree ad elevata densità di urbanizzazione, implica la soluzione dei problemi accennati e la scelta conseguente di interventi risolutori degli squilibri funzionali presenti in molte aree. Tra gli elementi più significativi e di maggiore incidenza, vi è quello che riguarda le opportunità di parcheggio con i suoi risvolti positivi sull’ingombro delle sedi stradali e sulla  possibilità di svolgimento delle attività connesse all’uso dell’automobile, anche nella prospettiva di una corretta integrazione tra mezzo pubblico e mezzo privato e nell’ottica di un recupero ambientale conseguente a limitazioni nell’uso dell’auto privata.

2.1  Caratteristiche funzionali dei parcheggi La diffusione delle attività nel territorio urbano richiede che il sistema delle strutture di  parcheggio sia anch’esso di tipo diffuso e quindi con caratteristiche costruttive e, principalmente 52

 

 

dimensionali, congruenti con tale tipologia insediativa. La sosta attiene essenzialmen essenzialmente te al settore delle autovetture private, anche se non sono variabili trascurabili, nel quadro complessivo, i mezzi di trasporto collettivo (servizi urbani, extraurbani e turistici), per quanto riguarda la loro sosta ai terminali. t erminali. I tipi di sosta, analizzati sotto vari punti di vista, possono classificarsi come segue: • 

In funzione dello scopo -  sosta per ricovero, con massimi notturni della domanda, generalmente nelle zone residenziali; -  sosta per lavoro, con massimi diurni, nelle zone a maggiore densità direzionale o

di interscambio con i mezzi pubblici; -  sosta per acquisti, svago, ecc., con valori minimi notturni. • 

In funzione dell’ubicazione del veicolo -  all’interno dei fabbricati, residenziali o per ufficio; -  lungo le strade;

custoditi iti o incustoditi. -  in parcheggi: pubblici o privati, liberi o a pagamento, custod • 

In funzione della durata -  soste lunghe o lunghissime, corrispondenti al ricovero e per durate superiori alle

10 ore; -  soste medio-lunghe, 8-9 ore, in funzione degli orari di lavoro; -  soste brevi, relative alle operazioni commerciali, svago, ecc.; -  fermate tipo “park and ride”.

Quanto sopra enunciato porta all’esigenza di trovare soluzioni articolate che soddisfino in modo opportuno le molteplici tipologie della domanda. Le soluzioni possibili, cioè l’offerta, devono  peraltro tenere conto della complessa complessa realtà esistente e de degli gli indirizzi generali dell’Amministrazion dell’Amministrazionee Comunale: devono essere tenuti in conto, in particolare per la scelta delle soluzioni tecniche e amministrative e delle ubicazioni, criteri di carattere urbanistico ed ambientale, economico e funzionale. Fra le direttrici operative adottabili si possono enunciare le seguenti: • 

razionalizzazione dell’uso delle superfici stradali esistenti, con lo scopo di utilizzare alcune vie come strade-parcheggio da adibire alla sosta;

• 

il recupero di cubature esistenti negli edifici, impropriamente adibite ad altre attività  private (magazzini, (magazzini, palestre, ecc.);

• 

l’utilizzazione di aree di servizio ancora libere;

• 

forme di incentivazione a privati o a consorzi (condomini, cooperative) finalizzate alla 53

 

 

organizzazione a parcheggio di aree interne agli edifici o da edificare. Gli interventi sopra citati, insieme alla individuazione di aree di superfici limitate per  parcheggi a raso, raso, possono co costituire stituire una struttura diffusa utilizzabile per la sosta a scala locale. È ovvio che una valenza strategica di più ampia portata hanno i parcheggi di raccolta a scala urbana e territoriale, essi si suddividono in tre livelli differenti secondo la localizzazione, la tipologia, la funzione e la gestione. Il  Piano dei Parcheggi, cioè lo strumento strategico per la soluzione dei problemi di stazionamento, prende in considerazione le seguenti tipologie di parcheggio: •   parcheggi periferici di interscambio:

si tratta di impianti, generalmente a raso, ubicati

in corrispondenza dei terminali periferici della rete di trasporto t rasporto pubblico urbana e delle arterie stradali e ferroviarie di penetrazione in città; •   parcheggi filtro:

si tratta di impianti, generalmente in elevazione e/o sotterranei, che

consentono ai flussi di penetrazione dall’hinterland e a quelli provenienti dalla cinta  periferica urbana di attestarsi ai margini del centro storico o di zone ad elevata densità commerciale e di attività terziarie, rendendo possibili, all’interno di tali zone, interventi di limitazione o di esclusione del traffico veicolare; •   parcheggi di servizio;

si tratta generalmente di impianti nelle aree di gravitazione di

 poli urbani di attrazione, costituiti dai servizi, dagli dagli uffici e dalle grandi concentrazioni concentrazioni commerciali (Enti ed Istituti pubblici e privati, attrezzature per il turismo, lo sport e lo spettacolo, ecc.). Attuabili con la sistemazione sia a raso che in sotterraneo o in elevazione, sono destinati a svolgere la funzione di organizzare, su aree opportunamente individuate, le grandi concentrazioni di stazionamento che attualmente, sfruttando disordinatamente le aree disponibili sulla rete stradale, ne limitano pesantemente le sezioni, abbassando abbassandone ne conseguentemente i livelli di servizio.

2.2  La politica della sosta e tariffazione Il controllo dello stazionamento costituisce un’operazione di importanza vitale nell’organizzazione del sistema dei trasporti urbani. La carenza di aree e di strutture per il  parcheggio contribuisce, infatti, a creare lo stato di congestione veicolare che oggi si riscontra nei vari ambiti territoriali della città. L’influenza che tale carenza produce sulla fluidità del traffico veicolare si manifesta sotto alcuni principali aspetti. 1.  Congestione dei nodi, che è in stretta correlazione con il rapporto fra la capacità

geometrica del nodo stesso e la sua reale utilizzazione in relazione alle riduzioni di superficie disponibile per lo smaltimento dei flussi veicolari;  54

 

 

2.  Congestione delle intersezioni, che è in correlazione con l’abitudine di sostare in  prossimità o addirittura negli incroci, con la conseguenza conseguenza di una maggiore difficoltà delle manovre di diversione e di immissione negli assi viari; 3.  Riduzione della capacità della rete viaria, disponibile per lo scorrimento veicolare,

determinata dalla occupazione rilevante di ampia parte della sezione stradale;  4.  Difficoltà di integrazione tra modi di trasporto diversi e conseguente scarso uso del mezzo  pubblico.

Gli interventi per la razionalizzazione della mobilità in ambito urbano vanno valutati in dipendenza della politica del traffico scelta dalle Amministrazioni Comunali. Una strategia di interventi che miri a scoraggiare l’uso del mezzo privato a favore del mezzo di trasporto pubblico  può essere così così sintetizzata: • 

una opportuna rete di parcheggi, necessaria all’interscambio mezzo privato-mezzo  pubblico, attestati lungo lungo le direttrici di maggiore traffico e penetrazione della città; 

• 

una politica tariffaria fortemente penalizzante la sosta nei parcheggi del centro rispetto

a quelli periferici, ove le tariffe risultano sensibilmente ridotte; •  la realizzazione di isole pedonali che liberino il centro dal caos del traffico e, con interventi di arredo, ne esaltino le funzioni sociali e commerciali. In questo caso, quindi, i parcheggi avrebbero la funzione di limitare il flusso di vetture che, dall’esterno della cinta urbana, si riversa nell’area urbana, aggravando le precarie condizioni della viabilità, attraverso l’offerta dell’alternativa costituita dal parcheggio, dalla fruizione di mezzi  pubblici e da tariffe promozionali. promozionali. Al contrario, una politica del traffico che miri a tutelare la libertà di scelta dell’utente, avendo come solo obiettivo quello di adeguare l’offerta di parcheggio alla domanda attuale e prevedibile,  potrebbe condurre anche a grossi interventi di tipo infrastrutturale in aree sufficientemente centrali, sfruttando, per esempio, il sottosuolo di alcune piazze cittadine. Tale tipo di strategia, evidentemente, richiede un’approfondita valutazione dei limiti da assegnare alle dimensioni generali del sistema dei parcheggi anche sotto il profilo delle localizzazioni, per tenere conto del traffico indotto dalle nuove infrastrutture (che fungerebbero da nuovi poli attrattori) e che prima era scoraggiato dalla difficoltà di stazionamento. stazionamento. Uno dei provvedimenti che può permettere una corretta progettazione di tali strutture è costituito dalla manovra tariffaria della sosta, essa è una forma strategica di gestione dei vantaggi del territorio correlati all’accessibilità. Infatti, in situazioni di scarsa disponibilità di superfici dedicate alla sosta o alla circolazione, occorre valutare l’opportunità della ripartizione tra le due quantità e regolare, mediante la tariffazione, le aree di sosta per gli utenti che, a fronte dell’onere 55

 

 

della tariffa, la valutino comunque vantaggiosa. Al fine di correggere azioni che possono risultare eccessivamente vessatorie e di giungere quindi ad un’offerta differenziata di parcheggi a favore di specifici utenti o attività e funzioni urbane è possibile utilizzare vari sistemi quali: • 

i limiti di tempo e la tariffazione della sosta, con costo costante, crescente o decrescente nel tempo; tale sistema consente nei primi due casi di scoraggiare la sosta di lungo periodo e di favorire una turnazione continua con un conseguente incremento della capacità giornaliera delle zone di sosta; nel terzo caso, meno usuale, si privilegia invece la lunga sosta;

• 

i permessi di sosta, a titolo gratuito o pagamento, per particolari categorie di utenti quali residenti, disabili, medici, etc.

Gli anni ‘90 hanno segnato la definitiva assimilazione ed accettazione, anche con resistenze da parte di soggetti sociali che tendono a difendere interessi particolari, del concetto di regolazione economica dell’uso della superficie percorribile urbana, quale bene raro da sottoporre, di conseguenza, ad un prezzo. Al di là delle sempre varie e vivaci opinioni che questo tema comporta, sembra potersi evidenziare una sostanziale accettazione da parte dei residenti della filosofia di base di tale politica e di poter parimenti registrare alcuni significativi riscontri in termini di raggiungimento degli obiettivi a tale politica sottesi. Tali obiettivi sono, infatti, in genere quello di: • 

dare un “segnale di prezzo” all’utente automobilistico più adeguato ai costi esterni  provocati dall’uso dell’auto nel centro urbano (congestione, inquinamento), favorendo in tal modo un riequilibrio verso modi a minor impatto (mezzi pubblici, bicicletta,  piedi, car pooling);

• 

allontanare di conseguenza dal centro la sosta su strada di più lungo periodo, in  particolare legata a movimenti movimenti pendolari;

• 

recuperare in tal modo capacità di stazionamento a servizio della sosta operativa il più vicino possibile ai luoghi di destinazione (assi commerciali, uffici, ecc.);

• 

recuperare spazi lungo i margini delle strade che possono accogliere il trasporto  pubblico;

• 

eliminare, grazie a tale diminuita pressione, la presenza di veicoli parcheggiati nei luoghi urbani centrali di particolare pregio, favorendone la piena riqualificazione

I dati disponibili delle principali città italiane it aliane rivelano due dati importanti. Il primo è quello di aver raggiunto una fase di stabilizzazione dei flussi di traffico automobilistico entranti nell’area urbana. Il risultato positivo consente di inquadrare in una diversa 56

 

 

ottica le politiche di razionalizzazione della mobilità, non più condizionate dalla prospettiva di un traffico in continua e inarrestabile crescita. Il secondo è quello del raggiungimento di un generale equilibrio tra domanda ed offerta di sosta per quasi tutte le strade a sosta tariffata, che si traduce in una reale possibilità di trovare un  parcheggio. Restano Restano tuttavia aperte alcune question questioni.i. Un primo genere di problemi riguarda l’assetto organizzativo del sistema, ed in particolare il sistema di pagamento (monetica, rivenditori) e, soprattutto, la frazionabilità del periodo di sosta in frazioni di ora che si potrà ottenere mediante la diffusione di telesistemi di verifica dei luoghi e  periodi di stazionamento e del conseguente telepagam telepagamento. ento. Rientra sotto questo aspetto anche l’assenza di una politica esplicita di accompagnamento del provvedimento di tariffazione, per evitare che questa possa essere assimilata ad una tassa e non venga invece riconosciuta come un elemento essenziale di regolazione e di servizio. Questo scaturisce spesso da una carente “costruzione” della politica di tariffazione, che richiede un particolare sforzo di comunicazione e, soprattutto, una trasparenza nei meccanismi meccanismi redistributivi finalizzati a restituire agli utenti in altra -e  possibilmente gradita- forma forma la tariffa pagata4. In molte città italiane si constata come la tariffazione abbia comportato per gli utenti un aggravio dei costi generalizzati di spostamento con il mezzo privato, sia che si siano adattati al  pagamento, sia che abbiano dovuto scegliere luoghi di parcheggio più esterni o cambiare modo di trasporto. Era peraltro questo un effetto voluto ed esplicitamente ricercato da tali politiche. Un secondo genere di problemi riguarda la sosta dei residenti, a loro volta suddivisi tra residenti del centro, che lamentano una generalizzata scarsità di offerta, e residenti nelle aree immediatamente contigue alla zona tariffata, presumibilmente sottoposte ad una forte pressione dei  pendolari allontanati dalle dalle aree controllate a pagamento.

2.3  Offerta di parcheggio Lo stazionamento urbano si può suddividere in due grandi categorie: sosta sulla sede stradale e fuori dalla sede stradale, caratterizzate da una regolamentazione che può variare da una città all’altra.

4

  La questione deriva direttamente dalla teoria economica del pricing, che spiega come, se da una parte le  politiche di regolazione basate sulla tariffazione tariffazione sono strutturalmente più eff efficienti icienti di quelle basate sulla regolazione (ad esempio sulla limitazione degli accessi) in quanto utilizzano un criterio di discriminazione dell’utenza basato sulla utilità dei consumatori, dall’altra, associando tale criterio alla disponibilità a pagare, inducono contemporaneamente una discriminazione rispetto al reddito. Questo fatto rende necessaria, anche al fine di una maggiore accettabilità sociale, la contestuale adozione di misure di tipo redistributivo dei proventi basate su forme esplicite di restituzione del prelievo all’utenza esclusa.

57

 

 

2.3.1  Sosta sulla sede stradale  Nella gestione delle aree di stazionamento su strada è necessario tenere presente i seguenti fattori fondamentali che influenzano direttamente l’efficacia degli interventi: • 

la larghezza della carreggiata o corsia su cui si interviene e quindi della capacità della sezione; è necessario tenere presente che le manovre di ingresso ed uscita dagli stalli  provocano una momentanea diminuzione della larghezza e quindi della capacità della sezione con un peggioramento delle condizioni del deflusso veicolare;

• 

l’importanza gerarchica delle strade su cui si interviene e il tipo e l’entità del flusso che le percorre; ad esempio, nell’ambito delle strade di accesso ad aree centrali caratterizzate da elevati flussi e da una corrispondente elevata domanda di sosta, le  perturbazioni indotte dalle manovre di parcheggio possono condurre a condizioni di congestione; analogamente, su strade urbane di scorrimento, i veicoli in manovra  possono causare l’abbassamento l’abbassamento delle velocità di percorrenza ed innalzare il livello di  pericolosità;

• 

l’accesso agli edifici adiacenti la strada ed in particolare modo alle attività, quali uffici  bancari o postali, dove per motivi di sicurezza è necessario evitare l’ostruzione degli ingressi.

Per quanto attiene alla larghezza residua di carreggiata, in relazione alla funzione svolta dalla strada, necessaria a garantire un regolare deflusso veicolare, le dimensioni residue minime ammissibili, sono le seguenti: • 

lungo le strade locali interzonali non è ammessa la sosta sulla carreggiata, se non in apposite corsie larghe 2m ed esterne alla carreggiata, che ha larghezza minima 8m;

• 

lungo i principali itinerari di traffico, caratterizzati da un frequente traffico di autobus in entrambi i sensi, la larghezza minima è di 7,00m;

• 

sulle strade locali e per itinerari e strade con minor traffico la sosta è ammessa nei limiti di quanto consentito dal Codice della Strada; in particolare:    per strada ad un senso di marcia o occorre ccorre in ogni caso caso consentire una carreggiata

o

veicolare larga al minimo 5m, e due marciapiedi o strisce protette, larghe almeno 1,20m;    per strade a doppio senso di circolazione la carreggiata veicolare deve avere

o

larghezza minima di 6,00m., resta il vincolo per il passaggio dei pedoni; • 

sulle strade parcheggio, caratterizzate da bassi flussi, la carreggiata riservata alla circolazione veicolare potrà essere di 4,50m, se a senso unico di circolazione e di 6m 58

 

 

se a doppio senso di circolazione. Non è necessario lo spazio riservato ai pedoni; • 

 per strade poste in aree scarsamente abitate, o brevi strade senza uscita la larghezza minima è di 3,50m; tale larghezza pur non consentend consentendoo la circolazione a doppio senso risulta sufficiente a garantire l’accesso dei veicoli d’emergenza e di servizio.

Tali valori si riferiscono a sezioni poste ad una distanza dalle intersezioni tale da non  perturbare la circolazione circolazione e validi per tutto il centro centro abitato. Lo stazionamento sulla sede stradale si effettua in generale lungo i marciapiedi che fiancheggiano la strada, su due file laterali parallele alla carreggiata a volte separate fisicamente da questa da un elemento divisorio o, infine, in punti particolari della rete viaria, come le piazze, le  banchine o qualsiasi qualsiasi altro spazio facente parte del demanio demanio pubblico uurbano rbano (Figura 28).

 Figura 28 – Strade parcheggio

Occorre osservare che questo tipo di stazionamento ha tendenza a diminuire, poiché c’è necessità di spazio per facilitare la circolazione generale e mettere in atto strade prioritarie per i trasporti pubblici (autobus o tram). Per queste ragioni, e per altre finalità legate all’ambiente, all’estetica ed alle necessità della pianificazione urbana, si introducono restrizioni alla sosta, che vengono in generale materializzate mediante una segnaletica appropriata per mezzo di cartelli o di segni sulla carreggiata.  Nel caso delle strade di quartiere, la corsia adiacente a quella di sosta, utilizzata per la manovra e delimitata con specifica segnaletica orizzontale e/o con una pavimentazione ben distinta, deve avere una larghezza funzione della posizione e dell’angolazione dello stallo, con i valori più elevati per la sosta a 90° rispetto al bordo della carreggiata (Figura 29).

59

 

 

 Figura 29 – Possibile utilizzo della corsia corsia di manovra

 

La necessità di spazi da destinare alla sosta, ben oltre lo spazio fisico occupato dai veicoli, ne limita certamente l’applicazione ai contesti urbani già edificati. Nella Figura 30 sono indicate le combinazioni utili (in termini di capacità di posti-macchina/m) di spazi per la sosta e dimensioni delle relative corsie di manovra. Le combinazioni illustrate sono applicabili sia lungo le carreggiate destinate alla circolazione che all’interno di strade-parchegg strade-parcheggio. io.

 Figura 30 - Organizzazione Organizzazione delle carreggiate parche parcheggio ggio

60

 

 

2.3.2  Sosta fuori dalla sede stradale L’esigenza di impianti di parcheggio per la sosta fuori strada nasce dalle seguenti finalità: • 

fornire disponibilità di sosta per favorire l’interscambio con il trasporto collettivo diretto verso il centro urbano (parcheggi di interscambio);

• 

fornire capacità di sosta fuori strada in luogo della sosta su strada incompatibile con le disposizioni del Codice della Strada ed alla funzione svolta, soprattutto lungo la viabilità principale (parcheggi di sostituzione);

• 

fornire le capacità di sosta occorrenti per la realizzazione delle ZTL (Zone a Traffico Limitato) all’interno del centro urbano;

• 

fornire le capacità di sosta necessarie per la funzionalità di particolari servizi pubblici sul territorio ubicati al di fuori del centro urbano, senza impegnare la viabilità di accesso.

La capacità dinamica del parcheggio risente poco della lunghezza delle corsie e della velocità tenuta nel percorrerle. È, invece, influenzata considerevolmente dalla percentuale di manovra in retromarcia, la cui limitazione, nel caso di corsie a senso unico, si valuta intorno al 30% per lo stallo a 90° e al 10% per quello a 70°. Gli stalli inclinati hanno, quindi, una maggiore efficienza dinamica. Quelli a “spina di pesce” hanno un miglior “rendimento” in termini di area utilizzata per uno stallo, ma portano ad interfacciare le fiancate delle auto con i paraurti di quelle accanto, il che può essere causa di incidenti. Il flusso sulle corsie adiacenti (Figura 31) è poi nella stessa direzione, con  percorsi di ricerca più lunghi.

 Figura 31 - Stalli inclinati a “spina di pesce”

Con la disposizione paraurti contro paraurti le corsie adiacenti hanno, invece, direzioni di movimento opposte (Figura 32). 61

 

 

 

 Figura 32 - Stalli inclinati “paraurti-paraurti” “paraurti-paraurti”

 Nella Figura 33 e nella Figura 34 si propongono schemi di circolazione per differenti configurazioni degli stalli.

 Figura 33 - Esempio Esempio di “layout” con schem schema a di circolazione

 Figura 34 - Esempio Esempio di “layout” con schem schema a di circolazione

62

 

 

 Naturalmente il layout  della  della circolazione dipenderà dalla forma e dalle dimensioni del lotto a disposizione e dalle possibilità circa il posizionamento delle entrate e delle uscite. In generale, per garantire una buona circolazione, la pianta dovrà essere la più semplice  possibile, la più leggibile da parte dell’utente anche senza l’ausilio della segnaletica. Si dovrà, inoltre, prevedere una circolazione che permetta di passare in entrata davanti al maggior numero di stalli ed uscire o passare ad altre aree di parcheggio con vie brevi, utilizzando corsie trasversali  passando davanti davanti al minor numero di stalli possibile. È chiaro come la soluzione ottimale della distribuzione interna vada ricercata caso per caso, combinando reciprocamente i diversi schemi compositivi elementari. La possibilità di sosta è, pure, vincolata dalla circolazione sulle strade di accesso e dalle  portate possibili. Esiste, infatti, uno stretto rapporto fra portata delle strade di accesso e capacità dei luoghi di stazionamento. Il valore di tale rapporto viene generalmente assunto pari a 1:1,5, il che significa che il numero di stalli di stazionamento in una certa zona urbana non dovrebbe mai superare (pena la scarsa utilizzazione di quelli in soprannumero) 1,5 volte il numero massimo di autovetture che possono entrare o uscire in un’ora attraverso le strade di accesso. Si possono così individuare alcuni criteri di realizzazione degli accessi: a)  il raccordo fra il parcheggio e la viabilità pubblica o comunque di accesso, deve essere indipendente o separato da ogni altro accesso, in particolare il raccordo deve essere indipendente da eventuali collegamenti fra viabilità pubblica, aree carico-scarico merci e accessi riservati ai pedoni;  b)  il percorso di accesso al parcheggio deve essere segnalato con chiarezza dalla viabilità  principale; nello specifico la segnaletica stradale e quella di orientamento devono integrarsi in modo da consentire l’immediata e univoca identificazione del percorso di accesso veicolare al parcheggio; c)  il raccordo fra parcheggio e viabilità deve essere costituito da almeno due varchi a senso unico, separati, opportunamente distanziati e indipendenti tra loro; in particolare l’entrata e l’uscita devono essere tra loro distanti, anche quando insistono sullo stesso tratto viario.

2.4  Ingombri per la sosta Gli stalli per il parcheggio possono essere disposti parallelamente al marciapiede o con una certa angolazione rispetto allo stesso, in relazione alla larghezza della carreggiata e, quindi, dello spazio disponibile, ottenendo configurazioni e numero di stalli differenti. Considerate le misure di un veicolo “tipo” (1,80m circa di larghezza e 4,50m di lunghezza), le 63

 

 

dimensioni trasversali di uno stallo possono variare tra 2,00m e 2,50m, ottenendo uno spazio laterale abbastanza ampio per l’apertura delle portiere, mentre la lunghezza è compresa tra 4,50m e 6,00m. La dimensione usualmente adottata in Italia per lo stallo è pari a 2,50m x 5,00m, riducibile in larghezza a 2,3m per parcheggi di lunga durata. Tenendo dunque come dato di base il 2,50x5,00m e pensando di orientare di volta in volta differentemente rispetto alla corsia di accesso la disposizione dei posti, partendo dall’angolo a 0°  per arrivare a 90°, si ottiene una serie di combinazioni che incrementano l’ottimizzazione del rapporto fra metri quadrati occupati e numero posti auto (Figura 35). Il “rendimento” decresce con il diminuire dell’angolo di inclinazione rispetto alla corsia. La condizione più svantaggiosa è, infatti, quella rappresentata dalla disposizione a 30° degli stalli rispetto alla corsia a senso unico sia ad una fila che a due file di posti; per un tratto di circa 50m di lunghezza, infatti, si ottiene una proporzione di oltre 35mq/posto auto nel primo caso e circa 25mq/posto auto nel secondo. La disposizione che rende ottimo il rapporto fra i due parametri è quella degli stalli posti a 90° rispetto alla corsia di accesso a senso unico, per cui nel parcheggio ad una fila di posti l’area occupata è di circa 25mq/posto auto, mentre in quello a due file si ottengono circa 18mq/posto auto. Queste considerazioni prendono in esame un tratto di una lunghezza prossima ai 50m con posti da 2,50 x 5,00 ed una corsia della larghezza di 5m.

64

 

 

 Figura 35 -Percentuale di utilizzo dello spazio per la sosta

65

 

 

Bisogna tuttavia considerare che, soprattutto per i parcheggi cosiddetti “a raso” in adiacenza a vie di scorrimento, la disposizione inclinata resta la più facilmente praticabile dagli utenti, in quanto riduce al minimo la complessità delle manovre per entrare ed uscire dal posto auto. Si raggiunge cioè una maggiore efficienza dinamica e si limita il rischio di invertire inavvertitamente il senso di marcia. Gli stalli inclinati possono risultare, inoltre, l’unica soluzione possibile quando vi sono limitazioni trasversali di area a causa di dimensioni ristrette del lotto o di edifici preesistenti.

 Figura 36 - Dimensioni Dimensioni e superfici occupate da un post posto o auto in relazione all’angolazione degli stalli (N = numero di posti L = lunghezza del marciapiede da adibire a parcheggio) Tabella 4 - Dimensioni e superfici occupate da un u n posto auto in relazione all’angolazione degli stalli

A

B

C

D

E

F

90°

2,50

5,00

6,00

16,00

2,50

Area per auto (mq) 22,5

60°

2,50

5,50

3,80

13,70

4,70

26,6

45°

2,50

5,30

3,50

12,30

5,20

31,3

30°

2,50

4,80

2,75

10,00

5,90

37,0



2,50

5,00

-

-

-

12,5

Le eventuali corsie di manovra a servizio delle fasce di sosta devono avere una larghezza, misurata tra gli assi delle strisce che le delimitano, almeno pari a 2,75m per la sosta a 30° e fino a 6,00m per la sosta perpendicolare al bordo della carreggiata, con valori intermedi per le altre inclinazioni. Le dimensioni indicate sono da intendersi come spazi minimi, liberi da qualsiasi ostacolo, occorrenti per la sicurezza delle manovre.

66

 

 

 Figura 37 - Dimensioni Dimensioni per le corsie di manovra manovra

 

2.5  Parcheggi multipiano In caso di forte domanda di sosta e carenza di spazi disponibili può essere opportuno realizzare volumi di stazionamento su più livelli considerando, a fronte di maggiori oneri di costruzione, i vantaggi per l’utenza e l’eventuale gestore. Si possono avere parcheggi in elevazione od interrati sempre muniti di rampe di salita e/o

discesa (Figura 38) o sistemi elevatori meccanizzati (Figura 39). Questi ultimi si adottano quando l’incidenza superficiale delle rampe diviene sconveniente in ordine alle esigue disponibilità delle superfici.

 Figura 38 - Rampe di collegamento

Figura 39 - Parcheggi autom automatici atici

Le autorimesse fuori terra non possono avere più di sette piani; quelle internate, non più di sei  piani. I parcheggi fuori terra sono meno costosi e presentano minori problemi di sicurezza e di ventilazione, inoltre sono soggetti a norme di sicurezza meno pesanti, però determinano un impatto 67

 

 

ambientale maggiore, per cui spesso sono vietati dai piani urbanistici. Bisogna però considerare il fatto che un parcheggio fuori terra ben progettato e dotato di ampi spazi verdi pensili può essere ampiamente tollerato esteticamente nel tessuto urbano. I parcheggi interrati, nettamente più costosi di quelli fuori terra, non presentano impatto ambientale, specie se sulla copertura si realizza un giardino pensile. È necessario, però prevedere estesi impianti di spegnimento e di allarme e in genere un’intercapedine di ventilazione sul  perimetro. È provato che le aperture di ventilazione non generano emissione fastidiosa di gas di scarico nel piazzale o giardino di copertura. Devono essere previste corsie di accesso al parcheggio separate dalla viabilità ordinaria e di lunghezza tale da garantire la possibilità di incolonnamento davanti al casello di entrata senza interferenze con il traffico esterno. A livello della strada sarà prevista una costruzione ospitante il locale casse e controllo, l’atrio delle scale e ascensori, il locale con tutti i pannelli di comando degli impianti il locale macchine ascensori, il locale gruppi elettrogeni, etc.  Nella progettazione dei parcheggi multipiano riveste un’importante influenza la normativa antincendio che

è comunque meno onerosa se l’impianto è completamente automatizzato per cui

l’utente consegna il mezzo che poi viene posizionato automaticamente automaticamente negli stalli dal sistema.

68

 

 

INDICE  PIANIFICAZIONE DEI TRASPORTI ..... .......... ......... ......... ......... ......... .......... ......... ........1 ....1 

1. 

INTRODUZIONE INTRODUZ IONE............ ......................... .......................... .......................... .......................... ........................... ........................... ..............2 .2 

2. 

LA DOMANDA DI MOBILITÀ ........................... ......................................... ........................... ...........................3 ..............3 

2.1

Individuazione dell’area di studio ............................................... ...................................................................... ............................ .....55

2.2

Zonizzazione............................................................................................................6

2.3

Metodologie di stima della domanda di trasporto ................................................ ................................................... ...77

2.4

Modelli comportamentali .............................................. ..................................................................... ........................................13 .................13

2.5

I modelli di utilità casuale ....................... .............................................. .............................................. .......................................16 ................16

3.  3.1

4. 

IL MODELLO DI OFFERTA DEL SISTEMA SISTEMA DI TRASPORTO ..........18  Costi e flussi d’arco e di percorso ...................... ............................................. ............................................... ............................ ....24 24

I MODELLI DI ASSEGNAZIONE ............. ........................... ........................... .......................... .....................29 ........29 

5. 

BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAF IA DI APPROFON APPROFONDIMENTO: DIMENTO:.............. ............................ ............................32 ..............32 

TRASPORTI URBANI URBA NI E METROPOLITANI .... ......... ......... ......... ......... .........33 .....33 

1. 

SISTEMI DI TRASPORTO URBANI E METROPOLITANI............. METROPOLITANI .................34 ....34 

1.1

Sistemi a guida libera con motore di trazione a bordo ..........................................35 ..........................................35

1.2

Sistemi a guida vincolata con motore di trazione a bordo..................................... bordo.....................................38 38

1.3

Sistemi di trasporto non convenzionali ....................... ............................................... ..........................................43 ..................43

1.4

Sistemi a guida vincolata con motore di trazione a terra.................................... terra....................................... ...44 44

1.5

Variabili caratteristiche di un sistema di trasporto collettivo ................................ ................................48 48

1.6

Esercizio ...................... ............................................ ............................................ ............................................. ............................................. ........................ 49

1.7

Confronto tra prestazioni per sistemi di trasporto ............................................... ...................................................50 50

2. 

LA SOSTA ........................... ......................................... ........................... ........................... ........................... ........................... .....................52 .......52 

2.1 2.2

Caratteristiche funzionali dei parcheggi parcheggi..................... ........................................... ...........................................52 .....................52 La politica della sosta e tariffazione .................... ........................................... .............................................. ........................... ....54 54

2.3

Offerta di parcheggio.................................................... parcheggio............................................................................ .........................................57 .................57

2.4

Ingombri per la sosta .................... ........................................... ............................................... ............................................... .......................... ...63 63

2.5

Parcheggi multipiano multipiano........................ ................................................ ................................................ .............................................67 .....................67

INDICE............ INDICE ......................... ........................... ........................... ........................... ........................... ........................... ........................... ........................69 ...........69  69

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