Meccanica Razionale

April 15, 2017 | Author: Ela Rodriguez | Category: N/A
Share Embed Donate


Short Description

Download Meccanica Razionale...

Description

Versione 2.00

Giovanni Frosali Appunti dalle lezioni di

MECCANICA RAZIONALE Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica PARTE I

` degli Studi di Firenze Universita Dipartimento di Matematica Applicata G.Sansone

Firenze - 7 novembre 2008

Capitolo 1

INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE 1.1

Che cos’` e la Meccanica Razionale

Il legame fra la matematica e tutte le altre scienze, sia pure che applicate, `e sempre stato molto stretto. Anche se le scienze si sono settorializzate, i metodi ed i modelli matematici ne influenzano e ne accrescono lo sviluppo. L’evolversi di tutta la scienza ha sempre avuto nella matematica un aiuto insostituibile, e a sua volta la matematica si `e sviluppata per merito e necessit`a delle altre scienze. Anche se con scopi diversi, occorre ricordare per completezza che un ruolo di questo tipo, se pur minore, lo hanno anche i metodi ed i modelli della fisica ed i metodi e i modelli dell’informatica. Quando siamo di fronte ad un fenomeno naturale, che vogliamo studiare, dopo una prima fase di osservazione, `e di grande utilit`a costruirne un modello di tipo matematico. Uno dei principali scopi della Meccanica Razionale `e proprio quello di insegnare a costruire un modello per lo studio dei fenomeni. Se vogliamo dare in due righe una definizione di Meccanica Razionale, pur coscienti di rimanere incompleti, potremmo dire che la Meccanica Razionale `e una sistemazione logica di una teoria fisica, che ha lo scopo di inquadrare una teoria fisica in uno schema logico-deduttivo di tipo matematico. Vediamo un po’ meglio quest’idea che risale ad Isaac Newton: la Meccanica Razionale si sviluppa per dimostrazioni rigorose, “quae per demonstrationes accurate procedit, per inquadrare tutto in uno schema di tipo matematico. Quando si costruisce un modello di un fenomeno fisico non c’`e solo lo scopo teorico di costruire uno schema logico-deduttico di tipo matematico per una sistemazione teorica, ma esiste anche tutta una serie di scopi pratici quali la simulazione del fenomeno, la predizione di certi effetti, lo studio della dipendenza da certi parametri, la progettazione di macchine, ecc. La Meccanica Razionale vuole insegnare un metodo razionale per dare una sistemazione logico-deduttica della meccanica, cio´e di quella teoria fisica che studia il movimento. Comunque questo metodo razionale pu` o essere applicato a tutte le scienze, e per questa ragione ha una sua valenza culturale per ogni ingegnere. In realt` a chi studia la Meccanica Razionale pu` o avere finalit` a di matematico o fisico, di astronomo o geodeta, od anche di tecnico, di costruttore civile, di meccanico navale o ingegnere idraulico o industriale o elettronico. Ecco cos`ı che la Meccanica Razionale pu` o essere definita come un corso che insegna a modellizzare, a studiare il modello con mezzi matematici ed a tradurre poi i risultati nelle applicazioni. 1

2

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE

` indubbiamente ambizioso pensare di riuscire in un corso come quello di Meccanica E Razionale ad insegnare a costruire, a studiare ed a risolvere modelli matematici. E non vogliamo sembrare troppo ambiziosi. Il corso di Meccanica non `e n´e specialistico, n´e monografico, ma il primo scopo che si propone `e quello di insegnare un metodo, anche se gli esempi sono tratti dalla meccanica. Lo studente dovr` a fare attenzione a non limitarsi a vedere la Meccanica Razionale come un corso che raccoglie esercizi di Fisica, di Analisi e di Geometria, in quanto i metodi matematici dell’Analisi e della Geometria devono essere visti come tecniche, fra l’altro molto potenti, per lo studio dei nostri problemi. In un curriculum di studi come quello in Ingegneria, il corso di Meccanica Razionale ha inoltre l’obiettivo di insegnare allo studente ad analizzare un problema in maniera semplice e logica ed a sviluppare in esso l’abilit`a ad applicare i pochi principi fondamentali della meccanica per la soluzione, sia analitica che numerica, di tale problema. In conclusione la Meccanica Razionale ha un ruolo insostituibile nella preparazione di un allievo ingegnere, in quanto il suo carattere direi multidisciplinare le permette di essere un corso portante in un curriculum di matematica per le applicazioni. Riassumendo, possiamo dire che la Meccanica Razionale ha un duplice scopo: 1. la sistemazione rigorosa di una teoria fisica; 2. lo sviluppo dell’abilit` a ad analizzare problemi ed applicare i principi. ` bene avere chiari, pochi, ma ben precisi, principi fondamentali da applicare una volta E che il problema sia stato analizzato in maniera semplice e logica. Infine vogliamo osservare che la Meccanica Razionale `e essenzialmente una scienza deduttiva basata su pochi principi fondamentali. Comunque spesso il processo di apprendimento pu` o essere invece induttivo considerando per primo semplici applicazioni, come faremo spesso nel corso. Ad esempio la dinamica delle particelle precede la dinamica del corpo rigido.

1.2

Un esempio

Come primo esempio di modello matematico vogliamo vedere quello per lo studio del moto di un punto, che risale alla seconda legge della dinamica introdotta da Newton nella nota forma f~ = m~a. Se consideriamo un punto in moto su una retta (diciamo l’asse delle x) ed indichiamo con x la coordinata del punto rispetto all’origine di un sistema di riferimento, la variabile x soddisfa l’equazione  1   x f (x, x, ˙ t) ¨ = m (1.2.1) x(0) = x0   x(0) ˙ = x˙ 0

dove x0 , x˙ 0 sono posizione e velocit` a iniziali. Se poniamo y = x, ˙ allora x ¨ = y˙ e quindi (??) diventa ( x˙ = y 1 . (1.2.2) y˙ = f (x, y, t) m   x Introducendo il vettore X = , si ha in forma compatta y 

X˙ = X(0) =

F (X, t) X0

(1.2.3)

3

1.2. UN ESEMPIO 

   x(0) x0 dove X(0) = , con y0 = x˙ 0 ed F `e definita, , con y(0) = x(0) ˙ e X0 = y(0) y0 vettorialmente, tramite il secondo membro di (??). L’equazione di Newton `e stata riscritta nella forma astratta (??), che ci d` a la legge di evoluzione del vettore X = X(t), ovvero della posizione x = x(t) e della velocit` a y = y(t). Pi` u in generale rappresenta l’espressione di un sistema dinamico, di cui parleremo pi` u diffusamente nel seguito del corso. Quando il vettore X ha dimensione n, l’equazione del primo ordine corrisponde ad un’equazione differenziale di ordine n. Lo studio delle equazioni differenziali ha applicazioni pi` u disparate dal moto di un punto materiale al modello di crescita di una popolazione, dallo studio del pendolo allo studio di un circuito risonante, dallo studio della crescita in percentuale degli squali nel Mediterraneo durante la 1a guerra mondiale alla teoria matematica della guerra. Durante il corso di Meccanica Razionale si incontreranno diversi modelli tratti dalle scienze fisiche. Analizzare un fenomeno in natura od in laboratorio e successivamente costruirne un modello matematico `e una cosa che richiede esperienza e preparazione specifica. I requisiti principali di un modello sono la semplicit`a matematica e la facile utilizzazione, con allo stesso tempo la capacit`a di riprodurre qualitativamente e quantitativamente la realt` a sotto opportune ipotesi e per certi intervalli di tempo. In questo capitolo introduttivo vogliamo illustrare per grandi linee come si costruisce un modello di un semplice fenomeno e vedere come questo possa avere analogie con fenomeni di altra natura.

000000000000000 111111111111111 111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

Posizione di equilibrio

000000000000000 111111111111111 111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 Olio 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 Olio 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

Figura 1.1 Massa, molla, smorzatore, con forzante Uno dei modelli che si incontrano nella meccanica e che hanno utilizzazioni in vari campi dell’ingegneria `e il modello cosidetto “ massa - molla - smorzatore. Si tratta di un punto che sotto l’azione di una forza elastica e di una forza esterna incontra una resistenza durante il moto. Si consideri una massa appesa con un filo elastico ad un soffitto. La massa sotto l’azione del proprio peso si posizioner` a a riposo in una determinata posizione. Supponiamo di spostare, di poco, la massa dalla sua posizione di riposo, ed indichiamo con x il suo spostamento. Se si suppone che sul punto agisca solo una forza di richiamo proporzionale allo spostamento, pi` u la massa si sposta dalla posizione di riposo, pi` u intensa `e la forza di richiamo. Sia k tale costante di proporzionalit`a, applicando la legge di Newton vista

4

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE

sopra, si potr` a scrivere m¨ x = −kx . Per il momento non facciamo ricorso all’uso del calcolo vettoriale (cio`e di un ente con direzione, intensit`a e verso) per rappresentare la forza elastica, anche se tale uso ci permetter`a di tenere conto del verso delle forze e di evitare errori di segno. Ci si pu` o limitare per il momento a pensare che la molla si comporti da richiamo, giustificando cos`ı il segno −. k , si ottiene l’equazione Ponendo ω 2 = m x¨ + ω 2 x = 0. Consideriamo ora il caso in cui, la massa nell’oscillare incontri una resistenza da parte del mezzo, come ad esempio nel caso in cui tutto il sistema sia immerso in una vasca di olio. Supponendo che la forza di attrito, che si oppone al moto, sia proporzionale alla velocit` a λ , l’equazione di moto assume la nuova del punto, con costante λ: −λx˙ e ponendo 2ε = m forma x ¨ + 2εx˙ + ω 2 x = 0. Supponiamo ora che il punto di sospensione sia spostato da qualche agente esterno con una legge assegnata; in figura il dispositivo `e realizzato da un carrello che rotola su una guida curva. Questo si pu` o modellare con un termine non omogeneo nell’equazione che rappresenta una forza esterna che indichiamo con f (t). In conclusione l’equazione del modello matematico di un punto materiale sottoposto ad una forza elastica, in un fluido viscoso e con una forza esterna `e x¨ + 2εx˙ + ω 2 x = f (t).

(1.2.4)

Su questa equazione ritorneremo in seguito. L’equazione differenziale (??) che d` a la legge di evoluzione dello spostamento x, nell’esempio precedente del moto di una massa oscillante, si incontra in molti altri campi della fisica. Si pensi ad esempio alla corrente in un circuito LRC in presenza di una forza elettromotrice V0 sin(µt); nei corsi di Fisica si impara a scrivere la legge che regola la variazione dell’intensit`a di corrente I(t) nel circuito nella forma seguente R dI 1 µV0 d2 I + + I= cos µt. dt2 L dt LC L

(1.2.5)

R dove R `e la resistenza, L `e l’induttanza e C `e la capacit`a nel circuito. A parte la discussione del significato fisico dell’equazione (??) per cui si rimanda la corso di Fisica II, si vede subito che la struttura matematica dell’equazione `e identica a quella dell’equazione (??). Entrambe sono equazioni differenziali del secondo ordine a coefficienti costanti (2ε = R/L e ω 2 = 1/LC nel secondo caso).

I(t)

C

~

L Figura 1.2 Circuito LRC

Un termine forzante di tipo seno (o coseno) si pu` o sempre ottenere sviluppando la funzione f (t) in serie di seni e coseni (serie di Fourier).

1.3. SPAZIO E TEMPO

1.3

5

Spazio e tempo

In quegli aspetti del corso relativi alla formalizzazione matematica dei concetti e delle teorie della Meccanica, si ha bisogno di numerose nozioni e tecniche matematiche. Poich´e questo corso `e principalmente indirizzato agli ingegneri (meccanici) ed ai matematici applicati, ci proponiamo di limitare il pi` u possibile le nozioni matematiche necessarie. Inoltre, anche i richiami dai corsi di Analisi e di Geometria saranno riportati in maniera concisa. Innanzitutto `e bene enunciare i concetti primitivi e poi su, via, via, costruire in maniera logico-deduttiva tutta la teoria. Incominciamo a distinguere le grandezze. Nel corso incontreremo tre tipi di grandezze: scalari, vettoriali e tensoriali, (anche se le prime due sono un caso particolare della terza). Ad esempio, la temperatura a cui bolle una determinata sostanza (l’acqua ad esempio) `e una grandezza scalare, la velocit` a con cui si muove il tram che ci porta all’Universit`a `e una grandezza vettoriale, cio`e una grandezza che corrisponde a tre grandezze scalari. Nella fisica a volte tre scalari non sono sufficienti ad individuare completamente una grandezza. Si pensi ad esempio alla conoscenza dello stato di tensione in un sistema continuo, come una trave in calcestruzzo; tre scalari non bastano, ce ne vogliono addirittura nove. Lo stesso accade se si vuole conoscere la struttura d’inerzia di un corpo rigido. Grandezze di questo tipo verranno incontrate in seguito e si chiameranno grandezze tensoriali. Nello studio della realt` a, `e necessario introdurre poi i concetti di tempo e di spazio. Il tempo `e il concetto che serve a dire quando un evento `e accaduto prima o accadr` a dopo di un altro ed `e legato al procedere della nostra vita, in cui ognuno `e in grado di classificare gli eventi secondo un ordine “temporale intuitivo. Assumendo in maniera assiomatica che il divenire avvenga con continuit` a e che ogni istante di tempo sia equivalente ad ogni altro, per la descrizione matematica del tempo occorre un insieme unidimensionale che abbia le propriet` a di essere continuo, totalmente ordinato ed omogeneo. Quindi per misurare il tempo faremo uso dell’insieme dei numeri reali R. Un istante di tempo verr`a indicato con un numero reale t0 e diremo che un istante di tempo t1 succede (o precede) a t0 quando t1 > t0 (t1 < t0 ). Per rappresentare le diverse posizioni di un oggetto nello “spazio `e necessaria una costruzione in termini geometrici dello spazio fisico usuale che noi occupiamo. Lo spazio `e cos`ı un insieme tridimensionale continuo ed omogeneo. Indicheremo questo spazio con il simbolo R3 , dotando questo spazio delle strutture che di volta in volta necessitano. Innanzitutto considereremo R3 come spazio vettoriale sul corpo dei reali, cos`ı come `e stato introdotto nel corso di Geometria. Mentre lo spazio usuale in cui si studia la meccanica `e lo spazio affine tridimensionale, dotato di una distanza, di cui accenneremo pi` u avanti.

6

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE

Capitolo 2

RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE 2.1

Vettori geometrici, spazio vettoriale e spazio affine

Una coppia ordinata di punti distinti (A, B) individua nel senso della geometria ordinaria un vettore geometrico. Il primo punto A viene detto origine o punto di applicazione del vettore (A, B), il punto B `e detto invece estremo libero, la retta individuata dai punti A e B `e B detta retta di applicazione del vettore (A, B). Il vettore viene indicato anche con il simbolo (B − A). Tale ente nello spazio `e dunque caratterizzato da tre propriet` a: direzione, quella della sua A retta d’applicazione; verso, quello dal primo estremo A al secondo estremo B ; intensit` a, data dalla misura del segmento AB, rispetto ad una unit` a di misura prefissata. Quando A coincide con B avremo a che fare con il vettore nullo, che indicheremo con ~0. Figura 2.1 Vettore La relazione di uguaglianza in direzione, verso ed intensit`a `e una relazione di equivalenza fra tutti i vettori geometrici. Gli insiemi di tutti i vettori equivalenti fra loro, aventi cio`e stessa direzione, stesso verso e stessa intensit`a, costituiscono la classe di equivalenza dei vettori liberi. Questi vettori sono proprio gli elementi di uno spazio vettoriale, concetto introdotto nel corso di Geometria. Indicheremo i vettori con una lettera soprassegnata con una freccia, ~v , od anche con un sottosegno, v, oppure con una lettera in grassetto, v. Il nostro spazio ha dimensione tre; esistono tre vettori linearmente indipendenti, detti base dello spazio, mediante una combinazione lineare dei quali `e possibile determinarne ogni altro. Se indichiamo con ~ı, ~, e ~k tre vettori ortogonali fra loro e di modulo unitario (versori) allora un vettore ~v si scrive nella forma ~v = x~ı + y~ + z~k, 7

8

CAPITOLO 2. RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE

dove x, y, e z sono le componenti del vettore ~v secondo gli assi cartesiani aventi versori ~ı, ~, e ~k. I versori ~ı, ~, e ~k costituiscono una base di R3 , che ha la propriet` a di essere ortonormale, ovvero ~ı ·~ı = ~.~ = ~k · ~k = 1, ~ı · ~ = ~.~k = ~k ·~ı = 0. ` necessario prefissare un segmento unitario u come unit` E a di misura, quindi indicata con l la misura del segmento AB rispetto ad u, il vettore libero ~v `e caratterizzato da una direzione, da un verso e da un numero reale positivo l, che rappresenta la sua misura rispetto al segmento unitario dato e si ha v = |~v | = lu. I vettori permettono di rappresentare le grandezze vettoriali nello spazio ordinario, ad esempio una velocit` a, una accelerazione, una forza, ecc., basta interpretare il segmento unitario u come unit` a di misura della grandezza fisica in oggetto. Lo spazio vettoriale non rappresenta ancora completamente lo spazio dove si svolgono i nostri fenomeni. Lo spazio vettoriale contiene solo i vettori liberi, che visti come classe di equivalenza, possono essere rappresentati tutti con il primo estremo nell’origine e possono essere intesi come spostamenti. Il nostro spazio ordinario contiene anche i punti, che possono essere ottenuti facendo uso dei vettori come spostamenti. Riportiamo qui la definizione di spazio affine, e rimandiamo a dopo alcuni commenti. Si dice spazio affine E, a dimensione tre sul corpo R, l’insieme ai cui elementi, detti punti, `e associato l’insieme V dei vettori liberi, chiamato spazio vettoriale associato, su cui `e definita una applicazione da E × E in V, che associa ad ogni coppia di punti un vettore di V, ovvero due punti A e B individuano il vettore ~v indicato con A − B, con le propriet` a: i) per ogni A, B, C si ha (A − C) + (C − B) + (B − A) = ~0; ii) per ogni O ∈ E, l’applicazione che associa ad un punto P il vettore (P − O) `e una biezione di E su V. I punti di R3 , questa volta visto come spazio di punti, possono essere individuati tramite un vettore libero ~v , partendo dall’origine O di coordinate (0, 0, 0), ed arrivando al punto P tramite il vettore ~v P = O + ~v , dove ovviamente ~v `e proprio il vettore libero (P − O) e le coordinate cartesiane (x, y, z) di P sono le componenti del vettore ~v , rispetto al sistema di riferimento con origine in O ≡ (0, 0, 0) ed assi con versori ~ı, ~, e ~k. Tramite un vettore w ~ si pu` o individuare a partire da P un altro punto con la traslazione Q = P +w. ~ Quindi ad ogni coppia di punti Q e P `e coordinato un vettore w ~ (lo spostamento da P a Q, indicato con (Q − P )). Allo spazio delle nostre percezioni si pu` o dare la struttura di uno spazio affine tridimensionale. Lo spazio R3 , dove noi operiamo, si pu` o pensare come uno spazio affine, i cui punti sono i vettori e gli spostamenti sono ancora i vettori. Si osservi inoltre che lo spazio R3 `e ricco di molte altre strutture che ci consentiranno di utilizzarlo anche per altri scopi.

2.2

Rappresentazione cartesiana di vettori

Fissare un origine O ≡ (0, 0, 0) ed una terna di versori, due a due ortogonali ~ı, ~, e ~k, significa assegnare un sistema di riferimento cartesiano ortogonale S ≡ (O;~ı, ~, ~k).

9

2.2. RAPPRESENTAZIONE CARTESIANA DI VETTORI

Tale sistema si dir` a positivo (o destrorso o levogiro) se i versi che si fissano sugli assi sono tali che l’asse z vede ruotare il semiasse positivo delle x in senso antiorario (contrario a quello delle lancette dell’orologio) per andare a sovrapporsi con una rotazione di π/2 sul semiasse positivo delle y. Una tale terna `e ottenibile con le prime tre dita della mano destra, coordinando in direzione e verso il pollice della mano destra al semiasse x, l’indice al semiasse y, ed il dito medio al semiasse z.

z

k j

O

y

i

x Figura 2.2 Sistema di riferimento

Dato un punto P dello spazio, esso `e individuato nel sistema di riferimento fissato S da tre scalari x, y, e z. Dato un vettore ~v , esso `e individuato nel sistema di riferimento dalle componenti v1 , v2 , v3 di ~v secondo gli assi x, y e z. Dati due vettori ~v e w, ~ si definisce prodotto scalare (o prodotto interno) la quantit` a scalare data da ~v · w ~ = vw cos θ dove θ `e l’angolo tra i due vettori. In termini di coordinate, il prodotto scalare di due vettori ~v di componenti v1 , v2 , v3 e w ~ di componenti w1 , w2 , w3 `e dato da ~v · w ~ = v1 w1 + v2 w2 + v3 w3 =

3 X

vi wi

i=1

ed `e indipendente dal sistema di riferimento prescelto. Il modulo di un vettore ~v (di componenti v1 , v2 , v3 ) `e quindi dato da q |~v | = v = v12 + v22 + v32 ,

e viene detto anche intensit`a o norma. Dati due vettori ~v e w ~ si definisce prodotto vettoriale (o prodotto esterno) la quantit` a vettoriale data dal vettore ~z di modulo vw sinϕ, dove ϕ `e l’angolo formato dai vettori ~v e w, ~ ed avente direzione ~n normale al piano dei due vettori e verso quello tale che ~v , w, ~ ~n formino una terna destrorsa: ~z = ~v ∧ w ~ = vw sinϕ ~n. Il modulo del vettore ottenuto dal prodotto vettoriale di due vettori rappresenta l’area del parallelogramma costruito sui vettori ~v e w. ~ ~ = w1~ı + w2~ + w3~k, si ha In componenti se ~v = v1~ı + v2~ + v3~k e w ~ı ~k ~ ~v ∧ w ~ = v1 v2 v3 = (v2 w3 − v3 w2 )~ı + (v3 w1 − v1 w3 )~ + (v1 w2 − v2 w1 )~k , w1 w2 w3

10

CAPITOLO 2. RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE

dove “simbolicamente si `e fatto uso dello sviluppo del determinante di un matrice, con le solite regole dell’algebra lineare, per ottenere le componenti del prodotto vettoriale. Ricordiamo brevemente il prodotto misto ed il doppio prodotto vettoriale. Dati tre vettori ~u, ~v e w, ~ il prodotto misto `e la quantit` a scalare ~u ∧ ~v · w ~ = [~u ∧ ~v ] · w ~ che si ottiene eseguendo prima il prodotto vettoriale e poi quello scalare. Esso `e dato dallo sviluppo del determinante “simbolico u1 ~u ∧ ~v · w ~ = v1 w1

u2 v2 w2

u3 v3 w3

.

(2.2.1)

` facile verificare ~u ∧ ~v · w E ~ = ~u · ~v ∧ w, ~ facendo un numero pari di scambi delle righe nel determinante (??). Il valore scalare ottenuto dal prodotto misto di tre vettori rappresenta il volume del ` facile parallelepipedo costruito sui tre vettori ~u, ~v e w, ~ applicati tutti nello stesso punto. E verificare che il prodotto misto fra tre vettori `e nullo se e solo se almeno uno dei tre vettori `e nullo oppure se i tre vettori sono complanari. Dati tre vettori ~u, ~v e w, ~ il doppio prodotto vettoriale fra i vettori ~u, ~v , e w ~ `e dato dal vettore (~u ∧ ~v ) ∧ w, ~ ottenuto eseguendo prima il prodotto vettoriale fra i primi due vettori e poi il restante. Esso `e dato dalla seguente regola (~u ∧ ~v ) ∧ w ~ = (~u · w)~ ~ v − (~v · w)~ ~ u.

(2.2.2)

Dalla formula (??) segue subito che non vale la propriet` a associativa, ovvero si ha (~u ∧ ~v ) ∧ w ~ 6= ~u ∧ (~v ∧ w). ~

2.3

Cambiamento di coordinate

La scelta del sistema di riferimento `e in genere arbitraria. Da problema a problema pu` o fare ` quindi necessario conoscere comodo scegliere un sistema di riferimento oppure un altro. E le formule per il cambiamento delle coordinate da un sistema di riferimento ortogonale ad un altro, anch’esso ortogonale. Sia P = (x1 , x2 , x3 ) un punto riferito al sistema S con origine O ed assi ~ı, ~, e ~k. Sia S′ un nuovo sistema con origine O′ ed assi ~ı′ , ~′ , e ~k ′ .

11

2.4. VETTORI DIPENDENTI DA UN PARAMETRO

z’ y’

S’

k’

z

j’

S

O’

i’

k x’

j i

y

O

x Figura 2.3 Sistemi di riferimento S and S ′ La geometria ci insegna che le coordinate (x′1 , x′2 , x′3 ) del punto P nel nuovo sistema S′ sono date da 3 X Tij xj , i = 1, 2, 3, (2.3.1) x′i = x′0i + j=1

dove (x′01 , x′02 , x′03 ) sono le coordinate dell’origine O rispetto alla terna S′ e Tij sono le componenti di una opportuna matrice 3 × 3 ortogonale, cio`e T T · T = I, ovvero in componenti 3 X Tij Tik = δjk , j, k = 1, 2, 3, i=1

dove δjk `e il simbolo di Kronecker, uguale ad 1 se j = k, uguale a 0 se j 6= k. La trasformazione inversa della (??) `e data da xk = x0k +

3 X

Tik x′i ,

k = 1, 2, 3,

(2.3.2)

i=1

dove x0k = −

2.4

P3

i=1

Tik x′0i .

Vettori dipendenti da un parametro

Un punto P od un vettore ~v possono dipendere da un parametro t variabile in un intervallo (t0 , t1 ). In questo caso si possono definire i concetti di limite e di funzione continua come `e stato fatto nei corsi di Analisi. Si pu` o poi definire la derivata di un punto P o di un vettore ~v , cos`ı come si fa per le funzioni scalari. (t) Costruito il rapporto incrementale dato dal vettore P (t+h)−P , si dice derivata di P h rispetto al parametro t il limite, per h → 0, del rapporto incrementale, quando esiste, e si

12 scrive

CAPITOLO 2. RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE

P (t + h) − P (t) dP (t) = lim . h→0 dt h

Analogamente d~v ~v (t + h) − ~v (t) (t) = lim , h→0 dt h `e la derivata del vettore ~v rispetto al parametro t. Si lascia al lettore di verificare le propriet` a e le regole di derivazione che rimangono valide anche per le derivate di un punto o di un vettore. Limitiamoci a ricordare che quando il punto od il vettore sono espressi in termini di componenti in un fissato sistema di riferimento, che non dipenda a sua volta dal parametro t, allora le componenti della derivata di un punto P (o di un vettore ~v ) sono date dalle derivate delle componenti del punto (o del vettore). Ricordiamo inoltre una propriet` a che verr`a usata molte volte nel corso di queste lezioni. La derivata di un vettore di modulo costante risulta ortogonale al vettore stesso. Infatti risulta v 2 = costante, quindi d(~v · ~v ) d~v dv 2 = = 2~v · =0 dt dt dt e in conclusione ~v ed il suo derivato sono ortogonali. Vale anche il viceversa: se ~v ed il suo derivato sono ortogonali allora il vettore ~v ha modulo costante.

Capitolo 3

TEORIA DEI MOMENTI 3.1

Definizioni

Consideriamo innanzitutto un solo vettore applicato (P, ~v ) nello spazio e definiamone il suo momento rispetto ad un punto O. Passeremo poi a considerare un sistema di vettori applicati nello spazio. Definizione 3.1.1 Sia O un punto dello spazio e sia (P, ~v ) un vettore applicato, si dice momento del vettore applicato (P, ~v ) rispetto al punto O il vettore (libero) ~ (O) = (P − O) ∧ ~v . M Il punto O viene detto anche centro di riduzione o polo, ed il momento prende il nome di momento polare. Secondo le nostre solite convenzioni, ~ (O) devono costituire (P −O), ~v , e M una terna positiva. Il modulo del momento `e dato da

M(O)

O

~ (O)| = M (O) = P O v sin ϕ, |M

P

ed `e pari all’area del parallelogramma costruito sui vettori (P, ~v ) e (P − O).

ϕ

v

` facile verificare le seguenti propriet` E a: i) Il momento di (P, ~v ) rispetto ad O non varia se si sposta il vettore lungo la propria retta di azione. ii) Il momento di (P, ~v ) rispetto ad O non varia se si sposta il punto O su una retta parallela a ~v . Fissata una retta r orientata di versore ~u e calcolato il momento di (P, ~v ) rispetto ad ~ (O) · ~u `e un punto O appartenente ad essa, si vede facilmente che lo scalare Mu = M indipendente dalla scelta di O su r. Tale scalare prende il nome di momento assiale. Consideriamo ora un sistema S di vettori applicati (Pi , ~vi ), i = 1, 2, . . . n. 13

14

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

Definizione 3.1.2 Si dice risultante del sistema di vettori applicati S, il vettore (libero) n X ~ ~vi . R= i=1

Definizione 3.1.3 Si dice momento risultante del sistema di vettori applicati S, il vettore somma n X ~ (Pi − O) ∧ ~vi . (3.1.1) M (O) = i=1

Analogamente a quanto fatto sopra, si pu` o definire il momento risultante assiale Mu = ~ (O) · ~u, ~u versore della retta assegnata. M Mediante la definizione (??) abbiamo costruito il campo vettoriale dei momenti relativo ~ (O). Per al sistema S, che associa ad ogni punto dello spazio R3 il vettore (libero) M ~ studiare il campo O → M (O) conviene indagare come varia il momento al variare del centro di riduzione O.

3.2

Legge di variazione dei momenti

Valutiamo il momento risultante del sistema S rispetto ad un nuovo punto O′ ~ (O′ ) M

=

n X i=1

=

n X

(Pi − O′ ) ∧ ~vi =

n X

(Pi − O + O − O′ ) ∧ ~vi =

i=1

(Pi − O) ∧ ~vi + (O − O′ ) ∧

~vi .

i=1

i=1

Si ottiene cos`ı

n X

~ (O′ ) = M ~ (O) + (O − O′ ) ∧ R. ~ M

(3.2.1)

nota come formula di trasposizione dei momenti, che d` a la legge di variazione del momento risultante del sistema S al variare del centro di riduzione. ~ (O′ ) = M ~ (O), per tutte e sole le coppie di punti O ed Dalla (??) si vede subito che M ′ ~ 6= 0. Se invece R ~ = 0, allora O appartenenti alla stessa parallela al risultante, nel caso R ~ (O) `e invariante al variare di O, in altre parole il campo vettoriale M ~ (O) risulta essere M uniforme. Esempio 3.1 Coppia di vettori applicati Tale sistema `e costituito da due vettori opposti, applicati per`o, in generale, su rette di azione distinte: (P1 , ~v1 ), (P2 , −~v1 ). La risultante `e nulla, quindi il momento risultante `e invariante: ~ = (P1 − O) ∧ ~v1 − (P2 − O) ∧ ~v1 = (P1 − P2 ) ∧ ~v1 . M ~ `e pari al prodotto del modulo di ~v1 per la distanza b (braccio della coppia) Il modulo di M fra le rette di azione dei due vettori. ~ 6= 0. Si osservi che il termine di variazione del momento M ~ (O), Torniamo al caso in cui R ′ ~ risulta ortogonale al risultante R. ~ Quindi moltiplicando ambo i dato da (O − O ) ∧ R, ~ membri della (??) per R, si ottiene ~ (O′ ) · R ~ =M ~ (O) · R. ~ M

15

3.3. ASSE CENTRALE

Questa grandezza scalare risulta invariante al variare di O, ed `e detta invariante scalare ~ (O) secondo la direzione del risultante con del sistema S. Indicato il componente di M ~ ~ ~, ~ p = M (O) · R R M 2 R tale componente non varia al variare di O ed `e detto invariante vettoriale del sistema.

3.3

Asse centrale

~ n (O), il componente di M ~ (O) normale alla direzione di R, ~ la formula (??) si Indicato M pu` o scrivere ~ (O′ ) = M ~p +M ~ n (O) + (O − O′ ) ∧ R. ~ M ~ influisce solamente sulla Per quanto detto prima, il termine di variazione (O − O′ ) ∧ R ~ n (O). Nasce spontanea la domanda se esistono punti dello spazio O′ , tali parte normale M ~ (O′ ) si riduca alla sola parte parallela M ~ p (che eventualmente potr` che M a essere anche nulla). Si tratta quindi di studiare l’equazione vettoriale ~ n (O) = (O′ − O) ∧ R ~ M

(3.3.1)

` noto dal calcolo vettoriale, che una tale equazione, con R ~ 6= 0, nell’incognita (O′ − O). E ~ ~ ha infinite soluzioni nel caso in cui Mn (O) ed R siano fra loro ortogonali. Poich´e ci`o `e senz’altro verificato, possiamo rispondere positivamente riguardo all’esistenza di punti O′ che riducono il momento alla sola parte parallella. Moltiplicando scalarmente per (O′ − O) la (??), si ha ~ n (O) · (O′ − O) = 0. M ~ n (O). Ci`o ci suggerisce I punti O′ soluzioni di (??) stanno su un piano normale ad M di rappresentare graficamente la situazione, tracciando un piano π per O e normale ad ~ n (O). Il fatto che R ~ ed M ~ siano vettori liberi, ci consente di rappresentarli applicandoli M in O.

Mn (O)

π

M(O)

R

O

A

Mp(O)

O’

ASSE CENTRALE

~ =M ~ n (O) I punti O′ stanno su π. Indicato con A quel particolare punto tale che (A−O)∧ R ~ eM ~ n (O) costituiscono una terna destrorsa, tutti i punti che appartengono e (A − O), R

16

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

~ soddisfano l’equazione (??). Per la ricerca analitica di tale alla retta per A parallela ad R ~ =0e retta, detta asse centrale, `e sufficiente individuare il punto A, tale che (A − O) · R ~ =M ~ n (O). (A − O) ∧ R

(3.3.2)

~ l’equazione (??) si ottiene Moltiplicando vettorialmente a destra per R h i ~ ∧R ~ =M ~ n (O) ∧ R, ~ (A − O) ∧ R h i ~ R ~ − [R ~ · R](A ~ ~ n (O) ∧ R, ~ (A − O) · R − O) = M ~ ∧M ~ n (O), R2 (A − O) = R

ed anche (A − O) =

~ ∧M ~ (O) ~ ∧M ~ n (O) R R = . 2 R R2

(3.3.3)

L’equazione (??) d` a le coordinate del punto A; l’asse centrale `e la retta passante per A ~ la cui equazione ha la seguente forma vettoriale parallela ad R, ~, (P − A) = λR dove P ≡ (x, y, z) `e un punto generico dell’asse centrale ed A ≡ (xA , yA , zA ) `e dato da (??). In termini di coordinate, assunto O come origine delle coordinate, siano Rx , Ry , Rz ~ che supponiamo tutte diverse da zero, l’equazione dell’asse centrale le componenti di R diventa x − xA y − yA z − zA = = , (3.3.4) Rx Ry Rz dove xA =

Rz Mx − Rx Mz Rx My − Ry Mx Ry Mz − Rz My , yA = , zA = ; 2 2 R R R2

~ (O) = Mx~ı + My~ + Mz~k ed R2 = R2 + R2 + R2 . Lasciamo al lettore di adattare con M x y z le formule (??) al caso in cui, nel nostro sistema di riferimento, si annullino alcune delle ~ componenti del risultante R. Concludiamo il paragrafo ricapitolando la definizione di asse centrale. L’asse centrale `e il luogo dei punti dello spazio rispetto ai quali il momento risultante `e parallelo al vettore ~ ovvero si riduce alla sola parte parallela e che quindi ha il modulo minimo risultante R, (rispetto ai moduli dei momenti risultanti fatti rispetto a punti esterni all’asse centrale). Essa `e una retta parallela al vettore risultante del sistema.

3.4

Sistemi equivalenti e sistemi equilibrati

Si cominci con la definizione di sistemi di vettori equivalenti. Definizione 3.4.1 Dati due sistema di vettori applicati S = {(Pi , ~vi ), i = 1, 2, . . . n}, ~ M ~ (O) ed R ~ ′, M ~ ′ (O) rispettivamente ed S ′ = {(Pj′ , ~vj′ ), j = 1, 2, . . . m}; indicati con R, risultante e momento risultante dei due sistemi rispetto ad un punto fissato O dello spazio, si dice che S e S ′ sono equivalenti se ~ =R ~′ , M ~ (O) = M ~ ′ (O). R

3.4. SISTEMI EQUIVALENTI E SISTEMI EQUILIBRATI

17

La definizione non dipende in realt` a dalla scelta del punto O. Si noti che la conoscenza di ~ eM ~ (O) `e sufficiente a determinare il momento risultante rispetto ad un qualsiasi altro R punto dello spazio, mediante la (??). Si pu` o passare da un sistema di vettori applicati ad uno ad esso equivalente, mediante una successione di operazioni che non mutano n´e il risultante n´e il momento risultante. Tali operazioni prendono il nome di operazioni elementari. Ricordiamo le fondamentali: 1. aggiunta e soppressione di una coppia di braccio nullo; 2. sostituzione di pi` u vettori concorrenti con il loro risultante applicato nel punto di concorrenza e viceversa. Ad esempio, sappiamo che i vettori possono essere spostati lungo le loro rette di azione, senza cambiare n´e risultante, n´e momento risultante; ci` o corrisponde all’aggiunta e alla soppressione di opportune coppie di braccio nullo sulle rette di azione dei vettori. Definizione 3.4.2 Un sistema di vettori applicati si dice equilibrato, se ~ = ~0 , M ~ (O) = ~0. R Segue immediatamente il teorema: Teorema 3.4.1 Condizione necessaria e sufficiente perch´e un sistema sia equilibrato `e che esso sia equivalente al solo vettore nullo. ` interessante a questo punto esaminare quale sia il minor numero di vettori a cui si possa E ridurre un qualsiasi sistema di vettori applicati. Cos`ı facendo saremo infine in grado di caratterizzare completamente il campo vettoriale che associa ad ogni punto dello spazio O il momento rispetto ad O del sistema di vettori applicati. I sistemi che hanno risultante nullo, come abbiamo visto, hanno l’asse centrale indeterminato. Tali sistemi si riducono al vettore nullo nel caso in cui il sistema sia equilibrato, ~ (O) 6= 0, si riducono ad una qualunque coppia avente momento M ~ (O). oppure, se M ~ p = 0), I sistemi, a risultante non nullo, caratterizzati dall’invariante scalare nullo (M si riducono ad un solo vettore: si riducono al solo risultante applicato in un qualsiasi punto dell’asse centrale. Fermiamo per un attimo l’attenzione a tre particolari classi di tali sistemi. a) Vettori concorrenti - I vettori hanno le loro rette d’azione concorrenti in uno stesso punto C; ciascuno di essi pu` o essere traslato lungo la propria retta d’azione fino ad essere applicato in C. Poi, si pu` o sostituire ad ogni coppia di vettori il loro risultante (con la regola del parallelogramma) e ripetere questa operazione tante volte “a scarica-barile fino ad ottenere il risultante dell’intero sistema applicato in C. Siamo in grado ora di enunciare il seguente teorema, noto sotto il nome di Teorema di Varignon: Teorema 3.4.2 Il momento risultante di un sistema di vettori concorrenti rispetto ad un punto O `e uguale al momento rispetto ad O del risultante pensato applicato nel punto di concorrenza. b) Vettori paralleli - Dato un sistema di vettori (Pi , ~vi ), i = 1, 2, . . . n, con ~vi = vi ~u, ~ `e dato da R~u, dove R = Pn vi . Il momento di ~u versore fissato, allora il risultante R i=1 ~ p = 0. ciascun vettore, rispetto ad un punto O dello spazio, risulta normale ad ~u, quindi M Questa classe di vettori, si pu` o pensare come caso limite di vettori concorrenti, in cui il punto di concorrenza `e all’infinito.

18

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

c) Vettori complanari - Si consideri un sistema di vettori (Pi , ~vi ), i = 1, 2, ...n, in un ~ i (O) piano π e sia O un qualsiasi punto appartenente al piano. In questo caso i momenti M ~ di ciascun vettore ~vi sono normali al piano π, d’altra parte il risultante R o `e nullo od `e ~ p = 0. parallelo al piano, e quindi M Si osservi che, in questi casi, il sistema ha rispetto ai punti dell’asse centrale il momento ~ applicato in un punto (qualsiasi) dell’asse centrale risultante nullo, quindi il risultante R costituisce un sistema equivalente a quello dato. Si noti che il risultante viene cos`ı ad essere applicato in un punto di un elemento intrinseco del sistema, quale in realt` a `e l’asse centrale. In generale, un sistema di vettori applicati a risultante non nullo e ad invariante ~ applicato in un punto dell’asse censcalare non nullo, `e riducibile al risultante R trale e ad una coppia in un piano normale all’asse centrale di momento pari ~ p . Tale coppia serve a generare quel componente del campo vettoriale dei momenti ad M ~ che non varia al variare del centro di riduzione dei momenti. parallelo alla direzione di R Siamo ora in grado di rappresentare il campo vettoriale dei momenti di un sistema S su un qualsiasi piano normale alla direzione dell’asse centrale. Ricordando la scomposi~ (O) = M ~p + M ~ n (O), il campo risulta essere simmetrico rispetto all’asse centrale zione M ~ e ad una coppia stesso. Nella figura seguente il sistema S `e stato ridotto al risultante R ′ ~ (P, ~v ) e (P , −~v ) di momento uguale ad Mp . Nel piano rappresentativo da noi scelto, in ogni punto c’`e un componente normale al piano ed uguale in tutti i punti pi` u un componente normale che cresce linearmente in modulo allontanandosi via via dall’asse centrale.

Fig. 3: CAMPO DEI MOMENTI Per concludere questo paragrafo sui sistemi di vettori equivalenti, pu` o essere curioso considerare dell’insieme dei sistemi di vettori applicati dello spazio, il quoziente rispetto alla relazione di equivalenza sopra definita. Le classi di equivalenza sono una infinit` a alla sesta, perch´e rappresentabili con un vettore applicato in un qualsiasi punto delle rette dello spazio, pi` u una coppia di momento fissato in un piano normale. Schema riepilogativo

~ = 0 =⇒ R

 ~ (O)  M  ~ M (O)

= 0

=⇒ Sistema equilibrato.

6= 0

=⇒ Il sistema si riduce ad una coppia.

19

3.5. COMPLEMENTI

~ 6= 0 =⇒ R

3.5 3.5.1

    ~p = 0  M     

      ~ =  M 6 0   p

Complementi

  Ad es.: Vettori concorrenti, paralleli, ~ =⇒ complanari. Il sistema si riduce a R  applicato sull’asse centrale.

  Caso generale. Il sistema si riduce a ~ applicato sull’asse centrale R =⇒  ~ pi´ u una coppia sul piano ortogonale ad R.

Ancora sull’asse centrale

Ricordando che l’asse centrale `e il luogo dei punti rispetto ai quali il momento risultante `e parallelo al vettore risultante, si pu` o ricavare l’equazione dell’asse centrale con un diverso metodo. Si consideri un punto generico P di coordinate (x, y, z) e si determini il momento risultante del sistema di vettori S rispetto a tale punto ~ (P ) = M ~ (x, y, z) = M

n X

(Pi − P ) ∧ ~vi .

i=1

Tale espressione `e funzione delle coordinate generiche di P . Imporre che il punto P appartenga all’asse centrale equivale ad imporre il parallelismo fra il momento risultante ~ (x, y, z) = Mx (x, y, z)~ı + My (x, y, z)~ + Mz (x, y, z)~k ed il risultante R, ~ ovvero, siano M ~ Rx , Ry , Rz le componenti di R che supponiamo tutte diverse da zero, l’equazione dell’asse centrale diventa My (x, y, z) Mz (x, y, z) Mx (x, y, z) = = . Rx Ry Rz Si osservi che queste sono due equazioni nelle incognite x, y e z, che compaiono linearmente al numeratore e che rappresentano due piani nello spazio. Lasciamo ancora al lettore di adattare le equazioni al caso in cui, nel nostro sistema di riferimento, si annullino alcune ~ delle componenti del risultante R.

3.5.2

Vettori paralleli

La classe dei vettori paralleli riveste una particolare importanza nelle applicazioni, quando tali vettori rappresentano un sistema di forze peso. Dedichiamo quindi ad essi questo paragrafo. Prendiamo in considerazione un sistema di vettori (Pi , f~i ), i = 1, 2, . . . , n, con f~i = fi ~u, Pn ~u versore fissato, allora il risultante F~ `e dato da F ~u, dove F = i=1 fi . In questo caso il sistema `e riducibile ad un solo vettore o ad una coppia, a seconda che il risultante F~ sia diverso da zero o nullo. Supponiamo F~ 6= 0, l’invariante scalare come abbiamo gi`a detto `e nullo. Definiamo centro dei vettori paralleli il punto C dato da F (C − O) =

n X

fi (Pi − O).

(3.5.1)

i=1

` facile provare il seguente teorema: E Teorema 3.5.1 Dato un sistema di vettori paralleli con F 6= 0, sia O un punto generico, il punto C definito da (??) gode delle seguenti propriet` a:

20

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI i) C `e indipendente dalla scelta di O;

ii) C appartiene all’asse centrale.

Dimostrazione. i) Ragioniamo per assurdo. Sia C ′ il nuovo centro dei vettori paralleli trovato in corrispondenza di un nuovo punto di riferimento O′ . Definendo il centro dei vettori rispetto al nuovo punto O′ e riscrivendolo come segue

F (C ′ − O′ ) =

n X i=1

=

n X

fi (Pi − O′ ) =

n X

fi (Pi − O + O − O′ )

i=1

fi (Pi − O) + F (O − O′ ) = F (C − O) + F (O − O′ ) = F (C − O′ ),

i=1

si ha C ′ = C. ii) Proviamo ora che C appartiene all’asse centrale. Calcoliamo il momento risultante rispetto a C

~ (C) = M

n X i=1

(Pi − C) ∧ f~i =

n X

fi (Pi − C) ∧ ~u = F (C − C) ∧ ~u = 0,

i=1

dove si `e fatto uso della (??) rispetto al punto C. Ci`o prova che C si trova sull’asse centrale. ` evidente che le propriet` E a sopra elencate sono verificate qualunque sia il versore ~u. Il centro dei vettori paralleli non dipende dalla direzione comune ai vettori, infatti se si varia la direzione comune ai vettori, lasciando invariati i punti di applicazione Pi e le componenti scalari fi , i = 1, 2, . . . , n, il centro C rimane lo stesso. Lo stesso dicasi se si moltiplica ciascuna delle componenti scalari fi per lo stesso scalare α, ovvero sostituendo fi con αfi . In conclusione un sistema di vettori paralleli con il risultante F~ 6= 0 `e equivalente al solo risultante applicato nel centro C. Nel caso invece di risultante nullo, il sistema o `e equilibrato od `e equivalente ad un coppia, che pu` o essere ottenuta considerando separatamente i vettori concordi con la direzione ~u ed i vettori discordi. La nozione di centro dei vettori paralleli sar`a utilizzata quando studieremo il centro di massa di un sistema di punti materiali.

Esempio 3.2 Se sospendiamo in un piano verticale un corpo pesante (il triangolo ABC) per due punti (il punto A ed il punto B), le direzioni perpendicolari per i due punti (A e B) passano entrambe per lo stesso punto P0 (centro di massa).

21

3.5. COMPLEMENTI

3.5.3

Esercizi sull’asse centrale

Esercizio 3.1 Dato il sistema di vettori applicati (A, 3~ı), (O, 5~), dove O ≡ (0, 0, 0) ed A = (0, 0, 3), determinare l’asse centrale, l’invariante scalare e l’invariante vettoriale. ~ = 3~ı+5~. Calcoliamo il momento del sistema rispetto ad un punto qualsiasi, Il risultante `e R scegliamo per semplicit`a il punto A. ~ (A) = (O − A) ∧ 5~ = 15~ı. M ~ L’invariante scalare si ottiene moltiplicando scalarmente per R ~ (A) · R ~ = 15~ı · (3~ı + 5~) = 45; M l’invariante vettoriale `e quindi ~ (A) · R ~ M ~ = 45 (3~ı + 5~). R 2 R 34 Un punto O′ dell’asse centrale `e individuato da Mp =

~ ∧M ~ (O) R (3~ı + 5~) ∧ 9~ 27 = = ~k. R2 34 34 27 ′ Il punto O `e dato da (0, 0, 34 ), e l’asse centrale `e la retta passante per tale punto e parallela ~ di equazioni: ad R, ( 5x − 3y = 0 27 z= 34 (O′ − O) =

Ritroviamo tali equazioni con il metodo presentato nei Complementi. Sia P = (x, y, z) il punto generico rispetto al quale si determina il momento risultante. Si ha

22

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

~ (P ) = M =

~ (x, y, z) = (A − P ) ∧ 3~ı + (O − P ) ∧ 5~ = M (−x~ı − y~ + (3 − z)~k) ∧ 3~ı + (−x~ı − y~ − z~k) ∧ 5~ =

=

3y~k + 3(3 − z)~ − 5x~k + 5z~ı = 5z~ı + 3(3 − z)~ + (3y − 5x)~k.

~ = 3~ı + 5~, si ha Imponendo il parallelismo con R ( 3y − 5x = 0 9 − 3z , 5z = 3 5 da cui si ottengono le equazioni trovate sopra. Esercizio 3.2 Dato il sistema di vettori applicati (A,~ı + ~), (B, 3~), dove A ≡ (0, 0, 1) ed B = (0, 0, 2), determinare l’asse centrale, l’invariante scalare e l’invariante vettoriale. ~ = ~ı + 4~. Il momento del sistema rispetto al punto O, origine del sistema Il risultante `e R di riferimento, risulta ~ (O) = −7~ı + ~. M ~ L’invariante scalare si ottiene moltiplicando scalarmente per R ~ (O) · R ~ = −3; M lasciamo al lettore di verificare che questo valore `e invariante, ripetendo il calcolo rispetto al punto A e di scrivere poi l’invariante vettoriale.

Un punto O′ dell’asse centrale `e individuato da (O′ − O) =

~ ∧M ~ (O) 29 R = ~k. R2 17

29 ), e l’asIl punto O′ `e dato da (0, 0, 17 se centrale `e la retta passante per tale ~ di equazioni: punto e parallela ad R, ( 4x − y = 0 29 z= 17

Il lettore pu` o ritrovare tali equazioni con il metodo presentato nei Complementi. Sia P = (x, y, z) il punto generico, il momento risultante rispetto a tale punto `e dato, come funzione di x, y, e z, da ~ (P ) = M

(4z − 7)~ı + (1 − z)~ + (y − 4x)~k.

~ = ~ı + 4~, si ottengono le equazioni trovate sopra. Imponendo il parallelismo con R

23

3.5. COMPLEMENTI

Esercizio 3.3 Siano ~v1 = ~ı − ~k, ~v2 = ~ı + 2~, ~v3 = ~ tre vettori applicati rispettivamente in P1 = (−1, 0, 2), P2 = (1, 0, 0), P3 = (1, 1, 0); determinarne l’asse centrale. Il lettore accorto vede facilmente (magari con l’aiuto di un disegno) che le direzioni dei tre vettori sono concorrenti nel punto P2 . Il momento rispetto a P2 `e nullo e quindi l’asse ~ = 2~ı + 3~ − ~k. centrale sar`a dato da una retta passante per P2 e parallela al risultante R Le equazioni dell’asse sono quindi date da y z x−1 = = . 2 3 −1 ed anche 

3x − 3 − 2y = 0 . 3z + y = 0

Esercizio 3.4 Determinare l’asse centrale del seguente sistema di vettori ~v1 = −~ı − ~k applicato in P1 = (0, 0, 1) ~v2 = −2~ + ~k applicato in P2 = (0, 0, 1) ~v3 = 2~ applicato in P3 = (1, 2, 1) ~v3 = −2~ − ~k applicato in P4 = (1, 0, 0) . ~ = −~ı − Lasciamo al lettore di verificare che l’invariante scalare `e nullo. Il risultante `e R ~ 2~ − k. Si suggerisce di scrivere il momento rispetto ad un punto generico P ≡ (x, y, z), ottenendo ~ (x, y, z) = (y − 2z)~ı + (z − x)~ + (2x − y)~k . M ~ (P ) e R ~ si trova la retta Imponendo il parallelismo fra M  x + 2y − 5z = 0 . x−y+z =0 L’asse centrale passa per l’origine del sistema di riferimento, come si poteva vedere dall’a~ (x, y, z) (che si annulla in (0, 0, 0). nalisi dell’espressione di M Si noti infine che P3 appartiene all’asse centrale, senza comunque che i quattro vettori concorrino in quel punto. L’asse centrale si pu` o determinare anche mandando la retta per (0, 0, 0) parallela ad ~ ottenendo R,  2x − y = 0 . x−z =0 Si ricordi comunque che una retta nello spazio si pu` o rappresentare come intersezione di due rette in infiniti modi diversi. Esercizio 3.5 Determinare l’asse centrale del seguente sistema di vettori ~v1 = 2~k

applicato in

P1 = (1, 0, 1)

~v2 = ~ı + 2~ applicato in P1 = (1, 0, 0) ~v3 = ~ applicato in P1 = (1, 1, 0) .

24

3.5.4

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

Esercizi grafici

Facendo uso di operazioni elementari, si risolvano graficamente i seguenti problemi. 1. Determinare l’asse centrale di un sistema costituito da due vettori paralleli (equiversi e non) a risultante non nullo. Quindi ridurre due vettori applicati paralleli a risultante non nullo ad un solo vettore applicato. 2. Ridurre due vettori applicati complanari non paralleli ad un vettore applicato (regola del parallelogramma). Come si puo operare se le rette d’azione dei vettori non si incontrano sul foglio da disegno? 3. Ridurre un vettore applicato (P, ~v ) ad un sistema di tre vettori applicati su tre rette assegnate (discutere e risolvere graficamente prima il caso di tre rette concorrenti, poi il caso di rette senza un unico punto in comune). Lasciamo al lettore di interpretare la costruzione grafica in figura, nel caso in cui le tre rette sono concorrenti. Si noti che la direzione ausiliaria ON `e stata scelta a caso (fra le rette 2 e 3), quindi la decomposizione richiesta pu` o essere eseguita in ∞1 modi diversi.

La decomposizione nel caso di tre rette non tutte e tre concorrenti in un punto richiede maggiore attenzione. Suggeriamo al lettore di unire il punto M, intersezione della direzione del vettore ~v con una delle tre rette, con il punto intersezione delle altre due rette, quindi spostare il vettore in M , . . . . 4. Determinare graficamente il momento di un vettore ~v applicato in P rispetto ad un punto O.

3.5. COMPLEMENTI

25

Innanzitutto dobbiamo fissare le unit` a di misura. Sia u, rappresentato dal segmento in figura, l’unit`a di misura per il vettore ~v e sia l l’unit`a di misura delle lunghezze. Riportiamo a lato il vettore ~v , e da un polo scelto a distanza l dalla direzione di ~v , mandiamo i due lati 0A e 1A, poi dal punto di applicazione di ~v si mandano le parallele r1 ed r2 fino a tagliare sulla direzione per O parallela a ~v il segmento R1 R2 . Dalle similitudini in figura, si ottiene v : l = R1 R2 : b, quindi vb = R1 R2 l. Quindi la misura del segmento R1 R2 rispetto ad u, d` a la misura del momento rispetto alla sua unit` a di misura (data dall’area del rettangolo u · l), ovvero l’area del rettangolo R1 R2 l d` a la misura del momento.

26

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

Capitolo 4

CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI 4.1

Introduzione

Un corpo rigido `e un sistema di punti materiali, tale che durante il moto la distanza fra ogni coppia di punti si mantiene costante. Prima di tutto studieremo la natura e le caratteristiche del movimento dei corpi rigidi (cinematica dei corpi rigidi), poi, dopo avere imparato le tecniche matematiche per studiare il moto di un corpo rigido, indagheremo come questo moto dipende dalle forze e dai momenti delle forze esterne. In queste note ci interesseremo soprattutto degli aspetti geometrici della cinematica dei rigidi, molto importanti per la meccanica applicata ed anche per diverse applicazioni come la computer graphics e la meccanica dei robot.

4.2

Sistemi di riferimento fisso e solidale

Sia S un sistema di n(> 3) punti materiali Pi , rigidamente collegati fra loro, cio`e kPi − Pj k = costante, 1 ≤ i, j ≤ n. Se gli n punti materiali fossero liberi di muoversi, allora il sistema avrebbe 3n gradi di libert` a, ma in realt` a occorre tenere conto dei vincoli di rigidit` a: distanza fra due punti = kPi −Pj k = costante ,

∀i, j = 1 . . . n,

ed i gradi di libert` a si riducono a 6. Infatti per individuare la configurazione di un punto `e sufficiente assegnare le distanze da tre qualsiasi altri punti (non allineati) del

Figura 4.1 Corpo rigido

27

28

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

sistema, ogni altra assegnazione risulterebbe inutile (perch´e dipendente dalle altre) (a parte il fatto della scelta del semispazio rispetto al piano individuato dai tre punti). In tal modo, una volta assegnati 3 punti del corpo rigido, sono assegnate tramite i vincoli le posizioni di tutti gli altri. Pertanto possiamo assegnare 9 coordinate per fissare le coordinate dei tre punti (diciamo P1 , P2 , P3 ), ma le distanze fra le coppie di punti d12 , d23 , e d13 sono costanti quindi il numero dei gradi di libert` a si riduce a sei. Ragionando anche in altro modo, si pu` o arrivare allo stesso risultato: per individuare la configurazione di P1 occorrono tre coordinate, successivamente, per individuare P2 che dovr` a stare su una sfera di centro P1 e raggio d12 occorrono ancora 2 coordinate. Infine per individuare il punto P3 basta una sola coordinata, poich´e pu` o solo ruotare attorno all’asse P1 P2 . In conclusione un corpo rigido discreto (n punti materiali) o continuo, libero nello spazio tridimensionale, ha 6 gradi di libert` a. Indichiamo con S un sistema di riferimento, solidale con il corpo rigido, con origine in un punto O ed assi x, y, z, (il punto O non deve necessariamente essere uno dei punti che costituscono il sistema rigido S). Indichiamo con Σ un sistema fisso con origine Ω ed assi ξ, η e ζ. Individuare la configurazione di un sistema rigido S `e equivalente ad individuare la configurazione della terna solidale con esso. Sia O l’origine del sistema solidale, occorrono 3 coordinate per individuarne la posizione rispetto a Σ, quindi le altre 3 coordinate (poich´e 6 sono i gradi di libert` a) dovranno servire per determinare l’orientamento Figura 4.2 Assi di riferimento degli assi x, y, z, rispetto agli assi ξ, η e ζ, o equivalentemente rispetto ad assi per O paralleli a ξ, η e ζ. Un modo per determinare tale orientamento `e tramite i coseni direttori. Si consideri O = Ω e siano ~ı, ~, ~k e ~ı1 , ~1 , ~k1 i versori di S e di Σ (come in figura), si ha    ~ı ~   ~k

dove     

α1 = ~ı ·~ı1 , β1 = ~ ·~ı1 , γ1 = ~k ·~ı1 ,

= α1~ı1 + α2~1 + α3~k1 = β1~ı1 + β2~1 + β3~k1 = γ1~ı1 + γ2~1 + γ3~k1

α2 = ~ı · ~1 , β2 = ~ · ~1 , γ2 = ~k · ~1 ,

α3 = ~ı · ~k1 , β3 = ~ · ~k1 , γ3 = ~k · ~k1 ,

sono i coseni direttori degli assi solidali col corpo rigido rispetto al sistema fisso Σ. L’insieme di questi 9 coseni direttori specifica l’orientamento di S, ma essi sono legati

29

4.2. SISTEMI DI RIFERIMENTO FISSO E SOLIDALE fra loro dalle relazioni di ortogonalit`a e di modulo unitario dei versori di base, cio`e ( ~ı1 · ~1 = ~1 · ~k1 = ~k1 ·~ı1 = 0 , ~ı1 ·~ı1 = ~1 · ~1 = ~k1 · ~k1 = 1 , ed analoghe per ~ı, ~, ~k (

~ı · ~ = ~ · ~k = ~k ·~ı = 0 , ~ı ·~ı = ~ · ~ = ~k · ~k = 1 .

Se consideriamo tutti i possibili prodotti scalari fra le relazioni che esprimono ~ı1 , ~1 , ~k1 in funzione di ~ı, ~, ~k    ~ı1 = α1~ı + β1~ + γ1~k ~1 = α2~ı + β2~ + γ2~k   ~k = α ~ı + β ~ + γ ~k 1 3 3 3 si ottengono  αl αm + βl βm + γl γm = 0,    l, m = 1, 2, 3, l 6= m, 2 α + βl2 + γl2 = 1,  l   l = 1, 2, 3,

sei equazioni che riducono il numero di parametri indipendenti da nove a tre.

Figura 4.3 Formalmente si possono sintetizzare nell’espressione αl αm + βl βm + γl γm = δlm , dove δlm =



l, m = 1, 2, 3,

(4.2.1)

1, l=m 0 , l 6= m

`e la δ (delta) di Kronecker. Mediante i coseni direttori si possono esprimere le coordinate di un punto in un sistema di riferimento in funzione delle coordinate dello stesso punto nell’altro sistema. Cio`e le coordinate di P rispetto ad S sono date dalle componenti del vettore posizione (P − O) lungo gli assi del sistema. Quindi    x = (P − O) ·~ı = (x′~ı1 + y ′~1 + z ′~k1 ) ·~ı y = (P − O) · ~ = (x′~ı1 + y ′~1 + z ′~k1 ) · ~   z = (P − O) · ~ = (x′~ı + y ′~ + z ′~k ) · ~k 1 1 1 ed in generale

  x y  z

= α1 x′ + α2 y ′ + α3 z ′ = β1 x′ + β2 y ′ + β3 z ′ . = γ1 x′ + γ2 y ′ + γ3 z ′

(4.2.2)

30

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Come abbiamo visto, l’insieme dei nove coseni direttori (pi` u le condizioni di ortogonalit` a) definiscono completamente la trasformazione fra i due sistemi di coordinate. Indichiamo con T la matrice di trasformazione:   α1 α2 α3  β 1 β 2 β3  . γ1 γ2 γ3 T rappresenta una trasformazione lineare ortogonale, a causa della condizione di ortogonalit`a αl αm + βl βm + γl γm = δlm ,

Figura 4.4

l, m = 1, 2, 3. Allora il passaggio da coordinate di un sistema fisso a coordinate solidali con il corpo rigido si ottiene mediante una trasformazione ortogonale. Pu`o convenire a volte di indicare gli elementi della matrice con il solito simbolo aij , indice di riga, j indice di colonna; e (x, y, z) con (x1 , x2 , x3 ) = {xi }, ecc. Siano {~ei } ed {~e′i } le due basi ortogonali, corrispondenti al sistema solidale e al sistema fisso, legate fra loro dalla relazione 3 X aij ~ej′ , i = 1, 2, 3 , ~ei = j=1

allora il sistema (??) diventa

xi =

3 X

aij x′j ,

i = 1, 2, 3 ,

j=1

e la (??) 3 X

aij aik = δjk ,

j, k = 1, 2, 3 .

i=1

Il passaggio dalle coordinate solidali a quelle fisse `e quindi dato, tramite la matrice trasposta aTij , da 3 X ′ aTij xi , j = 1, 2, 3 . xj = i=1

Nota 4.1 Richiami di calcolo matriciale. richiami Con T−1 e con TT indichiamo la matrice inversa e la matrice trasposta della matrice T, per le cui definizioni rimandiamo al corso di Geometria. Le condizioni di ortogonalit` a si esprimono in forma compatta con TT T = I T T −1 −1 da cui T = T TT = T , cio` e la matrice inversa di una matrice ortogonale coincide con la matrice trasposta. Pu` o essere necessario di dovere trasformare un operatore T in seguito ad un cambiamento di coordinate. Sia A la matrice che trasforma il sistema di coordinate e sia ~ v′ il trasformato tramite T di ~v ~ v′ = T~ v Applicando A , si ha A~ v′ = ATA−1 A~ v e si pu` o intendere ATA−1 come la nuova forma assunta da T nel nuovo riferimento: T′ = ATA−1 . Ogni trasformazione di questo tipo ` e detta trasformazione di similitudine.

31

4.3. ROTAZIONE NEL PIANO

4.3

Rotazione nel piano

Consideriamo qui una particolare trasformazione del piano. Innanzitutto ricordiamo che l’usuale spazio R2 `e identificabile con un piano geometrico π, una volta che su quest’ultimo sia stato fissato un sistema di riferimento (O,~ı, ~), con la corrispondenza fra una coppia di R2 ed i punti del piano π data da (x, y) ∈ R2 ⇐⇒ O + x~ı + y~ ∈ π . In generale per interpretare geometricamente una trasformazione da R2 in s´e, `e dunque necessario specificare quale sistema di riferimento nel piano π deve essere considerato sia prima che dopo avere applicato la trasformazione. Vedremo nel seguito come la possibilit`a di cambiare il sistema di riferimento porta a pi` u interpretazioni geometriche di una stessa trasformazione. Consideriamo la trasformazione T : R2 → R2   cos ϕ − sin ϕ T= . sin ϕ cos ϕ come trasformazione del piano R2 in s´e. Sia P un punto di coordinate (x, y), allora le coordinate del punto trasformato P ′ = TP sono date da  ′       x cos ϕ − sin ϕ x x cos ϕ − y sin ϕ = T(x, y) = = , y′ sin ϕ cos ϕ y x sin ϕ + y cos ϕ (x′ , y ′ ) sono le coordinate rispetto allo stesso sistema di riferimento (O,~ı, ~). Cio`e se sul piano π si considera uno stesso sistema di riferimento (sia per l’interpretazione di P che di P ′ ) si ha che T corrisponde all’operazione geometrica P = O + x~ı + y~ → P ′ = (x′ , y ′ ) = O + (x cos ϕ − y sin ϕ)~ı + (x sin ϕ + y cos ϕ)~ che consiste nella rotazione del piano π in senso positivo (antiorario) di un angolo ϕ. D’altra parte, possiamo anche considerare su π il sistema (O,~ ı, ~) per   l’interpretazione di P ≡ xy , mentre per l’interpretazione del trasformato di P si pu` o considerare il sistema ruotato di un angolo −ϕ : (O,~ı ′ , ~ ′ , ~k ′ ). In questo caso si ha  ~ı ′ = cos(−ϕ)~ı + sin(−ϕ)~    = cos ϕ~ı − sin ϕ~ ~ ′ = − sin(−ϕ)~ı + cos(−ϕ)~    = sin ϕ~ı + cos ϕ~ (4.3.1) Il punto P , nel piano π, visto come punto di (O,~ı, ~), ha le coordinate (x, y) che diventano (x′ , y ′ ) nel nuovo riferimento (O,~ı ′ , ~ ′ ). Figura 4.5

32

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Se esprimiamo il punto di coordinate (x′ , y ′ ) nel nuovo sistema di riferimento (O,~ı ′ , ~ ′ ) (ruotato di ϕ in senso orario) in funzione del sistema (O,~ı, ~) tramite le (??) si ha P′

= x′~ı ′ + y ′~ ′ = (x cos ϕ − y sin ϕ)~ı ′ + (x sin ϕ + y cos ϕ)~ ′ = (x cos ϕ − y sin ϕ)(cos ϕ~ı − sin ϕ~) + (x sin ϕ + y cos ϕ)(sin ϕ~ı + cos ϕ~) = x~ı + y~ ,

e si trova nuovamente il punto P nel sistema (O,~ı, ~). Allora, la trasformazione geometrica di rotazione in senso antiorario nello stesso sistema di riferimento corrispondente a T non si riduce altro che alla banale applicazione identica, se vista nel nuovo sistema di riferimento. Quindi, la trasformazione T `e l’espressione di una effettiva rotazione geometrica antioraria di un angolo ϕ di un piano geometrico π, se su questo si considera un sistema di riferimento fisso; mentre T rappresenta il passaggio da vecchie coordinate a nuove coordinate di tutti i punti geometrici di π (e che da un punto di vista geometrico rimangono fissi), nel caso si passi da un sistema di riferimento (O,~ı, ~) ad un nuovo sistema (O,~ı ′ , ~ ′ ) ruotato in senso antiorario di un angolo −ϕ (ovvero in senso orario di un angolo ϕ). Per concludere, la trasformazione T corrisponde ad una rotazione antioraria (positiva) di un angolo ϕ quando `e applicata al sistema di coordinate fissate nel piano R2 , se invece il sistema di coordinate viene ruotato in senso orario di una angolo ϕ, rappresenta il passaggio alle nuove coordinate. Si consideri ora un sistema di riferimento R′′ ruotato di un angolo ϕ in senso positivo (antiorario). La matrice di trasformazione tra la base (~ı, ~ ) e la nuova base (~ı ′′ , ~ ′′ )  ′′     ~ı cos ϕ sin ϕ ~ı = , ~′′ − sin ϕ cos ϕ ~

33

4.4. GLI ANGOLI DI EULERO

`e proprio la matrice trasposta TT corrispondente alla trasformazione di rotazione T del piano π in s´e, di un angolo ϕ. Esempio 4.1 Mostriamo con un esempio cosa vuol dire ruotare punti o ruotare il sistema. Consideriamo il punto (1, 0, 0) (che corrisponde al vertice del vettore ~ı dell’asse x), moviamo il punto con una rotazione del piano intorno all’asse ζ (di un angolo ψ)      cos ψ − sin ψ 0 1 cos ψ  sin ψ cos ψ 0   0  =  sin ψ  . 0 0 1 0 0

Il punto (0, 0, 0) va a finire in (cos ψ, sin ψ, 0), ovvero il vettore di base ~ı si trasforma in cos ψ~ı1 + sin ψ~1

(riferito sempre al sistema originario). Verifichiamo cosa succede se trasformo la terna (~ı1 , ~1 , ~k1 ) con una rotazione positiva.    ~ı1 cos ψ sin ψ 0  − sin ψ cos ψ 0   ~1  . ~k1 0 0 1

La nuova terna ruotata (~ı, ~, ~k) `e quindi legata a quella originaria da   ~ı = cos ψ~ı1 + sin ψ~1 ~ = − sin ψ~ı1 + cos ψ~1 .  ~ k = ~k1

4.4

Gli angoli di Eulero

Prima di studiare il moto di un corpo rigido `e necessario scegliere tre parametri indipendenti con cui descrivere le configurazioni del corpo, (tre coordinate sono gi`a servite per individuare la posizione di un suo punto O).

Figura 4.6 Angolo di precessione

Siano Σ ed S i sistemi con origine in O, rispettivamente fisso e solidale con il corpo rigido, che supponiamo inizialmente coincidenti. Per passare da Σ ad S sono sufficienti tre successive rotazioni eseguite secondo un ordine ben preciso. I tre angoli, corrispondenti alle tre successive rotazioni (in senso antiorario), sono detti angoli di Eulero (Leonard Euler, Basilea 1707 - Pietroburgo 1783).

34

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

ROTAZIONE del sistema S intorno all’asse ζ = z, matrice  cos ψ sin ψ A1 =  − sin ψ cos ψ 0 0

di un angolo ψ rappresentata dalla  0 0  . 1

ψ = Angolo di PRECESSIONE, 0 < ψ < 2π. La matrice di rotazione A1 applicata ai versori di base di Σ d` a i versori del sistema ruotato in senso antiorario di ϕ, in quanto A1 indica i coseni direttori della nuova terna S rispetto a Σ.

2. ROTAZIONE degli assi x, y, z intorno all’asse x, di un angolo θ, rappresentata dalla matrice   1 0 0 sin θ  . A2 =  0 cos θ 0 − sin θ cos θ θ = Angolo di NUTAZIONE, 0 < θ < π.

Figura 4.7 Angolo di nutazione

3. ROTAZIONE degli assi x, y, z intorno al (nuovo) asse z, di un angolo ϕ rappresentata dalla matrice 

cos ϕ A3 =  − sin ϕ 0

 sin ϕ 0 cos ϕ 0  . 0 1

ϕ = Angolo di ROTAZIONE PROPRIA, 0 < ϕ < 2π. Figura 4.8 Angolo di rotazione propria

35

4.5. MOTI RIGIDI

Viceversa, per portare la terna S a coincidere con la terna fissa Σ, si pu` o ruotando la terna S di un angolo −ϕ intorno a z, restando invariati ψ e θ, l’asse x si sovrappone alla cosiddetta linea dei nodi n; ruotando S di un angolo −θ intorno ad x, restando invariati ϕ = 0 e ψ, si porta l’asse z a coincidere con l’asse ζ; infine ruotando di un angolo −ψ intorno all’asse z ≡ ζ, si porta l’asse y a coincidere con l’asse fisso η e l’asse x a coincidere con l’asse fisso ξ. Cos`ı la terna S `e stata portata a coincidere con la terna Σ con tre rotazioni tra loro indipendenti, quindi i tre angoli ψ, θ, e ϕ possono essere assunti come coordinate lagrangiane atte ad esprimere l’orientamento di uno spazio rigido S rispetto ad un altro spazio rigido Σ. I tre angoli ψ, θ, e ϕ sono detti angoli di Eulero. La trasformazione diretta che porta Σ a sovrapporsi sulla terna S pu` o essere intesa come la composizione delle tre rotazioni sopra definite:

T = A3 A2 A1 .

La trasformazione che si ottiene `e ancora una trasformazione ortogonale, la cui rappresentazione matriciale `e data dalla seguente espressione



cos ϕ cos ψ − sin ϕ sin ψ cos θ  − sin ϕ cos ψ − cos ϕ sin ψ cos θ sin θ sin ψ

cos ϕ sin ψ + sin ϕ cos ψ cos θ − sin ϕ sin ψ + cos ϕ cos ψ cos θ − cos ψ sin θ

 sin ϕ sin θ cos ϕ sin θ  , cos θ

che, letta per righe d` a i coseni direttori della terna solidale S rispetto alla terna fissa Σ e letta per colonne d` a i coseni direttori della terna Σ rispetto alla terna S. In conclusione, sia S la terna solidale con un corpo rigido, per individuare S rispetto al riferimento fisso Σ occorrono le 3 coordinate di O ed i 3 angoli di Eulero, cio`e 6 coordinate libere, tante quante sono i gradi di libert` a del corpo rigido.

4.5

Moti rigidi

Si dice moto rigido il moto di un qualsiasi corpo rigido S. Dopo quanto detto precedentemente, si associa al corpo rigido un sistema solidale S con il corpo stesso, e quindi lo studio del moto di S `e ricondotto allo studio del moto del sistema solidale S rispetto a Σ. In un corpo rigido in movimento `e possibile esprimere la velocit` a e l’accelerazione di ogni punto di S. In generale, se S non `e costituito da un numero finito di punti, per i quali sia semplice esprimere le grandezze cinematiche suddette, occorre assegnare le leggi costitutive che caratterizzano a priori le propriet` a geometriche o fisiche di S e dedurre da queste, e dalle definizioni generali, la velocit` a e l’accelerazione di ogni singolo punto. Comunque per determinare il moto `e necessario conoscere sia la configurazione che l’atto di moto iniziali di ogni punto del sistema.

36

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Sia S un sistema rigido, continuo o discreto. La velocit` a di un qualsiasi punto P dello spazio solidale S si pu` o esprimere mediante la velocit` a ~v (O) del punto O rispetto a Σ, pi` u un altro vettore che dipender`a dalle variazioni dei versori solidali rispetto al sistema fisso Σ. Premettiamo il seguente teorema. Teorema 4.5.1 In ogni moto rigido esiste uno ed un solo vettore ~ω, dipendente dal tempo, tale che per ogni versore solidale ~e si ha d~e =~ ω ∧ ~e . dt

(4.5.1)

Dimostrazione. Poich´e la derivata di un versore `e sempre ortogonale al versore stesso, relativamente ai versori ~ı, ~, e ~k, esisteranno opportuni vettori ~ω1 , ~ω2 , e ~ω3 tali che d~k = ~ω3 ∧ ~k . dt

d~ = ~ω2 ∧ ~ , dt

d~ı =~ ω1 ∧~ı , dt

(4.5.2)

Teniamo ora conto delle relazioni di ortogonalit`a fra i versori ~ı, ~, e ~k, ~ı · ~ = 0,

~ · ~k = 0,

~k ·~ı = 0,

derivando (rispetto al tempo) si ha d~ d~ı · ~ +~ı · = 0, dt dt

d~ ~ d~k · k + ~ · = 0, dt dt

d~k d~ı ·~ı + ~k · = 0. dt dt

(4.5.3)

Sostituendo le (??) nella prima delle (??) ω1 ∧~ı · ~ +~ı · ~ω2 ∧ ~ = 0 , ~ ed esprimendo ~ ωi secondo le componenti ~ωi = pi~ı + qi~ + ri~k, si ottiene (r1~ − q1~k) · ~ +~ı · (−r2~ı + p2~k) = 0, ovvero r1 − r2 = 0 =⇒ r1 = r2 . Operando in maniera analoga con le altre relazioni in (??), si ottiene p2 = p3 ,

q1 = q3 .

E quindi p = p2 = p3 ,

q = q1 = q3 ,

r = r1 = r2 .

Poich´e i vettori ~ ωi nelle (??) possono essere definiti a meno della componente i-esima, possiamo scegliere p1 = p, q2 = q, r3 = r. Quindi in conclusione si pu` o definire ω ~ = p~ı + q~ + r~k .

37

4.5. MOTI RIGIDI A questo punto `e facile derivare la formula (??) per ogni versore solidale, ~e = e1~ı + e2~ + e3~k , infatti si ha d~e dt

d~ı d~ d~k + e2 + e3 = e1 ~ω ∧~ı + e2 ~ω ∧ ~ + e3 ~ω ∧ ~k dt dt dt  = ω ~ ∧ e1~ı + e2~ + e3~k = ~ω ∧ ~e.

= e1

Rimane da provare che il vettore trovato `e unico. Sia ~ω ′ un secondo vettore che soddisfa la (??), allora si ha contemporaneamente d~e = ~ω ∧ ~e , dt

d~e = ~ω ′ ∧ ~e. dt

(4.5.4)

Sottraendo membro a membro si ottiene [~ω − ω ~ ′ ] ∧ ~e = 0, e per l’arbitrariet` a del versore ~e, ′ si ha ~ ω=ω ~ . La formula (??) `e nota col nome di formula di Poisson (Sim´eon Denis Poisson, Pithiviers, Loiret, 1781 - Paris, 1840). La formula di Poisson caratterizza completamente i versori solidali, infatti se ~e `e un versore che si muove rispetto al sistema fisso Σ in modo da soddisfare istante per istante la (??), allora si pu` o mostrare che il versore ~e `e un versore solidale. Il vettore ~ ω si pu` o esprimere anche nella forma seguente !     d~k d~ı d~ ~ · k ~ı + ·~ı ~ + · ~ ~k . (4.5.5) ω= ~ dt dt dt Presentiamo ora, per i pi` u curiosi, una dimostrazione diversa della formula di Poisson, che ha il vantaggio di ricavare il vettore ω ~ nella forma analitica (??). Problema 4.5.1 Sia ~ı un versore della terna solidale S, esprimere la Poich´ e la derivata di un versore ` e ortogonale al versore stesso, si ha derivata d~ı tramite le sue componenti rispetto a ~ı, ~, ~k.

d~ı dt

d~ı . dt · ~ı = 0. Esprimiamo poi il vettore

dt

d~ı = dt



„ « „ « „ « « „ « d~ı d~ı d~ı d~ı ~ ~ d~ı ~ ~ ·~ı ~ı + · ~ ~ + ·k k = · ~ ~ + ·k k. dt dt dt dt dt

Derivando ~k ·~ı = 0

(4.5.6)

d~k d~ı ·~ı = − · ~k , dt dt

e quindi la (??) diventa d~ı = dt



« d~ı · ~ ~ − dt

! d~k ·~ı ~k . dt

(4.5.7)

! d~k ·~ı ~ ∧~ı . dt

(4.5.8)

Sostituendo poi ~ = ~k ∧~ı e −~k = ~ ∧~ı d~ı = dt



« d~ı · ~ ~k ∧~ı + dt

Per ottenere una espressione formalmente ciclica si pu` o aggiungere il termine nullo d~ı = dt

"„

« d~ ~ · k ~ı + dt

! „ « # d~k d~ı ·~ı ~ + · ~ ~k ∧~ı dt dt



d~  dt

” · ~k ~ı ∧~ı, ottenendo

38

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI ~

d~  e ddtk , otteniamo la stessa espressione che denotiamo con il Se ripetiamo lo stesso ragionamento per dt simbolo ω ~: ! „ « „ « d~ ~ d~k d~ı ω ~ = (4.5.9) · k ~ı + ·~ı ~ + · ~ ~k . dt dt dt

Con questa espressione ` e facile esprimere ω ~ in funzione di una coordinata angolare, ad esempio nel caso di una rotazione del piano di un angolo ϕ.

Problema 4.5.2 Determinare il vettore ω ~ , nel caso di un moto di rotazione.

Si consideri il caso particolare di una rotazione intorno ad un asse fisso, passante per Ω (vedi figura). Indichiamo come al solito con (O; x, y, z) la terna mobile e con (Ω; ξ, η, ζ) la terna fissa. L’asse z ` e diretto secondo l’asse di rotazione (fisso, ortogonale al foglio e coincidente con l’asse ζ). Scegliendo il senso antiorario di rotazione, l’angolo scelto ϕ cresce nel verso positivo delle rotazioni (antiorario). Indichiamo con p, q ed r le componenti di ω ~ nel sistema mobile: ω ~ = p~ı + q~ + r~k. Ricordando il legame fra i versori solidali e quelli fissi in funzione dell’angolo ϕ fra l’asse ζ e l’asse x, 8 ~ı = cos ϕ~ı1 + sin ϕ ~1 < ~ = − sin ϕ~ı1 + cos ϕ ~1 : ~k = ~k1 (4.5.10)

si ottiene facilmente, dalla (??) p

=

q

=

r

=

d~ ~ · k = ϕ(− ˙ cos ϕ~ı1 − sin ϕ ~1 ) · ~k1 = 0 dt d~k1 d~k ·~ı = ·~ı = 0 dt dt d~ı · ~ = (−ϕ˙ sin ϕ~ı1 + ϕ˙ cos ϕ ~1 ) · (− sin ϕ~ı1 + cos ϕ ~1 ) = ϕ˙ sin2 ϕ + ϕ˙ cos2 ϕ = ϕ˙ . dt

Quindi ω ~ = ϕ˙ ~k = ϕ˙ ~k1 .

Problema 4.5.3 Esprimere il vettore ω ~ , che caratterizza il moto rigido dell’asta AB vincolata, come in figura, a muoversi con gli estremi su due assi perpendicolari.

Scelto l’angolo ϕ, le relazioni fra i versori solidali e fissi sono 8 < :

quindi dalla formula (??) per ω ~ si ottiene

~ı = sin ϕ~ı1 − cos ϕ ~1 ~ = cos ϕ~ı1 + sin ϕ ~1 ~k = ~k1

(4.5.11)

4.6. FORMULA FONDAMENTALE DEI MOTI RIGIDI

p

=

q

=

r

= =

39

d~ ~ · k = (−ϕ˙ sin ϕ~ı1 + ϕ˙ cos ϕ ~1 ) · ~k1 = 0 dt d~k ·~ı = 0 dt d~ı · ~ = (ϕ˙ cos ϕ~ı1 + ϕ˙ sin ϕ~1 ) · (cos ϕ~ı1 + sin ϕ ~1 ) dt ϕ˙ cos2 ϕ + ϕ˙ sin2 ϕ = ϕ˙

da cui

ω ~ = ϕ˙ ~k = ϕ˙ ~k1

Lasciamo al lettore di verificare che con una scelta diversa dell’angolo, ad esempio, ψ, α, e φ come in figura si ha ω ~

=

ω ~

=

−ψ˙ ~k = −ψ˙ ~k1 α˙ ~k = α˙ ~k1

ω ~

=

−φ˙ ~k = −φ˙~k1 .

Si ricordi la seguente REGOLA GENERALE. Se l’angolo scelto ϕ cresce quando il sistema solidale ruota in senso antiorario (positivo secondo le nostre convenzioni), allora si ha ω ~ = +ϕ˙ ~k , altrimenti se decresce si ha ω ~ = −ϕ˙ ~k.

4.6

Formula fondamentale dei moti rigidi

Si considerino due punti generici del sistema rigido; derivando rispetto al tempo il vettore solidale (P − O) , si ha d(P − O) = ~ω ∧ (P − O), dt dove ~ ω `e il vettore corrispondente alla variazione dei versori solidali definito dalla (??). Si ottiene cos`ı la formula fondamentale dei moti rigidi ~v (P ) = ~v (O) + ω ~ ∧ (P − O) ,

(4.6.1)

che esprime la velocit` a di un qualunque punto P del sistema S mediante la velocit` a ~v (O) di un altro punto O di S ed il vettore ~ω = ~ω(t), (si ricordi che O `e un punto qualsiasi del sistema rigido, anche se spesso con il punto O viene indicata l’origine del sistema solidale). Quindi se il moto `e rigido, allora vale la (??). Viceversa valga la (??), proviamo che il moto `e rigido. Moltiplicando scalarmente la (??) per (P − O), si ha ~v (P ) · (P − O) = ~v (O) · (P − O) , (4.6.2) [~v (P ) − ~v (O)] · (P − O) = 0 . Quest’ultima equivale a   d 1 (P − O) · (P − O) = 0 , dt 2

ovvero a kP − Ok = costante (indipendente dal tempo), che caratterizza i corpi rigidi. I vettori ~v (O) ed ~ ω che compaiono nella (??) (e dipendono in genere dal tempo) caratterizzano completamente il moto rigido e sono dette le caratteristiche del moto rigido, ~v (O) `e la caratteristica di traslazione ed ~ω `e la caratteristica di rotazione. Assegnare la velocit` a ~v (O) = ~v (O)(t) di un qualsiasi punto O e la velocit` a angolare ω ~ (t), significa caratterizzare completamente uno degli ∞6 moti possibili del sistema rigido.

40

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Derivando rispetto al tempo ambo i membri della (??) si ottiene l’espressione per l’accelerazione del punto P ~a(P ) = ~a(O) + ~ ω˙ ∧ (P − O) +~ ω ∧ {~ ω ∧ (P − O)} nel sistema Σ. L’accelerazione di P `e espressa in funzione dell’accelerazione ~a(O) di O, della velocit` a di rotazione ~ω e della sua derivata ~ ω˙ . Il termine ω ~ ∧ {~ ω ∧ (P − O)} `e detto termine centripeto ed `e diretto da P verso l’asse parallelo ad ~ ω per O. Torniamo alla formula fondamentale dei moti rigidi. La (??) ~v (P ) · (P − O) = ~v (O) · (P − O) , pu` o essere interpretata nel seguente modo. La componente della velocit` a di due punti qualsiasi P ed O secondo la direzione individuata dai due punti `e uguale; questa componente pu` o variare da coppie di punti a coppie di punti, ma si mantiene uguale per tutti quei punti appartenenti alla stessa retta. Nella figura si mostra come le velocit` a di due punti di un corpo rigido non possono essere assegnate in modo qualsiasi, le componenti di tali velocit` a sulla retta dei due punti devono essere uguali. Consideriamo il caso in cui ~ ω(t) 6= 0. Un’altra propriet` a che si pu` o facilmente derivare dalla formula fondamentale si ottiene moltiplicando scalarmente ambo i membri della (??) per ~ω: ~v (P ) · ω ~ = ~v (O) · ~ω , ovvero, all’istante t , la componente della velocit` a secondo ~ω `e la stessa. Questa componente (scalare) risulta invariante al variare di O, ed `e detta invariante scalare del sistema S, all’istante t. Indicato il componente della velocit` a secondo la direzione di ~ω ~vp =

~v (O) · ~ω ~ω , ~ω 2

tale componente parallela ad ~ ω non varia al variare di O ed `e detta invariante vettoriale. Indicato con ~vn (O), il componente di ~v (O) normale alla direzione ~ω , la formula (??) si pu` o scrivere ~v (P ) = ~vp + ~vn (O) + ~ω ∧ (P − O). Il termine di variazione ω ~ ∧ (P − O) influisce solamente sulla parte normale ~vn (O), quindi `e naturale domandarsi se esistono punti Q dello spazio la cui velocit` a si riduca alla sola parte ` noto dal calcolo vettoriale parallela ~vp (che eventualmente potr` a essere anche nulla). E che, nel nostro caso in cui ~vn (O) ed ~ ω sono fra loro ortogonali, l’equazione ~vn (O) = (Q − O) ∧ ω ~ ,

(4.6.3)

nell’incognita (Q − O), con ~ ω 6= O, ha infinite soluzioni. Poich´e, moltiplicando scalarmente per (Q − O) la (??), si ha ~vn (O) · (Q − O) = 0, i punti Q soluzioni di (??) stanno su un piano normale ad ~vn (O). Se π `e il piano per O ortogonale alla direzione di ~vn (O), `e

4.7. RIGATA FISSA E RIGATA MOBILE

41

sufficiente individuare un punto A su tale piano che soddisfi la (??), di modo che (A − O), ω ~ e ~vn (O) costituiscano una terna destrorsa e (A − O) ∧ ~ω = ~vn (O) .

(4.6.4)

Moltiplicando vettorialmente a destra per ~ω , l’equazione (??), si ha [(A − O) · ~ω]~ω − [~ω · ~ω ](A − O) = ~vn (O) ∧ ω ~ ω 2 (A − O) = ~ω ∧ ~vn (O) , ed anche

~ω ∧ ~v (O) ω ~ ∧ ~vn (O) = . ω2 ω2 La retta passante per A parallela ad ~ω ha l’equazione (A − O) =

(P − A) = λ~ω

(4.6.5)

(4.6.6)

dove P ≡ (x, y, z) `e un punto generico della retta ed A ≡ (xA , yA , zA ) `e soluzione di (??). In termini di coordinate, assunto O come origine delle coordinate, siano ωx , ωy , ωz le componenti di ~ ω , che supponiamo tutte diverse da zero, l’equazione della retta cercata x − xA y − yA z − zA = = , ωx ωy ωz

(4.6.7)

dove

ωy vz − ωz vy ωz vx − ωx vz ωx vy − ωy vx , yA = , zA = ; ω2 ω2 ω2 con ~v (O) = vx~ı + vy~ + vz ~k ed ω 2 = ωx2 + ωy2 + ωz2 . Lasciamo al lettore di adattare le formule (??) al caso in cui, nel nostro sistema di riferimento, si annullino alcune delle componenti del risultante ~ ω. La retta che abbiamo individuato, all’istante t, `e il luogo dei punti che si muovono con velocit` a ~vp . Questa retta `e detta asse istantaneo di moto (o asse di Mozzi), la cui esistenza `e assicurata istante per istante quando sia ~ω(t) 6= 0, essa `e parallella ad ω ~ , ed i suoi punti o sono istantaneamente fermi (quando ~vp = 0) o si muovono con velocit` a ~vp parallela ad ~ ω. xA =

Se ricordiamo la definizione di asse centrale, come luogo dei punti dello spazio rispetto ai quali il ~ ovvero si riduce alla sola parte parallela e che quindi momento risultante ` e parallelo al vettore risultante R, ha il modulo minimo, si vede la perfetta analogia con l’asse istantaneo di moto. Quindi la derivazione dell’asse di moto ` e perfettamente analoga a quella dell’asse centrale, con la sola differenza che qui i vettori (velocit` a invece dei momenti) sono dipendenti dal tempo e quindi l’asse ha la caratteristica di essere calcolato istante per istante. Vedremo poi cosa succede al variare del tempo di questa asse di moto.

4.7

Rigata fissa e rigata mobile

Abbiamo visto che quando ~ ω 6= 0 esiste una retta, all’istante t, i cui punti hanno velocit` a diretta secondo il vettore ~ ω, di equazione P (t) − O(t) =

ω ~ (t) ∧ ~v (O)(t) + λ~ω (t). ω 2 (t)

(4.7.1)

Con riferimento al sistema fisso Σ, il luogo delle successive posizioni dell’asse di istantanea rotazione `e una superficie rigata, che viene detta rigata fissa del moto. Analogamente

42

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

nel sistema S solidale al corpo rigido, le posizioni dell’asse di istantanea rotazione generano un’altra rigata, detta rigata mobile del moto. Nella rappresentazione del sistema S mobile rispetto a Σ, all’istante t, le rigate fissa e mobile hanno la stessa generatrice, lungo la quale le due rigate sono a contatto. Durante il moto, i punti di tale asse o subiscono un momentaneo arresto oppure hanno velocit` a parallela all’asse stessa, quindi o le due rigate non strisciano l’una sull’altra o al pi` u possono slittare l’una sull’altra lungo la generatrice di contatto. In ogni caso per effetto della rotazione ~ ω , la rigata mobile solidale con il corpo rigido ruota dell’angolo ωdt intorno all’asse nell’intervallo di tempo infinitesimo dt. In questa rotazione vengono a contatto le due nuove generatrici infinitamente Figura 4.9 Rigate di moto vicine. In conclusione in un moto rigido, la rigata mobile rotola sulla rigata fissa, scorrendo lungo la generatrice di contatto con velocit` a vp = ~v (O) · ~ω . Questi aspetti sono alla base della trasmissione dei movimenti rigidi, mediante l’accoppiamento di superficie rigate, di interesse in Meccanica Applicata.

4.8

Ancora sulle rigate del moto

L’equazione P (t) − O(t) =

~ω (t) ∧ ~v (O)(t) + λ~ω (t). ω 2 (t)

(4.8.1)

al variare di λ d` a una retta parallela ad ~ω e passante per A. Al variare del tempo la retta genera una superficie.

43

4.8. ANCORA SULLE RIGATE DEL MOTO

Indichiamo con σΣ la superficie generata dalla retta per P (t) nel sistema fisso Σ, e con σS la superficie generata dalla retta per P (t) nel sistema mobile S; e distinguiamo PΣ (t) da PS (t) per indicare quando vediamo il punto P (t) come visto dal sistema fisso e dal sistema mobile, rispettivamente. In ogni istante il punto P d` a un PΣ (t) in Σ ed un PS (t) in S. Passando alle rette, sia r(t) la retta ottenuta al variare di λ, all’istante t. All’istante di tempo t1 si ha r(t1 ) = rΣ (t1 ) = rS (t1 ) , ovvero l’asse istantaneo di moto si pu` o vedere sia come retta nel sistema fisso Σ, sia come retta nel sistema mobile S. In un istante di tempo successivo t2 > t1 , la retta r(t2 ) `e in genere diversa da r(t1 ). La retta r(t1 ) = rS (t1 ) ha perso la propriet` a di essere asse istantaneo di moto, comunque rΣ (t1 ) e rS (t1 ) rimangono due rette delle due superficie σΣ e σS . La nuova retta r(t2 ) ha ora la propriet` a di essere asse istantaneo di moto, che rΣ (t1 ) e rS (t1 ) hanno perso e che rΣ (t2 ) e rS (t2 ), che coincidono all’istante t2 , hanno in questo istante. Disegnamo all’istante t la superficie σΣ e la superficie σS a contatto, lungo la retta r(t). Vediamo ora il moto del punto P = P (t), fissato un certo valore di λ, come punto che ha la propriet` a di appartenere all’asse istantaneo di moto all’istante t. Quel punto dell’asse istantaneo di moto, ovvero che ha la propriet` a di appartenere all’asse istantaneo di moto, si sposta sia su σΣ , che su σS , con velocit` a (in genere diverse), che indichiamo con ~vΣ (P )

e

~vS (P )

all’istante t .

Con riferimento alla figura, ~vΣ (P ) indica la velocit` a con cui il punto P , quello che ha la propriet` a di appartenere all’asse istantaneo, si sposta su σΣ , ~vS (P ) indica la velocit` a con cui il punto P si sposta su σS . La velocit` a relativa ~vS (P ) e la velocit` a assoluta ~vΣ (P ) sono legate dalla relazione ~vΣ (P ) = ~vS (P ) + ~vT (P ), (4.8.2)

44

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

dove la velocit` a di trascinamento ~vT `e proprio data dalla componente parallela della velocit` a ~v (O) · ω ~ ~ω , ~vp = ~ω 2 cio`e il punto P si muove sull’asse istantaneo di moto di trascinamento con velocit` a pari alla componente parallela (di P , come punto del corpo rigido).

Le due superficie mobile e fissa sono tangenti fra loro istante per istante, la superficie mobile rotola su quella fissa, durante il moto, e, se la parte parallela `e diversa da zero, allora i punti della retta generatrice della rigata mobile slittano sulla generatrice della rigata fissa con velocit` a ~vp . Nota 4.2

Si osservi fin da ora, che nel caso di moti con invariante scalare nullo (vedi avanti i moti rigidi piani) allora ~ vΣ (P ) = ~ vS (P ), ed il centro istantaneo di moto ` e istantaneamente fermo.

Figura 4.10 Punti sulla generatrice

4.9

Moti rigidi: casi particolari

Traslazioni: ~ ω = 0. Il moto rigido conserva le direzioni ed in ogni istante si ha ~v (P ) = ~v (O) . In questo caso l’asse istantaneo di moto `e indeterminato, come nel caso analogo dell’asse centrale indeterminato quando il risultante `e nullo. Precessioni. Si chiama moto di precessione (o moto polare) ogni moto rigido con un punto fisso. Sia O il punto fisso ed ~ ω 6= 0, allora la formula fondamentale del corpo rigido diventa ~v (P ) = ~ ω ∧ (P − O), e l’asse di istantanea rotazione passa per il punto fisso O. In questo caso le rigate sono due coni (detti coni di Poinsot ) non necessariamente rotondi, con il vertice comune in O e tangenti fra loro lungo la generatrice che nell’istante considerato coincide con l’asse di moto.

Figura 4.11 Coni di Poinsot

45

4.10. MOTI RIGIDI PIANI

Le precessioni che si ottengono dalla composizione di una rotazione uniforme intorno ad un asse fisso e di una rotazione uniforme intorno ad un asse solidale si dicono precessioni regolari; in questo caso i coni sono rotondi. Rotazioni. Questo `e un caso particolare di precessione con il vettore ~ω con direzione fissa, ovvero la precessione ha un asse fisso. Un punto P descrive una circonferenza intorno all’asse di ω ~ , e per questo motivo ~ ω prende il nome di velocit` a di rotazione. In questo caso i coni di Poinsot degenerano in una retta. Moti elicoidali. Si chiama moto elicoidale il moto rigido che ha fisso l’asse di istantanea rotazione, ma l’invariante scalare ~v (O) · ~ ω `e diverso da zero. Esempio di moto elicoidale `e dato dal moto della vite.

4.10

Moti rigidi piani

Un moto rigido si dice moto rigido piano se le caratteristiche del moto ~v (O) e ~ω sono tali che 1. ~ ω ha direzione costante (nel tempo), 2. ~v (O) · ~ ω = 0. Quindi esiste un versore fisso (o solidale), diciamo ~k, tale che ~ω ∧ ~k = 0, ad ogni istante di tempo. La seconda propriet` a equivale a richiedere che la velocit` a di O, e quindi la velocit` a di ogni altro punto del sistema rigido, sono normali alla direzione ~k dell’asse istantaneo di moto. Si pu` o dimostrare che ogni punto P che inizialmente sta su un piano π (normale a ~k) si mantiene sul piano π anche durante il moto. Inoltre tutti i punti che si trovano sulla stessa retta parallela ad ~ω hanno la stessa velocit` a. Infatti, sia P ′ un punto su tale retta, si ha ~v (P ) = ~v (O) + ~ω ∧ (P − O) , ~v (P ′ ) = ~v (O) + ~ω ∧ (P ′ − O) , e sottraendo membro a membro ~v (P ) − ~v (P ′ ) = ~ω ∧ (P − P ′ ) . Essendo (P −P ′ ) parallelo ad ω ~ , si ha ~v (P ) = ~v (P ′ ). Al piano π (o ad uno ad esso parallelo) si d` a il nome di piano rappresentativo del moto. Si noti che il vettore ~ ω (t) ha direzione costante sia nello spazio fisso che in quello solidale, infatti 

d~ω (t) dt



Σ

=



d~ω (t) dt



S

+ ~ω(t) ∧ ~ω (t) =



d~ω (t) dt



.

S

Nei moti rigidi piani l’invariante scalare ~v (O) · ω ~ `e nullo. L’asse istantaneo di moto mantiene la stessa direzione e viene chiamato asse di istantanea rotazione. L’intersezione di tale asse con il piano rappresentativo π, si chiama centro istantaneo di moto C(t).

46

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

La velocit` a ~vC (t) di tale punto all’istante t `e nulla, quindi per un punto generico P si ha ~vP (t)

= ~vC (t) + ω ~ (t) ∧ (P (t) − C(t)) = ω ~ (t) ∧ (P (t) − C(t)).

Dalla precedente relazione si deduce subito il seguente teorema. Teorema 4.10.1 Teorema di Chasles. Se ~ω 6= 0, la retta per un punto P perpendicolare alla sua traiettoria passa per il centro istantaneo di moto C(t) all’istante t.

Figura 4.12 Rigate cilindriche

Il teorema di Chasles serve per individuare il centro istantaneo di moto nei moti rigidi piani, una volta che si conosca la traiettoria di due punti istante per istante, oppure la loro velocit` a.

Nei moti rigidi piani le rigate del moto sono dei cilindri. Le intersezioni della rigata fissa e della rigata mobile con il piano rappresentativo π sono dette rispettivamente base e rulletta. La rulletta, solidale al piano mobile, rotola senza strisciare sulla base, solidale al piano fisso π. La base e rulletta sono chiamate anche le polari del moto. Le polari caratterizzano il moto dal punto di vista geometrico. Si pu` o dedurre da esse le traiettorie dei punti, ma non le loro leggi orarie.

4.11

Il teorema di Eulero

Abbiamo visto come il moto di un corpo rigido si possa pensare come il moto di un suo punto O composto con il moto del corpo intorno a quel punto. Quindi poniamo l’attenzione a questo moto, cos`ı come se il corpo rigido avesse un punto fisso in O. Sia Σ la terna fissa con origine in O (in generale tale terna si muove di moto traslatorio con velocit` a uguale a quella del punto O) e sia S la terna solidale, si pu` o supporre che inizialmente S coincida con Σ. Istante per istante l’orientamento del corpo, ovvero di S, `e caratterizzato da una matrice ortogonale T dipendente in generale dal tempo. All’istante iniziale T(0) = I cio`e essa coincider`a con l’identit` a I. L’evoluzione di questa matrice, ovvero dei suoi elementi, in dipendenza del tempo d` a il moto del sistema rigido. In accordo con la continuit` a del moto fisico, si suppone che gli elementi di T(t) siano funzioni continue del tempo.

47

4.11. IL TEOREMA DI EULERO

Supponiamo che la matrice evolva, durante il moto, a partire dall’identit` a per t = 0 fino alla forma T(τ ) per t = τ . Sia ~s = (P − O) il vettore posizione di un punto solidale al corpo rigido, T(τ )~s d` a il vettore posizione all’istante τ . Indipendente dal moto che effettivamente il corpo realizza fra t = 0 e t = τ , si pu` o andare dalla configurazione iniziale a quella finale al tempo τ con un semplice moto: quello di rotazione intorno ad un opportuno asse. Questa rotazione pu` o essere ben diversa dal reale movimento che il corpo compie fra i tempi 0 e τ , ma `e un modo semplice per poter raggiungere al tempo τ la configurazione effettiva. Tale rotazione `e assicurata dal seguente teorema.

Figura 4.13 Rotazione intorno all’asse OR

Teorema 4.11.1 Teorema di Eulero. Si consideri un corpo rigido S con un punto fisso. In ogni moto di S, la configurazione raggiunta al tempo τ si pu` o realizzare (anche) con la semplice rotazione del corpo intorno ad un asse prefissato, passante per il punto fisso. Dimostrazione. La dimostrazione si basa su alcune propriet` a delle trasformazioni ortogonali riportate al termine del paragrafo. Sia T(τ ) la matrice relativa alla configurazione raggiunta al tempo τ . Poich´e ogni matrice reale ortogonale ammette l’autovalore 1, se ~r `e l’autovettore corrispondente all’autovalore 1, T(τ )~r = ~r all’istante t = τ , quindi la direzione di ~r `e lasciata invariata dalla trasformazione T(τ ) e d` a proprio l’asse di rotazione cercata. Osservazione 4.1 Tale asse di rotazione (da non confondersi in genere con l’asse di moto o asse di istantanea rotazione) dipende dall’istante τ . Nella figura il corpo, una specie di cartello stradale, `e sdraiato sul piano ξ = 0 al tempo t = 0 e sul piano η = 0 al tempo t = τ . Si pu` o passare dall’una all’altra configurazione ruotando intorno all’asse OR. Da quanto provato possiamo dunque concludere che in generale un qualsiasi spostamento finito di un corpo rigido `e dato dalla somma di una traslazione e di una rotazione, intorno ad un opportuno asse. ` noto dal corso Sia A una matrice reale ortogonale. E di Geometria che A ammette sempre l’autovalore +1. Limitiamoci qui ad elencare i risultati sui quali si basa la propriet` a delle matrici reali ortogonali, diverse dall’identit` a, di avere uno ed un solo autovalore λ = +1. − Una matrice reale 3 × 3 ha almeno un autovalore reale (l’equazione caratteristica ` e una cubica a coefficienti reali). − L’ortogonalit` a di A implica che gli autovalori hanno modulo unitario.

Nota 4.3 Ancora sulle matrici ortogonali

48

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

− Il determinante uguale al prodotto dei tre autovalori ` e ±1, ma non pu` o essere −1 perch´ e una trasformazione con determinante −1 corrisponde ad invertire gli assi in modo da rendere la terna sinistrorsa in destrorsa, o viceversa, e questa inversione non ` e una trasformazione rigida. In altre parole una matrice, inizialmente per t = 0, con determinante +1 non pu` o diventare una matrice con determinante negativo −1 perch´ e il determinante ` e continuo. − Il complesso coniugato di un autovalore ` e ancora un autovalore. − Se la matrice si riduce all’identit` a, allora essa ha l’autovalore 1 triplo, altrimenti avr` a l’autovalore +1 pi` u una coppia di numeri complessi coniugati con prodotto uguale a +1.

4.12

Rotazioni finite ed infinitesime

Sia U una traslazione del corpo rigido, ad essa possiamo associare un vettore ~u, di modo che ogni punto traslato ~x′ sia dato da ~x′ = ~x + ~u. Se consideriamo due traslazioni U1 e U2 con associati i vettori ~u1 e ~u2 , si ha che la composizione delle due traslazioni pu` o essere ` ovvio che nel caso di traslazioni definita da U1 U2 con associato il vettore somma ~u1 +~u2 . E U2 U1 = U1 U2 con lo stesso vettore somma. D’altronde la somma dei vettori `e commutativa e questa propriet` a si ripercuote sulla composizione delle traslazioni. Lo stesso ragionamento non pu` o essere ripetuto per una rotazione R del corpo rigido; vediamone il perch´e. Se pensiamo di associare ad ogni rotazione R un vettore ~r, allora la commutativit`a della somma di due vettori ~r1 , ~r2 implicherebbe la commutativit`a delle rotazioni. E questo `e in genere falso: R2 R1 6= R1 R2 . Si pensi ad esempio alle rotazioni date dalle matrici    0 1 0 1 R1 =  −1 0 0  , R2 =  0 0 0 1 0

si ha



 0 0 0 1  , −1 0

  0 0 1 0 1 R1 R2 =  −1 0 0  = 6 R2 R1 =  0 0 0 1 0 1 0

 0 1  . 0

R1 corrisponde ad una rotazione intorno all’asse z di un angolo pari a π2 (in senso orario) e R2 ad una rotazione intorno all’asse x di un angolo pari a π2 (in senso orario). Quindi non possiamo associare ad una rotazione finita un vettore, cos`ı come si pu` o fare per una generica traslazione. Consideriamo invece una rotazione infinitesima definita da S=I+E con E = {εij }, con i, j = 1, 2, 3, elementi che vanno considerati come infinitesimi. A meno di infinitesimi d’ordine superiore si ha, per S1 = I + E1 e S2 = I + E2 , S1 S2 = S2 S1 = I + E1 + E2 , ovvero per matrici infinitesime vale la propriet` a commutativa. Tale propriet` a permette ora di associare ad ogni rotazione infinitesima un vettore.

49

4.12. ROTAZIONI FINITE ED INFINITESIME

Inoltre S deve essere una trasformazione ortogonale, cio`e ST = S−1 , e quindi poich´e S = I + ET e S−1 = I − E, sempre trascurando gli infinitesimi di ordine superiore: T

ET = −E.

Ovvero ogni matrice corrispondente a rotazioni infinitesime `e antisimmetrica. Facciamo un esempio. Pensiamo alla solita rotazione intorno ad un asse, ad esempio l’asse z. La rotazione finita, di un angolo θ, `e data da 

cos θ  sin θ 0

− sin θ cos θ 0

 0 0  ; 1

la corrispondente rotazione infinitesima, dove dθ `e l’angolo infinitesimo, `e data da 

1  dθ 0

−dθ 1 0

  0 0 0  = I +  dθ 0 1

−dθ 0 0

 0 0  0

la cui corrispondente matrice infinitesima `e chiaramente antisimmetrica. Torniamo al caso generale. Una rotazione infinitesima sar`a caratterizzata al pi` u da tre elementi (quelli fuori della diagonale) che daranno una matrice infinitesima del tipo 

0 E =  dΩ3 −dΩ2

−dΩ3 0 dΩ1

 dΩ2 −dΩ1  0

Con essa vediamo come cambiano le componenti di un vettore ~x = (x1 , x2 , x3 )    x3 dΩ2 − x2 dΩ3 dx1 E~x = d~x =  dx2  =  x1 dΩ3 − x3 dΩ1  , x2 dΩ1 − x1 dΩ2 dx3 

ed `e facile riconoscere la forma delle componenti di un prodotto vettoriale di due vettori. Se definiamo ~ = (dΩ1 , dΩ2 , dΩ3 ) dΩ allora ~ ∧ ~x. d~x = dΩ

50

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

~ Figura 4.14 Vettore Ω

~ ha in realt` Si noti che dΩ a tutte le propriet` a di un vettore tranne che quella di cambiare di segno con una ~ `e detto per inversione degli assi. dΩ questo anche pseudovettore. Si noti altres`ı che nella maggior parte dei casi l’essere non del tutto un vettore non ha alcuna importanza, per ~ come tale. questo noi tratteremo dΩ Quando abbiamo posto il problema di associare un vettore ad una rotazione, si `e pensato di dare a tale vettore la direzione dell’asse di rotazione e di assegnare al suo modulo il valore dell’angolo di rotazione. Siamo riusciti a rappresentare con ~ caratteristico della un vettore dΩ rotazione solo le rotazioni infinitesime. Vediamo come possiamo interpretare direzione e modulo di ~ dΩ.

L’asse di (istantanea) rotazione ha la stessa direzione di dΩ e l’angolo di rotazione ~ . A meno di infinitesimi d’ordine superiore in dΩ, si ha `e dato dal modulo dΩ di dΩ ~ ∧ ~x. d~x `e perpendicolare a dΩ ~ e ad ~x . dx = x sin θdΩ, che coincide con il modulo di dΩ Alla luce di quanto detto, un qualsiasi spostamento finito di un corpo rigido (con un punto fisso) si pu` o pensare come il susseguirsi di tanti spostamenti infinitesimi (detti anche atti istantanei di rotazione). Se ogni spostamento infinitesimo `e una rotazione, allora risulter` a una rotazione anche lo spostamento finito, come accade quando il moto `e di rotazione intorno ad un asse fisso. Per concludere, definiamo ~ dΩ , ~ω = dt allora la velocit` a di un punto di un corpo rigido con O fisso `e data dalla formula ~v (P ) = ~ω ∧ (P − O) che ben conosciamo.

Capitolo 5

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI 5.1

Disco che rotola senza strisciare

Esercizio 5.1 Si consideri un disco di raggio r che si muove rigidamente su un piano, rotolando senza strisciare sopra una guida rettilinea del piano. Il moto rigido in esame `e piano. Sia O il centro del disco e ~vO la sua velocit` a. Se indichiamo con C il punto di contatto del disco con la guida rettilinea, si ha rotolamento puro quando la sua velocit` a istantanea `e nulla, cio`e ~vC = 0. Il punto C `e il centro istantaneo di moto, l’unico punto del disco (e del sistema solidale) ad avere nell’istante considerato velocit` a nulla. Nell’istante considerato `e come se il disco ruotasse intorno al punto C, ma questo solo per un istante, perch´e nell’istante successivo il centro istantaneo di moto C si muove sulla guida con la stessa velocit` a del punto O. Durante il moto il centro istantaneo di moto C percorre la guida nel sistema di riferimento fisso, invece nel sistema di riferimento solidale il punto C percorre la circonferenza di raggio r. Se si studia la traiettoria di un punto del disco, ogni punto P sulla circonferenza γ esterna del disco descrive una cicloide, ogni punto interno alla circonferenza γ descrive una cicloide accorciata, mentre ogni punto esterno a γ descrive una cicloide allungata.

5.2

Disco che rotola e striscia

Esercizio 5.2 Si consideri un disco che si muova rigidamente su un piano, rotolando e strisciando sopra una guida rettilinea del piano.

Figura 5.1 Disco che rotola

Il moto rigido in esame `e piano. Sia O il centro del disco `e ~vO la sua velocit` a, sia Q il punto di contatto fra la guida ed il disco e ~vQ la sua velocit` a. Il centro istantaneo di moto 51

52

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

C si trova sull’intersezione della retta OQ con la congiungente i vertici dei vettori velocit` a ~vO e ~vQ . Infatti se scriviamo la velocit` a del centro istantaneo di moto C tramite la velocit` a di O e di Q si ha ~v (C) = ~vO + ~ω ∧ (C − O) = 0 ,

~v (C) = ~vQ + ~ω ∧ (C − Q) = 0 , e quindi prendendone i moduli

vO = ωCO

e

vQ = ωCQ .

Ne segue che vO CO = . vQ CQ ` facile vedere che il punto C si mantiene E equidistante dal punto O, quindi la circonferenza di centro O e raggio OC rappresenta la rulletta.

Figura 5.2 Ruota che striscia

Inoltre nel sistema fisso, C si mantiene a distanza costante dalla guida. La retta per C parallela alla guida `e la base del moto rigido.

O Nel caso vvQ = costante, il moto del disco con velocit` a di avanzamento vO e di strisciamento vQ pu` o essere realizzato con il rotolamento puro senza strisciamento della rulletta sulla base del moto.

53

5.1. DISCO CHE ROTOLA SENZA STRISCIARE

Figura 5.3 Casi in cui la ruota striscia Nella pratica si pu` o realizzare questo movimento con due ingranaggi, uno fisso pari alla nostra base, ed uno mobile a forma circolare come la rulletta. La teoria degli ingranaggi studia le caratteristiche tecniche della realizzazione di questi dispositivi per la trasmissione dei movimenti. Nella Figura(??) vediamo alcuni casi particolari con ~vO e ~vQ equiversi e non. Il lettore pu` o trovare una simulazione di questi movimenti nel programma DISCO, realizzato da R.Posanzini e S.Tinti nel 1993, presso l’Universit` a di Ancona. Tale programma pu` o essere scaricato dal laboratorio virtuale sito in www.dma.unifi.it/˜ frosali/laboratorio/. Il programma simula un disco che rotola e striscia su una guida orizzontale, un men` u consente di variare le velocit` a di O e di Q, di mostrare la base, la rulletta ed il moto di un qualunque punto solidale al disco.

Nota 5.1

In questo semplice esempio vediamo nei dettagli come si muove il punto che ha la propriet` a di essere centro istantaneo di moto. Facciamo riferimento all’espressione (??) che esprime la velocit` a assoluta e la velocit` a relativa del centro istantaneo di moto tramite la velocit` a di trascinamento. Come abbiamo detto nella nota (??), nel caso dei sistemi piani si verifica ~vΣ (P ) = ~ vS (P ). (5.2.1)

All’istante t 1

All’istante t 2

v0 C(t 1)

v0

C(t 2)

111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 2 1 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111

C(t )

C(t )

Figura 5.4 Disco su di un cuneo Nella figura precedente si mostrano le posizioni del centro istantaneo di moto a due istanti diversi. Ora illustriamo nel sistema solidale e nel sistema fisso la velocit` a del centro istantaneo di moto.

54

CAPITOLO 5.

Nel sistema fisso

Nel sistema solidale S

C(t)

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

C(t+h) vS(C)(t)

C(t)

Figura 5.5 Disco che rotola

Σ

C(t+h) vΣ(C)(t)

Figura 5.6 Disco che rotola

Con riferimento alla Nota ??, si osservi che il centro istantaneo di moto (come punto che ha la propriet` a di essere istantaneamente fermo) si muove con velocit` a~ vO rispetto a Σ e con velocit` a ~vO rispetto ad S. Come conseguenza si ha anche per il punto C come punto del corpo rigido

~ v (C) = ~ vΣ (C) − ~ vS (C) = ~vO − ~vO = 0 .

5.3

Moto di un’asta con gli estremi di muoversi su due assi ortogonali

Determinare il centro istantaneo di moto e studiare le polari fissa e mobile del moto (base e rulletta) di una asta con gli estremi liberi di muoversi su due assi ortogonali. Si consideri un’asta rigida AB di lunghezza l che `e libera di muoversi in un piano, con gli estremi vincolati a due guide lisce rettilinee ortogonali. Si fissi un sistema di riferimento solidale con l’asta, come in figura; scelto l’angolo ϕ, i legami fra i versori sono dati da 

~ı = sin ϕ~ı1 − cos ϕ~1 ~ı = cos ϕ~ı1 + sin ϕ~1

e la velocit` a angolare del sistema solidale `e ω = ϕ˙ ~k = ϕ˙ ~k1 . ~

(5.3.1)

5.3. MOTO DI UN’ASTA CON GLI ESTREMI DI MUOVERSI SU DUE ASSI ORTOGONALI55

Il centro istantaneo di moto C si trova nel punto di intersezione delle rette ortogonali agli assi ξ ed η, nei punti A e B, per il teorema di Chasles. Vediamo innanzitutto la soluzione geometrica. Il punto C si trova sul vertice di un rettangolo ACBΩ, quindi CΩ = AB, ovvero il punto C mantiene, durante il moto, la distanza costante dal punto Ω. Quindi nel sistema fisso la polare (base) `e una circonferenza di raggio uguale alla lunghezza dell’asta AB = l. Figura 5.7 Base e rulletta Nel sistema mobile, solidale all’asta, il punto C vede l’asta stessa sotto lo stesso angolo, ovvero l’angolo ACB si mantiene retto, pertanto nel sistema solidale, il punto C si muove su una circonferenza di raggio l/2. Le equazioni della base e della rulletta sono pertanto ξ 2 + η2 = l2 l2 x2 + y 2 = 4

BASE RULLETTA

Vediamo ora la soluzione analitica. Anche se il metodo geometrico illustrato sopra risponde con semplicit`a e in maniera sintetica alla ricerca della base e della rulletta, vogliamo derivare qui le stesse equazioni operando in maniera analitica. Questo metodo `e del tutto generale ed applicabile in ogni altra situazione, quando ad esempio la soluzione geometrica non `e immediata. Si parta dalla relazione che lega la velocit` a di un punto del sistema, di cui conosciamo la sua velocit` a in funzione di ϕ (e di ϕ), ˙ con la velocit` a del centro istantaneo di moto che istante per istante `e nulla 0 = ~vC = ~vB + ~ω ∧ (C − B) . Scriviamo questa relazione nel sistema fisso, tenendo conto che derivando B − Ω = l sin ϕ~ı1 , si ha la velocit` a di B ~vB = lϕ˙ cos ϕ~ı1 , mentre il vettore (C − B) assume la forma (nel sistema fisso) (C − B) = (ξC − ξB )~ı1 + (ηC − ηB )~1 = (ξC − l sin ϕ)~ı1 + ηC ~1 .

56

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

Quindi nel sistema fisso possiamo scrivere: 0

= ~vB + ~ ω ∧ (C − B) = lϕ˙ cos ϕ~ı1 + ϕ˙ ~k1 ∧ [(ξC − l sin ϕ)~ı1 + ηC ~1 ] = lϕ˙ cos ϕ~ı1 + ϕ(ξ ˙ C − l sin ϕ)~1 − ϕη ˙ C~ı1 = ϕ(l ˙ cos ϕ − ηC )~ı1 + ϕ(ξ ˙ C − l sin ϕ)~1 .

L’annullarsi della velocit` a di C in ogni istante, comunque si svolga il moto e quindi per qualsiasi ϕ, ˙ implica 

l cos ϕ − ηC = 0 =⇒ ξC − l sin ϕ = 0



ξC = l sin ϕ =⇒ ξ 2 + η 2 = l2 , ηC = l cos ϕ

ottenendo cos`ı l’equazione della polare fissa (base). Riscriviamo la relazione 0 = ~vC = ~vB + ω ~ ∧ (C − B) nel sistema di riferimento mobile, facendo uso delle relazioni (??) si ha ~vB = lϕ˙ cos ϕ~ı1 = lϕ˙ sin ϕ cos ϕ~ı + lϕ˙ cos2 ϕ ~   l ~ı + yC ~ (C − B) = xC − 2 e quindi    l 0 = lϕ˙ sin ϕ cos ϕ~ı + lϕ˙ cos2 ϕ ~ + ϕ˙ ~k ∧ xC − ~ı + yC ~ 2   l 0 = lϕ˙ sin ϕ cos ϕ~ı + lϕ˙ cos2 ϕ ~ + ϕ˙ xC − ~ − ϕy ˙ C~ı 2   l 0 = ϕ(l ˙ sin ϕ cos ϕ − yC )~ı + ϕ˙ xC − + l cos2 ϕ ~ 2 L’annullarsi della velocit` a di C in ogni istante, comunque si svolga il moto e quindi ϕ˙ qualsiasi, implica l sin ϕ cos ϕ − yC = 0 l xC − + l cos2 ϕ = 0 2 ottenendo alla fine l’equazione della polare mobile (rulletta): x2 + y 2 =

l2 . 4

Nota 5.2

L’esercizio precedente ` e di carattere puramente cinematico. Non ` e stata assegnata una legge di moto del sistema solidale, ma bens`ı la modalit` a geometrica con cui si realizza il cinematismo in esame. Vincolare i punti A e B a scorrere sulle due guide (con due pattini) corrisponde ad imporre ξ(A) = 0 e η(B) = 0. Si conoscono quindi le relazioni geometriche fra gli angoli in modo che i punti A e B si mantengano sugli assi fissi, le velocit` a dei punti dipendono da ϕ, ˙ ma non sappiamo come tale velocit` a angolare varia in funzione del tempo.

Studiare il moto di un punto P di un’asta ridida AB di lunghezza l che si muove in un piano, con gli estremi vincolati a due guide rettilinee ortogonali Si faccia riferimento all’esercizio precedente. Si consideri il punto P a distanza η0 dall’estremo B e studiamone il moto.

5.3. MOTO DI UN’ASTA CON GLI ESTREMI DI MUOVERSI SU DUE ASSI ORTOGONALI57 Scriviamo la formula fondamentale, con riferimento al centro istantaneo di moto C = (l sin ϕ, l cos ϕ), ~vP = ~vC + ~ω ∧ (P − C) . Tenendo conto che P − Ω = ξ~ı1 + η~1 , si ha ˙ı1 + η~ ~vP = ξ~ ˙ 1 , e dalla formula fondamentale si ha ˙ı1 + η~ ξ~ ˙ 1 = ~ ϕ˙ k1 ∧ [(ξ − ξC )~ı1 + (η − ηC )~1 ] . Si ottiene cos`ı il sistema 

ξ˙ η˙

= =

−ϕ(η ˙ − ηC ) ϕ(ξ ˙ − ξC )

da cui, eliminando il tempo,  dξ     dϕ con le condizioni per ϕ = 0:

  dη   dϕ 

=

−η + ηC

=

ξ − ξC

ξ(0) = 0 η(0) = η0

.

Il sistema precedente si pu` o trasformare nell’equazione differenziale del secondo ordine dη d2 ξ =− − l sin ϕ = −ξ + l sin ϕ − l sin ϕ = −ξ , dϕ2 dϕ da cui   ξ dξ  dϕ

=

A sin(ϕ + α)

=

A cos(ϕ + α)

con le costanti A ed α da determinarsi dalle condizioni per ϕ = 0. ξ(0) = A sin α = 0 implica α = 0, mentre

dξ dϕ (0)

= A cos α = −η0 + l implica A = l − η0 .

Quindi la soluzione `e ξ = (l − η0 ) sin ϕ .

58

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI ξ A’

Passando alla seconda equazione dη dϕ

= (l − η0 ) sin ϕ − l sin ϕ = −η0 sin ϕ ,

A

η0 B l −η0

si ottiene subito

B’

η = η0 cos ϕ . Si pu` o ora eliminare il parametro ϕ, ottenendo cos`ı l’ellisse: ξ2 η2 + =1. (l − η0 )2 η02

(5.3.2)

Figura 5.8 Ellisse

Nota 5.3

Il punto P percorre quindi una ellisse, che diventa una circonferenza quando P coincide col punto medio dell’asta. Un meccanismo basato sul movimento di un’asta su due guide ortogonali, e quindi capace di disegnare una ellisse, ` e anche chiamato ellissografo.

5.4

Esercizi di ricerca di Base e Rulletta

Esercizio 5.3 I un piano un disco di raggio r ha il centro O vincolato a scorrere su una guida rettilinea ξ = 0. Il disco rotola senza strisciare su di un cuneo di lato inclinato AB, la base del cuneo scorre liberamente su una retta s ortogonale alla guida. Determinare base e rulletta del moto del disco.

Figura 5.9 Disco su di un cuneo

59

5.4. ESERCIZI DI RICERCA DI BASE E RULLETTA

Scegliamo come coordinata l’angolo ϕ che l’asse x solidale al disco forma con l’orizzontale. Inizialmente per t = 0, ϕ = 0 (e Q dista d0 dal vertice A)  ξ0 (0) = 0 η0 (0) = ηQ (0) + r cos α = d0 sin α + r cos α  ξ0 (ϕ) = 0 η0 (ϕ) = ηQ (ϕ) + r cos α = (d0 − rϕ) sin α + r cos α dove ηQ (ϕ) = (d0 − rϕ) sin α. Scriviamo posizione e velocit` a di O, nel sistema fisso: O−Ω ~v (0)

= [(d0 − rϕ) sin α + r cos α] ~1 = −rϕ˙ sin α~1 .

Inoltre la posizione del centro istantaneo di moto sar`a data da C − O = ξC~ı1 + (ηC − η0 )~1 . Il punto di partenza `e la relazione che ci d` a la velocit` a del centro istantaneo di moto ~v (C) = 0 = ~v (O) + ω ~ ∧ (C − O) .

(5.4.1)

Siamo ora in grado di scrivere la relazione (??) nel sistema fisso 0

da cui

=

−rϕ˙ sin α~1 + ϕ˙ ~k1 ∧ [ξC~ı1 + (ηC − η0 )~1 ]

=

−rϕ˙ sin α~1 + ϕξ ˙ C ~1 − ϕ(η ˙ C − η0 )~ı1 

ϕ(η ˙ C − η0 ) ϕξ ˙ C − rϕ˙ sin α

= 0 = 0

Ponendo ϕ˙ 6= 0, si ottiene l’equazione della base:  ηC = η0 ξC = r sin α

.

.

Si noti che ηC = η0 dove η0 varia durante il moto, rimanendo O sulla guida verticale. La base `e la retta parallela all’asse η ξC = r sin α

BASE .

Passiamo ora alla rulletta. Tenendo conto del fatto che i versori sono legati dalle relazioni  ~ı1 = cos ϕ~ı − sin ϕ ~ . ~1 = sin ϕ~ı + cos ϕ ~ riscriviamo la relazione (??) nel sistema mobile, 0

=

−rϕ˙ sin α(sin ϕ~ı + cos ϕ ~) + ϕ˙ ~k ∧ (xC~ı + yC ~)

= =

−rϕ˙ sin α sin ϕ~ı − rϕ˙ sin α cos ϕ ~ + ϕx ˙ C ~ − ϕy ˙ C~ı −ϕ[y ˙ C + r sin α sin ϕ]~ı + ϕ[x ˙ C − r sin α cos ϕ]~ .

Ponendo ϕ˙ 6= 0, si ottiene l’equazione della rulletta:  xC = r sin α cos ϕ yC = −r sin α sin ϕ

.

60

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

Quadrando e sommando, la rulletta `e la circonferenza di equazione 2 x2C + yC = r2 sin2 α

RULLETTA .

Risolviamo ora il problema precedente in maniera geometrica. Il punto Q di contatto (nel senso del punto del disco che all’istante considerato `e a contatto) si sposta con la velocit` a del cuneo, pari a ~v . Quindi per il Teorema di Chasles il centro istantaneo di moto appartiene alla retta per Q parallela all’asse η (vedi figura). Il punto O si sposta con velocit` a verso il basso e quindi il punto C si trova come intersezione della retta perpendicolare all’asse η per O e la retta per Q parallela ad η. Il segmento OC `e lungo r sin α, quindi il punto C nel sistema fisso si mantiene a distanza OC dall’asse delle η, quindi la base ha l’equazione ξC = r sin α

BASE .

Nel sistema mobile il punto C si mantiene a distanza OC dal centro O. Quindi la rulletta `e una circonferenza di equazione 2 x2C + yC

= r2 sin2 α RULLETTA .

Nota 5.4

Si osservi che l’espressione ottenuta sopra per la velocit` a di O ~v(0) = −r ϕ˙ sin α~1 corrisponde alla velocit` a del punto di contatto disco-cuneo, non del punto Q come solidale al disco. Studiamo il moto del punto Q come punto del disco. Il moto del disco si pu` o ottenere come una traslazione (lungo l’asse η) corrispondente alla velocit` a di O (o di Q come punto di contatto, ma non solidale al disco) e di una rotazione intorno ad O caratterizzata dalla velocit` a angolare ϕ. ˙ Il punto del disco, che all’istante considerato, si trova a contatto, ha quindi la velocit` a~ v che deve essere uguale alla somma della velocit` a (di traslazione) di O e della velocit` a di rotazione r ϕ˙ del disco che rotola senza strisciare sul cuneo, cio` e ~v (Q)

=

~v (O) + ϕ˙ ~k1 ∧ (Q − O) −r ϕ˙ sin α ~1 + ϕ˙ ~k1 ∧ (r sin α~ı1 − r cos α ~1 )

=

−r ϕ˙ sin α ~1 + r ϕ˙ sin α ~1 + r ϕ˙ cos α~ı1 = r ϕ˙ cos α~ı1 .

=

Con riferimento alla figura, la componente “orizzontale r ϕ˙ cos α pu` o essere vista come la somma della velocit` a di O pi` u r ϕ˙ diretta secondo il piano inclinato, e corrispondente all’aver imposto il rotolamento puro del disco sul cuneo (r ϕ˙ ` e pari alla componente di ~v sul piano inclinato). Studiamo ora il moto del punto Q, come punto di contatto Qcont (non solidale al disco), la cui velocit` a “assoluta ` e data da ~v(Qcont ) = −r ϕ˙ sin α ~1 . Questa pu` o essere vista come somma della velocit` a~ v del cuneo (di trascinamento), pi` u la velocit` a relativa dovuta al rotolamento del disco sul piano inclinato (vedi figura). Si noti che ~vT ` e proprio la velocit` a di Q come punto del disco.

Esercizio 5.4 In un piano un disco di raggio rA e centro A ha il centro vincolato a scorreresu una guida rettilinea l. Il disco rotola senza strisciare su un secondo disco di

5.4. ESERCIZI DI RICERCA DI BASE E RULLETTA

61

raggio r e centro O. Tale centro `e vincolato a scorrere su una guida rettilinea parallela alla guida l ξ = 0 ed il disco rotola a sua volta su un cuneo di lato inclinato AB, la base del cuneo scorre liberamente su una retta s ortogonale alle due guide. Determinare base e rulletta del moto del disco di centro A.

Figura 5.10 Due dischi su di un cuneo Con riferimento alla figura, sia Σ la terna fissa, sia S la terna solidale al disco di centro A, e sia S ′ la terna solidale al disco intermedio di centro O. Scegliamo come coordinata l’angolo ϕ che l’asse x solidale al disco forma con l’orizzontale. Inizialmente per t = 0, ϕ = 0 (e Q dista d0 dal vertice V del cuneo) Innanzitutto esaminiamo il punto di contatto T fra i due dischi. Se l’uno rotola senza strisciare sull’altro, allora rA ϕ˙ = −rψ˙ (5.4.2) r ˙ ovvero ϕ˙ = − rA ψ, quindi r ω ~ = ϕ˙ ~k = − ψ˙ ~k . rA Per passare dal moto rigido di un disco all’altro, bisogna passare tramite il punto di contatto ~v (A) = ~v (T ) + ~ω ∧ (A − T ) dove T , punto del disco di centro O, si muove con velocit` a ~v (T ) = ~v (O) + ψ˙ ~k1 ∧ (T − O) . Sostituendo (tenendo conto che il contatto fra i due dischi `e di rotolamento puro ~v (A) = ~v (O) + ψ˙ ~k1 ∧ (T − O) + ϕ˙ ~k1 ∧ (A − T ) . Ma T −O A−T

= =

−r sin β~ı1 + r cos β ~1 −rA sin β~ı1 + rA cos β ~1

O−Ω ~v (O)

= =

[(d0 − rψ) sin α + r cos α]~1 −rψ˙ sin α~1 .

62

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

Sostituendo ~v (A) = −rψ˙ sin α~1 + ψ˙ ~k1 ∧ r(− sin β~ı1 + cos β ~1 ) + ϕ˙ ~k1 ∧ rA (− sin β~ı1 + cos β ~1 ) . ˙ si ottiene Tenendo conto della relazione (??) fra ϕ˙ e ψ, ~v (A) = −rψ˙ sin α~1 = ~v (O) . Determiniamo ora l’equazione della base, partendo dalla relazione ~v (C) = 0 = ~v (A) + ϕ˙ ~k1 ∧ (C − A) . Ovvero nel sistema fisso, tenendo conto anche della relazione (??) 0

= −rψ˙ sin α~1 + ϕ˙ ~k1 ∧ [(ξC − ξA )~ı1 + (ηC − ηA )~1 ] = rA ϕ˙ sin α~1 + ϕ(ξ ˙ C − ξA )~1 − ϕ(η ˙ C − ηA )~ı1

da cui 

ξC − ξA ηC − ηA

= =

−rA sin α =⇒ 0



ξC ηC

= =

−(r + rA ) sin β − rA sin α ηA

.

L’equazione della base `e quindi una retta parallela all’asse η ed a distanza rA sin α a sinistra del centro A del disco. Determiniamo ora l’equazione della rulletta. Scriviamo nel sistema mobile 0 = ~v (A) + ϕ˙ ~k1 ∧ (C − A) =

rA ϕ˙ sin α(sin ϕ~ı + cos ϕ ~) + ϕ˙ ~k ∧ (xC~ı + yC ~)

=

rA ϕ˙ sin α sin ϕ~ı + rA ϕ˙ sin α cos ϕ ~ + ϕx ˙ C ~ − ϕy ˙ C~ı

da cui 

xC yC

= =

−rA sin α sin ϕ rA sin α cos ϕ

.

Eliminando ϕ si ottiene 2 2 x2C + yC = rA sin2 α

L’equazione della rulletta `e quindi una circonferenza di raggio rA sin α e centro A. Graficamente il centro istantaneo di moto si determina col teorema di Chasles, come intersezione della perpendicolare alla traiettoria del punto A, centro del disco pi` u in alto, e della retta che unisce il punto di contatto T col centro istantaneo di moto del disco pi` u in basso (ovvero della perpendicolare alla traiettoria di T ).

5.4. ESERCIZI DI RICERCA DI BASE E RULLETTA

63

Figura 5.11 Nella figura si noti la similitudine fra i triangoli costruiti con il teorema di Chasles, per cui si ricava subito la distanza del centro istantaneo di moto C dal centro A del disco pi` u in alto. Infatti r sin α : r = CA : rA , da cui CA = rA sin α in accordo con quanto trovato analiticamente. Si noti che tale distanza non dipende dall’angolo β.

64

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

Capitolo 6

COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI 6.1

RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA

6.1.1

Cinematica relativa

In questo paragrafo si ricordano brevemente alcune nozioni di cinematica relativa. Sia Σ un sistema di riferimento fisso con origine Ω, assi (ξ, η, ζ) e versori (~ı1 , ~1 , ~k1 ) e sia S un sistema mobile rispetto a Σ con origine O, assi (x, y, z) e versori (~ı, ~, ~k). Il moto rigido di tale sistema `e caratterizzato dai vettori ~v (O)(t) (velocit` a dell’origine O, dipendente dal tempo) ed ~ ω (t). Si consideri un punto P in movimento nel sistema S. Si dice moto relativo il moto del punto P rispetto al sistema S. Indicate con (x, y, z) le coordinate del punto P nel sistema S, si chiama velocit` a relativa ~vR (P ) = x~ ˙ ı + y~ ˙  + z˙~k la derivata di (P − O) rispetto al tempo tenendo (~ı, ~, ~k) costanti. Si dice moto di trascinamento il moto del punto P pensato solidale al sistema S, ovvero il moto di S rispetto a Σ. Si chiama velocit` a di trascinamento ~vT (P ) = ~v (O) + ω ~ ∧ (P − O) la velocit` a di P data dalla legge del moto rigido del sistema mobile S. Derivando successivamente si ottengono l’accelerazione relativa e l’accelerazione di trascinamento ~aR (P ) = x ¨~ı + y¨~ + z¨~k , ~aT (P ) = ~a(O) + ~ω˙ ∧ (P − O) + ~ω ∧ [~ω ∧ (P − O)]. Derivando rispetto al tempo il vettore (P − O) = x~ı + y~ + z~k, si ottiene d(P − O) d~ı d~ d~k = x~ ˙ ı + y~ ˙  + z˙~k + x + y + z = x~ ˙ ı + y~ ˙  + z˙~k + ~ω ∧ (P − O), dt dt dt dt e quindi ~v (P ) − ~v (O) = ~vR (P ) + ~ω ∧ (P − O) . 65

66

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

Si prova cos`ı la relazione fondamentale della cinematica relativa, nota anche come legge di addizione delle velocit` a (della meccanica classica) ~v (P ) = ~vR (P ) + ~vT (P ) . Passiamo ora all’accelerazione. Derivando nuovamente rispetto al tempo la derivata del vettore (P − O) si ha d2 (P − O) dt2

= = =

 d  x~ ˙ ı + y~ ˙  + z˙~k + ω ~ ∧ (P − O) dt d~ı d~ d~k d x ¨~ı + y¨~ + z¨~k + x˙ + y˙ + z˙ + ~ω˙ ∧ (P − O) + ~ω ∧ (P − O) dt dt dt dt x ¨~ı + y¨~ + z¨~k + ~ ω ∧ (x~ ˙ ı + y~ ˙  + z˙~k) + ~ω˙ ∧ (P − O)

+ ~ω ∧ [~vR (P ) + ~ ω ∧ (P − O)] = ~aR (P ) + ~ ω ∧ ~vR (P ) + ~ω˙ ∧ (P − O) + ~ω ∧ ~vR (P ) + ~ω ∧ [~ω ∧ (P − O)]. Quindi ~a(P ) − ~a(O) = ~aR (P ) + ω ~˙ ∧ (P − O) + ~ω ∧ [~ω ∧ (P − O)] + 2~ω ∧ ~vR (P ) , ovvero denotando con ~aC (P ) = 2~ ω ∧ ~vR (P ) il termine detto accelerazione di Coriolis o complementare, si ottiene la formula finale che esprime l’accelerazione assoluta (rispetto a Σ) di P ~a(P ) = ~aR (P ) + ~aT (P ) + ~aC (P ) , nota col nome di formula o teorema di Coriolis.

Figura 6.1 Esempio: punto su una guida ruotante Da quanto detto sopra si pu` o ricavare che le variazioni della velocit` a relativa e di quella di trascinamento nel sistema Σ sono date dalle formule   d~vR = ~aR (P ) + ~ω ∧ ~vR (P ) , dt Σ   d~vT = ~aT (P ) + ~ω ∧ ~vR (P ) . dt Σ

6.1.

RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA

67

Il significato del termine ~ ω ∧ ~vR (P ) come correzione per ottenere la derivata assoluta pu` o essere approfondito esaminando il seguente esempio.

6.1.2

Esempio: Moto uniforme di un punto su una guida ruotante.

Si consideri il moto di un punto P su una guida ruotante r. Il punto P si muove su r con velocit` a costante ~v a partire all’istante t = 0 dal punto Ω; la guida r ruota con velocit` a angolare ~ ω . Sia Σ ≡ (Ω; ξ, η) il sistema fisso, con versori (~ı1 , ~1 ) e sia S ≡ (Ω; x, y) il sistema mobile, con versori (~ı, ~) nel piano del moto. Sia ~ω = ω~k; le velocit` a relativa e di trascinamento sono rispettivamente ~vR ~vT

= =

v~ı , ~ω ∧ (P − Ω) = ω~k ∧ vt~ı = ωvt~.

Applicando le ben note formule si calcola l’accelerazione ~aR

=

~aT

=

~aC

=

0, h i h i ω~k ∧ ω~k ∧ (P − Ω) = ω~k ∧ ω~k ∧ vt~ı = −ω 2 vt~ı, 2ω~k ∧ v~ı = 2ωv~ .

Quindi ~v

= v~ı + ωvt~ ,

~a

= −ω 2 vt~ı + 2ωv~ .

Vediamo la genesi del valore dell’accelerazione complementare 2ωv~  .  d~vR = Verifichiamo la formula dt Σ ~aR (P ) + ω ~ ∧ ~vR (P ), valutando direttamente la derivata temporale: ~vR (t + ∆t) − ~vR (t) ∆t→0 ∆t vω∆t~ + ~o(∆t) = ωv~ , = lim ∆t→0 ∆t lim

dove ~o(∆t) `e un infinitesimo d’ordine superiore, si ottiene il termine ω ~ ∧~vR , pari alla met`a del termine di Coriolis.

Figura 6.2 Variazione della velocit` a relativa

Vediamo ora come varia la velocit` a di trascinamento dal tempo t al tempo t + ∆t. Pensiamo a questa variazione come somma di una variazione in assenza di moto relativo e di una dovuta al moto relativo. Pi` u precisamente ~vT (t + ∆t) − ~vT (t) ~vT (t + ∆t) − ~vT′ (t + ∆t) ~v ′ (t + ∆t) − ~vT (t) = lim + lim T ∆t→0 ∆t→0 ∆t→0 ∆t ∆t ∆t lim

dove ~vT′ (t + ∆t) `e la velocit` a di trascinamento al tempo t + ∆t, come se il punto non si fosse mosso relativamente alla guida. Essendo ~vT′ (t + ∆t) − ~vT (t) = −ωvtω∆t~ı a meno di

68

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

infinitesimi di ordine superiore, il secondo limite si riduce a −vω 2 t∆t~ı + ~o(∆t) = −ω 2 vt~ı ; ∆t→0 ∆t lim

essendo, analogamente ~vT (t + ∆t) − ~vT′ (t + ∆t) = [ωv(t + ∆t) − ωvt] ~ ,

il primo limite si riduce a lim

∆t→0

vω∆t~ + ~o(∆t) = ωv~ . ∆t

In conclusione  si ottiene la de d~vT = ~aT (P ) + ω ~ ∧ rivata dt Σ ~vR (P ) , dove ~aT (P ) = −ω 2 vt~ı e ~ω ∧ ~vR (P ) = ωv~. Si noti che il termine ~ ω ∧ ~vR (P ) che nasce dalla derivata della velocit` a di trascinamento, `e dovuto al fatto che il punto P attraversa punti con diversa velocit` a di trascinamento

6.1.3

Figura 6.3 Variazione della velocit` a di trascinamento

Esercizi sui moti relativi

Esercizio 6.1 Si considerino due terne di riferimento (Ω; ξ, η, ζ) (terna Σ) e (Ω; x, y, z) (terna S) aventi l’origine Ω e l’asse z = ζ in comune. La terna Σ `e fissa, la terna S ruota intorno a z con velocit` a angolare ~ω = ω~k di modulo costante. Supposto che inizialmente l’asse x coincida con l’asse ξ, calcolare la velocit` a e l’accelerazione rispetto ad S di un punto P che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto a Σ sopra l’asse ξ. P si muove sull’asse ξ di moto uniforme, quindi v~ı1 `e la velocit` a assoluta, ovvero la velocit` a di P relativa a Σ, mentre la velocit` a che P avrebbe in Σ se fosse solidale ad S, ovvero se trascinato da S, `e ~vT = ~ ω ∧ (P − Ω) = ωξ~1 . Noi siamo interessati alla velocit` a ~vR , relativa ad S, quindi ~vR (P ) = ~vA (P ) − ~vT (P ) = v~ı1 − ωξ~1 = v(~ı1 − ωt~1 ).

6.1.

RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA

69

Ricordando i legami fra i versori fissi ed i versori mobili  ~ı = cos ωt~ı1 + sin ωt ~1 ~ = − sin ωt~ı1 + cos ωt ~1  ~ı1 = cos ωt~ı − sin ωt ~ ~1 = sin ωt~ı + cos ωt ~

si ottiene

~vR (P )

= v((cos ωt~ı − sin ωt ~) − ωt(sin ωt~ı + cos ωt ~)) = v[(cos ωt − ωt sin ωt]~ı − v[sin ωt + ωt cos ωt]~.

Il moto di P (uniforme in Σ) non `e pi` u uniforme in S, infatti quadrando e sommando le componenti della velocit` a in S, si ottiene 2 vR (P ) = v 2 [1 + ω 2 t2 ] .

La traiettoria di P nel sistema mobile S pu` o essere ottenuta integrando le relazioni  x˙ = v[cos ωt − ωt sin ωt] , y˙ = −v[sin ωt + ωt cos ωt] ma si pu` o direttamente ricavare dalla relazione (P − Ω) = ξ~ı1 = vt~ı1 = vt cos ωt~ı − vt sin ωt~. Quindi 

x(t) y(t)

= =

vt cos ωt . −vt cos ωt

Quadrando e sommando x2 + y 2 = v 2 t2 , con ωt = − arctan xy . Conviene ora passare a coordinate polari per eliminare il parametro t, Ponendo  x = r cos θ . y = r cos θ si ottiene x2 + y 2 = r2 , e quindi r = vt = − ωv θ . Si ha cos`ı v r = − θ con θ = −ωt , ω (θ < 0, perch´e θ cresce in senso orario) ovvero una spirale di Archimede. Riguardo all’accelerazione, l’accelerazione assoluta `e nulla, in quanto v `e costante, quindi ~aR (P ) = −~aT (P ) − ~aC (P ) . Essendo ~aT (P ) = = ~aC (P ) = si ha

ω ∧ [~ ~ ω ∧ (P − Ω)] 2~ ω k ∧ [~k ∧ ξ~ı1 ] = −ω 2 ξ~ı1 , 2~ ω ∧ ~vR = 2ω~k ∧ (v~ı1 − ωξ~1 ) ,

70

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

~aR (P ) = =

−ω 2 vt~ı1 − 2ωv~1 −ωv(ωt cos ωt + 2 sin ωt)~ı + ωv(ωt sin ωt − 2 cos ωt)~ .

Esercizio 6.2 Con riferimento alle terne Σ ed S introdotte sopra, calcolare la velocit` ae l’accelerazione rispetto a Σ di un punto P che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto ad S sopra l’asse x. Esercizio 6.3 Si consideri un punto materiale che `e libero di muoversi su un piano orizzontale che ruota uniformemente con velocit` a angolare ω (costante) intorno ad un asse fisso passante per il punto O del piano e che `e soggetto ad una forza elastica di centro nel punto e costante elastica. Nota 6.1

Anche se si pu` o pensare in pratica di realizzare questo movimento con una pallina che si muove sul piano ruotante, abbiamo modellato la pallina come un punto in modo da evitare il problema di precisare il vincolo fra pallina e piano. In questa maniera si pu` o pensare come se sul punto agisse un campo centrifugo. Il lettore interpreti il problema anche come un sistema di riferimento ruotante.

Derivata assoluta e relativa Si consideri un sistema S, con origine O, che si muove rispetto ad un sistema fisso Σ con caratteristiche ~v (O) ed ~ ω. Si consideri un vettore (P − P ′ ) di estremi P e P ′ mobili nel sistema S e si valutino le velocit` a di ciascun punto singolarmente ~v (P ) = ~vR (P ) + ~vT (P ) = ~vR (P ) + ~v (O) + ω ~ ∧ (P − O) ~v (P ′ ) = ~vR (P ′ ) + ~vT (P ′ ) = ~vR (P ′ ) + ~v (O) + ω ~ ∧ (P ′ − O) e sottraendo membro a membro ~v (P ) − ~v (P ′ ) = ~vR (P ) − ~vR (P ′ ) + ~ω ∧ (P − P ′ ). Il primo termine pu` o essere considerato come la derivata rispetto al tempo del vettore (P − P ′ ) con riferimento al sistema Σ, mentre ~vR (P ) −~vR (P ′ ) pu` o essere considerato come la derivata rispetto al tempo del vettore (P − P ′ ) con riferimento al sistema S. Si suole cos`ı scrivere con ovvio significato dei simboli     d(P − P ′ ) d(P − P ′ ) = +ω ~ ∧ (P − P ′ ) . dt dt Σ S Quindi in generale per un qualsiasi vettore dipendente dal tempo ~v (t), a cui si pu` o associare il vettore geometrico dato dalla coppia di due punti P e P ′ , la variazione rispetto al tempo si pu` o scrivere come     d~v d~v = + ~ω ∧ ~v (t) , dt A dt R dove i pedici A ed R stanno per derivata assoluta e derivata relativa. Il moto rigido del sistema S relativo interviene nella variazione di ~v solo tramite la velocit` a angolare ω ~. Infatti una traslazione di S non porta a nessun apprezzamento della variazione di ~v . Nota 6.2 Il vettore ω ~ =ω ~ (t) varia nel tempo con la propriet` a che la sua derivata assoluta e relativa coincidono, infatti » » – – – » d~ ω d~ ω d~ ω = +ω ~ (t) ∧ ω ~ (t) = . dt A dt R dt R Nel caso particolare di una rotazione uniforme rispetto a Σ, essa ` e uniforme anche rispetto ad S.

6.2.

71

COMPOSIZIONE DI MOTI

6.2

COMPOSIZIONE DI MOTI

6.2.1

Composizione di moti rigidi

Dalla cinematica del punto, ricordiamo che se P1 si muove rispetto ad un sistema Σ di moto caratterizzato dalla legge P1 = P1 (t) (e dalla velocit` a ~v1 (t)) e se P2 si muove di moto caratterizzato dalla legge P2 = P2 (t) (e dalla velocit` a ~v2 (t)), allora si chiama moto composto il moto del punto P definito da X (Pi − Ω) P −Ω= i=1,2

(dove Ω `e un punto qualsiasi del sistema, ad esempio l’origine). Lasciamo al lettore di generalizzare la definizione della composizione di n moti. Esempio 6.1 Il moto elicoidale pu` o essere considerato la composizione del moto di un primo punto che percorre una circonferenza di moto circolare ed il moto di un secondo punto che si muove su una retta ortogonale alla circonferenza. Altri esempi verranno illustrati nella composizione di moti armonici. Passiamo ora ai moti rigidi. Si considerino tre terne Σ, S e S ′ , con origini Ω, O ed O′ e versori (~ı1 , ~1 , ~k1 ), (~ı, ~, ~k) e (~ı ′ , ~ ′ , ~k ′ ) rispettivamente. Il moto di S rispetto a Σ sia caratterizzato dalla velocit` a di O rispetto a Σ, diciamo ~vT (O) e dalla velocit` a angolare ω ~ T . Il moto di S ′ rispetto ad S sia caratterizzato dalla velocit` a di O′ rispetto a S, diciamo ~vR (O′ ) e dalla velocit` a angolare ~ωR . Si consideri un punto P solidale al sistema S ′ . Scriviamo la velocit` a di P rispetto ad S (indipendentemente dal moto di S), che chiamiamo velocit` a relativa ad S, ~vR (P ) = ~vR (O′ ) + ~ωR ∧ (P − O′ ) . Supponiamo ora P solidale ad S e calcoliamo la velocit` a di trascinamento di P ~vT (P ) = ~vT (O) + ~ωT ∧ (P − O) . Sommando membro a membro si ottiene ~v (P ) = ~vR (P ) + ~vT (P ) = ~vR (O′ ) + ~vT (O) + ~ωT ∧ (P − O) + ~ωR ∧ (P − O′ ) = ~vR (O′ ) + ~vT (O) + ~ωT ∧ (O′ − O) + ~ωT ∧ (P − O′ ) + ω ~ R ∧ (P − O′ ) = ~vR (O′ ) + ~vT (O′ ) + (~ωR + ~ωT ) ∧ (P − O′ ) dove ~vT (O′ ) = ~vT (O) + ~ ωT ∧ (O′ − O) `e la velocit` a di trascinamento di O′ . ′ ′ In conclusione ponendo ~v (O ) = ~vR (O ) + ~vT (O′ ) e ~ω = ω ~ R + ~ωT si ha ~v (P ) = ~v (O′ ) + ω ~ ∧ (P − O′ ) . e quindi il moto assoluto di S ′ `e rigido, visto che due suoi punti P ed O′ soddisfano la legge fondamentale che caratterizza i moti rigidi. Se abbondoniamo il simbolismo sopra adottato, ed indichiamo con ~v1 , ~ω1 e con ~v2 , ~ω2 le caratteristiche del primo moto rigido di S1 rispetto al sistema assoluto e del secondo moto di S2 rispetto ad S1 , rispettivamente, come in figura la formula ottenuta sopra prende la forma ~v (P ) = ~v (O2 ) + ω ~ ∧ (P − O2 ) , dove ~v (O2 ) = ~v1 (O2 ) + ~v2 (O2 ) ,

~ω = ~ω1 + ~ω2 .

72

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI z2 y2 z1

O2 v2 , ω2

ζ

y

1

O1

x2

v1 , ω 1



η x1

Σ ξ

Figura 6.4 Composizione di moti rigidi

6.2.2

Composizioni di rotazioni intorno ad assi incidenti

Si consideri il moto di rotazione di un sistema intorno ad un asse z ′ passante per il punto fisso Ω , poi si consideri la rotazione dell’asse z ′ intorno ad un asse fisso ξ passante per Ω. Il moto di precessione che ne deriva si pu` o pensare come la composizione di due rotazioni intorno a due assi incidenti in Ω. Sia ~ωR la velocit` a di rotazione del sistema intorno all’asse z ′ , costante in S e sia ω ~ T la velocit` a di rotazione del sistema S intorno all’asse z, costante in Σ. Il punto Ω `e fisso sia nel moto relativo che in quello di trascinamento, quindi la velocit` a di un qualsiasi punto di S ′ si esprime come somma delle velocit` a ~vR (P ) = ~ ωR ∧ (P − Ω) e ~vT (P ) = ω ~ T ∧ (P − Ω) . La velocit` a del moto composto `e quindi

Figura 6.5 Composizione di rotazioni

~v (P ) = (~ ωR + ~ωT ) ∧ (P − Ω) . La composizione di una rotazione uniforme intorno ad un asse fisso e di una rotazione

6.2.

73

COMPOSIZIONE DI MOTI

uniforme intorno ad un asse solidale viene detta precessione regolare. Le rigate sono due coni rotondi, uno fisso, l’altro mobile che rotola sul fisso senza strisciare, i coni sono detti coni di Poinsot.

6.2.3

Il differenziale di un autoveicolo

In L’automobile e la sua circolazione di B.Toni, si legge che il differenziale in rettilineo trasmette alle ruote uguale numero di giri, mentre in curva la ruota interna pu` o diminuire di giri e trasferirli a quella esterna. Il differenziale `e un organo che ha lo scopo di evitare che le due ruote motrici striscino sul terreno per effetto della diversa traiettoria che le ruote devono percorrere. Ci limitiamo a schematizzare il meccanismo del differenziale, come in figura, osservando che il cono folle C, rimanendo a contatto di puro rotolamento con i coni coassiali collegati con le ruote motrici, consente, ruotando intorno al proprio asse, di far ruotare i coni C1 e C2 con differenti velocit` a angolari. Siano ω1 ed ω2 le velocit` a angolari delle due ruote motrici (e quindi dei due coni C1 e C2 , ciascuno di raggio R), sia Ω la velocit` a angolare del motore e sia ω la velocit` a del cono folle, se si impone che il cone folle rotoli senza strisciare sui coni coassiali si ottiene

Figura 6.6 Il differenziale ω1 R = ΩR + ωr

,

ω2 R = ΩR − ωr

e sommando si trova la relazione fra le velocit` a angolari dei due coni coassiali (e quindi delle due ruote) e quella del motore ω1 = 2Ω − ω2 .

74

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI Figura 6.7 Schema del differenziale Lasciamo allo studente di approfondire gli aspetti meccanici del differenziale.

6.2.4

Rotolamento puro di un disco su un altro

Si consideri un disco Γ di centro O e raggio R, fisso, ed un disco γ di centro H e raggio r, a contatto in C col disco Γ. Si vogliono studiare gli aspetti cinematici del moto del disco γ che rotola senza strisciare sul disco Γ. Siano A ed A′ i punti dei due dischi che inizialmente si trovano a contatto (vedi figura). Se misuriamo l’angolo θ che forma una direzione (caratterizzata da A′ ) solidale col disco γ ed una direzione fissa (ad esempio quella verticale), allora θ=

rϕ + CA′ rϕ + Rϕ r+R H ′ A′ = = = ϕ. (6.2.1) r r r r La relazione fra le velocit` a angolare (in modulo) `e la seguente r+R θ˙ = ϕ˙ . r

γ

A’

θ

A r C

Esaminiamo ora il caso limite in cui R → +∞, ovvero il disco γ rotoli su un piano. Quando R → +∞, allora ϕ → 0, allora eseguiamo il limite nell’ipotesi che il prodotto Rϕ sia mantenuto costante, ovvero se il centro C si allontana all’infinito allora R → +∞ e contemporaneamente ϕ → 0. Indichiamo con x il prodotto Rϕ. La relazione (??) pu` o essere scritta come

H ϕ H’

ϕ

Γ

O

1+

Figura 6.8 Dischi a contatto

θ=

Da cui per R → +∞ ed Rϕ = x, si ha θ=

r

r R Rϕ .

(6.2.2)

x , r

ed anche in termini di velocit` a rθ˙ = x, ˙ dove x˙ `e la velocit` a del centro del disco, relazione che ben conosciamo come caratterizzante del fatto che il punto C sia istantaneamente fermo.

6.2.5

Composizione di moti rigidi di rotazione

Esercizio 6.4 Si consideri il moto di una piattaforma, circolare di raggio r1 , ruotante intorno al punto O1 (fisso) con velocit` a angolare ~ω1 . Sopra alla piattaforma, sulla sua periferia, `e montata una seconda piattaforma, circolare di raggio r2 , che ruota intorno al punto O2 (solidale alla prima piattaforma) con velocit` a angolare ~ω2 , rispetto alla prima piattaforma stessa.

6.2.

COMPOSIZIONE DI MOTI

75

Siano S1 ed S2 i sistemi solidali alla prima ed alla seconda piattaforma (vedi figura). Le caratteristiche di S1 rispetto al sistema fisso Σ sono 0 e ~ ω1 . Le caratteristiche di S2 rispetto al sistema mobile S1 sono 0 e ω ~ 2. Con riferimento al paragrafo ?? , la velocit` a assoluta di O2 `e data da ~v (O2 ) = ~vR (O2 ) + ~vT (O2 ) = ~vR (O2 ) + ~vT (O1 ) + ω ~ 1 ∧ (O2 − O1 ) =~ ω1 ∧ (O2 − O1 ) e ω=ω ~ ~1 + ~ ω2 . Quindi ~v (P ) = ~v (O2 ) + (~ω1 + ω ~ 2 ) ∧ (P − O2 ) . Determiniamo ora il centro instantaneo di moto C 0 = ~v (O2 ) + (~ω1 + ~ω2 ) ∧ (C − O2 ) . Moltiplicando vettorialmente a destra per ~ω1 + ~ω2 , si ottiene ω1 (O2 − O1 ) + (~ω1 + ~ω2 )(C − O2 ) = 0 , ~ ω ~ 2 (C − O2 ) = ~ω1 (O1 − C) . CO2 ω1 = , ovvero il centro istantaneo di moto divide il segmento O1 O2 in ω2 O1 C parti inversamente proporzionali ai moduli delle velocit` a angolari. Geometricamente si pu` o ricavare la posizione del centro istantaneo di moto sapendo che le velocit` a di O2 e di P , punto periferico (vedi figura) sono in modulo ω1 r1 e ω1 (r1 + r2 ) + ω2 r2 , rispettivamente. La base `e un cerchio di centro O1 , la rulletta `e un cerchio di centro O2 . Il moto `e epicicloidale. Quando ~ ω1 e ~ω2 sono discordi, C `e esterno ad O1 O2 , ed il moto `e ipocicloidale. Ricordiamo un po’ di nomenclatura. Il moto di una ruota su una retta senza strisciare `e detto moto cicloidale, perch´e le curve descritte dai punti della ruota sono curve denominate cicloidi. Il moto epicicloidale `e il moto di una circonferenza che rotola senza strisciare all’esterno di una circonferenza fissa. Il moto ipocicloidale `e il moto di una circonferenza che rotola senza strisciare internamente ad una circonferenza fissa. I punti della figura mobile descrivono curve dette rispettivamente epicicloidi ed ipocicloidi. Da cui

76

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

Rivediamo il problema precedente da un altro punto di vista, scegliendo di misurare la rotazione del secondo disco rispetto ad un riferimento assoluto. Esercizio 6.5 Si consideri il moto di una piattaforma, circolare di raggio r1 , ruotante intorno al punto Ω (fisso) con velocit` a angolare ~ω1 , con una seconda piattaforma, sulla sua periferia, circolare di raggio r2 , che ruota intorno al punto O2 (solidale alla prima piattaforma). Si denoti con ~ ω2 la velocit` a angolare della seconda piattaforma rispetto al sistema fisso di centro Ω. Sia S1 il sistema con origine in O1 = O2 che trasli rispetto al sistema fisso e sia S2 il sistema solidale alla seconda piattaforma con O2 (vedi figura). Le caratteristiche di S1 rispetto al sistema fisso Σ sono ~v (O2 ) e 0. Le caratteristiche di S2 rispetto al sistema mobile S1 sono 0 ed ~ ω2 . Quindi si ha ~vR (P ) = ~ ω2 ∧ (P − O2 ) , e ~vT (P ) = ~v (O2 ) = ~ ω1 ∧ (O2 − Ω) , e la velocit` a assoluta `e ~v (P )

= ~v (O2 ) + ~ ω2 ∧ (P − O2 ) = ω ~ 1 ∧ (O2 − Ω) + ~ ω2 ∧ (P − O2 ) .

Il centro istantaneo di moto `e dato da 0 = ~ω1 ∧ (O2 − Ω) + ~ ω2 ∧ (C − O2 ) , da cui ω ~ 1 (Ω − O2 ) = ~ ω2 (C − O2 ) . Essendo il moto piano ω1 ΩC2 = CO2 ω1 = . Sia S1 ω2 CO2 , ovvero ω2 ΩO2 il sistema con origine in O1 ≡ O2 che trasli rispetto al sistema fisso e sia S2 il sistema solidale alla seconda piattaforma con O2 (vedi figura). Geometricamente si pu` o ricavare la posizione del centro istantaneo di moto sapendo che le velocit` a di O2 e di P , punto periferico (vedi figura), sono in modulo ω1 r1 e ω1 r1 + ω2 r2 , rispettivamente. Nota. Si osservi che ω ~ 1 non `e la velocit` a angolare di S1 rispetto a Σ. Si osservi che la scelta dei sistemi S1 ed S2 non `e la pi` u adatta in quanto non compare ~ω1 fra le caratteristiche di S1 ed S2 . Ci`o nonostante la ricerca grafica del centro istantaneo di rotazione risulta pi` u semplice. Concludendo le scelte nella soluzione di un problema si rivelano a volte vantaggiose per certi aspetti, ma non per altri.

6.2.6

Esercizi sulla composizioni di moti rigidi

Esercizio 6.6 Si consideri in un piano un parallelogramma articolato ABCD costituito da 4 aste con AB = CD e AC = BD come in figura. Se l’asta AB `e fissata nel piano, come si muovono le altre aste?

6.2.

77

COMPOSIZIONE DI MOTI

A

B

I moti delle aste AC e BD sono di rotazione intorno al loro estremo fisso, mentre l’asta CD si muove di moto traslatorio con velocit` a ~v (C) = ~v (D) = ~ ω ∧ (C − A).

C

D

Figura 6.9 Parallelogramma Esercizio 6.7 Si considerino in un piano due parallelogramma articolati ABCD e A′ B ′ C ′ D′ . L’asta AB `e fissata nel piano, l’asta CD del primo parallelogramma e l’asta A′ B ′ del secondo parallelogramma sono rigidamente collegate fra loro. Come si muove l’asta C ′ D′ ? Come abbiamo visto nell’esercizio precedente, l’asta CD e quindi anche l’asta A′ B ′ si muovono di moto traslatorio. Di conseguenza il moto di C ′ D′ , composizione di due moti traslatori, `e traslatorio. Si noti in particolare come sia possibile raggiungere un qualsiasi punto del piano con opportune rotazioni delle aste BC(AD) e B ′ C ′ (A′ D′ ). Questi movimenti sono alla base del tecnigrafo, che per tanti anni `e stato lo strumento classico dell’ingegnere per disegnare, e che ormai `e stato quasi completamente sostituito dai computer e dai programmi CAD.

A

D’ C’

B

D

A’ B’

C

Figura 6.10 Schema di un tecnigrafo (la base AB ` e fissa)

78

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

Indice 1 INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE 1.1 Che cos’`e la Meccanica Razionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Un esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Spazio e tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1 1 2 5

2 RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE 2.1 Vettori geometrici, spazio vettoriale e spazio 2.2 Rappresentazione cartesiana di vettori . . . 2.3 Cambiamento di coordinate . . . . . . . . . 2.4 Vettori dipendenti da un parametro . . . .

affine . . . . . . . . . . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

7 7 8 10 11

3 TEORIA DEI MOMENTI 3.1 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Legge di variazione dei momenti . . . 3.3 Asse centrale . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Sistemi equivalenti e sistemi equilibrati 3.5 Complementi . . . . . . . . . . . . . . 3.5.1 Ancora sull’asse centrale . . . . 3.5.2 Vettori paralleli . . . . . . . . . 3.5.3 Esercizi sull’asse centrale . . . 3.5.4 Esercizi grafici . . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

13 13 14 15 16 19 19 19 21 24

4 CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI 4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Sistemi di riferimento fisso e solidale . 4.3 Rotazione nel piano . . . . . . . . . . 4.4 Gli angoli di Eulero . . . . . . . . . . . 4.5 Moti rigidi . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6 Formula fondamentale dei moti rigidi . 4.7 Rigata fissa e rigata mobile . . . . . . 4.8 Ancora sulle rigate del moto . . . . . . 4.9 Moti rigidi: casi particolari . . . . . . 4.10 Moti rigidi piani . . . . . . . . . . . . 4.11 Il teorema di Eulero . . . . . . . . . . 4.12 Rotazioni finite ed infinitesime . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

27 27 27 31 33 35 39 41 42 44 45 46 48

79

80 5

INDICE ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI 5.1 Disco che rotola senza strisciare . . . . . . . . . . . . . 5.2 Disco che rotola e striscia . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Moto di un’asta con gli estremi di muoversi su due assi 5.4 Esercizi di ricerca di Base e Rulletta . . . . . . . . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

. . . .

51 51 51 54 58

. . . . . . . . . . . . ruotante. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . .

65 65 65 67 68 71 71 72 73 74 74 76

. . . . . . . . . . . . . . ortogonali . . . . . . . .

6 COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI 6.1 RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA . . . . . . . 6.1.1 Cinematica relativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6.1.2 Esempio: Moto uniforme di un punto su una guida 6.1.3 Esercizi sui moti relativi . . . . . . . . . . . . . . . 6.2 COMPOSIZIONE DI MOTI . . . . . . . . . . . . . . . . 6.2.1 Composizione di moti rigidi . . . . . . . . . . . . . 6.2.2 Composizioni di rotazioni intorno ad assi incidenti 6.2.3 Il differenziale di un autoveicolo . . . . . . . . . . . 6.2.4 Rotolamento puro di un disco su un altro . . . . . 6.2.5 Composizione di moti rigidi di rotazione . . . . . . 6.2.6 Esercizi sulla composizioni di moti rigidi . . . . . .

View more...

Comments

Copyright ©2017 KUPDF Inc.
SUPPORT KUPDF