Molinari - La Filologia Germanica Doc

February 5, 2017 | Author: Roberto Musella | Category: N/A
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LA FILOGIA GERMANICA di Maria Vittoria Molinari 1.1 Definizione della disciplina La “Filologia Germanica” ha avuto nel corso della sua storia definizioni molto diverse e confini alquanto variabili. Possiamo definire la Filologia germanica come la scienza che studia e interpreta le testimonianze scritte di quelle civiltà che hanno avuto origini comuni nel mondo germanico antico e che tali origini riflettono nella loro successiva evoluzione. La nostra disciplina si pone oggi degli scopi già più ristretti rispetto al secolo scorso quando comprendeva nei suoi interessi tutte le manifestazioni culturali del mondo germanico. Le lingue germaniche che posseggono una documentazione antica rilevante tale da consentirci l’individuazione di elementi culturali caratteristici sono: il gotico lingua oggi estinta testimoniata nel IV-VI sec d.C. e unica rappresentante delle lingue germaniche orientali; l’inglese, il tedesco, il nederlandese (olandese e fiammingo) e il frisone che costituiscono il gruppo germanico occidentale; l’islandese, il norvegese, lo svedese e il danese che formano il gruppo germanico settentrionale. Oggetto del nostro interesse sarà individuare in queste lingue e culture origini comuni che definiamo appunto come germaniche. La Filologia Germanica è dunque soprattutto insegnamento di carattere storico e in un certo senso “interdisciplinare” in quanto il testo, per essere correttamente interpretato deve essere studiato non solo per se stesso, ma nell’ambito del contesto culturale coevo. 1.2 Schizzo di storia della filologia germanica L’interesse per le antichità germaniche in generale nasce nel mondo moderno con l’Umanesimo e la Riforma. Se la riscoperta della Germania di Tacito avvenuta nel 1455 cominciò a stimolare l’attenzione per le proprie origini un atteggiamento veramente filologico verso gli antichi testi in lingue germaniche che venivano alla luce nel corso di ricerche antiquarie si verificò in Europa solo più tardi e principalmente in Olanda tra il XVI e XVII sec un fecondissimo centro di ricerche storiche e filologiche. Justus Lipsius pubblicò tra l’altro la preziosa versione dei Salmi in basso frantone, che costituisce la prima testimonianza della futura lingua olandese e a Franciscus Junis linguista e filosofo che si occupò di anglosassone, tedesco antico, frisone e gotico, si deve la pubblicazione integrale del Codex argentus della Bibbia gotica mentre nel nord dell’Europa l’attenzione degli studiosi comincia a rivolgersi all’antica letteratura nordica, alla poesia eddica e alle saghe. Possiamo parlare di nascita di una filologia germanica come scienza solo agli inizi dell’800, con la scoperta romantica delle origini e della storia e con l’impostazione di un atteggiamento scientifico per l’osservazione dei fenomeni letterari linguistici. Fu J.Grimm il famoso raccoglitore di tradizioni popolari che diede con la sua Deutsche Grammatik la prima esposizione scientifica dei fenomeni linguistici comuni a tutte le tradizioni germaniche, riordinando in una trattazione specificamente dedicata alle lingue germaniche le geniali scoperte dei linguisti precedenti (Bopp, Rask). Gli interessi di H. Paul andarono al di là del campo strettamente linguistico con la fondazione del Grundriss der germanischen Philologie. Parallelamente agli interessi linguistici si approfondì nel corso dell’800 positivista l’analisi dei testi dal punto di vista filologico con le grandi accuratissime edizioni critiche dei monumenti più insigni delle letterature germaniche antiche; tra le grandi raccolte ricordiamo Altdeutsche Textbibliothek e Bibliothek der angelsaechsischen Prosa e le edizioni inglesi della Early English Text Society tuttora in continuazione.

2 Si ha inoltre realizzazione di numerose opere specifiche dedicate a diversi settori quali: la metrica, l’epica, la religione o il grande dizionario di antichità germaniche Reallexicon der germanischen Altertumskunde di J.Hoops. Nel campo letterario si registra ora un rinnovato interesse per i testi inglesi antichi che ha portato soprattutto gli studiosi anglosassoni ad una rilettura dei singoli testi alla luce di una visione storicamente e culturalmente più ampia della tradizione letteraria.

2. Il germanesimo 2.1 Il concetto di “germanesimo” i termini germanesimo e germanico hanno oggi un significato preciso ed un uso scientifico corretto solo se riferiti più o meno al campo linguistico. Quando parliamo di “germanesimo” ci rifacciamo consapevolmente o no al concetto di appartenenza di determinate lingue ad uno stesso gruppo e “germanico” può essere definito solo ciò che si riferisce ad un ambito culturale caratterizzato e delimitato dall’uso di tali idiomi. Le lingue definite germaniche sono: inglese, tedesco, nederlandese, frisone, danese, svedese, norvegese e islandese con i loro rispettivi dialetti. Tale definizione non nasce naturalmente dall’osservazione dell’aspetto attuale di tali lingue che sono oggi tipologicamente una molto diversa dall’altra, ma dalla considerazione delle loro fasi più antiche. La letteratura nordica comincia ad essere fissata per iscritto nel XII-XIII sec ma conserva una tradizione orale di almeno due secoli precedente; i primi testi scritti in inglese e tedesco sono nell’VIII sec d.C.. Le lingue attestate in questi primi documenti sono molto più vicine tra loro rispetto alle fasi moderne sia sotto l’aspetto grammaticale, sia per quanto concerne il patrimonio lessicale fondamentale. [come lingue romanze provengono da latino] Questo importante risultato fu una delle mete più importanti raggiunte dai linguisti nei primi decenni dell’800 con utilizzazione del metodo storico-comparativo. 2.2 Problemi metodologici nella ricostruzione e definizione dell’unità culturale germanica 2.2.1 Fonti storiche Secondo la tradizione storica ed etnografica greca, le popolazioni abitanti nel Nord dell’Europa di cui peraltro si conosceva molto poco, si suddividevano in due gruppi etnici: i Celti a Ovest e gli Sciti a Est. La considerazione dei “Germani” come unità etnica a sé stante e duna definizione del loro territorio appaiono per la prima volta nel De bello gallico di Cesare; il quadro che egli offre della situazione etnico-geografica del Nord-Ovest dell’Europa non sia del tutto obiettivo ma spesso condizionato dai suoi interessi politico-militari. Scarso è inoltre l’interesse che Cesare dimostra per i costumi dei Germani, le poche notizie sul livello della loro civiltà si rifanno per lo più ai tòpoi dell’etnografia greca sui popoli del Nord dell’Europa mentre non si fa alcun cenno alla loro lingua. Il Reno divenuto ormai in gran parte grazie ai Romani effettivo confine politico tra la “Germania” e la Gallia romanizzata. Grazie a Plinio abbiamo passi sui territori abitati dai Germani contenuti nella Naturalis Historia ma è soprattutto in Tacito che appare con evidenza la consapevolezza nelle popolazioni germaniche di costituire un’unità in senso etnico ed in parte anche politico. D’altro lato nei singoli casi si attribuisce alla posizione geografica, alle istituzioni, ai costumi e massimamente alla lingua, valore di testimonianza definitiva sull’attribuzione di determinate popolazioni al gruppo germanico. Perciò Tacito pur attingendo alla tradizione etnografica antica, può sottolineare nei suoi Germani gli aspetti che si possono agevolmente contrapporre ai Romani contemporanei, avviati verso un’epoca

3 di decadenza: soprattutto moralità di costumi, spirito fiero e indipendente sia per quanto riguarda le istituzioni interne che i rapporti con i vicini, sono per Tacito e per la storiografia rinascimentale e moderna che a lui si rifarà, le caratteristiche tipiche dei Germani. La scelta dei dati è comunque condizionata in Tacito dal suo interesse storico-politico; mancano notizie non generiche sulla situazione geografica ed e economica, dati recisi sui monti e fiumi, città e fortificazioni. Tale lacuna nei documenti storici può essere può essere a volte colmata, malgrado l’incertezza della tradizione, dalle note ricavabili da opere di compilazione quali quelle di Strabone (I sec a.C.) e Tolomeo (II sec. d.C.). A partire dal IV sec mentre si frantuma in ogni suo aspetto la vita culturale dell’impero scompare la visione di un mondo germanico compatto, proprio in seguito all’affermarsi delle singole popolazioni che rappresentavano volta per volta il pericolo più immediato per le varie parti dell’impero. Si perde dunque il concetto di germanesimo come unità tecnica e culturale ed il termine stesso “Germani” esce dall’uso comune pur restando in quello letterario; si preferiscono infatti denominazioni più precise (Franchi, Alemanni, Goti, Vandali) che non indicano più dei sottogruppi ma nuove unità politiche. 2.2.2 Fonti archeologiche 3.untà culturale germanica L’esame delle varie fonti ci autorizza dunque a presupporre una vera e propria unità culturale tra le tribù germaniche intorno agli inizi dell’era volgare. 3.1.Valutazione dei documenti storici e letterali Nella valutazione dei dati storici a noi disponibili bisogna operare una prima suddivisione, distinguendo cioè da un lato le notizie che provengono dall’epoca precedente le grandi invasioni e che riguardano quindi direttamente i Germani intesi come un mondo culturale relativamente compatto; dall’altro quelle più tarde che si riferiscono invece in particolare a singole popolazioni e potranno interessare il germanesimo culturale nel suo insieme solo se si trovano attestate in più di una tradizione. Ad esempio la leggenda del fabbro welund a cui alludono alcune strofe dell’elegia anglosassone di deor e che ricompare alcuni secoli più tardi nella nordica Wolundarkvida non può essere attribuita tout court all’antico patrimonio mitico germanico considerato astrattamente, ma si può spiegare anche come motivo letterario diffusosi nell’ambito delle relazioni culturali tra l’Inghilterra settentrionale e il mondo nordico; è sempre possibile che entrambe le tradizioni abbiano attinto ad una fonte comune. Le prime espressioni letterarie dirette di ciascuna delle lingue germaniche attestate sono state per lo più sollecitate ed in parte condizionate dall’impatto con la civiltà romano-cristiana. Per mezzo della scrittura e della lingua latina la cultura scritta si diffonde nei primi secoli verso il nord dell’europa esclusivamente attraverso il tramite della Chiesa, custode e mediatrice della tradizione grafica lungo tutto l’alto medioevo. 3.2.La religione germanica 3.2.1.le testimonianze di cesare e tacito Cesare sintetizza le sue conoscenze sui costumi religiosi dei germani, tende ad attribuirgli un atteggiamento religioso al quanto primitivo, addirittura privo di rituali caratteristici dedito al culto degli elementi naturali e principalmente al sole e lontano da una rappresentazione antropomorfa delle figure divine. Molto più ampio e vario è invece il quadro che offre tacito: egli attribuisce alla venerazione dei Germani un pantheon reciso con una triade di divinità maschili identificate con i romeni Mercurio, Ercole e Marte, e una divinità femminile identificata con Iside, oggetto di culto soprattutto tra gli Svevi. Dedica anche capitoli alla descrizione delle pratiche di divinazione, alle funzioni sacerdotali, e a riti e culti singolari caratteristici di alcune popolazioni tra cui il culto proprio dei Semnoni e un

4 altro capitolo in cui appare la venerazione per la divinità femminile Nerthus (terram matrem) comune ad alcune popolazioni prospicienti il nord. 3.2.2.Odino Sulla triade divina abbiamo una documentazione ampia e eterogenea. Il dio in cui tacito riconosce il Mercurio romano è Wodan-Odino. L’identificazione con mercurio è confermata nelle lingue germaniche dal calco che traduce il nome del quarto giorno della settimana “mercoledì” dal lat. Mercurii dies “giorno di mercurio: anglosassone Wodnesdaeg, inglese Wednesday. È divinità venerata in tutto il mondo germanico a lui fa riferimento una delle più antiche formule magiche tedesche dette di Merseburg, che allude ad un mitico episodio in cui Wodan seppe guarire con l’opportuna formula la slogatura di un cavallo e il suo nome compare con dovizia di esempi nella toponomastica nordica e anglosassone. La figura di Odino ha una personalità assai complessa e capricciosa: da un lato è il dio-mago, custode della sapienza e della forza magica della parola; dall’altro è l’ispiratore dell’impeto bellico del “furor” audace e irrazionale, conduce gli eroi morti in battaglia nel Walhalla dove essi seguitano a combattere. Anche Odino assume la funzione di re e padre degli dei. 3.2.3.Thor Il Dio che Tacito chiama Ercole è il germanico Donar-thor (sinonimi dei nomi germanici che indicano il “tuono”). La prerogativa di dio della tempesta e dei fenomeni naturali è confermata dalla tarda testimonianza di Adamo di Brema. In base a tale caratteristica il dio è stato in epoca romana più spesso identificato con Giove, oltre che in qualche caso con Ercole, come nella testimonianza tacitiana, che sottolinea forse l’aspetto di esuberanza fisica, cui alludono diffusamente i poemi norreni, i quali ci presentano costantemente nella figura di Thor l’eroe fortissimo e benefico, uccisore i mostri e giganti. Il nome del “giovedì”, lat. Jovis dies compare nelle lingue germaniche come “giorno di thor” il che dimostra la diffusione del culto di questo dio in epoca antica anche nella area germanica occidentale. 3.2.4.Tyr Più scura e complessa è la figura che tacito identifica con Marte e che corrisponde certamente al nordico Tyr e ai nomi che si ritrovano nei calchi germanici per il terzo giorno della settimana, secondo il lat. Martis dies “martedì”: ingl. Thuesday, antico frisone tiesday. l’etimologia del nome ascia pensare che questa divinità occupasse un tempo una posizione molto più importante della semplice funzione guerriera rivelata dalla sua identificazione con marte. Fu identificato anche con un dio onorato dai Semnoni, approposito di cui tacito racconta che nel bosco lui tacito nessuno poteva entrare se non con le membra legate in segno di totale sottomissione. 3.2.5. I Vani Tacito indugia a descrivere dettagliatamente il culto attribuito alla divinità femminile Nerthus. La dea nascosta in un carro coperto da un velo e trascinato da giovenche, veniva portata in processione tra i popoli a lei devoti, donando grande gioia e pace assoluta, finchè alla fine il carro e la divinità stessa venivano purificati nelle acque di un lago dove morivano affogati gli stessi schiavi che avevano prestato servizio durante l’abluzione. Particolarmente notevole è il fatto che il nome Nerthus ritorna esattamente, ma al maschile, nel dio nordico Niordr capostipite della stirpe divina dei Vani, padre di Freyia e Freyr a sua volta venerato a Uppsala come dio della fecondità. Un’altra antica divinità femminile, anch’essa probabilmente di carattere conio è la dea Tamfana ricollegabile al greco “signora, padrona” cioè “signora di tutti gli esseri”. Questo contrasto tra due tipi di religiosità è espresso nella mitologia nordica dal racconto della guerra e successiva pacificazione tra due stirpi divine, quella dei Vani e quella degli Asi a cui appartengono Odin, Thor e Tyr.

5 La religione dinamica e guerriera degli Asi portata dalle genti indoeuropee, avrebbe avuto la meglio sul culto autoctono dei Vani, caratteristico della civiltà agraria preesistente. E’ innegabile che il dualismo Asi-Vani interpreti con molta evidenza gli elementi contrastanti che, qualunque sia la loro origine, dovevano coesistere all’interno della religiosità germanica fin dai tempi molto antichi, come appare da Tacito e dagli autori classici e che riaffiorano poi con una nuova evidenza nelle posteriori leggende nordiche. 3.2.6. Problemi di interpretazione 1) Il contrasto tra Cesare e Tacito si può certamente spiegare almeno in parte pensando alla differenza cronologica tra le due testimonianze, soprattutto se consideriamo l’enorme evoluzione compiuta dai Germani proprio in quel periodo, cioè tra il primo sec a.C. e il primo d.C.; in questi anni soprattutto attraverso le relazioni, pacifiche ed ostili, con Galli e Romani, i Germani hanno sviluppato una n uova capacità dinamica, rendendo più espliciti e quindi manifestati al mondo esterno certi atteggiamenti spirituali e religiosi dapprima inosservati, e forse modificando in senso più attivo ed aggressivo i loro ideali umani e religiosi. Bisogna tenere conto anche che della vastità del territorio e del frammentarismo delle tribù germaniche quale appare anche da Tacito malgrado riesca nella sua sintesi a mettere in luce i caratteri comuni. Sembra che le tribù germaniche comincino proprio in questo periodo a realizzare delle associazioni stabili di natura prima religiosa che politica, delle amfizionie (nell’antica Grecia lega delle città circostanti un luogo d’interesse religioso per tutela di interessi comuni anche politici) che si caratterizzano per il comune culto a singole divinità; ma è proprio questo fatto che mette in luce anche la netta opposizione tra grandi gruppi di tribù dediti a culti diversi, all’interno di alcuni atteggiamenti comuni. Poco o nulla sappiamo inoltre di come si riflettono nella mentalità religiosa le differenze di classe o addirittura di casta, che pure dovettero esistere anche in tempi antichi, come dimostra ad es. la suppellettile delle tombe, estremamente modesta per lo più, ma a volte abbondante e ricchissima. 2) E’ notevole la varietà degli usi funebri rivelata dalla ricerche archeologiche, sia nei vari periodi successivi a partire dall’età del bronzo, sia nella stessa età del ferro in cui si praticavano contemporaneamente l’incenerizione e vari tipi di inumazione, e si allude in più modi al passaggio tra la vita e la morte e al viaggio verso l’aldilà, ponendo ad esempio accanto al defunto da mangiare e da bere o seppellendo i personaggi di rango più elevato nelle splendide tombe naviformi. 3) A ciò si aggiunga il fatto che i Germani dovettero subire in vario modo l’influsso di altre religioni vicine, per lo più a noi poco note e questi contatti non furono certamente uniformi per tutte le tribù disseminate sul territorio germanico, ma agirono in modo diverso a seconda della posizione geografica e di altre situazioni contingenti, più o meno conosciute. Risente ad es. della vicinanza di analoghi culti celtici la devozione di alcune divinità femminili dette Matronae o Matres cui è dedicato un notevole numero di iscrizioni latine nella zona renana. Sono raffigurate più frequentemente in numero di tre e i loro appellativi anche se presentano notevoli problemi di interpretazione, in alcuni casi rivelano struttura ed etimo di origine chiaramente germanica. 4) La figura stessa di Odino presenta caratteristiche contrastanti: nelle fonti nordiche infatti assume atteggiamenti di tipo vistosamente sciamanico che sono stati attribuiti ad una presupposta origine nord-orientale del suo culto. Le affinità con il dio celtico Lug l’identificazione con Mercurio, riconosciuto dagli antichi come dio supremo anche dei Galli e la frequente associazione con le Matres, testimonierebbero in epoca più antica in favore di una profonda influenza celtica nello sviluppo della figura di Odino.

6 Il culto di Odino (e degli Asi) potrebbe essersi diffuso gradualmente fino alle regioni più appartate del mondo germanico, fondendosi con la primitiva religione “vanica”. Il risultato ultimo di questo sincretismo si rispecchierebbe nel mondo mitologico nordico, dove da un lato gli dei Vani si personalizzano rivelando più spiccate caratteristiche individuali, dall’altro gli stessi Asi assumono nuove funzioni di tipo “vanico”. Nel mondo religioso germanico, preso nel suo insieme, gli attributi di ciascuna divinità si confondono spesso e si accavallano tra loro; e ciò avviene in modo così vario e dipendente dalle circostanze caratteristiche di ogni singolo mito, che risulta spesso forzoso inserire le figure divine in uno schema preordinato. Una tripartizione funzionale, basata sulla suddivisione per classi della società umana; e riconosce precisamente una funzione di sovranità con un aspetto duplice, giuridico e magico, una funzione militare ed una funzione di protezione della vita agricola e pastorale e identifica la prima in Tyr e Odino, impersonanti il dualismo della funzione sovrana, la seconda in Thor e la terza nelle divinità vaniche, cui alluderebbe già Tacito con il suo accenno a Iside e alla dea Nerthus. 3.2.7. Elementi caratteristici della religione germanica La venerazione per la triade maschile e la predominanza di Odino sugli altri dei sono già state ricordate come attribuibili a tutti i Germani nel loro insieme. Varie caratteristiche esterne al culto sono comuni a tutti i Germani ad es. la pratica di sacrifici, soprattutto dei bottini e prigionieri di guerra, il culto dei boschi e delle piante, la divinazione per mezzo di bastoncini iscritti o attraverso l’interpretazione dei nitriti e dei fremiti dei cavalli o ancora la venerazione verso le facoltà profetiche delle donne. Gli dei sono sempre chiamati ad intervenire direttamente nella vita degli uomini; si cerca di interpretarne le intenzioni e soprattutto di sollecitarne il benefico aiuto per ottenere o la vittoria in caos di guerra o la prosperità e l’abbondanza in tempo di pace. Il re dove esiste ha una funzione oltre che civile, e funge in qualche caso da mediatore dell’aiuto divino, spesso si trova in rapporto di parentela con la divinità, come attestano le genealogie tradizionali dei sovrani Ostrogoti, detti discendenti degli Asi o di famiglie regnanti svedesi e anglosassoni, il cui capostipite è riconosciuto in Odino. Le assemblee e le attività giuridiche sono sempre affidate alla protezione delle divinità e il loro esito dipende dall’approvazione divina. La vita individuale dell’uomo germanico è guidata da atteggiamento di fede cieca e di conseguente spiccato fatalismo verso le decisioni degli dei. Tale profonda integrazione della sfera è intuibile anche nella scelta del nome generico per “dio” operata dal sistema lessicale di tutti i dialetti germanici. E’ essenziale un “potere” chiamato a intervenire nella vita attiva dell’uomo e da lui utilizzato secondo determinati rituali per ottenere benefici concreti. 3.3 La società germanica 3.3.1 Limiti della ricostruzione Ci accontenteremo di delineare alcune delle istituzioni più diffuse senza escludere la presenza di differenze sostanziali tra le varie popolazioni germaniche nell’origine stessa e nello sviluppo dei singoli istituti. Ricordiamo che solo Tacito tra le fonti antiche dedica ai costumi dei Germani in generale una trattazione ampia e documentata. Nonostante diverse situazioni storiche, si possono sviluppare costumi ed usanze identici, che non sono comune conservazione di un sistema più antico o riflesso di contatti esclusivi, ma semplicemente lo sviluppo indipendente di esigenze naturali e di premesse affini. Per questo vedremo come certe istituzioni comuni a tutti i Germani siano proprie anche di altre popolazioni soprattutto a nord dell’Europa.

7 3.3.2. La famiglia Istituzione fondamentale su cui si regge originariamente la società germanica è la famiglia, la Sippe, intesa nel senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza da un antenato comune. E’ innegabile che la collocazione in primo piano del legame di sangue sia indispensabile per la comprensione non solo di rapporti sociali ma della mentalità germanica primitiva, della sua evoluzione e dei suoi contrasti. Questa coscienza di un superiore interesse collettivo, in cui la personalità dell’individuo passa in secondo piano, è alla radice di atteggiamenti caratteristici dell’uomo germanico, quali la vendetta di sangue e le faide famigliari sentite come obblighi giuridici che inducono, nel caso dell’assassinio di un parente, ad uccidere l’omicida o un suo congiunto, quasi gli individui siano considerati intercambiabili nello spirito dell’appartenenza alla stessa collettività familiare. Forte importanza di entrambe le linee di parentela, sia materna che paterna. I doveri e le prerogative dell’uomo e della donna sembrano costantemente equilibrarsi nel matrimonio secondo principi di eguaglianza e parità. Per quanto riguarda le successioni regie ed il diritto di eredità tuttavia ci sono prove della preminenza anche presso i Germani della linea maschile. 3.3.3. Il “comitatus” A questo tipo di vita si affianca e contrasta, già in tempi antichi, un ideale opposto che tende alla piena realizzazione dell’individuo e allo stimolo e all’esaltazione delle sue qualità personali, indipendentemente dall’interesse collettivo e delle stesse forze divine che lo tutelano. Gruppi di uomini tendono a evadere dalle consuetudini pacifiche ed agresti realizzate nell’ambito della Sippe, per dedicarsi completamente all’esercizio delle armi, al servizio di un capo particolarmente illustre. Questo tipo di associazione non si fonda su legami di sangue, ma su di una libera scelta in base alla quale il capo ed il suo seguace stipulano quasi un patto di adozione: il princeps si impegna a proteggere e mantenere il guerriero (comes) e ad offrirgli con liberalità banchetti e doni prestigiosi. In cambio il comes combatte per acquistare fama e potenza al suo capo. I valori che reggono questo rapporto sono quelli dell’onore e di una assoluta lealtà reciproca che in una specie di gran eroismo, inducono da un lato il capo a ricercare imprese sempre più audaci che gli assicurino potenza e ricchezza da elargire, dall’altro i membri del comitatus ad essergli fedeli ad ogni costo tanto da affrontare la morte con lui. Mentre nella Sippe e nelle altre organizzazioni collettive vale per lo più un principio di eguaglianza, il comitatus si regge su di un rapporto gerarchico, non solo tra capo e guerrieri ma anche tra i membri stessi del seguito, in un continuo sforzo di emulazione, per la conquista di sempre maggior stima da parte del princeps e di preminenza all’interno del gruppo. Il comitatus può prestare la sua opera non solo presso la popolazione in cui è nato, ma, come afferma Tacito, anche presso altre nazioni, dove esista uno stato di guerra e quindi possibilità di bottino. Pensando al rapporto princeps-comes viene spontaneo stabilire un’analogia con quello tra signore e vassallo del mondo franco. 3.3.4. L’evoluzione della società germanica Nel periodo tra la testimonianza di Cesare e quella di Tacito si verifica un incremento vivacissimo dei rapporti commerciali, come rivela il reperimento di oggetti di lusso, di origine gallica e romana non solo lungo il Reno e il Danubio ma anche nelle zone interne della Germania e della Scandinavia.

8 Diventa simbolo di potere il possesso dei beni, rappresentati non solo da capi di bestiame ma ora anche da oggetti preziosi e suppellettile raffinata e per acquistare sempre maggior prestigio i membri della classe aristocratica tendono ad accumulare privatamente ricchezze, che la struttura del comitatus li costringerà poi a ridistribuire, ma sempre sotto forma di un compenso regolato da un rapporto di tipo personale. Un tipo più ampio di aggregazione politica si intravede nel passo in cui Tacito descrive la cerimonia di ingresso del giovane nella vita pubblica con l’assunzione da parte sua delle armi e afferma che da quel momento non sarebbe più appartenuto “alla casa, ma allo stato”. E’ una associazione superiore di una res publica che trascende la concezione tribale della Sippe. Accanto a queste istituzioni di carattere egualitario si sviluppano i comitatus come centri di fondazione di un potere politico autoritario ed individuale, acquistato attraverso l’affermazione di un prestigio personale. Il re viene eletto dall’assemblea e può essere deposto da questa in qualsiasi momento soprattutto quando vuole imporre autoritariamente la sua volontà: la sua funzione è essenzialmente sacra, la sua persona è importante in quanto simbolo della comunità, e viene scelta in base alla fiducia nella sua capacità di interpretare e assecondare i voleri degli dei e del fato. 3.3.5. Classi sociali La predisposizione ad accettare il principio dell’autorità individuale sono testimoniati con più frequenza presso i Germani dell’Ovest, mentre la monarchia di tipo sacrale, sottoposta alla volontà del popolo, fu probabilmente caratteristica del mondo arcaico settentrionale ed orientale. L’esistenza di un oligarchia intertribale è documentata dalla frequenza di tombe principesche dal 50 al 150 d.C. in un ampio tratto del territorio germanico settentrionale, mentre la presenza di vere e proprie classi sociali è testimoniata molto più tardi in alcune popolazioni occidentali più vicine all’influsso della società celtica, rigidamente organizzata in caste. L’esistenza di schiavi trattati peraltro con una certa mitezza è riferita invece da Tacito come costume caratteristico di tutti i Germani. Esistevano presso i Sassoni tre classi di liberi, tra le quali erano vietati rigidamente matrimoni. Si tratta delle classi dei nobiles, liberi e liberti che ritroviamo anche presso gli anglosassoni e presso i Frisoni. I liti sono da considerarsi quasi una categoria intermedia tra liberi e schiavi vincolati generalmente alla terra e alla protezione di un potente. 3.4 Formazione dell’unità culturale germanica 3.4.1 Relatività del concetto di unità culturale germanica Ovviamente non tutto ciò di cui abbiamo parlato finora si è manifestato nello stesso momento in tutti i luoghi del mondo germanico; dovremmo figurarci piuttosto vari ‘cerchi’ o ‘zone’ non coincidenti ma intersecatisi, non rigidamente limitate ma in espansione progressiva. L’appartenenza all’unità culturale germanica non deve quindi essere considerata in senso assoluto, ma relativamente alla componente che prendiamo in considerazione. Non tutti i popoli che abbiamo chiamato germanici partecipano infatti in egual misura di ognuno degli atteggiamenti culturali che vengono considerati caratteristici del germanesimo. Si tratta quindi di un’unità in senso relativo; spesso risulta difficile stabilire ciò che è o non è germanico e dare quindi una definizione univoca e completa del germanesimo culturale.

9 3.4.2. Momenti di aggregazione L’influsso straniero per se stesso giunge dunque a suscitare contatti più vivaci anche all’interno del mondo germanico e a stimolare indirettamente il costituirsi di aggregazioni culturali e civili tra le popolazioni germaniche Le civiltà che hanno maggiormente influito sono quella celtica e romana da Ovest e Sud-Ovest e quella scito-iranica da Oriente. MANCA PARTE PAG 46 3.4.3. Aree culturali del mondo germanico I germani si suddividono secondo Tacito in tre gruppi, chiamati, dai nomi dei tre figli del capostipite Mannus: Ingaevones quelli vicini al mare, Herminones quelli situati nelle regioni interne, Istaevones ‘gli altri’di cui non è facile definire la posizione geografica. La classificazione di Plinio invece che è più antica, propone una divisione in cinque gruppi ai tre quindi si aggiungono i Vandali e Peucini o Bastarne. Si è ora generalmente d’accordo nel ritenere che siano stati interpretati come gruppi etnici quelli che in realtà dovevano essere delle leghe di origine culturale e religiosa tra tribù che riconoscono dei legami tra loro nella venerazione dello stesso dio e nella comune pratica di determinati culti, come nel caso della ‘confederazione sveva’ e dei popoli devoti alla dea Nerthus. 4. L’unità linguistica germanica 4.1 Il protogermanico L’espressione più evidente di quella che abbiamo chiamato ‘unità culturale germanica’ è la lingua, o meglio l’insieme dei fatti linguistici coincidenti. 4.2 Problemi metodologici della ricostruzione linguistica La somma degli elementi comuni a tutte le lingue germaniche, ricavati attraverso la comparazione delinea un sistema organico, il cosiddetto ‘protogermanico’ che comparato a sua volta con i sistemi delle altre lingue indoeuropee presenta degli elementi esclusivi di cui le altre lingue non sono partecipi. In mancanza di documentazione diretta, le caratteristiche riferibili al ‘protogermanico’ si debbono dunque ricavare comparando tra loro gli elementi desunti dai testi più arcaici e linguisticamente conservati. Bisogna tuttavia rammentare che nella comparazione si opera un’ulteriore forzatura, accostando documenti di varia epoca e quindi per l’eterogeneità della documentazione è molto difficile graduare e valutare storicamente tali affinità. 4.1.2. Tipi di descrizione del protogermanico Al problema del valore storico della ricostruzione si lega quello dell’evoluzione e delle lingue germaniche rispetto al protogermanico, di come cioè si possa conciliare una pluralità e varietà di dialetti con la rappresentazione astrattamente unitaria della protolingua ricostruita. Oggi sia ha una considerazione più oggettiva da un lato del contesto storico e geografico ( e cioè delle cause esterne che influiscono sull’evoluzione delle lingue ), dall’altro dei rapporti strutturali interni ai sistemi linguistici, che alternandosi ne provocano la progressiva modificazione. Le prime grammatiche comparative delle lingue germaniche, ovvero le prime trattazioni complete del protogermanico sono dovute all’opera di studiosi di ascendenza neogrammatica, ai quali si deve la raccolta e l’analisi minuziosa di un enorme mole di materiale. Malgrado la loro grande importanza queste trattazioni non sono oggi sufficienti, in quanto non è più accettabile l’utilizzazione di un modello teorico unilaterale, che rimane in ultima analisi quello dell’albero

10 genealogico e delle sue ramificazioni e presuppone una considerazione dei rapporti linguistici troppo astratta ed atomistica, lontana da una reale prospettiva storica e sociale. La conoscenza e applicazione dei metodi della geografia linguistica ha allargato le prospettive. Non è più tanto la protolingua in senso genealogico che viene presa in considerazione, quanto la formazione e l’evoluzione delle lingue germaniche storiche nei loro aspetti convergenti e divergenti che dipendono dalle condizioni stoiche e geografiche, cioè dagli atteggiamenti e dalle reazioni dei gruppi sociali che di quelle si servono. I singoli elementi fonologici e grammaticali ricostruibili nel protogermanico non vengono studiati come fatti isolati, ma come componenti di una struttura nei quali sono inseriti con coerenza. Gli attuali metodi introdotti dalla grammatica generativa, impostati su di una considerazione logicoinnatista del linguaggio non paiono per ora molto redditizi. 4.1.3. Caratteristiche indeuropee Tra gli elementi comuni a tutte le lingue germaniche si distinguono fatti conservativi, che si trovano cioè anche in altre lingue indoeuropee e che permettono di definire l’appartenenza indoeuropee del gruppo germanico. Le caratteristiche indoeuropee sono: 1) la struttura flessiva nominale e verbale attuata mediante un sistema di suffissi e desinenze e di relazioni apofoniche che applicate alla radice servono ad indicare i “casi” e eventualmente la nozione di pluralità e di genere, nel caso dei verbi la persona, i modi e i tempi. Consideriamo ad esempio la forma germanica ricostruita *gebo ‘dono’ in essa riconosciamo una base radicale *geb-(che ricorda altre parole appartenenti al campo semantico di ‘dare’,ted. geben, ingl.to give, ted. Gabe), ed un suffisso –o che serve ad indicare il numero singolare e la funzione sintattica di nominativo 2) il mantenimento del sistema fonologico di tre serie consonantiche caratterizzate dallo stesso modo di articolazione corrispondenti alle tre serie di occlusive presupposte in tutte le lingue indoeuropee occidentali, mentre lo slittamento fonetico dovuto ala rotazione consonantica è tipicamente germanico. 3) L’utilizzazione dell’apofonia, cioè di modificazioni del vocalismo radicale, per esprimere funzioni radicali. 4) Nell’ambito morfologico, in particolare il sistema pronominale, che conserva le caratteristiche indoeuropee, sia nella distribuzione funzionale che nelle singole corrispondenze formali. (vedi es pg 54) 5) Gran parte del lessico tra cui le categorie numerali,nomi di parentela, di animali, parti del corpo e funzioni vitali. 6) Tipicamente indoeuropei sono i sistemi di formazione di nuove parole mediante derivazione con suffissi e mediante la composizione di due o più lessemi. 4.1.4 Caratteristiche esclusive Le principali innovazioni che differenziano le lingue germaniche da quelle indoeuropee sono essenzialmente: 1) la trasformazione dell’accento che da libero e musicale qual era diventa fisso sulla sillaba radicale e intensivo, e di conseguenza influisce sul ritmo della frase e sulla prosodia Si manifesta cioè in generale una perdita di autonomia delle sillabe atone, che genera da un lato l’indebolimento delle vocali non accentate e la sincope di vocali e sillabe finali, dall’altro processi assimilatori con mutamento di timbro e dittongazioni delle vocali radicali 2) la confluenza dei fonemi o ed a presupponibile per l’indoeuropeo in un unico fonema a e parimenti i così detti dittonghi ei oi ai eu ou au. In una prima fase il vocalismo germanico si riduce ad una serie di otto fonemi: a e i u e i o u ( vocali lunghe ) rispetto i dieci che si presuppongono nell’indoeuropeo. 3) L’evoluzione delle liquide e nasali sonanti l r m n in ul ur um un.

11 4) Il sistema apofonico dei verbi forti che utilizza lo schema indoeuropeo della variazione vocalica radicale per l’elaborazione di paradigmi tipicamente germanici indicanti i temi temporali. Tali verbi i distinguono in sette classi. Mentre nelle prime sei classi gli esiti di tutte le lingue germaniche si corrispondono in un unico schema originario, nella settima essi si differenziano in quanto il gotico presenta un tipo di preterito con raddoppiamento 5) la cosiddetta ‘rotazione consonantica’ o ‘ legge di Grimm’ è la caratteristica più vistosa e qualificante per definire l’apparenza di una parola al patrimonio germanico. Le tre serie di occlusive dell’indeuropeo, precisamente le sorde (p t k kw), sonore (b d g gw) e sonore aspirate (bh dh gh gwh) si evolvono in tutte le lingue germaniche secondo il seguente schema: - le sorde inspiranti sorde - le sonore in occlusive sorde - le sonore aspirate inspiranti sonore 6) semplificazione dell declinazioni con riduzione dei casi a nominativo,accusativo, genitivo e dativo; gli ultimi due assolvono anche le funzioni di ablativo e locativo 7) riduzione delle categorie verbali a due tempi ( presente e preterito e tre modi indicativo,ottativo con funzioni di congiuntivo e imperativo) 8) Formazione del sistema temporale dei verbi deboli con utilizzazione di suffissi in dentale per il preterito è participio passato e conservazione del vocalismo radicale dei verbi forti 9) Declinazione in n dei sostantivi e nella flessione debole degli aggettivi contro la flessione forte che è vocalica 10) Una notevole parte del lessico di origine non indoeuropea ad esempio nomi dell’ambiente geografico e naturale o di istituzioni giuridiche. Anche nella formazione delle parole troviamo suffissi esclusivamente germanici 4.2. Periodizzazione del protogermanico 4.2.1. Cronologia relativa L’unità linguistica germanica si è formata in un lungo lasso di tempo e con un processo assai complesso e variamente condizionato da fattori interni ed esterni all’evoluzione linguistica; si è proposta una suddivisione cronologica del protogermanico in due o più periodi o fasi di evoluzione. La fase più antica è detta ‘protogermanico’ e la più recente ‘germanico comune’. Secondo il Van Coetsem il mutamento di accento fu la spinta determinante. Al primo periodo vanno attribuite le leggi di Grimm e di Verner, la riduzione a otto vocali e la strutturazione del sistema apofonico. Nel secondo periodo invece si ha rivoluzione del vocalismo con l’intervento della metafonia. Questo è un processo di adeguamento del vocalismo radicale al timbro dei suoni successivi. 4.2.2. Cronologia assoluta. Datazione della rotazione consonantica Si sono frequentemente espressi dei dubbi sulla presupposta antichità della rotazione consonantica, tradizionalmente considerata come il mutamento più antico. Il primo documento linguistico che è stato attribuito al germanesimo per la presenza della rotazione consonantica è l’iscrizione sul elmo B di Negau trovato nella Stiria datato dal V secolo a.C. al 1 d.C. l’interpretazione della scrittura non è ancora oggi sicura. Per l’individuazione dei limit cronologici e geografici della rotazione consonantica è stata spesso utilizzata l’onomastica latina. Ad es. il nome della Waal appare come Vacalus in Cesare e come Vahalis un secolo dopo in Tacito. Purtroppo sappiamo che ci sono dubbi per quanto riguarda la corrispondenza della grafia tra nomi germanici e latini Una moneta di conio celtico (100-50 a.C.) contenente un nome di aspetto germanico che presenta gli effetti della rotazione consonantica Fariarix potrebbe costituire almeno secondo Birkhan il termine ante quem.

12 E’ facile osservare tuttavia che queste supposizioni non hanno valore assoluto, ma solo parziale e indicativo, soprattutto perché tra le varie fasi del mutamento può essere trascorso un lasso di tempo di centinaia di anni e anche la sua diffusione sull’area germanica deve essere stata graduale.

4.3 Il germanico nella preistoria linguistica dell’Europa E’ opportuno caraterizzare la posizione del germanico nell’ambito della preistoria linguistica dell’europa, analizzando l’affinità del germanico con alcune ll europee, affinità che nasce dal contatto tra parlanti. Osservando le isoglosse da una prospettiva geolinguistica si possono avanzare supposizioni sulla collocazione delle ll germaniche in epoca preistorica, sui loro rapporti cn altre tradizioni linguistiche. Bisogna dar maggior peso all’ambito lessicale per individuare tracce di antichi contatti culturali. 4.3.1. Isoglosse lessicali del germanico con le ll dell’europa occidentale piena partecipazione del lessico germanico all’area linguistica e culturale dell’europa contro occidentale che abbraccia, oltre al germanico, le ll celtiche, italiche e baltoslave, ed è caratterizzata da un lato dall’elaborazione comune di voci di notevole peso culturale, dall’altro dall’utilizzazione di uno stesso sistema idronimico, caratterizzato da temi e basi assenti nella altre ll indeuropee. Il Porzig sottolinea l’antichità delle relazioni con le ll baltiche e slave e l’importanza delle isoglosse con le ll italiche e celtiche, che riflettono le une la presenza di un comune vocabolario tecnico riguardante termini di caccia, pesca, agricoltura, le altre la diffusione, solo in ambiente germanico e celtico, di una particolare terminologia giuridica, polita e sociale.Il Cemodanov tenta di stabilire invece 3 fasi successive; nella prima dove troviamo una stretta relazione tra ll germanica e ll baltiche; poi parallelamente al formarsi di una + stretta comunità baltoslava, le ll germaniche sarebbero entrate in contatto cn qll italiche; infine, dopo la migrazione degli italici dall’europa centr verso le loro sedi storiche, si sarebbero verificati gli scambi culturali-linguistici germanico celtici. 4.3.2. Problemi metodologici nell’analisi delle relazioni lessicali tra il germanico e le altre ll Nell’analisi delle relazioni lessicali del gremanico con le altre ll dell’europa bisogna tenere presente che nn sempr l’isoglossa risulta diffusa a tutte le ll germaniche, ma spesso appare limitata ad una sola o a un gruppo di ll. Ciò ci da l’occasione x ricordare cm il concetto di unità linguistica germanica va considerato in senso relativo, tenendo cioè conto della presenza nelle ll germaniche nn solo di elementi comuni, ma anke di altri differenzianti. Mentre le ll germaniche presentano tt una struttura fonologica e grammaticale uniforme, il lessico, meno omogeneo, denuncia la molteplicità e varietà dei contatti che le singole ll hanno intrattenuto con il mondo linguistico extragermanico, e quindi la relativa indipendenza delle ll germaniche le une dalle altre. 4.3.3. La formazione dell’unità linguistica germanica Certe particolarità prorpie solo di alcuni dialetti germanici possono risalire ad un epoca molto antica, anteriore al formarsi della comunità linguistica germanica, ed essere sopravvissuti come fatti isolati al livellamento stabilitosi con la formazione dell’unità germanica. Accanto all’individuazione degli elementi comuni a tutte le ll germaniche sarebbe utile la ricostruzione delle fasi preistoriche di ogni dialetto, che offrirebbe un quadro + vicino alla realtà storica dello sviluppo del germanesimo linguistico, caratterizzato dalla presenza di una pluralità dialettale. Nn è cmq ipotizzabile un momento cronologico preciso in cui gli elementi caratteristici delle ll germaniche siano stati presenti contemporaneamente in tt i dialetti. Osservando infatti i mutamenti di cui si può seguire la diffusione in epoca storica, si può pensare che anche le caratteristiche del germanesimo linguistico si siano difuse progressivamente in età preistorica, raggiungendo i vari dialetti per lo + in momenti distinti.

13 Come qualsiasi fenomeno di evoluzione culturale, anche i mutameni linguistici possono nascere per lo sviluppo di tendenze interne, ma possono anche comunicarsi alle ll o dialetti che ne erano originariamente privi, in seguito all’intensificarsi dei contatti tra i diversi gruppi sociali. E’ proprio attraverso l’irradiazione di un certo n di isoglosse da centri particolarmente attivi in senso culturale, e attraverso la conseguente acquisizione delle innovazioni da parte di dialetti soggetti all’influenza di tale centri, che può essersi formata quella comunità linguistica che contraddistingue il gruppo germanico nell’ambito delle altre ll dell’europa. (Non si tratta quindi di un’unità “originaria” ma di una progressiva aggregazione di dialetti attraverso l’acquisizione di determinate isoglosse.) In epoca storica si possono ancora riconoscere alcuni elementi che denunciano il persistere tra le ll germaniche di momenti in cui si realizza una stretta coesione. (es. cm la ll delle iscrizioni runiche nn è molto differente dal protogermanico ricostruito). E prima ancora, la precoce diffusione dei primi prestiti dal latino e dal celtico in tt le ll germaniche fa pensare ad un’area straordinariamente compatta, senza rigidi confini, sulla quale gli influssi esterni si potevano trasmettere con notevole rapidità. Unità tra i dialetti germanici forse durante gli ultimi secoli prima di Cristo. Si è tentato di determinare anke il territorio occupato dai parlanti le ll germaniche all’epoca della loro unità. Wenskus nota la coincidenza di un’area relativamente compatta dal punto di vista archeologico con la zona dove si registrano nomi di fiumi caratterizzati dalla prima rotazione consonantica. Si tratta del territorio che si estende dall’Oder alle foci del Reno e dal Loss fino alla Scandinavia meridionale. Per qnt riguarda le cause storiche e linguistiche che avrebbero determinato la formazione delle ll germaniche, è assai difficile poter affermare qualche cosa di preciso, al di là dell’ipotesi assai generica dell’influsso di ll di sostrato. 4.4 Dal protogermanico alle ll germaniche 4.4.1. Impostazione metodologica del problema L’evoluzione dalla fase unitaria alla pluralità di dialetti storicamente attestata viene considerata da un punto di vista cronologico o genealogico, cm un progressivo e sempre + capillare smembramento dell’antica unità. Le singole situazioni storiche condizionano lo sviluppo dei fatti linguistici che ne conservano a lingo traccia. Una migrazione, ad es., interrompe la continuità territoriale tra due gruppi di parlanti e stabilisce nuovi contatti che generano nuove corrispondenze. Esiste la possibilità che, spt in ll affini, la stessa innovazione possa avvenire senza influsso di un dialetto sull’altro, ma x sviluppo interno condizionato da analoghe premesse; ovvero, + frequentemente, che tendenze ereditarie comuni facilitino l’accoglimento di innovazioni dai dialeti vicini. Resta cmq la supposizione che la presenza di una serie di isoglosse possa rispecchiare un certo periodo di vicinanza geografica e quindi di evoluzione comune 4.4.2. Isoglosse parziali tra le ll germaniche vedi pgg 72-3 4.4.3. La suddivisione delle ll germaniche La tripartizione delle ll germaniche in orientali, settentrionali ed occidentali risale allo Schleicher, che applica al germanico la sua teoria dello sviluppo genealogico delle ll: le prime ramificazioni dipartitesi dalla protolingua germanica rappresenterebbero le fasi preistoriche da cui avrebbero avuto origine rispettivamente le ll germaniche orientali (tra cui il gotico), settentrionali e occidentali, dalle quali, per successivi smembramenti, si giungerebbe alla situazione documentata. Una divisione biparita, su base etnografica, era stata proposta dallo Scherer, per il quale a un germanesimo occidentale si opponeva un germanesimo orientale, comprendente Goti e germani

14 settentrionali. Qst soluzione presuppone l’ipotesi dell’origine dei goti dalla scandinavia e di un loro sviluppo culturale autonomo solo dopo l’allontanamento dalle sedi originarie. Lo Schwarz ripropone la suddivisione bipartita, mettendo in rilievo quindi tra le connessioni linguistiche, spt le isoglosse gotonordiche. Il Khun rammenta che le isoglosse tra le singole ll germaniche possono essersi stabilite anche x contatti successivi al distacco di singole tribù dalla comunità protogermanica e nn sn quindi sempre indice di antiche unità in seguito dissoltesi. Dopo il distacco dei goti dalle loro sedi settentrionali, si sarebbe stabilita intorno al baltico ed al mare del nord una stretta unità testimoniata dalle isoglosse sviluppatesi tra nordico e germanico occidentale, documentata già nella ll delle + antiche iscrizioni runiche. Più delicata risulta la valutazione della rispettiva posizione dell ll germaniche occidentali e dei loro contatti con gli altri gruppi. Lo Streitberg suddivideva il germanico occidentale in anglofrisone e tedesco, da cui sarebbero derivati alto e basso tedesco. La considerazione delle numerose isoglosse ingevoni, che riaccostano cioè il basso tedesco all’anglosasone e al frisone, e la scoperta di alcuni ingevonismi in un dialetto tedesco meridionale, l’alemanno, indusse già il Wrede a rimpiazzare l’immagine di un germanico occidentale suddiviso in anglofrisone e tedesco, cn qll di un antico ingevonico o ingevone, che avrebbe abbracciato in un sol blocco i dialetti occidentali dall’inghilterra alla svizzera. La situazione originaria sarebbe quindi qll rispecchiata dalle ll del mar del nord e conservata in qualche traccia dall’alemanno, mentre i dialetti della germania centrale e il bavarese rappresenterebbero un germanico occidentale goticizzato. C’è poi una suddivisione tacitiana dell’ethnos germanico in Ingaevones, Istaevones, Erminones. Il Maurer identifica gli Erminones cn i germani dell’elba (alemanni e bavaresi), gli Ingaevones cn i germani settentrionali e del mare del nord e gli Istaevones con i germani della Weser e del reno (tra cui i futuri franchi), ma demolisce il concetto di germanico occidentale come unità culturale e tribale sottolineando alcune connessioni tra l’alemannoed il nord. Possibili contatti dei goti cn i germani dell’elba durante le migrazioni dei germani orientali verso sud, poterbbero giustificare le interessanti analogie tra gotico e alto tedesco antico, che tuttavia possono spiegarsi attraverso l’influsso + tardo della cultura gotica nella Germania meridionale in epoca altomedievale. Dopo la partenza dei goti, le ll nordiche e occidentali continuano congiuntamente la loro evoluzione fino all’età delle migrazioni, elaborando anche qll koinè linguistica di carattere strettamente letterario, rispecchiata nelle iscrizioni runiche + antiche. Ad un’epoca antecedente la conquista della Britannia da parte di Angli, Sassoni e Juti risalgono probabilmente le basi della comunità linguistica ingevone, che si manterrà e x certi aspetti si rafforzerà, anche in seguito, grazie alle relazioni culturali e commerciali attraverso il mare del nord. Dopo lo spostamento dei bavari e alemanni dalle sedi dell’elba alla germania meridionale, e al consolidamento della loro conquista, inizia l’espansione verso nord dei fenomeni linguistici tedesco meridionali, che provocherà una progressiva ritirata delle caratteristiche ingevoni conservate nel teritorio tedesco settentrionale, solo cm fatti di carattere dialettale. 5. IL GOTICO 5.1 I goti e Wulfila 5.1.1 La traduzione della Bibbia Nel gruppo germanico orientale l’unica popolazione di cui ci è documentata la ll è qll dei goti. Di qst tradizione abbiamo una conoscenza assai limitata poiché, oltre a scarsi testi minori, sono giunti sino a noi solo alcuni frammenti della traduzione della bibbia efettuata nel IV sec dal vescovo visigoto Wulfila. Per quanto la traduzione di Wulfila ci documenti una ll di carattere dotto, influenzata direttamente dal modello greco e finalizzata a precise necessità liturgiche, tuttavia essa costituisce un documento di enorme importanza dal punto di vista linguistico culturale. Ci troviamo

15 di fronte al primo tst di notevole estensione in una ll germanica che precede di 4 sec le + antiche attestazioni dell’inglese e del tedesco e rappresenta una fase linguistica molto + arcaica; qst traduzione documenta il primo contatto diretto dei germani col mondo colto e letterato, che si manifesta attraverso la conoscenza e l’interpretazione della bibbia e della problematica ideologica e dottrinaria che implica. 5.1.2. La storia dei Goti I goti cominciano ad entrare in contatto con l’impero romano agli inzi del III sec d.C. in seguito al loro stanziamento sul Mar Nero, dopo che ebbero lasciato le antiche sedi sulla bassa Vistola. Nelle sedi meridionali i Goti fondano un dominio dapprima relativamente stabile, che si estendeva dal Don sino al Danubio, suddiviso tra le due grandi tribù degli Ostrogoti a Est e dei Visigoti a Ovest. Dopo + di 1 sec di guerre contro i romani e le confinanti popolazioni dell’impero, nell’ultimo quarto del IV sec la gran parte dei Goti, sotto la spinta dell’invasione unna, abbandona l’europa orientale per dirigersi verso le regioni dell’impero occidentale. I visigoti varcano + vv il danubio, devastando le regioni balcaniche fino a giungere con Alarico in Italia, dove saccheggiano Roma nel 410. Nel 418 fondano nel sud ovest della Gallia il regno di Tolosa ed estendono il loro dominio fino a gran parte della penisola iberica, dove sconfitti dai franchi nel 507 si ritirano consolidando il loro regno fino alla conquista araba (711). Anche il regno ostrogoto viene travolto dall’invasione degli Unni (375) e mentre alcuni ostrogoti si rifugiano nelle zone appartate come la penisola di Crimea, la maggior parte di essi, soggiogati da Attila, segue le sorti degli Unni, con i quali, con altri germani gravitanti nella loro orbita, vivranno in stretto contatto. Dopo la morte di Attila gli Ostrogoti riacquistano l’indipendenza e si stabiliscono nella Pannonia e nel Norico come fedrati dell’impero romano. Da qui, alla fine del V sec, invadono l’Italia sotto la guida di Teodorico che crca di concilaire in uno stesso stato le esigenze giuridiche, religiose e culturali dei germani e dei latini. 5.1.3. Wulfila I due momenti + importanti x l’evoluzione culturale dei Goti sono, da un lato l’impatto con il mondo greco bizantino e la conversione al cristianesimo, attuata spt tramite i Visigoti, dall’altro il regno di Teodorico in Italia, dove il contatto con la civiltà latina in un periodo di relativa stabilità sembra consolidare e rivitalizzare la cultura gotica. Il vescovo Wulfila e il prestigio della sua traduzione furono determinanti per l’acquisizione e la diffusione del cristianesimo da parte dei Goti, anche se forse essi conobbero la religione cristiana prima, nel corso del III sec, dopo i primi contatti con i greco bizantini. Lo stesso Wulfila sembra essere un tipico rappresentante di quella minoranza dei Visigoti che cominciano ad operare una revisione della tradizione germanica alla luce dell’acquisita cultura greca. Egli si fece promotore della diffusione del cristianesimo ariano tra i Visigoti, dirigendo come capo spirituale e temporale una piccola comunità di convertiti. 5.1.4 La lingua della Bibbia gotica Tra le varie opere di Wulfila solo la traduzione della Bibbia è giunta fino a noi, probabilmente grazie alla funzione liturgica del tst, che lo rendeva di uso comune, almeno presso il clero goto che ignorava il greco ed il latino. Il tst gotico rivela una sensibilità linguistica molto raffinata. Da un lato infatti la ll gotica possedeva una tradizione letteraria limitata a poesia orale, di genere epico, che cmq doveva rifarsi a concetti e tradizioni di vita tribale. Dall’altro la ll della Bibbia presentava una straordinaria ricchezza ed un eccezionale varietà di generi e stili. Wulfila sa piegare al tst biblico la ll gotica sfruttandone al max le possibilità espressive, in direzione concettuale ed astratta, ora ampliando il significato della parola gotica, ora creando nuovi vocaboli con materiale indigeno, ora attingendo al lessico greco e latino.

16 C’è cmq una costante preoccupazione di commisurare alle capacità recettive dell’uditorio le novità espressive dello stile. L’impianto grammaticale sostanzialemente germanico della ll non sembra quasi nai compromesso dall’influenza del greco; questa si manifesta nel lessico, nella sintassi e nell’ordine delle parole, rispettando la lettera del tst sacro. Per qnt riguarda l’originale da cui è stata tratta la traduzione di Wulfila, bisogna osservare che il tst gotico nn corrisponde perfettamnte ad alcuna delle versioni greche conservateci. Molte delle lezioni della Bibbia gotica trovano paralleli nelle versioni latine precedenti la Vulgata. Anche se nn è escluso che Wulfila stesso possa aver utilizzato direttamente anche delle versioni latine, l’ipotesi + accreditata è che il tst wulfiliano abbia subito una revisione + tarda, posteriore all’inserimento dei Goti nel mondo occidentale e ai conseguenti contatti con la tradizione latina. 5.2 Documenti della ll gotica Wulfila x la stesura della sua traduzione inventò un alfabeto che utilizza l’onciale greco del IV sec integrato con segni tratti dall’onciale latino e dall’alfabeto runico. Sembra che anche i Goti, cm altri germani, abbiano conosciuto ed usato la scrittura runica. 5.2.1. Le iscrizioni runiche Alcune delle iscrizioni più antiche (III-IV sec) su oggetti rinvenuti per lo + in zone dell’europa orientale, possono essere attribuite ai germani dell’est e si possono considerare come scritte in gotico o qualche dialetto affine. Anche se è dimostrato che i Goti conoscevano le rune, è chiaro che il loro carattere essenzialmente epigrafico ed il loro uso magico-rituale, dovevano indurre a considerarle assai inadatte alla scrittura del tst sacro, per la quale sembrava + adatto l’impiego dell’alfabeto greco nobilitato dalla tradizione biblica, salve modifiche e integrazioni per adattarlo alla struttura fnologica del gotico. 5.2.2 La tradizione manoscritta Tutti i doumenti gotici che possediamo risalgono sl V-VI sec e sn di provenienza occidentale, riferibili agli stanziamenti gotici nell’impero d’Occidente, e cioè al regno italico degli Ostrogoti o, meno probabilmente, al regno visigoto di Tolosa. La presenza di altri tst coevi di carattere ariano in latino ci testimonia durante il regno italico di Toedorico la continuazione di un vivace interesse x la tradizione biblica, che confermerebbe la provenienza italica della maggior parte dei ms gotici. Il + impo, il codex Argenteus, appartiene ad una serie di evangelari del V-VI sec in pergamena purpurea con scrittura oro argento, uno dei quali, il codice latino detto Brixianus presenta somiglianze cn il codex argenteus. Qst ultimo doveva essere originariamente costituito di 336 fogli, ne restano 188. Gli altri ms che contengono tst gotici sono: Codex Carolinus e Codex Gissensis entrambi bilingui latino gotici, e i cinque codices Ambrosiani (denominati A B C D E); i fogli che costituiscono i cosiddetti codex Taurinensis e codex Vaticanus appartengono rispettivamente all’Ambrosianus A ed E. Tutti qst ms sn frammentari. Tra i documenti minori ricordiamo anche il Calendario gotico (Ambr. A), frammento di un martirologio scritto in italia, che si riallaccia alle tradizioni agiografiche costituitesi nelle sedi orientali. Inoltre gli unici tst di carattere profano, oltre a glosse sparse e a nomi di personaggi gotici contenuti in opere latine, sn 2 atti di vendita che, in un contesto latino, contengono dichiarazioni e firme in gotico, testimoniando così l’estensione ad uso civile e giuridico, in territorio italico, della ll gotica scritta. Vivacità dell’ambiente ostrogoto ariano del VI sec, stimolata dalla politica di Teodorico che favoriva la convivenza e la collaborazione con il mondo colto romano. 5.3. La ll gotica Pur essendo presumibile che la ll scritta possa aver conosciuto sia un’evoluzione cronologica sia una differenziazione dialettale nel passaggio dall’ambiente visigoto a quello ostrogoto, tali

17 variazioni nn sn tuttavia identificabili e la ll e la scrittura gotica nn presentano sostanziali differenze da un doc all’altro, tranne quelle determinate dal diverso genere di tst. 5.3.1. Il sistema grafico-fonologico L’alfebeto gotico presenta un carattere essenzialmente fonologico (cioè, salvo qualche eccezione, ogni segno grafico indica un fonema) vedi pgg 83-4 5.3.2 Valore fonetico e fonologico dei grafemi gotici La trascrizione dei nomi stranieri (latini o greci) in caratteri gotici è una prova attendibile del valore fonetico di un segno. (vedi pgg 84-5) 5.3.3. Caratteristiche morfologiche Per quanto riguarda la morfologia il gotico si distingue dalle altre ll germaniche per una migliore conservazione di alcune strutture di origine indoeuropea quali: la distinzione di + declinazioni nella flessione nominale e dei vari casi all’inetrno della stessa declinazione; desinenze distinte x la voce passiva del tema del presente e per la prima e la seconda persona del duale dei vb; il raddoppiamento nel preterito dei vb forti di VII classe… 5.3.4. Caratteristiche sintattiche L’nflusso del greco che condiziona l’ordine delle parole e la struttura della frase e del periodo, impedisce in molti casi di riconoscere gli elementi sintattici prettamente gotici. Tra le caratteristiche + particolari possiamo notare l’uso del prefisso ga- per esprimere diverse funzioni aspettuali del vb rispetto al vb semplice, generalmente durativo: es fraihnan (domandare) ga-fraihnan (ottenere risposta); e l’impiego di wisan (essere) con participio presente per esprimere azione durativa: was Johannes daupjands (giovanni battezzava). 5.3.5. Il lessico Sono assai poco documentati numerosi campi lessicali, cm qll dell’attività militari, dell’arte e delle scienze, mentre è sufficientemente rappresentato il vocabolario di base che riguarda la vita e le attività umane, la natura ed i rapporti sociali. Il greco (ed anche il latino) hanno influito in particolare sulla terminologia cristiana, sia attraverso prestiti che midiante nuove coniazioni costruite sul modello straniero (calchi). I prestiti sn penetrati nel lessico gotico in periodi distinti, probabilmente per la gran parte in epoca anteriore a Wulfila, e hanno subito differenti gradi di integrazione a seconda della penetrazione. I calchi hanno notevole impiego nella Bibbia gotica, perché costituiscono il mezzo + appropriato per trasmettere con immediatezza i concetti della dottrina e pratica cristiana ad un modo in origine culturalmente estraneo. Tra i calchi di struttura (che riproducono cioè con mezzi gotici la formazione lessicale greca) sono molto frequenti gli aggettivi qualificativi e gli astratti. Con i calchi semantici pure assai numerosi, si attribuisce ad una parola, già esistente nel lessico gotico originario, un nuovo significato sul modello greco, per indicare un concetto nuovo, di ispirazione cristiana. (ahma weihs Spirito Santo) 5.4. La sopravvivenza della tradizione gotica 5.4.1. Il gotico nel mondo occidentale Il patrimonio culturale e linguistico del mondo gotico si è trasmesso almeno in parte agli altri popoli germanici, con i quali i Goti mantennero sicuramente contatti, oltre che x coincidenza di interessi politici, anche x la consapevolezza di origini comuni e affinità di lingua e cultura. La politica espansionistica di Teodorico, che esercita la sua protezione sugli Alemanni e stringe alleanza con i

18 Turingi, stimolò scambi culturali a livello non superficiale, tenuto conto anche del prestigio secolare che già i Goti godevano presso gli altri germani grazie ai loro successi militari e politici e aslla loro precoce penetrazione nell’impero romano. La fede ariana, se dapprima fece sì che la cultura goitica penetrasse presso gli altri germani, inizialmente essi ariani x la maggior parte, dovette tuttavia costituire un grosso ostacolo x la trasmissione posteriore della tradizione gotica, di cui i germani occidentali, divenuti cattolici, conservano solo testimonianze assai limitate. L’eredità culturale gotica nei riguardi del mondo germanico è cmq individuabile in 2 direzioni. Da un lato il materiale epico confluisce nel patrimonio mitico di tutte le letterature germaniche, riaffiorando + tardi nella poesia eroica nordica e tedesca. Nel campo linguistico poi la Bibbia gotica ha lasciato tracce sicure nel lesssico delle ll germaniche occidentali, influendo nella terminologia religiosa. Per quanto nn esista una testimonianza esplicita del fatto che i glossatori e traduttori inglesi e tedeschi dei primi tst di carattere religioso abbiano avuto conoscenza diretta del gotico, lo studio linguistico di glosse e traduzioni dimostra l’impossibilità che si sia giunti indipendentemnte a certe innovazioni lessicali parallele. Si è sostenuto che l’imitazione della terminologia gotica sia particolarmente evidente in alcune versioni alto-tedesche di testi liturgici, sulle quali il tst di Wulfila avrebbe avuto modo di influire dirtettamente. Oltre a ciò sarebbero giunti nel tedesco per tramite gotico anche alcuni prestiti dal greco e latino riguardanti il lessico religioso. In generale l’importanza attribuita all’irradiazione della cultura gotica nel mondo germanico andrebbe ridiscussa e precisata tenendo conto del fatto che i germani occidentali possono aver conosciuto il mondo greco orientale e la sua tradizione dottrinaria e liturgica anche attraverso altri canali che non il tramite gotico. 5.4.2. Il gotico di Crimea Sopravvivenza delle popolazioni germaniche orientali rimaste nelle sedi prospicenti il Mar Nero La presenza nella penisola di Crimea di una popolazione che conserva una ll di tipo germanico è documentata da una serie di tesrtimonianze fino almeno al XVI secolo, quando viene pubblicata (1589) la + importante di qst notizie, contenuta nella IV delle Legationis turcicae Epistolae del diplomatico fiammingo A.G. Busbecq. Questi, interrogando a Costantinopoli un informatore proveniente dalla penisola di Crimea, trascrive un glossario di circa 90 parole, la + parte delle quali si rivela d’origine germanica (schwester “soror”; handa “manus”; apel “pumum”); per alcuni aspetti inoltre qst frammento di ll presenta affinità cn il gotico di Wulfila. Si è però sottolineata la possibilità di un’imperfetta competenza da parte dell’informatore e di una scarsa fedeltà della trascrizione del Busbecq. Tali limitazioni non minimizzano l’interesse e l’importanza che qst doumento assume, non solo come parziale sopravvivenza di un dialetto germanico orientale + di un millenio dopo l’epoca di Wulfila, ma anche cm testimonianza dell’evoluzione di un tale dialetto, inserito in un ambiente geografico e culturale extragermanico, sotto l’influsso di una cultura di maggior prestigio, quale qll greco bizantina. 6. L’ANGLOSASSONE 6.1. Le origini della cultura anglosassone Nel periodo anglosassone, cioè dall’emigrazione degli Angli, Sassoni e Juti (V sec.) alla conquista normanna (1066), la ll e cultura inglese, pur conservando caratteristiche germaniche, subiscono un’evoluzione condizionata dall’assorbimento nella matrice germanica di elementi diversi, che vanno ricercati essenzialmente nell’apporto dei sostrati celtico e latino e nei contatti con il continente e la scandinavia. 6.1.1. La conquista e il mondo celtico Al loro sbarco in Britannia i Germani si trovarono di fronte una popolazione cristiana di cultura romano celtica, che occupava il sud e il centro dell’isola, confinate a nord con le tribù pagane dei Picti e degli Scoti; anche l’Irlanda era già del tt cristianizzata.

19 Lo storico Beda ci informa che i Germani sarebbero giunti sull’isola dalle prospicenti coste della danimarca e dalla germania settentrionale, dapprima in qualità di mercenari chiamati in aiuto dai britanni contro le barbare tribù del nord, e che poi, dopo una lunga guerra di conquista, si sarebbero impadroniti dell’intera isola, ad esclusione dell’estrema regione nord-occidentale, la Cornovaglia e il Galles, rimasti in mano ai Celti. Nn sappiamo nulla dell’antica ll degli antichi britanni e poco degli atteggiamenti loro caratteristici. 6.1.2. La conversione Nel corso del VI sec gli anglosassoni rafforzano la loro conquista suddividendo l’isola in sette regni, l’eptarchia:Kent, i tre regni sassoni del Sussex, Essex, Wessex e, a nord del Ramigi, i regni della Mercia, Anglia orientale e Northumbria. Nei territori rimasti celtici (Irlanda) si9 consolida la tradizione cristiana e si diffonde una spiritualità monastica fondata su rigide pratiche ascetiche e penitenziali e su una vivace volontà missionaria, che stimolerà la penetrazione del monachesimo irlandese nell’inghilterra settentrionale e nei regni barbarici del continente. Nell’inghilterra meridionale si stabiliscono fecondi contatti con la tradizione cristiana continentale di stampo romano. Nel 599 re Ethelbert del Kent, che aveva sposato una principessa cattolica di origine franca, si converte alla nuova religione e autorizza il monaco Agostino, iviato da Roma, a predicare presso il suo popolo. Agostino fu investito dal papa Gregorio Magno del titolo di Arcivescovo di Canterbury. La conversione degli anglosassoni fu caratterizzata da parte della chiesa da una singolare moderazione, il pontefice raccomanda ai monaci missionai rispetto e comprensione per gli usi religiosi pagani, che vanno indirizzati al culto del vero Dio, non combattuti e distrutti. Anche la reazione delle popolazioni inglesi di fronte all’introduzione della nuova religione, malgrado sporadici ritorni al paganesimo, sembra essere stata assai meno violenta e drammatica di quanto non avvenne + tardi in territorio tedesco, dove i tentativi di conversione si accompagnavano alla politica espansionistica del regno franco e assumevano il carattere di imposizione autoritaria. Nn è da escludere che tra le ragioni che favorirono la buona accoglienza del cristianesimo nel mondo anglosassone il fatto che la religione cristiana non era una novità: seppure nn + praticata ufficialmente poteva appoggiarsi su una tradizione conosciuta ed acquisita. La sua penetrazione nn si identificava cn un’ingerenza straniera politicamente temibile, ma poteva costituire dal punto di vista culturale un elemento di prestigio per la classe dirigente di origine germanica. Così nel giro di circa mezzo secolo tt il territorio delle isole britanniche occupato da popolazioni germaniche potè dirsi cristianizzato. Infatti la penetrazione della chiesa romana, partita dalla conversione delle tribù meridionali, entrò in contatto nelle regioni settentrionali con l’azione apostolica dei missionari irlandesi. L’esigenza di organizzazione gerarchica caratteristica dei monaci missionari di estrazione romano benedettina si trovò in urto con il cristianesimo di origine irlandese, che aveva un carattere più spontaneo e popolare. Oggetto di disputa sembrerebbero essere state le questioni di carattere + liturgico, quali il metodo x stabilire la data della Pasqua. Dovevano esistere anche motivi di attrito + profondi, quali il mancato riconoscimento dell’autorità di Roma, l’insofferenza nei riguardi di alcuni atteggiamenti estremistici del monachesimo irlandese. La regola di S. Benedetto, che andava sempre + diffondendosi, privilegiava l’aspetto attivo delle vita monastica rispetto a qll ascetico e sosteneva il dovere della residenza continuata in comunità all’interno del monastero e quindi della diretta dipendenza del monaco dalla gerarchia dell’Ordine. La diffusione dei monasteri retti secondo la regola benedettina si accompagna al potenziarsi dell’influenza della gererchia ecclesiastica romana, sostenuta dal potere politco in rapporto di reciproca collaborazione. La situazione di contrasto tra la curia romana ed il cristianesimo irlandese si sciolse nel Sinodo di Whitby (664), dove con vl’appoggio del re Oswin di Northumbria viene dichiarata valida la data romana della Pasqua. I grandi conventi optarono x la regola benedettina. Teodoro di Tarso, nominato dal papa nel 668 arcivescovo di Canterbury, abolì le consuetudini monastiche irlandesi e rese obbligatoria la residenza nel convento.

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6.1.3. Vita culturale dell’VIII secolo Nel corso dell’VIII sec i monasteri inglesi svilupparono una notevole vita culturale che vide da un lato il rafforzarsi della letteratura latina di carattere omiletico ed agiografico, dall’altro il fiorire della poesia di tradizione germanica. Furono feconde le scuole dei monasteri settentrinali, Yarrow, York, Lindisfarne. Proprio nella Northumbria fu stimolata la nascita della poesia in volgare, che si manifestò in forme dialettali settentrionali. La prima metà del sec è dominata dalla figura di Beda, maestro del monastero di Yarrow che, oltre alla Historia Ecclesiastica gentis anglorum, scrisse opere grammaticali e di compilazione scientifica. Alcuino, educato nel monastero di York, scrisse in ll latina opere in versi e manuali grammaticali e filosofici di carattere didattico. Nel 781 Alcuino fu chiamato alla corte di Carlo Magno, per realizzare con lui quel vasto programma di riorganizzazione scolastica. La sua attività si inserisce in una corrente di contatti culturali tra il continente e il mondo anglosassone, che si era già manifestata nell’VIII sec, durante il quale missionari inglesi attraverso il regno carolingio avevano raggiunto i Paesi Bassi e la Germania, dove operarono attivamente alla conversione delle popolazioni pagane e alla riorganizzazione delle comunità già cristiane, spt cn la fondazione di numerosi monasteri. Legami tra il mondo inglese e la germania sett sn documentati in campo letterario dall’esistenza della traduzione in sassone continentale del IX sec di un’omelia di Beda e dalla presenza di notevoli analogie nella poesia epica d’ispirazione cristiana. In Inghilterra si approfondisce e si raffina lo studio della tradizione biblica; la poesia di ispirazione cristiana si complica e si arricchisce di motivi dottrinari e teologici ed il patrimonio mitologico biblico ed agiograficoviene rimeditato e interiorizzto, tanto da assumere nella poesia un’espressione nuova, di tipo lirico, cn un linguaggio + immaginoso e complesso. 6.1.4. L’epoca di Alfredo Tra la fine dell’VIII sec e la metà del IX sec abbiamo un periodo che inizia cn la devastazione e la conquista da parte dei Vichinghi della regione settentrionale dell’isola. L’abbazia di Lindisfarne viene distrutta nel 793, cm molti altri monasteri del nord. E’ forse qst la ragione x cui i ms che contengono la maggior parte dei tst poetici anglosassonoi (X-XI sec), sn scritti in dialetto meridionale, il sassone occidentale. Il baricentro della vita politica e culturale inglese si sposta nel corso del IX sec nel sud, dove i re del Wessex riescono ad imporsi all’invasione vichinga. Con il regno di Alfredo il Grande (871-901) il mondo inglese conosce un periodo di relativa tranquillità, notevole attività culturale e letteraria, stimolata e attuata in parte dal sovrano stesso. Alfredo riesce a sconfiggere i danesi e a stipulare cn loro il trattato di Wedmore che gli attribuiva la piena sovranità su Wessex, Sussex, Kent e Mercia occidentale, mentre restavano ai danesi l’Essex, l’East Anglia, Northumbria e Mercia settentrionale. Alfredo, constatando la decandenza civile ed intellettuale della popolazione, si proprone il compito di riedificarne i costumi e di riformare l’istruzione religiosa e civile, nella persuasione che il benessere e l’ordine del regno nn potessero essere disgiunti dall’edificazione morale e religiosa del popolo. Nel campo giuridico Alfredo stese un nuovo codice di leggi, che perfezionava ed aggiornava la legislazione dei suoi predecessori, pur rispettandone i principi e l’impianto tradizionali. Il rispetto del passato e l’invito a rivalutare la tradizione anglosassone caratterizzano tt l’opera letteraria e culturale di Alfredo. Promosse la redazione della Cronaca Sassone ed elaborò il suo programma di traduzioni in inglese delle opere fondamentali del patrimonio dottrinario e filosofico medievale. Invitò ad usare la ll inglese nella vita culturale e civile, ll che egli e i suoi collaboratori contribuirono a rivalutare con la creazione, attraverso la traduzione di opere filosofiche, di una prosa ricca e duttile, adatta all’uso letterario oltre che pratico. 6.1.5. La rinascita benedettina

21 Nel X sec ci troviamo di fronte a incertezze a causa della ripresa delle guerre contro i danesi. La tradizione culturale monastica fu tutelata tuttavia dal diffondersi nei periodi di pace dello spirito della rinascita benedettina partita dai monasteri riformati secondo il modello di Fleury, che introdussero in Inghilterra nella seconda metà del X sec, nuovo fervore di vita religiosa, favorendo una ripresa degli studi in quanto finalizzati all’attività didattica dei monaci. All’anno 1000 risale la redazione dei 4 codici che contengono i 2/3 della poesia anglosassone rimastaci e la composizione di alcuni carmi eroico-encomiastici che traggono ispirazione da avvenimenti storici. La produzione letteraria è spt di carattere dottrinario e si sviluppa essenzialmente nelle abbazie meridionali. Con l’omelia, che fu insieme all’agiografia il genere + coltivato in qst epoca, la prosa inglese entra nell’uso letterario, sostituendosi a qll latina, raffinandosi e perfezionandosi. L’invasione dei normanni, di origine scandinava, ma di ll e cultura francese, pose fine al periodo “anglosassone” della cultura inglese. La battaglia di Hastings, che portò sul trono Guglielmo il Conquistatore, diede inizio all’insediamento della nobiltà feudale di origine normanna, provocando sconvolgimenti e mutamenti profondi in tt il regno. La situazione di incertezza che segue, e spt la decadenza della classe aristocratica anglosassone, che era detentrice della cltura scritta indigena, portò alla quasi totale soppressione dell’uso dell’inglese anche nei tst letterari, oltre che nei doc ufficiali, dove su esempio della corte, si usava il latino o il francese. Molti dei ms antichi in ll inglese nn furono presi in considerazione dalla nuova classe dotta, che nn li comprendeva e quindi nn aveva interesse a copiarli o conservarli; quindi la produzione letteraria anglosassone fu in qst modo dimenticata e dispersa. La tradizione inglese fu conservata solo in poche sacche conservatrici all’ovest dell’isola. La cultura ufficiale fece uso nel XII sec solo del francese e latino, mentre di una vera e propria fusione delle 2 culture si può parlare solo nel XIII sec, quando x esprimere una nuova letteratura, modificata nei contenuti, rinasce una ll inglese ristrutturata dall’acquisizione dell’elemento romanzo. 6.2 La letteratura anglosassone 6.2.1. I primi testi A tt il IX sec le personalità + incisive cm Beda ed Alcuino si esprimevano nella prosa spt in latino, ed anche dopo Alfredo l’uso letterario del latino prevale su qll del volgare. Lo studio dei tst in lingua nn andrebbe disgiunto da qll delle opere in latino, che spesso ne costituiscono la fonte + o meno diretta. Nel mondo inglese medievale la frattura tra letteratura latina ed espressione in ll è stata molto meno profonda che in altre tradizioni, cm in qll altotedesca. La ll anglosassone entra nell’uso scritto assai precocemente rispetto alle altre ll germaniche nordoccidentali, ed assume un’importanza ed una considerazione molto + rilevanti: i primi tst ags sn in alfabeto epigrafico di origine runica, modificato x la resa dei suoni inglesi (VI-VII sec); la grafia di origine irlandese viene adattata ad esprimere correttamente il sistema fonologico anglosassone (VIII sec). Re Ethelbert avrebbe pregato, secondo beda, il monaco Agostino a mettere x iscritto in anglosassone le leggi del Kent e il poeta Caedmon, vissuto a Whitby nella seconda metà del VII sec, ispirato a Dio avrebbe iniziato a comporre in inglese poemi di ispirazione cristiana. Questa alta considerazione della ll indigena è coerente cn l’atteggiamento ags di rispetto e conservazione della tradizione germanica e con la situazione di armonia tra questa e la civiltà cristiana di nuova acquisizione. 6.2.2. Documentazione manoscritta della poesia anglosassone I + antichi documenti di poesia epica in ags sn due brevi inni; l’uno è attribuito da Beda a Caedmon e canta in 9 versi la gloria del creatore (dialetto northumbrico), l’altro è il canto della morte di Beda, in 5 versi, conservato in 29 ms, di cui molti in northumbrico. Il grosso della produzione poetica ags è contenuto in 4 codici (1000) in dialetto sassone occidentale tardo: Junius XI (poemi caedmoniani ispirati all’antico testamento); Exeter Book (carmi di caratere

22 profano o semiprofano); Vercelli Book ( sebbene scritto in inghilterra è aiunto a Vercelli. Omelie in prosa, tst poetici); Cotton Vitellius A XV (ms dell’unico poema di carattere profano, il Beowulf , che è preceduto da 3 brani di in prosa e seguito da un frammento in versi che tratta dell’episodio biblico di Giuditta). In altri ms sn conservate numerose opere in versi tra cui una versione metrica dei Salmi, la traduzione dei Metri del De Consolazione Philosophiae di Boezio e in vari altri codici alcuni poemetti di carattere epico e formule magiche. 6.2.3. Motivi ispiratori In tt qst materiale l’ispirazione dominante è qll cristiana, che da un lato fornisce la materia e contenuti attraverso i racconti della bibbia e delle vite dei santi, dall’altro informa di spirito nuovo anche il materiale epico e mitologico proprio della tradizione germanica. La poesia eroica è rappresentata dal Beowulf, il poema dell’eroe liberatore che combatte e sconfigge il male, personificato da mostri fortissimi e malvagi. Il poema si inserisce in nel patrimonio delle leggende eroiche di origine scandinava, ma risente dell’epica classica e di un’impostazione morale cristiana. Nei poemi di argomento cristiano si possono evidenziare 2 gruppi, qll del ms Junius XI attibuiti a Caedmon, e qll di Cynewulf. Nei poemi caedmoniani la materia biblica entra a far parte direttamente del patrimonio poetico ags e come tale assume gli schemi narrativi e stilistici della poesia pagana di tradizione germanica. La tradizione bilblica, grazie anche all’uso del linguaggio poetico germanico, viene tradotta direttamente in modelli narrativi epici. Da un lato abbiamo la sopravvivenza di una poesia profana che si riallaccia, dal punto di vista contenutistico e stilistico, al passato germanico ed agli antichi canti epici recitati nelle corti in lode di capi ed eroi. Dall’altro notiamo cm la materia biblica si inserisca naturalmente in qst tradizione e, memorizzata cm un racconto epico o eroico, ne utilizzi il linguaggio per scopi affini a qll orginari dell’epica e cioè encomiastici e narrativi. 6.2.4. Cynewulf e la sua scuola Quattro poemi contengono in caratteri runici il nome dell’autore, fatto raro nella tradizione altomedievale. Si tratta di Cynewulf, vissuto tra la metà del VIII sec e la prima metà del IX sec nell’inghilterra settentrionale. Anche se nn è dimostrata una vera e propria precedenza cronologica dei poemi caedmoniani rispetto a qll di Cynewulf e della sua scuola, si può dire che i 2 gruppi rappresentano cmq tradizioni letterarie diverse. I primi si ispirano alla sacra scrittura e sn stilisticamente vicini alla tecnica narrativa tradizionale germanica. La poesia di Cynewulf attinge per qnt riguarda gli argomenti al nuovo testamento e alle vite dei santi e rivela complessi legami sia contenutistici che stilistici cn tutta la letteratura religiosa latina, dalla patristica alla lett omiletica e liturgica. (approccio + complesso e meditato alla materia religiosa) Nell’ambito della poesia di ispirazione laica bisogna accennare la serie di brevi componimenti dell’Exteter Book detti Elegie. I motivi sn qll elegiaci della lontananza e nostalgia del passato, descrizioni naturalisiche cm riflesso di sentimenti umani, fondendo i moduli poetici dell’epica con la tradizione liturgico religiosa. 6.2.5. Il linguaggio poetico Tt la poesia ags si serve di un linguaggio unico, che pur arricchito e variato a seconda dei motivi ispiratori, ubbidisce a strutture metriche e stilistiche germaniche; strutture analoghe a qll del verso ags ritornano nell’epica tedesca antica. Alcune caratteristiche stilistiche possono risalire alla cultura germanica comune. Il verso germanico, e cm tale qll ags, si compone di 2 emistichi separati a una cesura, ma legati da allitterazione (ripetizione dello stesso suono in 2 o 3 delle sillbe accentate). Il suono allitterante può essere una consonante o gruppo di consonanti o un elemento vocalico (vedi pg 103). Ciascun emistichio comprende generalmente 4 elementi: due tempi forti e due deboli. Il tempo forte è costituito da una sillaba lunga accentata o da due brevi di cui una accentata; il tempo debole si compone di una o + sillabe nn accentate o debolmente accentate. L’accento coincide con

23 l’accento radicale della parola e sottolinea gli elementi del verso + impo dal punto di vista espressivo. Il ritmo è qll naturale della frase germanica. All’interno di qst schema la poesia ags usa modelli stilistici caratteristici del verso germanico antico: ad es la variazione, cioè la ripetizione nello stesso verso o in qll successivi del medesimo concetto modiante apposizioni ed aggettivi, che possono precisare alcuni particolari già evocati o aggiungee immagini nuove. Vengono usate le perifrasi che, frequenti anche nella poesia scandinava, sn dette cn voce islandese kenningar. Si tratta di nomi composti che designano l’oggetto attraverso un termine traslato e che lo + si possono variare indefinitamente, sostituendo uno dei due membri cn un sinonimo. (v.pg 105) 6.2.6. L’influsso latino La poesia ags muove dall’antica tradizione germanica pagana, sia dal punto di vista dei conenuti che x i modelli stilistici. La prosa invece si costruisce molto + tardi sul modello diretto del latino di ui subisce l’influsso sia a livello sintattico e stilistico che lessicale. Bisogna sottolineare cm essa riesca ad evolversi dall’imitazione +ttosto semplicistica delle prime prose giuridiche e cronachistiche, secondo un processo di progressiva indipendenza dal modello. La sintassi di Alfredo presenta strutture molto + complesse, sebbene ancora a volte stentate sia nelle prime traduzioni che nei brani originali. Nelle traduzioni + recenti e + curate la prosa diventa + raffinata e sull’esempio degli originali latini si arricchisce di figure retoriche cm antitesi, paragoni, metafore. Nell’omiletica del X e XI sec il discorso in prosa appare molto + semplie e disinvolto. La costruzione del periodo si regolarizza e le innovazioni sintattiche si armonizzano con la prosodia della frase ags, fondendosi con la sua naturale struttura ritmica. Sul piano del lessico l’influsso del latino agisce in varie riprese e a vari livelli. Dopo un periodo in cui le parole latine di uso comune entrano nell’inglese, cm in tt le altre ll germaniche, il + cospicuo arricchimento del lessico sul modello del latino avviene tramite l’immissione di usi e concetti cristiani, tramite calchi che tentano di riprodurre con materiale indigeno voci latine, inerenti al patrimonio culturale cristiano. 6.2.7. L’influsso scandinavo Ancora in periodo ags deve essere iniziata l’immisione di elementi lessicali scandinavi, che si riflette solo + tardi nei testi medio inglesi e che deve essere stata facilitata alle affinità di ll e di cultura tra i 2 popoli, per le comuni origini germaniche e la vicinanza geografica attraverso il mare del nord. La provenienza scandinava di una parola si può riconoscere dalla conservazione di un aspetto fonetico + simile al nordico che all’inglese (es ingl. Sister, anord. Syster, ags. Sweostor). Un’immagine + nitida dell’importanza dell’influsso scandinavo sull’inglese è offerta dall’osservazione di altri fatti, cioè la sostituzione radicale di alcune voci, la presenza di toponimi di origine nordica, l’immissione di certi elementi grammaticali quali la forma they di III pl., i pronomi both e same, alcune voci del vb to be… La tradizione ags registra l’influsso nordico solo in minima parte. L’interferenza scandinava si esercita ad un livello di ll comune, spt nelle zone sett, dipendenti politicamente dal mondo nordico, e perciò, mentre nn appare nei tst scritti di epoca ags, affiora a livello letterario solo nel medio inglese, che ci arricchisce di elementi acquisiti dalla ll comune. 6.3. La lingua anglosassone La ll ags, cioè antico inglese, appartiene al gruppo germanico occidentale. Manifesta analogie cn le ll del mare del nord, cioè il frisone e il sassone continentale costituendo con esse il gruppo detto ingevone o ingevonico. 6.3.1. I dialetti anglosassoni 4 dialetti: northumbrico, merciano, kentico, sassone occidentale. La documentazione dei dialetti anglici (northumbrico e merciano) e del kentico è limitata a brevi tst e glosse., mentre la grande maggioranza dei ms conservati è in sassone occidentale, in quanto qst

24 regione ha conservato + a lungo la sua indipendenza politica e la sua individualità culturale, rispetto alla zona settentrionale dell’inghilterra. La situazione di isolamento delle tribù ags tra loro, nei primi sec dopo la conquista, può aver rafforzato le differenze dialettali, ma è probabile che tali differenziazioni sussistessero anche prima dell’invasione, in corrispondenza della diversa provenienza etnica e geografica attribuita agli angli, sassoni e juti. Cm già abbiamo visto la grande maggioranza dei tst di epoca ags è in dialetto sassone occidentale, ma va tenuto presente per gli sviluppi successivi della ll dopo la conquista normanna, che sarà il dialetto merciano ad assumere maggior impo, a seguito dello spostamento del centro della vita politica e culturale da Winchester a Londra. 6.3.2. Il sistema grafico-fonologico La scrittura di tt i ms ags è la cosiddetta insulare, derivata dalla semionciale tardolatina, in uso, agli inizi del VII sec, presso i monasteri di origine irlandese della scozia e dell’ingh sett, e qui adattata all’espressione dei suoni della ll ags. La corrispondenza segno/suono risulta x certi spetti imprecisa, cm si può notare dalla presenza di un solo segno per + fonemi (es g x la spirante palatale /j/, la palatale affricata /dζ/ (tipo g di giorno) e la velare /g/). Incertezze di interpretazione nascono spt dalla conservazione in codici tardi di grafie storiche, anche dopo l’evoluzione del corrispondente suono, oppure dal fatto che anche in ms dialettalmente omogenei, spesso confluiscono tradizioni grafiche diverse e contrastanti, dovute al sopravvivere, in un contesto sassone occidenale tardo, di elementi di altri dialetti provenienti dalla stesura originale. (vedi pg. 109) 6.3.3. Evoluzione fonologica dal germanico all’anglosassone Rispetto al germanico occidentale si è verificata nel sistema fonologico dell’ags una vistosa evoluzione spt nel vocalismo, rispecchiata in parte del resto dalle stesse ambiguità e confusioni grafiche, che sn in certi casi spia di situazioni fonologiche preesistenti. (v. pg. 112-3) 6.3.4. Caratteristiche morfologiche La caratteristica + interessante nelle strutture morfosintattiche della ll ags è la tendenza ad una progressiva semplificazione della flessione. Qst tendenza si accentuerà nel tardo ags e nel medioinglese. Per qnt riguarda la morfologia del nome è cmq da notare la conservazione della distinzione dei casi, anche se sn presenti fenomeni di adeguamento analogico (es. la coincidenza delle desinenze di acc., gen., e dat. singolare nei femminili in –ō). La differenziazione dei temi nominali tende ad essere semplificata, generalmente con l’uniformarsi delle varie declinazioni ai temi + comuni. Per qnt riguarda la flessione verbale si nota fin dalle origini della documentazione una spiccata tendenza all’uniformazione delle desinenze. 6.3.5. Caratteristiche sintattiche (vedi pgg 114-5-6) sn tutti esempi 7. IL TEDESCO ANTICO 7.1. Confini della tradizione culturale tedesca antica Ciò che possiamo intendere cm Germania, fino al definitivo smembramento dell’impero carolingio, nn coincide cn un’entità politica, ma cn quel territorio dell’europa centrale in cui si parlavano dialetti germanici occidentali, rispetto alle zone in cui si verificava la presenza di lingue di ceppo diverso, romanze ad ovest, slave ai confini orientali. 7.1.1. Teudisca lingua Le prime testimonianze dell’aggettivo theodisk, theudisk si riferiscono all’uso del volgare da parte delle popolazioni di ll germanica in contrapposizione all’uso del latino (theudisk traduce il latino

25 vulgaris, da theoda cioè vulgus, popolo). Manca originariamente nella parola un diretto riferimento ad una situazione etnica, e tantomeno politica; fino al IX sec nn si può ancora parlare neppure di un vero e proprio confine linguistico tra i volgari romanzo e germanico, poiché, vista l’originaria appartenenza germanica della classe dirigente franca, è naturale che si sia mantenuta a lungo in gallia una situazione di parziale bilinguismo; l’adozione definitiva da parte dei franchi della gallia dei dialetti romanzi e lo stabilirsi di un confine linguistico, interviene + tardi, con la divisione dell’impero carolingio (metà IX sec), contemporaneamente alla scissione politica tra il regno franco occid e orientale. In qst epoca è documentato l’uso ufficiale nei 2 regni di ll popolari diverse se i due sovrani Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico sentono la necessità di pronunciare giuramento reciproco di alleanza l’uno nell’idioma dell’altro, Carlo in tedesco e Ludovico in francese. (giuramenti di strasburgo 842). 7.1.2. Suddivisione dei dialetti tedeschi antichi Sebbene i tst di un certo rilievo siano documentati a partire dal IX sec, e spt nella germania centromeridionale, già lungo tutto il sec precedente sn frequentissime le glosse tedesche in ms latini, cm citazione di denominazioni germaniche relative ad oggetti ed usi caratteristici sia cm aiuto per la comprensione e traduzione del tst latino. Qst glosse ci documentano anche riguardo ai dialetti delle popolazioni che nn risiedevano nell’odierna germania, quali i longobardi o franchi, che x le loro caratteristiche fonologiche possiamo definire tedeschi. Nella storia della ll tedesca possiamo riconoscere 3 periodi: antico (VIII-XI sec) caratterizzato da frammentarietà dei dialetti e tradizioni grafiche; medio (XII-XV) attraverso la letteratura e la civiltà cortese si afferma una ll letteraria omogenea e sopradialettale; moderno (XVI-oggi). Nella varietà dialettale dell’epoca + antica di riconoscono due grandi gruppi dialettali: bassotedeschi, cioè settentrionali (bassofrancone, sassone) e altotedeschi, cioè della germania meridionale. I dialetti altotedeschi antichi si possono suddividere in centrali (mediofrancone, francone renano, francone orientale) e superiori (alemanno, bavarese). I dialetti franconi, che occupano la fascia del medio e basso Reno, sn suddivisi secondo un criterio che pone l’accento sulla comparsa della rotazione consonantica altotedesca. Il bassofrancone nn conosce tale evoluzione, il francone centrale la realizza solo parzialmente, i dialetti franconi del sud mostrano un’attuazione + avanzata della rotazione consonantica che appare integralmente realizzata nell’alemanno e bavarese. Va tenuto presente che la documentazione in base alla quale identifichiamo la situazione dialettale dell’epoca tedesca antica si basa su testi fortemente influenzati dalla tradizione scolastica che si trasmette all’interno di uno stesso scriptorium, indipendentemente dal dialetto parlato nella regione. 7.1.3. La cristianizzazione della Germania La suddivisione dialettale del tedesco antico è il riflesso di una situazione storica che ha le sue radici nella collocazione geografica delle tribù germaniche nell’europa centrale. Le popolazioni stanziate definitivamente tra il V e VI sec nell’odierna germania (alemanni, bavari, frisii, sassoni, turingi) caddero assai presto sotto l’influenza del regno dei franchi che dominavano direttamente la gallia settentrionale e la zona del medio reno. La potenza del regno franco ha le sue radici nell’accorta politica del re Clodoveo che da un lato riuscì ad imporsi ai vicini Burgundi, Visigoti, Alemanni, dall’altro seppe accentrare, all’interno dello stato franco il potere nelle sue mani e consolidare il suo prestigio con una conversione opportuna al cattolicesimo, facilitando al suo popolo l’inserimento nel mondo politico e culturale romano-cristiano, di cui i franchi divennero i difensori di fronte al paganesimo e all’eresia. Le popolazioni germaniche di là dal reno entrarono pienamente nell’orbita culturale romanocristiana solo cn l’avvento al potere dei carolingi, i quali, consapevoli del potere costituito dal legame stato-Chiesa cm strumento di consolidamento e espansione politica, incoraggiarono la

26 penetrazione organizzata di missionari in Germania e la fondazione di monasteri, usando monaci ags, + colti e preparati del clero franco, decadente e corrotto. La figura di punta della cristianizzazione della germania è S.Bonifacio che attuò nella prima metà del VIII sec un’azione evangelizzatrice. Cercò dapprima di mantenere indipendenza dal potere franco, appoggiandosi al contrario a strutture già esistenti. Quando alla morte di Carlo Martello, il figlio Carlomanno ereditò il possesso delle regioni orientali, questi riuscì ad imporre la sua protezione all’azione riformatrice di Bonifacio, offrendo mezzi finanziari e l’appoggio dell’esercito. Bonifacio promosse, cn l’appoggio del potere politico, una riforma disciplinare e organizzativa di tt la chiesa franca. Questo clero divenne strumento di dominio politico. Cn S. Bonifacio la cristianizzazione della germania centromeridionale può dirsi completa. 7.1.4. La politica culturale di Carlo Magno La politica civile di Carlo Magno, se pur autoritaria, fu di enorme impo x il risveglio culturale dell’europa. Vi è un progetto di restauro dell’idea imperiale, ed è per affermarne la continuità e legittimità che l’orientamento degli studi e di tt la vita artistica e letteraria promossi da Carlo sn legati alla valorizazione del mondo classico, per sottolineare i legami cn il nuovo impero franco cristiano. Carlo elavorò un programma di rinnovamento cuturale finalizzato alla restaurazione e alla divulgazione della tradizione latino cristiana. Secondo il principio di recupero dei modelli romani si promosse anche la riforma del canto liturgico e della scrittura. Anche la vera regola di S.Benedetto venne divulgata ed imposta a tute le comunità monastiche. Fondamentale x la nascita della cultura scritta in ll tedesca fu l’opera di rivalutazione del volgare, che nasce nell’imperatore dalla preoccupazione di una miglior diffusione e comprensione dei tst liturgici. L’opera di divulgazione dottrinaria attraverso il volgare continuò e si potenziò anche dopo la morte di Carlo e la suddivisione dell’impero. Secondo i moduli stilistici della poesia germanica viene composto Heliand, al fine di rendere accessibile la materia dei Vangeli alle popolazioni sassoni da poco convertite. La riorganizzazione del clero attuata dai Carolingi, e spt da Carlo Magno, dà origine nell’europa centrale ad una vera e propria classe ecclesiastica detentrice di un enorme potere sociale e culturale, che monopolizza tt la cultura scritta e la vita letteraria fino a dopo il 1000. Nella germania post carolingia l’organizzazione ecclesiastica e spt monastica costituirono ormai l’unica reale forza unificatrice capace di realizzare cmq un’opera coerente di acculturazione in senso cristiano. 7.1.5. La rinascita ottoniana Dopo la decadenza dei carolingi il potere effettvo in germania era detenuo dall’alta nobiltà. Ma mentre si formavano i grandi ducati (Baviera, Svevia, Franconia, Sassonia) cm entità politiche indipendenti, si veniva consolidando intorno ai re divenuti elettivi un’idea di unità nazionale, che nasceva sia dal rispetto x l’ideale della sacralità di un’autorità regale, sia da un’esigenza di coesione contro le minacce di invasione da parte deglii Ungari e Slavi. Il re Enrico di Sassonia nel 919 assume la corona del regno dei Teutoni, che diverrà il fulcro del sacro romano impero restaurato dal figlio di enrico, Ottone I. La politica della casa di Sassonia con la restaurazione dell’idea imperiale e l’invedenza nelle vicende dell’italia e della Roma dei Papi, legò il mondo tedesco alla tradizione e al culto della romanità e del mondo classico. Fino alla seconda metà dell’XI sec la poesia si esprime quasi esclusivamente in ll latina, mentre il tedesco è usato spt x fini di carattere didattico. La poesia in latino riesce in qst epoca a dar voce a motivi d’ispirazione molto + vari e ricchi rispetto ai sec precedenti, cm la coscienza da parte dell’uomo della sua individualità e del valore immanente della vita terrena, l’affermazione degli ideali cortesi. Il tedesco è usato x fini didattici: l’impiego della ll volgare nn è + limitato allo scopo di divulgare tsrt di carattere liturgico e dottrinario, ma si estende akka traduzione delle complesse opere teologiche e filosofiche.

27 Il latino contribuisce per la trasformazione del tedesco in ll letteraria atta ad esprimere nella sua completezza il mondo culturale europeoposteriore al 1000. Nella seconda metà del XI sec la vita culturale e letteraria comincia ad espandersi al di fuori delle mura dei conventi, contempooraneamente all’inizio di un rinnovamento economico e sociale che coincide con il rifiorire della vita agricola e urbana, cn l’intensificarsi dei contatti con il mondo orientale, con una + elevata circolazione di beni nella classe nobile. L’area dei destinatari della cultura si allarga, la vita letteraria cominicia a dare ampio spazio ad interessi che non son strettament dottrinari e teologici, ma generalmente umani o individuali. Anche la spiritualità religiosa si approfondisce e accoglie elementi nuovi che trovano una voce anche laica e popolare, al di fuori cioè dell’ambiente clericale che aveva monopolizzato qualsiasi, fino ad allora, espressione culturale e religiosa. In qst prospettiva diventa naturale che nella cultura scritta assuma + ampio spazio la ll volgare, la quale, muovendo da una perfetta aderenza al modello linguistico e culturale del latino, va affiancandosi a qll assumendone in parte le funzioni. 7.2 La tradizione scritta 7.2.1. Frammentarietà della documentazione Vi è una documentazione frammentaria e disuguale sia x qnt riguarda la ll, che x qnt concerne il carattere dei tst, la loro motivazione ed il loro interesse storico e culurale. Ciò si spiega attraverso la considerazione della situazione politica della germania altomedievale, dove le lotte tra i singoli stati avevano impedito a lungo il sorgere di forti potenze accentratrici e la nascita di centri culturali dotati di forza di coesione. Inoltre l’impatto con la civiltà latino cristiana era avvenuto dall’esterno e attreverso contatti successivi con tradizioni diverse, e mentre da un lato aveva impedito quasi completamente l’espressione scritta della letteratura di matrice germanica, dall’altro aveva ritardato quel processo di assorbimento della cultura cristiana. L’uso della ll tedesca in tst scritti si inaugura solo dopo la fine dell’VIII sec e per una spinta politica, a seguito dell’esortazione di Carlo Magno a rendere comprensibili i tst liturgici; e una piena considerazione per la ll volgare cm strumento espressivo interviene solo cn la prosa di Notker. Una delle ragioni di qst tarda affermazione del tedesco rispetto al latino nell’uso scritto è la mancata instaurazione nel corso di tt l’altro medioevo di una tradizione linguistica sopradialettale, di usi grafici univoci che, al di sopra della grande varietà di dialetti e grafie, costituissero uno strumento di comunicazione scritta familiare ai dotti di varie regioni. Nella Germania altomedievale invece la tradizione scritta in ll tedesca rimane legata alle abitudini grafiche dei vari scriptoria e agli interessi liturgici e dottrinari dei singoli monasteri; e perciò assurgono ad una certa dignità letteraria solo i dialetti delle regioni dove la vita monastica è + vivace ed attiva in senso culturale: l’alemanno, il bavarese, il francone meridionale, il francone orientale. Solo in epoca medio tedesca, con l’affermazione della civiltà cortese e cittadina e di una nuova tradizione culturale e letteraria, si instaurerà e diffonderà una vera e propria ll sopradialettale nazionale, che sarà lo stumento della fioritura letteraria del XII e XIII secolo. 7.2: LA TRADIZIONE SCRITTA La tradizione manoscritta dei testi tedeschi dei primi secoli presenta una documentazione estremamente frammentaria e disuguale per quanto riguarda la lingua, il carattere di testi, la loro motivazione, il loro interesse storico e culturale e questo per diversi motivi: 1) Nella Germania altomedievale le lotte fra i singoli stati avevano impedito a lungo il sorgere di forti potenze accentratrici e dunque di centri culturali che avessero una forza di coesione e di irradiazione consistente. 2) Il contatto con la civiltà latino-cristiana era avvenuto attraverso contatti successivi con tradizioni diverse (gotica, italica,anglo-irlandese, franca) e mentre da un lato aveva impedito

28 quasi completamente l’espressione scritta della letteratura di matrice germanica, dall’altro aveva ritardato notevolmente il processo di assorbimento della cultura cristiana. 3) La tarda affermazione del tedesco rispetto al latino nell’uso scritto (avverrà dopo la fine dell’VIII sec grazie a Carlo Magno e a Notker poi) che porta alla mancata instaurazione nel corso dell’alto medioevo di una tradizione linguistica sopradialettale e di usi grafici univoci che avrebbero costituito un importante mezzo di comunicazione tra i dotti delle varie regioni. Nella Germania altomedievale invece la tradizione scritta in lingua tedesca rimane strettamente legata alle abitudini grafiche e agli interessi dei singoli monasteri, quindi ottengono il riconoscimento di una certa dignità letteraria solo i dialetti delle regioni dove la vita monastica è più vivace e attiva in senso culturale (ad es. l’alemanno, nel cui territorio si trovano i monasteri di San Gallo e Murbach;il bavarese, con i grandi monasteri di Frisinga e Regensburg, il francone meridionale, soprattutto di Weissenburg;il francone renano di Treviri e Magonza e il francone orienta le di Fulda. Una vera e propria lingua sopradialettale nazionale si instaurerà solo in epoca medio-tedesca con l’affermarsi della civiltà cortese e cittadina. Esempi importanti di poesia in versi allitteranti sono: 1. Il Carme di Ildebrando (Hildebrandslied) , un poemetto eroico risalente al IX secolo che racconta il conflitto interiore di Ildebrando, costretto per fedeltà vero il suo signore a combattere contro il figlio, suo nemico in battaglia. Esso rappresenta un esempio di lingua mista, probabilmente frutto della sovrapposizione di diverse tradizioni grafiche e dal punto di vita narrativo si presenta come una rielaborazione alto tedesca di modelli germanici generali diffusi nell’epica anglosassone e sassone. 2. Due testi poetici bavaresi di argomento religioso: la Preghiera di Wessobrunn e il poemetto Muspillli, pervenutici in manoscritti dei primi decenni dl IX secolo. 3. L’Heliand, poema sulla vita di Cristo in sassone. 4. Tre frammenti di un altro poema sassone, la Genesi. Esempi di poesia allitterante si sono inoltre conservati a lungo nelle formule magiche e nelle benedizioni, dove il contenuto strettamente pagano subisce progressivamente una superficiale cristianizzazione (gli dei pagani vengono sostituiti da Cristo e dai santi). Lo sviluppo di una letteratura di traduzione è molto importante all’ interno della storia della cultura e della lingua tedesca in quanto permette di determinare le tappe del processo di assimilazione di modelli concettuali e linguistici latini e quindi del lungo e graduale distaccamento da essi. Gli esempi più antichi di traduzione sono rappresentati dalle glosse ai testi latini e dai glossari, tra cui il Vocabularius San Galli e l’ Abrogans , traduzione di un dizionario alfabetico di sinonimi latini, probabilmente di provenienza italica, risalente alla fine dell’VIII secolo. Proprio a partire da questo periodo sono documentate traduzioni di testi catechistici, di cui possediamo spesso versioni in vari dialetti. Le versioni e le glosse ai Salmi sono relativamente numerose per la particolare importanza liturgica e didattica del Salterio, libro di preghiera che i giovani chierici imparavano a memoria sul quale imparavano anche a leggere e a scrivere. Alla seconda metà del IX secolo risale il primo esempio di poesia in rima. Si tratta del Liber evangeliorum del monaco di Weissenburg Otfrid, il primo poeta tedesco di cui ci è noto il nome. All’interno dell’opera all’esposizione degli episodi sulla vita di Gesù si alternano o si fondono narrazione, commento e interpretazione morale e simbolica; le grandi novità introdotte consapevolmente da Otfrid sono l’uso della rima finale e quello degli schemi metrici latinoromanzi, grazie ai quali (secondo la mentalità e il gusto estetico dell’età carolingia)la lingua

29 francone può acquistare la dignità necessaria per cantare una materia così elevata come la vita di Cristo . 7.3: L’ANTICO ALTO TEDESCO La produzione letteraria in tedesco antico appare priva di unità e frammentaria sia dal punto di vista contenutistico che da quello linguistico. Fino al XII secolo infatti non si può parlare di una lingua letteraria, ma di una pluralità di lingue scritte, che si fondano sul materiale fornito dai singoli dialetti parlati, i quali assumono dignità letteraria nel IX secolo proprio attraverso la produzione scritta di grandi conventi. Nel corso dell’alto medioevo sono i dialetti franconi a prevalere nel quadro linguistico che ci appare dai testi antichi, per ragioni di prestigio politico e culturale, oltre che per la posizione geografica centrale. Essi dapprima influiscono sulla stesura dei poemi religiosi in sassone e più tardi, nel X secolo, forme franconi si diffondono anche nei testi meridionali. Con il consolidarsi della tradizione scritta si arriverà quindi progressivamente all’affermazione di usi letterari comuni, ben differenti dai dialetti parlati. Alcuni elementi grafico-fonologici presenti nei testi tedeschi antichi sono riconducibili al loro monastero di provenienza, altri sono per lo più peculiari di ogni singola opera o autore (per questo si parla di tedesco di Isidoro o di Notker). L’ osservazione dei sistemi linguistici dei testi provenienti da una stessa scuola, ma distanziati nel tempo, e la loro comparazione può permettere in qualche caso di individuare l’ evoluzione di alcuni fatti linguistici relativi a quel determinato dialetto (vedi es. a pag 132 11 righe dal basso). Le variazioni grafiche, sia all’interno dello stesso testo, che tra due testi contemporanei, possono rivelare dei mutamenti fonologici spesso già avvenuti nella lingua parlata non sempre registrati dalla scrittura, che può conservare grafie più tradizionali accanto ad altre più vicine all’uso (vedi es. pag 133 1 riga dall’ alto). Talvolta nei testi possono verificarsi casi di mescolanze dialettali, che raramente sono da attribuirsi all’influsso di un dialetto sull’altro direttamente nella lingua dell’autore, quanto piuttosto al sovrapporsi di differenti tradizioni dialettali nel corso della tradizione manoscritta, cioè delle varie stesure e copiature a cui il testo è stato sottoposto (vedi es. p.133 13 righe dall’alto). All’interno della varietà dialettale presente nel’antico alto tedesco un importante elemento unificante è costituito dal modello culturale e linguistico del latino,il quale influisce sull’evoluzione delle strutture sintattiche e assume un ruolo particolarmente determinante per quanto riguarda l’arricchimento del lessico. I prestiti penetrano in differenti periodi e attraverso diversi ambienti linguistici ed documentano in questo modo l’ampia diffusione e la durata dei rapporti latinotedeschi. Ci sono parole latine acquisite probabilmente in epoca romana (es. pag.133 5 righe dal basso) e altre più di recente, generalmente dal latino volgare della Gallia,diffuse soprattutto attraverso il francone (es. pag.134 5 righe dall’alto). I prestiti di origine dotta sono soprattutto di carattere religioso e di ambiente monastico (es. pag.134 9 righe dall’alto). L’aspetto graficofonologico può offrire un criterio linguistico per la classificazione dei prestiti dal punto di vista dell’epoca e del livello di lingua in cui è avvenuta la loro acquisizione (es. pag.134 14 righe dall’alto). Mentre i prestiti presentano modalità di penetrazione molto varie, l’incremento lessicale costituito dai calchi nasce essenzialmente in ambiente dotto a fianco del lavoro di traduzione, allo scopo di ampliare le possibilità espressive del tedesco per adeguarle all’ interpretazione e all’espressione della cultura cristiana. In epoca antica si creano non solo nuove formazioni per designare singoli concetti ma anche nuove strutture che accrescono la produttività della lingua (es. l’ elemento –heit è divenuto un suffisso per la formazione di astratti attraverso la sua utilizzazione da parte dei glossatori per la traduzione di –tas e –tio latini) . Le nuove coniazioni, cioè i calchi strutturali, sono stati catalogati da Betz a seconda del tipo e del grado di dipendenza al modello latino e si dividono in:

30 1. Lehnübersetzung:la nuova parola riproduce esattamente la struttura formale del modello (es. gewisseni = conscientia). 2. Lehnübertragung: la nuova parola riproduce solo in parte il modello (es. meisterscaft = doctrina). 3. Lehnschöpfung: la nuova parola è una creazione indipendente ma stimolata dall’esempio latino (es. arzatgot = Esculapius come “dio dei medici”). A causa della frammentarietà linguistica accennata precedentemente, una descrizione grammaticale corretta e completa del tedesco antico dovrebbe essere costituita dalle descrizioni comparate dei sistemi di singoli dialetti, o meglio, di singoli testi. La convenzione più diffusa è quella di tenere come base di questa descrizione il dialetto francone orientale del IX secolo, documentato essenzialmente in Fulda dalla traduzione di Taziano. La scrittura utilizzata in quasi tutti i testi tedeschi antichi è la minuscola carolina;in epoca antica sono documentate anche alcuni abitudini grafiche anglosassoni (es. pag. 136 10 righe dall’alto) (schema che illustra il sistema grafico antico alto tedesco pag. 136, 137,138,139 da cfr con le dispense) 8: IL FRISONE Attualmente la lingua frisone è parlata in tre differenti aree non contigue dal punto di vista geografico: 1. Nella regione olandese della Frisia (capoluogo Leeuwarden) e in alcune delle isole frisoni occidentali (frisone occidentale) 2. Nella provincia interna delle Frisia tedesca, il Saterland (frisone orientale) 3. Nella zona nord-occidentale dello Schleswig e nelle isole prospicienti (frisone settentrionale) Nei secoli passati la regione in cui si parlava frisone era molto più vasta, in particolare in origine doveva esistere una continuità linguistica relativamente compatta tra la Frisia occidentale e orientale. Mentre la zona settentrionale, che ha avuto origine dal’immigrazione di elementi frisoni nello Jutland durante l’alto medioevo, è pressoché priva di una tradizione scritta, nell’ area originaria (occidentale e orientale) è documentata dall’epoca medievale una letteratura scritta di notevole importanza, costituita in maniera preponderante da un corpus di testi giuridici in cui si documentano gli usi, la vita e le istituzioni del popolo frisone a partire almeno dal XII secolo (ma con riferimenti anche ai secoli precedenti). Origini della civiltà frisone La storia del popolo frisone è segnata inizialmente dalle lotte contro l’invadenza dei Franchi, i quali nel corso di un quasi un secolo attrassero progressivamente (seppur con vicende alterne) tutta la Frisia nella loro orbita politica e introdussero il Cristianesimo assecondando l’opera dei monaci anglo-irlandesi. La conversione al cristianesimo fu completata con la conquista di tutta la Frisia da parte di Carlo Magno. Quest’ultimo incorporò le popolazioni frisoni nell’impero, all’interno del quale essi ritrovarono la loro unità politica, rafforzata successivamente dalla necessità di difesa dalle incursioni normanne, a cui il potere imperiale non era in grado di opporsi. Con il disfacimento dell’impero carolingio e nei secoli successivi i Frisoni acquistarono una più solida individualità politica e culturale. Il potere era nominalmente tenuto dai feudatari imperiali ma fin dall’epoca carolingia si erano cominciate a formare delle piccole unità politiche indipendenti giuridicamente autonome, basate sulle comunità rurali, le quali già dal XII secolo si costituirono in confederazione. Fino al XV secolo la vita politica e giuridica delle popolazioni frisoni si resse su una propria solida tradizione giuridica, basata su un diritto di matrice germanica e amministrata da magistrati locali. Tuttavia nel XVI secolo a causa dell’ingerenza politica dei potentati vicini, soprattutto del ducato di Sassonia, l’indipendenza, anche culturale, dei frisoni venne intaccata e il diritto indigeno

31 rimaneggiato e adattato ai modelli del diritto di tradizione romana, su cui si reggevano generalmente tutti gli stati europei. Parallelamente la lingua frisone decade al rango di dialetto. Documenti letterari La quasi totalità dei testi scritti conosciuti appartiene alla letteratura giuridica e rappresenta diverse stesure e rielaborazioni delle norme del diritto tradizionale del popolo frisone. Le prescrizioni fondamentali, contenute in varie redazioni nella maggioranza de codici e riguardanti gli ordinamenti di tutte le popolazioni frisoni sono le cosiddette 17 disposizioni e le 24 leggi della regione. I singoli manoscritti sono quindi completati da varie disposizioni di interesse più particolare; alcuni contengono l’elenco delle cosiddette multe generali, altri testimonianze storiche o ritenute tali, o aneddoti leggendari estranei alla vera e propria materia giuridica. Non si tratta dunque generalmente di veri codici di leggi ma di manuali che raccolgono le disposizioni tradizionali ad uso dei singoli magistrati. Accanto ai testi giuridici troviamo anche alcune composizioni in rima o in prosa rimata (tra cui il più famoso è Fon alra Fresena fridome, “Della libertà di tutti i Frisoni”. Anche la stessa prosa giuridica contiene a volte elementi caratteristici dell’antica poesia germanica. E’ frequente infatti nei brani più antichi l’uso di allitterazioni e endiadi. La lingua frisone La presenza di fenomeni linguistici comuni al frisone, ai dialetti anglosassoni e in parte al sassone continentale ha favorito il raggruppamento di queste lingue all’interno di un gruppo omogeneo chiamato lega linguistica ingevone. Le ragioni dell’esistenza di tali affinità sono molteplici: 1. L’originaria affinità etnica degli anglosassoni con le popolazioni restate sulle sponde continentali del Mar del Nord può avere favorito lo sviluppo indipendente di tendenze comuni. 2. Ci sono molti elementi culturali e storici che dimostrano come il mondo anglo-sassone abbia continuato a mantenere solidi legami culturali con il continente che possono aver incoraggiato sia lo sviluppo parallelo di elementi mitologici e letterari, sia un’evoluzione affine di fatti linguistici. Dopo il XI secolo il frisone decade nell’uso scritto fino al XIX secolo, quando nella Frisia olandese, per influsso dei movimenti di origine romantica, si rivalutano le manifestazioni della cultura popolare e parallelamente anche la lingua frisone conosce una nuova fioritura letteraria legata ai contenuti culturali tradizionali. Nella Frisia olandese il frisone è tuttora usato ed insegnato come seconda lingua ufficiale;ed anche in territorio tedesco, per la diffusione di una maggior sensibilità verso l’opportunità di conservare le culture minoritarie, si tende oggi alla tutela della tradizione frisone. (elementi fonologici del frisone pag. 149, 150). 9. L’ ANTICO NORDICO La tradizione nordica antica assume un rilievo assolutamente unico nell’ambito delle manifestazioni letterarie delle lingue germaniche antiche, sia per la sua ricchezza e vastità, sia perché in gran parte i testi nordici documentano molteplici aspetti delle tradizioni, della cultura e della mentalità germaniche in epoca pagana. La gran parte della produzione letteraria in nordico antico proviene dall’Islanda e, in misura minore, dalla Norvegia. Il contributo della Svezia e della Danimarca è limitato essenzialmente a test giuridici risalenti al XIII-XIV secolo, che presentano tuttavia un particolare interesse anche linguistico, in quanto documentano le differenze dialettali che dovevano esistere tra le varie regioni del mondo scandinavo antico.

32 La lingua definita come antico nordico è quella lingua letteraria che, al di sopra delle differenze dialettali locali, è rappresentata in tutta la documentazione scritta indigena del mondo nordico dalle origini al XIII-XIV secolo. Nella tradizione linguistica antico-nordica si possono distinguere tre periodi: 1. Periodo runico (V-IX sec), documentato esclusivamente dalle iscrizioni runiche di area nordica, caratterizzate dall’uso del futhark antico di 24 segni. La lingua presenta per lo più il carattere formulare e stereotipato tipico delle tradizioni epigrafiche. 2. Periodo vichingo (IX- fine dell’XI sec), la cui effettiva documentazione è costituita unicamente dalle iscrizioni runiche più tarde in un alfabeto a 16 segni (futhark recente) In questo periodo ha avuto inizio molto probabilmente la fioritura letteraria di quei generi di origine orale (poesia eddica, scaldica e saghe) che conosciamo solo attraverso le trascrizioni e le elaborazioni di epoca successiva. 3. Periodo nordico classico o norreno (fine dell’XI- XIV sec),al quale risale tuta la documentazione manoscritta e durante il quale il nordico si identifica praticamente con l’islandese e il norvegese antico (antico nordico occidentale), che assumono un’importanza preponderante nella tradizione letteraria e linguistica. In epoca successiva, quando il regno di Svezia e di Danimarca assumeranno una grande importanza a livello culturale, diventerà rilevante nel mondo nordico l’influenza del danese e dello svedese. Mentre lo svedese, per la sua posizione isolata, avrà un’evoluzione più regolare il danese agirà in maniera determinante sul mondo linguistico nordico fino a diventare, a partire dal XIV secolo, la lingua ufficiale dell’amministrazione statale norvegese (riksmål) a cui solo nel secolo scorso si oppose, per impulso di tendenze nazionalistiche, una lingua nuova, creata artificialmente sul materiale dialettale indigeno (landsmål), riconosciuta ora come lingua ufficiale, con pari diritti rispetto al riksmål. Le origini della cultura islandese L’evoluzione culturale e letteraria del mondo nordico antico si realizza in connessione con tre fatti storici di importanza fondamentale: 1. Il movimento vichingo. Durante la loro espansione, dalle estreme terre occidentali alle grandi pianure russe, i Vichinghi entrano in contatto con le civiltà più ricche e diverse: durante la lunga dominazione dell’Irlanda e delle isole britanniche settentrionali entrarono in contatto con la civiltà celtica e anglosassone, la cui esperienza civile e culturale alimenta molti aspetti della cultura e della letteratura norrena. La debolezza dell’impero carolingio e la ricchezza ottenuta dalle scorrerie piratesche li incoraggiarono alla penetrazione violenta nell’Europa continentale dove, con la fondazione di possedimenti stabili, come in Normandia, entrarono in contatto diretto e continuato con la cultura cristiana medievale. 2. La colonizzazione dell’Islanda. Fino alla fine del IX secolo i sovrani settentrionali avevano generalmente rispettato, secondo il costume antico, l’autonomia delle piccole comunità di origine tribale, in cui si organizzava tradizionalmente la società scandinava, comunità presiedute da capi elettivi con funzioni giuridiche e religiose insieme, rette da assemblee periodiche intertribali che riunivano le personalità più importanti delle singole comunità per arginare le contese e celebrare i comuni riti religiosi. Quando il re norvegese Haraldr Hàrfàgr cercò (a causa dell’influsso della civiltà cristiana e dell’organizzazione statale di tipo carolingio) di unificare tutta la Norvegia e di organizzare uno stato autoritario di tipo feudale, molti norvegesi preferirono emigrare in Islanda dove trasferirono le antiche istituzioni e abitudini di vita.

33 3. La conversione al Cristianesimo. L’introduzione del Cristianesimo rappresentò non solo l’introduzione di un nuovo culto ma anche di una nuova civiltà, quella cristiano-medievale, assolutamente estranea fino ad allora al mondo scandinavo che non aveva minimamente contribuito alla sua formazione. L’accettazione ufficiale del Cristianesimo avvenne intorno al 1000, in Islanda per decisione dell’assemblea generale e in Norvegia per la politica di due suoi re. Verso la metà del XII secolo venne introdotto anche l’alfabeto latino. La conversione e l’introduzione della scrittura latina permette la diffusione nel mondo nordico dei testi liturgici e dottrinari cristiani e l’ affermarsi del latino come lingua letteraria soprattutto sul continente, come in Danimarca (lo storico danese Saxo Grammaticus scrive in prosa latina la sua Historia danica , che tratta ampiamente del mondo nordico pagano). In Islanda infatti la produzione letteraria, pur accettando nuovi contenuti accanto a quelli tradizionali, rivolgendosi esclusivamente ad un pubblico indigeno, si esprime essenzialmente in norreno. La tradizione letteraria La tradizione scritta in lingua norrena si sviluppa a partire dal XII secolo in Islanda e in Norvegia. A parte le numerose traduzioni la produzione scritta in nordico è costituita da un vastissimo corpus letterario, in gran parte di origine e ispirazione pagana, che conosciamo per lo più attraverso copie di epoca più tarda (metà del XII- XIV secolo). Esso è composto essenzialmente da: 1. Poesia eddica. Essa deriva il proprio nome da un manoscritto del 1270 circa detto Codex Regius, trovato in Islanda nel 1643 e denominato dal suo scopritore Edda Sæmundi multi scii (“Edda di Sæmund il sapiente”), attribuita (anche se tale attribuzione non è provata) al dotto islandese Sæmund. Da questo titolo rimane alla raccolta il nome di Edda o Edda poetica (per distinguerla dall’ omonima opera in prosa dello storico Snorri Sturluson (11791241) che fa riferimento al contenuto mitologico del Codex Regius). L’ Edda è una raccolta di 29 canti anonimi di argomento epico-mitologico, vari e autonomi quanto al contenuto ma abbastanza omogenei come linguaggio. La prima serie di canti è dedicata agli dei (soprattutto Odino e Thor) e alle loro mitiche avventure (il primo canto della raccolta spazia attraverso la storia mitologica del mondo, dalla creazione della terra alla nascita dei giganti, dei nani e degli uomini, fino alla previsione apocalittica della fine dell’universo) mentre la seconda parte della raccolta contiene carmi eroici intervallati da brani esplicativi in prosa. All’interno dell’Edda tutti gli studiosi riconoscono la presenza di un nucleo più arcaico (non anteriore all’XI secolo), di origine schiettamente pagana e di uno di elaborazione più recente. Nei riguardi dei miti e degli dei pagani l’atteggiamento dei poeti è spesso irriverente e non può certo dirsi animato da spirito religioso, tranne forse per quanto riguarda il carme profetico-escatologico che apre la raccolta che tuttavia nella rappresentazione apocalittica della fine del mondo può risentire delle descrizioni contenute nelle profezie bibliche. Anche se i riferimenti al Cristianesimo non sono espliciti si nota in certi carmi la presenza di una sensibilità nuova rispetto a quella più tipicamente epicoeroica, e certe situazioni, come quella contenuta sempre nel primo carme, che allude alla resurrezione del dio Baldr e alla rigenerazione del mondo dopo la conflagrazione universale, possono consentire interpretazioni ambivalenti, sia in senso pagano che cristiano. 2. Poesia scaldica. E’ una poesia essenzialmente encomiastica e di occasione, il cui intento è rappresentare l’ambiente delle piccole e grandi corti vichinghe e i loro valori fondamentali: il desiderio di onore e di ricchezza, l’amore per le battaglie e l’avventura, il rapporto di fedeltà verso il capo e la sua esaltazione. Non è una poesia anonima ma è opera di poeti di mestiere, gli scaldi, dalla personalità ben definita e dalla salda coscienza artistica, di cui le fonti ci riferiscono talora le imprese avventurose. La loro tecnica ubbidisce a degli schemi

34 rigidamente prestabiliti, che si fondano essenzialmente su uno stile descrittivo, sul virtuosismo metrico e sull’originalità delle variazioni sinonimiche e delle metafore (kenningar). Un’importante trattazione teorica della poesia scaldica è contenuta all’interno dell’ Edda di Snorri Sturluson, opera suddivisa in tre parti: la prima contiene un’esposizione ordinata della mitologia eddica ed è dedicata alla materia dell’arte poetica, mentre la seconda e la terza al linguaggio poetico e rispettivamente alla metrica. NB:tutta la poesia nordica è caratterizzata dalla suddivisione in strofe, che costituiscono ciascuna un’unità stilistica e concettuale. I tipi di strofe più comuni dell’Edda sono: • Il fornyrđislag (“metro epico antico”) formato da 4 versi lunghi allitteranti e diviso da una cesura dopo il secondo verso (es. pag. 158). • Il lióđaháttr, costituito da due versi lunghi alternati da due versi brevi i quali generalmente hanno tre accenti forti di cui solo due su sillaba allitterante. Ha una struttura relativamente libera. Tipica della poesia scaldica invece, oltre alla tendenza a regolare (e infine a limitare) il numero delle sillabe nel verso lungo, è anche l’estrema libertà nella disposizione delle parole nella frase e delle frasi nel discorso, secondo una ricerca programmatica di soluzioni stilistiche il più possibile originali e imprevedibili. Allo stesso intento ubbidisce la frequenza di rime interne e di assonanze, dell’uso di sinonimi inconsueti e di metafore ricercate. 3. Una prosa di carattere storico, scientifico e soprattutto narrativo, che si esprime principalmente nelle saghe. Le opere storiche, tese a conservare e tramandare le antiche tradizioni, narrano gli avvenimenti che riguardano l’immigrazione in Islanda e i primi secoli della colonizzazione. In genere esse sono caratterizzate da uno stile scarno ed essenziale, mentre nelle saghe la narrazione assume una più elevata dignità letteraria e lo stile si fa più libero e ricco. Il nucleo più importante è costituito dalle cosiddette Saghe islandesi, le quali trattano avvenimenti ritenuti storicamente importanti, la migrazione, la vita politica e sociale islandese, viaggi e avventure dei personaggi più rilevanti. Oltre alle vere e proprie saghe storiche, tra cui sono presenti anche le Saghe dei re , il genere narrativo è arricchito da altri tipi di racconti, ispirati a temi religiosi (vite degli apostoli e dei santi) o dedicati ai temi epico-cavallereschi comuni al tardo medioevo europeo. La lingua norrena (vedi pag.160-166) 10. I GERMANI IN ITALIA Osservando i documenti linguistici e letterari, dalla tradizione gotica del IV-VI secolo a quella norrena del X-XIII secolo, si è potuto constatare come le caratteristiche culturali del germanesimo arcaico si siano mantenute tanto più a lungo e più profondamente, quanto più lontano nello spazio e nel tempo si è verificato l’impatto con la civiltà mediterranea. Ma si è notato pure come proprio il contatto con il mondo greco-latino sia stato determinante, sia pure in modi e tempi diversi, per la nascita e lo sviluppo delle nuove civiltà germaniche nell’ occidente medievale (basti pensare all’adozione della religione cristiana e alla conoscenza della scrittura e letteratura latina). Nelle regioni più romanizzate (Italia, Iberia, Gallia), pur avendo i barbari costituito insediamenti politicamente stabili, il germanesimo non ha prevalso dal punto di vista culturale, né tanto meno linguistico, ma in tali situazioni ha agito da superstrato, contribuendo alla fondazione e all’evoluzione delle nuove civiltà romanze.

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Il succedersi sul suolo italico di più dominazioni germaniche (Goti, Longobardi e Franchi) fa si che, parlando della presenza dei Germani in Italia, ci troviamo di fronte a due tematiche di ricerca: • L’impatto di ogni singola popolazione germanica con la civiltà romana, o meglio latina, e con quella greco-bizantina. • I rapporti e le sovrapposizioni tra gli invasori germanici provenienti da etnie diverse, spesso non ben distinguibili per quanto riguarda le peculiarità della loro civiltà e della loro lingua. Il periodo che riguarda la presenza dei Germani in Italia va dal periodo del loro graduale inserimento nella vita dell’impero (IV-V secolo) a quello delle vere e proprie invasioni e dei successivi insediamenti (V-VIII secolo). Le fonti che ci consentono di ricavare informazioni riguardo ai Germani d’Italia si riferiscono soprattutto agli invasori (cioè soprattutto Longobardi e Goti) in quanto essi, a differenza di quanto avvenne ad altri conquistatori germanici, si sono inseriti in un ambiente profondamente letterarizzato. Queste fonti sono: • Narrazioni cronachistiche: Cassiodoro, Jordanes e Procopio (storia dei Goti); Paolo Diacono, Historia Langobardorum (VIII secolo) (storia dei Longobardi fino alla morte di Liutprando nel 744). • Reperti archeologici ed epigrafici, documenti pubblici e atti notarili, leggi e diplomi (per quanto riguarda le manifestazioni culturali). Di particolare interesse per l’epoca longobarda sono i documenti pubblici e privati, editi progressivamente nel Codice diplomatico longobardo, la maggior parte dei quali si riferisce al periodo successivo al 740. Tale documentazione, oltre a contenere numerosi dati linguistici (termini tecnici e nomi di persona di origine germanica), permette l’individuazione dell’azione e della fisionomia politica dei personaggi più rilevanti e la ricostruzione di alcuni aspetti delle condizioni di vita e dei rapporti di diritto privato tra gli appartenenti ai diversi gruppi etnici. Per quanto riguarda le fonti giuridiche vere e proprie vediamo che, mentre possediamo una documentazione molto ragguardevole del diritto longobardo, la situazione non appare così favorevole riguardo al diritto gotico. Il primo documento di rilievo che ci informa sulle norme giuridiche degli invasori germanici in Italia è l’ Edictum Rothari , redatto sul modello da un lato della giurisdizione latina, dall’altro delle leggi di altre popolazioni germaniche anch’esse precedentemente influenzate dal diritto romano. Dopo Rothari anche alcuni suoi successori promulgarono leggi scritte. I diplomi dei re longobardi sono invece poche decine e due soltanto sono anteriori a Rothari. • Testi agiografici, opere patristiche, le biografie dei papi del Liber pontificalis, alcune cronache ed annali di monasteri e diocesi di antica fondazione per quanto riguarda la storia religiosa di Goti e Longobardi. • Glosse contenute in testi storici o giuridici in lingua latina o in glossari bilingui, nomi propri di persona e di luogo in testi, documenti e iscrizioni e elementi lessicali e morfologici penetrati nella lingua e nei dialetti italiani (per quanto riguarda le manifestazioni linguistiche). Manifestazioni letterarie originali in lingua gotica non sono documentate, anche se è storicamente attestata l’esistenza di carmina, cioè di canti epici o encomiastici di tradizione orale. Per quanto riguarda i Longobardi invece non abbiamo alcun cenno esplicito all’eventuale presenza di una tradizione poetica, anche se questa non può essere esclusa.

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La penetrazione dei Germani in Italia iniziò in un primo tempo nella forma dell’arruolamento mercenario, attraverso il quale Germani di varie origini, ma appartenenti soprattutto alle popolazioni confinanti, a causa della loro predisposizione e abilità nelle attività belliche occuparono sempre più numerosi i ranghi dell’esercito romano e progressivamente anche le alte cariche, avvicinandosi gradualmente ai centri del potere politico. Inoltre, già nel corso del IV secolo, a gruppi etnici di mercenari e ex-mercenari (Alemanni, Sarmati, Svevi) venivano offerte terre pubbliche in cambio della loro disponibilità alla chiamata alle armi. Gli imperatori romani del V secolo, nel corso delle loro frequenti lotte di potere, si servirono sempre più spesso delle popolazioni barbariche, che da eserciti fedeli all’uno o all’altro imperatore si trasformavano in invasori più o meno stabili a seconda del loro momentaneo interesse. E mentre il potere imperiale diventava progressivamente dipendente dai generali e dagli eserciti barbarici, il patriziato, per opporsi a imperatori deboli e instabili, si apriva a sua volta agli appartenenti alle etnie germaniche. Lo straordinario dinamismo delle popolazioni germaniche consentiva loro di approfittare in più modi dei bisogni e delle ambizioni della classe dirigente e di imporre, nel corso della crisi dell’impero, la loro forza militare e politica sia dall’interno (come “amici”) che dall’esterno (come nemici). Il riconoscimento ufficiale al peso assunto da tempo dai Germani nella politica romana si ebbe nel 476 quando Odoacre, capeggiando una sollevazione di federati (Eruli, Sciri, Turcilingi e altri Germani orientali) che reclamavano l’assegnazione di terre italiche sulle quali stabilirsi, assunse il potere e inviò a Costantinopoli le insegne imperiali, decretando la caduta dell’Impero d’ Occidente. Odoacre si qualificò costantemente come re delle sole genti germaniche stanziate in Italia e non detenne formalmente la sovranità territoriale della penisola, che verrà considerata ancora a lungo come appartenente all’impero. Il regno di Odoacre fu caratterizzato da una marcata separazione (anche dal punto di vista politico e amministrativo) tra i Germani e la popolazione italica, basata sulla tolleranza e il rispetto reciproco delle singole tradizioni. Dopo oltre tre anni di guerra contro Odoacre (489- 93) gli Ostrogoti (prevalentemente Goti ma anche appartenenti ad altre etnie) si insediarono in Italia (occuparono l’Italia del nord e le regioni lungo l’Appennino fino alla Campania), entrando a far parte della classe dei proprietari terrieri secondo il sistema, già utilizzato da Odoacre, dell’assegnazione ai soldati germanici di un terzo delle terre dei possessores romani. Il regno di Teoderico si fondò su una politica di equilibrio • Interno: in Italia Goti e Romani vivevano sotto giurisdizioni parallele, ma distinte, secondo la tradizione che separava giuridicamente l’amministrazione militare da quella civile. Anche le competenze specifiche delle due etnie nella struttura dello stato restavano dunque quelle tradizionali: il supporto militare veniva dall’esercito gotico mentre la sovranità veniva esercitata politicamente con l’aiuto della sapienza giuridica e amministrativa della burocrazia latina. • Esterno: Teoderico fu sempre molto prudente nei riguardi sia della Chiesa che del’Impero d’ Oriente, del quale rispettò sempre le prerogative formali in Italia; fu solidale con i regni romano-barbarici (Visigoti, Vandali, Franchi, Burgundi), con i quali strinse un rete di alleanze, suggellate da rapporti di parentela, ponendosi come punto di riferimento culturale e politico per le altre formazioni statali germaniche, spesso precarie e instabili. Il regno di Teoderico rappresentò per l’Italia un lungo periodo di pace e di rifioritura economica. La sua morte (526) segnò l’inizio di una progressiva decadenza e di un progressivo imbarbarimento della società italica, fino al crollo di ogni residuo delle strutture politiche e sociali sui quali si era retta per secoli la vita civile della penisola. Per più di venti anni infatti l’Italia fu devastata dalla guerra tra Goti e Bizantini e la definitiva sconfitta dei primi portò alla rovina totale del regno e della stessa penisola.

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Dopo soli quindici anni, nel 569, i Longobardi arrivano in Italia.Anche in questo caso si trattava di un agglomerato di popoli di varie origini, ma soprattutto Germani, tra cui Sassoni, Bavari e Svevi, con prevalenza numerica e militare dei Longobardi. Le fonti storiche parlano dei Longobardi come di una popolazione rozza e violenta, definizione confermata dalla situazione di decadenza economica e sociale nella quale persistette a lungo la penisola italica nel corso del lungo e instabile periodo del loro insediamento e della successiva fatica per costituire e mantenere nei loro domini uno stato di diritto solido e omogeneo. La migrazione si configurò come un’operazione militare più che come un coerente progetto politico; ma poiché i corpi dell’esercito corrispondevano (secondo l’ordinamento germanico antico) a nuclei tribali, le farae, gli insediamenti militari, indirizzati alla conquista di punti strategici, coincisero ben presto con colonizzazioni stabili, alle spese dei proprietari romani, che furono in parte sterminati, in parte costretti a cedere un terzo delle loro terre. L’organizzazione del regno restò sempre di tipo militare, in quanto nello stato longobardo prevalsero sempre le esigenze di conquista e di difesa. La monarchia rimase elettiva ed il re si qualificò sempre come capo dell’esercito, che venne in gran parte a coincidere con la classe dei possidenti. Questi mantennero sempre l’obbligo di armarsi e di partecipare alle spese militari e arimannus , propriamente “uomo dell’esercito”, “soldato” fu sempre in territorio longobardo la denominazione del comune uomo libero. I Longobardi si insediarono soprattutto in tre zone della penisola: • L’Italia settentrionale, dove Pavia assunse il ruolo di capitale; • La Toscana; • I territori centro-meridionali di Fermo, Spoleto e Benevento. Il problema politico e militare dei re longobardi fu in seguito sempre quello di riunire geograficamente e amministrativamente i tre nuclei di conquista, sigenza che li costrinse da un lato a rapporti costantemente difficili con i Bizantini dell’Esarcato e con il papato, e dall’ altro a misurarsi con le tendenze autonomistiche dei ducati più lontani. Alla fine dell’VIII secolo, a seguito della vittoria d Carlo Magno, la dominazione franca si sostituì a quella longobarda. Il regno cambiò nome da Regnum Longobardorum a Regnum Italiae, ma l’ordinamento politico e giuridico esistente fu mantenuto, nel rispetto dell’autonomia giuridica dei sudditi di varia origine. La nobiltà franca, fedele al potere carolingio, si affiancò a quella longobarda sostituendola nelle funzioni di governo; solo allora i Longobardi, pur conservando ancora per alcuni decenni posizioni di prestigio, finirono per assimilarsi alla popolazione italica (tale integrazione fu determinata in gran parte dalla comune condizione di soggezione al potere carolingio) , fino alla definitiva scomparsa della loro individualità culturale e linguistica. Aspetti culturali del germanesimo in Italia Gli Ostrogoti La rigorosa separazione tra Goti e Romani, che impronta il regno di Teoderico sotto l’aspetto politico e amministrativo, non trova un riscontro immediato nei documenti che testimoniano gli altri momenti della vita culturale del popolo ostrogotico, che è caratterizzata invece da un costante e produttivo “dialogo” con la ininterrotta tradizione greco-romana. La lunga consuetudine con il mondo greco-bizantino (Teoderico stesso era stato educato alla corte di Costantinopoli) e la conseguente evoluzione che aveva condotto i Goti già nel IV secolo all’adozione della religione cristiana e alla creazione di una tradizione scritta, aveva reso questa popolazione, o almeno un parte di essa, molto più sensibile e interessata, rispetto agli altri Germani, ai valori artistici e letterari della civiltà italica, oltre che quelli giuridici e civili. Tuttavia, pur consapevoli della superiorità culturale del mondo romano, i Goti si mantennero orgogliosamente fedeli alle loro antiche tradizioni e alle loro conquiste più recenti, ma già secolari,

38 come l’invenzione di una propria scrittura e la costituzione di una tradizione di studi biblici. L’intensa e plurilingue attività di traduzione, emendazione e commento delle Scritture documenta un’ampia produzione e circolazione di testi e codici, spesso preziosi. Utilizzati d a una vivace oligarchia intellettuale, sia in ambiente ecclesiastico che laico. Appartengono, com’è noto, agli stretti collaboratori di Teoderico alcune delle personalità più rilevanti della tarda latinità: Cassiodoro, il più vicino consigliere del re, scrittore e uomo di stato;Severino Boezio, le cui opere tradotte in inglese e in tedesco costituirono il primo veicolo di divulgazione del pensiero filosofico classico nell’alto medioevo germanico; e infine il goto Jordanes, che con le sue due opere storiche Romana e Getica, rappresenta il momento più consapevole di integrazione fra la civiltà gotica e quella romana. La pace e il conseguente benessere, consolidato dai saggi provvedimenti economici in favore delle attività produttive, incoraggiarono lo sviluppo civile e la fioritura artistica dei centri urbani, tra i quali la capitale Ravenna conserva ancora oggi imponenti testimonianze. Tra i ritrovamenti archeologici importante è il cosiddetto “Tesoro di Reggio Emilia”, un deposito di oggetti di oreficeria stilisticamente eterogenei, in parte di tradizione romana, in parte gotica, in parte frutto di commistione tra i due gusti. Durante la decadenza e la rovina del regno gotico si potenziò quella attività di trasmissione e conservazione di testi che diventerà la principale cura intellettuale da parte di una minoranza, generalmente dedita alla vita monastica, consapevole di custodire e perpetuare l’antica tradizione classica e religiosa. La tradizione scritta in lingua gotica, per la sua implicazione con l’eresia ariana (la confessione ariana, divenuta patrimonio culturale caratteristico della maggior parte delle popolazioni germaniche alle quali la politica di Teoderico era sempre attentamente rivolta) non beneficiò naturalmente dell’opera conservatrice dei monaci e pertanto non ci è rimasto nulla di un’eventuale letteratura scritta di carattere profano. Tuttavia la sopravvivenza nelle altre tradizioni germaniche (principalmente tedesca e norrena ma anche nell’Inghilterra anglosassone) di materiali narrativi ispirati alle vicende dei re ostrogoti, conferma l’ipotesi della presenza e della continuità di una tradizione letteraria di tipo narrativo, ma non ci consente di avanzare congetture fondate riguardo al tramite e al genere attraverso cui tale tradizione si sarebbe espressa. Nelle altre letterature germaniche comunque le gesta di Teoderico appaiono come un tema epico già definito, con aspetti leggendari costanti (come la conquista dell’Italia legittimata come il ritorno da un esilio trentennale), e già codificati da una tradizione narrativa di lunga data, scritta o orale che sia. La saga così costituita si trasmette ben presto al di là delle Alpi attraverso il prestigio del regno ostrogotico, dando origine a veri e propri cicli di poesia eroica e romanzesca.

I Longobardi Il periodo che portò l’Italia longobarda all’integrazione delle componenti etniche e alla conseguente costruzione di una struttura sociale nuova che promuovesse la rinascita economica della penisola fu lungo e complesso. Gli invasori, che appartenevano in massima parte alle popolazioni germaniche meno evolute, si trovarono di fronte una società in piena decadenza, che le vicende del nuovo insediamento contribuirono a degradare. I Longobardi, presentandosi come eredi degli Ostrogoti in Italia e in opposizione ai poteri cattolici, cioè Roma e l’Impero bizantino, conservarono a lungo il culto ufficiale della fede ariana, anche se molti indizi provano la sopravvivenza in gran parte della popolazione di riti e pratiche di origine pagana. I due culti, cattolico e ariano, coesistettero a lungo e le conversioni e i successivi ritorni all’eresia furono determinati e complicati dall’evoluzione dei rapporti politici con il papato e l’Impero. Solo nell’VIII secolo, dopo la definitiva adesione del popolo longobardo al cattolicesimo, si avviò un costruttivo processo di integrazione con la componente romana, processo il cui principale veicolo fu appunto la conversione dei Longobardi al cattolicesimo e la loro partecipazione alle gerarchie ecclesiastiche.

39 I Longobardi occuparono gli stessi centri che, nella tarda latinità, avevano raggiunto un particolare sviluppo urbanistico e culturale: Milano, Pavia, Verona, Lucca. Pur decadute relativamente al passato, queste città mantennero un legame quasi ininterrotto con la tradizione culturale antica, gradualmente rivitalizzata dagli apporti del mondo culturale greco-bizantino. Durante l’VIII secolo, e precisamente nel periodo del lungo regno di Liutprando, si infittisce la fondazione di chiese e quindi l’attività architettonica, la scultura e la pittura murale, accanto ai tradizionali prodotti dell’artigianato barbarico, l’oreficeria e l’intaglio. Anche la pratica scrittoria mantenne una continuità di tradizione, sia presso alcune scuole cittadine che presso i grandi monasteri (Bobbio, Nonatola, Farfa, Cassino). L’educazione scolastica non fu interrotta completamente, ma fu piuttosto indirizzata alla preparazione non tanto di letterati quanto di efficienti funzionari laici ed ecclesiastici, addetti ai compiti notarili e amministrativi. Una certa attività letteraria in lingua latina è documentata nell’orbita delle corti, oltre che all’interno dei monasteri. Tra gli autori di origine longobarda emerge la figura di Paolo Diacono, che fu un poeta e storico. Nella sua Historia Langobardorum e in un’altra breve opera, l’Origo gentis Langobardorum, sono rintracciabili le tradizioni arcaiche sulle origini del popolo longobardo, la sua provenienza, le prime vittorie e i condottieri leggendari. Le tracce più interessanti delle antiche tradizioni culturali che risalgono all’origine germanica della popolazione longobarda si ritrovano soprattutto nelle fonti giuridiche e storiche (ad es. l’ Edictum Rothari, in cui il re longobardo raccoglie e codifica le leggi dei padri fino ad allora tramandate oralmente). La narrazione della vittoria leggendaria sui Vandali da parte dei Longobardi allora chiamati Winnili, costituisce forse la traduzione mitica della primitiva evoluzione religiosa subita dai Longobardi che, dapprima devoti a Freia, avrebbero conseguito la vittoria dopo aver ottenuto con un inganno il favore di Odino; e in onore del dio (chiamato nelle fonti norrene con l’epiteto di Langbarđr) avrebbero assunto il costume della lunga barba ed il nome conseguente. La narrazione allude probabilmente al passaggio da una religione fondamentalmente agreste al culto di Odino, come rappresentazione dell’assunzione da parte della popolazione longobarda di una concezione più dinamica ed aggressiva della propria individualità etnica. (tracce linguistiche del germanesimo in Italia pag. 182-189)

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