Manuale.3Dstudio.max.Completo
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CAP.1
PRIMA PARTE
3D Studio MAX e Windows NT
“Chan Centre Concert Theatre” Creato da Eugene Radvenis E. V. Radvenis Inc. Vancouver BC, Canada Vista interna della sala da concerti presso il Chan Centre for the Performing Arts della University of British Columbia Architetto: Bing Thom Architects Inc., Vancouver BC Fotografia del quartetto: David Cooper Photography, Vancouver BC
INTRODUZIONE A 3D STUDIO MAX
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.1
CAPITOLO 1
Introduzione a 3D Studio MAX
3D Studio MAX (in breve 3DS MAX) è un approccio completamente nuovo alla modellazione e al rendering. I concetti ed i metodi soggiacenti al modo in cui 3DS MAX gestisce i dati e gli oggetti della scena, sono completamente diversi dalle precedenti versioni di 3DS e da altri programmi di rendering e di modellazione 3D. È necessario capire questi concetti se si vuole essere produttivi con 3DS MAX. In questo capitolo verranno trattati i seguenti argomenti: ■ principali tipi di oggetti in 3D Studio MAX e comportamento object-oriented; ■ definizione di sub-oggetto e modalità di accesso; ■ Object Dataflow: caratteristiche e utilizzo nel processo di modellazione; ■ trasformazioni e modificatori: differenze e modalità di utilizzo; ■ copie, istanze e riferimenti: caratteristiche e comportamenti; ■ organizzazione gerarchica in 3D Studio MAX; ■ definizione e controllo dell’animazione in 3D Studio MAX; ■ plug-in: descrizione e modalità di organizzazione.
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Oggetti in 3D Studio MAX Poiché 3D Studio MAX è un programma object-oriented il termine oggetto ricorrerà spesso nel corso della trattazione. Dal punto di vista della programmazione, qualunque elemento creato con 3D Studio MAX è un oggetto. Geometria, cineprese e luci della scena sono oggetti, così come i modificatori, i controller dell’animazione, i bitmap e le definizioni dei materiali. Molti oggetti, come mesh, spline e modificatori, possono essere gestiti come sub-oggetti. Nel corso della trattazione il termine oggetto indicherà qualsiasi elemento sia possibile selezionare e modificare in 3D Studio MAX. Per evitare confusione in alcuni casi viene utilizzato il termine oggetto di scena per distinguere la geometria e quanto viene creato attraverso il pannello Create da altri tipi di oggetto. Gli oggetti di scena comprendono luci, cineprese, space warp e oggetti ausiliari. Altri oggetti hanno nomi specifici quali modificatori, mappe, chiavi e controller.
Programma object-oriented L’Object-Oriented Programming (OOP) è un elaborato sistema di scrittura dei programmi il cui utilizzo si sta sempre più diffondendo nell’ambito della progettazione del software commerciale. Per un utente 3D Studio MAX l’aspetto più significativo dell’approccio object-oriented è il modo in cui questo incide sull’interfaccia utente. Gli oggetti creati in 3D Studio MAX contengono informazioni sulle funzioni su di essi eseguibili e sul comportamento che è possibile considerare valido per ciascun oggetto. Queste informazioni incidono su quanto viene visualizzato sull’interfaccia di 3D Studio MAX che attiverà solo le operazioni valide per l’oggetto selezionato mentre le altre non vengono attivate o restano nascoste nell’interfaccia. Alcuni esempi di comportamento object-oriented: ■ Selezionare una sfera sulla scena e fare clic sul pannello Modify per applicare un modificatore alla sfera; si noti che i modificatori Extrude e Lathe non sono operazioni valide per una sfera. Solo gli oggetti forma possono utilizzare i modificatori Extrude o Lathe. La figura 1.1 mostra il cambiamento del pannello Modify quando viene selezionata la primitiva di una sfera o quando viene selezionata una forma.
■ Figura 1.1 Il pannello Modify per una primitiva sfera selezionata e per una forma circolare
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Se si intende creare un oggetto loft e si vuole selezionare una forma loft, dopo aver fatto clic sul pulsante Get Shape, il cursore cambia via via che ci si sposta sugli oggetti della scena per indicare quali sono gli oggetti validi per la forma loft. Solo gli oggetti forma che soddisfano certi requisiti sono validi per le operazioni Get Shape. La figura 1.2 mostra il cursore su una forma percorso valida. In entrambi gli esempi precedenti 3D Studio MAX interroga gli oggetti per stabilire quali sono le scelte e le operazioni valide sulla base dello stato corrente del programma. 3D Studio MAX presenterà solo le scelte valide. Questo semplice concetto migliora la produttività e permette di risparmiare molto tempo. Si confronti il comportamento di 3D Studio MAX rispetto a programmi meno recenti nei quali si devono selezionare gli oggetti o eseguire i comandi e dove compare un messaggio di errore che avverte che l’oggetto o l’operazione selezionata non sono validi.
■ Figura 1.2 Il cursore Get Shape così come appare quando si trova su un percorso valido di forma
Oggetti parametrici La quasi totalità degli oggetti in 3D Studio MAX sono una forma di oggetto parametrico. Un oggetto parametrico viene definito da una serie di impostazioni, o parametri, invece che da una descrizione esplicita della sua forma. A titolo di esempio verranno esaminati due metodi di definizione della sfera: uno non parametrico e l’altro parametrico. ■ Sfera non parametrica: utilizza il raggio e un numero di segmenti e si avvale di queste informazioni per creare una superficie definita dai vertici e dalle facce. La definizione della sfera esiste solo come serie di facce. Le informazioni sul raggio e sul numero dei segmenti non vengono considerate. Se si intende cambiare il raggio, o il numero dei segmenti, è necessario cancellare la sfera e crearne una nuova. ■ Sfera parametrica: mantiene i parametri del raggio e il numero dei segmenti, e mostra una rappresentazione della sfera basata sul valore corrente dei parametri. La definizione parametrica della sfera viene archiviata così come il raggio e il numero dei segmenti. È possibile modificare o anche animare questi parametri in qualsiasi momento. La figura 1.3 mostra i parametri di base per una sfera parametrica e per una sfera importata come mesh non parametrica.
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■ Figura 1.3 Parametri base per una sfera parametrica e per una sfera mesh
Gli oggetti parametrici forniscono un numero molto elevato di opzioni di modeling e di animazione. In generale è bene conservare la definizione parametrica di un oggetto più a lungo possibile. Alcune operazioni di 3D Studio MAX convertono gli oggetti parametrici in oggetti non parametrici, talvolta detti oggetti espliciti. Fortunatamente sono molte le operazioni che non eliminano le proprietà parametriche di un oggetto. Fra le operazioni che invece eliminano i parametri si ricordano le seguenti: ■ attaccare oggetti fra loro utilizzando uno dei modificatori Edit; ■ comprimere l’elenco modificatori dell’oggetto; ■ esportare oggetti in formati differenti. In questo caso solo gli oggetti contenuti nel file esportato perdono le loro proprietà parametriche. Gli oggetti originali nella scena di 3D Studio MAX rimangono invariati. Si suggerisce di eseguire queste operazioni solo quando si è ragionevolmente sicuri che non è più necessario modificare i parametri degli oggetti interessati.
Oggetti composti Nel pannello Create è possibile combinare due o più oggetti per creare un nuovo oggetto parametrico detto oggetto composto. Gli oggetti composti si basano sul concetto che è sempre possibile modificare e cambiare i parametri degli oggetti che formano l’oggetto composto. Un oggetto composto è un tipo di oggetto parametrico in cui i parametri comprendono gli oggetti combinati e la descrizione di come questi oggetti vengono combinati. Si consideri un’operazione booleana in cui si debba sottrarre una sfera da un angolo di un cubo (figura 1.4).
■ Figura 1.4 Un cubo e una sfera, e il risultato di una semplice sottrazione booleana
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CAP.1 Utilizzando diversi programmi 3D il risultato dell’operazione è una mesh esplicita che rappresenta la soluzione booleana. Se si intende cambiare la posizione del cubo o il raggio della sfera è necessario creare un nuovo cubo e una nuova sfera, ed eseguire un’altra volta l’operazione booleana. Il cubo e la sfera vengono tenuti come parte dell’oggetto booleano composto parametrico. È sempre possibile accedere ai parametri del cubo e della sfera per animarli, così come animare le loro posizioni relative. La figura 1.5 mostra il risultato del cambiamento di lunghezza del cubo e del raggio della sfera per l’oggetto booleano composto della figura 1.4.
■ Figura 1.5 Il risultato del cambiamentodella lunghezza dello spigolo del cubo e del raggio della sfera per un oggetto booleanocomposto
3D Studio MAX ■ oggetti ■ oggetti ■ oggetti
è disponibile con tre oggetti composti standard: booleani morphing loft
Sub-oggetti Con il termine sub-oggetto si intende qualsiasi componente che può essere selezionato e modificato. Un esempio comune di sub-oggetto è una delle facce che formano una mesh. Utilizzando il modificatore Edit Mesh è possibile selezionare un sub-oggetto, per esempio una mesh, e poi muoverlo, ruotarlo, comprimerlo oppure cancellarlo. Il concetto di sub-oggetto non si limita a vertici e facce ma può essere esteso a molti altri elementi che non rientrano fra gli oggetti di scena, per esempio: ■ vertici, segmenti e facce degli oggetti forma ■ vertici, spigoli e facce degli oggetti mesh ■ vertici, spigoli e patch degli oggetti patch ■ forme e percorsi degli oggetti loft ■ operatori degli oggetti booleani ■ destinazioni degli oggetti morphing ■ gizmo e centri dei modificatori ■ chiavi delle traiettorie di movimento A loro volta, molti dei sub-oggetti citati hanno i propri sub-oggetti e questo genera situazioni in cui è possibile eseguire editing di sub-oggetti a più livelli. Si pensi per esempio di applicare un modificatore a una selezione sub-oggetto di vertici da un oggetto
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mesh, che a sua volta è un operatore sub-oggetto di un oggetto booleano. La profondità di 3D Studio MAX arriva dove arriva l’immaginazione. In tutti gli esempi precedenti è possibile accedere ai sub-oggetti facendo clic sul pulsante Sub-Object di uno dei pannelli comandi. Selezionando questo pulsante si attiva la modalità sub-oggetto che permette di lavorare solo con un tipo specifico di sub-oggetto fino a che tale modalità non viene disattivata. La figura 1.6 mostra due esempi di selezioni sub-oggetto e i corrispondenti pulsanti sub-oggetto nel relativo pannello comandi.
■ Figura 1.6 Selezioni di sub-oggetti di un modificatore gizmo e facce mesh selezionate
Modificatoregizmo
Facce selezionate
Creazione di oggetti di scena 3D Studio MAX può essere utilizzato innanzitutto per la creazione di oggetti di scena che in seguito verranno animati e su cui si eseguirà il rendering. Quando si crea un oggetto di scena si crea un processo che definisce il modo in cui i parametri di un oggetto semplice vengono modificati e trasformati, il modo in cui vengono assegnate le proprietà ed eseguite gli space warp e infine come questi parametri vengono visualizzati sulla scena. Questo processo viene detto dataflow e la sua comprensione è fondamentale per capire il funzionamento di 3D Studio MAX . I prossimi paragrafi descriveranno i singoli componenti del dataflow – oggetto master, modificatori, trasformazioni, space warp e proprietà – mentre la sezione intitolata “Dataflow dell’oggetto” dimostrerà come tutti i componenti partecipano alla presentazione di un oggetto sulla scena.
Oggetto master Oggetto master è il termine con cui si indicano i parametri di un oggetto originale che viene creato utilizzando le funzioni del pannello CREATE. Si pensi all’oggetto master come alla definizione astratta di un oggetto che ancora non esiste sulla scena. L’oggetto non esisterà sino a che l’intero dataflow non verrà valutato. L’oggetto master è solo il primo livello di questo processo. L’oggetto master fornisce le seguenti informazioni su un oggetto:
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Il tipo di oggetto, per esempio sfera, cinepresa, loft e percorso. Il tipo di oggetto è quello che è possibile vedere al fondo dell’elenco modificatori o accanto alla casella dell’oggetto in Track View. ■ I parametri dell’oggetto, per esempio lunghezza, ampiezza e altezza di un cubo; i parametri dell’oggetto sono visibili quando l’oggetto master viene selezionato nell’elenco modificatori e quando si espande il contenitore dell’oggetto (object container) in Track View. ■ L’origine e l’orientamento del sistema di coordinate locali dell’oggetto; il sistema di coordinate locali definisce l’origine dell’oggetto, il suo orientamento e lo spazio delle coordinate utilizzate per localizzare i sub-oggetti all’interno dell’oggetto stesso. Questa definizione di origine, orientamento e spazio viene definita con il termine spazio oggetto. La figura 1.7 mostra un oggetto con le sue proprietà oggetto master identificate. Come si vedrà in seguito, più oggetti sulla scena possono utilizzare lo stesso oggetto master.
■ Figura 1.7 Tipo di oggetto Sistema di coordinate locale dell’oggetto
Identificazione della proprietà di un oggetto master
Parametri dell’oggetto
Modificatori dell’oggetto Dopo aver creato un oggetto master è possibile applicarvi un numero qualsiasi di modificatori dell’oggetto, per esempio pieghe o estensioni. I modificatori manipolano i sub-oggetti, per esempio i vertici, rispetto all’origine locale dell’oggetto e al sistema di coordinate. In altre parole i modificatori cambiano la struttura di un oggetto nello spazio oggetto. Poiché i modificatori operano su sub-oggetti nello spazio oggetto, essi hanno le seguenti caratteristiche: ■ Sono indipendenti da posizione e orientamento dell’oggetto nella scena; la coppia di oggetti superiore della figura 1.8 mostra che una curva non viene
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modificata se l’oggetto viene spostato o ruotato; entrambi gli oggetti hanno la stessa forma e lo stesso numero di curve indipendentemente dalla loro posizione sulla scena. Sono dipendenti dall’ordine di altri modificatori e dalla struttura dell’oggetto nel momento in cui vengono applicati. La coppia centrale di oggetti della figura 1.8 mostra il risultato del cambiamento dell’ordine dei modificatori: a entrambi gli oggetti sono stati applicati modificatori curva e estensione ma l’ordine di applicazione è inverso. Possono essere applicati all’intero oggetto o a selezioni parziali di suboggetti; la coppia di oggetti inferiore della figura 1.8 mostra una torsione applicata a un oggetto intero a sinistra e alla selezione di un sub-oggetto che riguarda solo la parte superiore dell’oggetto a destra.
■ Figura 1.8 Caratteristiche dei modificatori di oggetto
Indipendente dalle trasformazioni
Estensione e curva
Applicato a un oggetto intero
Curva ed estensione
Applicato a un suboggetto
I modificatori sono i principali strumenti di modeling perché con essi è possibile controllare l’ordine in cui i modificatori vengono applicati. L’effetto di un modificatore di un oggetto è omogeneo indipendentemente dalla posizione dell’oggetto stesso.
Trasformazioni dell’oggetto Gli oggetti vengono posizionati e orientati per mezzo delle trasformazioni. Quando un oggetto viene trasformato vengono cambiati posizione, orientamento e dimensioni rispetto alla scena. Il sistema coordinato che descrive l’intera scena viene detto spazio
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CAP.1 globale (in inglese World Space). Il sistema coordinato spazio globale definisce l’origine globale della scena e un insieme di coordinate globali che non cambiano mai. Le trasformazioni dell’oggetto definiscono le seguenti informazioni: ■ Posizione: definisce la distanza dell’origine locale di un oggetto dall’origine dello spazio globale. Per esempio, la posizione potrebbe definire che l’origine di un oggetto è di 40 unità a destra (X=40), 25 unità sotto (Z=25) e 15 unità dietro (Y=15) l’origine globale. ■ Rotazione: definisce l’orientamento fra le coordinate locali di un oggetto e le coordinate globali. Per esempio la rotazione potrebbe definire che le coordinate locali di un oggetto sono ruotate di 45° sull’asse delle Y globale, 0° sull’asse delle X globale e 15° sull’asse delle Z globale. ■ Scalatura: definisce le dimensioni relative fra gli assi locali di un oggetto e gli assi globali. Per esempio, la scalatura potrebbe stabilire che le misure dello spazio locale di un oggetto devono essere scalate del 200% nello spazio globale. Quindi un cubo potrebbe avere parametri che specificano una dimensione di 40 unità per una faccia ma poiché il cubo era scalato del 200% nella scena quella faccia misura 80 unità. La combinazione di posizione, rotazione e scalatura viene detta matrice di trasformazione dell’oggetto. Si noti che è questa la matrice che si cambia quando si trasforma direttamente un oggetto e si lavora con l’oggetto completo. La figura 1.9 mostra come le trasformazioni definiscono la posizione di un oggetto nello spazio globale. La teiera della figura 1.9 è stata spostata, ruotata e scalata non uniformemente del 125% sull’asse delle Z e del 75% sull’asse delle Y.
■ Figura 1.9 Le trasformazioni definiscono la posizione di un oggetto nello spazio globale
Asse globale Posizione X
Rotazione e scala dell’asse locale
Posizione Z Posizione Y
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Le trasformazioni dell’oggetto hanno le seguenti caratteristiche: ■ definiscono la posizione di un oggetto e il suo orientamento nella scena; ■ incidono sull’intero oggetto; ■ sono calcolate dopo che tutti i modificatori sono stati calcolati. L’ultimo punto è particolarmente importante: sia che si applichino i modificatori prima e si trasformino gli oggetti sia che si faccia il contrario, le trasformazioni sono sempre calcolate dopo i modificatori.
Space warp (alterazioni spaziali) Uno space warp è un oggetto che può incidere su altri oggetti sulla base della loro posizione nello spazio globale. Si pensi allo space warp come a un elemento che combina gli effetti dei modificatori e delle trasformazioni. Come i modificatori, gli space warp possono cambiare la struttura interna di un oggetto ma l’effetto di uno space warp è determinato da come viene trasformato l’oggetto interessato sulla scena. Spesso si avranno effetti identici ottenuti utilizzando modificatori e space warp. Per esempio, la figura 1.10 paragona un modificatore Ripple e uno space warp Ripple applicati allo stesso oggetto. I parametri per la versione modificatore e per quello space warp sono simili. La differenza sostanziale è il modo in cui le due versioni di Ripple agiscono sull’oggetto. Il modificatore Ripple viene applicato direttamente all’oggetto di sinistra e non cambia mentre l’oggetto si sposta sulla scena: l’ondulazione esiste come oggetto indipendente e l’oggetto sulla destra è vincolato ad esso. L’effetto dello space warp Ripple invece cambia via via che l’oggetto vincolato si sposta sulla scena. Si noti che lo spostamento dell’oggetto non ha effetto sul modificatore Ripple mentre lo spostamento dell’oggetto vincolato allo space warp Ripple ha un notevole effetto. Si consiglia di utilizzare un modificatore quando a un oggetto si vuole applicare un effetto locale e quando questo effetto è dipendente da altri modificatori nel dataflow. In genere i modificatori vengono utilizzati per operazioni di modeling. È bene invece utilizzare gli space warp quando si intende realizzare un effetto che può essere globale per molti oggetti e questo effetto è dipendente dalla posizione degli oggetti sulla scena; oppure per simulare effetti ambientali e forze esterne.
■ Figura 1.10 Confronto fra modificatori e space warps
Oggettocon modificatoreRipple
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Oggettocollegato con uno space warp Ripple
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Risultatodello spostamento deglioggetti
CAP.1
Proprietà dell’oggetto Tutti gli oggetti hanno proprietà uniche che non sono né i parametri degli oggetti di base né il risultato di modificatori o di trasformazioni. Queste proprietà includono elementi come il nome dell’oggetto, il colore wireframe, il materiale assegnato, e la capacità di proiettare ombre. Gran parte delle proprietà di un oggetto può essere visualizzata o impostata utilizzando la finestra di dialogo OBJECT PROPERTIES che può essere visualizzata selezionando un oggetto e poi facendo clic con il tasto destro del mouse su di esso.
■ Figura 1.11 LA finestra di dialogo OBJECT P ROPERTIES
Il dataflow dell’oggetto Modificatori, trasformazioni, space warp e proprietà dell’oggetto vengono riuniti nel dataflow per definire e visualizzare un oggetto sulla scena. Il dataflow dell’oggetto funziona come una serie di istruzioni di assemblaggio. Ogni passo deve essere compiuto nel giusto ordine e prima del passo successivo. I passi del dataflow dell’oggetto sono i seguenti: 1. l’oggetto master definisce il tipo di oggetto e mantiene i valori impostati nei parametri dell’oggetto; 2. i modificatori alterano l’oggetto nello spazio oggetto e sono valutati rispetto all’ordine in cui sono stati applicati; 3. le trasformazioni posizionano l’oggetto sulla scena; 4. gli space warp alterano l’oggetto sulla base del risultato delle trasformazioni; 5. le proprietà dell’oggetto identificano il nome dell’oggetto e altre caratteristiche; 6. l’oggetto compare sulla scena. La figura 1.12 illustra la sequenza di passi del dataflow dell’oggetto e i suoi effetti su una sfera.
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■ Figura 1.12 Il dataflow dell’oggetto
Cambiamento di oggetti Come già visto nei paragrafi precedenti esiste una progressione ben definita che parte dai parametri dell’oggetto, passa per modificatori e trasformazioni e finisce con space warp e proprietà dell’oggetto. Spesso è possibile ottenere risultati simili cambiando i parametri di un oggetto, applicando modificatori, trasformando l’oggetto o persino utilizzando uno space warp. Si tratta di stabilire quale sia il metodo migliore da utilizzare. Il metodo appropriato per cambiare un oggetto dipende dal dataflow dell’oggetto stesso, da come l’oggetto è stato costruito e dall’utilizzo futuro dell’oggetto. La capacità di operare la scelta giusta viene con la pratica e con l’esperienza. I prossimi paragrafi forniranno delle indicazioni generali per la determinazione del metodo ottimale per il cambiamento degli oggetti.
Cambiamento dei parametri base e trasformazioni Quanto prima all’interno del dataflow verranno apportati cambiamenti a un oggetto, tanto maggiore sarà l’influenza del cambiamento sull’aspetto finale dell’oggetto. La prima porzione di informazioni nel dataflow dell’oggetto è la serie dei parametri dell’oggetto. Se si intende apportare cambiamenti sostanziali alle dimensioni di base, alla forma o alle caratteristiche di superficie di un oggetto è necessario controllare i parametri dell’oggetto. Per esempio, si consideri la differenza fra cambiare i parametri altezza di un cilindro e applicare una scalatura non uniforme lungo l’asse locale delle Z del cilindro. Si immagini di avere un cilindro alto 40 unità e che invece si voglia un cilindro alto 80 unità. Se non si ha dimestichezza con il modeling dei parametri si penserà di utilizzare una scalatura non uniforme. Se si scala il cilindro del 200% lungo la sua lunghezza si otterrà un cilindro alto 80 unità. In realtà esaminando i parametri dell’oggetto scalato si vedrà che l’altezza riportata è di 40 unità. Ciò che si è ottenuto infatti è un cilindro alto 40 unità con una scalatura del 200% sull’asse locale delle Z. Se si vuole un cilindro alto 80 unità è necessario cambiare il parametro altezza piuttosto che scalare il cilindro. Questa differenza potrebbe sembrare trascurabile ma in realtà è molto significativa quando si inizia ad applicare i modificatori al cilindro. Si tenga presente che nel dataflow dell’oggetto le trasformazioni, per esempio la scalatura, vengono calcolate dopo i
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CAP.1 modificatori (figura 1.13). I parametri del cilindro sulla sinistra della figura sono stati cambiati da 40 unità a 80 unità, dopodiché il cilindro è stato curvato lungo l’asse delle Z di 180°. Si noti che, anche se la scalatura è stata eseguita prima di applicare la curva, nel dataflow è stata calcolata dopo la curva, generando in questo modo una scalatura non uniforme del cilindro curvato.
■ Figura 1.13 Cambiamentodei parametri dell’oggetto confrontato con le trasformazioni
Quando il cambiamento dei parametri di un oggetto produce risultati simili alla trasformazione di un oggetto, si consiglia di utilizzare le seguenti indicazioni per stabilire quale metodo utilizzare: ■ Cambiare i parametri dell’oggetto ogni volta in cui si intende realizzare un cambiamento di modeling o un cambiamento che agirà su qualsiasi modificatore. ■ Trasformare un oggetto quando l’effetto della trasformazione è l’ultimo cambiamento che si intende applicare o quando il cambiamento viene utilizzato per incidere sulla posizione dell’oggetto sulla scena.
Modifica degli oggetti Si consiglia di utilizzare i modificatori quando si intende cambiare esplicitamente la struttura di un oggetto e si è in grado di controllare completamente il cambiamento. Gran parte delle funzioni di modeling e di animazione di 3D Studio MAX sono accessibili attraverso i modificatori e la loro organizzazione nell’elenco modificatori. I parametri e le trasformazioni dell’oggetto incidono sull’intero oggetto solo all’inizio o alla fine del dataflow. È possibile utilizzare i modificatori per influire su ogni porzione dell’oggetto e applicare cambiamenti che sono dipendenti dal loro rapporto con altri modificatori dell’elenco. Per esempio, si confrontino due metodi per applicare i modificatori Bend e Taper a un cilindro (figura 1.14). Se prima si applica una rastrematura al cilindro e poi si applica una curva, come nell’oggetto a sinistra, si ottiene un risultato molto diverso rispetto a quando si applica al cilindro prima una curva e poi una rastrematura, come nell’oggetto a destra. Poiché i modificatori sono così dipendenti dall’ordine, è importante pianificare una strategia per il modeling. Si pensi a come si intende affrontare un’operazione di modeling e al modo migliore di combinare i modificatori. Non è necessario che il piano di modeling
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sia definitivo poiché con 3D Studio MAX è semplice rivedere la strategia e apportarvi delle modifiche. Tuttavia sviluppare un piano aiuta a risparmiare tempo perché permette di evitare di tornare spesso sulle decisioni prese per effetto dei numerosi tentativi effettuati.
■ Figura 1.14 Differenze nell’ordine dei modificatori
Applicazione di trasformazioni con modificatori Talvolta è necessario applicare una trasformazione a un punto specifico dell’elenco modificatori, per esempio prima di applicare una curva potrebbe essere necessario scalare un oggetto non parametrico lungo un unico asse; oppure potrebbe essere necessario spostare o ruotare solo una parte dell’oggetto. È possibile applicare una trasformazione a un certo punto dell’elenco modificatori o solo a una porzione dell’oggetto utilizzando un modificatore per applicare la trasformazione. Per applicare le trasformazioni con i modificatori si possono utilizzare i seguenti metodi: ■ Utilizzare uno dei modificatori Edit per trasformare i sub-oggetti: i modificatori Edit consentono di accedere a vertici, spigoli e facce che formano vari tipi di oggetto. Le trasformazioni applicate con un modificatore Edit non possono essere animate. La figura 1.15 mostra il risultato della scalatura di facce selezionate con un modificatore Edit Mesh. ■ Trasformare il gizmo o il centro di un modificatore: i modificatori contengono sub-oggetti, detti gizmo, e un centro che possono essere trasformati. Trasformare i sub-oggetti modificatori per ruotare l’orientamento di una torsione o per spostare il centro di una curva. La figura 1.16 mostra il risultato dello spostamento del centro di un modificatore Bend. ■ Utilizzare un modificatore XForm speciale: questo modificatore non ha alcun effetto se non quello di fornire un gizmo che è possibile utilizzare per trasformare gli oggetti e i sub-oggetti all’interno all’elenco modificatori. Utilizzare un modificatore XForm quando si vuole realizzare una trasformazione in un punto specifico dell’elenco o quando si intende animare le trasformazioni dei sub-oggetti selezionati con un modificatore Edit. La figura 1.17 mostra il risultato dello spostamento dei vertici di una spline con un modificatore XForm.
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CAP.1 ■ Figura 1.15 Trasformazioni: scalatura di sub-oggetti con un modificatore Edit Mesh
Sub-oggetti scalati Oggettooriginale
■ Figura 1.16 Trasformazioni: spostamento del centro di una curva
Centro originale Centro spostato
■ Figura 1.17 Trasformazioni: spostamento dei vertici con un modificatore XForm Forma originale
Forma XForm
Clonazione Il termine clone è un termine generico utilizzato per descrivere l’azione di creare copie, istanze o riferimenti. Da quasi tutti gli oggetti, per esempio modificatori, geometrie e
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controller, è possibile ottenere copie e istanze. Dagli oggetti di scena, come cineprese, luci e geometrie, è inoltre possibile ottenere riferimenti. ■ Copia: in 3D Studio MAX qualunque elemento che definisce un oggetto viene duplicato da qualche altra parte; dopo la duplicazione, oggetto originale e copia sono indipendenti. ■ Istanza: descrive la tecnica per cui si utilizza la definizione di un singolo oggetto in più di un luogo. Con 3D Studio MAX è possibile istanziare quasi tutto. Un singolo oggetto, modificatore o controller, può essere utilizzato per molti scopi sulla scena. ■ Riferimento: disponibile solo per gli oggetti di scena. Un riferimento verifica i parametri di un oggetto master e di un numero selezionato di modificatori prima che il dataflow si divida formando due oggetti contenenti ognuno il suo insieme di modificatori esclusivi. È possibile utilizzare i riferimenti per costruire una famiglia di oggetti simili che condividono la stessa definizione di base ma che dispongono ognuno di caratteristiche distintive. È possibile realizzare dei cloni con diversi metodi; il metodo prescelto dipende dal tipo di oggetto con cui si lavora. Fra i metodi utilizzabili si ricordano i seguenti: ■ Tenere premuto il tasto Maiuscole durante la trasformazione di un oggetto: in questo modo, a seconda dell’oggetto, si realizzerà una copia, oppure comparirà una finestra di dialogo dove scegliere se eseguire una copia, un’istanza o un riferimento. Per esempio se si preme il tasto Maiuscole mentre si scala una sfera verrà visualizzata la finestra di dialogo CLONE OPTIONS dove è possibile scegliere se eseguire una copia, un’istanza o un riferimento della sfera. ■ Scegliere il comando Clone dal menu EDIT: utilizzare questo metodo per clonare oggetti di scena senza trasformarli. ■ Utilizzare Copy e Paste in Editor tracce: quando si incolla un controller in Editor tracce è possibile scegliere di fare una copia o un’istanza di quel controller. ■ Utilizzare Trascina selezione: è possibile trascinare le definizioni del materiale e della mappa da uno slot a un altro nell’editor dei materiali. Quando si rilascia il materiale o la mappa in uno slot la mappa viene copiata. È anche possibile scegliere di realizzare una copia o un’istanza della mappa.
Creazione di copie È possibile creare copie per duplicare un oggetto i cui duplicati siano unici e non abbiano rapporto con l’oggetto originale. Ecco alcuni esempi di tecniche utili: ■ Copiare le chiavi, quando si intende duplicare un’azione da un momento dell’animazione a un altro momento. Per esempio, si potrebbe animare un oggetto che rapidamente s’incurva avanti e indietro; per ripetere quest’azione a intervalli non regolari di tempo nel corso dell’animazione si copiano le chiavi originali in tempi diversi. ■ Copiare i controller, quando si vuole ottenere il comportamento animato di un oggetto duplicato da un altro oggetto. Per esempio, se si vuole che più oggetti seguano lo stesso percorso ma si prevede di regolare ogni controller percorso in modo che ogni oggetto sia in
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CAP.1 ■
una posizione leggermente differente, è necessario assegnare e impostare un controller percorso per un oggetto e poi copiare il controller su tutti gli oggetti restanti. Dopodiché è possibile cambiare la posizione di ciascun oggetto sul percorso evitando così di dover assegnare e impostare il controller per ogni oggetto. Copiare gli oggetti di scena, quando di intende cominciare con un gruppo di oggetti simili e poi modificarli individualmente. Per esempio, si crea un fiore singolo e poi lo si copia ripetutamente per formare un bouquet; dopodiché si cambiano e modificano le copie in modo che abbiano ognuna una diversa “personalità”. Quando si copia un oggetto di scena viene creato un dataflow completamente nuovo per l’oggetto copiato (figura 1.18).
■ Figura 1.18 Il dataflow dopo la copia di un oggetto di scena
Oggettooriginale
Copia
Creazione di istanze Si creano delle istanze quando si intende utilizzare un unico oggetto in più di un luogo. Poiché tutte le istanze sono in realtà lo stesso oggetto, il cambiamento di un’istanza provoca il cambiamento di tutte le altre istanze. Le istanze fanno risparmiare molto lavoro se utilizzate correttamente. Ecco alcuni esempi di utili tecniche per utilizzare le istanze. ■ Modificatori di istanze, quando si intende applicare lo stesso effetto a una selezione di oggetti differenti. Per esempio, se si crea una scena dove si intende ottenere una selezione di oggetti da estendere contemporaneamente, selezionare tutti gli oggetti e fare clic sul pulsante Stretch del pannello MODIFY per applicare un’istanza dello stesso modificatore a tutti gli oggetti. Cambiare i parametri estensione a un oggetto qualsiasi cambia tutti i parametri. La figura 1.19 mostra il risultato di un modificatore estensione replicato. ■ Controller istanza, quando si vuole che tutti gli oggetti di una selezione si comportino esattamente nello stesso modo. Per esempio, per modellare una coppia di veneziane e animare il movimento delle listerelle, si anima la rotazione di una listerella e si utilizza il comando Copia e Incolla in Editor tracce per assegnare un’istanza del controller di rotazione della listerella a tutte le altre listerelle; dopodiché, ruotando una listerella, tutte le altre ruotano nello stesso modo. La figura 1.20 mostra il risultato dell’utilizzo di un’istanza con il controller di rotazione per aprire e chiudere le veneziane.
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■ Figura 1.19 Istanza di un modificatore Stretch
Normale
Esteso
■ Figura 1.20 Utilizzo di un controller Rotation istanziato
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Mappe istanze in Editor materiali, quando si intende utilizzare la stessa mappa in slot mappa multipli e mantenere una registrazione precisa; per esempio, se si intende progettare un materiale a mosaico in ceramica è possibile utilizzare le istanze di una mappa per controllare la composizione diffusa, la lucentezza e la rugosità del materiale. Cambiando i parametri per ogni istanza della mappa si cambiano i parametri di tutte le mappe e si mantiene la registrazione. La figura 1.21 mostra il risultato dell’utilizzo di una mappa replicata per costruire un materiale. Prima la mappa viene applicata come una maschera diffusa e poi un’istanza della mappa viene applicata come mappa di rugosità; infine un’altra istanza della mappa viene applicata come mappa di lucentezza e i suoi parametri mosaico vengono cambiati per creare mattonelle più piccole. Poiché diffusione, rugosità e lucentezza sono tutte istanze della stessa mappa, cambiare il mosaico della lucentezza cambia anche il mosaico per le altre due istanze. Istanziare oggetti di scena, quando si intende disporre lo stesso oggetto in posizioni multiple nella scena; modificare o cambiare i parametri di ogni istanza cambia tutte le istanze. Per esempio, se si vuole mostrare una fila di bottiglie su uno scaffale, si modella una bottiglia e si riempie lo scaffale con istanze. Quando si cambia il design di una bottiglia, cambiano anche le altre bottiglie; la figura 1.22 mostra il risultato dell’utilizzo di oggetti istanza. Quando si replica un oggetto di scena tutte le istanze condividono lo stesso dataflow, dall’oggetto master a tutti i modificatori. Il dataflow si ramifica dopo i modificatori così ogni istanza ha la sua serie di trasformatori, space warp e proprietà oggetto. La figura 1.23 mostra il dataflow per istanze multiple.
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CAP.1 ■ Figura 1.21 Mappaimmagineoriginale
Mappa di rugosità
Utilizzo di mappe istanziate
Maschera diffusa
Mappa di lucentezza
■ Figura 1.22 Utilizzo di oggetti di scena istanziati Bottiglia originale
Istanze
Bottiglia modificata
Istanze
■ Figura 1.23 Il dataflow dopo l’istanziazione di un oggetto
Creazione di riferimenti Solo gli oggetti di scena possono avere i riferimenti. Si creano dei riferimenti quando si vuole che gli oggetti di scena condividano gli stessi parametri e modificatori radice ma che mantengano la capacità di modificare ulteriormente ogni oggetto in modo indipen-
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dente. Si pensi ai riferimenti come a un incrocio fra le copie e le istanze. Per esempio, se si vuole animare una fila di pedoni da scacchi, ogni pedone deve condividere lo stesso design della base ma deve anche curvarsi o estendersi per conto proprio. Prima si modellano i pedoni base e poi si realizzano i riferimenti; dopodiché è possibile modificare ogni pedone in modo indipendente oppure tornare al modello base per cambiare tutti i riferimenti. La figura 1.24 mostra il risultato dell’utilizzo dei riferimenti.
■ Figura 1.24 Utilizzo di oggetti di scena con riferimenti
Riferimenti
Riferimenti Oggettooriginale
Oggettooriginalemodificato
Quando si applicano dei riferimenti a un oggetto di scena tutti i riferimenti condividono lo stesso oggetto master e una serie iniziale di modificatori. Quando il riferimento viene realizzato il dataflow si ramifica dopo l’ultimo modificatore ma è ancora possibile applicare nuovi modificatori specifici per ogni ramo. Ogni riferimento ha il proprio insieme di trasformazioni, space warp e proprietà oggetto. Il fatto che un modificatore incida su un solo riferimento, su alcuni oppure su tutti dipende dal punto del dataflow in cui viene applicato il modificatore. La figura 1.25 mostra il dataflow per riferimenti multipli.
■ Figura 1.25 Il dataflow dopo la creazione di un riferimento per un oggetto
Realizzazione di istanze e riferimenti esclusivi Quando si clona un oggetto è opportuno valutare con attenzione se sia meglio realizzare una copia, un’istanza o un riferimento. Nel dubbio, optare per istanze e riferimenti. Se invece si decide in un primo momento di realizzare un’istanza e poi si decide che invece si vogliono copie indipendenti, è possibile creare istanze esclusive. La creazione di istanze esclusive duplica tutte le informazioni condivise con altre istanze e converte l’istanza selezionata in una copia indipendente.
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CAP.1 Purtroppo 3D Studio MAX non ha un metodo molto omogeneo per creare istanze esclusive. Istanze diverse utilizzano metodi diversi: ■ le istanze mappa diventano esclusive incollando una copia dell’istanza nello slot mappa; ■ le istanze modificatori diventano esclusive facendo clic sul pulsante Make Unique del pannello Modify; ■ gli oggetti di scena e i controller diventano esclusivi facendo clic sul pulsante Make Unique dell’Editor tracce.
Gerarchie 3D Studio MAX è quasi interamente organizzato in gerarchie. Il concetto di gerarchia è piuttosto semplice: una gerarchia è suddivisa in livelli e i livelli più alti rappresentano informazioni generali, o livelli di maggiore influenza, mentre i livelli più bassi rappresentano informazioni dettagliate, o livelli di minore influenza.
Gerarchia di scena L’Editor tracce visualizza la gerarchia dell’intera scena (figura 1.26). ■ Il livello superiore è detto World (globale); è possibile apportare alcuni cambiamenti globali a qualsiasi elemento della scena cambiando la traccia World nell’Editor tracce.
■ Figura 1.26 Visualizzazione della gerarchia di scena nell’Editor tracce
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Il livello successivo a quello globale contiene quattro categorie che organizzano tutti gli oggetti della scena; queste categorie sono: Sound (suono), Environment (ambiente), Material Editor (editor materiali), Scene Material (materiali di scena), Objects (oggetti). I diversi livelli sotto le precedenti cinque categorie contengono i dettagli di tutti gli altri elementi della scena.
Gerarchie di materiali e di mappe Anche le definizioni di mappa e di materiale sono organizzate in una gerarchia multilivello. I programmi più semplici utilizzano materiali unici e potrebbero avere come composizione solo una mappa unica. Altri potrebbero avere una mappa per ogni canale, come rugosità e opacità. Utilizzando 3D Studio MAX è possibile costruire definizioni gerarchiche di materiali e mappe. Le definizioni del materiale possono essere gerarchie multilivello: ■ il livello superiore contiene nomi e tipi di materiale base; ■ a seconda del tipo di materiale, è possibile avere livelli multipli di submateriali che a loro volta possono essere formati da sub-materiali multipli; ■ il livello più basso di una gerarchia di materiali è un materiale Standard. I canali mappatura per un materiale standard a loro volta possono avere gerarchie multilivello: ■ a seconda del tipo di mappa, per esempio maschera o scacchiera, è possibile avere livelli multipli di sub-mappe, che a loro volta possono avere sub-mappe multiple; ■ un bitmap semplice è il livello più basso di una gerarchia mappa e fornisce dettagli per l’output mappe e per le coordinate. La figura 1.27 mostra alcuni materiali con le loro gerarchie. Il materiale Top-Final mostra una gerarchia di mappa dove Diffusion e Opacity utilizzano sub-mappe combinate a una maschera, mentre Bump utilizza un semplice bitmap. Il materiale mostra una gerarchia Multi/Sub-oggetto con due sub-materiali (1CUPHAND e 1-MARBFRNT).
Gerarchie oggetto Le gerarchie oggetto sono forse le più familiari a quanti hanno già utilizzato una programma di animazione. Utilizzando degli strumenti per collegare gli oggetti è possibile costruire una gerarchia dove le trasformazioni applicate a un oggetto sono ereditate dagli oggetti collegati al di sotto di esso. Si consiglia di collegare gli oggetti e costruire gerarchie di oggetti per modellare e animare strutture congiunte. La terminologia utilizzata per le gerarchie oggetti è la seguente: ■ il livello superiore della gerarchia è chiamato radice; tecnicamente la radice equivale al livello globale ma molti preferiscono indicare con il termine radice il più alto livello oggetto della gerarchia; ■ un oggetto che ha altri oggetti collegati in posizione inferiore è detto oggetto principale; tutti gli oggetti sotto un principale sono i suoi discendenti; ■ un oggetto collegato a un oggetto superiore è detto oggetto derivato; tutti gli oggetti che possono essere tracciati dall’oggetto derivato alla radice sono detti originari. La figura 1.28 mostra un esempio di gerarchia oggetto.
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CAP.1 ■ Figura 1.27 Visualizzazione delle gerarchie materiale e mappa nell’Editor materiali
■ Figura 1.28 Visualizzazione delle gerarchie dell’oggetto Oggetto radice
Gerarchie video post Si utilizza il video post per comporre visualizzazioni di cineprese multiple, segmenti di animazione e immagini in un’unica animazione. Il modo con cui si costruisce il materiale origine per video post è organizzato come un tipo particolare di gerarchia. La gerarchia video post è organizzata nel modo seguente: ■ i componenti della gerarchia video post dono detti eventi; ■ il livello superiore della gerarchia video post è detto coda; diversamente dalle altre gerarchie, la coda può avere eventi multipli al livello superiore; ogni evento viene elaborato in sequenza secondo l’ordine nella coda; INTRODUZIONE A 3D STUDIO MAX
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ogni evento nella coda, può rappresentare una gerarchia stratificata di eventi filtro, immagine e scena; ■ il livello inferiore nella gerarchia eventi video post è l’input immagine o evento scena; ■ l’ultimo nella coda è in genere un evento output immagine. La figura 1.29 mostra un esempio di gerarchia video post e identifica i suoi componenti.
■ Figura 1.29 Visualizzazione di una gerarchia Video Post
Animazione In genere l’animazione viene definita come il processo per cui si producono una serie di immagini di un oggetto che cambia nel tempo e poi le si riproduce così rapidamente che esse danno l’idea di essere in movimento. In questo senso anche le riprese dal vivo rientrano nel concetto di animazione: una cinepresa o una videocamera catturano immagini dal vivo ad alta velocità per riprodurle ad alta velocità. Ciò che differenzia l’animazione dall’azione dal vivo è il processo con cui si genera l’immagine. L’azione dal vivo utilizza le cineprese per catturare le immagini da riprodurre. L’animazione tradizionale prevede che ogni immagine sia disegnata e poi fotografata come un unico fotogramma da riprodurre. Questa differenza di procedura è la ragione per cui il tempo di animazione è così strettamente legato al fotogramma. Ogni immagine, o fotogramma di film, deve essere disegnato, inchiostrato e colorato a mano, il che porta gli animatori a ragionare in termini di fotogrammi: per esempio dicono che un’azione richiede un numero x di fotogrammi, o che una certa cosa deve succedere durante quel certo fotogramma. Ragionare in termini di fotogrammi, tuttavia, in genere non è molto naturale ma è una tendenza imposta dai limiti della tecnologia di animazione. Sarebbe molto più semplice procedere all’animazione riferendosi al tempo reale, per esempio dicendo che una certa cosa dura x secondi e che x secondi dopo deve accadere una certa altra cosa. Con 3D Studio MAX l’animazione si verifica in tempo reale: si progetta un mondo virtuale dove le azioni vengono definite e accadono in tempo reale; è quindi necessario aspettare il rendering prima di decidere in quanti fotogrammi si vuole dividere il tempo.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.1
Tempo di definizione 3D Studio MAX si basa su un sistema di misurazione del tempo in tick. Ogni tick corrisponde a 1/4800 secondi. Ogni soggetto animato con 3D Studio MAX viene memorizzato in tempo reale con una precisione di 1/4800 di secondo. L’animatore può decidere come visualizzare il tempo durante il lavoro o come il tempo deve essere suddiviso in fotogrammi durante il rendering. Si consiglia di specificare il metodo di visualizzazione del tempo e il numero di fotogrammi del rendering utilizzando la finestra di dialogo TIME CONFIGURATION. Se si utilizza la finestra di dialogo TIME CONFIGURATION (figura 1.30) è possibile scegliere metodi di visualizzazione tempo conformi all’animazione tradizionale oppure scegliere di lavorare in minuti e secondi. È inoltre possibile impostare il numero di fotogrammi basandosi su diversi standard o specificare un numero personalizzato.
■ Figura 1.30 Definizione del tempo nella finestra di dialogoTIME CONFIGURATION
Chiavi di definizione L’animazione tradizionale è strettamente legata a una tecnica detta keyframing (realizzazione dei fotogrammi chiave): con questa parola si indica l’attività dell’animatore che disegna i fotogrammi più importanti di una sequenza animata, le chiavi appunto, i quali vengono poi passati a un assistente animatore che ha il compito di completare i fotogrammi fra le varie chiavi. A seconda del tipo di animazione, l’animatore deve disegnare più o meno chiavi. 3D Studio MAX lavora più o meno nello stesso modo. L’utente è l’animatore e specifica esattamente ciò che deve succedere e quando deve succedere creando chiavi di animazione in momenti prestabiliti. 3D Studio MAX è l’assistente animatore che si occupa dell’animazione che si verifica negli intervalli di tempo fra una chiave e l’altra. Per creare le chiavi di animazione eseguire le seguenti operazioni: 1. attivare il pulsante Animate situato nell’angolo inferiore destro della finestra di 3D Studio MAX;
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trascinare la barra cursore del tempo (Time Slider), nella parte inferiore della finestra di 3D Studio MAX, verso l’istante di tempo in cui si vuole che qualcosa si verifichi (figura 1.31); spostare, ruotare o scalare un oggetto, oppure cambiare tutti i parametri di un elemento qualsiasi della scena; con 3D Studio MAX è possibile animare quasi tutti i parametri.
■ Figura 1.31 Impostazione delle chiavi di animazione con il pulsanteAnimate e col Time Slider
Pulsante Animate Time Slider
Definizione di animazione parametrica Un altro tipo di animazione consentita da 3D Studio MAX è l’animazione parametrica con cui non è necessario impostare le chiavi perché si tratta di un effetto d’animazione preimpostato. Per ottenere questo effetto specificare i tempi di avvio e di arresto e impostare i parametri relativi: 3D Studio MAX si occuperà di tutto il resto. Attualmente 3D Studio MAX è disponibile con pochi effetti di animazione parametrica ma gli sviluppatori produrranno presto i plug-in per molti altri effetti. Un buon esempio di animazione parametrica è Noise (figura 1.32). È possibile assegnare Noise come un effetto a quasi tutti i parametri animati: ■ Noise assegnato alla posizione di un oggetto lo fa saltare in modo casuale; ■ Noise assegnato alla scalatura di un oggetto fa tremolare l’oggetto come la gelatina colpita con un cucchiaio; ■ Noise assegnato a un unico parametro, per esempio l’altezza di un cilindro, rende quel parametro fluttuante.
Controller di animazione Con 3D Studio MAX tutta l’animazione, sia essa per chiavi o parametrica, viene gestita da controller di animazione. Problemi come la modalità di memorizzazione dell’animazione, l’utilizzo di chiavi o parametri, l’interpolazione dei valori di animazione da un tempo all’altro sono tutti gestiti da un controller di animazione (detto più semplicemente controller).
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CAP.1 ■ Figura 1.32 Parametri per l’animazioneconNoise
3D Studio MAX assegna automaticamente un controller a ogni parametro che si vuole animare attraverso il pulsante Animate e la barra cursore del tempo, come già visto in precedenza. Se si intende utilizzare un controller parametrico, come Noise, è necessario che questo venga assegnato direttamente dall’utente utilizzando gli strumenti contenuti in Editor tracce o nel pannello Motion. È possibile verificare se un parametro può essere animato o se gli è già stato assegnato un controller, guardandone il parametro in Editor tracce. ■ Ogni oggetto in Editor tracce segnato da un triangolo verde può essere animato. La figura 1.33 mostra i parametri del cilindro visualizzati in Editor tracce che possono essere animati. ■ I parametri che non possono essere animati non compaiono in Editor tracce. La figura 1.33 confronta i parametri del cilindro che possono essere animati con tutti parametri del cilindro contenuti nel pannello Create. Si noti che solo la casella di controllo [Generate Mapping Coordinates] non può essere animata. ■ Utilizzare i filtri contenuti in Editor tracce per visualizzare il nome di ogni controller assegnato ai parametri. I nomi dei controller seguono il nome del parametro; se un parametro non è seguito da un nome di controller il parametro non è ancora stato animato. Nella figura 1.33 solo il raggio e l’altezza del cilindro sono stati animati.
■ Figura 1.33 Parametri animati e controller nell’Editor tracce
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Estensibilità plug-in Molti programmi supportano i plug-in per estendere la funzionalità della applicazione principale. La facilità di utilizzo e l’utilità dei plug-in dipende dal tipo di applicazione e dal modo in cui lo sviluppo del plug-in è supportato. Fortunatamente 3D Studio MAX ha una solida architettura plug-in fortemente integrata.
3D Studio MAX come sistema plug-in L’architettura plug-in di 3D Studio MAX è così centrale rispetto al design complessivo dell’applicazione che si deve considerare 3D Studio MAX come un sistema operativo plug-in grafico piuttosto che un’applicazione grafica. In realtà gran parte delle funzionalità disponibili in 3D Studio MAX sono implementate come plug-in. L’architettura plug-in di 3D Studio MAX ha i seguenti vantaggi: ■ la funzionalità principale del programma consente un rapido e facile upgrade con i nuovi plug-in; ■ i plug-in vengono caricati automaticamente e sono pronti all’uso quando si avvia 3D Studio MAX; ■ 3D Studio MAX può essere personalizzato ed esteso con la stessa facilità con cui si inseriscono nuovi plug-in nella cartella 3dsmax\plugins; ■ gli sviluppatori possono integrare così bene i loro nuovi plug-in che non si capisce dove finiscca il programma e inizi il plug-in.
Utilizzo dei plug-in Anche se per utilizzare un plug-in è sufficiente caricarlo in una cartella e cominciare ad utilizzarlo, è bene avere alcune utili informazioni.
Installazione dei plug-in Se si installano tutti i plug-in nella cartella default\plugins si finisce facilmente per avere una serie di file dal significato oscuro ammassati confusamente in un unico luogo. Quasi tutti i principali sviluppatori di plug-in scrivono programmi che inseriscono i loro plugin in speciali cartelle personali e registrano quelle cartelle con 3D Studio MAX. È opportuno creare inoltre cartelle specializzate per eventuali altri plug-in. 3D Studio MAX facilita molto l’identificazione di cartelle plug-in alternative. La finestra di dialogo CONFIGURE PATHS contiene un pannello nel quale è possibile identificare il numero di cartelle plug-in necessarie (figura 1.34). Qualsiasi plug-in contenuto in una cartella identificata nella finestra di dialogo CONFIGURE PATHS viene caricato a ogni avvio di 3D Studio MAX. Per configurare cartelle plug-in alternative eseguire le seguenti operazioni: 1. creare le cartelle nuove necessarie e inserirvi i plug-in; 2. avviare 3D Studio MAX; 3. scegliere il comando Configure Paths dal menu FILE; 4. fare clic sulla scheda Plug-ins nella finestra di dialogo CONFIGURE PATHS ; 5. fare clic su Add;
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CAP.1 6.
scegliere una delle nuove cartelle dall’elenco, digitare una descrizione nella casella Description⇓, dopodiché fare clic su OK. Ripetere le operazioni 5. e 6. per ogni nuova cartella plug-in creata.
■ Figura 1.34 Pannello Plug-Ins della finestra di dialogo CONFIGURE P ATHS
Ricerca di plug-in Dopo avere installato un nuovo plug-in, è necessario poterlo ritrovare, e la facilità di questa operazione dipende dal tipo di plug-in. In generale, per accedere ai plug-in è bene utilizzare quattro metodi: ■ i creatori di oggetti in genere compaiono come una nuova sub-categoria sotto una delle sette categorie di creazione del pannello Create; ■ è inoltre possibile che i plug-in di creazione compaiano come nuovi comandi nella tendina OBJECT T YPE di una delle sub-categorie esistenti; ■ i modificatori compaiono nella finestra di dialogo MODIFIERS dopo avere fatto clic sul pulsante More del pannello Modify; ■ altri plug-in del pannello dei comandi, come nei pannelli Utilities o Motion, compaiono o come nuove tendine o come una voce nell’elenco categorie. Alcuni di questi plug-in sono per esempio i plug-in per mappe o materiali nel Material/Map Browser, i plug-in controller nella finestra di dialogo REPLACE CONTROLLER, e i plug-in atmosfera nella finestra di dialogo A DD ATMOSPHERIC EFFECT .
Plug-in mancanti Uno degli aspetti più importanti dell’architettura plug-in di 3D Studio MAX è ciò che succede quando si carica un file che utilizza un plug-in non installato nel sistema. Non ci si stupisca se il file non può essere caricato. Quando 3D Studio MAX individua che un plug-in richiesto è mancante visualizza la finestra di dialogo MISSING DLLS (figura 1.35). Questa finestra elenca le DLL mancanti (Dynamic Link Libraries, librerie a collegamento dinamico), fornisce informazioni sui loro nomi e sul loro utilizzo e permette di procedere con il caricamento o la cancellazione del file. INTRODUZIONE A 3D STUDIO MAX
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■ Figura 1.35 Finestra di dialogo MISSING DLLS
Se si procede al caricamento, vengono creati dei segnaposto per le DLL mancanti, i dati della DLL vengono salvati e quant’altro contenuto nel file viene visualizzato. Per esempio, un semplice cubo sostituisce la geometria generata da un plug-in creazione oggetto. È possibile lavorare normalmente con il file ma non è possibile apportare alcun cambiamento a parti della scena controllate dalla DLL mancante. In seguito, se il plug-in mancante viene installato e il file ricaricato, tutte le informazioni verranno visualizzate correttamente.
Riepilogo ■
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Comportamento object-oriented: essendo un programma object-oriented, 3D Studio MAX consente di eseguire solo operazioni su oggetti selezionati; le altre operazioni sono disattivate o sono nascoste nell’interfaccia. Oggetti parametrici: poiché gli oggetti parametrici forniscono numerose opzioni di modeling e di animazione, è opportuno mantenere il più possibile la definizione parametrica di un oggetto; le operazioni che eliminano i parametri sono: attaccare gli oggetti utilizzando uno dei modificatori Edit; comprimere l’Elenco modificatori di un oggetto; esportare oggetti in un formato file differente. Modificatori e space warp: effetti identici possono essere ottenuti per mezzo dei modificatori e degli space warp. È bene ricordare, tuttavia, che i modificatori vengono applicati direttamente all’oggetto e non cambiano via via che l’oggetto si sposta sulla scena. Gli space warp, invece, esistono come oggetti indipendenti a cui sono legati gli altri oggetti. L’effetto di uno space warp cambia con lo spostamento di un oggetto sulla scena. Per applicare un effetto direttamente a un oggetto utilizzare i modificatori. Per simulare effetti ambientali o forze esterne utilizzare gli space warp. Installazione di plug-in: Per ridurre il numero dei plug-in caricati nella cartella default\plugins è possibile configurare cartelle specializzate per i plug-in utilizzando la finestra di dialogo CONFIGURE PATHS. Tutti i plug-in contenuti in una cartella identificata nella finestra di dialogo CONFIGURE PATHS vengono caricati ogni volta in cui si avvia 3D Studio MAX.
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CAP.2
CAPITOLO 2
Mescolare luci e colori
Prima di riuscire a creare rendering e animazioni efficaci con 3D Studio MAX, è necessario acquisire una discreta abilità e conoscenza del programma. Quando si creano scene con 3DS MAX, ci si rende subito conto che le discipline rappresentate nel programma sono moltissime: modellazione, illuminazione, fotografia, teatro, pittura e narrativa. Forse una delle cose più importanti, tuttavia, è capire come lavorare con i colori e le luci. I colori influiscono su tutte le cose che vediamo e facciamo. Il colore rosso potrebbe indurre a fermarsi e il colore di una stanza potrebbe perfino influire sul proprio umore. La decisione di acquistare un oggetto spesso dipende dal suo colore. Capire gli effetti del colore e come adoperarlo al meglio per produrre l’effetto desiderato è fondamentale. In questo capitolo, saranno illustrati i diversi concetti che riguardano i colori e le luci e qual è il loro rapporto con la grafica computerizzata e 3DS MAX. In particolare, questo capitolo tratta i seguenti argomenti: ■ modelli di colori pigmento; ■ colori come luce riflessa; ■ mescolare i colori in 3D Studio MAX; ■ composizione dei colori; ■ influenze del colore alla luce naturale; ■ influenze del colore alla luce artificiale; ■ influenze delle lampade colorate. MESCOLARE LUCI E COLORI
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Il colore di solito è la caratteristica a cui ci si riferisce più spesso parlando di una superficie. Quando l’occhio percepisce un segnale di stop come rosso, se ne deduce che il segnale di stop è “rosso”. È accettato come un dato di fatto e lo si descrive come un segnale rosso o colorato di rosso. In realtà, non è la superficie a essere rossa ma la luce riflessa dalla superficie. Il pigmento con il quale il segnale è colorato assorbe tutti i colori dello spettro solare tranne il rosso, quindi è la parte rossa dello spettro a essere riflessa. L’occhio percepisce la luce rossa riflessa e il cervello conclude che il segnale è rosso. I diagrammi della figura 2.1 mostrano come la luce bianca si riflette su un segnale del tipo appena citato. La vita quotidiana e i condizionamenti non permettono di capire l’effetto per cui il colore è in realtà luce riflessa. Questa osservazione non deve sorprendere poiché, di regola, non si interagisce con i colori della luce. Non li si specifica, di rado li si mischia o si gioca con essi e le situazioni in cui la maggior parte dello spettro non è presente sono poche. Siamo abituati agli effetti della luce bianca o quasi bianca. In realtà, si interagisce con il colore attraverso le sostanze che riflettono la luce in maniera prevedibile. Queste sostanze si chiamano pigmenti. Anche se non si sono mai utilizzati i tradizionali pigmenti artistici come le vernici o l’inchiostro, la miscelatura di pigmenti avviene quotidianamente quando si cucina, si mischiano le bevande, si rovesciano i liquidi o si verificano errori di lavaggio. Il colore rappresenta una componente importante della vita: si abbinano i colori ogni volta che si disegna, si ridipinge una casa o ci si veste.
■ Figura 2.1 La luce colpisce un cartello di stop e riflette la luce rossa e bianca (FIG0201.bmp)
Ma eseguire un rendering al computer o dipingere su un monitor è molto diverso da quanto si è imparato nella vita sul colore. In questo caso, si utilizza un dispositivo che comunica con la luce (il monitor del computer) e degli strumenti per crearla e manipolarla (3DS MAX e forse altri programmi di grafica). È importante rendersi conto che il colore della luce, riflesso dai pigmenti, è in realtà il “colore” percepito dagli occhi. Questo
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CAP.2 potrebbe essere considerato un difetto di percezione e l’occhio potrebbe impiegare un certo periodo di tempo prima di abituarsi al colore. Per facilitare la comprensione degli effetti della luce e delle sue complessità, nei paragrafi seguenti saranno illustrati i colori pigmento. Le figure a colori di questo capitolo sono fornite sul CD di accompagnamento nella directory CAP02. Il nome della figura è riportato nella didascalia.
I modelli di colore pigmento Il modello di colore che si impara da bambini si basa sul pigmento. La vernice gialla mischiata con quella blu forma spirali di vernice verde. Queste regole sono valide per i pigmenti, le vernici e le matite colorate. Tutti sanno che ci sono tre colori primari: rosso, giallo e blu. In quanto primari, questi colori sono puri, non sono mescolati con altri e sono utilizzati per mischiare tutti gli altri colori. Se i colori primari sono mischiati in parti uguali, si formeranno i colori secondari: arancione, verde e viola. Il numero infinito di gradazioni possibili tra i colori primari e quelli secondari è spesso armonioso e simile. Poiché i modelli di colore si basano sui colori primari, questo modello viene spesso chiamato modello di colore RYB (Red-Yellow-Blue, Rosso-Giallo-Blu). Come è facile intuire, questa definizione non è del tutto corretta perché non è possibile formare ogni colore con i tre primari.
Il modello di colore RYB La ruota a colori è di solito lo strumento utilizzato per rappresentare il modello RYB (figura 2.2). I colori primari sono posizionati su un triangolo equilatero in cui i colori secondari formano un triangolo rovesciato. Nel cerchio i colori si succedono nell’ordine dello spettro solare o dell’arcobaleno. Molti artisti dispongono i colori sulla tavolozza proprio in questo modo cosicché mischiare i colori risulta più facile e rapido. (È piuttosto ironico che proprio una tavolozza organizzata secondo lo spettro solare sia utilizzata in primo luogo per mostrare come si mischiano i pigmenti.)
Mescolare i colori pigmento I tre cerchi sovrapposti dei colori primari servono a illustrare le nozioni di base per mescolare i pigmenti, come mostrato nella prima illustrazione a colori. Nell’illustrazione, i tre cerchi sovrapposti formano i colori secondari. Al centro la sovrapposizione dei tre cerchi dà luogo al colore marrone, che rappresenta anche il risultato della miscela di colori complementari. Infatti, poiché nella ruota a colori RYB si trovano incrociati, contengono tutti i colori primari. Il bianco è rappresentato dall’assenza di colore perché in realtà si tratta della tela o del foglio su cui si applica il pigmento. Il colore che manca nella ruota a colori è il nero. Da bambini, si pensava che il nero si ottenesse mischiando tutti gli altri colori, ma di solito il risultato era di un colore molto più simile al marrone fango che al nero. A causa di questa difficoltà, molte persone considerano il nero come un colore primario e lo acquistano come un pigmento separato. Una volta comprese le proprietà dei colori, sarà evidente che la mancanza del nero nel modello di colore RYB rappresenta un difetto. Quindi anche se il modello RYB è intuitivo in relazione ai colori più comuni, in realtà è incompleto. MESCOLARE LUCI E COLORI
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■ Figura 2.2 La ruota a colori RYB e cerchi di vernice sovrapposti. FIG0202.BMP
Il modello di colore CYM Anche se il modello RYB è molto antico ed è stato utilizzato dalla maggior parte dei maestri, non rappresenta un modello molto accurato. Ottenere le tonalità intense di viola, magenta e azzurro mischiando i colori primari è impossibile come è impossibile ottenere un vero e proprio nero. Di fronte a questo problema, numerosi professori suggeriscono agli studenti di arte di comprare i colori direttamente in tubetti perché sono troppo difficili da miscelare. In realtà, questo ragionamento non risponde proprio al vero perché i colori sopracitati non possono essere ottenuti mischiando il rosso, il giallo e il blu, i veri colori primari. Questo non significa che gli artisti tradizionali non sanno il fatto loro; utilizzano semplicemente un modello di colore che possono rapportare al mondo che li circonda.
Pigmenti primari I tre pigmenti primari azzurro, giallo e magenta sono realmente i colori complementari della luce bianca i cui colori primari sono rosso, verde e blu. Entrambi i modelli sono mostrati nella figura 2.3. Tutti i pigmenti (o le sostanze sottrattive) hanno origine da questi tre colori. L’utilizzo di questi colori primari dà il nome al modello di colore CYM (Cyan-Yellow-Magenta, Azzurro-Giallo-Magenta). Nel modello CYM, il rosso risulta dal miscuglio di magenta e giallo, il blu è composto da azzurro e magenta e il colore che tutti considerano giallo è formato dal giallo con un tocco di magenta. Un motivo per cui non si insegna il modello di colore CYM è che questi colori primari intensi sono innaturali e difficili da trovare nel mondo reale. Un vero colore primario si trova raramente in natura e non capita spesso di utilizzarlo quotidianamente.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.2 ■ Figura 2.3 Tre cerchi di luce RGB e di inchiostro CYM che si intersecano. FIG0203.BMP
Uno dei motivi per cui il modello RYB è tuttora preferito al modello CYM sta nella difficoltà di creare veri e proprio pigmenti color azzurro, magenta e giallo. I gialli puri sono stati ottenuti solo nel 1800 e un vero magenta solo attorno al 1850. Attraverso i secoli gli artisti sono stati costretti a utilizzare pigmenti i cui colori erano stati già sottratti o mescolati. Un esempio significativo sono le vecchie illustrazioni a colori che hanno adottato il modello di colore RYB. Sembrano spesso piatte e opache perché per scurire il disegno l’autore si è servito quasi esclusivamente del nero. Questa mancanza di colori primari intensi spiega anche perché i dipinti dei vecchi maestri sono tutti pervasi da un colore e da un’atmosfera particolare. I colori primari intensi non erano disponibili. Questa riflessione non deve essere considerata una critica nei confronti delle qualità e delle capacità di osservazione degli artisti del passato ma piuttosto un commento sulla loro non familiarità con i modelli CYM e RGB.
Stampa a quattro colori e CYMK Una differenza fondamentale tra il modello CYM e il modello RYB è che mescolando i colori primari si ottiene il nero e non il solito marrone ottenuto mischiando rosso giallo e blu. Quando si formano dei colori con il modello CYM, e quindi si mescolano pigmenti, gli ingredienti sono spesso espressi in termini percentuali (per esempio, con 50 percento di giallo, 45 percento di azzurro e 5 percento di magenta si ottiene una particolare sfumatura di verde). Utilizzare le percentuali per descrivere i colori è simile al metodo utilizzato in 3DS MAX per specificare i valori del colore. La stampa a colori è un supporto basato sui pigmenti che necessita il colore nero e utilizza il modello CYM al completo. Per questo motivo, il modello CYM viene spesso definito modello di colore a inchiostro, in cui azzurro, giallo e magenta costituiscono i colori primari che mescolati danno luogo al nero. I tre cerchi sovrapposti di “inchiostro” servono a illustrare questo modello di base. In realtà, il nero risultante è un blu o un viola molto intenso, ma viene percepito come nero. Anche se è possibile mescolare tutti i neri stampati in questo modo, l’industria delle stampanti utilizza il nero come inchiostro distinto da
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CYM per evitare il problema di allineamento per cui sono necessari tutti e tre i colori primari per produrre il colore nero, utilizzato nella maggior parte dei testi e delle immagini grafiche. La stampa è definita come un processo a quattro colori, in cui il nero è un colore aggiunto, la K di CYMK.
Il colore come luce riflessa Il colore pigmento in realtà è la luce riflessa da un oggetto. La luce colorata, la luce riflessa fuori dagli oggetti, costituisce il mondo visibile. Un oggetto è rosso perché assorbe i raggi blu e verdi dello spettro e riflette la luce rimanente rossa. La figura 2.4 mostra questo processo raffigurando l’illuminazione di due segnali di stop dalla dicitura bianca. Il primo segnale di stop è illuminato da luce bianca che è riflessa rossa dallo sfondo rosso e rossa, verde e blu dalla dicitura. Il secondo segnale è illuminato solo da luce azzurra. Poiché non c’è luce rossa da riflettere, lo sfondo rimane nero e assorbe tutta la luce verde e blu. La dicitura bianca riflette la luce verde e blu e sembra quindi azzurra.
■ Figura 2.4 I segnali di stop rossi e bianchi illuminati con luce bianca e azzurra. FIG0204.BMP
Ogni pigmento assorbe una parte particolare dello spettro e riflette la luce con la quale è associato. Per formare il nuovo “colore”, i pigmenti misti di solito sottraggono dal miscuglio i vari colori dello spettro. Il blu (che non riflette il rosso o il giallo) mischiato con il giallo (che non riflette il rosso o il blu) forma il verde sottraendo completamente alla miscela la capacità di riflettere il rosso. I pigmenti sono sottrattivi e questo si intende quando si parla di materiale trasparente “sottrattivo” nel Material Editor.
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CAP.2
Il modello RGB Quando la luce bianca si rifrange attraverso un prisma, i suoi componenti colorati si separano a formare un arcobaleno. Questo arcobaleno è lo spettro relativo alla luce bianca e alla gamma di colori percepibili dall’uomo. I colori si succedono nello spettro nel seguente ordine: rosso (Red), arancione (Orange), giallo (Yellow), verde (Green), blu (Blue), indaco (Indigo) e violetto (Violet) a formare l’acronimo ROYGBIV, in italiano RAGVBIV. Dei colori dello spettro, i colori primari sono rosso, verde e blu e il modello di colore per la luce è chiamato il modello RGB dalle iniziale dei tre colori in inglese. Le luci non bianche si rifrangono nel proprio spettro, poiché parte dell’intero spettro (bianco) manca, altrimenti non sarebbero colorate.
Mentre il bianco costituisce l’assenza di pigmento nel modello CYM (rappresentato dal bianco della tela), il nero rappresenta la mancanza di luce nel modello RGB (e può essere considerato la vera e propria oscurità). I tre colori primari della luce si mescolano per formare la luce bianca. Il miscuglio dà origine ai colori secondari azzurro, giallo e magenta, i colori primari del modello di pigmento CYM. La dicotomia fra luce e pigmento è un concetto importante da afferrare per capire completamente come appaiono i materiali in diverse condizioni di illuminazione. La luce e i pigmenti sono elementi opposti ma complementari. I colori primari di un modello rappresentano i colori complementari dell’altro. Il modello RGB emette luce; il modello CYM la riflette. Il pigmento di un oggetto non può essere visto se la luce non lo colpisce, mentre la luce colorata, per essere percepita, necessita di una superficie opaca da colpire. Se si mescolano tutti i colori della luce si ottiene il bianco, mentre se si mescolano tutti i colori pigmento si ottiene il nero. Il modello RGB mescola i colori aggiungendoli, il modello CYM sottraendoli.
Mescolare i colori della luce I tre cerchi di luce sovrapposti illustrano questo modello di base (fare riferimento alla prima illustrazione a colori). Qui, il nero è rappresentato dall’assenza di colore e il bianco si ottiene mescolando i tre colori primari: rosso, verde e blu. Quando i cerchi si sovrappongono, formano i colori secondari: azzurro, magenta e giallo. Se si mettono i due modelli a confronto, appare subito evidente che il modello RGB è il diretto inverso del modello CYM, come i colori primari dell’uno rappresentano i colori secondari dell’altro. Il modello di esempio lightrgb.max utilizza tre riflettori per illustrare il modello di colore RGB aggiuntivo per la luce. Il modello è composto da tre riflettori che splendono su un quadrato bianco opaco. I cerchi rappresentano una luce pura colorata su una superficie bianca senza l’influsso di nessun’altra luce o pigmento. La scena nella figura 2.5 mostra tre riflettori di colori primari, rosso, verde e blu in due finestre ombreggiate. Questi cerchi rappresentano i colori primari della luce. Dove i cerchi sovrapposti sono solo due, i colori pigmento primari sono giallo, azzurro e magenta. Dove i tre cerchi sono sovrapposti, si ricompone l’intero spettro solare (luce bianca), equivalente all’assenza di pigmento.
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■ Figura 2.5 I tre cerchi di colori primari inlightrgb.max. FIG0205.BMP
I cerchi di luce appaiono frastagliati sui bordi nelle finestre ombreggiate perché il renderizzatore interattivo di immagini di 3DS MAX utilizza Gouraud per ombreggiare la visualizzazione. Questo metodo calcola gli effetti di illuminazione ombreggiando i vertici del modello. L’effetto di illuminazione apparirà accurato solo se la mesh visualizzata è fitta. Per visualizzare l’effetto reale della luce, sarà necessario effettuare un rendering di produzione.
Utilizzare i riflettori per esaminare il colore RGB L’esercizio seguente presenta il modello di colore aggiuntivo RGB: 1. Caricare la scena lightrgb.max dal CD fornito in dotazione. 2. Attivare la finestra TOP e premere il pulsante QuickRender. Il rendering dei cerchi di luce dà luogo a cerchi perfetti. 3. Selezionare il riflettore rosso, Spot-Red e fare clic sul pannello MODIFY per visualizzare le impostazioni correnti della luce. 4. La quantità di RGB di Spot-Red equivale a 255,0,0, ovvero è una luce rossa pura senza componenti di verde o blu. Gli altri riflettori sono saturi allo stesso modo. 5. È possibile provare un altro effetto di luce regolando il colore dei riflettori e riposizionandoli. È necessario abituarsi al fatto che i colori della luce sono additivi mentre i pigmenti sono sottrattivi. Con i colori additivi, più colore si aggiunge più la tonalità diventa bianca mentre con i pigmenti, più colore si aggiunge più la tonalità diventa scura. Questo concetto non è molto familiare poiché la maggior parte delle persone che non lavorano nel teatro o nel settore dell’illuminazione, non hanno mai provato (spesso perché non ne
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CAP.2 hanno avuto l’occasione) a mescolare la luce in varie tonalità di colore. Ma in realtà, si è di fronte al modello RGB tutti i giorni perché ogni televisore a colori e monitor del computer visualizza le immagini attraverso canali rossi, verdi e blu separati.
Il colore RGB È importante arrivare alla comprensione completa del modello RGB perché quasi tutte le applicazioni a colori basate sul computer si basano su questo modello. Fortunatamente, il Color Selector (figura 2.6) di 3DS MAX offre un ottimo metodo per impadronirsi del concetto di mescolare diverse quantità di colore nel modello RGB.
■ Figura 2.6 Il Material Editor e il Color Selector di 3DS MAX. FIG0206.BMP
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Entrare nel Material Editor facendo clic sul pulsante Material Editor sulla barra degli strumenti. Fare doppio clic sulla tavolozza dei colori per far apparire il Color Selector (non importa quale materiale è attivo perché verrà cambiato solo il colore). Il Color Selector regola contemporaneamente il colore nei dispositivi di scorrimento e la tavolozza dei colori nonché i valori, i colori e la sfera campione di rendering del Material Editor. Fare clic su un colore nel gradiente Hue o sul dispositivo di scorrimento Hue e controllare che il dispositivo di scorrimento Whiteness non sia nella parte inferiore dell’intervallo. Spostare il dispositivo di scorrimento Sat (saturazione) a 255 (fino all’estremità destra) e controllare che il dispositivo di scorrimento Value non si trovi alle estremità. In questo modo si crea un colore completamente saturo con almeno uno dei valori RGB impostati al massimo nel livello corrente del dispositivo di scorrimento Value mentre almeno uno degli altri è ridotto a zero.
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Spostare il dispositivo di scorrimento Hue avanti e indietro guardando i dispositivi di scorrimento RGB. Mentre si sposta il dispositivo di scorrimento nello spettro Hue, si noterà che i canali dei dispositivi di scorrimento RGB si muovono uno alla volta. Durante tale spostamento, si noteranno gli effetti dovuti all’impostazione di valori minimi e massimi dei colori rosso, verde e blu. Trascinare il dispositivo di scorrimento Saturation fino a 0 (fino all’estremità sinistra). Se si diminuisce la saturazione del colore, si noterà che i componenti RGB si avvicinano l’uno all’altro fino ad allinearsi. Poiché i valori RGB sono ora equilibrati, la luce non ha colore e la tavolozza è grigia; questo metodo rappresenta un comoda scorciatoia per creare il grigio. È importante notare che i valori tonalità e luminanza sono ancora intatti e aumentando la saturazione, viene ripristinato il colore originale. Manipolare tutti e tre i dispositivi di scorrimento RGB in modo tale che non siano allineati e non si trovino alle estremità del dispositivo di scorrimento e poi trascinare un dispositivo di scorrimento RGB fino a 0. Il dispositivo di scorrimento Saturation si sposta a destra e la tavolozza dei colori diventa completamente satura. Trascinare lo stesso dispositivo di scorrimento di nuovo a destra; il dispositivo di scorrimento Slider si sposterà a destra e la tavolozza dei colori diventerà grigia. Qualsiasi colore che abbia uno o due dispositivi di scorrimento RGB impostati a 0 è sempre completamente saturo. Infatti se si trascina un dispositivo di scorrimento RGB verso sinistra, il dispositivo di scorrimento Saturation si sposta a destra e raggiunge la saturazione completa quando il dispositivo di scorrimento del colore raggiunge lo zero. Impostare il valore Saturation su 255 e poi trascinare il dispositivo di scorrimento Value a destra e poi di nuovo a sinistra. Tutti e tre i dispositivi di scorrimento RGB si spostano a destra e poi di nuovo a sinistra contemporaneamente. Se si aumenta il valore del colore, tutti e tre i canali RGB si spostano a destra finché il colore puro dello spettro (tonalità) non viene creato. Se si diminuisce il valore, i dispositivi di scorrimento si sposteranno a sinistra finché non si forma il nero; non è riflessa nessuna luce. È possibile ottenere lo stesso effetto spostando i canali RGB all’estremità destra o sinistra, con una differenza fondamentale: Il valore tonalità cambia in continuazione ed è eliminato alle estremità perché non c’è colore.
Utilizzo della luce per spiegare il pigmento CYM In 3DS MAX è possibile eseguire un esercizio interessante che illustra il modello CYM utilizzando le sorgenti di luce. A differenza del mondo reale, è possibile assegnare ai riflettori di 3DS MAX moltiplicatori negativi per sottrarre invece di aggiungere luce alla scena. La figura 2.7 mostra come le luci negative agiscano in modo molto simile ai pigmenti che colpiscono le superfici e sottraggono illuminazione ad altre sorgenti di luce (positive).
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CAP.2 ■ Figura 2.7 I tre riflettori negativi degli “inchiostri “ primari. FIG0207.BMP
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Caricare la scena lightrgb.max dal CD fornito in dotazione. Fare clic sulla scheda CREATE per visualizzare il pannello CREATE COMMAND e fare clic sul pulsante Lights nella parte superiore del pannello C REATE COMMAND . Fare clic sul pulsante Directional e posizionare la nuova luce direzionale al centro della finestra TOP . Spostare la luce Directional quasi alla stessa altezza dei tre riflettori esistenti. Fare clic sulla scheda MODIFIER e aumentare l’impostazione V: a 255 per creare una luce bianca pura. Si noterà che la luce è limitata all’area centrale. Spuntare la casella di controllo del periferico della luce. In questo modo non si limita l’estensione della sorgente di luce e si permette l’illuminazione di tutte le aree con la stessa intensità. L’illuminazione da parte di altre luci dovrebbe essere inesistente perché la superficie riflette la luce bianca; quindi non è possibile vedere la luce rossa, verde e blu. La superficie della scatola dovrebbe essere bianco brillante. Premere il tasto H e selezionare Spot-Red e cambiare il valore del moltiplicatore da 1.0 a -1.0. Il riflettore che proiettava luce rossa ora la sottrae dalla luce direzionale bianca e la luce appare azzurra. Impostare i valori dei moltiplicatori per i due rimanenti riflettori su -1.0. Come risultato, appariranno tre cerchi di luce “inchiostro”: azzurro, giallo e magenta, che sovrapponendosi formano i colori primari della luce: rosso, verde e blu. I tre cerchi si sovrappongono al centro e formano il nero poiché eliminano tutta la luce positiva dalla scena. Il file con il risultato si trova nel CD fornito in dotazione con il nome di lightcym.max.
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Mescolare i colori in 3D Studio MAX 3D Studio MAX fornisce un unico selettore colore che offre un metodo intuitivo per selezionare e gestire i colori. Anche se tutti i colori sono memorizzati nel sistema come puri elementi RGB (rosso, verde e blu), il Color Selector (figura 2.8) permette di selezionare ed esaminare i colori utilizzando diversi metodi.
■ Figura 2.8 Il Color Selector standard in 3DS MAX. FIG0208.BMP
Descrizione dei colori con HSV I colori possono essere difficili da percepire. Ricordarsi i colori a memoria in modo accurato è praticamente impossibile. Anche se ci si concentra per capire il colore di un oggetto, questo cambia perché il tipo di luce che lo illumina cambia posizione e tonalità. Per questioni di chiarezza, il colore di un pigmento è spesso descritto in base a tre proprietà. Anche se le tre proprietà sono ormai comunemente accettate, esistono diverse scuole di pensiero sulla denominazione delle diverse proprietà. La parte della ruota a colori su cui si basa un colore è chiamata tonalità. Se si potesse trasformare il dispositivo di scorrimento Hue del Color Selector in un cerchio, si otterrebbe la ruota a colori. Quando si parla del colore di un oggetto, si intende la tonalità. Il termine tonalità è stato universalmente accettato dai vari sistemi di descrizione dei colori. La purezza di un colore si valuta in base alla croma, all’intensità o alla saturazione (come in 3DS MAX). La saturazione definisce in quale proporzione un colore è mescolato con altri. Un colore puro è completamente saturo perché non è stato mescolato con altri colori, rispetto a un colore grigio che è stato notevolmente mescolato e quindi ha un grado di saturazione molto basso o vicino allo zero. Ogni tonalità varia da molto scura a molto chiara, caratteristica che viene spesso definita luminanza del colore, intensità o, come in 3DS MAX, valore. Più un colore è scuro, più si avvicina al nero quindi ha un valore basso; più un colore si schiarisce, più si allontana del nero quindi il valore aumenta. Un quadro monocromatico è un buon esempio di tonalità utilizzata in tutti i suoi valori. I tre parametri per descrivere i colori sono conosciuti con il nome di modello HSV (Hue, Saturation e Value, tonalità, saturazione e valore) e possono essere utilizzati per descrivere tutti i colori. Per gli artisti tradizionali, questo sistema di descrizione corrisponde alla tonalità, alla croma e alle scale di valori del sistema di Munsell. 3DS MAX offre i dispositivi di scorrimento colore HSV come opzione ogni volta che si scelgono i colori con il Color Selector standard.
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Regolazione del colore attraverso il bianco e il nero 3DS MAX offre un maggiore controllo sul colore con i dispositivi di scorrimento Whiteness e Blackness del Color Selector. Un colore diventa più bianco o più nero modificando contemporaneamente la saturazione e il valore. L’effetto è molto simile a ciò che avviene realmente aggiungendo pigmento nero o bianco a una vernice esistente. In pratica, spostando il dispositivo di scorrimento Whiteness dall’alto al basso, si regola la saturazione da 255 a 0, mentre spostando il dispositivo di scorrimento Value, si regola il valore da 0 a 255. Se invece si sposta il dispositivo di scorrimento Blackness dall’alto al basso, si regola la saturazione da un valore di partenza a 0, mentre il valore si regola da 255 a un valore finale. I controlli Whiteness e Blackness non influiscono sulla tonalità o l’uno sull’altro, l’effetto è valido solo per Saturation e Value.
Il Color Selector Il Color Selector di 3DS MAX costituisce l’ambiente ideale per imparare a mescolare i colori. L’esercizio seguente aiuterà a comprendere il significato dei dispositivi di scorrimento HSV dei colori e il modo in cui influiscono l’uno sull’altro. La Figura 2.9 illustra come è possibile accedere al Color Selector anche dalla finestra di dialogo OBJECT COLOR.
■ Figura 2.9 Il Color Selector di 3DS MAX dalle finestre di dialogoOBJECT COLOR. FIG0209.BMP
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Fare clic sulla tavolozza OBJECT COLOR nel pannello COMMAND per accedere alla finestra di dialogo OBJECT COLOR e poi fare doppio clic sulla tavolozza dei colori A CTIVE COLOR per visualizzare il Color Selector, identico a quello del Material Editor. Fare clic su un colore qualsiasi sul dispositivo di scorrimento Hue e portare i dispositivi di scorrimento Saturation e Value fino a 255.
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Nella tavolozza dei colori campione, sarà visualizzata una tonalità pura dei colori dello spettro o basata sulla ruota a colori. 3. Trascinare il dispositivo di scorrimento Hue a sinistra e a destra per osservare i cambiamenti nei colori della tavolozza. Se si aumenta o si diminuisce il valore Hue con il dispositivo di scorrimento, il colore si sposta lentamente attraverso lo spettro nella tavolozza. Si attraversa l’intero spettro alla ricerca di un colore puro. 4. Trascinare il dispositivo di scorrimento Whitness fino al basso, la tavolozza campione diventerà più luminosa fino ad arrivare al bianco puro. Se si aumenta il valore Whiteness, il valore Saturation diminuisce perché per ottenere colori più bianchi è necessario aggiungere quantità supplementari di rosso, verde e blu desaturando così il colore originale. Inoltre il valore Value aumenterà per schiarire il colore. 5. Trascinare il dispositivo di scorrimento Blackness fino al basso, la luminosità della tavolozza campione diminuirà fino a diventare grigia (più il dispositivo di scorrimento Whiteness si trova in basso, più il grigio è luminoso). Se si aumenta il valore Blackness, il valore Saturation diminuisce perché è necessario sottrarre quantità supplementari di rosso, verde e blu per ottenere colori più grigi e il valore Value diminuirà per scurire il colore. 6. Trascinare il dispositivo di scorrimento Saturation fino all’estremità destra e entrambi i dispositivi di scorrimento Whiteness e Blackness aumenteranno. 7. Trascinare il dispositivo di scorrimento Value a sinistra e a destra. Se il valore Value aumenta, aumenta anche il valore Blackness mentre il valore Whiteness diminuisce; se il valore Value diminuisce, l’effetto su Blackness e Whiteness è opposto. Questo esercizio evidenzia un concetto molto importante per mescolare i colori in 3DS MAX. Quando si regolano i dispositivi di scorrimento Saturation o Value insieme o meno ai dispositivi di scorrimento Whiteness e Blackness, si ottiene una gamma di colori di una data tonalità. Anche se la procedura di creazione delle scale di colore è molto simile nei due metodi, i risultati sono molto diversi. Se si crea una gamma di colori per condividere una gamma cromatica, è consigliabile utilizzare un solo metodo. Si consiglia di creare scale di colori adiacenti regolando il valore Value o Saturation separatamente o regolando solo i controlli Whiteness and Blackness. Se si adottano entrambe i metodi, i colori che ne risulteranno apparterranno a scale diverse. È importante inoltre ricordare che tutti i valori colore in 3DS MAX sono memorizzati solo nei valori RGB. Questo significa anche se sono visualizzati i valori HSV, in realtà sono i valori corrispondenti RGB a essere memorizzati. I parametri Whiteness e Blackness non visualizzano mai i valori perché gestiscono contemporaneamente i valori Saturation e Value e “assistono” solo alla mescolatura dei colori. Anche se è possibile fare riferimento e registrare un dato valore HSV, i valori Whiteness e Blackness sono dei semplici indicatori visivi.
Composizione dei colori Il colore è un elemento personale, individuale. Tutti hanno colori e abbinamenti di colore preferiti. Eppure esistono regole o linee guida secondo le quali i colori sono coordinati, abbinati e mischiati. È quindi importante conoscerle anche se si creano mondi che sono
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CAP.2 solo frutto della propria fantasia. Questi mondi si basano spesso proprio sulla comprensione di tali regole che costituiscono il riferimento di base per le diverse creazioni artistiche. La composizione dei colori è determinante se si dipingono mappe di composizione con i pigmenti o si illumina una scena. Scelte di colori riuscite sono in grado di creare un’atmosfera o di conferire un senso di unità a una scena. Scelte di colori non riuscite rendono la scena irreale, appariscente, cupa o simile a un cartone animato. Questo paragrafo illustra le diverse proprietà soggettive del colore e il modo di utilizzarle. In 3DS MAX quando si definiscono i materiali, gli sfondi e le atmosfere, è come se si utilizzassero pigmenti veri. In ogni caso, questi sono, o rappresentano, superfici. Una superficie riflette la luce e la luce riflessa percepita dall’occhio ne rappresenta il colore. Il colore della luce riflessa è determinato da quali colori sono assorbiti dalla superficie (il colore della superficie) e il colore della luce che la illumina. Quando si parla di colori pigmento, si suppone che in una luce quasi bianca siano presenti la maggior parte dei colori dello spettro. Numerosi sono i termini utilizzati per descrivere il colore e il settore artistico ha standardizzato molti di questi termini e descrizioni. È quindi importante comprendere a fondo tali concetti perché lavorare con 3DS MAX rimanda sempre agli artisti e ai loro scritti. Questi termini saranno utilizzati per il resto del manuale per descrivere il colore.
Colori complementari I colori che si trovano su posizioni diametralmente opposte sulla ruota a colori sono complementari. Per il modello di base RYB, i colori primari complementari sono rosso e verde, giallo e viola, blu e arancione. I colori complementari possono essere individuati in qualsiasi punto della ruota, quindi il colore complementare di un arancione rossastro è un blu verdastro. I colori complementari hanno diverse caratteristiche importanti. Se utilizzati in maniera affiancata, un colore esalta l’intensità del suo complementare e produce un grande contrasto visivo. Una tale caratteristica può produrre anche una distorsione visiva molto accentuata perché i colori complementari si contendono l’uno il colore dell’altro, quello che a loro manca. In questo modo, l’occhio percepisce un effetto di “interruzione” o “vibrazione”. Se mescolati, i colori complementari creano sfumature di marrone e di grigio perché tendono a neutralizzare l’intensità della tinta principale e di solito nelle mescolature tradizionali si evita di mischiare colori complementari. Quando un oggetto colorato crea un’ombra, questa tende al colore complementare dell’oggetto. Questo effetto è valido anche per le sorgenti di luce colorate che producono ombre che tendono al colore complementare.
Colori caldi e colori freddi Il tipo e l’estensione della tinta presenti determinano la temperatura del colore. I colori caldi contengono quantità maggiori di rosso, arancione e giallo mentre i colori freddi contengono una quantità maggiore di blu. Il colore violetto caldo si basa sul rosso e il verde freddo sul blu. Anche il marrone e il grigio neutro si distinguono dalla temperatura. La temperatura rappresenta un concetto importante quando si scelgono i colori da utilizzare per un oggetto o una scena. Se si decide che l’oggetto da rappresentare deve essere “freddo” o “caldo”, è consigliabile rimanere coerenti nelle assegnazioni dei colori.
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Gli animali, per esempio, tendono a utilizzare famiglie di colori caldi, mentre le piante preferiscono i colori freddi. Una scena di paura utilizzerà colori freddi, mentre una scena piacevole si avvarrà di una tavolozza di colori caldi.
Effetti di avanzamento e arretramento nei colori I colori caldi e freddi producono l’effetto psicologico di avanzare o arretrare, un effetto determinato dall’interpretazione che l’occhio ha dell’ordine dei colori nello spettro (dove il rosso è il primo colore e il violetto l’ultimo). I colori caldi, soprattutto il rosso, sembrano avanzare e avvicinarsi, mentre i colori freddi sembrano arretrare e allontanarsi, ecco perché la maggior parte delle insegne dei negozi è rossa. La nostra esperienza di percezione della distanza serve a rafforzare questo concetto perché l’atmosfera raffredda i colori che si estendono all’orizzonte riflettendo su di essi il colore blu. Gli oggetti distanti perdono la loro intensità di colore e si avvicinano al grigio mentre le tonalità tendono allo spettro del blu. È importante ricordare questo effetto quando si creano o si modificano immagini sfondo. Se la scena arretra verso lo sfondo, il colore deve essere meno intenso e più freddo. Eseguire questa operazione manualmente utilizzando un programma di grafica pittorica o 3DS MAX con un materiale avente una tinta Mix o RGB, può essere considerato una finezza ma rappresenta un passo essenziale per creare sfondi realistici. Un ambientazione nebbia appropriatamente colorata può essere utilizzata per ottenere lo stesso risultato per lo sfondo e per l’intera scena.
Limitazione nell’utilizzo di nero e grigio Sono numerosi gli artisti che non utilizzano mai il vero e proprio nero, ma preferiscono occuparsi personalmente di preparare le proprie miscele di colori molto scuri. Se mescolati a saturazione completa, alcuni colori adiacenti sulla ruota a colori RYB (indaco e cremisi o blu oltremare e verde di Hooker sono combinazioni comuni) sono in grado di produrre colori intensi che si avvicinano al nero. Il motivo di questa scelta sta nel fatto che il pigmento nero conferisce un aspetto piatto e innaturale. È preferibile utilizzare i colori scuri e cupi che nascono dalla mescolatura perché all’occhio sembrano avere maggiore profondità e di fatto sembrano più scuri dei colori mischiati con il nero puro. Gli artisti hanno imparato a utilizzare il nero per creare effetti bruciati o a macchie perché questo colore tende a neutralizzare le tonalità e a creare colori “sporchi”. Il nero è inoltre riservato per mischiare veri grigi freddi e innaturali. A prescindere dal nero, nel mondo reale sono pochissimi gli elementi incolori o veramente grigi. Quasi tutti i colori esistenti hanno punte di rosso, giallo o blu. Poiché questo concetto riflette la percezione umana, è importante ricordarlo quando si scelgono e si mischiano i colori in 3DS MAX. Anche se è molto facile ottenere un vero grigio spostando il dispositivo di scorrimento Saturation su zero, questo colore non appartiene alla realtà. Poiché è molto raro che un grigio non abbia colore, è consigliabile utilizzare i grigi con cautela. Gli oggetti basati sui veri grigi e illuminati con luci “grigie” sembrano innaturali o generati al computer. Il motivo è semplice: creare lo stesso effetto nel mondo reale è molto difficile. In genere, anche una leggera tendenza delle luci, nonché nei materiali, verso un colore caldo o freddo sembra più realistico.
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CAP.2
Influenza del colore dell’illuminazione Una scena costituita da superfici con materiali pieni di vita e ben disegnati può sembrare comunque incredibilmente piatta e sbiadita. Una tale situazione può accadere perché una superficie è il semplice riflesso dell’illuminazione della scena. Il colore, il posizionamento e l’intensità dell’illuminazione della scena ha un impatto determinante sulle immagini che ne risultano. I paragrafi seguenti trattano il problema del colore in rapporto alla luce. Il capitolo 19 illustra le tecniche riguardanti il posizionamento e l’intensità dell’illuminazione. Esiste una correlazione fra il colore di una sorgente di luce e il livello di illuminazione. Un’illuminazione brillante è di solito associata a un cielo blu luminoso e ai colori freddi, mentre una scarsa illuminazione è associata alle luci delle candele, alle luci soffuse e ai colori caldi. È importante tener conto di questo effetto quando si seleziona il colore di una sorgente di luce primaria.
Influssi della luce naturale La luce che la natura offre durante il giorno è prima di tutto bianca. L’esperienza insegna che la luce del sole è una vera e propria luce bianca e di conseguenza è normale credere che i colori più veri di un oggetto sono quelli che si vedono alla luce diretta del sole. In realtà, il colore della luce del sole varia notevolmente a seconda dell’ora, della stagione e del tempo. Ci si rende conto delle capacità di rendering del colore della luce del sole quando questo è assente. Capita molto spesso di voler comprare un oggetto in un negozio e di non essere convinti del colore. La luce artificiale infatti non permette di vedere l’intero spettro che aiuta a individuare il colore corretto. Spesso, l’unico modo per verificare il colore dell’oggetto è avvicinarsi alla vetrina o esporlo alla luce diretta del sole.
La luce solare La luce del sole non è facile da quantificare poiché si esprime in molte modalità, sfumature e tonalità. La luce solare del mattino può essere di un grigio caldo in una giornata tersa o di un grigio freddo in una giornata di nebbia. La luce solare del tardo pomeriggio produce una tonalità di giallo molto calda, mentre al tramonto può variare da un rosso acceso a un viola purpureo. Il sole di mezzogiorno si avvicina molto al bianco, mentre alla stessa ora la luce circostante che trapela da un lucernario orientato a nord potrebbe essere fredda. Non esistono formule per calcolare tutte le qualità della luce del sole. È necessario imparare a osservare il mondo circostante e mettere in pratica le proprie osservazioni nelle scene create. Occorre imparare a guardare profondamente una fotografia o un orizzonte per analizzarne la qualità della luce. Quando si effettua un’animazione con il sole, per uno studio sulle ombre per esempio, è importante tenere conto di come il colore del sole cambia nel corso del giorno.
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L’atmosfera L’atmosfera della terra dipende molto dalla qualità e dal colore della luce del sole. Una maggiore atmosfera implica un maggiore effetto colore. Per questo motivo in natura l’alba e il tramonto sono così spettacolari. Quando il sole è perpendicolare a mezzogiorno, penetra la minore quantità di atmosfera ed è il momento in cui è più bianco. Le proprietà della luce del sole inoltre variano a seconda della longitudine e del periodo dell’anno. Il sole è direttamente in alto all’equatore, in basso ai poli, alto in estate e basso in inverno. La luce del sole nel deserto equatoriale è la luce più bianca che colpisca la terra. L’atmosfera ha inoltre un effetto ingrandimento sul sole e sulla luna quando sono vicini all’orizzonte. I corpi sono più grandi durante quest’ora e anche l’influenza del colore aumenta. È quindi necessario tenere conto della condizione dell’atmosfera perché influisce sulla qualità della luce. Un cielo di un luogo industriale e inquinato produce una luce calda marrone, mentre un cielo carico di acqua di nebbia, di pioggia o di neve produce una luce fredda. Un cielo nuvoloso infine rende la luce più riflettente e naturalmente più grigia.
La luce nello spazio Se si osserva una scena che non ha atmosfera, si noterà che luce non è filtrata e, se non è addirittura assente, si è in presenza di pochissima luce circostante o riflessa per illuminare le altre parti dell’ambiente. Le scene ambientate sulla luna o nello spazio devono avere una luce estremamente bianca e la luce circostante deve essere quasi assente; ne risulteranno delle ombre nere molto nitide tipiche delle fotografie della NASA. Sono visibili solo le zone di un oggetto in grado di tracciare una linea di puntamento verso il sole. Il resto dell’oggetto è nero come il vuoto circostante. L’ombra che il sole getta sulla luna ne è un esempio. Il profilo indistinto della luna nuova è l’unica parte visibile dalla luce circostante dello spazio.
La luce lunare La luce lunare costituisce l’altra fonte di illuminazione naturale offerta dalla natura. Di solito si pensa sia una luce basata sul giallo, ma questa definizione è troppo semplicistica. La luna riflette semplicemente la luce dal sole. Come la luce solare, è filtrata dall’atmosfera. La luna cambia colore mentre si sposta nel cielo proprio come il sole. La luce lunare è di solito di un giallo caldo quando si trova nella parte bassa del cielo e diventa più bianca quando si trova nella parte alta. Poiché la luna rappresenta una sorgente di luce molto debole, l’illuminazione disponibile è scarsa e la quantità di luce riflessa dalle superfici minima. La luce circostante di una scena che raffigura la luna deve essere scarsa e il colore deve tendere fortemente verso il colore complementare della luna.
Influssi della luce artificiale Ormai si trascorre la maggior parte del tempo in ambienti chiusi illuminati soprattutto da luce artificiale. Se è necessario eseguire un rendering e animare scene al chiuso in maniera corretta, occorre conoscere i diversi colori della luce artificiale e capire come l’occhio li percepisce. L’industria dell’illuminazione dispone di numerosi termini per il settore;
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CAP.2 questo manuale intende rispettare la terminologia standard se appropriata. Quando si descrive l’illuminazione nel mondo reale, si definisce una sorgente di luce; l’apparecchiatura o il lampadario costituisce l’alloggiamento per la lampada; la luce è l’energia proveniente dalla sorgente di luce prima di colpire una superficie; e l’illuminazione è la luce riflessa dalle superfici. Quindi, un apparecchio per le luci contiene una lampada che emette luce e illumina la scena. Con 3DS MAX, un oggetto luce equivale a una lampada mentre gli apparecchi per le luci sono strettamente opzionali, quindi è possibile affermare che un riflettore illumina la scena con una luce colorata calda.
Temperatura della lampada L’uomo ha creato diverse forme di luce. Le caratteristiche del colore sono spesso descritte in termini di temperatura Kelvin (da non confondere con i colori caldi e freddi). Il termine è analogo a quello utilizzato per un metallo riscaldato; prima diventa di un intenso colore rosso, poi rosso vivo, arancione, giallo e, percorre lo spettro, fino a diventare “bianco incandescente”. Per avere un valore di riferimento: l’alba ha circa 2000 gradi Kelvin, il sole a mezzogiorno 5000 gradi, un cielo nuvoloso 7000 gradi e un cielo blu 10.000 gradi. Il manuale non scende nei particolari della temperatura di ogni sorgente di luce. L’argomento è solo accennato per fornire uno strumento di confronto e nuove informazioni ai lettori che non conoscono l’argomento. La temperatura Kelvin può essere paragonata alla tonalità e ai valori di saturazione, mentre la luminosità e l’intensità della luce sono davvero una funzione del valore del colore della luce. È possibile assegnare intensità diverse agli apparecchi per le luci di una scena che devono essere dello stesso tipo, ma occorre che abbiano tonalità e valori di saturazione simili In questo caso, il valore del colore della luce funge da “variatore di luminosità”.
Le lampade a incandescenza La sorgente di luce artificiale più antica e più comune è la lampadina a incandescenza. È una sorgente puntiforme e l’intensità è limitata solo dal numero di watt forniti a quel punto. Il colore emesso da una lampada a incandescenza è caldo e basato sull’arancione con una temperatura di colore vicina a quella dell’alba. Un esempio che mostra fino a che punto le lampade a incandescenza cambiano colore a seconda del numero di watt è dato dai variatori di luce che a livelli molto bassi producono una luce quasi arancione. Anche le lampade alogene fanno parte della famiglia delle lampade a incandescenza ma hanno una temperatura notevolmente superiore. Producono un’illuminazione decisamente più forte ed emettono una luce molto più bianca, ma calda. Le lampade alogene diventano arancioni quando sono sfumate.
Le lampade fluorescenti Le lampade fluorescenti emettono una luce colorata molto più bianca e basata sul blu e il verde rispetto alle lampade a incandescenza. Le lampade fluorescenti ad alta temperatura non sono proprio l’ideale per definire il colore di un oggetto . Infatti, pur essendo più “bianche”, la loro luce sbiadisce molti colori, soprattutto i colori complementari rosso, arancione e le tonalità della pelle. La quantità di luce prodotta da una lampada
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fluorescente è fissa. Se è necessaria una maggiore illuminazione, occorre aumentare la lunghezza lineare espressa in piedi della lampada. Anche se le lampade fluorescenti sono sorgenti di luce lineari, sono di solito raggruppate o ripiegate su se stesse per creare livelli di illuminazione sufficienti. Nell’utilizzo quotidiano, fungono più da sorgenti puntiformi che da sorgenti lineari. Questa osservazione è importante perché 3DS MAX non supporta vere e proprie sorgenti di luce lineari.
Influsso delle lampade colorate Alcune lampade artificiali hanno un rendering di colore peggiore delle lampade fluorescenti. Le lampade basate sul sodio sono in genere utilizzate nei lampioni e nelle fabbriche. Queste lampade sono le più luminose e le più efficienti dal punto di vista energetico ma emettono una luce molto satura che va dall’arancione al giallo. Le lampade ai vapori di mercurio sono un vecchio tipo di lampade, comunemente utilizzate per i lampioni, ed emettono una luce satura blu-verde. Gli apparecchi per le luci spesso aggiungono colore alle lampade. Le lampade a incandescenza sono disponibili in una vasta gamma di rivestimenti sfumati ed è possibile aggiungere lenti traslucide colorate per l’emissione di qualsiasi colore. La luce rossa dei semafori sono un esempio di lenti colorate. I riflettori e le luci direzionali di 3DS MAX riproducono gli effetti delle lenti colorate quando producono ombre ray tracing e quando il materiale delle lenti utilizza l’opacità Filter con un colore appropriato. Le luci colorate più spettacolari che si incontrano quotidianamente sono le luci al neon. Emettono colori molto saturi e sono in grado di illuminare una scena in modo affascinante. Ricreare gli stessi effetti con 3DS MAX può risultare ingannevole, ma vale sicuramente la pena. Il capitolo 19 illustra in dettaglio come creare effetti neon. Anche se la qualità del colore delle lampade artificiali varia enormemente, è importante rendersi conto che tale variazione in genere non è considerata positiva. I produttori di apparecchi per l’illuminazione cercano in tutti i modi di produrre lampade che emettano luce bianca. Capire quali sono gli effetti della luce artificiale sulla qualità complessiva di una scena è importante quando si analizza il mondo circostante. Come artista e animatore, l’obiettivo è di rappresentare stati d’animo, non di simulare perfettamente una condizione di illuminazione.
Utilizzo della luce colorata L’obiettivo principale in 3DS MAX è creare una scena credibile, un’espressione artistica o semplicemente un’immagine piacevole. Il modo in cui si gestisce la luce per ottenere i risultati desiderati dipende solo dall’utente. Probabilmente quando si analizza il mondo circostante è più facile utilizzare le informazioni su lampade particolari come riferimento mentale. Ciò che si vede nel mondo di 3DS MAX dipende dal modo in cui lo si illumina, dal colore degli oggetti e dalla loro posizione rispetto alla luce. I colori scelti come sorgente hanno un effetto determinante sull’atmosfera della scena e sul rendering a colori degli oggetti. È consigliabile utilizzare le luci molto sature con estrema cautela quando si illuminano intere scene perché sono in grado di inclinarne completamente la percezione. Se si riproducono le caratteristiche delle lampade al sodio gialle/arancioni, per esempio, gli oggetti basati sui colori che vanno dal blu al viola non saranno illuminati e gli oggetti
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CAP.2 bianchi appariranno come gli oggetti arancioni. Un’automobile di colore blu acceso illuminata da una luce simile apparirà nera perché nella luce arancione non c’è blu da riflettere. Ricreare il colore delle luci create dall’uomo può far sembrare la scena sterile o slavata. Se si desidera mostrare gli effetti delle diverse scelte di illuminazione, questo metodo offre un ottimo risultato, ma di solito si cerca di rendere la scena il più viva possibile tramite i colori. I fotografi costretti a scattare fotografie in condizioni di illuminazione artificiale molto scarsa di solito utilizzano filtri colorati per correggere, o almeno ridurre al minimo, l’effetto che le luci colorate hanno sulla scena. Le luci dai colori intensi hanno effetti fantastici se utilizzate con cautela. Se si osserva l’illuminazione del teatro dal palcoscenico, non si vedrà luce bianca ma un insieme di luci colorate piene di vita. I teatri di solito utilizzano diverse combinazioni di luci di colore rosso, verde, blu, giallo, magenta e azzurro puro. Questi colori puri di luce si mescolano sul palcoscenico conferendo ad alcune aree e a numerose zone d’ombra una tale ricchezza e vitalità che nemmeno la luce bianca sarebbe stata in grado di creare. Le luci colorate possono produrre fenomeni di grande effetto se utilizzate su oggetti completamente bianchi nonché in scene monocromatiche. Le superfici bianche riflettono tutto lo spettro di luce e visualizzano le tonalità mescolate e l’intensità delle diverse luci proiettate su di esse.
I colori complementari nella luce Se ci si trova in un ambiente illuminato da una luce colorata, l’occhio si adatta all’ambiente diventando molto sensibile al colore complementare della sorgente di luce, il colore necessario per ripristinare la luce bianca. Questo fenomeno è chiamato persistenza del colore e produce l’effetto di posizionare il colore complementare nelle zone non illuminate o d’ombra dell’immaginazione. L’esempio più comune è dato dalle ombre che vanno dal viola al blu in una scena illuminata con luce che va dal giallo all’arancione prodotta da una lampada a incandescenza. Maggiore è l’intensità del colore della sorgente di luce, maggiore è lo spostamento di colore percepito nelle ombre. Gli artisti e gli scenografi riconoscono questo effetto e aumentano al massimo la profondità percepita delle ombre facendone tendere il colore verso il colore complementare della luce. Se si osserva il palcoscenico di un teatro da sotto le luci della platea, si noterà l’abbondanza di luci viola e blu scuro utilizzate per le ombre delle scene. La maggior parte delle luci, naturali o artificiali, hanno una leggera tinta che va dal giallo all’arancione che crea i colori complementari che vanno dal violetto al blu scuro. Poiché questo fenomeno è molto vicino alla percezione umana della luce rispetto all’effettivo pigmento, “aiutare” 3DS MAX a produrre questo leggero effetto colore è importante perché gli spettatori guardano un’immagine invece di partecipare alla scena. 3DS MAX utilizza Ambient Light (che si trova nella finestra di dialogo ENVIRONMENT ) per simulare la luce totale accumulata e riflessa presente in una scena. Illumina tutti gli oggetti in modo uniforme, a prescindere dalle sorgenti di luce supplementari, ed è la luce presente negli oggetti non illuminati e nelle ombre. Per aggiungere un tocco di realismo in più, far tendere il colore della luce circostante verso il colore complementare della sorgente di luce dominante crea l’effetto di persistenza del colore e produce colori scuri più intensi e carichi e ombre in tutta la scena.
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Luce riflessa e radiosity La luce che colpisce un oggetto può essere assorbita o riflessa. Gli oggetti rossi assorbono la luce verde e blu, riflettendo così solo la luce rossa. Gli oggetti sono percepiti quindi come “rossi”. Oltre a riflettere la luce agli occhi dell’uomo, la luce riflessa influisce anche sugli oggetti circostanti con luce riflessa o rimbalzata. Se si posiziona un oggetto rosso opaco contro una parete bianco opaco e si illumina la scena con una sorgente di luce bianca, in alcune zone della parete “bianca” si crea una tinta rossa. Si dice che la parete ha ereditato il colore rimbalzato. Un esempio più comune è dato da una stanza illuminata da apparecchi per le luci installati in una rientranza. La stanza è illuminata solo dall’alto, eppure è possibile distinguere i particolari e il colore del soffitto. Questo perché il soffitto è illuminato dalla luce che si riflette dal pavimento, dalle pareti e dai mobili. Nella grafica computerizzata questo effetto prodotto dalla luce rimbalzata, ereditata e riflessa è chiamato radiosity ed è offerto solo dai renderizzatori che offrono questo tipo di simulazione. Il rendering ray-tracing traccia dei raggi, da una sorgente a una superficie, che continuano a essere riflessi dalle superfici e ne colpiscono altre finché non fuoriescono dalla scena. Anche se il renderizzatore di produzione di 3DS MAX utilizza tecniche di ray-tracing per calcolare ombre ray-tracing, è un renderizzatore scanline (come il famoso renderizzatore RenderMan di Pixar). Di solito il ray-tracing è utilizzato per calcolare i riflessi da superfici lucide e speculari. I renderizzatori ray-tracing completi tracciano dei vettori dal punto di vista dello spettatore a qualsiasi superficie. Se la superficie è speculare, viene riflesso un raggio supplementare per catturare ciò che è visibile nel riflesso. Se il raggio incontra un’altra superficie lucida, viene riflesso di nuovo finché non rimbalza fuori dalla scena o colpisce una superficie non speculare. Questo è il metodo per creare i riflessi ricorsivi nella tipiche immagini di ray-tracing e ciò spiega anche perché il rendering ray-tracing è così lento. I renderizzatori che utilizzano la tecnica di radiosity si distinguono da quelli raytracing perché calcolano i riflessi diffusi invece dei riflessi speculari. Si disegna il tracciato dell’energia di luce da ogni sorgente a ogni superficie, calcolando il grado di assorbimento e riflettendo poi la quantità di energia rimasta alle altre superfici della scena. Questa energia rimbalza a seconda del colore diffuso della superficie invece che rispetto alla lucidità o alla specularità. In questo modo, la tecnica di radiosity produce l’effetto della luce riflessa e non dei riflessi speculari. L’illuminazione è perfetta, ma tutti gli oggetti della scena appaiono piatti. Gli effetti rappresentati dal rendering con tecnica radiosity sono stupefacenti, ma i calcoli e i tempi del computer sono molto elevati. Mentre il rendering ray-tracing ha un ordine di grandezza più lungo del rendering scanline, la radiosity aggiunge un altro ordine di grandezza all’equazione. Questo avviene perché i riflessi ray-tracing appartengono a un solo punto di vista e perché i raggi riflessi hanno una fine, mentre i raggi di energia riflessa nel modello di radiosity rimbalzano continuamente nella scena diminuendo progressivamente di intensità. I rendering ottenuti con tecnica di radiosity sono soluzioni definite perché sono state interrotte a un certo punto per produrre una data immagine. Questi rendering che hanno riflessi speculari sono quindi il risultato di una combinazione: la tecnica radiosity è abbinata ai riflessi del rendering ray-tracing. Anche se 3DS MAX offre diversi metodi per isolare o avvicinarsi al ray-tracing con tecniche di ombreggiatura e mappe di riflessi, gli effetti di radiosity non sono direttamente incorporati. Questo però non significa che bisogna ignorare o rinunciare a questo effetto: in 3DS MAX è possibile simulare la maggior parte di questi effetti posizionando
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CAP.2 le luci e scegliendo con cura le definizioni dei materiali. La radiosity è un fenomeno percettibile che appartiene al mondo reale; se si intende raggiungere il realismo fotografico, è consigliabile studiare attentamente tutte le componenti per avvicinarsi a questi effetti, in particolar modo quando il prodotto finale è un’immagine statica che l’occhio ha il tempo di valutare. Per maggiori informazioni sulla radiosity, fare riferimento al capitolo 19.
Riepilogo ■
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Colori primari. I colori primari dei pigmenti sono azzurro, giallo e magenta. Sono anche i colori complementari dei colori primari della luce rosso, verde e blu. Colori miscelatura. Se si mescolano i colori della luce si ottiene un effetto additivo, mentre mescolandone di più ci si avvicina al bianco. Se si mescolano i colori pigmento si ottiene un effetto sottrattivo, mentre mescolandone di più ci si avvicina al nero. Neri e grigi. I neri e grigi veri e propri dovrebbero essere utilizzati con cautela perché quasi ogni sorgente di luce o superficie pigmento è calda o fredda di natura. Anche se i grigi veri e propri sono tutti troppo facili da definire all’interno della grafica computerizzata, nella vita quotidiana si trovano raramente. Superfici colorate. Il colore della superficie in realtà è la luce che si riflette su di essa. Perché una superficie colorata si veda, nella sorgente di luce è necessario che ci siano i componenti di colore corrispondenti da riflettere. Questo è un concetto importante da ricordare quando si definiscono i colori delle sorgenti di luce.
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CAP.3
CAPITOLO 3
Viste, prospettiva e composizione
3D Studio MAX dispone di numerosi strumenti che possono essere utilizzati per organizzare la modellazione, controllare la prospettiva e visualizzare la composizione delle scene. Per poter utilizzare al meglio il programma, risulterà utile sondare ed esaminare le varie opzioni disponibili: la scelta accurata delle lenti di una macchina fotografica, della sua posizione e della composizione segna la linea di confine tra l’istantanea di un modello e la composizione di un’immagine davvero professionale. Nel presente capitolo verranno trattati molti di questi aspetti fondamentali: ■ metodi di visualizzazione 3D sia tradizionale sia in 3DS MAX; ■ proiezioni ortogonali e assonometria; ■ terminologia della prospettiva tradizionale rispetto a 3D Studio MAX e classificazioni standard di prospettiva; ■ confronto tra visione umana e utilizzo delle cineprese in 3D Studio MAX; ■ parallasse e correzione prospettica; ■ composizione di immagini.
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Metodi di visualizzazione 3D Tutti gli oggetti del mondo reale occupano tre dimensioni, ma vengono rappresentati generalmente in un piano bidimensionale, qualunque sia il mezzo: disegno, fotografia o schermo di un computer. All’interno di queste limitazioni, sono state create molte convenzioni per descrivere e disegnare oggetti. Nella modellazione viene eseguito lo stesso tipo di analisi che grafici, designer e artisti hanno effettuato per secoli; ma diversamente da quanto avveniva, ora è possibile fare una scelta dinamica del modo di visualizzare le informazioni in un dato momento, perché all’interno di un modello tridimensionale le informazioni possono essere visualizzate da qualsiasi punto di vista in ogni momento. Così la modellazione diventa più simile alla scultura anche se comunque è necessario astrarla dallo schermo bidimensionale in fase di realizzazione. Si tenderà quindi a utilizzare la visualizzazione tradizionale e quella prospettica in modo interscambiabile e simultaneamente, passando da metodi grafici a metodi di scultura. Quasi tutto ciò che era o è fabbricato nasce sotto forma di disegno: in alcuni casi si tratta soltanto di uno schizzo mentre in altri è stato necessario il lavoro di centinaia di tecnici. Dal semplice motore all’aereo più complesso, tutti gli oggetti hanno alle spalle uno, o più probabilmente una serie di disegni che ne definiscono la realizzazione. La maggior parte di ciò che viene creato in 3DS MAX deriva direttamente o indirettamente da disegni. Gli schizzi di un direttore artistico possono richiedere un’interpretazione, eliografie e disegni devono essere tradotti e i disegni sotto forma digitale (provenienti da altri programmi CAD) possono diventare la base per la creazione di modelli tridimensionali in 3DS MAX. D’altra parte la conoscenza dei termini relativi alla grafica e del modo in cui vengono utilizzati costituisce un valido strumento per collegare le informazioni create tradizionalmente con quelle della computer grafica. La maggior parte delle convenzioni relative al disegno classico possono essere messe in relazione con le finestre di 3DS MAX: è quindi possibile utilizzare metodi consolidati di costruzione pur visualizzando le operazioni in una prospettiva più naturale.
Visualizzazione ortogonale La maggior parte dei disegni di oggetti è ortogonale, cioè i disegni rappresentano la vista esattamente secondo angoli di 90 gradi rispetto al soggetto, senza alcuna prospettiva. Le viste ortogonali sono importanti perché mostrano gli esatti rapporti di altezza e larghezza. Tutte le parti del soggetto vengono mostrate parallele al piano di visualizzazione e sono scevre dalla distorsione e dallo scorcio presenti nella prospettiva. Tutto ciò che viene rappresentato in una proiezione ortogonale ha la stessa scala, mentre in prospettiva i soggetti più vicini sono più grandi di quelli più distanti. Le viste perpendicolari che caratterizzano la proiezione ortogonale formano un “cubo” circoscritto al soggetto (figura 13.1). In molti casi le varie parti vengono disegnate da tre punti di vista, talvolta con l’aggiunta di quella assonometrica. In altri, per esempio in architettura, vengono mostrate tutte le viste, anche se superflue, con l’aggiunta di quelle in sezione, che mostrano le relazioni fra elementi e particolari strutturali.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.3 ■ Figura 3.1 Terminologiameccanica per proiezioni ortogonali (della scena orthocar.max).
Vista frontale
Vista dall’alto Vista assonometrica
Vista da destra
Proiezioni Le proiezioni ortogonali di 3D Studio MAX sono sei: Top (Superiore), Bottom (Inferiore), Front (Frontale), Back (Posteriore), Right (Destra) e Left (Sinistra) con tasti di scelta rapida standard, T, B, F, K, R, L, collegate ortogonalmente agli assi X, Y, Z di World. Questi termini sono simili a quelli utilizzati in campo industriale dove le viste sono descritte in relazione all’oggetto. In architettura si utilizzano termini diversi per viste simili perché gli edifici hanno una struttura universale di riferimento. In termini architettonici le viste Top e Bottom sono piante e le viste Front, Back, Left e Right sono alzate. Questa terminologia è illustrata in figura 3.2 in relazione con le viste di 3D Studio MAX. Il termine pianta è generalmente accompagnato dall’indicazione specifica (piano terreno, soffitto, fondazione, tetto, eccetera) mentre il nome delle alzate è abbinato alla direzione rispetto alla bussola (nord, sud, sudovest, eccetera). Quando una vista laterale, o alzata, è presa all’interno dello spazio del soggetto si chiama alzata interna e mostra solo quanto si vedrebbe stando dentro quello spazio. Se la vista mostra anche la larghezza (ed eventualmente la struttura) delle pareti circostanti, viene detta sezione. Una sezione è un’alzata a partire da un certo punto del soggetto (vedi paragrafi successivi). Le sezioni vengono ampiamente utilizzate per descrivere la struttura e i rapporti interni tra gli elementi. Pur essendo difficili da interpretare, i disegni in sezione rappresentano un valido strumento per il modellatore in 3D Studio MAX perché sono le forme perfette per il lofting (consultare il capitolo 10 per ulteriori informazioni sulla modellazione di oggetti loft). È possibile creare una vista del modello in sezione dinamica regolando i piani di ritaglio della cinepresa.
VISTE, PROSPETTIVA E COMPOSIZIONE
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■ Figura 3.2 Terminologia architettonica per proiezioni ortogonali (della scena orthouse.max).
Planimetria
Prospetto nord
Prospetto ovest
Vista assonometrica
Assonometria Quando le viste non sono più perpendicolari cominciano a mostrare più di un lato contemporaneamente, e a diventare oblique. Le viste di questo tipo sono dette assonometriche e il loro nome in 3DS MAX è User views (viste utente). Molti utenti identificano le User views con quelle isometriche o inclinate. In realtà il termine isometrico si riferisce a un tipo molto particolare di assonometria in cui gli angoli di rotazione sono tutti uguali (in genere di 30 gradi). I disegni inclinati mantengono un piano non distorto (la pianta o l’alzata) e inclinano le proiezioni corrispondenti. Questo tipo di proiezione non può essere rappresentato dalla User view di 3DS MAX. Le viste assonometriche utente costituiscono un valido riferimento perché mantengono la relazione di parallelismo tra linee: le linee non convergono in punti come accade per la visione reale, ma rimangono parallele. Le relazioni sono facilmente identificabili perché la posizione di ogni particolare può essere riproiettata di nuovo in qualsiasi zona della vista. La scala del soggetto è coerente per i particolari che giacciono su ogni dato angolo. Esaminando la figura 3.3 si noterà che gli elementi di ciascun cubo rimangono paralleli, mentre la scala relativa degli elementi cambia a seconda della rotazione. Le User views possono essere più facili da usare delle Perspective views perché gli elementi della scena sono mutuamente proporzionali, le relazioni sono facilmente identificabili e i controlli della visualizzazione sono gli stessi delle viste ortogonali. L’utilizzo della prospettiva può risultare più naturale ma in questo caso è difficile valutare le distanze, e l’opzione Zoom Window non è disponibile.
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CAP.3 ■ Figura 3.3 Viste assonometriche utente di toyblock.max.
Prospettiva e cineprese Normalmente la prospettiva si riferisce all’aspetto degli oggetti considerati in profondità, così come sono percepiti dalla vista umana. Le macchine fotografiche, la televisione e il cinema mostrano il mondo in prospettiva su piani bidimensionali di pellicola, vetro o su schermo. Mentre questi strumenti dispongono automaticamente le immagini, gli artisti hanno sempre avuto bisogno di costruire le prospettive traducendo il mondo tridimensionale sul piano bidimensionale della carta o della tela. Il modo in cui le hanno rappresentate è importante per capirne l’impatto compositivo e per utilizzare la terminologia di coloro che non si occupano di computer grafica. Nel contesto del disegno, la prospettiva si riferisce alle varie tecniche sviluppate per rappresentare oggetti tridimensionali e relazioni di profondità su una superficie bidimensionale. Oggi si utilizzano diversi metodi empirici, meccanici e basati sulla costruzione per realizzare l’effetto prospettico. Questi metodi seguono stadi e procedure molto specifici nella creazione manuale di una prospettiva; 3DS MAX li esegue automaticamente nella finestra Camera con una precisione superiore a quella di molti disegnatori. Di seguito vengono messi in relazione i termini utilizzati in arte con la terminologia della Camera di 3DS MAX. La classica teoria della prospettiva pone l’occhio dell’osservatore in un punto principale e guarda un punto lontano, detto centro di vista, che in 3DS MAX equivale a posizionare la cinepresa e l’oggetto cui questa punta. In figura 3.4 è illustrata la correlazione tra i due modelli. La linea tesa tra l’occhio dell’osservatore e il centro di vista viene detta linea di puntamento. 3DS MAX traccia questa linea visivamente per collegare la cinepresa e l’oggetto da rappresentare. Questo vettore raggiunge il centro di vista dell’occhio e così mostra quello
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che l’occhio stesso è in grado di vedere. Se un oggetto interrompe la linea, non è possibile vedervi oltre. La linea di puntamento può essere utilizzata come riferimento quando la scena è visualizzata dall’alto, per posizionare le cineprese e gli oggetti sapendo che cosa si vede. Si può tracciare una linea di puntamento dall’occhio a ogni oggetto della scena. Queste linee sono tracciate su un piano ipotetico sospeso tra l’osservatore e la scena, detto quadro. In arte questo equivale al pezzo di carta sul quale si disegna la scena. Per 3DS MAX è la cornice dell’immagine finale e quindi la finestra Camera.
■ Figura 3.4
Linea di vista
Punto di fuga
Camera
Quadro
Terminologia classica della prospettiva e analogia con la cinepresa di 3DS MAX.
Centro di vista
Campo visivo Punto principale Piano di terra
Il concetto di quadro è alla base della tecnica prospettica. Per incorniciare la scena veniva utilizzata una lastra di vetro, sulla quale erano tracciate le linee di puntamento tra l’artista e gli oggetti. Il piano sul quale sta l’osservatore che guarda la scena viene detto piano di terra, ed è il pavimento o il terreno sul quale giace la maggior parte degli oggetti della scena. Il piano di terra è posizionato al di sotto dell’occhio dell’osservatore, a una distanza che per la maggior parte delle persone coincide con l’altezza dell’orizzonte compresa tra i 150 e i 180 centimetri. In 3DS MAX il piano di terra coincide con il piano della griglia principale X, Y che compare nelle User e Perspective views.
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CAP.3 L’altezza dell’occhio (punto principale), o posizione della cinepresa, è anche l’altezza dell’orizzonte della scena. La linea di orizzonte passa attraverso il punto principale, o cinepresa, parallelamente al piano di terra. Tutte le linee parallele alla terra terminano in punti sull’orizzonte. Questo può essere considerato come un piano infinito che si estende in lontananza e mantiene sempre altezza costante rispetto alla terra. A mano a mano che gli oggetti si allontanano dall’osservatore, sembrano sempre più giacere sull’orizzonte. È possibile visualizzare la linea di orizzonte delle cineprese di 3DS MAX per guidare le composizioni e posizionare correttamente le viste della cinepresa, in modo tale che corrispondano alle immagini dello sfondo. L’orizzonte è importante perché visivamente tutte le linee orizzontali, cioè quelle che giacciono su piani paralleli a quello di terra, terminano in punti di fuga posti su esso. Le linee che appartengono a piani al di sotto dell’occhio arrivano salendo alla linea di orizzonte, mentre quelle che stanno sopra scendono verso di essa. Le linee della scena che si trovano al livello dell’occhio sono coincidenti con l’orizzonte e sono interpretate come una “linea” sola. 3DS MAX non utilizza alcun termine per indicare i punti di fuga perché non ne richiede l’utilizzo. La conoscenza del loro significato comunque facilita il compito di posizionare gli oggetti in una scena e di determinare il punto migliore dal quale osservarli. Questi punti tendono anche ad attirare l’occhio dell’osservatore, diventando un naturale fulcro di interesse. La posizione avrà un impatto sulla forza della composizione. Quando un angolo è visibile da entrambi i lati della linea di vista viene detto cono visuale o angolo visuale, che equivale al Field of View (campo visivo), FOV, di 3DS MAX (figura 3.5). Nella realizzazione di prospettive tradizionali, l’angolo visuale è spesso fissato a 30 gradi da entrambi i lati della linea di vista, una scelta dettata dalla possibilità di utilizzare triangoli rettangoli con angoli di 30 e 60 gradi, più semplici, piuttosto che dalla riproduzione della realtà fisica. Infatti l’angolo fino al quale l’occhio umano può focalizzare è più vicino a 45 gradi, il valore del Field of View fornito dalla lente di default da 51,944 mm di 3DS MAX.
Prospettiva centrale (a punto unico) Per convenzione la prospettiva viene descritta a seconda del numero di punti di fuga principali esistenti nella scena. Il mondo reale si basa principalmente su angoli retti: si scrive su carta rettangolare, si creano oggetti con angoli retti e la maggior parte degli edifici è perpendicolare al terreno e posizionata secondo uno schema ortogonale di strade e quartieri. La prospettiva riguarda soprattutto rette parallele e angoli retti; per questo si parla comunemente di prospettiva in relazione a un semplice cubo (figura 3.6).
Visualizzazione in prospettiva centrale Gli esempi che seguono si riferiscono alle figure di un mattoncino che illustrano vari principi di prospettiva. È possibile caricare la scena toyblock.max dal CD-ROM che accompagna 3DS MAX per provare le varie viste. 1. Scegliere FILE, Open e selezionare toyblock.max da CD-ROM. Quando ci si trova ad angolo retto rispetto alla faccia del cubo, le uniche linee che terminano all’orizzonte sono quelle perpendicolari all’osservatore.
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■ Figura 3.5 Field of View di default dalle cineprese di default di 3DS MAX.
■ Figura 3.6 Il modello toy block visualizzato secondo la prospettiva centrale.
L’effetto può essere visto nella finestra Camera01 (figura 3.6). Il punto di fuga delle facce del cubo giace sulla linea di orizzonte e coincide con il centro di vista. Le altre linee del cubo hanno un punto di fuga a distanza infinita da entrambi i lati, vale a dire che non ne hanno nessuno. Queste linee non hanno termine e sono parallele all’osservatore e all’orizzonte. Tale vista è detta prospettiva centrale (a punto unico) perché esiste un solo punto di fuga.
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CAP.3 2. 3. 4.
5.
Ridurre la vista corrente premendo W o facendo clic sull’icona Min/Max nell’angolo a destra in basso. Fare clic sull’icona Move e selezionare in Top view la cinepresa e l’oggetto da rappresentare. Sempre in Top view spostare la cinepresa nel piano X, Y osservando il risultato dell’operazione nella finestra Camera01. La vista della cinepresa rimane in prospettiva centrale durante lo spostamento perché cinepresa e oggetto sono allo stesso livello e la linea di vista rimane perpendicolare alla faccia del cubo. In queste condizioni viene mantenuta la prospettiva centrale. Premere la barra spaziatrice per bloccare la selezione e, in Front view, compiere vari spostamenti di cinepresa e oggetto. La linea di vista della cinepresa rimane perpendicolare al cubo e quindi la vista risultante è ancora in prospettiva centrale.
Prospettiva a due punti Se non si è posizionati ad angolo retto rispetto al cubo, esiste un punto di fuga per ognuno dei due lati visibili. Questi punti di fuga sono posizionati fuori dalla cinepresa sulla linea di orizzonte, a destra e a sinistra. L’effetto è illustrato nella finestra 2-Point Camera (figura 3.7). Questa vista è detta prospettiva a due punti perché esistono due punti di fuga. Mentre la prospettiva centrale deve essere perpendicolare a una delle facce del cubo, quella a due punti non ha vincoli. È necessario mantenere allo stesso livello la linea di vista, cioè oggetto e cinepresa devono essere a livello con il piano di terra, per garantire la verticalità delle linee verticali. Per i disegnatori è facile stabilire le distanze con questo tipo di prospettiva perché i piani verticali restano costanti, e infatti è quella più utilizzata nel disegno manuale.
■ Figura 3.7 Il modello Toy Block visualizzato in prospettiva a due punti.
Lineadell’orizzonte
Linee parallele
Linee in fuga
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Passaggio alla prospettiva a due punti L’effetto della prospettiva a due punti può essere facilmente osservato regolando la cinepresa della scena precedente. 1. Sbloccare la selezione premendo la barra spaziatrice; selezionare solo la cinepresa nella finestra TOP. 2. Spostare solo la cinepresa nel piano X, Y della vista Top e analizzare il risultato nella finestra Camera01. I lati del cubo che erano paralleli adesso decrescono in prospettiva. Nella scena ora compaiono due punti di fuga, uno per ogni lato del cubo. Inoltre i lati verticali del cubo rimangono paralleli perché la cinepresa e l’oggetto rimangono allo stesso livello durante lo spostamento della prima.
Prospettiva a tre punti Quando il cubo non viene più osservato lungo una linea di vista allo stesso livello, cioè quando si guarda in basso o in alto, anche le linee verticali convergono in un punto di fuga. Questo effetto è illustrato nella finestra 3-Point Camera (figura 3.8). I tre piani del cubo hanno tutti un punto di fuga e questa vista viene detta prospettiva a tre punti. Le linee verticali del cubo convergono in un punto di fuga su una linea tracciata verticalmente dal centro di vista. Se si guarda in basso verso un punto al di sotto dell’orizzonte, le linee verticali del cubo puntano verso il basso, mentre puntano in alto se si guarda un punto al di sopra dell’orizzonte. Quando si osserva allo stesso livello dell’orizzonte si torna a una prospettiva a due punti.
Passaggio alla prospettiva a tre punti Per passare a una prospettiva a tre punti eseguire le operazioni che seguono. Dopo aver selezionato soltanto la cinepresa, spostarla verticalmente nella finestra Front. I lati del cubo che prima erano paralleli ora sono inclinati e convergono al punto di fuga. Si è creata così una prospettiva a tre punti, perché la cinepresa non ha più una linea di vista a livello dell’oggetto. Tutte le linee hanno un punto di fuga. Il cubo mostrato in figura 3.8 ha solo tre insiemi di punti di fuga, uno per ogni gruppo di piani paralleli. In una scena la geometria può essere costruita a diversi angoli e possono esistere centinaia di punti di fuga. Quando compongono scene di tale complessità, i disegnatori e gli artisti generalmente focalizzano l’attenzione sui tre punti principali limitandosi ad approssimare gli altri. Ogni linea parallela al piano di terra, o che giace uniformemente sulla pianta, ha un punto di fuga all’orizzonte. Se le linee sono oblique o inclinate in senso verticale oppure emergono dal piano di terra, allora convergono in punti di fuga posti al di sopra o al di sotto dell’orizzonte. Una prospettiva a tre punti completa può quindi diventare estremamente complessa e questa complessità costituisce il motivo per cui non viene spesso utilizzata dai disegnatori. D’altra parte 3DS MAX esegue tutti i calcoli necessari lasciando all’utente il tempo per la composizione.
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CAP.3 ■ Figura 3.8 Il modello Toy Block visualizzato in prospettiva a tre punti.
Orizzonti Un concetto fondamentale da tenere presente riguarda il fatto che il livello dell’occhio determina l’orizzonte. Poiché l’altezza media delle persone varia tra i 150 e 180 centimetri, gli occhi condividono lo stesso orizzonte, purché si trovino sullo stesso piano di terra. Gli occhi di una folla quindi sono colineari e in linea con l’orizzonte (figura 3.9). Quando l’osservatore vede una testa che supera l’orizzonte sa che la persona è più alta di lui o che si trova su un piano più elevato. Se una testa si trova al di sotto dell’orizzonte la persona è più bassa oppure si trova su un piano inferiore.
■ Figura 3.9 Gli occhi di una folla sono in linea con l’orizzonte.
VISTE, PROSPETTIVA E COMPOSIZIONE
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Quando il livello dell’occhio è parallelo al piano di terra, l’orizzonte appare perfettamente centrato nella vista. Quando si inclina il capo e si sposta il centro di vista o l’oggetto su cui punta la cinepresa, l’orizzonte si muove in basso o in alto. Mentre l’orizzonte si sposta nella composizione la sua altezza dal terreno non cambia; si trova sempre alla stessa altezza dell’occhio. Ovviamente esiste una linea di orizzonte nella scena del computer solo se ci sono abbastanza oggetti in lontananza per definirlo. La maggior parte dei modelli non ha una geometria di estensione sufficiente perché decresca verso un orizzonte naturale. Una scena in esterni generalmente utilizza uno sfondo per creare profondità e determinare un orizzonte. È necessario prestare molta attenzione alla reale linea di orizzonte, che coincide con l’altezza della cinepresa, rispetto a quella illustrata dello sfondo. Se gli orizzonti non sono vicini la scena corrispondente sembra affondata in una valle o inerpicata su un pendio. Per evitare questi effetti è necessario spostare la cinepresa a livello dell’orizzonte dello sfondo oppure regolare l’immagine di sfondo. La figura 3.10 illustra il fatto che l’inclinazione del capo fa muovere l’orizzonte in basso o in alto pur non modificando la sua relazione con il piano di terra, ciò che invece avviene spostando la cinepresa a un livello superiore. Capita spesso di collocare un’immagine di base sullo sfondo solo per scoprire che non è allineata con l’altezza della cinepresa, che definisce la posizione della linea di orizzonte. Oggetti e linee di una scena decrescono correttamente in prospettiva ma i punti di fuga non cadono sull’orizzonte. Nonostante ciò possa sembrare trascurabile, l’effetto ottenuto è un’immagine scorretta.
■ Figura 3.10 La posizione degli orizzonti risultante dall’inclinazione della cinepresa e dal suo spostamento sul piano verticale.
Linea dell’orizzonte alta
Cinepresa alta
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Cinepresa bassa
Linea dell’orizzonte bassa
Orizzonte al di sopra del livello degli occhi
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CAP.3
Vista umana e cineprese Nel classico esempio delle rotaie che scorrono su un terreno piatto verso l’orizzonte i binari sembrano convergere in un unico punto (figura 3.11). La convergenza di queste linee costituisce una caratteristica fondamentale della prospettiva. I binari sono un esempio limite perché è raro poter effettuare osservazioni altrettanto nette e distinguibili. Questo esempio non rispecchia la reale complessità dei dati visivi che si sperimenta nella vita quotidiana.
■ Figura 3.11 Rotaie convergenti in un punto di fuga all’orizzonte.
L’occhio cattura molte immagini, rapidissimamente, che poi il cervello compone per formare un quadro complessivo della scena dalla quale trae delle conclusioni. Il cervello organizza forme e figure secondo relazioni spaziali. Quando si analizza l’istantanea di una scena, si vedono tutte le linee “inclinarsi” o convergere. Ma il cervello tende a correggere la vista del mondo reale e a interpretare queste linee come parallele invece che convergenti. Si tratta di un’interpretazione della realtà, dopo tutto gli oggetti sono davvero paralleli. Inoltre è molto più facile navigare in un mondo che la mente percepisce in senso spaziale: basta immaginare un mondo in cui si debba continuamente valutare l’effetto della prospettiva prima di attraversare una stanza per prendere un bicchiere. La capacità di non vedere il mondo in prospettiva è utile e costituisce la norma: il cervello compie questa trasformazione spaziale automaticamente. Per comprendere la prospettiva è necessario imparare a vedere il mondo non per come appare nelle immagini trasformate dal cervello ma per come appare nelle istantanee. La prospettiva si impara; non è un fatto istintivo. Gli artisti imparano a trovare linee convergenti e punti di fuga quando disegnano una scena e queste regole costituiscono un bagaglio sempre presente al momento di schizzare un soggetto. Fu solo con il Rinascimento che la prospettiva divenne una tecnica assodata, ciò che ne dimostra la difficoltà di apprendimento. VISTE, PROSPETTIVA E COMPOSIZIONE
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Anche se il cervello può non interpretare quanto percepisce secondo le regole della prospettiva, le sa riconoscere. Un disegno o un’illustrazione con una prospettiva sbagliata crea subito disturbo e anche se non si individua l’errore si intuisce che qualcosa non va. La prospettiva influisce notevolmente anche sulle percezioni legate a suggestione e azione dell’immagine. Una scena rappresentata con una prospettiva piatta sembra stabile e distante. D’altra parte una prospettiva estremamente allargata conferisce alla scena movimento, senso di vicinanza e in certi casi instabilità. La prospettiva contribuisce in modo importante alla composizione. L’apprendimento delle regole fondamentali della prospettiva costituisce un supporto nella composizione di scene che presentino gli effetti opportuni. La figura 3.12 mostra due analoghe viste di una città: una con una prospettiva piatta e una con una prospettiva allargata. Le due immagini hanno la stessa linea di vista, attraverso distanze e lenti di dimensioni diverse, ma danno un’impressione completamente diversa della stessa scena. Per capire ancora meglio le regole e gli effetti della prospettiva si possono analizzare delle fotografie. Queste immagini cristallizzate, realizzate da un punto di vista statico, impediscono l’intervento organizzativo del cervello. Ogni vista prospettica fornita da 3DS MAX, essenzialmente, è assimilabile a una fotografia.
■ Figura 3.12 Viste di una città con prospettive molto diverse.
Teleobiettivo
Grandangolo
Analogia della macchina fotografica di 3D Studio MAX L’ambiente di 3D Studio MAX dispone di ottime funzioni prospettiche i cui strumenti sono le cineprese, la finestra PERSPECTIVE e anche le finestre SPOTLIGHT. Il loro utilizzo nelle varie scene consente di capire il modo in cui la prospettiva influisce sulla percezione e sulla suggestione di una vista.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.3 3D Studio MAX riprende le regole della prospettiva in termini fotografici. Le descrizioni hanno come base una macchina fotografica reflex a lente singola da 35 mm (SLR, singlelens-reflex), lo strumento di più largo uso disponibile con lenti intercambiabili. Tutta la terminologia relativa alle lenti utilizzata in 3DS MAX corrisponde a quella della macchina fotografica da 35 mm (quest’ultima indicazione si riferisce alle dimensioni della pellicola e non a quelle della lente). La macchina fotografica costituisce un’analogia valida perché è possibile utilizzare qualsiasi macchina fotografica da 35 mm e riprodurre gli effetti creati da 3DS MAX. Naturalmente l’utilizzo di 3D Studio MAX consente di “fotografare” scene non riproducibili con la macchina fotografica. Gli effetti compositivi tuttavia sono gli stessi. Un oggetto osservabile con una macchina fotografica da 35 mm può essere ricreato in una finestra Camera.
Obiettivo 35 mm È necessario conoscere l’influenza delle dimensioni delle lenti di una macchina fotografica da 35 mm sulla capacità visiva, perché questa macchina costituisce il termine dell’analogia utilizzato da 3DS MAX per descrivere un campo visivo nelle finestre Camera (figura 3.13). Questa relazione vale solo se ci si riferisce allo stesso tipo di macchina fotografica. Gli altri standard di dimensioni di pellicola (per esempio, pellicola cinematografiche da 70 mm) associano diversi intervalli di dimensioni delle lenti al campo visivo. La lente di default di 3DS MAX è una 43,46 mm che restituisce un campo visivo equivalente alla vista naturale dell’occhio, 45 gradi.
■ Figura 3.13 Le lenti disponibili per le cineprese di 3D Studio MAX.
Modifica delle dimensioni della lente Quanto minori sono le dimensioni della lente, tanto più vasto diventa il campo visivo e più pronunciata la prospettiva. Questo effetto può essere visualizzato regolando una delle cineprese del modello Toy Block. Selezionando lenti sempre più piccole, si aumenta il campo visivo. Ulteriori modificazioni delle dimensioni della lente esemplificheranno definitivamente questa relazione.
VISTE, PROSPETTIVA E COMPOSIZIONE
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Caricare toyblock.max dal CD-ROM. Premere H per accedere alla finestra di dialogo Select Object. Scegliere Camera-Three-Point e fare clic su Select per selezionare la cinepresa. Fare clic sul pannello Modify per visualizzare i parametri relativi a CameraThree-Point. La cinepresa corrente ha una lente di ampiezza media, da 35 mm. Fare clic sul pulsante 15 mm. La vista della cinepresa sembra “zumare verso l’esterno” mentre la cinepresa stessa non si sposta (come si vede nella finestra Top). Il FOV della cinepresa è aumentato sensibilmente e la prospettiva del cubo è estremamente allargata. Montare lenti più grandi, per esempio da 85 mm e 135 mm. La cinepresa non si sposta ma l’indicazione del FOV continua a diminuire a mano a mano che la vista “zuma verso l’interno” e la prospettiva si restringe. Fare clic su 35 mm per ripristinare il FOV originario e attivare la finestra Camera-Three-Point. Fare clic sull’icona Perspective e trascinare il mouse in alto e in basso. Si effettua così una carrellata durante la quale il FOV cambia: ciò illustra esattamente quanto si modifica l’ampiezza della prospettiva al variare delle dimensioni della lente (questo effetto verrà descritto più dettagliatamente nel capitolo 20).
Lenti grandangolari Le lenti di dimensioni inferiori ai 50 mm (o più precisamente ai 48,24 mm) catturano un campo visivo maggiore del normale cono di vista dell’occhio umano. Queste lenti sono considerate grandangolari e le viste a esse relative vengono dette viste grandangolari. Gli effetti prospettici visualizzati con tali lenti sono esagerati. Le lenti fornite da Camera/ Adjust sono quelle generalmente disponibili per le macchine fotografiche. La scelta di una lente inferiore ai 35 mm e 28 mm standard di un grandangolo possono provocare una distorsione prospettica eccessiva che a sua volta produce effetti sproporzionati o induce confusione, a seconda di come viene composta la scena finale. Le lenti molto piccole, 10-15 mm sono dette comunemente lenti fisheye perché la lente stessa comincia a sembrare sferica. La geometria osservabile attraverso gli angoli delle lenti fisheye sembra “curvata”, quando si guarda da un lato all’altro. La lente più piccola di 3D Studio MAX , una fisheye da 9,8 mm, restituisce un campo visivo a 178 gradi che produce l’effetto di vedere quasi alle proprie spalle. Questo tipo di lente deve essere riservato a effetti speciali. La curvatura della lente della macchina fotografica ha un impatto sulle fotografie: più ampia è la lente maggiore è l’effetto. Le lenti fisheye per esempio producono una notevole distorsione. Questa in generale non è direttamente supportata dalla computer grafica perché le linee decrescenti sono sempre vettori rettilinei a prescindere dal FOV. Questo effetto può comunque essere riprodotto attraverso un processo successivo. Una percezione umana importante nella prospettiva a tre punti consiste nel fatto che più l’oggetto viene allargato, più sembra grande (o più piccolo l’osservatore). Questo effetto scaturisce dalle osservazioni di tutti i giorni. Se un edificio è alto e l’osservatore è vicino,
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CAP.3 è ovvio che le linee verticali dell’edificio convergano in alto e lontano dall’osservatore. Più questo si avvicina più l’edificio riempie la scena. Quando inclina la testa per vederlo, la vista viene distorta. L’allargamento di una prospettiva a tre punti (figura 3.14) può accentuare questi effetti: un semplice cubo sembra molto più grande.
■ Figura 3.14 Ampiezza della prospettiva con un grandangolo.
Teleobiettivi Le lenti fotografiche più grandi di 50 mm sono dette teleobiettivi. Tali lenti possono ingrandire la scena più da vicino di quanto faccia l’occhio umano, agendo come un telescopio. Teleobiettivi potenti, spesso utilizzati dai fotografi di sport, hanno le dimensioni di un piccolo telescopio. L’ampiezza della scena che queste lenti possono catturare diminuisce proporzionalmente, e l’effetto che si ottiene è l’appiattimento. L’ampiezza della prospettiva è ridotta perché solo un piccolo angolo della scena viene visualizzato. Questo effetto può essere simulato su una fotografia ritagliando una piccola regione e verificando la mancanza di linee convergenti: al crescere delle lenti diminuiscono le dimensioni della vista ritagliata e aumenta l’appiattimento della prospettiva. L’effetto piatto può essere utile in alcuni casi. La lente da 85 mm è detta lente ritratto perché appiattisce leggermente i tratti del soggetto dando un’immagine più ampia. Se per un ritratto si usa il grandangolo, questo distorce la figura del soggetto con effetti sgradevoli. 3DS MAX offre una gamma incredibilmente vasta di lenti, fino a quella da 100.000 mm, a cui corrisponde un FOV di 0,025. Questa lente equivale a un grande telescopio da osservatorio astronomico o a un microscopio elettronico molto potente. Una lente di queste dimensioni elimina la prospettiva e fa apparire la vista come fosse una proiezione piana o una vera e propria alzata.
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Parallasse Molti artisti e disegnatori preferiscono ridurre le illustrazioni a una prospettiva a due punti perché risponde alla percezione umana ed è facilmente utilizzabile. La percezione umana tende a “correggere” l’inclinazione delle linee verticali di una scena. Quando vedono un’immagine in prospettiva a tre punti, molti ne mettono in dubbio la correttezza: il caso tipico è quello di una vista di interni dove è stato utilizzato un grandangolo per comprendere il massimo spazio. Le linee verticali vicine al bordo della vista cominciano a curvarsi in modo sgradevole per l’osservatore: tutti sanno che le pareti sono diritte. La convergenza delle linee verticali in fotografia è detta parallasse. Quando la macchina fotografica viene spostata verticalmente e non è più al livello del piano di terra, la vista diventa una prospettiva a tre punti e comincia a mostrare segni di parallasse. Questi effetti sono più evidenti sul bordo della vista e sono accentuati ulteriormente quando si allarga il campo visivo. La figura 3.15 illustra una vista di interni con parallasse.
■ Figura 3.15 Un interno con errore di parallasse dovuto al movimentodella cinepresa.
Correzione prospettica Nell’illustrazione tradizionale, soprattutto nella fotografia architettonica e di interni, la parallasse deve essere evitata e corretta. Per eliminare completamente questo effetto è necessario mantenere sempre la macchina fotografica a livello del piano di terra. Le composizioni risultanti non saranno molto vivaci e spesso si presenta la necessità di ritagliare una scena o di spostare la macchina fotografica a un’altezza improbabile. Le macchine con mirino, dette anche a grande formato, a piano variabile o a 45, consentono al fotografo di correggere gli effetti di parallasse manipolando gli specchi interni. La stessa funzione è disponibile nelle cineprese da 35 mm con lenti a controllo prospettico (PC, perspective control) speciale. 3DS MAX fornisce quasi completamente questa funzione con l’opzione Renderer’s Blowup (figura 3.16).
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CAP.3 ■ Figura 3.16 Lo stesso interno dallo stesso punto di vista ma con correzione prospettica.
Per ulteriori informazioni sulla correzione prospettica con l’opzione Renderer’s Blowup, consultare il capitolo 20.
Composizione della scena La disposizione degli oggetti nella scena, il loro rapporto con l’ambiente circostante e il modo in cui sono visualizzati sono tutti elementi costitutivi di quella che viene comunemente detta composizione o quadro finale. La composizione può essere estremamente soggettiva e quindi può non essere comprensibile per chi cerca di leggerla. Pochi artisti concordano sulla sua definizione ma la maggior parte di loro riconosce la buona composizione di un’opera d’arte. Si tratta di una sensazione, o di un’intuizione sviluppata nel tempo che si basa in parte su regole oggettive. Esistono principi fondamentali, considerati spesso come regole empiriche o almeno come elementi degni di considerazione, che ispirano l’organizzazione di una composizione. Quando si affronta la composizione è opportuno osservare i principi che seguono, tenendo comunque presente che non si tratta di regole rigide e imprescindibili. Il buon uso di uno di essi sovente fa diminuire l’importanza degli altri. L’esperienza contribuirà a sviluppare la capacità di decidere quando tali principi devono essere rispettati e quando invece è opportuno ignorarli per ottenere una composizione efficace. ■ Centro di interesse. Le scene devono essere organizzate intorno a un centro di interesse. Non si deve trattare del centro geografico delle immagini ma piuttosto del fulcro tematico della scena. Le scene in cui manca un centro di interesse risultano confuse, trascurabili se non addirittura noiose. Un centro di interesse non è necessariamente un oggetto; per esempio può essere il punto di fuga in una prospettiva centrale. VISTE, PROSPETTIVA E COMPOSIZIONE
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Simmetria. Le scene non devono essere perfettamente simmetriche rispetto al loro asse. Una scena esattamente centrata su un asse di simmetria appare stagnante, fissa ed estremamente formale. Quando l’orizzonte è centrato la scena sembra spezzata e può diventare difficile creare un centro di interesse. ■ Equilibrio. Le scene devono essere equilibrate. Il termine equilibrio si riferisce al “peso” visivo complessivo degli elementi della composizione: il colore, l’oscurità, la complessità della vista o le dimensioni degli oggetti. ■ Sovrapposizione di forma. In mancanza di una certa sovrapposizione di forma gli elementi della composizione sembreranno sospesi e non integrati nella scena. La sovrapposizione di oggetti garantisce un maggiore senso di profondità. ■ Elementi non geometrici. Gli elementi compositivi non si limitano alla geometria di un oggetto. La sua struttura, le ombre che proietta, il riflesso di altri oggetti e l’uso delle immagini di sfondo sono tutti elementi compositivi che devono essere presi in considerazione. Come tutte le regole, anche queste sono fatte per essere infrante. È possibile creare una buona composizione pur tradendo i principi fondamentali.
Silhouette Talvolta gli artisti riducono le componenti di una scena al loro profilo in modo da sviluppare e consolidare le composizioni. Questa tecnica rende tutti gli oggetti neri su sfondo bianco, con l’effetto di visualizzare la scena con una intensa luce bianca proiettata da dietro. Si vede soltanto la forma generale, complessiva. I bordi interni e le sovrapposizioni di oggetti sono oscurati. La scena è interpretata come una rapida azione. Questa tecnica viene definita silhouette. È possibile analizzare la silhouette di un’immagine in 3DS MAX con ogni rendering. La figura 3.17 illustra la funzione del comando Display Alpha Channel che visualizza il canale alfa di ogni rendering eseguito in MAX. Questa opzione non deve essere impostata perché 3DS MAX esegue sempre il rendering del canale alfa ed è sempre possibile visualizzarlo a prescindere dal fatto che lo si voglia salvare o no.
Schizzi in miniatura Artisti e registi spesso utilizzano schizzi piccoli e rapidi per sviluppare e rifinire le composizioni. Questi schizzi non devono essere dettagliati e nemmeno molto precisi. Le dimensioni di uno schizzo in miniatura devono servire solo a catturare la composizione della scena nel suo complesso, uno studio di silhouette, figure stilizzate, sovrapposizione di “controfigure” semplificate e tutto ciò che serve a rappresentare gli elementi della composizione. Molti di coloro che utilizzano questi schizzi li tracciano con rapidità: spesso ne realizzano cinque o sei al minuto, provando diverse composizioni. Il vantaggio di questa tecnica consiste nel fatto che fornisce una traccia dei tentativi già fatti e quindi dell’evoluzione del lavoro.
Clonazione di cineprese Le cineprese di 3DS MAX sono strumenti compositivi estremamente efficienti, che consentono di analizzare un numero illimitato di angoli di visuale e di proporzioni, da
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CAP.3 qualsiasi punto. In particolare una tecnica utile per la composizione è la clonazione della cinepresa in azione, che si realizza premendo il tasto MAIUSC durante le modifiche. Per effettuare un confronto con il nuovo clone e provarlo, mantenere attiva l’altra finestra Camera. Quando si sarà ottenuta una vista soddisfacente, clonare ancora fino a quando la composizione finale non corrisponderà a quella desiderata. Per salvare i tentativi precedenti, soprattutto se implicano la complessità dell’animazione, è possibile tenere le altre cineprese come riferimento e salvarle sul loro file MAX, oppure tenere l’originale ed ereditare le tracce del keeper nel Keyframe. In caso contrario le cineprese clonate possono essere cancellate.
■ Figura 3.17 Confronto tra rendering RGB e canale alfa per analizzare la silhouette.
Riepilogo ■
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Opzioni di finestra. Le opzioni di finestra di 3D Studio MAX derivano dai metodi tradizionali utilizzati nella creazione di documenti relativi alla costruzione ortogonale, alle viste assonometriche descrittive e alle prospettive illustrative. Prospettive a uno e a due punti. Queste prospettive si basano sul fatto che la cinepresa rimane a livello del piano di terra: nella vista risultante tutte le linee verticali perpendicolari al piano di terra saranno parallele. Prospettiva a tre punti. Le prospettive a tre punti si verificano quando la cinepresa si sposta dal piano di terra. La convergenza al terzo punto di fuga produce un effetto detto parallasse, inaccettabile per molte applicazioni. La parallasse può essere eliminata mantenendo la cinepresa a livello e utilizzando la funzione Renderer’s Blowup.
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Linea di orizzonte. La linea di orizzonte è sempre a livello dell’occhio dell’osservatore e la posizione dell’orizzonte nella composizione dipende dall’angolo visuale dell’osservatore. Se l’osservatore guarda in alto l’orizzonte si abbassa, e se la cinepresa viene inclinata o ruotata l’orizzonte ruota. Analogia della cinepresa a 35 mm. L’analogia della cinepresa a 35 mm di 3DStudio MAX stabilisce che la normale visione umana corrisponde a una lente di circa 50 mm. Le lenti inferiori consentono un allargamento della scena e della prospettiva, e sono dette comunemente grandangoli. Le lenti di dimensioni superiori a 50 mm zumano dentro la scena, appiattiscono la prospettiva e sono dette teleobiettivi.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.4
CAPITOLO 4
Animazione e storyboard
La fase di pianificazione del processo di modellazione è molto importante, oltre a corrispondere ai canoni classici della realizzazione di qualsiasi lavoro, che vengono applicati anche a 3D Studio MAX e ad altri programmi di progettazione 3D. Meno noto invece è il processo di pianificazione e di progettazione dell’animazione, che concerne soltanto chi ha praticato studi di cinematografia, regia, sceneggiatura e altre discipline cinematografiche. In questo capitolo verrà descritto il modo per pianificare un progetto di animazione utilizzando gli storyboard e verranno introdotti alcuni dei concetti fondamentali che stanno alla base dell’animazione. I concetti relativi all’animazione trattati nel presente capitolo sono qui di seguito elencati: ■ uso degli storyboard nella pianificazione dell’animazione; ■ progettazione del movimento per l’animazione; ■ uso di tecniche di animazione tradizionali, come compressione ed estensione; ■ studi di movimento naturale per animazione di personaggi.
ANIMAZIONE E STORYBOARD
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Uso degli storyboard Che cos’è uno storyboard? Molti pensano agli storyboard come alle figure patinate che i pubblicitari creano per la televisione, ma ciò limita la loro funzione alla vendita di idee. In realtà esse costituiscono una parte importante nel progetto di qualsiasi rappresentazione. Gli storyboard furono sviluppate negli anni Trenta, quando animatori e registi si resero conto che la sceneggiatura scritta in modo tradizionale non arrivava a descrivere il modo in cui doveva essere girato un film di animazione. Un film con personaggi reali si basa soprattutto sul dialogo e molto meno sulla complessità dell’azione. L’animazione invece riduce al minimo i dialoghi e racconta la storia attraverso l’azione. In un certo senso l’animazione è più vicina all’arte del mimo che a quella del film vero e proprio. Il riconoscimento della debolezza di una sceneggiatura tradizionale nell’animazione ha portato come conseguenza allo sviluppo degli storyboard. All’inizio gli sceneggiatori schizzavano ogni scena principale o azione importante e la fissavano a una tavola per poi rivederla. Gli schizzi contenevano una quantità minima di testo per la descrizione del dialogo e gli effetti di ripresa. Se la scena non dava buoni risultati grafici veniva scartata. Questa tecnica risultò talmente efficace che oggi quasi tutti i film e le presentazioni professionali si basano sugli storyboard durante la fase di progettazione. Un ultimo ma importantissimo utilizzo degli storyboard riguarda i documenti contrattuali. Per una qualsiasi animazione deve essere creato lo storyboard che poi verrà sottoposta all’approvazione del cliente prima dell’inizio della costruzione di modelli e scene. Sia il creatore sia il cliente devono sottoscrivere lo storyboard o una lettera di conferma della sua approvazione. In caso di contenzioso su eventuali modifiche all’animazione è sempre possibile fare riferimento allo storyboard come fonte originale del contratto.
Processo di creazione di uno storyboard Prima di creare uno storyboard è necessario avere una storia da raccontare. Troppi animatori entrano direttamente nel programma contando sul fatto che la storia e la sequenza di azioni riveli gli sviluppi dell’animazione, ma niente è più lontano dalla realtà. Prima di affrontare il lavoro al computer è necessario munirsi di tre elementi: ■ una storia da raccontare; ■ uno storyboard delle scene importanti; ■ una sceneggiatura per l’azione e gli effetti sonori. Questi tre elementi non sono sempre documenti fisicamente distinti. Spesso lo storyboard e la sceneggiatura sono abbinate; in alcuni casi la storia esiste solo nella fantasia del creatore. A prescindere dalla forma delle componenti, è necessario pianificarle e svilupparle completamente prima di iniziare l’animazione.
Storia Elementi fondamentali nella costruzione di una storia sono il modo in cui verrà catturata l’attenzione del pubblico, l’inizio e la fine della storia, il tempo del suo svolgimento. A volte l’animatore riceve una storia completa, più spesso solo il nucleo di un’idea e
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CAP.4 l’indicazione del tempo di svolgimento. Un cliente può richiedere l’animazione di un nuovo edificio che attragga i possibili inquilini: si tratta già di una storia, ma non abbastanza dettagliata da iniziare la fase di storyboard. Per far ciò sarà necessario considerare vari elementi, come per esempio la caratteristiche più accattivanti dell’edificio, o la vicinanza della rete di trasporti. Se l’accesso ai trasporti è importante può essere interessante una vista a volo d’uccello che indichi i centri di trasporto principali. Altre questioni da affrontare saranno quelle relative alla sequenza di ingresso alla portineria e alla reception, alla visualizzazione degli uffici e al modo di arrivarci. La computer grafica e le videocassette di presentazione sono zeppe di carrellate architettoniche sterili e noiose che sembrano riprese da zombie condominiali che si aggirano nell’edificio. L’animatore deve trovare un modo interessante di raccontare anche la storia più noiosa, entro i limiti di tempo decisi dal cliente.
Storyboard Dopo aver ottenuto una storia, averla messa per iscritto e letta più volte, l’animatore deve decidere se può essere tradotta con buoni risultati in animazione: entra in gioco lo storyboard. La storia deve essere divisa in scene principali, sequenze di azione importanti e passaggi tra scene. Anche le scene della cui importanza non si è certi devono essere comprese negli storyboard: è più facile eliminare una scena piuttosto che cominciare l’animazione e scoprire di non aver risolto un problema importante. Il passaggio successivo consiste nel disegnare rapidi schizzi concettuali di ogni scena o azione, senza badare alla qualità del disegno, che ha solo una funzione di supporto. Tutti gli schizzi vengono poi appesi a un pannello o distesi su un tavolo per consentire la revisione dell’intera storia, che deve rispondere a certi requisiti: l’azione deve fluire da una scena all’altra, non ci devono essere goffaggini nel modo in cui la storia si svolge, non si deve sentire la mancanza di nessun elemento, le scene devono essere animate nel periodo di tempo disponibile. L’analisi di questi elementi viene notevolmente agevolata dalla visione degli schizzi rispetto alla semplice storia scritta. In seguito è possibile modificare gli schizzi secondo la necessità. Se la comprensione di uno schizzo richiede la lettura di una nota a margine, allora la scena o l’azione in esso illustrata è debole: è necessario darle più enfasi oppure scartarla. Il testo a margine di uno schizzo esiste solo per fornire particolari e per descrivere il modo in cui la scena viene composta. Il testo non risolve la debolezza di un’azione né la scarsa preparazione di una scena.
Sceneggiatura Dopo che lo storyboard è stato approvato è necessario stendere la sceneggiatura. Nei film reali la sceneggiatura suggerisce agli attori quello che devono dire e fare, e quando dirlo e farlo. In generale la sceneggiatura di animazione di 3DS MAX non deve essere altrettanto elaborata, ma deve piuttosto focalizzarsi sull’identificazione delle chiavi di animazione e definire ciò che accade in quelle fasi. Se il prodotto comprende effetti sonori questi devono essere indicati insieme al tempo in cui si verificano in relazione alle chiavi di animazione. Un approccio utile alla sceneggiatura consiste nel prendere una copia dello storyboard e cominciare ad aggiungere di fianco agli schizzi i riferimenti di tempo o i numeri di fotogramma. In questo modo viene fornito anche lo spazio opportuno per annotare gli effetti sonori che competono alla scena. A questo punto sarà possibile verificare le ipotesi ANIMAZIONE E STORYBOARD
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relative alla tempistica e alla lunghezza complessiva dell’animazione. L’adattamento successivo attraverso storyboard e sceneggiatura porterà alla corretta valutazione dei tempi di animazione.
Tipi di storyboard Esistono due tipi di storyboard utilizzabili quando si crea un’animazione. Il primo corrisponde a quanto descritto precedentemente: si tratta di uno schizzo rapido e grossolano delle scene principali con note a margine relative ai tempi, agli effetti di ripresa e al suono. Questo schizzo costituisce in assoluto la versione più importante dello storyboard ed è la base di partenza per creare l’animazione. L’altro tipo di storyboard è uno strumento di presentazione. Come precisato in precedenza, l’animatore e il cliente dovrebbero sempre sottoscrivere lo storyboard finale come parte del contratto. In questo caso può non essere gradita la presentazione di una versione di lavoro approssimativa. Esistono in commercio dei moduli appositi per storyboard costituiti da piccoli schermi bianchi con blocchi di righe per le note. Un esempio di foglio per storyboard viene mostrato nella figura 4.1. Su questo possono essere riprodotti gli schizzi originali rifiniti che saranno poi sottoposti all’approvazione del cliente. Questo tipo di storyboard deve essere creato solo quando la copia di lavoro è terminata e risulta soddisfacente. Disegnare uno storyboard di presentazione e contemporaneamente realizzare l’animazione non dà risultati positivi.
Realizzazione di storyboard Il processo di creazione di uno storyboard è stato descritto nella sezione precedente, ma rimangono da valutare alcune questioni tecniche. Prima di tutto la tecnica di disegno utilizzata deve essere veloce e grossolana: qualsiasi cosa rallenti il flusso delle idee interrompe il processo creativo. Molte persone fanno l’errore di utilizzare i moduli prestampati che contengono varie scene su un solo foglio. A questo approccio sono associati molti problemi. I fotogrammi prestampati hanno la tendenza a inibire il processo di stesura del disegno: bisogna restare all’interno della casella e i bordi rigidi non sono compatibili con una tecnica di disegno veloce. Inoltre su un foglio ci sono diverse caselle e questo rende difficile scartarle o sostituirle in seguito alle modifiche. Ogni scena si deve trovare su un foglio a sé e se la scena non funziona va scartata per un altro tentativo. La seconda tecnica riguarda le dimensioni dello storyboard. I disegni di ogni scena devono essere piccoli perché la realizzazione sia rapida. Se il foglio è troppo grande sarà spontaneo riempirlo con particolari superflui e uno sfondo che rendano l’effetto più “finito”. I fogli migliori sono quelli adesivi dei blocchi piccoli o anche i notes da poco prezzo. Sono economici, le pagine sono facili da strappare e sono disponibili in piccole dimensioni. Dopo che sono state disegnate tutte le scene, è facile disporre i singoli schizzi su una tavola, strapparli, sostituirli o spostarli con il minimo sforzo. Dopo l’approvazione da parte del cliente e l’inizio dell’animazione, lo storyboard resta un punto di riferimento nella prosecuzione del lavoro. Se il progetto viene seguito da diverse persone, ciascuna di esse deve avere una copia dello storyboard come riferimento. Un regista di Hollywood non va sul luogo a girare senza portare la sceneggiatura e l’animatore non deve sedersi davanti alla workstation senza avere lo storyboard a portata di mano.
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CAP.4 ■ Figura 4.1 Untipicomodulo prestampato per storyboard.
Creazione dello storyboard per “The Big Bounce” (il grande rimbalzo) L’esempio che segue consente di creare uno storyboard veloce per un’animazione facile. Gli schizzi per lo storyboard devono essere semplici e grossolani, di piccole dimensioni e ciascuna scena o azione schizzata deve stare su una pagina a sé stante. Da un blocco per schizzi standard 21x28, ricavare quattro fogli da 10,5x14.
La storia Verrà creato lo storyboard della storia intitolata “The Big Bounce”. L’animazione finale si svolge in circa 20 secondi.
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In un bel paesaggio al limite di una scarpata rotola una palla rossa che si ferma sul bordo. La palla sembra guardare oltre l’orlo dell’abisso e dopo una breve pausa rimbalza due volte e poi salta nel vuoto. La palla cade, acquistando velocità, a qualche centimetro lungo la parete della scarpata. All’improvviso la palla colpisce il terreno con forza e rimbalza fuori dal campo visivo. L’osservatore rimane alla base della parete, chiedendosi che cosa è successo, quando vede altre tre palle sullo sfondo. Lentamente le palle ruotano, una alla volta, rivelando un punteggio di 9,5 9,6 e 9,4 rispettivamente. Un salto quasi perfetto.
Lo storyboard Il primo passaggio consiste nel dividere la storia nelle scene e nelle sequenze di azione più importanti: 1. scena di apertura - scarpata con paesaggio; 2. la palla rotola fino al bordo della scarpata; 3. la palla guarda oltre il bordo; 4. la palla rimbalza; 5. la palla oltrepassa il bordo; 6. caduta; 7. la palla colpisce il terreno; 8. la palla rimbalza fuori dal campo visivo; 9. scena delle palle sullo sfondo; 10. le palle ruotano rivelando i numeri; 11. zoom sulla palla centrale; 12. le palle virano al nero lasciando sullo schermo solo i numeri. Le scene possono essere divise in modo diverso e disegnate di conseguenza. La figura 4.2 mostra un esempio di come può essere disegnata una parte dello storyboard.
■ Figura 4.2 Esempio di immagini di storyboard.
La palla rotola Scena iniziale
Guarda nel burrone
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Rimbalza sul posto
CAP.4
Aggiunta del numero di fotogramma A questo punto è necessario stabilire quando avviene ogni azione, aggiungendo riferimenti di tempo e descrizioni di ripresa a ogni schizzo dello storyboard. L’elenco seguente mostra un’ipotesi del modo di definire la tempistica, nel caso la cadenza dei fotogrammi, impostata nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION, sia 15 fotogrammi al secondo: 1. scena di apertura - pausa sulla scena della scarpata (da 0,0 a 3,0 secondi, fotogrammi 1-45); 2. la palla rotola fino al bordo della scarpata (da 3,0 a 5,0 secondi, fotogrammi 46-75); 3. la palla si ferma e guarda oltre il bordo (da 5,0 a 7,0 secondi, fotogrammi 76105); 4. la palla rimbalza due volte, velocemente, sul posto (da 7,0 a 10,0 secondi, fotogrammi 106-150); 5. la palla oltrepassa il bordo (da 10,0 a 10,5 secondi, fotogrammi 151-158); 6. caduta - la scarpata scorre rapidamente - la palla si allunga durante la caduta (da 10,5 a 13,0 secondi, fotogrammi 159-195); 7. la palla colpisce il terreno - si appiattisce - il terreno vibra (da 13,0 a 13,5 secondi, fotogrammi 196-203); 8. la palla rimbalza fuori dal campo visivo (da 13,5 a 14,0 secondi, fotogrammi 204-210); 9. scena delle palle sullo sfondo - panoramica e zoom sulle palle (da 14,0 a 15,0 secondi, fotogrammi 211-225); 10. le palle ruotano, una alla volta, rivelando i numeri - pausa (da 15,0 a 18,0 secondi, fotogrammi 226-270); 11. zoom sulla palla centrale (da 18,0 a 19,0 secondi, fotogrammi 271-285); 12. la palla vira al nero e rimangono sullo schermo solo i numeri (da 19,0 a 20,0 secondi, fotogrammi 286-300). Si conclude così il processo di divisione della storia, disegno dello storyboard e produzione di una sceneggiatura per una semplice animazione. Anche per una animazione così elementare è necessario stabilire la tempistica e i fotogrammi principali, e quindi ciò deve valere a maggior ragione per un’animazione sofisticata.
Tecniche di animazione Molti si avvicinano all’animazione al computer unicamente dal punto di vista della costruzione di un modello, ritenendo che se si costruisce un modello abbastanza gradevole questo prenderà vita da solo. Purtroppo questo presupposto è sbagliato. Le videocassette dimostrative e persino alcune animazioni criticate risentono del movimento goffo e irreale degli oggetti. Per evitare questo difetto è necessario comprendere che nell’animazione il movimento è una parte importante del prodotto complessivo. È opportuno progettare il movimento con la stessa attenzione con cui si costruiscono il modello e i materiali connessi. In realtà il movimento è una parte talmente integrante di 3DS MAX che è difficile progettare i materiali o modellare un oggetto senza tenere conto della loro successiva animazione. Il movimento degli oggetti e la sua simulazione nell’animazione al computer richiedono la conoscenza dei concetti inerenti la teoria del moto. ANIMAZIONE E STORYBOARD
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Progetto del moto Per ottenere un’efficace animazione, il movimento corretto è importante quanto qualsiasi altro elemento del progetto. L’animazione di oggetti irreali o fantastici come animali parlanti e navicelle spaziali in assetto di guerra è facilmente accettabile, perché tali oggetti si muovono in modo realistico. Capita invece di vedere un’animazione applicata a un soggetto modellato con precisione e reso accuratamente, ma che non riesce ad attirare l’attenzione. L’analisi di un’animazione fallita di solito rivela un movimento troppo ridotto o non realistico. In altri termini la fantasia spesso colma la mancanza di particolari di un modello ma non perdona un movimento rozzo e irreale. La preparazione del movimento deve cominciare immediatamente, anche prima che venga iniziata la costruzione del modello. L’esame dello storyboard deve portare a stabilire il modo in cui gli oggetti si muovono e la direzione del moto.
Fisica del moto Data per acquisita l’importanza di un movimento credibile e la necessità di progettare il movimento, è necessario riprendere alcune nozioni di fisica. La teoria afferma che “a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria” che si deve tradurre nei fatti in un movimento credibile. Si consideri una figura in procinto di compiere un salto in lungo: ovviamente questa non salta all’improvviso nello spazio; prima di tutto si rannicchia, portando il bacino all’indietro e il busto in avanti per mantenere l’equilibrio, con le braccia che scivolano indietro; il movimento finisce quando il corpo è completamente rannicchiato, proteso in avanti, con le braccia completamente distese all’indietro. Dopo una breve pausa, la figura si solleva sulla punta dei piedi e le braccia cominciano a scivolare in avanti. Poi le gambe portano il corpo in avanti mentre le braccia oscillano all’esterno e la figura lascia il terreno. Infine, mentre la figura sfreccia nello spazio, le braccia si estendono completamente in avanti e le gambe cominciano a scivolare in avanti per prepararsi a toccare il terreno. La figura 4.3 illustra questa sequenza.
■ Figura 4.3 Il movimento di un salto in lungo.
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CAP.4 La precedente sequenza di salto utilizza quasi tutti gli elementi importanti per l’animazione di un movimento credibile: ■ anticipazione; ■ compressione e estensione; ■ azioni sovrapposta; ■ conclusione; ■ enfasi; ■ azione secondaria. Questi elementi verranno trattati più dettagliatamente nei paragrafi successivi. Un buon esercizio consiste nell’immaginare la sequenza di conclusione del salto, schizzare le azioni di un salto in lungo come storyboard e poi attivare l’animazione jump.avi del CD-ROM per un confronto con quella appena creata.
Anticipazione L’anticipazione è un’azione preliminare che imposta un’azione principale. Questa azione di impostazione soddisfa molte condizioni dell’animazione. Un uso dell’anticipazione consiste nel simulare il movimento reale. Se un oggetto è fermo, si deve verificare un’azione preliminare che trasferisce energia all’oggetto in modo tale che questo possa utilizzare l’energia per compiere l’azione principale. Ancora una volta si fa riferimento alla sequenza di salto in lungo precedente. Prima che la figura possa saltare deve rannicchiarsi e far scivolare le braccia per l’equilibrio (è impossibile saltare senza piegare le ginocchia o spostare le braccia). La figura 4.4 mostra la fase di anticipazione del movimento del salto in lungo.
■ Figura 4.4 Posa iniziale
L’anticipazione precede l’azione. Anticipazione
L’anticipazione viene utilizzata per preparare il pubblico a quanto sta per accadere o per indirizzare la sua attenzione verso il luogo in cui l’azione si verificherà. Si consideri una fune che si spezza sotto un carico pesante. Nell’esperienza quotidiana ciò si verifica quando si rompe un laccio delle scarpe oppure un filo della biancheria troppo carico. L’azione è improvvisa e imprevista. Se una sequenza di questo tipo viene animata così come avviene in realtà il pubblico non nota la rottura della fune e probabilmente altri punti importanti dell’animazione, mentre tenta di immaginare che cosa è successo. La soluzione tradizionale di questo problema consiste nell’utilizzare un caso estremo di anticipazione
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per preparare l’azione principale. Un primo piano della fune ne mostra la tensione; qualche filo si spezza; e poi all’improvviso la fune si rompe: a questo punto il pubblico è pronto ad accettare l’azione. L’anticipazione del primo piano prepara alla rottura della fune. Questa scena è stata vista centinaia di volte e nessuno probabilmente si è fermato a pensare che non corrisponde alla realtà. Un ultimo esempio dell’uso dell’anticipazione per indirizzare l’attenzione del pubblico implica il movimento della cinepresa. Si consideri l’esplorazione architettonica di una casa, partendo dal soggiorno e da una lenta panoramica dello spazio circostante. Poi si passa alla cucina sulla destra; girarsi per camminare fino alla cucina è noioso ma il balzo in un’altra scena dà un taglio troppo brusco che la rende incomprensibile. L’anticipazione viene utilizzata terminando la panoramica del soggiorno con la cinepresa rivolta verso una porta aperta sulla cucina. Una breve pausa sull’immagine fissa della cucina anticipa il taglio (tecnicamente un effetto di transizione invece di un movimento vero e proprio ma il principio è lo stesso) e il pubblico compie il salto mentale in cucina prima che l’animazione entri nella scena.
Squash e Stretch (compressione ed estensione) Una proprietà del tessuto vivente e di molti altri materiali comuni consiste nel fatto che tali materiali sono cedevoli e si deformano sotto la spinta del moto. Un esempio può essere la moviola di un contrasto duro nel football americano. Il corpo del giocatore che porta la palla risulta probabilmente allungato e deformato in un modo che può sembrare umanamente impossibile (almeno ai fini della sopravvivenza) e poi all’improvviso ritorna intero ed esce dal campo. Questo è un esempio di compressione ed estensione. Tutti gli oggetti, a meno che siano molto densi e molto duri, mostrano una forma di compressione ed estensione. Tornando allo storyboard della palla rossa, l’allungamento della palla quando cade e il suo appiattimento quando colpisce il terreno sono un altro esempio del principio di compressione ed estensione. Si considerino una palla da bowling e una di gomma: la prima, dura e pesante, rimbalza molto poco e non si deforma quando colpisce il terreno (figura 4.5) e anzi sarà eventualmente questo a deformarsi al contatto. Una palla di gomma è molto più morbida e leggera e quindi si deforma più di quanto non faccia quella da bowling, rimbalzando più in alto (figura 4.6).
■ Figura 4.5 La palla da bowling rimbalza sul terreno.
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CAP.4 ■ Figura 4.6 La palla di gomma rimbalza sul terreno.
Un altro approccio a compressione ed estensione concerne le figure congiunte. Invece che dalla deformazione della geometria della figura, compressione ed estensione vengono illustrate dalla posizione dei suoi giunti. Una esemplificazione si trova ancora nel salto in lungo. L’anticipazione spesso implica una compressione o una estensione. Il movimento rapido utilizza quasi sempre una estensione, e un arresto improvviso implica sempre una compressione, anche violenta. La figura 4.7 mostra questi effetti nella sequenza del salto in lungo. Compressione iniziale
Compressione finale
■ Figura 4.7 Compressione ed estensione in un salto in lungo.
Azione principale in estensione
Infine non deve mai essere violata la norma che dice “per quanto deformabile, un oggetto deve sempre mantenere lo stesso volume apparente”. Anche nell’animazione di cartoni animati stilizzati, dove compressione ed estensione sono esasperate, si conserva sempre il senso di volume costante. Si consideri una palla piena d’acqua che si deforma quando viene manipolata: la deformazione non implica aggiunta né eliminazione di acqua, il volume rimane quindi costante. Il trasformatore di scala Squash e il modificatore Stretch utilizzano questa tecnica. Quando un oggetto viene compresso lungo un asse si espande automaticamente lungo gli altri due. Questi comandi però sono troppo semplici per l’animazione sofisticata. L’animatore deve assicurarsi che la deformazione lungo un asse sia bilanciata da una deformazione opposta lungo gli altri, mantenendo perciò un volume costante.
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Azioni sovrapposte Un altro elemento importante del movimento credibile è il concetto di azione sovrapposta. Non tutto avviene nello stesso tempo. L’azione sovrapposta è visibile nelle pellicole sulla sicurezza stradale dove i manichini urtano con l’auto contro un muro. Un animatore inesperto potrebbe posizionare il modello dell’automobile nel punto d’impatto e cominciare a regolare la posizione di tutti gli oggetti all’interno della vettura. Guardando il film più attentamente si vede quel che succede veramente. Nei primissimi fotogrammi dopo l’impatto la parte anteriore della macchina si accartoccia e si frantuma all’indietro verso le ruote anteriori ma l’interno dell’auto e i manichini non si sono mossi, devono ancora subire le conseguenze dell’impatto. La situazione cambia rapidamente nei pochi fotogrammi che seguono, quando i manichini sono scagliati in avanti trattenuti dalle cinture di sicurezza, il parabrezza esplode eccetera. Tutta l’azione è il risultato di un evento, l’impatto, ma ogni azione comincia in un momento diverso. Osservando il resto dell’impatto, si nota anche che tutto si ferma in momenti diversi. Questa tecnica viene utilizzata anche per altri effetti di movimento dell’animazione. Se per esempio si vuole muovere il braccio di una figura da una posizione di riposo perché prenda un bicchiere su un tavolo, si può incorrere nell’errore diffuso di avanzare di pochi fotogrammi dalla posizione iniziale e poi muovere tutti gli elementi del braccio nella posizione finale. Tale errore dà un movimento molto irreale perché comincia e finisce tutto allo stesso tempo. La sequenza corretta richiede che la parte superiore del braccio cominci a sollevarsi per prima e poi l’avambraccio ruoti, seguito dal movimento all’indietro del polso. Infine le dita si piegano intorno al bicchiere. Ciascuno di questi movimenti comincia prima che quello precedente sia terminato, fornendo così la sovrapposizione realistica che il pubblico inconsciamente si aspetta. Nell’animazione tradizionale questa tecnica viene generalmente chiamata “rottura successiva dei giunti” perché il movimento è rappresentato dalla rottura dei giunti che si liberano dalla posizione di riposo in ordine successivo. Il movimento comincia dalla spalla e si diffonde fino alle nocche delle dita.
Conclusione La conclusione è associata all’azione sovrapposta e nell’animazione corrisponde a lanciare una palla o ruotare una mazza. Un’azione non arriva quasi mai a un arresto completo e improvviso. L’inerzia trascina l’oggetto oltre il punto terminale, e spesso l’oggetto cambia lentamente direzione per tornare alla posizione di arresto. 3D Studio MAX comprende i controller di animazione di Bézier, tensione, continuità e bias (TCB; tension, continuity, bias) che supportano la creazione del movimento naturale e della conclusione. Pur essendo utili, questi controller non sono definitivi. Nella maggior parte dei casi è necessario indicare manualmente la conclusione corretta e quindi regolare il movimento nell’Editor tracce. Per ulteriori informazioni sui controller di animazione consultare il capitolo 23, “Strumenti di controllo dell’animazione”.
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CAP.4
Messa in scena (staging) La messa in scena in realtà è connessa più alla composizione che all’animazione. Il concetto che sta alla base della messa in scena è che gli oggetti in movimento dovrebbero essere collocati in modo tale che il movimento sia rapidamente rilevabile e comprensibile. Un errore diffuso è quello di collocare un’azione dove non può essere osservata, per esempio davanti a un oggetto più interessante che distoglie l’attenzione del pubblico. Gli oggetti principali della scena devono essere visualizzati come silhouette. Se un’azione si verifica entro la silhouette di un altro oggetto, quell’azione sarà difficilmente rilevabile. Se l’azione viene spostata di lato, dove non è mascherata da un altro oggetto, allora può essere osservata. Si consideri l’esempio della figura 4.8. La vista renderizzatore mostra un braccio meccanico che raccoglie una scatola. Osservando la scena in silhouette non si capisce ciò che avviene. Si confronti la figura 4.8 con la figura 4.9. La scena della seconda figura è più comprensibile sia nella vista rappresentatore sia nella silhouette. L’unica differenza è che l’azione è messa in scena lateralmente rispetto al braccio meccanico. Questo suggerimento è un buon test per la messa in scena. Disattivare tutte le luci della scena e nascondere tutti gli oggetti trascurabili o lontani sullo sfondo; nella scena deve restare solo l’oggetto principale insieme agli oggetti secondari e di sfondo vicini. Impostare lo sfondo su un colore diverso dal nero ed effettuare un’anteprima sotto forma di file .AVI. Il risultato è un .AVI degli oggetti principali della scena come silhouette nere contro il colore dello sfondo della finestra. Se il movimento prescelto è visibile, sarà riconoscibile anche nell’animazione finale.
■ Figura 4.8 Vista di un braccio meccanico con messa in scena non efficace.
■ Figura 4.9 Vista di un braccio meccanico con messa in scena migliore.
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Movimento enfatizzato Nonostante possa sembrare controproducente ai fini di un effetto realistico, è spesso necessario enfatizzare un movimento per garantirne la presa sul pubblico. L’uso corretto dell’enfasi non invalida né intacca la credibilità dell’animazione. L’unica eccezione è l’animazione prodotta per le presentazioni in sede legale, nelle quali la stretta aderenza al movimento esatto è più importante dell’effetto estetico. L’enfasi è associata all’anticipazione e alla messa in scena nell’indirizzare l’attenzione del pubblico verso un’azione che risulta importante. L’anticipazione imposta l’azione, la messa in scena garantisce che l’azione si verifichi dove può essere vista e l’enfasi assicura che l’azione non sia impercettibile al punto da non essere notata dal pubblico. Esempi interessanti di enfasi si possono osservare nei telefilm e negli spettacoli teatrali. I telefilm sono ricchi di enfasi grossolana, reazioni a scoppio ritardato, goffaggini e movimenti esagerati per compiere azioni banali, utilizzate per ottenere l’effetto comico. Osservando lo spettacolo teatrale si riscontra ancora un’enfasi ma stavolta smorzata: i gesti plateali quando un attore va al telefono o estrae una chiave, le espressioni del viso più pronunciate di quanto non siano nella vita reale. L’enfasi non diminuisce la realtà della scena e anzi la sottolinea garantendo una presa efficace sul pubblico. Nell’animazione vengono utilizzate le stesse tecniche.
Azione secondaria L’azione secondaria si verifica come risultato di un’altra azione. È facile dimenticarla perché nella vita reale questi effetti collaterali sono dati per scontati. Anche se l’azione secondaria non viene colta consapevolmente nella vita reale, è necessario rappresentarla per rendere l’animazione interessante e realistica. Un diffuso errore di omissione a proposito dell’azione secondaria riguarda il rimbalzo di una palla. Si consideri un’animazione che mostra una palla da basket rimbalzare fuori dal cerchio del canestro. Alcuni animatori non mostrano la flessione del cerchio dovuta alla spinta del rimbalzo. La flessione del cerchio è un movimento secondario, la cui assenza rende l’animazione falsa e meccanica. La figura 4.10 mostra la sequenza di un cerchio che si flette sotto la spinta della palla. Caricare il file rim.avi dal CD-ROM per vedere il risultato dell’applicazione di un’azione secondaria al cerchio di un canestro. Il cerchio si flette verso il basso quando viene colpito dalla palla e rimbalza verso l’alto quando la palla si allontana.
■ Figura 4.10 Flessione del cerchio come azione secondaria.
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CAP.4
Studi di movimenti animali Il riferimento ufficiale su movimento animale e umano è l’opera completa di Eadweard Muybridge, un fotografo che ha ritratto con una tecnica ad alta velocità animali e persone mentre compiono varie azioni. Il suo libro, Complete Human and Animal Motion, deve fare da riferimento a tutti coloro che intendono animare creature viventi. Lo studio delle fotografie di Muybridge non prepara automaticamente all’animazione degli animali. È difficile attirare l’attenzione del pubblico limitandosi a riprodurre la tipica andatura di un animale: è necessario invece dare personalità alla creatura, utilizzando le tecniche dell’anticipazione e dell’enfasi che sono state trattate nei paragrafi precedenti. Qualche esempio consiste nell’aggiungere un rimbalzo in più all’andatura di un cucciolo, uno scatto frenetico alle zampe di un topo in corsa o la rincorsa al movimento di un’anatra che si appresta a spiccare il volo.
Studi di movimenti umani Tutto quanto riguarda il movimento animale attiene anche a quello umano a parte il fatto che è necessario prestare maggiore attenzione nell’applicare effetti enfatizzati, visto che le persone sono molto più attente al modo in cui si muove il loro corpo e sono quindi meno propense a perdonare l’enfasi o un movimento che superi quanto è realmente possibile. Il modo migliore per capire ciò che è possibile consiste nell’osservare come si muove la gente. È necessario concentrarsi su due caratteristiche del movimento umano che spesso vengono trascurate: l’equilibrio e il movimento curvilineo.
Equilibrio Escludendo la caduta, il corpo è sempre in equilibrio. Se si stende il braccio destro, il sinistro, la spalla e il busto ruotano e si spostano indietro. Questa azione controbilancia la spinta della massa estesa del braccio destro. Analogamente poche persone stanno in piedi perfettamente diritte: tendono a spostare il peso su una gamba, provocando la torsione del bacino e del busto durante il movimento di equilibrio. L’altra gamba porta un peso minimo e agisce come stabilizzatore per compensare piccoli cambiamenti di equilibrio. Camminare e correre sono casi particolari di caduta. Quando si cammina, si passa ciclicamente attraverso il processo della caduta in avanti, del ricupero dell’equilibrio e ancora della caduta in avanti. La corsa ha lo stesso effetto a parte il fatto che la fase di caduta in avanti occupa la maggior parte del tempo. La figura 4.11 mostra la differenza tra una postura artificialmente diritta e una postura realisticamente equilibrata. Ogni movimento di una parte del corpo è accompagnato da un movimento di equilibrio di un’altra.
Movimento curvilineo In natura non esistono linee diritte. Questa affermazione vale anche per il movimento naturale. I controller di animazione di default in 3DS MAX sono impostati in modo tale ANIMAZIONE E STORYBOARD
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da dare movimenti curvilinei, ma è necessario tenere presente che questi vengono utilizzati per regolare un movimento già progettato manualmente. Due esempi in cui spesso manca il movimento curvilineo sono l’oscillazione del braccio e la rotazione del capo. Quando una persona oscilla il braccio per stringere la mano, il braccio non si limita a oscillare verso l’alto ma anche verso l’esterno e l’interno. Questo impercettibile movimento fa la differenza tra un gesto meccanico e artificiale e uno realistico.
■ Figura 4.11
Posa naturale
Posa rigida
Postura rigida e innaturale rispetto a quella naturale.
Le figure 4.12 e 4.13 mostrano due esempi di rotazione del capo. Molte persone potrebbero incorrere nell’errore di animare la rotazione del capo come illustrato in figura 4.12. I tratti del viso seguono una linea retta durante la rotazione da un lato all’altro. Il risultato è un gesto meccanico e innaturale nel quale i tratti sembrano scivolare sulla faccia. La figura 4.13 mostra un movimento del capo più realistico. La testa si abbassa e si solleva durante la rotazione. I tratti del viso ora seguono un percorso curvilineo da un lato all’altro. Maggiore è l’abbassamento, maggiore la naturalezza insita nella rotazione.
Riepilogo ■
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Storyboard Lo storyboard costituisce un supporto nella pianificazione dell’animazione e porta a risultati migliori e a un minore spreco di tempo. Può essere utilizzata anche per spiegare un progetto a un cliente e per registrare il tipo di animazione approvato dal cliente. Movimento credibile L’utilizzo delle tecniche di animazione tradizionale, come anticipazione, compressione ed estensione, conclusione e azione sovrapposta, rende credibile anche l’animazione più particolare. Movimento visibile I concetti di messa in scena ed enfasi devono essere utilizzati per garantire che il pubblico riconosca l’azione creata con tanto sforzo. Riproduzione di schemi naturali di movimento Il movimento di animali e persone è costantemente basato sull’equilibrio e avviene secondo archi piuttosto che secondo linee rette. Trascurando queste caratteristiche si otterrà un’animazione meccanica e sterile.
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CAP.4 ■ Figura 4.12 Rotazione del capo innaturale.
■ Figura 4.13 Rotazione del capo naturale.
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CAP.5
CAPITOLO 5
Pianificazione dei progetti
Uno dei momenti più importanti in un progetto è la pre-produzione. Per garantire il successo di un progetto, è necessario studiarlo con cura, pianificare i punti più importanti e definire quelli meno importanti. Se invece si decide in punto in bianco di iniziare a costruire una scena, si verificheranno maggiori errori e si perderà più tempo perché sarà necessario rifare gran parte del lavoro. Questo capitolo presenta i punti da considerare prima di iniziare un progetto e spiega come impostare la scena. Il capitolo illustra gli elementi fondamentali che aiutano a pianificare i progetti e a evitare sforzi inutili. È necessario: ■ decidere quanto una scena deve essere accurata e particolareggiata; ■ capire in che modo 3D Studio MAX memorizza i valori numerici e come evitare l’arrotondamento numerico; ■ definire le unità di misura per una modellazione efficiente e per la condivisione di file; ■ impostare e spostarsi in visualizzazioni tridimensionali; ■ gestire numerosi tipi di file utilizzati da 3D Studio MAX. Se si ha un’idea per un’animazione, la storia è pronta e le esposizioni sono già state disegnate, si ha davanti una scena vuota che attende di essere riempita di oggetti animati. La prima operazione da effettuare è modellare gli oggetti.
PIANIFICAZIONE DEI PROGETTI
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CAP.6
CAPITOLO 6
Selezione, trasformazioni e precisione
Molte delle operazioni che è possibile effettuare con 3D Studio MAX riguardano la selezione e la trasformazione degli oggetti. Si ricorda che il concetto di oggetto comprende più delle tradizionali geometrie. Fra le operazioni di selezione e trasformazione si ricordano: ■ selezione e trasformazione di geometrie; ■ selezione e trasformazione di sub-oggetti geometrici come vertici, spline e facce; ■ selezione e trasformazione di oggetti non geometrici come luci, cineprese e strumenti ausiliari; ■ selezione e trasformazione di sub-oggetti modificatori, come gizmo e centri; ■ selezione e trasformazione di vertici di deformazione loft; ■ selezione e trasformazione di chiavi di animazione. Da questo elenco risulta evidente che selezione e trasformazione sono strumenti fondamentali. Questo capitolo illustra le tecniche base di selezione e di trasformazione. Poiché conoscere le tecniche per la trasformazione degli oggetti non è molto utile sino a che non si conosce il modo di posizionare gli oggetti stessi nel luogo voluto, questo capitolo tratterà anche la configurazione e l’utilizzo degli strumenti di precisione.
SELEZIONE, TRASFORMAZIONI E PRECISIONE
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Selezioni Poiché le selezioni sono così importanti, gli strumenti di selezione si trovano nell’interfaccia di 3D Studio MAX. Le tecniche fondamentali di selezione in 3D Studio MAX dovrebbero essere note a chiunque abbia già utilizzato un CAD basato su Windows o un programma di modellazione. Tuttavia l’identificazione e l’utilizzo dei vari metodi di selezione specifici di 3D Studio MAX potrebbe richiedere un po’ di tempo. Per permettere al lettore di acquisire familiarità con le nozioni fondamentali della selezione, i prossimi paragrafi spiegheranno dapprima i concetti base della selezione in 3D Studio MAX e poi la selezione di sub-oggetti, la selezione degli oggetti per mezzo della proprietà e la costruzione di insiemi di selezione nominati.
Selezione Prima di poter eseguire qualsiasi operazione è necessario selezionare gli oggetti interessati dall’azione stessa. 3D Studio MAX utilizza una strategia detta selezione nome-azione; questo significa che prima si selezionano gli oggetti e poi si sceglie l’azione da applicare alla selezione. Questa non sarebbe una grande idea se si dovesse utilizzare un unico strumento di selezione prima di poter utilizzare gli altri strumenti. 3D Studio MAX ha una strumento solo per la selezione ma comprende anche la selezione come una funzione di tutti gli strumenti di trasformazione.
Strumenti di selezione La figura 6.1 mostra lo strumento base di selezione insieme al pulsante di trasformazione nella barra degli strumenti di 3D Studio MAX. È possibile selezionare gli oggetti quando il pulsante di selezione o un altro pulsante di trasformazione sono attivi. Questa modalità di selezione è resa ancora più evidente dalla visualizzazione di etichette come “Select and Move”, “Select and Rotate” e “Select and Uniform Scale”. Fortunatamente questo metodo di nomina piuttosto ingombrante è stato abbandonato in altre parti di 3D Studio MAX dove gli strumenti per la trasformazione delle chiavi nell’Editor tracce o per la trasformazione dei vertici di controllo in loft semplicemente dicono “Move” o “Scale” anche se possono raddoppiare come strumenti di selezione.
■ Figura 6.1 Strumenti di trasformazione e di selezione
Strumenti di trasformazione Filtri di selezione Strumento di selezione Finestra Select Object ModalitàWindow/Crossing
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CAP.6 È inoltre possibile selezionare gli oggetti utilizzando i pulsanti “Select and Link” e “Bind to Space Warp” vicino all’estremità sinistra della barra degli strumenti. Questi pulsanti sono così specializzati che solo raramente si utilizzano come barra di selezione generica. Quando lo strumento di selezione o una delle trasformazioni è attiva è possibile stabilire quale sarà l’effetto del fare clic o del trascinare guardando il cursore, che avrà i seguenti aspetti: ■ Cursore di sistema (puntatore a freccia): il cursore si trova su uno spazio vuoto oppure su un oggetto che non è valido per la modalità di selezione corrente. Facendo clic con il mouse si deseleziona qualsiasi altro oggetto selezionato; il trascinamento esegue una selezione parziale. ■ Cursore di selezione: il cursore si trova su un oggetto non selezionato che è valido per la modalità di selezione corrente. Facendo clic con il mouse si seleziona l’oggetto e di deseleziona ogni altro oggetto selezionato; il trascinamento seleziona e trasforma l’oggetto mentre deseleziona ogni altro oggetto selezionato. ■ Cursore di trasformazione: il cursore si trova su un oggetto selezionato. Facendo clic con il mouse si mantiene la selezione sull’oggetto mentre deseleziona ogni altro oggetto selezionato; il trascinamento trasforma l’oggetto e tutti gli altri oggetti selezionati. Se un oggetto selezionato si trova di fronte a un altro oggetto, è possibile deselezionare l’oggetto davanti e selezionare l’oggetto dietro facendo clic in una zona in cui i due oggetti si sovrappongono. Per fare clic in una zona di sovrapposizione dei due oggetti iniziare selezionando l’oggetto davanti. Ogni clic successivo deseleziona l’oggetto corrente e seleziona gli oggetti più indietro. Questa operazione funziona per qualsiasi numero di oggetti sovrapposti. La figura 6.2 mostre i tre cursori visualizzati con la trasformazione Move. La finestra di sinistra mostra il cursore di sistema perché il cursore si trova su uno spazio vuoto. La finestra centrale visualizza il cursore si seleziona perché il cursore si trova su un oggetto valido non selezionato. La finestra di destra visualizza il cursore di trasformazione Move perché il cursore si trova su un oggetto selezionato.
■ Figura 6.2 Cursori di trasformazione e di selezione per la trasformazione Move
Cursore di sistema
Cursore di selezione
Cursore di spostamento
È inoltre possibile utilizzare tutte le tecniche si selezione globale disponibile nel menu EDIT. Il comando Select All seleziona tutti gli oggetti nella scena; Select None interrompe la selezione corrente; Select Invert inverte la selezione corrente in modo che tutti gli oggetti non selezionati vengano selezionati e viceversa.
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Selezione parziale Come già visto, è possibile selezionare gli oggetti facendo clic su di essi o trascinando una porzione che seleziona tutti gli oggetti contenuti dalla porzione. Utilizzare i controlli di selezione parziale sulla barra degli strumenti, la riga dei messaggi e il menu EDIT per impostare la forma e il comportamento delle selezioni parziali. La forma di una selezione parziale viene impostata dal pulsante a bandierina sulla barra degli strumenti (figura 6.3). I tre tipi di selezione parziale sono: ■ Quad: il trascinamento definisce una porzione rettangolare in cui un angolo è posizionato nel punto in cui si preme il pulsante del mouse e l’angolo opposto si trova dove il pulsante del mouse viene rilasciato. ■ Cerchio: il trascinamento definisce una porzione circolare in cui il centro è posizionato nel punto in cui si preme il pulsante del mouse e il raggio termina dove il pulsante viene rilasciato. ■ Perimetro: il trascinamento definisce il primo segmento di un perimetro; fare clic per definire più segmenti; fare clic due volte o fare clic sul punto di partenza per chiudere il perimetro e completare la selezione.
■ Figura 6.3 Scelta della forma di una selezione parziale
Quad Circle Fence
Le operazioni su zone parziali vengono impostate dall’interruttore porzioni sulla riga dei comandi o scegliendo il comando Region dal menu EDIT (figura 6.4). I due tipi di operazioni su zone parziali sono Window, che seleziona solo oggetti che sono completamente all’interno della porzione, e Crossing, che seleziona tutti gli oggetti che toccano il limite della porzione o che sono completamente all’interno della porzione.
■ Figura 6.4 Scelta del comportamento della selezione parziale
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CAP.6
Aggiunta ed eliminazione degli oggetti di una selezione Per aggiungere o eliminare oggetti da una selezione corrente è possibile utilizzare le chiavi di modifica standard di Windows; premere i tasti Ctrl e Alt durante la selezione degli oggetti per ottenere i seguenti risultati: ■ Ctrl: per alternare la selezione degli oggetti premere il tasto Ctrl mentre si fa clic. Facendo clic su oggetti non selezionati li si aggiunge alla selezione; fare clic su oggetti selezionati li elimina dalla seleziona. ■ Ctrl: per aggiungere porzioni di oggetti alla selezione, premere il tasto Ctrl durante il trascinamento di un porzione; gli oggetti selezionati all’interno della porzione rimarranno selezionati. ■ Alt: per eliminare oggetti dalla selezione premere il tasto Alt facendo clic sugli oggetti o trascinando le porzioni.
Filtraggio di una selezione Se si lavora su una scena molto complessa è possibile selezionare solo oggetti di un certo tipo. Per esempio, si immagini di dovere illuminare l’interno di un centro conferenze formato da centinaia di oggetti: si vogliono selezionare solo le luci per poter regolare i loro parametri e posizionarli opportunamente; tuttavia accidentalmente si selezionano pareti e arredi. Se si nasconde tutto eccetto le luci non sarà possibile sapere dove posizionarle. Oppure si potrebbe congelare tutto eccetto le luci, ma in questo modo le finestre ombreggiate non mostrerebbero come i cambiamenti di luce incidono sugli oggetti congelati. La soluzione migliore è filtrare la selezionare utilizzando i filtri di selezione presenti sulla barra degli strumenti (figura 6.5).
■ Figura 6.5 Scelta di un filtro di selezione
Se si sceglie un tipo di oggetto dall’elenco filtri di selezione, è possibile selezionare solo oggetti di quel tipo. Il filtro di default è All, che permette di selezionare tutto. Gli altri filtri riprendono le prime sei categorie del pannello Create: Geometry, Shapes, Lights, Cameras, Helpers e Space Warps.
Bloccare una selezione Quando si lavora con una selezione molto complessa e la si intende utilizzare per una sequenza di comandi, è bene bloccare la selezione, perché questo impedisce di rilasciarla accidentalmente. È possibile rendere una selezione alternativamente bloccata e non bloccata eseguendo una delle seguenti operazioni: ■ fare clic sul pulsante di selezione Lock sulla riga di stato alla base della finestra di 3D Studio MAX; ■ premere la barra spaziatrice. SELEZIONE, TRASFORMAZIONI E PRECISIONE
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Selezione di sub-oggetti Esistono molte situazioni in cui è possibile selezionare solo alcuni componenti di un oggetto, cioè è possibile definire un sub-oggetto. La selezione di un sub-oggetto inizia selezionando un oggetto prima e poi facendo clic su un pulsante Sub-object per passare in modalità selezione sub-oggetto. È molto importante che prima si selezioni un oggetto e poi si passi alla modalità sub-oggetto; sino a che la modalità sub-oggetto è attiva è possibile selezionare solo componenti all’interno dell’oggetto originale selezionato. Il pulsante Sub-object evidenzia in giallo per indicare che ci si trova in modalità selezione sub-oggetto. Se capita di selezionare oggetti senza che acceda nulla si controlla il pannello dei comandi per verificare in quale modalità si sta lavorando. Se si è in modalità selezione sub-oggetto la si disattivi per tornare al normale metodo di selezione. La modalità selezione sub-oggetto è quasi sempre accessibile dal pannello Modify sia come parte di un modificatore sia come parametri base di un oggetto. La sola eccezione (relativa alla versione 1.1) è Trajectories, che visualizza un pulsante Sub-object nel pannello Motion. È bene ricordare che 3D Studio MAX è un programma object-oriented e quindi i suboggetti comprendono molto di più dei componenti di geometria. Le modalità di selezione sub-oggetto possono incontrarsi nei seguenti casi (figura 6.6): ■ Geometria: fare clic sul pulsante Sub-object nei parametri base di un oggetto Editable Mesh o in un modificatore Edit (Edit Mesh, Edit Spline, Edit Patch) per selezionare vertici, spigoli o facce della geometria; ■ Oggetti composti: fare clic sul pulsante Sub-object nei parametri base di un oggetto composto con un Loft o un Boolean per selezionare le loro forme interne o i loro operatori. Per alcuni strani motivi non è possibile selezionare in modalità sub-oggetto gli oggetti interni di un Morph: lo si tenga presente quando si creano oggetti Morph. ■ Modificatori: fare clic sul pulsante Sub-object in un modificatore per selezionare il suo gizmo o il suo centro. ■ Traiettorie: fare clic sul pulsante Sub-object mentre si lavora con Trajectories nel pannello Motion per selezionare chiavi sulla traiettorie di un oggetto.
■ Figura 6.6 Esempi di modalità di selezione dei sub-oggetti
Selezione di oggetti per proprietà Selezionare oggetti singoli, o trascinare una porzione per selezionare oggetti multipli diventa un’operazione limitante quando un certo numero di oggetti è presente sulla scena. Diventa quindi importante essere in grado di selezionare gli oggetti per proprietà.
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CAP.6 Per esempio selezionare tutti gli oggetti che utilizzano un certo materiale, o tutti gli oggetti con nomi che iniziano per la lettera B. 3D Studio MAX dispone di molti strumenti per la selezione di oggetti e sub-oggetti sulla base delle loro proprietà.
Selezione di oggetti per tipo In genere l’unica occasione in cui è necessario selezionare gli oggetti per tipo è quando si devono selezionare tutti gli oggetti di un tipo particolare, per esempio tutte le luci, o tutte le cineprese. Per selezionare tutti gli oggetti di un certo tipo o si utilizzano i filtri di selezione o si utilizza la finestra di dialogo SELECT OBJECTS. Per selezionare tutti gli oggetti di un certo utilizzando i filtri di selezione eseguire le seguenti operazioni: 1. scegliere un oggetto di un certo tipo utilizzando l’elenco dei filtri di selezione nella barra degli strumenti; 2. scegliere il comando Select All dal menu EDIT; Per selezionare tutti gli oggetti di un certo tipo utilizzando la finestra di dialogo SELECT OBJECTS, eseguire le seguenti operazioni: 1. premere il tasto H per visualizzare la finestra di dialogo SELECT OBJECTS; 2. fare clic su None nel List Display e poi selezionare il tipo di oggetto voluto; 3. fare clic su All sotto l’elenco di selezione per selezionare tutti gli oggetti del tipo visualizzato (figura 6.7).
■ Figura 6.7 Finestra di dialogoSELECT OBJECTS per la selezione di tutte le luci
Selezione di oggetti per nome Nominare gli oggetti è un passo fondamentale di ogni progetto e richiede una certa strategia. Se si nominano con attenzione gli oggetti in seguito sarà possibile selezionare rapidamente gruppi di oggetti correlati utilizzando i loro nomi. Per selezionare gli oggetti per nome utilizzare la finestra di dialogo SELECT OBJECTS; per visualizzare questa finestra eseguire una delle seguenti operazioni: ■ premere il tasto H;
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■ fare clic sul pulsante Select by Name della barra degli strumenti; ■ scegliere il comando Select by, Name dal menu EDIT. Quando compare la finestra di dialogo è possibile selezionare un oggetto o facendo clic sul suo nome nell’elenco di selezione o digitando una stringa di selezione nella casella sopra l’elenco di selezione (figura 6.8).
■ Figura 6.8 Selezione degli oggetti per nome
Le stringhe di selezione possono comprendere i seguenti caratteri jolly per espandere la ricerca: ■ ? accetta qualsiasi carattere singolo a quel punto della stringa di ricerca; per esempio: C?sa seleziona Casa e Cosa ma non Cassa né Casa01; ■ * accetta qualsiasi numero di caratteri a quel punto della stringa di ricerca; per esempio C*s* seleziona Casa, Cosa, Cassa, Casa01 e Costola. Un secondo metodo per selezionare gli oggetti per nome è quello di utilizzare l’elenco gerarchie della finestra dell’Editor tracce. La finestra gerarchie dell’Editor tracce visualizza i nome di tutti gli oggetti della scena sotto il ramo Objects. Facendo clic sull’icona del cubo giallo a sinistra del nome di un oggetto si seleziona l’oggetto sulla scena (figura 6.9).
■ Figura 6.9 Selezione degli oggetti dall’elenco gerarchico dell’Editor tracce
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.6
Selezione di oggetti per colore della struttura Un metodo per organizzare gli oggetti sulla scena è di assegnare un colore a ogni oggetto. (Si tratta di una strategia organizzativa simile ai livelli in AutoCAD.) In questo modo è possibile selezionare velocemente tutti gli oggetti della scena con lo stesso colore. Un piccolo campione colori viene in genere visualizzato accanto alla casella nome oggetto nel pannello dei comandi. Facendo clic sul campione colori si apre la finestra di dialogo OBJECT COLOR da cui è possibile assegnare la struttura colore di un oggetto (figura 6.10). Per maggiori informazioni sulla finestra di dialogo OBJECT COLOR consultare il capitolo 2 della Guida per gli utenti di 3D Studio MAX.
■ Figura 6.10 Finestra di dialogoOBJECT COLOR
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È necessario conoscere due punti molto importanti sui colori degli oggetti. Innanzitutto è necessario pianificare una strategia per organizzare la scena in base al colore degli oggetti e rispettare questa strategia. 3D Studio MAX supporta due tavolozze colore: 256 colori nella tavolozza AutoCAD e 64 colori fissi e 16 colori personalizzati nella tavolozza 3D Studio MAX. In tutto sono 336 gruppi disponibili per l’organizzazione. Inoltre è opportuno attivare la casella di controllo [Assign Random Colors] quando si lavora su un progetto produttivo. L’opzione [Assign Random Colors] è uno strumento utile per chi prepara le presentazioni in quanto rende lo schermo interessante cambiando i vari colori mentre viene creato l’oggetto. [Assign Random Colors] non è compatibile con nessuna strategia di organizzazione basata sui colori. È possibile utilizzare due metodi diversi per selezionare gli oggetti per colore. Un metodo è basato sull’oggetto: si sceglie un oggetto e tutti gli oggetti con lo stesso colore vengono selezionati. Per selezionare tutti gli oggetti con lo stesso colore di un altro oggetto eseguire le seguenti operazioni: 1. scegliere il comando Select By, Color del menu EDIT; 2. fare clic su un oggetto che contiene il colore desiderato; 3. tutti gli oggetti che hanno lo stesso colore dell’oggetto su cui si è fatto clic vengono selezionati. Per selezionare tutti gli oggetti di uno stesso colore eseguire le seguenti operazioni: 1. fare clic sul campione colore accanto a ogni casella del nome oggetto nel pannello di comando; 2. fare clic sul colore desiderato nella finestra di dialogo OBJECT COLOR; 3. fare clic sul pulsante Select By Color situato nell’angolo inferiore destro della finestra di dialogo (figura 6.11);
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comparirà a questo punto la finestra di dialogo SELECT OBJECT con tutti gli oggetti del colore selezionato evidenziati nell’elenco di selezione (figura 6.11); fare clic sul pulsante Select per selezionare gli oggetti.
Fare clic sul pulsante nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS per raccogliere rapidamente tutti gli oggetti evidenziati nello stesso posto dell’elenco.
■ Figura 6.11 Selezione di oggetti per colore
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Selezione di oggetti e facce per materiale È possibile selezionare il materiale assegnato in uno dei modi seguenti: ■ selezionare oggetti completi utilizzando il pulsante Select By Material in Material Editor; ■ selezionare le facce utilizzando il pulsante Select By ID del modificatore Edit Mesh. Per capire subito se il materiale è già stato assegnato a un oggetto della scena è sufficiente guardare il Material Editor. Il materiale che è già stato assegnato a un oggetto della scena viene chiamato hot material. Gli hot materials sono indicati con triangoli bianchi negli angoli del loro slot campione. Se il materiale non è un hot material significa che non è stato assegnato ad alcun oggetto e quindi il pulsante Select By Material non è attivo. Selezionare gli oggetti per materiale è molte semplice: si seleziona un hot material nel Material Editor e poi si fa clic sul pulsante Select By Material. In questo comparirà la finestra di dialogo SELECT ENTITIES contenente tutti gli oggetti assegnati al materiale corrente evidenziato nell’elenco di selezione (figura 6.12). In genere tuttavia l’operazione più frequente è la selezione di tutti gli oggetti che utilizzano lo stesso materiale di un altro oggetto. Si utilizza sempre il pulsante Select By Material in Material Editor per selezionare gli oggetti ma è importante iniziare con il materiale giusto. Nell’esempio seguente si immagini di avere un oggetto chiamato Campione01 e di volere selezionare tutti gli oggetti nella scena che utilizzano lo stesso materiale di Campione01. Per selezionare tutti gli oggetti che utilizzano lo stesso materiale di Campione01 eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare l’oggetto Campione01; 2. fare clic sul pulsante Get Material in Material Editor;
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scegliere Selected nella zona Browse From della finestra di dialogo MATERIAL/MAPBROWSER e poi fare clic due volte sul materiale nell’elenco materiale; fare clic su Select By Material comparirà in questo modo la finestra di dialogo SELECT OBJECTS con tutti gli oggetti che utilizzano il materiale corrente evidenziato nell’elenco di selezione. fare clic su Select per selezionare gli oggetti.
■ Figura 6.12 Selezione di oggetti per materiale
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L’altro metodo di selezione per materiale degli oggetti si utilizza quando è stato utilizzo un materiale Multi/Sub-oggetto per assegnare materiali multipli alle facce di un oggetto e si vuole sapere quali facce utilizzano un materiale specifico. In questo caso è necessario utilizzare il pulsante Select By ID nel modificatore Edit Mesh. Per ulteriori informazioni sulla creazione e sull’utilizzo di materiali Multi/Sub-oggetto consultare il capitolo 21. Nel prossimo esempio si immagini di avere un oggetto chiamato Racchetta che utilizza un materiale Multi/Sub-oggetto chiamato RacchettaMat. Si intende selezionare tutte le facce di Racchetta che utilizzano il sub-materiale Black_Grip. Per selezionare le facce per materiale eseguire le seguenti operazioni: 1. in Material Editor fare del materiale Multi/Sub-oggetto RacchettaMat il materiale corrente; 2. Esaminare i Basic Parametres del materiale RacchettaMat e stabilire il numero materiale del sub-materiale Black_Grip. Per questo esempio si assuma che Black_Grip è il Materiale 3; Il numero materiale di un sub-materiale e l’ID materiale di una faccia corrispondono sempre. Quando si conosce il numero materiale del sub-materiale Black_Grip è possibile selezionare tutte le facce che utilizzano Black_Grip selezionando le facce con Material ID 3. Le prossime operazioni completano la procedura di selezione facce con Material ID 3 (figura 6.13): 3. applicare un modificatore Edit Mesh all’oggetto Racchetta;
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4. scegliere Face come livello di selezione del modificatore di sub-oggetto; 5. trascinare il pannello Modify sulla tendina EDIT SURFACE; 6. fare clic su Select By ID nella zona Material della tendina EDIT SURFACE; 7. digitare 3 nella finestra di dialogo SELECT BY MATERIAL ID. Dopo aver scelto OK tutte le facce nell’oggetto Racchetta che utilizzano materiale ID 3 saranno selezionate.
■ Figura 6.13 Selezione di facce per numero ID del materiale
Selezione di facce per gruppi di smusso I prossimi capitoli descrivono come 3D Studio MAX utilizza i gruppi di smusso per rappresentare le superfici smussate diversamente dalle mesh a faccia sfaccettate. Possono verificarsi delle situazioni di modellazione in cui è necessario selezionare tutte le facce di un oggetto che utilizza lo stesso gruppo di smusso. I metodi per selezionare le facce per gruppi di smusso sono simili a quelli per selezionare le facce per materiale. Per ulteriori informazioni su questo metodo di selezione consultare il capitolo 12.
Costruzione di insiemi di selezione nominati Date le molte capacità di selezione di 3D Studio MAX si suggerisce di salvare e riutilizzare alcuni dei insiemi di selezione costruiti. Come già visto in precedenza, le due tecniche per selezionare rapidamente gruppi correlati di oggetti sono organizzare i gruppi per nome e per colore e poi utilizzare i comandi Select By Name e Select By Color. Si tratta di tecniche molto utili per un’organizzazione e una selezione di alto livello ma non sono molto indicate quando si cerchi un metodo più flessibile. In questo caso è possibile nominare gli insiemi di selezione in modo da poterli richiamare e riutilizzare in qualsiasi momento. La procedura per nominare un insieme di selezione è piuttosto semplice. Per nominare un insieme di selezione eseguire le seguenti operazioni: 1. definire un insieme di selezione di oggetti; 2. fare clic sulla casella dell’insieme di selezione nominato sulla barra degli strumenti; 3. digitare un nome per la selezione, dopodiché premere Invio.
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CAP.6 È necessario assicurarsi che si sia premuto Invio dopo aver digitato il nome della selezione. Se non si preme Invio il nome della selezione non viene registrato e l’operazione non avrà alcun risultato. Anche riutilizzare una selezione nominata è piuttosto semplice. Quando si intende riutilizzare una selezione nominata, se ne sceglie il nome fra quelli dell’elenco Selection Sets; è possibile utilizzare l’elenco nella barra degli strumenti o l’elenco nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS (figura 6.14).
■ Figura 6.14 Scelta di un set di selezionedenominato
Rinomina ed eliminazione degli insiemi di selezione denominati Se si commette un errore durante la nomina di una selezione o se in un secondo momento si decide di cambiarne il nome è necessario creare una nuova selezione denominata con il nuovo nome e poi eliminare il vecchio nome. Per rinominare una selezione denominata eseguire le seguenti operazioni: 1. scegliere il vecchio nome fra quelli dell’elenco di selezioni denominate; gli oggetti che appartengono alla selezione denominata sono evidenziati; 2. fare clic due volte sul vecchio nome per evidenziarlo e digitare un nuovo nome al suo posto; accertarsi di aver premuto Invio alla fine di questa operazione; gli oggetti selezionati ora appartengono a due insiemi di selezione: quello con il vecchio nome e quello con il nuovo; 3. scegliere di nuovo il vecchio nome fra quelli nell’elenco di selezioni denominate; 4. scegliere il comando Remove Named Selection dal menu EDIT. Scegliere il comando Remove Named Selection del menu EDIT permette di eliminare immediatamente la selezione denominata visibile nella parte superiore dell’elenco di selezioni denominate. Si consiglia di controllare con cura che la selezione denominata che si intende eliminare si trovi nella parte superiore dell’elenco prima di scegliere Remove Named Selection.
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Le selezioni denominate identificano semplicemente un gruppo di oggetti. Se si cancella uno degli oggetti di un insieme di selezioni denominate l’insieme di selezione continua a esistere e a contenere i rimanenti oggetti della selezione. In realtà anche quando si cancellano tutti gli oggetti in un insieme di selezione denominato la selezione denominata continua ad esistere, ma non contiene niente. Quando si trova un insieme di selezioni denominate vuoto è possibile selezionarlo dall’elenco di selezioni denominate e poi scegliere Remove Named Selection dal menu EDIT.
Denominazione di selezioni di sub-oggetti È possibile nominare insiemi di selezione di sub-oggetti, per esempio una selezione di facce o vertici. Una selezione di sub-oggetti denominata viene salvata con il modificatore Edit che è stato utilizzato per creare la selezione. Non è possibile condividere selezioni di sub-oggetti denominate fra i modificatori Edit. Allo scopo di riutilizzare la selezione di sub-oggetti denominata è necessario tornare allo stesso modificatore Edit nel Modifier Stack.
Utilizzo dei gruppi I gruppi sono un concetto a metà strada fra gli insiemi di selezione denominati e la procedura di attacco di oggetti multipli per formare un oggetto singolo. i gruppi sono una sorta di ibridi di un oggetto combinato, di un insieme di selezione semi-permanente e di una gerarchia speciale di collegamento. Un gruppo è un oggetto che contiene altri oggetti come membri del gruppo. I gruppi possono essere animati, modificati e collegati ad altri oggetti. Qualunque operazione sul gruppo interessa gli oggetti membri all’interno del gruppo stesso. La caratteristica più saliente del gruppo è che può essere aperto per animare e modificare individualmente gli oggetti in esso contenuti. Si consiglia di utilizzare i gruppi quando si vuole che una raccolta di oggetti si comporti come un singolo oggetto ma si vuole anche avere la possibilità di modificare gli oggetti del gruppo singolarmente. Qualunque sia l’operazione che si intende eseguire con il gruppo si comincia sempre dal menu GROUP sulla barra degli strumenti.
Costruzione dei gruppi I comandi utilizzati per costruire i gruppi sono due: Group e Attach. Il comando Group viene utilizzato per definire qualsiasi selezione come nuovo gruppo; il comando Attach viene utilizzato per aggiungere una selezione a un gruppo esistente. Per creare un nuovo gruppo da una selezione di oggetti eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare uno o più oggetti; 2. scegliere Group dal menu GROUP; 3. digitare un nome nella finestra di dialogo GROUP (figura 6.15). A questo punto tutti gli oggetti selezionati diventano membri del nuovo gruppo. Poiché i gruppi sono oggetti, e anche un importante strumento organizzativo sarebbe opportuno avere la stessa cura nella nomina dei gruppi utilizzata per la nomina di altri oggetti.
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CAP.6 ■ Figura 6.15 Creazione di un nuovo oggettogruppo
Tutti gli oggetti sono membri validi per un gruppo. All’interno di uno stesso gruppo é possibile mescolare geometrie, luci, space warp, e persino altri gruppi. Quando si inserisce un gruppo in un altro gruppo si ottiene un cosiddetto gruppo nidificato. In genere è bene evitare di andare oltre i due livelli di inserimento in quanto potrebbe essere macchinoso raggiungere un oggetto contenuto nel gruppo più interno. Quando si forma un gruppo viene creato uno speciale oggetto fittizio detto nodo di gruppo che in genere è invisibile. Solo quando si apre il gruppo l’oggetto fittizio compare come un piccolo riquadro rosa che circonda gli oggetti del gruppo. Quando si visualizzano gli oggetti nell’Editor tracce o in qualsiasi altra gerarchia il nodo di gruppo viene rappresentato come il principale degli oggetti membri. Per aggiungere oggetti a un gruppo esistente eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare uno o più oggetti; 2. scegliere Attach dal menu GROUP; 3. fare clic su qualsiasi oggetto contenuto in un gruppo esistente. Gli oggetti selezionati sono aggiunti allo stesso gruppo dell’oggetto su cui si è fatto clic. A questo punto potrebbe essere un problema capire su quale oggetto fare clic a meno che non si memorizzi quali oggetti sono membri di quali gruppi. Il cursore prende la forma a croce solo quando si trova su un oggetto che è membro di un gruppo, ma neanche questo aiuta a risolvere il problema. La scelta migliore è di selezionare un gruppo per nome. I nomi dei gruppi compaiono nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS fra parentesi quadre. Il punto 3 della procedura precedente cambierà quindi in questo modo: 3. fare clic su Select By Name sulla barra degli strumenti e poi scegliere un nome di gruppo dalla finestra di dialogo ATTACH TO GROUP (figura 6.16).
■ Figura 6.16 Finestra di dialogoATTACH TO GROUP
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Questo è uno dei casi in cui risulta evidente l’approccio basato sull’oggetto di 3D Studio MAX. Poiché 3D Studio MAX sa che l’utente è in una modalità che permette solo di fare su un oggetto di gruppo, la finestra di dialogo SELECT OBJECTS viene sostituita dalla finestra di dialogo ATTACH TO GROUP che visualizza solo nomi di gruppi.
Trasformazione e modifica di gruppi Per trasformare e modificare i gruppi esistono due metodi: uno è trasformare e modificare l’intero gruppo considerandolo come qualsiasi altro oggetto; l’altro è aprire il gruppo per trasformare e modificare gli oggetti singoli all’interno del gruppo. È possibile trasformare o modificare l’intero gruppo selezionando un oggetto qualsiasi all’interno del gruppo o selezionando il nome del gruppo nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS. In qualsiasi caso tutti gli oggetti membri vengono evidenziati come fossero selezionati. Trasformazioni e modificatori si comportano diversamente se vengono applicati a un gruppo oppure a un singolo oggetto. ■ Le trasformazioni applicate a un gruppo sono applicate al nodo di gruppo. Gli oggetti all’interno del gruppo seguono come derivati del nodi di gruppo. Quando si stacca un oggetto da un gruppo viene anche staccato dalle trasformazioni applicate al gruppo. Questo è importante quando le trasformazioni del gruppo sono animate. L’azione di staccare un oggetto da un gruppo animato depone l’oggetto nella sua posizione corrente nella scena e l’oggetto non eredita più le animazioni di trasformazione da gruppo. ■ I modificatori applicati a un gruppo vengono applicati alla selezione di tutti gli oggetti membri. Ogni oggetto riceve un’istanza del modificatore. Un oggetto trattiene il suo modificatore replicato anche dopo che lo si è staccato dal gruppo. È possibile trasformare o modificare oggettivi singoli all’interno del gruppo aprendo il gruppo e selezionando uno o più oggetti membri. Dopo che il gruppo è stato aperto, si lavora con gli oggetti membri come se si stesse lavorando con qualsiasi altro oggetto nella scena. Ogni effetto animato che si applica a un oggetto all’interno del gruppo viene mantenuto anche dopo che il gruppo viene richiuso. Per aprire un gruppo eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un oggetto membro qualsiasi del gruppo che si intende aprire; 2. scegliere Open dal menu GROUP; in questo modo compare un riquadro rosa intorno ai membri del gruppo; il riquadro è il nodo di gruppo (figura 6.17); 3. trasformare e modificare i singoli membri del gruppo. Si immagini per esempio di avere un insetto in una caraffa di vetro. Si seleziona l’insetto, poi la caraffa e il coperchio, e li si posiziona all’interno di un gruppo denominato Caraffa. È possibile aprire il gruppo e animare l’insetto facendolo svolazzare all’interno della caraffa. Dopo aver chiuso il gruppo, è possibile animare l’intero gruppo facendolo muovere sulla scena mentre l’insetto continua a volare dentro la caraffa. Quando un gruppo viene aperto si ottiene l’accesso ai membri del gruppo ma anche all’intero gruppo. Trasformare il nodo di gruppo rosa significa anche trasformare tutti i membri del gruppo esattamente come quando il gruppo è chiuso. Non è però possibile applicare modificatori al gruppo mentre il gruppo è aperto: o si chiude il gruppo o si seleziona manualmente tutti i membri del gruppo per applicare un modificatore.
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CAP.6 ■ Figura 6.17 Nodo di gruppo di un gruppo aperto
Un metodo veloce per selezionare tutti i membri di un gruppo aperto è fare clic due volte sul nodo di gruppo.
Se il gruppo aperto contiene gruppi annidati è possibile aprire i gruppi annidati utilizzando la stessa procedura. Dopo che si è terminato di lavorare con i membri di un gruppo aperto si chiude il gruppo con il comando Close. Per chiudere un gruppo aperto eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un membro qualsiasi del gruppo aperto; 2. scegliere il comando Close dal menu GROUP. In questo modo il gruppo selezionato e tutti i gruppi annidati all’interno del gruppo selezionato verranno chiusi.
Disfacimento dei gruppi Dopo avere creato un gruppo è possibile decidere che si vogliono eliminare alcuni oggetti dal gruppo o che si vuole disfare completamente il gruppo stesso. Per disfare i gruppi si utilizzano tre comandi dal menu GROUP : Detach, Ungroup e Explode. Utilizzare il comando Detach per eliminare uno o più oggetti selezionati da un gruppo aperto. Per staccare un oggetto da un gruppo eseguire le seguenti operazioni: 1. aprire il gruppo contenente gli oggetti che si intendono staccare; 2. selezionare uno o più oggetti da staccare; 3. scegliere il comando Detach dal menu GROUP; 4. chiudere il gruppo. Utilizzare i comandi Ungroup e Explode per disfare rapidamente un intero gruppo. Selezionare prima un gruppo e poi scegliere il comando Ungroup oppure Explode dal menu GROUP. Il comando Ungroup disfa il gruppo selezionato restituendo i membri del gruppo al loro stato di oggetti individuali. I gruppi annidati divengono gruppi separati. Le trasformazioni animate applicate al nodo di gruppo vengono perse. Il comando Explode disfa il gruppo selezionato e tutti i gruppi annidati all’interno di esso. Tutti i membri del gruppo divengono oggetti individuali e i gruppi annidati vengono tutti eliminati. Tutte le trasformazioni animate applicate al nodo di gruppo vengono perse.
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Strategie di raggruppamento Dopo avere capito cosa sono i gruppi e come crearli, modificarli e disfarli è necessario capire quando utilizzarli. Le indicazioni seguenti sono utili a stabilire quando utilizzare i gruppi. Utilizzare un gruppo di oggetti combinati quando: ■ si intende trasformare, modificare e animare gli oggetti combinati come un oggetto singolo; lavorare con i gruppi è più pratico che non collegare tutti gli oggetti a un oggetto fittizio perché è possibile selezionare tutti i membri (derivati) di un gruppo selezionando un membro qualsiasi; ■ si intendono animare gli oggetti singoli ma si vuole anche che gli oggetti ereditino l’animazione di gruppo; ■ si vuole che gli oggetti combinati si comportino come oggetti singoli ma si vuole mantenere la possibilità di accedere al Modifier Stack e ai Base Parameters di ogni membro del gruppo. Se si combinano gli oggetti utilizzano il comando Attach del modificatore Edit Mesh ogni oggetto attaccato diventa una mesh normale e perde il suo Modifier Stack e i suoi Base Parameters. Non utilizzare un gruppo per combinare gli oggetti quando: ■ dovete animare più spesso oggetti individuali che non l’intero gruppo; in genere aprire e chiudere i gruppi può rivelarsi un’operazione fastidiosa che annulla i vantaggi dell’utilizzo dei gruppi; ■ si organizzano oggetti correlati per facilitare la selezione; per organizzare raccolte di oggetti correlati utilizzare insiemi di selezione denominati: gli insiemi di selezione denominati sono più flessibili e quindi più adatti a risolvere i problemi di organizzazione. Per esempio, un oggetto può appartenere a più insiemi di selezione denominati; se un oggetto è membro di un gruppo invece può essere membro solo di quel gruppo e qualsiasi insieme di selezione denominato a cui appartiene deve comprendere tutti i membri del suo gruppo; ■ si devono unire vertici o smussare fra loro gli oggetti combinati; il comando Attach del modificatore Edit Mesh è il solo modo per combinare oggetti che possano essere uniti o smussati fra di loro.
Utilizzo di griglie e strumenti ausiliari Il primo passo per costruire modelli di precisione richiede l’impostazione di griglie di riferimento e di un sistema di snap. Mentre si lavora sulla scena è possibile scegliere da tre griglie fisse, da un numero qualsiasi di griglie personalizzate e da due diversi sistemi di snap. Inoltre è possibile utilizzare un certo numero di oggetti ausiliari che si possono creare per localizzare punti nello spazio e per misurare le distanze. Le griglie sono un importante strumento di modellazione che, se utilizzato correttamente, può aumentare notevolmente la produttività. Tenere presente che: ■ La griglia attiva definisce lo spazio in cui vengono creati i nuovi oggetti; la griglia attiva viene anche chiamata piano di costruzione perché tutto ciò che viene costruito è posizionato e allineato con la griglia attiva; ■ le griglie definiscono la spaziatura snap di default;
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CAP.6 ■ ■
le griglie e gli strumenti ausiliari definiscono i sistemi di coordinate per la trasformazione degli oggetti; le griglie e gli strumenti ausiliari forniscono un riferimento visivo per la definizione dello spazio e per la misurazione delle distanze.
Impostazione della griglia base 3D Studio MAX visualizza tre griglie permanenti, dette griglie base, per la costruzione degli oggetti e come riferimento visivo. Queste tre griglie sono allineate con il sistema globale di coordinate e si intersecano nel punto di origine delle coordinate globali. Le tre griglie base e le loro relazioni con il sistema globale di coordinate sono: ■ griglia alto/basso: allineata con gli assi globali X, Y; poiché questa griglia è orizzontale e spesso definisce il pavimento della scena, viene chiamata piano terrestre; ■ griglia destra/sinistra: allineata con gli assi globali Y, Z; ■ griglia davanti/dietro: allineata con gli assi globali X, Z.
Visualizzazione delle griglie base nelle finestre Solo una delle tre griglie base è visibile in una certa finestra; il tipo di griglia dipende dal tipo di finestra. La griglia visibile definisce inoltre il piano di costruzione per quella visualizzazione. Le tre griglie visibili sono le seguenti: ■ piano terrestre: per le visualizzazioni Top, Bottom, User, Perspective, Camera e Spotlight; ■ griglia destra/sinistra: per le visualizzazioni Left e Right; ■ griglia davanti/dietro: per le visualizzazioni Front e Back. È possibile controllare la visualizzazione della griglia base nella finestra attiva seguendo uno dei metodi seguenti: ■ scegliere Show Grid dal menu di scelta rapida della finestra; ■ scegliere Grids, Show Home Grid dal menu VIEWS; ■ premere Maiusc+G.
Impostazione della spaziatura nelle griglie base Per impostare la spaziatura delle griglie base si utilizzi il pannello Home Grid della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS (figura 6.18). Per visualizzare la finestra di dialogo scegliere il comando Grid and Snap Settings dal menu V IEWS. Il comando Grid Spacing imposta la distanza iniziale fra le righe della griglia e il valore snap della griglia. Quando si imposta la spaziatura della griglia si tenga presente che non è possibile utilizzare valori di snap inferiori alla spaziatura della griglia. Il valore della spaziatura corrente varia per ciascuna finestra via via che si attiva lo zoom in una vista. Controllare la riga di stato a sinistra del pulsante Animate per verificare la spaziatura della griglia corrente per la finestra attiva. Il comando Major Lines every Nth determina quali righe della griglia sono evidenziate come riferimento visivo. Per esempio se si imposta il comando Major Lines every Nth a 10 sulla griglia comparirà una evidenziazione ogni dieci righe (figura 6.19). Si devono scegliere con cura queste impostazioni perché servono anche come moltiplicatore per la visualizzazione della griglia adattativa utilizzata da 3D Studio MAX.
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■ Figura 6.18 ImpostazioniHomeGrid
■ Figura 6.19 Identificazione della spaziatura di griglia e linee principali
La visualizzazione di griglia adattativa regola la spaziatura come desiderato in modo che le finestre visualizzino sempre una griglia utilizzabile indipendentemente dall’ingrandimento dello zoom. Quando lo zoom è attivo, la griglia tiene costante la spaziatura di griglia sino a che le linee principali sono a un certo numero di pixel di distanza, dopodiché la griglia viene ridimensionata. Il punto in cui la griglia viene ridimensionata varia con la risoluzione dello schermo: con una risoluzione di 1024x768 la griglia viene ridimensionata quando le linee principali sono circa a 50 pixel di distanza. Le seguenti regole controllano i cambiamenti della spaziatura di griglia: ■ la spaziatura viene moltiplicata per il valore Major Lines ogni volta in cui la griglia viene ridimensionata durante uno Zoom Out; ■ la spaziatura viene divisa per il valore Major Lines ogni volta in cui la griglia viene ridimensionata durante uno Zoom In. Per esempio, se la spaziatura è impostata a 1,0mm e il valore Major Lines è 10 (le linee evidenziate distano 1 cm). Quando si procede allo zoom indietro la prima volta la griglia viene ridimensionata, la spaziatura di griglia viene moltiplicata per 10 per essere 1,0cm con le linee principali ogni decimetro. La visualizzazione griglia adattativa garantisce all’utente una griglia base visibile e utilizzabile nella finestra ma l’utente deve controllare sulla riga di stato il valore di spaziatura corrente.
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CAP.6 La visualizzazione della griglia adattativa è ideale per unità di misura decimali ma presenta qualche problema per le unità standard negli Stati Uniti, per esempio. Si immagini di lavorare con una spaziatura di 1 pollice e un valore Major Lines di 12 (1 piede). Quando si procede allo zoom indietro la spaziatura viene ridimensionata per 12 (1 piede) e le linee principali si trovano ogni 12 piedi, che non è una scala di misura molto comune. Se il progetto cui si lavora viene studiato con cura probabilmente si riusciranno a trovare dei valori di spaziatura per le linee principali che funzionano anche con unità di misura non decimali. L’opzione successiva nel pannello Home Grid della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS nella casella di controllo di [Inhibit Grid Subdivision Below Grid Spacing]. Quando si seleziona Inhibit Grid la visualizzazione griglia adattativa non può dividere la griglia al di sotto del valore Grid Spacing. Questo significa che se si imposta la spaziatura di griglia a 1 pollice, le linee griglia non possono avvicinarsi fra loro più di 1 pollice. La visualizzazione griglia adattativa lavora continua a lavorare normalmente quando si esegue uno zoom indietro indipendentemente dall’impostazione di Inhibit Grid. Le opzioni restanti controllano la possibilità di vedere o meno l’aggiornamento griglia mentre si trascina il campo spaziatura griglia. Infine, esiste una funzione che controlla la visualizzazione griglia adattativa per visioni in prospettiva. Una griglia adattativa è quasi impossibile da calcolare da alcuni angoli di prospettiva. Quando 3D Studio MAX individua un tale angolo di prospettiva (per esempio una cinepresa che esegue un rollio di 90°) passa a una griglia non adattativa che misura 1000 unità quadrate ed è centrata sul punto di vista. Quando si utilizza una griglia non adattativa la spaziatura di griglia non viene ridimensionata via via che si procede allo zoom e talvolta è possibile vedere gli angoli della griglia. Se per qualche ragione si decide che di vuole sempre utilizzare una griglia non adattativa in visione prospettica è possibile premere i tasti Invio+Maiuscola+A per attivare la visualizzazione griglia non adattativa. Questa opzione è disponibile solo per visioni prospettiche.
Impostazione dei colori di background e delle griglie È possibile impostare il colore delle finestre e l’intensità delle griglie utilizzando il pannello Viewport della finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS (figura 6.20). Per cambiare le impostazioni dello sfondo della finestra scegliere il comando Preferences dal menu FILE, fare clic sulla scheda V IEWPORT e poi cambiare le impostazione nella zona Viewport Background. Le impostazioni di default producono uno sfondo grigio medio con una griglia grigia più scura. Queste impostazioni realizzano un contrasto medio per la quasi totalità dei colori wireframe disponibili. A seconda dello stile di lavoro e delle esigenze del progetto, è opportuno cambiare le seguenti impostazioni di background: ■ Background Color: fare clic sulla tavolozza colori per visualizzare il selettore colori standard. Scegliere un colore qualsiasi come sfondo della finestra. Un’altra tecnica è impostare il colore dello sfondo finestra sul colore predominante della scena. In questo modo le finestre sfumate visualizzeranno un’approssimazione più accurata della versione finale della scena. Non impostare il colore dello sfondo sul bianco in quanto gli oggetti wireframe selezionati vengono visualizzati sempre in bianco e quindi non sarebbero visibili su uno sfondo bianco.
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■ Figura 6,20 ImpostazioniViewport Background
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Grid Intensity: le linee griglia sono sempre disegnate in sfumature di grigio. Il valore nella casella Grid Intensity stabilisce la sfumatura di grigio per le linee griglia standard. Il valore spazia da 0 (nero) a 255 (bianco). Le linee principali sono disegnate utilizzando una sfumatura di grigio più scura a metà fra il valore Grid Intensity e il nero. Gli assi globali sono neri. ■ Invert Intensity: quando questa opzione è selezionata il valore Grid Intensity viene sottratto da 255 per specificare la sfumatura di grigio. I valori alti ora producono linee griglia scure e i valori bassi linee chiare. Le linee principali sono disegnate con una sfumatura di grigio chiara a metà strada fra il valore Grid Intensity e il bianco. Gli assi globali sono ora segnati in bianco. La figura 6.21 mostra alcuni esempi di impostazioni di background alternative.
■ Figura 6.21 Sfondi alternativi e schemi colore per la griglia
Oggetti griglia L’utilizzo di Home Grid è valido per molte operazioni ma se per esempio si vuole costruire qualcosa su un tavolo o sulla parte inclinata di un tetto è necessario utilizzare gli oggetti griglia. Le griglie sono oggetti ausiliari che possono sostituire la Home Grid per i comandi di costruzione e trasformazione.
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CAP.6 Le griglie si possono utilizzare per i seguenti scopi: ■ Come piano di costruzione alternativo: è possibile allineare un oggetto griglia con la superficie di un altro oggetto e poi creare un nuovo oggetto appoggiato sulla griglia. ■ Come sistema di coordinate di trasformazione alternativo: è possibile sistemare un oggetto griglia ovunque nello spazio, per esempio su un piano inclinato, e poi utilizzare il sistema di coordinate locali per trasformare altri oggetti. ■ Come riferimento spaziale: è possibile utilizzare gli oggetti griglia per definire piani e volumi nello spazio; poiché gli oggetti griglia non sono oggetto di rappresentazione, sono molto pratici per definire i piani di riferimento della scena. Per creare un oggetto griglia è necessario fare clic sul pulsante della categoria Helpers nel pannello Create e poi fare clic su Grid nella tendina del tipo di oggetto (figura 6.22). Un’operazione di trascinamento in una finestra qualsiasi definisce lunghezza e ampiezza dell’oggetto griglia.
■ Figura 6.22 Creazione di un oggetto griglia
Il rimanente parametro di base definisce la spaziatura di griglia. Non bisogna sorprendersi se non succede nulla quando si cambia il valore della spaziatura di griglia. Gli oggetti griglia sono visualizzati sui loro assi locali delle X e delle Y sino a che non li si rende attivi. La spaziatura di griglia è visibile solo dopo aver attivato la griglia. Gli oggetti griglia possono essere utilizzati al posto del Home Grid ma in questo caso è necessario seguire alcune regole. ■ Quando un oggetto griglia è attivo, qualsiasi cosa venga creata viene sistemata sulla griglia attiva indipendentemente dalla vista attiva. È necessario ricordare che Home Grid ha posizioni alternate quali Top/Bottom, Left/Right e Front/Back sulla base della vista al fine di presentare sempre una vista utilizzabile. Quando un oggetto griglia è attivo è possibile che esistano alcune viste che sono quasi perpendicolari alla griglia (figura 6.23). L’utilizzo di queste viste non è indicato insieme all’oggetto griglia e quindi è bene evitare di creare oggetti in queste viste.
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Gli oggetti griglia non utilizzano la visualizzazione griglia adattativa; la spaziatura di griglia e le dimensioni sono prestabilite; la dimensione della griglia controlla solo i confini visibili della griglia; la griglia stessa è infinita ed è possibile creare oggetti al di fuori dei margini della griglia. Gli oggetti griglia non utilizzano l’impostazione Grid Intensity nella finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS; le linee griglia sono sempre in grigio di media intensità con assi delle X e delle Y in nero; tenere presente questo se si intende utilizzare un oggetto griglia con un colore di sfondo personalizzato.
■ Figura 6.23 Vista buona e non buona per un oggetto griglia attivo
Utilizzo delle griglie Dopo avere creato un oggetto griglia è necessario eseguire le due seguenti operazioni: 1. posizionare la griglia utilizzando Move, Rotate o Align 2. attivare la griglia Per posizionare l’oggetto nella scena è possibile utilizzare qualsiasi comando di trasformazione; la griglia può anche essere animata, per quanto in realtà non ci siano molti motivi per farlo. Qualunque cosa si stia facendo non si deve mai scalare un oggetto griglia. Coma già visto nel capitolo 1, le trasformazioni, come la scalatura, vengono applicate alla fine del dataflow e non vengono riflesse sui parametri base di un oggetto. Questo significa che se si scala un oggetto griglia il valore di spaziatura della griglia nei parametri base e la spaziatura visibile sullo schermo non corrispondono. Inoltre la trasformazione di scala della griglia viene applicata a qualsiasi cosa viene creata nella griglia. La scalatura degli oggetti griglia può produrre alcuni strani e imprevisti risultati. Un metodo estremamente utile per posizionare gli oggetti griglia è utilizzare i comandi Align; dopo avere posizionato l’oggetto griglia è necessario renderlo attivo: 1. selezionare la griglia; 2. scegliere V IEWS, Grids, Activate Grid Object. È subito possibile capire se un oggetto griglia è attivo perché le linee griglia compaiono sull’oggetto griglia e scompaiono da Home Grid (figura 6.24). Quando la griglia è attiva qualunque cosa si crea viene posizionata sulla griglia e allineata con il sistema locale di coordinate della griglia.
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CAP.6 ■ Figura 6.24 Confronto fra la Home Grid e un oggetto griglia attivo
Oggetti ausiliari Esistono altri tipi di oggetti ausiliari che sono utili quanto gli oggetti griglia. Questi oggetti ausiliari si utilizzano per misurare e definire punti nello spazio e per stabilire sistemi di coordinate alternativi per le trasformazioni. I tre oggetti ausiliari restanti sono Tape Measures, Points e Dummies.
Il metro a nastro Un metro a nastro è un pratico dispositivo grafico utilizzato per misurare le distanze. Per creare un metro a nastro fare clic su Tape nel pannello CREATE e trascinare in una finestra qualsiasi. La testa triangolare del metro a nastro è posta dove inizia il trascinamento; la destinazione è posta dove il trascinamento viene rilasciato. Dopo aver creato il metro a nastro è possibile spostare la testa o la destinazione per posizionare il metro fra punti che si vogliono misurare. La lunghezza del metro viene visualizzata nella casella Length dei parametri base del metro a nastro (figura 6.25). Qualunque cosa si stia facendo non si deve mai modificare la scala di un metro a nastro. Proprio come succede con gli oggetti griglia, scalare un metro a nastro provoca la visualizzazione di falsi valori di lunghezza.
■ Figura 6.25 Lettura della misura di un metro a nastro
Metro a nastro
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È necessario tenere presente che la lunghezza del metro visualizzata è una distanza tridimensionale che può portare verso risultati non precisi se si posiziona il metro su un’unica finestra. La figura 6.26 mostra un esempio del modo errato di misurare la larghezza di un oggetto. Se si utilizza solo la finestra frontale (Front) si può credere di aver misurato correttamente la larghezza dell’oggetto ma senza capire invece che il metro a nastro percorre anche la lunghezza dell’oggetto, come risulta evidente nella finestra Perspective. In questo caso non si sta misurando la larghezza dell’oggetto quanto piuttosto la diagonale della superficie. Si dovrebbe sempre controllare la posizione del metro in almeno due finestre per accertarsi che si sta misurando la distanza corretta.
■ Figura 6.26 Misurazione non corretta della larghezza di un oggetto
È inoltre possibile utilizzare il metro per segnare una distanza prestabilita controllando la casella di controllo [Specify Length] nella tendina Parameters del metro a nastro. Quando si seleziona Specify Length la casella Length assume il valore di default di 100 unità. Dopo aver impostato la lunghezza desiderata il metro si allungherà o accorcerà di conseguenza. Potrà sembrare strano che la destinazione del metro non si sposti con la fine del metro; in realtà è sufficiente pensare alla destinazione come ad una maniglia di aiuto: si sposta la destinazione per posizionare il metro nella direzione che si intende misurare. Utilizzare un metro a nastro per segnare una distanza prestabilita è particolarmente utile quando si vuole posizionare gli oggetti a una distanza nota da un certo punto base. Posizionare la testa del metro al punto base, controllare Specify Length e dirigere il metro nella direzione che si vuole misurare. Dopo avere impostato la lunghezza del metro è possibile utilizzare le capacità snap di 3D Studio MAX per posizionare gli oggetti alla fine del metro. Un altro modo in cui è possibile utilizzare gli oggetti metro è impostare un sistema di coordinate di trasformazione alternativo. L’asse delle Z locale relativo alla testa del metro è allineato con la lunghezza del metro. È possibile creare un oggetto metro fra punti qualsiasi e poi far scivolare un oggetto lungo la lunghezza del metro selezionandone la testa come sistema di coordinate di trasformazione e forzando il movimento sull’asse delle Z. Maggiori dettagli sulla scelta dei sistemi di coordinate di trasformazione sono illustrati nei prossimi paragrafi.
Punti Gli strumenti ausiliari punto vengono utilizzati per definire un punto e per coordinare l’orientamento degli assi nello spazio. Per creare un punto si fa clic su Point nel pannello Create e poi su una finestra qualsiasi. L’oggetto punto compare come una X gialla con i
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CAP.6 sui tre assi locali visualizzati (figura 6.27). Per controllare la visualizzazione e la lunghezza dei tre assi utilizzare i parametri base del punto. Gli assi sono allineati con gli assi griglia attivi per la finestra in cui il punto viene creato.
■ Figura 6.27 Creazione di un oggetto punto
Punto
Un’applicazione molto utile degli oggetti punto è la maniglia di snap dell’oggetto. Il sistema snap di 3D Studio MAX è concepito per effettuare lo snap con vertici, spigoli e intersezioni. Il sistema di snap non funziona con proprietà geometriche di un oggetto, per esempio con il centro di una sfera o con il centro di una faccia di un parallelepipedo. Se si ritiene di dover frequentemente effettuare uno snap alle proprietà geometriche di un oggetto, è possibile sistemare un oggetto punto in quella posizione e poi sistemare l’oggetto e il punto in un gruppo. Il punto definisce un vertice al quale 3D Studio MAX può effettuare lo snap, e il gruppo mantiene il punto e l’oggetto uniti insieme. Il seguente esempio mostra come impostare un oggetto punto come riferimento permanente al centro di una sfera, utilizzando il comando Align per posizionare un punto al centro di una sfera: 1. selezionare un oggetto punto; 2. fare clic su Align nella barra degli strumenti; 3. fare clic su una sfera; 4. scegliere i seguenti comandi dalla finestra di dialogo ALIGN SELECTION (figura 6.28): ■ scegliere Pivot Point sotto Current Object (il punto) ■ scegliere Center sotto Target Object (la sfera) ■ attivare le caselle [X Position], [Y Position] e [Z Position] ■ attivare le caselle di orientamento [X Axis], [Y Axis] e [Z Axis] ■ fare clic su OK Il punto è ora centrato dentro la sfera e allineato con gli assi locali della sfera. Per essere certi che il punto e la sfera stiano insieme è possibile metterli in un gruppo: per fare questo è sufficiente selezionare la sfera e il punto e scegliere il comando Group dal menu GROUP.
Oggetti fittizi Gli oggetti fittizi possono essere utilizzati per gli stessi scopi degli oggetti punto. In genere gli oggetti fittizi vengono utilizzati come oggetti di collegamento invisibili nella costruzione di gerarchie di collegamento. Per ulteriori informazioni sui collegamenti consultare il capitolo 18.
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■ Figura 6.28 Posizionamentodiun punto al centro di una sfera
Per creare un oggetto fittizio è necessario fare clic su Dummy nel pannello CREATE e poi trascinare il raggio di un cubo fittizio in una qualsiasi finestra. Le differenze principali fra gli oggetti punto e gli oggetti fittizi sono le seguenti: ■ gli oggetti punto vengono visualizzati come una X con un unico vertice verso cui si può effettuare lo snap ■ gli oggetti fittizi vengono visualizzati come un cubo con il loro punto di rotazione al centro del cubo. L’oggetto fittizio non ha vertici di snap al suo centro ■ gli oggetti punto possono essere impostati in modo che mostrino il loro orientamento visualizzando i loro tre assi locali ■ gli oggetti fittizi non indicano il loro orientamento ma un semplice cubo è più semplice da vedere rispetto alla X del punto e crea meno confusione visiva rispetto ai tre assi del punto. Utilizzare un oggetto punto o un oggetto fittizio è una scelta personale.
Opzioni di snap 3D Studio MAX ha un sistema di snap leggermente complicato che inizialmente potrebbe generare qualche confusione. Con l’uso, tuttavia, lo si troverà molto utile. I valori di snap controllano l’angolo e la percentuale di snap. Gli snap di posizione sono basati sui metodi seguenti: ■ Grid Snap utilizza il valore di spaziatura griglia della griglia attiva. ■ Spatial Snap utilizza le impostazione di intensità e priorità contenute nella finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS. Il metodo snap che è attivo in un dato momento dipende dalla modalità di comando in cui ci si trova e dalla scelta delle modalità snap dalla riga dei comandi. La figura 6.29 identifica i diversi controlli snap in 3D Studio MAX.
Impostazione degli snap di griglia e spaziali Se si sono letti i paragrafi precedenti sull’utilizzo e la creazione di oggetti griglia si dovrebbe già sapere come impostare uno snap griglia. Il valore Grid Spacing imposta anche lo snap griglia. Per impostare la spaziatura di griglia per la Home Grid si utilizza la finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS; per impostare la spaziatura di griglia per
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CAP.6 gli oggetti griglia si utilizzano le loro tendine dei parametri. Per impostare le opzioni Spatial Snap utilizzare il pannello Snap della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS (figura 6.30). Dimensionigriglia 2D, 2.5D, 3D Snap
Assoluto/relativo
■ Figura 6.29 Controlli snap in 3DS MAX
Pulsante di selezione snap
Snap percentuale
Snapall’angolo
■ Figura 6.30 Pannello Snap nella finestra di dialogoGRID AND SNAP SETTINGS
Snap Strength imposta il raggio del campo di snap intorno al cursore; le geometrie devono essere all’interno del raggio di influenza dello snap prima che il cursore effettui lo snap a quella posizione. I valori alti rendono il cursore molto sensibile e lo fanno saltare da un punto snap a un altro punto snap. I valori bassi rendono il cursore meno sensibile e questo permette di avvicinarlo molto al punto di snap prima che il cursore effettui lo snap. Snap Priority imposta il tipo di geometria su cui è possibile effettuare lo snap e l’ordine in cui gli snap sono valutati. È possibile fare lo snap con vertici e spigoli così come con intersezioni di griglia e linee di griglia. I vertici e le intersezioni di griglia effettuano lo snap del cursore verso un unto esatto e lo tengono lì sino a che non lo si sposta al di fuori della distanza di influenza dello snap. Spigoli e linee di griglia effettuano lo snap del cursore verso una linea ma gli consentono di scivolare lungo questa linea. Se due oggetti di snap sono all’interno della reciproca distanza di snap, il cursore effettua lo snap verso quello con la priorità più alta; se gli oggetti di snap hanno la stessa priorità il cursore effettua lo snap verso quello che si trova più vicino alla vera posizione del cursore.
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I pulsanti di scelta 2D, 2,5D e 3D controllano la modalità di snap e sono simili al pulsante a bandierina sulla riga dei comandi. La differenza principale è che i pulsanti di scelta nella finestra di dialogo impostano la modalità di snap ma non la attivano; utilizzare i pulsanti sulla riga dei comandi per impostare la modalità di snap e per attivare e disattivare lo snap. Ogni volta in cui si fa clic sui pulsanti modalità di snap che si trovano sulla riga dei comandi si attiva o disattiva lo stato dello snap. Passare da una modalità all’altra può essere fastidioso se si vuole semplicemente cambiare la modalità di snap lasciando attivo lo snap. Per esempio se si ha lo snap attivato e si è in modalità 2D, premendo il pulsante della modalità snap per passare alla modalità 3D si disattiva anche lo snap. Si deve quindi fare clic sul pulsante una seconda volta per attivare nuovamente la modalità snap. Per attivare e disattivare la modalità snap è anche possibile premere il tasto S. È facile dimenticare che la modalità snap viene attivata e disattivata quando si cambia la modalità dalla linea dei comandi. Si consiglia di acquisire l’abitudine di fare clic due volte sulla linea dei comandi quando si utilizzano gli snap per essere sicuri che lo stato attivo/non attivo è stato correttamente impostato. La casella di controllo [Relative/Absolute] modifica la modalità di snap solo per le trasformazioni di movimento e viene anche duplicata dal pulsante Relative/Absolute sulla riga dei comandi. Questi pulsanti verranno illustrati nei prossimi paragrafi poiché hanno attinenza con l’utilizzo dello snap per creare e spostare gli oggetti.
Creare con lo snap Quando si utilizza lo snap per creare degli oggetti in realtà si utilizza un insieme di snap griglia e snap spaziali. Lo snap spaziale controlla la posizione dei punti sul piano di costruzione e lo snap griglia controlla i valori altezza lungo l’asse delle Z del piano di costruzione. Quando si crea un oggetto - eccetto l’oggetto Line - lo snap di creazione lavora nel modo seguente: ■ la modalità Relative/Absolute viene ignorata; ■ lo snap spaziale è sempre in modalità 2D, indipendentemente dall’impostazione della modalità snap; questo significa che è possibile effettuare lo snap solo verso i vertici e gli spigoli che appoggiano direttamente sul piano di costruzione; ■ i valori di altezza come per Cylinder, Box e Cone, effettuano lo snap verso la spaziatura di griglia della griglia attiva. Quando si crea un oggetto Line è possibile scegliere fra le modalità snap 2D, 2,5D e 3D: ■ la modalità Relative/Absolute viene ignorata; ■ la modalità Snap 2D forza gli snap verso i vertici e gli spigoli che appoggiano direttamente sul piano di costruzione; ■ la modalità snap 2,5D effettua lo snap verso qualsiasi vertice o spigolo all’interno dello spazio 3D ma proietta il punto di snap verso il piano di costruzione. Questo obbliga la linea a rimanere in 2D ma simula l’effetto di tracciare la scena in 3D su un piatto trasparente tenuto di fronte alla vista; ■ la modalità snap 3D effettua lo snap verso qualsiasi vertice o spigolo nello spazio 3D creando una vera linea 3D. Durante la costruzione il punto di rotazione viene mostrato sul piano di costruzione; quando la costruzione è completa il punto di rotazione viene posizionato al centro della linea.
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Spostamento di oggetti con lo snap Per spostare gli oggetti è possibile utilizzare anche le modalità snap griglia e snap spaziale. Lo spostamento di oggetti è l’unica operazione per cui viene utilizzata la modalità snap Relative/Absolute. La modalità Relative ignora il valore 2D/2,5D/3D del pulsante modalità snap e controlla solo che la modalità snap sia attiva. Quando la superficie del pulsante è grigia, e ha un punto all’interno delle linee griglia, la modalità Relative è attiva.. Quando si spostano gli oggetti in modalità Relative la distanza spostata è necessariamente un multiplo della spaziatura di griglia. Questo non significa che l’oggetto è costretto a muoversi sulla griglia: se un oggetto inizia fuori della griglia, rimane fuori dalla griglia; in altre parole l’oggetto mantiene la sua distanza relativa dalla griglia. La modalità Absolute utilizza l’impostazione del pulsante modalità snap. Quando la superficie del pulsante è evidenziata e ha un punto sull’intersezione di griglia, la modalità Absolute è attivata. La modalità Absolute può essere utilizzata solo in queste condizioni: ■ il sistema di coordinate di trasformazione Screen o View deve essere in uso ■ la finestra attiva deve essere una vista Orthogonal oppure una vista User Quando la modalità Absolute è attiva Snap si comporta nel modo seguente: ■ la modalità snap 2D forza gli snap verso i vertici e gli angoli che appoggiano direttamente sul piano di costruzione ■ la modalità snap 2,5D effettua lo snap verso qualsiasi vertice o spigolo all’interno dello spazio 3D ma proietta il punto di snap sul piano di costruzione ■ la modalità snap 3D effettua lo snap verso qualsiasi vertice o spigolo nello spazio 3D In tutte e tre le modalità di snap il punto di snap è forzato dai vincoli degli assi di trasformazione attivi. Per esempio quando i vincoli di trasformazione sono impostati sul piano X Y e si effettua uno snap 3D verso un punto, solo le coordinate X e Y vengono utilizzate (gli assi di vincolo attivi) e la coordinata Z viene ignorata. In questo caso lo snap 3D finisce per lavorare come uno snap 2,5D.
Angoli snap L’impostazione Angle dello snap è utile per rotazioni di oggetti e viste. Digitare un valore nella casella Angle della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS per specificare un angolo di vincolo per le rotazioni interattive. L’impostazione di default è 5,0 gradi, ma 15,0 gradi è un valore più utile. Un angolo di Snap di 15 gradi consente di specificare con facilità gli angoli principali comuni all’architettura e all’industria: 15, 30, 45, 60 e 90 gradi. Fare clic sul pulsante Angle Snap sulla riga dei comandi o premere il tasto A per attivare o disattivare Angle Snap. Angle Snap riguarda solo le rotazioni interattive dove si trascina in una finestra.
Percentuali snap Digitare un valore nella casella Percent della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS per specificare un incremento percentuale per operazioni di scalatura interattive. Fare clic sul pulsante Percent Snap sulla riga dei comandi per attivare e disattivare Percent Snap.
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Incrementi snap Spinner Snap viene impostato nel pannello GENERAL della finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS. Questo snap controlla i cambiamenti di un campo numerico quando si fa clic sulle frecce di incremento o decremento. Per visualizzare rapidamente il pannello GENERAL della finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS fare clic con il tasto destro del mouse sul pulsante Spinner Snap. Spinner Snap agisce solo quando si fa clic sulle frecce di incremento o decremento e non vincola il valore digitato in un campo e nemmeno incide sul trascinamento di una freccia incrementi. Fare clic sul pulsante Spinner Snap sulla riga dei comandi per attivare o disattivare Spinner Snap.
Trasformazioni e sistemi di coordinate Il termine trasformazione si riferisce alle operazioni di base Move, Rotate e Scale. La funzionalità di questi semplici comandi può essere estesa scegliendo diversi sistemi di coordinate di trasformazione, centri di trasformazione e vincoli agli assi di trasformazione. Queste estensioni vengono chiamate comandi di trasformazione. I pulsanti di trasformazione e i comandi di trasformazione si trovano vicino al centro della barra degli strumenti (figura 6.31).
■ Figura 6.31 Comandidi trasformazione sulla barra degli strumenti
Trasformazione del sistema di coordinate
Trasformazione degli assi Trasformazione dei centri
Come già visto nel capitolo 1, le trasformazioni sono sempre applicate verso la fine del dataflow, dopo tutti i modificatori nel Modifier Stack. Inoltre alcuni oggetti perdono le loro trasformazioni quando vengono utilizzati per determinati scopi. Per esempio, gli oggetti forma perdono le loro trasformazioni quando sono utilizzati come forma percorso o come forma di sezione per un oggetto loft. Anche gli oggetti mesh perdono le trasformazioni quando sono utilizzati come destinazioni in un oggetto morph. È importante capire che mentre i modificatori cambiano la geometria all’interno dell’oggetto le trasformazioni cambiano solo la posizione dell’oggetto nello spazio. Tecnicamente, una trasformazione di scala non cambia la geometria all’interno dell’oggetto. La scalatura cambia la posizione dell’oggetto variandone la forma anche se non in maniera uniforme lungo ognuno dei tre assi locali. Applicare le trasformazioni direttamente a un oggetto quando si vuole dimensionare, ruotare e spostare un oggetto in una certa posizione senza cambiare l’oggetto stesso. Per cambiare la geometria di un oggetto in modo previsto e semi-permanente applicare le
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CAP.6 trasformazioni a livello del sub-oggetto oppure utilizzare un modificatore Xform. I prossimi paragrafi illustreranno come applicare le trasformazioni agli oggetti e come utilizzare i vari comandi di trasformazione.
Comandi di trasformazione I comandi di trasformazione controllano tre proprietà di trasformazione: ■ sistema di coordinate di trasformazione: controlla qual è la modalità attiva ■ centro di trasformazione: imposta il centro di rotazione e le trasformazioni di scala ■ assi di trasformazione del vincolo: vincolano le trasformazioni a un unico asse o a una qualsiasi coppia di assi 3D Studio MAX memorizza lei impostazioni dei comandi di trasformazione prescelti per ognuna delle trasformazioni Move, Rotate e Scale. Per esempio, quando si fa clic su Move le impostazioni utilizzate l’ultima volta in cui si è effettuato uno spostamento, vengono ripristinate nei comandi di trasformazione. Allo stesso modo quando si fa clic su Rotate vengono ripristinate le ultime impostazioni di rotazione. Si tratta di un sistema poco immediato e non intuitivo ma, una volta acquisita una certa confidenza, può contribuire al miglioramento della produttività; si consiglia di prendere l’abitudine di controllare i comandi di trasformazione tutte le volte in cui si utilizza una trasformazione.
Scelta di un sistema di coordinate di trasformazione Non è possibile spostare o ruotare un oggetto in una direzione qualsiasi. Tutte le trasformazioni in 3D Studio MAX vengono applicate lungo gli assi delle X, Y e Z. Questo sarebbe un metodo molto restrittivo se non fosse possibile scegliere un qualsiasi e arbitrario sistema di coordinate X Y Z. Quanti conoscono il CAD avranno già l’abitudine di specificare un asse di rotazione arbitrario o un asse di riflessione arbitrario nell’ambito del comando di trasformazione. 3D Studio MAX comprende la stessa funzionalità ma prima è necessario impostare gli assi scegliendo il sistema di coordinate dopodiché si procede con la trasformazione. Si consiglia di tenere presente che la griglia attiva (che sia la Home Grid o un oggetto griglia) ha effetto solo quando gli oggetti vengono creati e dove i punti snap vengono proiettati. I sistemi di coordinate di trasformazione incidono sul modo in cui un oggetto viene posizionato sulla scena dopo essere stato creato. Il sistema di coordinate di trasformazione può utilizzare la griglia attiva ma questo non è strettamente necessario. È possibile scegliere fra sette sistemi di coordinate di trasformazione dall’elenco a discesa sulla barra degli strumenti di 3D Studio MAX (figura 6.32). (Per qualche strana ragione l’etichetta descrittiva definisce questo elenco Reference Coordinate System anche se in realtà funziona solo per le trasformazioni.) I sistemi View, Screen e World sono stabiliti in modo permanente e non possono cambiare. I sistemi Local, Parent, Grid e Pick variano con l’oggetto selezionato e con la griglia attiva prescelta. Tutti questi sistemi vengono descritti nei dettagli nella User’s Guide di 3D Studio MAX e nella Guida di sistema. Di tutti questi sistemi di coordinate Pick è probabilmente il più interessante. Utilizzando Pick è possibile utilizzare il sistema di coordinate locale per un oggetto qualsiasi della scena come sistema di coordinate di trasformazione per ogni altro oggetto. In un primo
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momento questo potrà sembrare solo una divertente stranezza, in realtà però non lo è se si pensa a ciò che si può fare utilizzando il sistema di coordinate Pick con gli oggetti ausiliari.
■ Figura 6.32 Elenco dei sistemi di coordinate di trasformazione
Posizionare un oggetto punto e allinearlo con una superficie qualsiasi. Dopodiché, utilizzando il sistema di coordinate Pick, sarà possibile spostare o ruotare tutti gli oggetti lungo quella superficie o in modo perpendicolare a quella superficie. Per esempio è possibile prendere un oggetto punto allineato con la facciata di un edificio come sistema di coordinate. Sarà poi possibile spostare finestre, insegne e altre attrezzature intorno alla facciata. Un oggetto metro a nastro può essere utilizzato per definire un filo a piombo fra due punti qualsiasi. Utilizzando il sistema di coordinate Pick è possibile spostare o ruotare tutti gli oggetti lungo quel filo a piombo. Per esempio, è possibile prendere un oggetto metro posizionato fra due elettrodi come sistema di coordinate; dopodiché è possibile spostare gli elettroni lungo il metro a nastro vincolando il movimento all’asse delle Z del nastro. Per utilizzare il sistema di coordinate di trasformazione Pick eseguire le seguenti operazioni: 1. posizionare o allineare l’oggetto che intendete utilizzare come sistema di coordinate; 2. scegliere Pick dall’elenco Reference Coordinate System; 3. fare clic sull’oggetto che si intende utilizzare come sistema di coordinate; 4. procedere alla trasformazione degli altri oggetti.
Scelta di un centro di trasformazione Utilizzare la bandierina a tre pulsanti a destra dell’elenco sistemi di coordinate per definire il centro di trasformazione (figura 6.33). Il centro viene utilizzato solo per trasformazioni di scala e di rotazione. Quando un oggetto viene spostato non è importante quale centro si utilizza perché l’oggetto semplicemente si sposta.
■ Figura 6.33 Pulsante a bandierina per i centri di trasformazione
Centro del punto pivot
Centro di selezione Centro delle coordinate di trasformazione
Le possibili scelte per il centro di trasformazione sono le seguenti: ■ Pivot Point Center: utilizza ogni punto di rotazione locale dell’oggetto selezionato come il centro di rotazione e di scalatura; ogni oggetto ruota o scala in uguale misura sul proprio punto di rotazione.
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CAP.6 ■
Selection Center: utilizza il centro geometrico di un riquadro di delimitazione che circonda tutti gli oggetti selezionati come centro di rotazione e di scalatura; gli oggetti selezionati ruotano e scalano come unità singole, come se si fossero inseriti gli oggetti in un gruppo. ■ Coordinate System Center: utilizza il centro del sistema di coordinate di trasformazione come centro di rotazione e di scalatura; questa scelta è molto utile se quando si utilizzano i sistemi di coordinate Pick o Parent; in questi casi il centro di rotazione e di scalatura può essere o il punto di rotazione principale dell’oggetto selezionato o il punto di rotazione dell’oggetto Pick. Pivot Point Center è l’unica scelta valida se si intende animare una pura trasformazione di rotazione o di scalatura. Le altre due scelte combinano uno spostamento con la rotazione e la scalatura. Questa è la ragione per cui il pulsante a bandierina del centro di trasformazione è grigio e non può essere cambiato quando il pulsante Animate è attivo. I tre metodi seguenti consentono di creare l’effetto di una rotazione animata su un centro offset: ■ Linking: è possibile collegare l’oggetto che si intende animare a un oggetto ausiliario e poi ruotare o scalare l’oggetto ausiliario utilizzando il Pivot Point Center. L’effetto finale è una rotazione o una scalatura offset dell’oggetto originale; questa è con ogni probabilità la soluzione migliore per rotazioni e scalature offset animate. ■ Preference Settings: è possibile cambiare un’opzione nel pannello Animation della finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS che permette l’animazione offset del centro; scegliere il comando Preference dal menu FILE e disattivare la casella di controllo [Local Center During Animate] nel pannello animazione della finestra di dialogo (figura 6.34). Il risultato finale è che l’oggetto scala o ruota sul suo stesso centro e si sposta lungo una linea diritta verso una posizione che corrisponde alla scalatura o alla rotazione offset, in genere non quella voluta.
■ Figura 6.34 Opzione Local Center DuringAnimate
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■
Pivot Point: le funzionalità del pannello Hierarchy possono essere utilizzate per cambiare la posizione del Pivot Point dell’oggetto in una posizione offset e poi ruotare o scalare l’oggetto utilizzando Pivot Point Center; cambiare il Pivot Point incide su tutte le trasformazioni applicate agli oggetti e sul modo in cui i modificatori vengono applicati dopo che il perno viene cambiato.
Trasformazioni vincolanti I vincoli degli assi sono l’insieme finale dei comandi di trasformazione. È possibile scegliere fra i tre singoli vincoli degli assi o da un pulsante a bandierina di tre vincoli (planari) di assi duali (figura 6.35). Il vincolo dell’asse di trasformazione attivo fissa l’effetto di trasformazione a quell’asse o piano. Per esempio se il vincolo dell’asse delle X è attivo è possibile spostarsi solo lungo l’asse delle X.
■ Figura 6.35 Vincoli degli assi di trasformazione
I tasti di scelta rapida per scegliere i vincoli sono i seguenti: ■ ‘(accento grave): commuta ciclicamente tra la scelta dei quattro pulsanti vincolo: X, Y, Z e gli assi duali correnti; ■ ˜ (tilde): commuta ciclicamente tra le opzioni assi senza scegliere il pulsante; ■ F5: sceglie i vincoli dell’asse X; ■ F6: sceglie i vincoli dell’asse Y; ■ F7: sceglie i vincoli dell’asse Z; ■ F8: sceglie i vincoli dell’asse duale; se l’asse duale è già stato scelto, F8 commuta ciclicamente attraverso le opzioni asse duale.
Utilizzo della tastiera per trasformazioni di precisione Se si devono eseguire le operazioni Move, Rotate e Scale con molta precisione è possibile utilizzare la tastiera per realizzare la trasformazione scegliendo una delle seguenti tecniche: ■ premere i tasti freccia per trasformare l’oggetto invece di trascinarlo; ■ utilizzare la finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-I N per digitare valori precisi.
Utilizzo dei tasti freccia Per spostare, ruotare e scalare gli oggetti è possibile utilizzare i tasti freccia allo stesso modo di come si esegue lo zoom o la rotazione delle viste. Per trasformare gli oggetti utilizzando i tasti freccia eseguire le seguenti operazioni: 1. fare clic su uno strumento di trasformazione 2. selezionare gli oggetti utilizzando lo strumento di trasformazione
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CAP.6 3.
posizionare il cursore sulla selezione in modo che l’icona di trasformazione sia visibile 4. premere un tasto freccia per trasformare la selezione Se dopo avere selezionato si decide che si vuole cambiare uno dei comandi di trasformazione o una delle finestre è necessario fare clic con il tasto destro del mouse su una zona vuota della finestra prima di procedere con il punto 3. Fare clic con il tasto destro del mouse è necessario per riattivare la finestra dopo avere fatto clic sulla barra degli strumenti e su qualsiasi altra parte dell’interfaccia utente. Il tipo di trasformazione utilizzata determina quale tasto freccia è possibile utilizzare: ■ Move: utilizza i tasti freccia orizzontale e verticale; se un vincolo dell’asse di trasformazione limita il movimento verticali o orizzontali, i tasti freccia spostano ancora il cursore ma la selezione non si sposta lungo l’asse vincolato; ■ Rotate: utilizza solo i tasti freccia verticali; verso l’alto per una rotazione in senso antiorario, verso il basso per una rotazione in senso orario; ■ Scale: utilizza sono i tasti freccia verticali; verso l’alto per una scalatura crescente, verso il basso per una scalatura decrescente. I tasti freccia spostano effettivamente il cursore sullo schermo, come se si stesse trascinando il cursore, e 3D Studio MAX traduce quel movimento in valori di trasformazione; questo approccio produce i seguenti effetti sulla trasformazione con i tasti freccia: ■ quando si premono i tasti freccia, il cursore deve spostare alcuni pixel prima che il movimento sia “pronto”; dopo che l’oggetto inizia la trasformazione ogni pressione sui tasti viene letta come un pixel del movimento del cursore; ■ quando gli snap sono attivi il cursore deve spostarsi verso un punto snap prima che l’oggetto venga trasformato; inizialmente sembrerà che nulla stia succedendo ma quando il cursore raggiungerà il punto snap l’oggetto si trasformerà.
Utilizzo della finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN La finestra di dialogo TRANSFORM T YPE-I N può essere utilizzata per digitare valori molto precisi per le trasformazioni Move, Rotate e Scale. Questa finestra di dialogo è una finestra mobile sulla finestra di 3D Studio MAX ed utilizzabile in qualsiasi momento durante la trasformazione di un oggetto. Per utilizzare la finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN scegliere il comando Transform Type-In dal menu EDIT (figura 6.36). La finestra di dialogo TRANSFORM T YPE-I N è suddivisa in due parti: le caselle sulla sinistra dello schermo mostrano sempre valori assoluti per Move o Rotate nel sistema di coordinate globale e valori assoluti di scalatura nel sistema di coordinate locale per gli oggetti selezionati. La parte destra mostra sempre 0,0 ed è qui che si devono digitare gli offset di trasformazione utilizzando il sistema di coordinate di trasformazione corrente. È possibili spostare, ruotare o scalare gli oggetti digitando valori su entrambe le parti della finestra di dialogo. Per esempio, aprire la finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN, selezionare un oggetto e fare clic su Rotate sulla barra degli strumenti. Si supponga l’Absolute: le caselle World mostrano una rotazione corrente di 45 gradi assoluti sull’asse delle X. Se si vuole che la rotazione assoluta sia esattamente 45 gradi sull’asse delle X digitare il valore nella casella X: sotto Absolute: World. Dopo avere premuto Invio o fatto clic su un’altra casella la rotazione cambia. Si faccia ora clic su Move e la finestra di dialogo TRANSFORM T YPE-I N
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cambierà per mostrare la posizione dell’oggetto. Se si vuole spostare l’oggetto esattamente di 32,125 unità lungo l’asse delle Z dalla sua posizione corrente, digitare quel valore nella casella Z: sotto Offset. La finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN ha inoltre il vantaggio di rivelare i valori di trasformazione correnti di un oggetto selezionato. Poiché la finestra di dialogo visualizza sempre valori globali assoluti è possibile esaminare l’esatta posizione, rotazione e scalatura di un oggetto in qualsiasi momento.
■ Figura 6.36 Finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN per Move, Rotate e Scale
Trasformazioni riflessione, serie e istantanea Ci sono solo tre trasformazioni: Move, Rotate e Scale. 3D Studio MAX combina queste trasformazioni e utilizza particolari finestre di dialogo che forniscono le speciali tecniche di trasformazione di Mirror e Array. I pulsanti Mirror e Array sono sulla destra dei comandi di trasformazione (figura 6.37).
■ Figura 6.37 Pulsanti Mirror e Array sulla barra degli strumenti
Array Mirror
Snapshot
Riflessione di oggetti Eseguire la riflessione di un oggetto significa eseguire una trasformazione di scala con un valore del 100%. Gli oggetti riflessi possono facilmente essere creati utilizzano i comandi della finestra di dialogo MIRROR (figura 6.38). È possibile impostare opzioni in modo interattivo per assi di riflessione, offset di riflessione e metodo di clonazione.
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CAP.6 ■ Figura 6.38 Finestra di dialogoMIRROR
La finestra di dialogo M IRROR presenta il sistema di coordinate di trasformazione corrente come parte del titolo della finestra. È importante assicurarsi di impostare il sistema di coordinate di trasformazione desiderato prima di fare clic su Mirror. Se si fa clic su Mirror e poi ci si accorge di volere cambiare il sistema di coordinate è necessario cancellare la finestra di dialogo MIRROR, cambiare il sistema di coordinate e poi fare clic su Mirror di nuovo. Quando si esegue la riflessione di un oggetto è necessario prendere tre decisioni: ■ Assi di riflessione: scegliere una delle sei opzioni per un mirroring di asse singolo o per un mirroring di asse doppio dalla zona Mirror Axis della finestra di dialogo. L’asse di riflessione passa attraverso il punto centrale di trasformazione corrente, e l’asse di orientamento è impostato dal sistema di coordinate corrente. ■ Offset di riflessione: se non si vuole che l’oggetto su cui si esegue la riflessione stia nella sua posizione di default, è possibile specificare una distanza offset nella zona Mirror Axis della finestra di dialogo. L’offset sposta l’oggetto per una distanza aggiuntiva lungo l’asse di riflessione dalla posizione di default. È possibile digitare la distanze nella casella o trascinare il campo incrementatore per vedere l’oggetto su cui si è eseguito la riflessione spostarsi dalla sua posizione originale. ■ Metodo clonazione: in genere si esegue la riflessione di un oggetto perché si vuole una clonazione riflessa dell’oggetto originale. Questa possibilità è utile quando si modella un oggetto simmetrico. Si modella una metà dell’oggetto simmetrico e poi si realizza la riflessione per ottenere l’altra metà. Scegliere Copy, Instance o Reference dalla zona Clone Selection per creare un nuovo oggetto di riflessione da quello originale. Scegliendo No Clone si ottiene la riflessione dell’oggetto originale. Anche se non si vuole clonare l’oggetto riflesso, è pratico scegliere Copy mentre si sperimentano diversi assi di riflessione e offset di riflessione. Con la selezione di Copy si vede sempre l’oggetto originale e il risultato della riflessione. In questo modo si ottiene un riferimento di base per giudicare gli effetti della propria scelta. Quando si decide quale asse e offset di riflessione si vuole scegliere No Clone prima di fare clic su OK. È opinione diffusa che la riflessione sia uno strumento di modellazione, un modo per rovesciare le geometrie. Poiché la riflessione è una trasformazione, è più uno strumento
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di posizione che uno strumento di modellazione. Riflettere un oggetto talvolta può portare a risultati inaspettati quando si utilizza quell’oggetto con altre funzionalità. Ecco alcuni esempi di quando la riflessione causa problemi: ■ oggetti loft: quando di prende una forma per utilizzarla in un oggetto loft, le trasformazioni della forma vengono abbandonate, compresa la riflessione; ■ oggetti morph: quando si seleziona un oggetto come una destinazione morph le trasformazione dell’oggetto vengono abbandonate, compresa la riflessione ■ cinematica inversa: il valore negativo di scala che produce la riflessione può causare problemi di calcolo congiunti quando un oggetto riflesso viene utilizzato in una catena cinematica inversa. Per risolvere questi problemi si può ricorrere a tecniche diverse ma la vera soluzione è portare l’effetto riflessione (scalatura) fuori dalla matrice di trasformazione dell’oggetto. Per fare ciò si applicano manualmente valori negativi di scalatura a livello del suboggetto. Purtroppo Mirror lavora solo a livello dell’oggetto anche quando la modalità sub-oggetto è attiva. Per riflettere qualcosa a livello del sub-oggetto si può utilizzare la finestra di dialogo SCALE TRANSFORM TYPE-I N. Per riflettere un oggetto utilizzando un modificatore Xform, procedere come di seguito: 1. selezionare un oggetto 2. scegliere il comando Transform Type-In dal menu EDIT 3. scegliere XForm dal pannello MODIFY 4. scegliere Gizmo dall’elenco Sub-Object 5. fare clic su Non-Uniform Scale 6. digitare -100 in una delle caselle assi per riflettere l’oggetto su quell’asse Riflettere il gizmo a livello del sub-oggetto modificatore nel complesso produce gli stessi effetti di quando si utilizza il comando Mirror, ma senza gli effetti secondari del Mirror. Riflettere il gizmo ha il vantaggio ulteriore di essere nel Modifier Stack, e questo permette di tornare indietro per cambiare o modificare l’effetto riflessione in ogni momento. Per riflettere i sub-oggetti utilizzando un modificatore Edit eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un oggetto 2. applicare un modificatore Edit appropriato per quell’oggetto 3. fare clic su Sub-Object e definire la selezione 4. scegliere il comando Transform Type-In dal menu EDIT 5. fare clic su Non-Uniform Scale 6. digitare -100 su una delle caselle assi per riflettere l’oggetto su quell’asse Utilizzando questo metodo è possibile riflettere alcune parti dell’oggetto; il modificatore Edit può inoltre essere utilizzato per costruire la selezione del sub-oggetto e per passarla a un modificatore Xform. Per ulteriori informazioni sull’editing dei sub-oggetti consultare il capitolo 12. Utilizzare Transform Type-In per applicare valori negativi di scalatura è un metodo pratico ma presenta alcuni inconvenienti. Quando si digita un valore negativo di scalatura in una casella assi qualsiasi, tutte le caselle assumono valori negativi; il risultato finale è corretto ma le caselle indicano i valori sbagliati. Un altro effetto della scalatura negativa è che in genere i normali oggetti saranno rivolti nella direzione sbagliata e questo farà sembrare l’oggetto di rendering al contrario. È bene verificare l’oggetto in una finestra di rendering prima di applicare una scalatura negativa; è possibile correggere l’effetto “al contrario” aggiungendo un modificatore Normal e selezionando le caselle di controllo [Unify and Flip].
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CAP.6
Creazione di serie di oggetti Le serie vengono create clonando gli oggetti con trasformazioni multiple ripetute. Il primo metodo è di premere il tasto Maiuscola mentre si trascina una trasformazione per creare qualsiasi serie basata su un un’unica operazione di Move, Rotate o Scale. Per utilizzare il secondo metodo, fare clic sul pulsante Array della barra degli strumenti per utilizzare la finestra di dialogo A RRAY. Premere il tasto Maiuscola durante il trascinamento fa comparire la finestra di dialogo CLONE O PTIONS (figura 6.39). Scegliere il metodo di clonazione , o e impostare il numero di oggetti di clonazione che si intende creare in una serie. Questo metodo è utile per serie semplici, veloci, lineari, radiali e di scalatura.
■ Figura 6.39 Finestra di dialogoCLONE OPTIONS
È possibile costruire velocemente complesse geometrie utilizzando la finestra di dialogo ARRAY (figura 6.40).
■ Figura 6.40 Finestra di dialogoARRAY
La finestra di dialogo ARRAY presenta il sistema di coordinate di trasformazione corrente e il centro di trasformazione. È bene accertarsi che il sistema di coordinate e il centro desiderato siano impostati prima di fare clic su Array. Se si fa clic su Array e poi ci si accorge che si vogliono cambiare i sistemi di coordinate o i centri, è necessario cancellare la finestra di dialogo A RRAY , cambiare il sistema di coordinate e poi fare nuovamente clic su Array. Per creare una serie si devono prendere tre decisioni. ■ Trasformazione serie: è possibile costruire le serie da una singola trasformazione combinando trasformazioni multiple. Impostare i valori di trasforma-
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zione per ogni asse nella zona di trasformazione Array della finestra di dialogo. I valori impostati vengono applicati a ciascun oggetto nella serie utilizzando l’oggetto precedente come punto di partenza. Diversamente da Mirror, la finestra di dialogo ARRAY non è interattiva. È dunque necessario impostare la serie e fare clic su OK per vedere il risultato. Se il risultato non è quello desiderato, è possibile fare clic su Undo e provare da capo. Fortunatamente Array ricorda le ultime impostazioni e le utilizza come default quando i comandi vengono ripetuti. Questo rende l’approccio per prova ed errore più semplice. ■ Totale in serie: questa casella singola imposta il numero degli oggetti che vengono creati. ■ Tipo di oggetto: sceglie un’opzione nella zona Type of Object per specificare se la serie crea copie, istanze o riferimenti. Variando le impostazioni nella zona Array Transformation, è possibile creare molti tipi di serie comuni: ■ Lineare: digitare le distanze nelle caselle Move per creare una serie lineare (copie allineate in un’unica fila). Il modo più facile per creare una serie lineare è di digitare una distanza in una sola casella asse Move. Se si digitano distanze in più di una casella Move si otterrà una serie lineare che procede in diagonale rispetto agli assi del sistema di coordinate; Se è necessario che la serie lineare proceda in diagonale, spesso è più facile allineare un oggetto punto con uno dei suoi assi che guardano nella direzione voluta per la serie e poi selezionare l’oggetto punto quando si trasforma il sistema di coordinate. Poi è possibile definire una serie lineare lungo un singolo asse. ■
■
Griglia: una serie griglia è una combinazione di due serie lineari. Creare una serie lineare lungo un asse. Selezionare tutti gli oggetti nella serie lineare e creare un’altra serie lineare lungo uno dei due assi rimanenti; Volume: una serie volume è il risultato di tre serie lineari; creare una serie griglia, selezionare tutti gli oggetti nella serie e creare una nuova serie lineare sul terzo asse; la figura 6.41 mostra un esempio di serie lineare, griglia e volume;
■ Figura 6.41 Serie lineari, griglia e volume
■
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Radiale: digitare gli angoli nelle caselle Rotate, in genere con un centro offset, per creare serie radiali. Se si utilizza un centro del punto di rotazione per una serie radiale, le clonazioni oggetto in genere finiscono una sull’altra. È opportuno utilizzare il centro del sistema di coordinate o il centro della selezione; utilizzare la casella di controllo [Reorient] per determinare se gli
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CAP.6 oggetti sono posizionati dalla serie radiale o vengono ruotati e posizionati (figura 6.42).
■ Figura 6.42
Centro dell’array
Reorient disattivato
Risultati dell’uso di Reorient con serie radiali
Reorient attivato
Le serie radiali possono essere definite utilizzando la rotazione su più di un asse, ma i risultati sono difficili da prevedere. Se si vuole creare una serie radiale lungo un asse di rotazione diagonale, è più semplice impostare un oggetto punto da utilizzarsi come sistema di coordinate ed eseguire un’unica rotazione dell’asse sul punto. Consultare il Suggerimento precedente sulle serie lineari diagonali; ■ Elica: la serie elica si forma combinando le caselle Move e Rotate; definire una serie radiale lungo un singolo asse e specificare un valore Move sullo stesso asse. Il risultato è una serie radiale che si sposta lungo il suo asse di rotazione, similmente a quanto avviene nella struttura del DNA. Si sconsiglia di cercare di creare una serie spirale piatta assegnando una distanza Move su un asse diverso dall’asse di rotazione perché non funziona: si otterrà infatti una semplice serie radiale che è spostata della distanza Move. Creare una serie spirale piatta implica l’utilizzo di molti metodi uno dei quali è descritto nel paragrafo che riguarda la creazione di serie istantanee. ■ Scala: digitare i valori nelle caselle Scale per creare serie scalari; utilizzare un centro del punto di rotazione o un centro della selezione in genere crea una serie annidata; con un centro del sistema di coordinate spesso si ha un risultato simile a una scalatura combinata e a una serie lineare (figura 6.43). Gli esempi seguenti dimostrano il vantaggio di utilizzare oggetti punto come sistemi di coordinate di selezione per creare serie lungo un asse arbitrario.
Creazione di una serie lungo un asse arbitrario Si immagini di avere un paletto di recinto che di volerlo piantare lungo una linea situata a 30° dall’asse globale delle X con una spaziatura di 4’0”. Utilizzando la trigonometria si potrebbe calcolare che è necessaria una serie lineare utilizzando il sistema di coordinate globale e le seguenti distanze nelle caselle Move: X=3’5,569” e Y=2’0”. L’utilizzo della matematica però non è molto semplice.
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■ Figura 6.43 Confronto fra il centro del punto di rotazione e il centro delle coordinate di trasformazione per serie scalari
Array scalato con centro pivot
Array scalato con centro trasformato
La tecnica seguente utilizza un oggetto punto ruotato per impostare una serie lungo un unico asse: 1. fare clic su Helpers nel pannello Create; 2. fare clic su Point sotto la sub-categoria General e creare un oggetto punto in una finestra superiore; nominare il punto Fence-Line; in questo modo si è creato l’oggetto punto allineato con il sistema di coordinate globale; l’oggetto punto può essere posizionato ovunque nella finestra superiore; 3. ruotare l’oggetto punto di 30° sull’asse delle Z; l’asse X del punto adesso è rivolto nella direzione che deve essere seguita dalla serie recinto; 4. scegliere Pick dall’elenco Reference Coordinate System e fare clic sull’oggetto punto; Il punto ora definisce il sistema di coordinate di trasformazione corrente; la prossima sequenza di operazioni creerà una serie lineare di paletti di recinto utilizzando l’oggetto punto come sistema di coordinate di trasformazione. 5. selezionare il paletto da recinto 6. fare clic su Array 7. digitare 4’0” nella casella Move X:, impostare il numero di paletti da recinto desiderato e fare clic su OK. Un importante vantaggio della tecnica precedente è che dopo avere impostato lo strumento ausiliario punto è possibile tornare indietro e riutilizzarlo come sistema di coordinate in qualsiasi momento. Sinora si è semplicemente moltiplicato in serie una fila di paletti da recinto, ma ci sarà bisogno anche di assi per il recinto, pioli, cancelli e altri oggetti per i quali sarà possibile utilizzare il sistema di coordinate del punto. In questo caso si potrebbe pensare di costruire un oggetto griglia piuttosto di un punto in modo da potere creare oggetti sulla griglia e anche utilizzare l’oggetto griglia come un sistema di coordinate di trasformazione.
Serie istantanee L’ultimo tipo di serie utilizza il pulsante Snapshot nel pulsante a bandierina Array (figura 6.44). Una istantanea è un tipo di serie temporanea che crea clonazioni basate sui cambiamenti di un oggetto nel corso del tempo. L’istantanea è l’unica tecnica di serie che può anche catturare e congelare i cambiamenti dei modificatori.
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CAP.6 ■ Figura 6.44 Finestra di dialogo SNAPSHOT
Per rendere utili le istantanee è necessario innanzitutto animare i modificatori o le trasformazioni di un oggetto; dopodiché si utilizzano i comandi nella finestra di dialogo SNAPSHOT per specificare quante clonazioni si vogliono creare nel corso del tempo. Snapshot poi crea clonazione a intervalli regolari di tempo. I comandi nella finestra di dialogo SNAPSHOT rientrano in due diversi gruppi: Snapshot e Clone Method. Con il comando Snapshot si scelgono i parametri di tempo per creare le istantanee. Selezionare Single per creare una clonazione singola nel momento impostato dal Time Slider, scegliere Range per specificare un intervallo di tempo e il numero delle clonazioni da creare nel corso di quell’intervallo. Con il comando Clone Method si sceglie il tipo di clonazione che si vuole creare ; è possibile scegliere le tre opzioni standard , e oppure l’opzione speciale . L’opzione comprime l’elenco modificatori per congelare la forma modificata dell’oggetto ad ogni intervallo di tempo. Questo processo elimina tutti i modificatori e i parametri base convertendo l’oggetto in una semplice mesh. Consultare il capitolo 8 per ulteriori informazioni sulla compressione del Modifier Stack. Con le istantanee è possibile creare un’elica piatta, come già detto in precedenza. Prima si crea una forma di elica piatta e si anima un oggetto seguendo l’elica come un percorso di movimento; dopo che l’oggetto è stato animato è possibile utilizzare la istantanea per posizionare copie dell’oggetto intorno all’elica.
Strumenti di allineamento Utilizzare i pulsanti nella bandierina Align (figura 6.45) per spostare e ruotare gli oggetti da allineare con gli altri oggetti. Nessuno dei pulsanti Align funziona con le selezioni dei sub-oggetti. I tre pulsanti di questa bandierina hanno scopi diversi e precisi: ■ Align: allinea gli oggetti confrontando i loro sistemi di coordinate locali e l’estensione dei loro riquadri di delimitazione nel sistema di coordinate di trasformazione; ■ Normal Align: allinea la superficie degli oggetti alla superficie facendo corrispondere le normali delle facce; ■ Place Highlight: allinea gli oggetti facendo corrispondere l’asse delle Z negativo di un oggetto con la normale alla faccia di un altro oggetto; questo comando in origine è stato concepito per essere utilizzato con fonti di luce ma può essere utilizzato con qualsiasi oggetto.
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■ Figura 6.45 Pulsanti della bandierina Align
Align
Normal align
Highlight
Tutti e tre i pulsanti Align utilizzano la stessa sequenza di operazioni: 1. selezionare gli oggetti da allineare; questi oggetti vengono chiamati oggetti sorgente e si sposteranno e ruoteranno per effetto dell’allineamento; 2. fare clic sul pulsante Align; 3. selezionare un unico oggetto con cui gli oggetti sorgente saranno allineati; questo oggetto viene chiamato oggetto destinazione e fornisce il riferimento utilizzato per spostare e ruotare gli oggetti sorgente; l’oggetto destinazione non si sposta né ruota per effetto del processo di allineamento; 4. impostare i parametri di allineamento. L’allineamento è solo una tecnica di trasformazione per posizionare gli oggetti secondo specifiche relazioni. Il comando Align non forma nessuna speciale connessione con gli oggetti e subito dopo aver completato l’operazione è possibile utilizzare un’altra trasformazione per spostare gli oggetti fuori dall’allineamento. Se si vuole allineare gli oggetti affinché rimangano allineati è necessario inserirli in un gruppo o collegarli fra loro.
Allineamento di oggetti Utilizzare il comando Align per allineare gli oggetti sulla base delle loro estensioni geometriche (riquadri di delimitazione) o dei punti di rotazione. Questo comando è particolarmente utile per i seguenti task di allineamento: ■ allineare gli oggetti per l’estensione geometrica; questa operazione funziona meglio con geometrie regolari e dagli spigoli diritti come parallelepipedi e cilindri; ■ allineare oggetti per il punto di rotazione; questa operazione è utile quando si impostano gerarchie e giunti IK; ■ allineare oggetti ausiliari con altri oggetti. Il comando Align utilizza due tecniche: ■ Align Position (spostare), basata sul riquadro di delimitazione degli oggetti nel sistema di coordinate di riferimento corrente; ■ Align Orientation (ruotare), basata sul sistema di coordinato locale degli oggetti. Selezionare gli oggetti sorgente, fare clic su Align e poi fare clic su un oggetto destinazione per visualizzare la finestra di DIALOGO ALIGN SELECTION (figura 6.46).
Allineamento della posizione dell’oggetto Allineare la posizione dell’oggetto sorgente alla destinazione utilizzando le opzioni contenute nella zona Align Position. Il titolo Align Position indica inoltre il sistema di coordinate di riferimento corrente perché le opzioni di allineamento dipendono dalla
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CAP.6 definizione del riquadro di delimitazione dell’oggetto nel sistema di coordinate di riferimento. Il riquadro di delimitazione è il più piccolo riquadro tridimensionale che racchiude completamente l’oggetto e ha tutti gli spigoli allineati con il sistema di coordinate di riferimento. La figura 6.47 mostra lo stesso oggetto con il suo riquadro di delimitazione definito utilizzando tre differenti sistemi di coordinate. Quando si allineano gli oggetti utilizzando il sistema di coordinate locale, vengono utilizzati i sistemi di coordinate locali degli oggetti sorgente mentre il sistema di coordinate locale della destinazione viene ignorato.
■ Figura 6.46 Finestra di dialogoALIGN SELECTION
■ Figura 6.47 Riquadrididelimitazione per tre diversi sistemi di coordinate di riferimento
Per allineare la posizione dell’oggetto sorgente alla posizione dell’oggetto destinazione è possibile scegliere fra tre opzioni: gli assi di allineamento attivo, il punto di allineamento dell’oggetto sorgente e il punto di allineamento dell’oggetto destinazione. Le caselle di controllo degli assi di allineamento sono simili ai vincoli degli assi di trasformazione per la trasformazione Move. Queste caselle di controllo impostano lungo quale asse possono spostarsi gli oggetti sorgente per fare corrispondere i loro punti di allineamento. I punti di allineamento per gli oggetti sorgente e per l’oggetto destinazione utilizzano le stesse quattro opzioni. Queste opzioni vengono calcolate utilizzando i riquadri di delimitazione nel modo seguente (figura 6.48): ■ Minimum: utilizza lo spigolo del riquadro di delimitazione nella direzione negativa dell’asse di allineamento attivo; ■ Center: utilizza il centro geometrico del riquadro di delimitazione; ■ Pivot Point: utilizza il punto di rotazione degli oggetti; questa è l’unico opzione che è indipendente dal sistema di coordinate di riferimento corrente; SELEZIONE, TRASFORMAZIONI E PRECISIONE
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Maximum: utilizza lo spigolo del riquadro di delimitazione nella direzione positiva dell’asse di allineamento attivo. Quando si scelgono diversi assi di allineamento e punti di allineamento, gli oggetti sorgente si spostano per mostrare il risultato dell’allineamento corrente. Ogni oggetto sorgente utilizza il suo punto di allineamento basato sul proprio riquadro di delimitazione. Se si vuole allineare la selezione di oggetti sorgente come un unico oggetto è necessario prima inserirli in un gruppo. È possibile continuare a provare opzioni diverse sino a che si sceglie OK per accettare l’allineamento o si sceglie Cancel per rifiutarlo.
■ Figura 6.48 I quattro punti di allineamento che utilizzano il sistema di coordinate globale
Allineamento dell’orientamento dell’oggetto Le tre caselle di controllo nella zona Align Orientation ruotano gi oggetti sorgente per far corrispondere l’orientamento dell’asse locale con l’oggetto destinazione. Align Orientation è indipendente dal sistema coordinato di riferimento corrente e utilizza sempre gli assi locali di tutti gli oggetti sergenti e dell’oggetto destinazione.
Allineamento secondo le normali di faccia Utilizzare il pulsante Normal Align per allineare gli oggetti superficie con superficie. Si tratta di un metodo particolarmente utile quando si lavora con geometrie molto irregolari o si devono posizionare gli oggetti in modo che siano tangenti l’uno con l’altro. Dopo che gli oggetti sono allineati, è possibile ruotare o spostare gli oggetti sorgente sull’asse normale allineato.
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CAP.6 Per allineare gli oggetti secondo le normali di faccia eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare gli oggetti sorgente; 2. fare clic su Normal Align; 3. trascinare lungo la superficie degli oggetti sorgente per selezionare la normale sorgente; durante il trascinamento sugli oggetti sorgente, comparirà sul cursore una linea azzurra che indica la direzione della normale sorgente selezionata; rilasciare il trascinamento per selezionare la normale selezionata; 4. trascinare sulla superficie di un oggetto selezione per selezionare la normale di destinazione; subito dopo avere rilasciato il trascinamento gli oggetti selezionati si sposteranno e ruoteranno in modo che la normale sorgente risulti allineata con la normale di destinazione e sia rivolta nella direzione opposta; 5. impostare i parametri nella finestra di dialogo NORMAL ALIGN . La figura 6.49 mostra la procedura per selezionare le normali sorgente e di destinazione, e la finestra di dialogo NORMAL ALIGN.
■ Figura 6.49 Oggetti allineati secondo le normali di faccia
Utilizzare le opzioni nella finestra di dialogo per spostare e ruotare gli oggetti sorgente rispetto alle normali di faccia allineate: ■ Position Offset: sposta gli oggetti sorgente; digitando una distanza nella casella Z si spostano gli oggetti dentro e fuori lungo le normali allineate; digitando distanze nelle caselle X o Y si spostano gli oggetti sorgente lungo gli assi locali X o Y della faccia che contiene la normale sorgente; può essere difficile prevedere l’orientamento degli assi X e Y quindi la scelta migliore è trascinare gli interruttori incrementi e osservare come si spostano gli oggetti sorgente; ■ Rotation Offset: ruota gli oggetti sorgente utilizzando le normali allineate come asse di rotazione; anche questa operazione ha l’effetto secondario di
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ruotare l’orientamento dell’offset di posizione X e Y e può essere utilizzato per allineare gli assi dell’offset di posizione in un’altra direzione; Flip Normal: rovescia gli oggetti sorgente in modo che le normali siano allineate e rivolte nella stessa direzione.
Una tecnica estremamente utile è quella di allineare un oggetto griglia a un altro oggetto utilizzando Normal Align. In questo caso si crea un piano di costruzione allineato con la superficie di un oggetto. La griglia può essere utilizzata come un sistema di coordinate di riferimento per trasformare gli oggetti allineati con la superficie o come grigia attiva per creare nuovi oggetti allineati con la superficie. Gli oggetti griglia sono gli unici oggetti ausiliari che lavorano con Normal Align.
Allineamento con Place Highlight Place Highlight viene utilizzato per allineare gi assi delle Z negativi degli oggetti sorgente con la linea di puntamento riflessa fuori da una faccia dell’oggetto destinazione. Il risultato prodotto da Place Highlight dipende dalla vista in cui si seleziona la faccia destinazione. Lo scopo originale di Place Highlight era di contribuire al posizionamento delle luci per creare illuminazioni speculari in posizioni specifiche sulla superficie di un oggetto. Qualsiasi oggetto può essere utilizzato come oggetto sorgente per Place Highlight, e questo rende il comando molto utile anche per altre tecniche. Place Highlight può essere utilizzato per eseguire le seguenti operazioni: ■ posizionare le luci per creare illuminazioni speculari in punti specifici della superficie di un oggetto; se l’operatore è un disegnatore tecnico riconoscerà questa tecnica come la creazione di “farkles”; ■ posizionare gli oggetti in modo che il loro riflesso compaia in un punto determinato sulla superficie riflettente dell’oggetto. Per utilizzare Place Highlight eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare gli oggetti sorgente da posizionare; è possibile selezionare oggetti sorgenti multipli ma poiché devono finire tutti nello stesso posto in genere è meglio lavorare con un oggetto sorgente alla volta; 2. fare clic su Place Highlight; 3. trascinare sulla superficie dell’oggetto destinazione; 4. durante il trascinamento sul cursore comparirà una linea azzurra che indica la normale della faccia selezionata; l’oggetto sorgente si sposta e ruota per allinearsi con la linea di puntamento selezionata fuori dalla faccia selezionata.
Riepilogo ■
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Selezione di oggetti: gli strumenti di trasformazione possono anche essere utilizzati per la selezione; premere il tasto Ctrl per aggiungere a una selezione e premere il tasto Alt per eliminare da una selezione; Insiemi di selezione denominati: utilizzare gli insiemi di selezione denominati come un modo per gestire o organizzare gli oggetti sulla scena;
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CAP.6 ■
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Selezione per proprietà: utilizzare i filtri di selezione e le opzioni nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS per selezionare con efficienza gli oggetti basati su proprietà comuni, come colore, tipo e nome; Raggruppamento di Oggetti: utilizzare i gruppi per combinare gli oggetti in modo che possano essere manipolati some un oggetto singolo; i gruppi sono più durevoli degli insiemi di selezione denominati ma più flessibili degli oggetti attaccati con un modificatore Edit; Strumenti ausiliari: utilizzare gli strumenti ausiliari per costruire connessioni fra oggetti (attraverso i collegamenti) e per definire sistemi di coordinate alternativi e punti di snap; Lavorare con precisione: impostare griglie e opzioni di snap per lavorare con spaziature regolari; utilizzare campi numerici e Transform Type-In per impostare valori precisi; Trasformazioni: utilizzare i comandi di trasformazione per lavorare con sistemi di coordinate alternativi, punti centrali alternativi e per vincolare le trasformazioni agli assi selezionati.
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Decisioni di modellazione Prima di effettuare qualsiasi operazione di modellazione, è consigliabile pensare agli oggetti che si desidera creare. È importante chiedersi se devono essere accurati nelle dimensioni o devono semplicemente apparire giusti, se devono essere molto particolareggiati o schematici e quindi più approssimativi. È fondamentale considerare anche la velocità del tempo di rendering e in che misura è possibile sostituire la modellazione con le mappe di composizione. Le risposte a queste domande determinano quanto la scena deve essere accurata, particolareggiata e complessa.
Accuratezza A differenza dei sistemi CAD nei quali l’accuratezza è fondamentale, 3D Studio MAX è più flessibile; questo non significa che le dimensioni e l’accuratezza possono essere completamente ignorate. È necessario però ricordare che 3D Studio MAX è soprattutto uno strumento di visualizzazione. Il livello di accuratezza richiesto in una scena per visualizzare gli oggetti in modo appropriato è più basso rispetto a quello richiesto per costruire o produrre in modo corretto gli stessi oggetti. La maggior parte delle volte, è sufficiente fidarsi della propria sensibilità per raggiungere un giusto livello di accuratezza. Spesso l’accuratezza non è determinata dalle dimensioni esatte del modello. Il sistema visivo umano non è in grado di percepire distanze, lunghezze e spaziature esatte, ma si basa sul confronto tra le proporzioni e i rapporti fra gli oggetti. È quindi importante che nella scena siano rispettate le proporzioni e il rapporto fra gli oggetti. Talvolta, è necessario dedicare un’attenzione eccessiva all’accuratezza delle dimensioni come nelle animazioni scientifiche, nelle presentazioni forensi e in alcune presentazioni di architettura o di ingegneria. È importante ricordare, però, che anche per i progetti che richiedono un’estrema accuratezza, esistono delle soglie oltre le quali la precisione diventa eccessiva. Le due soglie principali da considerare sono: ■ le soglie dell’immagine di output; ■ le soglie numeriche di 3DS MAX.
Soglia dell’immagine di output Un modo per valutare la soglia di precisione della scena consiste nell’esaminare il supporto di output. Determinare la larghezza e l’altezza visibili della scena e dividere i valori ottenuti per la larghezza e l’altezza della risoluzione di output. Il valore risultante indica la dimensione del modello coperta da un pixel. Valori al di sotto del mezzo pixel indicano che la precisione di modellazione è eccessiva. In un’animazione, la larghezza e l’altezza visibili della scena variano a seconda della posizione della cinepresa e del campo visivo (FOV, Field-Of-View). Per le scene di animazione particolarmente importanti, è consigliabile calcolare i requisiti di precisione. L’esempio seguente misura la soglia di precisione dell’immagine di output di una scena. Si supponga di dover pianificare il rendering di un edificio a pochi piani adibito a ufficio da visualizzare sullo schermo a una risoluzione di 800x600 pixel. Si desidera sapere con quale grado di precisione costruire il modello.
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CAP.5
Misurazione della soglia di precisione in una scena Questo esempio si avvale di due tipi di oggetti ausiliari: Grids e Tape Measures. L’esempio misura inoltre le dimensioni della finestra SAFE FRAME. Maggiori dettagli su come creare e utilizzare oggetti ausiliari sono forniti nel capitolo successivo. La finestra SAFE FRAME è illustrata nel capitolo 20. La prima operazione consiste nel creare un semplice modello stand-in (un oggetto semplice che possa rimpiazzare il vero oggetto finale quanto a dimensioni e posizione) e impostare la vista cinepresa principale per la scena. La figura 5.1 mostra una scena – SCENE.MAX – che è possibile caricare dal CD in dotazione per meglio seguire l’esempio. La scena contiene un contenitore per un edificio adibito a ufficio, largo 180 piedi (55m), profondo 130 piedi (40m) e alto 34 piedi (10m).
■ Figura 5.1 Scena stand-in per calcolare i requisiti di precisione.
Esaminare la vista cinepresa nella finestra in basso a destra. È importante notare i rettangoli concentrici che racchiudono la visualizzazione. Questi rettangoli rappresentano la visualizzazione Safe Frame. Il rettangolo esterno sul bordo della finestra indica le dimensioni esatte dell’immagine finale rappresentata. Al fine di determinare in modo appropriato la soglia di precisione, è necessario conoscere la larghezza e l’altezza della Safe Frame nella vista cinepresa, misurate per l’edificio. Per effettuare tali misurazioni, è necessario creare un oggetto griglia allineato alla cinepresa e poi creare sulla griglia le misurazioni con il metro. 1. Fare clic su Grid dalla tendina HELPERS GENERAL del CREATE PANEL. 2. Trascinare il cursore in una finestra qualsiasi per creare una griglia. Nella figura 5.2, nella finestra CAMERA01 è stata creata una griglia quadrata di 50 piedi (15m).
PIANIFICAZIONE DEI PROGETTI
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3. 4.
Scegliere VIEWS , Grids e Activate Grid Object per far diventare l’oggetto griglia appena creato il piano di costruzione attivo. Scegliere V IEWS, Grids e Align To View per allineare la griglia alla finestra C AMERA01. La figura 5.2 mostra i risultati delle quattro operazioni precedenti. Dopo aver utilizzato il comando Align To View, la griglia si sposta e ruota in modo tale da allinearsi alla cinepresa ed essere centrata rispetto alla sua posizione.
■ Figura 5.2 Creare e allineare un oggetto griglia.
Oggettogriglia
Oggettogriglia allineato con la cinepresa
Ora è necessario spostare la griglia lungo la linea di puntamento della cinepresa finché la griglia non è centrata sul soggetto della vista (l’edificio). È possibile farlo spostando la griglia lungo il suo asse locale Z. 5. Fare clic su Move e impostare i Transform Managers per vincolarli alle coordinate locali e all’asse Z. 6. Spostare la griglia in modo tale da centrarla sull’edificio (figura 5.3). È possibile spostare la griglia in qualsiasi finestra.
■ Figura 5.3 Spostamento della griglia per centrarla sul soggetto della scena.
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CAP.5 Ora si possono creare due strumenti ausiliari Tape per misurare l’altezza e la larghezza della Safe Frame nella vista cinepresa. 7. Fare clic nella finestra CAMERA 01 per renderla attiva. 8. Fare clic su Tape dalla categoria HELPERS GENERAL del CREATE PANEL. 9. Creare un metro a nastro che misuri la larghezza della Safe Frame e un secondo metro a nastro che misuri l’altezza (figura 5.4). 10. Dal MODIFY PANEL, selezionare un nastro alla volta. Fare attenzione alle lunghezze riportate nella casella Length. 11. Dividere la larghezza e l’altezza indicate per la larghezza e l’altezza di rendering. I risultati dovrebbero essere i seguenti: Larghezza: 284 piedi (86m)/800=0.36 piedi (10 cm) Altezza: 213 piedi (65m)/600=0.36 piedi
■ Figura 5.4 Creare oggetti metro a nastro sulla griglia allineata.
Il risultato di 0.36 piedi o poco più di 4 pollici (circa 10cm) significa che ogni pixel dell’immagine copre circa 10cm della scena. Se si suppone che un oggetto si trova in posizione centrata nel pixel, allora è possibile muoversi di circa 5cm su ogni lato e rimanere comunque all’interno dello stesso pixel. Questo modello e la vista cinepresa hanno una soglia di precisione per l’immagine di output di ±2 pollici (5cm). Sempre facendo riferimento alle informazioni dell’esempio precedente, è possibile affermare che per l’angolo cinepresa e la risoluzione di output dati, modellare dettagli che siano larghi meno di 5cm è inutile. Inoltre, si desidera sapere se i dettagli larghi meno di 10cm siano necessari nell’inquadratura. Nell’esercizio precedente, è stato calcolato lo stesso valore di 0,36 pollici (circa 10cm) per l’altezza e per la larghezza dell’immagine. Questi valori sono uguali solo quando il rapporto prospettico per supporto di rendering è impostato su 1,0. Quando si specificano le risoluzioni di output per il rendering, il rapporto prospettico riportato nella finestra RENDER SCENE non è sempre 1,0. La configurazione per una risoluzione video di 512 × 486 dà un rapporto prospettico di 1,25. Quando appare questo valore, il risultato del calcolo dà due valori diversi per la distanza coperta da un pixel: uno per la misurazione orizzontale e l’altro per la misurazione verticale. È necessario decidere quale valore determina i dettagli più importanti della scena. È possibile adottare una tecnica simile per i progetti in cui la precisione non è così importante. Effettuare delle stime approssimative sulle dimensioni delle visualizzazioni
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principali e dividere le dimensioni per la risoluzione di output. I calcoli forniranno una stima della soglia di precisione adatta per numerosi progetti. L’esempio precedente utilizza una tecnica che allinea un oggetto griglia alla vista cinepresa per creare oggetti sul piano prospettico dell’immagine. È possibile utilizzare la stessa tecnica quando è necessario tracciare o creare oggetti allineati a una vista prospettica.
Precisione numerica di 3DS MAX Per memorizzare i valori numerici, 3D Studio MAX utilizza numeri a virgola mobile in precisione semplice. Questa scelta migliora le prestazioni di 3D Studio MAX a scapito di una precisione leggermente minore quando si lavora con modelli molto grandi o molto piccoli. Le virgole mobili sono in grado di rappresentare numeri incredibilmente grandi e piccoli, ma sono limitate a sette cifre che permettono a 3D Studio MAX di rintracciare con cura i numeri in una fascia di sette cifre, ma oltre questa fascia si verificano errori di approssimazione. Con quale probabilità si verifica un errore di approssimazione? Dipende dal soggetto da modellare, dallo stile di modellazione e dal numero di calcoli necessari per rappresentare l’oggetto nella scena. Qui di seguito sono elencati alcuni esempi in cui si verificano errori di arrotondamento. Se l’unità del sistema è impostata sul valore di default 1,0 pollici (2,5cm), alcune fasce di approssimazione per l’accuratezza comprendono: ■ precisione fino a 1 pollice su una fascia di 60.8 miglia (circa 98km); ■ precisione fino a 1/8 di pollice su una fascia di 7.8 miglia (circa 12,5km); ■ precisione fino a 1cm su una fascia di 6.12km; ■ precisione fino a 1mm su una fascia di 765m. È importante notare che è possibile lavorare facilmente con unità metrica (SI) anche se l’unità di sistema è impostata su 1,0 pollici. Maggiori dettagli su come impostare le unità di lavoro saranno forniti più avanti nel capitolo nel paragrafo “Impostazione di un’unità di misura”. Poiché le virgole mobili sono calcolate in questo modo, è difficile determinare esattamente dove si verificano gli arrotondamenti per un dato modello. L’elenco seguente comprende le linee guida generali per evitare gli arrotondamenti: ■ Eseguire una modellazione che abbia un livello di particolari adatto alle proporzioni della scena. Se la scena copre un’intera città delle dimensioni di Manhattan, non è necessario occuparsi della modellazione delle maniglie delle porte. ■ Mantenere il modello vicino all’origine coordinate globali. Quando si importano modelli da sistemi CAD che hanno un grado di precisione decisamente superiore, può capitare che gli oggetti siano posizionati molto lontano dall’origine coordinate globali. Spostare gli oggetti vicino a essa nel sistema CAD prima di esportarli o in 3D Studio MAX subito dopo l’importazione. ■ Cambiare l’unità di scala di sistema nella finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS solo se strettamente necessario. Capita raramente di dover cambiare le proporzioni. Maggiori dettagli a riguardo sono forniti nel paragrafo “Impostazione dell’unità di scala di sistema” più avanti nel capitolo.
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CAP.5 Per esempio, se si intende modellare oggetti estremamente piccoli attraverso una scala molecolare, è consigliabile cambiare l’unità del sistema in millimetri. Se al contrario si intende modellare oggetti estremamente grandi, come su scala astronomica, è consigliabile impostare l’unità del sistema in miglia o chilometri.
Dettagli di modellazione Scegliere un livello di particolari adatto è un elemento strettamente correlato alla precisione. Nella scena dell’esempio precedente, un pixel equivale a una distanza di circa 10cm. I particolari più piccoli di 10cm perdono definizione nel rendering finale. È importante considerare fino a che punto sono appropriati i dettagli nella scena creata. In molti casi, un dettaglio è abbastanza grande per essere visibile nella scena, ma si decide di non modellarlo perché alcuni dettagli non sono adatti al messaggio che si vuole trasmettere. Per esempio, si riconsideri l’esempio dell’edificio adibito a ufficio; si supponga di aver creato il modello dell’edificio e di averlo sistemato nella giusta posizione. In primo piano si desidera aggiungere alcune persone e alcune automobili. Si calcola la soglia di precisione per le auto e ci si rende conto che dettagli come i tergicristalli e gli ornamenti sul cofano, dovrebbero essere visibili. Tali particolari non saranno modellati, perché distoglierebbero l’attenzione dal soggetto principale del rendering, l’edificio. In questo caso, la composizione e l’attenzione dello spettatore sono più importanti della cura dei dettagli. È possibile anche adottare la tecnica di un artista per i propri modelli. Spesso, un artista raffigura un particolare suggerendo una forma o un’ombra. Lo spettatore inconsciamente aggiunge i particolari. È sorprendente quanto siano pochi i dettagli necessari quando si esegue una modellazione. Un’altra situazione in cui è consigliabile evitare i dettagli è quando si costruisce un’animazione per una presentazione a un processo. Il particolare e l’estremo realismo spesso offuscano il problema in questione. I rendering troppo realistici possono influenzare la giuria e sono spesso respinti come prove non valide. Per decidere il livello appropriato di particolari, è necessario lavorare a stretto contatto con il cliente. Nella maggior parte dei casi, per avere successo è consigliabile utilizzare un livello di particolari minimo.
Complessità del modello La complessità del modello si riferisce al numero di facce utilizzate per costruire modelli. È consigliabile utilizzare il minor numero di facce possibile per ottenere il livello di realismo richiesto perché la velocità di rendering dipende direttamente dal numero di facce della scena. Maggiore è il numero di facce in una scena, maggiore sarà il tempo di rendering. Per ridurre la complessità del modello, le diverse tecniche possono essere riassunte come segue: ■ controllare la creazione di facce attraverso i diversi parametri oggetto come i segmenti e le facce per le primitive, i passi percorso e forme per gli oggetti loft e i controlli per le decorazioni con mosaico a scacchiera per alcuni modificatori. Tali impostazioni controllano direttamente il numero di facce utiliz-
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zate per visualizzare un oggetto e molti di questi parametri possono essere animati per aggiungere o ridurre la complessità secondo le necessità nel corso dell’animazione; utilizzare il modificatore Optimize per ridurre la complessità di un modello. Il modificatore Optimize utilizza parametri multipli per analizzare un oggetto e ridurre il numero di vertici e di facce utilizzati. È possibile animare i parametri Optimize per modificare i valori di ottimizzazione nel tempo; utilizzare mappe invece di vere e proprie figure geometriche. È possibile rappresentare numerosi dettagli in un modello applicando una mappa o un’immagine del particolare invece di modellarlo con le facce. La figura 5.5 mostra un esempio di questa tecnica utilizzando il modello di una calcolatrice. La geometria estremamente semplice produce un rendering complesso attraverso l’utilizzo attento di mappe. La regola è: “Mai modellare con figure geometriche ciò che è possibile rappresentare con una mappa”.
■ Figura 5.5 Modello wireframe e versione mappata e rappresentata di una calcolatrice.
Impostazione delle unità Due sono i luoghi per controllare come 3D Studio MAX definisce e misura le unità della scena: la finestra di dialogo UNITS SETUP e il System Unit Scale (Unità di scala di sistema) nella finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS. Il metodo principale per definire le unità di lavoro è attraverso la finestra di dialogo UNITS SETUP che permette di specificare in che modo le unità sono misurate e visualizzate. L’Unità di scala di sistema imposta il valore interno per ciò che un’unità generica rappresenta. Questo valore rimane quasi sempre invariato.
Impostazione di un’unità di misura Utilizzare la finestra di dialogo UNITS SETUP dal menu VIEW per definire in che modo si desidera misurare e visualizzare le distanze nella scena. La finestra di dialogo UNITS SETUP ha quattro opzioni (figura 5.6). Le prime due opzioni riguardano i due metodi di misurazione: (SI) e (piedi e pollici). La scelta è semplice e inoltre all’interno dei metodi specifici è possibile scegliere delle sub-opzioni. Per esempio, due delle opzioni di sono Decimal Feet (uno standard utilizzato in ingegneria civile) e Feet with Fractional Inches (uno standard utilizzato in architettura). Il metodo è in grado di misurare in millimetri, centimetri, metri o chilometri.
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CAP.5 ■ Figura 5.6 La finestra di dialogo UNITS SETUP.
Utilizzare la terza opzione per definire unità di misura personalizzate. Unica restrizione: occorre descrivere l’unità di misura utilizzando unità che 3DS MAX è in grado di capire. Specificare il suffisso dell’unità da definire, seguito dal valore delle unità conosciute equivalenti alle unità personalizzate. La 3D Studio MAX User’s Guide illustra un esempio reintroducendo un’antica unità di misura chiamata cubito, ma le unità di misura personalizzate sono comode anche per altri metodi di misurazione. Per esempio, si supponga di voler modellare oggetti molto piccoli. L’unità di misura US Standard per esprimere le misure piccole è il millesimo di pollice. Se si desidera lavorare in millesimi di pollice, è necessario definire la seguente unità personalizzata: Millesimo di pollice= 0,001 pollici L’ultima opzione è . 3D Studio MAX non assegna un significato particolare alle unità generiche e le dimensioni degli oggetti sono determinate dalle impostazioni correnti dell’unità di scala di sistema. Lavorare con unità generiche non è molto comodo. Ogni volta che si crea un oggetto, si ha in mente un’unità di misura particolare. Si considerino le tre affermazioni seguenti: “La mia scrivania è 100x120 unità” “Sono alto 180 unità” “Per quel bullone è necessaria una chiave inglese da 14 unità” Queste affermazioni sono molto vaghe e implicano delle relazioni spaziali molto strane, finché non si assegna la corretta unità di misura: “La mia scrivania è 100x120 centimetri” “Sono alto 180 centimetri” “Per quel bullone è necessaria una chiave inglese da 14mm” La stessa confusione si verifica quando si esegue una modellazione in unità generiche e la situazione peggiora quando si decide arbitrariamente che un’unità generica rappresenta un valore diverso da 1,0 pollici (l’unità di default del sistema). Inoltre se si scelgono le unità generiche, si avranno sicuramente dei problemi nella condivisione di file con altri utenti 3DS MAX, perché nessuno sa con sicurezza il valore di tale unità. È consigliabile definire sempre l’unità di misura da utilizzare.
Impostazione dell’unità di scala di sistema Le impostazioni riguardanti l’unità di scala di sistema sono nascoste nel pannello GENERAL della finestra di dialogo PREFERENCE SETTING perché è consigliabile non modificare di frequente questa impostazione. 3D Studio MAX memorizza internamente le distanze PIANIFICAZIONE DEI PROGETTI
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misurate a unità generiche che non hanno un significato particolare. L’unità di scala di sistema è applicata come scala base quando 3D Studio MAX visualizza le misure nelle diverse caselle dei parametri. Modificare il significato dell’unità di scala di sistema significa cambiare tutte le misurazioni della scena. L’unità di scala di sistema è memorizzata nel file 3dsmax.ini e non nei file scena singoli di 3DS MAX. Tutte le misurazioni in un file scena sono memorizzate in unità generiche e le stesse unità sono moltiplicate per l’unità di scala di sistema corrente quando si apre o si unisce un file scena. Per esempio, creare un cubo avente il lato di 10 pollici (25cm) utilizzando il valore predefinito dell’unità di scala di sistema 1,0 pollici (2,5cm). Quando si salva la scena, è memorizzato un cubo avente per lato 10 unità. Se si modifica l’unità di scala di sistema a 1 piede e si apre la scena con il cubo, verrà indicato che il cubo ha il lato di 10 piedi. Il cubo non è cambiato, è ancora 10 unità per lato, è solo il significato di unità che e cambiato. È difficile unire e condividere file tra workstation se si utilizzano scale sistema di unità diverse. È consigliabile non modificare il valore predefinito della scala unità di 1,0 pollici o perlomeno cambiarlo solo dopo aver considerato tutti gli effetti che questa operazione avrà sul progetto complessivo e sull’utilizzo futuro del file. (Per maggiori informazioni, fare riferimento alle soglie numeriche e ai numeri a virgola mobile in precisione semplice illustrati nella prima parte del capitolo). Gli arrotondamenti non solo influiscono sulla precisione della scena, ma anche sulla capacità di trasformare oggetti e di fare zoom sui livelli di ingrandimento. Per esempio, si supponga di dover modellare la Terra. Se si utilizza una unità di scala di sistema di 1,0 pollici, la circonferenza totale della Terra di 24.900 miglia (circa 40.000km) equivale a oltre 1,5 miliardi di pollici. Se si imposta l’unità di misura sulle miglia i calcoli saranno più facili, ma 3DS MAX continuerà a lavorare in pollici. Gli arrotondamenti in precisione semplice si verificano a circa 40 piedi (circa 12m) causando numerosi problemi se si lavora con cifre così grandi; il problema più ovvio è che la visualizzazione massima è limitata a una larghezza minore di quattro milioni di unità quindi non sarà possibile visualizzare l’intera estensione della scena. Se si modifica l’unità di scala di sistema a 1,0 miglia, i numeri saranno molto più maneggevoli. La circonferenza della Terra è di 24.900 unità di sistema; c’è molto spazio per fare zoom sulla vista e la precisione è ancora ottima fino a 40 piedi.
Gestione delle viste 3D Studio MAX offre un modo rapido ed efficiente per gestire le viste del modello. Gli strumenti di visualizzazione sono numerosi: servono a specificare il layout dello schermo, controllare il tipo di vista e l’orientamento, specificare come ottimizzare le prestazioni per ridisegnare mentre si lavora.
Disposizione della finestra È possibile specificare due layout per la finestra e passare dall’uno all’altro in qualsiasi momento. Scegliere VIEWS, Viewport Configuration dalla barra dei menu e fare clic con il pulsante destro del mouse sull’etichetta della finestra e scegliere Configure dal menu di scelta rapida.
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CAP.5 La figura 5.7 mostra il pannello LAYOUT della finestra di dialogo VIEWPORT CONFIGURATION con le 14 disposizioni standard delle finestre nella parte superiore della finestra. Nella parte destra della finestra ci sono due pulsanti di opzione che permettono di scegliere se lavorare con il Layout A o con il Layout B. Selezionare il layout desiderato e poi fare clic su una delle 14 disposizioni standard delle finestre. Il layout (A o B) attivo quando si fa clic su OK è quello visualizzato nella finestra dell’applicazione di 3D Studio MAX. È possibile passare dal Layout A al Layout B o viceversa in qualsiasi momento premendo |(la barra verticale).
■ Figura 5.7 Il pannelloLAYOUT della finestra di dialogo VIEWPORT CONFIGURATION.
Orientamento della vista Oltre all’impostazione del layout della finestra, è molto importante impostare i diversi orientamenti delle viste. 3D Studio MAX supporta 13 orientamenti della vista diversi che possono essere organizzati in quattro gruppi funzionali: ■ viste ortografiche standard: Top (alto), Bottom (basso), Front (davanti), Back (indietro), Left (sinistra) e Right (destra); ■ viste personalizzate definite dall’utente: User (assonometrica) e Perspective (prospettica); ■ viste basate sugli oggetti: Camera (cinepresa), Spotlight (riflettore), Grid (griglia) e Shape (figura); ■ traccia per visualizzare gli strumenti di animazione, Editor tracce, in una finestra. È possibile assegnare tipi di viste quando si specifica il layout della finestra dalla finestra di dialogo VIEWPORT CONFIGURATION . Se si fa clic in una finestra del layout campione nella parte sinistra della finestra, verrà visualizzato un elenco dei tipi di viste (figura 5.8). Lo stesso elenco è disponibile facendo clic con il pulsante destro del mouse su un’etichetta della finestra e scegliendo VIEWS dal menu di scelta rapida. È importante notare che i tipi di viste Camera e Spotlight non compaiono nell’elenco finché non si creano cineprese e riflettori nella scena. Il modo più veloce e facile per modificare il tipo di vista è utilizzare i seguenti tasti di scelta rapida a una sola lettera per assegnare un tipo di vista alla finestra attiva: PIANIFICAZIONE DEI PROGETTI
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■ Figura 5.8 L’elenco di scelta rapida per i tipi di viste.
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T: visualizza la vista Top; B: visualizza la vista Bottom; F: visualizza la vista Front; K: visualizza la vista Back; L: visualizza la vista Left; R: visualizza la vista Right; U: converte la vista corrente in una vista assonometrica User. L’angolo visuale non cambia. Se si converte da una vista Front a una vista User l’allineamento della vista è lo stesso ma il piano di costruzione attivo cambia in piano terrestre. Per maggiori informazioni sui piani di costruzione fare riferimento al capitolo 7. Il tasto U rappresenta un modo agevole per passare da viste prospettiche ad assonometriche senza cambiare l’angolo visuale; P: converte la vista corrente in vista prospettica. Come per la vista User, se si preme P si conserva l’angolo visuale e si passa al piano di costruzione al piano terrestre. A differenza della vista User, la proiezione prospettica cambia sempre l’aspetto della vista; C : visualizza una vista prospettica Camera. Se si dispone di cineprese multiple, apparirà una finestra di dialogo per selezionare il nome della cinepresa; $: visualizza una vista prospettica da un riflettore. Se si hanno più riflettori, apparirà una finestra di dialogo per selezionare il nome del riflettore; G: allinea la vista con l’oggetto griglia attivo. È possibile creare oggetti griglia e poi specificarne uno che funga da piano di costruzione. Lavorare con una vista Grid è come lavorare con una vista Top quando il piano terrestre rappresenta il piano di costruzione attivo. Se si preme G quando nessun oggetto griglia è attivo, la vista si allineerà con il piano terrestre; D: disattiva la finestra. Una finestra disattivata impedisce di ridisegnare in tempo reale qualsiasi figura geometrica della scena quando la vista non è attiva. Una vista attiva disattivata si comporta come qualsiasi altra vista
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quando si lavora su di essa. Quando si rende attiva un’altra vista, la vista disattivata congela la visualizzazione finché non si riattiva la vista o si sceglie Redraw All Views dal menu VIEWS . In questo modo si aumentano le prestazioni della visualizzazione della vista attiva a scapito di un aggiornamento in tempo reale delle viste disattivate; E: converte una finestra in visualizzazione Editor tracce. Normalmente, l’Editor tracce visualizza in una finestra mobile sopra alla finestra dell’applicazione 3D Studio MAX. Questa è solo un’altra opzione di visualizzazione; non esiste un tasto di scelta rapida per le viste Shape. Scegliere Shape dal menu di scelta rapida per allineare la vista con un oggetto Shape selezionato. Utilizzare una vista Shape con le coordinate locali o di visualizzazione rappresenta un modo molto comodo per modificare le figure non allineate a un piano di costruzione o a un oggetto griglia.
È possibile modificare la maggior parte dei tasti di scelta rapida in 3D Studio MAX utilizzando il pannello KEYBOARD della finestra di dialogo PREFERENCE S ETTINGS. In 3D Studio MAX le scelte rapide per le viste appena descritte sono impostate per default.
Esplorazione delle visualizzazioni Esistono molti modi per esplorare lo spazio tridimensionale di 3D Studio MAX. Le nozioni di base per utilizzare i pulsanti di esplorazione delle visualizzazioni sono illustrate nel capitolo 4 della 3D Studio MAX User’s Guide. Le informazioni contenute nei paragrafi seguenti sono un approfondimento per utilizzare le visualizzazioni e per accelerarne l’esplorazione utilizzando una tastiera alternativa.
Visualizzazioni a zoom La maggior parte dei pulsanti di esplorazione delle visualizzazioni è utilizzata per fare zoom sulla vista. Questi pulsanti sono disponibili per tutti i tipi di visualizzazioni tranne Camera e Spotlight. Il metodo basilare di utilizzo consiste nel premere un pulsante Zoom e poi trascinare in una vista per definire l’ingrandimento dello zoom. È possibile modificare l’effetto di un comando zoom premendo i seguenti tasti di modifica: ■ CTRL durante il trascinamento accelera la modifica dell’ingrandimento dello zoom; ■ CTRL mentre si trascina uno Zoom All o si fa clic su Zoom Extents All esclude le viste Perspective dal comando; ■ CTRL e clic con il pulsante destro del mouse su Zoom o Zoom All fa lo zoom avanti 2X; ■ ALT e clic con il pulsante destro del mouse su Zoom o Zoom All fa lo zoom indietro 2X. È possibile eseguire le seguenti scelte rapide da tastiera come comandi autonomi o interattivi anche durante un altro comando. Per esempio, mentre si trascina un oggetto, è possibile premere una scelta rapida da tastiera qualsiasi per modificare la visualizzazione senza interrompere l’operazione:
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ALT+CTRL+Z: zoom estensione nella vista attiva SHIFT+CTRL+Z: zoom estensione in tutte le viste SHIFT+(NUM+): zoom avanti 2X nella vista attiva SHIFT+(NUM-): zoom dietro 2X nella vista attiva SHIFT+[: zoom avanti per circa la metà (1,414x) di SHIFT+(NUM+); questa combinazione è chiamata zoom interattivo avanti; ■ SHIFT+]: zoom indietro per circa la metà (0,707x) di SHIFT+(NUM-); questa combinazione è chiamata zoom interattivo indietro. Le due seguenti scelte rapide per lo zoom sono solo comandi autonomi. Cancellano qualsiasi altro comando attivo. ■ Z: vista attiva zoom; ■ CTRL+W: modalità area di zoom. È possibile assegnare un tasto di scelta rapida a tutti i comandi Zoom. In 3D Studio MAX le scelte rapide sopra elencate sono impostate per default. È possibile modificare le combinazioni per le scelte rapide o assegnare scelte rapide ad altri comandi Zoom utilizzando il pannello KEYBOARD nella finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS. Per impostare l’ingrandimento della visualizzazione, il modo più facile è trascinare il dispositivo su e giù e utilizzare le scelte rapide da tastiera. Talvolta è necessario regolare i livelli di ingrandimento dello zoom in modo preciso, in tal caso utilizzare i tasti di direzione della tastiera. Il metodo per effettuare uno zoom con i tasti di direzione comincia in modo diverso dalla normale procedura di zoom. Se si utilizza il metodo normale, si fa clic sul pulsante Zoom o Zoom All e poi si trascina in una finestra per regolare l’ingrandimento dello zoom. Se si desidera utilizzare i tasti di direzione, è necessario fare clic in un quadrante, non trascinare. I tasti di direzione hanno l’effetto seguente: ■ se si premono i tasti di direzione SU e GIÙ, l’ingrandimento dello zoom cambierà leggermente; ■ se si preme il tasto CTRL mentre si preme un tasto di direzione, l’ingrandimento dello zoom cambierà notevolmente. La quantità di ingrandimento zoom è circa 100 volte maggiore rispetto all’ingrandimento senza il tasto CTRL; ■ se si tiene premuto un tasto di direzione lo zoom continua. Per fare zoom su una vista utilizzando i tasti di direzione, eseguire le seguenti operazioni: 1. fare clic su Zoom o Zoom All; 2. fare clic nella finestra dove si desidera eseguire lo zoom; 3. premere il tasto freccia SU per uno zoom in avanti; 4. premere il tasto freccia GIÙ per uno zoom indietro; 5. fare clic per completare lo zoom o fare clic con il pulsante destro del mouse per annullare.
Visualizzazione panoramica Il comando Pan è anche disponibile per tutte le viste tranne Camera e Spotlight. In realtà, le viste Camera e Spotlight hanno un comando chiamato Pan che esegue però operazioni completamente diverse. È possibile utilizzare le seguenti scelte rapide con il comando Pan:
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CTRL: mentre si trascina accelera la distanza della panoramica; CTRL+P (modalità Pan): non è possibile utilizzare questo comando interattivamente; cancella il comando corrente prima di attivare la modalità Pan; ■ I (Interactive Pan): se si preme I, si ottiene una panoramica della vista centrata sul cursore. È interattiva e non interrompe il comando corrente. Interactive Pan è simile a una tecnica chiamata “scorrimento dei bordi” ma consente di conservare il controllo completo quando si verifica lo scorrimento. Proprio come i comandi Zoom, è possibile ottenere una panoramica della vista utilizzando i tasti di direzione della tastiera. Questa tecnica permette di avere un controllo molto preciso sulla distanza Pan. I tasti di direzione hanno l’effetto seguente: ■ se si preme un tasto di direzione, la panoramica della vista cambierà leggermente; ■ se si preme il tasto CTRL mentre si preme un tasto di direzione, la panoramica della vista cambierà notevolmente. La distanza panoramica è circa 100 volte maggiore rispetto alla distanza panoramica senza il tasto CTRL; ■ se si tiene premuto un tasto di direzione la panoramica continua. Per effettuare la panoramica di una vista utilizzando i tasti di direzione, eseguire le seguenti operazioni: 1. fare clic su Pan; 2. fare clic nella finestra dove si desidera eseguire la panoramica; 3. premere il tasto freccia SU o GIÙ per un panoramica verticale; 4. premere il tasto freccia SINSTRA o DESTRA per una panoramica orizzontale; 5. fare clic per completare la panoramica o fare clic con il pulsante destro del mouse per annullare.
Rotazione delle visualizzazioni Il pulsante Arc Rotate è disponibile per tutte le viste tranne Camera e Spotlight. Utilizzare il pulsante Arc Rotate per ruotare interattivamente una vista attorno a uno dei tre assi delle coordinate. Arc Rotate ha l’effetto supplementare di convertire una vista ortografica in una vista assonometrica User. La versione 1.1 di 3D Studio MAX contiene un errore che impedisce al comando Arc Rotate di funzionare correttamente in viste non prospettiche. Quando si utilizza Arc Rotate, le rotazioni delle viste dovrebbero essere eseguite attorno al centro di ogni finestra; il centro della rotazione è spostato invece, dall’origine delle coordinate globali, di una quantità che equivale circa all’inverso della distanze esistente tra l’origine delle coordinate globali ed il centro della vista. Maggiore è la distanza dall’origine delle coordinate globali, minore diventano le prestazioni di Arc Rotate. Utilizzare sempre Arc Rotate Selected quando si desidera ruotare una vista non prospettica, perché tutte le rotazioni di viste con Arc Rotate Selected sono centrate sull’oggetto selezionato e quindi sono più prevedibili. Arc Rotate standard lavora benissimo nella vista Perspective. Arc Rotate funziona nella maniera seguente: ■ se si trascina la scheda LEFT o RIGHT, la vista ruota intorno all’asse Z passando per il centro della vista; ■ se si trascina la scheda TOP o BOTTOM, la vista ruota intorno all’asse orizzontale dello schermo passando per il centro della vista;
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se si trascina fuori da Arc Ball, la vista ruota attorno all’asse di profondità dello schermo passando per il centro della vista. Attivare Angle Snap per restringere le rotazioni delle viste al valore dell’angolo snap impostato nella finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS. Come per lo zoom e la panoramica, è possibile inoltre ruotare le viste utilizzando i tasti di direzione. Questa tecnica permette di avere un controllo molto preciso sugli angoli delle viste. I tasti di direzione hanno l’effetto seguente : ■ premere il tasto SINISTRA o DESTRA per ruotare la vista a incrementi di 1,0 gradi attorno a un asse Z globale passante per il centro della vista; ■ premere SHIFT con il tasto SINISTRA o DESTRA per ruotare la vista a incrementi di 1,0 gradi attorno a un asse di profondità dello schermo passante per il centro della vista; ■ premere il tasto SU o GIÙ per ruotare la vista a incrementi di 1,0 gradi attorno a un asse orizzontale dello schermo passante per il centro della vista; ■ premere CTRL con uno dei tasti sopra elencati per ruotare la vista a incrementi di 10,0 gradi. Per una rotazione ad arco di una vista utilizzando i tasti di direzione, eseguire le seguenti operazioni : 1. fare clic su Arc Rotate; 2. fare clic nella finestra dove si desidera effettuare la rotazione ad arco; 3. premere un tasto freccia per ruotare la vista; 4. fare clic per completare la rotazione e fare clic con il pulsante destro del mouse per annullare.
Lavorare con i file L’ultimo punto da considerare quando si avvia un progetto riguarda le strategie per trovare, gestire e memorizzare i numerosi file che compongono un progetto riuscito. Nei paragrafi seguenti sarà illustrato come salvare, unire, eseguire il backup, archiviare file e gestire strutture di file.
Come combinare file scena multipli La prima tecnica per gestire i file consiste nel costruire la scena e tutti i modelli di supporto. Se il soggetto è semplice, è possibile modellare l’intera scena in un unico file scena MAX. È più probabile però che la scena sia composta da numerosi oggetti e che modellarli separatamente sia più facile. Si supponga di aver deciso di modellare ogni oggetto separatamente, è necessario decidere in che modo tutti gli oggetti sono abbinati nel rendering finale.
Strategie dei file scena Proprio come le strategie di layering con i sistemi CAD, non esiste una strategia migliore delle altre per costruire un modello tridimensionale. È comunque possibile suddividere le strategia di modellazione in due tecniche di base.
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CAP.5 La prima tecnica modella ogni oggetto separatamente su file distinti. Dopo aver modellato tutti gli oggetti, si uniscono in un unico file e li si dispone secondo il progetto. Tale tecnica funziona molto bene nelle due situazioni seguenti: ■ la scena è relativamente semplice e composta da oggetti comuni, ben conosciuti. Tutti sanno come è fatta una tazzina da caffè o una lampadina, quindi è facile aprire un nuovo file e crearli da zero; ■ esiste già un modello appropriato su file. Il modello è stato utilizzato in un progetto precedente, è incluso nel CD-ROM in dotazione o è stato acquistato da un altro produttore. Se è necessario un modello mesh dettagliato di una macchina da caffè americano, per esempio, è possibile utilizzare un modello dal CD-ROM Kinetix Residential 3D Props, invece che costruirne uno daccapo (figura 5.9). In questo caso, fare una copia del file, modificarlo a piacere e unirlo alla scena principale.
■ Figura 5.9 Un modello mesh di una macchina da caffè di Kinetix Residential 3D Props.
Con la versione 1.1 di 3D Studio MAX non esistono in commercio molti modelli in formato nativo 3DS MAX. Non è comunque un problema perché 3D Studio può importare file mesh in altri formati. La seconda tecnica di modellazione prevede che si costruisca prima la scena principale. Per gli oggetti rappresentati nella scena, utilizzare figure geometriche o oggetti stand-in molto semplici. Gli oggetti stand-in sono copiati dalla scena e fungono da guida per la creazione di modelli dettagliati. I modelli dettagliati sostituiranno infine gli oggetti stand-in della scena principale. In questo modo, si è in grado di determinare la figura di base, il volume e la posizione di ogni oggetto prima di iniziare la modellazione. Un errore tipico consiste nel modellare nei particolari un oggetto che sarà poi relegato sullo sfondo o, peggio ancora, nascosto da un oggetto in primo piano. Il secondo metodo è fortemente consigliato per quasi ogni tipo di scena grande e complicata. Come è facilmente intuibile, la maggior parte dei progetti richiedono una miscela di entrambe le tecniche. Si consiglia quindi di iniziare con una scena semplificata stand-in e di modellare poi gli oggetti in dettaglio per ottenere un modello migliore e più efficiente.
Unione e sostituzione di oggetti nella scena Dopo aver costruito i diversi modelli in file separati, è necessario unire i file nella scena. Se è stata modellata una scena stand-in, sarà necessario anche sostituire gli oggetti stand-
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in con gli oggetti dettagliati. È possibile effettuare entrambe le operazioni con il comando Merge nel menu FILE. Scegliere Merge dal menu a discesa FILE per unire gli oggetti di un file scena .MAX con la scena corrente. Dopo aver selezionato il file da unire, verrà visualizzata una seconda finestra di dialogo MERGE; selezionare quali oggetti si desidera unire (figura 5.10). È possibile scegliere di unire tutti gli oggetti del file selezionato o solo alcuni oggetti da selezionare dall’elenco.
■ Figura 5.10 Selezionare oggetti da unire.
Nella scena di 3D Studio MAX è possibile avere oggetti multipli con lo stesso nome, quindi anche se gli oggetti da unire hanno lo stesso nome degli oggetti presenti nella scena, non insorgeranno problemi. Se per costruire la scena è stato utilizzato il metodo stand-in, si dovranno cancellare automaticamente gli oggetti stand-in quando saranno sostituiti dai modelli più dettagliati con lo stesso nome. Per sostituire gli oggetti nella scena corrente con gli oggetti da unire che hanno lo stesso nome, spuntare la casella di controllo [Same Name] vicino all’angolo inferiore destro della finestra di dialogo MERGE. Quando la casella [Same Name] è spuntata, verranno visualizzati nell’elenco selezione solo gli oggetti nel file unione con un nome corrispondente agli oggetti della scena corrente. Gli oggetti dell’elenco selezionati sostituiranno gli oggetti con lo stesso nome presenti nella scena. Uno degli svantaggi di questo metodo è che l’opzione [Same Name] richiede che gli oggetti da unire abbiano esattamente lo stesso nome degli oggetti già presenti nella scena. Se il nome non corrisponde perfettamente, gli oggetti non corrispondenti saranno ignorati. È possibile anche creare un unico oggetto stand-in che sarà sostituito da un modello dettagliato composto da oggetti multipli. L’opzione [Same Name] unisce solo l’oggetto con lo stesso nome dell’oggetto stand-in; tutti gli altri oggetti con nomi diversi sono ignorati. Il modo migliore per aggirare questa restrizione è evitare di utilizzare l’opzione [Same Name] e cancellare manualmente gli oggetti stand-in dopo aver unito i modelli dettagliati. Lasciare l’oggetto stand-in nella scena costituisce un vantaggio poiché l’oggetto stand-in può essere utilizzato per controllare le dimensioni e la posizione rispetto all’oggetto da unire.
Compatibilità con gli altri programmi di modellazione Anche se 3D Studio MAX è uno degli strumenti di modellazione più potenti esistenti in commercio, può capitare di dover ricorrere a un altro programma per effettuare un dato
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CAP.5 lavoro. Un modellatore secondario comune per gli utenti di 3D Studio MAX è AutoCAD e Mechanical Desktop di Autodesk. Aprire i modelli scritti con altri formati utilizzando il comando Import del menu FILE. I tipi di file supportati dalla versione 1.1 di 3D Studio MAX sono i seguenti: ■ 3DS: I file scena e animazione tridimensionali standard di 3D Studio R4 per DOS; ■ SHP: Il file 2D Shaper di 3D Studio R4 per DOS. Questo file contiene spline bidimensionali che vengono convertiti in oggetti forma nella scena di 3D Studio MAX; ■ PRJ: Il file progetto standard di 3D Studio R4 per DOS. Questo file abbina le informazioni tridimensionali e bidimensionali di 3D Studio. È possibile importare in 3D Studio MAX solo gli spline di 2D Shaper e le mesh e le animazioni di 3D Editor e Keyframer. Tutte le altre informazioni PRJ, compreso 3D Lofter, sono ignorate; ■ DWG: File disegno bidimensionali e tridimensionali di AutoCAD R13 e versioni precedenti; ■ DXF: Formato di scambio disegni Autodesk. Questo tipo di file è supportato da AutoCAD e da molti altri programmi di modellazione Cad e tridimensionali. Supporta dati bidimensionali e tridimensionali; ■ AI : Formato file 88 di Adobe Illustrator. Molti programmi di illustrazione bidimensionale basati sugli spline supportano questo tipo di file. Gli spline in un file AI sono convertiti in forme 3D Studio MAX.
Conversione dei file Dopo aver scelto una strategia di modellazione, creando tutti gli oggetti in un solo file o oggetti singoli in file distinti, è necessario convertire il file dal suo formato originale al formato scena di 3D Studio MAX. Poiché la maggior parte dei programmi di modellazione e CAD scrivono file DXF, per gestire la conversione è possibile utilizzare il driver di lettura file DXF incorporato in 3D Studio MAX. Per caricare un file DXF, eseguire le seguenti operazioni : 1. all’interno del programma CAD, salvare il modello come file DXF; 2. uscire dal programma CAD e avviare 3DS MAX; 3. scegliere Import dal menu FILE; 4. scegliere *.DXF dall’elenco Files of Type e selezionare il file DXF appena creato. A questo punto, verrà visualizzata la finestra di dialogo IMPORT DXF F ILE, completa delle opzioni per controllare il metodo di conversione del file DXF (figura 5.11).
Mantenere il coordinamento tra file Quando si utilizzano modellatori esterni con 3D Studio MAX, è importante fare in modo che il programma di modellazione e il file scena di 3D Studio MAX rimangano coordinati. Se il progetto nel modellatore esterno è completo, il problema non sussiste. È sufficiente trattare i file convertiti come modelli master e iniziare a costruire la scena. Se, invece, i modelli fanno parte di un processo di progettazione ancora in corso, è necessario fare in modo che il modello 3D Studio MAX rimanga sincronizzato al modello dell’altro programma. Il segreto sta nell’apportare sempre le modifiche di progetto nel file master PIANIFICAZIONE DEI PROGETTI
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del modellatore esterno. Quando si utilizza il modellatore esterno, dapprima si identificano i componenti distinti che compongono il progetto complessivo e poi li si salva come file DXF indipendenti. Questi file DXF sono poi convertiti in file 3D Studio MAX e sono conservati come modelli separati. Quando si verifica un cambiamento nel design, cambiare prima il file disegno master nel modellatore esterno. Dopo aver completato la modifica, salvare come file DXF solo i componenti interessati, convertirli per sostituire i modelli 3D Studio MAX corrispondenti. Il segreto sta nei modelli dei componenti. Se si converte l’intero modello di progetto ogni volta che avviene un cambiamento, la maggior parte del tempo sarà dedicata alla conversione dei modelli invece che al rendering e all’animazione. Se si mantengono i modelli dei componenti, sarà possibile convertire solo componenti modificati conservando quindi il lavoro completato sul resto del modello.
■ Figura 5.11 La finestra di dialogo IMPORT DXF FILE.
Gestione di mappe e materiali Un altro problema organizzativo riguarda dove memorizzare tutti i bitmap e le librerie di materiali applicati alle superfici del modello. Le definizioni dei materiali sono memorizzate nel file scena 3D Studio MAX e in un file libreria che utilizza l’estensione MAT. Le definizioni dei materiali contengono le impostazioni di tutti gli attributi che controllano il colore, la lucentezza, la trasparenza nonché i riferimenti ai file immagine assegnati come mappe. Quando 3D Studio MAX effettua il rendering di un modello, legge il riferimento del file immagine e cerca sul disco rigido le cartelle specifiche per trovare l’immagine richiesta. Se l’immagine non viene trovata, verrà visualizzata un finestra di dialogo di avvertenza (figura 5.12). Sarà necessario cancellare il rendering o continuare senza effettuare un rendering appropriato di quel materiale. È possibile caricare file immagine da qualsiasi directory o unità del computer a cui il computer è collegato. 3DS MAX memorizza il percorso completo per ogni file immagine utilizzato. È possibile inoltre specificare qualsiasi numero di directory alternative dove 3D Studio MAX può cercare nel caso non trovi l’immagine nel percorso memorizzato.
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CAP.5 Specificare le directory alternative per la ricerca aggiungendo percorsi al pannello BITMAPS della finestra di dialogo CONFIGURE PATHS. Scegliere Configure Paths dal menu FILE per visualizzare la finestra di dialogo (figura 5.13). Una tale flessibilità può costituire un vantaggio o uno svantaggio. In un certo senso, non capiterà mai che 3D Studio MAX non riesca a trovare il file immagine richiesto. D’altro canto però, è possibile creare una struttura confusa di directory da cui le scene devono trovare i file immagine cercando sul disco rigido e sulla rete. I paragrafi seguenti descrivono le tecniche per utilizzare al meglio queste due opzioni.
■ Figura 5.12 La finestra di dialogo MISSING MAP F ILES.
■ Figura 5.13 Il pannelloBITMAP della finestra di dialogo CONFIGURE P ATHS.
Librerie globali Una tecnica è creare librerie globali accessibili da qualsiasi progetto o scena. Le librerie devono essere costituite da una directory globale per la libreria dei materiali dove sono memorizzati i file master MAT e una serie di directory principali dove sono memorizzati tutti i file immagine. Le librerie MAT si trovano per default nella directory 3dsmax\maps che viene creata automaticamente durante l’installazione di 3D Studio MAX. È possibile memorizzare i file MAT separati in questa directory o in qualsiasi altra directory, è sufficiente che ogni file si riferisca a un certo tipo di materiale. Per esempio, è consigliabile creare alcuni tra i file libreria elencati qui di seguito: PIANIFICAZIONE DEI PROGETTI
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■ Metals.mat per i materiali metallici; ■ Foliage.mat per erba, foglie e piante rampicanti; ■ Blocks.mat per mattoni, blocchi e tegole. La strategia consigliata per organizzare le directory immagine globali è in base al soggetto. Quindi saranno create directory chiamate LEGNO, MARMO, CIELO, SFONDI. Una tale organizzazione facilita il ritrovamento delle immagini per un soggetto particolare. Poiché 3D Studio MAX memorizza il percorso per qualsiasi immagine ed è in grado di cercare alternativamente in numerose directory, è possibile organizzare le immagini per argomenti specifici. Un buon esempio di tale strategia è dato dalla disposizione delle directory delle mappe fornite sul CD-ROM in dotazione (figura 5.14).
■ Figura 5.14 Struttura delle cartelle del CD-ROMfornitoin dotazione.
Librerie progetto Le librerie globali sono molto efficienti quando si avvia un progetto, ma che cosa succede poi? È frustrante ripristinare un vecchio progetto dalle copie di backup, caricarlo in 3D Studio MAX e scoprire durante il rendering che mancano o sono stati modificati file mappa fondamentali per i materiali. Un problema particolarmente grave quando sono state create mappe personalizzate per un progetto specifico. La soluzione è creare librerie distinte per ogni progetto. Ogni progetto ha la sua propria directory per le scene e i file immagine corrispondenti. È possibile creare fin dall’inizio un file MAT unicamente per il progetto e salvarlo nella directory dei progetti. Quando si creano materiali che verranno applicati al modello, sarà possibile memorizzarne le definizioni nel file progetto MAT. Quando si crea un file immagine come mappa personalizzata per il progetto, memorizzarlo nella directory progetto, non in una della directory globali. Poi, se si intende utilizzare la mappa personalizzata per altri progetti, copiare il file immagine nell’apposita directory globale. Inoltre, dopo aver impostato le definizioni finali dei materiali, copiare tutti i file immagine utilizzati da quei materiali dalla directory globale nella directory progetto. Si potrebbe pensare che una tale operazione sia uno spreco di spazio su disco,
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CAP.5 ma questa tecnica assicura che le immagini della directory globale a cui si affidano i materiali non siano cancellate o alterate e comunque vale sempre la pena occupare spazio su disco piuttosto che dover ricostruire i file mappa perduti.
Gestione dell’output Dopo aver costruito la scena, impostato le cineprese e le luci e applicato i materiali, è necessario eseguire il rendering dell’immagine o l’animazione. Il problema è quale formato di file utilizzare o dove salvare i file. Una posizione per i file di output è la directory progetto. Un’altra soluzione, forse migliore, è creare una sottodirectory di output sotto la directory progetto su un’unità rimovibile distinta o su una grande unità di rete. Due sono i fattori che spingono a creare una sottodirectory di output separata. Prima di tutto, eseguire il rendering di immagini statiche e le animazioni crea file di grandi dimensioni. Gestire questi file è più facile se sono separati da tutto il resto. La seconda ragione è strettamente legata al fatto di evitare di posizionare immagini di rendering nella stessa directory delle immagini mappa e dei file scena. A meno che non si abbia adottato una strategia di denominazione file ben studiata, sarà difficile distinguere i rendering e le mappe solo dal nome del file.
File per diversi tipi di output 3D Studio MAX è molto flessibile quando si tratta di scegliere un formato di output per i rendering e le animazioni. La scelta del formato file da utilizzare non riguarda 3DS MAX e si basa esclusivamente sulla destinazione del file fuori da 3DS MAX. Attualmente 3D Studio MAX supporta i seguenti formati: ■ TARGA. Un formato a 16,7 milioni di colori (24 bit) che supporta un canale alfa separato a 8 bit per la trasparenza. Questo formato è supportato dalla maggior parte dei programmi di elaborazione immagini di fascia alta ed è preferibile utilizzarlo per l’output su videocassetta. Il formato TARGA rappresenta una buona scelta per i file a colori a 24 bit con destinazione generica e costituisce il formato standard per output su video. ■ TIFF. Un altro formato a 16,7 milioni di colori basato su uno standard internazionale. La maggior parte dei programmi di elaborazione immagini supportano lo standard TIFF, come alternativa a TARGA. Poiché lo standard TIFF ha molte varianti, possono insorgere problemi di compatibilità tra i programmi che offrono il supporto TIFF. Tuttavia, TIFF rappresenta il formato immagine principale nel settore della stampa e del desktop publishing ed è utilizzato molto anche su piattaforme Macintosh. Se si intende inviare le immagini a un’agenzia di servizi di stampa, a un programma di impaginazione o a un utente Macintosh, è consigliabile utilizzare il formato TIFF. 3D Studio MAX è in grado di creare file TIFF a colori a 24 bit di profondità o in scala di grigi a 8 bit. ■ BMP. Questo è il formato standard di Windows per i file immagine. Il formato BMP supporta numerose profondità di colore da immagini monocromatiche (1 bit) a tono continuo (true color) 24 bit. 3D Studio MAX però scrive solo file BMP a 24 bit.
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JPEG. Il formato JPEG offre true color con uno schema di compressione a qualità variabile che degrada la qualità dell’immagine all’aumentare del livello di compressione. Fortunatamente, JPEG offre livelli altissimi di compressione prima che la qualità dell’immagine sia degradata. Il formato JPEG è supportato dalla maggior parte dei programmi di elaborazione immagini di fascia alta. I file JPEG si trovano sempre più frequentemente su Internet. GIF. Un formato a 256 colori (8 bit) sviluppato da CompuServe. È stato un formato molto utilizzato nei servizi in linea e in Internet. Dapprima, i file GIF erano un formato aperto privo di royalty; ora i programmi che creano file GIF sono sottoposti a una quota di licenza. Per questo motivo, l’utilizzo dei file GIF diminuirà fino a scomparire. 3D Studio MAX infatti non scrive più file in formato GIF. PNG. In risposta alla licenza richiesta per scrivere file GIF, è stato sviluppato un nuovo formato per sostituirli. I file PNG supportano diverse profondità di colore (come BMP), la scala di grigi (come TIFF), il canale alfa (come TGA) e la compressione senza perdite (come GIF). È un nuovo formato file che probabilmente diventerà molto comune. È consigliabile tenersi aggiornati sugli ultimi sviluppi. RLA. Questo formato è stato originariamente sviluppato da SGI ed è stato esteso al Yost Group per 3D Studio MAX. I file RLA sono utilizzati prima di tutto per memorizzare canali multipli di effetti a 8 bit (chiamati buffer G). È possibile utilizzare tali canali per effetti speciali di post-produzione in Video Post. EPS. Un formato di stampa che è un vero linguaggio descrittivo. EPS sta per Encapsulated PostScript ed è utilizzato nel settore della stampa e dell’illustrazione. 3D Studio MAX non è in grado di leggere file EPS e può scrivere solo bitmap EPS. AVI. Questo formato di animazione è ampiamente supportato da applicazioni Windows e multimediali. AVI supporta la scala di grigi, i colori a 8 bit e suoni interlacciati. Supporta inoltre uno schema a compressione variabile simile a JPEG. Questo formato è molto utilizzato per le presentazioni multimediali e per le animazioni inviate attraverso Internet. FLIC. Questo formato è stato sviluppato da Autodesk per i programmi Animator e Animator Pro e comprende le estensioni FLI, FLC e CEL. È un formato di animazione a 256 colori che utilizza la compressione senza perdite. I file FLIC sono considerati ormai obsoleti, ma sono molto utilizzati per i file multimediali e sviluppatori di giochi.
Conversione dei file Nel caso il formato file necessario non sia contenuto nell’elenco precedente, 3D Studio MAX implementa il supporto file immagine attraverso plug-in esterni programmabili con C++. È possibile che prima di aver finito di leggere questo manuale, 3D Studio MAX supporterà maggiori formati di file. È possibile anche utilizzare uno dei numerosi programmi di conversione file in commercio. Molti programmi di elaborazione immagini di fascia alta sono in grado di leggere e scrivere file in molti formati diversi, anche se è esagerato utilizzare un programma come PhotoShop per la conversione del formato. Inoltre, attraverso CompuServe e molti altri servizi in linea è possibile scaricare gratuitamente programmi di conversione più semplici.
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CAP.5
Impedire disastri Non importa la velocità con cui si costruiscono modelli o quante tecniche di produttività si conoscono, un programma potente come 3DS MAX offre infinite possibilità di far confusione. I paragrafi seguenti descrivono alcune strategie per impedire disastri.
Salvare i file Come accade per tutti i programmi, è consigliabile salvare i file di frequente. 3DS MAX è unico per il numero e la flessibilità delle diverse strategie di salvataggio file. Esistono diversi comandi per salvare il lavoro, compresa un’opzione per salvare i file numerati progressivamente. La figura 5.15 mostra una finestra di dialogo SAVE standard con la casella per il nome del file, l’elenco dei formati file e il pulsante numero progressivo file.
■ Figura 5.15 Una finestra di dialogo standardSAVE in 3D Studio Max.
Nella casella File name è possibile inserire qualsiasi nome file valido. Per questioni di comodità, 3D Studio MAX utilizza per default il nome file corrente nella casella . Se si fa clic sul pulsante numero progressivo file, 3D Studio MAX aggiunge un numero a due cifre al nome nella casella File name. Questo è un modo rapido per creare file numerati progressivamente da utilizzare per conservare tutte le fasi della progressione. È possibile utilizzare le seguenti scelte del menu FILE per salvare la scena interamente o parzialmente su un file: ■ Save. Salva rapidamente la scena senza visualizzare prompt o finestre di dialogo supplementari. La prima volta che si salva un nuovo file, tuttavia, verrà visualizzata la finestra di dialogo SAVE AS. ■ Save As. Salva la scena con un nuovo nome e la fa diventare la scena corrente. Questa finestra di dialogo contiene il pulsante numero progressivo file per salvare file numerati in sequenza. Quando si fa clic sul pulsante numero progressivo file, verrà aggiunto un numero a due cifre al nome file contenuto nella casella File name. ■ Save Selected. Salva la selezione corrente di oggetti in un file scena. Questa finestra di dialogo contiene anche il pulsante numero progressivo file. È possibile utilizzare Save Selected con il pulsante numero progressivo file per dividere rapidamente una grande scena in una serie di file più piccoli numerati in sequenza.
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Export. Salva la scena utilizzando un formato file diverso. I formati di esportazione supportati da 3D Studio MAX comprendono 3DS (DOS), DXF, DWG e VRML. Archive. Salva un file scena e lo comprime; un’opzione permette di includere tutti i file mappa utilizzati dai materiali assegnati nella scena.
File di backup In 3D Studio MAX e possibile utilizzare due metodi automatici per creare file di backup. Il primo metodo crea file di backup quando si salva un file scena con un nome file esistente. Il secondo metodo salva file di backup a intervalli di tempo regolari. Quando si salva una scena con lo stesso nome di un file esistente, 3D Studio MAX è in grado di creare anche un file di backup. Spuntare l’opzione [Backup File] nel pannello FILE della finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS per permettere di scrivere file di backup. Il file di backup è una copia del file originale che utilizza il nome Maxback.bak. Studio MAX crea file di backup numerati in sequenza invece di sovrascrivere continuamente lo stesso file MaxBack.bak. Il file MaxBack.bak si trova sempre nella directory 3dsmax\scenes a prescindere dalla directory in cui è caricato il file scena. Se si seleziona l’opzione [Auto Backup Enable] nella finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS, 3D Studio MAX salva i file di backup a intervalli di tempo regolari. I file sono chiamati Autobak1.mx fino a uno massimo di Autobak9.mx e sono salvati nella directory 3dsmax\scenes. Una volta raggiunto il numero massimo di file di backup automatici, 3DS MAX ricomincia daccapo con Autobak1.mx. È possibile limitare il numero di file Autobak da creare e specificare l’intervallo di tempo in minuti fra un salvataggio e l’altro. La casella per l’intervallo di tempo accetta valori da un minimo di 0,01 minuti, quindi se si teme di perdere il lavoro in corso, è possibile salvare file di backup ogni 0,6 secondi! Ovviamente, i file di backup non sono adatti per l’archiviazione a lungo termine, infatti non sono stati studiati per questa finalità. I file di backup costituiscono un escamotage nel caso si salvi un file con il nome di un file già esistente. Se ci si accorge dell’errore in tempo, con ALT+TAB è possibile visualizzare Windows NT Explorer o File Manager e rinominare il file di backup con un nome appropriato per un file di 3D Studio MAX.
Annullare un errore Uno degli sviluppi più importanti della storia del computer è il comando Undo (annulla). La maggior parte degli utenti di software ricorrono spesso a questo comando; lo utilizzano perfino invece di salvare regolarmente il lavoro. Questo metodo è alquanto pericoloso e può fare insorgere gravi errori. 3DS MAX offre diversi metodi Annulla, come mostrato dall’elenco seguente : ■ annullare o ripetere modifiche nello schermo; ■ annullare o ripetere modifiche nelle scene; ■ interrompere e recuperare file temporanei.
Utilizzo di Undo/Redo 3D Studio MAX supporta cinque buffer annulla/ripeti: un buffer per la scena e un buffer per ognuna delle quattro finestre. È possibile utilizzare questi buffer annulla/ripeti per
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.5 risolvere numerosi problemi. Utilizzare Undo/Redo dal menu EDIT o i pulsanti Undo/Redo sulla barra degli strumenti per invertire le modifiche apportate alla scena. Quasi tutte le operazioni eseguite nella scena possono essere annullate. Se si desidera vedere l’effetto del comando Undo sulla scena, utilizzare EDIT, Undo invece del pulsante Undo. La voce di menu Undo di solito comprende il nome dell’azione da annullare. È possibile impostare quanti comandi memorizzare nel buffer annulla della scena modificando il valore Undo Level nel pannello GENERAL nella finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS. Ovviamente, le azioni che non possono essere annullate sono l’applicazione o la cancellazione di un modificatore e la compressione del Modifier Stack. Prima di eseguire tali azioni, è consigliabile pensarci bene : il loro effetto è permanente. Utilizzare Undo/Redo dal menu VIEWS per invertire le modifiche apportate alla finestra come panoramica e zoom. Ogni finestra dispone di un proprio buffer annulla. I buffer annulla per le finestre hanno un limite di 20 livelli ciascuno. È importante notare che le modifiche alle finestre Camera e Spotlight sono davvero modifiche alla scena perché si cambiano gli oggetti cinepresa e riflettore nella scena. Utilizzare il comando EDIT, Undo per invertire le modifiche apportate alle finestre Camera e Spotlight.
Utilizzo di Hold e Fetch Un altro metodo utilizzato per invertire gli effetti di comandi multipli è Hold e Fetch del menu EDIT. Se si sceglie EDIT, il comando Hold salva lo stato della scena corrente in un file temporaneo. Sarà allora possibile eseguire qualsiasi numero di comandi e ritornare allo stato interrotto scegliendo EDIT e Fetch. I comandi Hold e Fetch rappresentano un modo molto più facile per invertire una sequenza di comandi che facendo clic sul pulsante Undo diverse volte. È consigliabile abituarsi a scegliere il comando Hold ogni volta che si esegue una operazione complessa. (Naturalmente, salvare regolarmente il file rappresenta la scelta migliore.) Così se la tecnica non funziona, con il comando Fetch sarà possibile ritornare velocemente al punto di partenza. Inoltre, se si dovesse verificare un arresto del sistema che impedisce di uscire da 3D Studio regolarmente, sarebbe comunque possibile recuperare il contenuto del file temporaneo creato da Hold. Il file temporaneo Hold è chiamato maxhold.mx ed è posizionato nella directory 3dsmax\scenes. È possibile caricare questo file in 3D Studio MAX o rinominarlo come un normale file scena.
Archiviazione e backup dei file Occorre capire fino in fondo l’importanza di questa operazione: è necessario eseguire il backup dei file di dati. Investire in un dispositivo di backup ad alta capacità e utilizzarlo regolarmente. Alcuni dispositivi sono più versatili di altri e possono essere utilizzati per altre operazioni oltre al backup di dati. Per il momento, la caratteristica più importante di un buon dispositivo di backup è essere rimovibile. Il dispositivo di backup deve essere conservato lontano dalla postazione di lavoro.
PIANIFICAZIONE DEI PROGETTI
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Comando di archiviazione 3DS 3D Studio MAX dispone di un menu di selezione per abbinare un file scena a tutte le mappe immagini di riferimento in un archivio compresso. Sfortunatamente, molti progetti utilizzano scene multiple, file di programmi esterni e code video post; questi non sono considerati dal comando Archive. Inoltre, qualsiasi plug-in speciale utilizzato dalla scena non è incluso nell’archivio. È necessario che ogni plug-in utilizzato per creare una scena sia al suo posto per riuscire a ricaricarla. Se si archivia un file e poi si cancella un plug-in necessario, quella parte della scena sarà persa. Il comando Archive serve soprattutto per riunire il lavoro corrente dall’interno di 3DS MAX. È consigliabile non considerarlo come un archivio completo per l’intero progetto.
Archiviazione manuale Se si desidera archiviare tutti i diversi file associati a un progetto, è necessario farlo manualmente. Utilizzare il programma di archiviazione preferito per comprimere i file nella directory progetto in un unico file. Se si sono create sottodirectory mappa o di output distinte sotto la directory progetto, assicurarsi che il programma di archiviazione sappia di dover includere anche le sottodirectory e memorizzare i nomi dei percorsi. In questo modo, sarà possibile ripristinare i file progetto nelle stessa struttura di directory. Se si sta archiviando un progetto completo per un lungo periodo, si consiglia di archiviare con il progetto 3D Studio MAX insieme a tutti i plug-in. Utilizzare il comando Archive incorporato in 3DS MAX come raccoglitore di mappe. In questo modo eseguirà rapidamente le copie di tutte le mappe immagini di riferimento nella directory progetto. Sarà poi possibile archiviare l’intera directory in un unico grande file.
Riepilogo ■
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Decisioni di modellazione. Identificare quanto la scena deve essere accurata e particolareggiata per evitare lavoro di modellazione inutile o di creare scene eccessivamente complesse. Unità di scala di sistema. Evitare di modificare l’unità di scala di sistema a meno che non sia assolutamente necessario. Capire in che modo l’unità di scala di sistema influisce sull’arrotondamento numerico e in che modo è possibile evitare errori di arrotondamento. Unità di misura. Impostare unità di misure logiche che si adattino alla scena. Impostare l’unità di misura corretta facilita l’inserimento dei numeri e aiuta a evitare di modellare dettagli inutili. Disposizione della finestra. Disporre la finestra in modo comodo e cambiare l’orientamento della vista secondo le proprie esigenze. Salvataggio di file. Salvare i file spesso e avvalersi dei numerosi metodi offerti da 3DS MAX per eseguire il backup e proteggere i dati. Organizzazione dei file. Organizzare le directory globali e dei file progetto in modo efficiente. Una struttura di directory ben organizzata fa risparmiare tempo e evita di perdere i file.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.7
SECONDA PARTE
Costruzione di scene tridimensionali
“The Daedalus Encounter” Immagine di Mechadeus, per “The Daedalus Encounter” Cortesia di Kinetix™ ©Mechadeus®
PRINCIPI DELLA CREAZIONE DI OGGETTI
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.7
CAPITOLO 7
Principi della creazione di oggetti
Nel presente capitolo verranno trattati i principi della creazione di oggetti nonché le caratteristiche e gli usi delle primitive della geometria elementare. Pur trattando degli oggetti più semplici, le regole descritte sono applicabili anche a quelli più complessi. Inoltre le primitive semplici spesso costituiscono gli elementi di base per la creazione dei modelli più complessi e di quelli organici. In particolare questo capitolo tratterà gli argomenti di seguito elencati: ■ principi della creazione di primitive tridimensionali; ■ utilizzo di Home Planes (piani base) e Grid Helpers (strumenti griglia ausiliari) nella creazione; ■ accuratezza; ■ opzioni di creazione e realizzazione di vari tipi di oggetto; ■ analisi delle primitive elementari; ■ concetto di classi geometriche in 3D Studio MAX.
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Principi della creazione di oggetti Gli oggetti di 3D Studio MAX possono sembrare piuttosto complessi, ma la loro creazione costituisce un processo semplice e veloce. Ogni oggetto creato ha natura parametrica, vale a dire che la sua forma è definita da una serie di parametri. In generale l’atto di creare oggetti implica tre fasi fondamentali: ■ scelta del piano sul quale deve giacere l’oggetto (nella maggior parte dei casi ciò significa semplicemente attivare una particolare finestra); ■ scelta di un punto del piano come punto iniziale dell’oggetto (ciò significa semplicemente fare clic nella finestra sullo spot prescelto); ■ trascinamento per definire gli altri parametri dell’oggetto.
Creazione interattiva In 3D Studio MAX la creazione della geometria deve avere un carattere interattivo. Perciò il metodo convenzionale di creazione di un oggetto consiste nel fare clic in una finestra e trascinare il cursore per definire i parametri indeterminati. 3DS MAX disegna simultaneamente la geometria risultante in tutte le finestre, a mano a mano che vengono definite le distanze e la creazione procede. Il piano sul quale gli oggetti vengono creati è determinato dalla finestra o da uno strumento ausiliario griglia della costruzione attiva. La posizione di un oggetto è una caratteristica della definizione dell’oggetto stesso. La maggior parte degli oggetti giace sul piano di creazione e definisce l’altezza a partire da questo. Le primitive cilindro, per esempio, collocano la circonferenza di base sul piano di creazione e il parametro altezza estrude perpendicolarmente al piano. Poiché le primitive Sphere (sfera), GeoSphere (geosfera), Torus (toro) e Hedra (poliedro) sono definite dal rispettivo centroide, costituiscono un’eccezione alla regola e collocano il centroide sul piano di costruzione. Mentre gli altri oggetti giacciono sul piano di costruzione, queste quattro primitive lo bisecano. Il piano sul quale nasce una primitiva è anche la posizione del suo punto di rotazione. Il punto di rotazione è il centro degli assi locali dell’oggetto e determina il punto intorno al quale l’oggetto ruota. In questa fase iniziale della creazione si definisce anche l’orientamento del riquadro di delimitazione permanente dell’oggetto. Le descrizioni precedenti sono standard per le primitive di 3DS MAX. Gli oggetti creati dagli sviluppatori terzi possono rispettare tali convenzioni oppure seguire metodi di creazione differenti, posizionando diversamente i punti di rotazione.
Creazione con il tasto CTRL Il tasto CTRL svolge un ruolo particolare, e in un certo senso nascosto, durante la creazione di varie primitive. Eccettuata Box (parallelepipedo), tutte le primitive consentono di regolare la rotazione iniziale premendo il tasto CTRL in qualsiasi momento compreso tra il primo punto di definizione e l’ultimo. Ciò permette di orientare rapidamente gli oggetti durante la creazione. Nel caso di Box, il tasto CTRL limita la creazione iniziale a un quadrato invece di condizionarne la rotazione.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.7
Creazione con la tastiera L’inserimento da tastiera può essere utilizzato per tutte le primitive come alternativa al metodo interattivo. In questo caso è necessario digitare tutti i parametri che normalmente deriverebbero dall’input interattivo. La creazione di un parallelepipedo per esempio consiste generalmente nello scegliere un punto di inizio, trascinarlo per definire l’angolo opposto e trascinarlo ancora per definire l’altezza. La figura 7.1 mostra che l’uso della tastiera richiede sei valori dove invece ce ne vogliono tre, e non è fornita alcuna indicazione visiva fino a quando non viene intrapresa la creazione. La tastiera quindi sarà riservata a quei casi in cui è fondamentale la collocazione esatta e i dati relativi sono a portata di mano. L’input da tastiera è disponibile per tutte le primitive tranne Hedra, ma in questa sede si presuppone sempre la creazione di oggetti con il metodo interattivo.
■ Figura 7.1 Input da tastiera per la creazione di oggetti Box.
L’uso della tastiera può sembrare più preciso, ma la stessa esattezza è ottenibile creando l’oggetto interattivamente e regolandone i parametri nel pannello MODIFY e la posizione nella finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN. La stessa precisione può essere raggiunta anche utilizzando Snap con l’opportuna impostazione di griglia. Nella maggior parte dei casi la creazione interattiva con modificazioni successive sarà più veloce, perché di solito i parametri critici sono soltanto uno o due.
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La creazione da tastiera può essere più veloce di quella interattiva quando l’origine corrisponde a una posizione accettabile per l’oggetto di cui si conoscono le dimensioni. Questo metodo risulterà noto a coloro che hanno già utilizzato programmi dove gli oggetti vengono creati nell’origine.
Pannello di creazione (Creation panel) Dopo che un oggetto è stato definito, interattivamente o da tastiera, i parametri del Create panel sono “attivi” e continueranno ad avere effetto sull’oggetto appena creato. Nel caso si debba regolare un parametro, è opportuno modificarlo a questo punto nel Creation panel. Questa relazione tra Create panel e l’oggetto appena creato viene interrotta appena si fa clic in una finestra o si passa a un’altra operazione. Per modificare i parametri di creazione dell’oggetto dopo questo punto iniziale, basta passare al pannello modificatore (Modifier panel) con l’oggetto selezionato. Nella regolazione delle frecce dei valori (spinner) è necessario ricordare che premendo il tasto CTRL il mouse viene accelerato mentre il tasto ALT lo rallenta. Nella modifica di caselle numeriche, l’inserimento nella casella di una “r” più un valore seguito da INVIO somma questo valore a quello iniziale. La “r” in questo caso sta per “relativo” perché viene aggiunto un valore relativo a quello iniziale. Il processo di inserimento relativo viene illustrato nella figura 7.2, dove il parametro Height (altezza) di 96,0 viene incrementato di R24 per raggiungere il valore finale di 120,0.
■ Figura 7.2 Le fasi necessarie per modificare le caselle con quantità relative.
Creazione con griglia base In 3DS MAX il sistema di coordinate è fissato in modo tale che gli assi X,Y,Z si intersecano sempre in 0,0,0. Attraverso questo punto costante passano tre griglie di costruzione infinite, le griglie base. Ciascuno di questi tre piani griglia base ortogonali è parallelo a uno dei tre assi mostrati nella figura 7.3. Viste diverse dalle sei ortogonali utilizzano sempre la griglia base X,Y. Data la sua importanza e visto che nella modellazione rappresenta quasi sempre il piano terrestre, questa griglia viene generalmente chiamata piano terrestre. Le viste Perspective (prospettiva), User (utente), Camera (cinepresa) e Spotlight (riflettore) mostrano sempre il piano terrestre quando la griglia base è attiva. Una regola generale: “se è possibile vedere una griglia attiva, cioè se le linee della griglia sono visibili, allora la griglia è il piano di costruzione attivo della finestra”.
Quando gli oggetti vengono creati con le griglie base, la vista nella quale viene iniziata la definizione dell’oggetto determina il piano di costruzione. Quando l’oggetto viene
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.7 creato in una finestra Orthogonal (ortogonale), viene determinata la posizione di due delle tre coordinate del punto di selezione. La terza è determinata dalla griglia base residua. Quando per esempio gli oggetti vengono creati in una vista Right (destra) o Left (sinistra), vengono definite le posizioni Z e Y mentre la componente X è posta nello 0 sulla griglia base XY. La figura 7.3 mostra i piani e le rispettive designazioni XYZ. Quando la creazione ha luogo in una finestra non ortogonale, viene sempre definita la posizione X,Y e la componente Z è uguale a 0 (fintantoché la griglia base è attiva). Quando perciò la creazione avviene nelle finestre Perspective, User, Camera e Spotlight gli oggetti vengono sempre posti sul piano terrestre.
■ Figura 7.3 Le griglie base di default.
Front e ZX
a YZ Destr
YX o ttoS
Sop ra X Y
Piano di terra iS rtsin ZY a
XZ o rteR
Creazione con strumenti griglia ausiliari (Grid Helpers) Gli oggetti ausiliari griglia sono disponibili quando è necessario costruire su piani diversi da quello della griglia base oppure per utilizzare lo stesso piano in tutte le finestre. Le griglie base di default sono sufficienti quando 3DS MAX viene utilizzato per creare modelli indipendenti, isolati, ma gli oggetti griglia saranno molto utili quando i modelli diventano più complessi ed è necessario coordinare diversi assemblaggi, eventualmente derivati da altri programmi. Le griglie sono preziosissime nella definizione dei piani di costruzione allineati con viste, facce e oggetti.
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Nelle scene collocate a una certa distanza dall’origine è opportuno creare oggetti griglia nella posizione in cui avrà luogo la modellazione e utilizzarle al posto delle griglie base. Si eviterà così la situazione in cui luci e cineprese vengono create molto lontano dalla posizione corretta. Gli oggetti griglia ausiliari hanno le stesse funzioni degli altri oggetti: possono essere spostati, ruotati e allineati piuttosto facilmente. La funzione Normal Align (allineamento normale) è particolarmente utile nella costruzione relativa ai modelli. Per utilizzare un oggetto griglia è necessario prima attivarlo selezionandolo e poi facendo clic sul tasto destro del mouse (figura 7.4) oppure scegliendo la voce Grids/Activate Grid Object nel menu V IEWS. Dopo l’attivazione, le griglie base scompaiono e vengono mostrate le linee dell’oggetto griglia. Per convenzione in questo capitolo il termine griglia attiva corrente si riferisce a un oggetto griglia attivato oppure alla griglia del piano base visibile nella finestra attiva.
■ Figura 7.4 Per attivare un oggetto griglia fare clic con il tasto destro del mouse sull’oggetto griglia.
È opportuno non scalare oggetti griglia. In questo caso la spaziatura griglia (Grid spacing). non viene scalata. La relazione tra la griglia visibile e la griglia snap risulta perciò interrotta. Per aumentare le dimensioni della griglia è sempre necessario modificarne i parametri di creazione. Nel caso la griglia sia stata accidentalmente scalata è possibile reimpostare la scala al 100% con Transform Type-In. Una finestra destinata a diventare griglia mostrerà la vista del piano XY (pianta) dell’oggetto griglia attivo corrente (figura 7.4, a sinistra). Quando le griglie base sono attive, le finestre Grid mostrano la griglia base del piano XY (piano terrestre). Le viste Grid si aggiornano dinamicamente mentre l’oggetto griglia attivo viene traslato e ruotato. Si avrà così una vista in alzata permanente e perpendicolare al piano. le viste Grid sono particolarmente utili quando vengono create delle spline inclinate rispetto agli assi. In questo caso le viste Grid possono essere assimilate al piano di un quadro sul quale disegnare secondo la prospettiva tradizionale. Le griglie sono gli unici oggetti allineabili con una vista. Per allineare altri oggetti con la vista, creare prima un oggetto griglia e allinearlo con la vista. La griglia può ora essere utilizzata per allineare altri oggetti usando Align o Normal Align. Gli oggetti griglia non si limitano alla funzione ausiliaria in fase di creazione. Spesso è molto utile fare riferimento all’oggetto griglia attivo come sistema di coordinate attuale
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CAP.7 per trasformazioni, allineamento, creazione di serie e copia per riflessione e questo impiego è valido soprattutto per oggetti creati o allineati sulla griglia. I modelli importati da altri programmi a volte vengono posti a grande distanza dall’origine perché sono stati modellati in quella posizione nell’altro programma. In 3DS MAX questa posizione può provocare errori di curvatura all’esterno. Una soluzione consiste nello spostare l’intera scena più vicina all’origine. Tale soluzione però è altrettanto negativa nel caso in cui debba continuare la coordinazione con il database esterno. In questo caso è necessario incrementare System Unit Scale sotto General Preferences (per ulteriori informazioni consultare il capitolo 5).
Accuratezza della creazione 3DS MAX utilizza le griglie e il sistema snap come strumenti principali per ottenere accuratezza nella creazione. Le caselle in basso (figura 7.5) indicano lo stato attuale della posizione X,Y,Z del cursore o l’offset corrente in posizione, rotazione e scala. Durante la creazione la casella mostra la posizione delle coordinate del cursore. Nelle trasformazioni la casella riporta la relativa distanza di traslazione, l’angolo di rotazione e la percentuale di scala. L’esattezza richiede molta attenzione alla visualizzazione delle coordinate durante il trascinamento oppure l’impostazione della griglia su un incremento adatto. Per accedere alla finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS (impostazione di griglia e snap, figura 7.5) fare clic con il tasto destro del mouse sulle varie icone snap, ed effettuare la selezione nel menu VIEWS o con un tasto alternativo assegnato.
■ Figura 7.5 Le finestre di dialogo Grid and Snap Settings.
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L’attribuzione alla griglia delle dimensioni adatte aiuta moltissimo nella creazione degli oggetti. L’associazione della finestra di dialogo Grid and Snap Settings con una tastiera alternativa già nota rende più rapida la regolazione di queste utili impostazioni (per esempio CTRL+ALT per 3DS DOS). Il sistema snap fornisce opzioni per lo snapping di vertici, bordi, intersezioni di griglie e linee di griglie nello spazio a 2, 2,5 e 3 dimensioni; tuttavia la disponibilità di tali opzioni varia a seconda della situazione. Nella creazione di primitive 3D il sistema snap è sempre in modalità 2D e la griglia attiva fornisce la componente delle coordinate mancante. Le altre impostazioni snap di 2,5D e 3D sono applicabili solo alla creazione di oggetti spline lineari (Line). Lo snap di vertici e bordi viene rispettato ma solo per vertici e bordi che giacciono sulla griglia attiva. La geometria è sempre confrontata con la posizione della griglia. Date queste limitazioni gli strumenti principali per l’esattezza della creazione sono ancora le griglie. Lo snap assoluto (Absolute Snap) è una proiezione nello spazio dello schermo ed è disponibile soltanto quando sono attivi i sistemi di coordinate Screen (schermo) o View (vista). Quando vengono utilizzati i sistemi di coordinate World (globale), Parent (principale), Local (locale), Grid (griglia) o Pick (seleziona) l’impostazione dello snap assoluto ritorna a snap relativo (Relative Snap). Le finestre Grid costituiscono un ausilio prezioso nell’utilizzo degli oggetti griglia. Queste finestre sono perfettamente in linea con la griglia attiva, anche quando gli oggetti griglia vengono ruotati e posizionati. Rendono possibile l’aggiornamento costante e la centratura della vista in pianta del piano di costruzione. Gli utenti AutoCAD, che conoscono i sistemi di coordinate utente (user coordinate systems, UCS), troveranno l’utilizzo degli oggetti griglia molto simile a questo, a parte il fatto che le griglie sono oggetti e come tali possono essere gestiti. Il passaggio dal sistema di coordinate attive alla griglia è assimilabile alla creazione e modifica di un UCS in AutoCAD. La creazione avviene sempre sulla griglia attiva. Molti modellatori ritengono che l’orientamento della griglia sia più esatto e veloce di quanto non sia la costruzione a partire dalle griglie base di default seguita dalla ricollocazione degli oggetti. Per creare oggetti paralleli a una vista User, Perspective, Camera e Spotlight è necessario utilizzare una griglia attiva, perché, quando i piani base sono attivi, viene rispettato solo il piano terrestre X,Y. Dopo aver attivato una griglia, selezionare VIEWS , Grids, Align to Views e la griglia verrà allineata a quella vista. La griglia ora è pronta per la costruzione.
Creazione di primitive parametriche La conoscenza dei principi della costruzione e dell’esattezza consente di affrontare la definizione delle primitive e la gestione dei relativi parametri. Le primitive geometriche di 3D Studio MAX (figura 7.6) forniscono gli elementi di base per costruire molte altre
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CAP.7 forme. Molti modellatori utilizzano le primitive come punto di partenza per realizzare mesh e vertici. In generale le primitive sono strumenti di modellazione e realizzazione utilizzati per creare oggetti composti booleani. Le primitive geometriche standard disponibili in 3DS MAX sono le seguenti: ■ Box (parallelepipedo), come cubo o parallelepipedo; ■ Sphere (sfera), basata su poligoni quadrilateri; ■ GeoSphere (geosfera), basata su poligoni triangolari; ■ Cylinder (cilindro), in forma piena o vuota; ■ Tube (tubo), forma vuota del cilindro; ■ Cone (cono), variante del cilindro; ■ Torus (toroide o toro), simile a una ciambella; ■ Hedra (poliedro), comprende cinque famiglie geometriche e diverse opzioni; ■ Teapot (teiera), icona classica della computer grafica; ■ QuadPatch e TriPatch, patch di Bézier piani.
■ Figura 7.6 Le primitive geometriche fondamentali di 3DS MAX.
Tutte le primitive hanno parametri di controllo delle dimensioni di definizione: complessità risultante, smusso e generazione delle coordinate di mappatura. Inizialmente tali parametri consentono una grande libertà perché è sempre possibile trasformarli, regolandone i valori nel pannello MODIFY o in Track View in una fase successiva. Diversamente da quanto avviene in molti programmi 3D, in 3DS MAX non è mai necessario vincolarsi nella definizione iniziale dei parametri di creazione. Il valore dei parametri di creazione può essere modificato secondo le necessità in una fase successiva, utilizzando il pannello MODIFY. Tali valori non possono essere modificati dopo l’esecuzione di un’operazione che comprime lo stack dell’oggetto. L’esecuzione di un’opzione di questo tipo (per esempio EditMesh/Attach) deve essere preceduta dall’esame dei parametri di creazione e dalla considerazione della quantità di particolari necessari all’oggetto nella scena.
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La creazione delle primitive geometriche è un procedimento semplice: selezionare un punto base e quindi trascinare per definire le altre dimensioni. Quando sono attive le griglie base, la scelta della finestra in cui avviene la creazione determina la posizione dell’oggetto. Ogni primitiva è accompagnata da dimensioni di definizione e segmentazione e in alcuni casi comprende le opzioni di sezione e troncamento che definiscono soltanto una porzione della primitiva originaria. Per la maggior parte degli oggetti il numero di segmenti è limitato a 200 per ogni dimensione. Si tratta in realtà di un limite molto elevato che raramente sarà necessario toccare. Un parallelepipedo con lati di 200 segmenti, per esempio, contiene 480.000 facce, mentre una teiera con il massimo dei lati, 74, ha 272.144 facce. L’aspetto davvero interessante della geometria parametrica consiste nel fatto che, pur avendo un impatto sulla scena e sulla memoria di rendering, la quantità di spazio su disco richiesta dal file MAX è la stessa a prescindere dai livelli di segmentazione, fino a quando l’oggetto non rimane parametrico. Per gestire le dimensioni della scena e la velocità interattiva, un approccio utile è quello di mantenere l’impostazione degli oggetti parametrici alla segmentazione minima e di aumentarla solo quando è necessario. Un metodo per utilizzare questo approccio consiste nel modellare e posizionare su un unico fotogramma con impostazioni molto basse e poi eseguire il rendering su un altro fotogramma con impostazioni molto elevate. L’impatto sulle dimensioni del file è minimo perché vengono aggiunte solo le chiavi di animazione per i parametri di segmentazione.
Parametri di creazione parametrica Agli oggetti parametrici, per definizione, è associato un insieme di parametri di controllo che ne determinano la resa. Tali parametri variano a seconda dell’oggetto, ma in generale possono essere raggruppati nelle categorie che seguono (le prime quattro, dimensioni, segmenti, smusso e coordinate di mappatura, sono disponibili per tutti gli oggetti).
Dimensioni (Dimensions) Le dimensioni definiscono l’estensione dell’oggetto parametrico misurato a partire dal suo punto di creazione. Le dimensioni normali comprendono altezza, lunghezza e larghezza, mentre gli oggetti circolari contengono anche i parametri relativi al raggio. Altri sviluppatori forniscono elementi alternativi che possono essere perimetro, volume e massa. Quando un oggetto viene scalato con una trasformazione, i parametri di creazione a esso relativi non rispecchiano le dimensioni generali risultanti. Se l’oggetto mantiene la propria definizione parametrica, è necessario regolare i parametri di creazione. Gli oggetti parametrici devono essere scalati solo quando questa operazione deve essere eseguita lungo assi diversi o intorno a punti diversi.
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Segmenti (Segments) I segmenti definiscono la densità della mesh dell’oggetto nelle varie dimensioni. Le dimensioni curvilinee richiedono una segmentazione maggiore per una migliore risoluzione, mentre le dimensioni lineari richiedono un aumento della segmentazione solo se l’oggetto deve essere deformato lungo la direzione su cui si interviene.
Smusso (Smoothing) I parametri di smusso controllano l’aggiunta automatica di gruppi di smusso all’oggetto. Alcuni oggetti, come il toroide, dispongono di utili opzioni per la smussatura che sarebbe laborioso utilizzare in modo non parametrico. Con i modificatori EditMesh e Smooth è possibile assegnare una smussatura personalizzata a specifiche selezioni di facce.
Coordinate di mappatura (Mapping Coordinates) Mapping Coordinates controlla l’aggiunta di coordinate di mappatura all’oggetto. Le primitive di default creano una mappatura con un mosaico fisso uguale a 1,0 in ogni direzione. Oggetti di altri sviluppatori possono anche controllare il mosaico e l’estensione della mappatura parametrica. Con il modificatore UVW Map è possibile assegnare una mappatura personalizzata.
Parametri “parti” (Portions) Le “parti” controllano la quantità di oggetto creata. Esempi tipici sono la sezione di cilindro e di tubo, il troncamento della sfera e parti della teiera. Oggetti di altri sviluppatori comprendono anche il numero di denti di un meccanismo o le componenti di una finestra o di un’automobile.
“Variazioni” (Variations) Il parametro “variazioni” gestisce in vari modi i valori dimensionali e di segmentazione. Si tratta generalmente di “extra” relativi a vari oggetti e sono utilizzate per creare variazioni interessanti che altrimenti sarebbe molto difficile realizzare. Le opzioni Rotation (rotazione) e Twist (torsione) del toro sono esempi di parametri appartenenti a questo gruppo. Altri sviluppatori prevedono anche vento, gravità, età e così via.
“Famiglia” (Family) Il parametro “famiglia” modifica il risultato di tutti gli altri parametri. Esempi tipici sono Type (tipo) per GeoSphere e Family per Hedra. Altri sviluppatori prevedono anche genere, specie, razza, produttore, linea, prodotto e così via.
Punti centrali dimensionali Ogni primitiva ha un punto dal quale vengono misurate le sue dimensioni. Questo centro dimensionale è anche la posizione iniziale del punto di rotazione dell’oggetto. Mentre il PRINCIPI DELLA CREAZIONE DI OGGETTI
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punto di rotazione può essere riposizionato in qualsiasi momento, il centro dimensionale non può mai essere cambiato perché è intrinseco alla definizione dell’oggetto. La figura 7.7 mostra la posizione del centro dimensionale delle primitive fondamentali.
■ Figura 7.7 Centri dimensionali e punti di rotazione di alcune primitive.
Orientamento del riquadro di delimitazione Gli oggetti parametrici cominceranno sempre con lo stesso orientamento del sistema di coordinate locale. L’asse X iniziale di una teiera, per esempio, è sempre centrato su manico e beccuccio, a prescindere dal modo e dalla posizione in cui viene creato l’oggetto. Questo orientamento determina quello del riquadro di delimitazione (Bounding Box) dell’oggetto, fino a quando l’oggetto non mantiene la propria definizione parametrica. Diversamente da quanto avviene in altri programmi il riquadro di delimitazione di un oggetto non indica l’orientamento dei suoi assi interni, che è invece controllato interamente dall’orientamento del relativo punto di rotazione, dal sistema di coordinate attivo al momento, o da entrambi. A volte può essere preferibile lavorare in modalità Box, per esempio durante la regolazione di una geometria complessa che altrimenti implicherebbe tempi significativi di rigenerazione dello schermo. In simili situazioni può essere importante avere orientamenti coerenti dei riquadri di delimitazione. Per riorientare il riquadro di delimitazione di un oggetto è possibile collegarlo a un oggetto trasformabile in una mesh con l’orientamento del riquadro prescelto (utilizzando EditMesh/Attach). In seguito è sempre possibile scollegare l’elemento appena riorientato o cancellare l’elemento di destinazione. Questo procedimento deve essere seguito solo se necessario perché comprime lo stack dell’oggetto collegato; inoltre l’oggetto collegato eredita il punto di rotazione dell’oggetto a cui è connesso. Un metodo alternativo consiste nell’utilizzare l’utility Reset Transform della Release 1.1 per applicare un modificatore Xform all’oggetto e ottenere lo stesso effetto senza rimuovere la cronologia di dati dell’oggetto.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.7
Parametri sezione e troncamento (Slice e Chop) Alle primitive che dispongono di linee di sezione definibili sono generalmente associate le opzioni Slice e Chop. L’opzione consente ai parametri Slice From e Slice To di definire le posizioni di inizio e fine di una sezione centrata nel centro di creazione dell’oggetto (figura 7.8). I parametri di sezione sono espressi in angoli e il taglio risultante si trova sempre lungo i lati. Una caratteristica importante della sezione consiste nel fatto che viene mantenuto lo stesso numero di segmenti quando la sezione viene animata, e ciò conferisce un aspetto di “spiegamento”.
■ Figura 7.8 L’uso dei parametri Slice e Chop nelle primitive Sphere, Cylinder, Torus, Cone e Tube.
La primitiva Sphere differisce dalle altre per il parametro Hemisphere (semisfera) cui è associato un intervallo 0-1, che definisce la percentuale della sfera. L’opzione Squash (schiaccia) conserva lo stesso numero di segmenti nella sezione di sfera risultante. L’opzione Chop seziona la sfera nella stessa posizione di Squash ma lascia il resto dei segmenti della sfera come originariamente definiti. La figura 7.9 mostra alcune sfere con gli stessi valori Hemisphere sia in Squash sia in Chop. L’opzione [Base to Pivot] (base su perno) modifica notevolmente l’effetto di Hemisphere. Quando tale opzione è attivata, la base della sfera sezionata giace sempre sul piano di creazione. Quando viene animata, la sfera sembra emergere dal piano come se stesse infrangendo la superficie di un liquido. Quando [Base to Pivot] è disattivata, la parte superiore della sfera sezionata rimane stazionaria e la sfera sembra allontanarsi (figura 7.9) sulla superficie.
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■ Figura 7.9 L’effetto di Base to Pivot sulle sezioni di una sfera.
Coordinate di mappatura parametrica (Parametric Mapping Coordinates) Le primitive di 3D Studio MAX generano delle coordinate di mappatura di default che contribuiscono a una rapida identificazione della relativa composizione. Questa opzione non è automatica perché le coordinate di mappatura hanno un impatto sulle dimensioni del file a causa dell’inserimento di dati aggiuntivi. Le coordinate di default sono fissate con il metodo della proiezione e generalmente corrispondono a un’unità mosaico per ogni direzione. Nonostante non siano modificabili, infatti sono definite parametricamente, l’offset e il mosaico della mappatura del materiale a esse assegnato può essere regolato secondo la necessità. Per ottenere un migliore controllo o per modificare il tipo di mappatura, è possibile aggiungere all’oggetto un modificatore UVW Map con cui personalizzare le coordinate. La figura 7.10 mostra la mappatura di default delle primitive fondamentali.
Opzioni di smusso parametrico In computer grafica il rendering delle superfici richiede che queste siano convertite in facce triangolari. Ciò vale per tutti i programmi, anche quelli che lavorano interamente su superfici apparentemente in forma libera. Quando viene eseguito il rendering di tali superfici, queste vengono convertite in facce (anche se ciò può non essere reso esplicito all’utente). Le superfici ad arco e curva tridimensionali non sono direttamente supportate, ma vengono approssimate con segmenti che a loro volta sono costituiti da facce. Più la curva è smussata maggiore deve essere il numero di segmenti e di facce.
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CAP.7 ■ Figura 7.10 Le coordinate di mappatura parametriche di default delle primitive fondamentali.
Per ridurre il consumo legato a questa modellazione pur mantenendone la velocità di esecuzione, 3DS MAX introduce il concetto di smusso. L’effetto dello smusso sull’oggetto consiste nel fatto che il rendering viene eseguito come se la geometria dell’oggetto fosse realmente sferica. I bordi esistenti tra le facce smussate essenzialmente vengono ignorati dal renderizzatore quando la mesh viene smussata. Lo smusso genera un effetto diverso sul renderizzatore interattivo e su quello di produzione per quanto concerne il livello di ombreggiatura. Il renderizzatore di produzione utilizza principalmente i modelli di ombreggiatura Phong e Metal (metallo) che creano illuminazioni molto smorzate mediando lo spazio di colore di ogni pixel. Nel modello di Gouraud utilizzato nelle finestre di smusso e ombreggiatura di 3D Studio MAX invece l’ombreggiatura viene interpolata tra vertici. La qualità dell’illuminazione risultante quindi dipende dalla densità della mesh, perché una maggiore definizione richiede più vertici fra i quali ombreggiare. La figura 7.11 mette a confronto la stessa geometria smussata vista in una finestra ombreggiata e nel renderizzatore di produzione. La figura 7.12 mostra invece la stessa geometria senza l’opzione di smusso. L’effetto dello smusso risulta più evidente sulle mesh sferiche, che è la forma approssimata dalla funzione di smusso. Anche se le sfere create con un numero molto diverso di facce mostrano sezioni centrali con un rendering sorprendentemente simile, i particolari aggiuntivi diventano importanti nel profilo della sfera. La figura 7.12 mostra come l’apparente “rotondità” del perimetro di una forma curva è sempre determinata dal numero di facce che la compongono. Compito del modellatore è quello di trovare un equilibrio tra il numero di facce e la precisione richiesta dalla scena. Lo smusso non modifica la vera geometria di un oggetto, ma solo il rendering della sua superficie. Lo smusso non va confuso con il modificatore MeshSmooth introdotto nella Release 1.1 che modifica la topologia della superficie e non solo le caratteristiche del rendering.
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■ Figura 7.11 L’effetto dello smusso su mesh di diverse densità.
■ Figura 7.12 La stessa geometria senza smusso.
Lo smusso crea questa illusione di rotondità assegnando dei gruppi di smusso alle facce opportune. Tutte le facce adiacenti saldate che condividono un gruppo di smusso sono smussate lungo i bordi adiacenti. È necessario tenere presente che lo smusso è applicabile solo a facce tra loro saldate. Quindi mentre alle varie parti di un oggetto possono essere assegnati diversi gruppi di smusso, l’effetto dello smusso non può estendersi a zone che non sono collegate, anche se alle facce è associato lo stesso gruppo di smusso. I gruppi di smusso creati con metodi procedurali sono generalmente organizzati abbastanza bene e forniscono un metodo comodo di selezione quando si utilizza il modificatore EditMesh.
Nella maggior parte dei casi alle primitive, quando l’opzione Smooth non è attiva, non vengono assegnati gruppi di smusso. Parallelepipedi, cilindri e coni sono le uniche eccezioni: assegnano un gruppo di smusso all’estremità piana. In una fase successiva le operazioni di modellazione possono facilmente deformare questi bordi. Un gruppo di smusso comune su questi piani garantisce la continuità dello smusso (e presumibilmente della planarità) nel rendering. Tale caratteristica deve essere tenuta presente all’inizio di un processo di deformazione di questi lati rispetto al piano originario, quando non devono più essere smussati. Quando gli oggetti vengono modificati, soprattutto a livello di Sub-Object (sub-oggetto), le assegnazioni originarie dei gruppi di smusso molto probabilmente risultano scorrette. In questo caso è necessario assegnare un modificatore Smooth oppure associare lo smusso attraverso il modificatore EditMesh.
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CAP.7
Componenti di manipolazione Quando un oggetto o una selezione vengono manipolati, il risultato del processo viene supportato, guidato o controllato da diverse componenti. Quelle descritte nei paragrafi che seguono in realtà non esistono come entità isolate ma vengono utilizzate temporaneamente nel corso dell’esecuzione delle operazioni.
Riquadro di delimitazione (Bounding Box) Il Bounding Box è un parallelepipedo rettangolo le cui dimensioni sono definite dall’estensione dell’oggetto o dall’insieme di selezione temporaneo. Quando è attivata l’opzione Adaptive Degradation (degradazione adattiva), 3DS MAX utilizza un riquadro di delimitazione che funge da sostituto nel trascinamento delle selezioni durante l’uso dei comandi. L’estensione e il centro del riquadro di delimitazione di una selezione vengono utilizzati come base per il comando Align. L’orientamento del riquadro di delimitazione di un oggetto è determinato dalla relazione fra l’oggetto stesso e il sistema di coordinate globali in fase di creazione. Il riquadro di delimitazione può essere riorientato solo indirettamente, non direttamente, attraverso il riorientamento dell’oggetto.
Centro di selezione (Selection Center) Il Selection Center è il centro geometrico del riquadro di delimitazione e un punto di trasformazione comune dei comandi di trasformazione.
Matrice di trasformazione (Transform Matrix) Questa matrice è una tavola numerica supportata da 3D Studio MAX per registrare le modifiche di posizione, orientamento e dimensioni dell’oggetto. La posizione di un oggetto è determinata dall’intersezione di tre piani nel centro del riquadro di delimitazione. Il suo utilizzo è completamente trasparente per l’utente ma può condizionare l’effetto di certi materiali e delle trasformazioni Keyframer.
Sistema di coordinate locali (Local Coordinate System) Il sistema Local Coordinate (o spazio dell’oggetto) è peculiare dell’oggetto ed è definito in una tavola numerica detta matrice di trasformazione che registra le modifiche di posizione, orientamento e dimensioni dell’oggetto. La posizione di un oggetto è determinata dall’intersezione di tre piani nel centro del riquadro di delimitazione come definito al momento della creazione dell’oggetto. Mentre l’utilizzo della matrice di trasformazione è completamente trasparente per l’utente, le coordinate locali condizionano varie trasformazioni e i materiali che utilizzano tipi di mappa 3D.
Sistema di coordinate (Coordinate System) Il parametro Coordinate System definisce l’orientamento dei piani X,Y,Z e costituisce la base sulla quale vengono realizzate le trasformazioni (non animate). Il sistema di
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coordinate da utilizzare può essere selezionato nella casella di riepilogo a discesa Reference Coordinate System della barra degli strumenti. Il sistema di coordinate attivo controlla tutte le azioni effettuate utilizzando la barra degli strumenti (spostamento, rotazione, scala, riflessione, serie e allineamento).
Punto di rotazione (Pivot Point) Il parametro Pivot Point definisce l’origine e l’orientamento degli assi locali di un oggetto e quindi il sistema di coordinate locali. Il punto di rotazione definisce l’orientamento del sistema di coordinate locali dell’oggetto e il punto intorno al quale l’oggetto viene trasformato. Questo parametro quindi risulta molto importante per l’animazione. Il punto di rotazione spesso coincide con la posizione di default per i centri gizmo del modificatore. A meno che non sia annullato dalla preferenza Local Center During Animate (centro locale durante l’animazione), il punto di rotazione viene sempre utilizzato per posizionare la trasformazione animata di un oggetto. È possibile riposizionare e riorientare il punto di rotazione di un oggetto utilizzando il pannello Hierarchy (gerarchia). Pur fornendo il controllo sul sistema di coordinate locali dell’oggetto, questo però non riorienta il riquadro di delimitazione.
Primitive di base 3D Studio MAX dispone di varie primitive geometriche con definizione parametrica. Pur essendo spesso utili in sé, generalmente tali primitive costituiscono gli elementi di base per la costruzione di modelli più complessi. Poiché il Software Developer’s Kit (SDK) di 3DS MAX le fornisce tutte come codice sorgente, possono sicuramente fungere da base, costituendo così un presupposto dal quale gli sviluppatori partono per creare classi di oggetti completamente nuove. Le primitive più semplici (parallelepipedo, cilindro e tubo) possono essere assimilate rispettivamente a una sbarra, a un tondo e a un materiale tubolare, pronti per l’incudine di un fabbro, per il taglio di un operaio metallurgico o il fuoco di un soffiatore di vetro. Quasi tutto ciò che si forma a partire da materiale grezzo nel mondo reale può essere realizzato a partire da queste primitive di base e utilizzando poi i modificatori di deformazione di 3DS MAX. Osservando gli oggetti del mondo reale, ci si renderà conto del fatto che quasi tutti i manufatti in ferro, i perni e gli oggetti di vetro possono essere realizzati a partire da primitive.
Parallelepipedi (Boxes) I parallelepipedi sono gli oggetti più semplici (figura 7.13) ma spesso anche quelli più utili. In generale tali oggetti vengono utilizzati per definire rapidamente piani terrestri o piante, pareti e sfondi. Possono fungere da strumenti veloci in caso di allineamento e spesso vengono utilizzati come operandi per la sezione di oggetti nelle operazioni booleane. Un parallelepipedo è assimilabile a una sbarra che può essere piegata o ritorta. I parallelepipedi sono gli unici oggetti oltre i poliedri a non disporre dell’opzione di smusso, ma a ognuno dei sei lati è associato un gruppo di smusso: ciò significa che quando ai parallelepipedi si applica una distorsione, i lati rimangono smussati.
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CAP.7 ■ Figura 7.13 Gli oggetti Box con diversi modificatori e parametri di creazione.
Cilindri e tubi (Cylinders e Tubes) È possibile creare cilindri e tubi (cilindri vuoti) come oggetti parametrici. Tali oggetti fungono generalmente da base per molte parti dei modelli perché sono simili a barre e materiali tubolari. Applicando scale non uniformi e deformazioni limitate, è possibile piegare, fresare, lavorare al tornio e restringere queste semplici forme per trasformarle negli oggetti più comuni. Molti oggetti del mondo reale possono essere fatti risalire a queste forme elementari. La segmentazione richiesta per cilindri e tubi (come per tutti gli oggetti circolari) varia a seconda di quanto vicino devono essere viste le estremità e di quanto sono pronunciati nella scena. La figura 7.14 mostra come il senso di rotondità degli oggetti circolari varia a seconda della loro segmentazione. Se le estremità non sono visibili è possibile creare un minimo di lati; se il profilo è evidente (normalmente per l’interno dei tubi), sarà necessario aumentare il numero di segmenti. Se un cilindro con 200 lati non risulta abbastanza smussato, per esempio nelle immagini ad alta risoluzione o in oggetti molto grandi che attraversano la scena con archi poco profondi, è necessario eseguire il loft o l’estrusione dei cerchi che contengono più segmenti e gradini. Il numero di segmenti altezza richiesti per cilindri e tubi varia a seconda dell’uso che ne verrà fatto. Quanto più queste primitive vengono deformate, tanto maggiore dovrà essere il numero di segmenti perché risultino convincenti e smussate. I segmenti altezza hanno un effetto sulla qualità del rendering del cilindro solo se questo viene deformato in una fase successiva. Naturalmente ciò non implica un problema di pianificazione perché è sempre possibile modificare la segmentazione in un secondo momento. La pianificazione diventa importante però quando deve essere eseguita un’operazione che comprime lo stack dell’oggetto.
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■ Figura 7.14 Gli oggetti Cylinder e Tube con diversi parametri di creazione.
Coni (Cones) Gli oggetti Cone sono molto simili ai cilindri: un cono infatti è essenzialmente un cilindro le cui estremità hanno dimensioni diverse. I coni sono spesso utilizzati per creare forme comuni, come i cilindri, e inoltre la presenza di due raggi consente di imporre in qualsiasi momento una rastrematura controllabile all’oggetto risultante. Un altro uso comune consiste nel realizzare forme piramidali di base (figura 7.15). Il cono è preferibile al cilindro quando occorre avere un controllo parametrico sui raggi inferiore e superiore.
■ Figura 7.15 Gli oggetti Cone con diversi parametri di creazione.
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CAP.7 Gli oggetti Cone avranno sempre due estremità; non è mai possibile eliminare le facce dalla punta di un cono. A prima vista si tratta di uno spreco, per i coni che hanno una punta con raggio nullo, ma questa funzione risulta molto utile. L’insieme di facce della punta del cono garantisce che i lati del cono stesso smussino soltanto con lati adiacenti. Se i lati condividono un unico vertice sulla punta, tutte le facce laterali condividono un solo gruppo di smusso, con l’effetto che lo smusso viene applicato alla punta del cono come se fosse una sfera (figura 7.16).
Figura 7.16 L’effetto di smusso su coni che si incontrano in un vertice.
L’oggetto cono amplifica una caratteristica di smusso di 3D Studio MAX. Poiché l’algoritmo di smusso del renderizzatore cerca di approssimare a una sfera, i lati “smussati” sembreranno sfaccettati, se sono rastremati in una punta, cosa piuttosto comune in un cono. Per aumentare la smussatura del rendering di un cono, è necessario aumentarne la segmentazione riducendo l’angolo medio tra le facce. La figura 7.17 mostra lo smusso risultante con diversi segmenti altezza.
■ Figura 7.17 L’effetto della segmentazione in altezza sullo smusso di un cono rappresentato.
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Sfere e geosfere (Spheres e GeoSpheres) Gli oggetti parametrici Sphere e GeoSphere rappresentano modi diversi di definire volumi sferici e insieme danno quattro geometrie di sfera e di volta (figura 7.18). L’oggetto Sphere di base crea sezioni quadrilatere simili alle linee di latitudine e longitudine del globo. GeoSphere crea sezioni triangolari secondo il metodo delle volte geodetiche, diffuse da Buckminster Fuller.
■ Figura 7.18 Gli oggetti Sphere e GeoSphere con diversi parametri di creazione.
Le opzioni Tetra (tetraedro), Octa (ottaedro) e Icosa (icosaedro) creano tutte sfaccettature triangolari ma organizzano la propria geometria in modi diversi. La sfera Icosahedron è la classica volta geodetica che forma pentagoni e triangoli in punti critici. In giunti simili Octahedron e Tetrahedron formano invece quadrati e triangoli. Gli oggetti GeoSphere sono più efficaci perché forniscono un profilo più smussato con il minimo numero di facce. L’oggetto Sphere è più facile da sezionare e generalmente è preferibile quando è necessario interagire con altri oggetti rettilinei. Quando si estraggono porzioni di sfera come operandi booleani, si otterranno risultati più soddisfacenti con Sphere che con GeoSphere. Quando invece vengono utilizzate isolatamente, soprattutto come volte, sono preferibili gli oggetti GeoSphere.
Toro (Torus) Gli oggetti Torus vengono anche chiamati ciambelle, ruote o anelli. Per quanto semplice all’apparenza, questo oggetto è associato ad alcuni parametri interessanti (figura 7.19). Il parametro Twist (torsione) torce le linee radiali (lati), che formano una spirale intorno al Torus, mentre il parametro Rotation (rotazione) ruota le sezioni (segmenti). L’effetto
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CAP.7 del parametro Twist è piuttosto evidente in un’immagine fissa, mentre il parametro Rotation è più visibile nell’animazione. Poiché Twist ha un punto di inizio definito, esisterà un restringimento definito all’inizio della torsione, a meno che questa non compia una rivoluzione completa per consentire l’unione di inizio e fine. Se non è stata attivata l’opzione che consente di inserire un’interruzione a questo punto, per evitare il restringimento è necessario utilizzare i valori di Twist con incrementi di 360.
■ Figura 7.19 Gli oggetti Torus con diversi parametri di creazione.
Oggetti complessi: poliedri e teiere (Hedras e Teapots) Gli oggetti Hedra e Teapot illustrano le possibilità offerte dagli oggetti di 3DS MAX. Hedra fornisce permutazioni illimitate, mentre Teapot è un esempio di oggetto parametrico complesso che contiene diverse parti (figura 7.22). Molti oggetti parametrici ricadono sotto queste due classi. Alberi, piante, vegetazione, paesaggi e nuvole sono simili a Hedra, mentre porte, finestre, sedie e persino armature parametriche assomigliano a Teapot. L’oggetto Hedra è suddiviso in cinque famiglie di poliedri (Polyhedrons) con numerosi parametri di controllo. Le opzioni offerte da tali parametri possono sembrare infinite e, essendo animabili, sono in grado di fornire geometrie molto interessanti, soprattutto per i sistemi di particelle sviluppati da terze parti che accettano oggetti referenziati come particelle. La figura 7.20 mostra solo una frazione delle forme possibili di questo oggetto; la figura 7.21 rappresenta un diagramma dei parametri di definizione. L’oggetto Teapot è un classico della computer grafica. Conosciuto come “Utah Teapot”, è stato uno dei primi soggetti mai ottenuti. Adesso è un simbolo di tutta la grafica a tre dimensioni (da cui il suo utilizzo come icona preferita per il rendering). Anche se può
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sembrare ridicolo, l’umile teiera è uno strumento utile nella valutazione di materiali e modificatori, grazie alle sue variazioni geometriche e alle coordinate di mappatura appropriate (figura 7.23).
■ Figura 7.20 Gli oggetti Hedra con diversi parametri di creazione.
■ Figura 7.21 Le famiglie Hedra e la corrispondente variazione dei parametri di base.
Parametri della famiglia
P 0,5 Q 0,5 P 0,0 Q 1,0 P 1,0 Q 0,0 P 0,0 Q 0,0
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CAP.7 ■ Figura 7.22 Oggetti Teapot con diversi parametri di creazione.
■ Figura 7.23 I file di esempio standard matsamp2.max e matsamp3.max di 3DS MAX.
Classi geometriche Gli oggetti parametrici forniti da 3D Studio MAX appartengono a due classi fondamentali, perché possono essere convertiti in mesh triangolari e patch di Bézier (trattati approfonditamente nel capitolo 14). Man mano che 3DS MAX si sviluppa e cresce il numero di classi geometriche, il modo in cui i modificatori interagiscono con la geometria diventa sempre più importante. 3DS MAX può accogliere qualsiasi definizione geometrica. Nel programma di base sono compresi oggetti parametrici, mesh, patch e spline. 3D Studio MAX non comprende direttamente oggetti di creazione né strumenti di modifica delle superfici NURBS, ma una classe di oggetti NURBS per utenti del SDK di 3DS MAX sul quale costruire le applicazioni. 4D Vision, uno sviluppatore di 3DS MAX, prevede un plug-in NURBS per 3DS MAX, si chiamerà “Sculptor” (scultore), che dovrebbe essere un modellatore NURBS molto efficiente.
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Conversione in facce I modelli di 3DS MAX sono basati su classi geometriche. In generale gli oggetti cominciano ad alto livello e si convertono in livelli più semplici secondo le esigenze. Un oggetto parametrico per esempio può convertirsi in un patch che poi si converte in una mesh di facce triangolari. 3DS MAX non esteso comprende le classi geometriche e gli strumenti a esse associati che seguono: Classe geometrica
Strumenti di editing
Oggetti parametrici
Solo manipolazione fondametale dei parametri (può convertire in patch o mesh)
Oggetti spline
EditSpline, Extrude, Bevel, Lathe e così via (può convertire in mesh o patch con altri modificatori)
Superfici di Bézier
EditPatch, Extrude, Bevel, Lathe e così via (può convertire in mesh)
Oggetti Mesh
EditableMesh, EditMesh, MeshSmooth, Optimize e così via (classe di base mesh o suddivisione in patch)
Una classe geometrica definisce il modo in cui l’oggetto derivato viene visualizzato e può essere modificato. Attualmente 3D Studio MAX dispone solo di quattro classi, ma gli sviluppatori stanno aggiungendo piuttosto rapidamente classi personalizzate. Vista la velocità di questo sviluppo, diventa importante capire come si trasforma la geometria durante la modellazione.
Primitive patch e mesh Per default le primitive di 3DS MAX si convertono in mesh quando vengono trasformate dai modificatori. Le stesse primitive possono essere rielaborate come patch applicando un modificatore EditPatch direttamente dopo i parametri di creazione. EditPatch quindi è il primo modificatore dell’elenco. Va ricordato che è possibile tornare indietro in un secondo momento e inserire il modificatore EditPatch dopo che altri modificatori sono stati applicati. Gli oggetti Box, Cylinder, Tube, Cone, Torus e Teapot si convertono in patch quadrati, Sphere in patch triangolari, mentre Hedra e GeoSphere convertono ogni faccia in patch triangolari (figura 7.24). Purtroppo i parametri di sezione delle primitive vengono ignorati quando un modificatore EditPatch viene aggiunto all’elenco direttamente dopo i parametri di creazione. Per modificare gli oggetti con le opzioni di sezione è necessario posizionare un modificatore che li converte prima in mesh (per esempio Xform) e quindi applicare EditPatch per lavorare con i patch interpolati. Nell’aggiungere un modificatore EditPatch per convertire le primitive in patch è opportuno disattivare lo stato di selezione Sub-Object subito dopo l’applicazione, se il modificatore deve essere applicato a tutto l’oggetto. I modificatori Edit cominciano sempre con uno stato di selezione Sub-Object. Se vengono aggiunti subito altri modificatori, non sarà più possibile vederne l’effetto perché l’elenco non mostra l’oggetto ma un insieme di selezione vuoto. È necessario uscire dalla selezione Sub-Object (o selezionare qualcosa) prima di poter vedere l’effetto di altri modificatori nell’elenco.
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CAP.7 ■ Figura 7.24 La geometria patch delle primitive geometriche.
Gli oggetti patch reagiscono ai modificatori in modo diverso dagli oggetti mesh. La figura 7.25 mostra che le curve risultanti da patch deformati sono molto più sottili di quelle ottenute deformando l’oggetto come mesh. Ciò dipende dal fatto che i vertici di una mesh sono espliciti, mentre un patch è il risultato di un’equazione. Generalmente, quando lavorano su oggetti convertiti in patch, i modellatori tendono a mantenere la geometria patch quanto più a lungo è possibile. Diventa quindi importante sapere quando un’operazione forzerà la geometria a convertirsi da patch in facce. La maggior parte dei modificatori gestisce entrambe le geometrie, mentre alcuni non hanno questa possibilità. I seguenti modificatori convertiranno sempre la geometria in facce: EditMesh, Material, Normal, Smooth, VolSelect, MeshSmooth e Relax.
■ Figura 7.25 Differenze tra deformazione di una geometria patch e mesh.
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Una nuova classe geometrica La comprensione delle classi geometriche diventa più immediata generandone una completamente nuova: per convenzione tale classe verrà chiamata FOO. La prima cosa da decidere è come è definita la classe FOO ovvero da che cosa è composta. Gli oggetti mesh di 3DS MAX sono costituiti da facce costruite su vertici con bordi, mentre gli oggetti patch di Bézier sono fatti di patch con vertici di controllo e maniglie tangenti. La classe FOO può essere composta da qualsiasi cosa. Può contenere nodi, aggeggi, maniglie, curve, meridiani, cerchi, sagome, griglie, reticoli eccetera. Per convenzione gli oggetti FOO saranno fatti di “griglie” composte da “sagome”. Per essere visto nella finestra e generare un rendering finale, l’oggetto FOO deve sapere come convertire la geometria della classe FOO in una mesh (o più propriamente in una TriFaceMesh): tutte le classi di oggetti di 3D Studio MAX devono poter essere convertite in mesh triangolari. Questo requisito fornisce un denominatore comune di conversione per tutti i modificatori, e quindi tutti i modificatori possono operare su qualsiasi oggetto. Il problema successivo consiste nel verificare se è opportuno, e addirittura possibile, che la geometria FOO possa essere convertita in patch di Bézier o in classi aggiuntive. Per convenzione l’oggetto FOO può essere convertito solo in facce. La classe FOO viene aggiunta al menu di creazione ed è quindi possibile creare oggetti FOO. Ma è necessario verificare come vengono modificati gli oggetti dopo che sono stati creati. Dopo aver selezionato un oggetto FOO passare al pannello MODIFIER. Compaiono solo gli strumenti che modellano l’oggetto FOO. Poiché tutte le classi geometriche possono essere convertite in una mesh, sono disponibili diversi modificatori, come Bend, Taper, Twist ed EditMesh. EditSpline, Extrude e Lathe sono applicabili solo alle spline e quindi non sono attivi. Anche il modificatore EditPatch è disattivato perché gli oggetti FOO non possono essere convertiti in patch di Bézier. Quando viene applicato, il modificatore Bend valuta la geometria alla fine della sequenza e, non riconoscendo il FOO, richiede la conversione in patch. FOO non può essere convertito in patch e Bend richiede una mesh. L’oggetto FOO si converte in un oggetto mesh triangolare e lo strumento Bend procede normalmente. Dopo la piegatura il modificatore EditPatch diventa attivo e disponibile all’uso, perché la classe mesh di 3D Studio MAX può essere convertita in patch di Bézier. Per modificare l’oggetto FOO in modo FOO, a questo punto è possibile andare in fondo all’elenco Edit History e regolare i parametri di creazione FOO. È necessario disporre di modificatori in grado di gestire la geometria FOO. Per modificare l’oggetto FOO, è necessario avere degli strumenti di modifica FOO. Viene creata una classe di modificatori FOO che preserva e modifica le griglie e le sagome FOO originarie. Data la notevole utilità delle deformazioni assiali di base, i comandi Bend, Taper, Twist e Stretch vengono modificati in modo che accettino e gestiscano anche la classe FOO. Ora, quando l’oggetto FOO viene piegato, mantiene la geometria FOO e il modificatore EditFOO è ancora disponibile dopo l’applicazione di Bend. Applicando un EditMesh a questo punto la geometria risulta uguale a una mesh. Un nuovo oggetto NURBS in grado di convertire in patch di Bézier e mesh sarebbe una vera possibilità. Durante l’utilizzo degli strumenti di modellazione NURBS appena forniti il modello rimane NURBS. Non appena si applica un modificatore di base, che non riconosce NURBS, il modello viene convertito in patch e, se necessario, in facce. Lo stesso vale per la modellazione poligonale e di solidi. Sia per un oggetto nuovo sia per uno esistente il sistema di rappresentazione della corrispondente classe geometrica è lo stesso. Quando a un oggetto viene applicato un
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CAP.7 modificatore, questo risale alla classe geometrica con cui l’oggetto può essere rappresentato e sceglie quella di classe più elevata. Se il modificatore riconosce la classe geometrica attuale, non si verifica alcuna conversione: il modificatore ha semplicemente l’effetto desiderato sul modello. Se la geometria attuale appartiene a una classe che il modificatore non riconosce, allora la convertirà in una classe più semplice che può gestire. Tenuto conto delle aggiunte fatte dagli sviluppatori, una possibile gerarchia geometrica è la seguente: Classe geometrica
Strumenti di editing
Oggetti parametrici
Solo manipolazione fondametale dei parametri (può convertire in qualsiasi oggetto)
Oggetti solidi
EditSolid, Fillet e così via (può convertire in NURB)
Superfici NURB
EditNURB, Trim e così via (può convertire in Patch)
Superfici di Bézier
EditPatch, Blend e così via (può convertire in Polygon)
Facce poligonali
EditPoly e così via (può convertire in Quad)
Facce quadrilaterali
EditQuad, GameOut e così via (può convertire in triangoli)
Facce triangolari
EditMesh, Optimize e così via (classe inferiore)
In 3DS MAX la geometria si evolve. Gli oggetti rimangono nella classe più elevata possibile fino a quando non è necessaria una conversione verso una classe inferiore più semplice. La geometria di ordine superiore si converte in una più semplice quando viene applicato un modificatore che non può operare su quella classe geometrica. Il denominatore comune di tutti gli oggetti è la mesh triangolare. Dato che tutti gli oggetti di 3D Studio MAX devono essere in grado di convertirsi in tali oggetti, tutti i modificatori possono operare su qualsiasi oggetto dato, anche se devono convertirlo in mesh. La maggior parte dei modificatori di 3DS MAX può operare su mesh o patch, conservando tutto ciò che ricevono e passando il risultato modificato nella classe geometrica data.
Riepilogo ■
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Creazione di oggetti. In 3DS MAX la creazione è prevalentemente un processo interattivo e la modalità di operazione più veloce tende a essere quella in cui viene prima creato l’oggetto e poi vengono regolati i parametri di base, rispettando il principio della precisione. Strumenti griglia ausiliari. Gli strumenti griglia ausiliari sono estremamente utili nella determinazione di piani di costruzione con angoli particolari o correlati a una geometria preesistente. Il numero delle griglie può essere illimitato e quindi è possibile determinare molte relazioni alle quali eventualmente fare riferimento. Le funzioni speciali delle griglie comprendono la capacità di definire snap e trasformazioni e di avere viste a esse perpendicolari. Sistema Snap. Il sistema Snap è lo strumento principale per ottenere l’esattezza della creazione, mentre il sistema Align è il mezzo migliore per posizionare gli oggetti in relazione reciproca.
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Parametri di base. È possibile regolare i parametri di base degli oggetti in qualsiasi momento nel Modifier Stack, e ciò consente di renderne la visualizzazione semplice o complessa a seconda delle esigenze di rendering. Le primitive richiedono la stessa quantità di spazio su disco, a prescindere dal numero di segmenti a esse attribuiti. Primitive. Le primitive devono essere considerate come elementi di base per la costruzione di modelli più complessi. Sono i materiali grezzi dai quali è possibile modellare praticamente qualsiasi forma. Conversione. Tutte le classi di oggetti di 3D Studio MAX della cui superficie può essere eseguito il rendering devono essere in grado di convertirsi in una mesh triangolare. Geometrie di ordine superiore, come i patch di Bézier, possono essere modellate come patch convertiti in mesh. Col passare del tempo gli sviluppatori aggiungeranno altre classi geometriche; diventa quindi importante sapere quali modificatori provocano una conversione delle varie classi geometriche.
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CAP.8
CAPITOLO 8
Modellazione a livello di oggetto
In 3D Studio MAX tutti gli oggetti servono per essere modificati e animati, anche i modelli più complessi e intricati. Questo capitolo illustra i concetti basilari per modificare i modelli e la cronologia delle modifiche con il Modifier Stack. Verranno fornite le nozioni fondamentali per capire in che modo funzionano tutti i modificatori all’interno del concetto di Modifier Stack. I modificatori stessi sono trattati in termini di utilizzo quotidiano senza dilungarsi in descrizioni troppo specifiche sulle finestre di dialogo. Questo capitolo funge da base per argomenti più avanzati che saranno affrontati nei paragrafi seguenti. In particolare, il capitolo tratta i seguenti argomenti: ■ applicazione di modificatori agli oggetti; ■ modifiche di oggetti singoli e multipli; ■ il Modifier Stack; ■ manipolazione dei gizmo e dei centri del modificatore; ■ controllo dell’influsso dei modificatori con le estensioni; ■ differenza fra le trasformazioni e le modifiche; ■ utilizzo di modificatori a deformazione assiale.
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Nozioni fondamentali per l’applicazione di modificatori Modificare oggetti singoli è molto semplice. Selezionare l’oggetto e fare clic sul modificatore da applicare. Il modificatore è assegnato al livello corrente nel Modifier Stack dell’oggetto ed è pronto per ricevere valori. I modificatori di solito iniziano con le impostazioni di default, che spesso non hanno valori, o con la prima iterazione dell’effetto. Altri modificatori, come Bevel ed Extrude, memorizzano i valori utilizzati precedentemente e li considerano come i valori di default iniziali. Una volta applicati, regolare i parametri dei modificatori dalle relative finestre di dialogo nel C OMMAND PANEL (l’interazione con lo schermo è richiesta di rado). I modificatori supplementari per un oggetto si accumulano in sequenza nel Modifier Stack. La figura 8.1 mostra le operazioni di aggiunta di modificatori su una primitiva tubo.
■ Figura 8.1 Tre modificatori applicati a una primitiva Tube.
Soprattutto le prime volta che si lavora con 3DS MAX, può capitare di applicare diversi modificatori quando in realtà si desidera applicarne solo uno. In questo caso, individuare quali valori del modificatore si intende tenere e cancellare quelli ridondanti attraverso l’icona Remove o la finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK. Anche se ogni modificatore è unico, la maggior parte di essi ha in comune alcune caratteristiche di base. Prima di tutto, un elenco di parametri. Questi valori controllano l’effetto del modificatore e sono memorizzati nel file per definire l’effetto del modifica-
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CAP.8 tore. Quasi ogni modificatore contiene parametri, anche se, seppur accada di rado, è possibile che un modificatore non ne abbia (come un modificatore Conversion esplicito, per esempio). I modificatori sono sempre applicati nello spazio dell’oggetto (chiamato anche sistema locale di coordinate) e sono talvolta definiti “modificatori dello spazio oggetto” o con l’abbreviazione OSM. Come descritto nel capitolo1, applicare i modificatori subito dopo aver definito la creazione dell’oggetto e prima di eseguire trasformazioni o space warp. Poiché i modificatori sono applicati nello spazio dell’oggetto, la posizione del punto di rotazione e l’orientamento dell’oggetto al momento della creazione sono molto importanti.
Modifica di oggetti singoli I modificatori possono essere applicati a un oggetto singolo, a una selezione di oggetti o a una selezione di sub-oggetti all’interno di un oggetto. Questo capitolo affronterà i primi due casi mentre il capitolo 9 “Modellazione con le forme” è incentrato sulla modellazione di sub-oggetti. I modificatori possono contenere o meno sub-oggetti. La maggior parte dei modificatori che influiscono sulla topologia (per esempio, Smooth, Normal, Optimize) non contengono componenti sub-oggetto, quindi il pulsante Sub-Object è disattivato. Il gruppo di modificatori che si occupa delle vere e proprie modifiche (EditMesh, EditPatch ed EditSpline) lavora con i set di selezione nella modalità Sub-Object. Tutti gli altri modificatori hanno una rappresentazione grafica, chiamata gizmo, che è possibile gestire come un oggetto per ottenere un controllo migliore sull’effetto del modificatore. I gizmo, a loro volta, hanno un centro molto simile al punto di rotazione. Il centro controlla il punto da cui è si genera l’effetto del modificatore. Se applicati a un oggetto singolo, i modificatori di solito adattano i relativi gizmo alle estensioni dell’oggetto e posizionano i centri nel punto di rotazione dell’oggetto. Se applicati a oggetti multipli, i modificatori adattano i relativi gizmo alle estensioni del set di selezione e posizionano i centri nel baricentro del riquadro di delimitazione come mostrato nella parte sinistra della figura 8.2. Come risultato, sembra che gli oggetti siano diventati un oggetto solo con un unico modificatore applicato al gruppo. Il gizmo raggiunge sempre le estensioni geometriche poiché è in quel punto della cronologia delle modifiche che le estensioni sono visibili. La forma del gizmo è soprattutto un supporto visivo e non influisce direttamente sull’effetto del modificatore. Sono la posizione del centro del gizmo e i parametri del modificatore a generare l’effetto.
Modifica di selezioni di oggetti Quando si modifica una selezione di oggetti, è condiviso un unico modificatore replicato. Se si seleziona uno degli oggetti modificati e si regola il modificatore condiviso, ne risentiranno tutti i modificatori degli altri oggetti perché i modificatori sono tutti istanze. Individuare quali oggetti saranno interessati da un modificatore replicato è difficile perché i relativi gizmo occupano lo stesso spazio. L’opzione VIEWS /Show Dependencies rende visibili tali relazioni evidenziando in verde gli oggetti che hanno modificatori replicati.
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■ Figura 8.2 Lo stesso modificatore applicato a una selezione di oggetti senza e con l’opzione [Use Pivot Point].
Le modifiche a oggetti multipli cambiano notevolmente quando la casella di controllo [Use Pivot Points] è attivata. In questo caso, il modificatore agisce come se influisse sugli oggetti selezionati individualmente. Come nella parte destra della figura 8.2, a ogni oggetto è assegnato un gizmo che ne riflette la geometria e ha il centro posizionato sul punto di rotazione. Anche se sembrano modificatori singoli, sono istanze: infatti se si regolano i parametri di uno, si influisce su tutti. È possibile capire subito quando si influisce su un modificatore replicato perché verranno visualizzati i gizmo di ogni oggetto della selezione originale. Capita spesso di applicare un modificatore a un set di oggetti e di dover poi regolarne uno in modo diverso dagli altri. Il pulsante Make Unique del Modifier Stack rende i modificatori replicati unici. La figura 8.3 mostra una sedia modellata con modificatori simili e finita con una piega comune. Durante l’animazione le gambe anteriori dovevano “camminare”, per la parte anteriore i modificatori Bend sono stati resi unici e regolati per camminare. Modificare una selezione rappresenta un modo preciso e rapido per individuare un centro gizmo comune per un dato modificatore. Nella figura 8.4 è stato assegnato un modificatore Bend alle gambe della sedia come selezione e, sempre come selezione, le stesse sono state rese uniche. In questo modo, la posizione del centro di ogni gamba per le pieghe concentriche era la stessa. Quando si effettua una selezione con il MODIFY P ANEL aperto, 3DS MAX esamina la selezione per determinare se esistono modificatori comuni. In caso positivo, i modificatori comuni sono inseriti nell’elenco. In caso negativo, l’elenco a discesa è vuoto. Non è necessario selezionare tutti gli oggetti della modifica condivisa per regolare un modificatore replicato. Se, per esempio, sono stati rastremati dieci oggetti, il modificatore Taper
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CAP.8 sarà visualizzato se si sono selezionati da 1 a 10 oggetti. Se invece è stato selezionato un numero diverso da dieci, 3DS MAX non riscontra modificatori comuni e l’elenco sarà vuoto.
■ Figura 8.3 Rendere i modificatori comuni unici per permettere animazioni individuali.
■ Figura 8.4 Una selezione piegata senza l’opzione [Use Pivot Points] per garantire centri gizmo comuni e poi resa unica per eseguire pieghe concentriche.
Modificatori istanziati originariamente e ora univoci Modificatore istanziato su selezione
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Utilizzo del Modifier Stack Di tutte le aree dell’interfaccia di 3DS MAX, la tendina MODIFIER S TACK che contiene una piccola sezione di sette pulsanti e due elenchi a discesa (figura 8.5) è sicuramente la più potente. Una volta diventati esperti a utilizzare il Modifier Stack e la barra degli strumenti, si può dire di conoscere 3DS MAX abbastanza bene. Il Modifier Stack offre l’accesso alla cronologia di modellazione dell’oggetto. Ogni operazione di modellazione eseguita sull’oggetto è memorizzata nel Modifier Stack per permettere di regolarla o rimuoverla in un secondo tempo. Le operazioni nell’elenco rimangono memorizzate con la scena per il periodo di tempo desiderato e possono essere eliminate in qualsiasi momento.
■ Figura 8.5 La tendinaMODIFIER STACK .
Il Modifier Stack stesso è alloggiato in un elenco a discesa (figura 8.6). Quando si seleziona un oggetto, l’ultimo modificatore aggiunto all’oggetto è visualizzato all’inizio dell’elenco e vicino alla freccia di selezione. Il primo modificatore aggiunto all’oggetto, ovvero le prime informazioni che 3DS MAX ha sull’oggetto, è visualizzato alla fine dell’elenco. Nel caso di primitive geometriche, i parametri sono sempre alla fine dell’elenco. I modelli importati da altri programmi (come i file 3DS) di solito hanno come prime voci di elenco (in basso) Mesh, Editable Mesh, Patch o Bézier Spline. Poiché si tratta dello stato iniziale di un oggetto, non è possibile posizionare un modificatore al di sotto di essi nell’elenco.
■ Figura 8.6 Gli elenchi a discesa del MODIFIER STACK.
Come per tutte le caselle di riepilogo a discesa di 3DS MAX, la presenza della freccia di selezione è supplementare. Per questioni di velocità, i modellatori preferiscono fare semplicemente clic sulla casella con il nome per visualizzare l’elenco da cui scegliere la voce, invece di cercare di fare clic su un pulsante così piccolo. I pulsanti che circondano l’elenco a discesa hanno tendine distinte per gestire l’elenco. È possibile visualizzare e lavorare con ogni voce dell’elenco individualmente:
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CAP.8 Pin Stack (stato). Congela lo stato corrente del modificatore, permettendo così di trasformare altri oggetti nella scena mentre il modificatore fissato per la selezione originaria è ancora attivo. Pin Stack rappresenta un’eccezione al metodo di lavoro di 3DS MAX perché il pannello MODIFY non riflette la selezione corrente. Questa eccezione è utile per abbinare il risultato di un modificatore alla posizione e all’orientamento di un altro oggetto. Numerosi modellatori considerano Pin Stack un metodo per gestire gli oggetti “modello” come linee guida per le operazioni con il modificatore. Lo stato Pin Stack non permette di trasformare un altro oggetto se il modificatore corrente è in modalità Sub-Object.
Active/Inactive (interruttore). Determina se il risultato del modificatore corrente deve passare per la sequenza dei modificatori. Il modificatore visualizza sempre il relativo gizmo ma non ha alcun effetto sulla figura geometrica. Questo attributo può essere molto utile quando si assegna un modificatore intensivo (come Displace o MeshSmooth) e si desidera gestire l’oggetto in una forma più semplice più avanti nell’elenco. Show End Result (interruttore). Determina se i modificatori rimasti nell’elenco debbano visualizzare i risultati, permettendo di tornare a uno stato preciso della cronologia del modello per aggiustarne l’effetto, senza essere distratti dai risultati. I modellatori spesso disattivano questa opzione quando regolano un modificatore e lo riattivano per controllarne gli effetti. Se si disattiva questa opzione, è possibile guadagnare tempo quando il resto dell’elenco occupa memoria e l’interattività non è possibile. Make Unique (azione). Rende un modificatore replicato unico per un dato oggetto. Questa opzione è utilizzata per rimuovere la dipendenza da altri oggetti che utilizzano lo stesso modificatore, rompe il collegamento con il resto degli oggetti. Questo pulsante può generare confusione perché non viene effettuato nessun controllo per verificare se un modificatore è effettivamente replicato, quindi il pulsante è sempre attivo. È consigliabile non fare clic su questa opzione a meno che non si è sicuri di voler rompere le relazioni con gli altri oggetti con lo stesso modificatore: l’operazione non può essere annullata. Remove Modifier (azione). Cancella il modificatore selezionato dall’elenco. Il modificatore risulta come se non fosse stato mai applicato. È consigliabile utilizzare questo pulsante con cautela, perché non è possibile annullare la cancellazione. Edit Stack (finestra di dialogo). Richiama la finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK (figura 8.7) e permette di rendere unico, rimuovere o comprimere le selezioni di modificatori o di rinominarli singolarmente. Le operazioni nella finestra di dialogo Edit Stack devono essere effettuate con grande cautela, perché tranne la ridenominazione non è possibile annullarle. Di norma, è possibile annullare solo le modifiche alle caselle di modifica. Le opzioni Make Unique, Remove Modifier e la compressione dell’elenco non possono essere annullate. In generale, se non è possibile animarle, non è possibile annullarle.
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■ Figura 8.7 La finestra di dialogoEDIT MODIFIER STACK.
Rinominare i modificatori è molto semplice: è sufficiente selezionare il modificatore e inserire il nuovo nome nella parte inferiore della finestra. Il nome sarà visualizzato nell’elenco e nell’Editor tracce. Se si rende il modificatore unico, il nome del modificatore sarà reimpostato poiché si rompe la connessione con gli altri modificatori dipendenti. Se il modificatore è già indipendente, l’opzione Make Unique è ancora attiva e può essere utilizzata come un metodo rapido per la ridenominazione. I pulsanti per rimuovere e rendere unici i modificatori funzionano per le selezioni e per i modificatori individuali in maniera identica. La prima voce (in basso) dell’elenco non può essere alterata dalla finestra di dialogo EDIT STACK e non è possibile rinominarla. Questa voce rappresenta la classe geometrica e rinominare il tipo di oggetto base genererebbe confusione. Le classi geometriche comprendono oggetti parametrici come Editable Mesh, Patch, Bézier Spline, Loft, Boolean e Morph. Non è possibile comprimere o rimuovere la prima voce perché non c’è niente al di sotto a cui si può comprimerla. Comunque, la prima voce sarà spesso modificata come risultato della compressione dell’elenco.
Compressione dell’elenco Anche se il Modifier Stack di un oggetto rappresenta un elemento prezioso, il costo è piuttosto alto: la memoria RAM. Ogni operazione dell’elenco occupa una parte di RAM; la maggior parte è occupata dai modificatori Edit perché contengono le copie effettive dell’oggetto secondo le modifiche apportate fino al quel momento. Maggiore è il numero di modificatori nell’elenco, maggiore memoria RAM è necessaria per valutarli. Per fare in modo che l’oggetto consumi meno RAM, è possibile comprimerne l’elenco. Se si comprime l’elenco, la sequenza geometrica sarà valutata e l’oggetto sarà ridotto alla classe geometrica più alta. L’effetto di ogni modificatore è conservato, ma diventa esplicito e congelato nel tempo. Ciò che si vede nella finestra corrisponde al risultato della compressione. Comunque, comprimere non significa sempre risparmiare spazio su disco. Le primitive, per esempio, richiedono lo stesso spazio su disco a prescindere dalla segmentazione e dal numero di facce risultanti perché le primitive memorizzano solo i parametri nei file. Una volta compressi, gli oggetti diventano mesh (o patch) precise ed è necessario salvare l’intera mesh su disco. Se si comprime l’elenco, la sequenza geometrica sarà valutata e l’oggetto sarà ridotto alla classe geometrica più alta. L’effetto di ogni modificatore è conservato, ma diventa preciso e congelato nel tempo. Ciò che si vede nella finestra corrisponde al risultato della compressione.
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CAP.8 Ciò che si vede nella finestra corrisponde esattamente al risultato della compressione. Se l’elenco si trova a un livello intermedio e non mostra i risultati finali, il resto dell’elenco non sarà valutato. Se gli effetti dei modificatori sono disattivati, non saranno presi in considerazione. Se avviene un’animazione all’interno dei modificatori, lo stato mostrato nel fotogramma corrente sarà l’unico risultato. Se si fa clic su Collapse All nella finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK, saranno eliminati tutti i modificatori e l’oggetto sarà ridotto a ciò che si vede nella finestra interattiva. Dopo aver selezionato uno o più modificatori nell’elenco (sopra l’ultimo in basso), si attiverà il pulsante Collapse To. Se si fa clic su Collapse To, l’elenco sarà compresso dal punto della selezione fino alla fine dello stack. Comprimere l’elenco può generare confusione quando si ha una selezione di modificatori perché si potrebbe pensare che l’elenco si comprimerà solo all’interno della selezione. La figura 8.8 mostra che quando si comprime una selezione, l’ultimo modificatore (in alto) della selezione determina il punto da cui l’elenco deve essere compresso, mentre la fine della selezione rappresenta sempre la fine dell’elenco. Per comprimere una primitiva ad una figura geometrica di base, applicare un apposito modificatore Edit (EditMesh, EditPatch o EditSpline) e comprimere subito l’elenco. In questo modo, l’elenco sarà compresso a un oggetto di classe Patch, Editable Mesh o Bézier Spline. Aggiungere un modificatore Edit significa occupare memoria RAM per memorizzare le modifiche e perdere più tempo perché si passa immediatamente alla modalità Sub-Object. A meno che non si comprimano a Patch, aggiungere qualsiasi altro modificatore (come Bend o XForm) renderà più veloce la compressione a una classe Editable Mesh o Bézier Spline. Il risultato della compressione dipende da quali modificatori sono stati applicati all’oggetto. Se il modificatore di partenza è un EditPatch, il risultato della compressione è un Patch, se non è stato aggiunto un modificatore che ha convertito l’oggetto in una mesh. Altrimenti, l’oggetto si comprimerà molto probabilmente in una Editable Mesh. I modificatori che provocano la conversione in una mesh sono EditMesh, Optimize, Displace, Relax e MeshSmooth.
■ Figura 8.8 Risultato della compressione di una “selezione” di modificatori.
Originale
Collassato
Selezione
Risultato
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La classe Editable Mesh è visibile solo se è stata attivata (come spiegato nel file readme.wri di 3D Studio MAX) aggiungendo le seguenti righe al file 3dsmax.ini: [EditableMesh] Enabled=1 Attivare questa opzione non comporta nessuno svantaggio e permette di modificare la mesh più rapidamente e utilizzando minore memoria RAM rispetto al modificatore EditMesh. Il manuale presuppone che l’utente abbia attivato questa opzione nel file 3dsmax.ini. Quando si comprimono parti dell’elenco, significa che il lavoro con quella parte del modello è concluso. Anche in questo caso, non è possibile annullare l’operazione. Quindi, è consigliabile non effettuare la compressione come esperimento a meno che l’oggetto non sia stato clonato o salvato in un file di backup. Utilizzare l’opzione [Save Selected] è un’ottima misura per avere una copia dell’oggetto in un formato modificabile. Per esempio, comprimere l’elenco implica anche eliminare i parametri di base della primitiva mentre averli a disposizione è sempre utile. Il comando Merge offre un metodo facile per l’operazione di sostituzione se si hanno gli originali come punto di riferimento.
Esplorazione del Modifier Stack Dopo aver aggiunto un modificatore all’elenco di un oggetto, è necessario considerare dove, o più correttamente, dove nella cronologia dell’oggetto deve essere posizionato il modificatore successivo. Il mapping per esempio è spesso più facile e più adatto da applicare subito nella cronologia di un oggetto prima che la figura geometrica sia deformata. È quindi fondamentale capire in che modo i modificatori sono salvati, l’ordine è valutato e gli elementi sub-oggetto sono utilizzati per utilizzare al meglio questa potente capacità.
Salvataggio dei modificatori Qualsiasi componente della scena di 3DS MAX è di fatto il risultato di una serie di operazioni. Ciò che è visualizzato sullo schermo o, in alcuni casi, un rendering è il risultato di tali operazioni in quel dato momento. Quando si salva la scena in un file, di fatto si sta salvando lo stato iniziale degli oggetti e un “resoconto” di ogni modifica apportata. La figura geometrica risultante non verrà mai salvata direttamente in un file MAX. Saranno invece salvati l’oggetto originale e tutte le operazioni effettuate per creare quella figura geometrica, permettendo così di cambiare idea in qualsiasi momento della modellazione. Il calcolo dell’elenco è effettuato solo se necessario. Il risultato è chiamato una mesh di validità e il periodo di tempo in cui il risultato è valido è chiamato intervallo di validità. Quando si carica una scena per la prima volta, il Modifier Stack di ogni oggetto è valutato e il risultato è visualizzato. Questo stato è contenuto nella memoria cache e non sarà valutato a meno che l’oggetto non sia modificato aggiungendo un nuovo modificatore, regolando un parametro dell’elenco o cambiando un parametro in un dato momento del tempo. Eseguire trasformazioni su un oggetto non richiede una rivalutazione dell’elenco; questo spiega perché spostare, ruotare e ridimensionare gli oggetti è così veloce in 3DS MAX.
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CAP.8
Ordine dei modificatori L’ordine in cui si applicano i modificatori ha un effetto determinante sui risultati. È necessario pianificare l’ordine di applicazione. La figura 8.9 mostra le grandi differenze fra due modificatori identici posizionati in un diverso ordine di elenco. Mentre il Modifier Stack permette di tornare indietro a qualsiasi momento del tempo per inserire un nuovo modificatore in qualsiasi posizione, non permette di modificarne l’ordine. Uno degli errori tipici è pensare che sia possibile riordinare le voci dell’elenco attraverso la finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK o l’Editor tracce: non è possibile. Se un modificatore è applicato nell’ordine sbagliato, sarà necessario cancellarlo, mettersi nella giusta posizione dell’elenco e applicare di nuovo il modificatore. Se è necessario conservare le impostazioni originali, occorrerà registrarle e copiarle nel nuovo modificatore manualmente. Fortunatamente è un caso piuttosto raro. È facile capire quando un modificatore è stato posizionato nel posto sbagliato nella cronologia delle modifiche perché la finestra interattiva riporterà un errore.
■ Figura 8.9 Invertire l’ordine dei modificatori nell’elenco.
Taper, Bend
Bend, Taper
Twist, Bend, Bend Twist
Gestione dei gizmo In generale, è necessario spostare un gizmo solo per stabilire un nuovo punto di riferimento visivo ma non per controllarne l’effetto. È consigliabile comunque spostarne il centro. Spostare il centro del gizmo ha un effetto quasi sempre identico allo spostamento del gizmo stesso; l’unica differenza è che le estensioni del gizmo rimangono intatte con l’oggetto modificato. Spostare il gizmo provoca uno spostamento visivo che può generare
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confusione nella vita del modello. La figura 8.10 mostra lo stesso modello con i valori del modificatore Bend uguali. Il centro del modificatore Bend di destra è stato spostato alla parte superiore dell’oggetto, mentre il gizmo è stato spostato sulla sinistra. Il centro si trova nella stessa posizione dopo entrambe le operazioni ma, come si può vedere quando il gizmo si sposta, i limiti non corrispondono più all’oggetto deformato. Quando invece si sposta il centro, il limite del gizmo rispetta l’oggetto deformato.
■ Figura 8.10 La differenza fra spostare il centro e spostare il gizmo al limite del gizmo.
La funzione Align non funziona con i gizmo e i centri perché non vede il livello Sub-Object. Quando si utilizza Align in modalità Sub-Object, l’intero oggetto è allineato.
La posizione del punto di rotazione di un oggetto determina la posizione iniziale del centro assiale del modificatore e l’orientamento del sistema locale di coordinate del gizmo. Numerosi modificatori offrono i parametri necessari per ruotare questo effetto. Se disponibili, come con i modificatori Bend e Skew, dovrebbero essere utilizzati perché il limite del gizmo e l’oggetto modificato sono meglio collegati. La figura 8.11 mostra l’effetto dell’utilizzo di un parametro Bend’s Direction e della rotazione del gizmo. Quando si utilizzano modificatori che non hanno una componente direzionale come Taper, Stretch e Twist, l’unica possibilità è ruotare il gizmo. Spesso però, l’orientamento del modello non è favorevole alla direzione che si desidera applicare al modificatore. La figura 8.12 mostra un tale modello. Il cannone è orientato verso l’esterno, ma la canna è inclinata. Al secondo cannone è stato applicato il modificatore secondo l’asse di default, mentre il gizmo Taper del cannone vicino è stato ruotato per adattarsi all’inclinazione della canna.
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CAP.8 Modificatore con una direzione di 90 gradi
Gizmo ruotato per allineamentocon geometria
Gizmoruotato di 90 gradi
■ Figura 8.11 La differenza fra un modello in cui è stato utilizzato il parametro Direction e un altro in cui è stato ruotato un gizmo sul limite del gizmo.
■ Figura 8.12 Orientamento predefinito del modificatore
Rettangolointornoall’oggetto e modificatore iniziale
Ruotare il gizmo di un modificatore per allinearsi alla figura geometrica.
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Scalatura di un gizmo Se si scala un gizmo, si aumenta l’effetto del modificatore. Eseguire una scalatura uniforme equivale ad aumentare la forza del modificatore. I due oggetti nella parte superiore della figura 8.13 mostrano lo stesso risultato finale: il gizmo del primo è stato ridimensionato, la forza del modificatore del secondo invece è stata aumentata.
■ Figura 8.13 Ridimensionare il gizmo di un modificatore.
Eseguire una scalatura non uniforme invece produce risultati diversi. I due oggetti nella parte inferiore della figura 8.13 mostrano i risultati derivanti dall’utilizzo su gizmo a scale non uniformi. Non è possibile duplicare questo effetto regolando la forza o posizionando il centro. Quando il modificatore ha dei limiti, l’effetto massimo o minimo potrebbe non essere abbastanza forte o sottile. Per aumentare l’effetto del modificatore, eseguire una scalatura uniforme sul gizmo attorno al centro. Dopo aver scalato i gizmo, determinare con esattezza di quanto siano stati scalati e lungo quali assi è piuttosto difficile, soprattutto quando si confrontano modificatori simili. Transform Type-In non visualizza la posizione corrente dei gizmo come fa per gli oggetti. L’unica opzione è utilizzare Key Info dell’Editor tracce. Key Info però è disponibile solo per le chiavi e senza animazione le chiavi non esistono. Quindi, la trasformazione del gizmo deve essere animata perché i valori possano essere esaminati. Poiché trasformare un gizmo non è un’operazione comune, qui di seguito è indicato un metodo veloce per aggiungere una chiave nell’Editor tracce e regolare la scala assoluta di un gizmo: 1. con l’oggetto selezionato, entrare nell’Editor tracce e trovare l’oggetto selezionato. Se la scena è grande, fare clic su Filter e scegliere Show Only Select Object;
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CAP.8 2. 3. 4.
5.
fare clic con il pulsante destro del mouse sul nome dell’oggetto e scegliere Expand Tracks; inserire la modalità Add Keys facendo clic sull’icona Add Key e fare clic in un punto qualsiasi della scala del gizmo per creare una chiave; fare clic con il pulsante destro del mouse sulla nuova chiave per visualizzare KEY INFO con i valori scala del gizmo (figura 8.14). Con l’aggiunta di questa chiave, non è stata creata animazione. Si è creato solo una chiave, quindi non si verificherà interpolazione fra le altre chiavi nel tempo; È possibile regolare i valori scala e vedere i risultati interattivamente nelle finestre. Come opzione, è possibile cancellare la chiave regolata senza cancellare i valori.
■ Figura 8.14 Regolare la scala di un gizmo attraverso l’Editor tracce.
Utilizzo di limiti per i modificatori Numerosi modificatori dispongono della capacità di limitare la posizione del loro effetto con parametri chiamati limiti. Sono controllati da limiti parametrici Upper (superiore) e Lower (inferiore), talvolta chiamati From (da) e To (a), e dalla posizione del centro del gizmo. I limiti si distinguono dalla modifica del sub-oggetto perché influiscono sull’intero oggetto ma posizionano la deformazione solo all’interno di una data fascia. Una cannuccia piegata è un buon esempio di quando utilizzare i limiti. La figura 8.15 mostra diversi tentativi di piegare una cannuccia diritta (una primitiva tubo). A partire dalla sinistra, la prima piega influisce sull’intera cannuccia, diversamente da quanto previsto dal progetto. Il secondo oggetto piega solo la parte superiore del tubo (utilizzando il modificatore Volume Select), ma non permette di avere una sezione dritta dopo la piega. Il terzo oggetto cerca di piegare una sezione centrale della cannuccia (sempre attraverso Volume Select), ma il risultato è pessimo. Il quarto oggetto ha una piega applicata all’intero oggetto, come la prima cannuccia, ma l’effetto è localizzato entro determinati limiti e riproduce il classico effetto della cannuccia piegata.
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■ Figura 8.15 Tentativi di piegare una cannuccia.
Curvatura dell’oggetto
Curvatura conlimiti nella sezione centrale
Curvatura della metà superiore Curvatura della sezione centrale
Piegare una cannuccia utilizzando i limiti I limiti del modificatore si basano sul centro del gizmo. I parametri Upper e Lower Limit indicano la distanza dal centro che il modificatore sta utilizzando. La posizione del centro determina il punto lungo l’asse in cui si verificherà l’effetto limite. Poiché si basano sul centro, i limiti Upper e Lower si muovono con il centro in caso di spostamento. Se si duplica la piega della cannuccia, il concetto diventa molto chiaro. 1. Creare un cilindro sul piano terrestre con un raggio di circa 5 unità e un’altezza di circa 100 unità. Questa sarà la cannuccia. 2. Aggiungere alla cannuccia un modificatore Bend e assegnargli un angolo di 90 gradi. Poiché il punto di rotazione del cilindro si trova alla base, il gizmo (arancione) si inarca dalla base a formare un arco a 90 gradi. Il cilindro cerca di coincidere con l’arco del gizmo ma è limitato dal numero dei segmenti dell’altezza assegnata. 3. Fare clic sull’elenco, scegliere Cylinder e aumentare i segmenti dell’altezza di almeno 50 unità. 4. Ritornare al modificatore Bend precedente (non applicarne un altro) e attivare la casella di controllo [Limit Effect]. La cannuccia è piegata in modo “piatto” perché la distanza Upper è zero e l’intera modifica alla piega è stata apportata nel centro del gizmo (che per default coincide con il punto di rotazione).
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CAP.8 ■ Figura 8.16 Le cinque operazioni per piegare una cannuccia.
5.
6. 7. 8.
9.
10.
Trascinare il campo valori Upper Limit verso l’alto finché non si forma il “gomito” dalle dimensioni desiderate (30 per esempio). Il valore Upper Limit definisce le dimensioni della piega dal centro gizmo. I valori Upper e Lower Limit corrispondono di fatto alla distanza dal centro del gizmo misurata in uno stato non deformato. Se si impostasse l’angolo Bend su 0, la linea gizmo che indica il valore Upper Limit sarebbe a 30 unità sopra il centro. Per posizionare la piega lungo la cannuccia, è necessario spostare il centro. Fare clic su Sub-Object e scegliere Center dall’elenco a discesa. Fare clic sulla trasformazione Move, scegliere World come sistema di coordinate e vincolare all’asse Z. Spostare il centro per la lunghezza della cannuccia finché la piega non si posiziona nel punto desiderato (è importante ricordare che è possibile bloccare la selezione premendo la barra spaziatrice è molto comodo quando si spostano i centri). La cannuccia dovrebbe ora assomigliare al primo oggetto della figura 8.17. Ora che il centro è stato spostato dalla base, all’interno del cilindro, è possibile vedere l’effetto dell’utilizzo di Lower Limit. Trascinare il campo valori Lower Limit verso il basso finché il valore raggiunga il numero negativo corrispondente al valore Upper Limit (-30, per esempio). La piega diventa meno brusca e il cilindro sembra “alzarsi” dal piano terrestre (vedi oggetto centro della figura 8.17) perché l’angolo di piegatura di 90 gradi è stato esteso a una parte più lunga della cannuccia. L’angolo è sempre di 90 gradi, è il centro della piega a essere cambiato. Aumentare l’angolo di piegatura a 180 gradi.
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11.
Il gomito acquista una forma a U (figura 8.17). La piega è ancora vincolata dai limiti superiori e inferiori ma con l’aumento dell’angolo di piegatura la parte superiore è tornata alla piega a 90 gradi precedente. È possibile aggiungere pieghe ancora più limitate per trasformare la cannuccia in un sistema di tubature. Anche se probabilmente si continueranno a creare pieghe lungo l’asse Z, è possibile cambiare direzione e angolo di piegatura per creare pieghe molto intricate (figura 8.18).
■ Figura 8.17 Regolare il valore Lower Limit per la piega.
■ Figura 8.18 Pieghe limitate su un unico cilindro.
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CAP.8 I modificatori con i limiti di solito influiscono sull’intero oggetto. L’effetto di un modificatore con i limiti può influire sull’effetto di un altro modificatore perché potrebbero sovrapporsi. Anche l’ordine in cui i modificatori sono applicati è importante. In generale, i modificatori con i limiti dovrebbero essere raggruppati lungo la lunghezza dell’oggetto per evitare conflitti. Quando si applicano diversi modificatori con i limiti, è consigliabile applicare sempre prima quello più lontano: lavorare a ritroso è sempre meglio. Se il punto di rotazione dell’oggetto si trova nel centro, si hanno due gruppi con cui lavorare: i modificatori Upper Limit al di sopra del punto di rotazione e i modificatori Lower Limit al di sotto. Anche se il concetto sembra semplice, i limiti ai modificatori offrono una potenzialità pressoché unica tra i programmi di modellazione. Oltre a essere utili, sono anche molto efficienti. In termini di modellazione, è necessario solo regolare un modificatore per ottenere l’effetto, non un modificatore e un modificatore di selezione Sub-Object precedente. In termini di memoria, non richiedono memoria aggiuntiva rispetto a un unico modificatore (che è piuttosto piccolo) e minore memoria RAM rispetto a un modificatore Edit. Infine, in termini di dimensioni dei file, i modificatori sono solo un elenco di pochi parametri e richiedono capacità di memoria esigue. Comunque, ogni modificatore Edit aumenta notevolmente le dimensioni del file.
Differenze fra le trasformazioni e i modificatori Come descritto nel capitolo1, la sequenza geometrica valuta gli oggetti prima elaborandone i parametri di creazione, applicando qualsiasi modificatore nell’ordine elenco, accumulando le trasformazioni (come assegnate dalla barra degli strumenti) e infine applicando qualsiasi vincolo space warp (modificatori dello spazio globale). Questo processo implica che le trasformazioni sono elaborate sempre dopo che tutti i modificatori sono stati applicati. Non importa a che punto della cronologia delle modifiche dell’oggetto si applica una trasformazione, perché sarà sempre applicata per ultima. Il risultato non rappresenta un problema con la traslazione, la rotazione e la scala uniforme solo con la scala non uniforme.
Scala non uniforme Quando si scala un oggetto attorno a uno dei due assi, l’operazione è chiamata una scala non uniforme perché i tre assi non sono scalati in modo uniforme. Si dice che l’oggetto “si allunghi” o “si restringa” in una o due direzioni mentre la terza direzione rimane costante. È consigliabile fare attenzione quando si applica una scala non uniforme. La figura 8.19 mostra la grande differenza quando si effettua una scalatura non uniforme come modificatore e come trasformazione. In entrambi i casi la scalatura sull’asse Z avviene prima della piega. La distorsione sorprendente è causata dal fatto che le trasformazioni sono sempre applicate alla fine della sequenza dopo tutti i modificatori. L’ordine in cui
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si applicano le trasformazioni rispetto ai modificatori non è importante: le trasformazioni sono sempre applicate dopo l’intero gruppo di modificatori. Scambiare questa operazione di trasformazione con quella di modifica è facile. Dopotutto, l’oggetto appariva permanentemente distorto quando in realtà non lo era. Nel settore della grafica computerizzata, le trasformazioni sono chiamate operazioni affini. Un’operazione affine può essere applicata a un oggetto per diverse volte, ma gli effetti possono sempre essere invertiti applicando maggiori operazioni contrapposte.
■ Figura 8.19 Trasformazioni con scalatura non uniforme XForm e scalatura non uniforme.
Originale
Scalato con XForm
Scalato con Scale Transform
I comandi che si trovano sulla barra degli strumenti (Move, Rotate, Uniform Scale, Nonuniform Scale, Squash e Mirror) influiscono tutti su quella che è chiamata la matrice di trasformazione dell’oggetto (abbreviazione TM). I risultati di questi comandi sono memorizzati nella matrice di trasformazione dell’oggetto sotto forma di posizione, rotazione e scale chiavi, se animate. Dopo aver stabilito la connessione che fa in modo che queste operazioni gestiscano tutte gli stessi nove numeri della matrice di trasformazione, è possibile invertire qualsiasi operazione in un secondo momento. Mentre le trasformazioni sono affini, i modificatori sono quasi sempre operazioni non affini. I modificatori di solito distorcono l’oggetto e sono in grado di alterarne perfino la topologia. Una seconda operazione raramente riesce a invertire quella precedente. 3DS MAX sfuma la distinzione fra operazioni affini e non affini permettendo di regolare i parametri di una data operazione dopo averla applicata e di rimuoverla dall’elenco. Una volta applicato, un modificatore di solito ha un effetto determinante sul futuro dell’oggetto. 3DS MAX offre la possibilità di cambiare idea per qualsiasi operazione.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.8
Utilizzo di XForm invece delle trasformazioni Il modificatore XForm è utilizzato per applicare l’effetto di una trasformazione (spostamento, rotazione o scalatura) come un modificatore, quindi la scalatura non uniforme è trattata come un modificatore e non come una trasformazione a livello di oggetto. Il capitolo9, mostra come questo modificatore sia anche utilizzato come metodo principale per animare figure geometriche sub-oggetto. Il concetto del modificatore XForm è semplice. Produce un gizmo che circonda il set di selezione e fa passare immediatamente alla modalità sub-oggetto. Tutte le regolazioni al modificatore XForm sono effettuate solo trasformando il gizmo. XForm è un modificatore interessante perché non sembra avere un’interfaccia utente. Il menu a discesa Sub-Object⇓ contiene il gizmo e il relativo centro. Non ci sono altri parametri perché per il controllo XForm si affida interamente agli strumenti di trasformazione sulla barra degli strumenti. Dopotutto, XForm prende semplicemente le trasformazioni e le rende parte della cronologia dei dati. Come con tutti i modificatori, XForm ha effetto sugli oggetti su cui è applicato quando è corrente nel pannello MODIFIER. Se è attiva la modalità Sub-Object, le trasformazioni saranno registrate sul gizmo, poiché si comportano come un modificatore. Se la modalità Sub-Object non è attiva, le trasformazioni saranno effettuate normalmente. Quando si applica un XForm per la prima volta, si passa subito alla modalità Sub-Object perché si suppone che si desideri regolare il contenuto registrato nell’elenco. L’effetto è identico a quello di un modificatore sullo spazio di un oggetto e le trasformazioni successive non lo interessano. Quindi, se si desidera che una trasformazione abbia effetto permanente sul modello, è consigliabile utilizzarla insieme a XForm.
Utilizzo delle deformazioni assiali I modificatori geometrici di base come Bend, Taper, Twist, Skew e Stretch compongono quelle che nel settore della grafica computerizzata sono chiamate deformazioni assiali. Ogni modificatore influisce sugli oggetti lungo il loro asse corrente. Poiché questa operazione modifica la forma dell’asse per i modificatori successivi, l’ordine in cui le deformazioni assiali sono applicate ha un effetto determinante sulle risultanti figure geometriche. Tutte le deformazioni assiali hanno un gizmo e un centro che influiscono sui risultati. Il gizmo può essere definito come la modifica stessa incorporata in un oggetto. Come un oggetto, dispone di una matrice di trasformazione completa e può essere spostato, ruotato e scalato. L’orientamento determina quale asse (spesso l’asse secondario) dell’oggetto è interessato. I modificatori assiali hanno tutti pulsanti di scelta per X, Y e Z. Questi pulsanti costituiscono supporti rapidi per riorientare il gizmo perché è possibile ruotare il gizmo per ottenere la stessa modifica. Mentre è possibile ruotare un gizmo per duplicare le caselle di controllo degli assi X, Y e Z del modificatore, la scala di opzioni dell’asse orienta il gizmo alle estensioni dell’oggetto lungo l’asse scelto e regola rapidamente il centro. Questa operazione è molto più veloce rispetto alla rotazione del gizmo stesso e permette di ottenere un gizmo con un aspetto più conforme.
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Il centro corrisponde al punto di rotazione del gizmo ed è utilizzato per individuare il baricentro dell’effetto del modificatore. Spostare il centro è come spostare il punto di rotazione di un oggetto. A differenza del punto di rotazione, un centro definisce solo un unico punto e non ha un set di assi che può essere ruotato o scalato. Il centro inoltre si sposta con il centro. Per utilizzare i deformatori assiali e ottenere il risultato desiderato, di solito si eseguono le seguenti operazioni: 1. Assegnare il modificatore. 2. Aumentare il valore superiore nella finestra di dialogo per vedere l’orientamento e la posizione del modificatore (il valore non è importante a questo punto a meno che il risultato corrisponda già a quanto desiderato). 3. Se la direzione dell’effetto non è appropriata, provare i diversi pulsanti di scelta per individuare la direzione corretta. Non occorre preoccuparsi ora del risultato finale perché si sta solo determinando la direzione assiale complessiva del modificatore. 4. Se l’effetto si trova sul piano corretto ma nella direzione sbagliata, è necessario regolare il parametro Direction (se ne esiste uno) o cercare di invertire il segno del primo parametro (positivo o negativo per esempio). 5. Se non è possibile ottenere la direzione desiderata con le operazioni 3 e 4, occorre ruotare il gizmo per definire l’asse corretto. Fare clic su Sub-Object, scegliere Gizmo e ruotarlo di 90° come necessario attorno all ‘asse modificato. È importante ricordare che il centro di trasformazione corrente influisce sulla rotazione: Use Pivot Point ruota il centro del gizmo (di solito rappresenta la scelta più appropriata); Use Selection Center ruota attorno al centro dell’oggetto che si sta modificando (se si modifica solo un oggetto); Use Transform Coordinate System Center ruota attorno al sistema di coordinate di trasformazione. 6. Se la posizione dell’effetto non è corretta, fare clic su Sub-Object, scegliere Center e spostare il centro del gizmo nella posizione desiderata (spesso vincolando il movimento a un asse). La posizione del centro ha un effetto determinante sul risultato del modificatore. Questo effetto potrebbe portare a pensare che occorre ruotare il gizmo quando è sufficiente spostare il centro.
Utilizzo di Bend Il modificatore Bend “ruota” i vertici della selezione attorno a un punto di default e lungo un asse. L’effetto è molto simile alla piegatura di un materiale malleabile attorno a un cilindro rigido. Il diametro di quel “cilindro” varia all’aumentare dell’angolo di piegatura e il centro del gizmo è riposizionato. Una piegatura a 360° fa ruotare l’oggetto fino a farlo diventare un cerchio. Le dimensioni del cerchio dipendono dalla posizione del centro del gizmo (figura 8.20). La figura 8.21 mostra che se si sposta il centro del gizmo, la forma del gizmo rimane aderente all’oggetto deformato; se invece si sposta l’intero gizmo, si localizza il centro di rotazione della piegatura. Questa figura mostra come lo spostamento del centro influisca sull’effetto piegatura lungo i tre assi. Il parametro più importante di Bend (e di fatto di tutte le deformazioni assiali) è l’asse attorno cui si verifica l’effetto. Se la piegatura desiderata si verifica sul piano degli assi
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CAP.8 del modificatore, è possibile orientare la piegatura scegliendo l’asse Bend e regolando l’angolo Directional. La figura 8.22 mostra come i tre assi e una variazione di 90° localizzano l’effetto piegatura.
■ Figura 8.20 Utilizzo successivo del modificatore Bend.
■ Figura 8.21 Il raggio del modificatore Bend rispetto al centro e al gizmo di Bend.
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■ Figura 8.22 Direzionare il modificatore Bend con i parametri Axis e Direction.
Quando si lavora con oggetti singoli o oggetti multipli con l’opzione [Use Pivot Points], Bend localizza il centro del gizmo nel punto di rotazione dell’oggetto. Quando si agisce su selezioni generiche o sub-oggetti, il centro coincide con il baricentro del riquadro delimitazione della selezione. La figura 8.23 mostra l’effetto di localizzare il centro di Bend a distanze diverse e lungo assi diversi. L’utilità del modificatore Bend è aumentata notevolmente con 3DS MAX. Con le potenzialità di animazione e di limitazione dell’effetto, Bend è in grado di definire anche gli oggetti che in 3D Studio 4 avrebbero solo potuto essere estrusi. La figura 8.24 mostra alcune possibilità di modellazione con limiti Bend.
Utilizzo di Taper Il modificatore Taper affianca Bend per l’estrema flessibilità, uno strumento tuttofare. Taper basa i suoi effetti sul centro gizmo, con scalature opposte al di sopra e al di sotto del centro. Il centro funge da posizione stabile in cui non avviene alcuna scalatura. L’opzione Curve di Taper permette di far sporgere o rientrare quello che sarebbe altrimenti una rastrematura diritta. La figura 8.25 illustra l’effetto di un centro Taper sui tre assi. Taper è unico fra i modificatori di base perché offre la possibilità di effettuare la rastrematura lungo qualsiasi combinazione degli assi. L’effetto di tali combinazioni è mostrato nella figura 8.27. Questa figura mostra inoltre l’effetto dell’opzione Symmetry che centra e riflette l’effetto rastrematura attorno agli assi. È importante notare che poiché il punto di rotazione di una teiera si trova alla base, cambiare l’opzione Symmetry per l’asse principale Z non sortisce alcun effetto. Il comando Taper diventa particolarmente utile quando utilizzato con i limiti. La figura 8.28 mostra solo un campione di quanto è possibile creare con rastremature limitate. È
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CAP.8 importante notare che l’elenco della cronologia contiene solo modificatori Taper e nessun modificatore EditMesh o VolSelect. Quindi, il modello è molto efficiente. Poiché tutti i modelli sono stati applicati a livello di oggetto, è possibile modificare qualsiasi parametro Tube senza avere un effetto contrario sul modello e quindi regolare la segmentazione in qualsiasi momento. La scena può comprendere modelli di complessità diversa.
■ Figura 8.23 L’effetto di localizzare il centro di Bend sui tre assi.
■ Figura 8.24 L’utilizzo di Bend multiple limitate per creare forme complesse da primitive cilindro.
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■ Figura 8.25 Utilizzi successivi del modificatoreTaper.
■ Figura 8.26 L’effetto di localizzare il centro diTapersui tre assi.
Utilizzo di Skew Il modificatore Skew è di fatto meno di un modificatore assiale ma più di un effetto scalatura. Skew scala la selezione in direzioni opposte basandosi sulla posizione del centro gizmo. Il centro funge da posizione stabile dove non si verifica nessuna inclinazione (figura 8.29).
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CAP.8 ■ Figura 8.27 Utilizzare le diverse combinazioni assiali con la stessa forza Taper.
■ Figura 8.28 Utilizzare diversi Taper con limiti su una primitiva Tube per creare un calice.
Skew influisce sulla geometria della selezione “allungando” o “facendo scorrere” le posizioni dei vertici mesh lungo un asse. La direzione dell’inclinazione è controllata dal parametro Direction e dall’asse scelto. Se il centro gizmo si trova nella parte mediana della selezione, l’oggetto è inclinato in entrambe le direzioni e il centro diventa la linea di incontro dei due assi (figura 8.30).
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■ Figura 8.29 Utilizzo successivo del modificatore Skew.
■ Figura 8.30 Localizzare il centro di Skew sui tre assi.
Per per fare in modo che Skew si inclini solo su un lato, è necessario posizionare il centro gizmo all’estremità del lato che si desidera rimanga stabile. In questo modo, il centro funge quasi da contrappeso. La figura 8.31 mostra l’utilizzo di Skew con i limiti. Poiché Skew esegue una scalatura o appiattisce la selezione, potrebbe non essere così utile come gli altri deformatori assiali.
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CAP.8 ■ Figura 8.31 Utilizzare Skew con i limiti su una primitiva Box.
Utilizzo di Twist Il modificatore Twist utilizza un asse e crea una spirale o un effetto cavatappo. L’effetto è simile a quanto accade a una corda tesa che viene attorcigliata. La figura 8.32 mostra l’applicazione di torsioni diverse sullo stesso oggetto. L’effetto di Twist è determinato soprattutto dalla posizione del centro del gizmo. Se centrato sull’oggetto, Twist crea spirali geometriche. Se il centro è spostato, la figura geometrica è sottoposta a torsione e forma una spirale. I cilindri della figura 8.33 mostrano l’effetto di un centro gizmo centrato e un centro offset. La posizione del centro lungo l’asse interessato controlla la rotazione Twist. La figura 8.33 mostra che abbassando il centro, la torsione ruota l’oggetto (per le due file di teiere il centro del gizmo si trova nella stessa posizione). Utilizzare Twist con i limiti accresce le potenzialità di questo modificatore. Lavori decorativi con il ferro, cavi intrecciati (figura 8.34), perfino l’arte orafa utilizza torsioni limitate. Quando si animano dei personaggi, la torsione può essere applicata solo alla testa e al collo per produrre un effetto cartone animato.
Utilizzo di Stretch Il modificatore Stretch è stato aggiunto nella release 1.1 per completare le deformazioni assiali. Può essere considerato a metà fra la trasformazione Squash e il modificatore Taper. Squash è una scala non uniforme che esegue una scalatura di un asse verso l’alto e dei gli altri due in fuori. Stretch ha quasi lo stesso effetto tranne che crea una curva sull’asse allungato, simile all’opzione Curve di Taper. La figura 8.35 mostra l’effetto che Stretch ha in una maniera limitata. La posizione del centro gizmo di Stretch determina su quale lato avverrà l’effetto. Di solito, è preferibile che il centro gizmo sia centrato sull’oggetto, ma la figura 8.36 mostra
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come la posizione offset del centro è in grado di creare effetti interessanti dando peso e carattere alla deformazione. Anche se Stretch è utilizzato prima di tutto come strumento di animazione, è utile anche per la modellazione quando si utilizzano i limiti. La figura 8.37 mostra come un semplice Tube è diventato un vaso intricato con diversi allungamenti limitati. È consigliabile utilizzare Stretch in questo modo tenendo sempre presente che un asse sarà scalato oltre i limiti della figura geometrica corrente.
■ Figura 8.32 Utilizzo successivo del modificatoreTwist.
■ Figura 8.33 Localizzare il centro di Twist.
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CAP.8 ■ Figura 8.34 Utilizzare torsioni limitate su primitiveBoxper creare torsioni tipiche dell’arte orafa.
■ Figura 8.35 Utilizzo successivo del modificatoreStretch.
Riepilogo ■
Modifica degli oggetti. Il Modifier Stack di un oggetto contiene i modificatori che si applicano all’oggetto, permettendo così di rivedere qualsiasi decisione di modellazione in un secondo momento. Ogni voce del modificatore è un oggetto, con i propri effetti e le proprie potenzialità.
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■ Figura 8.36 Localizzare il centro di Stretch sui tre assi.
■ Figura 8.37 Utilizzare estensioni limitate per creare un vaso da una primitiva Tube.
■
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Compressione dell’elenco. Comprimere l’elenco significa appiattire ogni modificatore applicato in un unico modello statico. La figura geometrica risultante dipende dal tipo di modificatori compressi. Una compressione parziale comprimerà ogni modificatore dal primo selezionato alla fine dell’elenco.
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CAP.8 ■
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Gizmo dei sub-oggetti. Numerosi modificatori contengono gizmo di suboggetti che permettono di regolare e animare l’effetto del modificatore come se fosse un oggetto con trasformazioni standard. Limiti del modificatore. I limiti del modificatore permettono di controllare le estensioni che l’effetto di un modificatore ha su un oggetto. Si ha quindi un controllo che altrimenti richiederebbe selezioni di sub-oggetti e numerose modifiche. Ordine del modificatore. L’ordine in cui i modificatori sono applicati è determinante per l’effetto finale. I parametri di creazione di un oggetto sono dapprima valutati e il Modifier Stack è valutato dal basso in alto, poi è applicata la trasformazione cumulativa e infine sono aggiunti i vincoli delle space warp. Trasformazioni a scala non uniforme. Una trasformazione a scala non uniforme sembra una modifica, anche se di fatto non lo è, e può avere risultati sorprendenti perché la trasformazione a scala è applicata dopo il Modifier Stack. In pratica, è consigliabile utilizzare un modificatore XForm insieme a esso per inserire la scala nel Modifier Stack.
MODELLAZIONE A LIVELLO DI OGGETTO
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CAP.9
CAPITOLO 9
Modellazione con le forme
Gli strumenti Shape contenuti in 3D Studio MAX comprendono oggetti come linee, cerchi e rettangoli. Elementi che sembrerebbero più appropriati per un disegno o un programma CAD che per un prodotto di modellazione tridimensionale e di animazione. In che modo le forme si inseriscono nello schema di modellazione 3D? In 3DS MAX gli oggetti Forma servono come base per creare altri oggetti. È possibile creare forme che fungono da scheletro per altri oggetti come la tela per un pittore o l’armatura di metallo che lo scultore costruisce per sostenere l’argilla. Poiché 3DS MAX è anche uno strumento di animazione, è possibile creare forme che controllano il movimento. In questo capitolo verranno illustrate le operazioni generiche da eseguire per creare forme e verranno presentate alcune tecniche di modellazione 3D basate sulle forme. Si cercherà di: ■ capire che cosa sono le forme e la terminologia relativa; ■ illustrare come le decisioni prese durante la creazione di forme abbiano effetto sulla complessità e il risultato della scena; ■ creare e modificare oggetti forma; ■ apportare modifiche agli oggetti forma; ■ insegnare tecniche speciali di utilizzo degli oggetti forma come strumenti di precisione. Naturalmente, si inizierà dalla creazione di oggetti forma. MODELLAZIONE CON LE FORME
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Creare oggetti forma Gli oggetti forma vengono creati facendo clic sulla categoria Shapes nel pannello CREATE e poi fare clic su un pulsante Shape nella casella di riepilogo a discesa Object Type⇓ (figura 9.1). Trascinare il mouse su un quadrante e impostare i parametri per completare la forma nel pannello CREATE. I paragrafi seguenti spiegano come creare forme e il significato dei parametri per le forme.
■ Figura 9.1 Il pulsante Shape nel pannello Create.
Prima di creare e modificare le forme, è utile conoscere la terminologia di base utilizzata. L’elenco che segue fornisce le definizioni della terminologia utilizzata da 3DS MAX per le forme (figura 9.2).
■ Figura 9.2 Identificare i termini riguardanti le figure.
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CAP.9 ■
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Vertici. I punti che si trovano alle estremità dei segmenti spline. È possibile impostare le proprietà dei vertici per definire se il vertice sia un angolo, smussato o di tipo Bézier. I vertici sono sub-oggetti della forma. Maniglie di ridimensionamento per la tangente. I vertici della forma impostati sul tipo di vertice Bézier visualizzano le maniglie di ridimensionamento per la tangente. Trascinare le maniglie di ridimensionamento per controllare la curvatura del segmento spline mentre passa per il vertice. Le maniglie di ridimensionamento sono proprietà di un vertice. Segmenti. La parte della spline fra due vertici. La curvatura dei segmenti spline si controlla modificando le proprietà dei vertici a ciascuna estremità del segmento o modificando le proprietà del segmento stesso. Impostare le proprietà del segmento per definire se questo sia una retta o una curva. I segmenti delle rette ignorano le proprietà del vertice. I segmenti sono suboggetti della forma. Incrementi. Il numero di divisioni del segmento utilizzato per rappresentare una curva. Quando si utilizzano le forme per creare una forma geometrica, le curve della forma devono essere trasformate in facce triangolari. L’impostazione degli incrementi determina il numero di spigoli e facce creati dalla forma. L’impostazione di valori alti dà luogo a curve smussate che generano numerose facce. Gli incrementi sono un parametro della forma. Spline. Insieme di segmenti connessi. La spline è un tipo di curva smussata e regolabile, ma 3DS MAX fornisce delle opzioni per inserire angoli e definire segmenti lineari. Le spline sono sub-oggetti della forma. Forme. Un insieme di spline definisce un oggetto forma. I limiti sul numero e il tipo di spline per una forma variano a seconda dell’utilizzo previsto per la forma. Le forme sono oggetti denominati. Percorsi. Termine utilizzato per descrivere una forma. Un percorso descrive invariabilmente una forma che contiene un’unica spline utilizzata come traccia per qualcosa. Gli esempi comprendono Loft path, Path Controller e Path Deform. È importante ricordare che ogni volta che 3DS MAX si riferisce a un percorso, la descrizione si riferisce a un’unica forma spline.
Creare linee Fare clic sul pulsante Line nel pannello CREATE per creare il tipo più elementare di forma. Creare linee non significa semplicemente scegliere dei punti sullo schermo. È necessario ricordare alcune caratteristiche: ■ tutti i segmenti creati in un unico comando Line fanno parte della stessa spline e della stessa forma. Se si desidera creare segmenti di linea separati, è necessario fare clic sul pulsante destro del mouse per completare il primo comando Line e fare clic su un quadrante per iniziare un’altra linea; ■ è possibile creare linee direttamente sul piano di costruzione facendo clic in un quadrante o in uno spazio completamente tridimensionale. Se si utilizza 3D Snap o Keyboard Entry è possibile inoltre variare il valore Z dei vertici spline; ■ le linee possono essere diritte o curve a seconda delle scelte fatte nel Creation Method⇓ e se per creare i vertici si è fatto clic o si è trascinato il mouse.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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Metodi di creazione delle linee Le scelte effettuate nella casella di riepilogo a discesa Creation Method⇓ sono fondamentali per il controllo delle proprietà iniziali delle Linee. Scegliere le opzioni per controllare il tipo di vertice al momento di fare clic o di trascinare il mouse durante la creazione delle linee. La figura 9.3 mostra i due tipi di Creation Method e i tipi di vertice supportati. ■ Initial Type. Queste opzioni dovrebbero essere chiamate Click Type (tipo di clic) perché impostano il tipo di vertice creato quando si fa clic. La scelta di default è (vertici ad angolo); questo tipo produce segmenti lineari che attraversano il vertice. I vertici smussati producono una curva passante per il vertice il cui raggio di curvatura è uguali su entrambe i lati del vertice. La tangente di un vertice smussato è sempre parallela alla linea disegnata tra i due vertici ai lati del vertice smussato. ■ Drag Type. Queste opzioni impostano il tipo di vertice creato durante un trascinamento. Le scelte prevedono e , come l’Initial Type e Bézier. In tutti i casi il vertice è posizionato nel punto in cui si è premuto il mouse. Trascinando il mouse si rende attivo il tipo di trascinamento scelto per il vertice. La direzione e la distanza del trascinamento percorsa prima di rilasciare il mouse sono significative solo se Drag Type è impostato su . La direzione di trascinamento imposta la direzione della tangente della curva passante per il vertice. La distanza di trascinamento determina la grandezza della curva al vertice.
■ Figura 9.3
Vertice Corner
Vertice Smooth
Metodi per creare linee e tipi di vertice.
Vertice Bézier
Creazione interattiva Il metodo più comune per creare linee è fare clic in un quadrante in modo interattivo. Le seguenti regole sono valide per la creazione interattiva delle linee: ■ la creazione della linea può avvenire solo in un unico quadrante. Non è possibile cambiare quadrante dopo aver iniziato a creare una linea. È necessario fare clic sul pulsante destro del mouse per completare il comando prima di poter cambiare quadrante;
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CAP.9 ■
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il tipo di vertice è determinato dalle opzioni scelte nella casella di riepilogo a discesa Creation Method⇓. Occorre fare attenzione quando si utilizza il Drag Type . Raramente capita di dover trascinare il vertice di una linea. È più facile creare prima tutti i vertici e poi convertirli con Edit Spline in vertici Bézier regolabili; le linee rimangono piatte sul piano di costruzione corrente a meno che 3D Snap non sia attivo. Se 3D Snap è attivo, i vertici della linea agganciano ai bordi e ai vertici di altri oggetti nello spazio 3D; a prescindere dal modo in cui è creata la linea, il sistema di coordinate locali è posizionato e allineato con il piano di costruzione corrente.
Creazione tramite tastiera Un altro metodo per creare linee è utilizzare le caratteristiche della casella di riepilogo a discesa Keyboard Entry⇓ (figura 9.4). Digitare le coordinate X, Y, Z e poi fare clic su Add Point per ogni vertice della linea. Fare clic su Close per collegare l’ultimo vertice con il primo, chiudendo così la linea o fare clic su Finish per lasciare la linea aperta. Le seguenti regole sono valide per la creazione di linee con Keyboard Entry⇓: ■ tutti i vertici utilizzano l’opzione Initial Type (clic) nella casella di riepilogo a discesa Creation Method⇓; ■ il sistema di coordinate locali è posizionato e allineato con il piano di costruzione corrente; ■ tutti i segmenti della linea sono invisibili finché non si fa clic su Close o Finish. L’ultima regola rende difficile utilizzare Keyboard Entry per il disegno di linee di precisione. Molto probabilmente, nella futura versione ogni segmento della linea sarà visualizzato al momento della creazione.
■ Figura 9.4 Casella di riepilogo a discesaKeyboard Entry⇓ per la creazione di linee.
Creare forme parametriche Le rimanenti forme sono oggetti parametrici. Le posizioni e i tipi di vertice sono determinati dai parametri impostati nel CREATE PANEL. Le forme possono essere ulteriormente distinte secondo la tecnica di creazione. Con due eccezioni, è possibile creare forme determinando il raggio o un rettangolo. Le eccezioni sono gli archi e il testo. Creare la maggior parte delle forme trascinando prima un raggio. Le forme che utilizzano questa tecnica sono la corone circolari, il cerchio e la spirale, il poligono e la stella. Per applicare la tecnica di creazione relativa a queste forme, eseguire le seguenti operazioni: 1. scegliere un metodo di creazione (Creation Method). Scegliere per la definizione del diametro o per la definizione del raggio;
MODELLAZIONE CON LE FORME
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2.
trascinare il puntatore del mouse in un quadrante per definire la posizione della forma e il Raggio 1; 3. Se necessario, fare clic nel quadrante per impostare i rimanenti parametri. Per le corone circolari e le stelle: fare clic per impostare il Raggio 2; 4. Impostare i rimanenti parametri nella casella di riepilogo a discesa Parameters⇓; È possibile creare rettangoli ed ellissi trascinando la diagonale di un rettangolo. Per applicare la tecnica di creazione relativa a queste forme, eseguire le seguenti operazioni: 1. Scegliere un metodo di creazione. Scegliere per definire da angolo ad angolo o per definire da centro ad angolo; 2. Trascinare il mouse in un quadrante per definire la posizione della forma e la diagonale di un rettangolo che definisce Length (lunghezza) e Width (larghezza); 3. Impostare i rimanenti parametri nella casella di riepilogo a discesa Parameters⇓.
Creare cerchi e NGon (poligoni ) Creare cerchi e poligoni trascinando un unico raggio. I cerchi utilizzano sempre quattro vertici per definire la circonferenza. Per gli NGon utilizzare i parametri dei lati per cambiare il numero di vertici e di lati. Utilizzare NGon spuntando l’opzione [Circular] ogni volta che è necessario creare una circonferenza con più di quattro vertici (figura 9.5).
■ Figura 9.5 Confronto fra NGon piatti e circolari.
Circolare inattivo
Circolare attivo
Creare corone circolari e stelle Creare corone circolari e stelle trascinando un primo raggio e poi facendo clic per definire il secondo raggio. Le stelle dispongono di due parametri supplementari che servono a impostare il numero di punte della stella e il grado di distorsione.
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CAP.9 Il parametro di distorsione della stella provoca la rotazione dei vertici sul Raggio 2 intorno all’asse locale Z della stella. I valori positivi fanno ruotare i vertici in senso antiorario mentre quelli negativi fanno ruotare le punte in senso orario (figura 9.6).
■ Figura 9.6 Modificare la distorsione della stella.
Nessuna distorsione
Distorsione positiva
Distorsione negativa
Creare rettangoli ed ellissi Creare rettangoli ed ellissi trascinando una diagonale. La diagonale determina i parametri Length e Width utilizzati dal rettangolo o dall’ellisse. Se si preme CTRL durante il trascinamento, si è costretti a creare un quadrato o un’ellisse circolare. A che cosa serve un’ellisse circolare se si desidera solo creare un cerchio? Serve perché è possibile animare la lunghezza e la larghezza di un’ellisse. Se si desidera animare una forma da un cerchio a un’ellisse, iniziare con un’ellisse creata con l’opzione del tasto CTRL.
Creare archi Il modo di creare archi dipende molto dalla scelta del metodo di creazione. Esistono due modi per definire un arco: ■ Center-End-End. Questo è il metodo più comune e utile quando è necessario definire il centro e il punto iniziale esatti. Non è possibile prevedere la posizione precisa della seconda estremità perché si tratta di una funzione del raggio dell’arco; ■ End-End-Middle. Utilizzare questo metodo quando si desidera che l’arco passi esattamente per le due estremità. Per applicare il metodo End-EndMiddle, eseguire le seguenti operazioni: per creare un arco End-End-Middle, trascinate il mouse per definire la prima (mouse giù) e la seconda estremità (mouse su). Fare clic per definire il raggio dell’arco. A prescindere dalla tecnica utilizzata, i parametri dell’arco sono memorizzati come Radius, From angle e To angle. Solo il centro dell’arco è fisso. Se si modifica anche solo uno di questi tre parametri, le estremità dell’arco si spostano.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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Creare ellissi È possibile creare un’ellisse trascinando il mouse per impostare il primo raggio, facendo clic per impostare l’altezza dell’ellisse e facendo di nuovo clic per impostare il secondo raggio. È possibile impostare tre altri parametri come Turns, Bias e Turn Direction. Un’ellisse è molto utile come percorso Loft per creare oggetti come cavatappi, una ringhiera curva per le scale e gli elementi di un calorifero. Per creare un’ellisse, eseguire le seguenti operazioni: 1. trascinare il mouse per definire il centro, il raggio e il punto iniziale. Il punto di partenza si trova sempre nella direzione positiva X dal centro dell’ellisse sul piano di costruzione corrente. 2. fare clic per impostare la distanza dall’asse Z fuori dal piano di costruzione per definire l’estremità dell’ellisse; 3. fare di nuovo clic per impostare il raggio per l’estremità dell’ellisse. Dopo aver creato l’ellisse di base, è possibile impostare i seguenti parametri: ■ Turns. Imposta il numero di rivoluzioni a 360 gradi devono essere effettuate dal punto iniziale all’estremità finale; ■ Bias. Imposta dove devono avvenire le rivoluzioni in rapporto all’altezza dell’ellisse. Il valore di default di 0.0 distribuisce la rivoluzione equamente dall’inizio alla fine. I valori positivi spostano le rivoluzioni più vicino alla seconda estremità; i valori negativi spostano le rivoluzioni più vicino alla prima estremità; ■ Opzioni CW/CCW. Imposta la direzione delle rivoluzioni che hanno origine dalla prima estremità. CW = senso orario; CCW = senso antiorario. La figura 9.7 mostra un’ellisse semplice con i relativi parametri sulla sinistra. Le ellissi sulla destra mostrano che cosa si ottiene cambiando i parametri dell’ellisse.
■ Figura 9.7 Varie forme di ellisse.
Height = 0
Bias = -0.4
Elica originale Radius 2 = 10.0
CCWon
Creare un testo Il testo rappresenta la forma più facile da creare. Fare clic su un quadrante qualsiasi e il testo sarà posizionato sul piano di costruzione corrente. È possibile anche trascinare il mouse per vedere il testo mentre si sposta il cursore nel quadrante; il testo sarà
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.9 posizionato nel punto in cui si rilascia il mouse. Impostare poi i parametri per cambiare il carattere, lo stile, le dimensioni e la stringa di testo visualizzata secondo le indicazioni che seguono. ■ Font. 3DS MAX è in grado di utilizzare qualsiasi carattere TrueType installato sul sistema Windows NT e qualsiasi carattere Adobe Type 1 PostScript installato nella directory 3dsmax\fonts. Fare clic sull’elenco dei caratteri per scegliere uno tra quelli disponibili. ■ Style. Se si fa clic sui due pulsanti sotto all’elenco dei caratteri, è possibile attivare o disattivare lo stile corsivo e sottolineato. Se si desidera il grassetto, è necessario scegliere un carattere grassetto. ■ Size. Imposta l’altezza del testo. Inserire l’altezza del testo è alquanto ingannevole perché 3DS MAX per calcolare le dimensioni utilizza l’altezza totale del carattere dal file di caratteri. La maggior parte dei file di caratteri in commercio definisce l’altezza come la distanza dalla parte superiore dell’ascendente a quella inferiore del discendente più una quantità di default detta interlinea come mostrato nella figura 9.8.
■ Figura 9.8 Ascendente
Linea di base
Discendente
Determinare l’altezza del carattere.
Interlinea standard
Altezza del testo specificata
Poiché l’altezza del carattere è definita in questi termini, nessuna stringa di testo corrisponderà esattamente alle dimensioni specificate. È necessario modificare il valore Size finché la stringa di testo non raggiunga l’altezza desiderata. Dopo aver ottenuto l’altezza adatta, tutte le lettere dei testi creati utilizzando lo stesso carattere e le stesse dimensioni avranno la stessa altezza. Digitare il testo che si desidera posizionare nella scena 3DS MAX. Anche se il campo testo presenta diverse righe , è possibile digitare solo una sola riga di testo. Se il testo digitato supera la larghezza del campo testo, il testo scorrerà a sinistra. È possibile anche incollare il testo contenuto negli Appunti di Windows con i seguenti limiti:
MODELLAZIONE CON LE FORME
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■
■
il carattere, le dimensioni e lo stile del testo contenuto negli Appunti è ignorato. 3DS MAX utilizza il carattere, lo stile e le dimensioni correnti della casella di riepilogo a discesa Parameters⇓; degli Appunti viene considerata solo la prima riga di testo completa fino alla prima interruzione di riga; 3DS MAX ignora il testo che segue.
È possibile creare un testo con una stringa vuota (il campo testo non contiene testo. Si ottiene un centro di rotazione che è possibile selezionare solo quando è contenuto nella selezione di una regione o lo si seleziona per nome. Controllare sempre che il campo testo contenga qualcosa prima di fare clic in un quadrante. Il testo in 3DS MAX ha una doppia “natura” molto interessante. Il testo è parametrico quindi è possibile modificare il testo trattandolo come tale. Poiché il testo rappresenta anche una spline, è possibile modificarlo come se fosse una forma geometrica. Questa doppia natura degli oggetti testo offre all’utente i vantaggi di entrambi i mondi. L’esempio seguente mostra come modificare e trasformare oggetti testo per creare un paragrafo giustificato. Nessuno scambierebbe mai 3DS MAX per un elaboratore testi, ma alcune processi di animazione richiedono la creazione di alcune righe di testo all’interno di una certa giustificazione. Per esempio, potrebbe essere necessario creare un logo o un simbolo all’interno di alcune righe di testo. Questo esempio utilizza Array e Align per disporre tre righe di testo allineate a sinistra per un negozio chiamato Cameron’s Camera Shop: 1. creare la prima riga di testo; 2. fare clic su Text nella categoria Shapes del pannello CREATE; 3. scegliere un carattere, lasciare Height impostato su 100 e digitare Cameron’s nel campo testo; 4. trascinare il mouse nel quadrante FRONT per posizionare il testo; Sono necessarie tre righe di testo, ma posizionare manualmente il testo e ottenere anche una riga di spaziatura è piuttosto difficile. Utilizzare lo strumento Array per creare velocemente altre righe. 5. selezionare l’oggetto testo e scegliere Local come sistema di coordinate di riferimento; 6. fare clic su Array sulla barra degli strumenti; 7. fare clic su Reset nella finestra di dialogo ARRAY; 8. impostare la casella Move Y su -90.0 e impostare Total In Array su 3; 9. fare clic su OK.. Le precedenti operazioni creano tre righe di testo distanziate da 90.0 unità (figura 9.9).
■ Figura 9.9 Creare righe di testo multiple.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.9 Le dimensioni del testo rappresentano di solito un buon valore di partenza per la spaziatura Array. È possibile aumentarlo o diminuirlo. Per la maggior parte dei caratteri, di solito è necessario ridurre la spaziatura, soprattutto se il testo ha pochissimi discendenti come nel caso del Cameron’s Camera Shop. Disporre la prima riga di testo rappresenta il modo più veloce per posizionare righe multiple di testo. Successivamente, modificare le due nuove righe utilizzando il pannello MODIFY. 1. Selezionare la riga mediana di testo; 2. nel pannello MODIFY, modificare il campo testo da Cameron’s a Camera; 3. selezionare l’ultima riga di testo e cambiarla con Shop; Se si desidera centrare il testo, non è necessario compiere nessun’altra operazione. 3DS MAX posiziona il centro di rotazione del testo nel centro della stringa di testo. Il testo sarà così centrato di default. Utilizzare il comando Align per allineare il testo a sinistra o a destra. 4. Selezionare le due ultime righe del testo e scegliere Local come sistema di coordinate di riferimento; 5. fare clic su Align sulla barra degli strumenti e poi fare clic sulla prima riga di testo; 6. controllare la casella di controllo [X Position]; 7. scegliere sia per Current object che per Target object; 8. fare clic su OK. Il testo è ora allineato a sinistra con la posizione della prima riga di testo (figura 9.10). La combinazione di testo parametrico Array e Align facilita la disposizione di righe multiple di testo giustificato per simboli e logo 3D.
■ Figura 9.10 Giustificare righe di testo.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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Creare spline multiple nella stessa forma Per definizione, le corone circolari e il testo contengono spline multiple nella stessa forma. Tali forme sono chiamate forme composte. Una forma a corona circolare contiene due spline circolari; una forma di testo contiene almeno una spline per ogni lettera e molte lettere richiedono spline multiple. Creare forme composte deselezionando la casella di controllo vicina al pulsante Start New Shape (figura 9.11).
■ Figura 9.11 La casella di controllo e il pulsante Start New Shape.
■
Quando nella casella compare un segno di spunta, il pulsante Start New Shape è attivo e ogni forma creata diventa un oggetto forma separato. ■ Quando la casella è vuota, il pulsante Start New Shape appare e ogni forma creata diventa una spline che fa parte di una grande forma composta. ■ È possibile creare manualmente una nuova forma facendo clic sul pulsante Start New Shape. È sempre possibile tornare a qualsiasi forma per effettuare delle aggiunte, utilizzando una delle seguenti tecniche: ■ selezionare un oggetto forma e poi togliere il segno di spunta nella casella di controllo [Start New Shape]. Qualsiasi forma creata da questo punto in poi verrà aggiunta come spline alla forma selezionata; ■ apportare un modificatore Edit Spline a una forma e utilizzare Attach per aggiungere altre forme alla forma selezionata. Il comando Edit Spline verrà trattato nel paragrafo “Utilizzare Edit Spline” più avanti nel capitolo. Il pulsante Start New Shape è veloce e comodo, ma Edit Spline offre un controllo maggiore sul metodo di posizionamento delle spline. Inoltre, utilizzando il pulsante Start New Shape, dopo aver finito di creare la forma, non è possibile tornare indietro per accedere a qualsiasi parametro forma. Invece, utilizzando Edit Spline, è possibile conservare i parametri per almeno una delle spline della forma composta.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.9
Interpolazione delle forme Tutti gli oggetti forma di base contengono una casella di riepilogo a discesa Interpolation⇓ (figura 9.12). Questa casella contiene tre parametri che controllano il numero di incrementi di ogni segmento di spline. La comprensione e l’utilizzo corretto dei parametri di interpolazione è fondamentale per garantire l’utilizzo efficace delle forme.
■ Figura 9.12 Parametri di interpolazione delle figure.
Come già anticipato all’inizio del capitolo, gli incrementi sono le divisioni contenute in un segmento di spline. Gli incrementi controllano due proprietà di una forma: la smussatura delle curve della forma e il numero di facce generato dalla forma. Per quanto riguarda la smussatura delle curve della forma, impostazioni con incrementi elevati producono una curva più smussata; invece per quanto riguarda il numero di facce generato dalla forma, impostazioni con incrementi elevati producono un numero maggiore di facce. I parametri di interpolazione controllano il numero di incrementi di una forma. ■ Steps. Inserire un valore in questa casella per specificare manualmente il numero di incrementi utilizzati per tutti i segmenti spline della forma. Utilizzare i parametri Steps per controllare il numero esatto di facce generato quando la forma è utilizzata per creare forme geometriche tridimensionali. Per utilizzare la casella Steps, la casella di controllo [Adaptive] deve essere vuota. ■ Optimize. Se la casella è spuntata, gli incrementi sono ridotti a 0 per tutti i segmenti spline lineari della forma. Poiché gli incrementi sono utilizzati per rappresentare curve, non sono necessari per rappresentare esattamente segmenti lineari e possono essere eliminati. La casella [Optimize] dovrebbe essere spuntata per default. Comunque se si desidera deformare la spline lungo i segmenti lineari, è consigliabile disattivare la casella [Optimize]. I segmenti potrebbero apparire lineari al momento, ma se si intende piegarli o sottoporli a torsione, sono necessari i segmenti supplementari eliminati attraverso l’ottimizzazione. Se si intendono creare trasformazioni graduali (morphing) dalla forma, è consigliabile disattivare la casella [Optimize]. Tutti i morphing devono avere lo stesso numero di vertici. Il processo di ottimizzazione elimina i segmenti della forma che avrebbero generato vertici di mesh in un morphing, rendendo in tal modo difficile crearli partendo da forme che contengono facce piane e da altre che contengono facce curve. La casella di controllo [Adaptive] deve essere disattivata per utilizzare la casella di controllo [Optimize]. ■ Adaptive. Calcola automaticamente gli incrementi per ogni segmento di spline della forma. Gli incrementi sono impostati in modo tale che la differenza angolare tra un incremento e l’altro non superi i 2 gradi. I segmenti lineari non sono provvisti di incrementi.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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Utilizzare [Adaptive] quando si desidera ottenere spline smussate e precise utilizzate come percorsi di movimento o componenti loft. L’opzione [Adaptive] non rappresenta una buona scelta per spline utilizzate per generare forme geometriche tridimensionali con modificatori come Extrude o EditMesh. La smussatura di una spline adattiva genera un numero di facce inefficiente. Spuntare la casella [Adaptive] provoca la disattivazione dei parametri Steps e [Optimize]. La figura 9.13 mostra tre forme di testo che utilizzano la lettera D convertita in una mesh applicando il modificatore EditMesh. Le forme hanno parametri identici tranne quelli di interpolazione. Sono visualizzati i bordi delle facce per evidenziare la differenza.
■ Figura 9.13 Cambiare le impostazioni di interpolazione.
Interpolazione adattiva, 141 facce
Steps = 1, Optimize = off, 38 facce
Steps = 1, Optimize = on, 32 facce
La lettera “D” nella parte sinistra della figura 9.13 utilizza l’interpolazione [Adaptive]. È molto difficile notare che la lettera è più smussata delle altre. L’applicazione di EditMesh crea un oggetto mesh utilizzando 141 facce. La lettera nel centro della figura 9.13 ha un’impostazione Steps di 1 e la casella di controllo [Optimize] non è spuntata. L’applicazione di EditMesh crea un oggetto mesh utilizzando 38 facce. La lettera di centro ha il 73% di facce in meno della lettera di sinistra. La lettera nella parte destra della figura 9.13 ha un’impostazione Steps di 1 e la casella di controllo [Optimize] è spuntata. L’applicazione di EditMesh crea un oggetto mesh utilizzando 32 facce. La lettera di destra ha il 77% di facce in meno della lettera di sinistra. Maggiori sono le facce, maggiore è lo spazio su disco, maggiore la memoria e il tempo di rendering necessari. Per produrre una data qualità di immagine, è consigliabile utilizzare il minor numero di facce possibile. Nell’esempio precedente, l’impostazione [Adaptive] è appropriata se si intende far girare una macchina fotografica dentro e intorno alla lettera. Per la maggior parte delle situazioni, comunque, utilizzare le impostazioni [Steps] e [Optimize] rappresenta la scelta migliore.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.9
Utilizzare Edit Spline Utilizzare il modificatore Edit Spline per modificare e trasformare i sub-oggetti delle forme. Le informazioni che saranno fornite qui di seguito si concentrano sulle tecniche basilari di modellazione. Per applicare un modificatore Edit Spline a una forma, selezionare un oggetto forma. Poi, fare clic su Edit Spline nel pannello MODIFY . I quattro paragrafi seguenti descrivono le tecniche comuni a tutti i livelli di modifica di sub-oggetti spline.
Lavorare con sub-oggetti forma La terminologia e le definizioni che riguardano i sub-oggetti forma sono state presentate all’inizio del capitolo. Grazie al modificatore Edit Spline, è possibile selezionare e modificare i seguenti sub-oggetti forma: ■ Vertici. Il livello inferiore dei sub-oggetti forma. I vertici contengono informazioni sulle curve di Bézier. Lavorare con i vertici è il solo modo per controllare completamente la forma delle curve. ■ Segmenti. Il livello mediano dei sub-oggetti forma. Esistono pochi strumenti per la modifica dei segmenti e molte tecniche di modifica dei segmenti sono semplicemente un modo più facile per lavorare con i vertici. ■ Spline. Il livello più alto dei sub-oggetti forma. Molte forme contengono una singola spline, per cui la modifica a livello di spline può apparire identica alla modifica dell’oggetto stesso, il che però non è vero. Tutte le modifiche ai sub-oggetti avvengono nello spazio oggetto e non hanno effetto sulle coordinate locali del sistema o sulle trasformazioni dell’oggetto.
Separare sub-oggetti È possibile separare segmenti e spline da una forma per creare nuovi oggetti forma. Quando si separano i sub-oggetti selezionati, la posizione e l’orientamento del punto pivot originale dell’oggetto viene copiata per la nuova forma. La figura 9.14 confronta le posizioni dei punti pivot tra una forma originale e una nuova forma creata separando alcuni dei suoi segmenti. Sia la finetra EDIT SEGMENT sia la finestra EDIT SPLINE contengono un pulsante Detach con due opzioni: Copy e Reorient. Quando l’opzione Copyè attiva, il segmento selezionato viene lasciato così com’è e copiato sul nuovo oggetto forma. Questa tecnica è utile quando si desiderano duplicare parti di una forma come punto iniziale di un’altra forma. Se la casella non è spuntata, il segmento selezionato o la spline è eliminata dalla forma per crearne una nuova. Anche dopo aver staccato un segmento o una spline, il modificatore Edit Spline conserva un record dei sub-oggetti staccati. Se si utilizza Undo, la nuova forma è cancellata e viene ripristinata quella originale. È possibile inoltre ripristinare la forma originale della forma cancellando il modificatore Edit Spline dal Modifier Stack. La nuova forma creata staccando i sub-oggetti non subirà alcuna alterazione dopo la cancellazione del modificatore Edit Spline. MODELLAZIONE CON LE FORME
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■ Figura 9.14 Confronto fra il centro di rotazione della figura originaria e della figura staccata.
Quando l’opzione [Reorient] è spuntata, gli oggetti staccati sono spostati e ruotati per essere allineati con il piano di costruzione corrente (griglia attiva). Il centro di rotazione del nuovo oggetto si trova all’origine del piano di costruzione e gli assi del centro di rotazione sono allineati con quelli del piano di costruzione (figura 9.15). Il centro di rotazione del nuovo oggetto è copiato dal centro di rotazione di creazione della forma originaria.
■ Figura 9.15 Riorientare un oggetto staccato.
Se la casella non è spuntata, la nuova forma con i sub-oggetti staccati è lasciata nella sua posizione originaria. Quando l’opzione [Reorient] non è attiva, è molto difficile distinguere la nuova forma con i sub-oggetti staccati dalla forma originaria. Uno dei segreti per distinguerle: la nuova forma cambia colore e non può essere selezionata finché il modificatore Edit Spline rimane selezionato nel Modifier Stack e la modalità Sub-object è attiva. È importante ricordare che il nuovo oggetto forma creato attraverso un’operazione di separazione non dispone di parametri di base. Il nuovo oggetto è semplicemente una spline Bézier, non una forma parametrica. Quindi, per la nuova forma non si ha accesso a nessun parametro di interpolazione. Prima di staccare qualsiasi sub-oggetto, controllare che i parametri di interpolazione della forma originaria siano impostati secondo i propri desideri.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.9
Cancellare i sub-oggetti È possibile cancellare qualsiasi sub-oggetto forma selezionando i sub-oggetti e poi facendo clic sul pulsante Delete o premendo il tasto CANC sulla tastiera. Le caselle di riepilogo a discesa, Edit Vertex, Edit Segment e Edit Spline⇓ dispongono tutte di un pulsante Delete. Come nelle operazioni di separazione, il modificatore Edit Spline memorizza tutti i suboggetti cancellati. È possibile ripristinare la forma nella sua forma originaria cancellando il modificatore Edit Spline dal Modifier Stack.
Trasformare i sub-oggetti Si utilizzano gli strumenti di trasformazione Move, Rotate e Scale con i sub-oggetti forma proprio come per gli oggetti completi. Le trasformazioni speciali di Mirror, Array e Align funzionano solo con gli oggetti completi. La scelta di un centro per la trasformazione del sub-oggetto e di un sistema di coordinate per la trasformazione segue le stesse regole della normale trasformazione di oggetti. Si aggiunge solo l’utilizzo di un Pivot Point Center o di un Local Coordinate System. Il comportamento di sub-oggetti che utilizzano questi gestori di trasformazione è illustrato qui di seguito: ■ Pivot Point Center. Ignorato per tutte le scelte che prevedono un sistema di coordinate, tranne per la trasformazione di vertici con il Local Coordinate System. In tutte le altre situazioni, il Pivot Point Center coincide con il Selection Center; ■ Local Coordinate System. Utilizza il sistema di coordinate World e l’origine World come centro di trasformazione, tranne per la trasformazione di vertici. Per questo motivo, è consigliabile evitare di utilizzare il Local Coordinate System per la trasformazione di segmenti e spline sub-oggetti. Ridurre al minimo l’overhead del sistema Edit Spline. Come già anticipato, Edit Spline conserva un record per tutti i sub-oggetti staccati o cancellati. Edit Spline memorizza anche ogni modifica apportata ai sub-oggetti. La tecnica di memorizzazione permette ai modificatori Edit Spline di esistere nel Modifier Stack e di cancellare un Edit Spline dallo stack e riportare un oggetto alla sua forma precedente. Tale flessibilità si paga in termini di memoria e di utilizzo dello spazio del file. Qui di seguito sono elencate alcune tecniche generiche per l’utilizzo di Edit Spline: ■ Utilizzare Edit Spline solo se gli altri metodi non funzionano. Se si intende apportare modifiche a livello di spline sub-oggetto, spesso è possibile raggiungere lo stesso risultato applicando all’intera forma un Xform o un altro modificatore. In questo modo, si utilizza di solito meno memoria che con Edit Spline; ■ Utilizzare Undo ogni volta che si cambia idea durante la modifica di Edit Spline. Poiché Edit Spline memorizza ogni modifica apportata, l’abitudine comune di effettuare numerose piccole modifiche per concentrarsi sul risultato finale consuma molta memoria; ■ Separare i modificatori Edit Spline utilizzati per la modellazione da quelli utilizzati per passare le selezioni di sub-oggetti nello stack. I modificatori Edit Spline utilizzati per passare le selezioni nello stack utilizzano poca memoria e sono utili per animare le forme;
MODELLAZIONE CON LE FORME
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Posizionare i modificatori Edit Spline utilizzati per la modellazione vicino alla parte inferiore del Modifier Stack e comprimerli a modellazione completata. Non è possibile animare le modifiche di modellazione apportate con Edit Spline. Dopo aver modellato la forma statica della forma, comprimere i modificatori Edit Spline per risparmiare memoria. L’esempio seguente mostra quanta memoria è consumata spostando diverse volte un unico vertice e come è possibile risparmiare memoria utilizzando il comando Undo: 1. applicare Edit Spline a una forma e salvare tre copie del file; 2. non aprire un file cosicché l’Edit Spline non contenga modifiche; 3. aprire il secondo file, selezionare un vertice, spostare il vertice più volte e trascinare le maniglie di ridimensionamento un paio di volte. Salvare il file; 4. aprire il terzo file ed eseguire le stesse operazioni, ma utilizzare Undo fra una modifica e l’altra. L’ultimo spostamento dovrebbe posizionare il vertice più o meno nella stessa posizione risultata dall’ultima modifica nel file precedente. Salvare il file; 5. esaminare le dimensioni dei file e notare le differenze. In un caso, il terzo file (in cui si è utilizzato il comando Undo) aveva solo 1,5 KB in più rispetto al file non modificato mentre il secondo file (in cui non si è utilizzato il comando Undo) aveva 9,7 KB in più. Un aumento del 546 percento. Edit Spline è uno strumento potente, ma bisogna utilizzarlo con cura. Pianificare le operazioni da effettuare con Edit Spline. Utilizzare il comando Undo regolarmente. Comprimere il modificatore dopo aver completato la modellazione. Utilizzare questi piccoli accorgimenti tecnici permette di risparmiare una considerevole quantità di memoria e migliorare le prestazioni complessive di 3DS MAX.
Apportare modifiche a livello oggetto Se si disattiva la modalità Sub-object di un modificatore Edit Spline, è possibile utilizzare due caratteristiche a livello oggetto. Queste caratteristiche si trovano nella casella di riepilogo a discesa Edit Object⇓ (figura 9.16).
■ Figura 9.16 I pulsanti nella casella di riepilogo a discesa Edit Object ß in Edit Spline.
Utilizzare Attach Attach è utilizzato per aggiungere altre forme alla forma selezionata con il modificatore Edit Spline. È importante ricordare i seguenti punti quando si utilizza Attach: ■ la forma aggiunta rinuncia alla sua identità di oggetto separato. Quindi la forma aggiunta è compressa in un semplice Spline Bézier;
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non è più possibile accedere ai parametri di base della forma aggiunta o a qualsiasi modificatore presenti del Modifier Stack della forma aggiunta; se la casella di controllo [Reorient] non è spuntata, la forma aggiunta rimane dov’è ma diventa parte della forma selezionata; se la casella di controllo [Reorient] è spuntata, la forma aggiunta si sposta e ruota in modo tale che il centro di rotazione e il sistema di coordinate locali precedenti coincidano con la posizione e l’orientamento del centro di rotazione della forma selezionata.
Utilizzare Create Line Fare clic sul pulsante Create Line per iniziare a disegnare delle linee sul piano di costruzione corrente. Qualsiasi nuova linea creata è considerata parte della spline selezionata. Poiché le nuove linee sono parte della spline selezionata, questo metodo rappresenta un’agevole scorciatoia per creare una linea da aggiungere poi alla forma. La differenza principale fra il normale strumento Line e Create Line in Edit Shape è che non è possibile controllare il tipo di vertice creato quando si utilizza Create Line. Quando si trascina il mouse si crea sempre un vertice Bézier mentre quando si fa clic si crea un vertice Corner.
Apportare modifiche a livello vertice Il primo livello Sub-Object nell’elenco di sub-oggetti Edit Spline è il vertice. Se si sceglie il livello Vertex Sub-Object, verrà visualizzata la casella di riepilogo a discesa Edit Vertex⇓ di Edit Spline (figura 9.17).
■ Figura 9.17 I pulsanti nella casella di riepilogo a discesa Edit Vertex ß in Edit Spline.
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Le proprietà dei vertici È possibile controllare la curvatura delle forme impostando le proprietà dei vertici. Selezionare alcuni vertici e con il pulsante destro del mouse fare clic sulla selezione per visualizzare il menu V ERTEX PROPERTIES. Le opzioni sono quattro: Corner, Smooth, Bézier e Bézier Corner e servono a impostare il tipo di curva per un vertice; le prime tre opzioni sono le stesse di Creation Method nello strumento Line. Le quattro opzioni sono descritte qui di seguito e illustrate nella figura 9.18.
■ Figura 9.18 Le proprietà dei vertici figura.
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Vertice Corner
Vertice Smooth
Vertice Bézier
Vertice Bézier corner
Corner. Produce segmenti che sono lineari quando passano per il vertice. Smooth. Produce una curva passante per il vertice che ha un raggio di curvatura identico prima e dopo il vertice. La tangente di un vertice smussato è sempre parallela a una retta passante per i due vertici che si trovano ai lati del vertice smussato. Bézier. Produce una curva passante per il vertice che ha una tangente regolabile. Le modifiche apportate alla direzione della tangente e all’ampiezza della curva sono applicate a entrambi i lati del vertice. Bézier Corner. Produce una curva regolabile passante per il vertice che può avere un angolo acuto. Le impostazioni per la direzione della tangente e l’ampiezza della curva sono distinte per ogni lato del vertice.
È possibile convertire un vertice da un tipo all’altro. Quando si converte un vertice Bézier Corner in un vertice Bézier, un quadratino di ridimensionamento si sposta per allinearsi con l’altro. Di solito si desidera che entrambe le maniglie di ridimensionamento si spostino così da essere equilibrate su ogni lato dei vertici. Questa è la definizione di un vertice Smooth. Quando si desidera convertire un vertice Bézier Corner in un vertice Bézier, è importante convertirlo prima in vertice Smooth e poi in Bézier. Il risultato è di solito un vertice utile.
Trasformare un vertice nel primo vertice Ogni spline all’interno di una forma contiene un primo vertice. Il primo vertice è utilizzato in numerose occasioni e può essere fondamentale in alcune situazioni. L’utilizzo del primo vertice è illustrato qui di seguito:
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CAP.9 ■
Il punto iniziale delle spline utilizzate come percorsi. Caratteristiche che utilizzano forme composte da spline come percorsi compresi i deformatori spaziali come Loft path, Path controller, Motion Trajectories e Path Deform. La condizione o il punto iniziale per queste caratteristiche è impostato dal primo vertice; ■ L’ordinamento del vertice per le forme geometriche. Questa caratteristica è particolarmente importante per le forme geometriche generate da forme multiple o forme con spline multiple. Il primo vertice di ogni spline è utilizzato come punto iniziale per la costruzione della mesh. È spesso possibile migliorare la spaziatura e la regolarità della mesh creata allineando i primi punti. Per specificare il primo vertice di una spline, selezionare un solo vertice su una spline. Se la spline è chiusa, è possibile selezionare qualsiasi vertice della spline; se la spline è aperta, è necessario selezionare una delle estremità. Fare clic su Make First. Il primo vertice si distingue dagli altri perché è circondato da un quadratino (figura 9.19).
■ Figura 9.19 Individuare il primo vertice di una spline.
Collegare i vertici Utilizzare il pulsante Connect per trascinare il mouse da un vertice all’altro per collegarli con un segmento. Entrambi i vertici devono essere posizionati alla fine di una spline aperta. Il nuovo segmento appare sempre lineare. È necessario modificare le proprietà del vertice per fare in modo che il segmento appaia curvo.
Aggiungere vertici È possibile scegliere fra tre diversi metodi per aggiungere vertici a una spline: ■ Insert. Utilizzare Insert per costruire i dettagli o le estensioni da una spline esistente. Fare clic su Insert e poi fare clic in un punto qualsiasi del segmento della spline per inserire un vertice in quel segmento. Quando si fa clic, il nuovo vertice rimane attaccato al cursore così da poterlo spostare nella posizione desiderata. A questo punto è possibile scegliere fra tre opzioni. La prima opzione consiste nel fare clic per trascinare il vertice angolare nella sua posizione corrente e inserire un altro vertice di seguito a quello nuovo. La seconda opzione consiste nel trascinare un vertice Bézier nella sua posi-
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zione corrente e inserire un altro vertice di seguito a quello nuovo. L’ultima opzione consiste nel fare clic sul pulsante destro del mouse (o premere ESC) per cancellare il vertice corrente inserito e annullare l’operazione di inserimento. A differenza delle altre modalità in 3DS MAX, non è possibile annullare Insert facendo clic su un altro pulsante. Per annullare Insert, è necessario fare clic con il pulsante destro del mouse o premere ESC. Refine. Utilizzare Refine per aggiungere vertici supplementari a una spline senza cambiarne la forma. Fare clic su Refine e su un punto qualsiasi del segmento della spline per inserire un vertice Bézier in quella data posizione. La direzione e l’ampiezza delle maniglie di ridimensionamento sono regolate automaticamente per conservare la forma originaria della curva. Break. Utilizzare Break per dividere segmenti di spline sostituendo un unico vertice con due vertici non collegati nella stessa posizione. Prima selezionare i vertici e poi fare clic su Break. Ogni vertice selezionato è sostituito da due vertici non collegati dello stesso tipo.
Unire i vertici Anche se la casella di riepilogo a discesa Edit Vertex⇓ contiene solo un pulsante Weld, è possibile scegliere fra due metodi per unire i vertici. ■ Fare clic su Move e trascinare un vertice finale a circa cinque pixel di distanza da un altro vertice finale. Quando si rilascia il pulsante del mouse, verrà visualizzata una finestra di dialogo che chiede se si desidera unire i due vertici coincidenti. Questa tecnica funziona solo quando si trascinano vertici finali verso altri vertici finali. Il vertice risultante è sempre un vertice Bézier Corner tranne quando entrambi i vertici erano originariamente vertici smussati, in questo caso il risultato è ancora un vertice smussato. ■ Selezionare un gruppo di vertici, impostare la distanza Weld Threshold e fare clic su Weld. I vertici selezionati all’interno della soglia di unione che soddisfano le altre restrizioni all’unione si uniranno in un unico punto medio. Comunque, le restrizioni all’unione fra vertici sono le seguenti: ■ i vertici finali possono unirsi solo ad altri vertici finali; ■ i vertici contenuti nella parte centrale di una spline possono unirsi solo ad altri vertici della stessa spline; ■ i vertici uniti della parte centrale di una spline non possono “saltare” un vertice. Per esempio, in una spline non è possibile unire alternativamente un vertice sì e uno no.
Trasformare i vertici È possibile trasformare i vertici e le maniglie di ridimensionamento delle tangenti di entrambi i tipi di vertici Bézier utilizzando la selezione standard e trasformare gli strumenti sulla barra degli strumenti. Questi tipi di trasformazioni sono statiche e non possono essere animate. Come già anticipato nel capitolo, i centri Pivot Point non funzionano quando si trasformano i vertici in qualsiasi sistema di coordinate diverso da quello locale. Con altri centri di
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CAP.9 coordinate per la trasformazione, i centri Pivot Point si comportano come i centri Selection. Quando si sceglie il sistema di coordinate locali, si è costretti a utilizzare solo i centri Pivot Point (è possibile scegliere un altro tipo di centro, ma si comporterà sempre da centro Pivot Point). Trasformare i vertici utilizzando il centro di coordinate per la trasformazione locale è molto comodo quando si lavora con le maniglie di ridimensionamento delle tangenti di vertici Bézier. I vertici spline non possono esistere da soli. Devono sempre far parte di una spline con almeno un altro vertice. A causa di questa restrizione, non è possibile utilizzare la tecnica MAIUSCClone per copiare i vertici.
Trasformare le maniglie di ridimensionamento dei vertici Bézier Quando si selezionano i vertici di tipo Bézier e Bézier Corner, verranno visualizzate anche le maniglie di ridimensionamento delle tangenti Bézier. È possibile controllare la direzione e la curvatura di un segmento manipolando le maniglie di ridimensionamento delle tangenti. ■ Direzione della tangente. Ogni segmento è tangente alla maniglia di ridimensionamento nella posizione del vertice. Se le maniglie sono parallele, formando così una linea retta, la curva passante per il vertice è smussata. Se nessuna delle maniglie forma una linea retta, la curva contiene un occhiello o un angolo acuto nella posizione del vertice. La figura 9.20 mostra le maniglie di ridimensionamento per una curva smussata e una curva a cuspide. I vertici Bézier sono sempre smussati e le maniglie di ridimensionamento formano sempre una linea retta. Invece, i vertici in cui le maniglie di ridimensionamento danno sempre luogo a un angolo acuto sono sempre di tipo Bézier Corner.
■ Figura 9.20 Confronto fra la direzione e la lunghezza delle tangenti.
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Ampiezza. La lunghezza della tangente determina l’ampiezza (grado di curvatura) del segmento corrispondente. Maggiore è la lunghezza, maggiore è il raggio di curvatura del segmento. La figura 9.20 mostra due segmenti in cui la tangente è lunga o breve. Anche se tecnicamente è scorretto, si potrebbe considerare la lunghezza della tangente come il raggio di un arco. Una tangente lunga crea un arco con un raggio lungo quando il segmento lascia il vertice. Un grande raggio di curvatura è necessario per piegare il segmento in direzione del vertice successivo. Il modo più comune per trasformare le maniglie di ridimensionamento del vertice è utilizzare lo strumento Move. Per trasformare una tangente, trascinare il quadratino verde alla fine della tangente invece che su vertice. Anche se sono stati selezionati diversi vertici, è possibile trascinare solo una tangente alla volta. Il trascinamento di una tangente ha i seguenti effetti: ■ se il vertice è di tipo Bézier, trascinare una maniglia influirà anche sull’altra; ■ se il vertice è di tipo Bézier Corner, è possibile trascinare ogni maniglia individualmente; ■ trascinare il mouse parallelamente alla direzione della maniglia ne modifica l’ampiezza; ■ trascinare il mouse perpendicolarmente alla maniglia la fa ruotare intorno al vertice, cambiando la direzione della tangente; ■ se si preme MAIUSC mentre si trascina il mouse, il vertice Bézier si convertirà in vertice Bézier Corner cosicché è possibile trascinare una sola maniglia. È anche possibile trascinare le maniglie di una selezione di vertici o bloccare le maniglie Bézier Corner utilizzando le opzioni [Lock Handles] (figura 9.21). Le opzioni [Lock Handles] si basano sul concetto dell’ordine del vertice. Ogni spline memorizza i vertici in ordine, a partire dal primo vertice scelto fino all’ultimo vertice. Il quadratino della tangente è identificato come il quadratino in entrata per il vertice rivolto a quello precedente e il quadratino in uscita per il vertice rivolto a quello successivo. Non è possibile notare la differenza se l’opzione [Lock Handle] non è attiva.
■ Figura 9.21 Le opzioni [Lock Handles] nella casella di riepilogo a discesa Edit Vertex ß.
Le opzioni di blocco e si comportano in modo diverso a seconda che si tratti della selezione di un solo vertice o di più vertici. ■ La casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione per un solo vertice fa in modo che trascinando un solo quadratino, si muovano entrambe le maniglie di un vertice Bézier Corner. ■ La casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione per vertici multipli fa in modo che trascinando un solo quadratino, si muovano tutte le maniglie di tutti i vertici selezionati. La casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione per un solo vertice non ha alcun effetto perché un solo vertice ha due maniglie diverse, uno in entrata e un altro in uscita.
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CAP.9 ■
La casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione per vertici multipli fa in modo che trascinando una maniglia in entrata o in uscita, si muova la maniglia corrispondente a tutti i vertici selezionati. La differenza si nota solo se i vertici selezionati sono vertici Bézier Corner. Per vertici Bézier, trascinando una qualsiasi delle due maniglie si muove anche l’altra. ■ Premere MAIUSC mentre si trascina la maniglia con la casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione attiva per convertire tutti i vertici selezionati in vertici Bézier Corner. Uno svantaggio quando si trascinano le maniglie della tangente è la difficoltà a controllare il trascinamento quando si desidera modificare una sola proprietà, come la direzione. Una facile soluzione consiste nel ruotare o scalare i vertici selezionati utilizzando il sistema locale di coordinate di trasformazione. ■ Ruotare un vertice utilizzando il sistema locale di coordinate fa ruotare le maniglie della tangente senza alterare l’ampiezza della curva. ■ Scalare un vertice utilizzando il sistema locale di coordinate modifica l’ampiezza della curva senza cambiare la direzione della tangente.
Animare le trasformazioni dei vertici Non è possibile animare nessuna delle caratteristiche del modificatore Edit Stack. Tuttavia, è possibile animare l’effetto di trasformare i vertici trasformando i vertici selezionati nel Modifier Stack in un modificatore Xform o Linked Xform. Per animare le trasformazioni dei vertici: 1. selezionare i vertici con Edit Spline; 2. lasciare attivo Sub-Object Vertex e fare clic sul pulsante More nel pannello MODIFY; 3. scegliere Xform dalla finestra di dialogo MODIFIERS. Attorno ai vertici selezionati verrà visualizzato un rettangolo giallo: un gizmo Xform; 4. con Sub-Object Gizmo attivo per il modificatore XForm, attivare il pulsante Animate e spostare, ruotare o scalare il gizmo XForm. Quando si anima il gizmo XForm, i vertici selezionati saranno anch’essi animati. È possibile utilizzare la stessa tecnica per animare l’effetto di trasformare le maniglie delle tangenti: 1. selezionare un solo vertice utilizzando Edit Spline. Se si desiderano animare le maniglie delle tangenti di più vertici, ripetere la procedura per ogni vertice; 2. lasciare attivo Sub-Object Vertex e fare clic sul pulsante More nel pannello MODIFY; 3. scegliere XForm dalla finestra di dialogo MODIFIERS. Attorno ai vertici selezionati verrà visualizzato un rettangolo giallo: un gizmo XForm; 4. con Sub-Object Gizmo attivo per il modificatore XForm, fare clic sul pulsante Lock Selection Set a metà della riga di stato nella parte inferiore della finestra 3DS MAX. Questa selezione permette di trascinare in qualsiasi parte dello schermo per trasformare il gizmo, piuttosto che dovere trascinare il gizmo stesso, particolarmente piccolo;
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5.
attivare il pulsante Animate e ruotare il gizmo per animare la direzione delle maniglie della tangente. Scalare il gizmo per animare l’ampiezza delle maniglie della tangente.
Modifiche a livello di segmento Il livello successivo di modifica di sub-oggetti nel modificatore Edit Spline è rappresentato dal segmento. Se si sceglie il livello Segment Sub-Object verrà visualizzata la tendina EDIT SEGMENT di Edit Spline (figura 9.22). La tendina EDIT SEGMENT ha meno opzioni della tendina EDIT VERTEX. I pulsanti Detach e Delete sono già stati illustrati per tutti i livelli di sub-oggetti all’inizio della sezione dedicata a Edit Spline. Le opzioni che rimangono sono descritte nei seguenti paragrafi.
■ Figura 9.22 I pulsanti nella tendina edit segment in Edit Spline.
Rottura dei segmenti Il pulsante Break ha un effetto simile al pulsante Break nella tendina EDIT VERTEX, anche se è applicata in modo diverso. Invece di separare due segmenti in un vertice selezionato, è possibile separare due segmenti in qualsiasi punto del segmento. Dopo aver fatto clic su Break, fare clic su qualsiasi punto del segmento per inserire due vertici non collegati nel punto dove si è fatto clic.
Rifinitura dei segmenti Il pulsante Refine è identico a quello contenuto nella tendina EDIT VERTEX e funziona esattamente nello stesso modo. Fare clic su Refine e poi fare clic su un segmento per inserire un solo vertice.
Le proprietà dei segmenti È possibile anche controllare la curvatura dei segmenti impostando le proprietà dei segmenti. Selezionare alcuni segmenti e fare clic con il pulsante destro del mouse sulla selezione per visualizzare il menu SEGMENT PROPERTIES. Le scelte possibili sono due:
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CAP.9 ■
Curve. Scegliere Curve non significa necessariamente provocare la curvatura del segmento. Questa proprietà fa in modo che il segmento segua le proprietà impostate per i vertici alle estremità del segmento. Se i vertici sono ad angolo, i segmenti appariranno lineari; se i vertici sono Smooth o Bézier, i segmenti appariranno curvi; ■ Line. Scegliere Line fa in modo che il segmento ignori le proprietà del vertice e crei una retta. Quando un segmento utilizza la proprietà Line, le maniglie della tangente alle estremità dei vertici Bézier visualizzeranno una X invece che una maniglia. La X indica che la maniglia della tangente è ignorata dal segmento (figura 9.23). Utilizzare la proprietà del segmento Line rappresenta un modo comodo per appiattire un segmento senza alterare la curvatura dei segmenti alle estremità. È possibile ottenere lo stesso risultato convertendo i vertici in vertici Bézier Corner e poi regolando le maniglie della tangente per rendere il segmento lineare, ma tale processo richiede molto lavoro.
■ Figura 9.23 I segmenti lineari non considerano le maniglie della tangente.
Trasformazione di segmenti È possibile trasformare i segmenti utilizzando la selezione standard e gli strumenti di trasformazione sulla barra degli strumenti, compresa la tecnica MAIUSC-Clone per effettuare copie dei segmenti. Questi tipi di trasformazioni sono statiche e non possono essere animate. Se si desidera animare l’effetto di trasformazione dei segmenti, è possibile utilizzare la tecnica XForm descritta precedentemente per i vertici. Come già anticipato nella prima parte del capitolo, i centri del punto di rotazione non funzionano quando si trasformano segmenti in qualsiasi sistema di coordinate. Inoltre, se si sceglie il sistema locale di coordinate si sarà costretti a utilizzare il sistema di coordinate globail con un centro World Origin.
Modifiche a livello di spline L’ultimo livello di sub-oggetto di Edit Spline è la spline stessa. Se si sceglie il livello Spline Sub-Object verrà visualizzata la tendina EDIT SPLINE di Edit Spline (figura 9.24). I pulsanti Detach e Delete sono già stati illustrati per tutti i livelli di sub-oggetti all’inizio della sezione dedicata a Edit Spline.
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■ Figura 9.24 I pulsanti nella tendina edit spline in Edit Spline.
Chiusura delle spline Questo semplice comando disegna un segmento dall’ultimo vertice di una spline aperta fino al primo. Selezionare una spline e fare clic su Close.
Applicare un contorno alle spline Applicare un contorno a una spline è un metodo rapido e comodo per produrre copie multiple e concentriche di una spline chiusa o una versione a doppia linea di una spline aperta. Tali copie sono comode quando è necessario creare un testo con un contorno, logo vuoti o forme simili. La caratteristica Outline può sembrare difficile da utilizzare all’inizio, ma dopo aver preso familiarità, non si potrà che apprezzarne la grande flessibilità. Se si fa clic sul pulsante Outline si attiva la modalità Outline. Finché il pulsante è attivo, è possibile continuare a selezionare e ad applicare contorni a qualsiasi spline della forma selezionata. Per disattivare la modalità Outline, fare clic su un altro pulsante o fare clic con il pulsante destro del mouse nel quadrante attivo. La casella di controllo [Center] determina in che modo il contorno è generato dalla distanza contorno. ■ Se la casella di controllo non è spuntata, la spline originale è conservata e la distanza fra il contorno e la forma è determinata dal valore inserito nella casella Outline Width. ■ Quando la casella è spuntata, la spline originale è cancellata e i due contorni sono posizionati a metà del valore indicato nella casella Outline Width ai lati della forma. Dopo aver selezionato una spline a cui applicare il contorno, continuare con una delle seguenti tecniche: ■ Trascinare la spline selezionata per definire la posizione del contorno. Durante il trascinamento, apparirà il contorno. Il contorno si posizionerà nel punto in cui si rilascia il pulsante del mouse. Quando si trascina una spline, è
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CAP.9 possibile definire una distanza contorno positiva – il contorno può andare solo in una direzione e la direzione è determinata dall’ordine dei vertici della spline. I contorni per spline a senso orario possono essere trascinati sempre lontano dal centro della spline; i contorni per spline a senso antiorario possono essere trascinati sempre verso il centro della spline. Se la direzione presa dal contorno non corrisponde a quella desiderata, cancellare l’operazione facendo clic sul pulsante destro del mouse e utilizzando una delle altre tecniche. ■ trascinare lo spinner vicino alla casella Outline Width. È possibile trascinare lo spinner per definire le larghezze contorno positive e negative. Il contorno si posizionerà nel punto in cui si rilascia lo spinner e il valore spinner ritornerà a 0.0. Non fare clic su spinner. Ogni clic crea una nuova spline con contorno. ■ Digitare un valore nella casella Outline Width. Quando si preme INVIO, verrà creato il contorno e lo splinner ritornerà a 0.0. Il metodo di digitazione è comodo per impostare contorni di precisione per generare contorni multipli e ripetitivi. Per esempio, si supponga di dovere applicare più volte a una lettera un contorno che abbia 5 unità di differenza da quello precedente. Per farlo, è molto facile con il metodo di digitazione: 1. selezionare la spline che forma la lettera; 2. fare clic su Outline; 3. non spuntare la casella di controllo [Center]; 4. nella casella Outline Width field, digitare 5, premere INVIO, digitare 10, premere INVIO, digitare 15 e premere INVIO. Ogni volta che si preme INVIO, viene creato un contorno e la casella Outline width si reimposta. Queste operazioni creano contorni multipli con una spaziatura di 5 unità fra ogni copia (figura 9.25).
■ Figura 9.25 Creare contorni concentrici.
Spline selezionata
Spline di contorno
Operazioni booleane Il comando Boolean combina due spline sorgente e cancella sempre entrambi le sorgenti nel processo di creazione di una spline booleana.
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Prima di poter effettuare un’operazione booleana sulle spline, le spline sorgente devono possedere i seguenti requisiti: ■ le spline devono far parte della stessa forma. È spesso necessario unire una forma all’altra prima di poter effettuare un’operazione booleana sulle spline; ■ le spline devono essere chiuse; ■ le spline non possono intersecarsi a vicenda; ■ le spline devono sovrapporsi. Una spline completamente inclusa in un altra non è considerata una spline sovrapposta. A parte queste restrizioni, il comando Boolean è uno strumento molto facile da utilizzare e molto stabile. La figura 9.26 mostra degli esempi di spline valide e non valide per le operazioni booleane. Per eseguire un’operazione booleana fra due spline, eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un’unica spline; 2. fare clic su Boolean; 3. fare clic sul tipo di operazione booleana: Union, Subtraction o Intersection; 4. fare clic su una seconda spline. Se l’operazione scelta è Subtraction (sottrazione), la seconda spline sarà sempre sottratta dalla prima.
■ Figura 9.26 Spline valide e non valide per le operazioni booleane.
Spline aperta
Nessunasovrapposizione
Autointersecante
OK
Riflessione di spline Riflettere le spline produce risultati simili a quelli prodotti utilizzando il comando dell’oggetto Mirror nella barra degli strumenti. In entrambi i casi, si tratta di rovesciare
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CAP.9 un oggetto su uno o due assi, con la possibilità di poterlo copiare allo stesso tempo. Due sono le differenze fondamentali tra riflettere spline e riflettere oggetti: ■ le spline si riflettono sempre intorno ai centri locali a prescindere dall’opzione centro di trasformazione; ■ le spline si riflettono sempre intorno agli assi locali della forma a prescindere dal sistema di coordinate di trasformazione scelto. Per riflettere una spline, eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare una spline; 2. spuntare la casella di controllo [Copy] se si desidera effettuare una copia; 3. fare clic sul pulsante Mirror relativo all’asse per determinare la direzione di Mirror; 4. fare clic su Mirror. Ogni volta che si fa clic su Mirror, le spline selezionate compiono una rivoluzione intorno ai centri locali.
Trasformazione di spline È possibile trasformare le spline utilizzando la selezione standard e trasformando gli strumenti nella barra degli strumenti, compresa la tecnica MAIUSC-Clone per effettuare copie di spline. Questi tipi di trasformazioni sono statiche e non possono essere animate. Se si desidera animare trasformazioni di spline, è possibile utilizzare la tecnica XForm illustrata precedentemente per i vertici. Come già anticipato all’inizio del capitolo, i centri del punto di rotazione non funzionano quando si trasformano spline in qualsiasi sistema di coordinate. Inoltre, se si sceglie il sistema locale di coordinate, si è costretti a utilizzare il sistema di coordinate World con un centro World Origin.
Utilizzo di modificatori di forma Come per la maggior parte degli oggetti in 3DS MAX, è possibile applicare modificatori alle forme. Naturalmente, l’intera spiegazione precedente su Edit Spline riguardava un modificatore dal compito particolare, progettato per lavorare esclusivamente con oggetti forma mentre i paragrafi che spiegano come animare le trasformazioni di sub-oggetti hanno utilizzato il modificatore XForm. I modificatori inclusi in 3DS MAX effettuano una delle due cose quando applicati all’oggetto forma: modificano la forma geometrica lasciando che la forma rimanga una forma oppure convertono la forma in una mesh e modificano la geometria della mesh.
Applicazione di modificatori geometrici alle spline Applicare modificatori geometrici alle spline è simile all’applicazione di un modificatore a qualsiasi altro oggetto. La figura 9.27 mostra degli esempi di applicazione di modificatori alle forme. Applicare e animare modificatori per oggetti forma apre numerose possibilità di modellazione. Basti immaginare le possibilità di animazione per una forma utilizzata per creare una superficie di rivoluzione o animare un percorso loft.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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■ Figura 9.27 Piegare un’elica e inclinare il testo.
Quando si applicano modificatori a forme, è importante ricordare che la maggior parte delle forme sono piatte (o perlomeno inizialmente sono piatte); la forma non ha dimensione lungo l’asse locale Z. Per coincidenza, la maggior parte dei modificatori agiscono per default proprio sull’asse locale Z degli oggetti. Se si applica un modificatore a un oggetto forma e il modificatore sembra non aver alcun effetto, controllare l’asse attivo del modificatore. Se la forma è piatta, impostare come attivi gli assi X e Y.
Conversione di forme in mesh piatte Una tecnica comune per modellare simboli, modelli di superficie o oggetti molto sottili consiste nel convertire una forma piatta in una mesh. Sorge spontaneo chiedersi perché non utilizzare una mappa di composizione per simboli ed etichette. Le mappe di composizione funzionano benissimo per la maggior parte delle etichette e dei simboli, ma se fosse necessario visualizzare l’etichetta da vicino o creare bordi appuntiti, creando forme geometriche piatte il risultato potrebbe rivelarsi sicuramente migliore. Numerosi modificatori convertono una forma in un oggetto mesh, primo fra tutti ovviamente Edit Mesh. Altri modificatori utilizzati per convertire forme in oggetti mesh comprendono qualsiasi modificatore di superficie come Normal, Smooth o Material. I modificatori di superficie sono semplici e non provocano il potenziale overhead di memoria di Edit Mesh.
Estrusione di spline Utilizzare il modificatore Extrude ogni volta che si desidera estrudere una forma lungo uno retta. Il capitolo successivo descrive come creare oggetti Loft in grado di estrudere qualsiasi numero di forme lungo quasi ogni tipo di spline. Ma per un’unica forma lungo una linea retta, l’utilizzo di Extrude rappresenta la scelta migliore. È possibile estrudere virtualmente qualsiasi forma, comprese le forme con spline aperte che formano superfici simili a fogli o nastri. Tuttavia, alcune forme funzionano meglio di altre. Per esempio, le forme con spline sovrapposte o spline che si intersecano producono risultati strani quando l’opzione occlusione è attiva. La figura 9.28 mostra esempi di forme estruse.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.9 ■ Figura 9.28 Esempi di figure estruse.
Quando si estrudono delle forme, due sono gli elementi fondamentali da ricordare: il valore dell’estrusione e il numero di segmenti. ■ Amount. Impostare la lunghezza dell’estrusione come misurata lungo l’asse locale Z della forma. La maggior parte delle forme si trovano sul piano locale XY, creando estrusioni con la parte superiore piatta. Se si estrudono forme che contengono spline ruotate fuori dal piano locale XY, è possibile creare estrusioni inclinate o tagliate in diagonale. La figura 9.29 mostra il risultato dell’estrusione di una forma utilizzando Edit Spline per ruotare una delle spline fuori dal piano XY. ■ Segment. Impostare il numero di divisioni lungo la lunghezza dell’estrusione. Aumentare i segmenti se si intende piegare o deformare in altro modo l’estrusione con un altro modificatore. L’estrusione di una forma prevede le seguenti opzioni. ■ Capping. È possibile scegliere di occludere una o entrambe le estremità dell’estrusione e scegliere fra i metodi di occlusione Morph o Grid. L’occlusione Morph utilizza un numero minore di facce ma non deforma come l’occlusione Grid. L’occlusione Morph è necessaria se si intendono utilizzare varianti dell’oggetto estruso come destinazioni morphing. ■ Generation of Mapping Coordinates. Se si spunta questa opzione, verranno applicate coordinate di mappatura ai lati estrusi per essere utilizzati con materiali di mappatura. È necessario applicare manualmente le coordinate mappatura alle occlusioni dell’oggetto. ■ Output. Per scegliere se il risultato dell’estrusione deve essere un oggetto mesh o un oggetto patch. La scelta appropriata dipende soprattutto da che cosa si intende fare con l’oggetto. La scelta di default è Mesh e dovrebbe essere adatta per la maggior parte degli utilizzi.
■ Figura 9.29 Estrusione di figure tridimensionali.
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Applicazione dell’effetto tornitura sulle spline Applicare l’effetto tornitura (Lathe) a un oggetto forma per generare una superficie di rivoluzione. È possibile creare superfici di rivoluzione come un Loft, ma come per Extrude, se un’unica forma effettua una rivoluzione intorno a un arco, l’effetto tornitura rappresenta la scelta migliore. Inoltre (come per l’estrusione), virtualmente è possibile applicare l’effetto tornitura a qualsiasi forma. La figura 9.30 mostra degli esempi di forme con effetto tornitura. Quando si applica l’effetto tornitura a delle forme, è importante impostare le opzioni dell’asse per la tornitura e per la superficie di rivoluzione.
■ Figura 9.30 Esempi di figure con effetto tornitura.
Impostare l’asse di tornitura La posizione predefinita dell’asse di tornitura passa per il centro di creazione della forma ed è allineato all’asse locale Y della forma. Il centro di creazione rappresenta la posizione predefinita del punto di rotazione quando la forma è creata. A causa di un errore in 3DS MAX, sembra che l’asse di tornitura passi per il punto di rotazione della forma in realtà il centro di tornitura effettivo si trova al centro originale di creazione della forma. Il posizionamento dell’asse di tornitura è corretto solo se il punto di rotazione non è stato spostato manualmente prima di applicare l’effetto tornitura. Non spostare il punto di rotazione di un oggetto forma se poi si intende applicare un modificatore Lathe, altrimenti l’asse di tornitura apparirà nel punto sbagliato. Se è necessario modificare la posizione di una spline rispetto al punto di rotazione di una forma, è consigliabile utilizzare Edit Spline per spostare la spline invece di Adjust Pivot per spostare il punto di rotazione. Se si desidera utilizzare una posizione diversa dalla posizione predefinita dell’asse, quattro sono le scelte a disposizione. ■ Min. Fare clic per individuare l’asse al limite negativo dell’asse X della forma. ■ Center. Fare clic per individuare l’asse nel centro geometrico della forma. A seconda di che tipo di modifica si sta effettuando sulla forma, il centro geometrico coincide o meno con il centro predefinito di creazione. ■ Max. Fare clic su Max per individuare l’asse al limite massimo dell’asse X della forma.
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CAP.9 ■
Sub-Object. Fare clic e spostare o ruotare manualmente l’asse nella posizione desiderata. È possibile inoltre scalare l’asse di tornitura in modo non uniforme per produrre superfici ellittiche di rivoluzione (figura 9.31). Di solito è necessario scalare l’asse lungo l’asse di tornitura attivo.
■ Figura 9.31 Risultato dopo aver scalato l’asse di tornitura.
Dopo aver utilizzato uno di questi quattro metodi per modificare la posizione dell’asse di tornitura, non esiste nessun metodo garantito per reimpostare l’asse nella sua posizione predefinita. È necessario cancellare il modificatore Lathe e riapplicarlo se si desidera tornare alla posizione predefinita dell’asse. È possibile impostare l’orientamento dell’asse di tornitura utilizzando tre pulsanti di orientamento. Fare clic sui pulsanti X, Y o Z per allineare l’asse di tornitura a quello della forma selezionata. È necessario considerare i seguenti elementi quando si seleziona l’asse di tornitura: ■ l’orientamento di default dell’asse di tornitura è allineato con l’asse locale Y della forma; ■ se si sceglie di allineare l’asse di tornitura all’asse locale X della forma, non è possibile utilizzare i pulsanti Min, Center o Max. È necessario spostare manualmente l’asse di tornitura se se si desidera allinearlo all’asse locale X; ■ la maggior parte delle forme a cui si applica l’effetto Lathe sono piatte, quindi gli assi X e Y rappresentano le scelte primarie. Applicare quindi l’effetto Lathe attorno all’asse Z solo se la forma è tridimensionale.
Controllo della superficie di rivoluzione Le opzioni riguardanti la superficie di rivoluzione che controllano il grado di rivoluzione e la complessità della mesh creata sono tre. ■ Degrees. Imposta il numero di gradi di rivoluzione. Se si utilizzano valori minori di 360 gradi, è consigliabile spuntare la casella di controllo per l’occlusione dell’inizio e della fine del solido ottenuto per tornitura. ■ Segments. Imposta il numero di copie intermedie della forma che si desidera creare intorno al tornio. Valori elevati producono un tornio rotondo più smussato, mentre valori bassi producono superfici più ruvide o fotogrammi geometrici.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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Se si desidera una forma rotonda, sono necessari almeno 16 segmenti per una rivoluzione di 360 gradi. Valori bassi (fra 4 e 8) sono utili per creare cornici geometriche regolari (figura 9.32). ■ Weld Core. I vertici nucleo sono vertici della forma che giacciono sull’asse di tornitura. Ogni vertice nucleo della forma è duplicato per ogni segmento del tornio, facendo in modo che numerosi vertici “rimangano attaccati” al centro dell’oggetto sottoposto a tornitura e causando errori di rendering. Spuntare la casella di controllo [Weld Core] ogni volta che un vertice giace sull’asse di tornitura. È consigliabile disattivare la casella di controllo [Weld Core] quando si creano effetti di morphing ed è necessario conservare un conteggio di vertici prevedibile. Le opzioni di occlusione e la scelta fra Output Mesh e Patch è identica a Extrude. L’effetto Lathe comprende inoltre [Generate UV Coordinates] per applicare coordinate mappatura ai lati dell’oggetto sottoposto a tornitura. Se non si utilizza una rivoluzione completa a 360 gradi, è necessario applicare manualmente le coordinate mappatura alle occlusioni dell’oggetto.
■ Figura 9.32 Utilizzare diverse impostazioni per i segmenti.
Svasatura di spline Un nuovo modificatore introdotto da 3DS MAX R1.1 è il modificatore Svasatura. Utilizzare questo modificatore per l’estrusione e per la svasatura di una forma. L’utilizzo primario di questo modificatore è la creazione di classici testi svasati e il trattamento di logo (figura 9.33). Proprio come per Extrude e Lathe, è possibile creare oggetti svasati come loft. Per le situazioni più comuni di svasatura, il modificatore Bevel rappresenta la scelta migliore. Quando si desidera svasare una forma, è importante ricordare i seguenti punti: ■ impostare i valori di svasatura; ■ scegliere il trattamento dei bordi; ■ azzerare le intersezioni fra i bordi.
Impostazione dei valori di svasatura Creare l’oggetto svasato impostando i seguenti valori di svasatura: ■ Levels. Tutti gli oggetti svasati richiedono minimo due livelli, un inizio e una fine. La casella [Start Outline] è solo un parametro per il livello d’inizio. Il
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CAP.9 livello di inizio può essere considerato il livello 0. Il livello 1 è il livello finale di default per un oggetto a due livelli. Come opzione, è possibile attivare due livelli supplementari per un totale di quattro livelli. Il livello con il numero più alto è sempre considerato il livello finale.
■ Figura 9.33 Testi svasati e logo.
■ Figura 9.34 Quattro livelli di una classica svasatura.
Il classico trattamento della svasatura utilizza tutti e quattro i livelli. La figura 9.34 mostra una classica svasatura e identifica una possibile sistemazione di livello. ■ Outline. Specifica quanto è più grande o più piccolo un livello rispetto alla forma del livello precedente. Il valore rappresenta la distanza in unità correnti dal bordo della forma precedente al bordo di una copia della forma con il contorno. Il contorno iniziale rappresenta la differenza fra la forma iniziale e quella originale. Per impostare i valori del contorno è importante ricordare che il valore rappresenta sempre la differenza dalla forma precedente. Per esempio, un classico oggetto svasato con una svasatura di 5.0 unità utilizza i seguenti valori per il contorno:
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Start Outline: 0.0 (nessun cambiamento dalla forma originale) Level 1 Outline: 5.0 (svasatura di 5.0 unità) Level 2 Outline: 0.0 (ha le stesse dimensioni del Level 1) Level 3 Outline: -5.0 (svasatura identica a quella della forma originale) Da questo elenco emergono le regole basilari per creare classiche svasature a quattro livelli: Start Outline imposta le dimensioni di base della svasatura; Level 1 e 3 hanno lo stesso valore ma segno opposto; se si desidera una svasatura a 45 gradi, il valore Height del Level 1 e Level 3 è positivo e uguale al valore Outline; Level 2 è sempre zero. Assodato che Start Outline imposta le dimensioni base di un oggetto, è possibile impostare le condizioni per la svasatura per i livelli 1, 2 e 3 e poi sperimentare le dimensioni complessive dell’oggetto modificando Start Outline. Height. Imposta la distanza dal livello precedente al livello corrente come misurato lungo l’asse locale Z della forma. Per i livelli classici, i valori Height sono sempre positivi e di solito identici. È possibile creare variazioni di svasatura interessanti combinando elevati valori positivi e negativi. La figura 9.35 mostra un oggetto con i seguenti valori di svasatura: Start Outline: 3.0 Level 1 Outline: 0.0, Height: 20.0 (si erge diritto, senza svasatura) Level 2 Outline: -5, Height: 0.0 (la parte superiore è piatta e larga 5.0 unità) Level 3 Outline: 0.0, Height: -5.0 (scende nella forma di 5.0 unità)
■ Figura 9.35 Risultato della combinazione di valori di altezza positivi e negativi.
Scelta del trattamento del bordo Le opzioni nell’area Surface della tendina PARAMETERS impostano come devono essere trattate le superfici del bordo. Le opzioni determinano prima di tutto se i lati sono piatti, tagliati di sbieco, smussati o arrotondati: ■ Linear or Curved Sides. Sceglie l’opzione per il tipo di interpolazione lato desiderata. I lati curvi utilizzano una curva spline per l’interpolazione da un livello all’altro. Il valore Segments deve essere maggiore di 1 per riuscire a vedere l’effetto dell’opzione Curved Sides;
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.9 ■
Segments. Aumenta i segmenti se si utilizza Curved Sides o si intende deformare l’oggetto con un altro modificatore. ■ Smooth Across Levels. Applica gruppi di smusso per smussare le facce laterali dell’oggetto. La svasatura non smussa mai dai lati fino alla faccia dell’oggetto. Spuntare questa opzione se si utilizza Curved Sides o segmenti multipli. Le opzioni per le coordinate UV (di mappatura) e per l’occlusione sono identiche per tutti gli oggetti, con una sola piccola eccezione: il significato dell’occlusione Top e di quella Bottom. La maggior parte degli oggetti occlusi hanno un’etichetta Start ed End. Gli oggetti non tengono conto delle relazioni spaziali delle occlusioni. La svasatura attiva le altezze dell’asse locale Z del livello iniziale e di quello finale. Se si spunta la casella [Top], si occlude il livello con l’asse locale Z dal valore più alto, mentre se si spunta la casella [Bottom], si occlude il livello con l’asse locale Z dal valore più basso.
Azzeramento delle intersezioni Un problema comune con forme dal testo svasato si verifica con le grazie e dove la forma ha un angolo minore di 90 gradi. Quando si applica una svasatura, queste zone tendono a “prolungarsi” troppo e a intersecarsi con altre parti dell’oggetto (figura 9.36).
■ Figura 9.36 Problemi di intersezione in oggetti svasati.
Utilizzare una delle due tecniche per correggere il problema delle intersezioni. Utilizzare i parametri Intersection del modificatore Bevel o modificare la forma manualmente. Le opzioni contenute nell’area Intersection della tendina PARAMETERS impediscono automaticamente che i livelli si intersechino. Attivare la casella di controllo [Keep lines from crossing] per attivare il controllo delle intersezioni. Inserire un valore nella casella Separation per fare in modo che venga una distanza minima fra i bordi. Il valore minimo che si può inserire è 0.01 unità; si crea così una svasatura che sembra arrivare a un punto. La figura 9.37 mostra come appare l’oggetto precedente svasato dopo aver attivato la casella di controllo [Keep lines from crossing]. L’opzione [Keep lines from crossing] può impiegare molto tempo per calcolare tutte le restrizioni imposte dalle intersezioni, soprattutto delle lettere con grazie molto complesse. Dopo aver impostato la svasatura nel modo desiderato, è consigliabile comprimere il Modifier Stack per convertire la svasatura in una mesh per evitare di effettuare di nuovo i calcoli.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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■ Figura 9.37 Utilizzare l’opzione [Keep lines from crossing].
È possibile inoltre correggere manualmente numerosi problemi di intersezione utilizzando Edit Spline. La maggior parte dei problemi dovuti alle intersezioni è causata dai bordi della forma che convergono in un angolo acuto. Se si appiattisce la punta, anche di poco, è possibile correggere molti problemi di intersezione svasatura legati alla svasatura. Utilizzare la tecnica seguente per correggere manualmente i problemi di intersezione: 1. applicare un modificatore Bevel a una forma per identificare i problemi di intersezione; 2. applicare un modificatore Edit Spline al di sotto del modificatore Bevel; 3. utilizzare Refine per aggiungere un vertice a entrambi i lati di un angolo problematico; 4. cancellare il vertice ad angolo; 5. è possibile anche impostare il segmento fra i due nuovi vertici in modo che sia lineare; 6. scegliere il modificatore Bevel dal Modifier Stack e controllare i risultati. La figura 9.38 mostra l’oggetto nella figura 9.37 dopo l’applicazione di questa tecnica.
■ Figura 9.38 Correzione manuale delle intersezioni.
La svasatura comprende inoltre la casella di controllo [Generate UV Coordinates] per applicare coordinate di mappatura ai lati dell’oggetto svasato. È necessario applicare manualmente le coordinate di mappatura alle occlusioni dell’oggetto.
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CAP.9
Riepilogo ■
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Le forme sono utilizzate come componenti per altri oggetti. Le forme non appaiono come superfici visibili. Una forma è sempre modificata o utilizzata come sub-oggetto per definire una superficie tridimensionale visibile. Le forme possono inoltre essere utilizzate per definire percorsi di animazione. Le forme testo possono essere modificate come testo o come forme geometriche. È possibile modificare i parametri di una forma testo per modificare l’ortografia o per cambiare carattere. È possibile applicare modificatori a forme testo per deformarle come fossero forme geometriche. Le forme unite sono non-parametriche. Se si uniscono delle forme o si utilizza il pulsante Start New Shapes per costruire forme che contengono spline multiple, queste abbandonano le proprietà parametriche. Le impostazioni per l’interpolazione della forma influiscono sulla complessità dell’oggetto. Le scelte riguardanti l’interpolazione della forma hanno un effetto determinante sulla densità delle facce degli oggetti creati dalla forma. Rivedere attentamente le proprie scelte riguardanti gli incrementi della forma e altri parametri di interpolazione. Comprimere i modificatori Edit Spline. I modificatori Edit Spline possono causare seri sovraccarichi di memoria. Dopo aver deciso di rendere permanenti le modifiche di tipo Edit Spline Sub-Object, comprimere il modificatore Edit Spline. In questo modo, si risparmia memoria e si migliorano le prestazioni del sistema. Animare sub-oggetti forma utilizzando il modificatore XForm. Non è possibile animare direttamente i sub-oggetti forma. Utilizzare il modificatore Edit Spline per definire la selezione di un sub-oggetto e poi applicare il modificatore XForm alla selezione. Sarà poi possibile animare il gizmo XForm.
MODELLAZIONE CON LE FORME
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CAP.10
CAPITOLO 10
Costruzione di oggetti loft
Gli oggetti loft sono fra i più complessi e complicati tipi di oggetto che è possibile costruire con 3D Studio MAX. Gli oggetti loft si creano combinando una qualsiasi forma sezione con una singola forma percorso. Poiché tutto ciò che riguarda la creazione di oggetti loft dipende dalla forma sorgente utilizzata, prima di affrontare questo capitolo sarebbe opportuno leggere il capitolo 9, che tratta l’argomento della modellazione con le forme. In questo capitolo verranno trattati i seguenti argomenti: ■ strategie per la creazione di forme sorgente; ■ due metodi per la creazione di un oggetto loft iniziale; ■ costruzione del loft per mezzo di forme aggiuntive; ■ controllo dei parametri loft per dettagli e aspetto; ■ utilizzo di speciali strumenti di deformazione; ■ modifica del loft; ■ animazione del loft; ■ utilizzo di Fit Deformation. Prima di procedere con la creazione di oggetti loft è necessario aver acquisito familiarità con i concetti fondamentali relativi alla creazione dei loft.
COSTRUZIONE DI OGGETTI LOFT
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Creazione di oggetti loft In 3D Studio MAX si è spesso utilizzato il concetto di costruzione dello scafo di una nave come analogia per il lofting. In effetti il percorso loft può essere considerato come la chiglia e le forme loft come le ordinate dello scafo disposte lungo la chiglia. Purtroppo questa descrizione implica un approccio limitato al lofting che non rende giustizia alle opzioni di modellazione disponibili con gli oggetti loft. Un altro modo di considerare il processo di lofting è quello di esaminare il modo in cui i designer o gli scultori costruiscono i loro modellini di studio. Questi professionisti utilizzano la rappresentazione spaziale per costruire modelli tridimensionali attraverso linee disposte nello spazio. In genere queste linee prendono la forma di sezioni incrociate dell’oggetto e vengono tenute insieme da un nucleo centrale. Con il procedere della progettazione viene realizzata una superficie riempiendo gli spazi fra le sezioni incrociate per mezzo di un materiale modellabile (per esempio la creta) o stendendo uno strato di materiale allungabile (per esempio del tessuto impregnato di gesso). La creazione di oggetti loft è un processo molto simile. Si parte da un nucleo centrale (il percorso) per sostenere un numero qualsiasi di sezioni incrociate (le forme). Via che il percorso e le forme vengono modificati è possibile utilizzare i parametri loft di superficie per visualizzare la superficie sia nella forma wireframe sia in quella ombreggiata.
Terminologia loft Gli oggetti loft utilizzano una terminologia particolare ricalcata su quella relativa agli oggetti forma. Le definizioni seguenti adattano la terminologia forma agli oggetti Loft e introducono termini nuovi. Maggiori dettagli sui termini forma sono stati presentati nel capitolo 9. ■ Vertici: definiscono le sezioni di forme e percorsi; i vertici possono avere le proprietà di angolo, smusso e due tipi di Bézier; i vertici inoltre hanno un significato particolare per i percorsi in quanto ne definiscono i livelli. ■ Segmenti: la parte della spline fra due vertici; per controllare la curvatura dei segmenti spline si cambiano le proprietà dei vertici alla fine del segmento o cambiando le proprietà del segmento stesso. ■ Passi: il numero di divisioni del segmento utilizzate per rappresentare un curva; il numero di passi utilizzato definisce la smussatura e la densità mesh della superficie loft; i loft utilizzano le loro impostazioni passo per il percorso e per le forme sezione ignorando le impostazioni di interpolazione delle forme stesse. ■ Spline: una raccolta di segmenti connessi; le spline sono un tipo di curva smussata regolabile ma 3D Studio MAX prevede delle opzioni per inserire angoli e definire segmenti lineari. ■ Forme: una raccolta di spline definisce un oggetto forma; una forma percorso può contenere una sola spline; le forme sezione possono contenere un numero qualsiasi di spline sempre che tutte le forme sezione sul percorso contengano lo stesso numero di spline; in un loft le forme diventano sub-oggetti. ■ Percorsi: descrivono quella forma che definisce il nucleo centrale del loft.
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Livello: posizioni intermedie lungo il percorso loft; teoricamente ogni vertice sul percorso definisce un livello; le posizioni delle forme e i punti di controllo della deformazione delle curve possono anche definire livelli addizionali. Punti di controllo: vertici sulle curve di deformazione; i punti di controllo appaiono e si comportano come vertici forma con alcune restrizioni al loro utilizzo. Curva di deformazione: definisce la forma base di un loft ponendo le forme sul percorso; consente di modificare ulteriormente il loft utilizzando curve di deformazione per regolare scavature, angoli e dimensioni delle forme. Primo vertice: tutte le forme hanno un primo vertice; 3D Studio MAX costruisce la superficie loft facendo corrispondere i primi vertici di ogni forma sul percorso e allungando lo skin (superficie di inviluppo) dal primo all’ultimo vertice; è possibile controllare questo processo scegliendo come i primi vertici si allineano.
Creazione di forme sorgente per sezioni e percorsi Qualsiasi forma può essere utilizzata come sorgente per una forma sezione o per un percorso. Rispettando alcune restrizioni e seguendo alcune tecniche consigliate è possibile migliorare notevolmente nella creazione di forme sorgente per loft. Le forme percorso hanno una sola restrizione: possono contenere solo una spline. 3D Studio MAX non accetta le forme che contengono più di una spline come percorso (come una ciambella). Se si cerca di creare un loft e 3D Studio MAX non accetta la forma che si intende utilizzare come percorso, è bene verificare che il percorso voluto non faccia parte di una forma con spline multiple. Le forme sezione hanno due sole restrizioni: tutte le forme sul percorso devono contenere lo stesso numero di spline, limite che in realtà è meno restrittivo di quanto si possa pensare. È facile infatti dividere quella che sembra un’unica forma in forme multiple ricavando la “forma singola” da una serie di spline non connesse. la figura 10.1 mostra una forchetta che utilizza questa tecnica: le forme che rappresentano il manico della forchetta sono formate da due spline, una spline per ciascun lato consente al loft di dividersi quando raggiunge i denti della forchetta.
■ Figura 10.1 Divisione di una forma unica in forme multiple
COSTRUZIONE DI OGGETTI LOFT
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Tutte le forme sul percorso devono avere lo stesso ordine di nidificazione; se la prima forma del percorso contiene due spline in un’altra spline allora tutte le forme sul percorso devono contenere due spline dentro un’altra spline. Per aggirare questo problema è possibile aprire la spline esterna. Aprire le spline , anche se i loro punti finali si toccano, non provoca nidificazione. Lo strano oggetto nella figura 10.2 mostra l’utilizzo di questa tecnica. Il rettangolo esterno della forma loft è stato aperto agendo sul vertice d’angolo per mezzo del modificatore Edit Spline.
■ Figura 10.2 Cambiamentodell’ordine dinidificazione
Oggetto loft con figure nidificate
Superficie loft renderizzata
Entrambi i metodi citati per evitare le restrizioni al numero di spline e all’ordine di nidificazione contemplano l’utilizzo di forme contenenti spline aperte. Il maggiore svantaggio di utilizzare spline aperte è che non possono essere occluse utilizzando i parametri di occlusione. Se è necessario occludere gli oggetti loft con spline aperte è bene utilizzare le seguenti tecniche: ■ creare altri oggetti che servano come occlusori e poi raggruppare, collegare o unire gli oggetti al loft; ■ applicare un modificatore Edit Mesh al loft e manualmente costruire facce per creare un occlusore; l’utilizzo del modificatore Edit Mesh è trattato nel capitolo 12; ■ utilizzare la deformazione di scala loft per scalare bruscamente la forma loft sino a zero percento alla fine del loft; la deformazione di scala loft verrà affrontata nei prossimi paragrafi. I prossimi paragrafi tratteranno altre tecniche utili nella modellazione degli oggetti loft.
Trasformazione di forme Quando si tratta di creare oggetti loft gli effetti delle trasformazioni applicate alle forme sorgente sono fonte di grande confusione. Le trasformazioni da applicare alle forme a livello di oggetto sono ignorate quando la forma viene aggiunta a un oggetto loft. Se si esclude lo spostamento o la rotazione della prima forma utilizzata per creare un loft, le trasformazioni non fanno parte del loft. Nel capitolo 1 si è parlato del dataflow e di come le informazioni sull’oggetto procedono dai parametri base attraverso i modificatori
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CAP.10 sino alle trasformazioni per finire nelle space warp. Quando si utilizza una forma in un loft il dataflow per quella forma di divide dopo i modificatori forma e prima delle trasformazioni forma. Le trasformazioni come Move, Rotate e Scale non viaggiano con la forma dentro il loft. Utilizzare le due regole seguenti quando si applicano le trasformazioni agli oggetti forma che verranno utilizzati come forme loft: ■ utilizzare Move e Rotate per sistemare le forme in posizioni convenienti della scena; tenere presente che muovere o ruotare una forma non ha effetto su come la forma si comporta in un loft; ■ non scalare mai una forma; si tratta si un suggerimento valido per quasi tutti gli oggetti ma è particolarmente importante per le forme utilizzate in loft; il fattore scalatura non è portato dentro il loft; la forma compare nel loft utilizzando la sua dimensione originale non scalata. Se è necessario muovere, ruotare o scalare una forma come parte di un progetto loft è possibile avvalersi di alcune opzioni: ■ Cambiare i parametri base: molte funzioni di scala possono essere gestite cambiando i parametri della forma; è meglio cambiare il raggio di un cerchio o l’altezza di un’elica piuttosto che utilizzare una scalatura. ■ Applicare un modificatore Xform: ogni volta in cui si vuole spostare, ruotare o scalare un oggetto come parte di una operazione di modellazione utilizzare un modificatore Xform; poiché Xform è un modificatore, porta l’effetto di un’operazione di Move, Rotate o Scale dentro il loft. ■ Utilizzare la modalità loft sub-oggetto: una forma può essere spostata, ruotata o scalata come operazione sub-oggetto all’interno del loft; fare clic sul pulsante Sub-Object e trasformare le forme sul percorso loft; queste trasformazioni vengono portate all’interno del loft. ■ Applicare un modificatore Edit Spline: utilizzando la modalità Edit Spline Sub-Object è possibile muovere, ruotare o scalare sub-oggetti come vertici e spline. La tecnica da utilizzare dipende dallo stile di modellazione e da che cosa si sta cercando di fare con il loft. In ogni caso non ci si deve aspettare di trasformare le forme a livello dell’oggetto e di vedere la trasformazione nel loft.
Creazione di forme In-Place È possibile creare forme sorgente per oggetti loft in qualsiasi finestra e per qualsiasi orientamento. I loft vengono assemblati utilizzando i sistemi di coordinate locali delle forme sorgente e quindi 3D Studio MAX non tiene conto della finestra nella quale le forme vengono create. Tuttavia potrebbe risultare utile seguire alcune tecniche per definire le forme loft in modo prevedibile. La generazione della superficie loft inizia al primo vertice del percorso e progredisce al vertice finale. Le forme sono posizionate sul percorso in modo che il loro asse delle Z locale sia tangente al percorso e rivolto in direzione della fine del percorso. Quella che potrebbe essere considerata la faccia o fronte della forma è rivolta verso la fine del percorso. Utilizzando queste informazioni è possibile stabilire un paio di utili regole: ■ disegnare la forme percorso dalla base dell’oggetto loft alla sua sommità; nel caso di oggetti orizzontali, disegnare il percorso dalla parte posteriore dell’oggetto a quella anteriore; COSTRUZIONE DI OGGETTI LOFT
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disegnare le forme nella finestra che corrispondono maggiormente alla vista frontale o superiore dell’oggetto loft. Disegnare il percorso e le forme sezione tutte nella stessa vista può rendere difficile prevedere come si allineeranno le forme e il percorso. Utilizzare viste differenti per creare le forme e il percorso. Questo concetto sarà meglio illustrato dagli esempi seguenti. Si immagini di volere eseguire il loft di una semplice colonna. La base della colonna e il capitello utilizzano quadrati mentre il resto della colonna utilizza un cerchio. Quasi tutte le colonne (a meno che non si stia lavorando con delle rovine) si elevano verticalmente sul piano terrestre. Un buon metodo per definire le forme per la colonna prevede le seguenti operazioni: 1. creare il percorso per la colonna in vista Frontale; iniziare alla base della finestra, vicino al piano terrestre, e finire vicino alla parte superiore; 2. creare le forme sezione in vista Superiore; creare le forme sezione in vista Superiore orienta la faccia delle forme nella stessa direzione della parte superiore della colonna. A questo punto eseguire il loft di parti di testo vicino alla colonna. In questo caso il percorso procede in direzione orizzontale. Definire il testo su cui si è eseguito il loft nel modo seguente: 1. creare il percorso in vista Superiore procedendo da dietro verso il davanti; iniziare vicino alla parte superiore della finestra (il dietro) e finire verso la base della finestra (il davanti); 2. creare il testo in vista Frontale; anche in questo caso questa operazione orienta la faccia della forma testo verso il davanti del loft. Con un po’ di pratica è possibile capire velocemente come forme e percorsi lavorano insieme e quindi prevedere con una certa sicurezza l’orientamento dell’oggetto loft.
Cambiamento del punto di rotazione della forma sezione Quando si aggiungono forme sezione a un oggetto loft la forma viene posizionata con il percorso che passa attraverso la posizione del punto di rotazione della forma. È possibile preconfigurare dove il percorso intersecherà una forma sezione spostando il punto di rotazione della forma. Per esempio, si immagini di eseguire il loft di una serie di stelle lungo un percorso, e che si voglia far passare il percorso attraverso il punto superiore di ogni stella. Utilizzare il pulsante Affect Pivot Only nel pannello HIERARCHY per spostare il perno di ogni stella prima di aggiungerlo al loft. Quando si utilizza Get Shape per aggiungere le stelle al loft il percorso passa attraverso la posizione del perno della forma. La figura 10.3 mostra una forma loft con la sua posizione del perno originale e poi che cosa succede se si cambia la posizione del perno e si ricava la forma una seconda volta. La posizione del perno viene esaminata solo nel momento in cui la forma viene aggiunta al loft. Cambiare il punto di rotazione di una forma dopo che la forma viene aggiunta a un loft non produce alcun effetto. Anche l’orientamento del puto di rotazione di una forma è ignorato dal loft. La rotazione del punto di rotazione di una forma non ha effetti quando la forma viene aggiunta a un loft. Se si vuole ruotare una forma rispetto al suo sistema di coordinate locale e se si vuole vedere questa rotazione nel loft, è necessario ruotare la forma a livello del sub-oggetto.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.10 ■ Figura 10.3 Cambiamentodella posizione del perno per le forme loft
Metodi per la creazione dei loft Dopo avere creato le forme sorgente si è pronti per creare l’oggetto loft. Per accedere ai metodi di creazione del loft è necessario fare clic sul pulsante Geometry nel pannello CREATE e scegliere Loft Object dall’elenco delle categorie. Se nessuna forma è stata selezionata il pulsante Loft non è attivo. Dopo avere selezionato una forma è possibile fare clic sul pulsante Loft per visualizzare la tendina CREATION M ETHODS (figura 10.4).
■ Figura 10.4 Accesso ai metodi Loft Creation
Le prime due forme che devono essere utilizzate per creare un loft sono la forma percorso e la forma sezione. Dopo queste due è possibile continuare ad aggiungere più forme sezione o anche sostituire la forma percorso. Le operazioni basilari per creare un oggetto loft sono le seguenti: 1. creare le forme sorgente; 2. selezionare una forma per iniziare il loft; 3. questa prima forma è molto importante perché stabilisce la posizione e l’orientamento dell’oggetto loft;
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4. accedere ai Creation Method degli oggetti loft; 5. prendere una forma percorso o una forma sezione. Le scelte effettuate in questa tendina impostano i metodi di clonazione dell’oggetto loft.
Iniziare dalla forma Se si intende iniziare con la forma selezionata come prima sezione del percorso, è necessario fare clic sul pulsante Get Path per selezionare una forma percorso. Fare clic su Get Path quando si vuole costruire il loft utilizzando la posizione e l’orientamento di una forma sezione selezionata. Quando si fa clic su Get Path ci si trova in modalità selezione e quindi è possibile selezionare solo una forma. Il cursore cambia per visualizzare il cursore Get Path ogni volta in cui è posizionato sopra una forma percorso valida. Facendo clic su una forma quando il cursore Get Path è visualizzato si accetta quella forma come percorso loft. La forma presa come percorso viene spostata verso il punto di rotazione e ruotata per essere allineata con il sistema di coordinate locale originale della forma selezionata. Utilizzare questa tecnica quando una forma è stata creata o allineata esattamente dove si voleva posizionare la base del loft, dopodiché utilizzare Get Path per portare il percorso verso la forma. Per esempio, nel caso in cui si voglia eseguire il loft di una bitta che si proietta dal fianco di una nave spaziale, creare la forma contorno della bitta e utilizzare Normal Align per allineare la forma con la superficie della nave. Utilizzare Get Path per iniziare a costruire il loft alla posizione della forma. La figura 10.5 mostra le operazioni utilizzate per questo esempio.
■ Figura 10.5 Esecuzione del loft con Get Path
Superficie e figure originali 3D
Loft che utilizza Get Path
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Figura allineata a superficie
Superficie renderizzata
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Iniziare dal percorso Se si intende iniziare con la forma selezionata come percorso, è necessario fare clic sul pulsante Get Shape per selezionare una forma sezione. Fare clic su Get Shape quando si vuole costruire il loft utilizzando la posizione e l’orientamento di una forma percorso selezionata. Quando si fa clic su Get Shape si entra in modalità selezione con la quale è possibile selezionare solo una forma. Il cursore cambia per visualizzare il cursore Get Shape ogni volta in cui è posizionato su una forma sezione valida. Inizialmente, quando si crea un oggetto loft, ogni forma è una forma sezione valida; solo quando si aggiungono più forme al percorso si inizia ad avere forme sezione non valide (a questo proposito consultare il paragrafo “Aggiunta di forme al percorso” di questo capitolo). Facendo clic su una forma quando il cursore Get Shape è visualizzato si accetta quella forma come una sezione sul percorso. Talvolta si inizia a creare un oggetto loft e si scopre che il pulsante Get Shape non è attivo. Questo succede solo quando la forma iniziale selezionata non è valida come forma percorso. Per esempio, se si seleziona una forma ciambella e si fa clic su Loft, la sola scelta possibile è Get Path perché la ciambella contiene due spline e quindi non è valida come percorso. In questo caso è necessario o fare clic su Get Path e prendere una forma percorso o cancellare il processo di creazione del loft per iniziare con un forma differente. La forma presa come sezione viene spostata e ruotata per essere allineata col percorso selezionato. Utilizzare questa tecnica quando un percorso è stato creato, o allineato, esattamente dove si intendeva posizionare il loft, dopodiché utilizzare Get Shape per portare le sezioni verso il percorso. Per esempio, se si intende eseguire il loft di una molla di un ammortizzatore è necessario creare un’elica come percorso della molla e posizionarla intorno al cilindro dell’ammortizzatore. Utilizzare Get Shape per portare una sezione verso il percorso. La figura 10.6 mostra le operazioni eseguite per questo esempio. Quando si utilizzano sia Get Path sia Get Shape è possibile rovesciare l’allineamento di default della forma premendo il tasto Ctrl mentre si sta prendendo una forma. Se il primo tentativo di ottenere un percorso o una sezione risulta in un orientamento indesiderato premere il tasto Ctrl e ottenere ancora la forma.
Scelta del metodo di clonazione Quando si portano le forme all’interno del loft è possibile decidere se la forma verrà assorbita dentro il loft oppure se verrà clonata come una copia o un’istanza. La scelta per cui si opterà inciderà sul modo in cui il loft verrà modificato in seguito. Con 3D Studio MAX è inoltre possibile cambiare idea sulla scelta effettuata utilizzando numerose opzione concepite a questo scopo.
Istanziare la prima forma È necessario selezionare una forma prima di fare clic su Loft. Le scelte effettuate dopo avere fatto clic su Loft determineranno se quella forma selezionata diverrà il percorso
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oppure la prima forma sezione. Indipendentemente da ciò che si fa, un’istanza della forma selezionata viene posizionata all’interno del loft. Il loft e la forma originale occupano lo stesso spazio nella scena. Se si sposta il loft in un luogo differente della scena la forma originale non verrà spostata. Dopo avere creato un loft si dovrebbe spostare la forma originale in una nuova posizione per poterla ritrovare più facilmente. Spostando la forma originale si evita di selezionare accidentalmente sia il loft sia la forma quando si intende modificare solo il loft.
■ Figura 10.6 Esecuzione del loft con Get Shape
Scelta di Move, Instance o Copy Quando si utilizzano i pulsanti Get Path o Get Shape per aggiungere forme al loft, è possibile scegliere se le forme aggiunte saranno spostate, copiate o instanziate all’interno del loft. ■ Move: la forma originale viene spostata all’interno del loft e smette di esistere come oggetto indipendente. Dopo avere spostato una forma all’interno di un loft, il solo modo di modificare la forma è per mezzo della modalità Loft Sub-Object. Anche se Move potrebbe sembrare una scelta interessante per mantenere la scena in ordine, in realtà potrebbe causare problemi nel momento di modificare la forma. Utilizzare Move solo se si è ragionevolmente sicuri che non sarà necessario apportare ulteriori cambiamenti alla forma. ■ Copy: La copia della forma originale che è posizionata all’interno del loft. La copia e l’originale non condividono alcuna connessione. È bene evitare di utilizzare questa scelta per la stessa ragione per cui non si dovrebbe utilizzare Move. La sola differenza è che Copy lascia la forma originale nella scena per essere utilizzata con altri oggetti. ■ Instance: un’istanza della forma originale viene posizionata all’interno del loft. Qualsiasi cambiamento sarà apportato in seguito alla forma originale si
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CAP.10 rifletterà nell’istanza all’interno del loft. L’istanza è il metodo di default, nonché preferito, per aggiungere le forme al loft. Se è necessario modificare le forme loft è sempre possibile modificare le istanze e osservare i cambiamenti comparire sul loft. Un loft e le sue istanze possono creare disordine nella scena; per evitare questo problema è possibile nascondere le forme o cancellarle dopo avere finito di eseguire la modellazione del loft.
Spostarsi dal pannello Create al pannello Modify Dopo avere creato il loft di base (un percorso con una sola forma) è possibile aggiungere più forme e cambiare i parametri skin e di superficie anche se in genere conviene spostarsi sul pannello MODIFY per completare il loft. Si dovrebbe utilizzare la tecnica giudicata più pratica ma utilizzare il pannello MODIFY presenta i seguenti vantaggi: ■ non esiste il problema di uscire dalla modalità di creazione se si fa clic su una trasformazione o su qualche altro pulsante della barra degli strumenti; ■ il pannello MODIFY visualizza i parametri loft ogni volta in cui il loft è selezionato; ■ la modalità Sub-Object può essere utilizzata solo con il pannello MODIFY; ■ le deformazioni loft possono essere utilizzate solo con il pannello MODIFY. Il pannello MODIFY fornisce un ambiente più stabile e con più funzionalità per terminare il loft. La figura 10.7 mette a confronto i parametri loft nel pannello CREATE e nel pannello MODIFY.
■ Figura 10.7 Confronto dei parametri Loft fra i pannelli Create e Modify
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Costruzione di loft con forme multiple È possibile creare molti oggetti loft utilizzando un’unica forma su un percorso, ma oggetti molto più interessanti e complessi possono essere creati posizionando forme multiple su un percorso (figura 10.8). I prossimi paragrafi presentano i comandi e le tecniche necessarie per costruire loft con forme multiple. L’aspetto più importante riguarda l’aggiunta di forme in posizioni specifiche utilizzando forme di diverso aspetto e una tecnica per visualizzare una forma che sembra dividersi in due forme.
■ Figura 10.8 Oggetti creati posizionando forme multiple sul percorso
Aggiungere forme al percorso È possibile aggiungere forme a un loft mentre si è in modalità creazione oppure in un secondo tempo selezionando il loft e accedendo ai suoi parametri nel pannello MODIFY. La procedura di base per aggiungere forme al percorso loft è la seguente: 1. impostare il livello percorso corrente nella tendina PATH P ARAMETERS per specificare dove la forma dovrà essere aggiunta sul percorso; 2. fare clic su Get Shape nella tendina CREATION METHODS ; 3. impostare il metodo di clonazione per Move, Copy o Instance; 4. prendere una forma.
Impostare il livello percorso Per impostare dove una forma deve essere aggiunta sul percorso è necessario utilizzare le opzioni contenute nella tendina PATH PARAMETERS (figura 10.9). Il livello percorso corrente è rappresentato da una piccola x sul percorso. Per impostare il livello percorso corrente è necessario digitare un valore nella casella Path. Questo valore può essere specificato come percentuale della lunghezza del percorso oppure come una distanza in valore assoluto lungo il percorso. Impostare il metodo prescelto scegliendo il pulsantePercentageoppureDistancenella tendinaPATH PARAMETERS. ■ Scegliere Percentage per digitare un valore compreso fra 0 e 100 percento della lunghezza del percorso. ■ Scegliere Distance per digitare un valore in unità correnti che specifichi la distanza misurata dal primo vertice del percorso.
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CAP.10 ■ Figura 10.9 Opzioni nella tendinaPATH PARAMETERS
Qualunque sia il metodo prescelto per aggiungere una forma al percorso, la forma è sempre memorizzata utilizzando il metodo percentuale. Se la lunghezza del percorso viene cambiata le forme si spostano per mantenere la loro percentuale sul percorso, anche se in origine erano state posizionate con valori assoluti. Potrebbe verificarsi il caso in cui si vuole conoscere la lunghezza di una spline: attualmente il solo modo per leggere la lunghezza di una spline in 3D Studio MAX è utilizzare la tendina PATH PARAMETERS per i loft. Per misurare la lunghezza di una spline eseguire le seguenti operazioni: 1. eseguire una copia della forma che si vuole misurare; 2. selezionare la forma e fare clic su Loft nel pannello C REATE; 3. fare clic su Get Shape e fare clic su una forma qualsiasi della scena; è anche possibile selezionare di nuovo la stessa forma; 4. scegliere l’opzione Distance nei PATH PARAMETERS e trascinare l’interruttore incrementi al suo valore massimo; il valore nella casella Path è la lunghezza del percorso. Sia in modalità Distance sia in modalità Percentage è possibile spuntare la casella di controllo [Snap] per specificare un valore snap Distance o Percentage. Purtroppo non esiste il modo di effettuare lo snap verso i vertici sul percorso.
Utilizzo di Get Shape Dopo avere impostato il livello percorso, fare clic su Get Shape per prendere una forma da posizionare a quel livello. Quando si fa clic su Get Shape si passa in modalità selezione con la quale è possibile prendere una sola forma alla volta. Il cursore cambia per visualizzare il cursore Get Shape ogni volta in cui è posizionato sopra una forma sezione valida. Le forme valide vengono definite come forme che contengono lo stesso numero di spline e lo stesso ordine di nidificazione della prima forma utilizzata per creare il loft. Se si utilizza Get Shape a un livello in cui una forma esiste già sul percorso la nuova forma sostituisce la forma corrente. Se si cambia idea e si decide di utilizzare forme con un numero diverso di spline e un diverso ordine di nidificazione è necessario cancellare prima tutte le forme correnti dal percorso.
Navigazione lungo i livelli percorso Dopo avere posizionato alcune forme sul percorso è possibile utilizzare i tre pulsanti rimanenti sulla tendina PATH PARAMETERS per navigare lungo i livelli percorso che contengono le forme. ■ Next Shape: si sposta in avanti lungo il percorso verso il livello della forma successiva; ■ Previous Shape: si sposta indietro lungo il percorso verso il livello della forme precedente; COSTRUZIONE DI OGGETTI LOFT
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Pick Shape: fare clic su una forma qualsiasi del percorso per passare al livello di quella forma. La ragione principale per utilizzare questi controlli di navigazione è che permettono di passare rapidamente a un livello forma allo scopo di sostituire quella forma con un’operazione Get Shape.
Cambiare da una forma all’altra In genere creare oggetti loft implica posizionare forme multiple di vario genere sul percorso. Per esempio, si potrebbe eseguire il loft di un cacciavite utilizzando una combinazione di cerchi, quadrati e forme personalizzate; è possibile posizionare forme di quasi tutti i generi sul percorso e 3D Studio MAX è in grado di generare una superficie fra di essi. Le due tecniche seguenti saranno utili per avere il controllo delle superfici generate.
Corrispondenza del primo vertice 3D Studio MAX costruisce la superficie loft facendo corrispondere il primo vertice di ogni superficie sul percorso. Se i primi vertici non sono allineati si verifica una torsione nella superficie in quanto gli spigoli si spostano da un vertice all’altro. La figura 10.10 permette di confrontare due oggetti loft, di cui uno con i vertici allineati in modo corretto e l’altro no. Esistono due modi per allineare i primi vertici delle forme loft: ■ applicare un Edit Spline a ogni forma; utilizzare il pulsante Make First nella tendina EDIT VERTEX per assegnare un nuovo vertice che si allinei con le altre forme. Consultare il capitolo 9 per ulteriori dettagli sull’utilizzo di Edit Spline; ■ digitare la modalità Shape Sub-Object del loft nel pannello MODIFY; selezionare le forme sul percorso e ruotarle fino a che i vertici non siano allineati; la trasformazione delle forme a livello dei sub-oggetti verrà trattato nei prossimi paragrafi; Talvolta è necessario combinare entrambe le tecniche per raggiungere il risultato desiderato.
■ Figura 10.10 Esecuzione del loft con vertici allineati e con vertici non allineati
Primi vertici male allineati Primi vertici allineati
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.10
Vertici corrispondenti Non è necessario avere lo stesso numero di vertici in ogni forma sezione utilizzata nell’oggetto loft. 3D Studio MAX è in grado di eseguire l’interpolazione fra forme con un numero variabile di vertici. Questa caratteristica è estremamente utile mentre si sta costruendo l’oggetto loft ma in genere è bene far corrispondere il numero dei vertici e le posizioni dei vertici fra le varie forme per acquisire il massimo controllo sulla superficie loft. Quando le forme sul percorso sono irregolari o hanno un numero di vertici molto variabile, lo skin del loft può torcersi e allungarsi in modo imprevedibile. Questa torsione dello skin del loft può creare delle anomalie nel rendering e difficoltà nella modifica del loft con altri modificatori. La figura 10.10 mostra come la superficie del loft si torca quando vengono utilizzate forme irregolari con un numero di vertici variabile. Non è opportuno limitare la modellazione del loft alle sole forme regolari o a forme che condividono lo stesso numero di vertici ma è possibile analizzare lo skin del loft dopo avere creato il loft per decidere dove si intende modificare le forme per migliorare la superficie. La tecnica principale per migliorare lo skin del loft implica l’inserimento di vertici nelle forme loft per controllare come lo skin viene generato. La figura 10.11 mostra un oggetto loft che utilizza due forme molto irregolari. L’oggetto a sinistra utilizza il default di 3D Studio MAX per interpolare dai quattro vertici nel cerchio ai dodici vertici nella croce. L’interpolazione crea una superficie leggermente irregolare sull’oggetto loft. L’oggetto a destra utilizza Edit Spline per aggiungere vertici al cerchio che corrisponde ai vertici nella croce. L’oggetto di destra ha una superficie più regolare.
■ Figura 10.11 Corrispondenza di vertici per controllare lo skin del loft
Vertici non corrispondenti
Loft renderizzati
Vertici corrispondenti
Combinazione di forme aperte e chiuse È anche possibile eseguire il loft di oggetti utilizzando forme che passano da aperte a chiuse. Questa tecnica è utile per eseguire la modellazione di oggetti con divisioni o rotture sulla superficie. Quando si combinano forme aperte e chiuse all’interno di uno stesso loft è bene tenere presente che: ■ tutte le forme all’interno del loft devono contenere lo stesso numero di spline: una forma chiusa in una sola spline; se la forma aperta ha una sola apertura avrà anche una sola spline; COSTRUZIONE DI OGGETTI LOFT
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se si vogliono utilizzare forme con aperture multiple è necessario dividere la forma chiusa per uno stesso numero di spline; consultare il paragrafo successivo per ulteriori informazioni su questa tecnica; ■ il primo vertice a una delle estremità della forma aperta corrisponde al primo vertice delle forme chiuse; questo accresce l’importanza di fare corrispondere le posizioni dei primi vertici quando si combinano forme aperte e chiuse nello stesso loft. La figura 10.12 mostra un esempio di forme aperte e chiuse combinate nello stesso loft.
■ Figura 10.12 Combinazionediforme aperte e chiuse nello stesso loft
Divisione di una spline in due spline Un’altra utile tecnica è quella di dividere il loft trasformando quella che sembra un’unica forma in forme multiple. Non è possibile ignorare la regola secondo cui ogni forma all’interno del loft deve contenere lo stesso numero di spline; si consiglia piuttosto di ricorrere alla personale abilità manuale: la divisione di un loft si basa sull’utilizzo di Edit Spline per suddividere quella che appare come un’unica spline in più spline; per fare ciò si utilizza il comando Break nella tendina EDIT VERTEX o EDIT SEGMENT del modificatore Edit Spline. È bene ricordare che il comando Break divide una spline senza cambiarne la posizione o la curvatura. Il comportamento di Break dipende da dove lo si utilizza, se dalla tendina EDIT VERTEX o dalla tendina EDIT SEGMENT del modificatore Edit Spline. ■ Nella tendina EDIT VERTEX, Break inserisce un secondo vertice al vertice selezionato e rompe la spline fra quei due vertici; utilizzare questo metodo quando la spline contiene già un punto di rottura comodo. ■ Nella tendina EDIT S EGMENT, Break inserisce due vertici nel punto in cui si è fatto clic e rompe la spline fra quei due vertici; utilizzare questo metodo quando si vuole rompere la spline nel mezzo di un segmento. Per maggiori informazioni sul comando Break di Edit Spline consultare il capitolo 9. Per dividere un loft da una spline in più spline, eseguire le seguenti operazioni: 1. creare tutte le forme necessarie per l’oggetto loft; 2. contare il numero di spline all’interno della forma che contengono il maggior numero di spline; 3. applicare Edit Spline alle forme rimanenti e utilizzare il comando Break nella tendina EDIT VERTEX per dividere le forme nello stesso numero di spline; 4. selezionare un percorso e portare le forme al loft.
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CAP.10 Il segreto per far funzionare al meglio questa tecnica è scegliere i punti di rottura e dei primi vertici per tutte le spline. Poiché si lavora con spline multiple in ogni forma è necessario fare corrispondere i primi vertici di tutte le spline in una forma con le spline corrispondenti della forme successiva sul percorso. La decisione circa il punto in cui rompere una spline e in cui posizionare i primi vertici deve tenere conto di alcune indicazioni: ■ posizionare i primi vertici in una forma in modo da far corrispondere il più possibile i primi vertici della forma successiva; ■ dividere le spline in modo da eliminare qualsiasi ambiguità su come lo skin del loft passa da una forma a un’altra forma; questa operazione spesso richiede che le spline vengano divise in più parti di quanto sembri necessario; ■ fare corrispondere i primi vertici di tutte le spline all’interno della forma per evitare torsioni. Questa tecnica è insidiosa ma può rivelarsi utile con moltissimi modelli loft. Per unire le giunture create da tutte le forme divise e per unificare le normali sarà necessario applicare al loft il modificatore Edit Mesh. Per ulteriori informazioni sull’utilizzo di Edit Mesh consultare il capitolo 13.
Controllo della superficie loft Nell’esercizio precedente si attivava un’opzione per visualizzare lo skin del loft nelle finestre wireframe. La tendina SKIN PARAMETERS contiene molte opzioni che incidono non solo sulla visualizzazione dello skin del loft ma anche sulla densità mesh e sui metodi di interpolazione utilizzati. Una seconda tendina chiamata SURFACE PARAMETERS contiene le opzioni per controllare il rendering della superficie del loft (figura 10.13).
■ Figura 10.13 Tendine SKIN P ARAMETERS e SURFACE P ARAMETERS per gli oggetti loft
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Impostazione dei dettagli skin Alcune delle decisioni più importanti da prendere sugli oggetti loft riguarda la densità della superficie mesh (o skin). Come già visto nei precedenti capitoli, quando si deve decidere quanto sarà complesso un oggetto loft è necessario fare alcuni compromessi. ■ le mesh dense mostrano più dettagli delle mesh rade; ■ le mesh dense deformano in modo più uniforme delle mesh rade; ■ le mesh dense danno un profilo più addolcito in fase di rendering rispetto alle mesh rade; ■ le mesh rade consumano meno memoria e vengono visualizzate prima delle mesh dense; ■ le mesh rade sono spesso più facili e più veloci da utilizzare delle mesh dense; ■ le mesh rade hanno un rendering più veloce delle mesh dense. La soluzione migliore si ottiene creando la mesh più rada possibile per soddisfare i requisiti di deformazione e di rendering del progetto. È inoltre possibile utilizzare il modificatore Optimize per visualizzare un modello a bassa risoluzione per la modellazione, mentre si memorizza un modello ad alta risoluzione per il rendering finale. Consultare il capitolo 15 per ulteriori informazioni sul modificatore Optimize. Si noti che molte delle impostazioni trattate nei prossimi paragrafi sono simili alle opzioni che è possibile impostare nella tendina Shape Interpolation quando si creano le forme. È bene ricordare che le impostazioni per l’interpolazione delle forme non vengono utilizzate quando si porta una forma all’interno di un loft: sono infatti le impostazioni dell’oggetto loft che scavalcano le impostazioni per l’interpolazione delle forme. Per questa ragione è possibile utilizzare l’impostazione di interpolazione Adaptive quando si creano le forme loft per lavorare con forme il più possibile levigate e per controllare la densità mesh utilizzando le opzioni loft. Tutti i parametri seguenti si trovano nella tendina SKIN PARAMETERS per gli oggetti loft.
Impostazione di Path Steps e di Path Level Interpolation Path Steps imposta il numero di passi fra ciascun livello del Loft Path. I livelli Path e i passi Path si combinano per definire il numero di divisioni lungo la lunghezza del percorso più o meno come i segmenti Height definiscono il numero di divisioni lungo l’altezza di un cilindro. Più è elevato il numero di passi e di livelli sul percorso più è densa la mesh finale. Il modo in cui i livelli percorso incidono sullo skin si controlla per mezzo dell’opzione [Adaptive Path Steps]. Quando questa opzione è attivata viene creato un livello lungo il percorso nelle seguenti posizioni: ■ a ogni vertice sulla forma percorso; ■ alla posizione di ogni forma sul percorso; ■ a ogni punto di controllo su una curva di deformazione del loft. Quando l’opzione [Adaptive Path Steps] non è attivata i livelli percorso vengono creati solo ai vertici del percorso per una superficie più efficiente. Potrebbe succedere di perdere alcuni dettagli se qualcuna delle forme non è posizionata a un vertice o a un’impostazione di livello intermedio. Il concetto su cui è basata l’opzione [Adaptive Path Steps] è quello di creare automaticamente livelli di percorso ovunque siano necessari. 3D Studio MAX assume che se si è posizionata una forma in un certo punto lungo il percorso, o se si è inserito un vertice o
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CAP.10 un punto di controllo, quella forma o quel punto devono essere importanti e quindi li si vorrà rappresentare esattamente sulla superficie loft. In genere è così, ma [Adaptive Path Steps] talvolta può creare più livelli percorso del necessario. Per esempio, quando i vertici sul percorso non corrispondono con posizioni importanti delle forme nel loft. In questi casi i livelli vengono creati per entrambe le posizioni dei vertici e le posizioni delle forme, anche se i livelli dei vertici potrebbero non essere necessari. La figura 10.14 mostra lo stesso loft in un confronto fra la modalità Adaptive Path Steps attivata e non attivata: entrambi i loft utilizzano ‘impostazione di default 5 in Path Steps.
■ Figura 10.14 Confronto fra [Adaptive Path Steps] attiva e non attiva
Dopo avere stabilito in quale modo gestire i livelli percorso, impostare la casella Path Steps per specificare quante divisioni intermedie si vogliono fra ogni livello; più alto è il valore più smussate saranno le curve del percorso nello skin del loft, e più elevati saranno i requisiti di memoria e i tempi di rendering. Ecco alcune utili indicazioni per impostare i passi di percorso: ■ impostare i passi di percorso ad un valore inferiore se il percorso ha poche curve; ■ impostare i passi di percorso ad un valore inferiore se [Adaptive Path Steps] è attivata ( in genere i livelli percorso aggiunti compensano un’impostazione di passo inferiore); ■ impostare i passi di percorso ad un valore superiore se si intende deformare i loft o attraverso curve di deformazione o con modificatori; ■ impostare i passi di percorso a un valore superiore se [Adaptive Path Steps] non è attivata. Una caratteristica non presente nell’equazione Path Steps è un’opzione [Optimize]. Come già visto nel capitolo 9, attivare [Optimize] elimina i passi intermedi dai segmenti diritti. Se è necessario rendere le superfici del loft più efficienti possibile, è possibile utilizzare una delle tecniche seguenti per simulare l’ottimizzazione sul percorso: ■ Edit Spline: applicare un Edit Spline al percorso e utilizzare Refine nella tendina EDIT VERTEX per aggiungere vertici supplementari lungo i segmenti curvi. Dopo avere aggiunto i vertici è possibile ridurre i passi percorso quasi a zero. I vertici supplementari aggiunti al percorso forniscono dettagli di superficie alle curve mentre i passi percorso ridotti ottimizzano la porzione diritta del percorso. Alcuni vantaggi di questa tecnica sono che è possibile vedere esattamente in quale punto del percorso si sono aggiunti i vertici
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supplementari, e che funziona indipendentemente dal fatto che [Adaptive Path Steps] sia attivata oppure no. Lo svantaggio maggiore è che è difficile eliminare un vertice supplementare in un secondo tempo. Loft Deformation Curve: utilizzare una curva di deformazione per aggiungere livelli supplementari quando [Adaptive Path Steps] è attivata. I prossimi paragrafi illustreranno più in dettaglio l’utilizzo delle curve di deformazione. Il segreto per inserire i livelli supplementari è utilizzare una curva di deformazione in genere non utilizzata. Lasciare i punti sui valori di default per impedire che le curve deformino il loft e ridurre l’impostazione di Path Steps. Per esempio, è possibile inserire punti di controllo nella curva di deformazione Teeter ma è bene lasciare tutti i valori dei punti di controllo a zero gradi di deformazione. Teeter è una buona scelta per questa tecnica in quanto quasi nessuno in genere utilizza la deformazione teeter. I vantaggi maggiori di questa tecnica sono che i punti di controllo sono facilmente spostabili e cancellabili nel caso si volesse posizionare un livello in un luogo diverso, e che i punti di controllo possono essere animati. Uno svantaggio relativamente importante è che le posizioni dei punti di controllo vengono specificate per percentuale lungo il percorso piuttosto che prendendo le esatte posizioni sul percorso.
Impostazione dei passi forma e ottimizzazione La casella Shape Steps e la casella di controllo [Optimize Shapes] impostano il numero di passi interpolati fra ogni vertice di una forma sezione. Questi parametri riguardano tutte le forme sul percorso e ignorano i passi e le impostazioni in tutti i parametri base della forma. Per ulteriori informazioni sull’argomento consultare il capitolo 9. Attivare [Optimize Shapes] quando sul percorso si hanno forme lineari e curve può dare luogo a risultati interessanti in quanto 3D Studio MAX cerca di costruire una superficie fra le forme con un grande numero di passi. Utilizzare [Optimize Shapes] in queste situazioni riduce la complessità della superficie ma potrebbe complicare la deformazione della mesh.
Occlusioni I parametri di occlusione stabiliscono se 3D Studio MAX deve coprire le estremità dell’oggetto loft e come tali estremità vengono costruite. Poiché 3D Studio MAX è un modellatore di superfici, qualunque cosa venga creata è concava. L’illusione di solidità è creata occludendo le estremità degli oggetti. Se si vuole che l’oggetto sembri cavo e aperto, disattivare i parametri di occlusione per lasciare una o entrambe le estremità non occluse. È possibile scegliere fra i metodi di occlusione Morph o Grid. L’occlusione Morph utilizza un numero inferiore di facce ma non deforma, come succede nell’occlusione Grid. Se si prevede di utilizzare le variazioni degli oggetti loft come destinazioni Morph, l’occlusione Morph è necessaria. Se non si occludono gli oggetti loft le pareti laterali appaiono sottili e non realistiche. Potrebbe quindi essere necessario applicare un modificatore Normal affinché l’oggetto presenti un rendering corretto. Per ulteriori informazioni sull’applicazione del modificatore Normal consultare il capitolo 15.
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CAP.10 Se si esegue il loft di un oggetto su un percorso chiuso, 3D Studio MAX ignora le caselle di controllo [Cap Start] e [Cap End]. Esempi di oggetti chiusi sono i cerchi e i rettangoli. Un percorso chiuso non ha estremità e quindi i parametri delle caselle di controllo [Cap] non hanno significato.
Impostazione delle caratteristiche di superficie Le caratteristiche di superficie incidono sulla forma di una superficie loft senza cambiare il numero delle facce create. I parametri che incidono sulle caratteristiche di superficie si trovano nella tendina SKIN PARAMETERS.
Sagomare la superficie La casella di controllo [Contour] verifica se le forme del percorso ruotano per seguire le curve. Se [Contour] è attiva le forme ruotano come se seguissero le curve del percorso, costringendo le forme a rimanere perpendicolari al percorso in modo che formino delle pieghe smussate dove il percorso si piega. Se [Contour] non è attivo, le forme rimangono parallele alla forma al livello 0 del percorso, indipendentemente dal modo in cui il percorso si piega, producendo un oggetto inclinato da una parte all’altra invece che piegato. La figura 10.15 mostra la differenza tra un oggetto loft con [Contour] attivata e uno con [Contour] non attivata. In genere se si progetta un percorso con una curva si vuole anche che questo oggetto si pieghi; a questo scopo si attiva [Contour].
■ Figura 10.15 Un oggetto loft con l’opzione Contour attiva (sinistra) e non attiva (destra)
Inclinazione della superficie La casella di controllo [Banking] verifica che le forme sezione si inclinino lungo il percorso mentre il percorso gira e sale lungo l’asse delle Z. Il parametro [Banking] viene utilizzato solo quando anche [Contour] è attiva. Se Contour non è attiva [Banking] viene ignorata. Quando [Banking] è attiva 3D Studio MAX torce le forme sezione intorno al percorso loft sulla base della acutezza della piega e della rapidità della salita del percorso. Quando [Banking] non è attiva le forme sezione hanno un orientamento costante rispetto al
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percorso, come definito dalla forma al livello 0. La figura 10.16 mostra la differenza fra un oggetto loft con [Banking] attiva e un oggetto con [Banking] non attiva. Se si intende avere il controllo totale sull’angolo dell’inclinazione è opportuno non attivare [Banking] e applicare un’inclinazione manuale utilizzando la deformazione Twist. Le deformazioni loft saranno illustrate nei paragrafi successivi.
■ Figura 10.16 Un oggetto loft con l’opzione [Banking] attiva (sinistra) e non attiva (destra)
Scelta di una superficie lineare o curva La casella di controllo [Linear Interpolation] verifica che lo skin sia interpolato fra le forme del percorso. Quando [Linear Interpolation] è attiva lo skin viene esteso fra le forme sezione. Quando [Linear Interpolation] non è attiva lo skin appare meno teso e segue la curva spline attraverso le forme sezione. Si tenga presente la possibilità di attivare [Linear Interpolation] quando si creano oggetti meccanizzati e di disattivarla quando si creano oggetti organici o scolpiti. La figura 10.17 mostra la differenza fra un oggetto loft con [Linear Interpolation] attiva e un oggetto con questa opzione disattivata. Se si vuole il controllo totale sulla curvatura dello skin è opportuno non attivare [Linear Interpolation] e applicare una curvatura dello skin manualmente utilizzando una deformazione Scale. Le deformazioni loft saranno illustrate nei paragrafi successivi.
Impostazione delle proprietà di rappresentazione della superficie L’impostazione finale delle proprietà della superficie non incide né sul numero delle facce né sulla forma dello skin: i parametri contenuti nella tendina SURFACE PARAMETERS verificano come appare la superficie al momento del rendering.
Smussatura della superficie Sono due le caselle di controllo che determinano se l’oggetto apparirà come una superficie smussata o sfaccettata; si tratta di un’operazione simile ad attivare o disattiva la casella
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CAP.10 di controllo [Smooth] nei parametri base di un cilindro; la differenza è che è possibile decidere se lunghezza o larghezza, oppure entrambe le dimensioni, saranno smussate. Attivare la casella [Smooth Length] comunica a 3D Studio MAX di smussare l’oggetto lungo il percorso curvo ma nel rendering la forma sezione sarà sfaccettata. Nella figura 10.18 [Smooth Length] è attiva per l’oggetto in alto a sinistra. Attivare [Smooth Width] smussa il perimetro della forma. Questa impostazione produce sezioni curve smussate ma nel rendering le curve del percorso saranno sfaccettate. Nella figura 10.18 [Smooth Width] è attiva per l’oggetto in basso a destra.
■ Figura 10.17 Un oggetto loft (sinistra) con l’opzione [Linear Interpolation] attiva (centro) e non attiva (destra)
■ Figura 10.18 Diversi effetti della smussatura
Mappatura della superficie Per eseguire il rendering di molti fra gli oggetti loft creati si potrebbero utilizzare materiali mappati. Esiste la possibilità che gli oggetti, ad eccezione dei più semplici, si rifiutino di obbedire alle capacità offerte dai tipi di mappatura standard disponibili nel modificatore UVW Mapping. Utilizzare i parametri di mappatura specifici di un oggetto loft per applicare le coordinate di mappatura che seguono le deformazioni di percorso e di superficie. L’esempio della figura 10.19 mostra una cannuccia mappata con coordinate di mappatura loft. Questo effetto non sarebbe possibile da duplicare utilizzando altre tecniche di mappatura. Per utilizzare le coordinate di mappatura loft è necessario dapprima attivare la casella di controllo [Apply Mapping] nella tendinaSURFACE PARAMETERS; in questo modo verranno attivati i seguenti parametri: COSTRUZIONE DI OGGETTI LOFT
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■ Figura 10.19 Utilizzo delle coordinate di mappatura loft
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Length Repeat: imposta il numero di volte in cui la mappa si ripete lungo la lunghezza del percorso; Perimeter Repeat: imposta il numero di volte in cui la mappa si ripete intorno alla forma sul percorso; Normalize: se attivato, questo parametro permette di scalare la mappatura uniformemente lungo la lunghezza del percorso e intorno al perimetro delle forme sezione; se disattivato, il parametro permette di scalare la mappatura non uniformemente sulla base della spaziatura di vertici e livelli; Normalize Length è quasi sempre attivato.
Si consiglia di impostare entrambe le ripetizioni di campo su 1,0 e di attivare [Normalize]. Dopodiché è possibile utilizzare le caselle UV Tiling contenute nella tendina MAP C OORDINATES di Material Editor per controllare il numero delle ripetizioni mappa. Con questa tecnica è possibile animare il mosaico mappa mentre i campi ripetizione loft non possono essere animati.
Editing di forme loft Dopo avere posizionato le forme sezione sul percorso potrebbe essere necessario eseguire l’editing di queste forme: per modificare le forme loft passare in modalità Shape Sub-Object nel pannello MODIFY (figura 10.20). Per modificare le forme loft selezionare un oggetto loft; scegliere loft dalla base del Modifier Stack nel pannello MODIFY ; fare clic sul pulsante Sub-Object e scegliere Shape come livello Sub-Object. Selezionare le forme sul loft utilizzando tecniche di selezione standard e utilizzare le caratteristiche contenute nella tendina SHAPE COMMANDS. I prossimi paragrafi descrivono i diversi modi di modificare le forme loft. Queste tecniche di editing comprendono l’utilizzo dei comandi di allineamento nella tendina SHAPE C OMMANDS, la trasformazione delle forme e l’accesso al Modifier Stack della forma per applicare i modificatori ed Edit Spline alla forma.
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CAP.10 ■ Figura 10.20 Accesso alla modalità Sub-Object Shape di un oggetto loft
Confronto delle forme Se si posizionano forme multiple sul percorso spesso è necessario confrontare la posizione, l’orientamento e l’allineamento dei vertici tra una forma e l’altra. Se il percorso è perfettamente diritto è possibile confrontare tutto ciò con facilità configurando una vista utente che permette di guardare il percorso. Se invece si ha un percorso curvo è necessario fare clic su Compare nella tendina SHAPE COMMANDS per visualizzare due o più forme in una finestra sulla base delle loro relazioni spaziali con il percorso. Quando si fa clic su Compare viene visualizzata una finestra vuota COMPARE. Le forme vengono visualizzate nella finestra Compare facendo clic sul pulsante Pick Shape sulla barra degli strumenti della finestra e poi facendo clic sulle forme che si vogliono visualizzare. La finestra COMPARE visualizza ogni forma sul suo piano locale XY e ignora gli effetti della curvatura di percorso, [Contour] e [Banking]. Il percorso è rappresentato come una croce, come succede per tutte le forme visualizzate. L’esempio della figura 10.21 mostra un oggetto loft con un percorso curvo e il modo in cui le forme appaiono nella finestra COMPARE. La finestra C OMPARE viene utilizzata soprattutto per esaminare e confrontare la posizione del primo vertice delle forme sul percorso. Il primo vertice di ogni forma compare in un piccolo parallelepipedo.
■ Figura 10.21 Un oggetto loft e le forme nella finestra Compare
Figure selezionate
Figure nella finestra Compare
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Posizionamento delle forme Ci sono molti modi per cambiare la posizione di una forma sul percorso. La prima decisione sulla posizione della forma deve esser presa quando si specifica il Path Level prima di impostare una forma. Dopodiché è possibile cambiare le posizioni utilizzando le tecniche della modalità Shape Sub-Object. Si tenga presente che una forma viene posizionata sul percorso loft con gli assi locali delle X e delle Z perpendicolari al percorso e con l’asse delle Z tangente al percorso. Il cambiamento della posizione di una forma viene eseguito nel sistema di coordinate locali della forma stessa.
Cambiamento del livello di percorso Per cambiare il livello di percorso di una forma è necessario selezionare la forma e cambiare il Path Level nella tendina SHAPE COMMANDS . È inoltre possibile cambiare questo livello spostando la forma lungo l’asse locale delle Z. Consultare i prossimi paragrafi per maggiori dettagli sulla trasformazione delle forme.
Utilizzo dei pulsanti di allineamento Utilizzare i pulsanti di allineamento Align Left, Align Right e Center per cambiare la posizione della forma rispetto al percorso. Selezionare le forme e fare clic su uno dei pulsanti di allineamento. I pulsanti di allineamento spostano una forma sul piano locale XY nel modo seguente: ■ Align Left: sposta la forma in modo che il limite negativo dell’asse delle X sia sul percorso e che la forma sia centrata lungo l’estensione dell’asse delle Y; ■ Align Right: sposta la forma in modo che il limite positivo dell’asse delle X sia sul percorso e che la forma sia centrata lungo l’estensione dell’asse delle Y; ■ Centered: sposta la forma in modo che entrambe le estensioni degli assi delle X e delle Y siano centrati sul percorso. La figura 10.22 mostra una forma nella finestra COMPARE con il suo orientamento originale dopo Get Shape e dopo che sono state utilizzate le funzioni di allineamento. Dalla tendina SHAPE COMMANDS manca il pulsante di allineamento che consente di ripristinare l’allineamento originale Get Shape di una forma con il percorso. Quando si porta una forma sul percorso in genere è allineata con il suo punto di rotazione sul percorso. Per restituire alla forma il suo allineamento utilizzare una delle seguenti tecniche: ■ dopo avere utilizzato uno dei pulsanti di allineamento fare clic su Undo per restituire alla forma la sua posizione precedente assumendo che la posizione precedente fosse l’allineamento di default Get Shape; ■ selezionare la forma nella scena e utilizzare Get Shape per sostituirla al livello corrente; lo svantaggio di questa tecnica è che si perdono tutte le altre trasformazioni applicate alla forma al livello Shape Sub-Object.
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CAP.10 Figura nella posizione originale
Figura centrata
Figura allineata a sinistra
Figura allineata a destra
■ Figura 10.22 Utilizzo dei pulsanti di allineamento della forma loft
Cancellazione di forme Il solo modo per eliminare le forme dal percorso è di cancellarle in modalità Shape SubObject. Dopo essere passati in modalità Shape Sub-Object selezionare le forme da cancellare, dopodiché fare clic sul pulsante Delete nella tendina SHAPE C OMMANDS oppure premere il tasto CANC.
Utilizzare le trasformazioni La trasformazione delle forme sul percorso è un’operazione simile alla trasformazione di altri oggetti. La differenza principale è che il sistema di coordinate di trasformazione è bloccato al sistema di coordinate locali della forma e il centro di trasformazione è il punto in cui il percorso interseca il piano locale XY della forma. Per trasformare le forme loft in modalità Shape Sub-Object tenere presenti le seguenti indicazioni: ■ spostare le forme lungo gli assi X o Y fa spostare tali forme perpendicolarmente al percorso; ■ spostare le forme lungo l’asse delle Z fa spostare tali forme lungo il percorse e fa cambiare il loro livello percorso; ■ ruotare le forme lungo gli assi X e Y è un’operazione simile all’utilizzo della deformazione teeter; ■ ruotare le forme sull’asse Z fa ruotare le forme sul percorso ed è un’operazione simile all’utilizzo della deformazione di torsione;
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scalare le forme è un’operazione simile all’utilizzo della deformazione di scalatura; ■ tutte le trasformazioni Scale e Rotate possono essere eliminate facendo clic sul comando Reset nella tendina SHAPE COMMANDS; Reset non incide sui risultati dello spostamento o dell’allineamento di una forma; ■ le trasformazioni applicate alle forme sul percorso sono interne all’oggetto loft e non vengono riflesse su nessuna istanza delle forme nella scena. L’ultimo punto è molto importante: le trasformazioni Scale e Rotate applicate alle forme nella scena vengono rifiutate quando si utilizza Get Shape per portarle in un loft. Se si vuole scalare o ruotare le forme loft è bene utilizzare prima Get Shape e poi scalare e ruotare le forme sul percorso utilizzando la modalità Sub-Object.
Modifica delle forme Modificatori come Bend, Twist o Edit Spline possono essere applicati alle forme loft. È bene evitare di applicare i modificatori che convertono la forma in un altro tipo di oggetto come una mesh o un percorso. Extrude e Normal sono esempi di questi modificatori. I modificatori che convertono una forma in un altro tipo di oggetto invalidano l’oggetto e provocano la scomparsa del loft dallo schermo. L’oggetto può essere selezionato per nome utilizzando la finestra di dialogo SELECT OBJECT e cancellando il modificatore di forma offensivo in modo tale da ripristinare il loft a un oggetto valido. Applicare un modificatore a una sezione loft utilizzando una delle tecniche seguenti: per applicare un modificatore direttamente a una forma loft: 1. selezionare la forma utilizzando la modalità Shape Sub-Object; 2. scegliere l’oggetto Shape sotto l’oggetto loft in Modifier Stack; l’oggetto Shape comparirà in Modifier Stack solo dopo avere selezionato una forma in modalità Shape Sub-Object; 3. applicare un modificatore alla forma. Lavorare direttamente sulle forme in un loft può creare una certa confusione a causa delle differenze fra i sistemi di coordinate della forma e del loft. In genere è più semplice applicare i modificatori a un’istanza di forma loft in un altro punto della scena e a questo scopo si utilizza l’opzione Instance con Get Shape. Per applicare un modificatore a un ‘istanza di una forma loft eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un’istanza della forma nell’oggetto loft invece di selezionare l’oggetto stesso; 2. applicare un modificatore all’istanza. Se con Get Shape non è stata utilizzata l’opzione Instance è possibile rimettere un’istanza della forma loft nella scena utilizzando il pulsante Put nella tendina SHAPE COMMANDS.
Animazione di forme È possibile creare molti effetti animati animando le forme nel percorso loft applicando le tecniche seguenti: ■ animazione dei parametri base di una forma loft parametrica; ■ animazione di modificatori applicati alle forme loft;
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.10 ■
utilizzo di modificatori XForm con Edit Spline per animare vertici individuali di forme loft. Si noti che tutti questi metodi implicano l’utilizzo di un elenco modificatori della forma. L’animazione delle istanze di una forma loft è il modo più semplice per realizzare questo tipo di animazione.
Editing di percorsi loft I percorsi loft possono essere modificati quasi nello stesso modo delle forme sezione loft. Per modificare il percorso loft passare in modalità Sub-Object nel pannello MODIFY (figura 10.23).
■ Figura 10.23 Accesso alla modalità Sub-Object di un oggetto loft
Per modificare i percorsi loft eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un oggetto loft; 2. scegliere Loft dalla base del Modifier Stack nel pannello MODIFY; 3. fare clic sul pulsante Sub-Object e scegliere Path come livello Sub-Object. Il percorso viene automaticamente selezionato quando si passa in modalità Path SubObject perché ogni oggetto loft ha un solo percorso. Una volta passati in modalità Path SubObject non si hanno molte opzioni a disposizione: esiste un solo pulsante nella tendina PATH COMMANDS per portare il percorso nella scena e tutte le trasformazioni nella barra degli strumenti tranne una sono inattive. L’unica disponibile è la rotazione della forma percorso sull’asse locale delle Z a un livello di percorso 0. L’applicazione dei modificatori alle forme percorso richiede la stessa procedura descritta per la modifica delle forme sezione. Anche in questo caso il metodo migliore è modificare un’istanza della forma percorso che si trova in un altro punto della scena e osservare l’effetto sul loft. I prossimi paragrafi illustreranno alcune tecniche che implicano la creazione e la modifica delle forme percorso loft.
Percorsi chiusi Un precorso chiuso è un percorso qualsiasi un cui il primo e l’ultimo vertice combaciano. È possibile creare un percorso che sembri chiuso ma che non lo è. Per 3D Studio MAX un tale percorso è aperto. I percorsi chiusi hanno due importanti caratteristiche:
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■ ■
non sono occlusi perché non hanno inizio né fine; quando vengono smussati lungo la lunghezza non mostrano giunture nel punto in cui il primo e l’ultimo vertice si incontrano.
Percorsi a ritroso Un’opzione estremamente efficace ma raramente citata è quella per cui un percorso è in grado di retrocedere su se stesso. Il modo migliore per dimostrare questa capacità è esaminare un oggetto che utilizza questa tecnica. La figura 10.24 mostra un modello di una chiave da meccanico creata utilizzando un percosso di retrocessione. A prima vista questo loft sembra utilizzare un percorso diritto. Solo dopo avere esaminato lo skin del loft, o manipolato i vertici sul percorso, si intuisce la verità, e cioè che quello che sembrava un semplice percorso diritto è in realtà un percorso chiuso con tre vertici che raddoppia su se stesso. La figura 10.25 è un diagramma dell’oggetto con il percorso di retrocessione separato che illustra le posizioni delle forme. La tabella 10.1 descrive quanto accede con questo oggetto.
■ Figura 10.24 Oggetto che utilizza un percorso ritroso
■ Figura 10.25
Forma a livello 50.1%
Diagramma di un percorso a ritroso
Forma a livello 65.0%
Forma a livello 65.1%
Forma a livello 100% Forma a livello 5.0% Forma a livello 0.0%
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
Forma a livello 45%
Forma a livello 50%
CAP.10 Tabella 10.1 Analisi del percorso Lvl
Descrizione interna
Lvl
Descrizione esterna
0,0%
Solido circolare; forma la faccia frontale della chiave.
50,1%
Buco quadrato; il percorso cambia direzione per tornare verso il livello 0,0%; la forma passa da solido circolare a buco quadrato.
5,0%
Solido circolare; forma la superficie esterna della chiave.
65,0%
Buco quadrato; continua il foro di guida della chiave.
45,0%
Solido circolare; continua la superficie esterna della chiave.
65,1%
Buco esagonale; transizione al foro della chiave.
50,0%
Solido circolare; forma la faccia posteriore della chiave.
100,0%
Buco esagonale; il percorso si chiude con il livello 0,0%; la forma passa da buco esagonale a solido circolare.
Un modo pratico per visualizzare questo tipo di percorso è pensare a un calzettone sportivo: se si allunga il calzettone il percorso arriva al suo centro e il tessuto rappresenta la superficie creata dalle forme sul percorso. Se si arrotola l’estremità aperta del calzino su se stessa, anche il percorso si rivolta e quello che era l’interno del calzettone diventerà l’esterno. La chiusura di un percorso equivale a tagliare via la punta del calzettone e a unire le due estremità. Esaminando il percorso del calzettone è possibile vedere che nella posizione in cui il percorso si rivolta su se stesso le forme sul percorso diventano buchi all’interno dell’oggetto. Molte persone per ottenere simili forme utilizzano Booleans; utilizzando questa tecnica loft è possibile creare oggetti più efficienti e prevedibili. Un interessante aspetto secondario dell’applicazione della retrocessione ai percorsi è l’effetto prodotto sulla smussatura. Nel rendering della chiave si vedrà che 3D Studio MAX cerca di smussare intorno all’estremità piatta dove il percorso si rivolta su stesso ; quando si esegue il lofting dei percorsi di retrocessione disattivare l’opzione Smooth Length e smussare manualmente l’oggetto applicando un modificatore Smooth.
Animazione di percorsi loft È possibile creare molti effetti animati animando la forma percorso loft. Le tecniche per l’animazione di una forma percorso loft sono le seguenti: ■ animare i parametri base di una forma percorso loft parametrica; ■ animare i modificatori applicati a una forma percorso loft; ■ utilizzare modificatori XForm con Edit Spline per animare i vertici individuali di una forma percorso loft. Si noti che tutti questi metodi implicano l’utilizzo dell’elenco modificatori della forma. Animare le istanze di una forma percorso loft è il modo più semplice di configurare questo tipo di animazione.
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Utilizzo di curve di deformazione loft Per questa operazione è necessario manipolare il percorso oppure posizionare forme diverse lungo il percorso. Uno strumento fondamentale per la creazione dei loft sono le deformazioni. I prossimi paragrafi tratteranno delle prime quattro deformazioni: Scale, Twist, Teeter e Bevel. L’ultima opzione di deformazione, Fit, verrà illustrata a parte nel corso del capitolo. Prima di passare ai comandi specifici di deformazione è bene avere acquisito una certa familiarità con gli aspetti generali condivisi da tutte le griglie di deformazione. La figura 10.26 mostra una tipica finestra di deformazione. In generale, le linee verticali rappresentano i livelli sul percorso (linee piene per i livelli che contengono le forme e linee tratteggiate per i vertici di percorso e per altri livelli). Le linee orizzontali rappresentano i valori sulla griglia di deformazione. La curva è un curva di controllo della deformazione. Una finestra di deformazione può visualizzare sino a due curve, una curva rossa per l’asse di deformazione delle X e una curva verde per l’asse di deformazione delle Y.
■ Figura 10.26 Una finestra di deformazione loft
Il seguente elenco sottolinea alcune regole generali da tenere presente per le griglie di deformazione: ■ Snap funziona con i valori di griglia verticale; se la spaziatura snap è impostata a 10 unità e Snap è attivato, è necessario incrementare del 10% la griglia Scale e di 10 gradi le griglie Twist e Teeter. Snap non ha effetto sulla posizione orizzontale del percorso nel grafico; ■ è necessario verificare sempre l’impostazione del pulsante Make Symmetrical; Scale e Teeter utilizzano entrambi il pulsante Make Symmetrical sulla barra degli strumenti della finestra; è inoltre necessario decidere sempre se si vuole che la regolazione sull’asse delle X e delle Y sia indipendente o simmetrica e esaminare il pulsante Make Symmetrical prima di iniziare le regolazioni; ■ la curva di deformazione non è il percorso: è molto facile dar per scontato che la curva di deformazione equivale al percorso; la spaziatura della forma e del punto di controllo della curva di deformazione sono completamente
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.10 indipendenti dal percorso: anche se la forma della curva di deformazione controlla la forma dell’oggetto su cui si è eseguito il lofting, ciò non significa che abbia l’aspetto dell’oggetto loft; ■ il numero dei passi di percorso e l’impostazione della casella di controllo [Adaptive Path Steps] controllano con quanta precisione la deformazione della griglia viene seguita; il valore della curva di deformazione viene applicato a ogni passo e a ogni livello del percorso; se [Adaptive Path Steps] è attivata vengono inseriti nuovi livelli per ogni punto di controllo aggiunto alla curva di deformazione. Per creare strepitosi effetti animati animare il valore e la percentuale del percorso dei punti di controllo della curva di deformazione. Se per esempio di intende animare una sporgenza che si sposta attraverso un oggetto è necessario animare la deformazione Scale; per animare un punto di controllo deformazione eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un punto di controllo su una griglia deformazione; 2. attivare il pulsante Animate; 3. trascinare la barra del tempo in un nuovo fotogramma; 4. spostare il punto di controllo o digitare una nuova percentuale e nuovi valori di deformazione nei campi situati alla base della finestra di deformazione.
Utilizzo della deformazione Scale Utilizzare la finestra di deformazione SCALE per alterare il fattore di scalatura X e Y della forma. Il punto base di scalatura è sempre sul percorso; un’efficace tecnica per il modellazione è utilizzare la deformazione Scale sulle forme che non sono centrate sul percorso. La figura 10.27 mostra una maniglia su cui si è eseguito il lofting scalando una forma con il bordo allineato al percorso.
■ Figura 10.27 Deformazione Scale per unamaniglia
Utilizzo della deformazione Twist La griglia di deformazione Twist controlla la rotazione della forma sul percorso; è possibile creare effetti simili posizionando forme multiple sul percorso e ruotando le forme al livello di sub-oggetto forma ma in genere gli operatori trovano che la griglia di deformazione Twist sia più semplice da utilizzare.
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Utilizzo della deformazione Teeter Teeter consente di ruotare la forma sull’asse delle X e delle Y in modo perpendicolare al percorso; spesso è possibile utilizzare Teeter con un offset della forma dal percorso per generare oggetti che altrimenti sarebbe difficile ottenere con un altro metodo. La figura 10.28 mostra un arco su cui è stato eseguito il lofting con un Teeter sull’asse delle X.
■ Figura 10.28 Deformazione Teeter per un arco
Utilizzo della deformazione Bevel La finestra di deformazione BEVEL svolge una funzione simile al processo di raccordo di due lati di un manufatto. La curva di deformazione viene utilizzata per specificare le unità esatte da tagliare via da una forma o da ridurre rispetto alle dimensioni originali. Le svasature funzionano meglio con forme grandi e compatte. Le forme sottili o quelle con punti acuminati sono difficili da svasare. Per forme di questo genere è bene utilizzare il modificatore Bevel o altri metodi di modellazione. Talvolta i tentavi di svasatura provocano un’auto intersezione della forma ed errori di rappresentazione, oppure causano la scomparsa di alcune facce dall’oggetto. Si ricorda che è possibile utilizzare la curva di deformazione Bevel per ingrandire o ridurre una forma. Spesso per rendere possibile una svasatura è sufficiente cambiarne la direzione. La figura 10.29 mostra due diverse griglie di deformazione Bevel. Entrambe creano un oggetto con 10 unità di svasatura interna. La prima griglia inizia tagliando la forma internamente di 10 unità e consentendo alla forma di riespandersi all’esterno nelle sue dimensioni originali. La seconda griglia inizia con la forma nelle sue dimensioni originali la quale si espande esternamente di 10 unità. Gli oggetti mesh risultanti sono molto simili e tuttavia una svasatura potrebbe riuscire laddove l’altra invece non riesce.
■ Figura 10.29 Curve di deformazione Bevel differenti producono oggettisimili
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CAP.10
Creazione con la deformazione Fit La deformazione Fit viene utilizzata per creare oggetti tridimensionali specificando il profilo delle viste frontale, superiore e laterale dell’oggetto. Questo comando presenta alcune restrizioni ma resta tuttavia un metodo estremamente veloce ed efficace per generare geometrie complesse. La deformazione Fit si base sulla specificazione di tre forme che servono come profili dell’oggetto tridimensionale. 3D Studio MAX definisce queste tre forme come Fit X, Fit Y e Loft Shape. Fit X e Fit Y rappresentano le viste superiore e laterale e in realtà servono come limite di scalatura per la forma loft. La Loft Shape può essere definita come la vista frontale o di sezione dell’oggetto ed è la forma che di fatto viene attraversata dal percorso. Quando si creano queste forme è necessario organizzare le forme come farebbe un bozzettista disegnandole a mano, cioè cominciando dalla vista superiore, proiettando la vista laterale verso destra o sinistra e infine proiettando in basso la vista frontale. Questa tecnica permette di verificare con facilità che le viste superiore e laterale siano della stessa lunghezza. L’esempio della figura 10.30 mostra la sagoma di alcune forme pronte per essere importate nella finestra di deformazione FIT.
■ Figura 10.30 Tre forme pronte per la deformazione Fit Forma Fit X
Forma Fit Y
La deformazione Fit allinea l’asse locale delle X della forma adattata con la lunghezza del percorso. I risultati più prevedibili si ottengono disegnando le forme adattate nella vista superiore con l’asse delle X allineato con la lunghezza della forma. Per configurare la deformazione Fit nel lofter di 3D Studio MAX è necessario creare un oggetto loft e portare le forme adattate nella finestra Fit Deformation. Per ottenere questo risultato eseguire le seguenti operazioni: 1. creare le forme adattate, una forma frontale o di sezione e una forma per il percorso; 2. selezionare la forma percorso e fare clic su Loft nel pannello CREATE; 3. fare clic su Get Shape e selezionare la forma sezione;
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passare al pannello MODIFY, espandere la tendine Deformations e fare clic sul pulsante Fit; 5. verificare lo stato del pulsante Make Symmetrical: in genere si hanno forme adattate separate per la parte superiore e laterale dell’oggetto quindi Make Symmetrical non dovrebbe essere attivo; 6. nella finestra FIT D EFORMATION fare clic su Display X Axis, fare clic su Get Shape e selezionare la forma della vista superiore per poterla impostare nella finestra FIT DEFORMATION come forma Fit X; 7. fare clic su Display Y Axis, fare clic su Get Shape e selezionare la forma della vista laterale per poterla importare nella finestra FIT DEFORMATION come forma Fit Y; 8. fare clic su Generate Path in modo che 3D Studio MAX elabori le forme adattate e generi un percorso lofting per l’oggetto. La figura 10.31 mostra la configurazione Fit Deformation e l’oggetto loft creato dalle forme della figura 10.30. 4.
■ Figura 10.31 Un oggetto loft con deformazione Fit
Per utilizzare al meglio la deformazione Fit si consiglia di seguire le seguenti indicazioni: ■ la forma della vista superiore (Fit X) e la forma della vista laterale (Fit Y) dovrebbero essere della stessa lunghezza; non si tratta di un requisito indispensabile ma se due forme sono di lunghezze diverse 3D Studio MAX scalerà la prima Fit Shape importata per farla corrispondere alla lunghezza della seconda Fit Shape; ■ per ogni vertice nella vista Fit X e nella vista Fit Y viene posizionato sul percorso un livello; è possibile ridurre enormemente la complessità dell’oggetto finale facendo allineare i vertici delle due forme; ■ è possibile posizionare forme multiple della vista frontale o di sezione sul percorso; se la sezione dell’oggetto cambia lungo il percorso importare un’altra forma a quel livello; molti utenti non tengono conto di questa possibilità; questa tecnica è illustrata dall’esempio del lofting di una barca a remi fornito nei paragrafi successivi; ■ per modificare il percorso fare clic su Generate Path; in realtà il pulsante Generate Path può essere ignorato e le forme adattate possono essere utilizzate su qualsiasi percorso creato manualmente. Le limitazioni di base relative alla forme Fit e Fit Y – illustrate nella User’s Guide di 3D Studio MAX – sono le seguenti:
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CAP.10 ■
le forme adattate devono essere una spline unica; non è possibile lavorare con forme nidificate né con contorni; ■ la forma adattata deve essere chiusa; ■ nessun segmento curvo può essere esteso oltre il primo o ultimo vertice della forma sull’asse delle X; ■ le forme adattate non possono contenere ritorni; un modo semplice per verificare che non ci siano ritorni è di immaginare la presenza di un linea allineata con l’asse locale delle Y della forma che attraversa le forme: se è possibile mettere la linea in una posizione per cui taglia la forma in più i due punti c’è un taglio; la figura 10.32 illustra come questo metodo individui i ritorni. Solo la prima restrizione - la forma deve contenere una spline unica - impedisce di utilizzare la forma come una forma adattata; le forme con segmenti molto ricurvi o con ritorni possono essere selezionati come forme adattate, in questo caso appiattisce le curve e ignora i ritorni. L’esempio seguente mostra come utilizzare le deformazioni Fit per eseguire il lofting dello scafo di una barca a remi. Un variazione importante è l’uso di forme multiple sul percorso per potere ricavare la zona per sedersi.
■ Figura 10.32 Ritorni non validi in forme adattate
Ritorni
Lofting di una barca a remi con deformazione Fit Il prima passo è creare le forme sorgente che definiscono il percorso, le sezioni e le forme adattate. Tutte le forme sono disegnate in vista superiore. 1. disegnare le forme della vista superiore e laterale dello scafo di una barca a remi; entrambe le forme devono essere lunghe 240 unità; 2. disegnare due forme sezione per la barca a remi; una forma è piena mentre l’altra è concava; si ricorda che la posizione del primo vertice è importante quando si utilizzano forme multiple su un percorso; il primo vertice per le forme sezione si trova sulla chiglia; inoltre – come già visto nel paragrafo relativo alla corrispondenza dei vertici – non è necessario che il numero dei vertici fra le due forme corrisponda ma se questo succede si ottiene un controllo migliore della superficie del loft; in questo esempio se si aggiungono altri vertici sulla parte superiore della semplice
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forma piena si ottiene una corrispondenza con il numero dei vertici della forma concava e questo crea origina una superficie più pulita; 3. disegnare un linea orizzontale diritta che abbia la funzione di percorso; per facilitare il disegno del percorso è possibile passare su Snap. Le forme, e le posizioni dei loro primi vertici, sono mostrate nella figura 10.33.
■ Figura 10.33 Forme sorgente per la barca a remi Forma Fit X Sezioni Forma Fit Y
A questo punto creare l’oggetto loft e selezionare le forme adattate. 4. selezionare la forma percorso e fare clic su Loft nel pannello C REATE; 5. fare clic su Get Shape e selezionare la forma sezione compatta/piena; a questo punto si è ottenuto l’oggetto loft di base; è opportuno scegliere l’ombreggiatura Smooth with Highlights in vista Perspective per potere vedere lo skin del loft via via che si procede con l’esercitazione; 6. andare nel pannello MODIFY e fare clic su Fit nella tendina Deformations; 7. nella finestra FIT DEFORMATION eseguire le seguenti operazioni: disattivare [Make Symmetrical], fare clic su Display X Axis, fare clic su Get Shape, fare clic sulla forma Fit X per la barca a remi; 8. fare clic su Display Y Axis, fare clic su Get Shape e fare clic sulla forma Fit Y per la barca a remi; 9. fare clic su Generate Path e chiudere la finestra FIT DEFORMATION. Non è necessario eseguire il passo 9 se si è disegnato un percorso lungo 240 unità (affinché corrisponda alle forme adattate) ma è un modo utile per assicurarsi che il percorso abbia la stessa lunghezza delle forme adattate. Il passo successivo richiede il posizionamento di più forme sezione sul percorso; posizionare la forma piena a poppa e a prora per formare la paratia dopodiché posizionare le forme concave accanto alle forme piene per formare la zona per sedersi. 10. nella tendina Path Parameters impostare il Path Level al 15,0%; 11. fare clic su Get Shape e scegliere la forma sezione compatta/piena; 12. impostare il Path Level al 15,01% e prendere la forma sezione concava; quando si posiziona la forma concava così vicina a quella piena lo skin del loft sembra cadere direttamente nella forma concava; 13. per la paratia di poppa posizionare una sezione concava al livello di percorso 90% e una sezione piena al 90,01%;
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CAP.10 nella tendina Surface Parameters, disattivare [Smooth Length]; la rapida transizione da piena a concava genera errori di rappresentazione sulla superficie quando [Smooth Length] è attivato; è possibile applicare un modificatore Smooth in un secondo tempo per migliorare la smussatura della superficie. L’oggetto loft ottenuto dovrebbe essere simile all’oggetto della figura 10.34. Se le forme non sembrano allineate correttamente sul percorso, passare in modalità Shape Sub-Object, selezionare tutte le forme e fare clic su Center nella tendina SHAPE COMMANDS . 14.
■ Figura 10.34 Scena della barca a remi completata
Riepilogo ■
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Creazione di forme sorgente: tenendo conto di poche fondamentali restrizioni, è possibile utilizzare praticamente qualsiasi forma come percorso, sezione o forma adattata. Le forme percorso devono contenere una spline unica; tutte le forme sezione sul percorso devono contenere lo stesso numero di spline e lo stesso ordine di nidificazione; le forme adattate devono contenere una spline unica. Creazione di un loft: per creare un loft è necessario iniziare dalla forma percorso o con la prima forma sezione; il metodo prescelto imposta la posizione originale e l’orientamento dell’oggetto loft; è possibile aggiungere la forma originale a un loft o aggiungere una copia o un’istanza di una forma. In genere aggiungere le istanze è la scelta migliore perché facilita l’editing. Editing di forme loft: entrare in modalità Shape o Path Sub-Object nel pannello MODIFY per modificare le forme all’interno dell’oggetto loft. Se sono state aggiunte forme come istanze è possibile applicare i modificatori alla forma istanziata all’esterno del loft: in questo si vedranno i cambiamenti riflessi nelle forme all’interno del loft. Utilizzo delle deformazioni: utilizzare la tendina DEFORMATIONS nel pannello Modify per applicare cambiamenti di scalatura, rotazione e svasatura alle forme sul percorso. È inoltre possibile utilizzare Fit Deformation per creare oggetti complessi basati su profili superiori, laterali e di sezione. Animazione di loft: è possibile animare le forme sub-oggetto che formano un loft e animare i punti di controllo sulle curve di deformazione. Il modo più semplice di animare le forme loft è di animare i modificatori applicati alle istanze della forma.
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CAP.11
CAPITOLO 11
Modellazione booleana
Le operazioni booleane sono assimilabili a tecniche di modellazione tradizionali e costituiscono quindi uno strumento molto diffuso e spesso privilegiato in questo settore. 3D Studio MAX ottimizza l’uso di questo tipo di modellazione realizzando un oggetto booleano composto. Diversamente da un modificatore di modelli, l’oggetto composto booleano è costituito da due oggetti, detti operandi, che sono i fattori dell’operazione booleana: essi rimangono oggetti per tutto il tempo che si desidera, consentendo l’accesso ai relativi parametri e agli stack del modificatore. L’oggetto composto booleano è concepito diversamente rispetto a molti programmi che utilizzano le operazioni booleane perché non modifica in modo permanente la geometria di definizione degli operandi: è infatti possibile riposizionare, ridefinire e invertire tale geometria in ogni momento. Inoltre, rimanendo oggetti, gli operandi consentono l’interazione come qualsiasi altro oggetto: possono essere persino animati, con effetti davvero sorprendenti. L’ombreggiatura dei quadranti di 3DS MAX consente di visualizzare il risultato dell’operazione booleana in seguito alla modifica degli operandi. Si tratta di un vantaggio interattivo che riproduce l’effetto della modellazione di un oggetto per mezzo di un altro. Gli operatori booleani sono strumenti estremamente utili che possono rivelarsi complessi nel momento in cui vengono utilizzati congiuntamente (nidificati). In questo capitolo verranno fornite le indicazioni necessarie a facilitare l’utilizzo delle operazioni booleane, secondo lo schema che segue: MODELLAZIONE BOOLEANA
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■ ■ ■ ■
nozioni elementari sulle operazioni booleane e metodi di ottimizzazione dell’interattività; operazioni relative agli oggetti booleani innestati; utilizzo di diversi tipi di operazioni booleane nella modellazione; considerazioni relative all’esito delle operazioni booleane.
Nozioni elementari sulle operazioni booleane Come spesso accade nei programmi grafici, il termine booleano deriva dal nome dell’inventore del concetto, in questo caso George Boole. In matematica il termine booleano indica il confronto di insiemi; nel caso di 3D Studio MAX tale confronto avviene tra oggetti geometrici. Un’operazione booleana assomiglia a un modificatore; ciononostante si trova nel pannello CREATE e non in quello MODIFY perché in realtà essa conduce alla definizione di un nuovo oggetto a partire da due oggetti preesistenti, come accade per un Loft o un Morph. Per effettuare un’operazione booleana in 3D Studio MAX e creare un oggetto composto booleano a partire da due oggetti, chiamati operandi, eseguire le operazioni seguenti: 1. selezionare l’oggetto iniziale per l’operazione booleana; 2. scegliere Compound Objects nell’elenco Geometry⇓ del pannello CREATE e quindi fare clic su Boolean; l’oggetto selezionato diventa ora l’Operand A dell’oggetto booleano composto: deve essere scelto ora l’Operand B; 3. scegliere il tipo di operazione (Operation) da eseguire; 4. fare clic su Pick Operand B e quindi selezionare il secondo oggetto; gli oggetti vengono confrontati in modo da stabilirne la validità, da un punto di vista booleano, e se risultano validi l’operazione viene eseguita; a questo punto è possibile modificare il tipo di operazione per verificare i diversi risultati ottenibili. I vari tipi di operazione sono simili a molte tecniche tradizionali. L’unione (Union) unisce l’oggetto come nella modellazione della creta; la sottrazione (Subtraction) ricava un oggetto dall’altro come nella scultura; dall’intersezione (Intersection) risulta quanto sarebbe ricavato o scartato dalla sottrazione. Sia l’unione sia l’intersezione riportano sempre lo stesso risultato, qualunque sia l’ordine degli operandi, mentre il risultato della sottrazione dipende dall’ordine degli operandi: ci sono due possibilità, A-B e B-A; è quindi possibile cambiare rapidamente l’oggetto ottenuto in caso di errore nella scelta iniziale. Nella figura 11.1 sono mostrati i risultati delle operazioni elementari. È possibile fare clic sul comando Pick Operand B e poi scegliere quanti operandi B si desiderano. Quando viene scelto un nuovo operando B quello iniziale viene cancellato. Nel caso l’oggetto selezionato come Operand B sia errato fare clic su Undo prima di sceglierne un altro.
Oggetti booleani composti L’estrema flessibilità delle operazioni booleane in 3DS MAX consiste nel fatto che gli operandi continuano a rimanere oggetti. Ogni operando mantiene il proprio stack Edit
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CAP.11 History originario e può essere modificato dal pannello COMMAND . Gli operandi possono anche essere trasformati a livello di Sub-object. La figura 11.2 mostra l’effetto della creazione di un oggetto booleano in TRACK VIEW .
■ Figura 11.1 I quattro tipi di operazioni booleane.
■ Figura 11.2 L’elenco visualizzato nell’Editor trrace relativo a unoggettobooleano composto.
Oggettooriginale Oggetto selezionato per l’operazione booleana
Tipi dell’oggetto originale visualizzati quandomodificati
MODELLAZIONE BOOLEANA
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L’architettura di istanziazione e riferimento di 3DS MAX risulta ottimale nel caso dei booleani. Quando viene creato per la prima volta un oggetto composto booleano, è possibile effettuare lo spostamento (Move), la copia (Copy), l’istanziazione (Instance) e il riferimento (Reference) di un oggetto selezionato come Operand B. L’opzione di default è Move a cui segue un’azione esplicita poiché resta soltanto il risultato booleano. Entrambi gli oggetti selezionati per il booleano sono ora sottoggetti operandi. Le altre opzioni realizzano il risultato booleano con una copia, o un’istanziazione, oppure un riferimento dell’oggetto selezionato. In questi tre casi l’oggetto prescelto come Operand B rimane invariato e il risultato booleano viene realizzato con il nuovo oggetto operando: apparentemente non avviene alcuna modifica fino a quando uno dei due oggetti non viene spostato o nascosto. Ogni eventuale animazione di trasformazione applicata a un oggetto scelto come Operand B verrà rimossa, contrariamente a quanto avviene per l’Operand A, cioè l’oggetto originario. Se l’Operand A ha un’animazione di trasformazione, l’operando statico utilizza posizione, situazione e misure correnti del frame. È possibile effettuare la copia, l’istanziazione e il riferimento dell’Operand B ma non dell’Operand A, ovvero l’oggetto selezionato facendo clic su Boolean. Un metodo flessibile per aggirare tale ostacolo consiste nel clonare a parte come istanziazioni tutti gli oggetti destinati a diventare booleani. In seguito sarà possibile utilizzare l’opzione di default Move per selezionare l’Operand B, e allo stesso tempo avere la possibilità di modificare qualsiasi oggetto nel booleano e di conservare un duplicato della relazione fra essi esistente. Per eseguire l’istanziazione di un oggetto che è già un operando è necessario aprire Track View, copiare la definizione di oggetto dell’operando, indicata da un cerchio azzurro, negli appunti e incollarla alla definizione di un altro oggetto come istanziazione. Questa tecnica può essere utilizzata anche nel senso opposto, e consente di ridefinire totalmente la geometria degli operandi di definizione - per esempio attraverso la trasformazione di tutti gli spazi vuoti quadrati in circonferenze. Dopo aver creato un oggetto booleano è possibile cambiare la scelta dell’Operand B all’interno del pannello MODIFY dell’oggetto booleano stesso, avendo a disposizione la stessa gamma di opzioni presenti al momento della creazione. Tale possibilità deve però essere sfruttata con cautela, perché implica l’eliminazione dell’Operand B scelto in origine. Tale rimozione può costituire un problema nel caso in cui sia stata utilizzata l’opzione Move e la rappresentazione della geometria corrispondente non esista più come oggetto distinto. La scelta di un altro operando equivale alla sostituzione della definizione di oggetto dell’operando in TRACK VIEW tranne per il fatto che nel primo caso, diversamente da TRACK VIEW, è possibile effettuare un riferimento. Dopo aver creato un oggetto booleano è possibile tornare allo stack del modificatore di ciascun operando nel pannello MODIFY (figura 11.3). La prima volta in cui viene aperto il pannello MODIFY di un oggetto booleano nessuno degli operandi risulta selezionato e quindi Modifier Stack mostra soltanto se stesso. Per modificare lo stack di un certo operando, è necessario selezionarlo nell’elenco a esso corrispondente. A questo punto viene visualizzato lo stack relativo all’operando selezionato ed è possibile adattare i modificatori dello stack nonché aggiungerne di nuovi, che possano influire sull’oggetto
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CAP.11 operando prima dell’operazione booleana. Non esistono ulteriori restrizioni sul tipo di parametri che possono essere animati. Per trasformare un operando è necessario attivare la modalità Sub-object per l’oggetto booleano. In tal modo gli operandi sono assimilabili a dei gizmo (strutture che circondano l’oggetto selezionato e che gli trasferiscono le modifiche effettuate), tranne per il fatto che, diversamente da questi ultimi, gli operandi hanno stack di modificatori propri.
■ Figura 11.3 L’utilizzodelpannello Modify del booleano consente di manipolare gli operandi.
Opzioni di aggiornamento (Update) Le opzioni Update delle operazioni booleane permettono di stabilire il modo in cui vengono eseguiti i calcoli booleani. Per oggetti complessi tali calcoli possono richiedere tempi lunghi e inoltre rallentano le operazioni di modifica di altri oggetti, quando questi sono istanziazioni o riferimenti di operandi booleani. In caso di interruzione in fase di modellazione, è opportuno cambiare il metodo di Update da automatico in un altro di quelli disponibili. L’opzione Manual rappresenta il metodo più conservativo e fornisce il massimo controllo sui tempi di valutazione delle operazioni. Si tratta di una modalità assolutamente consigliabile per i modelli complessi. Il metodo When Rendering non valuta l’operazione fino a quando non viene eseguita una interpretazione del prodotto, dopodiché restituisce il risultato aggiornato. Il metodo When Selected non è del tutto affidabile per ciò che concerne il tempo di aggiornamento reale del risultato: non deve quindi costituire una scelta privilegiata. Per accelerare le operazioni di modellazione è opportuno che gli operandi rimangano semplici. Dopo aver completato le operazioni e le modifiche booleane, è necessario tornare alle definizioni iniziali degli operandi e aumentarne la densità. Se si tratta di istanziazioni, deve esserne aumentata tutta la complessità e in seguito deve essere effettuato manualmente e in una sola volta l’aggiornamento del risultato. È possibile terminare un calcolo booleano lungo, utilizzando il tasto ESC mentre viene visualizzato il cursore di attesa. Quando il calcolo è terminato, la modalità Update viene automaticamente mutata in Manual ed è quindi possibile determinare esattamente il momento in cui deve essere calcolato un aggiornamento, poiché molto probabilmente la geometria in corso di adattamento è complessa.
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Operatori booleani interattivi Quando viene attivata la modalità Sub-object di un booleano, gli operandi possono essere trasformati indipendentemente l’uno dall’altro. Sull’operando il cui nome è selezionato possono essere eseguiti uno spostamento, una rotazione o una misurazione. Quando gli operandi sono trattati a livello di Sub-object, viene letteralmente eseguito un booleano interattivo poiché, muovendone uno, l’altro rimane stazionario e lo schermo aggiorna il risultato booleano durante lo spostamento. Per piccoli modelli o macchine veloci, ciò avviene in tempo reale. Per operazioni booleane complesse, il booleano deve trovarsi in modalità Manual Update in modo da poter posizionare gli operandi senza sprecare tempo con lunghi calcoli. Una volta che l’operando è stato posizionato, fare clic su Update per visualizzare il nuovo risultato. La conoscenza delle opzioni Display rende possibili le modifiche interattive. L’opzione di default, Result, mostra il risultato dell’operazione booleana. Se invece viene scelta l’opzione Operands, vengono visualizzati i due operandi A e B se non si effettua un booleano. La visualizzazione completa dell’operando ne facilita l’analisi ma nasconde il risultato booleano: in questo modo le operazioni rimangono in parte ignote. In pratica la condizione migliore consiste generalmente nello scegliere Result attivando l’opzione [Show Hidden Ops], che mostra gli operandi mancanti come strutture (ma soltanto in quadranti ombreggiati) e fornisce le informazioni relative alla posizione esatta dell’operando e al suo ruolo corrente nell’operazione booleana. È importante ricordare che è sempre possibile assegnare un operando a un altro controller di oggetto oppure un controller unico Path, Look At o Expression per ottenere effetti come drill bit animati o accensioni laser.
Oggetti booleani nidificati Su ogni oggetto possono essere eseguite più operazioni, ognuna delle quali crea un insieme di operandi proprio, uno nidificato nell’altro. L’unico limite consiste nel numero di operazioni che si desidera affrontare. Dopo aver creato un oggetto booleano è possibile applicare altre operazioni booleane alla stessa geometria selezionando l’oggetto come Operand A per un nuovo oggetto composto booleano. Ogni volta che viene eseguita un’operazione booleana su un oggetto, in realtà quello originario corrisponde all’operando di un nuovo oggetto booleano. In questo modo viene creato un albero booleano composto di rami singoli, una progressione di fasi prevalentemente lineare. È possibile accedere a ogni operazione booleana eseguita in un secondo momento, benché il metodo che consente tale azione richieda una certa pratica, in quanto rientra nell’ambito del pannello MODIFY . Nella figura 11.4 compaiono i risultati di tre operazioni booleane successive. Un parallelepipedo (Box) sottrae una sfera (Sphere), poi sottrae un cilindro (Cylinder) e infine sottrae un cono (Cone).
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CAP.11 ■ Figura 11.4 Navigazione in un albero booleano contenente tre operazioni.
Per analizzare più approfonditamente un albero booleano è necessario selezionare più volte l’Operand A e quindi passare al booleano successivo nello stack. Può essere utilizzato lo stack dell’Operand B per proseguire, ma solo lo stack dell’Operand A per tornare indietro nella cronologia di modificazione. È necessario agire con cautela quando si effettuano diverse operazioni booleane in successione, il che avviene sovente quando si smussano o si raccordano tutti gli angoli di un oggetto con tutte le parti ordinate. Dopo aver portato a termine un’operazione, e quindi l’oggetto booleano composto, è necessario abbandonare la finestra di dialogo BOOLEAN, altrimenti la selezione successiva sostituirà l’operazione appena eseguita cancellando l’oggetto. È necessario uscire dall’elenco Compound Object⇓ selezionando un altro tipo di Geometry (per esempio Patch Grids) e poi tornare in Compound Object⇓ per definire l’oggetto booleano successivo. Nell’analisi di un albero booleano in TRACK VIEW, si deve tenere presente che compaiono soltanto gli oggetti con parametri animabili. Quando viene creato un oggetto booleano da un mesh o da un patch semplice, viene visualizzata solo la trasformazione dell’operando perché non ha parametri di creazione da adattare. Quando allo stesso oggetto è attribuito un modificatore, una nuova voce viene associata all’oggetto modificatore. Una certa confusione può sorgere dal fatto che esso ha la stessa etichetta Operand di Transform (con un cerchio modificatore azzurro invece di un triangolo controller verde). Quando si scorre un albero lungo come quello presentato nella figura 11.4, è necessario focalizzare l’attenzione sui cerchi azzurri Operand. Soltanto l’Operand A più interno contiene la definizione di un oggetto; tutte le altre definizioni rientrano negli Operand B precedenti.
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Quando si utilizzano delle primitive come operandi, Track View elenca i parametri a esse relativi sotto il titolo generico di Operand. L’attribuzione di un modificatore alla primitiva, per esempio Material, sposta i parametri di creazione in una sfera dell’oggetto modificato al di sotto dell’operando, con un’etichetta che indica il tipo di oggetto corrispondente.
Caratteristiche booleane Quando viene creato un oggetto booleano, si conservano i gruppi di uniformazione e gli ID materiali dei singoli oggetti distinti. Il mapping viene del tutto rimosso e deve essere applicato dopo il risultato booleano finale. Se il mapping dell’oggetto è stato assegnato con modificatori UVW è possibile ripristinarlo. Se viene effettuata una copia, e non un’istanziazione, dell’oggetto o del modificatore originario, dopo il booleano deve essere assegnato un nuovo Map UVW, e per ripristinarlo deve essere utilizzata la funzione Acquire del modificatore. Tale operazione non è applicabile alle assegnazioni di mapping procedurale. Le coordinate di mapping vengono rimosse perché i vertici del risultato booleano sono sempre uniti. Quindi, per separare gli operandi originari dopo l’operazione, è necessario utilizzare EditMesh. La presenza di materiali o gruppi di uniformazione unici per ogni operando contribuisce significativamente alla selezione delle superfici per la separazione. Gli ID dei materiali costituiscono probabilmente lo strumento più prezioso nel controllo delle superfici risultanti dell’oggetto booleano, in particolare per i booleani innestati. L’attribuzione a ogni operando di un modificatore Material con un ID distinto garantisce un metodo sicuro di selezione delle facce dopo il completamento delle operazioni booleane. Il fatto di considerare gli operandi come selezioni di facce è utile nell’assegnazione materiale di sottoggetti, ma serve anche per selezionare le facce nell’assegnazione di gruppi di uniformazione e nei modificatori di Mapping UVW in caso di ripristino del mapping. Talvolta un risultato booleano può presentare imperfezioni negli angoli o nella curvatura. Tali imperfezioni sono spesso causate da gruppi di uniformazione simili che interagiscono in modo errato, oppure da vertici non uniti che quindi non consentono l’uniformazione. In questi casi si deve applicare un modificatore EditMesh, selezionare tutti i vertici ed eseguire Weld Selected. Se le imperfezioni rimangono è necessario analizzare le assegnazioni dei gruppi di uniformazione (prima o dopo l’operazione booleana). Nella maggior parte dei casi è molto più semplice selezionare delle zone critiche prima che prendano parte a un’operazione booleana. Se una porzione del modello richiede un’uniformazione unica (per esempio la smussatura della figura 11.5), è necessario assegnare a quelle facce un unico gruppo di uniformazione o ID di materiale in modo tale che dopo l’operazione booleana il risultato sia corretto. Tali condizioni sembrano implicare un ingente lavoro preliminare all’esecuzione delle operazioni booleane ma in realtà Modifier Stack consente di semplificare significativamente il processo. È pratica diffusa quella di creare rapidamente gli oggetti booleani e di tornare poi indietro nella cronologia dell’operando per effettuare le assegnazioni materiali e di uniformazione in caso di necessità. Tale procedura risulta molto più facile se è stata eseguita l’istanziazione degli oggetti prima che diventino operandi.
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CAP.11 ■ Figura 11.5 Le caratteristiche di superficie devono essere assegnate prima di eseguire le operazioni booleane.
Ottimizzazione degli operatori booleani Il codice booleano di 3DS MAX è estremamente generale e consente quindi di agire tra superfici arbitrarie, ma ciò significa anche che non tutti gli oggetti formano un booleano valido e che alcuni risultati “validi” possono presentare anomalie (per esempio lunghe facce irregolari) o effetti indesiderati. La casistica che segue può essere un valido contributo nella risoluzione di problemi e nella costruzione di modelli adatti ai booleani. ■ Le normali dell’intera superficie devono essere unificate e non devono esistere facce isolate che puntano nella direzione sbagliata. Le normali alle facce sono utilizzate nella determinazione della direzione della superficie e del booleano risultante. ■ Il mesh deve essere costruito correttamente, le facce che condividono uno spigolo devono cioè condividere due vertici, e uno spigolo può essere condiviso soltanto da due facce (le facce del core del vertice interno derivanti da una operazione di tornitura, rappresentano un tipico caso difficile per quanto riguarda l’ultima regola). ■ Tutti i vertici devono essere uniti. Può presentarsi la necessità di compiere tale operazione manualmente con EditMesh, anche fra operazioni booleane consecutive. ■ Le facce complanari, in particolare quelle interne allo stesso operando, sono difficilmente trattabili e vanno quindi evitate. Uno dei casi peggiori consiste nelle facce complanari in sequenza (si verificano facilmente creando una primitiva con un’altezza zero). ■ L’attività dei booleani è affidabile solo se avviene tra elementi singoli. Se uno degli operandi è composto da elementi multipli (per esempio Teapot o Hedra), l’azione è efficace su un solo elemento alla volta. ■ Se l’operazione fallisce, è necessario disattivare l’opzione [Optimize Result] alla fine del processo in modo tale che il passaggio finale di controllo delle facce complanari non venga calcolato. In alcuni casi tale operazione rende valido un risultato che non lo era. ■ Se l’operazione fallisce ancora o produce facce irregolari, è necessario adattare leggermente i due operandi. ■ È possibile intervenire modificando il livello di dettaglio dell’operando, in particolare nella zona in cui avviene l’operazione booleana in corso.
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La maggior parte delle possibilità elencate danno risultati soddisfacenti al primo tentativo soprattutto se la geometria rispetta le prime tre regole – il che è molto probabile se è stata costruita in 3DS MAX. Quando le operazioni booleane sono animate è possibile riscontrare una “sbavatura” o una “contrazione” della superficie su un frame o due, come se il risultato dell’operazione booleana fallisse o creasse facce anomale su quel frame. Considerando l’impatto di un booleano animato, vale la pena di far avanzare l’animazione di un frame alla volta per esaminare il risultato booleano. Se si presentano condizioni che provocano un errore di restituzione, è sufficiente adattare leggermente la geometria su quel frame per ottenere un risultato migliore e proseguire. Se gli interventi di adattamento sono frequenti, è opportuno assegnare un controller Linear alla traccia della posizione dell’operando e adattare quasi ogni frame.
Sottrazione booleana e modellazione La sottrazione è tendenzialmente l’operazione booleana più utilizzata e quindi è anche quella di default. Tale operazione può essere assimilata a varie azioni: togliere un pezzo, scolpire, intagliare, rimuovere, trapanare, perforare, e così via. Per ottenere un risultato soddisfacente da una sottrazione booleana è necessario prima di tutto avere presente la forma della sottrazione. Tale forma poi conduce a determinare la geometria richiesta per ottenere quel certo schema. Molto spesso l’oggetto che viene sottratto somiglia molto poco al risultato finale; l’oggetto infatti fornisce semplicemente la forma della superficie modellata dallo scalpello. Il secondo operando può essere assimilato a uno scalpello o alla punta di un trapano che crea un particolare incavo nel primo oggetto. Una sottrazione booleana è anche un buon metodo, se non il migliore, per creare smussamenti e raccordi su oggetti esistenti. Può essere utile avere a disposizione una selezione di “strumenti di intaglio” come forme di Bézier che si possono estrudere, far curvare o modellare secondo una rivoluzione, per le sottrazioni booleane. Forme booleane d’intaglio più complesse possono essere salvate come mesh e poi fuse quando si presenta la necessità.
Nuovi oggetti ricavati con l’intersezione booleana Un’intersezione booleana crea l’oggetto che altrimenti sarebbe “scartato” nella sottrazione booleana. A volte è difficile visualizzare il risultato ma questo può dar luogo a una geometria che altrimenti sarebbe molto difficile da modellare (figura 11.6). In questo caso il secondo operando agisce come un taglio esadirezionale. Uno degli usi principali dell’intersezione booleana consiste nel recuperare quanto “scartato” nella sottrazione. Risulta spesso necessario utilizzare il pezzo di “scarto” in una animazione: per esempio nel caso si voglia mostrare la porzione residua di un dado di metallo. Per ottenere tale risultato è necessario copiare gli oggetti originari ed eseguire due operazioni booleane, creando così l’oggetto “taglio” e quanto “scartato”.
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CAP.11 ■ Figura 11.6 Geometria complessa generata da una intersezione booleana.
Unione booleana e modellazione Un’operazione di unione booleana combina i due operandi e rimuove qualsiasi geometria di sovrapposizione. Prima di eseguire una unione è necessario valutare attentamente la necessità di tale operazione. Se l’intersezione soggiacente è visibile, l’utilizzo dell’unione è corretto, ma se l’intersezione dei due elementi è nascosta è preferibile permettere agli oggetti una semplice intersezione. L’unione viene utilizzata in generale quando è necessaria una continuità dei gruppi di uniformazione attraverso il giunto. In questo caso è probabile che l’unione booleana costituisca soltanto la prima fase di una sequenza di modellazione più complessa. L’unione booleana viene impiegata più comunemente con oggetti che appaiono “solidi”. La superficie è chiusa e non è necessaria una struttura interna: l’oggetto quindi ha solo lo spessore di una faccia. Spesso l’unione booleana viene eseguita per ottenere l’effetto di una sottrazione. Un operando taglia l’altro, consentendone l’utilizzo per un altro scopo senza intaccare il primo. Tale operazione può risultare utile quanto l’oggetto “che taglia” ha una forma particolare a cui deve aderire l’altro oggetto. L’unione può essere utilizzata anche per creare due elementi che possono essere separati per altri usi con la funzione Detach in EditMesh. Quando l’unione viene impiegata per modificare oggetti, non si forma un mesh nella zona in cui la geometria era sovrapposta. Quando gli elementi risultanti vengono scartati, rimane un buco nel mesh nel punto in cui i due oggetti erano uniti. Per utilizzare efficacemente tale tecnica è preferibile assegnare a ogni operando un numero Material ID unico in modo tale da facilitare la selezione delle facce (per numero di Material ID) da EditMesh, durante l’esecuzione della separazione.
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Riepilogo ■
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Operandi. Le operazioni booleane comprendono due oggetti considerati come operandi modificabili. Ogni operando può essere trasformato, modificato e animato come qualsiasi altro oggetto. Operazioni booleane nidificate. Le operazioni booleane possono essere nidificate creando un oggetto booleano composto che utilizza un altro oggetto composto come operando. L’interfaccia del pannello MODIFY dell’oggetto booleano dà accesso soltanto a una coppia di operandi alla volta. È possibile scorrere la cronologia del booleano selezionando un operando e rendendo corrente una delle operazioni booleane precedenti a esso relative da Modifier Stack. Calcolo delle operazioni booleane. È possibile scegliere il momento in cui viene calcolata un’operazione booleana. Tale opzione si rivela importante quando gli operandi contengono una geometria complessa, il calcolo è intensivo e l’interazione debole. Quando l’esecuzione risulta rallentata è preferibile cambiare la modalità Update in Manually o When Rendering. Numeri Material ID. L’assegnazione di numeri Material ID di definizione a ogni oggetto prima che diventi operando booleano è una tecnica utile che consente di selezionare i singoli pezzi dopo che essi sono stati uniti nell’operazione booleana. Operazioni booleane. L’ottenimento di risultati soddisfacenti da tali operazioni dipende dalla corretta costruzione della geometria. Elementi fondamentali sono le normali unificate, la condivisione di due vertici da parte delle facce adiacenti e il fatto che gli spigoli non devono essere condivisi da più di due facce.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.12
CAPITOLO 12
Modellazione di sub-oggetti
Molti oggetti possono essere modellati dalle primitive o essere definiti da un loft, ma moltissimi altri ancora possono essere creati manipolando le figure geometriche di vertici, facce, bordi e patch. E a questo punto che la modellazione si avvicina alla scultura. I modellatori esperti in questi tecniche sono spesso chiamati scultori di vertici. In 3D Studio MAX, quest’area è chiamata modellazione di sub-oggetti. In 3D Studio MAX per modellazione del sub-oggetto si intende la lavorazione su una parte dell’oggetto. Due sono le forme di modellazione del sub-oggetto: la manipolazione di entità sub-oggetto e la restrizione dei modificatori a selezioni sub-oggetto. Nel primo caso, si tirano, si scalano e si ruotano insiemi di vertici cambiandone eventualmente la topologia attraverso l’aggiunta o la cancellazione di sezioni. Nel secondo caso, si definisce una selezione di vertici con un modificatore e la si trasferisce nell’elenco per essere utilizzata dai modificatori successivi. Il capitolo affronterà in particolare i seguenti argomenti relativi alla modellazione del sub-oggetto: ■ utilizzo di modificatori di selezione; ■ livelli di selezione all’interno dei modificatori Edit; ■ definizione di selezioni sub-oggetto per altri modificatori; ■ concetti fondamentali di modellazione sub-oggetto; ■ terminologia comune e concetti fondamentali per la modifica delle mesh.
MODELLAZIONE DI SUB-OGGETTI
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CAP.13
CAPITOLO 13
Modellazione di mesh
Gran parte della modellazione realizzata attualmente con 3D Studio MAX tende ad utilizzare le mesh. Anche se in parte ciò è dovuto al fatto che quasi tutti gli utenti di 3D Studio MAX si sono abituati alle mesh in realtà la vera ragione è che l’efficacia di 3D Studio MAX risiede nelle sue radici di mesh editing. Il mesh editing implica la modellazione a livello del sub-oggetto con selezioni precise di vertici, facce e spigoli. Mentre le definizioni di questi livelli di selezione sono state definite e trattate alla fine del capitolo 12, questo capitolo illustra il modo di manipolare queste parti con l’oggetto Editable Mesh e con il modificatore EditMesh. I principali argomenti trattati in questo capitolo sono i seguenti: ■ Mesh editing a livello del sub-oggetto, detto anche mesh editing “tradizionale” o “scultura” dei vertici; ■ modellazione a livello del vertice, che comprende selezionare, nascondere, creare, trasformare, utilizzare Affect Region e incidere sulla topologia; ■ modellazione a livello delle facce, che comprende selezionare, nascondere, creare, trasformare, estrudere e cambiare la topologia; ■ controllare le caratteristiche di superficie a livello delle facce, che comprende smussare, utilizzare le normali e i materiali; ■ modellazione a livello Edge, che comprende trasformare, dare visibilità, dividere e ruotare. MODELLAZIONE DI MESH
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Modellazione con i vertici Il capitolo inizia dalla manipolazione dei vertici perché è il controllo fondamentale – e spesso il più appropriato – che si ha sulle mesh. La stragrande maggioranza delle operazioni realizzate con 3D Studio MAX (e quelle di computer grafica) manipolano i vertici mentre le facce vengono semplicemente tirate. Le facce che condividono i vertici sono sempre manipolate dai vertici stessi. Ogni volta in cui si crea e si clona una mesh si creano anche i vertici perché le facce sono definite dai loro vertici. La trasformazione dei vertici è molto simile allo spostamento, rotazione e scalatura delle facce o degli spigoli. La ragione di questa somiglianza è che il mesh editing incide sempre sulle posizioni dei vertici. Il mesh editing in 3D Studio MAX manipola i vertici e non le facce, gli elementi o gli spigoli. Le facce e gli spigoli che formano la mesh seguono in direzione delle nuove posizioni dettate dai vertici. Quando si ruotano le facce si stanno ruotando le posizioni dei vertici, e le facce cambiano orientamento sulla base delle nuove posizioni. È bene tenere conto di questo quando si esegue una qualsiasi operazione di mesh editing perché così facendo si hanno risultati più prevedibili e scontati.
Livello dei vertici Quando si entra nel livello di selezione Vertex tutti i vertici sono visualizzati come tick (figura 13.1). A differenza delle facce, i vertici sono visualizzati anche se sono su porzioni di mesh le cui normali delle facce sono rivolte non verso l ‘operatore. A questo punto ogni selezione realizzata è formata da vertici su cui possono incidere solo le trasformazioni. Come sempre, la regolazione dei vertici tira le facce che sono costruite su di essi.
■ Figura 13. 1 Il livello vertice è comune a EditMesh e a EditableMesh
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CAP.13 I vertici solitari e isolati in genere esistono per una sola ragione: affinché vi si possano costruire sopra le facce. I vertici isolati solo raramente hanno altre funzioni. I vertici non definiscono mai una mesh e non se ne può fare il rendering in modo indipendente. Quando le facce vengono cancellate 3D Studio MAX chiede se si vuole contemporaneamente cancellare i vertici orfani. A meno che non si preveda di costruire nuove facce su questi vertici in un secondo tempo, la risposta deve essere sempre affermativa.
Selezionare i vertici La selezione dei vertici è piuttosto semplice perché non coinvolge la finestra e le opzioni di intersezione. Per selezionare un vertice è sufficiente fare clic su di esso. Anche una selezione parziale (circolare, rettangolare o di perimetro) che circonda il vertice lo seleziona. Come sempre, premere il tasto CTRL consente di aggiungere a una selezione mentre premere il tasto ALT sottrae alla selezione. Molto spesso si utilizzerà una selezione parziale e si elimineranno i vertici residui con un altro clic parziale o di selezione.
Nascondere i vertici Nascondere i vertici è un metodo per sottrarli all’editing accidentale. I vertici nascosti nascondono i tick di visualizzazione ma non nascondono la mesh che definiscono. Quando sono nascosti, i vertici non sono selezionabili e non sono sensibili alle varie operazioni. In questo stato, i vertici sono molto simili agli oggetti congelati. Nascondere i vertici è uno strumento molto prezioso quando si vuole preservare una certa zona della mesh ma se ne vogliono modificare altre parti, soprattutto quelle vicino ai vertici nascosti. I vertici nascosti possono anche essere utilizzati per escludere zone della mesh dalle operazioni di livello faccia. Sui vertici nascosti non è possibile costruire facce e non vengono considerati nelle selezioni delle facce quando si utilizza l’opzione di selezione facce By-Vertex. Quando si nasconde una selezione di vertici, questi vertici sono ancora considerati la selezione attiva e possono essere accidentalmente cancellati o, se si preme la barra spaziatrice, trasformati. Per sicurezza, è meglio eseguire un Select None o fare clic nella finestra per svuotare la selezione dopo avere nascosto i vertici per esser sicuri che non vengano cancellati per errore. Viste le loro dimensioni, i vertici possono essere difficili da vedere. Prima di selezionare i vertici per un’operazione di editing, è bene eseguire un’operazione Select None per essere sicuri che la selezione sarà esattamente come la si vuole. Poiché le selezioni vengono inserite nell’elenco in ordine di esecuzione, è facile dimenticare una delle prime selezioni che non è attiva, soprattutto quando la selezione è stata realizzata da un modificatore ad essa precedente.
Trasformare i vertici Le trasformazioni Move, Rotate e Scale della barra degli strumenti sono i metodi principali per la manipolazione dei vertici. Le sottigliezze descritte nel capitolo 12 sono di particolare importanza. La modifica delle mesh a livello dei vertici è una funzione molto efficace. Quando si manipolano le posizioni dei vertici si tirano, allungano e scalano le
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facce costruite su di essi. Il segreto per una manipolazione efficace dei vertici è selezionare i vertici giusti per l’editing trascurando gli altri. Anche se i vertici possono essere modificati individualmente, quasi tutti i vertici vengono modificati con la selezione. Passare a selezione attiva i vertici singoli nell’elenco, raramente ha effetto. Per ottenere dei risultati ruotando o scalando un singolo vertice per ottenere degli effetti si deve utilizzare il centro del sistema di coordinate. Se invece si ruota e si scala sul vertice stesso non si otterrà alcun risultato.
Scalare un cilindro in un manubrio È molto comune prendere le primitive di 3D Studio MAX e convertirle in oggetti del tutto differenti attraverso l’editing dei vertici. Questo esercizio parte da un semplice cilindro per creare un manubrio ginnico con poche operazioni di editing e perfezionandone poi la superficie assegnando lo smusso di gruppo. 1. Creare un cilindro con 24 segmenti laterali e 9 segmenti di altezza sul piano base; il raggio del cilindro sarà il raggio del manubrio; 2. aggiungere un modificatore EditMesh e selezionare le due sezioni mediane dei vertici (operazione più semplice con una finestra di selezione rettangolare); 3. fare clic su Non-Uniform Scale, scegliere il sistema di coordinate globale, il centro di selezione e gli assi X, Y; 4. scalare i vertici verso il basso per formare un’impugnatura centrale (prima finestra della figura 13.2); 5. selezionare le quattro sezioni mediane; passare i vincoli dell’asse sulla Z; 6. scalare la selezione verso l’alto sino a che le sezioni siano vicino alla fila di vertici successiva (seconda finestra della figura 13.2); 7. selezionare le file di vertici superiore e inferiore e scalarle vicino alle file successive quanto le file del punto 6. (terza finestra della figura 13.2); ora si hanno due sottili segmenti disposti accanto a un segmento spesso su ciascuna estremità; 8. premere il tasto CTRL per aggiungere la selezione corrente a selezionare gli altri vertici che bordano i segmenti sottili opposti; 9. portare il vincolo su Y e Z e scalarli all’interno sino a che formano una svasatura (quarta finestra della figura 13.2); 10 portare il vincolo dell’asse su Z e scalare le due file mediane di vertici sino a che diano un’inclinazione ragionevole ai bordi del manubrio (prima finestra della figura 13.3); 11 passare in modalità Shaded; la vista superiore destra della figura 13.2 mostra uno strano manubrio; il motivo di questa stranezza è che il cilindro cominciava con un gruppo di smusso lungo i lati e la scalatura dei vertici ha angolato le facce in un modo tale che la scalatura non ha senso; 12. uscire dalla modalità Sub-Object, aggiungere un modificatore Smooth alla fine dell’elenco e attivare la casella AutoSmooth; accettare il valore di default di 30 gradi; le svasature e i lati ora sono netti (viste inferiori della figura 13.3) perché le file adiacenti non condividono più lo stesso gruppo di smusso.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13 ■ Figura 13.2 Creazione di un manubrio da una primitiva cilindro
■ Figura 13.3 Il manubrio finito
Rotazione di vertici Come risulterà dall’oggetto base Sphere della prossima esercitazione, non è necessario un modello complicato per indagare gli straordinari risultati che si possono ottenere con la manipolazione dei vertici.
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1. 2.
creare una sfera a 16 lati sul piano base e aggiungervi un modificatore EditMesh; da una finestra laterale, selezionare ogni riga (latitudine), tralasciando il vertice superiore (figura superiore 13.4);
■ Figura 13.4 Selezioni preliminare dei vertici
3. 4.
5. 6. 7.
8. 9.
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assegnare a questa selezione il nome “Lat”; iniziare un’altra selezione nella finestra TOP selezionando ogni riga (longitudine/meridiano) della sfera; questa operazione sarà più semplice utilizzando il metodo di selezione Fence (figura inferiore 13.4); per un effetto molto interessante è possibile selezionare le facce in modo simile e assegnare gruppi di smusso individuali per ottenere l’effetto smusso mostrato nella figura 13.4; assegnare a questa selezione il nome “Long”; fare clic su Rotate e scegliere il sistema di coordinare globale, il centro di selezione e l’asse delle Z; selezionare “Lat” dalla casella a discesa Named Selection Set⇓ e ruotare la selezione da tutte le finestre; i lati della sfera ruotano secondo un modello a zig zag, come si vede nella finestra superiore della figura 13.4; selezionare “Long” dalla casella a discesa Named Selection Set⇓ e ruotare la selezione da tutte le finestre; i lati a zig zag della sfera ruotano insieme, riducendo la sfera da 16 a 8 lati (finestre inferiori figura 13.5). Anche se i vertici polari sono selezionati sono coincidenti con il centro della selezione e ruotano sul posto senza avere effetto sulla mesh; ora è possibile passare ai set di selezione per perfezionare l’aspetto dell’effetto.
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CAP.13 ■ Figura 13.5 Rotazione dei vertici di una primitiva sfera
Modellazione con Affect Region La funzione Affect Region consente di influenzare un’intera porzione di vertici con una selezione molto più piccola o, più spesso, con un unico vertice. Quando si attiva la casella di controllo [Affect Region] ogni trasformazione eseguita incide su una porzione di vertici e non solo su quella selezionata. Attivando questa casella in sostanza si cambia il modo in cui i vertici di editing lavorano perché un singolo vertice ora agisce come un magnete tirando gli altri quando cambia posizione per effetto di una trasformazione Move, Rotate e Scale. Affect Region lavora insieme alla sua curva di porzione di controllo. La curva di operatività è una visualizzazione del risultato dello spostamento di un vertice singolo da una griglia piatta. Facendo clic su Edit Curve si apre la finestra di dialogo EDIT AFFECT R EGION CURVE (figura 13.6). Come si può vedere, l’impostazione Falloff definisce il raggio di una “sfera“ di selezione. Ogni vertice all’interno di questa sfera viene modificato secondo il valore della curva di operatività. La modalità Affect Region non rispetta lo stato dei vertici nascosti e incide su ogni vertice all’interno del raggio di caduta.
L’influenza della curva di operatività è più visibile nell’effetto di un singolo vertice sulla griglia di un parallelepipedo. Le figure 13.7 e 13.8 nostrano il risultato dello spostamento di un unico vertice della stessa quantità su un parallelepipedo di 100 unità. Le file superiori di entrambe le figure mostrano come la forma della curva di operatività viene duplicata dai vertici spostati. Tenendo presente questo risultato, si dovrebbe essere in grado di prevedere l’impatto delle curve di operatività che si definiscono. Per tirare curve smussate con Affect Region è bene manipolare un solo vertice, oppure delle facce isolate, e fare molta attenzione al controllo della curva di operatività. Il risultato dell’editing dei vertici con Affect Region è simile al lavoro con i patch perché spostare un unico vertice è quasi come tirare un vertice patch. La differenza principale è che uno spostamento di vertice successivo non ripristina la mesh precedente mentre
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l’inversione dello spostamento del vertice di un patch la ripristina. La figura 13.9 confronta i risultati dello spostamento del vertice centrale di una mesh e dei cilindri patch.
■ Figura 13.6 Finestra di dialogoEDIT AFFECT REGION CURVE
2’-0’’
Spostamento di un singolo vertice Distanza del raggio di selezione
■ Figura 13.7 Utilizzo di aree di operatività concave
370
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
2’-00”
Forma della curva
CAP.13 ■ Figura 13.8 Utilizzo di aree di operatività convesse
■ Figura 13.9 Mesh
Patch
Mesh
Patch
Somiglianze fra l’utilizzo di Affect Region e patch editing
Spostamento singolo vertice
MODELLAZIONE DI MESH
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L’opzione Ignore Backface controlla quali vertici all’interno del raggio di caduta sono interessati. Quando l’opzione Ignore Backface è disattivata, ogni vertice all’interno del raggio di caduta è interessato. Quando Ignore Backface è attivo (default) le facce che condividono i vertici selezionati vengono analizzate per verificare come sono rivolte le loro normali. Una normale media delle facce è determinata e confrontata con ogni altra faccia all’interno del raggio di caduta. Se la normale media può “vedere” le altre facce (l’angolo confrontato è minore di 90 gradi) i vertici che condividono quelle facce sono interessati. I vertici condivisi fra la faccia posteriore e le facce visibili sono considerati “visti”e sono interessati. Per essere assolutamente certi dell’impatto di Affect Region è necessario clonare una o due facce dalla mesh originale e utilizzare questi tre o quattro vertici come i “magneti” che tirano i vertici. Questa procedura consente una chiara comprensione di quali facce possono essere viste quando si utilizza Ignore Backface.
I vertici isolati non sono i migliori da utilizzare con Ignore Backface perché non hanno facce da cui derivare una normale; Essi utilizzano una direzione normale di default. Una faccia isolata è una scelta migliore per Ignore Backface. Se le normali sono rivolte in un altra direzione le loro facce non possono essere “viste” dai vertici e Affect Region non seleziona i loro vertici. Le facce le cui normali sono “sullo spigolo” (on edge) esattamente a 90° sono interessate. La figura 13.10 mostra il risultato dello spostamento del vertice mediano dello spigolo superiore frontale di un cubo all’interno di un raggio di caduta che eccede l’altezza del cubo.
■ Figura 13.10 Utilizzo di Ignore Backface
Ignore Backface off vertice Edge
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Ignore Backface on vertice Edge
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
Ignore Backface on vertice non Edge
CAP.13 Il primo cubo mostra il risultato ottenuto con Ignore Backface disattivato: ogni vertice è visualizzato, anche quelli nella parte inferiore. Il cubo mediano mostra il risultato ottenuto con Ignore Backface attivato: i vertici inferiori sono stati spostati perché non possono essere visti mentre i vertici di spigolo sono a 90 gradi e sono selezionati. L’ultimo cubo ha l’opzione Ignore Backface disattivata ma sposta un vertice dalla seconda fila: i vertici laterali sono più interessanti perché presentano una faccia posteriore al vertice. Poiché la normale di faccia che viene utilizzata da Affect Region è una media, si verificano risultati sorprendenti quando le facce condivise dai vertici selezionati hanno diverse normali di faccia (come selezionare i vertici da lati opposti di un parallelepipedo). In questo caso, la normale mediata può non includere i vertici che invece sarebbero inclusi se i vertici fossero selezionati individualmente. Se i risultanti vertici interessati sono molto diversi da quelli voluti, potrebbe essere opportuno clonare le facce dalla selezione e utilizzare questa nuova selezione isolata per l’operazione. Questo produrrà una normale mediata che non comprende le facce ulteriori che in origine formavano inefficacemente la normale mediata. Molte situazioni richiedono l’utilizzo di diversi spostamenti o rotazioni graduali piuttosto che un solo grande spostamento. Il primo cubo della figura 13.11 mostra il risultato della rotazione di 90 gradi di un vertice in un solo spostamento dove la distorsione risultante è lineare. I cubi rimanenti mostrano le piccole rotazioni successive le cui somma è 90 gradi e risultano in una distorsione curva. Il cubo mediano non ignora la faccia posteriore e quindi tira ogni vertici nel suo intervallo. L’ultimo cubo ha l’opzione Ignore Backface attivata e non vede i vertici nei momenti importanti.
■ Figura 13.11 Rotazione di 90 gradi di un vertice singolo in un unico passo e la stessa rotazione eseguita in più passi
Rotazionesingola
Molte piccole rotazioni con Ignore Backface on
Molte piccolre rotazioni con Ignore Backface off
Creare vertici Ogniqualvolta si crea o si clona una mesh, si creano anche dei vertici perché le facce sono definite da questi. Anche se questo metodo spesso genere i vertici necessari per altre modellazioni, potrebbe essere necessario creare altri vertici in modo indipendente e in posizioni precise, per creare facce combacianti. I vertici non possono essere creati in isolamento; devono essere aggiunti a un oggetto esistente dall’interno del modificatore
MODELLAZIONE DI MESH
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EditMesh. All’interno di EditMesh è possibile creare i vertici in modo indipendente con la funzione VERTEX/Create oppure è possibile clonare selezioni di vertici come parte dell’oggetto o come oggetto nuovo. Clonare i vertici di una mesh esistente è il solo metodo per creare vertici isolati come oggetti. La funzione V ERTEX/Create immette in un modalità per cui ogni clic sullo schermo crea un nuovo vertice in quella posizione della griglia attiva. Creare vertici in questo modo è particolarmente utile quando si utilizzano un oggetto griglia attivo e i tasti di scostamento. Lo scostamento sposta la griglia attiva senza lasciare il comando sub-oggetto corrente e di creare livelli di vertici ad altezze controllabili.
Utilizzo di mesh esistenti per i vertici La principale fonte per la creazione dei vertici sono le mesh esistenti. Le tecniche possibili sono: “staccare” le facce da una mesh cancellandole e lasciando il vertice “offuscato”, oppure selezionare i loro vertici e clonarli quando si esegue una trasformazione. I vertici clonati sono proprio così: trascurano le loro facce e creano un oggetto senza superficie. Se è necessario clonare la mesh, si dovrebbero clonare le selezioni di faccia; quando si esegue una clonazione è possibile scegliere fra rendere la selezione un nuovo oggetto o mettere i vertici isolati all’interno dell’oggetto corrente. In genere è necessario duplicare i vertici di una mesh esistente sul posto in modo che i vertici possano diventare i blocchi di costruzione per un’altra mesh in relazione con la prima. Se si intendono aggiungere vertici a un oggetto e si desidera che siano correlati ai vertici esistenti, è necessario clonarli sul posto, o sui lati, per utilizzarli come sorgente. Questo metodo è più semplice e preciso che posizionare accuratamente una griglia attiva per ogni livello dei nuovi vertici. Per clonare una selezione di vertici sul posto (o qualsiasi altra selezione) attivare una trasformazione, premere MAIUSC e fare clic una volta sulla selezione. In questo caso si clona la selezione senza spostamento.
Utilizzo di Vertex Create Se si esclude la clonazione, Vertex Create è il solo metodo per creare i vertici ex novo. I vertici così creati fanno sempre parte dell’oggetto originale e in genere servono come i punti di costruzione per i vertici futuri. Quando si creano i vertici ogni punto selezionato definisce due coordinate e la terza viene fornita dalla finestra della griglia attiva. Questo può essere ignorato quando si utilizza lo snap di vertici e spigoli. Vertex Crete funziona bene con lo snap dei vertici e degli spigoli. Impostare la priorità snap di vertice su 1 e le altre su Off (figura 13.12); in questo modo si è certi che si eseguirà lo snap dei soli vertici. Quando si utilizza 3D Snap, Vertex Create consente di creare la cornice su cui costruire le facce. Quando si utilizza 2D Snap si crea un modello di vertici proiettato sulla finestra della griglia attiva. Anche se servono raramente, le proiezioni appiattite di altre mesh possono essere create da questi modelli proiettati.
Topologia dei vertici Quando si lavora con i vertici si utilizzano i punti di definizione delle mesh, è quindi abbastanza naturale che anche la topologia ne sia interessata. Oltre al sempre disponibile Delete, esistono diverse altre funzioni relative ai vertici fra cui la più utilizzata è Weld.
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CAP.13 ■ Figura 13.12 Le impostazioni di Snap in 3D Vertex
Saldatura di vertici L’opzione Weld “salda” due o più vertici insieme per formare un unico vertice che trascina con sé qualsiasi faccia costruita sui vertici originali. La saldatura è utilizzata per unire facce separate in un unico elemento, oppure per consolidare le facce di un elemento in una mesh semplice. La funzione Weld è senza dubbio quella più comunemente utilizzata nel livello Vertex; per mezzo di essa è possibile saldare in modo specifico oppure generico. Anche se è possibile assegnare una singola EditMesh a più oggetti, la saldatura può essere eseguita solo sullo stesso oggetto poiché questa opzione cambia la definizione dell’oggetto. Se si vuole effettuare una saldatura fra oggetti è necessario prima collegare un oggetto a un altro. Anche se le coordinate di mappatura possono estendersi su facce non saldate, i gruppi di smusso non lo possono fare. Senza la capacità di eseguire opportunamente lo smusso, una mesh non è completa. Gli spigoli che si incontrano senza avere condiviso, e quindi saldato, i vertici non possono essere smussati e formano sempre uno spigolo. Il metodo Weld Target immette in una modalità che permette di selezionare i vertici e di trascinarli sul un vertice di destinazione (figura 13.3) Il cursore determina il vertice sul quale si sta saldando e diventa una croce quando si trova su un vertice dello stesso oggetto. Ciò che determina un vertice di destinazione è la vicinanza del cursore con i pixel di schermo. La finestra attiva quindi ha una grande influenza su quanto si sta saldando. Lavorare in una finestra ortogonale consente di saldare vertici molto distanti fra loro (in profondità di schermo) i quali possono essere ideali o non voluti. Lavorare in vista User o Perspective in genere permette una comprensione migliore dei rapporti fra i vertici in caso di saldatura. Un metodo spesso conveniente è selezionare i vertici in vista ortogonale ed eseguire una saldatura Target in vista User o Perspective. Weld Target in genere è combinato con Edge Turn e Divide per scolpire linee di definizione nella mesh.
MODELLAZIONE DI MESH
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■ Figura 13.13 Saldatura di una selezione e con Weld Target
Il metodo Weld Selected esamina la selezione dei vertici corrente e utilizza il valore Weld Threshold come “stringa” di intervallo per ruotare su ciascuno dei vertici selezionati. Se un vertice qualsiasi rientra nel limite d’intervallo dell’altro, questi vengono saldati insieme. Se tutti i vertici sono fuori dai rispettivi limiti d’intervallo nessuno di essi viene saldato e compare una finestra di avviso (figura 13.14). Le posizioni di tutti vertici che ricadono all’interno del limite sono calcolati per formare la nuova posizione per il risultante vertice saldato. Il vertice risultante resta selezionato per sveltire le operazioni. Poiché viene effettuata una media, i vertici saldati si spostano a meno che non siano già coincidenti. Se si vuole saldare solo vertici coincidenti e non si vuole che i vertici si spostino in alcun modo, impostare Weld Threshold a zero. Con limiti molto elevati Weld Selected può avere funzioni simili all’esecuzione di Vertex Collapse nella stessa selezione.
■ Figura 13.14 Messaggio di avvertenza Weld Threshold di Weld Selected
Se si vuole saldare una selezione di vertici su un punto /mediato, utilizzare l’opzione [Uniform Scale] per la selezione sino a che i vertici siano vicini, dopodiché attivare l’opzione [Weld Selected]. Questo metodo in genere è più veloce rispetto alla regolazione di Weld Threshold e alla sua reimpostazione. In pratica Weld Selected è utilizzato principalmente quando si stanno saldando porzioni di un modello che sono allineate con vertici coincidenti o che hanno vertici molto vicino ad esserlo. Forse questi elementi separati prima erano uniti, o erano il risultato di un oggetto booleano e provengono da un altro programma che non supporta la funzione di saldatura delle mesh. In questi casi è meglio scegliere Select All e saldare con una soglia bassa. Per saldature precise si dovrebbe optare per Weld Target perché con questa opzione si è più certi di ottenere risultati positivi.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13
Compressione di vertici La funzione Collapse è distruttiva ma molto utile. Quando si fa clic su Collapse la selezione corrente di vertici è saldata in un unico vertice comune. Questa posizione è piuttosto prevedibile quando i vertici compressi sono complanari (figura 13.15). Quando non sono complanari la posizione mediata del nuovo vertice saldato in genere provocherà un “incavo” sulla superficie. Diversamente da Edge e da Face Collapse, Vertex Collapse non lavora su un unico vertice perché non c’è niente con cui mediare. In realtà Edge e Face Collapse sono insiemi più ampi di Vertex Collapse e agiscono su due e tre vertici rispettivamente.
■ Figura 13.15 Compressione di un insieme complanare di vertici
Collapse salda ogni vertice selezionato indipendentemente da quanto sono spaziati o dal fatto che appartengano a elementi separati. Questa caratteristica è illustrata nella figura 13.16 dove il vertice centrale di ogni faccia è stato selezionato per la compressione. Il solo caso in cui Collapse considera le selezioni separatamente è quando si applica un modificatore EditMesh a una selezione di oggetti e ogni oggetto viene saldato separatamente.
■ Figura 13.16 Compressione di insiemi separati di vertici in un unicoinsieme
Collapse può anche essere utilizzato come un metodo veloce per saldare elementi su un punto comune (figura 13.17). Questa capacità sottolinea il fatto che Collapse può essere utilizzato per posizionare importanti punti di costruzione grazie al modo in cui fa la media delle differenze; per esempio può essere stabilito un punto mediano dalla compressione di due vertici. Creare vertici isolati da comprimere per trovare questi punti non è operazione rara. Allo stesso modo, il modificatore EditMesh può essere eliminato dopo che altri oggetti sono stati allineati a vertici compressi.
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■ Figura 13.17 Compressione di vertici da elementi separati in un unico vertice
Distacco dei vertici L’opzione Detach applicata ai vertici stacca o “rompe” i vertici e ogni faccia da essi definita dalla mesh in un oggetto nuovo. L’effetto di questo comando è simile al comando Detach per le facce, con la differenza che quando si staccano i vertici si è più certi dello scopo della mesh. È piuttosto facile mancare una faccia oppure non selezionare una la cui normale non era di fronte all’operatore. Con i vertici si sicuri che si sta definendo l’intera mesh. Se si vuole staccare i vertici e non le facce è necessario clonare la selezione invece di staccarla. Per realizzare la clonazione è necessario eseguire una trasformazione (quasi sempre Move) e premere il tasto MAIUSC. Questo offusca il vertice senza facce. Durante la clonazione è possibile rendere la selezione un nuovo oggetto. Se la selezione di vertici clonati viene trasformata in un nuovo oggetto non si è più in grado di costruire facce su di esso dall’oggetto originale. Se non si crea un nuovo oggetto i nuovi vertici rimangono selezionati per poter essere manipolati. Diversamente dal distacco, la clonazione non impedisce ai vertici di spostarsi automaticamente. Per essere certi che i nuovi vertici non si spostino attivare lo snap, premere MAIUSC e fare clic una volta sulla selezione.
Cancellazione di vertici La cancellazione dei vertici è un metodo veloce per eliminare sezioni di mesh indesiderate perché tutto viene cancellato e non si viene rallentati nel lavoro a cause di continue richieste. Cancellando il vertice centrale dell’occlusione di un cilindro, per esempio, la si cancella interamente. Questo risultato non è così strano se si pensa che il criterio per realizzare una selezione intersezione di facce è comprendere tutti vertici. Anche in questo caso, il tasto CANC è l’alternativa da tastiera alla funzione Delete.
Modellazione con le facce Le facce sono il secondo elemento fondamentale dell’editing mesh. La manipolazione della posizione delle facce è un’operazione simile alla manipolazione dei vertici in set di tre ma le facce definiscono la posizione del limite delle facce; le facce definiscono una normale direzionale e una superficie che può avere assegnazioni di materiale, mappatura e smusso. Quando si esegue l’editing dei vertici si esegue la modellazione della forma dell’oggetto e si agisce solo sulla posizione. Quando si esegue l’editing delle facce si agisce anche sul modo in cui la superficie riflette le luci.
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CAP.13 Ridurre la tendina MODIFIERS permette di ottenere un prezioso pannello COMMAND, molto utile quando si lavora a livello di faccia. Se si utilizza l’alternativa di tastiera per la modalità SubObject, è possibile ridurre anche la tendina M ODIFIER STACK.
Livello Face Il livello Face (figura 3.18) fornisce diverse modalità per la selezione e la manipolazione delle facce. Navigare a livello Face – una delle tendine di 3D Studio MAX più lunghe – può rapidamente divenire un’arte. Ma c’è una ragione per cui la tendina è così lunga: le facce hanno molte proprietà e non è possibile modificare una faccia senza almeno pensare alle ramificazioni per eseguire il rendering della superficie. Quando si manipolano le facce in realtà si sta lavorando con i vertici in insiemi di tre quindi quasi tutto ciò che si è appreso con la modellazione dei vertici è direttamente applicabile alla modellazione delle facce.
■ Figura 13.18 Tendina Edit Face di EditMesh e di EditableMesh
Selezione delle facce È possibile selezionare le facce in molti modi diversi: singolarmente, per porzioni, per estensioni di mesh, per relazioni complanari o anche per assegnazioni di materiale e di smusso. Selezionare il metodo più veloce e preciso fra tutte queste possibilità rientra nella capacità di eseguire una buona modellazione. Anche in questo caso, i metodi di selezione servono a controllare i risultati dell’oggetto selezionato; la modalità di selezione corrente non incide mai sul risultato delle funzioni conseguenti.
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La selezione delle facce si suddivide in tre categorie: faccia, poligono ed elemento. La selezione Face seleziona un’unica faccia triangolare ed è il metodo di selezione più veloce, anche rispetto a Polygon o Element quando si lavora con mesh molto grandi. La selezione Face visualizza tutti i bordi delle facce selezionate anche se generalmente non visibili. La selezione Polygon seleziona facce saldate che non sono separate da bordi visibili e rientrano nel valore Planar Threshold. Spesso è più opportuno selezionare per poligoni e poi passare alla modalità Face Select per visualizzare ogni bordo della selezione. La selezione Element seleziona tutte le facce che possono tracciare un percorso di vertici condivisi (saldati). la selezione Element ignora la visibilità dei bordi e Planar Threshold, occupandosi solo delle estensioni mesh. La selezione Element è sempre in modalità Crossing. La selezione By Vertex cambia il modo in cui la selezione viene valutata. Quando By Vertex non è attivata (condizione di default) è necessario fare clic (o circondare) un vertice del sub-oggetto desiderato allo scopo di selezionarlo. L’attivazione dell’opzione By Vertex riguarda essenzialmente le selezioni di finestre perché non c’è più una selezione iniziale la prima volta. Quando By Vertex è attiva la selezione viene fatta rispetto ai vertici e in questo modo viene rispettata la condizione di non visibilità dei vertici. Questa situazione è la sola in cui la condizione di non visibilità di un livello di selezione nel influenza un altro. Ogni volta in cui si seleziona e si trascina si dà inizio a una selezione parziale. La forma della selezione viene controllata dal pulsante a bandierina della barra degli strumenti. Può essere rettangolare, circolare o perimetrale. Il cambiamento della forma Region è un’operazione normale e costituisce un’alternativa di tastiera molto conveniente. La selezione Region lavora di pari passo con i metodi di selezione Window e Crossing. Una selezione Window deve circondare l’intera geometria della selezione: tutti e tre i vertici di una faccia o tutti i vertici di un poligono. Una selezione Crossing deve circondare un unico vertice per selezionare ogni faccia, poligono e elemento che condivide quel vertice. La modalità Crossing è molto utile per le selezioni rapide mentre quella Window è migliore per selezioni più accurate. La modalità di selezione Window non è omogenea. Gli elementi ignorano sempre Window e utilizzano sempre la modalità Crossing mentre i poligoni irregolari spesso non necessitano di essere completamente circondati per essere selezionati. Inoltre l’opzione By Vertex ignora la modalità Window e realizza tutte le selezioni in modalità Crossing. Le selezioni Region si proiettano nella finestra e selezionano le facce che potrebbero non essere viste; non c’è filtro per le facce posteriori. Di conseguenza è buona norma verificare sempre la selezione in diverse finestre per confermare ciò che è stato selezionato. L’opzione Axis Tripod è un segnale affidabile per individuare una selezione non voluta. Se l’asse non è correttamente centrato oppure se compaiono più assi con molta probabilità si è eseguita una selezione maggiore di quella voluta. Quando si utilizza l’opzione By Vertex la condizione di non visibilità dei vertici viene rispettata e le loro facce sono escluse dalla selezione.
L’opzione By Vertex diventa molto importante quando le selezioni Region sono eseguite con una mesh. Senza di essa al primo clic del mouse per definire la porzione selezionerà
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CAP.13 la faccia, il poligono o l’elemento, risultato raramente voluto. Con By Vertex attivata, il primo clic del mouse non selezionerà niente e quindi la selezione Region eseguirà una selezione precisa dei vertici circondati. L’opzione By Vertex ignora lo stato del pulsante Window/Crossing e immette sempre in modalità Crossing.
Quando si lavora con grandi mesh la risposta interattiva può sembrare lenta quando si spostano le selezioni, le facce o gli elementi perché tutte e quattro le finestre sono state aggiornate per la mesh. Per ottenere la velocità massima disattivare tutte le finestre in modo che venga aggiornata solo quella attiva, dopodiché sarà possibile fare clic con il tasto destro del mouse in un’altra finestra per vedere il risultato. In genere si lavora interattivamente fra i livelli di selezione Face e Vertex. In questo caso è bene ricordare che quando si selezionano le facce i loro vertici non vengono selezionati.
Nascondere le facce Nascondere le facce è un’operazione più efficace dell’eliminarle dalla vista. Quando sono nascoste, le facce non sono più selezionabili e non sono più interessate dalle operazioni dell’utente. Nascondere le facce è un estremo ma prezioso strumento quando si vogliono proteggere alcune zone della mesh dalla selezioni o dalle modifiche, soprattutto quando si stanno selezionando o modificando facce vicine. Le facce nascoste possono inoltre essere utilizzate per isolare zone della mesh dalle operazioni relative a vertici e bordi. Benché le facce siano protette all’interno dell’Edit Modifier, possono esser interessate da modificatori aggiunti in un secondo tempo all’elenco. Volume Select non ignora le facce che invece vengono sempre interessate dalle operazioni relativi agli oggetti. Dopo avere nascosto le facce è possibile scegliere Select All per selezionare tutte le facce rimanenti ed eseguire un’operazione senza coinvolgere le facce nascoste. Le facce nascoste sono interessate solo quando i vertici su cui sono costruite vengono modificati. Se si trasformano le facce che sono saldate alle facce nascoste, i vertici saldati delle facce nascoste vengono a loro volti trasformati. I vertici che appartengono unicamente alle facce nascoste non possono essere influenzati quando sono al livello Face. La figura 13.19 mostra come, con una selezione di facce nascoste, le facce rimanenti si sono spostate con il risultato che le facce sono state allungate. È bene nascondere le facce quando si assegnano ID (numeri identificativi) di materiali dei sub-oggetti e gruppi di smusso. Dopo avere assegnato selezioni realizzate in modo accurato, nasconderle e procedere con la selezione delle successive senza temere di incidere su quelle appena assegnate. Nascondere le facce rende le selezioni successive più veloci perché ci sono molte meno facce da gestire. Le facce nascoste non incidono sullo stato di selezione né sugli elementi. Se le facce erano elementi prima di essere nascoste, rimangono elementi anche dopo.
MODELLAZIONE DI MESH
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■ Figura 13.19 Effetto prodotto dalla trasformazione di facce visibili sulle facce nascoste con cui condividono i vertici
Trasformazione di facce Le trasformazioni della barra degli strumenti Move, Rotate e Scale sono i metodi principali per la manipolazione delle facce. Trasformare le facce è un’operazione molto simile a spostare, ruotare e scalare le equivalenti selezioni dei vertici ma con una grandissima differenza: le facce consentono di trasformare sui centri individuali, se si utilizza EditMesh. Questa capacità è una delle differenze fondamentali fra EditMesh e EditableMesh. Con EditMesh quando si è in modalità [Pivot Point Center] ogni selezione di facce determina il proprio sistema di coordinate basato sulle normali mediate della selezione. Questo consente di spostare, ruotare e scalare selezioni di facce non contigue in un’unica operazione come se le si stesse manipolando una alla volta. Spesso è più opportuno avvalersi del sistema di coordinate locale quando si utilizza il centro del punto di rotazione sulle selezioni delle facce. Questa opzione garantisce che l’orientamento degli assi delle selezioni sia omogenei, con l’asse delle Z sempre rivolto lungo l’asse della normale.
Creazione di facce Le facce possono essere create in molti modi all’interno del livello Face. Possono essere estruse, tassellate, clonate e persino costruite una per volta. Di queste opzioni Extrude è la più efficace, Build la più comune e Tessellate la più efficiente nel conteggio delle facce.
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CAP.13
Estrusione di facce La funzione Extrude crea facce spostando le facce selezionate verso l’esterno e costruendo lati o “pareti” che connettono la selezione e il suo perimetro. Facendo clic su Extrude si passa in modalità di estrusione e si esce dalla trasformazione corrente. Il modo migliore di uscire dalla modalità Extrude è fare clic sul pulsante voluto della barra degli strumenti. Se si esce dalla modalità facendo clic su Extrude automaticamente si cambia la barra degli strumenti in Move anche se in precedenza si era in Pick, Rotate o Scale. Extrude è una delle rare funzioni di 3D Studio MAX che consente veramente di definire il suo risultato all’interno della finestra. In Extrude il cursore si trasforma in un’icona Extrude quando si trova su una selezione. In questo modo è possibile definire l’estrusione trascinando il cursore; la casella Amount riporta l’altezza dell’estrusione. Il modo più veloce di utilizzare Extrude è utilizzare il campo Extrusion con una selezione: in questo modo si estrudono le facce ma non si altera lo stato della barra degli strumenti. È possibile spostarsi da Extrusion a Transforms in tempo reale. Un’estrusione non può essere regolata. Dopo essere stata realizzata un’estrusione è già impostata. Cercare di regolare un’estrusione genera un’ulteriore estrusione sulla stessa selezione. Quindi si dovrebbe analizzare attentamente un’estrusione prima di agire sulla freccia dell’interruttore incrementi o di trascinare il cursore. Regolare una estrusione esistente permette di risparmiare tempo quando si vogliono dare rapidamente segmenti successivi a un’estrusione. La figura 13.20 mostra come assegnare agli oggetti estrusioni sequenziali per aggiungere segmenti.
■ Figura 13.20 Utilizzo di estrusioni multiple per aggiungere segmenti di altezza
Extrude sposta la selezione delle facce sulla base della normale mediata. Se la selezione è piatta/complanare (probabilmente il risultato della selezione di un poligono), l’estrusione è perpendicolare al piano. Se la selezione non è complanare, le normali delle facce selezionate sono mediate e l’estrusione segue questo vettore. Selezionando i lati adiacenti di un parallelepipedo, per esempio, si estrudono i lati a 45 gradi. Per risultati controllati, è meglio utilizzare Extrude con selezioni complanari. La funzione Extrude ignora lo stato del centro di selezione della barra degli strumenti e lo considera sempre come se si stesse utilizzando il centro del punto di rotazione. Ogni selezione non contigua di facce ha la sua normale. È possibile realizzare selezioni non contigue ed estruderle tutte contemporaneamente; dette selezioni si comportano come
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se in realtà le si estrudesse singolarmente. La figura 13.21 mostra la creazione di una forma complessa attraverso una serie di estrusioni e di trasformazioni Scale non uniformi e intermedie su selezioni non contigue.
■ Figura 13.21 Utilizzo di Extrude e di una scalatura non uniforme su una primitiva ottagono
Le normali alle facce estruse sono rivolte verso l’esterno (Face Outward) se l’estrusione è positiva, e verso l’interno se è negativa. Le coordinate di mappatura sono “allungate” lungo la lunghezza dei nuovi lati. In genere è meglio applicare la mappatura dopo un modificatore EditMesh a causa di tutti i cambiamenti di topologia che si possono realizzare. Quando si applica un modificatore EditMesh a una forma vicina (Text, per esempio) la forma viene immediatamente ricoperta con una mesh. La funzione Extrude può essere poi utilizzata per dare profondità rapidamente in modo molto simile a quanto avviene con il modificatore Extrude. Al contrario del modificatore Extrude, tuttavia, con la funzione Extrude la copertura non viene creata sull’altro lato. La funzione Extrude, quindi, è molto utile quando la forma è già una mesh (attraverso una compressione o un’importazione da un altro programma) e si vuole che il risultato del modificatore Extrude fornisca forme chiuse. Le forme piatte talvolta contengono angoli particolari e facce che provocano estrusioni non corrette se si esegue Select All. Se si verifica questo errore, la selezione delle facce per poligono in genere produce una estrusione corretta.
Tassellatura di facce La tassellatura è utilizzata principalmente per incrementare la densità delle mesh; viene utilizzata solo su zone selezionate per creare facce e vertici aggiuntivi da manipolare o per incrementare il dettaglio complessivo per i modificatori futuri. Per esempio, una mesh potrebbe non avere abbastanza segmenti da curvare in modo corretto, oppure un modificatore Displace potrebbe richiedere una mesh più densa per ottenere più dettaglio per la sua bitmap di spostamento. Le facce tassellate assumono il gruppo di smusso del loro principale. Se si utilizza la tassellatura Edge con Tension, è necessario esaminare la geometria risultante per vedere se è in corso un’operazione AutoSmooth. I nuovi bordi creati da facce tassellate sono sempre visualizzati , indipendentemente dalla visibilità del principale. Utilizzando AutoEdge con un valore pari a 1 dopo la tassellatura si ripulisce l’aspetto della mesh
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CAP.13 rendendo invisibili i bordi complanari. Le facce create per la tassellatura assumano l’assegnazione di materiale e le coordinate di mappatura delle facce originali. La sola volta in cui si verifica un cambiamento rilevante è quando la mesh viene assegnata al materiale/mappa di una faccia. L’opzione Face-Center di Tessellation divide ogni faccia selezionata in tre facce. I nuovi spigoli dividono gli angoli della faccia originale in due parti uguali e il nuovo vertice è il centroide originale della faccia. Le facce create con questa opzione sono sempre complanari con le facce selezionate in origine. Questo metodo crea un interessante modello che può essere utile in quanto tale (figura 13.22). Applicazioni ripetute di FaceCenter continuano ad aggiungere densità alla stessa porzione selezionata: la zona interessata non cresce nello stesso modo in cui cresce la tassellatura.
■ Figura 13.22 Tassellatura con FaceCenter su una geometria
Il metodo Edge di Tessellation suddivide ogni faccia selezionata in quattro parti dividendo ciascun angolo a metà e connettendo i nuovi vertici con una faccia centrale. Se il bordo è condiviso con un’altra faccia l’aggiunta dei nuovi vertici obbliga la faccia a dividersi in due facce. Questo spiega come la tassellatura del bordo propaga il suo effetto alle facce adiacenti. Può sembrare che tale propagazione crei più facce del necessario ma in realtà le facce adiacenti sono necessarie per evitare una cucitura. Lo smusso non può verificarsi fra vertici adiacenti che non condividono due vertici. la figura 13.23 mostra la tassellatura della parte superiore di un vaso che consente di eseguirvi la modellazione di un bordo circolare.
■ Figura 13.23 Tassellatura di un bordo su porzioni specifiche per lamodellazione
Il metodo Edge funziona anche con il valore Tension (che diventa grigio quando Face-Center è attivo) che controlla la posizione dei nuovi vertici creati. I vertici delle facce originali non sono interessati quando i nuovi vertici si proiettano all’infuori, o si “gonfiano”, con tensione positiva, e quando si proiettano all’interno, o si “sgonfiano”, con tensione
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negativa. Tension è un valore compreso fra -100 e 100, dove 0 non ha effetti. Se si vuole che le facce tassellate rimangano complanari (come con Face-Center) utilizzare un valore Tension pari a 0. Senza Tension, la tassellatura aumenta solo la densità della mesh; non incide sul profilo. Se l’oggetto ha delle curve è bene che i nuovi vertici si uniformino alla curva proiettata. Il valore di riferimento (e di default) per Tension è +25. Questo valore proietta i vuoi vertici in direzione di un cerchio o di una sfera. Quando Edge tassella un’intera sfera con una tensione di +25 questa operazione ha lo stesso effetto della duplicazione della sua segmentazione (figura 13.24). La scelta corretta del valore di Tension dipende dalla curvatura della geometria. Eseguire più tassellature, soprattutto con valori Tension estremi, è un ottimo metodo per “spiegazzare” e inasprire una superficie.
■ Figura 13.24 Tassellatura di sfere con un valore Tension di 25
16
32
64
8
16
32
Segmenti sferici
Segmenti sferici e tassellatura Edge
I nuovi vertici proiettati dal valore Tension eseguono questo per produrre una curva lungo la superficie delle facce interessate. La figura 13.25 mostra la propagazione di tassellature di bordi successive in cui la superficie non viene deformata sino a che raggiunge l’angolo e presenta delle facce fra cui mediare una curva. Il modificatore MeshSmooth (introdotto con la versione 1.1) fornisce un metodo ottimale per aggiungere densità alla mesh con una curvatura che è più preciso del metodo della tassellatura con Tension. Una tecnica utile da utilizzare quando si tassellano le mesh è selezionare i vertici delle facce prima di tassellarle. Dopo la tassellatura questa selezione di vertici originali può
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CAP.13 essere utile per controllare la superficie in quanto consente di spostare o scalare i vertici originali o di invertire la selezione e manipolare i nuovi vertici. Eseguire una scalatura uniforme sulla selezione dei vertici invertita ai fini pratici è spesso simile a utilizzare il controllo Tension. La figura 13.26 mostra un esempio di una figura Geosphere in cui si selezionano tutti vertici, si tassellano tutte le facce e si scala la selezione originale dei vertici verso l’interno.
■ Figura 13.25 Propagazionedi tassellature di bordi successive
■ Figura 13.26 Creazione di una palla ad aculei con una scalatura dei vertici eseguita dopo la tassellatura
Costruzione di facce L’opzione Build Face consente di creare facce triangolari , una per una, sopra facce esistenti. Facendo clic su Build Face si passa in una modalità per attaccare delle facce, che in 3D Studio MAX è la sola possibilità per creare facce manualmente. Questa modalità sforma la visualizzazione dei vertici in tick in modo che i vertici di destinazione siano facilmente visibili. La costruzione delle facce è una procedura del tipo “unisci-i-punti” che utilizza tre vertici per definire la nuova faccia. Tutti e tre i vertici devono appartenere allo stesso oggetto
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e non devono essere nascosti per essere utilizzati in quanto solo i vertici visibili dell’oggetto selezionato sono visualizzati come tick. La costruzione delle facce non crea né altera i vertici quindi le nuove facce sono automaticamente saldate alle facce che già condividono i vertici. Il cursore cambia in una croce di collimazione ogni volta in cui si trova su un vertice valido. La selezione dell’ultimo vertice di una faccia “scheggiata” può risultare difficile in quanto il triangolo elastico si rastrema in un punto così tagliente. Nella costruzione di tali facce, sarà più semplice selezionare prima il lato più lungo e poi ridurre l’acutezza del triangolo elastico. Con molta probabilità sarà necessario eseguire uno zoom ravvicinato e poi una panoramica durante la costruzione per verificare di avere centrato i vertici giusti. La direzione normale della nuova faccia è dettata dall’ordine di selezione dei tre vertici. Selezionare i vertici in senso antiorario rende la facce visibili all’utente mentre una selezione in senso orario rivolge le facce in direzione opposta all’utente. Talvolta è più conveniente costruire facce con il comando Backface disattivato allo scopo di vedere entrambi i lati della mesh e di non dovere tenere conto dell’orientamento dalla normale della faccia e dell’ordine in cui si selezionano i vertici. Dopo aver finito, attivare di nuovo la modalità Backface e rovesciare le normali non corrette oppure unificare le mesh. La facce nuove ricevono le assegnazioni di default dell’ID del materiale e, se una mappatura è assegnata alla mesh, anche le coordinate di questa. Le nuove facce tuttavia sono prive di gruppi di smusso. Anche se l’assegnazione dell’ID del materiale spesso è corretta, la mappatura e la mancanza di smusso non sono quasi mai la condizione desiderata. In genere si tenderà a completare la costruzione della faccia e poi ad assegnare le corrette coordinate di mappatura e smusso. Per ognuno dei tre vertici esistono due facce: una per ogni direzione, con normali di faccia opposte. Se si cerca di creare una faccia che già esiste, compare la finestra di avvertimento della figura 13.27 e non è possibile proseguire nella creazione. Questo divieto esiste poiché le mesh con facce duplicate causano problemi fra i quali anomalie nel rendering e operazioni booleane inefficaci.
■ Figura 13.27 Messaggi che avvertono del tentativo di creare una faccia preesistente
Topologia di faccia Diverse sono le funzioni che consentono di cambiare la topologia di superficie della mesh per mezzo di esplosione, distacco, compressione, complanarità e cancellazione. Queste funzioni tendono ad essere distruttive e sono utilizzate essenzialmente quando si vuole cambiare in modo sostanziale la superficie del modello.
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Esplosione di facce Face Explode può essere considerato un strumento per aprire o sezionare le mesh. Explode separa le mesh creando vertici duplicati e dissaldando le facce. La possibilità che la mesh esplosa generi facce o elementi dipende dal valore impostato di Angle Threshold. Le facce le cui relazioni angolari reciproche rientrano in Angle Threshold formano elementi nei quali eseguire esplosioni. Un angolo di 0 gradi esplode tutte le facce mentre un angolo di 180 gradi rompe gli oggetti in elementi. Se questa opzione viene applicata a un cubo, per esempio, un limite di angolo di 90 gradi lascia il cubo intatto mentre 89 gradi lo separa in sei elementi (uno per ogni lato), e 0 gradi lo separano in facce individuali. Quando si ha una certa dimestichezza con l’analisi del limite di angolo utilizzare Explode per separare porzioni del modello da utilizzarsi come pezzi in altre situazioni. La possibilità di esplodere in oggetti o in elementi non è altro che questo. Se si vuole che i pezzi esplosi abbiano un proprio editing e una traccia di animazione scegliere di esplodere in oggetti; se si vuole che i pezzi esplosi rimangano nello stesso oggetto è bene esplodere in elementi. Esplodere un oggetto con un limite di angolo di 180 gradi divide ogni elemento in un nuovo oggetto il che permette di risparmiare tempo quando si vogliono dare a molti oggetti nomi sequenziali. Per fare questo è sufficiente attaccare tutti gli oggetto a uno (utilizzare l’opzione Attach Multiple di EditableMesh), selezionare tutte le facce e esplodere con 180 gradi l’oggetto. Ogni oggetto sarà così nominato in modo sequenziale. È bene ricordare che quando si utilizza EditMesh, la storia delle azioni svolte viene mantenuta con il modificatore. Se si esplode un oggetto in altri oggetti è possibile in un secondo tempo cancellare il modificatore EditMesh: l’oggetto originale ricomparirà intatto mentre gli oggetti creati dall’esplosione rimangono. Questo è un metodo per separare delle porzioni da un modello senza danneggiare l’originale.
Distacco di facce La funzione Detach viene utilizzata per creare nuovi oggetti da pezzi dell’oggetto selezionato. L’intera selezione diventa un solo oggetto anche se composto di numerosi elementi. Il nuovo oggetto eredita l’orientamento del riquadro di delimitazione dell’oggetto originale. Per distaccare delle facce da un elemento senza realizzare un oggetto esplodere la selezione di faccia con un limite di angolo di 180 gradi. Questa procedura consente anche di creare oggetti multipli in una sola operazione.
Compressione di facce La funzione Collapse semplifica una mesh utilizzando un metodo particolare per cancellare le facce. Le facce selezionate vengono cancellate e sostituite da un vertice centrato. Ogni faccia adiacente che condivide un vertice con una faccia cancellata viene allungata (e saldata) nella nuova posizione del vertice. Se una faccia adiacente condivide due vertici
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con una faccia cancellata (un bordo) viene cancellata. Comprimere un’unica faccia può cancellare un massimo di quattro facce alla volta: la faccia compressa e tre facce con bordi condivisi. Comprimere una selezione di facce genera una riduzione della faccia modello molto rapida e nello stesso tempo conserva una superficie mesh che è particolarmente utile per eliminare le facce complanari. La compressione di facce adiacenti ad angoli tira le facce dai lati adiacenti. Come mostra la figura 13.28, è possibile “scalpellare” dagli angoli con una certa facilità.
■ Figura 13.28 “Cesellare” una mesh comprimendo le facce selezionate
Collapse considera la selezione un’unica selezione, anche se non è contigua, proprio come succede con Vertex Collapse. Con le selezioni non contigue, il vertice compresso viene sempre posizionato mediando le posizioni di ogni faccia selezionata. Questo non sempre è auspicabile a meno che non si stia pianificando con attenzione la compressione analizzando dove si troverà il vertice risultante. In quasi tutti i casi di modellazione, sarà bene limitare la compressione a una selezione contigua. Collapse viene spesso utilizzato come strumento per scolpire in quanto agisce come un cesello che “scheggia” lungo il profilo di una mesh e un conteggio faccia. È meglio utilizzare Collapse su mesh che contengono un grande numero di facce con cui lavorare. La funzione si può rivelare utile su panorami generati in modo frattale e su mesh organiche che è necessario rifinire e individualizzare. Quando questa funzione viene utilizzata su una mesh con una superficie regolare fornisce punti riuniti dove vengono posizionati i nuovi vertici. Per ulteriori informazioni ed esempi su Vertex Collapse consultare i paragrafi precedenti.
Realizzazione di facce planari La funzione Make Planar esamina le normali della faccia selezionata e determina una media basata sulle dimensioni complessive della loro faccia (per esempio le facce ad angolo retto con un’altra faccia formeranno solo un angolo di 45 gradi se sono della stessa dimensione. Le facce sono quindi ruotate per allinearsi sullo stesso piano. La figura 13.29 mostra come anche le selezioni di facce non contigue sono angolate in modo da formare un piano comune. Questa funzione in genere viene utilizzata per appiattire le irregolarità in quello che dovrebbe essere un piano piatto. Con la pratica, la funzione Make Planar può essere utilizzata per creare relazioni planari fra diversi elementi per stabilire importanti relazioni più velocemente. (figura 13.30). Utilizzare Make Planar su un’intera mesh per appiattire la mesh. In questo modo si può creare un interessante effetto di morphing per un’animazione.
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CAP.13 ■ Figura 13.29 Utilizzo di Make Planar per allineare le facce su un pianocomune
■ Figura 13.30 Utilizzo di Make Planar per allungare gli elementi verso un piano comune
Cancellazione di facce La funzione Delete esegue esattamente ciò che indica il suo nome: elimina, proprio come il tasto CANC. Il risultato di Delete è decisamente ovvio a eccezione di quanto accade nel caso di facce nascoste. Subito dopo che una selezione viene nascosta, il suo perimetro rimane evidenziato in rosso perché le facce nascoste sono ancora soggette alla selezione e verranno cancellate se si preme il tasto CANC o si fa clic su Delete. Le facce che sono nascoste ma non ancora cancellate possono agire come una specie di “anteprima” di cancellazione. È possibile nascondere le facce e aggiungerle alla selezione tenendo il tasto CTRL premuto. È possibile continuare a selezionare le facce nascoste costruendo allo stesso tempo una selezione “nascosta”. Dopo avere preso confidenza con i risultati di questa operazione visualizzati in finestra, premere CANC per eliminare quanto era nascosto.
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Controllo di superfici con le facce Ciò che realmente viene definito dalle facce sono le superfici che riflettono la luce. Il colore delle luci dipende dal materiale ad esse assegnato e dal colore della luce che le illumina. Se nessun materiale è stato assegnato la luce verrà riflessa dal colore dell’oggetto. Il modo in cui il colore è ombreggiato sulla superficie è a sua volta controllato dallo smusso. Se non smussata ogni faccia riflette la luce come un piano indipendente. Se è smussata con facce adiacenti sulla stessa mesh, i bordi condivisi sono smussati e la geometria avrà un rendering più arrotondato di quanto non sia realmente.
Smusso di facce L’utilizzo corretto dei gruppi di smusso può rendere un modello semplice intricato e un modello complesso perfetto mentre l’utilizzo non corretto dei gruppi di smusso provoca strane striature e elimina il dettaglio. Assegnando con attenzione i gruppi di smusso alle facce selezionate all’interno di una mesh è possibile creare modelli corretti dal punto di vista economico e visuale. I concetti di base dello smusso rispetto agli oggetti sono descritti nel capitolo 7; tuttavia è anche importante comprendere come assegnare lo smusso a livello di facce se la mesh non è per niente irregolare. Lo smusso è un’illusione di rendering che cerca sempre di approssimare l’ombreggiatura della stessa forma: una sfera. Non esistono “gradazioni” di smusso. Le facce sono smussate oppure non lo sono.
Capire lo smusso delle facce Lo smusso può essere applicato solo fra facce saldate e quindi non è previsto fra elementi né fra oggetti. Le facce continueranno a smussarsi fra di loro fino a che potranno tracciare una linea di facce saldate che contengono lo stesso gruppo di smusso. Ogni faccia a cui sono stati assegnati uno o più gruppi di smusso verifica ogni vertice condiviso per vedere se la faccia adiacente è saldata possiede un gruppo di smusso corrispondente. Se una corrispondenza viene trovata si verifica lo smusso fra le due facce. Corrispondenze multiple dei gruppi di smusso non hanno effetto sulla quantità di smusso perché non ci sono “gradazioni” di smusso. Una superficie è smussata oppure non lo è. Assegnare a una faccia più di un gruppo di smusso determina solo la corrispondenza della faccia con molti più gruppi su altre facce. Se non si trovano corrispondenze si produce un bordo fra le facce se queste non sono complanari. La funzione di smusso cerca sempre di approssimare l’effetto di una forma sferica. La figura 13.31 mostra come le facce di smusso che si incontrano ad angoli più acuti di 60 gradi possono risultare in effetti poco realistici perché il programma cerca di smussare gli angoli in modo sferico. Gli oggetti con angoli acuti in questa figura mostrano uno smusso anomalo sulle superfici verticali perché l’ombreggiatura è tirata diagonalmente lungo i lati dalla mesh. Man mano che la mesh acquisisce più lati e quei lati diventano progressivamente più piccoli, l’illuminazione diagonale diventa più acuta nell’angolo e si
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CAP.13 avvicina a una verticale mostrando uno smusso più naturale. Di regola, gli angoli di smusso più acuti di 120 gradi (che corrisponde a un Angle Threshold di 60) producono risultati non desiderati.
■ Figura 13.31 Smussatura dei lati di diverse mesh angolari (il solido superiore e quello inferiore non hanno assegnazioni di smussatura)
Funzione AutoSmooth La funzione AutoSmooth fornisce il metodo più semplice per l’assegnazione dei gruppi di smusso a una selezione di facce. AutoSmooth confronta il suo valore di Threshold all’angolo fra le facce saldate selezionate. Se l’angolo fra le facce saldate selezionate è inferiore ad Angle Threshold, AutoSmooth assegna un gruppo di smusso comune a queste facce. La funzione AutoSmooth permette di risparmiare molto tempo e funziona con quasi tutte le mesh. Alle facce complanari viene assegnato uno smusso unico per ogni faccia se il limite è pari a 0 gradi. Per esempio, un parallelepipedo riceve un gruppo di smusso per tutte le sue facce con un limite di 90 gradi, gruppi alternati per ogni lato con limiti compresi tra 0 e 90 gradi, e gruppi alternati per ogni faccia con un limite di 0 gradi. AutoSmooth è molto efficiente con le sue assegnazioni automatiche e in genere assegna il minimo indispensabile. Il parallelepipedo smussato riceve tre e non sei gruppi di smusso perché i tre gruppi possono alternarsi in modo che non si tocchino. Questa efficienza spesso rende le facce assegnate da AutoSmooth utili gruppi di selezione per altre operazioni. Se lo smusso non sembra eseguita correttamente verificare la costruzione della mesh. I vertici coincidenti o le facce adiacenti possono causare cuciture e le facce ridondanti possono causare irregolarità nel rendering come il “flashing“.
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AutoSmooth funziona meglio quando le facce della mesh formano angoli omogenei con le loro necessità di smusso. Una mesh che ha molte facce a 45 gradi, di cui alcune devono essere smussate ed altre devono rimanere acute, non è una buona candidata per AutoSmooth. Affinché AutoSmooth possa lavorare correttamente sulle mesh con transizioni di angolo variabili, spostare i vertici della zona angolare meno profonda (con lo snap) per creare angoli più acuti che sono più facilmente separabili dal limite d’angolo complessivo. AutoSmooth assegnerà a questo punto gruppi che corrispondono alle linee geometriche del modello. Dopo l’assegnazione è possibile rimettere i vertici spostati temporaneamente nelle posizioni originali. Un altra possibilità è distaccare le porzioni di faccia in elementi in modo che fra di essi non possa essere eseguito lo smusso. Anche se AutoSmooth lavora con le selezioni, è più efficace quando viene applicato a elementi interi. AutoSmooth inizia con il più basso dei 32 gruppi di smusso e prosegue in modo crescente. Eseguire diversi AutoSmooth su selezioni diverse nello stesso elemento aumenta la probabilità che i gruppi più diffusi e con numeri inferiori siano condivisi fra facce di operazioni separate. Questo provoca lo smusso dove potrebbe non essere voluta e con molta probabilità questo smusso non si sarebbe verificata se l’intero elemento fosse stato selezionato per l’operazione di AutoSmooth. Il momento migliore per eseguire AutoSmooth su una selezione è quando lo smusso è stato eliminato dall’intero elemento e si vuole eseguire AutoSmooth su parti discrete che non si incontrano. In questo modo i comuni gruppi di smusso non si toccano e non si verificano smussature non volute.
Identificazione di gruppi di smusso La serie dei 32 pulsanti dei gruppi di smusso è il primo indizio per identificare quali gruppi di smusso sono assegnati a quali facce. Quando si seleziona una faccia qualsiasi gruppo di smusso ad essa assegnato viene mostrato attraverso il relativo pulsante premuto. In una selezione di facce i pulsanti sono premuti se il gruppo è condiviso da tutte le facce, e il pulsante è grigio (ma non premuto) se il gruppo è assegnato solo ad alcune delle facce della selezione. Strane striature e bordi troppo scuri sono spesso segni di assegnazioni di smusso non corrette. Se un oggetto non sembra avere un rendering corretto, verificare se le assegnazioni dei gruppi di smusso sono appropriate. La funzione Select By Smooth Group presenta una finestra di dialogo (figura 13.32) che mostra ogni gruppo di smusso correntemente assegnato all’oggetto. Premendo un pulsante numerato e facendo clic su OK si selezionano tutte le facce assegnate a quel gruppo. L’opzione Clear Selection esegue un comando Select None e poi seleziona per i gruppi di smusso prescelti. Lasciando questa opzione disattivata si aggiunge la selezione per smusso alla selezione di facce corrente. È possibile selezionare tutte le facce che non hanno assegnazioni di smusso selezionando ogni gruppo di smusso e poi eseguendo il comando Invert Selection.
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CAP.13 ■ Figura 13.32 Finestra di dialogoSELECT BY SMOOTH G ROUPS
Assegnazioni di smusso manuali È possibile assegnare o revocare assegnazioni di gruppi di smusso a una selezione di facce con i 32 pulsanti Smoothing Group. Queste assegnazioni manuali consentono di avere un totale controllo dei risultati rispetto al metodo automatico di AutoSmooth. Per revocare un gruppo di smusso fare clic sul pulsante premuto relativo a quel gruppo. Se il pulsante è grigio e quindi indica un gruppo non comune a tutta la selezione, è necessario fare clic due volte: una per assegnare il gruppo all’intera selezione e un’altra per revocarlo. Quando si assegnano i gruppi di smusso è necessario tenere presenti alcuni punti relativi al modello della forma: quali pezzi dovrebbero essere rotondi nel rendering, quali sezioni dovrebbero avere bordi frastagliati, quali piani dovrebbero essere sfaccettati. Dopo avere preso le relative decisioni l’assegnazione manuale dei gruppi di smusso diventa uno studio della selezione delle facce. Quando si smussano forme intricate, per esempio un elaborato lavoro in ferro, in genere si eseguono selezioni multiple che riguardano porzioni, si eseguono deselezioni, si inverte, si nascondono facce. Una tipica strategia è di identificare prima le superfici piatte Le superfici piatte dovrebbero essere selezionate , assegnate a un gruppo di smusso unico e poi nascoste per consentire altre selezioni. Realizzare selezioni successive diventa un’operazione sempre più veloce perché ci sono meno facce non assegnate per ogni passaggio. Un altro metodo comunemente utilizzato consiste nell’eseguire Select All, poi eseguire AutoSmooth e infine correggere solo le facce non corrette. Le finestre di smusso ombreggiate riferiscono lo stato di smusso e un resoconto su come lo smusso è stato assegnato. Se si rileva la presenza di smussi errati, selezionare la faccia e verificare i relativi numeri di gruppo. Selezionate poi le facce adiacenti, confrontarle e decidere come procedere. Spesso la soluzione migliore è eliminare tutte le smussature da queste zone “difficili” e ricominciare le assegnazioni da capo. La scelta dei numeri dei gruppi di smusso non deve seguire criteri particolari; i gruppi sono stati previsti in un numero di 32 per facilitare l’organizzazione della selezione e per fornire un numero di gruppi sufficiente anche per i modelli più complessi. Non è necessario scegliere i numeri alti, o bassi, o consecutivi: si tenga presente tuttavia che in genere i numeri bassi vengono scelti da AutoSmooth e quindi è bene scegliere i numeri alti per evitare conflitti. La scelta di più gruppi in genere significa che la mesh è molto intricata o che si sono mantenuti gruppi separati da duplicare come insiemi di selezione. Alcuni operatori di modellazione assegnano lo stesso numero di gruppi di smusso a una determinata condizione geometrica così i gruppi diventano pratici metodi di selezione. Assegnare sempre il gruppo 32 alle parti superiori, per esempio, aiuterà a selezionare rapidamente le parti superiori in un secondo tempo. Lo stesso vale per svasature, lati, zone circolari e così via.
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Controllo delle normali di faccia Ogni faccia possiede una normale che si diparte in modo perpendicolare dal suo centro. La normale si allontana dal lato visibile della faccia. L’incapacità di vedere l’altro lato della faccia viene detta soppressione della faccia posteriore ed è un metodo utilizzato comunemente per velocizzare la grafica che nei rappresentatori di immagini interattivi e di produzione di 3D Studio MAX è la modalità di default. Le normali delle facce sono inoltre un’importante indicazione della geometria in quanto normali omogenee definiscono una direzione di superficie sia che si tratti di un volume interno, sia che si tratti di una superficie esterna. Per questa ragione le normali di faccia vengono utilizzate da diverse funzioni per le decisioni relative alla rappresentazione e alla modellazione. Una mesh con normali omogenee lungo le sue superfici è detta mesh unificata. Quando un oggetto sembra girato al contrario o rivoltato la causa in genere sono le normali capovolte. Mostrare le facce non correttamente è comune quando si lavora con superfici di rivoluzione. Quanto dovrebbe essere “dentro” viene portato “fuori” dalle normali (figura 13.33).
■ Figura 13.33 Impatto visivo delle normali invertite
Le normali sono responsabili di troppi effetti in 3D Studio MAX per essere ignorate. Con EditMesh le normali definiscono un centro del punto di rotazione della faccia, la direzione dell’estrusione e il limite d’angolo utilizzato da Explode, AutoSmooth e AutoEdge. Altri modificatori, come Optimize, Displace, MeshSmooth e Relax, calcolano i loro effetti con le normali. Avere normali unificate è importante quando si creano oggetti composti booleani. Alcuni materiali, comprese le mappe di faccia e molte composizioni procedurali, basano i loro risultati sulle normali di faccia. L’opzione che consente di ignorare le normali di faccia e di eseguire il rendering su entrambi i lati (con materiali a due lati o con l’opzione Renderer’s Force 2-Sided) non è la scelta migliore se si tiene conto di quante operazioni di modellazione dipendono da normali corrette. Spesso richiede meno tempo correggere le normali generate da una modellazione non ottimale piuttosto che utilizzare l’opzione 2-Sided, eseguire il rendering su facce aggiuntive, non utilizzare la soppressione della faccia posteriore e lavorare poi sul modello non corretto che ne deriva.
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CAP.13
Unificazione di normali La funzione Unify reimposta una selezione di normali di faccia secondo il default di 3DSMAX, è cioè riorientando le normali in modo che si presentino rivolte all’esterno rispetto al centro della selezione. Questa funzione è un metodo rapido per unificare uno stato di caos generale (che funziona bene con Select All) e dovrebbe essere il primo passo in caso di mesh non corretta. Affinché Unify funzioni correttamente è necessario che le facce della mesh e i vertici rispettino già la regola aurea relativa alla costruzione delle mesh, e cioè che ogni faccia che condivide un bordo con una faccia adiacente deve anche condividere due vertici. Si genera una certa confusione quando le facce adiacenti hanno vertici coincidenti e sembrano essere solo saldate. Se una mesh apparentemente costruita in modo corretto ha dei problemi con l’unificazione delle normali, verificare che i sui vertici siano davvero saldati e che non duplichino facce esistenti. Unify funziona meglio quando si ha l’intero elemento saldato e tale elemento ha un minimo di estremità aperte. Unificare le selezioni all’interno di un elemento non è altrettanto affidabile dell’unificare un intero elemento perché la selezione potrebbe non estendersi a sufficienza per dare a Unify un quadro chiaro della mesh. Le selezioni complanari si unificheranno ma la direzione in cui lo faranno ha il 50% di probabilità di essere sbagliata in quanto le facce complanari non hanno il senso della direzione.
Visualizzazione di normali L’opzione Show Normals visualizza le normali di ogni faccia selezionata come vettore azzurro/bianco. Questa designazione facilita l’individuazione di una normale con direzione non corretta. Quindi l’utilizzo di Show Normals per identificare le facce rivolte nella direzione sbagliata può rivelarsi più efficiente dell’esame di dette facce. Il parametro associato Scale, in Show Normals, scala le dimensioni del vettore della normale e non ha effetto sulla mesh. Con alcune geometrie può essere utile incrementare notevolmente Scale per vedere l’interazione delle normali (per esempio, le normali dell’interno di una cupola si intersecheranno nel centro della cupola). I vettori delle normali vengono solo visualizzati e non si possono manipolare direttamente (per farlo è necessario utilizzare la funzione Flip sulle facce selezionate).
Rovesciamento di normali L’opzione Normal Unify non funziona con tutte le mesh. Le mesh complanari, interne, rovesciate, o importate devono avere le loro normali regolate manualmente. Questo compito può essere veloce, per esempio quando le normali si trovano semplicemente rivolte nella direzione sbagliata, oppure piuttosto lento, per esempio quando la mesh è costruita in modo non corretto (spesso perché in un altro programma) e le normali sono disposte a casaccio. Un caso tipico si verifica quando si vuole vedere l’interno di un oggetto creato. Se si unifica la normale questa si dispone sempre rivolta verso l’esterno rispetto al centro della selezione, e si deve rovesciare manualmente l’intera mesh per disporle rivolte verso l’interno.
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Quando la mesh è unificata ma rivolta nella direzione sbagliata, selezionare per elemento o eseguire Select All e poi fare clic su Flip. Le normali in questo saranno rivolte nella direzione opposta. Questa procedura funziona bene con le mesh complanari, superfici di rivoluzione (per esempio un tornio) e oggetti concepiti per essere guardati dall’interno, tutti elementi che rovesciano rapidamente. Se la mesh ha normali casuali e non si unifica in modo omogeneo, probabilmente non è costruita in modo corretto (le facce che condividono i bordi non condividono anche due vertici). Questa situazione deriva quasi sempre da modelli importati realizzati altrove. Molti programmi di modellazione che creano file DXF (per esempio AutoCAD) non hanno un metodo per memorizzare le normali di faccia né i fondamenti della modellazione con le mesh. Quando sono presentate con un modello non corretto è necessario decidere, sulla base dei nuovi piani per il modello, se investire del tempo nel rovesciamento delle normali oppure no. Se si prevede semplicemente di assegnare mappatura, materiali e rendering probabilmente è possibile evitare di rovesciare le normali utilizzando i complessi materiali 2-Sides. Questa scelta ha implicazioni negative rispetto al tempo di rendering e alle esigenze di memoria. D’altra parte, se si prevede di eseguire della modellazione, soprattutto oggetti composti booleani, si dovrebbe investire del tempo per unificare le normali o correggendo la modellazione non convenzionale e utilizzando Unify oppure rovesciando le normali personalmente. Anche se rovesciare le normali può sembrare un compito facile, può essere al contrario piuttosto gravoso. Applicare e combinare diverse tecniche di selezione di faccia e visualizzare opzioni è il metodo usuale per affrontare questo problema. Applicare un tasto di scelta rapida alla soppressione della faccia posteriore è una scelta utile in quanto spesso sarà necessario confrontare le rappresentazioni rovesciate e quelle non rovesciate. È bene iniziare il rovesciamento delle normali nascondendo le zone delle mesh che hanno normali corrette. Se la maggior parte delle mesh rimanenti è rivolta nella direzione sbagliata, eseguire Select All e fare clic su Flip. In questo modo si lavorerà con meno della metà delle facce. Si proceda poi alla selezione delle facce che sono erroneamente rivolte verso l’operatore e rovesciare la selezione. Man mano che le normali della mesh diventano più unificate sarà più semplice rovesciare le facce che sono rivolte verso l’operatore piuttosto che quelle non rivolte verso l’operatore.: per fare ciò è possibile passare in un’altra vista oppure eseguire Select All e rovesciare l’intera mesh. Spesso è più semplice rovesciare tutte le normali della mesh nella direzione sbagliata e poi lavorare “all’indietro” rovesciando le facce che è possibile vedere. Dopo che le facce solitarie sono state rovesciate non è più possibile vedere la mesh, eseguire Select All e rovesciarla di nuovo per una mesh unificata.
Unificazione di normali e materiali 2-Sided Esiste sempre l’opzione 2-Sided per eseguire il rendering di entrambi i lati di una faccia e quindi evitare di perdere tempo per correggere le normali di faccia. Questo può essere realizzato per mezzo delle proprietà di un materiale, oppure il Rappresentatore può essere obbligato a trattare l’intera scena come scena 2-Sided. Questa scorciatoia di modellazione richiede comunque del tempo perché ogni faccia viene calcolata in entrambe del direzioni. Le esigenze di memoria dell’opzione 2-Sided hanno un impatto crescente se il rendering genera ombreggiature o riflessi di calcolo.
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CAP.13 Realizzare oggetti 2-Sided dà agli oggetti stessi l’aspetto di sfoglie infinitamente sottili, addirittura inesistenti talvolta, e che hanno uno strano effetto nel rendering. Poiché quasi tutto quanto viene costruito ha un certo spessore, si dovrebbe eseguire la modellazione all’interno e all’esterno dei modelli a meno che non siano realizzati in materiale sottile, per esempio come una banconota. Allo scopo di veicolare in modo credibile le proprietà naturali di taluni materiali, in particolare il vetro, è necessario utilizzare un materiale 2-Sided. Le mesh visibili su entrambi i lati e non abbastanza vicine nella scena per essere percepite, in quanto sono infinitamente sottili (foglie, bandiere, carta, stoffa e sacchetti) sono ottimi soggetti di materiali 2-Sided. Le parti posteriori che si riflettono negli specchi sono hanno ricevuto materiali 2-Sided per compensare il fatto di essere monofaccia. Agli oggetti complicati che impediscono un rendering corretto è possibile assegnare materiali 2-Sided in alternativa all’esecuzione del rendering dell’intera scena in modalità Force 2-Sided. È facile concludere che un materiale 2-Sided richiede solo il doppio delle risorse per il rendering rispetto a un materiale 1-Sided, quindi non rappresenta una spesa eccessiva. I fatti dimostrano, tuttavia, che le facce vengono calcolate dall’operatore di rendering circa quattro volte di più, per ogni ombreggiatura che produce luce e per ogni superficie riflettente all’interno della scena. Queste facce in più sono il risultato del rendering applicato a entrambe le facce di ciò che è rivolto verso l’operatore (2x) e poi applicato ad entrambi i dati di ciò che non è rivolto verso l’operatore (forse un 2x aggiuntivo, ma probabilmente di più).
Assegnazione di numeri idenficativi ai materiali Ogni faccia comincia, di default, con il numero identificativo (o ID#, in inglese) di materiale 1 assegnato. Le facce non tengono una registrazione del vero nome del materiale ma dell’ID. Se il materiale è qualsiasi cosa tranne un materiale Multi/Sub-object, l’ID del materiale non ha effetto. Quando si assegna all’oggetto un materiale Multi/Subobject l’ID del materiale stabilisce quale sub-materiale nella definizione materiali viene assegnato. Quando si decide come assegnare un materiale sub-oggetto alle facce selezionate, si dovrebbe dapprima tenere conto se le facce selezionate dovrebbero rimanere parte dell’oggetto più grande. Se la modellazione è completa e non è necessario che le facce selezionate siano smussate con altre facce che hanno materiali differenti, sarebbe più opportuno distaccare le facce selezionate come oggetti indipendenti e assegnare ai nuovi oggetti un materiale standard. In genere quando parte di un oggetto richiede un materiale differente rispetto al resto dell’oggetto, compare una rottura visibile sulla superficie, nella migliore delle ipotesi una cucitura. Per aggirare questo ostacolo è necessario distaccare le facce selezionate per l’assegnazione del materiale sub-oggetto. Un tipica situazione in cui è necessario lo smusso e quindi si devono utilizzare gli ID dei materiali con un materiale Multi/Sub-object si verifica con pitture o finiture differenti su una superficie continua. Una parete irregolare tinteggiata con colori differenti, una maniglia cromata con una griglia zigrinata e un vaso con smaltature cangianti sono tutti esempi di dove è necessario applicare la smussature per continuare ma sono anche esempi di situazioni che richiedono materiali differenti.
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Selezione per ID La spiegazione degli ID dei materiali si conclude sottolineando che l’assegnazione di ID consente ancora la selezione delle facce e la memorizzazione degli insiemi di selezione. Effettuando una selezione secondo il numero identificativo del materiale si crea una selezione delle facce con l’ID prescelto, il che permette – quando si utilizzano multimateriali – di vedere quale parte della mesh viene assegnata a quel materiale. Se non si utilizza un materiale Multi/Sub-object è possibile memorizzare con sicurezza insiemi di selezione di facce con differenti ID. Memorizzare gli insiemi di selezione non ha effetto sul materiale ma crea insiemi di selezione a livello faccia molto pratici.
Modellazione con i bordi Il terzo degli elementi principali dell’editing delle mesh è costituito dai bordi. I bordi sono il sottoprodotto della creazione di facce e non possono esistere senza di esse. Anche se i bordi non fanno parte della geometria, 3DS MAX consente di utilizzarli per manipolare le facce di cui fanno parte e di formare la base con cui si possono in seguito creare facce aggiuntive.
Livello Edge La tendina EDGE (figura 13.34) è di gran lunga il più semplice dei livelli di selezione. I bordi obbediscono alle stesse regole relative alle selezioni di finestra e di porzioni intersecanti valide per la selezione delle facce. Tuttavia, si noterà che, a meno che i bordi siano tutti visualizzati, è difficile selezionare solo quanto si intende selezionare. In particolare questo vale per le selezioni di porzione dentro l’interno di una mesh. Mentre la selezione di facce ha un’opzione By Vertex, la selezione di bordi non prevede questa opzione. Quando si definisce una porzione, il primo clic del mouse per definire la porzione eseguirà una selezione e potrà facilmente colpire un bordo invisibile non previsto. L’utilizzo dell’opzione [Select All] con i bordi richiede una certa attenzione. Diversamente dalle facce e dai vertici nascosti, i bordi non visibili vengono trattati come bordi selezionati, e l’opzione [Select All] seleziona anche i bordi non visibili. Qualsiasi modifica applicata dopo [Select All] riguarderà le selezioni di bordi visibili e non visibili producendo effetti spesso non desiderati.
Trasformazione di bordi Quando si trasforma un bordo, in realtà si sta trasformando i due vertici che lo definiscono. I bordi sono un modo per stringere due vertici in una relazione reciproca mentre si manipola il bordo stesso. Un bordo può essere paragonato a un manubrio rigido che sposta i pesi su entrambe le estremità senza deformarsi. Il modo in cui un bordo stringe due vertici in una relazione è simile al modo in cui una faccia stringe una selezione di tre vertici. Con EditMesh ogni bordo possiede un asse locale in modo che sia possibile utilizzare il centro del punto di rotazione. Questa funzione non è disponibile con EditableMesh.
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CAP.13 ■ Figura 13.34 Tendina Edit Edge in comune fra EditMesh e EditableMesh
Controllo della visibilità dei bordi I bordi non sono nascosti ma piuttosto vengono resi “invisibili”. I bordi invisibili si comportano in modo differente dalle facce e dai vertici nascosti. Nascondere facce e vertici, “protegge” facce e vertici da eventuali ulteriori modifiche mentre rendere i bordi invisibili non lo fa. È possibile selezionare, trasformare, estrudere, dividere, girare, comprimere e cancellare i bordi senza neppure vederli. Modificare i bordi invisibili potrebbe essere comodo, ma allo stesso tempo potrebbe rivelarsi pericoloso in quanto si potrebbe modificare più di quanto non si voglia. La visibilità dei bordi riguarda pochi elementi del modello. Nella modellazione, i bordi visibili definiscono il limite per la selezione di poligoni. Nel rendering, solo i bordi visibili sono oggetto di rendering quando le facce cui appartengono ricevono un materiale wireframe (figura 13.35). Inoltre, i bordi nascosti influenzano l’orientamento dei materiali di faccia mappati. In generale, tuttavia, la differenza fra bordi visibili e non visibili riguarda l’organizzazione e la chiarezza visiva. I bordi non visibili spesso rendono il modello più pulito e più comprensibile perché solo le linee sporgenti vengono visualizzate. Inoltre, i bordi non visibili aumentano la velocità di ridisegno perché è necessario ridisegnare un numero inferiore di linee. I bordi non visibili possono essere visualizzati con l’opzione [Edges Only], sotto Display Optimization nel pannello DISPLAY (figura 13.36). Se si prevede di lavorare con i bordi è opportuno entrare nel pannello Display e disattivare Edges Only prima di eseguire l’editing. L’opzione [Edges Only] non ha effetto sul rendering. Se non si vuole lasciare il pannello EDIT per disattivare l’opzione [Edges Only], è possibile eseguire [Select All] sui bordi e poi eseguire AutoEdge con un angolo pari a 0 per visualizzare tutti i bordi. In un secondo tempo si potrà utilizzare AutoEdge per rendere i bordi non visibili.
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■ Figura 13.35 Effetto di bordi nascosti su materiali wireframe
■ Figura 13.36 Controllo Edges Only
Assegnazione manuale della visibilità È possibile controllare la visualizzazione dei bordi con precisione per mezzo dell’opzione [Visible and Invisible]. Dopo avere stabilito quali bordi devono essere visibili, selezionarli e fare clic su [Invisible and Visible] per cambiarne lo stato. Mentre la selezione di bordi visibili per renderli non visibili è un’operazione semplice, la selezione contraria potrebbe non esserlo. A differenza di quanto accade con le facce e i vertici nascosti, è possibile selezionare bordi non visibili anche se non sono visualizzati. Per essere sicuri di ciò che si sta selezionando disattivare l’opzione [Edges Only]; per facilitare questa operazione si consiglia di applicare a questa opzione un tasto di scelta rapida in modo che non sia necessario lasciare il pannello MODIFY per cambiarla.
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CAP.13
AutoEdge Anche se l’assegnazione manuale della visibilità permette un maggiore controllo, può creare dei problemi. AutoEdge esamina la selezione dei bordi e confronta le normali delle facce che condividono quei bordi con il valore Angle Threshold di accompagnamento. Come per AutoSmooth ed Explode, maggiore è il valore di Angle Threshold maggiori sono i bordi qualificati per essere visibili. Più alto è il valore del limite più acuto sarà l’angolo che rientra nel suo intervallo. Per utilizzare AutoEdge su di un oggetto intero eseguire [Select All] che consente di selezionare tutti i bordi visibili e non visibili in una sola volta.
Lavorando su una selezione è possibile controllare quale parte del modello viene valutata con il valore Angle Threshold corrente. Questa valutazione può essere importante quando parti diverse del modello hanno angolature diverse e unAutoEdgegenerale visualizzerebbe troppo o troppo poco in una zona data.
Creazione di facce con bordi Anche se i bordi non sono entità geometriche a pieno titolo, 3D Studio MAX consente di creare facce basate sui bordi delle facce per mezzo dei comandi Extrusion e Dividing.
Estrusione dei bordi Estrudere un bordo è un’operazione simile all’estrusione di una faccia con la sola differenza che viene creato solo un lato. Ogni bordo estruso sposta i vertici del bordo e crea due nuove facce. la direzione dell’estrusione viene determinata dal piano formato dai bordi selezionati. Gli angoli adiacenti su un piano estrudono a 90 gradi da quel piano. L’estrusione di bordi individuali genera risultati non prevedibili in quanto due vertici con possono definire un piano. La funzione cerca di determinare una direzione di estrusione basata sulle facce adiacenti allo spigolo ma questo solo di rado produce gli angoli desiderati. Un problema simile si verifica quando si estrudono selezioni non contigue di bordi. Il metodo migliore per estrudere i bordi è lavorare con bordi contigui. Ogni gruppo contiguo di bordi determina la propria direzione di estrusione. Se si intende estrudere un solo bordo spesso è meglio estrudere anche un bordo contiguo in modo che la direzione di estrusione sia determinabile. Dopodiché sarà possibile cancellare il bordo non necessario. Come nel caso di Face Extrude, è possibile estrudere interattivamente con il mouse o con il campo incrementatore. Ogni volta in cui si trascina o si rilasciano il mouse o il campo incrementatore si crea una nuova estrusione che consente di creare rapidamente strisce di facce estruse.
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Il modo più veloce per utilizzare Extrude è di utilizzare il campo Extrusion con una selezione. Questa scelta estrude le facce ma non incide sulla barra degli strumenti. È possibile spostarsi fra Extrusion e Transforms in tempo reale.
Divisione dei bordi La funzione Edge Divide interessa un unico angolo e agisce inserendo un nuovo vertice nel suo punto medio e dividendo la faccia originale in due. Se l’angolo è condiviso fra facce, entrambi vengono divisi, generando quattro facce. I bordi nuovi sono sempre visibili in modo che si possono vedere i risultati. Edge Divide è simile alla funzione Edge/Refine di EditSpline e può essere definita come un “inserimento di vertice nel punto medio”. Indipendentemente da questa definizione, la sua capacità di creare un vertice e delle facce nel punto medio può essere utile. La geometria della figura 13.37 è stata creata da un parallelepipedo con Edge Divide e successive trasformazioni Scale del vertice.
■ Figura 13.37 Creazione di geometrie con Edge Divide
Dividere i bordi è un modo pratico per introdurre un vertice e aggiungere una faccia a zone mesh che necessitano di essere saldate. Molti modelli in altri programmi sono tassellati impropriamente e potrebbero avere un numero di vertici dissimile nei punti di trasmissione (l’esportazione in 3D Studio MAX dei solidi ACIS di AutoCAD può essere un esempio). Affinché queste superfici siano smussate adeguatamente devono essere creati dei vertici per bilanciare il numero dei vertici nelle giunzioni. Dopo che si è ottenuto un numero simile alla transizione, i vertici di entrambi i lati devono essere saldati per consentire la continuazione dello smusso e per evitare le cuciture. Le facce che sono state create da Divide ereditano le coordinate di mappatura del principale ma non acquisiscono alcun gruppo di smusso. Se il modello utilizza lo smusso, è necessario assegnare i gruppi di smusso dopo avere concluso la divisione dei bordi. Quando si dividono i bordi su modelli smussati, è possibile selezionare le facce nuove utilizzando il comando Select by Smooth per selezionare ogni gruppo di smusso ed eseguendo Select Invert.
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Topologia dei bordi Anche se può sembrare una funzione minore, Edge Turning è uno degli strumenti più importanti dell’editing delle mesh. Questo strumento viene spesso utilizzato prima e dopo Edge Divide, Vertex Collapse and Weld e dopo Face Extrude per produrre la corretta topologia di superficie per la mesh.
Rotazione dei bordi Edge Turn incide su un unico bordo condiviso ridirigendolo verso l’altro vertice delle due facce. Edge Turn non ha effetti sulle facce isolate o sui bordi di perimetro non condivisi. Poiché le coordinate di mappatura sono memorizzate con i vertici, ruotare i bordi non incide sulla mappatura. È possibile invertire una rotazione di bordo ruotando lo stesso bordo un’altra volta. La direzione di un bordo cambia il rendering dei materiali con mappatura di faccia e può essere uno strumento importante per la regolazione del loro aspetto.
Ruotare un bordo è un sottile strumento di modellazione che spesso viene utilizzato per alterare il profilo di una mesh. La rotazione è un riaggiustamento che non rende la mesh più complessa in quanto riorienta semplicemente quanto già esiste. Se una zona della mesh deve essere corrugata o smussata leggermente, la rotazione di un bordo può essere utile. Se un’operazione booleana non funziona, ruotare un bordo su facce complanari può riaggiustare la geometria in modo da consentire alla booleana di funzionare senza cambiare la posizione o la complessità dell’oggetto. Ma gli utilizzi più comuni della rotazione dei bordi sono di stabilire modelli all’interno di una mesh (figura 13.38) e di orientare i bordi per successive operazioni di modellazione.
■ Figura 13.38 Creazione di modelli geometrici con la rotazione e la divisione delle facce
Compressione dei bordi Edge Collapse agisce sulla selezione corrente. Comprimere un bordo è un’operazione simile a comprimere un vertice o una faccia ma molto meno prevedibile. Comprimere un bordo elimina uno dei vertici sul bordo e “tira” tutti i bordi che in precedenza condividevano quel vertice verso il rimanente. Le due facce che condividono il bordo originale sono eliminate e coperte dall’estensione delle facce adiacenti. Purtroppo non c’è modo di determinare verso quale vertice un bordo verrà compresso. MODELLAZIONE DI MESH
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Quando si comprime una selezione di bordi, ogni selezione contigua viene compressa verso un unico vertice. Questo vertice tende ad essere situato a una estremità della selezione ma la sua posizione non può essere prevista con sicurezza. Anche ciò che costituisce una selezione contigua può essere difficile da vedere perché ogni faccia che condivide il bordo selezionato viene considerata per la compressione.
Cancellazione dei bordi Edge Delete funziona sui bordi correntemente selezionati. Quando si cancella un bordo in realtà si cancellano le facce che condividono il bordo e si lasciano i vertici intatti. Questa cancellazione spiega perché non si riceve mai un messaggio “Delete Isolated Vertices” (eliminare vertici isolati) quando si cancellano i bordi, in contrasto con quanto accade quando si cancellano le facce. Si possono selezionare, e quindi cancellare, i bordi non visibili. Anche in questo caso, è necessario prestare attenzione quando si esegue Select All perché i bordi non visibili potrebbero ancora essere attivi. La cancellazione presenterà meno problemi se si esegue Select None prima di costruire la selezione dei bordi.
Riepilogo ■
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Vertici: la maggior parte della modellazione di mesh riguarda i vertici. La selezione di facce, poligoni, elementi e bordi è spesso solo un metodo alternativo per incidere sui vertici che li comprendono. Quando si regolano i vertici si regolano tutte le facce che sono costruite su quei vertici. Funzioni a livello faccia e normali: molte funzioni di livello faccia basano i loro effetti su normali di faccia o sulla normale mediana della selezione. Making Faces Coplanar, Extrusion e Affect Region del livello vertice sono solo alcune delle funzioni che rendono fondamentale il corretto, e unificato, orientamento della normale per l’editing di mesh. Anche altri modificatori, come gli oggetti composti booleani e MeshSmooth, dipendono per i loro risultati da normali corrette. Editing dei vertici: l’opzione Affect Region del livello vertice cambia radicalmente il modo in cui lavora l’editing dei vertici. Quando sono attive, le selezioni dei vertici agiscono come “magneti” che attirano e respingono porzioni di altri vertici come definiti dalla forma di una curva porzione regolabile. EditMesh: i centri di trasformazione individuali forniti da EditMesh forniscono un significativo vantaggio di modellazione rispetto a Editable Mesh. Questo è particolarmente vero quando si trasforma le selezioni non contigue sul posto o quando si estrudono facce e bordi. Editing accidentale: nascondere facce e vertici è un metodo per isolarli da altre selezioni e “proteggerli” dall’editing accidentale. Questo non deve essere confuso con la visibilità del livello bordo che non ha effetto sulla selezionabilità dei bordi. Gruppi di smusso: i gruppi di smusso sono uno strumento per perfezionare la qualità della superficie. AutoSmooth funziona bene per i modelli con transizioni distinte mentre le assegnazioni manuali dei gruppi di smusso sono
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necessarie quando il modello è molto irregolare o sottile nelle transizioni. Lo smusso può essere applicato solo fra facce saldate. Funzioni mesh: anche se i bordi sono un sottoprodotto delle definizioni di faccia, esistono funzioni che sono spesso utilizzate da artisti mesh competenti. In pratica Edge Turn e Edge Divide sono fra le funzioni mesh più utilizzate oltre alle trasformazioni. ID dei materiali: gli ID dei materiali devono essere eseguiti a livello di faccia per gli oggetti che contengono più di una definizione di materiale (attraverso l’utilizzo di un materiale Multi/Sub-object). Gli ID dei materiali possono inoltre essere utilizzati come un mezzo per archiviare le selezioni di faccia quando sull’oggetto viene utilizzato un unico materiale. Archiviazione di selezioni: le selezioni di sub-oggetti nominate sono un pratico metodo per archiviare le selezioni per una serie di azioni all’interno di un modificatore. Le selezioni nominate non possono, tuttavia, essere utilizzate fra modificatori. Costruzione di mesh: una corretta costruzione di mesh è fondamentale per numerose operazioni e per altri modificatori all’interno di 3DS MAX. La prima regola per la costruzione di una mesh è che ogni faccia deve condividere due vertici con qualsiasi altra faccia con cui condivide un bordo. Alcune operazioni in 3D Studio MAX (per esempio gli oggetti composti booleani e MeshSmooth) richiedono che un bordo sia condiviso da un massimo di due facce.
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Poiché i componenti di base di ogni classe di oggetti sono i vertici, molto spesso in questo capitolo le selezioni generiche di sub-oggetti sono chiamate vertici.
Modifiche a livello di sub-oggetto La modellazione sub-oggetto avviene ogni volta che si gestiscono entità separate o regioni all’interno di un oggetto. Per modellare a livello di vertice, faccia, bordo, spline, segmento o patch, è necessario aggiungere un modificatore che permette di accedere al livello di sub-oggetto desiderato. Le sub-entità di un oggetto e il modificatore utilizzato per modificare tali sub-entità variano a seconda della figura geometrica dell’oggetto (figura 12.1): ■ le forme spline Bézier contengono vertici (con maniglie tangente), segmenti e spline e sono modificate con il modificatore EditSpline; ■ gli oggetti loft contengono forme e percorsi (composti da spline Bézier) che sono modificati all’interno della definizione oggetto Loft; ■ gli oggetti mesh contengono vertici, facce, bordi ed elementi e possono essere modificati con il modificatore EditMesh; ■ gli oggetti patch Bézier contengono vertici (con maniglie tangente) e schemi con bordi e patch e possono essere modificati con il modificatore EditPatch; ■ gli oggetti composti booleani contengono operatori costituiti da altri oggetti che a loro volta sono modificati all’interno della definizione di oggetto booleano.
■ Figura 12.1 Componentisub-oggetto della classe principale di oggetti.
Modificatoregizmo
Shape
Parth
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Loft
CAP.12 Con la maggior parte dei programmi di modellazione, la modifica di sezioni distinte di un modello è quasi sempre permanente. Questa regola era valida per 3DS DOS: ogni volta che si modificavano vertici e facce, si apportavano modifiche precise al modello che non potevano essere facilmente invertite. Questo metodo è molto simile alla scultura su un blocco di pietra. È necessario prendere le decisioni attentamente e il cesello deve lavorare con sicurezza altrimenti la scultura potrebbe risultare scavata o senza il naso. Ma in 3D Studio MAX, non esiste un tale carattere di permanenza a meno che non lo si desideri. La modellazione con l’oggetto Editable Mesh è precisa mentre la modellazione effettuata all’interno di EditMesh e con i modificatori di selezione è reversibile.
Utilizzo dei modificatori di selezione Per questioni di facilità, in 3D Studio MAX si distinguono due tipi di modificatori: i modificatori che definiscono le selezioni e quelli che agiscono in seguito all’applicazione delle selezioni. Il manuale li chiama rispettivamente modificatori di selezione e modificatori di modellazione. Una volta capita la differenza, sarà più facile pianificare la sequenza di Edit Modifier Stack. Attualmente, solo alcuni modificatori 3DS MAX definiscono le selezioni: sono i cosiddetti modificatori di selezione tra cui i modificatori Edit (EditMesh, EditSpline e EditPatch) e Volume Select. Questi modificatori permettono di selezionare parti specifiche del modello che saranno poi gestite dai rimanenti modificatori. L’unica eccezione è rappresentata dal nuovo oggetto EditableMesh che permette di definire una selezione sub-oggetto senza aggiungere un modificatore. Per questioni di chiarezza, EditableMesh può essere considerato un modificatore di selezione anche se si tratta, più propriamente, di una classe di oggetti. Comunque, proprio in vista della loro utilità, gli sviluppatori intendono aggiungere altri modificatori di selezione nelle prossime release del programma. Molto probabilmente, questi modificatori seguiranno le stesse regole valide per Volume Select e EditMesh.
La selezione attiva dell’elenco L’Edit Modifier Stack è chiamato selezione attiva. La selezione attiva è la figura geometrica visualizzata dai modificatori successivi su cui applicano i loro effetti. Il contenuto della selezione attiva può cambiare nel corso dell’elenco, attraverso l’aggiunta di altri modificatori di selezione mentre gli altri modificatori applicano il proprio effetto a qualsiasi selezione viene loro indicata. Una tale operazione non è evidente quando si effettuano modellature a livello di oggetto perché la selezione attiva è l’intero oggetto e il fatto di trasferire la selezione non è facilmente intuibile. Il grande vantaggio di tale potenzialità è la possibilità di poter definire che cosa deve essere modificato in qualsiasi punto dell’elenco aggiungendo o regolando un modificatore di selezione. Le selezioni di sub-oggetti sono attive solo quando il pulsante Sub-Object di Edit Modifier è premuto e giallo (il giallo avverte sempre che si è in modalità sub-oggetto). Invece i modificatori VolSelect sono sempre attivi perché la loro modalità sub-oggetto riguarda la gestione del gizmo e non i livelli di selezione.
MODELLAZIONE DI SUB-OGGETTI
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La selezione attiva dell’elenco varia da modificatore a modificatore. Il calice della figura 12.2 illustra bene il concetto perché l’elenco è iniziato con una primitiva Tube, il risultato di cinque rastremature seguite a cinque selezioni diverse di volumi. Ogni selezione ha sostituito la precedente e ha definito una nuova selezione per l’elenco. Alla fine è stato aggiunto un EditMesh per completare la smussatura ed eseguire la sporgenza dell’impugnatura. L’elenco permette di tornare a una selezione precedente qualsiasi e di cambiare la selezione attiva corrente in quel punto dell’elenco. I modificatori successivi che agiscono su quella selezione hanno effetto immediato sulla nuova selezione. È possibile visualizzare l’effetto delle modifiche successive sulle regolazioni della selezione, una tecnica unica e utilissima.
■ Figura 12.2 Selezioni attive multiple all’interno dello stesso elenco.
I modificatori Edit Anche se apparentemente innocenti, i pulsanti preceduti dalla parola “Edit” sono indiscutibilmente i modificatori più potenti del pannello MODIFY. Ognuno dei tre modificatori Edit (EditMesh, EditSpline ed EditPatch) ha un duplice ruolo in 3D Studio MAX: permettere la modifica di sub-oggetti delle rispettive figure geometriche e definire le sezioni di sub-oggetti su cui agiranno i successivi modificatori dell’elenco. Il modificatore EditMesh di fatto ha anche un terzo ruolo: contiene gli strumenti proprietà per la superficie a livello di faccia.
Per i veterani di 3D Studio, il modificatore EditMesh singolo corrisponde a quello che una volta si chiamava modulo 3D Editor, mentre il modificatore EditSpline corrisponde all’intero modulo 2D Shaper. Tutti i comandi che in 3DS DOS permettevano di modificare mesh e spline DOS si trovano ora in questi due modificatori.
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CAP.12 Quando si lavora con i modificatori Edit, il pulsante dell’elenco Show End Result è automaticamente disattivato. Le modifiche a livello di sub-oggetto infatti devono essere apportate nello spazio definito da un dato modificatore in un dato punto della cronologia. È possibile esaminare il risultato finale facendo clic e mantenendo premuto il pulsante Show End Result, ma non è possibile procedere alla modellazione se è visualizzato il risultato finale. Dopo aver rilasciato il pulsante del mouse, il pulsante Show End Result tornerà a essere disattivo e per le modifiche si tornerà in modalità Sub-Object.
Definizione delle selezioni con Volume Select Se creato, il modificatore Volume Select stabilisce un gizmo sulle estensioni della selezione attiva. Questa regolazione può avvenire solo una volta; a differenza degli altri modificatori, Volume Select non regola le estensioni del gizmo quando la selezione attiva sottostante cambia. Naturalmente la regolazione è unica altrimenti la selezione che ne risulta sarebbe praticamente inutile. Purtroppo, il gizmo Volume Select non dispone di un centro regolabile. I punti di rotazione coincidono sempre con il baricentro. Per questo motivo quando si regolano i volumi, sarà molto comodo utilizzare un altro oggetto (molto probabilmente uno strumento ausiliario fittizio) come sistema di coordinate di selezione. L’elemento tipico da regolare con il volume è la scala del gizmo. Poiché il modificatore non ha i parametri dimensione, l’unico modo per regolare il volume definito è attraverso la trasformazione scala. Utilizzare un centro di coordinate di selezione per la scalatura è spesso difficile soprattutto per regolazioni rapide e accurate del volume. Quando un Volume Select o un modificatore Edit definiscono un intero oggetto come selezione attiva, i modificatori successivi posizionano i loro centri sul punto di rotazione dell’oggetto invece che sul centro della selezione.
Quando si lavora con una selezione sub-oggetto, è possibile posizionare il centro di un modificatore successivo sul punto di rotazione dell’oggetto assegnando prima un modificatore Volume Select, lasciandolo al livello di selezione dell’oggetto e poi assegnando il modificatore. A questo punto, è possibile utilizzare il modificatore Volume Select o cancellarlo e utilizzare il modificatore originale Edit. Il modificatore appena aggiunto conformerà il suo gizmo alla nuova selezione e lascerà il centro sul punto di rotazione dell’oggetto. È importante ricordare che i modificatori Volume Select non sono deformati dai modificatori che li precedono nell’elenco. Anche se questa caratteristica è condivisa da tutti i gizmo dei modificatori, esprime l’effetto più evidente con Volume Select. Si supponga per esempio di applicare un Volume Select e di effettuare rastremature sulla parte superiore di un cilindro. Se si procede alla base dell’elenco e si piega l’intero cilindro, il gizmo di Volume Select rimane immobile e i vertici all’interno del volume di selezione del cilindro si piegano. L’insieme di selezione per le rastremature successive cambia all’aumentare della piegatura. In questo caso, per ritornare alla selezione dell’intero oggetto, occorreva aggiungere un altro modificatore Volume Select alla fine dell’elenco. La piegatura avrebbe dovuto essere applicata successivamente per assicurarsi che il volume di selezione rimanesse intatto anche se l’intero oggetto veniva piegato. Questa caratteristica non è peculiare del modificatore Volume Select, ma è valida per i gizmo di tutti i modificatori. L’effetto naturalmente è più evidente con un modificatore di selezione.
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Meccanica dei modificatori Edit I modificatori Edit si distinguono per il fatto di registrare ogni operazione che li riguardi. Non si tratta solo di un elenco per annullare le operazioni, ma di un’effettiva progressione di ogni decisione presa. Anche se è possibile annullare solo ciò che fa parte della sessione corrente di 3DS MAX, tutte le modifiche sono memorizzate dal modificatore Edit nel file di scena MAX. Questo permette di tornare alle parti iniziali dell’elenco e di regolare i modificatori precedenti o i parametri creazione e fare in modo che la modellazione suboggetto applicata in precedenza sia introdotta nella nuova cronologia. Una potenzialità particolarmente efficiente che però ha anche un prezzo: le dimensioni dei file e la memoria RAM. Ogni modificatore Edit aggiunto all’elenco aggiunge overhead nella RAM, quindi tutte le modifiche sono interattive e modificabili. Quindi, se si applicano una decina di modificatori Edit allo stesso oggetto, si aumentano di oltre dieci volte i requisiti della RAM per quell’oggetto anche se il numero di facce rimane invariato, o addirittura diminuisce, nel corso della cronologia. A causa di questo overhead, è consigliabile utilizzare i modificatori Edit con parsimonia e per periodi limitati di tempo. L’overhead che si crea utilizzando EditMesh spiega perché nella release 1.1 è stato introdotto l’oggetto EditableMesh e perché molto probabilmente saranno creati nuovi oggetti EditableSpline ed Editable Patch. Ogni modificatore registra le operazioni in modo diverso. EditMesh registra un delta per ogni vertice coinvolto, cosicché le dimensioni dell’oggetto modificato raddoppiano “solo” se si trasformano tutti i vertici. EditSpline e EditPatch agiscono in modo diverso perché registrano ogni singola operazione di modifica effettuata e l’ordine in cui è stata applicata. Grazie alla conservazione dei record, le relazioni fondamentali fra curva e tangente nella geometria spline sono appositamente regolate quando si influisce sulle voci che precedono nell’elenco. Una conservazione dei record così a largo raggio ha effetto anche sull’overhead di memoria. Quando si utilizza EditSpline, è consigliabile comprimere l’elenco spesso per ridurre il consumo di RAM e le dimensioni del file. All’interno di ogni modificatore Edit esiste un “DeleteObject” che registra tutte le cancellazioni che riguardano l’oggetto. Questo spiega perché è possibile ritornare a uno stato precedente dell’elenco e ritrovare l’intero modello o perché quando si rimuove il modificatore le parti “cancellate” riappaiono. Per rendere permanenti le cancellazioni all’interno di un modificatore Edit, è necessario comprimerlo. Questa caratteristica di conservare un record per le figure geometriche cancellate permette di staccare ed esplodere parti per creare nuovi oggetti e di ripristinare l’oggetto originale rimuovendo il modificatore Edit. È consigliabile comprimere la parte Edit dell’elenco quando si è finito di utilizzarla al fine di risparmiare RAM e ridurre le dimensioni del file. Numerosi modellatori eseguono un Save Selected sull’oggetto per conservare una copia prima della compressione, solo per garantirsi la possibilità di ritornare agli stati iniziali del modello.
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CAP.12
Livelli di selezione all’interno dei modificatori Edit I modificatori Edit contengono per le loro entità livelli di selezione separati e distinti. Ogni livello di selezione agisce come un insieme di selezione separato e non influisce sugli altri livelli di selezione (ad eccezione delle facce e dei vertici nascosti). Ognuno dei modificatori Edit ha tre livelli di selezione: ■ EditMesh: vertici, facce e bordi; ■ EditSpline: vertici, segmenti e spline; ■ EditPatch: vertici, bordi e patch. Poiché un modificatore Edit determina la selezione attiva in un dato momento, ha un influsso fondamentale sui modificatori successivi. Il livello di selezione (vertice, faccia o bordo per EditMesh per esempio) definisce il contenuto e il tipo di figura geometrica che sarà “visualizzata” dal modificatore successivo dell’elenco. È un fattore molto importante perché alcuni modificatori lavorano solo con un certo tipo di figure geometriche. Un modificatore Normal, per esempio, agirà solo su una selezione attiva di facce e ignorerà le selezioni di vertici e bordi.
Modificatori Edit come insiemi di selezione È possibile considerare un modificatore Edit come un contenitore di un insieme di selezione. Quando il livello Sub-Object è attivo, la selezione definita al momento è trasferita come selezione corrente ai modificatori successivi perché la utilizzino. Una tale caratteristica può essere ingannevole perché lo stato di selezione corrente di sub-oggetti potrebbe influenzare i modificatori seguenti. Cambiare il livello EditMesh da Vertex a Face modificherà con tutta probabilità la selezione e i risultati futuri in maniera notevole. Quando un modificatore Edit agisce in modalità Sub-Object e per il livello di selezione corrente non è stato selezionato niente, i modificatori che seguono nell’elenco non mostreranno alcun risultato perché la selezione attiva è vuota. I modificatori Edit sono utilizzati per modificare le sezioni distinte stesse o per definire una selezione che sarà trasferita agli altri modificatori della sequenza di modifica. La selezione attiva rimane attiva finché un altro modificatore di selezione, come un modificatore Edit o Volume Select, non è aggiunto alla sequenza. Finché si desidera modellare con la stessa selezione, è possibile continuare ad aggiungere modificatori. Tuttavia, se si desidera cambiare la selezione, per cambiarla sarà necessario aggiungere un altro modificatore di selezione. In pratica, è più sicuro (e più ragionevole) utilizzare i modificatori Edit per modificare il modello o definire una selezione, ma non per entrambe le operazioni. Modificare e definire la selezione insieme genererebbe confusione al momento di cambiare la selezione per modificarla e quando i modificatori successivi agiscono su di essa. Se si desidera trasferire una selezione definita in un modificatore Edit nella parte alta dell’elenco e si sta modificando anche in quel modificatore, sarà necessario assegnare subito un altro modificatore Select. Se la selezione è definibile da un volume, assegnare un modificatore Volume Select e un modificatore Edit solo se la selezione è irregolare o non contigua.
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È importante ricordare che ogni modificatore Edit che si aggiunge all’elenco aumenta notevolmente l’overhead RAM del modello e i requisiti dello spazio su disco.
Insiemi di selezione sub-oggetto denominati Quando si definisce la selezione di un sub-oggetto, è possibile memorizzarla come un insieme di selezione denominato (figura 12.3). Questi insiemi agiscono proprio come gli insiemi di selezione a livello di oggetto, con la sola eccezione di essere “visualizzati” dal modificatore nel quale sono stati definiti. Ogni modificatore Edit (e l’oggetto EditableMesh) permette di conservare tutte le selezioni per livello di selezione desiderato. Per evitare confusione, le selezioni denominate di sub-oggetti non sono visualizzabili tra i livelli. Questo significa che, per esempio, le selezioni denominate di vertici non saranno visualizzate a livello Face. Quando si rimuove un modificatore Edit o si comprime un oggetto EditableMesh, verrà rimosso anche qualsiasi insieme sub-oggetto denominato che è stato creato.
■ Figura 12.3 Utilizzo di selezioni suboggetto denominate per registrare le decisioni.
È importante ricordare di premere INVIO quando si inseriscono selezioni denominate nella barra degli strumenti: questo è l’unico modo per registrarle.
Esistono altri metodi per memorizzare selezioni sub-oggetto tra cui numeri ID materiale maggiori di 1 (per oggetti a cui non è stato assegnato un materiale Multi/Sub-Object) e le assegnazioni Smoothing Group (per oggetti che sono comunque interamente smussati). Anche se non sono considerati insiemi di selezione, i gruppi di smusso e le ID materiale possono memorizzare selezioni a livello di faccia visibili da tutti i modificatori successivi dell’elenco che continuano a esistere anche dopo la compressione dell’elenco.
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CAP.12
Definizione di selezioni sub-oggetto per altri modificatori Come già descritto precedentemente, i modificatori agiscono sulla selezione attiva dell’elenco. Non è facile definire la selezione corretta nel momento appropriato della procedura di modifica. Quando si modificano parti sub-oggetto di un oggetto, per definire le selezione per il modificatore è consigliabile seguire le seguenti priorità: 1. utilizzare Modifier Limits solo quando si desidera coinvolgere l’intero oggetto, ma colpirne solo una parte; 2. se è necessario che la selezione sub-oggetto interessi l’intero oggetto, aggiungere un modificatore Volume Select (a livello di oggetto) prima del modificatore di modellazione; 3. utilizzare Volume Select quando si modificano selezioni definibili da uno o più volumi rettangolari, cilindrici o sferici. Questo permette di cambiare una topologia definita in precedenza, ma non funziona se la figura geometrica precedente cambia dimensioni; 4. utilizzare le selezioni EditMesh quando si modificano selezioni irregolari o non contigue. Questo permette di cambiare dimensioni definite in precedenza, ma non funziona se la topologia precedente cambia.
Regolazione di modificatori con selezioni sub-oggetto I modificatori trattano le selezioni sub-oggetto nello stesso modo in cui trattano gli oggetti multipli: localizzando i centri gizmo nel baricentro della selezione. I centri gizmo sono localizzati solo nei punti di rotazione quando modificano un unico oggetto intero. I modificatori adattano i gizmo alle estensioni della selezione attiva. Poiché la selezione sottostante cambia, cambiano anche le estensioni del gizmo. Il centro del gizmo, comunque, non si sposta quando la selezione cambia. Il centro rimane fisso; la selezione iniziale è la stessa o si trova nel punto dove è stata posizionata successivamente. Riposizionare un centro gizmo dopo aver applicato un modificatore a una selezione suboggetto è una pratica molto comune. Nell’elenco seguente è presentata una procedura tipo, illustrata nella figura 12.4.
■ Figura 12.4 Regolazione del centro di un gizmo per una selezione sub-oggetto.
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1. 2. 3. 4. 5. 6.
Applicare il modificatore alla selezione sub-oggetto. Aumentare il valore o i valori per visualizzare l’effetto. Attivare la modalità Sub-Object del modificatore e scegliere Center. Scegliere Move e vincolare l’asse di trasformazione secondo le necessità. Spostare il centro gizmo in una posizione definita. Per Bend e Taper, per esempio, corrisponde di solito al bordo della selezione. Regolare e concludere di nuovo i valori del modificatore.
Per posizionare i centri gizmo in maniera più facile, premere la barra spaziatrice per bloccare la selezione su Center e continuare a spostarla senza doverla prima selezionare con il cursore. È importante notare che se si cambia il livello di selezione del gizmo, si rimarrà bloccati sul gizmo e se si lascia la modalità Sub-Object, la selezione bloccata corrisponderà all’intero oggetto.
Utilizzo di selezioni EditableMesh con altri modificatori Quando si lavora con EditableMesh, le decisioni prese molto probabilmente saranno permanenti. Se si preferisce lavorare in questo modo, il Modifier Stack sarà utilizzato molto di rado. Per deformare solo una parte di un oggetto, aggiungendo per esempio una piega o una rastrematura, selezionare i vertici da modificare con EditableMesh e, senza abbandonare la modalità Sub-Object, applicare il modificatore. Il modificatore ha effetto su qualsiasi selezione attiva della sequenza e, poiché non si è sempre rimasti in modalità Sub-Object, verranno modificati i vertici selezionati. È possibile poi regolare il modificatore per visualizzare il risultato della selezione. A differenza di altri programmi, come 3DS DOS, è possibile rivedere la selezione, modificarla e ritornare al modificatore. Quando si esegue una modellazione precisa, la procedura più comune è la seguente: 1. effettuare la selezione sub-oggetto di vertici e facce (i bordi sono di fatto selezioni di vertici); 2. aggiungere un modificatore all’elenco per influire sulla selezione e applicare un valore per visualizzarne l’effetto; 3. se necessario, posizionare il centro gizmo del modificatore in relazione con la selezione sub-oggetto; 4. regolare i valori del modificatore secondo le proprie esigenze; 5. ritornare a EditableMesh per effettuare un’altra selezione (le selezioni suboggetto precedenti rimangono comunque in memoria) o applicare un altro modificatore. Come richiesto dal metodo precedente, quando si effettua una modellazione con EditableMesh, è normale applicare modificatori e comprimere spesso l’elenco. L’elenco può essere paragonato al livello dell’acqua che aumenta e diminuisce con il numero di modifiche apportate. Quando si prendono molte decisioni, il livello è alto. Quando invece si sono regolate le diverse fasi, di solito si comprime l’elenco e il livello diminuisce. Quando si iniziano ad animare le parti degli oggetti finiti, si utilizzano spesso numerosi modificatori che è necessario mantenere. Quindi, le dimensioni delle cronologie delle modifiche cambiano notevolmente. Un altro metodo utile con EditableMesh è definire le selezioni, aggiungere un modificatore Volume Select le cui estensioni contengono automaticamente la selezione. È quindi possibile cancellare la selezione in EditableMesh e posizionare altri modificatori fra
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CAP.12 EditableMesh e Volume Select. Tale operazione va effettuata con cautela perché non è possibile riordinare l’elenco ed è necessario che le selezioni siano effettuate nell’ordine corretto per essere utilizzate. Tuttavia, è possibile copiare le trasformazioni, e di conseguenza il volume di selezione definito, dei modificatori Volume Select fra le voci traccia dei modificatori nell’Editor tracce.
Localizzazione dei centri gizmo in selezioni Sub-Object Per un modificatore applicato a livello di sub-oggetto, la posizione predefinita del centro gizmo è sul baricentro della selezione. Una tale posizione, comunque, può rendere difficile la coordinazione fra i diversi modificatori perché quando la selezione cambierà, i centri gizmo si sposteranno. Se si ignorano le impostazioni di default, posizionando i centri gizmo sul punto di rotazione invece che sul baricentro, la coordinazione ne risulterà facilitata. Per posizionare il centro gizmo di un modificatore sul punto di rotazione invece che sul baricentro di un sub-oggetto, eseguire le seguenti operazioni (figura 12.5): 1. effettuare la selezione del sub-oggetto desiderato all’interno del modificatore Edit o attraverso il modificatore Volume Select; 2. disattivare la modalità Sub-Object del modificatore Edit (il pulsante SubObject non è più giallo) o cambiare il modificatore Volume Select a livello Object; 3. applicare il modificatore desiderato. Il gizmo del modificatore rientra nell’intero oggetto e il centro gizmo è localizzato sul punto di rotazione; 4. ritornare al modificatore Edit, riattivare la modalità Sub-Object e scegliere il livello di selezione appropriato per la selezione. Se si utilizza un modificatore Volume Select, passare dal livello Object al livello Vertex o Face; 5. ritornare al modificatore appena applicato nell’elenco. Il gizmo del modificatore rientra nella selezione attiva ma il centro gizmo coincide ancora con il punto di rotazione; 6. continuare a regolare i parametri del modificatore.
■ Figura 12.5 Localizzare il gizmo del modificatore sul punto di rotazione piuttosto che sul centro di selezione.
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Il metodo precedente è il più affidabile per localizzare il centro del gizmo sul punto di rotazione di un sub-oggetto. È possibile utilizzare questo metodo con tutti i modificatori di selezione; è inoltre importante ricordare che disattivando una selezione sub-oggetto, si potrebbe riportare la selezione di un altro sub-oggetto allo stato attivo. In tal caso, è consigliabile aggiungere un modificatore Volume Select a livello di oggetto fra un modificatore Edit e l’altro. Quando le selezioni sub-oggetto sono definite dall’oggetto EditableMesh, il modificatore successivo localizza il centro sul punto di rotazione dell’oggetto. Questo fenomeno si verifica finché si aggiunge il modificatore al primo posto dell’elenco. I modificatori aggiunti dopo il primo tratteranno la selezione come descritto precedentemente, localizzando i centri gizmo sulla selezione attiva. Il centro gizmo è un punto così importante da gestire che spesso è utile localizzare il punto di rotazione solo per localizzare il centro gizmo. A differenza delle selezioni sub-oggetto o dei gizmo, i punti di rotazione rispettano il sistema Align ma sono in grado di effettuare lo snap solo con vertici che appartengono ad altri oggetti. Per localizzare il punto di rotazione su un vertice dello stesso oggetto, effettuare lo snap con uno strumento ausiliario Point al vertice e poi allineare il punto di rotazione allo strumento ausiliario. In questo modo si evita il difetto dei punti di rotazione che sono in grado di effettuare lo snap con i vertici di altri oggetti ma non quelli dell’oggetto a cui appartengono.
Concetti fondamentali di modellazione sub-oggetto Nei paragrafi precedenti è stato descritto il modo in cui le selezioni sub-oggetto definite da EditMesh, EditableMesh e dagli altri modificatori Edit sono trasferite ad altri modificatori. Ma il passaggio delle selezioni rappresenta solo un elemento secondario rispetto al compito principale dei modificatori: modellare sub-oggetti. EditMesh e EditableMesh sono stati progettati per apportare modifiche direttamente sulla mesh, dove si gestisce la mesh grezza attraverso i vertici, le facce e i bordi. Si costruiscono le nuove parti della mesh e le altre sono rifinite o cancellate. Infine, le caratteristiche della superficie visibile, della luce riflessa e i materiali utilizzati sono tutti fattori assegnati durante la modifica della mesh. Tutte queste modifiche sono effettuate a livello Sub-Object. Le sottigliezze per una modellazione realistica ed efficace sono curate a livello di vertice o di faccia. Dopo aver creato un oggetto, è necessario allungare i vertici, girare o allineare facce e costruire facce supplementari. I gruppi di smusso si perfezionano a livello SubObject così come le normali delle facce si analizzano meglio a questo livello. Numerosi modellatori dedicano la maggior parte del tempo a lavorare a livello di sub-oggetto, utilizzando strumenti di modifica mesh e perfezionando le proprietà delle superfici. Il resto del capitolo analizza le funzioni che gestiscono queste entità finite e conferiscono ai modelli un carattere particolare. Il prossimo capitolo si basa su questi principi di base
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CAP.12 per illustrare i dettagli e le tecniche da utilizzare con ogni strumento di modellazione suboggetto.
Caratteristiche comuni dei modificatori Edit I modificatori Edit hanno molti elementi in comune perché ognuno di essi gestisce figure geometriche sub-oggetto e lavora in maniera che è di solito considerata precisa (se eseguita in altri programmi di modellazione). Per questo motivo, numerose procedure valgono per tutti i modificatori Edit tra cui l’unione di oggetti con i quali lavorare, il modo in cui i centri del punto di rotazione lavorano con i diversi tipi di selezione, l’utilizzo delle soglie angolo e i principi validi per l’animazione delle selezioni sub-oggetto. Diverse tecniche particolarmente efficaci sono di solito utilizzate dai modellatori per facilitare il lavoro con i modificatori Edit: l’utilizzo di oggetti griglia, gli strumenti ausiliari a puntatore e numerose scelte rapide da tastiera. Se si sperimentano questi metodi, si noterà sicuramente quanto EditMesh ed EditableMesh abbiano maggiori potenzialità di EditSpline e di EditPatch.
Unione a livello di oggetto I modificatori Edit dispongono di una funzione che non interessa le selezioni sub-oggetto: Attach (figura 12.6). La funzione Attach unisce due oggetti: uno diventa l’oggetto attivo e l’altro diventa l’oggetto unito, un elemento dell’oggetto attivo. Questa operazione di unione fra oggetti è necessaria per operazioni che “saldano” figure geometriche attraverso il vertice.
■ Figura 12.6 Le opzioni Attach per i modificatori Edit.
L’unico modo per unire più di un oggetto all’altro in una sola operazione è utilizzare la funzione Attach Multiple di EditableMesh.
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L’operazione di unione deve essere effettuata con estrema cautela perché la procedura comprime l’elenco dell’oggetto unito. Se l’oggetto unito è un oggetto parametrico e patch, l’oggetto è compresso a una mesh. Qualsiasi animazione o informazione del Modifier Stack verrà persa durante la compressione. Quando si esegue un’unione, è consigliabile esaminare quale cronologia delle modifiche e animazione dell’oggetto si desidera mantenere perché verranno conservate solo quelle dell’oggetto attivo. Se si desidera conservare la cronologia e l’animazione dell’oggetto, è necessario raggruppare o collegare gli oggetti invece di utilizzare la funzione Attach. Il primo motivo che spinge a unire gli oggetti è l’esigenza di costruire facce tra di loro. Le facce possono solo essere costruite una sopra l’altra e i vertici possono essere saldati ad altri vertici dello stesso oggetto. Se si desidera costruire facce tra gli oggetti ma non si intende unirli, è necessario creare un insieme di vertici duplicato su cui costruire le facce. Quando si uniscono oggetti, numerose sono le decisioni da prendere che riguardano il materiale e le assegnazioni mappatura. Se non si è assegnato alcun materiale a nessun oggetto, non accade nulla; ma se si assegnano materiali a uno o a entrambi gli oggetti, gli effetti saranno i seguenti: ■ se è stato assegnato un materiale a un solo un oggetto, il materiale sarà ereditato anche dagli altri oggetti; ■ se all’oggetto unito non è stato assegnato alcun materiale, erediterà il materiale dell’oggetto a cui è stato unito; ■ se a entrambi gli oggetti è stato assegnato un materiale, i materiali si abbineranno in un multimateriale. Quando gli oggetti uniti hanno ID materiale che non fa riferimento ad un multimateriale, si verifica un fenomeno strano. I parallelepipedi, per esempio, sono creati con sei diversi tipi di ID materiale (uno per ogni faccia) per questioni di semplicità. Se uniti ad altri oggetti, i diversi ID diventano all’improvviso importanti e le diverse facce del parallelepipedo hanno diversi materiali. Per evitare questa situazione, assegnare all’intero oggetto Box, un solo ID materiale (con un modificatore Material o EditMesh) prima di unirlo.
Centri dei punti di rotazione mediati per selezioni contigue Diverse funzioni si riferiscono a selezioni contigue. Si dice che una selezione è contigua quando ha facce o bordi adiacenti che condividono alcuni vertici. Le facce adiacenti che appartengono a elementi separati non sono considerate contigue. Una selezione non contigua si forma quando si selezionano aree separate di una mesh che non si toccano o fanno parte di elementi diversi. In tutti i casi di selezioni adiacenti, guardando i tre assi si deduce quale punto e quale asse sono attivi in un dato momento. Le trasformazioni per spostare, ruotare e scalare seguono ovviamente l’orientamento e la posizione di queste icone individuali. Le funzioni specifiche di EditMesh, tra le quali Extrude rappresenta la più ovvia, si basano su queste icone per la direzione dei propri risultati. EditMesh ed EditableMesh calcolano i centri di rotazione in maniera molto diversa; EditMesh è comunque più flessibile. I modificatori EditPatch ed EditSpline sono simili a EditableMesh sotto questo aspetto.
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CAP.12 Quando si utilizza EditMesh, alle selezioni individuali delle facce è assegnato un centro di rotazione per ogni centro della faccia. L’orientamento del centro dipende dal sistema di coordinate corrente. Se il sistema di coordinate è diverso da Local, l’orientamento dell’icona corrisponde a quello del sistema di coordinate. Come mostra la figura 12.7, se [Pivot Point Center] è attiva, verrà visualizzata un asse per ogni selezione mentre un asse medio è creato in altro modo. Se il sistema di coordinate è Local, verrà visualizzato un asse per ogni selezione, a prescindere dalla scelta del centro di trasformazione corrente. L’orientamento X dell’icona è sempre nel piano XY World, l’orientamento Z coincide con la normale della faccia e l’orientamento Y è perpendicolare agli assi X e Z.
■ Figura 12.7 Le icone di trasformazione per selezioni non contigue.
Per le selezioni contigue, la posizione di ogni centro di rotazione è il risultato di una media calcolata per stabilire un punto centrale comune (figura 12.8). Se il sistema di coordinate è Local, le direzioni delle normali individuali sono il risultato di una media calcolata per trovare un vettore normale comune. Le selezioni dei vertici si distinguono dalla selezione delle facce poiché sono sempre considerate non contigue. Quando si lavora in qualsiasi sistema di coordinate diverso da Local, il centro è il risultato della media fra i vertici selezionati, ogni vertice presenta un asse che rappresenta le normali medie di tutte le facce che lo condividono. La discussione precedente sulle opzioni per i centri di trasformazione riguardava EditMesh. È importante notare che EditableMesh, EditSpline ed EditPatch si allontanano notevolmente da queste opzioni molto flessibili appena descritte per EditMesh. Nel caso di EditableMesh, la scelta di modificare EditMesh è nata per aumentare la velocità di interazione durante la modellazione sub-oggetto. Se è necessaria la flessibilità di trasformazione appena descritta, utilizzare EditMesh. Se si preferisce la rapidità, utilizzare EditableMesh. Non esiste un’opzione equivalente per EditSpline ed EditPatch. Le regole
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di localizzazione dei centri di trasformazione per i rimanenti modificatori Edit sono molto più semplici: ■ quando l’opzione per il centro di trasformazione (sulla barra degli strumenti) è impostata su [Pivot Point Center], sono generati solo tre assi, localizzati nel centro dell’insieme di selezione vertice/faccia/bordo. In questo caso l’opzione [Pivot Point Center] è identica all’opzione [Selection Center]; ■ quando il sistema di coordinate è Local, i tre assi sono ancora posizionati nel centro dell’insieme di selezione; tuttavia, l’orientamento dipende dal livello di selezione. L’orientamento dell’asse è il risultato della media calcolata sui vettori normali della selezione. La differenza nel calcolo dei centri di trasformazione rappresenta l’unico motivo significativo per utilizzare EditMesh piuttosto che EditableMesh. Se si desidera gestire allo stesso tempo selezioni separate (effetti 3D contemporaneamente a rotazioni, per esempio), è necessario utilizzare EditMesh. Se si modella un’area della mesh alla volta, è consigliabile utilizzare EditableMesh.
■ Figura 12.8 Punti centrali mediati per le selezioni contigue.
■ Figura 12.9 Le icone di trasformazione per le selezioni di vertici.
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CAP.12
Utilizzo di punti e griglie invece dei punti di rotazione Il punto di rotazione dell’oggetto rappresenta un punto importante su cui scalare o ruotare l’oggetto quando si lavora a livello di oggetto. Ma quando si lavora a livello di sub-oggetto, non solo il punto di rotazione dell’oggetto non è disponibile come opzione centro, ma non è più così importante per le diverse selezioni sub-oggetto effettuate. È possibile effettuare trasformazioni attorno al punto di rotazione dell’oggetto, selezionando l’oggetto come sistema di coordinate di selezione e utilizzando il Coordinate System Center.
In modalità Sub-Object, l’opzione [Pivot Point Center] dei comandi di trasformazione ignora il punto di rotazione dell’oggetto e utilizza il centro di selezione. Quindi, si hanno due opzioni: il centro di selezione e il centro del sistema di coordinate. L’opzione [Pick] dei comandi di trasformazione diventa quindi estremamente importante perché offre la capacità di utilizzare qualsiasi oggetto come punto centrale. Per controllare il punto di gestione, scegliere semplicemente un oggetto che dovrà fungere da sistema di coordinate di selezione e posizionarlo dove si desidera eseguire la rotazione e la scalatura (si veda la figura 12.10).
■ Figura 12.10 Rotazione di vertici attorno a uno strumento ausiliario Point.
Gli oggetti strumenti ausiliari Point sono strumenti preziosissimi per modellare sub-oggetti perché possono essere allineati e possono effettuare lo snap in vertici e poi utilizzati come centro di coordinate. I modellatori di solito collegano gli strumenti ausiliari Point agli oggetti cosicché i punti di gestione sono sempre presenti. Utilizzare uno strumento ausiliario Point come centro di coordinate è molto simile alla procedura adottata in 3DS DOS per localizzare l’asse globale in 3D Editor. Gli strumenti ausiliari Point offrono vantaggi supplementari tra cui punti multipli, collegamenti, allineamenti e animazioni. Per un posizionamento preciso, è possibile posizionare uno strumento ausiliario Point con uno snap vertice a 2,5D o attraverso la funzione Align. Per un vero e proprio snap vertice tridimensionale, è necessario effettuare lo snap dello strumento ausiliario Point al vertice desiderato in due finestre perpendicolari. Probabilmente, allineare un strumento ausiliario Point al punto corretto richiederà più tempo e comunque sta al modellatore decidere quale livello di accuratezza è necessario. Alcuni preferiscono provvedere a una rapida modifica della selezione e preoccuparsi poi del suo posizionamento. A livello di sub-oggetto, questo approccio di solito non funziona
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perché le entità all’interno dell’oggetto sono scalate e ruotate e non è facile tornare indietro se il punto di manipolazione si è spostato. Il posizionamento preciso di uno strumento ausiliario Point offre quindi un supporto importante quando si gestiscono vertici e facce. È possibile salvare alcune operazioni quando si regolano gli oggetti strumenti ausiliari fissando l’elenco (con il pulsante Thumb Tack), lasciando la modalità Sub-Object e poi trasformando lo strumento ausiliario. Le griglie rappresentano un altro strumento prezioso per la modellazione sub-oggetto perché, come i Point Helper, il loro punto di rotazione può essere utilizzato come centro di coordinate di trasformazione. Inoltre, gli oggetti griglia offrono una griglia di snap personalizzabile per creare vertici. Una caratteristica sottile, ma preziosa, per le griglie è Grid Nudging, una potenzialità assegnata (per default) ai tasti + e - del tastierino numerico. Quando una griglia è attiva, se si premono questi tasti, la griglia scorrerà lungo il suo asse Z per una data distanza. La distanza predefinita è un’unità di sistema, anche se è possibile impostarla sul valore desiderato attraverso la casella Grid Nudge nella scheda PREFERENCES VIEWPORTS.
Soglie angolo Diverse funzioni all’interno di EditMesh ed EditableMesh basano le proprie operazioni sugli angoli formati da facce adiacenti. Le funzioni AutoEdge, AutoSmooth ed Explode utilizzano il cosiddetto valore soglia angolo, che si riferisce all’angolo formato dalle facce. Ogni coppia di facce, che condivide un bordo, è analizzata per determinarne l’angolo. Internamente, questo calcolo è effettuato confrontando l’angolo incluso formato dalle normali delle facce. Anche se corretto, è un po’ difficile visualizzarlo. È comunque possibile determinare l’angolo proiettando visivamente un lato della faccia e prendendo nota dell’angolo incluso formato con l’altra faccia. La figura 12.11 mostra entrambi i metodi.
■ Figura 12.11 Soglie angolo attraverso le normali delle facce e l’angoloincluso.
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CAP.12 Le coppie di facce in cui l’angolo incluso è minore del valore soglia angolo saranno interessate dall’azione della funzione che lo utilizza. Più l’angolo è acuto, maggiore deve essere la soglia angolo necessaria per essere preso in considerazione; le soglie minori lavorano su angoli più bassi. Le facce che non rientrano in questa fascia sono semplicemente ignorate dalla funzione.
Animazione di trasformazioni sub-oggetto Nonostante tutte le loro potenzialità, nessuno dei modificatori Edit produce un percorso di animazione nell’Editor tracce. Quando si lavora con questi modificatori, è possibile prendere decisioni di modellazione ben precise o definire le selezioni sub-oggetto che saranno trasferite nell’elenco per essere utilizzate o eventualmente animate dal modificatore successivo. L’animazione non avviene all’interno dei modificatori Edit, questo è uno dei rari casi in cui il pulsante Animate non ha alcun effetto. I modificatori Linked XForm e XForm offrono la possibilità di eseguire animazioni di trasformazioni su selezioni sub-oggetto a loro trasferite.
La procedura per animare vertici, bordi, elementi, patch e spline inizia effettuando una selezione e applicando un modificatore successivo per manipolare la selezione. Di solito si desidera animare proprio ciò che si sta eseguendo nel modificatore Edit stesso. Poiché si tratta quasi sempre di una trasformazione, il modificatore XForm è di solito applicato per animare la selezione con una trasformazione standard. Se la selezione effettuata all’interno del modificatore Edit non rientra nella categoria selezioni geometriche, non è possibile trasferirla nell’elenco e quindi animarla. Tipici esempi di una tale situazione sono le maniglie di controllo per i vertici e per lo schema e le curve nell’area dei vertici che non possono essere animate e devono essere gestite con un altro metodo. I modificatori diversi da XForm, come Bend o MeshSmooth, agiranno come se utilizzassero l’intero oggetto ma vincoleranno l’effetto solo alla parte selezionata (come mostrato nella prima parte del capitolo). Animare i parametri del modificatore significa animare solo la selezione attiva. Se la selezione cambia, cambierà anche il risultato animato del modificatore. Anche se non è possibile animare la selezione del modificatore Edit, è possibile utilizzare un modificatore Volume Select e animare la selezione definita dalle dimensioni e dalla posizione.
Scelte rapide da tastiera di uso comune Quando si modella a livello di sub-oggetto all’interno dei modificatori Edit, è molto comodo utilizzare familiari scelte rapide da tastiera per le funzioni più comuni: ■ Select All, Select None, Select Invert e Selection Lock Poiché la gestione delle selezioni è fondamentale per la modellazione di suboggetti, per essere un lavoro più efficace è necessario poter convertire rapidamente la selezione corrente. ■ Backface Cull, Edges Only, Hide Unselected, Unhide All e Unhide By Name Poter disporre di questi comandi del pannello DISPLAY sotto forma di tastiera alternativa permette di lavorare all’interno del modificatore Edit senza doverne uscire, perdere la posizione nell’elenco e perdere tempo. MODELLAZIONE DI SUB-OGGETTI
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Move, Rotate, Scale, Cycle Through Scale Modes, Center Point Cycle, Constraint Direction Cycle e Constraint Plane Cycle Quando si lavora con i modificatori Edit, di solito si eseguono trasformazioni per cui è necessario cambiare tipo di sistema di coordinate, punto centrale e vincolo all’asse. Attraverso le scelte rapide da tastiera, sarà necessario utilizzare la barra degli strumenti molto meno di frequente. Select, Cycle Selection Method, Snap, Angle Snap, Absolute/Relative Snap e Windows Crossing Queste opzioni per la scelta del metodo di selezione permettono di cambiare i metodi di selezione senza dover utilizzare il mouse. È quindi possibile continuare a concentrarsi sulla selezione stessa senza perdere il posto mentre si fa clic sui diversi pulsanti di opzione. Cycle Sub-object Level e Sub-object Selection Toggle Capita di frequente di dover scorrere i diversi livelli di selezione (come facce, vertici e bordi), quindi creare delle scelte rapide da tastiera per tali opzioni accelera la navigazione.
Terminologia comune e concetti fondamentali per le mesh Il livello di complessità possibile per i modelli in 3D Studio MAX è notevole ed è facile essere presi in contropiede da questa apparente complessità. Ma se si analizzano attentamente anche i modelli più complessi, si noterà come siano composti da parti semplici e distinte legate fra di loro. In realtà, 3D Studio MAX utilizza solo pochissimi tipi di figure geometriche molto elementari per definire i numerosi mondi creati al suo interno (figura 12.12). EditMesh, EditableMesh e Volume Select utilizzano tutti la stessa terminologia geometrica quando si tratta di selezioni.
■ Figura 12.12 I componenti geometrici delle mesh di 3D Studio MAX.
Elemento
Faccia
Vertice Lato
Oggetto
Poligono
Una mesh si riferisce di solito a un oggetto mesh o a un insieme di facce. Il termine mesh è utilizzato per indicare una figura geometrica generica e non un tipo specifico di entità. Le mesh sono composte da facce triangolari che a loro volta definiscono una combinazione qualsiasi di superfici piatte, curve o piegate. (Una mesh equivale a una PFace di AutoCAD o una mesh polifaccia.) I vertici sono dei punti nello spazio tridimensionale e rappresentano le entità più elementari. Un vertice non indica nessuna figura geometrica se non la posizione di un punto nello spazio. Non ha superfici o proprietà, quindi non è possibile vederlo nel
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CAP.12 rendering. I vertici servono per costruire facce. Un vertice che non è collegato ad altri vertici attraverso delle facce per formare una mesh si chiama vertice isolato. 3DS MAX memorizza le coordinate mappatura insieme alle posizioni dei vertici cosicché quando i vertici si spostano, la relativa mappatura si sposta anch’essa. Le facce sono superfici triangolari che servono a connettere tre vertici. Poiché ogni faccia ha solo tre punti, ognuno di esse indica un piano geometrico ed è piatta per definizione. Ogni faccia definisce una normale, una direzione perpendicolare alla superficie della faccia che punta in direzione opposta al lato visibile della faccia. Le facce rappresentano la “pelle” di un modello, gli danno forma e permettono di sceglierne il materiale e di riflettere la luce. Quando si assemblano le facce, si definiscono le superfici e forme identificabili. (Una faccia equivale a una 3DFace di AutoCAD che ha solo tre lati. Una 3Dface convenzionale a quattro facce equivale a due facce di 3D Studio.) I bordi sono linee che collegano due vertici e formano il bordo di una faccia. Ogni faccia, quindi, ha tre bordi. Quando facce adiacenti condividono due vertici si dice che condividono un bordo. I bordi non sono creati direttamente ma sono il risultato della creazione delle facce. I bordi sono utilizzati per gestire facce o servono da base per creare nuove facce. Una faccia ha sempre tre bordi che possono essere visibili o invisibili. La visibilità dei bordi influisce sulla velocità del ridisegno, la chiarezza e i confini delle selezioni dei poligoni. I bordi visibili sono utilizzati prima di tutto per chiarezza e influiscono solo sul rendering della mesh quando è assegnato un materiale wireframe. I poligoni sono insiemi complanari di facce saldate che costituiscono sfaccettature, lati ed estremità di mesh. 3DS MAX utilizza il termine poligono per indicare insiemi complanari per le facce contenute all’interno di una mesh al fine di selezionare facce. La definizione di un poligono si ferma ai bordi visibili o a una soglia planare. In 3DS MAX, i poligoni sono uno strumento utilizzato solo per selezionare le facce; non sono quindi entità con speciali capacità di gestione. Quando si selezionano e si trasformano poligoni, in realtà si sta selezionando e trasformando la selezione delle facce. In 3D Studio MAX, si utilizza il termine elemento per definire una mesh distinta. Quando facce adiacenti nascono dagli stessi vertici, si dice che sono saldate. I vertici utilizzati da più di una faccia sono chiamati vertici condivisi o saldati. Quindi si può definire “elemento” qualsiasi mesh che abbia facce saldate. Spesso, gli elementi all’interno dello stesso oggetto sembrano contigui, quando in realtà utilizzano un insieme di vertici duplicato lungo bordi comuni. Tali vertici sono chiamati vertici coincidenti e sono necessari quando si desidera inserire un’interruzione netta nella mesh facendola comunque apparire continua. Un elemento può essere grande o piccolo come un’unica faccia isolata. In uno stesso oggetto, è possibile avere un numero qualsiasi di elementi. Anche se sono mesh separate, gli elementi non possono essere animati senza un modificatore. Gli oggetti mesh contengono uno o più elementi e rappresentano un’organizzazione di elementi. A differenza dell’elemento, un oggetto non richiede una mesh continua. Un oggetto di solito è composto da elementi nettamente separati e può contenere vertici isolati (che, a loro volta, sono elementi individuali). Gli oggetti sono denominati e colorati; solo gli oggetti hanno trasformazioni, punti di rotazione, elenchi con la cronologia dei dati e tracce di animazione. Quindi, esiste una gerarchia geometrica per gli oggetti mesh in 3D Studio MAX. Questa gerarchia è mostrata qui di seguito (dal basso verso l’alto): 1. vertice (può essere isolato); 2. faccia (costruita su tre vertici); 3. bordo (risultato di una faccia, collega due vertici);
MODELLAZIONE DI SUB-OGGETTI
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4. 5. 6.
poligono (contiene facce saldate complanari); elemento (che contiene facce saldate continuamente); oggetto (contiene elementi di facce continue ed eventualmente vertici isolati).
L’oggetto EditableMesh L’oggetto EditableMesh è stato introdotto nella release 1.0 come una caratteristica non completamente implementata e nascosta che poteva essere attivata solo inserendo una voce nel file 3dsmax.ini. La release 1.1 di 3D Studio MAX offre la versione completa di questo oggetto così necessario come caratteristica standard (figura 12.13).
■ Figura 12.13 Il pannello comandi dell’oggettoEditableMesh.
Proprio per la capacità di modificare e definire una selezione, l’oggetto EditableMesh rientra nella categoria dei modificatori di selezione. Tecnicamente, comunque, EditableMesh non è un modificatore: rappresenta di fatto una classe di oggetti per tutti gli oggetti mesh. L’interfaccia di EditableMesh verrà visualizza come prima voce dell’elenco. Qualsiasi oggetto che abbia una mesh grezza come parametri di creazione (l’oggetto master) è un oggetto EditableMesh nella release 1.1. Quindi, quando si importa un file 3DS, ogni oggetto importa un oggetto EditableMesh che è possibile cominciare a modificare subito in modalità Sub-Object senza applicare un modificatore (un metodo di modifica simile a quello di 3DS DOS). È possibile convertire oggetti creati in 3DS MAX in oggetti EditableMesh comprimendone gli elenchi. Se un modificatore nell’elenco compresso è convertito in mesh, il risultato è un oggetto EditableMesh. Gli oggetti senza una cronologia di modifiche non possono essere compressi. Se l’oggetto è una primitiva nuovissima, un loft o un booleano, sarà necessario aggiungere un modificatore (qualsiasi modificatore diverso da EditPatch) per comprimere l’elenco in un EditableMesh. Se l’oggetto è un oggetto patch, sarà necessario aggiungere un modificatore di superficie (Normal, Smooth, Material, UVW o EditMesh) all’elenco per cambiare il risultato in una mesh. Altrimenti, l’oggetto si comprimerà in un oggetto Patch. Lavorare con EditableMesh è come lavorare in programmi senza un concetto di cronologia delle modifiche (3DS DOS, per esempio).
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.12
EditableMesh e EditMesh A che cosa serve una EditableMesh? Spesso la modellazione da eseguire deve essere precisa. Si lavora sul modello dal livello di base tirando vertici, costruendo facce e separando bordi. Quando queste sono tutte le operazioni che si stanno effettuando e non è necessario trasferire selezioni nell’elenco ad altri modificatori o conservare le operazioni in modo separato per essere recuperabili, è possibile utilizzare le funzionalità di base dell’oggetto EditableMesh. EditableMesh rappresenta in qualche modo un passo indietro nella modellazione computerizzata perché non è possibile invertire le decisioni. Quando si utilizza EditableMesh, si eseguono deformazioni precise sul entità all’interno dell’oggetto. A differenza di EditMesh, la cronologia delle operazioni in EditableMesh non è registrata perché le azioni sono precise (anche se l’opzione Annulla è comunque disponibile). EditMesh registra le operazioni così da poterne estendere l’effetto dalla parte inferiore dell’elenco. Poiché EditableMesh è un oggetto master, è l’ultimo oggetto dell’elenco. Tutte le operazioni effettuate con EditableMesh sono praticamente permanenti perché il buffer Undo ha dimensioni finite e non è valido per più sessioni. Ovviamente ogni metodo ha i suoi vantaggi e svantaggi. La seguente tabella illustra gli aspetti più importanti di entrambi: Modificatore EditMesh
Oggetto EditableMesh
Funzionalità di modifica Mesh completa
Funzionalità di modifica Mesh completa
Capacità di utilizzo dei centri di coordinate locali per le selezioni
Capacità di utilizzo del centro di selezione solo del centro del sistema di coordinate
Capacità di unire solo un oggetto alla volta
Capacità di unire oggetti multipli in una volta sola
Annulla completo al limite corrente
Opzione annulla completa al limite corrente
Ogni operazione eseguita è registrata dal modificatore e salvata nel file
Solo la mesh risultante alla fine della sessione è salvata nel file
Le dimensioni del file aumentano con le modifiche e l’aggiunta di modificatori Edit supplementari
Le dimensioni del file sono determinate solo dalle dimensioni della mesh risultante
Le figure geometriche staccate e cancellate sono definite all’interno del modificatore e salvate con il file
Le figure geometriche staccate e cancellate sono eliminate dopo aver raggiunto il limite annulla
La cancellazione del modificatore rimuove tutte le modifiche, anche la cancellazione di figure geometriche
Le definizioni degli oggetti non possono essere cancellate senza cancellare l’oggetto stesso
L’effetto del modificatore può essere disattivato
Le definizioni degli oggetti non possono essere disattivate
Capacità di definire una selezione attiva in qualsiasi punto dell’elenco
Capacità di definire una selezione attiva solo all’inizio dell’elenco
Una copia dell’oggetto è effettuata Solo il risultato, ovvero l’oggetto master, è conservato nella memoria RAM per ogni EditMesh, nella memoria RAM insieme all’elaborazione di tutte le operazioni
MODELLAZIONE DI SUB-OGGETTI
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Modificatore EditMesh
Oggetto EditableMesh
Staccare facce e vertici è un’operazione molto lenta su mesh grandi
Staccare è un’operazione molto rapida, anche su mesh grandi
Aprire il modificatore richiede tempo con mesh grandi
Inserire la modalità Sub-Object è molto rapido
Le operazioni potrebbero sembrare lente con mesh grandi
Le operazioni sono veloci
Destinato a modellature animate
Destinato a modellature statiche
Nessuna scorciatoia da tastiera
Dispone di equivalenti da tastiera se attivate nel file 3dsmax.ini
Poiché le scelte rapide da tastiera di EditableMesh sono fisse e potrebbero entrare in conflitto con le scelte fatte in 3DS MAX, per abilitarle è necessario aggiungere quanto segue nel file 3dsmax.ini: [EditableMesh] KeyAccelsEnabled=1 In 3D Studio MAX 1.1, le scelte rapide da tastiera sono illustrate in dettaglio nel file readme.wri.
Componenti grafici delle mesh Oltre alla classificazione geometrica, gli oggetti hanno caratteristiche grafiche a cui si fa spesso riferimento. Questo manuale e la documentazione di 3D Studio MAX utilizzano la stessa terminologia per descrivere parti di un oggetto (figura 12.14) come esemplificato dall’elenco seguente: ■ Segmenti. Le divisioni incrociate lungo una dimensione di un oggetto. Ogni segmento offre la possibilità di deformare la mesh in una data sezione. È consigliabile adattare i segmenti dell’oggetto alle esigenze del modellatore di piegare, spingere o rompere la mesh. I lati corrispondono ai segmenti ma si riferiscono alla suddivisione mesh di una curva, un arco o una circonferenza. ■ Occlusioni. Indica le estremità perpendicolari all’estrusione di un oggetto. L’estrusione può essere un parametro di altezza, una distanza di estrusione o un percorso loft. ■ Lati. Di solito associati ai passi che formano un arco, un lato per ogni passo. I lati si possono anche riferire a facce complanari che condividono un bordo, anche chiamate sfaccettature. ■ Impronte. Le suddivisioni spline di segmenti di curva, arco e circonferenza.
Definizione di superfici mesh Da EditMesh ed EditableMesh è possibile influire sulla superficie del modello attraverso l’assegnazione di gruppi di smusso, orientamento normali delle facce e assegnazione di ID materiale. Tutti questi elementi si trovano nella tendina EDIT SURFACE a livello Face
360
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.12 (figura 12.15). Lo smusso è influenzato molto dalla coerenza della mesh perché l’effetto smussatura si verifica solo su facce saldate. I bordi che si incontrano senza condividere entrambi i vertici formeranno una giuntura, mentre le facce ridondanti possono provocare effetti molto strani.
■ Figura 12.14 Componenti grafici degli oggetti.
■ Figura 12.15 Le tendineEDIT SURFACE per EditableMesh e EditMesh.
Riepilogo ■
Definizione delle selezioni. Il Modifier Stack permette di definire diverse selezioni in un punto qualsiasi della cronologia delle modifiche; ogni modificatore influisce sulla selezione attiva nel punto corrispondente dell’elenco. La
MODELLAZIONE DI SUB-OGGETTI
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CAP.13
CAPITOLO 13
Modellazione di mesh
Gran parte della modellazione realizzata attualmente con 3D Studio MAX tende ad utilizzare le mesh. Anche se in parte ciò è dovuto al fatto che quasi tutti gli utenti di 3D Studio MAX si sono abituati alle mesh in realtà la vera ragione è che l’efficacia di 3D Studio MAX risiede nelle sue radici di mesh editing. Il mesh editing implica la modellazione a livello del sub-oggetto con selezioni precise di vertici, facce e spigoli. Mentre le definizioni di questi livelli di selezione sono state definite e trattate alla fine del capitolo 12, questo capitolo illustra il modo di manipolare queste parti con l’oggetto Editable Mesh e con il modificatore EditMesh. I principali argomenti trattati in questo capitolo sono i seguenti: ■ Mesh editing a livello del sub-oggetto, detto anche mesh editing “tradizionale” o “scultura” dei vertici; ■ modellazione a livello del vertice, che comprende selezionare, nascondere, creare, trasformare, utilizzare Affect Region e incidere sulla topologia; ■ modellazione a livello delle facce, che comprende selezionare, nascondere, creare, trasformare, estrudere e cambiare la topologia; ■ controllare le caratteristiche di superficie a livello delle facce, che comprende smussare, utilizzare le normali e i materiali; ■ modellazione a livello Edge, che comprende trasformare, dare visibilità, dividere e ruotare. MODELLAZIONE DI MESH
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Modellazione con i vertici Il capitolo inizia dalla manipolazione dei vertici perché è il controllo fondamentale – e spesso il più appropriato – che si ha sulle mesh. La stragrande maggioranza delle operazioni realizzate con 3D Studio MAX (e quelle di computer grafica) manipolano i vertici mentre le facce vengono semplicemente tirate. Le facce che condividono i vertici sono sempre manipolate dai vertici stessi. Ogni volta in cui si crea e si clona una mesh si creano anche i vertici perché le facce sono definite dai loro vertici. La trasformazione dei vertici è molto simile allo spostamento, rotazione e scalatura delle facce o degli spigoli. La ragione di questa somiglianza è che il mesh editing incide sempre sulle posizioni dei vertici. Il mesh editing in 3D Studio MAX manipola i vertici e non le facce, gli elementi o gli spigoli. Le facce e gli spigoli che formano la mesh seguono in direzione delle nuove posizioni dettate dai vertici. Quando si ruotano le facce si stanno ruotando le posizioni dei vertici, e le facce cambiano orientamento sulla base delle nuove posizioni. È bene tenere conto di questo quando si esegue una qualsiasi operazione di mesh editing perché così facendo si hanno risultati più prevedibili e scontati.
Livello dei vertici Quando si entra nel livello di selezione Vertex tutti i vertici sono visualizzati come tick (figura 13.1). A differenza delle facce, i vertici sono visualizzati anche se sono su porzioni di mesh le cui normali delle facce sono rivolte non verso l ‘operatore. A questo punto ogni selezione realizzata è formata da vertici su cui possono incidere solo le trasformazioni. Come sempre, la regolazione dei vertici tira le facce che sono costruite su di essi.
■ Figura 13. 1 Il livello vertice è comune a EditMesh e a EditableMesh
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13 I vertici solitari e isolati in genere esistono per una sola ragione: affinché vi si possano costruire sopra le facce. I vertici isolati solo raramente hanno altre funzioni. I vertici non definiscono mai una mesh e non se ne può fare il rendering in modo indipendente. Quando le facce vengono cancellate 3D Studio MAX chiede se si vuole contemporaneamente cancellare i vertici orfani. A meno che non si preveda di costruire nuove facce su questi vertici in un secondo tempo, la risposta deve essere sempre affermativa.
Selezionare i vertici La selezione dei vertici è piuttosto semplice perché non coinvolge la finestra e le opzioni di intersezione. Per selezionare un vertice è sufficiente fare clic su di esso. Anche una selezione parziale (circolare, rettangolare o di perimetro) che circonda il vertice lo seleziona. Come sempre, premere il tasto CTRL consente di aggiungere a una selezione mentre premere il tasto ALT sottrae alla selezione. Molto spesso si utilizzerà una selezione parziale e si elimineranno i vertici residui con un altro clic parziale o di selezione.
Nascondere i vertici Nascondere i vertici è un metodo per sottrarli all’editing accidentale. I vertici nascosti nascondono i tick di visualizzazione ma non nascondono la mesh che definiscono. Quando sono nascosti, i vertici non sono selezionabili e non sono sensibili alle varie operazioni. In questo stato, i vertici sono molto simili agli oggetti congelati. Nascondere i vertici è uno strumento molto prezioso quando si vuole preservare una certa zona della mesh ma se ne vogliono modificare altre parti, soprattutto quelle vicino ai vertici nascosti. I vertici nascosti possono anche essere utilizzati per escludere zone della mesh dalle operazioni di livello faccia. Sui vertici nascosti non è possibile costruire facce e non vengono considerati nelle selezioni delle facce quando si utilizza l’opzione di selezione facce By-Vertex. Quando si nasconde una selezione di vertici, questi vertici sono ancora considerati la selezione attiva e possono essere accidentalmente cancellati o, se si preme la barra spaziatrice, trasformati. Per sicurezza, è meglio eseguire un Select None o fare clic nella finestra per svuotare la selezione dopo avere nascosto i vertici per esser sicuri che non vengano cancellati per errore. Viste le loro dimensioni, i vertici possono essere difficili da vedere. Prima di selezionare i vertici per un’operazione di editing, è bene eseguire un’operazione Select None per essere sicuri che la selezione sarà esattamente come la si vuole. Poiché le selezioni vengono inserite nell’elenco in ordine di esecuzione, è facile dimenticare una delle prime selezioni che non è attiva, soprattutto quando la selezione è stata realizzata da un modificatore ad essa precedente.
Trasformare i vertici Le trasformazioni Move, Rotate e Scale della barra degli strumenti sono i metodi principali per la manipolazione dei vertici. Le sottigliezze descritte nel capitolo 12 sono di particolare importanza. La modifica delle mesh a livello dei vertici è una funzione molto efficace. Quando si manipolano le posizioni dei vertici si tirano, allungano e scalano le
MODELLAZIONE DI MESH
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facce costruite su di essi. Il segreto per una manipolazione efficace dei vertici è selezionare i vertici giusti per l’editing trascurando gli altri. Anche se i vertici possono essere modificati individualmente, quasi tutti i vertici vengono modificati con la selezione. Passare a selezione attiva i vertici singoli nell’elenco, raramente ha effetto. Per ottenere dei risultati ruotando o scalando un singolo vertice per ottenere degli effetti si deve utilizzare il centro del sistema di coordinate. Se invece si ruota e si scala sul vertice stesso non si otterrà alcun risultato.
Scalare un cilindro in un manubrio È molto comune prendere le primitive di 3D Studio MAX e convertirle in oggetti del tutto differenti attraverso l’editing dei vertici. Questo esercizio parte da un semplice cilindro per creare un manubrio ginnico con poche operazioni di editing e perfezionandone poi la superficie assegnando lo smusso di gruppo. 1. Creare un cilindro con 24 segmenti laterali e 9 segmenti di altezza sul piano base; il raggio del cilindro sarà il raggio del manubrio; 2. aggiungere un modificatore EditMesh e selezionare le due sezioni mediane dei vertici (operazione più semplice con una finestra di selezione rettangolare); 3. fare clic su Non-Uniform Scale, scegliere il sistema di coordinate globale, il centro di selezione e gli assi X, Y; 4. scalare i vertici verso il basso per formare un’impugnatura centrale (prima finestra della figura 13.2); 5. selezionare le quattro sezioni mediane; passare i vincoli dell’asse sulla Z; 6. scalare la selezione verso l’alto sino a che le sezioni siano vicino alla fila di vertici successiva (seconda finestra della figura 13.2); 7. selezionare le file di vertici superiore e inferiore e scalarle vicino alle file successive quanto le file del punto 6. (terza finestra della figura 13.2); ora si hanno due sottili segmenti disposti accanto a un segmento spesso su ciascuna estremità; 8. premere il tasto CTRL per aggiungere la selezione corrente a selezionare gli altri vertici che bordano i segmenti sottili opposti; 9. portare il vincolo su Y e Z e scalarli all’interno sino a che formano una svasatura (quarta finestra della figura 13.2); 10 portare il vincolo dell’asse su Z e scalare le due file mediane di vertici sino a che diano un’inclinazione ragionevole ai bordi del manubrio (prima finestra della figura 13.3); 11 passare in modalità Shaded; la vista superiore destra della figura 13.2 mostra uno strano manubrio; il motivo di questa stranezza è che il cilindro cominciava con un gruppo di smusso lungo i lati e la scalatura dei vertici ha angolato le facce in un modo tale che la scalatura non ha senso; 12. uscire dalla modalità Sub-Object, aggiungere un modificatore Smooth alla fine dell’elenco e attivare la casella AutoSmooth; accettare il valore di default di 30 gradi; le svasature e i lati ora sono netti (viste inferiori della figura 13.3) perché le file adiacenti non condividono più lo stesso gruppo di smusso.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13 ■ Figura 13.2 Creazione di un manubrio da una primitiva cilindro
■ Figura 13.3 Il manubrio finito
Rotazione di vertici Come risulterà dall’oggetto base Sphere della prossima esercitazione, non è necessario un modello complicato per indagare gli straordinari risultati che si possono ottenere con la manipolazione dei vertici.
MODELLAZIONE DI MESH
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1. 2.
creare una sfera a 16 lati sul piano base e aggiungervi un modificatore EditMesh; da una finestra laterale, selezionare ogni riga (latitudine), tralasciando il vertice superiore (figura superiore 13.4);
■ Figura 13.4 Selezioni preliminare dei vertici
3. 4.
5. 6. 7.
8. 9.
368
assegnare a questa selezione il nome “Lat”; iniziare un’altra selezione nella finestra TOP selezionando ogni riga (longitudine/meridiano) della sfera; questa operazione sarà più semplice utilizzando il metodo di selezione Fence (figura inferiore 13.4); per un effetto molto interessante è possibile selezionare le facce in modo simile e assegnare gruppi di smusso individuali per ottenere l’effetto smusso mostrato nella figura 13.4; assegnare a questa selezione il nome “Long”; fare clic su Rotate e scegliere il sistema di coordinare globale, il centro di selezione e l’asse delle Z; selezionare “Lat” dalla casella a discesa Named Selection Set⇓ e ruotare la selezione da tutte le finestre; i lati della sfera ruotano secondo un modello a zig zag, come si vede nella finestra superiore della figura 13.4; selezionare “Long” dalla casella a discesa Named Selection Set⇓ e ruotare la selezione da tutte le finestre; i lati a zig zag della sfera ruotano insieme, riducendo la sfera da 16 a 8 lati (finestre inferiori figura 13.5). Anche se i vertici polari sono selezionati sono coincidenti con il centro della selezione e ruotano sul posto senza avere effetto sulla mesh; ora è possibile passare ai set di selezione per perfezionare l’aspetto dell’effetto.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13 ■ Figura 13.5 Rotazione dei vertici di una primitiva sfera
Modellazione con Affect Region La funzione Affect Region consente di influenzare un’intera porzione di vertici con una selezione molto più piccola o, più spesso, con un unico vertice. Quando si attiva la casella di controllo [Affect Region] ogni trasformazione eseguita incide su una porzione di vertici e non solo su quella selezionata. Attivando questa casella in sostanza si cambia il modo in cui i vertici di editing lavorano perché un singolo vertice ora agisce come un magnete tirando gli altri quando cambia posizione per effetto di una trasformazione Move, Rotate e Scale. Affect Region lavora insieme alla sua curva di porzione di controllo. La curva di operatività è una visualizzazione del risultato dello spostamento di un vertice singolo da una griglia piatta. Facendo clic su Edit Curve si apre la finestra di dialogo EDIT AFFECT R EGION CURVE (figura 13.6). Come si può vedere, l’impostazione Falloff definisce il raggio di una “sfera“ di selezione. Ogni vertice all’interno di questa sfera viene modificato secondo il valore della curva di operatività. La modalità Affect Region non rispetta lo stato dei vertici nascosti e incide su ogni vertice all’interno del raggio di caduta.
L’influenza della curva di operatività è più visibile nell’effetto di un singolo vertice sulla griglia di un parallelepipedo. Le figure 13.7 e 13.8 nostrano il risultato dello spostamento di un unico vertice della stessa quantità su un parallelepipedo di 100 unità. Le file superiori di entrambe le figure mostrano come la forma della curva di operatività viene duplicata dai vertici spostati. Tenendo presente questo risultato, si dovrebbe essere in grado di prevedere l’impatto delle curve di operatività che si definiscono. Per tirare curve smussate con Affect Region è bene manipolare un solo vertice, oppure delle facce isolate, e fare molta attenzione al controllo della curva di operatività. Il risultato dell’editing dei vertici con Affect Region è simile al lavoro con i patch perché spostare un unico vertice è quasi come tirare un vertice patch. La differenza principale è che uno spostamento di vertice successivo non ripristina la mesh precedente mentre
MODELLAZIONE DI MESH
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l’inversione dello spostamento del vertice di un patch la ripristina. La figura 13.9 confronta i risultati dello spostamento del vertice centrale di una mesh e dei cilindri patch.
■ Figura 13.6 Finestra di dialogoEDIT AFFECT REGION CURVE
2’-0’’
Spostamento di un singolo vertice Distanza del raggio di selezione
■ Figura 13.7 Utilizzo di aree di operatività concave
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
2’-00”
Forma della curva
CAP.13 ■ Figura 13.8 Utilizzo di aree di operatività convesse
■ Figura 13.9 Mesh
Patch
Mesh
Patch
Somiglianze fra l’utilizzo di Affect Region e patch editing
Spostamento singolo vertice
MODELLAZIONE DI MESH
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L’opzione Ignore Backface controlla quali vertici all’interno del raggio di caduta sono interessati. Quando l’opzione Ignore Backface è disattivata, ogni vertice all’interno del raggio di caduta è interessato. Quando Ignore Backface è attivo (default) le facce che condividono i vertici selezionati vengono analizzate per verificare come sono rivolte le loro normali. Una normale media delle facce è determinata e confrontata con ogni altra faccia all’interno del raggio di caduta. Se la normale media può “vedere” le altre facce (l’angolo confrontato è minore di 90 gradi) i vertici che condividono quelle facce sono interessati. I vertici condivisi fra la faccia posteriore e le facce visibili sono considerati “visti”e sono interessati. Per essere assolutamente certi dell’impatto di Affect Region è necessario clonare una o due facce dalla mesh originale e utilizzare questi tre o quattro vertici come i “magneti” che tirano i vertici. Questa procedura consente una chiara comprensione di quali facce possono essere viste quando si utilizza Ignore Backface.
I vertici isolati non sono i migliori da utilizzare con Ignore Backface perché non hanno facce da cui derivare una normale; Essi utilizzano una direzione normale di default. Una faccia isolata è una scelta migliore per Ignore Backface. Se le normali sono rivolte in un altra direzione le loro facce non possono essere “viste” dai vertici e Affect Region non seleziona i loro vertici. Le facce le cui normali sono “sullo spigolo” (on edge) esattamente a 90° sono interessate. La figura 13.10 mostra il risultato dello spostamento del vertice mediano dello spigolo superiore frontale di un cubo all’interno di un raggio di caduta che eccede l’altezza del cubo.
■ Figura 13.10 Utilizzo di Ignore Backface
Ignore Backface off vertice Edge
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Ignore Backface on vertice Edge
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
Ignore Backface on vertice non Edge
CAP.13 Il primo cubo mostra il risultato ottenuto con Ignore Backface disattivato: ogni vertice è visualizzato, anche quelli nella parte inferiore. Il cubo mediano mostra il risultato ottenuto con Ignore Backface attivato: i vertici inferiori sono stati spostati perché non possono essere visti mentre i vertici di spigolo sono a 90 gradi e sono selezionati. L’ultimo cubo ha l’opzione Ignore Backface disattivata ma sposta un vertice dalla seconda fila: i vertici laterali sono più interessanti perché presentano una faccia posteriore al vertice. Poiché la normale di faccia che viene utilizzata da Affect Region è una media, si verificano risultati sorprendenti quando le facce condivise dai vertici selezionati hanno diverse normali di faccia (come selezionare i vertici da lati opposti di un parallelepipedo). In questo caso, la normale mediata può non includere i vertici che invece sarebbero inclusi se i vertici fossero selezionati individualmente. Se i risultanti vertici interessati sono molto diversi da quelli voluti, potrebbe essere opportuno clonare le facce dalla selezione e utilizzare questa nuova selezione isolata per l’operazione. Questo produrrà una normale mediata che non comprende le facce ulteriori che in origine formavano inefficacemente la normale mediata. Molte situazioni richiedono l’utilizzo di diversi spostamenti o rotazioni graduali piuttosto che un solo grande spostamento. Il primo cubo della figura 13.11 mostra il risultato della rotazione di 90 gradi di un vertice in un solo spostamento dove la distorsione risultante è lineare. I cubi rimanenti mostrano le piccole rotazioni successive le cui somma è 90 gradi e risultano in una distorsione curva. Il cubo mediano non ignora la faccia posteriore e quindi tira ogni vertici nel suo intervallo. L’ultimo cubo ha l’opzione Ignore Backface attivata e non vede i vertici nei momenti importanti.
■ Figura 13.11 Rotazione di 90 gradi di un vertice singolo in un unico passo e la stessa rotazione eseguita in più passi
Rotazionesingola
Molte piccole rotazioni con Ignore Backface on
Molte piccolre rotazioni con Ignore Backface off
Creare vertici Ogniqualvolta si crea o si clona una mesh, si creano anche dei vertici perché le facce sono definite da questi. Anche se questo metodo spesso genere i vertici necessari per altre modellazioni, potrebbe essere necessario creare altri vertici in modo indipendente e in posizioni precise, per creare facce combacianti. I vertici non possono essere creati in isolamento; devono essere aggiunti a un oggetto esistente dall’interno del modificatore
MODELLAZIONE DI MESH
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EditMesh. All’interno di EditMesh è possibile creare i vertici in modo indipendente con la funzione VERTEX/Create oppure è possibile clonare selezioni di vertici come parte dell’oggetto o come oggetto nuovo. Clonare i vertici di una mesh esistente è il solo metodo per creare vertici isolati come oggetti. La funzione V ERTEX/Create immette in un modalità per cui ogni clic sullo schermo crea un nuovo vertice in quella posizione della griglia attiva. Creare vertici in questo modo è particolarmente utile quando si utilizzano un oggetto griglia attivo e i tasti di scostamento. Lo scostamento sposta la griglia attiva senza lasciare il comando sub-oggetto corrente e di creare livelli di vertici ad altezze controllabili.
Utilizzo di mesh esistenti per i vertici La principale fonte per la creazione dei vertici sono le mesh esistenti. Le tecniche possibili sono: “staccare” le facce da una mesh cancellandole e lasciando il vertice “offuscato”, oppure selezionare i loro vertici e clonarli quando si esegue una trasformazione. I vertici clonati sono proprio così: trascurano le loro facce e creano un oggetto senza superficie. Se è necessario clonare la mesh, si dovrebbero clonare le selezioni di faccia; quando si esegue una clonazione è possibile scegliere fra rendere la selezione un nuovo oggetto o mettere i vertici isolati all’interno dell’oggetto corrente. In genere è necessario duplicare i vertici di una mesh esistente sul posto in modo che i vertici possano diventare i blocchi di costruzione per un’altra mesh in relazione con la prima. Se si intendono aggiungere vertici a un oggetto e si desidera che siano correlati ai vertici esistenti, è necessario clonarli sul posto, o sui lati, per utilizzarli come sorgente. Questo metodo è più semplice e preciso che posizionare accuratamente una griglia attiva per ogni livello dei nuovi vertici. Per clonare una selezione di vertici sul posto (o qualsiasi altra selezione) attivare una trasformazione, premere MAIUSC e fare clic una volta sulla selezione. In questo caso si clona la selezione senza spostamento.
Utilizzo di Vertex Create Se si esclude la clonazione, Vertex Create è il solo metodo per creare i vertici ex novo. I vertici così creati fanno sempre parte dell’oggetto originale e in genere servono come i punti di costruzione per i vertici futuri. Quando si creano i vertici ogni punto selezionato definisce due coordinate e la terza viene fornita dalla finestra della griglia attiva. Questo può essere ignorato quando si utilizza lo snap di vertici e spigoli. Vertex Crete funziona bene con lo snap dei vertici e degli spigoli. Impostare la priorità snap di vertice su 1 e le altre su Off (figura 13.12); in questo modo si è certi che si eseguirà lo snap dei soli vertici. Quando si utilizza 3D Snap, Vertex Create consente di creare la cornice su cui costruire le facce. Quando si utilizza 2D Snap si crea un modello di vertici proiettato sulla finestra della griglia attiva. Anche se servono raramente, le proiezioni appiattite di altre mesh possono essere create da questi modelli proiettati.
Topologia dei vertici Quando si lavora con i vertici si utilizzano i punti di definizione delle mesh, è quindi abbastanza naturale che anche la topologia ne sia interessata. Oltre al sempre disponibile Delete, esistono diverse altre funzioni relative ai vertici fra cui la più utilizzata è Weld.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13 ■ Figura 13.12 Le impostazioni di Snap in 3D Vertex
Saldatura di vertici L’opzione Weld “salda” due o più vertici insieme per formare un unico vertice che trascina con sé qualsiasi faccia costruita sui vertici originali. La saldatura è utilizzata per unire facce separate in un unico elemento, oppure per consolidare le facce di un elemento in una mesh semplice. La funzione Weld è senza dubbio quella più comunemente utilizzata nel livello Vertex; per mezzo di essa è possibile saldare in modo specifico oppure generico. Anche se è possibile assegnare una singola EditMesh a più oggetti, la saldatura può essere eseguita solo sullo stesso oggetto poiché questa opzione cambia la definizione dell’oggetto. Se si vuole effettuare una saldatura fra oggetti è necessario prima collegare un oggetto a un altro. Anche se le coordinate di mappatura possono estendersi su facce non saldate, i gruppi di smusso non lo possono fare. Senza la capacità di eseguire opportunamente lo smusso, una mesh non è completa. Gli spigoli che si incontrano senza avere condiviso, e quindi saldato, i vertici non possono essere smussati e formano sempre uno spigolo. Il metodo Weld Target immette in una modalità che permette di selezionare i vertici e di trascinarli sul un vertice di destinazione (figura 13.3) Il cursore determina il vertice sul quale si sta saldando e diventa una croce quando si trova su un vertice dello stesso oggetto. Ciò che determina un vertice di destinazione è la vicinanza del cursore con i pixel di schermo. La finestra attiva quindi ha una grande influenza su quanto si sta saldando. Lavorare in una finestra ortogonale consente di saldare vertici molto distanti fra loro (in profondità di schermo) i quali possono essere ideali o non voluti. Lavorare in vista User o Perspective in genere permette una comprensione migliore dei rapporti fra i vertici in caso di saldatura. Un metodo spesso conveniente è selezionare i vertici in vista ortogonale ed eseguire una saldatura Target in vista User o Perspective. Weld Target in genere è combinato con Edge Turn e Divide per scolpire linee di definizione nella mesh.
MODELLAZIONE DI MESH
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■ Figura 13.13 Saldatura di una selezione e con Weld Target
Il metodo Weld Selected esamina la selezione dei vertici corrente e utilizza il valore Weld Threshold come “stringa” di intervallo per ruotare su ciascuno dei vertici selezionati. Se un vertice qualsiasi rientra nel limite d’intervallo dell’altro, questi vengono saldati insieme. Se tutti i vertici sono fuori dai rispettivi limiti d’intervallo nessuno di essi viene saldato e compare una finestra di avviso (figura 13.14). Le posizioni di tutti vertici che ricadono all’interno del limite sono calcolati per formare la nuova posizione per il risultante vertice saldato. Il vertice risultante resta selezionato per sveltire le operazioni. Poiché viene effettuata una media, i vertici saldati si spostano a meno che non siano già coincidenti. Se si vuole saldare solo vertici coincidenti e non si vuole che i vertici si spostino in alcun modo, impostare Weld Threshold a zero. Con limiti molto elevati Weld Selected può avere funzioni simili all’esecuzione di Vertex Collapse nella stessa selezione.
■ Figura 13.14 Messaggio di avvertenza Weld Threshold di Weld Selected
Se si vuole saldare una selezione di vertici su un punto /mediato, utilizzare l’opzione [Uniform Scale] per la selezione sino a che i vertici siano vicini, dopodiché attivare l’opzione [Weld Selected]. Questo metodo in genere è più veloce rispetto alla regolazione di Weld Threshold e alla sua reimpostazione. In pratica Weld Selected è utilizzato principalmente quando si stanno saldando porzioni di un modello che sono allineate con vertici coincidenti o che hanno vertici molto vicino ad esserlo. Forse questi elementi separati prima erano uniti, o erano il risultato di un oggetto booleano e provengono da un altro programma che non supporta la funzione di saldatura delle mesh. In questi casi è meglio scegliere Select All e saldare con una soglia bassa. Per saldature precise si dovrebbe optare per Weld Target perché con questa opzione si è più certi di ottenere risultati positivi.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13
Compressione di vertici La funzione Collapse è distruttiva ma molto utile. Quando si fa clic su Collapse la selezione corrente di vertici è saldata in un unico vertice comune. Questa posizione è piuttosto prevedibile quando i vertici compressi sono complanari (figura 13.15). Quando non sono complanari la posizione mediata del nuovo vertice saldato in genere provocherà un “incavo” sulla superficie. Diversamente da Edge e da Face Collapse, Vertex Collapse non lavora su un unico vertice perché non c’è niente con cui mediare. In realtà Edge e Face Collapse sono insiemi più ampi di Vertex Collapse e agiscono su due e tre vertici rispettivamente.
■ Figura 13.15 Compressione di un insieme complanare di vertici
Collapse salda ogni vertice selezionato indipendentemente da quanto sono spaziati o dal fatto che appartengano a elementi separati. Questa caratteristica è illustrata nella figura 13.16 dove il vertice centrale di ogni faccia è stato selezionato per la compressione. Il solo caso in cui Collapse considera le selezioni separatamente è quando si applica un modificatore EditMesh a una selezione di oggetti e ogni oggetto viene saldato separatamente.
■ Figura 13.16 Compressione di insiemi separati di vertici in un unicoinsieme
Collapse può anche essere utilizzato come un metodo veloce per saldare elementi su un punto comune (figura 13.17). Questa capacità sottolinea il fatto che Collapse può essere utilizzato per posizionare importanti punti di costruzione grazie al modo in cui fa la media delle differenze; per esempio può essere stabilito un punto mediano dalla compressione di due vertici. Creare vertici isolati da comprimere per trovare questi punti non è operazione rara. Allo stesso modo, il modificatore EditMesh può essere eliminato dopo che altri oggetti sono stati allineati a vertici compressi.
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■ Figura 13.17 Compressione di vertici da elementi separati in un unico vertice
Distacco dei vertici L’opzione Detach applicata ai vertici stacca o “rompe” i vertici e ogni faccia da essi definita dalla mesh in un oggetto nuovo. L’effetto di questo comando è simile al comando Detach per le facce, con la differenza che quando si staccano i vertici si è più certi dello scopo della mesh. È piuttosto facile mancare una faccia oppure non selezionare una la cui normale non era di fronte all’operatore. Con i vertici si sicuri che si sta definendo l’intera mesh. Se si vuole staccare i vertici e non le facce è necessario clonare la selezione invece di staccarla. Per realizzare la clonazione è necessario eseguire una trasformazione (quasi sempre Move) e premere il tasto MAIUSC. Questo offusca il vertice senza facce. Durante la clonazione è possibile rendere la selezione un nuovo oggetto. Se la selezione di vertici clonati viene trasformata in un nuovo oggetto non si è più in grado di costruire facce su di esso dall’oggetto originale. Se non si crea un nuovo oggetto i nuovi vertici rimangono selezionati per poter essere manipolati. Diversamente dal distacco, la clonazione non impedisce ai vertici di spostarsi automaticamente. Per essere certi che i nuovi vertici non si spostino attivare lo snap, premere MAIUSC e fare clic una volta sulla selezione.
Cancellazione di vertici La cancellazione dei vertici è un metodo veloce per eliminare sezioni di mesh indesiderate perché tutto viene cancellato e non si viene rallentati nel lavoro a cause di continue richieste. Cancellando il vertice centrale dell’occlusione di un cilindro, per esempio, la si cancella interamente. Questo risultato non è così strano se si pensa che il criterio per realizzare una selezione intersezione di facce è comprendere tutti vertici. Anche in questo caso, il tasto CANC è l’alternativa da tastiera alla funzione Delete.
Modellazione con le facce Le facce sono il secondo elemento fondamentale dell’editing mesh. La manipolazione della posizione delle facce è un’operazione simile alla manipolazione dei vertici in set di tre ma le facce definiscono la posizione del limite delle facce; le facce definiscono una normale direzionale e una superficie che può avere assegnazioni di materiale, mappatura e smusso. Quando si esegue l’editing dei vertici si esegue la modellazione della forma dell’oggetto e si agisce solo sulla posizione. Quando si esegue l’editing delle facce si agisce anche sul modo in cui la superficie riflette le luci.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.13 Ridurre la tendina MODIFIERS permette di ottenere un prezioso pannello COMMAND, molto utile quando si lavora a livello di faccia. Se si utilizza l’alternativa di tastiera per la modalità SubObject, è possibile ridurre anche la tendina M ODIFIER STACK.
Livello Face Il livello Face (figura 3.18) fornisce diverse modalità per la selezione e la manipolazione delle facce. Navigare a livello Face – una delle tendine di 3D Studio MAX più lunghe – può rapidamente divenire un’arte. Ma c’è una ragione per cui la tendina è così lunga: le facce hanno molte proprietà e non è possibile modificare una faccia senza almeno pensare alle ramificazioni per eseguire il rendering della superficie. Quando si manipolano le facce in realtà si sta lavorando con i vertici in insiemi di tre quindi quasi tutto ciò che si è appreso con la modellazione dei vertici è direttamente applicabile alla modellazione delle facce.
■ Figura 13.18 Tendina Edit Face di EditMesh e di EditableMesh
Selezione delle facce È possibile selezionare le facce in molti modi diversi: singolarmente, per porzioni, per estensioni di mesh, per relazioni complanari o anche per assegnazioni di materiale e di smusso. Selezionare il metodo più veloce e preciso fra tutte queste possibilità rientra nella capacità di eseguire una buona modellazione. Anche in questo caso, i metodi di selezione servono a controllare i risultati dell’oggetto selezionato; la modalità di selezione corrente non incide mai sul risultato delle funzioni conseguenti.
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La selezione delle facce si suddivide in tre categorie: faccia, poligono ed elemento. La selezione Face seleziona un’unica faccia triangolare ed è il metodo di selezione più veloce, anche rispetto a Polygon o Element quando si lavora con mesh molto grandi. La selezione Face visualizza tutti i bordi delle facce selezionate anche se generalmente non visibili. La selezione Polygon seleziona facce saldate che non sono separate da bordi visibili e rientrano nel valore Planar Threshold. Spesso è più opportuno selezionare per poligoni e poi passare alla modalità Face Select per visualizzare ogni bordo della selezione. La selezione Element seleziona tutte le facce che possono tracciare un percorso di vertici condivisi (saldati). la selezione Element ignora la visibilità dei bordi e Planar Threshold, occupandosi solo delle estensioni mesh. La selezione Element è sempre in modalità Crossing. La selezione By Vertex cambia il modo in cui la selezione viene valutata. Quando By Vertex non è attivata (condizione di default) è necessario fare clic (o circondare) un vertice del sub-oggetto desiderato allo scopo di selezionarlo. L’attivazione dell’opzione By Vertex riguarda essenzialmente le selezioni di finestre perché non c’è più una selezione iniziale la prima volta. Quando By Vertex è attiva la selezione viene fatta rispetto ai vertici e in questo modo viene rispettata la condizione di non visibilità dei vertici. Questa situazione è la sola in cui la condizione di non visibilità di un livello di selezione nel influenza un altro. Ogni volta in cui si seleziona e si trascina si dà inizio a una selezione parziale. La forma della selezione viene controllata dal pulsante a bandierina della barra degli strumenti. Può essere rettangolare, circolare o perimetrale. Il cambiamento della forma Region è un’operazione normale e costituisce un’alternativa di tastiera molto conveniente. La selezione Region lavora di pari passo con i metodi di selezione Window e Crossing. Una selezione Window deve circondare l’intera geometria della selezione: tutti e tre i vertici di una faccia o tutti i vertici di un poligono. Una selezione Crossing deve circondare un unico vertice per selezionare ogni faccia, poligono e elemento che condivide quel vertice. La modalità Crossing è molto utile per le selezioni rapide mentre quella Window è migliore per selezioni più accurate. La modalità di selezione Window non è omogenea. Gli elementi ignorano sempre Window e utilizzano sempre la modalità Crossing mentre i poligoni irregolari spesso non necessitano di essere completamente circondati per essere selezionati. Inoltre l’opzione By Vertex ignora la modalità Window e realizza tutte le selezioni in modalità Crossing. Le selezioni Region si proiettano nella finestra e selezionano le facce che potrebbero non essere viste; non c’è filtro per le facce posteriori. Di conseguenza è buona norma verificare sempre la selezione in diverse finestre per confermare ciò che è stato selezionato. L’opzione Axis Tripod è un segnale affidabile per individuare una selezione non voluta. Se l’asse non è correttamente centrato oppure se compaiono più assi con molta probabilità si è eseguita una selezione maggiore di quella voluta. Quando si utilizza l’opzione By Vertex la condizione di non visibilità dei vertici viene rispettata e le loro facce sono escluse dalla selezione.
L’opzione By Vertex diventa molto importante quando le selezioni Region sono eseguite con una mesh. Senza di essa al primo clic del mouse per definire la porzione selezionerà
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CAP.13 la faccia, il poligono o l’elemento, risultato raramente voluto. Con By Vertex attivata, il primo clic del mouse non selezionerà niente e quindi la selezione Region eseguirà una selezione precisa dei vertici circondati. L’opzione By Vertex ignora lo stato del pulsante Window/Crossing e immette sempre in modalità Crossing.
Quando si lavora con grandi mesh la risposta interattiva può sembrare lenta quando si spostano le selezioni, le facce o gli elementi perché tutte e quattro le finestre sono state aggiornate per la mesh. Per ottenere la velocità massima disattivare tutte le finestre in modo che venga aggiornata solo quella attiva, dopodiché sarà possibile fare clic con il tasto destro del mouse in un’altra finestra per vedere il risultato. In genere si lavora interattivamente fra i livelli di selezione Face e Vertex. In questo caso è bene ricordare che quando si selezionano le facce i loro vertici non vengono selezionati.
Nascondere le facce Nascondere le facce è un’operazione più efficace dell’eliminarle dalla vista. Quando sono nascoste, le facce non sono più selezionabili e non sono più interessate dalle operazioni dell’utente. Nascondere le facce è un estremo ma prezioso strumento quando si vogliono proteggere alcune zone della mesh dalla selezioni o dalle modifiche, soprattutto quando si stanno selezionando o modificando facce vicine. Le facce nascoste possono inoltre essere utilizzate per isolare zone della mesh dalle operazioni relative a vertici e bordi. Benché le facce siano protette all’interno dell’Edit Modifier, possono esser interessate da modificatori aggiunti in un secondo tempo all’elenco. Volume Select non ignora le facce che invece vengono sempre interessate dalle operazioni relativi agli oggetti. Dopo avere nascosto le facce è possibile scegliere Select All per selezionare tutte le facce rimanenti ed eseguire un’operazione senza coinvolgere le facce nascoste. Le facce nascoste sono interessate solo quando i vertici su cui sono costruite vengono modificati. Se si trasformano le facce che sono saldate alle facce nascoste, i vertici saldati delle facce nascoste vengono a loro volti trasformati. I vertici che appartengono unicamente alle facce nascoste non possono essere influenzati quando sono al livello Face. La figura 13.19 mostra come, con una selezione di facce nascoste, le facce rimanenti si sono spostate con il risultato che le facce sono state allungate. È bene nascondere le facce quando si assegnano ID (numeri identificativi) di materiali dei sub-oggetti e gruppi di smusso. Dopo avere assegnato selezioni realizzate in modo accurato, nasconderle e procedere con la selezione delle successive senza temere di incidere su quelle appena assegnate. Nascondere le facce rende le selezioni successive più veloci perché ci sono molte meno facce da gestire. Le facce nascoste non incidono sullo stato di selezione né sugli elementi. Se le facce erano elementi prima di essere nascoste, rimangono elementi anche dopo.
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■ Figura 13.19 Effetto prodotto dalla trasformazione di facce visibili sulle facce nascoste con cui condividono i vertici
Trasformazione di facce Le trasformazioni della barra degli strumenti Move, Rotate e Scale sono i metodi principali per la manipolazione delle facce. Trasformare le facce è un’operazione molto simile a spostare, ruotare e scalare le equivalenti selezioni dei vertici ma con una grandissima differenza: le facce consentono di trasformare sui centri individuali, se si utilizza EditMesh. Questa capacità è una delle differenze fondamentali fra EditMesh e EditableMesh. Con EditMesh quando si è in modalità [Pivot Point Center] ogni selezione di facce determina il proprio sistema di coordinate basato sulle normali mediate della selezione. Questo consente di spostare, ruotare e scalare selezioni di facce non contigue in un’unica operazione come se le si stesse manipolando una alla volta. Spesso è più opportuno avvalersi del sistema di coordinate locale quando si utilizza il centro del punto di rotazione sulle selezioni delle facce. Questa opzione garantisce che l’orientamento degli assi delle selezioni sia omogenei, con l’asse delle Z sempre rivolto lungo l’asse della normale.
Creazione di facce Le facce possono essere create in molti modi all’interno del livello Face. Possono essere estruse, tassellate, clonate e persino costruite una per volta. Di queste opzioni Extrude è la più efficace, Build la più comune e Tessellate la più efficiente nel conteggio delle facce.
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CAP.13
Estrusione di facce La funzione Extrude crea facce spostando le facce selezionate verso l’esterno e costruendo lati o “pareti” che connettono la selezione e il suo perimetro. Facendo clic su Extrude si passa in modalità di estrusione e si esce dalla trasformazione corrente. Il modo migliore di uscire dalla modalità Extrude è fare clic sul pulsante voluto della barra degli strumenti. Se si esce dalla modalità facendo clic su Extrude automaticamente si cambia la barra degli strumenti in Move anche se in precedenza si era in Pick, Rotate o Scale. Extrude è una delle rare funzioni di 3D Studio MAX che consente veramente di definire il suo risultato all’interno della finestra. In Extrude il cursore si trasforma in un’icona Extrude quando si trova su una selezione. In questo modo è possibile definire l’estrusione trascinando il cursore; la casella Amount riporta l’altezza dell’estrusione. Il modo più veloce di utilizzare Extrude è utilizzare il campo Extrusion con una selezione: in questo modo si estrudono le facce ma non si altera lo stato della barra degli strumenti. È possibile spostarsi da Extrusion a Transforms in tempo reale. Un’estrusione non può essere regolata. Dopo essere stata realizzata un’estrusione è già impostata. Cercare di regolare un’estrusione genera un’ulteriore estrusione sulla stessa selezione. Quindi si dovrebbe analizzare attentamente un’estrusione prima di agire sulla freccia dell’interruttore incrementi o di trascinare il cursore. Regolare una estrusione esistente permette di risparmiare tempo quando si vogliono dare rapidamente segmenti successivi a un’estrusione. La figura 13.20 mostra come assegnare agli oggetti estrusioni sequenziali per aggiungere segmenti.
■ Figura 13.20 Utilizzo di estrusioni multiple per aggiungere segmenti di altezza
Extrude sposta la selezione delle facce sulla base della normale mediata. Se la selezione è piatta/complanare (probabilmente il risultato della selezione di un poligono), l’estrusione è perpendicolare al piano. Se la selezione non è complanare, le normali delle facce selezionate sono mediate e l’estrusione segue questo vettore. Selezionando i lati adiacenti di un parallelepipedo, per esempio, si estrudono i lati a 45 gradi. Per risultati controllati, è meglio utilizzare Extrude con selezioni complanari. La funzione Extrude ignora lo stato del centro di selezione della barra degli strumenti e lo considera sempre come se si stesse utilizzando il centro del punto di rotazione. Ogni selezione non contigua di facce ha la sua normale. È possibile realizzare selezioni non contigue ed estruderle tutte contemporaneamente; dette selezioni si comportano come
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se in realtà le si estrudesse singolarmente. La figura 13.21 mostra la creazione di una forma complessa attraverso una serie di estrusioni e di trasformazioni Scale non uniformi e intermedie su selezioni non contigue.
■ Figura 13.21 Utilizzo di Extrude e di una scalatura non uniforme su una primitiva ottagono
Le normali alle facce estruse sono rivolte verso l’esterno (Face Outward) se l’estrusione è positiva, e verso l’interno se è negativa. Le coordinate di mappatura sono “allungate” lungo la lunghezza dei nuovi lati. In genere è meglio applicare la mappatura dopo un modificatore EditMesh a causa di tutti i cambiamenti di topologia che si possono realizzare. Quando si applica un modificatore EditMesh a una forma vicina (Text, per esempio) la forma viene immediatamente ricoperta con una mesh. La funzione Extrude può essere poi utilizzata per dare profondità rapidamente in modo molto simile a quanto avviene con il modificatore Extrude. Al contrario del modificatore Extrude, tuttavia, con la funzione Extrude la copertura non viene creata sull’altro lato. La funzione Extrude, quindi, è molto utile quando la forma è già una mesh (attraverso una compressione o un’importazione da un altro programma) e si vuole che il risultato del modificatore Extrude fornisca forme chiuse. Le forme piatte talvolta contengono angoli particolari e facce che provocano estrusioni non corrette se si esegue Select All. Se si verifica questo errore, la selezione delle facce per poligono in genere produce una estrusione corretta.
Tassellatura di facce La tassellatura è utilizzata principalmente per incrementare la densità delle mesh; viene utilizzata solo su zone selezionate per creare facce e vertici aggiuntivi da manipolare o per incrementare il dettaglio complessivo per i modificatori futuri. Per esempio, una mesh potrebbe non avere abbastanza segmenti da curvare in modo corretto, oppure un modificatore Displace potrebbe richiedere una mesh più densa per ottenere più dettaglio per la sua bitmap di spostamento. Le facce tassellate assumono il gruppo di smusso del loro principale. Se si utilizza la tassellatura Edge con Tension, è necessario esaminare la geometria risultante per vedere se è in corso un’operazione AutoSmooth. I nuovi bordi creati da facce tassellate sono sempre visualizzati , indipendentemente dalla visibilità del principale. Utilizzando AutoEdge con un valore pari a 1 dopo la tassellatura si ripulisce l’aspetto della mesh
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CAP.13 rendendo invisibili i bordi complanari. Le facce create per la tassellatura assumano l’assegnazione di materiale e le coordinate di mappatura delle facce originali. La sola volta in cui si verifica un cambiamento rilevante è quando la mesh viene assegnata al materiale/mappa di una faccia. L’opzione Face-Center di Tessellation divide ogni faccia selezionata in tre facce. I nuovi spigoli dividono gli angoli della faccia originale in due parti uguali e il nuovo vertice è il centroide originale della faccia. Le facce create con questa opzione sono sempre complanari con le facce selezionate in origine. Questo metodo crea un interessante modello che può essere utile in quanto tale (figura 13.22). Applicazioni ripetute di FaceCenter continuano ad aggiungere densità alla stessa porzione selezionata: la zona interessata non cresce nello stesso modo in cui cresce la tassellatura.
■ Figura 13.22 Tassellatura con FaceCenter su una geometria
Il metodo Edge di Tessellation suddivide ogni faccia selezionata in quattro parti dividendo ciascun angolo a metà e connettendo i nuovi vertici con una faccia centrale. Se il bordo è condiviso con un’altra faccia l’aggiunta dei nuovi vertici obbliga la faccia a dividersi in due facce. Questo spiega come la tassellatura del bordo propaga il suo effetto alle facce adiacenti. Può sembrare che tale propagazione crei più facce del necessario ma in realtà le facce adiacenti sono necessarie per evitare una cucitura. Lo smusso non può verificarsi fra vertici adiacenti che non condividono due vertici. la figura 13.23 mostra la tassellatura della parte superiore di un vaso che consente di eseguirvi la modellazione di un bordo circolare.
■ Figura 13.23 Tassellatura di un bordo su porzioni specifiche per lamodellazione
Il metodo Edge funziona anche con il valore Tension (che diventa grigio quando Face-Center è attivo) che controlla la posizione dei nuovi vertici creati. I vertici delle facce originali non sono interessati quando i nuovi vertici si proiettano all’infuori, o si “gonfiano”, con tensione positiva, e quando si proiettano all’interno, o si “sgonfiano”, con tensione
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negativa. Tension è un valore compreso fra -100 e 100, dove 0 non ha effetti. Se si vuole che le facce tassellate rimangano complanari (come con Face-Center) utilizzare un valore Tension pari a 0. Senza Tension, la tassellatura aumenta solo la densità della mesh; non incide sul profilo. Se l’oggetto ha delle curve è bene che i nuovi vertici si uniformino alla curva proiettata. Il valore di riferimento (e di default) per Tension è +25. Questo valore proietta i vuoi vertici in direzione di un cerchio o di una sfera. Quando Edge tassella un’intera sfera con una tensione di +25 questa operazione ha lo stesso effetto della duplicazione della sua segmentazione (figura 13.24). La scelta corretta del valore di Tension dipende dalla curvatura della geometria. Eseguire più tassellature, soprattutto con valori Tension estremi, è un ottimo metodo per “spiegazzare” e inasprire una superficie.
■ Figura 13.24 Tassellatura di sfere con un valore Tension di 25
16
32
64
8
16
32
Segmenti sferici
Segmenti sferici e tassellatura Edge
I nuovi vertici proiettati dal valore Tension eseguono questo per produrre una curva lungo la superficie delle facce interessate. La figura 13.25 mostra la propagazione di tassellature di bordi successive in cui la superficie non viene deformata sino a che raggiunge l’angolo e presenta delle facce fra cui mediare una curva. Il modificatore MeshSmooth (introdotto con la versione 1.1) fornisce un metodo ottimale per aggiungere densità alla mesh con una curvatura che è più preciso del metodo della tassellatura con Tension. Una tecnica utile da utilizzare quando si tassellano le mesh è selezionare i vertici delle facce prima di tassellarle. Dopo la tassellatura questa selezione di vertici originali può
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CAP.13 essere utile per controllare la superficie in quanto consente di spostare o scalare i vertici originali o di invertire la selezione e manipolare i nuovi vertici. Eseguire una scalatura uniforme sulla selezione dei vertici invertita ai fini pratici è spesso simile a utilizzare il controllo Tension. La figura 13.26 mostra un esempio di una figura Geosphere in cui si selezionano tutti vertici, si tassellano tutte le facce e si scala la selezione originale dei vertici verso l’interno.
■ Figura 13.25 Propagazionedi tassellature di bordi successive
■ Figura 13.26 Creazione di una palla ad aculei con una scalatura dei vertici eseguita dopo la tassellatura
Costruzione di facce L’opzione Build Face consente di creare facce triangolari , una per una, sopra facce esistenti. Facendo clic su Build Face si passa in una modalità per attaccare delle facce, che in 3D Studio MAX è la sola possibilità per creare facce manualmente. Questa modalità sforma la visualizzazione dei vertici in tick in modo che i vertici di destinazione siano facilmente visibili. La costruzione delle facce è una procedura del tipo “unisci-i-punti” che utilizza tre vertici per definire la nuova faccia. Tutti e tre i vertici devono appartenere allo stesso oggetto
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e non devono essere nascosti per essere utilizzati in quanto solo i vertici visibili dell’oggetto selezionato sono visualizzati come tick. La costruzione delle facce non crea né altera i vertici quindi le nuove facce sono automaticamente saldate alle facce che già condividono i vertici. Il cursore cambia in una croce di collimazione ogni volta in cui si trova su un vertice valido. La selezione dell’ultimo vertice di una faccia “scheggiata” può risultare difficile in quanto il triangolo elastico si rastrema in un punto così tagliente. Nella costruzione di tali facce, sarà più semplice selezionare prima il lato più lungo e poi ridurre l’acutezza del triangolo elastico. Con molta probabilità sarà necessario eseguire uno zoom ravvicinato e poi una panoramica durante la costruzione per verificare di avere centrato i vertici giusti. La direzione normale della nuova faccia è dettata dall’ordine di selezione dei tre vertici. Selezionare i vertici in senso antiorario rende la facce visibili all’utente mentre una selezione in senso orario rivolge le facce in direzione opposta all’utente. Talvolta è più conveniente costruire facce con il comando Backface disattivato allo scopo di vedere entrambi i lati della mesh e di non dovere tenere conto dell’orientamento dalla normale della faccia e dell’ordine in cui si selezionano i vertici. Dopo aver finito, attivare di nuovo la modalità Backface e rovesciare le normali non corrette oppure unificare le mesh. La facce nuove ricevono le assegnazioni di default dell’ID del materiale e, se una mappatura è assegnata alla mesh, anche le coordinate di questa. Le nuove facce tuttavia sono prive di gruppi di smusso. Anche se l’assegnazione dell’ID del materiale spesso è corretta, la mappatura e la mancanza di smusso non sono quasi mai la condizione desiderata. In genere si tenderà a completare la costruzione della faccia e poi ad assegnare le corrette coordinate di mappatura e smusso. Per ognuno dei tre vertici esistono due facce: una per ogni direzione, con normali di faccia opposte. Se si cerca di creare una faccia che già esiste, compare la finestra di avvertimento della figura 13.27 e non è possibile proseguire nella creazione. Questo divieto esiste poiché le mesh con facce duplicate causano problemi fra i quali anomalie nel rendering e operazioni booleane inefficaci.
■ Figura 13.27 Messaggi che avvertono del tentativo di creare una faccia preesistente
Topologia di faccia Diverse sono le funzioni che consentono di cambiare la topologia di superficie della mesh per mezzo di esplosione, distacco, compressione, complanarità e cancellazione. Queste funzioni tendono ad essere distruttive e sono utilizzate essenzialmente quando si vuole cambiare in modo sostanziale la superficie del modello.
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CAP.13
Esplosione di facce Face Explode può essere considerato un strumento per aprire o sezionare le mesh. Explode separa le mesh creando vertici duplicati e dissaldando le facce. La possibilità che la mesh esplosa generi facce o elementi dipende dal valore impostato di Angle Threshold. Le facce le cui relazioni angolari reciproche rientrano in Angle Threshold formano elementi nei quali eseguire esplosioni. Un angolo di 0 gradi esplode tutte le facce mentre un angolo di 180 gradi rompe gli oggetti in elementi. Se questa opzione viene applicata a un cubo, per esempio, un limite di angolo di 90 gradi lascia il cubo intatto mentre 89 gradi lo separa in sei elementi (uno per ogni lato), e 0 gradi lo separano in facce individuali. Quando si ha una certa dimestichezza con l’analisi del limite di angolo utilizzare Explode per separare porzioni del modello da utilizzarsi come pezzi in altre situazioni. La possibilità di esplodere in oggetti o in elementi non è altro che questo. Se si vuole che i pezzi esplosi abbiano un proprio editing e una traccia di animazione scegliere di esplodere in oggetti; se si vuole che i pezzi esplosi rimangano nello stesso oggetto è bene esplodere in elementi. Esplodere un oggetto con un limite di angolo di 180 gradi divide ogni elemento in un nuovo oggetto il che permette di risparmiare tempo quando si vogliono dare a molti oggetti nomi sequenziali. Per fare questo è sufficiente attaccare tutti gli oggetto a uno (utilizzare l’opzione Attach Multiple di EditableMesh), selezionare tutte le facce e esplodere con 180 gradi l’oggetto. Ogni oggetto sarà così nominato in modo sequenziale. È bene ricordare che quando si utilizza EditMesh, la storia delle azioni svolte viene mantenuta con il modificatore. Se si esplode un oggetto in altri oggetti è possibile in un secondo tempo cancellare il modificatore EditMesh: l’oggetto originale ricomparirà intatto mentre gli oggetti creati dall’esplosione rimangono. Questo è un metodo per separare delle porzioni da un modello senza danneggiare l’originale.
Distacco di facce La funzione Detach viene utilizzata per creare nuovi oggetti da pezzi dell’oggetto selezionato. L’intera selezione diventa un solo oggetto anche se composto di numerosi elementi. Il nuovo oggetto eredita l’orientamento del riquadro di delimitazione dell’oggetto originale. Per distaccare delle facce da un elemento senza realizzare un oggetto esplodere la selezione di faccia con un limite di angolo di 180 gradi. Questa procedura consente anche di creare oggetti multipli in una sola operazione.
Compressione di facce La funzione Collapse semplifica una mesh utilizzando un metodo particolare per cancellare le facce. Le facce selezionate vengono cancellate e sostituite da un vertice centrato. Ogni faccia adiacente che condivide un vertice con una faccia cancellata viene allungata (e saldata) nella nuova posizione del vertice. Se una faccia adiacente condivide due vertici
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con una faccia cancellata (un bordo) viene cancellata. Comprimere un’unica faccia può cancellare un massimo di quattro facce alla volta: la faccia compressa e tre facce con bordi condivisi. Comprimere una selezione di facce genera una riduzione della faccia modello molto rapida e nello stesso tempo conserva una superficie mesh che è particolarmente utile per eliminare le facce complanari. La compressione di facce adiacenti ad angoli tira le facce dai lati adiacenti. Come mostra la figura 13.28, è possibile “scalpellare” dagli angoli con una certa facilità.
■ Figura 13.28 “Cesellare” una mesh comprimendo le facce selezionate
Collapse considera la selezione un’unica selezione, anche se non è contigua, proprio come succede con Vertex Collapse. Con le selezioni non contigue, il vertice compresso viene sempre posizionato mediando le posizioni di ogni faccia selezionata. Questo non sempre è auspicabile a meno che non si stia pianificando con attenzione la compressione analizzando dove si troverà il vertice risultante. In quasi tutti i casi di modellazione, sarà bene limitare la compressione a una selezione contigua. Collapse viene spesso utilizzato come strumento per scolpire in quanto agisce come un cesello che “scheggia” lungo il profilo di una mesh e un conteggio faccia. È meglio utilizzare Collapse su mesh che contengono un grande numero di facce con cui lavorare. La funzione si può rivelare utile su panorami generati in modo frattale e su mesh organiche che è necessario rifinire e individualizzare. Quando questa funzione viene utilizzata su una mesh con una superficie regolare fornisce punti riuniti dove vengono posizionati i nuovi vertici. Per ulteriori informazioni ed esempi su Vertex Collapse consultare i paragrafi precedenti.
Realizzazione di facce planari La funzione Make Planar esamina le normali della faccia selezionata e determina una media basata sulle dimensioni complessive della loro faccia (per esempio le facce ad angolo retto con un’altra faccia formeranno solo un angolo di 45 gradi se sono della stessa dimensione. Le facce sono quindi ruotate per allinearsi sullo stesso piano. La figura 13.29 mostra come anche le selezioni di facce non contigue sono angolate in modo da formare un piano comune. Questa funzione in genere viene utilizzata per appiattire le irregolarità in quello che dovrebbe essere un piano piatto. Con la pratica, la funzione Make Planar può essere utilizzata per creare relazioni planari fra diversi elementi per stabilire importanti relazioni più velocemente. (figura 13.30). Utilizzare Make Planar su un’intera mesh per appiattire la mesh. In questo modo si può creare un interessante effetto di morphing per un’animazione.
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CAP.13 ■ Figura 13.29 Utilizzo di Make Planar per allineare le facce su un pianocomune
■ Figura 13.30 Utilizzo di Make Planar per allungare gli elementi verso un piano comune
Cancellazione di facce La funzione Delete esegue esattamente ciò che indica il suo nome: elimina, proprio come il tasto CANC. Il risultato di Delete è decisamente ovvio a eccezione di quanto accade nel caso di facce nascoste. Subito dopo che una selezione viene nascosta, il suo perimetro rimane evidenziato in rosso perché le facce nascoste sono ancora soggette alla selezione e verranno cancellate se si preme il tasto CANC o si fa clic su Delete. Le facce che sono nascoste ma non ancora cancellate possono agire come una specie di “anteprima” di cancellazione. È possibile nascondere le facce e aggiungerle alla selezione tenendo il tasto CTRL premuto. È possibile continuare a selezionare le facce nascoste costruendo allo stesso tempo una selezione “nascosta”. Dopo avere preso confidenza con i risultati di questa operazione visualizzati in finestra, premere CANC per eliminare quanto era nascosto.
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Controllo di superfici con le facce Ciò che realmente viene definito dalle facce sono le superfici che riflettono la luce. Il colore delle luci dipende dal materiale ad esse assegnato e dal colore della luce che le illumina. Se nessun materiale è stato assegnato la luce verrà riflessa dal colore dell’oggetto. Il modo in cui il colore è ombreggiato sulla superficie è a sua volta controllato dallo smusso. Se non smussata ogni faccia riflette la luce come un piano indipendente. Se è smussata con facce adiacenti sulla stessa mesh, i bordi condivisi sono smussati e la geometria avrà un rendering più arrotondato di quanto non sia realmente.
Smusso di facce L’utilizzo corretto dei gruppi di smusso può rendere un modello semplice intricato e un modello complesso perfetto mentre l’utilizzo non corretto dei gruppi di smusso provoca strane striature e elimina il dettaglio. Assegnando con attenzione i gruppi di smusso alle facce selezionate all’interno di una mesh è possibile creare modelli corretti dal punto di vista economico e visuale. I concetti di base dello smusso rispetto agli oggetti sono descritti nel capitolo 7; tuttavia è anche importante comprendere come assegnare lo smusso a livello di facce se la mesh non è per niente irregolare. Lo smusso è un’illusione di rendering che cerca sempre di approssimare l’ombreggiatura della stessa forma: una sfera. Non esistono “gradazioni” di smusso. Le facce sono smussate oppure non lo sono.
Capire lo smusso delle facce Lo smusso può essere applicato solo fra facce saldate e quindi non è previsto fra elementi né fra oggetti. Le facce continueranno a smussarsi fra di loro fino a che potranno tracciare una linea di facce saldate che contengono lo stesso gruppo di smusso. Ogni faccia a cui sono stati assegnati uno o più gruppi di smusso verifica ogni vertice condiviso per vedere se la faccia adiacente è saldata possiede un gruppo di smusso corrispondente. Se una corrispondenza viene trovata si verifica lo smusso fra le due facce. Corrispondenze multiple dei gruppi di smusso non hanno effetto sulla quantità di smusso perché non ci sono “gradazioni” di smusso. Una superficie è smussata oppure non lo è. Assegnare a una faccia più di un gruppo di smusso determina solo la corrispondenza della faccia con molti più gruppi su altre facce. Se non si trovano corrispondenze si produce un bordo fra le facce se queste non sono complanari. La funzione di smusso cerca sempre di approssimare l’effetto di una forma sferica. La figura 13.31 mostra come le facce di smusso che si incontrano ad angoli più acuti di 60 gradi possono risultare in effetti poco realistici perché il programma cerca di smussare gli angoli in modo sferico. Gli oggetti con angoli acuti in questa figura mostrano uno smusso anomalo sulle superfici verticali perché l’ombreggiatura è tirata diagonalmente lungo i lati dalla mesh. Man mano che la mesh acquisisce più lati e quei lati diventano progressivamente più piccoli, l’illuminazione diagonale diventa più acuta nell’angolo e si
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CAP.13 avvicina a una verticale mostrando uno smusso più naturale. Di regola, gli angoli di smusso più acuti di 120 gradi (che corrisponde a un Angle Threshold di 60) producono risultati non desiderati.
■ Figura 13.31 Smussatura dei lati di diverse mesh angolari (il solido superiore e quello inferiore non hanno assegnazioni di smussatura)
Funzione AutoSmooth La funzione AutoSmooth fornisce il metodo più semplice per l’assegnazione dei gruppi di smusso a una selezione di facce. AutoSmooth confronta il suo valore di Threshold all’angolo fra le facce saldate selezionate. Se l’angolo fra le facce saldate selezionate è inferiore ad Angle Threshold, AutoSmooth assegna un gruppo di smusso comune a queste facce. La funzione AutoSmooth permette di risparmiare molto tempo e funziona con quasi tutte le mesh. Alle facce complanari viene assegnato uno smusso unico per ogni faccia se il limite è pari a 0 gradi. Per esempio, un parallelepipedo riceve un gruppo di smusso per tutte le sue facce con un limite di 90 gradi, gruppi alternati per ogni lato con limiti compresi tra 0 e 90 gradi, e gruppi alternati per ogni faccia con un limite di 0 gradi. AutoSmooth è molto efficiente con le sue assegnazioni automatiche e in genere assegna il minimo indispensabile. Il parallelepipedo smussato riceve tre e non sei gruppi di smusso perché i tre gruppi possono alternarsi in modo che non si tocchino. Questa efficienza spesso rende le facce assegnate da AutoSmooth utili gruppi di selezione per altre operazioni. Se lo smusso non sembra eseguita correttamente verificare la costruzione della mesh. I vertici coincidenti o le facce adiacenti possono causare cuciture e le facce ridondanti possono causare irregolarità nel rendering come il “flashing“.
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AutoSmooth funziona meglio quando le facce della mesh formano angoli omogenei con le loro necessità di smusso. Una mesh che ha molte facce a 45 gradi, di cui alcune devono essere smussate ed altre devono rimanere acute, non è una buona candidata per AutoSmooth. Affinché AutoSmooth possa lavorare correttamente sulle mesh con transizioni di angolo variabili, spostare i vertici della zona angolare meno profonda (con lo snap) per creare angoli più acuti che sono più facilmente separabili dal limite d’angolo complessivo. AutoSmooth assegnerà a questo punto gruppi che corrispondono alle linee geometriche del modello. Dopo l’assegnazione è possibile rimettere i vertici spostati temporaneamente nelle posizioni originali. Un altra possibilità è distaccare le porzioni di faccia in elementi in modo che fra di essi non possa essere eseguito lo smusso. Anche se AutoSmooth lavora con le selezioni, è più efficace quando viene applicato a elementi interi. AutoSmooth inizia con il più basso dei 32 gruppi di smusso e prosegue in modo crescente. Eseguire diversi AutoSmooth su selezioni diverse nello stesso elemento aumenta la probabilità che i gruppi più diffusi e con numeri inferiori siano condivisi fra facce di operazioni separate. Questo provoca lo smusso dove potrebbe non essere voluta e con molta probabilità questo smusso non si sarebbe verificata se l’intero elemento fosse stato selezionato per l’operazione di AutoSmooth. Il momento migliore per eseguire AutoSmooth su una selezione è quando lo smusso è stato eliminato dall’intero elemento e si vuole eseguire AutoSmooth su parti discrete che non si incontrano. In questo modo i comuni gruppi di smusso non si toccano e non si verificano smussature non volute.
Identificazione di gruppi di smusso La serie dei 32 pulsanti dei gruppi di smusso è il primo indizio per identificare quali gruppi di smusso sono assegnati a quali facce. Quando si seleziona una faccia qualsiasi gruppo di smusso ad essa assegnato viene mostrato attraverso il relativo pulsante premuto. In una selezione di facce i pulsanti sono premuti se il gruppo è condiviso da tutte le facce, e il pulsante è grigio (ma non premuto) se il gruppo è assegnato solo ad alcune delle facce della selezione. Strane striature e bordi troppo scuri sono spesso segni di assegnazioni di smusso non corrette. Se un oggetto non sembra avere un rendering corretto, verificare se le assegnazioni dei gruppi di smusso sono appropriate. La funzione Select By Smooth Group presenta una finestra di dialogo (figura 13.32) che mostra ogni gruppo di smusso correntemente assegnato all’oggetto. Premendo un pulsante numerato e facendo clic su OK si selezionano tutte le facce assegnate a quel gruppo. L’opzione Clear Selection esegue un comando Select None e poi seleziona per i gruppi di smusso prescelti. Lasciando questa opzione disattivata si aggiunge la selezione per smusso alla selezione di facce corrente. È possibile selezionare tutte le facce che non hanno assegnazioni di smusso selezionando ogni gruppo di smusso e poi eseguendo il comando Invert Selection.
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CAP.13 ■ Figura 13.32 Finestra di dialogoSELECT BY SMOOTH G ROUPS
Assegnazioni di smusso manuali È possibile assegnare o revocare assegnazioni di gruppi di smusso a una selezione di facce con i 32 pulsanti Smoothing Group. Queste assegnazioni manuali consentono di avere un totale controllo dei risultati rispetto al metodo automatico di AutoSmooth. Per revocare un gruppo di smusso fare clic sul pulsante premuto relativo a quel gruppo. Se il pulsante è grigio e quindi indica un gruppo non comune a tutta la selezione, è necessario fare clic due volte: una per assegnare il gruppo all’intera selezione e un’altra per revocarlo. Quando si assegnano i gruppi di smusso è necessario tenere presenti alcuni punti relativi al modello della forma: quali pezzi dovrebbero essere rotondi nel rendering, quali sezioni dovrebbero avere bordi frastagliati, quali piani dovrebbero essere sfaccettati. Dopo avere preso le relative decisioni l’assegnazione manuale dei gruppi di smusso diventa uno studio della selezione delle facce. Quando si smussano forme intricate, per esempio un elaborato lavoro in ferro, in genere si eseguono selezioni multiple che riguardano porzioni, si eseguono deselezioni, si inverte, si nascondono facce. Una tipica strategia è di identificare prima le superfici piatte Le superfici piatte dovrebbero essere selezionate , assegnate a un gruppo di smusso unico e poi nascoste per consentire altre selezioni. Realizzare selezioni successive diventa un’operazione sempre più veloce perché ci sono meno facce non assegnate per ogni passaggio. Un altro metodo comunemente utilizzato consiste nell’eseguire Select All, poi eseguire AutoSmooth e infine correggere solo le facce non corrette. Le finestre di smusso ombreggiate riferiscono lo stato di smusso e un resoconto su come lo smusso è stato assegnato. Se si rileva la presenza di smussi errati, selezionare la faccia e verificare i relativi numeri di gruppo. Selezionate poi le facce adiacenti, confrontarle e decidere come procedere. Spesso la soluzione migliore è eliminare tutte le smussature da queste zone “difficili” e ricominciare le assegnazioni da capo. La scelta dei numeri dei gruppi di smusso non deve seguire criteri particolari; i gruppi sono stati previsti in un numero di 32 per facilitare l’organizzazione della selezione e per fornire un numero di gruppi sufficiente anche per i modelli più complessi. Non è necessario scegliere i numeri alti, o bassi, o consecutivi: si tenga presente tuttavia che in genere i numeri bassi vengono scelti da AutoSmooth e quindi è bene scegliere i numeri alti per evitare conflitti. La scelta di più gruppi in genere significa che la mesh è molto intricata o che si sono mantenuti gruppi separati da duplicare come insiemi di selezione. Alcuni operatori di modellazione assegnano lo stesso numero di gruppi di smusso a una determinata condizione geometrica così i gruppi diventano pratici metodi di selezione. Assegnare sempre il gruppo 32 alle parti superiori, per esempio, aiuterà a selezionare rapidamente le parti superiori in un secondo tempo. Lo stesso vale per svasature, lati, zone circolari e così via.
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Controllo delle normali di faccia Ogni faccia possiede una normale che si diparte in modo perpendicolare dal suo centro. La normale si allontana dal lato visibile della faccia. L’incapacità di vedere l’altro lato della faccia viene detta soppressione della faccia posteriore ed è un metodo utilizzato comunemente per velocizzare la grafica che nei rappresentatori di immagini interattivi e di produzione di 3D Studio MAX è la modalità di default. Le normali delle facce sono inoltre un’importante indicazione della geometria in quanto normali omogenee definiscono una direzione di superficie sia che si tratti di un volume interno, sia che si tratti di una superficie esterna. Per questa ragione le normali di faccia vengono utilizzate da diverse funzioni per le decisioni relative alla rappresentazione e alla modellazione. Una mesh con normali omogenee lungo le sue superfici è detta mesh unificata. Quando un oggetto sembra girato al contrario o rivoltato la causa in genere sono le normali capovolte. Mostrare le facce non correttamente è comune quando si lavora con superfici di rivoluzione. Quanto dovrebbe essere “dentro” viene portato “fuori” dalle normali (figura 13.33).
■ Figura 13.33 Impatto visivo delle normali invertite
Le normali sono responsabili di troppi effetti in 3D Studio MAX per essere ignorate. Con EditMesh le normali definiscono un centro del punto di rotazione della faccia, la direzione dell’estrusione e il limite d’angolo utilizzato da Explode, AutoSmooth e AutoEdge. Altri modificatori, come Optimize, Displace, MeshSmooth e Relax, calcolano i loro effetti con le normali. Avere normali unificate è importante quando si creano oggetti composti booleani. Alcuni materiali, comprese le mappe di faccia e molte composizioni procedurali, basano i loro risultati sulle normali di faccia. L’opzione che consente di ignorare le normali di faccia e di eseguire il rendering su entrambi i lati (con materiali a due lati o con l’opzione Renderer’s Force 2-Sided) non è la scelta migliore se si tiene conto di quante operazioni di modellazione dipendono da normali corrette. Spesso richiede meno tempo correggere le normali generate da una modellazione non ottimale piuttosto che utilizzare l’opzione 2-Sided, eseguire il rendering su facce aggiuntive, non utilizzare la soppressione della faccia posteriore e lavorare poi sul modello non corretto che ne deriva.
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CAP.13
Unificazione di normali La funzione Unify reimposta una selezione di normali di faccia secondo il default di 3DSMAX, è cioè riorientando le normali in modo che si presentino rivolte all’esterno rispetto al centro della selezione. Questa funzione è un metodo rapido per unificare uno stato di caos generale (che funziona bene con Select All) e dovrebbe essere il primo passo in caso di mesh non corretta. Affinché Unify funzioni correttamente è necessario che le facce della mesh e i vertici rispettino già la regola aurea relativa alla costruzione delle mesh, e cioè che ogni faccia che condivide un bordo con una faccia adiacente deve anche condividere due vertici. Si genera una certa confusione quando le facce adiacenti hanno vertici coincidenti e sembrano essere solo saldate. Se una mesh apparentemente costruita in modo corretto ha dei problemi con l’unificazione delle normali, verificare che i sui vertici siano davvero saldati e che non duplichino facce esistenti. Unify funziona meglio quando si ha l’intero elemento saldato e tale elemento ha un minimo di estremità aperte. Unificare le selezioni all’interno di un elemento non è altrettanto affidabile dell’unificare un intero elemento perché la selezione potrebbe non estendersi a sufficienza per dare a Unify un quadro chiaro della mesh. Le selezioni complanari si unificheranno ma la direzione in cui lo faranno ha il 50% di probabilità di essere sbagliata in quanto le facce complanari non hanno il senso della direzione.
Visualizzazione di normali L’opzione Show Normals visualizza le normali di ogni faccia selezionata come vettore azzurro/bianco. Questa designazione facilita l’individuazione di una normale con direzione non corretta. Quindi l’utilizzo di Show Normals per identificare le facce rivolte nella direzione sbagliata può rivelarsi più efficiente dell’esame di dette facce. Il parametro associato Scale, in Show Normals, scala le dimensioni del vettore della normale e non ha effetto sulla mesh. Con alcune geometrie può essere utile incrementare notevolmente Scale per vedere l’interazione delle normali (per esempio, le normali dell’interno di una cupola si intersecheranno nel centro della cupola). I vettori delle normali vengono solo visualizzati e non si possono manipolare direttamente (per farlo è necessario utilizzare la funzione Flip sulle facce selezionate).
Rovesciamento di normali L’opzione Normal Unify non funziona con tutte le mesh. Le mesh complanari, interne, rovesciate, o importate devono avere le loro normali regolate manualmente. Questo compito può essere veloce, per esempio quando le normali si trovano semplicemente rivolte nella direzione sbagliata, oppure piuttosto lento, per esempio quando la mesh è costruita in modo non corretto (spesso perché in un altro programma) e le normali sono disposte a casaccio. Un caso tipico si verifica quando si vuole vedere l’interno di un oggetto creato. Se si unifica la normale questa si dispone sempre rivolta verso l’esterno rispetto al centro della selezione, e si deve rovesciare manualmente l’intera mesh per disporle rivolte verso l’interno.
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Quando la mesh è unificata ma rivolta nella direzione sbagliata, selezionare per elemento o eseguire Select All e poi fare clic su Flip. Le normali in questo saranno rivolte nella direzione opposta. Questa procedura funziona bene con le mesh complanari, superfici di rivoluzione (per esempio un tornio) e oggetti concepiti per essere guardati dall’interno, tutti elementi che rovesciano rapidamente. Se la mesh ha normali casuali e non si unifica in modo omogeneo, probabilmente non è costruita in modo corretto (le facce che condividono i bordi non condividono anche due vertici). Questa situazione deriva quasi sempre da modelli importati realizzati altrove. Molti programmi di modellazione che creano file DXF (per esempio AutoCAD) non hanno un metodo per memorizzare le normali di faccia né i fondamenti della modellazione con le mesh. Quando sono presentate con un modello non corretto è necessario decidere, sulla base dei nuovi piani per il modello, se investire del tempo nel rovesciamento delle normali oppure no. Se si prevede semplicemente di assegnare mappatura, materiali e rendering probabilmente è possibile evitare di rovesciare le normali utilizzando i complessi materiali 2-Sides. Questa scelta ha implicazioni negative rispetto al tempo di rendering e alle esigenze di memoria. D’altra parte, se si prevede di eseguire della modellazione, soprattutto oggetti composti booleani, si dovrebbe investire del tempo per unificare le normali o correggendo la modellazione non convenzionale e utilizzando Unify oppure rovesciando le normali personalmente. Anche se rovesciare le normali può sembrare un compito facile, può essere al contrario piuttosto gravoso. Applicare e combinare diverse tecniche di selezione di faccia e visualizzare opzioni è il metodo usuale per affrontare questo problema. Applicare un tasto di scelta rapida alla soppressione della faccia posteriore è una scelta utile in quanto spesso sarà necessario confrontare le rappresentazioni rovesciate e quelle non rovesciate. È bene iniziare il rovesciamento delle normali nascondendo le zone delle mesh che hanno normali corrette. Se la maggior parte delle mesh rimanenti è rivolta nella direzione sbagliata, eseguire Select All e fare clic su Flip. In questo modo si lavorerà con meno della metà delle facce. Si proceda poi alla selezione delle facce che sono erroneamente rivolte verso l’operatore e rovesciare la selezione. Man mano che le normali della mesh diventano più unificate sarà più semplice rovesciare le facce che sono rivolte verso l’operatore piuttosto che quelle non rivolte verso l’operatore.: per fare ciò è possibile passare in un’altra vista oppure eseguire Select All e rovesciare l’intera mesh. Spesso è più semplice rovesciare tutte le normali della mesh nella direzione sbagliata e poi lavorare “all’indietro” rovesciando le facce che è possibile vedere. Dopo che le facce solitarie sono state rovesciate non è più possibile vedere la mesh, eseguire Select All e rovesciarla di nuovo per una mesh unificata.
Unificazione di normali e materiali 2-Sided Esiste sempre l’opzione 2-Sided per eseguire il rendering di entrambi i lati di una faccia e quindi evitare di perdere tempo per correggere le normali di faccia. Questo può essere realizzato per mezzo delle proprietà di un materiale, oppure il Rappresentatore può essere obbligato a trattare l’intera scena come scena 2-Sided. Questa scorciatoia di modellazione richiede comunque del tempo perché ogni faccia viene calcolata in entrambe del direzioni. Le esigenze di memoria dell’opzione 2-Sided hanno un impatto crescente se il rendering genera ombreggiature o riflessi di calcolo.
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CAP.13 Realizzare oggetti 2-Sided dà agli oggetti stessi l’aspetto di sfoglie infinitamente sottili, addirittura inesistenti talvolta, e che hanno uno strano effetto nel rendering. Poiché quasi tutto quanto viene costruito ha un certo spessore, si dovrebbe eseguire la modellazione all’interno e all’esterno dei modelli a meno che non siano realizzati in materiale sottile, per esempio come una banconota. Allo scopo di veicolare in modo credibile le proprietà naturali di taluni materiali, in particolare il vetro, è necessario utilizzare un materiale 2-Sided. Le mesh visibili su entrambi i lati e non abbastanza vicine nella scena per essere percepite, in quanto sono infinitamente sottili (foglie, bandiere, carta, stoffa e sacchetti) sono ottimi soggetti di materiali 2-Sided. Le parti posteriori che si riflettono negli specchi sono hanno ricevuto materiali 2-Sided per compensare il fatto di essere monofaccia. Agli oggetti complicati che impediscono un rendering corretto è possibile assegnare materiali 2-Sided in alternativa all’esecuzione del rendering dell’intera scena in modalità Force 2-Sided. È facile concludere che un materiale 2-Sided richiede solo il doppio delle risorse per il rendering rispetto a un materiale 1-Sided, quindi non rappresenta una spesa eccessiva. I fatti dimostrano, tuttavia, che le facce vengono calcolate dall’operatore di rendering circa quattro volte di più, per ogni ombreggiatura che produce luce e per ogni superficie riflettente all’interno della scena. Queste facce in più sono il risultato del rendering applicato a entrambe le facce di ciò che è rivolto verso l’operatore (2x) e poi applicato ad entrambi i dati di ciò che non è rivolto verso l’operatore (forse un 2x aggiuntivo, ma probabilmente di più).
Assegnazione di numeri idenficativi ai materiali Ogni faccia comincia, di default, con il numero identificativo (o ID#, in inglese) di materiale 1 assegnato. Le facce non tengono una registrazione del vero nome del materiale ma dell’ID. Se il materiale è qualsiasi cosa tranne un materiale Multi/Sub-object, l’ID del materiale non ha effetto. Quando si assegna all’oggetto un materiale Multi/Subobject l’ID del materiale stabilisce quale sub-materiale nella definizione materiali viene assegnato. Quando si decide come assegnare un materiale sub-oggetto alle facce selezionate, si dovrebbe dapprima tenere conto se le facce selezionate dovrebbero rimanere parte dell’oggetto più grande. Se la modellazione è completa e non è necessario che le facce selezionate siano smussate con altre facce che hanno materiali differenti, sarebbe più opportuno distaccare le facce selezionate come oggetti indipendenti e assegnare ai nuovi oggetti un materiale standard. In genere quando parte di un oggetto richiede un materiale differente rispetto al resto dell’oggetto, compare una rottura visibile sulla superficie, nella migliore delle ipotesi una cucitura. Per aggirare questo ostacolo è necessario distaccare le facce selezionate per l’assegnazione del materiale sub-oggetto. Un tipica situazione in cui è necessario lo smusso e quindi si devono utilizzare gli ID dei materiali con un materiale Multi/Sub-object si verifica con pitture o finiture differenti su una superficie continua. Una parete irregolare tinteggiata con colori differenti, una maniglia cromata con una griglia zigrinata e un vaso con smaltature cangianti sono tutti esempi di dove è necessario applicare la smussature per continuare ma sono anche esempi di situazioni che richiedono materiali differenti.
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Selezione per ID La spiegazione degli ID dei materiali si conclude sottolineando che l’assegnazione di ID consente ancora la selezione delle facce e la memorizzazione degli insiemi di selezione. Effettuando una selezione secondo il numero identificativo del materiale si crea una selezione delle facce con l’ID prescelto, il che permette – quando si utilizzano multimateriali – di vedere quale parte della mesh viene assegnata a quel materiale. Se non si utilizza un materiale Multi/Sub-object è possibile memorizzare con sicurezza insiemi di selezione di facce con differenti ID. Memorizzare gli insiemi di selezione non ha effetto sul materiale ma crea insiemi di selezione a livello faccia molto pratici.
Modellazione con i bordi Il terzo degli elementi principali dell’editing delle mesh è costituito dai bordi. I bordi sono il sottoprodotto della creazione di facce e non possono esistere senza di esse. Anche se i bordi non fanno parte della geometria, 3DS MAX consente di utilizzarli per manipolare le facce di cui fanno parte e di formare la base con cui si possono in seguito creare facce aggiuntive.
Livello Edge La tendina EDGE (figura 13.34) è di gran lunga il più semplice dei livelli di selezione. I bordi obbediscono alle stesse regole relative alle selezioni di finestra e di porzioni intersecanti valide per la selezione delle facce. Tuttavia, si noterà che, a meno che i bordi siano tutti visualizzati, è difficile selezionare solo quanto si intende selezionare. In particolare questo vale per le selezioni di porzione dentro l’interno di una mesh. Mentre la selezione di facce ha un’opzione By Vertex, la selezione di bordi non prevede questa opzione. Quando si definisce una porzione, il primo clic del mouse per definire la porzione eseguirà una selezione e potrà facilmente colpire un bordo invisibile non previsto. L’utilizzo dell’opzione [Select All] con i bordi richiede una certa attenzione. Diversamente dalle facce e dai vertici nascosti, i bordi non visibili vengono trattati come bordi selezionati, e l’opzione [Select All] seleziona anche i bordi non visibili. Qualsiasi modifica applicata dopo [Select All] riguarderà le selezioni di bordi visibili e non visibili producendo effetti spesso non desiderati.
Trasformazione di bordi Quando si trasforma un bordo, in realtà si sta trasformando i due vertici che lo definiscono. I bordi sono un modo per stringere due vertici in una relazione reciproca mentre si manipola il bordo stesso. Un bordo può essere paragonato a un manubrio rigido che sposta i pesi su entrambe le estremità senza deformarsi. Il modo in cui un bordo stringe due vertici in una relazione è simile al modo in cui una faccia stringe una selezione di tre vertici. Con EditMesh ogni bordo possiede un asse locale in modo che sia possibile utilizzare il centro del punto di rotazione. Questa funzione non è disponibile con EditableMesh.
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CAP.13 ■ Figura 13.34 Tendina Edit Edge in comune fra EditMesh e EditableMesh
Controllo della visibilità dei bordi I bordi non sono nascosti ma piuttosto vengono resi “invisibili”. I bordi invisibili si comportano in modo differente dalle facce e dai vertici nascosti. Nascondere facce e vertici, “protegge” facce e vertici da eventuali ulteriori modifiche mentre rendere i bordi invisibili non lo fa. È possibile selezionare, trasformare, estrudere, dividere, girare, comprimere e cancellare i bordi senza neppure vederli. Modificare i bordi invisibili potrebbe essere comodo, ma allo stesso tempo potrebbe rivelarsi pericoloso in quanto si potrebbe modificare più di quanto non si voglia. La visibilità dei bordi riguarda pochi elementi del modello. Nella modellazione, i bordi visibili definiscono il limite per la selezione di poligoni. Nel rendering, solo i bordi visibili sono oggetto di rendering quando le facce cui appartengono ricevono un materiale wireframe (figura 13.35). Inoltre, i bordi nascosti influenzano l’orientamento dei materiali di faccia mappati. In generale, tuttavia, la differenza fra bordi visibili e non visibili riguarda l’organizzazione e la chiarezza visiva. I bordi non visibili spesso rendono il modello più pulito e più comprensibile perché solo le linee sporgenti vengono visualizzate. Inoltre, i bordi non visibili aumentano la velocità di ridisegno perché è necessario ridisegnare un numero inferiore di linee. I bordi non visibili possono essere visualizzati con l’opzione [Edges Only], sotto Display Optimization nel pannello DISPLAY (figura 13.36). Se si prevede di lavorare con i bordi è opportuno entrare nel pannello Display e disattivare Edges Only prima di eseguire l’editing. L’opzione [Edges Only] non ha effetto sul rendering. Se non si vuole lasciare il pannello EDIT per disattivare l’opzione [Edges Only], è possibile eseguire [Select All] sui bordi e poi eseguire AutoEdge con un angolo pari a 0 per visualizzare tutti i bordi. In un secondo tempo si potrà utilizzare AutoEdge per rendere i bordi non visibili.
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■ Figura 13.35 Effetto di bordi nascosti su materiali wireframe
■ Figura 13.36 Controllo Edges Only
Assegnazione manuale della visibilità È possibile controllare la visualizzazione dei bordi con precisione per mezzo dell’opzione [Visible and Invisible]. Dopo avere stabilito quali bordi devono essere visibili, selezionarli e fare clic su [Invisible and Visible] per cambiarne lo stato. Mentre la selezione di bordi visibili per renderli non visibili è un’operazione semplice, la selezione contraria potrebbe non esserlo. A differenza di quanto accade con le facce e i vertici nascosti, è possibile selezionare bordi non visibili anche se non sono visualizzati. Per essere sicuri di ciò che si sta selezionando disattivare l’opzione [Edges Only]; per facilitare questa operazione si consiglia di applicare a questa opzione un tasto di scelta rapida in modo che non sia necessario lasciare il pannello MODIFY per cambiarla.
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AutoEdge Anche se l’assegnazione manuale della visibilità permette un maggiore controllo, può creare dei problemi. AutoEdge esamina la selezione dei bordi e confronta le normali delle facce che condividono quei bordi con il valore Angle Threshold di accompagnamento. Come per AutoSmooth ed Explode, maggiore è il valore di Angle Threshold maggiori sono i bordi qualificati per essere visibili. Più alto è il valore del limite più acuto sarà l’angolo che rientra nel suo intervallo. Per utilizzare AutoEdge su di un oggetto intero eseguire [Select All] che consente di selezionare tutti i bordi visibili e non visibili in una sola volta.
Lavorando su una selezione è possibile controllare quale parte del modello viene valutata con il valore Angle Threshold corrente. Questa valutazione può essere importante quando parti diverse del modello hanno angolature diverse e unAutoEdgegenerale visualizzerebbe troppo o troppo poco in una zona data.
Creazione di facce con bordi Anche se i bordi non sono entità geometriche a pieno titolo, 3D Studio MAX consente di creare facce basate sui bordi delle facce per mezzo dei comandi Extrusion e Dividing.
Estrusione dei bordi Estrudere un bordo è un’operazione simile all’estrusione di una faccia con la sola differenza che viene creato solo un lato. Ogni bordo estruso sposta i vertici del bordo e crea due nuove facce. la direzione dell’estrusione viene determinata dal piano formato dai bordi selezionati. Gli angoli adiacenti su un piano estrudono a 90 gradi da quel piano. L’estrusione di bordi individuali genera risultati non prevedibili in quanto due vertici con possono definire un piano. La funzione cerca di determinare una direzione di estrusione basata sulle facce adiacenti allo spigolo ma questo solo di rado produce gli angoli desiderati. Un problema simile si verifica quando si estrudono selezioni non contigue di bordi. Il metodo migliore per estrudere i bordi è lavorare con bordi contigui. Ogni gruppo contiguo di bordi determina la propria direzione di estrusione. Se si intende estrudere un solo bordo spesso è meglio estrudere anche un bordo contiguo in modo che la direzione di estrusione sia determinabile. Dopodiché sarà possibile cancellare il bordo non necessario. Come nel caso di Face Extrude, è possibile estrudere interattivamente con il mouse o con il campo incrementatore. Ogni volta in cui si trascina o si rilasciano il mouse o il campo incrementatore si crea una nuova estrusione che consente di creare rapidamente strisce di facce estruse.
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Il modo più veloce per utilizzare Extrude è di utilizzare il campo Extrusion con una selezione. Questa scelta estrude le facce ma non incide sulla barra degli strumenti. È possibile spostarsi fra Extrusion e Transforms in tempo reale.
Divisione dei bordi La funzione Edge Divide interessa un unico angolo e agisce inserendo un nuovo vertice nel suo punto medio e dividendo la faccia originale in due. Se l’angolo è condiviso fra facce, entrambi vengono divisi, generando quattro facce. I bordi nuovi sono sempre visibili in modo che si possono vedere i risultati. Edge Divide è simile alla funzione Edge/Refine di EditSpline e può essere definita come un “inserimento di vertice nel punto medio”. Indipendentemente da questa definizione, la sua capacità di creare un vertice e delle facce nel punto medio può essere utile. La geometria della figura 13.37 è stata creata da un parallelepipedo con Edge Divide e successive trasformazioni Scale del vertice.
■ Figura 13.37 Creazione di geometrie con Edge Divide
Dividere i bordi è un modo pratico per introdurre un vertice e aggiungere una faccia a zone mesh che necessitano di essere saldate. Molti modelli in altri programmi sono tassellati impropriamente e potrebbero avere un numero di vertici dissimile nei punti di trasmissione (l’esportazione in 3D Studio MAX dei solidi ACIS di AutoCAD può essere un esempio). Affinché queste superfici siano smussate adeguatamente devono essere creati dei vertici per bilanciare il numero dei vertici nelle giunzioni. Dopo che si è ottenuto un numero simile alla transizione, i vertici di entrambi i lati devono essere saldati per consentire la continuazione dello smusso e per evitare le cuciture. Le facce che sono state create da Divide ereditano le coordinate di mappatura del principale ma non acquisiscono alcun gruppo di smusso. Se il modello utilizza lo smusso, è necessario assegnare i gruppi di smusso dopo avere concluso la divisione dei bordi. Quando si dividono i bordi su modelli smussati, è possibile selezionare le facce nuove utilizzando il comando Select by Smooth per selezionare ogni gruppo di smusso ed eseguendo Select Invert.
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Topologia dei bordi Anche se può sembrare una funzione minore, Edge Turning è uno degli strumenti più importanti dell’editing delle mesh. Questo strumento viene spesso utilizzato prima e dopo Edge Divide, Vertex Collapse and Weld e dopo Face Extrude per produrre la corretta topologia di superficie per la mesh.
Rotazione dei bordi Edge Turn incide su un unico bordo condiviso ridirigendolo verso l’altro vertice delle due facce. Edge Turn non ha effetti sulle facce isolate o sui bordi di perimetro non condivisi. Poiché le coordinate di mappatura sono memorizzate con i vertici, ruotare i bordi non incide sulla mappatura. È possibile invertire una rotazione di bordo ruotando lo stesso bordo un’altra volta. La direzione di un bordo cambia il rendering dei materiali con mappatura di faccia e può essere uno strumento importante per la regolazione del loro aspetto.
Ruotare un bordo è un sottile strumento di modellazione che spesso viene utilizzato per alterare il profilo di una mesh. La rotazione è un riaggiustamento che non rende la mesh più complessa in quanto riorienta semplicemente quanto già esiste. Se una zona della mesh deve essere corrugata o smussata leggermente, la rotazione di un bordo può essere utile. Se un’operazione booleana non funziona, ruotare un bordo su facce complanari può riaggiustare la geometria in modo da consentire alla booleana di funzionare senza cambiare la posizione o la complessità dell’oggetto. Ma gli utilizzi più comuni della rotazione dei bordi sono di stabilire modelli all’interno di una mesh (figura 13.38) e di orientare i bordi per successive operazioni di modellazione.
■ Figura 13.38 Creazione di modelli geometrici con la rotazione e la divisione delle facce
Compressione dei bordi Edge Collapse agisce sulla selezione corrente. Comprimere un bordo è un’operazione simile a comprimere un vertice o una faccia ma molto meno prevedibile. Comprimere un bordo elimina uno dei vertici sul bordo e “tira” tutti i bordi che in precedenza condividevano quel vertice verso il rimanente. Le due facce che condividono il bordo originale sono eliminate e coperte dall’estensione delle facce adiacenti. Purtroppo non c’è modo di determinare verso quale vertice un bordo verrà compresso. MODELLAZIONE DI MESH
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Quando si comprime una selezione di bordi, ogni selezione contigua viene compressa verso un unico vertice. Questo vertice tende ad essere situato a una estremità della selezione ma la sua posizione non può essere prevista con sicurezza. Anche ciò che costituisce una selezione contigua può essere difficile da vedere perché ogni faccia che condivide il bordo selezionato viene considerata per la compressione.
Cancellazione dei bordi Edge Delete funziona sui bordi correntemente selezionati. Quando si cancella un bordo in realtà si cancellano le facce che condividono il bordo e si lasciano i vertici intatti. Questa cancellazione spiega perché non si riceve mai un messaggio “Delete Isolated Vertices” (eliminare vertici isolati) quando si cancellano i bordi, in contrasto con quanto accade quando si cancellano le facce. Si possono selezionare, e quindi cancellare, i bordi non visibili. Anche in questo caso, è necessario prestare attenzione quando si esegue Select All perché i bordi non visibili potrebbero ancora essere attivi. La cancellazione presenterà meno problemi se si esegue Select None prima di costruire la selezione dei bordi.
Riepilogo ■
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Vertici: la maggior parte della modellazione di mesh riguarda i vertici. La selezione di facce, poligoni, elementi e bordi è spesso solo un metodo alternativo per incidere sui vertici che li comprendono. Quando si regolano i vertici si regolano tutte le facce che sono costruite su quei vertici. Funzioni a livello faccia e normali: molte funzioni di livello faccia basano i loro effetti su normali di faccia o sulla normale mediana della selezione. Making Faces Coplanar, Extrusion e Affect Region del livello vertice sono solo alcune delle funzioni che rendono fondamentale il corretto, e unificato, orientamento della normale per l’editing di mesh. Anche altri modificatori, come gli oggetti composti booleani e MeshSmooth, dipendono per i loro risultati da normali corrette. Editing dei vertici: l’opzione Affect Region del livello vertice cambia radicalmente il modo in cui lavora l’editing dei vertici. Quando sono attive, le selezioni dei vertici agiscono come “magneti” che attirano e respingono porzioni di altri vertici come definiti dalla forma di una curva porzione regolabile. EditMesh: i centri di trasformazione individuali forniti da EditMesh forniscono un significativo vantaggio di modellazione rispetto a Editable Mesh. Questo è particolarmente vero quando si trasforma le selezioni non contigue sul posto o quando si estrudono facce e bordi. Editing accidentale: nascondere facce e vertici è un metodo per isolarli da altre selezioni e “proteggerli” dall’editing accidentale. Questo non deve essere confuso con la visibilità del livello bordo che non ha effetto sulla selezionabilità dei bordi. Gruppi di smusso: i gruppi di smusso sono uno strumento per perfezionare la qualità della superficie. AutoSmooth funziona bene per i modelli con transizioni distinte mentre le assegnazioni manuali dei gruppi di smusso sono
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necessarie quando il modello è molto irregolare o sottile nelle transizioni. Lo smusso può essere applicato solo fra facce saldate. Funzioni mesh: anche se i bordi sono un sottoprodotto delle definizioni di faccia, esistono funzioni che sono spesso utilizzate da artisti mesh competenti. In pratica Edge Turn e Edge Divide sono fra le funzioni mesh più utilizzate oltre alle trasformazioni. ID dei materiali: gli ID dei materiali devono essere eseguiti a livello di faccia per gli oggetti che contengono più di una definizione di materiale (attraverso l’utilizzo di un materiale Multi/Sub-object). Gli ID dei materiali possono inoltre essere utilizzati come un mezzo per archiviare le selezioni di faccia quando sull’oggetto viene utilizzato un unico materiale. Archiviazione di selezioni: le selezioni di sub-oggetti nominate sono un pratico metodo per archiviare le selezioni per una serie di azioni all’interno di un modificatore. Le selezioni nominate non possono, tuttavia, essere utilizzate fra modificatori. Costruzione di mesh: una corretta costruzione di mesh è fondamentale per numerose operazioni e per altri modificatori all’interno di 3DS MAX. La prima regola per la costruzione di una mesh è che ogni faccia deve condividere due vertici con qualsiasi altra faccia con cui condivide un bordo. Alcune operazioni in 3D Studio MAX (per esempio gli oggetti composti booleani e MeshSmooth) richiedono che un bordo sia condiviso da un massimo di due facce.
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selezione può interessare l’intero oggetto o un tipo di selezione sub-oggetto (vertici, facce e bordi). È possibile modificare il contenuto della selezione nell’elenco in un secondo tempo. Modificatori Edit. I modificatori Edit abbinano le potenzialità di modellazione con le capacità di selezione sub-oggetto. In cambio di una tale flessibilità però, provocano un sovraccarico nella memoria RAM. Editable Mesh e EditMesh. L’oggetto EditableMesh è studiato per una modellazione rapida e precisa riducendo al minimo l’utilizzo della memoria RAM mentre le decisioni di modellazione con EditMesh possono essere modificate in qualsiasi momento e introdotte in qualsiasi punto dell’elenco a scapito però della memoria RAM. Il modificatore EditMesh offre metodi più flessibili per individuare i centri di selezione sub-oggetto; questo spiega perché è preferito a EditableMesh quando è necessaria una tale flessibilità. Definizione di selezioni con Volume Select. Se possibile, per definire una selezione, utilizzare il modificatore Volume Select invece di EditMesh per ridurre il consumo di RAM. Una selezione definita con EditMesh può essere trasferita a un modificatore Volume Select successivo, permettendo così di rimuovere il modificatore EditMesh particolarmente “ingombrante”. Scelta dei metodi di selezione. Volume Select è l’ideale quando si desidera regolare la topologia e la densità del modello sottostante, ma non è necessario cambiarne le dimensioni (cambiando la segmentazione del cilindro originale per esempio). È preferibile utilizzare il metodo di selezione EditMesh quando la topologia sottostante è fissa, ma le dimensioni cambieranno (cambiando il raggio del cilindro originale per esempio). Oggetti strumenti ausiliari. Gli oggetti strumenti ausiliari sono comodi per la modellazione di sub-oggetti. Abbinare il sistema di coordinate di selezione con un oggetto strumento ausiliario Point permette di definire il centro di trasformazione per trasformazioni sub-oggetto. È possibile far scorrere gli strumenti ausiliari griglia in modalità Sub-Object per creare rapidamente vertici stratificati.
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CAP.14
CAPITOLO 14
Modellazione di patch
La modellazione che utilizza i patch di Bézier costituisce un’alternativa alla modifica di mesh tradizionale. Generalmente l’approccio dei programmi informatici di modellazione è basato su mesh, patch, curve nurb o figure solide. 3D Studio MAX si distingue da questi consentendo l’esistenza di qualsiasi classe di oggetti e introducendo una forma elementare di modifica di patch con la classe Patch e il modificatore EditPatch. La modifica di patch può dare risultati molto creativi e organici ma si tratta di uno strumento ancora limitato. Al momento la funzionalità patch di 3DS MAX costituisce soltanto una solida base su cui lavorare per ulteriori sviluppi, ma proprio in vista della sua futura evoluzione, è utile entrare ora nel nuovo mondo della modellazione di patch per poi poterla applicare a mano a mano che si presentano le novità. Le capacità di modellazione patch di 3DS MAX sono ancora rudimentali ma ciò nonostante gli strumenti disponibili rendono possibile l’elaborazione di un gran numero di prodotti. In questo capitolo verrà trattata la modellazione patch, oltre agli argomenti che seguono: ■ caratteristiche dei modelli patch e tipi di patch in 3DS MAX; ■ definizione delle curve di Bézier e loro relazione con la modifica dei patch di Bézier; ■ utilizzo dei patch ottenuti secondo vari metodi di creazione, come primitive, estrusione, tornio e mesh; MODELLAZIONE DI PATCH
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tecniche di utilizzo del modificatore EditPatch per la modellazione di patch di sub-oggetti e livelli Vertex, Edge e Patch; procedure di conservazione dei modelli come patch, senza conversione in mesh prima del necessario.
Tipi di patch In 3DS MAX sono attualmente disponibili due tipi di patch, QuadPatch e TriPatch, entrambi basati sulle curve di Bézier. Le primitive di QuadPatch e TriPatch (che si trovano sotto Patch Grids nella casella di riepilogo a discesa Geometry⇓ del pannello CREATE) creano patch singoli di questo tipo ai quali si possono aggiungere altri patch con il modificatore EditPatch. Modificatori come Lathe ed Extrude possono esportare i propri oggetti come patch, e anche i mesh possono essere convertiti in oggetti patch. È importante notare che i vari metodi di creazione possono produrre o TriPatch o QuadPatch e che questi due tipi fondamentali di patch danno risultati diversi una volta modificati. La figura 14.1 mostra due patch e le forme da essi risultanti in seguito ad alcune modifiche elementari. I vertici e le maniglie tangenti dei due patch erano posizionati allo stesso modo. Il mesh dell’oggetto TriPatch tende a piegarsi uniformemente come un foglio di carta, mentre l’oggetto QuadPatch tende a piegarsi più come un pezzo di gomma, perché i QuadPatch agiscono su un “quad” di vertici di controllo adiacenti - i vertici di una diagonale agiscono reciprocamente sulle superfici a essi relative. I TriPatch condizionano invece soltanto i vertici con i quali condividono un lato e le superfici dei vertici della diagonale non sono condizionate.
■ Figura 14.1 Differenze tra deformazioni TriPatch e QuadPatch.
TriPatch QuadPatch
Tri
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Quad
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Tri
Quad
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Opzioni di visualizzazione di patch Gli oggetti patch sono definiti da uno schema che produce una superficie. Lo schema è una griglia di vertici di controllo, maniglie vettoriali e vertici intermedi (figura 14.2). È possibile visualizzare lo schema, la superficie oppure entrambi. In generale è opportuno non rendere visibile lo schema quando si lavora a livello di Vertex e visualizzarlo a livello di Edge o di Patch.
■ Figura 14.2 Bordo a livello Edge
Patch a livello patch
Vertici e vettori a livello di vertice
Elementi di visualizzazione dei patch.
Vertici a livello di vertice interno
Edge e Patch sono “visibili” solo sullo schema. Lavorando a livello di Edge o Patch tutte le selezioni sono indicate sullo schema mentre sulla superficie non viene data alcuna indicazione di selezione. Se lo schema non è presente le selezioni vengono ancora effettuate ma non sono visibili (situazione che può presentare dei rischi). I comandi relativi alla visualizzazione dello schema e della superficie sono disponibili a tutti i livelli e vengono attivati o disattivati costantemente durante le varie operazioni. La superficie patch è un risultato dello schema e non può essere modificata direttamente. Si tratta di un enorme vantaggio e non di un limite, perché consente di definire la densità della superficie del patch in qualunque momento. Ciò rende possibile lavorare con una rappresentazione molto semplice e di intensificarla a mano a mano che le modifiche aumentano o quando l’output di rendering lo richiede.
Curve di Bézier I patch di Bézier si comportano in modo molto simile alle spline di Bézier. La tipica spline di Bézier utilizza quattro punti per determinare la propria curva. La curva passa attraverso il primo e l’ultimo punto ed effettua l’interpolazione tra i due. La figura 14.3 mostra che, con i patch, i vertici sono i punti di controllo finali e i vettori del patch sono i punti di controllo intermedi della spline.
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■ Figura 14.3
Vertici
La forma di una curva di Bézier.
Vettori Curva di superficie risultante Maniglie dei vettori
Lattice
Il concetto di due punti di controllo intermedi è essenziale per comprendere esattamente lo schema patch. I vertici patch sono i punti finali attraverso i quali passa la spline di Bézier. Tali vertici sono l’elemento più semplice a cui fare riferimento perché fanno parte della superficie dell’oggetto. I vettori dello schema quindi sono gli altri due vertici di controllo delle spline di definizione. I bordi del patch comprendono il perimetro di un patch, Quad o Tri, e hanno tre segmenti lineari connessi. Per quanto inusuali, essi connettono realmente i quattro punti di definizione della curva di Bézier. Ogni bordo comincia e finisce in un vertice, e i segmenti sono definiti dalla posizione delle maniglie vettoriali. I patch sono composti quindi da tre o quattro bordi, a seconda che siano QuadPatch o TriPatch. Tali bordi definiscono le spline di Bézier che a loro volta definiscono il patch. I vettori sono le linee che connettono le maniglie dei patch ai vertici. Le maniglie sono i punti di controllo intermedi della spline di Bézier che definiscono il bordo del patch, vale a dire che esistono due maniglie vettoriali tra un vertice e l’altro del patch, e un vertice ha tanti vettori quanti sono i bordi che lo intersecano. In altri programmi i vettori vengono chiamati nodi, vincoli o punti di controllo. Nel presente capitolo i vettori sono la linea visuale e le maniglie sono il punto di controllo alla fine del vettore. La manipolazione dei vertici in assenza di schema può generare confusione. In queste condizioni i vettori compaiono come proprietà del vertice mentre in realtà sono i punti di interpolazione del bordo della spline di definizione.
Vertici interni Il patch è intersecato da altre linee dello schema. Tali “bordi” interni terminano nelle maniglie vettoriali e passano attraverso i cosiddetti vertici interni. Tali vertici non sono
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CAP.14 altro che maniglie di controllo secondarie che incidono sulla curvatura del patch (il nome “vertici” può essere fuorviante ed è quindi opportuno pensarli come maniglie interne oppure come punti di controllo interni). Tali vertici di controllo interni si comportano come maniglie vettoriali che controllano la curvatura di Bézier in modo meno evidente. Nonostante i bordi del patch formino vere spline di Bézier (passando per i vertici del patch), le “spline” interne dello schema non fanno altrettanto perché le loro estremità sono maniglie vettoriali che non devono trovarsi sulla superficie. I vertici interni possono assumere importanza in quanto consentono di distorcere un singolo patch in un modo che altrimenti richiederebbe vertici aggiuntivi e quindi altri patch. La figura 14.4 mostra come la disposizione dei vertici interni deforma un singolo patch in un modo che normalmente richiederebbe i vertici di quattro patch.
■ Figura 14.4 La disposizione dei vertici interni rispetto all’aggiunta di vertici di altri patch.
Quattro patch Un patch Vertici interni Vertici
Vertici interni/maniglie I vertici interni possono essere utili ma sono difficili da individuare. Quando un patch viene modificato per la prima volta, esso si trova in modalità Auto Interior e i vertici interni sono invisibili perché i punti di controllo interni vengono spostati durante la disposizione di maniglie vettoriali, bordi e patch. I vertici interni non compaiono fino a quando la modalità del patch non viene cambiata in Manual Interior, facendo clic su essi con il tasto destro del mouse a livello di selezione di sub-oggetti Patch. Quando un patch viene posto in modalità Manual Interior apparentemente non accade nulla fino al ritorno a livello di selezione Vertex. A questo punto tutti i vertici interni sono visualizzati in giallo (quattro vertici per un QuadPatch e tre per un TriPatch) per ogni patch che si trova in questa modalità (figura 14.4). Diversamente da quanto accade con le maniglie vettoriali, non è necessario effettuare alcuna selezione prima di operare su essi: sono sempre disponibili per qualsiasi operazione.
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Può non risultare evidente l’effetto della modalità Manual Interior sulla modifica di Edge e Patch. Nella modalità di default Auto Interior i vertici interni vengono spostati quando si opera su bordi e patch. Nella modalità Manual Interior invece i vertici interni sono congelati nella loro posizione iniziale e possono essere modificati solo e soltanto manualmente a livello Vertex. La figura 14.5 mostra lo spostamento di un bordo in modalità Auto Interior rispetto a Manual Interior.
■ Figura 14.5 Lo spostamento di un bordo con il patch nelle modalità Auto Interior e Manual Interior.
Modalità Auto Interior
Modalità Manual Interior
Anche la modifica dei vertici risulta differente quando il patch è in modalità Manual Interior perché i vertici interni non vengono più trascinati. La figura 14.6 mostra lo stesso vertice modificato nelle due modalità. Lo spostamento dei vertici svincolati dai vertici interni a essi vicini produce superfici con bordi non smussati. Ovviamente le proprietà della superficie risultanti dalla modifica dei soli vertici interni è ugualmente utile (figura 14.7). La trasformazione di un patch o di un bordo modifica i vertici e le maniglie vettoriali del bordo o del patch ma non i vertici interni. Questa caratteristica risulta utile ma può generare confusione: quando il risultato dell’operazione appare chiaro è opportuno utilizzare la modalità Manual. Il cambiamento della modalità di un patch da Manual Interior a Auto Interior cancella tutte le modifiche apportate ai vertici interni. L’effetto è comunque reversibile, basta fare di nuovo clic su Manual Interior. Quando vengono modificati i vertici interni quindi, per mantenere i cambiamenti, il patch deve rimanere in modalità manuale.
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CAP.14 ■ Figura 14.6 Edit di vertici singolicon Auto Interior
Lo spostamento di singoli vertici con il patch nelle modalità Auto Interior (sopra) e Manual Interior (sotto).
Edit di vertici singolicon Manual Interior
■ Figura 14.7 Effetto dello spostamento dei soli vertici interni.
Suddivisione e propagazione La suddivisione di un patch consiste nella sua divisione in quattro parti. I bordi dei nuovi patch, che siano Quad o Tri, si trovano nei punti mediani dei bordi del patch originario. Ciò non significa necessariamente che l’intero oggetto viene moltiplicato per quattro (figura 14.8). Solo i patch adiacenti a bordi divisi si dividono, e molti si dividono solo una volta. L’opzione Propagate divide i patch in modo tale che i vertici lungo i bordi rimangano coerenti. A meno che non sia richiesta una frattura nella visualizzazione del modello, è sempre necessario propagare le suddivisioni del patch. Senza propagazione il bordo non può continuare a essere smussato. La ragione è semplice: i nuovi vertici non hanno elementi a cui saldarsi. L’effetto visivo è uno spigolo nella linea di giuntura perché la smussatura non può continuare sul bordo. La zona quindi diventa simile a una “falda” pronta per essere rimossa, senza che ciò condizioni i patch adiacenti (figura 14.9, riquadro in basso a destra).
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■ Figura 14.8
Originale
Suddivisioni successive con l’opzione Propagate attiva.
Duesuddivisioni
Unasuddivisione
Tresuddivisioni
■ Figura 14.9 Giunture originate dalla suddivisioneconl’opzione Propagation disattivata.
Patch suddiviso Cucitura (commessura)
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CAP.14
Creazione dei patch I patch possono essere creati in molti modi: come semplici patch rettangolari, trasformando l’output di Extrude o di Lathe in patch o convertendo primitive tridimensionali in patch. Infine 3DS MAX consente di convertire qualsiasi mesh arbitraria in un patch e qualsiasi patch in una mesh, utilizzando due diversi tipi di patch di Bézier: quello rettangolare (bicubiche) e triangolare (quartiche). Queste forme di base consentono a patch e mesh di interscambiarsi.
Patch derivanti da primitive Spesso si presenta la necessità di lavorare con un tipo di patch sull’altro. Quando le mesh vengono convertite in patch (aggiungendo un modificatore EditPatch) diventano sempre TriPatch anche quando la loro topologia produce poligoni quadrilateri. I QuadPatch, che spesso sono preferibili, si formano grazie alla creazione di un parametro. La maggior parte delle primitive standard, come le spline dato un modificatore Extrude o Lathe, danno QuadPatch. La figura 14.10 mostra la geometria del patch risultante dall’immediata attribuzione di un modificatore EditPatch alle primitive.
■ Figura 14.10 I patch corrispondenti alle primitive standard.
La creazione di primitive con altezze negative crea patch con normali invertite. Si tratta di un metodo molto utile per creare oggetti patch per contenitori, recipienti e camere a partire da Box, Cylinder, Tube e Cone.
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Tutte le primitive tranne le sfere e GeoSphere si convertono in QuadPatch. Le sfere si convertono in TriPatch a causa di un problema di “schiacciamento” ai poli di QuadPatch (una condizione riproducibile applicando il tornio a un semicerchio come patch). La densità di patch delle primitive è fissa. È possibile incrementarla utilizzando la funzione Subdivide di EditPatch con l’opzione Propagate attiva. Ciò non dovrebbe costituire un problema perché inizialmente deve essere aggiunto un EditPatch per convertire le primitive in patch.
Patch derivanti da Extrude e Lathe Extrude e Lathe dispongono entrambi della possibilità di generare patch invece di mesh, costituendo così due dei metodi più comodi con i quali iniziare la modellazione di patch. La figura 14.11 mostra i modelli patch, inizialmente spline, convertiti in QuadPatch con Extrude e Lathe.
■ Figura 14.11 Utilizzo di Extrude e Lathe per la generazione di QuadPatch.
Le spline costituiscono la base naturale per i modelli patch perché entrambi si fondano sulla stessa forma geometrica: la spline di Bézier. Le spline possono essere convertite in patch utilizzando il modificatore Extrude o Lathe. Il Lofter però non fornisce l’opzione patch. È possibile creare oggetti patch dai loft con la Release 4 di 3D Studio. I modelli 3DS creati dal modulo Surfer 3D di 3DSR4 vengono tradotti in patch 3DS MAX per importazione (figura 14.12). Il modificatore Lathe è molto utile per la creazione di forme base per la modellazione di patch. Lathe può essere assimilato a un tornio da ceramica che fa ruotare una spline fino a trasformarla in argilla malleabile (patch). La fase delicata dell’utilizzo di Lathe consiste nel direzionarne le normali. Diversamente da quanto avviene per le mesh, non è possibile ridirezionare le normali di un patch. Se le normali di un patch hanno la direzione sbagliata
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CAP.14 è necessario modificarne il metodo di creazione, riorientare il patch esistente oppure utilizzare materiale a due facce. L’ultimo caso deve essere evitato perché la disattivazione di Backface Cull rende difficile qualsiasi operazione tranne quelle più elementari di modifica del patch.
■ Figura 14.12 Un loft Surfer 3D di 3D Studio R4 importato in 3DS.
Occlusione dei patch Gli oggetti patch derivanti da Extrude e Lathe non sono facilmente occludibili come accade per le corrispondenti mesh. Se l’occlusione finale ha tre facce, corrisponde a un TriPatch, se ne ha quattro a un QuadPatch. Se l’occlusione ha più facce, come è probabile, è necessario eseguire un’analisi più elaborata, seguendo le regole sotto elencate: le forme innestate non possono essere occluse (per esempio una ciambella estrusa); deve esistere una chiara linea di puntamento da ogni vertice al centro della figura. In generale è la seconda regola a impedire l’occlusione. La figura 14.13 illustra la situazione in cui i vertici interni si incrociano invalidando l’occlusione. Per evitare tale evenienza è necessario porre la stella con i vertici verso sinistra e quindi apportare le modifiche con EditPatch per arrivare alla posizione che aveva cancellato l’occlusione.
■ Figura 14.13
Snap valido Snap nidificato non valido
Snap concavo non valido
La linea di puntamento controlla l’occlusione.
Il bordo si incrocia al di fuori della linea di vista verso il centro
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Forme più elaborate, come la mano che compare in figura 14.14, devono essere occluse manualmente. In questo caso sono stati aggiunti patch ai bordi esposti (con la funzione Add Quad di EditPatch) i cui vertici poi sono stati saldati a quelli dall’altro bordo. Si tratta di un metodo ottimale per forme organiche perché consente di avere il controllo sulla posizione delle linee del patch e sul tipo di patch generato (l’occlusione automatica di solito produce TriPatch). I patch aggiunti e saldati lungo la faccia dell’oggetto continuano a essere smussati, cosa che non avviene nel caso di bordi occlusi automaticamente (l’occlusione dei bordi verrà trattata nel paragrafo che segue).
■ Figura 14.14 Occlusione manuale di una forma complessa effettuata aggiungendo e saldando patch ai bordi.
Patch aggiunte manualmente e saldate
Patch aggiunti da saldare
Continuità di smussatura Un vertice di tipo spline ha un forte impatto sullo smussatura dell’estrusione o del tornio del patch. I vertici Smooth o di Bézier danno patch smussati ma i vertici Corner o Bézier Corner danno bordi increspati sui quali lo smussatura non può proseguire. Si tratta di una situazione analoga a quella descritta per le primitive, anche se, diversamente da queste, è possibile tornare in EditSpline per trasformare i vertici nel tipo Smooth o Bézier (figura 14.15). Se è stato compresso lo elenco per un oggetto patch creato con Extrude o Lathe ottenendo un oggetto patch, la continuità di smussatura dell’oggetto è fissa e non può essere cambiata. È quindi necessario analizzare attentamente i modelli prima di comprimerli, in modo da stabilire se i vertici delle spline devono essere riclassificati. Le occlusioni create dai modificatori Extrude e Lathe o definiti come parte di un oggetto parametrico, presentano sempre una discontinuità di smussatura lungo i bordi occlusi. Si tratta esattamente della stessa situazione descritta precedentemente per le spline con vertici ad angolo. L’unica differenza consiste nel fatto che non c’è modo di cambiarla per le occlusioni; il rendering del bordo è sempre una increspatura. Per dare continuità allo smussatura lungo il bordo coperto di Extrude o di Lathe, prima di tutto rimuovere l’occlusione, cancellando i patch o rimuovendo l’opzione di occlusione nel modificatore. Aggiungere quindi patch ai bordi, trascinare i vertici esposti verso i bordi opposti e saldare. I patch generati dalle primitive standard hanno una proprietà che non può essere duplicata con altre modellazioni di patch e al momento non può essere modificata. Le primitive che iniziano con occlusioni (bordi increspati, rigidi come la faccia di un cilindro o i lati di una scatola, per esempio) conservano quei bordi rigidi per tutta la vita del patch. Diversamente dai bordi di occlusione Extrude o Lathe, i patch aggiunti alle primitive lungo
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CAP.14 bordi originariamente occlusi si presentano sempre come bordi. La figura 14.16 mostra la situazione in cui il vertice superiore di un cilindro è stato cancellato e ai bordi così esposti sono stati aggiunti QuadPatch. Poiché la parte superiore del cilindro era “rigida” in principio, esiste un bordo, anche se i vertici del patch sono stati saldati e rimangono tangenti. Si tratta di una situazione unica poiché questa discontinuità di smussatura non può essere introdotta per altri patch, né eliminata per questi. Date tali premesse è possibile decidere di evitare la situazione oppure di utilizzarla per introdurre una frattura nella smussatura, senza convertire il modello di patch in una mesh (con l’aggiunta di un modificatore Smooth o EditMesh).
■ Figura 14.15 Il tipo di vertice condiziona la continuità di smussatura.
Discontinuità
■ Figura 14.16 Smussatura della frattura tra bordi “rigidi”, unica nelle occlusioni.
Patch aggiunti
Bordi acuti con smusso discontinuo
EditPatch EditPatch è lo strumento principale nella modificazione dei patch. È concettualmente simile a EditMesh ed EditSpline, ma meno solido. Come nel caso di EditSpline, EditPatch salva tutte le modifiche eseguite in sequenza, vale a dire che quanto più a lungo viene utilizzato il modificatore, tanto maggiori diventano le dimensioni del file, e della RAM. Quando vengono raggiunti stadi in cui il modello diventa definitivo, si tende a comprimere lo elenco. Le dimensioni dei file di modelli a cui è associata una serie
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consistente di modifiche possono aumentare anche di un fattore 100, o superiore. Se non viene inserito un modificatore che converta il modello in mesh, il risultato della compressione dello elenco sarà un oggetto Patch al quale è possibile applicare il modificatore EditPatch per poi ritornare alla modellazione del patch. EditPatch è l’unico strumento che consente di effettuare le selezioni di patch di suboggetti. Diversamente dalla modellazione mesh, il modificatore Volume Select non può essere utilizzato per i patch; agisce convertendoli in mesh e le selezioni di animazioni di sub-oggetti devono essere effettuate con EditPatch. A causa di ciò è opportuno definire tali selezioni nei modificatori EditPatch che non eseguono modifiche, ma solo selezione. L’aggiunta di modificatori di selezione EditPatch specifici deve costituire il metodo elettivo, sia per l’animazione di trasformazioni con XForm, sia per la modellazione con modificatori, sia per l’animazione di tale modellazione. L’aggiunta di EditPatch come prima voce nella cronologia di modifica di una primitiva converte la primitiva in oggetto patch. La primitiva rimane patch fino a quando viene aggiunto un modificatore che ne richiede la conversione in mesh (per esempio Normal o Volume Select). L’aggiunta di qualsiasi modificatore, che non sia EditPatch, come modificatore inferiore nello elenco converte una primitiva in mesh e rimuove tutte le modifiche del patch apportate con modificatori EditPatch successivi. L’aggiunta di una UVW Map, per esempio, prima del primo EditPatch, deve essere preceduta dall’aggiunta di un EditPatch. EditPatch presenta caratteristiche molto simili a quelle degli altri modificatori Edit. Nei quattro paragrafi che seguono verranno descritti la regolazione dell’oggetto EditPatch e l’utilizzo degli strumenti che si trovano all’interno dei tre livelli di selezione di EditPatch.
Livello Object Il livello Object di EditPatch (figura 14.17) consente di aggiungere altri oggetti patch e contiene il controllo relativo alla densità di mesh dell’intero oggetto patch. Può capitare di tornare a livello Object durante la modellazione ad altri livelli per modificare le impostazioni Steps in modo da rendere più veloce o precisa la modellazione di un vertice. Diversamente da EditSpline o EditMesh, all’interno di EditPatch la clonazione non è supportata a nessun livello e quindi non può essere utilizzato il tasto MAIUSC durante la modifica del patch. L’unico modo per creare qualcosa di simile a un clone consiste nello staccare i patch con l’opzione Copy.
Topologia dei patch Il parametro Steps indica quante suddivisioni vengono effettuate all’interno di tutti i patch dell’oggetto. Come sempre avviene con 3DS MAX, la geometria deve essere convertita in facce per il rendering. Il parametro Steps fornisce il numero di suddivisioni, e quindi di facce, che vengono effettuate all’interno di ogni patch dell’oggetto. Si tratta di una situazione analoga a quella dell’impostazione di Steps per le primitive spline, dove la regolazione dei passi rende più rotonda la spline. Ma diversamente da quanto avviene per le spline, i patch forniscono sempre il controllo sui passi a essi relativi, anche dopo la
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CAP.14 compressione. È sufficiente aggiungere un modificatore EditPatch per poter regolare sempre i passi del patch in un dato momento (figura 14.18): è una delle funzioni più interessanti della modellazione di patch perché la complessità del modello, e quindi la richiesta di RAM, può essere regolata secondo le necessità. Poiché si tratta di un valore animabile, la densità del modello patch può essere regolata a seconda della sua importanza nella scena.
■ Figura 14.17 Il livello Object di EditPatch.
■ Figura 14.18 Un passo, 840 facce
Modificazione della densità del patch attraverso la regolazione di Steps.
7 passi, 13.440 facce
0 passi, 210 facce 3 passi, 3360 facce
Se da una parte la quantità di spazio su disco richiesta dal modello patch è indipendente dall’impostazione Steps, dall’altra la RAM richiesta per la visualizzazione e il rendering non lo sono. Il numero di facce generate corrisponde a (passi + 1)2 per ogni patch. Un’impostazione elevata di Steps può quindi ridurre drasticamente le prestazioni del sistema. Il valore massimo di Steps è 100, in corrispondenza del quale vengono create per il modello più di due milioni di facce. Durante la regolazione del campo incrementatore di Steps non deve assolutamente essere utilizzato il tasto acceleratore CTRL.
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Collegamento di patch La funzione Attach consente di inserire un altro oggetto patch nella stessa definizione di oggetto patch. Normalmente tale operazione viene eseguita allo scopo di saldare patch poiché la saldatura può avvenire soltanto all’interno dello stesso oggetto. Gli oggetti collegati diversi da patch vengono tradotti in oggetti patch durante il collegamento. La figura 14.19 mostra la conversione di una primitiva cilindro in un patch come parte del collegamento. È necessario usare cautela nel collegare oggetti mesh di grandi dimensioni quanto l’impostazione dei passi è elevata perché tale operazione incrementa notevolmente le dimensioni del modello. Diversamente da EditMesh, ma analogamente a quanto avviene in EditSpline, la funzione Attach dispone dell’opzione Reorient. Se quest’ultima è attivata l’oggetto selezionato viene riorientato in modo tale che la sua trasformazione corrisponda a quella dell’oggetto EditPatch (figura 14.19). L’opzione Reorient centra l’oggetto selezionato sul centro di creazione dell’oggetto attivo in accordo con il centro di creazione dell’oggetto selezionato. I valori di rotazione e di scala dell’oggetto attivo vengono semplicemente copiati nell’oggetto collegato. Per quanto concerne la rotazione l’effetto, di solito auspicabile, di tale operazione consiste in un allineamento dell’oggetto collegato. Lo stesso non vale per le trasformazioni di scala che condizionano la geometria dell’oggetto. Per evitare tale scalatura è necessario utilizzare il modificatore XForm invece di una trasformazione, nell’effettuare la scalatura dell’oggetto base. L’opzione Reorient può dare risultati inattesi: è quindi consigliabile utilizzare la funzione Align per centrare gli oggetti prima di collegarli, in modo tale da garantire il risultato di riorientamento desiderato.
■ Figura 14.19 Effetti dell’utilizzo dell’opzione Reorient per Attach.
Primitiva cilindrica
Primitiva convertita in patch
Assi locali allineati
Modellazione di patch a livello Patch Il livello Patch (figura 14.20) fornisce gli elementi fondamentali del controllo dei patch. È possibile eseguire ampie trasformazioni, modifiche dello stato dei vertici interni e staccare, cancellare e suddividere con precisione. Alcune operazione a livello patch, come per esempio cancellare e suddividere, hanno un impatto molto minore di quanto non
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CAP.14 avvenga a livello vertice o bordo. In pratica il livello Patch viene utilizzato fondamentalmente per staccare e suddividere i patch e per definire lo stato dei vertici interni.
■ Figura 14.20 Il livello Patch del modificatore EditPatch.
Trasformazione dei patch Quando un patch viene spostato, ruotato o scalato in realtà avviene una trasformazione di tutti i suoi vertici come in una selezione bloccata. In generale le operazioni a livello Patch si limitano alle regolazioni iniziali più ampie. Le rifiniture più dettagliate vengono eseguite a livello Edge e soprattutto a livello Vertex. A questo livello la cancellazione dei patch è più sicura perché si applica solo a quanto selezionato e i patch che condividono bordi non vengono cancellati. I patch vedono il sistema di coordinate Local come unico riferimento, e rotazione e scala avvengono intorno al centro di tale sistema. È quindi sconsigliabile utilizzarlo per il livello Patch.
Quando si trasformano i patch è necessario prestare molta attenzione allo stato dei vertici interni. Se si utilizza la modalità Auto Interior, i vertici interni si spostano sempre insieme al patch. Se invece è attiva la modalità Manual Interior tali vertici sono fissati alla loro posizione e non possono essere spostati. La figura 14.21 mostra l’effetto della scalatura di patch con i vertici interni in modalità Manual Interior. Il passaggio dalla modalità Manual a quella Auto rimuove lo stato dei vertici interni, a prescindere dal momento o dal modo in cui ne è stata stabilita la posizione. I vertici interni torneranno alla posizione di default quando viene aggiunto EditPatch e i patch vengono posti nella modalità Auto. La compressione dell’elenco non impedisce la reimpostazione della posizione dei vertici interni.
Staccare i patch Diversamente da quanto avviene in EditMesh, staccare (detach) un patch implica sempre la creazione di un nuovo oggetto. La funzione Detach costituisce l’unico modo per “clonare” un patch fuori da un modello perché la clonazione normale non è supportata dal modificatore EditPatch. Diversamente da EditMesh, l’opzione che consente di mante-
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nere il nuovo patch come elemento non è disponibile. Per fare in modo che il nuovo patch sia parte dello stesso oggetto, è necessario utilizzare Attach a livello Patch Object. Analogamente ad Attach, Detach dispone di un’opzione Reorient che tende a spostare l’oggetto patch staccato in una posizione allineata sulla griglia attiva. Ma per la natura stessa dei patch Reorient non dà risultati auspicabili: è quindi consigliabile non utilizzare tale opzione e preferire la funzione Align standard.
■ Figura 14.21
Vertici interni
La scalatura dei patch in modalità Manual Interior lascia inalterati i vertici interni.
Vertici interni
Modellazione di patch a livello Edge Operare sul bordo di un patch corrisponde a operare contemporaneamente su due vertici. I bordi possono essere difficilmente identificabili perché quasi sempre è necessario visualizzare lo schema per avere il bordo corretto. Nella figura 14.22 non compare la funzione Delete perché non è possibile cancellare a livello Edge. Di norma questo livello viene utilizzato più frequentemente per aggiungere nuovi patch. L’utilizzo del tasto Delete con un Edge selezionato implica la cancellazione di tutto l’oggetto patch perché non esiste una funzione Delete e il tasto Delete è utilizzato a livello di oggetto.
Trasformazione dei bordi del patch Il risultato della trasformazione dei bordi, soprattutto la loro rotazione, può essere inatteso. La figura 14.23 mostra la formazione di un’onda a partire da una striscia piana per semplice rotazione dei bordi come selezioni singole. In questo caso non è stato riposizionato neanche un vertice: i vertici rimangono tutti nel piano di origine. I vertici interni invece sono stati spostati grazie alla natura stessa dei patch di Bézier.
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CAP.14 ■ Figura 14.22 I comandi Edge Level di EditPatch.
Bordi patch della selezione lathe originale
■ Figura 14.23 La rotazione dei bordi dà luogo a una striscia di onde.
Bordi ruotati
Analogamente ai patch, i bordi non hanno alcuna influenza sui vertici interni che si trovano in modalità Manual Interior. Tali vertici sono “trascurati” durante la trasformazione del bordo. Quando il patch viene riportato in modalità Auto Interior i vertici interni tornano alla posizione di default e subiscono l’influenza della trasformazione dei bordi. I bordi dei patch vedono il sistema di coordinate Local come unico riferimento, e rotazione e scala avvengono intorno al centro di tale sistema. È quindi sconsigliabile utilizzarlo per il livello Edge.
Aggiunta di patch Il livello Edge viene utilizzato principalmente per aggiungere patch. L’unico modo per estendere i limiti di un oggetto patch, oltre alla saldatura, consiste nell’aggiungere bordi. I bordi aggiunti si saldano a quello selezionato. Gli altri vertici del nuovo patch (due per un Quad e uno per un Tri) sono quindi liberi e manipolabili. Nella maggior parte dei casi questi vengono saldati ad altri patch. L’aggiunta di bordi non è un’operazione semplice. Dopo aver selezionato un bordo, fare clic su Add Tri oppure su Add Quad per aggiungere il tipo di patch adatto. È necessario sottolineare che ogni bordo selezionato riceve un patch: ciò può costituire un problema quando vengono creati gli stessi patch doppi mentre ne compare uno solo. La figura 14.24 mostra la tipica situazione in cui vengono aggiunti involontariamente patch ulteriori a causa del sovrannumero di bordi selezionati. Come mostra il quadrante in basso a destra, i bordi doppi possono essere distinti l’uno dall’altro e resi palesi. Il metodo corretto di aggiunta dei patch negli angoli interni consiste nel selezionare i bordi singolarmente tenendo conto della loro possibile estensione (figura 14.25, quadran-
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te in basso a sinistra). Dopo averne aggiunti di nuovi, tornare a livello Vertex, attivare la funzione Select All e saldare tutto il patch in modo tale che i patch appena aggiunti condividano i bordi adiacenti. Nel caso di bordi esterni non è necessario usare la stessa cautela perché di solito è evidente quale sarà la posizione dei nuovi patch. La figura 14.25 mostra l’aggiunta di TriPatch e QuadPatch e lo spostamento dei vertici per creare la forma base di un fiore.
■ Figura 14.24 Creazione di patch doppi a a partire dalla selezione di bordi adiacenti.
Bordi duplicati
Bordi selezionati correttamente
■ Figura 14.25 Modellazione di un fiore con l’aggiunta di TriPatch. Patch originale
Aggiunta di otto TriPatch
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CAP.14 I patch che vengono aggiunti sono tangenti a quello che appartiene al bordo selezionato. Quando vengono aggiunti patch a modelli più organici (figura 14.26) i patch risultanti possono essere proiettati verso angoli inattesi. Quando si chiudono dei buchi o si saldano parti diverse, il bordo selezionato per ricevere il nuovo patch indica tale direzione. Non è importante quale bordo viene selezionato perché durante la saldatura al patch successivo, quello nuovo ne assume la continuità. La scelta dei bordi a cui aggiungere elementi deve basarsi sul risultato più utile. Se il risultato del patch è un angolo acuto con una torsione, cancellare e selezionare un altro lato a cui aggiungere l’elemento. Lo scopo dell’operazione generalmente è la creazione di un patch con vertici facilmente selezionabili per ogni possibile trasformazione o saldatura successivamente necessaria.
■ Figura 14.26 NuoviQuadPatch
Patch tangenti aggiunti a bordi selezionati.
Bordi selezionati
Come accennato nella presentazione del capitolo, il tipo di patch aggiunto ne condiziona comportamento e modi di deformazione. Pur essendo del tutto lecito mescolare due tipi di patch, tale operazione deve essere ispirata alla cautela perché i metodi di modifica si diversificano all’interno del modello. Quando un oggetto organico basato su QuadPatch viene chiuso, per esempio, può sembrare più semplice utilizzare TriPatch in certe giunture, ma ciò può dar adito a difficoltà di smussatura dei bordi in certe zone perché i diversi patch ai due lati del bordo si piegano in modo differente. La figura 14.27 mostra la situazione in cui un TriPatch è stato aggiunto in una zona di QuadPatch. Il risultato è un bordo che necessita di ulteriori regolazioni delle maniglie vettoriali dei vertici per smussare l’increspatura ottenuta.
Modellazione dei patch a livello Vertex A livello Vertex (figura 14.28) si verifica la maggior parte della modellazione dei patch perché solo a questo livello sono accessibili i vettori tangenti critici. Diversamente dai
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vertici di mesh, un vertice di patch e i vettori a esso relativi hanno un impatto notevole sulla superficie circostante. In realtà la regolazione di singoli vertici di patch è simile alla trasformazione di singoli vertici di mesh con l’opzione Affect Region.
■ Figura 14.27 Un TriPatch aggiunto a una zona di QuadPatch.
TriPatch
■ Figura 14.28 La tendina Vertex Level di EditPatch.
Durante la modifica dei vertici è probabile che non sia neanche necessario visualizzare lo schema del patch perché tutti i vertici fanno parte della sua superficie e il loro ruolo è del tutto evidente. Generalmente, durante le operazioni sui vertici, è consigliabile disattivare lo schema. La densità del patch, controllata a livello Object dall’impostazione di Steps, non condiziona le modifiche dei vertici. I livelli di Step inferiori possono tradire l’effetto delle modifiche perché le facce prodotte non sono sufficienti a mostrare la curvatura risultante. Quando vengono apportate le modifiche finali al modello è opportuno incrementare Steps in modo da rendere visibili i dettagli dell’ombreggiatura, indicata dalle tangenze, man
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CAP.14 mano che le modifiche avvengono. È sempre possibile diminuire tale impostazione senza alcun danno. Impostazioni superiori condizionano solo la RAM e non le dimensioni del file. I filtri dei vertici sono utili, anche se le opzioni delle caselle di controllo a essi relative possono generare un po’ di confusione. Quando entrambe le opzioni sono attivate (condizione di default) sia i vertici sia le maniglie vettoriali possono essere selezionati. Facendo clic su Vertices si filtrano i vertici in modo da rendere selezionabili solo le maniglie vettoriali mentre facendo clic su Vectors si filtrano i vettori e potranno essere selezionati solo i vertici. Il modo particolare in cui vengono attivate e disattivate tali opzioni deriva dalla necessità di evitare il filtro di entrambe perché in questo caso non può avvenire alcuna selezione. Comunque, se i vertici sono filtrati prima che ne sia stato selezionato uno, non sarà possibile operare sui vettori perché questi vengono visualizzati solo quando i vertici corrispondenti sono selezionati. Per operare solo con maniglie vettoriali è necessario attivare Select All e poi la casella di controllo [Filter Vertices]. I filtri vengono utilizzati principalmente quando le maniglie vettoriali sono coincidenti o vicine ai vertici corrispondenti ed è necessario distinguere la selezione dell’uno rispetto all’altro.
Trasformazione di vertici e maniglie vettoriali Quasi tutte le modifiche con i patch implicano la trasformazione di vertici e relativi vettori tangenti. Ogni vertice deve essere immaginato come un gruppo di punti e mai come un punto solo perché a ogni vertice corrisponde una maniglia vettoriale per ciascun bordo che lo condivide. Quando un vertice di patch viene spostato, ruotato o scalato, anche le maniglie si trasformano. Rotazione e scala, operazioni del tutto ininfluenti su vertici di mesh singoli, possono avere un impatto significativo sui vertici del patch. Le maniglie vettoriali possono essere regolate solo quando il vertice corrispondente è stato selezionato e generalmente si selezionano diversi vertici per poi regolarne le maniglie indipendentemente. Quando si regolano le maniglie tangenti dei vertici, è importante ricordare che non possono essere animate. L’animazione di patch di sub-oggetti si verifica con i modificatori XForm o Linked XForm, che vedono solo i vertici. Quando si progetta un modello patch per l’animazione bisogna tenere conto di questo particolare. Nel caso si debba animare una maniglia vettoriale, è possibile suddividere il patch e animare al suo posto i vertici risultanti. I nuovi vertici reagiscono in modo simile alle maniglie. Si possono animare tutte le maniglie vettoriali dei vertici applicando a un singolo vertice una scala o una rotazione XForm. I vettori poi scalano e ruotano intorno al vertice in modo uniforme senza modificare il vertice stesso. I modificatori FFD (Free Form Deformation) di recente introdotti possono animare le superfici dei patch in modo molto simile alla regolazione delle maniglie tangenti. I modificatori FFD conservano il modello come patch e sono strumenti estremamente validi per la manipolazione dei modelli di patch. Le maniglie vettoriali sono controlli interessanti ed estremamente validi perché generalmente hanno un impatto sulla curvatura di due patch, quelli che condividono il bordo a cui “puntano” inizialmente. Le maniglie vettoriali sono l’elemento fondamentale: il
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vettore è solo una indicazione che mostra visivamente il vertice a cui appartiene la maniglia. Ciò che conta è la posizione della maniglia: quando si esegue la rotazione o la scala di una maniglia vettoriale, questa effettua semplicemente una rotazione intorno al vertice o una scala verso il vertice al quale appartiene. Per spostare una singola maniglia vettoriale esattamente lungo il suo vettore, scalare la maniglia che si sposterà in modo colineare verso il vertice principale.
Facendo clic con il tasto destro del mouse su un vertice o una selezione di vertici, si potrà modificare il tipo di vettore corrispondente. Tale procedura è analoga a quella relativa ai vertici spline tranne per il fatto che ci sono solo due opzioni: Coplanar e Corner. L’opzione Corner consente di regolare ogni vettore indipendentemente, cosicché la modifica di un vettore non condiziona gli altri. Ciò non ha alcun impatto sulla smussatura né sulla continuità del percorso. L’opzione Coplanar regola le maniglie Vertex in modo che siano complanari l’una rispetto all’altra e poi blocca i vettori che conserveranno perciò la relazione di complanarità. Ciò comunque non garantisce né applica la tangenza dei patch coinvolti ma allinea soltanto le maniglie vettoriali su un piano comune. Dopo l’applicazione dell’opzione Coplanar tutte le maniglie si regolano quando ne viene modificata una, in modo da conservare la relazione di complanarità. L’unico modo per spostare una maniglia senza condizionare l’altra consiste nello scalarla. I vertici che hanno solo due vettori, quelli degli angoli esterni, sono sempre trattati come Corner perché per definire un piano sono necessari tre punti. La modifica di un vertice da Corner a Coplanar spesso implica un leggero cambiamento della curvatura, mentre il passaggio da Coplanar a Corner non ha alcun effetto iniziale sulla superficie del patch. Nella modellazione di forme organiche è opportuno utilizzare vettori angolo (corner) e modificarli in Coplanar quasi alla fine delle operazioni: ciò garantisce una maggior libertà nella manipolazione del singolo vertice pur mantenendo l’attenzione sulla forma. La trasformazione dei vertici di patch è diversa dalla trasformazione dei patch e dei bordi, quando viene utilizzato il sistema di coordinate Local. Quando tale sistema è attivo i vertici ruotano e scalano intorno a un asse locale che ha lo stesso allineamento assiale dell’oggetto stesso, a prescindere dall’opzione del centro del punto di rotazione. Ciò significa che quando viene utilizzato il sistema di coordinate Local con i vertici, l’opzione [Use Selection Center] non ha alcun effetto. Tale funzione consente di ruotare e scalare i vertici indipendentemente, con l’effetto di far ruotare le maniglie vettoriali che si spostano da e verso i vertici statici. Per ruotarle intorno a un centro collettivo è necessario scegliere un altro tipo di sistema di coordinate, per esempio Parent. L’opzione [Lock Handles] blocca le maniglie in modo tale che la regolazione di una di esse condiziona l’altra. Solo quando una maniglia si sposta lungo il proprio vettore (scalato) le altre non vengono condizionate. [Lock Handles] è un’impostazione globale per l’oggetto patch identica, dal punto di vista operativo, al metodo con cui le maniglie si regolano quando i loro vertici sono impostati come Coplanar. Generalmente tale impostazione non viene attivata, ma viene utilizzata principalmente per regolare i vertici Corner che richiedono la conservazione della relazione esistente fra le corrispondenti maniglie.
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CAP.14
Saldatura La saldatura dei vertici costituisce il metodo per congiungere un patch all’altro o per chiudere i bordi aperti di patch appena aggiunti ai bordi. Alla saldatura è associato il valore Threshold (soglia) che indica la distanza necessaria fra i vertici perché possano essere saldati. La posizione dei vertici che si trovano entro la soglia l’uno dell’altro viene mediata in modo tale che al vertice saldato sia attribuita una nuova posizione. Diversamente dai vertici delle mesh, a quelli di saldatura dei patch corrisponde qualche altra regola: ■ la saldatura non può essere applicata a due vertici sullo stesso patch; ■ i patch devono appartenere allo stesso oggetto; ■ la saldatura può essere eseguita solo tra bordi aperti; ■ la saldatura non può avvenire se dà come risultato un bordo che può essere utilizzato da più di due patch; ■ quando si tenta di saldare un vertice che non si trova su un bordo esposto, questo viene ignorato e si applicano le restrizioni succitate. La media delle posizioni che ha luogo tra vertici saldati può non dare il risultato desiderato. Pur non disponendo dell’opzione [Weld Target] (come EditMesh), EditPatch garantisce il controllo delle operazioni attraverso un metodo nascosto. È possibile tenere ancorato un vertice e forzare l’altro a spostarsi nella direzione del primo semplicemente selezionando il patch (a livello patch) a cui appartiene il vertice bersaglio. I vertici dei patch selezionati non possono essere spostati durante un’operazione di saldatura, a meno che l’altro vertice che viene saldato faccia anch’esso parte di un patch selezionato. La selezione di patch per non modificare vertici è un’operazione critica quando i patch vengono aggiunti a zone di una sezione del modello già finita.
La maniera in cui i patch saldati sono regolati in modo da essere tangenziali e smussati può non risultare evidente. Una volta saldati, i bordi definiti da maniglie vettoriali e vertici dispongono di nuovi punti attraverso cui effettuare l’interpolazione. Le curve di Bézier poi producono una superficie naturalmente smussata. La figura 14.29 mostra l’effetto di continuità su diversi patch aggiunti, già smussati sui bordi di collegamento, quando i vertici angolo vengono regolati in modo da essere avvicinati e saldati. Si tratta di una proprietà tipica delle curve di Bézier che conservano la continuità tra curve adiacenti e in questo caso tra patch. Nel caso di modelli simmetrici, come naso e faccia, conviene modellare solo metà della forma. Dopo essere arrivati al punto in cui diventa necessario vedere l’altro lato, riflettere il modello intorno al bordo centrale e trasformare il nuovo oggetto in un’istanza o un riferimento. In questo modo le modifiche apportate al lato su cui si lavora vengono riprodotte sull’altro. La figura 14.30 mostra questa tecnica applicata a una testa: tutti i cambiamenti eseguiti su un lato vengono dinamicamente aggiornati sull’altro. Alla fine delle operazioni, collegare il secondo lato al primo e saldare accuratamente la giuntura (figura 14.30, quadrante in basso a destra). Se la modellazione è stata iniziata su un modello intero, che è simmetrico, per utilizzare questa tecnica staccare o cancellare una metà del modello e riflettere l’altra. La mediazione di saldatura della posizione dei vertici spesso contribuisce a creare una giuntura di riflesso diritta.
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■ Figura 14.29
Patch nuovi
La continuità creata tra bordi saldati.
Vertici saldati
■ Figura 14.30 Modellazione patch con un’istanza riflessa.
Istanza
Originale
Nessuna commessura dopo che i vertici attaccati e centrati sono stati saldati
Cancellazione Quando si cancella un vertice si cancellano anche tutti i patch che lo condividono. Si tratta quindi di una situazione analoga alla cancellazione dei vertici delle mesh, dove ogni faccia che condivide un vertice viene rimossa. Eliminare i patch dai rispettivi vertici non è
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CAP.14 un’operazione altrettanto precisa della cancellazione dei patch singoli. È necessario tenere presente che non è possibile cancellare a livello Edge.
Per rimanere in modalità Patch Quando si lavora con i patch è importante non introdurre nell’Elenco modificatori elementi che provochino la conversione dell’oggetto patch in mesh. Alcuni modificatori compiono ogni volta tale operazione e devono essere utilizzati solo alla fine dell’elenco, in modo tale che la modellazione del patch continui al di sotto di esso senza effetti indesiderati. I modificatori destinati a lavorare con mesh o facce (praticamente tutti quelli che operano su una superficie) devono convertire l’oggetto in mesh. Nella Release 1.1 l’applicazione dei seguenti modificatori implica sempre la conversione dei patch in mesh: EditMesh Material Smooth Normal VolumeSelect MeshSmooth Relax Optimize È quindi opportuno creare un insieme di comandi comprendente solo i modificatori che operano su oggetti patch. In figura 14.31 compare un insieme di comandi “Patch Edit” che comprende tali comandi insieme a quelli destinati alla modifica di spline perché i due gruppi sono strettamente coordinati.
■ Figura 14.31 Un insieme di comandi Patch Edit garantisce che la geometria Patch non venga convertita in mesh.
L’unico modificatore operante su superfici applicabile è UVW Map: infatti le due classi di oggetti mesh e patch appartengono entrambe alla classe degli oggetti “mappabili” che consente ai modificatori di memorizzare le mappature senza modificare la topologia. Questa funzione non è disponibile in fase di smussatura, materiali e normali, e ciò implica un aspetto molto importante della modifica dei patch: il grado di smussatura del modello dipende interamente dalle sue tangenze e dal modo in cui è stato costruito.
Utilizzo dei modificatori sui patch I modificatori possono essere aggiunti nella cronologia delle modifiche praticamente allo stesso modo in cui vengono aggiunti alle mesh. È necessario evitare l’utilizzo dei modificatori Optimize, Relax e MeshSmooth. Pur operando allo stesso modo su patch e mesh, generalmente i modificatori non producono gli stessi effetti nei due casi. Sia le mesh
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sia i patch in realtà vengono modificati tramite i rispettivi vertici. La differenza è che i vertici dei patch sono punti di controllo, e non superfici, e quindi un modificatore opera sui vertici del patch, provocando sulla superficie un effetto più importante di quanto non avvenga nel caso dei vertici mesh. La figura 14.32 mostra lo spostamento diagonale di un modificatore Displace attraverso la superficie del patch. In tutti i quattro fotogrammi il modificatore è livellato e i suoi valori rimangono costanti. La vistosa differenza degli effetti è dovuta al fatto che i vertici di controllo del patch sono stati spostati e poiché essi definiscono la superficie del patch attraverso l’interpolazione, la superficie viene spostata considerevolmente.
■ Figura 14.32 Effetto di un modificatore Displace sui vertici patch.
Per ottenere che il risultato di un modello patch si comporti come una mesh, posizionare un modificatore semplice, per esempio Normal, alla fine dell’elenco di modifica del percorso per convertire il modello in mesh. La figura 14.33 mostra gli stessi quattro fotogrammi del modello di figura 14.32, ma in questo caso è stato posizionato un modificatore Normal tra EditPatch e Displace per trasformare il patch in una mesh pronta allo spostamento. Il passaggio da modellazione patch a mesh non dà problemi perché non cambia la complessità della superficie del modello. La superficie definita dall’impostazione di Steps di EditPatch viene utilizzata per definire la mesh risultante. L’aggiunta di un ulteriore modificatore EditPatch in seguito alla modifica della mesh fa aumentare significativamente la geometria del modello perché ogni faccia viene convertita in TriPatch. La situazione ideale prevederebbe di eseguire tutte le modifiche di mesh dopo quelle di patch e il ritorno a patch scorrendo verso il basso l’elenco Edit History.
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CAP.14 ■ Figura 14.33 Effetto del modificatore Displace sulla stessa superficie trasformata in mesh.
È necessario usare cautela nel tornare a EditPatch dopo la modellazione mesh perché le impostazioni Steps condizionano l’ordinamento di vertici e facce utilizzato dai modificatori di mesh successivi.
Riepilogo ■
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Modelli patch. I modelli patch sono idealmente definiti fin dall’inizio come patch o derivati da modificatori Lathe e Extrude. I patch derivati da mesh devono costituire una scelta secondaria perché la conversione risulta in TriPatch invece di QuadPatch. Vertici interni in modalità Manual. Il passaggio dei vertici interni in modalità Manual deve rimanere come impostazione definitiva perché il ritorno dei patch in modalità Auto Interior reimposta nella posizione di default i vertici collocati manualmente. Aggiunta di modificatori a modelli patch. È necessario tenere sempre presente che i modificatori Optimize, MeshSmooth, Relax, Normal, Smooth, Material e VolumeSelect convertono il modello in mesh. Smussatura dei bordi di un patch. La saldatura di patch a un bordo conferisce automaticamente ai due patch una continuità di smussatura attraverso il bordo. La smussatura può verificarsi solo tra patch che condividono bordi. Smussatura delle superfici di un patch. Il posizionamento dei vertici e la regolazione delle maniglie tangenti costituiscono l’unico metodo che condiziona la smussatura della superficie di un patch. Il concetto di gruppi di smussatura attiene soltanto alle mesh.
MODELLAZIONE DI PATCH
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Modificatori FFD. I modificatori FFD (Free Form Deformation) sono molto efficaci nella deformazione di modelli patch e possono superare il limite dovuto all’incapacità di animare le maniglie tangenti.
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CAP.15
CAPITOLO 15
Modificatori avanzati
Ogni modificatore dispone di una quantità sorprendente di potenzialità a servizio della modellazione. Alcune sono molto complesse, mentre altre estremamente semplici. Il segreto nell’utilizzare qualsiasi modificatore, ma soprattutto quelli illustrati in questo capitolo, è capire l’ordine in cui devono essere applicati nell’elenco. Come per la maggior parte dei modificatori, quasi tutti possono (e dovrebbero) essere utilizzati insieme agli altri contenuti nell’elenco per una maggiore flessibilità. Anche se ogni modificatore è presentato singolarmente, di rado lavora da solo. È spesso necessario definire selezioni, ottimizzare il risultato, perfezionare la smussatura e assegnare mappature mentre si modifica l’oggetto. Questo capitolo sottolinea le situazioni in cui un’azione sinergica è fondamentale. Questo capitolo organizza i modificatori secondo il modo in cui gestiscono le figure geometriche a loro trasferite nell’elenco. È una caratteristica importante perché diversi modificatori convertono spline e patch in mesh senza che l’utente lo desideri. In questo manuale si è preferito suddividere i modificatori in quattro categorie: i modificatori che lavorano con qualsiasi forma geometrica, i modificatori che lavorano solo con le mesh, i modificatori che lavorano esclusivamente con le trasformazioni e infine i modificatori che lavorano sulle superfici. In questo modo, si crea una distinzione netta fra ciò che può e non può essere effettuato con modelli patch e spline. A questo proposito, il capitolo è suddiviso nelle seguenti sezioni: MODIFICATORI AVANZATI
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modificatori modificatori modificatori modificatori
geometrici; mesh; di trasformazione; di superficie.
Modificatori geometrici I modificatori più versatili sono quelli che lavorano con diverse figure geometriche. I modificatori a deformazione assiale (Bend, Taper, Twist, Stretch e Skew) descritti nel capitolo 8 appartengono a tale categoria. A questi vanno aggiunti Displace, Noise, Wave, Ripple ed FFD. Questi modificatori sono leggermente più complessi di quelli descritti in precedenza ma offrono possibilità di modellazione incredibili.
Displace Displace è un modificatore che spinge e tira i vertici del modello secondo le coordinate di mappatura. Le coordinate di mappatura possono corrispondere a quelle applicate nel Modifier Stack o a quelle applicate dal gizmo Displace stesso. La direzione dello scostamento è determinata dalla normale media della faccia calcolata per ogni vertice e dalla proiezione di mappatura. La forza dello scostamento è controllata dagli incrementi di forza del modificatore e, come opzione, da un bitmap di riferimento. Il tasto ESC annulla Displace durante lunghi calcoli e rimanda alle impostazioni precedenti.
Il parametro Strength controlla la distanza, in unità, che i vertici interessati percorreranno secondo la proiezione di mappatura. Le coordinate di mappatura che colpiscono la normale alla superficie, a 90 gradi, scostano i vertice per una distanza uguale al valore Strength. La figura 15.1 mostra l’effetto prodotto dall’utilizzo delle proiezioni Spherical e Planar di Displace con una forza di 5 unità su un parallelepipedo largo 10. La proiezione piana scosta l’intero quadrato di 5 mentre solo l’area a 90 gradi dal centro della sfera raggiunge le 5 unità di scostamento. Perché il modificatore abbia un effetto visibile, la superficie scostata deve avere un numero di vertici sufficiente in aree importanti per i dettagli (quindi, scostare un parallelepipedo da I segmento non avrà alcun effetto). L’unicità del modificatore Displace è data anche dal pulsante Image. Se si fa clic sul pulsante Image (con l’etichetta “None”), è possibile selezionare qualsiasi bitmap per regolare la forza del modificatore. In tutti i casi, i bitmap sono considerati mappe di intensità dove si utilizza la luminanza e le immagini a colori sono trattate come fossero a scala di grigi. I pixel bianchi producono un effetto completo, i pixel neri non producono alcun effetto e quelli grigi hanno un effetto proporzionato. La figura 15.2 mostra questo effetto nei
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.15 quadranti superiori. La croce bianca è proiettata con una forza di 15 unità, gli elementi circostanti al 50% grigi a una distanza pari alla metà e le aree nere non hanno effetto.
■ Figura 15.1 Sferico
L’effetto del parametro Strength su una distanza a cui è applicato Displace.
Planare
■ Figura 15.2 L’effetto di una immagine bitmap sullo spostamento.
L’opzione [Center Luminance] ha effetto sull’impostazione della forza ed è utilizzata quando si desidera che il bitmap sposti la superficie verso l’interno nonché verso l’esterno. Se l’opzione è spuntata, i colori bianco e nero sono trattati come se avessero forze equivalenti ma opposte. Il valore Strength del bianco è impostato su 50%, il valore del nero su -50%, il grigio medio non ha alcun effetto e la luce o le sfumature di grigio hanno un effetto proporzionato. La figura 15.3 mostra l’effetto di questa opzione nei quadranti inferiori dove le aree che prima erano nere sono ora rientranti e l’area di grigio medio non si distingue dalla superficie originale. Se non si utilizza un’immagine bitmap, se si spunta l’opzione [Center Luminance], il parametro complessivo Strength sarà dimezzato senza produrre però un valore negativo.
MODIFICATORI AVANZATI
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■ Figura 15.3 Effetto Blur sugli spostamenti.
Bordi frastagliati
3D Studio MAX utilizza solo la memoria RAM necessaria per elaborare l’intensità di colore dei bitmap. Quando si utilizza una mappa di intensità, una versione a scala di grigi a 8 bit richiede un terzo della memoria RAM necessaria alla stessa immagine a colori a 24 bit. Le immagini a scala di grigi sono inoltre più intuitive perché è più facile confrontare le intensità di grigio che trovare gli equivalenti di colore nella scala di grigi. All’opzione [Blur] è possibile assegnare un valore che va da 0 a 10; influisce sull’immagine bitmap passandola attraverso un filtro di movimento. L’effetto è simile al movimento ottenuto nel Material Editor dove i bordi netti dell’immagine sono arrotondati. I quadranti superiori della figura 15.3 mostrano come un piccolo valore movimento sia in grado di provocare un anti-aliasing dei bordi spessi mentre i quadranti inferiori della figura mostrano come valori maggiori movimento riescano a smussare completamente lo scostamento. Quando si utilizza la mappatura di Displace, il gizmo permette di controllare il posizionamento, l’orientamento e la scalatura della mappa di scostamento. Displace tratta sempre la mappatura come una “decalcomania” dove l’estensione del gizmo determina l’estensione della mappatura e quindi dello scostamento. Non è possibile “piastrellare” oltre l’estensione del gizmo quando si utilizza il gizmo Displace per la mappatura. La figura 15.4 mostra i risultati ottenuti utilizzando le quattro opzioni scostamento (forme gizmo) disponibili in Displace. Quando si spunta l’opzione [Use Existing Mapping], la proiezione corrente di Displace è ignorata e le coordinate di mappatura correnti, in qualsiasi modo siano applicate, sono utilizzate per controllare lo scostamento. La figura 15.5 mostra lo scostamento di un’immagine sferica con velocità di piastrellatura diverse. Sono inoltre visualizzati i due tipi di mappature che Displace non utilizza (parallelepipedo e occlusione cilindrica). L’opzione di mappatura esistente permette anche di effettuare uno scostamento secondo coordinate molto complicate, sottoposte a loft o il risultato di numerose deformazioni (figura 15.6).
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CAP.15 ■ Figura 15.4 Utilizzo dei quattro metodi di proiezione standard di Displace.
Cilindrica Planare
Sferica
■ Figura 15.5
Cilindro con occlusione
Box
Utilizzo di una mappatura esistente per la proiezione Displace.
Shrink wrap
Quando si utilizza una mappatura esistente, Displace rispetta le coordinate di mappatura dell’oggetto quando l’oggetto è animato o cambia forma permettendo così di creare animazioni estremamente complicate o prendere decisioni di modellazione mentre si visualizza l’effetto di uno scostamento successivo. Displace è spesso utilizzato senza una mappatura esistente per influire su un modello, o più probabilmente, su parti specifiche di un modello. In questa modalità, il gizmo Displace si trasforma quasi in un “dito” che entra nel modello o una “calamita” che ne attrae la
MODIFICATORI AVANZATI
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superficie. La figura 15.7 mostra come un gizmo sferico (che di fatto non è scalato equamente per essere un ellissoide) sia perfetto per questa analogia, a prescindere che abbia forza positiva o negativa.
■ Figura 15.6 Utilizzo di una mappatura esistente dopo altre deformazioni o da un loft.
Cilindro con blend limitate
Oggetto loft con percorso a elica
■ Figura 15.7 Utilizzo di Displace come un “dito” o una “calamita” che modellano.
Forza positiva
Forza nulla
Forza negativa
Se utilizzato per effetti localizzati (come le sinuosità di un naso), il parametro Decay è molto importante per impedire a Displace di colpire l’intero oggetto. Decay serve a limitare il raggio di azione della forza del gizmo Displace. Se si aumenta Decay, l’effetto di Strength diminuisce. I valori di Decay non sono facili da descrivere, soprattutto perché influiscono contemporaneamente su Strength. Il metodo migliore è aumentare Decay e Strength contemporaneamente finché non si raggiunge il risultato desiderato. È spesso più facile impostare Strength su un valore molto alto per rendere visibile l’effetto della fascia Decay ed eventualmente diminuire il valore Strength per raggiungere il risultato voluto.
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CAP.15 Le opzioni di piastrellatura hanno effetto sulla mappatura esistente e su quella applicata. I valori maggiori di uno fanno in modo che il motivo si ripeta all’interno dell’estensione del gizmo. Se è utilizzata la mappatura esistente, il valore mosaico precedente verrà rispettato ma solo per la prima ripetizione del motivo. Quindi il mosaico precedente scalerà la regione del gizmo Displace. Il mosaico della mappa precedente può generare confusione e non è consigliato. Quando si lavora con una mappatura esistente, il Displace Map Type corrente influisce sull’interpretazione. Se impostato su , verrà rispettata solo la prima ripetizione di piastrelle della mappatura – con Cylindrical come prima riga – mentre con o , verranno lette le righe e le colonne. È così possibile controllare l’estensione della mappatura precedente scegliendo la forma gizmo Displace. L’opzione [Apply Mapping] è prevista se si desidera applicare rapidamente la mappatura all’intero di Displace come effettive coordinate che i materiali (o i futuri modificatori) utilizzeranno. La casella W Tile è prevista solo per questo motivo perché non ha alcun effetto su Displace stesso. Le opzioni all’interno di Displace hanno lo stesso utilizzo di quelle del modificatore UVW Mapping. È possibile animare un gizmo Displace assegnandogli un percorso o un controller Look At. In questo modo, si ottiene maggior controllo rispetto all’utilizzo della versione space warp del modificatore nello spazio globale. In pratica, sarà probabilmente necessario utilizzare mesh estremamente sottili affinché Displace offra i dettagli desiderati. I particolari possono derivare dai parametri superficie dell’oggetto, da una tassellaturaEditMesh o eventualmente da un modificatoreMeshSmooth. Dopo che Displace ha compiuto la deformazione, è spesso seguito da un modificatore Optimize (di cui si parlerà più avanti nel paragrafo “Modificatori Mesh”) per ridurre l’overhead geometrico. Un altro modificatore tipico dopo Displace o Optimize è Smooth che garantisce l’assegnazione corretta dei gruppi di smusso per la figura geometrica appena modellata. Una tipica sequenza di utilizzo diDisplace nell’elenco modificatori è: MeshSmooth, Displace, Optimize e Smooth.
Noise Il modificatore Noise è preziosissimo per rendere ruvido il modello in maniera frattale e casuale. Talvolta si desidera scuotere, far tremare e torcere la superficie del modello, ma di fatto la modellazione di quel tipo di deformazione è alquanto difficoltosa. Noise è lo strumento ideale per lavorare sul modello senza rovinarne la modellazione. È anche utile per creare orizzontali frattali e superfici non lisce, come un sacchetto di carta stropicciato o una carta ad acquerello. Il modificatore Noise è simile al controller Noise; l’unica differenza è che l’effetto è determinato dalla trasformazione gizmo nello spazio tridimensionale invece che dal tempo. I parametri Strength controllano il valore dello scostamento del rumore lungo un dato asse. I valori forza sono di fatto la distanza massima (in unità) che lo scostamento è in grado di percorrere (quando Scale è impostato su 100%). Ogni vertice è scostato secondo la forza dell’asse e le impostazioni globali Seed e Scale. Se si inserisce una scala valori lungo un asse, tutti i vertici si sposteranno lungo quell’asse.
MODIFICATORI AVANZATI
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Il quadrante inferiore sinistro (Top) della figura 15.8 mostra come il rumore non sia visibile se visualizzato dall’asse colpito, che in questo caso è l’asse Z. L’effetto è evidente se visualizzato dagli altri due lati poiché Noise effettua il suo scostamento standard: una sinusoide lungo gli altri due assi. Quando si assegna la stessa forza a ogni asse, una sinusoide ha origine da ogni asse, come mostrato dai quadranti superiori della figura 15.8. La fase iniziale della curva è controllata dal valore Seed, quindi cambiare questo valore rappresenta un modo veloce per dare a oggetti simili scostamenti di rumore molto diversi. Non è possibile vincolare lo scostamento lungo un asse, per farlo utilizzare il modificatore Wave.
■ Figura 15.8 Lo scostamento predefinito sinusoidale del modificatore Noise.
A prescindere dell’intensità dello scostamento della figura geometrica con Noise, i vertici alle estremità del gizmo Noise rimangono statici perché sono i punti finali della curva spline dello scostamento. Il parametro Scale influisce su tutte le forze dell’asse e potrebbe essere considerato una regolazione di forza valida per i tre assi. Scale inizia a 100 percento: valori inferiori diminuiscono le dimensioni della curva di scostamento mentre valori superiori le aumentano. Se la curva aumenta di dimensione contemporaneamente si appiattisce, quindi sarà necessario controbilanciare questo effetto con un maggiore valore Strength se si desidera che la distanza di scostamento sia la stessa. Con valori minori, accade esattamente il contrario. Quando l’opzione [Fractal] è spuntata, una curva frattale è applicata alla sinusoide originale smussata e il risultato è mostrato nella figura 15.9. In pratica, questa è l’applicazione principale di Noise perché creare e animare un tale effetto manualmente è piuttosto noioso. Con Noise, si tratta solo di regolare interattivamente alcuni parametri. Gli orizzontali frattali sono di solito generati lungo un solo asse altrimenti i vertici si sposterebbero in orizzontale. L’impostazione Iterations controlla il numero di “picchi” della sinusoide: il valore 1.0 non ha nessun effetto (perché la sinusoide iniziale rappresen-
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.15 ta la prima iterazione) mentre il valore 10.0 ha nove variazioni aggiuntive. Si raccomanda particolare cautela con le mesh grandi perché aumentare le iterazioni significa aumentare il tempo di calcolo. Il parametro associato Roughness regola l’acutezza della curva frattale fungendo da regolatore verticale per gli scostamenti dei vertici. Maggiori sono i valori Roughness, maggiore è l’acutezza del disturbo.
■ Figura 15.9 Applicazione di un rumore frattale lungo un solo asse e lungo tre assi.
Il disturbo frattale costituisce un modificatore intensivo perché influisce su ogni vertice. Se si desidera semplicemente scuotere e far tremare il modello, modificare la trasformazione Scale con un controller Noise: è sicuramente più efficiente. A differenza del controller Noise, non esiste un diagramma che descriva la funzione rumore. Invece, il gizmo del modificatore rappresenta abbastanza fedelmente la curva disturbo in tre dimensioni. Gestire il centro gizmo è molto simile a regolare i valori Seed o Phase e animarlo produce deformazioni smussate. Per influire sulla fase, spostare la perpendicolare del centro sull’asse di forza che si desidera regolare (per esempio, se l’asse è Z, spostarlo nel piano XY). Scalare il gizmo è simile alla regolazione delle impostazioni Scale e Strength. Ruotare il gizmo significa cambiare la direzione verso cui i vertici sono tirati. Per le animazioni, è consigliabile animare il gizmo e il relativo centro invece di Seed, che provoca una modifica molto brusca per ogni intervallo. Animare il gizmo disturbo e il centro gizmo offre numerose interessanti possibilità (figura 15.10). L’animazione Noise è inoltre controllabile con l’opzione [Animate Noise]. Se spuntata, l’opzione [Phase] controlla il ciclo di animazione delle curve di scostamento. Quando la casella [Animate Noise] è spuntata, una chiave viene posizionata alle estremità del segmento tempo attivo. È possibile aggiungere ulteriori chiavi con metodi convenzionali. Se si disattiva la casella [Animate Noise], la traccia è ignorata dall’Editor tracce; se invece la casella è attiva, le chiavi ritornano a essere attive. Anche se l’impostazione associata Frequency non può essere animata, influisce sulla “velocità” di una data fase.
MODIFICATORI AVANZATI
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■ Figura 15.10 Un corpo di acqua animatoutilizzandoNoise su un parallelepipedo.
Quando si animano effetti rumore complessi, è consigliabile regolare l’animazione del rumore con aggiustamento curve e/o moltiplicatore curve. Poiché il rumore è generato in maniera frattale, l’iterazione non è disponibile quindi è necessario che l’animazione rumore sia almeno uguale al segmento tempo attivo.
Wave Il modificatore Wave deforma un oggetto creando una sinusoide lungo un solo asse (figura 15.11). Per default, la sinusoide è applicata all’asse Y, ma può essere orientata in qualsiasi direzione ruotando il gizmo del modificatore Wave. Se animato, il modificatore Wave può creare graziosi effetti.
■ Figura 15.11 Le distorsione sinusoidale predefinita del modificatore Wave.
I valori Amplitude esprimono la distanza dalla superficie originale fino alla cresta. Se impostate sullo stesso valore, Amplitude 1 e 2 produrranno un’onda uniforme, come mostrato nella parte superiore della figura 15.11. Il valore Amplitude 1 controlla l’altezza del centro gizmo (che rappresenta per default il centro) e il valore Amplitude 2 definisce
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.15 l’altezza dell’onda alle due estremità. Il modificatore Wave si ripete solo lungo l’asse principale. Le ampiezze permettono di regolare un’onda lungo la sua larghezza. La curva in larghezza definita da Amplitude 1 e (per default lungo l’asse X dell’oggetto) è di fatto un’unica curva infinita che non si ripete. Il centro gizmo definisce il centro della curva (figura 15.12). L’altezza definita da Amplitude 2 è relativa solo a quando il centro si trova effettivamente a metà della larghezza del gizmo. Se si sposta il centro su un lato qualsiasi , la curva scorre e proietta notevolmente le altezze dei bordi. Il centro gizmo definisce così la posizione e il centro della prima onda mentre le ampiezze ne determinano l’altezza.
Amplitude2
Centro
Curva spostata
■ Figura 15.12 Il centro gizmo determina la posizione della curva.
Centro
Il parametro Wave Length controlla la distanza fra le creste dell’onda o, più propriamente, la frequenza dell’onda. È possibile imitare questa proprietà scalando il gizmo lungo l’asse Y. Il parametro Phase controlla la posizione o il ciclo dell’onda mentre percorre l’asse Y. Per ottenere un effetto ondeggiante, animare questo parametro. È possibile raggiungere il parametro Phase muovendo il centro gizmo lungo l’asse Y. Il parametro Decay permette di far svanire un’onda (se è minore di 1,0) o di amplificarla (se è maggiore di 1,0). I valori Decay tendono a essere piuttosto piccoli (spesso minori di 0,1) e controllano il decadimento solo lungo la lunghezza dell’onda perché l’altezza dell’onda è costante in larghezza e regolata solo dalle impostazioni dell’ampiezza. L’origine del decadimento è il centro gizmo, quindi è molto importante posizionarlo in modo corretto. I quadranti inferiori della figura 15.13 mostrano i risultati del decadimento. La gestione del gizmo offre la possibilità di creare maggiore variazioni, come mostrato nei quadranti superiori della figura 15.13, perché la rotazione del gizmo orienta o inclina le onde.
Ripple Il modificatore Ripple è identico allo space warp Ripple: si distingue perché agisce nello spazio locale invece che globale. È molto simile al modificatore Wave poiché scosta i vertici secondo la sinusoide. A differenza di Wave, Ripple proietta la sinusoide radialmente dal centro gizmo (figura 15.14) invece che linearmente lungo un asse.
MODIFICATORI AVANZATI
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■ Figura 15.13 Gestione dell’effetto di un’ondacon l’orientamento del gizmo e il decadimento.
Centro con decadimento
Centro con decadimento
Per default, Ripple modifica l’asse Z dell’oggetto: Amplitude 1 influisce sull’asse X e Amplitude 2 sull’asse Y. Per quasi tutte le ondulazioni per i liquidi, è necessario che i valori siano uguali. Valori diversi servono a modellare un effetto, come mostrato nel quadrante inferiore destro della figura 15.14 (il gizmo è stato scalato in modo ineguale per accentuare ulteriormente l’effetto).
■ Figura 15.14 Onde radiali sinusoidali del modificatore Ripple. Ampiezza Lunghezza d’onda
Centro con decadimento
Le impostazioni Wave Length, Phase e Decay sono simili a quelle del modificatore Wave. L’effetto che deriva della posizione del centro gizmo è più diretto perché definisce il centro dell’ondulazione, come un sassolino lanciato in uno stagno. Come sempre, l’orientamento del gizmo è determinante per la deformazione. Se si utilizzano modificatori multipli Ripple e Wave che si scontrano l’uno contro l’altro, si creeranno effetti acqua o superfici variegate più convincenti.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.15
Deformazione forma libera I modificatori Free Form Deformation (FFD) sono stati introdotti di recente in 3DS MAX; sono stati scaricati gratuitamente da www.ktx.com appena gli accordi legali con Viewpoint Datalabs (i proprietari del brevetto FFD) si sono conclusi. Nell’offerta iniziale, sono inclusi tre modificatori FFD o diverse densità di schemi (2x2x2, 3x3x3 e 4x4x4). I modificatori FFD influiscono sui vertici che fanno parte di mesh, patch o perfino spline. Affinché i modificatori FFD lavorino correttamente, devono essere assegnati a oggetti tridimensionali. Può capitare che insorgano problemi quando si tenta di deformare spline complanari e altri oggetti piatti. In teoria, lo scostamento FFD è molto semplice. Si posiziona uno schema di punti di controllo vicino a una superficie, quando si sposta un punto di controllo la superficie si deforma. Quando si utilizza uno schema FFD 4x4x4, la deformazione effettiva è collegata a una curva Bézier (figura 15.15). Con un 4x4x4, i punti di controllo finali rimangono “attaccati” alla superficie mentre i punti di controllo intermedi formano una curva Bézier quando vengono spostati. Il modificatore 3x3x3 funziona in modo molto simile ma per l’interpolazione dispone di un solo punto intermedio. Il modificatore 2x2x2 ha solo punti di controllo angolari e genera un’interpolazione lineare.
■ Figura 15.15 I tre modificatori FFD e la forma dei relativi spostamenti. Controlli lattice Controlli di selezione
Punti di controllo intermedi
Curva Bézier
Curva interpolata
Interpolazione lineare
MODIFICATORI AVANZATI
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Con l’introduzione delle FFD, diversi altri modificatori di 3DS MAX perdono importanza. Il modificatore 2x2x2 prima di tutto rende inutile l’utilizzo dell’inclinazione e il 4x4x4 riduce l’utilizzo dell’onda. Il punto di forza delle FFD sta nella capacità di localizzare l’effetto. Quando si scala lo schema, finché l’opzione Deform [Only In Volume] è attiva, solo i vertici contenuti all’interno del volume dello schema saranno deformati, come mostrato dai quadranti superiori della figura 15.16. Il volume dello schema definisce le selezioni prima che i punti di controllo siano spostati; quindi è possibile spostare i punti di controllo in qualunque modo senza influire sulla selezione. I quadranti inferiori della figura 15.16 mostrano che quando si scala lo schema a una piccola regione e poi si cambia la selezione in , lo scostamento che ne risulta può essere molto grande a causa dell’interpolazione.
■ Figura 15.16 Opzioni Deform e .
Quando si lavora in modalità Volume, può capitare di far confusione nel determinare l’estensione esatta del volume dopo aver regolato più volte i punti di controllo. È possibile visualizzare il reale volume dello schema cambiando l’opzione Display da [Lattice] a [Source Volume]. Quando l’opzione di visualizzazione [Source Volume] è attiva, le regolazioni dei punti di controllo appaiono come movimenti relativi quando si sposta il cursore e ritornano alla posizione iniziale dopo lo spostamento. Il movimento è stato aggiunto alla posizione cumulativa del punto di controllo, quindi non è visualizzato. La deformazione che ne risulta è visualizzata a prescindere dall’opzione di visualizzazione. È consigliabile scalare e posizionare lo schema prima di effettuare qualsiasi regolazione dei punti di controllo. Se i punti di controllo si trovano nelle posizioni predefinite, non avverrà alcuna deformazione quando si posiziona lo schema. Se, invece, i punti di controllo sono stati spostati, il modello continuerà a deformarsi con lo spostamento dello schema.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.15 Se si preferisce non occuparsi dell’estensione dello schema, è possibile definire una selezione sub-oggetto (con un modificatore Edit o Volume Select) e assegnare poi un modificatore FFD. I modificatori FFD rispettano la selezione attiva come la maggior parte degli altri modificatori di 3DS MAX. Se si sceglie l’opzione di Deform, verrà ignorata l’estensione dello schema e saranno coinvolti tutti i vertici contenuti nella selezione attiva corrente. Questa opzione è ancora più utile quando si lavora con le selezioni sub-oggetto. Inoltre è possibile stratificare i modificatori FFD dell’elenco cosicché ognuno lavorerà con una selezione diversa. In questo modo, è possibile posizionare la deformazione FFD in un punto preciso e applicarla a un dato momento secondo le proprie necessità. La figura 15.17 mostra in che modo i tre modificatori FFD sono posizionati per animare movimenti quasi impercettibili dell’orecchio e del naso.
■ Figura 15.17 Utilizzo dei modificatori FFD su insiemi di selezione per ottenere un minuzioso controllo locale.
È possibile animare i modificatori FFD a livello di schema o di punto di controllo. Se si anima lo schema, si spostano i punti di controllo e l’effetto; sarà così possibile spostare lo schema attraverso l’oggetto per ottenere effetti animati speciali. Finché è disponibile uno space warp FFD, questa sarà la tecnica da utilizzare per effetti da “buco della serratura”. Ma la vera potenzialità di animazione dei modificatori FFD sta nell’animazione dei punti di controllo. Quando il pulsante Animate è attivo, ogni trasformazione effettuata su un punto di controllo genera una chiave (figura 15.18). Le tracce di animazione dei punti di controllo non sono aggiunte finché non si animano i punti, una tecnica simile a come sono aggiunte le tracce alle griglie di deformazione di Lofter durante l’animazione. Animare i punti di controllo, soprattutto su selezioni locali distinte, offre un ottimo controllo di regolazione. Si consiglia di utilizzare i modificatori FFD quando è necessario animare quei pochi elementi in 3DS MAX che non possono essere animati facilmente (come lo scostamento del vertice Affect Region di EditMesh o le maniglie tangente dei vertici EditPatch).
MODIFICATORI AVANZATI
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■ Figura 15.18 La visualizzazione di tracce animate nell’Editor tracce dopo aver animato i punti di controllo FFD.
Modificatori mesh Diversi modificatori sono in grado di leggere e produrre solo informazioni mesh. Questi modificatori richiedono che l’oggetto sia convertito in mesh. Poiché è possibile convertire ogni oggetto di 3DS MAX in mesh, requisito essenziale per essere visualizzato e per il rendering, se si assegnano questi modificatori a un modello patch o spline, da quel punto in poi del Modifier Stack saranno convertiti in mesh. Anche se non è visualizzato nessun messaggio che avverte della conversione, è sempre possibile ritornare indietro nella cronologia delle modifiche e modificare l’oggetto come spline o patch prima che sia convertito in mesh.
Optimize Optimize è lo strumento principale di 3DS MAX per ridurre il calcolo delle facce. Rappresenta anche un metodo per velocizzare il ridisegno quando si gestiscono grandi modelli. In qualsiasi caso, Optimize analizza l’angolo che ogni faccia forma con le facce adiacenti e lo confronta con il valore soglia. Optimize è di solito utilizzato dopo che un altro modificatore ha generato o ha richiesto un elevato numero di facce (come MeshSmooth o Displace, figura 15.19). È possibile confrontare il risultato ottimizzato con l’originale disattivando temporaneamente l’icona a lampadina del modificatore Optimize. Il tasto ESC annulla Optimize durante lunghi calcoli e rimanda alle impostazioni precedenti, funzionalità importante perché Optimize richiede molto tempo per lavorare su mesh grandi. Un’operazione accidentale che provoca un ricalcolo (come Undo) può essere così terminata. I parametri Threshold sono fondamentali per Optimize perché controllano quali facce devono essere eliminate. Il metodo di selezione per determinare le facce che rientrano nella soglia è lo stesso descritto per le funzioni di EditMesh, AutoEdge, AutoSmoot ed Explode nel capitolo 13.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.15 ■ Figura 15.19 Utilizzo di Optimize dopo Displace per semplificare il modello (sopra prima dell’ottimizzazione,sotto dopol’ottimizzazione)
Il parametro Face Threshold influisce sulle facce che condividono tre bordi con altre facce. Il valore Edge Threshold controlla l’ottimizzazione solo delle facce con bordi esposti non condivisi. Il valore dei bordi non può superare quello delle facce; nel caso, i valori superiori sono ignorati. Il valore di default di 1,0 per i bordi ottimizza solo i bordi colineari. Come la figura 15.20 dimostra, impostare valori diversi per bordi e facce produce risultati diversi. Se si desidera conservare il profilo del modello, è necessario che la soglia bordo sia molto bassa; se si desidera ottenere la massima ottimizzazione, entrambi le soglie devono avere lo stesso valore.
■ Figura 15.20 L’effetto della soglia Edge sulla mesh ottimizzata.
MODIFICATORI AVANZATI
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I valori Threshold appena superiori allo zero (da 0,01 a 0,1) riducono tutte le facce complanari e non influiscono sul profilo del modello. A causa degli errori di arrotondamento, potrebbe essere necessario aumentarlo fino a 0,1 o a 1,0. Il valore Bias controlla la forma delle facce risultanti: 1,0 praticamente elimina l’ottimizzazione e 0,0 non ha alcun effetto. Valori bassi (minori di 0,1) eliminano le schegge mentre valori elevati lasciano un numero sufficiente di vertici per altre deformazioni. La figura 15.21 mostra l’effetto di Bias sulla mesh risultante. Il valore Bias predefinito di 0,1 elimina le lunghe facce rastremate che producono manufatti di rendering; ma se si desidera ottenere l’ottimizzazione massima, il valore Bias deve essere impostato su zero.
■ Figura 15.21 L’effetto di Bias sulla tassellatura risultante.
Optimize è unico fra i modificatori di 3DS MAX perché permette di avere valori distinti per il rendering interattivo e di produzione. In questo modo, è possibile ottimizzare un modello complesso per la gestione nella finestra e allo stesso tempo ottenere un rendering estremamente particolareggiato. La figura 15.22 mostra come lo stesso modello possa essere visualizzato con un conteggio facce basso e avere un rendering basato sul conteggio originale. Quando nella finestra si passa dal Level 1 al Level 2, cambiano anche le impostazioni (hanno gli stessi valori iniziali predefiniti). Quindi, se si utilizza Level 1 nelle finestre, è ancora possibile passare al Level 2 per modificare i valori. Il motivo è semplice: è necessario visualizzare i risultati mentre si modificano i valori. Questo metodo accelera notevolmente l’interazione con modelli densi. È importante ricordare, tuttavia, che finché Optimize si trova nel Modifier Stack, i calcoli sono effettuati sull’intero modello che è salvato su disco. È possibile ottimizzare la scena senza incorrere in alcun overhead di rendering, applicando un modificatore Optimize il cui livello di dettaglio rendering è impostato su 0,0; quando il valore è zero, non è effettuato alcun calcolo. È consigliabile prendere in considerazione le opzioni Preservation per Material Boundaries e Smooth Boundaries se il modello ha materiale sub-oggetto o assegnazioni di gruppi di smusso di importazione. Se la casella è spuntata, Optimize tratta ogni ID (numero identificativo) del materiale o gruppo di smusso come regione indipendente. Stranamente, le condizioni dei bordi dove le regioni diverse si incontrano hanno ancora vertici corrispondenti. Come già anticipato, il materiale e i gruppi di smusso di solito sono assegnati per un valido motivo e spesso definiscono aree caratteristiche del modello. È
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CAP.15 consigliabile utilizzare queste opzioni se si desidera che le aree mantengano la loro importanza nel modello dopo l’ottimizzazione. La figura 15.23 mostra l’effetto ottenuto utilizzando e non utilizzando questa opzione per i gruppi di smusso. Con l’opzione [Auto Edge], lo stato visibile del bordo del modello rimane il più simile possibile allo stato del bordo prima dell’ottimizzazione. Per quanto il nome sia uguale, questa opzione non equivale alla funzione di EditMesh. Lo scopo di tale funzione è impedire che bordi precedentemente invisibili siano visualizzati all’improvviso. L’opzione [Auto Edge] esiste solo per chiarezza e non ha alcun effetto sul risultante conteggio delle facce.
■ Figura 15.22 Utilizzo del Level of Detail 1 per l’interattività e del Level 2 per il rendering di produzione.
Level of Detail 1
Level of Detail 2
■ Figura 15.23 Proteggere le regioni dai gruppi di smusso durante l’ottimizzazione.
MeshSmooth MeshSmooth è stato aggiunto alla release 1.1 e offre la capacità di arrotondare gli angoli dei modelli mesh. MeshSmooth aumenta la figura geometrica attraverso la tassellatura dei bordi mesh in una maniera più utile rispetto alla tassellatura eseguita da EditMesh. Aggiungere MeshSmooth a un modello con un conteggio facce basso è simile ad aggiungere passi a un modello patch o spline (figura 15.24).
MODIFICATORI AVANZATI
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■ Figura 15.24 UtilizzodiMeshSmooth per aggiungere un livello di dettagli.
Originale
Bordi non eliminati
1 iterazione
2 iterazioni
Bordi nascosti eliminati
Quando è applicato, MeshSmooth crea facce aggiuntive spostando ogni bordo dal rispettivo lato e “regolando” il risultato (figura 15.25). Ogni vertice originale diventa così il centro di un nuovo poligono, il cui numero di lati corrisponde al numero di bordi che condividevano originariamente il vertice, creando motivi bordo smussati talvolta molto belli.
■ Figura 15.25 I metodi di tassellatura delle facce da MeshSmooth.
Originale
I pulsanti Iterations eseguono un altro calcolo MeshSmooth. Ogni iterazione aggiunge un altro modificatore MeshSmooth nell’elenco. È consigliabile particolare cautela, tuttavia, perché il numero di vertici è almeno quadruplicato a ogni iterazione. Il modello quindi si ingrandisce molto rapidamente.
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CAP.15 MeshSmooth rispetta il tasto ESC. Se sono avvenute da una a quattro iterazioni (e il modello e cresciuto di oltre 50 volte), è possibile terminare il processo invece di aspettare il risultato.
Il parametro Strength è di fatto la proporzione di spostamento del vertice originale. Il valore zero nega l’effetto MeshSmooth posizionando tutti i nuovi vertici nelle posizioni originali. Se si aumenta il parametro Strength a 1.0 i vertici si sposteranno fino a incontrare i vertici corrispondenti opposti in una posizione media. I valori fra 0,0 e 1,0 adeguano la distanza proporzionalmente. La figura 15.25 mostra come per creare bordi arrotondati, una caratteristica comune ai manufatti, sia necessario utilizzare un valore Strength basso. Valori Strength elevati tendono a creare forme più trasparenti in quanto i bordi si comprimono in punti mediani. Il valore predefinito di 0,5 crea una forma arrotondata con un paio di iterazioni. La figura 15.25 mostra inoltre come un valore di 0,54 crei da un cubo quasi una forma sferica. L’opzione [Eliminate Hidden Edges], attiva per default, ignora i bordi nascosti durante la tassellatura. Questa è una delle operazioni in cui avere lo stato visibile dei bordi è estremamente utile. La figura 15.24 ha mostrato una figura geometrica con o senza questa opzione. Se l’opzione non è attiva, le dimensioni del modello crescono più rapidamente e la forma risultante potrebbe non essere appropriata. Perché MeshSmooth funzioni, è molto importante che la mesh sia costruita in modo corretto; questa funzione infatti attraversa i bordi per determinare la tassellatura e la direzione. Se la mesh non è costruita correttamente, MeshSmooth si disattiva, l’icona a lampadina corrispondente si spegne e il nome del pannelloC OMMAND mostra “MeshSmooth Error - See Help” (figura 15.26). In questo caso, è necessario esaminare e correggere il modello secondo le regole seguenti: ■ qualsiasi bordo può essere condiviso solo da due facce; ■ le facce che condividono un bordo devono avere normali coerenti.
■ Figura 15.26 Mesh non costruite correttamente provocano un errore MeshSmooth.
Più bordi condivisi
Normali incoerenti
Relax Il modificatore Relax influisce sulla “tensione” apparente della superficie mesh avvicinando o allontanando i vertici da quelli delle facce adiacenti. La figura 15.27 mostra come i vertici si spostino per ammorbidire la mesh.
MODIFICATORI AVANZATI
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■ Figura 15.27 Utilizzo di Relax per ammorbidire la superficie di un oggetto.
Il parametro Relax rende la superficie risultante distesa e concava con valori oscillanti fra 0 e 1,0 e convessa con valori oscillanti da -1,0 a 0. Il parametro Iterations esegue un’iterazione Relax aggiuntiva. Come mostrato dalla figura 15.28, è possibile utilizzare numerose iterazioni per creare effetti “restringimento”.
■ Figura 15.28 Utilizzo di Relax con 16, 4 e 0 iterazioni.
Con lo spostamento dei vertici, gli elementi distinti all’interno dell’oggetto si allontanano l’uno dall’altro. Questo fenomeno è eliminato dall’opzione [Keep boundary point fixed] (figura 15.28) dopo numerose iterazioni Relax. A differenza di MeshSmooth, le iterazioni all’interno di Relax non presentano grossi svantaggi perché la figura geometrica non aumenta e solo i vertici esistenti sono spostati. Per numerose iterazioni, è necessario solo un overhead minimo, pressoché inesistente.
Modificatori di trasformazione Esistono diversi modificatori progettati per funzionare come semplici trasformazioni spostamento, rotazione e scalatura. Averli come modificatori permette di eseguire la valutazione della trasformazione all’interno del Modifier Stack invece che successivamente.
Selezione con Volume Select Volume Select è progettato per effettuare selezioni sub-oggetto basate su una regione o un volume definito (figura 15.29). Rappresenta un metodo alternativo rispetto alla definizione di selezioni precise di vertici o facce in EditMesh. È quindi importante capire gli aspetti di questo strumento fondamentale nella modellazione professionale.
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CAP.15 ■ Figura 15.29 Volumi di selezione definiti da Volume Select.
Il primo vantaggio di Volume Select è la quantità minima di RAM e di spazio su disco necessari rispetto al modificatore EditMesh. Una selezione volume dipende all’area che circoscrive ed è indipendente dalle modifiche topologiche. In altre parole, Volume Select non considera quanti vertici e facce ci sono in un oggetto, solo la loro posizione. Invece EditMesh dipende da una data topologia e non dalla posizione della selezione. Quindi non è la posizione della selezione a essere importante, ma il numero di vertici e facce dell’oggetto. Quindi, se si desidera modificare la densità complessiva del modello (la segmentazione di una primitiva o di un loft, per esempio), è necessario utilizzare Volume Select per definire una selezione volumetrica invece di una selezione precisa. In questo modo, le selezioni volume sono in grado di lavorare dopo i modificatori EditMesh, Optimize e MeshSmooth senza essere influenzate dalle loro modifiche. Se si intende cambiare le dimensioni di definizione del modello (le dimensioni parametriche delle primitive, per esempio), è necessario utilizzare EditMesh per definire una selezione esatta. Volume Select lavora solo con oggetti mesh. Se è assegnato a un modello patch o a uno spline chiuso, converte l’oggetto in mesh.
Quando si assegna Volume Select, il gizmo assume l’estensione della selezione attiva dell’elenco a quel dato livello. Spesso, la selezione attiva corrisponde al livello dell’oggetto e il gizmo assume l’estensione dell’oggetto, costringendo a trasformare il gizmo a livello sub-oggetto se si desidera definire una selezione sub-oggetto. Se la selezione attiva comprende vertici, facce o bordi, il gizmo si comporterà come la maggior parte dei modificatori e si adatterà alla selezione sub-oggetto. A differenza di altri modificatori, il gizmo di Volume Select non cambia forma o posizione se la selezione precedente dell’elenco cambia, altrimenti rovinerebbe il volume posizionato con cura dal modellatore. In questo modo, stabilire l’estensione gizmo di Volume Selection è come posizionare per la prima volta il centro gizmo di un modificatore standard. La prima assegnazione
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determina la posizione e le regolazioni successive della selezione non sono in grado di regolarla di nuovo. Un metodo veloce per localizzare con cura i gizmo di Volume Select consiste nel definire l’estensione della selezione sub-oggetto con EditMesh, applicare un Volume Select e poi rimuovere il modificatore EditMesh dall’elenco. Anche se può sembrare più complesso, è spesso più rapido e accurato rispetto alla trasformazione del gizmo Volume Select. Il volume di selezione può essere un parallelepipedo, un cilindro o una sfera. La scelta produce un gizmo diverso, simile alle differenti forme del modificatore UVW Map. Poiché si tratta di un gizmo, è possibile posizionarlo, orientarlo e scalarlo a piacimento permettendo di creare altre forme come rettangoli, ellissi e ellissoidi. Lo Stack Selection Level definisce il livello di figura geometrica selezionato (l’oggetto, le facce o i vertici). Per default, è definito il livello Object, che seleziona l’intero oggetto a prescindere dall’estensione del gizmo. Poiché è selezionato l’intero oggetto, i rimanenti controlli di Volume Select non hanno alcun effetto. A livello oggetto, non è mai necessario occuparsi della posizione, delle dimensioni o della forma del gizmo perché è sempre selezionato l’intero oggetto. Utilizzare Volume Select su oggetti multipli crea selezioni volumi solo a livello faccia o vertice. Se lasciati a livello oggetto, vengono scelti tutti gli oggetti a prescindere dalle opzioni di altri modificatori. Il Selection Method determina come deve essere trattata la selezione precedente dell’elenco. Per default, l’impostazione è Replace che elimina qualsiasi selezione corrente dell’elenco e rende il volume del gizmo la selezione corrente. Le opzioni di selezione diventano potenti con le opzioni successive perché Add e Replace interagiscono con la selezione corrente dell’elenco. Quindi, è possibile utilizzare i metodi di selezione Volumes for Boolean (figura 15.30). In questo esempio il primo modificatore è sostituito, il secondo sottratto e il terzo aggiunto. È stato poi aggiunto un XForm, spostando e scalando la selezione risultante. Volume Select ha permesso al parallelepipedo originale di ingrandire la segmentazione senza disturbare la forma di selezione o la modifica finale.
■ Figura 15.30 Utilizzo di tre modificatori Volume Select per eseguire una complessa selezione “booleana”.
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CAP.15 L’opzione Invert modifica effettivamente l’opzione soprastante scelta (è importante notare che si tratta di una casella di controllo e non di un pulsante di scelta). La selezione del volume è valutata e poi, se l’opzione è spuntata, la selezione che ne risulta è invertita. (In pratica, è possibile gestire il gizmo con l’opzione disattivata e invertirlo alla fine perché ci si rende conto che la selezione opposta potrebbe provocare confusione). Selection Level è quindi come un’equazione dall’alto verso il basso: Selezione precedente più/meno selezione volume sì/no Invert=Selezione A differenza del livello di selezione Object, i livelli faccia e vertice lavorano con Selection Method e Volume Type. Il livello faccia rispetta inoltre le scelte Selection Type di Window e Crossing, che si comportano come in EditMesh (il livello vertice tratta finestra e intersezione allo stesso modo. Se nell’elenco esistono selezioni multiple di sub-oggetti, verrà utilizzato solo il Selection Level corrente. Le selezioni dell’elenco di diverso tipo (bordi o facce quando si stanno selezionando vertici, per esempio) sono ignorate da una selezione volume, quindi, se si desidera, è possibile interagire con esse in un modificatore futuro. La scelta del Selection Level cambia lo stato della selezione corrente del Modifier Stack. Un livello di selezione definito come facce da un modificatore EditMesh precedente è trasformato in vertice se il Volume Select era impostato sul livello vertice. È possibile selezionare facce basate su vertici o vertici basati su facce definendo l’estensione del gizmo Volume Select con uno e poi commutare il livello di selezione all’altro. Le opzioni Alignment orientano rapidamente il gizmo del volume in maniera simile al modificatore UVW Mapping. Fit estende il gizmo fino all’estensione dell’oggetto secondo l’orientamento e la scalatura corrente dell’oggetto. L’opzione Reset riorienta il gizmo in modo tale che l’asse Z corrisponda a quello dell’oggetto e reimposta la scala in modo uniforme affinché corrisponda all’estensione dell’oggetto.
Trasformazioni con XForm e LinkedXForm Nel capitolo 8 sono state descritte le nozioni fondamentali sul modificatore XForm e ne è stato consigliato l’utilizzo quando si desidera scalare il modello in maniera non uniforme e permanente. In realtà, il modificatore XForm serve ad animare selezioni suboggetto e a conservare le trasformazioni gizmo sotto forma di operazioni modificabili e animate. Quando si assegna il modificatore XForm, si entra subito in modalità Gizmo sub-oggetto. Un cambiamento necessario perché lo scopo di XForm è interagire con le trasformazioni Move, Rotate e Scale. Quando si lavora con l’intero oggetto, il risultato della trasformazione del gizmo XForm è identico a una trasformazione standard. Tuttavia, trasformare i vertici dell’oggetto e non la sua definizione è molto diverso. A prescindere dalla rotazione dell’oggetto, l’asse locale mantiene lo stesso orientamento. Quando si sposta il gizmo XForm, i vertici dell’oggetto si spostano mentre il suo punto di rotazione rimane immobile. Quando si scala il gizmo di XForm, si scalano i vertici mentre le tracce Scale dell’oggetto rimangono invariate. Poiché l’asse locale non cambia, anche l’orientamento del riquadro di delimitazione (visibile in modalità di visualizzazione Box) rimane lo stesso.
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Il modificatore XForm non corrisponde al comando Reset-XForm di 3DS DOS, che reimposta il sistema locale di coordinate secondo l’orientamento corrente dell’oggetto rispetto agli assi globali. È possibile utilizzare il modificatore XForm per ottenere lo stesso risultato e 3DS MAX lo fa automaticamente con l’utilità Reset Transform (figura 15.31) fornita nella release 1.1.
■ Figura 15.31 L’utilità Reset Transform. Modificatore XForm
Rettangolodi selezione risultante
Il centro del gizmo XForm funge da punto di rotazione del gizmo. Quando si gestisce il gizmo, non si ha facile accesso al punto di rotazione dell’oggetto (a meno che si imposti il sistema di coordinate su selezione, si selezioni l’oggetto e si utilizzi il centro di coordinate di trasformazione). Come per la maggior parte dei modificatori, il centro è posizionato sul punto di rotazione quando si agisce sull’intero oggetto e sul centro di selezione se è stata assegnata una selezione sub-oggetto. Il modificatore XForm è uno strumento estremamente efficiente se abbinato ai modificatori Volume Select. In tal caso, Volume Select definisce la selezione e XForm agisce su di essa, permettendo di modellare e animare parti distinte del modello, perfino un solo vertice. Se si utilizza un modello patch o spline, il metodo Volume Select non funziona. In questi casi, è necessario utilizzare un modificatore EditPatch o EditSpline per definire la selezione sub-oggetto. È importante ricordare che questi modificatori sono piuttosto ingombranti e sarà necessario eseguire un numero minimo di modifiche al loro interno. Se si desidera definire selezioni per i modificatori XForm, è consigliabile utilizzarli esclusivamente per le selezioni. È consigliabile utilizzare un modificatore XForm quando si è effettuata una modifica di trasformazione che si desidera rivedere o animare. È consigliabile effettuare con i modificatori Edit le trasformazioni sub-oggetto che si desidera rendere permanenti. Animare una modifica XForm è come animare qualsiasi altro gizmo. A differenza di un modificatore Edit, la selezione attiva dell’elenco sotto XForm e il suo contenuto possono essere cambiati. In questo modo, è possibile definire una trasformazione (una scala, per esempio), ritornare al Volume Select precedente, cambiare la selezione e osservare in tempo reale l’aggiornamento della scala risultante. Inserire un modificatore Smooth alla fine dell’elenco (in modalità AutoSmooth) e sarà possibile visualizzare anche il cambiamento di smusso.
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CAP.15 È possibile controllare l’animazione di selezioni sub-oggetto con altri oggetti utilizzando il modificatore Linked X-Form. Linked XForm lavora come il modificatore XForm. Unica differenza: il “gizmo” da spostare, ruotare e scalare è un altro oggetto selezionato. In questo modo, è possibile animare un oggetto con un’impalcatura scheletrica sottostante. Il capitolo 16 mostra in che modo è utilizzato Linked XForm a questo scopo con i sistemi Bones.
Modificatori di superficie È fornita una classe di modificatori superficie, veri sottoinsiemi del modificatore EditMesh, per effettuare assegnazioni di base senza una grande overhead di RAM. Tutti questi modificatori (tranne UVW Map) agiscono solo sulle facce e convertono gli oggetti patch e gli spline chiusi in una mesh così da poterne regolare le proprietà della superficie (faccia). Sono modificatori semplici che agiscono sulla selezione attiva di facce nella sequenza cronologica delle modifiche. Se la selezione attiva contiene solo vertici o bordi, la selezione sub-oggetto è ignorata e il modificatore di superficie agisce sull’intero oggetto. In pratica, questi modificatori agiscono di solito sull’intero oggetto o sulle selezioni di facce definite da un modificatore Volume Select. EditMesh è talvolta utilizzato per definire selezioni molto irregolari ed è utile quando si desidera avere una distinzione netta fra selezione ed effetto. Per ottenere una tale flessibilità, è necessario naturalmente aggiungere il modificatore EditMesh. Quando saranno disponibili altri modificatori di selezione, l’utilizzo di EditMesh a questo scopo diventerà obsoleto.
Modificatore Normal Il modificatore Normal (figura 15.32) offre le capacità di rovesciamento delle normali delle facce offerte dal modificatore EditMesh, anche se non è in grado di visualizzare le normali come linee direzionali.
■ Figura 15.32 La tendina del modificatore Normal.
Il modificatore Normal è ideale nelle situazioni in cui è necessario capovolgere la direzione di una superficie senza incorrere in overhead, rallentamenti o dover utilizzare EditMesh. Volare dentro un oggetto è una situazione tipica in cui è necessario capovolgere rapidamente le normali. Purtroppo, è necessario effettuare questa operazione manualmente perché non è possibile animare il modificatore Normal.
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L’opzione [Unify Normals] unisce le normali della selezione attiva in un modo simile a EditMesh. Utilizzare questa opzione con cautela per le selezioni sub-oggetto perché tale funzione presuppone che il modello sia chiuso e pronto per essere unito. L’opzione [Flip Normals] inverte semplicemente le normali della selezione attiva ed è l’opzione più utilizzata. A differenza di [Unify Normals], Flip Normals] è un’opzione affidabile per le selezioni sub-oggetto.
Modificatore Smooth Il modificatore Smooth (figura 15.33) offre la capacità di assegnazione dei gruppi di smusso del modificatore EditMesh. A differenza di EditMesh, Smooth può essere animato, caratteristica che rappresenta il suo più grande vantaggio. Con Smooth, è possibile regolare dinamicamente la smussatura del modello mentre cambia forma. In pratica, è simile all’opzione “Morph Smoothing” di 3DS DOS; è solo più generica, lavora con le selezioni ed è in grado di regolare l’angolo soglia di AutoSmooth nel tempo. In pratica, disporre di un modificatore Smooth alla fine dell’elenco è l’ideale perché regola le superfici durante il lavoro.
■ Figura 15.33 La tendina del modificatoreSmooth.
Il modificatore Smooth comincia cancellando tutti i gruppi di smusso assegnati correntemente alla selezione attiva. È assodato che si desidera assegnare o cancellare la smussatura; inoltre, poiché la selezione delle facce non fa parte di questo modificatore, è meglio cancellare i gruppi di smusso che tenerli. Una volta cancellati, è possibile scegliere se assegnare un numero per il gruppo di smusso o utilizzare AutoSmooth. Se l’opzione [AutoSmooth] è spuntata, la selezione attiva è smussata secondo il valore soglia abbinato, come descritto nel capitolo 12 nel paragrafo “Soglie angolo”. Il modificatore valuta la superficie a lui trasferita e regola dinamicamente le assegnazioni gruppi di smusso secondo l’angolo soglia. In questo modo, è possibile tornare indietro nell’elenco, effettuare modifiche di modellazione e visualizzare AutoSmooth applicato dinamicamente, funzionalità non fornita da EditMesh. Quando l’opzione [AutoSmooth] è attiva, la griglia dei 32 pulsanti dei gruppi di smusso è bloccata e non è possibile effettuare alcuna scelta. Se l’opzione è disattiva, è possibile assegnare la selezione attiva di un gruppo particolare. L’assegnazione di un numero al
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CAP.15 gruppo di smusso è un’operazione precisa e non può essere animata. Anche se con EditMesh è tipico effettuare assegnazioni multiple di gruppi di smusso, è raro assegnare più di un gruppo alla stessa selezione con un modificatore Smooth. L’assegnazione di un gruppo smussa la selezione stessa, mentre l’assegnazione di altri gruppi ha effetto solo se si cerca anche di collegare i gruppi assegnati a facce adiacenti saldate.
Modificatore Material Il modificatore Material (figura 15.34) offre la capacità di assegnazione dell’ID del materiale del modificatore EditMesh. A differenza di un’assegnazione precisa effettuata in EditMesh, non è possibile animare l’ID del materiale assegnato. Poiché si tratta di un intero, il cambiamento di ID del materiale si verifica all’improvviso su un dato fotogramma (non avviene gradualmente). Se si stanno animando assegnazioni ID del materiale, è necessario analizzarne la ricorrenza come curva funzione in Editor tracce e regolarne la curva cosicché i materiali effettuano la transizione esattamente nel punto desiderato.
■ Figura 15.34 La tendina del modificatore Material.
Modificatore Map UVW Il modificatore Map UVW assegna le coordinate di mappatura alla faccia o alla selezione patch attiva dell’elenco. Per tutti gli oggetti, le selezioni vertice e bordo sono ignorate, l’intero oggetto invece è considerato la selezione faccia o patch. Questo modificatore permette di abbinare numerose coordinate di mappatura di diverso tipo in posizioni differenti nella cronologia delle modifiche dell’oggetto. Si effettua tale operazione quando l’oggetto ritrae la figura geometrica con orientamenti e configurazioni più comode per assegnazioni mappatura. Il modificatore UVW è trattato in dettaglio nel capitolo 21 per la sua stretta integrazione con le assegnazioni dei materiali. Per transizioni graduali, utilizzare un materiale animato Blend o un tipo di mappa Mask o Mix invece di animare il numero identificativo del materiale.
Riepilogo ■
Displace, Noise, Wave, Ripple e FFD. I modificatori geometrici Displace, Noise, Wave, Ripple ed FFD funzionano bene su spline, patch e mesh.
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Modificatori Noise, Wave, Ripple e FFD. Questi modificatori basano le loro distorsioni su curve sinusoidi e Bézier; i diversi parametri di controllo fungono da maniglie tangente intermedie per le curve di distorsione. Modificatori mesh. I modificatori mesh MeshSmooth, Optimize e Relax convertiranno sempre la figura geometrica dell’elenco in una mesh per effettuare le operazioni. Modificatore Volume Select. Volume Select è il modificatore ideale per definire una selezione sub-oggetto quando la figura geometrica sottostante nell’elenco non cambierà dimensioni. È necessario utilizzare EditMesh quando la figura geometrica iniziale cambierà dimensioni ma non topologia. Modificatori di superficie. I modificatori di superficie Normal, Smooth, Material e UVW Map sono agili alternative al modificatore EditMesh, particolarmente ingombrante in termini di memoria; Smooth e Material sono in grado di effettuare le animazioni che in EditMesh non è possibile eseguire.
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CAP.16
CAPITOLO 16
Costruzione di sistemi: l’esempio Biped
Il pannello Create in 3D Studio MAX ha un pulsante detto Systems; un sistema è una parte di software che crea oggetti che sono preprogrammati per eseguire determinate operazioni, cioè sono una combinazione di geometria e di comportamento. La categoria Systems è concepita per esser un luogo dove gli sviluppatori di altre società possano convenientemente inserire i loro programmi. I tipi di plug-in che si presentano come sistemi variano dal più semplice al più complesso. La versioni 1.0 di 3D Studio MAX è disponibile con due sistemi plug-in molto semplici: Ring Array e Bones. Ring Array è un sistema campione fornito come esempio del programmatore. Questo plugin crea un array di oggetti con una varietà di parametri. Animando la fase e il ciclo si consente ai cubi di eseguire ogni genere di movimento circolare. Congiungere gli oggetti ai cubi e poi nascondere i cubi per animare geometrie complesse come una giostra coi cavalli. Bones è un sistema con un valore pratico più evidente. È possibile utilizzare Bones per configurare facilmente una cornice gerarchica per l’animazione. Per esempio, è possibile creare una figura umanoide da oggetti semplici legati all’ossatura sottostante (figura 16.1). Nella figura l’ossatura è sulla sinistra e gli oggetti nel centro, mentre l’ossatura e gli oggetti pronti per essere animati sono sulla destra. L’ossatura crea una cornice gerarchica che è possibile utilizzare per sospendere l’oggetto su cui è possibile realizzare
COSTRUZIONE DI SISTEMI: L’ESEMPIO BIPED
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il rendering. (l’ossatura è un oggetto ausiliario su cui non è possibile eseguire il rendering). Quando si fa clic per creare l’ossatura si genera automaticamente una gerarchia con il primo elemento situato nella parte superiore dell’albero. Ogni nuovo elemento viene aggiunto come derivato dell’elemento precedente.
■ Figura 16.1 Insieme di elementi bone utilizzati per animare una gerarchia semplice
L’ossatura può anche essere utilizzata come cornice per il modificatore Physique, uno dei plug-in che formano Character Studio di Kinetix. (Una trattazione esauriente dell’argomento Physique non rientra negli obiettivi di questo manuale.) Sostanzialmente il modificatore Physique può essere congiunto all’elemento radice di una gerarchia di elementi posizionati all’interno di un modello mesh. Physique può così deformare la mesh. Questo è un’utile tecnica di modellazione piuttosto che una tecnica di animazione. Le mesh con Physique sono concepite per essere animate con Biped, l’altro plug-in di Character Studio, si cui si parlerà in questo capitolo. La figura 16.2 mostra un busto che utilizza bones per la sua cornice modellata in Physique.
■ Figura 16.2 Insieme di elementi bone utilizzati come cornice per il modificatore plug-in Physique
Biped è il primo importante plug-in di 3D Studio MAX ad essere distribuito come sistema, ed è un ottimo esempio di ciò che può essere un sistema. Il resto di questo capitolo mostra come Biped può essere utilizzato per gestire un progetto reale di animazione. Nel corso della trattazione si vedrà come Biped si integra senza problemi con 3D Studio MAX e come aggiunge una grandissima quantità di nuove funzionalità al programma, dimostrando di essere un vero e proprio sistema.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.16
La soluzione Biped per la creazione di movimenti realistici Biped è un plug-in di animazione personaggi che genera movimenti realistici per esseri viventi bipedi. Prima di approfondire il modo in cui Biped lavora è necessario sapere che con questo strumento non si è obbligati a creare solo movimenti naturali; è possibile infatti creare movimenti surreali o fantastici, per esempio carte di credito saltellanti o tubature danzanti. Biped tuttavia è particolarmente adatto al movimento realistico perché contiene intelligenza che tiene conto della dinamica e del movimento , della legge di gravità e così vi. Biped può esser considerato una soluzione software al problema dell’animazione del corpo umano in 3D. Esistono altre soluzioni a questo problema ma queste tendono ad essere soluzioni hardware, che sono costose oppure richiedono tempi di lavoro molto lunghi. Per esempio, se si vuole animare una sequenza di figure saltellanti per un gioco su cui si sta lavorando, e si vuole che il movimento sia il più realistico possibile è necessario prima valutare le opzioni possibili. Se il budget a disposizione è alto è possibile comprare o affittare un’attrezzatura per la cattura del movimento. In questo modo si traccia il movimento di persone reali per mezzo di sensori ottici/elettronici congiunti agli arti delle persone. I sensori poi traducono quei movimento in un formato utilizzabile. Potrebbe essere necessario apportare qualche aggiustamento manuale ai dati di movimento prima di poterli utilizzare, ma il risultato finale con molta probabilità sarà molto realistico. Si dovrà inoltre assumere qualcuno che possa effettuare dei buoni salti, posto che si abbia molto spazio nello studio! Se invece il budget è basso è possibile effettuare personalmente i movimenti e animare un modello utilizzando Inverse Kinematics (cinematica inversa). L’inconveniente maggiore in questo caso riguarda il tempo e la qualità: animare anche solo per pochi secondi un movimento naturale, utilizzando un keyframing manuale richiede molto lavoro di laboratorio. Ottenere una buona impressione di movimento in avanti e di contatto naturale con il suolo è particolarmente difficile. Questo metodo quindi non garantisce il realismo ottenibile con la cattura del movimento. Se non si ha un budget molto alto e nemmeno tanto tempo si può utilizzare Biped e una rotoscopia di una sequenza video di una corsa a ostacoli registrata dal televisore e importarla sul computer con un’economica scheda di cattura video. Con Biped, è possibile avvicinarsi alla qualità del metodo di cattura del movimento con una spesa molto inferiore. Dal punto di vista del tempo, inoltre, Biped velocizza il processo di animazione e non comporta le complicazioni del keyframing manuale. La soluzione Biped è basata su tre concetti principali: ■ uno “scheletro” di bipede contenente cinematica inversa e leggi biomeccaniche; ■ animazione controllata dai passi per controllare la figura bipede; ■ un formato speciale per l’archiviazione e il carico dei movimenti da una figura bipede a un’altra. I prossimi paragrafi illustreranno questi tre elementi singolarmente e poi il modo in cui lavorano insieme.
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Scheletro del bipede Dopo avere installato il plug-in Biped, la creazione di una figura bipede o di uno scheletro richiede semplicemente di disegnare un parallelepipedo in ogni finestra. La figura di default creata da Biped ha caratteristiche umane ma è possibile cambiare con facilità questa struttura per creare altri esseri viventi bipedi (figura 16.3). Nella figura il bipede di default si trova a destra mentre l’altra figura bipede è stata modificata per rientrare in un modello mesh di un canguro. In questa illustrazione è inoltre possibile vedere i parametri di struttura di Biped per come appaiono nel pannello C REATE di 3D Studio MAX. Questi parametri vengono impostati per determinare il numero di dita dei piedi e delle mani, l’altezza del bipede, la presenza o meno della coda e così via.
■ Figura 16.3 Figure Biped con strutture diverse
La figura bipede ha il proprio sistema avanzato di cinematica inversa, quindi se si fa clic e si trascina la mano o il piede con lo strumento Select and Move di 3D Studio MAX, per esempio, si sposteranno anche il braccio o la gamba. La figura 16.4 mostra un bipede messo in posa utilizzando Select and Move. Non è necessario attivare lo strumento Inverse Kinematics di 3D Studio MAX con Biped perché il sistema IK di Biped in realtà è più preciso di quello di 3D Studio MAX. Se si afferra la mano del bipede, la si sposta e si rimette nello stesso posto, si osserverà che la mano ritorna esattamente nella stessa posizione, non in una simile. Le varie parti del bipede sono colorate in modo differente: questi colori non sono stati assegnati in modo arbitrario ma corrispondono alle assegnazioni casuali di colore degli oggetti utilizzate da 3D Studio MAX. I colori hanno un significato preciso. La parte sinistra è colorata in azzurro mentre quella destra in verde. I passi del bipede utilizzeranno le stesse convenzioni di colore, come si vedrà nei prossimi paragrafi. Il bipede è una struttura congiunta e codificata per colore che è possibile mettere in qualsiasi postura. È possibile impostare diverse pose in diversi fotogrammi, e 3D Studio
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CAP.16 MAX interpolerà fra di essi, come se si trattasse di una qualsiasi struttura gerarchica animata. Tuttavia, il bipede può fare molto più di questo. Il bipede prende realmente vita quando gli si generano le relative impronte.
■ Figura 16.4 Posa di bipede con cinematiche inverse
Animazione guidata dalle impronte Accanto alle fermate degli autobus nella città di Seattle ci sono delle impronte di metallo inserite nel marciapiede per illustrare la sequenza dei passi dei balli più comuni in modo che, aspettando l’autobus, si possano studiare i passi del tango, o del valzer. Biped si basa sullo stesso principio. Si posizionano i passi di fronte al bipede nella finestra; quando le impronte vengono attivate, il bipede segue le impronte adattandosi al genere di movimento specificato: camminata, corsa o salto. I passi possono essere posizionati manualmente, e questa è una scelta migliore se si crea una sequenza di danza, per esempio, che contiene molte rotazioni e giravolte; oppure è possibile posizionare le impronte in modo automatico utilizzando la finestra di dialogo CREATE MULTIPLE FOOTSTEPS. Questa finestra permette di generare tutte le impronte volute nello stesso tempo e di controllare l’accelerazione o la decelerazione del bipede nel corso della sequenza delle impronte. Le impronte generate automaticamente vengono posizionate lungo una linea retta ma è possibile realizzare delle deviazioni in un secondo tempo. È inoltre possibile spostare o ruotare impronte singole. La figura 16.5 illustra un fotogramma della sequenza di default di una camminata generata da Biped: le impronte sono colorate (le differenze dovrebbero essere visibili anche in caso di toni di grigio) e numerate (la destra è pari, la sinistra è dispari). La sequenza della camminata di default generata da Biped è piuttosto realistica; se di osserva la traiettoria dell’oggetto baricentro del bipede (che è il piccolo ottaedro nella zona del bacino), si noterà come il movimento segue un percorso leggermente ondulatorio che riflette le lievi differenze di elevazione del baricentro nei punti in cui il tallone tocca terra e le dita dei piedi si sollevano. L’oggetto baricentro (detto anche l’oggetto radice del bipede) è importante nel calcolo della posizione corretta e del giusto bilanciamento del bipede durante lo spostamento. Dopo avere creato e attivato le impronte per il bipede, il baricentro, insieme alle gambe, si comporta in modo molto differente dal modo in cui si comportava prima. L’attivazione delle impronte genera chiavi per il baricentro e per le gambe che obbligano questi oggetti a seguire le regole interne di Biped per l’interpolazione keyframe. La figura 16.7 mostra
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il bipede prima dell’attivazione delle impronte (sinistra) e un altro bipede dopo l’attivazione (destra). Entrambi hanno il baricentro ruotato sull’asse delle X, Y e Z. Il primo bipede ruota completamente ma il secondo mantiene il contatto con il suolo mentre ruota il tronco in modo realistico.
■ Figura 16.5 Sequenza di una camminata di default generata da Biped
■ Figura 16.6 Traiettoria dell’oggetto baricentro del bipede
■ Figura 16.7 Effetto della rotazione dell’oggetto radice prima e dopo l’attivazione delle impronte
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CAP.16 Similmente, se si seleziona e si sposta verso il basso l’oggetto radice, il bipede senza impronte attraversa semplicemente il piano terrestre mentre il bipede con le impronte attivate piega le ginocchia per rimanere nella giusta relazione con il suolo (figura 16.8).
■ Figura 16.8 Effetto dello spostamento dell’oggetto radice prima e dopo l’attivazione delle impronte
I bipedi, quindi, sono interamente guidati dalle loro impronte. Questo non significa che non sia possibile creare delle animazioni creative. Si dovrebbe considerare il movimento che Biped genera come una sorta di “bozzetto” del movimento che poi è possibile adattare regolando le impronte e aggiungendo chiavi per la parte superiore del corpo, per esempio per le braccia e per la testa. Biped non vincola queste chiavi come fa invece per la gamba per il baricentro. È anche possibile disattivare l’effetto delle impronte creando zone “a forma libera” fra le impronte. In queste zone il bipede non è unito attaccato al suolo e può essere animato in qualsiasi posizione. Le impronte del bipede hanno la loro traccia particolare nell’Editor tracce di 3D Studio MAX (figura 16.9). Le impronte sono visualizzate in questa traccia come blocchi colorati: azzurro per il piede sinistro e verde chiaro per il piede destro. È anche possibile vedere il numero di ogni passo (in grassetto) e i relativi fotogrammi di inizio e fine. In questo esempio , che mostra la stessa sequenza di camminata di default della figura 16.5, le impronte si sovrappongono leggermente, il che significa che il fotogramma di partenza di ogni passo cade prima del fotogramma finale del fotogramma precedente. Questa sovrapposizione viene detta periodo di doppio sostegno ed è caratteristica dell’andatura di chi sta camminando. Se si prova a camminare al rallentatore si è in grado si percepire il periodo del doppio sostegno. Il doppio sostegno non è presente nelle andature di corsa e salto, nelle quali invece fra i passi esiste un periodo in cui il piede è sollevato dal suolo.
■ Figura 16.9 L’Editor tracce di 3DS MAX con la traccia delle impronteBiped
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Sotto la traccia delle impronte di Biped si trovano le tracce per la gamba destra e sinistra (Biped considera tutte le parti della gamba, dalla coscia alle dita del piede, come un’unica unità quindi è prevista solo una traccia per ciascuna gamba.) Biped genera tutte le chiavi in queste tracce automaticamente quando si attivano le impronte. Alcune delle chiavi sono segnate con un trattino rosso per segnalare che quelle chiavi sono chiuse. Biped chiude le chiavi per le tracce delle gambe in modo da poter eseguire i calcoli in modo corretto. Se si ruota la gamba in un keyframe chiuso, la gamba ritorna semplicemente al suo posto. Si possono aprire queste chiavi rosse all’interno dell’Editor tracce ma questa operazione potrebbe presentare dei rischi. Le impronte possono essere spostate nell’Editor tracce, allungate e accorciate, e così via. Quando si eseguono queste operazioni, Biped ricalcola le relazioni fra le impronte e genera nuove chiavi. All’interno, Biped esegue un rilevamento delle collisioni fra il piede e il piano terrestre e utilizza questo punto di contatto come base per calcolare le altre posizioni del piede. In ogni fotogramma di un’animazione ogni piede può essere in uno dei seguenti quattro stati (figura 16.10): ■ Touch: fotogramma in cui il tallone del piede contatta il terreno; ■ Plant: fotogrammi durante i quali il piede è in contatto con il terreno, sono compresi i fotogrammi in cui il peso del corpo è sostenuto da quel piede; ■ Lift: fotogramma immediatamente precedente il momento in cui il piede lascia il terreno; ■ Move: fotogrammi durante i quali il piede è sollevato dal terreno (non c’è contatto).
■ Figura 16.10 I quattro stati del piede in Biped
Un ciclo impronte è il tempo in fotogrammi necessario a completare un singolo passo. Di default questo tempo equivale a 15 fotogrammi (mezzo secondo) sia per la camminata sia per la corsa, e a 20 fotogrammi per il salto. Biped misura il ciclo impronte dal fotogramma in cui un passo tocca il terreno al corrispondente fotogramma del passo successivo. Per una verifica osservare il ciclo della camminata per come appare nell’Editor tracce (figura 16.9.) Le chiavi chiuse si verificano nelle posizioni di tocco e di sollevamento, che sono il primo e l’ultimo fotogramma di ogni passo. Poiché questi fotogrammi sono numerati, è possibile vedere con facilità quanti fotogrammi ci sono in ogni ciclo. Per esempio, il ciclo di camminata – dal piede destro al piede sinistro dopo che il bipede è in pieno movimento – comprende 45, 60, 75, 90 fotogrammi e così via. Avere un’idea del tempo di ciclo è importante quando si sta coordinando un movimento particolare catturato su video. I quattro stati sono etichettati per i piedi destro e sinistro nel pannello dei comandi direttamente sotto la tendina GENERAL. Queste etichette si spostano all’interno del ciclo impronte ma non possono essere modificate nel pannello di comando digitando gli stati.
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CAP.16
Salvataggio e caricamento dei file Biped Il formato file di Biped (file BIP) è un formato speciale che archivia tutte le informazioni chiave per il bipede. Il file archivia sia le informazioni della chiave impronte sia quelle relative alla chiave del corpo superiore. Il solo movimento che non viene archiviato senza modifiche nel file Biped è il movimento creato con cinematiche inverse perché IK utilizza il parametro dello spazio oggetto. Una relazione IK si verifica quanto si congiunge una mano a una palla, per esempio. Il formato file Biped non conosce nulla della palla ma archivia il movimento della mano che palleggia la palla per conto suo. Per salvare la relazione fra mano e palla è necessario salvare un file MAX. Dopo avere archiviato il file Biped, è possibile caricarlo e applicarlo ad altri bipedi. Questo significa che è possibile utilizzare questo formato di file per creare intere librerie di movimenti più o meno nello stesso modo in cui si creano librerie di composizioni in 3D Studio MAX. È possibile archiviare diversi tipi di salto, di corsa e di camminata, di danze, di calci, tutti categorizzati nel modo preferito. Per esempio, il CD-ROM Character Studio include un insieme di sei animazioni estratte dalla classica guida The Human Figure in Motion di Eadweard Muybridge. Dopo avere raccolto una serie di clip di movimenti e averli così archiviati, è possibile caricarli e unirli aggiungendo movimenti su entrambi per creare sequenze più complesse. Le animazioni di Biped possono essere caricate su qualsiasi bipede di qualsiasi dimensione e proporzioni e le animazioni si correggono automaticamente per adeguarsi al nuovo personaggio. I controlli di file Save and Load Biped si trovano nella tendina GENERAL del pannello MOTION (figura 16.11).
■ Figura 16.11
Indicatore Foot States
Pulsanti Save e Load dei file Biped Pulsante Save File
Dopo avere animato un bipede nel modo voluto, selezionarlo e fare clic sul pulsante Save File; dare al file un nome specifico e archiviarlo nella libreria movimenti. Quando si vuole applicare il movimento a un altro bipede selezionare il bipede sulla scena e fare clic sul pulsante Load File. Biped carica le impronte salvate e altre informazioni chiave e automaticamente adatta il bipede selezionato ai nuovi dati. Quasi sempre il file Biped può essere considerato come un “prodotto finito”. Lo scheletro del bipede è essenzialmente un deposito per i dati di movimento archiviati.
Progetto Muybridge Il resto di questo capitolo illustra come utilizzare Biped per completare un vero progetto di animazione ma non è una guida in quanto tale. Acquistare Character Studio non è
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necessario: si suppone però che il lettore sia interessato nel capire le potenzialità del programma e come utilizzarlo. Se invece si è acquistato Character Studio, i prossimi paragrafi offrono un approccio diverso rispetto alla documentazione fornita insieme al prodotto. In ogni caso, non dovrebbe essere difficile applicare le istruzioni impartire in questi paragrafi ai propri lavori. Il metodo particolare per effettuare delle rotoscopie qui illustrato non è assolutamente l’unico, o il migliore, per lavorare con Biped. Tuttavia questo metodo consente di dimostrare molte delle procedure fondamentali di Biped nell’ordine giusto e si concentra sulla potenzialità più interessante del programma: l’animazione realistica della figura umana.
Cattura del materiale sorgente Copiare i video commerciali per riprodurli in pubblico o per ridistribuirli ovviamente non è legale ma non dovrebbero essere un grosso problema catturare qualche secondo delle gare di atletica più importanti per autoformazione. Col videoregistratore è possibile registrare dalla televisione per un uso privato; se poi si possiede una videocamera è sufficiente uscire e riprendere. Se si aggiunge a questo il costo di un’economica scheda di cattura video si è pronti per importare su 3D Studio MAX qualsiasi tipo di movimento. 3D Studio MAX supporta anche input video di alta qualità provenienti da strumenti quali Accom Work Station Disk, ma per recuperare fotogrammi video da utilizzare come background per una sequenza Biped è sufficiente un semplice file AVI. La cattura video e la compressione richiedono molta abilità e capacità di adattamento, vista la rapidità dei cambiamenti derivati dall’introduzione delle nuove tecnologie di compressione/ decompressione. Per le ultime novità sulla cattura video si consiglia di consultare un esperto del settore oppure di leggere i libri e le riviste più recenti sull’argomento. Fra le comuni schede di cattura video non costose si ricordano Smart Video Recorder Pro di Intel, VideoIT e UMAX Maxmedia di ATI. Queste schede in genere registrano a risoluzioni di 320x240 o inferiori, fra 15 e 30 fotogrammi al secondo. Per una cattura a risoluzione maggiore, bisogna rivolgersi a prodotti come Perception Recorder di Digital Processing Systems e Targa 2000 di Truevision. Queste schede in genere richiedono un’unità rigida dedicata per la cattura e la riproduzione. Diaquest realizza un plug-in per 3D Studio MAX detto 3d/av appositamente studiato. Per le ultime novità su prodotti e processi si consiglia di consultare Digital Video magazine oppure PC Graphics and Video.
Impostazione di 3DS MAX e del Biped per le rotoscopie La rotoscopia è il processo per cui si portano fotogrammi video in 3D Studio MAX per realizzare un background per l’allineamento e la sincronizzazione di elementi all’interno della scena. Per configurare l’ambiente 3D Studio MAX e Biped per le rotoscopie eseguire le seguenti operazioni: 1. utilizzare la finestra di dialogo VIEWPORT BACKGROUND per specificare il file sorgente AVI (Accom) per i fotogrammi video. La figura 16.12 mostra le impostazioni della finestra di dialogo per un file AVI;
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CAP.16 ■ Figura 16.12 Finestra di dialogo VIEWPORT BACKGROUND e primo fotogramma video
L’input video non è programmato per iniziare prima del fotogramma 51. A causa di questo ritardo il bipede è regolato da molti fotogrammi in modo che l’andatura sia sincronizzata con l’inizio del video. Durante il rendering questi fotogrammi possono essere tralasciati. Ricordarsi di attivare le caselle [Animate Background] e [Display Background]. Dopo avere specificato la sorgente è possibile visualizzare i fotogrammi video di background in qualsiasi finestra utilizzando il pulsante interruttore View Background nel menu che compare nella finestra facendo clic con il tasto destro del mouse. 2. creare un bipede nella stessa finestra del background; disegnare la finestra che definisce l’altezza del bipede con le stesse dimensioni della figura che si sta tracciando o leggermente maggiori se la figura si trova sul lato piccolo. Regolare l’altezza del bipede per realizzare un figura alta 180 cm. Se il background è scuro, come in questo caso, si dovrà cambiare il colore del wireframe del bipede in un colore più vivace, per esempio giallo, per poterlo vedere meglio; 3. creare una cinepresa nella scena utilizzando i controlli Orbit, Truck e Pan Camera per potere fare corrispondere approssimativamente la prospettiva del bipede (figura 16.13). A questo punto l’ambiente 3D Studio MAX è stato configurato e si è pronti per iniziare a coordinare il movimento sul video.
Analisi del movimento e creazione del “bozzetto” impronte A questo punto è possibile lasciare il computer e lavorare sulla carta. Si dovrà guardare attentamente il video, analizzarlo fotogramma per fotogramma per potere poi essere in grado di disegnare un diagramma su carta relativo ai numeri di fotogramma delle
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impronte sul video. Se si guarda il video una decina di volte si riuscirà a capire dove cadono i passi, anche se non è evidente o se il video sfuoca in alcuni punti. Non sempre si è in grado di capire l’esatto fotogramma in cui un piede si solleva o tocca terra, ma in genere ci si può avvicinare con una certa precisione, il che è comunque sufficiente.
■ Figura 16.13 Corrispondenza della prospettiva del bipede con il video
1.
Prendere gli appunti nello stesso formato utilizzato dall’Editor tracce: i numeri di fotogramma lungo l’asse delle X e blocchi numerati di fotogrammi per le impronte. Questo diagramma verrà utilizzato come foglio di simulazione per impostare le impronte del bipede nell’Editor tracce. La figura 16.14 mostra il diagramma relativo al video della corsa a ostacoli.
■ Figura 16.14 Diagramma su carta delle impronte del video
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CAP.16 In questo video la figura inizia con un corsa (nel video se ne vede solo un passo, i passi precedenti possono essere estrapolati), si eleva con il piede destro, solleva entrambe le gambe per fare il salto e poi atterra con entrambi i piedi. 2. Generare diverse impronte di default per il bipede – iniziando dal fotogramma 0 – per occupare i 50 fotogrammi vuoti all’inizio dell’animazione; queste impronte verranno modificate in un secondo tempo con l’Editor tracce per essere certi che corrispondano esattamente. A questo punto è importante verificare che quando la figura nel video ha il piede destro sul terreno e il piede sinistro in aria, gli stati del piede del bipede corrispondano rispettivamente al movimento e alla pianta della figura. 3. Posizionare l’impronta di atterraggio in vista superiore a una certa distanza dalle altre impronte (figura 16.15). Spostare o ruotare le nuove impronte, se necessario, prima di attivarle. Riprodurre l’animazione durante la realizzazione agendo sul dispositivo Time perché il movimento sia verosimile.
■ Figura 16.15 Impronte di default del bipede
4
utilizzando l’analisi delle impronte che si è disegnata, passare nell’Editor tracce e iniziare a spostare e a allungare le impronte in modo che i fotogrammi iniziale e finale corrispondano a quelli del diagramma. La figura 16.16 mostra l’Editor trracce modificato (confrontarlo con il disegno originale della figura 16.12). Riprodurre l’animazione per verificarla. 5. Dopo avere finito, riguardare l’animazione e verificare con quanta precisione le impronte del bipede corrispondono alla figura del video (verificare ogni 10 fotogrammi probabilmente è sufficiente). Utilizzare i Foot State Indicator nella tendina GENERAL per vedere che cosa un piede sta facendo in un dato fotogramma. Se l’analisi originale era sufficientemente precisa, non ci si deve sorprendere di quanto corrispondano le impronte. Ottenere questo risultato è il passo fondamentale per
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catturare il movimento del video. Naturalmente, ancora non si hanno le chiavi della parte superiore del corpo e il movimento non è ancora completamente sincronizzato. Tuttavia è stato creato un buon bozzetto di movimento che a questo punto può essere affinato. 6. Regolare il parametro Gravity Acceleration via via che si agisce sul dispositivo Time. Questo aggiustamento stabilisce l’altezza corretta per il salto (figura 16.17). Di default il bipede salta molto in alto. Regolando la gravità è possibile controllare esattamente l’altezza del salto relativamente alla distanza coperta. A questo punto gran parte del lavoro è stata fatta. il resto riguarda la tradizionale animazione keyframe.
■ Figura 16.16 Impronte trasformate nella finestra superiore e modificatenell’Editor tracce
■ Figura 16.17 Impostazione delle chiavi per la posizione verticale del bipede
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CAP.16
Completamento dell’animazione impostando le chiavi del corpo Il passo successivo è rivedere le keyframe dell’animazione e regolare la posizione delle chiavi della parte superiore del corpo per trovare la corrispondenza con la figura nel video. Questa la parte più creativa del progetto in quanto si è liberi di utilizzare le proprie capacità di animazione per sviluppare il movimento: è possibile catturare esattamente il movimento, esagerarlo o utilizzarlo come base per creare altri effetti. In un certo senso il video ha già assolto alla sua funzione principale, che era quella di stabilire il corretto ciclo impronte. Completare l’animazione a questo punto è abbastanza semplice: il keyframing tradizionale viene utilizzato per regolare le posizioni delle gambe e per impostare nuove chiavi per le braccia, la colonna vertebrale e per la testa. Il tempo richiesto per queste operazioni dipende dal grado di precisione che si vuole ottenere. 1. Selezionare una delle gambe, attivare Key Mode e Animate, procedere facendo clic fra i vari keyframe; a ogni keyframe di gamba ruotare le articolazione della gamba del bipede come nel video; 2. ruotare l’altra gamba in posizione e poi regolare le braccia e la testa; procedere in questo modo da un keyframe all’altro; 3. via via che l’animazione viene completata, utilizzare Make Project con il video in background per verificare quanto corrispondono i movimenti. Il pulsante Biped Playback è utile nelle prime fasi per verificare il movimento perché fornisce un feedback istantaneo; Make Preview invece è più utile in questa fase perché comprende il background video. La figura 16.18 mostra il playback del bipede e la figura 16.19 mostra un fotogramma dall’anteprima. Il preview mostra l’aspetto del movimento e la sua relazione con il video. È possibile passare da fotogramma a fotogramma e annotare tutti i problemi di animazione da risolvere: movimenti a scatti, cattiva posizione delle mani e così via;
■ Figura 16.18 Pulsante playback di Biped per il movimento in tempo reale senza altri elementi sulla scena
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■ Figura 16.19 Il comando Make Preview mostra il video in background
4.
mettere a punto l’animazione sulla base degli appunti presi dall’anteprima; il tempo e gli sforzi fatti in questa fase del lavoro teoricamente sono illimitati: è quasi sempre possibile migliorare un’animazione per renderla sempre più vicina alla realtà; alcune delle correzioni apportate in questa fase comprendevano: ■ utilizzo della funzione Apply Increment nella finestra di dialogo BIPED TRACK PROPERTIES per sollevare le braccia in una serie di fotogrammi; ■ correzione del movimento a scatti delle gambe durante il salto causata da troppe chiavi e troppo vicine fra loro; ■ aggiunta di maggiore inclinazione all’indietro nella corsa avanti per mezzo della rotazione dell’oggetto dorso; 5. salvare il movimento completo come file Biped. Dopo avere archiviato il movimento è possibile applicarlo a un modello mesh utilizzando il plug-in Physique di Character Studio.
Applicazione dello skin al bipede In genere è possibile archiviare il movimento Biped completato in file Biped (formato file BIP), che potrà essere applicato in seguito a qualsiasi altra figura Biped, al quale potrebbe già essere stato applicato uno skin (il che significa che avrebbe già una mesh congiunta). Tuttavia, se si è stabilita una relazione IK con alcuni oggetti della scena, con una mano che regge una palla per esempio, è necessario archiviare l’animazione in un file standard MAX per conservare la relazione. È ancora possibile salvare un file Biped, che archivierà i passi e tutte le chiavi del corpo. Il solo aspetto dell’animazione che il file Biped non può salvare sono le chiavi IK dello spazio oggetto che sono reimpostate sullo spazio del corpo. In questo caso non si ha IK e quindi è possibile solo salvare l’animazione fuori dalla scena come file Biped. È altrettanto possibile unire un modello mesh all’interno della scena e poi utilizzare la mesh per eseguire lo skin del bipede. La copertura del bipede con lo skin non verrà trattata in dettaglio in quanto il modificatore Physique non è argomento di questo capitolo. (Per ulteriori informazioni sull’argomento consultare la documentazione di Character Studio.) La procedura consiste nelle seguenti operazioni: 1. selezionare il bipede e passare in modalità Figure, che è una modalità particolare che consente di modificare la struttura del bipede senza incidere sull’animazione già realizzata;
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CAP.16 2.
utilizzare gli strumenti di trasformazione di 3D Studio MAX per inserire il bipede nel modello mesh; questo processo comprende le operazioni di posizionamento dell’oggetto bacino, scalatura e rotazione delle braccia e delle gambe; il bipede non deve essere inserito perfettamente all’interno della mesh, anzi è meglio per gli oggetti bipedi uscire leggermente soprattutto alle estremità delle dita dei piedi e delle mani e alla testa (figura 16.20);
■ Figura 16.20 Inserimento del bipede nella mesh
Teoricamente la mesh dovrebbe essere in piedi con le braccia aperte in direzioni opposte e con i palmi delle mani rivolti verso il basso. Se una mesh è in una posa differente, per esempio ha le braccia lungo i fianchi, è necessario riposizionarla prima di applicare lo skin alla mesh. 3.
4.
dopo avere inserito il bipede nel modo voluto, applicare un modificatore Physique contenuto nel pannello MODIFIER e attaccarlo al bipede; il modificatore genera una serie di collegamenti con la mesh e stabilisce la relazione fra la mesh e il sottostante scheletro del bipede (figura 16.21); ora quando si ruotano gli arti del bipede la mesh si sposta con essi; controllare la mesh ruotando braccia e gambe del bipede. In genere a questo punto si dovrà apportare qualche correzione manualmente; Physique assegna i vertici della mesh ai collegamenti del bipede sulla base della loro distanza cilindrica. Questa operazione in genere non funziona perfettamente quindi Physique fornisce gli strumenti a livello vertice che consentono di finire il lavoro; la figura 16.22 mostra la corretta assegnazione dei vertici della testa. L’assegnazione manuale dei vertici richiede un po’ di tempo ma dopo la mesh è completamente animabile e seguirà qualsiasi movimento del bipede sottostante, compreso i movimenti archiviati nei file Biped;
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■ Figura 16.21 Modificatore Physique applicato alla mesh
■ Figura 16.22 Assegnazione manuale dei vertici in Physique
I vertici possono essere assegnati come rigidi o deformabili. Utilizzare queste opzioni per controllare le pieghe dello skin dove le braccia e le gambe incontrano il corpo. Ulteriori rifiniture possono essere realizzate utilizzando l’editor di sezione di Physique per aggiungere la linea dei muscoli sulla base degli angoli fra le ossa del bipede e l’editor tendini per creare ulteriori collegamenti per allungare, tirare e pizzicare lo skin.
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CAP.16 5. 6.
nascondere il bipede lasciando solo la mesh della figura e qualsiasi altro elemento della scena di cui si vuole eseguire il rendering; aggiungere le luci, regolare la cinepresa ed eseguire il rendering; la figura 16.23 mostra un fotogramma preso dall’animazione di un modello mesh composto sul video e creato in Video Post; è possibile vedere l’animazione completa sul file ch16all.avi .
■ Figura 16.23 Fotogrammacomposito da rendering di Video Post
Al fine di consentire il confronto, il CD-ROM contiene anche i seguenti file AVI: Ch16bip.avi bipede ombreggiato con background video Ch16bip2.avi: bipede ombreggiato con background video (vista diversa) Ch16step.avi: bipede ombreggiato con impronte e senza background (qualità anteprima) Character Studio è un prodotto che promette di semplificare molto l’animazione dei personaggi. Questa promessa viene mantenuta attraverso una serie di strumenti che eliminano gran parte del lavoro più difficoltoso dell’animazione. Consentendo all’utente di concentrarsi sulle sottigliezze dell’aggiungere il movimento ai modelli, Character Studio migliora lo stato dell’arte e fornisce un interessante e nuovo modo di lavorare. Biped e Physique sono strumenti molto utili se il lavoro dell’utente implica molta animazione di personaggi o se si è interessati allo studio della figura umana in movimento.
Riepilogo ■
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Creazione di Biped: di default, Biped crea un umanoide in posizione eretta senza coda. Tuttavia, è possibile cambiare con facilità la struttura del bipede utilizzando le proprietà nel pannello Modifier e scalando e ruotando e varie parti del bipede. È possibile avere sulla stessa scena diversi bipedi con caratteristiche differenti. Generazione automatica di impronte: una caratteristica di Biped che permette di risparmiare molto tempo è la capacità di generare in un sola volta un’intera serie di impronte di camminata, corsa e salto. Utilizzare la finestra di dialogo GENERATE MULTIPLE F OOTSTEPS ogni volta in cui ciò è possibile e manipolare le singole impronte manualmente in un secondo tempo. Questa
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CAP.17
CAPITOLO 17
Space Warp
Spesso chi si occupa di animazione deve creare nelle immagini distorsioni che coinvolgono alcuni o tutti gli oggetti, come per esempio un’onda d’urto che attraversa lo spazio o granelli di polvere sollevata da una tromba d’aria. In 3D Studio MAX è possibile creare questo tipo di effetti tramite gli space warp. Possono essere immaginati come “campi di forza” invisibili che agiscono su altri oggetti. Effetti come la simulazione di una nuvola di polvere, di fumo o di pioggia vengono prodotte nel mondo tridimensionale da sistemi di particelle (particle system). Un sistema di particelle è un insieme di particelle che, una volta emesse, sono in grado di produrre una vasta gamma di effetti animati. In 3DS MAX i sistemi di particelle sono oggetti e le particelle emesse sono in realtà sub-oggetti. È possibile animare un sistema di particelle nel suo complesso e adattarne a mano a mano le proprietà in modo da regolare il comportamento delle singole particelle. In questo capitolo verrà descritto il funzionamento e l’utilizzo degli space warp. In particolare verranno trattati gli argomenti che seguono: ■ differenza tra space warp e modificatori; ■ utilizzo dello space warp universale Displace; ■ utilizzo degli space warp di oggetti come Ripple (ondulazione), Wave (onda), Bomb (Bomba) e Path Deform (deformazione percorso).
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Per creare gli space warp, fare clic sul comando di categoria Space Warp nel pannello CREATE. Per esempio, per creare un’alterazione spaziale Ripple, fare clic sul rollout Type e trascinare il mouse in un quadrante per impostare il raggio di Ripple. Dopo aver rilasciato il mouse, muovere verso l’alto o il basso e fare clic per impostare l’ampiezza di Ripple. La maggior parte degli space warp risponde a questa tecnica di creazione. Non tutti gli space warp agiscono su tutti i tipi di oggetto in 3D Studio MAX: Displace è una di queste; Ripple, Wave, Bomb e Path Deform condizionano solo gli oggetti, mentre Gravity, Wind e Deflector agiscono solo sulle particelle (i sistemi di particelle Spray e Snow vengono descritti nel capitolo 25 “Costruzione e animazione di particelle”). Prima di entrare nel merito dei singoli space warp verranno fornite, nel prossimo paragrafo, le informazioni relative alle differenze esistenti tra space warp e modificatori e alla funzione dei primi nello stack.
Differenze tra space warp e modificatori Molti space warp sono disponibili anche come modificatori. La scelta delle une rispetto agli altri dipende dall’effetto che si desidera ottenere. I modificatori sono associati all’oggetto e applicano la deformazione al suo spazio locale. Gli space warp esistono come oggetti indipendenti e applicano le deformazioni ad altri oggetti in base alla posizione dello spazio dell’oggetto. Per esempio l’applicazione di un modificatore Ripple a una sfera di selezione produce un effetto piuttosto diverso da quello che si ottiene dalle sfere vincolate a un’alterazione spaziale Ripple (figura 17.1).
■ Figura 17.1 Oggetti risultanti dall’applicazionedel modificatore Ripple e dal vincolo Ripple degli space warp.
L’effetto del modificatore Ripple è locale per ciascun oggetto
L’effetto dello space warp Ripple è proiettato su ciascun oggetto
Un modificatore Ripple corrisponde a un gizmo applicato all’oggetto. L’effetto di Ripple dipende dalla posizione del gizmo rispetto all’oggetto. Lo spostamento dell’oggetto non condiziona il modo in cui Ripple modifica l’oggetto stesso; ma Ripple, applicato invece come alterazione spaziale, ha un effetto piuttosto diverso. Osservando l’immagine di
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CAP.17 figura 17.1 è evidente che l’alterazione spaziale Ripple viene proiettata dal proprio centro verso tutti gli oggetti a essa vincolati, che in questo caso sono sfere. La posizione dell’alterazione spaziale Ripple nello spazio, nonché il suo orientamento, condizionano direttamente gli oggetti vincolati. Trasformando l’alterazione spaziale Ripple, se ne modifica l’effetto sugli oggetti a essa vincolati. Spostando uno o più oggetti vincolati, cambia il rapporto tra orientamento e posizione nello spazio tridimensionale e alterazione spaziale, che condiziona l’aspetto dell’oggetto. Tale comportamento è comune a tutti gli space warp. L’unica differenza tra un’alterazione e l’altra consiste nella struttura dell’alterazione stessa. Sia Ripple sia Displace condizionano gli oggetti in base alla posizione tridimensionale ma con effetti chiaramente diversi.
Space warp e stack Gli oggetti sono vincolati a un’alterazione spaziale per mezzo del comando Bind to Space Warp (vincola all’alterazione spaziale) collocato sulla barra degli strumenti (figura 17.2). A ogni alterazione può essere vincolato un numero qualsiasi di oggetti. Per associare gli oggetti a un’alterazione spaziale, fare clic sul comando Bind to Space Warp, selezionare l’oggetto da associare e quindi trascinarlo dagli oggetti all’alterazione.
■ Figura 17.2 Il pulsante Bind.
Gli space warp devono essere l’ultimo elemento da valutare nello stack cronologico dell’oggetto. Poiché tale condizione viene spesso trascurata, 3DS MAX fornisce uno strumento che ne dà indicazione. La figura 17.3 mostra il modo in cui i vincoli dello space warp sono visualizzati nello stack. Tutti i vincoli sono elencati dopo tutti i modificatori e sono ulteriormente distinti da due righe discontinue. I vincoli dei sub-oggetti sono indicati da un asterisco che precede il nome del vincolo. Tale indicazione compare solo se l’ultimo modificatore dello stack invia selezioni di sub-oggetti al di fuori della sequenza.
■ Figura 17.3
Separatore vincolodello space warp
Vincolo sub-oggetto
I vincoli di uno space warp visualizzati nello stack del modificatore. Il vincolo del sub-oggetto è indicato da un asterisco.
I vincoli di uno space warp costituiscono gli ultimi elementi del flusso di dati relativi all’oggetto.
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Space warp universali: Displace Gli space warp universali sono quelli che condizionano tutto quanto è a esse associato. Si può trattare di qualsiasi tipo di oggetto deformabile, dalle particelle alla geometria. Gli space warp universali, per quanto meno comuni degli altri due tipi di alterazione, possono risultare altrettanto utili. L’unico warp universale presente in 3DS MAX è Displace. Questo utilizza immagini in scala di grigi per spostare fisicamente sia la geometria sia le particelle nello spazio tridimensionale. L’intensità dei valori della scala di grigi indica la portata dello spostamento dell’oggetto o della particella. Analogamente a quanto avviene in una carta topografica a rilievo (bump map), più l’immagine è chiara, cioè vicina al bianco, maggiore è la sporgenza.Displace può essere utilizzata per creare diversi tipi di effetto, dalla modellazione secondo uno schema predeterminato (cookie-cutter) alla distorsione geometrica animata. La figura 17.4 mostra l’effetto dell’immagine di un anello bianco su una geometria semplice in 3DS MAX, che crea un oggetto piuttosto complesso. La figura 17.5 mostra un altro utilizzo dello space warp Displace su due oggetti.
■ Figura 17.4 Uno space warp Displace associata a un toro. In questo esempio la mappa di spostamento viene proiettata utilizzando un mapping planare.
Direzione della mappa
Space warp Displace
Mappa di spostamento
L’utilizzo di Displace su un sistema di particelle ha un effetto diverso. Invece di spostare la geometria, l’alterazione spaziale Displace distorce il percorso del sistema di particelle. È possibile utilizzare vari space warp Displace per modificare più volte la direzione di un sistema di particelle. Diversamente da Deflector, che compie la stessa operazione, Displace consente ad alcune particelle un passaggio trasversale o addirittura una deflessione irregolare in base alla scala di grigi dell’immagine (figura 17.6). Dalla figura è possibile dedurre che gli space warp Displace agiscono sulla particella come una forza. Utilizzando Displace è possibile provocare realmente l’accelerazione di una particella sulla base della forza dell’alterazione.
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CAP.17 ■ Figura 17.5 Lo space warp Displace è utilizzato per spostare un percorso e un oggetto sul terreno. L’effetto di uno space warp su due oggetti crea un percorso il cui andamento segue il contorno del terreno.
■ Figura 17.6
Direzione delle particelle
Lo spostamento della traiettoria di una particella provocato dallo space warp Displace.
Space warp Displace Particelle spostate
Emettitore di particelle
Space warp Object Gli space warp Object deformano gli oggetti geometrici ma non agiscono sulle particelle. Per esempio è possibile utilizzare l’alterazione Ripple per deformare una sfera, ma essa non ha effetto sulle particelle Spray o Snow. Questo tipo di alterazione può risultare utile anche per l’animazione di molti effetti, dalle deformazioni di onde alle esplosioni. Inoltre è possibile utilizzare un unico oggetto con più space warp per produrre un effetto composto. Per esempio si può associare una sfera sia all’alterazione Bomb sia a Ripple. L’animazione risultante consisterà nell’esplosione di una sfera i cui frammenti seguono uno schema ondulatorio. In questa sezione verranno descritti i tre space warp che deformano la geometria: Ripple, Wave, Bomb e Path Deform.
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Ripple L’alterazione spaziale Ripple invia onde concentriche dal proprio centro verso l’infinito. Ripple viene utilizzata per modellare la geometria organica o per creare effetti come le ondulazioni di uno specchio d’acqua. All’alterazione spaziale Ripple può essere vincolato qualsiasi oggetto. Inoltre si possono associare luci, telecamere e helper (aiuti grafici di tipo Dummy, Grid, Point e Tape). Luci, telecamere e helper vengono deformati come gli oggetti geometrici ma sono trasformati in modo da muoversi con effetto ondulatorio. È possibile simulare situazioni come una telecamera posta su una barca in navigazione, associando una telecamera Free all’alterazione Ripple. È anche possibile deformare parte di un oggetto associando selezioni di suboggetti a un’alterazione e utilizzando un modificatore Edit o il modificatore Volume Select. Per sfruttare tale tecnica è necessario porre il modificatore Edit o Volume Select in cima a Modifier Stack dopo tutti gli altri modificatori di selezione.
Phase Il parametro Phase segue la variazione dell’ampiezza dal punto più alto dell’ondulazione fino al punto più basso e viceversa. La modificazione della fase (Phase) produce l’effetto di spostare le ondulazioni lungo il piano XY locale dell’alterazione Ripple. Sia Ripple sia Wave utilizzano un parametro Phase per collocare e animare l’effetto da esse prodotto. Per visualizzare lo spostamento di Ripple o di Wave, è necessario animare il parametro Phase. La variazione di un numero, da 0 a 1 per esempio, rappresenta il ciclo completo dell’onda. Tenendo presente tale condizione è opportuno ridurre i cambiamenti apportati in Phase quando si voglia ottenere un movimento limitato. Per movimenti più ampi invece il parametro può essere modificato più radicalmente. I valori utilizzati dipendono dalle dimensioni degli oggetti impiegati. Cambiamenti profondi della fase, per esempio, avranno un effetto notevole su oggetti piccoli mentre su quelli più grandi l’effetto sarà ridotto. Per ottenere l’effetto di animazione di Ripple e Wave nella direzione opposta, animare la fase da zero a un valore negativo.
Animazione di una lampada con Ripple In questo esercizio viene descritto l’utilizzo di una sfera regolare nella creazione del movimento del fluido denso di una lampada, con un effetto simile alla lava. Attraverso una combinazione di diversi space warp a orientamento variabile viene creata la lava che fluisce verso la parte superiore della lampada. 1. Aprire imx17rp1-max. 2. Fare clic sull’oggetto Lava o selezionarlo utilizzando Select By Name. 3. Fare clic sul pulsante Bind della barra degli strumenti. 4. Utilizzare Hit By Name per associare Sphere a Ripple01 e Ripple02. La figura 17.7 mostra la finestra di dialogo BIND B Y NAME utilizzata per selezionare gli space warp validi del caso.
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CAP.17 ■ Figura 17.7 La finestra di dialogo Bind By Name compare solo quando viene premuto il comando Bind sulla barra degli strumenti principale.
Flexibility (flessibilità) Flexibility è un parametro sia di Ripple sia di Wave utilizzato soltanto con questi due tipi di alterazione. Flexibility è un parametro specifico del vincolo e non è applicato all’alterazione spaziale ma ne indica l’incidenza su ciascun oggetto. Il parametro Flexibility si trova nel pannello MODIFY . 5. Dopo aver selezionato l’oggetto spostarsi nel pannello MODIFY. 6. Modificare il valore di Flexibility. 7. L’incremento del valore accentua l’effetto di Ripple sulla sfera, mentre la sua diminuzione ha l’effetto opposto. La figura 17.8 mostra due valori del parametro Flexibility e il modo in cui tale parametro viene visualizzato nel pannello MODIFY. Flexibility è interamente animabile: ciò significa che mantenendo costante il valore dell’alterazione spaziale, è possibile animare la portata dell’effetto che essa produce su un singolo oggetto, modificando il valore di Flexibility. In tal modo anche altri oggetti vincolati alla stessa alterazione possono subire effetti diversi. Per modificare l’effetto a livello globale è necessario modificare i valori dell’alterazione. 8. Impostare il valore di Flexibility su 0. Fare clic su Ripple Binding nello stack del modificatore e selezionare il primo Ripple Binding. 9. Impostare il valore di Flexibility su 0. 10. Passare al frame 20 e attivare il comando Animate. 11. Impostare il valore di Flexibility su 1. 12. Ripetere questa procedura per il secondo Ripple Binding. 13. Effettuare un’anteprima dell’animazione. Con Flexibility è possibile indicare i tempi e la portata dell’effetto dell’alterazione sull’oggetto. Nell’esempio la lava comincia a uscire sotto forma di una sfera schiacciata per poi trasformarsi in una forma ondulata a mano a mano che sale lungo la lampada.
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■ Figura 17.8 Il pannello Modifier con RippleBindingselezionato nello stack. Il parametro Flexibility è l’unico valore modificabile e animabile.
Flessibilità 0 (nessun effetto)
Flessibilità 1 (effetto normale)
Nella guida dell’utente di 3D Studio MAX viene detto che modificare Flexibility è come aggiungere o rimuovere vertici, in realtà non è così. Modificare Flexibility è come cambiare il valore di moltiplicatore di una luce. Per Flexibility=1 il rapporto dei valori di ampiezza, per esempio, è di 1 a 1. Per Flexibility=2 l’effetto è raddoppiato e così via.
Wave Wave è molto simile a Ripple, nel senso che distorce la geometria secondo uno schema simile al moto ondulatorio. La distorsione prodotta non è concentrica come in Ripple, ma lineare: le onde viaggiano in una sola direzione. È necessario ricordare che tutti gli space warp si basano sulle unità 3DS MAX e quindi la misura e il movimento a esse corrispondenti influiscono diversamente su oggetti di dimensioni diverse. Ripple e Wave contengono entrambe parametri detti Amplitude 1 e 2. Tali parametri permettono di indicare ampiezze diverse per gli assi X e Y dell’alterazione spaziale (Amplitude 1 corrisponde all’asse X e Amplitude 2 all’asse Y). Per esempio, per produrre
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CAP.17 una piega trasversale al centro di un’onda, impostare il valore di una delle ampiezze sullo 0. Quando viene creata un’alterazione Ripple o Wave, i due parametri vengono generati di default con lo stesso valore. Modificare manualmente uno dei valori, o immediatamente dopo la creazione oppure più tardi nel pannello MODIFIER. Wave e Ripple dispongono entrambe di una sezione di visualizzazione che ne controlla la visualizzazione nei quadranti. La sezione di visualizzazione non produce alcun effetto sull’alterazione degli oggetti a essa vincolati. Wave può essere utilizzata per creare vari tipi di immagine. Nell’esercizio che segue verrà descritto il modo in cui distorcere la geometria sia a scopo di modellazione sia a scopo di animazione. L’immagine di partenza contiene un’imbarcazione che si muove in alto mare. Si presentano condizioni di tempo avverso e le onde diventano sempre più alte. Per simulare tali condizioni è necessario utilizzare Wave per due scopi: modellare le onde sulla superficie marina e il movimento dell’imbarcazione sulle onde. Quando l’immagine viene caricata, le prime cose visibili sono la barca, una scatola e una riga. Il primo passo consiste nel creare onde che colleghino l’alterazione spaziale Wave alla scatola. 1. Aprire imx17wav.max. 2. Nel pannello CREATE fare clic sul comando Space Warps. 3. Fare clic su Wave e poi fare clic e trascinare una Wave con la relativa ampiezza nel quadrante TOP (in questa fase i valori non devono essere cambiati: tale operazione sarà effettuata più avanti). 4. Ruotare Wave di 90° nel quadrante Top. 5. Fare clic sul comando Bind, selezionare la scatola e trascinarla verso Wave. 6. Selezionare Wave e passare al pannello MODIFY. 7. Modificare i parametri di Wave in modo tale che Amplitude 1 corrisponda a 5, Amplitude 2 a 7 e Wavelength (lunghezza d’onda) a 120. Phase e Decay (decadimento) devono essere impostate sullo 0. Lo spostamento dell’onda verso l’alto o verso il basso nel quadrante Top non ha alcun effetto sulla scatola, al contrario del movimento laterale. Tale movimento è il risultato della distorsione lineare fornita dall’onda. Wave e Ripple non hanno effetto sugli oggetti a esse vincolati se questi vengono spostati lungo l’asse delle ampiezze. Sia Wave sia Ripple sono applicabili a qualsiasi tipo di geometria, comprese le scanalature bidimensionali (2D spline). In questa parte dell’esercizio la scanalatura viene collegata all’onda e la deforma come l’oggetto scatola. La barca utilizza la scanalatura come controller di percorso con l’opzione Follow attivata. 8. Trascinare il dispositivo di scorrimento Frame avanti e indietro per visualizzare l’animazione. 9. Fare clic sul comando Bind e quindi selezionare l’oggetto Spline. 10. Trascinare verso l’alterazione spaziale Wave. La scanalatura si deforma tendendo all’onda e di conseguenza lo stesso avviene per il movimento della barca (figura 17.9). La scanalatura deve avere un numero di vertici sufficiente per trasformarsi correttamente nell’onda. In caso contrario il risultato è una deformazione, e un’animazione, molto meno armoniosa.
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■ Figura 17.9 La barca si muove sia sull’oceano sia lungo il percorso della spline vincolata allo space warp Wave.
Space warp Wave collegato a spline 2D (path)
Space warp Wave collegato all’oceano
Per far entrare gradualmente l’imbarcazione nel mare agitato, deve essere utilizzato il parametro Decay, il cui comportamento nel caso di onde è descritto di seguito. 11. Nel pannello MODIFY selezionare l’alterazione spaziale Wave. 12. Modificare il parametro Decay attribuendogli il valore 0.005. L’onda si assottiglia a mano a mano che si allontana dall’icona dell’alterazione perché, sia in Wave sia in Ripple, Decay provoca l’effetto di diminuire gradualmente con l’allontanarsi dal centro dell’alterazione. Le dimensioni dell’alterazione hanno un effetto diretto sul parametro Decay. La figura 17.10 mostra due delle possibili impostazioni di Decay per questa immagine.
■ Figura 17.10 I valori di Decay in due diverse impostazioni. Nessun Decay Decay di .005
Direzione Decay
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CAP.17 Decay è basata sulla proporzionalità. Maggiori sono le dimensioni degli oggetti ai quali è collegata l’onda, più grandi devono essere i parametri di Decay per visualizzare un effetto.
Bomb (Bomba) Bomb produce un’esplosione del tipo a “guscio d’uovo”: l’oggetto esploderà in facce minuscole come se fosse vuoto, alla maniera di un guscio. L’utilità di Bomb è rappresentata dai suoi parametri. La manipolazione delle impostazioni dell’alterazione spaziale Bomb consente di creare molti tipi di effetti. Diversi valori associati a Bomb possono essere negativi, come per esempio la forza. È possibile far implodere gli oggetti invece di farli esplodere. È anche possibile rappresentare l’effetto di una gravità piccola, nulla o negativa utilizzando il parametro Gravity. In generale si pensa che Bomb vengano utilizzato per far esplodere gli oggetti, ma 3DS MAX offre la possibilità di ricomporre un oggetto utilizzando questa alterazione. Nell’esercizio che segue una lattina si forma a partire da centinaia di schegge. 1. Aprire imx17bom.max. 2. Nel pannello CREATE creare un’alterazione spaziale Bomb sotto la lattina. 3. Collegare la lattina a Space Warp. 4. Spostare Bomb di circa 50 unità sopra la lattina. 5. Spostare avanti e indietro il dispositivo di scorrimento Frame per visualizzare l’animazione. La forza della bomba provoca la rottura della lattina a cominciare dal frame 5 e la spinge verso il basso. La causa principale di tale comportamento è la forza. Se la forza è impostata sul valore -1, il risultato visualizzato sarà diverso:. con una forza negativa la bomba attira gli oggetti a essa vincolati verso il centro della bomba e poi li spinge verso l’esterno, analogamente al motore di un jet. 6. Selezionare Bomb e spostarsi nel pannello MODIFY. 7. Cambiare il valore di Strength (forza) in -1. La lattina implode in modo praticamente uniforme. L’esplosione segue uno schema piuttosto regolare. La variabile Chaos contribuisce a diminuire l’uniformità della forza della bomba. In questo esempio, impostare Chaos sul valore 1, in modo da rendere lo schema abbastanza casuale e l’implosione non troppo regolare. 8. Impostare il valore di Chaos su 1. 9. Spostare il dispositivo di scorrimento Frame in modo da visualizzare il risultato dell’animazione. 10. Modificare la gravità in modo da cambiare il modo in cui la lattina si ricompone. Tale parametro condiziona il moto della geometria di esplosione dopo il frame della detonazione (vedere parte successiva). In questo caso impostare la gravità sul valore 0. 11. Il frame della detonazione indica il momento in cui Bomb condiziona la geometria secondo il valore di forza impostato. Il frame di default è il 5, vale a dire che la lattina imploderà a cominciare dal frame 5. Si tratta dell’effetto opposto a quello desiderato. Infatti l’oggetto deve esplodere al frame 0 e ricomporsi fino al frame 100. Perché ciò avvenga il frame di detonazione deve precedere il frame 0 e quindi il parametro di detonazione deve essere impostato sul valore -30.
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L’ultima operazione consiste nell’animare il parametro Strength. Per ottenere l’esplosione o l’implosione di un oggetto e poi la sua ricomposizione nella forma originaria, animare la forza a partire da un valore qualsiasi al frame 0 fino al valore nullo al frame desiderato. 12. Passare al frame 100 e fare clic sul pulsante Animate. 13. Impostare il valore della forza su 0. 14. Effettuare un’anteprima dell’animazione. 15. La lattina finisce di ricomporsi al frame 100. È possibile apportare ulteriori miglioramenti all’animazione in TRACK VIEW, modificando le curve di funzione relative al parametro Strength. La figura 17.11 mostra il risultato dell’utilizzo di Bomb descritto nei punti precedenti.
■ Figura 17.11 Quattro frame tratti dall’animazionecompleta della lattina, in cui compaiono i vari parametri dello space warp Bomb.
Path Deform (deformazione percorso) L’ultimo tipo di alterazione inserito in 3DS MAX è Path Deform, che consente di effettuare la torsione di oggetti in base a scanalature bidimensionali. Un’esemplificazione del comportamento di Path Deform consiste nel creare un testo e quindi vincolarlo a essa. Questo tipo di alterazione agisce in modo un po’ diverso rispetto alle altre. In effetti l’alterazione Path non viene mai utilizzata, se non come struttura di deformazione. Tutti i parametri modificabili sono accessibili attraverso le opzioni Binding nello stack del modificatore. Il comportamento di Path Deform è abbastanza complesso. Prima di tutto l’oggetto si deforma nel suo spazio locale intorno al proprio centro e non “scatta” immediatamente verso il percorso. Inoltre la deformazione del percorso si verifica nello spazio locale, utilizzando l’alterazione come riferimento. Il modo migliore per capire Path Deform consiste nell’utilizzarlo. Un esempio tipico è quello di un testo deformato lungo un percorso.
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CAP.17 1. 2. 3. 4.
Aprire imx17pat.max. Nel pannello CREATE fare clic sul comando Space Warps. Fare clic su Path Deform. Fare clic su Pick Path e selezionare l’oggetto Helical Spline (scanalatura elicoidale). È stata creata un’alterazione Path Deform. A questo punto è possibile vincolarvi un oggetto che si deformerà seguendo il percorso indicato. 5. Fare clic sul comando Bind to Space Warp della barra degli strumenti 3DS MAX. 6. Fare clic sul testo 3DS MAX, trascinarlo verso l’oggetto scanalatura e rilasciare. L’oggetto riorienta se stesso (figura 17.12). A questo punto l’oggetto utilizza la forma dell’alterazione spaziale per deformarsi ma la deformazione si verifica nello spazio locale dell’oggetto.
■ Figura 17.12 Il percorso assegnato come space warp e il testo 3DS MAX vincolato ad esso.
L’oggetto si deforma di default lungo l’asse Z. L’asse X coincide con il senso della lunghezza del testo e quindi l’asse di deformazione deve essere cambiato. Tutti i comandi che consentono all’oggetto di utilizzare l’alterazione si trovano nel pannello MODIFY. 7. Spostarsi nel pannello MODIFY. 8. Modificare l’asse di Path Deform in asse X. 9. Attivare l’opzione Move Object to Path. 10. Impostare Rotation (rotazione) sul valore 180. A questo punto l’oggetto si trova sul percorso e si deforma lungo l’asse appropriato. Per animare l’oggetto che si muove lungo il percorso, o un’altra opzione, è necessario modificare i valori utilizzando il comando Animate.
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11. 12.
Fare clic sul comando Animate oppure premere il tasto N della tastiera. Spostare il dispositivo di scorrimento sul frame 150 e impostare Percent sul valore 97. 13. Impostare Rotation sul valore 225. 14. Effettuare un’anteprima e poi riavviarla per visualizzare i risultati. La figura 17.13 mostra quattro frame dell’animazione finale.
Figura 17.13 Quattro frame di un’animazione di testo effettuata con lo space warp Path Deform.
Altri valori disponibili sono Stretch e Twist, che possono essere utilizzati per modificare la forma dell’oggetto che si deforma lungo il percorso. Stretch consente di produrre un effetto di crescita o contrazione dell’oggetto lungo il percorso. Twist fa compiere all’oggetto una torsione, la cui ampiezza in gradi corrisponde al valore di Twist impostato, nel senso della lunghezza del percorso. Nel caso in cui il percorso sia rettilineo e Twist impostato sul valore 360, l’oggetto compirà una torsione di 360 gradi da un capo all’altro del percorso. L’opzione Move Object to Path è animabile. È necessario quindi agire con cautela nell’attivare e disattivare tale opzione mentre il comando di animazione è attivo.
Space warp di particelle Gli space warp di particelle consentono di applicare ai sistemi di particelle effetti di dinamica reale. È possibile inserire il sistema di particelle Spray in una tromba d’aria oppure aspirare Snow verso l’alto, utilizzando l’alterazione spaziale Gravity. Per ulteriori informazioni sui sistemi di particelle e sugli space warp, consultare il capitolo 25.
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CAP.17
Riepilogo ■
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Funzione degli space warp nello spazio. Diversamente dai modificatori, gli space warp condizionano gli oggetti nello spazio. Sia la posizione nello spazio dell’oggetto sia quella dell’alterazione sono importanti. L’effetto di un’alterazione cambia al variare della posizione dell’oggetto a essa vincolato nell’immagine. Valutazione degli space warp come ultimo elemento dello stack. Quando un oggetto e un’alterazione vengono vincolati, tale vincolo viene valutato dopo che sono stati applicati tutti i modificatori. Per collegare un’alterazione a una selezione di sub-oggetti, è necessario verificare che sia l’ultimo modificatore dello stack. Space warp universali. Gli space warp universali condizionano sia la geometria sia i sistemi di particelle. 3D Studio MAX dispone solo di una di esse, Displace, che può essere utilizzata per modellare o animare distorsioni attraverso valori di intensità di mappa. Space warp Object. Con gli space warp Object è possibile effettuare la distorsione di qualsiasi oggetto deformabile, sia bi- sia tridimensionale. Per esempio è possibile utilizzare un’alterazione di questo tipo su una scanalatura bidimensionale affinché un oggetto la utilizzi come percorso di animazione.
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CAP.19
CAPITOLO 19
Illuminazione e atmosfera
Una buona illuminazione, e l’impostazione dell’atmosfera corretta, costituiscono il termine di paragone fra un lavoro ad alto livello e uno medio. Una scena può presentare modelli ben disegnati, un’animazione perfetta e una composizione realistica ma se l’illuminazione è sfocata o inadeguata non potrà assurgere a livello professionale. Registi, produttori e operatori teatrali lo sanno bene, mentre chi si occupa di animazione tridimensionale non tiene conto di questo elemento. Se illuminazione e senso dell’atmosfera vengono trascurati il lavoro risulta sterile e spento. Nel presente capitolo verranno trattati gli argomenti che seguono, relativi a illuminazione e ambienti atmosferici: ■ illuminazione di default in 3D Studio MAX; ■ stili di illuminazione principali; ■ metodi di illuminazione di 3DS MAX; ■ tipo di luci, e relativi esempi d’uso; ■ utilizzo creativo dell’attenuazione; ■ controllo dell’impostazione dell’ombreggiatura; ■ luci di proiettore; ■ luci volumetriche, nebbia e combustione; ■ tipi di illuminazione architettonica e concetti relativi.
ILLUMINAZIONE E ATMOSFERA
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L’illuminazione è un elemento che si dà per scontato, una specie di percorso luminoso prestabilito: il sole illumina il mondo in modo molto semplice ma efficace. Sia nel mondo reale sia in quello della fiction la luce viene fornita senza problemi, ma non è così nell’ambiente 3D. Negli ambienti tridimensionali non esistono quasi mai impostazioni prefabbricate: come per la modellazione, la composizione e l’animazione anche l’illuminazione richiede un lavoro impegnativo per ottenere una scena efficace.
Impostazione standard dell’illuminazione Nei paragrafi che seguono verranno descritti alcuni stili di illuminazione di base che spesso costituiscono il punto di partenza per progettare un’illuminazione atta ad accentuare la scena e a darle profondità. Saranno inoltre descritti l’illuminazione di default di 3D Studio MAX che fornisce un buono sfondo, gli stili fondamentali di illustrazione e il concetto di luce riflessa.
Illuminazione di default di 3DS MAX In assenza di luci 3DS MAX fornisce un’impostazione di default tale per cui la scena risulta sufficientemente visibile. Tale illuminazione può essere paragonata alle “luci di casa” che forniscono la luce di base su cui lavorare ma non l’effetto definitivo. L’illuminazione di default consiste semplicemente in due luci omnidirezionali poste negli angoli delle diagonali della scena. Considerando la scena centrata nell’origine le luci si trovano una in alto davanti a -X, -Y, +Z e l’altra in basso e dietro a +X, +Y, -Z. Quando viene aggiunta la prima luce alla scena 3DS MAX rimuove l’illuminazione di default in modo tale da rendere visibile quella appena introdotta. Durante tale operazione la scena diventerà più buia perché due luci sono state eliminate e sostituite da una sola. A questo punto è possibile introdurre altre luci secondo la necessità. L’illuminazione di default viene accantonata fino a quando le fonti luminose rimangono nella scena, che siano accese o meno. Quando tutte le luci vengono cancellate dalla scena l’impostazione di default viene riattivata automaticamente. È comunque possibile ignorare l’illuminazione di scena fornita dall’impostazione di default con un sostituto della tastiera (assegnato di default a Ctrl+L). Tale operazione si basa sul quadrante e viene salvata con la scena. Si tratta di uno strumento utile nel caso manchi l’illuminazione da un certo angolo e si presenti la necessità di modellare un lato buio. Il rappresentatore interattivo può mostrare un massimo di 12 luci. In scene che ne utilizzano un numero maggiore, le prime 12 vengono usate per l’illuminazione interattiva. Tale limitazione non ha alcun impatto sull’illuminazione del rappresentatore di produzione. Nonostante sia uno strumento utile, il rappresentatore non sostituisce l’effettuazione di rendering di prova con il rappresentatore di produzione. Poiché il rappresentatore interattivo utilizza l’ombreggiatura di Gouraud, l’illuminazione visibile dipende dalla densità di mesh di ogni superficie. Una scatola a 12 facce per esempio può avere illuminazione intensa ma questa non viene mostrata nei quadranti perché l’ombreggiatura viene mediata solo attraverso due facce. Altre sfumature, come l’attenuazione, l’atmosfera e gli effetti di materiali reali possono essere visti soltanto con un rendering completo.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.19
Stili di illuminazione fondamentali: a triangolo e a zona L’illuminazione si rifà sempre a un problema di stili ma quelli fondamentali sono due: l’illuminazione a triangolo e a zona. L’illuminazione a triangolo (detta anche illuminazione a tre punti) utilizza tre luci: quella principale, detta chiave, è in generale quella più luminosa che illumina la maggior parte della scena (figura 19.1). Di solito la chiave è la luce che crea un’ombra nella scena. La seconda è una controluce utilizzata per separare un oggetto dallo sfondo e per dare più profondità. Questa luce si trova generalmente dietro e sopra l’oggetto e ha intensità minore o uguale a quella della chiave (figura 19.2).
■ Figura 19.1 Luce chiave.
■ Figura 19.2 Luce chiave e controluce.
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La terza luce, di riempimento, si trova normalmente a sinistra della cinepresa e riempie le zone scure non coperte dalla chiave (figura 19.3). La luce di riempimento viene utilizzata per stabilire il contrasto tra le zone più luminose e quelle più buie della scena. Una luce di riempimento forte crea un’illuminazione uniforme mentre se è debole fa aumentare il contrasto rendendo più mossa la scena. La scelta dell’intensità luminosa contribuisce a creare l’atmosfera: come succede nei cartoni animati, che sono brillanti e ben illuminati mentre i castelli infestati sono tetri e pieni di contrasti. La figura 19.4 mostra la disposizione delle luci utilizzata nella figura 19.3.
■ Figura 19.3 Luce chiave, controluce e luce di riempimento.
■ Figura 19.4 Disposizione di luce chiave, controluce e luce di riempimento.
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CAP.19 In una scena grande l’illuminazione a triangolo può non essere efficace ed è quindi necessario ricorrere a un approccio leggermente diverso. L’illuminazione a zona si verifica quando una zona viene divisa in due, ognuna delle quali è illuminata singolarmente. Le zone possono essere scelte in base all’importanza o alla somiglianza. A una zona selezionata è possibile applicare l’illuminazione a triangolo o a tre punti. Talvolta però l’illuminazione a zona non crea l’atmosfera adatta e quindi viene utilizzato uno schema di illuminazione a forma libera. Se utilizzate con cautela, le luci d’accento, usate per illuminare oggetti o zone importanti, sono spesso utili per attirare l’attenzione su un elemento chiave. A ogni arte visiva corrisponde un certo stile di illuminazione, utilizzabile nello spazio tridimensionale. L’illuminazione tridimensionale non è limitata dall’energia disponibile né dalla luminosità di una lampadina; e neppure dalla posizione, dall’oggetto illuminato o dalla zona d’ombra. Le luci 3D possono animare la propria luminosità e il proprio colore in modo del tutto libero. Per un supporto teorico, suggerimenti pratici e tecniche di illuminazione, consultare libri e riviste di arti visive, come la fotografia, il cinema, il teatro e i video. La progettazione delle luci nel mondo reale può essere sfruttata nello spazio tridimensionale.
Luce riflessa 3DS MAX basa la propria illuminazione sull’angolo che la fonte luminosa forma con la superficie e non sulla distanza da essa. Quando la fonte è perpendicolare a un piano e lontana, gli angoli dei raggi luminosi che cadono sulla superficie del piano sono quasi paralleli e l’illuminazione risultante molto uniforme. Se la stessa luce viene avvicinata gli angoli dei raggi che colpiscono la superficie variano notevolmente producendo uno spot pronunciato. Generalmente è preferibile ombreggiare gli oggetti gradatamente attraverso le rispettive facce invece di creare tali spot. Per ottenere questo effetto è necessario posizionare le fonti luminose a una certa angolazione rispetto all’oggetto (per creare la gradazione) e a una distanza significativa (per ridurre gli spot). L’impostazione di base risultante è costituita da due luci omnidirezionali poste in diagonale rispetto al modello, che è la formula di impostazione di default di 3DS MAX. La quantità di luce che colpisce una superficie dipende completamente dall’angolo della luce rispetto alla superficie, e non dalla sua vicinanza: si tratta dell’angolo di incidenza rispetto alla superficie. Se la superficie e la luce formano un angolo retto l’effetto luminoso è completo. Man mano che la superficie si inclina allontanandosi dalla fonte luminosa, tale angolo si abbassa e l’illuminazione ricevuta diminuisce. Ciò significa che, allontanandosi, la fonte illumina la scena sempre più uniformemente (ogni angolo di mesh formato con la fonte tende a 90 gradi). Tutte le luci all’interno di 3DS MAX rispettano le leggi dei colori di illuminazione aggiuntiva RGB. La selezione e l’attribuzione del colore sono coerenti in tutte le forme di luce (vedere il capitolo 2 “Miscele di luce e colore” in questo stesso volume e il capitolo 20 del volume 2 della User’s Guide di 3D Studio MAX per ulteriori informazioni su colore, illuminazione e teoria di miscelatura dei colori e loro applicazioni in 3DS MAX).
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Luci e illuminazione I numerosi tipi di luce incorporati in 3DS MAX possono emulare quasi tutte le luci esistenti in natura e possono aggiungere altre opzioni caratteristiche del regno virtuale della computer grafica. 3DS MAX contiene diversi tipi di fonti luminose: riflettori destinazione e liberi, luce omnidirezionale e luce direzionale. Si tratta di oggetti fisici che possono essere posizionati nella scena 3D e spostati al suo interno. Tali luci contengono comandi luminosi normali che descrivono il comportamento della luce nell’ambiente. Esiste anche una luce circostante (ambient light), che in realtà è un livello di illuminazione perché agisce uniformemente su tutta la scena. In quanto tale si trova tra i comandi ambientali perché non ha proprietà fisiche da regolare.
Tipi di luce 3DS MAX comprende quattro diverse fonti luminose fisiche: luce omnidirezionale, luce direzionale, riflettore destinazione e riflettore libero. La luce circostante, che non è un oggetto fisico, è un fattore importante nell’ambito dell’illuminazione generale. Tutte le luci all’interno di 3DS MAX rispettano le leggi dei colori di illuminazione aggiuntiva RGB. La selezione e l’attribuzione del colore sono coerenti in tutte le forme di luce. Questi colori possono essere ottenuti utilizzando qualsiasi combinazione di canali e valori: Rosso, Verde, Blu (Red, Green, Blue, RGB) e Tonalità, Luminanza, Saturazione (Hue, Luminance, Saturation, HLS) (vedere capitolo 2 per ulteriori informazioni sul colore).
Luci omnidirezionali le luci omnidirezionali sono fonti luminose puntiformi molto simili a una lampadina appesa a un filo o a una stella del sistema solare. Una luce omnidirezionale traccia l’illuminazione dalla propria posizione a tutte le facce orientate verso di essa. Poiché le luci omnidirezionali non sono destinate a creare ombre, i loro raggi non possono essere bloccati da una mesh e quindi fanno diminuire l’intensità delle ombre su cui indirizzano la luce. Le luci omnidirezionali vengono utilizzate principalmente come luci di riempimento. È frequente la presenza di numerose luci omnidirezionali a grandi distanze, in colori variabili e con livelli bassi per creare ombreggiature e miscelarle sul modello. Questa tecnica deriva dall’illuminazione teatrale ma può essere applicata a 3DS MAX. L’omnidirezionalità di questo tipo di luce ne rende prevedibile l’effetto di illuminazione. Queste luci vengono anche utilizzate per tutta una serie di funzioni secondarie: se poste vicino alle mesh creano un’illuminazione speculare brillante; inclinate ad angoli strategici dietro o sotto le mesh possono creare leggeri bagliori e produrre l’effetto di un colore rimbalzato. Le luci omnidirezionali con moltiplicatori negativi vengono spesso poste in zone della scena per creare chiazze d’ombra. Un errore ricorrente consiste nel credere che “appendere” una luce omnidirezionale in una stanza crea un bagliore nell’aria intorno a essa come nella realtà: non può succedere.
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CAP.19 Le luci di 3DS MAX possono illuminare solo e soltanto le facce che colpiscono. Una luce posta nello spazio esterno non emette bagliore perché non c’è niente da illuminare. I fasci di luce laser tanto frequenti nei film in realtà sono un falso, non si vede niente. Il lampione stradale crea un bagliore, o alone, perché illumina i milioni di particelle presenti nell’aria che gli fluttuano attorno.
Luce direzionale Una luce direzionale può essere assimilata al sole. Quando una luce crea ombre l’angolo dell’ombra è la linea tracciata dalla fonte luminosa verso il soggetto. Questo effetto è più visibile con oggetti vicini le cui superfici sono parallele, come per esempio una palizzata. Se il riflettore viene posto vicino a essa produce ombre molto allargate poiché ogni palo traccia la propria linea d’ombra verso la fonte di luce. Allontanando la luce dalla palizzata l’angolo formato dall’ombra di ogni palo diventa sempre più sottile. Quando la fonte luminosa viene posta a notevole distanza l’angolo formato da ogni ombra diventa così piccolo che le ombre risultano parallele. È ciò che avviene per la luce del sole e che nella computer grafica viene definito luce parallela o direzionale. Si tratta dell’illuminazione prodotta dall’oggetto Directional Light di 3DS MAX. L’oggetto Directional Light di 3DS MAX è un ibrido tra la luce parallela tradizionale e un riflettore. Directional Light è simile a un riflettore in quanto dotato di spot e falloff, che servono a controllare l’estensione alla quale vengono calcolate le ombre della scena e quella della falloff. Quando lo spot è ridotto al minimo Directional Light è simile alla box light di un fotografo che diffonde una tenue luce in una zona. Quando è attivata l’opzione periferica (overshoot), spot e falloff vengono ignorati e l’illuminazione è simile a quella del sole. L’attenuazione deve essere utilizzata per le luci tenui circoscritte a una zona mentre deve essere disattiva quando si desideri simulare la luce del sole. Directional Light ha in comune con Free Spot (spot libero) e Free Camera (cinepresa libera) il fatto di non avere un bersaglio e di dipendere completamente dalla propria rotazione. Quando l’opzione periferica è attiva la distanza a cui si trova Directional Light dal soggetto ricopre un’importanza minima. Diversamente da quanto avviene per altri oggetti luminosi, la distanza di Directional Light da un lato del soggetto non è importante: conta soltanto l’angolo che forma con il soggetto stesso.
Riflettore direzionale (Targeted Spotlight) Il riflettore direzionale è una luce direzionale che dirige la luce verso una destinazione che può essere spostata indipendentemente: è come se si legasse una fune davanti al riflettore, oggetto spesso utilizzato nei concerti. Lo spot si sposta nella direzione in cui viene tirata la fune. La direzione viene utilizzata solo come ausilio per dirigere il riflettore. La distanza della direzione dalla luce non influisce sulla luminosità né sull’attenuazione.
I riflettori direzionali e quelli liberi ricoprono molte funzioni e quindi costituiscono lo strumento principale di illuminazione nell’ambiente 3DS MAX. Diversamente dal caso
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delle luci omnidirezionali, la direzione della luce può essere controllata. I riflettori direzionali e quelli liberi possono produrre ombre, possono avere forma rettangolare o circolare e possono anche proiettare un’immagine bitmap.
Riflettore libero (Free Spotlight) Un Free Spot comprende tutte le funzioni di un Target Spot senza l’oggetto destinazione. Invece di stabilire una destinazione per posizionare il cono del riflettore, si ruota il Free Spot per dirigerne il raggio. La scelta di un Free Spot al posto di un Target Spot può dipendere da una preferenza personale oppure dalla necessità di animare la luce congiuntamente ad altre geometrie. Nell’animazione delle luci si verificano casi in cui è necessario che esse rimangano in relazione con un altro oggetto: esempi tipici sono i fanali della macchina, i riflettori e gli elmetti da minatore. Sono le situazioni per le quali viene utilizzato Free Spot perché tali luci possono essere semplicemente collegate all’oggetto e continuare a essere direzionabili durante il suo spostamento nella scena. Si tratta di una funzione particolarmente importante nel caso di un riflettore rettangolare e/o che proietta un’immagine: la luce deve inclinarsi o procedere con l’oggetto principale per produrre l’effetto adatto. La rotazione della luce e la conseguente proiezione possono verificarsi in modo affidabile soltanto con un Free Spot.
Luce circostante Quando si eliminano tutti gli oggetti luminosi da una scena, rimane solo la luce circostante (ambient light). Si tratta della luce sempre presente che sembra esistere quando è impossibile identificare una fonte luminosa specifica. Nella realtà la luce rimbalza sulle superfici per illuminarne altre non direttamente colpite dalla luce. La luce circostante è il metodo di 3D Studio MAX per approssimare questa luce riflessa. Il colore della luce circostante viene applicato a tutte le superfici della scena prima che ne vengano applicate altre. Questo tipo di luce costituisce il punto di partenza dal quale tutte le altre vengono sottratte o al quale sono aggiunte. Viene applicata globalmente e quindi un suo aumento ridurrà il contrasto “appiattendo” la scena. Una scena illuminata esclusivamente da luce circostante non produce contrasto né ombreggiatura e il rendering di tutti i lati e di tutte le facce presenta la stessa intensità. Saranno definibili soltanto i profili geometrici e le proprietà materiali. La luce circostante non è un oggetto, ma fa parte del sistema Environment e viene regolata nella finestra di dialogo ENVIRONMENT a cui si accede dal menu a discesa RENDERING/ ENVIRONMENT. Poiché la luce circostante è sempre presente, la luce e il colore a essa relativi sono visibili nelle ombre. Per rendere particolarmente profondi i colori della scena, è necessario retinare (tint) leggermente il colore della luce circostante in modo tale che questa diventi il complemento delle luci dominanti che producono ombre. Se la luce corrisponde al giallo spento della luna, per intensificarne l’effetto dovrà essere utilizzato un livello di luce circostante viola scuro. Una luce circostante bianco puro può essere utile per restituire l’arte “piatta” come quella di testi, logo, e disegni illustrativi in cui non deve comparire ombreggiatura. Poiché il livello complessivo di luce della scena è bianco, le altre fonti luminose non sortiscono alcun effetto purché i materiali utilizzati abbiano colori base Ambient e Diffuse identici
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CAP.19 (come nelle mappature Diffuse e Ambient bloccate). Se ci sono differenze tra i colori Ambient e Diffuse i materiali si sposteranno verso i rispettivi valori di diffusione all’aumentare dell’illuminazione lungo le superfici. Invece di regolare la definizione dei materiali è possibile eliminare semplicemente le altre fonti luminose. Se nella scena non ci sono altri oggetti luminosi sarà necessario crearne uno e spegnerlo per eliminare l’effetto dell’illuminazione di default. Quando la scena è illuminata soltanto dalla luce circostante, viene utilizzato il colore base circostante del materiale assegnato. L’illuminazione della scena con una luce circostante bianco puro restituisce tutti i materiali secondo i rispettivi valori di colore circostante. Il risultato può sembrare molto scuro, visto che esiste una tecnica frequente con la quale il colore circostante diventa una versione più scura di quello diffuso. Molti artisti preferiscono utilizzare una luce circostante molto fioca, o niente del tutto, che fornisce un maggiore controllo sulle ombre e sul contrasto che ne deriva nelle immagini finali. Un errore ricorrente consiste nell’aumentare in modo massiccio la luce circostante per ridurre la necessità di altre fonti, ma questo approccio non facilita le operazioni, anzi di solito dà come risultato una scena appannata senza contrasto né atmosfera.
Comandi luce comuni Tutti gli oggetti luminosi condividono un insieme di comandi, che controllano le funzioni elementari di una luce, come luminosità e colore. Facendo clic sulla tavolozza dei colori di una luce si richiamano questi comandi nel pannello dei comandi (figura 19.5).
■ Figura 19.5 Comandi generali della luce.
La casella di controllo [On/Off] stabilisce se una luce agisce sulla scena. La scelta è specifica per ogni scena e non può essere animata. Per animare una luce accendendola e spegnendola è necessario invece regolarne il colore e/o il valore moltiplicatore nel tempo. Per tenere la luce accesa a tasso costante e poi spegnerla è necessario assegnare un controller Linear, regolare la Continuity di un controller TCB sullo 0 oppure appiattire la curva di un controller di Bézier. Facendo clic sul comando Exclude si apre una casella di riepilogo che consente di scegliere gli oggetti specifici che la luce deve illuminare (figura 19.6). È possibile scegliere gli oggetti da illuminare o escluderli e la scelta “corretta” corrisponde semplicemente al
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minore dei due insiemi di selezioni. L’esclusione della luce non influisce sui calcoli del rendering e ottimizza la scena, soprattutto nel caso venga utilizzata per limitare quanto le luci che producono ombre devono illuminare.
■ Figura 19.6 Gli oggetti possono essere esclusidall’illuminazione, dall’ombreggiatura o da entrambe.
Le caselle di esclusione/inclusione consentono di posizionare le luci accento dovunque sia necessario senza creare problemi di illuminazione eccessiva o indesiderata. RGB, HSV e Color Swatch (tavolozza dei colori) regolano colore e grado di illuminazione della luce. Il colore può essere animato regolandone uno qualsiasi dei valori, ma sempre rispettando i valori RGB e interpolando nello spazio di colori RGB. Il colore della luce è significativo, anche a livelli bassi. La quantità di superficie illuminata dipende dal valore totale RGB modulato dal valore del moltiplicatore.
Moltiplicatori Il moltiplicatore è simile a un variatore di luminosità della luce. Il valore del moltiplicatore viene moltiplicato rispetto ai valori RGB della tavolozza dei colori per definire il reale colore di output della luce. Un valore inferiore a 1 riduce l’illuminazione mentre valori superiori la fanno aumentare. Quando il moltiplicatore assume valore negativo l’illuminazione viene rimossa dalla scena. Queste “luci negative” risultano utili per simulare effetti radiosity e perfezionare altrimenti impostazioni di illuminazione interna. Un uso frequente delle luci omnidirezionali negative, per esempio, consiste nel posizionarle in angoli interni per renderli più bui, cosa difficilmente ottenibile con l’uso delle luci positive. Pur avendo molte funzioni, il moltiplicatore viene utilizzato soprattutto per l’uniformità del colore di una serie di luci. A ognuna di esse viene attribuito lo stesso colore la cui intensità è regolata attraverso i moltiplicatori. L’uso dello stesso colore base risulta evidente da un confronto con la tavolozza. Analogamente moltiplicatori piccoli consentono alla tavolozza di distinguere un colore mentre lo rendono scuro. Per esempio, invece di creare una luce rossa debole con un colore 10,0,0 e la tavolozza quasi nera, le attribuisce un rosso riconoscibile con valore 200,0,0 e utilizza un moltiplicatore 0.05 per ridurlo a un valore inferiore.
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CAP.19 Quando i moltiplicatori vengono aumentati ogni canale termina comunque a 255. Ciò significa che una luce rossa iniziata con valore 255,10,10 diventa rosa intenso con un moltiplicatore 10, rosa pallido con un moltiplicatore 20 e bianco puro con un moltiplicatore 26. Quando i moltiplicatori sono così intensi il fatto che la luce sia “rossa” viene visto solo al falloff o con attenuazione. Dopodiché la luce progredisce dal bianco verso il rosso brillante lungo l’alone di falloff. Questa caratteristica è spesso utile per l’illuminazione con effetti speciali.
Attenuazione L’attenuazione regola il falloff di una luce all’aumentare della distanza. Senza attenuazione l’illuminazione dipende dall’orientamento della luce rispetto alla superficie. Se questa forma un angolo di 90 gradi la luce produce un effetto completo. Ciò significa che più la luce è distante dalla superficie, più è profondo l’angolo di incidenza e luminosa la superficie. Ma nella realtà la luce diminuisce all’aumentare della distanza: una torcia elettrica puntata direttamente su un tavolo è piuttosto luminosa, ma se viene diretta nell’ambiente circostante la sua luce diventa molto più fioca e se poi viene puntata lungo una strada l’effetto dell’illuminazione è trascurabile. Tale diminuzione, decadimento o sfocatura di luce viene detto attenuazione e non è altro che il risultato delle leggi fisiche. Generalmente gli interni richiedono molte luci e se queste non vengono attenuate la scena risulta sovrailluminata. Quando si illuminano gli interni l’attenuazione deve essere utilizzata su tutte le luci tranne quelle più fioche e quelle di riempimento. Nel mondo reale la luce si attenua a velocità inversamente quadratica. Per esempio se l’illuminazione di una lampada è X a 3 metri sarà un quarto di X a 6 metri. Pur essendo accettabile dal punto di vista fisico questo tasso di decadimento viene generalmente considerato troppo alto per la computer grafica. La spiegazione consiste nel fatto che la luce rimbalza sulle superfici e illumina da tutti gli angoli, anche se attenuandosi. Solo i programmi di rendering che utilizzano le tecniche di Radiosity sono in grado di riprodurre questa luce ereditata e in generale sono gli unici che si adattano a una velocità inversamente quadratica. La maggior parte dei programmi comprendenti l’attenuazione luminosa la riproducono secondo un’approssimazione lineare: la stessa lampada con illuminazione X a 3 metri assumerà valore pari a metà di X a 6 metri. 3DS MAX fornisce un metodo ibrido di falloff nullo e lineare. L’attenuazione viene visualizzata nei quadranti interattivi solo se è attivata l’opzione [Attenuate Lights] in VIEWPORT PREFERENCES. Per quanto utile, produce però un notevole impatto sui tempi di ridisegno delle viste ombreggiate. La casella di controllo [Attenuation Use] indica se la luce selezionata utilizza gli intervalli assegnati. Quando è attivata, intorno alle luci compaiono i cerchi corrispondenti agli intervalli, che indicano l’estensione degli intervalli Start ed End (figura 19.7). Questi cerchi definiscono l’estensione interna ed esterna dell’illuminazione. L’intervallo Start (corrispondente al cerchio interno) è simile a uno spot e definisce una regione in cui l’attenuazione non si verifica. L’intervallo End (cerchio esterno) è simile a un falloff e definisce la distanza alla quale la luce termina di illuminare. La luce che cade tra gli
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intervalli Start ed End riceve un’attenuazione lineare. Per attenuare una luce in modo permanente, è necessario ridurre a zero l’intervallo Start. Quando si illumina un interno è necessario prestare attenzione agli intervalli delle luci: tutte le luci di potenza identica poste in una zona devono avere gli stessi intervalli. Se questi sono diversi la luminosità delle luci corrispondenti è varia perché cambiano le distanze di illuminazione. Questo effetto è particolarmente evidente nel caso di serie di luci che devono essere tutte uguali. In tal caso è opportuno produrre istanze di una luce dall’altra in modo tale che la regolazione dell’una le condiziona tutte.
■ Figura 19.7 I cerchi nei diversi quadranti rappresentano le sfere di attenuazione dell’illuminazione.
Spot e falloff Lo spot e il falloff sono le proprietà più frequentemente regolate dei riflettori e delle luci direzionali. La differenza tra spot e falloff individua l’irregolarità del bordo della chiazza di luce risultante. I valori spot e falloff hanno un effetto simile a quello degli intervalli interno ed esterno di una luce omnidirezionale attenuata. Lo spot (hotspot) definisce l’estensione dell’illuminazione piena e non intensifica l’illuminazione come potrebbe suggerire il nome. L’illuminazione all’interno dello spot corrisponde all’effetto luminoso pieno. Il falloff definisce l’intervallo entro il quale termina l’illuminazione. Questa dissolvenza, o decadimento, non è lineare come accadeva per gli intervalli omnidirezionali ma è un’interpolazione spline cubica (la maggior parte della transizione si verifica intorno al bordo esterno del falloff). La differenza tra le dimensioni di spot e falloff definisce regolarità o sfocatura del bordo della chiazza di luce. Uno spot di piccole dimensioni e un falloff ampio creano un bordo molto regolare, mentre uno spot di dimensioni vicine a quelle del falloff lo rendono molto irregolare.
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CAP.19 Quando è attiva l’opzione periferica, il falloff definisce ancora l’intervallo entro il quale vengono create le ombre e proiettate le immagini. Il falloff diventa un meccanismo importante di controllo dell’estensione della mappa dell’ombra. Falloff maggiori richiedono mappe più estese e più memoria per produrre ombre di qualità. È possibile migliorare la qualità delle ombre e ridurre la richiesta di RAM limitando il falloff delle luci che proiettano ombre alle minime dimensioni. Per ottenere l’effetto di una gradazione maggiore nella chiazza del riflettore è possibile utilizzare l’attenuazione impostando il cerchio interno del riflettore in modo tale che intersechi la superficie della mesh.
Opzione periferica (Overshoot) Attivando l’opzione Overshoot è possibile eliminare la chiazza di una luce direzionale o di un riflettore: vengono così rimosse le limitazioni e prodotta l’illuminazione equivalente a quella dello spot da solo. In sostanza questa opzione trasforma un riflettore in una “luce omnidirezionale mirata”, pur mantenendo le altre caratteristiche della luce. Grazie a queste caratteristiche, tale funzione viene definita a volte periferica infinita. I riflettori periferici non si limitano più a un cono di luce ma illuminano in tutte le direzioni come una luce omnidirezionale, e una luce direzionale illumina infinitamente da un lato all’altro (figura 19.8).
■ Figura 19.8 Una luce direzionale posta tra due teiere. Quella collocata davanti alla luce proietta un’ombra, mentre quella che le sta dietro non lo fa.
L’opzione periferica è utile nel caso sia necessaria un’illuminazione generale ma restano indispensabili l’ombra del riflettore e/o le funzioni del proiettore. Tali proprietà rispettano ancora il cono di falloff del riflettore. Un riflettore con periferica è assimilabile
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a una luce omnidirezionale con proiezione di ombre e funzioni di proiettore limitate al falloff (figura 19.9). L’attivazione di Overshoot con una luce direzionale crea una fonte luminosa forte e in un certo senso inconsueta. Per esempio una luce omnidirezionale periferica illuminerà tutte le superfici che colpisce uniformemente secondo un dato angolo ma non avrà alcun impatto sulle superfici colineari con la direzione della luce (figura 19.10).
■ Figura 19.9 Un riflettore periferico che proietta ombre le crea nei suoi normali intervalli di spot e falloff, e agisce come una luce omnidirezionale al di fuori di essi.
■ Figura 19.10 Questa luce direzionale periferica illumina tutti i piani sui quali cade tranne le facce che con essa formano angoli retti.
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CAP.19
Trasformazione delle luci Le fonti luminose, come tutti gli altri oggetti della scena, vengono posizionate con le trasformazioni Move e Rotate. Diversamente da quanto avviene per gli altri però la trasformazione Scale trasforma soltanto scale e intervalli lasciando inalterati gli altri attributi. I comandi di trasformazione sono spesso utilizzati per consentire un controllo più stretto sulla posizione e sull’orientamento della luce. I controller Path, Look At e Expression vengono utilizzati sovente per tracciare una luce su un percorso, seguire gli oggetti principali o farli reagire ad altri eventi della scena. I riflettori, come le cineprese, possono essere utilizzati per definire un quadrante. I quadranti di riflettori consentono di vedere dove è diretta la luce e sono strumenti utili per posizionare le ombre e le mappe dei proiettori. I quadranti dei riflettori sostituiscono le icone di navigazione con quelle specificamente correlate ai riflettori. Questi comandi corrispondono ai loro equivalenti nelle cineprese, dove il falloff coincide con il FOV (Field-of-View, campo visivo). Il comando spot non ha alcun effetto sulla vista a meno che non si imbatta nel falloff forzandolo ad aumentare. Per creare un quadrante che corrisponda a una luce direzionale generando un oggetto griglia, centrare la griglia sulla luce (con la funzione Align) e collegarla alla luce direzionale. Quando la griglia è attivata e se ne effettua un quadrante, la vista mostrata corrisponderà a quella della luce direzionale. Ruotando la luce la vista continuerà a essere quella della luce direzionale. I metodi di illuminazione dipendono anche dalle ombre e dal loro migliore utilizzo nella progettazione di un’illuminazione generale. Il controllo specifico delle ombre è essenziale quando si utilizzano le luci. Se le ombre sono eccessive o insufficienti la scena risulta poco realistica e convincente.
Ombre In 3DS MAX le fonti luminose illuminano tutte le facce orientate nella loro direzione, aventi cioè una normale diretta verso di esse, fino a dove arrivano i rispettivi intervalli o le cadute. Questa luce trasmette attraverso le superfici e non viene bloccata a meno che non riceva l’indicazione di proiettare ombre. Le luci che non proiettano ombre, e perciò tutte le luci omnidirezionali, continuano a penetrare la scena e diminuiscono il grado di oscurità di tutte le ombre. La creazione di effetti luminosi può presentare qualche difficoltà se non si utilizzano le ombre. La luce proveniente da sinistra si mescola con quella proveniente da destra e con quelle di riempimento. La creazione di contrasti e di movimento in un modello può essere molto difficile se non si ricorre all’uso delle ombre. La proiezione delle ombre è un’opzione dispendiosa ma contribuisce notevolmente all’effetto di realismo della scena finita. Le ombre di tipo ray-tracing (Ray-tracing Shadows) richiedono un certo tempo di rendering, e le ombre di tipo mappa (Shadow Maps), oltre al tempo, consumano risorse di memoria. La limitazione del falloff del riflettore alla zona in cui sono richieste le ombre consente di risparmiare tempo di rendering in entrambi i casi. Anche l’esclusione di oggetti dalle ombre, all’interno della luce o attraverso l’attributo dell’oggetto, contribuisce a ridurre il tempo di rendering.
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Ogni ombra può essere impostata singolarmente o globalmente. Poiché ogni luce influisce su una zona diversa della scena e ha necessità differenti, è molto probabile che sia necessario regolare i parametri delle ombre di ogni luce. Le luci direzionali e i riflettori contengono una finestra di dialogo LOCAL SHADOW CONTROL a cui si può accedere con i parametri della luce. I valori globali delle ombre definiscono i parametri di tutte le luci che proiettano ombre e la cui casella di controllo [Global Settings] è attivata. Gli effetti di questi parametri sono gli stessi ma non corrispondono alle esigenze specifiche della singola luce. Le luci di nuova generazione vengono create con la casella [Global Settings] disattivata e utilizzano i valori di default del sistema integrato per i parametri delle ombre. Attivando [Use Global Settings] i parametri vengono riportati all’impostazione globale se una qualsiasi delle altre luci ha attivato [Use Global Settings]. In caso contrario i valori correnti vengono utilizzati come valori di impostazione globale. 3DS MAX fornisce due forme di ombra con proprietà molto diverse. La scelta sull’uso di una piuttosto dell’altra dipende da due elementi: l’irregolarità o la regolarità del bordo e la necessità che l’ombra rispetti la trasparenza dell’oggetto.
Ombre Ray-tracing La tecnica del ray-tracing rende le ombre precise, con bordi irregolari e quasi sempre impegna l’oggetto che le proietta (caratteristica negativa che pone problemi in fase di mappatura). Quando si presenta la necessità di avere un bordo irregolare e di calcolare i valori di trasparenza di un oggetto è opportuno utilizzare il ray-tracing. Il ray-tracing tiene anche conto dell’opacità e del filtro colore del materiale. Queste ombre fanno riferimento a tutte le informazioni sull’opacità contenute all’interno del materiale e questo può risultare nella forma di una mappatura dell’opacità e della sua maschera, barre del parametro Transparency del materiale e opzioni In/Out, gli unici aspetti che definiscono la trasparenza. Altre mappe che definiscono composizione o rugosità non hanno alcun effetto sulla proiezione delle ombre. La simulazione di queste marcature della superficie richiede una copia della bitmap tale che diventi la mappa o la maschera dell’opacità del materiale. I riflettori che utilizzano il ray-tracing trattano l’opacità di ogni tipo in termini di luminanza o intensità. Le immagini materiali possono risultare molto convincenti quando sono illuminate da queste luci. I materiali hanno composizione corrispondente e mappe dell’opacità e vengono spesso utilizzati per oggetti di contorno, come alberi, gruppi di persone e automobili ma possono anche essere le singole foglie di una pianta o la struttura del montante di una finestra. Il ray-tracing costituisce la tecnica ideale per simulare fonti luminose brillanti, soprattutto il sole. L’unico difetto consiste nel fatto che queste ombre richiedono lunghi calcoli durante il rendering. Poiché la zona calcolata per ogni riflettore si basa sul corrispondente falloff, riducendo il raggio, specificando le zone si può risparmiare tempo di rendering.
Ray Trace Bias L’unico parametro che controlla gli effetti delle ombre con tecnica ray-tracing è l’impostazione Ray Trace Bias: ciò non risulta immediatamente evidente dalla tendina
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CAP.19 SHADOW P ARAMETERS perché i tre parametri di mappa delle ombre restano modificabili anche quando viene selezionata l’opzione [Ray-Traced Shadows]. Diversamente dai parametri delle ombre con tecnica a mappe, questo valore non deve quasi mai essere regolato. Il valore 1.0 non genera bias, mentre valori maggiori cominciano a far allontanare l’ombra dall’oggetto e valori inferiori la avvicinano. Il valore deve essere regolato nel caso in cui la proiezione delle ombre dell’oggetto contenga elementi autointersecanti. Un’ombra ray-tracing che contiene buchi quando dovrebbe essere compatta o non impegna la mesh di proiezione delle ombre ha valori di bias troppo alti che devono essere ridotti.
Ombre a mappa La funzione principale di un’ombra a mappa consiste nel creare ombre regolari. Si tratta di un effetto più realistico di quello ottenuto con il ray-tracing ma può essere difficile da ottenere perché è necessario mantenere il delicato equilibrio dei parametri delle mappe. La proiezione delle ombre con le mappe richiede memoria ma ha un rendering più veloce di quello del ray-tracing, soprattutto all’interno di un modello complesso. D’altra parte le mappe richiedono un certo tempo di preparazione e un costante riscontro per garantirne accuratezza e adeguatezza. Nella realtà l’irregolarità di un’ombra è il prodotto della vicinanza dell’oggetto rispetto alla superficie sulla quale proietta l’ombra: quella proiettata dai montanti di una finestra in una stanza è molto regolare, mentre la sedia che si trova sotto la stessa luce ne proietta una molto irregolare. A causa di questa caratteristica si può presentare la necessità di utilizzare varie luci per proiettare le ombre, che abbiano effetti diversi in modo da rendere più realistica una scena. La maggior parte dei profani non noterà l’effetto realistico, perché per loro la definizione di un’ombra è una forma irregolare e netta proiettata dall’oggetto. Se non è possibile analizzare l’ombra, per esempio in un’animazione, gli effetti raffinati che sono stati ottenuti con le ombre regolari vanno persi.
Dimensioni delle mappe di ombreggiatura e qualità dell’ombra Le dimensioni della mappa costituiscono il fattore più critico e dispendioso nella produzione di un’ombra corretta. Il renderizzatore crea una bitmap quadrata rispetto alle dimensioni indicate dal parametro Map Size. Il costo di questa mappa in termini di memoria è di quattro byte per pixel: una mappa di 500 righe richiede 500x500x4=1MB di RAM. La mappa poi viene estesa alle dimensioni degli oggetti che proiettano le ombre con il cono di falloff della luce e riproiettata sulle superfici riceventi. Poiché la mappa dell’ombra in realtà è una bitmap, se non è almeno delle dimensioni della zona di rendering, l’ombra comincia a oscillare e forma bordi frastagliati. Maggiore è l’estensione dell’oggetto che proietta l’ombra, più la mappa dell’ombra viene allargata e più alta deve essere la sua risoluzione per mantenere un bordo privo di alias. È possibile limitare le dimensioni delle zone di mappatura e quindi le dimensioni della mappa di ombre richiesta, riducendo il falloff del riflettore. È anche possibile diminuire l’estensione della mappa disattivando l’attributo di proiezione delle ombre di oggetti distanti.
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L’opzione periferica risulta molto utile per le mappe di ombreggiatura perché l’effetto di queste può essere localizzato senza creare chiazze di luce distinte.
Bias di mappe e precisione Il valore Map Bias viene utilizzato principalmente per correggere l’imprecisione intrinseca che le mappe di ombreggiatura presentano nell’impegnare gli oggetti che le proiettano. Al diminuire del valore di bias, aumenta la vicinanza dell’ombra all’oggetto. In generale è consigliabile attribuire a Map Bias valore 1.0 per modelli architettonici e 3.0 per lavori di design televisivo. È molto importante non utilizzare tali valori senza averli prima provati nella scena. Le esigenze di ogni modello, e anche di ogni riflettore, variano a seconda dell’angolo e della distanza della luce e dalla risoluzione di output finale. Anche le dimensioni della proiezione di ombre della scena costituiscono un fattore rilevante nella precisione dell’impegno delle mappe di ombreggiatura.
Intervallo campione della mappa (Map Sample Range) e regolarità dei bordi (Edge Softness) Il valore Map Sample Range serve a controllare la regolarità del bordo dell’ombra: a valori più alti corrisponde una maggiore regolarità del bordo. Il programma campiona più del bordo circostante e sfuma il risultato per creare un bordo regolare, la cui qualità e precisione sono il risultato dell’equilibrio tra bias, dimensioni e intervallo campione della mappa. I valori campione sono direttamente proporzionali alla regolarità dell’ombra. Lo stesso vale per il tempo necessario per il rendering di queste ombre perché il programma effettua la media di vari campioni su una zona più ampia della bitmap dell’ombra. Questi valori sono specifici della risoluzione, delle dimensioni della mappa bias, della distanza del riflettore e delle dimensioni della scena dati; valori difformi variano proporzionalmente. Il fatto che l’ombra non diventi più regolare quando cade lontano dall’oggetto può costituire un elemento di disturbo. Nella realtà l’ombra è più netta laddove l’oggetto tocca la superficie che la riceve e più regolare nel punto più lontano. Tuttavia 3DS MAX non compie questa operazione in modo spontaneo. Quando i risultati richiedono immagini ad alta risoluzione che possono essere esaminate in termini di tempo, si può presentare un problema e sarà necessario prestare molta attenzione nella scelta fra raytracing e mappe di ombreggiatura. Ogni oggetto dispone di funzioni di esclusione delle ombre all’interno delle definizioni degli attributi. Quando tali attributi sono combinati con le funzioni di esclusione delle luci, la possibilità di creare effetti speciali di illuminazione diventa importante. Per ogni luce è possibile stabilire se gli oggetti proiettano o ricevono le ombre (figura 19.5). L’utilizzo di questi attributi è unico per ogni modello ma è necessario ricordare che non consente un risparmio di tempo di rendering. Questo è vero soprattutto per gli oggetti che occupano un’ampia porzione della scena, come piani terrestri, pareti e soffitti. Nella maggior parte dei casi questi oggetti non devono proiettare ombre e i soffitti non ne ricevono. La disattivazione degli attributi opportuni consente un notevole risparmio
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CAP.19 di tempo di rendering e rende molto più precise le mappe di ombreggiatura. Le ombre sono molto importanti ma troppe ombre si rivelano superflue o generano confusione. A questo proposito una selezione accurata della posizione in cui vengono proiettate migliora i tempi di rendering e il realismo della scena. Oltre a proiettare ombre, le luci hanno un’altra funzione utile, quella di proiettare un’immagine.Proiezione di immagini
Proiezione di immagini Le luci Spot e Directional proiettano immagini e materiali animati come un proiettore di diapositive/pellicole, offrendo in più la possibilità di creare molti effetti speciali. I colori dell’immagine proiettata si miscelano con quelli della luce riducendone la quantità a seconda dei valori di luminanza dei colori di bitmap. Il nero blocca tutta la luce mentre il bianco non ne trattiene alcuna. Le luci di proiettore sono utilizzate tradizionalmente in ambito teatrale e nel design dell’illuminazione di interni. Uno degli effetti più classici si verifica quando l’immagine è opaca (nero su bianco) e invece di un’ombra proietta un’altra immagine. Quando viene utilizzata a questo scopo, la luce di proiettore viene spesso chiamata paraluce. L’implicazione di ombre proiettate con questa tecnica in 3DS MAX può generare effetti notevoli che hanno un impatto positivo sulla memoria (figure 19.11 e 19.12).
■ Figura 19.11 Un’immagine paraluce per la bitmap di un proiettore.
Luci proiettate Le luci spot e direzionali possono proiettare un’immagine quando è attivata l’opzione Projector a esse relativa. Facendo clic sul pulsante Assign si apre la finestra Material/Map Browser di Material Editor (figura 19.13). Da questa è possibile scegliere un canale di mappa definito in Material Editor (editor materiali), la scena, una libreria, o definirne una nuova. Dopo che un canale di mappa è stato selezionato, il suo nome viene etichettato sul pulsante Map della luce. Facendo clic su questo pulsante è possibile assegnare il canale a uno slot specifico in Material Editor slot, per l’eventuale regolazione. È anche possibile recuperare da Material Editor mappe proiettate già utilizzate nella scena, scegliendole da questa.
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■ Figura 19.12 Luce di composizione creata dalla proiezione di “ombre” con una luce di proiettore.
■ Figura 19.13 La finestra Material/Map Browser.
Quando la mappa animata è del tipo immagine di proiettore, quando viene eseguito il rendering di un intervallo di fotogrammi ognuno di essi è mostrato in sequenza. Il proiettore di diapositive diventa quindi un proiettore di pellicola. L’animazione può consistere in un file animato come il file AVI, una sequenza di file in un paraluce o nel risultato di parametri animati nel canale di mappa prescelto.
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CAP.19 La bitmap proiettata viene allargata in modo che si adatti ai limiti del falloff del riflettore. Per un riflettore circolare la bitmap è allargata fino al quadrato circoscritto al cerchio e l’immagine viene ritagliata dal cerchio. È possibile far corrispondere il rapporto prospettico delle luci rettangolari a quello dell’immagine proiettata con l’opzione [Bitmap Fit]. Quando l’opzione Projector viene utilizzata insieme a Overshoot, l’immagine rimane limitata alle dimensioni del falloff. Questo bordo però produce un effetto aliasing se il colore del bordo dell’immagine proiettata (cioè lo sfondo) blocca il colore del riflettore. Il bianco non si mescola mai in modo additivo ed è quindi il colore ideale per lo sfondo di un’immagine, finché la luce ha un moltiplicatore positivo.
L’inclusione di un perimetro bianco largo un pixel nelle bitmap proiettate evita l’effetto aliasing che si verifica quando al riflettore che proietta è associata l’opzione periferica.
Regolazione della proiezione di luci Il limite di falloff di una luce di proiettore è del tutto simile a un’icona Planar Projection: le proporzioni e la rotazione della bitmap sono stabilite dalla posizione del limite, che presenta una piccola linea verticale indicante la parte superiore di una proiezione. Le proporzioni di un riflettore circolare sono fisse ma quelle di un riflettore rettangolare possono essere regolate con i comandi Aspect o Bitmap Fit della luce. Quando un’immagine viene proiettata deve essere attivata l’opzione Bitmap Fit perché è la più semplice, la più accurata e la più pertinente (figura 19.14). Selezionare un riflettore rettangolare e accedere al comando Bitmap Fit. Dopo che la bitmap, ossia l’immagine proiettata, è stata selezionata, altezza e larghezza del rettangolo della luce vengono modificate in modo da corrispondere all’immagine.
■ Figura 19.14 Bitmap Fit stabilisce le dimensioni di un riflettore di proiezione in modo tale che si adatti all’altezza e alla larghezza di una bitmap.
L’immagine proiettata può essere ruotata e la sua rotazione può anche essere animata, con l’impostazione materiale della mappa di proiettore in Material Editor.
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Configurazione dell’ambiente Nei paragrafi che seguono verranno descritte le funzioni della finestra ENVIRONMENT di 3DS MAX. L’utilizzo di Environment consente di creare effetti e atmosfere che accrescono il realismo della scena con l’ausilio di illuminazione volumetrica, nebbia standard, a strati e volumetrica e combustione. Questi controlli atmosferici producono una vasta gamma di effetti: nebbia, foschia, fuoco, fumo e raggi di luce pulviscolare. Tutti gli effetti atmosferici sono attivi soltanto nelle viste Perspective e Camera e alcuni esclusivamente nelle Camera.
Impostazione dello sfondo Lo sfondo può comprendere un colore solido o materiale. La selezione della tavolozza dei colori nella finestra di dialogo RENDERING/ENVIRONMEN t consente l’accesso al selettore di colori di 3DS MAX, che garantisce un preciso controllo del colore dello sfondo. La scelta di un nuovo colore non impedisce di salvare l’informazione del canale alfa. Per evitare l’effetto aliasing dell’immagine con lo sfondo, aggiungere la riga DontAntialiasAgainstBackground = 1 al di sotto della sezione [Renderer] del file 3dsmax.ini. L’eliminazione dell’effetto aliasing è utile per il rendering degli sprite rispetto a uno sfondo solido o per creare una grafica illimitata per il Web, trascurando lo sfondo estraneo. Se non esiste una sezione [Renderer], aggiungerne una. La selezione di un’immagine di sfondo è simile all’utilizzo di una mappa di proiezione per luci. Selezionare il pulsante Environment Map Assign per aprire l’elenco MATERIAL/MAP di 3DS MAX.. A partire da questo punto è possibile creare una mappa personalizzata oppure applicarne una esistente.
Luci volumetriche La luce volumetrica consente di riempire con particelle un cono di luce, in modo tale da rendere visibili il raggio o l’alone. Nella computer grafica tale fenomeno è noto sotto il nome di illuminazione volumetrica, e quando le ombre interrompono il cono, di ombreggiatura volumetrica. Questo effetto si applica agli oggetti luminosi della scena attraverso la sezione Atmosphere della finestra ENVIRONMENT. Un’atmosfera può essere assegnata a diverse luci e si possono utilizzare diverse luci Volume per controllare l’effetto localizzato. Alle luci Volume corrisponde una vasta gamma di parametri che possono modificare notevolmente l’aspetto della luce. Colore, densità, luminosità e oscurità volumetriche, attenuazione e disturbo di una luce sono tutti attributi facilmente regolabili nella finestra di dialogo ENVIRONMENT di 3DS MAX. Per utilizzare le luci volumetriche si deve stabilire prima di tutto un oggetto luminoso. Poi viene aggiunta la luce volumetrica alla finestra di dialogo ENVIRONMENT e infine può essere assegnata una luce o una serie di luci alle impostazioni della luce volumetrica.
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CAP.19 All’impostazione di una luce volumetrica si possono attribuire varie luci, ma i risultati migliori si ottengono quando non tutte le luci hanno gli stessi parametri. L’ordine in cui vengono stratificati gli effetti della luce volumetrica nella finestra di dialogo ENVIRONMENT influisce sul rendering corrispondente (figura 19.15). Tale ordine è stabilito con i comandi Move Up e Move Down. Gli effetti elencati al fondo della lista sono stratificati davanti a quelli che compaiono all’inizio. L’accurato posizionamento degli effetti atmosferici nella stratificazione contribuirà a evitare situazioni indesiderate, in cui una luce volumetrica sullo sfondo risulta avanzata rispetto a una in primo piano. Diversi sono i parametri importanti che condizionano l’aspetto generale della luce: prima di tutto il colore che influisce su tutte le altre caratteristiche. Il bianco è il colore di default ma non è sempre il più adatto. Il colore di una luce volumetrica deve essere considerato una componente nel quadro generale dell’illuminazione. L’uso appropriato del colore può influire pesantemente sull’atmosfera della scena. La luce volumetrica è una luce aggiuntiva e il colore del bagliore della luce modifica il colore originario di un oggetto a seconda dell’intensità del bagliore stesso.
■ Figura 19.15 I parametri delle luci volumetriche sono disponibili nella finestra di dialogoEnvironment.
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Oltre il colore altri parametri importanti per il controllo dell’aspetto della luce volumetrica sono Density, Max Light e Min Light. Density serve a regolare la densità della luce: al crescere di questo valore aumenta l’opacità complessiva della luce. In natura una luce molto densa si trova in condizioni atmosferiche dense, come per esempio la nebbia. A meno quindi di desiderare questo effetto, è opportuno mantenere basso il valore di questo parametro. Il valore di default è 5, ed è consigliabile rimanere nell’intervallo compreso tra 2 e 6. I parametri Max Light e Min Light sono utilizzati per controllare il modo in cui la luce si disperde. Max Light regola il bagliore “più bianco” della luce mentre Min Light controlla il bagliore minimo. Se Min Light è maggiore di 0 crea un bagliore in tutta la scena, analogamente a quanto avviene con la luce Ambient. Al valore 100 di Max Light corrisponde una luminosità non superiore a quanto indicato dal parametro Density. Per aumentare la luminosità del bagliore è necessario incrementare la densità. Alla luce volumetrica si può inoltre aggiungere disturbo (Noise) che dà l’impressione di un ambiente più polveroso. Quando il parametro Noise è attivato, si rendono disponibili altri parametri, come Amount, Uniformity, Size, Phase, Wind Strength e Wind Direction. I parametri Amount e Size indicano la quantità e le dimensioni del disturbo. Uniformity indica se il disturbo corrisponde a una foschia uniforme o a una turbolenza irregolare. Gli altri parametri, Phase, Wind Strength e Wind Direction servono a regolare l’aspetto della Volume quando questa è animata. Wind Direction indica la direzione del vento, mentre Phase e Wind Strength sono interdipendenti: il primo è il valore che viene animato ma il movimento del disturbo dipende da Wind Strength. Se non esiste Wind Strength, Phase si limita a un effetto di ribollio, senza una direzione precisa. Quando invece Wind Strength è attivo, la luce volumetrica sembra composta da particelle che si muovono seguendo Wind Direction. Un buon esempio di disturbo animato in una Volume è envlite2.max (figura 19.16) nella directory SCENES di 3D Studio MAX. Tutte le scene che cominciano con ENV sono file da esplorare per il controllo delle caratteristiche ambientali.
Nebbia e nebbia volumetrica (Fog e Volume Fog) 3DS MAX dispone di diversi tipi di nebbia, tutti simili ma con usi distinti (figura 19.17): ■ Standard Fog (nebbia standard). Standard Fog di 3DS MAX è l’opzione più semplice da impostare e dà alla scena un effetto atmosferico generale. La profondità di Standard Fog è regolata dagli intervalli ambientali della cinepresa. Standard Fog può utilizzare un materiale per il colore della nebbia, e dispone di una vasta gamma di colori e composizioni. È anche possibile applicare una mappa dell’opacità che fornisce una densità irregolare della vista. I valori Near % e Far % hanno un effetto inverso sulla nebbia rispetto a Volume Lights. Con Fog la visibilità è nulla oltre il 100%. Ciò significa anche che, senza una geometria di sfondo, la nebbia ha un rendering del 100% e risulta in un colore solido. Quando è attivato Exponential la velocità del passaggio da 0% a 100% è esponenziale e l’aspetto della nebbia cambia drasticamente.
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CAP.19 ■ Figura 19.16 Envlite2.max - Disturbo luce volumetrica.
■ Figura 19.17 ImpostazioniStandard/ Layered Fog.
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Layered Fog (nebbia stratificata). Un’atmosfera di Layered Fog consente di definire uno strato mobile di nebbia fisso in una posizione, indipendentemente dalla posizione della cinepresa. Lo strato è sempre parallelo al quadrante Top ma è possibile controllarne i punti di inizio e fine in senso verticale con i parametri Top e Bottom. Tali valori si riferiscono a distanze unitarie lungo l’asse e la posizione verticali e sono fissi per ogni scena. La posizione della Layered Fog non è fissa. È possibile ottenere l’effetto della nebbia che si leva animando i parametri Top e Bottom. Anche tutti gli altri parametri sono animabili, utilizzando il comando Animate. Variandone la densità si ottiene tutta una serie di tipi di nebbia, da una leggera foschia al muro di nebbia completamente opaco. La Layered Fog ha una densità uniforme corrispondente al 50% del colore dell’oggetto ed è possibile ottenere densità irregolari utilizzando una mappa di opacità.
Alla Layered Fog corrisponde un orizzonte chiaro e diritto. Questo effetto è utile quando l’orizzonte è lontano ma può risultare innaturale. In scene che presentano un orizzonte poco distinto è opportuno aggiungere un disturbo che confonda l’orizzonte. ■
Volume Fog (nebbia volumetrica). Questo tipo di nebbia è utile nella creazione di nuvole animate che possono muoversi o essere attraversate (figura 19.18), con un effetto tridimensionale realistico che varia nello spazio e nel tempo. Volume Fog viene regolata in modo analogo ad altri tipi di nebbia e al disturbo volumetrico. Wind Strength regola la velocità del vento e viene utilizzato insieme con un parametro fase animato per creare il movimento.
■ Figura 19.18 ImpostazionidiVolume Fog.
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CAP.19
Combustione (Combustion) Combustion, originariamente un plug-in scaricabile, fa ora parte della versione 1.1 di 3DS MAX. Si tratta di un effetto atmosferico utilizzabile nella creazione di fuoco, fumo ed esplosioni. Poiché non è un effetto di particelle e non genera geometria, richiede meno memoria di altri tipi di effetto. Combustion utilizza un apparato atmosferico, che può essere una sfera o una semisfera, e che contiene l’effetto di combustione. Dimensioni e altezza dell’apparato possono essere animate nel corso del tempo consentendo perciò l’innalzamento o la scomparsa delle fiamme, nonché il loro spostamento nella scena. Più apparati possono utilizzare lo stesso effetto di combustione e diverse configurazioni di combustione. Combustion utilizza un generatore di numeri casuale per ogni apparato, in modo da creare l’effetto di casualità, ma può anche essere riprodotto esattamente utilizzando lo stesso valore di seme. Un apparato atmosferico è un oggetto fisico che si trova nella sottocategoria Atmosphere Apparatus del pannello di comandi CREATE/HELPERS (figura 19.19). L’apparato può essere una sfera o una semisfera a seconda dell’effetto desiderato. Gli apparati possono essere scalati in modo non uniforme in termini di dimensioni e possono anche essere animati, con l’effetto di far “crescere” le fiamme o di dare potenza ai motori di un razzo.
■ Figura 19.19 Creazione di un Atmospheric Apparatus.
Analogamente ad altri effetti atmosferici anche questo può essere facilmente animato modificando nel tempo il valore Phase. Gi effetti di Combustion si verificano in un ordine specifico. L’effetto dei valori Phase cambia a seconda che Explosion sia o meno attivato. Quando è attivo, i valori di fase compresi tra 0 e 100 costituiscono l’avvio dell’effetto, che cresce fino alla piena intensità corrispondente al valore 100. L’intervallo compreso tra 100 e 200 corrisponde al periodo di distruzione causata dal fuoco in seguito all’esplosione e alla sua trasformazione in fumo. Le fasi nell’intervallo tra 200 e 300 indicano il momento in cui il fumo si disperde e la combustione è completa. Quando Explosion non è attivata il valore di Phase regola la velocità alla quale si muove la fiamma (figura 19.20). L’animazione dei valori di fase di una fiamma deve essere lineare, cioè i valori non devono subire un’accelerazione nel corso del tempo ma mantenere velocità costante.
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Tuttavia le esplosioni devono giungere rapidamente al valore 100 e poi scemare gradatamente fino a 300. Informazioni dettagliate sulle numerose funzioni di Combustion sono reperibili nella guida in linea di 3D Studio MAX 1.1.
■ Figura 19.20 Impostazionedi Combustion.
Combustion può essere impostata come Fire Ball (palla di fuoco), in cui non si distinguono una parte inferiore e superiore, oppure come Tendril (scia), che simula una fiamma normale. Fire Ball costituisce una buona soluzione in caso di esplosioni e ha un buon effetto se utilizzata in concomitanza con altri apparati emisferici. Envxplod.max (figura 19.21) è un buon esempio di esplosione Combustion animata. Questo file, come env_burn.max e env_fire.max, entrambi esemplificativi di un fuoco animato, si trovano nella directory SCENES o nel CD di 3DS MAX.
Combustion non è una sorgente luminosa e non emette una luce tremolante come quella di un fuoco vero. Per completare l’effetto sono ancora necessarie le sorgenti luminose animate.
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CAP.19 ■ Figura 19.21 Env_fire.max è un esempio di combustione a fiamma.
Suggestioni La creazione delle suggestioni costituisce una vera e propria sfida. Spesso un ambiente suggestivo non viene registrato e poi ricordato per le sue specifiche caratteristiche ma piuttosto come una sensazione ed è proprio questa la difficoltà, perché la creazione delle suggestioni giuste richiede un profondo spirito di osservazione, grazie al quale si possono cogliere gli elementi distintivi dell’atmosfera.
Raggi luminosi e bagliori I raggi del sole che attraversano una finestra e il tenue bagliore diffuso dalla luce in una strada sono solo due esempi dell’effetto che l’atmosfera luminosa produce nel mondo reale. Senza atmosfera la luce si limiterebbe a illuminare gli oggetti, perché priva dell’elemento che la riflette. Per esempio, in una stanza condizionata atmosfericamente, la luce sarebbe piatta per mancanza di polvere e di umidità. Questi elementi, per quanto effimeri, sono importanti nella creazione di un mondo realistico. L’illuminazione volumetrica di 3DS MAX facilita il compito di aggiungere a una scena raggi luminosi e bagliori. Abbassando la densità e mantenendo un largo intervallo di attenuazione è possibile creare il bagliore della strada. Un riflettore o una luce direzionale possono aggiungere un raggio luminoso, da cui proiettare le ombre.
Fumo, foschia e bruma L’utilizzo opportuno della nebbia può dare un tocco di atmosfera in più, altrimenti difficile da ottenere con l’uso di luci e composizione. Fumo, foschia e bruma smorzano la scena e tendono ad amalgamarne i diversi elementi. La nebbia volumetrica animata può
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generare nebbia e nuvole realistiche utilizzabili per dare profondità alla scena, oltre alla sensazione che questa appartenga a un mondo più grande. Certo la nebbia può soffocare la scena, coprendo tutto con una coltre bianca, sbiadendo il colore e i particolari come se cancellasse le forze che la compongono. Ma con un po’ di attenzione e di tempo la nebbia può contribuire al senso e alla suggestione naturale dell’animazione.
Effetti di radiosity Quando le luci omnidirezionali vengono utilizzate con esclusione e intervalli costituiscono la fonte luminosa ideale per simulare radiosity ed ereditare colore. Questo approccio rallenta il processo di rendering più di quanto non avvenga regolando il valore del colore circostante del materiale, ma crea un effetto molto realistico. L’utilizzo di questa tecnica richiede un’attenta osservazione dell’ambiente luminoso. Nel mondo reale la luce spesso decresce in certe zone, come sotto tavoli e sedie, e in angoli di stanze scarsamente illuminate. L’impiego di un moltiplicatore negativo e di una luce omnidirezionale attenuata consente di ritagliare tali zone pur mantenendo un valore più brillante e intervalli di attenuazione estesi per illuminare zone più vivide.
Illuminazione con impianti fissi Nel simulare situazioni di illuminazione reale è necessario prestare attenzione al modo in cui le lampade proiettano la luce. Un errore diffuso consiste nell’accentuare un effetto di illuminazione proiettando una luce troppo netta. In generale la luce non ha questo effetto e risulta molto più diffusa, tenue, senza chiazze definite. I tecnici delle luci e gli architetti considerano con grande cura la posizione e le distanze di un impianto di illuminazione in modo da evitare spot, frastagliature o chiazze isolate. Gli impianti vengono prodotti espressamente perché la luce sia distribuita in modo uniforme e senza riquadri. Questi effetti richiedono un grande sforzo non solo nel mondo reale ma anche in quello di 3DS MAX.
Impianti luminosi interni Risulta spesso necessario, soprattutto in rendering architettonici, simulare l’illuminazione di un interno. In questi casi l’aspetto realistico, pur richiedendo uno sforzo in termini di tempo, può essere raggiunto in modo soddisfacente. La maggior parte dei tecnici dell’illuminazione ne ricerca l’uniformità in quasi tutta la scena per riservare l’effetto luminoso più forte a quei particolari architettonici o opere d’arte su cui vogliono attirare l’attenzione, oppure per creare una luce con un proprio disegno. L’accentuazione delle fonti luminose e del loro effetto è molto diffusa nei rendering. Il semplice fatto che una fonte luminosa esista non significa che il suo effetto sia del tutto ovvio. Le luci ad incasso sono un tipico esempio di questa tendenza. Molti modellatori si sforzano di mostrare gli effetti di ogni luce e a tale scopo la rendono spesso forte, con spot netti. Ne risultano chiazze di luce, una caratteristica che serve a sottolineare certi oggetti, ma che generalmente viene considerata di scarsa efficacia nel quadro dell’illuminazione
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CAP.19 complessiva. Il modo corretto per illuminare una scena consiste nell’utilizzare luci soffuse di ampia portata che si sovrappongono dolcemente e le cui chiazze non sono particolarmente distinguibili.
Contrafforti e frastagliature I contrafforti sono elementi di illuminazione che richiedono l’accentuazione degli effetti. Queste luci indirette sono spesso utilizzate per creare chiazze frastagliate su una parete quando illuminano il soffitto, allo scopo di illuminare indirettamente quella zona della stanza facendo rimbalzare la luce dal soffitto. Poiché le luci di 3DS MAX non compiono automaticamente tale operazione (resa possibile da un renderizzatore di radiosity), l’effetto deve essere simulato (figura 19.22).
■ Figura 19.22 Frastagliature luminose dovute a riflettori con spot variabili.
La qualità della frastagliatura dipende dalle dimensioni dello spot e non dall’intensità del riflettore. Questi effetti non richiedono l’uso delle ombre né dell’attenuazione. Spesso si ritiene erroneamente che tali effetti richiedano che il falloff superi le dimensioni dell’impianto e proietti un’ombra per formare il taglio; ciò produce un bordo irregolare e richiede molto più tempo per il rendering. In realtà questo è necessario soltanto quando l’impianto è trasparente o traslucido e quindi bisogna proiettare le ombre del perimetro relativo. Poiché in 3DS MAX la luce non può essere riflessa, la simulazione di una luce rimbalzata (radiosity) richiede un’altra fonte luminosa.
Fonti luminose lineari Lo spot rettangolare e le luci direzionali forniscono un metodo per simulare l’illuminazione di fonti lineari come le luci fluorescenti. Quando vengono rese rettangolari e sono ILLUMINAZIONE E ATMOSFERA
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accuratamente regolate rispetto ad attenuazione e falloff, queste luci possono simulare piuttosto bene quelle lineari. L’illuminazione delle luci direzionali risulterà forte rispetto a quella del riflettore, che è ulteriormente regolata grazie al fatto che è una fonte puntiforme. La scelta della fonte dipende dall’effetto desiderato. Per una illuminazione più uniforme è opportuno ricorrere alle luci direzionali.
Simulazione di insegne luminose Le insegne luminose sono oggetti che gli utenti devono spesso simulare. Ma prima di modellare la mesh e di posizionare le luci è necessario valutare attentamente l’illuminazione della scena dovuta all’insegna. In generale le insegne sono fatte per essere lette e la caratteristica fondamentale che le rende leggibili è il contrasto, creato a partire dal colore e dall’illuminazione: ecco perché molte insegne non illuminano la parete su cui sono poste, per proiettare invece la luce oltre questa. I bordi o le pareti laterali di molte insegne sono opachi e la parte posteriore del tubo di neon viene dipinta di nero in modo da evitare che proietti la luce sul suo campo e da diminuirne, se non eliminarne, il contrasto. Consideratene le esigenze, il materiale di tipo autoilluminato può essere utilizzato nelle insegne con buoni risultati. L’oggetto sembra risplendere perché non ha ombreggiatura circostante e non proietta luce nella zona che lo circonda. Per migliorare ulteriormente l’effetto, è possibile utilizzare il filtro Glow contenuto in Video Post, che aggiunge un alone intorno alla fonte luminosa, contribuendo ad arricchire l’atmosfera. Se l’insegna non è addossata a una parete o è isolata su una facciata, è già completa: non è necessario che proietti alcuna luce se non ci sono elementi a riceverla. Se invece si trova vicino a un altro piano, richiede la creazione di altre fonti luminose che completino l’illusione dell’autoilluminazione.
Insegne autoilluminate La forma più diffusa di insegna luminosa è l’insegna autoilluminata. In generale si trova sotto forma di lettere isolate con facce traslucide che proiettano luce colorata (figura 19.23). A partire da un testo determinato, l’utilizzo di materiali autoilluminati (illuminati all’85% per cominciare) e di Glow consente di ottenere una semplice autoilluminazione senza effetti speciali.
Insegne retroilluminate Un forma di insegna che illumina il piano su cui è montata è la insegna retroilluminata, che proietta la luce dal retro delle lettere su un piano, ponendo il testo in uno scorcio luminoso. In realtà è facile creare questo effetto utilizzando l’opzione di esclusione del riflettore, che esclude il testo e illumina la parete (figura 19.24).
Simulazione di insegne al neon Una delle forme più interessanti di illuminazione è quella al neon. Le curve e le forme possibili e i colori intensi emessi ne fanno un effetto diffusamente simulato. D’altro canto
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CAP.19 costituisce spesso un problema per i modellatori. Guardando una luce al neon da vicino si noterà che proietta ben poca luce propria. Le lettere sono piuttosto brillanti ma la luce proiettata può essere descritta soltanto come un bagliore saturo, effetto che ne facilita la simulazione (figura 19.25).
■ Figura 19.23 Simulazionediinsegna autoilluminata.
■ Figura 19.24 Simulazionediinsegna retroilluminata.
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■ Figura 19.25 Simulazionediun’insegna al neon.
La figura precedente illustra una tecnica applicabile alle insegne al neon di dimensioni regolari ma non a quelle di forma irregolare. La simulazione delle luci di questo tipo, a strisce o a forma libera, è facilitata dall’utilizzo di Glow. Nella figura 19.26 compare un esempio dell’uso di Glow in una luce di forma libera. Utilizzando un canale di effetti materiali e una forma loft, diventa facile creare luci al neon di questo tipo.
■ Figura 19.26 Insegna al neon di forma libera, ottenuta utilizzando Glow.
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CAP.19
Riepilogo ■
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Illuminazione a triangolo. Per molte scene questo stile di illuminazione costituisce lo strumento per ottenere un buon effetto. Per scene più grandi è necessario spostare le luci lontano dagli oggetti: si diffonderà così in tutta la scena l’intensità luminosa, e si elimineranno gli spot. Attenuazione. Costituisce il punto di partenza per una buona illuminazione della scena. Sono davvero poche le luci che illuminano gli oggetti lontani e l’utilizzo dell’attenuazione è essenziale nella simulazione di tale effetto. Ombre: ray-tracing e mappe di ombreggiatura. In entrambi i casi ci sono vantaggi e svantaggi e la scelta di uno dei due dipende dalla valutazione di tali fattori. Il ray-tracing è più facile da impostare e proietta un’ombra più precisa, ma richiede più tempo per il rendering e presenta sempre bordi increspati. Le mappe di ombreggiatura danno ombre con bordi regolari e richiedono meno tempo di rendering ma consumano più memoria e presentano diverse impostazioni che devono essere controllate per consentire un effetto realistico. Proiezione di immagini. Riflettori e luci direzionali dispongono della funzione di proiettare immagini, utile in molti casi, come per esempio la simulazione di un proiettore cinematografico e la proiezione di ombre complesse. Luci volumetriche. Queste luci servono a creare atmosfera in una scena e dispongono di una vasta gamma di funzioni. È possibile ottenere luci di nebbia, polvere e foschia, tutte utilizzabili per eliminare il bordo irreale di una scena 3D. Illuminazione con apparecchiature. Per ottenere effetti realistici è necessario creare anche le apparecchiature di illuminazione per posizionare fisicamente le luci nello spazio tridimensionale. Senza tali apparecchiature la luce di una scena sembra provenire dal nulla e spesso l’osservatore percepisce l’irrealtà della situazione. Prestando attenzione all’aspetto realistico dell’apparecchiatura di illuminazione se ne riproduce l’effetto.
ILLUMINAZIONE E ATMOSFERA
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finestra di dialogo consente di fare salire le scale al bipede per mezzo di intervalli verticali fra i passi; e consente inoltre di accelerare o rallentare il bipede fra il primo e l’ultimo passo. Gravità e tensione balistica: la capacità integrata di Biped consente di simulare il movimento umano in modo piuttosto preciso; è possibile controllare l’altezza di sollevamento dal suolo durante la corsa e durante il salto attraverso il parametro Gravitational Acceleration. Dynamics Blend controlla la quantità di “elasticità” o di “piegamento” delle ginocchia quando il bipede si eleva e quando tocca il suolo. IK avanzato: le funzioni IK di Biped consentono di realizzare operazioni che non sono possibili con 3D Studio MAX. Per esempio, utilizzando Biped una figura può tenere un oggetto per un numero di fotogrammi e poi lasciarlo cadere. L’azione di lasciar cadere un oggetto può essere un insieme di cinematiche inverse e in avanti che crea un effetto molto realistico. Mappatura e giunzione di movimento: mappatura di movimento significa che quando si applica un movimento archiviato in un file Biped a un altro bipede il movimento si adatta alle caratteristiche del nuovo bipede. Per esempio, se si applica un movimento generato per un umanoide a una papera il movimento adatterà il posizionamento delle impronte agli arti inferiori più corti e alle dimensioni della zona del bacino. Giunzione di movimento significa che si creano sequenze più complesse copiando, incollando e inserendo sequenze più brevi. Ricopertura di un bipede: i due componenti di Character Studio: Biped e Physique, sono del tutto differenti ma funzionano bene insieme. Biped è concepito per generare animazione di figure intere che può essere utilizzata con un modello mesh. Physique è il mezzo con cui si unisce il modello alla struttura sottostante fornita dal bipede. Physique è uno strumento di modellazione; Biped è uno strumento di animazione.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18
CAPITOLO 18
Costruzione e animazione di gerarchie
Molti degli oggetti costruiti e animati con 3D Studio MAX sono composti da diverse parti. Anche nel mondo reale, sono pochi gli oggetti costituiti da un unico pezzo. Molto spesso i diversi componenti degli oggetti sono tenuti insieme da giunti mobili o da collegamenti come il piano scorrevole di un lettore CD, le portiere a cerniera delle automobili e le giunture articolari del corpo umano. In 3DS MAX è possibile simulare le giunture e i collegamenti costruendo gerarchie di oggetti collegati. Dopo aver costruito una gerarchia, è possibile animarla abbinando le tecniche di cinematica diretta e inversa. Il capitolo illustra come costruire e animare gerarchie di oggetti soffermandosi in particolar modo sui seguenti argomenti: ■ collegamento di oggetti per la costruzione di gerarchie; ■ controllo del comportamento del collegamento regolando i punti di rotazione; ■ utilizzo di oggetti fittizi; ■ animazione di gerarchie con la cinematica diretta (FK, Forward Kinematics); ■ utilizzo della cinematica inversa (IK, Inverse Kinematics); ■ definizione di giunti IK; ■ animazione con la cinematica inversa. I paragrafi seguenti spiegano che cosa sono le gerarchie di oggetti e come costruirle.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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Utilizzo di gerarchie di oggetti Costruire una gerarchia di oggetti per stabilire una relazione in cui un unico oggetto principale è collegato a uno o più oggetti derivati; le trasformazioni Move, Rotate e Scale sono trasferite da un principale ai relativi derivati. Il collegamento di oggetti principali come il collegamento di derivati ad altri oggetti permette di costruire rapidamente una complessa struttura gerarchica multilivello. Tali strutture simulano la complessa struttura a giunti degli oggetti reali. Per creare gerarchie collegate, eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare gli oggetti da collegare come derivati di un altro oggetto; 2. fare clic su Link sulla barra degli strumenti e trascinare il mouse dagli oggetti selezionati a un unico oggetto principale; 3. ripetere le operazioni 1 e 2 finché non sono stati collegati tutti gli oggetti da inserire nella gerarchia; 4. regolare la posizione e l’orientamento dei punti di rotazione da inserire nella gerarchia; 5. specificare l’eredità del collegamento; 6. definire i Joint Parameters se si intende utilizzare Inverse Kinematics. La costruzione di gerarchie collegate rappresenta una tecnica molto potente in grado di far guadagnare tempo e fatica se utilizzata correttamente. Il collegamento di oggetti ha due importanti funzioni: ■ Simulazione del mondo reale collegando oggetti in una specie di assemblaggio a giunti. Si consideri per esempio una macchina o il corpo umano. Se si muove la parte superiore di un braccio anche la parte inferiore, la mano e le dita devono muoversi. Muovere manualmente tutto durante l’animazione è praticamente impossibile; attraverso i collegamenti invece, il lavoro sarà effettuato automaticamente. ■ Assistenza nella definizione di movimenti complessi. Si supponga di dover animare un blocco che rotola giù da una discesa. Muovere e ruotare il blocco manualmente è piuttosto difficile. Se invece si collega il blocco a un oggetto fittizio invisibile, sarà possibile far ruotare il blocco e trascinarlo giù per la discesa spostando l’oggetto fittizio. Gli oggetti fittizi rappresentano la soluzione a numerosi movimenti complessi. I controlli per creare e gestire collegamenti gerarchici si trovano nel pannello HIERARCHY e in due pulsanti sulla barra degli strumenti (figura 18.1). I pulsanti della barra degli strumenti sono utilizzati per creare o rompere collegamenti fra oggetti. I controlli nel pannello HIERARCHY sono utilizzati per regolare i collegamenti e definire i parametri di collegamento.
Oggetti principali, derivati e radice Un oggetto a cui è collegato un altro oggetto è chiamato principale. Un principale può avere un qualsiasi numero di oggetti collegati: questi oggetti sono definiti derivati. I derivati di un oggetto possono avere a loro volta altri derivati. Tutti gli oggetti collegati attraverso un qualsiasi numero di collegamenti a un oggetto principale sono chiamati discendenti del principale.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18 ■ Figura 18.1 Controlli di collegamento.
Link Unlink
Gli oggetti principali possono inoltre essere collegati come derivati a un altro oggetto principale. Qualsiasi traslazione che influisce su un principale influisce anche sui discendenti sottostanti congiunti. Gli oggetti derivati sono gli oggetti collegati a un principale. Anche se un principale può avere qualsiasi numero di derivati, un derivato può avere uno e un solo principale. Se si tenta di collegare un oggetto derivato a un secondo principale, il primo principale sarà distrutto e sostituito dal collegamento con il nuovo principale. Se si tracciano collegamenti da derivato a principale, poi al principale del principale e così via, si arriverà alla radice della gerarchia. Tutti gli oggetti collegati da un derivato fino alla radici sono chiamati originari del derivato. Tutte le gerarchie contengono solo un oggetto radice. La radice di una gerarchia è l’oggetto che considera tutti gli altri oggetti della gerarchia suoi discendenti e non ha alcun originario. Un oggetto che non ha derivati e principali può essere considerato un oggetto radice, è la radice di se stesso.
Le gerarchie e il mondo In termini tecnici, la scena stessa (chiamata World, origine) è la radice di tutte le gerarchie. Quindi, si lavora sempre con una gerarchia perché ogni oggetto della scena è legato come derivato a un altro oggetto o l’oggetto è un derivato dell’origine. Questa “gerarchia nascosta” diventa evidente nelle situazioni seguenti: ■ la gestione dei punti di rotazione per gli oggetti radice funziona perché il punto di rotazione definisce il collegamento tra l’oggetto radice e l’origine; ■ la scelta del sistema di coordinate di trasformazione Parent per un oggetto radice richiama il sistema di coordinate World perché l’origine è il principale di tutti gli oggetti radice; ■ quando IK è attiva, non è possibile trasformare gli oggetti radice a meno che non siano scollegati dall’origine o non si definiscano i parametri dei giunti fra l’oggetto radice e l’origine. COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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Visualizzazione dell’albero gerarchico Quando si creano i collegamenti fra gli oggetti, gli oggetti collegati sono sistemati in una struttura ad albero. Questa struttura assume la forma di un elenco, dove i nomi degli oggetti derivati sono rientrati a destra sotto gli oggetti principali. È possibile visualizzare l’elenco nell’Editor tracce o scegliendo l’opzione [Display Subtree] nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS (figura 18.2). Utilizzare i pulsanti Link e Unlink sulla barra degli strumenti per costruire e modificare la struttura della gerarchia. Questi pulsanti sono descritti nel paragrafo seguente.
■ Figura 18.2 Visualizzazione delle gerarchie di oggetti.
Collegamento di oggetti Utilizzare i pulsanti Link e Unlink sulla barra degli strumenti per creare e rompere collegamenti tra oggetti. Tutti gli altri comandi per la gestione dei collegamenti si trovano nei pannelli di comando. Fare clic sul pulsante Link sulla barra degli strumenti per specificare quali oggetti sono collegati ad altri oggetti. Trascinare sempre da una selezione di oggetti derivati a un unico oggetto principale come mostrato dal prompt nella parte inferiore della finestra di 3DS MAX. È importante notare, comunque, che è facile riportarlo indietro e trascinare dal principale desiderato al derivato. Quando si specificano i collegamenti, è molto facile sbagliare oggetto principale quando si rilascia il pulsante del mouse, soprattutto se il modello è leggermente complesso. Dopo aver selezionato gli oggetti derivati con il pulsante Link attivo, è possibile fare clic sul pulsante Select by Name per visualizzare la finestra di dialogo SELECT PARENT. La figura 18.3 mostra un esempio di utilizzo della finestra di dialogo SELECT PARENT per selezionare l’oggetto Right Lower Leg (parte inferiore destra della gamba) come principale per un altro oggetto, probabilmente l’oggetto Right Foot (piede destro). Questa finestra è identica alla
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18 finestra SELECT OBJECTS, ma ha un nome nuovo nome per ricordare l’operazione che si sta effettuando. Selezionare un oggetto principale nella casella di riepilogo e per completare il processo di collegamento fare clic sul pulsante Link nell’angolo inferiore destro della finestra.
■ Figura 18.3 Selezione di un oggetto principale.
Fare clic sul pulsante Unlink sulla barra degli strumenti per rompere il collegamento fra gli oggetti derivati e principali selezionati. Il comando Unlink è uno dei pochi comandi in 3DS MAX che costringe a selezionare gli oggetti prima di attivare il comando. Fare clic sul pulsante Select Object o Select by Name sulla barra degli strumenti per selezionare gli oggetti e poi fare clic su Unlink.
Impostazione dell’eredità di collegamento Impostare le opzioni per l’eredità di collegamento nel pannello HIERARCHY per definire quali trasformazioni devono essere trasferite da un principale a un derivato: 1. selezionare un solo oggetto derivato; 2. fare clic su Link Info nel pannello HIERARCHY; 3. espandere la tendina INHERIT e spuntare o meno le opzioni eredità (figura 18.4).
■ Figura 18.4 Le opzioni per l’eredità del collegamento nel pannello HIERARCHY.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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Nella figura 18.4, le opzioni per l’eredità di collegamento spuntate sono attive. Gli assi di trasformazione rappresentati dalle opzioni attive. passano le informazioni di trasformazione dal principale al derivato selezionato; il derivato si trasforma quindi con il principale. Le opzioni non spuntate rilasciano il derivato su quegli assi di trasformazione quindi il derivato non subisce più gli influssi del principale. Questa capacità è particolarmente utile quando si modellano collegamenti meccanici. Spesso un oggetto è collegato al principale cosicché l’oggetto è vincolato attorno a uno o due assi ma rimane libero dal terzo. Alcuni esempi per questo tipo di collegamento: le bielle del motore o le tazze di un nastro trasportatore. Entrambi gli oggetti sono legati come la cerniera di una porta; sono fissi e immobili su due assi, ma liberi di ruotare attorno a un unico asse definito dal perno della cerniera (punto di rotazione).
Visualizzazione dei collegamenti Quando si collegano gli oggetti, soprattutto in gerarchie complesse, è difficile visualizzare quali oggetti sono collegati con altri e in che modo sono collegati. Come descritto precedentemente, è possibile utilizzare l’Editor tracce o la finestra di dialogo SELECT OBJECT per visualizzare la struttura gerarchica ad albero, ma esiste un terzo modo per visualizzare i collegamenti di una scena. Impostare le opzioni nella tendina LINK DISPLAY del pannello DISPLAY per controllare la visualizzazione dei collegamenti per gli oggetti selezionati (figura 18.5). Le due opzioni per la visualizzazione dei collegamenti funzionano come descritto nell’elenco seguente: ■ Display Links. Se l’opzione è spuntata, sarà disegnato un cono a tre lati dal punto di rotazione degli oggetti selezionati ai punti di rotazione dei derivati degli oggetti selezionati. Il cono di collegamento è largo al livello del principale e rastremato a un punto al livello del derivato (figura 18.5); ■ Link Replaces Object. Se l’opzione è spuntata, gli oggetti selezionati scompariranno e saranno sostituiti da piccoli tetraedri posizionati sui punti di rotazione degli oggetti. Se si spunta la casella [Link Replaces Object] sarà spuntata anche la casella [Display Links].
■ Figura 18.5 Impostazione della visualizzazione del collegamento.
Oggetti originali Diplay links attivato Link replaces object attivato
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CAP.18
Evitare scale non uniformi con le gerarchie I collegamenti sono progettati in modo tale da passare le trasformazioni da un oggetto all’altro. Se si trasforma un oggetto principale, si passano le informazioni di trasformazione a qualsiasi derivato dell’oggetto. Questo processo funziona molto bene per le trasformazioni Move, Rotate e Uniform Scale; non funziona invece con gli oggetti che sono stati scalati in modo non uniforme. Un oggetto derivato collegato a un principale scalato in modo non uniforme sarà schiacciato e inclinato quando si ruota il derivato (figura 18.6). Come già ribadito nel corso del manuale, è preferibile non applicare mai una scala non uniforme direttamente su un oggetto. È sempre meglio applicare scalature non uniformi a selezioni sub-oggetto o utilizzare il modificatore XForm.
■ Figura 18.6 La tendina ADJUST PIVOT.
È possibile rimuovere da un oggetto principale gli effetti di un collegamento con un oggetto scalato in maniera non uniforme attraverso molti metodi. I metodi più facili per farlo sono illustrati qui di seguito: ■ selezionare il derivato di un oggetto scalato in maniera non uniforme e non spuntare l’asse di scalatura interessato nella tendina LINK INHERITANCE. Sarà necessario ripetere l’operazione per ogni derivato di un oggetto principale scalato in maniera non uniforme; ■ reimpostare la trasformazione di un oggetto scalato in maniera non uniforme dopo aver scollegato i derivati. Dopo aver reimpostato la trasformazione, è possibile ricollegare i derivati all’oggetto. Le tecniche per reimpostare la trasformazione di un oggetto saranno illustrate più avanti nel capitolo nel paragrafo “Reimpostazione delle trasformazioni”.
I punti di rotazione Il punto di rotazione di un oggetto definisce il punto in cui si verifica il collegamento fra un principale e un derivato. Si consideri il cono a tre lati visualizzato quando l’opzione [Display Links] è spuntata. Si immagini che il cono sia un braccio rigido saldato nel punto di rotazione dell’oggetto principale e si colleghi al punto di rotazione del derivato con un giunto. Il giunto permette al derivato di muoversi, ruotare e scalare indipendentemente dal principale, ma quando si trasforma il principale il cono si muove e trascina il derivato.
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Cambiare il punto di rotazione di un oggetto dopo aver specificato qualsiasi trasformazione animata può provocare effetti collaterali inaspettati. È consigliabile effettuare qualsiasi modifica al punto di rotazione prima di cominciare l’animazione degli oggetti. Anche i comandi per il punto di rotazione si trovano nel pannello HIERARCHY, possono essere utilizzati per tutti gli oggetti, non solo per gli oggetti collegati. È importante ricordare che gli oggetti che non hanno un principale o un derivato sono considerati collegati all’origine. Il punto di rotazione definisce l’orientamento di un sistema di coordinate Local dell’oggetto e rappresenta il punto attorno cui avvengono le rotazioni e le scalature dell’oggetto. I paragrafi seguenti descrivono come cambiare la posizione dei punti di rotazione all’interno dei relativi oggetti.
Regolazione dei punti di rotazione Utilizzare i comandi nella tendina ADJUST PIVOT e allineare i punti di rotazione e i relativi oggetti. Fare clic sul pulsante Pivot nel pannello HIERARCHY per visualizzare la tendina A DJUST PIVOT. I primi due pulsanti della tendina, Affect Pivot Only e Affect Object Only, sono fondamentali. Fare clic su uno di questi pulsanti per decidere se si desidera trasformare un oggetto indipendentemente dal suo punto di rotazione o trasformare il punto di rotazione indipendentemente dal suo oggetto. L’elenco seguente descrive gli effetti dei pulsanti Affect Pivot Only e Affect Object Only: ■ quando il pulsante Affect Pivot Only è attivo, le trasformazioni e gli allineamenti sono applicati solo al punto di rotazione tralasciando l’oggetto e i derivati collegati. Utilizzare questo pulsante quando si desidera spostare il punto di rotazione dell’oggetto in una nuova posizione; ■ quando il pulsante Affect Object Only è attivo, le trasformazioni e gli allineamenti sono applicati solo all’oggetto selezionato tralasciando il punto di rotazione e i derivati collegati. Utilizzare questo pulsante quando il punto di rotazione dell’oggetto si trova nella posizione desiderata e si desidera spostare l’oggetto in una nuova posizione; ■ quando uno dei due pulsanti è attivo, il punto di rotazione è visibile sotto forma di grande icona a tre assi (figura 18.7);
■ Figura 18.7 L’icona Pivot Point.
Icona Pivot
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CAP.18 ■ ■ ■
quando nessuno dei due pulsanti è attivo, le trasformazioni e gli allineamenti sono applicati normalmente all’oggetto, al punto di rotazione e ai derivati; se si fa clic su un pulsante per attivarlo, automaticamente l’altro pulsante si deseleziona; se si fa clic su un pulsante già attivo, questo si deseleziona; quindi nessuno dei pulsanti sarà attivo.
Allineamento dei punti di rotazione I rimanenti tre pulsanti della tendina ADJUST PIVOT servono ad allineare l’oggetto o il punto di rotazione. Le etichette dei pulsanti cambiano a seconda che sia attivo il pulsante Affect Pivot Only o Affect Object Only. Gli effetti dei tre pulsanti sono i seguenti: ■ Center To. Se il pulsante indica Center to Object, facendo clic sul pulsante si sposta il punto di rotazione sul centro geometrico dell’oggetto. L’orientamento del punto di rotazione non cambia. Se il pulsante indica Center to Pivot, facendo clic sul pulsante si sposta l’oggetto cosicché il centro geometrico coincida con il punto di rotazione. L’orientamento dell’oggetto non cambia; ■ Align To. Se il pulsante indica Align to Object, facendo clic sul pulsante, il punto di rotazione ruota in modo tale da allinearsi al sistema di coordinate Local che l’oggetto aveva alla creazione. La posizione del punto di rotazione rimane invariata. Se il pulsante indica Align to Pivot, facendo clic sul pulsante, l’oggetto ruota per allineare il sistema di coordinate Local con il punto di rotazione. La posizione dell’oggetto rimane invariata; ■ Align to World. L’oggetto o il punto di rotazione (a seconda di quale pulsante Affect Only è attivo) è ruotato per allinearsi con il sistema di coordinate World. La posizione dell’oggetto o del punto di rotazione resta invariata.
Allineamento dei punti di rotazione con il comando Align Un altro modo interessante per allineare il punto di rotazione di un oggetto è utilizzare il comando Align sulla barra degli strumenti con uno dei pulsanti Affect Only della tendina A DJUST PIVOT. Se si utilizza il comando Align sulla barra degli strumenti, sarà possibile allineare un oggetto o il suo punto di rotazione con qualsiasi oggetto della scena, compreso se stesso. Per maggiori dettagli sull’utilizzo del comando Align, fare riferimento al capitolo 6. Quando il pulsante Align to Pivot è attivo, il Current Object nella finestra ALIGN deve essere impostato su Pivot Point per ottenere i risultati più prevedibili. Inoltre, è possibile selezionare l’oggetto a cui il punto di rotazione appartiene come oggetto destinazione e poi utilizzare le opzioni della finestra ALIGN per allineare il punto di rotazione ai limiti dell’oggetto. Quando il pulsante Align to Object è attivo, è possibile selezionare il punto di rotazione dell’oggetto come l’oggetto destinazione. Poi è possibile utilizzare le opzioni della finestra di dialogo A LIGN per allineare i limiti dell’oggetto al punto di rotazione.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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Regolazione delle trasformazioni I comandi della tendina A DJUST TRANSFORM servono a trasformare e allineare un oggetto principale (incluso il punto di rotazione) indipendentemente dagli oggetti collegati. I pulsanti nella tendina ADJUST TRANSFORM sospendono temporaneamente l’eredità di collegamento durante la trasformazione di un oggetto principale. Fare clic sul pulsante Pivot nel pannello HIERARCHY per visualizzare la tendina ADJUST TRANSFORM.
■ Figura 18.8 La tendinaADJUST TRANSFORM.
I pulsanti nelle aree Alignment e Reset della tendina ADJUST TRANSFORM funzionano con qualsiasi oggetto e sono comodi da utilizzare per regolare le trasformazioni di qualsiasi oggetto della scena. Fare clic sul pulsante Affect Object Only nella tendina ADJUST TRANSFORM per spostare, ruotare o scalare in modo uniforme un oggetto principale senza influire su nessuno dei derivati. (È consigliabile non utilizzare una scala non uniforme con gli oggetti collegati). Per allineare gli oggetti selezionati con World o con i principali degli oggetti selezionati, fare clic su uno dei pulsanti di allineamento della tendina. Quando il pulsante Affect Object Only è attivo nella tendina ADJUST TRANSFORM, è possibile utilizzare il comando Align sulla barra degli strumenti per allineare gli oggetti selezionati con qualsiasi altro oggetto della scena senza influire sui derivati degli oggetti selezionati.
Reimpostazione delle trasformazioni I due pulsanti nell’area Reset della tendina ADJUST TRANSFORM reimpostano le trasformazioni di rotazione e di scalatura di un oggetto in modo tale che la condizione corrente sia considerata la condizione originale. I pulsanti di reimpostazione passano sempre le modifiche di trasformazione ai derivati collegati. Se si desidera reimpostare la trasformazione di un oggetto senza influire sui derivati, è necessario prima scollegare i derivati dall’oggetto e poi ricollegarli dopo aver reimpostato la trasformazione. I due pulsanti Reset hanno gli effetti seguenti: ■ Transform. Il nome più adatto per questo pulsante sarebbe Reimposta Rotazione perché ruota solo il punto di rotazione dell’oggetto per allinearsi al sistema di coordinate World. In altre parole, reimposta la trasformazione di rotazione dell’oggetto a zero gradi di rotazione per ogni asse. La differenza principale tra Reset Transform e Align To World è che Reset Transform, al contrario di Align To World influisce sui derivati dell’oggetto;
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CAP.18 ■
Scale. Assorbe l’impostazione corrente di scalatura dell’oggetto e lo considera la condizione di scala al 100%. Reset Scale può generare confusione perché provoca una disconnessione nel modo in cui un oggetto riporta la sua condizione. Se si ha una sfera con un raggio di 50 unità e una scala uniforme del 150%, la sfera della scena avrà un raggio di 75 unità. Se si reimposta la scala di questa sfera, il parametro del raggio riporterà 50 unità e la scala 100%, ma la sfera della scena avrà sempre un raggio di 75 unità. Reset Scale nasconde il fattore della scala originale al resto di 3DS MAX. Reset Scale è solo un modo per correggere oggetti scalati in modo non uniforme affinché funzionino correttamente nel collegamento gerarchico. Prima di applicare Reset Scale però, è necessario scollegare i derivati dall’oggetto.
Reimpostazione delle trasformazioni con l’utilità Reset Transform È possibile anche utilizzare una nuova utilità di 3DS MAX 1.1 per reimpostare le trasformazioni di un oggetto in un altro modo. Scegliere Reset Transform dall’elenco categorie del pannello U TILITY (figura 18.9). Quando si fa clic sul pulsante Reset Selected, l’oggetto riacquista l’orientamento e la scala iniziali e qualsiasi trasformazione di rotazione o di scalatura è posizionata in un modificatore XForm.
■ Figura 18.9 L’utilità Reset Transform.
L’utilizzo dell’utilità Reset Transform ha il pregio di poter suddividere i valori per le trasformazioni di rotazione e di scalatura dall’oggetto di base; i valori rimangono comunque accessibili al gizmo XForm. Poiché l’utilità Reset Transform utilizza un modificatore, l’applicazione di Reset Transform non può essere annullata. Scegliere Hold dal menu EDIT prima di utilizzare l’utilità Reset Transform. Se il risultato ottenuto con Reset Transform non risponde alle aspettative, sarà possibile utilizzare Fetch per ripristinare la scena.
Impostazione dei blocchi alle trasformazioni oggetto È possibile utilizzare le opzioni della tendina LOCKS del pannello HIERARCHY per impedire che qualsiasi oggetto sia trasformato attorno a un asse locale selezionato. Si accede ai blocchi per gli oggetti facendo clic sul pulsante Link Info del pannello HIERARCHY ed espandendo la tendina LOCKS (figura 18.10). Anche se la tendina LOCKS si trova sotto Link Info, i blocchi non hanno alcuna relazione con i collegamenti fra gli oggetti. L’impostazione di un blocco influisce solo sulle trasformazioni applicate direttamente a un oggetto.
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■ Figura 18.10 Impostazione dei blocchi di trasformazione per un oggetto.
La tendina LOCKS contiene tre set di caselle di controllo X, Y e Z, un set per ogni trasformazione Move, Rotate e Scale. Spuntare la casella di controllo di un asse impedisce qualsiasi trasformazione attorno a quell’asse. Per esempio, i blocchi impostati nella figura 18.10 impediscono all’oggetto selezionato di muoversi lungo l’asse Z o di ruotare attorno agli assi X e Y.
Utilizzo di oggetti fittizi Gli oggetti fittizi sono oggetti invisibili e senza rendering che servono per essere collegati ad altri oggetti. Gli oggetti fittizi sono utilizzati come segnaposto o strutture di supporto per altri oggetti che devono effettuare movimenti complessi. Gli oggetti fittizi si creano dalla categoria Helper del pannello CREATE (figura 18.11). Fare clic sul pulsante Dummy e trascinare il mouse in un punto qualsiasi della scena per creare un oggetto fittizio a forma di cubo.
■ Figura 18.11 Il pulsante Dummy nel pannello CREATE.
Nella prima parte del capitolo, per spiegare l’utilizzo di un oggetto fittizio è stato illustrato l’esempio di un parallelepipedo che rotola giù da una discesa. Un altro esempio è dato dalla struttura dell’atomo. Si supponga di dover modellare il movimento degli elettroni mentre ruotano attorno al nucleo di un atomo. Specificare manualmente le diverse chiavi di rotazione e di posizione degli elettroni è praticamente impossibile. L’esercizio seguente mostra come creare il modello di un atomo con oggetti fittizi collegati.
Una struttura atomica collegata Questo esercizio utilizza oggetti fittizi nascosti dentro il modello di un atomo con gli elettroni collegati agli oggetti fittizi. È possibile seguire l’esercizio caricandone il file al punto 1. È possibile inoltre leggere prima le operazioni da effettuare e poi esaminare il modello completo caricando il file atom.max.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18 1. aprire il file atom-ex.max. Il modello inizia con un oggetto fittizio centrato sul nucleo del modello e un solo elettrone collegato come derivato dell’oggetto fittizio (figura 18.12a). Nei punti 2-4 saranno creati altri due elettroni collegati. 2. Selezionare l’oggetto fittizio e l’elettrone. 3. Premere MAIUSC mentre si ruota l’oggetto fittizio di 120 gradi attorno all’asse Z locale. 4. Nella finestra di dialogo C LONE OPTIONS, impostare l’opzione Object su , impostare il numero di copie su 2 e fare clic su OK (figura 18.12b). Saranno creati due set di oggetti fittizi con elettroni collegati (figura 18.12c). Nei punti 5-7 si animeranno gli elettroni. 5. Attivare il pulsante Animate. 6. Trascinare il dispositivo di scorrimento Time al tempo finale dell’animazione. 7. Ruotare ogni oggetto fittizio attorno a uno degli assi locali dell’oggetto fittizio (figura 18.12d). Se si scelgono assi locali diversi, saranno create diverse orbite.
■ Figura 18.12 b. Finestra Clone Options dopo ShiftRotate
Le operazioni effettuate per creare un modello di atomo.
a. Scena originale
c. Risultato della clonazione
d. Animazione rotazione
È possibile esaminare il modello completo. Aprire il file atom.max dal CD-ROM e riprodurre atom.avi per vedere l’animazione. L’esempio precedente ha dimostrato come è semplice impostare movimenti complessi con alcuni oggetti fittizi. Sarebbe stato possibile completare lo stesso esercizio senza utilizzare gli oggetti fittizi posizionando il punto di rotazione di ogni elettrone al centro del nucleo. Lo svantaggio di questo metodo è il seguente: se si decidesse di applicare una mappa di composizione agli elettroni per poi mostrarli mentre ruotano attorno ai propri centri, l’offset del punto di rotazione costituirebbe un problema perché non esiste più un punto di rotazione al centro degli elettroni. Gli oggetti fittizi collegati sono più facili da capire, gestire e offrono maggiori opzioni per altri effetti.
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Utilizzo della cinematica inversa Come sottolineato nei paragrafi precedenti, il collegamento gerarchico ha un effetto univoco. Gli oggetti sono collegati da principale a derivato e gli effetti di animazione applicati a un principale sono trasferiti a tutti i derivati. Gli effetti applicati a un derivato non risalgono la catena per influenzare anche gli oggetti principali. Questo tipo di collegamento è utile ma non simula gli oggetti composti da giunti del mondo reale. Quando gli oggetti reali sono collegati fra di loro, spostare un oggetto collegato influirà su tutti gli oggetti collegati a seconda delle posizioni e delle proprietà dei giunti di collegamento. È possibile imitare questo comportamento utilizzando la cinematica inversa (IK, Inverse Kinematics). La cinematica inversa serve per manipolare un’intera catena collegata, spostando o ruotando un oggetto derivato selezionato. Quando la modalità IK è attiva, se si sposta o si ruota un oggetto della gerarchia si otterranno gli effetti seguenti: ■ l’oggetto selezionato è chiamato oggetto dell’effetto finale IK; ■ i discendenti collegati all’oggetto dell’effetto finale ne ereditano le trasformazioni secondo il normale metodo delle gerarchie; ■ gli originari dell’oggetto dell’effetto finale definiscono una catena cinematica che risale fino alla radice della gerarchia o fino a uno speciale nodo di terminazione. Se si sposta o si ruota l’oggetto dell’effetto finale, si spostano o ruotano tutti gli originali della catena cinematica basati sui parametri IK. Per abilitare la funzionalità IK, fare clic sul pulsante per la modalità IK sulla barra degli strumenti. Per impostare i parametri IK, fare clic sul pulsante IK nel pannello HIERARCHY (figura 18.13).
■ Figura 18.13 I controlli IK. Pulsante IK Pannello Hierarchy
I paragrafi seguenti presentano i concetti preliminari della cinematica inversa per garantire bellissime animazioni IK. Prima di tutto, è fondamentale capire il modo in cui la cinematica inversa interagisce con gli oggetti della gerarchia.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18
Sistemi di coordinate Quando si utilizza la cinematica inversa, i parametri dei giunti dell’oggetto sono determinati dal sistema locale di coordinate del principale dell’oggetto. La relazione fra l’orientamento del sistema di coordinate Local di un oggetto e quello del principale dell’oggetto è importante. Le gerarchie IK più prevedibili sono quelle dove le gerarchie iniziali sono impostate con i sistemi locali di coordinate allineati agli oggetti e dove tutti gli oggetti sono allineati con World. La figura 18.14 mostra una figura impostata in modo scorretto a confronto con un’altra figura ben sistemata, con le impostazioni IK e pronta per essere collegata. La figura di destra ha tutti i componenti sistemati perpendicolarmente al sistema di coordinate World e i sistemi di coordinate Local di ogni componente sono allineati con i relativi oggetti. La figura di sinistra non ha nessun tipo di allineamento e alcuni sistemi di coordinate locali sono ovviamente fuori allineamento rispetto ai relativi oggetti. Sarà quindi difficile impostare i parametri giunti e alcuni giunti potrebbero addirittura non funzionare.
■ Figura 18.14 Confronto fra un oggetto impostato correttamente per i parametri IK e un altro oggetto mal impostato.
Modellomaleimpostato
Modellobenimpostato
Proprio perché la relazione fra il sistema di coordinate Local di un oggetto e quello del relativo principale è così importante, è necessario conoscere il modo in cui i diversi comandi modificano i sistemi di coordinate Local per prevedere in che modo le modifiche influiranno sull’animazione. Le seguenti operazioni modificano il sistema di coordinate Local di un oggetto: ■ se si ruota un oggetto, verrà ruotato anche il suo sistema di coordinate Local. L’allineamento dell’asse dei giunti IK è basato sulla relazione di un oggetto al suo principale quando l’oggetto e il suo principale sono allineati a World; ■ se si modificano gli oggetti a livello sub-oggetto, saranno interessati i suboggetti ma il sistema di coordinate Local rimarrà invariato; ■ unire oggetti implica sacrificare il sistema di coordinate Local dell’oggetto che è unito a favore del sistema di coordinate Local dell’oggetto selezionato;
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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■ ■
le diverse forme di Reset Transform allineano sempre il sistema di coordinate Local di un oggetto con il sistema di coordinate World; qualsiasi comando Adjust Pivot nel pannello HIERARCHY modifica la posizione e l’orientamento del sistema di coordinate Local di un oggetto.
Situazioni da evitare con la cinematica inversa La cinematica inversa di solito funziona sempre, ma ci sono alcune situazioni che ne superano le capacità. La maggior parte di queste situazioni si verificano quando con IK si utilizzano controller non standard o si applica la famigerata trasformazione a scala non uniforme a un oggetto nella gerarchia IK. Le tecniche da utilizzare con la cinematica inversa sono le seguenti: ■ i controller di rotazione Euler XYZ sono i migliori per lavorare con la cinematica inversa. I quattro controller per la rotazione, come TCB e Smooth rotation, funzionano con IK ma non sono così precisi come i controller Euler XYZ e possono congelarsi quando si utilizzano i limiti dei giunti; ■ non disattivare l’eredità di collegamento Move o Rotate per qualsiasi oggetto che si intende utilizzare con IK. I calcoli IK sono basati sulle trasformazioni Move e Rotate passate attraverso la gerarchia; ■ non utilizzare l’opzione [Follow] sui controller Path assegnati a oggetti nella gerarchia IK. IK non è in grado di calcolare la rotazione provocata dall’utilizzo dell’opzione [Follow]; ■ i controller parametrici come i controller LookAt, Noise, Audio o Expression di solito non funzionano con IK. (In altre parole, 3DS MAX non impedisce di utilizzare questi controller, ma i risultati non saranno soddisfacenti.)
Definizione di giunti IK Dopo aver collegato gli oggetti, è possibile specificarne il comportamento. Il punto fondamentale della cinematica inversa è la definizione del modo in cui sono vincolati i collegamenti fra gli oggetti (i giunti). Per definire il comportamento dei giunti IK, selezionare un oggetto della gerarchia che si desidera animare e poi regolare i controlli IK nel pannello HIERARCHY. È possibile accedere ai controlli IK facendo clic sul pulsante IK nel pannello HIERARCHY (figura 18.15). I paragrafi seguenti illustrano i controlli IK per definire il comportamento dei giunti: Joint Parameters e Joint Precedence.
Impostazione dei parametri dei giunti Quando si instaura una gerarchia, tutti i giunti predefiniti sono liberi di ruotare in tutte le direzioni ma non possono scorrere. Se si desidera ottenere un effetto controllabile e realistico, è necessario porre dei vincoli al comportamento dei giunti. Sono disponibili due tipi di giunti in IK: i giunti rotazionali e i giunti posizionali. Qualsiasi giunto ha libertà di movimento per ruotare e per posizionarsi. È possibile inoltre avere il controllo distinto sul valore di rotazione o di spostamento attorno ai tre assi del sistema di coordinate Local.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18 ■ Figura 18.15 I controlli IK nel pannello HIERARCHY.
Due tendine nel pannello HIERARCHY contengono i controlli dei giunti e i parametri dei giunti per un unico oggetto selezionato (figura 18.16). Se si seleziona più di un oggetto, le tendine per i parametri giunti non saranno visualizzate. Le tendine per i parametri giunti sono definite qui di seguito:
■ Figura 18.16 Le tre tendine per i parametri dei giunti standard.
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Rotational Joints. Sempre disponibili per qualsiasi tipo di giunto di rotazione. Contengono tre insiemi di parametri dei giunti: un set per ogni asse di rotazione X, Y e Z;
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Sliding Joints. Uno dei due tipi standard di giunto posizionale. Sliding Joints è il tipo utilizzato di default dalla maggior parte dei controller Position. Contengono tre insiemi di parametri dei giunti: un insieme per ogni asse di posizione X, Y e Z; ■ Path Joints. Secondo tipo standard di giunto posizionale. Utilizzato quando all’oggetto selezionato è assegnato un controller di posizione Path. Contengono un insieme di parametri dei giunti che controlla la posizione dell’oggetto lungo il percorso. Tutti questi tipi di giunto contengono controlli per tre proprietà dei giunti di base: stato attivo del giunto, limiti dei giunti e attrito del giunto (chiamato attenuazione e smorzamento). I paragrafi seguenti descrivono le proprietà dei giunti.
Attivazione dei giunti Se si intende ruotare o spostare l’oggetto selezionato su un asse di un giunto, è necessario spuntare la casella di controllo [Active] per l’asse del giunto. La maggior parte dei giunti nel mondo reale sono attivi solo su un asse e di rado sono attivi su due assi. Alcuni esempi di giunti del mondo reale che è possibile modellare con 3DS MAX IK: ■ il cardine di una porta su un asse rotazionale e nessun asse di scorrimento; ■ la guida di un cassetto è attiva solo su un asse di scorrimento e nessun asse rotazionale; ■ l’articolazione della spalla è attiva su tutti e tre gli assi rotazionali e nessun asse di scorrimento; ■ la gemma di un anello (percorso) è attiva su un asse rotazionale e attivo per il giunto di percorso. È importante ricordare che gli assi dei giunti sono definiti dal sistema di coordinate Local del principale dell’oggetto selezionato. È consigliabile scegliere Parent e il sistema di coordinate di trasformazione. Sarà poi possibile utilizzare come riferimento visivo l’icona visualizzata delle coordinate di trasformazione.
Limitazione dei giunti Se un giunto è attivo su un dato asse, il giunto è probabilmente anche limitato. Per esempio, se un giunto rotazionale non è limitato, l’oggetto ruota liberamente. Le ruote e gli ingranaggi possono utilizzare un giunto rotazionale illimitato, ma la maggior parte degli altri giunti, come i cardini, le articolazioni della spalla e delle ginocchia hanno limiti definiti. Per impostare i limiti per i giunti, eseguire le seguenti operazioni: 1. spuntare la casella di controllo [Limited] per l’asse del giunto attivo che si desidera limitare; 2. inserire i valori nelle caselle From e To per impostare la fascia massima di movimento dell’oggetto su quell’asse (figura 18.16). L’oggetto selezionato si sposta mentre si trascinano i valori della casella per indicare la posizione del limite. È possibile anche premere il pulsante del mouse sull’etichetta From o To per fare in modo che l’oggetto vada alla posizione del limite. In entrambi i casi, l’oggetto ritorna alla sua posizione iniziale dopo aver rilasciato il pulsante del mouse.
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CAP.18 I limiti dei giunti si misurano in modi diversi. Per i limiti dei giunti rotazionali, si misura l’angolo fra l’asse attivo del sistema di coordinate Local del principale e l’asse corrispondente del sistema di coordinate Local dell’oggetto selezionato. Per i limiti dei giunti di scorrimento, si misura la distanza dal punto di rotazione del principale al punto di rotazione dell’oggetto selezionato. Per i limiti dei giunti di percorso, si misura la percentuale del percorso dal primo vertice del percorso. Se l’oggetto selezionato utilizza i quattro controller di rotazione (TCB, Linear o Smooth) e la sua posizione iniziale è fuori dai limiti rotazionali, l’oggetto potrebbe congelarsi quando si tenta di applicare la cinematica inversa. Per risolvere il problema, è possibile espandere i limiti per contenere la posizione iniziale dell’oggetto o disattivare la modalità IK e ruotare l’oggetto finché rientri nei limiti. I controller di rotazione Euler XYZ non hanno questo problema.
Attenuazione e smorzamento dei giunti In un mondo perfetto, per i giunti non esisterebbe attrito o resistenza al movimento. Purtroppo, per i giunti esiste l’attrito. 3D Studio MAX simula la resistenza per i giunti IK con due impostazioni: Ease e Damping. L’impostazione Ease imita quanto succede quando si cerca di muovere un braccio o una gamba fino al limite massimo di movimento. Il movimento all’inizio è semplice ma, quando ci si avvicina ai limiti, la resistenza è maggiore e il movimento diventa difficile. Se per un asse si spunta la casella di controllo [Ease], la resistenza al movimento su quell’asse aumenterà quando il giunto si avvicina al limite. Maggiore è la resistenza che un giunto deve affrontare, maggiore è il numero degli altri giunti della gerarchia IK coinvolti nel movimento. Allo stesso modo, l’impostazione Damping imita quanto succede a un giunto arrugginito o molto stretto. Il giunto smorzato oppone resistenza all’intero movimento facendo in modo che siano gli altri giunti della gerarchia IK a compiere la maggior parte del lavoro. I giunti smorzati cominciano a muoversi quando gli altri giunti si avvicinano al limite. Se si imposta un valore nella casella Damping, l’intera fascia di movimento opporrà resistenza. Un valore Damping di 0.0 non oppone alcuna resistenza mentre il valore massimo Damping di 1.0 impedisce il movimento per un dato asse.
Copiare e incollare giunti Capiterà spesso di dover utilizzare lo stesso tipo di giunto, con le stesse impostazioni, su oggetti multipli della gerarchia. È possibile impostare i parametri solo per un giunto alla volta, ma si può copiare i parametri di un giunto e poi incollarli a un altro giunto. I giunti rotazionali e di scorrimento hanno i propri pulsanti personalizzati Copy e Paste nella tendina OBJECT PARAMETERS (figura 18.17) e la loro memoria appunti. È quindi possibile memorizzare un giunto rotazionale e un giunto di scorrimento contemporaneamente. 3DS MAX non supporta i pulsanti Copy e Paste dei parametri dei giunti di percorso.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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■ Figura 18.17 I pulsantiCopy e Paste dei parametri per i giunti.
Per copiare e incollare i parametri dei giunti rotazionali o di scorrimento, eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un oggetto; 2. fare clic su Copy nella tendina OBJECT PARAMETERS per i parametri giunti di scorrimento o rotazionali; 3. selezionare un oggetto diverso; 4. fare clic su Paste per il tipo di giunto che si desidera incollare.
Impostazione dei parametri dei giunti per gli oggetti radice Si potrebbe pensare che i parametri dei giunti non servano per l’oggetto radice di una gerarchia. Per definizione, l’oggetto radice non sembrerebbe collegato a un principale, quindi non avrebbe giunti. È importante non dimenticare che un oggetto radice è sempre considerato un derivato dell’origine. I parametri del giunto per la radice di una gerarchia definiscono il modo in cui l’oggetto radice si sposta rispetto all’origine in modalità IK. Quando i parametri dei giunti sono disattivati per un oggetto radice, l’oggetto non può muoversi o ruotare. L’oggetto radice funge da àncora, che rimane inerte di fronte a qualsiasi soluzione IK. Inoltre, non è possibile selezionare, spostare e muovere direttamente l’oggetto radice. È vincolato saldamento alla sua posizione. Quando i parametri del giunto per un oggetto radice sono attivi, l’oggetto può solo muoversi o ruotare secondo i parametri dei giunti degli assi attivi. L’origine funge quindi da àncora per la gerarchia. Se si cerca di selezionare e poi muovere o spostare l’oggetto radice, questo si sposterà o ruoterà secondo quanto stabilito dai parametri dei giunti. Talvolta, si preferisce che i parametri dei giunti di un oggetto radice siano inattivi cosicché questo agisca da àncora per qualsiasi soluzione IK ma allo stesso tempo si desidera selezionare, spostare e ruotare direttamente l’oggetto radice. 3DS MAX offre questa funzionalità attraverso l’opzione [Always Transform Children of the World] nel pannello INVERSE KINEMATICS della finestra di dialogo PREFERENCE S ETTINGS. Quando l’opzione [Always Transform Children of the World] non è spuntata, la trasformazione di oggetti radice è vincolata e segue solo i parametri dei giunti dell’oggetto. Quando l’opzione [Always Transform Children of the World] è spuntata, è possibile trasformare liberamente gli oggetti radice ma qualsiasi soluzione IK per l’oggetto radice è costretta a seguire i parametri dei giunti per l’oggetto.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18
Priorità dei giunti L’impostazione della priorità dei giunti controlla il modo in cui il movimento è distribuito fra i giunti. I giunti ad alta priorità assorbono una quota maggiore del movimento complessivo rispetto ai giunti a bassa priorità. Il valore assoluto della priorità non fa alcuna differenza, ciò che conta è che un giunto abbia una priorità più alta rispetto a un altro. L’impostazione Joint Precedence si trova nella tendina OBJECT PARAMETERS. Il valore di priorità predefinito per tutti i giunti è zero. Quando due giunti hanno lo stesso valore di priorità, i giunti più vicini all’oggetto dell’effetto finale si muovono maggiormente rispetto a quelli più lontani da esso. È possibile impostare manualmente la priorità per ogni giunto selezionando gli oggetti e inserendo un valore nella casella Precedence. Questo metodo offre il controllo preciso della distribuzione del movimento lungo la catena cinematica, ma il processo potrebbe risultare piuttosto noioso da impostare. Le esigenze principali sono gestite da una delle due preimpostazioni seguenti: ■ Child -> Parent. La scelta preimpostata che offre la soluzione tipica per molte situazioni. Selezionare un oggetto derivato e i suoi originari; fare clic su Child -> Parent per assegnare una priorità decrescente del giunto da derivato a principale. Con questa impostazione, gli oggetti derivati più vicini al punto in cui è applicata la trasformazione si spostano maggiormente rispetto agli oggetti principali più lontani; ■ Parent -> Child. Selezionare un oggetto derivato e i suoi originari; fare clic su Parent -> Child per assegnare la priorità giunto crescente da derivato a principale. Con questa impostazione, gli oggetti derivati più vicini al punto in cui è applicata la trasformazione si spostano di meno rispetto agli oggetti principali più lontani.
Definizione della catena cinematica Come affermato all’inizio dei paragrafi sulla cinematica inversa, la trasformazione di un oggetto con la modalità cinematica inversa attiva colpisce tutti gli originari dell’oggetto fino alla radice della gerarchia. La catena di originari dall’oggetto selezionato fino alla radice è chiamata catena cinematica. Poiché ogni oggetto della gerarchia può avere solo un principale, esiste una sola catena cinematica da un oggetto alla radice della gerarchia. Talvolta, si desidera che la catena cinematica risalga fino alla radice della gerarchia. Si supponga per esempio di dover effettuare l’animazione delle braccia di un corpo facendo fermare l’effetto IK alle spalle. È possibile interrompere la catena cinematica prima che raggiunga la radice designando un oggetto nodo di terminazione. Per farlo, selezionare l’oggetto e spuntare la casella di controllo [Terminator] nella tendina OBJECT PARAMETERS (figura 18.18).
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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■ Figura 18.18 Spuntare la casella di controllo [Terminator].
Animazione con la cinematica inversa Dopo aver impostato il collegamento della gerarchia, i parametri dei giunti e aver specificato i nodi di terminazione, è possibile cominciare l’animazione con l’inversione cinematica. Le due forme principali di animazione IK sono le seguenti: ■ IK interattiva. Prevede la selezione e la trasformazione manuale di un oggetto dell’effetto finale nei keyframe specificati; ■ IK applicata. Prevede il vincolo di un oggetto dell’effetto finale a un oggetto di controllo. 3DS MAX calcolerà una soluzione IK per ogni fotogramma.
Cinematica inversa interattiva Utilizzare la cinematica inversa interattiva quando si desidera avere maggiore libertà e controllo artistico sul movimento IK permettendo a 3DS MAX di effettuare interpolazioni fra i keyframe. Per attivare la modalità Interactive IK, fare clic sul pulsante IK sulla barra degli strumenti. Posizionare manualmente gli oggetti dell’effetto finale mentre si visualizzano le modifiche in tempo reale. Attivare il pulsante Animate, spostare i diversi fotogrammi e muovere o ruotare gli oggetti dell’effetto finale finché non si imposta l’animazione desiderata.
Cinematica inversa applicata Utilizzare la cinematica inversa applicata quando si desidera che la gerarchia imiti il movimento di un altro oggetto della scena. Con la cinematica inversa applicata, 3DS MAX calcola una soluzione IK completa per ogni fotogramma dell’animazione, offrendo maggiore accuratezza del metodo interattivo. La cinematica inversa applicata è più flessibile da utilizzare perché è possibile modificare velocemente l’animazione scegliendo diversi oggetti di controllo o modificando l’animazione di un oggetto di controllo. Per utilizzare la cinematica inversa applicata, vincolare prima di tutto gli oggetti dell’effetto finale selezionati agli oggetti di controllo animati e poi fare clic su Apply IK nel pannello HIERARCHY.
Vincolo della posizione di un oggetto Spuntare la casella di controllo [Bind Position] quando si desidera che un oggetto dell’effetto finale punti o addirittura tocchi un oggetto di controllo selezionato. Per vincolare la posizione di un oggetto dell’effetto finale a un oggetto di controllo, procedere come indicato di seguito:
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18 1. 2. 3. 4.
selezionare un oggetto dell’effetto finale dalla gerarchia; spuntare la casella di controllo [Bind Position] nella tendina OBJECT PARAMETERS ; fare clic sul pulsante Bind nell’area Bind to Follow Object; trascinare dall’oggetto dell’effetto finale a un oggetto della scena. Il cursore cambierà in un cursore Bind (simile a una puntina) quando si trova su un oggetto di controllo valido.
Se ci sono numerosi oggetti vicini all’oggetto di controllo, sarà difficile trascinare dall’oggetto dell’effetto finale all’oggetto di controllo specifico. È possibile specificare l’oggetto di controllo anche utilizzando la finestra di dialogo SELECT PIN. Nel caso, sostituire l’operazione 4 con: Fare clic sul pulsante Select by Name sulla barra degli strumenti e selezionare il nome dell’oggetto di controllo dalla finestra di dialogo SELECT PIN. 3D Studio MAX cerca di abbinare il punto di rotazione dell’oggetto dell’effetto finale alla posizione del punto di rotazione dell’oggetto di controllo. La catena cinematica è ancora vincolata dalle impostazioni dei parametri dei giunti. In tal caso, 3DS MAX posiziona l’oggetto dell’effetto finale il più vicino possibile all’oggetto di controllo. Se si fa clic sul pulsante R alla destra della casella di controllo [Bind Position], l’oggetto dell’effetto finale imiterà il movimento dell’oggetto di controllo senza cercare di puntare o raggiungere l’oggetto di controllo stesso. Questa opzione è utile per animare gesti o movimenti secondari. Se si spunta la casella di controllo [Bind Position] ma non si vincola l’oggetto dell’effetto finale all’oggetto di controllo, l’oggetto dell’effetto finale è come se fosse vincolato all’origine. In tal caso, l’oggetto vincolato cerca di rimanere immobile finché altre trasformazioni nella catena cinematica non lo costringono a spostarsi per completare una soluzione IK.
Vincolo dell’orientamento di un oggetto Spuntare la casella di controllo [Bind Orientation] quando si desidera che a un oggetto dell’effetto finale corrisponda l’orientamento di un oggetto di controllo selezionato. Per vincolare l’orientamento di un oggetto dell’effetto finale a un oggetto di controllo, eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un oggetto dell’effetto finale dalla gerarchia; 2. spuntare la casella di controllo [Bind Orientation] nella tendina OBJECT PARAMETERS ; 3. fare clic sul pulsante Bind nell’area Bind to Follow Object; 4. trascinare dall’oggetto dell’effetto finale a un oggetto della scena. Il cursore cambierà in un cursore Bind (simile a una puntina) quando si trova su un oggetto di controllo valido. 3D Studio MAX cerca di ruotare il punto di rotazione dell’oggetto dell’effetto finale finché non corrisponda all’orientamento del punto di rotazione dell’oggetto di controllo. La catena cinematica è ancora vincolata dalle impostazioni dei parametri giunti, quindi potrebbe succedere che l’oggetto dell’effetto finale non riesca a raggiungere l’orientamento dell’oggetto di controllo. In tal caso, 3DS MAX ruota l’oggetto dell’effetto finale in modo tale da avvicinarsi il più possibile all’orientamento dell’oggetto di controllo.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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Se si fa clic sul pulsante R alla destra della casella di controllo [Bind Orientation], l’oggetto dell’effetto finale imiterà le modifiche rotazionali dell’oggetto di controllo senza cercare di raggiungere l’orientamento dell’oggetto di controllo stesso. Questa opzione è utile per animare gesti o movimenti secondari. Se si spunta la casella di controllo [Bind Orientation] ma non si vincola l’oggetto dell’effetto finale all’oggetto di controllo, l’oggetto dell’effetto finale è come se fosse vincolato all’origine. In tal caso, l’oggetto vincolato cerca di mantenere l’orientamento originale e non ruota finché altre trasformazioni nella catena cinematica non lo costringono a ruotare per completare una soluzione IK.
Applicazione della soluzione IK Dopo aver vincolato gli oggetti dell’effetto finale agli oggetti di controllo animati, è necessario applicare la soluzione IK. I controlli per applicare la cinematica inversa si trovano nella tendina INVERSE K INEMATICS nel pannello HIERARCHY. Per applicare una soluzione IK, eseguire le seguenti operazioni: 1. selezionare un oggetto nella gerarchia IK; 2. impostare l’inizio e la fine della soluzione IK nelle caselle Start ed End; 3. fare clic su Apply IK. Mentre 3DS MAX calcola la soluzione IK, verrà visualizzata una barra di avanzamento nella parte inferiore della finestra dell’applicazione 3DS MAX. Fare clic sul pulsante Cancel a destra della barra di avanzamento per interrompere i calcoli in qualsiasi momento. Esistono altre due opzioni nella tendina INVERSE KINEMATICS che interessano la soluzione IK applicata. ■ Update Viewports. Se la casella di controllo è spuntata, 3DS MAX visualizzerà nei quadranti la soluzione IK per ogni fotogramma. È possibile controllare l’avanzamento della soluzione IK, ma il processo di calcolo sarà rallentato. ■ Clear Keys. Se la casella di controllo è spuntata, tutte le chiavi di posizione e di rotazione saranno cancellate dagli oggetti della gerarchia IK prima di cominciare i calcoli IK. Se le modifiche alla soluzione IK esistente sono minime, se non si spunta la casella [Clear Keys], il processo di calcolo IK sarà più rapido. Se invece le modifiche sono più consistenti, spuntare la casella [Clear Keys] per garantire la precisione della soluzione IK.
Riepilogo ■
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Costruzione di gerarchie. Utilizzare collegamenti gerarchici per simulare l’assemblaggio di oggetti uniti con giunti mobili. È possibile utilizzare Group o Attach per simulare oggetti incollati o saldati. Movimenti complessi. Se un movimento complesso può essere suddiviso in diversi movimenti semplici, utilizzare una gerarchia di oggetti fittizi collegati. Ogni oggetto fittizio esegue un movimento semplice ed eredita gli altri movimenti dagli originari. Derivati dell’origine. È importante ricordare che se un oggetto non è collegato a un altro oggetto, si considera comunque collegato all’origine.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.18 ■
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Mai scalare oggetti collegati. Una scalatura non uniforme produce effetti collaterali indesiderati nei derivati di un oggetto scalato. Qualsiasi scala rovina i calcoli IK. Utilizzare sempre i modificatori XForm per applicare trasformazioni di scalatura a oggetti collegati. Punti di rotazione. Regolare il punto di rotazione di un oggetto per modificare la posizione e l’orientamento del sistema di coordinate Local di un oggetto e per definire la posizione del giunto fra un oggetto e il relativo principale. Cinematica inversa interattiva. Utilizzare la modalità Interactive IK per posizionare e animare manualmente le gerarchie IK. 3DS MAX utilizza la semplice interpolazione per l’animazione fra le keyframe IK. Cinematica inversa applicata. Utilizzare oggetti di controllo animati con IK applicata cosicché 3DS MAX calcoli una soluzione IK precisa per ogni fotogramma dell’animazione.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI GERARCHIE
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CAP.19
CAPITOLO 19
Illuminazione e atmosfera
Una buona illuminazione, e l’impostazione dell’atmosfera corretta, costituiscono il termine di paragone fra un lavoro ad alto livello e uno medio. Una scena può presentare modelli ben disegnati, un’animazione perfetta e una composizione realistica ma se l’illuminazione è sfocata o inadeguata non potrà assurgere a livello professionale. Registi, produttori e operatori teatrali lo sanno bene, mentre chi si occupa di animazione tridimensionale non tiene conto di questo elemento. Se illuminazione e senso dell’atmosfera vengono trascurati il lavoro risulta sterile e spento. Nel presente capitolo verranno trattati gli argomenti che seguono, relativi a illuminazione e ambienti atmosferici: ■ illuminazione di default in 3D Studio MAX; ■ stili di illuminazione principali; ■ metodi di illuminazione di 3DS MAX; ■ tipo di luci, e relativi esempi d’uso; ■ utilizzo creativo dell’attenuazione; ■ controllo dell’impostazione dell’ombreggiatura; ■ luci di proiettore; ■ luci volumetriche, nebbia e combustione; ■ tipi di illuminazione architettonica e concetti relativi.
ILLUMINAZIONE E ATMOSFERA
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L’illuminazione è un elemento che si dà per scontato, una specie di percorso luminoso prestabilito: il sole illumina il mondo in modo molto semplice ma efficace. Sia nel mondo reale sia in quello della fiction la luce viene fornita senza problemi, ma non è così nell’ambiente 3D. Negli ambienti tridimensionali non esistono quasi mai impostazioni prefabbricate: come per la modellazione, la composizione e l’animazione anche l’illuminazione richiede un lavoro impegnativo per ottenere una scena efficace.
Impostazione standard dell’illuminazione Nei paragrafi che seguono verranno descritti alcuni stili di illuminazione di base che spesso costituiscono il punto di partenza per progettare un’illuminazione atta ad accentuare la scena e a darle profondità. Saranno inoltre descritti l’illuminazione di default di 3D Studio MAX che fornisce un buono sfondo, gli stili fondamentali di illustrazione e il concetto di luce riflessa.
Illuminazione di default di 3DS MAX In assenza di luci 3DS MAX fornisce un’impostazione di default tale per cui la scena risulta sufficientemente visibile. Tale illuminazione può essere paragonata alle “luci di casa” che forniscono la luce di base su cui lavorare ma non l’effetto definitivo. L’illuminazione di default consiste semplicemente in due luci omnidirezionali poste negli angoli delle diagonali della scena. Considerando la scena centrata nell’origine le luci si trovano una in alto davanti a -X, -Y, +Z e l’altra in basso e dietro a +X, +Y, -Z. Quando viene aggiunta la prima luce alla scena 3DS MAX rimuove l’illuminazione di default in modo tale da rendere visibile quella appena introdotta. Durante tale operazione la scena diventerà più buia perché due luci sono state eliminate e sostituite da una sola. A questo punto è possibile introdurre altre luci secondo la necessità. L’illuminazione di default viene accantonata fino a quando le fonti luminose rimangono nella scena, che siano accese o meno. Quando tutte le luci vengono cancellate dalla scena l’impostazione di default viene riattivata automaticamente. È comunque possibile ignorare l’illuminazione di scena fornita dall’impostazione di default con un sostituto della tastiera (assegnato di default a Ctrl+L). Tale operazione si basa sul quadrante e viene salvata con la scena. Si tratta di uno strumento utile nel caso manchi l’illuminazione da un certo angolo e si presenti la necessità di modellare un lato buio. Il rappresentatore interattivo può mostrare un massimo di 12 luci. In scene che ne utilizzano un numero maggiore, le prime 12 vengono usate per l’illuminazione interattiva. Tale limitazione non ha alcun impatto sull’illuminazione del rappresentatore di produzione. Nonostante sia uno strumento utile, il rappresentatore non sostituisce l’effettuazione di rendering di prova con il rappresentatore di produzione. Poiché il rappresentatore interattivo utilizza l’ombreggiatura di Gouraud, l’illuminazione visibile dipende dalla densità di mesh di ogni superficie. Una scatola a 12 facce per esempio può avere illuminazione intensa ma questa non viene mostrata nei quadranti perché l’ombreggiatura viene mediata solo attraverso due facce. Altre sfumature, come l’attenuazione, l’atmosfera e gli effetti di materiali reali possono essere visti soltanto con un rendering completo.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.19
Stili di illuminazione fondamentali: a triangolo e a zona L’illuminazione si rifà sempre a un problema di stili ma quelli fondamentali sono due: l’illuminazione a triangolo e a zona. L’illuminazione a triangolo (detta anche illuminazione a tre punti) utilizza tre luci: quella principale, detta chiave, è in generale quella più luminosa che illumina la maggior parte della scena (figura 19.1). Di solito la chiave è la luce che crea un’ombra nella scena. La seconda è una controluce utilizzata per separare un oggetto dallo sfondo e per dare più profondità. Questa luce si trova generalmente dietro e sopra l’oggetto e ha intensità minore o uguale a quella della chiave (figura 19.2).
■ Figura 19.1 Luce chiave.
■ Figura 19.2 Luce chiave e controluce.
ILLUMINAZIONE E ATMOSFERA
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La terza luce, di riempimento, si trova normalmente a sinistra della cinepresa e riempie le zone scure non coperte dalla chiave (figura 19.3). La luce di riempimento viene utilizzata per stabilire il contrasto tra le zone più luminose e quelle più buie della scena. Una luce di riempimento forte crea un’illuminazione uniforme mentre se è debole fa aumentare il contrasto rendendo più mossa la scena. La scelta dell’intensità luminosa contribuisce a creare l’atmosfera: come succede nei cartoni animati, che sono brillanti e ben illuminati mentre i castelli infestati sono tetri e pieni di contrasti. La figura 19.4 mostra la disposizione delle luci utilizzata nella figura 19.3.
■ Figura 19.3 Luce chiave, controluce e luce di riempimento.
■ Figura 19.4 Disposizione di luce chiave, controluce e luce di riempimento.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.19 In una scena grande l’illuminazione a triangolo può non essere efficace ed è quindi necessario ricorrere a un approccio leggermente diverso. L’illuminazione a zona si verifica quando una zona viene divisa in due, ognuna delle quali è illuminata singolarmente. Le zone possono essere scelte in base all’importanza o alla somiglianza. A una zona selezionata è possibile applicare l’illuminazione a triangolo o a tre punti. Talvolta però l’illuminazione a zona non crea l’atmosfera adatta e quindi viene utilizzato uno schema di illuminazione a forma libera. Se utilizzate con cautela, le luci d’accento, usate per illuminare oggetti o zone importanti, sono spesso utili per attirare l’attenzione su un elemento chiave. A ogni arte visiva corrisponde un certo stile di illuminazione, utilizzabile nello spazio tridimensionale. L’illuminazione tridimensionale non è limitata dall’energia disponibile né dalla luminosità di una lampadina; e neppure dalla posizione, dall’oggetto illuminato o dalla zona d’ombra. Le luci 3D possono animare la propria luminosità e il proprio colore in modo del tutto libero. Per un supporto teorico, suggerimenti pratici e tecniche di illuminazione, consultare libri e riviste di arti visive, come la fotografia, il cinema, il teatro e i video. La progettazione delle luci nel mondo reale può essere sfruttata nello spazio tridimensionale.
Luce riflessa 3DS MAX basa la propria illuminazione sull’angolo che la fonte luminosa forma con la superficie e non sulla distanza da essa. Quando la fonte è perpendicolare a un piano e lontana, gli angoli dei raggi luminosi che cadono sulla superficie del piano sono quasi paralleli e l’illuminazione risultante molto uniforme. Se la stessa luce viene avvicinata gli angoli dei raggi che colpiscono la superficie variano notevolmente producendo uno spot pronunciato. Generalmente è preferibile ombreggiare gli oggetti gradatamente attraverso le rispettive facce invece di creare tali spot. Per ottenere questo effetto è necessario posizionare le fonti luminose a una certa angolazione rispetto all’oggetto (per creare la gradazione) e a una distanza significativa (per ridurre gli spot). L’impostazione di base risultante è costituita da due luci omnidirezionali poste in diagonale rispetto al modello, che è la formula di impostazione di default di 3DS MAX. La quantità di luce che colpisce una superficie dipende completamente dall’angolo della luce rispetto alla superficie, e non dalla sua vicinanza: si tratta dell’angolo di incidenza rispetto alla superficie. Se la superficie e la luce formano un angolo retto l’effetto luminoso è completo. Man mano che la superficie si inclina allontanandosi dalla fonte luminosa, tale angolo si abbassa e l’illuminazione ricevuta diminuisce. Ciò significa che, allontanandosi, la fonte illumina la scena sempre più uniformemente (ogni angolo di mesh formato con la fonte tende a 90 gradi). Tutte le luci all’interno di 3DS MAX rispettano le leggi dei colori di illuminazione aggiuntiva RGB. La selezione e l’attribuzione del colore sono coerenti in tutte le forme di luce (vedere il capitolo 2 “Miscele di luce e colore” in questo stesso volume e il capitolo 20 del volume 2 della User’s Guide di 3D Studio MAX per ulteriori informazioni su colore, illuminazione e teoria di miscelatura dei colori e loro applicazioni in 3DS MAX).
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Luci e illuminazione I numerosi tipi di luce incorporati in 3DS MAX possono emulare quasi tutte le luci esistenti in natura e possono aggiungere altre opzioni caratteristiche del regno virtuale della computer grafica. 3DS MAX contiene diversi tipi di fonti luminose: riflettori destinazione e liberi, luce omnidirezionale e luce direzionale. Si tratta di oggetti fisici che possono essere posizionati nella scena 3D e spostati al suo interno. Tali luci contengono comandi luminosi normali che descrivono il comportamento della luce nell’ambiente. Esiste anche una luce circostante (ambient light), che in realtà è un livello di illuminazione perché agisce uniformemente su tutta la scena. In quanto tale si trova tra i comandi ambientali perché non ha proprietà fisiche da regolare.
Tipi di luce 3DS MAX comprende quattro diverse fonti luminose fisiche: luce omnidirezionale, luce direzionale, riflettore destinazione e riflettore libero. La luce circostante, che non è un oggetto fisico, è un fattore importante nell’ambito dell’illuminazione generale. Tutte le luci all’interno di 3DS MAX rispettano le leggi dei colori di illuminazione aggiuntiva RGB. La selezione e l’attribuzione del colore sono coerenti in tutte le forme di luce. Questi colori possono essere ottenuti utilizzando qualsiasi combinazione di canali e valori: Rosso, Verde, Blu (Red, Green, Blue, RGB) e Tonalità, Luminanza, Saturazione (Hue, Luminance, Saturation, HLS) (vedere capitolo 2 per ulteriori informazioni sul colore).
Luci omnidirezionali le luci omnidirezionali sono fonti luminose puntiformi molto simili a una lampadina appesa a un filo o a una stella del sistema solare. Una luce omnidirezionale traccia l’illuminazione dalla propria posizione a tutte le facce orientate verso di essa. Poiché le luci omnidirezionali non sono destinate a creare ombre, i loro raggi non possono essere bloccati da una mesh e quindi fanno diminuire l’intensità delle ombre su cui indirizzano la luce. Le luci omnidirezionali vengono utilizzate principalmente come luci di riempimento. È frequente la presenza di numerose luci omnidirezionali a grandi distanze, in colori variabili e con livelli bassi per creare ombreggiature e miscelarle sul modello. Questa tecnica deriva dall’illuminazione teatrale ma può essere applicata a 3DS MAX. L’omnidirezionalità di questo tipo di luce ne rende prevedibile l’effetto di illuminazione. Queste luci vengono anche utilizzate per tutta una serie di funzioni secondarie: se poste vicino alle mesh creano un’illuminazione speculare brillante; inclinate ad angoli strategici dietro o sotto le mesh possono creare leggeri bagliori e produrre l’effetto di un colore rimbalzato. Le luci omnidirezionali con moltiplicatori negativi vengono spesso poste in zone della scena per creare chiazze d’ombra. Un errore ricorrente consiste nel credere che “appendere” una luce omnidirezionale in una stanza crea un bagliore nell’aria intorno a essa come nella realtà: non può succedere.
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CAP.19 Le luci di 3DS MAX possono illuminare solo e soltanto le facce che colpiscono. Una luce posta nello spazio esterno non emette bagliore perché non c’è niente da illuminare. I fasci di luce laser tanto frequenti nei film in realtà sono un falso, non si vede niente. Il lampione stradale crea un bagliore, o alone, perché illumina i milioni di particelle presenti nell’aria che gli fluttuano attorno.
Luce direzionale Una luce direzionale può essere assimilata al sole. Quando una luce crea ombre l’angolo dell’ombra è la linea tracciata dalla fonte luminosa verso il soggetto. Questo effetto è più visibile con oggetti vicini le cui superfici sono parallele, come per esempio una palizzata. Se il riflettore viene posto vicino a essa produce ombre molto allargate poiché ogni palo traccia la propria linea d’ombra verso la fonte di luce. Allontanando la luce dalla palizzata l’angolo formato dall’ombra di ogni palo diventa sempre più sottile. Quando la fonte luminosa viene posta a notevole distanza l’angolo formato da ogni ombra diventa così piccolo che le ombre risultano parallele. È ciò che avviene per la luce del sole e che nella computer grafica viene definito luce parallela o direzionale. Si tratta dell’illuminazione prodotta dall’oggetto Directional Light di 3DS MAX. L’oggetto Directional Light di 3DS MAX è un ibrido tra la luce parallela tradizionale e un riflettore. Directional Light è simile a un riflettore in quanto dotato di spot e falloff, che servono a controllare l’estensione alla quale vengono calcolate le ombre della scena e quella della falloff. Quando lo spot è ridotto al minimo Directional Light è simile alla box light di un fotografo che diffonde una tenue luce in una zona. Quando è attivata l’opzione periferica (overshoot), spot e falloff vengono ignorati e l’illuminazione è simile a quella del sole. L’attenuazione deve essere utilizzata per le luci tenui circoscritte a una zona mentre deve essere disattiva quando si desideri simulare la luce del sole. Directional Light ha in comune con Free Spot (spot libero) e Free Camera (cinepresa libera) il fatto di non avere un bersaglio e di dipendere completamente dalla propria rotazione. Quando l’opzione periferica è attiva la distanza a cui si trova Directional Light dal soggetto ricopre un’importanza minima. Diversamente da quanto avviene per altri oggetti luminosi, la distanza di Directional Light da un lato del soggetto non è importante: conta soltanto l’angolo che forma con il soggetto stesso.
Riflettore direzionale (Targeted Spotlight) Il riflettore direzionale è una luce direzionale che dirige la luce verso una destinazione che può essere spostata indipendentemente: è come se si legasse una fune davanti al riflettore, oggetto spesso utilizzato nei concerti. Lo spot si sposta nella direzione in cui viene tirata la fune. La direzione viene utilizzata solo come ausilio per dirigere il riflettore. La distanza della direzione dalla luce non influisce sulla luminosità né sull’attenuazione.
I riflettori direzionali e quelli liberi ricoprono molte funzioni e quindi costituiscono lo strumento principale di illuminazione nell’ambiente 3DS MAX. Diversamente dal caso
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delle luci omnidirezionali, la direzione della luce può essere controllata. I riflettori direzionali e quelli liberi possono produrre ombre, possono avere forma rettangolare o circolare e possono anche proiettare un’immagine bitmap.
Riflettore libero (Free Spotlight) Un Free Spot comprende tutte le funzioni di un Target Spot senza l’oggetto destinazione. Invece di stabilire una destinazione per posizionare il cono del riflettore, si ruota il Free Spot per dirigerne il raggio. La scelta di un Free Spot al posto di un Target Spot può dipendere da una preferenza personale oppure dalla necessità di animare la luce congiuntamente ad altre geometrie. Nell’animazione delle luci si verificano casi in cui è necessario che esse rimangano in relazione con un altro oggetto: esempi tipici sono i fanali della macchina, i riflettori e gli elmetti da minatore. Sono le situazioni per le quali viene utilizzato Free Spot perché tali luci possono essere semplicemente collegate all’oggetto e continuare a essere direzionabili durante il suo spostamento nella scena. Si tratta di una funzione particolarmente importante nel caso di un riflettore rettangolare e/o che proietta un’immagine: la luce deve inclinarsi o procedere con l’oggetto principale per produrre l’effetto adatto. La rotazione della luce e la conseguente proiezione possono verificarsi in modo affidabile soltanto con un Free Spot.
Luce circostante Quando si eliminano tutti gli oggetti luminosi da una scena, rimane solo la luce circostante (ambient light). Si tratta della luce sempre presente che sembra esistere quando è impossibile identificare una fonte luminosa specifica. Nella realtà la luce rimbalza sulle superfici per illuminarne altre non direttamente colpite dalla luce. La luce circostante è il metodo di 3D Studio MAX per approssimare questa luce riflessa. Il colore della luce circostante viene applicato a tutte le superfici della scena prima che ne vengano applicate altre. Questo tipo di luce costituisce il punto di partenza dal quale tutte le altre vengono sottratte o al quale sono aggiunte. Viene applicata globalmente e quindi un suo aumento ridurrà il contrasto “appiattendo” la scena. Una scena illuminata esclusivamente da luce circostante non produce contrasto né ombreggiatura e il rendering di tutti i lati e di tutte le facce presenta la stessa intensità. Saranno definibili soltanto i profili geometrici e le proprietà materiali. La luce circostante non è un oggetto, ma fa parte del sistema Environment e viene regolata nella finestra di dialogo ENVIRONMENT a cui si accede dal menu a discesa RENDERING/ ENVIRONMENT. Poiché la luce circostante è sempre presente, la luce e il colore a essa relativi sono visibili nelle ombre. Per rendere particolarmente profondi i colori della scena, è necessario retinare (tint) leggermente il colore della luce circostante in modo tale che questa diventi il complemento delle luci dominanti che producono ombre. Se la luce corrisponde al giallo spento della luna, per intensificarne l’effetto dovrà essere utilizzato un livello di luce circostante viola scuro. Una luce circostante bianco puro può essere utile per restituire l’arte “piatta” come quella di testi, logo, e disegni illustrativi in cui non deve comparire ombreggiatura. Poiché il livello complessivo di luce della scena è bianco, le altre fonti luminose non sortiscono alcun effetto purché i materiali utilizzati abbiano colori base Ambient e Diffuse identici
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CAP.19 (come nelle mappature Diffuse e Ambient bloccate). Se ci sono differenze tra i colori Ambient e Diffuse i materiali si sposteranno verso i rispettivi valori di diffusione all’aumentare dell’illuminazione lungo le superfici. Invece di regolare la definizione dei materiali è possibile eliminare semplicemente le altre fonti luminose. Se nella scena non ci sono altri oggetti luminosi sarà necessario crearne uno e spegnerlo per eliminare l’effetto dell’illuminazione di default. Quando la scena è illuminata soltanto dalla luce circostante, viene utilizzato il colore base circostante del materiale assegnato. L’illuminazione della scena con una luce circostante bianco puro restituisce tutti i materiali secondo i rispettivi valori di colore circostante. Il risultato può sembrare molto scuro, visto che esiste una tecnica frequente con la quale il colore circostante diventa una versione più scura di quello diffuso. Molti artisti preferiscono utilizzare una luce circostante molto fioca, o niente del tutto, che fornisce un maggiore controllo sulle ombre e sul contrasto che ne deriva nelle immagini finali. Un errore ricorrente consiste nell’aumentare in modo massiccio la luce circostante per ridurre la necessità di altre fonti, ma questo approccio non facilita le operazioni, anzi di solito dà come risultato una scena appannata senza contrasto né atmosfera.
Comandi luce comuni Tutti gli oggetti luminosi condividono un insieme di comandi, che controllano le funzioni elementari di una luce, come luminosità e colore. Facendo clic sulla tavolozza dei colori di una luce si richiamano questi comandi nel pannello dei comandi (figura 19.5).
■ Figura 19.5 Comandi generali della luce.
La casella di controllo [On/Off] stabilisce se una luce agisce sulla scena. La scelta è specifica per ogni scena e non può essere animata. Per animare una luce accendendola e spegnendola è necessario invece regolarne il colore e/o il valore moltiplicatore nel tempo. Per tenere la luce accesa a tasso costante e poi spegnerla è necessario assegnare un controller Linear, regolare la Continuity di un controller TCB sullo 0 oppure appiattire la curva di un controller di Bézier. Facendo clic sul comando Exclude si apre una casella di riepilogo che consente di scegliere gli oggetti specifici che la luce deve illuminare (figura 19.6). È possibile scegliere gli oggetti da illuminare o escluderli e la scelta “corretta” corrisponde semplicemente al
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minore dei due insiemi di selezioni. L’esclusione della luce non influisce sui calcoli del rendering e ottimizza la scena, soprattutto nel caso venga utilizzata per limitare quanto le luci che producono ombre devono illuminare.
■ Figura 19.6 Gli oggetti possono essere esclusidall’illuminazione, dall’ombreggiatura o da entrambe.
Le caselle di esclusione/inclusione consentono di posizionare le luci accento dovunque sia necessario senza creare problemi di illuminazione eccessiva o indesiderata. RGB, HSV e Color Swatch (tavolozza dei colori) regolano colore e grado di illuminazione della luce. Il colore può essere animato regolandone uno qualsiasi dei valori, ma sempre rispettando i valori RGB e interpolando nello spazio di colori RGB. Il colore della luce è significativo, anche a livelli bassi. La quantità di superficie illuminata dipende dal valore totale RGB modulato dal valore del moltiplicatore.
Moltiplicatori Il moltiplicatore è simile a un variatore di luminosità della luce. Il valore del moltiplicatore viene moltiplicato rispetto ai valori RGB della tavolozza dei colori per definire il reale colore di output della luce. Un valore inferiore a 1 riduce l’illuminazione mentre valori superiori la fanno aumentare. Quando il moltiplicatore assume valore negativo l’illuminazione viene rimossa dalla scena. Queste “luci negative” risultano utili per simulare effetti radiosity e perfezionare altrimenti impostazioni di illuminazione interna. Un uso frequente delle luci omnidirezionali negative, per esempio, consiste nel posizionarle in angoli interni per renderli più bui, cosa difficilmente ottenibile con l’uso delle luci positive. Pur avendo molte funzioni, il moltiplicatore viene utilizzato soprattutto per l’uniformità del colore di una serie di luci. A ognuna di esse viene attribuito lo stesso colore la cui intensità è regolata attraverso i moltiplicatori. L’uso dello stesso colore base risulta evidente da un confronto con la tavolozza. Analogamente moltiplicatori piccoli consentono alla tavolozza di distinguere un colore mentre lo rendono scuro. Per esempio, invece di creare una luce rossa debole con un colore 10,0,0 e la tavolozza quasi nera, le attribuisce un rosso riconoscibile con valore 200,0,0 e utilizza un moltiplicatore 0.05 per ridurlo a un valore inferiore.
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CAP.19 Quando i moltiplicatori vengono aumentati ogni canale termina comunque a 255. Ciò significa che una luce rossa iniziata con valore 255,10,10 diventa rosa intenso con un moltiplicatore 10, rosa pallido con un moltiplicatore 20 e bianco puro con un moltiplicatore 26. Quando i moltiplicatori sono così intensi il fatto che la luce sia “rossa” viene visto solo al falloff o con attenuazione. Dopodiché la luce progredisce dal bianco verso il rosso brillante lungo l’alone di falloff. Questa caratteristica è spesso utile per l’illuminazione con effetti speciali.
Attenuazione L’attenuazione regola il falloff di una luce all’aumentare della distanza. Senza attenuazione l’illuminazione dipende dall’orientamento della luce rispetto alla superficie. Se questa forma un angolo di 90 gradi la luce produce un effetto completo. Ciò significa che più la luce è distante dalla superficie, più è profondo l’angolo di incidenza e luminosa la superficie. Ma nella realtà la luce diminuisce all’aumentare della distanza: una torcia elettrica puntata direttamente su un tavolo è piuttosto luminosa, ma se viene diretta nell’ambiente circostante la sua luce diventa molto più fioca e se poi viene puntata lungo una strada l’effetto dell’illuminazione è trascurabile. Tale diminuzione, decadimento o sfocatura di luce viene detto attenuazione e non è altro che il risultato delle leggi fisiche. Generalmente gli interni richiedono molte luci e se queste non vengono attenuate la scena risulta sovrailluminata. Quando si illuminano gli interni l’attenuazione deve essere utilizzata su tutte le luci tranne quelle più fioche e quelle di riempimento. Nel mondo reale la luce si attenua a velocità inversamente quadratica. Per esempio se l’illuminazione di una lampada è X a 3 metri sarà un quarto di X a 6 metri. Pur essendo accettabile dal punto di vista fisico questo tasso di decadimento viene generalmente considerato troppo alto per la computer grafica. La spiegazione consiste nel fatto che la luce rimbalza sulle superfici e illumina da tutti gli angoli, anche se attenuandosi. Solo i programmi di rendering che utilizzano le tecniche di Radiosity sono in grado di riprodurre questa luce ereditata e in generale sono gli unici che si adattano a una velocità inversamente quadratica. La maggior parte dei programmi comprendenti l’attenuazione luminosa la riproducono secondo un’approssimazione lineare: la stessa lampada con illuminazione X a 3 metri assumerà valore pari a metà di X a 6 metri. 3DS MAX fornisce un metodo ibrido di falloff nullo e lineare. L’attenuazione viene visualizzata nei quadranti interattivi solo se è attivata l’opzione [Attenuate Lights] in VIEWPORT PREFERENCES. Per quanto utile, produce però un notevole impatto sui tempi di ridisegno delle viste ombreggiate. La casella di controllo [Attenuation Use] indica se la luce selezionata utilizza gli intervalli assegnati. Quando è attivata, intorno alle luci compaiono i cerchi corrispondenti agli intervalli, che indicano l’estensione degli intervalli Start ed End (figura 19.7). Questi cerchi definiscono l’estensione interna ed esterna dell’illuminazione. L’intervallo Start (corrispondente al cerchio interno) è simile a uno spot e definisce una regione in cui l’attenuazione non si verifica. L’intervallo End (cerchio esterno) è simile a un falloff e definisce la distanza alla quale la luce termina di illuminare. La luce che cade tra gli
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intervalli Start ed End riceve un’attenuazione lineare. Per attenuare una luce in modo permanente, è necessario ridurre a zero l’intervallo Start. Quando si illumina un interno è necessario prestare attenzione agli intervalli delle luci: tutte le luci di potenza identica poste in una zona devono avere gli stessi intervalli. Se questi sono diversi la luminosità delle luci corrispondenti è varia perché cambiano le distanze di illuminazione. Questo effetto è particolarmente evidente nel caso di serie di luci che devono essere tutte uguali. In tal caso è opportuno produrre istanze di una luce dall’altra in modo tale che la regolazione dell’una le condiziona tutte.
■ Figura 19.7 I cerchi nei diversi quadranti rappresentano le sfere di attenuazione dell’illuminazione.
Spot e falloff Lo spot e il falloff sono le proprietà più frequentemente regolate dei riflettori e delle luci direzionali. La differenza tra spot e falloff individua l’irregolarità del bordo della chiazza di luce risultante. I valori spot e falloff hanno un effetto simile a quello degli intervalli interno ed esterno di una luce omnidirezionale attenuata. Lo spot (hotspot) definisce l’estensione dell’illuminazione piena e non intensifica l’illuminazione come potrebbe suggerire il nome. L’illuminazione all’interno dello spot corrisponde all’effetto luminoso pieno. Il falloff definisce l’intervallo entro il quale termina l’illuminazione. Questa dissolvenza, o decadimento, non è lineare come accadeva per gli intervalli omnidirezionali ma è un’interpolazione spline cubica (la maggior parte della transizione si verifica intorno al bordo esterno del falloff). La differenza tra le dimensioni di spot e falloff definisce regolarità o sfocatura del bordo della chiazza di luce. Uno spot di piccole dimensioni e un falloff ampio creano un bordo molto regolare, mentre uno spot di dimensioni vicine a quelle del falloff lo rendono molto irregolare.
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CAP.19 Quando è attiva l’opzione periferica, il falloff definisce ancora l’intervallo entro il quale vengono create le ombre e proiettate le immagini. Il falloff diventa un meccanismo importante di controllo dell’estensione della mappa dell’ombra. Falloff maggiori richiedono mappe più estese e più memoria per produrre ombre di qualità. È possibile migliorare la qualità delle ombre e ridurre la richiesta di RAM limitando il falloff delle luci che proiettano ombre alle minime dimensioni. Per ottenere l’effetto di una gradazione maggiore nella chiazza del riflettore è possibile utilizzare l’attenuazione impostando il cerchio interno del riflettore in modo tale che intersechi la superficie della mesh.
Opzione periferica (Overshoot) Attivando l’opzione Overshoot è possibile eliminare la chiazza di una luce direzionale o di un riflettore: vengono così rimosse le limitazioni e prodotta l’illuminazione equivalente a quella dello spot da solo. In sostanza questa opzione trasforma un riflettore in una “luce omnidirezionale mirata”, pur mantenendo le altre caratteristiche della luce. Grazie a queste caratteristiche, tale funzione viene definita a volte periferica infinita. I riflettori periferici non si limitano più a un cono di luce ma illuminano in tutte le direzioni come una luce omnidirezionale, e una luce direzionale illumina infinitamente da un lato all’altro (figura 19.8).
■ Figura 19.8 Una luce direzionale posta tra due teiere. Quella collocata davanti alla luce proietta un’ombra, mentre quella che le sta dietro non lo fa.
L’opzione periferica è utile nel caso sia necessaria un’illuminazione generale ma restano indispensabili l’ombra del riflettore e/o le funzioni del proiettore. Tali proprietà rispettano ancora il cono di falloff del riflettore. Un riflettore con periferica è assimilabile
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a una luce omnidirezionale con proiezione di ombre e funzioni di proiettore limitate al falloff (figura 19.9). L’attivazione di Overshoot con una luce direzionale crea una fonte luminosa forte e in un certo senso inconsueta. Per esempio una luce omnidirezionale periferica illuminerà tutte le superfici che colpisce uniformemente secondo un dato angolo ma non avrà alcun impatto sulle superfici colineari con la direzione della luce (figura 19.10).
■ Figura 19.9 Un riflettore periferico che proietta ombre le crea nei suoi normali intervalli di spot e falloff, e agisce come una luce omnidirezionale al di fuori di essi.
■ Figura 19.10 Questa luce direzionale periferica illumina tutti i piani sui quali cade tranne le facce che con essa formano angoli retti.
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CAP.19
Trasformazione delle luci Le fonti luminose, come tutti gli altri oggetti della scena, vengono posizionate con le trasformazioni Move e Rotate. Diversamente da quanto avviene per gli altri però la trasformazione Scale trasforma soltanto scale e intervalli lasciando inalterati gli altri attributi. I comandi di trasformazione sono spesso utilizzati per consentire un controllo più stretto sulla posizione e sull’orientamento della luce. I controller Path, Look At e Expression vengono utilizzati sovente per tracciare una luce su un percorso, seguire gli oggetti principali o farli reagire ad altri eventi della scena. I riflettori, come le cineprese, possono essere utilizzati per definire un quadrante. I quadranti di riflettori consentono di vedere dove è diretta la luce e sono strumenti utili per posizionare le ombre e le mappe dei proiettori. I quadranti dei riflettori sostituiscono le icone di navigazione con quelle specificamente correlate ai riflettori. Questi comandi corrispondono ai loro equivalenti nelle cineprese, dove il falloff coincide con il FOV (Field-of-View, campo visivo). Il comando spot non ha alcun effetto sulla vista a meno che non si imbatta nel falloff forzandolo ad aumentare. Per creare un quadrante che corrisponda a una luce direzionale generando un oggetto griglia, centrare la griglia sulla luce (con la funzione Align) e collegarla alla luce direzionale. Quando la griglia è attivata e se ne effettua un quadrante, la vista mostrata corrisponderà a quella della luce direzionale. Ruotando la luce la vista continuerà a essere quella della luce direzionale. I metodi di illuminazione dipendono anche dalle ombre e dal loro migliore utilizzo nella progettazione di un’illuminazione generale. Il controllo specifico delle ombre è essenziale quando si utilizzano le luci. Se le ombre sono eccessive o insufficienti la scena risulta poco realistica e convincente.
Ombre In 3DS MAX le fonti luminose illuminano tutte le facce orientate nella loro direzione, aventi cioè una normale diretta verso di esse, fino a dove arrivano i rispettivi intervalli o le cadute. Questa luce trasmette attraverso le superfici e non viene bloccata a meno che non riceva l’indicazione di proiettare ombre. Le luci che non proiettano ombre, e perciò tutte le luci omnidirezionali, continuano a penetrare la scena e diminuiscono il grado di oscurità di tutte le ombre. La creazione di effetti luminosi può presentare qualche difficoltà se non si utilizzano le ombre. La luce proveniente da sinistra si mescola con quella proveniente da destra e con quelle di riempimento. La creazione di contrasti e di movimento in un modello può essere molto difficile se non si ricorre all’uso delle ombre. La proiezione delle ombre è un’opzione dispendiosa ma contribuisce notevolmente all’effetto di realismo della scena finita. Le ombre di tipo ray-tracing (Ray-tracing Shadows) richiedono un certo tempo di rendering, e le ombre di tipo mappa (Shadow Maps), oltre al tempo, consumano risorse di memoria. La limitazione del falloff del riflettore alla zona in cui sono richieste le ombre consente di risparmiare tempo di rendering in entrambi i casi. Anche l’esclusione di oggetti dalle ombre, all’interno della luce o attraverso l’attributo dell’oggetto, contribuisce a ridurre il tempo di rendering.
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Ogni ombra può essere impostata singolarmente o globalmente. Poiché ogni luce influisce su una zona diversa della scena e ha necessità differenti, è molto probabile che sia necessario regolare i parametri delle ombre di ogni luce. Le luci direzionali e i riflettori contengono una finestra di dialogo LOCAL SHADOW CONTROL a cui si può accedere con i parametri della luce. I valori globali delle ombre definiscono i parametri di tutte le luci che proiettano ombre e la cui casella di controllo [Global Settings] è attivata. Gli effetti di questi parametri sono gli stessi ma non corrispondono alle esigenze specifiche della singola luce. Le luci di nuova generazione vengono create con la casella [Global Settings] disattivata e utilizzano i valori di default del sistema integrato per i parametri delle ombre. Attivando [Use Global Settings] i parametri vengono riportati all’impostazione globale se una qualsiasi delle altre luci ha attivato [Use Global Settings]. In caso contrario i valori correnti vengono utilizzati come valori di impostazione globale. 3DS MAX fornisce due forme di ombra con proprietà molto diverse. La scelta sull’uso di una piuttosto dell’altra dipende da due elementi: l’irregolarità o la regolarità del bordo e la necessità che l’ombra rispetti la trasparenza dell’oggetto.
Ombre Ray-tracing La tecnica del ray-tracing rende le ombre precise, con bordi irregolari e quasi sempre impegna l’oggetto che le proietta (caratteristica negativa che pone problemi in fase di mappatura). Quando si presenta la necessità di avere un bordo irregolare e di calcolare i valori di trasparenza di un oggetto è opportuno utilizzare il ray-tracing. Il ray-tracing tiene anche conto dell’opacità e del filtro colore del materiale. Queste ombre fanno riferimento a tutte le informazioni sull’opacità contenute all’interno del materiale e questo può risultare nella forma di una mappatura dell’opacità e della sua maschera, barre del parametro Transparency del materiale e opzioni In/Out, gli unici aspetti che definiscono la trasparenza. Altre mappe che definiscono composizione o rugosità non hanno alcun effetto sulla proiezione delle ombre. La simulazione di queste marcature della superficie richiede una copia della bitmap tale che diventi la mappa o la maschera dell’opacità del materiale. I riflettori che utilizzano il ray-tracing trattano l’opacità di ogni tipo in termini di luminanza o intensità. Le immagini materiali possono risultare molto convincenti quando sono illuminate da queste luci. I materiali hanno composizione corrispondente e mappe dell’opacità e vengono spesso utilizzati per oggetti di contorno, come alberi, gruppi di persone e automobili ma possono anche essere le singole foglie di una pianta o la struttura del montante di una finestra. Il ray-tracing costituisce la tecnica ideale per simulare fonti luminose brillanti, soprattutto il sole. L’unico difetto consiste nel fatto che queste ombre richiedono lunghi calcoli durante il rendering. Poiché la zona calcolata per ogni riflettore si basa sul corrispondente falloff, riducendo il raggio, specificando le zone si può risparmiare tempo di rendering.
Ray Trace Bias L’unico parametro che controlla gli effetti delle ombre con tecnica ray-tracing è l’impostazione Ray Trace Bias: ciò non risulta immediatamente evidente dalla tendina
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CAP.19 SHADOW P ARAMETERS perché i tre parametri di mappa delle ombre restano modificabili anche quando viene selezionata l’opzione [Ray-Traced Shadows]. Diversamente dai parametri delle ombre con tecnica a mappe, questo valore non deve quasi mai essere regolato. Il valore 1.0 non genera bias, mentre valori maggiori cominciano a far allontanare l’ombra dall’oggetto e valori inferiori la avvicinano. Il valore deve essere regolato nel caso in cui la proiezione delle ombre dell’oggetto contenga elementi autointersecanti. Un’ombra ray-tracing che contiene buchi quando dovrebbe essere compatta o non impegna la mesh di proiezione delle ombre ha valori di bias troppo alti che devono essere ridotti.
Ombre a mappa La funzione principale di un’ombra a mappa consiste nel creare ombre regolari. Si tratta di un effetto più realistico di quello ottenuto con il ray-tracing ma può essere difficile da ottenere perché è necessario mantenere il delicato equilibrio dei parametri delle mappe. La proiezione delle ombre con le mappe richiede memoria ma ha un rendering più veloce di quello del ray-tracing, soprattutto all’interno di un modello complesso. D’altra parte le mappe richiedono un certo tempo di preparazione e un costante riscontro per garantirne accuratezza e adeguatezza. Nella realtà l’irregolarità di un’ombra è il prodotto della vicinanza dell’oggetto rispetto alla superficie sulla quale proietta l’ombra: quella proiettata dai montanti di una finestra in una stanza è molto regolare, mentre la sedia che si trova sotto la stessa luce ne proietta una molto irregolare. A causa di questa caratteristica si può presentare la necessità di utilizzare varie luci per proiettare le ombre, che abbiano effetti diversi in modo da rendere più realistica una scena. La maggior parte dei profani non noterà l’effetto realistico, perché per loro la definizione di un’ombra è una forma irregolare e netta proiettata dall’oggetto. Se non è possibile analizzare l’ombra, per esempio in un’animazione, gli effetti raffinati che sono stati ottenuti con le ombre regolari vanno persi.
Dimensioni delle mappe di ombreggiatura e qualità dell’ombra Le dimensioni della mappa costituiscono il fattore più critico e dispendioso nella produzione di un’ombra corretta. Il renderizzatore crea una bitmap quadrata rispetto alle dimensioni indicate dal parametro Map Size. Il costo di questa mappa in termini di memoria è di quattro byte per pixel: una mappa di 500 righe richiede 500x500x4=1MB di RAM. La mappa poi viene estesa alle dimensioni degli oggetti che proiettano le ombre con il cono di falloff della luce e riproiettata sulle superfici riceventi. Poiché la mappa dell’ombra in realtà è una bitmap, se non è almeno delle dimensioni della zona di rendering, l’ombra comincia a oscillare e forma bordi frastagliati. Maggiore è l’estensione dell’oggetto che proietta l’ombra, più la mappa dell’ombra viene allargata e più alta deve essere la sua risoluzione per mantenere un bordo privo di alias. È possibile limitare le dimensioni delle zone di mappatura e quindi le dimensioni della mappa di ombre richiesta, riducendo il falloff del riflettore. È anche possibile diminuire l’estensione della mappa disattivando l’attributo di proiezione delle ombre di oggetti distanti.
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L’opzione periferica risulta molto utile per le mappe di ombreggiatura perché l’effetto di queste può essere localizzato senza creare chiazze di luce distinte.
Bias di mappe e precisione Il valore Map Bias viene utilizzato principalmente per correggere l’imprecisione intrinseca che le mappe di ombreggiatura presentano nell’impegnare gli oggetti che le proiettano. Al diminuire del valore di bias, aumenta la vicinanza dell’ombra all’oggetto. In generale è consigliabile attribuire a Map Bias valore 1.0 per modelli architettonici e 3.0 per lavori di design televisivo. È molto importante non utilizzare tali valori senza averli prima provati nella scena. Le esigenze di ogni modello, e anche di ogni riflettore, variano a seconda dell’angolo e della distanza della luce e dalla risoluzione di output finale. Anche le dimensioni della proiezione di ombre della scena costituiscono un fattore rilevante nella precisione dell’impegno delle mappe di ombreggiatura.
Intervallo campione della mappa (Map Sample Range) e regolarità dei bordi (Edge Softness) Il valore Map Sample Range serve a controllare la regolarità del bordo dell’ombra: a valori più alti corrisponde una maggiore regolarità del bordo. Il programma campiona più del bordo circostante e sfuma il risultato per creare un bordo regolare, la cui qualità e precisione sono il risultato dell’equilibrio tra bias, dimensioni e intervallo campione della mappa. I valori campione sono direttamente proporzionali alla regolarità dell’ombra. Lo stesso vale per il tempo necessario per il rendering di queste ombre perché il programma effettua la media di vari campioni su una zona più ampia della bitmap dell’ombra. Questi valori sono specifici della risoluzione, delle dimensioni della mappa bias, della distanza del riflettore e delle dimensioni della scena dati; valori difformi variano proporzionalmente. Il fatto che l’ombra non diventi più regolare quando cade lontano dall’oggetto può costituire un elemento di disturbo. Nella realtà l’ombra è più netta laddove l’oggetto tocca la superficie che la riceve e più regolare nel punto più lontano. Tuttavia 3DS MAX non compie questa operazione in modo spontaneo. Quando i risultati richiedono immagini ad alta risoluzione che possono essere esaminate in termini di tempo, si può presentare un problema e sarà necessario prestare molta attenzione nella scelta fra raytracing e mappe di ombreggiatura. Ogni oggetto dispone di funzioni di esclusione delle ombre all’interno delle definizioni degli attributi. Quando tali attributi sono combinati con le funzioni di esclusione delle luci, la possibilità di creare effetti speciali di illuminazione diventa importante. Per ogni luce è possibile stabilire se gli oggetti proiettano o ricevono le ombre (figura 19.5). L’utilizzo di questi attributi è unico per ogni modello ma è necessario ricordare che non consente un risparmio di tempo di rendering. Questo è vero soprattutto per gli oggetti che occupano un’ampia porzione della scena, come piani terrestri, pareti e soffitti. Nella maggior parte dei casi questi oggetti non devono proiettare ombre e i soffitti non ne ricevono. La disattivazione degli attributi opportuni consente un notevole risparmio
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CAP.19 di tempo di rendering e rende molto più precise le mappe di ombreggiatura. Le ombre sono molto importanti ma troppe ombre si rivelano superflue o generano confusione. A questo proposito una selezione accurata della posizione in cui vengono proiettate migliora i tempi di rendering e il realismo della scena. Oltre a proiettare ombre, le luci hanno un’altra funzione utile, quella di proiettare un’immagine.Proiezione di immagini
Proiezione di immagini Le luci Spot e Directional proiettano immagini e materiali animati come un proiettore di diapositive/pellicole, offrendo in più la possibilità di creare molti effetti speciali. I colori dell’immagine proiettata si miscelano con quelli della luce riducendone la quantità a seconda dei valori di luminanza dei colori di bitmap. Il nero blocca tutta la luce mentre il bianco non ne trattiene alcuna. Le luci di proiettore sono utilizzate tradizionalmente in ambito teatrale e nel design dell’illuminazione di interni. Uno degli effetti più classici si verifica quando l’immagine è opaca (nero su bianco) e invece di un’ombra proietta un’altra immagine. Quando viene utilizzata a questo scopo, la luce di proiettore viene spesso chiamata paraluce. L’implicazione di ombre proiettate con questa tecnica in 3DS MAX può generare effetti notevoli che hanno un impatto positivo sulla memoria (figure 19.11 e 19.12).
■ Figura 19.11 Un’immagine paraluce per la bitmap di un proiettore.
Luci proiettate Le luci spot e direzionali possono proiettare un’immagine quando è attivata l’opzione Projector a esse relativa. Facendo clic sul pulsante Assign si apre la finestra Material/Map Browser di Material Editor (figura 19.13). Da questa è possibile scegliere un canale di mappa definito in Material Editor (editor materiali), la scena, una libreria, o definirne una nuova. Dopo che un canale di mappa è stato selezionato, il suo nome viene etichettato sul pulsante Map della luce. Facendo clic su questo pulsante è possibile assegnare il canale a uno slot specifico in Material Editor slot, per l’eventuale regolazione. È anche possibile recuperare da Material Editor mappe proiettate già utilizzate nella scena, scegliendole da questa.
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■ Figura 19.12 Luce di composizione creata dalla proiezione di “ombre” con una luce di proiettore.
■ Figura 19.13 La finestra Material/Map Browser.
Quando la mappa animata è del tipo immagine di proiettore, quando viene eseguito il rendering di un intervallo di fotogrammi ognuno di essi è mostrato in sequenza. Il proiettore di diapositive diventa quindi un proiettore di pellicola. L’animazione può consistere in un file animato come il file AVI, una sequenza di file in un paraluce o nel risultato di parametri animati nel canale di mappa prescelto.
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CAP.19 La bitmap proiettata viene allargata in modo che si adatti ai limiti del falloff del riflettore. Per un riflettore circolare la bitmap è allargata fino al quadrato circoscritto al cerchio e l’immagine viene ritagliata dal cerchio. È possibile far corrispondere il rapporto prospettico delle luci rettangolari a quello dell’immagine proiettata con l’opzione [Bitmap Fit]. Quando l’opzione Projector viene utilizzata insieme a Overshoot, l’immagine rimane limitata alle dimensioni del falloff. Questo bordo però produce un effetto aliasing se il colore del bordo dell’immagine proiettata (cioè lo sfondo) blocca il colore del riflettore. Il bianco non si mescola mai in modo additivo ed è quindi il colore ideale per lo sfondo di un’immagine, finché la luce ha un moltiplicatore positivo.
L’inclusione di un perimetro bianco largo un pixel nelle bitmap proiettate evita l’effetto aliasing che si verifica quando al riflettore che proietta è associata l’opzione periferica.
Regolazione della proiezione di luci Il limite di falloff di una luce di proiettore è del tutto simile a un’icona Planar Projection: le proporzioni e la rotazione della bitmap sono stabilite dalla posizione del limite, che presenta una piccola linea verticale indicante la parte superiore di una proiezione. Le proporzioni di un riflettore circolare sono fisse ma quelle di un riflettore rettangolare possono essere regolate con i comandi Aspect o Bitmap Fit della luce. Quando un’immagine viene proiettata deve essere attivata l’opzione Bitmap Fit perché è la più semplice, la più accurata e la più pertinente (figura 19.14). Selezionare un riflettore rettangolare e accedere al comando Bitmap Fit. Dopo che la bitmap, ossia l’immagine proiettata, è stata selezionata, altezza e larghezza del rettangolo della luce vengono modificate in modo da corrispondere all’immagine.
■ Figura 19.14 Bitmap Fit stabilisce le dimensioni di un riflettore di proiezione in modo tale che si adatti all’altezza e alla larghezza di una bitmap.
L’immagine proiettata può essere ruotata e la sua rotazione può anche essere animata, con l’impostazione materiale della mappa di proiettore in Material Editor.
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Configurazione dell’ambiente Nei paragrafi che seguono verranno descritte le funzioni della finestra ENVIRONMENT di 3DS MAX. L’utilizzo di Environment consente di creare effetti e atmosfere che accrescono il realismo della scena con l’ausilio di illuminazione volumetrica, nebbia standard, a strati e volumetrica e combustione. Questi controlli atmosferici producono una vasta gamma di effetti: nebbia, foschia, fuoco, fumo e raggi di luce pulviscolare. Tutti gli effetti atmosferici sono attivi soltanto nelle viste Perspective e Camera e alcuni esclusivamente nelle Camera.
Impostazione dello sfondo Lo sfondo può comprendere un colore solido o materiale. La selezione della tavolozza dei colori nella finestra di dialogo RENDERING/ENVIRONMEN t consente l’accesso al selettore di colori di 3DS MAX, che garantisce un preciso controllo del colore dello sfondo. La scelta di un nuovo colore non impedisce di salvare l’informazione del canale alfa. Per evitare l’effetto aliasing dell’immagine con lo sfondo, aggiungere la riga DontAntialiasAgainstBackground = 1 al di sotto della sezione [Renderer] del file 3dsmax.ini. L’eliminazione dell’effetto aliasing è utile per il rendering degli sprite rispetto a uno sfondo solido o per creare una grafica illimitata per il Web, trascurando lo sfondo estraneo. Se non esiste una sezione [Renderer], aggiungerne una. La selezione di un’immagine di sfondo è simile all’utilizzo di una mappa di proiezione per luci. Selezionare il pulsante Environment Map Assign per aprire l’elenco MATERIAL/MAP di 3DS MAX.. A partire da questo punto è possibile creare una mappa personalizzata oppure applicarne una esistente.
Luci volumetriche La luce volumetrica consente di riempire con particelle un cono di luce, in modo tale da rendere visibili il raggio o l’alone. Nella computer grafica tale fenomeno è noto sotto il nome di illuminazione volumetrica, e quando le ombre interrompono il cono, di ombreggiatura volumetrica. Questo effetto si applica agli oggetti luminosi della scena attraverso la sezione Atmosphere della finestra ENVIRONMENT. Un’atmosfera può essere assegnata a diverse luci e si possono utilizzare diverse luci Volume per controllare l’effetto localizzato. Alle luci Volume corrisponde una vasta gamma di parametri che possono modificare notevolmente l’aspetto della luce. Colore, densità, luminosità e oscurità volumetriche, attenuazione e disturbo di una luce sono tutti attributi facilmente regolabili nella finestra di dialogo ENVIRONMENT di 3DS MAX. Per utilizzare le luci volumetriche si deve stabilire prima di tutto un oggetto luminoso. Poi viene aggiunta la luce volumetrica alla finestra di dialogo ENVIRONMENT e infine può essere assegnata una luce o una serie di luci alle impostazioni della luce volumetrica.
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CAP.19 All’impostazione di una luce volumetrica si possono attribuire varie luci, ma i risultati migliori si ottengono quando non tutte le luci hanno gli stessi parametri. L’ordine in cui vengono stratificati gli effetti della luce volumetrica nella finestra di dialogo ENVIRONMENT influisce sul rendering corrispondente (figura 19.15). Tale ordine è stabilito con i comandi Move Up e Move Down. Gli effetti elencati al fondo della lista sono stratificati davanti a quelli che compaiono all’inizio. L’accurato posizionamento degli effetti atmosferici nella stratificazione contribuirà a evitare situazioni indesiderate, in cui una luce volumetrica sullo sfondo risulta avanzata rispetto a una in primo piano. Diversi sono i parametri importanti che condizionano l’aspetto generale della luce: prima di tutto il colore che influisce su tutte le altre caratteristiche. Il bianco è il colore di default ma non è sempre il più adatto. Il colore di una luce volumetrica deve essere considerato una componente nel quadro generale dell’illuminazione. L’uso appropriato del colore può influire pesantemente sull’atmosfera della scena. La luce volumetrica è una luce aggiuntiva e il colore del bagliore della luce modifica il colore originario di un oggetto a seconda dell’intensità del bagliore stesso.
■ Figura 19.15 I parametri delle luci volumetriche sono disponibili nella finestra di dialogoEnvironment.
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Oltre il colore altri parametri importanti per il controllo dell’aspetto della luce volumetrica sono Density, Max Light e Min Light. Density serve a regolare la densità della luce: al crescere di questo valore aumenta l’opacità complessiva della luce. In natura una luce molto densa si trova in condizioni atmosferiche dense, come per esempio la nebbia. A meno quindi di desiderare questo effetto, è opportuno mantenere basso il valore di questo parametro. Il valore di default è 5, ed è consigliabile rimanere nell’intervallo compreso tra 2 e 6. I parametri Max Light e Min Light sono utilizzati per controllare il modo in cui la luce si disperde. Max Light regola il bagliore “più bianco” della luce mentre Min Light controlla il bagliore minimo. Se Min Light è maggiore di 0 crea un bagliore in tutta la scena, analogamente a quanto avviene con la luce Ambient. Al valore 100 di Max Light corrisponde una luminosità non superiore a quanto indicato dal parametro Density. Per aumentare la luminosità del bagliore è necessario incrementare la densità. Alla luce volumetrica si può inoltre aggiungere disturbo (Noise) che dà l’impressione di un ambiente più polveroso. Quando il parametro Noise è attivato, si rendono disponibili altri parametri, come Amount, Uniformity, Size, Phase, Wind Strength e Wind Direction. I parametri Amount e Size indicano la quantità e le dimensioni del disturbo. Uniformity indica se il disturbo corrisponde a una foschia uniforme o a una turbolenza irregolare. Gli altri parametri, Phase, Wind Strength e Wind Direction servono a regolare l’aspetto della Volume quando questa è animata. Wind Direction indica la direzione del vento, mentre Phase e Wind Strength sono interdipendenti: il primo è il valore che viene animato ma il movimento del disturbo dipende da Wind Strength. Se non esiste Wind Strength, Phase si limita a un effetto di ribollio, senza una direzione precisa. Quando invece Wind Strength è attivo, la luce volumetrica sembra composta da particelle che si muovono seguendo Wind Direction. Un buon esempio di disturbo animato in una Volume è envlite2.max (figura 19.16) nella directory SCENES di 3D Studio MAX. Tutte le scene che cominciano con ENV sono file da esplorare per il controllo delle caratteristiche ambientali.
Nebbia e nebbia volumetrica (Fog e Volume Fog) 3DS MAX dispone di diversi tipi di nebbia, tutti simili ma con usi distinti (figura 19.17): ■ Standard Fog (nebbia standard). Standard Fog di 3DS MAX è l’opzione più semplice da impostare e dà alla scena un effetto atmosferico generale. La profondità di Standard Fog è regolata dagli intervalli ambientali della cinepresa. Standard Fog può utilizzare un materiale per il colore della nebbia, e dispone di una vasta gamma di colori e composizioni. È anche possibile applicare una mappa dell’opacità che fornisce una densità irregolare della vista. I valori Near % e Far % hanno un effetto inverso sulla nebbia rispetto a Volume Lights. Con Fog la visibilità è nulla oltre il 100%. Ciò significa anche che, senza una geometria di sfondo, la nebbia ha un rendering del 100% e risulta in un colore solido. Quando è attivato Exponential la velocità del passaggio da 0% a 100% è esponenziale e l’aspetto della nebbia cambia drasticamente.
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CAP.19 ■ Figura 19.16 Envlite2.max - Disturbo luce volumetrica.
■ Figura 19.17 ImpostazioniStandard/ Layered Fog.
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Layered Fog (nebbia stratificata). Un’atmosfera di Layered Fog consente di definire uno strato mobile di nebbia fisso in una posizione, indipendentemente dalla posizione della cinepresa. Lo strato è sempre parallelo al quadrante Top ma è possibile controllarne i punti di inizio e fine in senso verticale con i parametri Top e Bottom. Tali valori si riferiscono a distanze unitarie lungo l’asse e la posizione verticali e sono fissi per ogni scena. La posizione della Layered Fog non è fissa. È possibile ottenere l’effetto della nebbia che si leva animando i parametri Top e Bottom. Anche tutti gli altri parametri sono animabili, utilizzando il comando Animate. Variandone la densità si ottiene tutta una serie di tipi di nebbia, da una leggera foschia al muro di nebbia completamente opaco. La Layered Fog ha una densità uniforme corrispondente al 50% del colore dell’oggetto ed è possibile ottenere densità irregolari utilizzando una mappa di opacità.
Alla Layered Fog corrisponde un orizzonte chiaro e diritto. Questo effetto è utile quando l’orizzonte è lontano ma può risultare innaturale. In scene che presentano un orizzonte poco distinto è opportuno aggiungere un disturbo che confonda l’orizzonte. ■
Volume Fog (nebbia volumetrica). Questo tipo di nebbia è utile nella creazione di nuvole animate che possono muoversi o essere attraversate (figura 19.18), con un effetto tridimensionale realistico che varia nello spazio e nel tempo. Volume Fog viene regolata in modo analogo ad altri tipi di nebbia e al disturbo volumetrico. Wind Strength regola la velocità del vento e viene utilizzato insieme con un parametro fase animato per creare il movimento.
■ Figura 19.18 ImpostazionidiVolume Fog.
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CAP.19
Combustione (Combustion) Combustion, originariamente un plug-in scaricabile, fa ora parte della versione 1.1 di 3DS MAX. Si tratta di un effetto atmosferico utilizzabile nella creazione di fuoco, fumo ed esplosioni. Poiché non è un effetto di particelle e non genera geometria, richiede meno memoria di altri tipi di effetto. Combustion utilizza un apparato atmosferico, che può essere una sfera o una semisfera, e che contiene l’effetto di combustione. Dimensioni e altezza dell’apparato possono essere animate nel corso del tempo consentendo perciò l’innalzamento o la scomparsa delle fiamme, nonché il loro spostamento nella scena. Più apparati possono utilizzare lo stesso effetto di combustione e diverse configurazioni di combustione. Combustion utilizza un generatore di numeri casuale per ogni apparato, in modo da creare l’effetto di casualità, ma può anche essere riprodotto esattamente utilizzando lo stesso valore di seme. Un apparato atmosferico è un oggetto fisico che si trova nella sottocategoria Atmosphere Apparatus del pannello di comandi CREATE/HELPERS (figura 19.19). L’apparato può essere una sfera o una semisfera a seconda dell’effetto desiderato. Gli apparati possono essere scalati in modo non uniforme in termini di dimensioni e possono anche essere animati, con l’effetto di far “crescere” le fiamme o di dare potenza ai motori di un razzo.
■ Figura 19.19 Creazione di un Atmospheric Apparatus.
Analogamente ad altri effetti atmosferici anche questo può essere facilmente animato modificando nel tempo il valore Phase. Gi effetti di Combustion si verificano in un ordine specifico. L’effetto dei valori Phase cambia a seconda che Explosion sia o meno attivato. Quando è attivo, i valori di fase compresi tra 0 e 100 costituiscono l’avvio dell’effetto, che cresce fino alla piena intensità corrispondente al valore 100. L’intervallo compreso tra 100 e 200 corrisponde al periodo di distruzione causata dal fuoco in seguito all’esplosione e alla sua trasformazione in fumo. Le fasi nell’intervallo tra 200 e 300 indicano il momento in cui il fumo si disperde e la combustione è completa. Quando Explosion non è attivata il valore di Phase regola la velocità alla quale si muove la fiamma (figura 19.20). L’animazione dei valori di fase di una fiamma deve essere lineare, cioè i valori non devono subire un’accelerazione nel corso del tempo ma mantenere velocità costante.
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Tuttavia le esplosioni devono giungere rapidamente al valore 100 e poi scemare gradatamente fino a 300. Informazioni dettagliate sulle numerose funzioni di Combustion sono reperibili nella guida in linea di 3D Studio MAX 1.1.
■ Figura 19.20 Impostazionedi Combustion.
Combustion può essere impostata come Fire Ball (palla di fuoco), in cui non si distinguono una parte inferiore e superiore, oppure come Tendril (scia), che simula una fiamma normale. Fire Ball costituisce una buona soluzione in caso di esplosioni e ha un buon effetto se utilizzata in concomitanza con altri apparati emisferici. Envxplod.max (figura 19.21) è un buon esempio di esplosione Combustion animata. Questo file, come env_burn.max e env_fire.max, entrambi esemplificativi di un fuoco animato, si trovano nella directory SCENES o nel CD di 3DS MAX.
Combustion non è una sorgente luminosa e non emette una luce tremolante come quella di un fuoco vero. Per completare l’effetto sono ancora necessarie le sorgenti luminose animate.
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CAP.19 ■ Figura 19.21 Env_fire.max è un esempio di combustione a fiamma.
Suggestioni La creazione delle suggestioni costituisce una vera e propria sfida. Spesso un ambiente suggestivo non viene registrato e poi ricordato per le sue specifiche caratteristiche ma piuttosto come una sensazione ed è proprio questa la difficoltà, perché la creazione delle suggestioni giuste richiede un profondo spirito di osservazione, grazie al quale si possono cogliere gli elementi distintivi dell’atmosfera.
Raggi luminosi e bagliori I raggi del sole che attraversano una finestra e il tenue bagliore diffuso dalla luce in una strada sono solo due esempi dell’effetto che l’atmosfera luminosa produce nel mondo reale. Senza atmosfera la luce si limiterebbe a illuminare gli oggetti, perché priva dell’elemento che la riflette. Per esempio, in una stanza condizionata atmosfericamente, la luce sarebbe piatta per mancanza di polvere e di umidità. Questi elementi, per quanto effimeri, sono importanti nella creazione di un mondo realistico. L’illuminazione volumetrica di 3DS MAX facilita il compito di aggiungere a una scena raggi luminosi e bagliori. Abbassando la densità e mantenendo un largo intervallo di attenuazione è possibile creare il bagliore della strada. Un riflettore o una luce direzionale possono aggiungere un raggio luminoso, da cui proiettare le ombre.
Fumo, foschia e bruma L’utilizzo opportuno della nebbia può dare un tocco di atmosfera in più, altrimenti difficile da ottenere con l’uso di luci e composizione. Fumo, foschia e bruma smorzano la scena e tendono ad amalgamarne i diversi elementi. La nebbia volumetrica animata può
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generare nebbia e nuvole realistiche utilizzabili per dare profondità alla scena, oltre alla sensazione che questa appartenga a un mondo più grande. Certo la nebbia può soffocare la scena, coprendo tutto con una coltre bianca, sbiadendo il colore e i particolari come se cancellasse le forze che la compongono. Ma con un po’ di attenzione e di tempo la nebbia può contribuire al senso e alla suggestione naturale dell’animazione.
Effetti di radiosity Quando le luci omnidirezionali vengono utilizzate con esclusione e intervalli costituiscono la fonte luminosa ideale per simulare radiosity ed ereditare colore. Questo approccio rallenta il processo di rendering più di quanto non avvenga regolando il valore del colore circostante del materiale, ma crea un effetto molto realistico. L’utilizzo di questa tecnica richiede un’attenta osservazione dell’ambiente luminoso. Nel mondo reale la luce spesso decresce in certe zone, come sotto tavoli e sedie, e in angoli di stanze scarsamente illuminate. L’impiego di un moltiplicatore negativo e di una luce omnidirezionale attenuata consente di ritagliare tali zone pur mantenendo un valore più brillante e intervalli di attenuazione estesi per illuminare zone più vivide.
Illuminazione con impianti fissi Nel simulare situazioni di illuminazione reale è necessario prestare attenzione al modo in cui le lampade proiettano la luce. Un errore diffuso consiste nell’accentuare un effetto di illuminazione proiettando una luce troppo netta. In generale la luce non ha questo effetto e risulta molto più diffusa, tenue, senza chiazze definite. I tecnici delle luci e gli architetti considerano con grande cura la posizione e le distanze di un impianto di illuminazione in modo da evitare spot, frastagliature o chiazze isolate. Gli impianti vengono prodotti espressamente perché la luce sia distribuita in modo uniforme e senza riquadri. Questi effetti richiedono un grande sforzo non solo nel mondo reale ma anche in quello di 3DS MAX.
Impianti luminosi interni Risulta spesso necessario, soprattutto in rendering architettonici, simulare l’illuminazione di un interno. In questi casi l’aspetto realistico, pur richiedendo uno sforzo in termini di tempo, può essere raggiunto in modo soddisfacente. La maggior parte dei tecnici dell’illuminazione ne ricerca l’uniformità in quasi tutta la scena per riservare l’effetto luminoso più forte a quei particolari architettonici o opere d’arte su cui vogliono attirare l’attenzione, oppure per creare una luce con un proprio disegno. L’accentuazione delle fonti luminose e del loro effetto è molto diffusa nei rendering. Il semplice fatto che una fonte luminosa esista non significa che il suo effetto sia del tutto ovvio. Le luci ad incasso sono un tipico esempio di questa tendenza. Molti modellatori si sforzano di mostrare gli effetti di ogni luce e a tale scopo la rendono spesso forte, con spot netti. Ne risultano chiazze di luce, una caratteristica che serve a sottolineare certi oggetti, ma che generalmente viene considerata di scarsa efficacia nel quadro dell’illuminazione
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CAP.19 complessiva. Il modo corretto per illuminare una scena consiste nell’utilizzare luci soffuse di ampia portata che si sovrappongono dolcemente e le cui chiazze non sono particolarmente distinguibili.
Contrafforti e frastagliature I contrafforti sono elementi di illuminazione che richiedono l’accentuazione degli effetti. Queste luci indirette sono spesso utilizzate per creare chiazze frastagliate su una parete quando illuminano il soffitto, allo scopo di illuminare indirettamente quella zona della stanza facendo rimbalzare la luce dal soffitto. Poiché le luci di 3DS MAX non compiono automaticamente tale operazione (resa possibile da un renderizzatore di radiosity), l’effetto deve essere simulato (figura 19.22).
■ Figura 19.22 Frastagliature luminose dovute a riflettori con spot variabili.
La qualità della frastagliatura dipende dalle dimensioni dello spot e non dall’intensità del riflettore. Questi effetti non richiedono l’uso delle ombre né dell’attenuazione. Spesso si ritiene erroneamente che tali effetti richiedano che il falloff superi le dimensioni dell’impianto e proietti un’ombra per formare il taglio; ciò produce un bordo irregolare e richiede molto più tempo per il rendering. In realtà questo è necessario soltanto quando l’impianto è trasparente o traslucido e quindi bisogna proiettare le ombre del perimetro relativo. Poiché in 3DS MAX la luce non può essere riflessa, la simulazione di una luce rimbalzata (radiosity) richiede un’altra fonte luminosa.
Fonti luminose lineari Lo spot rettangolare e le luci direzionali forniscono un metodo per simulare l’illuminazione di fonti lineari come le luci fluorescenti. Quando vengono rese rettangolari e sono ILLUMINAZIONE E ATMOSFERA
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accuratamente regolate rispetto ad attenuazione e falloff, queste luci possono simulare piuttosto bene quelle lineari. L’illuminazione delle luci direzionali risulterà forte rispetto a quella del riflettore, che è ulteriormente regolata grazie al fatto che è una fonte puntiforme. La scelta della fonte dipende dall’effetto desiderato. Per una illuminazione più uniforme è opportuno ricorrere alle luci direzionali.
Simulazione di insegne luminose Le insegne luminose sono oggetti che gli utenti devono spesso simulare. Ma prima di modellare la mesh e di posizionare le luci è necessario valutare attentamente l’illuminazione della scena dovuta all’insegna. In generale le insegne sono fatte per essere lette e la caratteristica fondamentale che le rende leggibili è il contrasto, creato a partire dal colore e dall’illuminazione: ecco perché molte insegne non illuminano la parete su cui sono poste, per proiettare invece la luce oltre questa. I bordi o le pareti laterali di molte insegne sono opachi e la parte posteriore del tubo di neon viene dipinta di nero in modo da evitare che proietti la luce sul suo campo e da diminuirne, se non eliminarne, il contrasto. Consideratene le esigenze, il materiale di tipo autoilluminato può essere utilizzato nelle insegne con buoni risultati. L’oggetto sembra risplendere perché non ha ombreggiatura circostante e non proietta luce nella zona che lo circonda. Per migliorare ulteriormente l’effetto, è possibile utilizzare il filtro Glow contenuto in Video Post, che aggiunge un alone intorno alla fonte luminosa, contribuendo ad arricchire l’atmosfera. Se l’insegna non è addossata a una parete o è isolata su una facciata, è già completa: non è necessario che proietti alcuna luce se non ci sono elementi a riceverla. Se invece si trova vicino a un altro piano, richiede la creazione di altre fonti luminose che completino l’illusione dell’autoilluminazione.
Insegne autoilluminate La forma più diffusa di insegna luminosa è l’insegna autoilluminata. In generale si trova sotto forma di lettere isolate con facce traslucide che proiettano luce colorata (figura 19.23). A partire da un testo determinato, l’utilizzo di materiali autoilluminati (illuminati all’85% per cominciare) e di Glow consente di ottenere una semplice autoilluminazione senza effetti speciali.
Insegne retroilluminate Un forma di insegna che illumina il piano su cui è montata è la insegna retroilluminata, che proietta la luce dal retro delle lettere su un piano, ponendo il testo in uno scorcio luminoso. In realtà è facile creare questo effetto utilizzando l’opzione di esclusione del riflettore, che esclude il testo e illumina la parete (figura 19.24).
Simulazione di insegne al neon Una delle forme più interessanti di illuminazione è quella al neon. Le curve e le forme possibili e i colori intensi emessi ne fanno un effetto diffusamente simulato. D’altro canto
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CAP.19 costituisce spesso un problema per i modellatori. Guardando una luce al neon da vicino si noterà che proietta ben poca luce propria. Le lettere sono piuttosto brillanti ma la luce proiettata può essere descritta soltanto come un bagliore saturo, effetto che ne facilita la simulazione (figura 19.25).
■ Figura 19.23 Simulazionediinsegna autoilluminata.
■ Figura 19.24 Simulazionediinsegna retroilluminata.
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■ Figura 19.25 Simulazionediun’insegna al neon.
La figura precedente illustra una tecnica applicabile alle insegne al neon di dimensioni regolari ma non a quelle di forma irregolare. La simulazione delle luci di questo tipo, a strisce o a forma libera, è facilitata dall’utilizzo di Glow. Nella figura 19.26 compare un esempio dell’uso di Glow in una luce di forma libera. Utilizzando un canale di effetti materiali e una forma loft, diventa facile creare luci al neon di questo tipo.
■ Figura 19.26 Insegna al neon di forma libera, ottenuta utilizzando Glow.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.19
Riepilogo ■
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Illuminazione a triangolo. Per molte scene questo stile di illuminazione costituisce lo strumento per ottenere un buon effetto. Per scene più grandi è necessario spostare le luci lontano dagli oggetti: si diffonderà così in tutta la scena l’intensità luminosa, e si elimineranno gli spot. Attenuazione. Costituisce il punto di partenza per una buona illuminazione della scena. Sono davvero poche le luci che illuminano gli oggetti lontani e l’utilizzo dell’attenuazione è essenziale nella simulazione di tale effetto. Ombre: ray-tracing e mappe di ombreggiatura. In entrambi i casi ci sono vantaggi e svantaggi e la scelta di uno dei due dipende dalla valutazione di tali fattori. Il ray-tracing è più facile da impostare e proietta un’ombra più precisa, ma richiede più tempo per il rendering e presenta sempre bordi increspati. Le mappe di ombreggiatura danno ombre con bordi regolari e richiedono meno tempo di rendering ma consumano più memoria e presentano diverse impostazioni che devono essere controllate per consentire un effetto realistico. Proiezione di immagini. Riflettori e luci direzionali dispongono della funzione di proiettare immagini, utile in molti casi, come per esempio la simulazione di un proiettore cinematografico e la proiezione di ombre complesse. Luci volumetriche. Queste luci servono a creare atmosfera in una scena e dispongono di una vasta gamma di funzioni. È possibile ottenere luci di nebbia, polvere e foschia, tutte utilizzabili per eliminare il bordo irreale di una scena 3D. Illuminazione con apparecchiature. Per ottenere effetti realistici è necessario creare anche le apparecchiature di illuminazione per posizionare fisicamente le luci nello spazio tridimensionale. Senza tali apparecchiature la luce di una scena sembra provenire dal nulla e spesso l’osservatore percepisce l’irrealtà della situazione. Prestando attenzione all’aspetto realistico dell’apparecchiatura di illuminazione se ne riproduce l’effetto.
ILLUMINAZIONE E ATMOSFERA
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CAP.20
CAPITOLO 20
Cineprese e impostazione delle riprese
La cinepresa è l’asse portante dell’animazione. Senza una cinepresa è ancora possibile animare gli oggetti all’interno di una scena ma in questo caso bisognerebbe rappresentare l’animazione da una finestra piana sinistra, destra, frontale, superiore. Con le cineprese, davanti all’animatore si apre un intero mondo cinematografico che fornisce la capacità di provare lenti focali, movimento di macchina e altri effetti, tutti descritti nel presente capitolo. 3D Studio MAX offre alcuni dei migliori strumenti per operare con le cineprese, che consentono agli animatori di creare un’animazione talmente efficace da competere con quella hollywoodiana. Con 3DS MAX un animatore può controllare tutte le funzioni della cinepresa, dalla creazione alla risoluzione dell’output. In questo capitolo verranno trattati gli argomenti di seguito elencati: ■ creazione di un oggetto cinepresa; ■ importanza del nome della cinepresa; ■ collocazione della cinepresa; ■ spostamento della cinepresa; ■ utilizzo dei piani di ritaglio; ■ simulazione di tecniche di ripresa. Ma per diventare uno Spielberg o un Orson Welles è necessario conoscere i principi della creazione e della collocazione di una cinepresa in 3DS MAX. CINEPRESE E IMPOSTAZIONE DELLE RIPRESE
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Impostazione delle cineprese La creazione di una cinepresa è un procedimento semplice: fare clic sul pulsante della categoria Camera (indicato dall’icona cinepresa) nel pannello CREATE, fare clic sul tipo di cinepresa prescelto nella tendina OBJECT TYPE e quindi fare clic (per una Free Camera, cinepresa libera) o trascinare (per una Target Camera, cinepresa destinazione) in una finestra. La cinepresa viene posizionata nel punto in cui è avvenuto il clic o cominciato il trascinamento. Dopo essere stata creata, la cinepresa può essere regolata in due modi: utilizzando le trasformazioni standard Move e Rotate applicate alla cinepresa oppure i pulsanti di navigazione della cinepresa con la finestra cinepresa.
Creazione di oggetti cinepresa In 3D Studio MAX sono disponibili due tipi di cinepresa: le cineprese Target e Free, ciascuna delle quali presenta punti deboli e di forza. Le cineprese Target comprendono due oggetti: la cinepresa e la destinazione. La cinepresa rappresenta l’occhio dell’osservatore mentre la destinazione indica il punto che viene osservato. L’una e l’altra possono essere trasformate indipendentemente ma la cinepresa può puntare soltanto alla propria destinazione. Per creare una cinepresa Target eseguire le operazioni che seguono: 1. fare clic sulla categoria Camera nel pannello C REATE; 2. fare clic su Target nella tendina OBJECT TYPE; 3. in una vista Top, fare clic con il mouse sulla posizione in cui deve essere collocata la cinepresa e quindi trascinare e rilasciare nella posizione della destinazione. Per default le cineprese Target tendono a mantenere il vettore alto (l’asse Y locale della cinepresa) allineato con l’asse Z globale. Creando la cinepresa Target in una vista superiore la cinepresa viene impostata con l’allineamento iniziale corretto e i risultati sono prevedibili. Se invece si utilizzano altre viste, dove è facile impostare la cinepresa in modo che punti direttamente in alto o in basso, la macchina può subire rotazioni impreviste. Le cineprese Target sono preferibili nelle operazioni a carattere generico. La capacità di trasformare sia la cinepresa sia la destinazione garantisce la massima flessibilità nell’impostazione e nell’animazione delle viste della cinepresa. La tendenza della cinepresa Target a orientarsi con l’asse Z globale inoltre corrisponde a quanto accade nelle cineprese reali. Le cineprese Free sono costituite da un unico oggetto, la cinepresa. Dato che le cineprese Free non hanno destinazione, definiscono il punto a cui mirano come distanza arbitraria lungo l’asse Z locale negativo. Per creare una cinepresa Free, eseguire le operazioni che seguono: 1. fare clic sulla categoria Camera nel pannello C REATE; 2. fare clic su Free nella tendina OBJECT T YPE; 3. fare clic in una finestra per creare la cinepresa Free. La cinepresa Free viene posta nella scena con il sistema di coordinate Local allineato con il sistema di coordinate del piano di costruzione attuale. Dato che la linea di vista di questa cinepresa si trova lungo il suo asse Z locale negativo, la corrispondente vista di default
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CAP.20 guarda sempre nel piano di costruzione. Per esempio una cinepresa Free creata in una vista superiore guarda verso il basso e una creata in una vista sinistra guarda a destra. Non avendo una destinazione le cineprese Free sono più difficili da impostare e da dirigere di quanto non siano le Target; le cineprese Free non riconoscono assolutamente la direzione verso l’alto. Il problema di non riconoscere tale direzione è anche il vantaggio di questa cinepresa: essa infatti non è limitata dai vincoli rotazionali dovuti alla necessità di mantenere un vettore-alto come accade nelle cineprese Target. Le cineprese Free sono più adatte all’animazione complessa dove vengono utilizzate per attraversare la scena con diverse inclinazioni e orientamenti verticali, come quando una cinepresa è montata sulle montagne russe o su un caccia. Per definire la zona visualizzata dalla cinepresa è necessario impostare due parametri interdipendenti: il campo visivo (FOV) e la distanza focale della lente. Questi due parametri descrivono un’unica proprietà della cinepresa e quindi la modificazione del parametro FOV si ripercuote anche sul parametro Lens e viceversa. FOV deve essere utilizzato per inquadrare la vista della cinepresa e per l’effetto cinematografico.
Impostazione del campo visivo Il campo visivo (field of view, FOV) descrive la zona della scena vista dalla cinepresa. Il valore del parametro FOV corrisponde all’angolo orizzontale del cono di vista della cinepresa. 3DS MAX utilizza una definizione di FOV diversa da quella reale. Le cineprese di 3DS MAX utilizzano un FOV orizzontale definito come l’angolo compreso tra i lati destro e sinistro del cono di vista della cinepresa. Nella realtà le cineprese utilizzano un FOV diagonale definito come l’angolo compreso tra il punto in basso a sinistra e quello in alto a destra del cono di vista della cinepresa. Questa differenza tra il FOV di 3DS MAX e quello reale può avere delle conseguenze solo nel confronto con una ripresa effettuata con un cinepresa da 35 mm vera. 3DS MAX comunque compensa tale differenza nel calcolo della distanza focale e dell’angolo del FOV. Per ottenere la giusta corrispondenza con la vista di una cinepresa da 35 mm, è necessario indicare sempre la distanza focale utilizzando il parametro Lens e sarà 3DS MAX a calcolare il FOV orizzontale.
Impostazione delle distanze focali o parametro Lens La distanza focale, che descrive le dimensioni della lente, è sempre espressa in millimetri. Al diminuire del parametro Lens, aumenta il FOV e la cinepresa sembra sempre più distante dall’oggetto. Quando il parametro Lens aumenta, o si allunga, il FOV si restringe e la telecamera sembra più vicina all’oggetto. Le lenti inferiori a 50 mm vengono dette grandangoli, mentre quelle superiori a 50 mm si chiamano teleobiettivi. Il grandangolo viene utilizzato per definire le riprese o per impostare la scena nei primissimi fotogrammi dell’animazione, mentre il teleobiettivo pone l’osservatore direttamente nell’immagine. Dato che il grandangolo ha una distanza focale minore di quella del teleobiettivo, può inserire nella scena più informazioni. Un teleobiettivo invece può contenere meno oggetti che compongono l’intera scena. Le figure dalla 20.1 alla 20.7 mostrano l’effetto di diverse lenti sull’aspetto della scena. La scena è esattamente la stessa per ogni figura e la posizione della cinepresa non cambia: le modifiche riguardano soltanto la distanza focale della lente. CINEPRESE E IMPOSTAZIONE DELLE RIPRESE
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■ Figura 20.1 Lente da 15 mm.
■ Figura 20.2 Lente da 20 mm.
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CAP.20 ■ Figura 20.3 Lente da 35 mm.
■ Figura 20.4 Lente da 50 mm.
CINEPRESE E IMPOSTAZIONE DELLE RIPRESE
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■ Figura 20.5 Lente da 85 mm.
■ Figura 20.6 Lente da 135 mm.
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CAP.20 ■ Figura 20.7 Lente da 200 mm.
Importanza del nome della cinepresa In un modello o in una sequenza di animazione complessi spesso si presenta la necessità di creare diverse cineprese che visualizzino la scena da varie angolazioni. Quando in una scena ci sono molte cineprese è importante attribuire a ciascuna di esse un nome unico che ne descrive il ruolo. Il nome di default di una cinepresa è camera01. Tutte le cineprese create successivamente ovviamente prendono il nome di camera02, camera03 e così via. Per non rischiare confusione nella scelta della cinepresa con cui riprendere o nella sua scelta per nome, è opportuno modificarne il nome in groundcam (ripresa molto bassa), closeupcam (primo piano), dollycam (carrellata), carcam (camera car). I nomi devono descrivere la posizione/angolo e l’azione della cinepresa oppure l’oggetto sul quale punta la cinepresa.
Posizione della cinepresa In seguito alla sua creazione è necessario spostare la cinepresa o la sua destinazione nella posizione finale. Per posizionare la cinepresa è possibile utilizzare le trasformazioni ma in molti casi è più semplice regolarla all’interno della vista Camera. I paragrafi che seguono descrivono le modalità d’uso dei controlli di navigazione della vista della cinepresa e quelle relative alla sua trasformazione. È necessario comunque accennare a due nozioni preliminari. Prima di tutto può essere difficile selezionare la destinazione della cinepresa perché questa si trova al di sopra di un oggetto nella scena. In questo caso selezionare l’oggetto
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cinepresa, fare clic con il tasto destro del mouse e quindi scegliere Select Target nel menu a comparsa. È anche possibile selezionare la destinazione di una cinepresa selezionando Cameras dall’elenco SELECTION FILTERS sulla barra degli strumenti e poi facendo clic sulla destinazione. Se la destinazione deve essere regolata più volte, è opportuno bloccare la selezione facendo clic sull’icona Lock della barra degli strumenti oppure premendo la barra spaziatrice. Secondariamente, quando viene attivata la finestra della cinepresa, l’oggetto cinepresa non è selezionato automaticamente. Resta selezionato l’oggetto selezionato precedentemente nella scena.
Pulsanti di navigazione della vista cinepresa I pulsanti di navigazione che si utilizzano nella vista cinepresa garantiscono controllo e flessibilità. In altre viste le cineprese e le relative destinazioni sono selezionate e trasformate come qualsiasi altro oggetto. Per impostare una vista cinepresa, eseguire le operazioni che seguono: 1. creare le cineprese; 2. attivare una finestra; 3. premere C e scegliere la cinepresa da utilizzare per la vista cinepresa nella finestra di dialogo SELECT CAMERA; se nella scena c’è solo una cinepresa, questa viene selezionata automaticamente e la finestra di dialogo SELECT CAMERA non compare; è anche possibile fare clic con il tasto destro sull’etichetta di una finestra e scegliere una cinepresa dalla voce Views del menu a comparsa delle proprietà della finestra. I pulsanti di navigazione della vista di una cinepresa trasformano la cinepresa attiva e ne modificano i parametri secondo le modalità che seguono. ■ Dolly (carrellata). Allontana o avvicina la cinepresa rispetto alla destinazione lungo la linea di vista. È analogo allo spostamento della cinepresa sull’asse Z locale. Il trascinamento verso il basso corrisponde all’allontanamento, quello verso l’alto all’avvicinamento. ■ Perspective (prospettiva). Effettua una carrellata con la cinepresa e cambia anche il FOV. Il risultato è che la composizione generale della vista rimane uguale e la quantità di prospettiva della vista diminuisce o viene enfatizzata. Il trascinamento verso il basso fa compiere una carrellata che si allontana dalla destinazione e restringe il FOV; il trascinamento verso l’alto compie un avvicinamento alla destinazione e allarga il FOV. ■ Roll (rollio). Fa ruotare la cinepresa intorno alla sua linea di vista. È analogo alla rotazione della cinepresa intorno all’asse Z locale. Trascinando a destra o a sinistra viene modificato l’angolo di rollio. ■ FOV. Modifica il FOV della cinepresa. Trascinare verso il basso per allargare il FOV e la zona visualizzata dalla cinepresa; trascinare verso l’alto per restringere il FOV e la zona visualizzata. ■ Truck (trascinamento). Sposta la cinepresa e la destinazione perpendicolarmente alla linea di vista. È analogo allo spostamento della cinepresa e della destinazione sul piano XY locale.
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CAP.20 ■
Pan and Orbit (panoramica e orbita). Questi pulsanti a bandierina agiscono sul modo in cui la cinepresa ruota intorno alla scena. Pan fa ruotare la destinazione intorno alla cinepresa, come questa girasse sul un treppiede. Orbit fa ruotare la cinepresa intorno alla destinazione, come in una ripresa di trascinamento circolare. Per le cineprese Free, Target Distance imposta il punto intorno al quale orbita la cinepresa. Target Distance si trova nella tendina PARAMETERS della cinepresa Free.
Tenendo premuto il tasto CTRL durante il trascinamento nella finestra, è possibile limitare la panoramica e l’orbita all’asse verticale o orizzontale, che è determinato dalla prima direzione in cui si trascina. L’utilizzo dei pulsanti di navigazione della vista cinepresa è fondamentale per collocarla nella posizione della scena desiderata e per impostare il tipo di angoli e di effetti necessari nell’animazione. Spesso può essere necessario spostare la cinepresa in una finestra diversa dalla finestra cinepresa, ma è opportuno delegare alle trasformazioni effettuate in quest’ultima le regolazioni relative ai particolari.
Trasformazione della cinepresa Cinepresa e destinazione possono essere trasformate come qualsiasi altro oggetto della scena. Come accennato nei paragrafi precedenti, molti dei pulsanti di navigazione della vista cinepresa possono essere duplicati trasformando una cinepresa sui suoi assi locali. Nella trasformazione di oggetti cinepresa, valgono le indicazioni che seguono: ■ non scalare le cineprese; per effetto delle trasformazioni di scala i parametri di base della cinepresa mostrano valori falsi; ■ le cineprese Target possono ruotare solo intorno all’asse Z locale; il tentativo di farle ruotare intorno agli assi X o Y non sortirà alcun effetto; ■ una tecnica utile consiste nel ruotare le cineprese Target utilizzando il sistema di coordinate Pick e selezionando la destinazione: il risultato è simile a Orbit; ■ le cineprese Free non sottostanno a nessuno dei vincoli di rotazione delle cineprese Target.
Riquadro sicurezza (Safe Frame) Safe Frame è una funzione preziosissima che mostra come verrà tagliata l’immagine finale nel rendering. Il Safe Frame è composto da tre rettangoli: Live Area (area attiva, rettangolo più esterno), Action Safe (sicurezza operazione, rettangolo mediano) e Title Safe (sicurezza titolo, rettangolo interno). Live Area mostra la zona che sarà realmente rappresentata, indipendentemente dal rapporto con le dimensioni o l’aspetto della finestra. Action Safe mostra la zona in cui è sicuro includere l’operazione rappresentata (la zona non oltrepassata o ritagliata nella maggior parte degli schermi televisivi). Title Safe mostra la zona in cui è sicuro includere i titoli o altre informazioni (distorsione bassa in questa zona della gran parte degli schermi televisivi). Dato che il rettangolo Safe Frame è proporzionale, dimensioni di output 600x400 e 3000x2000, per esempio, avranno lo stesso Safe Frame (figure 20.8 e 20.9).
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■ Figura 20.8 Il Safe Frame viene mostrato nelle viste Perspective e Camera. Il Safe Frame può essere utilizzato in qualsiasi finestra e illustra le zone in cui potrebbe avvenire un taglio e in cui i titoli possono essere posizionati senza rischio.
■ Figura 20.9 L’utente può regolare i tre rettangoli di Safe Frame. Questa finestra di dialogo si apre in seguito alla selezione di Views, ViewportConfiguration, Safe Frames.
Le dimensioni del bordo interno possono essere adattate alle esigenze del sistema tramite il valore Safe Frame che si trova in VIEWS/Viewport Configuration. In questa finestra di dialogo è possibile attivare Safe Frames, impostare le zone che devono essere mostrate e ridurre la percentuale delle zone Action Safe e Title Safe. L’utilizzo di Safe Frames è molto importante nella preparazione del rendering finale. Se infatti non se ne fa uso nelle finestre cinepresa, si corre il rischio di tagliare elementi importanti che il pubblico dovrebbe vedere, oppure di scoprire che gli elementi appaiono nella scena e scompaiono più rapidamente o più lentamente di quanto previsto. Safe Frame deve essere sempre utilizzato durante le fasi preparatorie dell’animazione, in modo tale da non sprecare tempo di rendering.
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CAP.20
Spostamento della cinepresa Nei paragrafi che seguono verrà illustrata la teoria del movimento di macchina durante l’animazione, ma è prima necessario conoscerne i principi per quanto concerne l’interno della scena, in modo tale da poter impostare le riprese da animare. Nelle cineprese Target, la destinazione costituisce un ausilio per posizionare la linea di vista. La distanza della destinazione dalla cinepresa non ha effetto sulla composizione. La linea che collega cinepresa e destinazione mostra visivamente la linea di vista centrale. Quando le cineprese e le relative destinazioni vengono spostate, il campo visivo rimane costante. Allontanando la destinazione dalla cinepresa, il cono del campo visivo mostrato aumenta, pur mantenendo lo stesso angolo. Lo stesso avviene quando ci si sposta nella scena con una lente fissa da 35 mm: la composizione cambia continuamente ma le dimensioni della lente e il campo visivo rimangono uguali. Per modificare il campo visivo, e cambiare le lenti, è necessario cambiare il FOV della cinepresa o i parametri Lens, oppure fare clic sul pulsante di navigazione della vista FOV nella vista cinepresa. Le cineprese si distinguono dagli altri oggetti per il fatto che i loro spostamenti definiscono sempre tempo e velocità dal punto di vista del pubblico. Per quanto il movimento di un oggetto possa passare inosservato, lo stesso non si può dire della cinepresa. Il suo spostamento generalmente corrisponde a uno studio di moti fluidi. La cinepresa rappresenta il pubblico e la destinazione rappresenta il suo punto di interesse. È dunque importante effettuare spostamenti e panoramiche a velocità naturale, con transizioni comode e fluide. Panoramiche accurate richiedono molti fotogrammi perché il movimento non risulti irregolare e instabile per l’osservatore. Se questi rivolge lo sguardo in alto, in basso e attorno durante la panoramica, vale a dire che la destinazione compie una scansione durante spostamento e rotazione della cinepresa, l’animazione richiede un numero ancora maggiore di fotogrammi per trasmettere regolarmente tutto il movimento. Per indicare un’azione, un sobbalzo o un improvviso cambiamento della direzione, è necessario ridurre il numero di fotogrammi della panoramica. Un errore diffuso consiste nell’inserire troppe chiavi di animazione nell’intento di regolare la vista della cinepresa in fotogrammi specifici. Anche se tali fotogrammi mostrano quanto desiderato, la transizione tra i fotogrammi tende a essere troncata, irregolare o meccanica. Un frequente effetto di questo errore è il cosiddetto bob (strattone) in cui la cinepresa si discosta da quello che era un percorso regolare. Per ottenere un movimento fluido è necessario indicare il numero minimo di chiavi e poi sarà 3DS MAX a creare transizioni regolari tra le chiavi stesse. Oltre alle panoramiche è possibile animare anche rollii e carrellate. Il rollio (rolling) dà all’osservatore la sensazione di oscillare la testa o di girare. Per ottenere un effetto soddisfacente con questo strumento è necessario utilizzare un punto di vista soggettivo, per esempio sul muso di un aereo. In generale l’animazione del rollio di una cinepresa è abbinato a un percorso contorto per dare la sensazione dello spostamento curvilineo. Gli effetti di un movimento di carrello, o zoom, verranno trattati nel paragrafo “Teoria del movimento di macchina” ma va anticipato che una carrellata non regolare crea un effetto simile allo spostamento della testa in dentro e in fuori. Pur non essendo direttamente visibile il percorso di una carrellata, o il cambio di FOV, è possibile prevederne la regolarità utilizzando il pulsante Play ed esaminando una finestra ombreggiata.
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L’osservazione del percorso in seguito alla regolazione della cinepresa è sempre opportuna per poter effettuare le regolazioni più particolari in riferimento al percorso. Questo può essere visualizzato aprendo il pannello dei comandi MOTION, facendo clic su Trajectories e selezionando l’oggetto cinepresa. È anche possibile fare clic sulla destinazione per visualizzarne il percorso. Nella maggior parte dei casi il percorso della cinepresa deve essere regolare, con le porzioni adiacenti fra loro tangenti. Su percorsi contorti o molto angolosi è opportuno evitare l’overshoot. Per le regolazioni più dettagliate del percorso animato di una cinepresa è possibile utilizzare i controller di posizione di Bézier (i controller verranno trattati nel capitolo 24, “Espressioni e controller”).
Creazione dei percorsi Oltre ai percorsi generati per le cineprese attraverso trasformazioni, è possibile crearne con oggetti forma assegnando poi la forma all’oggetto Camera, Target o ad un oggetto fittizio. Questa soluzione può risultare più semplice e controllabile rispetto alle trasformazioni e l’animazione risulta più pulita e regolare. I percorsi possono essere disegnati utilizzando un oggetto forma qualunque ma la tecnica più diffusa consiste nel creare una linea che attraversa la scena, lungo la quale deve spostarsi la cinepresa. Il vantaggio di questa tecnica è quello di garantire un completo controllo sulla curvatura del percorso e di non dover fare affidamento sull’impostazione delle chiavi per regolare la spline. Per creare il percorso d’ingresso a un ufficio, eseguire le operazioni che seguono: 1. aprire la scena con il modello dell’ufficio; 2. ingrandire la finestra Top in modo tale che sia l’unica visibile; 3. fare clic su Shapes nel pannello C REATE e quindi fare clic su Line; 4. tracciare delle linee diritte per creare grosso modo il percorso che la cinepresa deve seguire; tenendo premuto il pulsante a ogni clic per impostare il vertice successivo, è possibile regolare i controlli di Bézier che creeranno delle curve regolari; fare clic con il tasto destro del mouse per completare la linea; può essere utile congelare gli oggetti della scena in modo da non rischiare di selezionarli o spostarli mentre viene tracciata la linea; 5. se le linee create sono tutte diritte, fare clic sul modificatore Edit Spline nel pannello MODIFY e verificare che Vertex sia selezionato in sub-oggetto; fare clic con il tasto destro del mouse su ogni vertice, controllare Bézier e regolare le maniglie; 6. il percorso è pronto per essere utilizzato dalla cinepresa; per i percorsi più complessi sono più adatte le cineprese Free, mentre le Target possono essere utilizzate sia quando la destinazione è collegata alla cinepresa sia quando destinazione e cinepresa sono collegati all’oggetto fittizio (figura 20.10). 7. assegnare il controller del percorso alla cinepresa e attribuire alla spline il ruolo di percorso. Dopo che il percorso è stato creato è necessario creare anche un oggetto fittizio che agisca da intermediario per la cinepresa, la destinazione e il percorso. I percorsi possono essere assegnati direttamente alle cineprese, ma con limitazioni sostanziali. La cinepresa, ed eventualmente la destinazione, sono rigidamente assegnate al percorso e rimane poco
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CAP.20 spazio per la regolazione se non a costo di interrompere la fluidità del movimento. Anche con la nuova cinepresa Free, l’assegnazione diretta di un percorso non dà il miglior risultato possibile. È più probabile ottenere un moto realistico collegando la cinepresa o la destinazione a un oggetto in movimento o a un oggetto fittizio (Gli oggetti fittizi saranno trattati nel paragrafo “Utilizzo di oggetti fittizi nella costruzione di uno studio virtuale”, in questo stesso capitolo).
■ Figura 20.10 Il modo più facile per spostare una cinepresa attraverso una serie complessa di curve e movimenti consiste nel tracciare un percorso e assegnarlo alla cinepresa (e alla destinazione se necessario) o a un oggetto fittizio a cui è collegata la cinepresa.
L’utilizzo dei percorsi è un modo rapido ed efficace di spostare la cinepresa attraverso una serie complessa di movimenti. I Paths (percorsi) possono essere tracciati nella posizione esatta in cui deve muoversi la cinepresa; collegando quest’ultima e la destinazione a un oggetto fittizio, come nella vera carrellata, l’animazione risulterà regolare.
Teoria del movimento di macchina In una animazione lo spostamento della cinepresa non deve essere fine a se stesso. Quando l’animazione al computer ha cominciato a diffondersi pareva che tutti gli animatori facessero oscillare la cinepresa in tutte le direzioni e nei modi più vari, impossibili nel mondo reale. In alcuni tipi di animazione questo è accettabile, ma data la maturità di quest’arte, è opportuno considerare il movimento delle cineprese virtuali come quelle reali. Il significato di un’animazione può essere fortemente influenzato dal movimento della cinepresa.
Carrellata Come anticipato nei paragrafi precedenti, l’oggetto cinepresa può essere spostato e animato in molti modi. La carrellata in una ripresa attira l’attenzione dell’osservatore CINEPRESE E IMPOSTAZIONE DELLE RIPRESE
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verso l’oggetto al centro della scena: sostanzialmente all’osservatore viene indicata l’importanza dell’oggetto. Nelle soap opera sembra sempre che avvenga una carrellata, o zumata, verso il volto di un personaggio alla fine di ogni scena e questo crea un pathos maggiore rispetto a quanto rivelato dal dialogo. Questa tecnica, se utilizzata troppo spesso (come accade nelle soap opera), può scadere nell’ovvietà, nell’esagerazione e nella stucchevolezza. Ma la carrellata può sortire anche altri effetti. Per esempio quando Steven Spielberg fa una carrellata nelle fauci dello squalo nel film omonimo, gli spettatori provano una sensazione di terrore. La carrellata può anche portare lo spettatore a un’esplorazione più profonda di una zona. Quando la cinepresa fa una carrellata fuori da una galleria per entrare in una grotta piena di tesori, l’effetto è positivo. Se invece la carrellata introduce nella casa di Norman Bates e il pubblico trova la madre di Norman in cantina, l’effetto è negativo. Le riprese di carrello non devono sempre essere indirizzate al soggetto principale della scena. Altrettanto efficace sarà la ripresa che si allontana dal personaggio o dall’oggetto e indica allo spettatore che il personaggio sta perdendo importanza oppure che c’è una separazione tra osservatore e soggetto. Due sono i modi per effettuare una carrellata, e a questi sono associati sensazioni ed effetti diversi: la carrellata graduale e quella veloce. Con la tecnica della carrellata graduale l’osservatore può anche non rendersi conto che si sta avvicinando o allontanando dal soggetto centrale della scena. Questa tecnica viene utilizzata per creare un effetto sottile ma definito di avvicinamento all’oggetto e per determinarne l’importanza rispetto all’osservatore. L’altro modo di effettuare la carrellata, la carrellata veloce o zumata veloce, può essere fastidiosa per l’osservatore ma è efficace dal punto di vista della drammatizzazione. Le zumate veloci sono efficaci anche in situazioni di commedia. Per esempio, è appena successo qualcosa di divertente in una scena con campo medio. Per attirare l’attenzione sulla reazione del personaggio si effettua uno zoom veloce fino a un primissimo piano sulla reazione, creando così l’effetto comico. In realtà la cinepresa può assumere un ruolo fondamentale nella commedia, sottolineandone l’umorismo. Panoramiche veloci che si allontanano all’azione e si riavvicinano come se la cinepresa oltrepassasse la scena, possono suscitare ilarità. Una zumata veloce in avanti e poi all’indietro, soprattutto se il personaggio fa un verso, ha l’effetto di sottolineare la scena.
Panoramica Un altro movimento di macchina è la panoramica. Come anticipato, una panoramica generalmente si verifica quando la cinepresa è bloccata e diventa il centro del mondo. La cinepresa può effettuare panoramiche a 360 gradi. Quando la cinepresa comincia a spostarsi di lato, il movimento non si chiama più panoramica e diventa invece un’altra forma di ripresa. La panoramica a 360 gradi o l’orbita opposta a 360 gradi (in cui un oggetto è il centro del mondo e la cinepresa vi ruota attorno) sono tecniche efficaci utilizzate per dare all’osservatore un senso di onniscienza. Questa tecnica rivela quasi tutto sul soggetto e può assumere grande importanza. Le panoramiche possono essere regolari e armoniose oppure rapide e irregolari (dette panoramiche veloci o a schiaffo). Esempi di panoramica veloce si possono riscontrare negli
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CAP.20 spettacoli televisivi di azione. Questo tipo di ripresa può rivelarsi efficace se utilizzata con una finestra soggettiva, o punto di vista in prima persona (vedere il paragrafo “Teoria della composizione del quadro”, in questo stesso capitolo). Una successione di panoramiche veloci dà all’osservatore la sensazione che il personaggio sia ubriaco o disorientato.
Fermo immagine A volte può essere utile eliminare qualsiasi movimento, che corrisponde al fermo immagine (freeze frame). Questo metodo può servire a mostrare la morte di un personaggio o la conclusione di una scena. Se la scena è animata e piena di vita e all’improvviso si verifica il fermo immagine, l’osservatore riceve un messaggio forte.
Movimento di macchina come scelta strategica Alcuni registi scelgono di non muovere la cinepresa perché ritengono che questo distolga l’attenzione da attori e azione. Altri invece pensano che la cinepresa può diventare un personaggio a pieno titolo. Anche l’animatore deve operare una scelta stilistica rispetto al movimento di macchina e, indipendentemente dalla scelta, è importante dare il giusto peso all’importanza della cinepresa. Il movimento di macchina in una scena rafforza nello spettatore il senso di tridimensionalità, o realtà della scena stessa. Per quanto colpiscano i due minuti e mezzo di ripresa senza tagli nel Tocco del diavolo di Orson Welles, bisogna ricordare che il fascino della trovata è dovuto al fatto che la ripresa era girata nel mondo reale e quindi tecnicamente difficile. Nella computer grafica la creazione di movimento di macchina è semplice come quella di una sfera riflessa, e deve essere utilizzata con altrettanta moderazione. La meccanica di una buona animazione è una materia abbastanza semplice ma prevede la conoscenza degli effetti che il movimento di macchina e la sua posizione hanno sulla sfera emotiva dello spettatore: solo così è possibile creare un’animazione di qualità. Questa può esser meglio definita come quel tipo di capolavoro cinematografico che resta nella memoria del pubblico ben oltre il momento in cui le luci si riaccendono e la sala si svuota.
Utilizzo di oggetti fittizi nella costruzione di un teatro di posa virtuale Sul set di un film reale compare ogni genere di cavalletto, gru, carrelli, Stedicam e così via. Il direttore della fotografia utilizza tutti questi strumenti meccanici per spostare la cinepresa in modo regolare oppure per mantenerla perfettamente ferma. Nella computer grafica questo tipo di strumenti purtroppo non esiste. Gli oggetti fittizi vengono utilizzati per costruire la stessa attrezzatura e per rendere più facile il processo dell’animazione, conferendo la capacità di creare percorsi di moto più regolari. L’uso più semplice degli oggetti fittizi consiste nel creare un cavalletto: 1. creare una cinepresa Target;
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2. 3.
creare un oggetto fittizio direttamente sotto l’oggetto cinepresa; collegare cinepresa e destinazione all’oggetto fittizio, che diventa l’oggetto principale (figura 20.11).
■ Figura 20.11 Collegando cinepresa e destinazione a un oggetto fittizio, è possibile creare un cavalletto che rende rapidi e semplici i movimenti di macchina.
Creando questa semplice gerarchia è possibile spostare l’oggetto fittizio con movimenti complessi, mentre la cinepresa lo segue con moto regolare. Un uso più complesso degli oggetti fittizi consiste nella creazione di gru. Il procedimento descritto di seguito è stato sviluppato da Angelo Guarino e inviato al forum di 3D Studio di CompuServe (GO KINETIX): 1. creare una cinepresa Target; 2. creare due oggetti fittizi nella posizione della cinepresa: cam-elevation e camazimuth (elevazione e azimut della cinepresa); 3. creare tre oggetti fittizi nella posizione della destinazione: trgt-elevation, trgtazimuth, cam-position (elevazione e azimut della destinazione, posizione della cinepresa); 4. collegare tutti gli oggetti fittizi, la cinepresa e la destinazione nell’ordine seguente: cam-position trgt-azimut trgt-elevat cam-azimut cam-elevat cam1 cam1.target La costruzione di questa “gru” (figura 20.12) dovrebbe consentire l’esecuzione di diversi movimenti complessi utilizzando soltanto keyframe “estremità” in ogni grado di libertà
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.20 di un oggetto. Per ottenere gli effetti desiderati, spostare ogni oggetto fittizio separatamente e poi in combinazione. Per esempio per avvicinarsi a un oggetto e poi girargli attorno, spostare cam-position verso l’oggetto desiderato. Dopo aver inquadrato l’oggetto nel modo prescelto, ruotare trgtazimuth dell’angolo necessario. I movimenti devono essere definiti utilizzando keyframe di estremità su ogni oggetto fittizio: aumenterà così il controllo sul movimento di macchina. Essenzialmente viene creato un modo logistico – dato che molti dei fattori di movimento delle cineprese vere non riguardano quelle virtuali – per produrre un movimento di macchina regolare. Bloccando certi assi di movimento su ogni oggetto fittizio in modo tale che questo possa spostarsi solo nella direzione indicata dal suo nome e utilizzando tali oggetti per tutto il movimento di macchina, è più facile registrare e correggere irregolarità indesiderate: infatti il movimento di macchina e la trasformazione applicata sono esattamente noti. Dopo che è stata creata l’attrezzatura per la cinepresa, questa deve essere salvata in file 3DS MAX distinti e importata nelle scene secondo la necessità: a questo punto il computer contiene un teatro di posa virtuale.
■ Figura 20.12 Per creare una gru è necessario collegare cinepresa e destinazione a diversi oggetti fittizi. Il salvataggio di questa attrezzatura consente di creare un teatro di posa virtuale che l’animatore potrà utilizzare in seguito.
Controller Look At Look At è il controller di default per le cineprese destinazione e punta l’asse Z locale negativo della cinepresa verso il punto di rotazione dell’oggetto Target. Si tratta di uno strumento utile nel caso in cui la cinepresa debba seguire un certo oggetto nel corso dell’animazione. Per esempio una navicella spaziale è il centro della scena e si muove attraverso l’animazione. Assegnare alla navicella il ruolo di destinazione della cinepresa
CINEPRESE E IMPOSTAZIONE DELLE RIPRESE
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nella tendina dei parametri Look At. Ora è solo necessario animare la navicella che la cinepresa manterrà visibile. La destinazione è stata sostituita dalla navicella, evitando la necessità di animare entrambe. L’animazione ottenuta è più pulita è regolare.
■ Figura 20.13 La tendina Look At si apre selezionando un oggetto, facendo clic sulle tendine dei parametri Motion e quindi su Transform sotto Assign Controller.
Piani di ritaglio Le cineprese hanno anche parametri che controllano il piano di ritaglio (clipping plane), che consente di escludere certe porzioni della geometria della scena in modo da mostrarne la parte interna. Il piano di ritaglio è uno strumento utile nella creazione si sezioni ,o inserti, di un edificio, di un veicolo, di una persona e così via. Il piano di ritaglio costituisce un modo semplice per creare sezioni architettoniche oppure effetti di inserto animato cool. Inoltre può essere utile come strumento puramente logistico nella rappresentazione di parti di una scena che contiene molta geometria complessa. Ogni cinepresa ha un piano di ritaglio lontano e uno vicino, che possono essere regolati e animati. I parametri dei piani di ritaglio si trovano fra i parametri di creazione della cinepresa. Sia il piano lontano sia quello vicino sono misurati lungo l’asse Z locale delle cinepresa nelle unità di scena correnti. Nella figura 20.14, la scena è rappresentata normalmente: il piano di ritaglio non è attivo. Nella figura 20.15 il piano è impostato sui valori 9750,0 e 20000,0: la scena è cambiata. Le impostazioni variano a seconda delle dimensioni del modello e della scena. Il semplice posizionamento di una cinepresa nella scena può bastare, se l’azione è abbastanza avvincente. Altre volte è opportuno utilizzarla in modo da guidare le emozioni dello spettatore senza che questi se ne renda conto. Tutti i lungometraggi ricorrono a questi metodi, che possono essere sfruttati dagli animatori.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.20 ■ Figura 20.14 Il piano di ritaglio è uno strumento che ritaglia dal modello su cui punta la cinepresa a seconda delle impostazionideicampi Near e Far Clip che si trovano sotto la tendina dei parametri Modify.
■ Figura 20.15 I piani di ritaglio costituisconounmodo semplice e veloce per creare viste in sezione di modelli architettonici.
Simulazione di tecniche di ripresa Dato che le cineprese rappresentano l’occhio dell’osservatore, è molto importante collegare ciò che vede la cinepresa con il modo in cui l’osservatore lo percepirebbe nella scena. Le persone hanno un senso molto spiccato della velocità e interpreteranno CINEPRESE E IMPOSTAZIONE DELLE RIPRESE
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l’animazione mettendola in relazione con la loro esperienza visiva. Inoltre possono essere influenzati emotivamente da certe angolature e distanze focali della cinepresa. Il direttore dell’animazione, nell’impostare la cinepresa in una scena, deve decidere ciò che il pubblico può e non può vedere. Infatti egli commenta gli avvenimenti e guida l’osservatore in modo che veda e senta solo certe cose. La conoscenza delle tecniche descritte qui di seguito rinforzerà l’animazione rendendola più interessante per l’osservatore. Per diventare un bravo animatore è necessario imparare e studiare l’arte della cinematografia. L’animazione non consiste solo nel muovere personaggi e navicelle sullo schermo; è la composizione della scena insieme all’uso corretto delle angolazioni della cinepresa a suscitare nel pubblico una risposta viscerale. Troppi animatori dispongono la cinepresa nella scena all’ultimo momento mentre in realtà questo dovrebbe essere uno dei primi elementi dell’impostazione dell’animazione. Le angolazioni della cinepresa possono preparare il tono in una scena di suspense, comica o pericolosa. Studiando i film di maestri come Welles, Hitchcock, Scorsese, De Palma, Spielberg e Altman e l’uso che questi registi fanno della cinepresa nel raccontare una storia, si scopre che spesso questa diventa un personaggio vero e proprio. La prima regola per posizionare correttamente la cinepresa è la composizione. La composizione è l’arte di riempire il quadro con i personaggi e gli oggetti che costituiscono la scena. Che la cinepresa sia fissa o animata, il quadro può essere riempito in vari modi, e tutti influiscono sul modo in cui lo spettatore percepisce personaggi e situazione. I due tipi fondamentali di composizione della scena sono quello simmetrico e quello casuale. Nella composizione simmetrica la relazione tra cinepresa e personaggi e oggetti della scena è organizzata e simmetrica: l’effetto è artificiale e lo spettatore è portato a pensare a una situazione irreale. La composizione casuale pone i personaggi e gli oggetti sparsi nella scena conferendole un aspetto più realistico e fa dimenticare al pubblico che sta guardando un film. Lo stile della composizione dipende dal tono della sceneggiatura e dal tipo di animazione che viene prodotta. Se questa deve essere stilizzata e artistica, lo stile simmetrico sarà il più adatto. Se invece lo stile deve essere drammatico e rendere lo spettatore partecipe, sarà più indicato quello casuale.
Teoria della composizione del quadro Personaggi e oggetti possono essere inseriti in un quadro in diversi modi che suscitano nello spettatore risposte emotive differenti. La scelta della composizione del quadro si basa sul genere del film a cui ci si ispira, sull’atmosfera e sui messaggi e sentimenti che gli osservatori dovrebbero percepire guardandolo. Impostando la cinepresa con oggetti in primo piano posti prevalentemente tra l’azione principale e il personaggio, si distoglie l’attenzione dell’osservatore dalla scena. Questi può provare una mancanza di connessione e una separazione fisica. Questa tecnica viene utilizzata quando il personaggio è turbato o prova un senso di separazione nel contesto del film. Magari sta perdendo un amore. Ponendo un oggetto, per esempio una colonna, tra due personaggi, si suggerisce una separazione fisica che sottolinea quella emotiva. Se il personaggio ha commesso un delitto, lo si può separare dalla cinepresa ponendo oggetti
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CAP.20 verticali o palizzate tra lui e la cinepresa. L’inserimento di tali oggetti non solo crea una separazione ma suggerisce simbolicamente il destino finale del personaggio se questi viene arrestato e condannato al carcere. Un’altra tecnica è quella del campo lungo. John Ford, il famoso regista di classici western, utilizzava sempre campi lunghi per dare la sensazione dello spazio sconfinato del selvaggio West, contro il quale si battevano personaggi talmente piccoli da essere quasi trascurabili. Questo stile può suggerire al pubblico la fragilità dell’esistenza. I campi lunghi possono anche determinare la relazione fra personaggio e ambiente. Se per esempio si tratta di un uomo perduto sullo sfondo di un villaggio vietnamita distrutto dalla guerra, quest’ultima costituisce il leitmotiv della storia, ma l’interesse si accentra su una vita tra tante. Dall’altra parte la mancanza di spazio, o primi piani, porta l’osservatore all’interno della scena avvicinandolo al personaggio, e questi viene quasi allontanato dalla scena il cui contorno non è visibile. Partendo da un campo medio su un ambiente si taglia su un primo piano del protagonista: lo spettatore immagina che questi si trovi nell’ambiente dell’inquadratura precedente, ma non c’è una connessione diretta perché il personaggio non è ancora stato visto in quel luogo. Oltre a provocare nello spettatore un senso di vicinanza con il personaggio, questa tecnica può anche essere utilizzata per scuoterlo e metterlo a disagio. Un primo piano di un alieno che ha appena distrutto un paese può essere abbastanza fastidiosa (per qualcuno). Analogamente continui primi piani, sul personaggio o sugli oggetti, può provocare claustrofobia e disorientamento psicologico perché lo spettatore non vede mai niente oltre l’inquadratura in primo piano. Il primo piano inoltre porta lo spettatore a vedere le cose che vuole il regista. Hitchcock era un maestro nel mostrare al pubblico indizi e particolari rivelatori attraverso la ripresa. Nel film La signora scompare il regista crea un primo piano all’interno di un campo medio mettendo un bicchiere vicino alla cinepresa e il personaggio in mezzo. Mantenendo sia il bicchiere sia il personaggio a fuoco, l’attenzione dello spettatore è indirizzata a entrambi, una cosa non è meno importante dell’altra. Ciò che rende interessante la scena è il fatto che il pubblico sa, da una ripresa precedente, che il bicchiere è pieno di veleno ma la vittima predestinata no. Questa composizione crea la suspense nello spettatore e rientra nella sfera del genio cinematografico. Tutti gli oggetti che si trovano entro la vista della cinepresa fanno parte della composizione del film e dovrebbero essere considerati altrettanto importanti. La presenza di molti oggetti di dettaglio può essere importante, oppure può ingombrare il quadro e distogliere l’attenzione dello spettatore dal centro di interesse. La scelta di quanto deve trovarsi nella scena dipende dallo scopo che ci si prefigge. Nella commedia la composizione della scena può essere confusa e i personaggi e gli oggetti che si trovano sullo sfondo o su un lato della scena possono costituire la fonte del divertimento. I film come L’aereo più pazzo del mondo o Una pallottola spuntata sono esempi perfetti: in molte scene Leslie Nielsen recita in primo piano, ma dietro di lui succede qualcosa di assolutamente ridicolo, di cui lui non si accorge. Ecco l’effetto comico. Il fatto che lo spettatore debba prima trovare l’elemento comico abbinato al fatto che il personaggio di Nielsen sia ignaro degli avvenimenti rende la scena divertente. E questo umorismo è dovuto alla composizione del quadro. Se la scena fosse stata girata in modo tale che il pubblico vedesse solo le azioni comiche, avrebbe potuto suscitare l’ilarità, ma la scena non sarebbe mai stata altrettanto divertente. In altre parole la relazione spaziale fra personaggi, oggetti e cinepresa contribuisce a dare brio e divertimento. Il campo
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medio è un altro tipo importante di composizione del quadro. Un campo medio, o mezzo campo lungo, prepara l’ambiente per l’animazione: il luogo in cui questa si svolge, il momento della giornata, il periodo dell’anno. Un campo medio indica allo spettatore quasi tutto ciò di cui ha bisogno in un’inquadratura rapida e semplice. In Waterworld, per esempio, le inquadrature iniziali di un vasto oceano anticipano l’atmosfera di un mondo quasi privo di terra. In generale il campo medio costituisce la prima scena di un’animazione e viene utilizzato per indicare rapidamente tempo e luogo di svolgimento del film.
Composizione con le lenti Un’altra tecnica, oltre alla collocazione della cinepresa, del personaggio e degli oggetti, consiste nell’utilizzare lenti diverse per ottenere certe risposte emotive e certi effetti. Le lenti lunghe, o teleobiettivi, cambiano la prospettiva della scena creando effetti drammatici. Durante i momenti importanti An Occurence at Owl Creek Bridge, fu utilizzato un teleobiettivo che comprimeva la scena facendo apparire il protagonista più vicino di quanto non fosse in realtà. In questo modo il regista ha ottenuto un effetto per cui, nonostante corresse a gran velocità verso lo spettatore, il personaggio sembrava quasi fermo. Questa inquadratura enfatizza l’intensità e la futilità dello sforzo del personaggio. D’altro canto anche l’uso di lenti corte, o grandangoli, può dare risultati incredibili. Un caso notevole è quello dell’uso di grandangoli in Quarto potere, capolavoro della cinematografia. Orson Welles si è servito di grandangoli in molte scene per rafforzare la mistica, il potere e il dominio del protagonista, Kane. L’uso di grandangoli fa sembrare i piani di sfondo più distanti di quanto non siano in realtà rispetto alla cinepresa. Quando Kane si avvicina alla cinepresa, sembra percorrere molta strada in pochi passi. Il personaggio quindi può spostarsi dal fondo della stanza alla parte anteriore in due passi, diventando più grande e veloce e perciò più potente. L’azione del personaggio viene sottolineata da questo tipo di lente e dalla composizione. Un’altra tecnica di composizione con le lenti è il “fuoco intenso”. 3DS MAX deve ancora perfezionare la scienza della profondità di campo. Questo “difetto” può essere sfruttato in modo vantaggioso. In un’altra scena di Quarto potere, per esempio, il fatto che i personaggi in primo piano, campo medio e sfondo siano tutti egualmente visibili, sottolinea l’importanza di una scena in cui il giovane e innocente Kane gioca sullo sfondo mentre sua madre firma l’affido del figlio. Nel campo medio, il padre di Kane osserva inerte. Questa composizione mostra allo spettatore l’innocenza del ragazzo, consentendo anche di osservare gli avvenimenti che priveranno per sempre il bambino dell’infanzia e della libertà. Utilizzando questa tecnica, la scena viene resa più efficace di quanto non sarebbe stata se Welles avesse inquadrato i vari elementi separatamente. Due classici della cinematografia dovrebbero far parte della videoteca di ogni animatore che voglia fare film e non semplice animazione. Si tratta di An Occurence at Owl Creek Bridge (Robert Enrico, 1961) e Quarto potere (Orson Welles, 1941). Il primo è stato inserito come episodio della serie Twilight Zone. Entrambi sono disponibili in videocassetta.
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CAP.20
Composizione con le angolazioni Il terzo modo per utilizzare le cineprese nella composizione di una scena consiste nel regolare le angolazioni di impostazione della cinepresa. Quattro sono i tipi principali di angolazione della cinepresa, ciascuno dei quali può essere suddiviso in vari sottotipi: ■ inclinazione orizzontale della macchina (eye-level); ■ ripresa angolata dall’alto (high-angle); ■ ripresa dal basso; ■ soggettiva. L’inclinazione orizzontale costituisce l’impostazione standard della cinepresa. La vista è fondamentalmente neutrale e oggettiva. Questa inquadratura è comoda e compare nella maggior parte dei film tradizionali e delle storie d’amore. La ripresa angolata dall’alto si verifica quando la cinepresa punta in basso verso l’oggetto o i personaggi. L’utilizzo di questa angolazione rimpicciolisce il personaggio o l’oggetto agli occhi dello spettatore che lo guarda letteralmente “dall’alto in basso”. Il personaggio sembrerà piccolo e indifeso. In An Occurrence at Owl Creek Bridge, il protagonista cade in un torrente vorticoso e viene trascinato dalle rapide. La ripresa è angolata dall’alto e il personaggio sembra piccolo nel quadro. Questa composizione sottolinea il fatto che il personaggio è vulnerabile. Una ripresa dal basso fa apparire il personaggio o l’oggetto più potente e più grande. Se il personaggio deve sembrare più eroico, una caricatura dell’eroismo, la cinepresa deve essere posizionata all’altezza dei suoi fianchi e rivolta in alto. Questa posizione conferirà al personaggio un aspetto forte e pieno di fiducia. La ripresa dal basso fa sembrare gli oggetti più solidi e monumentali. La ripresa dal basso può essere utilizzata per ottenere altri tipi di effetto. Steven Spielberg l’ha utilizzata in E.T. per rappresentare il punto di vista del bambino. La cinepresa era posta all’altezza di un bambino e dava al pubblico l’ottica di una prospettiva infantile, rendendo gli adulti del film più minacciosi. Tutte le angolazioni succitate possono essere combinate per ottenere effetti ancora più peculiari. Per esempio componendo una scena con una ripresa dal basso e con un leggero rollio del FOV, si ottiene un effetto di disorientamento o una sensazione di più intensa drammaticità. Questa tecnica è utile nel riprendere il cattivo dell’animazione che diventa ancora più inquietante. È un effetto che può anche far sentire lo spettatore sbilanciato e vulnerabile. Quarto potere utilizza sia le riprese angolate dall’alto sia quelle dal basso in molte inquadrature per dare a Kane una statura maggiore e diminuire quella della moglie. Questo uso delle angolazioni dà allo spettatore delle indicazioni sui personaggi senza che queste debbano essere esplicitate. Può mostrare come un personaggio viene visto da un altro. In tutte le scene in cui Kane e la moglie sono insieme, lui viene sempre inquadrato con una ripresa dal basso, come fosse visto nell’ottica della moglie, rendendolo un personaggio dominante. D’altra parte la moglie viene sempre ripresa dall’alto, rivelando così la sua debolezza e la sottomissione a Kane. L’uso costante di certe angolazioni su un personaggio, suscita nello spettatore una sensazione forte riguardo al personaggio stesso. Quando poi questo viene inquadrato da un’angolazione neutra, inclinazione orizzontale della macchina, la sensazione determinatasi precedentemente verrà ancora percepita inconsciamente.
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Il quarto tipo di angolazione è la soggettiva. Questa inquadratura offre al pubblico un punto di vista in prima persona. L’effetto può risultare utile purché non sia troppo sfruttato. In questo caso diventa stucchevole e l’osservatore viene estraniato dalla storia. Esempi di soggettiva sono presenti nei film dell’orrore dove la cinepresa assume il ruolo dell’assassino che insegue la vittima terrorizzata. Altri esempi possono essere meno spaventosi come per esempio nel caso della soggettiva di uno sciatore. Per realizzare una soggettiva in 3DS MAX è opportuno utilizzare cineprese Free perché queste è impostata meglio per l’animazione di virate, picchiate e slittamenti (vedere il paragrafo precedente intitolato “Spostamento della cinepresa”). La soggettiva può anche dare all’animatore la possibilità di produrre scene creative. Dall’esempio precedente sugli alieni, si può ottenere una scena che mostri il mondo visto dall’alieno. Un’inquadratura in soggettiva diventa la soluzione ideale per mostrare il mondo attraverso gli occhi (o qualsiasi organo abbia per vedere) dell’alieno in modo creativo. I film dell’orrore con creature inventate utilizzano questo strumento per ottenere effetti speciali: l’alieno potrebbe vedere il mondo solo come toni di verde. L’utilizzo della soggettiva può contribuire alla tensione dell’animazione. Se uno spettatore vede con gli occhi dell’alieno, in quel momento si immedesima in lui (un effetto sconcertante se si pensa che la creatura ha appena distrutto una città). Oppure il pubblico guarda attraverso gli occhi di un assassino psicopatico che insegue la sua prossima vittima. L’effetto può essere davvero inquietante. Questi tipi di angolazione devono essere utilizzati con moderazione e intelligenza. Un’animazione che si serve di tutti i trucchi possibili può essere difficile da vedere e poco divertente. Un eccesso di trucchi estrania lo spettatore dalla storia coinvolgendolo nell’arte della realizzazione: non è lo scopo di un animatore. Queste tecniche invece devono essere utilizzate per guidare la storia e migliorare l’arte della narrazione. La regola generale a cui attenersi è quella di non servirsi di una tecnica se questa non sostiene la storia. L’animazione non è solo l’arte di muovere un personaggio in modo realistico. Certo un movimento realistico di personaggi e oggetti è importante ma non meno fondamentale è l’uso della cinepresa, che deve essere considerato come un personaggio a sua volta. Per creare animazioni degne di un premio, ben fatte e significative, è essenziale imparare l’arte della cinematografia.
Riepilogo ■ ■
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Tipi di cinepresa. 3D Studio MAX dispone di due tipi di cinepresa: Target e Free. Rappresentazione del mondo reale. Una nuova equazione utilizzata per calcolare il campo visivo dà una miglior rappresentazione delle vere cineprese da 35 mm, indicando la distanza focale. Regolazione della cinepresa. Le cineprese possono essere regolate in diversi modi e molte regolazioni possono essere animate. Questa animazione della cinepresa può essere eseguita in vari modi che ne migliorano l’efficacia e rafforzano il processo narrativo. Con una buona sceneggiatura, un animatore saprà quando è opportuno spostare la cinepresa.
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CAP.20 ■
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Angolazioni della cinepresa. Anche le angolazioni della cinepresa sostengono il processo narrativo. La scelta di certe angolazioni può dare al pubblico molte indicazioni sul personaggio o sull’ambiente senza che sia necessario verbalizzare le informazioni attraverso il dialogo. Piani di ritaglio. I piani di ritaglio servono a creare animazioni molto efficaci, architettoniche e spaccati.
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CAP.21
CAPITOLO 21
Materiali e texture
I materiali disponibili in 3D Studio MAX possono essere limitati solo dall’immaginazione del modellatore. Per ottenere la superficie o l’effetto desiderato, è possibile modificare un materiale all’infinito. Per conoscere le funzionalità disponibili e le procedure da seguire, è necessario conoscere il modo in cui l’Editor materiali permette di spaziare fra tutte le possibilità che offre e di prendere decisioni in maniera molto generica e non restrittiva. La scelta di un materiale costituisce quasi sempre un’esplorazione corredata da una buona dose di sperimentazione. Una tipica tecnica di lavoro consiste nel copiare le fasi del materiale negli slot campione adiacenti per metterle a confronto con altri approcci. Salvare i materiali nelle librerie di sperimentazione personale è un metodo comune e fortemente consigliato. I materiali possono essere fini a se stessi: il perfezionamento della tavolozza delle texture (o mappe di composizione) di una scena può richiedere diverse ore. Spesso, a sostegno, si utilizzano i tradizionali pacchetti di grafica pittorica (come Photoshop, Animator Studio, Fractal Design Painter e Ron Scott QFX) insieme a un pacchetto di grafica pittorica tridimensionale (MeshPaint di Positron e 4D Paint di 4D Vision già incluso fra i plug-in di 3DS MAX). Spesso, tali pacchetti sono utilizzati contemporaneamente a 3DS MAX: gli artisti passano da un programma all’altro con la combinazione di tasti ALT+TAB. Altri
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preferiscono avere sistemi dedicati per la grafica pittorica e 3D, connettendo l’output tramite una rete. Il capitolo illustra come servirsi dell’Editor materiali per applicare materiali alla scena e presenta le tecniche per utilizzare i materiali di 3D Studio MAX in modo efficiente. In particolare, si tratteranno i seguenti argomenti: ■ l’interfaccia dell’Editor materiali; ■ assegnazioni materiali e librerie; ■ utilizzo dei materiali standard di 3DS MAX; ■ componenti colorati nei materiali standard e canali di mappa; ■ riflessioni calcolate automaticamente; ■ tipi di mappa per immagini, composizioni e modifiche dei colori; ■ animazione di mappe e relativi parametri; ■ tipi di materiale aggiuntivi. Prima di tutto, è fondamentale capire le modalità di diramazione dei materiali per formare gerarchie o strutture ad albero dei materiali.
Struttura ad albero dei materiali È facile pensare che i materiali di 3DS MAX siano praticamente “vivi”. Ogni materiale è indipendente, ha una sua personalità che può svilupparsi nel tempo. I materiali cominciano con una base piuttosto semplice che è possibile rendere più complessa attraverso le diramazioni (figura 21.1). In questo modo, l’Editor materiali diventa un “albero” o una versione estremamente grafica del File Manager di Windows che ha come materiale di base il “tronco dell’albero” o la “directory principale”. Ogni pulsante di scelta lungo e stretto è un canale mappa, che funge da “ramo” o da “sottodirectory” inizialmente vuota. Se si fa clic su un pulsante canale mappa, sarà possibile scegliere un tipo di mappa e quindi “aggiungere foglie” o “sottodirectory”. Il materiale mostrato nella finestra campione rappresenta il risultato finale, visto dalla base dell’albero. Spesso, maggiori sono le diramazioni, più preciso sarà il risultato finale.
■ Figura 21.1 Il concetto di struttura ad albero dei materiali.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.21 Al livello più profondo si trova il tipo di materiale. Il tipo di materiale contiene tutti canali mappa iniziali da cui si dipartono le diramazioni, un concetto che genera spesso confusione perché la maggior parte dei programmi (come 3D Studio DOS) hanno l’equivalente solo di un “tipo” di materiale. Per utilizzare 3D Studio DOS come esempio, l’intero modulo Materials Editor gestiva in realtà l’equivalente di un solo tipo di materiale. Questo unico tipo di materiale è diventato in 3DS MAX il materiale Standard. Quando un pulsante di selezione è chiamato “Map”, si tratta di un canale mappa. Un canale mappa è praticamente un punto di input, o socket, per il quale è possibile scegliere un tipo di mappa, e quindi continuare l’albero dei materiali aggiungendo diramazioni. I canali mappa possono esistere all’interno dei tipi di materiale o di mappa. Il materiale Standard, per esempio, contiene undici canali mappa che permettono di selezionare fino a undici tipi di mappa. Potrebbe sembrare che un tipo di mappa corrisponda all’intero materiale, in realtà è solo una diramazione del tipo di materiale principale o del tipo di mappa. I bitmap sono un esempio di tipo di mappa: un bitmap è utilizzato come input principale insieme ai parametri e alle opzioni. Altri tipi di mappa, come Checker, contengono canali mappa aggiuntivi cosicché le diramazioni possono continuare selezionando più tipi di mappa. Le scelte e i controlli che non sono canali mappa (ovvero non sono pulsanti di selezione) sono parametri o opzioni. I parametri di solito presentano fasce e caselle modificabili con i tipici parametri materiale come colore, valori, angoli e distanze. Quasi ogni parametro ha una traccia nell’Editor tracce e quindi può essere animato. I restanti controlli materiale e mappa sono definiti opzioni materiale e mappa. Si tratta di solito di caselle di controllo o di pulsanti di scelta che determinano il metodo di valutazione dei parametri. Esempi di opzioni comprendono [Soften], [2-Sided] e [Bitmap Invert]. Le opzioni materiale di rado possono essere animate e quindi non compaiono nell’Editor tracce. Quando un tipo di materiale o mappa ha solo parametri e nessun canale mappa come il tipo di mappa Bitmap, la diramazione dell’albero si interrompe. Naturalmente, è possibile aggiungere una diramazione in quel punto scegliendo un tipo di mappa che abbia dei canali. Inoltre, è possibile tenere il tipo corrente di mappa come sotto-mappa del tipo di mappa appena scelto (figura 21.2). Alcuni tipi di materiale (come Multi/Sub-Object, Top/Bottom, Double Sided e Blend) contengono canali materiale invece di canali mappa. Per capire se si tratta di un canale mappa o di un canale materiale, è necessario fare riferimento al nome del pulsante di selezione. Quando si lavora al livello di base con questi materiali, di fatto si stanno scegliendo altri tipi di materiale da cui far dipartire o meno tipi di mappe. Il materiale Standard dispone della maggior parte dei canali mappa ma non ha nessun canale materiale. Il materiale Matte/Shadow è l’unico che non ha alcun canale per le diramazioni. Il paragrafo seguente descrive i numerosi metodi per selezionare, esplorare e coordinare questo albero di materiali. Come per la maggior parte dei componenti di 3DS MAX, i materiali e le mappe sono di fatto oggetti e quindi possono essere replicati. Quando si sceglie una mappa esistente o un materiale per un canale, è possibile scegliere se renderlo una replica dell’originale; in tal caso, qualsiasi modifica apportata all’originale avrà effetto anche sulla replica. È frequente che un materiale utilizzi la stessa mappa per numerose posizioni. È possibile utilizzare la stessa mappa per Opacity, Shininess Strength, Bump e Reflection Mask per esempio. Se si effettuano delle repliche di tutti gli elementi, la regolazione di uno si riflette su tutti.
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■ Figura 21.2 Trasformare un tipo di mappa Bitmap in una sotto-mappascegliendo un altro tipo di mappa.
Anche se non è possibile replicare i parametri nell’Editor materiali, è possibile farlo nell’Editor tracce. Questi controller replicati agiscono come tali se gestiti in Editor tracce. Se si effettuano regolazioni nell’Editor materiali, i parametri replicati si comportano esclusivamente. Se si ritorna all’Editor tracce e si effettua una regolazione, il nuovo valore sarà copiato anche sulla replica.
Interfaccia dell’Editor materiali L’Editor materiali rappresenta un laboratorio di alchimia per creare praticamente qualsiasi superficie immaginabile. Come per le altri parti di 3DS MAX, l’Editor materiali è un ambiente estensibile dove tutti i materiali, le mappe i tipi di bitmap sono di fatto componenti plug-in. I familiari pulsanti per accedere alle aree indicano che questo schema contiene plug-in e quindi le capacità e l’interfaccia cambiano a seconda dei materiali e delle mappe utilizzati. Una parte dell’interfaccia dell’Editor materiali non cambia mai a prescindere da quale tipo di materiale si utilizza o dal tipo di mappa con cui si sta lavorando. Come mostrato in figura 21.3, l’area che si trova sopra all’area a scorrimento nell’interfaccia è fissa. Queste funzioni sono di solito utilizzate da tutti i tipi di mappa e materiali e sono disattivate quando non sono applicabili. Il paragrafo seguente descrive come esplorare e utilizzare al meglio l’Editor materiali.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.21 Controlli finestra Type Backlight Background Tiling Video Color Check Preview Animation MEditorOptions Select Objects by Material
Controllo assegnamento
■ Figura 21.3 La parte fissa dell’interfaccia dell’Editor materiali.
Controlli di navigazione Material/Map Navigator GoToSibling GoTo Parent See End Result
Get Put Assign Clear Copy Put to Library
ShowMap Effects Channel
Slot campione per i materiali Quando si attiva l’Editor materiali tramite il pulsante sulla barra degli strumenti, la tendina a discesa o la tastiera alternativa, l’Editor materiali è presentato nel suo ultimo stato. Il file scena MAX conserva i materiali modificati nella scena nonché le opzioni dell’Editor. Quando si lavora in una nuova scena, verrà visualizzato l’insieme predefinito di sei campioni materiale (figura 21.3). Queste sei finestre materiali, o slots, si comportano come i quadranti. Per attivarne una e renderla corrente all’interno dell’Editor, fare clic su di essa; il bordo della finestra diventerà bianco proprio come succede per i quadranti. Se una finestra campione contiene un materiale utilizzato nella scena, agli angoli saranno visualizzati dei triangoli bianchi. La posizione corrente all’interno dell’albero dei materiali viene memorizzata quando si passa da una finestra campione all’altra. Si dice che i materiali abbiano tre “temperature” (calda, tiepida o fredda) a seconda dell’assegnazione nella scena. Se il materiale è utilizzato nella scena, è considerato caldo; se è una copia di un materiale utilizzato nella scena è tiepido; se non viene utilizzato affatto, è freddo. I materiali caldi sono indicati nelle finestre campione dei materiali da quattro triangoli bianchi posti agli angoli (figura 21.4).
■ Figura 21.4
Materiale freddo (nonusato in scena)
Nome univoco
Materiale caldo (in scena non collegato)
Materiale caldo (in scena e collegato)
Le tre “temperature” del materiale.
Stesso nome
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I materiali caldi sono dinamici rispetto alle assegnazioni della scena. Quando si regola un parametro all’interno di un materiale caldo, allo stesso tempo si influisce sulla definizione dei materiali della scena, non solo sulla relativa definizione nell’Editor. Poiché si effettuano degli aggiornamenti al campione di materiale, gli aggiornamenti sono validi anche per tutti i quadranti ombreggiati. Se da un lato procedere in questo modo è normale, dall’altro provoca dei rallentamenti perché i quadranti ombreggiati devono essere aggiornati con le modifiche. Per modificare più rapidamente i materiali caldi (assegnati), è consigliabile effettuare una copia del materiale, effettuare tutte le modifiche alla versione tiepida e poi reinserirla nella scena come nuovo materiale caldo. I materiali tiepidi si formano quando si copia un materiale utilizzando il pulsante Make Material Copy o trascinando una finestra campione su un altro slot. Il materiale tiepido copiato ha lo stesso nome dell’originale ma non è direttamente collegato alla scena. Modificare un materiale tiepido non influirà sulla scena. Se si assegna questo materiale tiepido copiato a un oggetto, verrà richiesto di rinominare il materiale o di sostituire la definizione del materiale con un nome simile. Se si decide di sostituire il materiale, l’effetto sarà identico a quello ottenuto con il pulsante Put. Se si assegna un nome esclusivo a un materiale tiepido, il materiale diventerà freddo. I materiali freddi si distinguono dai materiali tiepidi per il fatto che non condividono un nome con un materiale che già esiste nella scena corrente. È possibile assegnare liberamente materiali freddi senza che influiscano su definizioni precedenti. Per questo motivo, la sostituzione di una definizione di materiale assegnato con un materiale freddo prevede due operazioni. Per far diventare tiepido un materiale freddo, è sufficiente assegnargli un nome già presente nella scena.
Controlli di visualizzazione dell’Editor materiali L’Editor materiali contiene diversi controlli per visualizzare i campioni di materiale e modificarne qualità come forma, illuminazione, sfondo, motivo e mosaico. Lo scopo è avvicinare il più possibile l’ambiente dell’Editor materiali alle qualità della scena dove verranno assegnate. Questi controlli si trovano lungo il lato destro delle finestre campione dei materiali (figura 21.3). Il pulsante Sample Type permette di scegliere la figura geometrica mostrata nella slot campione per i materiali. È possibile scegliere tra sfere, parallelepipedi e cilindri. Scegliere la figura geometrica che meglio rappresenta quella dell’oggetto permette di prevedere con maggiore fedeltà le qualità di rappresentazione (figura 21.5). Il pulsante Backlight posiziona una sorgente di luce secondaria sotto e dietro il campione materiale per evidenziare le proprietà del materiale che provocano illuminazioni eccessive. Anche se questa opzione rallenta leggermente il rendering, le informazioni da essa fornite sono fondamentali quando si utilizzano i materiali Phong senza l’opzione Soften. Il pulsante Background cambia lo sfondo della finestra campione da una sfumatura di grigio a tinta unita a un motivo a scacchiera che contiene i colori primari RGB, il bianco e il nero. Questo motivo sgargiante è necessario per visualizzare i risultati dei controlli di opacità, soprattutto quando si tratta di lucidi colorati.
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CAP.21 ■ Figura 21.5 Utilizzo di primitive che assomigliano maggiormente agli oggetti della scena.
Il pulsante Sample UV Tiling permette di cambiare la ripetizione a mosaico nello slot campione (figura 21.6). È un metodo comodo per vedere in che modo i motivi si ripetono, ma regolare i parametri mosaico della mappa solo per questa ragione non è pratico. La modifica della visualizzazione a mosaico non ha effetto sul materiale stesso.
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■ Figura 21.6 Visualizzazione di un oggetto con diversi valori mosaico.
Il pulsante Video Color Check dispone del controllo dell’Editor per i colori cosiddetti “illegali” se trasferiti su videocassetta per essere visualizzati con monitor NTSC o PAL. I colori illegali (soprattutto i rossi accesi) hanno un output pessimo e correggerli a livello di definizione di materiale è spesso molto utile. La figura 21.7 mostra come l’Editor materiali visualizza i colori illegali in un materiale. È importante notare, comunque, che i colori sono illegali solo rispetto all’illuminazione del campione e che l’illuminazione della scena sarà differente.
Area illegale
■ Figura 21.7 Un materiale che mostra i colori illegali per il video.
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Il pulsante Make Preview fa visualizzare una finestra di dialogo che contiene le opzioni globali per l’Editor materiali. In questa finestra, sono definite l’intensità degli sfondi, l’illuminazione e la scalatura della mappa. L’opzione [Anti-alias] influisce solo sul bordo del campione e non sulla velocità. L’opzione [Progressive Refinement] è utile per macchine lente che devono lavorare con materiali complessi. Infine, il controllo è assegnato all’effettivo renderizzatore utilizzato sui campioni di materiale. Lo Scanline Renderer è identico al renderizzatore di produzione 3DS MAX. Il Quick Renderer rappresenta un’alternativa più rapida, ma non è in grado di visualizzare materiali reticolo e mappe faccia. In pratica, ogni modellatore si troverà a suo agio con alcune impostazioni che cambierà di rado. L’unico parametro che invece si cambierà spesso è 3D Map Sample Scale. Questi tipi di mappa possono produrre un effetto con la scalatura del mondo reale. Questo parametro permette di controllare la larghezza del campione generico. Se al campione sono assegnate le dimensioni equivalenti dell’oggetto scena, la visualizzazione del risultato della mappa 3D sarà sicuramente migliore. Il pulsante Select by Material fa visualizzare la finestra di dialogo SELECT BY NAME e identifica a quali oggetti è assegnato il materiale corrente. È possibile utilizzare questa opzione per selezionare quegli oggetti, invertire e selezionare qualcos’altro o creare altre selezioni. In pratica, è un metodo molto comodo per selezionare gli oggetti che serviranno agli scopi più diversi e non solo per assegnare materiali.
Controlli materiale per i materiali attivi I pulsanti posti orizzontalmente al di sotto delle finestre campione dei materiali offrono funzioni che si riferiscono al campione materiale attivo e non all’Editor materiali nel suo complesso. Le funzioni a sinistra permettono di sostituire il materiale corrente nell’Editor o nella scena, assegnare, reimpostare, copiare o inserire il materiale nella libreria. I pulsanti a destra controllano i canali effetti dei materiali, le visualizzazioni delle mappe di composizione, la visualizzazione dei risultati, la navigazione e l’esplorazione.
Creazione di nuovi materiali e mappe Il pulsante Get Material apre il Material/Map Browser per la selezione di un nuovo materiale che sostituirà l’intero materiale attivo. È importante rendersi conto che la funzione Get Material significa sostituire il materiale corrente e non selezionare un sottomateriale o una mappa. Per selezionare mappe o materiali da utilizzare all’interno del materiale corrente, è necessario accedere al Browser dal pulsante Type. Se si utilizza Get Material e non si è al livello radice del materiale attivo, verrà visualizzata una finestra per informare che l’intero materiale sarà sostituito. Il programma suppone che, poiché non ci si trova al livello radice, si è utilizzato Get Material invece di Type. Se invece ci si trova a livello di radice, non verrà richiesta alcuna conferma e il materiale sarà sostituito. Le funzioni di Get Material devono essere utilizzate tenendo presente che il materiale attivo sarà eliminato e se la definizione non è presente all’interno della scena, di una libreria o di un’altra slot, andrà definitivamente perduta.
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CAP.21
Sostituzione dei materiali con Put e Assign Il pulsante Put Material to Scene è disponibile solo se si sta modificando un materiale tiepido. La funzione Put sostituirà la definizione del materiale presente nella scena con lo stesso nome con quello che si sta modificando. Il materiale che era prima caldo diventa tiepido. Il risultato è identico a quello ottenuto con Replace quando si assegna alla scena un materiale tiepido, ma non apparirà un messaggio di avvertenza per ritardare gli aggiornamenti. Il pulsante Assign Material to Selection assegna il materiale corrente alla selezione di oggetti della scena. Questa opzione è attiva solo quando si ha una selezione. Insieme, le funzioni Put e Assign forniscono gli strumenti per cambiare le assegnazioni materiale offrendo le seguenti opzioni per modificare la definizione di un materiale assegnato: ■ modificare un materiale caldo dell’Editor materiali, la sua definizione sarà automaticamente aggiornata nella scena; ■ assegnare un nuovo materiale agli oggetti selezionati; ■ modificare un materiale tiepido, assegnarlo a qualsiasi oggetto della scena e scegliere di sostituire il materiale con lo stesso nome; ■ modificare un materiale tiepido e utilizzare l’opzione Put per sostituire la definizione della scena. Il pulsante Make Material Copy è disponibile solo quando si modifica un materiale caldo. Se si utilizza questa opzione, il materiale cambierà da caldo a tiepido. Il nuovo materiale tiepido conserverà la stessa definizione e lo stesso nome ma non ha più un collegamento diretto con la scena. Se si intende sperimentare con un materiale, è consigliabile utilizzare Copy per trasformare un materiale caldo in freddo cosicché non abbia un impatto immediato sulla definizione della scena. Una volta soddisfatti del materiale, utilizzare Put per definire di nuovo il materiale della scena. Nel frattempo, la definizione materiale della scena fungerà da copia di backup eventualmente recuperabile.
Salvataggio dei materiali nelle librerie Le definizioni dei materiali sono salvate nel file scena MAX insieme a qualsiasi oggetto a loro assegnato. Quando si apre o si unisce una scena, è possibile recuperare dal Browser i materiali assegnati al suo interno attraverso l’opzione [Browse From Scene] o [Selected]. Invece, è possibile salvare solo le definizioni dei materiali in una libreria dei materiali. La definizione di un materiale non è altro che una “ricetta” che contiene un elenco di ingredienti e parametri per creare il materiale. La libreria assomiglia quindi a un “ricettario” perché conserva raccolte di definizione materiale. Di fatto, è molto comodo memorizzare i materiali preferiti in librerie assortite. Numerosi artisti ritengono che disporre di librerie distinte per esigenze specifiche (mattoni, pietra, marmo, carne, sabbia, atmosfera e sfondi per esempio) acceleri notevolmente la ricerca e renda i materiali più accessibili per gli altri artisti. Il pulsante Put to Library invia la definizione materiale attiva alla libreria corrente. Se nella scena un materiale caldo è aggiornato automaticamente, non è aggiornato nella libreria di provenienza. Per aggiungere o aggiornare un materiale in una libreria, è necessario utilizzare prima il pulsante Put to Library. In questo modo, si aggiorna la voce della libreria nella libreria materiali corrente. Anche se l’immagine del pulsante mostra un dischetto, la libreria non è salvata su disco a meno che non sia specificato dal modellatore. Per salvare una libreria, è necessario scegliere Save o Save As dall’interno del
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Browser. Con il perfezionamento dei materiali, le relative definizioni diventano molto preziose. Questo processo a due operazioni assicura che le librerie e il loro contenuto non sia sovrascritto.
Canali effetti dei materiali Ogni materiale di 3DS MAX comprende un canale effetti dei materiali utilizzato dai filtri Video Post per controllare la posizione degli effetti di post-produzione. Video Post accede al canale effetti dei materiali quando si effettua il rendering di un evento scena o si utilizza un file RLA che contiene il canale effetti dei materiali. La figura 21.8 mostra un rendering con canali materiale visualizzati come codici colorati invece che come una tipica scena di rendering. Questo output è destinato a essere utilizzato in post-produzione e non è fine a se stesso. I colori visualizzati sono solo informativi e non indicano il risultato finito. L’utilizzo dei canali effetti dei materiali è di solito abbinato a un filtro immagine Video Post. Gli eventi filtro come Glow permettono di assegnare un bagliore a un materiale invece che a un oggetto (utilizzando un canale oggetto RLA) o a un colore chiave (quando i dati scena non sono utilizzati affatto). In pratica, i canali oggetto sono utilizzati quando si colpisce un numero esiguo di oggetti e i canali materiale sono utilizzati quando è necessario colpire numerosi oggetti con effetti Video Post.
■ Figura 21.8 Visualizzazione dei canali effetti dei materiali contenuti all’interno di un file di rendering RLA.
Visualizzazione delle mappe di composizione Una delle caratteristiche più utili di 3DS MAX è la capacità di visualizzare le mappe di composizione nei quadranti interattivi. La figura 21.9 mostra una scena dove le mappe di composizione sono presenti nei quadranti e la visualizzazione è particolarmente impor-
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CAP.21 tante per ottenere un allineamento di mappatura corretto. Nei quadranti è possibile visualizzare una mappa per materiale. Con il pulsante Show Map in Viewport, è possibile scegliere all’interno di tutti i tipi di 2D Map.
■ Figura 21.9 Una scena dove sono visualizzate numerose mappedicomposizione.
Nei quadranti sarà visualizzata solo la mappa stessa. Le modifiche apportate all’immagine con i parametri o le altre mappe non sono visualizzate.
Poiché visualizzare le mappe richiede RAM aggiuntiva, 3DS MAX per default non visualizza le mappe. Se si desidera visualizzare una mappa in un quadrante, è necessario attivarla manualmente. È importante però ricordare che ogni mappa visualizzata richiede ulteriore memoria RAM (anche se il problema non sussiste quando si utilizzano acceleratori grafici con il supporto di memoria per mappe di composizione). Per ovviare alla richiesta di RAM, nei quadranti è visualizzata solo un’immagine approssimativa In questo modo, è possibile visualizzare immagini molto grandi consumando una quantità notevolmente minore di memoria.
Utilizzo di Show End Result Per default, l’Editor materiali mostra il risultato dell’intero albero del materiale, a prescindere dal ramo che si sta modificando. Se si disattiva l’opzione [Show End Result], verrà visualizzato solo il risultato al livello corrente del materiale. Come mostrato dalla figura 21.10, se si disattiva questa opzione, gli effetti sui materiali Multi/Sub-Object sono notevoli. Questa opzione è utilizzata soprattutto quando si desidera visualizzare l’effetto locale ed è particolarmente utile per vedere l’effetto materiale completo all’interno dei materiali
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Multi/Sub-Object. Se l’opzione è disattivata, il materiale sarà mostrato solo dall’ultimo ramo alla posizione corrente sull’albero. Comportamento simile al Modifier Stack che utilizza la propria funzione [Show End Result] per i modificatori. Se, per esempio, si sta modificando il materiale #4 su un materiale Multi/Sub-Object, se si disattiva l’opzione [Show End Result], nello slot campione sarà visualizzato solo il materiale #4. Se si sta modificando la mappa Diffuse di un materiale standard, se si disattiva l’opzione [Show End Result], la bitmap sarà visualizzata senza ombreggiatura.
■ Figura 21.10 L’effettodell’opzione [Show End Result] attiva e disattiva per un materiale Multi/SubObject.
ShowEnd ShowEnd Result attivo Result inattivo
L’Editor materiali L’Editor materiali potrebbe apparire molto complesso ma con un po’ di pratica si rivelerà un ambiente creativo facile da utilizzare. La figura 21.11 mostra come la metafora dell’albero sia molto utile per capire come un materiale cominci a livello radice e i rami contengano mappe multiple e perfino altri materiali. Per esplorarne la struttura ad albero, è possibile scorrere le diramazioni all’interno dell’Editor o selezionare i livelli chiave con il Material/Map Navigator. L’interfaccia dell’Editor materiali è studiata per mostrare il livello mappa corrente in qualsiasi momento. La figura 21.12 mostra le informazioni relative al canale mappa Diffuse del materiale Standard utilizzando un tipo di mappa Bitmap. Dopo aver aggiunto un nuovo ramo o essere passati a un nuovo ramo, esistono alcune opzioni per tornare indietro.
Importanza dei nomi Quando si esplora per cercare delle mappe, che di solito fanno parte del canale mappa del materiale Standard, le strutture ad albero dei materiali possono diventare molto ramificate. Come mostrato da numerose figure di Browser, i materiali e i tipi di definizione mappa sono visualizzati in modo diverso: i materiali hanno il “nome materiale [tipo materiale]” mentre le mappe hanno il “[nome del tipo mappa] e il nome file”. A differenza di Browser, Navigator e Editor tracce forniscono nomi per i canali mappa ed i canali materiale. L’unico modo per identificare mappe e materiali quando vengono scelti nel Browser è quindi il nome. Per default, alle mappe è assegnato il nome Tex#X, dove X è un numero arbitrario. È fortemente consigliato personalizzare i nomi per le mappe e i sotto-materiali subito dopo averli selezionati per utilizzarli in un canale. Assegnare i nomi alle mappe in modo logico permette di utilizzare Browser al meglio e funge da promemoria quando si riprende il lavoro in un secondo tempo. Se invece ci si abitua ad accettare i nomi predefiniti, sarà difficile individuare di che cosa si ha bisogno in una scena ricca di particolari o in una libreria memorizzata.
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CAP.21 ■ Figura 21.11 I materiali cominciano con una definizione radice e diramazioni che offrono diverse possibilità.
■ Figura 21.12 L’Editor materiali visualizza un unico ramo nell’albero dei materiali. Material Editor con i parametri Selected Diffuse Map visualizzati
Map Navigator con Diffuse Map Type selezionato
Utilizzo del Material /Map Navigator Il pulsante Material/Map Navigator fornisce alcuni cenni preliminari sui sei materiali correnti all’interno dell’Editor materiali. Tale interfaccia è accessibile tramite il pulsante Material/Map Navigator dell’Editor materiali, la cui icona è una rappresentazione astratta dell’albero gerarchico.
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Anche se Navigator permette di attraversare l’albero dei materiali come accade nell’Editor tracce, non permette di copiare mappe e parametri.
Navigator è praticamente un sottoinsieme dell’Editor tracce fornito per esaminare e scorrere le strutture ad albero dei sei materiali nell’Editor. Come Editor tracce, le icone con le sfere blu rappresentano i materiali e i trapezi sono le mappe. Se si fa clic su un simbolo, l’Editor materiali assumerà quel materiale o mappa e quel dato livello. È una tecnica molto utile per esplorare rapidamente materiali complessi. Oltre a fornire diverse opzioni filtro, lo strumento più utile per l’esplorazione è Material/Maps Only. Visualizzare i parametri è un’opzione leggermente ambigua perché non sono uno strumento per scorrere l’albero e non è possibile regolarne i valori. Quando si visualizzano Browser e Navigator, assicurarsi che non si sovrappongano. Se si seleziona un materiale in Editor tracce, Navigator sarà aggiornato e posizionerà la finestra di dialogo in primo piano.
Diramazioni dell’Editor materiali I pulsanti Go to Parent e Go to Sibling sono i principali strumenti di esplorazione per scorrere le strutture ad albero dei materiali all’interno dell’Editor stesso. Il pulsante Return to Parent risale un ramo dell’albero mentre il pulsante Go to Sibling fa spostare sugli altri rami che si dipartono dallo stesso principale. Il pulsante Go to Sibling è utilizzato spesso quando si modificano i materiali Multi/Sub-Object o le mappe Mask o Composite. È possibile ripetere queste operazioni singole per attraversare l’intero albero dei materiali. La tendina a discesa NAME offre un elenco di tutti i principali del ramo corrente. Quando ci si trova a un livello molto profondo, è possibile risalire molti livelli in una volta sola scegliendo il principale più prossimo. È importante notare che se il materiale o la mappa sono stati nominati, la casella è vuota; questo è un altro motivo per abituarsi a nominare i materiali e le relative mappe.
Materiali e mappe Il Material/Map Browser (figura 21.13) è utilizzato in quattro situazioni: quando si sceglie un materiale per sostituire lo slot campione corrente; quando si accede per la prima volta a un canale mappa per selezionare una mappa; quando si accede per la prima volta a un canale materiale per selezionare un sotto-materiale oppure quando si utilizza il pulsante Type per sostituire il sotto-materiale o la mappa corrente. Una volta all’interno del Browser, è possibile scegliere un materiale memorizzato in una libreria dei materiali, presente nella scena, contenuto correntemente nell’Editor materiali o creare il proprio materiale da una nuova definizione. Le opzioni Browse From controllano la posizione da cui l’elenco di scelte è presentato. La libreria di materiali predefinita disponibile per l’esplorazione è il file 3dsmax.mat (figura 21.14) fornito con il prodotto e posizionato nella sotto-directory \3dsmax\maps. Naturalmente, è possibile selezionare qualsiasi libreria. Purtroppo, la scelta della libreria
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CAP.21 da caricare non è memorizzata nel file scena MAX, quindi l’Editor materiali cercherà sempre il file 3dsmax.mat all’avvio del programma. Se il file non è trovato, l’elenco sarà vuoto e sarà necessario specificare un’altra libreria in cui esplorare.
■ Figura 21.13 Il Material/Map Browser è in grado di mostrare materiali e mappe contemporaneamente.
■ Figura 21.14 Il Material/Map Browser e la libreria predefinita 3dsmax.mat.
Il filtro delle opzioni Show indica se i materiali e le mappe sono visualizzati per la selezione. Per default, l’opzione è attiva; una tale scelta potrebbe generare confusione nella selezione del materiale perché se si sceglie una mappa sarà visualizzato un ramo senza principale. La scelta è la migliore se si desidera esplorare
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i materiali, mentre le opzioni o sono consigliate quando si desidera esplorare le mappe. I pulsanti sopra al Browser permettono di modificare la visualizzazione dalle voci, nello stile dell’Editor tracce, a piccole o grandi sfere campione. Anche se all’inizio sembra attraente, la seconda opzione è lenta per i materiali complessi e utilizza memoria RAM per tutte le elaborazioni bitmap. Il motivo sta nel fatto che le immagini approssimative sono generate in quel momento e nulla è memorizzato per le sessioni future. Quindi se le piccole sfere sono utili per le piccole librerie, non sono affatto pratiche per quelle più grandi. Quando si esplorano i materiali tramite l’elenco di nomi, i materiali sono elencati in ordine alfabetico tenendo conto di maiuscole e minuscole. I materiali rientrati sono tutti derivati di uno dei materiali composti (Blend, Multi/Sub-Object, Top/Bottom o Double Sided). Questi sotto-materiali valgono per la selezione come materiali autonomi. È possibile inoltre filtrare i sotto-materiali disattivando l’opzione [Sub Materials/Maps] nella parte inferiore del Browser.
Sostituzione di mappe e sotto-materiali Spesso è necessario sostituire una mappa assegnata attualmente all’interno di un materiale. Regolare la mappa corrente non è sufficiente perché sono necessari un tipo di mappa diversa o i parametri esatti utilizzati attualmente in un altro materiale. Quando ci si trova al livello radice della mappa, se si fa clic sul pulsante Type, apparirà il Material/ Map Browser. Da questo punto, sarà possibile scegliere una mappa da una libreria, da una scena, dall’Editor materiali o iniziare da capo con New. Entrare nel Browser tramite il pulsante Type è come se si scegliesse per la prima volta un pulsante canale mappa, in questo caso però si sta sostituendo una mappa esistente. Quando un materiale è utilizzato all’interno di un altro materiale, la sua sostituzione è simile a quella delle mappe. Se si utilizza la funzione [Get Material], si sostituirà non solo il sotto-materiale al livello corrente, ma anche l’intera definizione materiale. Quando ci si trova al livello radice del sotto-materiale, se si fa clic sul pulsante Type si entrerà nel Material/Map Browser da dove sarà possibile selezionare un materiale per sostituire il sotto-materiale corrente.
Creare con il materiale Standard Il materiale Standard ha un nome modesto rispetto a tutte le sue funzionalità. In pratica, rappresenta almeno il punto di partenza e quindi, il materiale “standard” utilizzato per la maggior parte delle creazioni. Come già descritto in precedenza, il materiale Standard rappresenta l’evoluzione del contenuto del Material Editor di 3DS DOS. Il tipo di materiale Standard contiene 11 canali mappa come punto di partenza per creare un albero mappa esteso (figura 21.15).
Componenti di colore nel materiale Standard Le caratteristiche di ombreggiatura del materiale Standard si suddividono in tre qualità: Ambient (il colore mostrato nella sfumatura), Diffuse (il colore mostrato nella luce) e il
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CAP.21 colore dell’illuminazione (figura 21.16). Per scegliere i colori appropriati per ottenere effetti realistici, è necessaria un po’ di pratica. Fare riferimento agli oggetti del mondo reale con le stesse qualità del materiale da creare. Osservare in particolar modo il colore, le sfumature e l’illuminazione. Notare se il colore dell’illuminazione è simile al colore della sorgente di luce o se la tinge, in che modo il colore ombreggiato è influenzato dall’oggetto su cui è posizionato e se i colori cambiano quando la luce si sposta.
■ Figura 21.15 L’interfaccia del materiale Standard.
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■ Figura 21.16 I tre componenti di base dell’ombreggiatura.
L’illuminazione speculare si verifica sulle superfici leggermente lucide quando la luce colpisce la superficie ed è riflessa verso la posizione dello spettatore. La superficie visualizza il colore diffuso del materiale quando è completamente illuminata ed è opaca o senza illuminazioni speculari. Se l’illuminazione diminuisce, il colore diffuso si mescola con quello circostante. Dove non c’è luce, il rendering è effettuato solo sul colore circostante (quindi solo dalla luce circostante della scena). I colori della maggior parte dei materiali sono legati fra di loro, infatti spesso le sfumature appartengono alla stessa famiglia di colori. L’Editor materiali facilita il compito permettendo di copiare tavolozze di colori trascinandole da un colore all’altro. È possibile poi regolare le proprietà del colore, come la quantità di bianco, di nero o i valori senza interferire nelle relazioni di base dei colori.
Colore diffuso Delle tre qualità di base del colore, Diffuse è quella che ha un impatto maggiore sull’aspetto del materiale ed è la più facile da determinare. Il colore diffuso è quello a cui ci si riferisce quando si descrive un materiale del mondo reale. È consigliabile fare riferimento il più possibile al mondo circostante per analizzarne i colori. Si noterà che sono pochissimi i colori che hanno tonalità completamente sature fra cui i segnali (insegne, confezioni, cartelloni pubblicitari), giocattoli e cartoni animati. Altri sono composti da miscele più complesse. Il colore Diffuse è spesso sostituito o mischiato con una bitmap; il piccolo pulsante vicino alla relativa tavolozza dei colori permette di accedere rapidamente al canale mappa Diffuse.
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CAP.21 Quando si analizzano i colori del mondo reale, è necessario inondare almeno una parte di essi con luce bianca, eliminando qualsiasi ombreggiatura della superficie. La luce bianca ideale è quella emessa dalle lampade al quarzo o allo xeno (le lampade con la temperatura più elevata attualmente disponibili), ma anche le lampade alogene vanno bene. È possibile isolare il colore diffuso mantenendo una torcia alogena tascabile vicino alla superficie, osservarla cosicché l’illuminazione non si veda.
Colore speculare Il colore speculare si mescola con il colore della luce che illumina. Tale miscela varia tra i materiali ma ha di solito la tonalità del colore diffuso oppure è incolore. Per i materiali, è consigliabile copiare il colore diffuso sul colore speculare e aumentare il controllo Whiteness verso il bianco. L’influsso che il componente speculare ha su un materiale è direttamente collegato ai valori lucentezza e intensità lucentezza. I materiali che non sono lucidi non riescono a creare un’illuminazione speculare. Se il materiale possiede lucentezza e si crea un’illuminazione su un materiale, il colore diffuso del materiale si mescola con il colore speculare in maniera additiva simile alla luce. Per effettuare il rendering del colore speculare di un materiale, è necessario che l’illuminazione abbia origine da una sorgente di luce che colpisce una superficie che, a sua volta, la riflette verso la posizione dello spettatore. Perché quella luce illumini, l’angolo formato dalla posizione di visualizzazione e dalla superficie deve essere uguale all’angolo di incidenza con una data luce (figura 21.17). È importante notare che la relazione angolare è regolata dalla funzione Place Highlight.
■ Figura 21.17 Posizionidiilluminazione speculari determinate dagli angoli di visualizzazione di illuminazione.
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Colore circostante Anche se il valore circostante rappresenta una parte ombreggiata del materiale, ha effetto su gran parte della superficie perché di solito solo una piccola parte dell’oggetto è sotto la luce diretta a un preciso momento. La maggior parte o almeno alcune parti degli oggetti sono illuminate da una luce incidente ombreggiata attraverso le superfici. Poiché le superfici sono ombreggiate, il colore circostante si mescola con il colore diffuso in modo sottrattivo simile ai pigmenti. Una volta in ombra, il colore circostante è utilizzato esclusivamente. Il colore circostante che ne risulta, visto senza la luce, è di solito piuttosto scuro perché l’unica illuminazione deriva dal valore della luce circostante. Scurire il valore della luce circostante è spesso utile per ottenere colori più intensi per i materiali. Per farlo, copiare la tavolozza dei colori diffusi nella tavolozza dei colori circostanti e diminuirne il valore. In teoria, pochi materiali hanno valori per il colore circostante e diffuso diversi. (Di solito si tratta di materiali brillanti o naturalmente iridescenti). L’ombreggiatura della maggior parte delle superfici deriva dalla semplice riduzione dell’illuminazione; questo spiega perché all’inizio si consiglia di mantenere i valori del colore circostante e diffuso costanti. In pratica molti artisti di grafica computerizzata non lo fanno. Scurire maggiormente il colore Ambient rispetto a Diffuse rende l’ombreggiatura più intensa e crea rappresentazioni più ricche. Questa tecnica intensifica l’ombreggiatura e permette di utilizzare nella scena meno illuminazione generica. La maggior parte degli artisti copiano sempre la tavolozza dei colori Diffuse nella tavolozza dei colori Ambient e poi riducono il valore del colore almeno del 50%. Se si esaminano le librerie dei materiali fornite con 3DS MAX, si noterà che quasi tutti i materiali utilizzano questa tecnica. È possibile imitare i materiali che hanno una qualità molto spiccata, come il legno laccato, portando il colore circostante alla saturazione completa e al massimo valore. Un materiale bruno castano diffuso a cui si assegna un valore circostante rosso acceso formerà un marrone caldo e intenso. Quando una scena è illuminata esclusivamente con luce circostante, l’aspetto della rappresentazione di una superficie sarà controllato solo dal colore circostante del materiale. Occorre tener conto di questo “passaggio” di colore quando si utilizza una luce circostante puramente bianca per illuminare la scena (come quando si crea un lavoro piatto per stampe bidimensionali). Quando si utilizza una luce circostante bianca, l’interesse è incentrato solo sul colore diffuso.
Blocco dei colori A sinistra dei colori si trovano i pulsanti di blocco che bloccano i colori in modo tale che siano identici e che regolandone uno si regolino tutti. L’utilizzo del blocco è limitato se si considera la facilità con cui è possibile copiare le tavolozze di colori. In generale, il blocco non è consigliato a meno che non si desideri ottenere un colore puro. Il blocco colore è utilizzato prevalentemente per i materiali che devono assomigliare alla plastica luminosa e nelle illustrazioni pubblicitarie quando si creano oggetti bidimensionali che richiedono un’illuminazione piatta.
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CAP.21 Il blocco a destra delle tavolozze di colori controlla il blocco dei canali mappa Diffuse e Ambient. Per default, è sempre bloccato cosicché quando si sceglie la mappa Diffuse, sarà utilizzato per i colori circostanti e diffusi. Se si disattiva il blocco, il canale Ambient e il pulsante appaiono vicino alla tavolozza dei colori Diffuse, permettendo di tingere una mappa di composizione nello stesso modo in cui si scuriscono o si saturano le tavolozze dei colori di base.
Parametri di base per il materiale Standard Dopo aver definito i componenti basilari del colore per un materiale, esistono altri controlli che completano i parametri di base del materiale Standard. Controllano la modalità di rappresentazione e le opzioni di lucentezza, autoilluminazione, i valori di opacità e il reticolo, i 2 lati e la mappa facce. Questi parametri di base sono utilizzati come punto di partenza per gestire qualità così importanti. La maggior parte di tali opzioni ha canali mappa corrispondenti che influiscono o sostituiscono i parametri.
Modalità ombreggiatura L’opzione dominante nel materiale Standard è la modalità ombreggiatura. Questa opzione controlla il metodo di rappresentazione (algoritmo) utilizzato per valutare e ombreggiare i colori di base e la lucentezza. Le tre modalità di ombreggiatura (Phong, Metal e Constant) richiedono lo stesso tempo di rendering, ma modificano le caratteristiche complessive del materiale se il rendering è effettuato dal renderizzatore di produzione (figura 21.18). L’aspetto delle superfici dei quadranti rimane invariato perché il renderizzatore interattivo considera tutti i materiali come Phong. Le capacità dei canali mappa, le ombre, i riflessi e gli effetti atmosferici trattano la modalità ombreggiatura nello stesso modo.
■ Figura 21.18 Le modalità di ombreggiatura Constant, Phong e Metal.
Metal
Phong
Constant
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Le modalità di ombreggiatura Phong e Constant utilizzano le stesse proprietà dei materiali ma trattano l’ombreggiatura e la smussatura in modo completamente diverso. La modalità di ombreggiatura Constant ignora i gruppi di smusso e cerca superfici complanari. Per ogni superficie o sfaccettatura complanare, il rendering sarà effettuato con lo stesso colore costante e ai bordi lungo le sfaccettature sarà applicato l’anti-aliasing. Questa modalità è particolarmente utilizzata da coloro che creano giochi o illustrazioni piatte. Quando si utilizza l’ombreggiatura Constant, è necessario che l’output di rendering utilizzi per ogni sfaccettatura dei colori puri. Per farlo, non bisogna spuntare l’opzione [Output Dithering for True Color] nel RENDERING PREFERENCE SETTINGS. 3DS MAX effettua il dithering anche a 32 bit, dal suo rendering interno con colori a 64 bit. Le modalità Phong e Constant comprendono un’opzione [Soften] per ridurre l’intensità abbagliante dell’illuminazione incidentale (figura 21.19). Questa opzione dovrebbe essere sempre attiva tranne per i materiali più lucidi come vetro, vernice, pittura lucida o plastica brillante (ovviamente deve rimanere attiva per tutti i materiali mappati). L’unico motivo per cui l’opzione non è attiva di default è che il renderizzatore interattivo non riesce a riprodurre l’effetto Soften. La modalità di ombreggiatura Metal (basata sull’algoritmo Cook/Torrance) elimina la tavolozza di colori Specular e il valore. I materiali metallici traggono il colore dell’illuminazione direttamente dal componente di colore Diffuse e dalla forma della curva di illuminazione. La forma della curva di illuminazione e la lucentezza che risulta sulla superficie sono diverse dalle modalità di ombreggiatura Phong e Metal anche se i valori di lucentezza rimangono invariati.
■ Figura 21.19 L’effetto Soften sui materiali.
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CAP.21
Opzione 2-Sided L’opzione [2-Sided] comunica al renderizzatore di ignorare le normali delle facce relative a una data superficie e di effettuare il rendering di entrambe le facce a prescindere da quale faccia abbia di fronte. Questa opzione è studiata per essere utilizzata con le figure geometriche o le superfici trasparenti come vetro o reticoli (figura 21.20), dove la modellazione su entrambi i lati dell’oggetto non è necessaria per ottenere un effetto realistico. È utilizzata inoltre per oggetti opachi molto sottili di cui si vedono entrambi i lati come le carte da gioco o le banconote.
■ Figura 21.20 L’effetto a un lato e l’opzione del materiale 2 lati.
L’utilizzo di materiali di tipo 2 lati su modelli più grandi può farli apparire strani perché i bordi apparirebbero sottilissimi (e in realtà lo sono). Questa opzione è inoltre utilizzata quando i modelli importati presentano normali problematiche che richiedono troppo tempo per essere corrette. Nell’ultimo caso, l’opzione è particolarmente utile per evitare di dover correggere le normali; l’operazione infatti è piuttosto impegnativa e costringe il programma a effettuare il rendering di un numero maggiore di facce rispetto al solito. Se si utilizza una mappa di rifrazione, l’opzione [2-Sided] non influisce sull’opacità e sulla rifrazione. Avrà effetto solo se il materiale è anche un reticolo.
Opzione Wire L’opzione [Wire] elimina la superficie e sostituisce ogni mesh o bordo patch visibile con una linea o un reticolo. Questa è una delle poche situazioni in cui la visibilità del bordo di una superficie influisce sull’aspetto di rendering. La caratteristica di rendering del
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reticolo assomiglia in realtà a dei pezzi di carta. La superficie del reticolo è piatta lungo la faccia che costeggia con il bordo. Se il bordo è condiviso dalle facce, il reticolo appare come un pezzo di carta sgualcito (figura 21.21).
■ Figura 21.21 L’effetto di rendering dei materiali Wire.
Le dimensioni del reticolo sono controllate dalla tendina EXTENDED PARAMETERS. È possibile controllarne le dimensioni con due metodi: nell’immagine di rendering: Pixels rende tutti i bordi della stessa larghezza; Units conferisce ai reticoli le larghezze reali misurate in unità. In entrambi i casi, tutti i reticoli hanno lo stesso raggio. L’effetto della scelta per definire la larghezza del reticolo diventa evidente quando si visualizza la superficie in prospettiva. Se definita in pixel, i reticoli non rimpiccioliscono in prospettiva, come se si disegnasse su una fotografia con una penna a larghezza unica. Se definita in unità, i reticoli sono trattati come figure geometriche e rimpiccioliscono in prospettiva. Se il rendering è effettuato in visualizzazione ortogonale o User, i due metodi produrranno lo stesso effetto: tutti i rendering dei reticoli avranno la stessa larghezza. Se l’anti-aliasing non è attivo, il rendering dei materiali Wire sarà uguale a quello delle superfici solide. Mentre ci si trova nell’Editor materiali, all’interno del campione è sempre applicato l’antialiasing, quindi non è necessario cambiare l’opzione dell’ Editor materiali in anti-alias. Quando si definiscono le dimensioni del reticolo in unità, è consigliabile impostare il parametro 3D Map Sample Scale nella finestra di dialogo MATERIAL EDITOR O PTIONS per adattarne le dimensioni alla scala della scena. In questo modo, sarà più facile prevedere l’aspetto del materiale in relazione alle superfici su cui sarà applicato. Come alternativa, non rimane che effettuare numerosi rendering di prova. Il renderizzatore offre un’opzione [Force Wireframe] che effettua il rendering di tutte le superfici della scena come se fossero materiali Wire larghi un pixel, un metodo più comodo di cambiare le proprietà dei materiali per ottenere effetti rapidi.
Parametri lucentezza La quantità di lucentezza e luccichio di un materiale dipendono dai valori Shininess e Shininess Strength. Questi valori sono abbinati per creare il carattere speculare complessivo del materiale, con l’effetto mostrato graficamente nella curva Highlight (figura 21.22).
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CAP.21 ■ Figura 21.22 I valori di lucentezza, le curve Highlight e i relativi effetti.
La curva Highlight, e non i valori numerici, rappresenta il migliore indicatore di come sarà l’illuminazione speculare. La larghezza della curva determina la larghezza dell’illuminazione che ne risulta: le curve strette implicano una debole illuminazione, mentre le curve larghe un’illuminazione ampia. L’altezza della curva controlla il colore dell’illuminazione. Quando la curva raggiunge il picco più alto, il colore dell’illuminazione corrisponde al colore speculare mentre, via via che si scende, si mescola proporzionalmente con il colore Diffuse. Una curva alta e appuntita crea una zona stretta di colore speculare mentre una curva bassa e ampia crea una zona di illuminazione ampia e tenue che non si allontana troppo dal colore diffuso. Numerosi materiali del mondo reale (pelle, legno oleato o un palloncino opaco) hanno una lucentezza uniforme e tenue che è possibile riprodurre utilizzando lucentezza zero e livelli dell’intensità di lucentezza crescenti. Se aumenta l’area della curva di illuminazione, aumenta anche l’angolo da cui è possibile vedere l’illuminazione speculare. Più alta è la curva di illuminazione, più l’illuminazione è composta dal colore di base speculare. Più bassa è la curva, più si mescola con l’illuminazione del colore di base diffuso. La curva Highlight che ne risulta varia notevolmente quando si passa dall’ombreggiatura Phong a Metal. Il significato della curva è lo stesso, ma il risultato è molto diverso (figura 21.23). La curva Highlight ha un effetto evidente sui materiali Metal perché la miscela ne determina il colore speculare. La visualizzazione della curva Highlight reagisce in modo diverso con i metalli: crea una curva a due picchi con impostazioni basse e una linea alta e spessa quando le impostazioni sono elevate; più il materiale Metal è lucido, maggiore è il contrasto. È nelle zone più scure che i riflessi si notano meglio.
Parametri di opacità Per default, tutti i materiali iniziano con un’opacità del 100 percento. Questa percentuale cambia quando si iniziano a regolare i diversi controlli di opacità di Opacity, Opacity Falloff ed eventualmente Opacity Maps. Le caratteristiche dell’opacità sono controllate ulteriormente da Opacity Type e da Filter Color. Gli effetti basilari di questi controlli sono mostrati nella figura 21.24. Il parametro Refract Map/Ray Trace IOR è da utilizzare con mappe di rifrazione ed eventualmente renderizzatori ray-tracing. Per il renderizzatore di produzione di 3DS MAX, l’opzione ha effetto sull’opacità solo quando è utilizzata una mappa di rifrazione.
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■ Figura 21.23 Differenza di lucentezza fra l’ombreggiatura Phong e Metal.
■ Figura 21.24 I tre tipi di opacità.
Filtro
Additivo
Sottrattivo
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CAP.21 Quando una Refraction Map è utilizzata con un’intensità del 100 percento, tutti i controlli Opacity sono ignorati tranne Opacity Type. Se la Refraction Map è minore di 100, la percentuale Opacity (definita dalla mappa Opacity o dal parametro Opacity) “tinge” la mappa Refraction con il colore opaco della superficie. Se attive, le impostazioni della mappa Refraction hanno il controllo completo sulla trasparenza degli oggetti. I tre tipi di trasparenza si trovano nel materiale Standard: Filter, Subtractive e Additive. Il tipo predefinito Filter Opacity è l’unico a utilizzare anche il colore Filter (altrimenti il nome della tavolozza di colori è disattivato). Il colore filtro diventa il colore vero e proprio nelle zone trasparenti della superficie quando la scena vista attraverso il materiale è luminosa. Quando una superficie opaca al 50% è visualizzata contro uno sfondo bianco, il colore Diffuse è completamente sostituito dal colore Filter. Se il valore è compreso fra 50 e 100, i colori Diffuse e Filter si mescolano; i valori inferiori a 50 creano sfumature più chiare del colore Filter. La descrizione cambia quando lo sfondo non è bianco. Se lo sfondo è nero con un’opacità del 50%, la superficie corrisponderà al colore diffuso mentre con uno sfondo grigio i colori Filter e Diffuse si mescoleranno. In pratica, il colore Filter agisce da indicatore supplementare il cui valore colore influisce sull’opacità complessiva della superficie. Se si desidera che il colore Filter non influisca affatto sulla trasparenza, lasciare il colore al suo valore di default di 128 livelli di grigio. Per i veterani di 3D Studio DOS, l’unico vero cambiamento alla trasparenza è il nuovo colore Filter che sostituisce il metodo predefinito. Il tipo Additive è identico e il metodo Subtractive è simile all’opzione “New Subtractive Transparency” disponibile nel file 3ds.set. Quando si importano file 3DS con la trasparenza, il colore Diffuse è copiato come colore Filter, i cui risultati sono simili al vecchio metodo. Il tipo di opacità Subtractive è semplice ma diverso. Poiché il materiale diventa trasparente, sottrae il colore diffuso dallo sfondo. In questo modo, al contrario dell’opacità, il colore visibile in trasparenza è rimosso. Un materiale color magenta con opacità zero, per esempio, sottrarrà i canali blu e rossi di tutto ciò che è visibile in trasparenza. Il materiale Subtractive può produrre semi-trasparenze intense ma diventa innaturale se utilizzato con valori di opacità pari a zero o molto bassi. Il tipo di opacità Additive aggiungerà colore diffuso a ciò che è visibile in trasparenza, rendendolo più luminoso come se la superficie si illuminasse da sé. L’opacità Additive raggiunge la massima luminosità se l’opacità è ridotta al minimo, tenendo comunque presente che passare da 100 a 99 produce un effetto notevole. In realtà, se l’opacità Additive ha valori pari o inferiori a 50 si ottiene lo stesso effetto di un’opacità Filter abbinata a un colore Filter bianco. In pratica l’opacità Additive è spesso utilizzata per lampadine, raggi di luce, fantasmi e simili. Può essere sorprendente scoprire che il valore Opacity Falloff influisce sempre sull’opacità del materiale, a prescindere che il valore Opacity sia minore di 100 o che sia utilizzata una mappa Opacity (figura 21.25). Il valore Falloff determina la trasparenza del centro della superficie con l’opzione [In] o dei bordi con l’opzione [Out]. Quando un materiale è trasparente, è possibile guardare attraverso di esso. Per questo motivo, l’utilizzo dell’opzione [2-Sided] è frequente, se nella modellazione dell’oggetto non è stato previsto un interno e un esterno.
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■ Figura 21.25 L’effetto dei valori Opacity Falloff.
La densità apparente del materiale rappresenta la successiva qualità da prendere in considerazione. La maggior parte degli oggetti concreti appaiono meno trasparenti vicino ai bordi perché in quel punto la quantità di materiale che filtra la luce è maggiore. I bordi della maggior parte degli oggetti trasparenti sembrano quindi più densi. Se il modello è costituito da una parte interna ed esterna, è consigliabile provare prima un valore Falloff uguale a zero e poi aumentare il valore Inside Falloff finché non si ottiene l’effetto desiderato. Se il modello dispone solo di una parte esterna, sarà necessario utilizzare il valore Inside Falloff per non far apparire l’oggetto come un vaso estremamente sottile (anche se in realtà lo è). L’utilizzo di Outside Falloff non è comune perché poche superfici sono più dense al centro che ai lati (come i solidi traslucidi, i raggi di luce e i fantasmi). È possibile inoltre definire la trasparenza complessiva di un materiale utilizzando una mappa di opacità assegnata. Quando una mappa di opacità è attiva, supera il parametro Opacity perché la mappa definisce l’intensità e la posizione dell’opacità del materiale. La caduta e il tipo di opacità sono comunque rispettati e lavorano insieme alla definizione mappa, alle impostazioni e al dispositivo di scorrimento valori relativi all’opacità.
Parametri di autoilluminazione La proprietà Self-Illumination crea l’illusione dell’autoilluminazione eliminando dal materiale il componente ombreggiatura Ambient. Se si aumenta il valore, diminuisce l’effetto del calcolo circostante finché l’ombreggiatura diventa inesistente. Se un materiale si illumina completamente da sé con un valore di 100, alla superficie non è assegnata alcuna sfumatura e il colore diffuso è utilizzato ovunque tranne che nelle zone di massima luce. La figura 21.26 mostra in che modo la qualità circostante è sostituita quando l’autoilluminazione aumenta.
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CAP.21 ■ Figura 21.26 L’effetto dell’autoilluminazionesul componente circostante.
Poiché non è possibile sfumare un materiale autoilluminato, sembrerà che non riceva le ombre proiettate.
Un materiale autoilluminato non proietta alcuna luce propria, sembra che sia acceso dall’interno e non è influenzato dalle sfumature e dalle ombre, quindi non serve per imitare un oggetto luminoso. Potrebbe capitare di dover far apparire un oggetto come nei cartoni animati: con colori vivaci e senza sfumature (l’effetto ottenuto è migliore se l’oggetto è complanare). Spesso si assegna un materiale autoilluminato agli oggetti utilizzati come “tabellone” per gli sfondi cosicché l’immagine non cambi nel corso di tutta la scena. Altri oggetti invece sono autoilluminati come i televisori, gli schermi di proiezione, i segnali e le lampade. Quindi anche se un materiale non proietta luce propria, è sempre possibile imitarne e controllarne l’effetto. L’autoilluminazione è spesso abbinata a un’opacità additiva per creare lampade e raggi di luce più convincenti.
Canali mappa del materiale Standard Gli undici canali mappa nella parte inferiore del materiale Standard rappresentano il punto di partenza per perfezionare il proprio materiale. È possibile gestire, abbinare e aggiungere diramazioni alle mappe in molti modi per rendere anche la superficie più semplice ricca e complessa. Un utilizzo accorto contribuisce a creare modelli estremamente realistici ed efficienti. Proprio per il loro grande impatto, è importante conoscerne l’utilizzo e la composizione. Mentre un canale mappa può avere diramazioni sempre più profonde, il modo in cui il risultato è interpretato varia a seconda dei diversi canali. Il risultato di un canale è valutato in colore RGB o secondo l’intensità di una scala di grigi (figura 21.27). I canali mappa Ambient, Diffuse, Specular, Filter Color, Reflection e Refraction lavorano tutti con i colori. I canali mappa Shininess, Shininess Strength, Self-Illumination, Opacity e Bump tengono conto solo dell’intensità trattando i colori alle estremità come se fossero scale di grigi. L’utilizzo di mappe colore per questi canali può generare confusione perché il contrasto visivo fra i colori potrebbe corrispondere al contrasto di luminanza (rosso, verde e blu puri saranno considerati come se avessero gli stessi valori intensità, per esempio). Le bitmap sono molto utilizzate con tutti i canali ma occupano notevolmente la memoria RAM. È utilizzato 1 byte di RAM per ogni byte di profondità della definizione mappa.
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Una mappa a colori a 24 bit richiederà quindi 3 byte per pixel, mentre una bitmap indicizzata a 256 colori o a scala di grigi richiederà solo 1 byte per pixel. Se la bitmap utilizza il filtraggio Pyramidal (di solito quasi tutte lo utilizzano), si consumerà 1 byte per pixel in più invece se si utilizza Summed Area, i byte per pixel in più saranno 12. Una volta che la bitmap è collegata a un materiale o a uno sfondo, è possibile utilizzarla in qualsiasi momento senza utilizzare RAM aggiuntiva. Numerosi artisti creano diverse bitmap casuali mosaico a scopo generico come base per qualsiasi materiale da creare. Queste bitmap conferiscono ai materiali sabbia, macchie, strisce o mappe di composizione che non richiedono quantità supplementari di RAM.
■ Figura 21.27 I canali mappa del materiale Standard e il relativo utilizzo dei colori.
Canali RGB (colore) Canali intensità (toni di grigio)
Utilizzare bitmap a scala di grigi per canali che leggono solo l’intensità è molto prudente. Non solo le sfumature fanno riferimento direttamente all’effetto del canale mappa, ma utilizzano un terzo di memoria RAM rispetto a un’immagine a 24 bit. Quando si definiscono e si utilizzano bitmap, lo scopo è creare e utilizzare l’immagine più piccola in grado di svolgere il lavoro in modo appropriato. Le “dimensioni giuste” dipenderanno dalle dimensioni dell’immagine di output, dalla prominenza dell’oggetto visualizzato e dalla velocità con cui si deve spostare. Una tecnica utilizzata frequentemente consiste nel mantenere diverse risoluzioni della stessa immagine, così da averne una dalle dimensioni appropriate per ogni situazione. Un immagine origine potrebbe provenire da un CD-ROM Kodak con una risoluzione di 3072x2048 che utilizza 25MB. In questo caso, disporre di mappe dalle dimensioni minori con 1200x800 che utilizza 3,8MB, 600x400 che utilizza 1MB e 300x200 solo 240K è un vantaggio. È importante ricordare che ridurre la risoluzione è accettabile ma aumentarla produce un effetto sfuocato.
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CAP.21 Per garantire immagini di alta qualità, occorre fare in modo che il pixel bitmap sia più piccolo del pixel di rendering; in questo modo, tutti i pixel bitmap di rendering saranno campionati e non si noterà il passaggio da un pixel all’altro.
Mappe di composizione Diffuse e Ambient Di tutti i canali mappe, Diffuse è probabilmente il più facile da gestire. Applica il risultato del canale sulla superficie del materiale come fosse pittura o carta da parati. Per questa funzione, le mappe Diffuse sono spesso chiamate da molti altri programmi mappe di composizione. Se attivo alla massima intensità, il canale Diffuse sostituisce il colore diffuso di base. Il dispositivo di scorrimento Amount indica la quantità di canale mappa da utilizzare. I livelli compresi fra 0 e 100 si mescolano con il colore Diffuse in modo proporzionale. Il canale Diffuse è l’unico ad avere un’icona blocco alla sua destra. Se attiva (impostazione predefinita), la mappa Ambient è vincolata al colore diffuso. Se bloccato, il canale mappa Ambient è disattivato e la mappa Diffuse è utilizzata per i componenti ombreggiatura diffusa e circostante. Se si blocca tale opzione, è possibile specificare una sorgente diversa per il componente circostante (figura 21.28). Mappe distinte Ambient e Diffuse servono soprattutto ad aumentare l’effetto di una mappa nello stesso modo per cui il colore di base circostante è spesso una versione più scura o satura del colore di base diffuso. Se si copia la mappa Diffuse come mappa Ambient, è possibile controllare l’intensità delle sfumature.
■ Figura 21.28
Ambiente saturato Ambiente impostato su Diffuse
Ambiente sbloccato da Diffuse
Saturazione di una mappa di composizione con una mappaAmbient.
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È possibile creare una mappa di composizione satura regolando l’output della copia della mappa Ambient. Se si aumenta l’RGB Level e si diminuisce l’RGB Offset, i colori della luce saranno più intensi nelle zone centrali e più profondi nelle zone scure. Per esempio, è possibile far diventare laccata una venatura del legno. Se si utilizza una mappa Ambient non bloccata senza una mappa Diffuse, verrà prodotto un motivo molto sottile sulla superficie che scomparirà se l’illuminazione è molto forte. Un tale effetto può essere utilizzato per motivi su superfici metalliche che rappresentano acquaforti, anodizzazioni o pannelli. Motivi casuali producono sulla superficie una mappa di composizione sottile, rendendo i colori a tinta unita ancora più convincenti.
Mappe di illuminazione speculare Il canale Specular è utilizzato per controllare ciò che si vede nella zona di illuminazione speculare del materiale. L’effetto potrebbe essere un piccolo riflesso o solo una variante di ciò che si vede quando l’illuminazione della luce passa sopra la superficie. Se attivo ai valori massimi, il canale Specular sostituisce il colore speculare di base. Il dispositivo di scorrimento Amount indica la quantità del canale mappa da utilizzare. I livelli compresi da 0 a 100 si mescolano con il colore Specular in modo proporzionale. Questo canale mappa è l’unico che influisce sul componente speculare del colore. L’ombreggiatura metallica non dispone di un componente speculare quindi il canale Specular è disattivato. Una luce che dispone di un oggetto come unica voce nell’elenco inclusione può rivelarsi molto utile per controllare la posizione e l’intensità dell’illuminazione e quindi dell’immagine mappa Specular. Le mappe speculari dipendono da diverse altre variabili all’interno del materiale e della scena per i loro effetti. Mentre le coordinate di mappatura determinano la posizione della mappa sulla superficie, l’impostazione dell’illuminazione della scena e la posizione di visualizzazione determinano dove sarà la zona di massima di luce. Le proprietà di lucentezza del materiale determinano la grandezza e la purezza del colore dell’illuminazione. Come il colore speculare si mescola con quello diffuso, anche la mappa speculare fa lo stesso. È importante ricordare che l’altezza della curva Highlight indica la purezza del colore mentre la larghezza indica le dimensioni dell’illuminazione. Poiché è sempre possibile mescolare almeno i bordi, il colore o la mappa diffusa hanno un impatto significativo sulla colorazione dell’immagine speculare. Le mappe Specular sono soprattutto utilizzate per posizionare un’immagine della sorgente di luce della scena sull’oggetto. Poiché questa immagine imita un riflesso, la bitmap dovrebbe rappresentare l’aspetto dell’area attorno alla sorgente di luce da cui deriva l’illuminazione. Una semplice lampadina, una finestra decorata con le tende, un lampione decorato o un sole accecante sono solo pochi esempi. Una tale aggiunta produce un effetto realistico che è possibile notare su oggetti lucidi e curvi del mondo reale. Quando si guarda la forma di una finestra nella zona riflettente di un palloncino, si sta guardando l’equivalente di una mappa Specular. Le mappe Specular sono particolarmente convincenti se abbinate alle mappe Reflection. Il riflesso rafforza l’illusione che il materiale sia lucido. Vedere il riflesso speculare di un’insegna al neon, per esempio, nell’illuminazione della bitmap di riflessione aggiunge un tocco realistico. Le mappe Specular sono inoltre
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CAP.21 utilizzate per posizionare una mappa di composizione visibile solo quando l’illuminazione colpisce la superficie. Gli specchi d’acqua o le macchie (figura 21.29) sono un tipico esempio di questa tecnica.
■ Figura 21.29 Utilizzo di una mappa Specular per mostrare specchi d’acqua e simulare il riflesso del tramonto.
L’effetto del canale Specular assomiglia molto a quello dei canali Shininess e Shininess Strength. La somiglianza dell’effetto è determinata dal fatto che il colore del canale Specular è abbinato al colore diffuso in modo additivo o basato sulla luce. Se la mappa Specular è una scala di grigi e non ha saturazione, l’impatto sull’illuminazione del materiale è quasi identico a quello delle mappe lucide. In pratica il canale Specular serve soprattutto per introdurre il colore.
Mappe di rugosità Le mappe di rugosità conferiscono a una superficie una mappa di composizione simulata indicando aree da tirare, proiettare e “sbalzare” fuori. Il renderizzatore crea questa illusione modificando i valori della luce attraverso la superficie mappata in modo tale che i bordi, o “rugosità”, proiettino ombre o ricevano illuminazione. Le mappe di rugosità non influiscono sulla figura geometrica. I bordi rialzati sono solo un’illusione: è un effetto di rendering che simula soltanto l’effetto dell’illuminazione e dell’ombreggiatura. La capacità di deformare una superficie è spesso chiamata mappatura di spostamento (in altri programmi) e in 3DS MAX è effettuata con un modificatore Displacement. Se è necessario cambiare il profilo di una superficie, utilizzare un modificatore Displacement. Le rugosità sono utilizzate per illusioni più sottili che avvengono su una superficie e non sul profilo. La mappa Bump legge l’intensità del canale e tratta il nero come se non avesse alcun effetto, il bianco come se avesse un effetto completo e le sfumature di grigio come se avessero un effetto proporzionale. Il dispositivo di controllo Amount controlla l’intensità o l’”altezza” apparente della rugosità invece della percentuale del canale. Le mappe di rugosità tendono a essere più efficienti quando iniziano con i valori di nero più bassi. In pratica, il risultato ottenuto sarà più controllabile se si dispone di un campo nero e si
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lavora verso un grigio medio invece che iniziare con un grigio medio e lavorare verso il bianco. Il parametro Output Amount rappresenta un aiuto prezioso per regolazioni precise dell’effetto bitmap o per aumentare l’effetto Bump oltre le possibilità del dispositivo di scorrimento Amount della mappa. Poiché l’effetto della mappa di rugosità è così dominante, vale la pena di studiarne il comportamento. Ogni pixel di una mappa di rugosità si proietta in avanti simile a un quadrato. I pixel di diversa intensità sporgono rispetto ai vicini come un terrazzo e non pendono l’uno verso l’altro. Per visualizzare meglio come funzionano le mappe di rugosità, affasciare dei picchetti (o delle puntine) in una griglia e spingerli contro la superficie che si desidera approssimare. Le elevazioni dei picchetti risultanti si riferiscono alle sfumature di grigio necessarie per approssimare la stessa superficie con una mappa di rugosità. Mentre l’analogia precedente è chiara, porta a pensare che la rugosità fa sporgere o rientrare le diverse zone. In realtà, l’illusione di rugosità è data dalla simulazione di rilievi e avvallamenti. La sporgenza del bordo deriva dalla differenza di colore dei pixel adiacenti. Le mappe di rugosità non influiscono sulle proprietà di ombreggiatura delle diverse “terrazze”, “livelli” o “gradini” che sembrano apparire sulla superficie. Il rendering di tutte queste zone è effettuato come se si trattasse di una superficie liscia: sono i bordi sporgenti che danno l’illusione della profondità. Questo effetto ottico è più evidente quando si utilizzano mappe Mask con bitmap (figura 21.30).
■ Figura 21.30 Il segreto dell’effetto ottico delle mappe di rugosità è il rendering effettuato sui bordi.
Creare la bitmap corretta per ottenere un effetto rugoso è un’arte. Come con tutte le mappe monocanale, è consigliabile lavorare con la scala di grigi per definire meglio i contrasti (inoltre le bitmap a 8 bit consumano un terzo di RAM rispetto alle immagini a
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CAP.21 24 bit). Per simulare un’ammaccatura o un solco che entra nella superficie, cominciare rendendo l’intera superficie bianca, quindi sporgente. Le parti dal grigio al nero della bitmap saranno così meno sporgenti, quindi rientranti. Per creare un solco, rendere il campo bianco, la linea inferiore del solco nera e le pareti sfumati in grigio. Le “ricette” per creare tipi comuni di mappe di rugosità sono elencate qui di seguito e mostrate nella figura 21.31.
■ Figura 21.31 Effetti comuni della mappa di rugosità e relative bitmap.
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I solchi per rappresentare le scanalature fra le piastrelle, rilievi e pannelli si basano tutti su una semplice riga, dove il contrasto fra la riga e il campo determina la profondità. È importante notare come la linea di grigio adiacente conferisca una leggera svasatura e riduca l’eventuale scintillazione, fenomeno comune per le righe sottili. ■ Le pendenze per rappresentare i raccordi, rampe, canali a V e piramidi sono definite da gradazioni lineari uniformi. È possibile creare pendenze attraverso un tipo di mappa Gradient o una bitmap con abbinato un gradiente di riempimento in un programma di grafica pittorica. ■ I coni per rappresentare vertici appuntiti sono di fatto una variante delle pendenze, solo che la gradazione uniforme avviene radialmente. Per creare coni, utilizzare il tipo di mappa Gradient con un Radial Gradient Type o attraverso una bitmap con abbinato un gradiente di riempimento radiale di un programma di grafica pittorica. ■ Gli emisferi per rappresentare cupole, rivetti e solchi rotondi sono formati tracciando l’ombreggiatura della sfera. Si tratta di un processo di gradazione “pesata”: più bianco per una distanza maggiore verso il centro e una rapida trasformazione al nero alla fine. Invertire la colorazione fa diventare la cupola una paletta per il gelato. Gradazioni complicate come queste sono più facili da eseguire modellando ed effettuando il rendering della figura geometrica. Un metodo comodo per creare mappe di rugosità ombreggiate uniformemente con bordi anti-aliasing consiste nel modellare la figura geometrica di base in 3DS MAX e utilizzare le immagini di rendering come base per le bitmap (figura 21.32). È possibile creare una
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mappa di rugosità sferica creando una sfera, assegnandole un materiale bianco opaco e posizionando un riflettore proprio al centro. Se si effettua il rendering del quadrante Spotlight, si otterrà un’immagine dithering perfettamente ombreggiata pronta per una mappa di rugosità. Se si utilizza questa tecnica, è consigliabile salvare il canale alfa con il file TGA. Questa tecnica inoltre fornisce una maschera corrispondente per l’effetto rugoso e raddoppia l’utilità della bitmap.
■ Figura 21.32 Utilizzo della figura geometrica di rendering come base per le mappe di rugosità.
Come per la maggior parte delle mappe del materiale Standard, le mappe di rugosità sono più convincenti se abbinate ad altri canali mappa che dispongono di mappe appropriate. La figura 21.33 mostra come mappe separate Diffuse, Bump e Shininess Strength insieme producano una superficie realistica. Si noterà che quando si utilizzano le mappe di rugosità, è consigliabile copiarle come mappe Shininess Strength ed eventualmente utilizzarle come maschere per altri canali mappa. La proiezione di una mappa di rugosità è unidirezionale, non importa da quale angolo la mappatura è proiettata, a differenza di altri programmi (come 3DS DOS) dove la proiezione della mappatura fa rientrare la rugosità da un lato e la fa sporgere dall’altro. In 3DS MAX, i parametri del materiale controllano la direzione della rugosità. È possibile invertire la direzione di una mappa di rugosità in tre modi: invertendo il segno del dispositivo di scorrimento Amount, invertendo il segno dell’Output Amount o con l’opzione [Invert]. Ogni metodo ha i suoi vantaggi: i primi due per esempio possono essere animati a differenza del terzo. Potrebbe essere necessario cambiare la direzione della rugosità sullo stesso materiale. A una sporgenza su un lato potrebbe dover corrispondere una rientranza dall’altro, per esempio. Per farlo, è necessario selezionare le facce posteriori e assegnare loro un materiale duplicato con un impostazione di rugosità invertita.
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CAP.21 ■ Figura 21.33 Coordinare mappe Bump, Texture e Shininess Strength.
Le mappe di rugosità sono strumenti molto preziosi perché sono in grado di simulare un numero infinito di figure geometriche. Se non si presta la massima attenzione però, il rendering potrebbe presentare scintillazione o “frastagliature”. Qui di seguito sono elencate le operazioni da effettuare in ordine per ottenere il migliore effetto Bump possibile. 1. Evitare di utilizzare bitmap con linee angolate se è possibile ottenere lo stesso risultato disegnando linee rette e regolando il parametro Angle e/o ruotando la proiezione della mappa. Una linea angolata ha un valore intrinseco fisso di anti-aliasing mentre una linea retta ruotata ha quasi una risoluzione indipendente. 2. Controllare che il filtraggio sia utilizzato nel tipo Map e che le Filter Map siano attive nelle opzioni Render Scene. Il rendering delle mappe di rugosità avverrà in modo appropriato solo se è attivo il filtraggio. 3. Aumentare il parametro Blur Offset: il valore di partenza consigliato è 0,01. Valori elevati produrrebbero un effetto blur notevole, quindi impostare con attenzione questo parametro. 4. Aumentare il parametro Blur. Equilibrarlo con il valore Blur Offset per ottenere l’effetto giusto. 5. Se le impostazioni Blur incupiscono troppo l’effetto, passare al filtraggio Summed Area. È importante ricordare che questa opzione aumenta la RAM complessiva necessaria da 4 a 15 byte per pixel. Per un risultato nitido, è necessario un valore minore di Blur quando è attivo il filtraggio Summed Area. 6. Aumentare le dimensioni della bitmap. Controllare che non sia visualizzato nessuno dettaglio largo un pixel. La regola di base è: nessuna parte della bitmap deve avere un rendering più grande della bitmap stessa. 7. Aggiungere un bordo grigio intermedio ai particolari del bordo con forti contrasti. Un bordo grigio durante la transizione da nero a bianco rende più graduale il passaggio, altrimenti molto brusco.
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Quando si utilizza spesso lo stesso effetto rugosità (per una piastrella per esempio), è consigliabile conservare un insieme di mappe simili identiche nelle proporzioni ma con diversa risoluzione. In questo modo, sarà possibile scegliere la bitmap più appropriata per l’importanza della superficie nella scena e conservare memoria RAM quando le mappe grandi non sono necessarie. Nel caso di una mappa di rugosità per una piastrella, con la risoluzione più bassa, la larghezza delle scanalature tra le piastrelle dovrebbe essere di un pixel, con la risoluzione media da tre a cinque pixel e con la risoluzione massima da 7 a 15 pixel. Può capitare di dover creare rugosità all’interno di rugosità. Il materiale Ceiling Tile Square nella libreria standard di 3DS MAX è in grado di farlo utilizzando una mappa Composite che utilizza una mappa Mask (figura 21.34). Il parametro Output Amount permette di controllare l’effetto dell’intensità di rugosità di ogni bitmap separatamente.
■ Figura 21.34 Creare materiali rugosi compositi.
Mappe Shininess e Shininess Strength I canali Shininess e Shininess Strength (chiamati collettivamente mappe “lucentezza”) influiscono sull’effetto della curva Highlight esistente. A differenza di altre mappe che hanno proprietà di base correlate (Ambient, Diffuse, Specular, Opacity, Self-Illumination e Filter Color), le mappe lucentezza lavorano in tandem con i parametri di base. I parametri di base Shininess e Shininess Strength controllano l’ampiezza e la purezza del colore dell’illuminazione risultante. I canali Shininess e Shininess Strength definiscono i modelli che influiscono sulla forma e sulla percentuale di illuminazione (figura 21.35). Aggiungere mappe lucentezza non significa rendere il materiale più lucido, ma determinare solo se sarà lucido o meno. Quindi, perché la mappa abbia un effetto visibile, è necessario che il materiale produca illuminazione. Se la curva di illuminazione è piatta o una linea verticale o se il colore speculare è nero, l’illuminazione da bloccare con le mappe lucentezza sarà esigua se non inesistente.
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CAP.21 ■ Figura 21.35 Motivi creati utilizzando canali Shininess e Shininess Strength.
I canali Shininess e Shininess Strength influiscono sui parametri Shininess e Shininess Strength separatamente, ovvero il canale Shininess controlla le dimensioni dell’illuminazione mentre il canale Shininess Strength controlla la quantità di colore speculare mischiato al colore diffuso. È possibile controllare la purezza dell’illuminazione mentre se ne mantengono le dimensioni o è possibile definirne l’estensione conservandone l’intensità. Le mappe lucentezza sono monocanali per natura: lavorano solo con l’intensità del colore RGB o il canale alfa (che per definizione è a scala di grigi). Non è consigliabile utilizzare i parametri Bitmap Output o una mappa RGB Tint per aumentare l’intensità di una mappa Shininess e Shininess Strength perché al contrario influisce sul componente Specular che ne risulta. È possibile diminuirlo solo con questi metodi. Se è necessario aumentare l’intensità, e quindi l’illuminazione, è consigliabile utilizzare un tipo di mappa Mix o regolare la bitmap con un programma di grafica pittorica. Il canale Shininess Strength rappresenta il controllo principale per creare una mappa di composizione sull’illuminazione perché regola il valore del parametro Shininess Strength. Senza intensità, non sarà applicata alcuna lucentezza. Quindi i valori neri, riducendo l’intensità a zero, rendono la superficie opaca; i valori grigi ammettono solo una percentuale del valore intensità mentre i valori bianchi ne ammettono l’intero valore. Non è possibile aumentare l’illuminazione risultante con il canale Shininess Strength; è possibile solo “mascherare” le zone in cui la lucentezza è ridotta. Il dispositivo di scorrimento Amount permette solo una percentuale del canale. Tre variabili servono a controllare lo stesso effetto: il parametro Shininess Strength, il colore del canale Shininess Strength e il dispositivo di scorrimento Amount del canale. Per esempio, le impostazioni che seguono produrranno tutte una lucentezza con un’intensità del 50 percento: ■ Shininess Strength 50, canale bianco Shininess Strength al 100 percento; ■ Shininess Strength 100, canale bianco Shininess Strength al 50 percento;
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Shininess Strength 100, canale grigio medio Shininess Strength al 100 percento.
Per i veterani di 3D Studio DOS, l’utilizzo del canale Shininess Strength di 3DS MAX (senza una mappa Shininess) è simile al comportamento delle mappe lucentezza R3 e R4 di 3D Studio. Anche se teoricamente simili, l’effetto del canale Shininess lavora in modo molto diverso dal canale Shininess Strength. Entrambi i canali riducono i parametri di base corrispondenti, ma riducendo Shininess non diminuiscono l’illuminazione come avviene con il canale Shininess Strength. Al contrario, l’illuminazione diventa più ampia. I valori neri dal canale annulleranno completamente la lucentezza in quelle zone, mentre il bianco non invierà affatto dei valori. Dopo aver modificato il canale mappa dal dispositivo di scorrimento Amount, il valore è sottratto dal valore Shininess già esistente. Se Shininess è a zero, e quindi produce un’illuminazione dalle dimensioni massime, non è possibile modulare nulla. Un canale Shininess produrrà il massimo effetto quando il parametro di base Shininess è a 100, cosicché i valori potranno essere ancora sottratti. Contrariamente alla documentazione, è consigliabile utilizzare con cautela i due canali lucentezza insieme perché controllano effetti molto diversi. Il canale Shininess Strength controlla la luminosità dell’illuminazione: dalla luminosità massima è in grado di annullarla completamente senza però influire sulle dimensioni. Invece, il canale Shininess aumenta le dimensioni dell’illuminazione e non influisce direttamente sulla luminosità dell’illuminazione. Se si dovessero animare le intensità dei canali corrispondenti Shininess e Shininess Strength e i relativi parametri fossero impostati a 100, l’illuminazione raggiungerebbe la luminosità massima all’inizio e la larghezza massima alla fine dell’animazione. I canali lucentezza hanno un impatto maggiore su materiali metallici ombreggiati perché il colore dei materiali è calcolato in base alle proprietà lucentezza. A causa di tale effetto, i materiali metallici mostrano gli effetti di una mappa lucentezza sull’intera superficie e non solo nelle zone di massima luce. Se utilizzata senza altri canali mappa, la mappa lucentezza crea una mappa di composizione sulle zone di massima luce della superficie. I modelli lucentezza sono così definiti per un materiale perfettamente liscio e colorato in modo uniforme. Una tale situazione si verifica con zone raschiate, scalfite, macchiate e polverose su un materiale altrimenti lucido o zone brunite, lucidate, dorate e bagnate su una superficie altrimenti opaca. È consigliabile prestare particolare attenzione quando si utilizzano mappe Shininess Strength senza mosaico. In questo caso infatti, solo l’area definita da un’unica bitmap sarà illuminata, il resto rimarrà opaco. I canali lucentezza sono spesso utilizzati con altri tipi di canali per aggiungere un tocco realistico ai materiali. Poiché un materiale imita gli effetti diversi che si verificano sulla sua superficie, è spesso necessario variare l’illuminazione a seconda delle zone. Nel tempo, i punti in rilievo della superficie sono sottoposti a un’abrasione giornaliera. La ruvidità della superficie ha effetti differenti sui diversi tipi di materiali. Con il tempo, le zone in rilievo delle superfici lucide diventano più opache mentre le zone in rilievo delle
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CAP.21 superfici ruvide cominciano a consumarsi e a diventare più lucide. I rivetti sul metallo ruvido, le zone in rilievo del legno vecchio e i punti rialzati di una scultura diventano più lucidi mentre i battistrada di un pneumatico, le impugnature di una racchetta e i rilievi del vetro diventano più opachi. Se abbinati alle mappe di rugosità, i canali di lucentezza rendono le aree in rilievo più o meno lucide e le aree rientrate diventano opache (figura 21.36). Le qualità di lucentezza di un materiale spesso riguardano le zone rientrate e sporgenti. I solchi fra i pannelli metallici, i giunti fra mattoni smaltati e le crepe in una pentola di terracotta sono tutti opachi rispetto al resto del materiale. Uno scintillio su queste zone rovinerebbe l’effetto ottico; se si riutilizza la rugosità per controllare l’illuminazione, questo fenomeno non si verifica più. Quindi, copiare il canale Bump come canale Shininess Strength (spesso come istanza) dovrebbe diventare una procedura standard.
■ Figura 21.36 Materiali rugosi provvisti o meno di mappe Shininess Strength.
Quando si utilizza l’opacità per rappresentare dei fori, è necessario copiare il canale Opacity (di solito come istanza) nel canale Shininess Strength per impedire che i fori siano illuminati (figura 21.37). Altrimenti, le aree opache allo 0 percento sono trattate come fossero di vetro trasparente e le illuminazioni avverranno nello “spazio”, rovinando così l’effetto.
■ Figura 21.37 I materiali trasparenti provvisti o meno di mappe Shininess Strength.
Se abbinate alle mappe Diffuse, le mappe lucentezza rendono le diverse aree delle superfici “dipinte” più o meno lucide e sono in grado di differenziare le zone lisce al tatto. La vernice su un muro, i divisori in ottone sul parquet, una foglia dorata nella decalcomania di un logo, i rivetti bruniti su un metallo lavorato, i punti lucidi in un orologio da polso
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o il vetro all’interno di una cornice sono tutti più lucidi rispetto al resto del materiale quindi richiedono l’utilizzo di una mappa Shininess Strength. Le mappe Shininess producono un effetto particolarmente realistico sui materiali riflettenti se abbinati a una mappa di riflessione. Se si cambiano i valori di lucentezza, il riflesso “fluttua” sulla superficie quando si ruota l’oggetto. Quando si desidera rappresentare materiali non perfettamente lisci, come i rivestimenti metallici, è possibile utilizzare le mappe di lucentezza per seguire il corso dell’irregolarità e aggiungere un riflesso sottile a bassa intensità.
Mappe di autoilluminazione Il canale Self-Illumination permette di isolare la simulazione dell’emissione di luce in modo identico al parametro di base Self-Illumination. Il canale ne legge l’intensità e la converte nel valore equivalente del parametro di base Self-Illumination con il nero pari a zero, il bianco a 100 e le sfumature di grigio con un effetto proporzionale (figura 21.38). Quando questo canale è attivo, il parametro di base corrispondente è ignorato. Quando si diminuisce il dispositivo di scorrimento Amount, il risultato dell’autoilluminazione diminuisce ma non è mischiato al parametro di base Self-Illumination.
■ Figura 21.38 Effetti delle mappe SelfIlumination.
È importante ricordare che in 3DS MAX è possibile simulare l’autoilluminazione rimuovendo l’ombreggiatura circostante. Le zone a massima intensità (bianche) di un canale Self-Illumination mostreranno quindi il componente diffuso del materiale senza ombre. Nel canale Diffuse si utilizza spesso una mappa che corrisponde al canale Self-Illumination ma contiene un colore contrastante per delineare in modo netto i confini del campo e delle parti autoilluminate. Se utilizzati senza mosaico, i canali Self-Illumination forniscono un ottimo metodo per simulare insegne, pitture che brillano al buio e le incisioni all’acquaforte in una lampada. Le mappe autoilluminate si rivelano particolarmente utili per regolare gli effetti delle insegne luminose. Di solito, i segnali sono dipinti su vetro o realizzati in plastica. L’opacità della pittura e lo spessore della plastica influiscono sulla quantità di luce emessa. È
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CAP.21 possibile rafforzare questo effetto utilizzando come mappa autoilluminata la mappa di composizione del materiale o una bitmap di rugosità, per regolarne poi gli effetti. L’effetto neon può essere riprodotto abbinando i canali Bump e Shininess Strength e posizionando con cura luci omnidirezionali (se non visualizzate troppo da vicino).
Mappe di opacità Il canale mappa Opacity serve per definire sulla superficie dei motivi trasparenti come fori, vetro decorato o pannelli semitrasparenti (figura 21.39). Il canale Opacity sostituisce il parametro di base Opacity e per determinare l’opacità, utilizza l’intensità del canale. Il bianco puro è opaco, mentre il nero assoluto è completamente trasparente mentre le sfumature di grigio producono livelli di opacità proporzionali. Opacity Falloff e Type, che si trovano nella tendina EXTENDED P ARAMETERS, sono comunque rispettati quando una mappa Opacity è attiva.
■ Figura 21.39 Le mappe Opacity per definire le zone trasparenti e simulare i fori.
È molto importante tener presente che una volta attivata una mappa Opacity, si considera che il materiale abbia lo 0 percento di opacità in tutte le zone tranne quelle diverse dal nero nel bitmap della mappa Opacity. Questo concetto coincide perfettamente con quello del canale alfa. Il dispositivo di scorrimento Amount “scurisce” il risultato aggiungendo una percentuale di “nero”. Una mappa bianca con un valore del 50 percento è identica a una mappa grigio medio con un valore del 100 percento. È importante ricordare che il dispositivo di scorrimento può rendere la mappa più trasparente ma non più opaca. Quindi se è necessario rendere delle zone più opache, l’unico modo per farlo consiste nel regolare i valori colore che hanno prodotto il risultato nel canale Opacity. È consigliabile non utilizzare i parametri Bitmap Output o una mappa RGB Tint per aumentare l’intensità di una mappa Opacity perché influirebbero sul componente Diffuse risultante. È possibile ridurlo solo con questi metodi. Se è necessario aumentare l’intensità e quindi l’opacità, è consigliabile utilizzare un tipo di mappa Mix o regolare la bitmap con un programma di grafica pittorica. Le mappe Opacity rendono una superficie solo trasparente: non eliminano la superficie dalla sua posizione, ovvero le zone trasparenti sono simili al vetro o alla plastica trasparente, non sono fori. Come accade per il vetro nella vita reale, le aree trasparenti saranno illuminate se è presente Shininess Strength. Per simulare in modo realistico degli
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spazi vuoti con un materiale lucido, è necessario copiare la mappa Opacity (di solito come istanza) affinché sia anche una mappa Shininess Strength. Le ombre rispettano solo la trasparenza definita dalle mappe Opacity se emettono ombre ray-tracing. Se si utilizza il tipo predefinito Filter Opacity, il colore dell’ombra sarà tinto in base al colore di base del filtro o, se definita, dalla mappa Filter. Le luci che utilizzano mappe di ombre produrranno ombre uniformi, a prescindere dal modo in cui è definita l’opacità.
Mappe filtro colore Le mappe Filter Color di solito sono abbinate alle mappe Opacity. Quando il tipo di Opacity è Filter, una mappa Filter tingerà le aree trasparenti della superficie con la sua mappa (che in altri programmi è chiamato colore trasmissivo). Se si utilizzano ombre ray-tracing, anche le aree tinte saranno trasmesse all’ombra risultante (figura 21.40). In pratica, le mappe Filter Color sono quasi sempre copie a colori di un mappa Opacity corrispondente. Una tale relazione è necessaria per dipingere il colore corretto sull’ombra. Perché una mappa Filter abbia effetto, è necessaria l’opacità. Le superfici completamente trasparenti non possono visualizzare o trasmettere i colori. Se il tipo Opacity è Subractive o Additive, la mappa Filter viene ignorata.
■ Figura 21.40 Utilizzo della mappa Filter per una finestra di vetro macchiata.
Mappe di riflessione Fra tutti gli effetti ottici prodotti sui materiali per imitare la realtà, il più realistico è la riflessione. Mentre un rendering ray-tracing traccia le riflessioni su tutta la scena per creare riflessioni accurate (ed estremamente lunghe), il renderizzatore di produzione 3DS MAX è di tipo a scansione di linee e offre numerose alternative per produrre rapidamente risultati convincenti. Se gli oggetti sono in movimento, capire se le riflessioni sono precise o meno è difficilissimo. È importante notare come queste tecniche siano identiche al modo in cui Renderman genera le riflessioni, particolarmente convincenti nel film di Pixar Toy Story.
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CAP.21 Le riflessioni sono completamente diverse da qualsiasi altro tipo di mappa perché sono (o sembrano essere) un prodotto del mondo circostante. Mentre le altre mappe sono fissate a una superficie, le riflessioni dipendono dal punto di visualizzazione rispetto all’oggetto. Se si dovesse ruotare un oggetto riflettente attorno al suo baricentro, la riflessione rimarrebbe costante. Il perno di un un’elica cromata è un esempio perfetto: mentre il perno ruota, la riflessione rimane ferma. È possibile utilizzare le riflessioni senza un motivo preciso come in uno specchio o per dare un tocco realistico a un oggetto lucido o riflettente. Le riflessioni utilizzano un’immagine di riferimento (bitmap o altro) o ne generano una attraverso i tipi di mappa Reflect/Refract o Flat Mirror. Quando si utilizza Flat Mirror, le riflessioni saranno realistiche e accurate. Quando si utilizza Reflect/Refract, la riflessione ha come unico scopo creare un effetto ottico per sottolineare il concetto che la superficie è lucida e riflettente. Le mappe di composizione hanno una posizione fissa mentre durante lo spostamento le riflessioni si muovono attraverso un oggetto immobile o rimangono ferme quando l’oggetto è rovesciato e il punto di visualizzazione è lo stesso. L’effetto delle riflessioni dipende dall’angolazione di visualizzazione, quindi è consigliabile calcolarle quando sono visualizzate nei quadranti cinepresa. È importante ricordarlo quando si effettuano anteprime rapide della scena per valutarne i materiali. Diverse sono le regole che governano il rendering di una riflessione a prescindere dalla sorgente dell’immagine riflessa. Il colore di una riflessione dipende soprattutto dal componente Diffuse del materiale e in misura minore dal componente Ambient. Il componente Specular non è interessato dalla riflessione (è importante ricordare che è modificabile solo attraverso una mappa Specular). A causa di questo effetto, non è possibile vedere le riflessioni nelle zone di massima luce. Quando si desidera aumentare una riflessione al massimo e farla sembrare uno specchio, è consigliabile eseguire le seguenti operazioni (o fare il contrario per ridurre le riflessioni al minimo): ■ per ridurre al minimo l’effetto del componente Specular, rendere la curva di illuminazione il più sottile possibile (aumentare la proprietà Shininess); ■ le riflessioni incolori richiedono i componenti Ambient e Diffuse. Se si rendono le riflessioni nere, sarà possibile produrre l’effetto completo della riflessione; ■ il dispositivo Amount della mappa Reflection determina la percentuale in cui la riflessione si mescola con Diffuse. Se si imposta questo valore a 100, il componente Diffuse sarà completamente sostituito. Quando si utilizzano le bitmap come riflessioni, è tipico distorcere o sfuocare l’immagine. Spesso si effettua una tale operazione perché l’immagine “riflessa” non ha niente a che fare con l’ambiente effettivo e si desidera solo dare l’impressione che sia riflettente. Altre volte l’immagine riflessa potrebbe non essere abbastanza grande e la figura geometrica non abbastanza curvilinea per essere convincente. Numerosi materiali non hanno un aspetto a specchio ma hanno solo un bagliore, quindi una riflessione netta non è appropriata.
Quando si utilizzano le mappe per rappresentare una riflessione, il risultato potrebbe sembrare “autoilluminato”. Questo fenomeno si verifica perché la mappa di riflessione sostituisce i componenti Diffuse e Ambient del materiale e quindi reagisce poco all’ombreggiatura, quindi è possibile vedere la riflessione indipendentemente dalla sorgente di luce.
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La premessa è che la mappa Reflection rappresenta una riflessione quindi è necessario che ci sia qualcosa di illuminato nella scena che venga riflesso sulla superficie. Poiché si definisce che cosa la superficie “vede” nella riflessione, sta al modellatore regolarne l’effetto. Questo effetto può dare fastidio se la luminosità della riflessione è molto diversa dal livello di luce della scena. Quando la riflessione è troppo luminosa, è possibile: ■ diminuire il dispositivo di scorrimento Amount della mappa Reflection; ■ aumentare l’intensità del componente Diffuse; ■ diminuire il valore di output della mappa Reflection; ■ regolare l’immagine sorgente utilizzata per la riflessione; ■ passare all’utilizzo di un tipo di mappa Reflect/Refract o Flat Mirror per creare una mappa Reflection. Per impedire che avvenga una riflessione in aree specifiche di una superficie, è necessario utilizzare un tipo di mappa Mask. Per posizionare la maschera, saranno quindi necessarie le coordinate di mappatura. La figura 21.41 mostra l’utilizzo di una mappa Reflection con una maschera. Utilizzare le maschere è molto importante quando il materiale ha aree lucide e opache. Se è stata definita una mappa Shininess o Shininess Strength, è consigliabile riutilizzarla anche come maschera Reflection. Sarà quindi possibile modulare anche il valore di riflessione prodotto in quell’area. Le maschere di riflessione sono ottimi strumenti per bloccare le aree di una riflessione piana. Le maschere di riflessione permettono di creare un motivo su una superficie della riflessione e ridurre alcune limitazioni che impediscono di estendere una riflessione piana oltre le estensioni di un elemento. Alcuni esempi: le cornici dei quadri, le piastrelle e il vetro a specchio con incisioni ad acquaforte. È consigliabile quindi riutilizzare la maschera di riflessione come maschere e mappe di rugosità, di composizione e di lucentezza.
■ Figura 21.41 Utilizzo di un tipo di mappa Mask come mappa di riflessione.
Mappe di rifrazione Quando si guarda attraverso un vaso spesso, una lente di ingrandimento o addirittura uno specchio d’acqua, la scena dietro al materiale sembra piegata, distorta o alterata. Questo effetto è provocato dalla luce curvata o rifratta dalla superficie che attraversa.
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CAP.21 Nella grafica computerizzata, tale distorsione è definita rifrazione ed è simulata attraverso una mappa Refraction. Una mappa Refraction è effettivamente una variante di una mappa di opacità. In questo modo, si simula la rifrazione della luce attraverso un materiale trasparente ma spesso (figura 21.42).
■ Figura 21.42 Utilizzo della mappatura Refraction per una distorsione trasparente.
Quando si specifica una mappa Refraction, il modo in cui si definisce l’opacità è completamente diverso. Ne risulta che quando una mappa Refraction è attiva, il parametro Opacity, Opacity Falloff e la mappa Opacity (se definita) sono ignorati. Come per le mappe Opacity, una mappa Refraction con Amount impostato su 100 è completamente trasparente. Quindi all’intensità massima, le mappe Diffuse, Ambient e Opacity sono ignorate. L’unico parametro Opacity ancora rispettato è Opacity Type che agisce come con l’opacità standard. Il nuovo parametro che si rende utile è l’impostazione Refract Map/RayTrace IOR (o solo IOR per abbreviare). Questa impostazione indica l’indice di rifrazione (Index Of Refraction) per la sostanza. Il riferimento al ray-tracing nel titolo è spiegato dal fatto che un renderizzatore plug-in potrebbe scegliere di servirsi dell’impostazione ad uso analitico. Il valore IOR impostato su 1,0, equivalente all’aria, non ha effetto. Il valore IOR predefinito è 1,5 (l’equivalente del vetro). Maggiore è il valore, maggiori sono le probabilità che l’oggetto sia una sfera di vetro a tinta unita; pochissimi sono i materiali “reali” che superano 2,0. Con i valori al di sotto di 1,0, la distorsione avviene attraverso una lente concava invece che convessa. È importante tener presente che quando si specifica una mappa Refraction, non è possibile guardare attraverso l’oggetto perché la simulazione della rifrazione presuppone che tutto ciò che si vede in trasparenza sia piegato. Questa difficoltà si verifica anche se si abbassa il valore rifrazione (Refraction Amount) a uno e si riduce l’opacità a zero. (Il dispositivo di scorrimento Refraction Amount controlla la miscela con il componente Diffuse). Anche se è possibile definire qualsiasi tipo di mappa per una mappa Refraction, essa è stata studiata per essere utilizzata con il tipo di mappa Refract/Reflect. Per ottenere risultati eccellenti, se si sceglie di utilizzare una bitmap, è consigliabile utilizzare una proiezione cilindrica e poi i parametri mosaico e offset per allineare la mappa in una posizione convincente.
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Riflessioni calcolate automaticamente È possibile calcolare automaticamente la mappa Reflection utilizzando un tipo di mappa Refract/Reflect o Flat Mirror. La scelta dipende solo dalla figura geometrica che la riflette. Se la superficie è curvilinea, sferica per esempio, il tipo di mappa Refract/Reflect rappresenta la scelta migliore. Se la superficie è complanare, come uno specchio da parete, è meglio utilizzare il tipo di mappa Flat Mirror. Se l’oggetto contiene entrambe le condizioni, come un testo cromato, è necessario utilizzare entrambi i tipi di mappa per ottenere una riflessione convincente. Poiché le mappe di riflessione automatica non sono create fino al momento del rendering, non è possibile visualizzarne gli effetti all’interno del Material Editor, è necessario effettuare il rendering della scena. La figura 21.43 mostra i controlli per i due tipi di mappa Reflection automatica. I parametri Blur permettono di sfuocare o sbavare la riflessione risultante (il tipo di mappa Reflect/ Refract fornisce anche Blur Offset perché con questo tipo di mappa è spesso necessaria una forte sfocatura). Questo effetto è importante per le superfici riflettenti che non raggiungono la qualità di lucentezza di uno specchio (come l’acciaio inossidabile). I parametri Render delle cornici permettono di controllare la frequenza di creazione delle mappe Reflection durante un’animazione. Se il punto di visualizzazione non cambia e gli oggetti riflettenti non devono essere spostati, non sarà necessario effettuare spesso il rendering delle riflessioni. L’opzione [Use Environment Map] determina se la mappa sfondo sia inclusa o meno nel rendering della mappa Reflection. Se si utilizza una proiezione di base Screen, può capitare che lo sfondo sia riflesso in modo diverso dalle aspettative (soprattutto durante le animazioni); è possibile comunque disattivarlo.
■ Figura 21.43 Le tendine per i due tipi di mappa per la riflessione automatica.
Anche se le riflessioni automatiche ritraggono la maggior parte della scena, l’oggetto che le crea non si vede perché il riquadro di delimitazione dell’oggetto determina il piano di ritaglio della riflessione, quindi le estensioni sono contenute al suo interno. Questa situazione si presenta anche se altri elementi all’interno dell’oggetto hanno materiali diversi e possono creare situazioni non realistiche quando un oggetto è composto da elementi separati che normalmente sarebbero in grado di vedersi a vicenda (la stringa di testo è un esempio classico). L’unico modo per superare tale situazione è staccare gli elementi distinti come oggetti separati cosicché non siano più ritagliati (figura 21.44).
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CAP.21 ■ Figura 21.44 Una stringa di testo composta da oggetti separati cosicché è possibile vederli nelle riflessioni.
È possibile creare riflessioni automatiche solo per le normali delle facce positive (ciò avviene anche se il materiale ha due lati o il Renderizzatore è impostato su Force 2-Sided). Di solito questa situazione non rappresenta un problema, ma lo può diventare quando si animano riflessioni simili a carte da gioco. Per effettuare il rendering di entrambi i lati di una stessa superficie, sarà necessario utilizzare un materiale a due lati con un materiale automatico su entrambi i lati. Quando si utilizzano le riflessioni automatiche, è importante ricordare che per essere convincenti, ci deve essere qualcosa che possano riflettere. La frase potrebbe sembrare ovvia, ma molti modellatori dimenticano che l’oggetto isolato non ha nulla da riflettere e si chiedono perché la superficie sia “nera” invece che riflettente. Le riflessioni basano il loro effetto anche sull’angolazione della visualizzazione e sono calcolate in modo appropriato solo se visualizzate in quadranti prospettici, un elemento da prendere in considerazione quando si esaminano le anteprime della scena per regolare il materiale.
Mappe Refract/Reflect Il tipo di mappa Refract/Reflect genera sei mappe durante il tempo di rendering che racchiudono l’oggetto e sono proiettate sulla superficie in maniera simile alla mappatura del parallelepipedo. In teoria, il renderizzatore si posiziona sul punto di rotazione dell’oggetto e scatta un’”istantanea” della scena in ogni direzione cardinale e assembla poi le sei immagini in un cubo di riflessione. Queste immagini sono poi riproiettate sull’oggetto. Nel settore della grafica computerizzata, si parla di mappa ambiente cubico o di mappa a T (perché se si stendono le sei immagini, si forma una “T”). È possibile controllare il posizionamento della riflessione cubica regolando la posizione del punto di rotazione dell’oggetto.
Poiché le mappe della riflessione cubica sono riproiettate sulla superficie riflettente, ogni piano della superficie riceve una parte specifica. Un tale fenomeno spiega perché con le superfici curvilinee si lavora meglio; infatti i lati ampi e piatti degli oggetti rettilinei non
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sempre riescono a catturare una parte sufficiente della scena proiettata per leggerla come riflessione (figura 21.45). La scena riflessa è molto più credibile su una superficie curva perché ogni sfaccettatura cattura una parte della scena e la scena si compone lungo la superficie. Un cubo posato su una base a mappa di composizione riflette solo una parte sfuocata perché la faccia “vede” solo una piccola parte dell’immagine del cubo di riflessione. Il tipo di mappa Refract/Reflect funziona in modo diverso da Flat Mirror: dispone infatti di un parametro Size per controllare le dimensioni delle bitmap calcolate. È possibile controllare tale impostazione perché potrebbe diventare particolarmente ingombrante in termini di memoria: dimensione x dimensione x 4 byte x 6 mappe o dimensioni 2 x 24 byte. Se la riflessione del rendering è troppo sfuocata, approssimativa o sgranata, sarà necessario aumentare questo valore. Un tale costo si impone per ogni oggetto che utilizza il materiale perché è necessario creare un nuovo insieme per ogni posizione esclusiva. Per un oggetto che occupa la metà della scena di rendering, è consigliabile impostare le dimensioni della mappa in modo tale che la grandezza sia identica a quella dell’output del rendering. Prestare particolare attenzione quando si assegnano valori elevati che saranno utilizzati da numerosi oggetti perché anche una mappa di 500 linee utilizzerà 6MB per istanza. Se diversi oggetti condividono lo stesso materiale ma hanno un’importanza diversa nella scena, sarà necessario riservare la maggior parte della memoria RAM per creare materiali duplicati con parametri Size diversificati da assegnare poi secondo le esigenze.
■ Figura 21.45 Le riflessioni Reflect/ Refract su superfici curvilinee e rettilinee.
Mappe di riflessione piana Anche il tipo di mappa Flat Mirror genera una riflessione durante il tempo del rendering ma l’applicazione e il risultato sono molto diversi da quelli di Refract/Reflect. Una riflessione piana è proprio ciò che esprime la parola, una sola immagine della scena è
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CAP.21 riproiettata sulla superficie. Questo è l’effetto che viene subito in mente quando si parla di riflessione. La parola operativa nel titolo di questo tipo di mappa è piana perché questo tipo di mappatura funziona correttamente solo con superfici complanari. Quando il renderizzatore analizza un oggetto che usa una mappa Flat Mirror, cerca la prima faccia nella definizione dell’oggetto che abbia l’ID (numero identificativo) del materiale per quel dato materiale. La prima faccia trovata “vince” e determina il piano per la riflessione risultante. Poiché spesso non si sa qual è la prima faccia, è meglio assegnare sempre riflessioni piane a una selezione faccia al livello Sub-Object o a superfici completamente complanari. L’assegnazione non è richiesta a livello Sub-Object: si può essere sicuri solo di ciò che definisce il piano riflesso. Se è definito più di un piano, la riflessione apparirà più simile alla proiezione di un riflettore perché non gira ai bordi (figura 21.46).
■ Figura 21.46 Le riflessioni Flat Mirror definite da un unico piano o da più piani.
L’oggetto Box è effettivamente studiato per le riflessioni piane. La faccia superiore di un parallelepipedo contiene la prima faccia e ha ID 1. È possibile assegnar loro un materiale Standard utilizzando una mappa Flat Mirror Reflection che garantirà la corretta riflessione della parte superiore. Se l’altezza è zero, l’effetto sarà migliore, altrimenti i lati non genereranno riflessioni corrette. A differenza delle mappe Refract/Reflect, le riflessioni piane sono sempre calcolate con una risoluzione appropriata e non hanno un parametro per le dimensioni della mappa. Le riflessioni piane che non sono visibili dalla visualizzazione di rendering non sono calcolate. Questa particolarità non provoca ulteriori problemi perché le riflessioni piane non sono visibili nelle riflessioni in nessuna condizione. La memoria RAM necessaria per una riflessione piana dipende dalle sue dimensioni nella scena perché il rendering è effettuato solo sulla parte di scena che la superficie è in grado di vedere.
Riflessioni multiple Numerose superfici contengono più di una condizione di riflessione. Il testo mostrato nella figura 21.47 ne è un tipico esempio. Le facce frontali sono complanari e hanno una riflessione piana, mentre la svasatura e i lati condividono una mappa Refract/Reflect. Una tale distinzione è molto facile ma richiede una certa pianificazione. Quando lo stesso materiale mappato automaticamente è applicato a diversi oggetti, sono create mappe di riflessione distinte. Per creare riflessioni multiple all’interno dello stesso oggetto, ogni
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ricorrenza deve avere un materiale diverso mappato automaticamente. Quindi per riflessioni multiple all’interno dello stesso oggetto, è necessario utilizzare un materiale Multi/Sub-Object con diverse definizioni materiale per aree diverse.
■ Figura 21.47 Il testo riflesso utilizzato per le riflessioni Refract/ Reflect e Flat Mirror.
I testi riflessi sono un ottimo esempio per mostrare quando è necessario staccare le facce frontali con una mappa Flat Mirror come un oggetto e assegnare all’oggetto restante una riflessione automatica. Se posizionate in modo appropriato, le superfici riflesse vedono le reciproche riflessioni e sono in grado di rifletterle continuamente (per un numero infinito di volte se l’una è effettivamente perpendicolare all’altra). Poiché ogni iterazione richiede un altro passaggio di rendering, il tempo necessario potrebbe essere eccessivo; il modellatore può quindi controllare il numero di rimbalzi. Per le mappe Refract/Reflect, il numero di rimbalzi delle riflessioni è controllato dal parametro Rendering Iterations (sotto A UTO REFLECT/Refract Maps) nella finestra di dialogo R ENDER SCENE. In pratica, non sarà quasi mai necessario aumentare questo numero oltre tre a meno che le riflessioni non rappresentino l’elemento più importante della composizione. Solo le mappe Refract/Reflect vedono le reciproche riflessioni. Le riflessioni Flat Mirror non sono visibili all’interno di nessun tipo di riflessione (anche se Refract/Reflect è visibile dalle riflessioni piane). Durante il rendering, tutti i materiali Refract/Reflect hanno la precedenza, seguiti da tutti i materiali Flat Mirror. Il problema appena citato è facilmente risolvibile utilizzando una mappa ambiente cubico che utilizzi immagini assegnate invece di generarne delle proprie. Purtroppo, questa capacità non è presente in 3DS MAX R.1.1, ma potrebbe essere fornita attraverso un nuovo tipo di materiale (come sempre, controllare il forum CompuServe Kinetix e il sito http:\\www.ktx.com per qualsiasi novità sulle aggiunte).
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CAP.21
Utilizzo dei tipi di mappa Quando si fa clic su un pulsante dei canali mappa, apparirà subito il MATERIAL /MAP BROWSER (figura 21.48). Le opzioni Browse From permettono di scegliere da una mappa definita in precedenza della libreria dei materiali appena caricata, da ciò che è attivo nei sei slot campione del Material Editor, da ciò che è stato assegnato agli oggetti selezionati correntemente e da qualsiasi elemento assegnato alla scena. Inoltre è possibile definire una mappa dall’inizio scegliendo i tipi generici.
■ Figura 21.48 Scelte disponibili per il tipo di mappa dopo aver fatto clic su un pulsante per i canali mappa.
Questo processo inizia la stratificazione delle mappe all’interno di una struttura ad albero dei materiali. La figura 21.49 mostra questo processo stratificando diversi tipi di mappa con un unico materiale Standard. Quattro mappe utilizzano un tipo di mappa Composite per abbinare due bitmap, mentre la mappa Reflection utilizza un tipo di mappa Mask per perfezionare l’effetto ottico. Il materiale Starry Nebula nella libreria 3dsmax.mat è un esempio di stratificazione di numerose mappe Noise per produrre una scena che rappresenta un cielo stellato.
Tipi di mappe per le immagini Le mappe maggiormente utilizzate sono quelle che definiscono un’immagine. Per definire di un’immagine, è possibile fare riferimento a una procedura definita e calcolata dal tipo di mappa stesso o a un’immagine già esistente come bitmap. Spesso, le mappe immagine permettono di definire o ancora di creare combinazioni e sovrapposizioni di motivi. A prescindere dalle opzioni presentate, ognuna definisce una bitmap che ha passato il canale
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mappa per essere interpretata dal materiale principale. Le mappe immagine sono organizzate in due categorie: a due e a tre dimensioni perché alcune lavorano come una bitmap a due dimensioni o lo spazio di mappatura UV, mentre le altre come una superficie a tinta unita in tre dimensioni, una mappatura UVW o uno spazio globale XYZ.
■ Figura 21.49 La bottiglia contiene diverse mappe compresa una mappa composita nel canale Diffuse per rappresentare l’etichetta grande e l’etichetta attorno al collo.
Tipi di mappe a due dimensioni Quando genericamente si parla di “mappe”, si pensa alla categoria 2D Map. Perfino la parola “mappa” implica il fatto che sia piana. Indica inoltre che si rapporta a qualcosa in modo molto particolare: ed è a questo punto che entrano in gioco le coordinate di mappatura. Di tutte le mappe bidimensionali, il tipo di mappa Bitmap è la più facile da gestire perché è la semplice rappresentazione di una bitmap fisica proveniente da un disco campione, un programma di grafica pittorica o un rendering di 3DS MAX. Quindi, se si parla in termini generici di “mappa”, di solito ci si riferisce a un tipo di mappa Bitmap. I tipi di mappa Refract/Reflect e Flat Mirror creano automaticamente mappe di riflessione al tempo del rendering, in base alla posizione dell’oggetto e al punto di visualizzazione. Questi tipi di mappa sono studiati appositamente per essere utilizzati come mappe Reflection o Refraction (e nel capitolo sono trattati insieme alle descrizioni dei canali mappa). Anche se niente impedisce di utilizzarli con qualsiasi canale mappa, i risultati sono difficili da prevedere. È possibile fare delle prove: può capitare di trovare una mappa di riflessione automatica che si addica perfettamente a un effetto speciale. Tutte le mappe bidimensionali (tranne le mappe di riflessioni automatiche) utilizzano le stesse
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CAP.21 tendineCOORDINATE e NOISE per controllare l’offset, il mosaico, la ripetizione, l’angolazione, la sfocatura e la distorsione della mappa (figura 21.50). Le tendine OUTPUT e TIME sono comuni a diversi tipi di mappa. I parametri da regolare più di frequente si trovano nella tendina COORDINATES perché controllano le dimensioni, il posizionamento e la rotazione della mappa. Questa tendina contiene inoltre la “sfocatura” della mappa attraverso i parametri Blur e Blur Offset. In generale, i parametri comuni influiscono sull’intera mappa mentre i parametri esclusivi solo sulle sue caratteristiche interne. Il tipo di mappa Gradient, per esempio, ha i propri parametri disturbo all’interno del gradiente stesso oltre alla tendina comune NOISE. I parametri esclusivi creano disturbo all’interno del gradiente stesso mentre quelli comuni influiscono su di esso come se fosse una mappa.
■ Figura 21.50 Le tendine comuni ai tipi 2D Map.
Smussatura di una mappa bidimensionale con Blur Per natura, le bitmap non sono perfette. Non conta quanto siano sfumate uniformemente o complesse nell’intensità di colori, le bitmap sono solo una disposizione di quadrati colorati, chiamati pixel. I pixel quadrati funzionano quando sono visualizzati in uno
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spazio bidimensionale, ma possono diventare un problema se sono posizionati in uno spazio prospettico tridimensionale. Il contrasto fra pixel diventa molto pronunciato e si verificano aliasing, scintillazione, scalinature o le “seghettature”. È a questo punto che entrano in gioco le mappe Filter e le sfocature. Le mappe Filter stanno alle mappe bidimensionali come l’anti-aliasing sta alle figure geometriche e le impostazioni sfocatura ne controllano l’effetto. La figura 21.51 mostra gli effetti dovuti alla mancanza di filtraggio, mentre la figura 21.52 mostra la stessa scena provvista di filtraggio. Anche se a scapito di un maggior consumo di memoria RAM, è evidente il motivo per cui il filtraggio sia l’opzione predefinita.
■ Figura 21.51 Rendering di un materiale a piastrella senza le mappe Filter.
■ Figura 21.52 Rendering della stessa scena con le mappe Filter.
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CAP.21 Le figure precedenti evidenziano come l’effetto principale della sfocatura sia eliminare la scintillazione, ovvero quelle linee particolarmente fastidiose di pixel che “ballano” e i motivi moiré. La scintillazione aumenta quando le linee sottili iniziano a convergere in prospettiva (in lontananza) o si avvicinano l’una all’altra (come nei lati dei cubi). Esaminare il cubo di sinistra di entrambe le figure, si noterà come le linee diagonali appaiano “seghettate” senza sfocatura e smussate con la sfocatura. È importante inoltre notare che l’aspetto della mappa di composizione marmo è quasi identica in entrambe le figure. In realtà, c’è una sottilissima differenza: il marmo filtrato ha un aspetto leggermente più “delicato”. Di tutti i tipi di mappa, l’effetto movimento espleta il suo effetto maggiore su mappe di rugosità dove il rendering delle rugosità non è effettuato in maniera corretta a meno che non siano attive le mappe Filter. La mappa Filter è un termine di grafica computerizzata che utilizza diverse tecniche. 3DS MAX fornisce due tipi di filtraggi per le bitmap: Pyramidal (conosciuto anche come mappatura mip) e Summed Area (conosciuto anche come tavola area sommata). Per le altre mappe bidimensionali, il metodo Pyramidal è utilizzato di default. Il tipo di mappa Bitmap permette di scegliere quale tipo di filtraggio utilizzare o disattivare completamente. L’effetto movimento non può verificarsi a meno che le mappe Filter non siano attive. Quando si disattiva il filtraggio scegliendo o l’opzione Filter maps del renderizzatore, le impostazioni movimento per quella bitmap o per l’intera scena sono ignorate. La differenza fra le due opzioni di filtraggio è la qualità dell’anti-aliasing e i requisiti RAM. Il filtraggio Pyramidal utilizza un byte supplementare per pixel ma il costo è minimo rispetto all’efficacia fornita. Il filtraggio Summed Area utilizza una tecnica superiore ma più costosa in termini di RAM: utilizza 12 byte supplementari per pixel; per questo motivo è consigliabile utilizzarla solo quando le bitmap lo richiedono. Per alcuni bitmap, il passaggio al filtraggio Summed Area è cruciale mentre altri non lo notano nemmeno. Il filtraggio Summed Area ha un effetto migliore su materiali con linee a spaziatura molto piccola che diminuiscono in prospettiva o su materiali con un’impostazione movimento molto elevata per ottenere un effetto “sfuocato”. La figura 21.53 mostra la differenza fra i due tipi di filtraggio. Come mostra la figura 21.53, il filtraggio Pyramidal effettua una media minore dell’immagine e provoca motivi moiré che si formano in lontananza. Summed Area produce un media maggiore ed evita una tale condizione. Da vicino, il filtraggio Summed Area tende a sembrare più sfuocato mentre quello Pyramidal è nitido. Se si ha a disposizione una buona quantità di memoria RAM, è consigliabile utilizzare Summed Area per ottenere con le bitmap risultati migliori. È possibile considerare il parametro Blur come un’impostazione di intensità per le mappe filtro. Fornisce l’effetto di base all’impostazione predefinita di 1,0 e un effetto minimo al valore più basso di 0,1. Impostazioni movimento più elevate aumenteranno il movimento, necessario per le mappe di riflessione attenuate. Il parametro Blur Offset è completamento diverso dal parametro Blur perché filtra la mappa bidimensionale prima che venga applicata alla prospettiva. Il termine “offset” corrisponde al significato del parametro Offset stesso: sposta la bitmap di un dato valore. Un offset bitmap completo equivale a 1,0. Ciò spiega perché valori Blur offset anche di 0,01 hanno un effetto così evidente: infatti con 0,01 significa che la bitmap di origine è stata spostata dell’1 percento. Nella maggior parte dei casi, utilizzare Blur Offset per regolare la delicatezza o la sfocatura della mappa bidimensionale e Blur per controllare l’anti-aliasing in prospettiva.
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■ Figura 21.53 Confronto fra filtraggio Pyramidal (a sinistra) e Summed Area (a destra).
Effetto moiré e scintillazione
Filtraggio piramidale
Filtraggio Summed Area
La tendina comune NOISE invia un’”onda” di distorsione attraverso la mappa bidimensionale (figura 21.54), quando se ne attivano i parametri spuntando l’opzione [On]. Il parametro Amount controlla l’altezza dell’onda, Level il numero di iterazioni, Size la distanza della ripetizione fasica e Phase la posizione della ripetizione. Il parametro Phase non è rispettato a meno che non sia attiva l’opzione [Animate]. Come sempre, gli altri parametri effettuano animazioni con il pulsante Animate e non richiedono che questa opzione sia spuntata.
Controlli esclusivi delle mappe bidimensionali L’utilizzo dei controlli esclusivi è descritto nei particolari nella documentazione standard di 3DS MAX e, nel caso dei filtri Photoshop, nel file di aiuto e nei plug-in compatibili Photoshop associati. Mentre i tipi di mappa Bitmap e Photoshop non permettono l’espansione, i tipi di mappa Checker e Gradient forniscono tavolozze di colori che è possibile sostituire per i canali mappa così da ramificare ulteriormente la struttura ad albero dei materiali. Il tipo di mappa Photoshop Plug-In Filter è in grado di caricare solo plug-in a 32 bit compatibili con Photoshop, forniti da altri produttori come Metatools. I filtri forniti con Photoshop funzionano solo con il programma principale.
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CAP.21 ■ Figura 21.54 Parametri rumore applicati a mappe bidimensionali.
Amount 10, 30, 60 Level 1 Size 0
Amount10 Level 2, 3, 4 Size 1,0
Amount10 Level 1 Size 0.5, 0.25, 0.125
Amount, Level e Size variabili
■ Figura 21.55 Controlli esclusivi per i diversi tipi di mappa 2D.
Tipi di mappe tridimensionali Nella grafica computerizzata, quando si utilizza il termine materiali procedurali (o shaders) si pensa subito al tipo tridimensionale. Poiché queste mappe sono applicate in tre dimensioni, attraversano un oggetto e di solito non seguono il percorso (delle mappe bidimensionali quando la proiezione diventa colineare (figura 21.56). Dei quattro tipi di mappe disponibili – Marble, Wood, Dents e Noise – Noise è quello più utilizzato perché offre
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tre varianti utilizzabili per modulare molti altri tipi di mappa e crea distorsioni sulla superficie, effetto sabbia e sporco.
■ Figura 21.56 Utilizzo di mappe procedurali a tre dimensioni per coprire una superficie in maniera uniforme.
Le quattro mappe tridimensionali condividono lo stesso insieme di parametri per posizionare i loro effetti sulla superficie (figura 21.57). Se si sceglie XYZ, il mosaico è creato secondo le dimensioni dell’oggetto nel mondo reale e non sono necessarie le coordinate di mappatura. La posizione della mappa si riferisce alla matrice di creazione dell’oggetto, non facilmente modificabile. I parametri Offset, Tiling e Angle sono quindi forniti per controllare la mappa e possono essere considerati simili alle trasformazioni di posizione, scala e rotazione. Questa realistica forma di scalatura XYZ rappresenta il metodo utilizzato tradizionalmente nella grafica computerizzata e funziona solo quando si animano oggetti con le trasformazioni. Se, tuttavia, si effettuano animazioni con il Modifier Stack, le coordinate di mappatura sono ancora applicate secondo la proiezione originale e l’oggetto si sposterà attraverso le coordinate di mappatura. Poiché di solito questo effetto non è richiesto dal modellatore, esiste un opzione UVW per utilizzare le coordinate di mappatura UVW assegnate che convertono i vertici durante la deformazione delle superfici. In pratica, le coordinate XYZ sono migliori per i modelli statici, soprattutto perché quando si utilizza lo stesso materiale per oggetti diversi, garantiscono risultati identici. Quindi sembra che gli oggetti siano stati stampati o scolpiti dallo stesso blocco di materiale solido. Quando non si desidera ottenere un tale effetto ed è necessario che la mappatura segua le linee dell’oggetto (o si stanno effettuando delle animazioni con il Modifier Stack), è consigliabile utilizzare le coordinate UVW. Quando si utilizzano le coordinate UVW, occorrerà aumentare notevolmente il parametro Tiling perché un’unica ripetizione di una mappa tridimensionale è di solito molto piccola. È possibile facilitare questa procedura con il parametro Tiling della mappa tridimensionale, invece che con il mosaico del modificatore Mapping UVW perché quest’ultimo diventerebbe piuttosto grande e
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CAP.21 difficile da rapportare ad altri tipi di mappa non tridimensionali. Come la tendina comune COORDINATE, ogni tipo di mappa tridimensionale ha le sue proprie caratteristiche (figura 21.58). Ogni tipo di mappa contiene due tavolozze di colori per controllare il contrasto e il colore dell’effetto particolare. È possibile sostituire ogni colore con un altro tipo di mappa nel canale mappa corrispondente (continuando così la struttura ad albero dei materiali). I parametri per i diversi tipi di mappa controllano gli effetti individuali.
■ Figura 21.57 La tendina comune COORDINATE delle coordinate XYZ e UVW per le mappe tridimensionali.
■ Figura 21.58 Controlli individuali delle quattro mappe tridimensionali.
Tipi di mappa per la composizione La categoria Compositors aumenta il ventaglio di opzioni e permette di abbinare la libreria di bitmap materiali all’infinito. Se si uniscono gli effetti di due o più sorgenti, si crea una MATERIALI E MAPPE DI COMPOSIZIONE
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composita. In pratica, l’utilizzo corretto di questi tipi di mappa è fondamentale per creare materiali complessi e realistici.
Tipi di mappa Mask, Composite e Mix Map Per i veterani di 3D Studio, i tipi di mappa Mask e Composite saranno molto familiari, la mappa Mix invece è un’opzione molto utile e facile da utilizzare. Ogni tipo di mappa contiene due o più canali per selezionare perfino altri tipi di mappa. La maggior parte delle volte, le scelte aggiuntive sono bitmap.
■ Figura 21.59 Le tendine dei tipi di mappa Mask, Composite e Mix.
Il tipo di mappa Mask contiene un canale Map per fornire l’immagine sorgente e un canale Mask per nascondere la mappa sorgente. La maschera può essere considerata come uno stampino, una fraschetta per aerografo, una mascherina per decorare le torte o un vetro decorato attraverso il quale è possibile vedere l’immagine. Le aree bianche della mappa maschera permettono di vedere l’immagine sorgente, le aree nere la bloccano mentre le aree grigie permettono di visualizzarla proporzionalmente. Gli otto slot file maschera di 3DS DOS equivalevano tutti a questo unico tipo di mappa. Quando si importa un file 3DS che utilizza uno slot maschera, è convertito in un tipo di mappa Mask. Il tipo di mappa Composite abbina qualsiasi numero di mappe e di valori di default a coppie, che risultano più facili da gestire. Le mappe sono sovrapposte secondo la numerazione:
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CAP.21 Map 1 è la mappa principale ed è applicata per prima. Map 2 è applicata per seconda su Map 1; Map 3 è applicata per terza sopra Map 2 e così via. Per visualizzare la mappa principale, è necessario rendere Map 2 leggermente trasparente attraverso un canale alfa o utilizzando una mappa Mask. Quando si sovrappongono numerose mappe, le mappe superiori devono avere valori di trasparenza crescenti se si desidera visualizzare quelle inferiori. Un procedimento che assomiglia a quello con cui Video Post compone le immagini successive con numerosi eventi Alpha Compositor. I tipi di mappa Texture 1 e Texture 2 di 3D Studio DOS equivalgono a una mappa Composite che ha due mappe. Quando si importa un file 3DS con materiali che utilizzano due mappe di composizione, queste sono convertite in un tipo di mappa Composite e Texture 1 e 2 diventano rispettivamente Map 1 e 2. Il tipo di mappa Mix mescola due tipi di mappe e permette di controllare il modo in cui avviene la mescolatura. Il parametro Mix Amount indica la percentuale di Color 2 aggiunta a Color 1. Poiché il valore di default per Mix Amount è zero, non è possibile visualizzare l’effetto di Color 2 a meno che non se ne aumenti il valore. Per default, si tratta di una mescolatura lineare. Se si attiva la Mixing Curve con l’opzione [Use Curve], è possibile soppesare l’interpolazione come mostrato nella Mixing Curve corrispondente. Le mappe Mix rappresentano la scelta ideale per ravvivare o tingere altre mappe. Per regolare l’effetto di un’altra mappa ed ottenere risultati migliori e più prevedibili, è quindi consigliabile una mappa Mix invece dei controlli Output della mappa. È possibile inoltre specificare un tipo di mappa per il parametro Mix Amount. Quando si specifica un tipo di mappa, la percentuale Mix Amount è ignorata anche se la Mixing Curve funziona come prima. Utilizzare l’intensità della mappa per controllare la miscelatura: per il nero il parametro Mix Amount è impostato su zero mentre per il bianco su 100. La mappa Mix Amount quindi diventa simile a un tipo di mappa Mask. È importante notare che la Mixing Curve regola solo Mix Amount. Se Mix Amount è impostato su 0 o 100 (nero o bianco), non sarà possibile vedere nessun effetto quando si regola la zona di transizione perché niente viene mescolato. Per utilizzare la percentuale Mix Amount dopo aver specificato una mappa, è necessario scegliere una mappa None per cancellare il canale e riattivare il parametro Mix Amount.
Tipi di mappa per modificare i colori La categoria Color Modifying è destinata ai tipi di mappa che regolano la qualità delle immagini di altri tipi di mappa. Questa categoria offre tutte le caratteristiche di un programma di grafica pittorica: luminosità, contrasto, gamma, compensazione colore, posterizzazione. Anche se dispone di numerose funzionalità, questa categoria contiene solo un tipo di mappa RGB Tint. Rispetto ai metodi dei comuni programmi di grafica pittorica, RGB Tint rappresenta una scelta un po’ insolita ma è stata inclusa per offrire la compatibilità con i file 3DS importati (che contenevano questa capacità come un’impostazione mappa per le mappe Texture e Specular).
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Animazione di mappe e relativi parametri Come per la maggior parte degli elementi di 3DS MAX, è possibile animare le proprietà delle mappe. Come regola generale, se un parametro utilizza un campo di modifica per un valore, di solito l’animazione è possibile. Per confermare esattamente quali parametri mappa possono essere animati, esaminare l’Editor tracce delle mappe. Ogni parametro animabile è visualizzato con una traccia , mentre le opzioni non animabili non sono considerate. Il modo più elementare per animare una bitmap consiste nello specificare un tipo di bitmap animata. Con 3DS MAX R1.1, i file FLC, FLI, CEL e AVI contengono tutti animazioni che avranno luogo sul materiale quando si effettuerà il rendering della scena. Alla fine dell’animazione, l’animazione riparte daccapo. Anche se facile da scegliere, non è altrettanto facile da controllare perché potrebbe essere difficile determinare in quale fotogramma della scena è presentata una data animazione. Per ottenere un controllo migliore, è possibile specificare un numero di file in sequenza numerica o elencati specificatamente in un file IFL (elenco file immagine). Per le sequenze, specificare il prefisso del nome file comune nella stringa delle mappe. Per esempio, per utilizzare i 690 file della sequenza blow0000.tga-blow0689.tga, specificare come nome file della bitmap “ blow*.tga”. In questo modo, 3DS MAX creerà automaticamente un file IFL con 690 riferimenti file. Il file IFL risiederà nella directory che conteneva la sequenza file senza elencare nessuna informazione specifica sul percorso. Dopo essersi abituati a utilizzare un file IFL, è possibile sfruttare altre sue capacità. Un file IFL fornisce un semplice elenco in sequenza dei file da utilizzare. I riferimenti bitmap contengono solo nomi percorso specifici a qualsiasi directory valida. Se si inserisce un numero dopo il nome dell’immagine, l’utilizzo dell’immagine sarà ripetuto per il numero di fotogrammi stabilito dal valore inserito. Se la bitmap è un file animato, sarà utilizzato solo il primo fotogramma. Per utilizzare fotogrammi aggiuntivi di un file animato, sarà necessario suddividere l’animazione in immagini singole ed elencarle nel file IFL. In pratica, gli animatori professionisti preferiscono i file IFL ad altri metodi di animazioni di bitmap perché sono più controllabili.
Utilizzo di tipi di materiali composti Mentre il materiale Standard è indiscutibilmente il materiale più utilizzato, in 3DS MAX sono forniti molti altri materiali che offrono capacità o metodi di gestione di altri tipi di materiale unici. A causa di questa suddivisione iniziale, questi materiali sono talvolta chiamati composti e danno spesso origine a strutture ad albero complesse. Di solito i materiali composti estendono le proprie ramificazioni nei materiali Standard, anche se possono farlo anche con altri materiali composti. In questo modo, è possibile continuare a creare ramificazioni per le definizioni dei materiali come per le mappe. Di solito la scelta ricade sui materiali Standard, perché questi materiali sono destinati principalmente ad abbinare gli effetti di altri materiali e dispongono di pochissime proprietà di rendering. I materiali che utilizzano la combinazione degli effetti di sub-materiali (Top/Bottom, Blend e Double Sided) devono mantenere le caratteristiche globali. Se all’interno di qualsiasi submateriale, si spunta l’opzione [Face Map] o [Wire], gli altri sub-materiali dovranno rispettare la scelta nel risultato del materiale composto.
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CAP.21
Il materiale Top/Bottom Il tipo di materiale Top/Bottom permette di assegnare due materiali diversi alla parte superiore e inferiore di un oggetto. La parte superiore e inferiore di un oggetto è determinata dal suo orientamento rispetto all’asse Z dell’origine. Se una superficie ricade dalla parte positiva dell’asse Z, gli verrà assegnato il materiale Top, se invece si trova nella parte negativa dell’asse Z, avrà il materiale Bottom (figura 21.60). Quindi, se un oggetto, a cui è stato assegnato un materiale Top/Bottom, cambia orientamento rispetto all’asse Z dell’origine, le assegnazioni dei materiali alla superficie saranno scambiate. È importante ricordare questo fenomeno quando si utilizzano materiali Top/Bottom nelle animazioni. Se l’oggetto ruota, la posizione delle assegnazioni Top e Bottom sulla superficie di un oggetto cambierà.
Z+Top material Z=0Top material Z- Bottom material
■ Figura 21.60 Funzionamentodel materiale Top/Bottom. In base all’angolo della normale rispetto all’asse Z dell’origine, la faccia può ricevere un materiale superiore o inferiore.
■ Figura 21.61
Top material Blend
Utilizzo del tipo di materiale Top/Bottom. È importare notare come i due materiali si mescolino per produrre una realistica linea di transizionegommosa.
Bottom material
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È possibile regolare la definizione della transizione dall’alto verso il basso con il parametro del materiale Position. Il parametro Position può essere paragonato a un peso che spinge giù la definizione quando è impostato su valori bassi e la tira su quando i valori impostati sono alti. In realtà, si regola l’angolatura secondo cui una faccia può essere considerata rivolta verso l’alto o verso il basso. La transizione fra i materiali superiori e inferiori potrebbe sembrare brutale perché l’assegnazione dei materiali è effettuata su due facce. Il parametro Blend permette di attenuare questa transizione cosicché non siano troppo evidenti le linee di demarcazione che indicano il cambio di angolatura. Le fauci del coccodrillo (figura 21.61) mostrano il funzionamento di un materiale Top/ Bottom. In genere, per una mesh complicata come quella utilizzata per le fauci del coccodrillo, sarebbe difficile selezionare aree distinte a cui assegnare ID del materiale diverse. Inoltre, tra i materiali separati sarebbe stata visualizzata una linea di giunzione. Con il materiale Top/Bottom, le facce superiori ricevono il materiale che rappresenta la carne interna più morbida mentre quelle inferiori il materiale con una superficie a squame. La transizione fra i due materiali è regolata dal valore Blend.
Il materiale Double Sided Il materiale Double Sided provvede ad assegnare un materiale diverso per ogni faccia della superficie. In genere, quando si assegna un materiale a un oggetto, il materiale è applicato ad entrambi i lati di una superficie. 3DS MAX effettua il rendering del lato con un tipo di normale di faccia positiva e ignora la faccia posteriore a meno che non sia attiva l’opzione 2-Sided. Il materiale Double Sided permette di assegnare un materiale alla superficie che ha una normale di faccia positiva e un altro materiale alla faccia posteriore della stessa superficie. Il materiale chiama queste direzioni rispettivamente Facing e Back. Dai canali materiale Facing e Back, possono partire ramificazioni verso qualsiasi altro tipo di materiale. Il valore Translucency è utilizzato per mescolare i materiali Facing e Back. Se il parametro Translucency è impostato su 0, il materiale Double Sided assegnerà un materiale a un lato e un altro materiale all’altro lato. I valori compresi fra 0 e 50 mescolano un lato all’altro finché non raggiungono entrambi 50. I valori maggiori di 50 mescolano maggiormente il lato opposto quindi sembrerà di aver scambiato le assegnazioni materiale. Quest’impressione aumenta finché il valore Translucency impostato su 100 scambia effettivamente le assegnazioni materiale. La figura 21.62 mostra un esempio in cui è necessario utilizzare un materiale Double Sided. L’oggetto che sta per esplodere utilizza due materiali diversi. La parte esterna deve riprodurre un metallo freddo mentre l’interno è bollente e splendente. Un altro esempio comune che richiede l’utilizzo di materiali Double Sided sono i modelli che utilizzano muri spessi con un’unica faccia: da una parte sarà necessario un materiale effetto mattone e dall’altra una carta da parati.
Il materiale Blend Il materiale Blend permette di mescolare in una data misura due materiali distinti. Offre inoltre la possibilità di utilizzare una maschera per controllare dove avviene la mescolatura e quindi dove il materiale diventa composto. I controlli del materiale Blend assomigliano
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CAP.21 molto a quelli del tipo di mappa Mix. Per meglio capire le funzionalità del materiale Blend, è quindi consigliabile rivedere la descrizione di questo tipo di mappa.
■ Figura 21.62 Il materiale a due facce utilizzato per simulare l’interno bollente e in fiamme di un bidone che sta per esplodere.
Il valore Mix Amount controlla la percentuale in cui due materiali sono mescolati. Se si utilizza una maschera, il parametro Mix Amount sarà disattivato e la mescolatura sarà calcolata utilizzando l’intensità della maschera (come un monocanale). Quando si utilizza una maschera, è possibile adoperare la Mixing Curve per regolare la transizione fra i due materiali (fare riferimento al tipo di mappa Mix per ulteriori esempi per questi controlli). Per ottenere l’effetto “pelle di coccodrillo” (figura 21.63) è stato utilizzato un materiale Blend. La differenza principale fra il materiale Blend e la mappa Mix è che i materiali Blend mescolano le intere definizioni materiale e non solo i tipi di mappa. Il materiale Blend mescola ogni parametro delle due definizioni materiale mentre Mix influisce solo su un canale all’interno di un materiale. Materiale 1
Materiale 2
Materiale 3
■ Figura 21.63 La pelle del coccodrillo con due tipi di materiali mescolati con un tipo di mappa Noise.
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Il materiale Matte/Shadow Matte/Shadow è il tipo di materiale più ambiguo e ironico fornito da 3DS MAX. L’ironia sta nel fatto che il rendering del materiale non produce un materiale; praticamente “nasconde” la superficie a cui è assegnato. Quando è visualizzata l’interfaccia, non esistono materiali o mappe da cui far partire ramificazioni. Il materiale Matte/Shadow ha come peculiarità questo effetto speciale ed è l’unico da cui non è possibile far partire ramificazioni. Con il materiale Matte/Shadow, è possibile assegnare alla superficie ombre che nascondano eventuali oggetti nella scena che si trovano dietro. Il materiale Matte/ Shadow diventa utilissimo per la post-produzione e la composizione di immagini sfondo insieme agli oggetti della scena. Quando un oggetto riceve un materiale Matte/Shadow diventa come un “buco” nella scena che ritaglia qualsiasi figura geometrica che si trova dietro e permette di visualizzare lo sfondo. Una tale caratteristica permette di abbinare gli oggetti ad elementi dell’immagine sfondo. L’opzione [Opaque Alpha] controlla che l’oggetto a cui è stato assegnato un materiale Matte/Shadow sia compreso nell’output del canale alfa del Renderer. Se la casella non è spuntata, gli oggetti non saranno visibili per il canale alfa; nel caso contrario, le estensioni della figura geometrica saranno completamente opache. Questa opzione influisce solo sul canale alfa, non ha alcun impatto sull’immagine di rendering. Le opzioni Atmosphere integrano l’oggetto matte agli oggetti atmosferici. Se non c’è atmosfera nella scena, queste opzioni non hanno effetto. L’opzione [At Background Depth] è utilizzata quando si effettua il rendering contro le immagini dello sfondo mentre l’opzione [At Object Depth] quando si effettua il rendering su file per una composizione futura. Il materiale Matte/Shadow offre un notevole controllo sulla composizione perché è possibile effettuare il rendering delle ombre senza comprendere la figura geometrica che le riceve. L’opzione [Receive Shadows] offre una tale capacità e l’opzione [Shadows Brightness] controlla l’intensità scura dell’ombra. È importante ricordare che il controllo per l’emissione di ombre è una proprietà oggetto e se si desidera che l’oggetto matte non emetta ombre, è necessario disattivare questa opzione nel controllo Object Properties.
Il materiale Multi/Sub-Object Il tipo di materiale Multi/Sub-Object permette di assegnare più di un materiale allo stesso oggetto a livello di faccia. In pratica, un materiale Multi/Sub-Object è di solito assegnato a un oggetto intero e può contenere tutti i materiali richiesti dall’oggetto. I materiali Multi/Sub-Object diventano quindi personalizzabili e sono spesso unici per ogni oggetto che li utilizza. Se si importano mesh da 3DS DOS che hanno assegnazioni materiali a livello di faccia, i materiali che erano prima separati saranno abbinati automaticamente durante l’importazione in un Multi/Sub-Object, per oggetto. La figura 21.64 mostra il funzionamento di un materiale Multi/Sub-Object. A ogni parte del coccodrillo che richiede un materiale separato è stato assegnata un ID distinto che corrisponde a un sub-materiale separato. EditMesh o EditableMesh sono di solito utilizzati per assegnare i materiali a livello Sub-Object, selezionando facce e assegnando il numero identificativo (ID) del materiale. L’ID corrisponde al Material # all’interno del materiale Multi/Sub-Object. Il multimateriale inizia con un numero predefinito di sei materiali ma può contenerne un numero qualsiasi.
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CAP.21 Un metodo alternativo per assegnare l’ID del materiale consiste nell’utilizzare un modificatore Volume Select per selezionare le facce e un modificatore Material per assegnare alla selezione l’ID del materiale desiderato. Poiché si tratta di modificatori indipendenti, è possibile animare la selezione e anche l’assegnazione mentre il metodo con EditMesh è statico.
■ Figura 21.64 Un materiale Multi/SubObject, la sua definizione radice e il Modifier Stack assegnato all’oggetto che mostra gli insiemi di selezione memorizzati come modificatori EditMesh.
Esplorare un materiale Multi/Sub-Object può essere emozionante. Per facilitare il compito, si consiglia fortemente di nominare ogni materiale, cosicché risulterà più facile trovarlo nella struttura ad albero dei materiali. Poiché i quadratini sui campioni dell’Editor materiali hanno poca importanza per visualizzare l’effetto di un dato materiale, è consigliabile disattivare l’opzione [Show End Result]. In questo modo, sarà possibile visualizzare il materiale completo a ogni livello. Per rendere la navigazione più veloce, è meglio tenere un numero minimo di materiali. Se si ha bisogno solo di due materiali, utilizzare Set Number per cambiare il numero predefinito di sei materiali a due così da poter far buon uso dell’opzione [Go to Sibling].
Le insidie dei materiali Con 3DS MAX, può capitare di costruire le superfici correttamente, illuminarle in modo appropriato, seguire tutte le regole prospettiche ed effettuare il rendering senza problemi e senza errori e ottenere alla fine un risultato scorretto. È possibile che il lavoro su un modello si protragga così a lungo e che il rendering sia effettuato così spesso da non riuscire più a valutare l’effetto ottenuto sui materiali. I motivi per un risultato errato sono molteplici; questa parte del capitolo illustrerà gli errori più comuni e determinanti. Gli artisti spesso esaminano il procedere di un lavoro guardandolo attraverso uno specchio (spesso con uno specchietto posto dietro alle spalle). Questo metodo che rovescia l’immagine può alterare la percezione visiva da cui ne deriva un’analisi meno faziosa.
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Dimensioni sbagliate: è necessaria una scalatura Un effetto molto fastidioso è provocato dalla scelta di una scalatura sbagliata per un materiale che ha dimensioni e proporzioni reali. I mattoni rappresentano un esempio classico. Gli architetti e i costruttori ne conoscono le proporzioni intuitivamente e basano le dimensioni dei particolari sul numero di mattoni necessari. Se le dimensioni e le proporzioni sono sbagliate o sono diverse per le differenti aree del modello, la credibilità dell’immagine o dell’animazione sarà compromessa.
Carta da parati: è necessaria casualità Poiché i materiali sono utilizzati in modo ripetitivo per tutto il modello, gli effetti sono dati per scontati e diventano inefficaci. Il risultato è l’effetto carta da parati in cui lo stesso motivo è ripetuto così spesso e con tale regolarità da sembrare un tono e non una mappa di composizione. Nella maggior parte degli oggetti del mondo reale, la ripetizione di un motivo non è così regolare. I materiali come le pietre, le piastrelle e i mattoni hanno delle varianti, quindi creare un motivo definito ne distrugge la credibilità. Se sono applicate come mappe di composizione di base affiancate, ne risulterà un effetto a carta da parati. Per superare l’effetto carta da parati, è necessario inserire delle varianti nei materiali e un pizzico di casualità. Di solito, ciò avviene spontaneamente utilizzando bitmap sempre più grandi cosicché la ripetizione non si verifichi troppo spesso o non si verifichi affatto. Lo svantaggio delle bitmap grandi è che richiedono tempo per essere create e consumano memoria RAM. La capacità di sovrapporre le mappe a qualsiasi profondità, abbinarle a diverse scalature e assegnare loro effetti movimento e soprattutto rumore è fondamentale per creare oggetti realistici. Spesso è possibile farlo con una piccola collezione di bitmap affiancate corrette.
Troppa perfezione: è necessario un effetto “sporco” Se c’è una caratteristica in un’immagine o un’animazione che indica la sua origine computerizzata, è l’eccessiva perfezione poco realistica. Anche se potrebbe far sorridere o sembrare un complimento nascosto, questa critica è verissima. Gli oggetti reali hanno una vita propria. Si graffiano e si macchiano, si consumano in modo non uniforme e spesso non sono costruiti correttamente. Quando i materiali si incontrano, tendono ad avere una linea di giunzione o un solco, non sono mai perfettamente lisci. Raramente gli oggetti sono sistemati in perfetto ordine, quindi farlo può sembrare ossessivo. Eppure queste qualità sono comuni ai modelli di computer e alla mappatura. Se si desidera ottenere un effetto realistico, sarà necessario dedicare altro tempo per alterare le superfici e dare vita ai materiali. Uno sforzo in questo senso è fondamentale per rendere convincenti nature morte ad alta risoluzione. Se si effettua il rendering di animazioni, sarà necessario esagerare queste caratteristiche per ottenere lo stesso effetto, proprio come sono esagerate sul palcoscenico o nei film. Il segreto per simulare i materiali del mondo reale è rappresentarne le incoerenze e i difetti. Nella vita reale gli oggetti non sono perfettamente lisci e puliti. Il metodo migliore per aggiungere un effetto sporco ai materiali consiste nel creare una collezione di bitmap affiancate casuali che rappresentino sbavature, strisce, polvere, crepe, gocce e macchie.
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CAP.21 Dopo averle create, utilizzare le stesse bitmap nella libreria dei materiali del “mondo reale”. Se si studiano mappe ad effetto, sarà possibile riutilizzarle più volte in modo discreto senza che siano riconosciute. Quando per i materiali si utilizza la stessa collezione di mappe casuali, i costi in termini di memoria non sono proibitivi poiché sono pagati una volta sola. Queste mappe casuali possono essere utilizzate per regolare quasi ogni tipo di mappa ma funzionano meglio con i tipi di mappa Mask, Mix e Composite per mappe di composizione, bagliori, rugosità, opacità e riflessioni. Creare materiali realistici non è facile ma neanche dipingerli lo è.
Effetto seghettato: è necessario un effetto blur Quando un materiale ha bisogno di un effetto blur? La risposta è soggettiva e dipende dall’impressione che l’effetto del materiale ha sulla scena. Se la bitmap scintilla o mostra bordi irregolari, aumentare il parametro Blur. Se necessita di una minor definizione, aumentare il valore Blur Offset. Se crea motivi moirè, passare al filtraggio area sommata. Il parametro Blur non è magico e non è in grado di far apparire come anti-aliasing un’immagine sorgente aliasing; può solo correggere l’aliasing della bitmap quando converge in prospettiva. Se la bitmap ha un effetto seghettato non desiderato, prima di assegnarla è necessario smussarla con un programma di grafica pittorica. La qualità dell’effetto della mappa migliora all’aumentare del livello di particolari della bitmap, in termini di larghezza del pixel. I particolari larghi sei pixel creeranno un bordo con un effetto più frastagliato e soprattutto più rugoso rispetto ai particolari creati con linee larghe un pixel.
Note sui materiali per i veterani di 3D Studio DOS Per i veterani delle versioni precedenti di 3D Studio, l’Editor materiali di 3DS MAX rappresenta un punto di partenza importante per la genericità dell’approccio e per l’ampio ventaglio di possibilità offerte. Anche se lo scopo di questo manuale non è fare un confronto fra i due programmi, pare che molti utenti di 3DS MAX li conoscano entrambi e quindi possano trarre vantaggio dal confronto. Se si ha familiarità con la creazione di materiali in 3DS DOS, conoscere alcune di queste correlazioni dovrebbe accelerare il processo di apprendimento del nuovo Editor materiali. ■ A un oggetto singolo, è possibile assegnare solo un materiale. Se si desidera assegnare materiali diversi alle selezioni delle facce (nella tradizione di 3DS DOS), è necessario utilizzare un materiale Multi/Sub-Object e assegnare le facce secondo gli ID del materiale. Per i modelli 3DS precedenti, le assegnazioni materiale a livello di faccia saranno automaticamente trasformate durante l’importazione in materiali Multi/Sub-Object. ■ Le modalità di ombreggiatura Flat e Gouraud sono state sostituite da una nuova modalità di ombreggiatura Constant che si avvicina a Flat. Il renderizzatore non ha più livelli di ombreggiatura separati e rispetta sempre l’ombreggiatura designata per il materiale.
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Il concetto di maschere per un mappa è ora assunto da un tipo di mappa Mask che può essere utilizzato quando un tipo di mappa è necessario. La mappa nella parte superiore è la mappa, quella inferiore è la maschera. ■ Il concetto di sovrapporre le mappe introdotto con le mappe Texture 1 e Texture 2 è ora assunto da un tipo di mappa Composite; Maps 1 e 2 corrispondono a Texture 1 e 2. ■ Le mappe di composizione sono state suddivise in mappe Ambient e Diffuse. La mappa Diffuse fornisce un blocco che copia il risultato sulla mappa Ambient, come la mappa Texture in 3DS DOS. Se sbloccato, è possibile tingere la mappa Ambient separatamente dalla mappa Diffuse come si fa di solito quando si utilizzano solo i colori di base. ■ Ogni parametro lucentezza ha una propria mappa; la nuova mappa Shininess Strength corrisponde alla vecchia mappa Shininess. ■ Il termine “trasparenza” è stato sempre sostituito dal termine “opacità”. Il nuovo tipo Filter Opacity si avvicina alla trasparenza standard precedente. Il nuovo tipo Subtractivce Opacity è simile all’opzione “New-Subtractive Transparency” nel vecchio file 3ds.set. ■ La modalità “Tile” è impostata di default quando il mosaico U & V è attivo. “Decal” è ora effettuata disattivando l’opzione [U & V Tiling]. Per ottenere “Both”, si utilizza una sorgente alfa lasciando l’opzione Tiling attiva. Il formate sprite del metodo “pixel della parte superiore sinistra per la trasparenza dei colori chiave” non è più supportato. ■ La trasparenza alfa è ora aggiuntiva, quindi le aree alfa nere devono essere abbinate a dati RGB neri o l’immagine composita diventerà più luminosa. Per ottenere la stessa composizione alfa di 3D Studio R3 e R4 con sfondi diversi dal nero, è necessario utilizzare un tipo di mappa Mask e rapportare il canale alfa della bitmap. ■ U & V Scale è ora controllata dai parametri U & V. Questo concetto è opposto rispetto al modo in cui funzionava Scale prima, ma è identico al comportamento di Map Tiling nel 3D Editor. I valori Tiling sono ora coerenti fra mappatura e materiali. ■ Per i parametri Mapping: Negative è effettuato con l’opzione [Output/Invert], la tinta RGB con il tipo di mappa RGB Tint e la tinta Luma con i parametri Output o un tipo di mappa Mix. ■ Nel materiale Standard è possibile trascinare tavolozze di colori e “slot di file mappa” proprio come in 3DS DOS, ma non esiste un metodo per trascinarli fra i materiali. È possibile farlo anche selezionandoli dal Material/Map Browser o con Cut e Paste nell’Editor tracce. ■ Le mappe di rugosità hanno una direzione universale e non si proiettano attraverso un oggetto. Il controllo della direzione rugosità è controllato solo dai parametri del materiale. ■ È possibile assegnare riflessioni automatiche multiple allo stesso oggetto ma sono necessari materiali separati (definiti all’interno di un materiale Multi/ Sub-Object) per ogni riflessione. Quando si impara a creare materiali con 3DS MAX, si è incoraggiati a importare i materiali preferiti di 3DS DOS per esaminare i risultati delle conversioni. Ad eccezione di qualche decalcomania e riferimenti a file CUB, la conversione negli elementi equivalenti di 3DS MAX dovrebbe essere quasi perfetta. Se si conosce una procedura che funzionava in 3DS
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CAP.21 DOS, è consigliabile definirla in questo programma, assegnarla a un oggetto, importare il file e studiare come si ottiene l’effetto equivalente con le nuove definizioni materiale. Anche se richiederà un po’ di tempo, un tale procedimento permetterà di sfruttare tutte le nuove potenzialità di 3DS MAX.
Riepilogo Quando si inizia a definire un materiale, è consigliabile riflettere sul risultato che si desidera ottenere. A prescindere dalla complessità o dalla facilità del materiale, sarà necessario porsi delle domande. Qui di seguito sono elencate una serie di domande da porsi, in ordine di importanza, quando si definisce un materiale Standard: ■ Che cosa deve rappresentare il materiale? La risposta dovrebbe essere contenuta nel nome del materiale. ■ Qual è il colore complessivo del materiale? Quali colori si vedono nelle zone di massima luce e d’ombra? Le scelte influiscono sui colori Diffuse, Specular e Ambient. ■ Assomiglia a una superficie di plastica o di metallo? Scegliere fra l’ombreggiatura Phong o Metal. ■ Quanto è lucido il materiale? Quanto è forte l’illuminazione? Le scelte influiscono su Shininess, Shininess Strength e Soften. ■ La lucentezza è distribuita in modo uniforme o in modo ripetuto sulla superficie? La scelta influisce sui canali mappa Shininess e Shininess Strength. ■ Il materiale è trasparente? Se sì, quanto? I bordi sono più spessi della parte centrale? Il colore è tenue o intenso? Brilla? Le scelte influiscono sul parametro Opacity, Opacity Falloff e Type. ■ È possibile vedere attraverso alcune parti del materiale? Quanto si riesce a vedere? Qual è il motivo? Le scelte influiscono sul canale mappa Opacity. ■ Se il materiale è trasparente, le cose si vedono distorte? La scelta influisce sul canale mappa Refraction e relativi parametri. ■ Se il materiale è trasparente, si desidera modificare il colore della luce che si vede attraverso l’oggetto? La scelta influisce su Filter color e il canale mappa Filter Color. ■ Emette una luce o un bagliore? Se sì, con quale intensità? La scelta influisce sul parametro Self-Illumination e forse sul canale mappa Self-Illumination. ■ È a reticolo (wireframe)? Se sì, quanto sono grandi i reticoli? La scelta influisce sull’opzione [Wire] e sui parametri estesi Wire. ■ È stata applicata una mappa di composizione? Se sì, quale? Quanto è importante? Come dovrebbe essere gestita? Si verifica una volta sola o si ripete? Le scelte influiscono sul canale mappa Diffuse. ■ Se esiste una mappa di composizione, le ombre hanno diverse qualità? La scelta influisce sul canale mappa Ambient. ■ Le superfici sono lisce? Se no, qual è il motivo e quanto sono rugose? La scelta influisce sul canale mappa Bump e i relativi parametri.
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CAP.23
TERZA PARTE
Animazione delle scene
Immagine di Westwood Studios Cortesia di Kinetix™
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CAP.23
CAPITOLO 23
Strumenti di controllo dell’animazione
3D Studio MAX consente di animare virtualmente qualsiasi cosa, dalle trasformazioni e modificazioni di oggetti ai cambiamenti di proprietà dei materiali. L’attivazione del pulsante Animate fa sì che 3DS MAX registri tutte le modifiche apportate alle animazioni. Ogni modifica crea una chiave che memorizza il valore da utilizzare per il parametro modificato in un momento specifico. Nessun artista è soddisfatto dell’animazione iniziale applicata a una scena. 3DS MAX fornisce un insieme consistente di strumenti di controllo dell’animazione che consente di modificarne le chiavi e di manipolarle nel tempo. Il presente capitolo offre una panoramica dei vari comandi disponibili in 3DS MAX e del loro utilizzo. Gli argomenti trattati sono di seguito elencati: ■ configurazione e spostamento nel tempo; ■ Editor tracce di 3DS MAX; ■ creazione e editing delle chiavi; ■ utilizzo degli intervalli; ■ utilizzo del tempo; ■ utilizzo delle curve di funzione; ■ utilizzo delle traiettorie.
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Quando una scena viene animata, vi si aggiunge una quarta dimensione: il tempo. Nelle versioni precedenti di 3D Studio l’unità di misura del tempo era il frame (fotogramma). Il concetto di frame è ancora presente in 3DS MAX, ma è stato notevolmente allargato. 3DS MAX fornisce gli strumenti necessari per definire e visualizzare il tempo in modo coerente con il formato di output e per effettuare la conversione tra formati senza condizionare negativamente la temporizzazione dell’animazione.
Ambiente di animazione Come anticipato nei precedenti capitoli, 3DS MAX dispone di una vasta gamma di modificatori con parametri animabili. Ciò consente di creare l’animazione in modo più intuitivo rispetto a quanto avviene applicando le tecniche di morphing. Per esempio la creazione di una canna piegata dal vento richiedeva diverse destinazioni di morphing, mentre ora viene eseguita in 3DS MAX applicando il modificatore Bend e animando il valore dell’angolo di piegatura. L’animazione delle caratteristiche materiali degli oggetti viene eseguita semplicemente modificando il valore dei parametri a livello di materiale, invece di utilizzare le destinazioni morphing. Questi sono solo alcuni degli elementi che possono essere animati in 3DS MAX. Le viste standard della scena mostrano il risultato dell’animazione, ma spesso è anche necessario visionare i dati a essa relativi, per esempio i tempi di creazione delle chiavi per un parametro, in modo da modificare il tempo associato alla chiave o i dati in essa memorizzati. 3DS MAX fornisce una vista dei dati di animazione: TRACK VIEW (Editor tracce) (figura 23.1). L’Editor tracce mostra un elenco gerarchico di tutti gli elementi animabili della scena (oggetti, modificatori, luci, cineprese, effetti ambientali e materiali). Per ciascuno di essi vengono mostrati i parametri animabili, insieme alle chiavi eventualmente associate. Queste ultime possono essere spostate nel tempo o copiate in altri tempi, oppure i valori associati a una chiave possono essere modificati.
■ Figura 23.1 L’Editor delle tracce mostra i dati associati all’animazione e ne consente la modifica.
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CAP.23 Quando l’Editor tracce viene utilizzato per modificare l’animazione, l’operazione può essere eseguita anche se l’animazione è attiva. Per esempio è possibile regolare il tempo o i valori associati a una chiave specifica mentre l’oggetto si sposta sullo schermo, per vedere i cambiamenti interattivamente. L’utilizzo delle chiavi nell’indicazione di dati di animazione in tempi specifici rispecchia la pratica degli animatori tradizionali. I capi animatori creano keyframe che mostrano la scena nei punti critici dell’animazione. Gli assistenti poi creano i fotogrammi intermedi tra i keyframe, determinando il modo in cui gli oggetti devono cambiare per rispecchiare le rispettive posizioni di inizio e fine e l’aspetto generale. Con 3DS MAX le chiavi relative agli oggetti vengono specificate in fotogrammi precisi e 3DS MAX creerà le posizioni intermedie o l’aspetto degli oggetti.
Configurazione del tempo Data la varietà di formati di output dell’animazione (film, video e così via), 3DS MAX fornisce diverse opzioni di scelta per la cadenza dei fotogrammi e il modo di visualizzare il tempo. La configurazione del tempo viene indicata nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION (figura 23.2), a cui si accede facendo clic su Time Configuration oppure facendo clic con il tasto destro del mouse su un pulsante di riproduzione.
■ Figura 23.2
Clic per accedere alla finestra Time Configuration
La finestra di dialogo Time Configuration viene utilizzata per controllare il modo in cui il tempo viene impiegato e visualizzato.
3DS MAX consente di indicare la cadenza dei fotogrammi in base al formato di output. La cadenza di default è NTSC video a 30 fps (fotogrammi al secondo); è però possibile optare per PAL a 25 fps, o anche definire una cadenza personalizzata. La visualizzazione del tempo può essere in Frames standard o altro, come per esempio time code SMPTE, Frames and Ticks, o Minutes, Seconds and Ticks, dove un tick corrisponde a 1/4800 di secondo. Il dispositivo Time e la casella Frames in basso nello schermo di 3DS MAX mostrano l’animazione nel formato di visualizzazione del tempo desiderato. STRUMENTI DI CONTROLLO DELL’ANIMAZIONE
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Se è selezionata un’opzione Ticks, 3DS MAX fornisce un’ulteriore opzione: è possibile utilizzare l’animazione subframe, che consente di impostare i keyframe tra fotogrammi rappresentati. Questa opzione è utile quando è richiesta una temporizzazione esatta delle chiavi, come nella ricostruzione di un incidente. 3DS MAX consente di cambiare sia la cadenza dei fotogrammi sia la visualizzazione dei tempi in qualsiasi momento senza alterare l’animazione. Tale opportunità è utile perché, nel caso l’animazione sia creata per una cadenza di 30 fps, può presentarsi la necessità di osservarla a velocità Film e con un time code diverso, in modo da verificare la compatibilità dell’animazione con certe modificazioni della post-produzione. Se per esempio è stata creata un’animazione di un minuto per video che utilizza una velocità di 30 fps e che poi invece deve essere elaborata su pellicola (24 fps), basta modificare la cadenza dei fotogrammi: 3DS MAX riscala automaticamente il tempo senza alterare le chiavi date. In altri programmi sarebbe necessario scalare il tempo, alterando ed eventualmente riducendo le chiavi date. Quando la cadenza dei fotogrammi viene modificata nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION, 3DS MAX inizialmente non fornisce informazioni sulla cadenza in fps. Tuttavia, se la finestra TIME CONFIGURATION viene riaperta dopo il salvataggio della modifica, 3DS MAX visualizza il nuovo valore fps nella casella di modifica Custom FPS. I tempi di inizio e di fine dell’animazione sono indicati nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION. Questi tempi in realtà indicano solamente il segmento di tempo attivo. L’impostazione di un segmento di tempo attivo dà la possibilità di vedere solo una porzione di tempo dell’animazione consentendo di riprodurre una parte specifica dell’animazione e di limitare l’intervallo di keyframe sullo schermo entro il tempo definito. La modifica dei tempi di inizio e di fine non ha alcun effetto sul tempo né sui valori delle chiavi precedentemente create. Nonostante il limite di modifica dell’animazione entro un intervallo di tempo specifico, è ancora possibile creare, cancellare e modificare le chiavi al di fuori del segmento di tempo attivo, utilizzando l’Editor tracce. Selezionando il pulsante Re-scale Time nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION, è possibile riscalare il tempo associato alle chiavi nel segmento di tempo attivo. Nella finestra di dialogo RE-SCALE TIME (figura 23.3), è possibile modificare il tempo di inizio, di fine e la durata del nuovo segmento di tempo attivo. Il tempo di una chiave localizzato entro il segmento di tempo attivo originario viene scalato al nuovo segmento. Se il fotogramma iniziale viene modificato, tutte le chiavi che lo precedono vengono spostate nel tempo della stessa quantità di cui è modificato il fotogramma iniziale. Se viene modificato il fotogramma finale, tutte le chiavi che lo seguono vengono spostate nel tempo della stessa quantità con cui è modificato il fotogramma finale.
Spostamento nel tempo 3DS MAX dispone di vari metodi di spostamento nel tempo e di visualizzazione dell’animazione. In particolare è possibile riprodurre l’animazione in una o più finestre
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CAP.23 di 3DS MAX in Real Time, riducendo così la necessità di creare file AVI di anteprima per controllare velocemente i progressi dell’operazione. Ciascuno sviluppa una preferenza sui modi della riproduzione, ma è necessario sottolineare che l’utilizzo dei metodi di 3DS MAX presentano enormi vantaggi.
■ Figura 23.3 La finestra di dialogo Rescale Time viene utilizzata per regolare la durata di un segmento di tempo, modificando il tempo delle chiavi.
La finestra di dialogo TIME CONFIGURATION consente di indicare se la riproduzione deve avvenire in Real Time e se deve essere attivata solo ACTIVE VIEWPORT. 3DS MAX permette anche di attivare diverse selezioni di VIEWPORT, per esempio solo Camera e Top, consentendo di disattivare certe finestre. Per disattivare una finestra, fare clic con il tasto destro del mouse sul titolo della finestra e selezionare Disable View dal menu a discesa oppure utilizzare il tasto di scelta rapida D della tastiera. Nelle finestre disattivate non avviene animazione durante la riproduzione della scena. È ancora possibile vedere la riproduzione dell’animazione in una finestra inattiva, semplicemente selezionandola. 3DS MAX riattiva temporaneamente la finestra fino a quando non ne viene selezionata un’altra. Oltre alla possibilità di attivare l’animazione di tutti gli oggetti di una scena, 3DS MAX permette l’attivazione esclusiva degli oggetti selezionati. Per scegliere questo metodo di riproduzione, fare clic e tenere premuto Play Animation e quindi selezionare l’icona Play Selected dall’elenco a discesa. Questa funzione è molto utile nel caso di geometrie complesse che riducono la velocità di visualizzazione. Se per esempio la scena presenta personaggi, edifici e veicoli, è possibile creare un insieme di selezione degli oggetti animati da vedere in anteprima lasciando gli altri sullo schermo. Durante la riproduzione 3DS MAX nasconde temporaneamente tutti gli oggetti animati non selezionati nelle finestre attive mentre lascia sullo schermo gli oggetti selezionati e tutti gli oggetti non animati. Si tratta di una funzione dinamica che nasconde gli oggetti nelle finestre singole. 3DS MAX dispone anche di diverse opzioni di spostamento nel tempo. Utilizzando i pulsanti di indice dei fotogrammi della zona Play Control, è possibile indicare Beginning o End di Active Segment, o scorrere in avanti o all’indietro un fotogramma alla volta. Una funzione molto più efficace consiste nello scorrere nel tempo un keyframe alla volta, esaminando l’animazione specificata dalle chiavi di trasformazione. Per attivare l’indice Key Step, selezionare il pulsante Key Mode Toggle. Quando questa modalità viene selezionata la grafica relativa al pulsante Previous e Next Frame cambia. Facendo clic su queste chiavi si passa alla chiave di trasformazione precedente o successiva. Selezionando tra le varie opzioni Key Step nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION, è possibile
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determinare quali chiavi di trasformazioni devono essere utilizzate per spostare l’animazione nel tempo. Queste opzioni consentono di indicare se devono essere usate solo le chiavi di trasformazione relative agli oggetti selezionati oppure quelle relative a tutti gli oggetti. Inoltre in questa finestra possono essere indicati i tipi di trasformazione da utilizzare.
L’Editor tracce (Track View) Come anticipato precedentemente l’Editor tracce mostra i parametri animabili associati a ogni oggetto e le chiavi create per ognuno di questi parametri. L’Editor tracce viene aperto sotto il menu a discesa EDIT oppure dalla barra degli strumenti con l’icona che riporta i cubi gialli appesi a uno stelo. La figura 23.4 mostra un tipico Editor tracce. Nell’Editor tracce vengono mostrati sulla sinistra l’elenco gerarchico degli elementi animabili e i parametri a essi relativi. Sulla destra le chiavi compaiono nelle tracce di parametri come punti, e nelle tracce degli elementi vengono mostrate le barre intervallo. Queste di estendono lungo l’intervallo di tempo per il quale le chiavi sono presenti sui parametri subordinati a quell’oggetto. Nella figura 23.4 l’elemento Box01 ha almeno un parametro con una chiave al fotogramma 0 e un parametro con una chiave al fotogramma 100. Analogamente almeno un parametro subordinato all’elemento Sphere01 ha delle chiavi presenti sui fotogrammi 0 e 23. La trasformazione relativa a Box01 è stata allargata e sono presenti chiavi sulla traccia di posizione nei fotogrammi 0 e 100.
■ Figura 23.4 Un tipico Editor tracce che mostra sulla sinistra l’elenco gerarchico e sulla destra la finestra di modifica.
Edit Keys
Gerarchia
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Edit Ranges
Position Ranges
Edit Time
Chiavi animazione
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Function Curves
Finestra Edit
Barra intervallo
CAP.23 L’Editor tracce ha cinque modalità di modifica dell’animazione: ■ chiavi di modifica (Edit Keys); ■ intervalli di modifica (Edit Ranges); ■ intervalli di posizione (Position Ranges); ■ tempo di modifica (Edit Time); ■ curve di funzione (Function Curves). L’Editor tracce della figura 23.4 si trova in modalità Edit Keys. Tutte le modalità sopra indicate verranno trattate nei paragrafi che seguono, precedute però dalla struttura dell’elenco gerarchico e dai comandi comuni a tutte le modalità di modifica.
Elenco gerarchico L’elenco gerarchico presenta una vista strutturata degli elementi della scena. I livelli superiori della gerarchia rappresentano i raggruppamenti principali di 3DS MAX: suono, ambiente, materiali e oggetti. I livelli inferiori procedono attraverso i particolari della scena, come singoli oggetti, oggetti base e modificatori applicati agli oggetti base e parametri associati con un oggetto base e modificatori relativi. Il livello più basso della gerarchia contiene i parametri animabili associati alla scena. Tutti i livelli della gerarchia possono essere allargati o compressi per mostrare un numero minore o maggiore di particolari. Per modificare le chiavi di animazione di un parametro, è necessario allargare i rami dell’albero e visualizzare quel parametro. L’elemento principale dell’elenco gerarchico è World. Gli elementi subordinati a World sono Sound (suono), Environment (ambiente), MEdit Materials (modifica materiali), Scene Materials (materiali di scena) e Objects (oggetti) (figura 23.5). La barra intervallo relativa a World corrisponde all’intervallo animato relativo a tutti gli elementi subordinati tranne Objects.
■ Figura 23.5 L’elenco gerarchico dell’Editor tracce relativo a World.
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Suono Il ramo Sound memorizza i dati relativi al suono. I tipi di suono disponibili sono due: il metronomo e un file audio. Per accedere alle opzioni suono, selezionare un elemento del ramo suono facendo clic su esso e poi fare clic con il tasto destro del mouse sull’elemento e selezionare Properties dal menu a discesa, o fare clic su Properties nella barra degli strumenti. Oppure fare semplicemente clic con il tasto destro del mouse sulla traccia relativa a uno di questi elementi. Dopo che è stata eseguita una di queste operazioni si apre la finestra di dialogo SOUND OPTIONS (figura 23.6).
■ Figura 23.6 La finestra di dialogo Sound Options viene utilizzata per caricare file suono e per indicare i parametri Metronome.
3DS MAX supporta file WAV come tipo di file suono standard. Quando si verifica il rendering nel formato file AVI, il suono WAV è incorporato nel file AVI. Tutti i suoni devono essere inseriti nell’Editor tracce. Se viene scelto uno sfondo che è un file AVI con suono, questo verrà ignorato. Per selezionare un file suono, fare clic su Choose Sound e selezionare un file suono dall’elenco di file presentato. Attivare l’opzione Active. Per cancellare un suono attivo fare clic su Remove Sound. Per ricaricare un suono dopo averlo modificato in un’applicazione esterna, per esempio, fare clic su Reload Sound. Per mantenere il collegamento con un file suono senza attivarlo durante la riproduzione, disattivare l’opzione Active. Il file suono può essere ascoltato durante la riproduzione di un file AVI creato con il file suono attivo, nella riproduzione in una finestra in cui è attivo Real Time, e quando la barra del tempo viene fatta scorrere in avanti. Un esempio di volume del file suono è illustrato nell’Editor tracce nella traccia del suono (figura 23.7). Per ascoltare la riproduzione del suono è richiesta la scheda audio.
■ Figura 23.7 La traccia suono dopo il caricamento di un file suono.
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CAP.23 Metronome produce un battito costante che utilizza due tonalità. La frequenza del battito è indicata nella casella Beats per minute (battiti al minuto). La seconda tonalità viene emessa ogni N battiti secondo l’indicazione data nella casella Beats per measure (battiti per misura). Per mantenere l’impostazione del metronomo senza sentirlo, disattivare l’opzione [Active]. Il metronomo è udibile durante la riproduzione in una finestra in cui è attivo Real Time. Il metronomo utilizza l’altoparlante del computer.
Ambiente Il ramo Environment mostra gli elementi animabili associati all’ambiente: la luce circostante, il colore dello sfondo e tutti gli effetti ambientali indicati nella finestra di dialogo RENDERING E NVIRONMENT.
Modifica materiali e materiali di scena Il ramo MEdit mostra i parametri animabili associati a materiali attualmente definiti in uno dei sei slot materiali del Material Editor. Il ramo Scene Materials fa altrettanto per tutti i materiali attualmente assegnati a oggetti della scena. Un materiale può comparire diverse volte nella gerarchia, come materiale MEdit, come materiale Scene e sotto gli oggetti a cui è assegnato.
Oggetti Il ramo Objects mostra i parametri associati agli oggetti definiti nella scena. La gerarchia di oggetti mostrata è definita dal collegamento fra oggetti ed è simile a quanto visualizzato in Select by Name con l’opzione [Display Subtree] attiva. La figura 23.8 illustra il ramo allargato di un oggetto. Se all’oggetto non sono stati applicati modificatori, il ramo Modified Object è sostituito dal ramo Object.
Comandi dell’elenco gerarchico Diversi comandi dell’Editor tracce vengono utilizzati per controllare la visualizzazione dell’elenco gerarchico o vengono applicati a elementi dell’elenco stesso. Tali comandi (figura 23.9) sono: ■ Filters (Filtri); ■ Copy/Paste (Copia/Incolla); ■ Assign Controller (Assegna controller); ■ Make Unique (Rendi unico); ■ Parameter Curve Out-of-Range Type (Tipi fuori intervallo parametri curva); ■ Add/Delete Note Track (Aggiungi/cancella traccia annotazione); ■ Add/Delete Visibility Track (Aggiungi/cancella traccia visibilità). Il comando Assign Controller viene utilizzato per assegnare un nuovo controller a un elemento. I controller, e l’utilizzo di questo comando, sono trattati nel capitolo 24.
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■ Figura 23.8 La gerarchia allargata di un oggetto nell’Editor tracce.
■ Figura 23.9 I comandi dell’elenco gerarchico dell’Editor tracce.
Filters Paste
Make Unique
Delete Note Track
Copy Assign Parameter Out-ofController Range types
Add Visibility Track
AddNote Track
Delete Visibility Track
Il comando Parameter Curve Out-of-Range Type controlla il modo in cui l’output di valori del controller per il tempo esterno all’intervallo definito. L’effetto delle opzioni di questo comando è più visibile in modalità Function Curve. Le sue funzioni saranno descritte nel paragrafo “Curve di funzione” in questo stesso capitolo. Gli altri comandi sono descritti nei paragrafi che seguono.
Filtraggio dell’elenco gerarchico L’elenco gerarchico completo relativo a una scena può essere molto ampio (figura 23.8). 3DS MAX fornisce un insieme di filtri selezionabili per la determinazione delle dimensioni di visualizzazione. Per impostare tali filtri, fare clic su Filters: comparirà la finestra FILTERS (figura 23.10). Nella sezione Show di questa finestra è possibile indicare se sono visualizzati tipi particolari di traccia. Questo elenco si spiega da sé, tranne per le opzioni [Controller Types], [Note Tracks] e [Visibility Tracks].
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CAP.23 ■ Figura 23.10 La finestra di dialogo Filters viene utilizzata per regolare il livello di dettagli mostrati nell’Editor tracce.
I controller vengono utilizzati per memorizzare i dati relativi all’animazione (dati chiave) per ogni traccia e per interpolare i valori in base ai dati stessi tra le chiavi. 3DS MAX dispone di una ampio numero di controller, alcuni dei quali non si basano sulle chiavi. I controller saranno ampiamente descritti nel capitolo 24. Se questa opzione è attiva, il tipo di controller associato a ogni parametro viene visualizzato vicino al nome del parametro stesso. [Note Tracks] e [Visibility Tracks] sono tracce che possono essere aggiunte a ogni oggetto e verranno trattate nei paragrafi “Tracce annotazioni” e “Tracce visibilità” in questo stesso capitolo. La sezione Show Only della finestra di dialogo FILTERS contiene tre opzioni. Se è selezionata l’opzione [Animated Tracks], viene mostrata solo la gerarchia dei parametri animati. La figura 23.11 mostra lo stesso elenco gerarchico della figura 23.8 ma con l’opzione [Animated Tracks] attiva: l’elenco risulta notevolmente ridotto ma sono chiaramente visibili i parametri animati e la relazione tra questi e l’oggetto. Quando un’animazione precedentemente definita viene regolata nell’Editor tracce, è necessario selezionare questa opzione per semplificare l’elenco gerarchico.
■ Figura 23.11 La gerarchia di un oggetto nell’Editor tracce, filtrata per mostrare solo le tracce animate.
Se è attiva l’opzione [Selected Object], vengono mostrati solo i parametri degli oggetti selezionati nella scena. Questa opzione può essere utilizzata insieme all’opzione [Animated Tracks] per mostrare soltanto le tracce animate degli oggetti selezionati. L’opzione [Selected Tracks] nasconde tutte le tracce che non sono state selezionate prima della sua attivazione. Il nome di tutte le tracce rimane giustificato nell’elenco gerarchico e quindi non è sempre evidente l’uso di un parametro. Per cambiare la selezione delle tracce mostrate è necessario disattivare questa opzione, selezionare le nuove tracce e riattivare l’opzione.
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La sezione Function Curve Display della finestra di dialogo FILTERS viene utilizzata per determinare il colore delle curve di funzione mostrate in modalità Function Curve e verrà descritta nel paragrafo “Curve di funzione” in questo stesso capitolo.
Copia e incolla di oggetti Utilizzando i pulsanti Copy e Paste nella barra degli strumenti dell’Editor tracce, è possibile copiare un elemento dell’elenco gerarchico in uno o più elementi dello stesso tipo. Solo una piccola parte degli elementi della gerarchia non può essere copiata. Per una descrizione del tipo di elementi che possono essere copiati, consultare il capitolo 29 di 3D Studio MAX User’s Guide. Il modo più semplice per stabilire se un elemento può essere copiato consiste nel selezionarlo e verificare se il pulsante Copy è attivo. In questo caso l’elemento può essere copiato. Fare clic sul pulsante Copy e l’elemento selezionato verrà copiato in un buffer. Per incollare un elemento dal buffer, selezionare uno o più elementi dello stesso tipo e fare clic su Paste. Se uno o più elementi selezionati non sono dello stesso tipo, il pulsante Paste risulta disattivato. Facendo clic su Paste si attiva la finestra di dialogo PASTE (figura 23.12). Un elemento può essere incollato come copia o come istanza. Analogamente a quanto avviene clonando gli oggetti nella finestra, una copia è indipendente dall’originale. Quando uno dei due viene modificato, l’altro non subisce cambiamenti. Un’istanza dipende dall’originale, vale a dire che se uno viene modificato, l’altra subisce lo stesso cambiamento. L’opzione [Replace All Instances] guida il comportamento di 3DS MAX nel caso in cui l’elemento incollato è già un’istanza. Se è attiva questa opzione tutti gli elementi che condividevano questa istanza continueranno a farlo e riporteranno quanto è stato incollato. In caso contrario l’elemento selezionato sarà reso unico (indipendente) prima di essere incollato.
■ Figura 23.12 La finestra di dialogo Paste viene utilizzata per determinare il modo in cui un elemento viene incollato agli elementi selezionati.
Copy e Paste sono utili per ricuperare gli operandi di un oggetto booleano: basta creare un nuovo oggetto di qualsiasi tipo, selezionare l’operando da ricuperare nell’Editor tracce, farne una copia e incollarlo all’oggetto appena creato. Copy e Paste costituiscono anche un modo semplicissimo per eseguire operazioni altrimenti impossibili. Perché un gizmo segua un percorso, copiare il controller del percorso da un oggetto valido in un sub-oggetto gizmo. Per ulteriori informazioni consultare il capitolo 24, “Espressioni e controller”.
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CAP.23
Rendere un elemento unico Il pulsante Make Unique consente di convertire uno o più elementi replicati in elementi unici. Tali elementi possono essere controller e oggetti replicati o oggetti di riferimento. Per rendere unico un insieme di elementi, selezionarli e fare clic su Make Unique. Tutti gli elementi replicati dell’insieme vengono resi indipendenti da tutti gli altri. Gli elementi unici dell’insieme non subiscono alcun effetto.
Tracce annotazioni 3D Studio MAX consente di memorizzare le annotazioni relative a ogni traccia dell’Editor tracce. Per creare una traccia annotazione, selezionare un elemento e fare clic su Add Note Track: verrà creata una traccia annotazione come ramo dell’elemento selezionato. Se sono selezionati diversi elementi verrà creata una singola traccia annotazione a essi subordinata. Se esiste già un ramo relativo a un elemento, la traccia annotazione viene aggiunta a quel ramo. Per creare un’annotazione è necessario trovarsi in modalità Edit Key. Fare clic su Add Keys e poi in una traccia annotazione al tempo desiderato: viene così creata una chiave Note. Fare clic con il tasto destro del mouse sulla chiave Note: comparirà la finestra di dialogo NOTES (figura 23.13).
■ Figura 23.13 La finestra di dialogo Notes viene utilizzata per memorizzareannotazioni relative a ogni elemento.
Nella parte superiore a sinistra della finestra di dialogo compare il numero di annotazione. Facendo clic sulle frecce è possibile spostarsi fra le annotazioni sulla traccia. Nella parte superiore in mezzo alla finestra compare il tempo associato all’annotazione. Questo tempo può essere regolato dall’utente. Nella parte superiore a destra compare l’opzione [Lock Key]. Se questa è attiva, l’annotazione è associata a un tempo specifico e non potrà essere spostata da comandi di spostamento, scorrimento e scala dell’Editor tracce. Il testo dell’annotazione viene digitato nella casella di testo, dove sono disponibili tutte le operazioni standard di taglia e incolla di Microsoft Window. La prima riga di testo della casella viene mostrata accanto alla chiave Note nell’Editor tracce. Per cancellare una traccia Note, selezionarla e fare clic su Delete Note Track. Per cancellare una sola nota, selezionare la chiave Note e fare clic su Delete Keys.
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Quando si cancella una traccia annotazione vengono cancellate tutte le annotazioni memorizzate in una traccia. Se per errore si cancella una traccia Note, fare clic su Undo nella barra degli strumenti principale di 3DS MAX per ripristinare la traccia e le annotazioni a essa associate.
Tracce visibilità Le tracce Visibility, simili alla traccia Hide di 3D Studio 4, possono essere applicate a oggetti singoli. Per creare una traccia Visibility è necessario trovarsi in modalità Edit Key. Selezionare l’oggetto a cui aggiungere le tracce Visibility e fare clic su Add Visibility Track: viene creata la traccia Visibility come ramo dell’elemento selezionato. L’effetto di Visibility Tracks non è graduale, è attivo o disattivo. Per oggetti che svaniscono gradualmente è opportuno animare l’opacità dei materiali assegnati.
Non esiste un controller specifico delle tracce Visibility. L’unico modo per indicare che un oggetto è visibile o invisibile in un dato momento consiste nel creare una chiave in quel momento e modificarne il valore in Key Info (l’accesso alla finestra di dialogo Key Info verrà descritto nel paragrafo “Chiavi e intervalli”). Se il valore della chiave è minore o uguale a 0, l’oggetto è invisibile nel momento dato; se il valore è maggiore di 0 l’oggetto è visibile. Dato che per il parametro Visibility viene utilizzato un controller spline di Bézier di default, il controller effettua l’interpolazione dei valori tra chiavi successive e quindi l’oggetto diventa visibile o invisibile troppo presto. Per evitare questo inconveniente è necessario impostare il tipo di tangente In e Out relativo a ogni chiave nel tipo Step, nella finestra di dialogo K EY INFO: fare clic e tenere premuti i pulsanti del tipo tangente In e Out nella finestra KEY INFO e selezionare il tipo tangente Step (figura 23.14).
■ Figura 23.14 Selezione del tipo tangente Step per le chiavi Visibility.
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CAP.23
Chiavi e intervalli Nella finestra di modifica dell’Editor tracce le chiavi vengono mostrate nelle tracce dei parametri come punti e le barre intervallo compaiono nelle tracce degli elementi. Le barre intervallo si estendono lungo l’intervallo di tempo nel quale le chiavi sono presenti sui parametri subordinati all’elemento. La modalità Edit Key dell’Editor tracce viene utilizzata per creare e modificare le chiavi. Sia la modalità Edit Key sia quella Edit Ranges sono impiegate per regolare il tempo associato alle chiavi. La modalità Position Ranges è usata per regolare gli intervalli senza modificare le chiavi a questi associate. Due comandi dell’Editor tracce che agiscono sulla finestra EDIT sono disponibili in tutte le modalità di modifica dell’Editor tracce: sono Snap Frame e Lock Selection (figura 23.15).
Snap Frame
Lock Selection
■ Figura 23.15 I pulsanti di comando Snap Frame e Lock Selection.
Normalmente le chiavi si devono trovare esattamente su un fotogramma. Se l’animazione è particolareggiata però può essere necessario che siano posizionate su subfotogrammi. Se Snap Frame è attivato tutte le chiavi create o modificate sono forzate a trovarsi nel numero di fotogramma più vicino. In caso contrario è possibile creare o modificare le chiavi al livello Tick (un secondo contiene 4800 tick). Se il tempo è impostato su Frames o SMPTE, non è possibile stabilire il tempo esatto di creazione o modifica delle chiavi con Snap Frame disattivo. In questo caso poi, quando viene aperta la finestra di dialogo KEY I NFO, il tempo della chiave viene cambiato nel valore visualizzato. Dopo che sono state selezionate una o più chiavi, è facile eliminare accidentalmente la selezione facendo clic sulla finestra EDIT. Per bloccare o sbloccare la selezione delle chiavi, fare clic su Lock Selection.
Creazione di chiavi Per creare le chiavi nell’Editor tracce è necessario trovarsi in modalità Edit Key. La figura 23.16 ne mostra i pulsanti di comando. Per creare una chiave, espandere la gerarchia e visualizzare così il parametro per cui la chiave deve essere generata, fare clic su Add Keys e poi nella traccia del parametro sul tempo desiderato. Le chiavi di trasformazione degli oggetti (posizione, rotazione e scala) possono essere create nel pannello di comandi MOTION, Parameters (figura 23.17). Per creare una chiave nel pannello di comandi MOTION, selezionare l’oggetto e impostare Time Slider sul fotogramma opportuno. Nella tendina PRS Parameters fare clic sul pulsante appropriato
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nella sezione Create Key. Per creare la chiave non è necessario che il pulsante Animate sia attivo.
■ Figura 23.16 I pulsanti di comando relativi alla modalità Edit Key dell’Editor tracce.
Edit Keys
Align Keys
Delete Keys
Move Keys
Scale Keys
Slide Keys
Add Keys
Properties
■ Figura 23.17 Le chiavi di trasformazione degli oggetti possono essere aggiunte, cancellate e modificate nel ramo Parameters del pannello dicomandiMotion.
Eliminazione di chiavi Per cancellare le chiavi nell’Editor tracce è necessario trovarsi in modalità Edit Key. Espandere la gerarchia e visualizzare il parametro da cui verrà eliminata la chiave, selezionarla e fare clic su Delete Keys. Le chiavi di trasformazione degli oggetti (posizione, rotazione e scala) possono essere cancellate nel pannello di comandi MOTION, Parameters. Per cancellare una chiave nel pannello di comandi Motion, selezionare l’oggetto e impostare Time Slider sul fotogramma opportuno. Nella tendina PRS Parameters fare clic sul pulsante appropriato nella sezione Delete Key. È possibile spostarsi tra le chiavi semplicemente selezionando il tipo di trasformazione della chiave da cancellare nella parte inferiore della tendina PRS
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CAP.23 Parameters e facendo clic sui pulsanti freccia accanto al numero di chiave nella parte superiore della tendina Key Info (Basic).
Modifica dei valori delle chiavi Per modificare in valori relativi a una chiave nell’Editor tracce, selezionare la chiave e fare clic su Properties oppure fare clic con il tasto destro del mouse sulla chiave: comparirà la finestra di dialogo K EY I NFO relativa alla chiave. Il formato esatto della finestra di dialogo KEY INFO dipende dal tipo di controller assegnato al parametro e dal numero di valori restituiti dal controller. I due tipi di controller basati sulle chiavi disponibili in 3DS MAX sono il controller Tension/Continuity/Bias (TCB) e il controller di Bézier. La differenza tra i due consiste nel modo in cui effettuano l’interpolazione dei valori tra le chiavi. Questi controller e la regolazione dei relativi parametri di interpolazione verranno descritti nel capitolo 24, “Espressioni e controller”. Generalmente i controller restituiscono uno, tre o quattro valori. I controller che restituiscono un valore sono utilizzati per il parametro di creazione di un oggetto, per i parametri di regolazione relativi ai modificatori e per i parametri a campo unico relativi ai materiali. I controller che restituiscono tre valori vengono utilizzati per la posizione e la scala di oggetti e per i colori. I controller che restituiscono quattro valori sono usati per la rotazione di oggetti. La figura 23.18 mostra la finestra di dialogo KEY INFO relativa a un controller di Bézier che restituisce tre valori e un controller TCB che ne restituisce quattro.
■ Figura 23.18 Le finestre di dialogo Key Info relative alle chiavi dei controller di Bézier e TCB.
Il numero di chiave compare nella parte in alto a sinistra della finestra di dialogo. Facendo clic sulle frecce è possibile spostarsi fra le chiavi della traccia. La casella Time mostra il tempo nel quale è posta la chiave. È possibile regolare il tempo digitando un nuovo valore o facendo clic sul campo incrementatore. Il pulsante L blocca la chiave sul tempo indicato. Se questa opzione è attiva, la chiave è bloccata nel tempo indicato e non potrà essere modificata da comandi di spostamento, scorrimento e scala dell’Editor tracce. I valori seguenti che compaiono nella finestra di dialogo sono quelli relativi alla chiave, o valori chiave. Essi possono essere regolati digitando un valore nuovo o facendo clic sul campo incrementatore. Il resto delle caselle viene utilizzato per determinare i parametri di interpolazione relativi alla chiave e saranno descritti nel capitolo 24. È possibile anche modificare le chiavi di trasformazione degli oggetti (posizione, rotazione e scala) nel pannello di comandi MOTION, Parameters. Per modificare una chiave
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nel pannello di comandi MOTION, selezionare l’oggetto e impostare il controllo Time sul fotogramma opportuno. Nella tendina PRS Parameters selezionare il tipo di trasformazione della chiave da modificare nella parte inferiore della tendina stessa. I valori chiave possono a questo punto essere regolati nella tendina Key Info (Basic).
Temporizzazione delle chiavi La temporizzazione delle chiavi può essere regolata nell’Editor tracce e nel pannello MOTION modificando il valore tempo della chiave (vedere paragrafi precedenti), ma solo su una chiave alla volta. Spesso si presenta la necessità di regolare i tempi di diverse chiavi o di regolare il tempo di chiavi in correlazione con altre. Nella modalità Edit Mode dell’Editor tracce, 3DS MAX fornisce quattro strumenti più efficaci per la regolazione dei tempi: ■ Align Keys (allinea chiavi); ■ Move Keys (sposta chiavi); ■ Slide Keys (scorri chiavi); ■ Scale Keys (scala chiavi). Dopo aver selezionato un insieme di chiavi, è possibile fare clic su [Lock Selection] per evitare di deselezionare accidentalmente le chiavi.
La selezione di Align Keys consente di operare sulla selezione di chiavi corrente. Align Keys sposta tali chiavi in modo tale che il tempo della prima chiave selezionata in ogni traccia coincida con il tempo specificato dal controllo Time (e mostrato nell’Editor tracce con una linea verticale). Le chiavi diverse da quella selezionata per prima in una traccia vengono spostate della stessa quantità di tempo della prima. I tempi associati alle chiavi non selezionate non vengono modificati. Move Keys sposta semplicemente nel tempo l’insieme selezionato di chiavi. Solo le chiavi selezionate vengono spostate. I tempi associati a chiavi non selezionate non vengono modificati. È possibile selezionare le chiavi da spostare prima o dopo avere fatto clic su Move Keys. È possibile clonare e spostare l’insieme di chiavi tramite MAIUSC + trascinamento delle stesse. Slide Keys sposta l’insieme selezionato di chiavi nel tempo ma anche quelle che si trovano prima o dopo di esse. Se le chiavi selezionate vengono spostate verso destra (tempo crescente), le chiavi a destra di quelle selezionate si spostano nella stessa direzione e della stessa quantità. Analogamente, se le chiavi selezionate vengono spostate a sinistra (tempo decrescente), quelle che si trovano a sinistra di esse si spostano nella stessa direzione e della stessa quantità. È possibile selezionare le chiavi da scorrere prima o dopo aver fatto clic su Slide Keys. Scale Keys scala il tempo associato alle chiavi selezionate rispetto al tempo corrente. Le chiavi selezionate vengono allontanate o avvicinate proporzionalmente al tempo corrente (indicato da una linea verticale nella finestra di modifica) tramite il loro trascinamento da o verso tale tempo. I tempi associati alle chiavi non selezionate non vengono modificati. È possibile selezionare le chiavi da scalare prima o dopo aver fatto clic su Scale Keys. È possibile clonare e scalare l’insieme delle chiavi tramite MAIUSC + trascinamento.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.23
Temporizzazione delle chiavi tramite le barre Range Tra i vari metodi utilizzati per regolare la temporizzazione ne esiste uno che si avvale della regolazione delle barre intervallo. Facendo clic sulla barra intervallo di un elemento e trascinandola, questa si sposta insieme alle chiavi di tutti gli elementi subordinati al primo. Facendo clic e trascinando un’estremità della barra intervallo di un elemento, questa viene scalata verso l’estremità opposta insieme alle chiavi di tutti gli elementi subordinati al primo. Se per esempio viene trascinata l’estremità della barra intervallo World, verrà scalata tutta l’animazione. Utilizzando la modalità Edit Ranges dell’Editor tracce (figura 23.19) è anche possibile visualizzare la barra intervallo di una traccia animabile invece delle chiavi a essa relative. Regolando la barra intervallo della traccia animabile come descritto precedentemente è possibile spostare o scalare solo le chiavi della traccia.
Edit Ranges
■ Figura 23.19
Modify Subtree
I pulsanti di comando della modalità Edit Ranges dell’Editor tracce.
Se ci sono oggetti collegati, l’opzione Modify Subtree consente di regolare l’intervallo di oggetti subordinati quando si regola l’intervallo dell’oggetto principale. Questa opzione è disponibile nella modalità Edit Ranges dell’Editor tracce. Facendo clic su Modify Subtree l’opzione è attiva ed estende la barra intervallo dell’oggetto principale in modo che ne copra la zona animata insieme a quella di tutti gli oggetti subordinati. Lo spostamento o la scala della barra intervallo dell’oggetto principale condiziona anche le chiavi di tutti gli oggetti subordinati.
Utilizzo del tempo Nei paragrafi che seguono verranno descritte le tecniche di 3DS MAX adatte a modificare blocchi di tempo utilizzando la modalità Edit Time dell’Editor tracce. La figura 23.20 mostra i pulsanti di comando della modalità Edit Time. Nonostante il tempo venga gestito indipendentemente dalle chiavi di animazione, lo scopo principale della modalità Edit Time consiste nel modificare la temporizzazione delle chiavi. Nella modalità Edit Time la finestra dell’Editor tracce mostra ancora le chiavi e gli intervalli, ma questi sono disattivi e servono solo da riferimento.
Select Time Scale Time
EditTime
Delete Time
Insert Time
Cut Track
Reduce Keys
Copy Track
■ Figura 23.20 I pulsanti di comando della modalità Edit Time dell’Editor tracce.
Paste Track
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La prima operazione da compiere all’interno di Edit Time è quella di selezionare le tracce per le quali è necessario modificare il tempo. Per selezionare uno o più elementi dell’elenco gerarchico, utilizzare gli strumenti di selezione standard. Benché sia possibile selezionarli, gli elementi non animabili non subiscono l’effetto di Edit Time.
Tutti gli strumenti di Edit Time, tranne Insert Time, richiedono la definizione di un blocco di tempo prima di essere operativi. Il blocco di tempo può essere indicato facendo clic su Select Time o Scale Time e tramite il trascinamento nella finestra EDIT. Il blocco viene mostrato nelle tracce come una linea nera spessa. Altrimenti è possibile digitare i tempi di inizio e di fine del blocco nelle caselle della parte inferiore dell’Editor tracce.
Inserisci tempo Per inserire tempo nelle tracce selezionate, fare clic su Insert Time e trascinare in ogni traccia dal punto del tempo in cui deve avvenire l’inserimento. Se il trascinamento avviene verso destra il tempo viene inserito nelle tracce selezionate. Se avviene verso sinistra viene inserito tempo negativo, vale a dire che verrà cancellato tempo, nelle tracce selezionate. Le linee verticali gialle (figura 23.21) vengono tracciate per mostrare l’estensione del tempo aggiunto o cancellato, e il tempo associato a tali linee viene mostrato nelle caselle in basso dell’Editor tracce. Inoltre le linee nere spesse vengono visualizzate nelle tracce selezionate e mostrano il tempo aggiunto o sottratto. Le chiavi alla destra del tempo associate al clic iniziale vengono spostate in modo da rispecchiare il cambiamento in termini di tempo.
■ Figura 23.21 Insert Time nella modalità Edit Time dell’Editor tracce consente di inserire tempo relativamente a tracce selezionate.
Tempo da inserire
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CAP.23
Scala tempo Per scalare un blocco di tempo relativo a tracce selezionate, fare clic su Scale Time e fare clic e trascinare il blocco di tempo contrassegnato. Trascinare a destra per scalare il tempo verso l’alto e a sinistra per scalarlo verso il basso. Il tempo viene scalato dalla sinistra del blocco.
Inverti tempo Reverse Time viene utilizzato per creare un’immagine riflessa delle chiavi nel blocco del tempo. L’ordine delle chiavi risulta invertito, come il tempo tra le chiavi. La figura 23.22 mostra l’effetto di Reverse Time su una traccia.
■ Figura 23.22 L’effetto di Reverse Time su una traccia animata.
L’inversione delle chiavi alle estremità e dell’intervallo dipende dallo stato dei comandi Exclude Left End Point (escludi estremità sinistra) ed Exclude Right End Point (escludi estremità destra) nella barra degli strumenti dell’Editor tracce. Se il secondo pulsante è premuto una chiave che si trova nel tempo iniziale non viene riflessa ma lasciata al suo posto. Analogamente Exclude Left End Point esclude una chiave che si trova nel tempo finale.
Elimina tempo Delete Time elimina il blocco di tempo e tutte le chiavi in esso contenute. Le chiavi a destra del tempo finale vengono spostate a sinistra della quantità di tempo eliminato. Se i pulsanti Exclude Left End Point o Exclude Right End Point sono premuti una chiave che
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si trova nel tempo iniziale o finale, rispettivamente, non viene eliminata. Se entrambi i pulsanti sono attivi ed esiste una chiave sia nel tempo finale sia in quello iniziale, una delle due viene eliminata. Se non è stata selezionata nessuna delle due chiavi in modalità Edit Key, viene eliminata quella del tempo finale. Se entrambe le chiavi sono state selezionate in modalità Edit Key, viene eliminata la chiave iniziale. Altrimenti viene eliminata la chiave non selezionata.
Appunti del tempo Time Clipboard viene utilizzato per memorizzare un blocco di tempo e le chiavi a esso associate. L’utente può tagliare o copiare blocchi di tempo in Time Clipboard e incollarli da esso. Diversamente da quanto avviene per la copia delle chiavi in Edit Key, è possibile incollare il blocco di tempo e le chiavi relative ad altre tracce animabili. Diversamente dagli altri comandi di Edit Time, in questo caso nell’elenco gerarchico possono essere selezionate solo le tracce animabili. Se vengono selezionate tracce non animabili i comandi di Time Clipboard vengono disattivati. Per copiare un blocco di tempo negli Appunti, indicare il blocco e fare clic su Copy Track (copia traccia) o Cut Track (taglia traccia). Nel primo caso il blocco originario e le relative chiavi non subiscono conseguenze; nel secondo caso il blocco e le chiavi vengono eliminati. Le opzioni Exclude Left End Point ed Exclude Right End Point possono essere selezionate prima di attivare Cut Track. Con Cut Track viene utilizzata la stessa logica di Delete Time, nel caso in cui esistano chiavi sia al tempo iniziale sia a quello finale. Per incollare da Time Clipboard è necessario selezionare le tracce di destinazione dell’operazione. Il caso più semplice è quello in cui le funzioni di copia e incolla vengono applicate su tracce singole: il tipo di controller della traccia di destinazione deve corrispondere al tipo di controller dell’origine (per una trattazione dei tipi di controller consultare il capitolo 24). Per visualizzare i tipi di controller, fare clic su Filters e attivare Show Controller Types: verrà mostrato il tipo di controller di fianco a ciascun elemento dell’elenco gerarchico. All’interno della gerarchia dell’oggetto si può ragionevolmente ritenere che gli elementi relativi a non trasformazioni possono utilizzare il controller Float di Bézier, anche se a un elemento non è affiancato alcun controller. La figura 23.23 mostra un elenco gerarchico in cui è attivo Show Controller Types. Per assegnare un controller a un elemento che ne è privo, selezionare l’elemento, fare clic su Assign Controller e selezionare il controller corrispondente a quello dell’elemento d’origine nella finestra di dialogo REPLACE C ONTROLLER (figura 23.24). Se la finestra di dialogo REPLACE CONTROLLER non mostra lo stesso tipo di controller dell’origine, non è possibile incollare da questa sulla destinazione. Se la funzione incolla è applicata da uno o più elementi su diversi elementi, ogni traccia di destinazione deve avere lo stesso tipo di controller della traccia d’origine corrispondente. Se solo il primo o più tipi di controller corrispondono, 3DS MAX applica la funzione incolla fino alla prima discordanza di controller. A seguito della selezione delle tracce di destinazione è necessario indicare il tempo in cui la funzione incolla deve essere applicata. Esistono due possibilità: selezionare un unico punto nel tempo o trascinare estraendolo un intervallo di tempo. Nel primo caso il punto selezionato è quello di inserimento. Il blocco di tempo contenuto negli appunti viene inserito a questo punto e tutte le chiavi originarie a destra del punto di inserimento vengono spostate a destra in ragione del tempo inserito.
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CAP.23 ■ Figura 23.23 Un elenco gerarchico dell’Editor tracce in cui è attiva l’opzione Show Controllers.
■ Figura 23.24 La finestra di dialogo Replace Controller che consente di assegnare i controller agli elementi.
Se invece viene indicato un intervallo di tempo, questo viene eliminato prima che la funzione incolla venga applicata. Tutte le chiavi originarie a destra del tempo finale vengono spostate a destra in ragione del tempo inserito meno la lunghezza dell’intervallo indicato. Dopo aver selezionato gli elementi a cui viene applicata la funzione incolla e il tempo di applicazione, fare clic su Paste Track: comparirà la finestra di dialogo PASTE TRACK (figura 23.25) che contiene l’opzione di incollare il blocco di tempo assoluto o relativo. Tali opzioni si riferiscono alla gestione dei valori chiave in opposizione al tempo. Se è attiva l’opzione [Paste Absolute] i valori associati alle chiavi incollate hanno esattamente gli stessi valori di quelle originarie. Se è attiva [Paste Relative] il valore dell’elemento al tempo di inserimento della funzione incolla viene aggiunto ai valori di tutte le chiavi incollate. Se per esempio viene copiata la traccia altezza di Box01 e Box02, che al punto di inserimento della funzione incolla è rispettivamente 100 e 50, con l’opzione [Paste Absolute] attiva l’altezza di Box02 sarebbe 100; se invece è attiva [Paste Relative], l’altezza di Box02 diventerà 150.
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■ Figura 23.25 La finestra di dialogo Paste Track.
Riduci chiavi Il comando Reduce Key agisce sulle chiavi in modo analogo a quello con cui il modificatore Optimize opera sulla geometria: riduce la complessità pur mantenendo un livello di dettaglio specificato. Per ogni traccia selezionata Reduce Key esamina le chiavi nel blocco di tempo e crea un nuovo insieme di chiavi più piccolo i cui risultati corrispondono il più possibile a quelli delle chiavi originarie. Reduce Key è utile nell’elaborazione successiva dei movimenti Inverse Kinematic e anche nei keyframe generati da Motion Capture Systems. Per ridurre le chiavi relative a un blocco di tempo nelle tracce selezionate, fare clic su Reduce Key: comparirà la finestra di dialogo R EDUCE KEY (figura 23.26) che consente di selezionare il valore Threshold. Quest’ultimo indica la deviazione consentita all’insieme di chiavi ridotto da valore originario per ogni fotogramma. L’unità di misura è quella corrente per le distanze e per gli angoli è il grado. Ogni traccia selezionata viene misurata indipendentemente da tutte le altre.
■ Figura 23.26 La finestra di dialogo Reduce Keys.
Curve funzione Un’altra modalità dell’Editor tracce è Function Curves. Nelle altre modalità la posizione delle chiavi e degli intervalli rispetto al tempo viene mostrata ma non compare alcuna indicazione dei valori reali dell’animazione utilizzati. La modalità Function Curve mostra sia i valori di animazione in corrispondenza delle chiavi sia i valori interpolati tra le chiavi relativamente agli elementi animati selezionati. In questa modalità, quando i valori di una chiave vengono modificati, viene mostrato l’effetto nel tempo del cambiamento sull’output del controller. È quindi possibile mettere a punto i valori di animazione regolando la forma delle curve di funzione nel tempo. Con Function Curves possono essere visualizzati soltanto gli elementi animati con controller basati sulle chiavi. Per visualizzare la curva funzione relativa a un elemento, selezionare uno o più elementi e fare clic su Function Curves. La finestra di modifica dell’Editor tracce cambia mostrando la forma degli output del controller dell’elemento nel tempo (figura 23.27) e nella barra degli strumenti dell’Editor tracce compare un nuovo insieme di pulsanti di comando (figura 23.28). Per mostrare le chiavi relative a una curva fare clic sulla curva. I valori associati a ogni chiave compaiono come vertici sulla curva e viene evidenziato il triangolo verde a fianco di dell’elemento nell’elenco gerarchico che genera la curva. Se tale elemento genera più di un valore (per esempio posizione, scala o colore) i vertici della chiave verranno visualizzati su tutte le curve a esso associate.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.23 ■ Figura 23.27 L’Editor tracce in modalità Function Curve.
■ Figura 23.28 Multiplier Out-of-Range Types Ease Curve Out-of-Range types Ease/Multiplier Curve Enable/Disable Delete Ease/Multiplier Curve
Function Curves Freeze Nonselected Curves Align Keys
I pulsanti di comando relativi alla modalità Function Curve dell’Editor tracce.
Apply Ease Curve Lock Tangents ShowTangents Add Keys Scale Values Scale Keys Move Keys Delete Keys
Il controller di rotazione standard genera quattro valori e non può essere visualizzato come curva di funzione.
Nella finestra di dialogo FILTERS descritta precedentemente, una sezione è dedicata alle opzioni di visualizzazione delle curve funzione. Tali opzioni servono a stabilire se saranno mostrate le curve associate agli output X, Y e Z dei controller di posizione, rotazione e scala e gli output R, G e B (o H, S e V) dei controller di colore. La rotazione è compresa tra le opzioni per il caso in cui sia disponibile un controller di rotazione a tre componenti.
Modifica di curve funzione Per modificare una curva è necessario prima di tutto selezionarne uno o più vertici, utilizzando gli strumenti di selezione standard in 3DS MAX. Per evitare la deselezione accidentale di un insieme di chiavi, fare clic su Lock Selection. Se sono visualizzate curve
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relative a più elementi, per selezionare soltanto i vertici di alcuni di essi, selezionare le curve prescelte e fare clic su Freeze Nonselected Curves. In questo modo si evita di selezionare accidentalmente e modificare le curve che non interessano. È quindi possibile modificare i vertici selezionati spostandoli con il comando Move Key, scalando le chiavi nel tempo rispetto al tempo corrente tramite l’utilizzo di Scale Keys, scalare i vertici associati alle chiavi rispetto a 0 utilizzando Scale Values, ed eliminare le chiavi utilizzando il comando Delete Keys. Quando si utilizzano i comandi Move Keys o Scale Keys su un vertice il cui controller associato genera più di un valore, i vertici associati sulle altre curve di output del controller si spostano nel tempo insieme al vertice selezionato. Il comando Move Keys può essere impostato in modo che si sposti solo verticalmente o orizzontalmente, facendo clic e tenendo premuto il pulsante Move Keys e selezionando il pulsante opportuno dal menu a bandierina MOVE KEYS. Le chiavi selezionate possono essere allineate al tempo corrente facendo clic su Align Keys. Se per un elemento è selezionata più di una chiave, viene allineata quella all’estremità sinistra e le altre chiavi selezionate vengono spostate della stessa quantità. Le chiavi non selezionate non vengono spostate. I valori associati a vertici singoli possono essere regolati utilizzando Key Info: fare clic con il tasto destro del mouse sul vertice, o selezionare il vertice e fare clic su Properties, oppure selezionare il vertice e digitare i valori nelle caselle in basso dell’Editor tracce. Il tempo e il valore relativi a ogni vertice selezionato possono essere mostrati di fianco a esso facendo clic su Show Selected Key Stats. La figura 23.29 mostra una curva di funzione in cui è attiva questa opzione.
■ Figura 23.29 Una curva di funzione in cui è attiva l’opzione Show Selected Key Stats.
È possibile aggiungere chiavi a una curva facendo clic su Add Keys e poi sulla curva. La chiave verrà aggiunta in quel punto e il suo valore sarà il valore corrente in quel punto. In Function Curves è anche possibile regolare i parametri di interpolazione associati a ogni vertice (l’argomento verrà trattato nel capitolo 24).
Aggiustamento curve e moltiplicatore curve Ease Curves e Multiplier Curves possono essere applicati a qualsiasi elemento animabile. Ease Curve condiziona la temporizzazione delle chiavi relative al controller a cui è applicato. Multiplier Curve opera sul valore di output del controller a cui è applicato. Per
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CAP.23 applicare Ease Curve, selezionare uno o più elementi animabili e fare clic su Apply Ease Curve. Per accedere al comando Multiplier Curve, fare clic e tenere premuto Apply Ease Curve e poi selezionare Apply Multiplier Curve dal menu a bandierina. Multiplier Curves è assegnato a elementi selezionati come per Ease Curves. Il meccanismo di Ease Curve può essere chiarito dall’esempio che segue. 1. Caricare il file easecurv.max dalla cartella Chapter 23 del CD. La scena consiste in due parallelepipedi che si spostano nella vista superiore alla stessa velocità. A Box02 (il parallelepipedo in basso) è applicata Ease Curve, nella forma di default che non condiziona la temporizzazione. 2. Espandere le tracce di Box02 in modo da raggiungere Ease Curve applicata alla traccia Position. Selezionare Ease Curve e fare clic su Function Curves (figura 23.30).
■ Figura 23.30 Ease Curve di default applicata alla traccia Position di Box02.
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La scala del tempo orizzontale rappresenta il tempo normale, mentre quella verticale rappresenta il tempo visto dal controller a cui è applicato Ease Curve. Il modo più diretto per leggere il grafico consiste nel trascinare il righello orizzontale del tempo verso il basso su Ease Curve. Ciò che avviene ora sul numero di fotogramma in cui la curva incontra il righello sarebbe successa sul numero di fotogramma sulla scala verticale del tempo in cui incontra il righello. Poiché la curva di default è una linea diritta con una inclinazione 1:1, i tempi di input e di output sono uguali. Fare clic su Ease Curve e selezionare il vertice mediano. Cambiare il valore del vertice in 30. Trascinare il righello del tempo verso il basso in modo tale che incontri la curva al fotogramma 50 del righello (figura 23.31).
■ Figura 23.31 Ease Curve modificata applicata alla traccia Position di Box02.
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Il righello orizzontale del tempo incontra la scala verticale del tempo a 30. Perciò la posizione del parallelepipedo al fotogramma 50 corrisponde alla posizione del parallelepipedo al fotogramma 30 in assenza di Ease Curve. Per verificare tale affermazione, spostare la barra del tempo al fotogramma 30, registrare la posizione del parallelepipedo in alto e quindi passare al fotogramma 50. Il parallelepipedo in basso si sarà spostato in 50 fotogrammi della stessa distanza di cui si è spostato quello in alto in 30. 4. Aprire una finestra dell’Editor tracce, selezionare la traccia Position relativa a Box02 e fare clic su Function Curves. Fare clic su una curva per mostrarne le chiavi. 5. Regolare il vertice mediano di Ease Curve e osservare i cambiamenti trasposti nella traccia Position. La temporizzazione delle chiavi nella traccia Position cambia a seconda delle modifiche introdotte in Ease Curve. Se Ease Curve viene regolata in modo tale che una parte della curva sia minore di 0 o maggiore di 100, la curva Position è bloccata al valore della prima o dell’ultima chiave di posizione rispettivamente. Infatti la funzionalità di default dei controller oltre l’intervallo delle relative chiavi prevede che questi rimangano costanti, assumendo il valore utilizzato alla fine dell’intervallo. Multiplier Curve provoca la moltiplicazione del valore del controller a cui è applicato per il valore indicato da Multiplier Curve. Multiplier Curve di default è una linea orizzontale con valore 1,0. Ease Curve e Multiplier Curve possono essere eliminati selezionando il nome della curva nell’elenco gerarchico e facendo clic su Delete Ease/Multiplier Curve. Ease Curve e Multiplier Curve possono essere disattivati selezionando il nome della curva e facendo clic su Ease/Multiplier Curve Enable/Disable.
Tipi fuori intervallo Come anticipato l’output di default di un controller al di fuori dell’intervallo delle sue chiavi genera il valore della chiave più vicina: questo viene definito Constant Out-of-Range type (ORT). È possibile applicare sei ORT all’estremità sinistra o destra dell’intervallo. Inoltre gli intervalli stessi possono essere separati dalle chiavi sottostanti, consentendo l’agevole creazione di cicli chiusi o ripetuti. I sei ORT sono Constant, Cycle, Loop, Ping Pong, Linear e Relative Repeat. Per modificare l’ORT di un elemento animabile, selezionare l’elemento nell’elenco gerarchico e fare clic su Parameter Curve Out-of-Range Types. La finestra di dialogo PARAM CURVE OUT-OF-R ANGE TYPES (figura 23.32) consente di applicare uno dei sei tipi all’intervallo, prima di questo o dopo. La parte intera di ogni linea del grafico mostra un esempio di curva di funzione sul corrispondente intervallo. La parte tratteggiata della linea mostra l’effetto che ogni ORT avrà al di fuori dell’intervallo. Nell’esempio precedente utilizzato per chiarire Ease Curve, l’ORT più probabilmente applicabile al movimento dei parallelepipedi è Linear: i parallelepipedi continuerebbero a spostarsi in linea retta. Per una palla che rimbalza lungo una rampa di scale, sarebbe opportuno animare il rimbalzo sul primo gradino e poi ripetere l’animazione in un ciclo. Nell’esercizio che segue, viene esemplificata questa operazione. 1. Caricare il file bouncer.max dalla cartella Chapter 23 del CD. La scena consiste in una palla che rimbalza su un unico gradino.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.23 ■ Figura 23.32 La finestra di dialogo Param Curve Out-ofRange Types.
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Nell’Editor tracce, espandere le tracce per Ball alla traccia Position. La barra intervallo relativa alla traccia Transform di Ball va dal fotogramma 0 al 16. Selezionare la traccia Position e fare clic su Function Curves. Selezionare la palla nella scena e, nel pannello di comandi MOTION, fare clic su Trajectories (figura 23.33). La traiettoria della palla viene mostrata nella finestra.
■ Figura 23.33 La scena in cui viene mostrata la traiettoria relativa alla palla con l’Editor tracce in modalità Function Curve.
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Attivare l’animazione e continuare per il resto di questo esercizio. La palla rimbalza da un gradino all’altro e poi si ferma. Qui viene utilizzato l’ORT di default Constant, quindi la posizione della palla dopo il fotogramma 16 (la fine dell’intervallo di posizioni) rimane costante. Fare clic su Parameter Curve Out-of-Range Types e poi sui pulsanti in e out relativi a Cycle. Fare clic su OK. La palla rimbalza dal primo gradino al successivo e poi torna immediatamente al primo e rimbalza di nuovo. Fare clic su Parameter Curve Out-of-Range Types e poi sui pulsanti In e Out relativi a Loop. Fare clic su OK.
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Il movimento della palla è lo stesso di Cycle. L’ORT Loop passa dal valore dell’ultima chiave a quello della prima. Loop effettua l’interpolazione tra questi due valori. In questo esempio la prima e l’ultima chiave si trovano ai bordi estremi dell’intervallo; quindi non deve essere interpolato tempo tra i due valori. Fare clic su Parameter Curve Out-of-Range Types e poi sui pulsanti in e out relativi a Ping Pong. Fare clic su OK. La palla rimbalza avanti e indietro tra il primo e il secondo gradino. Fare clic su Parameter Curve Out-of-Range Types e poi sui pulsanti In e Out relativi a Linear. Fare clic su OK. La palla rimbalza sul secondo gradino ma segue un percorso lineare attraverso il gradino stesso. Fare clic su Parameter Curve Out-of-Range Types e poi sui pulsanti In e Out relativi a Relative Repeat. Fare clic su OK. Ora la palla rimbalza lungo la rampa di scale.
Out-of-Range Type relativo a Ease e Multiplier Curve può essere modificato utilizzando i pulsanti di comando Ease ORT e Multiplier ORT in modalità Function Curve.
Modalità degli intervalli di posizione Generalmente le barre intervallo relative a un elemento animato cominciano con la prima chiave e finiscono con l’ultima. 3DS MAX consente di separare l’intervallo relativo a un elemento dalle sue chiavi, garantendo così una maggiore flessibilità nella creazione di cicli e cicli chiusi. Per separare una barra intervallo relativa a una traccia, selezionare la traccia e fare clic su Position Ranges: nella barra degli strumenti dell’Editor tracce comparirà un nuovo insieme di pulsanti di comando (figura 23.34). La visualizzazione delle tracce cambia in modo da mostrare la barra intervallo relativa a ogni traccia posta al di sopra delle chiavi della traccia stessa. È possibile spostare la barra intervallo trascinando la barra o regolare la lunghezza della barra intervallo trascinandone le estremità.
■ Figura 23.34 I pulsanti di comando relativi alla modalità PositionRangesdell’Editor tracce.
Position Ranges
Recouple Ranges
La figura 23.35 mostra un esempio di barra intervallo separata dalle chiavi della traccia. Le chiavi sono posizionate ai fotogrammi 0, 20 e 80. La barra intervallo va dal fotogramma 10 al 90. La figura 23.36 mostra la curva funzione associata a questa traccia. Il tipo Outof-Range applicato a questa traccia è Constant. Dal fotogramma 10 al 20 i valori utilizzati sono quelli interpolati dalle chiavi ai fotogrammi 0 e 20. Dal fotogramma 0 al 10 i valori utilizzati sono quelli presenti all’inizio dell’intervallo (grazie all’uso dell’ORT Constant).
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.23 Dal fotogramma 20 all’80 i valori utilizzati sono quelli interpolati dalle chiavi ai fotogrammi 20 e 80. Dal fotogramma 80 al 90 i valori sono quelli impostati dalla chiave al fotogramma 80. Dal fotogramma 90 al 100 i valori sono quelli presenti alla fine dell’intervallo (grazie all’uso dell’ORT Constant).
■ Figura 23.35 La visualizzazione nell’Editor tracce di una barra intervalli separata dalle chiavi della traccia.
■ Figura 23.36 Function Curve risultante dalla separazione della barra intervalli.
Utilizzo delle traiettorie Come si è visto nell’esercizio precedente, è possibile utilizzare la sezione Trajectories del pannello di comandi MOTION per visualizzare la traiettoria di oggetti selezionati nelle finestre. La traiettoria compare sotto forma di una linea azzurra, mentre i punti gialli indicano la posizione dei fotogrammi e i quadratini bianchi la posizione delle chiavi. In Trajectory è possibile modificare le chiavi della curva di traiettoria, convertire la traiettoria in spline o convertire una spline in traiettoria. Per modificare le chiavi della traiettoria, fare clic su Sub-Object nel pannello di comandi MOTION sotto Trajectory (figura 23.37). Ciò consente di selezionare una o più chiavi e di spostare, ruotare o scalare le chiavi. Quando le chiavi vengono ruotate o scalate, è necessario che siano attivi Use Transform Coordinate Center o Use Selection Center (posti sulla barra degli strumenti principale di 3DS MAX). In caso contrario la chiave viene ruotata o scalata intorno a se stessa. Nel modificare le chiavi di traiettoria, si può presentare la necessità di aggiungerne altre o l’eventualità di averne più di quante siano necessarie per ottenere il movimento desiderato. Per aggiungere chiavi, attivare Sub-Object Keys, fare clic su Add Keys e fare clic sulla traiettoria nelle posizioni in cui devono essere poste le chiavi aggiuntive. Per eliminare chiavi, attivare Sub-Object Keys, selezionare le chiavi da eliminare e fare clic su Delete Key.
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■ Figura 23.37 Il ramo Trajectories del pannellodicomandi Motion.
In alcuni casi può essere più facile convertire la traiettoria in spline da modificare utilizzando i modificatori di forma. La spline viene creata campionando una zona specifica di tempo, in cui ogni vertice della spline sia uno dei campioni presi. Questi sono distribuiti uniformemente nel tempo, invece che sulla lunghezza della traiettoria. La zona di tempo da campionare viene indicata impostando Start Time sul tempo in cui deve cominciare la campionatura ed End Time sul tempo in cui deve finire. La casella Samples è impostata sul numero di campioni da prendere nella zona di tempo indicata. Fare clic su Convert To per convertire la traiettoria in spline utilizzando questi parametri. È possibile utilizzare la spline modificata o una nuova spline come traiettoria per l’oggetto. Per selezionare la spline da utilizzare come traiettoria, fare clic su Convert From. Vengono presi campioni dalla spline che sono convertiti in chiavi di posizione. Le caselle Start Time ed End Time indicano l’intervallo di tempo nel quale le chiavi di posizione verranno collocate. Tutte le chiavi che si trovano in questo intervallo di tempo saranno eliminate. Tutte le chiavi esterne all’intervallo non subiranno conseguenze. I campioni vengono presi in modo tale che le chiavi che rappresentano i vertici della spline siano distribuiti uniformemente nel tempo e le chiavi dalla campionatura tra vertici siano distribuite uniformemente. Ciò significa che i campioni presi sono necessariamente distribuiti in modo uniforme sulla lunghezza della spline (nel capitolo 24 l’esercizio “Creazione di una miccia accesa utilizzando una scala loft animata, un sistema di particelle e un controller percorso” descrive il modo in cui viene ricampionata la spline per ottenere una distribuzione uniforme delle chiavi lungo la sua estensione).
Riepilogo ■
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Modifica della cadenza fotogrammi. La cadenza fotogrammi (frame rate) può essere modificata senza condizionare negativamente l’animazione. 3DS MAX riscala automaticamente il tempo, senza condizionare le chiavi di animazione, per mantenere la temporizzazione dell’animazione. Chiavi di animazione. La temporizzazione e i valori associati a tutte le chiavi di animazione possono essere impostati, modificati ed eliminati
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CAP.23 ■
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nell’Editor tracce. Anche la temporizzazione e i valori associati alle chiavi di animazione della trasformazione degli oggetti possono essere impostati, modificati ed eliminati nel pannello di comandi MOTION. Intervallo di tempo. Un intervallo di tempo relativo all’intera animazione può essere scalato utilizzando la finestra di dialogo TIME CONFIGURATION. Un intervallo di tempo relativo alle tracce selezionate può essere scalato utilizzando i comandi di scala nell’Editor tracce. Disattivazione delle finestre. Per ottenere una migliore risposta interattiva in 3DS MAX, è opportuno disattivare tutte le finestre con non mostrano informazioni rilevanti. Una finestra disattivata può essere aggiornata selezionando la finestra stessa. Quando una scena complessa viene riprodotta, è opportuno utilizzare Play Selected per riprodurre soltanto gli oggetti selezionati. Modalità Function Curve. L’utilizzo della modalità Function Curve dell’Editor tracce consente di visualizzare i valori di animazione interpolati tra chiavi. Per certe combinazioni di temporizzazione e valori delle chiavi, i valori interpolati possono essere molto maggiori o minori dei valori delle chiavi. Copia delle chiavi di animazione. Le chiavi di animazione possono essere copiate tra elementi con lo stesso tipo di controller utilizzando Time Clipboard. Ciò permette di animare un oggetto e di copiare l’animazione su un altro. Intervalli animati. L’intervallo animato relativo a un oggetto può essere separato dalle chiavi di animazione dell’oggetto stesso. Ciò garantisce una maggiore flessibilità nella creazione di cicli di animazione. Posizione nel tempo. La posizione di un oggetto nel tempo può essere visualizzata come curva spline utilizzando il ramo Trajectories del pannello di comandi MOTION. Le chiavi di traiettoria possono essere visivamente modificate utilizzando i comandi di trasformazione standard e si possono aggiungere o eliminare chiavi. La traiettoria può essere convertita in spline per altri usi, oppure una spline può essere convertita in traiettoria.
STRUMENTI DI CONTROLLO DELL’ANIMAZIONE
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CAP.22
CAPITOLO 22
Mappatura per materiali
L’effetto finale di tutti i materiali mappati dipende dalle coordinate di mappatura assegnate alla superficie. Le coordinate di mappatura possono essere assegnate in modi diversi attraverso numerose proiezioni, e la scelta del metodo migliore dipende dalla geometria dell’oggetto e dall’effetto di superficie desiderato. Questo capitolo illustrerà i seguenti argomenti relativi alla mappatura: ■ spazio di coordinate UVW Mapping e sua relazione con la mappatura; ■ utilizzo del modificatore UVW Mapping e parametri del materiale per controllare la mappatura; ■ tecniche per mappature planari, cilindriche, sferiche, avvolgenti (“ritirate” nella documentazione) e di parallelepipedi; ■ definizione di mappature precise, senza distorsioni e rapportate alla scalatura globale; ■ strategia di mappatura per geometrie.
MAPPATURA PER MATERIALI
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Coordinate di mappatura Il problema di prevedere il posizionamento e il risultato delle coordinate di mappatura in 3D Studio MAX è stato quasi del tutto eliminato perché è possibile visualizzare la bitmap risultante nella finestra interattiva. Quando si regola un materiale assegnato che utilizza una bitmap o una composizione procedurale 2D, è possibile visualizzarlo all’interno di finestre ombreggiate di smusso facendo clic sul pulsante Show Map in VIEWPORT quando si trova nei controlli di tipo mappa. In questo modo si è in grado di visualizzare una bitmap per materiale. Se si sta già visualizzando un materiale e si sceglie di vederne un altro il primo viene disabilitato per lasciare spazio per la nuova scelta. Mostrando la mappa nella finestra è possibile posizionare con precisione ed esattamente dove la mappatura dovrà essere applicata. Questo capitolo assumerà che si utilizzi questa funzionalità estremamente utile tutte le volte in cui si dove regolare la mappatura. Quando si visualizzano le bitmaps nelle finestre di prospettiva, il mosaico della mappa è distorto (figura 22.1) perché la campionatura e la correzione della bitmap non si verificano come nel rappresentatore di produzione. Se è importante la visualizzazione della composizione in prospettiva è impostante, è possibile attivare l’opzione [Texture Correction] della finestra e ottenere una diminuzione delle prestazioni. In pratica si consiglia di attivare e disattivare questa opzione solo quando è necessario eseguire una verifica; lasciarla sempre attiva rallenta notevolmente l’attività della finestra.
■ Figura 22.1 La stessa scena con Texture Correction attivato e disattivato
Nessuna correzione texture
Con correzione texture
La correzione della composizione non è un problema quando si utilizza le schede grafiche basate su Glint o altri acceleratori hardware che supportano la correzione della composizione nei loro driver HEIDI. Per queste schede la correzione di composizione è una proprietà del chip set ed è fornita senza maggiorazioni in qualsiasi momento. La correzione di composizione non è un’opzione quando si utilizzano questi driver HEIDI in quanto è sempre attiva.
Se si preferisce lavorare con le composizioni visualizzate si otterranno i migliori risultati utilizzando una scheda acceleratrice con supporto composizione. Le schede basate sulla nuova famiglia di chip 3D-Labs Glint-TX e Permedia hanno fornito un buon livello di prestazioni.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.22
Spazio di coordinate UVW Mentre il mondo e gli oggetti in esso contenuti sono descritti con le coordinate X, Y e Z, la bitmap e la mappatura sono descritte con le coordinate U, V e W per diversificare la bitmap dallo spazio geometrico in quanto i due tipi di spazio sono spesso molto differenti. Le coordinate geometriche XYZ si riferiscono alle posizioni esatte all’interno dello spazio globale o dell’oggetto. Le coordinate bitmap UVW rappresentano proporzioni della bitmap di riferimento. Con UVW si conta sempre utilizzando incrementi della bitmap e non riferendosi a dimensioni esplicite. Anche la terminologia può suonare poco familiare, i concetti in realtà sono semplici (figura 22.2).
■ Figura 22.2 Tile 1, Angle 0 Tile 1, Angle45
Sistema di coordinate UV per le bitmap 2D
Tile 3, Angle45
Tile on
Tile off
Come risulta dalla figura 22.2, U e V rappresentano un’unità di profondità o di altezza in relazione alla bitmap. Gli assi U e V intersecano il centro della bitmap per definire l’origine UV per la mappa. L’origine è il punto su cui ruota la mappa quando il valore Angle della bitmap viene regolato. Lo spazio W cambia la proiezione della mappatura di 90 gradi sul lato. Durante il cambiamento, il lato può essere ruotato di 90 gradi a partire da dove ci si aspetto di averlo. La direzione dello spazio W viene utilizzata solo se il tipo di mappa materiale lo richiede. Anche se concepito essenzialmente per le mappe parametriche 3D (per esempio Wood e Marble), lo spazio W può anche interessare il tipo di Bitmap, se si parte dalla proiezione UV (figura 22.3).
Mappatura parametrica Le coordinate di mappa possono essere applicate sia in modo parametrico sia nella sequenza storica di modifica con un modificatoreUVW Mapping. La mappatura parametrica viene assegnata come parte dei parametri di creazione dell’oggetto o del modificatore che genera la facce, e in genere viene attivata per mezzo di una casella di controllo [Generate Mapping Coordinates] all’interno della definizione dell’oggetto e del modificatore. La
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mappatura parametrica può essere presente nelle primitive 3D, negli oggetti loft e con i modificatori Extrude, Lathe e Bevel. Nessuno di questi metodi, eccetto il lofting, permette un controllo diretto sulla ripetizione risultante della mappa di rendering (una caratteristica nota come mosaico) Al contrario la mappatura in genere ha un mosaico di 1.0 in tutte le direzioni.
■ Figura 22.3 Effetto del cambiamento da una mappatura UV a quelle UW e WU.
Shrink wrap
Planar
UV
VW
WU
Le coordinate di mappatura non vengono applicate di default perché richiedono RAM supplementare. Ogni faccia utilizza almeno 12 byte quando viene mappata. Tenendo conto del fatto che è possibile tornare nella storia di modifica e attivare la mappatura in un secondo momento, si dovrebbe lasciarla disattivata a meno che non si sappia che l’oggetto riceverà coordinate di mappature personalizzate. Si dovrebbe inoltre stabilire se si vuole la mappatura parametrica quando si comprime un elenco. Poiché gran parte della mappatura parametrica viene applicata con un mosaico 1x1, è necessario regolare il mosaico per quasi tutti i materiali assegnati. Questa operazione deve essere effettuata con i controlli mosaico presenti nel materiale poiché le coordinate parametriche non possono essere regolate (eccetto che per gli oggetti loft). La figura 22.4 mostra il risultato della mappatura parametrica prima e dopo l’aggiustamento del mosaico all’interno dei parametri materiale. Quando la mappatura viene generata parametricamente è possibile regolare il mosaico e l’orientamento solo per mezzo dei parametri del materiale assegnato alla superficie. Quando invece si applica la mappatura con il modificatore UVW Mapping, si un controllo indipendente su proiezione, posizionamento, orientamento e mosaico della mappatura. La mappatura attraverso un modificatore, tuttavia, può non essere conveniente quanto la mappatura parametrica applicata al momento della creazione.
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CAP.22 ■ Figura 22.4 Aggiustamentodel mosaico della mappatura parametrica con parametri materiali
Il modificatore UVW Mapping Quando la mappatura non è appropriata o non è più disponibile, è necessario assegnare manualmente le coordinate di mappatura con il modificatore UVW Mapping (figura 22.5). I modificatori UVW Mapping possono essere posizionati in qualsiasi punto dell’elenco. In tal modo, il punto in cui applicare le coordinate, nel corso della modellazione, può essere accuratamente controllato.
■ Figura 22.5 Tendina del modificatore UVWMapping
Al pari di molti modificatori di3D Studio MAX, il modificatore UVW Mapping incide su tutto quanto gli viene passato nell’elenco storico di modifica. Se la selezione attiva sono facce o patch di sub-oggetto, la mappatura viene assegnata solo alla selezione sub-oggetto
MAPPATURA PER MATERIALI
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di facce e patch. Se la selezione attiva sono vertici o bordi sub-oggetto, la selezione viene ignorata e viene mappato l’intero oggetto. Questa capacità di mappare selezioni indipendenti di sub-oggetti consente di mischiare tipi di proiezioni di mappatura e di posizionare la mappatura in diversi posizioni all’interno dello stesso oggetto (figura 22.6). Il momento per applicare le coordinate di mappatura, comunque, è spesso al termine della modellazione. Se si modella un oggetto dopo avere applicato la mappatura, le coordinate si spostano con i vertici, si allungano e non producono più nemmeno le bitmap. La mappatura, quindi, è spesso una delle ultime operazioni da eseguire in un modello.
■ Figura 22.6 Selezione del sub-oggetto che definisce le coordinate di mappatura locali
1 proiezione UV cilindrica
5 proiezioni UV cilindriche
Quando la modellazione è completa spesso si vuole comprimere il rendering Stack (a meno che non si intenda animare le operazioni di modellazione, naturalmente). L’assegnazione di numerose coordinate di mappatura del sub-oggetto in genere funziona congiuntamente all’assegnazione di un numero equivalente di modificatori EditMesh o EditPatch. Questi modificatori Edit definiscono la selezione di faccia o di patch che viene mappata dal successivo UVW Mapping. A causa dei costi associati con i modificatori Edit, è bene comprimere l’elenco dopo avere applicato diversi modificatori UVW in modo da eliminarne gli overhead. Sostituire le selezioni EditMesh con selezioni Volume è un metodo alternativo che implica un ridotto overhead. Combinare i modificatori Volume Select con UVW Mapping consente un efficiente assegnazione di mappatura che permette di modificare la selezione e di cambiare quanto viene mappato con una certa facilità. La capacità di assegnare la mappatura a livello del sub-oggetto è molto importante nel mantenimento delle proprietà di superficie dell’oggetto. La smussatura delle facce e la continuità dei patch non può verificarsi se le superfici non fanno parte della stessa superficie saldata. La mappatura della selezione del sub-oggetto consente di posizionare la mappatura esattamente dove è necessario senza incidere sulla topologia.
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CAP.22
Regolazione di dimensioni e posizione della bitmap Il posizionamento di una mappa materiale dipende dalle coordinate di mappatura della superficie e dai parametri di mappatura del materiale. Risulta chiaro quindi che quasi tutto ciò che può essere regolato all’interno del materiale può anche essere controllato all’interno del modificatore UVW. Questi metodi generici di aggiustamento, quindi, verranno illustrati congiuntamente. In breve, per cambiare il modo in cui un materiali mappato appare su una superficie, si hanno comunemente quattro opzioni: ■ regolare i parametri Map Type del materiale (questo capitolo assume che si utilizzi sempre il tipo mappa Bitmap); ■ regolare il tipo di progetto e i parametri del modificatore UVW; ■ regolare posizione, orientamento e scalatura del gizmo modificatore UVW; ■ regolare la creazione dei parametri per la mappatura parametrica che consente l’aggiustamento (correntemente disponibile solo per gli oggetti loft). Il tipo di mappa Bitmap è quello più comunemente utilizzato; include un’ampia gamma di opzioni che sono implementate anche da quasi tutti gli altri tipi di mappa (per esempio Checker). Bitmap è il tipo mappa utilizzato in questo capitolo come esempio per la spiegazione della mappatura in generale perché è molto comune e quindi è un facile punto di riferimento. Ai fini della trattazione, verrà anche utilizzata la mappatura Planar come esempio di metodo del modificatore UVW per il confronto con i parametri del tipo di mappa Bitmap (figura 22.7). Utilizzando la mappatura Planar e un mosaico pari a 1, il gizmo di mappatura in sostanza corrisponde alla bitmap.
■ Figura 22.7 Controlli di mappatura presenti nel tipo mappa Bitmap dell’Editor materiali
Scalatura del gizmo e parametri mosaico del materiale Il gizmo di mappatura per il modificatore UVW definisce l’estensione raggiunta dalla bitmap del materiale. Via via che si scala il gizmo, la bitmap di rendering utilizza a sua
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volta quelle coordinate. In alternativa alla scalatura del gizmo, è possibile controllare le ripetizioni attraverso i parametri mosaico del materiale. Il mosaico di default è uno, che permette alla bitmap di adeguarsi alle estensioni del gizmo planare. Un mosaico significa un’unica ripetizione, quindi aumentare il valore a tre permetterebbe di ripetere la bitmap tre volte all’interno del gizmo di mappatura planare. Gli utenti che hanno già una certa confidenza con 3D Studio DOS poterebbe essere inizialmente confusi perché il mosaico materiale è il contrario della scalatura mappa di materiale nelle versioni 3 e 4. Tuttavia corrisponde al mosaico di mappa di 3D Editor. Per3D Studio MAX il concetto è omogeneo fra mappatura e materiali. I valori di mosaico sono analoghi, in realtà, ai parametri di scalatura X e Y per un gizmo di mappatura planare perché un mosaico di 2 equivale a una scalatura del gizmo di ½. Per riprodurre specularmente una bitmap su entrambi gli assi, digitare un fattore di scalatura negativo. Per esempio un fattore di scalatura V di -1,0 riproduce specularmente la mappa capovolta. Quando un parametro Tile del materiale non è attivato, la bitmap non esegue il mosaico sull’asse dato. La disattivazione di Tile per entrambi gli assi lascia un’unica traccia della bitmap, ciò che da altri programmi, per esempio 3D Studio DOS, viene definito una “decal”. La posizione del mosaico dipende dal punto in cui è stato definito. Come mostra la figura 22.8, i materiali misurano sempre dal centro della bitmap, mentre il modificatore UVW Mapping si misura dall’angolo inferiore sinistro. Con il parametro Tile disattivato, e con un mosaico maggiore di 1, la bitmap risultante si riduce dal bordo del gizmo. Se il mosaico è definito nella bitmap, diventa più piccolo verso il centro del gizmo, con il centro della bitmap sempre coincidente con il centro del gizmo. Se il mosaico è definito dal modificatore UVW Mapping, la bitmap diventa più piccola verso l’angolo inferiore sinistro, con l’angolo della bitmap sempre corrispondente all’angolo del gizmo. Mischiare i due metodi produce effetti multipli sulle dimensioni, con la bitmap posizionata il più vicino possibile all’origine che fornisce il valore di mosaico maggiore.
■ Figura 22.8 Posizioni di mosaico come definite dal materiale o dal modificatore
Coordinate materiale UV Coordinate modificatoreUVW
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CAP.22
Posizione del gizmo e parametri Offset del materiale La posizione della bitmap del materiale è dettata principalmente dalla posizione del gizmo di mappatura del modificatore UVW Mapping. In alternativa allo spostamento del gizmo, i parametri Offset U e V del materiale “spostano” la bitmap sui rispettivi assi delle X e delle Y del gizmo (figura 22.9).
■ Figura 22.9 Posizionamentodibitmap con Offset
È necessario tenere presente che Offset non è espresso in distanza, ma piuttosto in unità della bitmap. Il valore Offset corrisponde alla dimensione originale della bitmap. Quando Tiling è pari a 1,0, un Offset di 1,0 sposta la bitmap di una quantità pari alla lunghezza della bitmap stessa, sul lato. Quando Tiling è pari a 4,0 e l’Offset è 1,0, il centro della bitmap spostata resta dove si trovava in precedenza, ma poiché la bitmap è più piccola, la mappa sembra essersi spostata quattro volte più lontano di quando Tiling era pari a 1. Mentre questo offset sembra essere quattro volte più avanti rispetto alle dimensioni di mappa correnti, in realtà l’offset è alla stessa distanza misurata prima che la mappa fosse scalata verso il basso con il parametro Tiling. I parametri Offset sono utilizzati soprattutto quando è necessario posizionare la bitmap ma o non si vuole spostare il gizmo di mappatura oppure non esiste un gizmo da spostare perché la mappatura è procedurale. È possibile avere un controllo migliore regolando i parametri Offset piuttosto che spostando il gizmo di mappatura.
Rotazione del gizmo e parametri Angle di materiale L’angolo della bitmap del materiale inizialmente viene controllato dall’angolo del gizmo di mappatura con la superficie. Il parametro Angle del tipo di mappa Bitmap può anche essere utilizzato per ruotare la mappatura senza incidere sul gizmo. La figura 22.10 mostra come utilizzare i parametri Rotation può essere molto importante per i metodi di proiezione laddove ruotare il gizmo in misura notevole cambia il tipo progetto e/o mostra punti di singolarità e vortici (cilindrici o sferici). Il parametro Angle ruota la bitmap sul suo centro con valori positivi che ruotano in senso orario e valori negativi in senso antiorario. Il parametro Angle ha limiti a 360 gradi o a 360 gradi quindi l’animazione oltre questi limiti deve essere effettuata in modo coordinato con il gizmo.
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■ Figura 22.10 Rotazione di proiezioni di mappatura con il parametro Angle
Sferica
Cilindrica
Opzioni Mirror e Flip Mirror e Flip sono metodi di scalatura rispettivamente nei parametri materiale e nei modificatori UVW. L’opzione Mirror trovata nei tipi mappa di materiale non esegue ciò che viene eseguito da un trasformatore Mirror. Per i materiali, il mirroring è una combinazione di mosaico e di rotazioni. Quando si sceglie il mirroring, la mappa viene scalata del 50% e riprodotta specularmente sugli assi in modo che ci siano due bitmap dove prima ne esisteva una sola. Se entrambi gli assi U e V vengono riprodotti specularmente, ci saranno quattro bitmap. La bitmap riprodotta specularmente viene scalata verso il basso in modo che possa rientrare nelle stesse estensioni del gizmo di mappatura come un materiale che non utilizza l’opzione Mirror. Dopo essere stata ridotta, la bitmap forma un mosaico con questa nuova immagine di bitmap (figura 22.11). Se si vuole che la bitmap del materiale venga riprodotta specularmente su un solo asse, probabilmente sarà necessario raddoppiare il mosaico dell’asse su cui non si esegue il mirroring per compensare la dimensione dimezzata. Il mirroring è un metodo per dare l’illusione che le bitmap facciano dei mosaici senza cuciture quando in realtà non è così. Alcune applicazioni, per esempio le piastrelle per pavimento, i pannelli in marmo e l’impiallacciatura in legno, traggono grandi vantaggi dall’utilizzo di un modello riprodotto specularmente e che mostra le cuciture. L’opzione Flip del modificatore UVW in realtà è una scalatura negativa mascherata e in un certo senso è simile all’opzione Mirror del materiale. Eseguire un mosaico negativo all’interno del modificatore UVW Mapping sposta la posizione della bitmap risultante perché l’origine per il modificatore è nell’angolo. L’opzione Flip esegue un mosaico negativo sul centro della bitmap in modo che il risultato non venga spostato. I materiali non hanno l’opzione Flip perché per loro il centro della bitmap è l’origine, e una scalatura negativa non sposta la bitmap. Per un materiale avere un parametro Tile pari a -1,0 equivale a utilizzare l’opzione Flip nel modificatore UVW Mapping. La tabella seguente mette in relazione le opzioni disponibili con il modificatore UVW Mapping e i loro equivalenti come parametri materiale.
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CAP.22 ■ Figura 22.11 Utilizzo di Mirror per eseguire il mosaico delle bitmap
Originale
Mirror U
Mirror V
Mirror U e V
Gizmo di mappatura
Parametri materiali
Trasformazione Move
Parametri Offset
Trasformazione Rotation
Parametro Angle
Trasformazione Scale
Parametri Tiling
Parametri Tiling (verso l’angolo inferiore sinistro del gizmo)
Parametri Tiling (verso il centro del gizmo)
Non applicabile
Opzione Mirror
Opzione Flip
Valore di Tiling -1,0
Allineamento dei gizmo di mappatura Il modificatore UVW Mapping include diverse funzioni per facilitare l’allineamento del gizmo all’oggetto. Queste funzioni sono tutte raggruppate nella sezione Alignment del modificatore (figura 22.12). La funzione Fit pone il gizmo al centro della selezione attiva e lo scala per incontrare le estensioni della selezione. Il gizmo viene scalato sulla base delle estensioni viste dal suo sistema di coordinate locale. È possibile orientare il gizmo come si vuole e la funzione Fit scalerà il gizmo di conseguenza. Fit non dovrebbe essere utilizzata quando si è stabilita una relazione con una proporzione della bitmap (per mezzo della scalatura del gizmo o del mosaico) perché questa azione cambia le proporzioni di mosaico. La funzione Fit può essere annullata e questo permette di fare esperimenti con i risultati. La funzione Center conserva l’orientamento del gizmo e scala e sposta il suo centro verso quello della selezione attiva. La funzione Center può essere utilizzata con gizmo scalati precisamente perché non incide sul mosaico che ne deriva.
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■ Figura 22.12 Le Opzioni Alignment per UVWMapping
La funzione Bitmap Fit esamina le proporzioni di una bitmap prescelta e scala la dimensione orizzontale del gizmo per adeguarsi alla percentuale altezza-profondità della bitmap. La funzione Bitmap Fit funziona con le mappature Planar, Cylindrical e Box ma non ha effetto su Spherical e su Shrink Wrap. La funzione Normal Align è estremamente utile per allineare il gizmo in modo che il suo asse delle Z sia perpendicolare a una faccia selezionata. La faccia o il patch deve essere parte di un oggetto correntemente selezionato, a meno che la faccia o il patch specifici non debbano essere selezionati. La funzione Normal Align posiziona il gizmo senza incidere sulla sua scalatura quindi è possibile utilizzarla con un gizmo che si adegua alla proporzione data della bitmap. Posto che non esiste un metodo diretto per allineare il gizmo di mappatura a una vista, il metodo seguente è il più veloce per eseguire questa operazione, assumendo che esiste una faccia perpendicolare alla vista: 1. fare clic su Normal Align per posizionarlo nel suo stato di selezione (verde); 2. fare clic con il pulsante destro e trattenerlo sulla faccia o patch prescelti all’interno dell’oggetto; 3. tenendo premuto il pulsante destro del mouse, spostarsi per trascinare il gizmo e allinearlo alle altre facce sino a che non viene selezionata quella corretta. La funzione Reset corrisponde alla cancellazione e riapplicazione del modificatore. Centra il gizmo sulla selezione con l’orientamento e la scalatura di default. La funzione Reset dovrebbe essere utilizzata solo se si vuole iniziare ex novo.
Acquisizione delle coordinate di mappatura La funzione Acquire del modificatore UVW consente di copiare la mappatura da un oggetto che ha già ricevuto un modificatore UVW Mapping o un modificatore Displace. La funzione Acquire lavora con l’ultimo modificatore UVW Mapping o Displace presente nell’elenco dell’oggetto selezionato. Dopo averlo trovato, Acquire presenta la finestra di dialogo UVW Mapping (figura 22.13). A questo punto è possibile scegliere se si vuole che la mappatura venga acquisita in modo assoluto o relativo. Entrambe le opzioni raddoppiano le possibilità relative al tipo di mappatura, al mosaico ed al rovesciamento, e la scala del gizmo. Scegliendo Absolute si sposta il gizmo di mappatura esattamente nella stessa posizione e orientamento dell’oggetto destinazione, il che è richiesto quando è necessario adeguare la mappatura fra gli oggetti. Absolute dovrebbe essere scelto anche se si intende ruotare il gizmo di mappatura perché questo garantisce l’allineamento dell’asse non ruotato. Optare invece per l’opzione Relative mantiene il gizmo di destinazione esattamente dov’è mentre copia l’orientamento, la
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CAP.22 scalatura e l’offset del gizmo di mappatura. In realtà avviene che la trasformazione viene copiata dal gizmo dell’oggetto prescelto all’oggetto selezionato. L’acquisizione di un gizmo di mappatura non può essere annullata. Prima di utilizzare la funzione Acquire è dunque più prudente salvare il file ed eseguire un comando Hold o clonare l’oggetto come un backup.
■ Figura 22.13 Finestra di dialogo ACQUIRE UVW MAPPING
Spesso è necessario acquisire la mappatura da un altro modificatore UVW applicato all’interno dello stesso oggetto. Per fare questo, si richiede qualche passo supplementare perché non è possibile eseguire questa operazione direttamente con la funzione Acquire. Il metodo più semplice è clonare l’oggetto dal lato ed accertarsi che il modificatore UVW Mapping sia l’ultimo UVW Map dell’elenco. A questo punto è possibile utilizzare Acquire per adeguare i gizmo. Questo metodo può non esser pratico, se l’oggetto è molto grande, a causa del tempo necessario per eseguire la clonazione. In alternativa, passare nell’Editor tracce e copiare i valori Position, Scale e Rotation dalle tracce del gizmo desiderato alle tracce del nuovo gizmo. Questa operazione riproduce ciò che accade quando si acquisisce la mappatura in modo assoluto (con la differenza che Acquire copia tutti parametri del modificatore e non solo la trasformazione). Un metodo utile per mantenere le informazioni di mappatura unitamente al materiale è quello di assegnare il materiale e la mappatura a un oggetto (per esempio un parallelepipedo) e nominarlo con il nome del materiale. Salvare il parallelepipedo in un file separato e unirlo quando si vuole quel particolare materiale. Il materiale può essere preso dalla scena per mezzo dell’Editor materiali, e la mappatura può essere acquisita dal modificatore UVW. Anche altri parallelepipedi rappresentativi di altri materiali possono essere creati e salvati: in questo è possibile creare una “libreria dei materiali acquisibili”, cioè una serie di oggetti nei quali è possibile unire qualsiasi modello al momento opportuno.
Tipi di proiezione della mappatura Il modificatore UVW fornisce diversi metodi per proiettare le coordinate di mappatura sulla superficie dell’oggetto. Il migliore metodo di proiezione dipende sia dalla geometria dell’oggetto sia dalle caratteristiche di tiling della bitmap. I cinque metodi disponibili per l’assegnazione manuale della proiezione di mappatura sono: Planar, Cylindrical, Spherical, Shrink Wrap e Box. Il concetto più importante è che il gizmo di mappatura ha l’esatta dimensione e posizione per la bitmap, indipendentemente dalle sue dimensioni o proporzioni. È sempre così
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quando sia il modificatore UVW Map sia il materiale assegnato hanno impostazioni Tiling 1,0 e Offset 0,0. Impostazioni diverse per il tiling e l’offset cambiano questo posizionamento iniziale , come già visto in precedenza. La figura 22.14 mostra come ognuno dei differenti gizmo di proiezione contenga indizi visivi per indicare quale visualizzazione è attiva e rivolta verso l’utente.
■ Figura 22.14 Rappresentazionigizmo delle cinque proiezioni
La verticale del gizmo, o indicatore, indica quale visualizzazione è attiva. La linea verde del gizmo Planar è sempre il lato destro della bitmap. La linea verticale verde del gizmo Cylindrical indica la cucitura dove si incontrano i lati destro e sinistro dell’etichetta bitmap. Similmente, il gizmo Spherical ha un arco verde che indica il bordo di cucitura della bitmap. Il gizmo Shrink Wrap è identico a quello Spherical ma l’arco verde non indica una cucitura in quanto la sola cucitura si trova nella parte inferiore, di fronte alla linea verticale. Il gizmo Box non ha indicazioni perché in realtà è basato su normali di faccia che producono una cucitura per ogni improvvisa transizione di superficie. Le coordinate di mappatura vengono proiettate su una superficie come se fossero dirette dal gizmo di mappatura. Le coordinate di mappatura che incontrano la superficie a 90 gradi producono bitmap che non sono distorte. Se l’angolo di incontro cambia, i pixel divengono allungati. Quando questo angolo raggiunge 180 o 0 gradi la superficie è sul bordo della proiezione e i risultati in pixel producono striature lungo la superficie. Per correggere la striatura il gizmo deve essere orientato in modo che incontri la superficie con un angolo maggiore di 0 gradi. Il modificatore UVW è infinito nelle sue proiezioni di mappatura e le coordinate di mappatura sono applicate attraverso qualsiasi faccia correntemente selezionata nell’elenco. Il cambiamento del tipo di mappatura non può essere annullato. Se quindi si cambiano i tipi di mappatura in genere si cambia anche la scalatura del gizmo di mappatura; tornare al tipo di mappatura precedente non ripristina le proporzioni precedenti del gizmo.
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Mappatura Planar La mappatura è un concetto più semplice da capire se si utilizza la proiezione Planar, che in genere è il metodo di proiezione più utilizzato. Con la proiezione Planar, il gizmo rettangolare rappresenta le estensioni esatte della bitmap. Quando si cambia la forma del gizmo si allunga il disegno. La mappatura Planar viene proiettata infinitamente attraverso l’oggetto (figura 22.15). Indipendentemente dalla vicinanza dell’icona alla mesh, ciò che importa sono solo le dimensioni dell’icona e l’angolo con la mesh.
■ Figura 22.15 Proiezione della mappatura Planar
U tile
No tile
V tile
U tile e V tile
Poiché la bitmap si allunga per rientrare nelle coordinate di mappatura, il gizmo deve avere le stesse proporzioni delle bitmap se si vuole che il risultato non sia distorto. La funzione Bitmap Fit (figura 22.16) facilita questo compito. Facendo clic su Bitmap Fit è possibile selezionare una bitmap per stabilire una nuova profondità di gizmo. L’altezza del gizmo esistente resta costante indipendentemente dalle proporzioni della bitmap. Spesso si conosce la dimensione esatta nella quale la bitmap si rappresenta ed è necessario adeguare la mappatura delle dimensioni del gizmo ad essa. La sequenza di mattoni 6x12 utilizzata nella figura 22.15, per esempio, dovrebbe essere sempre 48”x32”, a meno che i mattoni non siano dimensionati in modo convenzionale. Purtroppo non c’è un modo chiaro per realizzare questo adeguamento. È possibile adeguare questa dimensione creando dapprima un oggetto temporaneo esattamente di quella dimensione, come illustrato nella procedura seguente: 1. stabilire la dimensione reale rappresentata dalla bitmap; 2. creare una spline Rectangle di quella dimensione; utilizzare la tastiera può essere più veloce se si accetta di avere l’oggetto in originale; 3. assegnare al rettangolo un modificatore UVW;
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■ Figura 22.16 Bitmap Fit scala le proporzioni del gizmo per adeguarlo alla bitmap selezionata
4.
fare clic su Fit; il gizmo UVW Mapping esegue uno snap verso le estensioni del rettangolo; 5. tornare all’oggetto primario con un modificatore UVW Mapping e utilizzare la funzione Acquire per recuperare il gizmo correttamente scalato; con il gizmo correttamente scalato, è possibile posizionarlo e ruotarlo come necessario e anche utilizzare le funzioni Center o Normal Align; Pr ottenere un aggiustamento delle coordinate di mappatura il più possibile accurato, è necessario utilizzare l’Editor tracce perché Transform Type-In registra solo le informazioni di scalatura relativa e quando di adeguano le dimensioni è necessario controllare le dimensioni esatte. Dopo avere aggiunto una chiave per il modificatore UVW Mapping Gizmo Scale, è possibile fare clic con il tasto destro del mouse sulla chiave per produrre il Key Info, che fornisce un resoconto preciso della scalatura corrente del gizmo, con 100& equivalente a 2”. È possibile regolare il valore di scalatura, dividere per 50 e conoscere l’esatta dimensione (in pollici) del proprio gizmo di mappatura. Dopo avere opportunamente scalato un gizmo per adeguare una bitmap particolare, eseguire un’operazione qualsiasi incederà negativamente su questa relazione. Non cambiare il tipo di proiezione di mappatura e utilizzare invece le funzioni Fit o Reset all’interno del modificatore. Quando l’oggetto è basato su una spline risultante da Extrude, Bevel o Lathe, la determinazione della scalatura corretta diviene un’operazione leggermente complessa. Tutte questi metodi di creazione stabiliscono la mappatura ma lo fanno come una ripetizione 1x1 sull’intera lunghezza e altezza. Per essere precisi in unità reali è necessario aumentare il mosaico del materiale secondo il perimetro della spline che lo definisce. Purtroppo, un metodo diretto per determinare la lunghezza del perimetro di una spline non esiste. Per ottenere questa informazione è possibile adottare la procedura seguente: 1. con l’oggetto perimetro selezionato, disattivare Extrude, Bevel o Lathe e i modificatori conseguenti lasciando visibile solo la spline di definizione; 2. creare un loft da un’altra forma spline; 3. con l’opzione Instance attiva, fare clic su Get Path e selezionare l’oggetto perimetro;
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CAP.22 a questo punto si ha un oggetto loft che utilizza l’oggetto perimetro come suo percorso; 4. digitare 100 nella casella Path Percent e poi passare da Percentage a Distance. La distanza perimetro del percorso viene data nella casella Path. Se si vuole, è possibile cancellare questo loft temporaneo o utilizzarlo per tracciare il punto in cui si trovano i punti sul percorso in distanza o in percentuale di lunghezza. Inoltre è possibile modificare la spline del percorso ed ottenere l’aggiornamento della lunghezza risultante. Se si conosce la distanza perimetro della spline è possibile dividere questa distanza per la lunghezza dell’asse U della bitmap reale per scoprire il Tiling richiesto (figura 22.17).
■ Figura 22.17 Map Tiling per correggere una lunghezza estrusa
Tecniche di mappatura Planar In genere si pensa alla mappatura Planar applicata ai quadrati, alle normali o a una superficie. Anche se questa applicazione produce una mappatura non distorta, spesso con rappresenta l’approccio più conveniente. Pochi oggetti sono complanari, e quasi tutti presentano angoli che richiedono anche coordinate adeguate ai lati adiacenti. Per esempio, un muro di mattoni che forma un angolo, richiede che le linee dell’intonaco siano perfettamente allineate. Per geometrie rettilinee, che interessano quasi tutte le strutture, esistono le seguenti opzioni: ■ selezionare le facce con EditMesh e assegnare loro il giusto modificatore UVW Mapping; adeguare posizione, dimensione e orientamento originali del gizmo di mappatura e poi ruotarlo di 90 gradi; ■ selezionare le facce con EditMesh o con EditableMesh e assegnare loro ID di materiali separati; trasformare il materiale corrente in multimateriale, cambiare la mappatura da UV a VW e l’angolo a 90 gradi; ■ ruotare il gizmo di mappatura di 45 gradi. Il problema con la prima opzione è che mantenendo i differenti gizmo in allineamento con ogni altro gizmo attraverso aggiustamenti successivi può essere difficoltoso. La seconda opzione è interessante ma funziona solo se l’oggetto è davvero rettilineo. L’ultima opzione è veloce, non ha controindicazioni ed è applicabile alla maggior parte delle situazioni. Tutte e tre le opzioni assumono che il gizmo sia delle proporzioni corrette per la bitmap desiderata (questo significa che è stata effettuata un’operazione Bitmap Fit). Il metodo per angolare correttamente la mappatura Planar è di assicurare un angolo equivalente dell’icona di mappatura a ciascun lato della mesh. Se l’oggetto ha angoli non omogenei, per esempio un esagono o un ottagono, è necessario applicare coordinate separate alle coppie adiacenti di facce. In questo caso, è necessario realizzare selezioni di facce sub-oggetto e applicare modificatori UVW Mapping separati. Un esagono o un ottagono possono essere correttamente mappati con due proiezioni, mentre un poligono con dieci o dodici lati ne richiederebbe tre. MAPPATURA PER MATERIALI
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Quando si applica una mappatura a un angolo, si vuole che la proiezione di mappatura sia pari in qualsiasi lato che riceve la mappatura; l’angolo di avvicinamento del gizmo deve essere simile a tutte le facce. Man mano che l’angolo del gizmo cambia partendo da 90 gradi, tuttavia, l’immagine proiettata inizia ad allungarsi. L’allungamento può essere corretto regolando la mappatura lungo l’asse allungato in uno dei tre seguenti modi: scalando il gizmo di mappatura, regolando il mosaico del UVW Mapping o regolando il mosaico della bitmap del materiale. Qualunque sia il metodo utilizzato, si dovrebbe utilizzarlo in modo omogeneo per facilitare e rendere più chiare le modifiche future. Di tutti i metodi, il meno preciso e più difficile da regolare è la scalatura del gizmo. Il mosaico Material è una buona scelta solo se il materiale è stato sempre applicato all’angolo per la cui correzione è stato scalato. In molti casi lavorare con il mosaico del modificatore UVW è la scelta più sensata in quanto il modificatore è relativo alla proiezione e può essere acquisito da altri modificatori di mappatura che richiedono valori simili. La figura 22.18 mostra come questo metodo viene applicato con i valori di mosaico.
■ Figura 22.18 Correzione della distorsione planare da proiezioni angolate
Per correggere la mappatura allungata è necessario aumentare il mosaico della mappa. L’incidenza dell’aumento dipende dall’angolo della superficie con il gizmo di mappatura. Per angoli di 90 gradi (retti) la correzione è un mosaico di 1,414 - la radice quadrata di due, un numero che è bene tenere a mente in quanto la correzione degli angoli retti è molto comune. Il rapporto di correzione può essere ricavato dall’angolo di approccio o incluso: Rapporto di mosaico = 1/Seno (angolo di approccio del gizmo) oppure: Rapporto di mosaico = 1/Coseno (angolo di approccio incluso del gizmo) La figura 22.20 mostra il calcolo di questo rapporto in pratica. Si noti che l’angolo di approccio del gizmo è metà dell’angolo di curvatura. Se il gizmo forma un angolo pari con la curva il rapporto di correzione può essere desunto dall’angolo di curvatura. Rapporto di mosaico = 1/Seno (0,5 x angolo di curvatura) Tutte queste formule sono equivalenti ma e per alcune persone una può essere più familiare di un altra. Il rapporto di correzione di 1,414 può essere memorizzato per tutte le mappature rettilinee.
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CAP.22 Una proiezione obliqua planare può essere corretta una volta per ogni superficie, ma non può essere corretta una seconda volta. La figura 22.19 mostra come ruotare una seconda volta il gizmo di mappatura produce una mappatura angolata su tutte le superfici. Questa applicazione può essere adatta se la bitmap è piuttosto casuale e se su di essa si può facilmente eseguire il mosaico (figura 22.19). Se si ricerca quest’ultimo effetto è meglio lavorare con la mappatura Box.
Figura 22.19 Rotazione della mappatura Planar su due assi
Mappatura Cylindrical La mappatura Cylindrical proietta le sue coordinate dal centro del gizmo all’esterno verso l’infinito, similmente alle increspature di un laghetto (figura 22.20). L’altezza del cilindro gizmo determina la dimensione dell’altezza della bitmap oppure la dimensione di V. A causa di questa situazione, il raggio del gizmo non è importante, lo è invece la posizione del suo centro. Per determinarne altezza, centro, parte superiore, cucitura del cilindro lo si può pensare come un aiuto visivo; si può inoltre stabilire se è stato scalato non uniformemente. Il bordo posteriore e verde dell’icona indica dove si incontrano i bordi della bitmap; al momento del rendering compare una cucitura se la bitmap del materiale non può diventare a mosaico nella sua direzione U. La cucitura posteriore è anche la posizione di mosaico iniziale. Quando si lavora con decal a mosaico, la cucitura diventa il lato sinistro della bitmap. In genere, le superfici che sono parallele a una proiezione cilindrica subiscono striature o mulinelli (figura 22.21). Poiché tali striature e mulinelli non sono quasi mai voluti, il rappresentatore di produzione tratta questa situazione come un caso speciale e utilizza il primo pixel ritrovato per la parte superiore come il colore dell’intera occlusione. Poiché questa correzione non è mostrata nel rappresentatore interattivo, può essere confusa. Invece di accettare la correzione, se si vuole conservare l’effetto a spirale mostrato nella finestra, è possibile spostare uno dei vertici di definizione di un piccolo incremento, oppure ruotare minimamente il limite del gizmo di mappatura (0,03 gradi o più dovrebbe essere sufficiente).
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Figura 22.20 Proiezione di mappatura Cylindrical
Tile U e V
Tile V
Tile U
No tile
Figura 22.21 Condizionidiocclusione della mappatura Cylindrical
Impatto della geometria
OpzioneCap
L’opzione Cylindrical Mapping Cap applica mappature planari alla parte superiore e inferire della proiezione cilindrica. Questa applicazione è simile a quella Mapping Box. L’angolo qualificato per essere una “occlusione”, tuttavia, è molto meno profondo dell’angolo qualificato per essere il lato della mappatura parallelepipedo, con le facce che diventano complanari via via che si avvicinano a 20-25 gradi dal piano orizzonte. Un aspetto interessante del gizmo cilindrico è che è possibile scalarlo non uniformemente in modo da avere una proiezione “ellittica”. Eseguire una scalatura non uniforme sugli assi X e Y del gizmo non ha effetto sulla mappatura ma la scalatura degli assi X e Y non uniforme fra di loro crea un’ellissi. La figura 22.22 mostra la situazione in cui tale mappatura è appropriata. La mappatura Cylindrical prende la sua traccia proporzionale dalla mappatura Planar. Se si vuole una forma ellittica adattare la mappatura Planar e poi passare a quella Cylinder. Se si vuole reimpostare la mappatura, passare alla mappatura Spherical e poi di nuovo alla Cylindrical.
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CAP.22 Figura 22. 22 Scalatura non uniforme di gizmo cilindrico che crea una mappatura ellittica
Tecniche di mappatura Cylindrical Spesso è necessaria una proiezione per eseguire il rendering della bitmap in modo del tutto non distorto. Questo succede in particolare per oggetti in cui la distorsione è facilmente identificabile, per esempio, testo, etichette, logo, ritratti o motivi geometrici. Si prenda come esempio l’etichetta di una bottiglia di vino: i fattori da determinare sono diversi: il raggio della bottiglia, l’altezza dell’etichetta, la percentuale della bottiglia avvolta nella carta e le proporzioni dell’etichetta. Se si conoscono tre di queste variabili, è possibile calcolare con una certa affidabilità la quarta. Quindi se si conoscono le dimensioni della bottiglia e l’altezza e le proporzioni dell’etichetta è possibile determinare quanto la bottiglia sarà avvolta. Un metodo per garantire una mappa non distorta è quello di equilibrare il rapporto della bitmap con il raggio del modello per arrivare all’altezza del gizmo richiesta. Un altro metodo è quello di utilizzare le dimensioni geometriche e l’esatto posizionamento dell’etichetta per determinare le proporzioni necessarie per la bitmap del materiale. Il fatto è che per una certa proporzione di bitmap esiste una sola altezza del gizmo corrispondente che funziona per uno specifico raggio dell’oggetto. La bitmap del materiale è in genere il primo elemento da considerare, con il rapporto profondità/altezza che determina le dimensioni del gizmo. Via via che la mappa si avvolge intorno al cilindro, la sua profondità viene allungata sino alla lunghezza della circonferenza. Moltiplicando questa distanza per il rapporto della bitmap si ottiene l’altezza richiesta per il cilindro gizmo: Altezza gizmo = (Bitmap V / Bitmap U) x diametro oggetto x Π Se si sta creando una bitmap speciale per un oggetto appositamente dimensionato e proporzionato, per esempio una lattina, è necessario proporzionare la bitmap per adeguarla alla dimensione dell’etichetta richiesta: (Bitmap V / Bitmap U) = diametro lattina x Π /altezza della lattina Spesso l’etichetta è concepita per avvolgere solo una porzione della circonferenza del cilindro. Anche se è possibile stabilire le formule, la via più semplice è quella di definire il gizmo come se l’etichetta dovesse avvolgere l’intero cilindro e poi cambiare il mosaico per controllarne le proporzioni. Se l’etichetta risultante è troppo corta o avvolge la porzione non correttamente, la sola possibilità è quella di cambiare le proporzioni della bitmap dell’etichetta. Quando si utilizza la funzione Bitmap Fit l’altezza del gizmo viene mantenuta mentre il raggio del gizmo viene scalato in modo che la bitmap si avvolga intorno al cilindro come l’etichetta di una “scatola di pelati”, producendo un cilindro perfettamente proporzionato a quella specifica bitmap. Dopo aver realizzato questi adeguamenti è necessario o scalare uniformemente il gizmo per adeguarlo al raggio della geometria, oppure scalare la geometria in modo che il raggio si adegui a quello del gizmo; il primo metodo è quello di gran lunga più comune. MAPPATURA PER MATERIALI
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Mappatura Spherical La mappatura Spherical proietta le sue coordinate da un punto centrale all’esterno verso l’infinito in tutte le direzioni (figura 22.23). La dimensione dell’icona non ha assolutamente effetto sulle coordinate di mappatura risultanti. Se l’icona è non uniformemente scalata, tuttavia, la mappatura sferica diventa una mappatura ellissoidale, ideale per oggetti allungati a forma di losanga. anche in caso di scalatura non uniforme, non è la scalatura in se stessa che incide sulla mappatura ma piuttosto la posizione del centro del gizmo in relazione all’oggetto. Lo scopo primario del gizmo sferico è di aiutare a posizionare il centro e di indicare la scalatura superiore, posteriore e non uniforme. La mappatura Spherical può anche essere considerata come una “reimpostazione” per gli altri tipi di mappatura. Il passaggio in mappatura Spherical da altri tipi di mappature reimposta sempre il gizmo come una sfera pura. Tornare poi ad un altro tipo di mappatura li reimposta sui valori di default (un quadrato per Planar, un cilindro con l’altezza della sfera per Cylindrical). L’orientamento del gizmo ha l’effetto maggiore sulle proiezioni sferiche. I poli dell’icona sono punti di convergenza per la bitmap e possono causare restringimenti e mulinelli, fenomeni noti con il nome di singolarità polare. Gran parte dei mulinelli è dovuto alla densità della mesh in quel punto preciso: maggiore è la densità della mesh, più chiara sarà la mappa risultante. L’arco verde del gizmo indica la cucitura sulla quale i bordi dell’asse U di una bitmap di mosaico si incontrano. La cucitura può essere molto evidente se la bitmap non è oggetto di mosaico lungo questo bordo e può rovinare molti effetti. Ruotare la cucitura di lato, dove non può essere subito vista, è in genere una scelta indovinata.
Figura 22.23 Proiezione di mappatura Spherical
Tile V
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No tile
Tile U e V
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
Tile V
CAP.22
Tecniche di mappatura Spherical La mappatura Spherical inizia allungando la bitmap verticalmente da polo a polo e poi avvolgendola orizzontalmente partendo dal meridiano posteriore e proseguendo tutt’intorno. La mappa è così riproiettata sulla superficie. Come sanno i cartografi, non è possibile realizzare una mappa rettangolare che possa essere adattata a una sfera senza distorsione. La sola zona per cui si ha un certo controllo sulla distorsione è l’equatore delle coordinate di mappatura (figura 22.24). In questo punto la bitmap è stata avvolta per l’intera circonferenza, mentre l’altezza è stata avvolta intorno a metà della circonferenza. Una bitmap a questo punto dovrebbe avere un rapporto larghezza/altezza di 2:1 in modo che non sembri distorta all’equatore. Le bitmap che non hanno un rapporto originale di 2:1 dovrebbero avere gli assi U o V scalati per produrre lo stesso rapporto. È possibile scegliere quale asse scalare anche se quasi tutte le bitmap tendono ad essere troppo strette per la loro altezza. Una bitmap quadrata, per esempio, dovrebbe aumentare l’asse delle U a 2 mentre lasse delle V dovrebbe rimanere lo stesso. Se la dimensione verticale deve essere a tutta altezza totale allora deve essere aumentato il mosaico U. Una bitmap 640x480 richiede che il valore U sia scalato di 640/(2x480)=0,6667 . Se la dimensione orizzontale deve essere costante, il valore V dovrà essere scalato di 480/ (640/2)=1,5.
Figura 22.24 Correzione per distorsione di scalatura all’equatore
U tile = V tile
U tile = ZV tile
Mappatura Shrink Wrap La mappatura Shrink Wrap è un’interessante alternativa alla mappatura sferica ed è ideale per molte applicazioni. Mentre Spherical ha la singolarità su entrambi i poli, Shrink Wrap ha la singolarità solo alla sua base, una zona che spesso è facile da nascondere: per questo motivo questa mappatura è ideale per teste, cieli, alberi e sfere su una base, come un fiore cruciforme. Shrink Wrap funziona considerando solo la zona centrale della bitmap; in sostanza questa mappatura tratta la bitmap come un foglio circolare di gomma che si avvolge intorno all’oggetto e stringe la mappa tagliata sulla parte posteriore. La figura 22.25 mostra questo modo di procedere avvolgendo la bitmap di un cerchio. Poiché Shrink Wrap taglia via gli angoli, sembra che sia stata applicata solo una mappa bianca invece di un cerchio bianco su un campo nero.
MAPPATURA PER MATERIALI
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Il gizmo Shrink Wrap reagisce nello stesso modo del gizmo Spherical. La sua selezione provoca sempre una reimpostazione. La scalatura del gizmo non è importante mentre il suo centro lo è. Come la mappatura Spherical, è possibile scalarla non uniformemente per coprire le forme ellissoidali.
Figura 22.25 Taglio circolare eseguito dalla mappatura Shrink Wrap
Tecniche di mappatura Shrink Wrap La mappatura Shrink Wrap dovrebbe essere utilizzata con bitmap che possono essere oggetto di mosaico sugli assi U e V o con immagini a risoluzione molto alta. La recisione di Shrink Wrap lascia una porzione minore dell’immagine da proiettare e le bitmap più piccole potrebbero sembrare sgranate perché sono viste oltre il loro intervallo. Le bitmap che possono essere oggetto di mosaico sono ideali per Shrink Wrap. Intervalli di mosaico di 3 o 4 nelle direzioni U e V producono risultati estremamente convincenti (figura 22.26). Il successivo aspetto da considerare con Shrink Wrap è che spesso funziona bene con proiezioni di bitmap VW e WU. Quando si regola il gizmo, soprattutto quelli ad angolo e per modelli organici, i differenti assi di proiezione possono dare risultati sorprendentemente buoni quando si utilizzano mappe mosaico, come si è già visto nei paragrafi precedenti.
Mappatura Box La mappatura Box dovrebbe essere considerata come una mappatura Planar applicata da sei direzioni. Le proporzioni proiettate da ogni lato corrispondono alle proporzioni della bitmap di riferimento. Scalare il gizmo scala la mappatura risultante, come succede con la mappatura Planar. La scalatura non uniforme del gizmo significa che i lati avranno differenti proporzioni di mappatura l’uno dall’altro. Quanti sono già pratici di 3D Studio non devono confondere la mappatura Box di 3DS MAX con Material Box di 3DS DOS. Quest’ultima allunga le bitmap assegnate nel senso di ogni dimensione dell’oggetto assegnato e tende a essere di scarsa utilità pratica. Al confronto. la mappatura Box è molto controllabile e estremamente utile. La bitmap mantiene l’altezza del gizmo e scala l’asse delle X per adeguarsi alla proporzione della bitmap. Le proiezioni Front, Back, Top e Bottom sono state inserite
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.22 lasciando una faccia quadrata Left e Right. Ora è possibile ruotare il gizmo della mappatura Box come necessario, se è richiesta una diversa direzione. La ragione per cui sceglie le facce in questo modo è inerente al modo in cui esegue la mappatura. Le facce destra e sinistra (l’asse X del gizmo) sono sempre considerate “facce” mentre le altre si avvolgono intorno all’asse Y (figura 22.27). La mappatura Box assegna la mappatura secondo l’orientamento della superficie della normale verso il gizmo. Dopo che una faccia supera l’angolo di soglia di 45 gradi fra i piani proiettati del gizmo di mappatura, riceve la mappatura dall’altra lato. La mappatura Box è quindi un modo molto veloce per assegnare la mappatura a geometrie altrimenti difficili.
Figura 22.26 Shrink Wrap con bitmap di mosaico
Figura 22.27 Proiezione di mappatura Box
Bitmap fit
Giuntura (mappatura senza tiling) Giuntura (difficile da individuare Geometria casuale a causa della forma del tiling) senza giunture
Giuntura (nascosta dalla forma del tiling)
MAPPATURA PER MATERIALI
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Tecniche di mappatura Box Molto spesso si vuole che la mappatura prodotta dalla mappatura Box sia pari per tutte le facce delle sue proiezioni. Questo accade solo quando il gizmo della mappatura Box è un cubo perfetto. Un gizmo di mappatura perfettamente cubico funziona bene con materiali che utilizzano bitmap quadrate ma allunga o schiaccia le bitmap di proporzioni differenti. La funzione Bitmap Fit scala il gizmo per adeguarlo alla bitmap ma lascia due estremità quadrate e fuori proporzione con le altre quattro. Se è necessario che tutte le sei facce siano in proporzione fra di loro e con la bitmap di riferimento, si deve regolare il mosaico mappa (figura 22.28) eseguendo le seguenti operazioni: 1. verificare che il gizmo di mappatura sia un cubo passando in Spherical o Shrink Wrap e poi tornando in Box; 2. utilizzare l’opzione Info in VIEW FILE per identificare la risoluzione; 3. il rapporto altezza/profondità della bitmap diventa il rapporto UTile/VTile; questo aggiustamento può essere realizzato nelle impostazioni del modificatore UVW Mapping o in quello materiali; si noti che il mosaico U e V è il contrario di Height e Width;
Figura 22.28 Aggiustamentodel mosaico per pareggiare il mosaico della mappatura Box
Tilinginiziale
4.
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Tilingdopo bitmap fit
Modifica del materiale invece di bitmap fit
il rapporto U/V ora deve essere mantenuto per tutti i futuri aggiustamenti; è possibile regolare la dimensione del mosaico o scalando uniformemente il gizmo di mappatura oppure regolando i valori di mosaico. Un metodo conveniente è quello di impostare l’aggiustamento della bitmap nel materiale, che è collegato a quella particolare bitmap, e utilizzare il mosaico modificatore per controllare la ripetizione. In qualsiasi caso si hanno tre metodi per cambiare il mosaico che possono essere utilizzati individual-
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.22 mente o in congiunzione fra di loro per realizzare il mosaico finale. Si consiglia tuttavia si utilizzare un solo metodo per regolare il rapporto della bitmap e gli altri per la dimensione complessiva del mosaico. Quando è correttamente regolata per la dimensione della bitmap, la mappatura Box può essere ideale per le geometrie rettilinee. Tuttavia la mappatura Planar è da preferirsi quando è necessario un controllo localizzato su zone specifiche per garantire allineamenti importanti.
Strategie di mappatura Il controllo di come un materiale dovrebbe attraversare una superficie dipende dall’applicazione di una mappatura appropriata. Decidere come applicare la mappatura per raggiungere il risultato voluto è un’azione da pianificare: si deve infatti decidere dove applicarla, con quale proiezione, con quale orientamento e con quale mosaico, domande che vanno poste al momento di completare le superfici. Anche se quasi tutti i modelli richiedono tecniche leggermente differenti, le strategie seguenti sono utili indicazioni per determinare quale mappatura si adatta meglio alla geometria del proprio modello: ■ superfici piatte (carta): mappatura Planar applicata normalmente alla superficie; ■ rettilinea senza occlusioni (pareti): mappatura Planar applicata con un angolo che si avvolge intorno alle curve; ■ rettilinea con occlusioni (parallelepipedi): mappatura Box, regolando il rapporto del mosaico o del gizmo per adeguarla alla proporzione della bitmap; ■ simmetrica (una papera): mappatura Planar per una bitmap creata appositamente che può proiettarsi attraverso l’oggetto e mappare entrambi i lati con la stessa immagine; ■ cilindrica (bottiglia): mappatura Cylindrical che compensa le proporzioni della bitmap con l’altezza del gizmo o il tiling; ■ sferica (palla): mappatura Spherical o Shrink Wrap , a seconda della natura della bitmap e di quanto i poli saranno sporgenti nel rendering finale; ■ irregolare (una pianta): teoricamente si dovrebbe assegnare la mappatura della creazione (Loft, Extrude, Bevel, Lathe). In alternativa la mappatura Shrink Wrap può funzionare con geometrie a bordi smussati, mentre la mappatura Box può funzionare con geometria a bordi netti. Un altro aspetto importante per la mappatura è di assegnarla mentre l’oggetto presenta la sua forma geometrica nel modo più pulito. Prima di comprimere l’elenco di modellazione, analizzare le forme progressive e identificare i punti nei quali è più facile applicare la mappatura. Una foglia, per esempio, si mappa meglio quando è stata appena estrusa ed è piatta, piuttosto che in un secondo tempo quando è stata curvata e arricciata. Non è raro deformare un oggetto in una forma più conveniente per potere applicare la mappatura e poi togliere la deformazione. L’ultimo aspetto da considerare è la posizione del modificatore UVW nell’elenco, soprattutto quando la modellazione è stata animata. Se le deformazione avvengono dopo il modificatore UVW le coordinate di mappatura si “attaccano” e la mappatura si allunga con i vertici dell’oggetto. Se le deformazioni accadono prima del modificatore UVW
MAPPATURA PER MATERIALI
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l’oggetto sembra spostarsi attraverso le coordinate perché è esattamente quello che sta succedendo.
Riepilogo ■
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Applicazione della mappatura: la mappatura in genere viene applicata alla fine della sequenza di modellazione perché ulteriori operazioni di modellazione minacciano di distorcere le coordinate di mappatura precedentemente definite. Il Modifier Stack consente di vedere per intero la storia di modellazione e di posizionare la mappatura quando la forma dell’oggetto si conforma meglio alla forma della proiezione di mappatura. Modificatori VolumeSelect: questi modificatori sono superiori a quelli EditMesh nel definire le selezioni sub-oggetto per le assegnazioni di mappatura perché utilizzano una quantità di RAM minima. Mappatura unica: ogni faccia su un oggetto può avere una mappatura unica ma solo l’ultima UVW Mapping applicata a una faccia sarà rispettata. Mappatura infinita: la mappatura si proietta all’infinito attraverso un oggetto come determinato dal metodo di proiezione (Planar, Cylindrical, Spherical, Shrink Wrap o Box). Geometria rettilinea: la geometria rettilinea può spesso essere mappata con una proiezione planare applicata a 45 gradi. La distorsione della proiezione angolare è facilmente corretta con un mosaico 1,414x o con una scalatura del gizmo lungo l’asse angolato. Gizmo di mappatura UVW: il gizmo UVW Mapping corrisponde alla bitmap (quando Tiling è 1,0 e Offset è 0). Le bitmap all’interno dei materiali sono allungate per incontrare gli angoli del gizmo così il gizmo dovrebbe avere la stessa proporzione altezza/larghezza della bitmap del materiale per evitare distorsioni. Scalatura del mondo reale: molte bitmap sono in relazione con la scalatura del mondo reale. La dimensione di tali bitmap dovrebbe essere determinata e il gizmo di mappatura dovrebbe essere realizzato in modo da adeguarsi a queste dimensioni; in questo modo il rendering del materiale sarà in scalatura con la rappresentazione bitmap.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
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La superficie riflette un’immagine? Se sì, quale? Con quale intensità? Come dovrebbe essere gestita? Si verifica una volta sola o si ripete? Le scelte influiscono sul canale mappa Reflection e sui relativi parametri. ■ È necessario visualizzare entrambi i lati della mesh? La scelta influisce sull’opzione [2-Sided] o passa al materiale Double Sided. ■ È possibile vedere un’immagine nell’illuminazione? La scelta influisce sul canale mappa Specular e i relativi parametri. Le risposte a queste domande dipendono dalle scelte effettuate per ogni materiale Standard definito. È sempre possibile saltare le domande inutili. Se, per esempio, un oggetto è opaco, si evitano almeno quattro decisioni. Le risposte alle domande dipendono da come si regolano i parametri, si scelgono le opzioni e si selezionano le intensità e i contenuti dei tipi di mappa. È la decisione dell’artista a modellare il materiale. Ogni materiale assomiglia a una ricetta composta da operazioni da effettuare e ingredienti da aggiungere che costituiscono la definizione materiale. È la definizione a essere assegnata alle superfici della scena. Le librerie di materiali diventano quindi un “ricettario” che contiene le definizioni accumulate e organizzate dal modellatore.
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CAP.24
CAPITOLO 24
Espressioni e controller
Ogni volta che in una scena viene animato un oggetto, 3D Studio MAX salva i dati necessari per riprodurre l’animazione. Poiché non su tutti i fotogrammi viene indicato il modo in cui l’oggetto deve essere animato, 3DS MAX deve anche calcolare (interpolare) i dati di animazione relativi ai fotogrammi in cui questi mancano. Nelle versioni precedenti di 3D Studio il modo in cui i dati erano memorizzati era inaccessibile all’utente ed era disponibile un solo tipo di interpolazione. In 3D Studio MAX tutti i dati di animazione sono gestiti da oggetti detti controller che memorizzano i valori dell’animazione ed eseguono l’interpolazione da un valore all’altro. 3DS MAX contiene diversi controller. Per ottenere esattamente l’animazione desiderata è necessario conoscerne le differenze, il modo di operare, il tipo di controller da utilizzare in una certa situazione e il modo in cui regolarne la funzionalità. A questo scopo il presente capitolo descrive l’utilizzo dei controller di 3DS MAX, trattando gli argomenti che seguono: ■ scelta del tipo controller; ■ controller a parametro unico e controller composti; ■ controller parametrici e controller basati su chiavi; ■ tipi di dati dei controller; ■ tipi di interpolazione dei controller basati su chiavi;
ESPRESSIONI E CONTROLLER
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controller espressione; operazioni di copia e incolla dei controller; conversione di output di controller parametrico in animazione basata su chiavi. Quando viene creato un oggetto in 3DS MAX il nucleo del plug-in associato a quell’oggetto indica un elenco di parametri che possono essere animati. Per risparmiare memoria, a tali parametri in generale non è assegnato un controller. Se l’utente anima il parametro, a questo viene assegnato un controller di default. Oltre all’elenco di parametri reso dal plug-in, 3DS MAX assegna all’oggetto anche un controller di trasformazione. Questo memorizza la posizione dell’oggetto nello spazio globale, gli eventuali dati di rotazione associati all’oggetto e i fattori di scala che a esso devono essere applicati. Quando un oggetto viene creato, al controller di trasformazione e ai controller di input vengono assegnati controller di default. La figura 24.1 mostra i parametri e i controller di default associati a un parallelepipedo che non è stato animato, ma al quale è stato assegnato un materiale. I parametri animabili sono indicati da un triangolo verde. Per ogni parametro viene visualizzato il nome e, se gli è stato assegnato un controller, i tipi di dati e di interpolazione ad esso relativi, di seguito al nome.
■ Figura 24.1 I parametri e i controller di default associati a un parallelepipedo con mappa texture.
Scelta del tipo di controller 3DS MAX assegna dei tipi di controller di default, ma è sempre possibile cambiare il controller di un parametro in un tipo diverso. È anche possibile cambiare i tipi di controller di default che 3DS MAX deve assegnare. Tutti i cambiamenti relativi ai parametri possono essere effettuati nell’Editor tracce. Nel pannello MOTION anche i tipi di controller di trasformazione a livello di oggetto possono essere cambiati. Per cambiare il controller del parametro di un oggetto nell’Editor tracce, eseguire le operazioni che seguono:
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 1. 2. 3.
aprire l’Editor tracce ed espandere le tracce dell’oggetto al livello del parametro; selezionare il parametro e fare clic su Assign Controller; selezionare il controller scelto nella finestra di dialogo REPLACE POSITION CONTROLLER e poi fare clic su OK (figura 24.2).
■ Figura 24.2 La finestra di dialogo Replace Position Controller nell’Editor tracce.
Per cambiare il controller del parametro di un oggetto nel pannello Motion, eseguire le operazioni che seguono: 1. selezionare l’oggetto e aprire il pannello MOTION; 2. fare clic su Parameters e aprire la tendina Assign Controller (figura 24.3); 3. selezionare il parametro e fare clic su Assign Controller; 4. selezionare il controller scelto nella finestra di dialogo REPLACE CONTROLLER e poi fare clic su OK.
■ Figura 24.3 La tendina Assign Controller nel pannello di comandiMotion.
ESPRESSIONI E CONTROLLER
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Dopo che un controller è stato selezionato nella finestra di dialogo REPLACE CONTROLLER, il pulsante Make Default diventa attivo. Facendo clic su tale pulsante, compare la richiesta di confermare se il controller scelto deve essere quello di default per tutti i parametri con lo stesso tipo di dati. In caso affermativo, tutte le volte che 3DS MAX assegna un controller a un parametro con questo tipo di dati, verrà utilizzato il controller selezionato. Se il controller selezionato come default per un tipo di dati è parametrico (per esempio un controller Path o Noise) non è possibile impostare o cambiare interattivamente i valori relativi ai parametri che usano quel tipo di dati. Se per esempio viene impostato il controller Position Expression come controller posizione di default, tutti gli oggetti nuovi vengono creati all’origine del sistema globale e non possono essere spostati interattivamente. Quando viene cambiato il tipo di controller relativo a un parametro, 3DS MAX converte, ove possibile, tutti i dati di animazione esistenti nel formato richiesto dal nuovo controller. Passando da un controller basato su chiavi a un altro dello stesso tipo, i dati di animazione vengono conservati. Se però la conversione avviene da o verso un controller parametrico, i dati andranno perduti. 3D Studio MAX non consente di cambiare controller per diversi parametri: Ease Curves, Morph, punti di controllo di deformazione loft e modificatori gizmo Center Positions.
Controller I controller possono essere classificati in vari modi: a seconda che siano a parametro unico o composti, parametrici o basati su chiavi, per tipo di dati e per tipo di interpolazione. Nei paragrafi che seguono verranno descritte le differenze tra controller per ogni tipo di classificazione.
Controller a parametro unico e composti I controller a parametro unico si trovano nel livello più basso della gerarchia dei controller. Essi memorizzano i valori di animazione indicati nel tempo dall’utente relativamente al parametro e ai valori di output di un oggetto. I valori restituiti possono avere una componente (per esempio l’altezza di un parallelepipedo) o più componenti (per esempio le posizioni X, Y e Z dell’oggetto). Un controller a parametro unico può essere parametrico o basato su chiavi. I controller composti assumono come input l’output degli altri controller. Poi combinano questi dati con i dati del parametro associati al controller composto, manipolano i dati e restituiscono il risultato (figura 24.4). I controller composti sono i controller di trasformazione Position/Rotation/Scale (PRS) e LookAt, il controller di rotazione X, Y, Z euleriani, il controller di posizione Path e il controller List: tutti verranno descritti dettagliatamente nei paragrafi successivi.
Controller parametrici e controller basati su chiavi I controller a parametro unico possono essere suddivisi in due categorie: parametrici o basati su chiavi. Un controller parametrico assume come input i valori di dati indicati
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 dall’utente e poi fornisce come output valori basati sull’equazione che il controller implementa e sui valori dei dati di input. Un controller basato su chiavi assume come input valori di dati indicati dall’utente in punti temporali specifici e poi fornisce come output i valori interpolati per ogni punto temporale.
■ Figura 24.4 Controller con parametro singolo
Un esempio di controller composti nidificati. Controller composti
Un esempio di controller parametrico è Noise Rotation. L’input relativo è indicato nella finestra di dialogo delle proprietà del controller e comprende la frequenza e la forza del rumore (figura 24.5). Questi dati sono indicati una volta e non cambiano durante l’animazione. Al controller parametrico non sono associate chiavi e la sua presenza è rappresentata da una barra intervalli nella traccia del parametro nell’Editor tracce. L’output del controller in un dato tempo si basa sui dati di input, sul tempo e sull’equazione che implementa la funzione rumore.
■ Figura 24.5 La finestra di dialogo Noise Rotation Controller Properties.
Un esempio di controller basato su chiavi è Tension/Continuity/Bias (TCB) Rotation. L’input relativo è la rotazione dell’oggetto in tempi specifici. Questi dati sono generalmente forniti impostando il fotogramma di animazione, attivando il pulsante Animate e ruotando l’oggetto. Ogni volta che l’oggetto viene ruotato a un fotogramma diverso, si genera un nuovo punto di dati. Tali punti vengono definiti chiavi e i dati che indicano la portata della rotazione sono definiti valori chiave. La presenza di una chiave è rappresentata da un punto nella traccia del parametro nell’Editor tracce. L’output di un controller basato su chiavi si basa sui valori chiave, sul tempo e sull’equazione utilizzata per interpolare tra chiavi. Per alcuni controller tale equazione può accettare un input utente aggiuntivo. Con il controller TCB, per esempio, l’utente può regolare la tensione, la continuità e il bias in ogni chiave (figura 24.6). Altri controller, come Linear, interpolano sempre nello stesso modo e non possono essere regolati. ESPRESSIONI E CONTROLLER
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■ Figura 24.6 La finestra di dialogo TCB Position Controller Key Info.
Tipi di dati controller I controller possono essere classificati anche a seconda del tipo di dati che restituiscono. Il tipo di dati del controller deve corrispondere al tipo di dati del parametro di un oggetto, altrimenti il controller non può essere utilizzato per quel parametro. Un controller con tipo di dati Scale per esempio non può essere utilizzato per un parametro di posizione dell’oggetto perché il tipo di dati è diverso. La tabella 24.1 mostra i tipi di dati disponibili e alcuni esempi di parametro con cui possono essere utilizzati.
Tabella 24.1 Tipi di dati associati a parametri Tipo di dati controller
Parametri validi
Posizione (Position)
Posizione del modificatore gizmo o dell’oggetto, posizione centro gizmo
Scala (Scale)
Scalatura del modificatore gizmo o dell’oggetto
Rotazione (Rotation)
Rotazione del modificatore gizmo o dell’oggetto
Andamento (Float)
Tutti i parametri con valore a componente unico (altezza, numero di segmenti, angolo di rollio, opacità eccetera)
Point3
Tutti i parametri con valori a tre componenti diversi da Position e Scale (utilizzati solo per i colori dei materiali)
Colore (Color)
Tutti i materiali colore (diffuso, circostante eccetera)
Morph
Utilizzato solo per parametro morph
I dati Position e Scale sono casi particolari di Point3 e possono essere considerati dello stesso tipo tranne quando vengono assegnati i controller. L’unica differenza tra questi consiste nel fatto che per Position e Scale è disponibile un tipo di interpolazione Linear particolare, mentre non lo è per Point3. 3DS MAX utilizza la matematica dei quaternioni per controllare la rotazione. La matematica dei quaternioni (utilizzata da quasi tutti i sistemi di animazione per oggetti come cinepresa e rotazioni) è polare, perché utilizza un vettore a tre componenti e un angolo/ scalare). Questa matematica nacque nei primi anni del XIX secolo e fu sviluppata per risolvere il problema del blocco della sospensione cardanica sui grandi velieri. Da essa si ottengono risultati di interpolazione regolare per le rotazioni laddove invece le soluzioni matriciali (rotazioni X, Y, Z distinte) danno risultati irregolari. Il tipo di dati Rotation consiste di valori a quattro componenti richiesti dalla matematica dei quaternioni: i valori X, Y, Z di un vettore unità e l’angolo di rotazione intorno al vettore unità.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 Poiché i dati Rotation restituiscono quattro valori, non è possibile visualizzare nell’Editor tracce le curve di funzione relative al controller di rotazione. Per visualizzarle è necessario utilizzare un controller composto XYZ euleriani. L’input di quest’ultimo è dato da tre controller con tipo di dati flottanti con l’indicazione dei valori di rotazione X, Y e Z. A questo punto è possibile visualizzare le curve di funzione relative a ciascuno dei controller di dati flottanti. Il tipo di dati Color è un caso particolare del tipo Point3. L’output proveniente dai controller Point3 può avere qualsiasi intervallo di valori. L’output dei controller Color è limitato entro un intervallo compreso tra 0 e 255. Evidenziate le differenze tra le varie classi di controller, nei prossimi paragrafi verranno descritti i tipi di controller principali.
Controller basati su chiavi I controller basati su chiavi possono essere classificati a seconda del tipo di interpolazione che il controller utilizza per stabilire il valore da inviare fra le chiavi. Per tutti i controller la curva di funzione passa sempre dai valori chiave al tempo associato alla chiave. La differenza tra i vari controller riguarda solo l’interpolazione dei valori tra le chiavi e non le chiavi stesse. La tabella 24.2 mostra i tipi di interpolazione disponibili e i tipi di dati con i quali possono essere utilizzati.
Tabella 24.2 Dati disponibili per ogni tipo di interpolazione Tipo di interpolazione
Tipo di dati validi
Linear
Position, Rotation, Scale, Float
Smooth
Rotation
Bézier
Position, Scale, Float, Point3, Color
TCB
Position, Rotation, Scale, Float, Point3, Morph
Ogni combinazione di tipo di interpolazione e di dati è realizzata da un controller unico. Il metodo utilizzato per variare i valori chiave e i valori del parametro di interpolazione relativi alle chiavi è lo stesso all’interno di un gruppo di controller con un certo tipo di interpolazione. I controller che utilizzano il tipo di interpolazione Linear dividono uniformemente il cambiamento dei valori chiavi tra una chiave e la successiva per la quantità di tempo compresa tra le chiavi. I valori inviati dal controller seguono una linea retta tra le chiavi e vengono distribuiti uniformemente nel tempo; in altre parole i valori cambiano a velocità costante tra le chiavi. Non è possibile modificare il modo in cui vengono interpolati i valori. I controller che utilizzano il tipo di interpolazione Smooth regolano la tangente della curva che passa da un valore chiave in modo da fornire un’interpolazione regolare in quella chiave. Non è possibile modificare il modo in cui vengono interpolati i valori. I controller che utilizzano il tipo di interpolazione di Bézier utilizzano una curva spline di Bézier
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regolabile che passa per le chiavi in modo da calcolare i valori tra queste. La forma della curva spline si basa sui valori chiave e tangente nelle chiavi. Questi parametri di interpolazione e il loro effetto sulla curva verranno descritti nel paragrafo “Controller di Bézier”. I controller che utilizzano il tipo di interpolazione TCB interpolano tra le chiavi sulla base di cinque parametri: tensione, continuità, bias, aggiusta su, aggiusta da. La forma della curva di funzione si basa sui valori chiave e tangente nelle chiavi. L’effetto dei parametri di interpolazione sulla curva verrà descritti nel paragrafo “Controller TCB”. Per tutti i controller è possibile impostare o regolare i valori chiave attivando il pulsante Animate, impostando il tempo adatto e poi il nuovo valore relativo al parametro variabile. Per tutti i controller diversi dai controller di rotazione, è anche possibile creare chiavi o regolare i valori associati a una chiave utilizzando gli strumenti Function Curve dell’Editor tracce. Come anticipato, le chiavi di rotazione non possono essere visualizzate come Function Curve e quindi non possono essere regolate con questo metodo. Per i controller di Bézier e i TCB i valori delle chiavi possono anche essere regolati facendo clic con il tasto destro del mouse su una chiave, in modalità Edit Key o Function Curve dell’Editor tracce. Comparirà la finestra di dialogo KEY INFO dove è possibile modificare i valori. La figura 24.7 mostra alcuni esempi di finestre di dialogo KEY INFO per controller Bézier Float, Scale e Color. La figura 24.8 mostra alcuni esempi di finestre di dialogo KEY INFO per i controller TCB Rotation, Scale e Float. Dagli esempi è possibile constatare che, all’interno di uno stesso tipo di interpolazione, l’unica variazione è il numero di caselle per i valori chiave; gli altri comandi sono costanti. L’eccezione a questa regola è costituita dal controller di Bézier, che viene utilizzato solo per i parametri colore: questa caratteristica viene rispecchiata dall’unicità della finestra corrispondente. Nella finestra di dialogo KEY INFO di questo controller l’utente può indicare i colori utilizzando i modelli RGB o HSV. Viene fornita una tavolozza che visualizza il colore indicato dai valori colore. Facendo clic sulla tavolozza, comparirà la finestra di dialogo standard COLOR S ELECTOR.
■ Figura 24.7 Le finestre di dialogo Key Info dei controller Bézier Float, Scale e Color.
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CAP.24 ■ Figura 24.8 Le finestre di dialogo Key Info dei controller TCB Rotation, Scale e Float.
Controller di Bézier L’interpolazione di Bézier tra due chiavi si basa sui valori chiave e tangente nelle chiavi. È possibile regolare i valori tangente facendo clic con il tasto destro del mouse su una chiave, in modalità Edit Key o Function Curve dell’Editor tracce. Comparirà la finestra di dialogo K EY INFO dove è possibile modificare i valori. Per i controller connessi a trasformazioni a livello di oggetto, i valori tangente possono essere regolati anche nella tendina Key Info del pannello di comandi MOTION. 3DS MAX fornisce cinque tipi di tangente predefiniti e un tipo personalizzato. Per selezionare il tipo di tangente, utilizzare il menu a bandierina Key Tangent nella finestra di dialogo KEY INFO. La figura 24.9 mostra una finestra di dialogo KEY I NFO con il menu a bandierina Key Tangent aperto. Nell’esempio che segue viene mostrato l’effetto di ognuno dei tipi di tangente sul moto di un oggetto. La scena è costituita da una sfera che si muove su un percorso circolare. Due forme spline mostrano come sarebbe il percorso se il percorso seguito fosse circolare o lineare. Nel corso dell’esempio la posizione della sfera in una chiave è sempre la posizione indicata dalla chiave e il tempo associato a una chiave non cambia mai.
Effetto dei tipi di tangente di Bézier sul movimento di oggetti 1. 2.
3.
Caricare il file ch24_1.max dalla cartella Chapter 24 del CD. Selezionare la sfera e fare clic su Trajectories nel pannello di comandi MOTION. Una riga azzurra visualizza la traiettoria della sfera, i punti gialli indicano gli incrementi di fotogramma e i quadrati bianchi indicano le chiavi. Nell’Editor tracce, espandere le tracce per visualizzare la traccia posizione relativa a Sphere01. Fare clic su Function Curves. Fare clic su una curva per visualizzare le chiavi.
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4.
Eseguire una selezione di zona per selezionare tutte le chiavi. Fare clic con il tasto destro del mouse su una chiave per visualizzare la finestra di dialogo K EY INFO (figura 24.10). Riposizionare la finestra di dialogo KEY INFO in modo tale che siano visibili le curve di funzione nell’Editor tracce e la traiettoria di Sphere01 nella finestra TOP. La finestra di dialogo KEY INFO mostra che tutte le chiavi stanno utilizzando il tipo tangente regolare (Smooth). La traiettoria mostrata nella finestra e le curve di funzione presentate nell’Editor tracce rappresentano l’interpolazione regolare.
■ Figura 24.9 Il menu a bandierina Key Tangent della finestra di dialogo Bézier Key Info.
Smooth Linear Step Fast Slow Custom
■ Figura 24.10 Apertura della finestra di dialogo Key Info dall’Editor tracce.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 5.
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Fare clic sul punto chiave Y (curva verde) al fotogramma 25 nell’Editor tracce. La finestra di dialogo KEY I NFO mostra ora solo i parametri relativi a quella chiave. Fare clic e tenere premuto il menu a bandierina Out Key Tangent e selezionare il tipo tangente Linear. La traiettoria tra la seconda e la terza chiave è ancora curvilinea, ma è più diritta quando esce dalla seconda chiave. Fare clic sulla freccia destra di fianco alla bandierina della tangente in uscita per impostare la tangente in entrata della chiave successiva sul tipo Linear. La traiettoria fra la seconda e la terza chiave (figura 24.11) è diritta. Il valore interpolato che 3DS MAX calcola tra due chiavi si basa sua sulla tangente in uscita della prima chiave sia sulla tangente in entrata della seconda. L’effetto della tangente relativo a una chiave diminuisce avvicinandosi all’altra chiave.
■ Figura 24.11 Traiettoria della sfera con un tipo di tangente Linear.
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Impostare la tangente in uscita sul tipo Step. Trascinare il cursore tempo nell’intervallo da 25 a 50. Se la tangente in uscita relativa a una chiave è del tipo Step, la tangente in entrata sulla chiave successiva viene automaticamente cambiata in Step. La tangente Step mantiene costante il valore di output fino al tempo associato alla chiave successiva. Allora il valore diventa quello di questa chiave. Impostare la tangente in uscita sul tipo Fast. Fare clic sulla freccia destra di fianco alla bandierina della tangente in uscita per impostare la tangente in entrata della chiave successiva sul tipo Fast. Trascinare il cursore Time nell’intervallo da 25 a 50. La sfera si sposta rapidamente (figura 24.12) non appena si allontana dalla chiave numero 2, rallenta e poi accelera di nuovo avvicinandosi alla chiave numero 3. Gli incrementi di fotogramma sulla curva della traiettoria sono molto distanziati nell’intorno delle due chiavi e ravvicinati nella parte intermedia. Impostare la tangente in uscita sul tipo Slow. Fare clic sulla freccia destra di fianco alla bandierina della tangente in uscita per impostare la tangente in entrata della chiave successiva sul tipo Slow. Trascinare il cursore tempo nell’intervallo da 25 a 50. La sfera si sposta lentamente (figura 24.13) non appena si allontana dalla chiave numero 2, accelera e poi rallenta di nuovo avvicinandosi alla chiave
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numero 3. Gli incrementi di fotogramma sulla curva della traiettoria sono ravvicinati nell’intorno delle due chiavi e molto distanziati nella parte intermedia.
■ Figura 24.12 Traiettoria della sfera con un tipo di tangente Fast.
■ Figura 24.13 Traiettoria della sfera con un tipo di tangente Fast.
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Impostare la tangente in uscita sul tipo Custom. La tangente in entrata viene automaticamente trasformata in tipo Custom. Nell’Editor tracce selezionare tutti i punti chiave relativi a questa chiave (fotogramma 25). Su ogni punto chiave vengono mostrate le maniglie della tangente in entrata e in uscita. Le tangenti relative a questa chiave possono essere regolate spostando le maniglie in basso o in alto, oppure regolandone i valori nella sezione Advanced della finestra di dialogo KEY INFO. Fare clic e trascinare una maniglia tangente. Quando una maniglia viene spostata, l’altra si muove nella direzione opposta. La forma della curva passante per la chiave cambia con la regolazione della maniglia. Un esempio di regolazione di maniglia tangente, e la traiettoria risultante, è illustrato nella figura 24.14. Fare clic su Advanced nella finestra di dialogo KEY INFO e regolare un valore di entrata o di uscita: ancora una volta variano entrambe le maniglie. Sbloccare le maniglie facendo clic sull’icona di blocco che si trova tra le caselle dei valori di entrata e di uscita. Regolare il valore di entrata o di uscita: si muoverà solo una maniglia.
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CAP.24 ■ Figura 24.14 Traiettoria della sfera con un tipo di tangente Custom.
Le maniglie possono essere sbloccate anche facendo MAIUSC+clic e trascinando una maniglia. Dopo che le maniglie sono state sbloccate, la regolazione di una di esse non ha alcun effetto sull’altra. È possibile bloccare di nuovo le maniglie facendo clic sull’icona di blocco che si trova tra le caselle dei valori di entrata e di uscita. È anche possibile bloccare temporaneamente le maniglie facendo clic su Lock Tangents sulla barra degli strumenti dell’Editor tracce, prima di trascinare le maniglie per regolarle.
Controller TCB I controller che utilizzano il tipo di interpolazione TCB interpolano tra le chiavi in base ai parametri TCB relativi a ogni chiave. I parametri TCB possono essere regolati facendo clic con il tasto destro del mouse su una chiave, in modalità Edit Key o Function Curve dell’Editor tracce. Comparirà la finestra di dialogo K EY I NFO dove è possibile modificare i valori. Per i controller connessi a trasformazioni a livello di oggetto, i parametri TCB possono essere regolati anche nella tendina Key Info del pannello di comandi MOTION . Nell’esercizio che segue viene illustrato l’effetto della variazione di ciascun parametro TCB sul moto dell’oggetto. La scena è costituita da una sfera che si muove su un percorso circolare. Due forme spline mostrano come sarebbe il percorso se il percorso seguito fosse circolare o lineare. Nel corso dell’esempio la posizione della sfera in una chiave è sempre la posizione indicata dalla chiave e il tempo associato a una chiave non cambia mai.
Effetto della modifica del parametro TCB sul movimento di oggetti 1. 2. 3.
Caricare il file ch24_2.max dalla cartella Chapter 24 del CD. Selezionare la sfera e fare clic su Trajectories nel pannello MOTION. Nell’Editor tracce, espandere le tracce per visualizzare la traccia posizione relativa a Sphere01. Fare clic su Function Curves. Fare clic su una curva per visualizzare le chiavi. ESPRESSIONI E CONTROLLER
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4.
Eseguire una selezione di zona per selezionare tutte le chiavi. Fare clic con il tasto destro del mouse su una chiave per visualizzare la finestra di dialogo K EY INFO. Riposizionare la finestra di dialogo K EY INFO in modo tale che siano visibili le curve di funzione nell’Editor tracce e la traiettoria di Sphere01 nella finestra TOP. Tutte le chiavi utilizzano i parametri TCB di default. Gli incrementi di fotogrammi sulla curva della traiettoria (figura 24.15) sono un po’ più ravvicinati in prossimità di una chiave di quanto non siano nella zona intermedia tra le chiavi. Attivando l’animazione la sfera si sposta più lentamente nell’intorno delle chiavi.
■ Figura 24.15 Traiettoria della sfera con parametri TCB di default.
5.
Aumentare gradatamente il valore di Ease To. All’aumentare del valore (figura 24.16) gli incrementi di fotogrammi sulla curva della traiettoria sono più ravvicinati entrando in una chiave e più distanziati in uscita. Attivando l’animazione la sfera si sposta rapidamente quando si allontana dalla chiave e rallenta quando si avvicina.
■ Figura 24.16 Traiettoria della sfera con un valore Ease To uguale a 50.
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Impostare il valore Ease To su 0 e aumentare gradatamente il valore di Ease From. L’effetto è esattamente opposto a quello ottenuto aumentando il valore di Ease To.
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CAP.24 7.
Impostare entrambi i valori di Ease To e Ease From su 50. Gli incrementi di fotogrammi sulla curva della traiettoria (figura 24.17) sono un più ravvicinati in prossimità di una chiave di quanto no non siano nella zona intermedia tra le chiavi. Attivando l’animazione la sfera si sposta più lentamente nell’intorno delle chiavi.
■ Figura 24.17 Traiettoria della sfera con valori di Ease To e Ease From uguali a 50.
8.
Impostare sia Ease To sia Ease From su 0. Aumentare gradatamente il valore Tension. La curvatura della traiettoria (figura 24.18) viene diminuita fino a diventare una linea retta tra le chiavi. Gli incrementi di fotogrammi sono più ravvicinati in prossimità delle chiavi e più distanziati nella zona intermedia.
■ Figura 24.18 Traiettoria della sfera con un valore Tension uguale a 50.
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Diminuire gradatamente il valore Tension. La curvatura della traiettoria (figura 24.19) viene aumentata tra le chiavi. Gli incrementi di fotogrammi sono uniformemente distanziati sulla curva della traiettoria. Impostare il valore Tension su 25. Aumentare gradatamente il valore Continuity. L’angolo compreso tra le tangenti di entrata e di uscita (figura 24.20) della traiettoria e delle curve di funzione aumenta: i valori interpolati quindi oltrepassano i valori chiave su entrambi i lati delle chiavi.
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■ Figura 24.19 Traiettoria della sfera con un valore di Tension uguale a 0.
■ Figura 24.20 Traiettoria della sfera con un valore di Continuity uguale a 50.
11.
Diminuire gradatamente il valore Continuity. L’angolo compreso tra le tangenti di entrata e di uscita (figura 24.21) della traiettoria e delle curve di funzione diminuisce: la curvatura della traiettoria e le curve di funzione tra le chiavi tendono a una linea retta.
■ Figura 24.21 Traiettoria della sfera con un valore di Continuity uguale a 0.
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Impostare il valore Continuity su 25. Aumentare gradatamente il valore Bias. Le tangenti di entrata e di uscita della traiettoria e le curve di funzione (figura 24.22) ruotano: i valori interpolati quindi oltrepassano i valori chiave all’allontanarsi dalle chiavi.
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CAP.24 ■ Figura 24.22 Traiettoria della sfera con un valore di Bias uguale a 50.
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Diminuire gradatamente il valore Bias. Le tangenti di entrata e di uscita della traiettoria e le curve di funzione (figura 24.23) ruotano: i valori interpolati quindi oltrepassano i valori chiave all’entrata nelle chiavi.
■ Figura 24.23 Traiettoria della sfera con un valore di Bias uguale a 0.
Controller parametrici 3DS MAX fornisce due tipi di controller parametrici: i controller Noise e Expression. Nella tabella 24.3 compaiono i tipi di controller parametrici e il tipo di dati con i quali possono essere utilizzati. Ogni combinazione di tipo parametrico e dati viene realizzata da un controller unico. All’interno di un gruppo di controller di un dato tipo parametrico non cambia il modo in cui vengono indicati i parametri relativi ai controller.
Controller Noise (rumore) I parametri relativi a un controller Noise vengono indicati aprendo la finestra di dialogo PROPERTIES del controller. Per tutti i tipi di dati tale finestra può essere aperta nell’Editor tracce selezionando il parametro al quale deve essere assegnato il controller, facendo clic
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su una zona libera della finestra di modifica per verificare che non siano selezionate chiavi, e facendo clic con il tasto destro del mouse sul nome del parametro, facendo clic con il tasto destro del mouse sulla barra intervalli nella traccia del parametro, o facendo clic su Properties nella barra degli strumenti dell’Editor tracce.
Tabella 24.3 Dati disponibili per ogni tipo di controller parametrico Tipo di controller parametrico
Tipo di dati valido
Noise
Position, Rotation, Scale, Float, Point3
Expression
Position, Scale, Float, Point3
Per i controller connessi a trasformazioni a livello oggetto, è possibile regolare i parametri del controller anche nel pannello di comandi MOTION selezionando il parametro nella tendina ASSIGN CONTROLLER, facendo clic con il tasto destro del mouse sul parametro e scegliendo Properties dal menu a comparsa. La figura 24.24 mostra alcuni esempi di finestre di dialogo PROPERTY relative ai controller Noise Float e Position. Dalla figura risulta chiaro che l’unica differenza consiste nel numero di caselle di forza. Gli altri comandi rimangono costanti.
■ Figura 24.24 Le finestre di dialogo Properties dei controller Noise Float e Position.
Il Characteristic Graph della finestra di dialogo NOISE PROPERTIES mostra approssimativamente l’effetto che le variazioni dei parametri disturbo hanno sull’output. In molti casi è preferibile vedere l’effetto esatto: in questo caso fare clic su Function Curves nella barra degli strumenti dell’Editor tracce per mostrare la curva di funzione del parametro. Questa curva cambia al variare dei parametri disturbo.
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CAP.24 Poiché i controller rotazione non visualizzano le curve di funzione, non è possibile vedere l’effetto delle variazioni dei parametri disturbo su tali controller. È opportuno quindi utilizzare il controller composto XYZ euleriani e applicare un controller disturbo a ogni asse. I valori in ogni controller disturbo diventano generalmente gli stessi con l’eccezione del valore seme, che deve essere diverso per ciascuno. Le caselle Strength (forza) indicano l’intervallo di valori che il controller disturbo produce. L’intervallo è compreso tra Strength/2 e -Strength/2 se l’opzione >0 è disattiva, o tra 0 e Strength se l’opzione è attiva. Ci sono due eccezioni a questa regola. La prima riguarda il tipo di dati scala: a ogni valore di output di disturbo viene aggiunto automaticamente un valore 100. Ciò significa che viene applicato disturbo a un fattore di scala del 100 per cento. La seconda, se il disturbo frattale è attivo, consiste nel fatto che l’intervallo di output aumenta ma non il punto centrale. È quindi possibile avere valori inferiori a 100 anche se l’opzione >0 è attiva. Per una ruvidità di 0,0 l’intervallo viene aumentato approssimativamente del 10 per cento; per una ruvidità di 1,0 l’intervallo è aumentato approssimativamente del 100 per cento. È possibile utilizzare un controller List con un controller Noise e un controller basato su chiavi come input per controllare il punto centrale del risultato. Disattivare le opzioni >0 in Noise e quindi creare una chiave per il controller basato su chiavi il cui valore corrisponderà con il punto centrale desiderato. Le caselle Ramp In (in entrata) e Ramp Out (in uscita) smorzano la quantità di disturbo all’inizio e alla fine dell’intervallo. Questo smorzamento non è lineare; è equivalente a una curva di Bézier. Per un Ramp In la curva è definita dai vertici di Bézier fissati sul tempo 0 al tempo indicato nella casella Ramp In, e i vertici hanno velocità di interpolazione uguale a 0. La figura 24.25 mostra la curva relativa a un valore Ramp In uguale a 10. La forma di questa curva non è regolabile.
■ Figura 24.25 La forma di una curva Ramp In del controller Noise.
Le caselle Ramp In e Ramp Out hanno una funzionalità simile a quella di Multiplier Curve applicata al controller Noise. Un’interessante conseguenza di ciò consiste nel fatto che, se l’opzione >0 è attiva e viene indicato un valore di Ramp In, il valore di output del controller è 0 al tempo 0 invece del punto mediano di Strength/2.
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Per utilizzare Ramp In o Ramp Out arrivando al valore mediano, disattivare l’opzione >0, porre il controller Noise sotto un controller List e aggiungere un controller basato su chiavi al controller List. Creare una chiave per il controller basato su chiavi e impostarne il valore su Strength/2.
Controller Expression (espressione) I controller espressione sono unici in quanto calcolano equazioni definite dall’utente per stabilire i valori di output. A causa della loro relativa complessità i controller Expression verranno descritti più dettagliatamente in un paragrafo successivo. Per un confronto con gli altri controller parametrici, verificare l’esercizio che segue sui controller Expression.
Modifica del numero di Height Segment di un cilindro con un Bend Angle 1. 2. 3.
Creare un cilindro nella vista Top, con Radius = 50, Height = 20, cinque Height Segments, un Cap Segment e 24 Sides. Verificare che Smooth sia attivo. In TIME CONFIGURATION impostare Animation End Time su 50. Attivare Animate e applicare un modificatore Bend. Al fotogramma 50 impostare Bend Angle su 180 e Bend Axis su Z (figura 24.26).
■ Figura 24.26 Assegnazione di un angolo di curvatura di 180 gradi lungo l’asse Z.
4. 5. 6.
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Disattivare Animate, attivare la vista Perspective, fare clic su Zoom Extents, ingrandire leggermente e attivare l’animazione. Aprire la vista Track ed espandere le tracce per vedere i controller utilizzati come input per il modificatore Bend e Object (Cylinder). Fare clic su Height Segments per selezionarlo, fare clic su Replace Controller, selezionare Float Expression e fare clic su OK. La figura 24.27 mostra la gerarchia dell’Editor tracce e la finestra di dialogo R EPLACE CONTROLLER a questo punto.
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CAP.24 ■ Figura 24.27 La gerarchia dell’Editor tracce e la finestra di dialogoReplace Controller.
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Fare clic con il tasto destro del mouse su Height Segments e scegliere Properties dal menu a comparsa. Comparirà la finestra di dialogo EXPRESSION CONTROLLER. Prima di tutto creare una variabile scalare per definire il numero minimo di segmenti da attribuire al cilindro: nella casella Name della sezione Create Variables, digitare HSMin, verificare che sia selezionato Scalar e fare clic su Create. Fare clic su Assign to Constant, impostare il valore su 2 e fare clic su OK. In seguito creare una variabile scalare per definire il numero massimo di segmenti da attribuire al cilindro: nella casella Name della sezione Create Variables, digitare HSMax, verificare che sia selezionato Scalar e fare clic su Create. Fare clic su Assign to Constant, impostare il valore su 14 e fare clic su OK. A questo punto creare una variabile scalare di riferimento per l’angolo di piega che sarà applicato al cilindro. Nella casella Name della sezione Create Variables, digitare BendAngle, verificare che sia selezionato Scalar e fare clic su Create. Fare clic su Assign to Controller e nella finestra di dialogo TRACK VIEW PICK che compare, selezionare il parametro Angle sotto Bend. Fare clic su OK. La figura 24.28 mostra la finestra di dialogo EXPRESSION CONTROLLER e la finestra di dialogo TRACK VIEW PICK in questa fase. Infine inserire l’equazione da calcolare. Nella finestra EXPRESSION digitare HSMin+(BendAngle/180)*(HSMax-HSMin) e fare clic su Evaluate. La figura 24.29 mostra la finestra di dialogo EXPRESSION CONTROLLER in questa fase. Spostare o ridimensionare le finestre di dialogo TRACK VIEW ed EXPRESSION CONTROLLER in modo tale da rendere visibile la vista Perspective e attivare
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l’animazione. Il numero di segmenti in altezza del cilindro cambia al variare dell’angolo di piegatura. È possibile scendere lungo l’elenco del modificatore e osservare la variazione del numero di Height Segments nel corso dell’animazione. È anche possibile cambiare i valori assegnati a HSMin e HSMax nell’espressione e osservare l’effetto delle modifiche nel corso dell’animazione.
■ Figura 24.28 Le finestre di dialogo Expression Controller e Track View Pick.
■ Figura 24.29 La finestra di dialogo Expression Controller con l’equazione che stabilisce il numero di segmenti del cilindro in base all’angolo di piegatura.
Controller composti Come anticipato, i controller composti assumono come input l’output di controller subordinati e quindi combinano questi dati con i dati di parametro associati al controller, gestiscono i dati e inviano il risultato. 3DS MAX fornisce due controller composti a livello di trasformazione (i controller Position/Rotation/Scale e LookAt), un controller che combina rotazioni intorno agli assi singoli (il controller di rotazione XYZ euleriani), un controller per spostare un oggetto lungo una spline (il controller di posizione Path) e un controller che somma i risultati dei suoi controller di input (il controller List). Il modo in cui i valori provenienti dai controller subordinati vengono utilizzati da un controller a livello di trasformazione dipende dal fatto che il controller sia assegnato a
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CAP.24 un oggetto, a un modificatore gizmo o a un centro modificatore. Per un controller di trasformazione a livello oggetto, il valore di posizione inviato è la posizione del punto di rotazione dell’oggetto relativamente all’origine del sistema globale. I valori di rotazione e di scala inviati sono relativi alla posizione del punto di rotazione dell’oggetto. Per un controller di trasformazione a livello di gizmo o di centro modificatore, il valore della posizione inviato è relativo al punto di rotazione dell’oggetto; vale a dire che un centro modificatore posto in [0,0,0] è collocato nel punto di rotazione dell’oggetto. Se il punto di rotazione dell’oggetto viene modificato dopo l’applicazione del modificatore, il gizmo e il centro modificatore rimangono nella posizione originaria. I valori di rotazione e di scala inviati sono relativi alla posizione del punto centrale del gizmo.
Controller Position/Rotation/Scale Il controller di trasformazione Position/Rotation/Scale (PRS) combina l’output proveniente dai controller di posizione, rotazione e scala (figura 24.30). L’output del controller PRS è la matrice di trasformazione utilizzata internamente da 3DS MAX. Il controller PRS può solo essere usato nelle tracce di trasformazione di oggetti e gizmo modificatori. Al controller PRS non sono associati dati di proprietà regolabili dall’utente.
■ Figura 24.30 Esempi di controller trasformazione Position/ Rotation/Scale e relativi controller di input.
Controller LookAt Il controller di trasformazione LookAt combina l’output proveniente dai controller di posizione, rollio (un tipo di dati flottanti) e scala (figura 24.31). L’output del controller PRS è la matrice di trasformazione utilizzata internamente da 3DS MAX. Il controller LookAt può essere utilizzato solo come controller di trasformazione per oggetti e non per modificatori.
■ Figura 24.31 Un controller trasformazione LookAt e relativi controller di input.
Il controller LookAt fa ruotare un oggetto in modo tale che il suo asse Z locale negativo punti sempre verso il punto di rotazione di un altro oggetto. Il parametro di rollio indica l’angolo di rollio dell’oggetto intorno al proprio asse Z locale. L’oggetto di destinazione a cui puntare è indicato come parametro del controller LookAt. L’oggetto destinazione del controller LookAt può essere impostato e visualizzato solo
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nella sezione Parameters del pannello di comandi MOTION . La tendina LookAt Parameters del pannello di comandi MOTION compare nella figura 24.32.
■ Figura 24.32 La tendina LookAt del controller di trasformazione LookAt nel pannellodicomandi Motion.
Uso di un controller LookAt su un oggetto Creare due coni nella vista Top. Trascinare in alto nello specificare l’altezza del cono. 2. Scegliere Local dall’elenco a discesa Transform Coordinate System nella barra degli strumenti: verranno mostrati gli assi locali degli oggetti selezionati. 3. In MOTION, Parameters assegnare un controller LookAt al parametro di trasformazione relativo a Cone02. Cone02 ruota in modo tale che il suo asse Z negativo punti nell’origine del sistema globale. 4. Fare clic su Pick Target e selezionare Cone01. Cone02 ruota in modo tale che il suo asse Z negativo punti su Cone01. Il punto di rotazione per un cono è posizionato nel centro della base; ne deriva che questo è il punto a cui punta Cone 02. 5. Spostare i due coni nella vista Top. Quando un cono viene spostato la base di Cone02 punta sempre verso Cone01. È necessario cambiare il Transform Coordinate System o i limiti degli assi prima di spostare un cono in un’altra vista. 6. Ruotare Cone02. Il cono ruota sempre intorno al suo asse Z locale. Il controller LookAt viene utilizzato dalle cineprese Target dai Target Spotlights. Quando viene creato uno di questi oggetti, a essi è assegnato un controller LookAt, viene creato un oggetto fittizio che fa da destinazione; la destinazione LookAt è un oggetto fittizio. 1.
Controller Path Il controller Path posiziona un oggetto in modo tale che il punto di rotazione dell’oggetto sia posto su una spline. Inoltre viene creato un parametro subordinato al controller Path detto Percent (figura 24.33). Il parametro Percent indica la posizione sulla spline da utilizzare in un particolare istante. Il valore di Percent è impostato automaticamente su 0 all’inizio dell’intervallo di tempo attivo e su 100 alla fine di esso. La spline da utilizzare come percorso è indicata come parametro del controller Path. La spline di percorso del controller Path può essere impostata e visualizzata solo nella sezione Parameters del pannello di comandi MOTION . La tendina Path Parameters del pannello di comandi MOTION compare nella figura 24.34. Se la forma selezionata contiene
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CAP.24 più di una spline, la prima spline creata nella forma viene utilizzata come spline di percorso.
■ Figura 24.33 Un controller di posizione Path e relativi controller di input.
■ Figura 24.34 La tendina Path Parameters del controller di posizione Path nel pannellodicomandi Motion.
Uso di un controller Path su un oggetto 1.
2.
Creare un cono nella vista Left. Trascinare verso il basso specificando l’altezza del cono: la punta del cono si troverà nella direzione dell’asse X positivo di World. Attivare l’opzione [Slice On] e impostare la quantità Slice To su 180. Creare un’ellisse nella vista Top. La figura 24.35 mostra le dimensioni relative del cono e dell’ellisse.
■ Figura 24.35 Le dimensioni relative del cono e dell’ellisse.
3. 4. 5.
Scegliere Local nell’elenco a discesa Transform Coordinate System nella barra degli strumenti: compariranno gli assi locali relativi agli oggetti selezionati. Selezionare il cono e in MOTION , Parameters assegnare un controller Path al parametro di posizione del cono. Verificare in PATH OPTIONS che sia disattiva [Follow], fare clic su Pick Path e selezionare l’ellisse. Il cono viene riposizionato in modo tale che il suo punto di rotazione (posto nel centro della base) si trovi sul primo vertice dell’ellisse. L’orientamento del cono non è cambiato (figura 24.36). ESPRESSIONI E CONTROLLER
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■ Figura 24.36 La posizione e l’orientamento del cono sull’ellisse.
6. 7.
Spostare l’ellisse. Quando l’ellisse si sposta il cono fa altrettanto. Attivare l’animazione. Il cono si muove lungo l’ellisse lungo il segmento di tempo attivo. 8. Scegliere EDIT, Hold. Il prossimo esercizio continua a partire da questo punto. Nonostante sia classificato nel tipo di dati di posizione, il controller Path può anche cambiare la rotazione dell’oggetto a cui è applicato. Le opzioni [Follow] e [Bank] di Path OPTIONS fanno ruotare l’oggetto in base alla curvatura della spline di percorso. La rotazione applicata dal controller Path viene sommata alla rotazione definita dall’utente. Quando l’opzione [Follow] è disattiva, l’orientamento dell’oggetto non cambia. In caso contrario l’oggetto viene ruotato in modo tale che la sua parte “frontale” punti sempre lungo la tangente di avanzamento della spline. La parte “frontale” dell’oggetto è definita in modo che si trovi nella direzione che punta sull’asse X positivo di World all’inizio dell’intervallo attivo. Perciò il lato destrorso di un oggetto nella vista Top è la parte “frontale” dell’oggetto stesso. L’opzione [Bank] indica la direzione in cui punta la parte superiore dell’oggetto (dove per parte superiore si intende la direzione dell’asse Z positivo di World). Se [Bank] è disattiva oppure Bank Amount è uguale a zero, la parte superiore dell’oggetto tende a puntare nella direzione dell’asse Z positivo di World (l’opzione [Follow] utilizza due gradi di libertà, e quindi all’opzione [Bank] ne rimane solo uno: la parte superiore quindi punta solo nella direzione dell’asse Z positivo di World). Se [Bank] è attiva l’oggetto verrà ruotato in base alla curvatura locale della spline. Bank Amount indica di quanto verrà modificata la direzione della parte superiore dell’oggetto dalla curvatura. Per valori bassi o medi, la parte superiore tende a puntare verso l’interno della spline. Per valori elevati essa ruota notevolmente intorno alla spline. Smoothness indica la velocità con cui può cambiare la rotazione dovuta all’inclinazione. Valori più alti smorzano la rotazione risultante. Gli effetti dei parametri Bank Amount e Smoothness interagiscono l’uno con l’altro, e quindi in generale è necessario regolare interattivamente i valori per ottenere il movimento desiderato. Per ottenere un movimento regolare, generalmente è opportuno utilizzare per questi parametri i valori minori possibili.
Effetto di Bank Amount e Smoothness con i controller Path 1. 2. 3.
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Scegliere EDIT, Fetch per ricuperare la scena dell’esercizio precedente. Selezionare il cono. Fare clic con il tasto destro del mouse nella finestra PERSPECTIVE, fare clic su Play Animation e continuare l’animazione per il resto dell’esercizio.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 4. 5. 6. 7.
In MOTION, Parameters attivare [Follow]. Il cono ruota in modo tale che la parte superiore punti in avanti sulla spline (figura 24.37). Attivare [Bank]. Il cono si inclina man mano che si sposta sull’ellisse. La portata dell’inclinazione varia con la curvatura della spline. Impostare Smoothness su 2. Il cono si inclina meno alle estremità dell’ellisse e di più ai lati. Impostare Smoothness su 0.5 e Bank Amount su 0. Aumentare gradatamente il valore di Bank Amount. La figura 24.38 mostra il cono quando il valore dell’inclinazione è uguale a 1.5. Al crescere del valore aumenta il grado di inclinazione fino al punto in cui il cono ruota completamente seguendo il percorso.
■ Figura 24.37 La posizione e l’orientamento del cono quando è attiva Follow e disattiva Bank.
■ Figura 24.38 La posizione e l’orientamento del cono quando sono attive sia Follow sia Bank.
Durante l’animazione dell’esercizio precedente il cono si sposta più rapidamente alle estremità dell’ellisse di quanto non faccia lungo i lati. Una considerazione importante da fare quando si utilizza un controller Path riguarda la relazione tra la posizione dei vertici nella spline utilizzata come percorso e il tempo. 3DS MAX pone l’oggetto sulla spline rispetto al tempo in base al numero di vertici della spline e non alla lunghezza di questa o alla distanza tra i vertici. Ogni vertice viene convertito in chiave di posizione distribuita uniformemente nel tempo. Se per esempio come percorso di un oggetto viene utilizzata una linea con 11 vertici, saranno create 11 chiavi di posizione. Se l’intervallo di tempo attivo è compreso tra i fotogrammi 0 e 100, l’oggetto è posto nel vertice 0 al fotogramma 0, nel vertice 1 al fotogramma 10 e nel vertice 2 al fotogramma 20. A seconda della distanza ESPRESSIONI E CONTROLLER
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che intercorre tra questi vertici cambia drasticamente la velocità dell’oggetto nel tempo. In alcuni casi è richiesta una velocità costante lungo il percorso. 3DS MAX fornisce la possibilità di modificare il percorso di Bézier in modo tale che l’oggetto mantenga velocità costante lungo la propria traiettoria. La modifica di un percorso di Bézier per mantenere costante la velocità deve essere eseguita nella finestra di dialogo ADVANCED K EY INFO. Nell’esercizio che segue la traiettoria di un emittente di sistema di particelle viene regolata in modo che segua la deformazione di un oggetto loft animato. In questa scena l’oggetto loft (una miccia) utilizza una deformazione di scala animata per simulare l’accorciamento della miccia nel tempo. La deformazione di scala è stata definita in modo tale che la lunghezza della miccia diminuisca a velocità costante. All’emittente del sistema di particelle (Sparks) è assegnato un controller di percorso in cui il percorso è la stessa spline del percorso loft (FusePath). Poiché i vertici relativi a FusePath non sono distribuiti uniformemente, Sparks precede la deformazione di scala.
Creazione di una miccia accesa con una Loft Scale animata, un sistema di particelle e un controller Path 1. 2. 3. 4.
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8.
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Caricare il file ch24_3.max dalla cartella Chapter 24 del CD e attivare l’animazione. Selezionare l’oggetto fittizio (Dummy). Scegliere MOTION, Trajectories, Convert From, impostare Samples su 11 e selezionare FusePath come spline. Selezionare il controller di posizione per Dummy nell’Editor tracce, fare clic su Function Curves e fare clic su una delle curve di funzione mostrate nell’Editor tracce per la posizione di Dummy. La figura 24.39 mostra la finestra TOP e le curve di funzione della posizione di Dummy nell’Editor tracce. Nella vista Top la traiettoria relativa a Dummy è azzurra e ci sono 11 chiavi posizione, poste a 10 fotogrammi di distanza l’una dall’altra. I punti sulla traiettoria indicano gli incrementi di fotogrammi. Il numero di incrementi tra le chiavi posizione è costante e gli incrementi non sono distribuiti uniformemente tra le chiavi posizione. Benché questo non sia il percorso che Sparks deve seguire, può essere utilizzato per dimostrare l’effetto della modifica della traiettoria per una velocità costante. Nel pannello di comandi MOTION fare clic su Sub-Object e selezionare tutte le chiavi posizione della traiettoria nella finestra Top. Fare clic con il tasto destro del mouse sulle chiavi posizione, scegliere Key Info e fare clic su Advanced (figura 24.40). Attivare [Constant Velocity]. Gli incrementi di fotogrammi tra una chiave posizione e quella successiva sono distribuiti uniformemente. Le chiavi posizione sono ancora posizionate ogni 10 fotogrammi fanno ancora riferimento alla stessa collocazione. Come risulta dall’Editor tracce, è cambiata solo la curvatura tra chiavi. Disattivare [Constant Velocity] e fare clic su Normalize Time. Le chiavi posizione fanno ancora riferimento alla stessa collocazione ma il tempo associato a ciascuna di esse è cambiato in base alla loro distanza. Ci sono più incrementi di fotogrammi nei segmenti più grandi che in quelli più piccoli. La velocità tra le chiavi posizione non è costante.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 ■ Figura 24.39 Le curve di funzione di traiettoria e posizione relative all’oggetto fittizio.
■ Figura 24.40 La finestra di dialogo Advanced Key Info.
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Attivare [Constant Velocity]. Gli incrementi di fotogrammi sono distribuiti uniformemente lungo l’intera traiettoria. Osservati gli effetti di [Constant Velocity] e di Normalize Time su una traiettoria, è possibile completare l’animazione. In MOTION, Trajectories, aumentare Samples fino a 101, scegliere Convert From e selezionare FusePath come spline. Selezionare tutte le chiavi posizione nella traiettoria e, in Key Info, verificare che sia attivata [Constant Velocity]. Fare clic su Normalize Time. La figura 24.41 mostra le curve di funzione di traiettoria e posizione di Dummy con 101 campioni. Chiudere K EY INFO e fare clic su Convert To. Convert To genera una forma dalla traiettoria detta Shape01. Selezionare Sparks e, in MOTION, Parameters, fare clic su Pick Path e selezionare Shape01 come percorso. Attivare l’animazione. Sparks ora si trova nella stessa posizione della deformazione di scala lungo tutta l’animazione.
ESPRESSIONI E CONTROLLER
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■ Figura 24.41 Le curve di funzione di traiettoria e posizione con 101campioni.
Controller XYZ euleriani Il controller Rotation TCB è il controller di default utilizzato per le tracce di rotazione. Nonostante tale controller fornisca una rotazione regolare, le curve di funzione a esso associate non sono disponibili nell’Editor tracce perché utilizza la matematica dei quaternioni per controllare la rotazione. Questa matematica ha quattro valori - i valori X, Y e Z di un vettore unità e l’angolo di rotazione intorno a tale vettore (consultare il paragrafo precedente “Tipo di dati controller” per ulteriori informazioni sulla matematica dei quaternioni). Altri controller di rotazione che utilizzano questa matematica sono i controller Linear e Smooth. A parte l’impossibilità di visualizzare le curve di funzione di rotazione relative a questi controller, a volte può essere necessario un maggiore controllo sulla rotazione rispetto a quello da essi fornito. 3DS MAX dispone di un ulteriore controller di rotazione, il controller XYZ euleriani, le cui curve di funzione sono visualizzabili e nel quale è possibile controllare singolarmente la rotazione intorno a ciascuno degli assi locali dell’oggetto. Si consideri il caso in cui un oggetto viene ruotato intorno ai suoi assi X e Y, e debba essere regolata l’interpolazione in una delle chiavi per la rotazione rispetto all’asse X. I valori del controller TCB relativi a quella chiave possono essere regolati nel pannello Motion o nell’Editor tracce, ma in questo modo si modifica anche l’interpolazione della rotazione rispetto all’asse Y in quella chiave. Nell’utilizzare il controller TCB non è possibile regolare i valori di interpolazione relativi a un asse senza modificare anche quelli relativi agli altri. Se viene utilizzato un controller XYZ euleriani, l’interpolazione relativa alle chiavi associata alla rotazione intorno all’asse X può essere regolata senza effetti sulla rotazione intorno all’asse Y. L’uso del controller di rotazione XYZ euleriani presenta anche altri vantaggi: i controller espressione possono essere utilizzati per ogni asse di rotazione e altri controller espressione possono fare riferimento alla rotazione dell’oggetto.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24
Uso dei controlli XYZ euleriani per regolare i parametri di interpolazione di singoli assi di rotazione 1.
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Caricare il file ch24_4.max dalla cartella Chapter 24 del CD e attivare l’animazione. Il parallelepipedo è animato in modo da ruotare di 180 gradi intorno al suo asse Z locale nell’intervallo compreso tra i fotogrammi 0 e 100. Inoltre è animato per ruotare di 45 gradi intorno all’asse Y tra i fotogrammi 25 e 75. Come mostrano le finestre, esiste una rotazione intorno all’asse Y prima del fotogramma 25 e dopo il 75. Un eventuale tentativo di regolare i parametri TCB relativi alle chiavi nei fotogrammi 25 e 75 condizionerebbe anche la rotazione del parallelepipedo intorno all’asse Z in questi fotogrammi. Aprire l’Editor tracce ed espandere le tracce per visualizzare il parametro di rotazione relativo a Box01. Selezionare il parametro di rotazione e assegnare un controller XYZ euleriani al parametro. Espandere le tracce relative al parametro di rotazione. Selezionare il parametro Y Rotation e fare clic su Function Curves. Fare clic sulla curva per visualizzare le chiavi. Le curve di funzione sono illustrate nella figura 24.42. Le curve di funzione mostrano che il valore di rotazione Y varia tra la prima e la seconda chiave e tra la terza e la quarta.
■ Figura 24.42 Curva di rotazione Y
Le curve di funzione di posizione relative all’oggettoBox01.
Curva di rotazione X
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Fare clic con il tasto destro del mouse sulla prima chiave per visualizzare la finestra di dialogo KEY INFO. Impostare la tangente in uscita sul tipo Step per la prima chiave. Impostare la tangente in entrata sul tipo Step per la quarta chiave. Attivare l’animazione. Non avviene rotazione intorno all’asse Y prima del fotogramma 25 o dopo il fotogramma 75, La rotazione intorno all’asse Z è ancora regolare.
Controller List I controller List vengono utilizzati per combinare i risultati di vari controller. Per esempio è possibile aggiungere disturbo a un movimento predefinito assegnando un controller List al parametro desiderato e aggiungendo un controller Noise come input del controller List. Questo controller consente anche di aggiungere interattivamente un movimento a
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un parametro controllato da un controller parametrico, come per esempio Path. Nell’esercizio che segue il controller Path viene utilizzato per una parte dell’animazione per poi passare a un controller di Bézier e completarla. La scena è costituita da una palla il cui movimento è controllato da un controller di percorso. Il percorso seguito è un cerchio. In questa animazione la palla deve restare ferma all’inizio dell’animazione, accelerare tre volte intorno al cerchio e poi volare fuori verso la posizione mostrata dall’oggetto fittizio.
Combinazione di controller di Bézier, Path e List per limitare il controller Path in un arco di tempo 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
Caricare il file ch24_5.max dalla cartella Chapter 24 del CD. Aprire l’Editor tracce, fare clic su Filters e attivare [Show Controller Types]. Espandere le tracce relative a Sphere01 per mostrare il controller Percent sotto il controller Position:Path. Fare clic con il tasto destro del mouse sulla chiave posizione nel fotogramma 100 per aprire la finestra di dialogo KEY INFO. Cambiare il valore relativo al fotogramma chiave in 300 e uscire dalla finestra di dialogo. Attivare l’animazione. La palla si sposta a velocità costante per tre volte lungo il cerchio. Nell’Editor tracce, fare clic su Function Curves e poi su Add Keys. Aggiungere tre chiavi alla curva Path Percent e poi fare clic su Move Keys. Regolare le tre chiavi in modo da ottenere una curva simile a quella mostrata nella figura 24.43.
■ Figura 24.43 La posizione delle chiavi sulla Function Curve di Path Percent.
10. 11. 12. 13.
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Si noti che l’animazione può continuare mentre vengono regolate le curve in modo da vedere il moto corrispondente in tempo reale. Adesso la palla si trova inizialmente in una posizione di riposo e accelera poi tre volte lungo il cerchio per 100 fotogrammi. Ora il movimento deve essere limitato a 80 fotogrammi: dopodiché la palla raggiunge la posizione dell’oggetto fittizio. Fare clic su Edit Keys e selezionare il controller Position:Path. Fare clic e trascinare l’indicatore di fine intervallo relativo al controller di posizione al fotogramma 80. Fare clic su Assign Controller e scegliere Position List. Espandere le tracce relative a Position List, selezionare Available e assegnare un controller Bézier Position alla traccia.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 Fare clic su Add Keys, fare clic al fotogramma 80 nella traccia Bézier Position per creare una chiave e fare clic su Move Keys. 15. Fare clic su una zona libera dell’Editor tracce per deselezionare la chiave appena creata. 16. Fare clic sul controller Position List per selezionarlo, fare clic con il tasto destro del mouse sullo stesso controller e scegliere Properties dalla finestra di dialogo a comparsa. La finestra di dialogo LIST CONTROLLER che compare mostra il controller Path come controller attivo. Il controller attivo deve essere Bézier Position in modo da poter regolare interattivamente la posizione della palla. 17. Selezionare Bézier Position, fare clic su SetActive e uscire dalla finestra di dialogo LIST CONTROLLER. 18. Attivare Animate e spostarsi al fotogramma 100. 19. Nella vista Top, spostare Sphere01 nella posizione dell’oggetto fittizio. 20. Disattivare Animate e attivare l’animazione. Adesso la palla accelera lungo il cerchio tre volte in 80 fotogrammi e poi passa in una nuova posizione. Quando la palla passa dal fotogramma 80 si produce una leggera variazione di velocità. 21. Selezionare tutte le chiavi relative al controller Percent e la chiave al fotogramma 80 relativa ai controller Bézier Position. Fare clic su Scale Keys e regolare queste chiavi trascinando la chiave al fotogramma 80 relativa a Bézier Position per ottenere un passaggio regolare di velocità. Il controller List può essere utilizzato per combinare un controller Path e un Bézier, e anche per fare in modo che una cinepresa segua un oggetto lungo un percorso. Un limite da tenere presente consiste nel fatto che se un controller Path è subordinato a un List deve essere il primo controller dell’elenco; in caso contrario tutti i valori provenienti da controller che lo precedono nell’elenco vengono ignorati. Nell’esercizio che segue la scena è costituita da un toro che rotola attraverso una corsa a ostacoli. In questa scena la cinepresa deve sempre puntare al toro e deve sempre stare dietro a esso. 14.
Creazione di una cinepresa che segue un oggetto con un controller Path 1. 2.
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Caricare il file ch24_6.max dalla cartella Chapter 24 del CD. Selezionare la cinepresa e aprire il pannello di comandi MOTION. Aprire la tendina Assign Controller e fare clic su Transform:Position/Rotation/Scale. Fare clic su Assign Controller, selezionare LookAt dalla finestra di dialogo REPLACE TRANSFORM CONTROLLER e fare clic su OK. Nella sezione LookAt Target della tendina LOOKAT PARAMETERS fare clic su Pick Target e selezionare Dummy01 come destinazione. Nella tendina A SSIGN CONTROLLER, fare clic su Position:Bézier Float. Fare clic su Assign Controller, selezionare Path dalla finestra di dialogo REPLACE POSITION CONTROLLER e fare clic su OK. Nella sezione Current Path Object della tendina PATH PARAMETERS fare clic su Pick Path e selezionare TorusPath come percorso. Attivare [Follow Path]. Nella tendina ASSIGN CONTROLLER fare clic su Position:Path. Fare clic su Assign Controller, selezionare Position List dalla finestra di dialogo REPLACE POSITION CONTROLLER e fare clic su OK. Espandere Position List, selezionare Available e assegnarlo a un controller Bézier Position. ESPRESSIONI E CONTROLLER
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Nella tendina POSITION LIST, selezionare Bézier Position e fare clic su Set Active. Nella vista Front, spostare la cinepresa in alto di circa 200 unità. Aprire l’Editor tracce ed espandere le tracce di trasformazione relative alla cinepresa. Selezionare la traccia Percent sotto il controller Path. Fare clic su Function Curves e quindi sulla curva. Fare clic e tenere premuto il pulsante Move Keys e scegliere l’icona in basso dal menu a bandierina: verrà così limitato il movimento dei punti chiave alla direzione verticale. Selezionare entrambi i punti chiave e spostare le chiavi verso il basso di circa 5 unità. Chiudere l’Editor tracce e attivare l’animazione. Per ottenere un’interessante variazione del movimento della cinepresa, selezionare il controller Path nella tendina POSITION LIST del pannello di comandi MOTION e fare clic su Set Active. Nella tendina Path PARAMETERS, attivare l’opzione di percorso [Bank] e impostare Bank Amount su -0.5. La cinepresa adesso “oscilla fuori” dal percorso nelle sezioni curve.
■ Figura 24.44 L’Editor tracce e due viste della scena.
Controller espressione I controller espressione calcolano espressioni matematiche definite dall’utente per stabilire i valori di output. I controller espressione possono essere applicati a quasi tutti i parametri animabili di 3DS MAX. Un controller di questo tipo può accedere agli output degli altri controller e quei valori possono essere utilizzati nell’espressione. Anche il punto sulla retta del tempo per il quale l’espressione deve essere calcolata è disponibile in varie forme. Viene fornita una serie di funzioni intrinseche da utilizzare nelle espressioni.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 I parametri relativi a un controller espressione sono indicati nella finestra di dialogo PROPERTIES del controller. Per tutti i tipi di dati questa finestra può essere aperta nell’Editor tracce selezionando il parametro al quale il controller Expression è assegnato, facendo clic su una zona libera della finestra di modifica per verificare che non ci siano chiavi selezionate e quindi eseguendo una delle seguenti operazioni: fare clic con il tasto destro del mouse sul nome del parametro, fare clic con il tasto destro del mouse sulla barra intervalli nella traccia del parametro, oppure fare clic su Properties nella barra degli strumenti dell’Editor tracce. Per i controller connessi a trasformazioni a livello oggetto, i parametri del controller possono essere regolati anche nel pannello dei comandi MOTION selezionando il parametro nella tendina ASSIGN C ONTROLLER, facendo clic con il tasto destro del mouse sul parametro e scegliendo Properties dal menu a comparsa.
Tipi di dati del controller espressione La figura 24.45 mostra un esempio della finestra di dialogo C ONTROLLER EXPRESSION. Quando viene assegnato per la prima volta un controller Expression a un parametro che ha già un controller, la casella dell’equazione mostra il valore relativo a quel parametro al fotogramma 0. Se il parametro non ha un controller, il valore sarà impostato sullo 0. Il valore mostrato può essere in due formati. Il primo corrisponde al caso in cui il parametro al quale è assegnato il controller Expression abbia un tipo di dati Position, Scale o Point3. Questi tipi di dati richiedono che il controller Expression invii un vettore a tre componenti. Il formato dell’espressione è [eqn1, eqn2, eqn3]. Il secondo formato corrisponde al caso in cui il parametro al quale è assegnato il controller Expression abbia dati di tipo Float. Questo tipo di dati richiede che il controller Expression invii un valore scalare a punto mobile. Il formato dell’espressione sarà eqn1. Se il formato dell’espressione non è corretto o se si verifica un errore durante il calcolo dell’espressione, comparirà un messaggio di errore quando l’espressione viene calcolata o quando viene chiusa la finestra di dialogo EXPRESSION CONTROLLER.
■ Figura 24.45 Un campione di finestra di dialogoExpression Controller.
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Variabili del controller espressione In un’equazione possono essere impiegati due tipi di variabile. Il primo, Scalar, viene utilizzato per fare riferimento a dati mobili con valore unico. Il secondo, Vector, viene utilizzato per fare riferimento a vettori a tre componenti. Per creare una variabile, digitare il nome della variabile nella casella del nome nella finestra CREATE VARIABLES, scegliere se la variabile deve essere scalare o vettore e fare clic su Create. La variabile viene creata e il suo nome compare nelle colonne Scalars o Vectors. Quando viene creata una variabile, a questa è assegnato un valore costante uguale a 0 se è scalare, e uguale a [0,0,0] se è un vettore. Alle variabili può essere assegnato un valore costante nel corso dell’animazione oppure un valore corrispondente al valore di output di un altro controller. Per assegnare a una variabile un valore costante, selezionare il nome della variabile nelle colonne Scalars o Vectors, fare clic su Assign to Constant e assegnare il valore da utilizzare. Per assegnare a una variabile l’output di un controller, selezionare il nome della variabile, fare clic su Assign Controller e selezionare il controller dalla finestra di dialogo TRACK V IEW P ICK che compare (figura 24.46). Nella finestra di dialogo TRACK VIEW P ICK i controller che possono essere selezionati compaiono in grassetto. Un controller può essere selezionato se il suo tipo di dati corrisponde al tipo della variabile e se un controller è stato assegnato a un parametro. In alcuni casi 3DS MAX consente di selezionare un controller e poi invia un messaggio di errore “Can’t Assign Control... Circular Dependency”. Questo messaggio è generato se il parametro selezionato e quello al quale è applicato il controller espressione sono entrambi subordinati allo stesso controller. Per esempio un’espressione relativa al parametro Length di un parallelepipedo non può fare riferimento al parametro larghezza del parallelepipedo stesso. Può però fare riferimento ai parametri di trasformazione del parallelepipedo e ai parametri relativi a tutti i modificatori applicati a esso.
■ Figura 24.46 La finestra di dialogo Track View Pick.
Valori Offset tick Normalmente il valore inviato da un controller assegnato a una variabile è il valore di output del controller nello stesso istante in cui viene calcolato. Il alcuni casi il valore desiderato è l’output del controller in un istante diverso. 3D Studio MAX consente di
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CAP.24 indicare un offset fisso per una variabile. 3DS MAX aggiunge tale valore offset all’istante valutato e calcola il controller assegnato in quell’istante. Questo valore offset è specificato nella casella Tick Offset della finestra C REATE VARIABLES. Il valore Tick Offset viene impostato alla creazione della variabile e può essere modificato selezionando il nome della variabile, impostando il nuovo valore Tick Offset e facendo clic su Change Offset. Il valore Tick Offset può essere positivo o negativo e rimane costante nel corso dell’animazione. Come indica il suo nome, questo valore specifica il tempo di offset in tick (un secondo contiene 4800 tick). Se la cadenza fotogrammi è di 30 fotogrammi al secondo, per ogni fotogramma ci sono 160 tick.
Nomi variabile riservati Diversi nomi di variabile non possono o non devono essere utilizzati quando viene creata una variabile. Quattro di questi (T, S, F e NT) sono nomi predefiniti associati a valori speciali e non è possibile creare una variabile con uno di essi. Altri nomi non utilizzabili sono e, pi e TPS. Anche questi sono associati a valori speciali, ma 3DS MAX consente di annullarli. Di seguito sono elencati i valori associati a ciascuna di queste variabili: T S F NT e pi TPS
istante misurato in tick istante misurato in secondi istante misurato in fotogrammi tempo normalizzato; questo valore cresce linearmente da 0 all’inizio del segmento di tempo attivo, fino a 1 alla fine del segmento costante e (2.7182...) costante pi (3.14159...) numero di tick al secondo (4800)
Intervalli di valori di dati associati a parametri Nell’utilizzare i controller Expression si verifica il caso in cui ciò che viene mostrato non sempre coincide con ciò che avviene. Spesso i valori indicati a 3DS MAX e i valori da esso mostrati non sono i valori realmente memorizzati dal controller. I valori di output di un controller Expression applicato a un parametro devono trovarsi nell’intervallo di valori corrispondente al parametro. In caso contrario l’effetto animato può non rientrare negli ordini di grandezza. Quando in 3DS MAX viene creato un oggetto il nucleo del plug-in a esso associato specifica un elenco di parametri animabili. In questo caso un oggetto può fare riferimento a un materiale, a un oggetto geometrico o a un modificatore. Per definizione il nucleo è detto il principale. Per ogni parametro animabile esiste un controller subordinato al principale. Il principale stabilisce come gestire i valori dei dati inviati da un controller subordinato. Il principale indica anche l’aspetto dei valori nei pannelli di comando, nell’Editor tracce e in altre finestre di dialogo in cui essi possono essere visualizzati o impostati. Spesso i valori che si vedono non sono quelli che il controller trasmette realmente al principale, ma sono quelli “manipolati” dal principale. Un esempio di questa caratteristica è il caso dei parametri associati agli angoli. In tutti i casi i valori impostati e visualizzati sono espressi in gradi. La maggior di questi angoli viene gestito internamente in radianti. L’utilizzo dei controller Expression costituisce un vero e proprio inserimento nella realtà
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del processo. Se il controller Expression viene applicato a un parametro associato ad angoli, l’output deve essere in radianti. Se l’espressione ha una variabile assegnata a un controller che gestisce angoli, i risultati saranno quindi espressi in radianti. In alcuni casi il modo in cui il principale gestisce i dati provenienti da un controller subordinato varia. Benché nella maggior parte dei casi gli angoli siano internamente gestiti in radianti, talvolta sono in gradi. Un caso è quello di Bend Angle nei modificatori Bend e Twist. Di seguito è elencata una serie di regole generali relative ai reali valori di output dei controller: ■ Se un parametro è basato sul tempo, in generale l’output del controller è espresso in tick: ciò vale per esempio per Ease Curve e velocità di creazione dei sistemi di particelle; anche il parametro Phase del modificatore Noise è espresso in tick. ■ Se un parametro è espresso in percentuale, o l’intervallo visibile dei valori è compreso tra 0 e 100, l’intervallo di output del controller è compreso tra 0 e 1: è il caso dei parametri scala e dell’opacità materiale. ■ Se il parametro è basato su angoli, l’output del controller di norma è espresso in radianti: ciò vale per il FOV della cinepresa e per i controller di rotazione subordinati a un controller XYZ euleriani. ■ Se il parametro è un colore, l’intervallo di output del controller è sempre compreso tra 0 e1. ■ per parametri visualizzati come interi, l’output del controller viene arrotondato all’intero più vicino: un esempio è il parametro ID Material nel modificatore Material. ■ Se il parametro è visualizzato come opzione, questa in generale è attiva quando l’output del controller è maggiore di 0.5: ciò avviene per l’opzione Fractal nel modificatore Noise e per l’opzione Symmetry nel modificatore Taper. ■ Per altri valori liberamente regolabili, l’output del controller in generale è il valore visibile nel pannello dei comandi e nell’Editor tracce. ■ Come per tutte le regole generali, anche qui ci sono le eccezioni. Per stabilire quali sono i valori di output reali di un controller, animare il parametro in un intervallo dei suoi valori. Creare un oggetto Point e assegnare un controller Expression al suo parametro posizione. Utilizzare l’equazione [inp,inp,inp] e assegnare il controller interessato alla variabile scalare inp. I valori di output reali del controller possono essere visualizzati attraverso la curva di funzione della posizione dell’oggetto Point. Un altro elemento di cui tenere conto è il fatto che i limiti assegnati da 3DS MAX ad alcuni parametri sono applicati solo durante l’inserimento dei dati. Poiché i controller Expression aggirano questa fase i limiti non vengono sempre messi in atto. Ne è un esempio il FOV della cinepresa: questo è limitato a 175 gradi durante l’inserimento dei dati ma un controller Expression può fornire qualsiasi valore. Nonostante costituisca di rado un problema irrisolvibile, il fatto che i controller Expression inviino valori fuori intervallo può provocare risultati inattesi. È opportuno verificare i limiti presenti in un parametro e rispettarli.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24
Esercizio con il controller Expression Nel seguente esercizio un tabellone viene ruotato in modo tale che la sua parte anteriore si trovi sempre di fronte alla cinepresa; il tabellone però deve anche rimanere sempre perpendicolare al terreno: deve quindi ruotare solo intorno a un asse. Per ottenere tale risultato, utilizzare un controller espressione che fa ruotare il tabellone intorno al suo asse Z in base alla posizione della cinepresa rispetto al tabellone. La scena contiene la cinepresa, un parallelepipedo che rappresenta il terreno (Ground) e un parallelepipedo con una mappa di composizione (Billboard). Il punto di rotazione relativo a Billboard è stato regolato in modo tale che il suo asse +Z sia perpendicolare a Ground. Il controller espressione di rotazione da applicare a Billboard deve accedere alla posizione di Billboard. Poiché un’espressione di rotazione per un oggetto non può accedere al controller di posizione dello stesso oggetto, viene creato un oggetto fittizio nella stessa posizione di Billboard, e Billboard è impostato come derivato dell’oggetto fittizio.
Controller Expression che implementa un controller LookAt su un singolo asse 1. 2. 3. 4. 5.
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Caricare il file ch24_7.max dalla cartella Chapter 24 del CD. Fare clic su Play Animation per visualizzare l’animazione. Premere Esc per terminare la riproduzione e fare clic su Min/Max per visualizzare tutte le finestre. Creare un oggetto fittizio. Scegliere Align e selezionare Billboard come Align Target Object. Scegliere X Position, Y Position e Z Position e scegliere Pivot Point sia per Current Object sia per Target Object. Scegliere gli assi X, Y e Z in Align Orientation. Fare clic su OK per uscire. Scegliere Select and Link e collegare Billboard all’oggetto fittizio. Aprire l’Editor tracce e selezionare il controller relativo a Billboard. Scegliere Assign Controller e poi il controller XYZ euleriani. Espandere la traccia del controller di rotazione e assegnare un controller Float Expression alla traccia Z Rotation. La figura 24.47 mostra lo schermo in questa fase.
■ Figura 24.47 L’Editor tracce e due viste della scena.
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10. 11.
Fare clic con il tasto destro del mouse sul controller Z Rotation e scegliere Properties. Fare clic su Load e caricare il file lookat_z.max dalla cartella Chapter 24 del CD. La figura 24.48 mostra la finestra di dialogo del controller Expression che contiene l’equazione Lookat_Z.
■ Figura 24.48 L’equazioneLookAt_Zdel controller Expression.
Selezionare MyPos nella colonna Vector, fare clic su Assign to Controller e scegliere la traccia di posizione relativa all’oggetto fittizio. 13. Scegliere TargetPos nella colonna Vector, fare clic su Assign to Controller e scegliere la traccia di posizione relativa alla cinepresa. 14. Fare clic su Close, attivare la finestra della cinepresa e attivare l’animazione. Un altro controller espressione viene fornito nel file Lookat_x.xpr. La figura 24.49 mostra l’equazione Lookat_X. Utilizzando tale equazione per controllare la traccia X Rotation di un oggetto e l’equazione Lookat_Z per controllare la traccia Z Rotation, l’asse -Z dell’oggetto punterà sempre verso l’oggetto destinazione. Una scena esemplificativa, ch24_8.max che si trova nel CD, mostra due oggetti: uno utilizza il controller LookAt e l’altro le espressioni di cui sopra. 12.
■ Figura 24.49 L’equazione Lookat_X del controller Expression.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24
Copia e incolla dei controller La maggior parte dei controller può essere copiata e incollata nell’Editor tracce. Con certi limiti, purché un parametro abbia un controller connesso, è possibile copiare quel controller; questo può essere incollato a un parametro purché il parametro sia compatibile con il tipo di dati del controller. Il limite principale rispetto alle operazioni di taglia e incolla riguarda i controller che si trovano a più di due livelli sotto un oggetto: questi non possono essere né copiati né ricevere oggetti incollati. Ciò significa che i controller subordinati a un List, i controller Ease e Multiplier e i controller di rotazione X, Y e Z subordinati a un Euler Rotation non possono essere copiati o ricevere elementi incollati. Inoltre non è possibile eseguire operazioni di copia/incolla sulla traccia di posizione relativa a un centro modificatore né su un controller PRS relativo a un gizmo modificatore. Tali operazioni possono però essere eseguite sui controller subordinati a un controller PRS di un gizmo con i limiti suddetti. Un ultimo limite consiste nel fatto che, se un controller che utilizza un controller Ease o Multiplier viene copiato e incollato, il canale Ease o Multiplier non viene mantenuto nella copia. Ciò vale sia per i controller copiati nell’Editor tracce sia per gli oggetti clonati nelle finestre principali. Nell’esercizio che segue verrà descritto il modo di utilizzare controller istanziati come supporto nella creazione di una geometria. In questo esercizio è necessario creare un parallelepipedo che rimane sempre quadrato: si usa lo stesso valore per l’altezza, la larghezza e la lunghezza.
Istanziazione dei controller per i parametri oggetto 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
8. 9. 10.
Creare un parallelepipedo con dimensioni qualsiasi: l’oggetto non deve essere necessariamente quadrato. Aprire l’Editor tracce, fare clic su Filters e attivare Show Controller Types. Espandere le tracce relative a Box01. Selezionare il parametro Height e assegnargli un controller Bézier Float. Fare clic su Copy Controller per memorizzare una copia del controller Bézier Float. Selezionare il parametro Width e fare CTRL+clic sul parametro Length per aggiungerlo alla selezione. Fare clic su Paste Controller: comparirà la finestra di dialogo PASTE con un’opzione: incolla il controller come copia o come istanza. La scelta adatta è istanza in modo tale che se viene modificato un valore, cambia il valore relativo a tutte e tre le tracce. Scegliere Instance e fare clic su OK. Chiudere l’Editor tracce e aprire il pannello di comandi MODIFY. Regolare il valore di Length, Width o Height. In seguito alla modifica il nuovo valore viene riportato anche nelle altre caselle.
Nell’esempio precedente dell’espressione LookAt, il tabellone era collegato a un oggetto fittizio perché il controller espressione di rotazione richiedeva la posizione del tabellone, ma non poteva accedere alla traccia di posizione dell’oggetto. Invece di collegare gli oggetti, è possibile copiare il controller di posizione del tabellone nel controller di posizione dell’oggetto fittizio come istanza. Così, se uno degli oggetti viene spostato, l’altro si muove automaticamente.
ESPRESSIONI E CONTROLLER
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Il tipo di controller per i controller a livello di trasformazione di oggetti può essere indicato nel pannello MOTION o nell’Editor tracce. Per i tipi di controller che richiedono all’utente di indicare un oggetto aggiuntivo (controller Path e LookAt), l’oggetto può essere indicato solo nel pannello MOTION. Per tutti i valori animabili, il tipo di controller può essere indicato nell’Editor tracce. Ciò vale anche per i controller di trasformazione relativi a gizmo di modificatori applicati a un oggetto. Benché il controller Path possa essere specificato per la posizione di un gizmo, non esiste un modo diretto per indicare il percorso da seguire. Questo limite può essere superato applicando un controller Path a un altro oggetto, indicando il percorso da seguire nel pannello MOTION e quindi tagliando e incollando il controller Path nel controller di posizione del gizmo. La posizione di un gizmo modificatore è indicata con riferimento al centro di rotazione dell’oggetto al quale viene applicato il modificatore. Vale a dire che un modificatore posto in [0,0,0] viene collocato nel punto di rotazione dell’oggetto. Quando un controller di percorso viene applicato a un oggetto o gizmo, i valori di posizione inviati sono riferiti al centro del sistema globale. L’esercizio che segue utilizza un controller Position List e un Position Expression in concomitanza con il controller Position Path, allo scopo di posizionare opportunamente un gizmo rispetto a un oggetto. In questo esercizio viene applicato un modificatore Volume Select per selezionare un gruppo di facce di un oggetto; alla facce selezionate viene applicato inoltre un modificatore MeshSmooth per aumentare la densità di facce in quella zona. Viene poi applicato un modificatore EditMesh per cancellare l’insieme di selezione e un modificatore Displace per formare una “fossetta” nell’oggetto. In questo esercizio viene applicato un controller di percorso ai gizmo modificatori Volume Select e Displace.
Applicazione di controller Path a modificatori gizmo 1.
Caricare il file ch24_9.max dalla cartella Chapter 24 del CD. La figura 24.50 mostra la vista in prospettiva e quella frontale del cilindro con la “fossetta”.
■ Figura 24.50 Viste della scena che mostrano il cilindro con fossetta.
2. 3. 4. 5. 6. 7.
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Aprire l’Editor tracce, fare clic su Filters e attivare [Show Controller Types]. Espandere le tracce (figura 24.51). Selezionare il controller di posizione Path su Sphere e fare clic su Copy Controller. Selezionare il controller di posizione sul gizmo Displace di Cylinder. Fare clic su Paste Controller e scegliere . Selezionare il controller di posizione sul gizmo Displace, fare clic su Assign Controller e scegliere .
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 ■ Figura 24.51 Espansione della gerarchia nell’Editor tracce.
8. 9. 10.
11. 12. 13. 14.
Espandere il controller Position List, selezionare Available, fare clic su Assign Controller e scegliere Position Expression. Fare clic con il tasto destro del mouse su Position Expression e scegliere Properties. Creare una variabile vettore detta CylPos, fare clic su Assign Controller e selezionare il controller posizione relativo a Cylinder nel pannello TRACK VIEW PICK . Inserire -1*CylPos come espressione e chiudere la finestra di dialogo del controller espressione. Selezionare il controller Position List e fare clic su Copy Controller. Selezionare il controller di posizione del gizmo Volume Select, far clic su Paste Controller e scegliere . Chiudere l’Editor tracce e attivare l’animazione.
Conversione dell’output di un controller parametrico in un’animazione basata su chiavi Utilizzando i controller forniti da 3DS MAX è possibile creare movimenti complessi degli oggetti. Per esempio un oggetto può avere un controller di percorso, controller elenco, LookAt e parametrici come il controller disturbo, oppure l’oggetto può far parte di una gerarchia animata.
ESPRESSIONI E CONTROLLER
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In alcuni casi può essere necessario ridurre il movimento relativo a un oggetto solo alle chiavi di posizione, rotazione e scala. Ciò può essere dovuto alla necessità di utilizzare un controller espressione che deve fare riferimento alle tracce di posizione o rotazione di tale oggetto, oppure al bisogno di creare un percorso che un altro oggetto deve seguire. Per ridurre il movimento a chiavi di trasformazione è necessario collegare un oggetto a quello dal quale viene ricavato il movimento e quindi applicare Inverse Kinematics/Bind. Nell’esercizio che segue Box01 è collegato a Sphere03, che è collegata a Sphere02, che a sua volta è collegata a Sphere01. Ciascuna delle sfere viene fatta ruotare di 360 gradi intorno all’asse Z nel corso dell’animazione. Il colore diffuso del materiale mappato in Box01 è controllato da un controller espressione. Questo varia il colore diffuso del parallelepipedo in base alla sua velocità X, Y e Z nel fotogramma corrente. Tale velocità è determinata dalle variabili vettoriali assegnate alla traccia di posizione di Box01. Quando l’animazione viene eseguita il colore diffuso non cambia mai perché non è stato definito movimento per Box01 oltre quello generato dalla gerarchia. Perciò i valori inviati dalla traccia di posizione sono costanti.
Uso di IK/Bind per creare chiavi di animazione da un controller procedurale 1. 2.
3.
Caricare ch24_10.max dal CD e attivare l’animazione. Creare un oggetto fittizio e aprire la sezione IK del pannello di comandi HIERARCHY. Fare clic su Bind e collegare l’oggetto fittizio a Box01. Attivare Bind Position e Bind Orientation e, nella tendina SLIDING J OINTS, impostare gli assi X, Y, Z attivi. Fare clic su Apply IK. Aprire l’Editor tracce, espandere le tracce e selezionare il parametro Diffuse per il materiale 1 sotto Box01. Fare clic con il tasto destro del mouse su Diffuse e scegliere Properties: comparirà la finestra di dialogo del controller espressione della figura 24.52.
■ Figura 24.52 La finestra di dialogo Expression Controller e l’equazione relativa al colore diffuso del parallelepipedo.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.24 4.
5.
6.
7. 8.
Selezionare la variabile PosLast nella colonna Vector e fare clic su Assign to Controller. Selezionare la traccia di posizione di Dummy01 nella finestra di dialogo TRACK VIEW PICK che si apre. Ripetere per PosNow e chiudere la finestra di dialogo del controller espressione. Tenendo aperto l’Editor tracce, attivare la vista cinepresa e attivare l’animazione. Il colore del parallelepipedo cambia al variare della velocità dell’oggetto. Il colore al fotogramma 0 è molto diverso da quello ai fotogrammi 1 e 100. Nell’Editor tracce, con Diffuse ancora selezionato, fare clic su Function Curves: notare la discontinuità al fotogramma 0. Selezionare la traccia di posizione relativa a Dummy01. Notare anche che valori costanti vengono utilizzati al di fuori dell’intervallo attivo. Poiché la variabile PosLast nell’espressione accede alla posizione un tick indietro rispetto al fotogramma corrente, non c’è variazione di velocità al fotogramma 0. Fare clic su Parameter Curve Out-of-Range Types. Fare clic sui due pulsanti al di sotto di Cycle e uscire dalla finestra di dialogo. Chiudere l’Editor tracce e attivare l’animazione. Il colore al fotogramma risulta ora corretto.
Riepilogo ■
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Controller di rotazione. Nel caso si presenti spesso per un oggetto la necessità di modificare rotazioni con keyframe, utilizzare il controller di rotazione XYZ euleriano invece del controller di rotazione TCB. Il controller XYZ euleriani visualizzerà le curve di funzione nell’Editor tracce consentendo di modificare la rotazione intorno a ciascuno degli assi dell’oggetto. Controller List. I controller List sono utilizzati per combinare il risultato di diversi controller. Utilizzando in controller List è possibile costruire una gerarchia di movimenti dell’oggetto, così come si costruisce una gerarchia di modificatori di oggetti. Controller espressione. L’intervallo di valori inviato da un’espressione deve corrispondere all’intervallo relativo al parametro a cui è applicato il controller. Controller istanziati. I controller istanziati consentono di utilizzare l’output di un singolo controller come input di diversi parametri. La modifica del valore di un parametro si riflette negli altri, che utilizzano il nuovo valore. Combinando controller istanziati e controller List, è possibile generare complesse interazioni fra controller.
ESPRESSIONI E CONTROLLER
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CAP.25
CAPITOLO 25
Costruzione e animazione di particelle
In una scena potrebbe essere necessario simulare la polvere che vola, il fumo o la pioggia. In 3DS MAX, è possibile produrre tali condizioni tramite sistemi di particelle. Tale sistema è un insieme di particelle che una volta emesse sono in grado di produrre diversi effetti realistici. In 3D Studio MAX, i sistemi di particelle sono oggetti e le particelle emesse sono di fatto sub-oggetti. È possibile animare un sistema di particelle come un insieme o regolare le proprietà del sistema di particelle per controllare il comportamento di ogni singola particella. 3D Studio MAX fornisce due sistemi di particelle: Spray e Snow. Spray è utilizzato per simulare oggetti come la pioggia dove ogni particella cade nella stessa direzione ed è orientata nello stesso modo. Snow è utilizzato per animare oggetti che si comportano in modo simile alla neve: che cade e di solito volteggia dolcemente. Entrambi i sistemi di particelle hanno molte proprietà in comune, ma contengono anche controlli specifici per il tipo di sistema utilizzato. In questo capitolo, verrà illustrato il comportamento di entrambi i sistemi e il modo in cui controllarne le singole proprietà per ottenere anche altri effetti oltre allo spruzzo o alla neve. In particolare, il capitolo affronterà i seguenti argomenti: ■ parametri per i sistemi di particelle Spray e Snow;
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI PARTICELLE
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■ tipi di rendering; ■ materiali e tipi di particelle; ■ temporizzazione; ■ emittente. Inoltre, la parte finale del capitolo presenterà due sistemi di particelle plug-in per 3DS MAX di altri produttori: Sand Blaster di Digimation e All Purpose Particles di Sisyphus e spiegherà come utilizzare le particelle con le space warp. Prima di tutto, però è necessario capire come funzionano i sistemi di particelle in 3DS MAX.
I sistemi di particelle in 3D Studio MAX I sistemi di particelle sono una specie di figura geometrica. I pulsanti per la creazione di sistemi di particelle si trovano nel pannello CREATE nella categoria delle figure geometriche. Scegliere Particle Systems dall’elenco delle sotto-categorie. Verranno visualizzati i pulsanti Spray e Snow. Eventualmente appariranno sistemi di altri produttori. Quando si fa clic sul pulsante Spray o Snow, saranno visualizzati tutti i parametri modificabili nella tendina (figura 25.1). Il cursore della finestra cambierà a indicare che è attiva la modalità Create.
■ Figura 25.1 Il sistema di particelle Spray e Snow del pannello CREATE .
Crea categoria Crea sottocategoria
Parametri di creazione spray
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.25 Quando si crea un sistema di particelle in 3D Studio MAX, è necessario definire dove hanno origine le particelle e qual è il loro orientamento iniziale. Il punto di origine si chiama emittente. L’emittente è una rappresentazione non di rendering delle finestre, utilizzata per indicare la provenienza e la destinazione delle particelle. Per creare un’emittente, fare clic in un quadrante qualsiasi e trascinare una forma rettangolare. È importante notare che l’emittente è definita da un piano con una piccola linea perpendicolare alla superficie del piano che si interseca con essa nel centro. Le dimensioni dell’emittente determinano il “foro” da cui le particelle saranno emesse. Una piccola emittente produce un’area concentrata da cui hanno origine tutte le particelle e una grande emittente diffonde la loro distribuzione; la linea ne indica la direzione. L’orientamento iniziale di un’emittente dipende dal quadrante in cui è stata creata e se si utilizza il piano base o un oggetto griglia. Quando si utilizza la griglia base come piano di creazione, l’emittente è sempre creata parallelamente al quadrante e la direzione dell’emittente punta lontano dallo spettatore. L’eccezione è rappresentata dalle visualizzazione di tipo prospettico. In tal caso, l’emittente è creata sulla griglia base e punta verso il basso (figura 25.2). Se si utilizza un oggetto griglia, l’emittente sarà sempre creata sul piano infinito della griglia, a prescindere dall’oggetto visualizzato. La direzione dell’emittente dipende dall’orientamento dell’oggetto griglia ma si trova sempre sull’asse Z della griglia.
Spray creato sulla griglia
Spray creato su oggetto griglia
■ Figura 25.2 L’emittente creata sulla griglia base (sinistra) e su un oggetto griglia (destra).
Quando si utilizzano oggetti griglia, è consigliabile non creare oggetti in un quadrante parallelo alla superficie della griglia. In caso contrario, l’oggetto sarà creato all’infinito rendendo difficile la navigazione tra i quadranti.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI PARTICELLE
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A seconda della finestra in cui ci si trova, è possibile o meno visualizzare le particelle con l’emittente. Poiché le particelle sono basate sul tempo, in quel fotogramma sarà possibile vedere lo stato predefinito del sistema di particelle. Nel fotogramma 0, di solito non è possibile vedere nulla.
Parametri Spray e Snow Spray e Snow hanno dei parametri in comune. Le impostazioni di Spray e Snow reagiscono allo stesso modo. I seguenti paragrafi descrivono le impostazioni in comune e spiegano come utilizzarle.
Conteggio particelle Spray e Snow forniscono due parametri per specificare il numero di particelle: il parametro Viewport Count. Questo valore influisce solo sul numero di particelle visualizzate nei quadranti. È possibile inserire un numero da 0 a 1.000.000.000 anche se quest’ultimo valore è poco significativo. Lo scopo principale del parametro Viewport Count è ottimizzare il modo in cui 3DS MAX ridisegna i quadranti. Un numero elevato di particelle rallenta notevolmente gli aggiornamenti della finestra. La lentezza è particolarmente evidente quando si riproduce un’animazione nel quadrante. È consigliabile tenere questo valore al minimo necessario per garantire una rappresentazione accurata delle particelle. L’altro parametro è Render Count. Questo valore influisce solo sul rendering del numero di particelle e non ha alcun effetto sul numero di particelle dei quadranti. Questo valore è di solito più elevato perché il segreto è la qualità del rendering e non l’interattività. Non è possibile animare i valori di conteggio dei quadranti o del rendering.
I sistemi di particelle sono figure geometriche. Contengono facce e vertici come qualsiasi altro oggetto. Quindi, maggiore è il conteggio del quadrante o del rendering, più lenta diventa la scena. È possibile utilizzare piccoli conteggi particelle e ottenere lo stesso un’ottima qualità dei risultati. Avere il controllo dei conteggi particelle è fondamentale per accelerare il rendering.
Velocità e variazioni Speed imposta la velocità di ogni particella. Il valore velocità utilizza il proprio sistema di unità per modificare la posizione della particella nel tempo. Con una velocità di 1, una particella si sposta approssimativamente di 10 unità in 25 fotogrammi. Il valore predefinito di 10 significa che una particella si sposta di 10 unità in 2,5 fotogrammi. Qualsiasi variazione maggiore di 0 annulla tale equazione. La variazione controlla le dimensioni e la direzione. Il valore predefinito, 0, produce un flusso costante di particelle che viaggiano nella stessa direzione del vettore direzionale dell’emittente. Se si aumenta la variazione, prima di tutto la velocità delle particelle
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.25 aumenta; secondo, le particelle cambieranno direzione rispetto al vettore direzionale dell’emittente. Quindi, la variazione rende casuale la direzione e la velocità di ogni particella. Quando si aumenta il valore, la casualità diventa più pronunciata. Per fare in modo che le particelle si muovano in ogni direzione, utilizzare valori maggiori del valore specificato per la velocità.
Rappresentazioni di finestre È possibile visualizzare le particelle in modi diversi: come Drops (gocce) con Spray o Flakes (fiocchi) con Snow come Dots (punti) o Ticks (figura 25.3). Quando si utilizza Drops, le particelle sono rappresentate come lineette che aumentano o diminuiscono di dimensione a seconda del valore Drop Size. Quando si utilizza Flakes, le particelle sono rappresentate come stelle a 14 punte che aumentano o diminuiscono di dimensione a seconda del valore Size. Le impostazioni Size rappresentano più accuratamente le dimensioni di rendering di una particella. I punti appaiono come un unico pixel nella finestra, a prescindere dalle dimensioni della goccia o del fattore zoom. Utilizzare Dots quando non si desidera riempire le finestre di figure geometriche inutili. Nella finestra le Tick appaiono come mirini grandi 5x5 pixel. Come i Dot, a prescindere dal valore dello zoom, le tick rimangono sempre della stessa dimensione. Le tick funzionano bene con lo zoom avanti perché in questo modo è possibile vedere facilmente ogni particella. Più lo zoom è indietro, più le particelle sembrano ammucchiate. In tal caso, è consigliabile utilizzare Dots.
Drops
Dots
■ Figura 25.3
Ticks
Area ingrandita
I tre metodi di visualizzazione dei sistemi di particelle per Snow. Un’area con lo zoom in avanti mostra i particolari. È importante notare come i metodi di visualizzazione Dots e Ticks sembrano cambiare in ogni vista.
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI PARTICELLE
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■ Figura 25.4 Rendering di una particella a tetraedro utilizzando una mappa di opacità gradiente per dare l’impressione di una goccia di pioggia che si dissolve.
Tutti i metodi di visualizzazione delle particelle si ridisegnano nelle finestre alla stessa velocità. Per una riproduzione più rapida delle particelle, diminuire il valore Viewport Count.
Assegnazione materiale Poiché in 3D Studio MAX, le particelle sono oggetti, l’assegnazione materiale avviene sempre a livello oggetto. Quando si assegna un materiale a un oggetto particella, tutte le particelle utilizzano lo stesso materiale. Se si desidera che un oggetto particella a spruzzo emetta particelle con materiali diversi, è possibile utilizzare un materiale Multi/SubObject. Ogni particella riceve un materiale a seconda del numero. Il conteggio delle particelle parte da 0 mentre i materiali da 1. Per esempio, la quinta particella a essere emessa riceverà il materiale #1 da un materiale Multi/Sub-Object composto da cinque materiali. L’assegnazione materiale Multi/Sub-Object funziona alla perfezione quando si desidera creare modelli come i coriandoli colorati. In Snow, gli oggetti a sei punte di fatto utilizzano due ID del materiale invece di uno; è quindi possibile assegnare materiali diversi a ogni lato di una particella a sei punte.
Le particelle che ricevono assegnazioni di ID materiale iniziano il conteggio da 0 e non da 1.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.25
Controllo della temporizzazione delle particelle 3DS MAX offre il massimo controllo sulla temporizzazione delle particelle. È possibile simulare un flusso costante o piccole esplosioni solo modificando i valori di temporizzazione. Il prossimo paragrafo illustra il funzionamento dei valori e il metodo di utilizzo.
Start e Life Il valore Start imposta il fotogramma da cui l’emittente comincerà a inviare le particelle. È possibile scegliere qualsiasi numero di fotogramma, compresi quelli negativi. Utilizzare fotogrammi negativi quando si desidera che le particelle appaiano sullo schermo nel fotogramma 0. Il valore Life imposta la durata in fotogrammi di ogni particella ed è assegnato individualmente a ogni particella. Con questo valore, si specifica la durata dell’esistenza di una particella prima di essere distrutta. Impostare questo valore nell’ultimo fotogramma dell’animazione se si desidera che la particella sia sempre presente nella scena.
Regolazione dei valori di default È possibile modificare i valori Start e Life per regolare un flusso costante di particelle emesse da un’emittente. Il valore Life non solo influisce sulla durata di una particella prima di essere distrutta, ma anche sulla distanza percorsa. Maggiore è la durata, maggiore è la distanza percorsa dalla particella lontano dall’emittente.
Velocità di creazione costanti e variabili L’opzione [Constant] fornisce un flusso costante di particelle in qualsiasi momento. Per default, questa opzione è attiva. L’opzione [Max Sustainable Rate] proprio sotto la casella di controllo [Constant] visualizza il numero di particelle che è possibile creare per ogni fotogramma e mantiene il numero di particelle al di sotto del limite specificato. Questo valore cambia quando si modifica il valore Life per le particelle. Con il valore predefinito di Life impostato su 30, si ottiene una velocità sostenibile di 3,3 particelle create per ogni fotogramma. Se si raddoppia il valore Life su 60, la velocità massima sostenibile si dimezza quasi, 1,7, perché 3DS MAX ha più tempo per creare quelle 100 particelle. Se si modifica la durata, sarà possibile controllare quante particelle sono presenti nella scena in un fotogramma specifico. Se si desidera che il numero totale di particelle nelle caselle dei conteggi sia presente nel fotogramma 0, impostare il fotogramma di partenza delle particelle su un valore Life negativo.
Se non si spunta l’opzione [Constant], sarà possibile specificare il numero massimo di particelle create per fotogramma nella casella Birth Rate (figura 25.5); tuttavia, come guida è consigliabile utilizzare il valore [Max Sustainable Rate]. Qui di seguito, ne è illustrato il funzionamento:
COSTRUZIONE E ANIMAZIONE DI PARTICELLE
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■
se si desidera ottenere un flusso costante di particelle, impostare Birth Rate su un valore negativo uguale o minore a quello di Max Sustainable Rate; ■ se si desidera ottenere brevi esplosioni, impostare un valore maggiore rispetto a quello di [Max Sustainable Rate]. Un valore di 50, per esempio, emette 100 particelle in due fotogrammi. Poiché è possibile animare il valore Birth Rate, lo si può utilizzare per controllare il flusso delle particelle. Un valore 0 non emette nulla. Qualsiasi valore Render Count produce sempre più particelle. L’animazione della velocità di creazione attraverso l’opzione [Step In/Out] per le chiavi nell’Editor tracce produce esplosioni controllate; se si utilizza l’assegnazione curva di default, si otterrà un aumento/diminuzione graduale nelle velocità di creazione delle particelle.
■ Figura 25.5 I parametri di temporizzazione di un sistema di particelle. È importante notare come i valori correnti indichino al sistema di particelle di emettere piccole esplosioni di particelle invece che un flusso costante.
Dimensioni e orientamento dell’emittente Le dimensioni dell’emittente controllano l’area da cui le particelle sono emesse. Un’emittente lunga e sottile produce un piccolo solco da cui sono emesse le particelle. Un’emittente più estesa diffonde le particelle. Spray e Snow emettono particelle in modo casuale dall’interno dell’area dell’oggetto emittente. La distribuzione dal punto di emissione delle particelle è controllabile solo attraverso le dimensioni dell’emittente. Poiché è possibile animare le dimensioni dell’emittente, si possono simulare effetti come un sistema per annaffiare il giardino che si apre o delle scintille che fuoriescono da un’area sempre crescente. L’orientamento dell’emittente controlla in quale direzione viaggiano le particelle. Se si utilizza Spray o Snow, una particella emessa viaggia con una direzione e un orientamento costanti a meno che non subisca l’influsso di un’altra forza come uno space warp. È possibile utilizzare tale caratteristica a proprio vantaggio per controllare la direzione dello spruzzo o della neve. Le emittenti funzionano con i normali comandi di trasformazione, quindi è possibile spostarle e ruotarle. Se è necessario scalare le dimensioni dell’emittente, è consigliabile modificare i valori Length e Width invece di utilizzare una trasformazione scala.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.25 Le particelle sono create dall’estremità iniziale della particella sul piano dell’emittente. Di conseguenza, è possibile che esistano parti della particella prima dell’emittente. Questo fenomeno è particolarmente visibile quando si utilizzano particelle di grandi dimensioni.
Il sistema di particelle Spray Il sistema di particelle Spray è utile per simulare l’effetto dell’acqua che cade, come la pioggia e simili, o liquidi emessi da un punto particolare. È possibile utilizzare lo spruzzo per simulare oggetti come le scintille della miccia di una bomba o le ceneri ardenti del fuoco. Le particelle a spruzzo si spostano con un orientamento costante; quindi una goccia di pioggia cade sempre verso il basso per l’intera durata della sua esistenza. Comunque, è possibile modificare l’emittente nel tempo per simulare fenomeni come un nebulizzatore che oscilla.
Utilizzo delle dimensioni goccia Drop Size è utilizzato per controllare le dimensioni effettive misurate in unità di ogni particella. Un valore Drop Size impostato su 0 non produce nulla, mentre un valore Drop Size impostato su 20 produce una lunga striscia. A seconda dell’effetto che si desidera riprodurre, il numero varia. Le dimensioni piccole sono utili per riprodurre lo zucchero spruzzato su una torta o altri piccoli oggetti di tipo granulare. Le dimensioni minori di 1 producono particelle estremamente piccole. Di solito è necessario impostare il conteggio rendering su un valore piuttosto alto per vedere le piccole particelle da lontano. È possibile visualizzare nelle finestre i cambiamenti di dimensione solo se le particelle sono visualizzate come gocce. Se si desidera che le dimensioni delle particelle siano accuratamente visualizzate nelle finestre, utilizzare il metodo di visualizzazione Display. Le grandi dimensioni funzionano molto bene per creare strisce di luce come effetti warp. In tal caso, si utilizzeranno valori conteggio minori perché le particelle più grandi occupano più spazio di quelle piccole e si “ammucchiano” se sono troppe, un fenomeno che si verifica per i conteggi finestra e rendering. È possibile animare Drop Size per simulare la crescita degli effetti striscia.
Tipi di rendering per Spray I tipi di rendering, scelti nel pannello PARAMETER delle particelle Spray, permettono di specificare l’aspetto della particella al momento del rendering. Spray permette di
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effettuare il rendering di tetraedri o di facce quadrate che possono essere mappate con qualsiasi materiale. Questo paragrafo illustra i due metodi. La particella spruzzo tetraedrica assomiglia a un oggetto Hedra che utilizza un tipo Tetra; il vertice del polo inferiore si trova solo più a “sud” per riprodurre una goccia d’acqua poligonale. Quando si cerca di simulare le goccioline, questo è il metodo migliore per effettuare il rendering delle particelle. Di solito, il rendering dei tetraedri è più rapido di quello della particelle di tipo faccia. La particella spruzzo di tipo faccia quadrata si trova sempre di fronte alla cinepresa, quindi la faccia di rendering rimane sempre perpendicolare alla cinepresa. Le dimensioni sono determinate dal valore Drop Size per la larghezza e per l’altezza. Per effettuare il rendering di altri tipi di particelle, utilizzare il tipo di rendering per le facce quadrate insieme a un materiale specifico. Se non si effettua il rendering della vista cinepresa, le facce punteranno in una direzione arbitraria.
È possibile volare fra i tetraedri e visualizzarli da diverse angolature. Anche se è possibile volare attraverso le particelle anteriori, queste particelle sono sempre “piatte” dal punto di vista dello spettatore e quindi possono creare un effetto sbagliato.
Materiali e particelle Spray I sistemi di particelle possono utilizzare qualsiasi tipo di materiale. Più in particolare, è possibile utilizzare tipi di mappa come gradiente e disturbo, per generare effetti speciali come il fumo. I paragrafi seguenti illustrano la procedura di utilizzo della mappatura e dei materiali con le particelle.
Mappatura È molto facile assegnare materiali alle particelle. Hanno coordinate di mappatura e funzionano bene con i tipi di materiale Multi/Sub-Object. I due paragrafi seguenti mostrano come avviene la rottura della mappatura. I tetraedri sono mappati con il tipo di mappatura cilindrico, con la V orientata verso la lunghezza del tetraedro. L’origine della mappatura si trova alla base, la parte piatta, del tetraedro. Se si desidera simulare una goccia che diventa più trasparente con una mappa di opacità gradiente, il gradiente comincerà dal nero con un colore 1 per arrivare al bianco con il colore 3, operazione contraria a quella predefinita per le mappe gradienti. Le mappe anteriori sono inserite con tutte le estensioni nella mappatura piana. Se si osserva la parte frontale di una particella anteriore nella finestra con l’emittente orientata in direzione capovolta, la V sarà posta verticalmente nella finestra; comunque, la V ha l’orientamento esattamente opposto per i tipi di rendering anteriori. L’esempio precedente di una mappa gradiente deve essere quindi rovesciato.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.25
Scintille Una delle caratteristiche migliori di Spray è la capacità di simulare tutti i tipi di goccioline volanti, comprese le scintille. Quando si utilizza Spray per creare un effetto scintilla, è meglio aumentare il valore Variation. In questo modo, le particelle viaggiano in direzioni diverse dall’emittente, compresa la direzione verso il basso. L’esercizio seguente mostra come l’utilizzo di un sistema a spruzzo con i valori corrispondenti produca l’effetto scintilla su una miccia.
Accensione di una miccia con Spray 1. 2. 3. 4. 5.
Aprire imx25spw.max nella cartella Chapter 25 sul CD fornito in dotazione. Premere H per selezionare l’oggetto Fuse per nome. Andare al pannello MODIFY e prendere nota delle impostazioni dello spruzzo. Riprodurre l’animazione o creare un’anteprima. Chiudere l’anteprima o interrompere la riproduzione. È importante osservare se lo spruzzo si comporta secondo le aspettative. L’emittente spruzza semplicemente delle particelle in una direzione. Se si modifica la variazione in un numero grande, le particelle saranno emesse in molte direzioni. È possibile inoltre modificare variabili come la velocità e le dimensioni delle particelle per creare effetti scintilla ben riusciti. 6. Modificare la variazione a 5. 7. Modificare la velocità a 1. 8. Modificare le dimensioni della goccia a 8. 9. Aprire l’anteprima. È poi necessario creare un rendering accurato dall’animazione. Per default, le particelle sono piccoli tetraedri. Per le scintille funziona anche se sembrano molto piatte. È possibile utilizzare video post per aggiungere un filtro bagliore alle particelle. Video post è già impostato per effettuare una tale operazione. Se si desidera, è possibile spuntare i parametri del filtro bagliore per vedere quali impostazioni sono utilizzate. Fare doppio clic sul filtro bagliore nella coda Video Post, seguito dal pulsante Setup. 10. Scegliere Rendering/Video Post. 11. Fare clic sul pulsante Execute. 12. Fare clic su Render. 13. Quando l’animazione ha concluso il rendering, riprodurre l’AVI dall’opzione [View File] nel menu a discesa FILE. La figura 25.6 mostra un fotogramma statico dell’animazione. È importante notare come le scintille volino in tutte le direzioni. È il risultato di un grande valore di variazione. Utilizzare il filtro Glow e gli effetti luce Volume per creare il bagliore sulle scintille e sulla miccia.
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■ Figura 25.6 Il risultato finale utilizza un sistema di particelle a spruzzo e il filtro bagliore da Video Post.
Filtro Glow
Luce volumetrica Particella spray con mappa gradiente
Il sistema di particelle Snow L’altro sistema di particelle fornito con 3D Studio MAX si chiama Snow. Come Spray, Snow emette particelle da una posizione comune. La differenza principale fra Snow e Spray è il modo in cui le particelle si comportano dopo aver lasciato l’emittente. A differenza della pioggia, che conserva un orientamento e una direzione costanti, le particelle di neve volteggiano nello spazio. È possibile utilizzare Snow per creare qualsiasi tipo di effetto particella che richiede un movimento morbido della particella. È possibile utilizzare i valori Tumble e Tumble Rate per controllare in che modo le particelle di neve ruotano durante lo spostamento. I valori Tumble sono validi da 0 a 1. Un valore impostato su 0 non produce volteggi, mentre un valore impostato su 1 fa volteggiare completamente il fiocco. Il Tumble Rate determina quanti fiocchi ruotano per ogni fotogramma. Una velocità di volteggio maggiore fa in modo che i fiocchi ruotino in modo vorticoso mentre i valori minori producono una rotazione moderata. Un valore Tumble Rate di 0 cancella qualsiasi rotazione a prescindere dal valore impostato su Tumble.
Dimensioni del fiocco Flake Size è utilizzato per controllare le dimensioni effettive misurate in unità di ogni particella. Un valore Flake Size impostato su 0 non produce nulla, mentre un valore Flake Size impostato su 20 produce un grande fiocco. A seconda dell’effetto che si desidera riprodurre, il numero varia. Le dimensioni piccole sono utili per riprodurre piccole bolle o particelle di polvere. Le dimensioni minori di 1 producono particelle estremamente piccole. Di solito è necessario impostare il conteggio rendering su un valore piuttosto alto per vedere da lontano le piccole particelle.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.25 ■ Figura 25.7
Dimensione fiocco 10
Rappresentazione di una finestra e rendering di due fiocchi dalle dimensioni diverse per il sistema di particelle Snow.
Dimensione fiocco 2
È possibile visualizzare nelle finestre i cambiamenti di dimensione solo se le particelle sono visualizzate come fiocchi. La visualizzazione Dots e Ticks è fissa. Il metodo di visualizzazione Flakes è l’unico metodo per visualizzare le dimensioni. Le grandi dimensioni funzionano molto bene per creare fiocchi di neve o effetti coriandolo. In tal caso, si utilizzeranno valori conteggio minori perché le particelle più grandi occupano più spazio di quelle piccole e si “ammucchiano” se sono troppe, un fenomeno che si verifica per i conteggi finestra e rendering.
Tipi di rendering per Snow I tipi di rendering, scelti nel pannello PARAMETER delle particelle, permettono di specificare l’aspetto della particella al momento del rendering. È possibile utilizzare i tipi di rendering per generare numerosi effetti dai coriandoli al fumo. I paragrafi seguenti descrivono i tre tipi di rendering per il sistema di particelle Snow. I fiocchi di neve a sei punte producono stelle piatte a sei punte emesse in diverse direzioni. Le stelle a sei punte possono utilizzare ogni tipo di materiale, compreso Multi/Sub-Object. È possibile inoltre assegnare due diversi materiali alle due facce dei fiocchi a sei punte. A seconda delle esigenze, le stelle a sei punte possono produrre i migliori risultati di rendering se utilizzate in combinazione con i materiali appropriati. Il triangolo produce facce triangolari emesse in varie direzioni. Le facce triangolari si comportano come l’opzione [Six-Point] rispetto ai materiali. Come unica differenza: è possibile assegnare solo un materiale ad entrambi i lati. È possibile rendere casuale l materiale assegnato a ogni particella utilizzando il materiale Multi/Sub-Object. La particella Snow di tipo faccia quadrata si trovano sempre di fronte alla cinepresa, quindi la faccia di rendering rimane sempre perpendicolare alla cinepresa. Le dimensioni
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sono determinate dal valore Flake Size per la larghezza e per l’altezza. Per effettuare il rendering di altri tipi di particelle, utilizzare tipi di rendering per le facce quadrate insieme a un materiale specifico. È possibile volare fra Six-Point e Triangle e visualizzarli da diverse angolature. Anche se è possibile volare anche attraverso le particelle anteriori, queste particelle sono sempre “piatte” dal punto di vista dello spettatore e quindi possono portare a creare un effetto sbagliato.
Materiali e mappatura Come accennato in precedenza, è molto facile assegnare materiali alle particelle. Hanno coordinate di mappatura e funzionano bene con i tipi di materiale Multi/Sub-Object. I paragrafi seguenti mostrano cosa fare. Le particelle a sei punte sono automaticamente mappate con una mappatura piana alle estensioni della particella. La mappatura è assegnata come se il Six-Point fosse di fatto un quadrato da cui è stata ritagliata una stella a sei punte. La mappatura piana si assegna anche alle mappe triangolo, come per Six-point; dalla mappa però è ritagliata una figura triangolare invece di una stella a sei punte. Le mappe anteriori sono inserite con tutte le estensioni nella mappatura piana. Se si osserva la parte frontale di una particella anteriore nella finestra con l’emittente orientata in direzione capovolta, la V sarà posta verticalmente nella finestra; comunque, la V ha l’orientamento esattamente opposto per i tipi di rendering anteriori. La figura 25.8 illustra il funzionamento della mappatura sulle particelle neve.
■ Figura 25.8 I tipi di rendering del sistema di particelle Snow. La stessa mappa è utilizzata per tutti e tre gli esempi, ma l’applicazione è diversa a seconda dell’oggetto di rendering.
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Six Point
Materiale (DAISY.TIF)
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Triangle
Facing
CAP.25
Utilizzo di Snow per creare bolle Il sistema di particelle Snow è particolarmente adatto per creare bolle che volteggiano dolcemente. Infatti, le particelle rimpiccioliscono mentre si allontanano dall’emittente. Nel seguente esercizio, verrà mostrato come creare delle bolle solo modificando alcune impostazioni nel sistema di particelle neve.
Creazione di bolle utilizzando Snow 1. 2.
Aprire imx25snw.max nella cartella capitolo 25 sul CD fornito in dotazione. Andare al pannello CREATE, controllare che il pulsante Geometry sia selezionato e fare clic sul testo “Standard Primitives”. 3. Scegliere Particles Systems. 4. Fare clic sul pulsante Snow. 5. Creare un’emittente Snow facendo clic e trascinando il mouse nella finestra prospettica. La larghezza e l’altezza dell’emittente devono essere di circa 20 unità. 6. Con la vista Perspective attiva, fare clic sul pulsante Mirror. Scegliere l’asse di riflessione Z e poi fare clic su OK. 7. Trascinare il dispositivo di scorrimento del fotogramma su 100 e poi fare clic su Zoom Extents All. Attualmente, 3D Studio MAX utilizza i parametri di default di Snow compresi quindi le dimensioni e il tipo di rendering, che sarà necessario modificare per produrre le bolle. 8. Modificare le dimensioni Flake a 8. 9. Modificare Render Type in Facing. La procedura è quasi conclusa, è solo necessario assegnare un materiale alla neve. Un materiale chiamato Bubble Material è già memorizzato nella scena. È possibile scegliere il materiale dal Material Editor e applicarlo a Snow. 10. Fare clic sul pulsante Material Editor sulla barra degli strumenti di 3DS MAX. 11. Scegliere il secondo slot campione (nella parte superiore centrale) e poi fare clic sul pulsante Assign material to selection. 12. Effettuare il rendering al fotogramma 100. Se si è soddisfatti del materiale e dello sfondo, effettuare il rendering della scena come animazione. A questo punto, è possibile aggiungere effetti come il volteggio e la variazione per rendere casuali le bolle. È possibile inoltre clonare la neve in due o più oggetti e modificare la variazione del clone e i parametri di velocità per aggiungere intensità alla scena.
Altre particelle L’ultima novità nell’estensibilità di 3D Studio MAX sono due sistemi di particelle plugin per 3D Studio MAX: Sand Blaster di Digimation e All Purpose di Sisyphus. Entrambi i sistemi di particelle plug-in superano le funzionalità di Spray e Snow. In realtà, compiono operazioni che numerosi generatori di particelle di fascia alta non riescono a eseguire. Se
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si utilizzano spesso le particelle, sarà necessario esaminare le potenzialità di questi due plug-in.
Sand Blaster Sand Blaster è un plug-in a sistema di particelle studiato per disintegrare letteralmente gli oggetti in minuscole particelle. È possibile far esplodere le particelle nello spazio e fare in modo che si ricompongano sotto forma di altri oggetti. Sand Blaster offre la possibilità di esplodere un oggetto in minuscole particelle che a loro volta potrebbero essere oggetti. In realtà, è possibile avere fino a 999 oggetti di transizione fra cui alternarsi prima di riformare l’oggetto destinazione. È possibile fare esplodere gli oggetti in diverse direzioni, far seguire loro un percorso o farli volare a caso prima di riformarsi esattamente come erano prima.
All Purpose Particles All Purpose Particles offre numerosi sistemi di particelle con i quali lavorare. È possibile generare effetti come bolle o fuochi di artificio premendo semplicemente il pulsante del mouse. Questa è una delle funzionalità migliori di All Purpose Particles. È possibile lavorare con parametri particella preimpostati per creare subito degli effetti. Per esempio, se si volesse generare un effetto onda d’urto come nei film, sarebbe sufficiente scegliere il pulsante Shockwave. Questa opzione imposta tutte le variabili modificabili, non sarà necessario cambiare nulla. Con All Purpose Particles, è comunque possibile modificare i parametri, se necessario.
Utilizzo di particelle con gli space warp Le particelle hanno la capacità di interagire con certi tipi di space warp in 3D Studio MAX. In realtà, la metà degli space warp fornite in dotazione lavorano esclusivamente con le particelle. Nei paragrafi seguenti, sarà illustrato come utilizzarle. Per maggiori informazioni sugli space warp, fare riferimento al capitolo 17.
Creazione di una fontana con le space warp Se si utilizza Spray, è possibile creare uno stupendo effetto fontana vincolando l’oggetto con la gravità, il vento e il deflettore. Nei paragrafi seguenti, sarà spiegato come utilizzare una combinazione di space warp per spingere e tirare particelle in diverse direzioni.
Gravità L’oggetto fontana contiene cinque iterazioni di spruzzo: uno spruzzo principale e quattro spruzzi di corredo. È importante notare come gli spruzzi si comportino proprio secondo le aspettative, non esiste una vera e propria dinamica. Sarebbe più naturale fare in modo che lo spruzzo principale ricadesse su se stesso e che gli altri quattro si incurvino. Per
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CAP.25 ottenere questo effetto, è sufficiente utilizzare lo space warp Gravity. Gravity simula la vera forza di gravità spingendo e tirando le particelle verso l’icona. L’orientamento e la posizione nello spazio influiscono notevolmente sulle particelle. Per simulare al meglio la forza di gravità nella scena, è consigliabile utilizzare la gravità piana in modo tale che punti verso il basso. Per farlo, creare la forza di gravità nelle finestre TOP o PERSPECTIVE.
Utilizzo degli space warp con le particelle 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Aprire imx25spw.max dalla cartella capitolo 25 sul CD fornito in dotazione. Andare al pannello CREATE e fare clic sul pulsante Space Warps. Scegliere Gravity. Fare clic e trascinare la gravità nella finestra TOP. A differenza dell’orientamento, le dimensioni non sono importanti. Premere H per selezionare tutte le iterazioni spruzzo nella scena. Fare clic sul pulsante Bind sulla barra degli strumenti e premere di nuovo H per selezionare la gravità appena creata.
Poiché la gravità è piana, la posizione nello spazio non è importante. L’orientamento, in che direzione è ruotata, è tuttavia importante. Controllare che punti verso il basso. La figura 25.9 mostra il risultato ottenuto dopo aver applicato la gravità agli oggetti spruzzo della fontana.
■ Figura 25.9 Nessuna gravità; le particelle vanno verso l’alto Particelle influenzate dalla gravità
L’effetto di gravità sulla fontana. È importante notare come le particelle si incurvano a causa del vincolo gravità.
Deflector Lo space warp Deflector aggiunge alla particelle il rilevamento collisione piana. Nell’esercizio seguente, verrà creato un unico deflettore per evitare che le particelle attraversino la fontana mentre cadono.
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Creare un deflettore nelle finestre TOP o PERSPECTIVE. Vincolare tutti gli spruzzi al deflettore. Posizionare il deflettore alla base della fontana. È importante notare come le particelle reagiscano immediatamente al cambiamento di posizione del deflettore. La figura 25.10 mostra l’effetto del deflettore sullo spruzzo. 1. Fare clic sul pulsante Deflector nel pannello C REATE. 2. A partire dall’angolo superiore sinistro della fontana, fare clic e trascinare un deflettore nella finestra superiore. 3. Utilizzare il comando Move per spostare il deflettore a livello della base interna della fontana. 4. Utilizzare di nuovo il comando Bind per vincolare gli spruzzi al deflettore.
■ Figura 25.10 La fontana con la space warp Deflector creata e vincolata allo spruzzo.
Nessun deflettore; le particelle passano
Deflettore; le particelle rimbalzano
Wind Wind agisce come la gravità: è in grado di spingere e tirare le particelle verso l’icona, ma può inoltre fare in modo che una turbolenza devii la traiettoria delle particelle. Per riprodurre l’effetto che il vento ha sugli spruzzi di una fontana, è possibile utilizzare Wind. Poiché si desidera che il vento abbia origine lateralmente, è necessario creare il vento nella finestra di sinistra. Poi, vincolare lo spruzzo principale al vento. Le particelle saranno immediatamente soffiate lateralmente. Se si desidera ricreare l’effetto del vento che soffia, è possibile animare l’intensità del vento e i parametri turbolenza. La figura 25.11 mostra il risultato finale ottenuto applicando alla fontana la forza di gravità, il deflettore e il vento. 1. Fare clic sul pulsante Wind nel pannello C REATE. 2. Fare clic e trascinare uno space warp Wind a partire dal centro del quadrante di sinistra. (Le dimensioni dell’icona sono irrilevanti.) 3. Fare clic sul pulsante Bind e vincolare alla fontana solo lo spruzzo centrale.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.25 Vento
■ Figura 25.11 La fontana completa dotata di space warp gravità, vento e deflettore per simulare la dinamica del mondo reale.
È possibile eseguire esperimenti con i valori vento per generare diversi stili di vento. Provare ad animare il valore vento soffiando gradualmente sullo spruzzo della fontana.
Riepilogo ■
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Parametri simili. Entrambi i sistemi di particelle forniti con 3DS MAX hanno diversi parametri in comune. È importante ricordare che entrambi i sistemi di particelle utilizzano questi parametri esattamente nello stesso modo. Se si è capaci di lavorare con un sistema, quasi automaticamente si è capaci di utilizzare anche l’altro. Spray e Snow. Spray e Snow hanno caratteristiche esclusive che li rendono uno più adatto dell’altro per creare effetti particolari. Utilizzare Spray per creare effetti dove le particelle devono mantenere una direzione e un orientamento costanti. Snow funziona meglio con le particelle dove sono necessari effetti volteggio delicati. Emittente. Tutti i sistemi di particelle hanno origine da un punto, chiamato emittente. È possibile animare l’orientamento, la posizione e le dimensioni dell’emittente per creare effetti diversi. Poiché l’emittente è un oggetto, è possibile anche utilizzare i controller di animazione di 3DS MAX, come disturbo, per influenzarne il comportamento. Materiali e particelle. 3DS MAX permette di assegnare a una particella qualsiasi tipo di materiale. Per creare l’effetto ottico secondo il quale le particelle appaiono di forme diverse, è importante ricordarsi di abbinare diversi tipi di mappatura. Per esempio, utilizzare particelle anteriori con una
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mappa di opacità gradiente per creare l’effetto di oggetti rotondi, come le bolle, che fluttuano nello spazio. Particelle ed effetti post. Se si utilizzano effetti video post come il bagliore, è possibile dare alle particelle l’aspetto di minuscole scintille o di fiocchi di neve luminosi. Qualsiasi effetto video post che utilizza il parametro ID materiale o oggetto funzionerà con un sistema di particelle. Particelle con space warp. Per ottenere un effetto più realistico, utilizzare con le particelle gli space warp come gravità e vento. Se si abbinano gli space warp, si otterranno effetti supplementari con i sistemi di particelle. Per esempio, per creare un effetto geyser, utilizzare la gravità per far tornare l’acqua verso il terreno e il vento per piegare lo spruzzo.
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CAP.26
QUARTA PARTE
Tecniche di output
Creata da James Biebl Graviota Graphics Carbondale, CO
RENDERING DI IMMAGINI FISSE
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CAP.27
CAPITOLO 27
Rendering dell’animazione
Questo capitolo tratterà il rendering dell’animazione per registrare e riprodurre con mezzi digitali, su nastri magnetici e su pellicole. La proliferazione del CD-ROM e la diffusione di Internet e del World Wide Web hanno creato un’enorme richiesta di contenuto 3D grafico per i mezzi digitali. Questo capitolo illustrerà inoltre le teorie dell’animazione “frame-accurate” e i metodi di registrazione dell’animazione a fotogramma singolo. Il capitolo comprende i seguenti argomenti: ■ comprensione delle restrizioni della riproduzione digitale; ■ gestione delle tavolozze colore; ■ compressione video digitale; ■ pianificazione dei problemi di tempificazione; ■ animazione per servizi on-line; ■ registrazione in tempo reale di animazione basate su computer; ■ rendering su disco; ■ rendering su film. Come documento fondamentale degli sforzi compiuti, i professionisti e gli animatori 3D eseguono il rendering di una scena animata in una sequenza di file immagine ad alta risoluzione, digitali, a colori. Anche se la piattaforma 3D Studio MAX fornisce un’elaborazione molto efficace, con un rendering in tempo reale sulle finestre e un’utile finestra
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sul buffer del fotogramma virtuale, non è ancora possibile “avere ciò che si vede”. Questa stessa capacità di elaborazione , combinata con accelerazione grafica e sistemi di editing video digitale, oggi consente di vedere i rendering velocemente e in modo riflessivo. L’anteprima e la verifica possono infatti fornire il prodotto finale nella forma di materiale collaterale, marketing online e contenuto interattivo. In questo capitolo verranno esaminati strumenti e tecniche per eseguire il rendering delle animazioni 3D Studio MAX per tre basilari mezzi di riproduzione: digitale (su disco e on-line), video cassette e film. 3D Studio MAX è un programma di animazione e di modellazione professionale di classe workstation che gestisce internamente 64bit di informazione, cioè 16 bit per canale di RGBA. 3D Studio MAX può produrre l’animazione digitale a più alta qualità per la produzione di film commerciali. Tuttavia è importante capire che il lavoro professionale comprende uno spettro di output, dal colore a 8 bit alla più alta risoluzione e profondità di colore. Creare un’animazione per video o film è molto diverso dal creare animazione 3D concepita per la riproduzione digitale. Si dovrebbe conoscere il formato di editing e di riproduzione del progetto prima di creare le storyboard preliminari perché le differenza fra i vari formati incidono su quasi tutte le decisioni da prendere nel corso del progetto, sia creative sia tecniche. La diversa necessità di animazione 3D richiede un metodo orientato al mezzo di riproduzione per decidere come effettuare il rendering delle scene di 3D Studio MAX. È possibile realizzare un’animazione multidimensionale efficiente per i nuovi formati digitali (CD-ROM e online) così come scene complesse e ricche da presentarsi su video e film.
Pianificazione della riproduzione Poiché l’animazione è composta da immagini singole, il processo di progettazione è centrato sul fotogramma. Il metodo di visualizzazione dei fotogrammi adottato dal mezzo di riproduzione, detta l’approccio da usare per creare e realizzare il rendering dell’animazione 3D. È meglio procedere alla valutazione dell’output durante la pianificazione, la configurazione e il processo di produzione. Molti, se non tutti, gli aspetti dell’output digitale sono gestiti meglio se affrontati prima del rendering e quindi se non sono rinviati al momento dell’editing e della post produzione. Le preferenze di default di 3D Studio MAX sono in genere impostate per la visualizzazione su PC e per il rendering di file sequenziali e individuali in formato bitmap. Se l’animazione sarà riprodotta esclusivamente come video digitale su computer, o da video cassetta o da film, è possibile pianificare questa eventualità regolando le impostazioni appropriate nella funzione Preference. Per esempio, 3D Studio MAX gestisce la correzione Gamma in modo globale (per visualizzazione, output e input), oppure è possibile ignorare le impostazioni di sistema come succede quando si compongono le immagini di input con le scene in Video Post o quando si esegue il rendering su una periferica come Digital Disk Recorder. È possibile implementare la numerazione seriale dei file di rendering (comune per l’animazione di personaggi nello sviluppo di CD-ROM) attivando l’impostazione Output File Sequencing. Quando si esegue il rendering tenendo conto del mezzo di riproduzione è necessario verificare e registrare le seguenti impostazioni specifiche Preference. Si consiglia di leggere accuratamente gli argomenti della guida in linea relativi a questi settori. Le preferenze sono suddivise nella finestra di dialogo e ogni categoria è segnata da una scheda:
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CAP.27 ■
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Scheda Rendering Video Color Check: utilizzare questo strumento continuamente quando si è in fase di creazione e di animazione dei materiali e quando si stanno componendo le immagini sorgente che possono non rientrare nello spettro video per un determinato tipo di segnale video. NTSC o PAL: configurare l’output per la formattazione del segnale video. Utilizzare NTSC per Stati Uniti e Giappone; PAL per l’Europa. Questa impostazione inciderà sul modo in cui Video Color Check troverà i differenti colori fuori spettro. Super Black: impostare il limite per soddisfare la necessità di differenziare l’ombreggiatura nella scena dai background neri. Questo è importante per gli effetti compositi. Field Order: è importante coordinare l’ordine del campo dei dispositivi di registrazione che si utilizzeranno unitamente alla riproduzione. Per esempio, l’Accom Digital Recorder vuole un ordine campi ODD mentre il DPS Perception Video Recorder si aspetta un ordine campi EVEN di default. Pixel Size Limit: utilizzare questa impostazione unitamente alla finestra di dialogo RENDER SCENE e V IDEO POST RENDER OPTIONS. Nella sezione Scanline A Render Anti-Alias si specificherà la dimensione dei pixel per migliorare la resa di immagini di qualità broadcast. Si imposterà un limite complessivo per questa impostazione sulla base del tipo di riproduzione (BetaSP, VHS, film e così via) per l’intero progetto, dopodiché si regoleranno individualmente i rendering sulla base delle specifiche all’interno della scena o del composito. Output File Sequencing: se si utilizzano i fotogrammi Step nel rendering, è bene impostarli per ottenere la numerazione sequenziale dei fotogrammi scaglionati. Questo è particolarmente importante nello sviluppo di animazioni per animazioni interattive e online, laddove si media sul numero dei fotogrammi a favore delle prestazioni. Dithering, True Color e Paletted: è necessario prestare molto attenzione a come il dithering incide sulla creazione dei file destinati alla riproduzione interattiva e online. Con i file video digitali (AVI, FLC) in genere il dithering viene disattivato. Scheda Gamma Enable Gamma Correction: in genere si attiva questa funzione per tutto il rendering. Output Gamma: ogni visualizzazione ha una particolare esigenza gamma; se si sta eseguendo il rendering per un qualsiasi dispositivo di registrazione, digitale o altro, sarà opportuno regolare il gamma di output per accogliere dispositivi che visualizzano gamma Input Gamma: quando si compongono immagini sorgente con la scena si regolerà il gamma di input per adeguarlo alla scena. Scheda File Auto Backup: anche se Auto Backup è utile e importante durante le sessioni di modellazione e di animazione, probabilmente sarà opportuno che venga disattivato durante il rendering in quanto introduce elaborazione e utilizzo di memoria non necessari e aumenta le probabilità di anomalie nel rendering.
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Scheda Viewports (Viewport Background) Update background image while playing: se si sta eseguendo una rotoscopia utilizzando file di animazione o immagini sequenziali è necessario verificare questa opzione in modo che l’animazione venga eseguita in background nella finestra via via che si scorrono i fotogrammi. Inoltre è necessario conoscere altre impostazioni relative ai supporti, che vengono salvate con ogni singola scena. ■ Scheda Views Viewport Configuration/Safe Frames: utilizzare questa impostazioni per essere certi che l’animazione ricada nel rapporto di aspetto della visualizzazione di riproduzione prescelta. Units: utilizzare questa funzione per adeguarsi al livello sonoro, alla scena del film e ai programmi architettonici generali per creare visualizzazioni accurate. Grid Objects: utilizzare questi utili oggetti per adeguarsi alla prospettiva della rotoscopia. Allineare le griglie con i piani nell’immagine sorgente. ■ Scheda Time Configuration Frame Rate: impostare il numero dei fotogrammi per il mezzo di riproduzione prescelto. Time Display: attivare questa impostazione per tenere una traccia delle immagini nell’animazione. Utilizzare SMTPE quando si intende adeguare l’animazione alle registrazioni del suono basate sul tempo. Set Playback/Real Time: disattivare questa impostazioni quando si esegue una rotoscopia in modo che la riproduzione non salti i fotogrammi per tenere il tempo. Teoricamente, si dovrebbe creare un contenuto “indipendente” dalla piattaforma. In realtà i tempi e le specifiche di un progetto spesso richiedono output mirati e specifici per un certo mezzo. Si consiglia di acquisire familiarità con le impostazioni di preferenza di 3D Studio MAX. Creare file modello per file 3dsmax.ini partendo dai progetti in modo che corrispondano specificamente alle configurazioni di riproduzione. È inoltre importante capire come i file di 3D Studio MAX non nominati vengono configurati dalle impostazioni di configurazione nel file maxstart.max. È possibile salvare i file MAX dai progetti con un nome differente, ridurre o eliminare la geometria, i materiali e così via, in modo che – quando si ricomincia un progetto simile – sia possibile rinominare il file maxstart.max del progetto e posizionarlo nella directory appropriata (default = Scenes) per caricare un set o file di configurazione specifici per il nuovo progetto. Allo stesso modo, è possibile realizzare dei modelli delle impostazioni complessive di 3D Studio MAX come la configurazione delle finestre, la configurazione del tempo e le posizioni delle directory di default salvando il file 3dsmax.ini come nomi di file specifici di un progetto, rinominandoli 3dsmax.ini e caricandoli nella sotto directory MAX della radice prima di lanciare 3D Studio MAX.
Riproduzione digitale Quasi tutte le applicazioni multimediali oggi comprendono il supporto per la creazione e la riproduzione di “film” digitali nei formati file AVI (AVI) e FLIC (FLC o FLI). Un crescente numero di applicazioni, soprattutto browser online, forniscono anche il
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CAP.27 supporto di oggetti e animazioni tridimensionali. Speciali file di testo ASCII che contengono il Virtual Reality Modeling Language (VRML) forniscono metodi standardizzati per rappresentare gli oggetti e le animazioni 3D all’interno di una pagina Web. Questi file hanno l’estensione WRL (per “world”, mondo). 3D Studio MAX supporta integralmente la lettura e la scrittura di formati AVI e FLIC, compresi diversi codec (algoritmi di compressione/decompressione). Kinetix ha inoltre sviluppato un plug-in per 3D Studio MAX per l’esportazione di scene come file VRML. Per creare efficaci video digitali o animazioni VRML è necessario comprendere e gestire i limiti relativi ai formati e agli ambienti di riproduzione. Quando si crea dell’animazione per la riproduzione digitale, si devono rispettare una grande varietà di vincoli. Alcuni dei problemi che si devono affrontare sono: ■ normalizzazione della tavolozza colori su fotogrammi multipli; ■ scelta e configurazione dell’appropriato codec; ■ attenzione verso le anomalie di riproduzione come gli strappi video; ■ scelta di file di dimensioni più piccole e conteggio dei poligoni per una riproduzione efficiente e per una pronta interattività; ■ ottimizzazione della presentazione per rientrare nel metodo di riproduzione prescelto: ■ pianificazione dei punti di rottura e utilizzo delle transizioni.
Controllo della tavolozza Un importante problema che si deve affrontare quando di producono animazioni per CDROM e online è lavorare con una tavolozza di 256 colori (8 bit). Alcuni titoli di CD-ROM richiedono una visualizzazione in 256 colori, oppure offrono opzioni di configurazione a 8 bit e a maggiore profondità di colore. La tipica scheda di visualizzazione grafica della clientela può supportare solo 256 colori. In questo caso è necessario definire una tavolozza standard per l’opzione di fascia basa. I due problemi più importanti da affrontare sono il design dello schema colore e l’eliminazione del dithering. È necessario pianificare accuratamente la selezione colori e materiali delle immagini a 8 bit. Con solo 256 è necessario trarre il massimo vantaggio dalla selezione colori. Per realizzare questo scegliere tutte le selezioni colori e materiali all’interno della stessa famiglia di colori. Questo limite non è così vincolante come sembra, soprattutto quanto si parla di caldi colori sui toni della terra , freddi blu-verdi e tenui grigi. In realtà ci si renderà conto che lavorare con questi limiti migliora il senso del colore. Gran parte dei progettisti colore lavora con una tavolozza limitata. Non solo è necessario lavorare con un numero limitato di colori all’interno di un’immagine ma bisogna anche tenere conto di come il colore viene espresso nel tempo, fra le scene, e in congiunzione con altre scelte interattive. La selezione di una buona tavolozza colori è complicata da problemi come lo spostamento degli oggetti fuori e dentro la vista, il cambiamento della posizione di luci e colori, lo spostamento dell’animazione in una scena differente o il suo inserimento all’interno di una pagina Web che ha propri requisiti di colore.
Creazione di una tavolozza colori a 8 bit Per realizzare il rendering di una tavolozza personalizzata dall’animazione 3D Studio MAX o da una file sequenziale in Video Post, scegliere il formato file FLC (FLC o FLI)
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come tipo di file di output nella finestra di dialogo RENDER SCENE OR VIDEO POST EXECUTE SEQUENCE (figura 27.1). L’output FLC presenta quattro scelte di tavolozza: Low, Medium, Custom e Uniform. Inoltre, è possibile scegliere di identificare il numero di colori che 3D Studio MAX utilizzerà dalla tavolozza prescelta. Quando si scelgono meno di 256 colori, viene realizzata una tavolozza ottimizzata per Windows e i colori rimanenti vengono riempiti in nero. Windows si riserva 20 colori in tutto e quindi si dovrebbe utilizzare una tavolozza di 256 colori (o meno) per le animazioni riprodotte in Windows.
■ Figura 27.1 Utilizzare una tavolozza personalizzata per eseguire il rendering di un file in formato FLC. Accertarsi che la posizione del file sia disponibile per il rendering, soprattutto quando lo si esegue in rete.
L’elenco seguente descrive queste opzioni di output più in dettaglio: ■ Low: calcola i colori per il primo fotogramma dell’animazione e poi utilizza il set di colori prefissato per tutti i fotogrammi successivi. L’impostazione Low è molto rapida ma comporta alcuni problemi. Innanzitutto e soprattutto, se un qualsiasi oggetto è fuori dalla scena nel primo fotogramma i suoi requisiti di colore non vengono tenuti in considerazione. Per esempio, nel caso dell’animazione di una scena in un giardino si hanno erba verde brillante, alberi e cespugli verde scuro, tronchi marroni e cielo azzurro vivido. Dopo alcuni fotogrammi una palla rossa rimbalza nella vista. Se si è eseguito il rendering con un’impostazione di tavolozza Low non si ha il rosso. Alcuni toni caldi possono essere associati ai colori per il tronco ma la palla molto probabilmente non sarà affatto rossa. ■ Medium: esegue il rendering di ogni fotogramma con la tavolozza a 256 colori. Dopo avere finito il rendering dell’animazione, 3D Studio MAX controlla tutte le tavolozze individuali e costruisce un’unica tavolozza per servire tutti i fotogrammi. Quest’opzione funziona molto bene e fornisce quasi tutte le migliori tavolozze per l’animazione. Lo svantaggio maggiore è che è lenta. Dopo che 3D Studio MAX ha eseguito il rendering del file FLC con una tavolozza separata per ogni fotogramma deve riscrivere ogni fotogramma utilizzando la nuova tavolozza che è stata creata. Questo processo può richiedere una notevole quantità di tempo.
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CAP.27 ■
Custom: richiede che 3D Studio MAX sia fornito di una tavolozza predefinita da un file GIF, FLC o BMP. Fortunatamente 3D Studio MAX ha gli strumenti per creare facilmente questa tavolozza. Il segreto sta nell’eseguire il rendering di un campione rappresentativo di fotogrammi in modalità Medium e poi lasciare che 3D Studio MAX esegua l’intera animazione con un tavolozza personalizzata ricavata dai fotogrammi campione. L’opzione tavolozza Custom è quella più comunemente utilizzata. ■ Uniform: esegue il rendering di ogni fotogramma utilizzando una tavolozza ma utilizzando a questo scopo un cubo colore opzionale. La tavolozza è una tavola di colori uniformemente distribuiti e generati dal sistema. Una tavolozza Uniform garantisce che ogni fotogramma utilizzi gli stessi colori supportati da Windows. Per identificare l’insieme campione di fotogrammi per creare una tavolozza personalizzata si utilizza il campo Every Nth Frame nelle finestre di dialogo RENDER SCENE oppure EXECUTE VIDEO P OST (figura 27.2). Il valore che viene digitato in questo campo dovrebbe essere sufficiente a eseguire il rendering in qualsiasi percentuale fra il 10% e il 25% dei fotogrammi totali dell’animazione. Più sono i fotogrammi dell’animazione maggiore è il numero che sarà digitato nel campo Every Nth.
■ Figura 27.2 Rendering di una porzione significativa di un file per mezzodell’impostazione Every Nth Frame
Accertarsi di avere salvato il file campione FLC sul disco e annotarne la posizione perché al momento di eseguire il rendering dell’animazione finale si sceglierà la tavolozza Custom e si assegnerà il campione FLIC come file della tavolozza Custom. Se il file FLC non è nella directory da cui è stato caricato il file MAX o non è in una directory percorso dei file di mappa, il file FLC non potrà essere trovato durante il rendering e 3D Studio MAX visualizzerà un messaggio di avvertenza che interrompe il processo di rendering. Per lavorare sul file AVI che utilizza la tavolozza Custom, eseguire l’output della scena come se si trattasse di un file FLIC che utilizza la tavolozza Custom. Dopodiché utilizzare Video Post per convertire il file FLIC in un file AVI. Verificare che le opzioni Dithering siano disattivate nella scheda Rendering della finestra di dialogo PREFERENCES . Aggiungere il file FLC con un evento Image Input e il file AVI come un evento Output. Scegliere il codec Full Frame (Uncompressed) e attivare Execute. A questo punto si avrà un file AVI con una tavolozza a 8 bit controllata.
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Tavolozze multiple Talvolta l’animazione ha scene che cambiano drasticamente per quanto riguarda le luci e i colori. Per esempio, nel caso di un’animazione in cui il soggetto si sposta dai toni caldi e neutri di un soggiorno a quelli vividi e colorati di una veranda, si dovrebbe eseguire il rendering di ogni parte come un segmento separato con la propria tavolozza colori. Cercare di comprendere l’ampia gamma di colori di entrambe le scene in un’unica tavolozza non permette a nessuna delle due scene di dare risultati accettabili. Allo stesso modo, se l’animazione occuperà diversi ambienti come pagine Web, o rotoscopie e composizioni multiple, è necessario utilizzare tavolozze personalizzate per ogni condizione.
Eliminazione del dithering Come già visto in precedenza, quando si esegue il rendering di un formato video digitale in genere è meglio non eseguire il dithering del colore. Per impedire che 3D Studio MAX esegua il dithering è necessario disattivare la casella di controllo [Paletted (256-color)] nella sezione Output Dithering della schedaRENDERING nella finestra di dialogo PREFERENCES. Per default 3D Studio MAX esegue il dithering destinato a un formato file a 8 bit. Questo potrebbe andare bene per singole bitmap. Ma il dithering non traduce bene in un file video digitale in cui le routine di compressione cercano punti in comune nei file, compresi i colori ridondanti. Il dithering riduce il banding negli oggetti a colori solidi ma non fa molto altro per migliorare il realismo delle immagini video digitali e aumenta di molto le dimensioni del file. Utilizzare varie tecniche di mappatura per migliorare il realismo della scena perché le mappe in genere impediscono il banding meglio del dithering e senza creare file di grandi dimensioni. Un’altra ragione per evitare il dithering quando si esegue il rendering dei file video digitali è che è molto difficile fare in modo che i motivi di dithering stiano fermi. Via via che gli oggetti si spostano sulla scena e le luci cambiano, cambia anche il motivo di dithering. Talvolta i cambiamenti nel motivo di dithering sono in sintonia con l’animazione e quindi difficilmente visibili; altre volte però i motivi di dithering sembrano avere vita propria sulla superficie degli oggetti. La tecnica della tavolozza personalizzata descritta in precedenza aiuta a minimizzare questo effetto ma non a eliminarlo completamente. I migliori risultati si ottengono utilizzando una tavolozza personalizzata insieme a materiali mappati realistici, ed evitando del tutto il dithering.
Compressione video digitale La compressione è il processo per cui si rimuovono o si ristrutturano i dati per diminuire le dimensioni dei file. Quando 3D Studio MAX esegue il rendering di un file AVI comprime ogni informazione dell’immagine del fotogramma basata sulla selezione da un elenco di codec software. I codec hanno tre caratteristiche principali: primo, sono con perdita o senza perdita; la compressione senza perdita conserva tutti i dati immagine in genere utilizzando una tecnica detta Run Length Encoding (RLE). RLE scarta regioni continue di colore duplicato segnando il file con un codice che ricorda il colore duplicato al momento della decompressione. RLE è molto efficace per la grafica generata al computer con grandi zone
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CAP.27 di pixel simili ma non lo è con fotografie e video analogici digitalizzati perché queste immagini in genere contengono poche zone di colori continui. I codec con perdita devono riconoscere e rimuovere in modo permanente le informazioni immagine che non hanno probabilità di essere notate da chi guarda. L’algoritmo è sensibile al dithering e alla diffusione su una gamma di fotogrammi. I codec con perdita hanno un’impostazione di qualità che controlla il grado di perdita (e di conseguenza la dimensione del file risultante). Questi codec sono efficaci quando si comprimono geometrie 3D animate composte con video analogici. La seconda importante caratteristica dei codec riguarda il modo in cui la compressione affronta il fotogramma intero, da un punto di vista spaziale o temporale. La compressione spaziale esamina un fotogramma alla volta riconoscendo e rimuovendo i dettagli all’interno del fotogramma. La compressione temporale confronta i fotogrammi nel tempo per rimuovere i dati in modo strategico e gradualmente. Un importante tipo di compressione temporale (detta frame differencing) archivia solo le informazioni relative ai pixel cambiati nei fotogrammi sequenziali. Infine i codec supportano determinate profondità pixel e sono specifici per le varie piattaforme. Alcuni codec comprimono solo a 8 bit; altri supportano la compressione a 16 e 24 bit. Alcuni riproducono solo su Video for Windows. La decompressione (e la ricompressione) avviene mentre il film viene riprodotto. La funzionalità View File di 3D Studio MAX lancia il Lettore multimediale di Windows (NT o WIN95) a questo scopo. I codec sono fondamentali se l’animazione deve essere riprodotta da un’unità CD-ROM o se deve essere eseguita a tutto schermo da un disco rigido. Il codec prescelto per l’output dei file di rendering da 3D Studio MAX incide sulla qualità visiva e sulla velocità di riproduzione dell’animazione digitale. I codec sono raggiunti digitando il nome del file di output con l’estensione AVI e premendo il pulsante Setup nella finestra di dialogo FILE BROWSING.
■ Figura 27.3 Configurazione di un codec AVI
È possibile comprimere i file AVI utilizzando uno qualsiasi dei codec software disponibili con Video for Windows. Almeno uno dei codec è stato installato con il sistema operativo dell’utente e diversi sono stati installati con titoli multimediali e browser Internet. È inoltre possibile aggiungere codec di altri fabbricanti al sistema per avere una certa varietà di formati di compressione. Si consiglia di cercare di capire il funzionamento dei codec – e sperimentare molto – per essere in grado di ottenere i risultati voluti per un progetto.
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Codec comuni e 3D Studio MAX Alcuni dei codec che con molta probabilità sono presenti nel sistema dell’utente, compreso il codec che Kinetix fornisce con 3D Studio MAX, sono i seguenti: ■ Microsoft Video 1: utilizzare questo codec per comprimere i video analogici, per esempio, che compongono una scena 3D Studio MAX con una cattura video analogica non compressa digitale o a controllo di fotogramma. Anche se questo non è il codec più facilmente configurabile, una maggior qualità è ottenibile attraverso la sua barra di qualità temporale così come per mezzo dei meccanismi di regolazione della compressione complessiva situati nella finestra di dialogo principale V IDEO COMPRESSION. ■ RADIUS CINEPACK: questo codec a perdita di dati viene utilizzato principalmente per la compressione video a 24 bit per riproduzioni finali da dischi CD-ROM. Questo codec raggiunge un livello di compressione maggiore, una migliore qualità d’immagine, maggiore velocità di riproduzione rispetto a Microsoft Video 1, ma non dovrebbe essere utilizzato per dati che contengono precedenti immagini compresse con perdita di dati (per esempio un’immagine AVI utilizzata come materiale o in background). È possibile configurare questo codec per la compressione in bianco e nero o a colori. Per regolare la qualità di compressione aprire la finestra di dialogo VIDEO COMPRESSION di 3D Studio MAX. ■ Intel Indeo Video R3.2: questo codec con perdita di dati a 24 bit è comparabile al codec Radius Cinepack. ■ Autodesk RLE: questo codec fornito da Kinetix comprime senza perdita di dati, con codifica di tipo run lenght, video a 24 bit che possono anche essere visualizzati con il software Animator Studio di Autodesk. Utilizzare questo codec per comprimere video a 24 bit più grandi ma di qualità migliore quando si vuole evitare la perdita di informazioni RGB. Poiché questo codec non rimuove le informazioni, lo si può efficacemente utilizzare per oggetti mappati con animazione AVI o FLIC. ■ Full Frames (non compresso): Si tratta del metodo ad alta qualità universalmente accessibile per l’archiviazione delle informazioni di animazione in un flusso di dati. Questo codec richiede grandi quantità di spazio su disco ma ha la comodità di produrre un file singolo sequenziale per l’animazione. Poiché è compatibile con vari tipi di macchine e di applicazioni video, è piuttosto efficace per la produzione multimediale interattiva.
Video tearing Il video tearing è l’incapacità, da parte dell’hardware di visualizzazione, di tenere il passo della velocità di riproduzione dell’animazione. La figura 27.4 mostra il fotogramma di un’animazione interessata dal video tearing catturata durante la riproduzione. Questo fenomeno si verifica quando il sistema non può inviare informazioni attraverso la scheda grafica in modo sufficientemente veloce per tenere il passo con il movimento degli oggetti nell’animazione. Ciò che si vede è la visualizzazione contemporanea di due fotogrammi. La parte superiore dello schermo mostra il fotogramma successivo mentre quella inferire mostra il fotogramma precedente.
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CAP.27 ■ Figura 27.4 Esempio di video tearing in un’animazione; si noti l’offset nelle gambe del robot e le righe verticali della scena.
Non esistono regole precise che indichino in quali circostanze si verifica il video tearing. La cosa migliore da fare è pianificare l’animazione sulla base del tipico sistema di livello più basso sul quale verrà eseguita e progettarla sulla base della qualità di riproduzione. Esistono invece alcune regole per ridurre la probabilità di video tearing. Il livello di efficacia di queste regole dipende notevolmente dalla comprensione dell’hardware su cui viene riprodotta l’animazione. ■ Evitare oggetti che si muovono velocemente: il video tearing è un diretto risultato della velocità a cui il computer visualizza una singola immagine. Più un oggetto si sposta velocemente, maggiore è la probabilità di ottenere il video tearing. ■ Evitare il movimento dei bordi verticali: la meccanica della trasmissione delle informazioni video (sinistra destra, alto basso) significa che grandi bordi verticali che si spostano orizzontalmente lungo lo schermo rappresentano lo scenario peggiore per il video tearing. Se lo spostamento dei bordi verticali non si può evitare cercare di spostarlo dalla zona dove può verificarsi il video tearing. ■ Utilizzare la dimensione schermo più piccola possibile per il progetto: più sono i pixel contenuti nell’immagine maggiori sono i dati da inviare e quindi maggiori sono le probabilità che il sistema non possa tenere il passo. In altre parole, se una risoluzione di 320x200 pixel soddisfa il cliente, inutile utilizzare 1024x768 pixel. ■ Sperimentare gli effetti movimento: una ridotta quantità di effetto movimento può aumentare il realismo del movimento e aiutare a mascherare il video tearing. Consultare il capitolo 28 per ulteriori informazioni sull’effetto movimento.
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Dimensione dei file Se si costringe il sistema di riproduzione a eseguire l’animazione dal disco invece che dalla memoria si vanificano tutti gli sforzi per produrre immagini realistiche e per evitare il video tearing. L’accesso al disco rallenta tutto a un punto tale che sarebbe meglio guardare una serie di diapositive. È necessario conoscere il sistema su cui si prevede di riprodurre l’animazione e poi dimensionare i segmenti animati in modo che si adattino ai limiti di memoria di quel sistema. Se si esegue il rendering per la riproduzione su un altro sistema è necessario decidere quali sono i requisiti minimi di memoria necessari per eseguire la presentazione. Il tipico PC per uso personale o per un piccolo ufficio probabilmente non ha più di 8MB di RAM e alcuni sistemi ne hanno 4MB o anche meno. La quantità di memoria realmente disponibile per sopportare il file video digitale dipende dal programma di riproduzione e da quanta memoria viene configurata e gestita dal sistema operativo di riproduzione. Il solo modo per capirlo e quello di fare un esperimento con un sistema configurato come la macchine del probabile pubblico di destinazione. Naturalmente, se si esegue il rendering per una riproduzione in tempo reale esclusivamente sul proprio sistema questo compito è molto più semplice. L’obiettivo è di progettare l’animazione in modo che sia possibile spezzarla in segmenti che entrino nella memoria disponibile. Questo consente a ogni segmento di essere eseguito nel modo più lineare e veloce possibile senza le tipiche e frequenti pause che si verificano quando si riproduce l’animazione da un disco rigido. Il segreto è la progettazione. Se si desidera che l’animazione sia efficace, è necessario pianificare dove si devono verificare le interruzioni dei segmenti e poi sistemare tali interruzioni lungo una sequenza nell’animazione in un punto in cui un’interruzione abbia senso.
Determinazione della velocità di riproduzione Prima di potere pianificare le transizioni e le interruzioni per l’animazione è necessario stabilire la velocità finale di riproduzione. In genere i file video non vengono riprodotti a 30 fotogrammi al secondo (fps). L’hardware per riprodurre film digitali in modo così veloce non è ancora disponibile. Una velocità di riproduzione più diffusa è 15 - 20 fps. Di default 3D Studio MAX esegue il rendering dei file AVI e FLIC a 30 fps. Utilizzare la funzione Time Configuration per regolare il numero di fotogrammi dell’animazione. La finestra di dialogo si raggiunge facendo doppio clic sull’icona Time Configuration nella sezione destra inferiore della finestra principale del programma. Si trova proprio sulla destra del campo di accesso del fotogramma tra i controlli VCR. Cambiare il numero di fotogrammi non cambia la lunghezza complessiva (in fotogrammi) dell’animazione ma invece incede sulla quantità di tempo necessario alla riproduzione della stessa quantità di fotogrammi. Quindi se si cambia il numero di fotogrammi ed è ancora necessario che l’animazione occupi un certo intervallo di tempo, sarà anche necessario cambiare la lunghezza dell’animazione. Quando si cambia l’impostazione della lunghezza nella finestra di dialogo principale TIME CONFIGURATION in realtà non si sta realizzando questo cambiamento. In realtà quella impostazione troncherà semplicemente l’animazione al fotogramma iniziale e finale oppure estenderà l’ultimo fotogramma dell’animazione. È quindi necessario selezionare il pulsante Re-Scale Time e cambiare le impostazioni Start, End e Length in modo che 3D Studio MAX effettivamente riduca o allunghi l’animazione aggiungendo o sottraendo fotogrammi centrali per ottenere la lunghezza di tempo voluta (e NON la lunghezza dei fotogrammi).
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CAP.27 ■ Figura 27.5 Finestra di dialogoTIME CONFIGURATION per il controllo del numero dei fotogrammi per mezzi di riproduzione specifici.
Pianificazione delle interruzioni Durante le trasmissioni televisive la scena cambia ogni 3-5 secondi. Nei video musicali la scena cambia anche più velocemente: non è raro che cambi addirittura ogni 1-2 secondi. Navigare in rete è come cambiare i canali televisivi: in ogni momento è possibile interrompere ciò che si sta guardando e introdurre immagini completamente nuove. Se tenere conto dei cambiamenti di scena e della lunghezza di una ripresa è importante per un’animazione ben progettata, questo è assolutamente fondamentale per l’animazione che si vuole utilizzare per la registrazione e la riproduzione in tempo reale. Ogni volta che si cambia una scena nell’animazione si ha la possibilità di spezzare l’animazione in segmenti separati. Utilizzare con cautela questi cambiamenti di scena, detti anche transizioni, utilizzando tagli, dissolvenze e pause interattive in modo da favorire l’uso di risorse di riproduzione limitate.
Transizioni Il termine transizioni si riferisce a qualsiasi cambiamento da una scena a un’altra. Molti tipi diversi di transizioni sono comuni in film e video ma quelli significativi per la riproduzione video digitale sono i tagli e le dissolvenze. I tagli sono il fotogrammi finale e quello iniziale del punto in cui si è operata l’interruzione fra due animazioni. Possono essere composti dagli stessi elementi di scena (compresi oggetti e materiali) oppure completamente differenti per scene e immagini. Le dissolvenze offrono una graduale interruzione dell’immagine (fade-in), un cambio da una sequenza a un’altra (dissolvenza incrociata) o una conclusione (fade-out). Tutte queste tecniche sono utili per mantenere l’attenzione durante l’animazione e per identificare i punti di interruzioni dove suddividere i file video digitali in segmenti. I tagli non sono utili quanto le dissolvenze perché il rapido cambiamento da una scena alla successiva sfida le capacità di molti sistemi. In generale, affinché un taglio funzioni nel modo corretto durante la riproduzione video entrambi i segmenti devono essere in memoria e devono utilizzare la stessa tavolozza di colori.
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Tagli e dissolvenze sono un modo per unire segmenti animati. Una pausa si verifica quando si trasferiscono i segmenti dentro e fuori la memoria. Se non si sta animando un video musicale, o uno spot pubblicitario, è necessario prevedere diverse pause di animazione. La pausa consente a chi guarda di leggere il testo sullo schermo, di esaminare la scena più da vicino o semplicemente di cogliere l’ultimo segmento di animazione prima di spostarsi sul successivo. Il vantaggio di una pausa inoltre è che permette di rilasciare precedenti segmenti di animazioni dalla memoria e di caricare i segmenti successivi. Il numero di pause richiesto per caricare e scaricare l’animazione è direttamente legato alla quantità di memoria disponibile sul sistema di riproduzione. Meno memoria si ha a disposizione, più pause sono richieste per spostare i segmenti dentro e fuori la RAM, motivo per cui è necessario conoscere su quale tipo di sistema viene eseguita l’animazione prima di iniziare il keyframing e il rendering del video digitale.
Animazione 3D per contenuti online Uno degli aspetti più interessanti dell’animazione 3D attuale è la sua inclusione sulle pagine Web. Questa tecnologia si sta diffondendo fra i prodotti di punta di Kinetix, compreso 3D Studio MAX. L’utilità VRML di esportazione apre un nuovo e particolare canale creativo. Quando si esegue il rendering delle animazioni per questo mezzo digitale specializzato è necessario stabilire una strategia specifica. I prossimi paragrafi tratteranno alcune delle tecniche di ottimizzazione che è possibile utilizzare in questo campo. Diverse tecnologie stanno convergendo nell’ambiente del World Wide Web: telefonia, videoconferenza, agenti interattivi, applicazioni client/server e gestione di database multimediali. Dal punto di vista dell’animazione, produrre immagini per il Web è come produrle per i video giochi. L’ambiente interattivo riduce la qualità dell’immagine in cambio di prestazioni migliori. Con l’aumento dell’ampiezza di banda migliora anche il contenuto del Web. Allo stesso modo, via via che gli applicativi di navigazione includono estensioni VRML, il contenuto 3D popola le pagine Web creando una certa aspettativa di esperienze virtuali. 3D Studio MAX può essere utilizzato immediatamente per produrre straordinarie animazioni ottimizzate per questa esperienza.
3D Studio MAX VRML Exporter Il Virtual Reality Modeling Language (VRLM) è una specifica per includere e manipolare oggetti tridimensionali in un programma. VRML viene utilizzato in particolare insieme alle pagine Web che a loro volta sono scritte in HyperText Markup Language (HTML). 3D Studio MAX VRML Exporter è stato introdotto in parallelo alla distribuzione di diversi prodotti per il World Wide Web di Kinetix. Hyperwire, il prodotto Web più importante, è una efficace applicazione multimediale di authoring (basata sugli oggetti) che crea applet Java – programmi estremamente portabili, ideali per Internet. 3D Studio MAX VRML Exporter produce file (WRL) che possono essere visti in qualsiasi applicazione in grado di supportare il VRML, soprattutto i browser WWW quando comprendono un browser VRML. I browser VRML sono in genere componenti plug-in dei browser Web, come Netscape Navigator. 3D Studio MAX VRML Exporter include attivatori interattivi che possono lanciare attività basate sul fatto che un oggetto sia nella visuale.
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Ottimizzazione per mondi 3D Il formato file 3DS, che deriva da 3D Studio per MS-DOS ed è supportato da 3D Studio MAX attraverso funzioni di importazione ed esportazione, è uno standard per veicolare informazioni di oggetti 3D. Alcuni strumenti software di realtà virtuale funzionano con file 3DS MAX grezzi che sono stati ottimizzati per costruzioni nel mondo 3D. A causa delle limitazioni di ampiezza di banda, la manipolazione dell’oggetto tridimensionale non può verificarsi se non si vincola il numero totale di poligoni in un scena. Attualmente il vincolo è intorno ai 1000 poligoni. Le capacità di ottimizzazione di 3D Studio MAX devono essere comprese e utilizzate sia che si esporti su file 3DS MAX sia che si esporti in VRML. Questo implica posizionare il modificatore Optimize su oggetti nella scena e regolare i parametri Level of Detail. La figura 27.6 mostra dove aggiungere il modificatore per l’ottimizzazione. Si consiglia si leggere i paragrafi sui modificatori geometrici del capitolo 16 del volume 1 della Guida di 3D Studio MAX.
■ Figura 27.6 I parametri Level of Detail in 3D Studio MAX Optimize creano versioni ottimizzate di oggetti per il posizionamento strategico in mondi 3D.
Se si esporta in VRML, è possibile acquisire un notevole livello di controllo sulla semplificazione della geometria utilizzando il modificatore 3D Studio MAX Optimize insieme alla funzionalità Level of Detail in VRML Exporter. Questa funzionalità sostituisce oggetti clonati dei conteggi di varie facce in quanto quando sono necessari sulla base della vicinanza a chi guarda dell’oggetto originale.
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■ Figura 27.7 Man mano che la navicella si sposta relativamente al pianeta e al punto di vista dello spettatore è possibile sostituire geometrie più efficienti utilizzando i parametri Level of Detail nel VRML Exporter Plug-In di 3D StudioMAX.
Output per riproduzione di videocassette e film Creare animazioni che saranno riprodotte da videocassette analogiche o da film è molto diverso da creare animazioni concepite per la riproduzione su computer. Come già visto nei paragrafi precedenti, si dovrebbe conoscere il formato finale del progetto molto prima di creare le storyboard preliminari, perché le differenze fra la riproduzione su computer e su video riguardano diversi aspetti dell’animazione. I prossimi paragrafi tratteranno i dettagli dell’animazione con precisione a livello di frame per registrazioni su videocassette finali e presenteranno una breve discussione di tecnologie hardware in registrazione frame-accurate come i registratori a disco digitale.
Registrazione in tempo reale di animazioni basate su computer La migliore qualità di animazione viene raggiunta quando le immagini ad alta risoluzione vengono riprodotte con la stessa velocità o leggermente più veloci di come la combinazione occhio/cervello umano può distinguere le singole immagini con tutti i colori. Quando il numero di fotogrammi scende al di sotto di 20 fotogrammi al secondo l’osservatore tipico comincerà a notare un certo “spezzettamento”. L’obiettivo di ottenere un movimento completamente fluido, a causa di alcuni fattori fisici, risulta difficile da raggiungere quando si riproducono video digitali da disco. Un unico fotogramma colore a 24 bit (16,7 milioni di colori) a risoluzione video
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CAP.27 corrisponde a quasi 1 MB non compresso. Le immagini compresse hanno approssimativamente una dimensione di ½ MB. Riprodurre queste immagini alla velocità delle videocassette – 30 fotogrammi al secondo – significa leggere 15MB di dati dal disco rigido e trasferirli sulla scheda grafica ogni secondo. Mantenere un trasferimento dati di tale portata non è possibile con l’attuale tecnologia standard per PC. Innanzitutto, la velocità scende molto al di sotto del necessario per dare l’illusione del movimento. Inoltre quella velocità cambia continuamente: fotogrammi meno compressi vengono riprodotti velocemente e quelli che non sono altrettanto compressi rallentano l’animazione in misura anche maggiore. Qualsiasi animazione che richiede una velocità di riproduzione estremamente precisa non dovrebbe dipendere da una riproduzione standard su computer. Le differenze fra computer, schede grafiche e anche fra quantità di memoria disponibile incidono sulla velocità di riproduzione. Il modo per risolvere tutti questi problemi è attraverso la registrazione fotogramma per fotogramma dell’animazione. Ogni fotogramma viene archiviato separatamente sul disco rigido del computer o su unità specializzate video audio di tipo SCSI. Tutti i 16,7 milioni di colori sono disponibili alle alte risoluzioni. Quando i fotogrammi vengono copiati sulla videocassetta uno alla volta è possibile che l’animazione venga riprodotta senza intoppi a esattamente 30 fotogrammi al secondo. Se si lavora su animazioni di tipo legale, per la ricostruzione di incidenti, o su qualsiasi altro tipo di animazione in cui i tempi sono molto importanti, è necessario prevedere di utilizzare una registrazione fotogramma per fotogramma. Quando si esegue il rendering per la riproduzione da un segnale video (trasmesso o su nastro), si ha la possibilità di effettuare il rendering sul campo. Questo genere di rendering, che verrà illustrato nei prossimi paragrafi, riproduce sul sistema video a 60 campi al secondo, realizzando l’animazione più fluida possibile.
Rendering su disco Diversamente da quanto accedeva nelle versioni precedenti di 3D Studio, la versione commerciale di 3D Studio MAX non offre la possibilità di eseguire direttamente il rendering su un videoregistratore. Senza il software e l’hardware controller di 3D Studio MAX, è necessario prima eseguire il rendering sul disco o su un Digital Disk Recorder e poi portare le immagini sul nastro direttamente da quella periferica. Benché il vantaggio di eseguire il rendering direttamente sul nastro fosse che non era necessario preoccuparsi di esaurire lo spazio di archiviazione su disco, in caso di problemi l’intero progetto doveva essere sottoposto nuovamente al rendering. Con la registrazione diretta su nastro, fotogramma per fotogramma, si consuma inoltre il meccanismo di registrazione del VTR con i ripetuti e frequenti posizionamenti di ogni fotogramma. I videoregistratori professionali basati su PC di classe workstation e i Digital Disk Recorders stand-alone sono diventati i metodi preferiti per il controllo accurato dei fotogrammi e per la registrazione 3D digitale su videocassetta. Il rendering professionale con 3D Studio MAX destinato ai video analogici sarà eseguito innanzitutto come file su un disco rigido standard, un’unità SCSI AV dedicata ad alta velocità, un sistema RAID o un array di dischi DDR, e poi registrato sul mezzo video analogico. Il formato file più comune per questo tipo di rendering è un file compresso TARGA. Se lo spazio non è un problema, è possibile eseguire il rendering su altri tipi di
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file bitmap, per esempio un file JPEG, che ha un rapporto di compressione definibile dall’utente. Come già visto per i codec AVI, la maggiore differenza da tenere presente è che un file compresso TARGA utilizza una compressione senza perdita di dati e quindi si ottiene esattamente ciò che si mette nel file. JPEG è uno schema di compressione con perdita di dati e i risultati del suo rapporto di compressione non possono essere rilevati. TARGA, quindi, è consigliato per risultati di ottima qualità. 3D Studio MAX invia i file direttamente alle periferiche così come alle unità disco. Un driver per questa periferica è compreso nel prodotto. Accom Work Station Disk (WSD) è un DDR professionale. WSD archivia sino a otto minuti di video digitale non compresso in formato proprietario. WSD offre un meccanismo indipendente per l’archiviazione e lo spostamento dell’animazione su mezzi professionali. Per maggiori informazioni consultare la guida ai plug-in di 3D Studio MAX.
Vantaggi del rendering su disco Eseguire il rendering dei file su disco consente un controllo molto maggiore sull’output finale rispetto al rendering eseguito direttamente su nastro. Se le immagini sono troppo scure o troppo chiare è possibile eseguirle attraverso Video Post per correggerle. Se un oggetto contiene un errore, è possibile rieseguire il rendering solo di quell’oggetto e comporlo nuovamente nella scena con Video Post. Inoltre, se si verifica un problema durante la registrazione dell’animazione sul VTR, per esempio un fotogramma caduto o un’imperfezione improvvisa e casuale, è sufficiente rimettere il fotogramma su nastro un’altra volta, che è un’operazione molto più veloce della riesecuzione dell’intero rendering.
File sequenziali 3D Studio MAX salva ogni fotogramma come file numerato consecutivamente. I primi 4 caratteri del nome dato al fotogramma vengono utilizzati come i primi 4 caratteri del nome del file mentre i restanti 4 diventano numeri (per esempio TEST0000.TGA, TEST0001.TGA ecc.). È importante nominare l’output con attenzione perché il secondo gruppo di caratteri di un nome file viene sovrascritto. Quindi nel caso di file nominati SEASHORE.TGA e SEASHELL.TGA il risultato è SEAS0000 in entrambi i casi. Si consiglia inoltre di utilizzare delle lettere per i primi quattro caratteri del nome; se per esempio si utilizza il nome GP14, 3D Studio MAX aggiunge la sua sequenza numerica a questo nome e quindi invece di cominciare da 0000, la sequenza numerica dell’animazione comincerà da 140.000.
Osservazioni relative allo spazio su disco Ogni file può essere di dimensioni comprese fra i 500KB e 1MB. Queste dimensioni possono aumentare velocemente soprattutto se si esegue il rendering su una rete. Le mappe e le composizioni su cui è stata eseguita una rotoscopia utilizzate nel progetto richiedono ulteriore spazio su disco. Formati di file diversi hanno esigenze di spazio su disco diverse. I file BMP hanno solo 8 bit per pixel, o 256 colori; la dimensione del file è molto più piccola di un file TARGA a 24 bit (e 16,7 milioni di colori). Un buon compromesso è quello di eseguire il rendering
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CAP.27 su un file TARGA a 16 bit e 64.000 colori. Quando il dithering passa da 24 bit a 16 bit si nota poca o nessuna differenza nell’output finale e lo spazio su disco richiesto si riduce drasticamente. Se si esegue il rendering del canale alfa, come Alpha-Split o come file TARGA a 32 bit (lo spazio su disco risultante è identico), è bene tenere presente che è necessario il doppio dello spazio su disco come TARGA a 16 bit.
Configurazione per una registrazione frame-accurate Se si registra da un DDR, un controller e un’unità disco basata su PC oppure se si rende disponibile un Plug-In per registrare direttamente da 3D Studio MAX su di un VTR, è necessario osservare alcune regole generali che riguardano qualsiasi tipo di registrazione su videocassetta di tipo frame-accurate. Per maggiori informazioni su una configurazione particolare consultare i manuali che accompagnano la periferica per il controllo dei fotogrammi e il videoregistratore (VTR). La teoria di base della registrazione frame-accurate è che una periferica “dice” al registratore di tornare indietro da tre a cinque secondi. Questo succede per garantire che le testine e il nastro abbiano la possibilità di raggiungere la velocità prima che la registrazione abbia effettivamente luogo, e tale operazione viene chiamata pre-roll. In più il videoregistratore viene messo in modalità play e, esattamente nel momento in cui il nastro si trova sul fotogramma giusto, il comando Record viene dato per esattamente 1/ 30 di secondo. Il nastro poi si ferma dopo un altro secondo di movimento in avanti. Un altro fotogramma viene presentato per la registrazione e l’intero processo viene ripetuto di nuovo, 30 volte per 1 secondo di animazione o 1800 volte per 1 minuto di animazione. Alcune periferiche utilizzano un metodo di registrazione dell’animazione su nastro che è più veloce a provoca meno usura del meccanismo. Queste periferiche determinano con quale velocità devono essere presentati i fotogrammi per la registrazione, e poi iniziano un passaggio di fotogrammi senza pre-roll. Se un fotogramma di una particolare animazione può essere caricato in due secondi , per esempio, il sistema esegue il pre-roll e inizia la registrazione dei fotogrammi 0,60,120,180, e così via. Il sistema riavvolge il nastro e ricomincia a registrare i fotogrammi 1,61,121,181 e così via fino a che l’intera animazione è su nastro. A seconda di quanti fotogrammi devono essere registrati su nastro può realizzarsi una notevole riduzione del tempo necessario. Le animazioni più lunghe fanno risparmiare più tempo.
Time code Il computer tiene una traccia della posizione del nastro in cui i singoli fotogrammi entrano, mediante un sistema detto time code. Il time code, detto anche SMPTE time code (Society of Motion Picture and Television Engineers), è un sistema nel quale una traccia separata viene registrata su nastro. Questa traccia detiene le informazioni del fotogramma in un formato ore:minuti:secondi:fotogramma (per esempio 01:22:33:08). Il formato viene archiviato su nastro in modo simile a quello utilizzato per le informazioni audio e infatti alcuni registratori che non hanno una traccia separata funzionano ottimamente archiviando le informazioni di time code su una traccia audio.
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Le informazioni vengono archiviate in 80 bit per fotogramma. Le vere informazioni sono solo 48 bit mentre i restanti bit sono chiamati user bit (bit utente) e sono a disposizione dell’utente. Le informazioni che possono essere archiviate negli user-bit sono comandi, numeri, informazioni di carattere, e così via. I due tipi di time code sono Longitudinal Time Code (LTC) e Vertical Interval Time Code (VITC). Fra i due non esiste nessuna differenza in termini pratici: ognuno archivia le stesse informazioni ma lo fa in modo diverso. LTC è archiviato su una terza traccia audio mentre VITC è sovrapposto sull’intervallo di azzeramento verticale. Con LTC le informazioni di time code vengono registrate insieme al segnale su una traccia video o audio. Non possono essere lette quando il registratore è in pausa. VITC archivia il time code staticamente fra i fotogrammi rendendolo accessibile indipendentemente dallo stato di movimento del nastro. Per questa ragione si preferisce in genere a LTC.
Time code drop-frame e time code non-drop frame Il video NTSC (National Television Standards Committee), lo standard in vigore negli Stati Uniti, non è esattamente 30 fotogrammi al secondo ma 29,97, a causa della frequenza della portante e dell’interlacciamento del campo del segnale video. Per segmenti televisivi molto brevi, per esempio gli spot di 15-30 secondi, questo non è un problema. Tuttavia, per un periodo maggiore esistono sufficienti discrepanze per causare un problema, specie nei casi in cui il tempo è fondamentale, per esempio uno show televisivo o uno spot di 60 secondi. Se si perdono 0,3 fotogrammi al secondo si perderanno 1,8 fotogrammi al minuto. Per risolvere questo problema di tempi viene utilizzato un sistema detto time code Drop Frame (DF). Con questo metodo viene ignorato circa un fotogramma su 1000, per recuperare le differenze di tempo. Nell’editing video continuo questo non è un problema, perché l’editor può tenere conto del fotogramma mancante. Con l’animazione computerizzata o a fotogramma singolo, tuttavia, il sistema non può tenere conto del fotogramma perduto. 3D Studio MAX non può fornire output con il corretto numero di fotogrammi mancante. Se è necessario che l’output finale sia in formato DF si deve dapprima registrare l’animazione su un nastro Non-Drop Frame (NDF) e poi registrare la traccia del time code con un time code DF, oppure copiarla su un nastro con un time code DF. Un nastro deve essere preparato ad accettare i dati prima di essere utilizzato per un’animazione a fotogramma singolo. Questo processo, analogo alla formattazione del dischetto prima del suo utilizzo nel computer, è talvolta chiamato blacking o striping di un nastro.
Formati VTR (videoregistratori) Esistono molti formati diversi di videoregistratori frame accurate. Registrano un solo fotogramma in una posizione assolutamente perfetta migliaia di volte al giorno senza mancare neppure un fotogramma né disponendolo nella posizione sbagliata. Quanto è precisa questa operazione dipende dalla qualità complessiva del meccanismo che è direttamente legata al prezzo. Le quattro categorie principali di apparecchiature video sono consumer, prosumer, industrial e professional (o broadcast). I videoregistratori consumer non sono in grado di
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CAP.27 lavorare in frame-accurate. Quelli prosumer sono il livello successivo e comprendono i videoregistratori SVHS e Hi-8; sono i videoregistratori meno costosi che possono essere utilizzati per l’animazione frame-accurate. La categoria industrial offre maggiore qualità nelle immagini e nelle apparecchiature. Ricadono in questa categoria i videoregistratori a ¾” e ¾” SP (Superior Performance). La categoria professional include i Beta e i BetaSP, dischi laser registrabili, M-II, 1 pollice, e i formati digitali D1, D2 e D3. Questi videoregistratori mantengono il segnale video separato nei suoi componenti per immagini di qualità superiore. Questi formati possono essere modificati molte volte senza il peggioramento del segnale nella copia da un nastro all’altro. Se, per esempio si inserisce l’animazione su un nastro, la si modifica in un video e poi si eseguono delle copie per la distribuzione, si degrada il master di due generazioni Ogni generazione degrada la qualità del video. I videoregistratori di livello professionale minimizzano o eliminano la perdita di qualità delle copie successive.
Configurazione hardware dei videoregistratori Due insiemi di cavi connettono un videoregistratore frame-accurate al DDR o al controller basato sul computer. Un insieme porta il segnale video; a seconda dei tipi di videoregistratore questo insieme può essere (in ordine di preferenza): RGB, Component, SVHS o Composito. L’altro insieme di cavi sono quelli del controller che possono essere di tre tipi: paralleli, seriali RS422, oppure seriali RS232. Esiste una notevole differenza fra i diversi tipi, ma per l’utente in pratica ciò è ininfluente. Molti vecchi videoregistratori utilizzano una interfaccia parallela. Anche se simile concettualmente a una porta parallela del computer, si tratta in realtà di un’interfaccia molto diversa e deve avere un controller hardware per operare. Quasi tutti i nuovi videoregistratori utilizzano un’interfaccia seriale RS422 a 9 pin; questo è il protocollo standard Sony ed è emulato da quasi tutti i nuovi modelli. Una seriale RS422 è molto diversa da una porta seriale di comunicazione del computer. Il cavo ha una connessione “bilanciata” a doppia estremità, cioè entrambe le estremità sono maschio. I cavi RS232 (cavi per computer a interfaccia seriale) non sono bilanciati, e cioè le estremità del cavo sono di genere differente. RS232 seriale è l’interfaccia di controllo seriale utilizzata fra componenti in una suite di editing video. Alcuni videoregistratori possono essere controllati attraverso una connessione seriale RS232, l’interfaccia seriale standard per computer. Questi videoregistratori in genere sono i più facili da controllare da computer per questa ragione. Per tutte queste periferiche si deve acquistare un videoregistratore e anche una scheda controller o un software. Specifici Plug-In per 3D Studio MAX sono disponibili da sviluppatori di altri fabbricanti per questo scopo.
Fonti del sincronismo (sync) Il segnale video che proviene dal computer deve essere sincronizzato con il videoregistratore. Se questo non succede non è possibile posizionare opportunamente i fotogrammi sul nastro e potrebbe succedere di avere un mezzo fotogramma. Questo effetto equivale a quello dell’immagine che si sposta in senso verticale o orizzontale sullo schermo del televisore. Esistono tre metodi per sincronizzare l’output del computer con il videoregistratore e la scelta di uno o dell’altro dipende dalla periferica utilizzata come fonte sincro master. RENDERING DELL’ANIMAZIONE
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Il controller può essere utilizzato come master, e così pure il videoregistratore o un generatore sincro separato. Se sia il videoregistratore sia il controller hanno delle prese sincro in e sincro out è possibile utilizzare uno qualsiasi dei tre metodi. Se si possiede una periferica che ha solo un sincro out o solo un sincro in la scelta è più limitata. Il metodo preferito è quello del generatore sincro esterno, detto house sync. Questo metodo sincronizza non solo il computer ma anche l’intera suite di editing. Ne risulta che tutta l’apparecchiatura può essere perfettamente sincronizzata e ciò permette di utilizzare qualsiasi parte senza un ulteriore cablaggio.
Rendering su fotogrammi e rendering su campi Conoscere la differenza fra il rendering su fotogrammi e quello su campi e sapendo quando utilizzare l’uno e quando l’altro, può fare la differenza fra una buona animazione e un’animazione eccellente. L’animazione eseguita su campi è enormemente più fluida di quella eseguita su fotogrammi. Se tutto il video viene riprodotto a 30 fotogrammi al secondo, per renderlo più fluido bisogna ricorrere a una tecnologia detta interlacciamento, che si sta cercando di introdurre anche nei monitor dei computer. Questa funzione viene utilizzata nella registrazione su video. Un monitor di computer visualizza ogni linea di scansione in successione cominciando con quella superiore e scendendo verso il basso secondo un metodo detto scansione non-interlacciata oppure progressiva. Un televisore, d’altra parte, inizia dalla linea superiore e procede verso la parte inferiore dello schermo a righe alterne. Poi ritorna a prendere le linee che aveva mancato. Questa procedura è detta visualizzazione interlacciata. Ogni insieme separato di linee di scansione è detto campo. Una videocamera registra le immagini nello stesso modo utilizzando due campi (figura 27.8).
■ Figura 27.8 Se si etichettano i fotogrammi come se fossero in un film si vede la relazione fra campi e fotogrammi.
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CAP.27 Se si utilizza una videocamera per registrare l’immagine di un pallone da basket che si sposta rapidamente e poi la si riproduce e si mette in pausa su un singolo fotogramma con un videoregistratore ad alta qualità si vedrà che il pallone si sposta nell’intervallo di tempo utilizzato dalla videocamera per registrare il primo campo e il secondo. In realtà il pallone sembra essere in due posti contemporaneamente; l’immagine sembra schizzare avanti e indietro. Questo è un esempio di registrazione di campo. Per realizzare questo effetto con 3D Studio, creare una sfera grande circa un terzo della vista della cinepresa e puntare su di essa una luce. Ora nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION impostare il numero totale dei fotogrammi a 2 e posizionare la sfera sul bordo sinistro della vista cinepresa nel fotogramma 0 e sul bordo destro della finestra nel fotogramma 2 (figura 27.9).
■ Figura 27.9 Vista cinepresa dell’immagine di cui si esegue il rendering su campi e fotogrammi. Si noti l’utilizzo di Safe Frames durante il rendering per la riproduzionesu videocassetta.
Eseguire il rendering del fotogramma 1 e osservare che la sfera si trova al contro della finestra (figura 27.10). Prepararsi a eseguire il rendering della stessa scena ma prima di avviare il Rappresentatore cambiare l’opzione [Render To Fields] nella finestra di dialogo RENDER SCENE. A questo punto eseguire nuovamente il rendering della sfera. Il renderizzatore ora eseguirà il rendering della scena due volte ma a linee alterne, dopodiché calcolerà la posizione della sfera sulla base dei campi invece che dei fotogrammi e d infine eseguirà entrambi i campi sullo stesso file (figura 27.11). A seconda del tipo di animazione, il rendering su campo può richiedere non più tempo del rendering su fotogramma. Questo perché a ogni passaggio viene eseguito il rendering solo di metà immagine. Il tempo per questa operazione aumenta se vengono utilizzate ombreggiature e riflessioni automatiche. In entrambi i casi è necessario ricalcolare il tutto per ogni campo, e questo è l’aspetto che potrebbe richiedere più tempo.
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■ Figura 27.10 Il rendering dell’immagine senza campi fornisce un’unicaimmagineper fotogramma
■ Figura 27.11 Il rendering dell’immagine con i campi fornisce sotto-fotogrammi campione dell’oggetto, che rende più fluido il movimento durante la riproduzione.
Utilizzo del rendering su fotogramma In alcune situazioni il rendering su fotogramma è più indicato. Per esempio quando si esegue il rendering di immagini ferme. Il rendering su campo non è un sostituto per l’effetto movimento. Non si deve mai utilizzare il rendering campo se l’animazione verrà riprodotta su computer perché i campi non vengono utilizzati nelle periferiche a scansione progressiva. Lo stesso vale per il rendering su film. I proiettori riproducono un fotogramma alla volta. Un altro caso in cui il rendering su fotogramma è indicato, è quando si prevedono molti fermo-immagine o quando l’animazione deve essere utilizzata per una riproduzione lenta, per esempio nel caso di riproduzione in aule giudiziarie. Se si vuole che chi guarda sia in grado di soffermarsi su ogni fotogramma per rivedere il video, è opportuno eseguire un rendering su fotogramma.
Utilizzo del rendering su campo Il rendering su campo è utile in tutti casi in cui si richiede un movimento fluido e il progetto sarà riprodotto su videocassetta o trasmesso alla televisione. Se il primo o l’ultimo fotogramma saranno tenuti sul nastro è bene non eseguire il rendering di questi due fotogrammi con i campi, in modo che non si verifichi alcun jitter durante la pausa. Se si mette in pausa durate il primo e l’ultimo fotogramma durante la registrazione su videocassetta è molto importante avere un avvio e una conclusione fluida dell’animazione. Se non è così, l’animazione farà un salto visibile quando l’azione inizia o finisce.
Configurazione dei campi La procedura di preparazione del rendering su campo è molto semplice. Verificare che il parametro FIELD ORDER nella scheda PREFERENCES ON THE RENDERING sia attivato su
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CAP.27 ODD. Attivare le impostazioni per le periferiche che riprodurranno l’animazione, per esempio Digital Disk Recorders e schede di controllo dei fotogrammi, per specifici requisiti in ordine ai campi. Confermare la specificazione corretta se si lavora con un centro servizi. A questo punto caricare l’animazione e accedere alla finestra di dialogo R ENDER SCENE. Attivare l’opzione [Render to Fields] (figura 27.12). Qualsiasi rendering eseguito dopo questa preparazione sarà correttamente eseguibile su campo.
■ Figura 27.12 La casella di controllo [Render to Fields] nella finestra di dialogoRENDER SCENE. Si notino le impostazioni corrette per il rendering da riprodurre su videocassetta come Video Color Check e Super Black.
Esecuzione di rotoscopie La rotoscopia, un temine che appartiene alla tecnica cinematografica tradizionale, definisce nell’animazione su computer il processo per cui si utilizza il video, un fotogramma alla volta, come background o come mappa di composizione. La tecnica cinematografica invece indica l’utilizzo di un fotogramma di film per tracciare animazione su celluloide e effetti speciali. 3D Studio MAX fornisce nuovi strumenti per la rotoscopia. Esistono tre modi principali per realizzare immagini di riferimento e composite (figura 27.13). È possibile utilizzare
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il menu VIEWS, la funzione Display Background, per costruire le scene su fotogrammi e video catturati o registrati da una periferica (per esempio l’Accom DDR) oppure da streaming audiovisivo, unità SCSI controllate dal Perception Video Recorder o schede Truevision Targa 1000 e 2000. Dopo avere completato l’animazione è possibile comporla con lo stesso background di un evento Layer in Video Post. È inoltre possibile utilizzare la funzione molto efficace Environment insieme all’Editor materiali per mappare il video come uno schermo (background tradizionale), un piano, una sfera e uno Shrink Wrap relativamente alla scena.
■ Figura 27.13 Sono tre i metodi per utilizzare gli oggetti di scena insieme alle bitmap e agli ambienti per produrre i background. Il metodo più semplice per i background di schermo tradizionali è comporre utilizzando Video Post.
Spazio su disco I file eseguiti in rotoscopia da nastro sono estremamente grandi perché non si comprimono bene. Questo succede perché ogni pixel ha un differente valore colore. Gli schemi di compressione dipendono dal fatto che i pixel adiacenti siano identici, e questo con la cattura video live non succede spesso. Se non si utilizza un sistema RAID specializzato, un Digital Disk Recorder o un controller e un’unità dedicati basati su PC, occorre riservare una grande quantità di spazio su disco disponibile per i file eseguiti in rotoscopia. Se si fa questa previsione di spazio considerando di avere file non compressi non sarà difficile trovare la misura giusta. Un file 720x486 a 24 bit ha dimensioni appena maggiori di 1MB.
Metodi di cattura Come già visto in precedenza, 3D Studio MAX comprende un controller di periferica per Accom WSD DDR, che cattura i fotogrammi direttamente su disco rigido nel suo formato
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CAP.27 proprietario non compresso. I modelli disponibili possono stare in pausa sino a un massimo di 8 minuti (14.400 fotogrammi) di un video digitale non compresso. I nuovi videoregistratori digitali basati su PC per Windows NT sono disponibili presso Truevision, DPS e altre case. Alcuni richiedono un’unità di archiviazione dedicata mentre altri possono utilizzare unità condivise. In qualsiasi caso il video è catturato e sottoposto a una compressione minima. Ne deriva che è possibile raggiungere un elevato grado di professionalità nella cattura video (registrazione) e nell’output (riproduzione) da archiviazione digitale. Utilizzare il software che accompagna la scheda per il PC oppure la periferica standard per accedere ai fotogrammi o per trasferire i file su una serie di file bitmap standard. Un altro metodo per eseguire velocemente la rotoscopia e l’output dei file è il disco laser registrabile o CD-ROM. Per eseguire questa operazione viene semplicemente duplicato il video su disco, e ogni fotogramma è portato nel computer. Al pari dell’archiviazione digitale, il disco laser non necessita di pre-roll e il trasferimento si verifica molto velocemente. Anche in questo caso 3D Studio MAX non comprende i driver per accedere direttamente a queste periferiche. Consultare a questo proposito l’ultimo catalogo dei prodotti di terze parti per Kinetix per verificare la disponibilità dei driver e delle periferiche.
Rimozione di campi I file eseguiti in rotoscopia da video live sono in genere catturati con i campi. Questo non è un problema se le immagini devono essere utilizzate come background perché l’animazione appare più fluida grazie al movimento del sotto-fotogramma aggiunto. Se si eseguirà una mappatura delle immagini su un oggetto, tuttavia, il campo contenente le immagini potrebbe non allinearsi correttamente oppure potrebbe entrare in collisione con altri effetti dei materiali. Il modo per risolvere questo problema è rimuovere i campi, operazione che può essere eseguita in due modi: il più semplice è che un programma copi ogni due linee di scansione in una sola linea. In questo modo si eliminano gli effetti di campo, oltretutto in modo relativamente veloce, tagliando la risoluzione verticale della bitmap in due. Se l’oggetto su cui il materiale viene mappato occupa una piccola porzione dello schermo, questo può essere sufficiente. Se invece l’oggetto occupa molta dell’animazione è opportuno ripulire la mappa eseguita in rotoscopia. Per realizzare questa operazione si devono eseguire i file attraverso un programma che non solo copia ogni linea di pixel nella parte inferiore ma che interpola anche fra le due linee che restano per avere un’immagine fluida. Se questa operazione viene eseguita correttamente, l’immagine appare migliore di quando i campi sono semplicemente copiati sotto. Alcuni dei registratori digitali basati su PC includono delle utilità per svolgere questa operazione.
Utilizzo delle funzioni Frame control e IFL La funzione Animation Synchronization si trova nella finestra di dialogo VIEWPORT BACKGROUND e può essere utilizzata per controllare quando ogni immagine viene presentata in relazione alla posizione dei fotogrammi della scena. È anche possibile utilizzare un dispositivo di controllo simile contenuto nella tendina dell’Editor materiali e nella finestra di dialogo VIDEO P OST IMAGE INPUT EVENT OPTIONS allo scopo di controllare
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quale fotogramma di un file video o di una sequenza di animazione proveniente da fonte digitale sarà in posizione relativamente all’animazione della scena. Si può ottenere un controllo molto preciso creando un IFL da fotogrammi video catturati con una periferica come una DDR e una scheda di cattura basata su PC. Trasferire o convertire i file su file sequenziali bitmap e lasciare che MAX generi un IFL (Image File Loader) nella directory con i file. Dopodiché caricare l’IFL nella sezione File della finestra di dialogo V IEW BACKGROUND.
Rendering per i film La presenza di effetti speciali digitali e dell’animazione nei film si è ormai affermata come un meccanismo legittimo per veicolare effetti realistici e per creare immagini cinematografiche molto belle. Questo è il risultato di una tecnologia più avanzata, meno costosa e più veloce nonché di una crescente consapevolezza e apprezzamento nei confronti delle immagini uniche che possono essere create con prodotti come 3D Studio MAX. Come già visto all’inizio del capitolo, il meccanismo di riproduzione dei fotogrammi ha un parte molto significativa nel processo di pianificazione delle operazioni di modellazione e rendering.
Controllo dei fotogrammi e della lunghezza dell’animazione per la riproduzione di film Un film viene riprodotto a 24 fps quindi è importante impostare il numero dei fotogrammi a quel valore e riscalare l’animazione nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION per mantenere la stessa lunghezza di animazione nel tempo (figura 27.5). Poiché molti film commerciali sono realizzati tenendo conto di una possibile riproduzione su CD (con le sue proprietà collaterali), sul Web e su videocassetta, è opportuno acquisire familiarità con la creazione di schemi di rendering multipli per questa eventualità.
File ad alta risoluzione Potrebbe succedere si dovere eseguire la rotoscopia di file sequenziali ad altissima risoluzione provenienti da altri sistemi, come Abekas. Prestare attenzione a che i nomi dei file sequenziali corrispondano alla funzione di numerazione automatica di 3D Studio MAX. Realizzare una copia dei file a bassa risoluzione eseguendo i file in Video Post o utilizzando una utilità di conversione per file batch come Image Alchemy. Utilizzare le copie a bassa risoluzione per la maggior parte del lavoro. Eseguire diversi test di output ad alta risoluzione con i singoli file per misurare le capacità di memoria corrente del sistema. Potrebbe essere necessario reimpostare la memoria virtuale per aiutare il paging del disco.
Funzione Object Motion Blur per effetti cinematografici Gli effetti di movimento cinematografici, possono essere simulati con la funzione Object Motion Blur. Nell’applicarla è necessario tenere conto dell’allungamento dei tempi. Si
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CAP.27 consiglia di sperimentare questo effetto in circostanze di piccoli movimenti per ottenere grandi effetti. Per ulteriori informazioni su Motion Blur consultare il capitolo 28.
Riepilogo ■
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Pianificazione della riproduzione: con le nuove forme dei mezzi di distribuzione, compresi Internet e titoli CD-ROM, e la crescente diffusione della tecnologia di editing digitale, il rendering deve essere pianificato per mezzo di impostazioni di configurazione relative a un mezzo specifico. Creare modelli di configurazione (3dsmax.ini) e file startup (maxstart.max). Formati video digitali: Quando si esegue il rendering di file in formato Digital Video, è bene evitare il dithering e e cercare di ottimizzare la geometria in modo da creare file di dimensioni più piccole. Approfittare dei nuovi strumenti integrati Java e VRML disponibili presso Kinetix per esplorare la creazione di contenuto 3D per Internet e per l’animazione basata su disco. Utilizzare la funzione di rendering FLC personalizzata per controllare le tavolozze colore. Sperimentare le impostazioni codec per ottenere una qualità ottimale rispetto alla compressione in file AVI. Registrazione digitale: 3D Studio MAX è concepito per avvalersi dell’efficacia di Windows NT. Sono ormai disponibili nuovi controller video e software desktop che offrono la riproduzione in tempo reale di file di rendering sequenziali . Anche se non è possibile eseguire il rendering direttamente su nastro, la qualità di queste periferiche soddisfa gli standard del segnale video professionale. Utilizzare le capacità di rendering in rete clientserver all’interno di 3D Studio MAX in associazione all’output di rendering. Quando il mezzo di riproduzione previsto è la videocassetta utilizzare Field Rendering per rendere il movimento più fluido. Coordinare le impostazioni Field Order e Gamma per le periferiche con cui verrà eseguito l’editing e la riproduzione dell’animazione. Background e rotoscopie: per schermi semplici, cioè per background piatti, utilizzare la funzione Video Post per comporre la scena con un evento Image Input. Coordinare l’output di Video post con Viewport Background per eseguire la rotoscopia delle immagini di scena con l’evento Image Input. Per background particolari e controllati proceduralmente (Environments), comprendere la relazione fra le mappe ambientali nell’Editor materiali e la funzione Environment. Creare modelli di configurazione e file maxstart.max per soddisfare i requisiti del progetto.
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CAP.26
CAPITOLO 26
Rendering di immagini fisse
Il mondo della grafica tridimensionale è molto diverso da quello delle altre arti visive. In fotografia la pressione di un pulsante è tutto ciò che serve per catturare un’immagine: basta puntare l’obbiettivo e scattare. L’immagine viene registrata immediatamente. Con i mezzi naturali, come per esempio la pittura a olio, un’immagine si sviluppa a partire da linee approssimative fino all’opera finita attraverso un continuo ritocco dell’immagine con il pennello. I fumetti, come per esempio le vignette dei giornali, vengono prima disegnati a mano e poi passati a inchiostro per dare la colorazione finale. La creazione di un’immagine con il computer è un processo completamente diverso: vengono creati dei modelli, come avviene in un laboratorio di falegnameria. Poi vengono applicati i materiali, e una semplice sfera diventa una palla di vetro o un pianeta del sistema solare. L’oggetto poi viene illuminato e infine la scena viene rappresentata dal computer come immagine, così come un grande pittore dipinge fedelmente ciò che vede davanti a sé. Spesso la rappresentazione sembra semplice a prima vista ma non basta fare clic su Render e sperare che tutto vada bene. Il tipo di output e l’uso che se ne fa sono elementi essenziali di una rappresentazione efficace. In questo capitolo verranno trattate le immagini fisse, e in particolare gli argomenti che seguono: ■ principi di rendering in 3D Studio MAX; ■ profondità colore e loro utilizzo;
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determinazione del tipo di mezzo di output e relativi limiti; determinazione della chiarezza e della nitidezza di stampa dell’immagine; determinazione delle risoluzioni di output di stampa ottimali; complessità e accuratezza dei modelli; utilizzo di immagini di sfondo con alte risoluzioni; incorporazione di testi e immagini sovrapposti; centri servizi.
Principi di rendering in 3D Studio MAX 3D Studio MAX fornisce un controllo ad ampio raggio sugli oggetti e sulle zone della finestra da rappresentare: le impostazioni disponibili infatti riducono la ripetitività generalmente necessaria all’inizio di un rendering. Per impostare un rendering è necessario utilizzare l’opzione Render Scene. Scegliere l’icona o selezionare Render dal menu a discesa, che è il centro dei comandi relativi al rendering, nella cui finestra sono contenute tutte le impostazioni più frequentemente utilizzate (figura 26.1).
■ Figura 26.1 Parametri Render comuni in 3D Studio MAX.
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CAP.26 3D Studio MAX comprende un renderizzatore di produzione a scansione di linee veloce e di alta qualità, mentre altri renderizzatori sono disponibili come plug-in. Questa funzione accresce enormemente la flessibilità dell’ambiente 3D Studio MAX, mettendo a disposizione un numero illimitato di tipi di rendering all’interno di un package senza giunture. Scegliere File, Preferences e selezionare la scheda Rendering per utilizzare i renderizzatori plug-in per il raytracing o la radiosity. La zona Time Output della finestra di dialogo RENDER seleziona i fotogrammi per il rendering. Questo può consistere in un fotogramma fisso, nel segmento di tempo attivo, in un intervallo specifico o in una stringa di fotogrammi specifici. Quando viene utilizzato il segmento di tempo attivo o un intervallo specifico, è possibile effettuare il rendering di ogni ennesimo fotogramma: per esempio può essere eseguito il rendering del decimo fotogramma in un intervallo specifico. Ciò è spesso utile nel rendering di una progressione di fotogrammi che rappresentano quanto avviene nell’animazione. Nella finestra di dialogo RENDER è disponibile anche una vasta gamma di impostazioni che comprende [Video Color Check], [Super Black], [Fields] e [Force 2-Sided]. L’unica utile in particolare per le immagini fisse è [Force 2-Sided]. Le altre sono impostazioni per video e animazione, trattate nel capitolo 27. [Force 2-Sided] viene utilizzata per forzare il rendering di tutti gli oggetti come oggetti a due lati. Pur essendo a volte utile, specialmente con oggetti che hanno normali invertite, o ai quali mancano le facce posteriori, questa funzione non deve essere utilizzata regolarmente perché l’uso di materiali a due lati dà luogo a tempi di rendering più elevati. Spesso l’effetto anti-aliasing contro lo sfondo deve essere evitato, soprattutto nella creazione di una grafica che deve essere ritagliata dallo sfondo: due esempi sono la grafica sprite dei giochi e i pulsanti nei progetti multimediali. Per disattivare l’anti-aliasing, aggiungere la riga DontAntialiasAgainstBackground=1 sotto la zona [Renderer] nel file 3dsmax.ini. Se [Renderer] non è elencato aggiungerla ugualmente.
Controllo del rendering I comandi di rendering di 3D Studio MAX possono essere suddivisi in due sezioni: avvio del rendering e controllo del rendering. Tali sezioni agiscono in concomitanza per produrre un’immagine. 3DS MAX fornisce diversi modi per iniziare il rendering, tracciandolo sullo schermo, e altrettanti per controllare esattamente il rendering tramite l’utilizzo di tipi di rendering.
Avvio di un rendering Per avviare un rendering in 3DS MAX selezionare RENDERING, Render dalla barra dei menu o, più direttamente, premere una delle tre icone collegate al rendering: Render Scene, Quick Render o Render Last (figura 26.2). ■ Render Scene. Facendo clic sulla prima, Render Scene, si apre la finestra di dialogo RENDER SCENE che consente di configurare la risoluzione, eseguire l’output del nome file eccetera (fare riferimento alla figura 26.1). Questa
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opzione è utile quando si devono cambiare le impostazioni, o per eseguire l’output su un file. Per rendering veloci però la finestra di dialogo aggiuntiva può costituire un ostacolo.
■ Figura 26.2 Icone e tipi di rendering di una vista.
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Quick Render. Per rendering test veloci la seconda icona, Quick Render (MAIUSC+Q) è ancora più efficace: basta infatti fare clic una volta sola per avere il rendering di qualsiasi finestra, indipendentemente dal tipo di rendering utilizzato (per ulteriori informazioni, vedere il paragrafo “Tipi di rendering”). Render Last. L’ultimo e più rapido modo per eseguire il rendering di una finestra consiste nell’utilizzare Render Last (MAIUSC+E), l’ultima icona a destra. Render Last esegue sempre il rendering dell’ultima finestra e dell’ultimo tipo di rendering rappresentati. Risulta quindi più utile quando viene utilizzata una sola finestra e nella regolazione dell’illuminazione o di texture.
Tipi di rendering 3D Studio MAX fornisce diverse opzioni per controllare la quantità di scena da rappresentare. Tali opzioni sono disponibili sotto forma di cluster di tipi rendering nella parte superiore destra dell’interfaccia. Esse comprendono la funzione di rendering di View, Region, Blowup e Selected (figura 26.2). Nelle versioni precedenti e nella maggior parte degli altri programmi è possibile effettuare il rendering solo di quanto visualizzato nella finestra attiva. ■ Rendering della vista. Render View è il tipo di rendering più utilizzato perché rappresenta l’intera finestra. È il più utile per i rendering finali. ■ Cattura di una finestra con Render Region. L’opzione Render Region consente di rappresentare solo una sezione della scena. Risulta particolarmente utile nella messa a punto dei parametri di mappa delle ombre, nella modifica di materiali riflettenti o nella coordinazione di materiale e posizione mapping di vari oggetti. Gli oggetti che proiettano ombre o sono riflessi sulla superficie di un altro oggetto vengono ancora calcolati, anche se non ricadono nella finestra di ritaglio di Render Region. ■ Ingrandimento di una vista. 3D Studio MAX consente l’allargamento di una zona durante il processo di rendering, senza che sia necessario zumare la finestra stessa. Ciò si verifica utilizzando Render Blowup. Tale funzione è spesso utile per esaminare certe zone di una vista durante la regolazione di luci o texture in una scena. ■ Rendering selettivo con Render Selected. La funzione di rendering di oggetti selezionati costituisce prima di tutto un supporto per osservare gli
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CAP.26 effetti delle modifiche di materiale relative a un oggetto. Questa funzione non è efficace per i materiali che contengono un riflesso o per gli oggetti intorno ai quali sono proiettate ombre. Nessuno di questi due effetti viene mostrato utilizzando Render Selected perché vengono considerati solo gli oggetti selezionati.
Profondità di colore La profondità di colore (detta anche profondità di bit) indica il numero di colori contenute in un’immagine generata dal computer. La natura non tiene conto dei colori disponibili ma i computer lo devono fare. I computer devono convertire le informazioni di qualsiasi genere in sequenze numeriche e quindi naturalmente devono numerare e memorizzare i colori. Nelle immagini generate dal computer vengono utilizzate comunemente diverse profondità bit, come la tavolozza regolabile a 8 bit, la tavolozza fissa a 15 e 16 bit, le profondità colore a 24 e 64 bit. Maggiore è il numero di bit più numerosi sono i colori disponibili. La conoscenza della matematica reale di ogni profondità colore non è importante quanto quella della quantità di colori contenuta in ogni profondità, con i relativi vantaggi e svantaggi. Il capitolo 2 tratta dettagliatamente i vari tipi di profondità. ■ Tavolozza adattabile a 8 bit. Le immagini contengono solo 256 colori dello spettro totale. I colori esatti possono ugualmente variare tra immagini diverse perché la tavolozza è adattabile in base all’immagine. La ridotta quantità di colori non è sufficiente per visualizzare in modo realistico l’intero spettro dei colori ma è veloce da caricare, visualizzare e il file corrispondente è di piccole dimensioni. ■ Tavolozza fissa a 15 e 16 bit. Le immagini contengono 32.768 e 65.536 colori rispettivamente. Queste profondità di bit sono meno diffuse di quelle a 8 bit e a 24 bit ma sono un buon compromesso tra file di grandi dimensioni e realismo del colore. La tavolozza fissa garantisce anche l’assenza di contrasti nei colori utilizzati dalle immagini in colore a 15 o 16 bit: ciò risulta utile nei giochi e nella produzione multimediale. ■ Colore a 24 bit. Questo tipo di immagine è il più diffuso. Contiene 16,7 milioni di colori, abbastanza per riprodurre fedelmente qualsiasi immagine visibile a occhio nudo. L’animazione, per video o per pellicola, è quasi sempre rappresentata in colore a 24 bit. I giochi però, insieme ad altri elaborati di computer grafica, utilizzano meno spesso questo tipo di immagine a causa delle grandi dimensioni del file e della lentezza dei tempi di visualizzazione. Con lo sviluppo delle tecnologie di visualizzazione nella grafica dei computer, le immagini a 24 bit diventano sempre più importanti, anche per un gioco con movimenti veloci. ■ Colore a 64 bit. Questo tipo di immagini è poco diffuso anche se è importante per gli utenti di 3D Studio MAX perché questo programma esegue internamente il rendering a 64 bit, per poi passare a profondità inferiori. Il colore a 64 bit non è visualizzabile sui normali schermi di computer ma viene utilizzato nella creazione delleffetto di superiore anti-aliasing analitico di 3D Studio MAX. Questa profondità di bit, soprattutto se utilizzata con altre informazio-
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ni di rendering (per esempio buffer G), può essere salvata nel formato file RLA e utilizzata in un secondo tempo da qualsiasi plug in Video Post di 3D Studio MAX o composito.
Immagini fisse a 8 bit Gli strumenti più conosciuti di 3D Studio MAX sono le immagini a 24 bit e i dispositivi output high-end. Ma 3D Studio MAX è anche un ottimo strumento per la creazione di immagini a 8 bit e file Animator Pro-style FLIC. Le immagini a 8 bit non hanno una risoluzione elevata ma la maggior parte dei giochi, dei siti Web, dei progetti multimediali, delle presentazioni su disco e delle edicole si rifanno principalmente alla tecnologia a 8 bit. Le immagini e l’animazione a 8 bit hanno molti sbocchi commerciali. L’utilizzo del colore a 8 bit non significa che le immagini siano di qualità inferiore o poco professionali, si tratta semplicemente di una scelta di formato del file, che d’altra parte presenta una serie di vantaggi: ■ Ridotte dimensioni del file. I file piccoli sono una necessità per i siti WWW o per le presentazioni che devono essere eseguite su un hardware limitato o da disco floppy. ■ Caricamento e visualizzazione veloci. Le piccole dimensioni del file riducono il tempo necessario per caricare immagini a 8 bit in memoria e per visualizzarle sullo schermo: qualità essenziale per gli attuali giochi ad alta velocità. ■ Ampia compatibilità software. Molti programmi di pittura e di presentazione supportano formati di file a 8 bit, come per esempio BMP, PCX e PNG. ■ Esigenze limitate di hardware video. Lo standard VGA low-end che supporta il colore a 8 bit con risoluzione 320x200 viene ancora utilizzato su molti sistemi. Anche il supporto SVGA di colore a 8 bit con risoluzione 640x480 è molto diffuso, mentre le risoluzioni superiori e il supporto del colore a 24 bit sono molto meno comuni. Le immagini a 8 bit sono utili nella creazione di immagini da visualizzare sul World Wide Web, di giochi per PC, di presentazioni mobili, di marketing su disco. L’utilizzo del colore a 8 bit impone alcune limitazioni che però non sono onerose quanto possono apparire. Il limite di 256 colori richiede una certa attenzione nella pianificazione dell’uso dei colori nelle immagini. Inoltre è necessario trovare un compromesso tra la riduzione delle dimensioni del file e quella degli effetti collaterali dovuti alla limitatezza dei colori.
Banding Il banding è l’effetto che si verifica quando il numero di colori disponibili è troppo limitato per rappresentare una transizione regolare da un colore a quello successivo. Queste transizioni sono dette scale o gradienti e vengono utilizzate per ombreggiare una geometria o quando viene scelto un materiale di sfondo gradiente in 3D Studio MAX. Poiché i colori esistenti non bastano per rappresentare il gradiente in modo regolare, questo viene diviso in poche strisce (band) larghe di colore che approssimano il gradiente. La figura 26.3 mostra una sfera rappresentata contro uno sfondo gradiente. Sia la sfera sia lo sfondo presentano un banding importante.
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CAP.26 ■ Figura 26.3 Banding del colore in un’immagine a 8 bit.
Le due tecniche principali per evitare il banding consistono nella selezione accurata del colore e nell’evitare i gradienti. La selezione dei colori deve tenere conto del fatto che i colori disponibili sono solo 256. Se i colori scelti della scena sono molto diversi, come nel caso di diversi colori fondamentali o di tonalità completamente sature, ogni colore riceve solo pochi slot della tavolozza per l’ombreggiatura dei colori e il banding è inevitabile. Se invece la maggior parte dei colori viene scelta da una famiglia di colori con un colore complementare come contrasto, i colori possono condividere molte ombre e il banding viene ridotto. L’eliminazione dei gradienti richiede il frazionamento della superficie della geometria. Gli oggetti a tinta unita regolari subiscono maggiormente gli effetti del banding. L’unico modo per rappresentare l’ombreggiatura sulla superficie di un oggetto regolare consiste nell’utilizzare un gradiente al variare del colore da luminoso a scuro. Un modo per frazionare la superficie ed evitare il banding è quello di utilizzare materiali mappati. Gli oggetti del mondo reale, a parte il metallo colorato, non hanno superfici regolari e uniformi: presentano invece rugosità, scanalature e venature. Le mappe di rugosità, texture e le riflessioni accrescono il realismo della scena ma interrompono anche la superficie riducendo il banding. La figura 26.4 mostra un rendering che utilizza colori uniformi di tonalità molto diverse. Il vaso è verde, la sfera è blu, il tavolo è marrone e nella scena si riscontra un effetto banding. La figura 26.5 rappresenta la stessa scena in cui sono cambiati solo i materiali. Il vaso è un marmo marrone rossiccio, la sfera un rame brillante e il tavolo ha la composizione venata del legno. Il banding è difficilmente identificabile. Il trucco di questo rendering consiste nel fatto che i texture interrompono le superfici e i materiali condividono un intervallo di colori simili.
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■ Figura 26.4 Una scena con banding dovuto alla scarsa selezione dei materiali.
■ Figura 26.5 La stessa scena con materiali mappati per evitare il banding.
Dithering A volte è impossibile evitare il banding. Quando texture e rugosità non sono accettabili è necessario modellare superfici di colorazione regolare. In questo caso 3D Studio MAX fornisce in RENDERING PREFERENCES un’impostazione detta Dither Paletted. Per default questa impostazione è attiva ma può essere necessario modificarla o almeno decidere se utilizzarla durante la preparazione del rendering. Il dithering rende confusi i bordi compresi tra le strisce in modo da farli passare inosservati e da far accettare l’illusione di un gradiente di colore regolare. Lo svantaggio del dithering è che può accrescere notevolmente le dimensioni del file. La maggior parte dei formati di immagini a 8 bit utilizza una tecnica di compressione che
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CAP.26 identifica e comprime le zone di colore contiguo. Un effetto collaterale del dithering è quello di eliminare molte zone di colore contiguo, provocando l’aumento delle dimensioni del file. Per esempio le dimensioni dell’immagine della figura 26.5 sono aumentate del 30% con il dithering attivo, anche se questo non ha portato quasi alcun miglioramento nella qualità dell’immagine. In generale è opportuno utilizzare tecniche di mapping con Dither Paletted disattivo per ottenere immagini della qualità richiesta. In seguito è necessario decidere se deve essere utilizzato il dithering per ottenere la qualità desiderata e valutare la decisione tenendo presenti le esigenze di contenimento delle dimensioni dei file.
Complessità dei modelli Un altro problema relativo alle immagini a 8 bit concerne la risoluzione del rendering e la complessità dei modelli. In generale il rendering delle immagini a 8 bit viene eseguito per essere visualizzato su schermi standard, spesso con una risoluzione di 640x480. Le risoluzioni a 24 bit per video sono a 756x512 e quelle per stampa su pellicola a 2048x1536. Dal confronto si deduce facilmente che il livello di dettaglio necessario per un rendering ad alta risoluzione e con molti colori è eccessivo per un rendering a 8 bit. Nella costruzione dei modelli si risparmierà molto tempo di rendering tenendo presente che una bassa risoluzione e pochi colori non richiedono altrettanti dettagli.
Immagini ad alta risoluzione a 24 bit Il rendering a 24 bit, o true color, può sembrare complicato ma in realtà è molto più facile di quello a 8 bit. Ridurre la tavolozza dei colori di un’immagine a 256 colori e produrre un’immagine di qualità non è un’operazione automatica: richiede una buona dose di preparazione e la conoscenza della distribuzione dei colori, del banding e del dithering. True color, il rendering a 24 bit non è altrettanto esigente: produce sempre immagini di massima qualità e consente di utilizzare il tempo scegliendo i materiali e illuminando il modello al massimo grado possibile.
Determinazione della risoluzione di output e scelta del supporto È fondamentale nel processo di modellazione determinare lo scopo finale del progetto al più presto, possibilmente prima di cominciare a modellare. A questo punto è necessario verificare una serie di elementi e utilizzare le considerazioni successive per stabilire l’indirizzo della modellazione. Questi elementi sono importanti per tutti i modelli e le animazioni ma soprattutto in caso di alta risoluzione perché in base a essi si stabiliscono la complessità e il grado di dettaglio del modello, i requisiti di memoria e i casi di scambio file. Prima di cominciare a modellare, valutare gli elementi che seguono: ■ le dimensioni dell’immagine stampata; ■ mezzi utilizzati dall’immagine finale;
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■ nitidezza dell’immagine finale; ■ risoluzione della stampa; ■ posizione del fuoco all’interno del modello; ■ vicinanza dell’osservatore alle varie parti del modello. Tali elementi devono essere valutati in fase di progettazione anche se il lavoro è a uso interno, non ha un cliente o è un’operazione indipendente. Il risultato della valutazione dà al modello una direzione, evitando la possibilità che sia sovradimensionato e non abbastanza preciso oppure impossibile da rappresentare o stampare. La risoluzione dell’immagine di output dipende dai mezzi di stampa, dalla nitidezza dell’immagine stampata e dalle dimensioni di stampa. È necessario stabilire tutti questi elementi prima di poter determinare quanto è necessario per l’immagine di output finale.
Impatto del supporto La cosa più importante da decidere quando si seleziona il supporto di output è se produrre una stampa a tono continuo o una stampa filtrata. La scelta ha un impatto significativo sulla risoluzione richiesta. In generale una stampa filtrata viene prodotta con un dithering dell’immagine mentre una stampa a tono continuo assomiglia a una fotografia.
Stampe a tono continuo Quando viene stampata un’immagine bitmap i pixel che formano la composizione devono essere tradotti in un formato che la periferica di stampa riconosce. Un processo a tono continuo pone i pixel immediatamente vicini l’uno all’altro, senza spazi che consentano di vedere il bianco della carta. I toni della stampa sono quindi mescolati e non esistono punti isolati: questo quindi diventa il tipo di stampa più facile da riconoscere perché produce un’immagine molto simile a quella visibile sullo schermo. Inoltre una stampa a tono continuo è la più facile da stampare perché l’unico fattore determinante della qualità dell’immagine è la risoluzione fornita nell’immagine stessa. Il tipo più noto di stampa a tono continuo è la stampa fotografica standard. L’output su pellicola fotografica richiede l’utilizzo di un film recorder per esporre l’immagine su una pellicola convenzionale da 35 mm o su una pellicola di grande formato da 4”x5”. È possibile utilizzare qualsiasi stampa fotografica o diapositiva standard da 100 ASA (sono consigliate le diapositive perché garantiscono una riproduzione corretta dei colori). I film recorder in generale hanno una capacità di risoluzione compresa fra 4.000 e 8.000 righe. Le righe di risoluzione di un film recorder indicano il numero di linee di scansione attraverso le quali viene interpretata un’immagine. Poiché ogni pixel deve avere almeno una linea di scansione, un’immagine larga 4.000 pixel ha le dimensioni massime per un recorder a 4.000 righe. Anche se i film recorder hanno questa capacità l’immagine fornita non deve essere altrettanto grande. Tutte le immagini sono eseguite per riempire il fotogramma, indipendentemente dalla risoluzione originaria. È possibile ottenere immagini convincenti con risoluzioni di 1200x800 e anche le immagini con risoluzioni di 600x400 possono essere altrettanto valide. Un’altra forma diffusa di stampa a tono continuo disponibile per le immagini da computer è data dalle stampanti a sublimazione di inchiostro. Queste possono essere stampanti desktop o stampanti di produzione di formato E; hanno in genere un intervallo di
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CAP.26 risoluzione compreso tra 100 e 400 punti per pollice (dpi). L’aspetto di una stampa di questo tipo è simile a quello di una stampa a colori su carta patinata: entrambe coprono tutta la carta e non eseguono dithering. Le stampanti a sublimazione di inchiostro producono un’esplosione di molecole tale per cui i punti entrano in collisione, dando l’idea di un tono continuo scaturito da un processo di punti. La qualità dell’immagine a tono continuo finale è determinata dalla densità di pixel per pollice di stampa. Questa varia da un’immagine a quella successiva. Le immagini che contengono testo e particolari dettagliati richiedono più pixel per pollice di stampa, mentre le immagini astratte possono richiederne meno. Se l’output viene inviato a una pellicola da 35 mm è necessario considerare le dimensioni delle stampe invece di quelle della pellicola. Per il ritocco fotografico o la riproduzione di fascia alta è necessario utilizzare un rapporto minore tra pixel e linee di scansione. La risoluzione standard per la riproduzione fotografica è 3072x2048 dovuta all’introduzione di Photo CD della Kodak. Ciò corrisponde approssimativamente a 2.200 pixel per pollice su pellicola da 35 mm. Le dimensioni dei file per un’immagine di questa risoluzione sono 18.69 MB ciascuno e richiedono molta memoria e problemi di trasferimento.
Stampe filtrate Una stampa filtrata è una stampa originale su cui viene eseguito il dithering allo scopo di ottenere un rendering true color. I filtri colore sono essenziali in molti processi dove altrimenti gli inchiostri si mescolerebbero in macchie di colore chiazzato. I filtri dispongono le componenti dei colori (ciano, giallo, magenta e nero) in zone distinte della pagina stampata. La struttura dei punti di colore separati viene creata dal filtro. A un’osservazione ravvicinata dei materiali stampati appaiono evidenti i singoli punti che da lontano conferiscono all’immagine un aspetto true color. In generale le immagini filtrate vengono utilizzate nella produzione in serie: riviste, brochure o pubblicità. Inoltre sono impiegate con stampanti a tono non continuo; di queste ultime fa parte la maggioranza delle stampanti laser, a getto di inchiostro, plotter elettrostatici, a trasferimento termico di cera o inchiostro. Per stampare questi dispositivi richiedono tutti immagini filtrate. Nella stampa con uno di questi dispositivi, l’immagine subisce prima di tutto un processo di dithering con un filtro a mezzo tono. I filtri possono avere diverse forme e dimensioni: punti, righe e diffusione. Le dimensioni del filtro a mezzo tono sono espresse in linee per pollice (lines per inch: lpi), unità detta anche frequenza di filtro. Essa esprime la quantità di righe filtrate per pollice stampato presenti nel documento finale: al crescere di questa grandezza aumenta la definizione del filtro. La frequenza di filtro standard varia a seconda dell’applicazione della stampa: per quelle più grossolane, per esempio nei quotidiani, è sufficiente un filtro da 85 righe, mentre le riviste utilizzano di solito per le immagini filtri da 133 o 150 righe. Le dimensioni del filtro utilizzato determinano il numero di pixel per pollice stampato richiesti dall’immagine. I termini punti per pollice (dpi) e pixel per pollice (ppi) sono facilmente confondibili. Pixel per pollice fa riferimento al numero di pixel visualizzati per pollice dello schermo, mentre punti per pollice si riferisce al numero di punti di inchiostro che la stampante è in grado di produrre per pollice. Quando vengono create immagini al computer è importante tenere conto di una terza relazione: il numero di pixel per pollice stampato finale. Questa viene definita pixel per pollice stampato e determina le dimensioni dell’immagine finale.
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Molte applicazioni di desktop publishing e alcune stampanti consentono di indicare il tipo di filtro utilizzato per la stampa delle immagini (spesso la stampante stessa applica all’immagine un filtro di default). La conversione delle immagini nei filtri richiede tempo e a volte, per le immagini più grandi, può essere estremamente onerosa dal punto di vista della memoria. Non è raro aspettare ore perché una stampante desktop media produca un’immagine ad alta risoluzione, mentre le macchine commerciali e i film recorder possono farlo nell’arco di minuti. La qualità delle immagini è determinata dal grado di perfezione e di allineamento del filtro. In generale i filtri nelle stampanti desktop non hanno una qualità altrettanto elevata di quella della stampa commerciale. La forma, la densità e l’angolo dei filtri utilizzati dalle stampanti commerciali sono spesso considerati informazioni riservate. Perciò ogni stampante ha regole particolari per quanto riguarda il rapporto dpi-lpi, che devono essere verificate in anticipo. La maggior parte dei tipografi tratta immagini con un rapporto pixel per pollice compreso tra 200 e 400. Il numero di pixel per pollice stampato produce un impatto notevole sulle dimensioni del file e sulla memoria. Il passaggio da 200 a 400 pixel per pollice stampato richiede il quadruplo di memoria e di spazio su disco.
Problemi di chiarezza dell’immagine Quando le immagini vengono riprodotte oltre la loro risoluzione ottimale, cominciano a perdere nitidezza, e producono un effetto detto pixelation. La portata di questi effetti varia a seconda del mezzo di stampa.
Pixelation Al crescere delle dimensioni di un’immagine risultano più evidenti i pixel quadrati da cui essa è composta: questo fenomeno è noto con il nome di pixelation, un effetto da evitare. L’effetto pixelation cancella l’illusione fotorealistica delle immagini rappresentate dal computer. Mentre è facile ottenere l’effetto pixelation, un’immagine fotorealistica richiede una certa elaborazione e molta memoria. Questo effetto viene ridotto effettuando un rendering a risoluzione superiore. A volte l’effetto pixelation è proprio ciò che si vuole. Certe immagini d’effetto sono state prodotte applicando tale fenomeno alla parte in primo piano, in modo da guidare l’osservatore in un fuoco ad alta risoluzione: in realtà si tratta della sovrapposizione di due o più immagini o di un’intera immagine creata ad alta risoluzione ma con l’uso di bitmap sottodimensionata per provocare un effetto di pixelation in primo piano. L’effetto pixelation può essere sfruttato anche per mascherare una zona o per sottolineare il fatto che l’immagine è stata generata al computer.
Nitidezza delle immagini filtrate La nitidezza e la chiarezza di un’immagine filtrata sono determinate dal numero di pixel dell’immagine per righe di filtro (o pixel per pollice stampato su righe di filtro per pollice stampato). Si tratta del rapporto pixel per riga filtrata, detto anche rapporto di regolazione
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CAP.26 del filtro. Per evitare immagini di scarsa qualità il rapporto non deve mai essere inferiore a 1:1. Per ottenere una qualità ottimale il rapporto deve essere di 2:1. Oltre questo valore la qualità dell’immagine diminuisce di nuovo. È opportuno evitare di creare immagini con un rapporto superiore perché queste richiedono molta più memoria, spazio su disco e tempo di stampa, e senza produrre una qualità superiore. Se il filtro utilizzato è a 150 righe, l’immagine fornita ha tra 150 e 300 pixel per pollice stampato. Le necessità di diversi filtri, macchine di stampa e stampanti variano e quindi è importante definire questo rapporto prima di stabilire la risoluzione dell’output finale.
Dimensioni della stampa e risoluzione dell’output Le dimensioni della stampa di un’immagine sono determinanti per la risoluzione dell’immagine stessa e per stabilire il livello di dettaglio richiesto dal modello perché essa risulti convincente. Dopo la scelta dei mezzi di stampa e del rapporto pixel per pollice, relativi alla chiarezza desiderata, la risoluzione dell’immagine diventa solo una questione di aritmetica: (ppi) x (Larghezza stampa) = Risoluzione larghezza (ppi) x (Altezza stampa) = Risoluzione altezza La memoria richiesta per memorizzare un’immagine su disco e per la stampa in RAM è (ppi)2 x (larghezza stampata in pollici) x (altezza stampata in pollici) x (3 byte per pixel) = memoria richiesta in byte Le dimensioni dei dati di un pixel colore a 24 bit (8 bit di colore per canale x 3 canali) corrispondono a 3 byte. Le dimensioni della stampa moltiplicano il proprio impatto rispetto alle esigenze di nitidezza e ai dpi risultanti. Ogni pollice stampato richiede più memoria. Il mezzo di stampa spesso determina le dimensioni, o quanto meno le dimensioni massime, dell’output. Le stampanti desktop in generale si limitano a stampe 4”x5” o 8”x10”, mentre le stampanti a sublimazione di inchiostro sono disponibili in dimensioni E (36”x48”). Per esempio una stampa 4”x5” che utilizza un filtro a 150 righe stampa meglio se l’immagine fornita è dimensionata per stampare come segue: (150 lpi) x (2.0 pixel per riga) = 300 ppi Le dimensioni E corrispondono a un tipo di carta, come le dimensioni da lettera o legali. In sostanza si tratta di un foglio più grande utilizzato generalmente in lavori di CAD/Architettonici.
Questo significa che la risoluzione dell’immagine deve essere 4”x300 ppi = 1200 x 5” x 300 ppi = 1500 o 1500 x 1200. Tale immagine richiederà 1500x1200x3 = 5.4 MB di RAM per il processo di stampa.
Stampa con profondità inferiore a 24 bit Può presentarsi la necessità di stampare con un dispositivo che non stampa a 24 bit (true color). La maggior parte dei plotter e molte stampanti desktop hanno una capacità massima di colore a 15 o 16 bit. Quando un’immagine a 24 bit viene inviata direttamente a un dispositivo di output, sarà il programma connesso a interpolare le differenze di profondità bit. In generale questo
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non produce i risultati migliori perché la maggior parte dei driver si basa su algoritmi elementari che mediano le differenze. Il risultato quindi sarà un modello che presenta banding, striature ed effetti moiré. Per evitare tali fenomeni é necessario che 3D Studio MAX scriva un file TGA colore a 16 bit con true color dithering.
Calcolo dei filtri per immagini esistenti Spesso è necessario che la stampante produca un’immagine al massimo delle proprie capacità. Per ottenere tale risultato è necessario essere in possesso delle seguenti informazioni: ■ risoluzione in pixel; ■ righe di filtro per pollice; ■ punti stampati per pollice stampato. Le dimensioni ottimali del filtro (lpi) per stampare un’immagine corrispondono alla metà della risoluzione in pixel per pollice stampato dell’immagine. Se l’immagine è a 1024x768 e il filtro migliore disponibile è a 150 righe, l’immagine deve essere stampata a 300 pixel per pollice stampato: l’immagine finale sarà di 3.41”x2.56”. Se la stessa immagine deve arrivare a dimensioni 4”x3” è necessario un rapporto di 256 pixel per pollice stampato e un filtro a 128 righe. Benché filtri più grossolani consentano di utilizzare risoluzioni inferiori, essi riducono anche la quantità di dettagli stampabili in un pollice dato.
Complessità e accuratezza dei modelli È necessario trovare un equilibrio tra l’accuratezza e il livello di dettaglio del modello e l’accuratezza e il livello di dettaglio dell’output finale previsto. La determinazione del livello di dettaglio di un oggetto richiede due considerazioni: ■ la distanza a cui un oggetto verrà osservato; ■ la risoluzione dell’output finale. Nell’animazione la velocità alla quale un oggetto passa attraverso lo schermo genera un terzo fattore di accuratezza da prendere in considerazione.
Nella creazione di un modello è necessario avere queste informazioni in modo da poter inserire la quantità di particolari opportuna nei punti critici. Un oggetto che sembra accettabile a una risoluzione video di 512x486 può facilmente diventare inverosimile o assurdo quando viene stampato come foto patinata a colori con una risoluzione di 3072x2048. La maggior parte dei parametri di un oggetto creato in 3D Studio MAX possono essere aumentati o diminuiti secondo le necessità. Ciò consente di aggiungere dettagli a oggetti che devono essere utilizzati sia per la stampa sia per l’animazione perché nel primo caso i dettagli saranno aumentati, per poi diminuire ottimizzando i tempi di rendering.
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CAP.26
Gerarchia di dettaglio del fuoco del modello La maggior parte delle scene ha un fuoco, che può essere un oggetto particolare, un gruppo di oggetti o una zona. Man mano che il modello prende forma è necessario prevedere la composizione finale e l’importanza degli oggetti che costituiscono il fuoco nell’immagine finale. Questi oggetti o zone richiedono il massimo livello di dettaglio e quindi di attenzione. Per ottenere un modello efficace e gestibile è necessario delineare un elenco di zone che rientrino in una “gerarchia di dettaglio”. Questo sistema organizzativo si ritrova anche nell’illustrazione tradizionale. Il disegno architettonico e il design spesso utilizzano schizzi e pennellate approssimative per dare l’illusione del dettaglio senza distruggere il fuoco del rendering. In gergo questa tecnica viene definita vignetta: viene spesso utilizzata per l’ambiente, lo sfondo e per i materiali in primo piano uniformi. Una gerarchia di dettaglio indica quali oggetti saranno dettagliati e quali invece saranno ridotti. Il dettaglio è dato in due forme: geometria e mapping. Poiché l’oggetto occupa più pixel nell’output finale, le tecniche di modellazione che operano a una risoluzione possono diventare grossolane o fumettistiche a risoluzioni superiori.
Dettaglio geometrico Archi e curve richiedono una particolare attenzione quando cominciano a occupare più pixel nell’output finale. Gli archi distanti non costituiscono un problema fino a gradini di 15 gradi, mentre gli oggetti che compiono un arco lungo tutta la scena possono richiedere gradini di 0.1 gradi. La credibilità di un oggetto curvo o tondo verrà distrutta se sono visibili i contorni segmentati. Il modello diventa più efficace se i gradini di arco alti vengono concentrati nel fuoco della scena e ridotti in zone distanti o meno a fuoco. Il fatto che le sfere in primo piano abbiano 80 segmenti non significa che le sfere sullo sfondo non ne possano avere 10. Mappe convincenti come texture modellati, lo sono molto meno una volta ingrandite, soprattutto quando sono mappe di rugosità. Gli incavi e le scanalature che erano contraffatti, ora possono richiedere una modellazione. Particolari, giunture e scanalature sono molto più convincenti se vengono modellati con cura e questo richiede meno tempo di quanto non sia necessario per costruire bitmap più grandi e regolarne la nitidezza fino a quando diventano accettabili. Non è mai possibile effettuare l’anti-aliasing delle mappe di rugosità mentre è possibile eseguire automaticamente i giunti modellati utilizzando il dispositivo di anti-aliasing del renderizzatore, e con un costo inferiore in termini di memoria. È sempre meglio aggiungere facce per ottenere più dettaglio piuttosto che utilizzare bitmap più grandi. L’aggiunta del dettaglio geometrico necessario richiede più tempo di modellazione di quanto non sia richiesto dalle risorse di rendering. Per esempio aggiungere 8.000 facce costa meno del rendering di una bitmap 640x480.
Dettaglio bitmap Generalmente nei rendering è necessario utilizzare le bitmap. È opportuno seguire le regole sotto elencate: ■ utilizzare una bitmap con il massimo livello di dettaglio del colore possibile; ■ nel rendering non superare le dimensioni della bitmap originaria. RENDERING DI IMMAGINI FISSE
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I materiali che utilizzano texture procedurali non richiedono altrettante regolazioni perché il loro effetto si basa su algoritmi ed è indipendente dalla risoluzione.
Le dimensioni della bitmap possono costituire un problema quando aumenta la sua presenza nella scena. Quando il rendering delle bitmap eccede le dimensioni originarie delle bitmap stesse, queste cominciano a mostrare segni di pixelation e di patching quadrato. La capacità di rilevare tale effetto dipende dal soggetto dell’immagine. Le bitmap che rappresentano immagini quadrate, rettilinee e a blocchi mostrano poca o nessuna degradazione all’aumento delle dimensioni oltre i valori originari. Per esempio è possibile ingrandire la bitmap di una scacchiera di 10 volte senza che questa subisca danni, purché non venga utilizzata come mappa di rugosità. Se però la stessa bitmap fosse stata l’immagine di un colibrì, l’effetto di pixelation sarebbe stato evidente.
Immagini di sfondo Diversamente da quanto avviene per le bitmap, la selezione di un’immagine di sfondo per output ad alta risoluzione ha un margine ridotto. Le bitmap di sfondo devono sempre essere del tipo colore a 24 bit (senza compressione JPEG) e le loro dimensioni non devono essere aumentate oltre quelle originarie. È sempre necessario impostare lo sfondo nell’Editor materiali e poi applicarlo sotto RENDERING, Environment. La visualizzazione dello sfondo con VIEWS, Background Image non ne implica l’aggiunta al rendering. Se uno sfondo viene ingrandito, nell’immagine rappresentata si vede che la parte in primo piano è incollata allo sfondo. Le discrepanze tra le due risoluzioni risultano evidenti, anche se un profano non è in grado di capire la causa del fenomeno. Quando le immagini vengono ingrandite si produce inevitabilmente una perdita di nitidezza. L’ingrandimento di un quadrato nero su campo bianco non produce solo un quadrato nero più grande: ai bordi del quadrato si forma anche una tenue gradazione grigia. È sempre opportuno utilizzare immagini che non debbono essere ingrandite, anzi l’ideale sarebbe l’uso di immagini che devono essere ridotte. Le immagini nel formato CD-ROM Kodak sono adatte allo scopo perché hanno una risoluzione 3072x2048. Se deve essere utilizzata una bitmap più piccola come immagine di sfondo, questa deve essere convertita con un programma di pittura true-color, che consente di ingrandire l’immagine fino alle dimensioni esatte e di utilizzare strumenti di ammorbidimento o indurimento per mascherare l’effetto dell’ingrandimento. Alcune immagini si prestano all’ingrandimento meglio di altre. Immagini di cieli, fumo, acqua e altri oggetti di forma libera non vengono danneggiate quanto le scene di strade, le foreste e gli interni. Se la bitmap più piccola contiene tali elementi sarà necessario concentrarne l’ingrandimento proprio in quelle zone.
Utilizzo di oggetti di sfondo Quando lo sfondo consiste in un oggetto fondale con un materiale mappa di composizione si offrono diverse possibilità in più. Utilizzati in questo modo altri materiali possono
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CAP.26 accedere alla bitmap senza doverla ricaricare. L’oggetto che contiene l’immagine di sfondo agisce da tabellone. Con un fondale l’immagine può essere posizionata a piacere e ingrandita o ridotta utilizzando la collocazione, le coordinate di mapping o i parametri di mapping senza il surplus di memoria richiesto dal ridimensionamento di un’immagine di sfondo. Le immagini di sfondo in una scena vengono rappresentate in prospettiva insieme a tutto il resto. Poiché l’oggetto è posto parallelamente al piano di visualizzazione, non ci sono effetti di prospettiva orizzontale. Gli elementi verticali sono condizionati dalla prospettiva: ciò può dimostrarsi particolarmente importante per gli sfondi che contengono elementi architettonici, alberi alti e diritti, aste di bandiera e qualsiasi oggetto con linee verticali definite. La soluzione è semplice. Queste immagini non devono subire l’effetto delle condizioni di illuminazione e quindi devono essere autoilluminanti al 100% e assolutamente piatte con un colore speculare nero. Inoltre gli attributi di proiezione e ricezione delle ombre del tabellone devono essere disattivi.
Utilizzo dell’anteprima Show Background L’opzione Show Background (accessibile facendo clic con il tasto destro del mouse sul nome di una finestra) contribuisce al posizionamento degli oggetti nella scena rispetto all’immagine di sfondo. L’anteprima Background non è la scelta ideale per le immagini di grandi dimensioni. Come approssimazione è necessario ridurre l’immagine di sfondo proporzionalmente e utilizzarla come schizzo dell’immagine vera. Non c’è alcun vantaggio nell’utilizzare un’immagine che ha una risoluzione maggiore delle dimensioni visibili della finestra. Le immagini di sfondo possono essere anche frame tratti da un’animazione (per esempio un AVI o una sequenza di bitmap), o media catturati da film o video. Il numero di frame di tale animazione è bloccato al numero di frame della scena ed è estremamente utile per rotoscopie e composite. Numerosi registratori di dischi digitali contengono sofisticati plug-in che permettono la composizione diretta di video e grafica tridimensionale, all’interno di 3D Studio MAX. Safe Frame viene spesso utilizzato per mostrare l’effetto dello sfondo nella vista. Spesso si dimentica che una finestra è un rapporto prospettico diverso dai rendering e rivela più di quanto non venga rappresentato in realtà. Fare clic con il tasto destro del mouse sul nome della finestra e selezionare View Safe Frame dall’elenco menu per attivare questa funzione.
Incorporare testo sovrapposto Spesso è necessario collocare un testo su un’immagine finale, magari nella forma di un logo, di un titolo, di una firma o di un diagramma. Tutti i programmi di disegno forniscono una certa capacità di creare un testo da sovrapporre; alcuni possono persino creare testi con anti-aliasing. Nessuno però ha la funzione anti-aliasing incorporata in 3D Studio MAX. 3D Studio MAX è il miglior compositore di testi disponibile su desktop. Per avere il controllo completo sulla posizione finale del testo è necessario comporlo prima di inviarlo alla stampante.
RENDERING DI IMMAGINI FISSE
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Problemi relativi a oggetti testo Il testo è estremamente sensibile agli effetti di risoluzione. La risoluzione dell’immagine finale deve essere abbastanza alta da rappresentare il testo in modo netto, pienamente definito e senza bordi confusi. I caratteri sans serif grassetto sopportano meglio le risoluzioni più basse ma non sempre sono adeguati. Curve e linee sottili dei caratteri light serif richiedono la risoluzione più alta per mantenere il dettaglio dei bordi. Il testo può essere creato abbastanza facilmente utilizzando caratteri TrueType. Questi caratteri devono essere valutati attentamente perché le curve ampie possono richiedere più dettaglio dato da step aggiuntivi. Dopo aver creato il testo è possibile scriverlo sull’immagine di sfondo e rappresentarlo sulla bitmap di sfondo per l’output finale. Per ottenere un testo non distorto è necessario eseguire il rendering in una finestra ortogonale. Per testi tridimensionali può essere utilizzata la finestra PERSPECTIVE o CAMERA. La regolazione della prospettiva delle viste è utile per il controllo del bagliore prospettico del testo tridimensionale.
Opzione Video Post per la composizione di immagini La suite Video Post fornisce delle opzioni per accodare bitmap per sovrapposizione e motivi di sfondo. Video Post può creare effetti multistrato accedendo ai canali alfa e sovrapponendo le immagini. Video Post inoltre fornisce il controllo di posizione, allineamento e scala di una bitmap. Se la bitmap è più piccola delle dimensioni di output non si inserisce ma galleggia contro lo sfondo di immagine bitmap nero o colorato. Se la geometria della scena deve essere composta con più di un’immagine, Video Post costituisce la soluzione al problema. Se la geometria deve essere sovrapposta a un’unica immagine Video Post richiede molta più memoria del metodo dello sfondo. Inoltre non è possibile allineare il testo con un’immagine proxy di sfondo.
Composizione con canali alfa Spesso nella parte inferiore di un’immagine viene inserito un logo o una “firma”. Per eseguire più facilmente tale operazione è opportuno modellare il logo in 3D Studio MAX ed effettuarne il rendering su un file a 32 bit. Quando il testo o il logo risultano soddisfacenti, l’immagine a 32 bit completata può essere utilizzata per siglare o firmare diverse immagini. Video Post può realizzare questa applicazione e non ha problemi nel sovrapporre più immagini.
Parametri di output dell’immagine Per stabilire l’output finale è necessario tenere conto di diversi fattori. I più importanti sono le dimensioni e le proporzioni dell’immagine, che devono corrispondere alle proporzioni della stampa finale e devono sempre utilizzare un Aspect Ratio uguale a 1.0. Aspect Ratio serve a convertire le immagini tra risoluzioni e strumenti di visualizzazione diversi. Farlo solo in fase di stampa stira l’immagine.
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CAP.26 L’utilizzo di output gamma deve essere ponderato attentamente. Molti dispositivi di output, per esempio i film recorder, non richiedono gamma per produrre un’immagine corretta. Molti di questi dispositivi operano meglio con gamma uguale a 1.0 (cioè disattivo) e producono esattamente quanto visualizzato in anteprima. È importante armonizzare l’output con i requisiti della stampante ed è sempre opportuno eseguire una serie di test con e senza gamma per verificare la correttezza dell’interpretazione dei colori. Se i rapporti prospettici sono in dubbio, i rendering di cerchi veri forniscono un buon test per la distorsione dell’immagine. Per evitare perdite di tempo, è opportuno eseguire il test nelle fasi iniziali del processo.
Considerazioni finali Nella fase iniziale del processo, e comunque prima dei rendering finali, è opportuno considerare chi saranno gli utenti del prodotto e quale formato è necessario o preferibile. Se l’attrezzatura di stampa è interna all’azienda tali elementi sono già noti. La maggior parte degli utenti di 3D Studio MAX ricorre ai centri servizi e alle tipografie. Per avere la garanzia che i mezzi di memorizzazione dei dati e il formato dell’immagine (TGA/TIF/ BMP/PNG, compresso/non compresso, gamma eccetera) siano quelli corretti, è opportuno contattare tali centri e tipografie. Un’ipotesi errata può costare sia in termini di tempo sia in termini di denaro. Queste aziende devono essere contattate anche prima di acquistare dispositivi di archiviazione perché è importante disporre di attrezzature compatibili in loco. Benché inteso come programma di animazione, 3D Studio MAX è in grado di produrre immagini fisse ad alta risoluzione di ottima qualità. Le funzioni di animazione di cui dispone consentono di utilizzare le opzioni di modifica delle luci e di catturare diverse composizioni fotografiche nello stesso tempo. In generale la creazione di immagini ad alta risoluzione implica lo sfruttamento delle risorse del sistema al massimo delle sue possibilità e richiede la piena conoscenza dei requisiti necessari, oltre all’abilità di utilizzare al meglio le risorse disponibili.
Riepilogo ■
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Controllo del rendering. 3D Studio MAX offre un controllo ad ampio raggio del rendering, compresa la risoluzione e il tipo di file, e la scelta degli oggetti e delle zone della finestra da rappresentare. Immagini a 8 bit. Pur non essendo efficaci per la stampa, le immagini a 8 bit possono essere molto utili per il rendering di immagini fisse nei prodotti multimediali per computer, grazie alle piccole dimensioni del file, alla velocità di caricamento e di visualizzazione, all’ampia compatibilità software e alle ridotte esigenze di visualizzazione della grafica. Dithering. Talvolta nelle immagini a 8 bit l’effetto banding è inevitabile e il dithering contribuisce a sfumare i bordi tra le strisce. Questo però può comportare un aumento delle dimensioni dei file. Se le dimensioni del file sono importanti può essere necessario effettuare delle prove per stabilire se il miglioramento dell’aspetto vale l’aumento delle dimensioni.
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Complessità del modello. Nella modellazione è importante come verrà rappresentato l’oggetto. Per le risoluzioni di stampa, pellicola o diapositiva è essenziale prestare attenzione al livello di dettaglio. I giochi o la grafica per WWW spesso richiedono risoluzioni inferiori, diminuendo il livello di dettaglio necessario per l’oggetto. Centri servizi. Nella fase iniziale del processo è opportuno prendere contatto con il centro servizi per valutare elementi quali il tipo di file, la compressione, i dispositivi di archiviazione mobili, i tempi di rotazione e altri fattori di vitale importanza per il progetto. Test di stampa preliminari e la risoluzione preventiva di eventuali problemi fanno spesso risparmiare denaro e difficoltà di consegna tempestiva.
LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.28
CAPITOLO 28
Effetti compositi
Questo capitolo esplorerà i metodi di elaborazione e preparazione di immagini e animazioni per effetti compositi. L’abilità nel riprodurre gli effetti sta nella comprensione della funzionalità Video Post di 3D Studio MAX , che è un’intera applicazione all’interno di 3D Studio MAX. Associando la comprensione della modellazione di scene 3D animate all’utilizzo strategico di immagini animazione e sorgente è possibile produrre grafica 3D professionale e immagini in movimento per qualsiasi mezzo visuale. Inoltre è possibile automatizzare l’elaborazione di file di grafica da utilizzarsi in altre applicazioni. Il capitolo tratterà, fra gli altri, i seguenti argomenti: ■ comprensione di Video Post; ■ preparazione dell’elaborazione di immagini e post produzione; ■ lavorazione degli eventi di scena; ■ utilizzo di effetti movimento per simulare effetti di velocità; ■ utilizzo di eventi di input immagine; ■ utilizzo dei filtri Video Post e dei livelli per la composizione degli effetti; ■ comprensione e utilizzo di canali alfa; ■ utilizzo di eventi esterni e loop; ■ controllo dell’output.
EFFETTI COMPOSITI
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La disposizione degli oggetti in un immagine, combinati con il modo in cui gli stessi oggetti sono visti, descrive un processo e una forma detta composizione. La composizione è sia un metodo sia il suo risultato. Un’animazione tridimensionale ben composta che contiene oggetti e punti di vista in movimento richiede una sensibilità estetica e lo studio di alcuni principi creativi: ■ identificare il centro dell’interesse e organizzare intorno ad esso: non si tratta semplicemente di una posizione spaziale e temporale ma di un centro tematico e contestuale che può essere veicolato attraverso l’utilizzo del contrasto colore, di maschere, di prospettive e così via. Il centro dell’interesse di un’animazione può essere “fuori dallo schermo” oppure può trattarsi di un effetto ambientale; ■ utilizzare asimmetrie per suggerire il movimento e attirare l’attenzione dello spettatore: effetti particolare e illusioni ottiche si ottengono quando oggetti asimmetrici viaggiano lungo percorsi controllati.; ■ controllare il senso dell’equilibrio dello spettatore: veicolare tensione e rilassamento agendo sul “peso” visuale degli elementi della composizione; ■ mutuare le dimensioni per gli effetti sovrapponendo gli oggetti e le immagini: la profondità di scena, soprattutto quando gli elementi si spostano l’uno rispetto all’altro viene aumentata livellando con cura gli oggetti di scena e le immagini sorgente bidimensionali; ■ prevedere il mezzo di riproduzione dello spettatore: utilizzare tecniche di composizione che saranno rivelate in un determinato mezzo di riproduzione; per esempio comporre per il rapporto d’aspetto dei film creando un fotogramma personalizzato sicuro (una spline rettangolo il cui rendering viene eseguito su una bitmap, per esempio) e visualizzarla come background nella finestra. È inoltre possibile ridurre con precisione l’altezza relativa alla larghezza della finestra 3D Studio MAX complessiva modificando il file 3dsmax.ini. Cambiare i valori [Window State Size] (larghezza e altezza) in modo appropriato. La finestra cambierà di conseguenza il suo rapporto d’aspetto. Coordinando il riquadro sicurezza di background personalizzato e il rapporto d’aspetto della finestra sarà possibile produrre effetti destinati a un formato specifico (figura 28.1).
Video Post Il nome Video Post deriva da post-produzione, la fase finale della lavorazione di un film. La post-produzione comincia dopo le riprese del film e dopo il lavoro di produzione vero e proprio. In questa fase finale ognuno degli elementi viene modificato in un formato finito. Un editor, insieme al regista, decide come e dove le transizioni devono avere luogo. Gli effetti speciali, se esistono, sono spesso inseriti a questo punto. In genere la transizione è un taglio che immette nella nuova scena al fotogramma subito successivo senza produrre alcun effetto. In alcuni casi, tuttavia, si richiede una transizione più spettacolare per esempio una lenta dissolvenza di un’immagine in un’altra immagine, o il disvelamento di un’immagine con un effetto tendina attraverso la scena da sinistra a destra. In passato queste transizioni, e gli effetti speciali, erano possibili solo in una struttura per post-produzione che disponeva di un editor professionale e di un artista.
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CAP.28 La funzionalità Video Post di 3D Studio MAX consente di lavorare con il regista, con l’editor e con gli artisti prima, durante e dopo la produzione. Utilizzando Video Post è possibile produrre rapidamente un’ampia gamma di immagine e animazioni, fra cui la visualizzazione della scenografia per la previsione di effetti speciali pirotecnici e spettacolari ma costosi; oppure è possibile creare e inserire velocemente i background per comporre con un video di attori dal vero; infine è possibile creare straordinari effetti speciali e transizioni.
■ Figura 28.1 Una composta a forma di lettera utilizzando un bitmapdimensionatodi sfondo, Render Output e Safe Frame.
Video Post, più che un’applicazione desktop completa di video editing, è soprattutto un’utilità utilizzata per comporre le scena di 3D Studio MAX con altre immagini di animazione. La tipica funzione di Video Post è di preparare un’immagine o un’animazione per una composizione professionale o una piattaforma editing (digitale o analogica) oppure visualizzare e creare un prototipo di un’animazione completa e di grandi dimensioni. Inoltre la funzionalità Video Post in 3D Studio MAX assiste nell’automazione dell’elaborazione immagini per inclusioni di contenuto in prodotti come videogiochi, titoli CDROM e animazioni online interattive. La finestra di dialogo V IDEO POST (figura 28.2) è costituita da due porzioni principali: la finestra Queue sulla sinistra e la finestra Edit sulla destra. Per visualizzare ciò che succede quando una sequenza viene eseguita, cioè quando si esegue il rendering degli eventi elencati nella finestra QUEUE, si pensi che la finestra EDIT corrisponde a una visione panoramica di un proiettore per lucidi la cui lente è posizionata in alto a sinistra rispetto alle barre intervallo, rivolta verso l’esterno rispetto alla parte superiore della finestra. La lampada del proiettore si trova in basso a sinistra sotto le barre intervallo per ogni evento. La lente e la lampada si spostano da sinistra a destra avanzando attraverso file di lucidi (fotogrammi). La lampada è una specie di lucido che può essere inserito in qualsiasi punto della fila di lucidi per proiettare quelle immagini di fronte a esso. È possibile posizionare altri lucidi nell’elenco che fungano da maschere, specchi, prismi e fonti luce. EFFETTI COMPOSITI
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■ Figura 28.2 Il Video Post Queue nel file tut19_2.max con il vero ordine di rendering indicato per i fotogrammi 40 e 550.
Ogni lucido ha un modo particolare di contribuire alla proiezione dell’elenco in un determinato momento. Alcuni lucidi richiedono che altri siano adiacenti, raggruppati, dietro e così via. A prescindere dal fatto che un lucido sia effettivamente visibile questo partecipa a una vista per non meno di un fotogramma, ha una gerarchia fissa e una relativa posizione nell’elenco. Questa posizione è rappresentata sulle sinistra della finestra di Video Post da un’etichetta (icona, nome e percorso) e sulla destra da una linea orizzontale, la barra intervallo, che indica il suo aspetto. Se si cambia il contenuto dell’elenco di lucidi aggiungendo, eliminando, riposizionando o alterando i ludici stessi, la proiezione dell’elenco sarà ovviamente diversa. I lucidi sono definiti singolarmente come eventi e collettivamente come coda. Oltre al normale compito di interpretare e rappresentare gli oggetti in vista per un dato evento Scene, il renderizzatore di 3D Studio MAX conosce il punto il cui posizionare la lampada del proiettore leggendo le etichette Event. L’immagine proiettata è vista sullo schermo di 3D Studio MAX, il Virtual Frame Buffer, e può essere registrata in un file o su una periferica. La figura 28.2 mostra che cosa succederebbe se si posizionasse un lucido opaco come terzo evento stand-alone nella coda. Il proiettore si bloccherebbe e non si potrebbero vedere il primo e il secondo lucido. Naturalmente l’ordine in cui si posizionano gli eventi nella coda è molto importante. Poiché esistono diversi strumenti e tipi di eventi è utile tenere conto di tre diverse categorie di eventi: ■ input - scene e immagini ■ effetti - filtri, livelli, loop ed esterni ■ output - file e periferiche Il renderizzatore non trova semplicemente la sua strada nella coda in direzione altobasso; un dato evento può essere stand-alone nella coda oppure può avere una relazione gerarchica con un altro evento, cioè l’evento può essere un principale, un derivato o un simile di un altro evento.
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CAP.28 Nella figura 28.2 si noti la colonna di numeri in corsivo nelle etichette di eventi di coda di Video Post e nella finestra EDIT sopra le barre intervallo. I numeri rappresentano la vera e propria sequenza di rendering degli eventi per i fotogrammi 40 e 550. Attraverso il rendering ripetuto di un singolo fotogramma (per esempio il 40) sul Virtual Frame Buffer è possibile osservare la sezione Current Task della finestra di dialogo progressiva e seguire la sequenza di rendering vera e propria nell’ordine mostrato dalle colonne. Avere un certa familiarità con il vero ordine di rendering aiuta a costruire code secondo la logica del renderizzatore. La finestra EDIT è un asse dei tempi. Partendo da 0, la linea del tempo rappresenta un intervallo di fotogrammi che si estende all’infinito verso destra in direzione positiva. Ogni evento ha una barra intervallo corrispondente che consente di gestire il modo e il momento in cui comparirà un certo elenco di lucidi. Il modo si realizza aggiungendo eventi Input Scene e Image e applicando effetti di modifica come filtri e livelli; il momento si realizza sistemando i parametri di inizio e di fine specifici delle barre intervallo. A parte il suo comando di lancio nel menu RENDERING, Video Post non ha altri menu a discesa. Gli strumenti nella parte superiore della finestra Di Video Post forniscono il metodo per posizionare nuove voci nella coda. A seconda dello stato attivo o inattivo degli eventi, gli strumenti si attiveranno per essere applicati alla selezione. È importante che si costruisca la sequenza Video Post con attenzione e in modo duraturo. Si dovrebbero salvare i file Video Post (VPX) per fasi significative della sequenza facendo clic sullo strumento Save Sequence e confermando la sovrascrittura di un file esistente o nominandone uno nuovo. Inoltre salvare il file 3D Studio MAX regolarmente. Questa parte di 3D Studio MAX non contiene funzioni UNDO o REDO e non è possibile fare clic con il tasto destro del mouse per portare le barre intervallo nella posizione originale. In genere gli eventi per l’editing si selezionano facendo clic due volte sulle etichette, e non sulle barre intervallo. Nel caso si eseguisse quest’ultima operazione si potrebbero inavvertitamente cambiare i parametri Video Post Start Time ed End Time: potrebbe essere fastidioso regolare le discrepanze di singoli fotogrammi fra eventi adiacenti e punti di inizio e di fine, soprattutto se si vogliono vedere velocemente gli effetti di composizione e ed è necessario eseguire il rendering completo per avere un’anteprima del lavoro.
Eventi Scene L’evento Scene è una porzione definita della scena complessiva di 3D Studio MAX. Quando si aggiunge un evento Scene alla coda di Video Post si specifica quale vista e quali fotogrammi; gli effetti di movimento e le coordinate che definiscono l’intervallo fotogramma si applicano con la coda generale di Video Post. Quando si aggiunge un evento Scene viene visualizzata una finestra, o un nome di cinepresa, nella parte superiore dell’elenco View nella finestra di dialogo. L’elenco View è definito in ordine alfabetico per nome di finestra o di cinepresa. È possibile aggiungere eventi Scene con viste differenti oppure utilizzare la stessa vista più volte nella coda per generare effetti speciali, come per esempio un movimento traballante. Per esempio è possibile animare una fila di formiche che si spostano sullo
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schermo utilizzando Video Post per aggiungere diverse voci di Scene alla coda. Dopodiché è possibile fare traballare il punto in cui ogni scena comincia regolando le barre intervallo sulla destra della finestra di dialogo VIDEO POST. Il risultato sarà una parata di formiche che marciano attraverso lo schermo. Se si intende utilizzare diversi file 3D Studio MAX nella stessa coda Video Post, eseguire il rendering di un file 3D Studio MAX e poi aggiungerlo alla coda come un evento Input Image. Se nessun evento Scene è presente nella coda, la scena corrente viene ignorata da Video Post il quale esegue il rendering dei soli eventi che compaiono nella finestra di gerarchia.
Intervallo Scene e intervallo Video Post Di default 3D Studio MAX utilizza l’intero intervallo di Scene per i parametri Video Post Start Time ed End Time. Si potrebbe pensare che i tempi di scena di 3D Studio MAX e di Video Post siano gli stessi ma in realtà con è così. Il tempo di scena di 3D Studio MAX si estende all’infinito all’indietro (in senso negativo) o in avanti (in senso positivo) mentre Video Post definisce un intervallo di fotogrammi positivi. Questa differenza diventa evidente quando si confronta il modo in cui il tempo viene rappresentato nelle finestre dell’Editor tracce e di Video Post. Per vedere questa differenza, aprire il file di esercitazione tut19_2.max, compreso in 3D Studio MAX e da utilizzare insieme a Tutorial 19. Aprire entrambe le finestre Track View e Video Post. Nell’Editor tracce espandere la sezione Objects in modo che compaiano le barre intervallo; a questo punto scegliere lo strumento di navigazione Zoom Time e trascinarlo in su e in giù nella finestra TRACK V IEW. Si noti che le barre intervallo si espandono in entrambe le direzioni; ora selezionare lo strumento di navigazione Zoom nella finestra Video Post; trascinare il cursore nella zona Event Editing; si osservi come le barre intervallo siano fissate su fotogramma zero e si espandano verso la parte destra della finestra (figura 28.3).
■ Figura 28.3 Zoomingtimenelle finestre dell’Editor tracce e in Video Post
Quando gli eventi Input Image che contengono una sequenza di immagini o di animazione vengono aggiunti alla coda Video Post, la loro lunghezza e l’intervallo sono determinati dalle impostazioni contenute nella sotto finestra di dialogo OPTIONS della finestra di dialogo ADD OR EDIT Image Input EVENT. Nel caso in cui l’intervallo fotogramma sia diverso
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CAP.28 dall’intervallo Video Post, Video Post chiuderà semplicemente il fotogramma Image Input Start sullo Start Time di Video Post, tagliando o mettendo in pausa l’ultima immagine sull’End Time di Video Post, e ripetendo l’intera sequenza a seconda delle impostazioni presenti. Le impostazioni Scene Range nella finestra di dialogo ADD AND EDIT Scene EVENT consentono di posizionare in modo separato e relativo il tempo Scene nel contesto del tempo Video Post. Di default Scene Range è fissato sull’intervallo Video Post. Disattivando l’opzione [Lock to Video Post Range] e, se necessario, la casella [Lock Range Bar to Scene Range] nella finestra di dialogo ADD OR EDIT Scene EVENT è possibile indicare se l’intervallo Video Post definito conterrà fotogrammi diversi da quelli che corrispondono direttamente ai parametri Video Post Start Time ed End Time. Disattivare la casella [Lock Range Bar to Scene Range] è un modo interessante per creare effetti d movimento veloce o lento. Se l’intervallo complessivo definito in Scene Range è inferiore all’intervallo specificato nei parametri Video Post Start Time ed End Time, Video Post aggiunge fotogrammi per inserire l’intervallo Scene nell’intervallo maggiore Video Post. Questo processo allunga il movimento nel tempo di riproduzione creando un effetto rallentatore. Se il numero complessivo di fotogrammi nell’intervallo Scene è maggiore di quello nell’intervallo Video Post, Video Post salterà dei fotogrammi per inserire la sequenza complessiva nell’intervallo inferiore di Video Post. Più movimento in un tempo inferiore crea un effetto accelerazione. In un evento Scene, per esempio, è possibile spostare lentamente una navicella spaziale attraverso lo schermo; é possibile confinare un secondo evento Scene che contiene lo stesso intervallo Scene e vista ma su un numero inferiore di fotogrammi Video Post. Al momento del rendering e della riproduzione, la navicella si muoverà come se accelerasse improvvisamente.
Opzioni Render La finestra di dialogo RENDER Scene (figura 28.4) è suddivida in due porzioni separate dalle caratteristiche tendine a discesa di 3D Studio MAX: C OMMON PARAMETERS e quella di default SCANLINE A-BUFFER . Quando si imposta un evento Scene in Video Post, si ha la possibilità di cambiare alcune di queste impostazioni dall’interno della finestra di dialogo EDIT Scene EVENT. Video Post non condivide le impostazioni Time Output, Output Size o Render Output con il renderizzatore di 3D Studio MAX. In Video Post queste impostazioni sono contenute nella finestra di dialogo EXECUTE SEQUENCE perché non incidono su tutti gli eventi nella coda. (consultare la sezione “Controllo di Output di composite” di questo capitolo). Anche se è possibile impostare Common Parameters e Scanline A-Buffer da RENDER OPTIONS in un singolo evento Scene, queste impostazioni non sono specifiche di quell’evento Scene. La sotto finestra di dialogo semplicemente fornisce l’accesso alle impostazioni di rendering globali per configurare in modo più pratico l’evento Scene. Se si ha un evento Scene nella coda e se ne aggiunge un secondo, qualsiasi cambiamento apportato nella finestra di dialogo RENDER O PTIONS inciderà anche sull’evento Scene precedentemente aggiunto. Questo significa che non è possibile impostare separatamente gli effetti AntiAlaising, Object Motion Blur, Ray Trace Show e Atmospheric e neppure altre impostazioni di rendering complessive per ciascun evento Scene nella coda. Il solo modo per comporre e modificare gli stessi segmenti di scena con diverse impostazioni degli effetti di rendering
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sarebbe di eseguire il rendering dei singoli segmenti e aggiungersi come evento Image Input alla coda con altri segmenti della scena.
■ Figura 28.4 EsempioImpostazioni Object Motion Blur nella finestra di dialogoRENDER SCENE .
Esame del movimento Motion Blur è un effetto che esiste in due varianti in 3D Studio MAX. La prima versione è Object Motion Blur, che è configurata nella finestra di dialogo RENDER Scene e che consente di specificare un effetto Motion Blur per il totale cambio della posizione di oggetti singoli. La seconda versione è Scene Motion Blur nell’evento Scene di Video Post. Scene Motion Blur applica un effetto di movimento all’intera scena agendo sul movimento assoluto e relativo (cinepresa) di tutti gli oggetti nella scena. Entrambi gli effetti Blur funzionano realizzando copie degli oggetti su cui agiscono; ciò in cui differiscono è il modo di calcolare e distribuire quelle copie nel fotogramma. La tecnica utilizzata, o il modo di combinare entrambe le tecniche dipende dall’effetto che si cerca di ottenere. La guida utente di 3D Studio MAX descrive l’Object Motion Blur come una forma di smussatura del movimento dell’oggetto nel tempo e Scene Motion Blur come un effetto speciale applicato. Il manuale spiega che è possibile combinare le due tecniche per ottenere i migliori risultati. I prossimi paragrafi illustreranno entrambi i tipi di Motion Blur e il modo in cui funzionano separatamente, insieme e rispetto al rendering di campo, che utilizza un metodo simile per realizzare effetti di linee smussate e di movimento.
Concetti relativi a Motion Blur In genere si pensa a Motion Blur in relazione alla fotografia. Se un oggetto si sposta abbastanza velocemente nel momento di scattare una fotografia, appare sfocato sulla pellicola. Quello che viene registrato sulla pellicola è il risultato di un oggetto che era in un certa posizione quando l’otturatore si è aperto e in un’altra posizione quando otturatore si è richiuso. l’effetto Blur è il risultato di un numero infinito di copie dell’oggetto ognuna esposta per una frazione infinitesima del tempo totale di esposizione. Le copie vengono esposte mentre l’oggetto si sposta da una posizione all’inizio dell’esposizione a una seconda posizione alla fine dell’esposizione. 3D Studio MAX non può riprodurre un numero infinito di immagini ma può dividere il tempo in segmenti discreti ed eseguire il rendering di una copia con effetto Motion Blur di un oggetto appropriato con ogni segmento di tempo specificato. Le impostazioni
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CAP.28 controllano la dimensione del segmento di tempo e il numero dei campioni di Motion Blur. La tecnica utilizzata da 3D Studio MAX è corretta dal punto di vista tecnico e matematico. Purtroppo da punto di vista visivo non lo è. La palla con effetto Blur nella parte superiore della figura 28.5 mostra il modo di default in cui 3D Studio MAX esegue il rendering dell’effetto Motion Blur.
■ Figura 28.5 Default Motion Blur in 3D StudioMAX
Anche se il rendering è corretto dal punto di vista tecnico, da quello visivo non trasmette l’effetto Blur. Queste copie multiple sembrano avere una maggiore densità nel centro rispetto alle estremità. quasi tutti gli osservatori tenderebbero a pensare che questa è un’immagine di qualcosa che vibra rapidamente piuttosto che un’immagine di qualcosa che procede in avanti. Anche se questa fosse solo una parte dell’animazione l’errore sarebbe rilevato inconsciamente. La naturale percezione degli oggetti in movimento stabilisce un’aspettativa per cui i bordi che guidano l’oggetto saranno nettamente a fuoco mentre i bordi trascinati saranno sfocati e dietro la linea del movimento. Questa è la ragione per cui si disegnano “linee di velocità” dietro gli oggetti in movimento, e perché gli animatori tradizionali imparano a disegnare il movimento sfocato sfocando solo i bordi trascinati. La palla nella parte inferiore della figura 28.5 mostra il risultato della simulazione di questa tecnica in 3D Studio MAX . Per creare l’effetto della palla inferiore nella figura 28.5 è necessario utilizzare Video Post per comporre una versione non sfocata dell’oggetto dietro l’oggetto sfocato. Il segreto in questo caso è fare in modo che l’oggetto non sfocato guidi l’oggetto sfocato. Per quanto tempo deve guidare dipende dal tipo di Motion Blur e dalle impostazioni per ogni tipo.
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Object Motion Blur È possibile utilizzare Object Motion Blur per riprodurre effetti simili alla sfocatura e ala smussatura per oggetti e personaggi che si spostano (parti di macchine o appendici di personaggi, per esempio). L’impostazione Render to Fields viene anche utilizzata per potenziare la smussatura di oggetti animati specificamente quando si esegue il rendering per la riproduzione video. L’effetto del field rendering è simile ma non identico a quello utilizzato da Object Motion Blur. Il field rendering divide una dato fotogramma in due immagini a scansione di linee; ogni metà è combinata con metà delle linee del fotogramma precedente o seguente. I fotogrammi risultanti contengono due offset di metà immagine alla volta. Quando i fotogrammi vengono riprodotti da una periferica che riproduce i campi, l’animazione è più “smussata” grazie alla riproduzione video “due campi al secondo”, che fornisce più rappresentazioni di immagini in movimento alla volta. Diversamente da Object o Scene Motion Blur, field rendering ha la speciale capacità di smussare il movimento in una mappa Enviroment. Le mappe Environment non vengono trattate come elementi Scene e quindi l’effetto Blur non le influenza. Ma il rendering su campi in realtà funziona con le informazioni buffer e non con la geometria per creare i suoi campioni sottofotogramma dividendo e ricostruendo l’output di linee di scansione su una serie di fotogrammi. Object Motion Blur può certamente migliorare, e talvolta sostituire completamente, il rendering su campi. Object Motion Blur fornisce un discreto controllo su oggetti singoli nella scena eseguendo il dithering fra copie di oggetti e il numero di immagini sottofotogramma in un intervallo di movimento. Se si esegue il rendering di un’animazione per video digitale, come i formati AVI o FLC, e si vuole fornire simultaneamente un’animazione “smussata” per la riproduzione su videocassetta senza eseguire un rendering su campi (non adatto al video digitale) sarà opportuno investire più tempo nella pianificazione e nel rendering per applicare Object Motion Blur. Il dithering non è in genere consigliato per il video digitale in quanto gli algoritmi di compressione applicati dai codec possono produrre problemi di colore. Quindi, nel caso della palla precedente, se si fosse eseguito il rendering in formato video digitale si sarebbe dovuto regolare accuratamente l’impostazione Samples che controlla il dithering in Object Motion Blur. Inoltre è necessario verificare che il dithering (mediazione del colore in opposizione alla miscela di trasparenza) non sia attivato nella sezione Rendering di Preferences. Nella finestra di dialogo RENDER SCENE impostare il valore Samples sul valore massimo (minima quantità di dithering), equivalente al numero di Duration Subdivisions. Inoltre ricordare che il movimento apparente causato dal movimento di cinepresa non viene preso in considerazione da Object Motion Blur anche se lo è da Scene Motion Blur. Per applicare Object Motion Blur a oggetti singoli è necessario selezionare l’oggetto nella finestra e fare clic con il pulsante destro del mouse per aprire il menu a discesa dell’oggetto. Quando si seleziona Properties comparirà la finestra di dialogo OBJECT PROPERTIES. Utilizzare questa finestra di dialogo per attivare Object Motion Blur spuntando la casella di controllo. Si dovranno specificare i parametri di Object Motion Blur nella finestra di dialogo RENDER S CENE. Quando si avvia il rendering gli oggetti di cui si sono impostate le proprietà per questo effetto risulteranno sfocati.
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CAP.28 Object Motion Blur fa in modo che il Modifier Stack dell’oggetto sia valutato per ogni copia creata per il Blur. In questo modo i parametri di traslazione animata, rotazione, scalatura e modificatore saranno valutati dal punto tempo di ogni copia. Per esempio, se si trasla, ruota e scala un cilindro curvo animato, tutte queste trasformazioni verranno riflesse nella copie di movimento dell’oggetto. I materiali animati non vengono riflessi nelle copie dell’oggetto. Se uno space warp animato è destinato all’oggetto, l’animazione dello space warp non viene riflessa nelle copie. Se la flessibilità del legame è animata, essa viene riflessa perché si trova nell’elenco dell’oggetto.
Suddivisioni di durata Il valore nella casella Duration Subdivisions rappresenta il numero di copie di cui si deve eseguire il rendering per ogni fotogramma. In numero che viene digitato in questa casella è importante per la positiva realizzazione di un effetto. Se il numero è troppo piccolo le copie saranno completamente separate, un effetto detto strobing. Se il numero è troppo grande le copie si sommeranno l’una sull’altra e il risultato sarà più simile a un solido sbavato che a un Blur. Inoltre, eseguire il rendering di copie di Motion Blur richiede del tempo e quindi farlo per più copie del necessario potrebbe essere una perdita di tempo, soprattutto nel caso di animazioni lunghe. 3D Studio MAX impone un valore massimo di sedici copie; è possibile calcolare un buon numero di partenza utilizzando la formula seguente: Duration Subdivisions>=(distanza/dimensione)/sovrapposizione Le variabili della formula sono descritte nell’elenco seguente. ■ Distanza: la distanza percorsa dall’oggetto sull’impostazione Duration; in generale se Duration è pari a 1,0, la distanza corrisponde alla distanza percorsa su un fotogramma. Se Duration è pari a 0,5, la distanza corrisponde alla distanza percorsa su mezzo fotogramma. ■ Dimensione: la lunghezza dell’oggetto lungo la linea di movimento. ■ Sovrapposizione: un valore compreso fra 0 e 1 che controlla quanto devono sovrapporsi le copie l’una sull’altra. Minore è il valore più le copie si sovrappongono. Il valore di sovrapposizione in genere dovrebbe essere non meno di 0,5; se maggiore gli oggetti sembrano separati. La figura 28.6 mostra una palla con effetto Blur il cui strobing è il risultato di un valore troppo basso digitato nella casella Duration Subdivisions.
■ Figura 28.6 Effetto strobing causato da insufficiente Duration Subdivisions
EFFETTI COMPOSITI
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Campioni Samples controlla la quantità di dithering che si verifica fra le copie. Mentre il valore decresce, le copie sono selezionate in modo casuale da Duration Subdivisions. Minore è il valore minore è il numero di campioni selezionati che corrisponde a meno oggetti differenziati (che sembrano sgranati o oggetto di dithering). Il valore valido minimo di 1 significa il massimo dithering; il valore valido massimo è equivalente al valore di Duration Subdivisions e produce più copie che sembrano semi trasparenti e quindi il tipo di Blur più smussato.
Durata Duration controlla la quantità di movimento da applicare al rendering su ciascun fotogramma. La guida dell’utente di 3D Studio MAX descrive questa quantità simile alla quantità di tempo per cui l’otturatore resta aperto. Il numero di copie specificato dalla casella Duration Subdivisions è distribuito lungo la distanza coperta dal numero di fotogrammi specificato nella casella Duration. Il valore Duration può essere inferiore a 1, il che significa che le copie sono comprese in una distanza inferiore a quella coperta da un fotogramma. Un punto interessate di Object Motion Blur riguarda il punto in cui le copie vengono posizionate. Le copie sono distribuite lungo la distanza specificata dal valore Duration e poi le copie vengono centrate sulla posizione dell’oggetto su quel fotogramma. Questo significa che quando si osserva un’immagine sfocata che è stata prodotta con Object Motion Blur la vera posizione dell’oggetto è nel centro dell’effetto Blur. La figura 28.7 mostra una palla non sfocata composta sulla sua immagine con effetto Object Motion Blur.
■ Figura 28.7 Palla non sfocata composta sulla sua immagine con effetto movimentosfocato
Scene Motion Blur Scene Motion Blur applica un effetto simile a quello di Object Motion Blur tranne che questo viene applicato a tutti gli oggetti che si spostano fra i fotogrammi, e tiene in considerazione il movimento della cinepresa.
Impostazioni Scene Motion Blur Scene Motion Blur viene applicato in Video Post. Si controlla con le voci della finestra di dialogo ADD OR EDIT SCENE EVENT nella zona Scene Options (figura 28.8).
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CAP.28 ■ Figura 28.8 Voci nella finestra di dialogo Video Post Edit Scene Event per l’applicazione di Scene MotionBlur
Una casella di controllo attiva l’effetto Scene Motion Blur. Quando questo è attivato, tutti gli oggetti nella vista dell’evento Scene sono soggetti all’effetto Blur, compresi i materiali ma escluse le mappe Environment e gli eventi principali che agiscono sulla Scene, come composite e filtri di livello. Il campo Duration Subdivisions specifica il numero di copie di cui eseguire il rendering. Il valore Duration funziona nello stesso modo per Scene Motion Blur e per Object Motion Blur. Il default per la durata di Scene Motion Blur è impostato su 0,5, oppure a metà del valore di default di Object Motion Blur. Questo assume che Scene Motion Blur sarà utilizzato in modo strategico per indurre un movimento comprensivo del movimento cinepresa apparente, che ha luogo nel periodo di durata del fotogramma. Applicando Scene Motion Blur si ha anche la possibilità di applicare il dithering; questo tipo di dithering è un metodo per smussare i bordi fra le regioni di colore ridondanti che si sovrappongono nel fotogramma. I pixel sono mischiati in modo che i bordi degli oggetti sembrino uniti. La casella Dither% imposta la percentuale di dithering da applicare alle copie create da Scene Motion Blur. Un valore di 0 produce copie semitrasparenti mentre un valore di 100 applica completamente il dithering sulle copie producendo bordi distinti all’interno dell’effetto di Blur.
Copie Scene Motion Blur Per posizionare le copie, Scene Motion Blur utilizza un metodo differente a quello di Object Motion Blur per derivarne l’effetto. Come per Object Motion Blur, le copie vengono distribuite lungo la distanza percorsa ma sono posizionate a partire dalla posizione corrente dell’oggetto e si estendono in avanti verso la posizione dell’oggetto sul fotogramma successivo. In altre parole, la vera posizione dell’oggetto è sul bordo trascinato dell’effetto Blur, e l’effetto stesso si estende in avanti nel tempo verso il fotogramma successivo. La figura 28.9 mostra una palla non sfocata composta sulla sua immagine Scene con effetto Blur. EFFETTI COMPOSITI
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■ Figura 28.9 Palla non sfocata compostasuun’immagine che è stata sfocata utilizzandoSceneMotion Blur
Associazione di Scene Motion Blur e Object Motion Blur Per ottenere i risultati migliori è possibile combinare Object Motion Blur con Scene Motion Blur. Utilizzare Scene Motion Blur per fornire l’effetto Blur generale e poi Object Motion Blur per dare ulteriore dithering fra le copie Scene Motion Blur. Quando si combinano Scene Motion Blur e Object Motion Blur è necessario tenere a mente l’effetto che questa operazione ha sul valore Duration. Quando si combinano Scene Motion Blur e Object Motion Blur il valore Duration viene applicato alla distanza fra le copie Scene Motion Blur piuttosto che a quella fra fotogrammi. Quindi se si combinano questi due effetti il valore Duration Subdivisions per Object Motion Blur dovrebbe essere basso e il suo valore Duration dovrebbe essere in genere 1,0 o meno.
Eventi Image Input Un evento Image Input può contenere qualsiasi file immagine o periferica supportata da 3D Studio MAX, compresi file AVI e FLC, file IFL, file numerati in modo sequenziale o a bitmap singola, file che risiedono su periferiche quali Digital Disk Recorder (DDR). Il nome, le impostazioni di formato e la posizione delle immagini sono salvate con il file 3DS MAX, e con il file indipendente VPX se necessario. Per creare un file che includa una serie di file a immagini numerate, utilizzare i caratteri globali per identificare e generare un Image File List (IFL). Per esempio, digitare le prime lettere del nome della serie di file, seguite da un asterisco. 3D Studio MAX creerà un file che comincia con le lettere designate, aggiungerà un numero in sequenza a quattro cifre e l’estensione IFL. Il file IFL viene automaticamente posizionato nella stessa directory del file dell’elenco. Il nome del file IFL verrà caricato nella finestra di dialogo EVENT come file di input e l’etichetta di Event nella coda rifletterà la sua posizione e il nome. Se si ha un’animazione o un file di elenco IFL, AVI o FLC il numero di fotogrammi nell’animazione risulterà in tre posti diversi: i parametri Video Post Start Time ed End Time, le caselle di stato alla base della finestra Video Post e sulla barra intervallo per quell’evento dove sono verranno rappresentati graficamente. Se si vuole impostare un valore gamma specifico per l’immagine di bitmap in arrivo, scegliere il pulsante Gamma nella finestra di dialogo BROWSE IMAGE FOR INPUT . La scheda GAMMA della finestra di dialogo PREFERENCE consente di correggere globalmente Image Input. Per comporre con Video Post, selezionare la casella di controllo di correzione [Enable Gamma] negli eventi Image Input e Output. Questo è particolarmente importante quando si utilizzano immagini associate a periferiche come una DDR.
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CAP.28 Quando si modifica un evento Image Input cambiando informazioni nella sottofinestra di dialogo BROWSE IMAGES FOR INPUT (posizione, formato o impostazioni Gamma, per esempio), 3D Studio MAX reimposterà i parametri Video Post Start e End Time sui valori di default. Nel processo si possono perdere alcuni parametri intervallo molto interessanti perché i parametri di default non solo cambieranno la lunghezza d’intervallo complessiva ma con molta probabilità elimineranno anche l’evento dalla sua posizione relativa nel tempo posizionando l’evento all’inizio dell’animazione. La procedura meno rischiosa è quella di tenere un elenco separato di tutti i parametri nella sequenza, soprattutto i parametri Video Post Start Time e End Time. Una strategia è quella di creare un evento stand-alone del tutto nuovo nella coda, che si riferisce alle impostazioni di parametro dell’evento che è necessario modificare. Utilizzare lo strumento Swap per sostituire l’originale e lo strumento Delete per cancellare l’evento dopo Swap. È possibile allineare e ridimensionare gli eventi Image Input durante il rendering. Se sono file o sequenze di animazione specificare quale fotogramma includere. Per eseguire ciò digitare i valori nella finestra di dialogo ADD OR EDIT IMAGE INPUT EVENT , sottofinestra di dialogo OPTIONS (consultare il Volume 2 del manuale utente). Con questa tecnica è possibile ottenere effetti compositi come l’animazione offset 2D inclusa nella scena, maschere precisamente posizionate e tecniche di allungamento e di schiacciamento. Prestare attenzione a che gli offset Alignment su Images Custom Sized abbiano una caratteristica relativamente oscura. Questo succede se la dimensione Output nella finestra di dialogo EXECUTE SEQUENCE è la stessa dell’immagine Image Input, o se la dimensione indicata nella casella Custom è la stessa di Output. Anche se si sceglie un preset o se si digita un offset Coordinate nella zona Alignment, 3D Studio MAX centrerà e allineerà gli Image Input della stessa dimensione di Rendered Output. Una scappatoia potrebbe essere di aumentare la dimensione dell’output renderizzato di un pixel in ogni direzione oppure di digitare una dimensione personalizzata di un pixel di differenza nella finestra di dialogo IMAGE INPUT OPTIONS in modo che l’offset sull’immagine sorgente abbia luogo.
Utilizzo di Background Video Post non accede direttamente all’immagine background, che può essere posizionata nella finestra e utilizzata per la rotoscopia, costruendo la scena contro un’immagine di background. Esistono molti modi per includere quell’immagine nel rendering Video Post. È possibile utilizzare la funzione Environment per mappare la stessa immagine su una mappa Screen Environment che sarebbe poi inclusa nell’evento Scene in Video Post e conseguentemente ne verrebbe eseguito il rendering. Tuttavia, se si intende utilizzare quell’immagine (o animazione) come un elemento composito in Video Post, l’immagine deve essere aggiunta separatamente come evento Image Input. Se si tratta di un’animazione la sua sincronizzazione con la coda è gestita nella finestra di dialogo IMAGE INPUT EVENT / OPTIONS. In linea generale, se non si applica un effetto all’immagine di background utilizzando le funzioni dell’Editor materiali o le caratteristiche di Enviroment (materiali opachi/ ombreggiati, per esempio), si può semplicemente aggiungere il background come evento Image Input in Video Post utilizzando Alpha Compositor nell’evento Layer per posizionare l’immagine come background. L’elaborazione della bitmap di quell’immagine come
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evento Video Post è molto semplice e richiede meno tempo del rendering. Se il background è statico, è possibile memorizzare l’immagine durante il rendering e salvare e risparmiare ulteriore tempo. In genere si costruisce un evento Layer a questo scopo, composto dell’evento background Image Input seguito da un evento Scene o da un altro Image Input con un canale Alpha.
Eventi Filter e Layer Come già visto in precedenza, gli eventi Filter e Layer ricadono nella categoria più ampia degli eventi Effects. Questi eventi in genere agiscono su altri eventi e si comportano di conseguenza ad altri eventi (eventi Input: Scene e Image). Il modo in cui la coda elabora questi effetti è in un certo senso confuso, soprattutto l’ordine in cui sono elaborati e il modo in cui la trasparenza viene utilizzata nelle immagini che contengono un canale alfa. Ancora una volta è necessario ricordare di eseguire il rendering di fotogrammi singoli di code complesse sul Virtual Frame Buffer, osservando la casella della finestra di dialogo C URRENT TASK. Questo faciliterà la comprensione dell’ordine di rendering di filtri, maschere e composite. Se si cancella un derivato di un evento Filter o Layer, anche il principale verrà cancellato. Se si hanno diversi eventi nidificati, sarà cancellata tutta la linea di discendenza sino alla radice o al livello più elevato. È possibile copiare le sezioni della radice utilizzando il tasto CTRL e trascinando il principale della radice sino a un punto di inserzione nella coda. Verificare che non ci siano eventi selezionati prima di rilasciare il tasto CTRL. Premere il tasto e poi fare clic con il mouse sul principale della radice. Trascinare la selezione su un punto di inserimento. Tutti i derivati del principale saranno copiati nella coda. Se è semplicemente necessario sostituire un derivato differente, aggiungere il nuovo evento derivato come evento stand-alone nella coda, poi scambiarlo (utilizzando lo strumento Swap) con l’evento non desiderato, dopodiché è possibile cancellare il restante evento stand-alone senza perdere la gerarchia.
Strategie per l’utilizzo degli eventi Filter Gli eventi Filter sono utilizzati in Video Post per produrre effetti fotografici specializzati, come distorsione da obiettivo, posterizzazione (riduzione del numero di colori in una data immagine), riverbero e altre manipolazioni dell’immagine. In genere e soprattutto con i filtri plug-in Adobe Photoshop, questi eventi eseguono il rendering di una immagine temporanea consentendole di elaborare ogni pixel secondo i parametri impostati. Con i filtri plug-in Photoshop si hanno poche possibilità di previsionare l’effetto, sia con un’immagine fornita da Video Post sia con un file definito dall’utente. In ogni caso, la capacità di previsionare l’esatto risultato del filtro sugli eventi nella coda non è disponibile durante il setup. Non si deve dimenticare di coordinare l’immagine stand-in o l’immagine definita dall’utente con Output Size della coda Video Post. Quel valore è visibile nelle ultime due caselle Status alla base della finestra Video Post.
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CAP.28
Utilizzo di eventi Layer Gli eventi Layer consentono di comporre due eventi rispetto ad un altro. Per esempio, l’evento Alpha Compositor riconosce i valori di trasparenza del secondo derivato in modo che i valori provenienti dal primo derivato scorrano. Poiché solo due immagini alla volta possono essere oggetto di Layer, è facile costruire una gerarchia di eventi Layer molto nidificata. Questo però potrebbe essere difficile da gestire soprattutto quando gli eventi si verificano “dopo” nel tempo Video Post ma risiedono “prima” di altri eventi nella coda da un punto di vista gerarchico. Sulle prime sembrerebbe illogico, per esempio, che eventi come il Simple Wipe Layer per l’animazione dell’esercitazione 19 sia un livello radice principale di due altri eventi Layer che lo precedono nel tempo Video Post. Questa situazione rimanda all’esempio del proiettore di lucidi utilizzato all’inizio del capitolo. Nella situazione precedente l’evento Simple Wipe Layer agisce su due eventi Layer derivati. Si poteva essere indotti invece a posizionare un evento Simple Wipe Filter sul secondo derivato, l’evento Alpha Compositor Layer che contiene il titolo e le illustrazioni di coda. Ma la lampada del proiettore non sarebbe stata in grado di trapassare con la luce la porzione non trasparente dell’evento Simple Wipe Filter perché questo filtro non può riconoscere né canali alfa né trasparenze nel suo derivato. Il filtro non crea una finestra trasparente perché “dipinge” il passaggio dalla sua immagine derivata. Il filtro dipinge una combinazione di pixel neri dall’estremità vuota della traccia dell’immagine del titolo e i pixel da una immagine composita non trasparente via via che passa sulla scena. Durante il rendering, l’illustrazione di coda passa in vista ma la Tower Scene sarà oscurata. L’evento Simple Wipe Layer tuttavia ha la proprietà di tradurre la traccia vuota come trasparente e “dipingere” i pixel del titolo finale mentre questi passano sulla scena. La lampada illumina attraverso la Tower Scene sino a che il passaggio non trasparente è completato.
Gestione di canali alfa I file immagine bitmap a colori, come TARGA (TGA) presentano una varietà profondità colore – per esempio 8, 16, 24 e 32 bit per pixel. In un file true color a 32 bit ogni pixel nell’immagine ha quattro canali che lo descrivono: RGBA, Red-Green-Blue-Alpha (rosso, verde, blu e alfa). Tre dei canali, Red, Green e Blue, comprendono la sorgente per la creazione dell’intero spettro delle tonalità colore. I canali Red, Green e Blue utilizzano 8 bit di memoria ognuno per descrivere il colore di ogni pixel dell’immagine (3x8=24 bit per pixel). Un pixel puro, per esempio, ha valori RGB di 0,255,0. Ogni canale a 8 bit è rappresentato dai numeri 0255 perché 256 possibili combinazioni di zeri e di uno esistono in una stringa di 8 caratteri, o bit (2x2x2x2x2x2x2x2). Alpha, nella sua forma più semplice, può essere considerato come un altro canale e rappresenta il livello di trasparenza utilizzando altri 8 bit di memoria per ogni pixel nell’immagine. Se si suppone di eseguire il rendering di un cerchio bianco piatto su un background nero utilizzando un materiale per il cerchio che è al 50% trasparente, quando il renderizzatore incontrerà un pixel che cade dentro il cerchio, scriverà i valori 255,255,255,128 in un file immagine a 32 bit per quel pixel, o 8 bit per ogni canale. Questi valori dicono al programma di visualizzare i pixel come una miscela di rosso a totale intensità, di verde a totale intensità e di blu a totale intensità (bianco), e di consentire a ogni immagine sotto quel pixel di essere visibile al 50%, cioè il background nero mostrato
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attraverso il cerchio bianco che produce il grigio. Il vantaggio di tutto ciò è che è adesso possibile comporre il cerchio trasparente al 50% su qualsiasi immagine in Video Post, per esempio come un cielo pieno di nuvole, e le nuvole si vedranno attraverso il cerchio. 3D Studio MAX crea immagini in formato file TGA, RLA e PNF. Ogni volta in cui si produce un’immagine bitmap con 3D Studio MAX per la prima volta, compare la finestra di dialogo Setup automaticamente. In questa finestra di dialogo si ha la possibilità di decidere se un canale alfa è incluso nel file oppure no. 3D Studio MAX ricorda le ultima impostazioni digitate per un particolare formato file. Quando ci si trova nella finestra di dialogo Browsing Image for Input, è possibile selezionare un qualsiasi file e scegliere il pulsante Info per vedere i dettagli del file. Qui è possibile capire velocemente se il file contiene un canale alfa. Scegliendo View si porta il file in un buffer di fotogramma e si esamina anche il canale alfa. In Video Post è possibile avvalersi del canale alfa all’interno dei file bitmap specificando i parametri dall’interno degli eventi Filter e Layer. Per esempio, l’evento Alpha Composite Layer consente di comporre due eventi correntemente selezionati riconoscendo il canale alfa della seconda delle due immagini. Se si riprende l’esempio dei lucidi, alfa è l’opacità delle immagini sul lucido. Alcune immagini sono opache; altre sono traslucide o trasparenti. Non tutte le immagini hanno informazioni alfa: solo i file true-color a 32 bit hanno questa capacità. Per questa ragione si hanno una serie di metodi per creare e utilizzare le informazioni alfa per gli effetti Video Post. Per esempio, l’evento Pseudo Alpha Filter prende il pixel superiore sinistro di un file non alfa RGB e converte tutti i pixel identici nell’immagine in alfa completamente trasparenti. Oltre alla capacità di alcuni eventi Filter e Layer di riconoscere e utilizzare il canale alfa nei file su cui agiscono direttamente, alcuni hanno anche una funzione Mask che consente di utilizzare un canale alfa di un file differente per adattare una zona personalizzata di trasparenza (figura 28.10). Qui è possibile specificare come l’effetto Mask deve essere applicato con gli altri presenti nella coda. È possibile invertire il Mask e utilizzare gli altri canali nel buffer Graphics (G-buffer) per controllare l’effetto Mask. Quando si fa clic sulla casella di destra rispetto alla sezione Mask della finestra di dialogo , compare un elenco di canali bitmap dei quali uno oppure tutti possono essere contenuti all’interno di un’immagine sorgente. Questi sono i canali che 3D Studio MAX supporta correntemente allo scopo di creare la maschera. 3D Studio MAX può produrre file con canali RGBA a 16 bit e con canali 3D particolari come Z-buffer e canali di identificazione oggetti o materiali. La funzione Mask utilizza alcuni di questi canali particolari per creare i suoi effetti. La maschera più comune è una maschera canale alfa. Crea una maschera dal canale alfa dell’immagine bitmap sorgente. Se come sorgente per la maschera si sceglie il canale Red, Green o Blue, il valore binario (0-255) di ogni pixel in quel canale viene utilizzato per la maschera, con 0 completamente trasparente e 255 completamente opaco. È possibile utilizzare le informazioni di profondità Z-buffer o gli identificatori di canali dei materiali e degli oggetti nei file RLA sorgente anche per creare maschere. Per esempio, si potrebbero produrre maschere create con 3D Studio MAX sul tipo di file RLA e implementarle successivamente in composite Video Post. È possibile utilizzare le capacità specifiche di 3D Studio MAX per produrre maschere tridimensionali. Si supponga per esempio di avere un paesaggio simile al file campione wheatfld.tga . Si vuole fare un esperimento in cui un oggetto tridimensionale compare nel cielo. Utilizzando la tecnica seguente è possibile miscelare e unire oggetti e composizioni senza dovere mappare i materiali.
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CAP.28 ■ Figura 28.10 Le impostazioni Mask nelle finestre di dialogo eventi Video Post
Innanzitutto aggiungere due eventi Image Input alla coda Video Post. Come prima voce aggiungere l’immagine paesaggio, come seconda voce aggiungere una mappa di composizione campione, per esempio asphalt2.jpg . La mappa di composizione non ha canali alfa ma applicando un filtro Image Alpha alla mappa di composizione e identificando una maschera filtro composta dalle informazioni Z-buffer di un file bitmap speciale (RLA) è possibile comporre la composizione con il paesaggio utilizzando un evento Alpha Compositor Layer. In realtà si sta proiettando una composizione tridimensionale sul paesaggio background. Utilizzando sempre l’esempio del proiettore di lucidi, questa coda crea un lucido speciale (la composizione con un filtro Mask). Quando la luce della lampada del proiettore lo attraversa, la luce è bloccata da un’immagine tridimensionale (il testo dell’oggetto). Il filtro Alpha Image crea un canale alfa per la composizione composto di un maschera speciale, un oggetto testo di cui è stato eseguito il rendering da un file MAX a un file RLA. Utilizzando il canale Z-buffer del file RLA come una maschera, il filtro Alpha Image dipinge una composizione tridimensionale sul lucido. La sola luce della lampada proietta quella parte della composizione mascherata secondo la profondità delle informazioni oggetto nel file RLA sorgente. Un evento Alpha Compositor Layer applicato alle due immagini Input utilizza la proiezione dalla composizione filtrata (riconoscendo la sua alfa Image) per comporre la maschera sul paesaggio bitmap. Le figure 28.11 e 28.12 mostrano l’immagine utilizzata per la maschera Z-buffer e l’immagine finale composta.
Eventi Loop ed External Gli eventi Loop forniscono fotogrammi ripetuti e invertono la direzione (ping pong) per tracce singole e intere sequenze. Anche se un looping limitato è disponibile con gli eventi Image Input, è possibile utilizzare l’evento Loop per ripetere in ciclo le composite e quindi creare immagini e movimenti non usuali.
EFFETTI COMPOSITI
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■ Figura 28.11 L’immagineRLAcon informazioniZ-depth
■ Figura 28.12 La scena di 3D Studio MAX, Video Post Queue e immaginicomposte utilizzando un canale Zbuffer come una maschera.
Se per esempio si aggiunge un evento Scene alla coda che ha 100 fotogrammi e si vuole che questo evento si ripeta 3 volte, cambiando il valore End Time di Video Post in 299 l’animazione semplicemente si fermerà al fotogramma 99 e Video Post eseguirà il rendering del fotogramma 99 per il resto della lunghezza della barra dell’intervallo. Tenere presente che quando si cambia il valore di Scene Range in un valore differente da Start ed End Time di Video Post, Video Post aggiunge o salta i fotogrammi creando così
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CAP.28 effetti di rallentamento e accelerazione del movimento. Quindi il solo modo di ripetere un evento Scene, diverso dall’aggiungere la scena più volte nella coda e confinare le tracce Event, è utilizzare l’evento Loop. Utilizzare l’evento Loop per controllare l’inizio e la fine dei fotogrammi ripetuti trascinando la barra intervallo relativa al suo evento derivato. Questa funzione realizzerà effetti di loop e ping pong. Come già visto in precedenza, gli eventi Input Image tendono a ripetersi ciclicamente se la casella di controllo [Loop] della finestra di dialogo OPTIONS viene selezionata. Diversamente, si comporterà come un evento Scene ripetendo l’ultimo fotogramma per la durata della barra intervallo Video Post. Con un evento esterno è possibile inserire altre applicazioni oppure i file batch nella coda di Video Post. In genere questo è il modo in cui si elaborano i file batch degli eventi Output utilizzando una applicazione di conversione che accetta righe dei comandi come Image Alchemy o PKZIP. È inoltre possibile includere processi che scrivono file utilizzati in eventi successivi. Verificare che si creano file PIF per applicazioni DOS come PKZIP e che si utilizzano questi file come file evento External.
Controllo Output Composite Gli eventi di Output sono in genere eventi stand-alone nella coda e sono posizionati alla fine. Gli eventi di output multipli possono essere utilizzati per produrre simultaneamente file sequenziali e animazione digitale, come per esempio file AVI. Diversamente da tipi di eventi come Input ed Effects che agiscono su altri eventi, l’evento Output diventa un derivato dell’evento su cui agisce. In questo modo scrive un file composto delle informazioni che sono state elaborate sino al punto della coda in cui risiede il principale che può, per esempio, rappresentare una composita alfa incompleta. Aggiungere eventi Output nella coda è come inserire la lampada nel proiettore di lucidi in un punto situato nel mezzo della serie di lucidi. I lucidi (eventi) che capitano dietro non “vedranno mai la luce”.
Riepilogo ■
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Principi creativi: per una migliore composizione e animazione della scena le tecniche estetiche di base, alcune specifiche della grafica 3D come mezzo artistico, dovrebbero essere approfondite in modo particolare. Identificare un centro di interesse. Utilizzare asimmetrie per suggerire il movimento. Controllare gli equilibri. Posizionare gli oggetti in modo strategico. Prevedere in anticipo il mezzo di riproduzione. Utilizzo utilitaristico e collaborativo di Video Post: Capire e utilizzare Video Post per ragioni pratiche di lavoro di gruppo. Preparare immagini e animazione per composizione o editing professionale. Utilizzarle per visualizzare ed eseguire prototipi nel quadro di un lavoro di animazione grande e onnicomprensivo. Video Post: la lanterna magica: la coda Video Post è analoga a un proiettore di lucidi molto speciale. La luce della lampada naviga attraverso la trasparen-
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za, l’opacità e altri effetti mentre si sposta nel tempo. Gli effetti sono terminati dall’oggetto presente fra la fonte di luce e la superficie su cui cade la luce così come dalla velocità e dalla direzione in cui viaggia la luce. Utilizzare il rendering di un unico fotogramma per visualizzare la tendina della finestra di dialogo Current Task. In questo modo si otterrà una chiara comprensione del processo di rendering. Creazione di sequenze con attenzione e senza rischi: salvare il file Video Post (VPX) e il file MAX (MAX) frequentemente e in modo sistematico in quanto in Video Post non c’è UNDO né REDO. Selezionare gli eventi e evidenziare le barre intervallo facendo clic sull’etichetta eventi Queue e non sulla barra intervallo per evitare di spostare i punti di inizio e fine. Video Post Time e Scene Time: disattivare le caselle [Lock to Video Post Range] e [Lock Range Bar to Scene Range] nell’evento Scene per aggiungere intervalli multipli dalla scena e manipolare la direzione e la velocità dell’animazione. È qui che è possibile invertire la direzione dell’animazione senza in realtà incidere sui keyframe. Sfocare le linee: utilizzare gli effetti Object e Scene Motion Blur, per creare animazioni realistiche di movimenti veloci e per addolcire il movimento a scatti nello spostare oggetti e personaggi. Comprendere le differenze fra Object e Scene Motion Blur e anche l’effetto di smussatura del rendering su campi. Sviluppare strategie per il movimento basate sui mezzi di riproduzione. Per esempio, evitare il dithering quando il mezzo di riproduzione è un video digitale. Eventi ed effetti: i parametri di inizio e fine si perdono facilmente quando si cambiano le impostazioni durante la modifica dell’evento. Tenere un record di tutti i parametri nella sequenza. Realizzare delle copie di eventi o creare dei sostituti e utilizzare lo strumento Swap per sostituire gli eventi piuttosto che modificarli. Navigazione sui canali: attraverso l’utilizzo creativo dei canali, soprattutto dei canali alfa e delle maschere, si possono realizzare molte cose. Utilizzare le informazione 3D contenute nei file output MAX (RLA) insieme alle maschere per produrre effetti unici.
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CAP.29
CAPITOLO 29
Rendering in rete
Per eseguire il rendering di animazioni, 3D Studio MAX è in grado di utilizzare la potenza di una rete di computer attraverso la tecnica del rendering in rete. Con una copia di 3DS MAX, è possibile eseguire il rendering su un numero di computer pari a 10000 senza il bisogno di altri software o spese extra. Ma soprattutto, al fine di garantire una soluzione fault tolerant, 3DS MAX si integra con i sistemi di rete e di sicurezza di NT. In caso si verifichi un’interruzione di alimentazione nel corso di un lavoro, 3DS MAX può riprendere il rendering dal punto in cui è stato interrotto appena torna l’alimentazione. Molte società dedicano un gruppo di computer al solo lavoro di rendering, conosciuto come rendering factory. Queste factory comprendono dai due ai duecento computer, a seconda della mole delle operazioni di rendering eseguite dalla società. È possibile utilizzare il rendering in rete anche per eseguire il rendering su un computer con una procedura batch. Alla fine di una giornata di lavoro, si può accodare una serie di lavori che 3DS MAX eseguirà uno alla volta. Per un funzionamento corretto, il rendering in rete richiede Windows NT con driver di rete e installazione minima di 3DS MAX; non è però necessario essere connessi sul computer perché il rendering in rete venga eseguito. In questo capitolo si illustrerà il modo in cui configurare un rendering in rete per varie topologie di rete e si esploreranno le varie componenti all’interno delle capacità di rendering in rete offerte da 3DS MAX. RENDERING IN RETE
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In questo capitolo verranno trattati i seguenti argomenti: ■ Protocollo TCP/IP ■ Configurazione del TPC/IP nel computer ■ Componenti di 3DS MAX per il rendering in rete: Manager, Server e Queue Manager. ■ Esecuzione di un rendering. ■ Finestra di dialogo JOB ASSIGNMENT. ■ Rendering in rete in formati FLC e AVI. 3DS MAX utilizza un sistema di rendering in rete basandosi sui singoli lavori. Se allo stesso computer vengono assegnati due rendering, grazie a questo sistema il computer inizierà il nuovo lavoro solo dopo aver concluso quello precedente. In un sistema di rendering basato su server invece, non è necessario che l’intero lavoro, su cui è possibile eseguire il rendering utilizzando più computer, venga completato. Ciò è molto utile se un utente invia un lavoro di un fotogramma unico il cui rendering richiede molte ore. In questo caso se gli altri server non sono occupati, potranno iniziare altri lavori arrivati, proprio come il computer appena avrà finito l’operazione di rendering in corso. In un sistema basato sui singoli lavori, invece, questo non sarebbe possibile perché è necessario terminare il lavoro in corso prima che il sistema di rendering in rete ne inizi un altro. Nel paragrafo seguente verranno presentate altre nozioni fondamentali prima di iniziare a lavorare con le caratteristiche di rete 3DS MAX.
Attività di rete Prima di iniziare a eseguire rendering utilizzando le capacità di rete offerte da 3DS MAX, bisogna disporre di alcuni componenti di base che girano in ambiente Windows NT. È necessario ottenere privilegi dall’amministratore di rete per i computer che si intende utilizzare per il rendering in rete in quanto, senza questi, probabilmente non sarebbe possibile installare i driver di rete per NT, né tanto meno farli funzionare. Nei paragrafi seguenti verranno descritti i componenti da installare e configurare per organizzare con successo un rendering in rete funzionante.
Protocollo TCP/IP TCP/IP significa Transmission Control Protocol/Internet Protocol. Un protocollo di rete è un “linguaggio” che permette a due o più computer di parlare tra di loro. Il TCP/IP è solo uno dei tanti protocolli usati nelle reti, per esempio i computer su rete Novell utilizzano un altro tipo di protocollo chiamato IPX. I protocolli sono linguaggi adottati dai computer per comunicare tra di loro ed è possibile utilizzare diversi protocolli contemporaneamente. Per esempio un computer basato su NT ha accesso a server Novell NetWare, Microsoft Windows e UNIX allo stesso tempo, usando protocolli del tutto diversi. In questo modo, dal proprio PC si ha accesso a tutti i tipi di computer, non solo quelli compatibili IBM. Non è possibile usare più istanze di un protocollo allo stesso tempo, principalmente perché non ve ne è alcun bisogno. Dopo aver inizializzato il protocollo, il computer può comunicare con qualsiasi altro computer anche se i due non hanno in comune lo stesso protocollo. Essendo universalmente accettato come standard di rete, in particolare su Internet, TCP/ IP è stato scelto come protocollo per il sistema di rendering in rete 3DS MAX.
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CAP.29 TCP/IP usa un indirizzo IP per comunicare con qualsiasi computer. Un indirizzo IP è una serie di numeri che rappresentano un computer su una rete TCP/IP. Un esempio di indirizzo TCP/IP potrebbe essere: 192.144.92.143 Tutti gli indirizzi TCP/IP sono composti da una combinazione di quattro numeri, il cui scopo è indicare un computer sulla rete, e ogni computer, per comunicare correttamente, deve avere un solo numero. Ognuno dei quattro numeri, quando viene combinato, rappresenta un indirizzo specifico, come se fossero il numero civico, la città , lo stato e il codice di avviamento postale del computer. Windows NT è in grado di individuare altri computer presenti in rete con lo stesso indirizzo avvertendo l’utente che il protocollo non è stato caricato. Per evitare tutto questo, ognuno dispone di un solo indirizzo. Molte reti utilizzano uno dei due sistemi di indirizzi TCP/IP: il DHCP (Dynamic Host Configuration Protocol) o un indirizzo fisso. Il DHCP assegna al computer un nuovo indirizzo TCP/IP ogni volta che si connette in rete. In questo modo, una società può disporre di una serie comune di indirizzi IP che può scambiare dentro e fuori i sistemi di computer in rete. Il DHCP è utile nel caso di società con più sottoreti che hanno sempre lo stesso indirizzo. L’utente può immettersi in qualsiasi sottorete disponendo sempre di un indirizzo TCP/IP valido. Quando si usa Il DHCP non è necessario configurare l’indirizzo manualmente; tuttavia, il DHCP non è consigliato per il rendering in rete 3DS MAX perché 3DS MAX ha continuamente bisogno di conoscere e usare l’indirizzo del computer che sta eseguendo il rendering e tale indirizzo non può essere automaticamente cambiato. In realtà, se si desidera un costante rendimento da parte del proprio rendering in rete, sarebbe meglio evitare del tutto l’utilizzo del DHCP. Gli indirizzi fissi sono il metodo preferito per il rendering in rete in 3DS MAX. A ogni computer viene assegnato un indirizzo fisso che rimane lo stesso indipendentemente da chi o quando vi è collegato.
Configurazione del TCP/IP sul computer Tutte le configurazioni di rete per Windows 3.51 e 4.0 si trovano nella finestra di dialogo NETWORK SETTINGS che permette di installare e configurare le schede e i protocolli di rete. Per avere accesso alle configurazioni di rete, fare doppio clic sull’icona Control Panel nel gruppo di programmi Main e poi fare doppio clic sull’icona Network per Windows NT 3.51; nel caso si abbia Windows NT 4.0, fare clic sul pulsante Start nella barra delle applicazioni e scegliere SETTINGS/Control Panel. Quando compare la finestra di dialogo CONTROL PANEL, fare doppio clic sull’icona Network. Comparirà la finestra di dialogo NETWORK SETTINGS (figura 29.1). Nel caso il computer non sia ancora configurato con il protocollo TCP/IP, è necessario aggiungerlo. Windows NT è in rete con la versione Microsoft di TCP/IP. Il protocollo TCP/IP Microsoft è perfettamente compatibile con il sistema di rendering in rete 3DS MAX ed è il protocollo TCP/IP scelto. Windows NT richiede un’installazione completa del protocollo TCP/IP. È possibile installare il protocollo senza un indirizzo, ma questo causa problemi a 3DS MAX. Se non si ottiene un indirizzo TCP/IP dall’amministratore di rete è meglio aspettare prima di installare i servizi di rendering in rete. Inoltre, è bene accertarsi di possedere il CD o i dischetti di installazione di Windows NT perché sono necessari per installare il TCP/IP.
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■ Figura 29.1 Finestra di dialogo NETWORK SETTINGS in Windows NT (fare clic sul pulsante Start, Settings e Control Panel). Fare clic sull’icona Network per fare apparire la finestra di dialogo.
Prima fare clic sul tasto Protocols. Verificare se il protocollo TCP/IP compare nell’elenco. La figura 29.2 mostra un computer su cui è installato il TCP/IP. In questo caso non ne è necessaria l’installazione. Se il TCP/IP non è incluso nell’elenco, per aggiungerlo fare clic sul pulsante Add e scegliere il protocollo TCP/IP in elenco. NT richiede diverse informazioni di configurazione e poi installa il protocollo. Il TCP/IP è configurato correttamente se Windows NT non indica alcun errore nell’avviamento.
Assegnazione di indirizzi IP in una rete isolata Una rete isolata è costituita da un gruppo di computer non connessi alla rete principale di una società – la rete dove si svolge il resto degli affari. Questa è la situazione ideale per il rendering in rete 3DS MAX perché è meno probabile che vi sia un eccessivo traffico in rete e quindi potenziali conflitti di indirizzi IP. Nel caso si utilizzi un computer in una rete isolata l’indirizzo TCP/IP deve essere uno solo. I numeri di per sé non sono importanti; è tuttavia consigliabile utilizzare un modello di indirizzi che permetta una veloce identificazione del computer attraverso l’indirizzo stesso. Per esempio, in una rete di 10 computer nella quale si stiano usando tutti e 10 i computer per il rendering in rete, il computer numero 8 dovrebbe avere l’indirizzo 192.144.100.8, in cui l’8 è il principale differenziale di designazione. Tutti i computer avranno in comune i primi tre numeri e solo l’ultimo cambierà. 3DS MAX consiglia l’uso di un indirizzo IP che inizi con 192 e che segua una qualche convenzione comune. La figura 29.3 mostra una comune configurazione TCP/IP.
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CAP.29 ■ Figura 29.2
Protocolli installati
Finestra di dialogo dei protocolli di Windows NT installati. Il protocollo TCP/IP è installato sul computer.
Clic qui per aggiungere il TCP/IP
■ Figura 29.3 Finestra di dialogo di configurazione TCP/IP, se possibile indicare l’indirizzo TCP/IP del computer
Indirizzo TCP/IP Maschera di sottorete (subnet mask)
È sconsigliato utilizzare i numeri 0 e 255 negli indirizzi IP in quanto lo 0 è riservato ai computer che non sanno il proprio indirizzo e il 255 è utilizzato per inviare messaggi.
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L’assegnazione di indirizzi in una rete isolata è applicabile anche a una configurazione a computer unico. Per far funzionare il rendering in rete MAX su una singola macchina è sufficiente installare l’adattatore Microsoft Loopback come adattatore per la propria rete nella finestra di dialogo di setup NETWORK di NT. In seguito, configurare la maschera di sottorete, il cui valore dovrebbe essere lasciato a 255.255.255.0, secondo ragioni puramente convenzionali. Se per sbaglio si usa il prefisso 192 nell’indirizzo IP, NT assegna automaticamente alla maschera di sottorete il 255.255.255.0. Se per qualche ragione dovesse essere cambiato, sarà necessario modificare anche quello di tutti gli altri computer utilizzati per il rendering in rete. Perché due computer possano comunicare nel rendering in rete, devono possedere lo stesso valore di maschera di sottorete. Se non si hanno altre procedure di configurazioni di rete da eseguire, l’installazione del protocollo TCP/IP è terminata. Per completare il procedimento, riavviare il computer.
Assegnazione di indirizzi IP nella rete principale Se si ha intenzione di utilizzare la rete principale della società, basta seguire la stessa procedura di configurazione della rete isolata. Tuttavia, nell’installare il protocollo TCP/ IP bisogna prendere in considerazione un paio di altri problemi. Se la società usa generalmente il TCP/IP (come molte), è necessario ottenere un solo indirizzo IP dall’amministratore di rete. Egli può fornire indirizzi validi a tutti i computer che si ha intenzione di usare per il rendering. Mentre si imposta una factory di rendering in rete nella rete principale di una società, è vivamente consigliata la consultazione dell’amministratore di rete prima di ogni modifica nella configurazione di rete. A volte vi sono particolari problemi di configurazione caratteristici della rete su cui si lavora e di cui solo l’amministratore di rete è a conoscenza. Una modifica nella configurazione di rete potrebbe avere conseguenze non solo sull’accesso del proprio computer in rete, ma anche sugli altri utenti connessi. Molto probabilmente, si disporrà di un valore di maschera di sottorete diversa da 255.255.255.0 scelto da 3DS MAX. In questo caso bisogna accertarsi che anche tutti gli altri computer usati per il rendering in rete abbiano lo stesso numero. Il rendering in rete in 3D Studio MAX non è stato pensato per funzionare su una rete che utilizzi il DHCP. Se la rete su cui si lavora assegna dinamicamente indirizzi IP ai computer, è consigliabile richiedere al proprio amministratore una serie di indirizzi da usare. Come si sarà già notato, impostare una clinica di rendering su una rete comune a l’intera società è un po’ più impegnativo rispetto a una rete isolata. Oltre a ulteriori mal di testa da configurazione, è probabile che si verifichi un notevole aumento del traffico in rete, causando un generale rallentamento della capacità di trasporto. Per evitare simili problemi è bene consultare il proprio amministratore di rete nel corso della procedura di configurazione.
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Rendering in rete di 3DS MAX Per utilizzare il rendering in rete è necessario disporre di tre componenti principali installati da 3DS MAX. Il primo è ovvio: una recente installazione di 3DS MAX. Le altre due componenti sono la combinazione Manager e Server, insieme con Queue Manager. Tutte queste componenti sono comprese in 3DS MAX. Tutti i computer coinvolti nel rendering in rete devono avere installata una versione autorizzata di 3D Studio MAX.
Manager e Server Nella cartella di 3D Studio Max vi sono due programmi non installati come icone nel gruppo di programmi Kinetix: Manager e Server. Entrambi i programmi sono stati pensati per funzionare o in una finestra MS-DOS o come un servizio NT. Il programma Manager fa si che il computer diventi il delegatore e regolatore primario dei lavori di rendering in rete. Un computer su cui è installato Manager ha il totale controllo sui lavori di rendering in rete. Il compito principale del manager è soprintendere la delegazione di fotogrammi a ogni computer che partecipa al rendering in rete. Il Manager mantiene anche una lista dei lavori presentati e in attesa di essere eseguiti, e agisce su questi appena completati i lavori in corso. Manager funziona solo su computer NT e deve avere un indirizzo TCP/IP fisso. Il programma Server permette al computer di lavorare come uno schiavo del rendering. Il server riceve lavori di rendering di fotogramma dal Manager. Una volta ricevuto, Server lancia 3D Studio MAX in una speciale modalità server. Durante il funzionamento in questo modo l’utente non può lanciare un’altra sessione di 3DS MAX. Tuttavia è possibile stabilire che 3DS MAX sta eseguendo un rendering in rete grazie ai servizi del Pannello di controllo. Server può funzionare anche su cui è in esecuzione Manager. In questo modo si possono eseguire rendering in rete su un computer oppure usare le risorse del computer Manager per adeguare la potenza del proprio rendering in rete a un computer in più.
Queue Manager La porzione maggiormente interattiva del rendering in rete risiede nel programma Queue Manager. Questa icona viene installata nel gruppo di programmi Kinetix insieme al resto di 3DS MAX. All’interno di Queue Manager si ha il controllo totale della procedura di rendering in rete – dalla visualizzazione di ogni lavoro inviato dal Manager al riordino dei lavori. Non è necessario che Queue Manager funzioni su ogni computer impegnato nel rendering in rete, è sufficiente che sia presente in qualche modo in rete, persino nel sito più remoto. Anche dopo aver lasciato l’ufficio alla fine della giornata, se si dispone di un accesso a distanza è possibile controllare e gestire il proprio rendering in rete.
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Configurazione di 3DS MAX per il rendering in rete Quando il computer è correttamente configurato per una rete, si può procedere all’installazione del sistema di rendering in rete 3DS MAX. I paragrafi seguenti mostrano quali file devono essere presenti nelle cartelle di 3DS MAX Verrà anche trattato come installare il rendering in rete durante l’installazione di 3DS MAX o, in caso l’installazione sia già avvenuta, come configurare il rendering in rete.
La cartella 3DS MAX Per eseguire il rendering in rete, la cartella 3DS MAX deve contenere tre cartelle: la cartella principale 3DS MAX, la cartella Stdplugs e la cartella Network. Tra gli elementi principali non sono invece necessarie le mappe, comprese in 3DS MAX, e i file di esercitazione.
La cartella principale In ragione dell’architettura dei componenti di 3DS MAX, il programma risiede in più parti all’interno della cartella di installazione. La maggior parte dei componenti importanti del programma si trovano nella cartella principale 3DS MAX, compreso il file 3dsmax.exe e la sua principale controparte core.dll. Molti altri componenti sono situati nella cartella Stdplugs.
La cartella Stdplugs (Plug-In standard) Dal momento che 3DS MAX utilizza plug-in standard per eseguire specifici compiti propri del software, se si desidera costruire una stazione di rendering in rete è necessario possedere questi file che comprendono ad esempio il rappresentatore e le primitive geometriche.
La cartella Network La cartella Network contiene tutti i file di controllo del rendering in rete localizzati centralmente. La cartella network sul computer manager mantiene l’elenco dei lavori in via di svolgimento e un elenco dei server correntemente registrati. Contiene inoltre il file manager.ini, un file di inizializzazione utilizzato dal programma manager per adeguarsi ai giusti parametri di rete, così come i valore preimpostati e le configurazioni personalizzate di tempo massimo. Il file manager.log contiene la storia dell’interazione del manager con il sistema di rendering in rete. Può essere usato per seguire le performance del manager e i lavori a lui assegnati. Essendo un semplice file di testo ASCII, può essere visualizzato o stampato partendo dall’utilità Notepad in Windows NT. La cartella network di un server contiene soprattutto il lavoro in corso ad esso assegnato. Può essere sia il file MAX,
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CAP.29 sia qualsiasi altra mappa associata. È possibile trovare anche file chiamati server.ini e server.log. Server.ini contiene tutte le informazioni specifiche sul server e sul manager. Nella sezione di installazione, vi è una esauriente descrizione delle opzioni di server.ini. Server.log è molto simile a manager.log, contiene infatti tutti i lavori inviati al server e le operazioni di avviamento e spegnimento del programma Server.
Plug-In di altri produttori e rendering in rete Dal momento che 3DS MAX è rivolto ai componenti, può capitare a volte di dover installare plug-in di altri produttori sul proprio computer di produzione e non nella factory di rendering. 3DS MAX non sa quali plug-in si intende usare per il rendering in rete; tuttavia è necessario installare una copia di ogni plug-in di altri produttori su ogni sistema di rendering in rete. Molti plug-in commerciali per 3DS MAX usano uno schema di protezione di autorizzazione. Con questa configurazione bisogna rivolgersi allo sviluppatore per autorizzare il plug-in su ogni elaboratore sul quale si intende usarlo e pagare una somma. Molti sviluppatori di plug-in, però, permettono l’installazione di una copia del plug-in su ogni computer. Anche se il plug-in non è autorizzato, vi si può avere accesso per il rendering - situazione diffusa nelle factory di rendering.
Installazione del rendering in rete con 3DS MAX Per installare le caratteristiche distintive del rendering in rete 3DS MAX, scegliere il comando di configurazione Custom. Se si è server di rendering si può decidere di non installare alcun modello o file di esercitazione. Se si intende usare 3DS MAX esclusivamente per il rendering in rete, è possibile non installare i driver di blocco Sentinel Pro. In genere, lo spazio richiesto sul computer per il rendering in rete è di 15 MB. La figura 29.4 mostra le operazioni necessarie per la corretta configurazione di un computer.
■ Figura 29.4 Finestre di dialogo di installazione per 3DS MAX. Scegliere Custom Setup, attivare Manager, Server, o entrambi, e indicare un nome o indirizzo per il Manager
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In seguito, in caso si decida di installare Server, verrà richiesto il nome del computer del manager. A questo punto, digitare il nome o l’indirizzo IP. Nei nomi di computer per il rendering in rete 3DS MAX non è possibile utilizzare lineette o spazi.
Durante l’installazione è consigliabile tenere a portata di mano il dischetto di serializzazione 3DS MAX in quanto è necessario al completamento della procedura di installazione. In caso di mancata serializzazione di 3DS MAX, il programma non funzionerà. Dopo aver digitato il nome del manager, apparirà una piccola conferma dell’informazione immessa e la procedura di installazione inizierà. 3DS MAX installerà Manager e Server come servizi NT. Al termine dell’installazione riavviare il computer per inizializzare i programmi di rendering Manager e Server. A questo punto, il computer è pronto per eseguire il rendering in rete. Si può ora passare a personalizzare la sezione INI.
Installazione di Manager e Server dopo 3DS MAX Anche se non si è indicata espressamente l’installazione dei componenti del rendering in rete per 3DS MAX, questi sono stati copiati sul disco fisso. La sola differenza è che bisogna inizializzare manualmente Manager o Server, o entrambi. La seconda opzione è rieseguire il programma di installazione e installare solo i componenti di rete. In questo modo, si completano le operazioni della sezione precedente. Le operazioni successive mostrano come inizializzare manualmente i componenti del rendering in rete. Sono presentate anche nella figura 29.5.
■ Figura 29.5 Quando si fanno funzionare Manager e Server con il comando -d per la prima volta, vengono separatamente creati manager.ini e server.ini.
Server in modalità Desktop
Manager in modalità Desktop
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Avviare una sessione MS-DOS Portarsi nella cartella max installata Per i server di rendering, digitare server -d. Per i manager di rendering, digitare manager -d. Sia Manager sia Server possono funzionare come servizi di Windows NT. Se si desidera farli funzionare come servizi, bisogna riattivare manager e server ma con il comando -i al fine di installarli nel gruppo dei servizi. Altrimenti, Manager e Server funzionano in finestre DOS, conosciute come modalità Desktop. Il funzionamento nella modalità Desktop è accettabile ed è spesso prescelto dai nuovi utenti. Indipendentemente dal metodo di installazione scelto, è stata creata una cartella Network e, a seconda di quello che si è installato, due file: server.ini e manager.ini. Oltre alcuni parametri, non sarà necessario modificare questi file se non in circostanze straordinarie. I capitoli seguenti, tuttavia, descriveranno il significato dei diversi parametri e indicheranno se sarà necessario modificarli.
Parametri SERVER.INI Il file SERVER.INI (figura 29.6) è forse il file più importante nel processo di rendering in rete. Dice infatti al computer Server che esegue il rendering dove cercare il Manager e, cosa ancora più importante, esegue i lavori di rendering. Verranno ora trattati i parametri contenuti nelle sezioni del file SERVER.INI.
■ Figura 29.6 Network Configuration Timers
Sebbene si possa modificare qualsiasi valore nel file server.ini, il più importante è il Manager - indica l’indirizzo TCP/IP del Manager
Debug Archive
Configurazione di rete Il parametro Manager è quello più importante del file. Al suo interno possono essere espressi due soli valori: un indirizzo TCP/IP e un nome per il computer. Ciascun valore deve essere o il nome o l’indirizzo del manager. Senza quest’informazione corretta, il computer non è in grado di partecipare al rendering in rete. Il numero di versione specifica quale versione del programma Server si sta usando. Viene espresso in centinaia; se si ha la versione 100, in realtà si tratta della versione 1.0. Non è necessario modificare questo valore perché non ha alcuna conseguenza sul rendering in rete.
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Il numero di porta indica il “canale” sul quale è sintonizzato il server. Il numero porta deve essere lo stesso per tutti i server che hanno un manager in comune. L’unica ragione valida per cui cambiare il numero è la presenza di un altro programma che utilizza questo valore porta nella rete in cui si lavora. In questo caso, a volte è consigliabile cambiare il numero porta del programma piuttosto che quello di tutti i server. Il numero di porta del Manager è simile a quello del server, l’unica differenza è che deve coincidere con il valore porta del Manager specificato nel file manager.ini. Ancora una volta, non sarà necessario cambiarlo, a meno che esista un altro programma con lo stesso valore di porta.
Timer Acknowledgment Timeout è il tempo, espresso in secondi, che il server deve attendere dopo aver inviato un messaggio, come il valore completo di un fotogramma. Il valore preimpostato è 20 secondi. Acknowledgment Retries è il numero di volte che un server riprova dopo aver superato il time-out nell’invio di un messaggio. Dopo aver superato il time-out il numero di volte specificato in questa variabile, il server marca il computer responsabile come non presente e non cercherà più di connettersi con esso. Il valore preimpostato è di sei riprove. Queste due variabili di tempo devono essere le stesse in server.ini e manager.ini. Diversamente Manager e Server avrebbero infatti grossi problemi nel comunicare l’uno con l’altro.
Max Rendering Timeout è un valore, espresso in secondi, a disposizione del server per completare un fotogramma assegnatogli. Se il fotogramma non viene completato in tempo, il server viene marcato come fallito dal manager e il fotogramma viene assegnato a un altro server. Se si sta eseguendo il rendering di una grossa scena per cui sono necessarie più di tre ore su un singolo computer, è consigliabile aumentare leggermente questo valore. Il valore preimpostato è 14400 secondi, cioè quattro ore. Impostare Max Rendering Timeout su un valore inferiore a un’ora è pericoloso. Se non si è eseguito il rendering su un fotogramma entro il valore di tempo massimo, 3DS MAX la riassegna automaticamente a un altro computer, anche se non vi è nulla di sbagliato! Si consiglia di mantenere almeno un’ora anche se si lavora su fotogrammi che richiedono solo 10 minuti. Max Loading Timeout è il tempo massimo, espresso in secondi, necessari a 3D Studio MAX per iniziare a lavorare su un server dopo che questo ha riconosciuto di aver ricevuto lavori di rendering. Se 3DS MAX non inizia i lavori entro questo tempo, il fotogramma viene automaticamente assegnato a un altro computer. Questa pausa in genere avviene quando 3DS MAX non è stato autorizzato sul server, oppure quando i driver video non sono stati configurati. Il valore preimpostato è 300 secondi, cioè cinque minuti.
Debug Il valore Level specifica la quantità di informazioni fornite all’utente quando il Server funziona in una finestra DOS. Questo valore non ha effetto se il Server funziona come servizio NT. Inoltre, il valore Level non influisce su quale informazione viene scambiata
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CAP.29 tra Manager e Server. Con una configurazione 0, virtualmente non appare nessuna informazione nella finestra DOS, mentre configurando 255 vengono visualizzate tutte le informazioni. Si consiglia di non modificare questo valore a meno che i messaggi che appaiono sullo schermo risultino troppo fastidiosi. I messaggi spesso forniscono informazioni utili quando di cerca di localizzare dei guasti nella configurazione del rendering in rete. Il valore preimpostato è 255.
Archivio Command è il programma di archivio usato per decomprimere le mappe quando si selezionano i comandi Use Maps. Questo programma deve corrispondere al programma di archivio selezionato nel file 3dsmax.ini. Il valore preimpostato è pkunzip. Il valore Options configura qualsiasi comando utilizzabile con il programma di archivio. Si ricordi che per la maggior parte del tempo il computer lavora sul rendering senza l’intervento dell’utente, è quindi consigliabile impostare dei comandi che permettano al programma di archivio di lavorare da solo. Altrimenti il computer si potrebbe fermare in attesa della risposta affermativa a una semplice domanda. È possibile visualizzare i comandi del programma archivio all’interno del programma stesso digitando -? o /? dopo il nome del programma.
Parametri di MANAGER.INI Proprio come SERVER.INI, MANAGER.INI è essenziale perché il programma Manager funzioni bene. Sebbene contenga parametri simili o uguali a quelli di server.ini, molto probabilmente non sarà necessario cambiare nessun parametro. Il file MANAGER.INI (figura 29.7), in genere viene lasciato da solo perché la configurazione del manager rimane costante. Si consiglia di cambiare i seguenti valori solo se sulla rete su cui si lavora si hanno seri problemi nel rendering.
Configurazione di rete Il numero di versione indica quale versione del programma Manager si sta usando. Questo numero è espresso in centinaia, se si ha la versione 100, in realtà si tratta della versione 1.0. Non è necessario comporre questo valore perché non ha alcun effetto sul rendering in rete. Il numero di porta del Server indica il “canale” su cui il Manager si aspetta che comunichino tutti i server. Il numero porta deve essere lo stesso sia nel file manager.ini sia in tutti i file SERVER.INI. L’unica ragione per cui cambiare il numero è la presenza di un altro programma con lo stesso valore porta sulla rete in cui si lavora. In questo caso, è consigliabile cambiare il numero del programma piuttosto che quello di tutti i server. Il valore preimpostato è 1700. Il numero di porta del Manager è il canale sul quale è sintonizzato il Manager. Ogni file SERVER.INI deve avere questo esatto valore per l’accesso al numero Porta del Manager. Altrimenti, Manager e Server non possono comunicare tra di loro. È evidente che cambiare i numeri di porta dei file INI manager e server è un lavoro enorme, è quindi consigliabile intraprendere l’operazione solo in casi estremi. Il valore preimpostato è 1708.
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■ Figura 29.7 Si noti che molte delle sezioni nel file MANAGER.INIsonosimili al file server.ini. È consigliabile cambiare questi valori solo in casi estremi.
Network Configuration Timers Debug Operation
Max Block Size indica la dimensione dei “chunk” di dati, chiamati pacchetti, che vengono scambiati con il Manager. Diminuire questo parametro solo se si hanno problemi nel sottomettere grandi lavori attraverso la linea telefonica o si hanno altri rallentamenti nelle connessioni. Più il valore è piccolo, meno dati sono inclusi in ciascun pacchetto, ma il modem può trasmettere i pacchetti più facilmente e velocemente. Il valore preimpostato è 32 KB. In caso si verifichino altri problemi, si consiglia di provare a ridurre il numero.
Timer Acknowledgment Timeout è il tempo, espresso in secondi, che il manager aspetta dopo aver inviato un messaggio, come un valore di assegnamento di fotogramma. Il valore preimpostato è 20 secondi. Acknowledgment Retries è il numero di volte che un server riprova dopo aver superato il time-out per inviare un messaggio. Dopo aver superato il time-out il numero di volte specificato in questa variabile, il manager marca il computer responsabile come non presente e non cerca più di comunicare con esso. A questo punto, è necessario usare il cliente del Queue manager per cercare di riconnettersi. Il valore preimpostato è sei riprove. Queste due variabili di tempo devono essere le stesse sia per server.ini sia per manager.ini. Se non si è sincronizzati, è probabile che i programmi Manager e Server non riusciranno a comunicare correttamente. L’attesa di 3DS MAX nel caricare un valore è utile se si ha in progetto di aumentare o ridurre la quantità di tempo permessa da 3DS MAX per caricare su un server dopo che un lavoro gli è stato assegnato. Se si assegnano grandi progetti a computer più lenti, si potrebbe desiderare un aumento del valore. La misurazione è espressa in secondi. Questo timeout esiste perché a volte 3DS MAX non riesce a caricare su un server. Questo avviene in genere se la versione di 3DS MAX non è autorizzata o mancano le mappe. Il parametro esiste perché se un server fallisce, non gli verrà assegnato il nuovo lavoro fino a quando non verrà in qualche modo riciclato. Il valore preimpostato di 60 secondi dovrebbe essere sufficiente per molte reti.
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Debug Il valore Level indica la quantità di informazioni fornite all’utente quando il Manager funziona in una finestra DOS. Il valore non ha effetto quando si sta usando Manager come servizio NT. Inoltre il valore non influenza quale informazione viene scambiata tra Manager e Server. Se la configurazione è 0, virtualmente non apparirà alcuna informazione nella finestra DOS, mentre configurando 255 appariranno tutte le informazioni. Si consiglia di non modificare questo valore a meno che i messaggi che appaiono sullo schermo non siano troppo fastidiosi. Spesso forniscono informazioni utili quando si cerca di localizzare dei guasti nella configurazione del rendering in rete. Il valore preimpostato è 255.
Operazione Current Job Assignment indica il numero di lavori attivi che il manager può gestire contemporaneamente. In genere si preferisce tenere un valore basso per permettere al Manager di gestire più lavori – se due lavori vengono inviati in tempi diversi, ognuno utilizzando un server differente, il Manager può gestire l’assegnazione di entrambi i lavori simultaneamente. Dal momento che i file MAX e le loro mappe associate a volte possono essere molto grandi, è sconsigliato limitarne il valore a meno che il computer manager non sia un cavallo da lavoro con un robusto disco fisso di rete. La maggior parte delle reti moderne possono gestire circa da quattro a sei lavori contemporaneamente, mentre le reti più vecchie dovrebbero gestirne circa due. Questo numero è così importante perché ogni lavoro simultaneo a un altro che il Manager deve mantenere, ruba tempo ad altri lavori, come l’assegnazione e il tracking di fotogrammi per lavori assegnati allo stesso tempo. Il valore preimpostato è 4.
Rendering di un lavoro Quando ci si sente pronti a eseguire il rendering in rete, è consigliabile iniziare con due soli computer, oppure uno se si ha a disposizione una configurazione a computer unico. Se si hanno due computer in grado di comunicare tra di loro, è allora possibile avere un’intera stanza che comunica, a condizione che i computer abbiano una configurazione simile. Il paragrafo seguente descriverà il funzionamento di Server e Manager come servizi e il loro funzionamento nella modalità Desktop. Si consiglia la lettura di entrambi per decidere quale dei due si addice meglio al proprio caso. Verrà inoltre spiegata l’assegnazione di un lavoro dalla finestra di dialogo di rendering 3DS MAX. e la configurazione di mappe e dei percorsi di mappatura.
Esecuzione di Manager e Server La prima operazione per ottenere il rendering in rete 3DS MAX è inizializzare i programmi Manager e Server sui rispettivi computer. Sia Manager sia Server possono funzionare in due diversi modi, come servizio e in modalità Desktop. Entrambe presentano vantaggi e svantaggi. A seconda della configurazione della propria rete è necessario decidere quale dei due è più appropriato. RENDERING IN RETE
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Come servizio Windows NT può far funzionare programmi chiamati servizi per avviare certe importanti operazioni di sistema. Un servizio tipico è il servizio di messaggistica che permette agli amministratori di rete di inviare messaggi agli utenti in rete. Il principale beneficio dei servizi è che il loro avviamento e utilizzo è totalmente trasparente all’utente. Non è necessario comandarne esplicitamente l’avvio o il termine. Si avviano avviando il computer e terminano con lo spegnimento del computer. Quando si utilizzano Server o Manager come servizi, l’inizializzazione è trasparente. Il solo modo per determinare se sono in funzione è assegnare un lavoro di rendering in rete da 3DS MAX o andare nel Control Panel sull’icona Services (figura 29.8).
■ Figura 29.8 Manager e Server funzionanti come servizi, come appaiono nella finestra di dialogo SERVICES di Windows NT. “Automatic” indica che entrambe i servizi saranno in funzione all’avviamento di Windows NT.
Manager in esecuzione come servizio Sever in esecuzione come servizio
Se si installano le funzioni di rendering in rete dal programma di installazione, Manager e Server sono già dei servizi. Per accedere al Control Panel in Windows NT 3.51, seguire le istruzioni seguenti: 1. Fare doppio clic sull’icona Control Panel nel gruppo di programmi principale. 2. Fare doppio clic sull’icona Services. In NT 4.0, completare con le operazioni seguenti: 1. Fare clic su Start, SETTINGS, Control Panel. 2. Fare doppio clic sull’icona Services. Il Manager o Server di rendering 3DS MAX, o entrambi, potrebbero apparire come nella figura 29.9. Si noti che entrambi sono Started (Avviati) e configurati su Automatic, il valore preimpostato. Started significa che il servizio è iniziato ed è in corso di funzionamento. Sebbene alcuni servizi NT possono essere in pausa, sia Manager sia Server funzionano solo in uno stato On/Off. Automatic significa che il servizio inizia automaticamente quando il computer viene avviato. Altri comandi includono Manual o Disabled. Si consiglia l’utilizzo di Manager o Server come servizio NT per i seguenti motivi: ■ nelle rendering factory i computer lavorano da soli per il 90-100 percento del tempo; ■ le topologie di rete possono comprendere molti uffici e/o palazzi; ■ si desidera un rendering in rete senza imprevisti anche se il computer lavora solo.
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LA GRANDE GUIDA A 3D STUDIO MAX
CAP.29 ■ Figura 29.9 Nella finestra di dialogo è possibile specificare i parametri di avviamento e di connessione per ciascun servizio che funziona con Windows NT.
Opzioni di avvio del servizio
Opzioni di accesso al servizio
Clic qui per aggiungere un account per l’accesso
Il metodo servizio è una garanzia automatica sul corretto funzionamento di Server e Manager. Il contributo umano non è necessario. Dal momento che un servizio funziona automaticamente, può venire a mancare anche l’elettricità perché grazie all’intervento automatico di NT il servizio si avvia con NT e, di conseguenza, i lavori di rendering in rete riprendono da dove si sono interrotti. I servizi sono anche più sicuri. In genere solo gli amministratori hanno accesso ai servizi. Questo significa che un normale utente può lavorare al computer durante la giornata e l’amministratore può assumere la direzione dei lavori nel corso della notte per il rendering in rete, il tutto a distanza e con la totale trasparenza per l’utente dalla sua postazione di lavoro, con il solo inconveniente che il trattamento dei testi potrebbe subire un leggero rallentamento. L’utente non dovrà essere connesso al computer. La stazione di rendering può sembrare ferma, e il servizio essere ancora attivo in background. Il difetto principale dei servizi può sembrare strano ma è anche ciò che li rende così efficaci, cioè il livello di controllo e interazione dell’utente. Quando Manager e Server funzionano come servizi, non offrono alcun feedback all’utente se non l’esecuzione del rendering da parte di 3D Studio MAX. Visualizzare ciò che sta succedendo non è possibile, rendendo problematica la localizzazione di guasti nel rendering in rete. È consigliabile fare inizialmente funzionare Manager e Server in modalità Desktop. Accertarsi che tutto funzioni correttamente, controllare per ogni possibile scenario di rendering in rete di essere in grado di saperne la localizzazione e in seguito installarli come servizi. Per disinstallare/installare Manager o Server come servizi, eseguirli dalla cartella 3DS MAX con il comando -r.
Service Options Manager e Server hanno servizi standard che, configurati, si adeguano a ogni esigenza. Per cambiare uno qualsiasi dei parametri seguenti, fare clic sul pulsante Startup nella finestra di dialogo SERVICES. Apparirà la finestra di dialogo SERVICES Options (figura 29.9). La prima sezione permette di specificare il modo in cui il servizio si avvia. In genere, si preferisce la configurazione Automatic, ottenendo l’avviamento di Service insieme a NT.
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Se si desidera avere un maggiore controllo quando il servizio si avvia, scegliere Manual. A questo punto, si dovrà avviare il servizio dalla finestra di dialogo Service ogni volta che si vorrà utilizzarlo. L’ultimo comando, Disabled, disattiva interamente il servizio. L’utente potrà avviare il servizio da questo pannello solo dopo aver scelto ancora Manual o Automatic. Se in seguito all’installazione dei servizi si verificano dei problemi nella connessione in rete del computer, a volte basta disabilitarlo per facilitare molto la localizzazione del guasto. Il paragrafo successivo mostra come specificare i molti servizi di connessione sul computer. I servizi devono avere accesso con qualche account perché funzionano ancor prima che qualcuno abbia accesso a un computer. Per default, il servizio si configura per connettersi usando il System Account. Questo account fornisce il minor numero di accessi in rete e ne è consigliato l’uso solo se si utilizza una configurazione a computer unico oppure se tutti i file sono in ogni computer e l’output è locale. Se si intende condividere i driver di mappa o la locazione output in rete, è necessario indicare i tipi di account. Qualsiasi account si scelga, accertarsi che abbia un numero sufficiente di diritti per accedere ai driver di rete. Per indicare un utente, fare clic sul pulsante More e poi scegliere un utente nell’elenco. Accertarsi che le password siano esatte e confermarle per l’utente. Dopo aver apportato delle modifiche sull’account di servizio, fermare e riavviare il servizio per inizializzare le nuove configurazioni.
Rimozione Se Manager e Server sono già stati installati come servizi, è possibile disinstallarli/ installarli lanciando gli eseguibili con il comando -r, per esempio: c:\3dsmax\server-r Questo comando rimuove Server come servizio NT, ma non lo elimina. Lo stesso vale per Manager. Se il servizio sta funzionando, viene fermato e poi rimosso.
In modalità Desktop La modalità Desktop fornisce all’utente una finestra dentro le operazioni interne dei servizi Manager e Server. Nella modalità Desktop, i servizi funzionano in finestre MSDOS sul desktop. Il funzionamento di questi servizi è simile a quello di un servizio installato, differisce solo per il fatto che tutte le informazioni di connessione appaiono nelle rispettive finestre. Per avviare un servizio nel modo Desktop seguire le istruzioni seguenti: 1. andare sul gruppo di programmi Main e fare clic due volte sull’icona MSDOS 2. portarsi nella cartella max installata e digitare server -d.; Sostituire Manager se si desidera farlo funzionare in modalità Desktop. Se si vuole farli funzionare entrambi nello stesso modo, ripetere le operazioni sopraindicate. NT permette di avere più sessioni. Se compare il messaggio di errore “Port is in use”, è necessario fermare il servizio nella finestra di dialogo SERVICES.
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CAP.29
Installazione come servizio Quando si ha ormai familiarità con il funzionamento di 3DS MAX in modalità Desktop e si desidera farlo funzionare come servizio, seguire le seguenti istruzioni: 1. andare nel gruppo di programmi Main e fare clic due volte sull’icona MSDOS; 2. portarsi nella cartella 3DS MAX installata e digitare server -i. Sostituire Manager se è questo ciò che si vuole installare. A questo punto, seguire le stesse istruzioni descritte nel paragrafo precedente per far funzionare Manager o Server come servizi (figura 29.10).
■ Figura 29.10 Manager in modalità Desktop
Manager e Server inesecuzione in modalità Desktop come sessioni MS-DOS. Si noti che dopo essere stati entrambi inizializzati,comunicano tra di loro.
Server in modalità Desktop
Finestra di dialogo Job Assignment Quando si è pronti a eseguire il rendering in rete, controllare il comando Net Render nella finestra di dialogo all’interno di 3DS MAX. A questo punto apparirà la finestra di dialogo JOB ASSIGNMENT (figura 29.11), che consente di indicare un manager a cui inviare il job e i server che si vogliono utilizzare. Questi e altri comandi vengono trattati nei paragrafi seguenti. Per lavorare correttamente Manager e Server devono essere eseguiti per ogni operazione descritta in questo capitolo.
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■ Figura 29.11 IlnomeSwamp(100-200) è il nome del lavoro con l’opzioneIncludeMaps attiva. Si noti che sono disponibili per il rendering due server.
JobName Casella Include Maps
Selezione Manager
Elenco e stato dei server
Nome del job La casella Job Name permette di indicare un nome per il lavoro apparso nel Queue Manager. Si consiglia di scegliere un nome che sia rappresentativo per ciò su cui si sta eseguendo il rendering. Se per esempio si sta lavorando su una scena di allagamento dai fotogrammi 100-200, il nome potrebbe essere Allagamento(100-200) Con questo tipo di normalizzazione, chiunque consulti la lista di lavori sa all’istante su cos’è la scena e su quanti fotogrammi di quella scene viene eseguito il rendering. Se esiste già un lavoro con lo stesso nome che si è scelto, l’utente viene avvertito e dovrà scegliere un altro nome prima di procedere. Quando si dà un nome a un lavoro non si possono usare “;”, “\” o “/” come parte del nome, 3DS MAX riporterebbe un errore.
A tutti i lavori in via di svolgimento vengono assegnate delle cartelle basate sul nome del lavoro nella cartella di rete di Manager.
L’opzione Include Maps La caratteristica di inclusione delle mappe è, ad oggi, la migliore aggiunta al rendering in rete. Di conseguenza, se non viene impostata in modo corretto causa molti problemi.
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CAP.29 Un’errata configurazione di questo comando può causare la perdita dell’intero lavoro. Per ovviare a questo, quando questa opzione è attiva, 3D Studio Max archivia in un file la scena e tutte le mappe associate e lo distribuisce a ciascun server. Quando il file arriva al server, viene archiviato e la procedura di rendering inizia, garantendo che ogni computer abbia esattamente le stesse mappe e, di conseguenza, quasi nessun rendering che adotta questo metodo fallisce. Vi sono però dei rischi: ■ ogni server deve avere installato lo stesso programma di archiviazione del computer che rilascia il lavoro di rendering usando l’opzione Include Maps, ■ ogni server deve avere accesso, attraverso configurazioni di percorso, al programma di archiviazione indicato nel file server.ini; ■ una factory di rendering deve utilizzare un solo programma di archiviazione; ■ se le opzioni esatte non sono specificate nel file server.ini. un server potrebbe fallire. Questo succede generalmente quando il programma di archiviazione richiede l’intervento dell’utente, per esempio una conferma. PKZIP e PKUNZIP sono limitati sulla convenzione di assegnazione di nomi DOS (nome composto da otto caratteri e un’estensione di tre caratteri). Tutte le operazioni che utilizzano il comando Include Maps, (nomi di lavori, file di mappa, file di scena) devono aderire a questo formato.
Selezione di un Manager Dal momento che vi possono essere più manager sulla stessa rete, è necessario sceglierne uno da utilizzare per il rendering. Il manager scelto può essere indicato sia con il nome sia con l’indirizzo TCP/IP. 3D Studio MAX ricorda gli ultimi quattro messaggi immessi nell’elenco a discesa di Manager. Dopo aver scelto il manager che si intende utilizzare, fare clic sul pulsante Connect. Se ogni cosa è stata configurata correttamente, 3DS MAX si connette e apparirà un elenco dei server registrati con quel manager. Se non appare nulla o se si riceve un messaggio di rifiuto di connessione, significa che vi sono diversi problemi. 1. Accertarsi che Manager sia in funzione sul computer che si vuole usare come manager; 2. se Manager è in funzione, controllare nella finestra di dialogo JOB ASSIGNMENT se il nome del computer o l’indirizzo IP digitato è corretto; 3. se 3DS MAX sembra connettersi ma sull’elenco non è indicato nessun server, controllare se il Server è in funzione su ogni computer che verrà utilizzato per il rendering; 4. infine, verificare se ogni computer è fisicamente collegato in rete. Per far ciò basta andare su File Manager (o Network Neighborhood per NT 4.0) e cercare di connettere ogni computer. I puntini colorati che appaiono vicino al loro nome indicano lo stato attuale del server. Consultare il paragrafo successivo per capire e gestire i server e i loro diversi stati.
Stati dei server I server possono trovarsi in quattro stati potenziali; Ready (verde), Busy (giallo), Running MAX (grigio), e Error (rosso). In genere appare giallo se si stanno eseguendo rendering
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su quel server. Il colore è invece grigio quando 3DS MAX sta funzionando su quel computer in modalità Normal (non-server) e non può essere utilizzato fino a quando non termina la sessione 3DS MAX o il Server non è in funzione su quella macchina. Un puntino rosso indica un qualche problema. Di solito succede quando su quel server fallisce un lavoro precedente e il server rimane in una situazione di stallo fino a quando il lavoro non viene cancellato o la causa dell’errore non viene risolta. Indipendentemente dallo stato in cui si trova il server, è possibile assegnargli un lavoro. L’unico scopo dei puntini colorati è quello di informare l’utente sull’attuale stato del server. Assegnando un lavoro al server si è sicuri che, appena sarà disponibile, selezionerà il lavoro e inizierà il rendering. Se il computer è in uno stato di errore, tuttavia, è necessario toglierlo dal lavoro in corso usando il Queue Manager, altrimenti il server non selezionerà mai il lavoro.
Percorsi di mappe, drive comuni e UNC La parte più stimolante nell’impostazione del rendering in rete è forse l’uso delle mappe di composizione attraverso la rete. I computer hanno accesso a più cartelle su più computer e scaricano più versioni dello stesso file. Il risultato può essere una grande confusione durante la realizzazione del progetto e può trasformarsi in un incubo al momento di eseguire il rendering della scena attraverso la rete. In questo capitolo verrà illustrato il miglior modo di organizzare la propria factory del rendering per caricare mappe e salvare file. I server di rete Novell leggono solo la struttura di nome di DOS - otto caratteri con un’estensione di tre caratteri (8.3).
Per essere sicuri che le proprie mappe vengano caricate su ogni server durante il rendering in rete si consiglia di seguire le seguenti istruzioni: 1. all’inizio di un progetto, configurare una locazione in rete dove chiunque lavori al progetto abbia accesso. In seguito creare delle cartelle per mappe e scene dando loro un nome significativo; 2. fare in modo che ogni persona parte del progetto sia connessa al computer centrale usando la stessa lettera di percorso e di drive, per esempio si consiglia di garantire l’accesso di tutti alle mappe con la lettera di drive M. Per realizzarlo andare in File Manager o, nel caso di NT 4.0, usare Network Neighborhood. Ricordarsi di specificare di riconnettersi a questo drive al momento del logon. In questo modo l’utente sarà sempre collegato al drive usando la stessa lettera di drive ogni volta che si connettono; se possibile, è consigliabile sistemare le mappe e le scene nella stessa cartella. Quando carica la scena per la prima volta, 3DS MAX cerca le mappe e le scene nella stessa cartella. Da lì cerca nelle cartelle dei percorsi di mappa; 3. se si ha una factory del rendering oppure si hanno altri computer che non vengono utilizzati solo per il rendering, si consiglia di configurare l’assegnazione della lettera drive nello stesso modo utilizzato per gli altri computer. Usando l’esempio precedente, ogni server si connetterà alla cartella di mappe utilizzando la lettera di drive M;
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CAP.29 4.
se non è possibile usare la stessa lettera di drive, connettersi al computer usando qualsiasi altra lettera di drive. L’importante qui è accertarsi che i computer siano connessi. Quando il file viene inviato in rete per il rendering, cercherà prima nella stessa cartella del file MAX e poi ricercherà le mappe nelle cartelle indicate nel file MAX. Infine, cercherà nei percorsi di mappe configurate nel comando Configure Paths all’interno del menu a tendina FILE.
I percorsi di mappa sono archiviati nel file 3dsmax.ini per uno specifico computer.
Se si sono eseguite le operazioni sopraelencate, tutte le mappe dovrebbero essere state trovate alla seconda operazione per la ragione seguente: 3DS MAX usa l’UNC (Universal Naming Convention) per archiviare i percorsi di mappe. Questo significa che una mappa chiamata weave1.tga archiviata in un computer chiamato Mapserver nella cartella Carpets sarà archiviata file .max come \\MAPSERVER\CARPETS\WEAVE1.TGA. 3DS MAX “legherà” la cartella di un file di mappa archiviato localmente. Così anche se il file sarà disponibile da qualche parte in rete, il server lo cercherà nella stessa cartella sul disco fisso del server. Per ovviare a questo problema, accertarsi che tutte le mappe siano archiviate ed accessibili nell’Editor materiali da una locazione comune su qualche server di mappe in rete. Si noti che nel percorso non è archiviata alcuna lettera di drive. L’UNC non si basa su lettere, ma solo sui nomi dei computer. Per questo motivo ci si può collegare al computer usando una qualsiasi lettera di drive. Fino a che si è connessi, 3DS MAX troverà la mappa. Se si desidera avere l’informazione UNC per un file archiviato localmente, ci si può connettere al proprio computer attraverso File Manager.
Percorsi di output Molte informazioni per la configurazione di percorsi di mappe per una factory del rendering valgono anche per le cartelle di output. Ma dove finisce il file dopo il rendering? Ancora una volta la configurazione di una locazione comune per l’output risulta problematica per le factory del rendering. Se 3DS Studio Max non può scrivere il file rappresentato, il server del rendering fallisce su quel particolare lavoro. È possibile usare la stessa logica per indicare dove vanno i file dopo il rendering. Le seguenti operazioni schematizzano il miglior modo per configurare dei percorsi per il rendering in rete: 1. configurare una cartella sul computer centrale dove si desidera avere tutto l’output di un rendering archiviato e accertarsi che tutti vi abbiano accesso; 2. fare in modo che tutti gli utenti siano connessi al drive. Per convenienza, utilizzare una lettera di drive che abbia un senso, come O. Verificare che tutti gli altri computer che partecipano al rendering siano connessi a quel computer e a quella cartella; 3. una volta terminato un lavoro di rendering in rete, chiedere a ogni utente di inviare l’output nella finestra di dialogo RENDERING su quel computer in quella cartella; poiché 3DS MAX utilizza UNC, mentre il computer è connesso è in grado di eseguire l’output della locazione specificata. RENDERING IN RETE
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Computer singoli e mappe Molto di quello fino ad ora detto vale per una configurazione a più computer. Nel caso si utilizzi un solo computer per eseguire il rendering in batch, sarà molto più semplice configurare percorsi di mappa e cartelle output. Il modo più sicuro per esser certi che un lavoro trovi tutte le mappe è utilizzare il comando Configure Paths nel menu File e aggiungere tutti i percorsi di mappe di cui si ha bisogno. Se si stanno scaricando mappe da un atro computer in rete, le opzioni sono due. Il metodo più facile e veloce è copiare i file sul proprio computer. Se questo non è possibile per mancanza di spazio, creare un percorso di mappa su quel computer. Prima però connettersi al computer utilizzando File Manager o Network Neighborhood. Per caricare mappe velocemente, riorganizzare i percorsi di mappe in modo che le cartelle dove si trovano le mappe siano verso l’inizio dell’elenco. 3DS MAX ricerca le mappe usando l’elenco in ordine decrescente. L’output è ancora più facile. Per archiviare file indicare una locazione sul proprio disco fisso o sulla rete. L’unico problema nel caricare mappe dalla rete o nello spedire output in rete è che se il collegamento in rete cade per una qualsiasi regione il lavoro di rendering fallisce. Se si tratta di problemi di spazio sul proprio disco fisso, si consiglia l’archiviazione dei dati non critici in qualche parte della rete e il trasferimento delle mappe su disco fisso. Basta che 3DS MAX non trovi anche una sola mappa perché il lavoro fallisca, o non sia possibile archiviare l’immagine rappresentata nella locazione indicata. Per quanto riguarda l’output, non è possibile cercare altri dischi fissi o cartelle per archiviare immagini in un altro posto come un backup.
Rendering in rete per FLC e AVI Il rendering in rete è stato pensato per il rendering su fotogrammi fissi, ma può essere utilizzato anche per eseguire rendering su file AVI o FLC. Il problema con file AVI e FLC è che devono essere assemblati linearmente. I fotogrammi devono essere assegnati uno dopo l’altro. Con il rendering in rete, i fotogrammi possono finire con l’eseguire il rendering totalmente fuori sequenza. Per questo limite, in caso si scelga come formato di file di output FLC o AVI, si dovrà eseguire il rendering in rete su un solo server. 3DS MAX non permette l’utilizzo di più di un server. Quindi per distribuire un rendering su più computer usando AVI o FLC, basta usare un Video Post. Nel paragrafo seguente verrà descritto come utilizzare più computer per eseguire il rendering su file AVI o FLC usando 3DS MAX.
Rendering dalla finestra di dialogo Render È possibile eseguire il rendering in AVI o FLC dalla finestra di dialogo RENDERING usando il rendering in rete come se si facesse il rendering di una sequenza di immagini fisse. In seguito si può usare il Video Post per assemblarle in AVI o FLC. Le operazioni seguenti descrivono la procedura: 1. scegliere la risoluzione alla quale eseguire il rendering. I file FLC e AVI dovrebbero avere una risoluzione inferiore rispetto ai fotogrammi fissi;
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scegliere il formato di file per il rendering TGA, TIF, JPG e così via; in seguito, scegliere il comando Net Render; scegliere il Manager e i server come di solito e fare clic su Submit; i fotogrammi risultano nel rendering come fotogrammi fissi sequenziali, e distribuiti in rete.
Esecuzione del rendering da Video Post Con Video Post non è in nessun caso possibile eseguire il rendering in FLC e AVI indipendentemente se si utilizza uno o più computer. Questo avviene perché quando inizia il rendering Video Post apre ogni fotogramma come sessione di rendering e la chiude solo quando il fotogramma è completato. AVI e FLC, quando sono chiusi, non possono essere riaperti per aggiungere fotogrammi a meno che non si stiano usando pacchetti applicativi come Animator Pro o Animator Studio. Di conseguenza, Video Post può eseguire il rendering su un solo fotogramma da una sequenza FLC o AVI, spesso non ottenendo l’effetto desiderato. Tuttavia è possibile eseguire il rendering in rete usando Video Post con output a fotogramma fisso. In seguito, è possibile riutilizzare Video Post per assemblare i fotogrammi fissi in FLC o AVI. Consultare il paragrafo successivo “Unione del tutto” per le istruzioni. Per eseguire il rendering su fotogrammi fissi da Video Post, seguire le operazioni seguenti: 1. configurare la coda Video Post, con tutte le transizioni, filtri e effetti di composizione necessari; 2. aggiungere Image Output Event alla fine della propria coda Video Post e scegliere l’output con un formato di file a fotogramma fisso come TGA, TIF, JPG, e così via; 3. fare clic sul pulsante Execute Sequence. Selezionare i fotogrammi su cui si vuole eseguire il rendering e la risoluzione desiderata; 4. scegliere il comando Net Render e inviare il lavoro a Manager utilizzando i server desiderati.
Unione del tutto Una volta eseguito il rendering sull’intera sequenza di fotogrammi, è possibile usare Video Post per assemblarle in FLC o AVI. Con Video Post si possono prendere fotogrammi numerati sequenzialmente con Image Input Event e salvare il tutto con Image Output Event in FLC e AVI. Seguire le istruzioni seguenti: 1. andare su Video Post e aggiungere un Image Input Event; 2. scegliere il pulsante File nella finestra di dialogo; 3. selezionare il primo fotogramma della sequenza, eliminarne il numero e aggiungere al suo posto un asterisco seguito da un’estensione di file; scegliere OK; 4. 3D Studio Max crea automaticamente un file IFL (Image File List) che contiene tutti i nomi di tutte le immagini della sequenza; 5. aggiungere un Image Output Event; 6. scegliere il pulsante Files e digitare un nome per il proprio file che dovrà comprendere un’estensione FLC o AVI; 7. realizzare la sequenza e scegliere Render.
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3D Studio MAX e Video Post caricano ogni file dalla lista sequenziale e lo salvano su un file AVI o FLC (figura 29.12). Il rendering su questo file deve essere eseguito localmente. Purtroppo non è possibile fare il rendering di questa parte in rete, ma è questo metodo è una lavorazione sufficiente se è necessario eseguire il rendering dell’output dalla finestra di dialogo RENDERING o da Video Post che utilizzava un rendering in rete in AVI o FLC.
■ Figura 29.12 Video Post con una sequenza IFL assegnata e configurata per eseguire un rendering su un file AVI.
Input immagine (file sequenziali)
Output immagine (file di animazione)
Utilizzo di Queue Manager Si dispone di un computer connesso in rete che esegue il rendering. Ora, per controllare il tutto bisogna andare in Queue Manager perché è qui che si trovano gli elementi di controllo per il rendering in rete. L’icona Queue Manager è nel gruppo di programmi Kinetix insieme alle altre icone riguardanti 3DS MAX. Queue Manager può essere usato per controllare tutte le funzioni del rendering in rete – dall’attivazione di lavori all’indicazione di quante volte il computer è disponibile per il rendering. Si può far funzionare Queue Manager su un qualsiasi sistema operativo Windows a 32-bit e controllarlo fino a quando il computer rimane in rete. Nella figura 29.13 si vede il Queue Manager Interface.
Controllo del lavoro A volte bisogna aumentare la priorità di un lavoro in un procedimento di rendering o delegare quando un server è disponibile per il rendering. Questo può essere ottenuto con Queue Manager. Questo capitolo descrive le componenti chiave di Queue Manager che servono a controllare il procedimento di rendering in rete.
Priorità di lavoro e server Le priorità di un lavoro sono ordinate in priorità decrescenti. Il lavoro in cima alla coda ha la priorità sugli altri lavori. Il rendering su un lavoro viene eseguito in base all’ordine di ricevimento del tale lavoro. Può capitare, però, di voler cambiare l’ordine di un lavoro in modo che sia completato prima dei lavori in via di svolgimento. Con 3D Studio MAX
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CAP.29 1.1, cambiare l’ordine di un lavoro è semplicissimo. Basta fare clic sul nome del lavoro e portarlo nella posizione desiderata all’interno della coda. 3D Studio MAX fermerà automaticamente qualsiasi lavoro in corso che appaia dopo il lavoro di cui si è appena cambiata la posizione e inizierà il rendering di quest’ultimo.
Manager attuale
Finestra di stato job/server
■ Figura 29.13 La Queue Manager Interface con i suoi componentiprincipali.
Elencojob
Pianificazione dell’orario di un server I server che si occupano di rendering vengono spesso usati nel corso della giornata come stazioni di lavoro per altri compiti. Anche se il computer sta svolgendo altre mansioni, è possibile usarlo per eseguire rendering in rete, a patto che non stia utilizzando 3DS MAX. È possibile assegnare un lavoro a un computer mentre l’utente lo sta usando, per esempio un programma di fotoritocco in 2D. È chiaro che facendo funzionare contemporaneamente il sistema di rendering 3D Studio MAX e un sofisticato programma di fotoritocco in 2D il computer subisce un notevole rallentamento risultando a volte molto irritante. Per evitare che ciò si verifichi, si consiglia di indicare attraverso l’interfaccia Queue Manager quando i server che si occupano di rendering sono disponibili per l’esecuzione di rendering (figura 29.14). Fare clic su qualsiasi server o scegliere Properties. Da qui si possono selezionare le ore in cui il server è disponibile o no. Lo scopo primario di questa finestra è di disattivare i server in alcuni momenti. In caso contrario tutti server rimarranno attivi a ogni ora. All’interno di questa finestra di dialogo, è possibile fare clic e spostare le ore o i giorni per disattivare un server. Per fare la stessa cosa su un gruppo di server, utilizzare il pulsante Apply To. Dopo aver configurato la disponibilità di un server, questa disponibilità rimane valida fino a nuova modifica. L’unico modo per cambiare le volte che un server può occuparsi di rendering è creare un lavoro falso e inattivo. Da qui è possibile andare in Queue Manager e cambiare l’orario del server.
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■ Figura 29.14 Finestra di dialogo per la programmazione di orario di un server. Con questa finestra è possibile.definire la disponibilità del Server
Scheduling del server
Finestra Apply
Riepilogo ■
■
■
■
■
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Lavoro in rete basato su server Come risultato di questa nuova implementazione in 3D Studio MAX 1.1, è possibile assegnare più lavori e appena i server completeranno un lavoro, passeranno a uno nuovo senza badare se un altro server sta ancora lavorando sullo stesso. Assegnazione di un solo indirizzo TCP/IP Per permettere un corretto funzionamento del rendering in rete, ogni computer deve avere un unico indirizzo IP diverso da tutti gli altri. La migliore implementazione è l’uso del prefisso 192 seguito dalle ultime tre sequenze di numeri con una combinazione, che abbia un senso, da applicare a tutti i computer. Modalità Desktop Il miglior modo per controllare il lavoro di rete è far funzionare i servizi in Desktop mode. Si potranno così vedere tutte le comunicazioni tra il manager e i suoi server in caso di localizzazione dei guasti nella configurazione di rendering in rete. Una volta acquistata dimestichezza con la configurazione su cui si lavora, è possibile far funzionare entrambe i programmi come servizi Windows NT. Organizzazione delle mappe Quando si lavora su una rete molto grande è meglio che gli utenti mettano le mappe in una locazione di archivio centrale. In questo modo, nessun rendering fallirà a causa di mappe mancanti. Output di un file di animazione. Dal momento che con MAX non è possibile eseguire un rendering in rete su un file di animazione come per esempio FLC o AVI, si può utilizzare video post. Basta eseguire il rendering di un’animazione su una sequenza di fotogrammi fissi, come un libro di immagini, e utilizzare video post per compilare su computer la sequenza nel formato di animazione.
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