Nacinovich - Geometria differenziale

March 14, 2017 | Author: Matteo Grimaldi | Category: N/A
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Dispense di geometria differenziale di Mauro Nacinovich...

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Lezioni di Geometria Differenziale Mauro Nacinovich

Indice Capitolo 1. Calcolo differenziale negli spazi Euclidei 1. Funzioni differenziabili negli spazi Rn 2. Equazioni differenziali ordinarie 3. Il teorema delle funzioni implicite 4. Mollificatori 5. Immersioni e sommersioni differenziabili negli spazi Euclidei 6. Sottovariet`a differenziabili negli spazi Euclidei

9 9 12 18 21 24 26

Capitolo 2. Geometria differenziale di Rn 1. Campi di vettori in Rn 2. Curve integrali di un campo di vettori in Rn 3. Gruppi locali a un parametro associati a campi di vettori 4. Campi di vettori e cambiamenti di coordinate 5. Derivata di Lie rispetto a un campo di vettori 6. Spazio tangente ad un aperto di Rn 7. Spazio tangente a una sottovariet`a di Rn 8. Campi di vettori F-correlati 9. Il teorema di Frobenius 10. Integrali primi

29 29 31 34 36 37 38 39 40 42 45

Capitolo 3. Variet`a topologiche e variet`a differenziabili 1. Paracompattezza e partizione dell’unit`a 2. Variet`a topologiche 3. Alcuni esempi 4. Variet`a topologiche con bordo 5. Definizione di variet`a differenziabile 6. Applicazioni differenziabili 7. Funzioni reali differenziabili e partizione dell’unit`a 8. Immersioni, sommersioni, diffeomorfismi 9. Prodotto cartesiano di variet`a differenziabili 10. Sottovariet`a differenziabili 11. Diffeomorfismi 12. Variet`a di Stiefel reali 13. Variet`a di Grassmann 14. Variet`a di Stiefel e di Grassmann complesse 15. Altri esempi 16. Esistenza e unicit`a di strutture differenziali

47 47 48 49 51 52 53 54 58 60 60 62 63 67 70 72 72

3

4

INDICE

Capitolo 4. Il lemma di Morse-Sard 1. Il caso degli spazi Euclidei 2. Il teorema di Sard per variet`a differenziabili

75 75 80

Capitolo 5. Teoremi di approssimazione e d’immersione 1. Il teorema d’immersione di Whitney 2. Alcuni teoremi di approssimazione per applicazioni differenziabili 3. Il teorema d’immersione di Whitney 4. Retratti differenziabili d’intorno 5. Alcuni teoremi d’approssimazione

81 81 81 85 89 91

Capitolo 6. Campi di vettori e spazio tangente 1. Campi di vettori e curve integrali sulle variet`a 2. Vettori tangenti e fibrato tangente 3. Differenziale di un’applicazione differenziabile 4. Alcune osservazioni sul teorema d’immersione di Whitney 5. Gruppi a un parametro di diffeomorfismi 6. Inclusioni isotope 7. Campi completi 8. Isotopie dello spazio ambiente 9. k-celle differenziabili 10. Collari

93 93 95 97 97 98 100 101 103 105 106

Capitolo 7. Fibrati vettoriali 1. Fibrati differenziabili 2. Fibrati vettoriali differenziabili 3. Morfismi e operazioni di fibrati vettoriali 4. Fibrati vettoriali e fibrato tangente 5. Norme differenziabili e strutture Euclidee 6. Classi di isomorfismo di fibrati vettoriali 7. Fibrati vettoriali sulle sfere

111 111 114 115 117 119 119 121

Capitolo 8. Fibrato normale e intorno tubolare 1. Il fibrato normale 2. Estensione di inclusioni differenziabili 3. Intorni tubolari 4. Unicit`a dell’intorno tubolare 5. Intorni tubolari propri 6. Immagine inversa di un valore regolare

123 123 124 125 128 130 133

Capitolo 9. Trasversalit`a 1. Applicazioni e sottovariet`a trasversali 2. Trasversalit`a e fibrati vettoriali 3. Il teorema di trasversalit`a di Thom 4. Immersioni regolari 5. Funzioni di Morse 6. Descrizione locale delle funzioni di Morse

135 135 138 141 142 145 148

INDICE

7. 8.

Indice d’intersezione Indice d’intersezione e grado topologico

5

149 151

Capitolo 10. Alcune Costruzioni 1. Somme connesse 2. Somme connesse di variet`a con bordo 3. Somme connesse lungo il bordo 4. Incollamento lungo una sottovariet`a 5. Incollamento lungo sottovariet`a del bordo 6. Attaccamento di manici alla frontiera

153 153 158 159 161 162 162

Capitolo 11. Forme differenziali negli spazi Euclidei 1. Forme differenziali in Rn 2. Pull-back 3. Differenziale di una forma 4. Il complesso di de Rham 5. Coomologia di de Rham a supporti compatti 6. Il grado di un’applicazione propria di Rn in s´e 7. Orientazione e sottovariet`a di Rn . 8. Integrazione sulle sottovariet`a e formule di Stokes

165 165 166 166 167 170 173 175 177

Capitolo 12. Calcolo differenziale sulle variet`a 1. Fibrato cotangente e tensori 2. Forme differenziali su una variet`a 3. Il lemma di Poincar´e-Volterra sugli intorni contrattili 4. Derivata di Lie di un tensore 5. Distribuzioni vettoriali e teorema di Frobenius 6. Distribuzioni formalmente integrabili e lemma di Poincar´e-Volterra 7. Il teorema di Darboux sulle forme canoniche

183 183 184 186 186 189 193 196

Capitolo 13. La coomologia di de Rham sulle variet`a 1. Definizioni prinicipali 2. Invarianza omotopica 3. Complessi differenziali 4. Le successioni di Mayer-Vietoris 5. La dualit`a di Poincar´e 6. Grado di un’applicazione 7. La formula di K¨unnet 8. Duale di Poincar´e in una sottovariet`a orientata 9. La propriet`a semi-locale 10. Coomologia a supporti compatti nelle fibre 11. Integrazione sulla fibra 12. Dualit`a di Poincar´e e classe di Thom 13. Due propriet`a fondamentali della dualit`a di Poincar´e 14. Il complesso di deRham twistato

201 201 202 203 207 212 214 215 217 219 223 223 225 226 227

Capitolo 14.

233

Fasci e coomologia di Cech

6

INDICE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12.

Fasci d’insiemi e morfismi di fasci Prefasci d’insiemi Fascio associato ad un prefascio e prefasci canonici Il fascio immagine diretta Fasci dotati di struttura algebrica Morfismi di A -moduli e fasci quozienti Coomologia di Cech con coefficienti in un fascio Il teorema di Serre Un teorema di algebra omologica Il teorema di Leray sui ricoprimenti aciclici Il Teorema di de Rham Fasci fiacchi

233 235 236 238 240 241 243 246 253 258 262 263

Capitolo 15. Il complesso di Cech-de Rham 1. Il teorema di de Rham 2. Prolungamento di sezioni 3. Fasci molli 4. Fasci fini 5. Fasci differenziali 6. Risoluzione d’un fascio 7. Risoluzione canonica d’un fascio

269 269 275 276 280 280 281 282

Capitolo 16. Fibrati principali 1. Gruppi di Lie 2. Sottogruppi di Lie 3. La forma di Maurer-Cartan 4. Gruppi di Lie di trasformazioni 5. Fibrati principali 6. Morfismi di fibrati principali 7. Spazi omogenei 8. Il fibrato dei sistemi di riferimento 9. Riduzione del gruppo strutturale e G-strutture 10. G-strutture su una variet`a differenziabile 11. Fibrati vettoriali associati a rappresentazioni

283 283 286 287 290 290 292 294 296 297 299 300

Capitolo 17. Connessioni principali 1. La distribuzione verticale 2. Il concetto di connessione principale 3. Pullback di una connessione principale 4. Il fibrato delle connessioni principali 5. Automorfismi di una connessione principale 6. Forme di Christoffel ed equazioni di gauge 7. Rialzamento orizzontale 8. Forme tensoriali e pseudotensoriali e differenziale esterno covariante 9. Forma di curvatura ed equazioni di struttura 10. Connessioni piatte

303 303 305 306 307 308 308 310 311 313 315

INDICE

11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18.

La famiglia delle connessioni principali Differenziazione covariante Forme di Christoffel e differenziazione covariante Rappresentazione aggiunta e tensore di curvatura Trasporto parallelo Il gruppo di olonomia Connessioni invarianti canoniche su spazi omogenei Connessioni invarianti

7

315 315 318 319 321 323 326 328

Capitolo 18. Connessioni affini 1. Prime definizioni 2. Derivazione covariante, torsione e curvatura 3. Esistenza di connessioni simmetriche 4. Derivazione covariante lungo una curva 5. Forme e simboli di Christoffel 6. Parallelismo 7. Geodetiche 8. Metriche pseudo-Riemanniane e connessione di Levi-Civita

333 333 335 340 341 341 344 345 349

Capitolo 19. Primi elementi di geometria Riemanniana 1. Metriche Riemanniane e pseudo-Riemanniane 2. La connessione di Levi-Civita 3. Geodetiche e distanza su una variet`a Riemanniana 4. La variazione prima dell’integrale dell’energia 5. Variet`a di Riemann compatte 6. Il teorema di Hopf-Rinow 7. Isometrie 8. Propriet`a algebriche del tensore di curvatura 9. La curvatura sezionale 10. L’equazione di Jacobi 11. Punti coniugati 12. Variet`a Riemanniane con curvatura negativa 13. Variet`a totalmente geodetiche

351 351 355 360 363 365 366 369 370 372 374 378 379 383

Capitolo 20. Metriche di Einstein 1. Propriet`a del tensore di curvatura

385 385

Capitolo 21. Metriche invarianti 1. Metriche pseudo-Riemanniane su spazi omogenei 2. La connessione di Levi-Civita sugli spazi omogenei

387 387 388

Capitolo 22. Spazi simmetrici 1. Spazi affini localmente simmetrici 2. Alcuni risultati sui gruppi di trasformazioni 3. Automorfismi affini e isometrie 4. Spazi Riemanniani globalmente simmetrici 5. Coppie simmetriche e simmetriche Riemanniane

391 391 394 399 405 408

8

INDICE

Capitolo 23. Classi caratteristiche 1. Il fibrato degli orientamenti di una variet`a differenziabile 2. Variet`a a bordo 3. La classe di Eulero e la classe di Thom

413 413 416 418

Capitolo 24. Appendice: Omologia 1. Notazione 2. Definizione assiomatica 3. Prime conseguenze degli assiomi 4. La formula di K¨unnet 5. Gruppi di omologia dei complessi cellulari

419 419 420 422 428 428

Capitolo 25. Appendice: Elementi di algebra omologica 1. Complessi 2. Complessi di catene 3. Complessi di cocatene 4. I funtori Hom e Tor 5. Relazione con l’omologia singolare

433 433 434 440 444 445

CAPITOLO 1

Calcolo differenziale negli spazi Euclidei In questo capitolo raccogliamo i risultati di calcolo differenziale per funzioni di pi`u variabili reali, a valori negli spazi Euclidei, che ci saranno utili nel seguito. 1. Funzioni differenziabili negli spazi Rn Indichiamo con x1 , . . . , xn le coordinate dello spazio Euclideo Rn . Sia Ω un aperto di Rn ed f : Ω 3 x → f (x) = t( f 1 (x), ..., f m (x)) ∈ Rm un’applicazione di Ω in Rm . Definizione 1.1 (Derivate parziali). Diciamo che f ammette in x0 ∈ Ω derivata parziale rispetto ad xi se la funzione t → α(t) = f (x0 + tei ) ∈ Rm , definita in un intorno di 0 ∈ R, e` derivabile in 0. Si pone allora d f (x0 + tei ) − f (x0 ) ∂ f (x0 ) = α(t) = lim . ∂i f (x0 ) = i t→0 dt t ∂x t=0 Diciamo che f ammette la derivata nella direzione del vettore v ∈ Rn nel punto x0 ∈ Ω se esiste il limite ∂v f (x0 ) = lim t→0

f (x0 + tv) − f (x − 0) . t

Le derivate parziali di f sono le sue derivate rispetto nelle direzioni dei vettori e1 , . . . , en della base canonica di Rn . Definizione 1.2 (Differenziale). La f si dice differenziabile in x0 ∈ Ω se esiste un’applicazione lineare d f (x0 ) : Rn → Rm tale che f (x) − f (x0 ) − d f (x0 )(x − x0 ) = o(|x − x0 |)

per

x → x0 .

Questa condizione significa che, per ogni  > 0, possiamo trovare un intorno U di x0 in Ω tale che | f (x) − f (x0 ) − d f (x0 )(x − x0 )| ≤ |x − x0 | Vale il: 9

∀x ∈ U .

10

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Teorema 1.1. Sia Ω un aperto di Rn , f : Ω → Rm un’applicazione, x0 un punto di Ω. La f ammette la derivata parziale ∂ f (x0 )/∂xi (risp. e` differenziabile in x0 ) se e soltanto se ciascuna delle funzioni Ω 3 x → f j (x) ∈ R, j = 1, ..., m ammette la derivata parziale ∂ f j (x0 )/∂xi (risp. e` differenziabile in x0 ). Se f e` differenziabile in x0 essa e` continua in x0 , ammette tutte le derivate parziali ∂ f (x0 )/∂xi (per i = 1, ..., n) in x0 , e d f (x0 )(v) = (J f )(x0 )v ove (J f )(x0 ) e` la matrice Jacobiana  ∂ f 1 (x0 )   ∂x1   ∂ f 2 (x0 )  1  ∂x (J f )(x0 ) =   .  ..    ∂ f m (x0 ) ∂x1

∂ f 1 (x0 ) ∂x2 ∂ f 2 (x ∂x2

0)

∀v ∈ Rn ... ...

.. .

..

∂ f m (x0 ) ∂x2

...

.

∂ f 1 (x0 )   ∂xn 



   0)  n  ∂x  .  ..  .    m ∂ f (x0 )  ∂ f 2 (x

∂xn

Ricordiamo il seguente: Teorema 1.2. Sia Ω un aperto di Rn ed f : Ω → Rm una funzione che ammette derivate parziali ∂ f (x)/∂xi rispetto a tutte coordinate x1 , ..., xn di Rn in ogni punto di Ω. Se le funzioni ∂ f (x) Ω3x→ ∈ Rm ∂xi sono continue per ogni i = 1, ..., n, allora f e` differenziabile in ogni punto x di Ω. Definizione 1.3. Una f : Ω → Rm che ammetta derivate parziali prime continue in Ω, rispetto a ciascuna delle coordinate, si dice differenziabile di classe C 1 . Teorema 1.3 (Differenziale della funzione composta). Siano Ω un aperto di Rn , G un aperto di Rm , ed f : Ω → G, g : G → R` due funzioni di classe C 1 . Allora la funzione composta g ◦ f : Ω → R` e` differenziabile di classe C 1 , e vale la formula: d(g ◦ f )(x) = dg( f (x)) ◦ d f (x) ∀x ∈ Ω. Definizione 1.4. Le derivate parziali di ordine superiore di una funzione f : Ω → Rm si definiscono per ricorrenza: se 1 ≤ i1 , ..., im ≤ n e la derivata parziale ∂m f (x)/∂xi1 ....∂xim e` definita in Ω, ed 1 ≤ j ≤ n, allora la derivata parziale ∂m+1 f (x)/∂x j ∂xi1 ....∂xim e` , quando esiste, la derivata parziale rispetto alla coordinata x j della funzione Ω 3 x → ∂m f (x)/∂xi1 ....∂xim ∈ Rm . Vale il:

1. FUNZIONI DIFFERENZIABILI NEGLI SPAZI Rn

11

Teorema 1.4 (Schwarz). Siano Ω un aperto di Rn ed f : Ω → Rm una funzione che ammetta derivate parziali del primo e del secondo ordine rispetto alle coordinate, continue in Ω. Allora ∂ f (x) ∂ f (x) = ∀1 ≤ i, j ≤ n, x ∈ Ω. i j ∂x ∂x ∂x j ∂xi Definizione 1.5. Una funzione f : Ω → Rm definita su un aperto Ω di Rn si dice differenziabile di classe C k in Ω se ammette derivate parziali continue in Ω fino all’ordine k. Se Ω e` un aperto di Rn ed A un sottoinsieme di Rm , indichiamo con C k (Ω, A) l’insieme di tutte le funzioni f : Ω → A tali che Ω 3 x → f (x) ∈ Rm sia differenziabile di classe C k in Ω. Diremo che f e` differenziabile di classe C k nel punto x0 di Ω se esiste un intorno aperto U di x0 in Ω tale che f |U sia differenziabile di classe C k . Per il Teorema 1.4, se f ∈ C k (Ω, Rm ), le sue derivate parziali fino all’ordine k non dipendono dall’ordine in cui si eseguono le successive derivate prime: ∂h f (x)/∂xi1 ...∂xih = ∂h f (x)/∂xiσ1 ...∂xiσh ,

∀1 ≤ h ≤ k, 1 ≤ i1 , ..., ih ≤ n, ∀σ ∈ Sh .

Associamo ad ogni h-upla (i1 , ..., ih ) di interi con 1 ≤ i1 , ..., ih ≤ n un multiindice α = (α1 , ..., αn ) ∈ Nn ove α j e` il numero di indici r tali che ir = j. Definiamo allora: ∂|α| f (x) = ∂h f (x)/∂xi1 ...∂xih . ∂xα Se α = (α1 , ..., αn ) ∈ Nn , poniamo α! = α1 ! · · · αn !,

|α| = α1 + · · · + αn ,

xα = (x1 )α1 · · · (xn )αn .

e scriviamo per semplicit`a ∂α , oppure Dα invece di

∂|α| . ∂xα

Definizione 1.6. Poniamo C ∞ (Ω, Rm ) =

∞ \

C k (Ω, Rm ).

k=0

Una funzione f ∈ la serie di Taylor

C ∞ (Ω, Rm )

si dice analitica reale in Ω se per ogni punto x0 ∈ Ω X ∂α f (x0 ) (x − x0 )α α! n α∈N

converge uniformemente, in un intorno di x0 , alla funzione f . Esempio 1.1. La funzione    0   f (x) =   exp −12 x

se x = 0, se x , 0

e` di classe C ∞ su R, ma non e` analitica reale in 0. Infatti essa si annulla con tutte le sue derivate in 0 e quindi la sua serie di Taylor in 0 non converge ad f in un intorno di 0.

12

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

L’insieme delle funzioni analitiche reali definite sull’aperto Ω di Rn , a valori in Rm , si indica con C ω (Ω, Rm ). Vale la catena di inclusioni: C (Ω, Rm ) ⊃ C 1 (Ω, Rm ) ⊃ .... ⊃ C k (Ω, Rm ) ⊃ · · · ⊃ C ∞ (Ω, Rm ) ⊃ C ω (Ω, Rm ). 0

Se m = 1, scriviamo C k (Ω) invece di C k (Ω, R). Vale la formula di Leibnitz1, X α! ∂α ( f g) = (∂β f )(∂γ g) , ∀ f, g ∈ C k (Ω), α ∈ Nn , |α| ≤ k ; β!γ! β+γ=α ne segue che C k (Ω) (per 0 ≤ k ≤ ω) e` una R-algebra ed un anello unitario per il prodotto di funzioni. 2. Equazioni differenziali ordinarie Teorema 1.5 (Peano). Siano Ω un aperto di Rm+1 ed f : Ω → Rm una funzione continua. Fissati (t0 , y0 ) ∈ Ω, possiamo trovare un T > 0 ed una funzione u : [t0 , t0 + T ] → Rm di classe C 1 tale che (i) (ii) (iii)

(t, u(t)) ∈ Ω ∀t0 ≤ t ≤ t0 + T, u0 (t) = f (t, u(t)) ∀t0 ≤ t ≤ t0 + T, u(t0 ) = y0 .

Dimostrazione. Possiamo supporre, per semplicit`a di notazioni, che t0 = 0, y0 = 0. Siano a > 0 ed R > 0 tali che ¯ R) ⊂ Ω. K = [−a, a] × B(0, L’insieme K e` compatto e quindi, per il teorema di Weierstrass, f e` limitata su K. Sia M > 0 tale che | f (t, y)| ≤ M ∀(t, y) ∈ K. Fissiamo T > 0 in modo tale che T M < R. Indichiamo con la lettera X l’insieme di tutte le funzioni continue u : [0, T ] → Rm tali che |u(t)| ≤ R per ogni 0 ≤ t ≤ T . Su X consideriamo la topologia della convergenza uniforme, associata alla distanza d(u, v) = ku − vk∞ = sup |u(t) − v(t)|. 0≤t≤T

Con questa topologia, X e` uno spazio metrico completo. Consideriamo l’applicazione X 3 u → Φ(u) ∈ C ([0, r], Rm ) definita da Z t

Φ(u)(t) =

f (s, u(s))ds. 0

1Scriviamo

multiindici.

  α! = αβ = αγ , estendendo cos`ı la definizione del binomiale al caso dei β!γ!

2. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

13

Abbiamo t

Z |Φ(u)(t)| ≤

t

Z | f (s, u(s))|ds ≤

0

Mds = Mt ≤ R

se

0 ≤ t ≤ T.

0

Quindi Φ(u) ∈ X per ogni u ∈ X. La funzione Φ e` continua su X. Infatti la f e` uniformemente continua su K e quindi, fissato  > 0, possiamo trovare η > 0 tale che | f (t, y) − f (s, z)| < r−1 

se

(t, y), (s, z) ∈ K,

|t − s| < η, |y − z| < η.

Siano u, v ∈ X con ku − vk∞ < η. Allora Z t ( f (s, u(s)) − f (s, v(s))ds ≤ T −1 t ≤ . |Φ(u)(t) − Φ(v)(t)| = 0

Osserviamo ancora che le funzioni di Φ(X) sono equicontinue ed equilimitate e quindi Φ(X) e` relativamente compatto in X per il teorema di Ascoli-Arzel`a. Consideriamo la funzione X 3 u → ku − Φ(u)k∞ ∈ R e sia δ = inf ku − Φ(u)k∞ . u∈X

Dico che δ = 0. Infatti, fissato  > 0, sia η > 0 tale che | f (t, y) − f (s, z)| < T −1 

se

(t, y), (s, z) ∈ K,

|t − s| < η, |y − z| < η.

Consideriamo una partizione 0 = t0 < t1 < .... < tN = r con |t j − t j−1 | < (1 + M)−1 η per j = 1, ..., N. Definiamo per ricorrenza    y0 = f (0, 0)   y j = y j−1 + (t j − t j−1 ) f (t j−1 , y j−1 ) se j = 1, ..., N. Consideriamo poi la funzione a scalini ψ(t) = f (t j−1 , y j−1 )

t ∈ [t j−1 , t j [,

se

La funzione v(t) =

t

Z

j = 1, ..., N.

ψ(s)ds

0

e` lineare a tratti ed appartiene ad X. Inoltre |ψ(t) − f (t, v(t))| < T −1 

∀0 ≤ t ≤ T.

Infatti su ciascuno degli intervalli [t j−1 , t j [ abbiamo: |ψ(t) − f (t, v(t))| = | f (t j−1 , y j−1 ) − f (t, y j−1 + (t − t j−1 ) f (t j−1 , y j−1 )| < T −1  perch´e

|t j−1 − t| ≤ |t j − t j−1 | < η, |(t − t j−1 ) f (t j−1 , y j−1 )| < (1 + M)−1 Mη < η.

14

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Quindi |v(t) − Φ(v)(t)| ≤

t

Z

|ψ(s) − f (s, v(s))|ds ≤ T −1 t ≤ .

0

Dunque δ = 0. Sia {uν } una successione in X tale che lim kuν − Φ(uν )k∞ = 0.

ν→∞

Poich´e Φ(X) e` relativamente compatto in X, a meno di estrarre una sottosuccessione, possiamo supporre che {Φ(uν )} sia una successione convergente in

X.

Allora kuν −uµ k∞ ≤ k(uν −Φ(uν ))k∞ +kuµ −Φ(uµ )k∞ +kΦ(uν )−Φ(uµ )k∞ → 0

se µ, ν → ∞

e quindi la {uν } e` una successione di Cauchy in X. Poich´e X e` completo, essa converge a una funzione u ∈ X. Per la continuit`a di Φ, abbiamo Φ(u) = u e quindi u(t) =

t

Z

f (s, u(s))ds ∀0 ≤ t ≤ T. 0

¯ R)) e Dal teorema fondamentale del calcolo integrale segue che u ∈ C 1 ([0, T ], B(0, soddisfa il sistema    u0 (t) = f (t, u(t)) se 0 ≤ t ≤ T,   u(0) = 0.  Osservazione 1.6. Sotto le ipotesi del teorema di Peano, la soluzione del problema    u0 (t) = f (t, u(t)) se t0 ≤ t ≤ t0 + T,   u(t0 ) = y0 pu`o non essere unica. Consideriamo ad esempio fa funzione continua √ f : R2 3 (x, y) → 3 y ∈ R. Tutte le funzioni     0q se 0 ≤ t ≤ c,  3 uc (t) =     32 (x − c) se per c ≥ 0 sono soluzioni di  √3   u0 (t) = u(t)   u(0) = 0.

se

t≥c

t ≥ 0,

2. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

15

Un’altra dimostrazione del Teorema di Peano. Siano K, M, T e X definiti come in precedenza. Fissato un qualsiasi numero reale positivo 0 <  < T , vi e` una e una sola funzione u ∈ X che soddisfa:    u (t) = 0 se 0 ≤ t ≤         R   u (t) = t f (s, u (s − ))ds se  ≤ t ≤ T. 0 Si verifica facilmente che la famiglia {u } ⊂ X e` relativamente compatta in X per il teorema di Ascoli-Arzel`a. Possiamo quindi trovare una successione {ν } infinitesima tale che uν → u in X. Passando al limite sotto il segno di integrale, otteniamo allora Z t u(t) = f (s, u(s))ds se 0 ≤ t ≤ T. 0

Per il teorema fondamentale del calcolo integrale la u e` una funzione di classe C 1 su [0, T ] e soddisfa:    (t, u(t)) ∈ Ω ∀0 ≤ t ≤ T     u(0) = 0      u0 (t) = f (t, u(t)) se 0 ≤ t ≤ T.  m Teorema 1.7 (Unicit`a). Sia Ω un aperto di Rm+1 = Rt × Rm y e sia f : Ω → R una funzione continua, che ammette derivate parziali prime continue rispetto alle variabili y1 , ..., ym . Sia (t0 , y0 ) ∈ Ω. Se u j : [t0 , t0 + T j ] → Rm (con T j > 0 per j = 1, 2) sono funzioni di classe C 1 che risolvono il sistema:    (t, u j (t)) ∈ Ω se t ∈ [t0 , t0 + T j ],     0 u j (t) = f (t, u j (t)) se t ∈ [t0 , t0 + T j ],      u j (t0 ) = y0

allora u1 (t) = u2 (t)

∀t0 ≤ t ≤ t0 + min{T 1 , T 2 }.

Dimostrazione. Poniamo T = min{T 1 , T 2 } e sia A = {t ∈ [t0 , t0 + T ] | u1 (t) = u2 (t)}. L’insieme A e` chiuso perch´e le funzioni u j sono continue. Esso contiene t0 e quindi non e` vuoto. La componente connessa A0 di t0 in A e` un intervallo chiuso [t0 , t1 ] con t0 ≤ t1 ≤ t0 + T . Dico che t1 = t0 + T . Infatti, se fosse t1 < t0 + T , avremmo Z t u j (t) = y1 + f (s, u j (s))ds se t1 ≤ t ≤ t0 + T, j = 1, 2 t1

con y1 = u1 (t1 ) = u2 (t1 ).

16

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

L’aperto Ω contiene un intorno di (t1 , y1 ) della forma ¯ 1 , R1 ). K = {|t − t1 | ≤ T 1 } × B(y Su K abbiamo

∂ f (t, y) ≤ L < ∞. ∂y Inoltre, poich´e le u j sono continue, possiamo scegliere 0 <  < min{T 1 , t0 + T − t1 } tale che ¯ 1 , R1 ) ∀t1 ≤ t ≤ t1 + , j = 1, 2. u j (t) ∈ B(y ¯ 1 , R1 ), abbiamo Se z1 , z2 ∈ B(y Z 1 d | f (t, z2 ) − f (t, z1 )| = f (t, z1 + ξ(z2 − z1 ))dξ 0 dξ Z 1 ∂f = (t, z1 + ξ(z2 − z1 ))(z2 − z1 )dξ 0 ∂y (Z 1 ) ∂ f (t, z1 + ξ(z2 − z1 )) dξ |z2 − z1 | ≤ 0 ∂y ≤L · |z2 − z1 |. Otteniamo quindi Z

t

|u2 (t) − u1 (t)| ≤

| f (s, u2 (s)) − f (s, u1 (s))|ds t1

≤ (t − t1 )L sup |u2 (s) − u1 (s)| t1 ≤s≤t

per t1 ≤ t ≤ t1 + . Pur di scegliere δ > 0 con δL < 1, δ ≤ , avremo sup |u2 (t) − u1 (t)| ≤ δL sup |u2 (t) − u1 (t)| ⇒ u1 (t) = u2 (t)

t1 ≤t≤t1 +δ

t1 ≤t≤t1 +δ

∀t1 ≤ t ≤ t1 + δ. Ci`o contraddice la definizione di t1 e mostra quindi che t1 = t + r.



Teorema 1.8 (Dipendenza continua dai dati iniziali). Siano Ω un aperto di Rm+1 = m Rt × Rm y ed f : Ω → R una funzione continua, che ammette derivate parziali prime continue rispetto alle variabili y1 , ..., ym . Sia (t0 , y0 ) ∈ Ω. Possiamo allora trovare T > 0, R > 0 ed una funzione continua φ : [t0 , t0 + T ] × B(y0 , R) → Rm , che ammette derivata parziale prima continua rispetto alla variabile t, tale che   (t, φ(t, y)) ∈ Ω se (t, y) ∈ [t0 , t0 + T ] × B(y0 , R)       φ(t0 , y) = y se y ∈ B(y0 , R)      ∂φ(t, y)    = f (t, φ(t, y)) se t0 ≤ t ≤ t0 + T. ∂t

2. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

17

Dimostrazione. Supponiamo, per semplicit`a di notazioni, che t0 = 0, y0 = 0. Dal teorema di esistenza e unicit`a segue facilmente l’esistenza, per ogni y in un intorno di 0, di una soluzione uy (t) del problema    (t, uy (t)) ∈ Ω se 0 ≤ t ≤ T     uy (0) = y      u0y (t) = f (t, uy (t)) se 0 ≤ t ≤ T. Posto φ(t, y) = uy (t), resta da dimostrare la dipendenza continua di φ da y. A questo scopo introduciamo ψ(t, y) = φ(t, y) − y ed osserviamo che vale l’uguaglianza: Z t ψ(t, y) = f (s, y + ψ(s, y))ds se 0 ≤ t ≤ T. 0

Abbiamo allora: α(t) = |ψ(t, y2 ) − ψ(t, y1 )| ≤

t

Z

| f (s, y2 + ψ(s, y2 )) − f (s, y1 + ψ(s, y1 ))|ds

0 t

Z

L(|y2 − y1 | + α(s))ds Z t ≤ Lt|y2 − y1 | + L α(s)ds 0 Z t ≤ Lr|y2 − y1 | + L α(s)ds. ≤

0

0

Indichiamo con β(t) la funzione β(t) = Lr|y2 − y1 | + L

t

Z

α(s)ds.

0

Allora β(t) e` una funzione di classe C 1 e    β0 (t) = Lα(t)     β(t) ≥ Lr|y2 − y1 |      α(t) ≤ β(t). Otteniamo allora

β0 (t) ≤L β(t)

da cui, integrando, β(t) ≤ Lr|y2 − y1 |eLt . Questa disuguaglianza dimostra la tesi.



k Teorema 1.9 (Dipendenza C k dai dati iniziali). Sia Ω un aperto di Rt × Rm y × Rλ e sia f : Ω → Rm

18

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

una funzione di classe C k con k ≥ 1. Fissato un punto (t0 , y0 , λ0 ) ∈ Ω, possiamo trovare T > 0, R > 0, e una funzione φ : G = [−T + t0 , T + t0 ] × B(y0 , R) × B(λ0 , L) → Rm di classe C k tale che:    (t, φ(t, y, λ), λ) ∈ Ω ∀(t, y, λ) ∈ G,       ∂φ(t, y, λ)  = f (t, φ(t, y, λ), λ) se |t − t0 | ≤ T    ∂t    φ(t0 , y, λ) = y. Dimostrazione. Basta osservare che le derivate parziali delle soluzioni del sistema differenziale ∂ φ(t, y, λ) = f (t, φ(t, y, λ), λ) ∂t soddisfano ancora un sistema differenziale (che si ottiene calcolando le derivate parziali di ambo i membri) ed applicare il teorema di esistenza e unicit`a.  3. Il teorema delle funzioni implicite Teorema 1.10 (delle funzioni implicite). Siano Ω un aperto di Rnx × Rm y ed F : Ω → Rm una funzione continua. Supponiamo che F ammetta derivate parziali prime continue rispetto a y1 , ..., ym in Ω e che, in un punto (x0 , y0 ) ∈ Ω la matrice quadrata m × m  ∂F 1 (x ,y ) ∂F 1 (x ,y ) 1 (x ,y )  0 0 0 0 0 0    . . . ∂F ∂y m ∂y2  ∂y1   ∂F 2 (x ,y ) ∂F 2 (x ,y ) ∂F 2 (x0 ,y0 )   0 0 0 0  ...  ∂y1 ∂F m 2  ∂y ∂y (x0 , y0 ) =  A0 =   ∂y .. .. ..   .. . . . .    ∂F m (x0 ,y0 ) ∂F m (x0 ,y0 ) . . . ∂F m (x0 ,y0 )  ∂ym ∂y1 ∂y2 sia invertibile. Possiamo allora determinare due numeri reali positivi r, R ed una funzione continua f : B(x0 , r) → B(y0 , R) tali che     B(x0 , r) × B(y0 , R) ⊂ Ω,   F(x, f (x)) = F(x0 , y0 ) ∀x ∈ B(x0 , y0 ). Dimostrazione. Per semplificare le notazioni, possiamo supporre siano x0 = 0,

y0 = 0,

F(x0 , y0 ) = F(0, 0) = 0.

L’applicazione m G : Ω 3 (x, y) → y − A−1 0 F(x, y) ∈ R

ammette derivate parziali prime continue rispetto ad y1 , ..., ym e ∂G ∂y (0, 0) = 0. p 2 2 Quindi G(x, y) = o( |x| + |y| ) e perci`o possiamo trovare costanti r, R > 0, tali

3. IL TEOREMA DELLE FUNZIONI IMPLICITE

19

che   ¯ ¯    B(0, r) × B(0, R) ⊂ Ω,    k∂G(x, y)/∂yk < 1 se |x| < r, |y| < R. 2 Abbiamo allora: Z 1 d |G(x, y2 ) − G(x, y1 )| = G(x, y1 + t(y2 − y1 ))dt 0 dt Z 1 ∂G = (x, y1 + t(y2 − y1 ))(y2 − y1 )dt 0 ∂y Z 1



∂G (x, y + t(y − y ))

dt ≤ |y2 − y1 | · 1 2 1

∂y 0 1 ≤ |y2 − y1 | , per |x| < r, |y1 |, |y2 | < R. 2 ¯ r)× B(0, ¯ R). In particolare possiamo La G e` uniformente continua sul compatto B(0, trovare 0 < r0 < r tale che |G(x2 , y2 ) − G(x1 , y1 )| < R/2 se |x2 − x1 | ≤ r0 , |y2 − y1 | ≤ r0 ,

¯ r) × B(0, ¯ R). (x1 , y1 ), (x2 , y2 ) ∈ B(0,

¯ r0 ) ed y ∈ B(0, ¯ R), abbiamo Quindi, per x ∈ B(0, |G(x, y)| ≤ |G(x, y) − G(0, y)| + |G(0, y)| < R. ¯ r), B(0, ¯ R)) e` lo spazio delle funzioni continue u : In particolare, se X = C ( B(0, ¯ r) → B(0, ¯ R), munito della topologia della convergenza uniforme, l’applicaB(0, zione T : X 3 u → G(x, u(x)) ∈ X e` ben definita ed e` una contrazione, perch´e 1 kT (u) − T (v)k = sup |G(x, u(x)) − G(x, v(x))| ≤ ku − vk 2 ¯ B(0,r 0)

∀u, v ∈ X.

Poich´e X, con la distanza d(u, v) = sup x∈B(0,r) |u(x) − v(x)|, ¯ e` uno spazio metrico completo, la T ammette in X un unico punto fisso f . Otteniamo: f (x) = f (x) − A−1 0 F(x, f (x)) =⇒ F(x, f (x)) = 0. Per verificare l’unicit`a, e` sufficiente osservare che 1 |y2 − y1 | 2 F(x, y1 ) = F(x, y2 ) = 0.

|y2 − y1 | = |G(x, y2 ) − G(x, y1 )| ≤ se

¯ r) × B(0, ¯ R), (x, y1 ), (x, y2 ) ∈ B(0,



20

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Supponiamo ora che la funzione F ammetta derivate parziali continue rispetto a tutte le variabili. Se una funzione f (x) di classe C 1 soddisfa, in un intorno del punto x0 ,    F(x, f (x)) = F(x0 , y0 ),    f (x0 ) = y0 , otteniamo, calcolando il differenziale rispetto ad x: ∂F ∂f ∂F (x, f (x)) + (x, f (x)) (x) = 0 . ∂x ∂y ∂x ∂F ∂y (x, y)

La matrice Jacobiana A(x, y) = otteniamo quindi: (3.1)

e` invertibile in un intorno di (x0 , y0 ) ed

∂ f (x) ∂F = − (x, f (x)) ∂x ∂y

!−1

∂F (x, f (x)) . ∂x

Per ogni variabile xi , (3.1) definisce un sistema di equazioni differenziali ordinarie, dipendente dalle altre variabili x j ( j , i) come parametri. Otteniamo quindi che, se F e` di classe C k per k ≥ 1 rispetto a tutte le variabili x1 , ..., xn , y1 , . . . , ym , la funzione f e` di classe C k in un intorno di x0 . Vale quindi il: m Teorema 1.11. Siano Ω un aperto di Rn+m = Rnx × Rm y ed F : Ω → R una funzione differenziabile di classe C k , con 1 ≤ k ≤ ω. Se, in un punto (x0 , y0 ) ∈ Ω ` una matrice invertibile, allora esiste un intorno aperto lo Jacobiano ∂F ∂y (x0 , y0 ) e n convesso U di x0 in R ed un’unica funzione f : U → Rm , di classe C k , tale che

(x, f (x)) ∈ Ω ∀x ∈ U

ed

F(x, f (x)) = F(x0 , y0 )

∀x ∈ U .

Dimostrazione. I casi in cui k sia un intero positivo od ∞ seguono dall’osservazione precedente. Per dimostrare la tesi nel caso analitico reale, si pu`o, in primo luogo, risolvere per serie, cio`e calcolando le successive derivate parziali di f (x) in x0 usando la (3.1) e le relazioni che da essa si ottengono differenziandola; occorre poi stimare la crescita di tali derivate utilizzando l’ipotesi di analiticit`a della F.  Teorema 1.12 (dell’applicazione inversa). Siano Ω un aperto di Rn ed f : Ω → Rn un’applicazione differenziabile di classe C k , con 1 ≤ k ≤ ω. Se d f (x0 ) e` invertibile, allora f e` un omeomorfismo di un intorno aperto U di x0 su un intorno  −1 aperto V di y0 = f (x0 ) e l’applicazione inversa f |VU e` differenziabile di classe k C in un intorno di y0 . Dimostrazione. Consideriamo l’applicazione Rny × Ω 3 (y, x) → f (x) − y ∈ Rn . Essa e` di classe C k e, per ipotesi, ∂ f (x) ∂F (x, y) = ∂x ∂x

4. MOLLIFICATORI

21

e` invertibile per x = x0 ed y = y0 = f (x0 ). Per il teorema delle funzioni implicite vi e` una g, univocamente definita e di classe C k in un intorno V di y0 in Rny , tale che     f (g(y)) − y = 0 ∀y ∈ V ,   g(y0 ) = x0 . Poich´e dg(y0 ) = d f (x0 )−1 e` ancora invertibile, possiamo determinare un’unica h di classe C k in un intorno W di x0 , a valori in Rn , tale che g ◦ h sia ben definita in W e g(h(x)) = x in W, h(x0 ) = y0 . Possiamo supporre, poich´e h e` continua, che h(W) ⊂ V e quindi applicando f ai due membri dell’uguaglianza g ◦ h(x) = x otteniamo: h(x) = f ◦ g ◦ h(x) = f (x) in W .  4. Mollificatori Ricordiamo che il supporto di una funzione reale f , definita su uno spazio topologico X, e` la chiusura dell’insieme dei punti x di X in cui f (x) , 0: supp( f ) = {x ∈ X | f (x) , 0}. k Definizione 1.7. Se Ω e` un aperto di Rn , indichiamo con Ccomp (Ω), per 0 ≤ k ≤ k ∞, lo spazio vettoriale reale delle funzioni reali, di classe C su Ω, con supporto compatto contenuto in Ω.

Osserviamo che la funzione identicamente nulla (che ha supporto vuoto) e` l’unica funzione analitica reale a supporto compatto in Rn . ∞ (Rn ) tale che φ(x) ≥ 0 per Lemma 1.13. Possiamo trovare una funzione φ ∈ Ccomp n ogni x ∈ R , φ(0) > 0 e supp( f ) = {|x| ≤ 1}.

Dimostrazione. La funzione reale f : R → R, definita da    se t > 0 exp(−1/t) f (t) =   0 se t ≤ 0 . e` di classe C ∞ ; essa e` infatti di classe C ∞ in tutti i punti t , 0. E` continua in 0 in quanto 1 lim+ f (t) = lim s = 0 . s→+∞ t→0 e Abbiamo poi, se t > 0 e k e` un intero positivo: dk pk (t) f (t) = 2k f (t) k dt t per un polinomio pk ∈ R[t] di grado minore di k. Infatti: (4.1)

d −1 f (t) = 2 f (t) dt t

∀t > 0;

22

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

supponiamo che la (4.1) sia vera per un intero k ≥ 1. Allora ! dk+1 d pk (t) f (t) = f (t) dt t2k dtk+1 t2 p0k (t) − (1 + 2kt)pk (t) = f (t), t2(k+1) Abbiamo quindi, per polinomi q2k ∈ R[s] di grado ≤ 2k:

∀t > 0 .

q2k (s) dk f (t) = lim =0 s→+∞ e s t→0 dtk per ogni intero k ≥ 1. Per il Teorema dell’Hˆopital, ne segue che f e` di classe C ∞ e ha tutte le derivate nulle per t = 0. Allora la funzione φ : Rn → R, definita da: lim+

φ(x) = f (1 − |x|2 )

∀x ∈ Rn , 

gode di tutte le propriet`a richieste.

Lemma 1.14. Sia φ : Rn → R una funzione continua a supporto compatto. Se φ(x) ≥ 0 per ogni x ∈ Rn e φ(x0 ) > 0 in un punto x0 ∈ Rn , allora Z 0< φ(x)dx < ∞ . Rn

Dimostrazione. Osserviamo che φ e` integrabile perch´e e` continua e nulla fuori da un compatto. Per il Teorema di Weierstrass φ ha un massimo M su supp φ e 0 < M < ∞. Inoltre il supporto di φ, essendo compatto, e` contenuto nel cubo [−R/2, R/2]n per un numero positivo R sufficientemente grande. Per la monotonia dell’integrale, otteniamo quindi Z 0≤ φ(x)dx ≤ M Rn < ∞ . Rn

Poich´e φ e` continua, possiamo poi trovare  > 0 tale che φ(x) ≥ φ(x0 )/2 > 0

se

x0i − /2 ≤ xi ≤ x0i + /2 .

Ancora per la monotonia dell’integrale, otteniamo che Z Z φ(x)dx ≥ φ(x0 )/2 dx =  n φ(x0 )/2 > 0 . Rn

|xi −x0i |≤/2

 Dai due lemmi precedenti ricaviamo: Lemma 1.15. Esiste una funzione φ : Rn → R, di classe C ∞ e a supporto compatto, tale che (1) φ(x) ≥ 0 per ogni x ∈ Rn ; (2) Z supp(φ) ⊂ Dn = {x ∈ Rn | |x| ≤ 1}; (3) φ(x)dx = 1. Rn

4. MOLLIFICATORI

23

Sia φ una funzione reale con le propriet`a elencate nel lemma. Allora ciascuna delle funzioni φ , per  > 0, definite da: φ (x) =  −n φ(x/)

∀x ∈ Rn

gode delle propriet`a: (1) Z supp(φ ) ⊂ B(0, ) = {|x| ≤ }; (2) Rn

φ (x)dx = 1.

La seconda propriet`a segue infatti dalle formule di cambiamento di variabili negli integrali multipli. Definizione 1.8. La famiglia {φ |  > 0} si dice una famiglia di mollificatori in Rn . Teorema 1.16. Sia {φ =  −n φ(x/)}>0 una famiglia di mollificatori in Rn . Allora per ogni funzione continua f : Rn → R, le funzioni: Z f (x) = f (y)φ (x − y)dy ∀x ∈ Rn Rn

sono di classe C ∞ in Rn ; inoltre: (1) supp( f ) ⊂ supp( f ) + B(0, ) = {x ∈ Rn | dist(x, supp( f )) ≤ }; (2) lim→0+ f (x) = f (x) uniformemente sui compatti di Rn . Dimostrazione. Osserviamo che, per ogni x ∈ Rn fissato, la funzione Rn 3 y → f (y)φ (x − y) e` continua e uguale a 0 fuori dalla palla chiusa di centro x e raggio . Essa e` dunque integrabile su Rn e quindi la f e` ben definita. Chiaramente f (x) = 0 se dist(x, supp f ) > . Essa e` una funzione di classe C ∞ per il teorema di derivazione sotto il segno di integrale. Infine, abbiamo Z Z f (x) = f (x − y)φ (y)dy = f (x − y)φ(y)dy Rn

Rn

per il teorema di cambiamento di variabili negli integrali multipli. La funzione Rn × Rn 3 (x, y) → f (x − y) ∈ R e` continua e quindi uniformemente continua sui compatti. Fissato un numero reale δ positivo, possiamo trovare allora per ogni compatto K di Rn un σ > 0 tale che | f (x − y) − f (x)| < δ se

x ∈ K, |y| < σ .

Allora: Z | f (x) − f (x)| ≤

Rn

| f (x − y) − f (x)|φ(y)dy < δ se  < σ , x ∈ K .

La dimostrazione e` completa.



Proposizione 1.17. Siano K un compatto di Rn ed A un aperto di Rn contenente K. Esiste allora una funzione f ∈ C ∞ (Rn ) tale che 0 ≤ f (x) ≤ 1 in Rn , f (x) = 1 su K ed f (x) = 0 se x < A.

24

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Dimostrazione. Siano U1 , U2 intorni aperti di K in A con U1 b U2 b A. Sia  > 0 un numero reale maggiore di dist(K, Rn \U1 ), dist(U 1 , Rn \U2 ) e dist(U 2 , Rn \ A). Poich´e Rn e` uno spazio normale, possiamo trovare una funzione di Urysohn ψ : Rn → I = [0, 1] ⊂ R tale che ψ(x) = 1 se x ∈ U 1 , ψ(x) = 0 se x < U2 . Sia {φσ }σ>0 una famiglia di mollificatori in Rn . Allora Z f (x) = ψ (x) = ψ(y)φ (x − y)dy Rn

soddisfa tutte le propriet`a richieste. Infatti, poich´e 0 ≤ ψ(x) ≤ 1, Z Z 0 ≤ f (x) = ψ(y)φ (x − y)dy ≤ φ (x − y)dy = 1; Rn

Rn

se x ∈ K, allora ψ(y)φ (x − y) = φ (x − y) per ogni y ∈ Rn perch´e y ∈ U 1 se x − y appartiene al supporto di φ e quindi Z Z f (x) = ψ(y)φ (x − y)dy = φ (x − y)dy = 1 ∀x ∈ K ; Rn

Rn

se x < A, allora ψ(y) = 0 sul supporto di y → φ (x − y), in quanto esso e` contenuto in Rn \ U2 e perci`o: Z Z f (x) = ψ(y)φ (x − y)dy = 0dy = 0. Rn

Rn

 Osservazione 1.18. Pi`u semplicemente, se 3r > dist(K, {A), posto Kr = {x ∈ Rn | dist(x, K) < r}, possiamo definire Z f (x) = φr (x − y)dy. Kr

Si dimostra che la funzione f ha supporto in K2r = {x | dist(x, K) < 2r}, che assume valori nell’intervallo [0, 1], e che f −1 (1) = K. 5. Immersioni e sommersioni differenziabili negli spazi Euclidei Siano A un aperto di Rn , B un aperto di Rm ed f : A → B una funzione differenziabile di classe C k , con k ≥ 1. Definizione 1.9. Diciamo che f e` un’immersione differenziabile in x0 ∈ A se il suo differenziale d f (x0 ) : Rn → Rm e` un monomorfismo R–lineare; la f si dice un’immersione differenziabile se e` tale in ogni punto di A. Diciamo che f e` una sommersione differenziabile in x0 ∈ A se il suo differenziale d f (x0 ) : Rn → Rm e` un epimorfismo R-lineare; la f si dice una sommersione differenziabile se e` tale in ogni punto di A. Un punto x0 in cui la f non sia una sommersione differenziabile si dice punto critico di f e la sua immagine f (x0 ) ∈ B valore critico di f . L’insieme dei punti critici di f si indica con C( f ) e l’insieme dei valori critici con CV( f ).

5. IMMERSIONI E SOMMERSIONI DIFFERENZIABILI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

25

Esempio 1.2. Consideriamo l’applicazione f : R 3 x → 1 + x2 ∈ R. Allora f e` un’immersione e una sommersione in ogni x ∈ R \ {0}; abbiamo C( f ) = {0} e CV( f ) = {1}. Teorema 1.19 (dell’inversa sinistra). Siano A ⊂ Rn e B ⊂ Rm due aperti ed f : A → B un’applicazione differenziabile di classe C k con k ≥ 1. Se f e` un’immersione nel punto x0 ∈ A, allora n ≤ m e possiamo trovare un intorno aperto U di x0 in A, un intorno aperto W di f (x0 ) in B ed un’applicazione differenziabile g : W → U, di classe C k , tali che f (U) ⊂ W

e

g ◦ f (x) = x

∀x ∈ U .

Dimostrazione. Per ipotesi il differenziale d f (x0 ) : Rn → Rm e` un monomorfismo R–lineare e quindi n ≤ m. In particolare, il determinante di un minore n × n della matrice Jacobiana di f in x0 e` diverso da zero. Supponiamo per semplicit`a che la matrice delle prime n righe:  ∂ f 1 (x ) ∂ f 1 (x )  ∂ f 1 (x0 )  0  1 0 . . . n 2  ∂x  ∂x  ∂x   2  ∂ f (x0 ) ∂ f 2 (x0 ) ∂ f 2 (x0 )    ...  ∂xn  ∂( f 1 , . . . , f n )  ∂x1 ∂x2  =  1 n   . . . ∂(x , . . . , x )  . .. . .  . . . .     ∂ f n (x0 ) ∂ f n (x0 )  ∂ f n (x0 )  ... ∂xn ∂x1 ∂x2 abbia determinante diverso da zero. Poich´e essa e` la matrice Jacobiana in x0 della composizione π ◦ f di f con la proiezione nelle prime n coordinate: π : Rm 3 t(y1 , . . . , ym ) → t(y1 , . . . , yn ) ∈ Rn , per il teorema dell’applicazione inversa possiamo trovare intorni aperti U di x0 in A e W 0 di π ◦ f (x0 ) in Rn tali che W 0 φ = (π ◦ f ) U : U 3 x → π( f (x)) ∈ W 0 sia un omeomorfismo di U su W 0 e φ−1 sia differenziabile di classe C k in W 0 . Poniamo W = π−1 (W 0 ) ∩ B e g = φ−1 ◦ π su W: la funzione cos`ı definita e` di classe C k e soddisfa la tesi.  Teorema 1.20 (dell’inversa destra). Siano A ⊂ Rn e B ⊂ Rm due aperti ed f : A → B un’applicazione differenziabile di classe C k , con k ≥ 1. Se f e` una sommersione differenziabile nel punto x0 ∈ A, allora n ≥ m e possiamo trovare intorni aperti U di x0 in A, W di f (x0 ) in B ed una funzione differenziabile g : W → U di classe C k tale che g(W) ⊂ U,

f ◦ g(y) = y ∀y ∈ W .

Dimostrazione. Poich´e d f (x0 ) : Rn → Rm e` un epimorfismo R–lineare, n ≥ m. A meno di permutare gli indici delle coordinate x1 , . . . , xm , possiamo supporre che

26

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

la matrice delle prime m colonne:  ∂ f 1 (x0 )   ∂x1  ∂ f 2 (x0 ) ∂( f 1 , . . . , f m )  ∂x1 = ∂(x1 , . . . , xm )  ..  .  m ∂ f (x0 ) ∂x1

∂ f 1 (x0 ) ∂x2

...

∂ f 2 (x0 ) ∂x2

...

.. .

..

∂ f m (x ∂x2

0)

.

...

∂ f 1 (x0 )   ∂xm 

 

 ∂ f 2 (x0 )   ∂xm  .. .

    m ∂ f (x0 )  ∂xm

abbia determinante diverso da 0. Siano x0 = (x1 , . . . , xm ), x00 = (xn−m+1 , . . . , xn ), n−m ι : Rm 3 tx0 → t(x0 , x000 ) ∈ Rn = Rm . y × Rz

La ι e` un’immersione di classe C ω di Rm in un sottospazio affine di dimensione n di Rn per il punto x0 . Quindi la f ◦ ι e` definita e differenziabile in un intorno Ω di x00 = t (x01 , . . . , x0m ) in Rm e il suo differenziale in x00 e` un isomorfismo lineare Rm → Rm . Per il teorema dell’applicazione inversa, possiamo trovare intorni U 0 di x00 in Ω, W di y0 = f (x0 ) = f ◦ ι(y0 ) in B, tali che W ψ = ( f ◦ ι) U 0 : U 3 y → f (ι(y)) ∈ W sia un omeomorfismo e la sua inversa ψ−1 : W → U 0 sia differenziabile di classe C k . Allora la g = ι ◦ ψ−1 soddisfa la tesi.  6. Sottovariet`a differenziabili negli spazi Euclidei Definizione 1.10. Una sottovariet`a parametrica di dimensione m e di classe C k , con k ≥ 1, dello spazio Euclideo Rn e` un’applicazione α : Ω → Rn , definita su un aperto Ω di Rm , tale che: (1) α e` un’immersione topologica; (2) α e` un’immersione differenziabile di classe C k . L’immagine α(Ω) si dice il supporto della variet`a parametrica e si indica con |α|. Osserviamo che m ≤ n. Se m = n, per il teorema dell’applicazione inversa la α e` un diffeomorfismo di classe C k dell’aperto Ω di Rn = Rm sull’aperto α(Ω) di Rn . Lemma 1.21. Sia α : Ω −→ Rn una variet`a parametrica di dimensione m, definita su un aperto Ω ⊂ Rm e di classe C k , con k ≥ 1. Per ogni y0 ∈ Ω, esistono un intorno aperto U di α(y0 ) in Rn ed n − m funzioni fi : U −→ R di classe C k tali che  α(Ω) ∩ U = x ∈ U | fi (x) = 0, 1 ≤ i ≤ n − m , ed inoltre d f1 (x), ..., d fn−m (x) ∈ Rn sono linearmente indipendenti per ogni x ∈ U.

0

` DIFFERENZIABILI NEGLI SPAZI EUCLIDEI 6. SOTTOVARIETA

27

Dimostrazione. Poich´e α e` un’immersione differenziabile in ogni punto di Ω, possiamo senz’altro supporre che la matrice  ∂α1  ∂α1   ∂y1 . . . ∂y m   . ..  ..  .. . .   m  ∂αm  ∂α . . . ∂ym ∂y1 abbia determinante diverso da zero in y0 ∈ Ω. Sia π : Rn → Rm la proiezione nelle prime m coordinate. Per il teorema dell’applicazione inversa, possiamo trovare un intorno aperto W di π(α(y0 )) in Rm e un intorno V di y0 in Ω tale che g ◦ π ◦ α(y) = y,

∀y ∈ V ,

π ◦ α ◦ g(x0 ) = x0 ,

∀x0 ∈ W .

Poich´e abbiamo supposto che α sia un’immersione topologica, possiamo trovare un intorno aperto U di α(y0 ) in Rn tale che α(V) = U ∩ α(Ω) . Poniamo f i (x) = xm+i − αm+i ◦ g(π(x))

per

x ∈ U,

i = 1, ..., n − m .

Chiaramente le hanno differenziali linearmente indipendenti in U e α(V) e` il luogo di zeri delle f i in U.  fi

Viceversa, vale il Lemma 1.22. Siano n, m interi con 0 < m < n e sia F : A → Rn−m una sommersione differenziabile di classe C k (k ≥ 1), definita su un aperto A di Rn . Se F(x0 ) = 0 in un punto x0 ∈ A, possiamo trovare una sottovariet`a parametrica α : Ω → A, definita su un aperto Ω di Rm , di classe C k e dimensione m, tale che, per un intorno aperto U di x0 in A, risulti: {x ∈ U | F(x) = 0} = α(Ω) .  Dimostrazione. Possiamo supporre che la matrice



∂F i (x) ∂xm+ j 1≤i, j≤n−m

sia inver-

tibile per x = x0 . Per il teorema delle funzioni implicite, esistono un intorno aperto Ω di (x01 , ..., x0m ) in Rm , un intorno aperto W di (x0m+1 , ..., x0n ) in Rn−m tali che Ω × W = U ⊂ Ω ed una funzione g : Ω → W, di classe C k , tali che {F(x) = 0} ∩ U = {(y, g(y)) | y ∈ Ω}. Baster`a allora definire α : Ω 3 y → (y, g(y)) ∈ Rn .  Definizione 1.11. Si dice sottovariet`a differenziabile di classe C k e di dimensione m di Rn un sottoinsieme S di Rn tale che, per ogni punto x0 ∈ S si possa trovare un intorno aperto U di x0 in Rn tale che la componente connessa di x0 in S ∩ U sia il supporto di una sottovariet`a parametrica di dimensione m. Una superficie parametrica regolare α : Ω → Rn di classe C k , con α(Ω) ⊂ S , si dice una parametrizzazione locale di classe C k , della superficie S .

28

1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

La topologia di sottovariet`a di S e` quella che ha per base le componenti connesse delle intersezioni di S con gli aperti di Rn . Si pu`o scegliere come base della topologia di sottovariet`a di S anche la famiglia dei supporti delle sue parametrizzazioni locali di classe C k . Essa e` in generale pi`u fine della topologia di sottospazio. Esempio 1.3. Sia M(m, n; R) ' Rmn lo spazio vettoriale delle matrici m × n a coefficienti reali e sia k ≤ min{m, n}. Allora l’inseme M(m, n; k; R) delle matrici m × n di rango k e` una sottovariet`a differenziabile localmente chiusa di classe C ω di M(m, n; R), di dimensione k(m + n − k). Infatti M(m, n; k; R) e` l’intersezione del chiuso delle matrici che hanno nulli tutti i determinanti dei minori di ordine (k + 1) con l’aperto delle matrici che hanno almeno uno dei determinanti dei minori di ordine k diverso da zero. Un atlante di M(m, n; k; R) si pu`o parametrizzare con la scelta di k colonne Xi1 , . . . , Xik , con 1 ≤ i1 < · · · < ik ≤ n della matrice X ∈ M(m, n; k; R). L’aperto Ui1 ,...,ik e` formato dalle matrici X per cui Xi1 , . . . , Xik sono linearmente indipendenti. Le coordinate sono allora gli (mk) coefficienti della matrice (Xi1 , . . . , Xik ), che variano nell’aperto Ω di M(m, k; R) ' Rmk delle matrici che hanno un minore k×k con determinante diverso da 0, e i k(n − k) coefficienti chj che si ricavano dalla decomP posizione X j = kh=1 chj Xih della j-esima colonna ( j , i1 , . . . , ik ) di X rispetto alle colonne Xi1 , . . . , Xik . Questa scelta delle coordinate definisce un diffeomorfismo di Ui1 ,...,ik sul prodotto Ω × Rk(n−k) ⊂ Rk(m+n−k) .

CAPITOLO 2

Geometria differenziale di Rn 1. Campi di vettori in Rn Sia Ω un aperto di Rn . Indichiamo con C ∞ (Ω) l’algebra reale delle funzioni reali che sono definite e continue, con le loro derivate parziali di ogni ordine, su Ω. Vale il seguente: Lemma 2.1. Siano Ω un aperto di Rn , f ∈ C ∞ (Ω), ed x0 un punto di Ω. Possiamo trovare funzioni g1 , . . . , gn ∈ C ∞ (Ω) tali che: (1.1)

f (x) = f (x0 ) + (x1 − x01 )g1 (x) + · · · + (xn − x0n )gn (x)

∀x ∈ Ω.

Inoltre ∂ f (x0 ) per j = 1, . . . , n. ∂x j Dimostrazione. Possiamo supporre per semplicit`a che f (x0 ) = 0. Sia B(x0 , r) = {x ∈ Rn | |x − x0 | < r} una palla aperta, di centro x0 , contenuta in Ω. Per ogni punto x di B(x0 , r), il segmento [x0 , x], di estremi x0 , x1 , e` contenuto in Ω. Abbiamo perci`o, per il teorema fondamentale del calcolo integrale, Z 1 d f (x) = f (x) − f (x0 ) = f (x0 + t(x − x0 ))dt 0 dt Z 1 Xn ∂f j j = (x + t(x − x0 ))dt. (x − x0 ) j 0 j=1 0 ∂x Per il teorema di derivazione sotto il segno di integrale, le funzioni Z 1 ∂f h j (x) = (x + t(x − x0 ))dt j 0 0 ∂x sono definite e di classe C ∞ sulla palla aperta B(x0 , r). Fissiamo ora numeri reali r1 , r2 con 0 < r1 < r2 < r ed introduciamo la funzione di taglio:    1     se t ≤ r1   exp(1/(r1 −t) φ(t) =  exp se r1 < t < r2  t−r2    0 se t ≥ r2 . (1.2)

g j (x0 ) =

La φ e` una funzione di classe C ∞ , non crescente, uguale a 1 per t ≤ r1 ed uguale a 0 per t ≥ r2 . Perci`o le funzioni    φ(|x − x0 |)h j (x) se |x − x0 | < r2 k j (x) =  0  se |x − x | ≥ r 0

29

2

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

30

sono definite e di classe C ∞ su Rn . Osserviamo che k j (x) = h j (x) se |x − x0 | ≤ r1 . In particolare: Xn j f (x) = (x j − x0 )k j (x) per x ∈ B(x0 , r1 ). j=1

P j Poich´e la funzione f˜ = f (x) − nj=1 (x j − x0 )k j (x), che e` definita e di classe C ∞ su Ω, si annulla sulla palla B(x0 , r1 ), le funzioni   0 se x ∈ B(x0 , r1 )      j η j (x) =  (x j − x0 ) f˜(x)     se x ∈ Ω \ {x0 }  |x − x0 |2 sono definite e di classe C ∞ in Ω. Otteniamo quindi la tesi ponendo g j = k j + η j , per j = 1, . . . , n. Infatti la (1.2) e` conseguenza della (1.1).  Definizione 2.1. Un campo di vettori X sull’aperto Ω di Rn e` un operatore differenziale lineare reale del primo ordine omogeneo su Ω, cio`e un’applicazione: X : C ∞ (Ω) → C ∞ (Ω)

(1.3)

che si possa descrivere mediante:  Xn  ∂ f (x)    a j (x) ∀ f ∈ C ∞ (Ω)  X( f )(x) = j j=1 ∂x (1.4)      con a j ∈ C ∞ (Ω) per j = 1, . . . , n. Indicheremo nel seguito con X(Ω) l’insieme di tutti i campi di vettori su Ω. Ricordiamo la definizione: Definizione 2.2. Un’algebra g su un campo K, con prodotto g × g 3 (X, Y) → [X, Y] ∈ g si dice un’algebra di Lie se il prodotto soddisfa gli assiomi: [X, X] = 0

∀X ∈ g

(antisimmetria)

[X, [Y, Z]] + [Y, [Z, X]] + [Z, [X, Y]] = 0 ∀X, Y, Z ∈ g (identit`a di Jacobi). Abbiamo facilmente: Proposizione 2.2. L’insieme X(Ω) dei campi di vettori su Ω e` : (1) uno spazio vettoriale reale; (2) un C ∞ (Ω)-modulo a sinistra; (3) un’algebra di Lie reale per l’operazione di commutazione di campi di vettori: (1.5)

X(Ω) × X(Ω) 3 (X, Y) → [X, Y] = X ◦ Y − Y ◦ X ∈ X(Ω).

Dimostrazione. Ricordiamo che, se Xn Xn ∂ ∂ X= a j (x) j ed Y = b j (x) j , j=1 j=1 ∂x ∂x

2. CURVE INTEGRALI DI UN CAMPO DI VETTORI IN Rn

31

si ha: αX + βY =

Xn  j=1

 ∂ αa j (x) + βb j (x) ∂x j

∀α, β ∈ R,

 ∂ ∀ f, g ∈ C ∞ (Ω). j=1 ∂x j Queste operazioni definiscono le strutture di spazio vettoriale reale e di C ∞ (Ω)modulo di X(Ω). La verifica di (1) e (2) e` dunque immediata. Per dimostrare la (3), basta verificare che: ! Xn ∂a j (x) ∂ ∂b j (x)  k k − b (x) . (1.6) [X, Y] = a (x) j k k j,k=1 ∂x ∂x ∂x Per preparare la definizione astratta di campo di vettori su una variet`a, dimostriamo la f X + gY =

Xn 

f (x)a j (x) + g(x)b j (x)

Proposizione 2.3. Condizione necessaria e sufficiente affinch´e un’applicazione Rlineare X : C ∞ (Ω) → C ∞ (Ω) sia un campo di vettori in Ω e` che valga la: (1.7)

X( f g) = f X(g) + gX( f )

∀ f, g ∈ C ∞ (Ω)

(identit`a di Leibnitz).

Dimostrazione. La verifica della necessit`a della condizione e` immediata. Verifichiamo la sufficienza. Dimostriamo innanzi tutto che, se X ∈ EndR (C ∞ (Ω)) soddisfa la (1.7), allora X si annulla sulle costanti. Se infatti indichiamo con c la funzione che vale identicamente c ∈ R su Ω, otteniamo dalla (1.7): X(1) = X(1 · 1) = 1 X(1) + 1 X(1) = 2 X(1) =⇒ X(1) = 0. Quindi anche: X(c) = X(c · 1) = c X(1) = c · 0 = 0. Poniamo ora = X(x j ). Fissato x0 ∈ Ω ed f ∈ C ∞ (Ω), utilizziamo il Lemma 2.1 per fissare anche funzioni g j ∈ C ∞ (Ω) che soddisfino le (1.1) ed (1.2). Otteniamo: Xn j X( f )(x0 ) = [X( f (x0 ) + (x j − x0 )g j (x))] x=x0 j=1 Xn h i j = X( f (x0 )) + X((x j − x0 )g j (x)) x=x0 j+1 Xn h i j j =0+ (x j − x0 )X(g j ) + g j (x)X(x j − x0 ) x=x0 j=1 Xn Xn ∂ f (x ) 0 a j (x0 ) = g j (x0 )X(x j )(x0 ) = . j=1 j=1 ∂x j La dimostrazione e` completa.  a j (x)

2. Curve integrali di un campo di vettori in Rn Sia Ω un aperto di Rn . Al campo di vettori Xn ∂ (2.1) X= a j (x) j ∈ X(Ω) j=1 ∂x associamo il sistema (autonomo) di equazioni differenziali ordinarie: (2.2)

x˙ j (t) = a j (x(t)),

j = 1, . . . , n.

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

32

Definizione 2.3. Le soluzioni del sistema (2.2) si dicono curve integrali o curve caratteristiche del campo di vettori (2.1). Osservazione 2.4. Lungo le curve integrali t → x(t) l’azione del campo si riduce alla differenziazione ordinaria: d (2.3) (X f )(x(t)) = f (x(t)) ∀ f ∈ C ∞ (Ω). dt Viceversa, le soluzioni u ∈ C ∞ (Ω) dell’equazione differenziale alle derivate parziali: Xu(x) = 0

(2.4)

∀x ∈ Ω

sono integrali primi del sistema (2.2). Cio`e, se x = x(t), per t ∈ (a, b), e` soluzione di (2.2), allora: u(x(t)) = costante

(2.5)

per a < t < b.

Dal teorema di esistenza, unicit`a e dipendenza differenziabile dei dati per i sistemi di equazioni differenziali ordinarie abbiamo: Proposizione 2.5. Siano (2.1) un campo di vettori nell’aperto Ω ⊂ Rn ed x0 un punto di Ω. Allora vi e` un unico intervallo aperto (a, b) ⊂ R, con −∞ ≤ a < 0 < b ≤ +∞ ed un’unica curva α : (a, b) → Ω di classe C ∞ , tale che valgano le (2.6) e (2.7):    ˙ = a j (α(t)) per ogni a < t < b ed 1 ≤ j ≤ n, α(t) (2.6)   α(0) = x . 0

( (2.7)

α(tν ) diverge in Ω ∀ successione {tν } limitata e divergente in (a, b). 

Indicheremo con con IX,x0 l’intervallo (a, b) e con αX (x0 , t) la curva α : (a, b) → Ω descritti nella Proposizione 2.5. Abbiamo ancora: Proposizione 2.6 (Dipendenza dai dati iniziali). Con le notazioni della Proposizione 2.5: fissato x0 ∈ Ω esistono un intorno U di x0 in Ω ed un numero reale r > 0 tali che: (2.8)

IX,x ⊃ (−r, r)

∀x ∈ U,

(2.9)

U × (−r, r) 3 (x, t) → αX (x, t) ∈ Ω

e` un’applicazione di classe C ∞ .

Definizione 2.4. Sia (2.1) un campo di vettori. Un punto x ∈ Ω si dice: regolare, o non stazionario, se (a1 (x), . . . , an (x)) , ~0, critico, o stazionario, se (a1 (x), . . . , an (x)) = ~0. Osserviamo che x ∈ Ω e` un punto critico per X ∈ X(Ω) se e soltanto se IX,x = R ed αX (x, t) = x per ogni t ∈ R. Esempio 2.1. Sia Ω = Rn e supponiamo che i coefficienti a j di (2.1) siano costanti e non tutti nulli. Allora le curve integrali di X sono della forma: j

x j (t) = x0 + ta j

per

j = 1, . . . , n,

t ∈ R,

2. CURVE INTEGRALI DI UN CAMPO DI VETTORI IN Rn

33

sono cio`e il fascio delle rette parallele alla direzione ~a = (a1 , . . . , an ). Fissiamo un’applicazione lineare ψ : Rn → Rn−1 che abbia come nucleo la retta R ~a. Allora le soluzioni di (2.4) sono tutte e sole le u = v ◦ ψ, al variare di v in C ∞ (Rn−1 ). Esempio 2.2. Sia Ω = R2x,y e sia: X=x

∂ ∂ −y . ∂y ∂x

Allora il corrispondente sistema di equazioni ordinarie e` :     x˙ = −y   y˙ = x che ha soluzioni della forma:    x = A cos(t + t0 )     y = A sin(t + t0 )       con A, t0 ∈ R. Le soluzioni sono quindi l’origine, che e` l’unico punto stazionario di X, e le circonferenze con centro nell’origine. Le soluzioni di (2.4) sono le u = v(x2 + y2 ), con v ∈ C ∞ (R). Esempio 2.3. Sia ancora Ω = R2x,y e sia: X=x

∂ ∂ +y . ∂x ∂y

Le soluzioni del sistema:     x˙ = x   y˙ = y sono le curve:    x = x0 · et     y = y0 · et       t ∈ R, x0 , y0 ∈ R, cio`e l’origine, unico punto critico di X, e le semirette aperte uscenti dall’origine. Le soluzioni di (2.4) devono essere costanti su ciascuna componente connessa dell’intersezione del suo dominio di definizione con una qualsiasi semiretta uscente dall’origine. In particolare, le uniche soluzione di classe C ∞ di (2.5) su un dominio stellato rispetto all’origine sono le costanti. In generale, se φ ∈ C ∞ (A) per un aperto A ⊂ R, allora le funzioni della forma u(x, y) = φ(x/y) e v(x, y) = φ(y/x) sono soluzioni di (2.4), rispettivamente su U1 = {(x, y) ∈ R2 | y , 0, (x/y) ∈ A} e su U2 = {(x, y) ∈ R2 | x , 0, (y/x) ∈ A}.

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

34

Esempio 2.4. Sia Ω = R2x,y e: X=x

∂ ∂ −y . ∂x ∂y

Le soluzioni del sistema:     x˙ = x   y˙ = −y sono le curve:    x = x0 · et     y = y0 · e−t       t ∈ R, x0 , y0 ∈ R, cio`e l’origine, unico punto critico di X, e le componenti connesse delle iperboli equilatere aventi per asintoti gli assi coordinati. Le soluzioni di (2.5) sono della forma u = v(xy), ove v ∈ C ∞ (R). 3. Gruppi locali a un parametro associati a campi di vettori Sia Ω un aperto di Rn ed X ∈ X(Ω) un campo di vettori. Poniamo: ˜ = {(t; x) ∈ R × Ω | t ∈ IX,x }. (3.1) Ω Possiamo precisare ulteriormente la Proposizione 2.6 nella forma seguente: ˜ e` un intorno aperto di {0} × Ω in Rn+1 . La: Teorema 2.7. L’insieme Ω ˜ 3 (t; x) → αX (t; x) ∈ Ω (3.2) αX : Ω definita dalle: ∂αX (t; x) (3.3) = XαX (t,x) ∂t (3.4)

αX (0; x) = x

˜ ∀(t, x) ∈ Ω

∀x ∈ Ω

gode delle propriet`a:  α (t + t , x) = α (t , α (t ; x))  X 1 X 2   X 1 2 (3.5)    ˜ se (t2 ; x), (t1 ; αX (t2 ; x)), (t1 + t2 , x) ∈ Ω; ˜ ⇒ (−t, αX (t; X)) ∈ Ω ˜ ed αX (−t, αX (t; x)) = x. (3.6) (t, x) ∈ Ω Dimostrazione. Basta solo verificare le (3.5) e (3.6). La (3.5) e` conseguenza del fatto che, se consideriamo i due membri dell’uguaglianza come funzioni di t1 , essi soddisfano lo stesso problema di Cauchy:   ˙ = Xψ(t)  ψ(t)   ψ(0) = α (t ; x). X 2

La (3.6) e` conseguenza della (3.5).



3. GRUPPI LOCALI A UN PARAMETRO ASSOCIATI A CAMPI DI VETTORI

35

˜ allora esiste un Osserviamo che la (3.5) ci dice in particolare che, se (t; x) ∈ Ω, intorno aperto U di x in Ω ed un  > 0 tale che, per |t| < , la x → αX (t, x) e` un diffeomorfismo tra l’aperto U e l’aperto αX (t; U) di Ω. Scriveremo anche αtX per l’applicazione x → αX (t, x). Osserviamo che in generale essa non e` definita su tutto l’aperto Ω. La (3.5) si pu`o comunque riscrivere nella forma: αtX1 ◦ αtX2 = αtX1 +t2 ,

(3.7)

intendendo con questo che l’uguaglianza e` verificata per tutti gli x ∈ Ω per cui entrambi i membri della (3.7) siano definiti. Introduciamo per funzioni di questo tipo la seguente: Definizione 2.5. Sia Ω un aperto di Rn e sia {Ωt | t ∈ R} una famiglia di sottoinsiemi aperti di Ω con le propriet`a: (3.8) (3.9)

Ωt1 ⊂ Ωt2 se |t2 | < |t1 |, [ [ Ωt = Ωt = Ω0 = Ω, t0

˜ = {(t; x) ∈ R × Ω | x ∈ Ωt } e` aperto in Rn+1 . Ω

Sia poi {φt ∈ C ∞ (Ωt , Ω) | t ∈ R} una famiglia di funzioni che godono delle seguenti propriet`a: (3.11)

φ0 = idX ,

(3.12)

φt1 ◦ φt2 = φt1 +t2 su Ωt1 ∩ Ωt2 , ∀t1 , t2 ∈ R, ˜ 3 (t; x) → φt (x) ∈ Ω} ∈ C ∞ (Ω, ˜ Ω). {Ω

(3.13)

Allora la famiglia {φt } si dice un gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi di Ω. Il Teorema 2.7 ci dice che: Proposizione 2.8. Un campo di vettori X ∈ X(Ω) definisce un gruppo locale a un parametro {αtX } di diffeomorfismi di Ω. Definizione 2.6. Il gruppo locale a un parametro {αtX } si dice il flusso del campo di vettori X ∈ X(Ω). ˜ nella Definizione 2.5 pu`o in generale essere pi`u picNaturalmente l’aperto Ω colo dell’aperto massimale considerato nell’enunciato del Teorema 2.7. Abbiamo viceversa: Teorema 2.9. Se {φt ∈ C ∞ (Ωt , Ω)} e` un gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi di Ω, risulta univocamente determinato un campo di vettori X ∈ X(Ω) tale che: (3.14)

∂φt (x) = Xφt (x) ∂t

∀x ∈ Ωt .

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

36

∂φt (x) Dimostrazione. Definiamo X mediante X x = , per ogni x ∈ Ω. ∂t t=0 Allora, per la (3.12), vale anche la (3.14).  Definizione 2.7. Il campo di vettori X ∈ X(Ω) che soddisfa la (3.14) si dice il generatore infinitesimale del gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi {φt }. Definizione 2.8. Chiamiamo gruppo a un parametro di diffeomorfismi di Ω una famiglia di applicazioni differenziabili φt : Ω → Ω, per t ∈ R, tali che: (3.15)

φ0 = idX ,

(3.16)

φt1 ◦ φt2 = φt1 +t2

(3.17)

{R × Ω 3 (t, x) → φt (x) ∈ Ω} ∈ C ∞ (R × Ω, Ω).

∀t1 , t2 ∈ R,

Chiaramente un gruppo e` anche un gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi. Definizione 2.9. Un campo di vettori X ∈ X(Ω) si dice completo se e` generatore infinitesimale di un gruppo a un parametro di diffeomorfismi di Ω. Si dimostra facilmente il seguente: Teorema 2.10. Ogni campo di vettori a supporto compatto in Ω e` completo. 4. Campi di vettori e cambiamenti di coordinate Sia φ : Ω → Ω0 un diffeomorfismo tra due aperti di Rn . Ad esso corrisponde un isomorfismo lineare: (4.1)

φ∗ : X(Ω) → X(Ω0 ),

univocamente determinato dalla propriet`a che: (4.2)

(φ∗ X) f = X(φ∗ f ) = X( f ◦ φ)

∀ f ∈ C ∞ (Ω0 ).

P ∂ Se X = nj=1 a j (x) j , applicando alla (5.4) il teorema della derivazione della ∂x funzione composta, ricaviamo: Xn ∂φ j (x) ∂ (4.3) φ∗ X = ah (x) per y = φ(x). j,h=1 ∂xh ∂y j Possiamo interpretare la φ come un cambiamento di coordinate in Ω, e quindi la (4.3) come l’espressione del campo di vettori X nelle nuove coordinate y. Abbiamo: Proposizione 2.11. Sia x0 un punto regolare per il campo di vettori x ∈ X(Ω). Possiamo allora trovare un intorno aperto U di x0 in Ω ed un cambiamento di coordinate φ : U 3 x → y = φ(x) ∈ U 0 tale che: (4.4)

φ∗ X =

∂ . ∂y1

5. DERIVATA DI LIE RISPETTO A UN CAMPO DI VETTORI

37

Dimostrazione. Possiamo supporre, per fissare le idee, che X sia descritto dalla (2.1) e che sia a1 (x0 ) , 0. Indichiamo allora con ψ = ψ(y1 , . . . , yn ) la soluzione del problema di Cauchy:  ∂    ψ j (y1 , y2 , . . . , yn ) = a j (ψ(y)) ( j = 1, . . . , n)   1  ∂y    1  ψ (0, y2 , . . . , yn ) = x01        ψ j (0, y2 , . . . , yn ) = x j + y j ( j = 2, . . . , n). 0 Per il teorema di esistenza e unicit`a, esso definisce una funzione ψ di classe C ∞ in un intorno di 0 in Rny . Il suo Jacobiano in 0 e` :  1  a (x0 ) a2 (x0 ) . . . an (x0 )   1 ∂ψ(0)   =  ..  ∂y  .   1 (sono nulli tutti i termini fuori dalla prima riga e dalla diagonale principale). Quindi la ψ definisce un diffeomorfismo tra un intorno U 0 di 0 in Rny ed un intorno U di x0 in Ω. Abbiamo: ! ∂ ∂ f = 1 f (ψ(y1 , y2 , . . . , yn )) ψ∗ 1 ∂y ∂y Xn ∂ψ j ∂ f Xn ∂f = = a j (x) j , j 1 j=1 ∂y ∂x j=1 ∂x ed otteniamo quindi la tesi con φ = ψ−1 .



5. Derivata di Lie rispetto a un campo di vettori Proposizione 2.12. Sia Ω un aperto di Rn e sia X ∈ X(Ω) un campo di vettori in Ω. L’applicazione: LX : X(Ω) 3 Y → [X, Y] = X ◦ Y − Y ◦ X ∈ X(Ω) e` una derivazione dell’algebra di Lie X(Ω). E` cio`e R-lineare e soddisfa: (5.1)

LX ([Y, Z]) = [LX (Y), Z] + [Y, LX (Z)]

(5.2)

∀Y, Z ∈ X(Ω).

Vale inoltre la: (5.3)

LX ( f Y) = (X f )Y + f LX (Y)

∀ f ∈ C ∞ (Ω),

∀Y ∈ X(Ω).

Dimostrazione. La verifica delle diverse propriet`a e` immediata. Osserviamo che la (5.2) e` una scrittura equivalente dell’identit`a di Jacobi.  Definizione 2.10. La LX : X(Ω) → X(Ω) si dice la derivata di Lie rispetto al campo di vettori X ∈ X(Ω). Diamo ora un’interpretazione geometrica della derivata di Lie di un campo di vettori, che illustra anche il significato dell’operazione di commutazione di campi di vettori.

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

38

Teorema 2.13. Sia Ω un aperto di Rn e siano X, Y ∈ X(Ω). Allora " # h i  d (5.4) LX (Y)(x) = [X, Y](x) = α−t Y (x) . X dt t=0 Dimostrazione. La formula che vogliamo dimostrare e` di carattere locale ed e` invariante rispetto a cambiamenti di coordinate. Quindi, se X x0 , 0, per dimostrare che essa e` valida nel punto x0 ∈ Ω, potremo ricondurre la verifica al caso in cui ∂ X = 1 . Allora αtX (x) = x + te1 ove e1 = (1, . . . , 0) e` il primo vettore della base ∂x canonica di X Rn . n ∂ Se Y = bi (x) i ∈ X(Ω), abbiamo i=1 ∂x Xm ∂ dαtX (Y)(x) = bi (x − tei ) i i=1 ∂x e quindi " # Xn ∂bi (x) ∂ d = −[X, Y]. dαtX (Y)(x) = − i=1 ∂x1 ∂xi dt t=0 Questo dimostra la (5.4) fuori dai punti critici di X. Osserviamo che, per la dipendenza continua della soluzione del problema di Cauchy per un sistema di equazioni differenziali ordinarie dai parametri, se X 0 ∈ X(Ω) e` un altro campo di vettori, la derivata di Lie LX+X 0 (Y) dipende con continuit`a dal parametro . Possiamo cos`ı ottenere la (5.4) anche in un punto critico x0 di X, sostituendo ad X il campo di vettori X + X 0 , con X 0 non singolare in x0 , applicando la prima parte della dimostrazione e poi passando al limite, nella LX+X 0 (Y)(x0 ) = [X + X 0 , Y](x0 ), per  → 0, in modo da ottenere la ancora la (5.4).  6. Spazio tangente ad un aperto di Rn Definizione 2.11. Sia Ω un aperto di Rn ed x0 un punto di Ω. Un vettore tangente ad Ω in x0 (o applicato in x0 ) e` un’applicazione R-lineare: ~v : C ∞ (Ω) → R

(6.1) che soddisfa l’identit`a (6.2)

~v( f g) = f (x0 )~v(g) + g(x0 )~v( f )

∀ f, g ∈ C ∞ (Ω).

Indicheremo con T x0 Ω lo spazio tangente ad Ω in x0 . Ripetendo i ragionamenti svolti nei paragrafi precedenti pei campi di vettori otteniamo: Proposizione 2.14. Per ogni x0 ∈ Ω lo spazio tangente T x0 Ω e` uno spazio vetto ∂ riale reale di dimensione n; i vettori ∂x j , per 1 ≤ j ≤ n, ne costituiscono una x0 base.  F Definizione 2.12. L’unione disgiunta T Ω = x∈Ω T x Ω si dice lo spazio tangente di Ω. L’applicazione " # Xn ∂ n j (6.3) Ω × R 3 (x; ξ) → ξ ∈ TΩ j=1 ∂x j x

` DI Rn 7. SPAZIO TANGENTE A UNA SOTTOVARIETA

39

e` una bigezione, con cui identifichiamo T Ω al prodotto cartesiano Ω × Rn . Indichiamo con π : T Ω → Ω l’applicazione che associa ad ogni vettore tangente il suo punto d’applicazione. π

Osservazione 2.15. La T Ω → − Ω definisce un fibrato vettoriale banale su Ω. Proposizione 2.16. I campi di vettori in X(Ω) sono in corrispondenza biunivoca π con le sezioni di classe C ∞ del fibrato T Ω → − Ω. La corrispondenza: X(Ω) ↔ Γ(Ω, T Ω) associa ad X ∈ X(Ω) la sezione Ω 3 x → X x ∈ T x Ω ove X x ( f ) = X( f )(x) per ogni x ∈ Ω ed f ∈ C ∞ (Ω). Definizione 2.13. Se X ∈ X(Ω) ed x ∈ Ω, il vettore tangente X x ∈ T x Ω definito nella Proposizione 2.16 si dice la valutazione di X in x. Definizione 2.14. Il differenziale di un’applicazione F : Ω → Rm , di classe C 1 su un aperto Ω di Rn , e` l’applicazione F∗ = dF : T Ω → T Rm

(6.4) definita da (6.5)

dF(~v)( f ) = F∗ (~v)( f ) = ~v(F ∗ f ) = ~v( f ◦ F)

∀~v ∈ T Ω, ∀ f ∈ C ∞ (Rm ).

In coordinate, abbiamo: X " #  X X " # i  n j ∂  m n j ∂F (x0 ) ∂   (6.6) dF  a a . = j=1 i=1 j=1 ∂x j x0 ∂x j ∂yi f (x0 ) 7. Spazio tangente a una sottovariet`a di Rn Definizione 2.15. Sia S una sottovariet`a differenziabile di dimensione m di Rn . Sia x0 ∈ S . Un vettore ~v ∈ T x0 Rn si dice tangente ad S se ~v( f ) = 0 per ogni funzione f , definita e di classe C ∞ su un intorno di U di x0 , che si annulla su un intorno di x0 in S ∩ U. Indichiamo con T x0 S lo spazio dei vettori tangenti ad S in x0 . Proposizione 2.17. Sia S una sottovariet`a differenziabile di dimensione m di Rn . Per ogni x ∈ S , T x S e` uno spazio vettoriale reale di dimensione m. L’insieme: (7.1)

T S = {(x, ~v) | x ∈ S , ~v ∈ T x S }

e` una sottovariet`a differenziabile di dimensione 2m di T Rn ' Rn × Rn . Se α : Ω → S ⊂ Rn e` una parametrizzazione di classe C k , con k ≥ 1, di S in un intorno di x0 ∈ S , con Ω aperto di Rm e y0 = α−1 (x0 ), allora (7.2)

T x0 S = dα(x0 )(T y0 Ω).

Se S e` localmente chiusa in Rn , allora anche T S e` localmente chiusa in Rn × Rn . Dimostrazione. Sia U un intorno aperto di x0 ∈ S e fissiamo funzioni f1 , . . . , fn−m ∈ C ∞ (U) in modo che {x | f j (x) = 0, per j = 1, . . . , n − m} ∩ U

40

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

sia un intorno aperto di x0 in S per la topologia di sottovariet`a. Osserviamo che:  1 v  ! Xn ∂ ∂( f1 , . . . , fn−m )(x0 )  .  j  ..  = 0 ~v = v ∈ T x0 S ⇐⇒ j=1  n  ∂x ∂x j x0 v Da questo segue che T x0 S ha dimensione m. Abbiamo poi:   F j (x, ~v) = f j (x) = 0,     Xn ∂ f j (x)   n (x, ~v) ∈ T S ∩ (U × R ) ⇐⇒  ~ vi = 0, F (x, v ) =  n−m+ j  i=1 ∂xi    per j = 1, . . . , n − m, e la matrice Jacobiana di F = (F1 , . . . , F2(n−m) ) e` della forma:  ∂( f1 ,..., fn−m )(x)    ∗ ∂x ∂F(x, ~v)   =   . ∂(x, ~v)   ∂( f1 ,..., fn−m )(x)  0 ∂x Essa ha quindi rango 2(n − m) e ci`o dimostra che T S e` una variet`a sottovariet`a di R2n di dimensione 2m; chiaramente essa e` localmente chiusa se S e` localmente chiusa. Se α : Ω → S e` una parametrizzazione locale di classe C 1 di S , abbiamo dα(y)(T y Ω) ⊂ T α(y) S per ogni y ∈ Ω. Poich´e α e` un’immersione differenziabile, il sottospazio vettoriale dα(y)(T y Ω) ha dimensione m e quindi coincide con T α(y) S .  Definizione 2.16. Data una sottovariet`a differenziabile S di Rn ed un intorno aperto Ω di S in Rn , un campo di vettori X ∈ X(Ω) si dice tangente ad S se, per ogni x ∈ X, la valutazione X x di X in x e` un vettore tangente ad S in x. Si verifica facilmente il seguente: Lemma 2.18. Sia S una sottovariet`a differenziabile localmente chiusa di Rn ed Ω un intorno aperto di S in Rn . Allora i campi di vettori X ∈ X(Ω) che sono tangenti ad S formano una sottoalgebra di Lie di X(Ω). Dimostrazione. Infatti, se f e` una funzione reale di classe C ∞ definita in Ω e nulla su S , ed X, Y ∈ X(Ω) sono tangenti ad S , allora: [X, Y]( f ) = X(Y f ) − Y(X f ) = 0

su S

perch´e X f ed Y f sono ancora funzioni reali di classe C ∞ definite in Ω e nulle su S .  8. Campi di vettori F-correlati Un’applicazione differenziabile F : Ω → Ω0 di classe C ∞ tra un aperto Ω ⊂ Rn 0 ed un aperto Ω0 ⊂ Rn definisce un’applicazione, anch’essa di classe C ∞ , dF : T Ω → T Ω0 . In generale per`o, ad un campo di vettori X ∈ X(Ω) la F non fa corrispondere un campo di vettori su Ω0 . Introduciamo perci`o la nozione seguente:

8. CAMPI DI VETTORI F-CORRELATI

41

Definizione 2.17. Sia F : Ω → Ω0 un’applicazione differenziabile tra due aperti 0 Ω di Rn ed Ω0 di Rn . Due campi di vettori X ∈ X(Ω) ed X 0 ∈ X(Ω0 ) si dicono F-correlati se: 0 dF(x)(X x ) = XF(x)

(8.1)

∀x ∈ Ω.

Osservazione 2.19. Ad esempio, se F e` un diffeomorfismo, allora X 0 = F∗ (X) e` F-correlato ad X ed e` l’unico campo di vettori F-correlato ad X. Se F non e` un diffeomorfismo, non e` detto che ad un assegnato campo di vettori X ∈ X(Ω) si possa far corrispondere un campo di vettori X 0 ∈ X(Ω0 ) che sia F-correlato ad X. Chiaramente, se ve n’`e uno, esso e` completamente determinato nei punti di F(Ω). Proposizione 2.20. Sia F : Ω → Ω0 un’applicazione differenziabile tra due aperti 0 Ω di Rn ed Ω0 di Rn . Se X1 , X2 ∈ X(Ω), X10 , X20 ∈ X(Ω), ed X 0j e` F-correlato a X j per j = 1, 2, allora anche [X10 , X20 ] e` F-correlato ad [X1 , X2 ]. Dimostrazione. Siano ∂ ah (x) h h=1 j ∂x

Xj =

Xn

X 0j =

Xn0

∂ bk (y) k k=1 j ∂y

per j = 1, 2. Il fatto che X 0j sia F-correlato ad X j significa che: bkj (F(x)) =

Xn h=1

ahj (x)

∂F k (x) ∂xh

per

j = 1, 2,

k = 1, . . . , n0

x ∈ Ω.

Differenziando, otteniamo: Xn0 ∂bkj (F(x)) ∂F r (x) r=1

∂yr

∂x`

=

Xn ∂ahj (x) ∂F k (x) h=1

∂x`

∂xh

+

Xn h=1

ahj (x)

∂2 F k (x) ∂xh ∂x`

Abbiamo, per i coefficienti di [X10 , X20 ]: br1

∂bk2 ∂yk



br2

∂bk1

k ∂bk ∂bk2 h ∂F − a2 h 1r ∂yr ∂x ∂y s ∂a ∂F k ∂2 F k =ah1 h2 s + ah1 a2s s k ∂x ∂x ∂y ∂x s k ∂a ∂F ∂2 F k − ah2 h1 s − ah2 a1s s k ∂x ∂x ∂y ∂x ! k s s ∂a ∂a ∂F = ah1 h2 − ah2 h1 ∂x ∂x ∂x s

k h ∂F =a 1 ∂yk ∂xh

dove abbiamo calcolato per y = F(x) ed abbiamo utilizzato per brevit`a la convenzione per cui gli indici ripetuti in alto e in basso si intendono sommati per tutti i valori per cui sono definiti. Questa relazione ci d`a la tesi. 

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

42

9. Il teorema di Frobenius Sia Ω un aperto di Rn ed X un campo di vettori in Ω. Per ogni punto regolare di X passa una ed una sola sua curva integrale. Quindi, se X e` regolare in tutti i punti di Ω, la famiglia F delle curve integrali di X in Ω e` una famiglia di sottovariet`a differenziabili di dimensione 1 di Ω ed ogni punto x di Ω appartiene ad uno ed un solo elemento di F. Chiaramente la famiglia delle curve integrali di f X, se f e` una qualsiasi funzione differenziabile che non si annulla in nessun punto di Ω, coincide con la F. Se quindi siamo interessati a studiare la famiglia di curve F, sar`a naturale considerare non un singolo campo di vettori X, ma il C ∞ (Ω)-modulo C ∞ (Ω) · X generato da X, ovvero il C ∞ (Ω)-modulo formato da tutti quei campi di vettori che sono tangenti a tutte le curve della famiglia F. Estendiamo questa nozione mediante la definizione: Definizione 2.18. Si dice sistema differenziale in Ω, un qualsiasi sotto-C ∞ (Ω)modulo D(Ω) di X(Ω). Per ogni x ∈ Ω, l’insieme D x = {X x | X ∈ D(Ω)} e` un sottospazio vettoriale di T x Ω. La sua dimensione si dice dimensione di D(Ω) in x. Se tale dimensione e` costante ed uguale a p in tutti i punti di Ω, diciamo che D(Ω) e` una distribuzione vettoriale regolare di dimensione p, o una distribuzione di p-piani in Ω. Se U e` un sottoinsieme aperto di Ω, indicheremo con D(U) il C ∞ (U)-modulo generato dalle restrizioni ad U dei campi di vettori di D(Ω). Il sistema differenziale D(Ω) si dice completamente integrabile se: [D(Ω), D(Ω)] ⊂ D(Ω).

(9.1)

Abbiamo indicato con [D(Ω), D(Ω)] il C ∞ (Ω)-modulo generato dai commutatori [X, Y], al variare di X, Y in D(Ω). Esempio 2.5. Se n ≥ 2, i campi di vettori ∂ ∂ Xi, j = xi j − x j i per 1 ≤ i < j ≤ n ∂x ∂x generano un sistema differenziale completamente integrabile in Rn . La sua restrizione ad Ω = Rn \ {0} e` una distribuzione regolare di iperpiani. Esempio 2.6. φ ∈ C ∞ (Rnx1 ,...,xn ), i campi di vettori ∂ ∂φ(x1 , . . . , xn ) ∂ + per j = 1, . . . , n ∂x j ∂x j ∂x0 generano una distribuzione di iperpiani completamente integrabile in Rn+1 . x0 ,x1 ,...,xn Xj =

Esempio 2.7. Sia Ω = R2n = Rnx × Rny . I campi di vettori: Xj =

∂ ∂ − x jy j j j ∂x ∂y

generano una distribuzione completamente integrabile di n-piani in R2n .

9. IL TEOREMA DI FROBENIUS

43

Esempio 2.8. Sia Ω un aperto di Rn ed F ∈ C ∞ (Ω). Allora D(Ω) = {X ∈ X(Ω) | XF = 0} e` un sistema differenziale completamente integrabile in Ω, e la sua restrizione all’aperto Ω0 = {x ∈ Ω | dF(x) , 0} e` una distribuzione d’iperpiani. Definizione 2.19. Sia D(Ω) un sistema differenziale. Una sottovariet`a differenziabile S di Ω si dice variet`a integrale di D(Ω) se T x S ⊂ D x per ogni x ∈ S . Esempio 2.9. Nel caso dell’Esempio 2.5, {0} e tutte le sfere {x ∈ Rn | |x| = r}, con r > 0, sono variet`a integrali di D(Ω). Nel caso dell’Esempio 2.6, tutte le ipersuperficie {x0 = φ(x1 , . . . , xn ) + k}, al variare di k ∈ R, sono variet`a integrali di D(R2n+1 ). Nel caso dell’Esempio 2.7, tutte le sottovariet`a n dimensionali {y j = k j exp(−[x j ]2 /2)}, al variare di k1 , . . . , kn ∈ R, sono sottovariet`a integrali di D(R2n ). Nel caso dell’Esempio 2.8, tutte le sottovariet`a differenziabili di Ω su cui F sia costante sono sottovariet`a integrali di D(Ω). Vale il: Teorema 2.21 (Frobenius). Sia Ω un aperto di Rn e sia D(Ω) una distribuzione vettoriale regolare completamente integrabile di p-piani in Ω. Per ogni punto x0 ∈ Ω possiamo trovare un intorno aperto U di x0 in Ω ed un’unica variet`a integrale connessa S di dimensione p di D(Ω) che contenga x0 e sia una sottovariet`a chiusa di U. La dimostrazione del Teorema di Frobenius e` conseguenza della seguente: Proposizione 2.22. Sia D(Ω) una distribuzione vettoriale regolare completamente integrabile di p-piani in Ω. Allora, per ogni x0 ∈ Ω possiamo trovare un intorno aperto U di x0 in Ω ed un diffeomorfismo φ : U → V di U su un intorno aperto V ∂ ∂ di 0 in Rny tale che φ∗ (D(U)) sia generato da 1 , . . . , p . ∂y ∂y Dimostrazione. Ragioniamo per ricorrenza su p. Nel caso p = 1 ci si riduce alla Proposizione 2.11. Supponiamo quindi che p > 1 e che il teorema sia vero per distribuzioni totalmente integrabili di (p − 1)-piani. Fissiamo p campi di vettori P X1 , . . . , X p ∈ D(Ω) tali che X1 ,x0 , . . . , X p ,x0 generino D x0 . Sia X j = ni=1 aij ∂x∂ i , per j = 1, . . . , p. A meno di cambiare gli indici delle coordinate, possiamo supporre che la matrice A(x0 ) = (aij (x0 ))1≤i, j≤p sia invertibile. Fissiamo un intorno aperto U di x0 in cui A(x) = (aij (x))1≤i, j≤p sia invertibile. Allora i campi di vettori Y1 , . . . , Yd , definiti da:      X1  Y1     .  −1  ..  = [A(x)]  ...      Yp Xp ∞ generano D(U) come C (U)-modulo. Essi sono della forma: Xn ∂ ∂ Yj = + bhj h per j = 1, . . . , p. j h=p+1 ∂x ∂x

2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

44

La condizione che D(U) sia completamente integrabile, ci dice che i commutatori [Y j , Yk ], per 1 ≤ j < k ≤ p, sono combinazioni lineari di Y1 , . . . , Y p con coefficienti in C ∞ (U). Ma: Xn ∂ [Y j , Yk ] = ch h=p+1 j,k ∂xh implica allora che [Y j , Yk ] = 0 ∀1 ≤ j < k ≤ p. ∞ In particolare, il C (U)-modulo Dd−1 (U) generato da Y1 , . . . , Y p−1 e` una distribuzione di (p − 1)-piani in U completamente integrabile. Per l’ipotesi induttiva, possiamo allora trovare un intorno aperto U 0 di x0 in U ed un diffeomorfismo ψ0 : U 0 → V 0 su un intorno aperto V 0 di 0 in Rnξ tale che ψ0∗ (D p−1 (U 0 )) sia generato ∂ , . . . , ∂ξ∂p−1 . ∂ξ1

Quindi ψ0∗ (D(U 0 )) e` generato da campi di vettori: Xn ∂ ∂ ∂ , . . . , , Ξ = αh (ξ) h , p h=p ∂ξ1 ∂ξ p−1 ∂ξ dove possiamo supporre che α p (0) , 0 e quindi, a meno di sostituire ad U 0 un intorno aperto pi`u piccolo di x0 , che α p (ξ) , 0 per ξ ∈ V 0 . Poich´e ψ0∗ (D(U 0 )) e` un C ∞ (V 0 )-modulo, a meno di dividere ξ p a sinistra per α p (ξ), possiamo supporre sia: Xn ∂ ∂ αh (ξ) h . Ξp = p + h=p+1 ∂ξ ∂ξ 0 0 Il fatto che ψ∗ (D(U )) sia completamente integrabile ci d`a allora: da

∂αh (ξ) =0 ∂ξ j

per

j = 1, . . . , p − 1.

Questo ci dice che le αh sono localmente costanti rispetto alle variabili ξ1 , . . . , ξ p−1 . Possiamo supporre che l’aperto V 0 sia della forma V 0 = V10 × V 0 2 , con V10 intorno p−1 n−p+1 aperto di 0 in Rξ1 ,...ξ p−1 e V20 intorno aperto di 0 in Rξ p ,...,ξn . Applichiamo la ProP posizione 2.11 al campo di vettori ∂ξ∂ p + nh=p+1 αh (ξ) ∂ξ∂h in V20 . Esiste quindi un diffeomorfismo τ : V200 → W2 di un intorno aperto V200 di 0 in Rn−p+1 su un intorno P n−p+1 W2 di 0 in Rη p ,...,ηn per cui risulti τ∗ ( ∂ξ∂ p + nh=p+1 αh (ξ) ∂ξ∂h ) = ∂η∂d . U 00

Consideriamo ora l’intorno aperto U 00 = ψ−1 (V10 × V200 ) e l’applicazione φ : 3 x → y ∈ V10 × W2 ⊂ Rn definita da:    se 1 ≤ i ≤ p − 1 yi = ψi (x)   yi = τi (ψd (x), . . . , ψn (x)) se p ≤ i ≤ n.

Quest’applicazione verifica la tesi della Proposizione.



Dimostrazione del Teorema 2.21. Sia φ : U → V ⊂ Rn un diffeomorfismo che trasforma un intorno aperto di x0 in Ω in un intorno di 0 in Rn della forma V = {|y0 | < r0 , |y00 | < r00 }, ove y0 = (y1 , . . . , y p ), y00 = (y p+1 , . . . , yn ), ed r0 , r00 sono numeri reali positivi, e per cui φ∗ (D(U)) = C ∞ (V)[ ∂y∂1 , . . . , ∂y∂p ]. Allora le {φ p+1 (x) = k p+1 , . . . , φn (x) = kn }, al variare di (k p+1 , . . . , kn ) nella palla di centro 0 e raggio r00 di Rn−p , sono le variet`a integrali di D(U) in U. 

10. INTEGRALI PRIMI

45

10. Integrali primi Discutiamo in questo paragrafo una generalizzazione del teorema di Frobenius, che ci sar`a utile nel seguito. Sia Ω un aperto di Rn e sia D(Ω) una distribuzione regolare di p-piani in Ω. Definizione 2.20. Sia F = (F 1 , . . . , F k ) ∈ C ∞ (Ω, Rk ). Diciamo che F = 0 e` un integrale primo di D(Ω) se: (10.1)

XF(x) = 0

(10.2)

lo Jacobiano

se

X ∈ D(Ω), x ∈ Ω ed F(x) = 0; ∂F(x) ha rango k se x ∈ Ω ed F(x) = 0. ∂x

Vale il: Teorema 2.23. Sia F = 0 un integrale primo di D(Ω). Se: [X, Y](x) ∈ D x

(10.3)

∀X, Y ∈ D(Ω),

∀x ∈ {F(x) = 0} ∩ Ω,

allora ogni punto x0 ∈ {F(x) = 0} ∩ Ω e` contenuto in una variet`a integrale di dimensione p di D(Ω). Dimostrazione. Sia x0 ∈ Ω un punto in cui F(x0 ) = 0. Per il Lemma 1.21 del Capitolo 1, possiamo trovare un intorno aperto U di x0 in Ω, un intorno V di 0 in Rn , e un diffeomorfismo φ : U → V con φ(x0 ) = 0 tale che φ({F(x) = 0} ∩ U) = P j ˜ {y j = 0 | 1 ≤ j ≤ k} ∩ V. Consideriamo D(V) = φ∗ (D(U)). Se Y = nj=1 aY (y) ∂y∂ j , abbiamo per ipotesi: j ˜ a = Y(y j ) = 0 per 1 ≤ j ≤ k se Y ∈ D(V) e yi = 0 per 1 ≤ i ≤ k. Y

Consideriamo ora l’aperto G = {z ∈ Rn−p | (0, z) ∈ V} di Rn−p . I campi di vettori Pn−k k+h ∂ ˜ j=1 aY ∂zh , al variare di Y in D(V), definiscono una distribuzione completamente ˆ integrabile D(G) di p-piani di G. Per il Teorema 2.21 esiste una variet`a integrale ˆ Sˆ di dimensione p di D(G) passante per 0. Allora S˜ = {(0, z) | z ∈ Sˆ } e` una ˜ variet`a integrale di dimensione p di D(V) passante per l’origine e contenuta in j −1 ˜ {y = 0 | 1 ≤ j ≤ k}. Infine, S = φ (S ) e` una variet`a integrale di D(Ω), di dimensione p, passante per x0 e contenuta in {F = 0}. 

CAPITOLO 3

Variet`a topologiche e variet`a differenziabili 1. Paracompattezza e partizione dell’unit`a Sia X uno spazio topologico. Definizione 3.1. Se U = {Ui | i ∈ I} e V = {Vα | α ∈ A} sono due ricoprimenti di X, diciamo che V e` un raffinamento di U se per ogni i ∈ I esiste un indice αi ∈ A tale che Vαi ⊂ Ui . Una funzione i → αi con Vαi ⊂ Ui per ogni i ∈ I si dice una funzione di raffinamento. Una famiglia F = {Ai | i ∈ I} di sottoinsiemi di X si dice localmente finita se per ogni punto x di X esiste un intorno aperto U x di x in X tale che {i ∈ I | Ai ∩ U x , ∅} sia finito. Definizione 3.2. Lo spazio topologico X si dice paracompatto1 se verifica l’assioma di separazione di Hausdorff, e se ogni suo ricoprimento aperto ammette un raffinamento aperto localmente finito. Ricordiamo, senza darne la dimostrazione2, le principali propriet`a degli spazi paracompatti: Teorema 3.1. Ogni spazio paracompatto e` normale. Su uno spazio paracompatto X valgono cio`e le due propriet`a di separazione: (1) Se x , y sono due punti distinti di X, allora esistono due intorni aperti, U x di x e Uy di y, tali che U x ∩ Uy = ∅; (2) Se A, B sono due chiusi di X con A ∩ B = ∅, allora esistono due aperti U, V di X tali che A ⊂ U, B ⊂ V e U ∩ V = ∅. Teorema 3.2. Ogni sottospazio chiuso di uno spazio paracompatto e` paracompatto. Definizione 3.3. Sia X uno spazio topologico ed U = {Ui | i ∈ I} un suo ricoprimento aperto. Una partizione continua dell’unit`a su X subordinata ad U e` una famiglia {φi | i ∈ I} ⊂ C (X, R) di funzioni reali continue su X che godano delle seguenti propriet`a: (i)

φi (x) ≥ 0,

∀x ∈ X,

∀i ∈ I,

1Questo concetto fu introdotto nel 1944 da J. Dieudonn´e (Une g´eneralization des espaces compacts, J. Math. Pures Appl. 23, pp. 65-76). 2cf. Cap. 2-§11 di J.G.Hocking, G.S.Joung Topology, Addison-Wesley Publishing Company Inc., Reading, Massachusetts, 1961, oppure Cap IX-§4.3,4.4 di N.Bourbaki General Topology Hermann, Paris, 1966. 47

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

48

supp φi = {x ∈ X | φi (x) , 0} ⊂ Ui , ∀i ∈ I, {supp φi | i ∈ I} e` localmente finita, X φ(x) = 1, ∀x ∈ X.

(ii) (iii) (iv)

i∈I

Osserviamo che la somma in (iv) e` ben definita perch´e per la (iii) per ciascun punto x ∈ X vi e` un intorno aperto U x in cui solo un numero finito di addendi siano non nulli. Teorema 3.3. Sia X uno spazio di Hausdorff. Sono equivalenti: (A) X e` paracompatto. (B) Per ogni ricoprimento aperto U di X esiste una partizione continua dell’unit`a su X subordianta ad U . Teorema 3.4. Sia X uno spazio di Hausdorff, localmente compatto. (a) Se X e` unione numerabile di compatti, allora X e` paracompatto. (b) Se X e` connesso e paracompatto, allora X e` unione numerabile di compatti. Teorema 3.5. Ogni spazio di Hausdorff, localmente compatto e a base numerabile, e` paracompatto. Teorema 3.6 (Stone 3). Ogni spazio topologico metrizzabile e` paracompatto. 2. Variet`a topologiche Definizione 3.4. Uno spazio topologico X si dice localmente euclideo di dimenisone n se ogni punto x di X ammette un intorno U omeomorfo ad Rn . Poich´e ogni punto di Rn ha un sistema fondamentale di intorni aperti che sono omeomorfi ad Rn , dire che un punto x di X ammette un intorno omeomorfo ad Rn e` equivalente a dire che esso ammette un intorno omeomorfo ad un qualsiasi aperto di Rn . Definizione 3.5. Una carta locale di dimensione n di X e` il dato di un aperto U di X, di un aperto V di Rn , e di un omeomorfismo φ : U → V. Se 0 ∈ V ed x0 ∈ U e` il punto per cui φ(x0 ) = 0, chiameremo x0 il centro della φ

carta locale U − → V. Definizione 3.6. Una variet`a topologica di dimensione n e` uno spazio topologico X paracompatto e localmente Euclideo di dimensione n. Per il Teorema 3.5 la paracompattezza si pu`o descrivere in modo equivalente richiedendo che X sia di Hausdorff e che ogni sua componente connessa sia numerabile all’infinito. Ci`o significa che, per ogni componente connessa Y di X, si pu`o trovare una successione {Kn }n∈N di S sottoinsiemi compatti di Y tali che Kn ⊂ int(Kn+1 ) per ogni intero n ≥ 0 ed Y = n∈N Kn . 3Paracompactness and product spaces in Bull. A.M.S. 54 (1948), pp. 977-982. Osserviamo che

il prodotto di due spazi paracompatti pu`o non essere paracompatto.

3. ALCUNI ESEMPI

49 φi

Definizione 3.7. Sia M una variet`a topologica di dimensione n ed Ui −→ Vi ⊂ Rn , per i = 1, 2, due carte locali in M. Se U1 ∩U2 , ∅, allora φ1 (U1 ∩U2 ) e φ2 (U1 ∩U2 ) sono aperti di Rn e φ2,1 : φ1 (U1 ∩ U2 ) 3 x → φ2 ◦ φ−1 1 (x) ∈ φ2 (U 1 ∩ U 2 )

(2.1)

e` un omeomorfismo tra aperti di Rn , che si dice la funzione di transizione dalla φ1

φ2

carta U1 −−→ V1 alla carta U2 −−→ V2 . φi

Definizione 3.8. UnSatlante di M e` una famiglia A = {Ui −→ Vi ⊂ Rn }i∈I di carte locali in M tale che i∈I Ui = M. Poniamo: Vi, j = φ j (Ui ∩ U j ) ⊂ V j

(2.2)

φi, j : Vi, j 3 x → φi ◦

(2.3)

φ−1 j (x)

e ∈ V j,i .

Le (φi, j ) cos`ı definite si dicono le funzioni di transizione dell’atlante A . Le funzioni di transizione soddisfano le relazioni di compatibilit`a (2.4)

φi,i = idUi ,

φi, j ◦ φ j,k (x) = φi,k (x), ∀x ∈ φk (Ui ∩ U j ∩ Uk ).

Teorema 3.7. Ogni variet`a topologica e` localmente compatta e metrizzabile. Dimostrazione. La prima affermazione segue dal fatto che gli spazi Euclidei sono localmente compatti. Per quanto riguarda la seconda, basta osservare che ogni componente connessa di una variet`a topologica e` a base numerabile: ogni spazio regolare a base numerabile e` infatti metrizzabile; se indichiamo con Xi , i ∈ I le componenti connesse di X e con di : Xi × Xi → R una distanza che definisce la topologia di Xi , possiamo definire la distanza in X ponendo  d (x, y)  i   se i = j,  1 + di (x, y) x, y ∈ X, x ∈ Xi , y ∈ X j =⇒ d(x, y) =     1 se i , j.  Rn

3. Alcuni esempi Esempio 3.1. Ogni sottoinsieme aperto X di Rn e` una variet`a topologica di dimensione n. Esempio 3.2. Sia A un aperto di Rn (n ≥ 1), con ∅ , A , Rn e sia X il quoziente di Rn × {0, 1} che si ottiene identificando i punti (x, 0) ed (x, 1) se x ∈ A. Lo spazio topologico X e` localmente Euclideo di dimensione n, ma non e` una variet`a topologica perch´e non e` di Hausdorff: i punti (x, 0) ed (x, 1), per x sulla frontiera ∂A di A, definiscono nel quoziente X elementi distinti che non ammettono intorni disgiunti. Esempio 3.3. Su R × {0, 1} consideriamo la relazione di equivalenza che identifica due punti (x, 0) ed (x, 1) se x ≤ 0. Il quoziente X e` uno spazio di Hausdorff, ma non e` localmente Euclideo, perch´e il punto x0 di X corrispondente a {(0, 0), (0, 1)} non ha un intorno omeomorfo ad R. Infatti, se U e` un intorno aperto di x0 in X, allora U \ {x0 } ha almeno tre componenti connesse.

50

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

Esempio 3.4. Sia X lo spazio topologico ottenuto considerando su R2 la topologia definita dall’ordine lessicografico:    oppure  x1 < x2 , (x1 , y1 ) ≺ (x2 , y2 ) ⇔   x = x e y < y . 1

2

1

2

Ogni componente connessa di X e` omeomorfa ad R e quindi X e` uno spazio localmente Euclideo di dimensione 1. La topologia dell’ordine lessicografico e` indotta dalla distanza:   1 se x1 , x2     d((x1 , y1 ), (x2 , y2 )) =  |y1 − y2 |    se x1 = x2 .  1 + |y1 − y2 | Quindi X, essendo metrizzabile, e` paracompatto e dunque una variet`a topologica di dimensione 1. Esempio 3.5. Sia X =]0, 1]×]0, 1[, ed “≺” un buon ordinamento su ]0, 1[, rispetto al quale ]0, 1[ non ammetta massimo: in particolare per ogni t ∈]0, 1[ vi e` un elemento t0 ∈]0, 1[ (successivo di t) con t ≺ t0 tale che {s ∈]0, 1[ | t ≺ s ≺ t0 } = ∅. Consideriamo su X la topologia dell’ordine relativa all’ordinamento totale:    oppure t ≺ s (x, t) < (y, s) ⇔   t = s e x < y. Chiaramente X e` localmente euclideo di dimensione 1, e` connesso e di Hausdorff, ma non e` una variet`a topologica perch´e non e` paracompatto. Esempio 3.6. La sfera S n e` una variet`a topologica di dimensione n. Siano x0 , . . . , xn le coordinate cartesiane di Rn+1 e scriviamo   Xn S n = x ∈ Rn+1 xi2 = 1 . i=0 Indichiamo poi con p : Rn+1 → Rn la proiezione nelle ultime n coordinate p

Rn+1 3 x = (x0 , x1 , . . . , xn ) −−−−−→ x0 = (x1 , . . . , xn ) ∈ Rn e siano φ+ : U+ = S n \ {−e0 } 3 x −→ φ− : U− = S n \ {e0 } 3 x −→

0 n 1 1+x0 x ∈ R , 0 n 1 1−x0 x ∈ R .

le proiezioni stereografiche rispetto al polo sud −e0 ed al polo nord e0 , rispettivamente. Allora A = {(U+ , φ+ ), (U− , φ− )} e` un atlante di S n , formato da due carte locali di dimensione n. Le sue funzioni di transizione sono φ+− = φ−+ : Rn \ 0 3 y → y/|y|2 ∈ Rn \ {0}. Esempio 3.7. Lo spazio proiettivo reale di dimensione n RPn = (Rn+1 \ {0})/ ∼,

ove

x ∼ y ⇔ y ∈ R x,

e` una variet`a topologica di dimensione n. Indichiamo con [x0 , x1 , . . . , xn ] il punto di RPn che corrisponde al punto (x0 , x1 , . . . , xn ) di Rn+1 \{0}. Le x0 , . . . , xn sono sue

` TOPOLOGICHE CON BORDO 4. VARIETA

51

coordinate omogenee. Un atlante A di RPn e` descritto nelle coordinate omogenee dagli aperti Ui = {[x0 , x1 , ..., xn ] xi , 0} per i = 0, 1, ..., n e dagli omeomorfismi φi : Ui 3 [x0 , x1 , . . . , xn ] −→ (y1 , . . . , yn ) ∈ Rn ,      x j−1 /xi se 1 ≤ j ≤ i, ove y j =     x j /xi se i < j ≤ n. Esempio 3.8. Lo spazio proiettivo complesso di dimensione n CPn = (Cn+1 \ {0})/ ∼,

ove z ∼ w ⇔ w ∈ C z,

e` una variet`a topologica di dimensione 2n. Indichiamo con [z0 , z1 , . . . , zn ] il punto di CPn che corrisponde al punto (z0 , z1 , . . . , zn ) di Cn+1 \ {0}. Le z0 , . . . , zn sono sue coordinate omogenee. Un atlante A di CPn e` descritto nelle coordinate omogenee dagli aperti U = {[z , z , ..., z ] z , 0} per i = 0, 1, ..., n i

0

1

n

i

e dagli omeomorfismi φi : Ui 3 [z0 , z1 , . . . , zn ] −→ (w1 , . . . , wn ) ∈ Cn ' R2n ,     z j−1 /zi se 1 ≤ j ≤ i, ove w j =    z j /zi se i < j ≤ n.

4. Variet`a topologiche con bordo Definizione 3.9. Una variet`a topologica di dimensione n con bordo e` uno spazio topologico paracompatto M in cui ogni punto ha un intorno aperto omeomorfo ad un aperto di Rn+ = {(x1 , . . . , xn ) ∈ Rn | xn ≥ 0}. La parte interna Int(M) di M e` l’insieme dei punti di M che hanno un intorno omeomorfo ad Rn . Int(M) e` una variet`a topologica di dimensione n ed e` un aperto denso di M. L’insieme ∂M = M \ Int(M) e` una variet`a differenziabile di dimensione (n − 1) che si dice il bordo di M. Un omeomorfismo φ : U → φ(U) ⊂ Rn+ si dice una carta locale in M. S Una collezione A = {(Ui , φi ) | i ∈ I} di carte locali di M tali che M = i∈I Ui si dice un atlante di M. Le variet`a topologiche definite in §2 sono variet`a a bordo con il bordo vuoto. Per questo le chiameremo anche variet`a senza bordo.

52

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

5. Definizione di variet`a differenziabile Definizione 3.10. Sia M una variet`a topologica di dimensione n. Un atlante A di M si dice di classe C k (ove k e` un intero non negativo, oppure ∞ od ω) se le sue funzioni di transizione sono diffeomorfismi di classe C k . Due atlanti A ed A 0 di classe C k di M si dicono C k -compatibili se A ∪ A 0 e` ancora un atlante di classe C k . Un atlante di classe C 0 e` semplicemente un atlante e tutti gli atlanti di classe 0 C su M sono tra loro compatibili. La relazione di compatibilit`a C k e` una relazione di equivalenza nella famiglia degli atlanti di M. Se A e` un atlante di classe C k su M, l’unione di tutti gli atlanti C k -compatibili con A e` ancora un atlante C k compatibile con A ; esso e` massimale nel senso che non e` propriamente contenuto in nessun atlante di classe C k con esso compatibile. Esempio 3.9. Un atlante formato da una sola carta e` sempre di classe C ω . Quindi i due atlanti A = {(R, x)} e A 0 = {(R, x3 )} su R sono atlanti di classe C ω sulla variet`a topologica R. Essi sono compatibili di√classe C 0 , ma non di classe C k per k ≥ 1, perch´e la funzione di transizione x → 3 x non e` differenziabile in 0. Definizione 3.11. Una variet`a differenziabile di dimensione n e` il dato di una variet`a topologica M di dimensione n e di un atlante massimale A di classe C k di M. Osservazione 3.8. Una variet`a differenziabile di classe C 0 e` semplicemente una variet`a topologica. Osservazione 3.9. Non tutte le variet`a topologiche (anche se di Hausdorff e paracompatte) ammettono un atlante differenziabile di classe C k con k positivo. Un esempio di variet`a topologica su cui non pu`o essere definita una struttura differenziale e` stato dato da Michel A. Kervaire4 nel 1959. Hassler Whitney5 ha dimostrato che ogni variet`a differenziabile di classe C 1 paracompatta ammette un atlante di classe C ω . Quando studiamo le propriet`a topologiche di una variet`a differenziabile M di classe C k con k ≥ 1, potremo quindi supporre, senza perdere in generalit`a, che essa sia di classe C ω , o di una qualsiasi classe C h con h ≥ 1 che sia utile nella discussione (vedi il §16). Tutte le variet`a differenziabili sono triangolabili, come e` stato dimostrato da Stewart S. Cairns6, ma non tutte le variet`a topologiche lo sono, come mostrato da Laurence C. Siebenmann7. Abbiamo quindi delle inclusioni proprie Variet`a topologiche ( Variet`a triangolabili ( Variet`a differenziabili. 4 A Manifold which does not not admit any Differentiable Structure, Commentarii Mathematici

Helvetici, 34 (1960), pp. 257-270. 5Differentiable Manifolds, Annals of Mathematics 37 (3) (1936), pp. 645-680 6 On the triangulation of regular loci, Ann. of Math. (2) 35 (1934), no. 3, 579-587. 7Topological manifolds. Actes du Congrs International des Math´ematiciens (Nice, 1970), Tome 2, pp. 133-163. Gauthier-Villars, Paris, 1971

6. APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI

53

In fine, una variet`a topologica triangolabile pu`o avere due triangolazioni non equivalenti8. Un atlante A di classe C k su una variet`a topologica M di dimensione n determina su M un’unica struttura di variet`a differenziabile di classe C k . L’atlante massimale A˜ corrispondente e` formato da tutti e soli gli omeomorfismi ϕ : U −→ V ⊂ Rn di un aperto U di M su un aperto V di Rn tali che {(U, ϕ)} ∪ A sia ancora un atlante di classe C k (equivalente ad A ). Ogni carta di tale atlante massimale si dice un sistema di coordinate (o carta locale) di classe C k di M. Se (U, φ) e` una carta locale di classe C k con centro in p e Ψ : V → V 0 e` un diffeomorfismo di classe C k tra due intorni aperti di 0 in Rn , con Ψ(0) = 0, allora anche (U ∩ φ−1 (V), Ψ ◦ φ) e` una carta locale di classe C k con centro in p. Un atlante di classe C k e` anche di classe C h per ogni 0 ≤ h < k. Definisce quindi su M un’unica struttura di variet`a differenziabile di classe C h . In particolare, possiamo considerare una variet`a differenziabile di classe C k come variet`a differenziabile di classe C h per ogni h ≤ k. Esempio 3.10. Gli atlanti definiti nel paragrafo §2 per le variet`a topologiche S n , RPn , CPn sono tutti di classe C ω . Lemma 3.10. Sia M una variet`a differenziabile di classe C k (con 0 ≤ k ≤ ω) ed A un aperto di M. Se A = {(Ui , φi ) | i ∈ I} e` un atlante di classe C k su M, allora AA = {(Ui ∩ A, φi |Ui ∩A | i ∈ I, Ui ∩ A , ∅} e` un atlante di classe C k su A. Quindi, su ogni aperto A di una variet`a differenziabile M risulta definita un’unica struttura di variet`a differenziabile di classe C k tale che ogni carta locale di classe C k di A sia anche una carta locale di classe C k di M. Con la struttura differenziale cos`ı definita, diciamo che A e` una sottovariet`a aperta di M. In modo del tutto analogo si possono definire le variet`a differenziabili con bordo. Definizione 3.12. Sia M una variet`a topologica con bordo. Un atlante A di M e` di classe C k se le sue funzioni di transizione sono di classe C k . Due atlanti di classe C k sono equivalenti se la loro unione e` ancora un atlante di classe C k . Una struttura differenziale di classe C k su M e` il dato di una classe di equivalenza di atalanti C k su M. 6. Applicazioni differenziabili In questo paragrafo introduciamo la nozione di applicazione differenziabile tra variet`a. 8 Robion C.Kirby, Laurence C. Siebenmann: Foundational essays on topological manifolds, smoothings, and triangulations. With notes by John Milnor and Michael Atiyah, Annals of Mathematics Studies, No. 88. Princeton University Press, Princeton, N.J.; University of Tokyo Press, Tokyo, 1977. vii+355 pp.

54

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

Lemma 3.11. Sia f : M −→ N un’applicazione continua tra due variet`a differenziabili di classe C k e sia p ∈ M. Sono equivalenti: (i) Possiamo trovare una carta locale (U, ϕ) in p ed una carta locale (V, ψ) in f (p) tali che f (U) ⊂ V

e ψ ◦ f ◦ ϕ−1 ∈ C k (ϕ(U), ψ(V)).

(ii) Per ogni carta locale (U, ϕ) in p e per ogni carta locale (V, ψ) in f (p) ψ ◦ f ◦ ϕ−1 ∈ C k (ϕ(U ∩ f −1 (V)), ψ(V)). Dimostrazione. Chiaramente (ii) =⇒ (i). L’implicazione opposta segue dal fatto che i cambiamenti di carte locali sono applicazioni di classe C k e la composizione di applicazioni di classe C k sono ancora applicazioni di classe C k .  Definizione 3.13. Un’applicazione continua f : M −→ N che soddisfi le condizioni equivalenti del lemma, si dice differenziabile di classe C k in p. Un’applicazione f si dice differenziabile di classe C k in M se e` tale in ogni punto di M. L’insieme di tutte le applicazioni differenziabili di classe C k definite sulla variet`a differenziabile M, a valori nella variet`a differenziabile N, si indica con C k (M, N). Vale il seguente: Lemma 3.12. Siano M, N variet`a differenziabili di classe C k (0 ≤ k ≤ ω) ed f : M −→ N un’applicazione. Sia U un ricoprimento aperto di M. Condizione necessaria e sufficiente affinch´e f sia differenziabile di classe C k su M e` che per ogni aperto U ∈ U la restrizione f |U : U −→ N di f alla sottovariet`a aperta U sia differenziabile di classe C k . 7. Funzioni reali differenziabili e partizione dell’unit`a Consideriamo sulla retta reale R la struttura di variet`a differenziabile di dimensione 1 definita dall’unica carta coordinata (R, id). L’insieme C k (M, R) delle applicazioni differenziabili di classe C k , definite su una variet`a differenziabile M di classe C k e a valori in R, si indica semplicemente con C k (M). Se k = ∞, scriveremo a volte E (M) invece di C ∞ (M) e se k = ω (funzioni analitiche–reali), scriveremo a volte A (M) invece di C ω (M). Teorema 3.13. Sia M una variet`a differenziabile di classe C k , (0 ≤ k ≤ ω). L’insieme C k (M) delle funzioni reali di classe C k su M e` un anello commutativo e unitario e un’algebra reale rispetto alle operazioni (1) di somma: ( f + g)(p) = f (p) + g(p)

∀ f, g ∈ C k (M),

∀p ∈ M;

(2) di prodotto: ( f g)(p) = f (p)g(p)

∀ f, g ∈ C k (M),

∀p ∈ M;

(3) di prodotto per scalare: (k f )(p) = k f (p)

∀ f ∈ C k (M) ,

∀k ∈ R, ∀p ∈ M.

` 7. FUNZIONI REALI DIFFERENZIABILI E PARTIZIONE DELL’UNITA

55

Teorema 3.14 (di partizione dell’unit`a). Sia M una variet`a differenziabile di classe C k , (0 ≤ k ≤ ∞), paracompatta. Sia U = {U j | j ∈ J} un ricoprimento aperto di M. Allora esiste una partizione dell’unit`a {φ j } j∈J , subordinata9 ad U , mediante funzioni φ j di C k (M). Dimostrazione. Siano V = {Vi | i ∈ I} un raffinamento aperto localmente finito di U mediante aperti coordinati (Vi , xi ) di M, con V¯ i compatto, e sia W = {Wi | i ∈ I} un raffinamento di V , con ¯ i b V i b U ji Wi ⊂ W per un’opportuna funzione di raffinamento i → ji . Per ogni i ∈ I fissiamo un aperto Gi con Wi b Gi b Vi . Per la Proposizione 1.17 del Capitolo 1, esiste per ogni i ∈ i una funzione gi ∈ C ∞ (Rn ) tale che    0 ≤ gi (y) ≤ 1 ∀y ∈ Rn ,     gi (y) = 1 ∀y ∈ xi (W j ) ,      gi (y) = 0 ∀y < xi (Gi ) . Le funzioni

   gi (xi (p)) hi (p) =   0

se se

p ∈ Vi , p < Gi

sono allora di classe C k su M; i loro supporti formano un ricoprimento localmente ` un ricoprimento chiuso localmente finito di M ed inoltre anche {h−1 i (1) | i ∈ I} e finito di M. Ne segue che X h(p) = hi (p) , p ∈ M i∈I

C k,

che assume valori ≥ 1 su M. Quindi le hi (p) ψi (p) = , p ∈ M, i ∈ I, h(p)

e` una funzione reale di classe

formano una partizione dell’unit`a di classe C k su M. Per ogni j ∈ J sia I j l’insieme degli indici i ∈ I tali che ji = j. Allora le X φ j (p) = ψi (p) i∈I j

sono funzioni di classe C k che definiscono una partizione dell’unit`a su M subordinata ad U .  Come conseguenza dell’esistenza di partizioni dell’unit`a, otteniamo: Proposizione 3.15. Sia F un chiuso di una variet`a differenziabile M, di classe C k con 0 ≤ k ≤ ∞, paracompatta. Se U e` un intorno aperto di F in M, esiste una funzione f ∈ C k (M) tale che    se p ∈ F , 1 0 ≤ f (p) ≤ 1, ∀p ∈ M, f (p) =   0 se p < U . 9Ricordiamo che questo significa che {supp φ } e` un ricoprimento chiuso localmente finito di j j∈J

M, con supp φi ⊂ Ui per ogni j ∈ J e che

i∈I φ j (p)

P

= 1 per ogni p ∈ M.

56

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

Dimostrazione. Poich´e M e` normale, possiamo fissare un intorno aperto V di F in U la cui chiusuraV sia ancora contenuta in U. Consideriamo il ricoprimento ¯ Per il Teorema 3.14 esiste una partizione dell’unit`a { f, g}, con aperto {U, {V}. k f, g ∈ C (M), supp f ⊂ U, supp g ∩ V¯ = ∅. La f e` uguale ad 1 su V e quindi su F ed e` nulla fuori da U e perci`o soddisfa la tesi.  Lemma 3.16. Sia M una variet`a differenziabile, paracompatta e a base numerabile, di classe C k . Se { fν | ν ∈ N} e` una successione di funzioni di classe C k in M, possiamo trovare una successione {ν } di numeri positivi tali che la serie X∞ ν fν ν=0

converga uniformemente sui compatti di M ad una funzione di classe C k . Dimostrazione. Fissiamo un atlante A = {(Ui , xi ) | i ∈ I ⊂ N} di M con Ui b M ed {Ui }i∈I localmente finito, e sia {Vi }i∈I un raffinamento di {Ui } con V¯ i b Ui . Sceglieremo poi le ν > 0 in modo tale che |β| X X X ∂ f j 2−ν . sup xi (V¯ i ) β < i∈I, i≤ν j≤ν |β|≤min{k,ν} ∂x ν α La scelta e` possibile perch´e per ogni ν il primo membro e` una somma finita di estremi superiori di funzioni continue su sottoinsiemi compatti.  Proposizione 3.17. Se F e` un chiuso di una variet`a differenziabile M, paracompatta e a base numerabile, di classe C k con 0 ≤ k ≤ ∞, allora esiste un’applicazione f ∈ C k (M) tale che 0 ≤ f (p) ≤ 1 per ogni p ∈ M ed f −1 (0) = F. Dimostrazione. Osserviamo che M, essendo normale e a base numerabile e` metrizzabile. Sia dist : M × M → R una distanza su M e consideriamo gli intorni Uν = {p ∈ M | dist(p, F) < 2−ν }, al variare di ν in N, di F in M. Per la Proposizione 3.15 esiste una funzione fν ∈ C k (M) tale che 0 ≤ fν (p) ≤ 1

∀p ∈ M,

K ⊂ f −1 (0),

{Uν ⊂ fν−1 (1).

Per il Lemma 3.16 Possiamo allora scegliere una successione ν di numeri reali positivi tale che X∞ f (p) = ν fν (p) ν=0

converga ad una funzione di classe C k (M). La f ∈ C k (M) cos`ı ottenuta ha allora le propriet`a richieste.  In modo analogo si pu`o dimostrare la: Proposizione 3.18. Sia M una variet`a differenziabile, paracompatta e a base numerabile, di classe C k . Se F0 ed F1 sono due chiusi disgiunti di M, allora esiste una f ∈ C k (M) tale che 0 ≤ f (p) ≤ 1 per ogni p ∈ M ed f −1 (0) = F0 , f −1 (1) = F1 .  Osservazione 3.19. Il teorema di partizione dell’unit`a non vale nella classe C ω : infatti una funzione analitica–reale che si annulli su un aperto di una variet`a M si annulla sull’unione delle componenti connesse di M che intersecano tale aperto.

` 7. FUNZIONI REALI DIFFERENZIABILI E PARTIZIONE DELL’UNITA

57

Per questo motivo, nonostante per il teorema di Whitney ogni variet`a M, differenziabile di classe C 1 e paracompatta, ammetta un atlante compatibile di classe C ω , e` conveniente considerare strutture di classe C k con 1 ≤ k ≤ ∞. Definizione 3.14. Siano M ed N variet`a differenziabili ed F un sottoinsieme chiuso di M. Sia 0 ≤ k ≤ ω. Un’applicazione continua f : F → N si dice differenziabile di classe C k su F se per ogni punto p ∈ F esiste un intorno aperto U p di p in M ed una funzione f˜ ∈ C k (U p , N) tale che f˜|U p ∩F = f |U p ∩F . Indichiamo con C k (F, N) l’insieme delle funzioni differenziabili di classe C k di F in N. Se N = R, scriveremo C k (F) invece di C k (F, R). Proposizione 3.20. Sia M una variet`a differenziabile paracompatta ed F un chiuso di M. Allora, per ogni f ∈ C k (F), con 0 ≤ k ≤ ∞, esiste una funzione F ∈ C k (M) tale che F|F = f . Dimostrazione. Consideriamo un ricoprimento {Ui }i∈I di F con aperti tali che per ogni i ∈ I esista una fi ∈ C k (Ui ) tale che fi (p) = f (p) su Ui ∩ F. Consideriamo una partizione dell’unit`a {φi } ∪ {ψ} subordinata al ricoprimento aperto {Ui } ∪ {{F} di M. Per ogni i poniamo    φi (p) fi (p) se p ∈ Ui , f˜i (p) =    0 se p ∈ {U . i

Allora f˜i ∈ C k (Ui ) ed f˜ =

P

˜ ∈ C k (M) e` il prolungamento di f cercato.

i∈I fi



Teorema 3.21 (di approssimazione). Sia M una variet`a differenziabile paracompatta, F un suo sottoinsieme chiuso ed f : M → Rn un’applicazione continua, la cui restrizione ad F sia di classe C k , con 0 ≤ k ≤ ∞. Allora per ogni  > 0 esiste un’applicazione g ∈ C k (M, Rn ) tale che (7.1) (7.2)

g(p) = f (p), ∀p ∈ F, |g(p) − f (p)| < , ∀p ∈ M.

Dimostrazione. Per la proposizione 3.20, applicata ad ogni componente di f , esiste una f˜ ∈ C k (M, Rn ) con f˜|F = f |F . Costruiamo un ricoprimento aperto di M nel modo seguente. Poniamo U0 = {p ∈ M | | f˜(p) − f (p)| < }. U0 e` un intorno aperto di F in M. Poi, per ogni punto p ∈ {F, sia U p = {q ∈ M | | f (p) − f (q)| < }. Allora U = {U0 } ∪ {U p | p ∈ {F} e` un ricoprimento di M. Sia {φ0 } ∪ {φ p } una partizione dell’unit`a di classe C k subordinata ad U . Poniamo       φ0 · f˜ su U0 , φ p · f (p) su U p , ψ0 =  φ =  p    0  0 su {U , su {U . 0

p

Allora ψ0 , ψ p ∈ C k (M, Rn ) ed g(p) = ψ0 (p) +

X q∈{F

ψq (p)

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

58

e` un’applicazione in C k (M, Rn ) che soddisfa le (7.1), (7.2).



Corollario 3.22. Sia M una variet`a differenziabile connessa. Allora ogni coppia di punti di M pu`o essere congiunta da una curva di classe C ∞ . Dimostrazione. Fissiamo un qualsiasi punto p0 e sia N il sottoinsieme dei punti di M che possono essere congiunti a p0 da una curva di classe C ∞ . Chiaramente p0 ∈ N e quindi N e` non vuoto. Per dimostrare che e` aperto e chiuso, baster`a dimostrare che, dato un qualsiasi punto p1 ∈ M, esiste un intorno U di p1 in M tale che, per ogni curva γ : [0, 1] → U, di classe C ∞ , con γ(1) = p1 ed ogni punto p2 di U, possiamo trovare una γ˜ : [0, 2] → U con γ˜ (t) = γ(t) per 0 ≤ t ≤ 1 e γ˜ (2) = p2 . Scegliendo un intorno coordinato di p1 , ci riconduciamo al caso di una palla aperta di Rm . La tesi e` allora una conseguenza del teorema di approssimazione.  Teorema 3.23 (interpolazione). Sia M una variet`a differenziabile paracompatta ed f1 , f2 : M → R due funzioni reali, con f1 semicontinua superiormente, f2 semicontinua inferiormente ed f1 (p) < f2 (p) per ogni p ∈ M. Allora esiste una funzione f ∈ C ∞ (M) tale che f1 (p) < f (p) < f2 (p) per ogni p ∈ M. Dimostrazione. Fissato un punto q ∈ M, l’insieme Aq = {p ∈ M | f1 (p) < f2 (q), f2 (p) > f1 (q)} e` un intorno aperto di q in M. Se Uq e` un intorno aperto relativamente compatto di p0 in M con Uq b Aq , abbiamo µq = sup p∈Uq f1 (p) < inf p∈Uq f2 (p) = Mq .

(7.3)

Consideriamo il ricoprimento aperto {Uq | q ∈ M di M e sia {φq } una partizione dell’unit`a di classe C ∞ subordinata ad {Uq | q ∈ M}. Poniamo X µq + Mq φq (p). (7.4) f (p) = q∈M 2 La f e` una funzione di classe C ∞ (M) che soddisfa le condizioni richieste. Infatti, per la (7.3), abbiamo µq + Mq φq (p) < f2 (p)φq (p), se p, q ∈ M e φq (p) > 0. 2 Da questo, sommando su q ∈ M, segue che la f definita da (7.4) soddisfa f1 (p) < f (p) < f2 (p) per ogni p ∈ M.  f1 (p)φq (p) <

8. Immersioni, sommersioni, diffeomorfismi Siano M ed N due variet`a differenziabili, di dimensione m ed n rispettivamente, entrambe di classe C k con k ≥ 1, ed f : M → N un’applicazione differenziabile di classe C k . Fissiamo un punto p0 ∈ M e sia q0 = f (p0 ) il punto corrispondente di N. Fissiamo un intorno coordinato (V, y) di N con centro in q0 e sia (U, x) un intorno coordinato in M con centro in p0 tale che f (U) ⊂ V. La funzione (8.1)

Rm ⊃ x(U) 3 x → y( f (x−1 )) ∈ y(V)

8. IMMERSIONI, SOMMERSIONI, DIFFEOMORFISMI

59

e` di classe C k ed in particolare, essendo k ≥ 1, possiamo considerare il suo Jacobiano in 0  ∂y1 ( f (x−1 )) ∂y1 ( f (x−1 ))    . . . ! 1 ∂xm  ∂x  ∂y . . ..  . .. .. (8.2) =  .  ∂x x=0  n −1 n −1 ∂y ( f (x ))  ∂y ( f (x )) . . . ∂xm ∂x1 x=0 La scelta di una diversa coppia di carte coordinate in p0 e q0 definisce uno Jacobiano che differisce da quello in (8.2) per la moltiplicazione a destra per una matrice di GL(m, R) ed a sinistra per una matrice di GL(n, R). In particolare Lemma 3.24. Il rango della matrice Jacobiana (8.2) non dipende dalla scelta delle carte coordinate (U, x) in p0 e (V, y) in q0 . Possiamo dare quindi la seguente Definizione 3.15. L’applicazione differenziabile f : M → N di classe C k in p0 ∈ M e` in p0 • un’immersione differenziabile in p0 se la matrice Jacobiana (8.2) definisce una trasformazione lineare iniettiva, se cio`e ha rango m uguale alla dimensione di M; • una sommersione differenziabile in p0 se la matrice Jacobiana (8.2) definisce un’applicazione lineare surgettiva, se cio`e ha rango n uguale alla dimensione di N; • un diffeomorfismo locale in p0 se la matrice Jacobiana (8.2) definisce un isomorfismo lineare, se cio`e n = m ed il determinante della matrice Jacobiana e` diverso da zero. Per il teorema delle funzioni implicite vale la Proposizione 3.25. Sia f : M → N un’applicazione differenziabile di classe C k , con k ≥ 1, tra due variet`a differenziabili M ed N di classe C k e di dimensioni m, n, rispettivamente. Sia p0 ∈ M e q0 = f (p0 ). (1) Se f e` un’immersione differenziabile in p0 , allora m ≤ n ed esiste un intorno aperto U di p0 in M tale che la f sia un’immersione differenziabile in ogni punto di U e che la restrizione f |U : U → N sia iniettiva. Esiste poi un intorno V di q0 in N ed un’applicazione g ∈ C k (V, U) tale che g ◦ f (p) = p per ogni p ∈ U. (2) Se f e` una sommersione differenziabile in p0 , allora m ≥ n, e possiamo trovare intorni aperti U di p0 in M e V di q0 in N tali che f (U) = V, che la f sia una sommersione differenziabile in tutti i punti di U, che la sua restrizione ad U definisca un’applicazione aperta di U su V e che, inoltre, esista una g ∈ C k (V, U) tale che f ◦ g(q) = q per ogni q ∈ V. (3) Se f e` un diffeomorfismo locale in p0 , allora m = n ed f definisce un omeomorfismo di un intorno aperto U di p0 su un intorno aperto V di q0 ,  con omeomorfismo inverso f |VU −1 : V → U di classe C k .

60

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

9. Prodotto cartesiano di variet`a differenziabili Se M ed N sono due variet`a differenziabili di classe C k (0 ≤ k ≤ ω) di dimensione m ed n rispettivamente, possiamo definire sul prodotto cartesiano M × N una ed una sola struttura di variet`a differenziabile di dimensione m + n, che renda le proiezioni sui singoli fattori πM

M × N −−−−−→ M    πN   y N sommersioni differenziabili di classe C k . Un atlante per questa struttura si ottiene da atlanti A M = {(Ui , xi ) | i ∈ I} ed AN = {(V j , y j ) | j ∈ J} di classe C k di M ed N rispettivamente, ponendo A M×N = {(Ui × V j , xi ⊕ y j ) | (i, j) ∈ I × J}, ove xi ⊕ y j : Ui × V j 3 (p, q) −→ (xi (p), y j (q)) ∈ xi (Ui ) × y j (V j ) ⊂ Rm+n . 10. Sottovariet`a differenziabili Supporremo in questo paragrafo che M sia un’assegnata variet`a differenziabile, paracompatta, di dimensione m e di classe C k , con 1 ≤ k ≤ ω. Definizione 3.16. Una variet`a differenziabile N di classe C k si dice una sottovariet`a differenziabile di M se: (i) N ⊂ M come insieme; (ii) l’applicazione naturale di inclusione ι:N3p→p∈M e` un’immersione differenziabile di classe C k . Lemma 3.26. La topologia di una sottovariet`a differenziabile e` pi`u fine della topologia di sottospazio topologico. Dimostrazione. Infatti la topologia di sottospazio su N e` la meno fine tra quelle che rendono l’inclusione ι : N → M continua; poich´e ogni applicazione differenziabile di classe C k , con k ≥ 0, e` in particolare continua, ne segue la tesi.  Esempio 3.11. Consideriamo in R2 il sottoinsieme N definito da   N = √ t 2 (cos t, sin t) t ∈ R ∪ S 1 . 1+t

Esso e` una sottovariet`a differenziabile di dimensione 1 di R2 . La sua topologia di sottovariet` pi`u fine della topologia di sottospazio:  a differenziabile e` strettamente  infatti √ t 2 (cos t, sin t) | t ∈ R e` chiuso nella topologia di sottovariet`a differen1+t ziabile (essendo una componente connessa), mentre e` denso e quindi non chiuso in N per la topologia di sottospazio.

` DIFFERENZIABILI 10. SOTTOVARIETA

61

Esempio 3.12. Consideriamo il toro T2 = S 1 × S 1 . Esso e` una variet`a differenziabile, con l’atlante definito dalle applicazioni inverse delle immersioni topologiche:   ] − π, π[ × ] − π, π[3 (t, s) → ei(t+α) , ei(s+β) ∈ S 1 × S 1 al variare di α, β in R. Sia N =

n

o  eit , eiπt t ∈ R ,

  con la struttura di variet`a differenziabile definita dall’unica carta N 3 eit , eiπt → t ∈ R. Allora N e` una sottovariet`a differenziabile di T2 , con una topologia che e` strettamente pi`u fine di quella di sottospazio: infatti per la topologia di sottospazio N non e` localmente connesso, mentre lo e` ovviamente con la topologia di sottovariet`a differenziabile. Proposizione 3.27. Sia N una sottovariet`a differenziabile di dimensione n e classe C k , con k ≥ 1, di M. Per ogni punto p ∈ N esiste un intorno aperto V di p in N ed un aperto coordinato (U, z) di classe C k di p in M tali che: (i) V = {q ∈ U| zi (q) = 0 per i = n + 1, . . . , m}; (ii) V, (zi )1≤i≤n sia una carta locale di classe C k di N. Dimostrazione. Fissiamo una carta coordinata (V, y) con centro in p in N ed una carta coordinata (W, x) con centro in p in M. Per ipotesi, l’inclusione di N in M definisce un’applicazione differenziabile di classe C k y(V) 3 y → x = f (y) ∈ x(U), con f (0) = 0,  la cui matrice Jacobiana ∂x ∂y ha rango n in 0. A meno di riordinare gli indici, possiamo supporre che  ∂x1  1  ∂y . . . ∂x  ∂y 1  1  . . det  .. . . . ..  , 0.   ∂xn ∂xn  . . . ∂y1 ∂yn y=0

Per il teorema delle funzioni implicite, esistono aperti ω, ω0 di 0 in Rn ed una funzione g0 : ω0 → ω, differenziabile di classe C k tale che ω ⊂ y(V) e, per ogni ∂g  x0 = (x1 , . . . , xn ) ∈ ω0 , la matrice Jacobiana ∂x 0 abbia determinante diverso da 0 ed y = g(x0 ) sia l’unica soluzione in ω dell’equazione fi (y) = xi per i = 1, . . . , n. Allora (x10 , . . . , xn0 ) = ( f1 (y(q)), . . . , fn (y(q))) definisce una carta locale in V 0 = y−1 (ω), essendo la composizione di un diffeomorfismo di un intorno di 0 di Rn e di una carta locale con centro in p ∈ N. Analogamente, poich´e la trasformazione    se 1 ≤ i ≤ n, zi = xi  z = x − f ◦ g(x , . . . , x ) se n < i ≤ n,  i

i

1

i

n

per il teorema delle funzioni implicite, e` un diffeomorfismo di classe C k tra due intorni di 0 in Rm , le funzioni    per 1 ≤ i ≤ n, zi = fi (y(q))  z = x (q) − f (g(x0 (q))) per n < i ≤ m,  i

i

i

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

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definite in un intorno aperto di p in M, definiscono una carta locale di classe C k che verifica le condizioni (i) ed (ii).  Definizione 3.17. Una sottovariet`a differenziabile N di M si dice10 propria se e` un chiuso di M, si dice localmente chiusa se e` un sottospazio localmente chiuso di M. Chiaramente sottovariet`a propria =⇒ sottovariet`a localmente chiusa =⇒ sottovariet`a. 11. Diffeomorfismi Definizione 3.18. Un diffeomorfismo tra due variet`a differenziabili M, N e` un’applicazione bigettiva f : M → N tale che sia f che la sua inversa f −1 siano differenziabili. Osserviamo che l’insieme Diff(M) dei diffeomorfismi di una variet`a differenziabile M in s´e e` un gruppo rispetto al prodotto di composizione. Dimostriamo innanzi tutto il seguente: Lemma 3.28. Siano p, q ∈ Rn . Fissato un numero reale R > max{|p|, |q|}, possiamo trovare un diffeomorfismo f : Rn → Rn tale che:     f (x) = x per |x| > R (11.1)    f (p) = q. Dimostrazione. Sia v = (v1 , . . . , vn ) = q − p ∈ Rn e indichiamo con ~v il corrispondente campo di vettori a coefficienti costanti: n X ∂ ~v = (11.2) vi i . ∂x i=1 Esso definisce il gruppo a un parametro di diffeomorfismi di Rn delle traslazioni parallele a v: τv (t)(x) = x + tv. Fissiamo due numeri reali r1 , r2 con max{|p|, |q|} < r1 < r2 < R ed una funzione χ ∈ C0∞ (Rn ), con    χ(x) = 1 se |x| ≤ r1 ,     0 < χ(x) < 1 se r1 < |x| < r2 ,      χ(x) = 0 se |x| ≥ r2 e consideriamo il campo di vettori: ∂ . i=1 ∂xi Per il Teorema 2.10 del Capitolo 2, esso definisce un gruppo a un parametro di diffeomorfismi: Xn

(11.3)

X = χ(x)~v = χ(x)

(11.4)

R × Rn 3 (t, x) → φt (x) ∈ Rn

10In inglese neat.

vi

` DI STIEFEL REALI 12. VARIETA

63

con: (11.5)

 ∂φ (x)  t   = χ(φt (x))~v  ∂t    φ (x) = x 0

∀(t, x) ∈ R × Rn ∀x ∈ Rn .

Abbiamo φt (x) = x per ogni t ∈ R se |x| ≥ r2 e φ1 (p) = p + v = q.



Dimostriamo ora: Teorema 3.29. Se M e` una variet`a differenziabile connessa, allora il gruppo Diff(M) dei diffeomorfismi di M opera transitivamente su M. Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che, per ogni coppia di punti p, q ∈ M, esiste un diffeomorfismo φ ∈ Diff(M) che trasforma il punto p nel punto q. Fissiamo p ∈ M ed indichiamo con N l’insieme dei punti q di M per cui esiste un diffeomorfismo di M che trasforma p in q. N e` aperto. Sia q = γ(p) ∈ N, con γ ∈ Diff(M) e sia (U, x) una carta coordinata con centro in q ed x(U) = Rm . Se q0 ∈ U ed R un numero reale con 0 ≤ |x(q0 )| < R, per il Lemma 3.28 possiamo trovare un diffeomorfismo F : Rm → Rm tale che F(0) = x(q0 ) ed F(x) = x per |x| > R. Definiamo φ ∈ Diff(M) ponendo:    se y < U y φ(y) =   −1  x ◦ F(x(y)) se y ∈ U. Questa formula definisce un diffeomorfismo di M che trasforma q in q0 . Allora φ ◦ γ ∈ Diff(M) e trasforma p in q0 . Quindi U ⊂ N e questo dimostra che N e` aperto. N e` chiuso. Sia q un punto della chiusura di N. Scegliamo una carta coordinata (U, x) con centro in q come nella prima parte della dimostrazione. Se q0 ∈ U ∩ N, costruiamo F e φ come nella prima parte della dimostrazione. Poich´e q0 ∈ N, possiamo trovare γ0 ∈ Diff(M) con γ0 (p) = q0 . Allora φ−1 ◦ γ0 ∈ Diff(M) e φ−1 ◦ γ0 (p) = q. Ci`o dimostra che N e` anche chiuso. Poich´e N e` sia aperto che chiuso ed M e` connesso, ed inoltre p ∈ N , ∅, ne segue che N = M. La dimostrazione e` completa.  12. Variet`a di Stiefel reali Definizione 3.19. La variet`a di Stiefel reale Vn,m (R) e` l’insieme degli m-riferimenti ortogonali di Rn . I suoi punti sono cio`e le m-uple ~v = (v1 , . . . , vm ) di vettori ortonormali di Rn . Identificando ~v = (v1 , . . . , vn ) alla matrice n × m con colonne v1 , . . . , vm otteniamo un’immersione naturale di Vn,m (R) nello spazio Euclideo Rnm . Consideriamo su Vn,m (R) la topologia di sottospazio. La variet`a di Stiefel Vn,1 (R) e` la sfera (n − 1)-dimensionale S n−1 ⊂ Rn ; e` poi Vn,n−1 (R) ' SO(n), Vn,n (R) ' O(n). Le variet`a di Stiefel reali generalizzano quindi, allo stesso tempo, le sfere, i gruppi ortogonali ed i gruppi speciali ortogonali.

64

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

Proposizione 3.30. La variet`a di Stiefel Vn,m (R) e` una variet`a analitica compatta di dimensione m(2n−m−1) . 2 Dimostrazione. Poich´e Vn,m (R) = {A ∈ M(n × m, R) | A∗ A = Im }, ed abbiamo l’inclusione naturale nm Vn,m (R) ⊂ S| n−1 × {z · · · × S n−1 }⊂R , m volte

Rnm

e` compatto perch´e chiuso e limitato. il sottospazio Vn,m (R) di Descriviamo ora un atlante di carte locali di Vn,m (R). Sia ~ = (1 , . . . , n ) una base ortonormale di Rn . Indichiamo con U~ l’aperto di Vn,m (R) formato dalle (v1 , . . . , vm ) tali che   (v1 |1 ) (v2 |1 ) · · · (v j |1 ) (v | ) (v | ) · · · (v | ) 2 2 j 2   1 2  det  .. .. ..  > 0 per 1 ≤ j ≤ m. ..  . . . .    (v1 | j ) (v2 | j ) · · · (v j | j ) Indichiamo con Bk la palla unitaria aperta di Rk . Possiamo definire allora un omeomorfismo x~ : Uvec −→ Bn−1 × Bn−2 × · · · × Bn−m con (v1 , . . . , vm ) −→ (πn−1 (v1 ), πn−2 (v2 ), . . . , πn−m (vm )), X ove πn− j (v j ) = v j − (v j |i )i ∈ h j+1 , . . . , n i ' Rn− j . 1≤i≤ j

Le componenti dei vettori πn− j (v j ) nelle basi  j+1 , . . . , n definiscono un sistema di coordinate in U1 ,...,n . Infatti, assegnati    (x1,2 , . . . , x1,n ) ∈ Bn−1       (x2,3 , . . . , x3,n ) ∈ Bn−2    ...      (xm,m+1 , . . . , xm,n ) ∈ Bn−m risultano univocamente determinati numeri reali xi, j , per interi i, j con 1 ≤ i ≤ j ≤ m tali che   n n  X X x1, j  j , . . . , xm, j  j  ∈ U1 ,...,n ⊂ Vn,m (R). (v1 , . . . , vm ) =  j=1

j=1

Gli xi, j con 1 ≤ i < j ≤ n definiscono quindi una carta locale con centro in ~. In particolare m X m(m + 1) dimR Vn,m (R) = (n − h) = nm − . 2 h=1 

` DI STIEFEL REALI 12. VARIETA

65

Il gruppo speciale ortogonale SO(n) opera transitivamente sulle variet`a di Stiefel Vn,m (R) per ogni 1 ≤ m ≤ n − 1. Lo stabilizzatore di un punto e` isomorfo al gruppo SO(n − m). Quindi: Proposizione 3.31. La variet`a di Stiefel Vn,m (R) e` connessa per archi ed e` omeomorfa allo spazio omogeneo SO(n)/SO(n−m) . Abbiamo la successione esatta di omotopia (dove per semplicit`a omettiamo di indicare il punto base) · · · −−−−−−→ πh (SO(n − m)) −−−−−−→ πh (SO(n)) −−−−−−→ πh (Vn,m (R)) (12.1)

−−−−−−→ πh−1 (SO(n − m)) −−−−−−→

···

· · · −−−−−−→ π1 (SO(n − m)) −−−−−−→ π1 (SO(n)) −−−−−−→ π1 (Vn,m (R)) −−−−−−→

0.

Siano k, m, n interi con 1 ≤ k < m < n. L’applicazione (12.2)

Vn,m (R) 3 (v1 , . . . , vm ) → (v1 , . . . , vk ) ∈ Vn,k (R)

e` una fibrazione localmente banale con fibra tipica Vn−k,m−k (R). Otteniamo quindi una successione esatta in omotopia11 ··· (12.3)

−−−−−−→ πh+1 (Vn,k (R))

−−−−−−→ πh (Vn−k,m−k (R)) −−−−−−→ πh (Vn,m (R)) −−−−−−→ πh (Vn,k (R)) −−−−−−→ πh−1 (Vn,k (R)) −−−−−−→

···

Otteniamo perci`o la Proposizione 3.32. Se 1 ≤ m < n, la variet`a di Stiefel reale Vn,m (R), e` (n−m−1)connessa e    Z se n − m e` pari, o m = 1, (12.4) πn−m (Vn,m (R)) =   Z2 se n − m e` dispari ed m ≥ 2. Dimostrazione. Ragioniamo per ricorrenza su m ≥ 1. Poich´e, come abbiamo osservato in precedenza, Vn,1 (R) = S n−1 , la tesi e` vera se m = 1. Supponiamo allora che m > 1 e che la tesi sia vera per le variet`a di Stiefel reali Vn,k (R) con 1 ≤ k < m. Consideriamo la successione esatta (12.3) con k = m − 1. Se h < n − m, allora πh (Vn−m+1,1 (R)) = πh (S n−m ) = 0, e πh (Vn,m−1 (R)) = 0 per l’ipotesi induttiva. Quindi anche πh (Vn,m (R)) = 0. Dimostriamo ora la (12.4). Sappiamo che essa vale per m = 1. Esaminiamo a parte il caso m = 2. Per m = 2, k = 1 ed h = n − 2, la (12.3) d`a: (12.5)

∆∗

Z = πn−1 (S n−1 ) −−−−−−→ Z = πn−2 (S n−2 ) −−−−−−→ πn−2 (Vn,2 ) −−−−−−→ 0.

11Per semplicit`a in questa, e nelle altre successioni esatte in questo paragrafo ometteremo di

indicare il punto base.

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

66

Per calcolare l’applicazione ∆∗ in (12.5), consideriamo il diagramma commutativo di fibrazioni SO(n − 1) −−−−−→ SO(n) −−−−−→ S n−1

       

  y y Vn−1,1 (R) −−−−−→ Vn,2 (R) −−−−−→ S n−1 . Otteniamo allora un diagramma commutativo ∆∗

(12.6)

πn−1 (S n−1 ) −−−−−→ πn−2 (SO(n − 1)) −−−−−→ πn−2 (SO(n))

       

p   ∗ y y ∆∗

πn−1 (S n−1 ) −−−−−→ πn−2 (Vn−1,1 (R)) −−−−−→ πn−2 (Vn,2 (R)). Prima di procedere nella dimostrazione della proposizione, premettiamo alcuni risultati relativi al gruppo ortogonale. Lemma 3.33. Consideriamo l’applicazione Ψ : S n × S n → S n definita da (12.7)

S n × S n 3 (x, y) → Ψ(x, y) = y − 2(x|y)x ∈ S n .

Per ogni x ∈ S n , la S n 3 y → F(x, y) ∈ S n ha grado (−1). Per ogni y ∈ S n , la S n 3 x → F(x, y) ∈ S n ha grado 1 − (−1)n , cio`e 2 se n e` dispari e 0 se n e` pari. Dimostrazione. Sia e0 , e1 , . . . , en la base canonica di Rn+1 . Fissato x = e1 , la y → F(e1 , y) e` la sospensione della S 1 3 (x0 , x1 ) → (x0 , −x1 ) ∈ S 1 , che possiamo anche scrivere, mediante l’inclusione S 1 ⊂ C, come S 1 3 z → z¯ = z−1 ∈ S 1 . Quindi la y → F(e1 , y) ha grado (−1) e perci`o tutte le y → f x (y) = F(x, y) hanno grado (−1). Per dimostrare che le x → ψy (x) = F(x, y) hanno grado 1 − (−1)n , poich´e S n e` connesso per archi, possiamo limitarci a considerare il caso speciale in cui y = −en . Scriviamo per semplicit`a ψ = ψ−en . Consideriamo quindi l’applicazione S n 3 x = (xn , . . . , xn ) → ψ(x) = (2xn x0 , . . . , 2xn xn−1 , 2xn2 − 1) = (2xn ) · x − en ∈ S n .

Abbiamo ψ(x) = ψ(−x). Quindi, se a : S n 3 x → −x ∈ S n e` l’applicazione antipodale, ψ = ψ ◦ a. Quindi, poich´e il grado della mappa antipodale e` (−1)n+1 , da deg(ψ) = deg(ψ ◦ a) = deg(ψ) · (−1)n+1 otteniamo che deg(ψ) = 0 se n e` pari. Consideriamo ora il caso in cui n sia dispari. Osserviamo che ψ(S n−1 ) = {−e0 }. Possiamo quindi definire due applicazioni       ψ(x) se x ∈ S +n , −e0 se x ∈ S +n , ψ+ (x)  , ψ (x)  − −e ψ(x) se x ∈ S n .   se x ∈ S n , 0





` DI GRASSMANN 13. VARIETA

67

L’elemento definito da ψ in πn (S n , e0 ) e` la somma delle classi di omotopia di ψ+ e ψ− . Poich´e ψ− = ψ+ ◦ a, abbiamo deg(ψ− ) = deg(ψ+ ), perch´e la mappa antipodale ha grado 1. Quindi deg(ψ) = 2 deg deg(ψ+ ). Osserviamo ora che ψ+ (x) , −x per ogni x ∈ S n . Quindi (1 − t)ψ+ (x) + t x S n × I 3 (x, t) → Ψ+ (x, t) = ∈ Sn |(1 − t)ψ+ (x) + t x| e` un’omotopia di ψ+ con l’identit`a. Ci`o dimostra che ψ+ ha grado 1, e quindi ψ ha grado 2.  La matrice della simmetria σ x rispetto al vettore x = (x0 , . . . , xn ) ∈ S n e` la   1 − 2x02 −2x0 x1 . . . −2x0 xn  −2x x 1 − 2x2 . . . −2x x  1 n 0 1  1  σ x =  .. .. ..  . . .  . . . .    −2x0 xn −2x1 xn . . . 1 − 2xn2 Il determinante di σ x e` (−1). Definiamo φn : S n → SO(n + 1) mediante φn : S n−1 3 x → σ x ◦ σe0 . La restrizione di φn alla semisfera superiore S +n+1 = S n ∩ {xn ≥ 0} trasforma la coppia (S +n , S n−1 ) nella coppia (SO(n + 1), (SO(n)). Consideriamo l’applicazione p : SO(n + 1) 3 g → g(en ) ∈ S n . Abbiamo p(φ(x)) = φ(x)(en ) = σ x ◦ σe0 (en ) = σ x (e0 ) = −ψ+ (x)

∀x ∈ S +n .

Possiamo quindi considerare l’estensione di p ◦ φ che si ottiene mandando tutta la semisfera S −n nel punto en . L’applicazione che si ottiene e` la a ◦ ψ+ , ed ha quindi, poich´e ψ+ ha grado 1, grado uguale a (−1)n+1 . Osserviamo infine che la restrizione di φn all’equatore e` la φn−1 . Questa applicazione ci permette di descrivere, nella successione esatta ∆∗

ι∗

Z = πn (S n ) −−−−−→ πn−1 (SO(n)) −−−−−→ πn−1 (SO(n + 1)) −−−−−→ 0 il nucleo della ι∗ . Abbiamo infatti Proposizione 3.34. Il nucleo di ι∗ e` il sottogruppo ciclico generato da α = ∆∗ (idS n ). L’applicazione φn−1 : S n−1 → SO(n) rappresenta l’elemento (−1)n+1 α. Utilizziamo ora il diagramma commutativo (12.6). Poich´e l’immagine p∗ ◦ ∆∗ della classe di idS n−1 e` 0 o 2[idS n−2 ] a seconda che n sia dispari o pari, otteniamo la (12.4).  13. Variet`a di Grassmann Indichiamo con Gn,m (R) l’insieme dei sottospazi vettoriali di dimensione m di Rn . Sia M(n × m, R) ' Rnm lo spazio vettoriale delle matrici reali n × m, ed indichiamo con M(n × m, m, R) l’aperto delle matrici di rango m di M(n × m, R). Abbiamo una bigezione di Gn,m (R) sul quoziente M(n × m, m, R)/ ∼,

ove

X ∼ Y ⇔ ∃a ∈ GL(m, R) tale che X = Ya.

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

68

Questo ci permette di defnire la topologia di Gn,m (R). Proposizione 3.35. Il quoziente Gn,m (R) e` uno spazio topologico di Hausdorff, connesso e compatto. Dimostrazione. Per verificare che Gn,m (R) e` connessa e compatta, basta osservare che il gruppo speciale ortogonale SO(n) opera transitivamente su Gn,m (R). Lo stabilizzatore di un punto e` isomorfo al gruppo S(O(m) × O(n − m)) e quindi Gn,m (R) e` di Hausforff.  Lemma 3.36. Sia B ' GL(n, R) l’insieme delle basi di Rn . n m Se ~ = (P 1 , . . . , n ) ∈ B, indichiamo con π~ : R → R la proiezione che n i 1 m m associa a v = i=1 v i l’elemento (v , . . . , v ) ∈ R . L’insieme U~ = {p ∈ Gn,m (R) | π~ (p) = Rm } e` aperto in Gn,m (R) e l’applicazione φ~ : M(m × (n−m), R) −→ U~ che associa alla matrice (xi, j ) 1≤i≤m, l’m-piano m< j≤n

Xn

1 +

j=m+1

x1, j  j , . . . , m +

Xn j=m+1

xm, j  j



e` un omeomorfismo di M(m × (n−m), R) su U~ . Abbiamo perci`o Proposizione 3.37. Il quoziente Gn,m (R) e` una variet`a topologica connessa e compatta di dimensione m(n−m). Proposizione 3.38. Se ~ ∈ B, indichiamo con x~ : U~ → M(m × (n − m), R) l’inversa di φ~ . La famiglia A = {U~ , x~ }~∈B e` un atlante analitico di Gn,m (R), in cui le funzioni di transizione sono razionali. Definizione 3.20. Gn,m (R), con la struttura di variet`a analitica reale definita dall’atlante {U~ , x~ }, si dice la variet`a di Grassmann degli m-piani di Rn . Osserviamo che per Gn,1 ' RPn−1 e quindi le variet`a di Grassmann reali costituiscono una classe di variet`a che comprende gli spazi proiettivi reali. Osservazione 3.39. Otteniamo un atlante di Gn,m (R) facendo variare ~ tra gli elementi della forma (ei1 , . . . , ein ) con 1 ≤ i1 < · ·· im ≤ n, 1 ≤ im+1 < · · · < in ≤ n, ottenendo cos`ı un atlante di cardinalit`a finita mn . Proposizione 3.40. Fissato un prodotto scalare su Rn , l’applicazione (13.1)

Gn,m (R) 3 p → p⊥ ∈ Gn,n−m (R)

che associa ad ogni m-piano p l’(n−m)-piano ad esso ortogonale e` un diffeomorfismo.12 12Per m = 1, l’applicazione e` una polarit`a proiettiva rispetto ad una quadrica senza punti reali.

` DI GRASSMANN 13. VARIETA

69

Nello studio dell’omotopia delle variet`a di Grassmann potremo quindi supporre nel seguito che n ≥ 2m. Consideriamo l’applicazione naturale (13.2)

Vn,m (R) → Gn,m (R)

che associa ad un sistema ~v ∈ Vn,m (R) di m vettori ortonormali il sottospazio p ∈ Gn,m (R) da essi generato. La (13.2) e` una fibrazione localmente banale con fibra omeomorfa al gruppo O(m). Abbiamo quindi la successione esatta: ··· (13.3)

−−−−−→ πh+1 (Gn,m (R))

−−−−−→ πh (O(m)) −−−−−→ πh (Vn,m (R)) −−−−−→ πh (Gn,m (R)) −−−−−→ πh−1 (O(m)) −−−−−→

···

Lemma 3.41. Per ogni intero non negativo h ed ogni coppia d’interi positivi m, k, con m ≤ k, le applicazioni ι∗ : πh (O(m)) → πh (Vk+m,m (R)) hanno immagine nulla. Dimostrazione. Rappresentiamo Vk+m,m (R) come lo spazio delle matrici reali M di tipo (k+m)×m tali che tM M = Im . Allora l’inclusione ι : O(m) ,→ Vk+m,m (R) identifica O(m) al sottospazio delle matrici ! g con g ∈ O(m). Mg = 0 L’omotopia F : O(m) × I → Vn,m (R) definita da   g cos2 (tπ/2) + Im sin2 (tπ/2)   F(g, t) =  (g − Im ) sin(tπ/2) cos(tπ/2)    0n−2m,m definisce una retrazione di deformazione di O(m) sul punto base di Vn,m (R). Da questo segue la tesi.  In particolare, dalla successione esatta di Serre otteniamo le successioni esatte corte: (13.4)

0 → πh (Vn,m (R)) −−−−−−→ πh (Gn,m (R)) −−−−−−→ πh−1 (O(m)) → 0.

Abbiamo perci`o, tenuto conto dell’omeomorfismo (13.1), Teorema 3.42. Siano 1 ≤ m < n e ν = min{n, n−m}. Per ogni h ≥ 1 abbiamo (13.5)

πh (Gn,m (R)) = πh (Vn,ν (R)) ⊕ πh−1 (O(ν)).

In particolare, poich´e Vn,m (R) e` semplicemente connesso per n−m > 1, otteniamo che (13.6)

π1 (Gn,m (R)) = Z2

∀n ≥ 3

e

1≤m n, abbiamo un’inclusione naturale Gn,m (R) ,→ Gn0 ,m (R).

(13.8)

Proposizione 3.43. L’applicazione πh (Gn,m (R)) → πh (Gn0 ,m (R)) indotta dalla (13.8) e` un isomorfismo per ogni h < min{m, n−m} ed ogni n0 > n. Dimostrazione. Infatti, se h < n−m, e consideriamo la partizione cellulare di Gn0 ,m (R) data dalle celle di Schubert, lo scheletro h + 1-dimensionale di Gn0 ,m (R) e` contenuto in Gn,m (R).  14. Variet`a di Stiefel e di Grassmann complesse In modo analogo definiamo le variet`a di Stiefel e di Grassmann complesse. Definizione 3.21. La variet`a di Stielfel complessa Vn,m (C) e` costituita dalle m-uple di vettori ortonormali di Cn . Possiamo identificare Vn,m (C) all’iniseme delle matrici complesse Z, di tipo n × m, che soddisfano Z ∗ Z = Im . Abbiamo: Proposizione 3.44. Per ogni 0 ≤ m ≤ n, la variet`a di Stiefel Vn,m (C) e` una variet`a analitica di Hausdorff, di dimensione reale m(2n − m), compatta e connessa per archi. Essa e` omeomorfa allo spazio omogeneo SU(n)/SU(n−m) . Dimostrazione. Vn,m (C) e` uno spazio topologico di Hausdorff compatto perch´e e` un sottoinsieme chiuso e limitato di Cnm . Possiamo definire la sua struttura differenziale descrivendo una carta locale con centro in un punto ~v = (v1 , . . . , vm ). Completiamo v1 , . . . , vm ad una base ortonormale (v1 , . . . , vm ) di Cn . Assegnamo numeri complessi zh, j per 1 ≤ j < h ≤ n e numeri reali y j per j = 1, . . . , m, tali P che y2j + nh= j+1 |zh, j |2 < 1 per ogni j = 1, . . . , m. Risulteranno allora univocamente determinati numeri complessi zh, j , per 1 ≤ h ≤ j ≤ m tali che Im(z j, j ) = y j , Re(z j, j ) > 0 e detta Z la matrice Z = (zh, j ) 1≤h≤n , sia Z ∗ Z = Im . I numeri reali y j e 1≤ j≤m

le parti reali e immaginarie degli zh, j con 1 ≤ j < h ≤ n sono le coordinate di una carta locale con centro in ~v. La dimensione della variet`a e` quindi m X

[2(n − j) + 1] = m(2n + 1) − m(m + 1) = 2nm − m2 = m(2n − m).

j=1

Chiaramente il gruppo speciale unitario SU(n) opera transitivamente su Vn,m (C), con isotropia SU(n − m). Quindi Vn,m (C) e` omeomorfo al quoziente SU(n)/SU(n−m) e perci`o compatto e connesso per archi.  Proposizione 3.45. La variet`a di Stiefel complessa Vn,m (C) e` (2n − 2m)-connessa e π2n−2m+1 (Vn,m (C)) = Z. Dimostrazione. Fissato un intero k con 1 ≤ k < m, l’applicazione (14.1)

Vn,m (C) 3 (v1 , . . . , vm ) → (v1 , . . . , vk ) ∈ Vn,k (C).

` DI STIEFEL E DI GRASSMANN COMPLESSE 14. VARIETA

71

e` una fibrazione localmente banale con fibra tipica Vn−k,m−k (C). Otteniamo quindi una successione esatta ··· (14.2)

−−−−−−→ πh+1 (Vn,k (C))

−−−−−−→ πh (Vn−k,m−k (C)) −−−−−−→ πh (Vn,m (C)) −−−−−−→ πh (Vn,k (C)) −−−−−−→ πh−1 (Vn−k,m−k (C)) −−−−−−→

···

Ragioniamo per ricorrenza su m ≥ 1. Per m = 1, Vn,1 (C) = S 2n−1 , e sappiamo che la sfera di dimensione (2n − 1) e` (2n − 2)-connessa. Supponiamo ora che m > 1 e che, per ogni r con 1 ≤ r < m la variet`a di Stiefel complessa Vn,r (C) sia (2n − 2r)connessa. Utilizziamo la successione esatta (14.2) con k = 1. Poich´e per l’ipotesi induttiva Vn−1,m−1 (C) e` (2n − 2m)-connesso e Vn,1 (C) = S2n−1 e` (2n − 2)-connesso, otteniamo che πh (Vn,m (C) e` (2n − 2)-connesso. Utilizziamo ancora la successione esatta (14.2) con k = (m−1) ed h = 2n−2m. Poich´e Vn,m−1 (C) e` (2n − 2m + 2)-connessa, otteniamo l’isomorfismo π2n−2m+1 (Vn,m (C)) ' π2n−2m+1 (Vn−m+1,1 (C)) = π2n−2m+1 (S 2n−2m−1 ) = Z.  L’applicazione (14.3)

Vn,m (C) 3 (v1 , . . . , vm ) → hv1 , . . . , vm i ∈ Gn,m (C)

e` una fibrazione localmente banale con fibra tipica U(m). Otteniamo quindi una successione esatta d’omotopia ··· (14.4)

−−−−−→ πh+1 (Gn,m (C))

−−−−−→ πh (U(m)) −−−−−→ πh (Vn,m (C)) −−−−−→ πh (Gn,m (C))

−−−−−→ πh−1 (U(m)) −−−−−→ πh−1 (Vn,m (C)) −−−−−→ ··· Con una dimostrazione analoga a quella del Lemma 3.41 otteniamo Lemma 3.46. Se 1 ≤ m < 2m ≤ n, allora l’applicazione πh (U(m)) → πh (Vn,m (C)) in (14.4) ha immagine nulla. Questo di d`a, per ogni intero h ≥ 1 e per 1 ≤ m < 2m ≤ n, le successioni esatte corte (14.5)

0 → πh (Vn,m (C)) −−−−−→ πh (Gn,m (C)) −−−−−→ πh−1 (U(m)) → 0.

Otteniamo perci`o il Teorema 3.47. Sia ν = min{m, n − m}. Allora, per ogni 1 ≤ m < n ed h ≥ 1 (14.6)

πh (Gn,m (C)) = πh (Vn,ν (C)) ⊕ πh−1 (U(ν)).

Dimostrazione. Se 2m ≤ n, la tesi segue dalla (14.5). Per completare la dimostrazione, e` sufficiente utilizzare l’omeomorfismo (14.7)

Gn,m (C) 3 p → p⊥ ∈ Gn,n−m (C),

dove p⊥ e` l’(n−m)-piano ortogonale a p, rispetto ad un prodotto scalare Hermitiano in Cn . 

72

` TOPOLOGICHE E VARIETA ` DIFFERENZIABILI 3. VARIETA

Otteniamo in particolare    se 1 ≤ h ≤ 2n − 2ν, πh−1 (U(ν)) (14.8) πh (Gn,m (C)) =  Z ⊕ π  2n−2ν (U(ν)) se h = 2n − 2ν, e quindi π1 (Gn,m (C)) = 0 e π2 (Gn,m (C)) = Z per ogni 1 ≤ m < n. 15. Altri esempi Esempio 3.13. Indichiamo con M(n, m; R) ' Rmn lo spazio vettoriale delle matrici reali m×n. Il sottoinsieme M = M(n, m, k; R) delle matrici di rango k ≤ min{m, n} e` una sottovariet`a analitica di M(n, m; R) di dimensione k(n + m − k). Sia infatti A0 una matrice in M. Fissiamo k colonne linearmente indipendenti di A0 . Possiamo supporre, per fissare le idee, che esse siano le prime k, e che il minore formato dalle prime k righe e k colonne abbia determinante diverso da zero. Consideriamo l’aperto U di M(n, m; R) che consiste di tutte le matrici A che hanno il determinante del minore delle prime k righe e delle prime k colonne diverso da zero. Allora M e` definito in U dalle equazioni    x1,1 . . . x1,k x1, j   . .. ..  ..  .. . . .  = 0, ∀k < j ≤ m, k < h ≤ n. ph, j (X) = det   xk,1 . . . xk,k xk, j    xh,1 . . . xh,k xh, j Poich´e per ogni coppia ( j, h) con k < j ≤ m,   x1,1 ∂ph, j (X)  = det  ...  ∂xh, j xk,1

k < h ≤ n abbiamo  . . . x1,k  ..  , 0, .. . .   . . . xk,k

questo dimostra che M e` una sottovariet`a analitica di Rmn di dimensione mn − (m − k)(n − k) = mk + nk − k2 = k(m + n − k). 16. Esistenza e unicit`a di strutture differenziali Sia M una variet`a topologica ed indichiamo con M 0 , M 00 due variet`a diffe0 00 renziabili di classi C k e C k rispettivamente, corrispondenti a due distinte strutture differenziali su M, definite da atlanti A 0 ed A 00 . Diremo che le due strutture differenziali sono equivalenti di classe C k se k ≤ min{k0 , k00 } ed esiste un diffeomorfismo f : M 0 → M 00 di classe C k . Ad esempio, le M 0 ed M 00 ottenute considerando sulla retta reale R le strutture ω C definite dagli atlanti A 0 = {(R, x)} ed A 00 = {(R, x3 )} sono C ω -equivalenti, perch´e f (x) = x3 e` un diffeomorfismo di M 0 su M 00 . Su ogni variet`a M di classe C 1 , per un teorema di Whitney13 si pu`o definire una struttura di classe C ω compatibile. Inoltre le strutture compatibili di classe C k , per ogni k ≥ 1, sono tutte tra loro equivalenti. 13Hassler Whitney Differentiable Manifolds, The Annals of Mathematics, Second Series, Vol.

37, No. 3 (Jul., 1936), pp. 645-680.

` DI STRUTTURE DIFFERENZIALI 16. ESISTENZA E UNICITA

73

E` stato dimostrato14 che esistono delle variet`a topologiche che non ammettono una struttura differenziale di classe C 1 . L’esempio di Kervaire e` una variet`a topologica di dimensione dieci. Le variet`a topologiche di dimensione due e tre ammettono una ed una sola struttura differenziale. Questo fatto e` stato dimostrato da Johann Radon per dimensione 1 e 2 e da Edwin E. Moise in dimensione 3. Per dimensioni superiori, si pone il problema di determinare le diverse strutture differenziali su una variet`a. Di solito la classificazione e` fatta per variet`a orientabili e diffeomorfismi che preservano l’orientazione. Per tutte le variet`a compatte di dimensione maggiore di quattro vi e` un numero finito di strutture differenziabili non equivalenti. Su Rn c’`e un’unica struttura differenziale se n , 4, mentre per n = 4 ve ne sono infinite15 (quelle diverse dalla struttura standard sono gli R4 esotici). Per avere un’idea del numero di differenti strutture su una variet`a compatta, riportiamo in una tabella il numero νn delle strutture differenziabili non equivalenti sulle sfere S n con n ≤ 18. Nella prima riga riportiamo il valore di n e nella seconda il corrispondente νn . 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 1 1 ? 1 1 28 2 8 6 992 1 3 2 16256 2 16 16 Quando ci siano pi`u di una struttura differenziale sulla sfera S n , le sfere con le strutture non equivalenti a quella standard si dicono sfere esotiche. Ci sono 27 sfere esotiche di dimensione sette, mentre non si conoscono sfere esotiche di dimensione inferiore. E` aperto il problema delle strutture differenziabili sulla sfera di dimensione quattro. Non si sa se vi siano sfere esotiche, e nemmeno se esse siano in numero finito o infinito. Il fatto che non ci siano sfere esotiche in dimensione quattro e` noto come la congettura di Poincar´e generalizzata. Utilizzando la teoria dell’ostruzione, Robion Kirby e Laurent Siebenmann16 hanno dimostrato che il numero di strutture differenziabili non equivalenti su una variet`a compatta di dimensione maggiore di quattro e` finito. John Milnor, Michel Kervaire e Morris Hirsch hanno dimostrato17 che tale numero e` lo stesso per tutte e coincide quindi col numero delle strutture differenziali sulle sfere. Quindi, se M e` una variet`a topologica di dimensione diversa da quattro, essa possiede al pi`u un numero finito di strutture differenziali non equivalenti. y

14Michel A. Kervaire, A manifold which does not admit any differentiable structure Comment.

Math. Helv. 34 (1960), pp. 257-270. 15cf. M.Kreck Exotische Strukturen auf 4-Mannigfaltigkeiten. [Exotic structures on 4manifolds] Jahresber. Deutsch. Math.-Verein. 88 (1986), no. 3, 124–145. I primi esempi sono di Robion Kirby e Michael Freedman. 16R.C. Kirby e L.C. Siebenmann, Foundational Essays on Topological Manifolds. Smoothings, and Triangulations. Princeton, New Jersey: Princeton University Press (1977). 17vedi: T.Asselmeyer-Maluga e C.H. Brans Exotic Smoothness in Physics. World Scientific Singapore, 2007.

CAPITOLO 4

Il lemma di Morse-Sard Il Lemma di Morse-Sard descrive alcune importanti propriet`a delle applicazioni differenziabili. Esso ha conseguenze importanti sia nella geometria che nella topologia differenziale. Ad esempio, utilizzando il Lemma di Sard, dimostreremo nel Capitolo 5 il teorema d’immersione di Whitney1, che ci dice che ogni variet`a differenziabile paracompatta di classe C ∞ e di dimensione m e` diffeomorfa ad una sottovariet`a, che e` anche un sottospazio topologico chiuso, di R2m+1 . Tra i diversi argomenti di cui il Lemma di Sard costituisce un’indispensabile premessa, citiamo la trasversalit`a, la teoria delle singolarit`a, la teoria di Morse. Il Lemma fu dimostrato da Anthony P. Morse nel 1939 per funzioni a valori scalari e generalizzato da Arthur Sard al caso di funzioni a valori in una variet`a differenziabile di classe C ∞ nel 1942. In letteratura il risultato e` citato come Teorema di Sard, o Lemma di Sard, o Teorema di Morse-Sard. 1. Il caso degli spazi Euclidei 1.1. Applicazioni differenziabili Rm → Rn con m < n. Dimostriamo innanzi tutto il : Lemma 4.1. Siano m, n, due interi positivi con m < n ed f : A → Rn un’applicazione differenziabile di classe C 1 , definita su un aperto A di Rm . Allora f (A) e` di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla. Dimostrazione. Per ogni intero positivo N ed ogni α ∈ Zm indichiamo con Q(α, N) il cubo m-dimensionale di lato 1/N e centro nel punto α/N: Q(α, N) = {x ∈ Rm | |N xi − αi | ≤ 1/2 per i = 1, · · · , m}. La famiglia: Q(α, N) | α ∈ Zm , N ∈ N \ {0} e` numerabile e le sue sottofamiglie formate dai cubi di lato 1/N sono ricoprimenti chiusi localmente finiti (quadrettature) di Rm . L’insieme A e` l’unione numerabile S ν Qν della famiglia {Qν = Q(αν , Nν ) ⊂ A} dei cubi Q(α, N) in esso contenuti. Allora [ f (A) = f (Qν ) 

e` una rappresentazione di f (A) come unione numerabile di insiemi compatti. Baster`a dimostrare che ogni f (Qν ) ha parte interna vuota e misura di Lebesgue nulla. 1Hassler Whitney, Differentiable manifolds, Ann. of Math. (2) 37 (1936), no. 3, 645–680. 75

76

4. IL LEMMA DI MORSE-SARD

Fissiamo un indice ν. Le derivate parziali prime di f sono uniformemente limitate su Qν . Per il teorema della media, la f e` Lispchitziana su Qν . Abbiamo cio`e, per una costante Lν > 0, | f (x1 ) − f (x2 )| ≤ Lν |x1 − x2 |,

∀x1 , x2 ∈ Qν .

Quindi l’immagine f (E) di un sottoinsieme E di Qν di diametro δ ha diametro minore o uguale a Lν · δ. L’insieme f (Qν ) e` compatto e quindi misurabile secondo Lebesgue in Rn . Poich´e Qν e` unione di N m cubi m-dimensionali di lato 1/(N · Nν ) di Rm , la sua√immagine f (Qν ) e` contenuta in un’unione di N m cubi n-dimensionali di lato Lν m/(N · Nν ) di Rn . Per la subadditivit`a della misura, otteniamo √ Ln mn/2 m Lν m n (1.1) vol( f (Qν )) ≤ N = ν n N m−n , ∀N ∈ N. N ·Nν Nν Facendo tendere N all’infinito, otteniamo che f (Qν ) ha misura di Lebesgue nulla. Ne segue che f (A), essendo unione numerabile di sottoinsiemi misurabili di misura nulla e` misurabile ed ha misura di Lebesgue nulla in Rn . Per dimostrare che f (A) e` un sottoinsieme della prima categoria di Baire, basta verificare che ciascuno dei compatti f (Qν ) ha parte interna vuota. Questo segue dalla prima parte della dimostrazione, perch´e un compatto di Rn con parte interna non vuota ha misura di Lebesgue positiva. La dimostrazione e` completa.  1.2. Punti e valori regolari e critici. Ricordiamo le nozioni di punti e valori regolari e critici per applicazioni differenziabili negli spazi Euclidei. Definizione 4.1. Sia f : A −→ Rn un’applicazione differenziabile, di classe C k , con k ≥ 1, definita su un aperto A di Rm . Un punto x0 ∈ A si dice regolare se f e` una sommersione differenziabile in x0 , se cio`e d f (x0 ) : Rm → Rn e` surgettiva. Il punto x0 ∈ A si dice critico se l’applicazione R-lineare d f (x0 ) : Rm → Rn ha rango < n. Il corrispondente punto f (x0 ) ∈ Rn si dice valore critico di f . Indichiamo con C( f ) e CV( f ) rispettivamente l’insieme dei punti critici e dei valori critici di f . I punti di f (A) \ CV( f ) si dicono valori regolari di f . I punti critici di f sono cio`e tutti e soli i punti x ∈ A in cui f non e` una sommersione. Se y e` un valore regolare di f , allora f −1 (y) e` una sottovariet`a differenziabile di dimensione m − n di A, globalmente chiusa in A. Possiamo riformulare il teorema delle funzioni implicite utilizzando la nozione di punto critico : Teorema 4.2 (delle funzioni implicite). Sia f : A −→ Rn un’applicazione differenziabile di classe C k , con k ≥ 1, definita su un aperto A di Rm . Se x0 ∈ A e` un punto regolare, possiamo trovare un intorno aperto V di f (x0 ) in Rn , un intorno aperto W di 0 in Rm−n , un intorno U di x0 in A ed un diffeomorfismo di classe C k g : V × W −→ U

1. IL CASO DEGLI SPAZI EUCLIDEI

77

che non abbia punti critici in V × W e soddisfi l’identit`a f (g(y, z)) = y

∀(y, z) ∈ V × W.

In particolare, se m = n, la g e` un diffeomorfismo di classe C k di V su un aperto g(V) di A. In questo caso diciamo che la f definisce un sistema di coordinate di classe C k in g(V). Dal teorema delle funzioni implicite deduciamo immediatamente il seguente : Lemma 4.3. Sia A un aperto di Rn ed f : A −→ Rn un’applicazione differenziabile di classe C 1 . Se y e` un valore regolare di f , allora f −1 (y) e` un sottospazio discreto di A. Dimostrazione. Dal teorema delle funzioni implicite segue che ogni punto x di f −1 (y) ha un intorno aperto U tale che f −1 (y) ∩ U = {x} .  1.3. Il lemma di Morse-Sard. Teorema 4.4 (Lemma di Morse-Sard). Sia f : A → Rn un’applicazione differenziabile di classe C ∞ , definita su un aperto A di Rm . Allora CV( f ) e` di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla. Dimostrazione. L’enunciato del teorema e` banalmente vero quando n = 0, perch´e in questo caso l’insieme dei punti critici di f e` vuoto. Possiamo quindi supporre n > 0 ed il teorema vero per applicazioni di classe C ∞ a valori in Rn−1 . Se m < n, tutti i punti di A sono critici e dunque CV( f ) = f (A). In questo caso, la tesi e` conseguenza del Lemma 4.1. Consideriamo quindi, nel resto della dimostrazione, il caso in cui m, n ≥ 1, supponendo per ricorrenza che la tesi sia vera per applicazioni differenziabili di classe C ∞ definite su aperti di Rk con k < m. Posto C = C( f ), per ogni intero positivo k sia Ck il sottoinsieme di C in cui si annullano tutte le derivate parziali di f di ordine positivo minore o uguale di k: Ck = {x ∈ A | Dα f (x) = 0

se

0 < |α| ≤ k},

e poniamo C∞ =

\ k

Ck .

L’insieme C e` chiuso in A e, per ogni 0 < k ≤ ∞, i Ck sono sottoinsiemi chiusi di C e quindi di A. Dimostreremo separatamente che le immagini mediante f di C\C1 , di Ck \Ck+1 e di C∞ sono di prima categoria ed hanno misura di Lebesgue nulla in Rn . Poich´e ∞ [ CV( f ) = f (C \ C1 ) ∪ f (Ck \ Ck+1 ) ∪ f (C∞ ), k=1

da ci`o seguir`a che CV( f ) e` anch’esso di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla, perch´e unione numerabile d’insiemi di prima categoria con misura di Lebesgue nulla.

78

4. IL LEMMA DI MORSE-SARD

Sia x0 un punto di C \ C1 . Mostriamo che esso ammette un intorno compatto B in A tale che f (B ∩ C) abbia misura di Lebesgue nulla e non abbia quindi punti interni. Possiamo supporre, per semplicit`a, che siano ∂ f (0) , 0. x0 = 0, f (0) = 0, ∂x1 Mediante un cambiamento di coordinate di classe C ∞ in un intorno W di 0 in A, possiamo ricondurci al caso in cui la restrizione di f a W si possa scrivere nella forma2: f (x) = f (x1 , x2 , . . . , xm ) = (x1 , f 2 (x), . . . , f n (x)) = (x1 , g(x)), con g ∈ C ∞ (W, Rn−1 ). Lo Jacobiano di f si scrive in queste coordinate come      1 0  ∂f  ∂f ∂f  ∂g ∂g Jf = = =  , . . . ,   ∂(x1 , . . . , xm ) ∂xm ∂x1 ∂x1 ∂(x2 , . . . , xm ) e quindi i punti critici di f in W sono un sottoinsieme dell’insieme dei punti critici di g in W. Sia B un intorno compatto di 0 in W. Per l’ipotesi induttiva g(B∩CV(g)) e` un compatto di Rn−1 con parte interna vuota e misura di Lebesgue nulla. Poich´e g(B ∩ C(g)) ⊃ πn−1 ( f (B ∩ C( f ))), ove

πn−1 : Rn 3 (y1 , . . . , yn ) → (y2 , . . . , yn ) ∈ Rn−1 ,

e la proiezione πn−1 e` aperta, ne segue che anche il compatto f (B ∩ C( f )) e` privo di punti interni. Inoltre, f (B ∩ C( f )) e` contenuto in [−r, r] × g(B ∩ C(g)) per qualche r > 0. Quindi anche f (B ∩ C( f )) ha misura nulla per il teorema di Fubini. Ripetendo questo ragionamento per i diversi punti di C \ C1 , dimostriamo che e` possibile ricoprire C \ C1 con una famiglia numerabile di compatti {B` } tali che f (C ∩ B` ) sia privo di punti interni e di misura di Lebesgue nulla. Dunque [ f (C \ C1 ) = f (C ∩ B` ) `

e` di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla in Rn . Siano ora k ≥ 1 ed x0 ∈ Ck \ Ck+1 . Per semplicit`a, possiamo supporre che x0 = 0, f (x0 ) = 0. Indichiamo con ϕ una derivata parziale di f di ordine k, per cui sia dϕ(0) , 0. A meno di restringerci ad un intorno aperto W di 0 ∈ Rm , e di cambiare le coordinate in W ed in Rn , possiamo supporre che ϕ(x) = x1 . Allora Ck ∩ W e` contenuto in {x1 = 0} e quindi f (Ck ∩ W) e` contenuto nell’insieme dei valori critici dell’applicazione g(x2 , ..., xm ) = f (0, x2 , ..., xm ), definita e di classe C ∞ in un intorno W 0 di 0 in Rm−1 . L’insieme f (Ck ∩W 0 ) e` allora di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla per l’ipotesi induttiva su m. Ricopriamo Ck \ Ck+1 con una famiglia numerabile di tali intorni W e dimostriamo cos`ı che f (Ck \ Ck+1 ) e` di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla 2Se, ad esempio, risulta ∂ f 1 /∂x1 , 0, risolvendo l’equazione implicita x1 = f 1 (t1 , . . . , tm ) in un intorno di 0, troviamo una funzione t1 = h(x1 , t2 , . . . , tm ) ed allora x1 = f 1 , x2 = t2 , . . . , xm = tm sono nuove coordinate in un intorno di 0 in cui la f ha la forma desiderata.

1. IL CASO DEGLI SPAZI EUCLIDEI

79

perch´e unione numerabile di insiemi di prima categoria con misura di Lebesgue nulla. Dimostriamo ora che f (C∞ ) e` di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla in Rn . Fissiamo un cubo Q, di lato r > 0, contenuto in A e sia {Qi,N }1≤i≤N m una sua suddivisione in N m cubi di lato r/N. Per ogni N sia IN l’insieme degli indici i per cui Qi,N ∩ C∞ , ∅. Fissiamo un intero positivo ` con n(` + 1) > m. Poich´e tutte le derivate parziali di f si annullano identicamente su C∞ , per ogni intero positivo ` possiamo trovare3 un intorno aperto U` di Q ∩ C∞ in A tale che : (1.2)

|∇ f (x)| ≤ dist(x, Q ∩ C∞ )` ,

∀x ∈ U` .

Poich´e dist(Q ∩ C∞ , {U` ) = δ > 0, Qi,N ⊂ U` ,

∀N > r/δ, i ∈ IN ,

e perci`o otteniamo che √ |∇ f (x)| ≤ (r m/N)` ,

se

N > r/δ,

Da questa diseguaglianza ricaviamo che √ diam( f (Qi,N )) ≤ (r m/N)`+1

se

ed

x∈

[ i∈IN

Qi,N .

N > r/δ, i ∈ IN .

Quindi, se ωn e` il volume della palla unitaria di Rn , abbiamo, per ogni N > r/δ, X √ vol( f (K ∩ C∞ ) ≤ vol( f (Qi,N )) ≤ N m ωn (r m/N)n(`+1) . i∈IN

Poich´e n(` + 1) > m, il secondo membro di questa diseguaglianza tende a 0 per N → ∞. Quindi vol( f (Q ∩ C∞ )) = 0 e perci`o f (Q ∩ C∞ ) e` un chiuso con parte interna vuota. Poich´e C∞ e` unione numerabile di compatti Q ∩ C∞ , con Q cubo chiuso in A, l’insieme f (C∞ ) e` di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla, perch´e unione numerabile di insiemi di prima categoria con misura di Lebesgue nulla. La dimostrazione e` completa.  Osservazione 4.5. Dalla dimostrazione si pu`o osservare come it teorema rimanga valido sotto l’ipotesi pi`u debole che f sia di classe C k con kn > m. 3Se ψ ∈ C k+1 ((−a, a), R) si annulla in 0 con tutte le sue derivate fino all’ordine k, allora

ψ(x) =

1 k!

Z

x

(x − t)k ψ(k+1) (t)dt,

∀x ∈ (−a, a).

0

In particolare, se |ψ(k+1) (x)| ≤ L per |x| ≤ b < a, abbiamo |ψ(x)| ≤ L|x|k ,

∀x ∈ (−b, b).

Otteniamo la diseguaglianza (1.2) applicandola alla restrizione di ciascuna defivata parziale prima di f ai segmenti uscenti da un punto di C∞ .

80

4. IL LEMMA DI MORSE-SARD

2. Il teorema di Sard per variet`a differenziabili Siano M, N variet`a differenziabili di classe C k , con k ≥ 1, di dimensioni m, n rispettivamente, ed f ∈ C k (M, N) un’applicazione differenziabile di classe C k . Un punto p che sia critico per la rappresentazione di f in un sistema di coordinate locali in p ed in f (p), lo e` anche per la sua rappresentazione rispetto a qualsiasi altro sistema di coordinate locali. Possiamo quindi definire senza ambiguit`a l’insieme C( f ) dei punti critici di f in M e l’insieme CV( f ) dei valori critici di f in N. Definizione 4.2. Diciamo che un punto p ∈ M e` un punto critico (rispettivamente punto regolare) di un’applicazione differenziabile f : M → N, di classe C k , con k ≥ 1, se, rispetto a coordinate locali x in un intorno U di p in M ed y in un intorno V di f (U) in N, il punto x(p) e` critico (rispettivamente regolare) per la y ◦ f ◦ x−1 : x(U) ⊂ Rm → y(V) ⊂ Rn . L’insieme dei valori regolari di f e` il complementare in f (M) dell’insieme CV( f ) dei valori critici. Se q ∈ f (M) ⊂ N e` un valore regolare, allora f −1 (q) e` una sottovariet`a (globalmente) chiusa di M, differenziabile di classe C k , di dimensione m − n. Usando atlanti formati da un insieme al pi`u numerabile di elementi otteniamo immediatamente: Lemma 4.6. Sia f : M → N un’applicazione differenziabile di classe C 1 tra due variet`a differenziabili di classe C k , con k ≥ 1, di dimensioni m ed n, rispettivamente. Se m < n, allora f (M) e` un sottoinsieme di prima categoria di N. Teorema 4.7 (Lemma di Sard). Siano M ed N variet`a differenziabili di classe C ∞ . Allora, per ogni applicazione f : M → N di classe C ∞ , CV( f ) e` un insieme di prima categoria in N. Osservazione 4.8. Possiamo introdurre sulla variet`a differenziabile N una misura positiva n dimensionale µ, con la condizione che il suo pull-back rispetto a ciascuna carta locale sia un multiplo, rispetto ad una funzione di densit`a di classe C ∞ , della misura di Lebesgue in Rn . Un modo per costruire la µ e` il seguente. Fissiamo un ricoprimento aperto localmente finito {Ui }i∈I di N mediante gli aperti di un atlante {(Ui , xi )}i∈I di N, di classe C ∞ . Sia {φi } una partizione dell’unit`a su N, con funzioni φi ≥ 0, subordinata al ricoprimento {Ui }i∈I . Definiamo la misura µ mediante l’integrale delle funzioni continue a supporto compatto, ponendo : Z XZ g dµ = g(xi−1 ) φi (xi−1 ) dλn , ∀g ∈ Cc0 (N, R) , N

i∈I

xi (Ui )

ove λn e` la misura di Lebesgue n-dimensionale in Rn . Vale allora il Lemma di Sard nella formulazione : Teorema 4.9. Se f : M → N e` un’applicazione differenziabile di classe C ∞ , allora l’insieme CV( f ) dei valori critici di f e` µ-misurabile ed ha misura nulla.

CAPITOLO 5

Teoremi di approssimazione e d’immersione 1. Il teorema d’immersione di Whitney Dimostriamo in questo paragrafo che ogni variet`a differenziabile M di dimensione m e` diffeomorfa ad una sottovariet`a propria di R2m+1 . Premettiamo alcuni risultati relativi ad applicazioni differenziabili tra spazi Euclidei. 2. Alcuni teoremi di approssimazione per applicazioni differenziabili Premettiamo alcuni risultati relativi ad applicazioni differenziabili tra spazi Euclidei. Ricordiamo che p kAk = traccia(A∗ A) e` una norma Hermitiana sullo spazio M(n, m; C) delle matrici complesse n × m e la sua restrizione al sottospazio M(n, m; R) delle matrici reali una norma Euclidea. L’applicazione M(n, m; C) 3 A → A∗ ∈ M(m, n; C) e` un’isometria anti-C-lineare. Lemma 5.1. Sia Ω un aperto di Rm , n un intero ≥ 2m, ed f : Ω → Rn , un’applicazione differenziabile di classe C 2 . L’insieme delle matrici reali A ∈ M(n, m; R) per cui l’applicazione Ω 3 x −→ fA (x) = f (x) + Ax ∈ Rn sia un’immersione differenziabile in ogni punto x ∈ Ω e` un sottoinsieme denso di seconda categoria in M(n, m; R) ' Rmn . Dimostrazione. Nei punti x ∈ Ω in cui la fA non e` un’immersione, la matrice B = Jf (x) + A ha rango minore di m, cio`e A = B − Jf (x) per una matrice B di rango minore di m. Per ogni 0 ≤ k < m, le matrici n × m di rango k formano una sottovariet`a differenziabile localmente chiusa M(n, m; k; R) di M(n, m; R) ' Rmn , di dimensione k(n + m − k) (vedi l’esempio 3.13 del Capitolo 3). L’applicazione: Fk : Ω × M(n, m; k; R) 3 (x, B) → A = B − J f (x) ∈ M(n, m; R) ' Rmn e` differenziabile di classe C 1 , definita su una variet`a differenziabile di dimensione m + k(n + m − k) ed a valori in una variet`a differenziabile di dimensione mn. La k → m + k(n + m − k) e` crescente per 2k < n + m ed, in particolare, per k < m. Perci`o, poich´e abbiamo supposto che n ≥ 2m, abbiamo m + k(n + m − k) ≤ m + (m − 1)(n + 1) = mn + 2m − n − 1 < mn, per 0 ≤ k < m. 81

82

5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

Per il Lemma 4.6 del Capitolo 4, l’immagine di Fk e` di prima categoria in Rmn . Quindi anche l’unione delle immagini delle Fk , per 0 ≤ k < m, e` un sottoinsieme di prima categoria in M(n, m; R). Ne segue che le A ∈ M(n, m; R) per cui fA sia un’immersione in ogni punto x ∈ Ω e` il complementare di un insieme di prima categoria, ed in particolare e` denso in ogni aperto di M(n, m; R).  Lemma 5.2. Siano Ω un aperto di Rm , n un intero ≥ m, f : Ω → Rn un’applicazione differenziabile di classe C 1 , K e K 0 compatti con K 0 ⊂ K ⊂ Ω, rank Jf (x) = m, ∀x ∈ K, f (x1 ) , f (x2 ),

se

x1 , x2 ∈ K 0

ed

x1 , x2 .

Allora, possiamo trovare reali  > 0,  0 > 0, e, fissato r con 0 < r < dist(K, {Ω), un  00 > 0 tali che (1) se g ∈ C 1 (Ω, Rn ) e kJg(x)k <  per ogni x ∈ K, allora f + g e` un’immersione differenziabile in tutti i punti di K; (2) Se g ∈ C 0 (Ω, Rn ) soddisfa la diseguaglianza |g(x) − g(y)| ≤  0 |x − y| per x, y ∈ K 0 , allora la restrizione di ( f + g) a K 0 e` iniettiva; (3) se g ∈ C 1 (Ω, Rn ) e |g(x)| + kJg(x)k <  00 quando dist(x, K) < r, allora f + g e` un’immersione in tutti i punti di K ed iniettiva su K 0 . Dimostrazione. (1)

Il minimo autovalore µ(x) della matrice simmetrica (Jf (x))∗ Jf (x)

e` una funzione continua e, per ipotesi, positiva in ogni punto x di K. Sar`a quindi |J f (x)v|2 ≥ µ0 |v|2 ,

∀x ∈ K,

∀v ∈ Rm ,

con µ0 = min x∈K µ(x) > 0. Fissiamo  = µ0 /4. Se g ∈ C 1 (Ω, Rn ) e kJg(x)k <  per ogni x ∈ K, allora |Jg(x)v|2 ≤ (µ0 /4)|v|2 per x ∈ K e v ∈ Rm ed otteniamo quindi p

|(J f (x) + Jg(x))v| ≥ |J f (x)v| − |Jg(x)v| ≥  |v|,

∀x ∈ K,

∀v ∈ Rm ,

e dunque f + g e` un’immersione differenziabile in ogni x ∈ K. Questo dimostra il punto (1). Premettiamo alla dimostrazione di (2) il Lemma 5.3. Sia Ω un aperto di Rm ed f : Ω → Rn un’immersione differenziabile di classe C 1 in tutti i punti di un compatto K contenuto in Ω. Esistono allora due costanti positive c, r tali che

(∗)

posto Kr = {x ∈ Rm | dist(x, K) < r} b Ω, risulti | f (x1 ) − f (x0 )| ≥ c |x1 − x0 |, ∀x0 , x1 ∈ Kr , con |x1 − x0 | ≤ r.

2. ALCUNI TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE PER APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI

83

Dimostrazione. Siano µ0 > 0 un limite inferiore per il minimo autovalore µ(x) della matrice simmetrica (J f (x))∗ J f (x) sul compatto K ed r0 > 0 una costante positiva tale che K2r0 b Ω e µ(x) > µ0 /4 se x ∈ K2r0 . Siano x0 , x1 ∈ Rm . Se x0 ∈ Kr0 ed |x0 − x1 | < r0 , allora tutto il segmento di estremi x0 ed x1 e` contenuto in K2r0 ⊂ Ω ed abbiamo, con xt = x0 + t(x1 − x0 ), Z 1 Z 1 d f (x1 ) − f (x0 ) = f (xt )dt = J f (xt )(x1 − x0 )dt. 0 dt 0 Poich´e J f (x) e` uniformemente continua su C0 , potremo ancora trovare un numero reale r, con 0 < r ≤ r0 , tale che √ µ0 0 , se x, x0 ∈ K2r0 , |x − x0 | < r. kJ f (x) − J f (x )k < 16 Otteniamo quindi che, se x0 , x1 ∈ Kr ed |x1 − x0 | < r, allora Z 1 | f (x1 ) − f (x0 )| = J f (xt )(x1 − x0 )dt 0 Z 1 ≥ |J f (x0 )(x1 − x0 )| − kJ f (xt ) − J f (x0 )k · |x1 − x0 |dt 0 √ µ0 ≥ |x1 − x0 |, 4 e quindi la (∗), con c =



µ0 4 .



Dimostriamo ora la (2) del Lemma 5.2. Per il Lemma 5.7 esistono c > 0 ed r > 0 tali che valga la (∗). L’insieme E = {(x0 , x1 ) ∈ K 0 × K 0 | |x0 − x1 | ≥ r} e` compatto in Rm × Rm e quindi la funzione continua F(x0 , x1 ) = | f (x1 ) − f (x0 )|/|x1 − x0 |, che e` definita e continua su E, ammette un minimo positivo c0 . Otteniamo quindi, con κ = min{c, c0 } > 0, | f (x1 ) − f (x0 )| ≥ κ |x1 − x0 |,

∀x0 , x1 ∈ K 0 .

Se g : Ω → Rn soddisfa |g(x1 ) − g(x0 )| < κ |x1 − x0 | per x0 , x1 ∈ K 0 , avremo, per x0 , x1 ∈ K 0 : |( f (x1 ) + g(x1 )) − ( f (x0 ) + g(x0 ))| ≥ | f (x1 ) − f (x0 )| − |g(x1 ) − g(x0 )| ≥ κ |x1 − x0 | − |g(x1 ) − g(x0 )| > 0, che mostra come ( f + g) sia ancora iniettiva su K 0 . Premettiamo alla dimostrazione del punto (3) dell’enumciato del Lemma 5.2 il seguente Lemma 5.4. Sia Ω un aperto di Rm , K un compatto contenuto in Ω ed r un numero reale positivo tale che Kr = {x ∈ Rm | dist(x, K) < r} b Ω. Allora:

84

5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

(1) esiste una costante L > 0 tale che, per ogni coppia di punti p0 , p1 ∈ Rm che appartengano alla stessa componente connessa di K esista una successione finita di punti x0 , x1 , . . . , xk ∈ K tali che x0 = p0 , xk = p1 , [x j−1 , x j ] ⊂ Kr ⊂ Ω, per j = 1, . . . , k, Xk |x j − x j−1 | ≤ L|p1 − p0 |. j=1

(2) Fissato  > 0, esiste un  00 > 0 tale che, per ogni g ∈ C 1 (Ω, Rn ) con kJg(x)k <  00 per x ∈ Kr , risulti |g(p1 ) − g(p0 )| < |p1 − p0 | se p0 , p1 appartengono alla stessa componente connessa di K. Dimostrazione. (1) Se 0 < δ < r/2, l’insieme K¯ δ = {x ∈ Rm | dist(x, K) ≤ δ} e` un compatto contenuto in Kr ed ha solo un numero finito di componenti connesse. Sostituendo quindi K¯ δ a K, se necessario, possiamo supporre che K abbia un numero finito di componenti connesse, e limitare ancora la discussione al caso in cui K sia connesso. Allora Kr e` connesso per archi e quindi ogni coppia di punti di K pu`o essere congiunta da una spezzata poligonale contenuta in Kr . La Xk (∗) δ(p, q) = inf |x j − x j−1 |, j=1

dove l’estermo inferiore e` calcolato su tutte le poligonali spezzate [x0 , x1 , . . . , xk ], con x0 = p, xk = q, [x j−1 , x j ] ⊂ Kr per j = 1, . . . , k, definisce una distanza su K. Abbiamo δ(p, q) = |p − q|

se

p, q ∈ K e |p − q| < r.

Pertanto la funzione

δ(p, q) |p − q| e` definita e continua, e quindi limitata superiormente da una costante L > 1 sul compatto {(p, q) ∈ K × K | |p − q| ≥ r}. Per (∗), otteniamo allora la (1). La (2) segue dalla (1), scegliendo  00 > 0 in modo che sia L 00 < .  F(p, q) =

Dimostriamo infine la (3) del Lemma 5.2. Fissati due numeri reali  0 , r > 0, con r > dist(K 0 , {Ω), possiamo trovare un  00 > 0 sufficientemente piccolo affinch´e ogni funzione g : Ω → Rn di classe C 1 che soddisfi kJg(x)k <  00 se dist(x, K 0 ) ≤ r, soddisfi anche la diseguaglianza |g(x) − g(y)| ≤  0 |x − y| quando x, y appartengano alla stessa componente connessa di K 0 . Fisseremo inoltre  00 in modo tale che | f (x) − f (y)| > 3 00 se x, y appartengono a diverse componenti connesse di K 0 . Poich´e |g(x)| <  00 se x ∈ K 0 , avremo allora |( f (x) + g(x)) − ( f (y) + g(y))| ≥ | f (x) − f (y)| − |g(x)| − |g(y)| >  00 > 0 se x ed y appartengono a diverse componenti connesse di K 0 . In questo modo anche l’ultima affermazione del Lemma risulter`a verificata. 

3. IL TEOREMA D’IMMERSIONE DI WHITNEY

85

3. Il teorema d’immersione di Whitney Prima di enunciare e dimostrare il Teorema d’immersione di Whitney, e` conveniente definire un’opportuna topologia sullo spazio vettoriale reale C ∞ (M, Rn ) delle applicazioni differenziabili di una variet`a differenziabile M nello spazio Euclideo Rn . Definiamo innanzi tutto la topologia di C ∞ (Ω, Rn ), nel caso in cui Ω sia un aperto dello spazio Euclideo Rm . Per ogni compatto K ⊂ Ω ed ogni intero non negativo m introduciamo la seminorma1: kfk = sup sup Dα f (x) . K,m

x∈K |α|≤m

Fissiamo ora una successione {Kν }ν∈N di compatti di Ω, con Kν ⊂ int(Kν+1 ), Ω e definiamo, per f, g ∈ C ∞ (Ω, Rn ) : dist( f, g) =

∞ X ν=0

2−ν

S

ν

Kν =

k f − gkKν ,ν . 1 + k f − gkKν ,ν

Si verifica che questa e` una distanza su C ∞ (Ω, Rn ), che induce la topologia della convergenza uniforme delle funzioni con tutte le loro derivate parziali sui compatti di Ω, e che, con questa distanza, C ∞ (Ω, Rn ) e` uno spazio metrico completo e quindi, in particolare, uno spazio di Baire. Dal Lemma 5.1 ricaviamo Corollario 5.5. Sia Ω un aperto di Rm ed n un intero ≥ 2m. Allora l’insieme delle f ∈ C ∞ (Ω, Rn ) che non sono immersioni differenziabili e` di prima categoria. Dimostrazione. Sia {Kν } una successione di compatti con ∪ν Kν = Ω. Per ogni intero positivo k l’insieme Gν = { f ∈ C ∞ (Ω, Rn ) | ∃x ∈ Kν t.c. rank Jf (x) < m} e` chiuso. Sia infatti { fa | a ∈ N} una successione di Gν convegente in C ∞ (Ω, Rn ). Per ogni a ∈ N esistono un punto xa ∈ Kν ed un vettore va ∈ Rm con |va | = 1 e d fa (xa )va = 0. Poich´e Kν × S m−1 c` ompatto, a meno di passare ad una sottosuccessione possiamo supporre che xa → x∞ ∈ Kν e va → v∞ ∈ S m−1 . Se f∞ e` il limite di { fa } in C ∞ (Ω, Rn ), avremo J f∞ (x∞ )v∞ = 0. Questo dimostra che f∞ ∈ Gν . Perci`o Gν e` chiuso in C ∞ (Ω, Rn ). Per il Lemma 5.1 l’insieme Gν non ha punti interni e quindi l’insieme delle f di C ∞ (Ω, Rn ) che non sono immersioni differenziabili in qualche punto di Ω, essendo S uguale all’unione numerabile ν∈N Gν , e` della prima categoria di Baire.  Consideriamo ora il caso in cui M sia una variet`a differenziabile di classe C ∞ , numerabile all’infinito. Fissiamo un atlante localmente finito {Uα , xα ) | α ∈ I} di M, con I ⊂ N, e gli Uα localmente compatti in M, ed un raffinamento {Uα0 } di {Uα } 1Una seminorma su uno spazio vettoriale reale V e` un’applicazione p : V → R a valori non negativi, positivamente omogenea di grado uno e subadditiva. A differenza della norma, non si richiede a una seminorma la propriet`a che p(v) = 0 implichi v = 0.

86

5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

con Uα0 b Uα . Poniamo Kα = xα (U¯ α0 ). Possiamo allora definire una distanza su C ∞ (M, Rn ) mediante P −1 −1 X∞ α≤ν k f ◦ xα − g ◦ xα kKα ,ν dist( f, g) = , ∀ f, g ∈ C ∞ (M, Rn ). 2−ν P −1 −1 ν=0 1 + α≤ν k f ◦ xα − g ◦ xα kKα ,ν Si verifica che con questa distanza C ∞ (M, Rn ) e` uno spazio metrico completo, e quindi di Baire. La topologia indotta dalla distanza e` , per la rappresentazione delle applicazioni nelle carte locali, quella della convergenza uniforme sui compatti delle funzioni e di tutte le loro derivate. Otteniamo allora: Corollario 5.6. Siano M una variet`a differenziabile di dimenione m ed n un intero ≥ 2m. Per ogni compatto K di M, l’insieme delle applicazioni f ∈ C ∞ (M, Rn ) che sono immersioni differenziabili in ogni punto di K formano un aperto denso. Se inoltre M e` numerabile all’infinito, allora l’insieme delle applicazioni f ∈ C ∞ (M, Rn ) che sono immersioni differenziabili in tutti i punti di M e` un sottoinsieme denso di seconda categoria. Dimostrazione. Sia A = {Uα , xα )}α∈I un atlante di M, con Uα b M per ogni α, ed {Uα } localmente finita. Fissiamo un raffinamento {Uα0 } di Uα con Uα0 b Uα e sia Kα = U¯ α0 . Allora l’insieme Gα delle f ∈ C ∞ (M, Rn ) che non sono immersioni differenziabili in qualche punto p ∈ Kα formano un sottoinsieme chiuso di C ∞ (M, Rn ). Dimostriamo che Gα non ha punti interni. A questo scopo, se f0 ∈ Gα , applichiamo il Lemma 5.1 alla funzione f0,α : xα (Uα ) 3 x → f0 ◦ xα−1 ∈ Rn . Per ogni  > 0 possiamo trovare una matrice reale A , di tipo n × m, con kA k < , tale che la xα (Uα ) 3 x → f0,α + A x ∈ Rn sia un’immersione differenziabile in ogni punto x di xα (Uα ). Introduciamo una funzione reale χ, di classe C ∞ in Rm , costantemente uguale ad 1 in un intorno di xα (Kα ) ed uguale a 0 fuori di un altro intorno compatto di xα (Kα ) in xα (Uα ). Poniamo allora    se p ∈ {Uα ,  f0 (p) f (p) =    f0 (p) + χ(xα (p))A xα (p) se p ∈ Uα . Allora le f non appartengono a Gα se  > 0 e lim→0 f = f0 in C ∞ (M, Rn ). Ci`o dimostra che, per ogni α ∈ I, i chiusi Gα hanno parte interna vuota. Se K e` un compatto di M, l’insieme FK delle f ∈ C ∞ (M, Rn ) che non sono immersioni differenziabili in qualche punto di K e` un chiuso di C ∞ (M, Rn ) conS tenuto in FK0 = Uα ∩K,∅ Gα . Poich´e FK0 e` un’unione finita di chiusi con parte interna vuota, e` esso stesso un chiuso con parte interna vuota. Questo dimostra la prima affermazione del corollario.

3. IL TEOREMA D’IMMERSIONE DI WHITNEY

87

Supponiamo ora che M sia numerabile all’infinito. Allora il ricoprimento {Uα }α∈I e` numerabile e l’insieme delle f ∈ C ∞ (M, Rn ) che non S sono immersioni differenziabili in qualche punto di M e` l’unione numerabile α∈I Gα , e dunque della prima categoria di Baire.  Vale ancora il seguente Lemma 5.7. Siano M una variet`a differenziabile di dimensione m ed n un intero con n > 2m. Per ogni v ∈ S n−1 ⊂ Rn sia πv : Rn → v⊥ ' Rn−1 la proiezione ortogonale. Se f ∈ C ∞ (M, Rn ) e` un’immersione differenziabile, allora l’insieme dei vettori v ∈ S n−1 ⊂ Rn per cui πv ◦ f non sia un’immersione differenziabile e` di prima categoria in S n−1 . Dimostrazione. Se (U, x) e` una carta locale in p ∈ M, la f ◦ x−1 definisce una sottovariet`a parametrica m-dimensionale f (U) di Rn . Sia V p lo spazio tangente ad f (U) in f (p). Esso non dipende dalla scelta della carta locale. Si verifica che l’uF nione disgiunta N = p∈M (V p ∩ S n−1 ) e` una variet`a differenziabile2 di dimensione 2m − 1. Consideriamo l’applicazione differenziabile ψ : N 3 (p, v) −→ v ∈ S n−1 . La condizione che πv ◦ f non sia un’immersione equivale al fatto che v appartenga a ψ(N). Poich´e n > 2m, l’immagine di ψ e` di prima categoria in S n−1 .  Dimostriamo ora il : Teorema 5.8 (Whitney). Sia M una variet`a differenziabile di classe C ∞ , paracompatta, numerabile all’infinito, di dimensione reale m. Esiste allora un’immersione differenziabile f : M → R2m , che e` anche un’applicazione propria, ed un diffeomorfismo g : M → N ⊂ R2m+1 di M su una sottovariet`a propria N di R2m+1 . Dimostrazione. Sia n ≥ 2m. Per il Corollario 5.6 le funzioni f ∈ C ∞ (M, Rn ) che sono immersioni differenziabili in ogni punto di M formano un sottoinsieme denso della seconda categoria di Baire in C ∞ (M, Rn ). Se M e` compatta, ogni applicazione differenziabile f : M → Rn e` propria3. Se M non e` compatta, fissiamo una successione {Kν }ν∈N di compatti di M, con S Kν ⊂ K˚ ν+1 ed M = ν Kν . Sia h ∈ C ∞ (M) una funzione reale con h(p) > ν + sup | f | se p ∈ Kν \ K˚ ν−1 . Kν 2Possiamo definire su M ˜ = F p∈M V p una struttura di variet`a differenziabile di dimensione 2m

˜ x˜) di M ˜ definita come l’inversa associando ad ogni carta locale (U, x) di M una carta locale (U, dell’applicazione Xm ∂( f ◦ x−1 )  ˜ ∈ U˜ ⊂ M. x(U) × Rm 3 (x1 , . . . , xm , v1 , . . . , vm ) → x−1 (x1 , . . . , xm ), vi i=1 ∂xi ˜ si pu`o considerare una sottovariet`a del prodotto M × Rn ed N e` l’intersezione di Osserviamo che M ˜ con M × S n−1 . La variet`a M ˜ e` diffeomorfa allo spazio tangente T M definito nel Capitolo 6. M 3 Chiamiamo propria un’applicazione continua Φ : X → Y tra due spazi topologici X ed Y che trasformi chiusi di X in chiusi di Y e per cui Φ−1 (K) sia compatto per ogni compatto K di Y.

88

5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

La g : M 3 p −→ ( f (p), h(p)) ∈ Rn+1 e` ancora un’immersione differenziabile. Per il Lemma 5.7 possiamo trovare un vettore w = (w0 , wn+1 ) ∈ S n tale che |w0 | > 45 e πw ◦ g sia ancora un’immersione differenziabile. L’ortogonale w⊥ contiene il vettore v = (v0 , vn+1 ) = − wn+1

 w0 , |w0 | ∈ S n , 0 |w |

con vn+1 > 54 , |v0 | < 35 . Otteniamo perci`o Xn (g(p)|v) = f i (p)vi + h(p)vn+1 > 45 h(p) − 53 sup | f | > 45 ν i=1

su

Kν \ K˚ ν−1 ,



e quindi la πw ◦ g e` propria. Sia ora n > 2m. Fissiamo un’immersione differenziabile propria f ∈ C ∞ (M, Rn ) ed un atlante numerabile localmente finito A = {(Ua , xa )a∈A }, A ⊂ N, di M, con aperti Ua relativamente compatti in M, ed una successione {Ua0 } aperti di M con Ua0 b Ua ed S 0 a U a = M. Per il Lemma 5.3, possiamo scegliere l’atlante A in modo che la restrizione di f a ciascuno dei compatti U¯ a sia iniettiva. Poich´e f e` propria, abbiamo una successione crescente di numeri reali {rν } con supν rν = +∞ ed | f (p)| > ra , ∀p ∈ U¯ a , ∀a ∈ A. Poniamo Fν =

[

U¯ a0

a 0 su U¯ a0 . Dico che e` possibile determinare una successione di vettori {va } ⊂ Rn tale che per ogni intero positivo ν, la X fν = f + va χa a ra per p ∈ U¯ a , a ∈ A. Ragioniamo per ricorrenza su ν. Per ν = 0, abbiamo Fν = ∅ e quindi f0 = f soddisfa le condizioni richieste. Supponiamo di aver costruito fν , per qualche ν ≥ 0, ν ∈ A. L’insieme Dν = {(p, q) ∈ M × M | χν (p) , χν (q)}

4. RETRATTI DIFFERENZIABILI D’INTORNO

89

e` un aperto di M × M e quindi una variet`a differenziabile di classe C ∞ e di dimensione 2m. Poich´e 2m < n, per il Lemma di Sard l’applicazione fν (p) − fν (q) Dν 3 (p, q) → ∈ Rn χν (q) − χν (p) ha immagine di prima categoria in Rn ed e` dunque possibile trovare un vν arbitrariamente piccolo tale che fν (p) − fν (q) , vν , ∀(p, q) ∈ D. χν (p) − χν (q) Pur di scegliere vν sufficientemente piccolo, per il Lemma 5.2 la funzione fν+1 = fν + vν χν sar`a ancora un’immersione differenziabile in ogni punto di M, iniettiva su Fν e su tutte le U¯ a e soddisfer`a ancora la | fν+1 | > ra su U¯ a . Resta da verificare che fν+1 sia iniettiva su Fν+1 . Siano p, q ∈ Fν+1 con fν+1 (p) = fν+1 (q). Consideriamo i diversi casi possibili. χν (p) = 0, χν (q) = 0. In questo caso p, q ∈ Fν ed fν (p) = fν+1 (p), fν+1 (q) = fν (q) e quindi    p, q ∈ Fν , fν+1 (p) = fν+1 (q) ⇒ p, q ∈ Fν , fν (p) = fν (q) ⇒ p = q perch´e fν e` iniettiva su Fν . χν (p) = 0, χν (q) > 0. In questo caso e` ovvio che p , q perch´e la funzione χν assume nei due punti valori distinti. χν (p) > 0, χν (q) > 0. Allora p, q ∈ Uν e quindi p = q perch´e abbiamo scelto vν sufficientemente piccolo perch´e fν+1 fosse iniettiva su U¯ ν . Poniamo X f∞ = va χa (p). a∈A

La f∞ cos`ı definita e` un’immersione iniettiva e propria (un’inclusione differenziabile propria) di M in Rn .  Osservazione 5.9. Utilizzando il Teorema d’immersione di Whitney, e` possibile definire una topologia metrizzabile sullo spazio C ∞ (M, N) delle applicazioni differenziabili definite sulla variet`a differenziabile M ed a valori nella variet`a differenziabile N nel modo seguente. Fissata un’immersione differenziabile iniettiva e propria N ,→ R` , che ci permetta di identificare N ad una sottovariet`a propria di R` , potremo considerare C ∞ (M, N) come il sottospazio chiuso di C ∞ (M, R ` ) formato dalle f per cui f (M) ⊂ N. 4. Retratti differenziabili d’intorno Introduciamo innanzi tutto la definizione di retratto differenziabile d’intorno. Definizione 5.1. Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m ed N una sua sottovariet`a differenziabile localmente chiusa, di dimensione n ≤ m. Diciamo che N e` un retratto d’intorno in M se vi sono un intorno aperto U di N in M ed una sommersione differenziabile $ : U → N tale che $(p) = p per ogni p ∈ N.

90

5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

Consideriamo innanzi tutto il caso di una sottovariet`a di uno spazio Euclideo. Proposizione 5.10 (intorno tubolare). Sia N una sottovariet`a differenziabile propria di Rm , di dimensione n < m. Per ogni intorno aperto U di N in Rm esiste una funzione reale positiva ρ ∈ C ∞ (N) tale che [ Uρ = {y ∈ Rm | |y − x| < ρ(x)} ⊂ U, x∈M

∀x ∈ Uρ , ∃!y = $(x) ∈ N0 tale che |x − y| = dist(x, N0 ), $ ∈ C ∞ (Uρ , N0 ). Dimostrazione. Sia k = m − n. Per ogni punto p ∈ N esiste un intorno aperto U p di p in Rm e funzioni f 1 , . . . , f k ∈ C ∞ (U p ) tali che N ∩ U p = {x ∈ U p | f 1 (x) = 0, . . . , f k (p) = 0}. L’applicazione ∂fi ∈ Rm i=1 ∂x ha differenziale invertibile in (p, 0). Per il teorema delle funzioni implicite essa definisce quindi un diffeomorfismo ψ p di un intorno W p × ω p di (p, 0) in N × Rk su un intorno U p di p in Rm . La sua inversa, composta con la proiezione pN : N × Rk → N, e` un’applicazione $ p : U p → W p , che coincide con la proiezione ortogonale su N in un intorno V p di p in U p . E` cio`e U p × Rk 3 (x; t1 , . . . , tk ) −→ x +

Xk

ti

∀x ∈ V p ,

|x − $ p (x)| = dist(x, N) e |x − y| > dist(x, N), ∀y ∈ N. S Risulta quindi definita su Ω = p∈N V p la proiezione ortogonale $ : Ω → N mediante $(x) = $ p (x) su V p . Per la scelta delle V p , abbiamo |x − $(x)| = dist(x, N) per ogni x ∈ Ω. La funzione δ(x) = dist(x, {(Ω∩U)) e` continua e positiva su N. Per il Teorema 3.23 del Capitolo 3 esiste allora una funzione ρ ∈ C ∞ (N0 ) tale che 21 δ(x) < ρ(x) < δ(x) su N0 . La funzione ρ soddisfa la tesi.  Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney e la Proposizione 5.10, dimostriamo Teorema 5.11. Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m ed N una sua sottovariet`a differenziabile di dimensione n < m, localmente chiusa in M. Allora N e` un retratto differenziabile d’intorno in M. Dimostrazione. Poich´e una sottovariet`a localmente chiusa di M e` una sottovariet`a propria di un aperto M0 di M, possiamo supporre nella dimostrazione che N sia una sottovariet`a propria di M. Per il teorema d’immersione di Whitney, possiamo trovare un intero `, con m ≤ ` ≤ 2m + 1, ed un diffeomorfimso ψ : M → M0 ⊂ R` di M con una sottovariet`a propria M0 di R` . Allora N0 = ψ(N) e` una sottovariet`a propria di M0 e quindi di R` . Per la Proposizione 5.10, N0 ha un intorno tubolare W in R` in cui la proiezione ortogonale πN : W → N e` ben definita ed e` una sommersione differenziabile. Posto

5. ALCUNI TEOREMI D’APPROSSIMAZIONE

91

U = ψ−1 (W), possiamo allora definire una retrazione differenziabile $ : U → N mediante il diagramma commutativo ψ

U −−−−−→ W          $ y yπN0 N −−−−−→ N0 . ψ

 5. Alcuni teoremi d’approssimazione Il teorema d’immersione di Whitney e il Teorema 5.11 ci permettono di dimostrare il seguente teorema di approssimazione: Teorema 5.12 (di approssimazione). Siano M ed N due variet`a differenziabili ed f : M → N un’applicazione continua. Allora esiste un’omotopia F : M × [0, 1] −→ N, tale che    F(p, 0) = f (p), ∀p ∈ M,   F| M×(0,1] ∈ C ∞ (M × (0, 1], N). Dimostrazione. Per il teorema d’immersione di Whitney, M ed N ammettono inclusioni differenziabili φ

M− → φ(M) = M0 ,→ Rm0 ,

ψ

N− → ψ(N) = N0 ,→ Rn0 ,

con m ≤ m0 ≤ 2m+1, n ≤ n0 ≤ 2n+1. Possiamo estendere f0 = ψ ◦ f ◦ φ−1 ∈ C 0 (M0 , N0 ) ad una funzione continua ˜f0 ∈ C 0 (Rm0 , Rn0 ). Per la Proposizione 5.10, esiste una funzione positiva r ∈ C ∞ (M) tale che, posto [ Vr = B(y, r(y)), y∈N0

vi sia una sommersione differenziabile π ∈ C ∞ (Vr , N0 ) con |y − π(y)| = dist(y, N0 ) per ogni y ∈ Vr . Per ogni x ∈ M0 sia τ(x) un numero reale positivo tale che f˜0 (ξ) ∈ B( f0 (x), 1 r( f0 (x))) se |ξ − x| < τ(x). 3

Per la Proposizione 5.10, possiamo trovare una funzione positiva ρ ∈ C ∞ (M0 ) tale che [ [ Uρ = B(x, ρ(x)) ⊂ B(x, τ(x)) x∈M0

x∈M0

e vi sia una sommersione differenziabile $ ∈ C ∞ (Uρ , M0 ) con |x − $(x)| = dist(x, M0 ) per ogni x ∈ Uρ . R Sia χ ∈ C0∞ (Rm0 ), con χ ≥ 0, suppχ ⊂ B(0, 1), χdx = 1. Poniamo G(0, x) = f (x) e, per ogni 0 < t ≤ 1 definiamo ! ! Z Z ξ x−ξ G(x, t) = (tρ(x))−m0 f˜0 (x − ξ)χ dξ = (tρ(x))−m0 f˜0 (ξ)χ dξ tρ(x) tρ(x) Rm0 Rm0

92

5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

=

Z Rm0

f˜0 (x − tρ(x)ξ)χ(ξ)dξ.

Otteniamo cos`ı una funzione G ∈ C 0 (M × I, Rn0 ) ∩ C ∞ (M × (0, 1], Rn0 ). Inoltre, per la scelta di ρ, G(x, t) ∈ Vr per ogni (x, t) ∈ M × I. La Φ(x, t) = π ◦ G(x, t) e` quindi un’omotopia di f0 differenziabile su M × (0, 1]. La F = ψ−1 ◦ Φ ◦ φ definisce l’omotopia cercata.  Esempio 5.1. Come conseguenza del teorema di approssimazione, in una variet`a differenziabile connessa due punti qualsiasi possono essere congiunti con un cammino di classe C ∞ . Abbiamo ancora Teorema 5.13 (regolarizzazione dell’omotopia). Siano M ed N due variet`a differenziabili numerabili all’infinito, ed F : M × [0, 1] → N un’omotopia continua tra due applicazioni differenziabili f0 , f1 : M → N. Allora esiste un’omotopia Φ : M × [0, 1] → N tra f0 ed f1 con Φ ∈ C ∞ (M × [0, 1], N). Dimostrazione. Possiamo supporre che M ed N siano sottovariet`a proprie di spazi Euclidei. Costruiamo allora una F˜ : M × [0, 1] × [0, 1] → N, come nella dimostrazione del Teorema 5.12, mediante l’uso di mollificatori. Allora la Φ(x, t) = ˜ t, t − t2 ) soddisfa le propriet`a richieste. F(x,  Dall’esistenza degli intorni tubolari negli spazi Euclidei, ricaviamo: Teorema 5.14. Siano M, S due variet`a differenziabili e sia d una metrica che definisce la topologia di M. (1) Esiste una funzione positiva δ ∈ C ∞ (M) tale che se f, g ∈ C 0 (S , M) e d( f (p), g(p)) < δ( f (p)) per ogni p ∈ S , allora f e g sono omotope tra loro. (2) Per ogni funzione positiva  ∈ C 0 (S ) ed ogni f ∈ C 0 (S , M) esiste una g ∈ C ∞ (S , M) tale che d( f (x), g(x)) < (p) per ogni p ∈ S .

CAPITOLO 6

Campi di vettori e spazio tangente 1. Campi di vettori e curve integrali sulle variet`a Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m, di classe C ∞ , numerabile all’infinito. Denotiamo con E (M) l’algebra reale ed anello commutativo unitario delle funzioni C ∞ , a valori reali, definite su M. Definizione 6.1. Un campo di vettori su M e` una derivazione dell’algebra E (M), cio`e un’applicazione R-lineare X : E (M) → E (M) che soddisfi l’identit`a di Leibnitz: X( f g) = gX( f ) + f X(g)

(1.1)

∀ f, g ∈ E (M) .

L’insieme X(M) dei campi di vettori su M e` un E (M)-modulo unitario a sinistra, con il prodotto definito da (1.2)

( f X)(g) = f (X(g)),

per f, g ∈ E (M), X ∈ X(M),

ed un’algebra di Lie reale con il prodotto di commutazione (1.3)

[X, Y]( f ) = X(Y( f )) − Y(X( f ))

per

X, Y ∈ X(M) , f ∈ E (M) .

Lemma 6.1. I campi di vettori X ∈ X(M) si annullano sulle funzioni costanti. Dimostrazione. Indichiamo con c, per c ∈ R, la funzione costante che vale c su M. Abbiamo: X(c) = X(c · 1) = c · X(1) + 1 · X(c) = 2 · X(c) e quindi X(c) = 0.



Lemma 6.2. Sia X ∈ X(M). Se f ∈ E (M) ed f (p) = 0 per tutti i punti p di un aperto A di M, allora X( f )(p) = 0 per ogni p ∈ A. Abbiamo quindi : (1.4)

supp(X( f )) ⊂ supp( f )

∀ f ∈ E (M) , ∀X ∈ X(M) .

Dimostrazione. Fissato un punto p ∈ A, siano U e V due aperti di M con p ∈ U b V b A, e sia φ una funzione di E (M) uguale a 0 in U ed uguale ad 1 su M \ V. Allora f = φ f e quindi: X( f )(p) = X(φ f )(p) = φ(p)X( f )(p) + f (p)X(φ)(p) = 0.  Da questo lemma si ricava immediatamente: 93

94

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Lemma 6.3. Sia X un campo di vettori su M; se f , g sono due funzioni di E (M) che assumono gli stessi valori su tutti i punti di un aperto A di M, allora : X( f )(p) = X(g)(p)

∀p ∈ A .

Dimostrazione. Infatti f − g si annulla su A e quindi: X( f )(p) − X(g)(p) = X( f − g)(p) = 0 ∀p ∈ A .  Corollario 6.4. Se A e` un aperto di M, per ogni X ∈ X(M) vi e` uno ed un solo campo di vettori X |A ∈ X(A) tale che X |A f |A = (X f ) |A per ogni f ∈ E (M).  Ad ogni carta locale (U, x) in M possiamo associare campi di vettori ∂/∂x1 , . . . , ∂/∂xm in X(U), definiti da : ! ∂[ f ◦ x−1 ] ∂ ◦ x, f = ∂xi ∂xi

(1.5)

∀ f ∈ E (U) .

In una carta locale, un campo di vettori si rappresenta come un operatore differenziale alle derivate parziali, omogeneo del prim’ordine. Vale infatti il Lemma 6.5. Siano X ∈ X(M) ed (U, x) una carta locale in M. Allora : X |U =

(1.6)

m X i=1

! ∂ X(x ) . ∂xi i

Dimostrazione. Data f ∈ E (U), sia f ∗ = f ◦ x−1 ∈ E (x(U)). Se x0 ∈ x(U), per ogni punto x di un intorno aperto V x0 ⊂ x(U) di x0 , stellato rispetto ad x0 : f (x) = f (x0 ) + ∗

1

Z



0

= f ∗ (x0 ) +

m X

d f ∗ (x0 + t(x − x0 )) dt dt (xi − x0i ) fi∗ (x),

con

i=1

=

fi∗ (x)

1

Z 0

∂f∗ (x0 + t(x − x0 )) dt ∈ E (V x0 ) . ∂xi

Con x0 = x(p0 ) abbiamo fi∗ (x0 ) =

∂ f ∗ (x0 ) = ∂xi

"

! # ∂ f (p0 ) ∂xi

2. VETTORI TANGENTI E FIBRATO TANGENTE

e quindi : 

95

  X |U f (p0 ) = X Vx0 f (p0 )   m     X i i ∗ (x − x0 ) fi ◦ x (p0 ) = X Vx0 f (p0 ) (p0 ) + X Vx0 

i=1

=

m X

  fi∗ (x0 ) X Vx0 (xi − x0i ) (p0 )

i=1

=

m h X

i

i

X(x ) (p0 )

i=1

"

! # ∂ f (p0 ). ∂xi



Definizione 6.2. Dato un campo di vettori X ∈ X(M) ed un punto p ∈ M, indichiamo con X p la derivazione : (1.7)

E (M) 3 f → X p f := (X f )(p) ∈ R

dell’algebra reale E (M). Diciamo anche che X p e` un vettore tangente ad M nel punto p. Definizione 6.3. Una curva φ : (a, b) → M di classe C 1 e` una curva integrale del campo di vettori X ∈ X(M) se : d f ◦ φ(t) (1.8) = Xφ(t) f, ∀ f ∈ E (M) , ∀t ∈ (a, b) . dt P ∂ i Se (U, x) e` una carta locale in M ed X = m i=1 a (x) ∂xi in U, allora gli integrali φ in U del campo di vettori X sono soluzioni x(t) = x(φ(t)) del sistema autonomo di equazioni differenziali ordinarie del prim’ordine : (1.9)

x˙i = ai (x)

per i = 1, . . . , m .

Dai teoremi di esistenza e unicit`a per sistemi di equazioni differenziali ordinarie abbiamo allora : Teorema 6.6. Siano X ∈ X(M) un campo di vettori in M e p0 un punto di M. Esiste allora un’unica curva integrale φ : (a, b) → M di X, con −∞ ≤ a < 0 < b ≤ +∞, con φ(0) = p0 , tale che, se a > −∞, allora φ(t) non ha limite in M per t → a; se b < +∞, allora φ(t) non ha limite in M per t → b . 2. Vettori tangenti e fibrato tangente Definizione 6.4. Fissato un punto p ∈ M, chiamiamo vettore tangente ad M in p un’applicazione R-lineare v : E (M) → R che soddisfi l’identit`a di Leibnitz : (2.1)

v( f g) = v( f ) · g(p) + f (p) · v(g)

∀ f, g ∈ E (M) .

I vettori tangenti in un punto p ∈ M formano uno spazio vettoriale reale, che indicheremo con T p M. Se X ∈ X(M), o pi`u in generale X ∈ X(U) per un intorno aperto U di p in M, allora X p e` un vettore tangente ad M in p.

96

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Teorema 6.7. Per ogni punto p ∈ M l’applicazione lineare X(M) 3 X → X p ∈ T p M

(2.2)

e` surgettiva. Se M ha dimensione m ed (U, x) e` una carta locale di M in p, allora i vettori tangenti ! ! ∂ ∂ , ..., ∂xm p ∂x1 p 

formano una base di T p M.

Definizione 6.5. Indichiamo con T M l’unione disgiunta degli spazi vettoriali T p M, al variare di p in M e con π : T M → M l’applicazione che fa corrispondere al vettore tangente v ∈ T p M il suo punto d’applicazione p . Possiamo definire su T M una struttura di variet`a differenziabile nel modo seguente. Per ogni carta locale (U, x) di M, definiamo una carta locale (π−1 (U), x × dx) di T M ponendo :  −1 m    π (U) 3 v −→ (x(π(v)), v(x)) ∈ x(U) × R , (2.3)    con v(x) = (v(x1 ), . . . , v(xn )) ∈ Rm . Se (V, y) e` un’altra carta locale di M, per p ∈ U ∩ V abbiamo : m X ∂y j (2.4) v(yi ) = v(xh ) h , ∂x h=1 cio`e v(y) = (∂y/∂x)v(x), ove ∂y/∂x e` la matrice Jacobiana del cambiamento di coordinate. Questa relazione si esprime anche dicendo che le componenti di un vettore tangente sono covarianti rispetto ai cambiamenti di coordinate. Quindi, se y = φ(x), per x ∈ x(U ∩ V) ⊂ Rn e` la funzione di transizione delle due carte (U, x) e (V, y), il cambiamento di coordinate dalla carta (π−1 U, x × dx) alla carta (π−1 (V), y × dy) e` (φ × dφ). Abbiamo perci`o : Proposizione 6.8. Dato un atlante A = {(Ui , xi )} di M, con funzioni di transizione1 xi, j , allora T A = {π−1 (Ui ), xi × dxi )} e` un atlante di T M, con funzioni di transizione xi, j × dxi, j . Lo spazio tangente e` un esempio di fibrato differenziabile. π

Definizione 6.6. Un fibrato differenziabile e` il dato ξ = (E −−→ B) di due variet`a π differenziabili B, E e di una sommersione differenziabile E −−→ B. La variet`a E si dice lo spazio totale, B la base e π la proiezione del fibrato ξ. Indichiamo con Γπ (B, E), od anche con Γ(B, E) quando non vi sia pericolo di confusione, lo spazio delle sezioni differenziabili di B in E, cio`e l’insieme delle applicazioni s ∈ C ∞ (B, E) che sono inverse destre della proiezione π: (2.5)

Γ(B, E) = {s ∈ C ∞ (B, E) | π ◦ s(p) = p, ∀p ∈ B}.

1abbiamo cio`e x = x ◦ x−1 su x (U ∩ U ). i, j i j j i j

4. ALCUNE OSSERVAZIONI SUL TEOREMA D’IMMERSIONE DI WHITNEY

97

3. Differenziale di un’applicazione differenziabile Definizione 6.7. Siano M ed N due varitet`a differenziabili ed f : M → N un’applicazione di classe C ∞ . Essa induce un’applicazione (il pullback di funzioni) : f ∗ : E (N) 3 φ → f ∗ (φ) = φ ◦ f ∈ E (M) .

(3.1)

Il differenziale di f in un punto p ∈ M, che indicheremo con f∗ (p) o con d f (p), e` l’applicazione f∗ (p) = d f p : T p M → T f (p) N definita da: f∗ (p)(v)(φ) = d f p (v)(φ) = v( f ∗ (φ)) = v( f ◦ φ) ∀φ ∈ E (N) .

(3.2)

Se (U, x) e (V, y) sono carte locali in M ed N rispettivamente, con p ∈ U ed f (p) ∈ V, abbiamo :  m !  ! n  m j X  ∂ X i ∂  X ∂ f i  =  v  (p) . (3.3) f∗ (p)  v ∂xi ∂xi ∂y j i=1

p

j=1

i=1

f (p)

Possiamo definire in questo modo un’applicazione differenziabile : f∗ = d f : T M 3 v → d fπ(v) (v) ∈ T N ,

(3.4)

ove abbiamo indicato con π : T M → M la proiezione canonica. La f∗ (o d f ) si dice il differenziale dell’applicazione f , o il suo sollevamento allo spazio tangente. 4. Alcune osservazioni sul teorema d’immersione di Whitney Utilizzando la nozione di variet`a tangente di una variet`a differenziabile, possiamo dare una dimostrazione leggermente diversa da quella del Capitolo 5 del teorema d’immersione di Whitney. Per semplicit`a svolgeremo l’argomento per il caso di variet`a compatte. Sia M una variet`a differenziabile compatta, di dimensione m e sia A = {(Ua , xa ) | 1 ≤ a ≤ k} un suo atlante finito, con xa (Ua ) = Rm e tale che, posto Ua0 = {p ∈ Ua | |xa (p)| < 1}, la famiglia {Ua0 | 1 ≤ a ≤ k} sia ancora un ricoprimento di M. Per ogni a, sia ψa ∈ C0∞ (M) una funzione uguale ad 1 su Ua0 e nulla in un intorno di {Ua . Definiamo quindi le funzioni x˜a : M → Rm ponendo    ψa xa su Ua , x˜a =   0 su {Ua . Allora  ψ : M 3 p → ( x˜ai (p)) 1≤a≤k , (ψa (p))1≤a≤k ∈ Rk(m+1) 1≤i≤m

e` un diffeomorfimso di M su una sottovariet`a compatta di Rkm . Abbiamo ottenuto cos`ı un’immersione di M in uno spazio Euclideo R` che e` anche un diffeomorfismo con una sottovariet`a differenziabile M0 di R` . Identifichiamo lo spazio tangente T M0 ad un sottospazio del prodotto cartesiano M0 ×R` ed indichiamo con pr2 : T M0 → R` l’applicazione che fa corrispondere alla coppia (p, v) ∈ T M0 ⊂ M0 × R` il vettore v.

98

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Sia v ∈ R` un vettore non nullo e hvi il sottospazio vettoriale di dimensione 1 generato da v. Sia πv : R` → R` /hvi ' R`−1 la proiezione nel quoziente. La condizione necessaria e sufficiente affinch´e πv | M0 : M0 → R`−1 sia un’immersione differenziabile e` che v < pr2 (T M0 ). Se 2m < `, per il Lemma di Sard l’immagine di pr2 e` di prima categoria e quindi la πv ◦ ψ e` un’immersione differenziabile in uno spazio Euclideo di dimensione ` − 1. Per ricorrenza, otteniamo un’immersione differenziabile di M in uno spazio Euclideo di dimensione ≤ 2m. Osserviamo poi che πv : M0 → R` /hvi e` iniettiva se e soltanto se non vi sono due punti distinti p1 , p2 ∈ M0 con p2 − p1 ∈ hvi. Ci`o equivale al fatto che v non appartenga all’immagine dell’applicazione {(p1 , p2 ) ∈ M0 × M0 | p1 , p2 } × R 3 (p1 , p2 , t) → p1 + t(p2 − p1 ) ∈ R` . Questa e` un’applicazione differenziabile di una variet`a differenziabile di dimensione 2m + 1 in R` . Quindi, se 2m + 1 < `, per il Lemma di Sard ha immagine di prima categoria e dunque potremo scegliere v ∈ R` \ {0} in modo che la πv ◦ ψ sia ancora un’immersione differenziabile iniettiva e quindi un diffeomorfismo di M con una sottovariet`a di R2`−1 . Per ricorrenza otteniamo un’immersione topologica iniettiva di M su una sottovariet`a differenziabile di uno spazio Euclideo di dimensione ≤ 2m + 1. Nel caso in cui M non sia compatta, ma numerabile all’infinito, utilizziamo il ragionamento precedente per dimostrare che l’insieme Fν delle applicazioni ψ ∈ C ∞ (M, R2m+1 ) la cui restrizione ad int Kν siano delle immersioni T differenziabili iniettive e` un aperto denso di seconda categoria. Allora ψ ∈ ν Fν d`a un’immersione differenziabile iniettiva di M nello spazio Euclideo R2m+1 . Per ottenere un’immersione propria, sar`a sufficiente considerare una h ∈ C ∞ (M) con h(p) > ν se p ∈ {Kν e la (ψ, h) ∈ C ∞ (M, R2m+2 ). Potremo poi comporre quest’immersione con un’opportuna proiezione πv rispetto a un vettore non nullo v < he2m+2 i, per ottenere un’immersione differenziabile di M in R2m+1 che sia un diffeomorfismo con una sottovariet`a propria di R2m+1 . 5. Gruppi a un parametro di diffeomorfismi Definizione 6.8. Un gruppo a un parametro di diffeomorfismi di M e` un’applicazione differenziabile Φ : M × R 3 (p, t) → Φ(p, t) ∈ M

(5.1)

che goda delle propriet`a : (i) (ii)

Φ(p, 0) = p ∀p ∈ M Φ(p, t + s) = Φ(Φ(p, t), s)

∀p ∈ M , ∀t, s ∈ R.

Definizione 6.9. Chiamiamo gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi di M il dato di un intorno U ∗ di M × {0} in M × R e di un’applicazione (5.2)

Φ : U ∗ ⊂ M × R 3 (p, t) → Φ(p, t) ∈ M

5. GRUPPI A UN PARAMETRO DI DIFFEOMORFISMI

99

che goda delle propriet`a : (i) Φ(p, 0) = p ∀p ∈ M (ii)

Φ(p, t + s) = Φ(Φ(p, t), s)

se (p, t + s) e (Φ(p, t), s) ∈ U ∗ .

Vale il : Teorema 6.9. Ad un gruppo locale a un parametro Φ : U ∗ → M di diffeomorfismi di M corrisponde un campo di vettori X ∈ X(M) tale che d f (Φ(p, t)) ∀ f ∈ E (M) , ∀p ∈ M . (5.3) (X f )(p) = dt t=0 Viceversa, dato un campo di vettori X ∈ X(M) esiste un gruppo locale a un paramtetro di diffeomorfismi di Φ : U ∗ → M di M per cui sia verificata la (5.3). Due gruppi a un parametro Φ1 : U1∗ → M e Φ2 : U2∗ → M per cui sia verificata (5.3) per lo stesso campo X coincidono su tutte le componenti connesse di U1∗ ∩ U2∗ che intersecano M × {0}. Dimostrazione. L’esistenza e unicit`a di un gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi associato ad un campo di vettori X ∈ X(M) e` conseguenza del teorema d’esistenza locale, unicit`a e dipendenza C ∞ dai dati iniziali per il sistema di equazioni differenziali ordinarie (1.9). Il fatto che la soluzione generale del problema di Cauchy definisca un gruppo locale a un parametro e` conseguenza del fatto che il sistema (1.9) e` autonomo, che cio`e le funzioni a secondo membro in (1.9) non dipendono dalla variabile t e quindi che, se t → Φ(p, t) e` soluzione in un intervallo t ∈ (a, b), con a < 0 < b, con dato iniziale Φ(p, 0) = p, allora, per ogni t0 ∈ (a, b) fissato, t → Φ(p, t + t0 ) e` soluzione nell’intervallo (a − t0 , b − t0 ), con dato iniziale Φ(p, t0 ), e coincide quindi con Φ(Φ(p, t0 ), t). Si verifica poi facilmente, utilizzando la formula di Leibnitz per la derivata del prodotto di funzioni reali di una variabile reale, che la (5.3) definisce un campo di vettori X ∈ X(M).  Il caso delle variet`a con bordo. Possiamo estendere senza difficolt`a la definizione dei campi di vettori anche al caso delle variet`a a bordo. Definizione 6.10. Sia M una variet`a differensiabile di dimensione m, con bordo, X ∈ X(M) e p0 ∈ ∂M. Fissiamo una carta locale (U, x) con centro in p0 U 3 p → x ∈ X(U) ⊂ {x ∈ Rm | xm ≥ 0},

x(p0 ) = 0.

Diciamo che X nel punto p0 e` diretto verso l’esterno se X p xm | x=0 < 0, tangente se X p xm | x=0 = 0, diretto verso l’interno se X p xm | x=0 < 0. La definizione non dipende dalla scelta della carta locale, perch´e la componente ∂ym /∂xm dello Jacobiano della funzione di transizione e` positiva su U ∩ V ∩ ∂M per ogni coppia di carte locali (U, x) e (V, y) di M. Abbiamo allora

100

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Proposizione 6.10. Sia M una variet`a differenziabile con bordo ed X ∈ X(M) un campo di vettori che non e` tangente a ∂M in nessun punto. Esistono allora due funzioni continue non negative δ, ε : M → R tali che    δ(p) > 0, (p) > 0 se p ∈ int(M),     δ(p) > 0, (p) = 0 se p ∈ ∂M ed X p e` diretto all’esterno,      δ(p) = 0, (p) > 0 se p ∈ ∂M ed X p e` diretto all’interno, ed un’applicazione continua ed infinitamente differenziabile fino al bordo di U ∗ tale che Φ : U ∗ = {(p, t) ∈ M × R | −δ(p) ≤ t ≤ (p)} tale che ∂Φ(p, t) = XΦ(p,t) , ∀(p, t) ∈ U ∗ , ∂t Φ(p, t + s) = Φ(Φ(p, s), t), se (p, s), (p, t + s), (Φ(p, s), t) ∈ U ∗ .  6. Inclusioni isotope Definiamo in questo paragrafo una nozione di equivalenza di inclusioni differenziabili. Definizione 6.11. Siano f0 , f1 : M → N due inclusioni differenziabili. Una isotopia tra f0 ed f1 e` un’applicazione F ∈ C ∞ (M × [0, 1], N) tale che (a) F(x, 0) = f0 (x), F(x, 1) = f1 (x) per ogni x ∈ M; (b) ft = F( · , t) ∈ C ∞ (M, N) e` un’inlcusione differenziabile per ogni t ∈ [0, 1]. La relazione di isotopia tra inclusioni differenzibili e` una relazione d’equivalenza. Lemma 6.11. Per ogni isotopia F ∈ C ∞ (M × [0, 1], N) di inclusioni differenziabili l’applicazione (6.1) F˜ : M × [0, 1] 3 (x, t) −→ (F(x, t), t) ∈ N × [0, 1] e` un’inclusione differenziabile che preserva i livelli. Viceversa, se F˜ ∈ C ∞ (M × [0, 1], N × [0, 1]) e` un’inclusione differenziabi˜ t)) e` un’isotopia di inclusioni le che preserva i livelli, allora F(x, t) = πN (F(x, differenziabili. Dimostrazione. Fissando un’inclusione differenziabile propria ψ : N → R` e considerando le applicazioni ψ ◦ F e ψ ◦ G possiamo ricondurci al caso in cui N = R` . Fissata una carta locale (U, x) in M, poich´e G(p, t) = (F(p, t), t), lo Jacobiano di G e` dato da  ∂F ∂F    ∂G   =  ∂x ∂t  .  ∂(x, t)  0 1 E` chiaro quindi che G e` un’immersione differenziabile se e soltanto se Ft e` un’immersione differenziabile per ogni t ∈ [0, 1]. Inoltre, G e` iniettiva se e soltanto se ciascuna delle Ft , per t ∈ [0, 1], e` iniettiva. 

7. CAMPI COMPLETI

101

Osservazione 6.12. Sia χ ∈ C ∞ (R) una funzione reale con    χ(t) = 0 se t ≤ 0,     0 < χ(t) < 1 se 0 < t < 1,      χ(t) = 1 se t ≥ 1. Possiamo prendere ad esempio    0     1  χ(t) =  ) exp − 1t exp( t−1      1

se t ≤ 0, se 0 < t < 1, se t ≥ 1.

Se F ∈ C ∞ (M × [0, 1], N), allora G(p, t) = F(p, χ(t)) ∈ C ∞ (M × R, N) e Gt = F0 per t ≤ 0, Gt = F1 per t ≥ 1. Potremo quindi nel seguito supporre che le isotopie siano definite per tutti i valori di t ∈ R, e localmente costanti fuori dall’intervallo [0, 1]. Notazione 6.13. Se F ∈ C ∞ (M × R, N) indicheremo nel seguito con F˜ ∈ C ∞ (M × R, N × R) l’applicazione ˜ t) = (F(p, t), t) ∈ N × R. M × R 3 (p, t) −→ F(p, 7. Campi completi Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m. Definizione 6.12. Un campo di vettori X ∈ X(M) si dice completo se per ogni x0 ∈ M la soluzione del problema di Cauchy     x˙ = X x , (7.1)    x(0) = x0 e` definita per ogni t ∈ R. Vale il criterio Proposizione 6.14. Ogni campo di vettori a supporto compatto e` completo. Teorema 6.15. Indichiamo con pr : M × R → R la proiezione sulla seconda coordinata. Ogni campo di vettori completo X su M × R, con dpr(X) = ∂/∂t induce un’isotopia dell’identit`a su M. ˜ Viceversa, se F ∈ C ∞ (M × R, M) e` un’isotopia dell’identit`a, allora d F(∂/∂t) e` un campo di vettori completo su M × R. Dimostrazione. Sia X ∈ X(M × R) un campo completo e denotiamo con Φ ∈ × R) × R, M × R) il flusso in M × R da esso definito. Scriviamo

C ∞ ((M

Φ(p, s; t) = (φ(p, s; t), τ(p, s; t)), con φ ∈ C ∞ (M×R×R, M), τ ∈ C ∞ (M×R×R, R). Abbiamo φ(p, s; 0) = p, τ(p, s; 0) = s, ∀p ∈ M, ∀s ∈ R.

102

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Poich´e X = (Y, ∂/∂s) con Y ∈ Γ(M × R, T M), e` ∂τ = 1, ∂t che, tenuto conto dei dati iniziali, ci d`a τ(p, s; t) = s + t. Posto ˜ t) = Φ(p, 0; t), F(p, abbiamo ˜ 0) = Φ(p, 0; 0) = (p, 0). F(p, La F˜ e` della forma ˜ t) = (F(p, t), t), con F(p, t) = φ(p, 0; t) F(p, e quindi preserva i livelli. Osserviamo che l’applicazione M 3 p → π M ◦ Φ(p, t; −t) ∈ M inverte Ft : M 3 p → F(p, t) ∈ M. Infatti Φ(F(p, t), t; −t) = Φ(Φ(p, 0; t), −t) = (p, 0),

∀p ∈ M, ∀t ∈ R.

Quindi, per ogni t ∈ R, Ft : p → F(p, t) e` un automorfismo di M. Viceversa, ad un’isotopia F ∈ C ∞ (M × R, M) dell’identit`a possiamo associare ˜ il campo di vettori completo X = d F(∂/∂t) su M × R.  Osservazione 6.16. Se X ∈ X(M) e` completo, allora (X, ∂/∂t) e` un campo completo in M × R. Osservazione 6.17. Se X ∈ Γ(M × R, T M) ha supporto compatto, allora (X, ∂/∂t) e` un campo di vettori completo su M × R. Esempio 6.1. Sia f ∈ C ∞ (Rn , Rn ) un diffeomorfismo, con f (0) = 0. Possiamo scrivere f nella forma Xn f i (x) = aij (x)x j per i = 1, . . . , n, con aij ∈ C ∞ (Rn ), j=1

con

∂fi (tx)dt ∈ C ∞ (Rn ). j 0 ∂x La F(x, t) = t−1 f (tx) e` un’isotopia tra il diffeomorfismo lineare ∂ f (0) f0 (x) = x ∂x ed f . Quindi ogni diffeomorfismo di Rn e` isotopo ad un diffeomorfismo lineare. Infine, poich´e GL(n, R) ha esattamente due componenti connesse per archi, possiamo concludere che ogni diffeomorfismo di Rn e` isotopo o all’identit`a o alla simmetria rispetto ad un iperpiano. aij (x)

=

Z

1

Nel suo lavoro del 1936, H. Whitney dimostr`o anche il Teorema 6.18 (isotopia delle immersioni). Se f0 , f1 : M → N sono due inclusioni differenziabili omotope di una variet`a compatta m-dimensionale M in una variet`a differenziabile N di dimensione n ≥ 2m + 2, allora f0 ed f1 sono isotope comme inclusioni differenziabili.

8. ISOTOPIE DELLO SPAZIO AMBIENTE

103

Traccia della dimostrazione. Consideriamo un’omotopia F : M × I → N tra f0 ed f1 . Per il Teorema 5.13 del Capitolo 5, possiamo supporre che l’omotopia sia ˜ t) = (F(p, t), t). restrizione di una F ∈ C ∞ (M × R, N). Consideriamo allora la F(p, ∞ Questa e` un’applicazione in C (M × R, N × R). Poich´e dim(M × R) = m + 1 e dim(N × R) = n + 1 ≥ 2m + 3 = 2(m + 1) + 1, possiamo approssimare F˜ con un’inclusione differenziabile G˜ ∈ C ∞ (M × R, N × R). Poich´e M × [0, 1] e` compatto, se G˜ e` sufficientemente vicina ad F˜ in C ∞ (M × R, N × R), possiamo, con ˜ t) = (G(p, t), t) per t in un intorno un cambiamento di variabili, ottenere che G(p, di [0, 1]. Inoltre, poich´e inclusioni differenziabili di una variet`a compatta che siano vicine sono isotope, G0 sar`a isotopa ad f0 e G1 ad f1 . Poich´e l’isotopia e` una relazione d’equivalenza, anche f0 ed f1 sono isotope.  Osservazione 6.19. Chiamiamo nodo in Rn un’inclusione differenziabile di S 1 in Rn (n ≥ 3). Sciogliere un nodo ν : S 1 → Rn significa trovare un’isotopia di ν con il nodo banale S 1 3 eiθ −→ (cos θ, sin θ, 0, . . . , 0) ∈ Rn . Sappiamo che ci sono in R3 nodi chiusi non scioglibili. Per il Teorema 6.18 tutti i nodi chiusi in Rn con n ≥ 4 sono scioglibili. In generale, possiamo considerare delle catene di m nodi, o m-link, cio`e inclusioni differenziabili λ : S| 1 t {z · · · t S}1 −→ Rn . m volte

Sciogliere una catena λ di m nodi vuol dire trovare un’isotopia di λ con la catena banale 1 S · · · t S}1 3 (eit ) j −→ (cos θ, sin θ, j, 0, . . . , 0) ∈ Rn . | t {z m volte

Per il Teorema 6.18 tutte le catene di m nodi in uno spazio Euclideo Rn , con n ≥ 4, si possono sciogliere. 8. Isotopie dello spazio ambiente Due inclusioni differenziabili f0 , f1 ∈ C ∞ (M, N) possono essere isotope senza che i complementi N \ f0 (M) ed N \ f1 (M) siano omeomorfi. Un semplice esempio e` l’inclusione in R2 di un segmento aperto e di una circonferenza privata di un punto. Introduciamo una nozione pi`u restrittiva di isotopia: Definizione 6.13. Un’isotopia ambientale tra due inclusioni differenziabili f0 , f1 ∈ C ∞ (M, N) e` una isotopia F ∈ C ∞ (N × [0, 1], N) di diffeomorfismi di N tale che    ∀q ∈ N, F0 (q) = q,   F1 ( f0 (p), 1) = f1 (p), ∀p ∈ M. Diremo allora che f0 ed f1 sono isotope nello spazio ambiente o ambientalmente isotope.

104

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

In generale l’isotopia ambientale, che implica l’omeomorfismo dei complementi delle immagini, e` pi`u restrittiva dell’isotopia. Le due relazioni coincidono per le inclusioni differenziabili di variet`a compatte. Vale infatti il seguente2: Teorema 6.20 (R. Thom). Sia F ∈ C ∞ (M × [0, 1], N) un’isotopia di inclusioni differenziabili di una variet`a M in una variet`a N. Per ogni compatto K contenuto in M esiste un’isotopia dell’identit`a G ∈ C ∞ (N × I, N) su N tale che G( f0 (p), 1) = f1 (p),

∀p ∈ K.

Dimostrazione. Possiamo supporre che F ∈ C ∞ (M × R, N) con Ft = f0 per t ≤ 0 ed Ft = f1 per t ≥ 1. Definiamo F˜ ∈ C ∞ (M × R, N × R) mediante ˜ t) = (F(p, t), t) ∈ N × R, per p ∈ M, t ∈ R. F(p, ˜ = F(M ˜ × R) e` una sottovariet`a differenziabile di N × R. ConsideriaL’immagine M ˜ ˜ T N), su M. ˜ Il supporto mo il campo di vettori (X, ∂/∂t) = d F(∂/∂t), con X ∈ Γ( M, ˜ di X e` contenuto nel compatto F(M × [0, 1]). Possiamo trovare allora un campo di vettori (Y, ∂/∂t) ∈ X(N × R), con Y ∈ Γ(N × R, T N), Y=X

su

supp Y b N × R, ˜ × [0, 1]). F(K

Il campo (Y, ∂/∂t) e` completo e quindi genera un gruppo a un parametro di diffeomorfismi di N × R che preservano i livelli. Ad esso corrisponde quindi un’isotopia dello spazio ambiente che trasforma f0 in f1 .  Osservazione 6.21. Il teorema 6.20 ci dice che inclusioni isotope di una variet`a compatta sono ambientalmente isotope. Questo non e` vero in generale per inclusioni di una variet`a M non compatta. Consideriamo ad esempio due nodi ν0 , ν1 : S 1 → S 3 con ν0 (−1) = ν1 (−1) = (0, 0, 1). Le loro restrizioni f0 , f1 : S 1 \ {−1} → S 3 \ {(0, 0, 1)} sono isotope, ma possono non essere ambientalmente isotope. Corollario 6.22. Se M e` una variet`a connessa, per ogni coppia di punti p0 , p1 ∈ M esiste un’isotopia F ∈ C ∞ (M × [0, 1], M) dell’identit`a su M con F(p0 , 1) = p1 . Corollario 6.23. Ogni inclusione differenziabile f ∈ C ∞ (S m , S n ), con n ≥ 2m+2, si estende ad una inclusione differenziabile f˜ ∈ C ∞ (Dm+1 , S n ). Dimostrazione. Poich´e n > m, f e` omotopa all’inclusione differenziabile standard ι : S m 3 (x0 , . . . , xm ) −→ (x0 , . . . , xm , 0, . . . , 0) ∈ S n . Questa si estende all’inclusione differenziabile p Dm+1 3 (x0 , . . . , xm ) −→ (x0 , . . . , xm , 1 − |x0 |2 − · · · − |xm |2 , 0, . . . , 0) ∈ S n . Per il Teorema 6.18, f e ι sono isotope e per il Teorema 6.20 lo sono con un’isotopia dello spazio ambiente. Ne segue che anche f si estende ad un’inclusione differenziabile di Dm+1 .  2R´en´e Thom: La classification des immersions, S´emin. Bourbaki 157, 1957-58

9. k-CELLE DIFFERENZIABILI

105

9. k-celle differenziabili In questo paragrafo esponiamo alcuni risultati3 relativi alle applicazioni differenziabili di dischi. Premettiamo un’osservazione sulle applicazioni differenziabili. Lemma 6.24. Siano M, N due variet`a differenziabili, di dimensione m, n, rispettivamente, e sia φ ∈ C ∞ (N, M) un’applicazione differenziabile. Se K e` un compatto di N tale che (1) f |K sia iniettiva; (2) d f (q) : T q N → T φ(q) M sia iniettiva per ogni q ∈ K, allora esiste un intorno aperto U di K in N tale che φ|U sia un’inclusione differenziabile. Dimostrazione. Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney, possiamo ridurci al caso in cui M = Rm ed N sia una sottovariet`a propria di uno spazio Euclideo R` . In particolare, possiamo considerare l’aggiunta dφ∗ (q) dell’applicazione dφ(q) : T q N → T φ(q) Rm = R` , rispetto al prodotto scalare canonico di Rm e a quello indotto su T q N dalla restrizione del prodotto scalare canonico di R` . La composta dφ∗ (p) ◦ dφ(q) e` un endomorfismo iniettivo di T q N ed abbiamo perci`o, nella norma degli operatori, inf K kdφ∗ (q) ◦ dφ(q)k2 = µ > 0. Per continuit`a otteniamo che esiste un intorno relativamente compatto W di K in N tale che ¯ Allora, applicando l’argomento del kdφ∗ (q) ◦ dφ(q)k2 ≥ (µ/2) > 0 per ogni q ∈ W. ¯ Lemma 5.4 del Capitolo 5 ad un numero finito di carte coordinate che ricoprono W, otteniamo che esistono costanti positive δ, c tali che ¯ con |q1 − q2 | ≤ δ. |φ(q1 ) − φ(q2 )| ≥ c|q1 − q2 |, ∀q1 , q2 ∈ W Questo segue dal fatto che la distanza Euclidea su ciascun sottoinsieme compatto di una carta coordinata e` equivalente alla restrizione della distanza Euclidea su R` . ¯ ×W ¯ | |q1 − q2 | ≥ δ}. La Consideriamo ora il compatto F = {(q1 , q2 ) ∈ W funzione reale |φ(q1 ) − φ(q2 )| γ(q1 , q2 ) = |q1 − q2 | e` definita e continua su F ed e` positiva nei punti di F ∩ (K × K). Essa sar`a allora ancora positiva in tutti i punti di un intorno A di F ∩ (K × K) in F. L’insieme z}|{ z}|{ ˚ ˚ U = K ∪ (π1 (A) ∩ π2 (A)) e` un intorno aperto di K in N, tale che la restrizione ad U di φ sia un’inclusione differenziabile.  Notazione 6.25. Se A e` un qualsiasi sottoinsieme della variet`a differenziabile N, indicheremo con C ∞ (A, M) l’insieme di tutte le funzioni continue f : A → M per cui esista un intorno aperto U di A in N ed un’applicazione differenziabile f˜ ∈ C ∞ (U, M) tale che f˜|A = f . Definizione 6.14. Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m e k un intero con 0 ≤ k ≤ m. Una k-cella differenziabile di M e` un’inclusione differenziabile φ ∈ C ∞ (Dk , M). 3Richard S.Palais, Extending diffeomorphisms. Proc. Amer. Math. Soc. 11, 1960 pp. 274-277

106

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

L’applicazione φ e` cio`e un’inclusione topologica ed e` la restrizione a Dk = {x ∈ Rk | |x| ≤ 1} di un’applicazione di classe C ∞ , definita su un intorno aperto U di Dk in Rk , ed a valori in M, con differenziale iniettivo in ogni punto di Dk . Per il Lemma 6.24 la φ e` la restrizione dell’inclusione differenziabile di un disco aperto B(r), con r > 1, in M. Vale il Teorema 6.26 (estensione ad un’n-cella). Se φ ∈ C ∞ (Dk , M) e` una k-cella di M, con 0 ≤ k < m, ed U un intorno aperto di φ(Dk ) in M, allora esiste una n-cella ψ ∈ C ∞ (Dm , M), con ψ|Dk = φ e ψ((Dm ) ⊂ U). Se M e` orientata, possiamo scegliere ψ in modo che mantenga l’orientazione. Dimostrazione. Il teorema e` una conseguenza del Corollario 7.17 del Capitolo 7.  Vale allora il Teorema 6.27 (Transitivit`a). Se φ, ψ ∈ C ∞ (Dk , M) sono due k-celle differenziabili di M, allora esiste un diffeomorfismo F ∈ C ∞ (M, M) tale che ψ = F ◦ φ. Se M e` orientata, e o k < m, oppure k = m e le due celle sono equi-orientate, allora possiamo scegliere il diffeomorfismo F in modo che mantenga l’orientazione. Osservazione 6.28. Il diffeomorfismo F del Teorema 6.27 pu`o essere scelto isotopo all’identit`a, in un’isotopia costante al di fuori di un compatto di M. Teorema 6.29 (di estensione). Se φ ∈ C ∞ (Dk , M) e` una k-cella differenziabile in M ed f un’inclusione differenziabile di un intorno di φ(Dk ) in M, allora esiste un diffeomorfismo F di M in s´e, uguale ad f in un intorno di φ(Dk ). Se M e` orientabile e φ ed f preservano l’orientazione, allora si pu`o ottenere una F che preservi l’orientazione e sia isotopa all’identit`a in un’isotopia costante al di fuori di un sottoinsieme compatto. 10. Collari Definizione 6.15. Sia M una variet`a differenziabile a bordo. Chiamiamo collare di ∂M un intorno aperto di ∂M in M diffeomorfo ad M × [0, 1). Per dimostrare l’esistenza di collari, dimostriamo in primo luogo il Lemma 6.30. Sia M una variet`a differenziabile a bordo. Esiste allora un campo di vettori X ∈ X(M) con X p , 0, ∀p ∈ ∂M. Dimostrazione. Fissiamo un atlante A = {Uα , xα ) | α ∈ A} di M localmente finito ed una partizione dell’unit`a {φα | α ∈ A}, mediante funzioni reali non negative di classe C ∞ e subordinata ad {Uα }. Poniamo  ∂     φα · ∂xn su Uα , Xα =  α     0 su M \ Uα ,

10. COLLARI

e sia X=

X α∈A

107

Xα .

Allora X e` ben definito ed e` un campo di vettori di classe C ∞ su M perch´e la famiglia dei supporti degli Xα e` localmente finita. Inoltre, e` Xα xβn (p) > 0,

p ∈ Uα ∩ Uβ ∩ ∂M,

se

onde X xαn (p) > 0 dimostra che X p , 0 per p ∈ ∂M.

se

p ∈ Uα ∩ ∂M 

Abbiamo quindi il Teorema 6.31. Sia M una variet`a a bordo. Ogni intorno aperto di ∂M in M contiene un collare di ∂M. Dimostrazione. Poich´e ogni intorno aperto di ∂M in M e` ancora una variet`a con bordo ∂M, baster`a dimostrare che ∂M ammette un collare in M. Per la proposizione 6.10 esiste un intorno U ∗ di M × {0} in M × R, della forma    δ(p) ≥ 0 su int(M),     ∗ U = {(p, t) ∈ M × R | −δ(p) ≤ t ≤ (p)}, con  δ(p) = 0 su ∂M,     (p) > 0 su M ed una Φ : U ∗ → M, di classe C ∞ , tale che ∂Φ(p, t) = XΦ(p,t) , ∀(p, t) ∈ U ∗ . ∂t Poich´e X p e` diretto verso l’interno, per il teorema delle funzioni implicite {(p, t) ∈ ∂M × R | 0 ≤ t < (p)} 3 (p, t) → Φ(p, t) ∈ M e` un diffeomorfismo locale. Utilizziamo il seguente Lemma 6.32. Siano M, N due spazi paracompatti ed f : N → M un omeomorfismo locale. Sia F un sottospazio chiuso di N e supponiamo che la restrizione f |F : F → f (F) sia un omeomorfismo. Allora esiste un intorno aperto U di F in N tale che f |U : U → f (U) sia un omeomorfismo.  Dimostrazione. Se A e` un aperto di N che interseca F. Poich´e f |F : F → f (F) e` per ipotesi un omeomorfismo, f (A ∩ F) e` un aperto di f (F). Potremo trovare allora un aperto G di M tale che f (A ∩ F) = G ∩ f (F). L’aperto B = A ∩ f −1 (G) sar`a allora tale che (∗)

B ∩ F = A ∩ F,

e

B ∩ f −1 ( f (F)) = B ∩ F.

Poich´e f e` un omeomorfismo locale, raffinando un ricoprimento aperto di N formato da un ricoprimento di F fatto con aperti B che soddisfino (∗) e da {F, possiamo trovare ricoprimenti aperti localmente finiti {Ui | i ∈ I} e {Vi | i ∈ I} di N ed M rispettivamente, tali che fi : Ui 3 x → f (x) ∈ Vi sia un omeomorfismo per ogni i ∈ I, se Ui ∩ F , ∅, allora Ui ∩ F = f −1 (Vi ∩ f (F)).

108

6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Siano {Ui0 | i ∈ I} e {Vi0 | i ∈ I} loro raffinamenti con U¯ i0 ⊂ Ui , Vi0 = f (Ui0 ) ⊂ = f (U¯ i0 ) ⊂ Vi . Indichiamo con J il sottoinsieme di indici i ∈ I per cui Ui0 ∩F , ∅. Dico che, per ogni coppia di indici (i, j) ∈ J × J l’insieme

V¯ i0

Wi, j = {x ∈ Ui0 | ∃y ∈ U¯ 0j t.c. y , x, f (y) = f (x)} e` chiuso in Ui0 . Infatti, se x ∈ Ui0 \ Wi, j , o x ∈ U¯ 0j ed allora Ui ∩ U j e` un intorno aperto di x che non interseca Wi, j , oppure x < U¯ 0j ed Ui0 \ f −1 (V¯ 0j ) e` un intorno di x che non interseca Wi, j . Poich´e il ricoprimento {U¯ i0 } e` localmente finito, gli insiemi [ Ai = Ui0 \ j∈I, j,i, Wi, j U¯ 0j ∩U¯ i0 ,∅

sono aperti. Allora U=

[ Ai ∩F,∅

Ai .

e` un intorno aperto di F in N, su cui la f e` iniettiva. Infatti, dico che F ∩ Wi, j = ∅ per ogni (i, j) ∈ J × J. Infatti, B = Ui soddisfa la (∗) se i ∈ J. Se quindi x ∈ Ui , y ∈ U j , con i, j ∈ J ed f (x) = f (y) ∈ f (F), allora x = y ∈ F. Quindi U contiene F. Il fatto che f |U sia iniettiva segue dalla definizione.  Utilizzando il Lemma, otteniamo che, pur di scegliere una funzione  : ∂M → {t > 0} sufficientemente piccola, possiamo supporre che {(p, t) ∈ ∂M × R | 0 ≤ t < (p)} 3 (p, t) → Φ(p, t) ∈ M sia un omeomorfismo con l’immagine. Possiamo supporre che  sia una funzione di classe C ∞ . Ponendo allora f : M × [0, 1) 3 (p, t) → Φ(p, t (p)) ∈ M otteniamo un diffeomorfismo di ∂M × [0, 1) con un intorno aperto di ∂M in M.



Corollario 6.33. Ogni variet`a a bordo si pu`o realizzare come una sottovariet`a a bordo di una variet`a senza bordo. Dimostrazione. Sia f : ∂M × [0, 1) → M un diffeomorfismo di ∂M × [0, 1) su un intorno aperto di ∂M in M. Otteniamo una variet`a senza bordo N attaccando ∂M × (−∞, 1) ad M mediante la f .  Corollario 6.34. Sia M una variet`a con bordo ∂M compatto. Supponiamo che ∂M sia unione di due chiusi disgiunti ∂M = N0 ∪ N1 ,

N0 = N¯ 0 , N1 = N¯ 1 ,

N0 ∩ N1 = ∅.

Allora esiste una funzione φ : M → [0, 1], di classe C ∞ , tale che φ−1 (0) = N0 ,

f −1 (1) = N1 .

10. COLLARI

109

Dimostrazione. Sia g : ∂M × [0, 1) → A ⊂ M un collare di ∂M in M. Sia B = int(M) Sia {ψA , ψB } una partizione dell’unit`a subordinata al ricoprimento {A, B}. Definiamo allora    se x = g(y, t) con y ∈ N0 , 0 ≤ t ≤ 1/2 t φ(x) =   (1 − t)φA (x) se x = g(y, t) con y ∈ N1 , 0 ≤ t ≤ 1/2 Poich´e la φ e` di classe C ∞ su un compatto di M, possiamo prolungarla ad una funzione di classe C ∞ su tutto M, con le propriet`a richieste. 

CAPITOLO 7

Fibrati vettoriali 1. Fibrati differenziabili Il fibrato tangente e` un esempio della struttura pi`u generale di fibrato vettoriale che definiamo ed esaminiamo in questo paragrafo. A loro volta, i fibrati vettoriali sono particolari fibrati differenziabili localmente banali: Definizione 7.1. Un fibrato differenziabile ξ e` il dato di una variet`a differenziabile E = E(ξ), che si dice il suo spazio totale, di una variet`a differenziabile B = B(ξ), che si dice la sua base, e di una sommersione differenziabile π = π(ξ) : E → B, che si dice la sua proiezione sulla base. Per ogni punto p ∈ B, l’insieme E p = E p (ξ) = π−1 (b) e` una sottovariet`a differenziabile di E, che si dice la fibra di ξ su p. Definizione 7.2. Diciamo che un fibrato differenziabile ξ e` localmente banale con fibra tipica F se (a) F e` una variet`a differenziabile; (b) per ogni p ∈ B esistono un intorno aperto U di p in B ed una φU ∈ C ∞ (U, F) che renda commutativo il diagramma π−1 (U)F

(1.1)

π×φU

FF FF π FFF #

/U×F yy yy y yy y| y prU

U.

Un diffeomorfismo φU che renda commutativo il diagramma (1.1) si dice una trivializzazione di ξ su U. Un atlante di trivializzazione di ξ e` una collezione A = {(Ua , φa ) | a ∈ A} formata da aperti Ua di B e da trivializzazioni locali E|Ua = π−1 (Ua ) 3 q −→ (π(q), φU (q)) ∈ Ua × F, con B =

S

a∈A U a . π

A volte scriveremo E −−→ B per il fibrato differenziabile ξ con E(ξ) = E, π B(ξ) = B e π(ξ) = π. La notazione E − → B significher`a che, inoltre, il fibrato F

differenziabile ξ e` localmente banale, con fibra tipica F. Definizione 7.3. Una sezione differenziabile di ξ su un aperto U di B(ξ) e` un’applicazione s ∈ C ∞ (U, E(ξ)) tale che π(ξ) ◦ s(x) = x per ogni x ∈ U. L’insieme di 111

112

7. FIBRATI VETTORIALI

tutte le sezioni differenziabili di ξ su U si indica con (1.2)

Γξ (U, E) = {s ∈ C ∞ (U, E(ξ)) | π(ξ) ◦ s(p) = p, ∀p ∈ U}.

Lemma 7.1. Sia ξ un fibrato differenziabile, τ0 ∈ E(ξ) e p0 = π(ξ)(τ0 ). Allora esistono un intorno aperto U di p0 in B(ξ) ed una sezione s ∈ Γξ (U, E(ξ)) con s(p0 ) = τ0 . Dimostrazione. Poich´e π(ξ) e` una sommersione differenziabile in tutti i punti di E(ξ), la tesi segue dal teorema delle funzioni implicite (vedi la Proposizione 3.25 del Capitolo 3).  Proposizione 7.2 (un criterio di banalit`a locale). Siano E e B variet`a differenziabili, con B connessa. Allora ogni sommersione differenziabile propria π : E → B definisce un fibrato differenziabile localmente banale. Dimostrazione. Ricordiamo che il fatto che π sia propria significa che π e` continua, chiusa, e che π−1 (K) e` compatto in E per ogni compatto K di B. Fissiamo un punto p0 ∈ B. L’insieme E p0 = π−1 (p0 ) e` una sottovariet`a compatta di E. Essa e` un retratto differenziabile d’intorno. Possiamo trovare cio`e un intorno aperto W di E p0 in E ed un’applicazione differenziabile r : W → E p0 con r(v) = v per ogni v ∈ E p0 . Poich´e π(E \ W) e` un chiuso di B che non contiene p0 , possiamo supporre che W sia un aperto della forma W = π−1 (U0 ), per un intorno aperto U0 di p0 in B. Possiamo allora definire Φ : EU0 = π−1 (U0 ) 3 v → (π(v), r(v)) ∈ U0 × E p0 . Poich´e π e` una sommersione differenziabile, la Φ e` un diffeomorfismo locale in tutti i punti v ∈ E p0 . L’insieme dei punti di EU0 in cui Φ e` un diffeomorfismo locale e` un aperto. Quindi, a meno di sotituire ad U0 un intorno pi`u piccolo di p0 in B, possiamo supporre che la Φ sia un diffeomorfismo locale in tutti i punti di EU0 . Dico che esiste un intorno aperto U di p0 in U0 tale che ΦU : π−1 (U) 3 v → Φ(v) = (π(v), r(v)) ∈ U × E p0 sia un diffeomorfismo. Indichiamo con pr2 : U0 × E p0 → E p0 la proiezione sul secondo fattore. L’insieme dei punti p ∈ U0 tali che pr2 (Φ(E p )) = E p0 e` un intorno aperto di p0 . Possiamo quindi supporre, a meno di sostituire ad U0 un intorno pi`u piccolo di p0 , che la Φ sia un diffeomorfismo locale surgettivo. Ci resta da verificare che, se U e` sufficientemente piccolo, la φU e` anche iniettiva. A questo scopo osserviamo che, poich´e Φ e` un diffeomorfismo locale, l’insieme Q = {(v, w) ∈ EU0 × EU0 | v , w, Φ(v) = Φ(w)} e` in EU0 × EU0 un chiuso disgiunto da E p0 × E p0 . Sia infatti {Uν | ν ∈ N} un sistema fondamentale di intorni relativamente compatti di p0 in U0 , con Uν+1 b Uν per ogni intero ν ≥ 0. Per la propriet`a dell’intersezione finita, esister`a un indice ν1 tale che π−1 (U¯ ν ) × π−1 (U¯ ν ) non intersechi Q. Per completare la dimostrazione, baster`a osservare che le fibre E p = π−1 (p) sono tutte diffeomorfe tra loro. Ci`o segue dalla connessione di B e dal fatto che dalla

1. FIBRATI DIFFERENZIABILI

113

prima parte della dimostrazione si ricava che, fissato un punto p0 ∈ B, l’insieme  dei p ∈ B per cui la fibra E p e` diffeomorfa ad E p0 e` aperto e chiuso in B. Proposizione 7.3. Sia ξ un fibrato differenziabile ed M una sottovariet`a differenziabile di B(ξ). Definiamo (1.3)

E| M = π(ξ)−1 (M),

π| M : E| M 3 τ → π(ξ)(τ) ∈ M.

π| M

Allora ξ| M = (E| M −−→ M) e` un fibrato differenziabile con base M.



Definizione 7.4. Il fibrato ξ| M descritto nella Proposizione 7.3 si dice la restrizione ad M del fibrato ξ. Proposizione 7.4. Se ξ e ζ sono fibrati differenziabili, allora, posto E(ξ × ζ) = E(ξ) × E(ζ), B(ξ × ζ) = B(ξ) × B(ζ), π(ξ × ζ) : E(ξ × ζ) 3 (α, β) → (π(ξ)(α), π(ζ)(β)) ∈ B(ξ × ζ), π(ξ×ζ)

ξ × ζ = (E(ξ × ζ) −−−−−→ B(ξ × ζ)) e` un fibrato differenziabile. Se ξ e ζ sono localmente banali con fibre tipiche F(ξ) ed F(ζ) rispettivamente, allora anche ξ × ζ e` localmente banale, con fibra tipica F(ξ) × F(ζ). Definizione 7.5. Il fibrato differenziabile ξ × ζ descritto nella Proposizione 7.4 si dice prodotto cartesiano dei fibrati ξ e ζ. Proposizione 7.5 (pullback). Sia ξ un fibrato differenziabile, M una variet`a differenziabile ed f : M → B(ξ) un’applicazione differenziabile. Poniamo E( f ∗ ξ) = {(p, τ) ∈ M × E(ξ) | f (p) = π(ξ)(τ)}, π( f ∗ ξ) : E 3 (p, τ) −→ p ∈ M. π( f ∗ ξ)

Allora f ∗ ξ = E( f ∗ ξ) −−−−−→ M e` un fibrato differenziabile con base M. Se ξ e` localmente banale con fibra tipica F, anche f ∗ ξ e` localmente banale con fibra tipica F. Definizione 7.6. Il fibrato f ∗ ξ descritto nella Proposizione 7.5 si dice l’immagine inversa, o pullback, di ξ mediante l’applicazione f . Definizione 7.7. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili sulla stessa base B(ξ1 ) = B(ξ2 ) = M. Chiamiamo somma di Whitney dei fibrati ξ1 e ξ2 , ed indichiamo con ξ1 ⊕ M ξ2 , l’immagine inversa del fibrato ξ1 × ξ2 mediante l’immersione canonica ι : M 3 p → (p, p) ∈ M × M di M nella diagonale di M × M. Abbiamo, in modo canonico, E(ξ1 ⊕ M ξ2 ) ' {(τ1 , τ2 ) ∈ E(ξ1 ) × E(ξ2 ) | π(ξ1 )(τ1 ) = π(ξ2 )(τ2 )}, π(ξ1 ⊕ M ξ2 )(τ1 , τ2 ) = π(ξ1 )(τ1 ) = π(ξ2 )(τ2 )}, ∀(τ1 , τ2 ) ∈ E(ξ1 ⊕ M ξ2 ). Osserviamo che, per le Proposizioni 7.3, 7.4, 7.5, se ξ1 e ξ2 sono localmente banali con fibre tipiche F1 ed F2 rispettivamente, la loro somma di Whitney ξ1 ⊕ M ξ2 e` ancora localmente banale, con fibra tipica F1 × F2 .

114

7. FIBRATI VETTORIALI

Definizione 7.8. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili. Un morfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1 → ξ2 e` il dato di una coppia di applicazioni differenziabili f : E(ξ1 ) → E(ξ2 ) e φ : B(ξ1 ) → B(ξ2 ) che rendano commutativo il diagramma f

(1.4)

E(ξ1 ) −−−−−→ E(ξ2 )          π(ξ1 ) y yπ(ξ2 ) B(ξ1 ) −−−−−→ B(ξ1 ). φ

Abbiamo Lemma 7.6. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili. Se f : E(ξ1 ) → E(ξ2 ) e` un’applicazione differenziabile ed f (E(ξ1 ) p ) ⊂ E(ξ2 ) f (p) ,

∀p ∈ B(ξ1 ),

allora esiste un unico morfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1 → ξ2 che induca f sugli spazi totali. Dimostrazione. L’unicit`a e` ovvia, in quanto la φ si ottiene per passaggio al quoziente rispetto alle proiezioni sulle basi. Per dimostrare che φ e` differenziabile, basta osservare che, se s ∈ Γξ1 (U, E(ξ1 )) per un aperto U di B(ξ1 ), allora φ|U = π(ξ2 ) ◦ s, onde φ e` differenziabile su U.  Proposizione 7.7. Sia ( f, φ) : ξ1 → ξ2 un morfismo di fibrati differenziabili. Se f : E(ξ1 ) → E(ξ2 ) e` un diffeomorfismo, anche φ : B(ξ1 ) → B(ξ2 ) e` un diffeomorfismo, e la ( f −1 , φ−1 ) : ξ2 → ξ1 e` un morfismo di fibrati differenziabili. Dimostrazione. Chiaramente φ e` bigettiva. Se W e` un aperto di B(ξ2 ) ed s2 ∈ Γξ2 (W, E(ξ2 )), allora φ−1 |W = f −1 ◦ s2 dimostra che φ−1 e` anche differenziabile.  Definizione 7.9. Un isomorfismo di fibrati differenziabili e` un morfismo ( f, φ) : ξ1 → ξ2 per cui f : E(ξ1 ) → E(ξ2 ) sia un diffeomorfismo. Un isomorfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1 → ξ2 con B(ξ1 ) = B(ξ2 ) = M e φ = id M si dice un’equivalenza. 2. Fibrati vettoriali differenziabili Definizione 7.10. Un fibrato vettoriale differenziabile di rango n e` il dato di un π fibrato differenziabile ξ = E → − B di rango n e di una struttura di spazio vettoriale reale di dimensione n su ogni fibra E x := π−1 (x), compatibile con la struttura differenziabile. Ci`o significa che le applicazioni    E ⊕ M E 3 (v, w) → v + w ∈ E,   R × E 3 (k, v) → k · v ∈ E sono differenziabili. Proposizione 7.8. Ogni fibrato vettoriale differenziabile di rango n e` localmente banale con fibra tipica Rn .

3. MORFISMI E OPERAZIONI DI FIBRATI VETTORIALI

115

π

Dimostrazione. Sia ξ = E → − B un fibrato differenziabile vettoriale di rango n. Dato un punto p0 ∈ B, fissiamo una R-base e1 , . . . , en di E p0 . Per il Lemma 7.1 possiamo trovare un intorno aperto U di p0 in B e sezioni ηi ∈ Γξ (U, E) con ηi (p0 ) = ei per i = 1, . . . , n. Per continuit`a, l’insieme U0 dei punti p di U in cui η1 (p), . . . , ηn (p) sono ancora linearmente indipendenti e` un intorno aperto di p0 in B. Allora la Xn U0 × Rn 3 (p; v1 , . . . , vn ) −→ vi ηi (p) ∈ π−1 (U0 ) i=1

e` una trivializzazione locale differenziabile di ξ in un intorno aperto del punto p0 .  Se V, W sono spazi vettoriali reali della stessa dimensione n, indichiamo con IsoR (V, W) l’insieme degli isomorfismi R-lineari di V in W. Definizione 7.11. Una trivializzazione locale di un fibrato vettoriale differenziabile π ξ = (E → − B) e` una trivializzazione locale φ : U × Rn → E|U

(2.1)

di ξ compatibile con la struttura lineare, che sia cio`e lineare sulle fibre. Potremo quindi scrivere1 (2.2)

φ(p, v) = φ(p)v,

con

σ(p) ∈ IsoR (Rn , E p )

∀p ∈ U.

Un atlante di trivializzazione di un fibrato vettoriale differenziabile ξ e` un atlante di trivializzazione di ξ in cui tutte le trivializzazioni locali siano compatibili con la struttura lineare. Chiameremo funzioni di transizione dell’atlante di trivializzazione A = {(Ua , φa )} π del fibrato vettoriale differenziabile ξ = (E → − B), le applicazioni2 gα,β ∈ C ∞ (Ua ∩ Ub , GL(n, R)), definite da (2.3)

ga,b (p) = φα (p)−1 ◦ φb (p),

∀p ∈ Ua ∩ Ub

si dicono le funzioni di transizione dell’atlante A . 3. Morfismi e operazioni di fibrati vettoriali Siano ξ1 e ξ2 due fibrati vettoriali differenziabili. Definizione 7.12. Un morfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1 → ξ2 si dice un morfismo di fibrati vettoriali reali differenziabili se e` lineare sulle fibre, se cio`e per ogni p ∈ B(ξ1 ) l’applicazione E(ξ1 ) p 3 v → f (v) ∈ E(ξ2 )φ(p) e` lineare. Se inoltre la f : E(ξ1 ) → E(ξ2 ) e` un diffeomorfismo, allora anche ( f −1 , φ−1 ) : ξ2 → ξ1 e` un morfismo di fibrati vettoriali differenziabili. In questo caso diremo che ( f, φ) : ξ1 → ξ2 e` un isomorfismo di fibrati vettoriali reali differenziabili. 1Le p → φ(p) sono sezioni del fibrato vettoriale ξ ⊗ ξ ∗ , che sar`a definito nel paragrafo B successivo. 2Osserviamo che GL(n, R) e` un aperto di Rn2 , e quindi una variet`a differenziabile di dimensione 2 n.

116

7. FIBRATI VETTORIALI

Se, ancora, B(ξ1 ) = B(ξ2 ) = M e φ = id M , diremo che la ( f, id M ) : ξ1 → ξ2 e` un’equivalenza di fibrati vettoriali reali. Dire che un fibrato differenziabile ξ di rango n e` trivializzabile equivale dunque a dire che e` isomorfo al fibrato differenziale triviale B(ξ)×V, con V spazio vettoriale reale di dimensione n. Le costruzioni dell’algebra lineare si estendono in modo naturale ai fibrati vettoriali. π

Fibrato duale. Sia ξ = E → − B un fibrato vettoriale reale di rango n. Sia G E∗ = E ∗p p∈B

l’unione disgiunta dei duali degli spazi vettoriali E p , al variare di p nella base B. Indichiamo ancora con π : E ∗ → B l’applicazione che associa il punto p ∈ B ad η ∈ E ∗p ⊂ E ∗ . Se A = {(Ua , ψa ) | a ∈ A} e` un atlante di trivializzazione per ξ, per ogni punto p ∈ Ua la ψa (p) : Rn 3 v → ψa (p, v) ∈ E p e` un isomorfismo lineare. La sua trasposta (ψ(p))∗ : E ∗p → (Rn )∗ ' Rn e` ancora un isomorfismo lineare. π Possiamo cos`ı definire su ξ∗ = E ∗ → − B un’unica struttura di fibrato vettoriale differenziabile, per cui A ∗ = {(Ua , ψ∗a ) | a ∈ A}, ove ψ∗a : Ua × Rn 3 (p, v∗ ) → [(ψa (p))∗ ]−1 v∗ ∈ E ∗ |Ua , sia un atlante di trivializzazione. Definizione 7.13. Dato un fibrato vettoriale differenziabile ξ, il fibrato vettoriale differenziabile ξ∗ definito sopra si dice il fibrato duale di ξ. Proposizione 7.9. Ogni fibrato vettoriale e` equivalente al suo fibrato duale. Dimostrazione. Sia ξ un fibrato vettoriale di rango n ed A = {(Ua , ψa ) | a ∈ A} un suo atlante di trivializzazione. Sia {φa } una partizione dell’unit`a subordinata ad {Ua | a ∈ A} con φa ∈ C ∞ (B(ξ)) e φa ≥ 0 su B(ξ). Definiamo un prodotto scalare sulle fibre di ξ mediante X (v1 |v2 ) = φa (p) · (prRn (ψa (v1 )|prRn (ψa (v2 ))Rn , p∈Ua

∀p ∈ B(ξ), ∀v1 , v2 ∈ E(ξ) p . Il prodotto scalare definisce un isomorfismo (di Riesz) ρ p : E p → E ∗p per ogni p ∈ M, che ci d`a un’equivalenza (ρ, idB ) : ξ → ξ∗ .  π

Definizione 7.14. Sia M una variet`a differenziabile e T M → − M il suo fibrato tanπ ∗ gente. Il fibrato duale T M → − M del fibrato tangente si dice il fibrato cotangente su M.

4. FIBRATI VETTORIALI E FIBRATO TANGENTE

117

Somma diretta. Se ξ1 , ξ2 sono fibrati vettoriali, di ranghi n1 ed n2 rispettivamente, allora il prodotto ξ2 × ξ2 ha una struttura naturale di fibrato vettoriale di rango n1 + n2 , con fibra sopra il punto (p1 , p2 ) ∈ B(ξ1 ) × B(ξ2 ) uguale allo spazio vettoriale somma diretta E(ξ1 ) p1 ⊕ E(ξ2 ) p2 . Se ξ1 e ξ2 hanno la stessa base B(ξ1 ) = B(ξ2 ) = M, allora la somma di Whitney ξ1 ⊕ M ξ2 e` un fibrato vettoriale differenziabile di rango n1 + n2 . Prodotto tensoriale. Dati due fibrati vettoriali differenziabili ξ1 , ξ2 , di ranghi n1 ed n2 rispettivamente, con basi B(ξ1 ) = B1 e B(ξ2 ) = B2 , definiamo il loro prodotto tensoriale ξ1 ⊗ ξ2 come il fibrato vettoriale differenziabile di rango n1 n2 con base B1 × B2 e fibra su E(ξ1 ) p1 ⊗R E(ξ2 ) p2 sul punto (p1 , p2 ) ∈ B1 × B2 . Se B1 = B2 = M, indichiamo con ξ ⊗ M ξ2 l’immagine inversa di ξ1 ⊗ ξ2 rispetto all’immersione p → (p, p) di M nella diagonale di M × M. Esso si dice prodotto di Whitney dei fibrati ξ1 e ξ2 . Fibrati tensoriali. Le operazioni di somme dirette, prodotti tensoriali, somme e prodotti di Whitney di fibrati vettoriali differenziabili sono associative e commutative, a meno di equivalenze. In particolare, fissati due interi non negativi r, s possiamo definire, a partire da π un fibrato vettoriale reale ξ = E → − B di rango n, un fibrato vettoriale differenziabile τr,s (ξ) sulla stessa base B, di rango n(r + s), con spazio totale G T r,s (E) = E p ⊗ · · · ⊗ E p ⊗ E ∗p ⊗ · · · ⊗ E ∗p . p∈B | {z } | {z } r volte

s volte

Possiamo descrivere la sua struttura di fibrato vettoriale differenziabile a partire da un atlante di trivializzazione A = {(Ua , ψa ) | a ∈ A} di ξ. L’atlante corrispondente T r,s A = {(Ua , ψa(r,s) ) | a ∈ A} di τr,s (ξ) consiste delle carte s

r

s

Ua × (Rn )⊗r ⊗ (Rn )⊗ 3 (p, t, σ) → (ψa (p))⊗ t ⊗ ([ψa (p)∗ ]−1 )⊗ σ ∈ T r,s (E)|Ua . Il fibrato vettoriale τr,s (ξ) ha rango n(r + s) e si dice la potenza tensoriale rcovariante ed s-controvariante di ξ. Definizione 7.15. Se M e` una variet`a differenziabile di dimensione m, il fibrato π π τr,s (T M → − M) si indica con T r,s M → − M e si dice il fibrato dei tensori r-covarianti ed s-controvarianti su M. 4. Fibrati vettoriali e fibrato tangente π

Definizione 7.16. Sia ξ = E → − M un fibrato differenziabile. Il fibrato verticale su E e` il nucleo del differenziale della proiezione sulla base: (4.1)

V E = {v ∈ T E | dπ(v) = 0}. π

Supponiamo ora che E → − M sia un fibrato vettoriale. Possiamo identificare M alla sezione nulla di E, mediante l’applicazione (4.2) Abbiamo allora

ι : M 3 x → 0 x ∈ E.

118

7. FIBRATI VETTORIALI π

Proposizione 7.10. Ogni fibrato vettoriale ξ = E → − M e` equivalente al pullback su M, mediante l’inclusione (4.2), del suo fibrato verticale. Dimostrazione. Sia x ∈ M e v ∈ E. Associamo a v il vettore ~v ∈ V0x E definito da ~v f =

d f (t v)|t=0 . dt

Otteniamo cos`ı un’applicazione E → V E| M = ι∗ (V E), che si verifica facilmente essere un’equivalenza di fibrati vettoriali.  π

Proposizione 7.11. Se ξ = E → − M e` un fibrato vettoriale differenziabile, allora la restrizione di T E ad M (cio`e il suo pullback mediante l’inclusione (4.2)) e` equivalente alla somma diretta di T M e della restrizione ad M del fibrato verticale: T E| M ' T M ⊕ M V E| M .

(4.3)



Utilizzando le proposizioni 7.10 e 7.11 ed il teorema d’immersione di Whitney otteniamo il π1

Teorema 7.12. Sia ξ1 = E1 −−→ M un fibrato vettoriale differenziabile. Possiamo π2 allora trovare un fibrato vettoriale differenziabile ξ2 = E2 −−→ M sulla stessa base M tale che la somma di Whitney ξ1 ⊕ M ξ2 sia equivalente ad un fibrato banale. Dimostrazione. Per il teorema d’immersione di Whitney possiamo trovare un diffeomorfismo Φ : E1 → Q ⊂ R` tra E1 ed una sottovariet`a differenziabile propria Q di uno spazio Euclideo R` . Per ogni punto y ∈ Q identifichiamo lo spazio tangente T y Q ad un sottospazio dello spazio Euclideo R` . Definiamo quindi il fibrato vettoriale NQ mediante NQ = {(y, w) ∈ Q × R` | w ⊥ T y Q}.

(4.4)

In ogni punto y di Q abbiamo allora T y R` ' R` = T y Q ⊕ Ny Q. D’altra parte, se x ∈ M, nel punto y = Φ(x) ∈ Φ(M) ⊂ Q, abbiamo T y Q = dΦ(T x M) ⊕ Φ(V x E1 ), da cui ricaviamo che Φ∗ (T R` |Φ(M) ) ' V E1 | M ⊕ M T M ⊕ M (Φ∗ NQ|Φ(M) )  ' E1 ⊕ M T M ⊕ M (Φ∗ NQ|Φ(M) ) . Poich´e T R` ' R` × R` e` un fibrato banale, ed il pullback di un fibrato banale e` ancora banale, questo completa la dimostrazione del teorema. 

6. CLASSI DI ISOMORFISMO DI FIBRATI VETTORIALI

119

5. Norme differenziabili e strutture Euclidee π

Sia ξ = (E −−→ B) un fibrato vettoriale. Indichiamo con 0E la sua sezione nulla. Definizione 7.17. Una norma differenziabile su ξ e` un’applicazione reale continua e non negativa k kE ∈ C 0 (E, R) che goda delle propriet`a: (5.1) (5.2)

kqkE > 0 se q < 0E , kk qkE = |k| kqkE ∀k ∈ R, ∀q ∈ E,

(5.3)

kq1 + q2 kE ≤ kq1 kE + kq2 kE ,

∀p ∈ B, ∀q1 , q2 ∈ E p ,

k k2E ∈ C ∞ (E).

Definizione 7.18. Una struttura Euclidea su ξ e` un’applicazione differenziabile E ⊕B E 3 (q1 , q2 ) −→ (q1 |q2 )E ∈ R bilineare simmetrica, definita positiva. Valgono cio`e (q1 , q2 )E = (q2 |q1 )E , ∀(q1 , q2 ) ∈ E ⊕B E, (q1 + q2 , q3 )E = (q1 |q3 )E + (q2 |q3 )E , ∀p ∈ B, ∀q1 , q2 , q3 ∈ E p , (kq1 |q2 )E = k(q1 |q2 )E , ∀k ∈ R, ∀(q1 , q2 ) ∈ E ⊕B E, (q|q)E > 0 ∀q ∈ E \ OE . p Osserviamo che, data una struttura Euclidea ( | )E su ξ, la kqkE = (q|q)E ≥ 0 e` una norma differenziabile su ξ. L’esistenza di norme differenziabili e` garantita quindi dalla

(5.4) (5.5) (5.6) (5.7)

Proposizione 7.13. Ogni fibrato vettoriale ξ ammette una struttura Euclidea. Dimostrazione. Sia A = {(Ui , φi )}i∈I un atlante di trivializzazione di ξ. Se ξ ha rango k, per ogni i la φi : π−1 (Ui ) 3 q −→ (π(q), φi (q)) ∈ Ui × Rk e` un’equivalenza di fibrati vettoriali. Se {χi } ⊂ C ∞ (B) e` una partizione dell’unit`a su B subordinata al ricoprimento {Ui }i∈I , la X (q1 |q2 )E = χi (π(q1 )) (φi (q1 )|φi (q2 ))Rk , ∀(q1 , q2 ) ∈ E ⊕B E, π(q1 )∈Ui

definisce una struttura Euclidea su ξ.



Definizione 7.19. Una struttura Euclidea sul fibrato tangente di una variet`a M si dice una struttura Riemanniana su M. 6. Classi di isomorfismo di fibrati vettoriali π

Ricordiamo che, se ξ = E → − M e` un fibrato vettoriale differenziabile di rango k, con base M, data un’altra variet`a differenziabile N ed un’applicazione differenziabile f : N → M di N nella base di ξ, il pullback f ∗ ξ e` il fibrato differenziabile di rango k su N, con spazio totale f ∗ E e proiezione π f definiti da     f ∗ E := E( f ∗ ξ) = {(x, v) ∈ N × E | π(v) = f (x)}, (6.1)   π f := π( f ∗ ξ)(x, v) = x, ∀(x, v) ∈ E( f ∗ ξ).

120

7. FIBRATI VETTORIALI

Se abbiamo una composizione di applicazioni differenziabili g

f

M 00 −−−−−→ M 0 −−−−−→ M π

ed un fibrato vettoriale ξ = E → − M su M, allora ( f ◦ g)∗ ξ ≡ g∗ f ∗ ξ sono canonicamente equivalenti: infatti E(( f ◦ g)∗ ξ) = {(x, v) ∈ M 00 × E | f (g(x)) = π(v)}, E(g∗ f ∗ ξ) = {(x, (y, v)) ∈ M 00 × M 0 × E | g(x) = y, f (y) = π(v)} e l’equivalenza e` definita dall’applicazione (x, (y, v)) = (x, ( f (x), v)) → (x, v). Indichiamo con Veck (M) la collezione delle classi di isomorfismo dei fibrati vettoriali di rango k sulla variet`a M. Possiamo considerarlo come un insieme puntato, ove il punto base e` costituito dalla classe d’equivalenza del fibrato banale πM M × Rk −−→ M. L’osservazione che abbiamo fatto sopra si pu`o esprimere mediante la Proposizione 7.14. Veck ( · ) e` un funtore dalla categoria delle variet`a ed applicazioni differenziabili alla categoria degli spazi puntati e delle applicazioni che preservano i punti base. Abbiamo la Proposizione 7.15 (propriet`a d’omotopia dei fibrati vettoriali). Siano M ed N variet`a differenziabili, con M compatta. Se f0 , f1 : M → N sono due applicazioni πN differenziabili omotope e ξ = E −−→ N e` un fibrato vettoriale su N, allora i fibrati f0∗ ξ ed f1∗ ξ sono isomorfi. Dimostrazione. Sia F : M × I 3 (x, t) → ft (x) ∈ N un’omotopia di classe C ∞ tra f0 ed f1 . Indichiamo con pr M : M × I 3 (x, t) → x ∈ M la proiezione sul primo fattore. Per dimostrare il teorema, sar`a sufficiente verificare che, se per un t0 ∈ [0, 1] il fibrato ft∗ ξ e` isomorfo ad un fibrato vettoriale ζ su M, ci`o e` ancora vero per tutti i fibrati ft∗ ξ con t ∈ [0, 1] e |t − t0 | <  per qualche  > 0. Consideriamo sulla variet`a compatta con bordo3 M × I i due fibrati vettoriali F ∗ ξ e pr∗M ζ e il fibrato principale Iso(F ∗ ξ, pr∗M ζ), la cui fibra su (x, t) e` l’insieme di tutti gli isomorfismi lineari λ x : E( ft∗ ξ) x → E(ζ) x . Per ipotesi questo fibrato ha una sezione σ su M × {t0 }. Il fibrato principale Iso( f ∗ E, p∗M F) e` un aperto del fibrato vettoriale η = Hom(F ∗ ξ, pr∗M ζ) = (pr∗M ζ)∗ ⊗ M×I F ∗ ξ. La sezione σ si estende a una sezione globale σ ˜ di η su M × I. La σ ˜ sar`a ancora una sezione di Iso(F ∗ ξ, pr∗M ζ) su un intorno aperto di M × t0 . Per la compattezza di M, questo intorno conterr`a M × t per tutti i t ∈ [0, 1] con |t − t0 | <  per qualche  > 0.  3Per evitare di utilizzare nella dimostrazione la variet`a compatta a bordo M × I, possiamo osservare che l’omotopia F = ( ft ) : M × I → N si estende ad un’applicazione differenziabile F˜ : M × R → N, e ragionare sulla variet`a differenziabile senza bordo M × R.

7. FIBRATI VETTORIALI SULLE SFERE

121

Osservazione 7.16. La proposizione vale anche senza l’ipotesi di compattezza su M. Ricordiamo che tutte le variet`a che consideriamo supponiamo siano paracompatte. Corollario 7.17. Ogni fibrato vettoriale sopra una variet`a contrattile e` isomorfo al fibrato banale. Esempio 7.1. Veck (S 1 ) si pu`o identificare alle classi di omotopia di applicazioni f : {±1} → GL(k, R) che mandano il punto 1 in Ik . Esso consiste quindi di due punti se k ≥ 1. Nel caso k = 1 i due fibrati corrispondono rispettivamente al cilindro (caso orientabile) e al nastro di M¨obius (caso non orientabile). 7. Fibrati vettoriali sulle sfere Decomponiamo la sfera Xn 2  S n = (x0 , x1 , . . . , xn ) xh = 1 ⊂ Rn+1 h=0

nell’unione di due celle chiuse: S n = Dn+ ∪ Dn− ,

con

Dn+ = {x ∈ S n | x0 ≥ 0},

Dn− = {x ∈ S n | x0 ≤ 0}.

Sia S n−1 = Dn+ ∩ Dn− = {x ∈ S n | x0 = 0}. Data un’applicazione continua f : S n−1 → GL(k, R), possiamo definire un fibrato vettoriale di rango r su S n incollando i fibrati banali D+n × Rk e D−n × Rk mediante la funzione d’incollamento che associa ad (x, v) ∈ S n−1 × Rk ⊂ D+n × Rk l’elemento (x, f (x)v) ∈ S n−1 × Rk ⊂ D−n × Rk . La f e` detta la funzione di clutching4. Si dimostra facilmente che Lemma 7.18. Siano f0 , f1 : S n−1 → GL(k, R) due funzioni di clutching. Se f0 ed f1 sono omotope, allora i fibrati vettoriali E f1 ed E f2 sono equivalenti. Abbiamo quindi un’applicazione naturale (7.1)

π(S n−1 , GL(k, R)) −→ Veck (S n ).

Poich´e Dn+ e Dn− sono contrattili, i fibrati vettoriali con basi Dn+ e Dn− sono banali. Da questa osservazione segue il Lemma 7.19. L’applicazione (7.1) e` surgettiva. Lo studio dell’applicazione (7.1) e` complicato dal fatto che il gruppo GL(k, R) ha due componenti connesse. E` quindi conveniente considerare dapprima i fibrati vettoriali orientati. Indichiamo con Vec+k (M) le classi di equivalenza di fibrati vettoriali orientati di rango k sulla variet`a differenziabile M. Sia GL+ (k, R) il gruppo degli endomorfismi lineari di Rk con determinante positivo. Abbiamo allora Proposizione 7.20. L’applicazione π(S n−1 , GL+ (k, R)) → Vec+k (S n ) e` bigettiva. 4“clutch” e` in inglese la frizione.

122

7. FIBRATI VETTORIALI

Per analizzare Veck (S n ), introduciamo lo spazio Vec0k (S n ) che consiste delle classi di equivalenza di fibrati vettoriali di rango k su S n che hanno un’orientazione assegnata sul punto e1 ∈ S n−1 ⊂ S n . Scegliendo le trivializzazioni su Dn± che mantengono questa orientazione assegnata, le abbiamo fissate entrambe a meno di omotopia. Otteniamo cos`ı Lemma 7.21. Vi e` una bigezione naturale π(S n−1 , e1 ; GL(k, R), GL+ (k, R)) → Vec0k (S n ). Se n ≥ 2, S n−1 e` connesso ed abbiamo quindi: Lemma 7.22. Se n ≥ 2, vi e` una bigezione naturale π(S n−1 , GL+ (k, R)) → Vec0k (S n ). Quindi l’applicazione naturale Vec+k (S n ) → Vec0k (S n ) e` una bigezione. Ne segue che Proposizione 7.23. Se n ≥ 2, ogni fibrato vettoriale reale e` orientabile, ed ha esattamente due orientazioni, che dipendono dalla scelta dell’orientazione su una singola fibra. L’applicazione (7.1) ha fibre che hanno al pi`u due elementi. Hanno un solo elemento le fibre che corrispondono a fibrati vettoriali che ammettono un automorfismo che inverte l’orientazione delle fibre, due elementi altrimenti. Osservazione 7.24. Poich´e SO(k) e` un retratto di deformazione di GL+ (k, R), abbiamo π(S n−1 , GL+ (k, R)) ' π(S n−1 , SO(k)) ' πn−1 (SO(k)).

CAPITOLO 8

Fibrato normale e intorno tubolare 1. Il fibrato normale Sia M una sottovariet`a differenziabile di dimensione m di una variet`a differenziabile N, di dimensione n. Indichiamo con1 T M N la restrizione ad M del fibrato tangente di N, che possiamo identificare al pullback di T N su M rispetto all’inclusione M ,→ N. Il differenziale dell’inclusione identifica il fibrato tangente T M di M ad un sottofibrato di T M N. Definizione 8.1. Il fibrato normale di M in N e` il quoziente νN M = T M N/T M della restrizione ad M del fibrato tangente di N rispetto al fibrato tangente di M. Abbiamo quindi la successione esatta di fibrati vettoriali (1.1)

0 −−−−−→ T M −−−−−→ T M N −−−−−→ νN M −−−−−→ 0.

In uno spazio Euclideo Rn abbiamo un’identificazione naturale di T Rn con il prodotto cartesiano Rn × Rn . Alla coppia (p, v) ∈ Rn × Rn facciamo corrispondere il vettore tangente f (p + tv) − f (p) ~v p f = limt→0 , ∀ f ∈ C ∞ (Rn ). t Se M e` una sottovariet`a differenziabile di Rn , allora νRn M = {(p, v + T p M) | p ∈ M, v ∈ Rn }. Lemma 8.1. Se M e` una sottovariet`a differenziabile di dimensione m di uno spazio Euclideo Rn , allora (1.2)

T R⊥n M = {(p, v) ∈ M × Rn | v ⊥ T p M}

e` un fibrato vettoriale di rango n − m su M, canonicamente isomorfo al fibrato normale νRn M. Dimostrazione. Si verifica che la restrizione a T R⊥n M della proiezione nel quoziente T M Rn = M × Rn 3 (p, v) −→ v + T p M ∈ νRn M e` un’equivalenza di fibrati vettoriali.  Definizione 8.2. Il fibrato T R⊥n M descritto dal Lemma 8.1 si dice il fibrato ortogonale di M in Rn . 1Per semplicit`a, indicheremo a volte con lo stesso simbolo sia il fibrato che il suo spazio totale. 123

124

8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

Siano M, N due variet`a differenziabili ed f ∈ C ∞ (M, N) un’immersione di M in N. La f definisce un’inclusione fˆ : T M → f ∗ T N di fibrati vettoriali, mediante il diagramma commutativo f∗

T MH

HH HH HH HH fˆ #

/ TN ; w ww w w ww ww πT N

f ∗T M

ove πT N : f ∗ T N = {(p, v) ∈ M × T N | π(v) = f (p)} 3 (p, v) −→ v ∈ T N. L’inclusione fˆ ci permette di identificare fˆ(T M) ad un sottofibrato vettoriale di f ∗ T M. Definizione 8.3. Chiamiamo fibrato normale dell’immersione f il fibrato quoziente ν f S = f ∗ T N/ fˆ(T M). 2. Estensione di inclusioni differenziabili Ci sar`a utile nel seguito il seguente Lemma 8.2. Siano N0 , N1 due variet`a differenziabili, M una sottovariet`a localmente chiusa di dimensine di N0 , ed f ∈ C ∞ (N0 , N1 ) un’applicazione differenziabile tale che (2.1) (2.2)

f |M e` iniettiva, ker d f (p) = {0}, ∀p ∈ M.

Allora f e` un’inclusione differenziabile di un intorno aperto U ⊂ N0 di M in N1 . Dimostrazione. Sostituendo ad N0 un intorno aperto di M in N0 , ci riconduciamo al caso in cui M sia una sottovariet`a propria di N0 . Utilizzando poi il teorema d’immersione di Whitney, possiamo supporre che N0 ed N1 siano sottovariet`a proprie di spazi Euclidei R`0 , R`1 . Dato un compatto K in N0 ed un numero reale r > 0 indichiamo con K(r) il compatto K(r) = {p ∈ N0 | dist(p, K) ≤ r}. Utilizzeremo per la dimostrazione il seguente Sublemma 8.3. Per ogni compatto K contenuto in N con le propriet`a: (2.3)

ker d f (p) = {0}, ∀p ∈ K,

f (p) , f (q) se p, q ∈ K e p , q,

possiamo trovare due costanti positive r, c > 0 tali che    ker d f (p) = {0}, ∀p ∈ K(r), (2.4)   | f (p) − f (q)| ≥ c|p − q|, ∀p, q ∈ K(r).

3. INTORNI TUBOLARI

125

Dimostrazione. Infatti, per il Lemma 5.3, esistono costanti r1 , c1 > 0 tali che    ker d f (p) = {0}, ∀p ∈ K(r1 ), (2.5)  | f (p) − f (q)| ≥ c |p − q|, se p, q ∈ K(r ) e |p − q| ≤ r .  1

1

1

La funzione

| f (p) − f (q)| |p − q| e` poi definita e continua su N0 × N0 \ ∆N0 ed ha quindi un minimo positivo sul compatto {(p, q) ∈ K × K | |p − q| ≥ r1 }. Essa rimarr`a quindi positiva in un intorno di tale compatto. Possiamo allora trovare 0 < r ≤ r1 e 0 < c ≤ c1 tali che (p, q) −→

| f (p) − f (q)| ≥ c|p − q|,

∀p, q ∈ K(r), con |p − q| ≥ r1 . 

Insieme alle (2.5), questa ci d`a le (2.4).

Sia ora {Ka }a≥0 una successione di compatti di M con M = a Ka . Possiamo costruire per ricorrenza due successioni di numeri positivi {ra }, {ca } e di compatti {La } di N0 tali che S

La = (Ka ∪ La−1 )(ra ) = {p ∈ N0 | dist(p, Ka ∪ La−1 ) ≤ ra }, ker d f (p) = {0}, ∀p ∈ La , | f (p) − f (q)| ≥ ca |p − q|, ∀p, q ∈ La . S Allora a La e` un intorno di M in N0 ed e` sufficiente scegliere un intorno aperto U0 di M in N0 affinch´e la restrizione di f determini un diffeomorfismo di U0 su un aperto U1 di N1 .  3. Intorni tubolari Definizione 8.4. Siano N una variet`a differenziabile ed M una sua sottovariet`a differenziabile. Un intorno tubolare di M in N e` un fibrato vettoriale differenziabile τ di base M il cui spazio totale U sia un intorno aperto di M in N. Esempio 8.1. Lo spazio totale E(ξ) di un fibrato vettoriale ξ e` intorno tubolare in E(ξ) della sua sezione nulla. Esempio 8.2. U = Rn+1 \{0} e` intorno tubolare in Rn+1 di S n . La struttura di fibrato vettoriale in rette di U su S n e` descritta dal diffeomorfismo di trivializzazione ! x , log |x| ∈ S n × R. U 3 x −→ |x| Esempio 8.3. Consideriamo il toro q   !2       3 2 (x, y, z) ∈ R x2 + y2 − 2 + z = 1 . M=     Un suo intorno tubolare in R3 e` U = {(x, y, z) ∈ R3 | x2 + y2 > 0} ∩ {(x, y, z) ∈ R3 | (x2 + y2 − 2)2 + z2 > 0}. Infatti, l’applicazione 2(x, y, 0) + et (x, y, z) ∈ U M × R 3 ((x, y, z), t) −→ (1 − et ) p x 2 + y2

126

8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

e` un diffeomorfismo che definisce su U una struttura di fibrato vettoriale banale, con sezione nulla M. Esempio 8.4. Siano m, n due interi con 0 ≤ m < n e sia Σ un sottospazio proiettivo di dimensione m di RPn . Scegliamo un sottospazio proiettivo Σ0 di dimensione (n − m − 1) di RPn che non intersechi Σ. Per ogni q ∈ RPn \ Σ0 il sottospazio proiettivo di dimensione (n−m) di RPn generato da q e da Σ0 interseca Σ in un unico π punto p = π(q). La τ = (RPn \ Σ0 −−→ Σ) e` un intorno tubolare di Σ in RPn . Esempio 8.5. Siano m, n due interi con 0 ≤ m < n e sia Σ un sottospazio proiettivo complesso di dimensione m di CPn . Scegliamo un sottospazio proiettivo complesso Σ0 di dimensione (n−m−1) di CPn che non intersechi Σ. Per ogni q ∈ CPn \ Σ0 il sottospazio proiettivo di dimensione (n−m) di CPn generato da q e da Σ0 interseca π Σ in un unico punto p = π(q). La τ = (CPn \ Σ0 −−→ Σ) e` un intorno tubolare di Σ in CPn . Proposizione 8.4. Ogni intorno tubolare di M in N e` equivalente al suo fibrato normale in N. πτ

Dimostrazione. Sia τ = (U −−−→ M) un intorno tubolare di M in N. Per ogni punto q ∈ U, definiamo un elemento vτ (q) ∈ T πτ (q) N mediante f (tq) − f (πτ (q)) , ∀ f ∈ C ∞ (N). vτ (q) f = limt→0 t L’equivalenza cercata ψ : U → νN M e` allora definita dal diagramma commutativo: UC C

vU

CC CC ψ CC!

/ TMN w w w ww w w π w{ w

νN M

in cui abbiamo indicato con π : T M N → νN M la proiezione nel quoziente.



Teorema 8.5 (esistenza dell’intorno tubolare). Ogni sottovariet`a localmente chiusa ammette un intorno tubolare. Dimostrazione. Sia M una sottovariet`a localmente chiusa di una variet`a differenziabile N. Sostituendo ad N un intorno aperto di M in N, possiamo supporre che M sia una sottovariet`a propria di N. Consideriamo dapprima il caso in cui M sia una sottovariet`a propria di uno spazio Euclideo Rn . Sia T ⊥ M = {(p, v) ∈ M × R` | v ⊥ T p M} il fibrato normale di M in R` . L’applicazione φ : T ⊥ M 3 (p, v) −→ p + v ∈ R` e` differenziabile. Inoltre, φ(p, 0) = p e ker dφ(p, 0) = {0} per ogni p ∈ M. Per il Lemma 8.2, la φ definisce un diffeomorfismo di un intorno aperto V di M × {0} in T ⊥ M su un intorno U di M in R` . Possiamo supporre che sia V = {(p, v) ∈ T ⊥ M | |v| < r(p)}

3. INTORNI TUBOLARI

127

per una funzione positiva r ∈ C ∞ (M). La    r(p) v   h : T M 3 (p, v) −→ h(p, v) =  p, p  ∈ V 1 + |v|2 ⊥

e` un diffeomorfismo di T ⊥ M su V. Allora la composizione ψ

T⊥M

h

/V

/( U

φ

e` un diffeomorfismo, che definisce su U una struttura di fibrato vettoriale e quindi di intorno tubolare di M in R` . Consideriamo ora il caso generale. Come abbiamo osservato, possiamo ricondurci al caso in cui M sia una sottovariet`a propria della variet`a N. Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney, possiamo supporre che N, e quindi anche M, siano sottovariet`a proprie di uno spazio Euclideo R` . Utilizziamo la trivializzazione standard T R` ' R` × R` . Abbiamo quindi le identificazioni νR` M ' T R⊥` M = {(p, v) ∈ M × R` | v ⊥ T p M},

νN M ' T N⊥ M = {(p, v) ∈ M × R` | v ∈ T p N, v ⊥ T p M}.

La proiezione ortogonale π p : R` → T p N sulle fibre definisce un epimorfismo di fibrati vettoriali π : T M R` → T M N. Poich´e T p M ⊂ T p N per ogni p ∈ M, la restrizione di π e` ancora un epimorfismo di fibrati vettoriali π : T R⊥` M −→ T N⊥ M. τ˜ M Per la prima parte della dimostrazione, M ha un intorno tubolare U˜ M −−−→ M in R` . Per la Proposizione 8.4 abbiamo un’equivalenza di fibrati vettoriali

φ M : U˜ M → T R⊥` M. Consideriamo l’applicazione differenziabile ψ : N ∩ U˜ M → T N⊥ M definita dalla composizione ψ

N ∩ U˜ M

φM

/ T ⊥` M R

$

* / T ⊥ M. N

La ψ lascia fissi i punti di M e ker dψ(p) = {0} per ogni p ∈ M. Per il Lemma 8.2 possiamo trovare una funzione positiva ρ ∈ C ∞ (M) tale che la ψ sia un diffeomorfismo di un intorno U di M in N sull’intorno aperto W = {(p, v) ∈ T N⊥ M | |v| < ρ(p)} della sezione nulla in T N⊥ M. La   µ : W 3 (p, v) −→  p, p

v ρ2 (p) − |v|2

   ∈ T N⊥ M

128

8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

e` un diffeomorfismo. La struttura di fibrato vettoriale su U e` definita allora dal diffeomorfismo λ : U → T N⊥ M che si ottiene mediante la composizione λ

U

/W ψ

) µ

/ T ⊥ M. N

 πτ

La proiezione nella base di un intorno tubolare U −−−→ M e` una retrazione di deformazione Φ(q, t) = (q, t) → (1 − t) · q ∈ U,

per

(x, t) ∈ U × [0, 1],

0 · q = πτ (q) ∈ M.

Inoltre, un intorno tubolare identifica in modo canonico il fibrato normale νN M ad un sottofibrato di T M N, perch´e la restrizione della proiezione nel quoziente $ ker dπτ | M −−→ νN M e` un’equivalenza di fibrati. Se M ed N sono orientati, anche νN M ha un’orientazione naturale, che viene scelta per convenzione come quella che rende orientata positivamente la somma diretta T M ⊕ νN M ' T M N. Proposizione 8.6. Siano M, N due variet`a ed f ∈ C ∞ (M, N) un’inclusione differenziabile propria. Allora f si estende ad un’inclusione differenziabile f˜ di ν f M in N, che ha per immagine un intorno tubolare di f (M) in N. Dimostrazione. Poich´e f e` un’inclusione differenziabile propria, l’immagine f (M) di M e` una sottovariet`a propria di N e la f∗ : T M → T f (M) N definisce per passaggio al quoziente un isomorfismo tra i fibrati vettoriali f ∗ νN f (M) ' ν f M e πτ

νN f (M). Per il Teorema 8.5, f (M) ha un intorno tubolare U −−−→ f (M) in N e, per la Proposizione 8.4 esso e` equivalente al fibrato νN f (M). Per composizione, otteniamo un diffeomorfismo di ν f M su U.  4. Unicit`a dell’intorno tubolare L’unicit`a dell’intorno tubolare e` conseguenza del seguente Teorema 8.7. Siano N una variet`a differenziabile di dimensione n, M una sua sotπξ

tovariet`a propria di dimensione m e ξ = (E −−−→ M) un fibrato vettoriale di rango k ≤ n−m, con base M, il cui spazio totale E sia una sottovariet`a differenziabile di πτ N. Se τ = (U −−−→ M) e` un intorno tubolare di M in N, allora esiste un’isotopia F ∈ C ∞ (E × [0, 1], N) dell’inclusione differenziabile E ,→ N tale che F0 = idE , F1 (E) ⊂ U, Ft (p) = p, ∀t ∈ [0, 1], ∀p ∈ M, F1 : E → U sia un monomorfismo di fibrati vettoriali. Dimostrazione. Indichiamo con ~vξ : E → V E| M l’applicazione che associa ad ogni punto q di E il corrispondente vettore tangente verticale nel punto πξ (q) di M,

` DELL’INTORNO TUBOLARE 4. UNICITA

129

con $ : T M N → νN M la proiezione nel quoziente e con h : νN M → U l’equivalenza tra il fibrato normale e l’intorno tubolare. Otteniamo per composizione ψ

E

~vξ

/ V E| M

/ νN M

$

h

/* U

un morfismo iniettivo di fibrati vettoriali. Vogliamo dimostrare che l’inclusione E ,→ N e` isotopa a ψ, in un’isotopia stazionaria su M. Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney, possiamo supporre che N sia una sottovariet`a propria di uno spazio Euclideo R` . Possiamo definire allora l’omotopia lineare Φ : E × [0, 1] 3 (q, t) −→ q + t(ψ(q) − q) ∈ R` . Per la Proposizione 5.10 del Capitolo 5, N ammette in R` un intorno W, della forma [ W= B(q, ρ(q)) q∈N ∞ C (N), su

per una funzione positiva ρ ∈ πN ∈ C ∞ (W, N), caratterizzata da:

cui e` definita la proiezione ortogonale

|x − πN (x)| < |x − q| se

q ∈ N \ {πN (x)}.

ψ−1 (W

Poich´e ∩ U) e` un intorno aperto di M in E, possiamo trovare una funzione positiva r M ∈ C ∞ (M), con r M (p) ≤ ρ(p) per ogni p ∈ M, tale che q ∈ E p ∩ B(p, r M (p)) =⇒ ψ(q) ∈ B(p, ρ(p)) ∩ U. S Posto = E ∩ p∈M B(p, r M (p)), e` (q+t(ψ(q)−q)) ∈ B(πξ (q), ρ(πξ (q))) per ogni 0 q ∈ E e possiamo quindi considerare l’applicazione differenziabile E0

Ξ : E 0 × [0, 1] 3 (q, t) −→ (πN (q + t(ψ(q) − q)), t) ∈ U × [0, 1]. Per il Lemma 8.2 la Ξ definisce un’inclusione differenziabile di un intorno V di M in E in U. Sia ~vτ : U → T U| M l’applicazione che fa corrispondere a q ∈ U il vettore verticale f (tq) − f (πτ (q)) ~vτ (q) f = limt→0 , ∀ f ∈ C ∞ (R` ). t Utilizzando l’identificazione di T U ad una sottovariet`a di T R` , e quindi T p U, per ogni p ∈ U, ad un sottospazio vettoriale di T p R` ' R` , possiamo definire kqkU = |~vτ (q)|,

∀q ∈ U,

kqkE = kh(q)k,

∀q ∈ E.

Possiamo trovare una funzione positiva δ ∈ C ∞ (M) tale che Vδ = {q ∈ E | kqkE < δ(πξ (q))} ⊂ V. Osserviamo che G : Vδ × [0, 1] 3 (q, t) −→ πN (Φ(q, t)) ∈ U e` un’isotopia di inclusioni di Vδ in U, stazionaria su M, tra l’identit`a e la restrizione di ψ a Vδ .

130

8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

La

δ(πξ (q)) H : E × [0, 1] 3 (q, t) −→ q · q ∈E δ2 (πξ (q) + tkqk2

e` un’isotopia tra l’identit`a ed un diffeomorfismo che trasforma E in Vδ . Posto Uδ = {q ∈ U | kqkU < δ(πτ (q))}, la δ(πτ (q)) L : Uδ × [0, 1] 3 (q, t) −→ q · q ∈U δ2 (π(τ(q)) − tkqk2U e` un’isotopia di diffeomorfismi in C ∞ (Uδ , U). La    H(q, 3t) per 0 ≤ t ≤ 13 ,      F(q, t) =  G(H1 (q), 3t − 1) per 13 ≤ t ≤ 23 ,      L(G1 (H1 (q)), t) per 2 ≤ t ≤ 1, 3 e` un’isotopia continua in C ∞ (E, N) tra l’inclusione di E in N e la ψ. Per ottenere un’isotopia differenziabile, e` sufficiente fissare un’applicazione non decrescente χ ∈ C ∞ (R) con    χ(t) = 0 se t ≤ 71 ,       χ(t) = 31 se 27 ≤ t ≤ 37 ,    χ(t) = 23 se 47 ≤ t ≤ 57 ,      χ(t) = 1 se t ≥ 6 7 e considerare la Ψ ∈ C ∞ (E × R, N) definita da Ψ(q, t) = F(q, χ(t)).  Corollario 8.8. Sia N una variet`a differenziabile ed M usa sua sottovariet`a localmente chiusa. Allora tutti gli intorni tubolari di M in N sono isotopi rispetto ad isotopie stazionarie su M. 5. Intorni tubolari propri Siano N una variet`a differenziabile, M una sottovariet`a localmente chiusa e πτ τ = (U −−−→ M) un suo intorno tubolare. Definizione 8.5. Una norma differenziabile su τ e` un’applicazione ρ ∈ C 0 (U) tale che    ρ(q) > 0 ∀q ∈ U \ M,       ∀q ∈ U, ∀t ∈ R, ρ(tq) = |t| ρ(q),    ρ(q1 + q2 ) ≤ ρ(q1 ) + ρ(q2 ) ∀q1 , q2 ∈ U p , ∀p ∈ M,      ρ2 ∈ C ∞ (U). Se ρ e` una norma differenziabile su τ, l’applicazione q F : U × R 3 (q, t) −→ Ft (q) = p ∈U 1 + t2 ρ2 (q) e` una isotopia di U, stazionaria su M, tra l’identit`a e l’intorno aperto Uρ di M, definito da Uρ = {q ∈ U | ρ(q) < 1}.

5. INTORNI TUBOLARI PROPRI

131

In generale, per ogni numero reale t, l’immagine Ft (U) e` un intorno aperto Utρ di M in U, definito da Utρ = {q ∈ U | |t|ρ(q) < 1} e il diffeomorfismo Ft−1 : Utρ 3 q −→ p

q 1 − t2 ρ2 (q)

∈U

πτ

definisce su τtρ = (Utρ −−−→ M) un’unica struttura di fibrato vettoriale per cui Ft−1 sia un’equivalenza di fibrati vettoriali. Con questa struttura, τtρ e` un intorno tubolare di M in N. Per ogni t , 0, le fibre Utρ p = U p ∩ Utρ sono relativamente compatte in U π

e (∂Utρ −−→ M) e` un fibrato differenziabile localmente banale su M, con fibra tipica S n−m−1 . Definizione 8.6. L’intorno tubolare τρ si dice una ρ-retrazione di τ. Definizione 8.7. Un intorno tubolare τρ che si possa ottenere da un altro intorno tubolare τ mediante una ρ-retrazione si dice proprio. Lemma 8.9. Se M e` una sottovariet`a propria di N, allora la frontiera ∂Uρ di un suo intorno tubolare proprio e` una sottovariet`a propria di N. Abbiamo: Teorema 8.10. Sia N una variet`a differenziabile. Allora (1) Ogni sua sottovariet`a localmente chiusa M ammette un intorno tubolare proprio. (2) Se M e` una sottovariet`a propria di N, allora due qualsiasi intorni tubolari propri di M in N sono ambientalmente isotopi in un’isotopia stazionaria su M. Dimostrazione. (1) e` equivalente al fatto che sia possibile definire su ogni fibrato vettoriale una norma differenziabile. A questo scopo e` sufficiente considerare un atlante di trivializzazione {(Ua , ga )}a∈A di τ e fissare una partizione dell’unit`a {χa }a∈A di classe C ∞ subordinata ad {Ua }a∈A . Posto X ρ2 (q) = φ(πτ (q)) |ga (q)|2 , a∈A p la ρ(q) = | ρ2 (q)| e` una norma differenziabile su τ e τρ e` un intorno tubolare proprio di M.  Premettiamo alla dimostrazione generale del punto (2) la discussione di un caso particolare. πτ

Lemma 8.11. Siano M una sottovariet`a propria di N e τ = (U −−→ M) un suo intorno tubolare. Se ρ, ρ0 ∈ C 0 (U) sono due norme differenziabili su τ, allora esiste un’isotopia F ∈ C ∞ (N × [0, 1], N) dello spazio ambiente, stazionaria su M, tale che Ft (U p ) = U p per ogni p ∈ M, che trasforma Uρ in Uρ0 .

132

8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

Dimostrazione. La funzione tρ(q) + (1 − t)ρ0 (q) g(q, t) = , q ∈ U \ M, t ∈ [0, 1], ρ0 (q) e` di classe C ∞ su (U \ M) × [0, 1] e di grado 0 sulle fibre, in particolare e` uniformemente limitata su ogni fibra. Quindi    g(q, t) q se q ∈ U \ M, G(q, t) =    q se q ∈ M, e` un’omotopia continua, stazionaria su M, che trasforma Uρ in Uρ0 . Inoltre, la restrizione di G ad (U \ M) × [0, 1] e` un’isotopia di diffeomorfismi di U \ M. ˜ t) = (G(q, t), t) e consideriamo il campo di vettori X˜ = (X, ∂/∂t) = Sia G(q, ˜ G∗ (∂/∂t) ∈ X((U \ M) × [0, 1]). Osserviamo che gli insiemi W0 = {(q, t) ∈ U × [0, 1] |

1 3

< tρ(q) + (1 − t)ρ0 (q) < 53 },

W1 = (N × [0, 1]) \ {(q, t) ∈ U × [0, 1] |

2 3

≤ tρ(q) + (1 − t)ρ0 (q) ≤ 43 },

formano un ricoprimento aperto di N × [0, 1], perch´e M e` un sottoinsieme chiuso di N. Se {χ0 , χ1 } e` una partizione dell’unit`a subordinata a {W0 , W1 }, allora il campo di vettori (Y, ∂/∂t) ∈ X(N × [0, 1]) con    χ0 (q, t)X(q, t) se (q, t) ∈ (U \ M) × [0, 1], Y(q, t) =    0 se (q, t) ∈ W , 1

e` completo. Il suo flusso definisce un’isotopia ambientale che trasforma Uρ in Uρ0 .  Conclusione della dimostrazione del Teorema 8.10. Ci resta da dimostrare (2) πτi

nel caso generale. Siano τi = (Ui −−−→ M), i = 0, 1, sono due intorni tubolari di M in N. Per il Corollario 8.8, esiste un’isotopia F ∈ C ∞ (U0 × [0, 1], N), stazionaria su M, dell’inclusione con un’equivalenza F1 : U0 → U1 di fibrati vettoriali. Sia ˜ t) = (F(q, t), t), F˜ ∈ C ∞ (U0 × [0, 1], N × [0, 1]). F(q, Denotiamo con πN la proiezione πN : N × [0, 1] → N. Fissiamo una norma differenziabile ρ su U0 . Allora ˜ = {(F(q, t), t) | 1 < ρ(q) < 3 } W 2

2

e` un intorno in N × [0, 1] della sua sottovariet`a propria Q˜ = {(F(q, t), t) | q ∈ U0 , t ∈ [0, 1], ρ(q) = 1}. Possiamo quindi trovare una sezione X ∈ Γ(N × [0, 1], T N) tale che   ˜ t)(∂/∂t) se ρ(q) = 1,  X(F(q, t), t) = πN∗ d F(q,  X(q, t) = 0 ˜  su N × [0, 1] \ W. Allora X˜ = (X, ∂/∂t) e` un campo di vettori completo su N ×I. Il suo flusso definisce un’isotopia ambientale tra U0,ρ ed U1,ρ0 ove ρ0 (F1 (q)) = ρ(q) per ogni q ∈ U0 . La tesi e` allora conseguenza del Lemma 8.11. 

6. IMMAGINE INVERSA DI UN VALORE REGOLARE

133

Corollario 8.12 (Teorema del disco). Sia N una variet`a connessa ed f ∈ C ∞ (Dm , N) un’inclusione differenziabile di un disco di dimensione m < n = dim N. Allora la f si estende ad un’inclusione f˜ ∈ C ∞ (Dn , N). Sia N e` connessa e siano f0 , f1 ∈ C ∞ (Dm , N) due inclusioni differenziabili del disco chiuso m-dimensionale in N. Nel caso in cui m = n, supporremo ancora che le due immersioni preservino l’orientazione2. Esiste allora un’isotopia F ∈ C ∞ (N ×[0, 1], N) dell’identit`a di N che trasformi f0 in f1 , tale cio`e che risulti F( f0 (x), 1) = f1 (x) per ogni x ∈ Dm . 6. Immagine inversa di un valore regolare Siano M, N due variet`a differenziabili ed f ∈ C ∞ (M, N). Sia q0 ∈ N e` un valore regolare di f e consideriamo la sottovariet`a V = f −1 (q0 ) di M. Il differenziale di f definisce, per ogni p ∈ V, un isomorfismo lineare ν M p V 3 [w] −→ f∗ w ∈ T q0 N. Abbiamo indicato qui con [w] la classe di equivalenza di w ∈ T p M in ν M p V = T p M/T p V. In particolare, ν M V e` un fibrato banale. Abbiamo la Proposizione 8.13. Se V e` compatta, esiste un intorno aperto U di q0 in N ed un’inclusione differenziale  : V × U → (V × U) = f −1 (U) ⊂ M che rende commutativo il diagramma 

V × UE

EE EEπU EE EE "

U.

/ f −1 (U) x x x xxf x {xx

Possiamo inoltre fare in modo che f −1 (U) sia lo spazio totale di un intorno tubolare di V in M. Corollario 8.14. Supponiamo che M sia una variet`a connessa e compatta, N una variet`a connessa ed f ∈ C ∞ (M, N) una sommersione differenziabile. Allora N e` f

compatta, f surgettiva e ξ = (M −−→ N) e` un fibrato differenziabile localmente banale.

2 Cio`e che esista un diffeomorfismo φ ∈ Diff(N) che trasformi f (0) in f (0) per cui d f −1 ◦ dφ ◦ 0 1 1

d f 0 (0) : Rn → Rn abbia determinante positivo.

CAPITOLO 9

Trasversalit`a 1. Applicazioni e sottovariet`a trasversali La nozione di trasversalit`a di sottovariet`a differenziabili e` l’equivalente, in geometria differenziale, di quella di posizione generale della geometria algebrica o di giacitura generica dell’algebra lineare. La nozione di trasversalit`a di sottovariet`a si estende ad una nozione di trasversalit`a di applicazioni differenziabili. La possibilit`a di deformare due applicazioni in modo da metterle in posizione trasversale l’una rispetto all’altra e` uno strumento fondamentale nell’applicazione alla topologia di metodi di geometria differenziale. Definizione 9.1. Siano M1 , M2 ed N tre variet`a differenziabili ed f1 ∈ C ∞ (M1 , N), f2 ∈ C ∞ (M2 , N), due applicazioni differenziabili. Diciamo che f1 ed f2 sono trasversali in (p1 , p2 ) ∈ M1 × M2 se o f (p1 ) , f (p2 ), f (p1 ) = f (p2 ) = q e d f1 (T p1 M1 ) + d f2 (T p2 M2 ) = T q N.

o

Scriviamo f1 t(p1 ,p2 ) f2 per indicare che f1 ed f2 sono trasversali in (p1 , p2 ). Diciamo che f1 ed f2 sono trasversali, e scriviamo f1 t f2 , se f1 ed f2 sono trasversali in ogni (p1 , p2 ) ∈ M1 × M2 : f1 t f2 ⇐⇒ f1 t(p1 ,p2 ) f2 , ∀(p1 , p2 ) ∈ M1 × M2 .

(1.1)

Ci`o significa che (1.2)

f1 t f2 ⇐⇒

p1 ∈ M1 , p2 ∈ M2 , f1 (p1 ) = f2 (p2 ) = q =⇒ d f1 (T p1 M1 ) + d f2 (T p2 M2 ) = T q N.

In particolare, se dim M1 + dim M2 < dim N, la condizione f1 t f2 significa che f (M1 ) ∩ f (M2 ) = ∅. Definizione 9.2. Siano M, N variet`a differenziabili, V una sottovariet`a differenziabile di N. Indichiamo con ıV : V ,→ N l’inclusione. Un’applicazione differenziabile f ∈ C ∞ (M, N) si dice trasversale a V in un punto p ∈ M se f t(p, f (p) ıV cio`e se (1.3)

o

f (p) < V,

o

f (p) = q ∈ V e d f (T p M) + T q V = T q N.

Scriveremo in questo caso f t p V. Diciamo che f e` trasversale a V, e scriviamo f t V, se lo e` in tutti i punti p ∈ M, se cio`e (1.4)

∀q ∈ V, ∀p ∈ f −1 (q),

T q V + d f (T p M) = T q N. 135

` 9. TRASVERSALITA

136

Definizione 9.3. Diciamo che due sottovariet`a differenziabili V1 , V2 di una variet`a differenziabile N si intersecano trasversalmente in q ∈ V1 ∩ V2 se T q V1 + T q V2 = T q N. Scriviamo V1 tq V2 per indicare che V1 e V2 si intersecano trasversalmente in q. Diciamo che le due sottovariet`a V1 e V2 sono trasversali in N se o

V1 ∩ V2 = ∅,

oppure

T q V1 + T q V2 = T q N, ∀q ∈ V1 ∩ V2 .

Il simbolo V1 t V2 significa che V1 e V2 sono trasversali in N. Osservazione 9.1. Siano V1 , V2 due sottovariet`a differenziabili di N. Se V1 e V2 si intersecano trasversalmente in un punto di N, allora dimV1 + dimV2 ≥ dimN. Esempio 9.1. Sia ξ un fibrato differenziabile, f ∈ C ∞ (M, E(ξ)) un’applicazione differenziabile a valori nel suo spazio totale e q ∈ B(ξ) un punto della base. Sia p ∈ f −1 (q). E` f t p Eq se e soltanto se p non e` un punto critico di π(ξ) ◦ f ed f t Eq se e soltanto se q non e` valore critico di di π(ξ) ◦ f . Esempio 9.2. Dall’esempio 9.1 otteniamo che, se M, N1 ed N2 sono variet`a differenziabili ed f ∈ C ∞ (M, N1 × N2 ), allora l’insieme dei punti p ∈ N1 tali che f t (p × N2 ) e` denso e di seconda categoria in N1 . Osservazione 9.2. Sia ξ un fibrato differenziabile. Una sottovariet`a propria N del suo spazio totale E(ξ) e` il supporto di una sezione differenziabile globale s ∈ Γ(ξ) se e soltanto se (1) per ogni p ∈ B(ξ), l’intersezione N ∩ E p contiene uno ed un solo punto s(p); (2) π(ξ)|N t E p per ogni p ∈ N. Dimostrazione. Le condizioni (1), (2) sono senz’altro necessarie. Per dimostrare che viceversa, se (1) e (2) sono verificate, allora N e` il supporto di una sezione, basta osservare che la condizione di trasversalit`a implica che la restrizione della π ad N e` una sommersione ed applicare il teorema delle funzioni implicite.  Proposizione 9.3. Siano M ed N variet`a differenziabili, V una sottovariet`a propria di N. Se f t V, allora f −1 (V) e` una sottovariet`a propria di M, che ha in M la stessa codimensione che V ha in N. Dimostrazione. Sia k la codimensione di V in N. Per ogni punto q ∈ V, possiamo trovare un intorno aperto U di q in N ed una sommersione φ ∈ C ∞ (U, Rk ) tale che V ∩ U = φ−1 (0). Per l’ipotesi che f t V, abbiamo d(φ ◦ f )(T p M) = dφ(d f (T p M)) = dφ(d f (T p M) + T q V) = dφ(T q N) = Rk , ∀p ∈ f −1 (U ∩ V). Quindi φ ◦ f e` una sommersione in ogni punto di f −1 (V ∩ U) e dunque f −1 (V) e` una sottovariet`a localmente chiusa di codimensione k di M. Essa e` un sottoinsieme chiuso di M, perch´e immagine inversa del chiuso V mediante l’applicazione continua f . 

` TRASVERSALI 1. APPLICAZIONI E SOTTOVARIETA

137

Osservazione 9.4. Possiamo utilizzare la Proposizione 9.3 per dare un’altra dimostrazione, che non utilizza nozioni omotopiche, del teorema del punto fisso di Brower. Ricordiamo che con un argomento standard ci possiamo ridurre a dimostrare che non ci sono retrazioni continue di Rn su S n−1 = ∂Dn . Utilizzando l’approssimazione, si verifica che ci`o e` equivalente al fatto che non ci siano retrazioni differenziabili di Rn su S n−1 . Supponiamo per assurdo che esista una retrazione differenziabile ρ ∈ C ∞ (Rn , S n−1 ) di Rn su S n−1 . Scegliamo allora un valore regolare q0 ∈ S n−1 di ρ. Allora ρ−1 (q0 ) e` una curva semplice propria in Rn che taglia trasversalmente S n−1 in q0 . Essa deve quindi intersecare S n−1 in un altro punto q1 , distinto da q0 . Non pu`o allora essere una retrazione. Proposizione 9.5. Siano N una variet`a differenziabile di dimensione n ed M1 , M2 due sue sottovariet`a differenziabili localmente chiuse, di dimensioni m1 ed m2 rispettivamente, che si intersecano trasversalmente in un punto p0 ∈ M1 ∩ M2 . Sia m0 = m1 + m2 − n. Esiste allora una carta coordinata (U, x) di N, con centro in p0 , tale che M1 ∩ U = {p ∈ U | xi (p) = 0, per m1 < i ≤ n}, M2 ∩ U = {p ∈ U | xi (p) = 0, per m0 < i ≤ m1 }, M1 ∩ M2 ∩ U = {p ∈ U | xi (p) = 0, per m0 < i ≤ n}. Dimostrazione. Poich´e M1 ed M2 sono localmente chiuse in N, possiamo trovare un intorno aperto W di p0 in N e funzioni f m1 +1, . . . , f n, gm2 +1, . . . , gn ∈ C ∞ (W) tali che M1 ∩ W = { f m1 +1 = 0, . . . , f n = 0},

d f m1 +1 (p) ∧ · · · d f n (p) , 0, ∀p ∈ W,

M2 ∩ W = {gm2 +1 = 0, . . . , gn = 0},

dgm2 +1 (p) ∧ · · · dgn (p) , 0, ∀p ∈ W.

La condizione che N1 ed N2 si intersechino trasversalmente in p0 significa che d f m1 +1 (p0 ) ∧ · · · ∧ d f n (p0 ) ∧ dgm2 +1 (p0 ) ∧ · · · ∧ dgn (p0 ) , 0. Infatti, se cos`ı non fosse, esisterebbe un covettore ξ ∈ T p∗0 N \ {0}, con X X 0,ξ= ai d f i (p0 ) = bi dgi (p0 ), ai , bi ∈ R, m1 1.

Siano A = {x ∈ S n | x0 > −1}, B = {x ∈ S n | x0 < 1}. Poich´e A e B sono diffeomorfi ad Rn , ed A ∩ B e` connesso, otteniamo dalla successione di Mayer-Vietoris gli isomorfismi H q (S n ) ' H q−1 (A ∩ B), se q , 0, 1, e la successione esatta 0 −−−−−→ H 0 (S n ) ' R −−−−−→ R ⊕ R −−−−−→ H 0 (A ∩ B) ' R −−−−−→

H 1 (S n )

−−−−−→

0.

Dalla successione esatta ricaviamo che = 0 se n > 1. Infine, A ∩ B si retrae per deformazione su S n−1 = {x ∈ S n | x0 = 0}. Vedremo che questo d`a H q (A ∩ B ' H q (S n−1 ) per ogni q ∈ Z. Ricaviamo cos`ı per ricorrenza, utilizzando l’esempio precedente, che    R se q = 0, n, q n H (S ) '   0 se q , 0, n. H 1 (S n )

Esempio 13.3. Sia Σ un iperpiano dello spazio proiettivo reale RPn . Possiamo supporre che Σ = {x0 = 0}. Allora A = {(x1 )2 + · · · + (xn )2 > 0} e` lo spazio totale di un intorno tubolare di Σ in RPn . Sia B = RPn \ Σ. Abbiamo allora A = {(x1 )2 + · · · + (xn )2 > 0} ' RPn−1 × R, B = {x0 , 0} ' Rn , A ∪ B = RPn , A ∩ B ' Rn \ {0}. Abbiamo le equivalenze omotopiche A ' RPn−1 , B ' {0}, A ∩ B ≡ S n1 .

4. LE SUCCESSIONI DI MAYER-VIETORIS

209

Abbiamo perci`o la successione esatta in coomologia · · · −−−−−→ H q−1 (S n−1 ) −−−−−→ H q (RPn ) −−−−−→ H q (RPn−1 ) ⊕ H q ({0}) −−−−−→ H q (S n−1 ) −−−−−→

···

Per n = 2 otteniamo la successione esatta 0 −−−−−→ H 1 (RP2 ) −−−−−→ R −−−−−→ R −−−−−→ H 2 (RP2 ) −−−−−→ 0. Poich´e RP2 e` semplicemente connesso, H 1 (RP2 ) = 0 e quindi anche H 2 (RP2 ) = 0. Si dimostra allora per ricorrenza che       R se q = 0, 2m + 1, R se q = 0, q 2m+1 q 2m H (RP )= H (RP ) =    0 altimenti, 0 altimenti. Esempio 13.4. Siano m, n interi con 1 ≤ m < n e sia Σ un m-piano di RPn . Sia M = RPn \ Σ. Scegliamo un (n−m−1)-piano Σ0 di RPn con Σ ∩ Σ0 = ∅. Per ogni q ∈ M, l’(m + 1)-piano per q e Σ interseca Σ0 in uno ed un solo punto p = π(q). π Poich´e (qΣ) \ Σ ' Rm+1 , la τ = (M −−→ Σ0 ) definisce un intorno tubolare di Σ0 in RPn , con spazio totale M. L’(n−m−1)-piano Σ0 e` quindi un retratto di deformazione di M. Otteniamo perci`o H q (RPn \ RPm ) ' H q (RPn−m−1 ),

∀q > 0.

Ad esempio,    R H q (RP3 \ RP1 ) =   0    R H q (RP5 \ RP1 ) =   0    R H q (RP5 \ RP2 ) =   0    R H q (RP5 \ RP3 ) =   0

se q = 0, 1, altrimenti, se q = 0, 3, altrimenti, se q = 0, altrimenti, se q = 0, 1 altrimenti.

Esempio 13.5. Consideriamo ora lo spazio proiettivo CPn . Sia Σ = {z0 = 0} un suo iperpiano. Allora A = {|z1 |2 + · · · + |zn |2 > 0} e` lo spazio totale di un suo intorno tubolare in CPn . Poniamo B = CPn \ Σ. Allora A = {|z1 |2 + · · · + |zn |2 > 0} ' CPn−1 , B = CPn \ Σ = Cn ' {0}, A ∪ B = CPn , A ∩ B = Cn \ {0} ' S 2n−1 ,

210

` 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

ove ' indica equivalenza omotopica. Otteniamo allora la successione esatta: 0 −−−−−→ H 1 (CPn ) −−−−−→ H 1 (CPn−1 ) −−−−−→ H 1 (S 2n−1 ) −−−−−→ H 2 (CPn ) −−−−−→

···

−−−−−→ H q−1 (S 2n−1 )

−−−−−→ H q (CPn ) −−−−−→ H q (CPn−1 ) −−−−−→ H q (S 2n−1 ) −−−−−→ Otteniamo allora

···

H q (CPn ) ' H q (CPn−1 ),

∀q ≤ 2n − 2,

Ricaviamo perci`o, per ricorrenza,    R q n H (CP ) =   0

H 2n−1 (CPn ) = 0,

H 2n (CPn ) = R.

se q = 0, 2, . . . , 2n, se q = 1, 3, . . . , 2n − 1.

Esempio 13.6. Siano m, n due interi con 1 ≤ m < n e Σ un m-piano proiettivo complesso in CPn . Se scegliamo un (n−m−1)-piano proiettivo complesso Σ0 che non intersechi Σ, l’applicazione che fa corrispondere ad ogni punto q di M = CPn \ Σ l’unico punto p = π(q) di Σ0 in cui l’(m+1)-piano proiettivo complesso per Σ e q π interseca Σ0 definisce un intorno tubolare τ = (M −−→ Σ0 ) di Σ0 in CPn . Otteniamo perci`o   R se q = 0, 2, . . . , 2(n−m−1),  H q (CPn \ CPm ) =   0 altrimenti. Esempio 13.7. Siano M ed N due sottovariet`a proprie connesse di Rn che si intersechino in un punto p0 . Possiamo scegliere due loro intorni tubolari con spazi totali A e B la cui intersezione A ∩ B sia un intorno contrattile di p0 . Dalla successione esatta di Mayer-Vietoris possiamo allora dedurre che H 0 (A ∩ B) = R,

H q (A ∪ B) = H q (A) ⊕ H q (B),

per ogni q > 0.

Esempio 13.8. Siano M una variet`a connessa di dimensione m ≥ 2, p0 ∈ M ed N = M \{p0 }. Allora H q (M) ' H q (N) per ogni q , m, m − 1. Infatti, se A e` un intorno contrattile di p0 in M, l’intersezione A∩ N e` omotopicamente equivalente alla sfera S m−1 . La successione di Mayer-Vietoris ci d`a quindi l’isomorfismo desiderato se 1 ≤ q ≤ m − 2. Abbiamo poi la successione esatta 0 −−−−−→ H m−1 (M) −−−−−→ H m−1 (N) −−−−−→ R −−−−−→ H m (M) −−−−−→ H m (N) −−−−−→ 0. Una variet`a connessa di dimensione m ha m-esimo gruppo di coomologia di de Rham uguale ad R se compatta ed orientabile, uguale a 0 altrimenti. Avremo quindi H m−1 (M) ' H m−1 (N) se M e` compatta e orientabile, H m−1 (N) ' H m−1 (M) ⊕ R altrimenti. Esempio 13.9. Siano M1 , M2 due variet`a connesse di dimensione m. Allora H q (M1 ]M2 ) = H q (M1 ) ⊕ H q (M2 )

se

q , m − 1, m.

4. LE SUCCESSIONI DI MAYER-VIETORIS

211

Esempio 13.10. Introduciamo su Rn \ {0} la relazione di equivalenza x ∼ y ⇐⇒ y = 2k x, con k ∈ Z. Allora M = (Rn \ {0})/ ∼ ha un’unica struttura di variet`a differenziabile di dimensione n per cui la proiezione nel quoziente π : Rn \ {0} → M sia un diffeomorfismo locale. Per n = 1 la M e` diffeomorfa ad S 1 e per n = 2 al toro T 2 = S 1 × S 1 . Supponiamo quindi nel seguito che n ≥ 3. Possiamo ricoprire M con i due aperti   A = π({1 < |x| < 2}), B = π 32 < |x| < 3 . Allora A e B sono omotopicamente equivalenti ad S n−1 ed A∩B all’unione disgiunta di due copie di S n−1 . Otteniamo allora la successione esatta di Mayer-Vietoris: 0 −−−−−→

R

−−−−−→ R ⊕ R −−−−−→ R ⊕ R

−−−−−→ H 1 (M) −−−−−→

0

0 −−−−−→ H q (M) −−−−−→ 0 0 −−−−−→

H m−1 (M)

per 2 ≤ q ≤ m − 2

−−−−−→ R ⊕ R −−−−−→ R ⊕ R

−−−−−→ H m (M) = R −−−−−→ 0. Otteniamo perci`o    R se q = 0, 1, (m − 1), m, q H (M) =   0 altrimenti. Costruiamo ora la successione esatta di Mayer-Vietoris per le forme a supporto compatto. Lemma 13.10. Siano A, B due aperti della variet`a differenziabile M. Allora, per ogni intero non negativo q abbiamo la successione esatta (4.4)

α

q

q

q

β

q

0 → Ωc (A ∩ B) −−−−−→ Ωc (A) ⊕ Ωc (B) −−−−−→ Ωc (A ∪ B) → 0

ove    α( f ) = f ⊕ f   β( f ⊕ g) = f − g

q

∀ f ∈ Ωc (A ∩ B), q q ∀ f ∈ Ωc (A), g ∈ Ωc (A ∩ B).

Dimostrazione. L’iniettivit`a di α e il fatto che l’immagine di α sia il nucleo di β sono ovvii. La surgettivit`a di β e` conseguenza della partizione dell’unit`a. Se φA , φB ∈ C ∞ (A ∪ B) e supp φA ⊂ A, supp φB ⊂ B, e φA + φB = 1 su A ∪ B, allora, q data f ∈ Ωc (A ∪ B), possiamo definire fA = φA f, Allora fA ∈

q Ωc (A), fB



q Ωc (B)

fB = φB f.

ed fA − fB = f su A ∪ B.

Come conseguenza abbiamo



` 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

212

Teorema 13.11 (Mayer-Vietoris pei supporti compatti). Siano A, B due aperti della variet`a differenziabile M. Abbiamo allora una successione esatta lunga per la coomologia di de Rham a supporti compatti: q−1

q−1

q−1

−−−−−→ Hc (A) ⊕ Hc (B) −−−−−→ Hc (A ∪ B)

···

q

q

q

Hc (A) ⊕ Hc (B)

−−−−−→ Hc (A ∩ B) −−−−−→

q+1

q+1

q+1

q

−−−−−→ Hc (A ∪ B)

−−−−−→ Hc (A ∩ B) −−−−−→ Hc (A) ⊕ Hc (B) −−−−−→

···

5. La dualit`a di Poincar´e Definizione 13.3. Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m. Un buon ricoprimento di M e` un suo ricoprimento aperto U = {Ui } per cui ogni intersezione non vuota Ui1 ∩ · · · Uik sia diffeomorfa ad Rm . Introducendo una metrica Riemanniana su M e scegliendo intorni aperti convessi (vedi il Teorema ?? del Capitolo 19) possiamo dimostrare il Teorema 13.12. Ogni variet`a differenziabile M ammette un buon ricoprimento. Ogni ricoprimento aperto di una variet`a differenziabile M ammette un buon raffinamento. Teorema 13.13. Se una variet`a M ammette un buon ricoprimento finito, allora sia la sua coomologia di de Rham che la sua coomologia di de Rham coi supporti compatti hanno dimensione finita. Se inoltre M e` una variet`a differenziabile orientabile di dimensione m, la forma bilineare Z m−q (5.1) ( f, g) → f ∧ g, per f ∈ Ωq (M), g ∈ Ωc (M) M

definisce per passaggio al quoziente un accoppiamento di dualit`a tra H q (M) ed m−q Hc (M). Dimostrazione. Ragionando per induzione sulla cardinalit`a di un buon ricoprimento, ed utilizzando le successioni esatte di Mayer-Vietoris, si dimostra facilmente la finitezza dei gruppi di coomologia di de Rham, sia con supporti chiusi che con supporti compatti. Supponiamo ora che M sia orientabile, in modo da poter definire senza ambiguit`a l’integrale su M delle n-forme. Se f e g sono chiuse, ed una delle due esatta, abbiamo Z f ∧ g = 0. M

Ωq−1 (M),

Se infatti f = du, con u ∈ allora f ∧ g = d(u ∧ g), con u ∧ g ∈ Ωcm−1 (M), e quindi l’integrale (5.1) e` nullo per la formula di Stokes. Se g = dv con v ∈ q−1 Ωc (M), allora ancora w = (−1)q f ∧ v ∈ Ωcm−1 (M) e l’integrale (5.1) e` nullo per la formula di Stokes perch´e f ∧ g = dw. Dimostriamo ora che (5.1) definisce un accoppiamento di dualit`a tra i gruppi di coomologia. Osserviamo che questo e` vero se M = Rm . Possiamo quindi ragionare per induzione, supponendolo vero per variet`a M che ammettano un buon

` DI POINCARE´ 5. LA DUALITA

213

ricoprimento che consista di al pi`u un certo numero ` ≥ 1 di aperti, e dimostrandolo quindi per variet`a che ammettano un buon ricoprimento con ` + 1 aperti. Siamo U, V due aperti di M e definiamo    m−q     A1 = H q (U ∩ V), B1 = Hc (U ∩ V) ∗ ,          m−q m−q      A2 = H q (U) ⊕ H q (V), B2 = Hc (U) ∗ ⊕ Hc (V )∗ ,          q A3 = H q (U ∪ V), B3 = Hc (U ∪ V) ∗ ,          m−q−1     A4 = H q+1 (U ∩ V), B4 = Hc (U ∩ V) ∗ ,           A5 = H q+1 (U) ⊕ H q+1 (V), B5 = Hcm−q−1 (U)∗ ⊕ Hcm−q−1 (V)∗ , ove V ∗ denote il duale dello spazio vettoriale di dimensione finita V. La (5.1) definisce le frecce verticali del diagramma commutativo a righe esatte f1

f2

f3

f4

g1

g2

g3

g4

A1 −−−−−→ A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4 −−−−−→ A5                    α α α α1  α      3 5 4 2 y y y y y B1 −−−−−→ B2 −−−−−→ B3 −−−−−→ B4 −−−−−→ B5 , ove le gi sono ottenute per dualit`a da quelle della successione esatta di MayerVietoris per i supporti compatti. Se M ammette un buon ricoprimento consistente S di ` + 1 aperti U0 , U1 , . . . , U` e scegliamo U = U0 , V = `j=1 U j , allora U, V ed U ∩ V ammettono buoni ricoprimenti con al pi`u ` aperti. Per l’ipotesi induttiva ne segue che α1 , α2 , α4 , α5 sono isomorfismi e dunque, per il lemma dei cinque, anche m−q α3 e` un isomorfismo, che identifica H q (M) = H q (U ∪ V) al duale di Hc (M).  Corollario 13.14. Sia M una variet`a differenziabile orientabile che ammette un buon ricoprimento finito. Sia α ∈ Ωq (M). Condizione necessaria e sufficiente affinch´e α ∈ B q (M) e` che Z m−q (5.2) α ∧ η = 0, ∀η ∈ Zc (M). M

Sia α ∈

q Ωc (M).

(5.3)

q

Condizione necessaria e sufficiente affinch´e α ∈ Bc (M) e` che Z α ∧ η = 0, ∀η ∈ Z m−q (M). M

Dimostrazione. Supponiamo che α ∈ Ωq (M) soddisfi la (5.3). Abbiamo in particolare Z Z m−q+1 q+1 (dα) ∧ θ = (−1) α ∧ dθ = 0, ∀θ ∈ Ωc (M), M

M

e quindi α ∈ Z q (M). Se fosse [α] , 0 in H q (M), per il Teorema 13.13 potremmo m−q trovare una η ∈ Zc (M) con Z α ∧ η , 0. M

Quindi α ∈ B q (M). La dimostrazione nel caso delle forme a supporto compatto e` analoga.  In particolare abbiamo:

` 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

214

Teorema 13.15. Se M e` una variet`a differenziabile compatta e orientabile di dimensione m, allora dimR H q (M) = dimR H m−q (M) < +∞

(5.4)

e la (5.1) definisce un accoppiamento di dualit`a tra H q (M) ed H m−q (M). In particolare, per una variet`a differenziabile connessa, compatta ed orientabile di dimensione m e` H m (M) ' R. Osservazione 13.16. L’enunciato non vale, in generale, nel caso di variet`a non orientabili. Infatti, per uno spazio proiettivo reale di dimensione pari 2m abbiamo R = H 0 (RP2m ) , H 2m (RP2m ) = 0. Esempio 13.11. Sia M una superficie orientabile di genere g. Possiamo ottenere M da un poligono chiuso P di 4g identificando a coppie i suoi lati secondo la formula −1 −1 −1 ∂P = a1 b−1 1 a1 b1 · · · ag bg ag bg . Sia π : P → M la proiezione nel quoziente. Uti˚ ' R2 , B = π(P\{p0 }) lizziamo un ricoprimento di M mediante i due aperti A = π(P) ˚ L’intersezione A ∩ B e` omotopicamente equivalente ad S 1 . per un punto p0 ∈ P. Per l’Esempio 13.7, poich´e B si retrae su un bouquet di 2q circonferenze, otteniamo che H 1 (B) = H 1 (S 1 ) ⊕ · · · ⊕ H 1 (S 1 ) = R2g . Per Mayer-Vietoris abbiamo allora | {z } 2q volte

la successione esatta 0 −−−−−→ H 1 (M) −−−−−→ R2g −−−−−→ R −−−−−→ H 2 (M) −−−−−→ 0. Per la dualit`a di Poincar´e abbiamo H 2 (M) ' H 0 (M) = R e quindi H 1 (M) = R2g . Osservazione 13.17. I gruppi di coomologia H q (M) hanno in generale, anche quando non siano di dimensione finita, una struttura naturale di spazi di Fr´echet. Se m−q M e` orientabile, i gruppi Hc (M) sono ancora i loro duali topologici, con opportuna topologia di spazi vettoriali topologici. L’accoppiamento di dualit`a e` sempre definito dalla (5.1). 6. Grado di un’applicazione Dal Teorema 13.15 segue: Teorema 13.18. Siano M, N due variet`a connesse, compatte, orientabili, della stessa dimensione m. Se f : M → N e` un’applicazione differenziabile, esiste un numero intero k tale che Z Z ∗ φ, ∀φ ∈ Ωm (N). (6.1) f φ=k M

N

Definizione 13.4. Il numero intero k nella formula (6.1) si dice il grado dell’applicazione f e si denota con deg( f ). Con una dimostrazione analoga a quella del Teorema 11.15 del Capitolo 11 possiamo dimostrare

¨ 7. LA FORMULA DI KUNNET

215

Teorema 13.19. Siano M, N due variet`a connesse, compatte, orientabili, della stessa dimensione m ed f ∈ C ∞ (M, N). Allora il grado di f e` la somma algebrica delle segnature di d f (p), per p che varia nella controimmagine f −1 (q) di un valore regolare q ∈ N di f , ed e` zero se f non e` surgettiva.  Esempio 13.12. Su S 1 = {z = eiθ ∈ C | |z| = 1} la forma differenziale 1 2π dθ

1 dz 2π i z

=

= − 2π1 i

d¯z z¯

definisce l’orientazione ed ha integrale 1. ¯ ed f (z) , 0 per z ∈ S 1 , la Se f ∈ O(D) ∩ C ∞ (D) (6.2)

g : S 1 3 z −→

f (z) ∈ S1 | f (z)|

e` un’applicazione di classe C ∞ . Per calcolarne l’indice, osserviamo che  1 g∗ ( 2π dθ) = 2π1 i d log g = 2π1 i d log f (z) − 12 d log f (z) f¯(z) (6.3) f 0 (z)dz f¯0 (z)d¯z  . = 4π1 i − f (z) f¯(z) Otteniamo allora deg(g) = (6.4) =

1

Z 1 4π i

S 1

Z 1 2π i

S

f 0 (z)dz f¯0 (z)d¯z  − f (z) f¯(z) 0 X f (z)dz = νz ( f ), z∈D f (z)

ove νz ( f ) e` la molteplicit`a di zero di f in z. Pi`u in generale se f ∈ M (D) ∩ C ∞ (D¯ \ f −1 (∞)) e` una funzione meromorfa su D, che si prolunga ad una funzione C ∞ in un intorno di S 1 , e definiamo g mediante la (6.2), il grado di g e` ancora definito dalla (6.4), ove νz ( f ) indica l’intero per cui ζ → (ζ − z)ν f (z) f (ζ) e` definita, olomorfa e non nulla in un intorno di z in D, e` cio`e o l’ordine di zero o l’opposto dell’ordine di polo di f in z. ¨ 7. La formula di Kunnet Teorema 13.20 (formula di K¨unnet). Siano M ed N due variet`a differenziabili, di dimensioni m ed n, rispettivamente. Supponiamo che M ammetta un buon ricoprimento finito 2. Allora vale la formula di K¨unnet3  Lm q j q− j (N),   H (M × N) ' j=0 H (M) ⊗ H L (7.1) per ogni q ∈ N.  m q− j j  Hcq (M × N) ' j=0 Hc (M) ⊗ Hc (N), 2Il teorema vale anche sotto l’ipotesi meno restrittiva che i gruppi di coomologia di M siano

di dimensione finita. Nel caso in cui n´e i gruppi di coomologia di de Rham di M n´e tutti quelli di N siano tutti di dimensione finita, la tesi vale ancora, purch´e i prodotti tensoriali nella formula di K¨unnet si intendano calcolati nel senso degli spazi vettoriali topologici. 3 Otto Hermann Lorenz K¨unneth (Neustadt an der Haardt, 6 luglio 1892 – Erlangen, 7 maggio 1975) topologo algebrico tedesco.

` 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

216

Dimostrazione. Siano (7.2)

M

M × NG

w ww ww w w w{ w πM

GG π GG N GG GG #

N

le proiezioni del prodotto M×N sui singoli fattori, e sia Ωq1 (M)⊗Ωq2 (N) il prodotto tensoriale algebrico di Ωq1 (M) ed Ωq2 (N). I suoi elementi sono le somme finite Xr (7.3) f = π∗M (g j ) ∧ π∗N (h j ), con g j ∈ Ωq1 (M), h j ∈ Ωq2 (N). j=1

Abbiamo inclusioni naturali M Z q1 (M)⊗Z q2 (N) ,→ Z q (M × N), q1 +q2 =q

M

B q1 (M)⊗B q2 (N) ,→ B q (M × N),

q1 +q2 =q

che definiscono applicazioni M (7.4) H q1 (M)⊗H q2 (N) −→ H q (M × N). q1 +q2 =q

Fissiamo due aperti U, V di M e poniamo L  q1 q2  A1 =   q1 +q2 =q H (U ∩ V)⊗H (N),  L   q2 q1 q1   A2 =  q1 +q2 =q (H (U) ⊕ H (V))⊗H (N),  L   q2 q1 A3 =  q1 +q2 =q H (U ∪ V)⊗H (N),   L   q2 q1   A4 =  q1 +q2 =q+1 H (U ∩ V)⊗H (N),  L   q2  q1 q1 A5 = q1 +q2 =q+1 H (U) ⊕ H (V) ⊗H (N),    B1       B2     B3       B4      B5

= = = = =

H q ((U ∩ V) × N), H q (U × N) ⊕ H q (V × N), H q ((U ∪ V) × N), H q+1 ((U ∩ V) × N), H q+1 (U) ⊕ H q1 (V × N),

Per la successione esatta di Mayer-Vietoris, otteniamo un diagramma commutativo a righe esatte

(∗)

f1

f2

f3

f4

g1

g2

g3

g4

A1 −−−−−→ A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4 −−−−−→ A5                α5  α3  α4  α2  α1       y y y y y B1 −−−−−→ B2 −−−−−→ B3 −−−−−→ B4 −−−−−→ B5 ,

dove le αi sono definite dalle (7.4), sostituendo ad M le sottovariet`a U, V, U ∩ V. Dimostreremo quindi la formula di K¨unnet per induzione sul numero di aperti di

` ORIENTATA 8. DUALE DI POINCARE´ IN UNA SOTTOVARIETA

217

un buon ricoprimento di M. Infatti, con una dimostrazione analoga a quella del Lemma 11.5 del Capitolo 11, si dimostra che H q (Rm × N) ' H q (N),

∀q ∈ N,

e quindi la formula di K¨unnet vale quando M = Rm . Supponiamo che essa valga per ogni variet`a M che ammetta un buon ricoprimento con al pi`u k aperti, per qualche k ≥ 1. Se {U0 , . . . , Uk } e` un buon ricoprimento di una variet`a M, che consiste di k + 1 aperti, consideriamo il diagramma (∗) con U = U0 e V = U1 ∪ · · · ∪ Uk . Allora, per l’ipotesi induttiva, α1 , α2 , α4 , α5 sono isomorfismi. Per il  lemma dei cinque anche α3 e` un isomorfismo. Con analoga dimostrazione otteniamo π

Teorema 13.21 (Leray-Hirsch). Sia E → − M un fibrato differenziabile, con fibra tipica F. Supponiamo che M abbia un buon ricoprimento finito e che per ogni inq q tero non negativo q vi siano delle classi di coomologia e1 , . . . , eνq ∈ H q (E) tali che il loro pull-back su ciascuna fibra π−1 (x), per x ∈ M, sia una base di H q (π−1 (x)). Allora vale la formula di K¨unneth: M (7.5) H q (E) = H q1 (M) ⊗ H q2 (F). q1 +q2 =q

Esempio 13.13. Sia T n = | S 1 × {z · · · × S}1 il toro n-dimensionale. E` T n = T n−1 × S 1 . n volte

Allora, per la formula di K¨unnet, abbiamo H q (T n ) = (H q (T n−1 ) ⊗ R) ⊕ (H q−1 (T n−1 ) ⊗ R) = H q−1 (T n−1 ) ⊕ H q (T n−1 ),   n−1 n Poich´e n−1 q + q−1 = q , otteniamo per ricorrenza n H q (T n ) = R(q) ,

∀q ≥ 1.

∀q = 0, 1, . . . , n.

8. Duale di Poincar´e in una sottovariet`a orientata Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m ed S una sua sottovariet`a propria orientata di dimensione k. Associamo ad S il funzionale lineare IS , definito sulle k-forme a supporto compatto da: Z f, ∀ f ∈ Ωck (M). (8.1) IS ( f ) = S

Per la formula di Stokes, IS ( f ) = 0 se f ∈ Bck (M). Per passaggio al quoziente, IS definisce quindi un funzionale lineare su Hck (M). Supponiamo che M sia orientata ed ammetta un buon ricoprimento finito. Allora vale la dualit`a di Poincar´e e potremo dunque identificare IS ad un elemento di H m−k (M). Definizione 13.5. Sia M una variet`a orientata ed S una sua sottovariet`a propria orientata di dimensione k. Si dice duale di Poincar´e chiuso di S una qualsiasi forma ηS ∈ Z m−k (M), tale che Z Z (8.2) f ∧ ηS = f, ∀ f ∈ Zck (M). M

S

` 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

218

La classe [ηS ] ∈ H m−k (M) e` l’elemento che definisce IS nella dualit`a di Poincar´e. In modo analogo, se S e` una sottovariet`a compatta orientata di dimensione k di M, possiamo associare ad essa un funzionale definito sulle k-forme differenziali con supporti chiusi in M, mediante Z (8.3) IS ( f ) = f, ∀ f ∈ Ωk (M). S

B k (M),

Poich´e IS ( f ) = 0 se f ∈ la IS definisce in questo caso un funzionale k lineare su H (M). Per la dualit`a di Poincar´e potremo trovare un unico elemento di Hcm−k (M) tale che, se ηS ∈ Zcm−k (M) e` un suo rappresentante, risulti Z Z (8.4) f ∧ ηs = f, ∀ f ∈ Z k (M). M

S

Definizione 13.6. Sia M una variet`a orientata ed S una sua sottovariet`a compatta orientata di dimensione k. Una forma ηS ∈ Zcm−k (M) per cui valga la (8.4) si dice duale di Poincar´e compatto di S . La sua classe [ηS ] ∈ Hcm−k (M) e` l’elemento che definisce IS nella dualit`a di Poincar´e. Esempio 13.14. Il duale di Poincar´e chiuso di un punto in Rn e` 0, mentre il suo duale di Poincar´e compatto e` una qualsiasi forma a supporto compatto con integrale 1 su Rn . Esempio 13.15. Sia S = {(x, 0) | x > 0} ⊂ M = R2 \ {0}. Introduciamo su M coordinate polari (r, θ). Il differenziale dθ = (xdy − ydx)/(x2 + y2 ) e` ben definito su M. Sia f = a(x, y)dx + b(x, y)dy ∈ Z1c (M). Scriviamola nella forma f = φdr + ψdθ, Abbiamo

con

"

φ = a cos θ + b sin θ, ψ = −r(a sin θ − b cos θ). "

f ∧ dθ =

φ dr ∧ dθ =



Z

Z

0

M

Integrando per parti abbiamo Z Z 2π φdθ = 2πφ(r, 0) − 0



φ(r, θ)dθ

dr 0

2π 0

θ

∂φ dθ. ∂θ

Utilizzando le condizioni d’integrabilit`a e scambiando l’ordine d’integrazione, otteniamo che Z 2π Z ∞ Z +∞ Z 2π ∂φ ∂ψ dr θ dθ = θdθ dr = 0. ∂θ ∂r 0 0 0 0 Quindi

" f ∧ dθ = 2π M



Z

φ(r, 0)dr = 2π 0

Z f. S

` SEMI-LOCALE 9. LA PROPRIETA

219

Quindi (2π)−1 dθ e` il duale di Poincar´e chiuso di S = {x > 0, y = 0} in M = R2 \{0}. Osserviamo che, in particolare, se f = adx + bdy ∈ Zc1 (R2 \ {0}, l’integrale Z f, per S θ = {t(cos θ, sin θ) | t > 0} Sθ

non dipende dalla scelta dell’angolo θ. Esempio 13.16. Sia M = R2 \ {0}. Il duale di Poincar´e di S 1 e` Rla classe di χ(r)dr per una qualsiasi funzione χ ∈ Cc∞ (R), con supp χ ⊂ {r > 0} ed R χdr = 1. 9. La propriet`a semi-locale In questo paragrafo studiamo la coomologia di de Rham su variet`a differenziabili che possono non avere un buon ricoprimento finito. Dimostriamo innanzi tutto il seguente Lemma 13.22. Sia M una variet`a differenziabile connessa ed orientabile, che ammette un buon ricoprimento finito. Sia q un intero con 1 ≤ q ≤ n ed η1 , . . . , ηk ∈ m−q+1 Zc (M) forme chiuse a supporto compatto tali che [η1 ], . . . , [ηk ] sia una base m−q+1 di Hc (M). Se α ∈ B q (M), allora esiste una soluzione β ∈ Ωq−1 di Z (9.1) dβ = α, β ∧ ηi = 0, ∀1 ≤ i ≤ k. M

Se β1 , β2 ∈

Ωq−1

sono soluzioni di (9.1), allora β1 − β2 ∈ B q−2 (M).

Dimostrazione. Sia β0 ∈ Ωq−1 una soluzione di dβ0 = α in M. Per la dualit`a di Poincar´e, esiste una β1 ∈ Z q−1 (M) tale che Z Z β1 ∧ ηi = β0 ∧ ηi , per 1 ≤ i ≤ k. M

M

Allora β = β0 − β1 soddisfa la (9.1). Se β1 , β2 soddisfano la (9.1), allora β1 − β2 ∈ Z q−1 (M) soddisfa Z m−q+1 (β1 − β2 ) ∧ η = 0, ∀η ∈ Zc (M). M m−q+1 Infatti, η ∈ Zc (M) si pu`o scrivere in modo unico nella forma η m−q con θ ∈ Ωc (M) e c1 , . . . , ck ∈ R. Abbiamo perci`o

Z

Xk

i=1 ci ηi

Pk

Z

(β1 − β2 ) ∧ dθ + c1 (β1 − β2 ) ∧ ηi i=1 M Z  = (−1)q−1 d (β1 − β2 ) ∧ θ = 0

(β1 − β2 ) ∧ η = M

Z

= dθ+

M

M

per la formula di Stokes. Quindi, per il Corollario 13.14, β1 −β2 ∈ B q (M).



La coomologia di de Rham gode della propriet`a semi-locale, che e` descritta dalla seguente

` 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

220

Proposizione 13.23. Sia M una variet`a differenziabile connessa, orientabile e num−q+1 (M) abbia merabile all’infinito. Sia q un intero ≥ 0 e supponiamo che Hc dimensione finita. Per α ∈ Z q (M) sono equivalenti: (1) α ∈ B q (M), Z (2) α ∧ η = 0, M aperto

(3) ∀U

m−q

∀η ∈ Zc

(M),

b M, α|U ∈ B q (U).

Dimostrazione. Per q = 0, una α ∈ Z 0 (M) e` una funzione costante su M e le condizioni (1), (2), (3) equivalgono al fatto che α = 0. Osserviamo che chiaramente (1) ⇒ (3) ⇒ (2). Baster`a quindi dimostrare l’implicazione (3) ⇒ (1) per 1 ≤ q ≤ n. Fissiamo un buon ricoprimento numerabile e localmente finito {Uν }ν≥0 di M, formato da aperti relativamente compatti. Costruiamo una successione crescenS te di aperti {Vν }ν≥0 , con Vν b Vν+1 ed M = ν Vν , ciascuno dotato di un buon ricoprimento finito. A questo scopo possiamo definire per ricorrenza:    V0 = U0 , S   Vν+1 = {Uµ | Uµ ∩ V¯ ν , ∅}. m−q+1

Il gruppo Hc

(M) e` unione delle immagini delle applicazioni m−q+1

Hc

m−q+1

(Vν ) → Hc

(M)

m−q+1

definite dalle inclusioni Vν ,→ M. Quindi Hc (M) ha una base al pi`u numem−q+1 rabile. Costruiamo una successione {ηh }h≥1 ⊂ Zc (M) ed una successione di aperti {Wν } di M con le propriet`a (1) (2) (3) (4)

m−q+1

([ηh ]) e` una base di H (M). Sc Wν b Wν+1 ed M = ν Wν . Ogni Wν ammette un buon ricoprimento finito. Esiste una successione crescente hν di interi positivi tali che supp ηh ⊂ Wν per h ≤ hν e l’immagine di H n−q+1 (Wν ) → H n−q+1 (Wν+1 ) sia generata dalle classi di η1 , . . . , ηhν in H n−q+1 (Wν+1 ).

Ragioniamo per ricorrenza. Possiamo fissare W0 = V0 . Per il Teorema 13.15, m−q+1 H m−q+1 (W0 ) ha dimensione finita. Possiamo quindi scegliere η1 , . . . , ηh0 ∈ Zc (W0 ) in modo tale che le loro classi di coomologia in H m−q+1 (M) generino l’immagine di H m−q+1 (W0 ) → H m−q+1 (M). m−q+1 Completiamo [η1 ]0 , . . . , [ηh0 ]0 ∈ Hc (W0 ) ad una base di H m−q+1 (W0 ), agm−q+1 m−q+1 giungendo classi [θ1 ]0 , . . . , [θk ]0 ∈ H (W0 ), con θ1 , . . . , θk ∈ Z0 (W0 ). Per m−q ogni j = 1, . . . , k potremo allora trovare c1 , . . . , ch0 ∈ R e ζ j ∈ Ωc (M) tali che Xh0 θ j = dζ j + ch ηh , per j = 1, . . . , k. h=1

` SEMI-LOCALE 9. LA PROPRIETA

221

Scegliamo allora W1 = Vµ1 , per un intero positivo µ1 tale che [k ¯0∪ W supp ζ j ⊂ Vµ1 . j=1

Ripetendo questa costruzione otteniamo le successioni {[ηh ]} e {Wν } desiderate. Costruiamo ora, per ricorrenza, una successione {βν }, con R (1) βν ∈ Ωq−1 (Wν ), dβν = α, W βν ∧ η j = 0 per 1 ≤ j ≤ hν , ν (2) βν+1 |Wν−2 = βν |Wν−2 se ν ≥ 2. Per il Lemma 13.22 possiamo trovare β0 e β1 che soddisfino (1). Supponiamo di aver costruito β0 , . . . , βν , con ν ≥ 1, che soddisifino (1) e (2). Sia γ ∈ Ωq−1 (Wν+1 ) una soluzione di Z dγ = α in Wν+1 , γ ∧ η j = 0 se j ≤ hν+1 . Wν+1

Dico che βν+1 − βν soddisfa Z (γ − βν ) ∧ η = 0,

m−q+1

∀η ∈ Zc

(Wν−1 ).

Wν−1

Infatti questa equazione e` equivalente a Z (γ − βν ) ∧ η j = 0,

∀ j ≤ hν−1 .

Wν−1

Possiamo quindi trovare ζ ∈ Ωq−2 (Wν−1 ) tale che dζ = γ − βν . Con ζ˜ ∈ Ωq−2 (M) ˜ Wν−2 = ζ|Wν−2 , poniamo allora βν+1 = γ − dζ. ˜ con ζ| Definiamo infine β ∈ Ωq−1 (M) mediante β|Wν = βν+2 |Wν

per ν = 0, 1, 2, . . . .

Abbiamo dβ = α ∈ B q (M). Ci`o completa la dimostrazione. Il caso q = 1 si pu`o trattare in modo pi`u semplice. Ricordiamo che abbiamo supposto che M sia connessa. Fissiamo una successione di aperti connessi {Uν }ν≥0 S con Uν b Uν+1 per ogni ν ed M = ν Uν . Sia α ∈ Z q (M) e supponiamo che, per ogni ν, vi sia βν ∈ Ωq−1 (Uν ) con dβν = α|Uν . Dico che e` possibile trovare un’altra successione {γν ∈ Ωq−1 (Uν )} tale che (poniamo Uν = ∅ se ν < 0) (9.2)

dγν = α|Uν ,

γν |Uν−1 = γν−1 .

Ragioniamo per i diversi interi q ≥ 0. Se q = 0, le ipotesi di dicono che α = 0 e quindi la condizione e` banalmente soddisfatta con γν = 0 per ogni ν. Se q = 1, scegliamo v0 = u0 e supponiamo di aver scelto, per qualche µ ≥ 0, v0 , . . . , vµ in modo tale che (9.2) sia soddisfatta se ν ≤ µ. Poich´e d(γµ − βµ+1 ) = α − α = 0

su Uµ =⇒ ∃cµ ∈ R tale che uµ+1 = vµ + cµ ,

baster`a allora scegliere vµ+1 = uµ+1 − cµ perch´e la (9.2) sia soddisfatta anche per ν ≤ µ + 1.

` 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

222

Sia ora q > 1. Dico che possiamo costruire per ricorrenza una successione {γν ∈ Ωq−1 (M)}ν≥0 con le propriet`a dγν = α su Uν+1 ,

(9.3)

γν |Uν−2 = γν−1 |Uν−2 .

Ωq−1 (M)

Sia infatti γ0 ∈ una (q−1)-forma su M uguale ad β2 su U1 . In particolare, dγ0 = α su U1 . Supponiamo poi di aver costruito, per qualche µ ≥ 0, γ0 , . . . , γµ ∈ Ωq−1 (M) che soddisfino (9.3). Allora w = γµ − βµ+2 soddisfa dw = 0 su Uµ+1 .  Come conseguenza di questo teorema, abbiamo Teorema 13.24. Se M e` una variet`a compatta orientabile, allora m−q

H q (M) ' (Hc

(9.4)

(M))∗ .

Dimostrazione. Abbiamo osservato, nella dimostrazione del teorema precem−q dente, che Hc (M) ammette una base numerabile. Ripetendo la costruzione nella dimostrazione del lemma precedente, otteniamo una successione {Wν } di aperti di m−q M ed una successione {ηh } ⊂ Zc (M) con le propriet`a: (1) ogni Wν ammette S un buon ricoprimento finito, (2) Wν b Wν+1 , Wν = M, (3) per una successione non decrescente {hν } abbiamo supp ηh ⊂ Wν per h ≤ m−q m−q hν e l’immagine di Hc (Wν ) → Hc (Wν+1 ) e` generata dalle classi di ηh per h ≤ hν . Sia {ch } una successione di numeri reali. Dico che e` possibile determinare una successione {αν ∈ Z (Wν )} tale che Z αν ∧ ηh = ch , per h ≤ hν , αν+1 |Wν−2 = αν |Wν−2 per ν ≥ 2. Wν

Poich´e i Wν ammettono un buon ricoprimento finito, per la dualit`a di Poincar´e possiamo trovare {βν ∈ Z (Wν )} tali che Z βν ∧ ηh = ch , per h ≤ hν . Wν

Possiamo quindi scegliere α0 = β0 , α1 = β1 . Supponiamo di aver costruito α0 , . . . , αν , per qualche ν ≥ 1, in modo che sia soddisfatta la αµ |Wµ−2 = αµ+1 |Wµ−2 , se 2 ≤ µ ≤ ν. Abbiamo allora

Z

(βν+1 − αν ) ∧ ηh = 0, per h ≤ hν .

Wν−1

Questo implica che Z

m−q

(βν+1 − αν ) ∧ η = 0, ∀η ∈ Zc

(Wν−1 )

Wν−1

e quindi esiste una φ ∈ Ωq−1 (Wν−1 ) tale che βν+1 |Wν−1 − αν |Wν−1 = dφ. Se ψ ∈ Ωq−1 (Wν+1 ) e` uguale a φ su Wν−2 , possiamo definire αν+1 = βν+1 − dψ. Otteniamo quindi per ricorrenza la successione delle {βν } e potremo allora definire β ∈ Z q (M) ponendo β|Wν = βν+2 |Wν per ogni ν ≥ 0. La classe di coomologia definita da β

11. INTEGRAZIONE SULLA FIBRA

223

m−q

e` l’elemento del duale di Hc (M) che vale ch sull’elemento [ηh ] della base di m−q Hc (M). Ci`o completa la dimostrazione.  10. Coomologia a supporti compatti nelle fibre π

Definizione 13.7. Sia ξ = (E −−→ M) un fibrato vettoriale. Una forma α ∈ Ωq (E) ha supporto compatto nella direzione verticale se supp α ∩ π−1 (K) e` compatto in E.

∀K compatto ⊂ M, q

Indichiamo con Ωcv (E) lo spazio vettoriale delle q-forme su E che hanno supporto compatto nella direzione verticale. Poich´e il differenziale non accresce i supporti, abbiamo il complesso di de Rham per le forme con supporto compatto nella direzione verticale: d

0 (E) 0 → Ωcv

(10.1)

d

1 (E) − 2 (E) → · · · −−−−−→ Ωcv −−−−→ Ωcv d

q−1

d

q

q+1

· · · → Ωcv (E) −−−−−→ Ωcv (E) −−−−−→ Ωcv (E) → · · · Porremo q

q

(10.2)

Zcv (E) = {α ∈ Ωcv (E) | dα = 0},

(10.3)

Bcv (E) = {dα | α ∈ Ωcv (E)},

(10.4)

Hcv (E) = Zcv (E)/Bcv (E).

q

q

q−1

q

q

11. Integrazione sulla fibra πM

Sia M una variet`a differenziabile ed (M × Rk −−−→ M) il fibrato vettoriale banale di rango k su M. Siano t1 , . . . , tk le coordinate cartesiane di t ∈ Rk . Una forma α ∈ Ωq (M × Rk ) si pu`o scrivere in modo unico come Xk X (q− j) (q− j) α= α j1 ,..., jh ∧dt j1 ∧dt jh , con α j1 ,..., jh ∈ Γ(M×Rk , Λq−1 T ∗ M). h=0

Ad α ∈ (11.1)

1≤ j1 0 ed h ≥ 0. (11.1)

Teorema 14.34 (de Rham). Se X e` uno spazio paracompatto e (11.1) e` una risoluzione aciclica di un fascio S su X, allora i gruppi di coomologia di Cech Hq (X, S ) sono isomorfi ai gruppi di coomologia Hq (S∗ (X), α∗ ) del complesso : (11.2) α0∗ α3∗ α1∗ α2∗ 0 −−−−−→ S0 (X) −−−−−→ S1 (X) −−−−−→ S2 (X) −−−−−→ S3 (X) −−−−−→ · · · Dimostrazione. Utilizziamo i risultati e le notazioni del paragrafo §9. Per ogni coppia di interi non negativi r, s definiamo il gruppo abeliano Ar,s = C r (X, S s ) . Definiamo un complesso doppio di cocatene introducendo gli omomorfismi : dr0 := δr : Ar,s = C r (X, S s ) 3 f −→ δr ( f ) ∈ Ar+1,s = C r+1 (X, S s ) , d00s := (−1)r (α s ∗ )r : Ar,s = C r (X, S s ) 3 f −→ (−1)r (α s ∗ )r ( f ) ∈ C r (X, S s+1 ) . Per l’ipotesi che (11.1) sia una risoluzione e per la Proposizione 14.23, 0 E r,s = 0 per ogni r ≥ 0 e per ogni s > 0. Per l’ipotesi che (11.1) sia aciclica, 00 E r,s = 0 per ogni r > 0 e per ogni s ≥ 0. Abbiamo poi : = C r (X, S ) 00 E 0,s = S (X) s

0 E r,0

e e

0 ]) = Hq (X, S ) ; Hq (0 E ∗,0 , [d∗,0 00 ]) = Hq (S (X), α ) . Hq (00 E 0,∗ , [d0,∗ ∗ ∗

Per la Proposizione 9, per ogni q ≥ 0 l’omomorfismo 0 0q : Hq (0 E ∗,0 , [d∗,0 ]) = Hq (X, S ) −→ Hq (A[∗] , d∗ )

e` un isomorfismo. Per la Proposizione 14.29, per ogni q ≥ 0 l’omomorfismo q 00 0,∗ 00 q q 00 q : H ( E , [d0,∗ ]) = H (S∗ (X), α∗ ) −→ H (A[∗] , d∗ )

12. FASCI FIACCHI

263

e` un isomorfismo. Allora −1 ( 00 ◦ 0q : Hq (X, S ) −→ Hq (S∗ (X), α∗ ) q)

e` per ogni q ≥ 0 l’ismomorfismo cercato. 0q

 Hq (X, S )

Osservazione 14.35. L’isomorfismo : −→ [∗] , d∗ ) vale sotto la semplice ipotesi che (11.1) sia una risoluzione di S . Quindi, sotto questa ipotesi e` comunque definito un omomorfismo Hq (A

q q 00 q : H (S∗ (X), α∗ ) −→ H (X, S ) .

Esso e` un isomorfismo quando (11.1) e` aciclica su X. 12. Fasci fiacchi Per utilizzare il Teorema di de Rham, e` utile definire alcune categorie di fasci che sono coomologicamente banali: risoluzioni acicliche ottenute utilizzando fasci di questi tipi ci permettono di ricondurre il calcolo della coomologia di Cech a quello della coomologia di complessi differenziali. Definizione 14.31. Un fascio F su uno spazio topologico X si dice fiacco se per X : F (X) −→ F (Ω) e ` surgettiva. ogni aperto Ω di X l’applicazione di restrizione : rΩ Esempio 14.7. Consideriamo su CPn la topologia di Zariski, in cui gli aperti sono i complementari di sottovariet`a algebriche. Allora il fascio C delle funzioni e localmente costanti su CPn e` fiacco. Esempio 14.8. Sia S un fascio su uno spazio topologico X. Indichiamo con S ] il fascio dei germi di sezioni discontinue6 di S , associato al prefascio canonico Ap(X) 3 U −→ { f ∈ S U | π ◦ f(p) = p, ∀p ∈ U}. Il fascio S ] e` un fascio fiacco ed abbiamo un ovvio morfismo iniettivo di fasci S ,→ S ] . Proposizione 14.36. L’immagine diretta di un fascio fiacco mediante un’applicazione continua e` un fascio fiacco. π

Dimostrazione. Sia S −−→ X un fascio fiacco sullo spazio topologico X, Y un altro spazio topologico ed f ∈ C (X, Y). Sia V un aperto di Y. Abbiamo allora un diagramma commutativo r X−1 f

(V)

S (X) −−−−−→ S ( f −1 (V))





f∗ S (Y) −−−−−→ rVY

r X−1 f

(V)

f∗ S (V). rVY

Dalla surgettivit`a di S (X) −−−−−→ S ( f −1 (V)) segue quella di f∗ S (Y) −−→ f∗ S (V).  6Cio`e non necessariamente continue.

264

14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Proposizione 14.37. Sia φ

ψ

0 −−−−−→ S 0 −−−−−→ S −−−−−→ S 00 −−−−−→ 0 una successione esatta di fasci di gruppi abeliani su X. Se S 0 e` fiacco, allora, per ogni aperto U di X la successione φ

ψ

0 −−−−−→ S 0 (U) −−−−−→ S (U) −−−−−→ S 00 (U) −−−−−→ 0 Dimostrazione. Poich´e la restrizione ad un aperto di un fascio fiacco e` ancora un fascio fiacco, possiamo, per semplicit`a, limitarci a considerare il caso in cui U = X. L’esattezza in S 0 (X) ed S (X) e` conseguenza della definizione di fascio. Baster`a quindi dimostrare che ψ : S (X) → S 00 (X) e` surgettiva. Sia s00 ∈ S 00 (X) e consideriamo la famiglia Φ = {(U, sU ) | U ∈ Ap(X), sU ∈ S (U), ψ(sU ) = s00 |U }. Introduciamo la relazione d’ordine su Φ: (U, sU )  (V, sV ) ⇐⇒ U ⊂ V, sU = sV |U . Chiaramente Φ e` una famiglia induttiva. Per il Lemma di Zorn essa ammette un elemento massimale (U0 , sU0 ). Se U0 = X, abbiamo ottenuto la tesi. Supponiamo per assurdo che U0 , X e sia p0 ∈ {U0 . Vi e` allora un intorno V di p0 in X ed una sezione sV ∈ S (V) tale che ψ(sV ) = s00 |V . Se V ∩ U0 = ∅, allora     sU0 su U0 , sU0 ∪V =   v su V V

ci d`a un elemento (U0 ∪ V, sU0 ∪V )  (U0 , sU0 ), contraddicendo la massimalit`a. Quindi U0 ∩ V , ∅ e ψ(uU0 |U0 ∩V − uV |U0 ∩V ) = 0. Esiste allora s0U0 ∩V ∈ S 0 (U0 ∩ V) tale che φ(s0U0 ∩V ) = uU0 |U0 ∩V − uV |U0 ∩V . Poich´e S 0 e` fiacco, abbiamo s0U0 ∩V = s0 |U0 ∩V per una s0 ∈ S 0 (X). Allora    su U0 ,  sU0 sU0 ∪V =   0  sV + φ(s )|V su V e` un elemento di S (U0 ∪ V) e (U0 ∪ V, sU0 ∪V )  (U0 , sU0 ) contraddice la massimalit`a. Quindi U0 = X. La dimostrazione e` completa.  Segue allora Proposizione 14.38. Sia φ

ψ

0 −−−−−→ S 0 −−−−−→ S −−−−−→ S 00 −−−−−→ 0 una successione esatta di fasci di gruppi abeliani su X. Se S 0 e S sono fiacchi, allora anche S 00 e` fiacco. 00 Dimostrazione. Se U e` un aperto di X ed s00 U ∈ S (U), per la Proposizio00 ne 14.37 esiste un sU ∈ S (U) tale che φ(sU ) = sU . Poich´e abbiamo supposto che S fosse fiacco, vi e` una s ∈ S (X) tale che sU = s|U . E` allora ψ(s) ∈ S 0 (X) e ψ(s)|U = s00  U.

12. FASCI FIACCHI

265

Proposizione 14.39. Se δ0

δ1

0 −−−−−→ S 0 −−−−−→ S 1 −−−−−→ S 2 −−−−−→ · · · e` una successione esatta di fasci di gruppi abeliani fiacchi, allora, per ogni aperto U di X, la successione di gruppi abeliani δ0

δ1

0 −−−−−→ S 0 (U) −−−−−→ S 1 (U) −−−−−→ S 2 (U) −−−−−→ · · · e` esatta. Dimostrazione. L’esattezza in S 0 (U) e` conseguenza della definizione di fascio. Per ogni h ≥ 0 abbiamo per ipotesi una successione esatta corta di fasci δh

0 −−−−−→ ker δh −−−−−→ S h −−−−−→ ker δh+1 −−−−−→ 0. g g Dalla Proposizione 14.38 segue per ricorrenza che tutti i fasci ker δh sono fiacchi. g La tesi segue allora dalla Proposizione 14.37.  Vale il seguente : Lemma 14.40. Se F e` un fascio di gruppi abeliani fiacco su X, allora Hq (U , F ) = 0

(12.1)

per ogni q > 0 ed ogni ricoprimento aperto localmente finito U di X. Dimostrazione. Sia q > 0 e sia f = ( fi0 ,i1 ,...,iq ) ∈ Z q (U , F ). Sia ≺ un buon ordinamento di I. Per ogni i ∈ I che non sia massimo in I, indicheremo con i + 1 l’elemento di I successivo ad i : i + 1 e` il minimo dell’insieme { j ∈ I | j  i}. Per ogni i ∈ I definiamo gli aperti : [ Ωi = U j e Ω0i = Ui ∪ Ωi . j≺i

Supponiamo che, per un indice ν ∈ I fissato, f (ν) ∈ Z q (U , S ) abbia la propriet`a : (†)

Ui

,i ,...,i

rUi0,i1,...,iq ∩Ων ( fi(ν) )=0 0 ,i1 ,...,iq 0 1

q

∀(i0 , i1 , . . . , iq ) ∈ Nq (U ).

Esiste allora una ψ(ν) ∈ C q−1 (U , S ) tale che  Ui ,...,i   )=0 ∀(i0 , i1 , . . . , iq ) ∈ Nq (U ) , (i) rUi1,...,iq ∩Ων (ψi(ν)   1 ,...,iq q 1    (ν)   (ii) ψi1 ,...,iq = 0 se (ν, i1 , . . . , iq ) < Nq (U )      Ui ,i ,...,i    (iii) rUi0,i1,...,iq ∩Ω0 (( f (ν) − δq−1 ψ(ν) )i0 ,i1 ,...,iq ) = 0 ∀(i0 , i1 , . . . , iq ) ∈ Nq (U ) .    ν q 0 1  Per ogni (i1 , . . . , iq ) ∈ Nq−1 (U ) per cui (ν, i1 , . . . , iq ) ∈ Nq (U ), vi e` un elemento (ν) η ∈ S (Uν,i1 ,...,iq ∪ Ων ) la cui restrizione a Uν,i1 ,...,iq e` fν,i e la cui restrizione a 1 ,...,iq Ων e` 0. Poich´e il fascio S e` fiacco, vi e` allora una η˜ ∈ S (X) la cui restrizione a Uν,i1 ,...,iq ∪ Ων e` uguale a η. Definiamo ψ(ν) ˜ a Ui1 ,...,iq . i1 ,...,iq come la restrizione di η Se (ν, i1 , . . . , iq ) < Nq (U ) poniamo ψ(ν) i1 ,...,iq = 0 su U i1 ,...,iq . Chiaramente, possiamo

266

14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

fare in modo che la ψ(ν) sia alternata rispetto agli indici ((i1 , . . . , iq ) ∈ Nq−1 (U ), dimodoch`e ψ(ν) ∈ C q−1 (U , S ). La ψ(ν) cos`ı costruita gode ovviamente delle propriet`a (i), (ii). Per dimostrare che gode anche della (iii), basta verificare che Ui

,i ,...,iq

rUν,i0 1,i

0 1 ,...,iq

(( f − δq−1 ψ(ν) )i0 ,i1 ,...,iq ) = 0

(ν, i0 , i1 , . . . , iq ) ∈ Nq+1 (U ) ,

se

in quanto Ω0ν = Uν ∪ Ων e Ui

,i ,...,i

rUi0,i1,...,iq ∩Ων ( fi0 ,i1 ,...,iq ) = 0 0 1

Ui

q

,i ,...,i

rUi0,i1,...,iq ∩Ων ((δq−1 ψ(ν) )i0 ,i1 ,...,iq ) = 0 0 1

q

per ipotesi e

per la definizione di ψ(ν) .

Su Uν,i0 ,...,iq risulta : (δq−1 ψ )i0 ,...,iq = (ν)

q X

(−1)h fν,i0 ,...,ˆih ,...,iq = fi0 ,...,iq

h=0

per la condizione di cociclo δq f = 0, e questo mostra che vale anche la (ii). Se imin e` il minimo di I, poniamo f (imin ) = f . La (†) e` verificata banalmente, perch´e Ωimin = ∅, e la costruzione appena descritta ci permette di trovare una ψ(imin ) che soddisfa (i) e (ii) per ν = imin . Definiamo f (imin +1) = f − δq−1 (ψ(imin ) ). Dimostriamo per induzione transfinita che e` possibile costruire delle famiglie { f (ν) }ν∈I , con f (ν) ∈ Z q (U , S ), e {ψ(ν) }ν∈I , con ψ(ν) ∈ C q−1 (U , S ), che verifichino per ogni ν ∈ I le propriet`a (†), (i), (ii), (iii) e (‡)

f (ν+1) = f (ν) − δq−1 (ψ(ν) )

∀ν ∈ I

che non sia massimo.

Fissiamo ora un µ ∈ I con µ  imin e supponiamo che si siano gi`a ottenute le ψ( j) per tutti gli indici j ≺ µ. Consideriamo ora la somma X ψ( j) . j≺µ

Poich´e U e` localmente finita, per ogni punto p di X esiste un intorno Ω p di p che interseca soltanto un numero finito di aperti Ui del ricoprimento. Quindi per ogni (i1 , . . . , iq ) ∈ Nq−1 (U ) le somme X Ui ,...,i ( j) rUi1,...,iq ∩Ω p (ψi1 ,...,iq ) j≺µ

1

q

contengono soltanto un numero finito di addendi diversi da zero. Infatti, per la Ui ,...,i ( j) propriet`a (ii), e` rUi1,...,iq ∩Ω p (ψi1 ,...,iq ) = 0 se ( j, i1 , . . . , iq ) < Nq (U ∩ Ω p ) e per la q 1 scelta di Ω p il numero di tali j, per ogni scelta di (i1 , . . . , iq ) ∈ Nq−1 (U ), e` finito. Possiamo allora definire :   X  f (µ) = f − δq−1  ψ( j)  . j≺i

12. FASCI FIACCHI

267

Osserviamo che, se i ammette un elemento precedente, cio`e se µ = ν+1 per qualche ν ∈ I, allora vale la (‡). Per la prima parte della dimostrazione, possiamo definire ψ(µ) in modo che siano soddisfatte le (i), (ii), (iii) (con µ al posto di ν). Una volta costruite le famiglie { f (ν) } e {ψ(ν) }, osserviamo che la somma : X ψ= ψ(ν) ν∈I

definisce un elemento ψ ∈

C q−1 (U

, S ) e che δq−1 (ψ) = f.

(♣)

Ci`o e` vero perch´e, per ogni aperto Ω di X, se (i1 , . . . , iq ) ∈ Nq−1 (U ) e (ν, i1 , . . . , iq ) < Ui

,...,i

Nq (U ∩Ω), abbiamo rUi1,...,iq ∩Ω (ψ(ν) e U e` localmente finito, i1 ,...,iq ) = 0. Quindi, poich´ q 1 le somme X ψ(ν) i1 ,...,iq ν∈I

  Ui ,i ,...,i sono localmente finite. Analogamente, rUi0,i1,...,iq ∩Ω ( f (ν) − f (ν+1) )i0 ,i1 ,...,iq = 0 a q 0 1 meno che qualcuna delle (q + 1) uple (ν, i0 , . . . , ˆih , . . . , iq ) o (ν + 1, i0 , . . . , ˆih , . . . , iq ) non appartengano a Nq (U ∩ Ω). Perci`o anche le somme : X ( fiν0 ,...,iq − fiν+1 ) 0 ,...,iq ν∈I

sono localmente finite e X ν∈I

) = fi0 ,...,iq . ( fiν0 ,...,iq − fiν+1 0 ,...,iq

Otteniamo perci`o la (♣), e quindi la tesi.



Utilizziamo il Lemma 14.40 per dimostrare il : Teorema 14.41. Sia X uno spazio paracompatto. Allora, per ogni fascio fiacco S su X abbiamo Hq (X, S ) = 0 per ogni q > 0. Dimostrazione. La tesi e` conseguenza del Lemma 14.40, perch´e, essendo X paracompatto, i gruppi di coomologia di Cech si possono calcolare utilizzando i ricoprimenti aperti localmente finiti. 

CAPITOLO 15

Il complesso di Cech-de Rham 1. Il teorema di de Rham Teorema 15.1. Sia M una variet`a differenziabile paracompatta ed S un fascio di E -moduli su M. Allora H q (U , S ) = 0, ∀q ≥ 1,

(1.1)

per ogni ricoprimento aperto U di M. Dimostrazione. Ricordiamo che, per ogni intero q ≥ 0, (1.2)

C h (U , S ) = {( fi1 ,...,ih ) | fi1 ,...,ih ∈ S (Ui1 ,...,ih ), fiσ1 ,...,iσh = ε(σ) fi1 ,...,ih }

e che il differenziale del complesso δ

δ

· · · −−−−−→ C h (U , S ) −−−−−→ C h+1 (U , S ) −−−−−→ C h+2 (U , S ) −−−−−→ · · · e` definito da δ : C h (U , S ) −→ C h+1 (U , S ), Xh+1 δ( fi0 ,...,ih ))i0 ,i1 ,...,ih+1 = (−1) j fi0 ,...,bi j ,...,ih+1 |Ui0 ,i1 ,...,ih+1 . j=0

Sia {χi }i∈I una partizione dell’unit`a subordinata al ricoprimento U . Definiamo χ : C h+1 (U , S ) −→ C h (U , S ) mediante X (χ( fi0 ,...,ih ))i1 ,...,ih = [χi fi,i1 ,...,ih ], ove  i∈I   χi fi,i1 ,...,ih in Ui,i1 ,...,ih , S (Ui1 ,...,ih ) 3 [χi fi,i1 ,...,ih ] =    0 in Ui1 ,...,ih \ Ui,i1 ,...,ih . La tesi segue allora dall’identit`a (δ ◦ χ + χ ◦ δ) f = f,

∀ f ∈ C h (U , S ), ∀h ≥ 1.

Abbiamo infatti Xh+1  (−1) j fi0 ,...,bi j ,...,ih+1 |Ui0 ,i1 ,...,ih+1 (χ ◦ δ( f ))i0 ,...,ih = χ j=0 X Xh = χi fi0 ,...,ih − [χi fi,i0 ,...,bi j ,...,ih ] i j=0 Xh (−1) j [χi fi,i0 ,...,bi j ,...,ih ] = fi0 ,...,ih − j=0

= fi0 ,...,ih − (δ ◦ χ( f ))i0 ,...,ih .  269

270

15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

Se S e` un fascio su M ed U = {Ui }i∈I un ricoprimento aperto di M, definiamo δ0 : S (M) −→ C 0 (U , S ), mediante (δ0 s)i = s|Ui , ∀i ∈ I.

(1.3)

Se S e` un fascio di gruppi abeliani, allora la δ0

(1.4)

δ

0 −−−−−→ S (M) −−−−−→ C 0 (U , S ) −−−−−→ C 1 (U , S ) e` esatta per defininizione di fascio. Dal Teorema 15.1 otteniamo allora

Corollario 15.2. Se M e` una variet`a differenziabile paracompatta ed S un fascio di E -moduli su M, allora la successione 0 −−−−−→

S (M)

δ0

δ

−−−−−→ C 0 (U , S ) −−−−−→ C 1 (U , S )

δ

(1.5)

−−−−−→ C 2 (U , S ) −−−−−→ δ

···

δ

−−−−−→ C h (U , S )

δ

−−−−−→ C h+1 (U , S ) −−−−−→ C h+2 (U , S ) −−−−−→

··· 

e` esatta.

Per ogni intero q ≥ 0, i germi di forme differenziali alternate omogenee di grado q formano un fascio di E -moduli su M, che denoteremo con Ωq . Per ogni coppia di interi non negativi h, q definiamo (1.6) C h (U , Ωq ) = { f = ( fi0 ,...,ih ) | fi0 ,...,ih ∈ Ωq (Ui0 ,...,ih ), fiσ0 ,...,iσh = ε(σ) fi0 ,...,ih }. Abbiamo i due omomorfismi d : C h (U , Ωq ) −→ C h (U , Ωq+1 ), (d f )i0 ,...,ih = (d fi0 ,...,ih ),

con

δ : C h (U , Ωq ) −→ C h+1 (U , Ωq ), con Xh δ f )i0 ,i1 ,...,ih = (−1) j fi0 ,...,bi j ,...,ih |Ui0 ,i1 ,...,ih . j=0

Osserviamo che d ◦ δ = δ ◦ d. Lemma 15.3. Sia M una variet`a differenziabile paracompatta. Sia U = {Ui }i∈I un ricoprimento aperto di M. Allora h } ed un elemento (1) per ogni fq ∈ Z q (U , R) esistono una successione { fq−h e q f con le propriet`a:  h  fq−h−1 ∈ C q−h−1 (U , Ωh ), h = 0, 1, . . . , q − 1        f q ∈ Z q (M),     0 , fq = δ fq−1 (1.7)      h h+1 ,   d fq−h−1 = δ fq−h−2 h = 0, . . . , q − 2,     d f q−1 = δ f q . 0 0 h }, f q soddisfano le (1.7), allora f q ∈ B q (M). (2) Se fq ∈ B q (U , R), ed { fq−h e

1. IL TEOREMA DI DE RHAM

271

h Dimostrazione. (1). Costruiamo le fq−h−1 per ricorrenza su h. Per h = q q 0 0, osserviamo che fq ∈ Z (U , R) ⊂ Z (U , Ω ). Possiamo quindi definire la 0 utilizzando il Teorema 15.1, e fq−1 perch´e Ω0 ' E . Supponiamo di aver costruito j

0 ,..., fh q− j−1 (U , Ω j ) per 0 ≤ j ≤ h < q − 1 con fq−1 q−h−1 con fq− j−1 ∈ C  0 ,  fq = δ fq−1      0 = δf1 ,   d fq−1  q−2    . . .      h−2 = δ f h−1 ,  d fq−h+1   q−h    d f h−1 = δ f h . q−h

q−h−1

Allora h h h−1 δ(d fq−h−1 ) = d ◦ δ fq−h−1 = d2 fq−h =0 h+1 ∈ C q−h−2 (U , Ωh+1 ) tale che e quindi, per il Teorema 15.1 esiste fq−h−2 h+1 h δ fq−h−2 = d fq−h−1 . h Dopo aver ottenuto le fq−h−1 per h = 0, . . . , q − 1, osserviamo che q−2

d f1

q−1

= δ fo

q−1

=⇒ δ(d fo

q−1

) = d ◦ δ fo

q−2

= d2 f1

= 0. q

Per il Corollario 15.2 vi e` allora una f q ∈ Ωq (M) per cui δ0 ( f q ) = d f0 . Chiaramente f q ∈ Z q (M). (2). Esaminiamo dapprima il caso q = 1. Abbiamo allora f1 ∈ Z 1 (U , R), e f00 ∈ C 0 (U , E ), f 1 ∈ Z 1 (M) ed     f1 = δ f00 ,   d f 0 = δ0 f 1 . 0 Se f1 = δg0 , con g0 ∈ C 0 (U , R), allora δ( f00 − g00 ) = 0 ed esiste quindi una e Questa ci d`a dg = f 1 . g ∈ E (M) tale che f00 − g00 = δ0 (g). Supponiamo ora che q ≥ 2 e che fq = δgq−1 , con gq−1 ∈ C q−1 (U , R). Asseh gnata una sequenza { fq−h−1 }0≤h≤q−1 , costruiamo un’altra seguenza {ghq−h−2e}0≤h≤q−2 , con  h  gq−h−2 ∈ C q−h−2 (U , Ωh ), per h = 0, . . . , q − 2,      0 fq−1 = gq−1 + δg0q−2 ,      h−1 h fh per h = 1, . . . , q − 2. q−h−1 = dgq−h−1 + δgq−h−2 , Ragioniamo per ricorrenza. Abbiamo 0 0 δ( fq−1 − gq−1 ) = fq − fq = 0 =⇒ ∃g0q−2 ∈ C q−2 (U , Ω0 ) t.c. fq−1 = gq1 + δg0q−2 . j

Se abbiamo definito le gq− j−2 per j = 0, . . . , h < q − 2, abbiamo h+1 h δ fq−h−2 = d fq−h−1 = d(δghq−h−2 ) = δ(dghq−h−2 ) q−h−3 h+1 =⇒ ∃gh+1 (U , Ωh+1 ) t.c. fq−h−2 = dghq−h−2 + δgh+1 q−h−3 ∈ C q−h−3

272

15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

per il Teorema 15.1. Otteniamo allora q−1

δ f0

q−2

= d f1

q−2

q−2

= d(δg0 ) = δ(dg0 ) q−1

=⇒ ∃gq−1 ∈ Ωq−1 (M) t.c. f0

q−2

− dg0

= δ0 (gq−1 ).

Abbiamo allora f q = dgq−1 . La dimostrazione e` completa.



Otteniamo cos`ı il Teorema 15.4. Sia M una variet`a differenziabile paracompatta ed U un suo ricoprimento aperto. Allora per ogni q la (1.7) definisce per passaggio ai quozienti un omomorfismo λq : H q (U , R) −→ H q (M). e L’omomorfismo λ0 e` un isomorfismo e λ1 iniettivo, per ogni ricoprimento U di M.

(1.8)

Dimostrazione. Per q = 0 la λ0 e` l’identit`a tra i due gruppi, identificati allo spazio delle funzioni reali localmente costanti su M. Il fatto che l’omomorfismo λ sia definito per q ≥ 1 e` stato dimostrato nel Lemma 15.3 Dimostriamo l’iniettivit`a di λ1 . Siano quindi f1 ∈ Z 1 (U , R), f00 ∈ C 0 (U , E ), f 1 ∈ Z 1 (M) ed e     f1 = δ f00 ,   d f 0 = δ0 f 1 . 0 Se f 1 = dg0 per qualche g0 ∈ C ∞ (M), otteniamo d( f00 − δ0 (g0 )) = δ0 ( f 1 − dg0 ) = 0. Quindi f00 − δ0 (g0 ) ∈ C 0 (U , R), e Ci`o dimostra che λ1 e` iniettiva.

e

δ( f00 − δ0 (g0 )) = δ( f00 ) = f1 . 

Esempio 15.1. Consideriamo il ricoprimento U = {U1 , U2 } del toro T 2 = R2 /Z2 , ove U1 ed U2 sono gli aperti U1 = π({(x, y) |

1 3

< x < 23 }),

U2 = π({(x, y) | x −

1 2

< Z}),

ove π : R2 → T 2 e` la proiezione nel quoziente. Osserviamo che U1 ∩ U2 = U1,2 ha due componenti connesse. E` quindi C 0 (U , R) ' R2 , C 1 (U , R) ' R2 . Poich´e e 1. Quindi H 1 (U e , R) ' R2 /R ' R(T 2 ) = R, la δ : C 0 (U , R) → C 1 (U , R) ha rango e L’applicazione λ : He1 (U , R) → He1 (T 2 ) e` quindi, in questo caso, e iniettiva e R. 1 e non nulla, ma non surgettiva. Teorema 15.5. Sia M una variet`a differenziabile ed U = {Ui | i ∈ I} un suo buon ricoprimento. Allora l’omomorfismo (1.8) e` un isomorfismo per ogni q ≥ 0. Dimostrazione. Abbiamo osservato che λq e` un isomorfismo per q = 0. Sia f 1 ∈ Z 1 (M). Poich´e gli aperti di U sono contrattili, esiste una f00 ∈ C 0 (U , E ) tale che d f00 = δ0 f 1 .

1. IL TEOREMA DI DE RHAM

273

Allora δ f00 soddisfa d(δ f00 ) = δ ◦ d f00 = δ ◦ δ0 f 1 = 0 e quindi f1 = δ f00 ∈ Z 1 (U , R). e Se fosse f 1 = dg0 per qualche g0 ∈ Ω0 (M) = E (M), avremmo δ0 f 1 = δ0 (dg0 ) = d ◦ δ0 (g0 ) = d f00 =⇒ u00 = f00 − δ0 (g0 ) ∈ C 0 (U , R), e δu00 = δ f00 = f1 ∈ B 1 (U , R). e La corrispondenza f 1 −→ f00 −→ δ f00 ∈Z 1 (M)

∈C 0 (U ,Ω0 )

∈Z 1 (U ,R)

e definisce quindi per passaggio al quoziente un’applicazione ψ1 : H 1 (M) → H 1 (U , R) e che inverte la λ1 . Generalizziamo questa costruzione e costruiamo, anche per ogni q ≥ 2, un’applicazione ψq : H q (M) −→ H q (M, R) che inverta la λq . e che esiste una successione Sia f q ∈ Z q (M), con q ≥ 2. Dico (1.9)

q−1

f0

q−2

∈ C 0 (U , Ωq−1 ), f1

0 ∈ C 1 (U , Ωq−2 ), . . . , fq−1 ∈ C q−1 (U , Ω0 )

tale che  q−1   d f 0 = δ0 f q ,     q−2 q−1   d f1 = δ f0 ,    ......      d f 0 = δ f 1 . q−2 q−1

(1.10)

Infatti, poich´e gli Ui sono contrattili, per ogni i ∈ I possiamo trovare una forma q−1 fi ∈ Ωq−1 (Ui ) tale che q−1 d fi = f |Ui , ∀i ∈ I. q−1

q−1

= ( fi )i∈I ∈ C 0 (U , Ωq−1 ). Supponiamo per Possiamo quindi definire f0 q−h−1 q−1 con ricorrenza di aver definito f0 , . . . , fh  q−r−1   fr ∈ C r (U , Ωq−r−1 ), 0 ≤ r ≤ h,     q−1 d f0 = δ0 f q ,      d frq−r−1 = δ f q−r , 1 ≤ r ≤ h. r−1 Abbiamo q−h−1

d ◦ δ fh

q−h−1

= δ ◦ d fh

q−h

= δ2 fh−1 = 0

e quindi q−h−2

∃ fh+1

∈ C h+1 (U , Ωq−h−2 )

q−h−2

tale che d fh+1

q−h−1

= δ fh

Abbiamo quindi ottenuto la successione (1.9). Sia 0 fq = δ fq−1 .

Poich´e 0 0 1 d fq = d ◦ δ fq−1 = δ ◦ d fq−1 = δ2 fq−2 = 0,

.

274

15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

fq = ( fi0 ,...,iq ) con fi0 ,...,iq costante su Ui0 ,...,iq . Quindi fq ∈ C q (U , R). Inoltre e 0 δ fq = δ2 fq−1 = 0 =⇒ fq ∈ Z q (U , R). e Per dimostrare che la classe di coomologia definita da fq in H q (U , R) dipende solo dalla classe di coomologia di f q , e` sufficiente verificare che, se e (1.9) e` una successione che soddisfa (1.10) ed f q = dgq−1 per una gq−1 ∈ Ωq−1 (M), allora fq ∈ B q (U , R). Abbiamo infatti e q−1 f q = dgq−1 =⇒ d( f0 − δ0 gq−1 ) = 0 q−2

=⇒ ∃g0 q−2

=⇒ d f1

q−1

∈ C 0 (U , Ωq−2 ) t.c. f0 q−1

= δ f0

q−2

q−2

q−3

q−2

= δ(δ0 gq−1 + dg0 ) = δ ◦ dg0 =⇒ d( f1

=⇒ ∃g1

q−2

− δ0 gq−1 = dg0

q−2

= dδg0

q−2

− δg0 ) = 0 q−2

∈ C 1 (U , Ωq−3 ) t.c. f1

q−2

− δg0

q−3

= dg1

=⇒ · · ·

q−r−2

Possiamo cio`e costruire per ricorrenza una successione gr ∈ C r (U , Ωq−r−2 ), per r = 0, 1, . . . , q − 2 tale che    f q = dgq−1 ,     q−1 q−2 f0 − δ0 gq−1 = dg0 ,       frq−r−1 − δgq−r−1 = dgq−r−2 1 ≤ r ≤ q − 2. r r−1 Abbiamo allora 0 1 0 d fq−1 = δ fq−2 = δdg0q−2 =⇒ d( fq−1 − δg0q−2 ) = 0 0 =⇒ gq−1 = fq−1 − δg0q−2 ∈ C q−1 (U , R), e da cui fq = δgq−1 . Quindi la (1.9), (1.10) definisce un’applicazione

ψq : H q (M) −→ H q (U , R), e che, per le (1.10) e` l’inversa di λq .

(1.11)



Osservazione 15.6. Si possono costruire buoni ricoprimenti di M a partire da una sua triangolazione. A partire da una triangolazione K di M, ad ogni vertice p ∈ K0 possiamo associare l’aperto U p formato dall’unione di tutte le parti interne relative dei simplessi di K che contengono p, ovvero la parte interna della stella di p in K . La famiglia {U p | p ∈ K0 } e` allora un buon ricoprimento, localmente finito, di M. Esempio 15.2. Otteniamo un buon ricoprimento della sfera S n nel modo seguente. Consideriamo la frontiera di un simplesso (n + 1)-dimensionale Σ circoscritto e sia π : Σ → S n l’omeomorfismo ottenuto per restrizione dalla proiezione x Rn+1 \ {0} 3 x → ∈ S n. |x| Siano F0 , . . . , Fn le facce di Σ. Allora gli Ui = π(σ \ Fi ),

i = 0, . . . , n

2. PROLUNGAMENTO DI SEZIONI

275

sono gli aperti di un buon ricoprimento di S n . Abbiamo allora n+1 C h (U , R) ' R( h ) ' Λh Rn+1 . e Per descrivere questo isomorfismo, Fissiamo una base e0 , . . . , en di Rn+1 , e facciamo corrispondere ad (xi0 ,...,ih ) ∈ C h (U , R) l’elemento e X xi0 ,...,ih ei0 ∧ · · · ∧ eih .

0≤i0 0 e` sufficientemente piccolo. Nel caso la curvatura sezionale dei piani hd exp p (tv)(v), d exp p (tv)(w)i sia nulla lungo la geodetica, abbiamo D2 J/dt2 = 0 (basta osservare che sia d exp p (tv)(v) che J(t) sono vettori tangenti alla sottovariet`a exp p (hv, wi∩N0 (p)) e questa uguaglianza implica che (1/t)J(t) si mantiene costante lungo la geodetica). Per dimostrare la tesi, baster`a suddividere una geodetica assegnata uscente da p in sottoarchi di geodetica ed applicare il ragionamento fatto sopra a ciasun sottoarco. Se 0 = t0 < t1 < · · · < tm = 1 e` una partizione opportuna di [0, 1], considereremo innanzi tutto il campo di Jacobi J1 lungo [0, t1 ] 3 t → exp p (tv), con condizioni iniziali J1 (0) = 0, J˙1 (0) = w, e per ricorrenza il campo di Jacobi Jk lungo la geodetica [tk−1 , tk ] 3 t → exp p (tv) con condizioni iniziali Jk (tk−1 ) = 0, J˙k (tk−1 ) = (tk−1 − tk−2 )−1 Jk−1 (tk−1 ). Avremo d exp p (v)(w) = (1 − tm−1 )−1 Jm (1), e quindi la tesi.  Corollario 19.37. Sia (M, g) una variet`a Riemanniana a curvatura sezionale negativa e sia B una palla convessa e semplice di M, in cui le geodetiche minimizzino le distanze tra le coppie di punti. Dato un triangolo in B, i cui lati sono geodetiche γa , γb , γc di lunghezze a, b, c, con angoli corrispondenti α, β, γ, valgono le : (12.7) (12.8)

a2 + b2 − 2ab cos γ ≤ c2 α + β + γ ≤ π.

Dimostrazione. Per dimostrare la prima disuguaglianza, indichiamo con p0 il punto comune alle geodetiche a e b: per due vettori va , vb ∈ T p0 M esse sono il supporto delle γa : [0, 1] 3 t → exp p0 (tva ) e γb : [0, 1] 3 t → exp p0 (tvb ). Le lunghezze di a e di b sono le lunghezze Euclidee, in (T p0 M, g p0 ), dei segmenti [0, va ] e [0, vb ]. Per la proposizione precedente, la lunghezza c della geodetica γc e` maggiore o uguale della lunghezza Euclidea della curva exp−1 p0 γc . Questa a sua

382

19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

p volta e` maggiore o uguale della lunghezza a2 + b2 − 2 cos γ del segmento [va , vb ] di T p0 M. Per dimostrare l’ultima diseguaglianza, costruiamo il triangolo Euclideo con lati di lunghezze a, b, c e siano α0 , β0 , γ0 i suoi angoli interni, opposti rispettivamente ai lati a, b, c. Abbiamo allora a2 + b2 − 2abc cos γ0 = c2 . Sottraendo questa dalla diseguaglianza che abbiamo appena dimostrato, ricaviamo che cos γ0 ≤ cos γ. Poich´e 0 < γ, γ0 < π, questa diseguaglianza equivale a γ ≤ γ0 . Analogamente otteniamo che α ≤ α0 e β ≤ β0 , onde α + β + γ ≤ α0 + β0 + γ0 = π.  Teorema 19.38. Sia (M, g) una variet`a Riemanniana a curvatura sezionale negativa. Allora M non contiene coppie di punti coniugati. Se (M, g) e` una variet`a Riemanniana connessa e completa in cui vi sia un punto exp p0

p0 ∈ M che non ha punti coniugati, allora T p0 −−−−→ M e` un rivestimento di M. In exp p0

particolare, se M e` semplicemente connesso, T p0 −−−−→ M e` un diffeomorfismo. Dimostrazione. La prima affermazione e` conseguenza del fatto che, per un campo di Jacobi J lungo una geodetica exp p (tv), che si annulli in p, la lunghezza t−1 kJ(t)k e` una funzione crescente di t > 0. Per dimostrare la seconda affermazione, osserviamo che il pull-back g∗ della metrica g su T p0 M definisce su T p0 M una metrica Riemanniana completa, perch´e le rette passanti per l’origine in T p0 M sono geodetiche infinite di (T p0 M, g∗ ). L’ apexp p0

plicazione T p0 −−−−→ M e` quindi un’isometria. Il fatto che M sia completa ci dice exp p0

che l’immagine di T p0 −−−−→ M e` aperta e chiusa e quindi coincide con M ed e` un rivestimento perch´e una palla semplice convessa minimizzante di M e` certamente un aperto di trivializzazione.  Teorema 19.39. Sia (M, g) una variet`a Riemanniana connessa e completa, con curvatura sezionale negativa. Sia G un gruppo topologico compatto e localmente compatto, che agisce su M come un gruppo di isometrie. Allora G ha almeno un punto fisso in M. R Dimostrazione. Sia λ la misura di Haar su G, normalizzata in modo che G dλ = 1. Sia d la distanza su M associata alla metrica Riemanniana g. Fissato un punto p ∈ M, definiamo per ogni q ∈ M la funzione Z |d(q, k · p)|2 dλ(k) . Ψ(q) = G

Poich´e l’orbita G · p e` compatta, possiamo trovare r > 0 tale che Ψ(q) > Ψ(p) ¯ r) = {q ∈ M | d(p, q) ≤ r} e` compatta, se d(p, q) > r. Poich´e la palla chiusa B(p, ¯ r) e quindi in M. contiene un punto q0 per cui Ψ(q0 ) sia un minimo di Ψ in B(p, Abbiamo Ψ(k · q0 ) = Ψ(q0 ) per ogni k ∈ G e quindi, per dimostrare che q0 e` punto fisso di G, baster`a verificare che Ψ(q) > Ψ(q0 ) se q , q0 . Dal teorema del coseno abbiamo : (∗)

|d(q, k · p)|2 ≥ |d(q0 , k · p)|2 + |d(q, q0 )|2 − 2d(q, k · p)d(q, q0 ) cos α(k)

` TOTALMENTE GEODETICHE 13. VARIETA

383

dove α(k) e` l’angolo tra le geodetiche che congiungono q0 a q e q0 a kp. D’altra parte, poich´e q0 e` un minimo per Ψ(t), abbiamo, indicando con [0, 1] 3 t → qt ∈ M la geodetica che congiunge q0 a q : Z d |d(qt , k · p)|2 dλ(k) = 0. dt G t=0 Osserviamo che, per k ∈ G fissato, d |d(qt , k · p)|(0) = −2d(q0 , q) · d(q0 , kp) cos α(k) . dt Quindi, differenziando sotto il segno d’integrale, otteniamo : Z d(q0 , q) · d(q0 , kp) cos α(k)dλ(k) = 0 . G

Integrando i due membri della (∗) otteniamo allora : Ψ(q) ≥ Ψ(q0 ) + |d(q, q0 )|2 . Ci`o dimostra che q0 e` punto fisso di G.



13. Variet`a totalmente geodetiche Sia M una variet`a differenziabile, S una sua sottovariet`a. Un’applicazione continua φ : N → S , per cui N 3 p → φ(p) ∈ M sia differenziabile, e` anche differenziabile come applicazione a valori in S . Se (M, g) e` una variet`a Riemanniana, possiamo considerare su S la struttura Riemanniana definita dalla restrizione h della metrica g. Le geodetiche di M contenute in S sono anche geodetiche di S . In generale non e` vero il viceversa. Definizione 19.24. Diciamo che una sottovariet`a S di M e` geodetica in p se contiene tutte le geodetiche di M tangenti ad S in p. Diciamo che S e` totalmente geodetica se e` geodetica in ogni suo punto. Le sottovariet`a geodetiche 1-dimensionali sono le geodetiche massimali di M. Proposizione 19.40. Sia S una sottovariet`a di M, geodetica in un punto p ∈ M. Se M e` completa, allora anche S e` completa. Proposizione 19.41. Se la sottovariet`a S di M e` totalmente geodetica, allora l’inclusione S ,→ M e` un’isometria locale. Teorema 19.42. Sia (M, g) una variet`a Riemanniana ed S una sua sottovariet`a, completa per la restrizione della metrica g. Se il trasporto parallelo in M lungo le curve di S trasforma vettori tangenti ad S in vettori tangenti ad S , allora S e` totalmente geodetica. Viceversa, se S e` totalmente geodetica, il trasporto parallelo in M lungo le curve di S trasforma vettori tangenti ad S in vettori tangenti ad S . Dimostrazione. Poich´e abbiamo supposto S completa, la dimostrazione si riduce a considerare la situazione locale. Baster`a allora verificare che, se si scelgono coordinate locali x1 , . . . , xn tali che x1 , . . . , xm siano coordinate locali su S , allora i simboli di Christoffel della connessione di Levi-Civita su S si ottengono da quelli

384

19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

della connessione di Levi-Civita su M per restrizione del dominio di definizione degli indici.  Teorema 19.43. Sia (M, g) una variet`a Riemanniana connessa, semplicemente connessa, completa, con curvatura sezionale negativa. Sia S una sua sottovariet`a totalmente geodetica. Per ogni p ∈ S , le geodetiche uscenti da p e perpendicolari ad S formano una sottovariet`a S ⊥p ed M e` unione disgiunta delle sottovariet`a S ⊥p al variare di p in S . Dimostrazione. Abbiamo, per ogni p ∈ S , S = exp p (T p S ),

S ⊥p = exp p (T p⊥ S ) .

Poich´e exp p : T p M → M e` un diffeomorfismo, S ⊥p e` una sottovariet`a. Se q ∈ M, poich´e S e` chiusa, vi e` un punto p ∈ S che realizza la minima distanza di q da S e q ∈ S ⊥p . Tale punto p e` unico, perch´e se ci fosse un altro punto p0 che realizza la minima distanza, le geodetiche da q a p e a p0 formerebbero angoli di π/2 con il segmento di geodetica di S che congiunge p a p0 e ci sarebbe quindi un triangolo geodetico con somma degli angoli interni > π. 

CAPITOLO 20

Metriche di Einstein 1. Propriet`a del tensore di curvatura Sia (M, g) una variet`a pseudo-Riemanniana di dimensione reale m. Sia D la differenziazione covariante su M associata alla connessione di Levi-Civita ed indichiamo con R la sua curvatura. Ricordiamo che T (X, Y) = DX Y − DY X − [X, Y] = 0,

R(X, Y)Z = DX DY Z − DY DX Z − D[X,Y] Z.

Le principali propriet`a della curvatura sono: (1) R e` un tensore di tipo (3, 1). (2) R e` antisimmetrico rispetto ai suoi primi due argomenti: R(Y, X) = −R(X, Y). (3) R(X, Y) definisce una trasformazione g-antisimmetrica: g(R(X, Y)Z, U) + g(R(X, Y)U, Z) = 0. (4) Vale l’identit`a differenziale di Bianchi: (DR)(X, Y, Z) + (DR)(Y, Z, X) + (DR)(Z, X, Y) = 0. Utilizzando il tensore della metrica g possiamo considerare la curvatura anche come un tensore di tipo (4, 0), ponendo R(X, Y, Z, U) = g(R(X, Y)Z, U). Per le simmetrie del tensore di curvatura, esso definisce un’applicazione R : Λ2 M −→ Λ2 M, che sui tensori alternati di rango due si pu`o scrivere mediante g(R(X ∧ Y), Z ∧ U) = R(X, Y, Z, U) = g(R(X, Y)Z, U). Definizione 20.1. Se σ e` un due-piano anisotropo di T p M, la curvatura sezionale in σ e` data da R(X, Y, X, Y) K(σ) = , se X, Y ∈ σ, X ∧ Y , 0. g(X, X)g(Y, Y) − [g(X, Y)]2 Teorema 20.1 (F.Schur). Se m ≥ 3 e, per ogni p ∈ M la curvatura sezionale dei due piani in T p M e` costante, allora (M, g) ha curvatura costante. Definizione 20.2. La curvatura di Ricci di (M, g) e` il tensore di tipo (2, 0) r(X, Y) = tr (Z → R(X, Z)Y). 385

386

20. METRICHE DI EINSTEIN

Se Z1 , . . . , Zm e` una base ortonormale per g in un punto p ∈ M, se cio`e g(Zi , Z j ) = i δi, j , allora r(X, Y)(p) =

Xm i=1

con i2 = 1, i R(X, Zi , Y, Zi ).

Il tensore di Ricci pu`o essere anche considerato come un tensore di tipo (1, 1), Ric : T M → T M, mediante: r(X, Y) = g(Ric (X), Y). Osservazione 20.2. Il tensore di Ricci e` simmetrico: abbiamo cio`e r(X, Y) = r(Y, X), ovvero g(Ric (X), Y) = g(X, Ric (Y)).

CAPITOLO 21

Metriche invarianti 1. Metriche pseudo-Riemanniane su spazi omogenei Siano K un gruppo di Lie connesso, H un suo sottogruppo chiuso, M = K/H. Supponiamo che K operi effettivamente su M. Indicheremo con o il punto base di M, corrispondente ad H, ed identificheremo T o M al quoziente k/h delle algebre di Lie k di K ed h di H. Indichiamo con Ad(h) la rappresentazione aggiunta di H sul quoziente k/h, e con X¯ l’elemento di k/h corrispondente ad X ∈ k. Proposizione 21.1. Vi e` una corrispondenza biunivoca tra le metriche pseudoRiemanniane g, K-invarianti su M e le forme bilineari simmetriche non degeneri b su k/h, invarianti rispetto ad Ad(H), data da (1.1)

¯ Y), ¯ go (X † , Y † ) = b(X,

∀X, Y ∈ k.

La g e` definita positiva se e soltanto se lo e` la b. Dimostrazione. La condizione necessaria e sufficiente affinch´e g sia una metrica pseudo-Riemanniana K-invariante e` che, per ogni a ∈ K, risulti gπ(a) (a∗ X † , a∗ Y † ) = go (X † , Y † ),

∀X, Y ∈ k.

Se b ∈ K e π(b) = π(a), allora a−1 b = h ∈ H ed abbiamo allora go (X † , Y † ) = gπ(b) (b∗ X † , b∗ Y † ) = gπ(a) (b∗ X † , b∗ Y † ) † −1 † † † = go (a−1 ∗ b∗ X , a∗ b∗ Y ) = go (h∗ X , h∗ Y ).

Questo dimostra che possiamo definire una forma bilineare Ad(H)-invariante ponendo: ¯ Y) ¯ = go (X † , Y † ). b(X, Vice versa, poich´e h∗ X † = (Ad(h)(X))† per ogni X ∈ k, la (1.1) definisce una metrica K-invariante, purch´e la b sia Ad(H)-invariante.  Corollario 21.2. Supponiamo che M sia riduttiva, con decomposizione k = h ⊕ m,

Ad(H)(m) = m.

Allora la (1.2)

go (X † , Y † ) = b(X, Y), 387

∀X, Y ∈ m

388

21. METRICHE INVARIANTI

definisce una corrispondenza biunivoca tra le metriche pseudo-Riemanniane g, Kinvarianti su M, e le forme bilineari simmetriche non degeneri Ad(H)-invarianti su m. Abbiamo (1.3)

b([Z, X], Y) + b(X, [Z, Y]) = 0,

∀X, Y ∈ m, ∀Z ∈ h,

e la condizione (1.3) e` equivalente all’invarianza di b rispetto ad Ad(H) se H e` connesso. 2. La connessione di Levi-Civita sugli spazi omogenei Ricordiamo che, data una connessione affine Γ su M, possiamo associare ad ogni X ∈ X(M) il tensore 1-covariante ed 1-controvariante AX , definito da (2.1)

AX Y = [X, Y] − ∇X Y = −∇Y X − T (X, Y),

∀Y ∈ X(M).

Lemma 21.3. Se g e` una metrica pseudo-Riemanniana K-invariante su M = K/H, allora per ogni X ∈ k, il tensore AX † e` g-antisimmetrico. Dimostrazione. Per ogni X ∈ k, il gruppo a un parametro exp(tX) definisce un gruppo a un parametro di isometrie di (M, g). Quindi la derivata di Lie LX † g della metrica e` nulla. Otteniamo quindi, per ogni Y, Z ∈ X(M): X † g(Y, Z) = (LX † g)(Y, Z) + g([X † , Y], Z) + g(Y, [X † , Z]) = g([X † , Y], Z) + g(Y, [X † , Z]). D’altra parte, vale anche la X † g(Y, Z) = (∇X † g)(Y, Z) + g(∇X † Y, Z) + g(Y, ∇X † Z) = g(∇X † Y, Z) + g(Y, ∇X † Z). Sottraendo membro a membro otteniamo (2.2)

g(AX † Y, Z) + g(Y, AX † Z) = 0,

∀Y, Z ∈ X(M), 

ed il Lemma e` dimostrato. Teorema 21.4. Supponiamo che M sia riduttiva, con decomposizione (2.3)

k = h ⊕ m,

Ad(H)(m) = m.

Se g e` la metrica pseudo-Riemanniana K-invariante su M, associata alla forma bilineare simmetrica Ad(H)-invariante b, allora la sua connessione di Levi-Civita e` definita da (2.4)

Λm (X)(Y) = 21 [X, Y]m + β(X, Y),

∀X, Y ∈ m,

ove β e` la forma bilineare simmetrica definita da (2.5)

2b(β(X, Y), Z) = b(X, [Z, Y]m ) + b([Z, X]m , Y),

∀X, Y, Z ∈ m.

In particolare, la connessione di Levi-Civita coincide con la connessione naturale priva di torsione se e soltanto se il secondo membro della (2.5) e` uguale a 0 per ogni X, Y, Z ∈ m.

2. LA CONNESSIONE DI LEVI-CIVITA SUGLI SPAZI OMOGENEI

389

Dimostrazione. Ricordiamo che Λm (X) = −AX † per ogni X ∈ m, e quindi o Λm (X) e` antisimmetrica per ogni X ∈ m. Per la (??) del Teorema ?? del Capitolo 18 abbiamo Λm (X)Y − Λm (Y)X = [X, Y]m , ∀X, Y ∈ m. Quindi β(X, Y) − β(Y, X) = [X, Y]m − (Λm (X)Y − Λm (Y)X) = 0 e dunque β e` simmetrica e soddisfa b(β(X, Y), Z) + b(Y, β(X, Z)) =

1 2

b([Y, X]m , Z) + b(Y, [Z, X]m ).

Da questa, dalle uguaglianze che da questa si ottengono mediante le permutazioni cicliche di X, Y, Z e dalla simmetria di β ricaviamo finalmente la (2.5).  Definizione 21.1. Uno spazio omogeneo riduttivo M = K/H, con (2.3) ed una metrica pseudo-Riemanniana associata ad una forma bilineare simmetrica non degenere b su m si dice naturalmente riduttivo se (2.6)

b(X, [Z, Y]m ) + b([Z, X]m , Y) = 0,

∀X, Y, Z ∈ m.

Proposizione 21.5. Supponiamo che M sia naturalmente riduttivo, con una metrica pseudo-Riemanniana invariante associata alla forma bilineare b. Allora la sua curvatura soddisfa (2.7)

go (R(X † , Y † )Y † , X † ) = 41 b([X, Y]m , [X, Y]m ) − b([[X, Y]h , Y], X], ∀X, Y ∈ m.

Dimostrazione. Abbiamo infatti Ro (X, Y)Z = 14 [X, [Y, Z]m ]m − 41 [Y, [X, Z]m ]m − 12 [[X, Y]m , Z]m − [[X, Y]h , Z], ∀X, Y, Z ∈ m. 

La tesi segue allora dal Teorema 21.4. Un caso importante in cui si applicano i risultati precedenti e` il seguente:

Teorema 21.6. Sia M = K/H e supponiamo che vi sia una forma bilineare simmetrica non degenere Ad(K)-invariante κ su k la cui restrizione ad h sia non degenere. Poniamo (2.8)

m = {X ∈ k | κ(X, Y) = 0, ∀Y ∈ h}.

Allora vale la decomposizione (2.3) ed inoltre la (2.9)

b(X, Y) = κ(X, Y),

∀X, Y ∈ m,

e` una forma bilineare simmetrica non degenere ed Ad(H)-invariante su m. Rispetto a questa decomposizione e alla metrica pseudo-Riemanniana K-invariante associata a questa scelta di b lo spazio omogeneo M e` naturalmente riduttivo. Il tensore di curvatura rispetto a questa metrica soddisfa (2.10)

go (R(X † , Y † )Y † , X † ) = 14 κ([X, Y]m , [X, Y]m ) + κ([X, Y]h , [X, Y]h ),

390

21. METRICHE INVARIANTI

∀X, Y ∈ m. Osservazione 21.7. Se possiamo scegliere la κ definita positiva, allora la metrica g definita nel teorema precedente e` Riemanniana, con curvatura sezionale non negativa. Esempio 21.1. Supponiamo che K ammetta una forma bilineare simmetrica Ad(K)invariante e definita positiva e poniamo H = {e}. Allora la connessione di LeviCivita associata alla metrica descritta nel teorema precedente coincide con la 0~ Y) ~ = − 1 ad([X, Y]). connessione ed ha curvatura Re (X, 4

CAPITOLO 22

Spazi simmetrici 1. Spazi affini localmente simmetrici Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m, con una connessione affine definita dalla derivazione covariante ∇. Fissiamo un punto p di M ed intorni V0 (p) di 0 in T p M, ed U p di p in M tali che l’esponenziale in p sia definito su V0 (p) e sia un diffeomorfismo di V0 (p) su U p . Ricordiamo che l’esponenziale exp p : V0 (p)→U p e` definito da exp p (X) = φ p,X (1), se φ p,X (t) e` la geodetica di punto iniziale p e velocit`a iniziale X ∈ T p M. Possiamo supporre che V0 (p) sia simmetrico rispetto all’origine e definire quindi la simmetria geodetica rispetto al punto p mediante la corrispondenza : (1.1)

sp

U p 3 q = exp p (X) −−−−−→ q0 = exp p (−X) ∈ U p .

Osserviamo che s p e` un diffeomorfismo di U p , con ds p (p) = −I (I e` qui l’identit`a su T p M) ed s2p = s p ◦ s p = idU p . Definizione 22.1. Diciamo che (M, ∇) e` una variet`a affine localmente simmetrica se per ogni punto p di M esiste un intorno aperto U p di p in M su cui la simmetria affine sia definita e sia una trasformazione affine. Ricordiamo brevemente la definizione di trasformazione affine. Consideriamo in primo luogo il concetto di trasporto parallelo. Se (M, ∇) e` uno spazio affine ed α : [0, 1]→M, con α(0) = p0 e α(1) = p1 , una curva differenziabile, per ogni vettore X0 ∈ T p0 M indichiamo con [α]∗ (X0 ) il vettore X1 ∈ T p1 M, definito dal valore X1 = X(1) del campo di vettori [0, 1] 3 t→X(t) ∈ T M lungo α, con valore iniziale X(0) = X0 , definito dal problema di Cauchy per il sistema lineare di equazioni differenziali ordinarie:  DX(t)    = ∇α(t)  ˙ X(t) = 0, dt    X(0) = X0 . Se ora (N, ∇0 ) e` un’altra variet`a affine, un’applicazione differenziabile f : M→N si dice affine se preserva il trasporto parallelo, se cio`e, per ogni coppia di punti p0 , p1 di M che siano estremi di un cammino differenziabile α : [0, 1]→M, per ogni X0 ∈ T p0 M risulta: d f (p1 )([α]∗ (X0 )) = [ f ◦ α]∗ (d f (p0 )(X0 )) . Se f : M→N e` un diffeomorfismo, esso definisce un’applicazione bigettiva X(M) 3 X→ f∗ (X) ∈ X(N). In questo caso, la f e` una trasformazione affine se e soltanto se preserva la derivazione covariante, cio`e se e soltanto se f∗ (∇X Y) = ∇0f∗ (X) f∗ (Y) per ogni coppia X, Y di campi di vettori di M.

Teorema 22.1. Uno spazio affine (M, ∇) e` localmente simmetrico se e soltanto se il suo tensore di torsione T e il suo tensore di curvatura R soddisfano le equazioni: (1.2)

T = 0,

∇X R = 0 391

∀X ∈ X(M).

392

22. SPAZI SIMMETRICI

Dimostrazione. Supponiamo che (M, ∇) sia localmente simmetrica. In particolare, per ogni punto p ∈ M, il differenziale in p della simmetria rispetto al punto p e` il differenziale di un’affinit`a. Preserva quindi torsione e curvatura. Ricordiamo che la torsione T e` definita da : T (X, Y) = ∇X Y −∇Y X−[X, Y] per ogni X, Y ∈ X(M). In un qualsiasi punto p avremo, applicando il differenziale ds p = −I : T (X p , Y p ) = −(T (−X p , −Y p )) = −T (X p , Y p ) e quindi T (X p , Y p ) = 0 per ogni X, Y ∈ X(M) ed ogni p ∈ M. Ci`o dimostra che la torsione e` nulla. Analogamente, se X, Y, Z, T ∈ X(M) e p ∈ M, otteniamo : [(∇X R)(Y, Z)T ] p = − [(∇−X R)(−Y, −Z)(−T )] p = − [(∇X R)(Y, Z)T ] p e quindi anche ∇X R = 0.



Per concludere la dimostrazione, proveremo pi`u in generale il : Lemma 22.2. Siano (M, ∇) ed (M 0 , ∇0 ) due spazi affini. Supponiamo che, dette T ed R torsione e curvatura di (M, ∇) e T 0 ed R0 quelle di (M 0 , ∇0 ), risulti : ∇X T = 0,

∇X 0 T 0 = 0,

∇X R = 0 ,

∇0X 0 R0 = 0

∀X ∈ X(M), ∀X 0 ∈ X(N) .

Siano p ∈ M, q ∈ N due punti per cui esista un isomorfismo lineare L : T p M→T q N tale che:    L(T (v1 , v2 )) = T 0 (L(v1 ), L(v2 )) ,     L(R(v1 , v2 )v3 ) = R0 (L(v1 ), L(v2 ))L(v3 )       ∀v1 , v2 , v3 ∈ T p M . Allora esistono intorni aperti U p di p in M, Wq di q in N ed un diffeomorfismo affine f : U p →Uq con d f (p) = L. Tale f e` essenzialmente unica, e` cio`e univocamente determinata da L nella componente connessa di p dell’intorno aperto di p in M su cui e` definita. Dimostrazione. Sia U p = exp p (V0 (p)) un intorno normale di p in M. Siano X1 , . . . , Xm campi di vettori in U p ottenuti mediante il trasporto parallelo, lungo le geodetiche uscenti da p, di una base X1 (p), . . . , Xm (p) di T p M. L’ipotesi che curvatura e torsione abbiano differenziale covariante nullo ci dice che le componenti della torsione T e della curvatura R, calcolate rispetto ai campi X1 , . . . , Xm , sono costanti in U p . Siano ora X10 , . . . , Xm0 i campi di vettori, definiti in un intorno normale U 0p0 = exp p0 (V00 (p0 )), paralleli lungo le geodetiche uscenti da p0 , con X 0j (p0 ) = L(X j (p)). Per l’ipotesi che torsione e curvatura abbiano differenziale covariante nullo, le componenti della torsione T 0 e della curvatura R0 , calcolate rispetto ai campi X10 , . . . , Xm0 , sono costanti. Poich´e tali componenti coincidono con quelle di T e di R in p0 , esse coincidono, essendo costanti, su tutto U 0p0 . Siano Φ p e Φ p0 le applicazioni Φ p (t1 , . . . , tm ) = exp p (t1 X1 (p) + . . . + tm Xm (p)) e Φ p0 (t1 , . . . , tm ) = exp p (t1 X10 (p) + . . . + tm Xm0 (p)). A meno di restringere gli intorni normali U p e U 0p0 , posto A = P 2 2 m { m a locale cercata si pu`o definire mediante il diagramma i=1 ti < r } ⊂ R , l’affinit`

1. SPAZI AFFINI LOCALMENTE SIMMETRICI

393

commutativo : A Φ p0



U 0p0

Φp

/ Up > } }} } }} ~}} f

Il fatto che la f cos`ı costruita sia un’affinit`a, segue dall’unicit`a della soluzione delle equazioni di struttura1.  Definizione 22.2. Diciamo che una variet`a Riemanniana (M, g) e` localmente simmetrica se ogni punto p di M ammette un intorno normale in cui la simmetria geodetica (rispetto alla connessione di Levi-Civita) sia un’isometria locale. Teorema 22.3. Una variet`a Riemanniana (M, g) e` localmente simmetrica se e soltanto se la sua curvatura sezionale e` invariante rispetto al trasporto parallelo. Dimostrazione. Se (M, g) e` localmente simmetrica, allora il suo tensore di curvatura, e quindi a maggior ragione la sua curvatura sezionale, e` invariante per trasporto parallelo. Il viceversa segue dalle propriet`a algebriche del tensore di curvatura: se s p e` la simmetria geodetica rispetto al punto p, consideriamo il tensore B(X, Y, Z, T ) = R(X, Y, Z, T ) − R(s p (X), s p (Y), s p (Z), s p (T )), definito quando X, Y, Z, T ∈ X(U p ) per un intorno normale simmetrico U p di p ∈ M. Esso e` antisimmetrico rispetto alla prima e alla seconda coppia di indici e simmetrico per lo scambio della prima con la seconda coppia di indici. Quindi esso si annulla identicamente perch´e, per l’ipotesi dell’invarianza rispetto alla simmetria geodetica della curvatura sezionale, abbiamo B(X, Y, X, Y) = 0 per ogni X, Y ∈ X(U p ). Da questo si deduce l’invarianza di R rispetto al trasporto parallelo. Resta da verificare che le simmetrie geodetiche di una variet`a Riemanniana, quando siano trasformazioni affini, sono anche isometrie. Questo e` il contenuto del lemma seguente.  Lemma 22.4. lemSia (M, g) una variet`a Riemanniana connessa e sia φ : M→M un’affinit`a per la connessione di Levi-Civita. Se, per un punto p0 di M, il differenziale dφ(p0 ) : T p0 M→T φ(p0 ) M e` un’isometria di spazi Euclidei, allora φ : M→M e` un’isometria. Dimostrazione. Sia q un qualsiasi punto di M e sia γ : [0, 1]→M una curva differenziabile con γ(0) = q, γ(1) = p0 . Sia τ : T q M→T p0 M il trasporto parallelo lungo la curva γ. Se X, Y ∈ T p0 M, abbiamo : gq (X, Y) = g p0 (τ(X), τ(Y)) 1Ricordiamo che le equazioni di struttura sono le :

 1   dωi = −ωih ∧ ωh + 2 T ij,h ωi ∧ ωh   i i h dω = −ω ∧ ω + 1 Ri ωh ∧ ωk j j h 2 j,h,k con ∇Xi X j = Γhi, j Xh , T (Xi , X j ) = T i,h j Xh , R(Xh , Xk )X j = Rij,h,k Xi , ωi (X j ) = δij , ωij = Γih, j ωh . Le forme ωi ci consentono di calcolare le coordinate normali nell’intorno del punto p, quando i campi di vettori Xi siano scelti come nella dimostrazione del lemma.

394

22. SPAZI SIMMETRICI

perch´e il trasporto parallelo preserva il prodotto scalare, = gφ(p0 ) (dφ(p0 )(τ(X)), dφ(p0 )(τ(Y))) per l’ipotesi che dφ(p0 ) sia un’isometria, = gφ(q) (dφ(q)(X), dφ(q)(Y)) perch´e, essendo una trasformazione affine, la dφ commuta con l’operazione di trasporto parallelo, trasporta cio`e vettori paralleli lungo la curva γ in vettori paralleli lungo la curva φ ◦ γ.  2. Alcuni risultati sui gruppi di trasformazioni Premettiamo allo studio del gruppo O(M, g) delle isometrie di una variet`a Riemanniana (M, g) alcuni risultati generali sui gruppi di trasformazioni di una variet`a differenziabile. Vale il : Teorema 22.5. Sia M una variet`a differenziabile numerabile all’infinito e sia G un sottogruppo del gruppo dei diffeomorfismi di M in s´e. Sia G ⊂ X(M) l’insieme di tutti i campi di vettori X di M che generano gruppi a un parametro di trasformazioni di G. Se la sottoalgebra di Lie reale di X(M) generata da G ha dimensione finita, allora G e` un’algebra di Lie e possiamo definire su G una struttura di gruppo di Lie di trasformazioni di M, con algebra di Lie (isomorfa a) G. Dimostrazione. Indichiamo con R 3 t→ exp(tX) ∈ G il gruppo a un parametro di diffeomorfismi generato da X ∈ G. Sia L(G) l’algebra di Lie generata da G ˜ il gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso con ed indichiamo con G algebra di Lie L(G). Per ogni X ∈ L(G) possiamo considerare il gruppo locale a un parametro da esso generato : vi e` un intorno aperto VX di ({0} × M) in (R × M), in cui e` definita un’applicazione differenziabile, che indicheremo con : VX 3 (t, p)→etX (p) ∈ M , tale che : h i (d/dt) etX (p) = XetX (p)

per ogni

(t, p) ∈ U X .

Osserviamo che possiamo scegliere VX = (R × M), e risulta etX = exp(tX), se X ∈ G ⊂ L(G). Poich´e abbiamo supposto che L(G) sia un’algebra di Lie di  dimensione finita, ˜ × M tale che, se (g, p) ∈ possiamo trovare un intorno aperto U di ({e} × M) in G U , allora vi sono X ∈ L(G) e t ∈ R tali che (t, p) ∈ VX e g = exp(tX). (Indichiamo ˜ l’esponenziale, definito sull’algebra di Lie L(G), a valori qui con exp : L(G)→G ˜ nel gruppo di Lie G .) Per dimostrare quest’affermazione, consideriamo un ricoprimento aperto localmente finito {Ui } di M mediante aperti relativamente compatti e un suo raffinamento {Ui0 }. Introduciamo poi una norma sullo spazio vettoriale di dimensione finita L(G). Per i teoremi di esistenza, unicit`a e dipendenza continua dai parametri,

2. ALCUNI RISULTATI SUI GRUPPI DI TRASFORMAZIONI

395

potremo allora determinare numeri reali positivi i tali che il problema di Cauchy per il sistema di equazioni differenziali ordinarie :   X ∈ L(G) , p ∈ Ui0 , φ(t, p, X) ∈ Ui      dφ(t, p, X)    = Xφ(t,p,X) (∗)  dt        φ(0, p, X) = p abbia una ed una sola soluzione, definita per |t| < i , se kXk ≤ 1 . Potremo allora S considerare U = i {exp(X) | kXk < i } × Ui0 . ˜ su M, dalla : Risulta allora definita un’azione locale di G U 3 (exp(tX), p)→etX (p) ∈ M . Osserviamo che quest’applicazione e` ben definita per l’unicit`a della soluzione di (∗). Per completare la dimostrazione, proviamo ora alcuni lemmi.  Lemma 22.6. Siano X, Y ∈ G. Allora Z = Ad(exp(X))(Y) ∈ G. Dimostrazione. Abbiamo etZ (p) = eX ◦ etY ◦ e−X (p) = exp(X) ◦ exp(tY) ◦ exp(−X)(p) e quindi t→etZ e` un gruppo a un parametro di trasformazioni di G e Z ∈ G.



Lemma 22.7. G genera L(G) come spazio vettoriale su R. Dimostrazione. Indichiamo con V il sottospazio vettoriale di L(G) generato da G. Per il lemma precedente, abbiamo Ad(exp(G))(G) ⊂ G e quindi, per linerarit`a, abbiamo anche Ad(exp(G))(V) ⊂ V. Poich´e G genera L(G), anche exp(G) genera ˜ Poich´e l’insieme degli elementi g ∈ G ˜ per cui Ad(g)(V) ⊂ V e` un sottogruppo G. ˜ ne segue che Ad(G)(V) ˜ di G, ⊂ V. Otteniamo in particolare che Ad(exp(V))(V) ⊂ V, che ci d`a, differenziando, [V, V] ⊂ V. Quindi V e` un’algebra di Lie e perci`o coincide con L(G).  Lemma 22.8. L(G) = G. Dimostrazione. Siano X1 , . . . , Xn ∈ G una base di L(G) come spazio vettoriale. Allora l’applicazione : t1 X1 + · · · + tn Xn → exp(t1 X1 ) · · · exp(tn Xn ) e` un diffeomorfismo di un intorno V0 di 0 in L(G) su un intorno We dell’identit`a e ˜ Quindi, se Y ∈ L(G), possiamo trovare un  > 0 e funzioni ai : (−, )→R di G. P tali che ni=1 ai (t)Xi ∈ V0 e exp(tY) = exp(a1 (t)X1 ) · · · exp(an (t)Xn )

se |t| <  .

Questa uguaglianza ci d`a la : etY = exp(a1 (t)X1 ) ◦ · · · ◦ exp(an (t)Xn ) se |t| <  .  N Definendo etY = e(t/N)Y se |t| < N, otteniamo che Y ∈ G. Questo completa la dimostrazione del lemma. 

396

22. SPAZI SIMMETRICI

Sia ora G∗ il gruppo di diffeomorfismi di M generato da exp(G). Poich´e G∗ e` generato dai sottogruppi a un parametro contenuti in G, abbiamo G∗ ⊂ G. Poich´e per ogni g ∈ G ed ogni sottogruppo a un parametro R 3 t→at ∈ G anche R 3 t→ad(g)(at ) ∈ G e` ancora un sottogruppo a un parametro di G, il sottogruppo G∗ e` normale in G. Inoltre, l’applicazione ad(g) : G∗ →G∗ e` continua2 per la topologia di gruppo di Lie di G∗ , perch´e trasforma sottogruppi a un parametro in sottogruppi a un parametro. Dimostriamo ora il : Lemma 22.9. Sia G∗ un sottogruppo normale di un gruppo G. Se G∗ e` un gruppo topologico e le applicazioni ad(g) : G∗ →G∗ sono continue per ogni g ∈ G, allora vi e` un’unica topologia di gruppo topologico su G per cui G∗ sia aperto in G. Dimostrazione. Definiamo su G la topologia meno fine per cui sono aperti tutti gli insiemi Lg (A) con A aperto di G∗ . Si verifica facilmente che questa topologia e` l’unica con le propriet`a richieste nell’enunciato del lemma.  Osservazione 22.10. In generale la topologia su G e` pi`u fine della topologia compatta-aperta. Inoltre, non e` detto che le componenti connesse di G, con la topologia che abbiamo definito, formino un insieme di cardinalit`a al pi`u numerabile. Possiamo ad esempio considerare l’azione sul gruppo additivo R, che identifichiamo alla variet`a M, di un qualsiasi suo sottogruppo G totalmente sconnesso: in questo caso G = {0} e la costruzione che abbiamo fatto di d`a su G la topologia discreta. Ricordiamo che un parallelismo assoluto su una variet`a differenziabile M e` una sezione σ ∈ C ∞ (M, F(M)) del fibrato dei suoi sistemi di riferimento. In modo equivalente, e` il dato di m campi di vettori X1 , . . . , Xm che definiscono in ogni punto p ∈ M una base (X1 (p), . . . , Xm (p)) di T p M. Un diffeomorfismo f : M→M definisce un diffeomorfismo di fibrati principali fˆ : F(M)→F(M). Definizione 22.3. Se (M, σ) e` la coppia formata da una variet`a differenziabile M e da un parallelismo assoluto σ assegnato su M, chiameremo automorfismi di (M, σ) i diffeomorfismi f : M→M tali che fˆ ◦ σ = σ ◦ f . Gli automorfismi di (M, σ) formano un gruppo, che denoteremo Aut Aut(M, σ). Teorema 22.11. Sia (M, σ) la coppia formata da una variet`a differenziabile connessa M numerabile all’infinito e da un parallelismo assoluto σ su M. Allora Aut Aut(M, σ) e` un gruppo di Lie di trasformazioni con dimRAut Aut(M, σ) ≤ dimR M. Pi`u precisamente, per ogni p ∈ M, l’applicazione (∗)

Aut Aut(M, σ) 3 g→g(p) ∈ M

e` iniettiva e la sua immagine e` una sottovariet`a chiusa di M. Vi e` un’unica struttura di gruppo di Lie su Aut Aut(M, σ) per cui la (∗) sia un diffeomorfismo. 2 Un teorema di Chevalley ([Theory of Lie groups. Princeton Univ. Press, 1946], p.128) ci dice che, se G e G0 sono due gruppi di Lie, un omomorfismo algebrico φ : G→G0 e` un omomorfismo di gruppi di Lie se e soltanto se trasforma sottogruppi a un parametro di G in sottogruppi a un parametro di G0 .

2. ALCUNI RISULTATI SUI GRUPPI DI TRASFORMAZIONI

397

Dimostrazione. Sia σ(p) = (X1 (p), . . . , Xm (p)) e sia V il sottospazio vettoriale reale di X(M) generato da X1 , . . . , Xm . Per definizione, le trasformazioni di Aut Aut(M, σ) lasciano V invariante. In particolare gli elementi di Aut Aut(M, σ) commutano con gli elementi dei sottogruppi a un parametro φv (t) di diffeomorfismi di M generati dagli elementi v di V. Poniamo τv = φv (1). Osserviamo che, per ogni punto p ∈ M, τv (q) e` definita per v in un intorno di 0 in V e q in un intorno di p in M. Lemma 22.12. Per ogni p ∈ M l’applicazione Aut Aut(M, σ) 3 g→g(p) ∈ M iniettiva.

e`

Dimostrazione. Per ogni g ∈ Aut Aut(M, σ) l’insieme Fg = {q ∈ M | g(q) = q} dei punti fissi di g e` un sottoinsieme chiuso di M. Fissato un punto q ∈ M, al variare di v in un intorno di 0 in V, gli elementi τv (q) sono definiti e formano un intorno di q in M. Poich´e, come abbiamo osservato, g ◦ τv = τv ◦ g, otteniamo che Fg contiene un intorno di q. Dunque Fg risulta aperto e chiuso in M e quindi o e` vuoto, o coincide con M per l’ipotesi che M sia connesso.  Sia γ : [0, T ]→M (T > 0) una curva differenziabile. Risultano allora deterP i minate m funzioni scalari aiγ : [0, T ]→R tali che γ˙ (t) = m i=1 aγ (t)Xi (γ(t)) per ogni t ∈ [0, T ]. Due curve differenziabili γ1 , γ2 : [0, T ]→M si diranno parallele nel parallelismo completo σ se aiγ1 (t) = aiγ2 (t) per ogni t ∈ [0, T ]. Osserviamo che, data una curva differenziabile γ : [0, T ]→M ed un punto q0 , vi e` al pi`u una curva differenziabile γ0 parallela a γ ed uscente dal punto q0 ; esister`a poi comunque, per qualche 0 <  ≤ T sufficientemente piccolo, una γ0 : [0, ]→M uscente da p0 e parallela alla restrizione di γ a [0, ]. Lemma 22.13. Per ogni p0 ∈ M, l’insieme Aut Aut(M, σ)(p0 ) e` chiuso in M. Dimostrazione. Sia {ak } una successione di elementi di Aut Aut(M, σ) tali che {ak (p0 )} converga a un elemento q0 ∈ M. Dimostriamo che ogni curva γ : [0, 1]→M uscente dal punto p0 ammette una parallela γ0 : [0, 1]→M uscente da q0 . A questo scopo, indichiamo con T l’estremo superiore dei numeri reali a > 0 per cui la restrizione di γ a [0, a] ammette una parallela γa0 con punto iniziale q0 . Vogliamo dimostrare che esiste la parallela γT0 . A questo scopo, osserviamo che esistono le parallele γT0 0 per ogni 0 < T 0 < T e che per ogni t con 0 ≤ t < T , abbiamo limk→∞ ak (γ(t)) = γT0 0 (t) per 0 ≤ t ≤ T 0 < T . Fissiamo poi un intorno V0 di 0 in V e un intorno U di γ(T ) in M tali che τv (p) sia definita per v ∈ V0 e p ∈ U. Allora τv e` anche definita, per v ∈ V0 , su tutti gli insiemi ak (U). Sia t0 < T tale che ak (γ(t0 )) ∈ U per ogni k  1 e γ(T ) = τv0 (γ(t0 )) per qualche v0 ∈ V0 . Possiamo allora definire γT0 ponendo γT0 (t) = γT0 0 (t) se 0 ≤ t ≤ T 0 < T e 0 γT (T ) = τv0 (γT0 0 (t0 )) se t0 ≤ T 0 < T . Se fosse T < 1, potremmo prolungare γT0 con una parallela a γ(t − T ) uscente dal punto γT0 (T ), contraddicendo la definizione di T . Quindi T = 1 e questo dimostra l’esistenza della parallela. Poich´e γ0 (1) = limk→∞ ak (γ(1)), l’estremo γ0 (1) non dipende dalla scelta del cammino γ, ma soltanto dal suo punto finale γ(1).

398

22. SPAZI SIMMETRICI

Dimostriamo in questo modo che {ak (q)} converge per ogni q ∈ M e otteniamo quindi un’applicazione a : M→M mediante a(q) = limk→∞ ak (q) per ogni q ∈ M. Poich´e τv (a(q)) = a(τv (q)) per ogni q ∈ M, la a e` chiaramente differenziabile. Si pu`o dimostrare che e` invertibile, ripetendo i raginamenti appena svolti per la  successione delle applicazioni inverse {a−1 k }. Abbiamo facilmente: Lemma 22.14. Sia l l’algebra di Lie dei campi di vettori X ∈ X(M) tali che [X, V] = {0}. Per ogni p ∈ M, l’applicazione l 3 X→X(p) ∈ T p M e` iniettiva. Dimostrazione. I generatori di sottogruppi a un parametro di Aut Aut(M, σ) sono gli elementi di l che generano sottogruppi a un parametro di diffeomorfismi di M. Quindi, per il Teorema 22.5, il gruppo Aut Aut(M, σ) e` un gruppo di Lie, e l’applicazione Aut Aut(M, σ) 3 a→a(p) ∈ M definisce per ogni p ∈ M un diffeomorfismo di Aut Aut(M, σ) con una sottovariet`a differenziabile chiusa di M.  Completiamo ora la dimostrazione del Teorema 22.11. L’insieme G dei campi di vettori X ∈ l che generano sottogruppi a un parametro di trasformazioni di M e` una sottoalgebra di Lie di l, e quindi ha dimensione finita. Possiamo perci`o applicare il Teorema 22.5 al gruppo G = Aut Aut(M, σ) e a G, e concludere che G ha una struttura di gruppo di Lie con algebra di Lie G. Poich´e l’azione G × M→M e` differenziabile, fissato un qualsiasi punto p0 ∈ M, l’immersione differenziabile G 3 g→g(p0 ) ∈ M e` un diffeomorfismo di G con una sottovariet`a differenziabile chiusa di M.  Ricordiamo che vale il teorema3 : Teorema 22.15 (Bochner-Montgomery). Sia G un gruppo topologico localmente compatto e numerabile all’infinito di trasformazioni differenziabili di una variet`a differenziabile paracompatta M. Allora G e` un gruppo di Lie. Ricordiamo ancora4 il : Teorema 22.16 (Dantzig-van der Waerden). Sia (E, d) uno spazio metrico localmente compatto. Sia Isom(E, d) il gruppo delle isometrie di (M, E) e, per x ∈ E, indichiamo con Isom x (E, d) lo stabilizzatore di x in Isom(E, d). Consideriamo su Isom(E, d) la topologia compatta-aperta. Allora Isom(E, d) e` localmente compatto e Isom x (E, d) e` compatto per ogni x ∈ M. Se M e` compatto, anche Isom(E, d) e` compatto. Osservazione 22.17. Ricordiamo ancora che, se (M, g) e` una variet`a Riemanniana e d e` la distanza nella metrica corrispondente, allora le isometrie f : M→M per 3S.Bochner, D.Montgomery Locally compact groups of differentiable transformations, Ann. of

Math. 47 (1946), pp.639-657. 4D.Dantzig, B.L.van der Waerden Uber ¨ metrish homogene R¨aume, Abh. Math. Sem. Univ. Hamburg 6 (1928) pp.374-376. Una dimostrazione completa si pu`o trovare anche in : KobayashiNomizu Foundations of Differential Geometry, New York: John Wiley & Sons, vol.1, 1963, alle pagine 46-50.

3. AUTOMORFISMI AFFINI E ISOMETRIE

399

la metrica d sono applicazioni differenziabili che preservano il tensore g della metrica. Indicheremo nel seguito con O(M, g) il gruppo delle isometrie della variet`a Riemanniana (M, g), cio`e : O(M, g) = { f ∈ C ∞ (M, M) | f ∗ g = g} . Se d e` la distanza su M definita dalla metrica g, allora Isom(M, d) = O(M, g). 3. Automorfismi affini e isometrie Per utilizzare i risultati del §2 nella discussione del gruppo delle affinit`a di una variet`a affine (M, ∇) e delle isometrie di una variet`a Riemanniana (M, g), e` conveniente riformulare le nozioni di variet`a affini e riemanniane nel contesto della teoria delle G-strutture. Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m. Indichiamo con : π

F(M) −−−−−−−→ M GL(m,R)

il fibrato principale dei sistemi di riferimento su M. Gli elementi della fibra F p (M) = π−1 (p) sono le basi (v1 , . . . , vm ) di T p M. Il gruppo GL(m, R) opera a destra su F(M) mediante : m  m X   X i  (v1 , . . . , vm ) · a =  a vi , . . . , aim vi  se a = aij ∈ GL(m, R) . 1

i=1

1≤i, j≤m

i=1

Se σ = (X1 , . . . , Xm ) e` una m-upla di campi di vettori che definiscono una base di T p M in ogni punto p di un aperto U di M, allora l’applicazione : U × GL(m, R) 3 (p, a)→σ(p) · a ∈ π−1 (U) e` un diffeomorfismo per la struttura differenziabile di F(M). In modo equivalente, possiamo definire la fibra F p (M) sopra il punto p ∈ M come l’insieme di tutte le applicazioni lineari invertibili ξ : Rm →T p M, identificando una base (v1 , . . . , vm ) di T p M all’isomorfismo lineare ξ : Rm →T p M che associa al vettore ei = t(0, . . . , 0, → 1, 0, . . . , 0) della base canonica di Rm il vettore vi di T p M. i

Definiamo allora in modo affatto naturale la forma canonica θ ∈ Ω1 (F(M), Rm ) mediante : θ(v) = ξ−1 (dπ(v)) ∀ξ ∈ F(M), ∀v ∈ T ξ F(M) . Osserviamo che : (Ra )∗ θ = a−1 ◦ θ

∀a ∈ GL(m, R) .

Infatti, se v ∈ T ξ F(M), allora dRa (v) ∈ T ξ·a F(M) e dπ(dRa (v)) = dπ(v). Quindi : (Ra )∗ θ(v) = θ(dRa (v)) = (ξ · a)−1 (dπ(dRa (v))) = a−1 ◦ ξ−1 (dπ(v)) = a−1 ◦ θ(v) . Proposizione 22.18. Ogni diffeomorfismo f : M→M si solleva in modo unico ad un diffeomorfismo fˆ : F(M)→F(M) che lascia θ invariante. Viceversa, ogni automorfismo di GL(m, R)-fibrato principale F : F(M)→F(M) che lasci θ invariante e` il sollevamento di un diffeomorfismo f : M→M.

400

22. SPAZI SIMMETRICI

Dimostrazione. Sia f : M→M un diffeomorfismo. Definiamo allora il suo sollevamento fˆ mediante : fˆ : F(M) 3 ξ→d f (π(ξ)) ◦ ξ ∈ F(M) . Abbiamo allora, se ξ ∈ F(M) e v ∈ T ξ F(M) :   θ(d fˆ(v)) = (d f (π(ξ)) ◦ ξ)−1 dπ(d fˆ(ξ)(v))   = ξ−1 ◦ (d f (π(ξ)))−1 (d f (π(ξ)) ◦ dπ(v)) = θ(v) . Infatti, poich´e fˆ preserva le fibre, abbiamo f ◦ π = π ◦ fˆ e quindi d f ◦ dπ = dπ ◦ d fˆ. Viceversa, se F : F(M)→F(M) preserva le fibre e lascia θ invariante, detto f : M→M il diffeomorfismo definito da π ◦ F = f ◦ π, osserviamo che Φ = fˆ−1 ◦ F e` un automorfismo differenziabile di F(M) che preserva la fibra, lascia θ invariante e induce l’identit`a su M. Perci`o abbiamo : ξ−1 (dπ(v)) = θ(v) = Φ∗ (θ(v)) = θ(dΦ(v)) = (Φ(ξ))−1 (dπ(dΦ(v))) = (Φ(ξ))−1 (dπ(v)) ∀ξ ∈ F(M) , ∀v ∈ T ξ F(M) . Otteniamo dunque (Φ(ξ))−1 (w) = ξ−1 (w) per ogni w ∈ T π(ξ) M, e questo dimostra che Φ e` l’identit`a su F(M).  Definizione 22.4. Per ogni A ∈ gl(m, R), definiamo il campo di vettori fondamentale A∗ ∈ X(F(M)) associato ad A come il generatore infinitesimale del gruppo a un parametro di diffeomorfismi F(M) × R 3 (ξ, t)→ξ · exp(tA) ∈ F(M). Una connessione affine su M si pu`o definire, oltre che per mezzo della derivazione covariante, mediante l’assegnazione di una forma di connessione, cio`e di una forma differenziale ω ∈ Ω1 (M, gl(m, R)) che goda delle propriet`a : (1) (2)

ω(A∗ ) = A R∗a ω = Ad(a−1 ) ◦ ω

∀A ∈ gl(m, R) ∀a ∈ GL(m, R) .

Un vettore v ∈ T ξ F(M) con ω(v) = 0 si dice orizzontale. Poich´e ω(ξ) : T ξ F(M)→gl(m, R) ha rango m2 e ker dπ(ξ) ∩ ker ω(ξ) = {0} per la propriet`a (1), la forma di connessione ω ci permette di decomporre lo spazio tangente a F(M) in un punto ξ nella somma diretta dei due sottospazi Vξ (M) = ker dπ(ξ) dei vettori verticali in ξ e Hξ (M) dei5 vettori orizzontali in ξ. Poich´e dπ(ξ) : Hξ (M)→T π(ξ) M e` per ogni ξ ∈ F(M) un isomorfismo lineare, possiamo associare ad ogni campo di vettori X definito su un aperto U di M un campo di vettori orizzontale X˜ su π−1 (U), caratterizzato dalle :   ˜ =0  ω(X)   ˜ = X. dπ(X) 5 Un modo equivalente di definire una connessione affine e` quello di assegnare una distribuzione

vettoriale H su F(M), complementare della distribuzione verticale.

3. AUTOMORFISMI AFFINI E ISOMETRIE

401

La derivazione covariante associata alla connessione affine e` definita dalla formula :   ˜ Y)) ˜ (†) ∇X Y(π(ξ)) = ξ ◦ X˜ ξ ξ−1 (Y) = ξ ◦ X(θ( ∀X, Y ∈ X(M) , ∀ξ ∈ F(M), dove osserviamo che, fissato Y ∈ X(M), la ξ→ΨY (ξ) = ξ−1 (Y(π(ξ))) e` una funzione differenziabile su F(M) a valori in Rm . Chiaramente :    R∗a ΨY (ξ) = ΨY (ξ · a) = (ξ · a)−1 Y(π(ξ · a)) = a−1 ξ−1 Y(π(ξ)) = a−1 ΨY (ξ)   ∀Y ∈ X(M) , ∀ξ ∈ F(M) , ∀a ∈ GL(m, R) , e quindi :   ˜ ∗a ΨY ) ˜ Y )) = (ξ ◦ a) ◦ Ra∗ X˜ (ΨY ) = (ξ ◦ a) ◦ X(R R∗a (ξ ◦ X(Ψ   ˜ Y ) = ξ ◦ X(Ψ ˜ Y) = ξ ◦ a ◦ X˜ a−1 ΨY = ξ ◦ a ◦ a−1 ◦ X(Ψ mostra che la derivata covariante ∇X Y e` ben definita dalla (†), perch´e il valore del secondo membro e` costante quando ξ varia sulla fibra F p (M) del punto p ∈ M. Viceversa, si pu`o dimostrare che, data di una derivazione covariante ∇, vi e` un’unica forma di connessione ω per cui vale la (†). Abbiamo infatti : ˜ = ∇dπ(X) Y ξ ◦ (X − [ω(X)]∗ )(θ(Y))

∀X ∈ X(F(M)) , ∀Y ∈ X(M) .

Quindi: (‡)

˜ = X(θ(Y)) ˜ − ξ−1 ∇dπ(X) Y [ω(X)]∗ (θ(Y))

∀X ∈ X(F(M)) , ∀Y ∈ X(M)

ci permette di calcolare ω utilizzando la forma canonica θ e la derivazione covariante. Teorema 22.19. Sia M una variet`a differenziabile, dotata di una connessione affine definita dalla forma di connessione ω ∈ Ω1 (F(M), gl(m, R)). Un diffeomorfismo f : M→M e` un’affinit`a se e soltanto se il suo sollevamento fˆ lascia invariante la forma di connessione ω. Viceversa, un diffeomorfismo di fibrati principali F : F(M)→F(M) e` il sollevamento di un’affinit`a se e soltanto se lascia invarianti la forma canonica θ e la forma di connessione ω. Dimostrazione. Le (†) e (‡) ci dicono che le trasformazioni affini di M sono tutte e sole quelle il cui sollevamento lascia ω invariante. L’ultima affermazione segue dal fatto che un diffeomorfismo di F(M) in s´e e` un sollevamento di un diffeomorfismo di M in s´e se e soltanto se preserva le fibre e lascia invariante la forma canonica θ.  Teorema 22.20. Il gruppo delle affinit`a di una variet`a differenziabile M, dotata di una connessione affine, e` un gruppo di Lie di dimensione minore o uguale a m(m + 1). Dimostrazione. Sia ω ∈ Ω1 (F(M), gl(m, R)) la forma della connessione. Allora la forma θ ⊕ ω ∈ Ω1 (F(M), Rm ⊕ gl(m, R))

402

22. SPAZI SIMMETRICI

definisce un parallelismo completo su F(M). La tesi e` allora conseguenza del Teorema 22.11.  Sia G un sottogruppo chiuso del gruppo lineare GL(m, R). Una G-struttura su $ M e` il dato di un fibrato principale P −→ M e di un’immersione differenziabile G

ı : P ,→ F(M), in modo che sia commutativo il diagramma : P × G −−−−−→ F(M)×GL(m, R)           y y P     $ y

−−−−−→ F(M)      yπ

M M in cui la prime due frecce orizzontali sono definite dalle inclusioni ı : P ,→ F(M) e G ,→ GL(m, R). Osserviamo che P e` una sottovariet`a chiusa di F(M). Infatti, fissata una sezione differenziabile σ di P, definita in un aperto U di M, abbiamo P ∩ π−1 (U) = {ξ ∈ π−1 (U) | ξ−1 ◦ σ(π(ξ)) ∈ G} e l’applicazione π−1 (U) 3 ξ→ξ−1 ◦ σ(π(ξ)) ∈ GL(m, R) e` continua. Quindi P ∩ π−1 (U) e` chiuso in π−1 (U) per l’ipotesi che G fosse chiuso in GL(m, R). Poich´e gli insiemi π−1 (U), al variare di U tra gli aperti di trivializzazione di P, formano un ricoprimento aperto di F(M), otteniamo che P e` chiuso in F(M). Gli elementi X dell’algebra di Lie g di G definiscono campi di vettori su P che sono la restrizione dei corrispondenti campi di vettori verticali X ∗ definiti su F(M), e che indicheremo ancora con X ∗ . $ Una G-connessione affine su M e` il dato di una G-struttura P −→ M su M, e di una forma differenziale ω0 ∈ Ω1 (P, g) con le propriet`a : ω0 (A∗ ) = A

(1)

∀A ∈ g

R∗a ω0 = Ad(a−1 ) ◦ ω0

(2)

G

∀a ∈ G .

Indichiamo con H0 = ker ω0 ⊂ X(P) la distribuzione orizzontale associata alla G-connessione affine. Abbiamo : dRa (Hξ ) = Hξ·a

∀ξ ∈ P , ∀a ∈ G .

Possiamo quindi estendere la distribuzione orizzontale H0 su P a una distribuzione orizzontale H su F(M) ponendo Hξ·a = dRa (H0ξ )

se ξ ∈ P , a ∈ GL(m, R) .

Estendiamo cos`ı la ω0 ∈ Ω1 (P, g) a una forma di connessione affine di Cartan ω ∈ Ω1 (F(M), gl(m, R), ponendo : ω(X) = A

se X ∈ T ξ F(M) e X = A∗ξ + Y con A ∈ gl(m, R) e Y ∈ Hξ .

Possiamo quindi definire in modo equivalente una G-connessione affine mediante il dato di una forma di connessione affine ω su F(M) tale che, per una G-struttura

3. AUTOMORFISMI AFFINI E ISOMETRIE

403

P@ > $ > G > M, detta ı : P→F(M) l’inclusione, risulti ı∗ ω ∈ Ω1 (P, g), tale cio`e che la sua restrizione a P sia una forma a valori nell’algebra di Lie g di G. $

Lemma 22.21. Siano P −→ M una G-struttura, ω0 ∈ Ω1 (P, g) una G-connessione G

affine e ω ∈ Ω1 (F(M), gl(m, R)) la sua estensione a F(M). Sia f : M→M un diffeomorfismo. Supponiamo che M sia connessa. Sono equivalenti : (a) fˆ∗ ω = ω ed esiste ξ0 ∈ P tale che fˆ(ξ0 ) ∈ P. (b) fˆ(P) = P e, detta fˆG : P→P la restrizione di fˆ a P, abbiamo  ∗ fˆG ω0 = ω0 . Dimostrazione. (a) =⇒ (b). Sia pr : gl(m, R)→V = gl(m, R)/g la proiezione nel quoziente. Consideriamo la forma differenziale pr ◦ ω ∈ Ω1 (F(M), V) e la corrispondente distribuzione vettoriale D = ker(pr ◦ ω) in F(M). Ricordiamo che una variet`a integrale di D e` una sottovariet`a differenziabile N di F(M) con T ξ N ⊂ Dξ per ogni ξ ∈ N. Poich´e fˆ lascia fissa la forma ω, essa lascia fissa a maggior ragione la forma pr ◦ ω e trasforma quindi variet`a integrali di D in variet`a integrali di G. La tesi segue allora dal fatto che P e` una sottovariet`a integrale massimale di D. (b) =⇒ (a). Segue dal fatto che fˆ(ξ · a) = fˆG (ξ) · a e ω(ξ · a) = R∗a ω0 (ξ) se ξ ∈ P e a ∈ GL(m, R).  Definizione 22.5. Un diffeomorfismo f : M→M che soddisfi le condizioni equivalenti (a) e (b) del Lemma 22.21 si dice una trasformazione G-affine, o una G-affinit`a, di M. $

Sia P −→ M una G struttura su M. Indichiamo ancora con θ la restrizione a P G

della forma canonica di F(M). La forma di connessione ω0 di una G-connessione affine definisce un parallelismo completo, mediante la forma θ ⊕ω ∈ Ω1 (P, Rm ⊕g). Per il Teorema 22.11 abbiamo : Corollario 22.22. Il gruppo delle trasformazioni G-affini di M, per un’assegnata $ connessione affine ω0 ∈ Ω1 (P, g) realtiva a una G-struttura P −→ M e` un gruppo G

di Lie di dimensione ≤ dimR M + dimR G.



Corollario 22.23. Due trasformazioni G-affini f, g di M, per un’assegnata con$ nessione affine ω0 ∈ Ω1 (P, g) realtiva a una G-struttura P −→ M, coincidono se G

sono uguali con i loro differenziali in un punto p0 ∈ M. Una metrica Riemanniana g su M definisce una O(m)-struttura O(M) su M, in cui gli elementi della fibra O p (M) sono le basi ortonormali di T p M rispetto al prodotto scalare g p . Viceversa, una O(m)-struttura su M definisce univocamente una metrica Riemanniana g su M. Il Lemma 22.4 ci dice che le isometrie di (M, g) sono tutte e sole le trasformazioni affini f rispetto alla connessione di Levi-Civita per cui d f (p0 ) : T p0 M→T f (p0 ) M e` un’isometria in qualche punto p0 ∈ M.

404

22. SPAZI SIMMETRICI

La restrizione ω0 della forma ω della connessione di Levi-Civita e` una O(m)connessione affine. Otteniamo perci`o: Teorema 22.24. Sia (M, g) una variet`a Riemanniana. Un’isometria di M e` un automorfismo differenziabile f : M→M il cui sollevamento e` un’affinit`a per la connessione di Levi-Civita e per cui fˆ(O(M)) = O(M). Il gruppo delle isometrie O(M, g) e` un gruppo di Lie di dimensione minore o uguale di m(m + 1)/2. Lo stabilizzatore O p (M, g) di un punto p ∈ M nel gruppo O(M, g) delle isometrie di (M, g) e` un gruppo compatto. Dimostrazione. Il teorema e` una conseguenza delle osservazioni precedenti e del Corollario 22.22. Infatti dimR o(m) = m(m − 1)/2 e quindi O(M) e` una variet`a differenziabile di dimensione [m(m − 1)/2] + m = m(m + 1)/2.  Citiamo a questo punto, senza dimostrazione6, il seguente : Teorema 22.25. Sia (M, g) una variet`a Riemanniana di dimensione m. Se il suo gruppo delle isometrie O(M, g) ha dimensione massima m(m + 1)/2, allora (M, g) e` isometrico a uno dei seguenti spazi a curvatura costante : (a) (b) (c) (d)

Lo spazio Euclideo Rm ; La sfera m-dimensionale S m ; Lo spazio proiettivo m-dimensionale RPm ; Lo spazio iperbolico semplicemente connesso m-dimensionale H m .

Descriviamo brevemente un modello dello spazio iperbolico m-dimensionale H m . Consideriamo l’ipersuperficie regolare di Rm+1 :   m   X    m m+1 2 2 H = x = (x , x , . . . , x ) ∈ R x = 1 + x  0 1 m i 0     i=1 Abbiamo :     TxH =  v = (v0 , v1 , . . . , vm ) ∈ Rm+1   m

 m  X   x0 v0 = xi vi    i=1

e definiamo la metrica iperbolica g su H m ponendo :   m  2 X  2  g x (v, v) = c · −v0 + vi  ∀x ∈ H m , ∀v ∈ T x H m i=1

per una costante c > 0. Osserviamo che H m e` l’orbita del punto (1, 0, . . . , 0) rispetto al gruppo O(1, m) delle trasformazioni lineari di Rm+1 che preservano la forma bilineare simmetrica definita dalla matrice diag(−1, 1, . . . , 1). Il gruppo 6Vedi ad esempio:

Springer 1972] a pag.46.

[S.Kobayashi Transformation groups in Differential Geometry, New York,

4. SPAZI RIEMANNIANI GLOBALMENTE SIMMETRICI

405

O(1, m) e` il gruppo delle isometrie di H m , che si identifica allo spazio omogeneo O(1, m)/(O(1) × O(m)), dove : ) ( ! ±1 a ∈ O(m) O(1) × O(m) ' a e` lo stabilizzatore in O(1, m) del punto (1, 0, . . . , 0). 4. Spazi Riemanniani globalmente simmetrici Sia (M, g) uno spazio Riemanniano. Diciamo che (M, g) e` uno spazio Riemanniano globalmente simmetrico se, per ogni punto p ∈ M esiste un’isometria involutiva s p ∈ O(M, g) che abbia p come punto fisso isolato. Osserviamo che vale il seguente : Lemma 22.26. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano e p ∈ M. Allora esiste al pi`u un’isometria involutiva s p che abbia p come punto fisso isolato. Se una tale s p esiste, allora ds p (p) = −Id su T p M ed s p coincide, in un intorno di p, con la simmetria geodetica rispetto alla connessione di Levi-Civita. Dimostrazione. Sia s p un’isometria involutiva di (M, g) con p come punto fisso isolato. Abbiamo (ds p (p))2 = Id su T p M e quindi T p M si decompone nella somma diretta dei sottospazi corrispondenti agli autovalori 1 e −1 di (ds p (p)). Se ci fosse un v ∈ T p M \ {0} con ds p (p)(v) = v, allora s p lascerebbe fissi tutti i punti della geodetica uscente da p con vettore tangente v e quindi p non sarebbe punto fisso isolato. Perci`o ds p (p) = −Id. Poich´e, essendo un’isometria, s p trasforma geodetiche in geodetiche, essa e` allora, in un intorno di p, la simmetria geodetica rispetto a p.  Lemma 22.27. Ogni spazio Riemanniano globalmente simmetrico e` completo. Dimostrazione. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano globalmente simmetrico. Sia γ : (a, b)→M una geodetica massimale. Se fosse ad esempio b < +∞, fissato  con 0 < 2 < b − a, posto p = γ(b − ), la simmetria s p ci permette di prolungare la geodetica γ a una geodetica γ˜ definita su (a, 2b − a − 2) :    se a < t < b γ(t) γ˜ (t) =    s (γ(2b − 2 − t)) se b ≤ t < 2b − a − 2 , p

contraddicendone la massimalit`a. Deve quindi essere b = +∞, e con ragionamento analogo si dimostra che a = −∞.  Osserviamo che, se γ R→M e` una geodetica massimale con γ(0) = p, allora s p ◦ γ(t) = γ(−t) per ogni t ∈ R. Da questo fatto ricaviamo subito che : Teorema 22.28. Il gruppo delle isometrie di uno spazio Riemanniano globalmente simmetrico connesso e` un gruppo transitivo di trasformazioni. Dimostrazione. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano connesso globalmente simmetrico. Indichiamo con dg la distanza definita dalla metrica g. Siano p0 , p1 due qualsiasi punti di M. Poich´e (M, g) e` completo, esiste una geodetica γ : [0, 1]→M,

406

22. SPAZI SIMMETRICI

di lunghezza `(γ) = dg (p0 , p1 ). Abbiamo allora p1 = sγ( 1 ) (p0 ). Infatti sγ( 1 ) e` 2

2

la simmetria geodetica rispetto al punto γ( 12 ) e quindi trasforma la geodetica γ(t) nella geodetica γ(1 − t).  Teorema 22.29. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano globalmente simmetrico, connesso. Indichiamo con G la componente connessa dell’identit`a nel gruppo di Lie O(M, g) delle isometrie di (M, g). Fissiamo un punto p0 ∈ M e sia K lo stabilizzatore di p0 in G. (i) Lo stabilizzatore K di p0 in G e` un sottogruppo di Lie compatto di G e il diagramma commutattivo : /M G = zz zz z z  zz f

G /K in cui la freccia orizzontale e` l’applicazione π G 3 a→a(p0 ) ∈ M e la freccia verticale la proiezione nel quoziente, definisce un diffeomorfismo f dello spazio omogeneo G/K su M. (ii) L’applicazione σ = ad(s p0 ) G 3 a→s p0 ◦ a ◦ s p0 ∈ G e` un automorfismo involutivo di G tale che, detto Kσ l’insieme dei punti fissi di σ e K0σ la componente connessa dell’identit`a in Kσ , risulta : K0σ ⊂ K ⊂ Kσ . Il gruppo K non contiene sottogruppi normali non banali di G. (iii) Siano g e k le algebre di Lie di G e K, rispettivamente. Allora k = {X ∈ g | dσ(p0 )(X) = X} e, posto p = {X ∈ g | dσ(p0 )(X) = −X} abbiamo g = k ⊕ p. Abbiamo poi dπ(e)(k) = {0} e dπ(e) : p→T p0 M e` un isomorfismo. Se X ∈ p, allora : R 3 t→ exp(tX)(p0 ) ∈ M e` la geodetica uscente da p0 con velocit`a dπ(e)(X). Per ogni v ∈ T p0 M, il vettore [d exp(tX)](p0 )(v) e` il traslato di v parallelamente lungo la geodetica. Dimostrazione. L’affermazione (i) e` conseguenza del Teorema 22.24. (ii) Per ogni k ∈ K, le due isometrie k e σ(k) = ad(s p0 )(k) = (s p0 ◦ k ◦ s p0 ) di (M, g) coincidono con il loro differenziale in p0 . E` quindi, per il Corollario 22.23, σ(k) = ad(s p0 )(k) = k per ogni k ∈ K. In particolare, dσ(e)(k) = Ad(s p0 )(k) = k, e dσ(e) e` l’identit`a su k. D’altra parte, se X ∈ g e` un punto fisso di dσ(e), avremo anche : s p0 ◦ expG (tX) ◦ s p0 = ad(s p0 )(expG (tX)) = expG (adg (s p0 )(X)) = expG (tX) ,

4. SPAZI RIEMANNIANI GLOBALMENTE SIMMETRICI

407

 onde s p0 expG (tX)(p0 ) = expG (tX)(p0 ) per ogni t ∈ R e quindi expG (tX)(p0 ) = p0 , perch´e p0 e` un punto fisso isolato di s p0 . Quindi k e` proprio l’insieme dei punti fissi di dσ(e). Poich´e il gruppo delle isometrie O(M, g) e G operano su G/K in modo effettivo, K non contiene sottogruppi normali non banali di G. (iii) Poich´e dσ(e) e` un’involuzione e k e` il sottospazio dei suoi punti fissi, abbiamo la decomposizione g = k ⊕ p. Poich´e dπ(e) ha nucleo uguale a k, ne segue che la sua restrizione a p e` un isomorfismo su T p0 M. Sia ora X ∈ p e sia γ : R→M la geodetica uscente da p0 con velocit`a dπ(e)(X). Consideriamo, per ogni numero reale t, l’isometria ut = sγ(t/2) ◦ s p0 . Dico che R 3 t→ut ∈ O(M, g) e` un sottogruppo a un parametro di O(M, g). Infatti, se t1 , t2 ∈ R, abbiamo : ut1 ◦ ut2 (p0 ) = ut1 ◦ sγ(t2 /2) (p0 ) = sγ(t1 /2) ◦ s p0 (γ(t2 )) = sγ(t1 /2) (γ(−t2 )) = γ(t1 + t2 ) = sγ([t1 +t2 ]/2) (p0 ) = ut1 +t2 (p0 ) . Inoltre, dut : T γ(s) →T γ(t+s) definisce, per ogni coppia di numeri reali t, s, il trasporto parallelo lungo la geodetica γ. Per verificare questo fatto, osserviamo in primo luogo che, per ogni numero reale s, la −ds p0 (γ(s)) definisce il trasporto parallelo da T γ(s) a T γ(−s) lungo la γ geodetica γ. A questo scopo, indichiamo con τ s1 ,s2 : T γ(s1 ) M→T γ(s2 ) M il trasporto parallelo da γ(s1 ) a γ(s2 ) lungo γ. Abbiamo allora un diagramma commutativo : γ

τ0,s

T p0 M −−−−−→ T γ(s) M        ds p0 (p0 )   y yds p0 (γ(s)) T p0 M −−−γ−−→ T γ(−s) M τ0,−s

Da questa ricaviamo che γ

τ0,−s ◦ ds p0 (p0 ) = ds p0 (γ(s)) ◦ τ s,0 γ

e, poich´e − ds p0 (p0 ) = I ,

γ

τ0,−s = −ds p0 (γ(s)) ◦ τ s,0 , da cui otteniamo : h γ i−1 γ γ γ γ −ds p0 (γ(s)) = τ0,−s ◦ τ0,s = τ0,−s ◦ τ s,0 = τ s,−s . Analogamente, −dsγ(s) definisce, per ogni coppia di numeri reali s, t, il trasporto parallelo da T γ(t) M a T γ(2s−t) M lungo la geodetica γ. Quindi, per composizione, dut = (−dsγ(t/2) ◦ (−ds p0 ) definisce il trasporto parallelo lungo γ da γ(s) a γ(t + s). E` perci`o dut1 ◦ dut2 = dut1 +t2 , perch´e il trasporto parallelo da γ(s) a γ(s + t1 + t2 ) si pu`o ottenere componendo il trasporto parallelo da γ(s) a γ(s + t2 ) con quello da γ(s + t2 ) a γ(s + t1 + t2 ). In particolare (ut1 ◦ ut2 ) ed ut1 +t2 coincidono con i loro differenziali in p0 ed, essendo isometrie, coincidono dappertutto : ut1 ◦ ut2 = ut1 +t2 e R 3 t→ut ∈ O(M, g) e` un gruppo a un parametro di isometrie. Possiamo quindi trovare Y ∈ g tale che

408

22. SPAZI SIMMETRICI

ut = expG (tY) per ogni t ∈ R. Risulta poi σ ◦ ut = s p0 ◦ sγ(t/2) = sγ(−t/2) ◦ s p0 = u−t . Da questa ricaviamo che dσ(e)(Y) = −Y, quindi Y ∈ p e perci`o Y = X.



5. Coppie simmetriche e simmetriche Riemanniane Sia G un gruppo di Lie connesso ed H un suo sottogruppo chiuso. La coppia (G, H) si dice una coppia simmetrica se esiste un automorfismo analitico involutivo σ : G→G con G0σ ⊂ H ⊂ Gσ , ove Gσ = {a ∈ G | σ(a) = a} e G0σ e` la componente connessa dell’identit`a di Gσ . Se Adg (H) e` compatto7 in Adg (G), la coppia (G, H) si dice simmetrica Riemanniana. Teorema 22.30. Sia (G, K) una coppia simmetrica Riemanniana e sia M lo spazio omogeneo M = G/K. Siano π : G→M la proiezione naturale nel quoziente e τ : G→Aut(M) la rappresentazione di G come gruppo di diffeomorfismi di M, indotta dalla traslazione a sinistra su M : G×G     (a,b)→ab y G

(a,b)→(a,π(b))

−−−−−−−−−−−→

−−−−−−−−−−−−−−−→ a→π(a)

G×M      y(a,p)→τ(a)(p) M.

Sia σ un automorfismo analitico involutivo di G tale che K0σ ⊂ K ⊂ Kσ (ove Kσ e` il sottogruppo dei punti fissi di σ e K0σ la sua componente dell’identit`a). Allora esistono metriche Riemanniane G-invarianti g su M. Rispetto a una qualsiasi metrica G-invariante g, lo spazio (M, g) e` globalmente simmetrico Riemanniano. Sia o = π(e) e sia so la corrispondente simmetrica geodetica. Essa soddisfa : so ◦ π = π ◦ σ τ(σ(a)) = so ◦ τ(a) ◦ so

∀a ∈ G .

Osservazione 22.31. Osserviamo che, in particolare, la simmetria geodetica so e` indipendente dalla scelta della metrica Riemanniana G-invariante. In effetti, la connessione di Levi-Civita su M risulta indipendente dalla particolare scelta della metrica G-invariante su M. Dimostrazione. Indichiamo con g e k le algebre di Lie di G e K, rispettivamente e poniamo p = {X ∈ g | dσ(e)(X) = −X}. Allora g = k ⊕ p. Se X ∈ p e k ∈ K, abbiamo : σ(expG (tAdg (k)(X)) = σ(ad(k)(expG (tX))) = ad(k)(expG (−tX)) = expG (−tAdg (k)(X)) , 7 Questo e` vero in particolare se H e` un sottogruppo compatto di G.

5. COPPIE SIMMETRICHE E SIMMETRICHE RIEMANNIANE

409

da cui otteniamo subito che dσ(e)(Adg (k)(X)) = −Adg (k)(X). Quindi p e` invariante rispetto ad Adg (K). L’applicazione dπ(e) manda g su T o M ed ha come nucleo k. Se X ∈ p, abbiamo : π(expG (Adg (k)(tX)) = π(ad(k)(exp(tX))) = τ(k)(exp(tX)) . Differenziando quest’espressione per t = 0, otteniamo : dπ(e) ◦ Adg (X) = dτ(k) ◦ dπ(e)(X)

∀k ∈ K ∀X ∈ p .

Poich´e Adg (K) e` compatto il GLR (g), esiste un prodotto scalare b su p, invariante  rispetto alla restrizione a p di Adg (K). Allora go = b ◦ dπ(e)|p −1 e` un prodotto scalare su T o M, invariante rispetto a τ(k) per ogni k ∈ K. Definiamo allora una metrica Riemanniana su M ponendo : gτ(g)(o) (dτ(g)(v), dτ(g)(w)) = go (v, w)

∀g ∈ G , ∀v, w ∈ T o M .

Questa definizione e` consistente perch´e b e` invariante rispetto ad adg (K). Viceversa, ogni metrica Riemanniana G-invariante su M = G/K e` di questa forma per qualche prodotto scalare invariante b su p. Definiamo ora la simmetria so di M mediante la condizione : so ◦ π = π ◦ σ. Chiaramente so e` un diffeomorfismo involutivo di M in s´e, con dso (o) = −Id su T o M. Dimostriamo che so e` un’isometria. Sia p = π(a) = τ(a)(o) ∈ M. Se X, Y ∈ T p M, allora X0 = dτ(a−1 )(p)(X), Y0 = dτ(a−1 )(p)(Y) ∈ T o M. Per ogni x ∈ G abbiamo : so ◦ τ(a)(π(x)) = so (π(ax)) = π(σ(ax)) = π(σ(a)σ(x)) = (τ(σ(a)) ◦ so )(π(x)) . Quindi so ◦ τ(a) = τ(σ(a)) ◦ so . Ricaviamo : g(dso (X), dso (Y)) = g(dso ◦ dτ(a)(X0 ), dso ◦ dτ(a)(Y0 )) = g(dτ(σ(a)) ◦ dso (X0 ), dτ(σ(a)) ◦ dso (Y0 )) = g(dso (X0 ), dso (Y0 )) = g(X0 , Y0 ) = g(X, Y) . Quindi so e` un’isometria e, poich´e so (o) = o e dso (o) = −Id su T o M, coincide con la simmetria geodetica rispetto a o. Per un qualsiasi punto p = π(a), la simmetria geodetica rispetto a p e` l’isometria s p = τ(a) ◦ so ◦ τ(a−1 ). Questo dimostra che M = G/K e` globalmente simmetrico.  La G 3 a→τ(a) ∈ O(M, g) e` un omomorfismo di gruppi di Lie. Il suo nucleo N e` un sottogruppo chiuso normale di G, contenuto in K. Se Z e` il centro di G, i gruppi Adg (K) e K/(K ∩ Z) sono isomorfi. Poich´e K ∩ Z ⊂ N, ne segue che K/(K ∩ N) e` compatto. Chiaramente la (G/N, K/(K ∩ N)) e` un’altra coppia simmetrica Riemanniana, che definisce lo stesso spazio simmetrico della coppia (G, K).

410

22. SPAZI SIMMETRICI

Teorema 22.32. Sia (G, K) una coppia simmetrica Riemanniana. Sia k l’algebra di Lie di K e z quella del centro Z di G. Se k ∩ z = {0}, allora esiste un unico automorfismo involutivo σ : G→G tale che K0σ ⊂ K ⊂ Kσ (dove Kσ e` il sottogruppo dei punti fissi di σ e K0σ la sua componente connessa dell’identit`a). Dimostrazione. Osserviamo che il differenziale in e dell’involuzione σ cercata e` l’identit`a su k, e l’opposto dell’identit`a su un sottospazio di g complementare di k in g, e trasforma in s´e l’ortogonale k⊥ di k rispetto alla forma di Killing κg di g. Poich´e k ∩ z = {0}, la forma di Killing κg e` definita negativa su k. Infatti, poich´e Adg (K) e` un sottogruppo compatto, gli elementi adg (X), per X ∈ k, si esprimono come matrici antisimmetriche (ai, j (X)), in una opportuna base8 di g. Quindi, se X ∈ k: X κg (X, X) = − [ai, j ]2 ≤ 0 i, j

e vale l’uguaglianza se e soltanto se ai, j (X) = 0 per ogni i, j, cio`e se X ∈ k ∩ z. Quindi g = k ⊕ k⊥ , dove k⊥ e` l’ortogonale di k rispetto alla forma di Killing e dσ(e) e` completamente determinato perch´e e` l’identit`a su k e −Id su k⊥ . A sua volta dσ(e) determina completamente σ.  Un’algebra di Lie ortogonale simmetrica e` una coppia (g, ς), formata da : (i)

un’algebra di Lie reale di dimensione finita g ,

(ii)

un automorfismo involutivo ς g→g , tale che :

l’insieme k = {X ∈ g | ς(X) = X} dei punti fissi di ς sia una sottoalgebra immersa in g in modo compatto. Diciamo che la coppia (g, ς) e` effettiva se, detto z il centro di g, e` : (iv) k ∩ z = {0} .

(iii)

Ricordiamo che il fatto che k sia immersa in modo compatto in g significa che la sottoalgebra adg (k) di adg (g) genera un sottogruppo compatto del gruppo IntR (g) degli automorfismi interni di g. Nel caso in cui la coppia (g, ς) sia effettiva, la condizione e` equivalente al fatto che la forma di Killing κg di g sia definita negativa su k. Abbiamo osservato che, ad una coppia simmetrica Riemanniana (G, K), a cui sia associato un automorfismo involutivo σ di G, e` associata l’algebra di Lie ortogonale simmetrica (g, ς), ove g e` l’algebra di Lie di G e ς = dσ(e). Sia (g, ς) un’algebra di Lie simmetrica ortogonale e sia k il luogo dei punti fissi di ς. Una coppia (G, K) di gruppi di Lie associata a (g, ς) e` una coppia formata da un gruppo di Lie connesso G ed un suo sottogruppo chiuso K con algebre di Lie uguali a g e a k, rispettivamente. Abbiamo: 8E ` sufficiente considerare una base ortonormale di g rispetto a un prodotto scalare invariante per

Adg (K).

5. COPPIE SIMMETRICHE E SIMMETRICHE RIEMANNIANE

411

Teorema 22.33. Sia (g, ς) un’algebra di Lie ortogonale simmetrica e sia k la sottoalgebra di Lie dei punti fissi di ς. ˜ un gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso con algegbra (a) Sia G ˜ il suo sottogruppo analitico con algebra di Lie k. Allora K ˜ e` un di Lie g e sia K ˜ ˜ ˜ sottogruppo chiuso di G e (G, K) e` una coppia simmetrica Riemanniana. Lo spazio ˜ K ˜ e` semplicemente connesso. ˜ = G/ simmetrico M (b) Se (G, K) e` una qualsiasi coppia di gruppi di Lie associata a (g, ς), allora M = G/K e` uno spazio Riemanniano localmente simmetrico rispetto a qualsiasi metrica G-invariante. ˜ e` il rivestimento universale di M. (c) M ˜ e` semplicemente connesso, l’involuzione ς di g deDimostrazione. Poich´e G ˜ con dσ(e) ˜ σ˜ dei finisce univocamente un automorfismo σ ˜ di G ˜ = ς. Il luogo K punti fissi di σ ˜ e` chiuso in G e quindi e` tale anche la sua componente connessa del˜ Poich´e Adg (K) ˜ e` il sottogruppo analitico di adg (g) generato da adg (k), l’identit`a K. ˜ ˜ K ˜ ˜ ˜ = G/ e` compatto e quindi (G, K) e` una coppia Riemanniana simmetrica e M e` uno spazio globalmente simmetrico Riemanniano rispetto a qualsiasi metrica ˆ ˜ definita a partire da un prodotto scalare Adg (K)-invariante su G-invariante su M, ˜ T o M. Se G e` un gruppo di Lie con algebra di Lie g e K un suo sottogruppo chiuso ˜ con algebra di Lie K, il rivestimento G→G definisce per passaggio al quoziente il ˜ ˜ derivestimento universale M→M = G/K. La simmetrie geodetiche globali di M finiscono, per diffeomorfismi locali, simmetrie Riemanniane locale di M, rispetto a qualsiasi metrica G-invariante di M. 

CAPITOLO 23

Classi caratteristiche 1. Il fibrato degli orientamenti di una variet`a differenziabile Sia M una variet`a differenziabile di dimensione m ≥ 1. Per ogni punto p ∈ M, il gruppo di omologia singolare locale Hm (M, M\{p}) e` isomorfo a Z. Infatti, per ogni intorno U p di p in M, la coppia (U p , M\{p}) e` excisiva ed abbiamo perci`o H j (M, M\{p}) ' H j (U p , U p \{p}) per ogni j ∈ N. Possiamo scegliere U p omeomorfo ad una palla chiusa Dm = {x ∈ Rm | |x| ≤ 1}. Allora la coppia (U p , ∂U p ) e` omotopicamente equivalente alle coppie (U p , U p \{p}) e (Bm , S m−1 ), onde H j (M, M\{p}) ' H j (U p , U p \{p}) ' H j (U p , ∂U p ) ' H j (Dm , S m−1 ), ∀ j ∈ N. Dalla successione esatta ···

−−−−−→ H˜ j (U p ) −−−−−→ H˜ j (U p , U p \ {p})

δ −−−−−→ H˜ j−1 (U p \{p}) −−−−−→ H˜ j−1 (U p ) −−−−−→

···

ove abbiamo indicato con H˜ j i gruppi di omologia ridotta, otteniamo, poich´e H˜ j (U p ) ' H˜ j (Dm ) = 0 per ogni j ∈ N, gli isomorfismi H j (M, M\{p}) ' H j (U p , U p \{p}) ' H˜ j−1 (U p \{p}). Per omotopia abbiamo, per ogni j ∈ N,    Z se j = m − 1, H˜ j (U p \{p}) ' H˜ j (∂U p ) ' H˜ j (S m−1 ) '   0 se j , m − 1. Abbiamo ottenuto in particolare: Proposizione 23.1. Siano M una variet`a differenziabile di dimensione m e p un punto di M. Allora, per ogni gruppo abeliano G, abbiamo    0 se j , m, (1.1) H j (M, M \ {p}; G) '   G se j = m.  Indichiamo con U la famiglia degli aperti U di M che godono della propriet`a: esiste un omeomorfismo φ : Dm → U¯ ⊂ M del disco Dm sulla chiusura U¯ di U in M la cui restrizione alla parte interna Bm di Dm sia un diffeomorfismo su U. Per ogni punto p di U risulta definito un isomorfismo γ p : H˜ m−1 (∂U) −→ Hm (M, M\{p}), 413

414

23. CLASSI CARATTERISTICHE

ottenuto componendo l’inverso dell’isomorfismo Hm (U, U \{p}) → H˜ m−1 (∂U) descritto sopra con l’isomorfismo Hm (U, U \{p}) → Hm (M, M \{p}) definito dall’excisione. ˜ = F p∈M Hm (M, M \ p) definiamo la topologia che ha Sull’unione disgiunta M come base degli aperti i G W(U, τ) = γ p (τ), per U ∈ U, τ ∈ H˜ m−1 (∂U). p∈U

π ˜ −−→ Proposizione 23.2. Con questa topologia, la proiezione naturale M M, che associa ad un elemento di Hm (U p , U p \ {p}) il punto p, definisce un rivestimento di M che e` anche una Z-fibrazione principale.  π

˜ −−→ M si dice il fibrato di orientazione di M. Definizione 23.1. Il rivestimento M Il gruppo Hm (M, M \ {p}) ' Z, e` ciclico infinito e vi sono perci`o esattamente due possibili scelte distinte del suo generatore. Definizione 23.2. Sia p ∈ M. Un generatore o p di Hm (M, M\{p}) si dice un’orientazione di M in p. Ci sono esattamente due orientazioni di M in ogni suo punto p. ˜ tale che in ogni punto p di Un’orientazione di M e` una sezione o ∈ Γ(M, M) M il valore o p di o sia un’orientazione di M in p. Possiamo definire un’applicazione continua ˜ 3 σ −→ |σ| ∈ Z+ (1.2) M (valore assoluto) associando 0 all’elemento nullo di Hm (M, M \ {p}) e, ad ogni elemento non nullo σ ∈ Hm (M, M \ {p}), l’unico intero positivo |σ| per cui σ/|σ| sia un generatore di Hm (M, M \ {p}). Poniamo ˜ ˜ | |σ| = k}. M(k) = {σ ∈ M Proposizione 23.3. (1.3)

(1) Se k ∈ Z+ , l’applicazione ˜ γk : M(k) 3 σ −→ π(σ) ∈ M

e` un diffeomorfismo per k = 0 ed un rivestimento a due fogli per k > 0. πk π ˜ ˜ ˜ ˜ −−→ (2) Il fibrato M(k) −−→ M(k) delle orientazioni di M(k) e` il pullback di M M mediante la (1.3). ˜ (3) Per ogni intero positivo k la variet`a M(k) ha un’orientazione naturale, definita da (1.4)

∗ o M(k) ˜ (σ) = γk (σ/k).

(4) Per ogni coppia di interi positivi k1 , k2 , esiste un unico diffeomorfismo φk1 ,k2 , che preservi le orientazioni e renda commutativo il diagramma ˜ 1) M(k F

φk1 ,k2

FF FF γk1 FFF #

M.

/ M(k ˜ 2) x x xx xx γk2 x {x

` DIFFERENZIABILE 1. IL FIBRATO DEGLI ORIENTAMENTI DI UNA VARIETA

415

˜ Definizione 23.3. La variet`a M(1) si dice la variet`a di orientazione di M. ˜ Proposizione 23.4. Una variet`a connessa M e` orientabile se e soltanto se M(1) non e` connessa. Corollario 23.5. Sia M una variet`a connessa. Se il suo gruppo fondamentale π1 (M) non contiene sottogruppi di indice due, allora M e` orientabile. Dimostrazione. Supponiamo che M non sia orientabile e consideriamo la sucπ ˜ ˜ cessione esatta di Serre per la fibrazione M(1) → − M. Poich´e M(1) e` connessa per ˜ archi, π0 ( M(1)) = 0 e dunque dall’esattezza di ˜ π1 ( M(1)) −−−−−→ π1 (M) −−−−−→ Z2 −−−−−→ 0 ˜ segue che l’immagine di π1 ( M(1)) in π1 (M) e` un suo sottogruppo di indice due1.  Osservazione 23.6. Poich´e H1 (M) e` l’abelianizzato π1 (M)/[π1 (M), π1 (M)] di π1 (M), una condizione sufficiente affinch´e M sia orientabile e` che H1 (M) non contenga sottogruppi di indice due. Sia A un qualsiasi sottoinsieme di M. Per ogni punto p ∈ A, l’inclusione (M, M\A) ,→ (M, M\{p}) definisce un’applicazione naturale M,M\{p}

(i M,M\A )∗ : Hm (M, M\A) −→ Hm (M, M\{p}). Otteniamo in questo modo una sezione M,M\{p} ˜ JA [z] : A 3 p → (i M,M\A )∗ [z] ∈ M.

Proposizione 23.7. Sia A un qualsiasi sottoinsieme di M. Ogni elemento [z] ∈ ˜ su A. Se A e` una sottovariet`a Hm (M, M \A), la JA [z] e` una sezione continua di M ˜ differenziabile di M, allora JA [z] ∈ Γ(A, M). La corrispondenza [z] → JA [z] e` funtoriale: se B e` un sottoinsieme di A, abbiamo un diagramma commutativo JA

˜ Hm (M, M\A) −−−−−→ Γ0 (A, M)          (ι M,M\B )  yrBA M,M\A ∗ y ˜ Hm (M, M\B) −−−−−→ Γ0 (B, M), JB

ove abbiamo indicato con Γ0

lo spazio delle sezioni continue e con rBA la restrizione

da A a B. ˜ si dice un’orientazione di Definizione 23.4. Se A ⊂ M, una sezione oA ∈ Γ0 (A, M) M lungo A se |oA (p)| = 1 per ogni p ∈ A. Se esiste una tale oA , diciamo che M e` orientabile lungo A. Chiaramente M e` orientabile se e soltanto se e` orientabile lungo M. Abbiamo 1 Pi`u in generale, uno spazio topologico connesso e connesso per archi ammette un rivestimento

a due fogli se e soltanto se il suo gruppo fondamentale contiene un sottogruppo di indice due.

416

23. CLASSI CARATTERISTICHE

Proposizione 23.8. Condizione necessaria e sufficiente affinch´e M sia orientabile ˜ contenga una sezione che non si annulla lungo il suo sottoinsieme A e` che Γ0 (A, M) in nessun punto. ˜ ed s(p) , 0 per ogni p ∈ A, possiamo Dimostrazione. Se s ∈ Γ0 (A, M) considerare oA (p) = s(p)/|s(p)| per ogni p ∈ A.  Se M e` orientabile lungo A ⊂ M ed oA e` un’orientazione di M lungo A, allora ˜ A A × Z 3 (p, k) −→ k · oA (p) ∈ M| e` un isomorfismo di Z-fibrati principali su A: gli elementi di Γ0 (A, Z) si possono allora identificare alle funzioni su A, a valori in Z, che sono localmente costanti su A. Orientazione di un prodotto. Siano M ed N due variet`a differenziabili, di dimensioni m ed n rispettivamente. Per la formula di K¨unnet, Hm+n (M × N, M × N \(p, q)) ' Hm (M, M\{p}) ⊗Z Hn (N, N \{q}) ∀p ∈ M, ∀q ∈ N ˜ Ne segue che e qundi una sezione JA [z] ∈ Γ(A, M). g −π−M×N Teorema 23.9. Il fibrato di orientazione M×N −−→ M × N della variet`a prodotto M ˜ −π−→ M × N e` il prodotto tensoriale dei Z-fibrati principali fibrati di orientazione M πN M e N˜ −−→ N. Ricaviamo in particolare il Corollario 23.10. Il prodotto di due variet`a orientabili e` orientabile. Dimostrazione. Il prodotto tensoriale definisce un’applicazione continua g ˜ × N˜ 3 (u, v) −→ u ⊗ v ∈ M ˜ ⊗Z N˜ ' M×N. M Quindi, se A ⊂ M e B ⊂ N, otteniamo un’applicazione continua g ˜ × Γ0 (B, N) ˜ 3 (s1 , s2 ) −→ s1 ⊗ s2 ∈ Γ0 (A × B, M×N). Γ0 (A, M) ˜ e` un’orientazione di M ed oN ∈ Γ(N, N) ˜ un’orientazione di N, Se o M ∈ Γ(M, M) allora o M ⊗ oN e` un’orientazione di M × N.  2. Variet`a a bordo Consideriamo ora il caso di variet`a a bordo. ˚ la variet`a senza Sia M una variet`a a bordo di dimensione m. Denotiamo con M bordo che consiste dei suoi punti interni, e con ∂M il bordo di M. Ricordiamo che ∂M e` una variet`a senza bordo di dimensione m−1. Ogni aperto V di M e` a sua volta una variet`a a bordo, con parte interna V˚ = ˚ e bordo ∂VV = V ∩ ∂M. V∩M In modo analogo a quanto fatto in precedenza, possiamo definire omomorfismi naturali ˜˚ ˚ −→ Γ(V, ˚ M), JV˚ : Hm (M, M\ V)

` A BORDO 2. VARIETA

417

˚ ' Hm ( M, ˚ M\ ˚ V). ˚ utilizzando l’isomorfismo di excisione Hm (M, M\ V) Otteniamo ancora un omomorfismo naturale g ˚ M\V) −→ Γ(∂VV, ∂M) J∂VV : Hm−1 (M\ V, utilizzando l’isomorfismo di excisione ˚ M \ V) ' Hm−1 (∂M, M\∂VV) Hm−1 (M\ V, (la coppia (∂M, M\V) e` excisiva). Con queste definizioni, otteniamo per ogni p ∈ V˚ e q ∈ ∂VV diagrammi commutativi J ˜˚ ˚ −−−−V˚−→ ˚ M) Hm (M, M\ V) Γ(V,           y y ˚ V˚ \{p}), Hm (M, M\{p}) −−−−−→ Hm (V, '

˚ M\V) Hm−1 (M\ V,      y

J∂VV

−−−−−→

g Γ(∂VV, ∂M)      y

˚ (M\V)\{q}) −−−−−→ Hm−1 (∂VV, ∂VV \{q}), Hm−1 (M\ V, '

e le applicazioni sono compatibili con le restrizioni: se V 0 e` un altro aperto di M con V ⊂ V 0 , abbiamo diagrammi commutativi JV˚ 0 ˜˚ Hm (M, M\ V˚ 0 ) −−−−−→ Γ(V˚0 , M)           y y J ˜˚ ˚ −−−−V˚−→ Γ(V, ˚ M) Hm (M, M\ V) J∂

V0

V0 g Hm−1 (M\ V˚ 0 , M\V 0 ) −−−−−→ Γ(∂VV 0 , ∂M)           y y

J∂

V

g ˚ M\V) −−−−V−→ Γ(∂VV, ∂M). Hm−1 (M\ V, Proposizione 23.11. Se M e` una variet`a a bordo di dimensione m, esiste un’unica famiglia di omomorfismi f ˚ M) ˜ −→ Γ(∂V, ∂M), ∂V : Γ(V, per V aperto in M, compatibile con le inclusioni e che renda commutativi i diagrammi ˚ Hm (M, M\ V)      y

JV˚

−−−−−→

˜˚ ˚ M) Γ(V,      y

f ˚ M\V) −−−−−→ Γ(∂V, ∂M). Hm−1 (M \ V, J∂V V

418

23. CLASSI CARATTERISTICHE

˜˚ un’orientazione di V, ˚ M) ˚ allora la sua Se V e` un aperto di M ed oV˚ ∈ Γ(V, f e` un’orientazione su ∂V, che is dice indotta immagine ∂V (oV˚ ) = o∂V ∈ Γ(∂V, ∂M) da oV˚ . ˚ e` orientabile, anche ∂M e` orientabile. In particolare, se M Dimostrazione. Usando l’excisione, possiamo ricondurre lo strudio delle applicazioni JV˚ e I∂VV al caso in cui M = {x = (x1 , . . . , xm ) ∈ Rm | |x| < 1, xm ≥ 0} e π∂M ˚ M ˜˚ −π−→ f −− ˚ e ∂M ˚ Z), quindi i fibrati M M −→ ∂M sono banali. Se p ∈ ∂V ed s ∈ C 0 (V, allora esiste un (p) > 0 tale che s(p + tem ) sia definita e costante per 0 < t < (p). La la ∂V associa ad s una ∂V s che assume in p ∈ ∂VV il valore di s(p + tem ) per 0 < t < (p). A partire da questa considerazione, si dimostra facilmente l’enunciato.  Osservazione F 23.12. In generale, dato uno spazio di Hausdorff X, possiamo definire X˜ m = p∈X Hm (X, X\{p}) e definire su X m la topologia che ha come base degli aperti gli  n X,X\{p}  (τ) p ∈ V, τ ∈ Hm (X, X\V) , Vm = ι X\V



πm al variare di V tra gli aperti di X. Otteniamo una fibrazione naturale X˜ m −−→ X che non e` in generale localmente banale, anche se πm e` un omeomorfismo locale surgettivo. Se    0 se j , m, H j (X, X\{p}) =   Z se j = m, la X si dice una variet`a generalizzata di dimensione m.

3. La classe di Eulero e la classe di Thom π

Sia ξ = (E → − M) un fibrato vettoriale reale di rango due, orientato. Una metrica Riemanniana sulle fibre di ξ definisce su di esse una struttura complessa e possiamo quindi considerare ξ come un fibrato complesso in rette. Consideriamo un atlante

CAPITOLO 24

Appendice: Omologia 1. Notazione N = {0, 1, 2, . . .} e` l’insieme degli interi non negativi. (X, A) indica una coppia topologica, cio`e la coppia formata da uno spazio topologico X e da un suo sottospazio topologico A. La coppia topologica (X, ∅) sar`a indicata semplicemente con X. Se A = {x} e` un singoletto, scriveremo a volte, per semplicit`a di notazione, (X, x) invece di (X, {x}). Se (X, A) ed (Y, B) sono due coppie topologiche con X ⊂ Y ed A ⊂ B, indichiamo con ı(Y,B) (X,A) l’inclusione X ,→ Y ed A ,→ B. Se A = ∅ scriveremo ı(Y,B) invece di ı(Y,B) e, X (X,∅) se B = ∅, ıYX invece di ı(Y,∅) . (X,∅) Useremo la notazione h∗ (X) ed h p (X) invece di h∗ (X, ∅) ed h p (X, ∅). Definizione 24.1. Una triade (X; A, B) di spazi topologici, con A ∪ B = X, si dice excisiva se X = intX (A) ∪ intX (B). Definizione 24.2. Un’applicazione continua f : X → Y e` una n-equivalenza debole se, per ogni x ∈ X, le applicazioni f∗ : πh (X, x) → πh (Y, f (x)) sono bigettive per h < n ed f∗ : πn (X) → πn (Y) e` surgettiva. E` un’equivalenza debole se e` una n-equivalenza debole per ogni n. Un’applicazione continua f : (X, A) → (Y, B) tra coppie topologiche si dice una equivalenza debole se sia X 3 x → f (x) ∈ Y che A 3 x → f (x) ∈ B sono equivalenze deboli. Alcune costruzioni topologiche. Ricordiamo che uno spazio puntato e` uno spazio topologico non vuoto X su cui si sia fissato un punto distinto x0 ∈ X. Scriveremo nel seguito X, invece che (X, x0 ), sottintendendo il punto base quando non vi sia rischio di confusione. Se X, Y sono spazi puntati con punti base x0 ∈ X ed y0 ∈ Y rispettivamente, definiamo:  (1.1) X ∨ Y = X × Y/ (X × {y0 }) ∪ ({x0 } × Y) (bouquet di X e Y), (1.2) X ∧ Y = X × Y/X ∨ Y (smash di X e Y). 419

420

24. APPENDICE: OMOLOGIA

Il bouquet e lo smash (che si dice anche prodotto tensoriale) sono a loro volta spazi puntati, con punti base corrispondenti alle immagini di (X × {y0 }) ∪ ({x0 } × Y) e di X ∨ Y, rispettivamente. Siano I = [0, 1], con punto base 1 ed S 1 = {z ∈ C | |z| = 1}, anch’esso con punto base 1. Dato lo spazio puntato X con punto base x0 definiamo: (1.3)

CX = X ∧ I

(cono ridotto di X)

(1.4)

ΣX = X ∧ S 1

(sospensione ridotta di X).

Cofibrazioni. Un’applicazione ι : A → X si dice una cofibrazione se ha la propriet`a dell’esensione dell’omotopia, se cio`e, per ogni spazio topologico Y, per ogni applicazione continua f : X → Y ed ogni omotopia F : A × I → Y di f ◦ ι, esiste un’omotopia F˜ : X × I → Y che renda commutativo il diagramma: ı0

/ A×I x ?? f ◦ι x x ?? xx x ??  |xxx F ι ι×id ? Y bE E ˜ f EF E E   / X × I, X ı0

A?

Esempio 24.1. L’inclusione ι : A ,→ X, per una coppia cellulare (X, A), e` una cofibrazione. Definizione 24.3. Un punto x0 di uno spazio topologico X e` un punto base non degenere se l’inclusione {x0 } ,→ X e` una cofibrazione. Chiamiamo spazio puntato non degenere uno spazio puntato X il cui punto base sia non degenere. 2. Definizione assiomatica Un’omologia e` un funtore covariante (A, B) −→ h∗ (A, B) =

(2.1)

∞ M

h p (A, B)

p=0

dalla categoria delle coppie topologiche a quella dei gruppi abeliani N-graduati, che soddisfa gli assiomi 1 − 5 seguenti. Prima di enunciare gli assiomi, ricordiamo che il fatto che h∗ sia un funtore covariante significa: Funtorialit`a. Se f : (X, A) → (Y, B) e` un’applicazione continua, allora sono determinati omomorfismi di gruppi abeliani (2.2)

f∗ : h∗ (X, A) −→ h∗ (Y, B), con f∗ (h p (X, A)) ⊂ h p (Y, B) ∀p ∈ N,

in modo tale che, se idX : (X, A) → (X, A) e` l’identit`a ed f, g due applicazioni f

g

continue con (X, A) − → (Y, B) → − (Z, C), allora (2.3)

(idX )∗ = idh∗ (X,A) ,

2. DEFINIZIONE ASSIOMATICA

421

(g ◦ f )∗ = g∗ ◦ f∗ .

(2.4)

Gli assiomi che caratterizzano l’omologia sono i seguenti: f0

1. Assioma d’omotopia. Se (X, A) −−→ (Y, B) definiscono la stessa classe di f1

omotopia in π(X, A; Y, B), allora f1 ∗ = f0 ∗ .

2. Assioma della frontiera. Ad ogni coppia topologica1 (X, A) e` associato un omomorfismo frontiera (che si dice anche omomorfismo di connessione o differenziale) ∂ = ∂X,A : h p (X, A) −→ h p−1 (A)

(2.5)

in modo tale che per ogni applicazione continua f : (X, A) → (Y, B) ed ogni intero positivo p si abbia un diagramma commutativo f∗

h p (X, A) −−−−−→ h p (Y, B)          ∂X,A  y∂Y,B y

(2.6)

h p−1 (A) −−−−−→ h p−1 (B). fA∗

3. Assioma di excisione. Se (X; A, B) e` una triade excisiva, allora '

(ιX,B −−−−→ h p (X, B), A,A∩B )∗ : h p (A, A ∩ B) −

(2.7)

e` un isomorfismo per ogni p ∈ N. 4. Assioma di esattezza. Per ogni coppia topologica (X, A), abbiamo una successione esatta lunga di omologia: (ıXA )∗

(ı(X,A) )∗ X

(ıXA )∗

(ı(X,A) )∗ X

· · · −−−−−→ h p+1 (A) −−−−−→ h p+1 (X) −−−−−→ h p+1 (X, A) → (2.8)

∂X,A

−−−−−→ h p (A) −−−−−→ h p (X) −−−−−→ h p (X, A) → ∂X,A

−−−−−→ h p−1 (A) −−−−−→

···

5. Assioma dimensionale. Se pt e` uno spazio topologico composto di un solo punto, allora (2.9)

h p (pt) = 0

∀p > 0.

Definizione 24.4. Il gruppo G = h0 (pt) si dice il gruppo dei coefficienti dell’omologia h∗ .

1Identifichiamo uno spazio topologico X alla coppia topologica (X, ∅). Quindi h (X) := p h p (X, ∅). Converremo inoltre, per semplicit`a, che h p (X, A) sia definito per ogni p ∈ Z ed uguale a 0 per ogni p negativo.

422

24. APPENDICE: OMOLOGIA

Osservazione 24.1. Se rafforziamo l’assioma di omotopia richiedendo in pi`u che per ogni equivalenza debole f : (X, A) → (Y, B) la corrispondente f∗ : h∗ (X, A) → h∗ (Y, B) sia un isomorfismo, allora l’omologia h∗ e` completamente determinata dal suo gruppo dei coefficienti. Scriveremo allora (2.10)

h p (X, A) = H p (X, A; G)

se h0 (pt) = G.

Il gruppo h∗ (X, A) e` comunque completamente determinati dal gruppo dei coefficienti nel caso in cui (X, A) sia una coppia cellulare2. Osservazione 24.2. Per ogni spazio topologico X ed ogni omologia, abbiamo h p (X, X) = h p (∅) = 0. L’uguaglianza h p (X, X) ' h p (∅) segue dall’assioma di excisione, applicato ad A = ∅, B = X. Applicando l’assioma di esattezza al caso A = ∅, B = ∅, troviamo una successione esatta lunga di omomorfismi di gruppi in cui tutti i termini sono uguali e le applicazioni ı∗ e ∗ sono isomorfismi. Se ne conclude che tutti i gruppi sono banali. 3. Prime conseguenze degli assiomi Si ricava immediatamente dagli assiomi Teorema 24.3 (invarianza omotopica). Se (X, A) ed (Y, B) sono due coppie omotopicamente equivalenti, allora h∗ (X, A) ' h∗ (Y, B). Abbiamo poi, nel caso dei complessi di celle: Teorema 24.4 (quoziente). Sia (X, A) una coppia cellulare. Allora h p (X, A) = h p (X/A, ptA ),

(3.1)

∀p ∈ N,

ove ptA e` l’immagine di A nella proiezione sul quoziente X → X/A. Dimostrazione. Il cono CA = (A × [0, 1])/(A × {0}) di base A ha lo stesso tipo d’omotopia di un punto. Poich´e (X, A) e` una coppia cellulare, possiamo estendere un’omotopia che collassa CA ad un punto ad un’omotopia F della somma topologica X ∪A CA. Otteniamo cos`ı un’equivalenza omotopica (X ∪A CA, CA) ' (X/A, ptA ). Per l’assioma di excisione, h p (X ∪A CA, CA) ≡ h p (X, X ∩ CA) = h p (X, A). La tesi segue quindi per l’invarianza omotopica.



Osservazione 24.5. Nell’enunciato del teorema precedente potremmo sostituire all’ipotesi che (X, A) sia una coppia cellulare l’ipotesi che ι : A ,→ X sia una cofibrazione. dove ı0 (x) = (x, 0). 2Vedi ad esempio il Cap. 13 in J.P.May: A concise course in Algebraic Topology, Chicago

Lectures in Mathematics, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1999.

3. PRIME CONSEGUENZE DEGLI ASSIOMI

423

Teorema 24.6. Sia X uno spazio topologico non vuoto ed x0 ∈ X. Allora h0 (X) = h0 (X, x0 ) ⊕ h0 (pt), h p (X) = h p (X, x0 ) ∀p > 0. Dimostrazione. Utilizzando la successione esatta lunga della coppia (X, x0 ) si ottiene subito che h p (X) = h p (X, x0 ) per ogni p ≥ 2. Abbiamo quindi una successione esatta 0 → h1 (X)→h1 (X, x0 )→h0 (x0 )→h0 (X)→h0 (X, x0 ) → 0.

(∗)

Consideriamo l’applicazione costante f : X → {x0 }. Essa induce un omomorfismo f∗ : h0 (X) → h0 (x0 ). Se ι : {x0 } 3 x0 → x0 ∈ X, da f ◦ ι = id x0 otteniamo che la composizione ι∗

f∗

h0 (x0 ) −−−−−→ h0 (X) −−−−−→ h0 (x0 ) e` l’identit`a. In particolare, ι∗ e` iniettiva e quindi la successione esatta (∗) si spezza nelle due successioni esatte 0 −−−−−→ h1 (X) −−−−−→ h1 (X, x0 ) −−−−−→ 0, ι∗

0 −−−−−→ h0 (x0 ) −−−−−→ h0 (X) −−−−−→ h0 (X, x0 ) −−−−−→ 0. Inoltre, h0 (X, x0 ) ' ker( f∗ : h0 (X) → h0 (x0 )), perch´e f∗ e` un’inversa destra di ι∗ . Otteniamo cos`ı la tesi.  Definizione 24.5. Il gruppo h p (X, x0 ) non dipende dalla scelta del punto base x0 . Lo indichiamo con h˜ p (X) e lo chiamiamo omologia ridotta di X. Se X , ∅, x0 ∈ X, ed f : X → {x0 } e` l’applicazione costante, abbiamo h˜ p (X) = ker( f∗ : h p (X) → h p (x0 )),

∀p ∈ N.

Se (X, A) e` una coppia con A , ∅, poniamo h˜ p (X, A) = h p (X, A). Possiamo allora riformulare il Teorema 24.4 nella forma Teorema 24.7 (quoziente). Siano X uno spazio topologico ed A un sottoinsieme non vuoto di X. Se l’inclusione A ,→ X e` una cofibrazione, allora (3.2)

h p (X, A) = h˜ p (X, A) = h˜ p (X/A),

∀p ∈ N.

Proposizione 24.8. Se (X, A) e` una coppia topologica, con A , ∅, allora abbiamo anche per l’omologia ridotta la successione esatta lunga: 

ı∗ ∗ · · · −−−−−→ h˜ p+1 (A) −−−−−→ h˜ p+1 (X) −−−−−→ h˜ p+1 (X, A) →

(3.3)



ı∗ ∂ ∗ −−−−−→ h˜ p (A) −−−−−→ h˜ p (X) −−−−−→ h˜ p (X, A) → ∂ −−−−−→ h˜ p−1 (A) −−−−−→

···

Proposizione 24.9 (omologia delle sfere). Per ogni intero n ≥ 0 abbiamo    G se p = n, (3.4) h˜ p (S n ) '   0 se p , n.

424

24. APPENDICE: OMOLOGIA

Dimostrazione. Calcoliamo l’omologia della sfera S 0 = {±1}. Per l’excisione, abbiamo h p (S 0 , −1) ' h p (pt) per ogni p ∈ N. Otteniamo perci`o dalla successione esatta della coppia (S 0 , −1) che h p (S 0 ) = 0 se p > 0 ed h0 (S 0 ) ' G ⊕ G, che equivale ad h˜ 0 (S 0 ) ' G. Utilizziamo poi il fatto che S n si ottiene dal disco Dn identificando ad un punto la sua frontiera ∂Dn = S n−1 . Poich´e (Dn , S n−1 ) e` una coppia cellulare, otteniamo che h p (S n ) ' h p (Dn , S n−1 ) per ogni intero p. Dalla successione esatta della coppia (Dn , S n−1 ), poich´e Dn ha il tipo di omotopia di un punto, otteniamo che h˜ p (S n ) ' h p−1 (S n−1 ) per ogni n ≥ 1. La tesi segue per ricorrenza su n dal caso n = 1.  Teorema 24.10 (omologia della sospensione). Se X e` uno spazio cellulare puntato, allora (3.5) h˜ p (X) ' h˜ p+1 (ΣX), ∀p ∈ Z. Dimostrazione. Poich´e il cono CX e` contrattile, abbiamo h˜ p (CX) = 0 per ogni p ∈ N. La successione esatta lunga di omologia della coppia (CX, X) ci d`a allora isomorfismi ' ∂ : h p (X) −−→ h p−1 (CX, X), ∀p ∈ Z. Osserviamo ora che, se X e` cellulare, allora (CX, X) e` una coppia cellulare e quindi, poich´e ΣX e` omeomorfo al quoziente CX/X, h˜ p (CX, X) ' h˜ p (CX/X) ' h˜ p (ΣX),

∀p ∈ Z, 

da cui segue la tesi.

Questo risultato ci permette di calcolare in un altro modo l’omologia ridotta delle sfere, utilizzando il fatto che, per ogni n ∈ N, abbiamo un omeomorfismo ΣS n ' S n+1 . Data una tripla di spazi topologici A ⊂ Y ⊂ X definiamo un differenziale ∂ : h p (X, Y) → h p−1 (X, A) mediante la composizione (3.6)

∗



h p (X, Y) −−−−−→ h p−1 (Y) −−−−−→ h p−1 (Y, A),

ove  = ı(Y,A) e` l’inclusione (Y, ∅) ,→ (Y, A). Y Teorema 24.11 (successione esatta di una tripla). Sia X uno spazio topologico e siano A, Y due sottospazi di X con A ⊂ Y ⊂ X. Abbiamo allora una successione esatta lunga ··· (3.7)

−−−−−→ h p+1 (X, Y) →

−−−−−→ h p (Y, A) −−−−−→ h p (X, A) −−−−−→ h p (X, Y) → −−−−−→ h p−1 (Y, A) −−−−−→

···

Definiamo le applicazioni  B φ : h p (A ∩ B) 3 γ −→ (ıAA∩B )∗ (γ), (ıA∩B )∗ (γ) ∈ h p (A) ⊕ h p (B), A∪B ψ : h p (A) ⊕ h p (B) 3 (α, β) −→ (ıA∪B A )∗ (α) − (ı B )∗ (β) ∈ h p (A ∪ B),

3. PRIME CONSEGUENZE DEGLI ASSIOMI ı∗

425



d : h p (A ∪ B) − → h p (A ∪ B, A) ' h p (B, A ∩ B) → − h p−1 (A ∩ B), cio`e (A∪B,A) −1 d = ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) )∗ . (B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B

Teorema 24.12 (successione di Mayer-Vietoris). Se A e B sono sottospazi topologici di uno spazio topologico X, abbiamo una successione esatta lunga ··· (3.8)

−−−−−→ h p+1 (A∪B) →

φ

d

ψ

−−−−−→ h p (A∩B) −−−−−→ h p (A) ⊕ h p (B) −−−−−→ h p (A∪B) → d

...

−−−−−→ h p−1 (A∩B) −−−−−→ Dimostrazione.

1. Esattezza in h p (A) ⊕ h p (B). Chiaramente φ ◦ ψ = 0. Sia (α, β) ∈ h p (A) ⊕ h p (B), con A∗ (α) = B∗ (β). Consideriamo dapprima il caso in cui α = 0. Abbiamo un diagramma commutativo ∂A,A∩B

h p+1 (A, A ∩ B) −−−−−→ h p (A ∩ B)        B )   ' ∗ y y(ıA∩B h p+1 (A ∪ B, B) −−−−−→ ∂A∪B,B

h p (B),

dove la prima freccia verticale e` l’isomorfismo dato dall’excisione. Allora, per l’esattezza della successione ∂(A∪B),B

(ıA∪B B )∗

h p (A, A ∩ B) ' h p (A ∪ B, B) −−−−−−→ h p (B) −−−−−→ h p (A ∪ B) esiste un elemento δ ∈ h p (A, A ∩ B) tale che B β = (ıA∩B )∗ ∂A,A∩B (δ).

Otteniamo allora B φ(∂A,A∩B (δ)) = ((ıAA∩B )∗ (∂A,A∩B (δ)), (ıA∩B )∗ ∂A,A∩B (δ)) = (0, β).

Consideriamo ora il caso generale. A∪B Se α ∈ h p (A), β ∈ h p (B) e (ıA∪B A )∗ (α) = (ı B )∗ (β), allora (A∪B,B) (ı(A∪B,B) )∗ ((ıA∪B )∗ ((ıA∪B A )∗ (α)) = (ıA∪B B )∗ (β)) = 0. A∪B

Consideriamo il diagramma commutativo h p (A)      (ı(A,A∩B) ) ∗ y A

(ıAA∪B )∗

−−−−−→

'

h p (A ∪ B)      (ı(A∪B,B) ) ∗ y A∪B

h p (A, A ∩ B) −−−−−−−→ h p (A ∪ B, B). (A∪B,B) (ı(A,A∩B) )∗

426

24. APPENDICE: OMOLOGIA

Abbiamo (A,A∩B) (ı(A∪B,B) )∗ (α) = (ı(A∪B,B) )∗ ◦ (ıA∪B A )∗ (α) A∪B (A,A∩B) )∗ ◦ (ıA

= (ı(A∪B,B) )∗ ◦ (ıA∪B B )∗ (β) = 0. A∪B Quindi, per l’excisione, (ı(A,A∩B) (α) = 0. Per l’esattezza della successione A (ı(A,A∩B) )∗ A

(ıAA∩B )∗

h p (A ∩ B) −−−−−→ h p (A) −−−−−−−→ h p (A, A ∩ B) otteniamo che esiste un elemento γ ∈ h p (A ∩ B) tale che α = (ıAA∩B )∗ (γ). Abbiamo B (α, β) − φ(γ) = (0, β − (ıA∩B )∗ (γ)) = (0, β0 ),

conψ(0, β0 ) = 0,

e ci siamo quindi ricondotti al caso speciale considerato all’inizio. 2. Esattezza in h p (A ∪ B). Osserviamo innanzi tutto che d ◦ ψ = 0. Infatti, se (A∪B,A) α ∈ h p (A), allora (ıA∪B = 0 e quindi a maggior ragione A )∗ ◦ (ıA∪B (A∪B,A) −1 ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) )∗ (ıA∪B A )∗ (α) = 0. (B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B

Se β ∈ h p (B), utilizziamo il diagramma commutativo (ıA∪B B )∗

−−−−−→

h p (B)     (ı(B,A∩B) )∗  y B

h p (A ∪ B)      )∗ y(ı(A∪B,A) A∪B

'

h p (B, A ∩ B) −−−−−−−→ h p (A ∪ B, A). (A∪B,A) (ı(B,A∩B) )∗

Otteniamo (A∪B,A) −1 )∗ (ıA∪B ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) B )∗ (β) (B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B

= ∂B,A∩B ◦ (ı(B,A∩B )∗ (β) = 0 B per l’esattezza della successione (ı(B,A∩B) )∗ B

(∗)

∂B,A∩B

h p (B) −−−−−−−→ h p (B, A ∩ B) −−−−−→ h p−1 (A ∩ B).

Sia ora δ ∈ h p (A ∪ B) con d(δ) = 0. Per l’esattezza di (∗), otteniamo che ∃β ∈ hq (B)

tale che

(B,A∩B) (ı(A∪B,A) )∗ (δ) = (ı(A∪B,A) )∗ (β). A∪B (B,A∩B) )∗ ◦ (ı B

Per la commutativit`a del diagramma h p (B)      (ıA∪B ) ∗ y B

(ı(B,A∩B) )∗ B

−−−−−−−→ h p (A, A ∩ B)    (A∪B,A)  ' y(ı(A,A∩B) )∗

h p (A ∪ B) −−−−−−−→ h p (A ∪ B, A) (ı(A∪B,A) )∗ A∪B

otteniamo che (ı(A∪B,A) )∗ (δ − (ıA∪B B )∗ (β)) = 0. A∪B

3. PRIME CONSEGUENZE DEGLI ASSIOMI

427

Per l’esattezza della successione (ı(A∪B,A) )∗ A∪B

(ıAA∪B )∗

h p (A) −−−−−→ h p (A ∪ B) −−−−−−−→ h p (A ∪ B, A) segue che esiste un α ∈ h p (A) tale che A∪B δ − (ıA∪B B )∗ (β) = (ıA )∗ (α),

cio`e

δ = ψ(α, β).

3. Esattezza in h p (A ∩ B). Dimostriamo in primo luogo che φ ◦ d = 0. Abbiamo (A∪B,A) B B −1 (ıA∩B )∗ ◦ d = (ıA∩B )∗ ◦ ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) )∗ (B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B (A∪B,A) −1 = 0 ◦ (ı(A∪B,A) )∗ = 0. (B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B

D’altra parte, dal diagramma commutativo (A∪B,A) (ı(B,A∩B) )∗

h p+1 (B, A ∩ B)     ∂B,A∩B  y

−−−−−−−→

h p+1 (A ∪ B, A)      y∂A∪B,A

h p (A ∩ B)

−−−−−−−−−−→

h p (A)

(ıAA∩B )∗

segue che (A∪B,A) −1 (ıAA∩B )∗ ◦ d = (ıAA∩B )∗ ◦ ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) )∗ (B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B (A∪B,A) −1 (A∪B,A) = ∂A∪B,A ◦ (ı(A∪B,A) )∗ (B,A∩B) )∗ ◦ (ı(B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B

= ∂A∪B,A ◦ (ı(A∪B,A) )∗ = 0. A∪B Questo completa la dimostrazione del fatto che φ ◦ δ = 0. B ) (γ) = 0 segue che esiste un Sia ora γ ∈ h p (A ∩ B), con φ(γ) = 0. Dalla (ıA∩B ∗ e elemento µ ∈ h p+1 (B, A ∩ B) tale che γ = ∂B,A∩B (µ). Sia η = (ı(A∪B,A) (B,A∩B) )∗ (µ). Poich´ 0 = (ıAA∩B )∗ (γ) = (ıAA∩B )∗ ◦ ∂B,A∩B (µ) −1 = (ıAA∩B )∗ ◦ ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) (B,A∩B) )∗ (η)

= ∂A∪B,A (η), abbiamo η = (ı(A∪B,A) )∗ (δ) per un elemento δ ∈ h p+1 (A ∪ B). Quindi A∪B γ = ∂B,A∩B (µ) −1 = ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) (B,A∩B) )∗ (η) (A∪B,A) −1 = ∂B,A∩B ◦ (ı(A∪B,A) )∗ (δ) (B,A∩B) )∗ ◦ (ıA∪B

= d(δ). La dimostrazione e` completa.



428

24. APPENDICE: OMOLOGIA

¨ 4. La formula di Kunnet Definiamo il prodotto di due coppie topologiche nel modo seguente: (X, A) × (Y, B) = (X × Y, X×B ∪ A×Y).

(4.1) Vale il

Teorema 24.13 (K¨unnet). Se (X, A), (Y, B) sono due coppie topologiche ed (X × B, A × Y) e` una coppia excisiva, allora, per ogni intero non negativo p, abbiamo M (4.2) h p ((X, A) × (Y, B)) = h p1 (X, A) ⊗Z h p2 (Y, B). p1 +p2 =p

5. Gruppi di omologia dei complessi cellulari Sia X un complesso cellulare di dimensione m. Indichiamo con X n lo scheletro n-dimensionale di X, cio`e l’unione delle sue celle di dimensione ≤ n. Se G = h0 (pt), definiamo i gruppi abeliani Cn (X, G) mediante Cn (X, G) = hn (X n , X n−1 )

(5.1)

e consideriamo le applicazioni ,X ∂n = (ı(X X n−1 n−1

(5.2)

n−2 )

)∗ ◦ ∂X n ,X n−1 : Cn (X, G) −→ Cn−1 (X, G).

Otteniamo in questo modo una successione di gruppi abeliani e di omomorfismi: ∂n

∂n−1

∂2

∂1

· · · → Cn (X, G) −−−−−→ Cn−1 (X, G) −−−−−→ Cn−2 (X, G) →

(5.3)

· · · → C2 (X, G) −−−−−→ C1 (X, G) −−−−−→ C0 (X, G) → 0 Teorema 24.14. Se X e` un complesso cellulare, allora (5.4) e` un complesso, cio`e ∂n−1 ◦ ∂n = 0,

(5.4)

∀n ∈ N.

Dimostrazione. Infatti ∂n ◦ ∂n−1 e` la composizione hn

(X n , X n−1 )

n−1 ,X n−2 )

∂X n ,X n−1

−−−−−−→ hn−1 ∂X n−1 ,X n−2

,X (ı(X X n−1 n−1

n−2 )

(ı(Xn−1

(X n−2 )

)∗

−−−−−−−−−−→ hn−1 (X n−1 , X n−2 ) X

n−2 ,X n−3 )

−−−−−−−−→ hn−2 che e` nulla perch´e

(X n−1 )

(ı(Xn−2

)∗

−−−−−−−−−−→ hn−1 (X n−2 , X n−3 ), X

)∗ ◦ ∂X n−1 ,X n−2 = 0.



Proposizione 24.15. Sia X un complesso cellulare finito e sia qn il numero di celle di dimensione n di X. Se h0 (pt) = G, allora (5.5)

Cn (X, G) ' Gqn = | G ⊕ {z ··· ⊕ G }. qn volte

Abbiamo inoltre (5.6)

h p (X n , X n−1 ) = 0,

∀p , n,

p > 0.

5. GRUPPI DI OMOLOGIA DEI COMPLESSI CELLULARI

429

Dimostrazione. Consideriamo il caso n = 0. Poich´e X n−1 = ∅, C(X, G) = h0 (X 0 ) ' Gq0 perch´e X 0 e` uno spazio discreto con q0 punti. Sia ora n > 0. Per il Teorema 24.4, abbiamo h p (X n , X n−1 ) ' h p (X n /X n−1 , ptX n−1 ) = h˜ p (X n /X n−1 ), ∀p, = h p (X n /X n−1 )

se

p > 0.

Il quoziente X n /X n−1 e` un bouquet di qn sfere S n . Dalla successione esatta di Mayer-Vietoris ricaviamo immediatamente che h p (X n /X n−1 ) = 0 se p , n, p > 0, e che hn (X n /X n−1 ) e` la somma diretta di qn copie di hn (S n ), che, per la Proposizione 24.9 e` isomorfo a G.  Proposizione 24.16. Se X e` un complesso cellulare di dimensione finita, abbiamo: h p (X n ) = 0 se

(5.7) (5.8)

(ıXX n )∗ : h p (X n ) −→ h p (X)

p > n,

e` un isomorfismo per p < n.

Dimostrazione. Consideriamo le successioni esatte della coppie cellulari (X n , X n−1 ): ··· −−−−−→

h p (X n−1 )

−−−−−→ h p+1 (X n , X n−1 ) →

−−−−−→ h p (X n ) −−−−−→ h p (X n , X n−1 ) →

−−−−−→ h p−1 (X n−1 ) → · · · Se p > 0, p , n, da h p (X n , X n−1 ) ' h p+1 (X n , X n−1 ) = 0 ricaviamo che h p (X n ) ' h p (X n−1 ). Se p > n, abbiamo per ricorrenza h p (X n ) ' (h p (pt))q0 ' 0. Se invece p < n, otteniamo per ricorrenza che h p (X n−1 ) ' h p (X n ) se n − 1 > p. Questa di d`a per ricorrenza un isomorfismo h p (X n ) ' h p (X m ) per m, n > p. Poich´e X ha dimensione finita, X = X m per m sufficientemente grande, ed otteniamo perci`o la tesi.  Definizione 24.6. Se (5.9)

Dn

D2

D1

· · · → Cn −−−−−→ Cn−1 → · · · −−−−−→ C1 −−−−−→ C0 −−−−−→ 0

e` un complesso di gruppi abeliani e di omomorfismi, il quoziente (5.10)

H p (C∗ , D∗ ) =

ker(D p : C p → C p−1 ) Imm(D p+1 : C p+1 → C p )

si dice il p-esimo gruppo di omologia del complesso (5.9). Per il Teorema 24.14 ad ogni complesso cellulare X e ad ogni gruppo abeliano G e` associato un complesso (Cn (X, G), ∂∗ ) di gruppi abeliani e di omomorfismi (5.4). Teorema 24.17. Se X e` un complesso cellulare, abbiamo un isomorfismo naturale (5.11)

h p (X) ' H p (C(X; G), ∂∗ ).

430

24. APPENDICE: OMOLOGIA

Dimostrazione. Formiamo un diagramma commutativo scrivendo in orizzontale la successione esatta della tripla (X p+1 , X p , X p−1 ) ed in verticale quella della tripla (X p , X p−1 , X p−2 ). Poich´e h p (X p+1 , X p ) = 0, h p+1 (X p+1 , X p ) = C p+1 (X, G) ed h p (X p , X p−1 ) = C p (X, G), abbiamo un diagramma commutativo con righe e colonne esatte: 0



h p (X p−1 , X p−2 )      y C p+1 (X, G) −−−−−→ h p (X p , X p−2 ) −−−−−→ h p (X p+1 , X p−2 ) −−−−−→ 0      y C p (X, G)     ∂p y C p−1 (X, G) Per l’esattezza della colonna, otteniamo ker ∂ p = h p (X p , X p−2 ). ,X ) D’altra parte, ı(X (X p ,X p−2 ) p

p−1

 ∗

e` iniettiva. Quindi, poich´e

,X ) ∂ p+1 = ı(X (X p ,X p−2 ) p

abbiamo

p−1

,X ◦ ı(X Xp p

 ∗

,X Imm ∂ p+1 ' Imm ı(X Xp p

p−1 )

p−1 )

 ∗

 ∗

◦ ∂X p+1 ,X p

◦ ∂X p+1 ,X p .

Questo ci d`a h p (C∗ (X, G), ∂∗ ) ' h p (X p+1 , X p−2 ). Dalla successione esatta 0 = h p (X p−2 ) → h p (X p+1 ) → h p (X p+1 , X p−2 ) → h p−1 (X p−2 ) = 0 otteniamo che h p (X p+1 , X p−2 ) ' h p (X p+1 ). La tesi segue quindi dalla (5.8) della Proposizione 24.16.  Calcolo esplicito dei gruppi di omologia a coefficienti in Z di un complesso cellulare. Per ogni cella eλ ∈ C p (X) indichiamo con heλ i il generatore 1 corrispondente alla p-cella eλ . Possiamo scrivere X (5.12) ∂ p heλ i = [eλ : eµ ]heµ i, p−1 eµ∈X

per opportuni numeri interi [eλ , eµ ], che si dicono numeri d’incidenza. Sia hλ : ∂eλ −→ X p−1

5. GRUPPI DI OMOLOGIA DEI COMPLESSI CELLULARI

431

la funzione d’attaccamento. Poich´e le celle chiuse hanno lo stesso tipo di omotopia del punto, abbiamo, per ogni p > 0, un isomorfismo ∂e¯λ ,∂eλ : H p (¯eλ , ∂eλ ; Z) −→ H p−1 (∂eλ ; Z) ' Z. Definiamo quindi un omomorfismo h˜ λ ∗ = hλ ∗ ◦ ∂e¯λ ,∂eλ : H p (¯eλ , ∂eλ ; Z) ' Z −→ H p−1 (X p−1 , Z). Inoltre, l’applicazione caratteristica di eµ φµ : e¯ µ −→ X p−1 induce un omomorfismo iniettivo φµ ∗ : H p−1 (¯eµ , ∂eµ ; Z) ' Z −→ H p−1 (X p−1 , X p−2 ; Z) = C p−1 (X, Z) ' Zq p−1 . Possiamo definire un’inversa destra di φµ ∗ mediante X C p−1 (X, Z) 3 k heν i −→ kµ ∈ Z ' H p−1 (¯eµ , ∂eµ ; Z). p−1 ν eν ∈X

Otteniamo allora Teorema 24.18. Sia X un complesso cellulare, eλ ∈ X p , eµ ∈ X p−1 . Il numero d’incidenza [eλ : eµ ] e` definito dalla formula   p−1 ,X p−2 )  ˜ ◦ h eµ , ∂eµ ; Z), (5.13) [eλ : eµ ] = (φµ ∗ )−1 ◦ ı(X λ ∗ (1) ∈ Z ' H p−1 (¯ ∗ X p−1 ove 1 ∈ Z ' H p (¯eλ , ∂eλ ; Z). Nel caso di un complesso cellulare regolare, per cui cio`e le applicazioni caratteristiche φλ : e¯ λ → X siano omeomorfismi con l’immagine, il valore dei numeri d’incidenza [eλ : eµ ] e` 0 se φµ (eµ ) non e` contenuto in hλ (∂eλ ), altrimenti e` uguale a ±1, ove il segno dipende dal fatto che l’orientamento di eµ coincida o sia opposto a quello della frontiera di eλ .

CAPITOLO 25

Appendice: Elementi di algebra omologica 1. Complessi Definizione 25.1. Chiamiamo complesso una coppia (A, α) formata da un gruppo abeliano A e da un suo endomorfismo nilpotente α ∈ Hom(A, A) con α2 = α ◦ α = 0. Poniamo (1.1) (1.2)

B(A, α) = α(A) = {α(a) | a ∈ A}, Z(A, α) = ker α = {a ∈ A | α(a) = 0}.

Per la condizione α2 = 0, abbiamo B(A, α) ⊂ Z(A, α) e possiamo quindi considerare il gruppo quoziente Z(A, α) (1.3) H(A, α) = . B(A, α) Definizione 25.2. Il gruppo H(A, α) si dice l’omologia del complesso differenziale (A, α). Definizione 25.3. Siano (A, α), (B, β) due complessi. Un omomorfismo φ ∈ Hom(A, B) e` un omomorfismo di complessi se commuta con i differenziali, se cio`e il diagramma α

(1.4)

A −−−−−→     φ y

A      yφ

B −−−−−→ B β

e` commutativo. Lemma 25.1. Siano (A, α), (B, β) due complessi e φ ∈ Hom(A, B) un omomorfismo di complessi. Allora φ(B(A, α)) ⊂ B(B, β), φ(Z(A, α)) ⊂ Z(B, β), e risulta perci`o definito un unico omomorfismo dei gruppi di omologia [φ] : H(A, α) → H(B, β) tale che [φ]([a]) = [φ(a)], ∀a ∈ Z(A, α). 433

434

25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Definizione 25.4. Una successione di gruppi abeliani 

ı

A −−−−−→ B −−−−−→ C e` esatta se im ı = ker . Se inoltre ı e` iniettiva e  surgettiva, diciamo che 

ı

(1.5)

0 −−−−−→ A −−−−−→ B −−−−−→ C −−−−−→ 0 e` una successione esatta corta. Una successione esatta corta di omomorfimsi di complessi e` il dato di tre complessi di catene (A, α), (B, β) (C, γ) e di una successione esatta corta (2.8) in cui ı e  siano omomorfismi di complessi. 2. Complessi di catene Definizione 25.5. L Un complesso di catene e` il dato di un gruppo abeliano Zgraduato C = p∈Z C p e di un omomorfismo omogeneo di grado (−1) δ : C → C 2 con δ = δ ◦ δ = 0, che si dice il differenziale od operatore bordo del complesso. Per ogni intero p, la restizione a C p del differenziale definisce un omomorfismo δ p : C p → C p−1 , e δ p−1 ◦ δ p = 0. Indichiamo con (C, δ) il complesso di catene (2.1)

δ p+1

δp

δ p−1

· · · −−−−−→ C p+1 −−−−−→ C p −−−−−→ C p−1 −−−−−→ C p−2 −−−−−→ · · ·

Anche le δ p si dicono i differenziali, od anche operatori bordo del complesso (C, δ). Poich´e δ2 = 0, abbiamo (2.2)

δ(C) = B(C, δ) ⊂ Z(C, δ) = ker δ.

Definizione 25.6. Il quoziente Z(C, δ) B(C, δ) si dice l’omologia del complesso di catene (C, δ). L’omologia di (C, δ) e` un gruppo Z-graduato: abbiamo M (2.4) H(C, δ) = H p (C, δ),

(2.3)

H(C, δ) =

p∈Z

ove gli H p (C, δ) sono i gruppi quoziente (2.5)

H p (C, δ) =

ker δ p : C p → C p−1 . im δ p : C p+1 → C p

Chiamiamo gli H p (C, δ) i gruppi di omologia del complesso (C, δ). Scriveremo anche Z p (C, δ) = ker δ p : C p → C p−1 , B p (C, δ) = im δ p+1 : C p+1 → C p , dimodoch´e Z(C, δ) =

M p∈Z

Z p (C, δ),

2. COMPLESSI DI CATENE

B(C, δ) =

M p∈Z

H p (C, δ) =

435

B p (C, δ),

Z p (C, δ) . B p (C, δ)

Definizione 25.7. Siano (A, α) e (B, β) due complessi di catene. Un omomorfismo φ : A → B si dice un omomorfismo di complessi di catene se e` omogeneo di grado zero e commuta con i differenziali, se cio`e (2.6) (2.7)

φ(A p ) ⊂ B p , ∀p ∈ Z, φ ◦ α = β ◦ φ.

Un omomorfismo di complessi di catene determina un diagramma commutativo

α

A −−−−−→     φ y

A     φ y

B −−−−−→ B. β

Indicando con φ p : A p 3 a p → φ(a p ) ∈ B p gli omomorfismi definiti da φ per ogni intero p, possiamo riscrivere il diagramma precedente come: α p+1

αp

β p+1

βp

· · · −−−−−→ A p+1 −−−−−→ A p −−−−−→ A p−1 −−−−−→ · · ·               φ p+1  φ φ p p−1 y y y · · · −−−−−→ B p+1 −−−−−→ B p −−−−−→ B p−1 −−−−−→ · · · Lemma 25.2. Sia φ : (A, α) → (B, β) un omomorfismo di complessi di catene. Allora, per ogni intero p ∈ Z, φ p (Z p (A, α)) ⊂ Z p (B, β)),

φ p (B p (A, α)) ⊂ B p (B, β))

e risulta perci`o definito un unico omomorfismo dei gruppi di omologia [φ] p : H p (A, α) → H p (B, β) tale che [φ] p ([a]) = [φ p (a)],

∀a ∈ Z p (A, α).

Definizione 25.8. Una successione di gruppi abeliani ı



A −−−−−→ B −−−−−→ C e` esatta se im ı = ker . Se inoltre ı e` iniettiva e  surgettiva, diciamo che (2.8)

ı



0 −−−−−→ A −−−−−→ B −−−−−→ C −−−−−→ 0 e` una successione esatta corta. Una successione esatta corta di omomorfimsi di complessi e` il dato di tre complessi di catene (A, α), (B, β) (C, γ) e di una successione esatta corta (2.8) in cui ı e  siano omomorfismi di complessi di catene. In particolare ıp

p

0 −−−−−→ A p −−−−−→ B p −−−−−→ C p −−−−−→ 0

436

25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

e` , per ogni p ∈ Z, una successione esatta corta ed abbiamo β ◦ ı = ı ◦ α, γ ◦  =  ◦ β, cio`e β p ◦ ı p = ı p−1 ◦ α p , γ p ◦ p = p−1 ◦ β p ,

∀p ∈ Z.

L’omomorfismo di connessione. Ad una successione esatta corta di omomorfismi di complessi di catene (2.9)



ı

0 −−−−−→ (A, α) −−−−−→ (B, β) −−−−−→ (C, γ) −−−−−→ 0

possiamo associare una corrispondenza (2.10)

−1 ı−1 p−1 ◦ β p ◦  p : Z p (C, γ) 3 c p

a p−1 ∈ Z p−1 (A, α)

nel modo seguente. Sia c p ∈ Z p (C, γ). Poich´e p : B p → C p e` , per ipotesi, surgettiva, possiamo trovare un elemento bp ∈ Bp

tale che

p (b p ) = c p .

Abbiamo allora p−1 ◦ β p (b p ) = γ p ◦ p (b p ) = γ p (c p ) = 0 e quindi, per ipotesi, ∃! a p−1 ∈ A p−1

tale che ı p−1 (a p−1 ) = β p (b p ).

Inoltre, ı p−2 ◦ α p−1 (a p−1 ) = β p−1 ◦ ı p−1 (a p−1 ) = β p−1 ◦ β p (b p ) = 0 =⇒ α p−1 (a p−1 ) = 0, cio`e a p−1 ∈ Z p−1 (A∗ , α∗ ). Abbiamo cio`e c p a p−1 se:    a p−1 ∈ Z p−1 (A∗ , α∗ ), b p ∈ B p , c p ∈ Z p (C∗ , γ∗ ),     (2.11) p (b p ) = c p ,      β p (b p ) = ı p−1 (a p1 ). Osserviamo che, se fosse c p = γ p+1 (c p+1 ) per qualche c p+1 ∈ C p+1 , esisterebbero un b p+1 ∈ B p+1 ed a p ∈ A p tali che    c p = γ p+1 (c p+1 ),       p b p = γ p+1 (c p+1 ) = γ p+1 ◦ p+1 (b p+1 ) = p ◦ β p+1 (b p+1 ),     b p − β p+1 (b p+1 ) = ı p (a p ),       =⇒ β p (b p ) = β p (b p − β p+1 (b p+1 )) = β p ı p (a p ) = ı p−1 (α p (a p )),      =⇒ a p−1 = α p (a p ) ∈ B p (A∗ , α∗ ). −1 Quindi ı−1 o la corrispondenza p−1 ◦ β p ◦  p (B p (C∗ , γ∗ )) ⊂ B p−1 (A∗ , α∗ ) e perci` (2.10) definisce, per passaggio al quoziente, un’applicazione

(2.12)

−1 δq = [ı−1 p−1 ◦ β p ◦  p ] : H p (C∗ , γ∗ ) → H p−1 (A∗ , α∗ ).

2. COMPLESSI DI CATENE

437

Definizione 25.9. L’applicazione (2.12) si dice l’omomorfismo di connessione associato alla successione esatta corta (2.9). Teorema 25.3. Ad ogni successione esatta corta di complessi di catene ∗

ı∗

0 −−−−−→ (A∗ , α∗ ) −−−−−→ (B∗ , β∗ ) −−−−−→ (C∗ , γ∗ ) −−−−−→ 0 corrisponde una successione esatta lunga in omologia: [ ] p

[ı] p

· · · −−−−−→ H p (A∗ , α∗ ) −−−−−→ H p (B∗ , β∗ ) −−−−−→ H p (C∗ , γ∗ ) δp

−−−−−→ H p−1 (A∗ , α∗ ) −−−−−→

···

−1 ` l’omomorfismo di connessione. ove δ p = [ı−1 p−1 ◦ β p ◦  p ] e

Dimostrazione. Verifichiamo in primo luogo che la successione lunga e` un complesso. Abbiamo [ p ] ◦ [ı p ] = [ p ◦ ı p ] = [0] = 0. Sia poi b p ∈ Z p (B∗ , β∗ ) e sia c p = p (b p ). La (2.11) e` verificata da    0 ∈ Z p−1 (A∗ ), b p ∈ Z p (B∗ , β∗ ), c p ∈ Z p (C∗ , γ∗ ),     c p = p (b p ),      0 = β p (b p ) = ı p−1 (0) e quindi c p 0 e δ p ([c p ]) = δ p ◦ [ p ]([b p ]) = 0. Siano ora a p−1 , b p , c p elementi che soddisfano la (2.11). Allora ı j−1 (a p−1 ) = β p (b p ) ∈ B p−1 (B∗ , β∗ ) e quindi anche [ı p ] ◦ δ p = 0. Dimostriamo ora l’esattezza. Esattezza in H p (A∗ , α∗ ). Sia a p ∈ Z p (A∗ , α∗ ) e supponiamo che esista b p+1 ∈ B p+1 tale che β p+1 (b p+1 ) = ı p (a p ). Allora, posto c p+1 = p+1 (b p+1 ) ∈ p+1 ◦ β−1 p+1 ◦ ı p (Z p (A∗ , α∗ )), abbiamo γ p+1 (c p+1 ) = γ p+1 ◦ p+1 (b p+1 ) = p ◦ β p+1 (b p+1 ) = p ◦ ı p (a p ) = 0 =⇒ c p+1 ∈ Z p+1 (C∗ , γ∗ ). Quindi [α p ] = δ p+1 (c p+1 ). Esattezza in H p (B∗ , β∗ ). Sia b p ∈ Z p (B∗ , β∗ ) e supponiamo che esista un c p+1 ∈ C p+1 tale che c p = p (b p ) = γ p+1 (c p+1 ). Sia b p+1 ∈ B p+1 tale che c p+1 = p+1 (b p+1 ). Allora p (b p − β p+1 (b p+1 )) = c p − γ p+1 ◦ p+1 (b p+1 ) = c p − γ p+1 (c p+1 ) = 0 e vi e` quindi un unico a p ∈ A p tale che ı p (a p ) = b p − β p+1 (b p+1 )

438

25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

=⇒ ı p−1 ◦ α p (a p ) = β p ◦ ı p (a p ) = β p (b p − β p+1 (b p+1 )) = 0 =⇒ α p (a p ) = 0, cio`e a p ∈ Z p (A∗ , α∗ ). Abbiamo chiaramente [ı p ]([a p ]) = [b p − β p+1 (b p+1 )] = [b p ]. Esattezza in H p (C∗ , γ∗ ). Sia c p ∈ Z p (C∗ , γ∗ ). Dire che δ p ([c p ] = 0 e` equivalente ad affermare che se Sa p−1 , b p , c p soddisfano (2.11), allora vi e` a p ∈ A p tale che a p−1 = α p (a p ). Abbiamo allora β p (bb ) = ı p−1 (a p−1 ) = ı p−1 ◦ α p (a p ) = β p ◦ ı p (a p ). Allora b0p = b p − ı p (a p ) ∈ Z p (B∗ , β∗ ) e, poich´e p (b0p ) = p (b p − ı p (a p )) = p (b p ) = c p , otteniamo che [ p ]([b0p ]) = [c p ].  Definizione 25.10. Diciamo che una successione esatta corta ı

(2.13)



0 −−−−−→ A −−−−−→ B −−−−−→ C −−−−−→ 0 si spezza se esiste un endomorfismo di proiezione $ : B → B su ker . Abbiamo cio`e: (2.14)

$ ∈ Hom(B, B),

$2 = $ ◦ $ = $,

 ◦ $ = 0,

$ ◦ ı = ı.

Lemma 25.4. Sia (2.13) una successione esatta corta. Sono equivalenti (1) (2.13) si spezza; (2) ı ammette un’inversa sinistra in Hom(B, A); (3)  ammette un’inversa destra in Hom(C, B); (4) esistono un’inversa sinistra φ ∈ Hom(B, A) di ı ed un’inversa destra ψ ∈ Hom(C, B) di  tali che (2.15)

ψ

φ

0 −−−−−→ C −−−−−→ B −−−−−→ A −−−−−→ 0 sia una successione esatta corta.

Dimostrazione. (1) ⇒ (2), (3), (4). B = B0 ⊕ B1 ,

con

Abbiamo la decomposizione B0 = ker $, B1 = im $.

Le applicazioni α : A 3 a → ı(a) ∈ B0 e β : B1 3 b → (b) ∈ C sono isomorfismi e le applicazioni φ : B 3 b → α−1 ($(b)) ∈ A e ψ : C 3 c → β−1 (c) ∈ B sono, rispettivamente, un’inversa sinistra di ı ed un’inversa destra di . Inoltre, per costruzione, esse definiscono una successione esatta corta (2.15)

2. COMPLESSI DI CATENE

439

(2) ⇒ (1). Se φ : B → A e` un’inversa sinistra di ı, possiamo porre $ = ı ◦ φ. Verifichiamo la (2.14). Abbiamo    $2 = ı ◦ (φ ◦ ı) ◦ φ = ı ◦ idA ◦ φ = ı ◦ φ = $,      ◦ $ = (  ◦ ı) ◦ φ = 0 ◦ φ = 0,      $ ◦ ı = ı ◦ (φ ◦ ı) = ı ◦ idA = ı. (3) ⇒ (1). Se ψ : C → B e` un’inversa destra di , possiamo definire $ mediante B 3 b → $(b) = b − ψ( (b)) ∈ B. Abbiamo  2  $ = $ ◦ (idB − ψ ◦ ) = idB − ψ ◦  − ψ ◦  ◦ (idB − ψ ◦ )       = idB − ψ ◦ (  ◦ ψ) ◦  = idB − ψ ◦ idC ◦      = idB − ψ ◦  = $,        ◦ $ =  ◦ (idB − ψ ◦ ) =  − (  ◦ ψ) ◦  =  − idC ◦  = 0,     $ ◦ ı = (id − ψ ◦ ) ◦ ı = ı − ψ ◦  ◦ ı = ı − 0 = ı. B  Definizione 25.11. La (2.15) si dice inversa della (2.13). Osserviamo che le successioni esatte corte che si spezzano sono esattamente quelle che ammettono un’inversa, in generale non unica. Nello studio dei gruppi di coomologia dei complessi, e` spesso utile il seguente lemma algebrico: Teorema 25.5 (Lemma dei cinque). Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfismi, con righe e colonne esatte: 0      y f1

0      y f2

f3

g2

g3

0      y f4

A1 −−−−−→ A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4 −−−−−→ A5                α5  α3  α4  α1  α2       y y y y y g1

B1 −−−−−→      y

B2 −−−−−→ B3 −−−−−→      y

g4

B4 −−−−−→ B5      y

0 0 0 Abbiamo supposto cio`e che α1 sia surgettiva, α2 e α4 siano isomorfismi ed α5 sia iniettiva. Allora α3 e` un isomorfismo. Dimostrazione. Dimostriamo che α3 e` iniettiva. Sia a3 ∈ A3 , con α3 (a3 ) = 0. Abbiamo α4 ( f3 (a3 )) = g3 (α3 (a3 )) = 0 =⇒ f3 (a3 ) = 0 =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. a3 = f2 (a2 ) =⇒ α3 ( f2 (a2 )) = g2 (α2 (a2 )) = 0 =⇒ ∃ b1 ∈ B1 t.c. α2 (a2 ) = g1 (b1 ) =⇒ ∃ a1 ∈ A1 t.c. α1 (a1 ) = b1 , =⇒ α2 (a2 ) = g1 (α1 (a1 )) = α2 ( f1 (a1 )) =⇒ a2 = f1 (a1 ) =⇒ a3 = f2 ◦ f1 (a1 ) = 0.

440

25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Dimostriamo ora che α3 e` surgettiva. Abbiamo: ∃ a4 ∈ A4 t.c. g3 (b3 ) = α4 (a4 ) =⇒ 0 = g4 ◦ g3 (b3 ) = g4 ◦ α4 (a4 ) = α5 ◦ f4 (a4 ) =⇒ f4 (a4 ) = 0 =⇒ ∃ a3 ∈ A3 t.c. f3 (a3 ) = a4 =⇒ g3 (b3 ) = α4 ◦ f3 (a3 ) = g3 (α3 (a3 )) =⇒ g3 (b3 − α3 (a3 )) = 0 =⇒ ∃b2 ∈ B2 t.c. g2 (b2 ) = b3 − α3 (a3 ) =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. α2 (a2 ) = b2 =⇒ b3 − α3 (a3 ) = g2 ◦ α2 (a2 ) = α3 ( f2 (a2 )) =⇒ b3 = α3 (a3 + f2 (a2 )).  Dalla dimostrazione segue che Teorema 25.6 (Lemmi dei quattro). Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfismi, con righe esatte: 0      y

0      y

f1

f2

f3

g1

g2

g3

A1 −−−−−→ A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4             α3  α4  α1  α2      y y y y B1 −−−−−→ B2 −−−−−→ B3 −−−−−→ B4      y 0 Se α1 e` surgettiva ed α2 , α4 iniettive, allora α3 e` iniettiva. Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfismi, con righe esatte: 0      y f2

f3

g2

g3

f4

A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4 −−−−−→ A5             α5  α3  α4  α2      y y y y B2 −−−−−→ B3 −−−−−→      y

g4

B4 −−−−−→ B5      y

0 0 Se α5 e` iniettiva ed α2 , α4 surgettive, allora α3 e` surgettiva. 3. Complessi di cocatene Definizione 25.12. Un complesso di cocatene, o complesso differenziale, Le` il dato q di uno spazio vettoriale C su un campo k, di una sua Z-gradazione C = q∈Z C e

3. COMPLESSI DI COCATENE

441

di un omomorfismo dC : C → C, omogeneo di grado 1, con dC 2 = 0. Indichiamo il complesso mediante dC

(3.1)

dC

· · · → Cq−1 −−−−−→ Cq −−−−−→ Cq+1 → · · · La coomologia di (3.1) e` la somma diretta di spazi vettoriali: M (3.2) H(C, dC ) = H q (C, dC ), q∈Z

ove

H (C, dC ) = (ker dC ∩ Cq )/dC (Cq−1 ). q

Lo spazio vettoriale H q (C, dC ) si dice anche il q-esimo gruppo di coomologia di (3.1). Dati due complessi differenziali (A, dA ) e (B, dB ) sullo stesso campo k, un’applicazione lineare f : A → B si dice un omomorfismo di complessi se (3.3) (3.4)

f (Aq ) ⊂ Bq , ∀q ∈ Z, f ◦ dA = dB ◦ f.

Essa induce un’applicazione naturale (3.5)

f∗ : H q (A, dA ) → H q (B, dB ),

che fa corrispondere alla classe [aq ] di aq ∈ ker dA ∩ Aq la classe [ f (aq )] di f (aq ) ∈ ker dB ∩ Bq . Una successione (3.6)

fq−1

fq

· · · → Vq−1 −−−−−→ Vq −−−−−→ Vq+1 → · · · di k-spazi vettoriali su di applicazioni k-lineari si dice esatta se (3.7)

fq−1 (Vq−1 ) = ker fq ,

∀q ∈ Z.

Una successione esatta della forma (3.8)

α

β

0 −−−−−→ A −−−−−→ B −−−−−→ C −−−−−→ 0 si dice una successione esatta corta. Se (A, dA ), (B, dB ) e (C, dC ) sono complessi differenziali di spazi vettoriali su k e la (3.8) e` una successione esatta corta di omomorfismi di complessi, possiamo definire delle applicazioni k-lineari (3.9)

∆q : H q (C, dC ) → H q+1 (A, dA )

nel modo seguente. Sia cq ∈ Cq con dC cq = 0. Poich´e β e` surgettiva, esiste un elemento bq ∈ Bq tale che cq = β(bq ). Abbiamo β(dB bq ) = dC β(bq ) = dc cq = 0 e quindi, per l’esattezza di (3.8) esiste uno ed un solo aq+1 ∈ Aq+1 tale che α(aq+1 ) = dB bq . Poich´e α(dA aq+1 ) = dB α(aq+1 ) = dB2 bq = 0 =⇒ dA aq+1 = 0

442

25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

per l’esattezza di (3.8), l’elemento aq+1 definisce per passaggio al quoziente una classe [aq+1 ] ∈ H q+1 (A, dA ). Siano ora c0q = cq + dC cq−1 ,

cq−1 ∈ Cq−1 ,

con

con β(b0q ) = c0q = cq + dC cq−1 ,

b0q ∈ Bq

a0q+1 ∈ Aq+1

con

α(a0q+1 ) = dB b0q .

Utilizzando ancora l’esattezza di (3.8), otteniamo ∃ bq−1 ∈ Bq−1 tale che β(b0q − bq ) = c0q − cq = dC cq−1 = dc β(bq−1 ) = β(dB bq−1 ) =⇒ ∃ aq ∈ Aq tale che b0q − bq − dB bq−1 = α(aq−1 ) =⇒

α(a0q+1 − aq+1 ) = dB b0q+1 − dB bq = dB (b0q − bq − dB bq−1 ) = dB α(aq ) = α(dA aq ) =⇒

a0q+1 − aq+1 = dA aq .

Quindi la ∆q risulta ben definita da ∆([cq ]) = [aq+1 ].

(3.10) Abbiamo il

Teorema 25.7. Se (3.8) e` una successione esatta corta di complessi differenziali di spazi vettoriali su k, allora abbiamo una successione esatta lunga ······ (3.11)

β∗

−−−−−→ H q−1 (B, dB ) −−−−−→ H q−1 (C, dC )

∆q−1

β∗

α∗

−−−−−→ H q (A, dA ) −−−−−→ H q (B, dB ) −−−−−→ H q (C, dC ) ∆q

−−−−−→ H q+1 (A, dA ) −−−−−→

······

Nello studio dei gruppi di coomologia dei complessi, e` spesso utile il seguente lemma algebrico: Teorema 25.8 (Lemma dei cinque). Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfismi, con righe e colonne esatte: 0 0 0                y y y f1

f2

f3

g2

g3

f4

A1 −−−−−→ A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4 −−−−−→ A5                α5  α3  α4  α1  α2       y y y y y g1

g4

B1 −−−−−→      y

B2 −−−−−→ B3 −−−−−→      y

B4 −−−−−→ B5      y

0

0

0

3. COMPLESSI DI COCATENE

443

Abbiamo supposto cio`e che α1 sia surgettiva, α2 e α4 siano isomorfismi ed α5 sia iniettiva. Allora α3 e` un isomorfismo. Dimostrazione. Dimostriamo che α3 e` iniettiva. Sia a3 ∈ A3 , con α3 (a3 ) = 0. Abbiamo α4 ( f3 (a3 )) = g3 (α3 (a3 )) = 0 =⇒ f3 (a3 ) = 0 =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. a3 = f2 (a2 ) =⇒ α3 ( f2 (a2 )) = g2 (α2 (a2 )) = 0 =⇒ ∃ b1 ∈ B1 t.c. α2 (a2 ) = g1 (b1 ) =⇒ ∃ a1 ∈ A1 t.c. α1 (a1 ) = b1 , =⇒ α2 (a2 ) = g1 (α1 (a1 )) = α2 ( f1 (a1 )) =⇒ a2 = f1 (a1 ) =⇒ a3 = f2 ◦ f1 (a1 ) = 0. Dimostriamo ora che α3 e` surgettiva. Abbiamo: ∃ a4 ∈ A4 t.c. g3 (b3 ) = α4 (a4 ) =⇒ 0 = g4 ◦ g3 (b3 ) = g4 ◦ α4 (a4 ) = α5 ◦ f4 (a4 ) =⇒ f4 (a4 ) = 0 =⇒ ∃ a3 ∈ A3 t.c. f3 (a3 ) = a4 =⇒ g3 (b3 ) = α4 ◦ f3 (a3 ) = g3 (α3 (a3 )) =⇒ g3 (b3 − α3 (a3 )) = 0 =⇒ ∃b2 ∈ B2 t.c. g2 (b2 ) = b3 − α3 (a3 ) =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. α2 (a2 ) = b2 =⇒ b3 − α3 (a3 ) = g2 ◦ α2 (a2 ) = α3 ( f2 (a2 )) =⇒ b3 = α3 (a3 + f2 (a2 )). 

Dalla dimostrazione segue che Teorema 25.9 (Lemmi dei quattro). Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfismi, con righe esatte: 0      y

0      y

f1

f2

f3

g1

g2

g3

A1 −−−−−→ A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4             α3  α4  α2  α1      y y y y B1 −−−−−→ B2 −−−−−→ B3 −−−−−→ B4      y 0 Se α1 e` surgettiva ed α2 , α4 iniettive, allora α3 e` iniettiva.

444

25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfismi, con righe esatte: 0      y f2

f3

g2

g3

f4

A2 −−−−−→ A3 −−−−−→ A4 −−−−−→ A5             α5  α3  α2  α4      y y y y B2 −−−−−→ B3 −−−−−→      y

g4

B4 −−−−−→ B5      y

0 0 Se α5 e` iniettiva ed α2 , α4 surgettive, allora α3 e` surgettiva. 4. I funtori Hom e Tor Richiamiamo in questo paragrafo alcuni risultati standard di algebra omologica. Sia A un anello commutativo e unitario e siano E1 , E2 due A-moduli unitari. Indichiamo con Hom(E1 , E2 ) l’A-modulo delle applicazioni A-lineari di E1 in E2 e con E1 ⊗ E2 il loro prodotto tensoriale su A, cio`e il quoziente dell’A-modulo libero generato da E1 × E2 rispetto all’ideale bilatero generato dagli elementi X2 (a1 u1 + a2 u2 , b1 v1 + b2 v2 ) − ai b j (ui , v j ), i, j=1

con a1 , a2 , b1 , b2 ∈ A, u1 , u2 ∈ E1 , v1 , v2 ∈ E2 . Teorema 25.10. Sia E un A-modulo unitario. Allora (1) Hom( · , E) e` un funtore controvariante esatto a destra sulla categoria degli A-moduli unitari. (2) Hom(E, · ) e` un funtore convariante esatto a sinistra sulla categoria degli A-moduli unitari. (3) E ⊗ · e` un funtore covariante esatto a sinistra sulla categoria degli A-moduli unitari. Dimostrazione. L’enunciato del teorema e` equivalente all’affermazione che, se (4.1)

β

α

0 −−−−−→ E1 −−−−−→ E2 −−−−−→ E3 −−−−−→ 0 e` una successione esatta di A-moduli unitari, allora sono esatte le (4.2) (4.3) (4.4)

β∗

α∗

0 −−−−−→ Hom(E3 , E) −−−−−→ Hom(E2 , E) −−−−−→ Hom(E1 , E), 0 −−−−−→ Hom(E, E1 ) −−−−−→ Hom(E, E2 ) −−−−−→ Hom(E, E3 ), 0 −−−−−→ E1 ⊗ E −−−−−→ E2 ⊗ E −−−−−→ E3 ⊗ E .

Dimostriamo l’esattezza della (4.2).

5. RELAZIONE CON L’OMOLOGIA SINGOLARE

445

Fissata una φ3 ∈ Hom(E3 , E) e supponiamo che β∗ (φ3 ) = φ3 ◦ β = 0. Poich´e β e` surgettiva, questa relazione implica che φ3 = 0. Sia ora φ3 ∈ Hom(E2 , E) e supponiamo che α∗ φ2 = φ2 ◦ α = 0.  5. Relazione con l’omologia singolare Per collegare la coomologia di de Rham e l’omologia singolare, e` conveniente restringere la classe dei simplessi singolari ai simplessi singolari lisci. Indichiamo con   Xk k+1 i ti = 1 (5.1) ∆k = t ∈ R t ∈ [0, 1], i=0 il simplesso k-dimensionale standard. Definizione 25.13. Sia M una variet`a differenziabile. ∆k in M. Gli elementi dello spazio C ∞ (∆k , M) delle applicazioni di classe C ∞ di ∆k in M si dicono simplessi singolari lisci k-dimensionali in M. Indichiamo poi con P ∆k (M) l’insieme delle kcatene singolari lisce di M, cio`e di quelle della forma σ nσ σ (somme finite) con nσ ∈ Z e σ ∈ C ∞ (∆k , M). Osservazione 25.11. Si possono utilizzare solo simplessi lisci per calcolare l’omologia singolare di una variet`a differenziabile. Utilizzando l’approssimazione, si pu`o verificare che l’omologia calcolata con i simplessi singolari lisci e` la stessa che si ottiene utilizzando tutti i simplessi singolari. Definizione 25.14. Definiamo l’orientazione del simpesso standard ∆k per ricorrenza, fissando l’orientazione positiva per ∆0 e definendo su ∆k , per k > 0, l’orientazione per cui l’applicazione ∆k−1 3 (t1 , . . . , tk ) → (t0 , t1 , . . . , tk ) ∈ ∂∆k preserva l’orientazione. Se ω ∈ Ωk (M) e σ ∈ C ∞ (∆k , M), possiamo definire Z Z (5.2) ω= σ∗ ω. σ

Se c = (5.3)

σ nσ σ

P

∆k

∈ ∆k (M), porremo Z Z X ω= nσ ω. σ

c

σ

Otteniamo cos`ı un’applicazione bilineare (5.4)

∆k (M) × Ω (M) 3 (c, ω) −→ hc, ωi =

Z

ω ∈ R.

k

c

Lemma 25.12 (Stokes). Per ogni intero k ≥ 1 abbiamo1 (5.5)

hc, dωi = hdc, ωi,

∀c ∈ ∆k (M), ∀ω ∈ Ωk−1 (M).

1Ricordiamo che, se k ≥ 1,

dσ =

Xk i=0

(−1)i σ ◦ Fi ,

∀σ ∈ Σk (M),

ove Fi : ∆k−1 3 (t0 , . . . , tk−1 ) → (t0 , . . . , ti−1 , 0, ti , . . . , tk−1 ) ∈ ∂∆k .

446

25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Abbiamo quindi un diagramma commutativo Ωk−1 (M) −−−−−→ Hom(∆k−1 (M), R)          d y yHom(d,1)

(5.6)

Ωk (M) −−−−−→ Hom(∆k (M), R). Le applicazioni Hom(d, 1) sono definite per dualit`a: Hom(d, 1)(φ) = φ ◦ d, ∀φ ∈ Hom(∆k−1 (M), R).

(5.7)

Definizione 25.15. I gruppi Hom(∆k (M), R) si dicono i gruppi delle k-cocatene singolari lisce di M. La successione Hom(d,1)

Hom(d,1)

0 → Hom(∆0 (M), R) −−−−−−−→ Hom(∆1 (M), R) −−−−−−−→ ···

···

Hom(d,1)

−−−−−→ Hom(∆k−1 (M), R) −−−−−−−→ Hom(∆k (M), R) Hom(d,1)

−−−−−−−→ Hom(∆k+1 (M), R) −−−−−→ ··· e` un complesso, che si dice il complesso delle cocatene singolari di M.

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