Otorinolaringoiatria
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OTORINOLARINGOIATRIA Riassunto del Rossi, con aggiunta di minime note personali. Spero non sia una cosa troppo illegale, spero di poterti aiutare. Ciau Né! Virgi Bosco.
MALATTIE DELL’ORECCHIO E DISTURBI DELL’UDITO La frequenza di oscillazione di un tono puro viene misurato in HERTZ, cioè in numero di cicli al secondo. Si distinguono, in realzione alle capacità di percezione dell’orecchio umano: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
tonalità gravi , fino a 500 Hz tonalità medie, tra 1000 e 3000 Hz tonalità acute, oltre i 3000 Hz ultrasuoni, oltre i 15000‐20000 Hz infrasuoni, sotto i 20‐50 Hz
DECIBEL è inteso come 20 volte il logaritmo in base 10 della pressione effettivamente rilevata rispetto alla pressione di riferimento P0, ovvero il valore identificato come minima intensità acustica percepibile da parte di un soggetto giovane e non affetto da patologie uditive a 1000 Hz. Il dB non deve quindi essere inteso come un’ unità di misura assoluta ma relativa alle caratteristiche di sensibilità dell’orecchio umano, in cui lo 0 non corrisponde all’ assenza di suono ( condizione presente soltanto nel vuoto), ma al minimo suono che l’orecchio umano può percepire. In termini di decibel il range dell’udibile nell’uomo è compreso tra circa 0 (minimo suono percepibile) e 100‐120 dB (soglia di fastidio o di dolore). Il livello di rumorosità è pari a circa 40 dB, la normale voce di conversazione si pone su valori di circa 60 dB, mentre un ambiente particolarmente rumoroso come una discoteca può arrivare a valori di 85‐110 dB. dB HL ( Hearing Level), si differenzia dal dB SPL (Sound Pressure Level) in quanto il valore di 0 db HL è riferito al minimo suono percepibile per ogni frequenza, mentre nel caso del dB SPL il riferimento è la soglia a 1000 Hz. RACCOLTA DEI DATI ANAMNESTICI Ricerca dei sintomi caratteristici delle patologie dell’orecchio: 1. IPOACUSIA; si definisce come normoacusico un soggetto in grado di percepire suoni di intensità pari o inferiore a 20‐25 dB per tutte le frequenze del campo tonale. L’ ipoacusia può essere unilaterale o bilaterale e di grado lieve, medio, grave e gravissimo ( gradazione che può basarsi sul giudizio soggettivo del paziente o sulla determinazione della soglia audiometrica). La perdita completa unilaterale dell’udito è definita ANACUSIA, la perdita totale bilaterale COFOSI. In rapporto alla sede del danno, l’ipoacusia può essere classificata in: ‐ Trasmissiva, espressione di una lesione a carico dell’apparato di trasmissione ( orecchio esterno e medio) che si presenta solitamente estesa su tutte le frequenze del campo tonale o, in modo più accentuato, sulle frequenze medio‐gravi, l’entità del deficit non supera i 50‐60 dB. ‐ Neurosensoriale, espressione di una lesione a carico dell’apparato di trasduzione ( cellule cigliate) o di trasmissione del segnale ai centri nervosi ( nervo acustico), a sua volta distinta in COCLEARE ( se il danno è a livello delle cellule cigliate),RETROCOCLEARE (se il danno è a livello del nervo acustico)
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Mista Percettiva , espressione di una sofferenza delle vie uditive centrali, in questo caso la soglia audiometrica può essere normale, ma sono significativamente alterate le capacità discriminative ‐ 2. ACUFENI; percezioni sonore in assenza di stimolazione acustica. Dovrebbero essere differenziati dai cosiddetti acufeni oggettivi, costituiti da rumori prodotti da strutture vicine all’orecchio di origine: ‐ Vascolare, aneurisma dell’aorta e della carotide, malformazioni artero‐venose, tumore glomico, ipertensione endocranica, deiscenza del golfo giugulare, tireotossicosi ‐ Tubarica (tuba pervia) ‐ Muscolare , mioclono dei muscoli stapedio e tensore del timpano ‐ Articolare, percepibili anche dall’ esaminatore. Nella maggior parte dei casi gli acufeni si manifestano associati a patologie dell’orecchio, più frequentemente negli anziani. Mediante test acufenometrici è possibile definirne in modo relativamente preciso, ma sempre correlato alle risposte del paziente, le caratteristiche frequenziali e l’ intensità 3. OTODINIA, dolore auricolare secondario ad una patologia a carico dell’orecchio esterno o medio. Essendo quasi sempre espressione di una patologia flogistica acuta o cronica o neoplastica o traumatica si accompagna sempre ad ipoacusia. A causa della notevole sensibilità dell’ orecchio esterno e medio, l’otodinia è spesso di notevole intensità 4. OTALGIA, dolore che si manifesta in regione auricolare in assenza di una patologia a tale livello. A differenza dell’otodinia non si associa ad ipoacusia. 5. OTORREA, fuoriuscita di materiale liquido sieroso o mucoso dal meato acustico esterno; può essere anche purulenta o emorragica. L’otorrea sierosa è generalmente secondaria ad una flogosi della cute del condotto uditivo esterno, in rarissimi casi può essere un’otoliquorrea espressione di una fuoriuscita di liquido cefalorachidiano. In presenza di una perforazione timpanica, soprattutto in età infantile, vi può essere un’otorrea sierosa definita otorrea tubarica. L’otorrea mucosa o purulenta è solitamente espressione di una flogosi cronica a carico dell’orecchio medio associata ad una perforazione timpanica. Meno frequentemente è secondaria a flogosi purulenta della cute del condotto uditivo o della membrana timpanica. L’otorragia è conseguente ad un trauma o una patologia flogistica della cute del condotto uditivo esterno. Più raramente può essere espressione di patologie flogistiche croniche o neoplastiche dell’orecchio esterno o medio. 6. PRURITO è presente in caso di dermatosi del condotto uditivo esterno o di otomicosi ESAME OBIETTIVO ( = OTOSCOPIA) Bisogna porre attenzione alla morfologia del padiglione e alle caratteristiche della cute che lo riveste, con particolare attenzione alla regione mastoidea, parotidea e laterocervicale, ricercando eventuali tumefazioni o aree dolenti. In caso di otalgia non deve essere dimenticato l’esame endoscopico delle alte vie aerodigestive. L’ otoscopio è uno strumento retroilluminato provvisto di lente di ingrandimento e di un cono vuoto all’interno che viene introdotto nell’orifizio del condotto uditivo esterno. Attraverso l’otoscopio è possibile esplorare il condotto uditivo esterno e la superficie esterna della membrana timpanica. Al fine di favorire una buona esposizione del condotto uditivo esterno è utile eseguire una trazione del
padiglione auricolare in alto e indietro. L’ esame può essere anche eseguito mediante fibre ottiche rigide, con le quali è possibile documentare, mediante telecamera, l ‘immagine, o penetrare nell’orecchio medio attraverso una perforazione timpanica, oppure tramite otomicroscopio, grazie al quale è possibile anche eseguire manovre di pulizia mediante aspirazione. In condizioni normali la membrana timpanica può essere visualizzata in quasi tutta la sua superficie; a causa della fisiologica curvatura del condotto non è quasi mai evidenziabile una porzione più o meno ampia dei quadranti anteriori. La presenza di materiale, solido o liquido, che occupa il condotto uditivo esterno, può impedire la visualizzazione della membrana timpanica ( Della membrana timpanica deve essere identificato il manico del martello, che appare diretto in basso e indietro, ed il triangolo luminoso), piccola area del timpano il cui vertice è a livello dell’ umbo ( punto terminale del manico del martello posto a centro della membrana timoanica). In caso di perforazione timpanica l’otoscopia consente la visualizzazione diretta di alcune parti dell’orecchio medio e di valutare lo stato della mucosa. DIAGNOSTICA STRUMENTALE PROVE DI AUDIOMETRIA SOGGETTIVA 1. PROVE CON I DIAPASON ‐ TEST DI RINNE si stabilisce il rapporto tra la durata della percezione per via aerea ( ponendo i rebbi di un diapason di tonalità grave a circa 2 cm dall’ apertura del meato acustico esterno ) e per via ossea (appoggiando il piede del diapason sulla superficie della mastoide in sede retroauricolare) ; nell’orecchio normale o in caso di deficit uditivo neurosensoriale la durata della percezione è maggiore nell’ascolto per via aerea 8 via attraverso la quale il suono è percepito anche con maggiore intensità) ; viceversa in caso di deficit trasmissivi la durata della percezione del suono è maggiore nell’ascolto per via ossea ( via attraverso la quale il suono è percepito anche con maggiore intensità in presenza di un deficit trasmissivo) ‐ TEST DI WEBER; si esegue appoggiando il piede di un diapason di tonalità grave, posto in vibrazione, al centro della fronte di un soggetto normoudente o affetto da ipoacusia simmetrica, che localizza la sorgente sonora da ambo i lati o non è in grado di indicare il lato dal quale proviene il suono. In caso di ipoacusia neurosensoriale unilaterale la sorgente sonora è localizzata all’ orecchio sano, mentre in caso di ipoacusia trasmissiva all’orecchio malato. 2. AUDIOMETRIA TONALE LIMINARE Test il cui scopo è la determinazione della minima intensità acustica percepibile dal soggetto in esame alle diverse frequenze del campo tonale. Rappresenta il primo ed essenziale momento di diagnosi strumentale in caso di ipoacusia e si somministra inviando al soggetto dei toni puri variati di intensità. La ricerca della soglia (1000 Hz) deve essere condotta secondo due modalità : ‐ Per via aerea : il suono viene inviato mediante una cuffia, così si pone in funzione tutto l’apparato uditivo ‐ Per via ossea : il suono viene inviato mediante un vibratore appoggiato sull’ apofisi mastoidea; la stimolazione per via ossea attiva direttamente la coclea, pertanto l’ esito del test non è influenzato da lesioni a carico dell’ orecchio esterno e medio. I valori soglia vengono riportati su un AUDIOGRAMMA, sul cui asse delle ascisse sono riportati i valori di frequenza Hz e su quello delle ordinate i valori di intensità in dB. Tranne alcune eccezioni si è soliti definire cme normale una soglia inferiore a 20‐25 dB HL per tutte le frequenze del campo tonale. Il deficit uditivo rilevato può essere differenziato in:
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Lieve, soglia compresa tra 25 e 40 dB Medio, soglia tra 40 e 70 dB Grave, soglia tra 70 e 90 dB Gravissimo, soglia superiore a 90 dB
L’ ipoacusia può essere distinta in: ‐ ‐
Trasmissiva, diminuzione di soglia per la sola via aerea con soglia della via ossea normale Neurosensoriale o recettiva, diminuzione dela soglia udiometrica identica per via aerea ed ossea ‐ Ipoacusia mista, diminuzione della soglia audiometrica sia per la via aerea che ossea, ma più accentuata per la via aerea. 3. AUDIOMETRIA SOPRALIMINARE Raggruppa una serie di test che vengono eseguiti con stimolazioni acustiche di intensità superiore alla soglia che consentono di definire, in caso di ipoacusia neurosensoriale, se una lesione sia cocleare o retrococleare (cioè a carico del nervo acustico). Sono rivolti alla ricerca di: ‐
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RECRUITMENT, ovvero un fenomeno presente in caso di lesione cocleare. È una distorsione della sensazione di intensità ed è presente in caso di ipoacusia cocleare. Si caratterizza per un aumento della sensazione di intensità più accentuato del normale in seguito all’ aumentare di intensità dello stimolo acustico. In caso di ipoacusia neurosensoriale unilaterale il recruitment può essere ricercato mediante il test di Fowler che si esegue inviando alle due orecchie un tono puro alla frequenza che si desidera esaminare e a livello liminare; in questa condizione il soggetto avverte la stessa sensazione acustica nelle due orecchie ( bilanciamento della sensazione). Innalzando progressivamente l ‘intensità acustica degli stimoli inviati alle due orecchie si osserva che la sensazione di bilanciamento tra le due orecchie viene ottenuta con valori di intensità sempre meno differenziati tra loro, in quanto l’ aumento di intensità acustica determina una sensazione più intensa all’ orecchio ipoacusico ADATTAMENTO, fenomeno presente in caso di lesione retrococleare. L’ adattamento patologico si caratterizza per una diminuzione della sensazione acustica in seguito a stimolo prolungato nel tempo ed è tipico delle patologie retrococleari. È rilevabile con il test di Rosenberg: al soggetto viene inviato un tono puro, continuo, di intensità pari a 5 dBSL. Quando il paziente segnala la scomparsa della sensazione acustica l’ esaminatore aumenta di 5dB l’intensità dello stimolo acustico, al fine di farlo nuovamente percepire. Dopo 60 secondi si calcola il numero di incrementi di intensità che sono stati necessari al fine di mantenere viva la sensazione acustica. Il soggetto normale, solitamente è in grado di percepire il suono per tutto il tempo del test, o, al massimo, sono necessari 1‐2 incrementi di intensità. In caso di adattamento patologico sono necessari incrementi superiori a 30 Db
4. AUDIOMETRIA VOCALE Si basa sulla presentazione di messaggi acustici che il soggetto deve non solo percepire, ma anche comprendere ( intelligibilità o discriminazione vocale). Il suo significato è di definire l’impatto che ha il deficit uditivo sul canale comunicativo acustico‐ verbale. Il test fornisce anche informazioni topodiagnostiche e consente di prevedere e valutare il risultato di una protesizzazione acustica. L’ esame è condotto in cabina silente inviando i messaggi in cuffia. Vengono identificate le seguenti soglie:
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Soglia di detezione: corrisponde al massimo livello di intensità acustica al quale il soggetto non ha identificato alcuna parola ( 0%) Soglia di percezione: corrisponde al livello di intensità acustica al quale il paziente ha identificato il 50 % delle parole Soglia di intellezione: corrisponde al minimo livello di intensità acustica al quale il soggetto ha identificato tutte le parole inviate ( 100%)
Normalmente la differenza tra soglia di detezione e di intellezione è di 20‐30 dB. La rappresentazione grafica del test è una linea S molto ripida. In caso di ipoacusia trasmissiva la curva ha un’inclinazione simile a quella del normale, ma più spostata a destra, in quanto non vi sono fenomeni di distorsione ed è sufficiente aumentare l’ intensità del segnale acustico al fine di ottenere un miglioramento della prestazione. In caso di ipoacusia neurosensoriale da sofferenza cocleare la curva si presenta spostata a destra, ma più orizzontale rispetto al normale in quanto la presenza del fenomeno del recruitment fa sì che aumentando l’ intensità dello stimolo non si abbia un conseguente incremento della discriminazione. In caso di ipoacusia neurosensoriale retrococleare il fenomeno dell’ adattamento rende ancora più evidente il deficit di discriminazione, per cui non solo non viene raggiunta la soglia di intellezione, ma si verifica uno scadimento della prestazione con il progressivo incremento dell’ intensità dello stimolo ( fenomeno del roll‐ over). 5. PROVE DI AUDIOMETRIA OGGETTIVA ‐ IMPEDENZOMETRIA L’ esame consente di definire la rigidità 8 o meglio il suo reciproco complianza9 dell’ apparato timpano‐ ossiculare. Si esegue ponendo una sonda a tenuta nell’ apertura del meato acustico esterno. La sonda attraverso un piccolo altoparlante emette un tono puro, solitamente 220 Hz, e, mediante un microfono, è in grado di misurare la quota di suono riflesso dal sistema timpano‐ossiculare; tanto maggiore è la quota di suono riflessa tanto maggiore è la rigidità del sistema. Delle diverse prove eseguibili mediante l’ impedenzometro le più usate sono: La timpanometria, che si esegue modificando la pressione aerea presente nel condotto uditivo esterno, che viene portata in modo progressivo da +200 mmH2O a ‐400 mmHg. Nel soggetto normale si ottiene una curva a V rovesciata con il picco timpanometrico a 0 mmHg. In caso di aumentata rigidità timpanica, dovuta a calcificazioni o fibrosi del sistema timpano‐ossiculare o a presenza di un trasudato endotimpanico, la curva timpanometrica si trasforma in una linea retta. In presenza di pressione endotimpanica negativa 8 entro i 300 mmhg) o di versamento endotimpanico parziale, la curva timpanometrica si presenta appiattita e con un picco spostato su valori di pressione negativi. In caso di irrigidimento della sola catena ossicolare con timpano normale, ad esempio otosclerosi, il timpanogramma si presenta di morfologia normale ma appiattito per una riduzione del valore assoluto di complianza. Pertanto la timpanometria trova la sua principale indicazione nello studio dell’otite sieromucosa e dell’otosclerosi e non può essere eseguita in presenza di una perforazione timpanica Lo studio del riflesso stapediale consiste nella misurazione della riduzione di complianza indotta dalla contrazione del muscolo stapedio in seguito a una stimolazione acustica, sia ipsi che controlaterale. In caso di otosclerosi il riflesso stapediale è assente, o, nelle forme iniziali, alterato nella morfologia. In caso di ipoacusia neurosensoriale cocleare, per la presenza del recruitment è possibile evocare il riflesso stapediale ad un’ intensità inferiore ai 70 dB soprasoglia (test di Metz)
6. POTENZIALI EVOCATI UDITIVI Con il termine di potenziale evocato uditivo si intende la risposta elettrica che origina dalla via acustica in seguito ad una stimolazione sonora. Il segnale registrato è costituito dalla modificazione della differenza di potenziale elettrico esistente tra due elettrodi. I potenziali evocati uditivi, in relazione alla latenza con cui si manifestano, possono essere suddivisi in: ‐ ‐ ‐ ‐
Elettrococleografia (EcoG) Potenziali evocati uditivi del tronco cerebrale (ABR; BAEP;BERA;BSER) Potenziali uditivi a media latenza (MLR) Potenziali evocati uditivi corticali ( SVR) 7. EMISSIONI OTOACUSTICHE Sono costituite da segnali acustici di bassa intensità prodotti dall’ orecchio interno, spontaneamente o in seguito a stimolazioni acustiche e misurabili mediante un microfono posto nell’ apertura del condotto uditivo esterno‐ lo studio delle emissioni otoacustiche trova oggi il suo principale impiego nello screening della sordità congenita. Altro campo di applicazione clinica è la diagnostica precoce dei danni cocleari. DIAGNOSI RADIOLOGICA ‐
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La TC in proiezione assiale e coronale viene utilizzata nello studio delle affezioni flogistiche croniche e neoplastiche dell’orecchio esterno e medio, nella determinazione della morfologia del labirinto osseo e nella diagnostica dei processi occupanti spazio a livello de condotto uditivo interno e dell’angolo ponto‐cerebellare. Nel sospetto di una forma neoplastica l’esame deve essere condotto mediante somministrazione di mezzo di contrasto iodato La RMN con somministrazione di m.d.c. paramagnetico (gadolinio) non consente uno studio diretto del tessuto ossea e trova prevalentemente indicazione nella diagnostica dei processi occupanti spazio a livello del condotto uditivo interno e dell’angolo ponto‐cerebellare. Può anche fornire indicazioni sulla presenza di neurinomi.
MALATTIE DELL’ORECCHIO ESTERNO Possono essere su base malformativa, traumatica, flogistica, iperproduttiva e neoplastica. 1. CORPI ESTRANEI I corpi estranei possono essere inanimati ( batuffolo di cotone) o animati ( insetti). Il corpo estraneo può permanere nel condotto senza provocare alcuna sintomatologia, ma spesso causa flogosi o ipoacusia ( se di notevole dimensioni). Gli insetti, che rimangono intrappolati dal cerume, con il loro battito d’ali causano un intenso e fastidioso rumore. Il corpo estraneo viene facilmente visualizzato mediante otoscopia. L’ estrazione avviene mediante lavaggio o con pinzette o ferri a punta ricurva, meglio se in microotoscopia. 2. ATRESIA AURIS CONGENITA È una patologia malformativa a carico dell’orecchio esterno, spesso associata a malformazioni a carico delL’ orecchio medio. L’assenza del padiglione auricolare è definita ANOTIA, mentre per POLIOTIA si intende la presenza di una o più appendici cartilaginee rivestite da cute. La presenza di un padiglione di dimensioni superiori alla norma è definita MACROTIA, mentre viene definita MICROTIA la presenza di un padiglione di dimensioni inferiori alla norma. L’ eziologia può essere dovuta ad intossicazioni esogene ( talidomide ), a difetti cromosomici o ad infezione rubeolica materna. L’ atresia auris congenita determina un deficit uditivo di tipo trasmissivo di media entità. Poiché il difetto è quasi sempre monolaterale e determina un’ ipoacusia di media entità, la patologia non pregiudica l’acquisizione de linguaggio. in caso di atresia bilaterale è possibile avvalersi di protesi auricolari a trasmissione per via ossea fissate al capo mediante archetto ( in quanto manca il padiglione su cui poggiare una protesi ad occhiale). In età puberale o adulta è possibile, se richiesto dal paziente, eseguire interventi chirurgici di tipo estetico, mediante innesti cartilaginei, al fine di ricostruire il padiglione auricolare. 3. OTITE ESTERNA È una patologia flogistica, per lo più su base batterica, di tutta o di buona parte della cute del condotto uditivo esterno e, talvolta, della superficie esterna della membrana timpanica. È molto comune soprattutto nei mesi estivi, a causa del frequente contatto con l’acqua. Lo PSEUDOMONAS AERUGINOSA e lo STAFILOCCOCCO AUREO sono i due microrganismi coinvolti; fattori favorenti sono i microtraumi, la macerazione della cute, dermatosi. La sintomatologia è caratterizzata da otorrea purulenta, intenso dolore spontaneo, ipoacusia di entità medio‐lieve. L’ otoscopia dimostra la presenza di iperemia e di edema a carico della cute del condotto uditivo esterno, spesso associata ad otorrea purulenta. La terapia si avvale di antibiotici per via orale ( penicilline, cefalosporine) per 5‐8 giorni, eventualmente associate a FANS ed analgesici. 4. OTITE ESTERNA BOLLOSO‐EMORRAGICA È una patologia flogistica caratterizzata dalla comparsa di bolle a contenuto siero‐ematico sulla superficie della membrana timpanica. La flogosi è su base virale ( influenza), la sintomatologia è caratterizzata da otalgia di intensità lieve‐media, otorragia secondaria alla rottura spontanea delle bolle ed ovattamento auricolare. La terapia si avvale di FANS, analgesici ed eventualmente antibiotici per via orale al fine di evitare una sovrapposizione batterica. 5. MICOSI DEL CONDOTTO UDITIVO ESTERNO È una dermatite su base micotica, Candida Albicans ed Aspergillus sono i miceti principalmente in causa. Fattori favorenti sono l’utilizzo eccessivo di antibiotici o corticosteroidi topici, traumi del condotto,
modificazioni del pH cutaneo ed uno stato di immunodepressione. La sintomatologia è caratterizzata da prurito, senso di ovattamento auricolare, otorrea. L’ esame otoscopico consente di evidenziare la presenza di ife fungine di colorito biancastro e vellutato o nerastro. La diagnosi viene posta mediante tampone auricolare, con coltura dei microorganismi presenti e determinazione del farmaco attivo. Ogni trattamento farmacologico dovrebbe essere preceduto dalla pulizia del condotto esterno, meglio se in otomicroscopia. La terapia medica si avvale di antimicotici locali ( imidazolici). 6. OTITE ESTERNA MALIGNA Patologia flogistica de condotto uditivo esterno con evoluzione necrotizzante a carico dell’osso temporale. Interessa prevalentemente soggetti anziani, diabetici, immunodepressi. L’ infezione è sostenuta dallo PSEUDOMONAS AERUGINOSA. Inizialmente il paziente presenta otorrea purulenta, progressivamente si presenta dolore fino a paralisi dei nervi cranici ed exitus. All’ esame otoscopico si evidenzia tessuto di granulazione sanguinante che occupa in modo più o meno esteso il condotto uditivo esterno. Nelle fasi iniziali la terapia è farmacologica mediante antibiotici per almeno 6 settimane. Nei casi più gravi è indicata la mastoidectomia radicale o petrosectomia. 7. TAPPO DI CERUME È un accumulo di cerume nel lume del condotto uditivo esterno che ne determina l’ostruzione. Il cerume svolge un ruolo di protezione per la delicata cute dell’orecchio esterno. L’ accumulo di cerume può verificarsi per: ‐ ‐ ‐ ‐
Ipersecrezione ghiandolare Modificazione dei componenti del secreto delle ghiandole ceruminose Ridotta capacità di autodetersione del condotto uditivo esterno Manovre di pulizia del condotto uditivo esterno mediante strumenti introdotti attraverso il meato acustico esterno
In alcuni casi, nella composizione del tappo si ha una prevalenza di frammenti epiteliali desquamati dalla cute del condotto ( tappo epiteliale). La sintomatologia si caratterizza per un senso di ovattamento auricolare o per una vera e propria ipoacusia. Questa si manifesta soprattutto in seguito al contatto con l’acqua, in quanto il cerume è un materiale igroscopico ed il contatto con i liquidi ne fa aumentare il volume. L’ estrazione del tappo viene eseguita mediante lavaggio del condotto uditivo con un’apposita siringa da 100‐200 cc contenente acqua a 37 gradi. La manovra è eseguita tirando in alto ed indietro il padiglione auricolare, al fine di rendere il più rettilineo possibile il condotto, ed introducendo la punta smussa della siringa nell’orifizio del meato acustico. Viene quindi inviato un getto d’acqua sulla parte superiore del condotto uditivo creando una corrente reflua che asporta la massa ceruminosa. Nel caso in cui si sospetti una flogosi o una perforazione del timpano, il tappo di cerume può essere rimosso in microotoscopia mediante aspirazione. Se si presenta di elevata consistenza o di difficile estrazione è utile instillare nel condotto uditivo esterno acqua ossigenata o soluzioni a base di sostanze ceruminolitiche per alcuni giorni prima del lavaggio. Le principali complicanze sono: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Mancata estrazione Vertigine ( se si usa acqua a temperatura non adeguata) Otite esterna Ferita a livello della cute del condotto Perforazione timpanica
8. ESOSTOSI ED OSTEOMI DEL CONDOTTO UDITIVO ESTERNO Sono neoformazioni ossee di natura benigna che si sviluppano nel lume del condotto uditivo esterno. Nella maggior parte dei casi sono asintomatici, ma quando assumono dimensioni particolarmente grandi possono occludere il condotto uditivo esterno o favorire l’accumulo di cerume, detriti cutanei o corpi estranei in profondità. L’ esame otoscopico dimostra la presenza di una diffusa stenosi ossea del condotto uditivo esterno o di una o più neoformazioni tondeggiante, a piccola base di impianto ( osteoma). La terapia è chirurgica mediante exeresi dell’osso neoformato 9. TUMORI MALIGNI DEL CONDOTTO UDITIVO ESTERNO Rappresentano il 70 % dei tumori dell’osso temporale, ma sono relativamente rari. Un fattore favorente l’insorgenza dei carcinomi spinocellulari è la presenza di flogosi cronica a carico della cute del condotto uditivo esterno. Più rari sono gli adenocarcinomi a partenza dalle ghiandole ceruminose ed i melanomi. Nelle fasi iniziali sono silenti. Quando la neoformazione occupa in maniera estesa il condotto si manifesta ipoacusia. Il dolore compare in seguito al diffondersi della neoformazione in profondità. Nella sua progressione la neoplasia tende ad invadere l’orecchio medio, superando la membrana del timpano, e a dare metastasi nei linfonodi parotidei, retroauricolari e della catena laterocervicale. L’ esame otoscopico rileva una neoformazione vegetante, ulcerata o sanguinante. La diagnosi si basa sul reperto bioptico. La terapia è principalmente chirurgica mediante exeresi del condotto uditivo esterno, eventualmente sacrificando in parte o in toto il padiglione auricolare, associata ad exeresi dei linfonodi delle regioni parotidea e laterocervicale ed eventualmente a petrosectomia se vi è interessamento dell’orecchio medio.
MALATTIE DELL’ORECCHIO MEDIO 1. TRAUMI A CARICO DELLA MEMBRANA TIMPANICA Si tratta di perforazioni timpaniche conseguenti a traumi che agiscono direttamente o indirettamente sul timpano. L’evento traumatico può agire secondo varie modalità_ ‐ ‐
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Corpo estraneo, penetra attraverso il condotto uditivo esterno Barotrauma implosivo, per improvviso aumento della pressione aerea all’interno del condotto uditivo, ad esempio da schiaffo dato con il palmo della mano sull’orifizio del condotto uditivo esterno Barotrauma esplosivo per improvviso aumento della pressione aerea nell’orecchio medio, ad esempio in seguito a manovra di compensazione (manovra di valsalva) nel corso di un’immersione subacquea o a violenti sforzi respiratori Esposizione a rumori molto intensi superiori a 120 dB Frattura del temporale, lacerazioni della membrana timpanica possono fare seguito a fratture irradiate sul tetto del condotto uditivo esterno conseguenti a traumi cranici a carico della squama dell’osso temporale.
I sintomi sono OTODINIA, OTORRAGIA, IPOACUSIA. L’otoscopia mostra la presenza di una perforazione timpanica la cui sede e dimensione è correlata all’entità dell’evento traumatico. L’esame audiometrico dimostra la presenza di un deficit uditivo trasmissivo solitamente di lieve entità. La presenza di una perforazione timpanica può favorire l’instaurarsi di fenomeni flogistici a carico dell’orecchio medio, soprattutto per penetrazione di germi dal condotto uditivo esterno. Nell’immediata fase post‐traumatica è utile instaurare una terapia antibiotica con amoxicillina per os per almeno 5 giorni, al fine di prevenire una sovrainfezione batterica. Se non si manifesta alcun segno di regressione della perforazione si pone indicazione alla ricostruzione chirurgica del timpano ( miringoplastica ). 2. TRAUMI A CARICO DELL’ORECCHIO MEDIO Si tratta di lesioni a carico delle strutture ossee dell’orecchio conseguenti a traumi che agiscono per lo più indirettamente. Più comunemente si tratta di fratture longitudinali della base cranica, irradiate sul tegmen tympani, che determinano un danno alla catena ossiculare. I sintomi sono OTODINIA, OTORRAGIA, IPOACUSIA. L’otoscopia dimostra la presenza di una perforazione timpanica o di un versamento ematico che occupa la cassa del timpano se non vi è perforazione timpanica. L’ esame audiometrico dimostra la presenza di un deficit uditivo di tipo trasmissivo, di media entità, più accentuato rispetto alla semplice perforazione timpanica. La timpanometria, eseguita dopo la regressione dei fenomeni acuti ed in assenza di perforazione timpanica, può presentare una morfologia a W. Lo studio radiologico con TC può consentire di definire la sede della lesione della catena ossiculare. In caso di significativa ipoacusia vi può essere l’indicazione all’intervento chirurgico di ossiculoplastica. 3. OTITE MEDIA SIERO‐MUCOSA (OTITE MEDIA CON EFFUSIONE) Patologia flogistica caratterizzata dalla presenza di un versamento endotimpanico che determina un’ipoacusia trasmissiva generalmente inferiore a 45 dB. È una condizione clinica che può essere caratterizzata da:
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Semplice iperemia della membrana timpanica Perdita dei normali punti di repere (triangolo luminoso) Retrazione della membrana timpanica Evidenza di livello idroaereo
Viene classificata in: ‐ ‐ ‐ ‐
ACUTA , se ha durata inferiore alle tre settimane SUBACUTA se ha durata compresa tra le 3 settimane ed i 3 mesi CRONICA se ha durata superiore ai 3 mesi RICORRENTE se ha tendenza a recidivare con elevata frequenza
È più frequente in età pediatrica, soprattutto tra 1 e 7 anni e nei mesi invernali. Fattori favorenti: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Mancato allattamento al seno Carenza di difese immunitarie Razza bianca e paesi freddi Ereditarietà Reflusso gastroesofageo Palatoschisi Atresia conale, deviazione del setto, poliposi nasale, neoplasie nasali Allergia e/o difetto della clearence mucocigliare
Fattori scatenanti: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Stenosi della tuba Ipertrofia adenoidea Tumori del cavo rinofaringeo Esiti di radioterapia Flogosi delle alte vie aeree Inspirazioni forzate Pregresso episodio di otite media purulenta
L’otite siero‐mucosa riconosce due modalità principali di insorgenza: DIFETTO DI VENTILAZIONE ATTRAVERSO LA TUBA DI EUSTACHIO. In caso di un rapido incremento dei valori pressori esterni ( atterraggio, discesa da una montagna, immersione) ed in presenza di una flogosi nasale o di altri fattori che favoriscano una disfunzione tubarica, è possibile che l’apertura della tuba non sia sufficientemente in grado di garantire un adeguato passaggio di aria nell’orecchio medio. Ne consegue che nell’orecchio medio la pressione diviene negativa, rispetto a quella presente nell’ambiente esterno, facendo collassare le pareti tubariche e rendendone sempre più difficoltoso il meccanismo di apertura. La progressiva negativizzazione della pressione endotimpanica tende a fare retrarre la membrana timpanica rendendola meno efficiente nella trasmissione dei suoni e causando un’ipoacusia di trasmissione. In caso di significativa ostruzione nasale il movimento di deglutizione comporta una negativizzazione della pressione nel cavo rinofaringeo con richiamo di aria dall’orecchio medio, che tende ad assumere una pressione negativa. FLOGOSI DELLE ALTE VIE AEREE TRASMESSA ALL’ORECCHIO MEDIO ATTRAVERSO LA TUBA (RINO‐ OTITE). L’evento scatenante è la propagazione di virus e microbi nell’orecchio medio, fenomeno che favorisce l’instaurarsi di un versamento endotimpanico associato ad edema delle pareti tubariche.
La sintomatologia si caratterizza per IPOACUSIA. L’otoscopia evidenzia una velatura e/o una retrazione della membrana timpanica con scomparsa del triangolo luminoso. In relazione alle caratteristiche del versamento ( sieroso, mucoso o ematico) il colorito del versamento potrà essere traslucido, giallastro o blu scuro. In presenza di versamento parziale, soprattutto nelle fasi di regressione della malattia, si evidenziano bolle aeree. L’ esame audiometrico dimostra la presenza di un’ipoacusia trasmissiva, pantonale, di lieve‐media entità. La timpanometria è caratterizzata da un timpanogramma piatto nella fase di stato, e con un picco su valori negativi nella fase di risoluzione. La TERAPIA medica si avvale di antinfiammatori, mucolitici e sostanze agenti sul surfattante, corticosteroidi, decongestionanti nasali. La terapia insufflativa favorisce la normalizzazione della pressione endotimpanica e si avvale della manovra di Valsalva ( soffiare a bocca e naso chiuso al fine di aumentare la pressione nel cavo rinofaringeo) oppure gonfiare un palloncino con il naso o ancora cateterismo tubarico. La terapia chirurgica, mediante paracentesi timpanica, è indicata nei casi di otite siero‐mucosa di durata superiore a 3‐6 mesi, di ipoacusia bilaterale superiore a 40 dB o disfunzione tubarica.. In una minoranza di casi il persistere dei fenomeni flogistici o la presenza di fattori favorenti o scatenanti tendono a fare cronicizzare la malattia, con il possibile instaurarsi di complicanze tra cui: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Ridotta pneumatizzazione del’osso temporale Retrazione o atelettasia del timpano Otite cronica colesteatomatosa Timpanosclerosi Sofferenza cocleare, con insorgenza di un deficit uditivo neurosensoriale o misto 4. OTITE MEDIA ACUTA PURULENTA Patologia flogistica dell’orecchio medio su base microbica. La diagnosi può essere posta in caso di: ‐ ‐ ‐
Esordio acuto e recente: entro le 72 h dalla visita Segni dell’infiammazione dell’orecchio medio: iperemia e colore giallastro della membrana timpanica Presenza di essudato nell’orecchio medio: estroflessione della membrana timpanica, assenza o limitazione di mobilità della membrana timpanica, otorrea o perforazione timpanica spontanea.
È molto frequente soprattutto nei mesi invernali ed in età pediatrica. Nell’ 80% dei casi il microrganismo implicato è STREPTOCCOCCUS PNEUMONIAE, HAEMOPHILUS INFLUENZAE, MORAXELLA CATARRHALIS. L’otite media acuta purulenta fa seguito ad una flogosi delle alte vie aeree con diffusione microbica attraverso la tuba di eustachio (rino‐otite). L’otite può essere conseguente a patologie sistemiche quali influenza e malattie esantematiche infantili (scarlattina, morbillo, varicella) ed in questi casi il rischio di perforazione persistente del timpano, per estesa necrosi tissutale, è più elevato. La sintomatologia può essere distinta in fasi: ‐
FASE DELL’ IPEREMIA in cui il paziente lamenta senso di ovattamento auricolare con progressiva insorgenza di otodinia, vi può essere un modesto rialzo termico. All’otoscopia si evidenzia iperemia della membrana timpanica, particolarmente evidente lungo il manico del martello
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FASE ESSUDATIVA è caratterizzata da intensa otodinia pulsante ed ipoacusia. All’otoscopia si ha estroflessione della membrana timpanica che appare ricoperta da desquamazione epiteliale superficiale FASE DELLA PERFORAZIONE, la fuoriuscita del pus provoca otorrea associata alla scomparsa dell’otodinia, per il venir meno della pressione dell’essudato mentre persiste l’ipoacusia. All’otoscopia l’otorrea impedisce la visualizzazione della membrana timpanica FASE DELLA GUARIGIONE, si verifica una progressiva regressione della sintomatologia che solitamente permane per alcuni giorni con ipoacusia a causa della persistenza del versamento sterile all’interno della cassa del timpano.
La TERAPIA si basa su antibiotici e FANS. La terapia antibiotica deve essere iniziata il prima possibile in caso di un bambino di età inferiore a 2 anni, una forma bilaterale, soggetti con sintomatologia grave e presenza di otorrea, in una minoranza dei casi si possono verificare complicanze: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Persistenza di perforazione timpanica Otite media cronica purulenta Mastoidite acuta Paralisi del facciale Sofferenza cocleare con insorgenza di un deficit sensitivo uditivo neurosensoriale Labirintite Meningite Ascesso cerebrale o cerebellare Tromboflebite dei seni venosi endocranici o della giugulare interna.
OTITE MEDIA CRONICA PURULENTA Contemporanea presenza di flogosi cronica a carico della mucosa dell’orecchio medio, per lo più su base microbica, e di una perforazione timpanica che non manifesta tendenza alla chiusura spontanea. Solitamente è conseguente ad un’otite media acuta purulenta cui non abbia fatto seguito la chiusura della perforazione timpanica. Fattori causali favorenti : ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Difetti di ventilazione tubarica Deficit delle difese immunitarie locali e generali Persistenza di flora microbica endotimpanica Estesa necrosi ossea o timpanica Penetrazione di agenti patogeni, favorita dal contatto con l’acqua
I batteri più comunemente in causa sono lo stafilococco aureo, proteus, Pseudomonas, E. Coli, Streptococco pneumoniae. La sintomatologia si caratterizza per IPOACUSIA ED OTORREA. L’ OTOSCOPIA consente di evidenziare la presenza di essudato che fuoriesce attraverso la perforazione timpanica. In alcuni casi sono evidenziabili polipi flogistici che protrudono dalla perforazione timpanica. L’ esame audiometrico evidenzia un deficit uditivo di tipo trasmissivo o misto, pantonale, di entità lieve o media, in rapporto alle dimensioni della perforazione ed alle condizioni della catena ossiculare. La TC può essere utile per evidenziare l’estensione della flogosi. La terapia medica si basa su antibiotici e FANS
5. OTITE MEDIA COLESTEATOMATOSA È caratterizzata dalla presenza di epitelio squamoso cheratinizzato (cute) associato a flogosi cronica, nelle cavità dell’orecchio medio. In condizioni normali il limite della cute è costituito dalla superficie esterna della membrana timpanica. Nell’ otite colesteatomatosa questo limite viene superato, con penetrazione cutanea nell’orecchio medio e conseguente reazione flogistica a carico della sottomucosa. Può essere CONGENITA o ACQUISITA Tra i fattori favorenti nella forma acquisita si riconoscono otite ricorrenti, palatoschisi, malformazioni cranio‐faciali, Sd di Down, familiarità positiva per otiti. Può essere caratterizzato da una PROGRESSIVA RETRAZIONE TIMPANICA e MIGRAZIONE DI CUTE NELL’ORECCHIO MEDIO ATTRAVERSO UNA PERFORAZIONE (10% dei casi). La progressiva retrazione del timpano causa una tasca di retrazione cutanea che, ingrandendosi, invade progressivamente l’orecchio medio. La retrazione può interessare in parte o in toto la membrana timpanica, fino alla sua completa aderenza alla parete mediale della cassa ( atelettasia). La trasformazione in colesteatoma è determinata dall’accumulo di cellule cutanee desquamate all’interno della tasca di retrazione associata alla flogosi cronica, su base microbica, conseguente alla scarsa ventilazione e vascolarizzazione locale. I microbi più comuni sono Pseudomonas, Streptocossucs, Proteus, E.Coli. La sintomatologia si caratterizza per IPOACUSIa ed OTORREA. L’ otoscopia evidenzia la presenza di: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Tasca di retrazione della quale, nella forma conclamata, non si vede il fondo Squame biancastre che fuoriescono dalla tasca di retrazione o dai margini della perforazione Essudato purulento che spesso deve essere aspirato per consentire la visualizzazione della tasca di retrazione e delle squame cutanee Erosione del muro della loggetta Neoformazione polipoide che procide dalla tasca di retrazione Crosta scura e secca che ricopre l’apertura della tasca di retrazione e che, ai fini diagnostici, deve essere rimossa in microscopia.
La TC consente di definire l’estensione dell’epitelizzazione dell’orecchio medio, spesso non valutabile con l’otoscopia, il grado di erosione ossea al fine di stabilire il rischio di complicanze ed il programma chirurgico. La TERAPIA medica si basa su antibiotici e FANS. Le più significative complicanze sono: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Erosione della catena ossiculare Fistola del canale semicircolare laterale Mastoidite esteriorizzata Labirintite purulenta Meningite Ascesso cerebrale o cerebellare Tromboflebite dei seni 6. RELIQUATI DELLE OTITI PERFORAZIONE TIMPANICA SEMPLICE. Si caratterizza per ipoacusia. All’otoscopia è visualizzabile e si presenta posteriore nel 40 % dei casi, inferiore nel 15 %, anteriore nel 25% e totale nel 20%. La terapia è esclusivamente chirurgica tramite miringoplastica. Le complicanze sono date dall’ insorgenza di fenomeni flogistici a carico dell’orecchio medio con otorrea
TIMPANOSCLEROSI è caratterizzata dal manifestarsi di fenomeni cicatriziali a carico della membrana timpanica e della catena ossiculare. La reazione timpanosclerotica può manifestarsi in presenza o in assenza di una perforazione timpanica. La terapia è esclusivamente chirurgica con timpanoplastica 7. FORME OSTEODISTROFICHE Sono patologie su base non infettiva della capsula labirintica. Si manifestano con ipoacusia di tipo misto, ad eccezione delle rare forme che interessano esclusivamente l’orecchio interno. La malattia più comune è l’ OTOSCLEROSI. PER otosclerosi s’intende una patologia su base distrofica localizzata alla capsula labirintica con frequente interessamento della nicchia della finestra ovale e conseguente ipomobilità della staffa. È una malattia relativamente frequente essendo rilevabile come reperto occasionale nel 10 % dei soggetti. È più spesso bilaterale e colpisce il sesso femminile. Tra le varie ipotesi circa l’eziologia si pensa possano entrare in causa fattori genetici, disendocrinismi, fattori vascolari, immunitari o virali ( morbillo). La sintomatologia si caratterizza per l’insorgere di un’ipoacusia lentamente ingravescente che si associa ad acufeni nel 70% dei casi e vertigine nel 10% dei pazienti, per lo più di lieve entità. Il reperto otoscopico è normale. L’ audiometria tonale liminare dimostra un deficit trasmissivo o misto, più accentuato alle frequenze medie e gravi per la componente trasmissiva e acute per quella neurosensoriale. La timpanometria ha un timpanogramma normale, ma spesso di ampiezza ridotta per innalzamento della frequenza di risonanza del sistema timpano‐ossuculare. Il riflesso stapediale è assente a causa del difetto di mobilità della staffa. La terapia medica consta della somministrazione di fluoro per favorire il formarsi di un tessuto osseo più stabile. Il recupero uditivo può essere sempre ottenuto mediante terapia protesica, sia per via ossea che per via aerea. La terapia più seguita è quella chirurgica ( stapedectomia ). 8. FORME NEOPLASTICHE PARAGANGLIOMA TIMPANO‐GIUGULARE , è un tumore benigno dei chemocettori giugulari e timpanici. Se ne riconoscono due forme: ‐ Paraganglioma timpanico che origina dai chemocettori del nervo di Jacobson ‐ Paraganglioma timpano‐giugulare che origina dai chemocettori del bulbo della giugulare Inoltre possiamo distinguere: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Tipo A limitato all’orecchio medio Tipo B limitato all’area timpanomastoidea Tipo C esteso alla regione infralabirintica e all’apice della rocca petrosa Tipo D1‐D2 estensione intracranica 2 cm
I sintomi sono ipoacusia ed acufeni pulsanti sincroni con il battito del polso. Se vengono coinvolti i nervi cranici possono comparire disfagia, disfonia, disturbi della motilità della spalla e dell’arto superiore. Il reperto otoscopico dimostra per trasparenza attraverso la membrana timpanica la presenza di una masserella ipotimpanica di colore rosso intenso. Per la diagnosi si utilizza l’audiometria tonale liminare e l’imaging con TC e RMN.
La terapia è chirurgica mediante exeresi della neoformazione che deve essere eseguita in tutte le sedi interessate dal tumore, spesso sacrificando la funzione trasmissiva dell’orecchio. Viene in genere preceduto dall’ embolizzazione della lesione mediante arteriografia. TUMORI MALIGNI DELL’ORECCHIO MEDIO sono rare neoplasie a partenza dalla mucosa dell’orecchio medio quali carcinomi squamosi. È silente nelle fasi iniziali, poi può essere causa di otorrea. Diffusa neoformazione vegetante ulcerata, sanguinante.
IPOACUSIA NEUROSENSORIALE (RECETTIVA) 1. IPOACUSIA NEUROSENSORIALE INFANTILE PRELINGUALE (entro i 18 mesi di vita) Forme di grave ipoacusia ( oltre i 65dB di soglia alle frequenze centrali del campo tonale) neurosensoriale bilaterale, insorte entro i 18 mesi di età. In circa il 50% dei casi non si riesce a definire una causa specifica. Nei casi in cui questa si identifica distinguiamo: ‐
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Forme genetiche, in rapporto alle modalità di trasmissione ed alla loro frequenza nell’ albero genealogico sono distinte in autosomiche recessive, autosomiche dominanti, legate al sesso e mitocondriali. Nel 30% dei casi all’ipoacusia si associano malformazioni a livello cardiaco, tiroideo, oculare, cerebrale, osseo. Forme prenatali su base infettiva, durante la gravidanza, soprattutto alla fine del primo trimestre, periodo durante il quale si sviluppa l’orecchio interno, la contrazione di malattie infettive da parte della madre può essere causa di difetti di sviluppo della coclea, con conseguente grave ipoacusia ( toxoplasmosi, CMV, rosolia, HSV…) Forme prenatali su base tossica Forme perinatali su base ipossica, conseguenti a parto distocico, prematurità o basso peso alla nascita. Forme perinatali da ittero, in caso di iperbilirubinemia > 30 mg/dl, per lo più secondaria ad incompatibilità del fattore Rh ( eritroblastosi fetale) con conseguente emolisi, si può verificare il deposito di bilirubina nelle cellule del sistema nervoso centrale tra cui i nuclei cocleari. Forme postnatali riconducibili a malattie contratte dal bambino entro i 2 anni di vita ( meningoencefalite, parotite, morbillo, assunzione di farmaci ototossici, gravi traumi)
In caso di cofosi vi è la mancanza dell’ acquisizione spontanea del linguaggio parlato ( SORDOMUTISMO). Nei casi meno gravi si ha alterata qualità della voce, errori di pronuncia, alterato andamento prosodico e melodico della voce e scarsa padronanza delle regole morfosintattiche. La diagnosi deve essere posta il più precocemente possibile al fine di consentire una precoce protesizzazione ed un’ adeguata rimediazione logopedica. È possibile fare uno screening mirato di tutti i bambini a rischio di ipoacusia, accertamenti audiologici appena i genitori segnalino un sospetto di ipoacusia oppure screening in età più avanzata (alcuni mesi di vita) mediante BOEL test o altri esami di audiometria comportamentale; tali test, da eseguire ad esempio al momento di vaccinazioni obbligatorie, trovano ad oggi scarsa applicazione. Da alcuni anni si è reso possibile uno screening neonatale universale grazie all’introduzione di strumenti di rilevazione delle emissioni otoacustiche di facile utilizzo, anche in ambiente insonorizzato e da parte di personale non medico. Poiché le emissioni otoacustiche sono assenti in caso di ipoacusia superiore a 40 dB, lo screening consente di differenziare soggetti normali o affetti da lieve ipoacusia da soggetti affetti da ipoacusia di entità medio/grave. La terapia è fondamentalmente di tipo protesico, tramite PROTESI ACUSTICHE CONVENZIONALI retroauricolari almeno fino ai 15 anni; IMPIANTI COCLEARI per i sordi prelinguali tra i 12 ed i 24 mesi.
2. PRESBIACUSIA Insieme delle modificazioni della funzionalità uditiva che si manifestano con il progredire dell’ età. Ipotesi vascolare il danno sarebbe secondario ad ischemia cronica da aterosclerosi Ipotesi iperlipemica quale fattore favorente l’arteriosclerosi Socioacusia ipoacusia secondaria all’ esposizione al rumore ambientale cui tutte le persone sono sottoposte Ipotesi genetica L’ ipoacusia inizia a manifestarsi intorno ai 50 anni, con una ridotta capacità di percepire suoni di tonalità acuta, quali il campanello di casa. Progredendo negli anni compare una ridotta discriminazione dei messaggi vocali, inizialmente in ambiente rumoroso poi in tutte le condizioni. Si possono associare acufeni. In rapporto all’ entità del deficit audiometrico può essere distinta in una forma lieve, media, grave, gravissima fino alla cofosi. Vi è anche un deterioramento dell’ umore e delle risposte emotive o ricadute in ambito professionale o dei rapporti interindividuali. L’ audiometria tonale liminare si caratterizza per un deficit uditivo di tipo neurosensoriale, limitato o più accentuato alle alte frequenze, con curva in progressiva discesa, ad andamento evolutivo negli anni. Non vi sono, al momento, presidi terapeutici o preventivi che abbiano dimostrato una sicura efficacia. 3. TRAUMA ACUSTICO CRONICO Si tratta di una diminuzione dell’udito conseguente all’ esposizione prolungata a rumori di elevata intensità. Secondo una recente ipotesi vi sarebbe un’ eccessiva liberazione di glutammato, neurotrasmettitore della sinapsi tra cellula neurosensoriale e fibra nervosa afferente, che ad elevata concentrazione manifesta un effetto neurotossico. Le cellule che più vengono danneggiate dal rumore sono quelle del giro basale della coclea deputate all’ analisi delle frequenze comprese tra 3 e 6 kHz. Una modificazione di soglia in presenza di rumore è un fenomeno fisiologico che determina un adattamento, rendendo meno sgradevole la permanenza nell’ ambiente e favorendo la comprensione dei segnali utili. Tale adattamento si traduce in una diminuzione transitoria della soglia audiometrica, che tende a regredire nelle ore o nei giorni successivi. Nel caso in cui vi sia una ripetuta esposizione al rumore senza che vi sia stato il tempo per una normalizzazione della soglia uditiva, il danno diviene progressivamente irreversibile. L’ esposizione al rumore viene misurata in termini di LIVELLO EQUIVALENTE (Leq), cioè di esposizione media al rumore durante il turno lavorativo giornaliero o settimanale; questa misura tiene conto non solo dell’ esposizione al rumore massimo, ma anche dei momenti di riposo o del fatto che la rumorosità può variare nel tempo, ad esempio per presenza di rumori impulsivi. Si ritiene che l’ esposizione ad un rumore di Leq 2 cm e persistente dopo trattamento antibiotico Uno o più episodi di ascesso peritonsillare Convulsioni febbrili Patologie malformative dell’ apparato respiratorio e cardiocircolatorio o altre malattie croniche gravi.
L’ intervento viene eseguito in anestesia generale, mediante scollamento della capsula tonsillare dalla fascia faringo‐basilare previa incisione con bisturi, freddo o caldo, al davanti del pilastro tonsillare anteriore. Più recentemente sono stati proposti interventi con bisturi a radiofrequenza. Le complicanze della tonsillectomia sono l’infezione della ferita operatoria, l’enfisema cervicale per la lacerazione del muscolo costrittore della faringe e le emorragie. Le complicanze di una tonsillite acuta non trattata possono essere invece distinte in locali e sistemiche. Le complicanze locali sono costituite dalle forme ascessuali e flemmonose, che possono essere peritonsillari e perifaringee. Nelle complicanze peritonsillari l’infiltrazione flemmonosa o la raccolta ascessuale si formano nello spazio compreso tra la capsula tonsillare e la fascia faringo‐basilare, che riveste il muscolo costrittore della faringe ( spazio peritonsillare). Questo è facilitato dalla presenza, non costante, di
una cripta isolata, situata al di sopra della tonsilla, al punto di unione tra pilastro anteriore e posteriore ( segno di Tourtual) circondata da tessuto linforeticolare. Il germe responsabile di qeuste complicanze è di solito lo streptococco beta emolitico. In rapporto alla localizzazione della raccolta purulenta l’ascesso può essere: ‐
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Antero‐superiore, è la forma più frequente e la raccolta è situata tra tonsilla e pilastro anteriore; la tonsilla è spinta posteriormente mentre il pilastro anteriore, spinto in avanti, appare edematoso arrossato e tumefatto Postero‐ superiore Inferiore, lateralmente al polo inferiore della tonsilla che appare spostata in alto Esterno è il più raro d tutti e la raccolta è tra la parete muscolare della faringe e la tonsilla che appare dislocata medialmente ( segno della tendina).
L’ascesso si instaura in corso di una tonsillite acuta e si manifesta con l’ esacerbazione della disfagia dolorosa e dell’ otalgia. La temperatura oscilla tra i 39 ed i 40 gradi, l’alito è fetido, la scialorrea è abbondante. Si manifesta spesso un trisma, sia antalgico sia da sofferenza dei muscoli pterigoidei e la voce assume caratteristiche della stomatolalia. Un ascesso non trattato a sua volta può portare a ‐ ‐ ‐
Edema dell’ ugola e del vestibolo laringeo con possibile dispnea Tromboflebite del seno cavernoso sempre preceduta da analogo processo delle vene del plesso pterigoideo che drenano il sangue refluo dalla tonsilla Processi suppurativi perifaringei fino alla fascite necrotizzante e alla mediastinite acute nell’ arc di ore.
Il possibile verificarsi di tali temibili complicanze impone un trattamento antibiotico con penicilline o cefalosporine iniettive e corticosteroideo al fine di ridurre l’edema. La presenza di colliquazione evidenziata dalla TC cervicale impone di eseguire un drenaggio chirurgico per via cervicotomica In assenza di miglioramento entro 48‐72 ore in caso di compromissione delle vie aeree si deve ricorrere all’ INCISIONE DELL’ ASCESSO E SEGUENTE DRENAGGIO. L’incisione, preceduta da puntura esplorativa atta a localizzare la sede della raccolta ascessuale deve essere praticata seguendo una linea parallela al margine libero dei pilastri per evitare di ledere qualche vaso arterioso. L’indicazione chirurgica alla tonsillectomia può essere posta già dopo la risoluzione del primo episodio acuto o meglio dopo il secondo episodio. Infine, le complicanze a distanza sono soprattutto caratterizzate dalle sequele post‐streptococciche con malattia reumatica, sindrome di Gilles de la Tourette e glomerulonefrite alla cui base vi è una risposta immune ad antigeni streptococcici mediata da un meccanismo di mimetismo molecolare.
PATOLOGIE NEOPLASTICHE TUMORI MALIGNI del RINOFARINGE Le forme epiteliali sembrano originare da una predisposizione genetica, associata a fattori ambientali e ad infezione cronica da EBV. Possono derivare dall’ epitelio di rivestimento oppure dal tessuto linforeticolare normalmente esistente in questa sede. Macroscopicamente possono assumere carattere vegetante, infiltrativo o ulcerativo. I carcinomi del rinofaringe sono suddivisi in: ‐ ‐
CARCINOMA SQUAMOSO tipo I CARCINOMA NON CHERATINIZZANTE PARZIALMENTE DIFFERENZIATO tipo II
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CARCINOMA NON CHERATINIZZANTE INDIFFERENZIATO tipo III, correlato ad EBV
Tra le forme tumorali non carcinomatose si ricordano il linfoma non Hodgkin, il cordoma, il sarcoma e l’angiosarcoma, il craniofaringioma. I tumori maligni rinofaringei si accrescono in una cavità di discrete dimensioni e pertanto i sintomi legati al lor sviluppo iniziale possono essere sfumati e poco caratteristici: ‐
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Sintomi rinofaringei e nasali, in primo luogo ostruzione respiratoria per lo più unilaterale, la cui gravità è in rapporto sia con lo sviluppo della neoplasia sia con la sua zona di insorgenza. Una rinorrea mucopurulenta ed ematica è presente nella maggior parte dei casi. Sintomi auricolari, caratterizzati da ipoacusia ed autofonia, di solito precoci e conseguono ad un’ostruzione tubarica che determina un’otite sierosa Tumefazione linfoghiandolare, un’ adenopatia metastatica latero cervicale a livello dei linfonodi jugodigastrici, posteriormente all’angolo della mandibola. Il linfonodo più craniale di questo gruppo è il cosiddetto linfonodo di Krause che è situato subito al d sotto del foro lacero posteriore, in stretto rapporto con i nervi glossofaringeo, vago ed accessorio. L’ipertrofia di questo linfonodo per processi metastatici, comprimendo o infiltrando questi nervi, può provocare una paralisi Sintomi orbitari Sintomi nervosi
L’ invasione nasale è tipica delle neoplasie impiantate sulla metà anteriore della volta della rinofaringe. Queste neoplasie possono interessare anche i seni paranasali e l’orbita. Quando invade la fossa pterigopalatinna insorgono dolori gravativi, profondi, continui, legati all’ interessamento del ganglio sfenopalatino. l'invasione dell’ orbita avviene attraverso la lamina papiracea dell’etmoide, attraverso la parete superiore del seno mascellare o attraverso la fessura orbitaria inferiore. L’ invasione laterofaringea comporta l’interessamento della loggia retro‐stiloidea, dove sono alloggiate importanti strutture vascolo‐nervose: ‐ ‐ ‐ ‐
Arteria carotide interna Vena giugulare IX,X;XI,XII paio di nervi cranici Simpatico cervicale
In alcuni casi la neoplasia può provocare stenosi tubarica, invasione del palato molle, nevralgia della III branca del trigemino ( triade di Trotter). La neoplasia può inoltre raggiungere l’apice della rocca petrosa. L’endocranio può essere anche raggiunto attraverso il seno sfenoidale. L’ estensione endocranica del processo è accompagnata da cefalea gravativa, diffusa o più spesso localizzzta profondamente alla regione retroculare e a quella temporoparietale, nonché da sintomi legati ad aumento della pressione endocranica ( papilla da stasi, bradicardia, vomito a getto). L’ endoscopia nasale consente di individuare nel cavo rinofaringeo la presenza di un tessuto ipertrofico e vegetane, nel caso dei linfomi infiltrante ed ulcerato nel caso dei carcinomi. All’ esame otoscopico la membrana del timpano può essere opacata, la stasi venosa legata all’ostacolo che incontra il sangue refluo dall’ orecchio medio può provocare un’iperemia della regione epitimpanica e del manico del martello ( segno di Ferreri). La diagnosi deve essere posta mediante biopsia eseguita per via nasale sotto controllo endoscopico. Lo studio TC con mdc e RM con mdc conferma il sospetto diagnostico.
Il principale presidio terapeutico dei tumori maligni rinofaringei è la radioterapia, eventualmente associata a chemioterapia. I carcinomi di tipo II e III sono radiosensibili per cui il tasso di guarigione è alto; negli altri casi si può tentare l’ exeresi chirurgica ma sono difficilmente raggiungibili e la prognosi è più infausta. TUMORI MALIGNI OROFARINGEI Si manifestano tra i 60‐70 anni e sono prevalentemente nel cavo orale. I soggetti sono spesso fumatori e bevitori abituali di sostanze alcoliche. Un ruolo favorente è svolto dalla cattiva igiene del cavo orale, l’infezione da papilloma virus e l’esposizione ad agenti alchilanti ed amine aromatiche. Nella maggiorparte dei casi si tratta di un CARCINOMA SQUAMOSO. Si tratta di neoplasia con spiccata tendenza alla corneificazione, i più comuni sono quelli della LINGUA. Raramente si osservano melanomi, linfomi, fibrosarcoma. Si distingue: grado I displasia lieve grado II –> displasia media grado III displasia grave e carcinoma in situ forme di precancerosi sono la leucoplachia villosa orale, l’eritroplachia ed il lichen planus. Nelle fasi iniziali il paziente lamenta l’esistenza di una neoformazione di consistenza dura, scarsamente dolente, che crea lieve ostacolo ai movimenti della lingua e alla deglutizione. Spesso i pazienti lamentano otalgia omolaterale alla sede della lesione. Successivamente la neoformazione si ulcera e per fatti infiammatori sovrapposti compare dolore. Nei tumori linguali, in un primo tempo sia la masticazione che l’articolazione della parola non sono ostacolati, ma i continui traumi meccanici possono provocare emorragie. Le emorragie poi si fanno frequenti, insorgono violenti dolori nevralgici, l’articolazione della parola risulta ostacolata ed il paziente con forte disfagia dolorosa non si alimenta e si avvia verso la cachessia. Essendovi a questo livello una ricchissima rete ematica e linfatica le metastasi a distanza sono precoci. La diagnosi di certezza viene posta mediante biopsia, la terapia è chirurgica finchè possibile dopodiché palliativa.
MALATTIE DELLE GHIANDOLE SALIVARI La maggior parte del tessuto salivare è raggruppato in tre organi pari, detti ghiandole salivari maggiori: 1. GHIANDOLA PAROTIDE. Nella loggia parotidea sono contenuti, oltre alla ghiandola, vasi arteriosi e venosi; tre gruppi linfonodali ed il nervo facciale. Il nervo facciale extrapetroso fuoriesce dal cranio attraverso il foro stilomastoideo e penetra nella parotide ove si suddivide nei suoi due rami principali: temporo‐facciale e cervico‐facciale. La parotide possiede un’innervazione simpatica e parasimpatica: l’innervazione parasimpatica è fornita da fibre pregangliari che nascono da cellule del nucleo salivatorio inferiore, situato nel midollo allungato. L’innervazione simpatica è data da fibre pregangliari che nascono da cellule della colonna intermedio‐laterale del midollo spinale all’altezza di T1 e T2 e raggiungono il ganglio cervicale superiore. 2. GHIANDOLA SOTTOMANDIBOLARE, è posta nella regione sovraioidea, fra la mandibola ed il muscolo digastrico, sotto il pavimento della lingua ( loggia sottomandibolare) 3. Con il nome di GHIANDOLA SOTTOLINGUALE si intende un complesso di piccole ghiandole raccolte in serie, in un unico corpo, lungo il perimetro del pavimento della bocca, ai due lati de frenulo linguale. La saliva, prodotta dalle ghiandole salivari, è una soluzione acquosa, ipotonica, nella quale si trovano proteine, enzimi, sodio, potassio, bicarbonato. Viene prodotta circa 1000 ml /die ed ha un pH intorno a 7. È secreta dalle ghiandole acinari come fluido lievemente ipertonico ( primo stadio), mentre a livello duttale si ha il riassorbimento di Na e Cl e la secrezione di K e bicarbonato ( secondo stadio); a questo livello la saliva assume le sue caratteristiche definitive. La saliva ha un ruolo favorente sull’ omeostasi del cavo orale, la masticazione, la deglutizione, la fonazione, la digestione oltre che ad avere funzione difensiva ed anticariogena. I disturbi lamentati in caso di patologie a tale livello sono: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
TUMEFAZIONE, di una o più ghiandole DOLORE, spontaneo, evocato dalla palpazione o che si manifesta durante la secrezione salivare IPOSCIALIA riduzione della produzione di saliva; si può manifestare nell’anziano, in presenza di patologie sistemiche o in seguito all’assunzione di farmaci o marjuana ASCIALIA assenza di produzione di saliva SCIALORREA iperproduzione salivare spesso associata alla fuoriuscita di saliva dalla bocca. Più facilmente consegue a patologie del SNC, a disturbi della deglutizione o a stimoli alimentari ( ex. Succo di limone)
L’ esame obiettivo è semplice in quanto si tratta di esaminare e palpare le regioni parotidea e sottomascellare al fine di evidenziare la presenza di una tumefazione e valutarne le caratteristiche ( dimensione, consistenza, mobilità sui piani superficiali e profondi, dolorabilità). L’ esame obiettivo delle ghiandole salivari minori, localizzate nella mucosa del cavo orale, viene invece eseguito mediante orofaringoscopia. Lo STUDIO ECOGRAFICO, in presenza di una tumefazione delle ghiandole salivari, consente di definire i rapporti della stessa con la ghiandola, le dimensioni e le caratteristiche del contenuto ( ad esempio se si tratta di una cisti). La RADIOGRAFIA IN BIANCO può dimostrare la presenza di calcoli intraparenchimali o dei dotti escretori. TC e RM con o senza mdc si eseguono per evidenziare calcoli intraparenchimali o del dotto escretore, presenza di neoformazioni intraparenchimali.
L’ AGOBIOPSIA mediante FNAC basata sull’ esame citologico di cellule prelevate mediante ago sottile consente di determinare la natura delle cellule presenti nella lesione ed eventualmente di aspirare il liquido di una cisti. 1. PAROTITE EPIDEMICA VIRALE È sostenuta da un agente eziologico che appartiene ai Paramyxoviridae, che si localizza soprattutto nella parotide, nelle altre ghiandole salivari, nel SNC e nei testicoli. L’infezione ha un periodo di incubazione di 20 giorni e nel 90 % dei casi colpisce contemporaneamente le due ghiandole. Colpisce di prevalenza in età pediatrica e si trasmette per mezzo della saliva; l’infezione conferisce immunità duratura ed esiste un vaccino che è consigliabile fare ai bambini. La malattia esordisce bruscamente con febbre, brividi, talora epistassi ed otalgia. Segue la comparsa della tumefazione parotidea, generalmente bilaterale anche se l’interessamento può non essere simultaneo ed iniziare prima da una parte. La temperatura raggiunge i valori massimi nelle prime 48 ore, si mantiene elevata per 3‐4 giorni e poi recede. La tumefazione persiste di solito più a lungo esaurendosi in 10 giorni circa. Nei maschi adulti, per evitare la complicanza orchitica, si richiede riposo assoluto per almeno 15 giorni dall’ esordio. Oltre alla tumefazione spesso all’ esame obiettivo si piò osservare un arrossamento a livello dello sbocco del dotto di Stenone. La palpazione della ghiandola di solito non provoca dolore. La terapia è puramente sintomatica. 2. SCIALODENITI ACUTE BATTERICHE Sostenute da S. Aureus. Le principali cause sono scialoadenosi, malattie generali virali o batteriche, stato fisico defedato, calcolosi salivare. La sintomatologia consiste in un aumento di volume unilaterale della ghiandola interessata, che si manifesta nel giro di alcune ore ed è associato a dolore e tensione. Di solito il processo è unilaterale. Si evidenzia iperemia cutanea e la palpazione, che suscita dolore, determina la fuoriuscita di pus dal dotto escretore. La terapia è basata sull’ utilizzo di antibiotici per os o per via iniettiva. Particolarmente efficace risulta la SPIRAMICINA, un macrolide che viene escreto nella saliva ad elevata concentrazione. 3. CALCOLOSI SALIVARE Patologia caratterizzata dall’ ostruzione del dotto escretore di una delle ghiandole salivari maggiori. Tale processo è favorito da: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Modificazioni del pH della saliva, per cui i Sali, normalmente disciolti, precipitano formando piccoli ammassi Riduzione del flusso salivare Disidratazione Ostruzione del dotto Anomalie di decorso del dotto Flogosi del cavo orale
La calcolosi salivare è più frequente nel dotto di Warthon della ghiandola sottomandibolare rispetto a quello di Stenone della parotide perché questo secondo dotto decorre obliquamente dall’ alto verso il basso e consente alla saliva di defluire, almeno in parte, anche per gravità.
I pazienti possono lamentare all’inizio della masticazione un improvviso aumento di volume della ghiandola, che può essere accompagnato da vivo dolore ( colica salivare). La ghiandola, quando è tumefatta, è tesa e dolente. La sintomatologia è più sfumata se il calcolo si localizza nei dotti lobulari ( intraparenchimale). Il calcolo salivare può essere evidenziato mediante radiografia in bianco, ecografia, TC. In alcuni casi il succedersi delle coliche salivari favorisce la spontanea eliminazione del calcolo. Negli altri casi è necessario procedere all’ exeresi che può essere eseguita per via endorale ( in anestesia locale si esegue un’incisione lungo il decorso del dotto, a livello del pavimento della bocca, che viene aperto consentendo l’estrazione); per via esterna ( mediante exeresi della ghiandola interessatta. È molto invasivo e si fa solo se c’è una flogosi cronica o rischio di flogosi settica); mediante frammentazione con onde d’urto, applicando ultrasuoni dall’ esterno. Il ristagno di saliva nel corso di una colica salivare può determinare una scialoadenite acuta, anche flemmonosa. la cronica ostruzione del dotto escretore di una ghiandola ne può inoltre provocare l’ atrofia. 4. TUMORI BENIGNI ‐ ADENOMA PLEOMORFO è la neoplasia più frequente , soprattutto interessa il lobo superficiale. Si ritiene che derivi da abbozzi ghiandolari ectopici, multicentrici, che durante lo sviluppo della ghiandola hanno perduto il rapporto con il sistema canalicolare ‐ ADENOLINFOMA, ha microscopicamente un aspetto multicistico. Queste neoplasie determinano la comparsa di una tumefazione nella regione interessata. Solitamente non provocano dolore. L’ ispezione della loggia ghiandolare consente di visualizzare la neoformazione. Alla palpazione si apprezza una neoformazione solida, dura, parzialmente mobile ed indolente. L’ ecografia della loggia interessata dimostra la presenza di una neoformazione intraghiandolare a contenuto solido o cistico. TC o RM con mdc consentono di visualizzare meglio sede, dimensioni e rapporti. La diagnosi preoperatoria sulla natura della lesione viene eseguita mediante agobiopsia. La terapia è esclusivamente chirurgica. La PAROTIDECTOMIA viene eseguita mediante un’incisione preauricolare portata in basso fino all’ altezza dell’ osso ioide. Vengono quindi identificati il muscolo sternocleidomastoideo e digastrico nella regione cervicale ed il nervo faciale alla sua emergenza dal foro stilomastoideo. Il tronco del nervo ed i suoi rami intraparotidei vengono quindi isolati fino alla fuoriuscita dalla loggia parotidea. Una volta isolato il nervo si esegue l’asportazione della ghiandola nella componente superficiale rispetto al nervo facciale o nella sua totalità, con exeresi anche del lobo profondo. L’ exeresi della ghiandola sottomandibolare prevede un’incisione cutanea che dalla regione sottomentoniera vicino alla linea mediana viene portata posteriormente fino al margine dello sternocleidomastoideo, circa due centimetri sotto la mandibola. Viene quindi isolata la loggia sottomandibolare e asportata la ghiandola, legando arteria e vena facciale e sotto di Warthon, in profondità devono essere rispettati il nervo linguale ed ipoglosso. 5. TUMORI MALIGNI ‐ CARCINOMA MUCOEPIDERMOIDE è il più frequente, interessa prevalentemente il sesso femminile dalla quarta decade. Nel 50 % dei casi origina dalla ghiandola parotide ‐ CARCINOMA ADENOIDOCISTICO, le cellule sono di natura mioepiteliale ed appaiono piccole ed aggregate. Hanno tendenza a determinare invasione perineurale con metastasi a distanza anche dopo molti anni. ‐ CARCINOMA A CELLULE ACINARI
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ADENOCARCINOMA POLIMORFO
RISPETTO alle forme benigne, i tumori maligni causano spesso dolore. Alla palpazione si evidenzia la presenza di una neoformazione solida, dura, ipomobile o fissa, dolente. Si possono associare, soprattutto nelle forme più avanzate, segni di sofferenza del nervo facciale ed adenopatie laterocervicali. I tumori maligni possono estendersi per continuità, per metastasi linfonodali o oer via ematica. L’ ecografia della loggia interessata dimostra la presenza di una neoformazione intraghiandolare a contenuto solido. TC e RM con mdc consentono di valutare meglio sede ,rapporti, invasione, metastasi. La diagnosi preoperatoria sulla natura della lesione viene eseguita mediante agobiopsia. La terapia è chirurgica mediante exeresi della ghiandola sede di malattia ( parotidectomia totale o exeresi della sottomandibolare) a cui deve essere associato uno svuotamento laterocervicale, funzionale o radicale in rapporto al grado di interessamento linfonodale. Nel caso in cui vi sia infiltrazione del nervo facciale anche questo deve essere sacrificato.
MALATTIE DELL’ IPOFARINGE E DELLA LARINGE La alringe è un organo a primordiale funzione SFINTERICA (valvola bidirezionale), con compiti protettivi sulle vie aeree inferiori, alla quale si sono in seguito sovrapposte, assumendo un ruolo preminente, la funzione fonatoria e quella respiratoria. È un organo impari, mediano, situato nella regione sottoioidea ( l’osso ioide è l’unico punto di fissità della laringe). Tende ad abbassarsi con l’età, è più alta nelle donne e nei bambini, mentre negli uomini corrisponde circa alla 5‐6 vertebra cervicale. La posizione del capo fa variare la posizione della laringe rispetto ai corpi vertebrali. È costituita da uno scheletro cartilagineo che comprende: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
CARTILAGINE TIROIDE CARTILAGINE CRICOIDE ( struttura portante, anulare, che entra in contatto con la trachea) EPIGLOTTIDE CARTILAGINI ERITENOIDEE su cui si inseriscono le corde vocali CARTILAGINI CUNICOLATE
Il lume laringeo è costituito dalla mucosa che riveste lo scheletro cartilagineo e membranoso e che si continua in alto nell’ ipofaringe ed in basso nella trachea. La mucosa ipofaringolaringea nel suo decorso disegna le seguenti pliche: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Pliche glossoepiglottiche tra base della lingua ed epiglottide: sono tre, una mediana e due laterali e al loro interno disegnano due infossamenti Pliche ariepiglottiche tese tra l’epiglottide in avanti e le aritenoidi posteriormente; disegnano l’apertura della laringe e si continuano in alto nei seni piriformi dell’ ipofaringe False corde vocali, procidenze pari e simmetriche poste superiormente alle corde vocali di cui ne seguono, in parallelo il decorso Ventricolo laringeo di Morgagni, infossamento della mucosa posta tra corde vocali vere e false Corde vocali, pari e simmetriche, dirette dall’avanti all’indietro.
In rapporto a tali strutture ricordiamo: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
regione sovraglottica; comprendente la parte di laringe posta al di sopra delle corde vocali regione glottica, limitata alle due corde vocali regione sottoglottica comprendente la parte di laringe compresa tra le core vocali vere ed il margine inferiore della cartilagine cricoidea loggia PREEPIGLOTTICA, al davanti dei foramini della glottide. Un tumore che va verso lo spazio preepiglottico è a prognosi negativa spazio PARAGLOTTICO, si estende inferiormente fino al cono elastico ed è delimitato da una membrana fibrosa. È pieno di grasso periepiglottico. È anche questo una via di diffusione delle neoplasie.
La laringe è provvista di una muscolatura che consente l’esecuzione dei movimenti delle cartilagini. I muscoli possono essere distinti in tensori, abduttori, adduttori. I muscoli TENSORI con la loro contrazione consentono di aumentare la tensione delle corde vocali ed hanno pertanto funzione fonatoria. Sono il muscolo cricotiroideo, posto tra il margine inferiore della tiroide e quello superiore della cricoide, contraendosi avvicina tra loro le due cartilagini ed è quello che permette ai cantanti di raggiungere note molto alte; ed il muscolo tiroaritenoideo detto anche muscolo vocale, che costituisce lo scheletro muscolare della corda vocale ed è teso tra l’angolo diedro delle due lamine tiroidee ed il processo vocale dell’ aritenoide. Un difetto di tensione porterà a DISFONIA
L’ ABDUZIONE, cioè l’ allontanamento delle corde vocali tra loro ( funzione respiratoria) è dovuta alla contrazione del muscolo cricoaritenoideo posteriore. La sua contrazione porta in basso e medialmente il processo vocale facendogli compiere, insieme alla faccia antero‐laterale della cartilagine aritenoide, un movimento opposto diretto verso l’alto e l’esterno, che provoca l’abduzione delle corde vocali. I muscoli ADDUTTORI, che determinano un avvicinamento delle corde vocali ( funzione fonatoria) sono il muscolo cricoaritenoideo laterale ed i muscoli interaritenoidei, impari e mediani, tesi tra le due aritenoidi. L’adduzione è importantissima nel chiudere la glottide al bolo. le corde vocali possono eseguire movimenti aritenoidei di ROCKING, ossia quando adducendo ruotano verso l’interno, e di SLIDING, la cui risultante è che le corde vocali si chiudono e si abbassano. Oltre a questa muscolatura INTRINSECA bisogna tenere conto della muscolatura ESTRINSECA faringea ( costrittore superiore / medio / inferiore) che si sincronizzano durante la deglutizione per facilitare il passaggio del bolo nell’ ipofaringe, che lo veicola all’ esofago. Nell’ IPOFARINGE, regione compresa tra un piano passante per le pliche faringo‐epiglottiche e l’osso ioide in alto ed un piano passante tra la cricoide ed il primo anello tracheale in basso, si distinguono le seguenti zone: ‐
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seno piriforme bilaterale e simmetrico, costituito da una superficie interna, formata dalla faccia laterale della plica ariepiglottica, ed una esterna, costituita dalla mucosa che rivesta la faccia mediale della membrana tiroioidea e della lamina della cartilagine tiroide zona retrocricoidea zona faringea posteriore costituita dalla mucosa ipofaringea che riveste i corpi vertebrali.
La mucosa ipofaringea e quella laringea sono costituite da epitelio respiratorio cilindrico cigliato, ad eccezione della mucosa delle corde vocali ove si presenta pavimentosa stratificata non cheratinizzata. Questi epiteli possono andare incontro a metaplasia. La corda vocale presenta una struttura a tre strati: EPITELIO, LAMINA PROPRIA e MUSCOLO. La lamina propria, a sua volta, è suddivisa in tre strati: superficiale, medio e profondo. Lo strato superficiale è formato da abbondante sostanza amorfa ( spazio di Reinke), lo strato medio da fibre elastiche e quello profondo da fibre collagene ( legamento vocale). Questo triplice strato è una barriera anatomica per molti tumori, che qualora riuscissero a diffondere lo fanno in genere dalla porzione mediale ( epitelio) a quella laterale ( spazio paraglottico). La vascolarizzazione arteriosa della laringe è garantita da tre arterie laringee ( superiore, inferiore e posteriore) di cui la laringea superiore è un ramo della tiroidea superiore dalla CAROTIDE ESTERNA. Dalla SUCCLAVIA deriva il tronco tireocervicale da cui deriva la tiroidea inferiore e la laringea inferiore. Le vene defluiscono nella giugulare interna, eccetto l’ inferiore che va nel tronco venoso anonimo. I collettori linfatici appartenenti alla regione sopraglottica sono tributari dei linfonodi dei gruppi superiore e medio della catena dei linfonodi cervicali profondi; i collettori linfatici della regione sottoglottica si dividono in collettori anteriori e posteriori. I collettori anteriori portano la linfa ai linfonodi prelaringei e pretrachali; i collettori posteriori terminano nei linfonodi paratracheali o ricorrenziali. I collettori linfatici ipofaringei fanno capo al gruppo medio ed inferiore della catena linfonodale cervicale profonda. La FONAZIONE è un evento acustico che consegue alla messa in vibrazione della colonna d’aria prodotta dall’ atto respiratorio. La vibrazione ha origine a livello glottico; durante la fonazione le crode vocali sono addotte e l’aumento della pressione aerea sottoglottica determina la transitoria apertura dello sfintere per scivolamento dello spazio di Reinke ( cedevole) sul legamento vocale ( che è rigido); questa apertura consente a parte dell’aria espirata di passare al di sopra del piano glottico; il conseguente calo della pressione sottoglottica determina il ritorno alla posizione di chiusura del piano glottico. L’ intensità del
segnale emesso dipende dalla forza con cui l’aria espirata fa entrare in vibrazione le corde vocali, mentre l’altezza dipende dalla lunghezza, dal grado di tensione e dalle diverse modalità di contrazione del muscolo vocale. Le fosse nasali, il cavo rinofaringeo, il cavo orale e la trachea si comportano come casse di risonanza che rinforzano i suoni formatisi in laringe e ne modificano il timbro. Durante la respirazione le corde vocali sono abdotte. Tutti i muscoli della laringe sono innervati dal nervo laringeo inferiore o ricorrente, ad eccezione del muscolo cricotiroideo che è innervato dal laringeo superiore ( RESPONSABILE della sensibilità, la componente sensitiva quindi predomina nella porzione sovraglottica). Le fibre motrici destinate ai muscoli della laringe nascono sul pavimento del IV ventricolo in nuclei della sostanza grigia in continuazione con il nucleo ambiguo e fuoriescono dall’ oblongata con le radici bulbari del XI nervo cranico, o nervo accessorio. Il tragitto extracranico del nervo accessorio è molto breve, il suo tronco si divide in due rami: il ramo esterno, formato dalle radici spinali, innerva i muscoli sternocleidomastoideo e trapezio, il ramo interno si unisce al vago all’ altezza del ganglio nodoso e porta il contingente motore somatico destinato ai muscoli del velo, ai costrittori medio ed inferiore della faringe ed ai muscoli laringei. Il nervo laringeo inferiore, o ricorrente, mantiene l’ ipertono sfinterico. Quindi una paralisi vagale dà ristagno di saliva nel seno piriforme perché non c’è più apertura dello sfintere.
RACCOLTA DEI DATI ANAMNESTICI I sintomi fondamentali della laringe sono correlati alle sue funzioni: ‐ ‐ ‐
DISPNEA ( respirazione) DISFONIA ( fonazione) DISFAGIA ( sfinterica)
DISPNEA ‐alta, da ostruzione di oroipofaringe e laringe ‐ bassa, da ostruzione bronchiale La dispnea laringea è di tipo INSPIRATORIO ( diversa da quella espiratoria dell’ enfisematoso), con movimento di discesa della laringe nella fase inspiratoria, per contrazione esagerata dei muscoli sternotiroideo e sternoioideo attuata, nel tentativo di sollevare ed ampliare la gabbia toracica. Il carattere inspiratorio della dispnea è secondario all’ulteriore riduzione del lume laringeo conseguente alla pressione aerea negativa che si verifica a tale livello. Durante l’ espirazione l’aumento di pressione aerea che si verifica a tale livello tende ad aumentare il lume laringeo, facilitando il passaggio di aria. Lo stridore respiratorio (CORNAGE), che può essere accompagnato da un fremito vibratorio percepito dalla mano appoggiata sulla laringe, può variare d’intensità, tonalità e timbro, mentre il rientramento di zone del torace ( TIRAGE) dovuto alla contrazione forzata dei muscoli respiratori è particolarmente evidente a livello della fossetta del giugulo e nelle regioni sopraclavicolari. DISFONIA È un sintomo precoce, dato dall’ ADDUZIONE alterata per l’interposizione di una lesione organica ( sia essa maligna o benigna) o paralisi. Può insorgere improvvisamente oppure instaurarsi progressivamente, può avere carattere continuo oppure manifestarsi prevalentemente in certe ore del giorno. La voce disfonica può assumere un timbro aspro, sordo, legnoso, come si verifica in caso di neoplasia maligna; in ta caso prende il nome di SCLEROFONIA. In alcune forma di laringite cronica, alla vibrazione delle corde vocali già modificata per il processo infiammatorio, si sovrappone la vibrazione delle false corde vocali ipertrofiche e ravvicinate sulla linea mediana: si ha in questi casi la cosiddetta VOCE DI FALSA CORDA. La paralisi di una sola corda vocale causa voce bitonale secondaria alle diverse modalità vibratorie delle due corde vocali. L’ emissione dolorosa della voce, che può presentarsi nei processi neoplastici ulcerati, prende il nome di
ODINOFONIA,; l’ emissione faticosa della voce, per cui il pz non può parlare a lungo senza andare incontro a perdita di intensità vocale, prende il nome di ASTENOFONIA. L’ AFONIA consiste, infine, nella perdita totale della voce. È un sintomo non molto frequente, che può essere di natura funzionale oppure legato ad una paralisi bilaterale delle corde vocali con corde vocali fisse in abduzione. DISFAGIA È un sintomo più tardivo della disfonia ( se proviene da una lesione neoplastica che cresce questa deve essere bella grossa). La disfagia può essere meccanica o dolorosa ( ODINOFAGIA); nel primo caso esiste una semplice difficoltà alla progressione del cibo, mentre nel secondo caso il dolore è secondario a fatti ulcerativi o infiammatori, e la componente meccanica può anche mancare. La disfagia meccanica ipofaringo‐laringea interessa di solito la progressione dei cibi solidi, quella dolorosa può verificarsi anche per il passaggio dei liquidi. Potrebbe essere un sintomo di pertinenza esofagea. Acanto a questi tre sintomi fondamentali le laringopatie possono presentare sintomi collaterali secondari: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Globo faringeo Tosse Espettorazione Emoftoe Otalgia Adenopatie latero‐cervicali
La sensazione di un corpo estraneo faringo‐laringeo senza un reale disturbo della deglutizione e della voce, spesso caratterizzata dalla apparente presenza di una lesione tondeggiante ( globo faringeo) è un disturbo molto frequente, su base idiopatica. Quando la causa è organica molto frequentemente è riconducibile a sinusite con caduta di secrezioni dalla rinofaringe, reflusso gastroesofageo, allergia, osteofiti della colonna cervicale, diverticoli esofagei, spasmo del muscolo cricofaringeo, acalasia esofagea. La tosse può essere conseguente a patologia che interessino tutto l’apparato respiratorio. Nella genesi si distinguono tre fasi: ‐ ‐ ‐
Inspiratoria, che consente di immagazzinare aria nei polmoni Compressiva, costituita dalla contrazione dei muscoli intercostali e diaframma a glottide chiusa Espiratoria, all’improvvisa apertura della glottide consegue la fuoriuscita di aria a pressione elevata.
La tosse può essere secca o stizzosa, abbaiante oppure produttiva. È legata di solito a modificazioni di sensibilità della mucosa laringea, soprattuto nel senso di iperestesia. Quando esista invece ipoestesia, la tosse può essere dovuta all’inalazione in trachea o nei bronchi di particelle di cibo. L’ espettorazione si caratterizza per l’emissione con la bocca di escreato che, in rapporto alla patologia che ne è alla base, può essere catarrale, mucoso o purulento. È quasi sempre conseguente a patologie flogistiche. Nel caso in cui l’espettorato si presenti macchiato di sangue, per lo più di colore rosso vivo, si parla di emoftoe o emottisi. L’ emorragia può essere secondaria a una patologia della coagulazione oppure può conseguire ad una patologia traumatica, flogistica o neoplastica delle vie aerodigestive. Le cause più frequenti sono le flogosi gengivali o della mucosa del cavo orale, l’epistassi e la rottura di piccole varici localizzate alla base della lingua. ESAME OBIETTIVO L’ ispezione della regione cervicale anteriore deve essere volta a ricercare lesioni cutanee cicatriziali. Consentirà inoltre di evidenziare un eventuale tirage in caso di dispnea laringea, la presenza di adenopatie cervicali, tumefazioni tiroidee o delle ghiandole salivari e di cisti e fistole.
La palpazione può svelare l’ esistenza di un dolore provocato comprimendo lo scheletro cartilagineo laringeo e consente di apprezzare la modificazione della normale motilità passiva di questo organo in senso medio‐laterale. L’ esame obiettivo endoscopico può essere eseguito con la LARINGOSCOPIA INDIRETTA O DIRETTA. LA LARINGOSCOPIA INDIRETTA si esegue a malato seduto, con capo leggermente esteso. Si invita il paziente a protrudere la lingua; la punta della lingua viene quindi afferrata tra pollice ed indice della mano sinistra con l’interposizione di garza affinché non scivoli; con tale manovra la base della lingua si porta in alto ed in avanti, sollevando contemporaneamente la laringe. Lo specchietto laringeo, riscaldato, viene introdotto al davanti dell’ugola con un inclinazione verso il basso di circa 45 gradi rispetto al piano orizzontale. I raggi luminosi proiettati dallo specchietto frontale dell’osservatore vengono deviati dallo specchietto verso la laringe. A questo punto, onde ottenere un ulteriore innalzamento ed una più completa visualizzazione della laringe, il paziente viene invitato a pronunciare la vocale “ e “ o “ i”. Un’ evoluzione della laringoscopia indiretta è costituita dalla laringoscopia con fibre ottiche, che può essere eseguita mediante strumento rigido, angolato a 70 o 90 gradi, o con strumento flessibile. L’ endoscopia con fibre otiche rigide viene eseguita attraverso la bocca afferrando la lingua del paziente con la stessa modalità sopra descritta. L’ endoscopia con fibre ottiche flessibili viene eseguita per via transnasale seguendo le stesse modalità descritte per l’endoscopia nasale ed utilizzando lo stesso strumento che viene progressivamente spinto nella rinofaringe e poi fatto discendere all’ oro ed ipofaringe. Con questa metodica, ben sopportata anche da soggetti con vivaci riflessi faringei, è possibile visualizzare l’orofaringe, l’ipofaringe ed il lume laringeo, superando facilmente eventuali ostacoli anatomici. La LARINGOSCOPIA DIRETTA viene eseguita mediante spatola rigida dotata di illuminazione distale con la quale vengono caricate la base della lingua e l’epiglottide, fino a spingere lo strumento all’interno del lume laringeo. Il paziente viene esaminato in narcosi con capo iperesteso. Questa metodica trova impieg nei rari casi in cui non sia stato possibile ricorrere a metodiche meno invasive o in cui si debbano asportare corpi estranei, polipi, noduli o a scopo bioptico.
PATOLOGIE MALFORMATIVE CONGENITE ED ACQUISITE 1. DIAFRAMMA LARINGEO, è una membrana biancastra, sottile, posta tra i due terzi anteriori delle corde vocali 2. CISTI, sono neoformazioni tondeggianti secondarie all’ostruzione dei dotti escretori delle ghiandole mucipare, con accumulo della secrezione mucosa all’interno della ghiandola stessa. Talvolta possono localizzarsi al III medio della corda vocale e sono causa di disfonia ed affaticabilità della voce. 3. CICATRICI 4. CISTI EPIDERMOIDE neofromazione congenita che origina dall’incapsulameto di un residuo epidermico embrionario nella lamina propria 5. SULCUS, lesione caratterizzata da un’invaginazione della mucosa della corda vocale che crea un sacco che si insinua nello spazio di Reinke 6. PONTE MUCOSO, lembo di mucosa della corda vocale che si distacca dalla corda per la presenza di un piccolo tunnel che trae origine dall’apertura spontanea di una cisti epidermoide sulle due superfici, superiore ed inferiore, della corda vocale 7. LARIGOCELE, dilatazione del ventricolo laringeo di Morgagni tra corde vocali vere e false. Può essere congenito oppure sintomatico di una neoplasia laringea
PATOLOGIE DA ABUSO/CATTIVO USO DELLA VOCE NODULI VOCALI Sono costituiti da un inspessimento localizzato, in genere bilaterale, a carico delle corde vocali. Rappresentano il 20 % delle lesioni laringee benigne e sono più frequenti nel sesso femminile e nei cantanti. L’ abuso ( surmenage) o il cattivo uso ( malmenage) della voce sono le cause scatenanti. I noduli vocali sono causa di disfonia che, inizialmente, si manifesta solo dopo affaticamento vocale, ma che nel tempo diviene permanente. L’ esame laringoscopico consente di evidenziare la presenza di un inspessimento nodulare della mucosa delle corde vocali, ben circoscritto, solitamente bilaterale, localizzato al punto di passaggio tra terzo medio e terzo anteriore delle corde vocali o, meno frequentemente, al terzo medio. La motilità laringea appare conservata e si evidenzia una marcata chiusura del piano glottico durante la fonazione. Soprattutto nelle forme iniziali i noduli vocali possono regredire normalizzando l’uso della voce, meglio se mediante trattamento logopedico. Nei casi in cui non si verifichi la guarigione è necessaria l’exeresi in microlaringoscopia diretta in narcosi; possono però recidivare se non si corregge l’abuso o il cattivo uso della voce. POLIPI LARINGEI Si tratta di neoformazioni in genere unilaterali, a carico della corda vocale, costituite da una estroflessione del corion con mucosa normale. Come per i noduli vocali, si tratta di una patologia secondaria ad abuso o cattivo uso della voce. In alcuni casi può essere sufficiente un unico evento vocale molto intenso ( urlo) che, in seguito ad un’emorragia intracordale, può dare origine al polipo. Si ha disfonia progressivamente ingravescente con cronicizzazione. Raramente un polipo che assume grandi dimensioni può essere causa di dispnea. La laringoscopia indiretta o mediante fibre ottiche consente di evidenziare la presenza di una neoformazione sessile o peduncolata in genere unilaterale e localizzata al punto di passaggio tra terzo medio e terzo anteriore della corda vocale. La motilità laringea appare conservata e se si evidenzia una mancata chiusura del piano glottico durante la fonazione. La terapia è chirurgica mediante exeresi in microlaringoscopia diretta.
ALTERAZIONI DELLA MOTILITà PARALISI LARINGEE ( PARALISI RICORRENZIALI) Patologie caratterizzate da un deficit di motilità della laringe, in particolare delle corde vocali, secondarie ad una lesione del nervo vago e dei suoi collaterali ed in assenza di una patologia primitiva della laringe. Possono essere distinte in CENTRALI e PERIFERICHE, monolaterali o bilaterali, complete ed incomplete. Le paralisi laringee PERIFERICHE sono dovute, nella maggior parte dei casi, a lesioni del nervo ricorrente ( paralisi ricorrenziali). Sono più frequenti a sinistra che a destra, in quanto il nervo ricorrente di sinistra ha un decorso più lungo e viene in contatto anche con organi contenuti nel torace. Le forme traumatiche più frequenti sono quelle chirurgiche, che possono verificarsi negli interventi sull’ esofago cervicale, sulla tiroide e sui linfonodi cervicali ( la tiroidectomia totale è la più comune causa di paralisi bilaterale). La maggior parte delle paralisi laringee è dovuta però all’ infiltrazione ed allo stiramento del tronco nervoso. Nel caso del nervo ricorrente di sinistra questo può verificarsi per:
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Aneurisma dell’ aorta Pericardite Cardiopatia congenita o acquisita con dilatazione dell’ atrio sinistro Adenopatia tracheobronchiale da processo sistemico, metastatico, infiammatorio Neoplasia maligna della trachea, dell’ esofago, della tiroide
Nel caso del nervo ricorrente di destra : ‐ ‐ ‐
Processi tubercolari o neoplastici dell’ apice polmonare destro Aneurisma della succlavia destra Neoplasie maligne della tiroide e dell’ esofago cervicale
In altri casi, la paralisi ricorrenziale può essere dovuta ad una nevrite tossica o infettiva ( tifo, difterite, influenza) o a traumi cervicali. La sintomatologia è caratterizzata da DISFONIA e DISPNEA. Possono associarsi anche disturbi della deglutizione con possibile aspirazione e polmonite ab ingestis. La disfonia si manifesta in caso di paralisi unilaterale a causa del’ insufficiente chiusura del piano glottico in fonazione. La voce in questo caso si presenta bitonale ( diplofonia) a causa della diversa vibrazione delle due corde vocali. Un quadro di afonia consegue ad una paralisi bilaterale in abduzione. In questo caso, le corde vocali sono fisse in posizione abdotta ed acanto alla afonia si manifesta anche inalazione di alimenti, con conseguente rischio di polmonite ab ingestis. La dispnea compare in presenza di una paralisi ricorrenziale bilaterale con corde vocali fisse in posizione paramediana ( adduzione), in questa condizione lo spazio respiratorio è insufficiente per l’ affrontarsi delle corde vocali, mentre i disturbi della voce sono contenuti. Nelle forme unilaterali in laringoscopia la corda vocale appare fissa molto di rado sulla linea mediana; più spesso assume una posizione paramediana ( cadaverica), intermedia fra l’ adduzione e l’ abduzione. Per i processi di atrofia muscolare che seguono la paralisi, la corda vocale diventa più sottile di quella controlaterale, in un tentativo di compenso funzionale spesso insufficiente. Le forme bilaterali ( diplegia laringea) sono classificabili in: ‐ ‐ ‐
Sindrome di Ziemmsen, corde vocali fisse in abduzione Sindrome di Riegel, corde vocali fisse in adduzione sulla linea mediana Sindrome di Gerhardt corde vocali in posizione paramediana, separate l’una dall’altra da uno spazio di 1‐2 mm. Durante la fonazione, poiché i movimenti di adduzione sono conservati, si accollano, mentre nell’ inspirazione vengono aspirate, portate in basso ed in dentro, con conseguente ulteriore restringimento del già ridotto spazio glottico.
È indispensabile eseguire una ricerca di patologie a carico di: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
MEDIASTINO, via TC ESOFAGO, vi RX con contrasto e/o esofagoscopia TIROIDE prima con ecografia poi approfondendo con TC, scintigrafia, agoaspirato LINFONODI CERVICALI mediante TC o RM Encefalo via RM o TC
Qualora sia possibile è necessario curare la patologia che ha determinato la paralisi. Negli altri casi il trattamento farmacologico è basato sull’ utilizzo di corticosteroidi, soprattutto in caso di dispnea ad alte dosi e per via endovenosa o intramuscolo. In caso di dispnea acuta da paralisi bilaterale in adduzione si dovrebbe:
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Intubare per 72 ore Estubare e, se la dispnea persiste, reintubare per altre 48 ore Tracheotomia in caso di persistenza della dispnea
Nelle paralisi unilaterali, al fine di migliorare la voce, o bilaterali in abduzione, al fine di evitare l’aspirazione, si può tentare di ridurre lo spazio glottico mediante l’innesto sottopericondriale interno di frammenti di cartilagine auricolare o di resina acrilica, oppure iniettando nella corda vocale idrossilapatite.
PATOLOGIE FLOGISTICHE LARINGITI ACUTE Processi secondari ad infezioni virali o , meno frequentemente, batteriche e, in genere, fanno seguito a processi flogistici delle alte vie aeree ( riniti, faringiti) o, meno frequentemente, delle vie aeree inferiori ( tracheiti, bronchiti). Accanto ad un’origine virale o microbica vi possono essere: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Reflusso gastroesofageo Esiti di radioterapia Assunzione di preparati a base di iodio Inalazione di tossici Insufficienza renale Edema da stasi
Il sintomo comune a tutte le forme di laringite è la disfonia inferiore alle 3 settimane, periodo oltre il quale si deve ipotizzare una cronicizzazione del processo o la presenza di neoplasie. A questo sintomo possono aggiungersi un senso di secchezza, tosse secca e stizzosa, espettorazione catarrale, mucosa o purulenta, emoftoe e dispnea. La laringite edematosa è particolarmente temibile in età pediatrica, a causa della ristrettezza del lume laringeo, soprattutto nella regione sottoglottica. Le riniti e le adenoiditi acute, il morbillo, la pertosse ed in qualche raro caso la scarlattina possono complicarsi con questa particolare forma di laringite acuta, la cui eziologia viene oggi ritenuta di natura virale con sovrapposizione mono o polimicrobica. La dispnea di tipo laringeo, che insorge prevalentemente nelle ore notturne, rappresenta il sintomo dominante di questa affezione. Se non adeguatamente trattata, può essere causa di exitus conseguente alla gravissima dispnea. La temperatura è sempre superiore ai 39 gradi, la tosse, se presente è pertussoide ma la voce è normale. Il polso è piccolo e frequente. La laringite suppurativa ( flemmone e ascesso della laringe) rappresenta in molti casi l’inevitabile evoluzione di un edema infiammatorio non adeguatamente trattato. La laringite pseudomembranosa (crup) è di natura difterica. Attualmente molto rara, si caratterizza con disfonia e dispnea. La terapia della laringite catarrale è sintomatica. Nelle forme edematose è necessario l’uso di corticosteroidi ( azione antiedemigena). Se vi è il dubbio di sovrapposizione batterica, è necessario associare una terapia antibiotica LARINGITI CRONICHE SI distinguono forme specifiche ( TBC, sifilide) e forme aspecifiche. Fra le cause di laringite cronica in età pediatrica figurano le adenoiditi e le malattie esantematiche, che possono favorire la cronicizzazione di una laringite acuta. Anche gli sforzi vocali cui possono andare incontro i bambini nell’ambiente scolastico o in quello familiare, soprattutto nel periodo della muta della voce, costituiscono altrettanti fattori di predisposizione, sia pure indiretta. In età adulta si considerano fattori predisponenti: ‐
Carenze vitaminiche
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Malattie del ricambio Insufficienza del filtro nasale Modificazioni della temperatura e delle condizioni igrometriche dell’aria inspirata Presenza di polveri nell’ aria inspirata ( vegetali, minerali, animali) Presenza di sostanze chimiche Laringiti acute recidivanti Flogosi croniche delle alte / basse vie aeree Reflusso gastroesofageo
Un elemento congestionante è rappresentato dall’ alcol. L’ iperemia laringea prodotta dalla sua ingestione inizia dopo circa 20 minuti e scompare soltanto dopo diverse ore. L’abuso di bevande alcoliche provoca uno stato di iperemia cronica laringea. Altre manifestazioni congestizie laringee recidivanti o croniche devirano dall’abuso o dal cattivo uso della voce. In queste condizioni si determina un’iperemia della mucosa laringea, soprattutto di quella che riveste le corde vocali, che, entro certi limiti, è suscettibile di regressione quando venga a cessare la causa che la provoca. Se essa invece persiste, la congestione laringea può diventare permanente e preparare il terreno all’insorgenza di un processo laringitico cronico. Nel caso in cui la flogosi interessi prevalentemente la mucosa, si verificano alterazioni morfologiche della mucosa definite cheratosi. Macroscopicamente, le cheratosi possono presentarsi di aspetto biancastro ( leucoplachia) o rosso ( eritroplachia). A livello microscopico sono caratterizzate da inspessimento ( acantosi), metaplasia squamosa ed ipercheratosi con possibile progressione verso la displasia ed il carcinoma. Il sintomo principale è la DISFONIA, che può presentare una serie di gradazioni che vanno dalla semplice voce velata a gradi estremi di raucedine. L’afonia è eccezionale. È possibile evidenziare un’ iperemia diffusa a tutta la mucosa laringea, spesso associata alla presenza di secrezione mucosa densa e rappresa in croste. Nella forma edematosa, o edema di Reinke, si evidenzia una tumefazione pallida della mucosa della corda vocale, uni o bilaterale. La terapia dev’ essere diretta ad eliminare qualsiasi fattore esogeno ( fumo ed alcol soprattutto) che possa danneggiare l’organo vocale. In presenza di alterazioni di tipo edematoso o ipertrofico trova indicazione l’uso di corticosteroidi, per via iniettiva, orale, o, soprattutto, aerosolica, per periodi relativamente prolungati. La terapia chirurgica , basata sull’ exeresi del tessuto flogistico attraverso laringoscopia diretta in narcosi, viene indicata in caso di insuccesso della terapia medica nelle forme edematose e caratterizzate dalla presenza di aree leucoplasiche.
PATOLOGIE NEOPLASTICHE TUMORI BENIGNI oncocitoma di origine epiteliale, emangioma, linfangioma, paraganglioma, neurofibroma, lipoma, condroma, mioblastoma LESIONI PRECANCEROSE Sono confinate nella membrana basale. I tumori ad eziologia NON virale hanno prognosi migliore 1. PAPILLOMATOSI LARINGEA ( dall’ HPV 6‐11 soprattutto). La papillomatosi giovanile è acquisita dal canale del parto, quella in età adulta per lo più a trasmissione sessuale ed ha prognosi peggiore 2. DISPLASIA intraepiteliale LIEVE ( 1/3 inferiore) Media (2/3) carcinoma in situ (Se diventa a tutto spessore). La probabilità di progressione ad un carcinoma microinvasivo è aumentata a seconda della gravità. Bisogna valutare il quadro istologico con una biopsia escissionale asportando tutta la lesione e cercando di danneggiare il meno possibile la corda vocale.
TUMORI MALIGNI Un tumore laringeo, così come un tumore ipofaringeo, nel suo sviluppo e nella sua diffusione, può superare facilmente i limiti anatomici dell’organo in cui è sorto, per invadere strutture anatomiche circostanti. La genesi alla base è una associazione tra predisposizione genetica e presenza di fattori favorenti: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Fumo di sigaretta Eccessiva assunzione di bevande alcoliche Fattori inquinanti ambientali Infezione da papillomavirus Sostanze tossiche Deficit dietetici Processi flogistici cronici Precancerosi Reflusso gastroesofageo Scarsa igiene orale
Colpisce più frequentemente il sesso maschile ( 4:1). L’età di insorgenza è di solito compresa tra i 40 ed i 60 anni, anche se non è raro nei soggetti anziani. I tumori dell’ ipofaringe sono meno frequenti rispetto a quelli laringei. Nel 90% dei casi si tratta di un CARCINOMA SQUAMOSO. Macroscopicamente la neoplasia può presentare carattere: ‐ ‐ ‐
Vegetante, con aspetto a cavolfiore facilmente sanguinante Infiltrativo Ulcerativo
In rapporto alla loro localizzazione possono essere distinti in: ‐ ‐ ‐ ‐
Sopraglottici ( 45%) Glottici Sottoglottici Ipofaringei
La via di diffusione prevalente per i tumori dell’ epiglottide è quella anteriore verso lo spazio io‐tiro‐ epiglottico ( compreso tra la faccia anteriore dell’ epiglottide e la membrana tiroioidea e chiuso in alto dalla membrana ioepiglottica). Questa modalità di diffusione è facilitata dall’ assenza di barriere anatomiche, ad eccezione dell’ esile legamento tiroepiglottico, che si oppongono alla progressione anteriore ed in profondità della proliferazione neoplastica. Dallo spazio io‐tiro‐epiglottico la neoplasia, progredendo verso l’alto, può invadere la base della lingua oppure esteriorizzarsi sotto la cute. Accanto ad una diffusione per continuità, il cancro laringeo può presentare una diffusione metastatica locoregionale che avviene per via linfatica. A livello glottico vi è una bassa incidenza di metastasi linfonodali per tumori limitati alla corda vocale. Viceversa, metastasi linfonodali si verificano con frequenza molto maggiore nei tumori della regione sovraglottica ed ipofaringea. La sintomatologia è in rapporto inizialmente con la sede di insorgenza, e successivamente con il suo accrescimento e con le modalità di diffusione. Esistono casi rari in cui il primo sintomo è rappresentato da una adenopatia metastatica. La dispnea, di tipo inspiratorio laringeo, è un sintomo che solitamente si manifesta tardivamente in seguito all’ostruzione delle vie respiratorie provocata dal tumore. La disfonia, che ha carattere peggiorativo e che è
legata all’ ostacolo creato dal tumore alla normale vibrazione di una o di entrambe le corde vocali, si traduce, soprattutto nel cancro cordale, nell’ emissione di una voce legnosa, dura, che definisce la DISFONIA una SCLEROFONIA. La disfagia, dapprima meccanica, si fa in seguito dolorosa per il verificarsi di fatti ulcerativi ( ODINOFAGIA) E SI associa ad otalgia. La dispnea diventa il sintomo predominante nelle forme a prevalente sviluppo esofitico endolaringeo, mentre nelle forme laringofaringee ed i quelle ipofaringee il quadro clinico appare dominato dalla disfagia. La diagnosi è basata sul riscontro obiettivo ( laringoscopia indiretta o con fibre ottiche) d una neoformazione vegetante, molto spesso ulcerata, frequentemente associata ad una riduzione della motilità o ad una fissità dei movimenti di una o di due corde vocali. La saliva ristagnante in un seno piriforme è sovente indice di una neoformazione ipofaringea a sviluppo prevalentemente infiltrativo. Un prelievo bioptico, eseguito solitamente in laringoscopia diretta in narcosi, consente di porre diagnosi istologica, differenziando tumori maligni da lesioni precancerose. L’ indagine radiografica è eseguita mediante TC con mdc o RM con mdc. Si distingue una TERAPIA NON CHIRURGICA adiuvante, se eseguita dopo la chirurgia, o NEOADIUVANTE se eseguita prima dell’ intervento al fine di ridurre la dimensione del tumore. In alcuni casi la chemioterapia può essere utilizzata prima della radioterapia al fine di saggiare la radiosensibilità della neoplasia. Gli interventi chirurgici sulla laringe vengono classificati in: ‐ ‐
FUNZIONALI o CONSERVATIVI in cui viene preservata la funzione respiratoria e fonatoria per via naturale DEMOLITIVI, in cui la via aerea e digestiva vengono definitivamente separata ( laringectomia totale)
La LARINGECTOMIA TOTALE, quasi sempre associata ad uno svuotamento linfonodale latero‐cervicale bilaterale è costituita dall’ asportazione completa della laringe dall’ osso ioide fino ai primi anelli tracheali e trova indicazione in tutte quelle lesioni che non possono essere trattate con interventi parziali o ricostruttivi. La laringectomia totale, che se necessario può essere allargata all’ ipofaringe in caso di neoplasia diffusa laringo‐faringea o estesa alla base della lingua, impone la creazione di una tracheostomia permanente che divide definitivamente la via respiratoria da quella alimentare. La continuità della via digestiva è ottenuta con la sutura della mucosa dell’ipofaringe alla base della lingua. Questa condizione comporta una deglutizione buona senza rischi di inalazione, ma causa la perdita della parola e l’impossibilità di fare il bagno immergendosi nell’ acqua ( inondazione delle basse vie aeree). Per ovviare all’ inevitabile perdita della parola questi pazienti possono ricorrere alla cosiddetta voce esofagea, che deriva dalle vibrazioni indotte sulla bocca dell’ esofago dall’aria immagazzinata nell’ esofago cervicale e ritmicamente eruttata. Coloro che non sono in grado di utilizzare la voce esofagea possono servirsi di un apparecchio protesico ( laringofono) che appoggiandosi alla regione sopraioidea produce una vibrazione dell’aria presente nel cavo orale e che consente un’articolazione dei fonemi che rende comprensibile la voce del paziente. Più recente è l’applicazione delle cosiddette valvole fonatorie che, inserite in una fistola creata chirurgicamente tra trachea e faringe, consentono, previa chiusura temporanea della stomia, il passaggio dell’ aria dalla trachea alla faringe ed al tratto vocale superiore ove ha luogo una normale articolazione. I tumori dell’ ipofaringe T1‐T2 possono essere trattati con radioterapia o chirurgia conservativa. Le lesioni maggiori, solitamente, richiedono terapia chirurgica e radioterapia. L’ opzione radioterapica per le lesioni avanzate T3‐T4 può essere presa in considerazione con intento palliativo oppure neoadiuvante a chirurgia, generalmente associata a chemioterapia
PARALISI DEL NERVO FACCIALE Il nervo facciale è formato dal nervo facciale propriamente detto ( motore somatico) e dal nervo intermediario di Wrisberg ( composto da fibre afferenti tattili‐dolorifiche e gustative e fibre efferenti secretrici). Nella sua parte periferica fuoriesce dal tronco cerebrale a livello del solco bulbo‐pontino, attraversa la cisterna magna nell’ angolo pontocerebellare e penetra nel condotto uditivo interno. Al fondo del condotto uditivo interno il nervo penetra in un canale osseo ( acquedotto di Falloppio) che lo accompagna lungo tutto il suo decorso nella rocca petrosa. Il decorso dell’ acquedotto di Falloppio è alquanto complesso, in quanto inizialmente si dirige verso l’avanti (segmento labirintico), poi piega posteriormente (primo ginocchio), ponendosi sulla parete mediale della cassa del timpano ( segmento timpanico). Al termine di tale tratto, l’acquedotto di Falloppio si approfondisce e si dirige verso il basso ( secondo ginocchio), attraversando l’ apofisi mastoidea ( segmento mastoideo) e a tale livello emette due collaterali: il nervo stapediale e la corda del timpano. Infine, il nervo fuoriesce dalla rocca petrosa ( foro stilomastoideo) e penetra nel corpo della ghiandola parotide dividendosi progressivamente in rami terminali a circa 1 cm dall’ emergenza. Presenta 4 componenti a cui corrispondono difetti funzionali in caso di paralisi: 1. MOTORIA, destinata all’ innervazione dei muscoli mimici facciali, al ventre posteriore del digastrico e allo stapedio. I segni motori sono distinguibili in statici ( a riposo) o dinamici ( facendo eseguire al pz attività motorie) ; tra i primi possiamo distinguere un’ asimmetria facciale, abbassamento della commessura labiale, appianamento del solco nasolabiale e delle rughe frontali, allargamento della rima palpebrale, lagoftalmo; tra i dinamici si può avere deviazione verso il lato sano della rima buccale nel mostrare i denti, impossibilità a fischiare o corrugare la fronte o chiudere le palpebre, rotazione del bulbo oculare verso l’alto e all’ esterno nel tentativo di chiudere gli occhi, apparente rotazione più accentuata del bulbo oculare dal lato della paralisi nello sforzo di guardare in alto ( segno di Negro) 2. SECRETRICE VISCERALE, diretta al controllo secretorio delle ghiandole lacrimale e sottomandibolare. Il sintomo più evidente è la ridotta lacrimazione che causa sofferenza corneale 3. SENSITIVA destinata all’innervazione tattile dolorifica della conca del padiglione auricolare. Si può avere dolorabilità della conca del padiglione auricolare 4. SENSORIALE, deputata all’ innervazione gustativa dei due terzi anteriori della lingua. Ipoageusia a livello della parte anteriore della lingua omolateralmente alla paralisi, per cui il paziente riferisce sensazione di gusto metallico. In rapporto alla SEDE della lesione che ha provocato la paralisi si possono distinguere ( secondo Sunderland) cinque tipologie di lesioni : ‐ ‐
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Stadio 1, lesione limitata alla guaina mielinica per cui vi è un transitorio arresto della trasmissione dell’impulso nervoso. La guarigione è quasi sempre completa in 1‐2 mesi Stadio 2, degenerazione dell’ assone; in questo caso la guarigione avviene per rigenerazione nervosa a partire dal corpo neuronale ed è quasi sempre completa, anche se si manifesta più tardivamente ( 12 mesi) Stadio 3, alla degenerazione assonale si associa la soluzione di continuo dell’ endonevrio; la rigenerazione assonale in questo caso non sarà completa; oltre al persistere di un deficit parziale si verificheranno anche sincinesie ( cioè movimenti muscolari non desiderati e differenti da quelli programmati, ad esempio chiudere l’occhio masticando) Stadio 4, soluzione di continuo del perinevrio
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Stadio 5 soluzione di continuo dell’ epinevrio ( sezione del nervo), non vi sono possibilità di rigenerazione spontanea.
La paralisi periferica può essere CONGENITA o ACQUISITA. Le principali cause sono: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐
Forme idiopatiche Forme traumatiche Forme iatrogene Forme infettive Forme infiammatorie Forme secondarie a patologie sistemiche ( diabete o gravidanza)
La forma idiopatica ( PARALISI A FRIGORE, o PARALISI DI BELL) si manifesta come una paralisi ad esordio improvviso, con tendenza ad aggravarsi progressivamente. Si manifesta prevalentemente nei mesi invernali. La guarigione si verifica entro 30‐60 giorni dall’ esordio, si ritiene che nella maggior parte dei casi l’eziologia sia virale ( herpes simplex) La paralisi del VII di origine traumatica è quasi sempre secondaria a fratture della rocca petrosa. Una frattura della rocca si complica con una paralisi del VII nel 50% dei casi. La paralisi del VII iatrogena è per lo più conseguente ad interventi chirurgici a livello dell’ angolo ponto‐ cerebellare ( exeresi di tumori) e più raramente ad interventi sull’orecchio medio o sulla parotide. Tra le forme infettive la più comune è la sindrome di Ramsay‐Hunt o herpes zoster oticus. Si tratta di un’infezione erpetica da zoster con paralisi del VII ed eruzione cutanea vescicolare a livello della conca. La prognosi è peggiore rispetto alla forma di Bell a frigore, in quanto spesso persistono evidenti deficit motori a distanza. Sempre tra le forme infettive deve essere ricordata la paralisi secondaria ad infezione da Borrelia Burgdorferi. Le paralisi infiammatorie del facciale sono conseguenti a complicanze di otite. Una flogosi dell’orecchio medio può essere causa di nevrite del VII in quanto il nervo decorre nella cassa del timpano molto superficialmente. In presenza di paralisi del nervo faciale è sempre necessario eseguire l’otoscopia al fine di ricercare l’eventuale presenza di un fenomeno flogistico a carico dell’orecchio medio. La ridotta lacrimazione può essere valutata con il test di Schirmer, che esprime un danno nella porzione sopragenicolata del nervo. La terapia medica si fonda sull’ utilizzo di corticosteroidi che consentono di ridurre l’ edema ed i fenomeni infiammatori del nervo all’interno del canale osseo in cui si trova prevenendo una eventuale degenerazione assonale. Nelle forme infettive ed infiammatorie su base batterica si associano antibiotici, nella sindrome di Ramsay Hunt antivirali ( acyclovir per os o ev). al fine di prevenire patologie oculari secondarie al difetto dell’ ammiccamento e alla ridotta lacrimazione è utile prescrivere colliri e proteggere l’occhio con lenti.
EMERGENZE OTORINOLARINGOIATRICHE 1. OSTRUZIONE DELLE ALTE VIE AEREE ‐ ‐
Da corpo estraneo ( la laringe può chiudersi e portare a morte il paziente. Occorre intervenire con la tracheotomia) Allergica, in tale caso somministrare adrenalina sottocute o cortisone.
L’ intervento di tracheotomia ( o tracheostomia se i margini del tracheostoma vengono suturati alla cute al fine di evitare lo scollamento tra i diversi piani che si vengono a creare e facilitare il posizionamento della cannula) consiste nel creare un’apertura del lume tracheale verso l’esterno in un punto più basso ( primi anelli tracheali) rispetto alla sede di ostruzione ( cavo orale, faringe, laringe). Nell’intervento di tracheotomia si pratica nella parete anteriore della trachea una finestra che, ancorata alla cute, consente il passaggio dell’aria. La cute può essere incisa sia verticalmente che trasversalmente ( ad oggi si preferisce fare un’incisione orizzontale e poi scendere verticalmente per piani lungo la linea mediana). Si raggiunge in tal modo l’istmo della tiroide che copre i primi anelli tracheali, la creazione di uno sportello nella parete anteriore della trachea può essere fatta al di sopra dell’ istmo ( tracheotomia SOPRAISTMICA o alta, al I‐II anello tracheale; questa tecnica presenta maggiori rischi di dare origine ad una stenosi tracheale) o al di sotto di esso ( tracheotomia SOTTOISTMICA o bassa, inferiormente al IV anello tracheale. È , infine, possibile eseguire l’apertura tracheale in profondità rispetto all’ istmo della tiroide, eseguendo in tal modo una tracheotomia TRANSISTIMICA (II‐IV anello tracheale). Prima di introdurre la cannula tracheale si possono unire con punti in seta i bordi dell’apertura tracheale con la cute ( tracheostomia); si riduce in tal modo la possibilità che l’aria espirata penetri nel sottocutaneo provocando enfisema, e che la secrezione bronchiale infetti la ferita operatoria. In casi di estrema urgenza si può eseguire una tracheotomia inter‐crico‐tiroidea che consiste nell’ apertura della membrana crico‐tiroidea ( quella che fanno con una BIC nei film). Questa membrana è molto superficiale, non è coperta dall’ istmo della tiroide ed è interposta tra due punti di repere ( cartilagine tiroide e cricoide) facilmente identificabili. L’ intervento definito come minitracheotomia è eseguibile grazie anche ad appositi kit chirurgici e con tecnica dilatativa: è però riservato a casi di assoluta urgenza perché può favorire l’instaurarsi di una stenosi tracheale. Una volta praticata l’apertura tracheale, dopo avere abboccato la trachea alla cute, si applica una cannula in polivinilcloruro o in silicone, che scende per alcuni centimetri nella trachea e che viene fissata al collo del paziente mediante fettucce. La cannula consente di mantenere aperta la stomia e di eseguire senza pericolo le manovre di toeletta mediante sondino attaccato ad aspiratore chirurgico. Con cannula inserita è possibile la fonazione occludendone con un dito il foro di apertura, spingendo così l’aria verso la laringe. Le cannule possono essere provviste o meno di cuffia gonfiabile. Negli ultimi anni sono state messe a punto metodiche di accesso percutaneo alla trachea, da seguire prevalentemente in casi di soggetti già portatori di intubazione tracheale. Attualmente le tecniche più utilizzare sono la PERCUTANEUS DILATATION TRACHEOSTOMY (PDT) che prevede il posizionamento di un ago cannula attraverso la parete tracheale ed il posizionamento successivo di cannule di calibro progressivamente crescente. La tracheotomia chirurgica risulta gravata da un tasso di complicanze, maggiori e minori, variabile dal 6 al 60% dei casi. Le complicanze possono essere precoci ( emorragie, lesioni tracheali, esofagee, vascolari, false strade, pneumotorace) o tardive ( infezioni, stenosi, malacie, fistola tracheo‐esofagea). Le tecniche percutanee sono gravate da un maggiore numero di complicanze precoci, ma presentano ridotte complicanze tardive.
2. EMORRAGIE Per anomalie vascolari, neoformazioni, post‐chirurgico, un sanguinamento delle alte vie respiratorie è molto pericoloso perché il sangue può finire proprio nelle vie aeree ed il paziente non respira più. La tracheotomia permette al sangue di non andare nella via aerea. Si usa una cannula cuffiata. Si riempie la cuffia che va a parete e la mantiene pervia. È poi collegata con una cannula al ventilatore che dà giuste concentrazioni di ossigeno ed anidride carbonica. In caso di tumori laringei che ulcerano i tessuti circostanti il sanguinamento può essere devastante. Radioterapia e tecniche chemioterapiche migliorano l’espansione e sono quindi utilissime tecniche palliative
3. ASCESSO Soprattutto tonsillare o peritonsillare. Occupa spazio e l’aria non passa più. Si accumula materiale purulento che può scendere in mediastino e portare ad una fascite necrotizzante per cui si crea un circolo vizioso in cui vengono digeriti, rovinati, distrutti, tutti i tessuti coinvolti dall’ ascesso. 4. PROCESSI FLOGISTICI DELL’ ORECCHIO MEDIO‐ SENI ( soprattutto etmoidale) Si possono propagare al SNC. Dal seno mascellare possono poi estendersi all’ occhio, dal seno sfenoidale al chiasma ottico
5. TRAUMI LARINGEI Pugni, incidenti stradali possono portare all’ edema e all’ insufficienza respiratoria acuta.
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