Panca - Biomeccanica Avanzata - Parte 1

February 5, 2017 | Author: IronPaolo DangerousFitness | Category: N/A
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Panca - Biomeccanica avanzata – Parte 1

Eh si si si si si, ragazzi, mi spiace, ma quando sono in trip cognitivo ho bisogno di esaurirlo tutto… perciò anche stavolta e per le volte successive un bel pacco di falegnameria cerebrale. Il titolo è molto impegnativo: l’aggettivo “avanzato” fa sempre scena, ogni libro, dispensa, depliant, carta igienica che si rispetti, qualsiasi sia l’argomento trattato ha un capitolo dedicato a qualcosa di “avanzato”. Fa molta pubblicità perché in libreria il possibile compratore sfoglia il sommario e i titoli dei capitoli soffermandosi solo su quello che lo colpisce: di sicuro chiunque si fionda sulla sezione “avanzata” dato che tutti pensano di essere particolarmente competenti, furbi, intelligenti, carismatici, mica come tutti gli altri fessi che fanno le cose a pene di cane, nevvero? Pensate ad un libro con capitoli che si intitolano “sezione per scarsissimi principianti”, “concetti di base per fottuti niubbi che non conoscono una cippa”, “cose banali per chi è già ad un certo livello ma già incomprensibili per te che non ci capisci un cazzo”. Il problema è che stavolta i concetti saranno veramente incasinati ma, come sempre, mica l’ho inventato io il corpo umano! Perciò se è complicato comprenderlo, predetevela con Quello Lassù. Ci addentreremo in un modellino di braccio mosso dal muscolo pettorale disegnato come una freccetta, relativamente semplice ma con degli enormi limiti. Poi aggiungeremo il deltoide. Il solo, fottutissimo, deltoide. Incredibilmente, un solo muscolo renderà il modello concettuale molto più complicato e i calcoli complicatissimi. Ancora: possibile che muscoli carnosi come il pettorale ed il deltoide siano sempre rappresentati come delle scialbe freccette? Ma dai… rappresenteremo questi due muscoli con più freccette per vedere cosa succede. Infine: lo sapete a che serve addurre le scapole nella panca? E fare l’arco? E perché esiste uno sticking point che fa piantare il bilanciere a 15 cm dal petto? Se non ve ne frega niente, amici come prima. Altrimenti dovete leggere e cercare di capire: non credo che Valentino Rossi salga in sella e spalanchi il gas e basta, perché se poi non sa chiacchierare con i suoi meccanici la moto non renderà a modo. Perciò anche lui deve sapere, quanto basta, come è fatto il mezzo che pilota, i pezzi che lo compongono e il suo funzionamento. Più ne sa, più potrà portare la moto ai suoi limiti. Così voi Dato che la falsa modestia è secondo me un peccato capitale come la superbia, vorrei essere anche chiaro su un aspetto: so di aver fatto un buon lavoro, non ottimo ma sicuramente molto buono. Se è vero che il mondo dei pesi vive sui soliti argomenti fritti e rifritti, questa è veramente roba nuova.

1

Ho preso spunto da molti articoli di biomeccanica che perciò potete leggervi da soli, però non troverete nessuno così suonato da crearsi un modello autonomo, trarre delle informazioni, farvi tutti i disegnini e gli schemetti per far capire alle vostre testoline a che serva nella pratica tutta questa biomeccanica. Questa roba io non l’ho trovata da altre parti, perciò è nuova ed è mia. Non mi dovete dire “grazie Paolo, tu che illumini le nostre menti con la luce della comprensione!”, qua nessuno è pagato e le cose si fanno per il piacere di farle, se non vi interessano, ragazzi, mica me la prendo… però avete a disposizione uno che il tempo ce lo perde, perciò il mio consiglio è di approfittarne: sono cose difficili e dato che comprendo la difficoltà ho dato molta importanza proprio alla didattica, però dovete, comunque, “studiarle”. Sono convintissimo di quello che scrivo, che le mie ipotesi siano corrette. Non ho modo di dimostrarle sperimentalmente perché non ho l’apparecchiatura per l’EMG, non ho la pedana che registra le forze, non ho 4 o 5 telecamere a 120Hz e tutto il software di motion detection. Però per il motion detection mi sto organizzando. Perché io voglio capire il mondo che mi piace e fino a che non sono arrivato al livello di comprensione che mi interessa… picchio duro. Come l’altra volta, una preghiera: qualche anima pia non potrebbe far vedere questa roba a qualche prof universitario? Sarei curioso di potermi confrontare con qualcuno e non essere il solito pazzo eremita che delira davanti ad un monitor!

Rimbocchiamoci le maniche

45Kg    Forza del pettorale

Forza peso 10 Ton

A sinistra il cugino di Eddie che fa la panca, visto lateralmente: le due frecce identificano la forza esercitata dal pettorale e quella della forza peso. Quest’ultima, dato che vale la “regola” del gomito sotto la mano, è come se fosse applicata direttamente al gomito: questo permette di non considerare l’avambraccio nell’analisi. Il modello meccanico a destra è l’equivalente meccanico bidimensionale di quello umano. Per arrivare ad un risultato “gestibile” è necessario quasi sempre eliminare la terza dimensione, la profondità. Questo porterà a dei limiti che diventano cruciali quando vengono dimenticati!

2

uh oh…

Fperp F

F = Fperp

Fperp

F

10 Ton

Fpar = F

Fpar

Fperp = 0

10 Ton

10 To n

Fpar Fpar = 0

10 Ton

10 Ton

Iniziamo a giocare con il nostro giocattolino nuovo: dò gas al pistone e la leva inizia a ruotare in maniera antioraria sollevando il peso. La rotazione cambia la configurazione meccanica delle leve: per studiare ciò che accade utilizziamo la freccia che è chiamata versore, cioè un vettore che ha la stessa direzione e lo stesso verso della forza del pistone, ma ha intensità pari a uno. E’ in pratica un uno vettoriale, infatti in tutti i disegni la lunghezza della freccia è sempre la stessa. Cambia, invece, la ripartizione delle componenti del versore che sono parallele e perpendicolari alla leva: sappiamo che una forza fa ruotare una leva grazie esclusivamente alla componente perpendicolare, mentre quella parallela agisce solo come trazione sul fulcro. A sinistra la componente perpendicolare è proprio pari all’intero versore, infatti leva e pistone formano un angolo retto, la condizione più favorevole per far ruotare la leva stessa. Al ruotare della leva, però, inizia ad incrementarsi la componente parallela a discapito di quella perpendicolare fino a che questa non diventa zero quando pistone e leva sono allineati. questo momento la situazione è analoga alla seguente:

??

Abbiamo dei geni qui… E’ un ingegnere Fagli un flow chart altrimenti non capisce

3

Voler aprire una porta in questo modo non è da furbi, il motivo è che per ruotare un oggetto è importante sia l’intensità della forza ma anche il modo con cui questa forza viene applicata! Sembra complicato ma la prima volta che fate una cazzata del genere diventa istantaneamente chiarissimo. Il peso tende a far ruotare la leva in “avanti”, cioè in senso orario, noi vogliamo mandarla “indietro” tramite la forza del pistone. Più la leva ruota indietro, più la frazione di forza del pistone che viene utilizzata per la rotazione diventa piccola, perciò necessariamente deve aumentare la forza del pistone stesso, a compensazione! Poco prima dell’allineamento fra pistone e leva, la componente perpendicolare della forza del pistone è diventata una caccola, pertanto il pistone dovrebbe generare una trazione enorme e… si scassa! 50

Il

0,35

45 0,30 40 0,25

10 To n

35

30 0,20 25 10 Ton

0,15

20

15

0,10 10 Ton

10

0,05 10 Ton

5 10 Ton

-30

-20

-

-10

0

10

20

30

40

50

60

grafico è un ausilio alla comprensione, non una barriera: non rifiutate questa roba a priori ma cercare di associare al disegno quello che scrivo, poi memorizzate il disegno. Come sempre, è un grafico qualitativo nel senso che è importante la forma e non i valori numerici perché il modello è troppo semplice per ottenere indicazioni numeriche realistiche. Sull’asse orizzontale riporto l’inclinazione della leva in gradi, una inclinazione negativa indica che la leva è inclinata verso il basso, positiva che è inclinata verso l’alto. La curva in rosso descrive come varia il contributo della forza del pistone in direzione perpendicolare alla leva. Notate come, via via che la leva ruota, questo contributo aumenta per poi decrescere: quando la leva è in orizzontale infatti siamo nella condizione migliore per esprimere

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tutta la trazione dello stantuffo nella rotazione, quando il pistone è allineato alla leva, la forza perpendicolare è praticamente zero. La curva rossa rappresenta così l’insieme di tutti i disegnini precedenti, per questo un grafico è un modo estremamente sintetico di comunicare informazioni, basta conoscere il modo di leggerlo! La curva in blu descrive invece la trazione che il pistone deve esercitare per far ruotare la leva al variare della rotazione di questa: è circa costante per un bel pezzo della rotazione, poi quando la leva tende ad allinearsi con il pistone inizia a crescere sempre più drammaticamente: sempre meno forza viene utilizzata, pertanto per mantenere la rotazione sempre più forza devo produrre. Hesta claro? Il problema è che questo è un sistema fisicamente sbagliato ah ah ah, fregati! Tanta fatica per capire qualcosa che non può funzionare. Ok ok ok, non è tempo buttato via, anzi la comprensione dell’errore è fondamentale per apprezzare la soluzione corretta. Due muscoli sono meglio di uno Il punto è: nessun pettorale può generare quel tipo di forza, si strapperebbe prima, ma… voi usate solo il pettorale per fare la panca? “Ma certo che no! Nella panca si usa almeno anche il deltoide!”. Perfetto. Modifichiamo il tutto così:

Forza del pettorale

Vediamo adesso…

45Kg   

Forza peso

Forza del deltoide

10 Ton

Du gust il megl che uan, come diceva Accorsi prima di diventare famoso in film impegnati… Due muscoli, due pistoni, due trazioni distinte.

Fperp = Fpett

Fperp = 0 10 Ton

Fpar = 0

Fpar = Fpett

Fdelt Fperp = 0

10 Ton

Fperp

Fpar

Fpar = Fdelt

Adesso è tutta un’altra musica!

5



A sinistra l’inizio della rotazione: Il deltoide è nelle condizioni peggiori per far ruotare la leva in maniera antioraria perché è totalmente allineato con la leva. Chissenefrega, tanto ho il pettorale che è nelle condizioni ottimali!



A destra il momento in cui invece è il pettorale ad essere allineato con la leva. Adesso però il deltoide può tirare con una leva molto buona, alleviando così il compito del pettorale. 0,35

Muscles Moment Arms

Fperp

0,30

Fpett

Pettorale 0,25

10 Ton

0,20

10 Ton

Fpar

Deltoide

0,15

10 Ton

0,10

Fdelt

Ma qui? 0,05

Fperp -90

-80

-70

-60 -50

-40

-30

Qui lavora il pettorale…

-20

-10

0

10

20

30

40

50

60

70

80

Fpar

90

… qui lavora il deltoide

Aha! Adesso le cose vanno mooooolto meglio! Il grafico a sinistra che descrive, come nel caso precedente, quanta trazione dei pistoni si trasforma in forza che fa ruotare la leva: 

L’area bordata a sinistra mostra come “lavori” il pettorale e non il deltoide: fino a circa -20° di inclinazione la trazione è tutta a carico del pettorale e il deltoide si trova in condizioni assolutamente svantaggiose dato che il contributo della sua forza perpendicolare alla leva è zero.



Nell’area bordata a destra “lavora” il deltoide e non il pettorale, per lo stesso motivo.

Deltoide e pettorale si scambiano perciò i ruoli all’inizio e alla fine del movimento, come tutti coloro che hanno provato la panca su questo pianeta ben sanno: quando un muscolo non funziona più “bene” un altro prende il suo posto! Risolto un problema, ne arriva subito un altro come sempre succede negli argomenti incasinati! Cosa succede nell’area indicata dal prof? La risposta è indicata a destra, ed è assolutamente logica e sperimentabile sul campo: “sia il deltoide che il pettorale partecipano alla rotazione dell’omero per sparare il bilanciere verso l’alto, che c’è da capire?” Infatti, è così, non c’è da capire un bel niente! Adesso però l’aspetto poco simpatico: chi sa dirmi quanto è il contributo del deltide e quanto del pettorale? 50 e 50? 25 e 75? A caso? A simpatia? L’inserimento di un solo (fottutissimo) muscolo crea un sistema meccanico di tipo iperstatico: sono presenti più forze rispetto a quante ne servono per mantenere l’equilibrio. I sistemi iperstatici sono antipatici perché indeterminati: non esiste nessuna formuletta anche complicata che permetta di calcolare le forze in gioco e di disegnare dei geroglifici grafici. Due muscoli e tutto questo casino… e il corpo umano ne ha centinaia!

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Minimizzazione Ok, la panca è un problema iperstatico, perciò le forze in gioco sono indeterminate. Però quando fate la panca… il bilanciere non va su con una traiettoria casuale! Il cervello è assolutamente in grado di calcolare quanta manetta deve aprire per creare la trazione corretta, perciò esiste per forza una soluzione al problema. Adesso scrivo un po’ di matematichese del cazzo, vi prego di non spaventarvi ma di capire il senso: scrivo queste formule come un appunto personale, preferisco metterle qui piuttosto che in un fogliaccio che poi perderò o in un quadernino riposto nel solito luogo sicuro dove verrà rubato dagli gnomi che albergano in tutte le case.

 O pett

y

 P

 Odelt

 v pett

 rdelt

 vdelt

 rP

 v pett

 x

Il disegno è la versione high-tech delle leve e dei pistoni, ho indicato i vettori, i versori, i punti di aggancio di deltoide e pettorale con le O… dai, freccette, assi cartesiani, lettere in basso ad altre lettere…le solite cose che  uso perfare scena  e sembrare intelligente.

 pett   delt   P  0

       0la condizione rpett  Flegge rdelt l’equilibrio Fdelt vdeltdeimomenti, rP  Pcioè pett vdella pett  L’equazione in alto è la seconda Statica, per cui la leva che rappresenta l’omero non ruota: deltoide e pettorale creano una coppia meccanica che compensa perfettamente quella della forza peso. L’equazione in basso è la precedente riscritta esplicitando i vari momenti, non aggiunge niente di più ai concetti dell’altra.  Fpett  0   Fdelt  0

7

Questo è un vincolo,’ la versione matematica di “un muscolo tira sempre un osso e non lo spinge, sa solo contrarsi volontariamente e non allungarsi”. Nel linguaggio della Matematica solitamente il verso di percorrenza, di trazione, di compressione, insomma “vado di qua o di là” o “a destra o a sinistra” viene indicato con “+” o “–“ , positivo o negativo, basta mettersi d’accordo. Decido che una forza che “tira” sia positiva, una che “spinge” sia negativa. I muscoli “tirano” le ossa, non le “spingono”, pertanto la forza che generano deve sempre essere positiva, come appunto scritto sopra. Tecnicismi, dai… Adesso la parte che mi preme di più:



min Fpett   Fdelt  2

2



Per calcolare la forza del pettorale e del deltoide stabilisco che per ogni angolo di rotazione dell’omero deve essere minima la forza complessiva del deltoide e dei pettorali. Lasciate stare il fatto che deve essere minima la somma dei quadrati, come diceva il mio prof di Calcolo Numerico, “mica vorrete farvi infinocchiare dai Matematici…” Quando fate la panca, il vostro cervello ha a disposizione una quantità enorme di muscoli. Secondo voi quale criterio di scelta userà il cervello fra quelli seguenti? 1. Utilizzare i muscoli pari e far riposare quelli dispari. 2. Usare i muscoli che piacciono ai culturisti e disattivare quelli dei tapascioni. 3. Utilizzare tutti i muscoli possibili spendendo quanta più energia possibile. 4. Utilizzare la minor forza totale possibile per minimizzare l’energia necessaria al movimento. 5. Tirare una monetina, se viene testa si contrae il pettorale, se viene croce il deltoide. Per quanto astrusi, sono tutti criteri di scelta. Presumibilmente il Sistema Nervoso utilizzerà un criterio simile al n°4: per il principio dell’efficienza, perché utilizzare per certo compito più energia di quanto richiesto? Problemi del genere pertanto sono detti di minimizzazione, non ci sono formule “precise” o, come si suol dire, chiuse, ma criteri che permettono di trovare una soluzione minimizzando un qualcosa detto funzionale di costo: fare la panca ha un costo energetico, il cervello cerca di renderlo minimo. Le persone problematiche che traggono piacere da questa roba troveranno in letteratura una serie notevole di criteri di minimizzazione: minimizzare le forze, le forze su tutto il percorso, i momenti, il rapporto dei momenti con le forze e così via. Anche in questo caso, non perdetevi nei dettagli insulsi tralasciando i concetti invece importanti: il punto fondamentale è che il sistema nervoso “sceglie” quali muscoli attivare o disattivare cercando di minimizzare le risorse da utilizzare. Sulla base di migliaia di input sensoriali il cervello traduce la volontà si “spingere via il bilanciere dal petto” in una serie di ordini alle singole fibre muscolari per scegliere una delle infinite traiettorie possibili. Ribadisco: non esiste una traiettoria unica, ma infinite: è la vostra testa che la sceglie! Per calcolare i contributi del deltoide e del pettorale non basta più carta, penna e Excel standard ma è necessario utilizzare metodi di calcolo ben più impegnativi anche se poi, alla fine fa tutto il Risolutore di Excel ah ah ah

8

10

2,0

Muscles Forces 1,5

8 1,0

Pettorale 0,5

6

0,0

Deltoide

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

2

2,5

4 -0,5

-1,0

2 -1,5

0 -90

-80

-70

-60

-50 -40

-30

-20

-10

-2,0

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

Applicando il criterio di minimizzazione descritto precedentemente si ottiene il risultato a sinistra: all’inizio il movimento è tutto a carico del pettorale, per funzionare sempre meno all’allinearsi con l’omero. Contemporaneamente il deltoide inizia a contribuire alla rotazione perché sempre più nelle condizioni ottimali per fare trazione. Alla fine è il deltoide che chiude l’alzata: mentre prima il pettorale avrebbe dovuto generare una forza immensa perché la sua leva era svantaggiosissima, ci pensa il deltoide con “poco” sforzo e il pettorale è addirittura disattivato! Ho indicato il punto in cui i due muscoli forniscono lo stesso contributo e a destra la configurazione meccanica nel momento in cui ciò avviene. La forza del deltoide va infine a zero perché non è più richiesta: le braccia sono estese, il bilanciere sopra le spalle, tutti sanno che non c’è bisogno di molta forza per tenerlo in questa posizione. Il risultato è notevole perché realistico! I sensori cablati dentro il nostro corpo forniscono informazioni al cervello in modo da fargli capire quanto il movimento sia svantaggioso o meno per un dato muscolo e, piuttosto che farlo contrarre sempre di più, preferisce attivarne un altro. E’ sorprendente, non trovate? Un algoritmo di minimizzazione vivente! Cioè: il semplice criterio “oh… fai in modo che le forze siano sempre le più piccole possibili” ha portato a questo risultato e non ad avere, che so… il pettorale sempre contratto, anche ad un livello minimo o delle oscillazioni o quant’altro. (continua)

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