paleografia latina

July 5, 2017 | Author: Giugi Catucci | Category: N/A
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paleografia, scrittura, evoluzione, storia...

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PALEOGRAFIA LATINA DI G. CENCETTI

GUIDE 1

JOUVENCE

PREMESSE

Questa edizione è una ristampa del Compendio di Paleografia latina di GIORGIOCENCETTI,redazione in più punti aggiornata, fino al 1966, della Paleografia e papirologia, apparsa per la prima volta nella Guida allo studio della civiltà romana antica, diretta da V. USSANI e F. ARNALDI,II, Napoli, 1954, pp. 557-629. Nel riproporre l'opera quale ausilio tuttora fondamentale per lo studio della scrittura latina, la si è corredata .u una nota bibliografica e di una nuova scelta di illustrazioni, ambedue curate da PAOLASUPINOMARTINI,cui si deve anche la supervisione della ristampa.

© 1978 SOCIETA EDITORIALE ]OUVENCE a.r.l. 00191 Roma - Via Castelfranco Veneto, 88 - Tel, 06/32.77521

Le opere superstiti degli scrittori latini ci sono pervenute ciascuna in una sua] tradizione--;-cioè_in_ ~~s o .di copie manoscritte (che possono talora ridursi anche a una sola) risalenti,attraverso una lung~ trafila di copie intermedie, la maggior parte delle qual! perdute, all'originale manoscritto dell'autore. Compito dell'editore di testi è studiarle accuratamente vag~i~rle e confrontarle per accertare il testo genuino: avvicinandosi per quanto è possibile a quello uscito dalla penna dell'autore medesimo: si tratta, cioè, di eliminare le numerose discordanze spesso presentate per un medesimo passo dai codici della tradizione in seguito ad errori di copia o alterazioni volontarie di amanuensi e correttori. Prima, tuttavia, di procedere a questa collazione, è necessario studiare ciascun codice singolarmente: occorre perciò che l'editore sia anzitutto un \ buon paleografo. Scopo della paleografia è, infatti, non solo interpretare esattamente gli antichi manoscritti, ma anche datarli,. 'localizza.rli:' in gen~rale,.. trarre dal ~oro aspetto esteriore tutti gli elementi utili allo studio del loro ( contenuto e, su un piano più ampio, alla storia della cultura in genere. Il suo studio comprende pertanto: quello dell~ materie scrittorie e degli arnesi usati per scrivere nel vari tempi e nei singoli luoghi; quello della 7

Premessa

Paleografia latina

,I preparazione del codice per ricevere la scrittura e delle forme esteriori dei codici; quello della storia della scrittura alfabetica (paleografia in senso stretto); que o dei segni accessori della scrittura a fabetica (interpunzione, numera', segni ortografici e critici, ecc.); quello delle \ scritture tachigrafiche e brachigrafiche e delle crittografie dell'antichità e del medioevo. Ognuna di queste parti, in uno studio approfondito, andrebbe esaminata con attenzione perché ciascuna può assumere valore critico importantissimo: peraltro, sebbene sia del tutto erroneo distinguere una paleografia « dei codici» da una « delle carte» perché il fatto «scrittura» è unico e m lvi uo ne suo svolgimento storico anc e se ....PEg articolarsi in espressioni molteplici, alcuni di quei capitoli hanno per il filologo importanza minore c _e.JlQU per j1 dfplomatisfi e, considerato lo scopo specifico della presente opera, potranno o essere trascurati o essere trattati per semplici accenni. Non diversamente potranno essere trascurati altri argomenti (miniatura e paleografia musicale) che, sebbene possano ornire Ulteriori, assai importanti elementi di critica, pure sono in sé estranei alla paleografia vera e propria. Nota. - I necessari rinvii a facsimili, salvo casi speciali nei quali le citazioni sono fatte per intero, sono limitati alle seguenti opere o raccolte: a) citate con sigle, seguite dal numero del facsimile o della tavola: C.L.A. - E.A. LoWE, Codices latini antiquiores, VoI. I [nn. 1-117], Tbe Vatican City, Oxford, 1934. VoI. II [118277], Great Britain and Ireland , ivi, 1935. VoI. III [278406], Italy: Ancona-Novara, ivi, 1938. VoI. IV [407516], Italy: Perugia-Verona, ivi, 1947. VoI. V [517-703], France: Paris, ivi, 1950. VoI. VI [704-841], France: 8

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Abbeville-Valenciennes, ivi, 1953. VoI. VII [842-1021], Stoitzerland, ivi, 1956. VoI. VIII [1022-1229], Germany: Altenburg-Leipzig, ivi, 1959, VoI. IX [1230-1442], Germany: Maria Laach-Wiirzburg, ivi, 1959. E.L. - L'écriture latine, de la capitale à la minuscule, par J. MALLON,R. MARICHAL,Ch. PERRAT,Parigi 1939. A.P.I. - Archivio Paleograjico Italiano, diretto da E. MoNACI, poi da V. FEDERICI,infine da F. BARTOLONI,G. CENCETTI,R. PIATTOLI,voll, 13 in 62 fascicoli (in continuazione), Roma 1882-1958. P.S. ~ The Palaeograpbical Society, Facsimiles 01 Manuscnpts and Inscriptions, ed. A. BOND,E.M. THOMPSON, G.F. WARNER,2 serie in 5 volumi, Londra, 1873-1894. N.P.S. - The New Palaeograpbical Society, Facsimiles 01 ancient Manuscripts, ed. E.M. THOMPSON,G.F. WARNER, J.R. GILSON,2 serie in 4 volumi, Londra, 190'3-1930. b) citate col solo cognome dell'autore, seguito dal numero della tavola: BARTOLONIF., Esempi di scrittura latina dal I sec. a.c. al XV (Appendice agli Esempi del MONACI),Roma, 1934. CERLINI A., Atlante paleograjico; fascicoli 3, Roma, 1953. EHRLE F. e LIEBAERTP., Specimina codicum latinorum vaticanorum, Bonn, 1912. FEDERICIV., La scrittura delle cancellerie italiane dal sec. XII al XVIII, Roma, 1934. KIRCHNER S., Scriptura latina libraria a saeculo primo usque ad [inem Medii Aevi, LXX imaginibus illustrata, Monaco, 1955. MONACIE., Esempi di scrittura latina dal secolo I di Cristo al XVIII per servire all'insegnamento paleografico nelle scuole universitarie, Roma, 1898. Seconda ed.: Esempi di scrittura latina dal secolo I dell'era moderna al XVIII, ivi, s.d. [1906]. STEFFENSF., Schrifttafeln zur lateinischen Paldograpbie 2 ed., T:eviri, 19?9; ed. francese; Paléographie latine, ~ar F.S., ed. française par R. COULON,Treviri-Parigi, 1910.

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.., P aleografia latina I

Le citazioni dei papiri sorto fatte con le sigle consuete, il cui elenco si trova in tutti i manuali di papirologia, p.e. A. CALDERlNI,Manuale di papirologia, Milano, 1938. Per una più larga informazione si potrà fruttuosamente ricorrere ad EM. THoMPsoN, An Introduction to Greek and Latin Palaeograpby, Londra, 1912, opera vecchia ma ancor utile per l'abbondante esemplifioazione, o ai più recenti nostri Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna, 1954-56. Una rapida sintesi della storia della scrittura secondo le idee della recente scuola francese è data da R. MARlCHAL,De la capitale romaine à la minuscule, in M. AUDIN, Summe typographique, Parigi, 1947, pp. 63-111; una trattazione più ampia in J. MALLON, Paléographie romaine, Madrid, 1952. Ottimo manuale italiano per chiarezza d'impostazione, limpidezza d'esposizione e sicurezza d'informazione è quello di G. BATTELLI,Lezioni di paleografia, 3a ed., Città del Vaticano,~che, ur seguendo l'indirizzo sico e :tradizionale dell'insegnamento paleografico, non trascura di ar conto deg i studi in a ora -pubblicati, ispirati a nuovi orientamenti, accettandone in parte alcune conclusio~i. Tali orientamenti sono, invece, volutamente ignorati nel perspicuo e informato riassunto di B. BISCHOFF,Paldographie, in Deutsche Philologie im Aufriss, 2a ed., BerlinBielefeld-Monaco, s.a., (ma 1957), collo 379-452. Bibliografi.a fino al 1918 in H. NÉLIS, L'écriture et les scribes, Bruxelles, 1918; poi in P. SATTLERe G. VON SELLE, Bibliographie zur Geschichte der Schrift bis ins [abr 1930,· Linz, 1935 (« Archiv fiir Bibliographie », Beiheft 17). Le lacune di quest'ultima opera, anche per pubblicazioni anteriori al 1930, possono essere in parte colmate, soprattutto per quel che riguarda gli studi italiani, dall'Indice delle opere citate nei citati nostri Lineamenti, pp. 489-517.

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MATERIE E ISTRUMENTI SCRITTORII

Le materie scrittorie dell'antichità classica, a parte gli OCT'tpa:x:cx. studiati dalla papirologia, ~ono soprattutto il marmo o la pietra e il bronzo, per le iscrizioni mo~umentali· il legno, sotto forma di tavolette cera te, per appunti, lettere, conti, documenti, ecc.; il papjro e, iù tardi, la pergamena 'per i libri e anc e per i documenti. Queste materie continuarono ad essere usate anche ~l medioevo. Sulla Eietra e sul bronzo le le~ran2.. di regola incise con martello e scalpello, seguendo la traccia di un modello (ordinatio recedentemente disegnato o graffito: in quesi nei più antichi esempi pervenutici, che sono tre graffiti vascolari uno romano, uno ardeatino e uno capeno (C. L L., 12, 476 479) attribuibili al sec. IV a. C. nei quali la O è aperta in basso la A ha la traversa dìsarticolata e disarticolate sono anche la N e la L, la F ha la forma a due aste verticali su cui torneremo fra poco. E, poiché la scrittura del periodo arcaico è ancora inqualificata e di uso promiscuo, forme di origine corsiva si trovano usate anche in iscrizioni vere e proprie: così la D aperta in basso del cippo di Albano (C. L L. 1,2659, sec. IV), la M disarticolata del cippo pesarese (C. L L. XI, 6301, metà sec. III), ecc. ]l prodotto iù car.atterist_ico,a nostro credere, di queste tendenze sono le lettere E e F ridotte a due trattini verticali à!alleli (u ali nella E!irIla iù breve ! il secondo nell'altra), che appaiono er la rima volta ris ettivamente nel secolo III "('éippo pesarese cit., iscrizione di lfrancolise, C. L L., X, 4719) e nel citato bucchero romano C. L L. I z, 476, e prolungano la loro vita quanto meno sino alla tavoletta di Oxford del 198 d. C.: esse, infatti, potrebbero spiegarsi con la disarticolazione, verticalizzazione e fusione delle code delle due lettere oblique nella scrittura arcaica: le tre della E avrebbero dato un tratto verticale pari all'asta, le due della F un tratto minore. 35

Paleografia latina

La scrittura latina nell'età romana

Il filone corsivo della scrittura latina deriva dalla scrittura arcaica ma, parte viva com'è della «usuale », non accetta cristallizzazioni, si evolve continuamente e applica la sua opera di riduzione anche a forme alfabetiche seriori, magari canonizzate. Un'idea di questa adattabilità può esser data dall'esempio della l e della D che, partite da un tracciato calligrafico in cui l'asta era indi endente da li ~chielli (5, 6), si mantennero per

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circa tre secoli nelle forme aperte in basso che si trovano ancora nei più antichi graffiti pom eiani (p-:-e.C.I. L. IV, 4966 e 4971, età sullana) e nelle dejixiones della John Fax University (età cesariana ); ma uando si diffuse il tracciato caratteristico della ca itale rustica 7 8) ad esso si rifecero riducendo a occhiello il tratto ang;lare di sinistra e a linea ondulata o (rispettiva~nte)~ena curva uella di destra (9, 10). Analo amente la E, pur ~rvando di ~ma la forma corsiva arcaica (11), accanto ad essa svol e dal tracciato ca itale in tre tratti (12), attraverso l'arrotondamento di quello angolare di sinistra e la soppressione (piuttosto che l'immedesimazione) della coda superiore, il doppione omofono (13). Il risultato complessivo di questo travaglio si può vedere nella fig. 3, ove le forme alfabetiche della capitale rustica sono messe a confronto con uelle corsive del I secolo d. C. quali appaiono nella ricchissima documentazione dei graffiti parietari e delle tavolette cerate pompeiane, pubblicate con numerosi facsimili nel voI. IV (con supplemento) del c.I.L. (tav. IV). Nella figura i segni capitali sono stati scomposti nei loro tratti, con indicazione del senso e dell'ordine in cui erano tracciati

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Fig. 3 36

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La scrittura latina nell' età romana

Paleografia latina e un breve confronto sarà sufficiente, nella maggior parte dei casi, a spiegare la formazione dei corrispondenti tracciati corsivi. Nel materiale pompeiana non appaiono vere legature: se ne trovano invece, e largamente sviluppate, nelle tavolette cerate daciche (v. avanti, p. 59) appartenenti agli ·anni 131-167 d. C. Esse sono, naturalmente, condizionate dalle già segnalate caratteristiche della tecnica della scrittura a sgraffio e pertanto, non potendo svolgersi da sinistra verso destra, sono in pratica costituite quasi esclusivamente da tratti discendenti di inclinazione diversa tracciati senza sollevare lo stilo, a costo anche di abbassare l'inizio del secondo, disarticolando fortemente i segni alfabetici. Così, per esempio, i segni 14, 15, 16 (M, A, R) si legano, 17, dove il primo tratto è il

M .r.rP:

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primo della M, il secondo è la fusione del secondo e terzo della medesima M, il terzo l'analoga fusione dell'ultimo tratto di M e del primo di A, il quarto la fusione dell'ultimo tratto di A e del primo di R, l'ultimo, infine, la coda della R. Delle poche tavolette cerate posteriori pervenuteci, scritte in questo tipo di corsiva, alcune si riallacciano al tipo pompeiano senza legature, altre a quello dacico con legature. Peraltro, questa scrittura (detta nella terminologia tradizionale 'mai ola' o, men bene, (capitale' corsiva) non è che una delle molteplici espressioni della «usuale», la quale era altrettanto e forse anche più frequentemente adoperata sul papiro, e a scopo non solo documentario ma anche librario. Purtroppo le scarsissime testimonianze che ce ne rimangono non sono sufficienti ad illuminare compiutamente 38

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tensc processo di evoluzione della scrittura romana nei pritre secoli dell'era cristiana, che è stato perciò variamente :erpretato, essendo~ene trovato l'~pulso fo~dam~ntale o~a lo nel filone corSIVOora solo In quello librano ora 1U s~mplici fatti tecnici (inclinazione del foglio rispetto alla pen~a) ai quali si è data. importa~a maggi~re .~ qu~nto non meritassero. Ognuna di queste mterpretazìom e unilaterale: in realtà quel processo è un fatto complesso, tecnico, estetico e culturale insieme, e sua sede è I'intera scrittura « usuale », VfJ non l'uno o l'altro dei rami (documentario e librario) nei quali è per Io più divisa da coloro che non ne riconoscono & la sostanziale unità e non la distinguono dalle scriture cano- c. verI-' nizzate, per le quali il discorso è necessariamente diverso. (:> In essa, cioè nelle svariatissime scritture individuali nelle quali concretamente si esprime, istanze corsive e istanze S~rafiche si in~recciano, si sovr~ppongo~o, ~i alterna~o continuamente, e 11 processo evolutivo consiste In una serre di mediazioni fra quei due parametri, ora adattandosi al tracciato cal1igrafico forme nate dalla spontaneità corsiva, ora tracciandosi rapidamente e corsivamente segni di formazione calligrafica. 1~

È qui impossibile esemplificare adeguatamente questo svolgimento, che, a quanto pare, ebbe fine verso la metà del secolo III quando tutti gli elementi accennati, ciascuno in vario modo presente per proprio conto nel travaglio del processo grafico, finiscono per combinarsi e la crisi scrittoria del mondo romano iun e a sua coml~aturazione. Allora le forme alfabetiche «normali» dalle quali aveva reso le mosse la canonizzazione ella capitale e alle quali, più o meno agevolmente, era possibile ricondurre quelle corsive delle tavolette cera te e dei papiri, sono sostituite da nuove, non più inscrivibili in un sistema bilineare e perciò non Eiù maiuscole fig. 4). Questa nuova scrittura romana, il cui iù antico e forse iù im ortante documento è un papiro 39

La scrittura latina nell'età romana

Paleograjia latina

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r~h1m Fig. 4

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contenente alcune colonne di un'Epitome delle Storie di Tito Livio (P. Oxy. 668, C.L.A. 208 = tav. V), fu identificata dallo Schia arelli, che le diede il nome di «semionciale arcaica », ma è preferibile chiamarla, seguendo l'esempio dei paleografi francesi più recenti, m i n u s c o la a n t i c aJ perché la «semionciale» (che, come si vema, e piuttosto un tentativo incompiuto della sua canonizzazione) è storicamente, rispetto ad essa, non un prius ma un posterius. E rimane bene inteso che attribuirle un nome non significa affatto considerarla come una scrittura tipica, governata da regole precise: significa solo adottare una denominazione di comodo, utile per raccogliere tutte le numerosissime, varie, fluenti espressioni posate usuali delle nuove forme alfabetiche «normali ». on un tipo, dunque, né una categoria, ma piuttosto un insieme di scritture individuali, accomunate dalla sola caratteristica di poter essere tutte riportate a una sola matrice comune. Dal rinci io del secolo IV in i, in tutto il mondo latino tutte le scritture individuali dipendono dai nuovi modelli normali, che ben presto entreranno anche nei manoscritti di maggiore impegno e le vecchie forme capitali rimarranno circoscritte, per tradizione, ai codici di lusso di alcuni classicI, ~ecialmente poeti. A parte gli importantissimi sviluppi corsivi, dei quali dovremo occuparci fra breve, e le calligrafizzazioni di scuola, delle quali ci occuperemo subito, si trovano tipi individuali di minuscola antica talora influenzati da forme scolastiche, talora così legati e correnti da poter ~ssere de miti semicorsivi: questi ultimi, anzi, sono raggruppati da alcuni paleografi sotto la denominazione, che noi



,

rifiutiamo di «quarto d'onciale ». Si trovano facilmente elle not~ e nelle ~losse apposte dai rispettivi possessori ~ margini e fra re linee cl'. co 'ci in scrittura canonizzata: 5 mpIO noto ne sono gli scolli al Terenzio Bembino (C. L. A. 12), ma si possono ricordare quelli dell'Eusebio ~ Oxford, Bodl. T. n. 26 (C. L. A. 233 a), quelli dell'Orosio laurenziano 65, I (C. L. A. 298), quelli del Lattanzio bolognese (C. L. A. 280) e molti altri, fra i quali paleograficamente importantissimi quelli al Frontone palinsesto Vaticano 5750 (EHRLE-LlEBAERT 6). Ma simili scritture erano usate anche r interi codici, dei qu . ci sono pervenuti frammenti, p. e.' icerone ilingue P. Ryl. 61 (C. L. A. 224), il Virgilio U. Ryl. 478 (C. L. A. 227), il testo liturgico P. Ryl. 472 J{IRCHNER,tav. 4 b), il Cicerone P. S. I. 20 (C. L. A. 286), ecc. Questi codici dovevano, anzi, essere più numerosi di quelli di lusso, in pergamena e in scrittura canonizzata, come dimostra la percentuale rispettiva dei ritrovamenti papirologici e la loro perdita totale o quasi va attribuita sia al loro minor valore venale, che non ne incoraggiava la conservazione, sia all'essere scritti di regola su una materia poco resistente come il papiro, sia all'avere appartenuto soprattutto a biblioteche private, rapidamente disperse, sia, infine, al fatto che le copie trattene nei secoli IX-XI indussero a trascurare i modelli, come per quelle stesse copie avvenne dopo che furono trascritte dagli umanisti nei secoli XV e XVI. Con la trasformazione

della scrittura normale latina sua com leta rinnovazione nelle formeillabetiche, il divario fra esse e la caitale, unica scrittura canonizzata libraria in uso presso e officine scrittorie, era divenuto trop o forte perché iiOrlsorgesse-l'impulso a una elaborazione calligrafica dOlle· nuove forme per adattarle anche alle esigenze dei libri di maggior pregio editoriale.

da rn--aiuscola in minuscola71a

Questo impulso fu raccolto da alcune scuole a partenenti, secondo una accorta ipotesi del Traube, a quell'Africa che,

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I La scrittura latina nell'età romana

Paleografia latina

da Apuleio e da Minucio Felice in poi, si era collocata alla testa della vita latina e latino-cristiana. Il Mallon, che rifiuta la distinzione fra maiuscole e minuscole, ritiene che tutta l'elaborazione sia consistita in un semplice ingrandimento delle lettere della nuova scrittura, con la sostituzione di b, d, r capitali alle minuscole e con l'adoaione di una forma di d già usata in Africa: noi riteniamo, invece, che il processo sia stato un poco meno semplice. Crediamo che i calli rafi africani siano artiti dalle nuove forme scrittorie ma a causa SIa eIT'ancor per urante gusto per il «monu~entalismo» del sistema bilineare, sia delladIfficoltà di staccarsi da forme pur sem re considerate solenni e calli rafiche e ancora di uso costante nell'e i afia sia infine del rifiutO iniziale dell'inclinazione dell'asse del foglio, abbiano finito er dar vita a una scrittura che ur accettando alcuni frar iù caratteristici dei nuovi segni alfabetici _altri ne rifiutava e comunque riduceva le aste in modo da contenersi ancora sostanzialmente in uno schema bilineare. E proprio a questo studio di..!Q!l1pere il meno possibile il bilinearismo con un'asta verticale, accompagnato da un pronunciatissimo gusto per le forme rotondeggianti, riteniamo deva attribuirsTI'a oziòne della d con asta obliqua, originaria della corsiva a sgraffio, del cui sia pur eccezionàle accoglimento in una scrittura libraria il Mallon vede giustamente un esempio nel papiro P. OXY. 30 (frammento de bellis Macedonicis, C. L. A. 207}, da lui attribuito al secolo I d. C. ~ ( -........,. '""'Nasce in ue to modo, robabilmente al rincl 10 del secolo IV, la s conda scrittura canonizzata romana, alla guale, prendendo lo spunto da un passo, frainteso, di s. Girolamo, i padri Maurini, alla metà del secolo XVIII, dettero nome di o n c i a e (tav. VI): nome che, ivenuto ormai tradiziona e, ~~ benissimo continuare ad essere usato per designarla C\ distinguerla.jjiica e canonizza com'è, dalla atipica 'è fluttuante minuscola antica, usuale di quell'epoca.

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caratteristiche dell'onciale sogliono indicarsi ome 18 19 20 21 sebbene in effetto nell'alfabeto le l ettere , , , , della nuova scrittura siano state accolte anche 22~ 23, 25 26 e alcune scuole, probabilmente non africane 24, 'quella da cui è uscito il codex Bezae del Nuovo (come bbi if Testamento, facs. C.L.A., II, 140) non a iano n 1':7 e abbiano preferito la 29 alla 28. Tuttavla tato l a 2

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c hl q u b 27

21

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entrando nel canone onciale, tutte queste lettere assunsero un tracciato spiccatamente arrot~n to ch~ le ~lla~quanto in confronto delfe cornspondent1 capitali, ~:ndendole più spaziose e pesanti, e che (una volta riconosciuta la origine «usua e » delle cosiddettWettere caratteristic e rimane una e la note individuatrici precipue di questa scrittura. A torto alcuni hanno volu.to ricondurre tale s iccatissima tendenza al rotondegglamento dei tratti a cause esclusivamente tecniche (sostituzione della pergamena al papiro come materia scrittoria usuale): essa dipende piuttosto, crediamo, da gusti estetici. Infatti la si può ritrovare, quasi trettanto sv' uppata non solo in manoscritti librari papiracei in scrittura ~suale (valgano per tutti i frammenti ciceroniani di P. Oxy. 1097, facs. C.L.A., II, 210) ma anche nei papiri documentari

coevi in corsiva.

Fra i più antichi e significativi manoscr~tti. oncial~ pervenutici si possono citare i frammenti del ~' C1Prl?~OtOrl?eseambrosiano-vaticano (C. L. A. 458) e quelli del LIVlOvaticano (C. L. A. 57), il ben noto codice k degli Evangeli CC..L. A. 465)e soprattutto il famoso palinsesto del D~ re publzca. CC:. L. A. 34-35), tutti del secolo IV, o, al massimo, del pnnci43

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P ateografia latina pio del V. I codici più antichi hanno di regola tracciato pesante, ma rapido, disinvolto, talora quasi corsiveggiante, e i loro scribi continuano a tenere er endicolare davanti a loro il foglio su cui scrivono, sicché i « pieni» calligrafici sono obliqui; !Ettavia ià d~Ete ~ secolo IV alcuni, come quello del celebre evangeliario di Vercelli, detto di s. Eusebio (C. L. A. 467), adotta la tecnica del foglio inclinato sparsamente ripresa, forse specialmente in Italia, nel secolo V, al quale si devono attribuire, fra gli altri, il frammento vaticano-urbinate di Probo (C. L. A. 117), i due s. Ilari veronesi (C. L. A. 484 e 485), il lussuosissimo eodex purpureus trentino degli Evangeli (C. L. A. 437) e un gruppo di codici giuridici che fanno capo al Gaio veronese (C. L. A. 488) e più tardi alle Pandette fiorentine (C. L. A. 295). Nel secolo VI questa tecnica, i cui prodotti si riconoscono fàcilmente per il chiaroscuro verticale (e non obliquo) delle lettere, diviene generale, e ciò ha dato occasione ad alcuni (fra cui, p.e., il Delitsch) di stabilire una distinzione, difficilmente accettabile, fra onciale « antica» e onciale « nuova ». L'uso del fo lio inclinato rmette, tuttavia, raffinatezze e lenocini calligrafici (trattini complementari, rifiniture di aste, _ecc..:.L!'ltrimenti im ossibiU, e già nel secolo VI cominciano ad approfittarne scribi come quello del Codex Vietor di Fulda (anno 546-47. C. L. A. 1196), che non si contenta di apporre alle aste trattini complementari, ma termina con bottoni i tratti orizzontali delle F e L, arrotonda fortemente Ue aste esterne delle M, ingrossa a triangolo l'inizio della traversa delle T, termina leziosamente in basso la prima asta delle N con un leggero risvolto a pieno morente verso sinistra, dando cosl alla scrittura un a~etto ricercato e affettato che da allora in poi e fino al secolo VIII, col uale l'onciale cessa dl essere usata per codici interi caratterizzerà nella maggior parte dei casi il suo uso per manoscritti con pretese di eleanza calli rafica: si veda, p.es., la ben nota Bibbia Amiacina; della biblioteca Laurenziana di Firenze ma di origine anglo-irlandese (sec. VIII in., C. L. A. 299). Durante i ~oli VII-VIII s ~o l'oncìale si pje a ad ammette~ qualche 44

La scrittura la)ina nell' età romana

.' locale' non è raro per esempio, che negli scntcaratterlSuca --=' . . hi li ;...-.;-mlncogallici la traversa della T cominci con ~ occ e o torll . o come nel così detto Missale Gotbicum della con un uncm , d' l o'blioteca Vaticana, Reg. 317 (C. L. A .. 106),.mentre a tra bi 'à partire dal secolo VI molti scribi senza pretese arte gl a 'all' af p .'. ano a tracci arIa rapidamente e non c 19r ìcamente, colJUllCl ., li ddirittura . uoducendovi man man~ elementi ml.~1U~CO e. a ., 10 corsive dando vita così ad onciali « rustiche» indilegature, l h . m viduali piccole: sgraziate, con aste a te, c e SI accostano se pre più alla mmuscola. La scrittura oneiale ebbe vita lunga non meno di cinque secoli (dal IV all'VIII do o ch~ se itò ad sere usata,. fino all'XI eal XII, er 1 titoli e le arole ~ dei ca itoli e larghissima diffus~one, estesa a tutte le terre che avevano fatto parte e Impero roma. ne 1909 il Lehmann, sulla base di schede lasciate no. . . . 390 diifTraube, ne elencava come pervenuti sino a nOI manoscritti, numero che oggi può ancora. essere elevato, se si tien conto dei frammenti che contmuamente vengono alla luce nei ritrovamenti papirologici .. La gr.and~ maggioranza di quei codici contiene opere di au~orl C~Istiani ma non è giusto fondare su questa semplice antmetica come taluni fanno, la giustificazione del titolo di «s~rittura cristiana» dato dal Traube all'onciale latina sul fondamento della ipotesi (dimostrata poi non esatta) della sua derivazione dall'onciale greca dei testi biblici, e ugualmente inesatto è asserire che ess~ f?ss~ volutamente usata per la trascrizione dei testi cnstiaru, lasciando la capitale ai pagani. In realtà l'onciale nata e diffusa nell' epoca del maggi~ fiorire del 'pensiero cristiano occidentale e della patristica latina, è piuttosto la scrittura nella quale sì esprime la civiltà di quel periodo di trapasso fra il mondo classico e il mondo me-

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l Paleografia latina

dievale che, sull'esempio degli storici dell'arte, si suole ora chiamare tardo-antico, con traduzione un po' approssimativa del tedesco Spatantike, e che trova uno dei suoi elementi vivifica tori profondi in un potente soffio di realistica spiritualità cristiana, culminante nei grandi nomi di Ambrogio, di Girolamo, di Agostino; e sotto questo ben più ampio e nutrito aspetto possiamo trovare acutamente giusta e far nostra la definizione del Traube. La scrittura onciale costituiva tuttavia, pur sempre, come si è visto, un com romesso (felice, se si vuole, e fortunato ma sempre compromesso) fra il vecchio e il nuovo, ed è perciò bene spiegabile che, anche dopo la sua larga diffusione, non solo continuasse ma in molte scuole scrittorie s'intensificasse la tendenza a ricavare dalle forme normali della «usuale» -un>;ltt; scrittura libraria che fosse minuscola, secondo il gusto .ormai affermato e generalizzato, più scorrevole e disinvolta dell'onciale e tuttavia altrettanto tipica e calligrafica. Accade così che, verso la fine del secolo V e il rinci io del VI, su quelle basi si svolge una nuova calli..srafizzazione, nella quale, accettando alcuni elementi formali ~gusto dell'epoca (p. es. la tendenza al rotondeggiamento dei segni e all'am12iezza delle lettere) e alcune tecniche scrittorie ormai comuni (posizione obliqua del foglio), tuttavia si ris ettano pienam:enté le forme alfabetiche dei modelli normali nella loro usuale espressione li raria. Anche questa calligrafizzazione ebbe fortuna e i coClici superstiti nei quali la troviamo usata, se non giungono al numero di 160 voluto dal Lowe (il quale comprende nel suo elenco anche manoscritti in minuscola antica usuale non calligrafizzata), sono tuttavia numerosi, e molti di essi uanto a lusso ed ele anza oco o nulla hanno da invidiare a uelli in onciale: basterà ri46

La scrittura latina nell'età romana

er esempio il noto S. Ilario della basilica di cor d a re , P ' . . dl O S pietro in Roma (tav. VII), scritto poco prima e 51 · C .., L A 1a) , il S. Ilario papiraceo viennese del se(acs. f lo VI (facs. ivi, val. I, pago 19), la seconda parte del~~< Ambrosiaster ». ~assinese del. medesimo .s:colo (facs. . . 474 a) il Sulpicio Severo scritto da Ursicino, lettore 1Vl , • • , della Chiesa veronese, nel 517 (facs. IVl 49~). Essa e tata perciò, finora considerata dai paleografl come un ~uo;o, terzo tipo di scrittura romanaL-che fu chian:ar:a da alcuni, seguendo il Wattenbach, «minuscola pnmiriva » o «minuscola antica », ma dai più, sull'esempio dei Maurini, s e m i o n c i a l e. n primo di questi nomi è in realtà, equivoco, quanto meno per noi, che lo abbr~mo usato per indicare tutte le espressioni posate del nuovo alfabeto «normale» minuscolo romano, dal secolo III in poi; il secondo, se inteso nel senso genetico che vollero dargli i Maurini (i quali pensavano a una derivazione dall'onciale) è erroneo: tuttavia ha il consenso della tradizione, e, inteso nel senso di « scrittura più piccola dell'onciale e derivata dal medesimo cep o..:>, può essere abbastanza convenientemente accettato. Ma l'accettazione del termine non significa anche accet/.azione, senz'altro, della cosa. Si può, infatti, seriame~t~ in dubbio che la semionciale sia veramente un tipo, una forma di scrittura con regole fisse e determinate. Nei manuali si sogliono indicare come sue caratteristiche le lettere a PO), g (31) e r (32); ma, a prescindere dal fatto che quel~ lettere appartengono,~ealtà all'alfabeto «usuale »,

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al

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il loro uso è tutt'altro che costante e coerente, tanto che il we, nel redigere l'elenco poc'anzi citato, constatata la impossibilità di trovare nei manoscritti in minuscola antica 47

La scrittura latina nell' età romana

Paleografia latina

forme alfabetiche ricorrenti con tale regolarità da poterle fermamente assumere come distintive di un tipo scrittorio, finiva per appigliarsi al singolare criterio di definire semionciali quei manoscritti non capitali nei quali apparissero almeno quattro lettere non onciali. In realtà, la « minuscola antica» è una scrittura il cui processo di canonizzazione (faticoso tanto per 'la concorrenza della già-canonizzata e largamente diffusa onciale quanto per il fatto che le sue forme, assai vicine alle usuali, facilmente scadevano di grado calligrafico, avvicinandosi a queste) è rimasto interrotto a causa della frattura dell'unità cùlttitale e scrittori a ~tina provocata dall;- invasioni barbariche. Il carattere peculiare del canone in formazione era da una parte la comp eta accettazione dei modelli alfabetici minuscoli della 'scrittura usuale, dall'altra il roton eg!Q..amento del tracci~) con c iaroscuro verticale anzic é obliquo: tuttavia così la pesante spazioslta dèll'« occhio» dei caratteri come il oco svilu o delle aste in confronto del cor o della scrittu~ continuavano ad attribuirle un'im ronta generale non tr2Ppo lontana da uella delle maiuscole e in articolare _d~l'onciale. Codici in semionciale sono relativamente fre uenti nel secolo VI, e in quest'epoca, per quanto è possibile giudicare intorno alle provenienze, l'uso di questa stilizzazione della minuscola antica è diffuso in tutti i paesi di cultura occidentale, raggiungendo talvolta notevolissimo livello calligrafico. È generalmente molto pesante e tracciata con disinvoltura. Nel secolo successivo il numero dei codici è ancora discreto, ma fra le rovenienze viene meno l'Africa, sommersa dalla marea islamica e, al contrario di quanto accadrà alla Spagna, definitivamente perduta alla latinità; anche in Spagna i manoscritti non abbondano e vi assumono caratteri particolari, tanto da autorizzare il Lowe a parlare di « semionciale visigotica ». In Francia e in Italia ca ita abbastanza facilmente che la scrittura sia trasandata e~ssolutamente 'priva _di calligraficità (es. la scriptio superior del palinsesto ambresiano G 82 sup., C. L. A. 344, quella della Interpretatio 48

Gai di Autun 24, C. L. A. 724, e dell'Agostino, pure di A tun 107, C. L. A. 729, ecc.). Con la fine del secolo VII 'l usemionciale muore e i pochi codici dai quali ci è ancora a esentata nell III sembra appartengano a un ristrettissimo P~ero di scuole (fra cui si potranno ricordare in Francia ~uella di Lione e in Italia quella di Verona) e mostrano spessO forme cont~ate con legatura corsiva anche ~à do.ve la scrittura è relativamente accurata. La sua breve rinascita nel secolo IX resso la scuola di Tours, ove è usata in forme piccole, :eggere, elegan:i, ~olto. callig:afiche,. per ~lcune p;u:t! di codiCl (p.es. nella Bibbia « di Alcumo » di Zurigo, dell età di Carlo il Calvo, STEFFENS 46 .è artificiosa e 'priva di s~~to.

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L'esame della trasformazione della scrittura «usuale» romana da maiuscola in minuscola è stato da noi finora condotto sulle sue espressioni librarie, e ne sono stati messi in evidenza tanto i riflessi mediati sulla formazione di una scrittura canonizzata (l'oneiale) quanto quelli immediati sull'interrotta canonizzazione della semioneiale; ma non meno importante è l'esame di quella trasformazione nelle es ressioni corsive della scrittura -u7uale, al quale dobbiamo ora dedicare una certa attenzione. Per uanto lar amente usata anche su pa iro, la corsiva maiuscola era ur sem re nata er essere scritta a sgraffio, e le sue forme alfabetiche fondamentaJ.ftanto bene si prestavano a un tracciato breve, verticale, intermittente, nervoso come quello dello stilo, quanto male (anche se convenientemente rimaneggiate e adattate) a un tracciato continuo, scorrevole, ondulato, facile alle curve come quello del calamo o della penna: ne uscivano infatti, talora, ghirigori quasi indecifrabili come quelli di P. OXY. 1271. Perciò il suo contributo alla evoluzione della «usuale» da maiuscola a minuscola, senza essere affatto trascurabile come alcuni vorreb49

Paleografia latina

La scrittura latina nell' età romana

bero (molte forme minuscole si trovano già nei graffi ti dell'età sullana e altre presuppongono una base maiuscola cor, siva) non è nemmeno determinante come vorrebbero altri (vi sono lettere minuscole che non possono in alcun modo riportarsi a basi maiuscole corsive): è semplicemente uno dei molti fattori che agirono nel complicato processo. Unico frutto diretto dell'uso della maiuscola corsiva su a iro fu la formazione di una scrittura canCeIl.eresca di-uso enerale ress~ uffici e li scribi del mondo romano (cf. avanti, pp. 61-63) e, ,attraverso e~ uella delle litterae caeleS!E., di cui diremo brevemente più avanti. L'adattamento corsivo delle forme alfabetiche non fu peraltro meno rapido di quello Iibrario. Il più antico documento pervenutocene è degli anni 287-304 e forse anche 287-293 (P.S.l. In, facs. CENCETTI in Memorie dell'Accademia delle Scienze di Bologna, cl. scienze morali, serie V, vol. I, 1950, tav. V a pago 58); del 310 è la sottoscrizione di Ulpio Alessandro, censitor dell'Eptanomide in P. Strassb. 42 (facs. E. L. 31); segue poi un gruppo di papiri più estesi come la commendatizia di Vitale, rationalis del prefetto dell'Egitto, ad Achillio, preside della Fenicia (P. Argent. I) degli anni fra il 317 ed il 324 (C. L. A. 832); due lettere dell'archivio di un certo Abinneo, degli anni 344 e 345 (P. Gen. 45 e P. Lond. n, 447; facs. E. L. 34 e 35); la copia di un rescritto di Diocleziano sui privilegi degli atleti, del 344 circa (P. Lips. I, 44; facs. E. L. 32, 33); la parafrasi latina delle favole 16 e 17 di Babrio, attribuibile alla prima metà del sec. IV (P. Ahm. 26, facs. ivi, tav. I); un frammento di parafrasi dell'Eneide, su per giù della medesima epoca (P. S. l. 142, C. L. A. 207) ecc. Non si può tuttavia risalire molto indietro perché i papiri più antichi, fino a P. Grenf. II, 110, del 393 (facs. E. L. 30) suno ancora in maiuscola.

ente ai seguenti fatti specifici, di interesse particolaris:mo: a) che ~ntre di regola le scritture librarie ~ tracciate con calam_o tem era~ a unta uadra o

-('~ç>o-

JI~tf! Fig. 6

1-

La costituzione del 367 fece sicuramente cessare la rimroverata imitatio caelestium liiterarum (della quale è chiaro esempio, pur nella sua estrema frammentarietà, il citato P. Dura 7) e le cancellerie provinciali provvidero altrimenti er i .loroatti. Certamente ognuna fece per conto proprio, ma probabilmente l'artificio cancelleresco fu analogo dappertutto e in arte sCis irò a uellOcne, qualche decennio o piuttosto un secolo prima, aveva dato la sua impronta alle litterae caelestes: l'esa erazione dei contrasti di dimensione fra lettera e lettera o fratratti costitutivi di una medesima lettera; e vi aggiunse anche il radc!Iizzamento della serit62

63

Il particolarismo grafico

IL PARTICOLARISMO GRAFICO MEDIEVALE

Come è noto, il disfacimento del mondo romano è un processo che s'iniziò assai prima e si concluse assai dopo il 476, termine convenzionale per il principio del Medioevo. I sudditi romani dei dominatori barbarici conservano ancora abbastanza a lungo, sia pure a un livello via via paurosamente decrescente, la vita e la civiltà dei loro padri, divenuta anche ormai la civiltà della loro Chiesa. Perciò la latinità, nel campo paleografico come in quello più comprensivo della cultura, sopravvive alla perdita del centro comune, ~n~rta di comunità grafica Jra i re ni nati dallo sm~mbramento dell'Impero si conserva almeno sino alla metà del se-;;ol-;-V1. Continuano così la loro vita da una arte le ~r;-~nizzate, con le ior~ reg;leflsse; dall'altra la minuscola ~ntica e la minuscola corsiva, usate er le ~renze uotidiane. Tuttavia uesta comunanza fondata sulla sola tradizione e non iù nutrita di scambi continui, ha in sé oramai i germi di una differenziazione, o, forse meglio, di uno svolgimento geograficamente ramificato: e questi germi si svolgono rapidamente allorché la irreparabilità della caduta del mondo romano è resa evidente a tutti dal fallimento della ri . icazione dell'1m ero tentata da Giustiniano. Ad essa, che ha per conseguenza la definìtiva sottrazione dell' Mrica ,alla civiltà latina, fanno ri64

scontro in Italia l'invasione longobarda, in Gallia la sia pur rovvisoria unificazione del re no franco sotto Clot;-rio I, in Is a na l'unificazione definitiva di uello vi· si oro operata da Leovigildo; e in ciascuno di questi regni s'inizia allora il processo che in pochi secoli, ancor prima di ricevere una sanzione politica, li trasformerà in nazioni. Di questo grandioso processo noi dobbiamo cogliere solo l'aspetto culturale, e di questo aspetto solo gli elementi che contribuiscono a spiegare la storia dello svolgimento della scrittura: la quale, peraltro, assume ora valore 'assai significativo perché scrivere significa ormai scrivere per grammaticam, in latino; e a scrivere impara solo chi sia me in crrado elementare deve studiare la !in ua letteraria erché il latino voI are non si scrive e le lin ue volgari in formazione dovranno 'attendere ~o~ secoli rima di assur ere alla di nità di lin ue scritte. ---ciò significa che, annullata ormai la classe dirigente romana, centrale e locale; scomparsa l'utilità dello studio della retorica e dell'eloquenza come mezzo di partecipazione alla vita pubblica; ridotta la vita sociale a una elementarità che esclude qualsiasi raffinatezza; privi di esigenze culturali ed ancor quasi selvaggi i barbari, due soli ordini di persone rimangono de ositari di ist~ alla cui soddisfazione è necessario l'uso della scrittura: li uomini di legge e . li ecclesiastici. Tra i rimi possiamo com rendere, in largo senso, anche coloro che formavano le cancellerie dei re barbari , resso i uali la necessità dell'uso della scrittura si fece sentire non a pena, cessato il furore della con uista, fu necessaria una _or$anizzazione giuridica e amministrativa del paese occupato. Ma non dobbiamo dimenticare nem65

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Paleografia latina

Il particolarismo grafico

meno, più in basso nella scala s~i~le i gi~dic~ e. i notai o comunque gli scribi pubbliCI, depositati di una istanza documentaria, insopprimibile fin dal principio per la popolazione romana e sùbito estesa. ai barbari, quando, a partire dal secolo VI, le loro leggi furono redatte in iscritto e i loro giudizi e i loro negozi, relativi ormai a sistemazioni permanenti di questioni di proprietà terriera, ebbero necessità di conservazione a tempo indefinito. Dove costoro im arassero insieme con la scrittura, le ne; non ancora sistematicamente studiate, dando luo o a canonizzazioni canc.!:.1lereschenella corte pontificia, ove si elabora la curiale (antica e nuova) e nell'orda curialium napoletano, ove si forma la curialisca mentre il roblema della for;;'-azione di una scrittura libraria minuscola non assume indirizzi unitari nclie v;ri~micorsive ~recaroline del Settentrione e quando sembra sia per assumerne uno con una elaborazione della corsiva nuova compiuta soprattutto, forse, a Nonantola, il processo è troncato dall'adozione della minuscola carolina, probabilmente in buona parte d'importazione francese. Esso continua, invece, nel Mezzogiorno, ove nel monastero di J

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grafico

. . . la beneventana scrittura naMontecasslllo S1canoruzza zz:» • zionale dell'Italia ~idionale e dell~ Da~az1a..! . -~È - difficile Te del resto inutile) 1mmagmare come S1 sarebbe concluso se non fosse stato arrestato, q~esto largo e dispersi~o processo di elaborazione pa;uco aristica della minuscola antica romana in tutt e e sue . tutte le sue espresslOm. . '. forse avreb. be messo forme e lD capo alla consacrazione nei secoli di una SCtlttura specifica per ciascuna delle nazioni dell'Occidente, com: ciascuna ha una sua lingua e come, del resto, ancor ogg1 nel quadro dell'unità continentale euro~~ .si usano tre scritture diverse la latina, la greca e la cuillica. Ma - e fu ventura per ia diffusione internazionale d~l libr~, per la circolazione delle idee, per la conservazione di una unità di base della civiltà moderna - 9ascuna delle « nazionali» fra il secolo IX e il XII finì per cedere di -Il fronte a un'altra scrittura, la minuscola carolina desti~ a soppiantarle tutte e a dichiarare anche con l'unità delle forme grafiche che la cultura occidentale non era e non è la somma di tante culture - irlandese, anglosassone, franca, visigotica, retica, italica - ma una solI!..,.. " cultura, la latina, ravvivata dal cont!.ibuto_etnico di quelle o olazioni e dalla s iritualità del CristiElesimo.

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Paleografia latina LA RINNOVATA

UNITÀ GRAFICA

OCCIDENTALE

Al sorgere del secolo IX, che vide, in una notte di Natale memorabile per la storia del mondo e della civiltà, la corona dell'Impero romano e cristiano, della sancta romana respublica, rinnovare idealmente, ravvi-va d una i~irazione mistica sconosciuta all'Imnero di Augusto e di Traiano, l'unità spirituale del mondo occidentale, il roblema della trasl?,osizionej!i uesta unità spirituale anche nella tecnica della scrittura, era ormai maturo. La ricostituzione politica dell'Impero con una nuova determinazione che lo faceva identico al vecchio eppure nuovo e diverso trovò una espressione, o, se si vuole, un semplice parallelo in una scrittura che era nuova ma era anche ualche cosa di vecchio, la così detta minuscola carolina o rotonda (tav, XVIII). La quale ebbe anche il nome di romana, caduto in certo senso giustamente in disuso allorché si riconobbe che Roma non era stata né la sua culla né il suo centro di diffusione, ma non del tutto ingiustificato se lo si intende come espressione culturale di un impero universale, che aveva materialmente sede fuori di Roma ma si intitolava pur sempre romano. La questione dell'origine di questa minuscola che imitata poi dagli umanisti in sostanza si è er etuata nel tempo e si è, più ancora che canonizzata, cristallizzata nei nostri

~=.

l dibattuta e discussa. tteri della S!SJnRB, è stat~ a ungo odo riassunta e per~LI!"'o~in.t·"·one del 010 XIX è m ~erto I? la carolina nulez10nata e .s eJ se~ondo ~ la romani sel'altro è se non una rIeIaborazlO~e di. ours 111mionciali, compiuta nella scuola. di S,. Martino t a cavallo -- •.••.•. ;.a-m cui vi fu abate Alcuino, CIOè app~ o al ni fra il secolo VIII e il IX. Questa opinione ~ ripresa, m~odecenni più tardi, da V. Federi " il q.uale, orse. conmise a ., ., ., umata finezza tecmca, re originalità, ma con piu ~on.s . d 1 Liber diurnus, confronto due codici famosi, il VatIcan? e. I il s . che allora si riteneva scntto a, Roma m mmusco, a.'. e l'O-. Ilario basilkano in semionciale, e concluse P:~I .rlrme t mana della minuscola diritta, attraverso un plU SCIOto trateggiamento della semionciale. , .. Il Traube, peraltro, non ritenendo provata l'origine rocodice vaticano del Liber diurnus e tenendo• conto mana d el l."UUI .,. d eIla e sistenza di tipi di minuscola gia..formati anterIOrm:n. te alla carolina, sui quali i precedenti t1ce~atot1 ~on av:vano sufficientemente fermato la loro atte~~n~nde,~lf~enne.d processo meno semplice e '- non . otendo lU. l entI d Il icare. 10 e . a mmu.. . Roma 1'1centro di una elaborazione ~olast!Ea scola, lo riportò in Francia, ove dall~ CO~SlV~merovingica da modelli librari in onciale e in semicorsrva ltall~a avreb' be avuto formaiione una minuscola recarolina dalla quale poi si sarebbe svolta la carolina.. . . Accettata da tutti l'idea della esistenza di una minuscola recaro-lina (e non poteva essere altrim~nti, giacch~ i codici c erano) varia e molteplice di espressioni (tanto vana e ta~to molteplice che mentre alcuni rimanevano fedeli all'espressione «minuscola precarolina », al singol~re, usat~ ~~l Traube, altri parlavano di una « classe precarolina », e l pru ora parlano di «minuscole precaroline» al plurale) accettata dunque questa idea, la di cussione si apriva sui r~porti fra .recarolina e carolina. A. Ressel (1923) suppone che Ia car?lina envasse dalla sintesi dei caratteri della « classe precarolina » e del tipo di scrittura usata per .la Bib?ia. di Mordramn~, effettuata nella scuola palatina del Carolingi; non molto di-

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Il particolarismo gt;fJfico

/

versamente da lui H. Steinacker (1924) la itiene prodotto di evoluzione della semionciale influenzata dalla corsiva e la mette originariamente in concorrenza con tUtte le altre pre. caroline, attribuendo la sua successiva rapida diffusione al fatto che essa fu adottata dalla Cotte, mentre le altre rima_ sero limitate a centri scrittori minori, soprattutto monastici; Ph. Lauer (1924) pensa che l'elaborazione dei vari elementi ch~ co~~luiro~o n~lla minuscola carolin~, avvenne in tutti gli scnttoru dell Occidente europeo, ma pru particolarmente in Francia, ove le precaroline più antiche, sorte sul terreno della merovingica, la scriptura luxoviensis e la corbeiensis fondendosi tra loro, e poi con altri tipi, si sarebbero man mano accostate ailla carolina, alla quale si giungerebbe attraverso nuove fusioni delle scritture così elaborate con altri tipi precarolini in più diretto contatto con la semionciale; su tutto il processo avrebbe avuto poi notevole influèiiza la revisione del testo dei libri sacri, ordinata da Pipino e condotta a termine da Carlomagno, che avrebbe dato occasione alla scrittura di moltissimi codici nuovi. Questa complessa elaborazione è stata schematizzata da A. De Boiiard (1925) nell'immagine di un pendolo che, avendo avuto un impulso, continui le sue oscìllazioni man mano meno ampie, sino a fermarsi del tutto: ai due estremi delUa prima oscillazione sarebbero la semionciale e la corsiva; gli estremi delle successive oscillazioni, man mano più ravvicinati, rappresenterebbero le varie precaroline di origine rispettivamente semionciale o corsiva; il punto d'arresto, la carolina. 10 (Schia arellil (1926) attribuisce quello svolgimento all'azione di tendenze generali, e la revisione dei n n sacri e ogni altro elemento esterno ai fattori graficr possono aver contribuito alla diffusione della nuova scrittura non averla determinata e indirizzata. Né, secondo lui, è p~rimenti giustificato indicare l'uno o l'altro scrittorio come culla di essa: molteplici indizi dimostrano, invece, che la carolina si andava elaborando in iù luo hi, per esempio la scrittura del codice dei Pro eti di s. Gallo, fatto eseguire da Giovanni n vescovo di Costanza (760-781), che è in minuscola non meno 112

La rinnovata unità grafica

rfezionata di quella della Bibbia di Mordramn?; l.a scrit~ra di tipo prettamente carolino sfuggita a Magmano, cancelliere del re Carlomanno, in alcune parole della sua sottoscrizione a un diploma del 769, ecc. !Lcomplesso ~elle rearoline si avviava, dunquel.. già 'poco do o la meta del se~o-VIII, verso la carolina, che erciò oté sor ere nel ~e~esimo teID~ e in iù luo bi. Il distacco dalle recarolme e c01ae initivo abbandono delle forme maiuscole e nelle corsive, co raddrizzamento delile aste con la rotondità e !'isolamento delle lettere con l'armoniosa r0l'0rZIone fra aste superiori e inferiori e corpo dell~~ittura a cui deriva il caratteristico as erto tondo, arieggiato, fine della carolina. Al trionfo della nuova scrittura, infine, contribuirono anche elementi extra aleo rafici, soprattutto I'intensa attività libraria connessa cÒl rmascimento letterario carolingio. 10 studio dello Scbiaparelli rappresenta il punto d'arrivo deJ!lericerche condotte col metodo che ha per suo massimo rappresentante il Traube intorno al problema dell'origine della carolina, che a quell'orientamento apparve centrale nella storia della scrittura. Scritti posteriori, come quello del Pagnin sulla precarolina italiana, ne ricalcano le orme e giungono a conclusioni analoghe. Com letamente diversa è invece l'im ostazione data al roblema dal Gieysztor (1955), il quale considera la scrittura come un fatto sociale e attribuisce la formazione della carolina alla regolamentazione della vita monastica che, allontanando il clero franco dal fon o o olare, creò un canone gra§.co verso la metà ~el regno di Carlomagno, e ne nacque una scrittura che soddisfece le necessità di comunicazione, anche scritta, della classe feudale in tutto il territorio fra l'Ebro e l'Elba, così Come alle stesse necessità era dovuto il ritorno all'uso comune del latino. È eraltro ossibile un ri ensamento del roblema allia luce dei nuovi orientamenti degli studi aleografici, ch~ hanno sottolineato l'importanza della trasformazione della seratura da maiuscola in minuscola al In e al IV secolo d. C.

sreIl

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P aleografia latma e hanno fatto ra ionevolmente supporre un uso della «minuscoh antica» assai più diffuso di quanto non sia documentato dalla conservazione dei codici di lusso, in scrittura canonizzata. È cioè pensabile che il « rinascimeato » dell'età di Pipino e di Carlomagno, quali che siano i suoi motivi più intimi (non esolusa la «necessità di comunicazione» del Gieysztor, sia pure spogliata della qualificazione classista che egli vi annette, secondo i canoni dello storicismo marxista), abbia riproposto allo studio i codici che da due secoli gia~e~no,Jl~lverosi e dimenticati nelle vecchie biblioteche e ciò abbia indotto anche alla ripresa delile loro forme grafiche riprendendone lo sviluppo interrotto secondo nuovi indirizzi, e delle semicorsive, ma non del tutto estranei nemmeno al mondo romano, come mostra l'aspetto fine, arieggiato ed elegante degli scolii al Frontone palinsesto vat. 5750 riprodotti in EHRLE-LIEBAERT 6c. Generale il movimento di cultura, generali anche le conseguenze grafiche: cièÌ spiegherebbe agevolmente anche la «poligenesi» della scrittura carolina, sulla quale, dopo lo studio dello Schiaparelli, oggi si suole insistere, sebbene, in effetto, la massima parte degli scrittorii in cui ùa nuova scrittura appare alla fine del secolo VIII siano in realtà francesi, rimanendo piuttosto problematico lo sviluppo locale dal quale, secondo il Pagnin, avrebbero avuto origine codici come il forse nonantolano Liber diurnus vaticano, già citato, il codice veronese dei Sermoni del vescovo Egino (C.L.A. 1057), ora a Berlino, Phillipps 1676, il ravennate Omiliario di Alano (Troyes 854, C.L.A. 840), ecc. La oli enesi' sia ure limitata.2!!e scuole francesi o sotto influsso francese s ie a altresì come in ori ine non si I abbia ancora una seri tura carolina unica, ma piuttosto un !ipo generale o un~ classe» carolina. Finché il Bischoff non avrà assolta la colossale impresa cui si è accinto (descrizione, corredata di saggi fotografici, dei più che 6000 codici del secolo IX a noi pervenuti) non sarà possibile orientarci attribuendo caratteri peculiari a ciascuna scuola: è tuttavia possibile' che i due filoni rinci ali siano rappresentati

f

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La rinnovata unità grafica ~

«di Corte»

o pala tino rappresentato

dall'evanye-

arto purpureo scritto dall'amanuense Gotesadco per Ca~ o~ magno nel 781, ora a Parigi, n.a. 1203 (C.L.A. 681) e. ~l codici che sogliono raggrupparsi intorno all'altro evangeliano l~~:H· u·I':lonl c rs

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