mCardux.com Manuale Di Psicologia Generale L. Mecacci

May 4, 2017 | Author: Andrea Khorne Tiraboschi | Category: N/A
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2010 http://mCardux.com Annalisa Angella

[PSICOLOGIA GENERALE – L. MECACCI] Un efficace riassunto del libro di Psicologia Generale curato da Luciano Mecacci. Un doveroso ringraziamento va ad Annalisa Angella, che mi ha consentito di pubblicare il suo lavoro di sintesi.

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[PSICOLOGIA GENERALE - MECACCI]

Le scienze dell’uomo non furono in grado di elaborare una definizione autonoma del proprio oggetto d’indagine e dei metodi per studiarlo. Si dovette superare la visione antropocentrica (uomo sopra al mondo materiale) per arrivare invece alla visione dell’uomo come parte del mondo materiale e uguale ai suoi simili. 1650: Cartesio = cerca di definire la relazione tra mente e corpo. Secondo lui non ha senso il dualismo mente – corpo. 1600/1700: Locke = cerca di andare oltre la teoria cartesiana. Secondo lui alla nascita la mente è una “tabula rasa”, le idee si modellano attraverso l’esperienza. 1800: Franz Gall = introduce la frenologia (nuova disciplina) che studia le facoltà mentali e la funzione del cervello. Teoria localizzazionistica: alcune aree del cervello sono preposte al controllo delle funzioni psicologiche. La teoria non è infondata: è vero che ci sono aree preposte ma molte volte le funzioni psicologiche vengono svolte da più aree insieme. Dal 1870 = anche la specie umana può essere studiata e analizzata secondi i criteri delle scienze fisiche e attraverso lo studio empirico. Dalle scienze fisiche derivò l’aspetto teorico e il metodo sperimentale (che venne utilizzato nella fisiologia). Pier Flaurance: segue il primo esperimento sulla localizzazione delle funzioni mentali. Filippo Melantone = coniò il termine psicologia 1950 c = concezione della mente umana come sistema di elaborazione delle informazioni.

GERMANIA: dalla fisiologia alla psicologia In Germania la psicologia ebbe origine dalla fisiologia (disciplina biologica che studia il funzionamento degli organismi viventi), con le ricerche di psicofisica (branca della psicologia che studia le relazioni che esistono tra stimoli fisici definiti e misurabili e la risposta intesa come intensità percepita legata agli stimoli stessi. FECHNER: ha operato prima della nascita della psicologia wundtiana. In Germania in quel momento c’era un dualismo nella concezione delle funzioni mentali: materialismo storico vs concezione vitalistica. o Fine: voleva dimostrare l’identità tra mente e corpo; spirito e materia ma capiva i limiti della società in cui viveva. Egli sostiene che l’anima esiste, ma è una proprietà della materia e solo attraverso la scienza si possono capire i processi che avvengono nella materia. La psicologia poteva essere una scienza sia sperimentale che quantitativa. o Legge di Weber-Fechner (presentata nel libro “Elementi di psicofisica” -fisica applicata alla psicologia): la sensazione aumenta in funzione del logaritmo dell’intensità dello stimolo. La sensazione era qualcosa di oggettivo e materiale e non era una successione di stati di coscienza che potevano essere conosciuti solo tramite l’introspezione.

HERMAN VON HELMHOLTZ o Inferenza inconscia: gli uomini richiamano sempre le esperienze del passato in modo inconscio. La percezione completa si ha solo dopo che le sensazioni sono state interpretate dai processi nervosi centrali. Gli oggetti percepiti sono insiemi di sensazioni. Il movimento del corpo non è dato dalla volontà, ma da una serie di eventi successivi: sensazione, pensiero e movimento. o Costruisce l’oftalmoscopio: per l’osservazione della retina. o Velocità di conduzione degli impulsi nervosi: viene dato uno stimolo in un determinato punto su un arto e viene misurato il tempo di reazione del soggetto allo Prelevato da:

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stimolo; poi viene ripresentato lo stesso stimolo in un altro punto dell’arto e viene misurato il tempo di reazione. Abbiamo Tempi (misurazioni) e Spazio (punto dell’arto), quindi si può calcolare la Velocità (S/T) WUNDT: non viene da Lipsia ma da Heidelberg come allievo di Von Helmholtz e da Berlino come allievo di Muller. Nel 1874 scrive “I fondamenti di filosofia psicologica” che poi diventa un compendio di psicologia o 1879: fonda il Primo Laboratorio di ricerca Psicologica a Lipsia (dove confluì la prima generazione di psicologi: Sperman, Titchener, James, Cattel, Hall, Angell..) o Oggetto di indagine: processi psichici, sensazioni, tempi di reazione, attenzione e sentimenti. Oggetto è anche l’esperienza immediata (coscienza); la mente infatti non è immediata ma mediata da moltissime cose. o Mezzo: introspezione o Fine primo: conoscenza scientifica delle esperienze coscienti elementari. Queste esperienze coscienti erano composte da una serie di processi: atti riflessi, sensazioni, immagini, sentimenti, emozioni e atti volontari. I processi si univano in un atto: sintesi creativa o appercezione. Tra lo stimolo e la risposta intervenivano: la percezione, l’appercezione e la volontà. o Fine ultimo: trovare le leggi con cui si compongono gli elementi sottostanti agli elementi coscienti (studiati attraverso l’introspezione). o Limite: l’introspezione non era attendibile perché soggettiva. o Volontarismo wundtiano = tutti i processi psichici passano attraverso 4 fasi: 1. stimolazione 2. percezione (anche se secondo Wundt non era ancora ben definita la percezione) 3. appercezione 4. atto di volontà o libero arbitrio. o Fu il padre della psicologia elementistica: scomporre in elementi semplici le funzioni elementari. (da questa psicologia nascerà lo strutturalismo di Titchner).

EBBINGHAUS

1885 (conoscenza matematiche e statistiche): voleva utilizzare il metodo sperimentale anche nelle funzioni mentali superiori (memoria e pensiero). Il materiale da apprendere è tanto più difficile quanto più servono associazioni per ricordarlo. Egli utilizzò come materiale da apprendere sillabe senza senso (in modo che non avessero influenza sul soggetto). o Stabilì una “curva dell’apprendimento” e le principali interferenza che caratterizzavano il ricordo. o Primi studi sperimentali sulla memoria. Nel 1885 scrive “La Memoria” e in questo libro mette a punto un certo numero di test che permettevano di misurare la capacità di memorizzazione. Egli sosteneva che la memoria pura era diversa dalla memoria per associazione e, quindi faceva gli esperimenti con “parole senza significato”: il soggetto doveva memorizzare un certo numero di sillabe senza senso (altrimenti avrebbe potuto associarle e sarebbero intervenute emozioni e sentimenti). Ebbe problemi perché il metodo scientifico in psicologia non era ancora adeguato. o Andò contro la scuola wundtiana (secondo la quale la memoria non era sperimentabile) o Favorì il sorgere della scuola di Wurzburg e dimostrò che la psicologia poteva utilizzare strumenti della fisiologia, matematica e statistica. : BRENTANO(austriaco): uno dei maggiori critici dell’elementismo, in quanto pensava che ci fosse incompatibilità tra ricerca psicologica empirica e quella in laboratorio. Non fondò mai una scuola ma ebbe allievi come Freud, Kafka Prelevato da:

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o Oggetto di studio: non i contenuti dell’esperienza, ma gli “atti” dell’esperienza. Siccome il vedere ha significato solo se si vede qualcosa, la psicologia ha un’oggettività intrinseca perché si riferisce agli atti di ideazione, giudizio, amore e odio. In ambito filosofico queste teorie porteranno allo sviluppo della fenomenologia e rimarranno nella psicologia della scuola di Wurzburg e nel funzionalismo statunitense. o Psicologia dell’atto = per studiare i contenuti dell’esperienza si deve indagare negli atti stessi dell’esperienza. KULPE: nel 1896 diede origine alla scuola di Wurzburg; si allontanò da Wundt e se ne diversificò per: o Metodo: introspezione sperimentale sistematica (impegnare il soggetto in un’operazione mentale e poi esamine il modo in cui aveva pensato o ragionato attraverso l’esposizione). Il metodo sperimentale non poteva essere utilizzato per le reazioni allo stimolo erano complesse. o Oggetto di studio: studio del pensiero (simile allo studio della memoria di Ebbinghaus). Studiando il pensiero ed il giudizio si trovavano molte sensazioni ma nessuna che corrispondesse ad un “giudizio”. Se l’esperienza individuale non era abbastanza da fornire giudizi, si creavano altre entità (atteggiamenti coscienti, tendenze determinanti, predisposizioni). Il pensiero, inoltre non era sempre accompagnato da immagini. L’organizzazione del pensiero si sviluppa in gran parte al di sotto del livello di coscienza (conferma indiretta alle nascenti scuole psicoanalitiche). Si accosta, quindi, alla psicologia dell’atto di Brentano. YOANNES MULLER1830-1840: da avvio ad una scuola non psicofisica ma psicologica. Anticipa lo studio sulle sensazioni. o Teoria dell’energia nervosa specifica: la qualità della sensazione non dipende dallo stimolo ma dall’organo di senso da cui viene suscitata. DONDERS (olandese) = fa un secondo esperimento: 1 fase: presenta uno stimolo e il soggetto deve dare una risposta (tempo di reazione più breve) 2 fase: più stimoli ad ognuno dei quali il soggetto deve dare una risposta diversa (tempo di reazione più lungo) 3 fase: più stimoli e il soggetto deve rispondere solo ad uno di questi (tempo di reazione intermedio agli altri due).

ILLUSIONI OTTTICHE: ricerche di psicologia scientifica tra ‘800 e ‘900: Principi di unificazione formale di Wertheimer

(su cui si basa la psicologia della

Gestalt): 1. principio della somiglianza 2. principio della comunanza/destino comune 3. principio della vicinanza 4. principio della continuità 5. principio della divisione senza resti 6. principio dell’impostazione soggettiva 7. principio dell’impostazione oggettiva 8. principio della buona forma 9. principio dell’esperienza passata 10. principio di chiusura. Illusione di Ponzo

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Linee verticali (Muller-Lyer)

Illusione di Poggendorf cubo di Necker

Illusioni ottico-geometriche (Hering)

Illusione di Zollner Illusione di Lepps

Illusione di Ehrenstein

Illusioni relative al movimento (immagine consecutive come l’ illusione della cascata-Addams) Movimento stroboscopico o fenomenico – Wetheimer (come quello delle luci di Natale). Fenomeno figura-sfondo: l’esame della stimolazione prossimale non offre alcun indizio per decidere chi fa da figura e chi da sfondo. Completamento amodale: il mondo è popolato da oggetti ininteri, ma se si osserva bene, rarissimi sono quelli che mostrano tutte le loro parti.

Superfici anomale

Anisotropia: illusione della verticale

Ipotesi delle illusioni ottiche: -

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Gestalt: Il movimento stroboscopico fu per la Gestalt , la prova che ciò che viene percepito non è la somma degli elementi sensoriali esterni, ma dipende dall’organizzazione delle percezioni. Neurofisiologia: le illusioni dipendono da caratteristiche innate dei sistemi sensoriali.

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Psicologia cognitiva: le illusioni dipendono dalla ricostruzione dello stimolo secondo criteri dell’osservatore.

RUSSIA La Psicologia in Russia resta strettamente legata alla fisiologia. PAVLOV: proviene dalla riflessologia russa. Fu un fisiologo che studiando i processi fisiologici digestivi dei cani scoprì i riflessi incondizionati e condizionati (che costituiscono una forma elementare di apprendimento). o Si dedicò allo studio delle condizioni che producono rinforzo. o Teoria dell’attività nervosa superiore: accanto ai processi incondizionati (semplici) esistono dei processi condizionati (Teoria dell’adattamento degli animali e dell’uomo all’ambiente). Pubblica i risultati degli studi sul condizionamento classico. Ha quantificato Stimolo, Risposta e tutto ciò che sta tra S e R.

VYGOTSKIJ:

vive solo 38 anni e in piena stagione stalinista. Nel 1924 fa una relazione importante “Metodologia della ricerca psicologica e sociologica”. o Scuola storico culturale: fondata da Wjgotskij, Duria e Yurkiev. Nel 1931. o Teoria storico-culturale: lo sviluppo della psiche è connesso agli stadi dello sviluppo socio-economico. o I processi psichici superiori: pensiero, linguaggio e memoria non hanno un’origine naturale, ma sociale. Il linguaggio è l’espressione principale della psicologia umana ed è alla base dei processi della coscienza. Anche la creatività è una particolare forma di comunicazione. Libro “Pensiero e linguaggio”: per lui pensiero e linguaggio sono due funzioni separate: l’attività mentale del bambino è indipendente dal linguaggio prima dei 2 anni (contrasta fortemente con le teorie di Piaget). Le funzioni regolative del linguaggio iniziano intorno a 4-5 anni anche se le strutture del linguaggio sono innate.

GRAN BRETAGNA Predominò l’orientamento applicativo (non poteva affermarsi quello sperimentale per la chiusura accademica che c’era) dal quale nacque la psicologia differenziale. 1897: Primo Laboratorio di ricerca presso l’University College di Londra: distacco della psicologia dalla filosofia. SPENCER: psicologia legata alle scienze biologiche. Trova supporto nella teoria dell’evoluzione. Esponente del positivismo anglosassone. Secondo lui la mente può essere compresa soltanto dopo che si è capito come si è evoluta. Per ogni età c’è uno stadio dell’evoluzione e c’è un modo di sentire e pensare.

Psicologia differenziale = Galton, Sperman, Bertlett GALTON: cugino di Darwin. Nel 1901 fonda la “Rivista biometrica” dove vi era una misurazione dei fenomeni biologici. o Pensava fosse possibile distinguere le diverse “capacità umane” e indagò la loro distribuzione nella popolazione per verificare se esisteva un meccanismo nervoso per la trasmissione ereditaria. Ebbero inizio la psicometria e lo studio delle differenze individuali (era il periodo vittoriano di fiducia positivistica). Prelevato da:

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L’idea era di trovare numerose prove per incoraggiare alla riproduzione delle menti migliori e scoraggiare quelle peggiori. o Fondò il laboratorio di eugenetica e di antropometria. o Strumenti: questionari e metodi della statistica. o Test mentali: ripresi da James Cattel ma fu di Galton l’idea di misurare le capacità intellettive e di applicare la distribuzione statistica dei dati. SPERMAN: allievo di Wundt in seguito abbandonò la scuola di Lipsia per tornare in Gran Bretagna. Qui si occupò delle facoltà mentali e dei fattori derivati. Egli distingueva un fattore g (di carattere generale) dai fattori specifici. Introdusse l’analisi fattoriale nello studio della personalità. o Tesi: l’intelligenza (fattore g) poteva essere studiata con prove oggettiva. BARTLETT: approfondì lo studio sulla percezione, sulla memoria e pensiero. o Percezione: nasce dal rapporto tra stimoli fisici e organizzazione del sistema nervoso--------apprendimento secondo schemi mentali. o Memoria: i dati da ricordare non vengono solo incamerati, ma vengono trasformati e la loro evocazione è una ricostruzione o una costruzione immaginaria che deriva dall’esperienza passata (schema) o Pensiero: trasformazione, causata dall’esperienza, dell’informazione contenuta nei dati di partenza. _________________________________________________________________________________________________________ STOUT: segnò il passaggio dalla filosofia alla psicologia.

o Critica dell’associazionismo o Concezione funzionalista o Iniziatore degli studi sulla vigilanza e sull’attenzione.

WILLIAM RIVERS:

fondò il “British Journal Psycology”; svolse ricerche psicofisiche sulla fatica e sugli effetti dei farmaci.

FRANCIA La psicologia non è stata troppo influenzata dall’evoluzionismo, che assunse un carattere filosofico. Approccio naturalistico e materialistico, tendenza della scuola a focalizzare tutte le funzioni mentali nel SNC. Interesse alle malattie mentali. RIBOT: fondatore della psicologia francese. o Si riferì a Claude Bèrnard (modello dell’omeostasi) o 1859: aprì il primo laboratorio francese o La psicologia doveva essere sperimentale e la malattia era la migliore forma di sperimentazione. o Oggetto di studio: processi mentali superiori, personalità. BINET: primo psicologo sperimentale; collaboratore e maestro di Freud (seguì anche Charcot e scrisse qualcosa sull’ipnotismo). o Attrezzò un laboratorio come quello di Lipsia, ma senza seguire Wundt. o Oggetto di studio: pensiero e intelligenza o Metodo: introspezione (giunse a conclusioni simili a quelle di Wurzburg). Prelevato da:

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o “Lo studio sperimentale dell’intelligenza”: serie di test per studiare l’intelligenza. Formulò una scala metrica dell’intelligenza dove venivano classificati gli individui secondo le capacità dimostrate nel risolvere le prove. Distinse età cronologica ed età mentale. Fece il primo test di intelligenza. Q.I. = età mentale /età cronologica * 100 JANET: il primo a studiare l’isteria. o Oggetto di studio: “condotta”: coscienza e tutte le influenze esterne che influiscono nella formazione di un comportamento. o Metodo terapeutico: catarsi: far ricordare al paziente in condizioni normali avvenimenti specifici della sua vita passata. In stato di ipnosi i pazienti potevano ricordarsi avvenimenti che nella veglia non ricordavano. MOREL: o teoria delle degenerazioni: esistono deviazioni ereditarie dall’uomo normale cioè delle degenerazioni che portano all’estinzione dei soggetti con queste caratteristiche PIERON: psicofisiologo. Aderì alla fisiologia per contrastare la tendenza degli Stati Uniti dove si stava creando un evoluzionismo sociale. o Oggetto di studio: comportamento come attività degli individui in rapporto con l’ambiente. Come vengono utilizzate le funzioni che devono garantire la sopravvivenza. WALLON: aderì al materialismo storico. o Oggetto di studio: sviluppo del carattere e della personalità durante lo sviluppo. Parte dallo spunto evoluzionistico ed interpreta le nevrosi da guerra. PIAGET: naturalista, filosofo, epistemologo, psicologo. o Teoria: lo sviluppo avviene secondo un principio di continuità tra filogenesi e ontogenesi. o Prospettiva genetica: studiando come cambiano le strutture del pensiero del bambino, si può comprendere non solo come queste strutture operano nell’adulto, ma anche come l’uomo le utilizza per la conoscenza scientifica (la forma più complessa). FREUD: laureato in medicina, si dedicò alla psicopatologia. o Studiò l’isteria insieme a Breuer, con il metodo dell’ipnosi, delle associazioni libere e l’interpretazione dei sogni. o Teoria dei processi psicodinamici patologici: si basa su due assunti:  Continuità tra normalità e patologia mentale: tra normalità e patologia non c’è differenza qualitativa.  L’inconscio modella le manifestazioni consce dell’attività psichica. Inconscio= luogo della psiche in cui sono risposti desideri, pulsioni ed emozioni che guidano e orientano il comportamento cosciente. I contenuti che si sono fissati nell’inconscio sono desideri, ricordi infantili guidati dal “principio del piacere” ed hanno un’energia pulsionale (LIBIDO) e danno luogo ad un sistema atemporale e non razionale. di negazione logica (un concetto e il suo opposto sono uguali) e di incertezza. Processo psichico primario = censura che applichiamo per i contenuti dell’inconscio. Il processo opera per “spostamento”: un’idea può essere rappresentata nella coscienza da un altro concetto connesso; e per “condensazione”: un’idea viene integrata ad un’altra creando un simbolo composto. Le due trasformazioni si Prelevato da:

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trovano nei sogni e sono utilizzate dal conscio per dare luogo a giochi di parole, umorismo, arguzia e consentono quindi un accesso all’inconscio. Preconscio = vi sono materiali dell’inconscio non completamente rimossi e che sono quindi latenti e disponibili. o Teoria della personalità: 3 diversi sistemi: Es (contenuti inconscio); Io (regola le pulsioni dell’Es); Super – Io (codice morale che si sovrappone all’Io). Angoscia: può dipendere dall’Es (angoscia nevrotica) o dal Super – Io (angoscia morale). o Pulsioni primarie: pulsione di vita (energia libidica), pulsione di morte (aggressività, masochismo). o Allievi: Jung (psicologia analitica), Adler (psicologia individuale).

USA: dall’ecletticismo alla psicologia. FUNZIONALISMO (James, Cattel, Hall) Oggetto di studio: non più la coscienza ma i meccanismi della coscienza che consentono l’adattamento all’ambiente Nuovo metodo:  Comparativo: confronto tra il comportamento umano e quello animale  Psicometrico: differenze tra gli individui rispetto ad abilità specifiche WILLIAM JAMES: pubblica il libro “Principi di psicologia”. Vive in un contesto culturale abbastanza rivoluzionario e fu uno dei primi ad intuire la teoria evoluzionista come fondamentale per la psicologia.  teorizzò psicologia sperimentale: il punto di partenza era l’evoluzione e lo stretto rapporto tra individuo e ambiente in cui vive. Mise in luce la rigidità di Lipsia.  Oggetto di studio: fenomeni della vita mentale e condizioni in cui avvengono i fenomeni. L’indagine psicologica deve attenersi ai fatti, dati empirici.  Metodo di studio = introspezione non prodotta in laboratorio. Limite: soggettività. Questo limite può essere superato con il metodo comparativo: studiare la vita psichica in tutte le sue manifestazioni (nei bambini, negli animali, nei malati) poiché le funzioni psicologiche sono solo il perfezionamento di funzioni biologiche.  Coscienza = processo, flusso continuo che è condizionata da una componente biologica: il cervello.  Emozioni = percezione di certi cambiamenti corporei.  Abitudine = altra dimostrazione di adattamento all’ambiente: ripetendo le azioni si produce un aumento della plasticità cerebrale.  Sé = immagine che ciascuno si crea di se stesso ed ha un aspetto sociale (ruolo occupato dalla persona all’interno della società). STANLEY HALL: aveva lavorato a Lipsia e nel 1883 fondò il primo laboratorio di psicologia negli USA.  Contribuì alla diffusione della psicanalisi negli USA: invitò nel 1909 Freud, Jung e Ferenczi a tenere una conferenza.  Ontogenesi come ricapitolazione della filogenesi: nello sviluppo del bambino si ripetono le varie fasi dello sviluppo della razza umana.  Studi sullo sviluppo: sul bambino, sull’adolescenza e sulla senecanza facendo uso di questionari. JAMES M. CATTEL: studiò le differenze individuali mediante classificazioni, quantificazioni e valutazioni comparative. Studiò la natura della creatività scientifica con il metodo Prelevato da:

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della classificazione in base all’ordine di merito (era convinto come Galton che fosse possibile isolare capacità particolari. MUSTENBERG: allievo di Wundt, condusse ricerche di psicofisica (prima erano gli americani ad andare in Germania, ora sono i tedeschi ad andare negli USA)  Studi: valutazione soggettiva del tempo, effetti della pubblicità, effetti dei farmaci nella risoluzione dei problemi. Creò test per la selezione del personale (psicologia del lavoro), sperimentò sieri della verità dando un contributo alla criminologia. TERMAN: allievo di Hall, fece importanti test mentali e sulle differenze individuali.

TITCHNER: di origine inglese e allievo di Wundt è il più fedele continuatore della psicologia wundtiana. Fu fondamentale perché trascrisse le opere di Wundt e lo fece conoscere anche negli USA  fonda lo Strutturalismo = Introspezionismo = Esistenzialismo Titchneriano, che inizialmente avrà grande importanza negli USA ma poi verrà sorpassato dal funzionalismo. Il suo problema era scoprire con che strumenti si potessero studiare i processi mentali. Lo strutturalismo si sviluppa durante il primo sviluppo tecnologico e la multi -etnicità.  1892: fonda la scuola di psicologia alla Cornell Università  Oggetto di studio = esperienza considerata dal punto di vista del soggetto.  Coscienza = somma globale delle esperienze.  Mente= patrimonio delle esperienze accumulate durante la vita.  Metodo = introspezione. Ne mise in risalto i limiti; proponeva un tirocinio e avvertì di non cadere nell’ “errore dello stimolo”: confondere l’oggetto con ciò che l’oggetto suscita. DEWEY: il funzionalismo si sviluppò nella corrente filosofica del pragmatismo e venne utilizzata la biologia evoluzionistica.  1892: fonda la scuola di Chicago.  Oggetto di studio: psicologia come disciplina sperimentale che studia i mezzi per favorire l’interazione ambiente-individuo.  Criticò atomismo, elementarismo, riduzionismo.  Comportamento: doveva essere studiato in quanto ha significato per l’individuo che lo compie. Il comportamento e l’esperienza non possono essere studiati prescindendo dal contesto. Non si può fare distinzione tra “sensazione” e “movimento” perché solo se guardiamo abbiamo sensazioni visive.  Adattamento all’ambiente: si serve delle conoscenze e richiede un continuo apprendimento. JAMES R. ANGELL = prosegue l’opera iniziata da Dewey.  1904: libro “Psicologia”: punti essenziali del funzionalismo. CARR = successore di Angell  Oggetto di studio = attività mentale vista come un insieme di processi la cui funzione sta nell’acquisizione e nell’impiego dell’esperienza per realizzare un comportamento adattivo.  Metodo = osservazione (semplice o controllata) per determinare se il soggetto riesce a raggiungere l’obiettivo prefissato e analizzare le variabili. THORNDIKE: interpretazione originale del funzionalismo.  Legge dell’effetto (1905) = gli atti che in una situazione producono soddisfazione, finiscono per essere associati a quella situazione e quegli atti verranno ripresentati più facilmente: il comportamento implica una scelta.

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Concezione connessionistica = i processi psichici sono costituiti dalle connessioni innate o acquisite fra la situazione e la risposta. L’associazionismo coglieva le associazioni tra i contenuti della mente; il connessionismo le associazioni tra gli eventi ambientali e le risposte motorie prodotte.

Poteva essere analizzato solo ciò che era direttamente osservabile e ripetibile (anticipa il comportamentismo  Misurazione dell’apprendimento: formula l’apprendimento per prove ed errori. YERKES = ricerche nel campo della psicologia comparata (la psicologia comparata 

aprì la strada al comportamentismo). Fu il primo a tracciare una scala dell’intelligenza: partiva dagli animali più semplici per arrivare ai più complessi (non tutti gli animali possono rispondere agli stessi livelli di apprendimento).

CRISI PSICOLOGIA = la psicologia animale, la psicoanalisi sembravano disgregare la psicologia in qualcosa che non aveva più un corpo organico. Ci furono due tentativi di ricostituzione: Comportamentismo e Gestal.

COMPORTAMENTISMO (S-R) STIMOLO (di carattere fisico): insieme di eccitazioni che agiscono in un dato momento sull’organismo RISPOSTA (di carattere fisiologico) mutamento che si verifica nei muscoli e nelle secrezioni ghiandolari in concomitanza con lo stimolo. WATSON = elabora il comportamentismo tra il 1903 e il 1920.  1911: “Manifesto del Behaviurismo” (COMPORTAMENTISMO).  Oggetto di studio: non la coscienza (è impossibile definirla) ma l’osservazione del comportamento manifesto (complesso insieme interfunzionale che si esplica nelle risposte).  Riduzionismo psicologico: l’oggettività può essere raggiunta solo riconducendo il più possibile i processi psichici a quelli fisiologici. Psicologia: studia l’insieme; fisiologia: studia aspetti specifici.  Metodo: riflesso condizionato, test in grado di fornire campioni di comportamento, resoconti verbali non dell’introspezione ma della parlata ad alta voce (che può essere considerata oggettiva).

 Importanza della psicologia animale per lo studio della psicologia umana.  Fortuna del comportamentismo: non dipende solo dall’oggettività del metodo ma anche dall’obbiettivo: fornire quelle conoscenze sul comportamento umano che potevano essere utili alla società (questo si inseriva bene nel contesto culturale del New Deal di allora).  1925: Watson nega l’esistenza degli istinti. Lashley: influenze sugli studi dell’insegnamento e della memoria.

GESTALT Rifiuto di alcuni studiosi dell’associazionismo per lo studio della percezione. Percezione = non combinazione passiva di elementi sensoriali ma frutto di un’organizzazione sugli elementi dell’esperienza. MACH =anche le strutture geometriche e temporali sono sensazioni indipendenti dagli elementi che le determinano(un triangolo può essere grande, piccolo, scaleno ma non perde qualità del triangolo) Prelevato da:

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CHRISTIAN VON EHRENFELS = non tutte le percezioni possono essere analizzate come semplici combinazioni di sensazioni perché esistono anche delle “qualità – forma” (GestaltQualitaten). Forma= non è una sensazione ma un elemento che agisce sulla percezione. La mente dà forma alle sensazioni elementari.  Metodo: osservazione semplice con descrizione dell’esperienza, senza nessun preconcetto.

Scuola di Berlino: Wertheimer, Kholer, Koffka. Teoria della Gestalt (Gestalttheorie): antiassociazionistica, anticausalitsta, antimeccanicistica. L’attività psichica è indipendente entro certi limiti, dall’esperienza. Gli stimoli non sono la causa, ma un’occasione per la percezione. La percezione si strutturano secondo principi innati nel SNC e non in quello periferico. Tra la sfera psicologica e quella cerebrale non c’è causa-effetto, ma parallelismo. Il soggetto percepisce mettendo in relazione le varie esperienze e riconoscendoci delle strutture. Percezione = modo con cui l’individuo struttura la realtà esterna secondi i principi dell’organizzazione della percezione stessa. Anche l’intelligenza e il pensiero si articolano secondo processi individuali innati. WERTHEIMER =  Movimento stroboscopico = percezione del movimento di un punto luminoso senza che questo si muova (effetto delle luci di Natale). Dimostrò l’infondatezza dell’associazionismo della percezione: il movimento non poteva essere spiegato come la somma degli stimoli stazionari. KHOLER = “L’Intelligenza delle scimmie antropoidi”: anche gli animali hanno un comportamento intelligente. Distinse:  Pensiero riproduttivo (conoscenze già acquisite)  Pensiero produttivo (produce conoscenze nuove): comportamento molare: richiede il riconoscimento dell’importanza dell’insight (illuminazione improvvisa che avviene dopo il ripristino del contesto globale del campo percettivo, emozionale e intellettuale). KOFFKA = 1935:“Principi di psicologia della Gestalt”: contribuì alla diffusione della Gestalt negli USA.

NEO COMPORTAMENTISMO:

influenze del positivismo logico e dell’operazionismo skinneriano. Operazionismo= definire i criteri con cui si determina rigorosamente l’applicabilità di un termine in un dato caso, per evitare di presupporre entità metafisiche o cadere nell’errore. Lo psicologo operazionista descrive la mente come un insieme di processi attraverso i quali vengono attivate reazioni che possono essere ripristinate e statisticamente analizzate. Rischio: i criteri della correttezza dell’analisi operazionale vengano utilizzati anche nell’interpretazione teorica. GUTHRIE: Può essere considerato un associazionista estremo, mentre è un empirista estremo.  Teoria dell’apprendimento: connessioni tra S e R sono data o da un condizionamento o da abitudini. Apprendimento avviene quando vi è una continuità spazio-temporale tra S condizionato e R.  Oggetto di studio: il movimento degli organismi senza affrontare il problema dell’azione che l’organismo esercita sull’ambiente nel suo complesso. Riduzionismo che però ebbe molto successo.

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TOLMAN: allontanamento dalla concezione comportamentista tradizionale. Tolman riconosce l’importanza della intenzionalità e finalità del comportamento. Ha integrato il metodo del comportamentismo con il metodo inferenziale.  Variabili intermedie: Tra le cause del comportamento (stimoli, ereditarietà, apprendimento passato, aspetti fisiologici) e il comportamento prodotto, c’è un set (insieme) di fattori (variabili intermedie).  Gli animali possiedono delle “mappe cognitive” delle situazioni; per creare queste mappe, apprendono delle relazioni tra segni e significati (Gestalt).  Purposive behaviour (comportamento intenzionale): il comportamento è determinato da un campo di variabili che sono la subordinazione dei mezzi al fine.  Apprendimento latente: i topi possono acquisire informazioni che utilizzeranno solo in un secondo momento.

CLARK HULL  Metodo ipotetico-deduttivo  Teoria formale della psicologia: l’organismo è soggetto ad un continuo processo di adattamento biologico all’ambiente. Compito della psicologia è connettere la fisica (studia le leggi che regolano l’ambiente esterno) e la fisiologia (studia le leggi dell’ambiente interno) per cogliere che relazione si instaura durante il comportamento. La soddisfazione dei bisogni primari è essenziale per la sopravvivenza, ma una volta soddisfatti questi ci sono altri bisogni secondari che devono essere soddisfatti anche se non essenziali.

Accettò le variabili intermedie di Tolman ma li considerò “costrutti logici” non ipotetici.  Attitude test (test attitudinali)  Introdusse concetto pulsione: la fame è una pulsione perché spinge l’individuo a 

manifestare un comportamento appetitivo più di un altro comportamento.  Abitudine: variabile intermedia, condizione complessa del SN che porta a reagire in modo altamente specifico a certe situazioni. Le abitudini sono legate tra loro da un grado di probabilità: se non ne viene scelta una è molto probabile venga scelta quella successiva. Ci sono relazioni dinamiche tra la scelta di un’abitudine e produzione della reazione motoria. SKINNER: atteggiamento scientifico torna all’ideale watsoniano della pura descrizione. Adesione all’empirismo radicale.  Oggetto di studio: stabilire le relazioni funzionali tra S e R.  Metodo: situazione sperimentale deve essere controllata al massimo, per isolare tutte le variabili.  “Walden Tue”: libro scritto prima della II guerra mondiale che mette in luce la possibilità della manipolazione del comportamento umano (da parte dello stato, della famiglia, della Chiesa). Egli ritiene che dall’altro lato c’è la possibilità di utilizzare in positivo questa manipolazione: in modo sociale.  Condizionamento operante: nell’agire nell’ambiente, l’animale rinforza un dato comportamento spontaneo. Il comportamento può essere:  rispondente (risponde a stimoli noti)  attivo (prodotto da condizionamento operante).  Ultimo esponente del neo-comportamentismo.

 Interpretazione del linguaggio opposta a quella di Chomsky

TRASFORMAZIONE PSICOLOGIA (anni Cinquanta): Prelevato da:

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Cause: caduta comportamentismo, scuole psicoanalitiche, Gestalt, progresso etologico, cibernetico. Adozione nuovo linguaggio che consentirà di parlare di quanto avviene nella mente.

TURING: 

Macchina di Turing: macchina virtuale in grado di svolgere qualsiasi calcolo esprimibile

in un codice binario. Composta da un nastro e una testina che memorizza il nastro e scrive in qualsiasi momento.  Test di Turing: un soggetto non è in grado di differenziare prestazioni prodotte da un essere umano da quelle di una macchina. NEUMANN: programma memorizzato di un calcolatore può essere la concreta realizzazione della macchina di Turing. ROSENBLEUTH,WIENER, BIGELOW: stessa funzione tra comportamento finalizzato degli uomini e degli animali e sistemi di autoregolazioni artificiali (basati su feedbackretroazioni- e feedforward – preazione). CULLOCH e PITTS: attività neuronale può essere descritta con la stessa logica dei calcolatori.

Teoria matematica della comunicazione: trovare il modo più efficiente per trasmettere informazioni:  Riduzione dell’entropia del canale (disordine), grazie all’aumento di ordine grazie ad una codifica di ciò che deve essere trasmesso.  Messaggio codificato in informazione (in senso matematico è la scelta tra due alternative equiprobabili che può essere misurata in bit). SHANNON e WEAVER: la teoria matematica della comunicazione può essere applicata a varie discipline, anche alla psicologia. Miller: assume il nuovo linguaggio della teoria dell’informazione per descrivere come l’uomo elabora le informazioni. Stimoli = informazioni. Nuovo modo di analizzare il linguaggio naturale, basato su un’interpretazione matematicoprobabilistca (catene markoviane) della struttura del linguaggio che garantisce un’alta probabilità sugli enunciati che possono essere detti dagli individui.

PSICOLOGIA NON COMPORTAMENTISTA Anni ‘30 Anna Freud

= è principale esponente della psicologia della personalità nella prospettiva

psicoanalitica. Allport = principale esponente della psicologia della personalità nella prospettiva sociale. Queste prospettive si aprono a tematiche che fino ad allora erano state ignorate: motivazione, pensiero, linguaggio, emozioni, percezione. Scuola del New Look: le motivazioni, la rappresentazione dei fini, la rappresentazione di se stessi sono elementi cognitivi che modificano la percezione e il comportamento. Bruner e Postman mostrano quanto le aspettative, le motivazioni ed i bisogni dell’individuo, lo influenzano. BRUNSWIK: c’è sempre interazione tra percezione ed apprendimento. Gli stimoli hanno dei significati per l’organismo; processi cognitivi = operazioni di confronti di quei significati o modificazione di questi.

Anni ’50 – ‘60 Prelevato da:

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TINBERGEN– THORPE - LORENZ – HARLOW: etologi che eliminano la contrapposizione tra istinto (ereditario e immutabile) e apprendimento (prodotto dal condizionamento). LASHLEY : impossibilità di descrivere con i modelli neoassociazionisti il funzionamento del cervello. HEBB: la problematica neurofisiologica e la problematica psicologica si sovrappongono senza che una possa ridursi nell’altra. Fisiologo: ricavare i dati circa il funzionamento delle parti del sistema nervoso; psicologo: mettere in relazione i dati fisiologi con i comportamenti.  Assemblee cellulari: interconnessioni tra i neuroni che danno luogo a configurazioni globali di attivazione che si rafforzano.  Oggetto di studio: non il comportamento relativo agli eventi sensoriali, ma il comportamento mediato da attività centrali autonome (il pensiero in senso lato).  Modello psicofisiologo: spiegazione dei processi della percezione, del pensiero e delle attività centrali che hanno importanza nei comportamenti. MILLER: indagine sul linguaggio(mezzo sociale di comunicazione) o Stretta relazione tra i processi interni e il linguaggio (espressione di quei processi). o “Piani e strutture del comportamento”: la memoria non è un recipiente illimitato; noi accumuliamo informazioni secondo criteri. o “Magico numero 7 + o – 2”: si possono ricordare minimo 5 numeri e massimo 9 senza accoppiarli. BUSH – MOSTELLER: o “teorizzazione dell’apprendimento”: apprendimento è un processo di campionamento all’interno dell’insieme delle risposte possibili (riprende dai modelli probabilistici e meccanici). DEUTSH: i processi che stanno sotto al comportamento, si possono dedurre confrontando le risposte ad un problema di un soggetto e quelle di un calcolatore.

PSICOLOGIA COGNITIVISTA “Symposium on Information Theory”(1956) al Massachussetts Institute of Technology: segna una svolta storica per la psicologia cognitivista. In questo convegno furono presentate 3 relazioni: 1. Newell-Simon: “Logic Theory Machine”: calcolatore in grado di elaborare la dimostrazione completa di un teorema. Visto che sia i sistemi naturali che quelli artificiali hanno la strategia euristica (possono imparare dall’esperienza), i programmi dei calcolatori forniscono i modelli dei processi cognitivi simulati. 2. Chomsky: “Tre modelli del linguaggio”: il modello del linguaggio a stati finiti (della teoria dell’informazione) non era possibile. Chomsky recupera il concetto di “mente” =

sistema formato dalle varie competenze (come quella linguistica) che sono nascoste dai comportamenti osservabili. La teoria dell’apprendimento è inadeguata: un bambino non può apprendere il linguaggio sperimentando tutte le possibili combinazioni. Ci deve essere una predisposizione biologica allo sviluppo del linguaggio. Competenza linguistica: interagisce con le altre competenze cognitive e in questo modo sviluppa il linguaggio. Deve essere considerata una branca della scienza cognitiva il cui compito è lo studio dei processi cognitivi.

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Miller:

“Psychological Review”: l’essere umano è un elaboratore a capacità limitata: l’informazione in ingresso viene filtrata e trasmessa a successivi stadi di elaborazione che consentono l’uscita di output. Piano: struttura che caratterizza il mondo esterno, da cui ha origine il comportamento. Il piano è fondamentale per lo studio dei processi cognitivi. Comportamentismo soggettivistico: il comportamento è un insieme complesso di meccanismi di controllo che si autoregolano che hanno alla base il TOTE (Test - Operate – Test – Exit) o meccanismo di feed-back. Quindi tra S e R c’è il soggetto.

1956 o Convegno al Dartmouth College: McCarthy, Minsky, Newell: nascita dell’Intelligenza Artificiale. Intelligenza Artificiale = disciplina che ritiene che l’apprendimento e l’intelligenza umana possono essere simulati da una macchina. o “Il pensiero”: Bruner – Goodnow – Austin: i soggetti non associano risposte specifiche a stimoli specifici, ma tendono a dedurre i principi e le regole che stanno sotto al problema in modo da poterli riutilizzare anche in altri problemi. Obiettivo= determinare la quantità di informazioni che potevano essere assimilate dal soggetto. Il soggetto fa un processo costruttivo: l’informazione viene strutturata in vari modi. BRUNER (1957): “Al di là dell’informazione data”: fornisce una teoria dello sviluppo cognitivo: lo sviluppo cognitivo è legato anche all’apporto culturale. o Center for Cognitive Studies (1960): Bruner – Miller: divenne il riferimento per gli psicologi dell’elaborazione umana dell’informazione. L’elaborazione si strutturava in più fasi: registri sensoriali, memoria a breve termine, memoria a lungo termine. Cronometria mentale: principio secondo cui a tempi di reazione più lunghi corrisponde un’elaborazione più complessa. NEISSER: “Psicologia cognitiva”: metafora della mente come elaboratore. Descriveva le trasformazioni che l’informazioni subiva da quando entrava attraverso la percezione, fino ad arrivare all’attenzione, al linguaggio, alla memoria, al pensiero. “Conoscenza e realtà”: teoria del ciclo percettivo: necessità di studiare i processi cognitivi in situazioni ecologicamente valide, cioè in natura. Le mappe cognitive forniscono un meccanismo di anticipazione che guida l’esplorazione dell’ambiente Anni ’60: la psicologia era divisa in tre direzioni: 1. Teoria dell’elaborazione umana dell’informazione: ricerca più seguita 2. Studio della simulazione 3. Psicologi che non si riconoscono totalmente nell’elaborazione umana dell’informazione (Bruner pur accettando la terminologia del cognitivismo, rifiutava l’equivalenza tra sistemi artificiali e umani; Piaget rifiutava la teoria). Jean Piaget sarà conosciuto negli USA grazie a Flavell, Elkind.

Berlyne:

“Struttura e orientamento del pensiero”: a fondamento dell’apprendimento c’è la curiosità epistemica. Holt: importanza delle immagini mentali nello studio dei processi cognitivi. Prima fase: identificazione delle strutture nelle quali avveniva l’elaborazione Seconda fase: ’70: attenzione alla dimensione funzionale del sistema cognitivo. Si studia la modalità dell’elaborazione: o Superficiale: caratteristiche fisiche degli input. o Profonda: relativa al significato. Memoria di lavoro: conoscenze che servono in un determinato momento dell’elaborazione cognitiva Prelevato da:

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Memoria permanente: tutte le conoscenze che potenzialmente possono essere attivate e trasferite alla memoria di lavoro. Memoria episodica: legata al proprio vissuto. Memoria semantica e dichiarativa. Memoria procedurale. Superamento del carattere sequenziale dell’elaborazione: ci sono diverse modalità di rapportarsi al mondo esterno per modellare le conoscenze che ne abbiamo (problema dell’expertise) e c’è necessità di creare degli schemi, script, frame della conoscenza.

SCIENZA COGNITIVA Progetto finanziato dalla Sloan Foundation. Oggetto di studio: processi cognitivi (ragionamento, memoria, percezione, problem solving, presa di decisione). Obiettivo: studio interdisciplinare dell’attività cognitiva nel suo complesso secondo un’interazione tra discipline: filosofia, psicologia, Intelligenza artificiale, neuroscienze, linguistica, antropologia. Ciò che accomunava gli studiosi delle varie discipline era la fiducia nella simulabilità dei processi cognitivi. Nel frattempo si affermò il connessionismo (elaborazione avviene contemporaneamente su tutti gli input e produce output) e questo comporta una rappresentazione non simbolica ma sub-simbolica.

René Descartes: introduce concetto “riflesso automatico”: il fuoco ha la capacità di coinvolgere nel proprio movimento la pelle del piede, tirando i nervi sensoriali della pelle, si apre un poro nel ventricolo del cervello, permettendo allo spirito animale di uscire dal ventricolo lungo tubi vuoti nei centri nervosi che connettono i muscoli alla gamba. Lo spirito riempie i muscoli, causando la ritrazione del piede. Successivamente vengono messi in moto altri nervi motori che fanno spostare gli occhi e la testa verso il piede.

Conoscenza scientifica nel tempo. Il mito della caverna di Platone testimonia già un’esigenza: distinguere tra le diverse forme di conoscenza e individuarne una che più di tutte desse certezze (che oggi chiamiamo conoscenza scientifica). In passato = la conoscenza empirica era svalutata poiché ingannevole, conoscenza vera = conoscenza razionale (permette di arrivare alla idee, concetti). Teologi cristiani = conoscenza vera è quella rivelata dalle Sacre Scritture; verità appartiene solo a Dio e non può essere raggiunta né con la ragione né con esperienza. Epoca moderna = conoscenza fondata sull’esperienza: è vera quella conoscenza che può essere ricondotta a dati dell’esperienza. Gli errori dell’esperienza si possono evitare se l’analisi dell’esperienza è condotta in modo rigoroso. Regole da seguire: regole razionali (regulae ad directionem ingenti – regole per la guida dell’intelletto). Sapere scientifico: insieme di affermazioni sul mondo che emergono dall’esperienza ma che sono elaborate in forma razionale.

Criteri di scientificità per l’ideale moderno di scienza Prelevato da:

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 Empiricità: non si possono formulare ipotesi su oggetti metafisici  Oggettività: non si può occupare di aspetti soggettivi. Gli oggetti naturali hanno 2 qualità (definite anche da Locke): 1. qualità primarie (massa, estensione, forma): qualità che appartengono veramente agli oggetti. Hanno queste caratteristiche:  pubblicità: qualità pubbliche (osservabili da tutti nello stesso modo)  misurabilità: possono essere misurate con scale. 2. qualità secondarie (colori, sapori, odori): che non sarebbero oggettive per frutto di percezioni o interpretazioni. Attenendosi alle qualità primarie si possono evitare errori.

METODO SCIENTIFICO o osservazione o formulazione ipotesi o verifica delle ipotesi tramite sperimentazione. La ripetibilità dell’esperimento è coerente con il criterio della pubblicità; o generalizzazione dei risultati e formulazione di principi e teorie che possono essere organizzati in strutture più complesse (teorie scientifiche). Modello esplicativo = schema logico per la formulazione dei principi. Se A allora e sempre B: ogni volta che si verifica A (condizione di B) allora si verifica B. Questo modello vuole individuare le cause reali. Per questo le leggi scientifiche, una volta individuate, hanno valore assoluto, universale.

OGGI Fine ‘800: crisi di alcuni capisaldi: o Empiricità: la fisica subatomica studiava fenomeni così piccoli da non poter essere percepiti e quindi non si poteva base sull’esperienza. o Metodo ipotetico-deduttivo: ipotesi formulate da intuizioni elaborate in un complesso modello teorico di cui si prevedeva un confronto con l’esperienza solo a posteriori. o Oggettività non assoluta: partì dalla fisica. Heseimberg: principio di indeterminazione: non si possono compiere misure assolutamente oggettive poiché le stesse procedure di misura modificano il fenomeno osservato. Teoria della relatività ristretta di Einstein: mise in dubbio la possibilità di utilizzare categorie di riferimento spazio-temporali assolute perché sono relative all’osservatore. Mise in dubbio le 2 componenti oggettive degli oggetti (certezza della fisica): massa ed energia. E = mc2 Leggi fisiche non hanno sempre carattere deterministico e quindi possono essere spiegate solo tramite leggi probabilistiche. “Se allora e sempre B” è sbagliata “Se A allora B, con un certo livello di probabilità. La scienza non doveva rinunciare alle leggi perché il libello soglia è comunque molto alto. Se dato A, si verifica B 95 volte su 100, allora abbiamo un principio valido.

SCIENZA E PSICOLOGIA Fine ‘800: psicologia tenta di entrare nell’ambito delle conoscenze scientifiche. Descart aveva distinto i fenomeni del mondo in 2 categorie: o Res extensa (di natura materiale) o Res cogitans (soggettività, la mente) Solo res extensa potevano essere studiati scientificamente (perché oggettivamente osservabili). Prelevato da:

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Seguì distinzione tra: o Scienza della natura (scienza monotetica) del generale o Scienze umane (scienze idiografiche) del particolare. In seguito: o Scienze esplicative: capaci di spiegare oggettivamente i fenomeni; identificano cause. o Scienze comprensive: modalità di conoscenza basata su intuizioni soggettive. Diverse posizioni psicologi di un tempo: 1. Oggettivismo puro: Secenov (uno dei padri della fisiologia russa) nei “I riflessi del cervello” voleva spiegare tutti i fenomeni psichici utilizzando il modello dell’arcoriflesso. Importa mentisti voleva studiare soltanto i comportamenti. 2. soggettivismo puro: Wundt e gli strutturalisti. Per molto tempo la psicologia venne considerata una scienza umana e si cercò di trovare una serie di soluzioni per trattare in modo scientifico la psicologia. Weber e Fechner (sostenitori della psicofisica): tentativo di relazionare soggettivismo puro e oggettivismo puro: proponevano criteri indiretti di misura delle variabili psichiche attraverso le misure di variabili fisiche. Operazionismo psicologico: modi di affrontare il problema del significato delle affermazioni scientifiche. Anche concetti soggettivi (pensiero, emozione, sentimento) possono essere studiati oggettivamente se si descrivono le operazioni con crete attraverso le quali questi fenomeni possono essere osservati e misurati. Per misurare fenomeno soggettivo bisogna considerare le conseguenze e le manifestazioni oggettive del fenomeno (soluzione adottate dal comportamentismo maturo). Metodo simulativo: elaborato dalla scienza cognitiva. La mente può essere studiata paragonandola a un calcolatore elettronico e quindi la mente può essere compresa con un metodo costruttivo (attraversi la costruzione di modelli teorici che ne simulano il funzionamento).

PRINCIPALI TRADIZIONI DI RICERCA PSICOLOGICA o RICERCA DI LABORATORIO (già da fine ‘800): inizialmente studiate sensazioni, percezione e memoria; in seguito studiati pensiero, linguaggio ed emozioni. Psicologia scientifica = ricerca di laboratorio (per molti anni): in quanto il laboratorio si mostra particolarmente adatto all’applicazione del metodo sperimentale; le variabili vengono controllate e si può utilizzare un modello di spiegazione causale dei fenomeni studiati. Organizzazione e validità di un esperimento: esperimento è valido quando effettivamente mette alla prova le ipotesi di partenza. Vanno seguite delle regole importanti: isolamento e controllo delle variabili, scelta casuale del campione, assegnazione casuale dei soggetti ai gruppi sperimentali. Variabili e il loro controllo: variabile (possibile variazione misurabili di un certo fenomeno sotto indagine).  Variabili quantitative: pesi, lunghezze, intensità  Variabili qualitative: colore rosso o verde  V.I.: explorans: cause del fenomeno  V.D.:explorandum (effetti di quella causa)  Esperimento a un fattore: una sola V.I.  Esperimento a più fattori: + V.I.  Gruppo di controllo. Scelta dei soggetti: nell’esperimento ideale dovrebbero essere scelti con scelta casuale (si dispone di un campione rappresentativo della popolazione) dall’universo (non è uguale a “scelta a caso”). Purtroppo di solito si utilizzano altri criteri di scelta: Prelevato da:

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o Criterio di scelta di unità tipo: persone che posseggono in maniera media o normale certe caratteristiche o abilità ritenute utili. o Campionamento per quote: si estraggono casualmente dalla popolazione gruppi ridotti di soggetti che mantengono proporzioni della popolazione. Assegnazione dei soggetti ai gruppi: due tipi di disegni sperimentali:  Disegno tra i soggetti (between subject design): soggetti distribuiti in tanti gruppi quanti sono i trattamenti; ogni soggetto fa un solo trattamento. L’assegnazione dei soggetti ai gruppi avviene casualmente. Questo disegno è quello che offre più garanzie perché permette maggior controllo.  Disegno entro i gruppi: tutti i soggetti sottoposti a tutti i trattamenti. Un trattamento può influenzare l’altro e quindi si adottano strategie per il controllo dell’ordine e della sequenza delle prove. È meno dispendioso e più facile da realizzare. L’uso di un disegno o dell’altro, varia dagli obiettivi di ricerca. Quasi esperimenti: il ricercatore non può manipolare a suo piacere la V.I. oppure, pur lavorando per gruppi, non può assegnare i soggetti casualmente a questi gruppi (per le variabili organismiche funziona così. Questi limiti riducono la validità dell’esperimento perchè è difficile concludere che le cose dipendono dalle V.O. (per es. sesso). Esperimenti su singoli soggetti: anche con un soggetto singolo bisogna avere misure ripetute. Es. se si vuole studiare il livello di stress dovuto ad una prestazione in un soggetto bisogna:  Pre-test sullo stress in una situazione di rilassatezza  Linea di base della V.D. (paragonabile al gruppo di controllo)  Sottoporre soggetti a prestazioni di calcolo, rilevando più volte misurazioni.  Misurazioni 2 ore dopo prestazione, quando c’è di nuovo rilassatezza. o RICERCA SUL CAMPO: INCHIESTE CONODTTE CON QUESTIONARIO (utilizzate soprattutto in psicologia sociale). Fine: studiare e conoscere opinioni o atteggiamenti di gruppi di persone in relazione ad argomenti o problemi. Strumento: questionario (insieme organizzato di domande volte a far emergere l’opinione dei soggetti su determinati temi). V.I. categorie o fattori che il ricercatore prende come riferimento epr valutare se influenzano risposte. V.D. rapporto dei soggetti. Rapporti causali: vero esperimento permette di evidenziare rapporti casuali: una certa V.D. è causata da una certa V.I. poiché gli oggetti di altre possibili variabili sono stati esclusi con il controllo. Rapporti di connessione tra variabili: nelle ricerche su campo e nelle inchieste non ci può essere controllo totale delle variabili perché soggetto inserito in contesto e ambiente che possono influenzarlo. Le variabili sono in relazioni di diverso tipo (a seconda che le variabili siano quantitative o qualitative) e sono espresse da diverse misure statistiche; indici di concordanza, di correlazione, di regressione, contingenza.

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La decisione di quale variabile sia la causa e quale sia l’effetto spetta al ricercatore (connessione tra estroversità e buoni rapporti sociali, ma quale è la causa e quale l’effetto?) Campione: valgono le stesse regole per il vero esperimento. Domande:  Aperte: garantiscono maggiore validità del questionario perché raccolgono direttamente le opinioni dei soggetti intervistati ma sono più difficili da analizzare in termini quantitativi (il ricercatore non riuscirà ad isolare la sua soggettività) vanno utilizzate quando si ha una conoscenza molto scarsa di ciò che la gente pensa e spesso le domande aperte si usano come “domande pilota” per ricavare le categorie di domande chiuse.  Chiuse: sono meno valide ma sono più facili da esaminare. Sincerità delle risposte:  Desiderabilità sociale: persone tendono a rappresentarsi come normali, non devianti.  Effetto del “buon soggetto” Controllo:  Assicurare che il questionario resterà anonimo;  Evitare la compilazione in presenza dell’intervistatore  Questionario non deve essere consegnato direttamente nelle mani del ricercatore ma il metodo migliore sarebbe l’invio per posta (che però non garantisce il ritorno)  Cercare gruppo di soggetti rappresentativi di una certa popolazione; convocarli e somministrare questionario: le modalità di somministrazione e raccolta vanno spioegate prima per creare fiducia. OSSERVAZIONI: è lontana ancora di più dell’inchiesta, dal metodo sperimentale.  Nessuna manipolazione variabili  Nessuna assegnazione di soggetti e gruppi  Semplice osservazione di determinati comportamenti di singoli o di gruppi nel contesto quotidiano. Si ispira al metodo etologico con cui si studia comportamento animale. (nell’uomo insorge però problema della privacy personale). Oggettività osservazione: ricerche osservative in base a parametri che caratterizzano l’oggettività: o Delimitazione chiara di ciò che si vuole osservare o Grado di coinvolgimento dell’osservatore in ciò che si sta osservando o Strumentazione utilizzata (strumenti adeguati: videocamera, cinepresa, magnetofono) o Preparazione buona griglia di osservazione. N.B. Quando il ricercatore non è per nulla coinvolto si ha l’oggettività massima. Formulazione e conferma di ipotesi: nell’osservazione non si hanno ipotesi definiti di partenza. Si va alla ricerca di regolarità nei comportamenti umani, in determinati contesti, alle quali si attribuisce un senso. N.B. Kohler nelle osservazioni sulle scimmie non usò metodo osservativo perché osservazione non era spontanea: la situazione veniva creata dallo sperimentatore. Ambiti di applicazione:  Osservazione dei bambini molto piccoli (infant observation= con i quali non è ancora possibile interagire verbalmente.  Osservazione dell’interazione precoce metodo-bambino ()ricerche condotte da Molher e Stern). Prelevato da:

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Dimensione temporale dell’osservazione: la durata dell’osservazioni è motlo varia e si differenzia in relazione alle caratteristiche dell’ogetto studiato. Il tempo va defnito a priori, se il tempo è lungo non si potrano fare osservazioni continue ma osservazioni campionarie (definire qundi criteri di campionatura). Per studiare evoluzione di un fenomeno: o Osservazione longitudinale: disegno di ricerca entro i soggetti o Osservazione trasversale (su più gruppi): disegno di ricerca entro i soggetti. o RICERCA IN AMBITO CLINICO: Psicologia generale ha come oggetto “unità tipo”: uomo medio. Il singolo, quindi si dissolve. Nella scelta dei soggetti per un esperimento le persone lontane dall’unità tipo non vengono prese in considerazione. Ambito clinico (kline (letto, giaciglio: luogo dove si sta quando si è ammalati): diventa rilevante quello che è irrilevante per psicologia generale. Studia e si occupa di persone che si trovano in una condizione di disagio psicologico accompagnato da una sofferenza. Quételet /statistico, sociologo che per primo mise in atto la statistica) e Galton: le caratteristiche umane (fisiche e psichiche) si distribuiscono secondo curva di Gauss, intorno ai valori medi: la maggior parte degli individui sono simili per i loro vari aspetti (sotto la campana nella parte centrale) mentre quelli meno comuni sono all’estremità. Psicologo clinico: non èp solo interessato alle irriducibili differenze ma cerca con costanza anche le regolarità (si può soffrire in mille modi ma questi mille modi possono rientrare in “categorie di sofferenza”).  Ricerche cliniche: o Metodi sperimentali o Quasi esperimenti o Inchieste o Osservazioni  Diagnosi: spesso allo psicologo clinico è richiesto (da colleghi, medici,magistrati, centri di consulenza pubblici o privati, dall’utente o dai tutori dell’utente)una diagnosi sul soggetto o su alcuni aspetti e abilità del soggetto. Fasi diagnosi: o Raccolta elementi o Formulazione ipotesi diagnostiche o Utilizzo strumenti per confermare o disconfermare ipotesi (colloquio approfondito e mirato; uso di reattivi psicodiagnostici in grado di valutare le funzioni di base, le attitudini o i tratti di personalità). Test per organizzazione visuo-spaziale Thematic appercetion test (descrizione del soggetto di situazioni ambigue). Test di Rorschac o Soggetto analizzato sulla base di una qualche teroia e confrontato con dei gruppi di riferimento che sono quelli su cui è stata fatta la taratura dei test. N.B. La diagnosi è una procedura di ricerca ma non è ricerca sperimentale. “Validazione consensuale”: diagnosi su un medesimo soggetto o su medesimi gruppi di soggetti fatte da diversi dagnosti, vengono confrontate secondo indici di concordanza che permettono di verificare se il libelo di Prelevato da:

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accordo è reale o dovuto al caso. Lo psicologo entra in relazione col soggetto., il medico col corpo del soggetto.  Psicoterapia: forma di cura della sofferenza e del disagio psicologico attraverso la relazione e l’interazione tra un paziente (o gruppo di pazienti) e terapeuti. La psicoterapia è privata ed ha come prerequisiti: conoscenza della personalità del paziente e delle possibili cause del suo disagio (la conoscenza è acquisita sia dal paziente che dal terapeuta). Obiettivo: conoscere e cambiare (la psicoanalisi diceva che il paziente cambia attraverso la presa di coscienza); cambiamento: non crea nuove personalità ma maggiore coscienza di sé, delle proprie modalità comportamentali e relazionali. Scientificità: psicoterapia è il caso limite dei disegni di ricerca entro il soggetto. Gli incontri sono osservazioni ripetute con durata solitamente costante. PSICOTERAPIA RICERCA CASI SINGOLI conoscere e cambiare Conoscere il caso Scopo: Relazione paziente-terapeuta: Osservazione pubblica Modalità osservative privata e di natura empatica (affettiva) formulazione ipotesi Formulazione ipotesi Punto in comune: - Problema della verifica: minore garanzia delle modalità con cui si verificano le ipotesi. Eysenck: non negava del tutto il valore di un intervento psicoterapeutico ma ne incitava il miglioramento. Soluzioni: o Procedure che dessero maggiore concretezza empirica a costrutti teorici (operazionalizzazione degli aspetti teorici principali) o Osservazione più oggettiva: trascrizione di ciò che accade durante psicoterapia o Criteri condivisi per la valutazione del cambiamento terapeutico o Cura della formazione dei terapeuti.

o SCIENZA COGNITIVA Presupposto centrale: la mente umana può essere descritta e studiata come un calcolatore (riprende dalle ricerche dell’Intelligenza Artificiale). Obiettivo: studiare contenuto della mente. Operazionismo: ritiene che il mentale possa essere studiato attraverso comportamenti. Scienza cognitiva: il mentale va studiato in quanto tale e non attraverso esiti comportamentali. • Metodo simulativo: da teorie vengono dedotti modelli più specifici relativi a qualche processo mentale limitato. Questi modelli sono sottoposti a verifica con il metodo simulativo. Validità: o Trasformazione del modello di un certo processo mentale in un programma di calcolo trasferibile su calcolatore o Verificare quanto quello che fa il calcolatore in base a quel programma è simile a quello che fa l’uomo. Vantaggi: Prelevato da:

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[PSICOLOGIA GENERALE - MECACCI] • • • •

Offre nuovi strumenti teorici ed applicativi che hanno lo scopo di penetrare nella black box Offre garanzie di scientificità Applicazione al riconoscimento di forma, processi di astrazione e formazione di concetti, soluzione di problemi, apprendimento di giochi. Sistemi aperti: sistemi capaci di compiere attività molto specialistiche in ambiti ristretti, spesso utilizzati in medicina e biologia.

Svantaggi: • rischia di appiattire la mente sul calcolatore. • Scarle: la capacità tutta umana di essere consapevoli di sé, di attribuire significato al mondo, di rallegrarsi o rattristarsi per ciò che accade, di amare e odiare i propri simili. N.B. Pensare all’utilizzo di un metodo simulativo in psicologia clinica sembra precoce. • Varie correnti scienza cognitiva: o Intelligenza Artificiale dura: esponente Marvin Minsky (scrisse Perceptrons): la verifica di un modello simulativo va fatta solo sui suoi esiti e questi vanno considerati validi non solo se sono simili, ma devono essere migliori dell’uomo. o Intelligenza Artificiale morbida (Nawell, Shaw, Simon): importante che un modello simuli fedelmente non solo gli esiti di un processo mentale, ma anche le procedure (gli esiti non devono essere migliori, ma simili a quelli umani). o Connessionismo (McClelland, Smolensky, Parisi): la mente è un’attività organizzata di un insieme complesso di innumerevoli connessioni tra neuroni. Questa struttura è simulabile da calcolatori. Un modello simulativo è valido se simula fedelmente gli esiti di un certo atto mentale, le procedure con cui si realizza e le strutture hardware del cervello umano. N.B. oggi non è ancora possibile costruire modelli così realistici e simili al cervello (il cervello è in grado di elaborare contemporaneamente-in parallelo- molte informazioni; il calcolatore funziona serialmente –un’operazione per volta).

Lo studio del sonno è un settore di ricerca ricco di informazioni psicofisiologiche.

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PRIME MISURAZIONI FENOMENI PSICHICI Il concetto di misurazione dei fenomeni è alla base del concetto moderno di scienza. Solo con Galileo Galilei ci fu la possibilità di misurare i fenomeni fisici, dopo aver individuato le dimensioni da quantificare. Legge del pendolo: misurati diversi parametri: peso, lunghezza pendolo, ampiezza oscillazione, tempo impiegato (fu il più difficile da misurare: Galilei utilizzò la frequenza del proprio polso. L’isocronia dell’oscillazione del pendolo, quindi, è stata realizzata utilizzando uno strumento poco preciso). CHIMOGRAFO = tecnica molto diffusa per misurare in modo attendibili intervalli temporali. Formato da: tamburo (cilindro ruotante a velocità costante ricoperto da un foglio di carta); pennino (appoggiato sul foglio e tracciava il segno). Il tracciato poteva avere delle deflessioni causate da un impulso elettrico e meccanico. Intervallo di tempo: Misurando la distanza tra due deflessioni e conoscendo la velocità del tamburo. N.B. La messa a punto del chimografo aprì la via alle misurazioni del tempo in fisiologia e successivamente in psicologia.

HERMANN VON HELMOTZ Velocità conduzione nervosa = studiava la velocità di trasmissione degli impulsi lungo fibre nervose con una tecnica originale: applicava ai soggetti degli elettrodi in diversi punti di un arto, attraverso i quali somministrava uno shock elettrico; i soggetti dovevano sempre rispondere con solita risposta ad ogni stimoli. Misurando il tempo di reazione, osservò che il tempo era maggiore più si distanziava dal punto stimolato al SNC. N.B. velocità conduzione nervosa: distanza tra 2 punti stimolati = 100 m/sec _______________________________________________

T1–T2 Avviò, quindi, un orientamento di studi che metteva in evidenza l’importanza dei fattori biochimici e bioelettrici nei fenomeni mentali. Misurazione diametro pupillare = realizzata con oftalmometro (strumento inventa da lui): stimò anche il tempo supplementare richiesto per compiere azioni cui si è consapevoli. Rilevò che l’intervallo S-R nel riflesso rotuleo è minore di quello per sterzare in macchina, perché il riflesso rotuleo non richiede l’intervento della corteccia cerebrale e non coinvolge la coscienza.

ERNST H.WEBER Soglia differenziale (SD) o soglia appena percettibile (JND)= minima differenza percepibile tra due stimoli. Algoritmo: rapporto di Weber DR = kR DR = incremento a uno stimolo affinchè si abbia differenza k = quanto serve per percepire differenza R: stimolo I soggetti sono capaci di identificare come diversi due stimoli che si differenziano per un valore (soglia differenziale) che rappresenta una percentuale costante della misura di riferimento. Se soggetto riconosce differenza tra 100 e 102 g, ma non tra 100 e 101; allora k = 2% e saprà riconoscere tra 500 e 510; tra 700 e 714. K luce bianca 1/60 K pesi sollevati 1/50 K pressione cutanea 1/7 K odore di gomma ¼ K sale 1/3 K scottatura cute 1/30 Prelevato da:

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GUSTAV T.FECHNER Legge di Weber-Fechner =

S= k log R

S: sensazione soggettiva R: intensità fisica dello stimolo Es. la sensazione di aumento di peso è la stessa sia passando da 50 a 100 g, sia da 20 a 40 (sempre rapporto 1:2). La legge fu confermata empiricamente stimando le soglie differenziali a diversi livelli di intensità della sensazione di riferimento. Soglia assoluta: energia minima fisica necessaria per avere R: coincide con il valore dello S a cui il soggetto risponde almeno per il 50 % o Metodo dei limiti: due procedure:  Favorire lo stimolo in senso crescente (partendo da un valore inferiore a quello della soglia) fino a che il soggetto non afferma di rilevarlo.  Far variare lo S in senso decrescente fino a che il soggetto non lo percepisce più. N.B. Errore di abitudine: procedura crescente tende a produrre valori inferiori a quella decrescente e viceversa. o Metodo stimoli costanti: elaborato per risolvere errore di abitudine: somministrazione in ordine casuale di stimoli di diversa intensità. o Metodo dell’aggiustamento (metodo dell’errore medio): chiedere al soggetto di regolare lui stesso il valore dell’intensità dello S (stimolo di confronto) per uguagliarlo all’intensità di un altro S (stimolo standard). N.B. La difficoltà di individuare una soglia assoluta definitiva è dovuta a numerosi fattore intraindividuali e interindividuali. La presenza di fattori disturbanti emerse per serenopia (scoperta casuale) del “falso allarme”: in prove di audiologia, nonostante sperimentatore si fosse dimenticato di inserire lo spinotto nelle cuffie, i soggetti dicevano di sentire qualcosa.

DONDERS Si incuriosì per gli aneddoti riportati dagli astronomi: le misurazioni dei tempi di spostamento degli astri nella volta celeste, differiscono da persona a persona in modo sistematico. Vi era un’equazione personale: fattore soggettivo che causava le variazioni. Donders pensò che la differenza era causata dalle differenze con cui i soggetti eseguivano le varie operazioni mentali. Misurò tempo necessario per compiere ciascun tipo di operazione (tempo di reazione) in analogia al lavoro di von Helmotz. Stimò tempo impiegato per eseguire operazioni mentali necessarie in 3 compiti diversi (che richiedevano 1, 2 o 3 operazioni): 1. operazione: trasmettere ordine di eseguire risposta (pressione di un pulsante all’accensione di una lampadina)------------tempo più breve 2. operazione: comparsa di 2 S diversi, e R differenziata a questi: identificare S e trasmettere ordine di eseguire R (pressione di un tasto con la mano sinistra in accensione di luce rossa, pressione di un tasto con la mano destra in accensione di luce verde)-------------------tempo più lungo. 3. operazione: emissione R soltanto nel caso di comparsa di uno tra 2 S: identificare S, selezionare R, trasmettere ordine di esecuzione.-----------------------tempo medio. Conclusione: un’operazione è effettuata solo dopo che è stata completata la prima (analogia con von Helmotz). T 2° compito – T 3 ° compito = T 1 operazione necessaria per passare dal 3° compito al 2°. N.B. Questa prospettiva di ricerca fu subito applicata in molti esperimenti soprattutto nel laboratorio di Wudt. In seguito la tecnica dei tempi di reazione venne criticata: non si poteva sostenere che l’inizio di un’ operazione iniziasse esattamente quando finiva quella precedente.

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CRAIK Riprese tecnica dei tempi di reazione e divenne uno dei principali metodi di indagine della scienza cognitivista per studiare i processi di elaborazione mentale.

SVILUPPI RECENTI DELLA PSICOFISICA S.STEVENS (1950 circa) Criticò modello della soglia differenziale. Metodo di Stevens = chiedere ai soggetti di esprimere una valutazione comparativa di stimoli di intensità fisica diversa. La applicò a S di varie modalità sensoriali (visione, udito, sapore, dolore, pressione) e ciascuna modalità sensoriale fu analizzata in molte intensità. b

S=kI

S: intensità fisica k I b: intensità soggettiva I: intensità stimolo b: diverso per ogni modalità sensoriale: o b luminosità punto di luce nel buio: 0,33 o b lunghezza linea: 1,00 o b intensità suono 300 Hz: 0,67 o b scarica elettrica in un dito: 3,50 Se b = 1------------S=kI è una retta Per la maggior parte di modalità sensoriali b= tra 0 e 1, quindi crescita lenta dell’intensità soggettiva rispetto a quella fisica (equazione come quella di Fechner). Se b > 1----------crescita sensazione soggettiva più rapida. Grazie alla riduzione intensità soggettiva in presenza di elevate intensità fisiche permette ai sistemi sensoriali (es. visione e udito)di poter analizzare diversi libelli di intensità e analizzare, quindi, S uditivi minimi o S uditivi estremamente intensi.

L’andamento lineare (permette di non avere distorsioni) è il più adatto per eseguire confronti e valutazioni di rapporto a livelli diversi intensità fisica.

GREENT E SWEETS Teoria detezione (o rilevazione) del segnale: la rilevazione di uno stimolo qualsiasi equivale alla distinzione di un segnale da un rumore di fondo. Man mano che il libello di intensità si abbassa, la sensazione relativa tenderà a confondersi nell’ambiente e: o errori di omissione: per paura di rispondere senza stimolo o falsi allarmi Il soggetto più prudente risulterà quindi, quello con soglia più elevata. Prelevato da:

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Teoria detezione del segnale R soggetto

Positiva Negativa

S presente successo insuccesso

S assente Falso allarme Negazione corretta ( S non c’è)

Si possono usare rinforzi positivi o negativi: o premiare più di quanto non sia punito: + falsi allarmi (es. sentinelle) o punire più di quanto non si premi: + omissione (es. medici con in mano medicina efficace ma con gravi effetti collaterali).

Curva di ROC (Receiver Operating Characteristic Curve)

La curva mette in relazione falsi allarmi e successi nella rilevazione di un segnale durante il quale varia il rapporto premio-multa (bassi premi e alte multe nei punti in basso a sinistra; alti premi e basse multe nei punti in alto a destra. ……………………… = situazione in cui osservatore produce stesso n° di falsi allarmi e successi (tira a caso). d’: distanza tra condizione di casualità nelle R e condizioni in cui migliora sensibilità dell’osservatore e il suo libello di detenzione del segnale. Curva blu: più successi e meno falsi allarmi Curva rossa: meno successi e più falsi allarmi.

SCALE DI MISURA STEVENS: classificazione scale di misura (livello superiore gode di tutte le proprietà del livello inferiore + 1 proprietà): o scale nominali o scale ordinali o scale a intervalli o scale a rapporti

SONNO: STORIA DELLA SUA MISURAZIONE ERNOT KOHLSCHITTER (1861) – proveniente dal laboratorio di Weber – Ha messo a punto un apparato meccanico per graduare gli stimoli esterni di tipo acustico e stimare le profondità del sonno determinando l’intensità minima di un suono (prodotto da un pendolo), richiesta per svegliare soggetti addormentati a diverse ore della notte. Prelevato da:

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Esperimenti in molte notti (spesso soggetto stimolato solo 1 volta). Osservazioni: aumento soglia entro 1 ora dall’addormentamento; declino fino alla 3° ora.

MICHELSON (1897) – allievo di Kreplin - : mostrò un primo picco per avere poi picchi sempre più attenuati nelle ore successive di sonno. BERGER: scoperta elettroencefalogramma EFG: il sonno non è uno stato omogeneo. LOOMIO (1937): 5 stadi del sonno, in base alle caratteristiche dell’EEG. ASERINSKY – KLEITMAN (1953): grazie messa a punto poligrafia (registrazione simultanea dell’attività toracica assiale) o EMG (elettromiogramma), EOG (elettrooculogramma), ECG (elettrocardiogramma); descrissero il sonno REM, distinto da NREM (si susseguono all’interno di cicli della durata media di 90 minuti all’inizio della notte fino a 60 durante il mattino).

RECHTSCHAFFEN – KALES: definizione di stadi per la classificazione della profondità del sonno NREM: tiene conto della % di tempo occupata dalle onde “lente” (>75 micro V, frequenza < 2 Hz). - Non possiamo definire lo stadio 4 NREM il doppio più profondo dello stadio 2 ma questa classificazione (scala ordinale) consente comunque di ordinare gli stadi secondo la profondità. - Negli ultimi 25 anni scale a rapporti: misura più precisa e obiettiva delle oscillazioni EEG che forniscono valori esprimibili in unità di misura (Hz). - Stimoli presentati duranti il sonno, hanno una ritenzione maggiore durante il sonno REM che durante NREM. - Reattività dei soggetti agli stimoli ambientali non dipende solo dal tipo o dallo stadio di sonno o da caratteristiche fisiche degli stimoli, ma anche dalle caratteristiche cognitive dello S, significative per il soggetto (se un suono è insignificante per chi dorme, l’intensità richiesta per svegliare il soggetto aumenta dallo stadio 1 NREM al 4 NREM; se invece è significativo il sonno REM sembra leggero come stadi 1 e 2 NREM. - Il soggetto non è comunque areattivo.

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Veglia (occhi aperti) Veglia (occhi chiusi) 1° STADIO NREM 2° STADIO NREM 3° STADIO NREM 4° STADIO NREM REM

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EEG De sincronizzato (elevata frequenza, bassa ampiezza) Ritmo alfa occipitale Scomparsa ritmo alfa, attività mista con prevalenza theta Onde lente meno 20% tempo Onde lente per 20-50 % del tempo Onde lente meno del 50% del tempo Frequenza mista di basso voltaggio

EMG Attività tonica e fisica Attività tonica Attività tonica

EOG Movimenti oculari rapidi e lenti Movimenti oculari lenti

Attività tonica

Scarsi movimenti lenti

Attività tonica

Scarsi movimenti lenti

Attività tonica

Scarsi movimenti lenti

Atonia, eventuale attività fisica

Movimenti rapidi a raffiche e isolati

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CRONOPSICOLOGIA Chrònos: parametro sempre più rilevante con l’evolversi delle società. Kairos: legati ad aspetti generalmente religiosi ed esoterici; è gradualmente scomparso. GESTALT E PSICOLOGIA CLINICA: studio percezione del tempo soggettivo in relazione tempo oggettivo. Attenzione al tempo soggettivo nell’evoluzione della depressione. PSICOLOGIA SPERIMENTALE: t = V.D: consente di influenzare il decorso dei processi mentali, quanto V.I. CRONOPSICOLOGIA: disciplina autonoma la cui prima applicazione fu nello studio del ritmo sonno-veglia (ha un andamento ciclico di circa 24 ore- ritmo circadiano). Risultati: formulazione di modelli di regolazione del sonno che permettono di prevedere l’andamento del sonno e della veglia sulla base delle attività svolte in precedenza e di alcune variabili fisiologiche (EEG, secrezione ormonale). Interessi: - ritmi relativi alla vigilanza e all’efficienza nelle prestazioni (soprattutto in ambito scolastico e di lavori di emergenza (soprattutto in ambito scolastico e di lavori di emergenza con garanzia di disponibilità 24 h/24). - Studio dell’efficienza delle principali funzioni cognitive: o In relazione ai ritmi sonno-veglia (dipendenti dal tempo)  Prime ore del mattino: massimo per MBT  Vigilanza e attenzione crescono durante la giornata  Calo dalle 14 alle 16 (non a causa del pranzo)  Pomeriggio: massimo per MLT  Notte: massimo per la creatività o In relazione tempo esterno. o In relazione ritmi ultradiani (durata inferiore 24 ore) e infradiani (durata superiore 24 ore –ciclo mestruale-). Orologio biologico interno: determina i tempi dei comportamenti nelle 24 h: funziona indipendentemente dall’ambiente ma è sincronizzato agli stimoli esterni. In caso di costante oscurità l’orologio si di sincronizza funzionando su un ciclo quotidiano più lungo delle normali 24 h: l’inizio dei periodi di sonno ritarda giorno per giorno.

ATTENDIBILITÀ Attendibilità di una misurazione= affidabilità: o Attendibilità nel tempo: capacità di fornire misure simili se applicate più volte, magari in condizioni diverse, allo stesso oggetto. Un modo per misurare attendibilità è ripetere più volte le misurazioni su un campione composta da diversi individui: maggiori sono le correlazioni e maggiore è l’attendibilità. o Attendibilità interna: omogeneità: se i risultati contengono in misura bilanciata prove che misurano capacità diverse e indipendenti tra loro.

=

N.B. Sensibilità attendibilità: in un compito tutti gli studenti ottengono stesso voto; nel compito successivo è difficile che ottengano ancora tutti lo stesso voto. È una prova non sensibili, mal trattata, ma non è non attendibile. N.B. Il fatto che una misura sia attendibile non vuol dire che soddisfa pienamente le richieste di chi la applica (non è detto che la prova misura quello che voleva misurare).

VALIDITÀ Validità strumento di misura: o Validità di contenuto: lo strumento deve contenere elementi che si riferiscono all’obiettivo della misurazione. o Validità di criterio: correlazioni ottenute con quello strumento ed un altro strumento di pari validità. Prelevato da:

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[PSICOLOGIA GENERALE - MECACCI]

o Validità di costrutto: si riferisce ai presupposti teorici sui quali si basa la nostra misura: se riteniamo che per ricoprire con successo un incarico occorre avere determinate caratteristiche e competenze, teniamo conto anche di questa.

STATISTICA DESCRITTIVA E INFERENZIALE Statistica = descrive, rappresenta, comprende e interpreta le misure dei fenomeni psichici e comportamentali. o Statistica descrittiva: fornisce gli strumenti per la descrizione e rappresentazione dei risultati. I risultati di un gruppo vengono riportati con un valore che esprime la tendenza centrale del gruppo e valore che si informa sulla dispersione dei punteggi dei singoli soggetti attorno a questa tendenza.  Media : X o M: valore ottenuto sommando i punteggi ottenuti dai singoli, diviso numero dei soggetti. Utilizzato per misure ottenute con scale a intervalli o di rapporto.  Mediana: valore ottenuto dal soggetto che si trova nel punto centrale della graduatoria. Si utilizza per misure ottenute con scale ordinali.  Moda: valore riportato dal numero più elevato di soggetti-----scale nominali Distribuzione delle frequenza: esempio intervallo di 10 punti nelle prove di un compito: 50-59; 60-69; 70-79; 80-89; 90-99 Istogramma di frequenze o Poligono di frequenze: si può costruire con la distribuzione delle frequenze. Curva gaussiana: curva unimodale e simmetrica: le tre misure della tendenza centrale (media, mediana e moda) coincidono. Essa permette di calcolare un indice di variabilità o di dispersione: deviazione standard (DS). DS= può dirci quanto è rappresentativa una misura nella tendenza centrale. Se la variabilità è scarsa, i casi individuali non si discostano molto dalla media, se è alta, l’uso della media non garantisce molto. Es. voti d’esame relativi a 2 classi da 30 studenti. Entrambe le classi hanno la media di 75, ma hanno differenti variabilità. Classe 1: punteggi che si raggruppano attorno al valore medio. Classe 2: punteggi che si distribuiscono su un’ampia gamma di valori. Calcolo DS: 1. si sottrae da ciascun singolo punteggio la media (75) 2. valori ottenuti si elevano al quadrato (tutti i valori diventano positivi) 3. si sommano tutti i valori e si dividono per numero soggetti (30) 4. radice quadrata del valore ottenuto. o Statistica inferenziale:  Stima il rischio di trovare: • Errore di primo tipo (alfa): una differenza tra due o più gruppi di dati quando questa non esiste; • Errore di secondo tipo (beta): non trovare una differenza quando questa esiste. Convenzionalmente: la differenza tra due misure è statisticamente significativa quando il valore di alfa è inferiore al 5%.  Verifica la correlazione tra due misure: • Coefficiente di correlazione r : può avere valori compresi tra -1 (correlazione negativa---le due misure sono inversamente correlate tra loro: se una misura è elevata, l’altra è bassa) e +1 (correlazione positiva----le due misure sono direttamente correlate). Esempio: Prelevato da:

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Alberto Bernardo Carlo David Edoardo Totali Media

[PSICOLOGIA GENERALE - MECACCI] x (punteggio test d’ingresso) Y (punteggio esame) 71 39 67 27 65 33 63 30 59 21 325 150 65 30 Alberto ottiene punteggio più alto sia nel test d’ingresso che nella prova d’esame; Edoardo il punteggio più basso in entrambi. Gli altri sono un po’ irregolari: siccome la correlazione non è perfetta--correlazione minore di +1 1. calcolo DS: 71-65 =6 x 6=36 39-30 = 9x9= 81 67-65 = 2x2= 4 27-30 = -3x-3= 9 65-65 =0x 0= 0 33-30 = 3x3=9 63-65 = -2 x -2 = 4 30-30 = 0x0=0 59-65= -6x -6 = 36 21-30 =-9x-9=81 DS= (36+4+0+4+36):5 = 4 DS: (81+9+9+0+81):5 = 6 2. calcolo coefficiente di correlazione: a. moltiplico dx X dy: 6x9 = 54 2x-3 = -6 0x3 = 0 -2x0 =0 -6x-9 = 54 r= (dx) x (dy) (somma dei punteggi delle deviazioni della media) _______________________________________ N(numero di soggetti) DSx DSy r= 102 = +o,85 (minore di +1) ______ 5x4x6

PSICOMETRIA Etimolgicamente “misura della psiche”: quell’insieme di conoscenze e tecniche che sono state sviluppate nell’ambito della psicologia scientifica per misurare aspetti e dimensioni dei processi psichici. Strumenti: test: o test psicometrico: misura obiettiva (lo strumento è stato costruito in modo tale che può essere applicato da operatori diversi e il valore ottenuto non è influenzato dall’operatore o da altri fattori) e standardizzata (è stato messo a punto una serie di strumenti operativi basati sul diverso pesa da dare ai singoli elementi (item) che lo costituiscono, al fine di avere una misura che tenga conto delle caratteristiche generali della popolazione cui viene applicata. In genere si ottiene somministrando ripetutamente il test a campioni rappresentativi della popolazione, correggendo ogni volta il peso di ciascun item) di un campione di comportamento (i singoli item devono essere un campione rappresentativo del comportamento che si vuole studiare. Per esempio l’esame pratico di guida: non è una verifica esaustiva di tutte le situazioni che si possono incontrare, ma è un campione ragionevolmente rappresentativo).

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[PSICOLOGIA GENERALE - MECACCI]

LA QUESTIONE DELLA COSCIENZA Luigi Rolando: indicò per primo alcune regolarità morfologiche nelle circonvoluzioni cerebrali. Temendo di essere accusato di materialismo escluse qualsiasi nesso tra “anima” e “corpo”. Dualismo sulla mente: o “La mente è una sostanza non fisica”: questa visione non è capace di rendere conto della causa-effetto: come fa una sostanza non fisica a dare origine a comportamenti fisici? o La mente è accuratamente modellata dal corpo ed è destinata a servire il corpo: non si può pensare ad una mente separata dal corpo. Dal corpo può scaturire una mente (ma una sola mente di quel corpo). 3 approcci alla mente: o Riduzionismo biologico: si vuole scrollare di dosso il dualismo Maurice Edelman: “Sulla materia della mente”: teoria biologica della coscienza: non è possibile comprendere la mente se non tramite l’elaborazione di un modello neuro-scientifico che si è evoluto (riprende da Darwin). o Modello comportamentismo logico: fornisce un resoconto di causazione mentale, la realizzazione di una disposizione mentale. o Modello comportamentismo radicale: nega l’esistenza della mente. Il comportamento non ha causa mentale ma è una risposta ad uno stimolo. Da molti anni gli studiosi sono d’accordo che il comportamento e la mente animale sono connessi al SN, sia in condizioni normali che patologiche. “Psico” (premesso ad altre parole): rimanda alle branche di studio del SN dove ancora non si riesce a stabilire quali siano i legami causali tra SN e comportamento. Mente: figlia prediletta del SN; indica complesse proprietà emergenti del SN (pensiero, memoria, emotività). Mente è diversa dal cervello (molte proprietà del cervello non sono nel concetto di mente). Teoria dell’identità dello stato centrale: identifica eventi, stati e processi mentali con eventi neurofisiologici. Funzionalismo (diverso da quello di James): distinzione (ripresa dalla teoria dell’informazione) fra l’hardware di un sistema (composizione fisica) e software (programma). La psicologia di un sistema come l’essere umano non dipende da ciò di cui è composto, ma da come è organizzato. Coscienza: proprietà emergente del SN di difficile trattazione. È un fenomeno naturale e biologico; non è le veglia o il basso livello di attenzione. Damasio: “in certi pazienti si può separare chiaramente la coscienza dai bassi livelli di vigilanza”. Descrive due tipi di coscienza: o Core consciousness: coscienza momentanea di un evento sensoriale specifico: ricondotta alle vecchie strutture del cervello, situate per lo più vicino alla linea mediana, che partecipano alla regolazione omeostatica, al ciclo sonno-veglia, alla regolazione dell’attenzione e alla emozioni (strutture del tronco, dell’encefalo e della corteccia limbica). o Estended consciousness: coscienza autobiografica, legata alla storia dell’individuo e quindi alla sua memoria, al pensiero e al linguaggio; è ricondotta alla parte evolutivamente più recente del cervello (neocorteccia, strutture sottocorticali connesse) e permette la visione storica dell’individuo. Prelevato da:

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ANATOMIA CERVELLO Il cervello rappresenta tutta la nostra coscienza; senza di esso non percepiremmo l’esistenza del mondo e del nostro corpo: nel nostro cervello esiste una rappresentazione ordinata e precisa del corpo (dove alcune parti sono molto rappresentate, altre sono meno rappresentate). HOMUNCULUS SENSORIALE HOMUNCULUS MOTORIO (più grande = sensorialmente più raffinato (sensibile) perché con più neuroni nelle rispettive aree di proiezione della corteccia cerebrale)

(più grande = motoriamente più raffinato (sensibile) perché con più neuroni nelle rispettive aree di proiezione della corteccia cerebrale). La mano è adiacente alla faccia.

N.B. In entrambi bocca, lingua e mani hanno aree corticali preposte molto maggiori di altre parti del corpo. La stimolazione elettrica della corteccia cerebrale evoca sensazioni e causa movimenti in parti ben precise del corpo, in relazione alle aree stimolate. Anni fa si pensava che una giusta stimolazione della corteccia visiva con una matrice di elettrodi guidata da un calcolatore, collegato ad una minicamera sulla testa del paziente, potesse ridare vista ai non vedenti (la tecnica non è utilizzata perché difficile, ma concettualmente ha un valore). Se si stimolano cortecce più alte nella gerarchia cerebrale (corteccia del lobo temporale) si possono evocare nel paziente scene anche complesse del passato, come se si attingesse alla memoria. Spesso si è paragonato il cervello al calcolatore (e se fosse così si potrebbe ridare la vista ai ciechi) e si è provato a descrivere le funzioni cerebrali con la matematica nota ma è risultato un vicolo cieco con descrizioni scorrette. Infatti i sistemi biologici si rinnovano sempre, in ogni momento sia nella struttura che nella funzione.

STRUTTURA SNC: o Encefalo:

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Prosencefalo:



Telencefalo diencefalo Mesencefalo: • Tetto • Tegmento

• •

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[PSICOLOGIA GENERALE - MECACCI] Peduncoli

Rombencefalo: • •

Mesencefalo Mielencefalo

o Midollo spinale Encefalo: o Tronco cerebrale o Cervelletto o Strutture sottocorticali:  Talamo  Sistema limbico: • Ipotalamo: controlla le funzioni vegetative • Ipofisi • Amigdala: principali risposte emotive • Ippocampo: nelle funzioni di memoria e apprendimento. o Corteccia cerebrale: grande mantello filogeneticamente recente che ricopre parti più antiche e incrementa la superficie contenuta all’interno della scatola cranica (distingue gli uomini dagli animali suoi predecessori). Struttura: 2 emisferi cerebrali, divisi in 4 lobi: 1. lobo frontale: pianificazione azioni future, controllo dei movimenti, vita sociale, emotività e personalità dell’individuo. 2. lobo parietale: funzioni che riguardano le sensazioni somatiche e l’immagine corporea. 3. lobo occipitale: sede della visione 4. lobo temporale: funzioni uditive, di apprendimenti, della memoria e emozioni. N.B. i centri del linguaggio sono generalmente localizzati nel lobo temporale e frontale dell’emisfero sinistro. Funzioni: controllo del comportamento motorio: linguaggio, attenzione, pensiero (funzioni solitamente denominate “mente). 1860: caso di un individuo che fa un incidente: gli entra un ferro nell’occhio e cambia improvvisamente la sua personalità: non riesce più ad avere rapporti normali con gli altri. Peso: circa 1400 g (oscillazioni di 500 g a seconda degli individui). Piccole differenze a livello della struttura macroscopica: Neuroni: cellule nervose presenti nel cervello (circa 100 miliardi nell’uomo). Sinapsi: connessioni tra i vari neuroni (ogni neurone ha da 1000 a 10000 sinapsi); nella corteccia cerebrale ce ne sono circa centomila miliardi e nel cervello umano circa 600 milioni di connessioni per mmc di sostanza cerebrale) – numero più grande delle particelle dell’universo. N.B. In un quadrato con tutti 5 e solo tre 2, una persona normale vede tutti 5, una persona con una sindrome vede un triangolo formato dai 2.

Sindromi: o PROSOPRAGNOSIA: non riconoscimento delle facce, soprattutto volti noti. Ci sono delle aree corticali preposte in maniera specifica a certe funzioni (riconoscimento del volto) e vicino aree con diverse funzioni (riconoscimento voce) se le due aree non sono collegate si hanno delle mancanze. o SINDROME DI CAPGRAS: il soggetto riconosce il volto ma senza nessuna reazione emotiva perché viene a mancare una parte (vicino al sistema limbico) che fa mancare informazioni. Prelevato da:

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[PSICOLOGIA GENERALE - MECACCI]

o ANOSOGNOSIA: incapacità di riconoscere il proprio deficit (manca una gamba e non si accorge della mancanza: ci sono dei centri nervosi che non hanno informazioni opportune). “Arto fantasma”: sintomatologia in cui il soggetto percepisce l’esistenza di un arto dopo la sua amputazione: questo succede perché la rappresentazione cerebrale dell’arto è ancora intatta (la sensibilità dell’arto fantasma si manifesta solo per un certo periodo perché i neuroni sono plastici).

SVILUPPO SISTEMA NERVOSO I geni che controllano la struttura del cervello sono meno di centomila (con differenze minime tra l’uomo e la scimmia), mentre il numero di neuroni e delle connessioni sinaitiche è enormemente più grande nell’uomo. Alcuni geni specifici presiedono alla formazione di determinate parti del cervello ma anche se si arrivasse a identificare tutte le componenti geniche del cervello, non sarebbe sufficiente a comprendere né lo sviluppo del cervello, né il suo funzionamento. È l’attività del cervello, elettrica o neurochimica, spontanea o indotta da stimolazione sensoriale, che controlla la stabilizzazione e l’eliminazione delle connessioni nervose e l’espressione di determinati geni. Secondo alcuni studiosi: lo sviluppo del cervello e della corteccia avviene per selezione (come la selezione darwiniana) con l’eliminazione di alcune connessioni nervose. L’attività elettrica del cervello contribuisce alla scelta dei geni che presiedono alla sviluppo (ecco perché un numero così piccolo di geni può codificare la complessa struttura cerebrale).

42° giorno di vita (dopo il concepimento): primi neuroni. 5 mesi dopo concepimento: sono già presenti tutti i neuroni corticali; i neuroni migrando nei siti prestabiliti con meccanismi geneticamente guidati. 7 mesi: cominciano a formarsi sinapsi axodendritiche (dendriti) o axosomatiche. Nascita: numero di sinapsi paragonabile a quello degli adulti. 2-3 anni: connessioni sinaitiche si moltiplicano fino ad essere anche tre o quattro volte maggiori di quelle dell’adulto. 7 anni: il cervello ha quasi il volume di quello dell’adulto ma ha ancora una densità sinaptica del 36% più alta dell’adulto. Fino alla pubertà: “morte neuronale”: riduzione dei neuroni attraverso apoptosi (processi non reattivi). Le terminazioni nervose che si connettono più rapidamente sopravvivono perché ricevono un “fattore neutrofico” (cibo che le tiene in vita), le altre vengono eliminate. Prelevato da:

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Adulto: numero stabile. N.B. La corteccia frontale ha il picco leggermente ritardato rispetto alle altre cortecce, tra il 2° e il 3° anno di vita. Brain imaging o neuroimaging: rappresentazione delle aree cerebrali durante la loro attività: misura il metabolismo cerebrale (proporzionale all’attività elettrica dei neuroni e alla connessioni sinaitiche). 1 anno di vita: metabolismo corticale è al 65%-88% rispetto al metabolismo dell’adulto 3-4 anni: doppio di quello dell’adulto; e continua a crescere fino a 9 anni 9 anni: comincia a diminuire 13-14 anni: si stabilizza. N.B. Non esiste nessun dimostrazione nelle neuroscienze attuali, che colleghi la densità sinaptica o il metabolismo cerebrale alle prestazioni del cervello.

MODULI CEREBRALI o CORTICALI A livello corticale vi è un’organizzazione modulare. Semir Zeki = ha descritto l’organizzazione del sistema visivo (il sistema più modulare): i gruppi dei neuroni si specializzano per determinate funzioni in modo quasi indipendente dagli altri neuroni. Queste organizzazioni possono riguardare: o una caratteristica dello stimolo: ad esempio orientamento delle immagini visive per i neuroni che formano le colonne di orientamento della corteccia visiva. Colonne di orientamento: piccoli blocchi di tessuto i cui neuroni sono sensibili, in termini di risposta nervosa, solo ad un particolare orientamento dello stimolo visivo (verticale, orizzontale e obliquo). Vi sono moduli per tutti gli orientamenti. Organizzazione a colonne della corteccia visiva: ci sono diversi strati, che corrispondono al corpo genicolato laterale (I, II, III, IV e V strato). Un elettrodo inserito verticalmente (A) incontra neuroni specializzati per lo stesso tipo di orientamento (tranne quelli posti nello strati IV che non sono sensibili agli orientamenti ma ai colori). Un elettrodo inserito in modo obliquo (B) incontra neuroni specializzati in specializzazioni diversi. Esempi di modularità della corteccia visiva: o Oliver Sacks: “Un antropologo su Marte”: un pittore, dopo un banale incidente d’auto perde la visione a colori e cade in depressione; dopo qualche mese il bianco e nero cominciano a interessarlo e si accorge di avere una maggiore risoluzione visiva. L’acuità visiva per le immagini a colori è inferiore a quella per le immagini in bianco e nero. o Patologia: dopo avvelenamento da ossido di carbonio o eccessiva anestesia, i pazienti perdono completamente la visione delle forme ma mantengono la visione a colori. o Lesione all’area V5 (i cui neuroni sono specializzati nel rispondere a oggetti in movimento): perdita selettiva della percezione del movimento rapido e della direzione di movimento dell’oggetto. o Lesione are VI (arriva gran parte delle informazioni visive): cecità quasi completa ma parziale visione del movimento degli oggetti. Il soggetto è cosciente di questa percezione e quindi si è parlato di “modularità della coscienza”. o Studio circolazione cerebrale: le regioni cerebrali coinvolte in determinate funzioni aumentano l’attività nervosa e il loro metabolismo e circolazione, apparendo più intensamente o diversamente colorate nelle immagini del brain imaging. Prelevato da:

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N.B. la modularità delle aree corticali non è mai completa: non solo l’area maggiormente responsabile è implicata in una funzione. Gardner = esistono molteplici forme di intelligenza: eccellere in un’intelligenza non significa eccellere anche nelle altre (lo sviluppo di un modulo in una determinata parte della corteccia non significherebbe lo sviluppo di tutti gli altri moduli).

CELLULE GLIALI (glia): cellule del SN: o Sono più numerose dei neuroni o Proprietà elettriche simili ai neuroni, ma non trasmettono segnali o Secrezione di fattori ormonali o paraormonali (es. fattori neurotrofici: essenziali per l’omeostasi delle cellule neuronali). N.B. Il miglior funzionamento cerebrale in senso biologico (e forse anche sociale) si ha quando le funzioni dei diversi moduli si sviluppano e funzionano armonicamente.

PLASTICITÀ NELLA PRIMA INFANZIA E PERIODO CRITICO Plasticità del sistema nervoso: proprietà che riguarda la corteccia cerebrale. È la capacità dei circuiti nervosi di variare la loro struttura e la loro funzione in risposta agli stimoli sensoriali, apprendendo e memorizzando. Questa proprietà è attiva soprattutto nella fase della vita postnatale; dura tutta la vita anche se in maniera ridotta. Durante lo sviluppo avviene una scelta di alcuni circuiti nervosi e lo scarto di altri per mezzo di: attività elettrica nei neuroni anche prima della nascita, liberazione di fattori neurotrofici. Durante la vita adulta le modificazioni riguardano solo l’organizzazione delle popolazioni di neuroni. Periodo critico: periodo dopo la nascita e l’avvio del funzionamento delle vie sensoriali in cui il sistema nervoso centrale è particolarmente sensibile alle influenze del mondo esterno. Il periodo critico è il tempo di sintonizzazione del mondo cerebrale con il mondo esterno: in questo periodo si raffinano la struttura e la funzione dei circuiti cerebrali affinchè migliorino l’interazione con l’ambiente. Ha una durata che è diversa da animale a animale e solitamente è proporzionale alla durata della vita e correlata al peso del cervello. L’uomo nella Preistoria o del Medioevo aveva un cervello diverso dal nostro perché durante il periodo critico e durante tutta la sua vita, il cervello è stato plasmato da una realtà differente dalla nostra. Esempi riferiti alla visione durante periodo critico: o Bambini nati con la cataratta congenita (opacità del cristallino dell’occhio) se non vengono operati precocemente riacquistano solo una visione ridotta e spesso sviluppano un atteggiamento di rifiuto della visione. L’esperienza visiva non istruisce il cervello oggetto per oggetto, forma per forma, ma serve ad accendere una serie di geni dormienti che poi danno luogo allo sviluppo dei circuiti necessari per una visione adeguata. o Strabismo: se queste patologie non vengono corrette a tempo debito si perde la terza dimensione. L’occhio più debole (le cellule della corteccia visiva diventano progressivamente silenti: non rispondono più alla stimolazione) diventa progressivamente sempre più debole. Il danno inizialmente muscolare diventa nervoso e quindi irreversibile. Hubel e Wiesel: i neuroni binoculari della corteccia visiva della scimmia e del gatto diventavano monoculari quando veniva occlusa la visione di un occhio (per alcuni giorni) durante il periodo critico. In periodi normali, invece, i neuroni corticali visivi rispondevano in maniera statisticamente uguale ai due occhi. Prelevato da:

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PLASTICITÀ DEL SISTEMA NERVOSO NELL’ADULTO Anche il cervello dell’adulto dimostra di essere ancora plastico (anche se in maniera ridotta): è per questo che vi è un continuo apprendimento e un’evoluzione nervosa biologico-culturale. Recanzone, Schreiner, Merzenich – 1922 –hanno studiato la possibilità di migliorare la discriminazione acustica dei toni nella scimmia, allenandola a discriminare piccole differenze nella frequenza di singoli toni. Dopo l’allenamento e l’apprendimento riuscito, le frequenze acustiche usate nell’allenamento erano molto più rappresentate a livello delle cellule corticali. Ugualmente, nelle persone che apprendono a leggere in Braille si verifica nella corteccia somatosensoriale primaria, un’espansione della rappresentazione della zona cutanea corrispondente al dito indice impiegato per la lettura. Oppure la rappresentazione della mano sinistra è espansa nei giovani suonatori di strumenti a corde. Più è precoce l’età di inizio dell’allenamento (a leggere Braille, a suonare strumento, ad apprendere suoni) più notevole è la riorganizzazione del sistema nervoso.

PLASTICITÀ IN SEGUITO A LESIONE PERIFERICA Riorganizzazione delle cortecce sensoriali e motorie ci può essere anche nel caso di lesioni periferiche o amputazioni: la lesione di un nervo periferico determina la comparsa di una zona corticale silente, corrispondente alle cellule che sono state deprivate dei segnali provenienti dai recettori. In seguito, però, la zona silente scompare perché le cellule corticali cominciano a rispondere alla stimolazione della cute adiacente (es. le cellule corticali che facevano parte della rappresentazione del palmo della mano rispondono ora alla stimolazione delle dita). Ramachandran: i pazienti che avevano subito l’amputazione avevano nella corteccia una mappa sensoriale topograficamente organizzata dell’arto mancante. Inoltre, in alcuni pazienti si sviluppava una seconda mappa per la faccia (la rappresentazione corticale del braccio e della mano è adiacente a quella della faccia nell’homunculus): bastava toccare la cute di una determinata parte della faccia per innescare sensazioni nella mano e nel braccio mancanti. L a rimappatura corticale in seguito ad una lesione periferica avviene talmente velocemente che ci fossero anche prima delle connessioni preesistenti (ma normalmente tenute silenti). Anche la corteccia visiva ha un alto grado di plasticità: inizialmente le cellule corticali corrispondenti allo scotoma retinico (porzione di campo visivo esterno che non è più visibile per un danno della retina) non rispondono più, ma poi cominciano a rispondere di nuovo a zone del campo visivo adiacenti alla porzione di campo interessata dallo scotoma retinico; entro qualche mese a livello corticale non esiste più (anche se è ancora presente a livello retinico e del corpo genicolato laterale). N.B. I circuiti nervosi lasciati inoperosi diventano meno efficienti, talvolta vengono perse le funzioni di alcune connessioni sinaitiche: un notevole traffico di impulsi nervosi nel circuito mantiene le connessioni in buona salute e in casi speciali di allenamento può aumentarli. L’allenamento cerebrale serve soprattutto a mantenere un funzionamento di base e a rallentare il fisiologico deterioramento della funzione nervosa che inesorabilmente progredisce con l’età. Katz e Manning: “Tenete in forma il vostro cervello”: propone esercizi come usare i piedi al posto delle mani, usare la mano sinistra invece che la destra, il tatto invece della vista e raccomanda soprattutto di non lasciarsi imprigionare da attività passive.

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PERCEZIONE = elaborazione cognitiva dell’informazione sensoriale che arriva ai nostri organi di senso. Noi percepiamo dei “prodotti cognitivi” (paesaggio) che, nonostante siano fondati su un’informazione sensoriale (informazione visiva), vanno aldilà di essa. Teoria ecologica: Gibson: i segnali provenienti dalla periferia degli organi di senso, una volta raggiunta la corteccia cerebrale attivano dei neuroni che sono sensibili sia alle caratteristiche fisiche che cognitive dello stimolo. È in questo stadio che si attua il processo di percezione. Neurofisiologia: la percezione è l’integrazione delle attività svolte da milioni di neuroni localizzati in aree diverse della corteccia. Psicologia cognitiva: la percezione è legata a processi come l’attenzione, la memoria e il linguaggio. SENSAZIONE: recezione dal mondo fisico delle varie forme di energia (luminosa, sonora, tattile) e trasduzione dell’energia fisica in un segnale nervoso lungo le strutture sottocorticali, fino alle aree corticali.

Studi sulla sensazione: Psicofisica: nella prima metà dell’800 veniva considerata come una forma di percezione. Neuroscienze: le attività di recezione e trasduzione e trasmissione dell’informazione è inconscia al soggetto.

Neurofisiologia (a partire dagli anni ’60): attraverso tecniche elettrofisiologiche si è scoperto che non tutte le forme di energia presenti nell’ambiente circostante sono colte dai recettori. Specializzazione specie-specifica: Gli organi di senso sono una “finestra sul mondo” attraverso la quale passa una gamma ristretta di informazioni. Questa specializzazione è legata ai processi di adattamento filogenetico: ogni specie animali interagisce con ambienti diversi ed ha bisogno di informazioni diverse. N.B. Psicologia cognitiva: la sensazione e la percezione si distinguono soprattutto a livello dell’identificazione e del riconoscimento dello stimolo. COGNIZIONE: sistema integrato di elaborazione e produzione di informazione. Il sistema cognitivo ha diversi processi cognitivi (che avvengono in stretta relazione con altri processi come memoria, pensiero e linguaggio): o Percezione o Immaginazione: vedere all’interno della nostra mente l’immagine che ci viene suggerita. o Attenzione: selezione dell’informazione: processo cognitivo che permette di utilizzare nel modo più economico ed efficace le risorse operative della mente. o Coscienza: processo mentale complesso che viene implicato nel momento in cui si “sa” che si sta percependo: siamo coscienti di percepire, di dover ricordare, di dover porre attenzione.

PERCEZIONE UDITIVA Nella specie umana la capacità di elaborare l’informazione sonora ha permesso di sviluppare due processi cognitivi fondamentali: linguaggio verbale e la musica. Stimolo uditivo: è generato dalle vibrazioni trasmesse da una particella elementare all’altra in un mezzo gassoso, liquido o solido. Nell’aria le fasi alterne della vibrazione delle molecole (fasi di condensazione e rarefazione) producono una variazione di pressione che viene esercitata sulla membrana del timpano. Gli stimoli uditivi registrabili dai recettori dell’uomo hanno una frequenza compresa tra 20 e 20000 Hz. Onda sonora:

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Toni puri: suoni composti da una sola frequenza. Toni acuti: frequenza maggiore. Suono complesso: formato da più toni. N.B. Nelle indagini di audiometria (per valutare le capacità sensoriali ed eventuali disturbi – ipoacusia, sordità) si usano toni puri dei quali si varia l’intensità per ottenere la soglia assoluta del paziente. Audiogramma (curva di sensibilità uditiva) nella specie umana:

Georg von Békésy -1961: Sintonizzazione “tuning” o specializzazione dei recettori uditivi= le alte frequenze dei suoni fanno vibrare la parte inferiore della membrana basilare, mentre le basse frequenze fanno vibrare la parte superiore. L’organizzazione a tuning è presente anche nelle altre strutture del sistema uditivo: nelle regioni sottocorticali e corticali. Le specie animali non ricevono mai toni puri: l’informazione sonora proveniente dall’ambiente esterno è una combinazione di frequenze diverse, che sono riconosciute grazie alle competenze cognitive del cervello. Occorre quindi che i neuroni delle aree uditive e di altre regioni della corteccia cerebrale interagiscono tra di loro. Gruppi neuronali (assemblee cellulari): sono specializzati per tipi molto complessi di informazione sonora (come accade nella specie umana per il linguaggio verbale e la musica). Le strutture neuronali implicate nella recezione e formazione del linguaggio, secondo tecniche di neuroimaging, sono state situate nella parte dell’emisfero sinistro (anche se vi sono differenze tra mancini e destrimani). Per la musica sembra necessaria l’integrazione tra le funzioni dei due emisferi, anche se c’è una dominanza dell’emisfero destro. Mappatura mediante PET (tomografia ad emissione di positroni) in compiti linguistici diversi: o Osservazione passiva: attiva aree posteriori della corteccia (lobo temporale). Nei lobi temporali sono localizzati anche i sistemi che analizzano gli stimoli musicali. o Ascolto: aree posteriori o Pronuncia di parole: attiva aree anteriori. o Produzione di parole: attiva aree anteriori Struttura morfologica dell’apparato uditivo = 1. ORECCHIO ESTERNO: quello che solitamente noi chiamiamo orecchio. Fanno parte di questo: • Padiglione auricolare: organo cartilagineo che offre una vasta superficie al fronte sonoro e permette di raccogliere un’ampia porzione del fronte d’onda meccanica. È primo organo che il suono incontra quando raggiunge l’orecchio e aiuta il cervello a individuare la direzione della sorgente sonora. Se volete una porzione ancora più ampia, ingranditela portando le mani alle orecchie come viene istintivo fare quando si vuole ascoltare attentamente.

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Condotto uditivo: il suono viene riflesso dal padiglione auricolare e concentrato verso il condotto uditivo la cui lunghezza è mediamente pari a 3 cm. Il condotto uditivo termina sul timpano (orecchio medio). 2. ORECCHIO MEDIO: • Timpano: membrana conica, impermeabile ad acqua ed aria che vibra in accordo con il suono che ha raggiunto l’orecchio. • Martello, incudine, staffa: tre ossicini collegati alla parte opposta del timpano. Questi sono le ossa più piccole del corpo umano e sono concatenati fra loro come leve. Hanno la funzione di amplificare la vibrazione del timpano e ritrasmetterla alla coclea o chiocciola.(Ciò è necessario in quanto mentre il timpano è una membrana molto leggera sospesa in aria, la coclea è riempita con un fluido denso e dunque molto più difficile da mettere in vibrazione). I tre ossicini sono tenuti insieme da una serie di piccoli legamenti che hanno l’ulteriore funzione di impedire che gli ossicini seguano una vibrazione molto ampia con il rischio di rimanere danneggiati nel caso in cui l’orecchio venga sottoposto ad una pressione sonora troppo elevata. • Tromba di Eustachio: canale che conduce verso la cavità orale. La sua funzione è quella di dare uno sfogo verso l’esterno in modo da equilibrare la pressione atmosferica ai due lati del timpano (ecco perché sott’acqua è possibile compensare la pressione esterna, che aumenta con la profondità, aumentando la pressione interna tappando il naso e soffiandoci dentro). 3. ORECCHIO INTERNO (detto anche “labirinto osseo” per la sua particolare conformazione) può essere suddiviso: Labirinto anteriore o coclea: componente anteriore. Essa è formata da: • Finestra ovale: membrana che mette in contatto la staffa con la coclea. • Coclea: osso a forma di chiocciola diviso in tre parti: o Dotto esterno: inizia nella finestra ovale, compie la sua salita a spirale fino all’apice della coclea e poi ridiscende fino alla finestra rotonda. o Dotto interno: composto da:  Membrana basilare (parte inferiore contenente l’organo del Corti) Organo del Corti: ospita circa 4000 ciglia, che vibrano in accordo con la vibrazione del fluido. Ogni gruppo di ciglia, è collegato ad una terminazione nervosa in grado di convertire la vibrazione delle ciglia in impulsi elettrici che viaggiano lungo il nervo uditivo fino al cervello per essere elaborati e percepiti come suoni.  Membrana tettoria (parte superiore): le cellule cigliate hanno la base nella membrana basilare e l’apice nella membrana tettoria. La coclea contiene un fluido: la perilinfa. Il fluido riceve la vibrazione dalla staffa attraverso la finestra ovale e la trasporta al suo interno dove è presente il vero organo deputato alla conversione dell’energia meccanica in energia elettrica: l’organo del Corti. Nervo uditivo = ha origine nel ganglio spirale. Lungo il nervo uditivo corre l’impulso nervoso diretto alle strutture centrali: o Nel tronco encefalico o Nelle strutture sottocorticali (collicolo inferiore e copro genicolato mediale) e nelle strutture corticali (lobo temporale). Durante il percorso dal nervo uditivo alla corteccia visiva le fibre di incrociano raggiungendo entrambi gli emisferi: la via di trasmissione dominante è quella che conduce all’emisfero contro laterale (dall’orecchio destro all’emisfero sinistro) rispetto a quello omolaterale o ipso laterale (da orecchio destro a emisfero destro).

Labirinto posteriore: componente posteriore. Prelevato da:

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Canali semicircolari + sacculo + utricolo = sistema sensoriale relativo all’equilibrio. Non è un caso che ci sia uno stretto rapporto tra sistema vestibolare e cervelletto. Si pensa che il linguaggio sia collegato ad un buon funzionamento del cervelletto. • Vestibolo: parte centrale in comunicazione con 3 canali semicircolari. • 3 canali semicircolari: disposti in maniera tra loro perpendicolare. All’interno di questi canali troviamo un’alta concentrazione di cellule cigliate, ricoperte da uno strato di muco in cui sono immersi gli OTOLITI (cristalli di carbonato di calcio). Con il movimento della testa, la distribuzione degli otoliti cambia e cambiano così anche gli stimoli pressori (di pressione) che essi esercitano sulle cellule cigliate. All’interno dei canali semicircolari sono presenti 5 aree recettoriali principali: 2 macule: disposte in maniera perpendicolare tra loro all’interno del vestibolo ed 1 ampolla per ogni labirinto, rispettivamente in ognuno dei canali semicircolari. Anche il labirinto posteriore è collegato con le fibre del nervo dell’equilibrio o vestibolare. L’orecchio interno è la sezione dell’orecchio deputata alla conversione dell’energia meccanica in impulsi elettrici da inviare al cervello per l’elaborazione del suono. I nervi uditivo e vestibolare escono dall’osso temporale attraverso il condotto uditivo interno (canale osseo dentro il quale si fondono in un unico nervo) ed entrano nel tronco dell’encefalo (struttura nervosa che collega il midollo spinale al cervello). Una volta raggiunto il tronco dell’encefalo le fibre nervose cocleari e vestibolari, dopo aver attraversato alcune stazioni intermedie, si dirigono alle aree cerebrali deputate rispettivamente alla percezione uditiva ed al controllo dell’equilibrio.

PERCEZIONE VISIVA o Stadio primario: implicati i processi visivi che descrivono lo stimolo: vengono analizzate le proprietà fisiche dello stimolo (intensità, lunghezza d’onda, frequenza spaziale); l’oggetto è delineato da bordi, appare nella sua configurazione visiva essenziale (forma) e si distingue dallo sfondo. Studi: scuola di Graz e Gestalt. o Stadio secondario (stadio di elaborazione cognitiva): confronto (matching) con le tracce depositate in memoria (tracce mnestiche): una configurazione stimolo (pattern-si dice patain) viene identificata come un oggetto noto. Come avviene questo confronto? Il rapporto tra le parti e il tutto riflette due tipi di elaborazione:  Bottom-up processing: elaborazione dal basso verso l’alto, elaborazione guidata dai dati (data-driven processing): analisi delle parti che sono presenti nello stimolo guidata dai dati sensoriali. L’identificazione avviene dopo che sono state colte e analizzate le informazioni contenute nello stimolo.  Top-down processing: elaborazione dall’alto verso il basso, elaborazione guidata da concetti o teorie (conceptually driven processing): si fonda sulle rappresentazioni mentali = sulle tracce contenute in memoria. In questo tipo di elaborazione si utilizzano le conoscenze acquisite in precedenze e sulla base di queste conosce l’osservatore fa delle ipotesi su quale oggetto ha maggiori probabilità di essere presentato in quel momento. N.B. Un processo o l’altro intervengono a seconda di quanto si conosce l’oggetto e dal contesto in cui esso è inserito (se devo riconoscere un pianoforte in una sala da concerto: top-down; se devo riconoscerlo in una sala da biliardo: botton-up). N.B. La percezione è connessa alle operazioni del linguaggio e della memoria. PERCEZIONE SECONDO PSICOLOGIA DELLA GESTALT

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Percezione = non dipende dagli elementi, ma dalla strutturazione di questi elementi in un”insieme organizzato” (Gestàlt in tedesco – con accento sulla a – che significa “forma”, “struttura”, “pattern”). L’organizzazione prevale sugli elementi, per cui gli elementi diventano un insieme che si differenzia dallo sfondo del campo di stimolazione. Wertheimer: leggi dell’organizzazione percettiva: ogni forma è una figura che si stacca dallo sfondo in base a una particolare organizzazione degli elementi (es. triangolo di Kanizsa: la figura è costruita dalla mente sulla base degli elementi sensoriali disponibili). MORFOLOGIA SISTEMA VISIVO Informazione visiva: luce riflessa degli oggetti che cade sulla retina. Nella retina: o Coni: hanno una maggiore concentrazione vicino al centro (fovea: c’è l’immagine più nitida); attivi durante la visione diurna (visione fotopica) e sono specializzati per la forma e il colore. o Bastoncelli: sono distribuiti su tutta la retina; sono attivi in condizioni di basso livello di luminosità (visione crepuscolare o scotopica). L’informazione proveniente dai recettori arriva fino alle cellule gangliari e da queste il segnale corre lungo il nervo ottico alle strutture sottocorticali (collicolo superiore e corpo genicolato laterale) e da queste alla corteccia. Due vie principali di trasmissione dell’informazione visiva: 1. via magno cellulare: trasmette l’informazione relativa al movimento; 2. via parvocellulare: trasmette l’informazione relativa alla forma e al colore. Area occipitale: vi sono neuroni specializzati per la rilevazione di alcune caratteristiche fondamentali dello stimolo visivo (frequenza spaziale e orientamento). Dal lobo occipitale partono due vie o fascicoli neuronali: o via occipito-temporale: specializzata nell’analisi di caratteristiche dello stimolo e delle relazioni tra esse: l’informazione è usata per il riconoscimento di un oggetto (cosa stiamo guardano –what system) o via occipito-parietale: rileva il movimento e localizza lo stimolo nello spazio (where system-dov’è collocato l’oggetto). Lesioni nelle varie aree corticali visive producono disturbi specifici della percezione visiva (agnosie). Area temporale inferiore: identificazione di specifiche configurazioni-stimolo (le facce)

Chiasma ottico

La luce che colpisce la retina stimola le fibre del nervo ottico: queste fibre si riuniscono e formano un incrocio (chiasma ottico) dove le fibre provenienti dalla parte interna di ciascuna delle due retine si incrociano in modo da pervenire alla corteccia visiva dell’emisfero opposto. Dal chiasma ottico l’informazione, attraverso i tratti ottici passai ai corpi genicolati laterali, poi alle radiazioni ottiche e alla fine alla corteccia occipitale. Le fibre che raccolgono gli stimoli provenienti dalla parte esterna del campo visivo proseguono senza incrociarsi e arrivano alla corteccia visiva dello stesso lato. Dal chiasma ottico l’informazione passa ai corpi genicolati laterali (attraverso i tratti ottici), poi va alle radiazioni ottiche e infine alla corteccia occipitale. Prelevato da:

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N.B. La corteccia visiva sinistra riceve informazioni dal lato sinistro di entrambi gli occhi: informazioni che corrispondono alla metà destra del campo visivo.

TECNICHE DI RICERCA Cronometria mentale = misurazione dei tempi impiegati dalla mente per compiere l’elaborazione dell’informazione. Es. ad un soggetto si chiede di sedersi davanti allo schermo di un computer; sulla tastiera vi sono due tasti, uno a sinistra ed uno a destra. Se sullo schermo compare un veicolo il soggetto dovrà premere con la mano preferita un tasto, se compare un animale, l’altro tasto. Si calcolano i tempi di reazione: 800 msec per gli animali e 600 msec per i veicoli. Il tempo di elaborazione riguarda lo stadio primario (relativo alle caratteristiche fisiche), oppure riguarda lo stato secondario (cognitivo, per decidere se lo stimolo presentato è un animale o un veicolo). Per capire se la differenza sta nello stadio primario o secondario: Si pongono degli elettrodi sullo scalpo del soggetto e si registrano le variazioni di potenziale dopo la presentazione degli stimoli: potenziali correlati ad eventi o ERP (event related potentials).  Sia gli animali che i veicoli hanno pressoché gli stessi tracciati la differenza nei tempi di reazione non è dovuta a differenze nello stadio primario. Confrontando i dati ERP con i dati dei tempi di reazione, si può precisare meglio il decorso temporale dei processi cognitivi: entro quanto tempo è avvenuta l’elaborazione primaria e quella secondaria. N.B. Negli ultimi decenni è stato possibili localizzare quali parti del cervello sono coinvolte nei vari processi cognitivi attraverso l’impiego sia delle registrazioni intracraniche su pazienti, sia delle tecniche di neuro immagine (PET) su soggetti normali o su pazienti.

FREQUENZE SPAZIALI E MODELLO DI MARR. La forma è essenziale per identificare uno stimolo visivo, più importante di altri attributi come il colore, la grandezza o l’orientamento. Per identificare un oggetto occorre anche che vi sia una quantità minima di informazione nell’ambiente (se c’è solo uno schermo bianco, l’immagine può crearsi nella nostra mente per pura creatività). Proprietà fondamentali di uno stimolo visivo, analizzate dai neuroni delle aree corticali visive: o lunghezza d’onda o movimento o Orientamento = Teoria indipendente dal punto di vista = Marr e Biederman = l’identificazione di un oggetto è indipendente dall’orientamento con cui si presenta; l’identificazione avviene attraverso l’estrazione di componenti invarianti presenti nell’oggetto con una determinata relazione strutturale tra di loro. Il risultato di quest’analisi è confrontato con le tracce presenti in memoria. Teoria del singolo punto di vista con trasformazione = altri ricercatori = la rappresentazione di un oggetto è depositata in memoria con uno specifico orientamento (orientamento canonico). L’identificazione di un’immagine rovesciata avviene perché il soggetto ha portato una rotazione dell’immagine (normalizzazione). Il processo di normalizzazione è più o meno lungo a seconda se l’immagine differisce poco a tanto dall’immagine normale. Teoria dei molteplici punti di vista con trasformazione = in memoria è depositato più di un orientamento dello stesso oggetto. Ipotesi recenti = l’analisi dell’orientamento è legata alla classe o categoria, a cui appartiene l’oggetto. o Frequenza spaziale = variazioni periodiche nello spazio della luminanza misurate in cicli/grado di angolo visivo (c/g); un ciclo è dato da un’alternanza di un’area di luminanza maggiore ed una di luminanza minore. Contrasto = massima luminanza – minima luminanza _______ ___________________________________________________________________________________________

Massima luminanza + minima luminanza Prelevato da:

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Il ruolo della frequenza spaziale è studiato tramite la presentazione di reticoli che hanno una determinata frequenza spaziale e un determinato orientamento. Il sistema visivo umano è sensibile a una ristretta gamma di frequenze spaziali e questa gamma si sviluppa nel primo anno di vita: solo a 8 mesi raggiunge la forma tipica dell’adulto.  Frequenze spaziali basse: forniscono l’informazione sulla configurazione globale dello stimolo  Frequenze spaziali alte: sono relative ai dettagli dello stimolo. Un’immagine è sottoposta a filtraggio spaziale: al primo livello fa passare solo le frequenze spaziali basse e, progressivamente, anche le frequenze spaziali alte. La percezione dello stimolo nella sua forma completa (ultimo livello) è data dall’integrazione dell’informazione elaborata dai neuroni visivi specializzati per le basse e alte frequenze spaziali. Non è ancora del tutto chiaro come avvenga a livello neurofisiologico questa integrazione tra frequenze spaziali basse e alte.

TEORIA DI DAVID MARR (1982): 1. Abbozzo primario (primal sketch): a. analisi delle frequenze spaziali, b. distribuzione della luminanza nell’immagine formatasi sulla retina a causa della stimolazione ambientale, c. analisi delle differenze di luminanza tra aree adiacenti in questa stessa immagine: le differenze di luminanza danno luogo ai bordi. 2. Abbozzo a due dimensioni e mezzo (2,5 D Sketch): l’informazione precedente, bidimensionale, è integrata con l’analisi di altre proprietà: profondità relativa delle superfici dell’oggetto nello spazio tridimensionale e il suo movimento in questo spazio. 3. Descrizione a tre dimensioni (3D description): l’oggetto è identificato completamente nella sua forma tridimensionale. N.B. Recettori retinici lungo nervo ottico strutture visive sottocorticali  neuroni area visiva V1 analisi simultanea di orientamento e frequenze spaziali.

RICONOSCIMENTO DELLO STIMOLO Teoria del confronto di sagoma (template matching): identificazione avviene grazie a un confronto diretto tra il pattern e le tracce conservate in memoria. Esempio: lo stimolo è la lettera R  lo stimolo attiva una configurazione di recettori reticini  l’attivazione di un’unica cellularilevatore (detector cell) quando uno stimolo produce esattamente una determinata configurazione per cui è disponibile la cellula-rilevatore, si ha l’identificazione. Limite della teoria: non riesce a spiegare come si riescono a identificare come “lettera R”, stimoli diversi per grandezza, orientamento, forma. Teoria dell’analisi delle caratteristiche (feature analysis): lo stimolo visivo è costituito da un insieme di caratteristiche, proprietà e attributi essenziali che lo distinguono rispetto ad un altro. La lettera R è un insieme di caratteristiche (una linea verticale, un semicerchio, una linea obliqua). Stimoli diversi ma che condividono le stesse caratteristiche, sarebbero identificabili con lo stesso pattern. Selfridge: Pandomonium = programma per computer: alcuni “demon” (unità funzionali del programma) sono specializzati per riconoscere caratteristiche specifiche. Demoni = Neuroni. Demoni specializzati: o Registrazione dell’immagine retinica o Rilevazione delle linee (detection) o Elaborazione cognitiva: determinati insieme di caratteristiche corrispondono a determinati pattern. Prelevato da:

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o Identificazione Eleonor Gibson: sistema di identificazione delle lettere dell’alfabeto basato sulle analisi delle caratteristiche: identificò 12 caratteristiche; quanto più le lettere condividono le stesse caratteristiche, tanto più sarebbe possibile confonderle. Le teorie basate sull’analisi delle caratteristiche ebbero un’enorme diffusione perché concordavano con le scoperte neurofisiologiche: o Hubel e Wiesel: esistenza di neuroni della corteccia visiva specializzati nell’analisi di caratteristiche specifiche dello stimolo. o Hebb: esistenza di assemblee cellulari che interagiscono tra loro per l’integrazione dell’informazione elaborata in modo specializzato da ciascuna assemblea. o Konorski: neuroni specializzati (unità cognitive) dedicati al riconoscimento di stimoli complessi. o Ipotesi più recenti: non viene effettuata una scomposizione e/o ricomposizione delle caratteristiche dello stimolo (come veniva sostenuto dalle teorie dell’analisi delle caratteristiche) ma avviene un’interazione e integrazione tra le varie componenti fisiche dello stimolo e le loro relazioni strutturali. o Teoria dell’integrazione delle caratteristiche: Anne Treisman: la percezione di un oggetto richiede: 1. Individuazione delle qualità primarie: registrazione o detenzione di alcune caratteristiche o qualità salienti dello stimolo (inclinazione, curvatura delle linee, luminosità, colore, movimento). Questo avviene in modo automatico (non richiede risorse attentive) e implica un’elaborazione parallela (rilevazione simultanea di tutte le qualità primarie relative a tutti gli stimoli presenti nel nostro campo visivo). 2. Integrazione delle qualità primarie: processo controllato dall’attenzione che coinvolge un’elaborazione seriale (analisi sequenziale di tutti gli stimoli presenti in una determinata porzione del campo visivo). o Teoria del riconoscimento per componenti: Biederman: il processo percettivo, che inizia con l’individuazione e l’integrazione delle qualità primarie deve necessariamente prevedere un’ulteriore integrazione di ordine superiore che conduce all’individuazione delle parti o componenti di un oggetto. Un oggetto è composto da geoni (ioni geometrici, componenti di un oggetto); Biederman ne ha individuati 36. Il riconoscimento di un oggetto dipende dall’identificazione dei geoni che lo compongono e dalle relative relazioni spaziali che vi intercorrono.

RICONOSCIMENTO DI FACCE La faccia è la configurazione-stimolo più importante per la specie umane e per i primati. Fin dai primi giorni di vita, l’ambiente del bambino è essenzialmente la faccia con le relative caratteristiche visive e le altre fonti di stimolazione (uditive, tattili, olfattive). Il bambino impara presto a conoscere le espressioni facciali e il loro significato. Studi sulle scimmie, hanno individuato alcune cellule della corteccia temporale inferiore, che sono specializzate per il riconoscimento delle facce. Altri studi hanno indagato su quali siano le componenti essenziali per il riconoscimento delle facce: le frequenze spaziali sono indubbiamente fondamentali! Le frequenze basse possono essere analizzate già nei primi mesi di vita e le frequenze alte solo dopo 5 mesi circa (un neonato riesce a discriminare una faccia da un altro stimolo, ma solo dopo i 5 mesi riesce a riconoscere una faccia da un’altra). Prosopragnosia: mancato riconoscimento delle facce. Es. paziente di Oliver Sacks che non riconosceva le facce e una volta arrivò a scambiare la faccia della moglie per un cappello. Solitamente chi è affetto da prosopragnosia riconoscono la faccia, ma non sanno a chi appartiene (lesione nella regione occipito-temporale). Fodor = la specializzazione neuronale per il riconoscimento delle facce è un esempio di organizzazione a moduli della corteccia cerebrale. Ogni modulo è un insieme organizzato di neuroni che hanno funzioni diverse ma che interagiscono tra di loro ai fini dell’elaborazione di una Prelevato da:

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particolare classe di stimoli. Un danno ad una particolare regione corticale può distruggere un modulo e, quindi, si può perdere la capacità di elaborare l’informazione relativa (rimane però la capacità di elaborare altri tipi di informazione mediante i moduli rimasti integri).

CATEGORIZZAZIONE DELL’INFORMAZIONE Relazione tra i processi di percezione e i processi di categorizzazione: di fronte ad una variazione continua di una dimensione o di una proprietà fisica dello stimolo, l’osservatore percepisce regioni discontinue. Categorizzazione dei colori: il colore è una proprietà percettiva che dipende dalla lunghezza d’onda (caratteristica fisica dello stimolo visivo). Il sistema visivo dell’uomo ha una ristretta finestra sensoriale per lo spettro elettromagnetico, con lunghezze d’onda tra i 400 e i 700 nm. A seconda delle lunghezze d’onda riflesse dalla superficie dello stimolo, si attivano i tre tipi di coni presenti nella retina: o Picchi per la percezione del blu (437 nm) o Picchi per la percezione del verde (533 nm) o Picchi per la percezione del rosso (>564 nm). La variazione in lunghezza d’onda è continua, ma non è percepita come tale; il continuo della variazione è percepito come composto da regioni cromatiche qualitativamente diverse, chiamate “aree focali” dalla psicologa Rosch: area del rosso, del blu… Berlin e Kay: nelle culture più povere linguisticamente esistono solo due categorie (e relativi nomi) che distinguono l’area chiara dall’area scura. Man mano che si arricchisce il lessico dei colori, si formano aree o categorie sempre più ristrette. Bianco Giallo Blu  Rosso Verde o  o Marrone  Porpora, rosa, arancione, grigio Nero Blu Giallo Il lessico dei colori è stato studiato anche nel suo sviluppo ontogenetico all’interno di una stessa cultura: se presentiamo una superficie rossa a bambini, subito diranno che è rossa, ma progressivamente saranno sempre più precisi: rosso chiaro, rosso corallo…Il lessico è ancora più ricco e variegato in pittori o professionisti esperti in settori in cui il colore è un attributo importante. Categorizzazione a livelli cognitivi più complessi: quando si tratta di raggruppare o differenziare stimoli tra di loro simili. Terminologia della Treisman: o Tipo o prototipo: cane o Esemplari (token): esempi più concreti dei cani (sia varie razze che cani che conosciamo personalmente). Due problemi: o Relazione tra il prototipo e gli esemplari: ci sono due diversi modelli per la formazione del prototipo:  Modello che si basa su un concetto statistico di moda: il prototipo di riferimento con cui confrontiamo l’informazione in entrata è dato dall’esemplare che si è presentato con maggiore frequenza all’osservatore.  Modello che si basa sul concetto statistico di media: il prototipo è dato dai valori medi degli attributi principali degli esemplari che l’osservatore ha visto nel corso della sua esperienza (il cane medio, il misto di tutti i cani). o Relazione tra i vari prototipi:  Modello di Rosch: descrive un’organizzazione con due dimensioni: verticale e orizzontale.

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Questa organizzazione è stata oggetto di studio nelle ricerche relative alla memoria semantica. Attualmente si ritiene che i principi di funzionamento della rete siano legati ad una suddivisione molto più generale tra categorie: tra la microcategoria degli oggetti viventi e la macrocategoria degli oggetti non viventi. Questa concezione ha avuto origine da ricerche su pazienti cerebrolesi che, a seconda della sede della lesione cerebrale, perdono la capacità di riconoscere una macrocategoria e non l’altra. N.B. Nella formazione del prototipo sembra importante l’orientamento che le cose, viventi e non viventi, hanno normalmente nello spazio.

IMMAGINAZIONE Supponiamo che ci venga chiesto di misurare, approssimativamente, l’altezza media di uno struzzo. Innanzitutto ci facciamo una rappresentazione proto tipica dello struzzo che abbiamo nella nostra memoria: la figura che abbiamo, non è data, però, da uno stimolo esterno, ma è un prodotto mentale. Immaginazione (Imagery) = processo cognitivo che produce immagini visive. Spesso assume altri significati: attività mentale creativa (imagination), attività mentale che sconfina nella fantasia (immaginazione creativa). Kosslyn: immaginazione ha molte proprietà strutturali e funzionali analoghe a quelle della percezione: vi è una sorta di occhio interno che esplora (scanning) le immagini che compaiono sullo schermo mentale: anche lo schermo mentale ha un’estensione definita e nella parte centrale le immagini appaiono più nitide. Shepard e Metzler: esperimenti di rotazione mentale: ai soggetti veniva chiesto di decidere se due disegni raffiguravano due oggetti uguali o diversi (due forme geometriche tridimensionali con orientamenti diversi nello spazio). I soggetti immaginavano i due oggetti e li facevano ruotare nel loro spazio mentale tridimensionale fino a quando potevano verificare se le due immagini si sovrapponevano oppure no. Il compito richiedeva tanto più tempo, quanto maggiore era la differenza angolare tra i due disegni. Differenza tra percezione e immaginazione – Giusberti Teoria del doppio codice –Paivio: le operazioni fondate sull’informazione visiva (esterna nella percezione e interna nell’immaginazione) si distinguono dalle operazioni donate sull’informazione verbale. Tutte le persone utilizzano entrambi i codici durante processi di cognizione, ma alcune persone privilegiano il codice visivo, altri il codice verbale.

ATTENZIONE Attenzione = processo cognitivo con cui la mente opera una selezione delle informazioni provenienti dal mondo esterno, in base a interessi e aspettative. o Attenzione selettiva = l’attenzione seleziona un determinato tipo di informazione e focalizza su di esso i processi di elaborazione cognitiva (la selezione dell’informazione visiva nel giornale a scapito di quella uditiva della tv). Broadbent: “Percezione e comunicazione”: pensò che intervenisse un sistema di filtraggio, per spiegare perché, rispetto al flusso di stimoli in entrate la mente operasse solo su alcuni di essi. Il filtro opera in relazione alle finalità, ai compiti e alle aspettative del soggetto; la selezione avviene dopo una prima analisi delle caratteristiche fisiche degli stimoli. Ricerche con tecniche dell’ascolto dicotico: una serie di stimoli viene trasmessa mediante una cuffia alle due orecchie contemporaneamente, l’istruzione è quella di porre attenzione solo all’informazione in arrivo all’orecchio destro (canale selezionato. Solo per questi stimoli sarebbe poi seguita l’elaborazione cognitiva negli stadi successivi. Prelevato da:

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o Attenzione divisa (anni ’80): problema dell’attenzione distribuita su più compiti: molti esempi ci dimostrano, infatti, che siamo in grado di seguire compiti diversi (ascoltare la radio mentre si guida). Hirst e Kalmar: i soggetti potevano prestare attenzione simultaneamente a due compiti di natura diversa (compito grammaticale e compito aritmetico) compiendo un minor numero di errori che nella situazione in cui i due compiti erano uguali (due compiti aritmetici) perché avviene un’interferenza strutturale. Quindi l’attenzione può essere divisa più facilmente se i compiti riguardano abilità diverse, o meglio, se vengono utilizzate risorse cognitive diverse. Compito primario: compito che riceva la quota di risorse sufficiente per una prestazione ottimale (guidare auto). Compito secondario: compito che riceva la quota residua di risorse (ascoltare radio). CURVA POC (performance operating characteristics: caratteristiche operanti nella prestazione): le curve mettono in relazione le prestazioni ottenute nei due compiti.

Quando i compiti sono eseguiti indipendentemente l’uno dall’altro, si ha una prestazione migliore di quando i due compiti sono eseguiti assieme. Se cresce la richiesta di accuratezza assegnata al compito primario, aumentano i tempi di reazione per l’esecuzione del compito secondario. Se viene assegnata una bassa priorità al compito primario, la prestazione al compito secondario è ancora alta. Le curve POC sono ancora diffuse nelle ricerche di psicologia cognitiva applicata, dove si studia la dislocazione dell’attenzione (es. nei piloti di aerei militari). o Elaborazione controllata e elaborazione automatica (anni ’70) Shallice (1988): selezione competitiva: l’attenzione interviene nella selezione tra un processo cognitivo e l’altro, qualora questi siano in conflitto tra loro. Un’operazione cognitiva può vincere in modo automatico su un’altra in base al Prelevato da:

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valore maggiore di attivazione che essa ha in un determinato momento rispetto ad altre operazioni. Questa scelta è effettuata automaticamente dal “sistema attenzionale supervisore” che si pensa risieda nelle regioni prefrontali (già ipotizzato da Lurija).

COSCIENZA o James: relazione tra coscienza e identità personale: un pensiero di cui si è

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coscienti si lega assieme agli altri pensieri in una corrente che dà il senso di continuità della propria vita psichica. L’introspezione avrebbe dovuto consentire di spezzare il “flusso di coscienza” in processi psichici distinti. Fino anni ’60: la coscienza non fu più interesse della Psicologia. Anni ’60: nuovo interesse alla coscienza, grazie ai casi di pazienti con cervello diviso: persone alle quali, per motivi terapeutici, erano state sezionate le connessioni del corpo calloso che uniscono i due emisferi: poiché l’informazione elaborata dall’emisfero destro non veniva registrata dall’emisfero sinistro, se si mostravano gli stessi oggetti all’emicampo visivo destro per essere elaborati dall’emisfero sinistro, questi non venivano riconosciuti la coscienza in questi pazienti era divisa nei due emisferi nelle persone normali vi è l’integrazione tra le operazioni mentali compiute separatamente nei due emisferi. Ricerche sugli stati di coscienza: momenti di un continuo che andava dal coma, al sonno profondo, alla semiveglia, alla veglia (massima vigilanza). Ricercatori contemporanei: coscienza = sistema di controllo attenzionale delle operazioni mentali, per il quale è necessario il funzionamento dei lobi prefrontali (già ipotizzata da Lurija). Nei bambini le regioni prefrontali maturano le loro connessioni con le altre regioni cerebrali non prima dei 4-5 anni: prima di questa età il bambino non ha acquisito una piena padronanza del proprio comportamento. Metacognizione: sistema di pianificazione e controllo delle operazioni cognitive (per ogni processo si distingue un sistema specifico: meta memoria per la memoria, metattenzione per l’attenzione) che implica che una persona sia cosciente delle proprie operazioni cognitive, delle risorse e dei limiti relativi e sia in grado di verificarne i risultati ed eventualmente di correggerli per migliorare la prestazione. Processi cognitivi consci (manifesti –overt) e inconsci (non manifesti-covert):  Processi consci:  Processi inconsci: si verificano senza che il soggetto ne sia consapevole: operazioni implicate nei processi di memoria implicita o nell’esecuzione automatica di compiti motori. Esperimento di Viggiano e Kutas (2000): compito di identificazione di figure non complete: ai soggetti veniva chiesto di nominare una serie di figure comuni presentate in forma completa; successivamente metà di queste figure già viste e un gruppo di figure nuove venivano presentate in forma frammentata, in una sequenza dalla massima frammentazione alla versione completa. I soggetti dovevano premere un tasto non appena identificavano la figura. Venivano registrati: tempi di reazione, ERP. Risultati: i soggetti identificavano in versioni più frammentate le figure che avevano già visto. Gli ERP hanno messo in evidenza la presenza di operazioni non manifeste (cover): prima che il soggetto identifichi la figura vecchia (dia una risposta consapevole), si ha una modificazione dell’ampiezza degli ERP, che è assente per le figure nuove.  ERP sono utilizzati per studiare processi cognitivi di cui il soggetto non è cosciente.

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APPRENDIMENTO  ADATTAMENTO SOPRAVVIVENZA APPRENDIMENTO: processo cognitivo che si integra con altri processi (percezione, attenzione, memoria, linguaggio, pensiero) ed è influenzabile dalle caratteristiche personologiche e motivazionali e dagli stati emotivi di chi apprende. L’uomo ha costruito le proprie civiltà sull’apprendimento e sulla possibilità di trasmettere ai propri discendenti conoscenze apprese, riuscendo a invertire, parzialmente, le regole dell’evoluzione: l’adattamento della specie alla natura che cambia, diventa sempre più spesso un adattamento della natura alle esigenze della specie.

CONDIZIONAMENTO CLASSICO (di tipo S: stimolo). I primi studi sul condizionamento classico sono di Ivan P. Pavlov, che aveva già ricevuto il premio Nobel per i suoi studi sulla digestione nei primi anni del ‘900. Studiando i meccanismi della digestione Pavlov ebbe modo di osservare come un cane salivasse alla sola vista del cibo: l’emissione di saliva, nel momento i cui il cibo viene introdotto nel cavo orale, ha la funzione di preparare ciò che ingeriamo alla trasformazione dei succhi gastrici (risposta automatica messa in atto dal nostro organismo). Tuttavia il cane di Pavlov aveva imparato ad anticipare la risposta. Esperimento: - viene applicato alla ghiandola salivare di un cane, un catetere per raccogliere la saliva in un recipiente graduato; - ’animale viene posto di fronte ad un recipiente nel quale lo sperimentatore può versare della polvere di carne; - sempre di fronte al cane viene posta una finta finestra, dietro la quale si trova una sorgente luminosa che può essere azionata a distanza dallo sperimentatore. - Presentazione SN (stimolo neutro): luce si accende dietro la finestra. - Presentazione SI (stimolo incondizionato: cibo): la sua presenza determina sempre la salivazione; e si elimina SN: la luce si spegne. - Compare RI (risposta incondizionata): attivazione riflesso innato: l’animale emette saliva in modo abbondante. Se si ripete per un certo numero di volte la sequenza: SN-SI-RI (fase di acquisizione) e poi si elimina la presentazione del cibo (SI), si ottiene ugualmente la salivazione  - La risposta di salivazione è diventata una RC (risposta condizionata). - La luce è ora SC (stimolo condizionato). Se una volta instauratasi l’associazione tra luce e salivazione, non si presenta mai lo SC (luce) associato a SI (cibo)  RC sparisce: estinzione. È sufficiente, però, riproporre per poche volte l’associazione SC-SI per riattivare il legame tra SC e RC. Talvolta vi è un recupero spontaneo: in seguito all’estinzione lo SC è un segnale: - Inibitorio: legato alla situazione (contesto) nel quale si è sviluppato il condizionamento: se il contesto cambia, viene meno il segnale inibitorio e ricompare RC. - Eccitatorio: una volta condizionato un cane a salivare quando si accende una luce, sarà sufficiente presentare un suono in concomitanza con l’accensione della luce, per condizionare il cane a salivare anche alla presentazione del suono (condizionamento di secondo livello). Prelevato da:

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Principio della generalizzazione: stimoli simili allo stimolo condizionato provocano risposte condizionate (capacità degli organismi viventi a reagire a nuovi stimoli, purchè non si discostino troppo da quelli familiari). Principio della discriminazione: si impara a non fornire risposta quando gli stimoli differiscono in modo sensibile dallo stimolo condizionato originale. N.B. Non si apprende un nuovo comportamento, ma si impara a rispondere a stimoli già notic eh solitamente non producono quel tipo di risposta.

CONDIZIONAMENTO OPERANTE Nella vita la stragrande maggioranza degli apprendimenti avviene in base allo schema: in una data situazione (ambiente) metto in atto un determinato comportamento (risposta), in seguito al quale ricevo una ricompensa e ciò mi indurrà ad assumere il medesimo comportamento ogni volta che mi troverò in quella data situazione  condizionamento operante. Thorndike: fece i primi studi sul condizionamento operante a fine dell’800. Cercò di dimostrare l’esistenza di forti somiglianze tra i processi di apprendimento degli umani e quelli degli animali. Esperimento: un gatto affamato era posto in una gabbia la cui porta era chiusa da un chiavistello. Appena fuori dalla gabbia c’era un pezzo di pesce. Dopo aver tentato invano di raggiungere con le zampe il pesce, il gatto iniziava a muoversi nella gabbia finchè, casualmente, toccava il chiavistello e riusciva ad aprire la gabbia. Rimesso nella gabbia, il gatto ripeteva all’incirca gli stessi movimenti, tentando sempre meno volte prima di raggiungere il risultato  apprendimento per prove ed errori. Legge dell’effetto = tra tutte le risposte a caso fornite da un organismo, vengono selezionate solo quelle che hanno conseguenze positive, in modo simile a quello che avviene nell’evoluzione della specie. Skinner: esponente più noto del comportamentismo. Egli semplifica la situazione sperimentale di Thorndike: la Skinner box è una gabbia senza alcun arredamento, dotata di una leva che registra l’intensità della pressione esercitata su di essa. Un topo affamato, introdotto nella gabbia, durante la sua attività esplorativa preme casualmente la leva e il dispositivo registra la forza della pressione. In seguito la leva viene collegata ad un distributore di cibo: il topo che preme per caso la leva riceve il cibo e immediatamente dopo torna a premere con più forza la leva l’atto non è più casuale, ma volontario (Condizionamento operante). Tecnica del modellamento = rinforzare i comportamenti che si avvicinano a quello desiderato. Non appena si verifica il comportamento desiderato, le risposte che si avvicinano non verranno più rinforzate e quindi si estinguono. N.B. Anche nel condizionamento operante si verificano l’estinzione e la discriminazione. APPLICAZIONI CONDIZIONAMENTO OPERANTE Se si associa ad un rinforzo primario un altro stimolo, quest’ultimo può diventare un rinforzo secondario. Grazie all’impiego dei rinforzi secondari è possibile instaurare nuovi comportamenti con maggiore facilità. Negli uomini l’apprendimento è legato a rinforzi di varia natura: essere lodati, veder riconosciuta la propria abilità, premi o punizioni. Rinforzo positivo = fornisce un’informazione precisa: quello che hai fatto va bene! Rinforzo negativo = indica solo ciò che non si deve fare in una determinata situazione.

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Gran parte delle applicazioni delle tecniche di condizionamento operante sono state fatte con gli animali: molte nel periodo bellico che però non fecero a tempo ad essere utilizzate; oppure per scopi civili: addestramenti di piccioni che dovevano scartare le pillole di forma non sferica in uscita da un alinea di produzione di una casa farmaceutica ( piccioni erano più precisi degli addetti umani)oppure per servizi di emergenza (piccioni addestrati a beccare un pulsante quando vedono un oggetto arancione, utilizzati come guardiacoste).

COME ELABORIAMO L’INFORMAZIONE Rivoluzione cognitivista: ha spostato l’interesse sui processi di elaborazione dell’informazione. Ogni informazione proveniente dall’esterno può essere elaborata a livello cognitivo attraverso diverse funzioni cognitive, molte in parallelo.

Moltissimi modelli: o Modello della memoria di Atkinson e Shiffrin

1. Informazione deve innanzitutto essere recepita dagli organi sensoriali 2. Trasduzione sensoriale: informazione tradotta in segnali comprensibili per il sistema di elaborazione. 3. L’informazione può essere così interpretata percettivamente in base all’esperienza e alla situazione in cui si verifica la percezione. 4. Selezione dell’informazione: solo una parte dell’informazione sensoriale viene elaborata percettivamente (sennò sarebbe impossibile). Ciò avviene grazie a meccanismi di inibizione: le informazioni ridondanti e confusive non vengono interpretate percettivamente. 5. Informazione passa in tre diversi magazzini di memoria:  MEMORIA SENSORIALE: se si fissa una fonte luminosa per un periodo di tempo sufficientemente lungo e poi chiudete improvvisamente gli occhi, sembra per pochi secondi di vedere ancora la luce. Sperling-1960- esistenza di una memoria sensoriale o “registro sensoriale”.  Resoconto totale: presentava una matrice 3x3 di consonanti per 50 millesecondi, e dopo che la matrice era scomparsa chiedeva ai soggetti di nominare tutte le lettere che si ricordavano. Di solito venivano ricordate 4-5 lettere anche se i soggetti dichiaravano di averle viste tutte e 9.  Resoconto parziale: i soggetti venivano informati che, una volta sparita la matrice sarebbe stato chiesto loro di rievocare le lettere Prelevato da:

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di una delle 3 righe. Un segnale acustico di diversa tonalità diceva quale riga doveva essere ricordata dopo la scomparsa della matrice: tono alto (riga alto), tono medio (riga media), tono basso (riga in basso). La prestazione era la solita per ogni riga la matrice è immagazzinata tutta in attesa di conoscere quale riga rievocare. Se veniva aumentato l’intervallo tra la scomparsa della matrice e la presentazione del segnale acustico, diminuiva la prestazione dei soggetti  esistenza memoria iconica. Presentazione tachistoscopica (tempi brevissimi dello stimolo): memoria sensoriale è molto importante. N.B. Nella memoria sensoriale, oltre alla componente iconica, si pensa ci sia una componente ecoica, che mantiene l’informazione acustica.

CODIFICA DELL’INFORMAZIONE. Perché un’informazione venga codificata è necessario prestare attenzione. L’attenzione varia in funzione di:  Condizioni fisiologiche  Fattori ambientali interferenti  Differenze individuali. Quindi solo una parte delle informazioni che transitano per il registro sensoriale può disporre di risorse attentive. Cherry: Fenomeno del cocktail-party: capacità di selezionare, fra le molte voci udibili durante una festa, un frammento di discorso relativo ad un argomento o ad una persona che ci interessa. (selezione associata all’idea di filtro, oppure meccanismi di selezione di tipo inibitorio -non accetto i dati irrilevanti- o di tipo eccitatorio –le informazioni che accedono ai livelli successivi sono le sole ad essere rilevanti per la comprensione). Codifica = scegliere come rappresentare in memoria l’informazione. La codifica è determinata dal tipo di informazione ricevuta. Sistema di codifica = modo di rappresentare la realtà che può essere più o meno legato alla natura dello stimolo e utilizza linguaggi simbolici di rappresentazione. La scelta di un buon codice non è sufficiente a garantire un buon apprendimento: stimoli che richiedono la scelta del solito codice, possono richiedere modalità di apprendimento diverse. I più comuni sistemi di codifica sono:  Codifica verbale: conserviamo l’informazione grazie ad una descrizione verbale sintetica (il nome di un oggetto) o di tipo perifrastico (la terza strada a destra dopo il semaforo).  Codifica per immagini: rappresentazione mentale di tipo iconico. Gran parte delle informazioni possono essere codificate utilizzando entrambi i codici. Alan Paivio: fece ricerche per comprendere meglio le differenze di efficacia dei due tipi di codifica. A seconda del tipo di materiale da apprendere varia il tipo di codifica adottata. Una parola concreta non solo viene codificata in modo verbale, ma di solito evoca immediatamente la rappresentazione iconica; le parole astratte, invece vengono codificate soprattutto verbalmente. L’importanze dalla codifica per immagini è stata rilevata nelle ricerche in cui veniva chiesto ai soggetti di dire quale fosse più grande tra: gallina e oca (stessa categoria); gallina e volpe (categorie diverse); gallina o lavatrice (nulla in comune). Se si operasse una codifica Prelevato da:

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verbale ci vorrebbe meno tempo a rispondere tra gallina e oca e molto tempo tra gallina-lavatrice. In realtà l’operazione è iconica. Ricerche su figure congruenti e non congruenti: quando le figure hanno dimensioni relative congruenti con la grandezza effettiva degli oggetti reali, il giudizio su quale dei due oggetti sia più grande è più rapido (esempio dell’asino e della lampada). Strategie di codifica = dalla loro efficacia dipende l’apprendimento e, quindi di poter immagazzinare e, successivamente, recuperare le informazioni. Ogni individuo ha a disposizione diverse strategie di codifica, specifiche per determinati materiali.  MEMORIA A BREVE TERMINE: i tempi necessari per codificare un’informazione sono superiori alla permanenza massima della stessa informazione nel magazzino sensoriale. Atkinson e Shiffrin: MBT= magazzino temporaneo a capacità limitata, in grado di conservare un numero limitato di informazioni per un tempo massimo di 30 secondi. L’informazione che proviene dal magazzino sensoriale, viene codificata e conservata nella MBT: se sosta per un tempo sufficiente passa nel magazzino successivo, altrimenti decade. Buffer di reiterazione: sottomagazzino di cui si è ipotizzata l’esistenza, che può essere raffigurato come un libreria con dei ripiani: la prima informazione viene immagazzinata occupando il primo ripiano, la successiva il primo ripiano spingendo la precedente sul secondo. Il numero di ripiani a disposizione varia da persona a persona: quando il numero di informazioni supera il numero dei ripiani disponibili, la prima informazione viene eliminata dal buffer. Span di memoria = la capacità della MBT (il numero di informazioni che possono essere conservate contemporaneamente nel buffer): tra 5 e 9, in media 7 elementi (il magico numero 7 di Miller). Dimostrazione effetto primacy e recency: I soggetti hanno ascoltato 20 parole d’uso comune, presenta una al secondo. Subito dopo aver ascoltato la lista, gli è stato chiesto di scrivere tutte quelle che riuscivano a ricordare.

Effetto primacy = tendenza a ricordare più frequentemente i primi elementi della lista. È dovuto alla’avvenuta memorizzazione nella MLT. Effetto recency = tendenza a ricordare più frequentemente gli ultimi elementi della lista. È dovuto ad una semplice lettura della MBT. Baddley: Modello della memoria di lavoro di Baddley (preferisce chiamare memoria di lavoro): avvengono distinti processi di reiterazione a seconda che il materiale da apprendere sia rappresentato verbalmente o visivamente. Ci sono due sistemi asserviti e un sistema di controllo. Sistemi asserviti:

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1. circuito articolatorio (articulatory loop): elaborazione dell’informazione verbale; 2. blocco per appunti visuo - spaziale (visual spatial sketch pad): informazione visuo - spaziale. Sistema di controllo: o esecutivo centrale (central executive): gestisce le risorse attentive e regola il funzionamento dei due sistemi asserviti. L’esistenza di questo sistema è meno certa delle altre e sembrerebbe molto simile al “sistema attenzionale supervisore” (SAS) di Shallice.

Quando dobbiamo imparare un nuovo numero di telefono facciamo una ripetizione subvolica (lo ripetiamo più volte mentalmente); in genere raggruppando le cifre 2 o 3 per volta (chunking). Se, mentre apprendiamo, dobbiamo emettere dei vocalizzi ritmici, il numero di parole ricordate è sicuramente minore perché non abbiamo la possibilità di reiterazione verbale. Lo stesso fenomeno accade quando il materiale da apprendere è di tipo visivo e ai soggetti viene impedito l’uso della reiterazione visuo-spaziale.

Attenzione e memoria. Un buon livello di attenzione consenti di cogliere gli elementi caratteristici del materiale da apprendere, dando la possibilità di scegliere la strategia di codifica ottimale maggiori probabilità di immagazzinamento e quindi di recupero. L’attenzione non è intesa solo come atto volontario, ma anche come semplice condizione di attivazione. Attenzione dipende: dalla volontà e dall’efficienza fisiologica che può variare in funzione dell’età e in funzione di fattori occasionali (stress, depressione). L’attenzione entra in gioco anche nella fase di recupero dell’informazione: permette di cogliere quegli indizi (cue) che facilitano il recupero di quanto è appreso. 

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MEMORIA A LUNGO TERMINE: L’informazione che subisce, per un tempo sufficiente il processo di reiterazione, viene depositata nella MLT. La MLT teoricamente ha capacità illimitata, per un tempo indefinito, a patto che non si verifichino danni cerebrali. Tutto quello che un individuo apprende (esplicitamente o implicitamente) è conservato in questo tipo di memoria. Squire: o Memoria dichiarativa: memoria proposizionale.  Memoria episodica: conserva i ricordi riferiti a situazioni, eventi, persone particolari che abbiano la caratteristica di essersi verificati una sola volta nella vita (es. la prima volta di un avvenimento). http://mCardux.com

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Codifica multimodale: codifica per i ricordi immagazzinati in questa memoria, che utilizza più codici ed ha una particolare vividezza: i ricordi vengono rievocati in modo quasi fotografico, accompagnati da ricordi relativi all’atmosfera, agli odori, ai rumori, alle sensazioni interne. Molti dei ricordi contenuti in questa memoria possono essere utili nella vita di ogni giorno: il volto di una persona, il ricordo di una gita in una città(potrà servirci per l’orientamento),. Spesso non abbiamo coscienza di ricordare certi episodi, ma basta imbatterci in indizi per innescare una serie di ricordi a catena. N.B. La memoria episodica è rappresentata da proposizioni ben collocate nel tempo (Oggi ho pranzato con Lucia).  Memoria semantica: è quella che si avvicina più di tutte a ciò che la Psicologia intende come memoria: memoria preposta alla conservazione delle nostre conoscenza, sia quelle acquisite attraverso lo studio, sia quelle acquisite tramite esperienza. Il nome stesso (semantica) suggerisce che le informazioni siano conservate prevalentemente in modo verbale. Spesso il ricordo è il risultato di una ricostruzione: si parte dalle conoscenze conservate nella memoria semantica; un cue funge da indizio per la rievocazione di concetti ad esso connessi. N.B. La memoria semantica è costituita da proposizione generali indipendenti dal momento in cui sono state apprese (2x2= 4; Milano è in Lombardia). o Memoria non dichiarativa:  Memoria procedurale: preposta alla conservazione delle sequenze comportamentali atte a raggiungere determinati scopi. Script: copioni, programmi di sequenze complesse relative a come ci si comporta in determinate situazioni. Gli script sono automatici; solo la decisione di eseguire una determinata azione è sotto il controllo. (Esempio dell’automobile: nel compiere l’atto di guidare l’automobile non si recupera più l’informazione all’interno della memoria dichiarativa , ma si preleva dalla memoria procedurale). Tutta l’attività motoria e tutti i comportamenti automatici sono presieduti dalla memoria procedurale. Recupero dell’informazione: il recupero dipende dalla bontà dell’immagazzinamento, dalla capacità di cogliere indizi, di creare associazioni, di impiegare strategie di recupero. Prelevato da:

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Immagazzinamento dipende: dalle risorse attentive, dalla capacità di cogliere gli elementi rilevanti dell’informazione, dalla scelta della strategia, dalle condizioni emotive in cui avviene l’apprendimento. La possibilità di recuperare un’informazione dipende quindi: dal tipo di codifica adottato e dalla frequenza con cui accedi ameno a quella informazione. Il recupero della MLT non è necessariamente letterale: quello che ricordiamo non è necessariamente identico a quello che abbiamo appreso; solo una parte di ciò che apprendiamo può essere immagazzinata come copia dell’originale.

Migliorare la memoria: PQRS P = preview (prelettura) Q (question): domande sul capitolo R = (read): selezione con una lettura attenta S (self recitation): ricordare idee principali del capitolo e ripeterle. Spesso ci si riferisce a: memoria prospettica, memoria di eventi remoti, memoria di facce e nomi (distinzioni in base al compito richiesto). Il passaggio nei tre tipi di memoria è obbligatorio; durante il passaggio da un magazzino al successivo si può verificare un’altra perdita di informazione a causa di interferenze (di natura esterna o interna) nei processi di codifica. Le difficoltà in fase di codifica dell’informazione sono alla base dei problemi di recupero dal magazzino a lungo termine. N.B. Processi di memoria avvengono in gran parte contemporaneamente.

COMPITI DI MEMORIA Compiti di memoria utilizzati per verificare sperimentalmente le teorie sul funzionamento dei processi mnestici:  Compiti di riconoscimento (recognition): i soggetti devono riconoscere fra un certo numero di stimoli quelli che sono stati presentati loro in precedenza.  Compiti di rievocazione: i soggetti devono rievocare liberamente gli stimoli presentati in precedenza. N.B. I compiti di riconoscimento sono più facili di quelli di rievocazione perché gli stimoli presentati nella fase di riconoscimento fungono da indizio (cue). Diversi tipi di volontarietà di apprendimento:  Memoria esplicita = i soggetti sanno che il compito consiste nel valutare le loro capacità di memorizzare il materiale.  Memoria implicita = i soggetti vengono istruiti ad eseguire un compito e poi vengono sottoposti ad una verifica del materiale appreso. N.B. Paradossalmente, non sempre sapere di dover apprendere qualcosa garantisce un buon apprendimento. La distinzione tra memoria esplicita e implicita è riferita al tipo di compito e non si riferisce alla classificazione proposta da alcuni per distinguere diversi tipi di memoria a lungo termine.

PERCHÉ DIMENTICHIAMO? Bisogna distinguere: o Dimenticanza: qualcosa è stato appreso ma poi è stato dimenticato. o Mancato apprendimento: non si è mai appreso. Cause della perdita di informazione nella MLT: 1. Mancato utilizzo di certi contenuti della memoria: • teoria del disuso Prelevato da:

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• decadimento della traccia 2. Impiego di strategie di recupero non congruenti con quelle con le quali è stata effettuata la codifica: se l’informazione è stata codificata con una strategia di classificazione, e in fase di recupero si impiega una strategia diversa, è probabile che non si riesca a recuperarla. In questo caso non si pensa che l’informazione sia stata cancellata dalla memoria, ma che venga meno la capacità di recuperarla. 3. Teoria dell’interferenza: presenza di grandi quantità di informazioni in memoria. Il nostro vocabolario passivo (insieme dei termini che conosciamo) è molto esteso e solo una sua minima parte viene utilizzata con una certa frequenza (vocabolario attivo): l’eccesso di informazioni memorizzate può interferire con il recupero. 4. Condizioni emotive in cui è avvenuto l’apprendimento o in cui avviene il recupero.

DISTURBI DELLA MEMORIA AMNESIA: disturbo di memoria più noto. Può essere: o Amnesia retrograda: impossibilità temporanea o definitiva di recuperare ricordi del nostro passato. o Amnesia anterograda: difficoltà a ricordare gli avvenimenti recenti. Cause: o Trauma cranico o Trauma psicologico DEMENZA: I disturbi di memoria sono il primo sintomo della demenza, anche se da soli non possono dare una diagnosi di demenza. Diversi tipi di demenza: o Alzheimer: malattia degenerativa che colpisce le cellule cerebrali. È caratterizzata da un inizio insidioso e da una lenta evoluzione: disturbi della memoria, de linguaggio, difficoltà nel riconoscimento delle cose, perdita dell’orientamento. o Demenza vascolare (multinfartuale): il deterioramento non procede in maniera progressiva ma a gradini: il deterioramento cognitivo non è globale, ma a macchia di leopardo. o Demenza causata da forme infettive:  AIDS  Malattia di Creutzfeldt-Jacob: malattia del sistema nervoso umano che presenta sintomi simili a quelli della “mucca pazza”). MORBO DI PARKINSON: patologia neurologica associata a disturbi di memoria: tremori e rigidità, rallentamento dei processi cognitivi, abulia, incapacità di risolvere i problemi e elaborare concetti, diminuzione della fluidità verbale e presenza di disturbi della denominazione. PSEUDODEMNZA DEPRESSIVA: tipo di depressione accompagnata da problemi di memoria. MALATTIA DI HUNTINGTON: disturbi motori, rallentamento dei processi mentali, perdita della capacità di giudizio e di autocoscienza, deterioramento cognitivo con compromissione della memoria DISTURBI DI MEMORIA CAUSATI DA INTOSSICAMENTO: intossicamento da solventi, insetticidi, metalli pesanti (piombo, magnesio, mercurio), veleni (arsenico), alcool (disturbi legati soprattutto a memoria recente).

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PERIODO CRITICO = durante questo periodo il cervello in sviluppo del bambino è capace di impadronirsi, attraverso l’esperienza delle capacità di parlare. 1. Gli esseri umani sanno parlare. 2. Gli esseri umani sanno di saper parlare, Il fenomeno linguistico è così enigmatico a causa: o Ambivalenza: il parlare è una condotta che unifica (tutta e soltanto la specie Homo sapiens parla) e che separa (differenza tra aree geoculturali, ceti socio-professionali, generazioni). o Complessità: nel parlare si intrecciano processi di varia natura. Tre nodi principali: 1. Linguaggio e mente: le persone sono capaci di conoscere e comunicare in una maniera speciale. 2. Lingua e cultura: le persone si attengono a dei modelli sistematici di lingua nel quale prende corpo la cultura. 3. Discorso e società: le persone realizzano delle azioni discorsive con cui stabiliscono relazioni sociali. L’uso quotidiano del linguaggio è unito a: o Procedure della mente o Forme della cultura o Contesti dell’interazione sociale. Ernst Cassirer: l’uomo è un “animale simbolico” e grazie al linguaggio verbale l’uomo entra nella SEMIOSFERA: mondo di relazioni formate da vari sistemi di segni e da diverse procedure di costruzione di senso. Capire come funziona il linguaggio permette di capire l’organizzazione e la natura della mente. Charles Peirce: SEGNO = qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche rispetto o capacità. Si rivolge a qualcuno (crea nella mente della persona un segno equivalente). Il funzionamento del segno richiede un operatore mentale (o interpretante) che giustifichi perché qualcosa sta per qualcos’altro. Esempio: avere la felpa viola può essere inteso come “tifoso della Fiorentina” per chi interpreta il mondo sotto il “rispetto del calcio”. SEGNO: o Segnali: enfatizzano la capacità dei segni di attirare l’attenzione dei destinatari. o Sintomi: enfatizzano la capacità di segni di manifestare stati interni. o Simboli: enfatizzano la capacità dei segni di rappresentare la realtà simulandola e modellandola. PARLARE = le persone condensano il modello principale di ciò che sanno e di come interagiscono mediando i bisogni di cooperazione e di competizione. COMUNICARE = costruire insieme un “modello mentale” del mondo.

COMUNICAZIONE NON VERBALE . Semiotica = scienza che indaga sui modi in cui è possibile comunicare mediante segni. La semiotica ha diverse sub-discipline: o Prossemica: disposizione dei corpi nello spazio e tra di loro può avere funzione comunicativa (Hall). Il contatto oculare, l’orientamento, la postura. o Cinesica: indaga la minima gestualità:  Gesti: • Rituali: gesti connessi a specifichi riti religiosi o civili. Prelevato da:

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• •

Emblemi: gesti con significato convenzionale e traducibili in parole. Gesti illustratori: movimenti prodotti con consapevolezza che si fanno per chiarire ciò che si sta dicendo. • Gesti inintezionali: espressivi di stati emozionali o regolatori (piccoli movimenti della testa). • Gesti adattivi o manipolatori del sé: modi di fare che non hanno significato ma possono indicare un tratto di personalità. Paralinguistica = scienza che indaga il potenziale comunicativo della voce. • Sovrasegmentali: potenzialità del canale fonatorio che non fanno parte delle unità lessicali delle varie lingue ma sono condizioni di sfondo (intonazione, ritmi dell’eloquio, gradazioni intensità voce). MATRICE PSICOBIOLOGICA DEL LINGUAGGIO Meccanismi di articolazione dei suoni sono favoriti da: o Caratteristiche fisiche: lunghezza della laringe, robustezza muscolare della lingua, inarcamento del palato, collocazione verticale della barriera dentale. o Cervello: è il vero motore del linguaggio (Pinker): ampie zone di corteccia cerebrale servono per il controllo dell’attività cognitiva e la gestione di un repertorio variegato di relazioni socio-comunicative. Bioprogramma = programma biologico che attiva il linguaggio. Prove empiriche del bioprogramma: o Lateralizzazione della corteccia cerebrale: emisfero sinistro ha delle aree specializzate per il controllo della parola sia nei destrimani (97%) che nei mancini (81%). Il bioprogramma si chiude con la pubertà (finisce periodo critico). Prove empiriche: o Apprendimento lingue straniere: in età adulta si apprende lessico e grammatica ma molto difficilmente vi è un corretto controllo fonoarticolatorio. o Diverso esito microlesioni cerebrali: disfasie evolutive (lievi disturbi linguistici dovuti a danni neurologici primi della pubertà possono risolversi facilmente, dopo la pubertà diventa più difficile). o Bambini selvaggi:  Victor: medico Itard cercò di insegnare il francese a Victor, un giovane rimasto isolato.  Isabelle e Genie: Isabelle vive segregato in casa con genitori sordomuti fino a 6 anni e mezzo. Un anno dopo l’inserimento nella vita normale: normale padronanza linguistica. Genie fu tenuta occultata per oltre 13 anni in uno scantinato da genitori psicotici, affidata ad un’equipe di psicologi ha una competenza linguistica personale. Bickerton: sostenne “bioprogramma per il linguaggio”. PIDGIN: varietà linguistica caratterizzata da: o Lessico di una lingua straniera + schemi grammaticali della propria lingua. o Assenza di una comunità che lo parli come propria lingua madre. Quando non ci sono queste due caratteristiche: pidgin creolo. CREOLO: varietà linguistica ibrida riconosciuta da una comunità come ambiente primario della propria socializzazione con regolarità grammaticali). Nelle Hawai alla fine dell’800 arrivarono cinesi, coreani, giapponesi, filippini e si diffuse pidgin. Bastò una generazione di bambini per trasformare il pidgin in creolo hawaiano.

ORGANI DELLA FONAZIONE Situati nella cavità orale e nella trachea. Prelevato da:

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FONAZIONE  aria espulsa dai polmoni, attraverso la laringe e l’epiglottide determina la vibrazione delle corde vocali  suono continuo: l’altezza può essere variata modificando l’apertura della laringe. Consonanti si formano modulando con lingua, labbra, denti, l’emissione dell’aria della bocca.

Riproduzione voce (nella laringe): 1. durante la respirazione le corde vocali sono separate. 2. Contrazione muscolare: serve per riavvicinare le cartilagini della laringe, creando una fessura. La tensione delle corde vocali, modificata dall’inclinazione delle cartilagini, altera l’altezza del suono emesso: - Suoni alti: prodotti dalle vibrazioni di corde vocali ben tese - Suoni bassi: vibrazioni di corde vocali allentate.

Tratti distintivi del linguaggio. Gli animali ricorrono a qualche sistema di segnali (visivi, uditivi, olfattivi) sia per comunicare all’interno della propria specie, che per regolare i loro rapporti con le altre specie: sono un ristretto numero di interazioni geneticamente determinate, che riguardano specifici segmenti dell’esperienza (rituali di accoppiamento, marcatura del territorio, competizione per il cibo, segnalazione di allarme)  ISTINTO. Le specie più vicine alla complessità della socialità umana hanno margini più ampi di variazione semantica e pragmatica: c’è correlazione tra la complessità della vita sociale e la potenzialità del sistema di segni che le varie specie utilizzano per comunicare. Teoria della selezione naturale: il linguaggio è il semplice risultato dell’evoluzione dei sistemi di comunicazione animale, ma ciò non toglie che esso sia diventato qualcosa di unico! Confronto sistematico tra comunicazione umana e animale: ricavabile tramite l’analisi delle proprietà che caratterizzano la condotta linguistica degli uomini. Alcuni di questi tratti sono presenti anche nella comunicazione animale ma solo nel linguaggio umano c’è “onniformità” (tutto ciò che può essere significativo può trovare una qualche espressione nel linguaggio umano).

Caratteri distintivi del linguaggio umano relativi a: -

Sostanza sonora Leggi di organizzazione del sistema linguistico

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-

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Modi in cui viene attivato un sistema linguistico

Tratti distintivi

Sintesi esplicativa

Arbitrarietà Distanziamento Trasmissione culturale Dualità di strutturazione Prevaricazione Canale vocale-uditivo Trasmissione a distanza e ricezione direzionale Transitorietà Intercambiabilità Feedback totale Specializzazione Semanticità Carattere discreto Apertura Riflessività Apprendibilità

Rapporto significante-significato è convenzionale Nel parlare ci si può riferire a contesti non sperimentati. Le lingue vivono nelle forme della cultura, non nei geni Gli elementi minimi sono di due tipi: fonemi e morfemi Nel parlare si può mentire La sostanza primaria del linguaggio è la catena sonora I suoni prodotti sono percepibili entro un certo spazio e chi li riceve è in grado di localizzarne la provenienza Le onde sonore del segnale non lasciano tracce Gli individui sono sia emittenti che riceventi Chi parla può ascoltarsi, così da controllare il segnale Nel parlare non si espleta un’altra funzione fisiologica I segnali sonori sono strumenti per significare qualcosa La catena sonora si articola in unità distinte (foni) Il sistema della lingua è produttivo di novità (creatività) La lingua consente di parlare della lingua (livello “meta”) È possibile imparare più di una lingua

Potremo parlare con le scimmie? 1950 circa: numerose ricerche: in concreto la questione della possibilità di insegnare a parlare agli animali ha due problemi principali: - Limiti inerenti al canale fonatorio - Limiti che scaturiscono dalla natura del linguaggio, che non è soltanto un modo di comunicare, ma anche un sistema di modellizzazione primaria della realtà (una pratica di costruzione di senso). Coniugi Kellog: allevarono il loro figlio e un neonato di gorilla con la stessa dedizione. Dopo 4 anni: il bambino sapeva parlare, il gorilla era capace di emettere solo un suono gracchiante. Beatrice e Allen Gardner: addestrarono la scimpanzé Washoe alla padronanza di oltre 200 sengi dell’ASL. Terrace: fece lo stesso dei Gardner con il piccolo scimpanzé Chimpsky (evocando Chomsky). Le competenze comunicative di Chimpsky sono comunque molto diverse dall’uso che i bambini fanno del linguaggio: - Brevità delle frasi - Frasi prodotte sono relative a un ambito di esperienza molto ristretto (mentre i bambini rivelano una crescente complessità di riferimenti al mondo esterno e interno: creatività). Si può quindi pensare che gli apprendimenti delle scimmie parlanti non si discostino molto da ciò che è possibile ottenere da un cane “condizionato” dai comandi “siediti”, “da la zampa”. Penny Petterson: fece lo stesso col gorilla Koko. Sue Savage Rumbaugh: ha insegnato allo scimpanzé pigmeo Kanzi a interagire mediante una combinazione di gesti dell’ASL e la pressione di certi tasti su computer che sonorizzavano alcune parole. Il fatto straordinario fu che Kanzi imparò osservano la madre Matata, che inizialmente era l’obiettivo degli addestratori. Premack: utilizzò una lavagna magnetica e dei pezzi di plastica adesiva per verificare se lo scimpanzé Sarah era in grado di padroneggiare i rudimenti della sintassi. N.B. Tutte queste scimmie hanno imparato ad utilizzare spontaneamente i segni in modo appropriato alla situazione. Il dizionario padroneggiato (130-500 parole) comprende: nomi per oggetti concreti, verbi, aggettivi, pronomi, avverbi. L’ordine in cui sono disposti i segni sembra Prelevato da:

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accreditare un minimo di capacità sintattica negli animali. Una volta che il ricercatore attirò l’attenzione su una ferita riscontrata sul corpo di Kanzi, il piccolo produsse la frase: “Matata fare male”, evocando un morso pedagogico e rivelando di essere in grado di estendere al passato il riferimento dei segni linguistici gli animali sono capaci di seguire la regola “soggetto-verbooggetto” hanno interiorizzato la grammatica. A Kanzi viene addirittura attribuita la capacità di capire frasi viste per la prima volta. N.B. Le aspettative dei ricercatori probabilmente influenzano l’interpretazione delle produzioni segnico-linguistiche delle scimmie parlanti. Conclusione: le ricerche con le scimmie parlanti richiedono investimenti cospicui e prolungati nel tempo: di solito hanno coinvolto singoli soggetti, pertanto gli psicologi sono ben lontani da aver raggiunto un livello di concordanza sulla competenza linguistica degli animali. Ci sono però due risultati che sembrano sicuri: - Pappagalli, delfini, gorilla, scimpanzé hanno un linguaggio sicuramente primitivo rispetto a ciò che riesce a fare un bambino! - Le capacità comunicative degli animali appaiono slegate e arretrate rispetto alle loro capacità generali di intelligenza. La capacità di capire il mondo (fisico e sociale) attraverso il linguaggio, sembra destinata a rimanere una caratteristica specifica dell’uomo.

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO La complessità dei modelli di pensiero degli scimpanzé, anche in assenza di linguaggio, consente un’embrionale forma di autocoscienza e di senso morale. Affinità tra uomo e scimpanzé: caratteristiche morfologiche, alimentari, l’attività sessuale e molte capacità cognitive (che in alcuni aspetti sono superiori negli scimpanzé rispetto a quelle di un bambino di 4-5 anni); anche se i bambini a 4-5 anni hanno già sviluppato un forte legame affettivo con la madre, sono indipendenti da un punto di vista motorio e hanno iniziato al loro vita relazionale, ha un buon bagaglio culturale, linguistico, di conoscenza della sintassi. Fino alla fine del XIX secolo si sosteneva che tra linguaggio e pensiero ci fossero stati adattamenti ripetitivi ed interattivi, e che l’uno avesse influito sull’altro. Il linguaggio certamente favorì lo sviluppo del pensiero da cui, in parte, dipese, ma non nella sua interezza. Nell’uomo arcaico il pensiero si è potuto evolvere disgiuntamente dal linguaggio articolato. Classificazione sistematica delle scimmie Attualmente esistono poco più di 220 specie di scimmie: la classificazione e la sistematica delle scimmie ha creato sempre dei problemi. Lo scimpanzé è una scimmia antropomorfa per il suo aspetto fisico ed anche per il fatto che noi uomini condividiamo con lui, non solo caratteristiche genetiche e comportamentali, ma anche intellettive e cognitive. Hominidae: uomo, scimpanzé, gorilla, Australopithecus. N.B. Tutte le scimmie sono antropoidi ma non sono antropomorfe (hanno caratteristiche simili all’uomo, appartengono all’ordine dei Primati). E’ un dato di fatto che ci siano più differenze tra lo scimpanzé e il macaco, che tra lo scimpanzé e l’Homo sapiens. Queste differenze si riflettono non solo sulle caratteristiche morfologiche e funzionali, ma anche su quelle culturali delle specie.

Innovazione culturale. Nell’uomo il linguaggio articolato ha sicuramente influenzato lo sviluppo culturale. L’innovazione culturale è tipicamente umana, anche se in forme rudimentali è stata osservata in diverse specie animali, principalmente nelle scimmie antropomorfe (gorilla, scimpanzé, oranghi). Innovazione culturale nei primi Ominidi:  Homo erectus: sviluppo culturale ebbe un periodo di stasi.  200.000 anni fa: incremento molto rapido. Prelevato da:

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Linguaggio. Il linguaggio non è un fenomeno culturale, ma ha contribuito notevolmente alla definizione scientifica di “specie” e a determinare la posizione nella scala tassonomica. Culturalmente questo è avvenuto perché l’immagine che l’uomo ha avuto di se stesso e degli altri, ha assunto un peso rilevante nella natura e nella nostra vita  questa visione antropocentrica dell’uomo è stata la causa di tanti mali: colui che proietta sugli animali emozioni umane, spesso proietta su di loro anche vizi, vanità, presunzioni, ossessioni, ansie e frustrazioni umane.

Lo scimpanzé. Esistono due specie di scimpanzé: 1. Scimpanzé comune (Pan troglodytes): sono molto più irascibili dei bonobo e non amano la riconciliazione; hanno una grande memoria. Esistono tre sottospecie:  Pan troglodytes verus  Pan troglodytes troglodytes  Pan troglodytes schweinfurthii 2. Scimpanzé nano o bonobo (Pan paniscus): o monotipico: non ha sottospecie. o estremamente gregario, pacifico: ha spiccate capacità sociali: solidarietà, cooperazione, assistenza, altruismo genuino; o sessualmente molto solerte (anche al di fuori del periodo riproduttivo); il rapporto sessuale nel bonobo ha funzione: affettiva, di formazione, di consolidamento della coppia, funzione ludica (il gioco creativo nello scimpanzé è solitamente favorito dal corteggiamento). N.B. L’uomo più dello scimpanzé può associare il gioco estetico al linguaggio. o alta consapevolezza di sé: spiccata capacità di riconoscimento allo specchio. Caratteristiche comuni: - Formare gruppi: entrambi gli scimpanzé, quando sono in libertà nelle foreste equatoriali africane, costituiscono gruppi generalmente piccoli ed instabili che si fondono (fusione), si rompono (fissione) e poi si rifondano ancora, senza regole particolari. - In entrambe le specie esistono individui che sono più timidi di altri e che reprimono più facilmente i loro desideri. - Attività sessuale e la riproduzione sono molto più elastiche (nel bonobo in maniera assoluta). Teorie psicologiche - evoluzionistiche: il comportamento sessuale è legato più di quanto si possa immaginare, al linguaggio che noi uomini utilizziamo, come uno strumento, una strategia per avvicinare un partner, per corteggiarlo. Alle origini gli Ominidi fecero come fece il bonobo: si liberarono del vincolo ormonale e delle fasi estrali a fini riproduttivi, distribuendo l’attività sessuale in un arco di tempo più ampio (praticamente tutto l’anno) rispetto a quello ciclico delle scimmie non antropomorfe.

Linguaggio tra uomo e scimpanzé. Negli anni ’60-’80: alcuni scienziati americani cominciarono a parlare e a dimostrare la capacità degli scimpanzé di comunicare con l’uomo attraverso il linguaggio simbolico dei segni

(American Sign Language –ASL). Gli scienziati dimostrarono anche come questo tipo di comunicazione fosse divenuta fondamentale per passare e ricevere informazioni e per dimostrare affettività, variazione di sviluppo e di crisi relazionale. Le scimmie diventarono un modello fondamentale per la comprensione del comportamento umano, di molte delle sue patologie o dell’inabilità di una funzione neurologica. Prelevato da:

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Oggi si pensa ad un’origine comune tra le due forme di comunicazione: quella dello scimpanzé e quella dell’uomo.

La ricerca Wolfgang Kholer: esistenza di ampie capacità cognitive, imitative, emulative, di rappresentazione mentale e d’intelligenza creativa negli scimpanzé. Premack D., Premack A., Woodruff: dimostrarono i laboratorio che gli scimpanzé davano risposte esatte a problematiche complesse: gli scimpanzé seppero capire gli scopi dei ricercatori. Secondo i ricercatori gli scimpanzé riuscivano a far questo perché possedevano la “teoria della mente”: erano capaci di penetrare nella loro mente e capire le loro intenzioni.  avvio dell’indagine sul linguaggio articolato. Premack D e Premack A: distinsero il linguaggio dalla lingua: - Linguaggio= uso di una lingua, strumento della comunicazione. - Lingua= lingua italiana, cinese ecc. Altri ricercatori (circa anni ’90): gli scimpanzé sono capaci di rappresentazioni mentali molto più sofisticate: possiedono stati intenzionali e metarappresentazionali (come quelli che realizziamo noi uomini quando pianifichiamo un inganno o un contro-inganno). Merlin Donald (1991): uno scimpanzé non potrà mai sapere che in un romanzo di Dostoevskij si parla di un cane con un nome strano: allo scimpanzé non interessa farsi una rappresentazione mentale di un oggetto associabile ad un evento o a una circostanza; allo scimpanzé interessa qualcosa che abbia a che fare con la sua vita di tutti i giorni. Esempio. Ogni tanto lo scimpanzé prende in giro un compagno più mansueto: per quanto gli sia semplice architettarlo, deve prima rappresentarsi mentalmente uno scenario e poi elaborarlo (introdurre nel quadro complessivo un elemento non simbolico, una componente intenzionale che modifichi il quadro originale.) Risultati ricerche: alcuni scimpanzé erano in grado di usare e, addirittura, di comporre simboli o segni linguistici, di dargli un senso logico e di trasmetterne il significato ad altri scimpanzé: insomma che gli scimpanzé sapevano utilizzare a abbastanza bene gli strumenti necessari alla comunicazione simbolica, come l’uomo. L’unica differenza: gli scimpanzé non le pronunciano foneticamente ma possono comunque comunicare. Comunicazione = passaggio di informazioni indipendentemente dai mezzi utilizzati. Gli scimpanzé possono comunicare: cambiando l’intonazione dei suoni, anche se non sono verbali, e attraverso una gamma vasta di espressioni facciali. N.B. Gli scimpanzé riescono, anche se con qualche perplessità a farsi un’idea del luogo e del momento in cui si è compiuta un’azione, soprattutto se questa ha a che fare con la loro sfera relazionale. Kanzi: bonobo ben addestrato in laboratorio che dimostrò di avere capacità sintattiche molte elevate: apprese una grammatica semplice ma sufficiente a poter sviluppare regole proto grammaticali adeguate a situazioni abbastanza semplici. Kanzi entrò in possesso di 35 parole della lingua inglese, creò frasi ex novo e con una grammatica che si può paragonare a quella di un bambino che ha iniziato a parlare da diverso tempo. Altri scimpanzé: riuscirono a identificare circa 100 simboli geometrici, alcuni lessi grammi molto complicati e a distinguere alcune vocali emesse dall’uomo (es. il suono della i, da quello della u). Gli studi dimostrano, inoltre, che gli scimpanzé avevano una capacità addirittura superiore a quella umana nella percezione della variabilità sonora: erano più sensibili ai suoni che venivano emessi con una frequenza superiore a 8 kHz e meno sensibili a quelli con una frequenza inferiore a 0,25 kHz: probabilmente è per questo che molti scimpanzé avevano difficoltà nel distinguere “ba” da “ta” (evidentemente hanno una frequenza troppo bassa). Prelevato da:

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Le origini La cultura è più antica della parola. Parola: sulla Terra è sorta molto prima della nostra comparsa. Linguaggio: gli autori hanno pensieri diversi circa le origini del linguaggio: - 100.000 anni fa - 200.000 anni fa - Homo habilis (1, 5-2 milioni di anni fa). Si pensa, però, che abbia avuto origine circa 35.000 anni fa, con l’uomo di Cro-Magnon. L’uso delle parole fornì al cervello la possibilità di rappresentarsi il Mondo: negli scimpanzé si è evoluta lo stesso la capacità di rappresentarsi il Mondo, ma la loro rappresentazione è diversa dalla nostra. Ciò che bisogna studiare, non è, quindi, quando sia esattamente nato il linguaggio, ma da quale forma ancestrale abbia avuto origine. Vocalizzazione: NON è la forma più ancestrale del linguaggio: la vocalizzazione, infatti ha poco contorno, è sfumata e non è creativa (gli animali vocalizzano in modo molto simile alle vocalizzazioni appena sentiteimitano). La comunicazione linguistica e la vocalizzazione sono su due piani strutturali, funzionali, corticali, mentali molto diversi tra loro. Molto probabilmente i due fenomeni si sono separati molto tempo fa, poi ognuno è andato evolutivamente per la sua strada, prima della comparsa dell’uomo sulla Terra. Se questo è vero origine del linguaggio nell’uomo è recente e risale al periodo in cui l’uomo aveva già perfezionato la stazione eretta, aveva liberato le mani dall’usarle a terra come quadrupede (mani che servirono poi per arricchire il significato dei gesti combinati con suoni molto rudimentali). Australophitecus afarensis: austrolopitecina Lucy: risale a 3-3,7 milioni di anni fa ed aveva in comune con lo scimpanzé, molte caratteristiche che ora riteniamo umane; queste caratteristiche consentirono la manifestazione di alcuni comportamenti umani che ora ci distinguono da tutti gli altri Ominidi e che poi permisero il passaggio all’uso dei fonemi e poi a quello delle prime parole. Questo è avvenuto grazie: - Evoluzione morfologica della bocca - Evoluzione di alcune ossa: osso ioide: su quest’osso si articolano molti muscoli importanti del palato e della mandibola, della lingua, laringe, faringe ed epiglottide. - Evoluzione delle aree corticali e allargamento del cervello in generale: non sono rilevanti per lo sviluppo del linguaggio articolato. - Evoluzione della cavità orale: sempre più corta e larga - Evoluzione mandibola: sempre più leggera - Laringe: collocata sempre più in basso nel collo e con una cavità faringea sempre più ampia e posta ad angolo retto (rispetto a quella dello scimpanzé). - Modificazione nell’uomo della linea di base del cranio e dell’apparato respiratorio dell’uomo.

Linguaggio e un po’ di storia della psicologia. Due diverse posizioni rispetto al linguaggio: Linguaggio acquisito: dipenda dall’ambiente: - Jean Piaget: epistemologia genetica - Skinner: behaviorismo

Linguaggio innato: - Chomsky: il linguaggio è un organo della mente e delle sue capacità geneticamente innate. - Pinker: si chiese, parlando della grammatica generativo - trasformazionale (universale), quanto e come il bambino possa essere predisposto ad apprendere una lingua. Egli sostiene che nell’uomo esiste un istinto ereditario (comportamento innato) per apprendere una lingua e che questo istinto sia passato attraverso la selezione naturale.

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N.B. Sia l’una, sia l’altra posizione, non accettarono mai l’idea che il linguaggio si sia potuto sviluppare e andare verso la direzione che conosciamo, rispettando tutte le regole dell’evoluzionismo e del neodarwinismo. Stephen Jay Gould e Daniel Dennett = neodarwinismo = evoluzione è proceduta a salti, non gradualmente, e questo ha causato differenze notevoli nella nascita e nell’evoluzione delle specie. Successivamente si pensò che l’evoluzione fosse proceduta a salti, ma attraverso una lenta e progressiva accumulazione di piccole trasformazioni organismiche. Certamente l’evoluzione del linguaggio articolato non è proceduta né con l’evoluzione a salti, né con l’evoluzione progressiva.

Origine linguaggio: o Anatomia del linguaggio = alcuni pensano che l’origine del linguaggio vada letta nella sua anatomia: ma allora sarebbe straordinario il fatto che le asimmetrie corticali, esattamente quelle temporopariateali (planum) siano state riscontrate anche negli scimpanzé, nei gorilla e negli orango. Ovviamente le asimmetrie furono coinvolte nella comunicazione, sebbene essa, poi., nell’uomo fosse andata in una determinata direzione (per l’uso e il controllo del linguaggio articolato) e nello scimpanzé in un’altra direzione (controllo gestuale della comunicazione intraspecifica). o Lateralizzazione del cervello: la lateralizzazione è iniziata però milioni e milioni di anni fa. o Evoluzione di alcune parti molli del nostro organismo: non di parti dure come le ossa (eccetto l’osso ioide). Per il linguaggio le domande da porsi dovrebbero essere altre: - Semantica (scienza del linguaggio: è il significato attraverso cui si esprime un linguaggio) è diversa da semanticità (può dare un significato anche ad un segnale sonoro, oppure ad un segno). Gli scimpanzé possono non sapere dare un significato alle parole, ma sicuramente lo sanno dare ai simboli. - Quando sia apparso il linguaggio:  Tempo: gli scimpanzé e gli esseri umani, come tutte le creature viventi sulla Terra, dall’origine dei primi microrganismi, non sono che il prodotto di circa 4 miliardi e mezzo di anni di evoluzione.  Condivisione patrimonio genetico: tra tutte le specie animali che si sono evolute c’è un continuum. N.B. Se abbiamo tutte queste cose in comune, è bene andare indietro nel tempo per capire fino a quando possiamo far risalire un progenitore comune: più di 5-6 milioni di anni fa: non è una scimmia ma un essere molto simili all’Homo sapiens e allo scimpanzé attuale. È proprio in questo periodo che possiamo far risalire il distacco dei nostri antenati umani (Australophitecus, Homo habilis, Homo erectus e Homo sapiens) dal ramo degli Ominidi  ecco perché noi abbiamo in comune il 98% del patrimonio genetico con lo scimpanzé. Se l’uomo e lo scimpanzé avessero avuto un progenitore ancora più antico maggiori differenze genetiche. 2% patrimonio genetico = ha determinato la nascita e lo sviluppo del linguaggio articolato nell’uomo. Si suppone, quindi, l’origine del linguaggio fosse appartenuta proprio a quel progenitore che l’uomo ha in comune con lo scimpanzé: il linguaggio per questo essere era poco articolato e si basava fondamentalmente sulla segnalazione simbolica di gesti e di articolazioni molto rudimentali di vocali e consonanti, le parole e la gestualità facevano ancora parte della stessa struttura psicologica e cognitiva, come se rispondessero alle stesse esigenze e avessero lo stesso scopo. Non è quindi casuale Prelevato da:

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che tuttora la gestualità occorra solo e durante l’uso delle parole e che entrambi siano il prodotto parallelo di un’unica forza: la gestualità e il linguaggio diventano lentamente strumenti della comunicazione, sebbene soggetti ad espressioni culturali diverse è per questo che i segnali possono essere diversi a seconda della cultura. Nella comunicazione intraspecifica, il bambino tra il primo e il secondo anno di vita sviluppa una gestualità molto espressiva 8scimpanzè ad un’età leggermente più avanzata durante la comunicazione sociale). Faccia di gioco: tipica di questa fase. Lotta giocosa (rough and tumble): nei bambini di 2-3-4 anni in situazioni di gioco libero: comportamento composto da diverse condotte motorio-espressive comprendenti modelli morfologici analoghi che si esibiscono in sequenze agonistiche, ma che non producono gli stessi effetti. I bambini, dopo una certa età, sviluppano la comunicazione verbale ed abbandonano sempre di più quella gestuale  gli scimpanzé, invece, on passano mai alla comunicazione verbale: la gestualità e la vocalizzazione non sono fenomeni separati e distinti. Bambini sordomuti: sviluppano più dei loro coetanei normali, un sistema gestuale sostitutivo del suono emesso con la parola, molto espressivo e senza essere influenzati dagli adulti. Pepperberg: È poco sostenibili che le imitazioni sonore degli uccelli possono servire per una ricostruzione evolutiva del linguaggio umano, anche se p stato dimostrato che il pappagallo grigio è capaci di capire il nesso tra alcune parole pronunciate dall’uomo e determinazioni, anche se è capace di identificare piccole quantità numeriche, la forma e i colori di alcuni oggetti. Questo pappagallo può produrre e comprendere piccoli frammenti della lingua inglese (così come il delfino può comprendere i gesti e alcuni suoni umani). Anche lo scimpanzé riesce a sviluppare interessanti combinazioni lessico-grammaticali e a comprendere il significato di diverse parole e frasi scritte in inglese e, a volte, anche in giapponese. Edward Kako: le spiegazioni non verrebbero suffragate dalla continuità morfologica e di complessità dei cervelli: le capacità intellettive del pappagallo, del delfino e dello scimpanzé potrebbero dipendere più dalle loro capacità cognitive, piuttosto che da quelle specifiche del linguaggio: è come se il peso di una convergenza evolutiva cognitiva abbia avuto, per lo sviluppo della comunicazione sonora nel pappagallo e nel delfino un peso superiore rispetto a quello avuto in molti altri animali. La comunicazione intraspecifica in diverse specie animali (per esempio tra l’uomo e lo scimpanzé) è quindi possibile: molto probabilmente nell’evoluzione del linguaggio, la gestualità ha avuto un peso più rilevante del canto. I meccanismi con cui si apprendono e memorizzano i materiali melodici sono diversi dai meccanismi che memorizzano ed elaborano altri suoni. N.B. La vocalizzazione nelle scimmie non è stata il preambolo del linguaggio articolato umano: la vocalizzazione nelle scimmie ha subito un processo adattativo molto più lungo e mirato tant’è vero che alcuni vocalizzi sembrano dei codici perfetti. Thomas Nagel: per quanto ci possiamo sforzare, noi uomini non riusciamo mai ad entrare completamente nella mente di un pipistrello: la mente non è un puro e semplice stato della materia. Il problema è che i concetti mentali sono la manifestazione, in prima e in terza persona, della soggettività animale ed umana e non dell’oggettività empirica e scientificamente dimostrabile.

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Wittgenstein: per quanto noi uomini potessimo ascoltare un leone parlare il nostro linguaggio del suo mondo leonino, non capiremmo nulla lo stesso: i suoi contenuti, i suoi significati, i concetti sono completamente diversi. - Come si sia evoluto cognitivamente nella specie umana:  Attraverso la lotta per la sopravvivenza, in funzione della selezione sessuale.  Come strumento prettamente linguistico (Miller). N.B. Ambiente e geni., quando si combinano, producono effetti molto ampi e generali sul comportamento, rispetto ai casi in cui uno solo agisce. In sostanza, non si è mai sicuri dell’azione di un singolo gene sul comportamento!

Sistemi di conto, affinità morali ed evoluzionismo darwinista. Mente = alla base del nostro campo percettivo, del modo in cui vediamo e ci raffiguriamo il mondo, delle nostre azioni e di tutti gli stati mentali di cui possiamo essere coscienti. Funzioni: - Memoria emotiva: il fatto di credere o non credere in qualcosa, la volontà di intraprendere e portare a termina un’azione, la passione, molte emozioni, sentimenti e valori morali. Gli scimpanzé hanno una cognizione del campo visivo molto ampia, hanno una buona sensibilità discriminatoria nella operazione degli elementi costituenti le figure stesse, sanno districarsi molto bene e con successo in alcune prove di labirinto, sanno distinguere immagini rovesciate da quelle naturali, sanno organizzare set di oggetti in base alla forma, comprendono i concetti di equivalenza, ordine e reversibilità degli oggetti stessi, riconoscono forme e clori, facce umane e dei loro simili, hanno imparato ad acquisire simboli ideogrammatici abbinati a lessi grammi. Lessigrammi = simboli arbitrari cui si danno dei significati. Possono essere costituiti da figure geometriche molto semplici. Ideogrammi = segno grafico che è costituito da una base, da una radice e da un certo numero di linee (stroke). Abbinando lessi grammi a ideogrammi che avevano un significato equivalente, degli scimpanzé riuscirono a discriminare più di 80 simboli e ben 11 colori diversi: uno scimpanzé particolarmente dotato riuscì a contare da 1 a 5 questi scimpanzé capirono il concetto di ordinalità e cardinalità dei numeri arabi e anche il significato dello zero. Kanzi: con dei lessigrammi è riuscito a risolvere un problema di collocazione e a trovare del cibo nascosto a più di 600 m di distanza.

Consapevolezza. Gli scimpanzé possiedono il libero arbitrio: abbiano consapevolezza di sé e degli altri e che siano in possesso di una teoria della mente, che rispettino le regole sociali, che conosco nano l’ipocrisia, sentano il desiderio di comportarsi secondo il loro pensiero? Lo scimpanzé ha una consapevolezza di sé che è legata, non solo alla sua specie di appartenenza, ma alla sua personalità, alla sua esperienza e individualità.

Comunicazione simbolica è legata alla moralità. Filosofia della mente: si pone il problema delle affinità tra l’uomo e il mondo animale. Ha sempre ricercato un modello alternativo per l’integrazione di discipline diverse tra loro (per esempio tra scienza cognitiva e neuroscienza, tra i principi adattativi del comportamento e l’evoluzione dei processi cognitivi, tra psicologia evoluzionistica, robotica e cibernetica). Mind-body problem (problema mente-cervello): la teoria biologica della coscienza. La filosofia della mente ha preso a cuore la questione di coloro che ritenevano che i processi linguistici corrispondessero a dei fenomeni fisici interni al nostro organismo (soprattutto al cervello) e ha preso a cuore lo studio della questione sulla continuità tra Homo sapiens e scimpanzé. Prelevato da:

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John Searle: la coscienza è una proprietà, ad alto livello, della nostra mente. Tutti i fenomeni mentali sono causati dai processi neurocorticali. Primatologi si dividono in due schiere: - Coloro che non accettano nemmeno l’idea che gli animali, in generale e gli scimpanzé abbiano le capacità mentali di attribuire stati mentali agli altri. - Coloro che denigrano coloro che insegnano il linguaggio simbolico (ASL) agli scimpanzé, perché ritengono che questi animali siano mentalmente incapaci di capire la continuità tra il significato del gesto acquisito e il gesto umano. Noi invece siamo convinti che non solo siano consapevoli degli altri, ma che abbiano anche una marcata consapevolezza di sé. Dimostrazione: alcuni scimpanzé riescono ad acquisire alcuni pronomi personali (io, tu, lei), capendo la funzione discriminatoria del loro significato. Possono facilmente, dopo un breve training, riconoscere la propria ciotola anche se diversa nel colore: sanno farsi una rappresentazione simbolica molto chiara delle cose di loro appartenenza. Le associazioni simboliche le fecero utilizzando alcuni lessigrammi delle lettere dell’alfabeto latino! La consapevolezza di sé e degli altri non sono separate nella stessa mente: la mente non può una volta essere consapevole di se stessa e un’altra volta essere consapevole degli altri. Darwin (1871): “The descent on Man, and Selection in Relation to Sex”: le facoltà mentali dell’uomo e quelle degli animali, non differiscono per tipo, ma solo per grado (qualità/quantità) e la mente è soggetta alla variabilità e all’ereditarietà. Darwin ha frantumato l’ordine primordiale con cui era stata concepita la Terra, con al vertice l’uomo. Psicologia evoluzionistica: si sviluppò partendo dalle idee di Darwin, ma i suoi contenuti furono subito distorti da Spencer. Solo più tardi fu ripresa dal verso giusto da alcuni studiosi britannici i quali si rifecero a Darwin: - Intelligenza animale (Lloyd Morgan). Nella Psicologia evoluzionistica si ritrovano alcuni contenuti della Gestalt: percezione, principio adattativo del comportamento. Behavioristi: ripresero idee dalle teorie animaliste di Morgan, ma fecero l’errore di sottovalutare le differenze tra le specie (interspecificità) e di non parlare mai di coscienza e di intelligenza. Per il behaviorismo le leggi che regolano l’apprendimento sono simili in tutte le specie viventi: in questo avevano pienamente ragione: tutti gli esseri viventi apprendono attraverso lo stesso meccanismo, ma dimenticarono di valutare il fatto che i substrati nervosi su cui operano gli apprendimenti sono molto diversi tra loro. Gestalt: prese a cuore due processi fondamentali della percezione: - Processo relativo alle informazioni che il soggetto, animale o uomo, riceve dal Mondo esterno. - Processo che dipende dall’organismo percettivo e seconda la sua organizzazione interna. Kholer: serie di esperimenti condotti con gli scimpanzé approfondendo il concetto di apprendimento in questi animali. Ladygina-Kots: in Russia, contemporaneamente agli studi di Kholer, furono avvieni studi sullo sviluppo intellettivo e le capacità cognitive dello scimpanzé furono messe a confronto direttamente con quelle umane, esattamente con un bambino, figlio della sperimentatrice. I suoi studi anticiparono i contenuti teorici della psicologia dello sviluppo animale, umano e comparato. Tetsuro Matsuzawa: vide negli scimpanzé delle foreste della Guinea, la manifestazione di una spiccata intelligenza e la capacità di trasferire da un individuo all’altro informazioni, fino a farle diventare patrimonio culturale di tutta la comunità. Alcuni bonobo iniziarono spontaneamente a manipolare delle pietre, non per spaccare le noci, ma per un uso più consono ad alcune esigenze specifiche ed immediate: con una pietra in una mano ed una nell’altra scheggiarono a percussioni. Nell’Homo erectus gli utensili ricavati dalla scheggiatura furono utilizzati per fare a pezzi grossi animali o per costruire delle armi molto rudimentali. Prelevato da:

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Problemi per la conoscenza scientifica: -

È un problema mettere sullo stesso piano, indistintamente uomo e animali. Problemi nell’attribuire parole tipicamente umane (morale, aspettative, coscienza) al mondo animale. Si doveva vedere meglio come gli animali vedessero il mondo, non come noi pensassimo che essi lo vedessero!

Coscienza di sé Gallup e Parker: gli scimpanzé hanno maturato un concetto di sé sufficientemente sofisticato; tutte le altre specie animali (escluso l’uomo e le altre scimmie antropomorfe) reagiscono alla propria immagine riflessa con una certa indifferenza, al massimo come se si trattasse dell’immagine riflessa di un altro soggetto. Gli scimpanzé, invece, cominciano subito a dirigere verso le immagini riflesse, delle espressioni facciali inusuali, bizzarre, iniziano a fare delle smorfie o movimenti inconsueti e a volte cominciano a toccarsi delle parti del corpo (nuca, deretano, l’interno di un orecchio). Gardner e Beatrix: utilizzarono ASL per comparare bambino /scimpanzé. Povinelli e Cant: autoidentificazione dello scimpanzé si basa principalmente sul riconoscimento del proprio comportamento messo in atto in quel momento (né prima né dopo) e non da uno stato di profonda coscienza dell’animale. Gli scimpanzé sembrano quindi consapevoli del fatto che l’immagine riflessa è quella del loro corpo e non di un’altra cosa o di un altro individuo: che ne siano coscienti immediatamente o non immediatamente conta poco: d’altra parte in natura gli scimpanzé non sono mai stati abituati a vedersi allo specchio.

Libero arbitrio e vari altri sentimenti. Libero arbitrio = facoltà di scelta di manifestare un comportamento piuttosto che un altro, possibilità di scegliere, in funzione della convinzione di fare qualcosa senza essere condizionati da una persona. Le scimmie, soprattutto le antropomorfe godono del libero arbitrio (che comunque deve essere considerato in funzione del contesto sociale ed ambientale). Uno scimpanzé non potrà eleggere, attraverso una scheda elettorale un candidato ma potrà decidere di appoggiare un aspirante leader del suo gruppo, scegliere in base al suo intuito o al suo istinto sulla base di esperienze o di parentele con il candidato o semplicemente per ottenere un vantaggio personale. Nella società degli scimpanzé esistono delle regole, soprattutto deterrenti, che impediscono la sopraffazione reciproca. Intenzione = non è solamente uno stato mentale, una credenza o un atto linguistico, ma è anche la capacità di comprendere empiricamente un fenomeno, non solo il fine ultimo. Negli scimpanzé si possono quindi creare degli stati, dei sentimenti, in una sorta di tolleranza e di “rispetto” per il pensiero e le idee degli altri. Cultura: patrimonio materiale, anche ideale, delle conoscenze tecnologiche che caratterizzano molte specie animali. Comportamenti pre-culturali: comportamenti riguardanti l’acquisizione di nuove abitudini alimentari e su alcuni comportamenti che miglioravano le condizioni di vita degli individui e il modo di relazionarsi con gli altri (comportamenti pre-culturali dei macachi del Giappone: la decantazione del grano, la caccia ai molluschi, la pesca con le mani il lavaggio delle patate; comportamenti degli scimpanzé: uso dei bastoncelli per snidare termiti, uso delle foglie durante il corteggiamento. Influenza della cultura sullo sviluppo del linguaggio articolato nell’uomo: sicuramente lo ha influenzato, anche se non completamente (altrimenti si sosterrebbe che il linguaggio sia completamente ereditario). Dal proto linguaggio (il linguaggio più rudimentale), tutti gli individui che si sono succeduti hanno progressivamente sviluppato cognitivamente le capacità atte alla sua acquisizione nel proprio contesto culturale. L’ambiente ha avuto poi un peso rilevante. Prelevato da:

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N.B. Il linguaggio, quindi, non è solo una manifestazione universale della nostra predisposizione ad acquisirne uno, è anche un processo adattativo, sottoposto alle leggi della selezione naturale! Questo è valso anche per la consapevolezza e inconsapevolezza: l’azione inconsapevole è adattativamente più equilibrata e meno nociva di quella consapevole. Miller: compiere un’azione consapevolmente può recare più danno di un’azione condotta inconsapevolmente. Senso di colpa: sentimento universale, palpabile, fisicamente visibile, facilmente individuabile (sia nell’uomo che negli scimpanzé). È un misto tra gioia e paura. Negli scimpanzé, come nell’uomo, il senso di colpa assale quando fanno cose che non dovrebbero fare, cui non sono stati abituati e che non gli sono state mai insegnate dai loro custodi. Gli scimpanzé valutano bene le loro azioni e le conseguenze che esse potrebbero avere e, in alcuni casi, se lo ritengono utile e vantaggioso, mettono in atto una strategia riconciliatoria con il soggetto con cui hanno appena litigato. Emozioni = risposte biochimiche e neurali che costrituiscono una caratteristica, una configurazione legata al funzionamento di alcuni dispositivi cerebrali subcorticali, che si trovano principalmente nel tronco encefalico, nell’ipotalamo e nel prosencefalo. Le emozioni hanno subito un procedimento evolutivo molto lento e lo scimpanzé è troppo vicino all’uomo per essere considerato all’interno di un processo d’integrazione tra organismo e ambiente, per essere considerato come termine di confronto con l’uomo, è per questo che gli esperimenti vengono condotti tra bambini e Macachi (genere molto più lontano rispetto agli scimpanzé). Scimpanzé: come molte altre specie di scimmie, sanno riconoscere molto bene le loro emozioni ed anche quelle degli altri. Le scimmie rhesus sono capaci di distinguere e quindi di associare circa 15 espressioni facciali tipicamente umane a chi con quelle espressioni emette contemporaneamente dei suoni articolati. Uomini: ad alcuni stimoli, corrispondono dei segnali direttamente collegati a muscoli del viso e degli arti: le emozioni hanno un forte connotato innato ed ereditario. Bambini di 3-4 anni riescono a categorizzare ed associare delle vocalizzazioni emesse addirittura da delle scimmie orsine. Moralità: gli scimpanzé sembrerebbero essere certamente agenti morali: provano rabbia,m si sento impotenti, hanno paura, si sorprendono, sono curiosi, non hanno problemi né tran specifici, né transculturali.

Ambiente e cultura. Gli scimpanzé di oggi si trovano nelle condizioni di acquisire rudimenti culturali che possono essere modificati nel tempo affinchè si adattino alle variazioni ambientali. Le tradizioni si tramandano e quando si radicano nella società diventano CULTURA. Comportamento culturale (es. costruzione e uso di strumenti di legno o di pietra tra gli scimpanzé): deve avere alla base: imitazione, osservazione, pratica e apprendimento (sia individuale che di gruppo). Affinchè si possa ottenere il successo massimo, con il tempo le tecniche devono essere perfezionate. Tecnica selettiva= ad esempio gli scimpanzé per schiacciare una noce non raccolgono mai una pietra o un bastone a caso ma scelgono una pietra leggera che funga da martello. La tecnica dello schiacciamento, in alcuni gruppi di scimpanzé, è divenuta talmente sofisticata che in diverse circostanze è stato osservato che sotto le incudini traballanti, gli scimpanzé ponevano delle pietre più piccole come cunei stabilizzanti, cosa che nemmeno un bambino di 3-4 anni riuscirebbe a fare e a pensare. È singolare pensare che gli scimpanzé cominciano a fare uso di strumenti per il raggiungimento di uno scopo, dopo i tre anni di vita (come i bambini); fino a 5 anni sviluppano queste tecniche attraverso l’imitazione, l’emulazione e l’adeguamento. Damasio: per capire l’uomo e la sua mente bisogna andare oltre ed avere una prospettiva scientifica di integrazione tra la mente e il corpo, non di separazione: il cogito va collegato ad un organismo in tutta la sua interezza.

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American Sign Language ASL= il più importante tra i vari linguaggi artificiali dei segni. È uno strumento della comunicazione non verbale; è composto da simboli visivi o segni prodotti dall’uomo e che sono analoghi alle parole. È nato grazie alle esigenze di alcune comunità di non udenti di comunicare tra loro e con gli udenti; si diffuse soprattutto negli USA più di 150 anni fa. Altri linguaggi dei segni sono nati, si sono sviluppati e poi si sono estinti. NSL = Nicaraguan Sign Language: è stato scoperto di recente in una comunità di bambini sordomuti del Nicaragua poco esposti al linguaggio articolato degli altri individui senza questo “deficit”. Questi bambini, sebbene seguiti e istruiti al linguaggio dei segni da maestri non sordomuti, cominciarono a costruire un nuovo linguaggio dei segni, ricombinarono i segni acquisiti e li ristrutturarono.

Lingue I linguisti dicono che tutte le lingue del Mondo si basano sulla combinazione di un numero di fonemi che può variare da un massimo di 40 a un minimo di 14: tutti gli uomini possono emettere lo stesso numero di fonemi e contemporaneamente apprendere dei cheremi (unità incrociate dei segni della comunicazione non verbale). Nel bambino parole ed azioni si integrano per il successo della comunicazione, come nei sordomuti e negli scimpanzé si integrano i segni e le azioni. La socialità è indispensabile per il passaggio delle informazioni: chi comincia ad apprendere deve avere la possibilità dello scambio coi parenti, e con il resto del gruppo e con la società. L’integrazione è fondamentale affinchè il gruppo riconosca il soggetto facente parte della comunità: l’identificazione e il desiderio di emulare, infatti, rende possibile l’imitazione (che è una forma di apprendimento). Aree corticali e geni coinvolti nel linguaggio articolato. Grazie ad alcuni studi, oggi possiamo affermare che l’encefalizzazione ha certamente favorito la nascita e lo sviluppo del linguaggio articolato nell’uomo: non è stato il solo contributo, ma certamente il più importante. Accrescimento relativo dell’encefalo (corteccia cerebrale) aumento delle capacità cognitive dell’uomo (incluse capacità per sviluppare linguaggio articolato). L’integrazione degli sviluppi, nel contesto dell’adattamento biologico all’ambiente della nostra specie, ha reso possibile la nascita del “pensiero verbale” nell’uomo. Ipotesi: encefalizzazione non come causa ma come effetto: per gestire una società come la nostra occorre un cervello più grande. Controllo corticale del linguaggio: la struttura nervosa di base che sottende l’uso delle pietre a mò di martelli per spaccare i gusci delle noci e l’uso del linguaggio sono sotto lo stesso controllo corticale. Rizzolati e Luppino: stimolando elettricamente la corteccia frontale di un macaco dalla coda di porco, si evocano movimenti della mano dalle aree F1, F2, F3, F5 e quelli della bocca dalla aree F1, F3, F4, F5. Queste aree sono collocate nel lobo frontale dell’emisfero sinistro. - F1: area motoria primaria (area 4) - F2 e F7: aree premotorie dell’area 6 di Brodmann. - F5: area motoria: nell’uomo corrisponde all’area 44, area di Broca: quell’area scoperta nel 1861 dal neurofisiologo francese Paul Broca, localizzata nella III circonvoluzione frontale inferiore dell’emisero sinistro, anteriormente alla corteccia motoria (centro del linguaggio). La registrazione elettrofisiologica di quest’area dimostrò che in essa dovessero esserci i neuroni per il controllo: o motorio (i neuroni motori si attivano quando la scimmia esegue delle azioni finalizzate: afferrare, manipolare, spezzare un oggetto con la mano o con la bocca) o visuomotorio (tra i neuroni visuomotori ci sono i neuroni mirror/ neuroni monkeysee monkey do: si attivano quando la scimmia esegue un’azione con la mano o con la bocca o quando osserva direttamente un altro individuo, un uomo o una scimmia, Prelevato da:

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che eseguono la stessa operazione) della scimmia in azione. Il comportamento imitativo (tramite i neuroni specchio) è stato molto importante ai fini del salto che ha contraddistinto l’uomo dagli animali: la nostra capacità di trasmettere cultura è infatti molto legata alla funzione dei neuroni specchio, più che all’evoluzione del lobo parietale. L’area F5 è correlata anche alla programmazione e al controllo della bocca e di tutta la sua muscolatura durante la masticazione e alla comunicazione interindividuale. Controlla: i muscoli della vocalizzazione, dei movimenti delle labbra, della mandibola, della lingua, del palato molle, delle corde vocali. Alcuni sostengono una possibile derivazione evolutiva, una co-evoluzione del gesto orale-facciale comunicativo: quest’area preside alla rappresentazione di molti movimenti di diverse parti del nostro corpo  quando si lesiona: afasia motoria ed espressiva del linguaggio (difficoltà a parlare e ad articolare suoni). Area di Wernicke: collocata nella parte postero - superiore del lobo temporale sinistro: provoca afasia di conduzione (difficoltà a ripetere le parole per mancanza di connessione tra i modelli fonemici e l’area di Broca -che serve a produrli e controllarli). Fascicolo arcuato (insieme di fibre): collega l’area di Wernicke con l’area di Broca: consente di trasportare le informazioni fondamentali: le frasi che si formano nell’area di Wernicke vengono trasmesse all’area di Broca dove viene elaborata la sequenza delle parole che vengono poi inviate alla corteccia motoria per la pronuncia e il controllo. Ipotesi del territorio di Geschwind: il linguaggio viene prodotto, compreso, controllato attraverso un circuito nel lobo parietale, parallelo al fascicolo arcuato. Questo circuito si trova nel territorio di Geschwind e si compone di due parti: - segmento anteriore: collega l’area di Broca con il lobo parietale inferiore. - segmento posteriore: collega il lobo parietale inferiore con l’area di Wernicke. Territorio di Geschwind: Geschwind sosteneva l’esistenza di regioni deputate al controllo del linguaggio che permettono confronti percettivi (cross modali) capaci di etichettare gli input linguistici e la formulazione del pensiero, permettendo lo sviluppo del linguaggio articolato nell’uomo. Teoria dell’innesco sinestetico del linguaggio: Ramachandran. Sinestesia: uno stimolo sensoriale non sempre e obbligatoriamente è legato ad un’area sensoriale specifica, ma anche ad un’altra modalità sensoriale. Sono attivazioni incrociate tra aree di controllo diverse (es. quelle motorie con quelle visive; quelle uditive con quelle olfattive). Queste attivazioni incrociate (es. manibocca), durante l’evoluzione della nostra specie sono diventate una sorta di innesco a catena che, molto probabilmente ad un certo punto, hanno dato origine al proto linguaggio. Probabilmente il lessico è nato in questo modo. Sincinesia: relazione tra i gesti della mano e le attivazioni motorie e i movimenti della bocca (sono i suoni ad accompagnare i gesti, e non viceversa). In un certo senso sono le nostre labbra che imitano l’aspetto visivo del gesto: quando diciamo “molto largo” le labbra si restringono (al contrario di quello che diciamo) e facciamo accompagnare queste parole dal gesto delle braccia che si allargano. Nella corteccia cerebrale di una scimmia che osserva le azioni di un’altra scimmia, si trova un circuito nervoso che attua una comparazione delle azioni osservato con il repertorio motorio interno all’osservatrice questo meccanismo potrebbe aver costituito la base evolutiva per l’origine del sistema comunicativo nell’uomo, in cui la comprensione delle conseguenze acustiche e visive del gesto verbale era un requisito fondamentale.

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La gestualità specie-specifica dello scimpanzé viene principalmente articolata con l’uso della mano destra: è l’emisfero sinistro ad essere coinvolto di più. Destrimani: lateralizzazione a sinistra 95% dei casi. Mancini: lateralizzazione a sinistra 61%, destra 19%, bilaterale 20%. Molte altre scimmie (incluse le antropomorfe) sono raramente mancine: altre scimmie utilizzano principalmente la mano sinistra per trasportare oggetti ma con la destra li manipolano. N.B. L’uso della mano, l’uso dell’indice e quindi la comunicazione indicativa (inclusa la comunicazione face to face) tra l’uomo e lo scimpanzé, sono tutti comportamenti che rientrano nell’ambito delle interazioni sociali e, sicuramente sono comportamenti intenzionali. Uno scimpanzé è un bambino estendono le dita delle loro mani verso un oggetto che non possono raggiungere quando sono in presenza di un interlocutore (indipendentemente che sia un uomo o uno scimpanzé) uno scimpanzé che vive in un ambiente umano sarebbe facilitato a sviluppare l’indicazione referenziale (uso dell’indice nella comunicazione indicativa). Camaioni e Tomasello: la comunicazione gestuale degli scimpanzé è paragonabile a quella dei bambini: il linguaggio articolato è nato nel passaggio tra l’Homo habilis e l’Homo sapiens (2 milioni di anni fa)  SBAGLIATO perché: - Phillip Tobias: considera l’Homo habilis il primo ominide parlante: l’Homo habilis aveva certamente le basi neurali per sviluppare un linguaggio ma questo vorrebbe dire che il passaggio dalla gestualità al segno vocale sarebbe stato un processo più lungo di quanto fosse stato pensato. - Noi siamo propensi a pensare che il passaggio dal proto linguaggio al linguaggio sia molto più rapido e che la sintassi si sia evoluta 200-150 mila anni fa. Il processo di ominazione ha raggiunto il livello che conosciamo negli ultimi 150-100 mila anni fa (molto dopo la comparsa dell’Homo habilis). Il linguaggio per evolversi ha bisogno di sviluppare una sintassi ed una grammatica universale molto complessa (come è complesso il movimento delle mani durante la comunicazione gestuale). N.B. Sembrerebbe che le regole sintattiche del linguaggio articolato siano come quelle che si devono applicare quando si vogliono costruire degli strumenti oppure quando sono necessarie ristrutturazioni del campo cognitivo (intervengono quando lo scimpanzé utilizza un bastone come una pertica).

Gene. Gene FOXP2 (forkhead box P2): collocato nella regione 31 del cromosoma 7: fondamentale per lo sviluppo del linguaggio articolato nell’uomo (gene del linguaggio): questo gene è presente, anche se in forme leggermente diverse, in molte specie animali, incluse le scimmie antropomorfe. Si pensa che sia il responsabile principale di quelle aree corticali che controllano la selezione e il concatenamento dei fini movimenti orali-facciali e probabilmente anche di quelli fonatori. Ovviamente le differenze tra le sequenze di questo gene e quelle delle scimmie antropomorfe sono poche ma sostanziali.

Conclusioni. Scopi, mete e comprensione della relazione-causa effetto non sono più prerogative umane. Gli scimpanzé hanno consapevolezza di sé, godono del libero arbitrio, hanno teoria della mente (capiscono il pensiero degli altri), posseggono uno stato mentale dell’intenzione (possono esprimere dei desideri, avere delle credenze e manifestare comportamenti intenzionali). Grazie all’intenzionalità lo scimpanzé può: costruire, manipolare i fatti sociali e la realtà (inganno, sotterfugio, tradimenti, vendetta). Differenze uomo-scimpanzè: solo una differenza strumentale, forse dovuta alla presenza di un gene.

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N.B. La gestualità e non la vocalizzazione è stata la strada su cui si è incamminata l’evoluzione del linguaggio articolato nell’uomo!

I BAMBINI CRESCONO NELLA LINGUA Due tesi: - Si può comprendere che cos’è il fenomeno linguistico solo rendendosi conto di come si sviluppa. - È la natura del linguaggio che ci dice come nasce il linguaggio. Linguaggio: comportamento biologicamente innato: vista la facilità con cui i bambini di tutto il mondo imparano a parlare. I bambini padroneggiano la loro lingua materna in poco tempo: 1 anno (250 parole), 2 anni (350 parole), 3 anni (1000 parole), 4 anni (1800 parole). In questa impresa sono aiutati sia da un “bioprogramma”, ma anche dal fatto che hanno tutor linguistici (adulti). Motherese: varietà di lingua utilizzata dagli adulti per comunicare con i bambini. È caratterizzata da frasi brevi, semplici e ripetute molto lentamente, dilatando le pause tra le singole parole. Baby talk: gli adulti sfruttano le risorse coniate dai loro bambini (bau bau, ciuf ciuf) per creare una speciale sintonia internazionale ed emotiva. I bambini inseriscono la loro sequenza linguistica in una struttura di senso: - prelinguistica (coordinazione dello sguardo, mimica, gestualità) - paralinguistica: fornita loro dagli adulti, i quali ricorrono anche al baby talk.

Profilo di evoluzione del linguaggio Mesi 1 2 4 6

Tappe raggiunte Il bambino dà segni di risposta ai suoni Sorride se stimolato. Suoni vocali, gutturali Lallazione: borbottii e gorgoglii: analogo vocale dei movimenti di braccia e gambe. Balbettio: avvio specificazione della facoltà di linguaggio in una lingua: suoni caratteristici composti dall’unione ripetuta di una consonante e una vocale (dadada, bababa) 8 Modelli intonazionali 9 Giochi gestuali: non hanno senso per il bambino 11 La prima vera parola (usata come nome) 12 Enunciati monorematici: Olofrasi: si esprimono per singole parole (bau per cane). All’inizio sono solo “protorichieste” (ate = voglio il latte) o “proto asserzioni” (bau = quello è un cane) 15 Pronuncia dalle 4 alle 6 parole 18 Enunciati dirematici (lunghezza media dell’enunciato): prima manifestazione della grammatica universale. 21 Ha un vocabolario di circa 50 parole 24 Comincia l’interiorizzazione sistematica della grammatica 27 Interrogazioni, negazioni 30 Usa i pronomi in modo appropriato 36 Usa circa 250 parole; forma frasi di 3 parole 60 Costruzioni rare e complesse 120 Linguaggio maturo Vygotskij: le prime parole evocano un “complesso”: il bambino collega a un certo suono qualche caratteristica percettiva e funzionale che gli consente di identificare tutta una serie di entità: la luna può essere associata a un lampione all’angolo della strada, al semaforo giallo. Questa generalizzazione dei bambini, mette a dura prova l’interpretazione degli adulti. Evoluzione del linguaggio infantile: progressivo arricchimento strutturale e un potenziamento funzionale.

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Il linguaggio egocentrico è uno stadio intermedio nel passaggio dal linguaggio esteriore (sonorizzato) al linguaggio interiore (per sé): spesso il linguaggio egocentrico ha la funzione, per il bambino, di fronteggiare una situazione di difficoltà o di aiutarlo a prendere coscienza dei problemi. Il linguaggio egocentrico serve a sviluppare un’adeguata “teoria della mente”: concezione su come funziona la propria mente e quella altrui.

Halliday: enunciati dei bambini hanno diverse funzioni: Funzione strumentale: ciò che dicono serve a ottenere qualcosa Funzione regolatrice: ciò che dicono serve a controllare il comportamento altrui Funzione internazionale: ciò che dicono serve a stabilire relazioni interpersonali Funzione personale: ciò che dicono serve ad abbozzare la loro identità Funzione euristica: ciò che dicono vale come richiesta di spiegazioni (“dimmi perché!” Oppure “Marmellata” = voglio al marmellata!). 6. Funzione immaginativa: ciò che dicono consente loro di fantasticare mondi possibili. 7. Funzione informativa: ciò che dicono vale come resoconto di come stanno le cose. La padronanza di questa griglia funzionale guida il bambino a prestazioni di linguaggio sempre più simili a quelle dell’adulto: un bambino di 4 anni usa il baby talk con bambini più piccoli. N.B. I bambini fanno molta attenzione a come finisce la parola, non come inizia e fanno attenzione all’ordine delle parole e come vengono utilizzati prefissi e suffissi. 1. 2. 3. 4. 5.

Acquisizione o apprendimento. Apprendimento per imitazione = si potrebbe pensare che la molla dell’intero processo sia l’imitazione, visto che il linguaggio infantile sembra evolvere come un progressivo adattamento di risposte verbali agli stimoli che il bambino incontra nella trasmissione culturale della lingua. Chomsky: la mente umana è marcata da una predisposizione alle informazioni linguistiche: già alla nascita il bambino attiva un “Dispositivo per l’Acquisizione della Lingua” (LAD: language aquisition device) che lo guida nell’individuare le espressioni linguistiche ben formate. Sovrageneralizzazione della regola (orientamento all’ipercorrettismo): i bambini applicano le regole della lingua anche nei casi in cui sono previste eccezioni. E’ un fenomeno talmente universale che autorizza la tesi del LAD, che risulta convalidata anche dal fatto che soggetti nati sordi organizzano il loro sistema di comunicazione gestuale secondo proprietà assimilabili a quelle della lingua: segnano il soggetto prima del verbo e rispettano la sequenza: agente-azione-oggetto. Critiche a Chomsky: 1. non è necessario ipotizzare un dispositivo specifico per l’acquisizione linguistica, perché il modo in cui i bambini progrediscono nella loro competenza linguistica è controllato da procedure più generali che si applicano anche ad altre abilità cognitive: i bambini imparano prima le parole più brevi e poi quelle più lunghe perché la loro memoria a breve termine non è ancora pienamente efficiente. Allo stesso modo, essi tendono ad imparare prima le etichette verbali corrispondenti ai concetti “basici” (centrali nella scala categoriale) per muoversi in seguito sul piano sotto e sovraordinato. 2. Non è sufficiente fare appello all’innesco biologico del LAD, perché l’acquisizione di tale competenza avviene anche grazie a un “Sistema di supporto per l’acquisizione del linguaggio” = LASS. Bruner: i formati delle interazioni tra il bambino e il caregiver a sostenere l’attribuzione di significato a ciò che si dice: la prevedibilità di certe sequenze ruotinarie (vestirsi, fare la pappa) getta l’impalcatura dell’agire linguistico. Jean Piaget: distingue nel linguaggio del bambino prescolare: - Linguaggio egocentrico: si manifesta: o Ecolalia: il bambino si limita a ripetere le parole per il piacere di farlo o Monologo: parla per sé Prelevato da:

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o Monologo a due: due bambini si parlano senza assicurarsi di essere capiti - Linguaggio socializzato N.B. Di solito le persone esteriorizzano ciò che dicono a se stesse quando si trovano a fronteggiare una situazione problematica che le disorienta sul piano emozionale. Apprendimento di una seconda lingua: per il bambino imparare a parlare è un’impresa collegata alla sua evoluzione fisiologica, cognitiva, affettiva e internazionale. Chi si ripropone di imparare una seconda lingua deve ristrutturare la sua condotta linguistica in modo da inserire nuove formulazioni lessicali e grammaticali. Il percorso di apprendimento risulta facilitato se si ha una forte motivazione e la possibilità di monitorare sul piano meta cognitivo i processi dell’apprendimento.

STRUTTURE DELLA LINGUA Ogni lingua = sistema che governa un lessico (numero indefinito di parole) secondo una grammatica (numero imprecisato di regole). Ferdinand de Saussure: distinzione tra: - Langue: sistema di convenzioni e di norme valide per una determinata “massa parlante” in un preciso momento storico. - Parole: uso concreto della lingua da parte di persone coinvolte in eventi comunicativi. Chomsky: distinzione tra: - Competenza: come deve essere attrezzata la mente per fronteggiare il fenomeno complesso della lingua. La competenza descrive il grado di padronanza tacita (o implicita) che hanno i parlanti: la serie di regole che è necessario aver interiorizzato (anche senza esserne consapevoli) per poter usare quella lingua. - Esecuzione: quello che avviene nell’uso della lingua; descrive le operazioni concrete messe in atto nel servirsi di quella lingua. Conoscere una lingua = Saper identificare quali suoni sono potenzialmente significativi per essa (fonemi). Fonemi = suoni che di per sé non hanno significato, ma operano da tratti sonori minimi in grado di differenziare significati. L’individuazione dei fonemi di una lingua può avvnire mediante la prova di commutazione: se variamo un solo suono (p) della parola pari  vari, mari, cari, fari, bari  v, p, m, c, f, b sono fenomeni. Ogni lingua ha diverse regole precise che stabiliscono diverse possibilità di composizione tra i fonemi. Alfabeto = tentativo di riprodurre i fonemi in segni grafici (grafemi) secondo una corrispondenza biunivoca (con alcune eccezioni). Grafemi = fonemi in segni grafici. Morfemi = composti fonemici dotati di un significato minimo (la i è un morfema ma se messa in fondo alla parola può significare un plurale). - Morfemi derivazionali: suffissi e prefissi: sono rilevanti perché consentono di modificare lo status delle parole (passando dall’aggettivo dolce al sostantivo dolcezza e all’avverbio dolcemente). Parola = sequenza di fonemi accettabile e dotata di significato in una determinata lingua. Può essere composta da più morfemi. La parola “grattacielante” è formata da un morfema radice (grattaciel) e un morfema flessivo (ante). Regole morfologiche: controllano il principale meccanismo di produzione delle parole soprattutto attraverso i “morfemi derivazionali”.

COMPETENZA SINTATTICA Frasi: precise totalità strutturate.

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Sintassi: descrive il tipo di regole che mettono in grado il paralnte-ascoltatore ideale di una lingua di distinguere le frasi accettabili in quella determinata lingua, da quelle inaccettabili. Chomsky: applicando un numero finito di regole sintattiche a un numero finito di unità lessicali, i parlanti sono capaci di capire e di produrre un numero indefinito di frasi. Vi è la possibilità di costruire frasi sintatticamente ben formate ma prive di senso: è per questo che serve la sintattica. La competenza abilita i parlanti a muoversi dalla struttura superficiale, alla struttura profonda della frase: è essenziale ammettere che esistano questi due livelli, altrimenti sarebbe difficile pensare che l’uomo possa trovare simili due frasi “Il cane rincorre il gatto” e “Il gatto è rincorso dal cane” che sono così diverse, o la diversità che l’uomo trova in frasi apparentemente simili “La casa è stata abbattuta dall’uragano” e “La casa è stata abbattuta da poco”. Analizzatore sintattico: induce a seguire due tipi di regole: 1. regole della struttura sintagmatica: in base alle quali noi sappiamo come passare dal livello più astratto, al livello più concreto, che prevede l’inserimento lessicale. Alberi generativi delle strutture profonde di frasi con significato ambiguo. Ogni frase è composta da un sintagma nominale e da un sintagma verbale, suddivisi in altri elementi.

2. regole trasformazionali: specificano il tipo di organizzazione da assegnare passando dalla struttura profonda alla struttura superficiale. Struttura superficiale: possono manifestarsi forma attiva, forma negativa e forma interrogativa. N.B. La storia trasformazionale che porta alla struttura superficiale delle frasi può essere più o meno complessa, a seconda del numero di regole necessarie a generarle. Soggetti impegnati in vari tipi di compiti: decidere che forma hanno le frasi che vengono presentato loro oppure memorizzarle, forniscono prestazioni inversamente proporzionali alla complessità trasformazionale delle frasi.

IL SIGNIFICATO La prima distinzione: - Differenza interna alla logica del segno: non si deve appiattire il significato delle parole sulla loro possibilità di “riferimento”: “L’unica donna con cui Paolo ha fatto l’amore” e “La madre dei figli di Paolo” hanno significati diversi ma uno stesso riferimento. - Doppio profilo di significato delle parole: le parole hanno: o Denotazione: nocciolo concettuale o Connotazione: serie di valenze aggiuntive che evocano le varie sfumature emotive, sociali e personali. L a parola discoteca ha significato connotativo diverso a seconda di chi la interpreta (è un luogo di divertimento per i ragazzi, è un luogo di pericolo per i genitori). - Relazioni tra le unità lessicali: tra due parole ci può essere un rapporto di: o Sinonimia: parole simili nel significato che sono interscambiabili o Antonimia: parole con significati opposti.

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o Iponimia e iperonomia: il significato di una parola è incluso in quello di un’altra (abete è iponimo di albero; automobile è iperonimo di autoritaria). o Omonimia-omofonia: due parole si scrivono o si pronunciano allo stesso modo, ma per pura casualità. o Polisemia: una parola ha significati diversi e tra loro indipendenti (capo: testa e comandante). Alcune parole hanno bisogno di una conoscenza extralinguistica: o Espressioni deittiche: qui, la, oggi, ieri, domani. Le parole a valenza presupposizionale è come se avessero un significato a doppio fondo: in un certo senso tutte le parole presuppongono ciò di cui si occupano. Le parole a valenza presupposizionale incorporano nel significato lessicale il meccanismo basilare dell’organizzazione del discorso, formulabile come una continua negoziazione tra il noto e il nuovo: quando una persona parla organizza ciò che dice (informazione nuova) assumendo che kl’altro abbia già qualche conoscenza sull’argomento (informazione data). Alcune parole rendono saliente il gioco tra il fuoco enunciativo e lo sfondo di ciò che è dato per scontato (la parola “smettere” proietta in primo piano l’idea che la cosa x non accade più, lasciando sullo sfondo l’idea che prima accadeva!). Fonosimbolismo o iconismo linguistico- de Saussure: il principio costitutivo del segno linguistico è l’arbitrarietà: i suoni delle parole (significanti) si collegano a certi concetti (significati) soltanto per convenzioni accettate per lo più in maniera inconsapevole e passiva dalla massa parlante. Parole onomatopeiche: fonemi (nella comunicazione orale) e i grafemi (nella comunicazione scritta) possono comunque conservare un loro potere marginale di evocazione del significato. Queste forme sonore, però, son o comunque sempre delle interpretazioni e no delle rappresentazioni oggettive della realtà, altrimenti dovrebbero essere uguali in tutte le lingue. Esperimento di Kholer: presentazione di due disegni astratti: un disegno rotondeggiante ed un disegno saettato; e presentazione di due parole: maluma e takete. Si chiede ai soggetti di associare una parola con un disegnomaluma si riferisce alla forma rotondeggiante, takete alla forma saettata le parole delineano un profilo sonoro che può essere assimilato a dei contorni figurativi, anche quando non possiamo far valere la traccia di alcun significato per esse. Strategia politica e commercio basata sull’iconismo linguistico: i fonemi possono caricarsi di valore simbolico perché i parlanti sfruttano la risorsa percettiva globale della sinestesia: l’iconismo linguistico tende a spostare l’attenzione dal significato concettuale alla forma espressiva in cui è presentato, cerca di ottenere il consenso della mente persuadendo non per la via centrale dell’analisi delle informazioni, ma per la via periferica della seduttività. Relazione non sempre trasparente tra le parole selezione (significato dell’enunciato)e l’intenzione con cui possono essere pronunciate dal parlante (significato dell’enunciatore).

DIFFERENZIALE SEMANTICO Differenziale semantico = serie di scale a sette punti costruite da aggettivi antonimi. Alla persona si richiede di valutare ciò che una certa parola evoca in lei mediante l’attribuzione di un punteggio in ciascuna scale. Osgood: i giudizi rilevati con tali scale strutturano il significato connotativo delle parole intorno a tre dimensioni: valutazione, potenza e attività.

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MODELLO DI RICONOSCIMENTO DI PAROLE DI FOSTER Archivio centrale: topo

LINGUAGGIO E PENSIERO L’intreccio tra linguaggio e pensiero è intricatissimo: il modo in cui le persone hanno accesso al loro lessico mentale è intricatissimo. È difficile stabilire esattamente come è organizzato l’archivio da cui le persone estraggono le parole che gli servono: - La mente accede al lessico in due modalità differenti: o Se è parlante o Se è ascoltatore - Unità costitutiva del lessico può variare: o Morfema o Parola o Modo di dire - Per aver accesso si può seguire una chiave: o Fonologica (se si segue una traccia sonora) o Grafemica (se si segue il modo in cui è scritto) o Semantica. Modello Logogen di Morton (1979) = procedura di accesso automatico al lessico mentale. Imput uditivo Analisi

uditiva

Imput visivo Sistema Logogen

Sistema cognitivo semantico

Analisi visiva Codice fonologico Magazzino della risposta  risposta

Esempio. Logogen di Tartufo: 1. Si scrive con 7 lettere 2. Comincia con t 3. La lettera centrale è t 4. La seconda lettera è “a” e la penultima è “t”. Concetto =formato cognitivo della parola: schema che organizza la conoscenza del mondo evocata da una certa parola. Esperimento Heidbreder: i concetti concreti sono più facili da acquisire dei concetti astratti. La psicologa presentò ai soggetti tre serie di 9 figure etichettate con parole inventate: ogni serie Prelevato da:

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aveva le stesse figure ma rappresentate in tre modi diversi (volto adulto, volto giovanile, volto di profilo); dopo aver memorizzato le etichette verbali dei concetti la psicologa mostrava due serie con nuovi disegni che richiamavano gli stessi cocnetti e chiedeva ai soggetti di aggiungere ad ognuno la corrispondente etichetta verbale in genere era più facile riconoscere concetti concreti. Proposizione = la più piccola unità cognitiva che possa valere come asserzione sul mondo. Le proposizioni possono essere vere o false, ma soprattutto si organizzano in reti, a formare modelli mentali che contengono la nostra comprensione di come stanno le cose nel mondo fisico e sociale e guidano le nostre interazioni. Argomento (o soggetto) e predicato (rema) sono i due poli indispensabili nella relazione del pensare-parlare.

LINGUA E CULTURA La lingua è strettamente intrecciata alla cultura: la lingua rende visibili le principali funzioni della cultura: essere strumento di mediazione tra la sfera biologica dell’uomo e l’ambiente fisico in cui vive; il suo agire da supporto per l’attribuzione di senso (sensemaking), definire l’eticità a cui una certa comunità umana si ispira. Teoria della Relatività Linguistico-Culturale: Sapir-Whorf (ipotesi di Sapir Whorf): la lingua pone forti vincoli sul modo in cui ogni comunità culturale può concepire il mondo. Whorf: i cartelli “Barili di benzina” e “Barili di benzina vuoti”, allertano in modo diverso anche se in realtà il cartello “Barili di benzina vuoti” è quello che dovrebbe allertare di più  la lingua determina direttamente la rappresentazione del mondo. Critiche a questa teoria: - La teoria risulta infalsificabile, quindi arbitraria. - La teoria comporterebbe che ogni comunità linguistico- culturale sia chiusa all’interno del suo universo simbolico e che sia impossibile la traduzione interlinguistica. Rosch e Mervis: esperimento: la capacità di percepire i colori non dipende dal numero di parole messe a disposizione dal lessico. Chi conosce una lingua indoeuropea ha molte parole per identificare i colori, mentre i soggetti appartenenti ai Dani hanno solo due differenze di colori: mola (chiaro ) e mili (scuro).  Sia i soggetti americani che i soggetti Dani percepiscono meglio i colori focali di quelli non focali (non etichettati). Ipotesi di Sapir-Whorf moderata: i sistemi linguistici mettono a disposizione delle persone (e delle comunità culturali) i modelli interpretativi che le orientano nella costruzione della loro realtà di riferimento. Bloom: l’80% di soggetti di madre lingua inglese risponde positivamente a problemi formulati in questo modo “Se tutti i cerchi fossero grandi e se questo piccolo triangolo fosse un cerchio, sarebbe grande anch’esso?” Soggetti di madre lingua cinese, invece, tendono a respingere il problema come se fosse una trappola  il problema sfrutta il “controfattuale” (risorsa linguistica) e probabilmente nella lingua cinese il contro fattuale non esiste. Au: mostra che, con un’opera opportuna di traduzione è possibile ottenere anche dai cinesi risposte adeguate all’ipotesi dell’irrealtà. N.B. Le parole non sono semplici etichette ma modelli interpretative e potenziali argomentativi: attivano un intero sistema di inferenze e influenzano il nostro sistema emozionale e i nostri ricordi.

PRIMING Priming: azione d’innesco: esecuzione agevolata di operazioni cognitive concernenti materiale verbale, dovuta alla percezione subliminale di una parola. Il priming riduce l’attivazione neurale ma non deve comunque essere paragonata all’influenza dei messaggi subliminali. Se su uno scemo si proietta la parola “frutta” per una frazione di secondo (tempo che non permette di leggere la parola) e successivamente si chiede alla persona di leggere quanto più rapidamente possibile una serie di parole che compaiono sullo schermo, si trova che la persona riesce a leggere più velocemente parole Prelevato da:

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che appartengono alla categoria della frutta piuttosto che parole di altro tipo la parola frutta opera da preattivatore di attenzione: seleziona il relativo schema categoriale.

FUNZIONI E VARIETÀ DELLA LINGUA Funzioni della lingua: Buhler: Organon-Modell: nei vari eventi linguistici: - Funzione espressiva: le persone rendono noti i loro pensieri - Funzione appellativa: le persone si rivolgono ad altre, tentando di modificarne la mente o il comportamento. - Funzione rappresentativa: descrivono un mondo di riferimento: costruiscono un modello della realtà da cui si sentono impegnati. La valenza di ciascuna funzione può variare nei diversi contesti. Roman Jakobson: modello a 6 funzioni: - Funzione espressiva - Funzione appellativa - Funzione rappresentativa - Funzione fatica: le persone parlano per il semplice piacere di farlo e di rinsaldare la loro relazione. - Funzione poetica: attribuiscono valore estetico a certi risultati della loro produzione verbale. - Funzione metalinguistica: possono riflettere sulla lingua che usano. Le variazioni sono dovute: - Evoluzione temporale - Distribuzione dei parlanti sul territorio - Differenziazione delle situazioni e dei tipi di relazioni che si stabiliscono tra i parlanti: o Registri formali o Registri informali. - Lingue settoriali (speciali): in queste lingue è raccolta l’esperienza del mondo che le persone fanno in base alla loro professione. La lingua settoriale è uno strumento non solo di comunicazione ma anche di identità.

ATTI LINGUISTICI Atto linguistico: Jhon Austin:tre modalità di realizzazione dell’atto linguistico: 1. Atto locutorio: l’atto di dire qualcosa inserendo certe opzioni lessicali in uno schema sintattico-grammaticale. 2. Atto illocutorio: ciò che si fa nel dire qualcosa: l’espressione verbale o enunciato viene modellata da una certa forza, in base alla quale il parlante assume che sia riconoscibile la sua intenzione (intonazione). 3. Atto perlocutorio: ciò che si fa dicendo qualcosa: il più importante atto perlocutorio è la persuasione, l’istigazione, l’allarme, l’intimorire, il consolare  gli atti perlocutori interessano soprattutto la dimensione affettiva. Atto perlocutorio potrebbe essere anche la sensazione di liberazione che le persone vivono nell’enunciare qualcosa (rivelare segreti, confessare le proprie colpe). Atto linguistico può essere: - Diretto: c’è conseguenza tra il significato delle parole e lo scopo per cui sono prodotte. - Indiretto: non c’è corrispondenza immediata tra le parole dette e la meta intenzionale, ma il parlante confida nelle capacità inferenziali del suo interlocutore (Hai l’orologio?). Il più delle volte, inoltre, noi mascheriamo le nostre reali intenzioni. Prelevato da:

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Critiche alla griglia dell’atto linguistico: - Atto illocutorio non è definito chiaramente e non basta a far trasparire l’intenzione del parlante: non sempre è possibile specificare come un determinato atto illocutoria si appropri di una formulazione linguistica. Spesso solo il riferimento al contesto consente di chiarire che cosa sta facendo il parlante nel dire certe parole.

DISCORSO Discorso = attività di enunciazione di senso ancorata alla cultura e a un contesto. Approccio contestualista: Austin, Searle, Grice: carattere attivo e negoziale della comunicazione verbale: il senso del parlare è nel tipo e nella modalità di azione sociale cui le persone danno corso. Potenziali di senso (grammatica e lessico)  contesto “atti comunicativi”. Contesto =specie di intorno o ambiente in cui le persone comunicano: un ambiente spaziotemporale e socio-relazionale-culturale. Turnazione: regole che le persone hanno interiorizzato per controllare reciprocamente il modo in cui alternarsi nel parlare. Sacks, Schegloff, Jefferson: 3 procedure per le prese di turno: 1. se il parlante seleziona il suo successore, è tenuto a interrompersi 2. se non è il parlante a scegliere il suo successore, uno dei partecipanti alla conversazione può auto selezionarsi e prendere autonomamente la parola. 3. Se nessun altro intervie, il parlante può continuare a parlare ma non è tenuto a farlo. In tutti i tipi di conversazione appaiono particolarmente curate le fasi di apertura e di chiusura: per tali fasi gli individui attingono dalla loro cultura alcune procedure di routine. Sequenza complementare (coppia adiacente): quando ciò che uno dice ha un’alta rilevanza condizionale per ciò che dirà l’altro. Il mancato rispetto delle aspettative sollevata dalla sequenza complementare si carica di un forte significato (forse la persona che non risponde è arrabbiata). La conversazione, in generale, è possibile perché i partecipanti si attengono a un “principio di cooperazione”. Paul Grice: il principio di cooperazione impegna le persone a seguire inconsapevolmente delle regole: - Massima della quantità (non essere né reticente, né troppo ridondante) - Massima della qualità (essere sinceri e affidabili) - Massima della relazione (essere pertinenti) - Massima del modo (essere chiari). Le interazioni comunicative rispettano tale impianto anche quando le persone competono duramente per ciò che è in gioco nel conversare. Questo impianto conversazionale è talmente forte che dà un senso anche quando accadono implicature conversazionali (quando la risposta non sembra essere coerente con la domanda ma solamente perché implica un intuizione del vero significato). Figure del discorso: tecniche relazionali (metofora, ironia) che funzionano grazie alla capacità delle persone di capire ciò che non viene detto, leggendo le intenzioni del parlante. Conversazione è un processo automatico: le persone non hanno accesso ai processi cognitivi attivati e preferiscono anche non sovraccaricare la mente con la consapevolezza di ciò che fanno. Frame metacomunicativo = schema che rende visibile come, a volte, le menti dei parlanti sono impegnate nell’azione congiunta del conversare. N.B. le impressioni sulla personalità che reciprocamente ci scambiamo sono ancorate anche allo stile conversazionale che adottiamo.

ACCORDI E CONFLITTI Watzlawick: Pragmatica della comunicazione umana: scuola di Palo Alto: alcuni disturbi riscontrabili nella relazione di coppia (blocchi emotivi, ostilità, rotture) sono il risultato di routine Prelevato da:

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comunicative minate da paradossi pragmatici: richieste sostanzialmente impraticabili (Sii spontaneo). Alcune disfunzioni derivano dal fatto che le persone possono non concordare sul modo di attivare gli assiomi della comunicazione: 1. Non si può non comunicare: non appena le persone condividono un ambiente di riferimento sono costrette ad interpretarsi. 2. Ogni evento comunicativo è bifacciale: veicola contenuti e registra relazioni. 3. Punteggiatura: l’evento comunicativo in cui sono coinvolte due persone può essere segmentato in fasi diverse, non sempre coincidenti. 4. Le persone possono comunicare mediante sistemi di segni retti da logiche differenti e con potenzialità diverse: la lingua è costituita da segni digitali, la mimica è formata da segni analogici. 5. Ogni evento comunicativo posiziona i partecipanti nella dimensione del potere interpersonale: i cui estremi sono la relazione simmetrica e la relazione asimmetrica. 6. Ogni evento di comunicazione ha un carattere sistemico: gli effetti di certe posizioni retroagiscono sulle loro cause in una regolazione circolare. N.B. Il significato di ciò che avviene in un incontro interpersonale è dialogico perché è il risultato di una costruzione congiunta. Una minaccia disgregativa è percepibile già nel semplice prevaricare sull’altro (interrompendolo mentre parla e quindi usurpando il suo diritto di parola).

CAPIRE Comprendere un discorso = attivare contemporaneamente: - Attenzione all’analisi lessicale - Sintesi grammaticale - Inserimento dell’insieme linguistico in un piano intenzionale. La comprensione della lingua è più ampia e precoce di quella di produzione della lingua! Quando sentiamo qualcuno parlare o quando leggiamo, la mente ricostruisce la catena sonoro o grafica, in una rappresentazione dei concetti, mettendo insieme sia le informazioni provenienti dall’esterno (bottom-up) sia elaborazioni interne (bottom-down). Analisi spettografica degli enunciati: la forma dell’onda sonora non corrisponde esattamente alla ricostruzione delle distinzioni di parole come entità separate da pause. Già a livello della percezione fonemica, la comprensione del discorso non solo una registrazione passiva ma implica un’elaborazione cognitiva. Principio di cooperazione: guida anche la comprensione del discorso: di solito le persone non sono reticenti né ridondanti, sono sincere e chiare perché vogliono essere capite e sanno che se non mettono in atto le “massime conversazionali” miscommunication = fallimento comunicativo. Eccezioni: - Violazione delle regole comunicativa viene occultata (menzogne, seduzioni) - Violazione delle regole è messa in evidenza dal parlante (Che bella giornata, in una giornata di nebbia). - Quando il parlante è costretto a ricorrere a forme di comunicazione equivoca: quando non può essere chiaro con l’altro interlocutore: se il parlante deve scegliere tra due possibilità ritenute entrambe negative e quindi da evitare (conflitto-evitamento-evitamento), può usare un’espressione vaga.

DIRE Discorsi= tipi di relazione interpsichica: aderiscono alle pratiche comunicative che consentono agli essere umani di tessere la trama di significati con cui sorreggono la loro esistenza. Sono procedure di costruzione e di attivazione dei vari sistemi di segni che si formano nelle interazioni sociali.

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Generi discorsivi = ogni genere discorsivo ha dei vincoli: riconoscere il genere discorsivo in cui la persona si trova permette di scegliere la condotta verbale più appropriata (che cosa dire e come dirlo). Principali procedure psicologiche che consentono la composizione degli atti linguistici nella struttura di un genere discorsivo (reciproco adattamento micro-macro) sono: o Narrare: il testo narrativo rivela un modo di pensare-parlare che impegna le persone a rispettare la consequenzialità della vita e dell’azione, secondo una “grammatica della storia” che esse riconoscono in molteplici situazioni quotidiane. o Argomentare: il testo argomentativo (usato soprattutto dalla logica scientifica) rivela un modo di “pensare-parlare” che consiste fondamentalmente nel fornire dei dati a sostegno di una conclusione. Richiede:  Dichiarazioni  Giustificazioni  Prove. N.B. L’attività concreta del parlare identifica le persone come attori sociali, sia perché è modellata all’interno di particolari copioni culturali, sia perché rende trasparente l’intersoggettività.

POTREMO PARLARE COI COMPUTER? NO Molti programmi sono in grado di riconoscere e di sintetizzare la voce, di valutare la correttezza grammaticale di parole e di frasi. Ci sono alcuni programmi che sembrano rispondere in modo appropriato e comunicare in modo giusto con un uomo: in realtà questi programmi si limitano a seguire delle semplici istruzioni (se c’è un’affermazione domanda relativa a quell’affermazione; richiedere di fornire un quadro più generale all’area semantica attivata). Il programma NON comprende!!! Le maggiori difficoltà per arrivare ad avere programmi che comprendano sono nel riprodurre l’uso flessibile che la mente ha del mondo.

MODELLO ORATORIO DELLA MENTE Psicologi contestualisti-Bruner = la mente non analizza soltanto informazioni, non registra soltanto gli eventi e ne valuta la probabilità che si verifichino in futuro, ma costruisce modelli su come interagire con le altre menti e con il mondo. L’attività umana del pensare = dibattimento tra un argomento (logos) e il suo contrario (antilogos). La spiegazione di ciò che noi facciamo in quanto soggetti di attività psichica non è racchiusa unicamente nei principi di funzionamento delle reti neurali, ma risponde a dei vincoli e a un contesto strico-culturale dato. La mente è modellata sul dialogo. Modello oratorio della mente-Billig: pensare = discutere con sé e contro di sé = elaborare i logoi e gli antilogoi in un movimento inarrestabile di posizioni. Metafora: modelli cognitivi, modi per conoscere la realtà, guide per pensare. E’ diffusa in tutti i contesti comunicativi: è utilizzata perché pensiamo che riteniamo che, parlando metaforicamente si accresce la nostra capacità di capire le cose. Sono utilizzabili anche in psicoterapia per la loro capacità di ristrutturare il modo di pensare e di pensarsi.

ESITAZIONI ED ERRORI LINGUISTICI Quando una persona parla: o Esegue i programmi motori che collegano il canale fonatorio alle aree semanticoconcettuali. o La mente è impegnata in una serie di procedure tra loro connesse:  Individuazione dello schema sintattico  Selezione delle unità lessicali  Monitoraggio della correttezza grammaticale  Valutazione dell’adeguatezza contestuale. Prelevato da:

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Solitamente tutti questi processi si svolgono contemporaneamente con il discorso, a volte però la mente va in sovraccarico e quindi va in “pausa”: o Pause vuote: durano un po’ più a lungo e sono talvolta precedute da espressioni come “Una specie di..”, “Come dire..”. Queste pause tendono a verificarsi prima delle parole più rilevanti segnalano il processo di controllo che la mente attiva nelle fasi decisive della comunicazione. o Pause piene: brevi interruzioni nella catena fonematica, coperte da vocalizzazioni (mhm). o Pause di giuntura: attimi di silenzio che si verificano quando il parlante deve articolare insieme i sintagmi di una frase o le frasi all’interno di un più vasto segmento testuale. N.B. Quando un individuo esita nel parlare, sta implicitamente dichiarando di essere impegnato a pensare come dire meglio. Errori: lapsus linguae: dal punto di vista cognitivista sono più controllabili empiricamente rivelano l’incepparsi della corrispondenza tra pianificazione ed esecuzione del discorso. I fenomeni di esitazione non sono consapevoli perché tutte le risorse attentive sono indirizzate a fronteggiare il sovraccarico cognitivo. C’è però una situazione in cui la persona è costretta a prendere coscienza della propria esitazione: quando non riesce a trovare la parola che gli serve proprio in quel momento: in genere sa con che suono inizia o come finisce, riesce a dire qualche significato simile e a volte sa anche di quante sillabe è composta.

DISTURBI DEL LINGUAGGIO Disturbi: Evolutivi: disturbi legati ad una particolare fase della vita (disfonie, dislalie) Duraturi: tendono a persistere Periferici: Imperfezione nella forma o nella funzionalità dell’apparato vocale-uditivo. Centrali: disturbi derivati da lesioni di alcune aree della corteccia cerebrale, dovute a patologie neurologiche o vascolari. Patologie più note: o Sordità: perdita parziale o totale dell’udito difficoltà o impossibilità nell’articolare suoni. La gravità della deprivazione acustica o il ritardo nell’intervento possono complicare lo sviluppo del linguaggio non solo sul piano fonologico ma anche morfologico, sintattico e semantico. È molto utile insegnare a questi soggetti una forma gestuale di comunicazione: la produzione dei significati attraverso i segni è data da: movimento delle mani, forma delle mani e tipo di movimento. o Balbuzie: incepparsi continuo del meccanismo fonoarticolatorio risulta alterato il ritmo dell’eloquio. Cause:  Organiche: cattivo funzionamento della respirazione, sistema neurovegetativo, lateralizzazione incerta)  Psicologiche: perturbazioni nello stile di attaccamento, insicurezza di fondo. o Dislessia: difficoltà nel riconoscere la possibile traduzione grafica dei suoni e tradurre i fonemi in grafemi. Cause:  Organiche: carenza nella percezione visiva, disturbi di lateralizzazione, incertezze nell’assimilazione dello schema corporeo e nella riproduzione dei ritmi) o o o o

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Ambientali: difficoltà nelle relazioni familiari, turbe emozionali, blocchi dovuti a tecniche didattiche inadeguate. o Afasie: disturbi specifici nella comprensione e produzione del linguaggio causati da lesioni ad aree corticali specifiche. 

Sindrome

Sintomi

Natura del deficit

Area danneggiata

La persona capisce, ma Parte posteriore del si esprime molto lobo temporale lentamente e con grande faticasono alterate la pianificazione e la produzione del discorso. posteriore Afasia di Wernicke La persona si esprime Il discorso non è Metà facilmente e in fretta, coerente. Alterazione dell’area temporale ma la comprensione dei modelli fonemici uditiva è povera delle parole Afasia di conduzione Difficoltà nel ripetere Non c’è connessione Fascicolo arcuato le parole tra i modelli fonemici e l’area di produzione Sono disturbate tutte Danneggiati tutti i Larga parte dei lobi Afasia globale le aree del linguaggio componenti frontale e temporale dell’elaborazione linguistica N.B. Lo studio di tali disturbi ha consentito di individuare le aree della corteccia cerebrale che sono interessate al controllo della parola. Afasia di Broca

Discorso non fluente, agrammatismo (sono omesse le parole funzionali: articoli, ausiliari, morfemi flessivi).

ORALITÀ, SCRITTURA, MULTIMEDIALITÀ Leggere e scrivere sono le pratiche prototipiche organizzate dalle società alfabetiche in contesti formali di insegnamento-apprendimento della lingua, gestiti dall’istituzione scolastica. Invenzione della scrittura ha portato: - Rottura equilibrio sensoriale: ha stabilito il dominio dell’occhio sull’orecchio - Maggior possibilità di distacco delle persone rispetto alla situazione comunicativa. - Imparare a leggere e scrivere comporta una trasformazione complessiva delle operazioni mentali. Lurija: alfabetizzazione accelerata dei contadini dell’Uzbekistan in seguito alla Rivoluzione Sovietica: la costruzione di modelli generali, il ragionamento sillogistico, l’abilità dell’autodescrizione erano molto meno frequenti tra i contadini analfabeti. I processi attivati nella lettura mettono a disposizione delle persone due possibili strategie: - Via lessicale: nel riconoscere una parola il lettore sa anche come si pronuncia. È utilizzata per leggere le parole irregolari (glicine o chattare) - Via fonologica: impegna il lettore a combinare i risultati di una verifica nel sistema di conversione grafema-fonema. È utilizzata per leggere parole non disponibili nel linguaggio mentale o le “non parole”. Leggere e scrivere non è soltanto interiorizzare delle regole di corrispondenza tra unità sonore (fonemi) e lettere (grafemi), ma di riorganizzare l’intero sistema della competenza comunicativa in maniera tale da: 1. assimilare le opportunità e i vincoli della testualità: leggere e scrivere sono pratiche che esigono testi. Prelevato da:

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2. favorire la tendenza astrattiva della capacità di simbolizzazione: scrivere è come l’algebra del parlare (Vygotskij). 3. instaurare un modello di pianificazione dinamica e auto controllata dell’attività verbale. Le abilità di lettura e scrittura favoriscono anche il consolidarsi di una consapevolezza metalinguistica. Multimedialità = caratterizza la maggior parte delle pratiche comunicative attuali: le persone sono coinvolte in discorsi sociali che prevedono la fusione di vari linguaggi (sonoro, grafico e iconico), per cui la gestione del senso prodotto in molte situazioni, richiede l’attivazione di processi di controllo sulle potenzialità tipiche dei vari modi di comunicare.

COSTRUZIONE SOCIALE DEL SENSO La pratica sociale del parlare genera gli schemi cognitivi con cui le persone danno un assetto ordinato (e spesso gerarchico) alla loro esperienza nel mondo. I discorsi rendono operative le rappresentazioni sociali (specifiche modalità conoscitive con cui gli individui e i gruppi negoziano il significato da dare alla realtà). Discorsi sono veicoli di ideologie: - certi sistemi di idee appaiono dominanti o egemonici. - Certi discorsi sono retti da strategie di mistificazione o di mascheramento della realtà per scopi di controllo sociale. Ideologia = penetra nei discorsi quotidiani soprattutto tramite gli stereotipi e i pregiudizi. Stereotipi = generalizzazioni eccessive che esprimono una valorizzazione (positiva o negativa) di un oggetto socialmente rilevante (un’etnia, un gruppo, una professione, una situazione). Pregiudizi = alimentati dagli stereotipi: interpretazioni ingiustificate adottate dagli individui e dai gruppi per proteggersi dalla paura degli altri. LIB (Linguistic Intergroup Bias): tendenza sistematica delle persone ad esprimere in un certo modo il favoritismo verso il proprio gruppo di appartenenza. Se si è costretti a dare un valore negativo ad un certo evento, la propria posizione (positioning = tipo di relazione che si ha rispetto a due gruppi coinvolti) comporta delle tendenze a formulare in un certo modo la spiegazione (accounting) di ciò che è avvenuto (esempio dello stadio). La natura ideologica dei discorsi richiama l’attenzione sulla questione del potere: nel loro parlare le persone esercitano una specie di potere simbolico: il rango sociale in cui sono collocate definisce anche il loro status enunciativo: sanno in che modo devono distribuirsi i diritti e i doveri reciproci. Bernstein: teoria del deficit linguistico: la stratificazione sociale comporta anche un diverso potenziale espressivo: i bambini di classi sociali inferiori crescono in ambienti con codice ristretto ed è quindi più difficile per loro adattarsi al linguaggio elaborato della scuola. William Labov: teoria della differenza: ogni strato sociale ha il proprio potenziale comunicativo, adeguato alla sue specifiche condizioni di vita. Il potere di cui ognuno si rivela dotato nel parlare, non è una qualità stabile (come se fosse un tratto di personalità) ma si lega ad un’immagine di Sé che deve essere sempre ratificata dagli altri. N.B. La lingua che le persone usano è la coscienza pratica delle loro azioni.

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TEORIE IMPLICITE DELL’INTELLIGENZA La nostra mente è anche in grado di lavorare sulle informazioni che possiede per andare oltre. Il pensiero non opera in totale autonomia rispetto alla percezione, al ricordo, al linguaggio, alle emozioni e alle motivazioni. Stenberg: ha cercato di individuare le teorie implicite dell’intelligenza = i complessi di opinioni che ogni individuo possiede circa l’intelligenza. Stenberg ha individuato le seguenti categorie: - Abilità di soluzione dei problemi (capacità di ragionamento logico, di individuare relazioni tra le idee e di approfondirle, di adattarsi alle situazioni e di mantenere una mentalità aperta). - Abilità verbale e competenza sociale (tolleranza verso gli altri, interesse per il mondo circostante, capacità di giudizio, capacità di riconoscere i propri errori, curiosità, puntualità). N.B. Questo modello ci conferma che l’intelligenza viene soprattutto collegata alla capacità di pensiero, sebbene includa anche aspetti non unicamente cognitivi. Elementi dell’intelligenza non sono soltanto cognitivi in molte culture non-occidentali: - Presso i Mashona: intelligenza = riferita alle interazioni sociali. - Nel Niger: intelligenza = obbedienza alle norme sociali. N.B. Il concetto di intelligenza, quindi, è relativo al contesto culturale cui si appartiene e, in particolari ambiti, esso include anche elementi che vanno oltre i temi classicamente studiati dalla psicologia del pensiero. Le persone usano le proprie teorie “ingenue” per la valutazione delle capacità altrui.

TIPI DI INTELLIGENZA Binet: fu incaricato di mettere a punto un test per individuare, nella popolazione scolastica parigina, i bambini che manifestavano difficoltà intellettive, per poterli inserire in classi speciali. Egli strutturò una serie di prove volte a rilevare l’età mentale dei soggetti. Età mentale = capacità di rispondere adeguatamente alle prove cui tipicamente sanno rispondere i soggetti di una data età cronologica. QI: termine introdotto nel 1912 da William Stern: età mentale /età cronologica * 100. Impostazione fattorialista: idea che l’intelligenza non sia un’abilità monolitica: intelligenza è strutturata, articolata, scomponibile in parti (fattori), le quali corrispondono a distinte abilità che possono essere messe in luce attraverso appropriate metodologie sperimentali e di analisi statistica. Spearman: 2 soli tipi di fattori: - Fattore generale (fattore g): abilità presente in tutti i compiti intellettivi - Fattori specifici: propri dei diversi compiti. Cattel (non James Cattel): distingue: - Intelligenza cristallizzata: insieme delle conoscenze acquisite dall’individuo, capacità di ragionamento e di giudizio. - Intelligenza fluida: capacità di base indipendenti dall’esperienza. Prelevato da:

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Vernon: distingue nell’intelligenza: Attitudine verbale-scolastica: collegata al linguaggio e al calcolo matematico Attitudine pratico-operativa: abilità spaziali e manuali. Thurstone: 5 attitudini intellettive primarie: 1. ragionamento astratto 2. ragionamento spaziale 3. abilità numerica 4. fluidità di pensiero 5. significato verbale. Gardner: teoria delle intelligenze multiple: le abilità si riferiscono non soltanto alla sfera intellettiva, ma sono individuati in una maggiore varietà di campi. La specificità è data: - diversa base biologica (ciascuna intelligenza sarebbe localizzata in una diversa struttura cerebrale) - differenze psicologiche relative al tipo di stimoli che vengono elaborati - differenze relative al modo in cui gli stimoli sono elaborati (modo sequenziale, modo simultaneo). - Diverse strategie che presiedono alla loro elaborazione (deduttive, analitiche, intuitive) - Diverse caratteristiche che assumono le risposte fornite dal soggetto - Diversi aspetti che ne determinano la rilevanza (precisione, velocità, completezza, originalità) -

7 forme di intelligenza: 1. linguistica: sensibilità per il significato, il suono, l’ordine delle parole e per le diverse funzioni del linguaggio; 2. musicale: capacità di distinguere il significato e l’importanza di una serie di suoni organizzati ritmicamente 3. logico- matematica: capacità di operare su simboli e parole, stabilendo rapporti e formulando regole. 4. spaziale: capacità di percepire forme e riconoscere elementi in diversi contesti. 5. corporea: capacità di usare abilmente il proprio corpo per fini espressivi e pratici 6. intrapersonale: capacità di capire se stessi, i propri sentimenti e di esprimerli 7. interpersonale: capacità di cogliere la personalità e le intenzioni altrui e di influire sugli altri.

ARCHITETTURE DELL’INTELLIGENZA L’intelligenza può essere anche articolata in senso verticale, ipotizzando vari livelli. Guilford: varie capacità mentali sono ordinate secondo 3 assi: 1. Le operazioni (attività di base che la mente compie con le informazioni che riceve dai sistemi percettivo-sensoriali) sono:  Cognizione (riconoscimento, comprensione, o scoperta di elementi particolari dell’informazione)  Memoria (immagazzinamento di nuove informazioni)  Produzione divergente (generazione, in modo libero, di molte e diversificate nuove informazioni a partire da un’informazione data)  Produzione convergente: generazione, in modo consequenziale, di una nuova informazione da un’informazione data).  Valutazione (confronto tra informazioni). Prelevato da:

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2. I contenuti (fanno riferimento alla natura delle informazioni) sono di tipo:  Figurativo (informazioni in forma di immagini sensoriali, visive, acustiche)  Simbolico (informazioni sottoforma di segni convenzionali)  Semantico (informazioni sotto forma di significati)  Comportamenti (informazioni in forma non verbale) 3. Prodotti (forma assunta dall’informazione quando viene elaborata dalla mente: risultati dell’applicazione di un’operazione a un contenuto).  Unità (elementi di informazione isolati o circoscritti)  Classi (insiemi di elementi raggruppati in virtù di proprietà comuni)  Relazioni (rapporti di interdipendenza tra unità)  Sistemi (insiemi complessi e riorganizzati di informazioni collegate tra loro)  Trasformazioni (cambiamenti di informazioni o di loro funzioni)  Implicazioni (estrapolazioni di informazioni attraverso inferenze, previsioni, probabilistiche).

120 cubetti, ciascuno corrispondente a un fattore (combinazione di un’operazione, un prodotto e un contenuto).

Stenberg: teoria triarchia: è composta da tre sotto-teorie: 1. teoria contestuale: intelligenza è in rapporto con l’ambiente 2. teoria esperienziale: studia l’interazione tra l’individuo e i compiti che deve affrontare 3. teoria componenziale: cerca di individuare i meccanismi mentali di base, le componenti dell’intelligenza = unità elementari di trattamento dell’informazione, unità che compiono una singola specifica operazione mentale e sono organizzate su tre livelli:  meta-componenti (operazioni di pianificazione, controllo e valutazione del processo cognitivo) sono responsabili dell’organizzazione generale del pensiero.  componenti di prestazione (operazioni di confronto e inferenza: operazioni di implementazione dei processi

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cognitivi)consentono di realizzare i piani stabiliti a livello di meta-componenti componenti di acquisizione di conoscenze (capacità di operare in modo selettivo nell’identificazione, nella codifica, nel confronto e nella combinazione di informazioni nuove)utili per affrontare situazioni nuove.

PENSARE PER ANALOGIE Transfer: di fronte a una situazione nuova, l’operazione mentale più economica consiste nel cercare nell’esperienza passata degli elementi che possano essere trasferiti al caso presente. Ragionamento per analogia: un tipo di transfer: applicazione di conoscenze relative a una situazione nota, a una situazione non nota, avendo individuato corrispondenze tra la prima e la seconda. Trevithick: arrivò all’invenzione della locomotiva tramite “analogia di proporzione”: A (movimento della puleggia con la trazione dell’animale) sta a B (movimento della puleggia col motore della macchina ) come C (trasporto di merci e persone con la trazione dell’animale) sta a D (trasporto di merci e persone col motore della macchina). Lo studio di questa forma di ragionamento prevede che venga fornita la prima coppia di elementi, A e B e C e si inviti il soggetto a trovare D. Stemberg: in problemi di questo tipo, il processo attraverso cui si giunge a dare una soluzione è scandito da 6 momenti: 1. Codifica: il soggetto percepisce e memorizza i termini dell’analogia 2. Inferenza: consente di individuare la relazione tra A e b immagazzinandola nella memoria di lavoro 3. Proiezione: mapping: viene compresa la relazione tra il termine A e il termine C 4. Applicazione: collegando il termine C ai possibili termini D 5. Giustificazione: si verifica e si motiva la risposta 6. Risposta: completamento corretto. Nella vita di tutti i giorni il ragionare per analogia riguarda situazioni più complesse e aperte: per studiare sperimentalmente questo genere di casi c’è questa procedura:  Fase di acquisizione: presentata la source (fonte): uno stimolo che contiene un’idea utile all’esecuzione del compito successivo.  Presentazione del target: un problema ambientato in un contesto molto diverso da quello della source, che tuttavia può essere risolto applicando un principio che è in essa incluso. Gick e Holyoak: source: storia del generale; target: problema del pompiere. Nella soluzione del problema per via analogica ci sono tre passaggi: 1. costruzione della rappresentazione mentale della source e del target 2. proiezione della source sul target: rilevamento di alcune corrispondenze tra le due rappresentazioni che si estenderebbe poi anche agli altri aspetti. 3. generazione di un piano di soluzione per il target attraverso l’applicazione di azioni descritte nella source. Questo piano è inteso come uno schema: struttura organizzata gerarchicamente in uno stato iniziale l’obiettivo da raggiungere e la strategia per raggiungerlo. Tuttavia non è facile rilevare spontaneamente le corrispondenze tra source e target, poiché questi presentano caratteristiche di superficie diverse. Gick e Holyoak: una source può essere rappresentata mentalmente a vari livelli, ciascun livello presenta un differente grado di corrispondenza con possibili target. Accrescendo il livello di astrazione, aumenta il grado di completezza del rapporto di analogia in quanto vengono eliminate eventuali mancate corrispondenze tra source e target a livello di dettaglio. Se l’astrazione conduce Prelevato da:

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alla soppressione di differenze, ciò può comportare anche l’eliminazione di identità,e, quindi, la diminuzione della somiglianza tra source e target.

RAGIONAMENTO INDUTTIVO Processi di pensiero induttivo: da vari casi particolari ricaviamo una conclusione generale. Una forma di induzione è la FORMAZIONE DEI CONCETTI e FORMAZIONE DI IPOTESI. Concetto = entità che riassume tutti gli elementi che condividono le stesse proprietà. Hull: concetti: ideogrammi cinesi fittizi in cui era sempre presente un medesimo tratto. Tutte le figure contenenti quel tratto erano definite come esemplari di un concetto, cui era assegnato un nome arbitrario. Lo sperimentatore, mostrando le figure, dichiarava il concetto di cui esse erano esemplari. Il compito del soggetto era di scoprire l’elemento che definiva il concetto. Dopo varie prove i soggetti erano in grado di classificare correttamente in base all’elemento comune sia liste già viste, che liste nuove. Si obiettò che i concetti non sono sempre definiti dall’elemento in comune di tipo fisico-percettivo. Smoke: esperimenti in cui ciò che stabiliva se una figura fosse o no esemplare di un dato concetto era una proprietà relazionale (figura contenente tre punti, con la distanza tra i due punti più lontani che fosse doppia di quella tra i due punti più vicini). Bruner: speciale mazzo di carte, ciascuna definita da 4 parametri:  numero di figure contenute  colore delle figure  tipo di bordi. Ciascun parametro poteva assumere tre valori. Lo sperimentatore stabiliva una categoria per esempio: tutte le carte con quadrati rossi e bordo doppio. Il soggetto doveva individuare la categoria: lo sperimentatore diceva al soggetto se le carte da questi scoperte erano o non erano esempi della categoria stabilita. In questo modo si misero in luce specifiche strategie di ragionamento induttivo improntate a regole. Rosch e Mervis: concetti sono organizzati secondo “somiglianze di famiglia”. Non tutti gli esemplari di un concetto, infatti, sono ugualmente rappresentativi del concetto. I concetti possono essere intesi come insiemi sfumati, in cui vi sono elementi proto tipici che si collocano nell’area centrale ed elementi non proto tipici che si collocano alla periferia. Ipotesi: nel pensiero induttivo si parte da casi particolari per approdare a quelli generali. È classico il compito: 2-4-6 dove il soggetto deve scoprire la regola che intercorre tra i numeri  i soggetti tendono a formulare ipotesi molto specifiche e gli individui propendono a confermare le proprie ipotesi anziché falsificarle (anche se questa strategia sarebbe più vantaggiosa).

RAGIONAMENTO DEDUTTIVO Ragionamento deduttivo = ricavare conclusioni particolari da affermazioni generali.  Ragionamento condizionale: si attiva quando occorre stabilire se un enunciato generale è applicabile a un caso particolare. Esempio: dato un mazzo di carte riportanti su un lato una lettera e sull’altro un numero, vengono presentate le carte da un lato (E, K, 4, 7) e viene detto “Se su un lato c’è una vocale, sull’altro c’è un numero pari” bisogna voltare E e 7 per poter verificare l’affermazione. Invece, di solito si tende a scegliere il 4 e la E: si tende a validare un principio attraverso casi positivi ma si incorre in errore. N.B. Si commettono meno errori se il compito viene presentato con riferimenti concreti.  Sillogismo categoriale: date due premesse in cui si enunciano due rapporti nei quali ricorre il medesimo termine (termine medio) si trae una conclusione in cui non compare il termine medio. “Tutti i rombi sono parallelogrammi” e “Tutti i parallelogrammi hanno le diagonali uguali”  Tutti i rombi hanno le diagonali uguali. Errori: Prelevato da:

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o Effetto atmosfera: ritenere corretta una conclusione del medesimo tipo delle premesse. “Alcuni studenti sono permalosi” e “Alcuni permalosi sono antipatici” “Alcuni studenti sono antipatici”. o Il contenuto delle deduzioni sillogistiche trae in inganno: se una conclusione scorretta dal punto di vista logico è conforme a ciò che accade abitualmente nel mondo, si è portati a considerarla valida, mentre, conclusioni corrette che vanno contro l’esperienza comune tendono ad essere rifiutate.

RAGIONAMENTO PROBABILISTICO Vi sono principi logici e leggi statistiche che permettono di stabilire il grado di probabilità di certi eventi, ma il nostro pensiero non vi si adegua sempre. Errori: o Fallacia della congiunzione: viene stimato meno probabile il verificarsi di un evento rispetto al verificarsi di tale evento in congiunzione con un altro evento. Perché l’enunciato meno probabile è, però, coerente con l’idea che ci siamo fatti. Chiedendo di stabilire se è più probabile che alla roulette si verifichi la sequenza: rosso-nero-rosso-nero-nero-rosso oppure rosso-rosso-nero-nero-nero-nero; le persone scelgono la prima ipotesi, anche se ha la stessa probabilità della seconda. o Euristica della disponibilità: facilità con cui riusciamo a farci venire in mente un caso che possiede determinate caratteristiche. Chiedendo a un campione di soggetti di stimare in un brano il numero di parole che contengono una “n” seguita da due lettere qualsiasi e chiedendo a un altro campione di stimare il numero di parole che terminano in “ndo” si ottiene una stima maggiore nel secondo caso. Se il testo è un elenco di nomi, tra cui appaiono anche personaggi famosi, la stima sarà maggiore. Questi errori nelle stime di probabilità possono trasformarsi in incongruenze nella presa di decisione: se il sistema sanitario nazionale deve fronteggiare un’epidemia che farà 600 vittime; si deve scegliere tra due programmi di intervento: il programma A salverà 200 persone; con il programma B c’è 1/3 di possibilità di salvare 600 persone e 2/3 che nessuno si salvi  di solito viene scelto il programma A. Se invece il problema è posto al contrario: il programma A fa morire 400 persone, il programma B ha 1/3 di possibilità di salvare tutti e 2/3 di far morire tutti  scelto B. N.B. Anche decisioni meno drammatiche sono soggette a distorsioni di valutazione (esempio risparmio 5 euro).

SPAZIO DEL PROBLEMA Procedura del pensiero (modello generale di problem solving)-prospettiva dell’elaborazione del pensiero: 1. stato iniziale: sponda di un fiume, 2 hobbit, 2 orchi, 1 barca 2. stato finale che si intende raggiungere: trasferirsi alla sponda opposta 3. gamma di operatori (azioni) che possono essere applicati allo stato del problema al fine di trasformarlo. 4. Vincoli che pongono condizioni ulteriori: 2 individui soli per barca; sulle sponde non devono eccedere gli orchi rispetto agli hobbit. Si è costruito, in questo modo, lo spazio del problema: assume la forma di un “grafo” (state-actiontree), alla cui origine vi è lo stato iniziale e da questo si diramano le varie possibili sue trasformazioni, ciascuna delle quali produce un nuovo stato. Due tipi di strategie: 1. Procedura algoritmica: esplorazione sistematica di tutte le possibili vie di soluzione, scegliendo uno dei possibili stati che seguono allo stato iniziale; a partire da tale stato si esplora uno di quelli che sono raggiungibili, finchè non si trova la soluzione o ci si imbatte

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in un vicolo cieco (in questo caso si torna indietro al penultimo passaggio e si prova un’altra soluzione).  Altra strategia algoritmica: analizzare tutti gli stati che si diramano da quello iniziale, si procede analizzando tutti i successivi possibili stati intermedi, fino a identificare uno stato che corrisponda alla soluzione. N.B. Queste procedure assicurano sempre, prima o dopo, il raggiungimento del risultato 2. Strategia euristica:procedura che contribuisce a ridurre la ricerca di una soluzione rispetto all’esplorazione di tutte le alternative possibili, limitando il numero delle alternative da esaminare a quelle che sembrano avere maggiori probabilità di successo. N.B. In questo caso non vi è la certezza di arrivare ad una soluzione, né di arrivarci attraverso la via ottimale.  Arrampicata sulla collina (hill climbing)-Wickelgren: un escursionista che vuole salire sull’altura più elevata di una certa zona, in una situazione di nebbia in cui non può esplorare tutta la zona; egli salirà una prima collina e poi valuterà se attorno c’è un rilievo più altosi arrampica su quello più alto e guarda altri rilievi più alti, finchè non vede punte più alte: egli non ha però la certezza di aver raggiunto davvero l’obiettivo.  Subgoaling: individuare un sotto-obiettivo. Esempio: torre di Hanoi: i tre dischi devono essere spostati dal piolo di sinistra a quello di destra, in modo che riproducano la stessa configurazione iniziale (dal disco più grande a quello più piccolo), spostando un solo un disco alla volta e senza mettere un disco più grande sopra ad uno più piccolo. 3. Terza strategia: dopo aver stabilito lo stato iniziale e la meta finale, ridurre progressivamente la distanza tra i due stati: viene di volta in volta selezionato l’operatore che più riduce la differenza tra lo stato attuale e lo stato finale. Ci sono 24 monete, 23 hanno il medesimo peso ed 1 ha un peso maggiore. La pesata migliore da fare è: 8 monete su un piatto e 8 sull’altro; il piatto che pesa di più lo scompongo in 4-4 ecc. 4. Ricerca all’indietro: si vuole reperire un operatore che possa produrre lo stato attuale. Si procede partendo dallo stato finale per individuare quali operazioni vi conducano. “Tre ragazzi fanno un gioco in cui ad ogni partita uno perde e gli altri due vincono: chi perde paga a ciascun vincitore la somma che il vincitore possiede in quel momento. Dopo 3 partite ciascun ragazzo ha perso una partita e ciascuno ha 8000 lire. Quanti soldi avevano?”. Stato dopo la 3 partita: Carlo 8000 lire; Lucia 8000 lire, Mauro 8000 lire. Stato dopo la 2 partita: Carlo 4000 lire, Lucia 4000 lire, Mauro 1600 lire Stato dopo la 1 partita: Carlo 2000 lire, Lucia 14000 lire, Mauro 8000 lire All’inizio: Carlo 13000 lire; Lucia 7000, Mauro 4000 lire.

PENSIERO DIVERGENTE In alcuni casi il pensiero non ha un’idea precisa dell’obiettivo da raggiungere il pensiero deve diventare creativo.

Pensiero creativo = pensiero divergente. Guilford: Pensiero convergente = attivato nelle situazioni che permettono un’unica risposta pertinente. 33 x 14=? “Carlo rifiuta di smentire la certezza di dubitare della falsità delle mie ragioni” oppure serie da completare. Pensiero divergente = attivato nelle situazioni che permettono più vie di uscita o di sviluppo. Questo pensiero va aldilà di ciò che è contenuto nella situazione di partenza, ricerca in varie direzioni e produce qualcosa di nuovo. “A che cosa può servire un vaso da fiori?”.

Principali aspetti del pensiero divergente:  

Fluidità: capacità di produrre tante idee Flessibilità: capacità di passare da una successione o catena di idee a un’altra, da una categoria di elementi a un’altra.

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Originalità: capacità di trovare molte idee insolite. L’originalità di una data risposta cambia a seconda del contesto.  Elaborazione: capacità di percorrere sino in fondo la linea di pensiero intrapresa.  Valutazione: capacità di selezionare, tra le varie idee prodotte, quelle più pertinenti agli scopi. Johnson-Laird (1988): creatività: si fonda sulla generazione casuale di idee e sulla loro selezione. Ci sono due tipi di selezione:  Neo-darwiniana: prevede un primo stadio in cui le idee vengono generate in modo casuale e un secondo stadio in cui esse vengono valutate secondo certi criteri (sopravvivono solo le idee che superano questa valutazione).  Neo-lamarckiano: la produzione delle idee è guidata da un criterio: si generano soltanto idee all’interno di un ambito prefissato. 

BRAINSTORMING Brainstorming = Alex Osborn (1957): metodo ideato per sviluppare la creatività nell’ambito dell’organizzazione aziendale e nel campo delle innovazioni tecnologiche. Nel processo di soluzione di un problema si distinguono le seguenti fasi: 1. viene definito con precisione il problema 2. vengono raccolte le informazioni necessarie 3. vengono prodotte varie idee, le quali vengono poi sviluppate, modificate, perfezionate. 4. le idee prodotte vengono valutate e quindi selezionate per essere infine applicate. Il brainstorming si riferisce alla 3 e 4 fase e si compone di due momenti:  primo momento (3 fase): momento produttivo: dato un problema viene chiesto di proporre in relazione ad esso il maggior numero possibile di idee, non importa quanto adeguate alla soluzione.  Secondo momento (4 fase): momento valutativo: le idee proposte vengono giudicate e selezionate in base alla propria efficacia. N.B. Durante il brainstorming è importante che l’individuo rispetto il principio di differimento del giudizio: deve esprimersi liberamente: il concetto del brainstorming si basa sul fatto che quanto maggiore è la ricchezza e la varietà delle idee, tanto maggiore è la possibilità di trovare suggerimenti interessanti e nuovi.

ASSOCIAZIONI CREATIVE DI IDEE Mednick (1962): creatività: capacità di stabilire “associazioni remote”: mettere insieme in modo utile idee usualmente non collegate tra loro.

Weisberg: il soggetto creativo, di fronte al problema, cerca di recuperare informazioni dalla propria memoria per immaginare possibili soluzioni. In questo recupero gli elementi della situazione precedente ne richiamano di precedenti e questi ne richiamano altri ancora. Weisberg sottolinea il ruolo attivo del soggetto: le associazioni non sorgono spontaneamente, ma vengono cercate attivamente attingendo alla propria esperienza. Simonton: esistenza di “elementi mentali” che, combinandosi, danno luogo a configurazioni. Possono intervenire delle variazioni nel modo con cui gli elementi si combinano. Le variazioni creative dipendono dalla numerosità degli elementi mentali posseduti e dalla forza delle associazioni che si stabiliscono tra questi. Più sono gli elementi a disposizione, maggiore è la possibilità di compiere combinazioni; minore è la forza delle associazioni che collegano i vari elementi mentali e meno abituali, stereotipate e rigide sono le interconnessioni entro la struttura mentale dell’individuo, maggiore è la probabilità che si stabiliscano nuovi legami. Schank: di fronte a un dato stimolo la strategia più economica consiste nel trattarlo in modo non diverso da quello con cui si tratterebbe uno stimolo familiare. La creatività emerge quando, invece di cercare una spiegazione tipica per l’evento, si prende come punto di partenza un altro evento Prelevato da:

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simile perché conduca ad un altro genere di idee. Esistono varie tecniche per incrementare la creatività che si basano su principi di tipo associazionistico:  Metodo delle relazioni forzate: porre in relazione due elementi al fine di farne scaturire un terzo. Volendo ideare qualche metodo che faciliti la lettura stando sdraiati a letto, si mettono in rapporto i due termini: “leggere” e “letto”.  Analisi morfologica: scomporre il problema da risolvere nei suoi aspetti o punti principali. Successivamente questi elementi vengono combinati tra loro in modo causale, al fine di produrre associazioni che possono rivelarsi particolarmente utili. Problema: inventare un nuovo tipo di veicolo. Si può decidere di operare su due dimensioni: la modalità di alimentazione del veicolo e il mezzo lungo il quale esso deve viaggiare. Si può così costruire una matrice sui cui assi sono riportate le varie possibilità: si esaminano quindi tutte le possibili combinazioni e si scartano quelle che corrispondono a tipi di veicolo già esistenti e quelle irrealizzabili; le restanti potrebbero suggerire qualche utile idea.

PENSIERO PRODUTTIVO Creatività = talvolta sembra dipendere non dalla combinazione di singoli elementi, ma da un cambiamento nella visione complessiva della situazione. Gestalt: Pensiero riproduttivo: forme di pensiero cieche alla struttura che portano il soggetto a riprodurre meccanicamente procedimenti precedentemente appresi. Si limita alla registrazione, talvolta automatica, degli aspetti superficiali, senza una reale comprensione della struttura. Pensiero produttivo: il pensiero che porta individuare in ciò che è dato qualcosa di nuovo, che afferra il significato della situazione e lo riesce a impostare in nuovi termini. Il pensiero non è contraddistinto né dal procedere per tentativi né dalla riattivazione automatica di una risposta consolidata, ma dall’emissione istantanea di una nuova risposta a seguito di un “insight”: diviene immediatamente evidente qualche suo nuovo aspetto prima non avvertito (osservazioni di Kholer sugli scimpanzé). Ristrutturazione: questo tipo di pensiero permette di cogliere nuove proprietà degli elementi del problema, i quali vengono così pensati e utilizzati in nuovi ruoli, oppure in diversa prospettiva trasformazione del punto di vista a partire dal quale il problema è analizzato, scoperta di nuovi rapporti. Human Information Processing: nel pensiero vi sono, a volte, dei momenti critici, in cui si attuano delle svolte cognitive di tipo qualitativo che portano a comprendere la situazione in modo diverso. Ostacoli che si oppongono alla ristrutturazione: 1. Fissità: alcuni elementi del problema mostrano una certa resistenza alla trasformazione. a. Fissità funzionale: tendenza a impiegare gli elementi del problema secondo il loro uso comune (esempio candele e fimmiferi). 2. Meccanizzazione del pensiero: tendenza a ripetere la medesima strategia già attuata con successo nel passato. 3. Atteggiamento latente: una persona con un proprio modo di rispondere a una certa categoria di problemi, è portata a rispondere a un diverso genere di problemi con la stessa modalità. 4. Direzione: persistere in una strategia improduttiva. La direzione determina il modo di vedere il problema, stabilisce le organizzazione in cui si strutturano i vari elementi. 5. Fattori di ordine linguistico: certe espressioni verbali che compaiono nell’enunciato del problema che permettono una duplice interpretazione, tendono ad essere decodificate in un unico senso così da nascondere la soluzione.

INCUBAZIONE Incubazione: varie ricerche hanno dimostrato che l’emergere di idee innovative seguiva un periodo in cui vi era stato un abbandono della questione. Causa dell’incubazione: Prelevato da:

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Affaticamento: gli individui che possono avvalersi di un periodo di sosta si riposerebbero, così in seguito possono riprendere il problema con maggiore efficacia.  Riflessione: i soggetti si avvalgono del periodo di pausa per compiere ulteriori tentativi di soluzione. Il periodo di incubazione potrebbe anche aumentare la probabilità che si verifichino eventi esterni che potrebbero avvicinare alla soluzione. N.B. Affaticamento e riflessione sono opposti e sono due pensieri diversi.  Bransford e Stein: l’incubazione offre l’opportunità per acquisire nuove informazioni che potrebbero fungere da suggerimenti o indizi per nuove idee.  Dimenticanza direzioni improduttive: il periodo di incubazione serve per dimenticare queste direzioni precedentemente imboccate, riducendo la possibilità di insistere sulle stesse.  La mente continua a lavorare sul problema anche quando questo viene abbandonato apparentemente.  Posner: l’incubazione è la messa in atto di un piano di ricerca predisposto coscientemente ma poi realizzato senza che sia necessario che il soggetto vi presi un’attenzione vigile. 

PENSIERO E METACOGNIZIONE Bransford, Sherwood, Sturdevant: talvolta le difficoltà che si presentano nell’impostare e risolvere i problemi sorgono non perché non si conoscono le strategie, ma perché non si fa uso della conoscenza che si ha: occorre una competenza meta cognitiva. Nella mente:  Cognizione: primo livello di contenuti e di processi, in cui si trovano le operazioni per dedurre, prendere decisioni.  Metacognizione: livello superiore: consapevolezza e conoscenza che noi abbiamo di quanto avviene nella mente a livello inferiore. Non è, però, soltanto un insieme di opinioni che una persona nutre circa il lavoro della mente, ma è anche la possibilità di attingere a ciò che si sa della nostra mente, per controllare i propri processi di pensiero. Sternberg: le abilità collocate a livello di meta-componenti:  Saper definire la natura del problema o della situazione che si deve affrontare: è importante avvertire se il problema da affrontare deve essere risolto passo dopo passo, attraverso un avvicinamento progressivo all’obiettivo, oppure se è un problema che richiede un insight.  Saper selezionare le fasi necessarie per la soluzione  Saper selezionare la strategia pertinente  Saper selezionare la rappresentazione mentale adeguata delle informazioni  Saper distribuire le risorse intellettive  Saper verificare la soluzione. Altri elementi meta-cognitivi:  Valutazione della facilità o semplicità del compito  Stima del tempo  Impegno  Sforzo e carico mentale richiesto per l’elaborazione cognitiva  Riconoscimento delle potenziali fonti di difficoltà e di errore.  Rilevazione dei vantaggi e dei limiti connessi a certi tipi di materiali e di processi mentali  Esame delle risorse che sono a disposizione.  Essere coscienti delle proprie capacità, abitudini, preferenze, senso dei insicurezza o padronanza che suscitano certi compiti. N.B. Quanto più l’individuo è competente meta cognitivamente, tanto più riuscirà a risolvere compiti di ragionamento.

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Motivazione = forza che dirigono e sostengono il comportamento, rendendolo possibile. La motivazione è strettamente legata alle emozioni: anche le emozioni, infatti, hanno conseguenze importanti per l’azione umana. Emozione: diverse definizioni:  Emozioni sono delle motivazioni speciali.  Paul Ekman: carattere universale delle emozioni umane.  Darwin: l’espressione facciale delle emozioni ha un significato adattativo universale, in quanto comunica immediatamente ad altri individui.  Le emozioni hanno la funzione di amplificare le motivazioni.  Ross Buck: emozioni sono gli indicatori del “potenziale motivazionale”.

TEORIE DELL’ISTINTO Istinto = pattern (modelli) comportamentali innati, a carattere automatico ed involontario, innescati da stimoli specifici. Esempio dello spinarello di Tinbergen. I comportamenti istintivi sono fissi, non appresi, non modificabili dall’apprendimento e rigidi: l’individuo reagisce sempre allo stesso modo, in modo identico a tutti gli altri individui della sua specie. Questi comportamenti sono sensibili a stimoli precisi (stimoli-segnale) e necessitano che l’animale si trovi in un ben preciso stato fisiologico (soprattutto ormonale). Morris: anche nella nostra specie vi sono dei rituali di corteggiamento. Eibl-Eibesfeldt: ha osservato, in diverse popolazioni, dei comportamenti di corteggiamento molto simili, che egli ritiene innati. McDougall: padre fondatore della Psicologia sociale, ha cercato di estendere la nozione di istinto al comportamento umano sembra però inappropriato, anche se sembra che noi uomini abbiamo dei tipi di risposta innata: riflessi e espressioni facciali. Sociobiologia: si propone di spiegare il comportamento umano su base genetica, basandosi su un’idea diversa dell’evoluzione, secondo la quale la selezione naturale serve alla sopravvivenza del gruppo, anziché dell’individuo.

TEORIE DELLA RIDUZIONE DELLE PULSIONI Pulsioni primarie =bisogni organici innati che si manifestano come degli stati corporei spiacevoli che richideono, con maggiore o minore intensità e urgenza, di essere alleviati. Diversamente dagli istinti possono mostrare un gradi di variabilità interindividuale molto elevato e possono dar luogo a differenze sensibili anche nello stesso individuo in situazioni diverse. Teoria omeostatica – Cannon= tutte le pulsioni tenderebbero all’equilibrio. Teorie della riduzione delle pulsioni = il comportamento è guidato dalla necessità di mantenere il più possibile una situazione di equilibrio e cerca di riprodurlo in risposa ai cambiamenti imposti dall’ambiente. Quando l’equilibrio viene interrotto si genera una pulsione. Diversamente dalla teoria degli istinti, riconosce l’importanza dell’apprendimento. Le pulsioni diventano anzi fonte importante di apprendimento, dando luogo ai fenomeni di “rinforzo”. Prelevato da:

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Pulsioni possono essere:  Pulsioni primarie: fame, sete (cibo e acqua sono rinforzi primari per l’apprendimento)  Pulsioni secondarie: bisogno di denaro: sono inizialmente apprese ma successivamente funzionano esattamente come quelle primarie. N.B. Questa teoria non riesce però a spiegare tutti i comportamenti in quanto vi sono molte circostanze nelle quali gli individui sembrano motivati piuttosto dall’esigenza di rompere che da quella di ristabilire un equilibrio.

TEORIE DELL’AROUSAL E DELL’INCENTIVO Teoria dell’arousal = la motivazione non ha a che fare solo con la riduzione, ma anche con l’accrescimento e il controllo dell’attivazione. Arousal =livello generale di attivazione di diversi sistemi fisiologici che può essere rilevato attraverso l’attività elettrica del cervello, l’attività cardiaca e la tensione muscolare. Le persone sono motivate non soltanto ad abbassare l’arousal, ma a mantenerlo a livello ottimale. Hebb: il livello ottimale non è uguale per tutti. Gli impulsi afferenti (che vengono dall’esterno) svolgono due funzioni principali:  Via diretta: vanno direttamente alla corteccia cerebrale  no arousal  Seconda via: mantiene la corteccia in uno stato di attivazione. Vigilanza  arousal attivazione sistema reticolare. Zuckerman:  Sensation seeking: ricerca di sensazioni.  Scala per misurare le differenze tra gli individui circa i loro bisogni di stimolazione. Generalmente gli individui cercano di aumentare l’arousal quando questo è basso e di abbassarlo quando questo è alto.

Legge di Yerkes-Dodson. Relazione tra livello di arousal e prestazione in due diversi compiti cognitivi.

Un arousal moderato favorisce un buon livello di prestazione; livelli eccessivi sono dannosi (specialmente per quanto riguarda l’attività cognitiva). Teoria dell’incentivo = il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici. La valutazione degli incentivi (e quindi il loro potere incentivante) dipende dagli stati interni dell’individuo.

ALIMENTAZIONE Il controllo della fame dipende da più sistemi di informazione che provengono non solo dai recettori dello stomaco, ma anche dai recettori della bocca, del fegato e dell’ipotalamo. Questi segnali, però, non sempre sono sufficienti e non sempre l’informazione che proviene dal nostro stomaco è corretta. Janowitz: persone private dello stomaco possono sentire ugualmente fame. Noi riceviamo dei segnali precisi anche dal nostro sangue, il quale trasmette al cervello le informazioni relative alle necessità di nutrimento. Prelevato da:

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Controllo della fame: 



   

   

Cervello monitora: il livello di glucosio (controllando la quantità di insulina) degli acidi grassi e degli aminoacidi e controlla la colecistochinina (neurotrasmettitore rilasciato dal nostro cervello che genera sazietà o, quando è in eccesso, nausea) e leptina (sostanza che segnala anch’essa sazietà: quando manca la leptinaobesità). Ipotalamo: è situato al centro della porzione inferiore del cervello, sotto il talamo e sopra l’ipofisi e funge da collegamento tra SNC e sistema endocrino. Funziona in maniera automatica, controllando il SNA, il metabolismo dell’organismo, la fame, la sete, la regolazione della temperatura, le pulsioni sessuali e le reazioni di difesa; controlla il ciclo mestruale ed alcuni ritengono che contenga il “centro del piacere”; dirige la produzione ormonale dell’ipofisi. È particolarmente importante nel controllo della fame e della sazietà:  Nucleo ventro-mediale (Kent e Teitelbaum): la stimolazione elettrica di questo nucleo interrompe l’attività di nutrizione; se viene distrutto provoca una fame insaziabile.  Ipotalamo laterale: capacità di attivare il comportamento di nutrizione  la distruzione provoca assenza del comportamento nutritivo. Arteria ipotalamica: porta sangue ossigenato all’ipotalamo. Fascio nervoso mediano del pro-encefalo: conduce, con le sue fibre akke aree anteriori della corteccia cerebrale. Fornice: fascio di fibre nervose che porta messaggi dal sistema limbico. Nucleo centrale dell’ipotalamo: vi sono raggruppati i centri di controllo: o area posteriore: conserva le pulsioni sessualiconservazione della specie. o Area anteriore: controlla la regolazione della sete insieme ai nuclei sopraottici. o Nucleo preottico: controlla la temperatura interna. o Nucleo ventro-mediale: regola la pulsione di fame. o Nucleo dorso-mediale: controlla il comportamento aggressivo. o Area dorsale: il “centro del piacere”. Tratto mammillo-talamico: partecipa alla sintesi delle emozioni. Fascio longitudinale dorsale: porta al tronco encefalico i messaggi relativi ai processi digestivi. Sistema portale ipofisario: porta gli ormoni all’ipofisi anteriore. Peduncolo infundibolare: collega l’ipotesi al cervello.

Funzioni dell’ipotalamo

Teoria del punto di regolazione o set point = sembra che questi due centri interagiscano tra loro, equilibrandosi per mantenere un punto di riferimento nel peso corporeo. Gli individui normali mangerebbero fino a raggiungere il loro punto di regolazione. Alcuni malfunzionamenti legati a danni del nucleo ventro-mediale o dell’ipotalamo laterale portano ad alterazioni del comportamento.  Neurotrasmettitori:  Serotonina: tende a ridurre il consumo di carboidrati. Prelevato da:

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 Neuropeptide Y: spinge l’organismo ad assumere carboidrati. Fattori non biologici:  Gusto: mangiamo di più quando ci sono i cibi che ci piacciono.  Varietà: animali nutriti con un solo tipo di alimento mangiano di meno e un menù vario stimola l’assunzione di cibo.  Modo di presentazione del cibo: Petsum: “Non siamo noi che ci alimentiamo del cibo, ma il cibo che si alimenta di noi tramite la presentazione”.  Aspetti di natura culturale  Età: i bambini appaiono più diffidenti verso i cibi nuovi (da un punto di vista biologico questo viene associato all’autoprotezione).

I disturbi alimentari. Disturbi alimentari = comportamenti che si distaccano in misura notevole (in eccesso o in difetto) dalle richieste biologiche dell’organismo e dagli standard culturali. Questi disturbi possono essere associati a disturbi psicologici. Obesità: vi sono dei fattori predisponenti (genetica: geni Ob che rilasciano la leptina), fattori relativi al tipo di nutrizione e fattori psicologici (stress), Esternalità - Schachter: le persone obese mangiano di più perché sono relativamente insensibili agli stimoli interni, mentre sono molto più dipendenti dagli stimoli esterni (quantità di cibo offerta). Più che avere una gran fame, non riuscirebbero a resistere. N.B. L’esternalità potrebbe però essere un effetto e non una causa dell’obesità.

Teoria del punto di regolazione-Nisbett: l’organismo ha un proprio punto di regolazione del peso, da mantenere attraverso l’aumento o la diminuzione dell’attività metabolica e della fame. Nei ratti che hanno subito lesioni all’ipotalamo ventro-mediale (come nelle persone obese) il punto di regolazione del peso è più spostato verso un valore più alto del normale. Ricerche condotte su persone che seguivano una dieta (grasse o normali) erano al di sotto del loro punto di regolazione e sembravano in uno stato di deprivazione cronica di cibo. Le persone grasse non attendevano a una dieta erano esattamente come le persone normali che non attendevano alla linea. Le diete sono difficili e spesso faticose: essere a dieta provoca un senso di deprivazione e un’attività cognitiva esageratamente centrata sul cibo. Disturbi alimentari più noti: o Anoressia: disturbo più frequente tra le donne (95% dei pazienti) e gli adolescenti. Dà luogo ad una progressiva inappetenza, fino a raggiungere livelli di denutrizione patologica, arrivano tra il 4 e il 30% alla morte. Hanno spesso problemi di autopunitività, personalità eccessivamente perfezionistica. o Bulimia nervosa: alternanza di abbuffate e vomito (o assunzione di potenti lassativi) finalizzata all’eliminazione forzata del cibo. Ha conseguenze abbastanza gravi per la salute: disidratazione, disturbi intestinali, problemi dentari (per l’eccesso di acidi legati al vomito). Hanno spesso problemi di depressione, determinata da fattori biologici (livelli anormali di certi neurotrasmettitori, alterazioni dei meccanismi di sazietà) ma non è chiaro se la depressione è una causa o un effetto. Cause: rinforzo nella cultura contemporanea, fattori psicologici.

SESSUALITÀ Biologia della sessualità. Prelevato da:

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Gli studiosi hanno sempre discusso sulla biologicità del sesso e, nonostante l’apprendimento sicuramente abbia una componente essenziale, la componente biologica e ormonale è senz’altro essenziale. Ormoni: hanno un’importanza fondamentale nel desiderio e nell’attivazione sessuale. o Estrogeni: ormoni sessuali femminili o Androgeni: ormoni sessuali maschili: testosterone (l’androgeno più importante). Ciascun ormone sessuale è presente in entrambi i sessi, che differiscono tra di loro per la quantità. Effetti attivazionali: effetti transitori e legati all’intensità dei loro livelli. Aumento degli ormoni sessuali nella pubertà intensificazione desiderio sessuale. Effetti organizzatori: modellano in modo più stabile o permanente il modo con cui l’individuo risponde alle variazione dei livelli ormonali. Gli effetti di organizzazione si manifestano al momento della nascita, quando alcune aree specifiche del cervello sono modificate in senso maschile o femminile. Dimorfismo: differenziazione sessuale delle aree specifiche del cervello (area preottica mediale dell’ipotalamo: nucleo sessualmente dimorfico (nel ratto maschio è 5 volte più grande di quello della femmina). Le Vay: il nucleo sessualmente dimorfico nei maschi omosessuali è la metà rispetto a quello dei maschi eterosessuali. Le castrazioni chimiche di stupratori non eliminano il pericolo, in quanto il testosterone influenza il desiderio sessuale ma non elimina la possibilità di rispondere sessualmente in presenza di stimoli erotici. Kinsey (anni ’40-’50), Masters e Johnsson (metà anni’60): differenze nel ciclo della risposta sessuale nell’uomo e nella donna.

Percorso dello stimolo sessuale. 1. Inizio (stimolazione) 2. Arco riflesso: la risposta ad uno stimolo sessuale è un arco riflesso semplice che dipende dalla presenza degli ormoni sessuali (estrogeni e androgeni). Il pene o il clitoride risponde con turgore ed erezione. 3. Midollo spinale. 4. Vie sensoriali: lo stimolo sessuale sale anche verso il cervello. 5. Lo stimolo sessuale raggiunge il cervello (area ipotalamica) dove viene elaborato. Il contesto presente, le esperienze pregresse, i ricordi, i pensieri consci e inconsci, gli apprendimenti determinano la qualità della risposta: il tipo di reazione finale. 6. Vie motorie: le informazioni provenienti dal cervello vanno a rinforzare o inibire la risposta. 7. Conclusione (risposta): si verifica dietro stimolazione dei genitali. Esso può essere modificato (rinforzato o inibito) dall’elaborazione dello stimolo prodottasi a livello cerebrale.

Fisiologia dell’orgasmo: 1. riposo 2. eccitazione: il pene si congestiona e aumenta di volume; lo scroto si tende, sollevando i testicoli / le labbra inturgidite si separano, il clitoride si congestiona e diventa eretto. 3. plateau: il pene raggiunge le dimensioni massime /lubrificazione e dilatazione della vagina, le grandi labbra sono molto gonfie. 4. orgasmo: massima contrazione dell’uretra penica e delle ghiandole accessorie / l’utero è sollevato e le contrazioni si susseguono con frequenza simile a quella dell’orgasmo maschile. 5. fase di risoluzione. Uomo: dopo una fase di eccitazione segue una fase di plateau la quale, con la continuazione della stimolazione, giunge fino alla fase dell’orgasmo, che è molto breve e seguita da una risoluzione e un periodo più o meno lungo di insensibilità alla stimolazione sessuale (refrattario). Donna: il ciclo sessuale è più differenziato e presenta almeno tre differenti pattern: rapida ascesa verso l’orgasmo, fase di plateau continua che non raggiunge mai l’orgasmo, orgasmi multipli. Prelevato da:

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Psicologia della sessualità Il desiderio sessuale è influenzato molto anche da: o preoccupazioni troppo invadenti o stimolazione interferente (squillo telefonico) o attribuzioni che l’individuo (uomo o donna) dà alla propria attivazione sessuale Nell’uomo l’erezione può avere cause diverse (es. collera) ma un individuo, in presenza di uno stimolo adeguato, può scambiarlo per attrazione sessuale. Le persone hanno attività sessuali non soltanto per rispondere ad una eccitazione fisiologica ma spesso sono spinte da motivazioni psicologiche (affetto, ricerca di intimità, desiderio di avere un figlio, accondiscendenza). Stupri e violenze sessuali. Spesso i violentatori sono spinti da motivazioni superficiali (dimostrare la propria mascolinità) oppure da una sessualità aggressiva. Lu stupro è una manifestazione di aggressività, più che di sessualità e lo provano le numerose vicende di stupri nei periodi bellici.

Culture Nel passato si sono alternati momenti di grande libertà sessuale ed altri caratterizzati da una maggiore austerità, che si manifestava anche nell’abbigliamento. Le culture differiscono enormemente tra di loro per quanto riguarda il tipo di pratiche sessuali ritenute lecite o illecite e le norme che regolamentano gli approcci tra i sessi e i significati connessi alle attività sessuali. Anche nella stessa cultura vi possono essere differenti rappresentazioni: in relazione agli ambienti sociali, all’età, ai ruoli sessuali codificati (sono profondamente cambiati con lo sviluppo economico, con il crescente inserimento professionale della donna e con lo sviluppo delle tecniche di controllo delle nascite).

Orientamento sessuale. L’attività sessuale nella nostra specie è prevalentemente eterosessuale: l’eterosessualità è anche sostenuta culturalmente: anche nel mondo animale vi sono esempi di una socializzazione differenziata ai ruoli sessuali Scimmie Rhesus: le madri trattengono le femmine vicine a sé tre volte più dei figli maschi. Omosessualità: negli USA tra il 6 e il 20% delle persone è omosessuale. Vi sono anche persone che, pur avendo un orientamento prevalentemente eterosessuale, oppure omosessuale, occasionalmente hanno comportamenti di orientamento diverso. Nella cultura occidentale l’omosessualità è stata a lungo considerata come una manifestazione di anormalità: una forma di malattia mentale. 1973: l’omosessualità fu cancellata dai disturbi mentali del DSM.

Biologia dell’omosessualità: o Ricerche condotte su coppie di fratelli, di cui almeno uno omosessuale, differenziati secondo il grado di somiglianza genetica. o Relativa insensibilità dell’omosessualità a trattamenti di tipo psichiatrico. o Scarsa influenza riscontrata sull’orientamento sessuale di bambini affidati a persone omosessuali. o Ricerche su donne esposte a dosi rilevanti di androgeni durante lo sviluppo fetale  maggiore probabilità di diventare lesbiche. Tra eterosessuali e omosessuali vi sono differenze nella regione ipotalamica e nella commissione anteriore.

ATTACCAMENTO E AMORE Bowly: sentirsi in contatto (anche fisico) con un individuo amato (madre o altri adulti) è un bisogno fondamentale: bisogno di attaccamento. Il bisogno di attaccamento è molto importante dal punto di vista evoluzionistico in quanto si lega alla funzione di protezione dai predatori. Prelevato da:

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Margaret e Harry Harlow: piccoli di scimmie Rhesus hanno assolutamente bisogno del contatto materno e preferiscono madri artificiali ricoperte di panno che diano loro calore e morbidezza: queste madri rappresentano una “base sicura” per l’esplorazione dell’ambiente condizione fondamentale per lo sviluppo cognitivo. 7-9 mesi: o ansia dell’estraneo: si mostrano attaccati in modo sempre più esclusivo alla madre o alla persona che si è presa cura di loro o ansia da separazione: si mostrano ansiosi quando queste si separano. Molti bambini mostrano l’ansia di separazione anche fino al terzo anno di vita: quest’ansia è molto intensa e prolungata nei bambini delle zone rurali africane, ma è molto minore nei bambini allevati nei kibbutz israeliani dove le figure di attaccamento sono di più. Mary Aisworth (collabora con Bowly): nota la monotropia: l’attaccamento è diretto verso uno o pochissimi erogatori di cure. Test della Strange Situation: condotto su bambini di 1-2 anni in 8 episodi, misura l’abilità del bambino a esplorare un ambiente nuovo, cercare conforto dalla madre o da un estraneo. 1. madre e bambino entrano in una stanza sconosciuta; 2. la madre si siede, il bambino può esplorare liberamente; 3. un estraneo entra nella stanza; 4. la madre lascia la stanza; 5. La madre ritorna, l’estraneo se ne va; 6. la madre esce di nuovo; 7. l’estraneo entra; 8. la madre torna e l’estraneo va via. Diverse categorie di attaccamento: • Attaccamento sicuro: il bambino è tranquillo in presenza della madre, esplora; è preoccupato durante la sua assenza, accogliente e confortato dalla madre al ritorno. A lungo termine: confidenza in sé stesso, capacità di legami affettivi. • Attaccamento insicuro/ansioso (evitante e distaccato): il bambino ignora la madre alla riunione, si fa confortare dall’estraneo; è meno preoccupato alla separazione, meno entusiasta alla riunione; eccesso di esplorazione. A lungo termine: evita intimità, mancanza di fiducia n egli altri, sfiducia nelle relazioni. • Attaccamento insicuro/ambivalente: il bambino dimostra tensione verso la madre (cerca la prossimità e poi respinge), scarsa esplorazione; possibile rabbia (rabbia disfunzionale) e aggressività verso la madre al ritorno. A lungo termine: desiderio e paura dell’intimità, estrema dipendenza-estrema indipendenza; sfiducia negli altri e nelle relazioni. N.B. Ansioso-evitante e ansioso-ambivalente = distorsioni del funzionamento ottimale del sistema di attaccamento (comunque preferibili ad una totale mancanza di attaccamento). L’attaccamento ansioso-ambivalente, infatti, potrebbe essere una risposta adattativa ad un particolare contesto (es. una madre imprevedibile); il rischio è, però, che il comportamento si trasformi in uno schema comportamentale rigido, non flessibile-----disadattamento sociale e affettivo. Categorie in base alla risposta materna: 1. Madri reattive = madre è affettuosa e calorosa, riflette l’entusiasmo del bambino al contatto, la risposta è rapida e positiva (nutre a domanda)-------- bambini sicuri 2. Madri non reattive = madre disinteressata, distratta, respingente, con rabbia contenuta--bambini insicuri-ansiosi 3. Madre incoerente = da risposte imprevedibili e non appropriate ai bisogni del bambino---bambini insicuri-ambivalenti. Prelevato da:

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N.B. cruciale è il primo anno di vita, ma l’attaccamento si organizza intorno ad un’unica figura nella seconda metà del primo anno di vita. Modelli operativi interni = modelli che l’individuo si forma, sia di se stesso che delle figure affettivi e che lo guideranno nell’interpretazione delle informazioni che provengono dal mondo esterno e nelle sue azioni in situazioni nuove.

Philip Shaver e Cindy Hazan: amore adulto collegata all’attaccamento: o Persone evitanti: lunghi periodi di separazione dalla madre e famigliari affettivamente freddi. o Persone con amore insicuro, ansioso-ambivalente: amanti impazienti e vivono con la preoccupazione costante di perdere il partner. I partner di queste persone riferiscono rapporti meno soddisfacenti e più conflittuali rispetto a quelli con le persone sicure. o Persone con amore sicuro: non sono gelose e preoccupate di essere abbandonate. Sternberg: tre ingredienti fondamentali dell’amore: 1. passione (eccitamento sessuale e euforia) 2. intimità (comprensione e affetto) 3. Impegno (reciprocità e lealtà interpersonale). Amore romantico: passione + intimità, senza impegno Amore di compartecipazione: intimità + impegno, senza passione. N.B. Un amore completo dovrebbe comprendere tutti e tre i tipi di amore.

Lee: sei tipi differenti di amore: 1. 2. 3. 4. 5. 6.

ludus (amore giocoso) eros (amore appassionato) storgè (amore affettuoso, basato sull’amicizia) mania (amore possessivo, dipendente, folle) pragma (amore pragmatico, basato sulla razionalità) agàpe (amore disinteressato).

Hendrick: Love Attitudes Scale: consente di rilevare le rappresentazioni e gli atteggiamenti che le persone hanno relativamente all’amore. Uomini e donne possono differire, in rapporto a diversi ruoli e copioni (script) sessuali, nel modo in cui esprimono l’amore o nei significati attribuiti, ad esempio, all’intimità o alla reciprocità. Una relazione valida si basa su una dialettica tra prossimità e lontananza (come nel dilemma dei porcospini di Shopenauer: troppo vicini si pungono, troppo lontani hanno freddo).

MOTIVAZIONI COGNITIVE E SOCIALI Scopi: Il comportamento umano non è rigidamente fissato nell’istinto, ma è orientato verso il raggiungimento degli scopi: gli scopi non possono essere quasi mai completamente isolati gli uni dagli altri. Normalmente ci proponiamo più scopi: alcuni possono far parte di un’unica catena, rispetto alla quale gli scopi più concreti rappresentano delle condizioni per raggiungerne altri, più generali ed astratti, posti gerarchicamente più in alto; in altri casi gli scopi possono esser parte di catene diverse ed entrare in conflitto. Gli scopi che ci poniamo dipendono quasi sempre dal comportamento concorrenti di altre persone: difetti o errori di cooperazione possono influire in misura notevole sulla possibilità di conseguire oppure no i nostri scopi. Aspirazioni: hanno un ruolo essenziale perché influenzano le aspettative circa i risultati del nostro comportamento. La misura in cui le nostre aspettative saranno confermate o meno costituisce un feedback importante per modificare il nostro comportamento e renderlo più efficace. Questo

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meccanismo di feedback non ha però sempre effetti positivi rispetto allo scopo. Se lo scarto dal risultato atteso è troppo alto, è possibile che si perda fiducia nella possibilità di raggiungerlo. Weiner: Ha analizzato le componenti cognitive dei processi di attribuzione della causalità del successo e dell’insuccesso: o cause interne o cause esterne o cause stabili o cause instabili o cause controllabili o cause incontrollabili N.B. Impegno: causa interva instabile controllabile. Abilità: causa interna stabile, non controllabile. Mantenimento motivazione: mantenere alta la motivazione nonostante gli insuccessi: altro aspetto importante, oltre agli scopi, della motivazione.

Deci e Ryan: o motivazioni intrinseche. o motivazioni estrinseche. Lepper, Greene, Nisbett: esperimenti sui bambini: premiare delle attività che si svolgono spontaneamente con piacere (intrinsecamente motivate) come il disegnare, produce come effetto una diminuzione dell’interesse per quelle attività e la tendenza a impegnar visi, da allora in poi, solo per avere i premi.

MOTIVAZIONE AL SUCCESSO McClelland: lavori effettuati con la tecnica del TAT (Thematic Apperception Test): presentazione di una serie di figure piuttosto ambigue a partire dalle quali i soggetti devono costruire una storia  un ruolo importante del “bisogno di successo” (di realizzazione). Alcuni soggetti (quelli con bisogno di successo elevato) costruivano storie nelle quali il protagonista si impegnava duramente per conseguire qualche importante scopo professionale. Queste persone sono più preoccupate riguardo alle loro prestazioni e al loro livello di abilità e tendono a scegliere compiti in cui i risultati possono essere chiaramente individuati e preferirebbero il parere, anche critico, di persone competenti; elaborano piani più dettagliati per il futuro e preferiscono affrontare i problemi senza chiedere aiuto e si mostrano capaci di posticipare le ricompense attese. Secondo McClelland il bisogno di successo si forma già durante l’infnazia, in rapporto allo stile educativo ricevuto. Rosen e D’Andrade: i genitori di ragazzi con alto bisogno di realizzazione li incoraggiavano quando affrontavano compiti più difficili, li lodavano quando riuscivano a compierli, ma li stimolavano anche a cercare soluzioni diverse, ma tuttavia, il bisogno di successo resta suscettibile anche da adulti. Anche l’ambiente culturale può favorire o scoraggiare lo sviluppo di una motivazione al successo; mentre le culture dei paesi occidentali fortemente industrializzati tendono a incentivare lo sviluppo del bisogno di successo, altre culture (come quelle orientali) incoraggiano altri tipi di motivazione. Generalmente le donne mostrano punteggi più bassi di motivazione al successo e sembrano farsi più scoraggiare dagli insuccessi; inoltre il successo professionale delle donne non è particolarmente incoraggiato.

Motivazioni sul lavoro. Agli inizi della seconda rivoluzione industriale, quando cominciarono a formarsi grandi organizzazioni con molti lavoratori dipendenti e l’organizzazione scientifica del lavoro, i dirigenti diedero grande importanza al modo con cui veniva determinata la paga dei lavoratori. Apparve subito che la motivazione e la soddisfazione sul lavoro non dipendono solo da una paga adeguata, ma anche da: interesse del compito, riconoscimento individuale, bisogni di appartenenza al gruppo, rapporti umani soddisfacenti.

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Anche per le motivazioni sul lavoro vi sono differenze culturali molto grandi: nei paesi a cultura occidentale i rapporti fortemente gerarchizzati sono meno accetti. Molto importante è anche il clima emotivo dell’organizzazione. Generalmente i lavoratori, nella nostra cultura, sembrano apprezzare stili direzionali non eccessivamente autoritari, nei quali le persone percepiscono di poter avere delle opportunità di carriera.

SENSO DI AUTOEFFICACIA Dweck: gli scopi possono essere: o scopi di prestazione: performance: ricerca di un giudizio favorevole sulla propria competenza. o Scopi di apprendimento (learning): ricerca di un aumento della propria competenza. Diener e Dweck: due principali modelli cognitivo-motivazionali di risposta: 1. Helpless (senza aiuto): rifiuto delle difficoltà e deterioramento della performance di fronte agli ostacoli: se una persona è focalizzata su scopi di performance, essa diviene vulnerabile al modello helpless. 2. Mastery oriented: orientato alla competenza: cercare situazioni impegnative e mantenere una tensione dopo il fallimento: focalizzata su scopi di apprendimento. Una focalizzazione su scopi di apprendimento rende le persone meno ansiose e lo svolgimento del compito come più piacevole. Bandura: senso di autoefficacia (self efficacy) è molto importante non solo nella prevenzione di diversi disturbi psicologici, ma anche nella capacità di fronteggiare le malattie croniche. L’autoefficacia si sviluppa innanzitutto con l’esperienza di acquisire nuove abilità e di superare degli ostacoli: anche qualche insuccesso è necessario. Importanti sono gli esempi forniti dai modelli di persone percepite come simili a sé che hanno avuto successo ed hanno superato delle difficoltà. Anche l’incoraggiamento da parte di altri e la consapevolezza di aver fatto quello che si doveva fare è importante ed è importante anche la percezione di potersi mantenere calmi e rilassati (stato di attivazione fisiologica può essere considerato non tanto come un impedimento, quanto come energia utile a raggiungere uno scopo).

RAPPORTI TRA MOTIVI Motivazione alla chiusura (need for closure)- Kruglanski e Webster: bisogno di una conoscenza definita e non ambigua. McClelland: o Motivazione al successo o Motivazione al potere: desiderio di dominare e influenzare le altre persone o Motivazione all’affiliazione: stare insieme con altre persone e adeguarsi alle richieste del gruppo. Motivazione all’appartenenza -Gardner, Pickett, Brewer: ricerca dell’aggregazione ad un gruppo del quale ci si sente membri. Alcuni autori usano il termine “need” (bisogno) nel senso tradizionale di “deficit organico”, altri lo intendono nel senso di “tendenza motivata” o “propensione” ad un determinato scopo personale. La piramide di Maslow: o Bisogni di autorealizzazione (essere capaci di esplorare e sviluppare relazioni con altri—motivazioni intrinseche) o Bisogni di stima e considerazione o Bisogni affettivi e di appartenenza (far parte di gruppi sociali e valide relazioni affettive) Prelevato da:

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o Bisogni di sicurezza (attaccamento) o Bisogni biologici (cibo, acqua, aria, assenza di dolore, temperatura)

EMOZIONE Darwin 1872: “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”: avviò per la prima volta uno studio scientifico delle emozioni, con metodologie basate sull’osservazione oggettiva del comportamento. Freud: gli affetti erano al centro della sua teoria: gli affetti sono all’origine dei sintomi descritti dai pazienti, intesi come modi, pur se inappropriati, di proteggersi dalla sofferenza emotiva. Mette in luce la natura ambivalenza delle emozioni. William James: “Che cos’è l’emozione?”: rovesciava una tradizione (emozioni come meri stati di coscienza), affermando, invece, che esse erano piuttosto la percezione dell’attivazione corporea innescata da stimoli ambientali a carattere emotivo. Utilizzando principalmente argomentazioni di tipo introspettivo, James pose le basi per le teorie fisiologiche delle emozioni.

CLASSIFICAZIONE DELLE EMOZIONI Teoria evoluzionistica: le emozioni sono relativamente poche (6 o al massimo 10) e costituiscono delle entità discrete, distinte e ben specifiche a livello espressivo, fisiologico, motivazionale ed esperienziale; sono innate e quindi uguali in tutte le culture. Felicità, tristezza, paura e rabbia sono sempre presenti in tutte le tipologie: in alcune si aggiungono il disgusto e la sorpresa. Emozioni derivate: tutti gli altri nomi di emozioni: dipendono dalla cultura e dall’apprendimento. Johnson-Laird: emozioni complesse (non derivate) = emozioni non di base aggiungono a quelle di base un contenuto proposizionale (valutazione di sé in uno specifico contesto situazionale). La paura è sempre la paura, ed è la stessa sia che io abbia da sostenere un esame difficile, sia che debba affrontare una persona aggressiva. L’imbarazzo richiede invece che io sia preoccupato per la mia immagine. Teorie costruzionistiche: le emozioni non hanno un’origine biologica, ma culturale: dipendono sostanzialmente dal linguaggio e dalla struttura dei valori di una data società; sono infinite. Davitz: nel Roget’s Thesaurus ci sono 400 parole che si riferiscono ad emozioni nella lingua inglese. Hallpike: assenza generale di termini che si riferiscono a stati interiori negli Ommura Papuasiani. Teoria cognitivista: le emozioni sono connesse all’appraisal: diverse emozioni sono connesse a differenti profili valutativi. I nomi delle emozioni possono rispecchiare non solo l’appraisal particolare di quell’emozione, ma anche le sue caratteristiche fisiologiche e le tendenze all’azione che essa esprime. A differenza della teoria funzionalista e darwinista, la teoria cognitivista attribuisce una maggiore importanza ai piani e agli scopi più che ai comportamenti e alle disposizioni). N.B. Emozioni: risposte adattative dell’organismo alle sollecitazioni ambientali. Scherer: le emozioni sono una conquista evolutiva di eccezionale importanza e sono un’interfaccia potente tra organismo e ambiente: le emozioni valutano gli eventi ambientali per deciderne la rilevanza e i possibili effetti per gli scopi e gli interessi dell’individuo e per predisporlo a reagire. Negli animali superiori e nell’uomo l’adattamento non può più essere affidato a semplici reazioni riflesse o istintuali: le emozioni operano una dissociazione tra stimoli e risposte, a partire dalla quale la condotta dell’organismo diventa più lenta, ma più varia e flessibile. I maggiori vantaggi sono una breve latenza tra stimolo-risposta e una risposta appropriata può essere preparata velocemente. Le emozioni sono come generate da un processo incessante di valutazione degli stimoli: attraverso la successione in sequenza di una molteplicità di controlli (check). Ogni Prelevato da:

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controllo produce, a sua volta dei cambiamenti corrispondenti nei vari sottosistemi che definiscono le reazioni emozionali.

Funzioni delle emozioni: Capacità di determinare rapidamente cambiamenti fisiologici necessari per sostenere le risposte adattive dell’organismo  Preparazione all’azione  Funzioni sociali e interpersonali (possibilità di coordinarsi e di cooperare comunicando attraverso l’espressione)  Funzione di modificazione dell’attività cognitiva (interruzione dell’esecuzione dei piani in corso e riorientamento della condotta). Johnson, Laird e Oatley: le emozioni si differenziano tra loro in rapporto a scopi o funzioni specifici e possono essere viste come segnali non proposizionali (privi di contenuto informativo) capaci di “settare” rapidamente l’individuo in un dato modo, rendendolo pronto a reagire. Oatley: le emozioni hanno un ruolo fondamentale nell’adattamento della nostra specie. Fodor: le emozioni sono anche potenti mezzi di comunicazione, sia interna all’individuo (richiesta dalla struttura modulare della mente) sia esterna (per assicurare la coordinazione con gli altri). 

TEORIE DELLE EMOZIONI Tutti gli studiosi sono d’accordo sul fatto che le emozioni sono dei sistemi complessi, comprendenti:  Vissuti soggettivi (feeling): caratterizzati da una particolare valenza 8positiva o negativa) dell’emozione;  Valutazione cognitiva di ciò che origina l’emozione: stima l’impatto rispetto ai nostri scopi o interessi;  Cambiamenti fisici: accompagnano le reazioni emotive e preparano fisiologicamente l’organismo a reagire all’evento; Sono caratterizzate da:  Espressioni facciali: segnaliamo le nostre emozioni e le nostre intenzioni agli altri e attivano sempre anche una tendenza all’azione (ci spinge a reagire in un certo modo all’evento). N.B. Spesso il modo più sicuro per individuare un’emozione è rappresentato proprio dalle modificazioni del pensiero che essa produce.

Teorie fisiologiche. Teoria periferica delle emozioni: le emozioni sono costituite dalla percezione delle reazioni viscerali e neurovegetative del nostro organismo a stimoli ambientali di tipo emotivo: quando nell’ambiente si verifica un avvenimento emotivamente rilevante questo provoca in modo diretto un’attivazione fisiologica (arousal) a livello periferico, la cui percezione, da parte dell’individuo, dà luogo all’esperienza ermotiva. Teoria del feedback facciale e teoria vascolare dell’efferenza emotiva: collegate alla teoria di James. Teoria centrale –Cannon: contrapposta alla teoria di James: i centri di attivazione, controllo e regolazione delle emozioni sono localizzati a livello centrale, nella regione talamica  attivazione delle risposte espressivo-motorie del sistema viscerale e creazione dell’esperienza soggettiva. Circuito di Papez-Papez: centri di elaborazione e controllo delle emozioni: ipotalamo, talamo, giro cingolato, ippocampo. Circuito limbico: circuito di Papez + amigdala, nucleo del setto, gangli di base.

Ipotesi periferiche della generazione dell’emozione. Prelevato da:

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Teoria del feeback facciale: le espressioni facciali forniscono informazioni propriocettive, motorie, cutanee e vascolari, capaci di influenzare il processo emotivo. Ekman, Levenson, Friesen: invitando i soggetti a contrarre i muscoli facciali di sei emozioni fondamentali senza il supporto di altri stimoli, questi soggetti potevano riattivare il pattern neurologico specifico delle varie emozioni, dando luogo a modificazioni di tipo fisiologico (autonomino) e a risposte soggettive coerenti con le emozioni di riferimento evocate. Tomkins: il feedback facciale aumenta l’intensità dell’emozione. Zajonc: il ritmo e la modalità della respirazione raffreddano la regione talamica, mantenendo gli stati emotivi positivi legati alla sensazione di benessere (yoga).

Teorie evoluzionistiche Le emozioni hanno un ruolo importante nell’adattamento della specie all’ambiente (funzione sia comunicativa, sia di preparazione ad azioni utili per la sopravvivenza). Teorie delle emozioni di base o fondamentali: numero relativamente ristretto di emozioni. Ekman: 6 emozioni: rabbia, disgusto, paura, tristezza, felicità e sorpresa. Esse hanno queste caratteristiche:  Distinti antecedenti universali  Distinti segnali (espressioni) universali  Diversità negli indici fisiologici  Coerenza tra le risposte emotive  Rapida insorgenza  Breve durata  Valutazione automatica  Attivazione spontanea  Continuità tra il comportamento espressivo umano e quello animale N.B. Non di tutti questi punti si ha una dimostrazione certa! Ma questo non ha impedito alla teoria di Ekman di diventare una teoria standard.

EMOZIONI UNIVERSALI Ekman: emozioni fondamentali sono controllate da programmi neuronali innati, uguali in tutta la specie. Le differenze sono soltanto dovute alle regole di esibizione: regole con le quali le culture stesso codificano il modo cui le emozioni debbano venire espresse. Janet Briggs: la rabbia è praticamente sconosciuta presso gli esquimesi Inuit, mentre è invece ritenuta perfettamente legittima in Albania come risposta ad un insulto. Gli Ifaluk hanno un “song”: è simile ma non può essere assimilato alla rabbia: all’origine del song, come per la rabbia, vi è la violazione di qualche norma interpersonale e il timore di una ritorsione, nel caso il torto compiuto non sia riparato, esso sia riferisce soltanto a situazioni in cui una ritorsione o un’aggressione appaiono giustificate ed inoltre a contesti collettivi più che individuali. In altre culture ci sono emozioni a noi del tutto sconosciute: “AMAE” giapponese =sorta di dipendenza. Oatley: le emozioni sono in parte biologiche e in parte sociali.

Teorie costruzionistiche Armon-Jones: le emozioni non sono entità biologiche determinate, ma sono costruzioni sociali. Harre: le emozioni possono essere comprese solo in rapporto all’ordine culturale. Nella nostra cultura vi sono emozioni (es. accidia) che un tempo erano ritenute fondamentali ma che poi sono scomparse o hanno cambiato profondamente di significato. Averill: l’amore romantico, l’amore puro e altruistico, caratteristico della nostra cultura, non è universale. Prelevato da:

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Wierzbicka: ha denunciato l’etnocentrismo degli studiosi che cercano le proprie emozioni nelle altre culture.

Teorie cognitive. La cognizione ha un ruolo essenziale nella generazione delle emozioni. Zajonc: sostenitore della priorità dello stimolo: lo stimolo, immediatamente dopo la registrazione sensoriale, dà luogo ad una risposta affettiva. Lazarus e Frijda: teoria cognitiva: un pur minima elaborazione della valenza e della rilevanza per gli scopi è indispensabile perché si produca una reazione emotiva. Agli inizi degli anni ’80 ci fu la polemica tra Zajonc e Lazaru. N.B. Le teorie cognitive sono generalmente indifferenti e spesso contrarie all’idea delle emozioni universali e innate. Approccio dimensionale: diverse emozioni possono essere differenziate tra di loro in base al profilo emergente della combinazione di alcune dimensioni valutative o di “appraisal” (novità, piacevolezza, controllabilità dell’evento da cui ha origine l’emozione). Teoria dell’appraisal: le emozioni sono adattative; non sono semplici risposte agli stimoli situazionali ma rispecchiano le implicazioni personali. Per questo motivo le reazioni emozionali di individui diversi alla stessa situazione non sono identiche. L’emozione è attivata dalla valutazione cognitiva, da parte dell’individuo, degli effetti che le circostanze produrranno sul suo benessere. Il risultato di questa organizzazione modella e organizza le altre componenti della riposta emozionale (espressione facciale, attività autonomica, tendenze d’azione, vissuto oggettivo col quale l’individuo diventa cosciente della sua emozione).

Teorie psicoanalitiche Teorie recenti: hanno cercato di integrarsi maggiormente nella cultura più strettamente psicologica, in particolare nella psicologia dello sviluppo, favorendo il confronto con le altre teorie psicologiche (specialmente quelle cognitiviste), con le neuroscienze, e con la teoria evoluzionista. Freud aveva già preso questi aspetti ma non li aveva accuratamente sviluppati. Pur considerando ancora fondamentale l’analisi delle emozioni nel contesto psicopatologico (e principalmente dell’ansia e dell’angoscia), la psicoanalisi ha notevolmente allargato il proprio orizzonte, includendo le emozioni quotidiane (analisi della solitudine, della nostalgia, dell’invidia e della gelosia). L’orientamento psicoanalitico non vede le emozioni come fenomeni di breve durata, legati a situazioni ambientali transitorie, ma come a fenomeni di lunga durata, con un’origine essenzialmente interna, pur se in un contesto interpersonale.

BIOLOGIA DELLE EMOZIONI William James: emozioni non sono altro che la percezione dei nostri cambiamenti fisiologici. Rimè, Philippot, Cisamolo: le persone non sono affatto accurate nel riportare le proprie esperienze fisiologiche e spesso commettono errori. SNA: invia informazioni tra il cervello e molti altri organi (cuore, vasi sanguigni, sistema digestivo, respiratorio..), modulandone l’attività. SNA coordina l’attività dei nostro organi in modo da rendere disponibili al copro le risorse di cui ha bisogno. SNA si divide in:  SN SIMPATICO: stimola le funzioni che producono energia (ventilazione polmonare nella respirazione, frequenza cardiaca, afflusso di sangue ai muscoli). Le fibre del simpatico vanno dal midollo spinale e si collegano a una catena parallela di gangli innervano i diversi organi. La stimolazione dell’ipotalamo posteriore e mediale produce in modo predominante risposte del sistema simpatico  liberazione norepinefrina ed epinefrina nel sangue  attivazione organi controllati dal sistema simpatico incremento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna.

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SN PARASIMPATICO: svolge una funzione “antagonista”: cerca di risparmiare energia. Le fibre del parasimpatico vanno dal midollo spinale agli organi  riduzione dell’attività muscolare. La stimolazione dell’ipotalamo anteriore e laterale provoca risposte di tipo parasimpatico  rilascio acetilcolina risposte di nutrimento, protezione e crescita.

Ekman-Levenson-Friesen: 4 diverse misure fisiologiche in rapporto alle 6 emozioni:  Bassa frequenza cardiaca: associata a felicità, sorpresa, disgusto.  Alta frequenza cardiaca: collera, paura, tristezza. La collera ha la più alta temperatura cutanea. AMIGDALA Sindrome di Kluver e Bucy: una scimmia a cui furono distrutte con una lobectomia la corteccia temporale e le strutture sottostanti (ippocampo e amigdala) mostrava comportamenti emotivi del tutto inappropriati. Downer: ruolo predominante dell’amigdala: tagliò il corpo calloso e il chiasma ottico di una scimmia ed eseguì un’ablazione unilaterale dell’amigdala. Mostrando stimoli visivi a contenuto emotivo all’occhio ipsilaterale (dello stesso lato della lesione) l’animale restava indifferente verso lo stimolo. Gli stessi stimoli inviati all’occhio contro laterale (lato opposto) producevano reazioni emotive. La stimolazione diretta dell’amigdala provoca risposte del tutto simili a quelle emotive normali. Jones e Mishkin: asportazione chirurgica dell’amigdala in soggetti animali: essi non erano più in grado di formare associazioni tra stimolo e rinforzo, perché non riuscivano più ad attribuire una valenza positiva o negativa ai rinforzi. L’amigdala, infatti, riceve informazioni da: 1. vari nuclei talamici: la via talamica (via bassa, più veloce) invia un’informazione molto povera dello stimolo, ma sufficiente a iniziare una risposta emotiva indifferenziata, non necessariamente compatibile con la situazione stimolo. 2. proiezioni corticali, provenienti dalle aree sensoriali primarie e dalle aree associative secondarie: via corticale (via alta): invia un’informazione molto più dettagliata dallo stimolo e serve al soggetto per preparare una risposta adeguata ad esso. La possibilità per l’amigdala di elaborare il significato emotivo dello stimolo per via talamica, indipendentemente dalla via corticale, consente di spiegare come sia possibile processare la valenza emozionale di uno stimolo (cioè la sua qualità positiva o negativa) in assenza di un riconoscimento dei attributi percettivi e semantici.

La doppia via di LeDoux

Kunst-Wilson-Zajone: mostrarono degli stimoli in visione subliminale; quelli presentati in questa forma, successivamente venivano preferiti agli altri. Ladavas: presentarono in visione subliminale degli stimoli a carattere emotigeno (di tipo sessuale oppure disgustosi) e neutri (oggetti o paesaggi), seguiti da uno stimolo mascherante: i soggetti sembravano riconoscere con le loro risposte fisiologiche, il significato emotivo dello stimolo, senza essere in grado di riconoscere gli attributi. Prelevato da:

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MODELLO COGNITIVO – ATTIVAZIONALE (Schachter-Singer) Il modello conciliava la teoria di James con quella di Cannon. Modello cognitivo-attivazionale: perché si verifichi un’emozione, occorrono due ingredienti:  Attivazione fisiologica (arousal): rappresentata come indifferenziata (la monetina che si usa nei juke-box, che vale per tutte le canzoni)  Cognizioni: conoscenza di tipo causale, che consente di attribuire al tipo di situazione nella quale si trova l’individuo, lo stato di attivazione fisiologica da lui vissuta. E’ specifica della situazione, rende diverse le varie esperienze emozionali (diversi tasti del juke-box): se sono fisiologicamente attivato e mi trovo a un funerale, attribuirò la mia attivazione alla tristezza. Esperimento: Gruppo sperimentale: fu praticata una iniezione di epinefrina, uno stimolante del SNA.  Gruppo dei disinformati: fu detto che la sostanza iniettata era priva di effetti.  Gruppo degli informati: fu detto che la sostanza avrebbe causato dei sintomi fisici. Gruppi di controllo: fu iniettata una sostanza priva di effetti fisiologici. A tutti i soggetti fu detto che si trattava di un esperimento sulla visione e che la sostanza iniettata era una vitamina che aumentava l’acuità visiva. Mentre in una sala i soggetti attendevano a una prova visiva, un complice degli sperimentatori entrava nella stanza esibendo:  Euforia  Aggressività. Conclusioni: soltanto i disinformati erano contagiati dall’emozione del complice l’attivazione fisiologica è “generica” e può essere piegata indifferentemente verso qualsiasi emozione, a seconda delle trappole cognitive rese disponibili. La dimostrazione sperimentale ha dato luogo a molti tentativi di replica ed ha ispirato molti filoni di ricerca: attribuzione erronea, transfer di eccitazione. Non tutte le previsioni furono confermate: i risultati, pur se coerenti con la direzione attesa, non discriminarono sufficientemente le condizioni sperimentali da quelle di controllo.

ESPRESSIONE E DECODIFICA DELLE EMOZIONI Le mimiche facciali mostrano un ruolo predominante dell’emisfero destro: maggiore espressività della metà sinistra del volto. Non è chiaro se l’emisfero destro possiede strutture nervose che intervengono nell’organizzazione dei movimenti facciali oppure se possiede solo delle strutture nervose specializzate per tutti i movimenti discreti e non sequenziali del volto, mentre l’emisfero sinistro controlla i movimenti complessi di tipo sequenziali. Probabilmente la capacità di riconoscere le varie espressioni emozionali è organizzata in forma modulare:  Dissociabilità delle espressioni facciali dal vissuto emotivo: i pazienti che soffrono di morbo di Parkinson provano vissuti emotivi del tutto identici a quelli delle persone normali, ma hanno volti amimici, al contrario vi sono pazienti che soffrono di alcuni tipi di epilessia che scoppiano in improvvise crisi di riso o di pianto in assenza di vissuti emotivi congrui.  Indipendenza del riconoscimento dell’identità del volto da quella del significato emotivo dell’espressione: pazienti prosopragnostici non sono in grado di riconoscere il volto di una persona ma riconoscono le singole espressioni emotive. Zurif e Mendelson: quando la prosodia veicola informazioni linguistiche (lessicali e sintattiche) vi è una attivazione emisferica destra prevalente. Si può ipotizzare l’esistenza di sistemi specifici addetti all’elaborazione dell’informazione emotiva (instabile e fortemente variante) e sistemi indipendenti dall’elaborazione delle caratteristiche dei volti e della prosodia di tipo linguistico (stabili e invarianti). Ekman e Friesen: metodo “Facial Action Coding System” (FACS): per studiare scientificamente le espressioni del nostro volto.

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Inserendo degli elettrodi per stimolare i vari muscoli del viso, si può osservare in che modo ciascun muscolo contribuisce a modificare l’espressione. Hanno identificato 40 diverse “unità d’azione facciale” capaci di produrre modificazioni ben visibili nel volto. Notando l’identificazione da parte di soggetti di USA, Giappone, Argentina, Cile, Brasile, delle espressioni facciali prototipiche, Ekman e Friesen pensarono di dimostrare il carattere universale e innato delle espressioni emotive. Eikman e Friesen fecero studi anche su popolazioni preletterate (i Fore della Nuova Guinea). Critiche:  Metodologia: le ricerche usavano compiti di riconoscimento a scelta forzata.  Artificialità della procedura: espressioni facciali prototipiche, statiche e decontestualizzate. Display rules (regole di esibizione) = alla base delle emozioni discrete ci sono dei programmi neuro-motori innati, i quali fanno si che le espressioni delle diverse emozioni siano le stesse nelle diverse culture, ma dal momento che è possibile un certo grado di controllo volontario su di esse, le emozioni possono essere variamente modulate (intensificate o inibite, neutralizzate o mascherate) secondo regole prescritte culturalmente. Le regole di esibizione possono spiegare la rarità di osservazione delle espressioni prototipiche nelle situazione naturali, nelle quali sono assai più frequenti espressioni facciali di tipo misto. Russel e Fernandez-Dols: universalità minimale: carattere di universalità è relativo solo ai movimenti facciali. N.B. Meno studiate delle espressioni facciali sono le modificazioni del respiro, della fonazione e dell’articolazione dei suoni, la voce. Scherer, Anolli e Ciceri: pur nella grande variabilità delle condizioni di encoding (codifica), ci sono alcune specificità importanti dei profili fonatori delle varie emozioni: la collera è un aumento dell’intensità della voce, della presenza (o anche assenza) di paure molto brevi e di un ritmo elevato; la tristezza è caratterizzata da un tono mediamente basso, volume basso, pause lunghe e rallentate.

APPRAISAL Psicologi cognitivisti: le emozioni sono attivate da una valutazione cognitiva. Magda Arnold: appraisal = elemento che:  Completa la percezione, permettendo di valutare in modo immediato, automatico e quasi involontario la presenza o l’assenza di un oggetto, o evento, e il suo carattere di positività o negatività.  Produce la tendenza a fare qualcosa  modificazioni anche importanti degli stati dell’organismo. Il sistema descritto da Arnold si basa su tre dimensioni dicotomiche: 1. presenza o assenza dell’oggetto 2. Natura benefica o nociva 3. proprietà di facilitare il raggiungimento di uno scopo positivo o l’evitamento di qualcosa di dannoso. Oggi gli studiosi sono più interessati a specificare la natura dei processi cognitivi implicai nella valutazione dell’infomrazione emotivamente rilevate. Teoria dell’appraisal = le emozioni sono fenomeni adattativi; esse adempiono a delle precise funzioni auto relative:  regolare l’attenzione  regolare le motivazione: attraverso le attività fisiologiche associate e le tendenze all’azione, la riposta emozionale prepara l’individuo e lo motiva ad affrontare l’evento.

Processamento schematico e concettuale 1. Percezione dello stimolo (vista di un serpente) 2. Appraisal schematico (attivazione neurovegetativa: es. priming):  Rapido  Inconscio Prelevato da:

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richiede poche risorse attentive rigido si basa su qualsiasi tipo di informazione visiva, uditiva, olfattiva. Può influenzare i processi emozionali a un livello più basso di quello concettuale, ma una volta attivato, può propagarsi al livello superiore e irrompere nella coscienza. 3. Appraisal concettuale (attribuzione dello stato di attivazione alla presenza del serpente):  flessibile  lento  conscio  quasi del tutto verbale 4. Emozione di paura: se in presenza del serpente avverto uno stato di eccitazione, allora, per quel che so e che mi ricordo dei serpenti, devo essere impaurito. N.B. I modelli più recenti dell’appraisal ritengono che l’elaborazione cognitiva debba essere concepita in modo più complesso. Leventhal e Scherer: tre differenti livelli di elaborazione: 1. Livello senso motorio: più primitivo, formato da una serie di programmi espressivo-motori innati e di sistemi cerebrali di attivazione, che possono essere stimolati simultaneamente da vari fattori (volontà, varietà di stimoli esterni, cambiamenti interni di stato). 2. Livello schematico: attivato in modo automatico ed è costituito dalle associazioni apprese nel corso dell’età neonatale. 3. Livello concettuale: conscio, ha un formato proposizionale (ha un contenuto) e include i ricordi concernenti emozioni, aspettative, scopi e piani coscienti. Questi tre livelli operano ampiamente in parallelo (simultaneamente) nelle persone adulte, e a ciascuno di essi c’è una serie di controlli valutativi (evacuative check) sugli stimoli, volti a verificarne la novità, la piacevolezza da tutti questi controlli deriverebbero le emozioni.    

REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI: COPING E EMOTION WORK Emozioni: segnali che indicano la necessità di prepararsi all’azione per far fronte ad un’emergenza. Esse comprendono anche delle tendenze comportamentali (preparazioni all’azione-Frijda): impulsi ad agire. Le emozioni possono essere inibite, qualora le valutazioni di controllo che l’individuo compie abbiano esito negativo. Coping - Lazarus= fronteggiamento: molto applicato in psicoterapia: indicare carattere attivo delle risposte emotive. Lazarus e Folkman: diverse strategie di coping: 1. Accettare il confronto: mantengo le mie posizioni e combatto per ottenere ciò che voglio 2. Prendere le distanze. 3. Autocontrollarsi: cerco di tenere per me i miei sentimenti. 4. Cercare il sostegno sociale 5. Accettare la responsabilità: faccio autocritica 6. Fuggire ed evitare 7. Pianificare la soluzione: so che facendo determinate cose posso uscirne e raddoppio i miei sforzi per realizzare un piano di soluzione. 8. Rivalutarsi positivamente: cerco di ritrovare fiducia e una buona stima di me. Emotion work –Hochschild: tutte quelle strategie con le quali gli individui si sforzano di assumere l’atteggiamento emotivo più appropriato alle diverse situazioni sociali. Questo può essere notevolmente affinato con l’esperienza. L’emotion work si applica non solo al dominio dell’espressione, ma anche all’esperienza interna dell’individuo. Prelevato da:

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Feeling rules: regole dei sentimenti  altra definizione per emotion work Feeling management: dominio esercitato sui sentimenti.  altra definizione per emotion work Caso: caso degli assistenti di volo che devono essere e mostrarsi disponibili e gentili anche quando il loro umore li porterebbe ad altre modalità.

EMOZIONI E MEMORIA Prestiamo più attenzione agli stimoli salienti emotivamente  miglior ricordo. Le emozioni sono attivate dal prodursi di discrepanze tra un dato evento e le aspettative  le emozioni mobilizzano risorse attentive verso le caratteristiche dell’evento che appaiono significative o predittive della discrepanza, allo scopo di poter intraprendere le azioni necessarie per superarla. N.B. L’emozione non agisce indistintamente su tutto lo stimolo ma soltanto sugli aspetti centrali dell’evento. Easterbrook: un elevato arousal provoca un restringimento dell’attenzione e una minore sensibilità agli altri stimoli presenti nell’ambiente. Questo protegge l’individuo dall’informazione distraente, ma può comportare l’esclusione di una parte rilevante dell’informazione. Christianson e Loftus: i dettagli centrali sono meglio ricordati nelle situazioni emozionali, mentre quelli periferici sono peggio ricordati in confronto con le corrispondenti condizioni emotivamente neutrali. L’informazione emotiva è elaborata almeno inizialmente a livello automatico e inconscio difficoltà di esprimere verbalmente le stesse emozioni. Bower: “Modello generale dei rapporti tra affetto e cognizione” – “Associative Network Model”: le emozioni sono i nodi centrali di una rete associativa, connessi alle:  Idee collegate  Eventi con la stessa valenza  Attività neurovegetativa  Pattern specifici di reazioni muscolari ed espressive. Quando vengono appresi dei nuovi stimoli, essi vegnono associati ai nodi attivati in quel momento. Dopo, gli stimoli appresi in un particolare stato affettivo sono collegati al corrispettivo nodo affettivo. Quando in seguito viene stimolato un nodo emotivo, l’attivazione si diffonde lungo le diverse diramazioni, accrescendo l’attivazione di tutti gli altri nodi connessi al nodo emotivo attivato. L’attivazione di un nodo fino ad una certa soglia determina la consapevolezza del materiale che vi è rappresentato. Effetto di stato-dipendenza: accoppiamento dell’emozione o del mood, al momento dell’apprendimento (encoding) a quello del recupero. Effetto di congruenza: corrispondenza tra la valenza affettiva dello stimolo al momento in cui ha agito e lo stato affettivo al momento del recupero. Modelli alternativi di spiegazione degli effetti di congruenza. Mathew e MacLeod: il riferimento all’interesse attivo (piuttosto che la mera valenza emotiva) determinano l’elaborazione e quindi l’allocazione delle risorse attenzionali.

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