Parafrasi Lisabetta Da Messina

January 18, 2017 | Author: daphneymizhelle | Category: N/A
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PARAFRASI LISABETTA DA MESSINA C’erano a Messina tre giovani fratelli mercanti, i quali dopo la morte del padre originario di S. Giminiano, rimasero molto ricchi. Questi avevano una sorella giovane, bella, costumata ed in età di marito, il suo nome era Elisabetta. Oltre a questo i tre fratelli possedevano un magazzino il quale era gestito un giovane pisano chiamato Lorenzo bello e leggiadro, per questo Elisabetta incominciò a guardarlo ed a invaghirsi di lui. Accortosi di questo, Lorenzo, lasciò da parte tutti i suoi innamoramenti estranei alla casa e cominciò a pensare a lei, e piacendosi l’un con l’altra, fecero quello che entrambi desideravano di più. Continuando così, avendo insieme piacere e buon tempo, non seppero farlo segretamente tanto che una sera andando Elisabetta dove dormiva Lorenzo, il fratello maggiore li scoprì, senza che loro sene accorsero. Il fratello maggiore che era giovane e intelligente pensò all’accaduto fino alla mattina seguente senza farne parola con nessuno, anche se questo era per lui molto noioso. Venuto poi giorno raccontò ai suoi fratelli ciò che aveva veduto la notte precedente e con un lungo consiglio presero una decisione insieme, in modo da evitare infamie sia verso di loro sia verso la sorella, decisero dunque di fingere di non avere visto e sentito nulla, finché non fosse giunto il tempo di togliersi questa vergogna dalla faccia senza danno e disonore. Mantenendo questo patto e ridendo con Lorenzo come erano soliti fare, successe che facendo finta di andare tutti e tre fuori città, seguirono Lorenzo e arrivati in un luogo solitario e lontano dalla città, colsero l’opportunità per ucciderlo e sotterrarlo di modo che nessuno se ne potesse accorgere. Quando tornarono a Messina, sparsero la voce di averlo mandato in qualche luogo per fare loro un servizio, il che fu creduto facilmente perché spesso lo mandavano fuori città. Non vedendo tornare Lorenzo, Elisabetta continuava a chiedere spiegazioni ai fratelli e un giorno chiedendo ad uno di essi con insistenza egli le disse:” Che vuol dire ciò? Che hai a che fare tu con Lorenzo? E come mai chiedi di lui cosi spesso? Se tu non ci chiederai più niente noi ti daremo la risposta che cerchi.” La giovane dolente e triste non sapendo più cosa fare o dire, non chiese più nulla ai fratelli, ma la notte lo chiamava e pregava perché tornasse, e piangendo per il suo lungo ritardo lo aspettava. Dopo una notte passata a piangere per Lorenzo, egli le apparve nel sonno, pallido e scarmigliato, con i vestiti fradici e stracciati e le parve che le dicesse:” O Elisabetta, tu piangi per il mio ritardo e mi dai la colpa per le tue lacrime, perciò sappi che io non posso più tornare, perché i tuoi fratelli mi hanno ucciso” e indicatole il posto in cui era sotterrato le disse di non chiamarlo più e di non aspettarlo, poi sparì. La giovane, credendo nella visione, pianse amaramente; poi la mattina seguente disse nulla ai suoifratelli ma voleva andare nel luogo mostratole da Lorenzo per vedere se ciò che gli era apparso nel sonno era vero. Avuto il permesso di uscire da Messina, in compagnia di una donna che era stata al loro servizio in passato, se ne andò. Tolse le foglie secche che c’erano sul luogo e dove la terra le sembrava più morbida scavò, di li a poco trovò il corpo del suo amante non ancora putrefatto, capì allora che la visione era giusta. Era addolorata ma sapeva che quello non era ne il tempo ne il luogo adatto per piangere. Non potendo portare con se tutto il corpo per dargli una sepoltura migliore, con un coltello gli tagliò la testa, la mise in un asciugatoio e la mise in braccio alla signora, poi ricoprì il corpo con la terra e senza essere vista partì da quel luogo per casa sua. Giunta a casa si rinchiuse in camera sua con la testa di Lorenzo e pianse a lungo, tanto da lavarla completamente, e la riempì di mille baci da ogni parte.. Prese poi un bel vaso che si usava per piantarci la maggiorana o il basilico e vi ripose la testa fasciata in un lenzuolo, la ricoprì poi di terra e vi piantò molti semi di basilico salernitano che innaffiava solo conacqua rosata, acqua di fiori d’arancio o con le sue lacrime. Aveva l’abitudine di sedersi vicino al vaso e di fantasticare accanto ad esso; quanto aveva finito piangeva a lungo e in questo modo innaffiava il basilico. Questo sia per le continue attenzioni che per la terra molto grassa divenne bello e profumato. I vicini notarono Elisabetta durante questo momento, che si ripeteva spesso, sia dal suo strano viso che dai suoi occhi incavati e le dissero:” noi ci siamo accorti che lei ogni giorno fa la stessa cosa”. I fratelli sentito questo rimproverarono la sorella e le fecero portare via il vaso; la ragazza non lo trovava più e molte volte lo chiese ai suoi fratelli ma essi non glielo ridavano, lei non cessava mai di cercarlo e di piangere chiedendo del vaso. I fratelli si meravigliarono di queste continue domande e perciò vollero controllare cosa ci fosse nel vaso; svuotarono questo e trovato il lenzuolo lo aprirono e videro la testa non ancora consumata, ma

la riconobbero a causa della capigliatura crespa. Essi rimasero meravigliati da questo e temendo che si sapesse in giro sotterrarono la testa e lasciarono Messina, ritirandosi da ogni attività commerciale, per trasferirsi a Napoli. La giovane non cessava di piangere e continuava a chiedere del vaso, fu così che morì piangendo e che finì il suo sfortunato amore. Ma poi la faccenda divenne conosciuta da molti e qualcuno compose quella canzone che ancora oggi si canta:” quale fu il male cristiano, che mi rubò il vaso ecc…”

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