MICROSCOPIO LENTICOLARE

January 19, 2017 | Author: D.Domenico | Category: N/A
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il microscopio lenticolare...

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L’incontro con Ighina La prima volta che andai da Ighina assieme ad un amico, ero molto fiducioso e avevo preparato una serie di domande inerenti al suo libro. Durante il primo colloquio però fu evidente che l’età e la malattia avevano fatto il loro corso. Quindi non insistetti per avere risposte. La cosa che mi colpì subito fu una frase che suonava così: “In questa apparecchiatura, ci sono i miei 90 anni di ricerca”. Dicendo questo mi mostrò un oggetto formato da spirali di alluminio colorate, denominato ERIM. Rimasi da una parte incuriosito e dall’altra stupito, perché mi ero fatto l’idea che Ighina fosse un ricercatore che usava apparecchiature elettroniche o magneti ruotanti, quello che avevo di fronte era invece un tipico esempio di apparato da rabdomante; certo, differente da altri nella forma, ma uguale nel significato utilitaristico. Ighina disse che equilibrava le energie, purificava l’aria, annullava la geopatia ecc. Molte altre volte avevo visto cose simili direttamente o nelle riviste specializzate. In particolare 30 anni fa ebbi modo di interagire con un personaggio dotato di “facoltà paranormali”, con gli anni avevo potuto constatare che assieme ad un guazzabuglio di idee strane e strani comportamenti, c’erano effettivamente delle capacità straordinarie. Due anni prima Ighina aveva avuto un ictus che non gli permetteva di esprimersi chiaramente, gli fu chiesto se si poteva filmare il colloquio in modo da poter riascoltare successivamente, accettò di buon grado. Rivedendo il colloquio si può rilevare che Ighina parlava a ruota libera, non cercava l’accordo, esprimeva liberamente le proprie idee passando dall’aspetto scientifico a quello esoterico con una tranquillità sbalorditiva. Così disse che pur essendo in una sedia a rotelle, riusciva ancora a proiettare la sua consapevolezza fuori dal corpo. Recentemente aveva preso contatto con il sole, disse che nella realtà più profonda esso risultava vivo e stranamente non era per niente caldo; sembrava un gigantesco cuore che pulsava. Aggiunse che il contatto con una tale potente vibrazione lo aveva messo in difficoltà, con grave rischio per la sua salute. Poi l’argomento scivolò sul “microscopio lenticolare” citato dal suo libro, Ighina disse che le lenti e l’occhio si devono fondere in un tutt’uno, aggiunse che la scienza ufficiale, non avendo avuto a disposizione un tale strumento, stava analizzando la realtà partendo dalla coda invece di partire dalla testa. Infine consigliò di prendere contatto con il suo attuale assistente che poteva dare ulteriori indicazioni.

IGHINA L’uomo che vedeva gli atomi L’uomo di scienza che ha avuto modo di leggere il libro di Luigi Ighina sicuramente sarà rimasto sconcertato. Sembra un libro di fantasia. In realtà più che di un libro si tratta di un opuscolo di 60 pagine dal titolo “L’atomo magnetico” Atlantide edizioni. In questo libro Ighina fa una stringata relazione sulle sue scoperte, dando una diversa rappresentazione del mondo fisico. Ighina appare un personaggio “strano”; per alcuni questo vocabolo equivale a fuori schema, eccentrico, per altri potrebbe significare straordinario, eccezionale. Leggendo alcuni libri o sue interviste, emerge che Ighina era un uomo dotato di strane facoltà, lui affermava di poter percepire con le sue mani “le vibrazioni biomagnetiche” emesse dai vari corpi sosteneva per esempio di poter “percepire” la presenza dell’acqua o altro fino ad una notevole profondità. Di persona appariva come un uomo tranquillo, molto convinto delle proprie idee, poco propenso a lasciarsi andare ai sentimenti. Sicuramente gli va riconosciuta una gran capacità di concentrazione e una costanza incredibile nel perseguire le sue ricerche. La descrizione che dà sulla natura dell’universo è sicuramente fuori schema rispetto alla scienza ufficiale. Per esempio lui descrive la luce non come onda ma parla di “atomi di luce”. Il magnetismo di cui parla equivale solo in parte al normale concetto di magnetismo della fisica classica. La sua descrizione del mondo si avvicina stranamente alle concezioni esoteriche. Cercherò di analizzare gli scritti d’Ighina, facendo una comparazione critica con la scienza ufficiale. Analizzerò per primo lo strumento che va sotto il nome di “Microscopio Lenticolare”. Riporto di seguito quanto scritto da Ighina nel libro “L’atomo magnetico”, poi seguirà l’analisi dal punto di vista fisico.

Microscopio lenticolare “Non mi perderò nel descrivere come sono riuscito ad arrivare a questa o a quella prova per brevità e per miglior chiarezza. Avevo notato che per esplorare i vari elementi della natura occorrevano microscopi potentissimi. Nonostante fossi andato nelle principali fabbriche italiane ed estere di lenti, specie quella della Zeiss, non mi fu possibile ottenere da queste fabbriche miglioramenti d’ingrandimenti microscopici lenticolari. Questo fatto avvenne tra il 1928 ed il 1932. Decisi allora di studiare io stesso la possibilità di migliorare questi ingrandimenti. Dopo alcuni anni riuscii ad osservare che ruotando le lenti degli obiettivi ed oculari di un microscopio ad una determinata velocità potevo ottenere l'annullamento delle rifrazioni delle lenti del

microscopio stesso; inoltre mi accorsi che incidendo sulla lente denominata oculare delle linee potevo ottenere su di essa l'immagine dell'oggetto in esplorazione. Qui è necessario spiegare come avviene il fissaggio dell'immagine dell'oggetto in esplorazione sulla lente oculare. Incidendo all'esterno della lente oculare delle righe longitudinali e verticali per tutto il diametro della sua circonferenza e facendola girare, avviene che ad un certo punto della sua velocità, le righe scompaiono e si ottiene una specie di trasparenza opaca che serve a trattenere l'immagine dell'oggetto sulla stessa lente. Per avere la chiarezza dell'immagine occorre regolare la focalità delle lenti del microscopio assieme alle due velocità delle lenti sino a trovare il punto esatto tra la velocità delle lenti e la regolazione del microscopio. Il funzionamento della lente oculare rigata si potrebbe paragonare un poco a quel circoletto rigato che si mette al centro del perno di un complesso grammofonico per trovare esattamente la velocità di 78 giri, credo che sia chiamato stroboscopio. Per quale motivo io desideravo togliere il riflesso delle rifrazioni delle lenti e fissare sulla lente oculare l'immagine? Lo scopo che mi ero prefisso era quello di poter aumentare l'ingrandimento. Per far questo avevo pensato di aggiungere un microscopio sopra l'altro ma per far questo occorrevano due cose: prima eliminare le rifrazioni delle lenti del microscopio, secondo fissare l'immagine invece che nella pupilla dell'osservatore sulla lente oculare. Ottenuta l'immagine sull'oculare ed eliminate le rifrazioni, io avevo la possibilità di poter nuovamente ingrandire l'immagine sovrapponendo un secondo microscopio sopra l'oculare del primo microscopio che proiettava l'immagine, per ingrandire nuovamente l'immagine con il secondo microscopio avente lo stesso ingrandimento e le stesse rotazioni delle lenti tanto l'oculare rigato quanto quello dell'obiettivo. A questo punto regolando contemporaneamente la focalità dei due microscopi con le rotazioni delle quattro lenti, le due oculari e le due obiettive, si poteva trovare il punto preciso per ottenere l'immagine riflessa sull'oculare del secondo microscopio. Questa messa a punto non è stata molto facile. Le prime volte che tentai, impiegai da 4 a 6 mesi, ottenendo solo in principio, frazioni di secondi di visualità dell'immagine, in seguito però riuscii allo scopo. Vogliamo assieme osservare nella figura l'immagine riflessa sull'oculare A (1 microscopio) verrà ingrandita di 200 volte perché il microscopio è composto di lenti per ingrandimento di 200 volte. Se noi applichiamo sopra l'oculare del primo microscopio un secondo microscopio (anch'esso con ingrandimento di 200 volte) avremo sull'oculare del secondo microscopio un ingrandimento di 200 x 200 = 40.000 ingrandimenti. Se n’applichiamo un terzo sopra il secondo microscopio con lo stesso funzionamento del primo e del secondo si otterrà l'immagine ingrandita d’altre 200 volte ottenendo l'immagine sul terzo oculare di 40.000 x 200 = 8.000.000 d’ingrandimenti. Applicando un quarto microscopio sul terzo si avrà sull'oculare del quarto microscopio un ingrandimento di 8.000.000 x 200 = 1.600.000.000. di ingrandimenti. I sopra indicati ingrandimenti si possono per ora fare solo per trasparenza, non si possono superare i duecento ingrandimenti per microscopio e non si possono applicare più di 4 microscopi. L'inconveniente più grave che troviamo con questi molteplici è il fortissimo assorbimento che le lenti hanno sulla luce, inconveniente grave per la visualità dell'immagine riflessa. Ma quest’inconveniente riuscii ad eliminarlo in questo modo: Il raggio di luce artificiale che dovrebbe illuminare la materia in osservazione lo feci attraversare prima attraverso un microscopio identico a quelli adoperati per l'ingrandimento senza però che l'oculare sia rigato. Regolando le rotazioni delle lenti e la distanza focale,

assieme a quelli dell'ingrandimento si ottiene che gli atomi della luce uscenti dal microscopio riflettore a un certo punto saranno uguali e precisi a quelli trasmessi dai microscopi d'ingrandimento; quindi si uniscono e si può in questo modo aumentare l'illuminazione sino ad ottenere un perfetto contrasto tra bianco e nero. Debbo osservare che non è tanto facile la messa a punto di questo microscopio multiplo e per ottenere l'ingrandimento massimo mi occorsero 4 anni. Sono però convinto che con l'esperienza fatta, con una buona costruzione ed aiuti tecnici si possa diminuire di parecchio il tempo impiegato.”

Scoperta dell'atomo magnetico “Non appena fui in grado di ottenere gli ingrandimenti a 4 microscopi sovrapposti iniziai subito lo studio delle sostanze magnetiche. La più interessante fu la magnetite. Essa è composta di un ossido ferrico, si trova al naturale in masse compatte di colore bruno, granulare, sparsa di cristallini molto lucenti. Si presenta anche cristallizzata nel sistema tesserale. La sua densità e da 4,9 sino a 5,2. Ha una durezza di 5,5 sino a 6,5. Polverizzata dà una sostanza nera, è difficilmente fusibile, l'unico acido che la scioglie è l'acido cloridrico. Si trova di solito assieme all'ossido di manganese, la cui reazione dà acido titannico (ferro titannato contenuto il 45-70% di ferro).Quest’ossido di magnetite lo studiai a fondo per poter avere una cognizione esatta delle sue proprietà magnetiche. Ma non riuscii ad averne una esatta cognizione benché prendessi in considerazione lo studio del metallo, in polvere, sciolto e seccato in acido cloridrico. Cercai di studiarne il suo flusso magnetico che era il punto che mi stava a cuore. Pensavo che probabilmente questo flusso consisteva in un movimento atomico che aveva la proprietà di attirare quelle tali caratteristiche particelle atomiche adatte per quella materia. Presi della magnetite e per 48 ore la avvicinai ad un pezzo di ferro interponendo fra i due pezzi una lastrina di vetro (puro cristallo) e ciò perché se era un movimento atomico le particelle di flusso magnetico dovevano assolutamente depositarsi. Ma la prova fu negativa. La rifeci lasciando esposta la lastrina per 4 giorni. Altra prova negativa. Lasciai esposta la lastrina di vetro per 30 giorni poi la misi in osservazione al microscopio. Qualche cosa si notava. L'ingrandimento l'avevo portato a 700 milioni. Difficilissima era l'osservazione per l'instabilità della focalità luminosa. Ripetei queste osservazioni moltissime volte e sarei certamente rimasto al punto di partenza se una combinazione non mi avesse aperto gli occhi. Un giorno facendo queste osservazioni cadde da uno scaffale un pezzo di magnetite che passò vicinissimo al vetrino in osservazione. Proprio in quell'attimo io stavo osservando con il mio microscopio la superficie del vetrino e notai sulla stessa superficie tracce di movimento luminoso. Per mesi e mesi continuai queste prove sino a che riuscii ad individuare sulla superficie del vetro un atomo piccolissimo e veloce di movimento. Studiai così a fondo il fenomeno nuovo come si può rilevare nella descrizione fatta nelle precedenti pagine. Dopo parecchio tempo portai l'ingrandimento del microscopio superiore al miliardo e come dissi nel I capitolo e lo ripeto costatai che l'atomo che avevo scoperto lo si poteva trovare in tutte le sostanze e in tutti i luoghi: nell'aria, nella terra, nelle sostanze vive, e in quelle morte, ed in quantità grandissima A che cosa servivano tutti questi atomi uguali? Costatai pure che le irradiazioni dei metalli radioattivi erano create da questi atomi i quali eccitano gli atomi componenti il metallo portandolo al massimo punto del loro movimento e creando anche uno strato amorfo di atomi che circondavano questi con uguale

prassi, isolandoli da qualsiasi contatto atomico, in modo che il loro susseguirsi era sempre in aumento senza scaricarsi con altri atomi esterni. Questi nuovi atomi li chiamai atomi magnetici perché esistevano in quantità grandissima nelle zone specialmente magnetiche ed il loro funzionamento era solo quello di dare il movimento agli atomi esistenti nella natura. Erano i promotori di tutti gli atomi. Ma la loro proprietà, di capitale importanza, era che questi atomi magnetici, oltre che potersi unire, potevano anche aumentare il loro movimento e farlo aumentare all'atomo unito con la cooperazione di altri atomi magnetici. Nel medesimo tempo costatavo che tutte le materie esistenti avevano la proprietà di possedere una sostanza e una forma per quel determinato movimento atomico, corrispondente a quella determinata materia. Pensai allora che se riuscivo a costruirmi un apparecchio atto a far muovere i movimenti atomici della materia, potevo riuscire a far cambiare la struttura e la sostanza della materia stessa. Questa teoria la trovai, in seguito, applicata in pratica nei procedimenti di cambiamenti di sostanze vegetative esistenti nella terra. Era il lavoro quotidiano che faceva madre natura, non solo per la vegetazione, ma per tutte le sostanze in essa contenute.”

A sinistra c’è la fotografia del primo microscopio lenticolare. A destra la foto dello scheletro del secondo microscopio lenticolare, mai ultimato.

Aspetto tecnico. Nella fisica classica in una lente si distinguono essenzialmente questi elementi. Lente: fatta di materiale il più trasparente possibile. Raggio di luce INCIDENTE “o sorgente” Raggio di luce USCENTE “o rifratto” Asse ottico: retta immaginaria che attraversa il centro della lente e sulla quale giacciono i vari punti principali FUOCHI: 2 punti posti sull’asse ottico uno sinistra e l’altro a destra della lente; Il fuoco è il punto in cui convergono i raggi uscenti quando i raggi incidenti sono tutti paralleli all’asse ottico.

Distanza focale Fuoco

Esempio di come si può rilevare il FUOCO di una lente.

Molto importante è conoscere la distinzione tra immagine reale ed immagine virtuale. L’immagine è REALE quando è formata da punti di luce effettivi in altre parole da punti creati da una concentrazione di raggi di luce effettivi, reali. Un tipico esempio è l’immagine proiettata da un proiettore su di uno schermo. L’immagine è VIRTUALE, quando è formata da punti di luce effimeri, in altre parole da punti che non esistono realmente ma tutto avviene come se esistessero, un classico esempio di immagine VIRTUALE è l’immagine riflessa da uno specchio. Per l’essere senziente è chiaro che dietro allo specchio non esiste nulla, per un

animale invece è come se dietro allo specchio ci fosse un altro rivale. Consideriamo ora una lente biconvessa simmetrica (si dice simmetrica quando le due superfici curve hanno lo stesso raggio), se mettiamo un oggetto luminoso a sinistra del punto fuoco 1, troveremo la sua immagine capovolta a destra del punto fuoco 2.

sorgente

immagine fuoco 1

fuoco 2

L’immagine, essendo fatta da punti luminosi effettivi, apparterrà al tipo REALE. Per ricavare la posizione dell’immagine ci si avvale di queste due semplici regole, valide per lenti sottili: - il raggio che parte dalla punta della freccia sorgente (in rosso) e passa per il centro della lente, prosegue senza deviazioni. - il raggio che parte dalla punta della freccia sorgente (in rosso) ed è parallelo all’asse ottico, è deviato dalla lente e fatto convergere sul punto fuoco2.

Si può osservare che avvicinando l’oggetto sorgente, con distanza dalla lente X , al punto fuoco 1 (F 1) rimanendo sempre a sinistra del punto stesso, l’immagine reale ottenuta si ingrandisce sempre più. Nello stesso tempo la sua posizione, rilevata dalla coordinata di lunghezza Y, si allontana sempre più dal fuoco 2 (F 2) verso destra. Il limite si ha quando la sorgente è posta sul fuoco, l’immagine si trova ad una distanza quasi infinita e ingrandita al massimo. Volendo aggiungerci una formula matematica 1 + 1 = 1 x y f dove f è la distanza dei punti fuoco della lente.

Se la sorgente (freccia rossa) è posta in modo che la sua distanza dalla lente ( X ) sia compresa tra il punto Fuoco F 1 e la lente si ottiene un’immagine virtuale ingrandita e non capovolta. Questa posizione corrisponde al modo di operare della classica lente di ingrandimento.

Questo modo di usare una lente, diede luogo ai primi microscopi ad una lente. Per lo scopo descritto da Ighina questa configurazione non è utile, perché produce immagini ingrandite ma virtuali. L’ingrandimento è dato dal rapporto tra la dimensione finale divisa per quella iniziale. Osservando la similitudine dei triangoli risulta: Ingrandimento = l Y l lXl Valida in ogni caso.

POSSIBILI VERIFICHE SPERIMENTALI DEL MICROSCOPIO LENTICOLARE Ighina sostiene di aver ottenuto un’immagine su di una lente fatta ruotare con velocità adeguata, e questo grazie ad una leggera incisione fatta sulla lente stessa. “Incidendo all'esterno della lente oculare delle righe longitudinali e verticali per tutto il diametro della sua circonferenza e facendola girare…”

La prima verifica da fare potrebbe essere quindi la seguente. Un proiettore è posto in modo da proiettare una diapositiva su di uno schermo, una volta regolata la messa a fuoco dell’immagine, si sostituisce lo schermo con una lastra di vetro che avrà una leggera rigatura a croce (per esempio) e sarà fatta ruotare con un sistema variabile e regolabile accuratamente.

Si dovrebbe vedere, secondo Ighina che: “…prima le righe scompaiono e si ottiene una specie di trasparenza opaca che serve a trattenere l'immagine dell'oggetto sulla stessa lente.” Per avere la chiarezza dell'immagine occorre regolare la focalità del proiettore. Si stabilirà quindi l’intervallo di rotazione entro cui avviene il fenomeno, giacché le cineprese usano un minimo di 18 fotogrammi per secondo, è ragionevole aspettarsi che il fenomeno inizi a partire da almeno un migliaio di rotazioni al minuto. Sarà utile stabilire quindi cosa succede aumentando le rigature, e vedere quanto profondi possono essere i solchi delle rigature (a voce Ighina mi ha raccomandato di farle molto leggere). Infine potrebbe essere utile verificare l’influenza del tipo di materiale, vetro, plastica. E’ possibile vedere un’immagine virtuale? Personalmente penso che a questo livello il fenomeno avvenga, considerando che è possibile proiettare su di uno schermo fatto di vetro zigrinato. Fin qui siamo ancora nel campo della fisica classica. Se tutto funziona occorre passare alla fase successiva: le due lenti ruotanti.

Microscopio a due lenti Ighina non dice alcunché sulle due lenti e dà per scontato che si sappia. In Fisica si dice microscopio semplice à la lente di ingrandimento e microscopio composto Lo strumento fatto da un insieme di lenti. Quest’ultimo, al quale l’uso corrente riserva il nome di microscopio, comprende: un obiettivo (lente vicino all’oggetto da osservare); un oculare (lente appoggiata all’occhio). L’oculare è in pratica una lente di ingrandimento che opera prendendo come sorgente l’immagine reale e capovolta prodotta dal sistema di lenti convergenti che formano l’obiettivo.

La freccia rossa rappresenta la sorgente luminosa, la prima lente obiettivo ingrandisce la freccia rossa e la trasforma nella freccia verde ingrandita e capovolta. La lente oculare usa l’immagine reale verde come sorgente, la ingrandisce ulteriormente, fino ad ottenere la freccia tratteggiata che è del tipo immagine virtuale. L’ingrandimento totale è dato dal prodotto degli ingrandimenti delle due lenti. Ighina sostiene che: La lente obiettivo è fatta ruotare per esempio in senso antiorario per chi guarda; La lente oculare è fatta ruotare in senso aniorario per chi guarda; Il sistema non funziona se si superano i 200 ingrandimenti complessivi. La necessità di far ruotare anche la lente obiettivo priva di rigature, serve, secondo Ighina, a togliere le imperfezzioni che vegono evidenzite ingrandendo. In otticca tali imperfezzioni che si creano nell’immmagine ingrandita sono dette aberrazioni ottiche, un esempio è l’astigmatismo ma ce ne sono di molti tipi. Possiamo schematicamente dividerle in due tipi: imperfezioni dovute alla formma e imperfezioni dovute al materiale. I sistemi ottici (macchine fotografiche, microscopi, telescopi…) vengono corretti, per quanto possibile, dalle aberrazioni operando su tre elementi: la forma della lente; la combinazione opportuna di varie lenti di forma diversa; il materiale più o meno rifrangente. (Ricordo che la rifrazzione è il fenomeno per il quale la luce devia quando passa da un materiale ad un altro di differente densità) La correzione si fa teoricamente mediante il cosidetto “calcolo ottico”; si ricorre poi a prove pratiche di collaudo. Per dare un esempio: al posto di una lente costosissima di materiali speciali utilizzata per fare 1000 ingrandimenti, si può usare tre lenti in plastica poco costosa che lavorano ognuna a 10 ingrndimenti, accopiandole opportunamente si ha 10 x 10 x 10 =1000 e le abberrazioni sono limitate. Per quanto riguarda il togliere le abberrazioni mediante rotazione della lente, non ho trovato alcun riferimento, per cui non posso dire nulla. Tuttavia, è ragionevole pensare che la rotazione delle lenti, possa neutralizzare, almeno in parte, gli eventuali diffetti di forma, ma che non sia presa in considerazione perché troppo costosa

rispetto ad altri sistemi. Ovviamente rimarrebbero le aberrazioni dovute al materiale (tipo aloni colorati) e forse, proprio per questo, Ighina dice che esiste il limite massimo di 200 ingrandimenti. Da come scrive pare abbia consultato una delle più note fabbriche di lenti dell’epoca, la Zeiss; per cui il miglior materiale dell’epoca probabilmente aveva questo limite, forse ora, il limite potrebbe essere cambiato. Però potrebbe anche succedere che i nuovi materiali, pur migliori, non abbiano certe caratteristiche “misteriose” che servono in questo strano caso. In ogni caso, volendo ripetere l’esperimento, converebbe utilizzare il più possibile le lenti dell’epoca anni 1940-50. Fino a questo punto c’è un possibile compatibilità tra quanto detto da Ighina e la fisica classica, però vedremo che per il resto sorgono dubbi e incomprensioni. Prima incomprensione! Come sono accopiate le due lenti? L’obiettivo sicuramente è costituito da una lente che ingrandisce fornendo un’immagie capovolta ingrandita del tipo reale; ma l’oculare come è posizionato? Se viene usato come precedentemente esposto, in modo da ingrandire, presenta un’immagine di tipo virtuale, e dubito che questa possa venire impressa sulla rigatura ruotante,…. è da controllare. Se invece il posizionamento è tale per cui l’immagine ingrandita dalla prima lente, si mette a fuoco proprio sulla superficie rigata della lente oculare, allora l’oculare non opera alcun ingransimento, ma serve solo da schemo. Questa prima incomprensione può essere superata, infatti l’esatta posizione si può essere trovate per tentativi, basterà creare un meccanismo per cui lo spostamento della seconda lente, rispetto alla prima, sia sufficientemente ampio.

In definitiva occorrono 3 regolazioni: regoleazione della velocità di rotazione della lente obiettivo, in senso antiorario; l’oculare in senso orario; regolazione micrometrica della distaza tra le due lenti ruotanti.

Questa unità microscopica dovrebbe ingrandire secondo il seguente esempio: messo un oggetto, come un dischetto luminoso da 1 millimetro di diametro, in un vetrino, (il vetrino è il tipico supporto per microscopi) ben illuminato, fatte le opportune regolazioni dell’unità microscopica, dovrebbe comparire sulla superficie della lente oculare una porzione del dischetto sorgente ingrandito fino ad un massimo di 200 mm. (20 centimetri) di diametro. Per comodità chiamerò questo gruppo di due lenti col nome di “unità microscopica lenticolare” Seconda incomprensione! Come è possibile vedere gli atomi? Ighina sostiene che ottenuta un’immagine con la lente rigata, diviene in seguito possibile ingrandirla ulteriormente con un'altra“unità microscopica lenticolare”, questo però non è assolutamente vero nella fisica classica. L’immagine ottenuta dovrebbe essere necessariamente formata da un certo numero di punti, proprio come i pixel di un’immagine sullo schemo. In pratica l’immagine, essendo formata dalla luce riflessa dall’oggetto usato come sorgente, potrà contenere solo informazioni riguardanti gruppi di atomi piuttosto grandi. Ciò accade per vari motivi tra i quali i principali sono: il fenomeno della difrazione e della interferenza

ottica. Difrazione. E’ il fenomeno ottico che avviene quando si tenta di far passare per un foro sempre più piccolo la luce. Accade che ad un certo punto, il raggio in uscita dal foro, smette di restringersi ma si allarga improvvisamente a 180°. Succede quando il diametro del foro arriva a dimensioni uguali alla lunghezza d’onda della luce icidente. Interferenza ottica. E’ il fenomeno ottico che avviene quando luce attraversa due o più piccoli fori all’uscita i vari raggi di luce interagiscono tra loro formando particolari figure geometriche. Se la luce incidente è di tipo coerente (tipo quella del laser) le figure che si formano seguono precise leggi, pertanto è possibile dedurre la dimensione e la distanza dei fori in base all’analisi della figura d’interferenza. Per quanto si perfezioni il microscopio ottico, è teoricamente impossibile aumentare il potere risolutivo oltre un certo valore, è cioè impossibile vedere separati due punti che distino fra loro meno di una distanza limite; tale limite dipende dalla lunghezza d’onda della luce utilizzata per illuminare l’oggetto. Per la luce bianca il limite è 1/3636 mm per la violetta 1/4654 mm. Volendo andare oltre, bisogna usare gli ultravioletti, ma allora le lenti non possono più essere di vetro che risulta opaco a tali raggi, ma occorrono lenti di quarzo. Da tutto ciò discende che, qualora con un secondo microscopio, si volesse ingrandire la prima immagine mediante una seconda “unità microscopica lenticolare”, si avrebbe solo teoricamente il prodotto degli ingrandimenti pari a 200 x 200 = 40.000 ingrandimenti, in realtà l’immagine conterrebbe, secondo i principi di ottica classica, così tante deformazioni dovute all’interferenza e alla difrazione, da risultare praticamente inutilizzabile. Ighina invece sostiene di aver accopiato ben 4 “unità microscopiche lenticolari” ottenendo 200 x 200 x 200 x 200 = 1.600.000.000 unmiliardoseicentomilioni di ingrandimenti !???

Ma allora cosa ha visto? Come funziona questo ultamicroscopio lenticolare? Sicuramente la stragrande maggioranza dei ricercatori, cresciuti nall’ambiente della fisica classica, arrivati a questo punto, abbandonano ogni interesse su questo strumento e propendono o per uno scherzo o peggio per vaneggiamenti di un visionario aculturizzato. I pochissimi che si sforzano di essere “aperti” e chiedessero di visionare il microscopio lenticolare, scoprirebbero che non esiste più, non si capisce se è stato venduto o smontato per rivendere i pezzi. Esisteva poi enche lo scheletro di un secondo microscopio (vedi foto) che, da quello che ho capito, mancava delle lenti. Sembra che sia stato prestato ad un gruppo di ricercatori inglesi e se ne sono perse le tracce. Questo accadeva negli anni prossimi al 2000 quando ormai Ighina aveva 90 anni. Non so per quanto tempo il microscopio sia stato disponibile, ne so se è mai stato consultato da altre persone. (Ighina deve aver avuto vari collaboratori tuttora in vita, ho chiesto, ma non mi hanno saputo dare nomi o indirizzi) Ci sono molti altri interrogativi. Se avessimo guardato una formica a 40.000 ingrandimenti avremmo visto quello che vedono gli attuali microscopi elettronici o altro? Chi ha costruito il primo microscopio? All’epoca della prima progettazione, anni 1928-34, Ighina era alle dipendenze di Guglielmo Marconi (morto il 20 luglio del 1937) con cui pare fosse legato da una amicizia dovuta anche alla condivisione delle stesse strane facoltà extrasensoriali. (In varie occasioni Marconi fu accusato di alchimia). Ora Marconi aveva disposizione i migliori tecnici e mezzi, pertanto il primo microscopio potrebbe essere stato impostato sfruttando questa opportunità. Terza incomprensione! Come è possibile tener fermo il vetrino in osservazione e muoversi tra un atomo e l’altro? Con ingrandimenti milionari è difficilissimo tener fermo il vetrino in ossrvazione, dovrebbe bastare la minima vibrazione dell’aria o della terra per destabilizzare il tutto. Guardando il microscopio sembra che il piano di appoggio non presenti particolari accorgimenti. Fra parentesi non è visibile nemmeno l’unità microscopica priva di rigature che a detta di Ighina veniva utilizzata per illuminare il vetrino.

Legittime perplessità sul microscopio Nel libro non è precisato se il microscopio è stato riprodotto da altri, né se la visione sia oggettiva ed indipendente dall’osservatore. Che dire però della fotografia? Un’ipotesi possibile, alla luce delle conoscenze esoteriche, fa sospettare che forse lo strumento funziona solo se il costruttore è dotato di facoltà particolari. Va tenuto presente che Ighina dotato di facoltà paranormali, nel libro di Giusy si parla di facoltà telepatiche, rabdomanzia e altro. Questo tipo di strumenti possono essere denominati "attentivi", in quanto aiutano a focalizzare l'attenzione cosciente e subcosciente dell'individuo su di un oggetto in analisi. Castaneda affermerebbe che aprono le porte della "seconda attenzione"; Castaneda stesso descrive vari episodi nei quali ha avuto la visione microscopica grandemente amplificata semplicemente fissando l'attenzione su di un oggetto e senza alcuno strumento. Lo stesso dicasi per adepti avanzati nella teosofia o altre scuole. Gli strumenti "attentivi" che vanno dai talismani, a sfere divinatorie, piramidi, spirali, ecc. funzionano solo con certe persone, o magari solo con il costruttore, e in particolare funzionano se uno ci crede. Niente ripetibilità e verificabilità e quindi nessuna utilità pratica. Sono pertanto ignorati dalla scienza ufficiale. Le informazioni in mio possesso riguardo al microscopio sono carenti; purtroppo questo è un punto importante che non sono riuscito a chiarire. Guardando la fotografia del microscopio si ha l’impressione di un oggetto piuttosto sofisticato, chi lo ha realizzato materialmente deve aver avuto mezzi ed abilità notevoli. Ighina ha accennato che il secondo microscopio è stato spedito in Inghilterra, dalla sua reazione deve essere successo qualcosa che ne ha compromesso il funzionamento, ne sono state perse le tracce. Anche il primo microscopio è sparito. Il collaboratore attuale di Ighina ha riferito che il ricercatore non ricorda più i dati relativi ai valori di rotazione, né ricorda con quale accorgimento meccanico venivano fatte ruotare le lenti in modo controllabile materialmente. Fra l’altro nella foto non si vedono motorini per la rotazione. Forse bisognerebbe contattare qualche persona che ha lavorato con lui in quel periodo. Che lo strumento sia qualcosa di strano lo dice il fatto che costruendo con le stesse tecniche un telescopio, Ighina dichiara con la sincerità e l'innocenza che gli è tipica di aver visto sulla luna abitanti, monti, valli ecc. Una tale affermazione porta automaticamente il fisico classico a interrompere la lettura, inficiare tutto il lavoro e a farsi un bella risata. Io non mi sento di rimproverare per questo i colleghi di fisica. Da Galileo in poi il metodo SCIENTIFICO prende in considerazione solo grandezze misurabili, dati ripetibili e VERIFICABILI da tutti. Tutto ciò mi fa sempre più propendere per l’idea che si sia di fronte ad una visione tipo veggente in cui il microscopio era solo il catalizzatore, Ighina ha focalizzato la sua attenzioni per 4 anni su tale strumento, prima di ottenere risultati. Dimostrando grande determinazione, costanza e forza di volontà. Conoscendolo di persona dà l’impressione di non avere quasi emozioni, raramente usa aggettivi qualificativi, sembra fortemente staccato da ciò che lo circonda.

Perché perdere tempo ad analizzare una cosa così ascentifica. Ho provato a leggere con attenzione il libro di Ighina e mi sono reso conto che ci sono veramente poche cose verificabili. Qualcuno può chiedersi ora perché perdere tempo ad analizzare le sue teorie? La risposta sta nel fatto che non ho nulla di meglio da fare, analizzare il conosciuto mi annoia e c’è sempre qualcuno che lo sa fare meglio. A chi a questo punto della lettura è tentato di utilizzare questo pezzo di carta per farne un vivificante falò, chiedo un po’ di umiltà e di pazienza. Il metodo scientifico (cioè ripetibile) è risultato vincente, ha spazzato via molte superstizioni, ha zittito una gran quantità di sognatori, guru, maghi, visionari che tendono a dire più che a verificare e sfruttano la credulità popolare per far soldi o dominare gli altri. Il metodo scientifico ha portato benessere e ha regalato condizioni di vita buone, anche se solo per una parte delle persone e anche se sta emergendo un grave scotto da pagare (mi riferisco all’inquinamento, ecc.) Lo scienziato non vuole rischiare minimamente di essere un credulone. Ma attenzione: chi vuole arrivare alla conoscenza superiore è costretto a correre dei rischi. In altre parole per essere creativi occorre a volte passare una linea di confine e sapersi staccare da mamma scienza andando oltre le convinzioni sociali e assumendosi il rischio di sbagliare. In particolare lo scienziato deve armarsi di umiltà, cosa difficile per questa categoria; infatti, la padronanza della scienza ufficiale pone lo scienziato su di un gradino superiore agli altri. Ogni uomo ha l'egocentrismo che cerca di illuderlo di essere il migliore; ma mentre l'ignorante viene facilmente ridimensionato nei rapporti con i più colti, lo scienziato può manipolare facilmente le altre persone e rifugiarsi nel suo sapere superiore. Si abitua così a molteplici vittorie e si rafforza in lui l'idea di essere oggettivamente il migliore. Ricordo una poesia a questo riguardo molto esplicita.

Della scienza ho paura quando, orgogliosa sapiente natura, in toga scura d'addottorar s'arroga. Chi per grande sventura, nessun saper apprese della sostanza pura, è un ottuso cervello dove la mente è oscura, e vi fanno mulinello idee che fan paura. Prima di esagerare nel colpevolizzare alcuni scienziati, va detto che essi sono intelligenti e acuti osservatori; hanno dimostrato di essere grintosi, determinati capaci di superare le notevoli difficoltà che l'apprendimento della Matematica e della Fisica comporta. Per il lettore abituato al disprezzo della scienza ufficiale, ricordo che nel regno della non ripetibilità (non scienza), le cose non vanno certo meglio. Ancor oggi si vedono divinatori,

curatori di tutti i tipi che si arricchiscono alle spalle dei creduloni; personalmente sono rimasto esterrefatto vedendo erboristi mettere in circolazione pseudomedicinali, senza tenere un minimo di statistica nei casi di guarigione o meno. Va anche detto che ho conosciuto ottimi guaritori, mescolati alla grossa massa di furbi. Ma come fa l'occasionale avventore a distinguere i pochi personaggi buoni in mezzo ai cattivi? Meglio non rischiare e rifugiarsi nel ripetibile, sperando di non fare come lo struzzo che nasconde la testa. Un’esperienza personale che mi ha spinto verso l’apertura di idee. Quando, ringalluzzito dalla laurea in fisica, ho potuto assistere a fenomeni straordinari, consistenti nella scomparsa di un oggetto da un luogo e la ricomparsa dello stesso in un posto differente, il tutto fatto con la sola mente, mi sono sentito crollare il mondo attorno. Fra l’altro, mi è stata data l'opportunità di verificare il fenomeno in modo così oggettivo, che sicuramente avrebbe convinto chiunque fosse stato nei miei panni. Mancava solo la ripetibilità completa per divenire un fenomeno scientifico. Ovviamente posso garantire solo per quei fenomeni che ho potuto controllare con bilance, foto (per evitare ipnosi collettive) e sotto il mio totale controllo e che avvenivano in perfetta luce e con tutti gli altri presenti allontanati di almeno 2-3 metri dall’oggetto “smaterializzato” in mio possesso. Per onestà devo anche affermare che mi è capitato di vedere come dei personaggi di sicure facoltà, alla presenza di pubblico e senza controllo, alcune volte truccavano in modo puerile. Quando, messi alle strette, chiedevo spiegazione di tale comportamento, affermavano che: poiché quella volta non erano in forma, ricorrevano a trucchi. Così risparmiavano fatica ed energia ma soprattutto il risultato era garantito e gli spettatori felici. Così vedevo volatilizzarsi tutto il lavoro fatto per rendere quasi scientifico ciò che per sua natura è fuori della realtà comune. Pronuncio tutto questo discorso per cercare di aiutare ad essere più aperti; mi riferisco tutti quegli studiosi onesti e meticolosi che dovessero leggere in particolare il libro di Ighina che è pieno di stranezze. Gli esperimenti e le apparecchiature descritte, sono esposte in modo primitivo, con passaggi logici di difficile interpretazione, anche a causa del linguaggio non accordato con la scienza ufficiale. Ho dovuto rileggerlo molte volte cambiando definizioni e facendo i salti mortali, per portare vicino alla fisica quanto esposto. Nonostante ciò, le informazioni contenute sono state illuminanti. Secondo me Ighina potrebbe essere un ricercatore innovativo che, aiutandosi con strumenti e innate facoltà, ha affrontato la comprensione reale dell'universo. Egli potrebbe così aiutare ad aprire la strada che permetterà di identificare il percorso che, dal piano mentale, porta al piano fisico, oltre il quark, scoprendo le fondamenta della creazione della parte dell'universo che noi chiamiamo materiale. Con un bel paragone, Ighina con tono mite e dolce mi ha detto: "La scienza attuale cerca la comprensione dell'universo partendo dalla coda anziché dalla testa. Io ho continuato a spiegarlo. Sono stato contattato da tantissimi personaggi, più o meno importanti ma non mi hanno saputo credere e questo, nonostante abbia fatto ripetutamente vedere loro come un'applicazione pratica della teoria da me esposta, mi abbia permesso di costruire fra l'altro una

macchina in grado di alterare le condizioni atmosferiche nel modo predeterminato. Questa frase mi ha portato alla mente quanto riportato in alcuni libri storici; si dice che quando Galileo Galilei mostrò il telescopio ad un gruppo di saccenti sacerdoti e scienziati dell’epoca inviati dalla santa inquisizione, una parte dei presenti si rifiutò di guardare nel telescopio tacciandolo di "strumento del demonio". Prima di proseguire è opportuno ricordare alcune informazioni proprie della fisica ufficiale, in modo da dare a tutti i lettori un linguaggio preciso, affinché il significato di ogni parola sia uguale per tutti. Se avete una parola di cui non capite l’esatto significato, cercate di leggerne la definizione altrimenti la comprensione del testo risulterà offuscata.

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