Massimo FERRARI, Cassirer, Natorp e L'immagine Di Platone

April 7, 2023 | Author: Anonymous | Category: N/A
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MASSIMO FERRARI

Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone

1. Platone a Marburgo: la tradizione dell’idealismo critico In una lettera del 13 dicembre 1902 Ernst Cassirer ringraziava il suo maestro Paul Natorp per il «bel regalo»  che gli aveva fatto inviandogli la Platons Ideenlehre, di cui egli aveva subito iniziato la lettura concentrandosi sulla parte conclusiva dedicata ai rapporti tra Cassirer Platone 1. Non e Aristotele era certo la prima volta che aveva occasione di confrontarsi approfonditamente con il Platone natorpiano. Già negli anni della formazione marburghese Cassirer aveva seguito le lezioni sulla filosofia antica e i seminari su Platone tenuti da Natorp (ma pure da Hermann Cohen); e il 17 luglio 1899, in occasione del cosiddetto rigorosum  (l’esame orale che accompagna la discussione della dissertazione finale), proprio Natorp aveva interrogato Cassirer per saggiarne la conoscenza del pensiero greco, dagli eleati ad Aristotele2. Non diversamente da quanto avverrà con altri esponenti di rilievo della scuola di Marburgo (come Nicolai Hartmann), anche nell’apprendistato filosofico di Cassirer l’interesse per la filosofia antica, e soprattutto per la teoria platonica delle idee, nasce dunque a stretto contatto con l’interpretazione di Platone inaugurata dal sag1

Il testo della lettera di Cassirer è pubblicato in appendice al nostro libro  Il giovane Cassirer e la scuola di Marburgo, Milano, F. Angeli, 1988, pp. 297-98. 2 Cfr.  Il giovane Cassirer e la scuola di Marburgo, cit., pp. 126-27 e 129. RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCVI, n. 3, dicembre 2005

 

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gio di Cohen su Platons Ideenlehre und die Mathematik  (1878) e culminata poi nel grande libro di Natorp, forse l’opera che meglio riassume – nella sua unilateralità, ma pure nel fascino che resiste a distanza di un secolo – l’orientamento storico-filosofico della più agguerrita «scuola» di pensiero della Germania guglielmina3. Negli anni del proprio esordio filosofico Cassirer mostrava in effetti un debito profondo verso il Platone neokantiano: un debito destinato a lasciare tracce consistenti anche negli sviluppi successivi del suo pensiero, ma che non sempre è stato colto nella sua importanza al di là del carattere frammentario dei molti interventi dedicati alla filosofia platonica nell’arco di oltre quarant’anni4. In realtà, prima ancora dell’interpretazione della filosofia platonica, Cassirer condivideva con Cohen e Natorp la concezione tipicamente marburghese della storia dell’idealismo critico, che culmina certamente con 3

Un’esauriente esposizione dell’interpretazione marburghese di Platone si deve a K.-H. Lembeck, Platon in Marburg. Platonrezeption und Philosophiegeschichtsphilosophie bei Cohen und Natorp, Würzburg, Königshausen & Neumann, 1994. Si vedano inoltre A. Laks, Platon entre Cohen et Natorp: aspects de l’interprétation néokantienne des idées platoniciennes, in  L’école  L ’école de Marbourg, a cura di F. Capeillères e J. Kahn, «Cahiers de philosophie politique et juridique», n. 26, Caen, Presses Universitaires de Caen, 1994, pp. 15-53  15-53  (ripreso, per la parte su Cohen, nel saggio  Avant Natorp. L’interprétation des idées platoniciennes chez H. Cohen , nel volume

 Images de Platon et lectures de ses oeuvres. Les interprétations de Platon à travers les siècles, a cura di A. Neschke-Hentschke, Louvain-Paris, Peeters, 1997, pp. 339-61), e H. Holzhey, Platon im Neukantianismus, in Platon in der abendländischen Geistesgeschichte, a cura di T. Kobusch e B. Mojsisch,

Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1997, pp. 226-40. Importante è ora lo studio di  J. Servois, Paul Natorp et la théorie platonicienne des idées, Lille, Presses Universitaires du Septentrion, 2004. 4 Un inventario di alcuni di questi interventi si deve allo studio, peraltro insufficiente, di N.  Janz, Cassirer, double lecteur de Platon? L’historien de la philosophie et l’épistemologie, nel volume  Images de Platon et lectures de ses oeuvres, cit., pp. 417-33. Si può ricordare che ancora nel suo ultimo libro Cassirer si sofferma ampiamente su Platone, sul Platone «politico», per contestarne l’immagine di padre del totalitarismo o – per dirla con Karl Popper – di nemico della «società aperta» (cfr. E. Cassirer, The Myth New Haven – London, Yale University Press, 1946, Longanesi, pp. 61-77, trad. di ,C. Pellizzi con il titolo  Il , Milano, of theit.State mito dello stato 1950, pp. 78-122).

 

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Kant, ma che conosce due tappe intermedie in Cartesio e Leibniz e trova il suo autentico inizio appunto in Platone. Natorp aveva formulato con una certa enfasi una siffatta convinzione nelle pagine di prefazione al suo libro, affermando che l’idealismo di Platone è «spontaneo (urwüchsig) e per così dire autoctono»: il che comporta, secondo Natorp, che l’opera di Platone possa essere considerata la migliore «introduzione all’idealismo»  e sia degna di essere celebrata come l’«atto di nascita dell’idealismo nella storia dell’umanità» 5. La continuità della linea che da Platone arriva a Kant è del resto al centro della ricostruzione della tradizione della filosofia che ha alimentato la consapevolezza storica del neokantismo marburghese già a partire dalle indagini su Kant di Cohen6; e si tratta di un aspetto prontamente recepito anche dal giovane Cassirer nella monografia sul «sistema» di Leibniz, considerato comequest’ultimo anello indispensabile – insieme a Platone e Descartes, oggetto, a sua volta, della dissertazione portata a termine nel 1899 – della «preistoria della critica della ragione»7. Una delle implicazioni più rilevanti di questa tesi storico-sistematica consiste nella visione, che Cassirer condivide con Natorp, secondo la quale la storia della filosofia dall’antichità a Kant può essere letta attraverso la «gigantomachia» tra Platone e Aristotele, ovvero attraverso la contrapposizione tra la «filosofia critica»  del primo e «

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il dogmatismo   del secondo, quasi si trattasse di due figure fenomenologiche della storia dello spirito. Proprio P. Natorp, Platos Ideenlehre. Eine Einführung in den Idealismus, 2a  ed. riveduta e accresciuta, Leipzig, Meiner, 1921, rist. Hamburg, Meiner, 1994, pp. VIII-IX. 6 Cfr. H. Cohen,  Kants Theorie der Erfahrung, 2a  ed. rielaborata, Berlin, Dümmler, 1885, rist. in Werke, a cura dell’Hermann-Cohen-Archiv, vol. I/1, Hildesheim, Olms, 1987, pp. 1-110 (sulla «fondazione della critica della conoscenza» in Platone cfr. pp. 13-25). 7 Cfr. E. Cassirer,  Leibniz’ System in seinen wissenschaftlichen Grundlagen, Marburg, Elwert, 1902, rist. in Gesammelte Werke. Hamburger Ausgabe, vol. I, a cura di M. Simon, Hamburg, Meiner, 1998, pp. X  e 3, trad. it. di G.A. De Toni con il titolo Cartesio e Leibniz, Roma-Bari, Laterza, 1986, pp. VIII  e 3.  5

 

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nelle sezioni del libro su Platone che Cassirer aveva letto con tanto interesse nel dicembre 1902, Natorp aveva rivolto un’ampia attenzione a questa  pars destruens  della sua interpretazione: impiegando ripetutamente il termine «dogmatismo» per definire la posizione di Aristotele nei confronti di Platone, Natorp si era impegnato a mostrare come la filosofia aristotelica non fosse stata minimanente in grado di comprendere l’idealismo platonico e avesse in tal modo commesso un fatale errore. L’ingenuo «assolutismo» di Aristotele, in altre parole, aveva del tutto disconosciuto la natura della legge  come metodo ideale su cui si fonda il processo della conoscenza scientifica, e al tempo stesso si era limitato a concepire gli oggetti della conoscenza come semplicemente dati , del tutto indipendenti dal procedimento della loro «generazione» (Erzeugung) in virtù delle funzioni pure del pensiero. Per Natorp critica della teoria delle idee costituiva la la prova più aristotelica evidente del sostanziale «sensualismo»  che contraddistingue la filosofia aristotelica e che la pone in «contrasto radicale»  con l’idealismo di Platone. Mentre Platone concepisce la validità  dell’idea come ipotesi che rende possibile la fondazione dell’esperienza, Aristotele cade invece – secondo Natorp – in una visione ingenua del concetto, che attribuisce all’astrazione la capacità di esaurire il dato anziché formarlo geneticamente8. Aristotele, insomma, può essere caratterizzato «

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come colui che rifuggedella dallaconoscenza, giustificazione concetti fondamentali che èlogica invece  dei al centro della teoria platonica delle idee 9. In questa sede non si tratta di discutere la plausibilità delle tesi di Natorp, quanto piuttosto di registrarne l’incidenza sul «primo» Cassirer. Di particolare interesCfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 384-88. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 395. Per parte sua già Cohen aveva insistito sui limiti insuperabili del punto di vista «evoluzionistico» e «sensualistico» di Aristotele, fondato sulla biologia e ignaro del ruolo centrale che la matematica assume nella filosofia di Platone (cfr.  Kants Theorie der Erfahrung, cit., pp. 25-31). 8

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se è in questo senso la breve esposizione dello sviluppo della filosofia antica che Cassirer inserisce nel 1906 nell’introduzione al primo volume dell’Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit , ma che nella successiva edizione dell’opera (1910-1911) verrà omessa e che, a quanto ci risulta, non è più stata ristampata. Cassirer sostiene qui che la teoria della conoscenza di Aristotele si fonda sull’assunzione in base alla quale «le cose [possiedono] un’esistenza esterna e autonoma»10; non diversamente da Natorp, anche Cassirer rimprovera dunque ad Aristotele il «dogmatismo» che lo conduce a concepire gli strumenti concettuali della conoscenza come «potenze reali»  incapaci – a dispetto del ruolo autonomo attribuito alla logica formale – di risolvere il problema del rapporto che intercorre tra la materia della conoscenza e la forma della conoscenza11. Si sarebbe di pensare osservazionineocritiche siano tentati riportabili a una che sortaqueste di «ortodossia» kantiana del giovane Cassirer; ma in realtà si tratta di un tema destinato a rivestire un ruolo importante anche nella riflessione successiva, come si può vedere dalla cricritica svolta in  Substanzbegriff und Funktionsbegriff   della teoria dell’astrazione concettuale che comporta la messa in questione dei concetti-genere della tradizione aristotelica12. Il primato della relazione rispetto agli elementi della relazione costituisce invece, per Cassirer, il punto decisivo di teoria funzionale concetti, cheuna storicamente trova idella suoi formazione antesignani dei in Platone, Descartes, Leibniz e Kant: in opposizione – anE. Cassirer,  Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit , Berlin, Bruno Cassirer, vol. I, 1906, p. 45. 11 E. Cassirer,  Das Erkenntnisproblem in der Philosohie und Wissenschaft der neueren Zeit , vol. I, cit., pp. 44, 46. 12 Cfr. E. Cassirer,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff. Untersuchungen über die Grundfragen der Erkenntniskritik, Berlin, Bruno Cassirer, 1910, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1994, pp. 4-11, trad. it. di E. Arnaud con il titolo  Sostanza e funzione. Ricerche sui problemi fondamentali della critica della conoscenza, Firenze, La Nuova Italia, 1999, pp. 10-16. 10

 

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cora una volta – all’impostazione del problema della conoscenza tipica di Aristotele13. La valutazione teorica è in tal modo anche un criterio di selezione storica, che conferma la validità della «linea» Platone-Kant e riprende quanto Cassirer aveva già avuto modo di sottolineare nel  Leibniz’ System, dove il rapporto tra logica e matematica in Leibniz era stato presentato come l’esempio più positivo della funzione dell’idea in quanto ipotesi e metodo di fondazione: tanto che Leibniz appariva, agli occhi di Cassirer, come «la mediazione ideale tra Platone e Kant»14. In pieno accordo con Natorp15, si tratta per Cassirer (ma in realtà non solo per il giovane Cassirer) della fondamentale «condizionatezza del reale tramite l’ideale», e più specificamente della trasformazione della logica «da scienza delle “forme del pensiero”»  in una «scienza della conoscenza degli oggetti»: è questo il marchio del «platonismo» Leibniz, che fa di lui caratteristico l’autentico padre dell’idealismo dicritico moderno, vale a dire dell’idealismo che si fonda sul ruolo centrale della matematica come «mediazione tra i principi ideali e la realtà della natura»  sulla scorta della funzione dell’ipotesi in quanto «garanzia e della certezza del pensiero». Ma come sarebbe possibile un siffatto idealismo, sembra chiedersi Cassirer in piena fedeltà ai suoi maestri marburghesi, se non vi fosse alle sue origini l’idealismo «autoctono» di Platone16? Si veda su questo punto E. Cassirer,  Aristoteles und Kant , «KantStudien», XVI, 1911, pp. 431-47, specialmente pp. 431-33. 14   E. Cassirer,  Leibniz’ System, cit., p. 111, trad. it. cit., p. 90. 15 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 439. 16  Cfr.  Leibniz’ Szystem, cit., pp. 111-13, trad. it. cit., pp. 89-91, con il richiamo al luogo classico del Fedone  platonico (100a-1001e) sempre presente ai neokantiani di Marburgo. Sullo sfondo fondamentalmente platonico del pensiero leibniziano si veda pure E. Cassirer, Einleitung, in G.W. Leibniz, Neue Abhandlungen über den menschlichen Verstand , a cura di E. Cassirer, Hamburg, Meiner, 1915, pp. IX-XIV, XVI, nonché E. Cassirer,  Die  platonische Renaissance in England und die Schule von Cambridge, Leipzig, Teubner, 1932, pp. 108-9, trad. it. di R. Salvini con il titolo  La rinascenza  platonica in Inghilterra e la scuola di Cambridge, Firenze, La Nuova Italia, 1947, pp. 108-9. 13

 

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2. Platone tra Natorp e Cassirer  Dobbiamo così ritornare all’interpretazione della teoria platonica delle idee che è al centro dell’elaborazione teorica e dell’indagine storica del neokantismo di Marburgo. Come si è detto, alle origini di questa interpretazione si colloca il saggio di Cohen, Platons Ideenlehre und die Mathematik, in cui vengono formulate per la prima volta le celebri tesi relative al puro statuto di «validità (Geltung)»  dell’idea platonica e, soprattutto, al suo qualificarsi come ipotesi, come «pungolo ( Stachel   Stachel ) della critica gnoseologica (erkenntnistheoretischer Kritik)», e infine come autentico «luogo di nascita» dell’a  priori 17. Con ciò Cohen non intendeva tanto identificare l’idea con l’ipotesi scientifica (come spesso gli è stato rimproverato), quanto individuare nel procedimento matematico formulazione dell’ipotesi metodo in base al qualedella è possibile mediare tra loro ilil dominio dell’intelligibile e quello del sensibile, mettendo a punto un modello epistemologico di fondazione dell’esperienza attraverso le forme pure del pensiero. Una volta ricoriconosciuta «la sorprendente affinità di Platone con Kant» nell’intendere il rapporto tra sensibilità e pensiero grazie al medium  della matematica, Cohen si impegna pertanto nella direzione di un’audace correzione platonica dell’impostazione critica di Kant (e implicitamente della maniera cui Kant distanze dalle idee platonichein nella Criticaaveva dellapreso ragionlepura )18. «Come idea

Cfr. H. Cohen, Platons Ideenlehre und die Mathematik, Marburg, Elwert, 1878, poi in  Schriften zur Philosophie und Zeitgeschichte, a cura di A. Görland e E. Cassirer, Berlin, Akademie Verlag, 1928, vol. I, pp. 33666. Sul Platone coheniano cfr. A. Poma,  La filosofia critica di Hermann Cohen, Milano, Mursia, 1988, pp. 32-48; P. Schultess, Platon: Geburtstätte des Cohenschen Apriori?, in Philosophisches Denken – Politisches Wirken. Hermann-Cohen-Kolloquium Marburg 1992, a cura di R. Brandt e F. Orlik, Hildesheim-Zürich-New York, Olms, 1993, pp. 55-75; A. Laks, Platon 17 

, cit., pp. 32-40; e infine K.-H. Lembeck, Platon in entre Cohen Natorp  Marburg , cit.,etpp. 80-100. 18 Cfr. H. Cohen,  Kants Theorie der Erfahrung, cit., pp. 19-21.

 

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– scrive Cohen nel suo stile poco accattivante – viene concepito solo ciò che si può pensare come presupposto sufficiente della legalità dell’essere, e tale presupposto può acquisire la sua feconda esistenza solo nel collegamento metodico dei pensieri e ne è la loro radice» 19. Per parte sua, nella Platons Ideenlehre  del 1903 Natorp dava a questa immagine della teoria platonica delle idee il sostegno di un’ampia ricerca testuale e la sviluppava in una versione ancora più radicale di quanto non l’avesse presentata Cohen. Come avrebbe osservato Martin Heidegger subito dopo la morte di Natorp, «ciò che contraddistingue quest’opera è il livello della comprensione filosofica a cui essa aspira e che sviluppa con un’unilateralità straordinaria. Questa “unilateralità” non è però da intendersi come una pecca, bensì è precisamente la prova dell’intensità con cui essa procede»20. Prendendo le mosse dalla lettura dell’idea comedei ipotesi Natorp sviluppa un’interpretazione complessiva dialoghi platonici, ma al tempo stesso delinea i tratti fondamentali della propria posizione teoretica intrecciandola con un sotterraneo confronto con la  Logik der reinen Erkenntnis  di Cohen, vale a dire con la questione – decisiva per la scuola di Marburgo nei primi anni del Novecento – dello statuto dell’«origine» del pensiero puro e della struttura categoriale in cui si articola la sua attiH. Cohen, Platons Ideenlehre und die Mathematik, cit., p. 362. Su questo passo e sulle sue implicazioni per il successivo sviluppo della «logica della conoscenza» di Cohen nel senso dell’«assenza di un fondamento metafisico del pensiero puro» cfr. H. Holzhey, Platon im Neukantianismus, cit., pp. 233-35. Sull’idea platonica come «fondazione» (Grundlegung  o ipotesi) anziché come «fondamento» cfr. anche H. Cohen,  Kants Theorie der Erfahrung, cit., p. 22. A. Laks, in Platon entre Cohen et Natorp, cit., p. 39, muove invece a Cohen l’obiezione standard : «l’interpretazione [coheniana] sembra sacrificare non solo l’oggettività dell’idea platonica, ma la sua immutabilità: l’ipotesi scientifica nell’accezione di Cohen è in effetti per definizione rivedibile in funzione dei dati presi in considerazione e dell’evoluzione dei quadri di riferimento teorici». 20  M. Heidegger, Platons Sophistes  (Marburger Vorlesung Wintersemester 1924/25), in Gesamtausgabe, vol. XIX, a cura di I. Schüßler, Frankfurt a. M., Klostermann, 1992, p. 1. 19 

 

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vità generatrice entro il processo della conoscenza, al di là del dualismo kantiano tra sensibilità e intelletto ormai risolto a tutto vantaggio della spontaneità di quest’ultimo21. Da un lato Natorp sottolinea dunque che l’idea è ipotesi nel senso che il principio della conoscenza non è mai empirico, ma puramente logico; l’idea come ipotesi si qualifica come la fondazione metodica nei confronti dell’esperienza sempre mutevole e mai conclusa: «i “fatti” stessi sono giustificati come veri solo tramite la fondazione nelle posizioni fondamentali [del pensiero], nei “principi” logici»22. Dall’altro lato Natorp si preoccupa di svolgere, partendo da questo «dogma» marburghese, una teoria del pensiero puro che si fonda sulla dialettica platonica per mettere a fuoco la natura del pensiero in quanto attività del puro «porre» ( Setzen), ossia – a differenza dell’«origine» nell’accezione di Cohen – come compagine di relazioni che sipuro. fondano sull’«unità sintetica originaria» del pensiero Attraverso i dialoghi platonici Natorp dà così voce alla sua propria filosofia, «traducendo» Platone nel linguaggio marburghese e, per converso, conferendo al neokantismo un volto che evoevoca quello di Platone. Per Natorp, in particolare, si tratta di porre al centro l’infinito processo di determinazione dell’oggetto della conoscenza attraverso le funzioni legali del pensiero nel suo incessante movimento23; e la base di una tale impostazione sembra a Natorp presente nel , in cuimoderna Platonesulla avrebbe gettatologica una luce sorpren Sofista dentemente continuità del pensiero, sulla sua articolazione categoriale e infine sul «rapporto delle pure determinazioni ideali con la x  della conoscenza»24. Nonostante la sua perizia filologica e un’esemplare

  Si veda la recensione rimasta inedita della  Logik der reinen Erkenntnis  di Cohen che Natorp compose nel 1902, pubblicata per la prima volta in H. Holzhey, Cohen und Natorp, vol. II:  Der Marburger Neukantianismus in Quellen, Basel-Stuttgart, Schwabe & Co., 1986, pp. 5-40. 22   P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 154. 23  P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 407. 24 P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 281-99. 21

 

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capacità di seguire il pensiero di Platone in tutte le più sottili distinzioni, l’intenzione di Natorp non è dunque quella di scrivere un’opera dotta su Platone, e nemmeno di leggere Platone come se già fosse Kant, quanto quella di mettere a punto la struttura teorica di quell’attività «generatrice» del pensiero che è al centro della sua filosofia della conoscenza e che troverà la sua espressione più compiuta, dopo la discussione critica della  Logik  di Cohen, nel volume  Die logischen Grundlagen der exakten Wissenschaften  del 191025. Questa  immagine di Platone ha esercitato un’influenza profonda anche su Cassirer26, ed è divenuta una sorta di filtro attraverso il quale può essere illuminata l’evoluzione del problema della conoscenza nell’età moderna, secondo quanto aveva già suggerito Cohen sostenendo che «per la prima volta nella storia, la teoria platonica delle 27. Del resto l’utiidee pone il »  problema della conoscenza lizzazione del platonismo come categoria storico-epistemologica, già presente nel  Leibniz’ System, documenta al

  Questo aspetto è ben messo in luce da  J. Servois, Paul Natorp et la théorie platonicienne des Idées, cit., pp. 15-16, 67-71. 26 Cfr. ad esempio la Philosophie der symbolischen Formen, vol. III: Phänomenologie der Erkenntnis, Berlin, Bruno Cassirer, 1929, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1990, pp. 355-58, trad. it. di E. Arnaud con il titolo Filosofia delle forme simboliche, vol. III: Fenomenologia della conoscenza, Firenze, La Nuova Italia, 1966, tomo 2, pp. 34-37. 25

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H. Cohen, Platons Ideenlehre und die Mathematik, cit., p. 336. Si veda in tal senso quanto Cassirer scrive a proposito del Fedone  platonico nella sezione dell’Erkenntnisproblem  dedicata a Marsilio Ficino: «Il Fedone  contiene la più profonda e insieme la più vasta fondazione logica  della teoria delle idee che Platone abbia mai formulato. Per la prima volta il “pensiero puro” viene riconosciuto nella sua autonomia e nella sua forza e viene separato da tutte le altre istanze psicologiche. L’idea dell’immortalità diventa lo strumento per la scoperta dell’originarietà della funzione del pensiero e per la sua netta distinzione dalla sensazione e dalla percezione» ( Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit , 2a  ed. riveduta, Berlin, Bruno Cassirer, 1910, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1995, vol. I, pp. 89-90, trad. it. di A. Pasquinelli con il titolo  Storia della filosofia moderna, Torino, Einaudi, vol. I, 1952, p. 113 [traduzione modificata]). Di tenore non dissimile sono le considerazioni sul Teeteto  che si leggono in  Substanzbegriff und Funktionsbegriff , cit., pp. 43436, trad. it. cit., pp. 432-34.

 

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tempo stesso la capacità di Cassirer di sfumare e di arricchire il profilo del Platone marburghese, lungo una linea di ricerca che si affaccia sin dall’ excursus  sul pensiero greco che compare nell’introduzione alla prima edizione dell’Erkenntnsiproblem. La concisa presentazione della teoria delle idee ruota qui sulla convinzione – del tutto scontata per un marburghese – che essa rappresenti il modello originario dell’indagine critica sul «sapere e sui suoi fondamenti», che deve condurre alla «fondazione sistematica»  dell’esperienza tramite la purezza ideale dei logoi   e in particolare sulla base dell’ipotesi matematica. Tuttavia in questo contesto Cassirer rileva come Platone – prima di tutto per gli inevitabili limiti della scienza del suo tempo – non potesse pensare a una scienza di ciò che è mutevole; e appunto per questo si può meglio comprendere quanto avviene con la nascita della scienza moderna, ai cui rappresentanti più illustri come Galilei e Keplero è stato invece possibile «essere al tempo stesso platonici in senso rigoroso e autentici empiristi scientifici»28. Con questa annotazione Cassirer sembra voler integrare l’interpretazione natorpiana della teoria platonica dell’esperienza. Natorp riteneva che soprattutto dal Parmenide  potesse essere ricavata una fondazione complessiva della possibilità dell’esperienza nel senso della problematica trascendentale del Kant marburghese, dal momento che la posizione ideale delle relazioni logiche e la correlazione che sussiste tra i puri concetti del pensiero consentirebbero di «costituire» l’oggetto dell’esperienza a partire dalle funzioni del pensiero stesso29. Ma dal punto di vista di Cassirer una tale fondazione metodica dell’oggetto entro le maglie della dialettica platonica non è ancora sufficiente a giustificare la nascita della scienza matematica della natura nell’età di Galilei: il platonismo «matematico» ne rappresenta

  Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit   (1a  edizione), cit., p. 43. 29 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 242-47, 272. 28

 

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certo un presupposto, ma non ne è l’unica condizione. Come Cassirer scrive nel capitolo dell’Erkenntnisproblem  su Galilei, «l’ideale  platonico della conoscenza è valido anche per lui: può essere oggetto di scienza solo ciò che si conserva in durevole unità. Ma se tale idea trovava per Platone la sua piena conferma unicamente e soltanto nella matematica, ora tale esigenza viene rivolta direttamente e più rigorosamente agli oggetti fisici»30. Nonostante che nella concezione platonica la matematica costituisca il termine medio tra le idee e le cose sensibili31, il platonismo galileiano si presenta piuttosto come un «platonismo fisico»: se la fisica galileiana – Cassirer lo ribadirà ancora nel 1940 – poteva sorgere soltanto sul terreno del platonismo matematico, non per questo può essere oscurata la grande novità apportata da Galilei nel superamento della frattura platonica tra il dominio intelligibile dell’aritmetica e della geometria e quello della natura come complesso degli oggetti empirici: «Questo è ancor sempre platonismo, ma è certamente un platonismo che per così dire ha mutato di segno: ora la teoria di Platone non comporta più alcuna contrapposizione nei confronti dei compiti e degli ideali della conoscenza scientifica, ma è piuttosto in grado di diventare uno dei più potenti impulsi per tale conoscenza»32. La ricostruzione di un capitolo cruciale della storia della scienza e delle sue implicazioni epistemologiche consente così a Cassirer di mostrare la peculiarità del   Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit , vol. I, cit., p. 389, trad. it. cit., vol. I, p. 433 (traduzione modificata). 31   Cfr. E. Cassirer,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff , cit., p. 177, trad. it. cit., p. 183. 32   E. Cassirer,  Mathematische Mystik und mathematische Naturwissenschaft. Betrachtungen zur Entstehungsgeschichte der exakten Wissenschaft , «Lychnos», 1940, pp. 248-65 (il passo citato è a p. 258). Cfr. inoltre E. Cassirer, Galileo’s Platonism, in  Studies and Essays in the History of Science Offered in Homage to George Sarton , a cura di M.F. Ashley Montague, New York, H. Schumann, 1946, pp. 276-97, trad. it. di F. Federici con il titolo  Il platonismo di Galileo, in  Dall’Umanesimo all’Illuminismo, a cura di P.O. Kristeller, Firenze, La Nuova Italia, 1967, pp. 193-220. 30

 

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concetto moderno di esperienza scientifica e di collocarne la struttura matematica nel quadro dell’influsso decisivo del platonismo, correggendo e approfondendo anche sotto il profilo storico il quadro fornito da Natorp in un suo lavoro per certi versi «pioneristico»33. Senza dubbio Cassirer rimane convinto che Galilei abbia «gettato un ponte tra Platone e Kant»34; eppure nemmeno la perdurante fedeltà alla concezione marburghese della storia dell’idealismo inaugurata da Platone35  gli impedisce di aprire prospettive diverse nella visione teleologica della storia della ragion pura cara ai neokantiani, come avviene ad esempio per quanto riguarda il ruolo dell’aristotelismo padovano e delle dispute sul metodo nel processo di formazione del moderno spirito scientifico nel secolo XVI36. Il quadro storico ed epistemologico in cui Cassirer riprende e corregge l’immagine marburghese di Platone non sembra dunque escludere una progressiva correzione dell’interpretazione sistematica di Natorp: tanto che, formulando un’obiezione che non rende certo giustizia a Natorp, egli arriverà addirittura ad accusarlo,

  Cfr. P. Natorp, Galilei als Philosoph. Eine Skizze, «Philosophische Monatshefte», XVIII, 1882, pp. 193-229. 34   E. Cassirer,  Die Antike und die Entstehung der exakten Wissenschaft , «Die Antike», XIII, 1932, p. 298. 33

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Ancora alla fine degli anni ’30 Cassirer osservava che «Platone rimane pur sempre a questo riguardo il grande modello e il grande esempio non solo per Descartes e Leibniz, ma pure per Keplero e Galilei» (Nachgelassene Manuskripte und Texte, vol. II:  Ziele und Wege der Wirklichkeitserkenntnis, a cura di K.Ch. Köhnke e J.M. Krois, Hamburg, Meiner, 1999, p. 34). 36   Cfr.  Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit , vol. I, cit., pp. 117-52, trad. it. cit., vol. I, pp. 143-80. Sui risultati cui perviene Cassirer e sui suoi meriti in questo ambito di indagini si rimanda a F. Volpi, Cassirer und die “Schule von Padua”, in  Kulturkritik nach Ernst Cassirer , a cura di E. Rudolph e B.-O. Küppers, Hamburg, Meiner, 1995, pp. 245-54. Per una valutazione critica del «platonismo» come categoria epistemologica atta a interpretare le origini della scienza moderna M. Fichant, cfr. inoltreclassique il saggio Cassirer àet New les commencements , indiErnst J. la science Cassirer.Ernst De Marbourg York, a cura di de Seidengart, Paris, Cerf, 1990, pp. 117-40.

 

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in alcuni testi inediti recentemente pubblicati, di aver «avvolto l’opera di Platone in un’atmosfera kantiana»37. D’altra parte il distacco di Cassirer da Natorp si chiarisce meglio se si tiene presente l’evoluzione, o meglio la trasformazione, della lettura di Platone che caratterizza il Natorp dei primissimi anni ’20, nel momento in cui – come vedremo – anche Cassirer ritorna ripetutamente sulla filosofia platonica. Nel  Metakritischer Anhang  che, con il sottotitolo  Logos-Psyche-Eros, chiude la seconda edizione della Platos Ideenlehre  (1921), Natorp dichiara di non volersi più considerare come interprete kantiano o marburghese del platonismo, bensì come rappresentante dell’«eterno intemporale»  della filosofia, ovvero della filosofia come «tensione verso quell’“Uno”»  già presagito da Eraclito come unità del molteplice e, al tempo stesso, come molteplicità dell’uno38. Lo sfondo teorico 37

  Cfr. E. Cassirer, Nachgelassene Manuskripte und Texte, vol. III: 

Geschichte. Mythos. Mit Beilagen: Biologie, Ethik, Form, Kategorienlehre,  Kunst, Organologie, Sinn, Sprache, Zeit , a cura di Ch. Köhnke, H. Kopp-

Oberstebrink e R. Kramme, Hamburg, Meiner, 2002, pp. 124-25. In questi appunti, che risalgono al periodo 1936-40, Cassirer sottolinea come Natorp – distinguendosi dalla trattazione della storia della filosofia in chiave biografico-culturale promossa da Wilhelm Dilthey – abbia gettato un ponte tra Platone e Kant «senza curarsi dei motivi completamente diversi da cui sorgono in Platone e in Kant» le idee intese come leggi del pensiero (p. 124). Ancor più chiaramente Cassirer aggiunge: «L’esposizione di Natorp della teoria delle idee di Platone non è affatto “falsa” [,] essa ci ha fatto vedere aspetti essenziali che in precedenza non erano stati scorti con tanta nettezza; ma essa ha sacrificato interamente l’“atmosfera” platonica e ha avvolto l’opera di Platone in un’atmosfera kantiana» (p. 125). Sulla base di queste annotazioni critiche si comprende anche un accenno svolto più tardi nell’Essay on Man, dove Cassirer ripercorre brevemente la storia delle interpretazioni di Platone e, senza citare il nome di Natorp, con intenzione sottilmente polemica a un certo punto scrive: «qualche decennio fa ci era stato presentato perfino un Platone kantiano» ( An Essay on Man. An Introduction to a Philosophy of Human Culture, New Haven and London, Yale University Press, 1944, 2a  edizione 1972, p. 180, trad. it. di C. d’Altavilla con il titolo  Saggio sull’uomo, Roma, Armando, 1968, p. 304). 38   P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 460-62. Il clima culturale in cui si colloca il tardo «platonismo» di Natorp è messo bene a fuoco dallo stesso Natorp nella conferenza  Student und Weltanschauung, Jena, Diederichs, 1918, p. 7:può «Mibastare chiedevo: che cosa faivuoi per esercitare tutto il tempo? Ti può davvero bastare, a coloro su cui la tua influenza? Teoria della conoscenza, sempre di nuovo teoria della conoscenza, Pla-

 

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della nuova vis  ermeneutica di Natorp è da individuarsi nel tentativo – perseguito a partire dal 1914 circa e dopo l’interruzione del progetto disegnato nel primo volume dell’ Allgemei  Allgemeine ne Psyc Psycholo hologie gie  (1912) – di costruire una «logica generale» in cui venga radicalizzata la questione dell’origine posta da Cohen: nel senso di un’apertura verso l’unità ultima sovraordinata alla correlazione tra soggettivo e oggettivo, verso l’unità originaria di pensiero ed essere che solo così fonda ogni possibile correlazione, in primo luogo la stessa correlazione tra la sfera delle oggettivazioni nelle forme del sapere e la sfera psichica della pura soggettività39. L’unità di cui parla Natorp è l’unità di logos  e  psyc  psyche he, di logos  e vita: è l’ineffabile, semplice «vi è» (es gibt ) in cui riluce la luce originaria e da cui sorge la finitezza; ed è l’esito inevitabile, per Natorp, a cui deve condurre il tema dell’«origine» al centro del neokantismo di Marburgo nella sua fase più matura. Ma le implicazioni di questa nuova accezione dell’origine sono ben diverse dall’impostazione di Cohen: «l’origine – dice Natorp, sempre più propenso a una sorta di stupore mistico – è l’eterno prodigio»40, in cui si svelano la vita e il concreto nella loro assoluta originarietà e che in realtà coincide, in quanto fondamento ultimo, con l’epékeina  platonica, con l’idea dell’idea, con il logos  come logos  di tutti i logoi 41. In questo contesto all’idea come ipotesi e come metodo per la fondazione della conoscenza viene tone e Kant, Kant e Platone […] Questo è il tuo mondo! Questo si chiama un mondo! Il tuo operare accademico così limitato […], questo lavoro affannoso e incessante è davvero degno di una vita intera?». 39   Questa fase di trasformazione del pensiero di Natorp è già documentata dall’opuscolo Über Platos Ideenlehre, Berlin, Reuther & Reichard, 1914, pp. 24-25, in cui egli tra l’altro affronta il rapporto tra  Logos  e Psyche; ma cfr. anche p. 25: «il pensiero, ogni pensiero si esprime in un “vi è”; il pensiero, in base al suo significato complessivo, è quindi in ogni caso posizione di un essere». 40   P. Natorp, Philosophische Systematik, a cura di H. Knittermeyer, Hamburg, Meiner, 2000, p. 33. 41   Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 467-68. Cfr. anche P. Natorp,  Selbstdarstellung, in  Die Philosophie der Gegenwart in Selbstdarstellungen, a cura di R. Schmidt, Leipzig, Meiner, 1921, vol. I, p. 171.

 

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attribuita una funzione diversa rispetto a quella accreditata dalla versione del «platonismo» marburghese. Come è stato osservato giustamente, in Cohen «il concetto di “origine” […] non è inteso nel senso di un fondamento assoluto, bensì viene espressamente determinato come fondazione, come ipotesi»42; Natorp sembra invece nutrire una preoccupazione ben diversa, seppure formulata ancora con gli strumenti concettuali della tradizione neokantiana. «L’idea rimane “ipotesi”. Ma qual è il senso preciso dell’ipotesi? Delimitazione ( Abgrenzung  Abgrenzung)», e cioè delimitazione «di un unico raggio dall’infinita pienezza della luce». L’origine – diversamente dall’interpretazione coheniana – non è più quindi l’idea come ipotesi, bensì l’unità ultima, l’anupótheton43. E non per nulla Natorp sembra ora rivedere il rapporto tra Platone e Kant, per presentarlo in una nuova luce: non è più l’originarietà metodica dell’idea, bensì è l’epékeina platonica a rappresentare l’autentico inizio della filosofia trascendentale44. Come scriverà nella postuma Philosophische Systematik, «il trascendentale di Kant affonda totalmente le sue radici nell’epékeina  di Platone»45; ma lo slittamento di questa «ardita e ambigua espressione» platonica dal piano regolativo dell’etica, su cui aveva insistito Cohen sin dal 1877, al piano costitutivo del nesso originario tra pensiero ed essere è la spia ormai di una svolta, che si colloca al limite estremo tra la radicalizzazione dell’inter46. pretazione Platone promossa dalla scuola di Marburgo e il suo di superamento in una direzione «ontologica»

G. Edel,  Kan  Kantia tianis nismus mus ode oderr Pla Platon tonism ismus? us? Hyp Hypoth othesi esiss als Gru Grundb ndbegr egriff iff der Philosophie Cohens, in  I filos filosofi ofi del della la scu scuola ola di Mar Marbur burgo go, fascicolo speciale de «Il Cannocchiale», a cura di B. Antomarini, gennaio-agosto 1991, p. 81. 43   Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 469. Cfr. inoltre H. Holzhey, Platon im Neukantianismus, cit., p. 237: «diversamente da Cohen, Natorp non ha alcun problema con l’“anupótheton”» (su questo punto insiste anche A. Poma,  L  L’idea ’idea del bene in Platone nella differente interpretazione di Cohen e Natorp, in  I filosofi della scuola di Marburgo, cit., pp. 377-78). 44 P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 463. 45  Cfr. P. Natorp, Philosophische Systematik, cit., p. 70. 46  Cfr. H. Cohen,  Kants Begründung der Ethik, Berlin, Dümmler, 1877, pp. 1-2, trad. it. di G. Gigliotti (condotta però sulla seconda edizione del 42 

 

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3. Una nuova immagine di Platone L’immagine cassireriana di Platone assume invece, in quegli stessi anni, contorni decisamente diversi. Tra il 1922 e il 1925 Cassirer dedica a Platone, oltre a una parte del suo insegnamento accademico47, una serie di contributi che spaziano dal saggio su Goethe e Platone (1922) alla conferenza tenuta alla Bibliothek Warburg su Eidos und Eidolon  (pubblicata nel 1923), per arrivare all’ampia esposizione della storia del pensiero greco da Talete a Platone composta per il  Lehrbuch der Philosophie  curato da Max Dessoir (1925). Certamente Cassirer è ancora fedele al  pathos  dell’interpretazione marburghese: non a caso dichiara non solo di considerare l’intera storia della filosofia greca come la «storia del logos che trova se stesso», ma di affrontare i problemi sistematici del pensiero di Platone sulla base del «fondamentale scritto» di Cohen e dagli svolgimenti che ne aveva dato Natorp48. Anche nelle pagine introduttive al primo volume della Philosophie der symbolischen Formen  egli si richiama a Platone e, citando il  Sofista (243c-244a: un luogo che Heidegger, con altre implicazioni, sceglierà come exergo  di  Sein und Zeit ) sostiene che il significato autentico del concetto platonico di essere si rivela solo affrontando il problema del suo principio ideale: «solo là dove l’essere assume il significato nettamente deter1910) con il titolo  La fondazione kantiana dell’etica, Lecce, Milella, 1983, p. 12. Sulla fase ultima del pensiero di Natorp ci sia consentito rinviare al nostro studio Neokantismo e ontologia, «Rivista di estetica», XLIII, 2003, specialmente pp. 95-98. 47  Cassirer ne parla in una lettera a Natorp del 9 settembre 1920, conservata nel Nachlaß  di Natorp presso l’Universitätsbibliothek di Marburgo con segnatura UB, 831/664. 48   Cfr. E. Cassirer,  Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis Platon, in  Lehrbuch der Philosophie, a cura di M. Dessoir, vol. I:  Die Geschichte der Philosophie, Berlin, Ullstein, 1925, pp. 7-138, ora in Gesammelte Werke, vol. XVI:  Aufsätze und kleine Schriften 1922-1926 , a cura di J. Clemens, pp.di400-62 (da Toni cui citiamo: i passi sono a pp.Hamburg, 313, 401 Meiner, n. 188), 2003, trad. it. G.A. De con il titolo  Dacitati Talete a Platone, Roma-Bari, Laterza, 1984, pp. 13, 101 n. 1.

 

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minato di  problema  il pensiero assume il significato e il valore nettamente determinati di  principio»49. All’interno di questa prospettiva Cassirer sottolinea però che il ruolo svolto dai principi nel porre il problema dell’essere, o meglio del «senso» dell’essere, coincide con la funzione del significato  in generale, giacché l’origine della filosofia platonica e il suo superamento del pensiero presocratico consistono nella trasformazione del problema dell’essere nel problema del significato dell’essere. La riflessione di Platone non si dirige alle cose o all’essere in sé, ma alla «possibilità del significare ( Möglichkeit des Bedeutens)», al «cosmo dei significati»: il passaggio dal problema dell’essere al problema del significato costituisce pertanto il fondamento della teoria delle idee, essendo le idee quelle «strutture (Gebilde)» che «non sono dotate di alcuna esistenza immediata, ma che invece fondano ogni esistenza fenomenica» 50. Il paradigma della conoscenza che era stato determinante per l’interpretazione marburghese di Platone viene così relativizzato e risolto nel paradigma più generale del «significato», estensibile alle diverse forme della cultura e dell’espressione simbolica. In questo senso Cassirer vede nel bene supremo platonico la meta di un processo progressivo dello spirito, che prende le mosse dalla «forma fondamentale del sapere, dalla forma dell’agire etico» e infine da ogni forma «di attività formatrice» 51: lo sfondo di una siffatta rilettura del   E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. I:  Die Sprache, Berlin, Bruno Cassirer 1923, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1988, p. 4, trad. it. di E. Arnaud con il titolo Filosofia delle forme simboliche, vol. I:  Il linguag linguaggio gio, Firenze, La Nuova Italia, 1976, pp. 4-5. Poco sopra Cassirer annota: «Il grande apporto sistematico e storico [della teoria platonica delle idee] è costituito dal fatto che in essa l’essenziale presupposto spirituale di ogni comprensione e di ogni spiegazione filosofica del mondo appare per la prima volta in forma esplicita».  50   E. Cassirer,  Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis Platon, cit., pp. 404, 422, 427, trad. it. cit., pp. 104, 121, 126 (traduzione mo49

 51  E. Cassirer,  Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis Pladificata). ton, cit., p. 462, trad. it. cit., p. 158 (traduzione modificata).

 

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pensiero di Platone è ormai la filosofia delle forme simboliche e, in particolare, la considerazione del linguaggio come irrinunciabile mezzo espressivo del pensiero e dell’attività spirituale. Nel corso dei primi anni ’20 Cassirer si confronta dunque con la teoria platonica delle idee entro un quadro teorico più complesso rispetto a quello precedente incentrato sul problema della conoscenza (anche se ciò non significa affatto che egli ridimensioni il contributo determinante del platonismo alla nascita della scienza moderna della natura) 52. Tuttavia il mutamento di prospettiva ha ben poco in comune con l’aspirazione dell’ultimo Natorp a una «fondazione ultima», all’unità originaria in cui tutto è racchiuso. Al contrario, Cassirer si rivolge ora a Platone collocandosi saldamente all’interno dell’orizzonte della filosofia della cultura e della «storia dello spirito», com’è documentato dall’elegante saggio su Eidos und Eidolon. Das Problem des Schönen und der  Kunst in Platons Dialogen  concepito in stretto rapporto con l’ambiente della Bibliothek Warburg amburghese, che per tanti versi è intrecciata con l’avventura intelletintellet tuale di Cassirer nel sondare la molteplicità delle forme espressive, la storia dell’arte e delle religioni, le sopravvivenze astrologiche, il mito e il pensiero scientifico: in breve, la cultura umana come complesso di simboli da decifrare 53. Ilparadosso problema»  sul quale Cassirer gettar luce è il « determinato della intende concezione platonica che, pur negando all’estetica «un essere proprio e autonomo, equiparato ad altri ambiti», ha tuttavia esercitato una straordinaria influenza sul successivo sviluppo   Si veda ad esempio  Individuum und Kosmos in der Philosophie der  Renaissance, Leipzig, Teubner, 1927, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1987, pp. 175-78, trad. it. di F. Federici con il titolo  Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, Firenze, La Nuova Italia, 1935, pp. 262-66.  52

 53

  Mi permetto rinviare alla per filosofia questo aspetto al mio libro Ernst Cassirer. Dalla scuola di diMarburgo della cultura , Firenze, Olschki, 1996, pp. 215-54.

 

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dell’estetica 54. Si tratta di un nodo, storico e teorico al tempo stesso, che sarà all’origine dell’importante studio di Erwin Panofsky su  Idea, uscito nel 1924 sempre nell’ambito delle pubblicazioni della Bibliothek Warburg e rivolto a completare e a estendere la ricerca di Cassirer 55. Per parte sua Cassirer si concentra esclusivamente sull’analisi del problema del bello nei dialoghi di Platone, per mostrare in qual modo venga svolto il duplice tema della separazione tra idea e manifestazione sensibile da un lato e della loro connessione dall’altro. «Non si comprende il senso sistematico della separazione, del korismós  – afferma Cassirer – se non grazie al senso della partecipazione, della métexis» 56. La tensione e, in qualche misura, la polarità «tragica» tra questi due momenti non impedisce dunque che nel pensiero platonico avvenga «la progressiva riconciliazione del regno della natura con il regno delle pure forme » 57. Per Cassirer si tratta allora di mostrare come anche nell’attività artistica questa tensione tra eidos  e eidolon  possa essere ridimensionata, in modo da trovare una mediazione e un punto di incontro tra la rappresentazione sempre inadeguata dell’idea del bello e l’espressione artistica tramite simboli: anche nell’arte, infatti, non domina soltanto la semplice mimesis, ma pure «una funzione autenticamente creativa», una forma autonoma di «rappresentazione  for 54 

Cfr. E. Cassirer, Eidos und Eidolon. Das Problem des Schönen und der Kunst in Platons Dialogen, «Vorträge der Bibliothek Warburg», II, 1922-1923, pp. 1-27, ora in Gesammelte Werke, vol. XVI, cit., pp. 135-63 (il passo citato è a pp. 137-38), trad. it. di A. Pinotti con il titolo Eidos e eidolon. Il problema del bello e dell’arte nei dialoghi di Platone , con postille di M. Carbone, R. Pettoello e F. Trabattoni, Milano, Edizioni Libreria Cortina, 1998, pp. 12-13. Stranamente questo lavoro di Cassirer è ignorato nella panoramica – per altro assai lacunosa, almeno per quanto riguarda la scuola di Marburgo – offerta da A. Zadro, Platone nel Novecento, RomaBari, Laterza, 1987, pp. 50-62.  55  Cfr. Panofsky,   Idea. Ein Beitrag zur Begriffsgeschichte der älteren E. Panofsky,  Kunsttheorie, «Studien der Bibliothek Warburg», vol. V, Leipzig, Teubner, 1924, trad. it. di E. Cione con il titolo  Idea. Contributo alla storia dell’estea

ed.Cassirer, riveduta,Eidos Firenze, Nuova Italia, 1996.trad. it. cit., p. 23. tica,  562   E. und La Eidolon , cit., p. 145,  57  Ibidem, trad. it. cit., p. 24.

 

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matrice» 58. Tutto ciò comporta una conseguenza di carattere più generale, che va al di là dello status  dell’arte dal punto di vista platonico: in fondo è lo stesso esercizio filosofico per eccellenza, l’esercizio della dialettica, che tanto nel Fedro  quanto nel Timeo  sembra rinviare a un tipo molto particolare di arte, l’arte del discorso mitico. Il discorso mitico non è semplice illusione, ma è un mezzo necessario per rendere visibile e comunicabile il vero nell’immagine, nel verosimile; ed è la formulazione linguistica delle conoscenze ultime a impedire anche al dialettico – sostiene Cassirer proponendo un’acuta interpretazione della  Settima lettera  (342a-344d) – di «andare oltre l’ambito della mediatezza, dunque oltre l’ambito della mimesis, se si prende questo concetto nel suo senso più ampio» 59. In tal modo Cassirer sembra ritenere che l’intera filosofia di Platone sia necessariamente, e nell’accezione più larga del termine, una dottrina scritta, per la quale il ricorso all’espressione simbolica e all’immagine non è occasionale, ma inevitabile nella misura in cui si tratta di un medium  specificamente umano60: la polarità tra eidos  e eidolon, se per un verso è costitutiva del pensiero platonico, per un altro verso contiene invece in se stessa le premesse della sua risoluzione. Da questo contesto nasce anche un secondo aspetto rilevante del Platone cassireriano di questi anni, vale a dire il ruolo sempre più determinante che assume per l’interpretazione teoria delle il concetto di  for  forma. Tra le moltedella suggestioni che idee confluiscono nella no-zione cassireriana di forma vi è senza dubbio anche la morfologia di Goethe, che in questo caso diventa una sorta di lente attraverso la quale prendere in esame lo stesso pensiero platonico e completarlo, ma anche trasformarlo, alla luce della «correlazione indissolubile»  tra ragione e divenire. L’idealismo platonico si apre così  58  E.

Cassirer, Eidos und Eidolon, cit., p. 163, trad. it. cit., p. 47 (tra-

 59 duzione   E.modificata). Cassirer, Eidos und Eidolon, cit., p. 161, trad. it. cit., p. 44. 60   E. Cassirer, Eidos und Eidolon, cit., pp. 160-61, trad. it. cit., p. 45.

 

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non solo alla dimensione simbolica, ma viene messo a confronto con l’incessante mobilità delle forme della cultura alla ricerca di una conciliazione tra l’antico e il moderno61. «Il divenire, che per Platone indica il limite della conoscenza – scrive Cassirer nel saggio Goethe und Platon  (la cui prima edizione è del 1922) – si trasforma in Goethe in un presupposto e in una forma della conoscenza»62. Platone, secondo Cassirer, cerca di superare questa limitazione quando prende in considerazione la métexis, ovvero la mediazione tra il mondo del divenire e il mondo dell’essere sulla base dell’elemento matematico; Goethe, per parte sua, è invece proteso a non trasformare i fenomeni in leggi matematiche, bensì a rinvenire una legge che non sia affatto separata dai fenomeni63. Il senso dell’alternativa diventa comprensibile nella particolare prospettiva adottata qui da Cassirer, che cerca di ripensare la differenza tra Platone e Goethe e di renderla feconda nel quadro di una «filosofia della forma». Se la considerazione goethiana della natura sfocia in un’idea omnicomprensiva di vita, risulta evidente in che cosa consista «la principale e più caratteristica differenza spirituale tra il concetto di forma di Goethe e quello di Platone»: essa risiede nel contrasto tra i procedimenti logici del pensiero puro che Platone chiama diairesis  e sunagoghé   e «l’eterna sistole e diastole della vita»  di cui parla Goethe64. Ma il movimento pendolain proposito E. Rudolph, Ernst Cassirer im Kontext , Tübingen, Mohr, 2003, p. 245, che giustamente sottolinea come la nozione di simbolo assuma un ruolo centrale nell’interpetazione cassireriana di Platone. 62   E. Cassirer, Goethe und die geschichtliche Welt , Berlin, Bruno Cassirer, 1932, rist. a cura di R.A. Bast, Hamburg, Meiner, 1995, pp. 114-15, trad. it. di R. Pettoello con il titolo Goethe e il mondo storico, Brescia, Morcelliana, 1995, p. 137. L’importanza di Goethe per la filosofia matura di Cassirer è ampiamente documentata dagli studi raccolti nel volume Cassirer 61  Cfr.

und Goethe. Neue Aspekte einer philosophisch-literarischen Wahlverwandtschaft , a cura di B. Naumann e B. Recki, Berlin, Akademie Verlag, 2002. 63   E. Cassirer, Goethe und die geschichtliche Welt , cit., pp. 134 e 140, trad. it. cit., pp. 154 e 159. 64  E. Cassirer, Goethe und die geschichtliche Welt , cit., pp. 116, 145, trad. it. cit., pp. 138, 162.

 

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re della vita è anche il nodo cruciale della filosofia della cultura di Cassirer, che esplicitamente vuole essere una morfologia nel senso goethiano, una «teoria delle forme dello spirito (Formenlehre des Geistes)»65. Per una filosofia così intesa, infatti, il concetto di tipicamente marburghese di legge non è più sufficiente, perché occorre piuttosto rivolgersi all’energia creatrice dell’uomo e alla sua capacità di dar vita a un universo di simboli, in cui si esprime un contenuto spirituale attraverso le forme che sono a fondamento di ogni tipo di esperienza del mondo. Due aspetti sembrano così emergere con particolare rilievo dall’utilizzazione del concetto di forma nell’interpretazione cassireriana di Platone. Da un lato si tratta di accogliere l’obiezione che Natorp aveva formulato nei confronti della fenomenologia di Husserl, ancora troppo vincolata a un platonismo «rigido» e condizionato fondamentalmente dall’impostazione aristotelica, laddove invece il platonismo autentico ha già superato questo limite postulando il movimento e la continuità delle idee entro il processo della conoscenza66. Cassirer sembra perfettamente in sintonia con questa posizione di Natorp e ne condivide l’invito alla dinamicizzazione dell’eidos, per considerarlo alla luce del «movimento spirituale» che lo orienta67; e tuttavia egli mira al tempo stesso a un amE. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. I, cit., p. V, trad. it. cit., p. XI. 66   Cfr. P. Natorp, Husserls “Ideen zu einer reinen Phänomenologie”, «Logos», VII, 1917/1918, pp. 224-46, raccolto anche nel volume Husserl , a cura di H. Noack, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1973, pp. 36-60 (il passo citato è a p. 44). Su Natorp, Husserl e Platone si veda Ch. Möckel, Platon als «Gewährsmann» Husserls? Zur Platonrezeption im Husserlschen Werk, «Recherches husserliennes», XII, 1999, pp. 77-111, ora nel suo volume Phänomenologie. Probleme, Bezugnahmen und Interpretationen, Berlin, Logos Verlag, 2003, pp. 81-101. 67   Cfr. E. Cassirer,  Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis Platon, cit., p. 457, trad. it. cit., p. 153 (dove però Cassirer sembra scor65 

darsi Cohendel aveva proposto tra eidos   e idea proprio aldella fine distinzione di opporreche allagià staticità primo il carattere plastico di   quest’ultima).

 

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pliamento significativo della prospettiva originaria di Natorp. Non si tratta soltanto della dinamicizzazione delle idee platoniche, ma di rivedere – a partire dalla problematica della Philosophie der symbolischen Formen  – ciò che Natorp aveva affermato commentando il  Menone: perché se è vero che «la forma della conoscenza»  è la «conformità a una legge (Gesetzlichkeit )»68, il modello epistemologico della legge non ha una validità estensibile ad altri ambiti della cultura come il linguaggio, il mito o la religione. Nel terzo volume della Philosophie der symbolischen Formen  Cassirer intreccia a questo proposito un dialogo critico con Natorp, in particolare con il Natorp della  Allgemeine Psychologie, proprio nella convinzione che un regno di leggi che dovrebbe abbracciare l’intera cultura non sia plausibile, dal momento che le «oggettivazioni» di cui consiste la cultura sono piuttosto strutture o forme oggettive di determinazione «in nessuna maniera»  riconducibili sotto il concetto di legge69. Si chiarisce in tal modo ciò che distingue l’interpretazione cassireriana di Platone da quella di Natorp: si tratta non già di una questione storico-filologica, bensì di una quequestione teorica, che investe la struttura della filosofia delle formazioni simboliche e, in particolare, l’impossibilità di dedurre le forme simboliche dalla «legge originaria del logico»  che Natorp credeva di poter individuare sulla base della teoria platonica delle idee 70. E tanto meno   P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 29. Cfr. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. III, cit., p. 66, trad. it. cit., vol. III/1, p. 74. Sul concetto di forma vale la pena di ricordare due interessanti luoghi nelle pagine dell’ultimo Natorp. Nel libro del 1918 sulla «missione» della cultura tedesca Natorp osserva che il merito principale dei greci sarebbe quello di aver inteso la forma come «assolutamente vitale, energetica, come movimento libero, ritmico, che scorre a partire dalle leggi vitali proprie del mondo organico» ( Deutscher Weltberuf , vol. I:  Die Weltalter des Geistes, Jena, Diederichs, 1918, p. 63). Altrove, riferendosi implicitamente alla coppia libertà-forma di Cassirer, Natorp richiama invece l’attenzione sul fatto che il concetto di forma unitamente a quello di libertà non possono essere considerati come «ciò che vi è di 68

69 

ultimo»: «al di p. sopra»  Systematik , cit., 38). di essi vi è ancora «qualcos’altro» ( Philosophische 70   Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 328.

 

Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone

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una filosofia della cultura nel senso di Cassirer sembra conciliabile con il «fondamentalismo» filosofico che Natorp delinea nell’«appendice metacritica» alla Platons  Ideenlehre, in cui egli sottolinea come l’accesso adeguato alla filosofia platonica – ma in realtà alla filosofia qua talis  – sia rinvenibile solo in «ciò che infine non può essere detto», nell’epékeina, nell’unità ultima di agathon, kalon  e sophon71. Queste due immagini della filosofia platonica coinvolgono – ed è questo il secondo aspetto – anche il destino dell’interpretazione marburghese di Platone o, se si vuole, il destino del platonismo «trascendentale» entro lo sviluppo della tradizione neokantiana72. Colpisce senza dubbio che nell’ultima fase della sua filosofia Natorp non solo trasformi Platone in una direzione che sembra neoplatonica73, ma giunga a considerare lo stesso Aristotele come una fonte dell’esito «onto-logico» a cui egli approda. Ora si tratta infatti, per Natorp, di concepire la filosofia come  philosophia prima  e di vedere il suo problema principale nella questione dell’ente in quanto essente o, come dice Natorp, nella questione «pura e semplice dell’essere», di ciò che è anteriore a ogni separazione tra soggetto e oggetto, ma anche tra essere e pensiero74. Il rapporto dell’ultimo Natorp con l’ontologia aristotelica meriterebbe di essere indagato in dettaglio, tenendo conto anche suoi saggi sulla metafisica di 75

Aristotele risalenti a quasi un quarantennio prima ; ma P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 465. questo riguardo si potrebbe riprendere quanto Laks ha osservato a proposito di Cohen e Natorp, estendendolo a Cassirer e Natorp: «Platone è diventato la linea di divisione non tra il neokantismo e ciò che gli è estraneo, ma tra due versioni del neokantismo» ( Platon entre Cohen et Natorp, cit., p. 53). 73   Cfr. in proposito K.-H. Lembeck, Platon in Marburg, cit., pp. 31322. 74  Cfr. P. Natorp, Vorlesungen über praktische Philosophie , Erlangen, Verlag der philosophischen Akademie, 1925, pp. 5-7. 71  Cfr. 72  A

75

Cfr. P. Natorp, Thema und XXIV, Disposition sik, «Philosophische Monatshefte», 1888,der pp.aristotelischen 37-65, 540-74,Metaphye Über  Aristoteles Metaphysik, K 1-8, 1065a26 , «Archiv für Geschichte der Philo-

 

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è comunque significativo che alla fine del percorso del «platonico» Natorp si intravveda l’ombra di Aristotele, in un contesto che appare mutato rispetto alla sua ricezione tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX negli ambienti neokantiani ancora sospettosi nei confronti dell’aristotelismo come supporto fondamentale della scolastica cattolica76. Ancor più significativo è tuttavia che anche nel caso di Cassirer emerga uno sfondo aristotelico, proprio in virtù di quel concetto di forma che certo appartiene – in primo luogo – alla strumentazione della filosofia di Kant e che Cassirer reinterpreta come metodicamente distinto dalla materia, la quale in realtà non è mai autonoma rispetto al processo di formazione in cui essa si struttura77. Eppure il fatto che Cassirer parli ripetutamente – sebbene con una certa indeterminatezza – di forma ed energheia, e che concepisca la forma come un principio radicato nella vita dello spirito, sempre soggetto al mobile divenire in contrapposizione al mero ergón, potrebbe suggerire l’ipotesi che in fondo anche Cassirer non sia sfuggito a un curioso paradosso. Dietro le quinte della revisione del platonismo marburghese sembra infatti affacciarsi un influsso sotterraneo, sebbene non facile da documentare nel dettaglio, se non di Aristotele almeno della tradizione aristotelica, con la quale Cassirer – eminente studioso della filosofia rinascimentale, buon da Pomponazzi in poi e, conoscitore last, but not dell’aristotelismo least , autore di lavori pioneristici su sophie», I, 1888, pp. 178-93. Per una valutazione critica di questi contributi si veda E. Berti,  Aristotele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 26-27, 64-65, 71-73, che prende in considerazione anche la loro possibile influenza su Heidegger. 76   Su questo punto si veda il recente contributo di S. Poggi,  Aristo-

te, le néo-kantisme et la philosophie catholique allemande au début du XX e  siècle, in  Aristote au XIX e  siècle, a cura di D. Thouard, Lille, Presses Universitaires du Septentrion, 2004, pp. 313-25 (che prende in esame anche il libro del marburghese A. Görland,  Aristoteles und Kant , Giessen, Töpelmann, 77  1909). Cfr. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. III, cit., pp. 222-37, trad. it. cit., pp. 255-272.

 

Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone

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Leibniz – aveva senza dubbio un’ampia familiarità78. Per quanto il discorso sulle fonti di un autore, e per di più di un autore come Cassirer, sia sempre un discorso difficile, che può penalizzare e può premiare con una certa arbitrarietà ora l’uno ora l’altro punto di riferimento, e per quanto non si possa mai ridurre un filosofo di una qualche statura alla sommatoria delle voci che lo hanno stimolato, sembra difficile negare che proprio alla figura di Leibniz (ovviamente insieme a Kant, a Goethe o a Wilhelm von Humboldt) spetti non solo un ruolo preminente nell’itinerario di Cassirer, ma una funzione mediatrice per la ricezione dell’aristotelismo o, più genericamente, di suggestioni ascrivibili alla tradizione aristotelica. A dispetto dell’immagine unilaterale cara ai marburghesi del Leibniz «platonico», era in fondo tramite la filosofia leibniziana – come ebbe a osservare Dietrich Mahnke – che l’eredità aristotelica poteva subire un processo di accentuata «dinamicizzazione», di cui Cassirer è in qualche misura testimone e attore 79. Del resto, se Cassirer avesse dovuto dichiarare la sua posizione nei confronti della scuola di Atene avrebbe probabilmente risposto che si trattava di guardare sia verso l’alto con Platone, sia verso il basso con Aristotele. Non per nulla, concludendo nel 1918 la monografia su Kant, Cassirer presentò il criticismo kantiano come una nuova sintesi di due tipi fondamentalmente diversi di considerazione filosofica: l’una incarnata dallo «spirito Aristotele. beato (seliger Geist  )» di Platone, )» l’altra dall’«operaio» Il parallelo viene dalla Farbenlehre  di Goethe e questa fonte letteraria – come spesso accade in Cassirer – sembra sostituire un argomento filosofico rigoroso; e tuttavia 78  Su

questo aspetto, largamente trascurato dalla critica, cfr. E. Rudol-

ph,  La résurgence de l’aristotélisme de la Renaissance dans la philosophie  politique de Cassirer , «Revue de métaphysique et de morale», XCVI, 1992, pp. 479-90 (specialmente pp. 487-88). 79

  Cfr. D. Mahnke,  Leibnizens Synthese und  Individualmetaphysik , Halle, Niemeyer, 1925,von rist.Universalmathematik Stuttgart-Bad Canstatt, Frommann, 1964, pp. 391-92.

 

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il suo significato è perfettamente trasparente. Come aveva detto lo stesso Kant (che qui Cassirer ha tacitamente presente80), la filosofia di Aristotele è «lavoro», quella di Platone è «idealismo»; entrambe devono però convergere in una visione della filosofia come riflessione sulla «strutturale legale» dell’esperienza o, in altri termini, sulla «fertile bassura dell’esperienza» di cui parlava Kant nei Prolegomeni 81. Proprio in questa visione d’insieme – la visione di un idealismo che «lavora» sul terreno dell’esperienza e delle forme del sapere – il platonismo di Cassirer ha assunto via via un profilo nuovo e forse anche inatteso, passando attraverso un arricchimento progressivo e una revisione graduale dell’immagine di Platone che era stata caratteristica della scuola di Marburgo. La perdita di acribia filologica e di compattezza sistematica è stata così compensata dall’apertura di possibilità interpretative più ampie, certamente più vicine a quella sensibilità storico-culturale che contraddistingue inequivocabilmente il peculiare kantismo di Cassirer. Si tratta di un punto rilevante non soltanto per la comprensione della filosofia di Cassirer e della sua posizione nei confronti di Cohen e Natorp, ma pure per la messa a fuoco della questione – centrale per il neokantismo del primo Novecento – di come ci si debba misurare con la Weltanschauung  di Platone, nel tentativo di rinnovare il costante dialogo del moderno con l’antico di cui è intessuta tanta parte della 82

tradizione filosofica . Per dirla con le parole di nel 1906: «Il pensiero moderno continuerebbe adCassirer offrirci solo un quadro incompleto e frammentario se volessimo

I. Kant, Vom einem neuerdings erhobenen vornehmen Ton in der Philosophie, in  Kants gesammelte Schriften, Berlin, Reimer, 1902 sgg., vol. VIII, p. 393. 81   E. Cassirer,  Kants Leben und Lehre, Berlin, Bruno Cassirer, 1918, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1975, pp. 445-48, trad. it. di G.A. De Toni con il titolo Vita e dottrina di Kant , Firenze, La Nuova 80  Cfr.

Italia,82 1977, pp.esempio 495-98. la monografia di W. Windelband, Platon, 5a  ed. riCfr. ad veduta, Stuttgart, Frommann, 1910.

 

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considerarlo del tutto sciolto dalle energie fondamentali e dalle fonti della  filos  filosofia ofia gre greca ca»83.  Summary..  In his famous book on Plato’s theory of ideas (1903)  Summary Paul Natorp developed a very influential interpretation of the Platonic philosophy. Together with Hermann Cohen’s essay about Plato’s theory of knowledge (1878), the detailed analysis of Platonic dialogues set forth by Natorp represents a milestone within the tradition of Marburg Neokantianism, both from a systematic and from a historical point of view. Ernst Cassirer was well acquainted with this Neokantian interpretation of Plato, and from the start of his philosophical career paid great attention to Plato’s influence on the origins of modern science and philosophical thought. According to the author of this paper, further developments of Cassirer’s reading of the Platonic philosophy show nevertheless his increasing differentiation from Cohen and Natorp. When Cassirer elaborated the Philosophy of Symbolic Forms  (1923-1929), he was no more satisfied  with the ontological Marburg epistemological Plato as by wellNaas  with the rethinking of interpretation Plato’ss thoughtofput Plato’ forth torp in his late work. So a new image of the Platonic philosophy emerges from Cassirer’s philosophy of culture and symbolical mental activities; and this image involves at the same time a reformulation of the Neokantian tradition.

83

E. Cassirer, in der Philosophie Wissenschaft  der neueren  Das Zeit , Erkenntnisproblem vol. I, cit., p. 20 (abbiamo reso con ilund corsivo lo spaziato del testo originale).

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