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September 24, 2017 | Author: wilier | Category: Fish And Humans, Fish, Nature
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Questo articolo tratteremo brevemente sulle esche artificiali, quelle soprattutto che funzionano di più nei nostri mari. Ci avviciniamo, infatti, all'inizio delle vacanze estive e pertanto, soprattutto i pescatori delle vacanze, iniziano a rinnovare la valigetta della pesca. Dentro troveremo ami arruginiti, filo indurito, forbici arruginite e quant'altro andava ben stipato alla fine della stagione di pesca. Iniziamo a trattare degli artificiali, argomento che riprenderemo più approfonditamente nel prossimo mese di agosto, mese nel quale inizia la vera e propria traina di superficie. ARTIFICIALI PER LA TRAINA. Possiamo dividerli in gruppi: piume semplici, piume con testina piombata, cucchiaini, pesci finti e octopus. L'uso degli artificiali rende naturalmente più "facile" la pesca in quanto basta collegare la nostra esca al finale ed ecco pronto il bocconcino. Naturalmente poi, all'atto pratico, non è così. Sicuramente ci sono enormi vantaggi nel non avere la preoccupazione di reperire l'esca viva, nel praticare un tipo di pesca "più pulita" nelle cui azioni non avremo il problema di "sporcarci" le mani con il gambero o il verme o con l'odorosa sardina. Naturalmente dovremo escludere la cattura di pesci quali la leccia, il pesce serra e le grandi ricciole, che preferiscono, conditio sine qua non, il vivo. Esaminiamo ora le varie categorie: I CUCCHIAINI Sono validi per molti pesci: spigole, dentici, occhiate, sgombri, sugarelli, lecce stella, palamite, tracine, lampughe, aguglie e, qualche volta, anche tonnetti. Ma ultimamente sono stati praticamente sostituiti da pesci finti (Rapala) o testine piumate (piombate) soprattutto nella pesca d'altura. Una volta, ad esempio, per catturare un pesce quale la spigola era di condizione il cucchiaino; da un paio di anni in quà il Rapala lo ha sostituito completamente, migliorando anche il rendimento nelle catture: il rapala cattura almeno tre volte il cucchiaino e oltre tutto cattura anche altre specie: dentici, cernie. I cucchiaini sono di vari colori, lunghezze e varietà di realizzazione. La forma allungata e fusiforme, tale cioè da assomigliare alla mangianza più diffusa nell'ambiente marino, è la migliore: simula il pesce azzurro. Le dimensioni consigliabili sono quelle medio-piccole: dai 3 ai 8 centimetri. In definitiva i cucchiaini (che hanno sempre bisogno di piombo sistemato almeno tre / quattro metri prima) possono definirsi esche ottime per le occhiate, le lecce stella, gli sgombri e... le tracine, ma anche tunnidi (piccoli) o ricciolette. Sono generalmente i primi artificiali che si acquistano per chi inizia a pescare. Intorno ai tre nodi e fino a quattro è la velocità da mantenere con questi artificiali. LE PIUME SEMPLICI Avvicinando piume naturali una all'altra, con all'interno un amo a gambo lungo si ottiene la piuma semplice. Naturalmente la composizione diventa anche difficoltosa se si intende avere ottimi risultati. Questo artificiale così composto, simula il movimento di piccoli pesci. Le piume piuù usate sono le "piumette", ovvere le piume che gli uccelli hanno sotto le ali: sono molto soffici ed in acqua hanno un movimento sinuoso, si gonfiano e si stringono. Si usano di solito quelle di marabù (in vendita nei migliori negozi di pesca ma possono andare bene anche quelle di pollo o di gabbiano. La piuma è ottima per le occhiate, i sugarelli, le ricciolette, le aguglie ed altri pesci sino al chilo di peso. Inseriremo per ragioni pratiche nello stesso gruppo le "skeinfish" o matassine. Si tratta di filamenti di seta che legati ad anello e collegati ad un finale sottilissimo, catturano le aguglie. Questo piccolo rostrato, infatti, attacca la matassina e colpendola con il rostro vi rimane impigliata. La matassina è stata inventata da Indoni, a Roma, ma oggi vi sono numerosi produttori. I colori più catturanti sono il giallo ed il bianco. A seguire arancio e rosso. La velocità di traina per questo gruppo è da due a tre nodi. LE PIUME CON TESTINA PIOMBATA

Sono ottime per i predatori pelagici (tonni, lampughe) anche di taglia medio-grande e grande, in altura e media altura. Si tratta di un ciuffo di piuma, quasi sempre naturale, anche di diversi colori, tenuto unito da una testina metallica che funge da piombo e che rende l'artificiale leggermente affondante. Attraverso la testina che è forata, si farà passare il finale. una volta infilato il nylon ineriremo alcune perline o anche un tubicino (cotton fioc) e dopo di ciò legheremo l'amo in modo da far capitare la fine dello stesso in prossimità della fine delle piume. Ciò servirà a nascondere ai pesci la vista dell'amo e ad aumentare le proprietà catturanti del nostro artificiale. Le possibili prede sono tutti i predatori di altura e media altura: tonni, tonnetti, lampughe, sgombri, palamite e, qualche volta, addirittura pesci spada. La lunghezza ottimale è compresa fra i 5 e i 10 cm utilizzando ami da n° 2 al n°7 ad anello. Personalmente consiglio di usare sempre ami piccoli, di buona fattura, ma piccoli. Non effettuerete così già di per sè la selezione della preda. Basi pensare che a drifting utilizzo sempre ami 6/0, anche in presenza di pesci intorno ai 150 chili. con armamento di ami a occhiello dei numeri dal 2/0 al 7/0. Questi Artificiali, inoltre, sono appetibili anche per pesci di grossa taglia, quali tonni medi (70/90 Chili). I colori più catturanti sono il bianco, il nero e il bianco-rosso. Ma esiste una motivazione: Il bianco è più o meno universale, funziona sempre, con poca luce e con molta. Nelle ore centrali della giornata, invece, quando il sole è alto, soprattutto per esche che navigano nella scia dell'imbarcazione, tra la schiuma, funzionano benissimo rosso e nero, i quali fanno un'ombra nel bianco molto appetita. La velocità di traina è tra i 4 ed i 7 nodi. GLI OCTOPUS Si tratta di imitazioni di cefalopodi e ottopodi e partono da alcuni centimetri sino a 25/28 per i grossi rostrati ed i tonni. Sono costruiti in gomma e in materiali similari e hanno lo stesso campo di impiego delle piume con testina piombata. Identico anche il sistema di montaggio. Si trainano preferibilmente a velocità tra i 5 ed i 7 nodie se trainati proprio nella scia sono micidiali per i tonni. Il tonno della foto da me catturato a traina con un octopus da 30 cm bianco/celeste, e amo n°7 a traina a Roccella Jonica con canna normic 50 lb stand up I PESCI FINTI Sono ormai diventati gli artificiali per definizione. Si utilizzano per la traina, per la cattura di cefalopodi, per le seppie. Vengono realizzati in metallo leggero e pesante, in materiali gommosi, in plastica, legno e via dicendo. Ma, anche se molte aziende stanno provando e riprovando a realizzarne di nuovi, mi pare che i più catturanti e anche i più cri siano quelli della Finlandese Rapala. Questi pescetti sono muniti di una paletta posta sotto la bocca che può essere di plastica (galleggiante) o metallica (affondante). Questa paletta, a seconda dell'inclinazione che gli viene data, in basso o lateralmente, genera, alla velocità giusta, il "guizzo", elemento di sicuro richiamo per quasi tutti i predatori. La paletta può essere di plastica o metallica. Le lunghezze vanno dai 3 ai 26 cm. Per ogni singola specie, anche in rapporto alla taglia delle prede insidiate, c'è la misura giusta. La velocità varia da 3,5 nodi a 7.

Lo spinning (dal verbo inglese to spin, far girare, far muovere) è una tecnica di pesca che consiste nel lanciare e animare, in acqua, esche artificiali, in modo da farle sembrare vive ai pesci predatori. Questa specialità viene suddivisa in tre categorie: spinning pesante, medio e leggero. La distinzione si basa sulla potenza delle canne utilizzate, sul peso (la cosiddetta ‘grammatura’) delle esche artificiali e sulla taglia dei pesci cui sono destinate.

:: Lo Spinning Pesante :: Introduzione. La caratteristica fondamentale dello spinning pesante è l’utilizzo di esche artificiali che imitino piccoli pesci in difficoltà, o altri animaletti che vivono a pelo d’acqua, scatenando l’istinto aggressivo dei grandi predatori (definiti ittiofagi, perché mangiano altri pesci). Posto d’onore è riservato al luccio, molto aggressivo ed imprevedibile, che costituisce una vera sfida per i pescatori. Di interesse non inferiore sono poi le grandi trote del piano, i lucioperca e i persici trota (noti anche come blackbass) di lago. Va poi inserito nell’elenco delle prede dello spinning pesante il siluro d’Europa, un pesce voracissimo, che può superare il quintale di peso, presente da una decina di anni nella pianura Padana. Canna. Le prerogative di una canna da spinning pesante sono la robustezza, l’affidabilità e la grande potenza. A tali esigenze rispondono attrezzi di lunghezza compresa fra i 2.20 e i 3 m, con potenza fra i 20 e gli 80 g, e leggeri al massimo per non affaticare il polso. Il materiale ideale risulta essere il carbonio. Il conolon, la fibra di vetro e il refendu sono ormai sorpassati. L’attrezzo è in due pezzi, che si innestano tra di loro a spigot (l’estremità del manico è conformata per inserirsi in un apposito alloggiamento rinforzato, predisposto sull’altro pezzo della canna); il manico è in sughero e il portamulinello fisso. Il peso della canna, comunque ridotto, ha un'importanza assai relativa; sicuramente più importante è il bilanciamento generale, che va calcolato con il mulinello carico di filo: il fulcro deve cadere appena sopra la mano che impugna. La misurazione è piuttosto semplice da effettuare: basta appoggiare la canna su un punto fisso (il dito di una mano va benissimo) e metterla in equilibrio sul fulcro. Una canna ben bilanciata ha il fulcro proprio dove poggia il pollice della mano che impugna. Gli anelli devono essere montati preferibilmente a doppio ponte, ossia con due connessioni separate per il collegamento al fusto della canna e realizzati con materiale capaci di resistere alle forti abrasioni e al calore prodotto dallo scorrimento veloce del filo. Mulinello. Le caratteristiche essenziali di un buon mulinello possono essere sintetizzate in quattro elementi: il peso (dai 350 ai 400 g), la capacità minima (200 m di nylon del diametro di 0.30 mm), il numero di cuscinetti a sfera (4 o meglio 6) e la frizione microregolabile, ovvero tarabile con progressione. Un rapporto di recupero (ovvero la quantità di filo che può essere imbobinato a ogni giro di manovella) di 5:1 è più che sufficiente. In realtà, il particolare al quale bisogna porre la massima attenzione è l'anello scorrifilo, che deve avere la stessa resistenza e fluidità di quelli delle canne. Ottimi inoltre i nuovissimi sistemi (come l'antitwist o l'antireverse) che evitano le dannose torsioni del filo durante l'imbobinamento. Esche Artificiali. Gli ondulanti sono gli artificiali più tradizionali, ma tuttora assai validi. Funzionano benissimo con il luccio, con i salmoni e con le grandi trote e rendono soprattutto in acque medio-veloci. Hanno una struttura piuttosto semplice (una foglia forgiata di metallo e un'ancoretta in coda), ma richiedono molto lavoro di polso: si alternano recuperi e rilasci, per sfruttare l'invitante sfarfallamento in acqua, il moto irregolare e i bagliori luccicanti. Per quanto riguarda le colorazioni, vista la vasta gamma offerta dal mercato, gli ondulanti argentati sono generalmente più indicati nelle acque scure, mentre i dorati nelle acque chiare. I mirrow sono imitazioni veritiere, in balsa, di piccoli pesci. Per questo motivo le forme e le colorazioni sono pressoché infinite; altrettanto diversificati i movimenti in acqua, dai mirrow affondanti (i cosiddetti Count-Down, conto alla rovescia) a quelli galleggianti, da quelli a corpo snodato a quelli preceduti da una paletta rotante. La scelta, spesso difficile, si deve comunque basare sulle condizioni ambientali, valutando attentamente la profondità dell'acqua, la velocità della corrente e il tipo di vegetazione sommersa, essendo sprovvisti di protezioni antincaglio. Il movimento in acqua, ondulatorio e irregolare, attira fortemente tutti i pesci predatori, senza esclusioni, a patto che si sappia optare per il modello più indicato alle diverse situazioni. Il

collegamento al filo, per garantire la massima libertà di movimento al pesciolino finto, è fatta attraverso un'asola fissa piuttosto ampia (qualsiasi altro nodo imita in qualche modo il nuoto del mirrow) e non si deve utilizzare alcun tipo di girella o moschettone, perché l'andatura dell'esca e deve essere zigzagante e tassativamente non rotatoria. I rotanti-tandem sono artificiali che, a differenza di quanto accade nei rotanti classici, le palette argentate (o dorate) sono due, entrambe applicate sullo stesso asse. Generalmente la paletta di testa è più piccola di quella di coda,ma esistono moltissime variazioni; l'ancoretta finale viene spesso ricoperta da un piccolo fiocco di lana rossa. Il grande vantaggio dei tandem è la possibilità di effettuare recuperi molto rallentati, favoriti dal fatto che le due palette entrano in rotazione anche a basse velocità. Questa prerogativa li rende particolarmente adatti per lucci e grandi trote del piano, pesci che aggrediscono, senza inseguire più di tanto, soltanto ciò che passa loro vicino. Risultano meno efficaci nell'insidiare salmoni e bass, ma eccezioni sono la regola. Gli spinnerbait sono esche di assoluta fantasia con asse snodato, composte da piccole palette argentate di forme diverse e da un voluminoso ciuffo di peli che ricopre l'ancoretta. Difficile dire quale insetto acquatico imitino, ma rappresentano uno degli artificiali più graditi ai grandi black-bass nelle acque ferme, mentre l'aggressione da lucci e trote è un fatto casuale. :: Lo Spinning Medio :: Introduzione. Lo spinning medio si pone esattamente a metà strada tra lo spinning pesante e quello leggero: con le altre due categorie, però, ha in comune solo il principio di base, ovvero il lancio di esche artificiali con canna e mulinello, mentre tutti gli altri parametri sono differenti. Variano canne, prede, ambienti, esche e l'azione di pesca è mirata. Canna. La canna ideale da spinning medio è lunga da 1.90 a 2.10 m. E' composta da due pezzi che si innestano l'uno all'altro a spigot, ha una azione parabolica media e deve poter lanciare pesi compresi tra i 7 e i 20 g. Deve inoltre avere il manico in sughero e il portamulinello fisso. Alcuni pescatori preferiscono un'azione decisamente di punta a quella parabolica media, ma come sempre è questione di gusti personali. Va comunque detto che l'azione parabolica media regala maggiori soddisfazioni sia nel recupero dell'artificiale sia nella curvatura sotto il peso del pesce in acqua. Il materiale di elezione è, ancora una volta, il carbonio ad alto o altissimo modulo, anche composito con altre fibre. Mulinello. Per quanto riguarda il mulinello occorre privilegiare la fluidità di rotazione, mente la capacità della bobina dovrebbe aggirarsi sui 200 m di monofilo dello 0.20. Il rapporto di recupero è più importante rispetto allo spinning pesante: un rapporto di 1:5.5 risulta più che sufficiente. Il peso del mulinello, in funzione del tipo di canna e dell'equilibratura,dovrebbe aggirarsi sui 250-300 g. :: Lo Spinning Leggero :: Introduzione. Lo spinning leggero/ultraleggero (considerato come unico metodo) comprende canne di potenza fino a 10 g ed esche artificiali che non pesino più di 5-6 g, con mulinelli e fili adeguati. Quest'attrezzatura di poco ingombro consente di pescare al meglio nei torrenti di montagna, nelle rogge e nei corsi d'acqua di piccola portata, che costituiscono gli ambienti tipici dello spinning leggero. Canne. Una buona canna da spinning leggero dovrebbe avere una lunghezza di circa 1.80m (un attrezzo più corto serve soltanto per situazioni molto particolari, che non riguardano la pesca vera e propria, ma le esigenze di trasporto), con potenza massima di 10 g (non sarà mai necessario lanciare artificiali di peso maggiore) e l'impugnatura di sughero di prima qualità. gli anelli devono resistere alle abrasioni e alle alte temperature provocate dallo scorrimento del filo. L'azione ottimale è quella parabolica

di punta, che consente di lanciare in ogni situazione e offre grande sensibilità nel recupero. Mulinello. Nello spinning leggero il mulinello, a differenza delle altre specialità, riveste un ruolo fondamentale. Il suo peso non è del tutto ininfluente; è preferibile adottare quelli leggeri (meno di 300g) e privilegiare il bilanciamento in rapporto alla canna. Essenziale è, invece, la fluidità. in pratica, girando la manovella con forza e rilasciandola, il mulinello dovrebbe continuare la sua rotazione per 3-4 giri, per inerzia. Fluidità significa anche sgancio (automatico) dell'archetto. Quanto alle bobine, occorre privilegiare quelle coniche, ovvero quelle che hanno la base leggermente più larga rispetto alla parte superiore, in modo da facilitare la fuoriuscita del filo durante il lancio. Un buon mulinello deve, inoltre, essere il più veloce possibile e avere un rapporto di recupero di almeno 6:1 (meglio se ancora superiore, tipo 6.3:1 o 6.5:1). Un modello con tali caratteristiche, spesso con un alto numero di cuscinetti e con doppia molla all'archetto, ha un prezzo leggermente superiore agli altri, ma nello spinning leggero diventa un prezioso alleato. Esche Artificiali. La semplicità dello spinning leggero si riflette anche nelle esche artificiali, limitate soltanto a rotanti (esche che ruotano sul proprio asse sotto l'effetto della corrente e dei movimenti necessari al recupero) e mirrow, e nelle grammature minime, entro i 5-6 g di peso. Dovendo tracciare una linea di confine tra i due tipi di artificiale, si può dire che i rotanti rendono al meglio quando si pesca a risalire e in presenza di correnti piuttosto sostenute, mentre i mirrow sono micidiali pescando a scendere e quando occorre sfiorare in modo invitante le grandi pietre sommerse. Per quanto riguarda forme e colori, vale la regola generale di utilizzare palette argentate in acque velate e giornate poco luminose, e palette dorate in acque chiare e con il sole alto. Così, le colorazioni brillanti e/o fluorescenti dei mirrow sono più indicate con poca luce, dentro e fuori dell'acqua. Il mirrow con paletta rotante, un ibrido ottimo nello spinning medio, non sembra fornire gli stessi risultati nello spinning leggero, data la diversità degli ambienti e delle dimensioni dei corsi d'acqua. Lanci e Recuperi. In una tecnica che riduce l'attrezzatura al minimo, tutto si gioca sull'azione di pesca. Anche quest'ultima è apparentemente semplice, poiché si basa sul principio di lanciare in acqua un'esca artificiale e recuperarla in modo invitante, cercando (e qui arriva il difficile!!! - N.d.A.) di indurre i pesci ad aggredirla. Esaminiamo separatamente i due momenti dell'azione di pesca. Il lancio: non è tanto importante la sue esecuzione quanto la sua precisione. Può sembrare eccessivo, ma in questa tecnica una variazione di pochi centimetri può fare la differenza tra una cattura e un lancio a vuoto. Salvo rare eccezioni, riguardanti punti infrascati del corso d'acqua, ogni tipo di lancio va a effetto, e ciò permette di concentrarsi al meglio sulla precisione. Il recupero: questa fase gioca un ruolo primario. Raggiunto il punto voluto, l'artificiale deve ritornare alla canna compiendo un tragitto ideale, che tocchi tutti i punti giusti e faccia scambiare l'esca per una preda in difficoltà. Direzione, velocità, irregolarità e movimento (specialmente con i mirrow, da manovrare con canna alta) sono in funzione dello scopo. Comunque, uno dei segreti dello spinning leggero consiste nel saper seguire, rigorosamente a vista, l'intero percorso dell'artificiale in ogni centimetro del torrente. Anche negli altri tipi di spinning questo controllo visivo è importante, ma spesso l'ampiezza del fiume e il colore dell'acqua lo rende impossibile. Ciò non accade nello spinning leggero, proprio per le caratteristiche degli ambienti esplorati e questo è un grandissimo vantaggio per il pescatore che lo sa sfruttare. :: Lo Spinning Alternativo :: Introduzione. Per la stragrande maggioranza dei pescatori stranieri il 'mulinello' per antonomasia non è quello a bobina fissa, ma quello dotato di bobina rotante. In Italia, invece, il baitcasting (tecnica di pesca che si identifica con l'uso del mulinello rotante

- baitcasting reel) è ancora oggi poco diffuso e soltanto alcuni 'pionieri' non si sono lasciati scoraggiare dalle difficoltà d'uso, peraltro modesta, apprezzandone i notevoli vantaggi. Le innovazioni non riguardano tuttavia solo il mulinello, ma anche l'incredibile estensione del parco esche artificiali (viniliche, in silicone, in gomma, computerizzate, ecc.). In altre parole, sul principio di base dello spinning (lancio e recupero di un'esca artificiale), si inseriscono numerose alternative tecniche, mentre le specie catturabili rimangono le stesse. Canna. La prima differenza tra una canna da spinning e una da baitcasting riguarda gli anelli: con il mulinello rotante possono essere più bassi, tutti a doppio ponticello, rivolti verso l'alto e montati in maggior numero per distribuire meglio il filo sul fuso, evitando pericolosi angoli vivi nei quali il filo sotto sforzo potrebbe toccare la canna. Per quanto riguarda l'azione della canna, è preferibile quella semiparabolica, o addirittura quella di punta. Una particolarità che rende riconoscibile la canna da braitcasting è la tipica impugnatura ergonomica a pistola. Tutto questo non significa l'impossibilità di utilizzare le normali canne da spinning, ma l'adozione di canne espressamente progettate per il rotante esalta questa interessante tecnica. Mulinello. Il mulinello rotante si differenzia da quello fisso per il funzionamento della bobina che contiene il filo: nel mulinello fisso, essa resta ferma e il filo si svolge e si riavvolge (tramite l'apertura e la chiusura dell'archetto) in spire ordinate; nel rotante, invece, la stessa azione si gioca sulla rotazione della bobina, controllata da un pulsante di sgancio. Solo apparentemente i due sistemi sono identici. Entrambi raggiungono lo scopo di svolgere e recuperare il filo, ma il modo diverso con cui si ottiene questo risultato comporta vantaggi e svantaggi e, soprattutto, introduce differenze apprezzabili in relazione al diametro del filo utilizzato. Nel mulinello rotante, la particolare funzione della bobina ha bisogno di precise regolazioni; in tutti i modelli sono, infatti, presenti due freni e una frizione. Il primo freno (registro) è di tipo meccanico ed è posto generalmente sul lato della manovella: serve a modulare la velocità di rotazione della bobina e deve essere regolato prima del lancio. La taratura ottimale deve esser effettuata con l'esca già appesa la filo, lasciando cadere l'esca a terra di fronte a sé, tenendo la canna orizzontale. Dopo averla lentamente alzata sino alla punta della canna, si regola il freno in modo che soltanto il peso dell'esca la riporti a terra molto lentamente. Quando l'esca tocca terra, la bobina non deve più continuare a ruotare per inerzia. Il secondo freno, generalmente collocato sul lato opposto del mulinello, è di tipo magnetico e ha il compito di evitare che la bobina vada 'fuori giri'. Esso deve essere regolato in modo da impedire che la bobina continui a ruotare anche alla fine del lancio, quando l'esca a toccato l'acqua, il che provocherebbe grovigli sul filo. La taratura ottimale si ottiene con un paio di prove ed è anch'essa in funzione del peso dell'esca. Il compito della frizione, posta sul lato della manovella, è in tutto simile a quella dei mulinelli tradizionali: essa agisce sulla bobina bloccata, cioè in posizione normale di recupero, e cede filo in relazione alla taratura effettuata. Completa il mulinello rotante il pulsante di sgancio della bobina, il guidafilo e la manovella con doppia impugnatura che può essere montata in qualsiasi posizione (sia a destra, sia a sinistra). La diversa modalità con cui il filo si svolge da una bobina fissa o da una bobina rotante rende quest'ultima estremamente vantaggiosa, in particolare nella pesca a spinning in cui la ripetitività dei lanci è esasperata. La vera discriminante tra l'adozione di un mulinello tradizionale e uno a bobina rotante potrebbe quindi essere quella del diametro del filo e del peso dell'artificiale. Se si pesca utilizzando un monofilo di 0.16 mm e un artificiale fino a 5 gr. si possono usare entrambi i tipi di mulinello; se invece si usa un artificiale di più di 10 gr. e un monofilo da oltre 0.30 mm, i vantaggi del mulinello rotante appaiono evidenti: maggior gittata e svolgimento/riavvolgimento del filo ottimali.

Esche Artificiali. Oltre a mirrow, cucchiaini rotanti e ondulanti, nel baitcasting si usa anche una serie di esche artificiali talmente nutrita che sarebbe impossibile parlare di tutte. Un posto di rilievo merita il crazy crawler (che significa 'nuotatore pazzo'), usato per il persico trota. Ottimi anche i tender tube, esche in silicone che fluttuano nell'acqua in modo invitante: funzionano bene con persici e lucci, così come gli spinnerbait, che sono costituiti da palette brillanti unite a corpi ricchi di ciuffi e peli. Esiste poi una vasta gamma di jig e trailer, in gomma morbida, che imitano gamberi, rane, topi e altri animaletti di cui sono ghiotti tutti i pesci predatori. Di recente sono comparsi sul mercato dei pesci in gomma morbida denominati attractor: grazie ad una particolare protuberanza dalla coda, che si oppone alla corrente, il mirrow scodinzola vistosamente, come se fosse un pesciolino vero, attirando prede come lucci e siluri. Lanci e Recuperi. Il lancio con il mulinello rotante risulta efficace se eseguito in modo corretto, in caso contrario crea grandi problemi. Scelto quindi il lancio da effettuare (i tipi di lancio - verticale o laterale - sono gli stessi dello spinning), si 'carica' la canna in modo tradizionale e si opera con il pollice prima sul pulsante di sgancio della bobina, poi sulla bobina stessa per controllarne la rotazione. Nella fase di spinta del lancio il pollice deve abbandonare il controllo della bobina e permettere la rotazione che fa fuoriuscire il filo. Rispetto al lancio tradizionale il momento di 'stacco', cioè l'attimo preciso in cui si abbandona il controllo del filo, avviene prima: il mulinello rotante ha, infatti, una 'risposta all'avviamento' leggermente più lenta e ciò comporta la necessità di alzare il pollice un po' prima che la canna si porti alla massima spinta. Il sincronismi si acquista dopo pochi lanci. Quando , infine, l'esca tocca l'acqua, il pollice entra in funzione per frenare il moto inerziale della bobina. L'ultima operazione, a lancio concluso, è la stessa delle tecniche tradizionali: con il primo giro di manovella scatta automaticamente il pulsante di sgancio, la bobina inverte il suo moto e inizia il recupero LA CANNA Una canna da spinning deve conciliare due esigenze opposte di leggerezza e sensibilità da un lato (deve lanciare artificiali leggeri e non affaticare il braccio del pescatore) e potenza dall'altro (le prede possono raggiungere svariati chili di peso). La canna ideale per lo spinning in mare è di lunghezza compresa tra 2,70 e 3 mt, ad innesto in due pezzi, costruita in fibra di carbonio alto modulo o similare (kevlar, boron, ecc..), con potenza di lancio compresa tra 10 - 30 gr per uno spinning leggero, 15 - 40 gr per uno spinning medio, 20 - 60 gr e oltre per lo spinning pesante. Solo in determinate condizioni (scogliera alta, spiaggia) ci sentiamo di consigliare misure superiori ai 3 mt. Il manico dovrà essere in sughero, con portamulinello a vite, anelli preferibilmente a doppio ponte per uno spinning medio-pesante e a ponte singolo per canne più leggere, di materiale idoneo alla dispersione del calore e che garantisca la migliore scorrevolezza del filo (sic, hardloy, ossido di alluminio). L'azione ideale è quella rigida di punta, per una migliore sensibilità nel lancio e nel recupero e per la maggiore potenza che può esprimere con prede consistenti. Le canne con azione parabolica hanno il solo vantaggio di consentire qualche errore in più nel recupero di grosse prede, ma crea maggiori problemi nel lancio (soprattutto di esche leggere) e nel recupero di prede che tendono ad intanarsi o a "incollarsi" al fondo (provate a schiodare un dentice dal fondo con una parabolica!). Per provare una canna in negozio montatela, simulate un lancio con un movimento secco dell'avambraccio e controllate il movimento del vettino; se la canna torna

immediatamente nella propria posizione di partenza (cioè dritta) ha una azione adatta, se la punta "balla" troppo prima di fermarsi scartatela decisamente. Le telescopiche hanno il vantaggio della "portabilità" ma non possono offrire la stessa azione delle canne ad innesti; lasciatele nel cofano della macchina per battute estemporanee. IL MULINELLO Non affrontate mai una battuta di spinning con un mulinello scadente; ancor più della canna il mulinello deve essere affidabile ed efficiente. Mulinelli economici non possono garantire durata ed affidabilità in una tecnica di pesca che logora più di ogni altra le attrezzature. In generale le caratteristiche essenziali sono: 2-3 cuscinetti a sfera, frizione multidisco, antiritorno infinito, rapporto di recupero non superiore a 5:1, bobina conica, trattamento anticorrosione, leggerezza. Capacità della bobina e peso: spinning leggero: 140 mt di nylon 0,25 - peso 250 - 300 gr spinning medio-pesante: 200 mt di nylon 0,35 - peso 300 - 400 gr In realtà tale quantità di lenza non serve nel 95% dei casi, ma perchè perdere quelle prede eccezionali che rappresentano l'altro 5%? Vedrete che non è poi così improbabile avere in canna un pesce che sbobina tranquillamente 150 mt di filo, in uno o due casi all'anno un mulinello capiente può salvare la giornata e la preda record. Non fatevi ingannare dal numero di cuscinetti a sfera (errore comune): se è vero che un buon mulinello dovrebbe avere almeno 2 o 3 cuscinetti è altrettanto vero che esistono mulinelli con 4 cuscinetti che fanno letteralmente pena ed altri con un solo cuscinetto che svolgono il loro dovere in modo eccellente. E' molto importante affidarsi a marche affidabili e collaudate. Il peso non deve sbilanciare troppo la canna: per una tre metri, che normalmente pesa circa 200-250 gr (se in carbonio), può andar bene un mulinello da 350 - 400 gr. Il rapporto di recupero, contrariamente a quanto molti credono, non deve essere troppo elevato, meglio se intorno a valori di 4,5:1. Rapporti elevati significano maggiore velocità a parità di giri di manovella, ma anche minore controllo dell'artificiale e minore potenza nel recupero delle prede. Ricordate comunque che per entrambi (recupero dell'esca e del pesce) si utilizza più la canna e l'avambraccio che non il mulinello. La posizione della frizione è questione di gusti personali: quella posteriore è più comoda, quella anteriore più affidabile e sicura.

TECNICHE DI PESCA INNANZI TUTTO: COS'E' LO SPINNING Brevemente, lo spinning è quella tecnica di pesca che prevede il continuo lancio e recupero di esche artificiali alla ricerca di predatori. Il termine deriva dall'inglese "to spin" (girare) e fa riferimento al continuo movimento rotatorio del mulinello. Tanto per aumentare la confusione "spinning reel" (letteralmente "mulinello rotante") sta a indicare invece, genericamente, il mulinello a bobina fissa, perciò non fate come quel

nostro conoscente che volendo iniziare lo spinning acquistò un mulinello da surf casting da poco meno di un chilo e, alle nostre obiezioni, rispose: "C'è scritto qui, è un mulinello da spinning!" e mostrò soddisfatto la scritta "spinning reel" (che troverete in tutti i mulinelli a bobina fissa). Tornando seri, caratteristica particolare dello spinning che lo differenziano dalle altre tecniche di pesca è il continuo movimento: delle braccia, innanzi tutto, per i continui lanci e recuperi, ma anche delle gambe perchè, come vedremo, è fondamentale spostarsi il più possibile evitando una pesca statica (errore molto comune tra i neofiti dello spinning).

UNO SPINNING, TANTI SPINNING Inutile negarlo, lo spinning in mare è una tecnica ancora poco conosciuta e praticata; alla scarsa informazione si aggiunge la difficoltà (e la scarsa propensione) di pochi praticanti ad incontrarsi, contrariamente ad altri tipi di pesca. D'altra parte perché stupirsi? Lo spinning è fondamentalmente una pesca da praticare in solitario o in pochissimi, non sono ammissibili "cricche" numerose da sparpagliare sulla scogliera. Anche l'agonismo è bandito, caso unico nelle tecniche di pesca: riuscireste a immaginare una gara di spinning in mare? Per tutti questi motivi attorno allo spinning c'è molta confusione, accentuata dalla scarsa esperienza e competenza dei rivenditori di articoli da pesca e dalle personalizzazioni che i pochi appassionati apportano a questa tecnica; ci sono quelli che cercano solo la spigola dalla spiaggia, quelli che utilizzano esclusivamente lunghe bolognesi con bonnand e piumetta, quelli che lanciano solo dai moli e quelli che pescano solo all'alba convinti che col sole alto non si prenda più niente. Vi raccontiamo qualche aneddoto realmente accaduto per confermarvi quanto affermiamo. Raccontino n° 1 (Negozio di pesca) Pescatore: Vorrei del filo morbido, zero trentacinque, duecento metri. Venditore: Per surf-casting? Pescatore: No, per spinning. Venditore (sorpreso): Per spinning, e cosa prende a spinning, balene? (ridacchia) Pescatore (serio): Nemmeno a surf si prendono balene, e non si pesca dalle rocce. Venditore: Ve be', ve be', ma per le spigolette basta un venticinque. A questo punto il pescatore gli racconta gli ultimi pesci presi (e non erano spigolette) e, soprattutto, dei due mostri che il giorno prima gli hanno sbobinato 200 metri dello 0,30 prima di rompere tutto. Il venditore, poco convinto, scuote la testa e gli allunga il filo richiesto, ma a malincuore. Raccontino n° 2 (Scogliera) Ore 9,30, un pescatore, con canna da 4 mt, mulinello da rock fishing con filo 0,45, cucchiaino che sembra un mestolo da minestrone, rientrando dalla pesca incontra un altro pescatore (canna leggera da 3 mt, rapala 9 cm, filo 0,30) che invece sta iniziando a lanciare. Pescatore n° 2: preso niente? Pescatore n° 1: non è giornata! Di pesci neanche l'ombra. Ma tu stai iniziando adesso? Pescatore n° 2: Si, perché? Pescatore n° 1: Be', è un po' tardi per lo spinning; e poi, scusa, ma vuoi pescare con quella roba? Pescatore n° 2: C'è qualcosa che non va? Pescatore n° 1: E' un po' leggerina, come fai a tirare su un pesce grosso con quella cannetta? Qui passano ricciole, barracuda, dentici. E quel filo cos'è? Un trenta??? Ma

quello come tocca le rocce si sbriciola! Dai retta a me prenditi una bella telescopica e un mulinello come si deve! Il pescatore n° 2 vorrebbe presentargli il signore del raccontino precedente, lo saluta e continua a lanciare. Raccontino n° 3 (Negozio di pesca) Pescatore: Vorrei vedere qualche canna da spinning Venditore: Eccola qui! Carbonio alto modulo, due pezzi, anelli in SIC, vernice metallizzata. Un gioiello! Pescatore: Non è un po' piccola? Venditore: Scherzi? E' una 2,10, lancia fino a 20 grammi. Pescatore: Volevo una 3 metri con potenza di almeno 50 gr. Venditore (ridendo): Ma lo sai cos'è lo spinning? Devi lanciare in continuazione, camminare, hai bisogno di una canna leggera, tre metri per lo spinning non ha senso. Pescatore: Ok, grazie ci vediamo.

Raccontino n° 4 (Spiaggia) Al rientro da una battuta di pesca a spinning (infruttuosa) su una scogliera dove ci avevano segnalato la presenza di grossi barracuda e dentici, incontriamo su una spiaggia un lanciatore con lunghi waders che, riconosciuti come colleghi, ci ferma per le solite domande. "Niente spigole oggi?" ci chiede. Istintivamente gli rispondiamo: "Spigole? Perché proprio spigole?" (Avevamo ancora in testa le prede per le quali eravamo andati fin lì). Quello ci guarda come se lo stessimo prendendo in giro: "Perché, cos'altro volete pescare a spinning, tracine?" Be', se peschi sempre sulla sabbia!....Lo pensiamo ma non abbiamo il coraggio di dirglielo.

Come vedete, la pesca con gli artificiali non è così semplice, le interpretazioni sul tema sono quanto mai variegate e complesse, anche se abbiamo notato una certa predisposizione di molti lanciatori a "fissarsi" su un solo tipo di spinning. Non esiste un solo spinning, occorre interpretarlo a seconda delle stagioni, dei luoghi e delle prede che vogliamo insidiare. Schematizzando, possiamo distinguere tre tipi di spinning in mare

a)Spinning leggero

E' indirizzato prevalentemente a spigole, secondariamente a occhiate, piccole ricciole e lecce, aguglie, sugarelli. Le zone da battere sono le acque basse caratterizzanti le "piane" e le scogliere basse, le calette, i moli. Occorrono canne corte e leggere, da 2,10-2,40, con potenza da 5 a 25 gr e mulinelli leggeri e poco capienti (si pesca con filo dello 0,20-0,25). Le esche dovranno essere di dimensioni ridotte, piccoli minnow o cucchiaini da lanciare direttamente senza zavorra, o piumette e anguilline in silicone da lanciare con piccole zavorre. Lo spinning leggero è adottato tipicamente da lanciatori d'acqua dolce che "migrano" al mare, ma è anche la riscoperta di molti pescatori che hanno utilizzato per troppo tempo attrezzature pesanti. b)Spinning medio

E' di gran lunga il più utilizzato nelle acque mediterranee perché più idoneo alle nostre prede ed alle nostre coste. Canne da 2,70 - 3 mt con potenza 15-50 gr, mulinelli da

300-350 gr con capienza 150-200 mt dello 0,30. Come artificiali minnow e popper da 9-11 cm o cucchiaini da 7-10 cm per 15-30 gr di peso. Con una attrezzatura di questo tipo si possono affrontare la maggior parte delle situazioni e prede tipiche delle nostre acque. c)Spinning pesante

Ci si arriva, prima o poi, è l'evoluzione finale di ogni lanciatore, quando ci si accorge che anche dalle nostre coste è possibile la cattura di prede eccezionali. E' indispensabile anche quando si vogliano raggiungere lunghe distanze, come dalle spiagge poco profonde. Occorrono canne da 3 metri in su (ma non consigliamo di superare i 3,60) capaci di lanciare esche pesanti, fino a 80 gr e più; il mulinello dovrà essere proporzionato e contenere almeno 200 metri di 0,35-0,40. Qualcuno usa attrezzature tipiche del rock-fishing, ma francamente ci sembra esagerato (quanto a lungo si può lanciare con una canna da 4 mt e mulinello da oltre mezzo chilo?). Gli artificiali sono grossi cucchiaini o pirker per il lancio dalle spiagge, o pesanti minnow e popper dalle rocce. A questo punto una considerazione si sembra doverosa. Ogni lanciatore, nella sua evoluzione piscatoria, man mano che migliora nella tecnica, nell'esperienza e nella conoscenza dei luoghi e delle prede, cattura con maggiore frequenza pesci di taglia e ricerca con sempre maggiore insistenza prede eccezionali. In altre parole, punta sempre più su uno spinning pesante, utilizzando attrezzature ed esche rivolte ai grossi predatori e dimenticando che, spesso, sono le prede minori a salvarci dai cappotti. Più grosso è l'obiettivo della nostra battuta di pesca, maggiore sarà la probabilità di insuccesso. Recuperare, in certi periodi dell'anno o in determinate condizioni, attrezzature, filo ed esche più leggere, può farci ritrovare il fascino di una pesca leggera (e comunque gratificante) indirizzata a prede più "normali".

IL LANCIO Nello spinning in mare non abbiamo in genere la necessità di lanci precisi, come avviene invece per le acque dolci. Essendo più importante la gittata, si dovrà cercare il lancio che consenta all'artificiale di arrivare il più lontano possibile. Se è vero, infatti, che normalmente non servono lanci lunghissimi (spesso bastano 15 -20 metri o poco più) è anche vero che in alcune occasioni qualche metro in più può aumentare notevolmente le possibilità di pesca. Il lancio più utilizzato è quello laterale, eseguito con una veloce frustata del braccio (con canne rapide) o con un movimento più ampio e morbido con canne paraboliche o con esche particolarmente pesanti. In assenza di vento le migliori distanze si raggiungono con inclinazione del lancio di circa 45 °, mentre con vento frontale è opportuno abbassare l'altezza del lancio per due motivi: la forza del vento aumenta allontanandoci dalla superficie, quindi un'esca che vola bassa risente meno dell'azione del vento; in secondo luogo, durante il lancio l'artificiale perde progressivamente la propria energia cinetica, dobbiamo ridurre quindi la durata dell'ultima fase nella quale il vento contrario può respingere indietro l'esca (in altre parole: minore è l'altezza del lancio, più rapida sarà la caduta dell'artificiale e più ridotta l'influenza del vento contrario). In caso di vento a favore occorre invece aumentare l'altezza del lancio, per gli stessi motivi. In alcune occasioni è necessario ottenere dei lanci precisi, ad esempio in alcune tipiche zone da spigole con acque basse, scogli sparsi e fondo irregolare, nelle quali è importante portare l'esca in punti precisi (anche per evitare di arroccare). In questo

caso il lancio dovrà passare sopra la testa del pescatore e compiere un tragitto perpendicolare alla linea dell'orizzonte. Abbiamo già accennato, in altra sezione, all'esigenza di esplorare con i lanci una zona più ampia possibile; non è produttivo, in genere, insistere per troppo tempo nello stesso posto, nello spinning è il pescatore che va a caccia della preda. Pertanto consigliamo di eseguire da ogni postazione circa 5-10 lanci, esplorando a ventagli il mare davanti a noi. E' molto importante lanciare anche parallelamente alla scogliera, dove spesso il predatore si nasconde in attesa della preda. In assenza di ferrate o segnali confortanti conviene spostarsi di qualche metro e ricominciare con i lanci. Non fate mai l'errore di pensare: "inutile spostarsi di 10 metri, se il pesce è in zona passerà anche qui" (sentita spesso). Niente di più sbagliato! Una spigola può restare ore ferma ad aspettare la preda dietro una roccia e non vedrà mai il vostro artificiale se non gli passa sotto il naso. Inspiegabilmente, questo vale spesso anche per i pelagici, abituati a scorrazzare in lungo e in largo anzichè appostare la preda. Conosciamo delle scogliere, apparentemente omogenee, nelle quali le catture si affettuano per il 90% negli stessi posti (pochi) mentre nel resto della scogliera, senza alcun motivo apparente, le catture sono solo occasionali. E' evidente, pertanto, l'importanza, almeno per i primi tempi, di esplorare ogni metro della nostra zona di pesca.

Zavorra? No, grazie. A parte le piumette, i piccoli cucchiaini e le anguilline in silicone, gli artificiali più utilizzati (cioè minnow, popper, cucchiaini) possono essere lanciati senza zavorra. Naturalmente occorre utilizzare esche con un certo rapporto peso/dimensioni e, comunque, adeguati alla potenza della canna. In genere per un buon lancio occorrono artificiali di almeno 15 gr, ma in caso di vento frontale è opportuno privilegiare esche più pesanti.

IL RECUPERO DELL'ESCA In genere, un cucchiaino o un pesciolino ben costruito risulta efficace anche se recuperato con velocità regolare, soprattutto in mezzo alla schiuma, ma è vero che un nuoto irregolare, a strappi, con continui stop, ripartenze e cambi di direzione, può costituire un'attrazione in più per il predatore smaliziato o poco propenso all'attacco. Conviene sempre alternare i due tipi di recupero, privilegiando il secondo quando ci accorgiamo della presenza di pesci svogliati. In ogni caso il recupero deve essere piuttosto veloce, considerando che un pesciolino di discrete dimensioni risulta "credibile" con velocità di 3,5-4 nodi, mentre per i cucchiaini può essere sufficiente una velocità minore. Tutti i movimenti impartiti all'artificiale devono essere prodotti con adeguata azione della canna. Con acque profonde la punta della canna dovrà essere tenuta bassa per un migliore controllo dell'artificiale, mentre se vogliamo che l'esca lavori più in superficie (ad esempio per evitare incagli su bassi fondali) dovremo tenere la canna alta. In ogni caso nell'ultima parte del recupero la punta della canna dovrebbe essere abbassata verso l'acqua per evitare che l'angolo troppo aperto formato dalla lenza con la superficie costringa l'artificiale ad un nuoto non corretto o addirittura ad uscire dall'acqua (il problema è più sentito con i cucchiaini perchè non hanno la paletta affondante). Questo è importante perchè spesso l'attacco avviene proprio in prossimità della riva.

IL RECUPERO DELLA PREDA Le prime volte accade quando ormai non ci crediamo più, quando il braccio lancia meccanicamente e la testa sta pensando ad altre cose. Nel primissimo istante è difficile distinguerlo dal solito incaglio, semplicemente l'artificiale si blocca, la canna si piega ed il pensiero istantaneamente ritorna lì, sotto la superficie. Poi avviene tutto in un attimo, le testate, la fuga, la scarica di adrenalina. E' la cosa più bella dello spinning, la ferrata in diretta, quale altra tecnica di pesca lo consente? E ora viene il bello. Che fare? Cominciamo col dirvi che solitamente non è opportuno ferrare subito, perchè: a) il predatore in genere si ferra da solo nella violnza dell'attacco; b) ferrare subito può significare esercitare una trazione sulla lenza proprio mentre il pesce comincia la prima fuga, che è la più veloce e potente, con elevato pericolo di rottura. Se proprio volete ferrare (può essere utile con pesci dal palato duro come i barracuda) fatelo dopo la prima fuga o se il pesce non è molto grosso. Una cosa che invece dovremo fare subito è regolare la frizione, che durante il recupero abbiamo lasciato piuttosto chiusa, in modo da assecondare la fuga dal pesce. Se questa si prolunga un po' troppo occorre chiudere gradualmente la frizione per evitare che il pesce porti via troppa lenza o possa intanarsi. Solo alla fine della prima fuga si può tentare l'avviccinamento della preda con una azione di pompaggio con la canna. Il recupero della preda deve essere fatto con la frizione più chiusa oppure, tenendo la frizione leggermente aperta, bloccando con la mano la bobina per evitare che slitti durante il pompaggio. Questa tecnica ci evita di regolare in continuazione la frizione a seconda del comportamento del pesce ed è consigliabile con pesci potenti: è più veloce togliere la mano dalla bobina nel momento in cui il pesce riparte piuttosto che aprire la frizione. Generalmente, dopo due o tre fuge un pesce di media taglia esaurusce quasi tutte le proprie energie ed è pronto per il salpaggio. A questo punto, se siamo su una scogliera, è opportuno scegliere velocemente la roccia o il punto dove avverrà il recupero. E' sempre opportuno, in caso di mare mosso, preoccuparsi prima di tutto della propria sicurezza e scegliere una roccia comoda e al riparo da pericoli. Questa fase è quella che presenta il maggior rischio di rottura della lenza; con onde grosse è frequente perdere pesci anche non troppo grossi, non sempre un raffio o un guadino salvano la situazione. In casi particolari (scogliere alte) può essere addirittura consigliabile salpare di peso il pesce, naturalmente con canna e filo adeguati. In generale, è sempre opportuno individuare già al momento della ferrata uno scoglio ampio e piatto dove far "scivolare" la preda ormai exhausta

Qualche considerazione sulle prede dello spinning mediterraneo Nel classificare i pinnuti secondo le loro abitudini alimentari, spesso commettiamo l'errore di distinguere troppo nettamente i predatori dai grufolatori e riteniamo, erroneamente, che la pesca con esche artificiali sia riservata esclusivamente alla prima categoria. In realtà anche i cosidetti grufolatori spesso mangiano altri animali vivi (vermi, molluschi, ecc...), con l'unica differenza che non attuano un agguato e l'inseguimento vero e proprio come può fare il classico predatore, trattandosi di "vittime" lente o immobili. Ma in caso di pesci palesemente in difficoltà come possono

apparire le esche finte, anche un grufolatore può trasformarsi in predatore, sia pure raramente. La differenza tra le due categorie non è così netta come potrebbe apparire, in realtà diverse specie non tipicamente predatorie mostrano di gradire esche in movimento, talvolta anche artificiali; chi pesca a fondo le mormore sa bene quanto sia efficace la cosidetta "trainetta", e nei confronti di questa specie hanno spesso avuto successo piccole esche siliconiche trainate lentamente e con piccoli guizzi. Saraghi e muggini sono stati spesso ingannati da piccoli rotanti, minnow o jig. Dallo scambio di informazioni con spinner di tutta Italia è emerso che sono state catturate a spinning dalla costa almeno una trentina di specie differenti, tra le quali, oltre alle specie predatorie tipiche dell'ambiente marino, anche altre specie assolutamente inconsuete come triglie, salpe e donzelle. D'altra parte non è più un mistero che si possano catturare orate a traina con esche vive, e recentemente ne sono state catturate alcune di mole elevata anche a spinning, con minnow e popper! Qualcuno si chiederà: sono cambiate le abitudini dei pesci o è dovuto alla maggiore perizia dei pescatori? Probabilmente tutt'e due le cose, ma bisogna tener conto che fino a poco tempo fa lo scambio di informazioni su questa tecnica era quasi inesistente, le catture inconsuete sono sempre state fatte ma solo ora se ne parla più diffusamente. Saraghi a spinning si catturavano anche quarant'anni fa con i primi Rapala. Se tutto questo rende il lancio con gli artificiali così affascinante e misterioso, bisogna anche ammettere che nella realtà le specie da insidiare in maniera specifica sono veramente poche; nelle coste sarde essenzialmente spigole e barracuda, ma in alcune zone e periodi particolari anche lampughe, lecce e pesci serra, escludendo da questo discorso i piccoli predatori (aguglie, occhiate, ricciolette) che normalmente non sono oggetto di pesca mirata a causa della loro mole ridotta. Ogni altra specie, per ora, può essere considerata una bella sorpresa, un regalo di questa tecnica ma l'evoluzione di questa tecnica, le migliorate conoscenze nell'uso degli artificiali e del comportamento dei pesci e soprattutto la tropicalizzazione del Mediterraneo porteranno sicuramente sviluppi inaspettati nello spinning marino.

Approssimativamente, possiamo distinguere le possibili prede dello spinning in tre categorie: a) predatori classici, cioè quelle specie che si nutrono normalmente di pesci vivi e che hanno innato l'istinto dell'agguato e dell'inseguimento (spigola, leccia, ricciola, occhiata, barracuda, dentice, serra, ecc...); in maniera più o meno marcata, tutte queste specie sono sensibili al fascino degli artificiali, ad eccezione della ricciola adulta che attacca le esche finte molto raramente; b) predatori atipici, cioè specie normalmente non predatorie ma che in alcune occasioni e con determinate esche finte mostrano atteggiamenti del predatore e aggrediscono gli artificiali (muggine, mormora, sarago, corvina); c) prede occasionali, per le quali l'attacco ad un'esca finta è sempre un fatto casuale e difficilmente ripetibile (es. triglie, salpe), probabilmente dovuto più all'istinto di difesa del territorio che a stimoli alimentari

Pesca a fondo y con currica o boya La pesca con flotador y a fondo, caen en la categoría de pesca de lanzamiento de cebo y son del tipo estático, es decir, una vez lanzado el señuelo, se espera a que pique el pez.

El equipo básico para estas prácticas, consiste en una caña especializada, que puede ser de una o dos manos. A la izquierda, se muestra una caña con gatillo para lanzamiento de señuelos, que se maneja a una mano, estando el carrete, típicamente de bobina fija cerrada o bobina perpendicular giratoria, en la parte superior de la misma. Las anillas, como es normal en estas cañas, quedan en la parte superior. La caña mostrada a la derecha, es del tipo de lanzamiento a dos manos, los que comúnmente se equipan con carretes abiertos de bobina fija. En este caso, el carrete se coloca en la parte inferior. La selección del tipo de caña, depende de los gustos personales. Los carretes, se clasifican, a grosso modo en carretes de bobina fija y los que la tiene giratoria. En el primer caso, existen dos tipos generales, los de bobina abierta y los de bobina cubierta. Los carretes de bobina fija y descubierta, tiene un dipositivo que girando, enrolla el sedal sobre la bobina, parte que a su vez, sube y baja de tal forma que se obtiene un enredado parejo. El dispositivo que gira, se denomina "aguja", por que en los carretes cerrados, es una aguja o un dispositivo similar el encargado de enrollar el sedal. En los carretes abiertos, se debe utilizar un dedo, generalmente el índice, para sostener el hilo sobre el cuerpo de la caña, luego, se levanta la "aguja" (se activa), se hace el movimiento de lanzado y una vez que el señuelo va hacia el frente, se suelta el sedal. Una vez que éste queda en la posición deseada, se dan una vueltas a la manivela para desactivar la aguja y ajustar la tensión del sedal. Los carretes cerrados de bobina fija, se manejan de una manera muy distinta a los de carretes abiertos. Los carretes cerrados, están equipados con un botón que al oprimirse, liberan la aguja, pero mientras no se suelte, el sedal no es liberado. Se hace el movimiento y cuando el señuelo empieza su viaje al frente, se suelta el botón.

En general, los carretes abiertos permiten lanzamientos más largos, porque les cabe más sedal y por que las cañas para estos carretes se pueden manejar a dos manos. Independientemente del tipo, un buen carrete, deberá presentar las siguientes características: 1. Sólido mecanismo de freno ajustable, ya sea en la parte posterior o al frente. 2. Un seguro antireversa para evitar los "nidos" de hilo enmarañado. 3. Rodamientos embalados. De material ligero y resistente. Si se piensa utilizar en el mar, más vale que también sea anticorrosivo. (no conozco ningún carrete cerrado específicamente diseñado para usarse en el mar) Sedal Con respecto a este punto, sólo puedo decir que el sedal a utilizar, deberá presentar la resistencia adecuada. Lo mejor es comprar sedales con "poca memoria", lo que significa que las espiras que se forman cuando están enrollados, desaparezcan rápidamente.

Una pequeña nota sobre el cuidado que se debe tener con los sedales. Este cuidado es mínimo pero muy importante: lavarlas a menudo con agua clara para retirar el polvo y tierra que las abrasan fácilmente. El sol (rayos ultravioeta) las deteriora rápidamente por lo que hay que guardarlas en un lugar obscuro y seco. Cuando las notes resecas, ha llegado la hora de sustituirlas. Pesca con Flotador El flotador se utiliza para obtener dos efectos básicos: 1. Mantener el señuelo a una cierta profundidad del agua sin llegar al fondo y Para que sirva de indicador de las picadas. Este aparejo de flotador, coloca el cebo a media agua, permitiendo que el anzuelo se mueva libremente, respondiendo a las corrientes. Si se desea, el plomo puedes omitirse, aunque ayudará a que el flotador se mantenga, más o menos en el mismo punto, sobre todo si hay viento sobre la superficie. Hay que recordar que si se utiliza carnada flotante, las posibilidades de que se enrede sobre el sedal son grandes. Del lado derecho, presentamos un aparejo con plomos distribuidos. Este arreglo, sobre todo si los perdigones son pequeños, permiten un movimiento más natural de la carnada. Aunque aquí se ilustran flotadores redondos, los hay de varias formas, algunas muy convenientes de usar cuando hay viento. Tipos de flotadores La lista de diferentes tipos de flotadores que podemos mencionar es bastante extensa, variando en su forma y comportamiento sobre el agua. Y entre los materiales empleados para su confección, encontramos: madera, corcho, cañon de pluma de ave, textiles y materiales plásticos. Entre las formas comunes, encontramos: • • •

esféricas alargados ahusados

A algunos flotadores, como el mostrado al principio de este apartado, se les coloca un poco de agua para modificar la profundidad en la que permanecerá, así como para añadir peso suficiente para un lanzado a mayor distancia. Otros flotadores, muy alargados, trabajan en forma horizontal hasta que un pez muerde el sebo, en ese momento, el flotar se "para", sirviendo así como indicador. Unos más, con una panza seguida de un vástago, son apropiados cuando sopla el viento ya que otros tipos tienden a ser arrastrados por él. Los flotadores aplanados, como las tiras de corcho, tiene aplicaciones en técnicas como el arrastre, sobre todo con carnadas naturales o artificiales flotantes.

Pesca a Fondo En la pesca a fondo, se trata de colocar al señuelo, como el nombre lo sugiere, sobre el fondo del rio, lago o presa. Básicamente, se utiliza una o varias plomadas para llevar la carnada al fondo del agua y dependiendo de las condiciones del fondo, se utilizan diferentes formas de plomadas, así como el lugar sobre la línea en donde se colocan.

Aunque existe una enorme cantidad de tipos de plomadas (o plomos como a veces les decimos), la mayoría se pueden clasificar en dos grandes familias: 1. Deslizantes. 2. Fijos. y según su forma en: 1. 2. 3. 4.

Redondos. Cónicos o en forma de gota. Tubulares. Ahusados.

Los plomos deslizantes, presentan una perforación a lo largo de su cuerpo, por la que se hace pasar la línea. Los plomos fijos, tienen, por lo regular una orejita, lugar en donde se ata el sedal. Estos plomos, se pueden usar como deslizantes siempre y cuando, el diámetro de la oreja no sea muy grande. Existen plomos con orejas tales que giran para evitar que la línea se enrede, en el caso de plomos con oreja, siempre es preferible usar este último tipo. Arriba a la izquierda, se muestran unos perdigones que se emplean para colocar pequeñas cargas sobre el sedal, con el propósito de producir una mejor distribución del plomo sobre el mismo. El hilo se pasa por la muesca y se aprieta suavemente con una pinza, NO UTILICES tus dientes si estos perdigones son de plomo, recuerda que este elemento es tóxico. Los perdigones, que se encuentran en diferentes tamaños, son muy apropiados para utilizarse junto con flotadores y se les aplica tambien en algunas técnicas de pesca con mosca. Tambien se pueden encontrar plomos hechos de tiras aplandadas que se enrollan sobre la línea, tubitos que se deben cortar a la medida de las necesidades, y muchos otros más, sin contar todas aquellas cosas que se pueden utilizar improvisadamente como tuercas, bujías de motor o inclusive piedras. PLOMOS SEGÚN SU FORMA Las diferentes formas de los plomos, los hacen útiles para las diversas situaciones a la que uno puede enfrentarse. Plomadas redondas. Este tipo de plomadas, casi todas deslizantes, se utilizan sobre fondos "planos" y permiten que la línea se deslice lateralmente. En lugares rocosos, se atoran fácilmente. Es buena idea, cuando son nuevos, raspar los orificios para eliminar rebabas que pudieran dañar el sedal Plomadas cónicas. Son muy útiles en lugares pedregosos, ya que si se orientan correctamente, su forma evita atascamientos (a veces de todas formas se atoran). Las hay fijas y deslizantes. Los plomos fijos, en su mayoria presentan un perfil de gota ya que es necesario que presenten un punto de conexión con su oreja, ya sea fija o giratoria. Plomos cilíndricos o tubulares. Estos plomos, son muy económicos y puenden ser de tamaño realmente considerable. En fondos rocosos, se atoran fácilmente. Se pueden conseguir tanto deslizantes como fijos. Plomos ahusados. La forma ahusada confiere a estos plomos, las ventajas de la mayoría de los otros perfiles, por lo que son de uso popular. Los plomos deslizantes, como su nombre implica, se deslizan sobre la línea, en forma libre o acotada, dependiendo del tipo de pesca que se esté realizando y también, de las preferencias personales. Con estos plomos, lo usual es construir un aparejo, en donde el anzuelo está colocado en la parte final de la línea y el plomo se encuentra entre éste y la caña. Aqui se ilustra un plomo con ojal.

Lo plomos fijos, se utilizan, comúnmente con aparejos con el anzuelo entre el plomo y la caña. En la pesca de fondo, se pueden utilizar casi cualquier tipo de carnadas, ya sean naturales o artificiales, aunque muchos pescadores ortodoxos, evitan el uso de los cebos artificiales, ya que lo consideran antideportivo, pero muchos otros, no utilizan otro tipo de carnadas que no sean artificiales. El aparejo mostrado a la derecha, corresponde al típico aparejo empleado en la pesca a fondo, en donde se ha utilizado un perdigón como tope para un plomo corredizo. Las variaciones encontradas, incluyen aparejos que emplean DESTORCEDORES en al menos un punto entre la punta de la caña y el anzuelo. En lo personal, cuando pesco a fondo. utilizo un aparejo formado por dos destorcedores con clip, que me permiten la fácil y rápida substitución tanto del plomo como del anzuelo, además de que éstos funcionan como topes para el plomo deslizante.

L’evoluzione della pesca sportiva e il progressivo aumentare della sospettosità dei pesci, ha portato all’utilizzo di terminali sempre più sofisticati e super accessoriati. Spesso però anche queste montature vengono snobbate, ed ecco che un sano ritorno alla semplicità potrebbe rivelarsi la carta… anzi il Jolly vincente.

il “Jolly Napoletano” è un terminale atipico e micidiale. Sconosciuto in molte parti d’Italia, ha saputo ripagare a suon di catture chi ha “osato” dargli fiducia. Semplice e veloce di realizzazione, non necessita neanche di eccessive doti manuali. Gli elementi che lo costituiscono sono ridotti all’indispensabile. Ami, filo, e qualche piombino spaccato. La sua efficacia è straordinaria, su ogni tipo di fondale e con ogni tipo di preda; decidere di adottarlo dipende molto dalle specie presenti e dalle nostre ambizioni. Nonostante sia molto poliedrico, la sua resa è ottimale su fondali compresi tra i 25 ed i 70 metri, misti o roccia, anche se può soffrire gli incagli . Non soffre invece i grovigli garantendo sempre un’ottimale presentazione dell’esca e una veloce discesa sul fondo per eludere pesci disturbatori come boghe o altro.

Il Jolly è un terminale che può essere realizzato direttamente sulla lenza madre, anche se è preferibile -e in fondo cambia poco- prepararlo separatamente. Lo schema di base prevede uno spezzone di lenza del diametro dello 0,30/0,35 lungo un metro e mezzo a alla cui estremità va collegato un amo dal n° 6 al numero… (alla vostra ambizione!!!). A cinque centimetri dall’amo inseriremo un pallino spaccato che farà da battuta al piombo di grammatura variabile che sarà a goccia o sferico scorrevole, inserito direttamente passante sulla lenza e al quale daremo una corsa di circa 80 cm, determinata dall’inserimento di un altro pallino spaccato. A monte di quest’ultimo legheremo due braccioli con lo stesso amo e lo stesso diametro di lenza utilizzato in precedenza. Questi avranno lunghezza non oltre i 10 centimetri e saranno legati esclusivamente tramite nodo. Un'asola raddoppiata a 15 centimetri di distanza, completerà il tutto rendendo questo terminale intercambiabile.

RICCIOLA

(Seriola dumerilii)

Caratteristiche.

È un pesce bello, lungo e affusolato come un siluro, potente e forte come può esserlo solo un corridore del mare. Il profilo è leggermente ricurvo, il muso è arrotondato ed è caratterizzato da un'espressione severa, quasi corrucciata. Le mascelle giungono sino alla metà dell'occhio. Le scaglie sono molto piccole: lungo la linea laterale ce ne sono da 150 a 180, secondo gli esemplari. Le pinne dorsali sono due e la prima è molto più piccola della seconda. La pinna anale, anche se un poco più piccola, è simile alla seconda dorsale. La pinna caudale è profondamente forcuta. Il dorso è blu o grigio argento, i fianchi sono più chiari e il ventre è bianco argento. Lungo i fianchi corre un'iridescenza dorata e dorato è pure l'occhio degli individui giovani, che sono gialli con strisce scure verticali. t visibile anche una diffusa macchia scura sul capo, subito dietro gli occhi. Può raggiungere i due metri di lunghezza e i cinquanta sessanta chili di peso. È carnivora e la riproduzione avviene in primavera e all'inizio dell'estate, secondo le zone. Dove vive. La Ricciola è comune in tutto il Mediterraneo e nell'Atlantico meridionale. È un pesce d'alto mare, che ama gli sconfinati spazi liquidi e la severità dei fondali profondi, pur non disdegnando la luminosità della superficie. Solitamente incrocia al largo, in piccoli branchi, inseguendo i piccoli pesci azzurri, di cui si ciba. La si può trovare a duecento metri di profondità, subito sotto il pelo dell'acqua, secondo gli umori dei momento, secondo le correnti dominanti e secondo le quote a cui si trova il pranzo più appetitoso e più abbondante. Alle rive si avvicina solo in primavera e nella tarda estate, seguendo gli invisibili sentieri che le hanno insegnato ì suoi avi e che, oltre a lei, conoscono tutti i pesci migratori. Nel periodo degli amori la Ricciola sente il bisogno di acque un poco più calde ed allegre, adatte ai riti sessuali e alla deposizione delle uova. Ecco che seguendo la strada della sua continua migrazione la Ricciola compare all'improvviso in prossimità delle coste, soprattutto al largo delle punte rocciose che si incuneano nel mare e sulle secche. Il suo incontro è comunque più facile al Sud che al Nord, nelle isole (Sardegna e Sicilia comprese) piuttosto che in continente. Ovunque ci sono zone particolarmente note per il passaggio dell'instancabile corridore del mare. Un anno dopo l'altro, ad ogni primavera, le Ricciole arrivano in massa all'appuntamento e in certi luoghi i branchi, composti in alcuni casi da decine e decine di individui, passano a pelo d'acqua a pochi metri dalle rocce, tanto da essere avvistabili dall'alto del precipizio. All'appuntamento ci sono spesso anche i pescatori di frodo, che pescano con le bombe. Costoro si appostano sui picchi più alti della scogliera e quando vedono il branco di grossi pesci sotto di loro gettano in mare l'ordigno mortale. La bomba non esplode immediatamente, ma comincia ad affondare, Le Ricciole, incuriosite dallo strano oggetto e ignare del pericolo, invece di scappare si avvicinano ancor più alla bomba che, esplodendo, compie un vero e proprio massacro. La maggior parte delle vittime, dato che di solito questi luoghi precipitano rapidamente nel blu, calano, straziate, verso il fondo, a quaranta o cinquanta metri più giù, mentre solo una piccola minoranza galleggia e viene raccolta dagli uomini con pochi scrupoli e venduta. Chi non ha molta dimestichezza con i pesci è difficile che si possa accorgere un esemplare è stato catturato con i tradizionali sistemi di pesca o con le bombe, perché i pinnuti esternamente non presentano alcuna ferita. La devastazione è tutta interna. La deflagrazione subacquea, infatti, non agisce direttamente sul pesce, ma sull'ambiente, provocando contraccolpi terribili ai corpi immersi nel raggio di parecchie decine di metri. Un pesce pescato con le bombe ha gli organi interni spappolati, la spina dorsale ridotta in minuti pezzettini. Tornando alla Ricciola, c'è un sistema per capire se ci troviamo di fronte a un esemplare "bombardato", oppure no. La Ricciola è un pesce tutto d'un pezzo, un unico fascio di muscoli duri come il ferro, con una spina dorsale robusta e ben dimensionata. Se prendete una Ricciola catturata con un fucile subacqueo o con una lenza e la appoggiate a un muro, il pescione rimarrà dritto in piedi, rigido come un baccalà. Se fate la stessa cosa con una Ricciola uccisa con le bombe, questa si affloscerà sul pavimento, quasi ripiegandosi su se stessa. L'attività dei pescatori di frodo negli ultimi

anni è diminuita da una parte e si è perfezionata dall'altra. È diminuita a livello dilettantistico, perchè le coste sono sempre più abitate ed è difficile passare inosservati dopo aver gettato una bomba; si è perfezionata a livello professionale, perché a farla sono pescherecci apparentemente con le carte in regola, che si avvicinano a una zona buona, lanciano il loro messaggio di morte, ne raccolgono i frutti incuranti degli eventuali testimoni che possono assistere da terra e poi se ne vanno con le stive piene verso i porti di provenienza, che possono essere anche lontani dal punto della strage. Per quanto riguarda le Ricciole, i bombaroli o bombardieri (così si chiamano i pescatori che si dedicano a questo tipo di pesca) hanno imparato a sfruttare in maniera totale la loro carica distruttiva. Dopo l'esplosione, gli addetti ai lavori recuperano prima il pesce affiorato e poi mandano in acqua una squadra di sommozzatori con tanto di bombole ad aria che raggiungono il fondo e fanno piazza pulita pure del bottino che si è inabissato. Le Ricciole morte vengono legate dai sub a una robusta corda, tanto da formare un vero e proprio grappolo di pesci, che poi viene issato in superficie per mezzo di potenti argani esistenti sull'imbarcazione. Una pesca questa indubbiamente fruttifera, che però deve essere non solo tenacemente combattuta ma anche decisamente condannata. Nelle giornate assolate e di calma piatta, a volte le Ricciole si avvicinano alle spiagge sabbiose, dove la profondità è minima e il blu degli abissi abbastanza lontano. Succede soltanto dove la civiltà non è ancora arrivata in maniera prepotente e dove il silenzio non ha perso la sua sovranità. Allora la Ricciola pare prediligere le foci dei fiumi o dei torrenti che si riversano in mare e i frangiflutti dei rari porticcioli ancora un poco tranquilli e non troppo inquinati.

PESCE SERRA

(Pomatomus saltator)

Caratteristiche.

Il Pesce Serra raggiunge le dimensioni medie che variano tra i 2 e i 5 chili e può raggiungere e oltrepassare il metro di lunghezza. Il serra più grosso catturato in Italia è di 14,5 chilogrammi. Si nutre prevalentemente di aguglie o di cefali che attacca voracemente e il suo attacco spinge, a volte, la sua preda in pochi centimetri di acqua, senza alcuna possibilità di fuga. La sua spettacolare dentatura è stata concepita per afferrare e tranciare, sia le prede che per i terminali dei poveri pescatori che vedranno dopo pochi secondi di lotta, il serra riprendere il largo. La riproduzione avviene con uova pelagiche che si schiudono in alto mare, i piccoli si spostano in mare aperto fino a raggiungere la loro maturità, circa i 2 chili di peso. Dove vive. Tenace e spettacolare combattente risulta essere una delle più belle prede cui si può aspirare. Con l'aumento della temperatura media del mediterraneo degli ultimi anni, la presenza del pesce serra è diventata più costante e frequente, mentre anni addietro, la sua presenza era limitata alla fascia costiera compresa tra Calabria e il Lazio. Il Pesce Serra si sposta in fitti banchi in alto mare e si avvicina solo alla costa dalla primavera fino ad inizio inverno, seguendo i branchi pelagici. Non è raro comunque catturare dei serra anche in altri periodi, sopratutto mentre si traina alla spigola, lungo i promontori con fondali elevati o nei pressi delle isole. Le altre fasce costiere preferite da questo vorace predatore sono le secche in alto mare, le franate e le coste rocciose alte, quelle sabbiose miste in prossimità di porti, foci di acqua dolce e laghi salmastri, dove può facilmente cacciare le sue prede. Il sub può incontrare il pesce serra durante l'aspetto alla ricciola o al dentice, ma il tiro non sarà mai facile, visto il profilo affusolato della preda e la sua costante mobilità. Sarà più facile catturarlo nella schiuma, quando è intento a banchettare con un branco di poveri cefali o di salpe, altra sua preda preferita, cogliendolo di sorpresa.

TECNICHE DI BASE DESCRIZIONE

Il nome drifting contraddistingue la pesca dalla barca in deriva, anche se con questo termine si intende esclusivamente la pesca al tonno gigante, praticata con barca in deriva oppure ancorata ed utilizzando canna e mulinello. Questa tecnica, oramai largamente diffusa, è stata introdotta nel nostro paese negli anni '70 per merito di un medico bolognese, Adamo Benfenati, che applicò ed adatto alla realtà adriatica le tecniche utilizzate dai francesi. I primi tentativi furono fatti al largo della foce del Po con incredibili risultati. Da allora è stata fatta molta strada ed in Italia, specialmente in Adriatico, si sono organizzati innumerevoli team per la pratica di questa sportivissima tecnica. Una delle particolarità del drifting è l'impiego esclusivo della sarda come esca e della necessità della pasturazione continua, sempre con la sarda, effettuata con una particolare tecnica, chiamata "strisciata". Va precisato che la pratica del drifting non è proprio alla portata di tutti, sia in termini di esperienza sia in termini di risorse economiche necessarie, visto che per praticarla è indispensabile una barca con spiccate caratteristiche di altura e un'attrezzatura da pesca di prim'ordine.

ATTREZZATURA Le caratteristiche della barca da impiegare per il drifting, la collocano nella fascia alta dei "fisherman" o almeno, in barche spiccatamente d'altura visto che questa tecnica prevede la raggiunta di poste distanti dalle 8 alle 15 miglia dal porto più vicino e quindi è necessario essere a bordo di un'imbarcazione capace di affrontare ogni evenienza. Inoltre, la cattura di un tonno gigante non si esaurisce con la ferrata, al contrario. Il bello comincia proprio in quel momento e possono essere necessarie 2 o 3 ore per salpare un pesce di 200 Kg!. Anche la barca deve essere attrezzata per il drifting, con il montaggio di una sedia di combattimento e sufficiente spazio in poppa, oltre a un GPS e a un ecoscandaglio. Passando all'attrezzatura vera e propria, sono necessarie almeno tre canne scelte in base al sistema di combattimento che si vuole utilizzare o sarebbe meglio dire, a quale tipo di combattimento è predisposto chi deve recuperare la preda. I sistemi sono due: la sedia di combattimento o il sistema stand up. Il primo sistema prevede, subito dopo la ferrata, di sedersi ed agganciarsi alla sedia di combattimento e di infilare il piede della canna nell'apposito bicchiere posto in mezzo alle gambe di chi vi sta seduto. Inoltre la canna è fissata al giubbotto di combattimento tramite due ganci che collegano il mulinello al giubbotto stesso. Questa "imbracatura" permette di scaricare la forza di trazione esercitata dal tonno anche sulla sedia stessa e sul busto, risparmiando in parte le braccia che possono anche mollare per qualche secondo la presa senza correre il rischio di finire in acqua! Il sistema stand up, come dice il nome, prevede che il combattimento sia fatto in piedi, fissando il piede della canna nel bicchierino della cintura indossata da chi combatte e al solito giubbotto di combattimento. Si comprende facilmente che questo sistema è molto più faticoso, anche se più sportivo, e se non si ha un fisico preparato può risultare addirittura pericoloso, in quanto la forza sviluppata da un bestione può anche far "volare" in acqua il pescatore. Le canne per questi due diversi sistemi di recupero sono diverse per lunghezza, azione e conformazione del piede. Vediamo il profilo dei due diversi tipi: Sistema "Sit Down" (Seduti): Lunghezza intorno ai 2,5 metri, evitando misure

inferiori ai 2,3 metri che potrebbero dare problemi negli ultimi metri del recupero. I passanti devono essere molto resistenti a doppia carrucola oppure singola, a seconda della potenza della canna stessa. Il carbonio offre le soluzioni migliori in resistenza e leggerezza, associata ad un'azione decisamente parabolica. Il manico deve essere dritto e sagomato per adattarsi al bicchiere della sedia di combattimento. Inutile dire dell'attacco del mulinello che su queste canne si presenta sempre estremamente affidabile e potente. Sistema "Stand Up" (in piedi): Lunghezza compresa tra 1,8 - 2,0 metri, per aumentare la leva a vantaggio del pescatore. Passanti resistenti e a doppia o singola carrucola, a seconda della potenza della canna. La leggerezza è fondamentale con questo sistema, quindi la scelta non può che cadere su attrezzi al carbonio, il più leggero possibile. L'azione di queste canne deve essere di punta progressiva, in modo da mantenere una posizione alta della canna per farla lavorare al meglio. Il manico è particolare e presenta una curvatura che permette di manovrare meglio la canna fissata alla cintura e di scaricare parte della forza di trazione sulle gambe. L'attacco del mulinello è anche in questo caso adeguato e potente. La potenza di queste canne deve essere scelta in base alla stazza delle probabili prede, partendo dalle 30 libbre per i tonni di branco e le verdesche per arrivare alla classe 50-80 per i tonni giganti e gli squali volpe. I mulinelli, adeguati per potenza alle canne, devono essere solidi ed estremamente affidabili e presentare una discreta capienza, capace di offrire una riserva di monofilo anche nelle situazioni più difficili. Per la frizione è meglio scegliere un modello a leva invece che a stella, in quanto presenta una regolazione più visibile e permette di segnare facilmente un punto di riferimento per la regolazione della ferrata e per il combattimento, magari tarati a secco, aiutandosi con un dinamometro. Orientativamente, la frizione va regolata per cedere filo su una trazione del 30-35% del carico di rottura della lenza utilizzata; quindi per la classe 30 libbre dovrà essere regolato sui 4,5 - 5 Chilogrammi mentre per la classe 50 libbre andrà regolato sugli 8 chilogrammi. Per caricare il mulinello, esistono 3 alternative: il tradizionale Nylon, il Dacron e il più recente multifibre. Quest'ultimo, a parità di classe, permette di usare maggiore quantità di filo in bobina con un conseguente vantaggio in autonomia. Per i terminali, useremo il nylon, meglio se al fluorocarbonio, con un carico di rottura da 100 a 200 libbre a seconda della stazza delle prede e del nostro senso di sportività. In caso si tenti la cattura di Verdesche e Squali Volpe è più sicuro impiegare un terminale in acciaio tipo piano wire, meglio se di colore nero. Le girelle devono essere adeguate alla trazione a cui saranno sottoposte ed è conveniente utilizzare le apposite girelle per il Big Game. Visto che l'esca utilizzata è quasi sempre la sarda, l'amo va scelto in base alla stazza della preda comunque sempre compreso tra le misure 7/0 e 10/0 in acciaio e perfettamente affilati. Nel caso di una ferrata, conviene sostituire l'amo con uno nuovo e rifare successivamente la punta a quello che ha catturato. Altri accessori necessari per questa tecnica, oltre a quanto già descritto, sono palloncini gonfiabili (ne vedremo poi l'uso!), normali piombi da bolentino di diversa grammatura ed elastici normali da ufficio, pinza e manicotti per la costruzione dei terminali, poi due robusti raffi se è vostra intenzione salpare la preda oppure una pinza per tagliare il terminale se siete orientati allo "strike and release". Infine, per maggior sicurezza del pescatore e di chi deve manovrare il terminale nelle fasi finali. Del combattimento un paio di robusti guanti.

PESCA

A

FONDO

Descrizione: Questa tecnica permette di portare i nostri inneschi direttamente sul fondo ed a una distanza variabile dalla costa, permettendo la cattura di molte specie, anche molto pregiate. Nel tempo, la pesca a fondo a generato tecniche più specifiche che hanno preso nomi diversi, come il surf casting, il beach legering e il rock fishing, tanto per citare le più diffuse. La tecnica descritta il questa sezione descrive un modo di pescare generico e di base che non compromette però la cattura di prede importanti e significative. Prede: Le prede più frequenti con questa tecnica sono: Sarago, Sciarrano, Donzella, Tordo, Ghiozzo (Nero), Bavosa, Mormora. Saranno più rare le prede come: l'Orata,

l'Ombrina,

il

Grongo,

la

Murena,

la

Spigola.

Esche: Per la pesca a fondo vengono largamente impiegati gli anellidi, il gambero, il totano a striscioline o se di piccole dimensioni, interi. Molto utilizzati e redditizi sono anche la cozza, il murice, il paguro e l'oloturia a strisce. Di

impiego

più

raro

e

limitato

la

sarda

e

altri

pesci

esca.

Brumeggio: Per questa tecnica non viene utilizzata, di norma, la pastura. Ultimamente, la commercializzazione di pasturatori pesanti sta diffondendo l'utilizzo del brumeggio anche per questo metodo di pesca in mare che comunque non si discosta dalla preparazione classica a base di pane, sarde o formaggio. Attrezzatura: Per praticare questa tecnica ci serviremo di una bolognese leggera ma resistente, capace di lanciare dai 50 ai 80 grammi di piombo. Ad essa sarà abbinato un mulinello medio, con frizione graduale e resistente, capace di contenere 150-200 di monofilo 0.35-0.40. La lunghezza dell'attrezzo sarà scelto in base al luogo di pesca, utilizzando bolognesi sui 3-5 metri per la pesca a fondo nei porti, 4-6 metri per la pesca dalle coste rocciose e dalla spiaggia. Altro elemento importante sono i piombi che, per questa tecnica, assumono un ruolo decisivo per la riuscita sia del lancio che del recupero. Utilizzeremo piombi diversi a seconda delle condizioni del mare e della conformazione del fondale su cui si pesca. Le forme e le grammature in commercio sono infinite, quindi cercheremo di dettare alcune regole di scelta che ci aiuteranno a scegliere il piombo più idoneo alla situazione che ci troveremo ad affrontare: - Pesca a fondo nei porti: Piombi a oliva o a goccia scorrevoli dai 25 ai 60 grammi - Pesca a fondo dalla scogliera: Piombi a oliva o a palla scorrevoli dai 35 agli 80 grammi. Piombi piramidali con anello da 50 a 80 grammi - Pesca a fondo dalla spiaggia: Piombi a cono o a saponetta da 50 a 80 grammi. Per il monofilo la nostra scelta cade su uno 0.35-0.40 per la lenza madre (il monofilo della bobina del mulinello) e su un monofilo tipo super dello 0.28-0.35 per le montature. Indispensabili sono delle buone girelle medie, con e senza moschettone. Gli ami sono un altro elemento dell'attrezzatura che in questa tecnica deve essere scelto in base alla situazione meteorologica, al luogo di pesca e alle esche utilizzate. Una soluzione ottimale è rappresentata da ami del n. 10-8 a gambo storto, nichelati o bruniti che può considerarsi un tipo di amo universale per le esche maggiormente utilizzate. Tra gli accessori utili in questa tecnica non può mancare un reggi canna,

utilissimo sia dalle coste rocciose che dalla spiaggia, una lampada tipo speleologia in caso si peschi di notte, il solito retino porta pesci e uno slamatore. Montatura: Le montature per la pesca a fondo sono principalmente due, differenti tra loro sia per le prede catturabili, sia per le esche utilizzate. - Montatura scorrevole: il finale, da montare a valle della girella legata alla lenza madre, è costituito da uno spezzone di monofilo super dello 0.30 lungo circa 1 metro. Dopo aver realizzato un'asola ad una delle estremità, infiliamo un pezzo di guaina di plastica di filo elettrico come salva nodo e subito dopo un piombo a oliva (oppure degli atri tipi già visti) del peso scelto. Inseriamo un altro pezzo di guaina salva nodo e leghiamo una piccola girella senza moschettone. A questa girella verrà legato, tramite un'asola, il bracciolo costituito da uno spezzone di monofilo super dello 0.25 lungo 3040 cm montato con un amo del n. 8 storto. Opzionalmente, possiamo legare un bracciolo uguale anche sul finale, a circa 50 cm dalla prima asola del finale, ricordandoci di inserire sempre un pezzo di guaina salva nodo. - Montatura fissa: il finale è costituito da uno spezzone di circa un metro e 20, di monofilo super dello 0.30. Praticheremo al finale due asole, una per ogni estremità, che serviranno rispettivamente per agganciare il finale alla girella della lenza del mulinello, e per legare la girella con moschettone dove agganceremo il piombo piramidale con anello del peso scelto. I braccioli sono 3 e saranno costituiti da uno spezzone di 25 cm di monofilo super dello 0.25-0.28, montati con un amo storto del n. 10. I braccioli saranno fissati sul finale a 50 cm uno dall'altro, partendo dall'alto verso il basso. In questo modo, l'ultimo bracciolo pescherà praticamente a contatto del fondo. Queste montature possono essere usate sia con mare calmo che con mare mosso. In quest'ultimo caso può essere più conveniente limitare il numero di braccioli, pescando con un solo amo per la montatura scorrevole e con due ami per quella fissa. Azione di pesca: Una volta raggiunta la zona di pesca, prepareremo la canna con il finale scelto. Converrà preparare diversi finali già pronti, perché il cruccio del pescatore dedito a questa tecnica è quello degli incagli sul fondo, a cui sono soggetti sia i piombi che gli ami del finale. Bisogna quindi essere preparati a sostituire i finali con frequenza e averne di già pronti, ci eviterà grosse perdite di tempo a doverne confezionare dei nuovi sul luogo di pesca. Per offrire un orientamento al pescatore, sarà bene montare uno o l'atro finale a secondo della morfologia del fondale, per limitare al massimo gli incagli e per aumentare le probabilità di cattura: Pesca a fondo nei porti: Finale scorrevole con 2 ami o finale fisso con 3 ami Pesca a fondo dalle coste rocciose con fondale misto di sabbia e scogli: Finale scorrevole con uno o due ami Pesca a fondo dalle coste rocciose con fondale roccioso: Finale fisso con 3 ami o due nel caso di mare mosso Pesca a fondo dalle coste rocciose con fondale sabbioso: Finale scorrevole con 2 ami Pesca a fondo dalla spiaggia: Finale scorrevole con 2 ami Una volta scelto il finale più adatto, innescheremo gli ami con le esche scelte. Anche in questo caso si rendono necessari alcune direttive sulla scelta delle esche. Maggiori informazioni sull'uso e su come procurarsi alcune esche, sarà trattato appositamente in una zona del sito ad esse dedicato. Useremo per: *Pescare a fondo nei porti: anellidi (naturali o di importazione) come il coreano, la tremolina, il bibi, il gambero a pezzi o il gamberetto intero, il totano a pezzi, il paguro e la sarda a strisce. *Pescare a fondo dalle coste rocciose: gli anellidi già visti, il gamberetto intero, il totanetto o la seppiolina intera, il murice (sgusciato), il paguro, la cozza (sgusciata), la sarda (la parte terminale con la coda), l'oloturia a strisce. *Pesca a fondo dalla spiaggia: anellidi (arenicola in testa), il murice, il paguro e l'oloturia a strisce. *Una volta innescati gli ami, faremo il lancio che porterà le esche al largo. Il lancio è la parte più importante ed è necessario effettuarlo in modo che si raggiungano distanze dalla costa decenti e che non provochino danni all'attrezzatura o alle esche. La procedura per un lancio decente

non è facile da descrivere solo con le parole, comunque proviamoci… l'esperienza farà il resto! Una volta che gli ami sono stati innescati, portiamoci sul bordo della banchina del porto e riavvolgiamo la lenza in eccesso nel mulinello, fermandoci quando la girella è a circa 10 cm dal primo anello della canna. A questo punto portiamo la canna alle nostre spalle, ruotando il busto di circa 45°. Fermiamo il filo di bobina con l'indice della mano destra e apriamo l'archetto del mulinello, poi portiamo la mano sinistra ad impugnare la canna nella parte finale del manico, che costituirà il punto fermo di un'immaginaria catapulta. A questo punto abbasseremo la punta della canna, facendo in modo che essa sia quasi parallela al suolo. Appena ci sentiremo pronti dovremo fare un movimento che sincronizzi tutti i movimenti seguenti in uno unico: faremo un passo avanti, ruotando il busto e contemporaneamente alzeremo il braccio destro verso la nostra testa, mentre il sinistro abbasserà il manico della canna verso il nostro fianco sinistro. Il dito indice sente sempre più la pressione del filo teso tra il mulinello e il piombo terminale, provocando una curvatura della canna che aumenta proporzionalmente, man mano che il movimento di torsione del busto e del braccio destro portano la canna a diventare perpendicolare alla banchina, per poi oltrepassare la testa fino ad arrivare a essere a 45° con la banchina. E' in questo momento che il dito indice lascia libero il filo della bobina del mulinello che sarà così libero di seguire lo slancio del piombo che, descrivendo una parabola discendente porterà le esche al largo. Più questa serie di movimenti contemporanei sarà fluido e coordinato, più il nostro lancio sarà efficace e farà raggiungere al piombo distanze ragguardevole. Una volta effettuato il lancio, lasceremo che il piombo completi la sua corsa verso il fondo. Quando non vedremo più il filo di bobina uscire dal mulinello sarà il momento di chiudere l'archetto e inizieremo un lento recupero della lenza in eccesso. Quando sentiremo il piombo pesare sulla lenza, metteremo la canna sul reggi canna o, in mancanza, bloccheremo la stessa tra gli scogli, con il cimino in leggera tensione. A questo punto non resta che aspettare e seguire i movimenti del cimino, segno inconfondibile della mangiata del pesce. L'abboccata sarà segnalata da una flessione più ampia delle altre e seguita da un tremito continuo. E' il momento di impugnare la canna con entrambe le mani, stringendo un po' la frizione del mulinello. Siamo pronti ad iniziare la fase di recupero, portando ben alta la canna fino all'altezza dei nostri occhi e incocceremo in maniera decisa per far penetrare l'amo in profondità e contemporaneamente staccare il finale dal fondo; inizieremo il recupero con velocità regolare, lasciando alla frizione e all'elasticità della canna il compito di contrastare le eventuali testate del pesce. Una volta che avremo portato in superficie il pesce allamato potremo considerare come concludere il recupero "volando" il pesce sugli scogli o guadinarlo, se le sue dimensioni sono un po' al di sopra della norma. Slameremo la preda e potremo innescare nuovamente gli ami per un altro lancio. Bisogna dire che raramente ad ogni lancio segue una cattura, anzi… quindi quando vedremo il cimino rimanere immobile, vorrà dire che le esche sono state mangiate senza che nessun pesce sia rimasto allamato. Dovremo quindi ritirare il tutto per ripetere l'innesco degli ami. Per evitare inutili incagli sarà bene procedere come se avessimo allamato un pesce e tenendo ben alta la canna, incocceremo e recupereremo il tutto con regolarità e senza fermarci. Mentre per la pesca a fondo nei porti e dalle coste rocciose non è consigliabile muovere le esche da dove sono cadute in seguito al lancio, nella pesca a fondo dalla spiaggia non solo ciò è possibile ma è addirittura un modo molto valido per attirare l'attenzione delle possibili prede verso le nostre esche, aumentando di molto le possibilità di cattura. Comunque è di notte che questa tecnica ci darà le soddisfazioni più grandi, permettendoci la cattura di saraghi e mormore di buona taglia. Il surf casting (termine americano, letteralmente "Lanciare sull'onda") è una tecnica praticata nei paesi atlantici ed introdotta in Italia, almeno al grande pubblico, verso la fine degli anni '80, grazie ad alcuni pescatori che hanno svolto un preziosissimo lavoro di adeguamento delle tecniche statunitensi alle realtà del mediterraneo, sperimentandole sulle coste della Sardegna che, ancor oggi, risultano essere le più adatte e quindi le più fruttuose per questa tecnica. Infatti, le tecniche atlantiche puntano alla cattura dei grossi predatori che, nella fase di alta marea, si avvicinano alla

costa per cacciare, attirati dalla schiera di grufolatori che si cibano degli organismi che il movimento delle acque liberano dalla sabbia. Anche per il surf nostrano, i concetti rimangono pressappoco gli stessi, solo che la minor escursione tra la bassa e l'alta marea, non crea quella sufficiente mangianza ad attirare né grufolatori né predatori. Si è verificato che tali condizioni si ricreavano quando le onde delle mareggiate si infrangono sulla spiaggia, sconvolgendo il fondale e liberando piccoli molluschi e crostacei che attirano appunto i grufolatori e di conseguenza, anche i predatori. Quindi, la prima regola del surf mediterraneo è quella che se non c'è onda, non c'è surf, anche se, in questi ultimi anni, ci si sta accorgendo che questa regola trova delle eccezioni e per alcune prede, come la mormora, orata, saraghi e razze si verificano catture anche con mare calmo. Da questa constatazione è nata una tecnica, seppur analoga al surf casting, se ne differenzia sostanzialmente perché si pratica in condizioni di mare calmo o quasi calmo, chiamata "beach legering", che prevede un'attrezzatura e una filosofia più "leggera" del surf casting. Tornando alla tecnica oggetto dell'articolo, va detto che tra tutte le pesche possibili in mare, il surf casting brilla per la sportività e per l'alta frequenza di cappotti! Infatti, a differenza di altre tecniche, il risultato di una battuta di surf casting è troppo legata al momento "magico" per essere alla portata di tutti. Prima di tutto il surf castman deve individuare con esattezza quando il mare è nelle condizioni ideali, cioè quando il moto ondoso libera nutrimento facendo accorrere le prede e quindi poterle insidiare. Queste condizioni non sono frequentissime e possono durare per un tempo variabile, sia di giorno che di notte, in cui il surf casting può offrire entusiasmanti catture.

ATTREZZATURA Quando il surf casting fu introdotto nel nostro paese, i primi appassionati si trovarono in difficoltà per quanto riguardava l'acquisto dell'attrezzatura necessaria, in quanto quasi nessuna casa costruttrice aveva a catalogo tali attrezzature e quindi si ricorreva a cataloghi esteri, soprattutto francesi e americani, che ne erano stracolmi. Quindi i primi surf castman hanno cominciato a lanciare dalle nostre spiagge con attrezzi non molto lunghi, in fibra piena ad innesti, capaci di lanciare anche 200 gr di piombo! Ben presto ci si è resi conto che tali attrezzi erano troppo corti per le nostre spiagge e non riuscivano a mandare le esche nella zona di mangianza. A seguito di continue richieste, le case costruttrici hanno intuito il potenziale mercato ed hanno iniziato a produrre attrezzatura specifica per la realtà mediterranea. Oggi è possibile trovare linee di canne e mulinelli pensati apposta per il surf, piombi capaci di resistere a qualsiasi mareggiata e tutta una serie di accessori che rende la vita del surf castman sicuramente più facile. Vediamo cosa serve al neofita per iniziare a praticare questo bellissimo sport: Canne: Di solito si usano 3 canne di diversa lunghezza e potenza, rapportate ai luoghi dove andranno usate, diciamo a partire dai 3,80 mt. per arrivare ai 5. La scelta cadrà su modelli specifici, telescopici, con potenze che andranno dagli 80-150 gr di piombo e devono avere quelle caratteristiche costruttive capaci di superare prove impegnative quali le mareggiate invernali ed i continui strappi e sollecitazioni del lancio. Importante è decidere, quando si sceglie la canna, quale tipo di mulinello deve essere abbinato, visto che è possibile con questa tecnica usare mulinelli a bobina rotante e se decidiamo di usare uno di questi mulinelli è necessario che la canna sia predisposta a questo uso e che sia dotata di un adeguato attacco porta mulinello e di un manico corto. Se

decidiamo di dedicarci anche al beach legering, bisogna fornirsi di altre due canne più leggere, dai 4 ai 5 mt e con potenze da 40 a 80 gr, sensibili, magari con cimino intercambiabile. Mulinelli: Alle canne scelte, devono essere abbinati mulinelli adeguati, ma con spiccate caratteristiche di salinità e resistenza. Anche in questo campo esistono prodotti specifici che soddisfano ogni richiesta del surf castman. Come già accennato, nel surf possono essere impiegati due tipi di mulinello: a bobina fissa e a bobina rotante. Diciamo subito che la discussione su quale dei due sia più adatto è ancora aperta e accesa e tale rimarrà, in quanto, la scelta rimane un fatto legato più alle preferenze personali che a ragioni meramente tecniche. In un prossimo articolo, vedremo di mettere in luce pregi e difetti dell'uno e dell'altro sistema, per poter dare a tutti un metro di scelta più oculato. Al neofita va consigliato sicuramente il sistema a bobina fissa che dà meno problemi e pensieri al pescatore. Inoltre, per i primi tempi, ci si deve concentrare sulle tecniche di lancio ed usare un mulinello a bobina fissa, semplifica sicuramente l'apprendimento delle tecniche di lancio. Una volta apprese queste, ci si potrà avvicinare al lancio con il rotante che richiede sicuramente più tecnica. Le caratteristiche del mulinello devono essere quelle di un attrezzo veloce e potente nel lancio e recupero, dotato di più bobine di ricambio caricate con monofili diversi, e con una frizione affidabile e di facile regolazione. Conviene spendere due parole sulla bobina del mulinello che nel surf casting veste un ruolo importante; infatti il suo profilo di uscita del monofilo può condizionare positivamente o negativamente la gittata del lancio, a causa dell'attrito che può generarsi tra i due elementi. Scegliendo prodotti progettati per il surf si potrà contare su caratteristiche tecnologicamente migliori. Monofili: Forse nessuna tecnica delle acque salse richiede una varietà di monofili come il surf casting e non parliamo solamente di diametri, ma anche di colore, carico di rottura, fluorescenza e resistenza alle abrasioni. Nel surf si impiegano diversi monofili: per caricare le bobine del mulinello useremo monofili di tipo super con diametri che partono dallo Ø0.20 fino allo Ø0.40, con caratteristiche di alta resistenza alle parrucche e alle abrasioni. Anche il colore è importante, in quanto un tipo colorato risulta essere più visibile nelle fasi di recupero delle prede; per lo "shock leader", formato da uno spezzone lungo un paio di metri più lungo della canna, viene utilizzato un monofilo con un carico di rottura maggiore variabile in base alle caratteristiche di elasticità della canna utilizzata e al piombo montato sul finale, comunque compreso tra Ø0.30 e Ø0.60. E' utile specificare l'uso dello shock leader: esso permette, nelle fasi di lancio, di poter forzare il carico impresso al movimento rotatorio del lancio oltre il carico di rottura del monofilo presente nella bobina del mulinello, senza veder partire il calamento completo di piombo ed esche. Quindi lo shock leader viene montato come finale della lenza madre del mulinello, tramite un nodo particolare, e alla fine di esso viene legata la girella a cui attaccheremo poi il finale (o il piombo, a seconda del calamento che stiamo utilizzando). Quando parleremo delle montature del surf casting, approfondiremo ulteriormente questo argomento. per la costruzione dei calamenti sono necessari una varietà di monofili, con diametri e caratteristiche diverse, capaci di sopperire a ogni necessità. Dovranno essere di tipo super, resistenti al nodo e di colore neutro, oppure fluorescente. Di solito nei calamenti vengono utilizzati due diametri diversi, quello più grosso verrà utilizzato per creare la lenza madre e quello più sottile per legare gli ami. Questa differenza è

necessaria, visto che la lenza madre dovrà reggere il peso del piombo, mentre sui bracci, dove sono montati gli ami, è necessario avere un diametro più basso, per fare in modo che sia meno visibile. per alcuni calamenti particolari è necessario disporre di terminali in acciaio, già montati, oppure del filo di acciaio ricoperto, in bobina, da montare. In questo ultimo caso è necessaria una pinza e relativi tubetti (sleeves). Utilissimo per i gronghi e per il pesce serra. per legare alcuni tipi di esche, come ad es. il filetto di sarda, utilizzeremo un monofilo a basso costo, dello Ø0.12 - Ø0.16, oppure del filo elastico.

ATTREZZATURA

Ami: Anche qui sono necessari diversi tipi e modelli: per la "caccia grossa", impiegheremo ami in acciaio con occhiello, magari con la punta ad "artiglio d'aquila", della misura adatta all'esca che impiegheremo. Utili anche ami a gambo lungo, cromati, a paletta, quando si usano i vermi (arenicole, murriddi, verme di rimini, ecc.). Buoni anche i modelli stagnati, dritti, a paletta o con occhiello, per la sardina (intera o a filetto), tranci di calamaro, di seppia, ecc. Per le dimensioni, esse saranno scelte in rapporto al volume dell'esca, preferendo il montaggio di più ami piccoli, a "corona", invece di uno solo ma più grande.

Piombi: Per poter lanciare le nostre esche alla distanza voluta, utilizzeremo dei piombi di diversa forma e diversa grammatura. Di volta in volta sceglieremo la miglior combinazione forma/peso per raggiungere una distanza sufficiente a portare le esche in pesca e, cosa ancor più importante, farcele rimanere il tempo sufficiente al pesce per abboccare. Da qui la necessità di utilizzare piombi particolari, studiati appositamente per il surf casting, che hanno la caratteristica di offrire poco attrito nel lancio ma molta resistenza all'effetto di trascinamento che costantemente le onde fanno in direzione della battigia. Tra tutti, il più pratico e il più efficace rimane il famoso "Cono Meloni", un cono di piombo con un peso dagli 80 gr. ai 200 gr., con attacco sfasato dal centro e con una lavorazione a "becco" che frena l'azione delle onde, mentre la forma a cuneo "vola" egregiamente. Atri modelli validi presentano forme appiattite, a disco o a rombo, la cui superficie è lavorata a bassorilievo e quindi, una volta poggiato sulla sabbia, offre una buonissima resistenza al trascinamento. Esistono anche modelli che funzionano egregiamente con mare molto mosso o in situazione di forte corrente, chiamati "spike" (arpione), che presentano degli arpioni

d'acciaio che, infilandosi nella sabbia, lo tengono ancorato al fondo. In commercio esistono comunque diversi tipi di piombo, con diversa forma e diverse grammature. Nella scelta dei modelli da utilizzare bisogna comunque tenere conto di alcuni parametri: - Potenza della Canna - Terminale impiegato - Condizioni meteo Quindi, se abbiamo attrezzi da lancio leggero è inutile portarsi a spasso pesi di 150 grammi! Ugualmente, se le nostre zone di pesca sono a fondo misto di sabbia e roccia o sabbia e poseidonia è perfettamente inutile portare gli spike anche se il mare è molto agitato, perché li lasceremmo tutti sul fondo. Minuterie: Il Surf Casting richiede accuratezza e particolarità; è naturale che anche la comune minuteria deve avere caratteristiche ben definite. Soprattutto le girelle devono essere scelte ed usate a ragion veduta. Quindi, oltre ad un buon assortimento di misure e tipi (con o senza moschettone, a 2 e a 3 vie e le recentissime girelle multiple), bisognerà anche utilizzare quelle che su quel particolare calamento, possono assolvere meglio al compito loro affidato. Non dimentichiamo che il Surf Casting vuol dire turbolenza e marosi e i monofili sono soggetti a parrucche e imbrogli che ottime girelle e particolarità nel montaggio possono prevenire. Nel surf casting vengono poi utilizzati diversi altri elementi comuni ad altre tecniche, come galleggianti, esche artificiali, palline fluorescenti, filo di piombo, ecc., elementi che vedremo in dettaglio quando parleremo delle montature che le utilizzano. Accessori: Nel surf casting alcuni accessori, più che complementari dell'attrezzatura, ne sono parte integrante. Il puntacanna o il tripode sono indispensabili per poter svolgere l'azione di pesca ed è impossibile concepire il surf casting senza questo prezioso strumento. Guardiamoli nel dettaglio:

Puntacanna (o Puntale): E' uno strumento che, conficcato nella sabbia, permette di infilarci il piede della canna, sorreggendola e permettendo di tenere la canna in tensione senza doverla avere sempre in mano. Di solito sono realizzati in alluminio o in materiale plastico, adatto quindi a resistere alla salsedine. Sono da consigliare modelli lunghi almeno più di un metro, un metro e mezzo, in quanto è fondamentale tenere la canna molto alta per evitare il più possibile l'azione delle onde sul filo del mulinello. Tripode (o "treppiedi"): E' uno strumento molto funzionale, anche se adatto più al beach legering, che permette di posizionare le canne in pesca su di esso, in modo che siano visibili le abboccate. Il tripode ultimamente si è anche completato con tutta una serie di accessori che rendono più comoda la postazione di pesca, come ganci vari, vaschette, ripiani, ecc. utilissimi in fase di innesco e per avere tutto a portata di mano. Comunque molti "surfer", continuano ad utilizzare il classico puntale che è comunque più facile da spostare ed ha l'innegabile vantaggio di poter piazzare le canne anche a diversi metri di distanza l'una dall'altra in modo da coprire una porzione di spiaggia maggiore.

Altro accessorio utilissimo è il raffio, mentre il guadino non viene utilizzato nel surf casting. Le prede più grosse vanno infatti raffiate e salpate prima che raggiungano la battigia. Le prede più piccole possono essere spiaggiate in tutta sicurezza. Il raffio non deve avere particolari caratteristiche, và bene un modello robusto, anche non telescopico. Altro accessorio utile sono gli stivali a coscia o meglio ancora il "Wader" ascellare, specie di tuta, di solito in neoprene, che presenta in un corpo unico stivali, pantaloni e corpetto. Esso permette di entrare in acqua fino alla cintola senza bagnarsi. E' utilissimo per salpare le prede, oppure in presenza di fondali bassi, permette di fare il lancio stando in acqua anche a diversi metri dalla battigia, aumentando così la gittata del lancio. Chiudiamo, almeno per il momento, la lista degli accessori con la voce "illuminazione". Anche se non ne abbiamo ancora parlato diffusamente, il 90% delle battute di surf casting si svolgono di notte e il reparto illuminazione deve essere ben fornito almeno di due fonti luminose: - Una lampada a mano con un fascio potente e profondo, utilissimo per raggiungere la postazione e da posizionare adeguatamente in modo da illuminare le fasi di allestimento dell'attrezzatura e il recupero delle prede; - Una lampada da testa che ci servirà per illuminare le fasi di preparazione dei calamenti e l'innesco degli ami ed è quindi indispensabile un fascio luminoso potente e concentrato. E' meglio che abbiano le batterie distaccate in modo da non appesantire la testa e di non cadere ad ogni lancio. Nel caso il modello scelto funzioni con le batterie attaccate, basterà una piccola modifica per portare il vano batterie alla cintura e collegarle alla lampada tramite un filo elettrico adeguato.

LE PREDE Nel surf casting possono essere considerate prede tutte le specie che vivono su fondale sabbioso e praticamente tutte le specie predatrici presenti in mare. Questa considerazione introduce un concetto base del surf che distingue le prede possibili in due grandi categorie: ƒ

Grufolatori: Sono annoverate in questa categoria tutte le prede che mangiano a stretto contatto con il fondo, magari impiegando apparati particolari forniti da madre natura (vedi triglia e ombrina) per scavare nella sabbia alla ricerca di cibo. Queste prede si muovono soprattutto con mare mosso e in scaduta, cioè in presenza di una corrente sostenuta che sollevando la sabbia dal fondo, facilita la ricerca e la cattura dei organismi che vivono sotto di essa e che sono l'alimento base di queste prede. Quindi, se manca questa corrente, con molta probabilità mancheranno anche le prede in pascolo e servirebbe a poco impostare una battuta di pesca su queste prede in una giornata di mare calmo. Và precisato che questo concetto, come sempre, trova delle eccezioni per alcune prede come la mormora e il sarago. Fanno parte di questa categoria: e Grufolatori Predatori

Solo Grufolatori

Grufolatori Generici

Triglia, Ombrina, Razza, Rombo, Sogliola

Mormora, Sarago, Spigola, Orata, Cefalo, Tracina, Scorfano, Occhiata, Squaliformi Corvina, Grongo

e

Le sottocategorie, stilate sulla base delle esperienze di pesca, ci consente di dire che, tra i grufolatori, alcuni presentano comportamenti diversi, con tendenza ad

attaccare le esche anche in condizioni meteo normali e con mare calmo, oppure presentano uno spiccato atteggiamento predatorio, attaccando anche esche vive in condizioni di non particolare mangianza. ƒ

Predatori: Appartengono a questa categoria le prede che abboccano di solito ad esche vive o morte ma che gradiscono poco le esche a contatto stretto con il fondo, preferendo l'attacco in zone più alte e dove l'esca deve presentare una certa mobilità. Appartengono a questa categoria: Spigola, Tracina, Leccia e Leccia stella.

Come nelle altre tecniche, anche nel surf casting è probabile la cattura di prede che classicamente non appartengono alle categorie illustrate come i labridi, i serranidi e altre specie come sugarelli e boghe. Chiaramente la cattura di queste avviene solo in presenza di conformazioni particolari del fondo, di solito ambienti misti di sabbia e scoglio, oppure per la vicinanza di dighe foranee o di porticcioli. Totani e Calamari possono essere considerate esche generiche, in quanto interessano un pò tutte le specie catturabili in mare, dal tonno ai ghiozzi. Inoltre per la loro buonissima resistenza all'amo, le fanno largamente impiegare nel Surf Casting, Rock Fishing, Traina e Drifting. A pezzetti o, se di misura piccola, interi anche nel bolentino a tutte le profondità. Inoltre la facile reperibilità sul mercato, il costo abbastanza contenuto e la buona resistenza al congelamento, ne fanno una delle esche principe della pesca in mare. Precisiamo che non ci sono particolari differenze di impiego tra l'una e l'altra specie, tranne il fatto che il totano presenta una fosforescenza naturale più spiccata e quindi viene validamente impiegato nel bolentino di profondità dove risulta più visibile di altre esche. Sia il totano che il calamaro non richiedono particolari preparazioni per l'innesco; se devono essere innescati a pezzi, conviene separare la testa dal resto del corpo, che potrà essere innescata intera, e svuotare la sacca del corpo privandola della conchiglia interna trasparente e tagliarla a rondelle (tipo frittura surgelata) dello spessore voluto. Questa rotella potrà essere poi innescata a piccoli pezzi su ami piccoli, a striscia (dai 5 ai 10 cm.) su una montatura a più ami nella traina costiera, nel surf casting, oppure così com'è per avere esche particolarmente voluminose nel bolentino e nel rock fishing. I tentacoli possono essere impiegati con particolare successo nella pesca alle boghe e alle occhiate, sia con canna fissa che bolognese, montandoli su ami a gambo lungo del 10. Essendo un'esca bianca, risulta anche molto visibile di notte e rimane una delle esche preferite del grongo nella pesca notturna nei porti o dalle scogliere. Anche nella pesca di buca trova un validissimo inpiego con i ghiozzi, le bavose e gli scorfani. Non hanno un particolare potere odoroso e sono quindi da consigliare con acque calde e non eccessivamente torbide; i surf castmen hanno escogitato un trucchetto per ovviare a questo inconveniente: montano una sardina aperta a libro, privata della lisca e della testa, rivoltata, scorrevole sul bracciolo e poi innescano la sola testa del totano o del calamaro, formando così un "animale" ibrido molto attirante. É comunque intere che esprimono il massimo del loro potere catturante e montate per la traina lenta, possono dare risultati inaspettati con ricciole, lecce, serra e addirittura tonni di branco. Inoltre sono molto appetiti, al pari della seppia, dai dentici. Il sistema migliore per l'innesco è quello a due ami, di cui uno trainante e l'altro catturante. Il primo può essere più piccolo e deve essere appuntato tra le due pinne stabilizzatrici del totano o del calamaro, in modo da trainarlo in una maniera naturale, mentre il catturante viene innescato nella testa, facendo uscire la punta tra i due grossi occhi del mollusco. Nel caso di innesco col vivo, l'amo catturante sarà invece appuntato in prossimità della testa, senza ledere organi vitali che, inevitabilmente, ucciderebbero la nostra preziosissima esca.

Sia il totano che il calamaro possono essere conservati egregiamente sotto sale oppure congelati. Se sono di grosse dimensioni, conviene congelarli singolarmente, in modo da utilizzare solo la quantità che ci necessita per la battuta di pesca. In questo articolo tratteremo principalmente del muggine, tenendo conto che lo stesso discorso riguarda altri pesci usati comunemente come esca: la boga, il sugarello, l'occhiata, la salpa, ecc. Al contrario della Sarda, sono esche meno generiche e meno appetite dai grufolatori e dalle prede più piccole, mentre sono le esche ideali per insidiare i grossi predatori con le diverse tecniche. I muggini e gli altri pesci esca possono essere reperiti ad un prezzo abbordabile in qualsiasi mercato ittico ma per molti aspetti è meglio pescarli personalmente, utilizzando una canna fissa, galleggiante e utilizzando un po' di pasta come esca. Nelle tecniche con il vivo questo sistema è l'unico praticabile, insieme a quello che prevede l'uso di una nassa a maglie strette. Per conservarli vivi e vegeti fino al momento dell'impiego, potremo utilizzare un secchio con un po' d'acqua di mare, magari dotato di un piccolo ossigenatore a batteria. Con le tecniche col vivo, potremo insidiare principalmente la spigola, la leccia, la ricciola, il dentice, il pesce serra, i gronghi e le murene. Casualmente, altri predatori possono attaccare queste esche vive: rombi, razze, tracine, cernie, luccio di mare, ecc. La taglia consigliata per l'innesco è quella piccola, dai 5 ai 12 cm. Taglie maggiori non sono consigliabili, se non nella traina, sia per non dover ricorrere a molti ami per l'innesco, sia perché il predone esiterebbe nell'attaccare o meno l'esca. Con il vivo di solito si impiegano terminali scarsamente piombati, perché il peso stesso del piombo frenerebbe il movimento dell'esca, stimolando meno il predatore che scoprirebbe l'inganno. Con il vivo, più che con le altre esche, l'imperativo assoluto è naturalezza e se pur viva, l'esca non appare naturale agli occhi del predatore, difficilmente deciderà di attaccarla. Di solito l'innesco può avvenire in due modi: Innesco con un solo amo: si impiega un amo piuttosto grosso (1-2/0) e si appunta tra la testa e la prima dorsale, cercando di non scendere troppo in profondità per non ledere l'apparato branchiale del muggine. Questo innesco è consigliabile perché di solito il predatore attacca l'esca dalla testa.

Innesco con due ami: si impiegano ami piuttosto grossi (1-2/0). Il primo amo va fatto passare attraverso la bocca, stando attenti a non ledere l'arteria che si trova sotto l'apparato boccale del cefalo e va appuntato nella cavità anale di questo. Il secondo va fissato tra la testa e la prima pinna dorsale, come illustrato nel disegno. Con l'esca morta le cose si semplificano e l'innesco può avvenire più profondamente e anche con più ami e rispecchia la montatura tipica già vista per il vivo. Un altro valido innesco è quello fatto con il filetto ricavato dal fianco del muggine ed si monta passando l'amo più volte nel filetto e fermandolo con un piccolo cappio fatto in prossimità della paletta o dell'occhiello dell'amo. Nel Surf Casting e nel Rock Fishing è anche molto utilizzato l'innesco rivoltato, già illustrato per la sarda.

Il muggine e gli altri pesci esca sono validi esche tutto l'anno, con punte maggiori di efficacia in inverno e in tarda estate e sono utilizzabili nei diversi ambienti tipici della pesca in mare, come le spiagge, l'interno e l'esterno dei porti, le scogliere alte e basse e le foci dei fiumi.

CORVINA

(Sciaena umbra, Corvina nigra) Caratteristiche. È un bel pesce robusto, corpulento e nello stesso tempo sinuoso e delicato come un fiore. Il corpo è alto e compresso, il profilo è curvo, il muso arrotondato, le mascelle sono grandi e si estendono sino al margine posteriore dell'occhio. Le scaglie sono evidenti e ruvide. Le pinne dorsali sono due, ma distinte e unite solo da una sottile membrana. La pinna anale è breve , caratterizzata dalla seconda spina grossa e appuntita. Gli esemplari adulti hanno la pinna caudale squadrata e delineata, mentre gli individui giovani ce l'hanno leggermente dentata. Il colore ha riflessi bronzei, iridati e metallici, come l'arcobaleno che si forma quando si spande la benzina sull'asfalto. Il dorso e i fianchi sono prevalentemente bruni con i riflessi dorati; il ventre è più chiaro e sfuma dal bianco all'argento. Le pinne sono scure, bronzee anch'esse, me le spine delle pinne pelviche e della pinna anale sono addirittura candide e sott'acqua ben visibili pure nelle tane più scure. Può arrivare comunque a una lunghezza di quaranta centimetri e a quattro chilogrammi di peso, benché certe volte possa raggiungere dimensioni superiori, dai sessanta centimetri di lunghezza e tra i cinque e i sei chili di peso. Nel Mediterraneo la Corvina si riproduce nella tarda primavera e in estate. È carnivora e va pazza di piccoli crostacei e di teneri molluschi, benché, quando ha proprio fame e non trova di meglio, non disdegni nemmeno i minuti pesci azzurri che si avvicinano alla costa e che attacca con la foga di un predatore di razza, dimostrando una decisione e una grinta veramente insospettabili, visto il suo aspetto apparentemente mansueto e ascetico. La Corvina ha gli occhi neri grandi e rotondi. L'etichetta e la buona educazione che le sono state inculcate da piccola sono sempre presenti nel suo mondo di vivere. La Corvina si raggruppa sempre in piccole tribù di individui tutti più o meno della stessa grandezza e tutti talmente ossessionati dal pericolo di dare fastidio al prossimo che, pur di non correre questo rischio, quasi non si muovono, rimanendo nella penombra di una tana come palloncini di natale. Dove vive. La Corvina è comune nel Mediterraneo, nel Mar Nero e nell'Atlantico orientale, a nord fino al Golfo di Biscaglia e a sud fino al Senegal. Vive generalmente tra i cinque e i sessanta metri di profondità, ma la si trova facilmente tra i quindici e i quaranta metri. Come la Cernia, è un pesce di scoglio con abitudini stanziali. Perciò non si allontana mai troppo dalla sua tana e dalle scogliere sommerse. Al contrario della Cernia però, non usa emigrare "in verticale" nel corso dei mesi invernali rimane più o meno nella stessa zona anche quando fa freddo e la superficie delle acque è percorsa dai gelidi venti di tramontana. Le sue tane sono tutt'altro che complicate ed inaccessibili: di solito sono ampie grotte munite di diverse aperture alle quali filtra la luce del sole, come se si invece di essere sott'acqua si fosse all'interno di una chiesa o sotto la navata di una solenne cattedrale; oppure sono gallerie spaziose; oppure ancora balconate di roccia praticamente invisibili dall'alto. Spesso l'ingresso di queste tane non dà direttamente allo scoperto, ma in riparati canaloni stretti tra due pareti, dove le Corvine più piccole del gruppo evoluiscono mollemente, con tutte le pinne d'oro spiegate come le vele di altrettanti galeoni, sotto gli occhi severi e tranquilli dei genitori, che invece se ne stanno al riparo, subito dietro l'ingresso di casa. Insomma: nonostante la Corvina sembri una personcina assennata e molto pratica, in realtà coltiva in sé una notevole mania di grandezza . Le tane piccole e buie, i tortuosi cunicoli tetri ma sicuri non le sono congeniali. La Corvina è di stampo nobile e pertanto rifiuta le stamberghe per abitare soltanto gli incantati palazzi delle fate, dove la penombra azzurra è sovrana e dove i raggi di luce dorata fanno risalire la sua elegante livrea. La Corvina, che per i suoi colori metallici e le sue pinne leggiadre un ambiente del Mediterraneo, è invece da noi una preda abbastanza comune. La si trova esclusivamente sui fondali rocciosi, specialmente dove ciclopici macigni si alzano dal

fondo, alla base di pareti verticali o sull'orlo di un abisso. L'importante è che il fondale sia sufficientemente tormentato e ricco di ampie caverne. Un altro habitat molto congeniale della Corvina è la zona di conifere tra la roccia e l'alga, oppure tra la roccia e la sabbia, ma sempre dove la luce del sole arriva attutita e mitigata da qualche riparo.

Le tecniche di pesca con una "bolognese" possono essere le più varie (non sia mai detto che la pesca non sia anche fantasia!). Sarà quindi possibile svariare su più fronti: dalla pesca all'inglese (stile importato dal Regno Unito in cui è molto praticato); al ledgering (senza esagerare e tenendo conto dei limiti tecnici dei mezzi); finanche allo spinning. Ma lo stile di pesca che più si confà a questo tipo d'attrezzatura è sicuramente la tecnica "d'importazione" ovvero, per dirla breve, col galleggiante. Non tutti i tipi di galleggianti e non tutti i pesi rientrano in questo tipo di pesca: per essere precisi, occorre includere galleggianti a "penna di pavone" (e le sue numerose imitazioni in materiali artificiali) e i classici galleggianti "inglesi" (costituiti da tubetti di plastica di varia lunghezza e con varie grammature). Pescando dalle nostre parti, e menzionando le specie ittiche presenti nelle acque a noi limitrofe, ci si rende subito conto che le dimensioni delle nostre probabili prede non saranno spropositate e quindi l'attrezzatura dovrà adottare pesi e misure proporzionati: le prede più ambite e maggiormente prestanti (parlo della stazza) sono sicuramente la spigola, il cefalo e il sarago ed è difficile che esemplari superiori al chilo e ½ finiscano allamati nelle nostre "trappole" (anche se non mancano segnalazioni, per mia modesta conoscenza, di spigole di più di 3 kg di stazza: ma l' incontro con questi mostri da costa è molto raro). L' importanza delle giuste proporzioni del "bagaglio" risiede nel fatto che, per fare un esempio concreto, una spigola pesante un kg circa non sarà in grado di portare con sé un galleggiante di 8g+1 e, di conseguenza, non ci darà mai il tempo di ferrare prontamente (imboccherà l' esca ma, al peso enorme da portare sott' acqua, risputerà il tutto con nostra estrema delusione!). Detto questo, sempre per modestia e umiltà, ma anche per non lasciare nulla al caso, devo ammettere che con un galleggiante da 50g mi è capitato di catturare un donzella; ma devo affermare, in modo definitivo, che la pesca è uno sport probabilistico e come tale va praticato, cercando di non lasciare nulla al caso e curando la metodicità, specie quando i risultati sono buoni

DOVE PRATICARLA Dopo avervi accennato, sui generis, della pesca con la bolognese, cominciamo a vedere quali possono essere i luoghi che si prestano all' utilizzo di tale tecnica. Poche ma utili regole ci eviteranno di farci perdere tempo e pazienza: I) cerchiamo luoghi che ci permettano di avere a poca distanza da noi delle profondità adeguate (almeno 1 e ½ - 2 metri min. di profondità ad un max. di 20 metri ca. di distanza da riva); questo è importante per due motivi: 1- le prede più pregiate non

stazionano né mangiano a profondità inferiori; 2- con un galleggiante del peso di 3/4g max. sarà molto arduo arrivare oltre i 20/25 metri da riva, specie nelle giornate ventose; II) i moli artificiali dei porti e delle insenature vicino ai centri portuali offrono un buono scenario di pesca: profondità elevata a distanza piuttosto ravvicinata e, il più delle volte, offrono un buon riparo dalle intemperie; III) le spiagge esclusivamente sabbiose sono, quasi totalmente, da escludere visto che, nella stragrande maggioranza dei casi, digradano molto lentamente ed è difficile avere la profondità che cerchiamo( in quei casi lo scenario si presta maggiormente al surfcasting o al beach-ledgering); IV) validissime risultano anche le scogliere che offrono un panorama ben più ampio delle acque interne ad un' insenatura artificiale vista la vitalità delle acque che le bagnano e la varietà di specie che le frequentano ma, anche qui, non è tutto oro quello che luccica: in caso di mare mosso o di giornata ventosa pescare in questi punti diviene un' istigazione al suicidio e non va sottovalutata la "questione comodità" per farla breve, valutate da voi il luogo che più si confà alle vostre capacità e necessità!

ATTREZZATURA Dopo aver illustrato grosso modo la tecnica e aver catturato l' attenzione dei più(spero), si può cominciare a scendere un po' più nel particolare e mostrare l' attrezzatura, gli stili, i terminali che maggiormente si confanno a quella che, sempre a mio modesto parere, è la tecnica di pesca più raffinata: quant' è difficile allamare una spigola lo sa solo chi se n' è fatte scappare tante ( quantomeno all' inizio). CANNE Per bolognese s' intende una canna telescopica, di lunghezza compresa fra i 4 e gli 8 metri ( ma anche oltre) e anelli distribuiti lungo tutto lo sviluppo dell' attrezzo, che si presta ad uno squisitamente costiero che necessiti dell' uso di galleggianti. Detto questo, la nostra scelta potrà ricadere sugli attrezzi più svariati: dalle economiche e robuste bolognesi in fibra di vetro che ci consentiranno di effettuare il giusto periodo di apprendistato ( £ 30.000- 65.000), alle raffinate canne in fibra di carbonio ad alto modulo e con diverso tipo d' intreccio( da £ 85.000 finanche ai 2.000.000 e non so se ci si fermi qui!). Chi è alle prime armi, o comunque non può scialacquare quel tanto che ha potrà concentrare la propria attenzione sul primo tipo di dotazione; chi invece ha già acquisito una certa esperienza e/o non ha problemi di contabilità non ha che l' imbarazzo della scelta. Le canne di lunghezza inferiore, 4/5/6 m, si adattano alla pesca più distanziata da riva e detengono doti di maneggevolezza nelle fasi di lancio; mentre le canne più lunghe, da 7m in poi, ci consentiranno una pesca "in loco", quasi senza la necessità di effettuare lanci ( quasi come con le roubaisienne). Ritengo che come primo acquisto ci si possa orientare su una bolognese di 5-6 m che è "universale", per poi successivamente seguire la nostra strada. MULINELLI Con i mulinelli vale, mutatis mutandis, lo stesso discorso fatto per l' attrezzo pocanzi descritto: molto dipende dal nostro budget. Ci sono attrezzi di tutte le specie: dai modelli ultima generazione in alluminio/acciaio/nichel ai modelli meno di punta che costano anche 20-30.000 lire. All' inizio un "giocattolino" andrà bene, dopo però se ne avvertiranno tutti i limiti: dalla forma della bobina al rapporto di recupero, dai finimenti in plastica al gioco all' indietro, ecc. L' esperienza fattami in diversi anni mi inducono a

ritenere che un mulinello auspicabile debba avere queste caratteristiche: lungo rapporto di recupero, finimenti in metallo, gioco all' indietro pari a 0 ( o quasi), dislivello della bobina di max. 3mm, anche se, come sempre, degustibus… GALLEGGIANTI Dalla pera alla penna di pavone, dagli inglesi alle bombarde, non c' è che l' imbarazzo della scelta. Occorrerà solo prestare attenzione ad un paio di condizioni: Le condizioni meteo: un mare non calmo o il vento sostenuto richiedono galleggianti che fuoriescano di poco dalla superficie marina e, in tali condizioni, sono maggiormente indicati quelli a pera e a goccia( ne perderà un po' la sensibilità visiva e di ferrata, ma eviteremo di dover rilanciare in continuazione poiché il nostro terminale si sposta repentinamente ). La stazza presunta delle nostre prede: se non cerchiamo di pescare delle "balene", ci converrà restare piuttosto leggeri. Un esempio: per insidiare spigole di stazza intorno a 1 kg di peso tendo ad utilizzare penne o inglesi di peso massimo 3g+1. Questo per evitare che la spigola, poiché incontra una resistenza troppo elevata in galleggianti di peso maggiore, risputi fuori l' esca prima ancora di darmi il tempo di ferrare.

MONOFILI Qui è quasi impossibile dare indicazioni più o meno dettagliate, questo perché lo scelta del monofilo e del filo per terminali è condizionata da numerosi fattori come la visibilità sottomarina, le capacità visive dei pesci, la stazza delle prede che stimo insidiando, il tipo di attrezzatura che abbiamo in dotazione. In linea di massima: Diametro di 0,14-0,18 in bobina ( per una buona scorrevolezza del filo è meglio non superare tale limite). Diametro di 0,14-0,08 per i terminali ( molto condizionati dalla visibilità sottomarina).

ALTRI

ACCESSORI

Ami: dal n° 18 gambo lungo( per i pesci che adorano gli sfarinati) fino al 10 gambo corto(per i predatori che gradiscono il "vivo") Girelle: le useremo per evitare fastidiosi ingarbugliamenti, preferendo le piccole n° 16-20. Stopper: utilissimi perchè ci consentono di variare la profondità di pesca, visto che ci consentono di allungare e riaccorciare il terminale a nostro piacimento. Chi più ne ha più ne metta, ricordando sempre che la pesca, per quanto tranquilla, rimane sempre uno sport fatto a contatto con la natura e occorre rispettarla e calarsi il più possibile nella parte. Questo tipo di pesca ci dà la possibilità di catturare (o almeno tentare) diverse specie ittiche, alcune delle quali si rivelano piuttosto pregiate. Naturalmente sto parlando delle mormore, dei saraghi, dei cefali ma, soprattutto, delle spigole. Non mancano altre varietà (boghe, sugarelli, donzelle, aguglie, ecc.) ma, affinando la nostra tecnica e cercando di specializzare il nostro tipo di pesca, sarà possibile insidiare determinate prede e far sì che le altre specie ignorino del tutto (o quasi) le nostre lenze. Questo tipo di pesca ci dà la possibilità di catturare (o almeno tentare) diverse specie ittiche, alcune delle quali si rivelano piuttosto pregiate. Naturalmente sto parlando delle mormore, dei saraghi, dei cefali ma, soprattutto, delle spigole. Non mancano altre varietà (boghe, sugarelli,

donzelle, aguglie, ecc.) ma, affinando la nostra tecnica e cercando di specializzare il nostro tipo di pesca, sarà possibile insidiare determinate prede e far sì che le altre specie ignorino del tutto (o quasi) le nostre lenze. ESCHE E PASTURE uesto è, per eccellenza, il settore in cui vale il motto "di tutto di più"! Sì, perché non sia mai detto che una micidiale pastura di nostra invenzione o la voracità delle prede non possano rendere superlativo qualcosa che, a prima vista, può sembrare mediocre. Uso questi termini perché mi è capitato spesso di usare esche ultraspecifiche e fare fiasco, mentre il mio "vicino" effettuava catture superlative col "pane del giorno prima"! Cominciamo dalle esche. Ogni preda ha il suo "piatto preferito", sta a noi invitarla a pranzo: I predatori, pesci che cacciano, adorano sicuramente esche in movimento e visto che qui trattiamo di bolognese e non di spinning, la nostra attenzione non può che ricadere sul "vivo", in particolare il: bigattino (è la larva della "mosca carnaria" e si potrebbe definire un' esca universale vista la capacità di attirare spigole, saraghi, mormore, aguglie e tutte le minutaglie. Va innescato a gruppi di 2-3 per amo, in modo tale da usarne uno per coprire il gambo dell' amo e gli altri come segnale di richiamo, scodinzolanti in punta d' amo). Altre possibilità che ben si prestano a questo tipo di pesca sono il coreano, il muriddu, l' americano, la lumaca di mare, ecc. Ci sono poi altre specie che preferiscono gli sfarinati di grano o prodotti a base di farine di pesce ( o simulacri ): il principe di queste prede è sicuramente il cefalo, amante delle "pastelle" a base di pan-carrè, farina di grano, sarda tritata, pasta d' acciughe e quant' altro. Passando ora alle pasture, occorre sottolinearne l' importanza: effettuare una buona pasturazione, sia prima dell' inizio sia durante l' azione di pesca, ci consentirà di catturare l' attenzione delle prede che intendiamo insidiare. Con una fionda pasturatrice (da £12000 in su) cerchiamo di far giungere manciate di bigattini (se peschiamo con questo "vivo") sulla zona in cui intendiamo affondare il nostro terminale. Questa tecnica si confà alla pesca di pesci predatori, con questi la pasturazione con sfarinati e simili sarebbe inutili poiché non attraggono la loro attenzione: i predatori amano il movimento, amano sfidare e catturare il proprio cibo. Se, invece, insidiamo cefali e altri pesci amanti dello "sfarinato", sarà sufficiente gettare nella zona di pesca palle di pane bagnato e compresso o piccole palline di "pasta-esca" , finanche le pasture confezionate, reperibili in qualsiasi negozio di articoli da pesca. Preferirei non essere ripetitivo, ma devo insister sul "di tutto di più": la pesca lascia molto spazio all' estro personale di cui ognuno è dotato e ci consente di inventare qualcosa di nuovo, di proprio e di utile. Se ci dovesse mancare un ingrediente o il negozio delle esche fosse chiuso, sarebbe inutile scoraggiarsi e rinunciare: uniamo fantasia e coraggio(rischiamo anche di fare grossi "buchi nell' acqua") e sforniamo qualcosa di nuovo, dei surrogati o delle alternative agli strumenti classici. TERMINALI Ora il discorso si complica e diviene assolutamente necessario studiare le abitudini delle nostre probabili prede, i luoghi di pesca, le condizioni meteorologiche, le capacità dei materiali da noi impiegati, in due parole: qui occorrono la preparazione, l' esperienza, la precisione e le conoscenze tecniche. Per i galleggianti da usare in base alle condizioni meteorologiche vi rimando alla 1° parte dell'articolo, il resto mi accingo a descriverlo. Terminale

N°1

E' sicuramente il preparato più semplice da eseguire e da utilizzare, sia per la sempli- cità di preparazione sia per le sue buone doti di praticità nella manovra. Procuriamoci del monofilo di diametro 0,14-0,08 mm, degli ami n° 10-14, una girella n°16-18, uno stopper(se lo si desidera, ma non è necessario), piombini spaccati da 0.40g e un galleggiante da 1g+1 a 3g+1: il tutto sarà sempre proporzionato alle condizioni meteo e al fondale. Al galleggiante leghiamo uno spezzone di monofilo della lunghezza di 1.20-1.50m, proporzionando la lunghezza alla profondità del fondale(possiamo inserire uno stopper che ci consentirà di modificare la lunghezza del terminale). All' altra estremità del filo leghiamo una girella che ci consentirà di evitare fastidiosi ingarbugliamenti e, a seconda delle capacità del galleggiante e delle condizioni ambientali, possiamo aggiungere in cima dei piombini per zavorrare il tutto(ricordiamo però che, ai fini della sensibilità dell' azione, più leggero è il tutto meglio è). Una volta sistemata la girella dovremo montare l' amo. Ce ne sono di già legati, ma spesso sono montati su un filo sproporzionato alle

esigenze per cui sarà meglio provvedere da soli: prendiamo uno spezzone di monofilo del diametro adatto, di lunghezza compresa fra i 50 e gli 80cm e ad una estremità legheremo l'amo, mentre l' altra estremità sarà ancorata alla girella. Non ci resta che innescare i nostri bigattini e verificare le potenzialità del terminale costruito. Nel caso in cui avessimo problemi riguardo alla profondità di pesca, non dovremo fare altro che far scorrere il filo nello stopper e regolarne la lunghezza a nostro piacimento.

Anche se per la maggior parte del tempo stazionano sott'acqua (fuori dalla nostra vista), le zavorre sono tra gli oggetti più importanti di una battuta di pesca: scegliere il piombo sbagliato significa non stare in pesca, non ottenere lunghe gittate nel lancio ed intralciare l'azione del calamento. E' necessario valutare accuratamente il tipo da impiegare sia in funzione delle condizioni meteomarine, sia del tipo di pesca che vogliamo mettere in atto: non c'è niente di più sbagliato che infilare una mano nella sacchetta dei piombi e pescarne il primo a caso (...e io l'ho visto fare spesso, anche in gara...). All'alba della pesca a surf, i primi caster utilizzavano i piombi a palla e le classiche saponette: oneste e longeve, ma tecnicamente limitate e limitanti; poi venne l'era del cono considerato l'arma finale delle zavorre (specialmente da Sandro Meloni): la sua tenuta era pari solo alla facilità di rotolamento; la continua espansione dell'agonismo unita alla richiesta di piombi più efficienti portarono le fabbriche ad un'analisi sistematica della loro funzionalità: questo sforzo da un lato ha generato i cosiddetti piombi tecnici e dall'altro ha differenziato le loro peculiarità in funzione del loro utilizzo particolare: in parole povere, ogni mare ha il suo piombo. Diverse ditte, note a tutti, producono i "piombi tecnici": questi hanno delle speciali forme (talvolta brevettate) e sono disponibili in diverse grammature ovvero la medesima sagoma è riprodotta in varie scale. Una curiosità: quando li andiamo a comprare, notiamo subito che i piombi sono lucidi (quasi argentati): questo è dovuto ad un sottile strato di stagno con cui vengono ricoperti: ha non solo lo scopo di conferire una bella lucentezza, ma di proteggerlo dall'ossidazione: effettivamente la lega di piombo utilizzata risente poco dell'acqua di mare (che la rende semplicemente opaca):solo dopo un lungo periodo di tempo possiamo notare modeste tracce di usura. La prima virtù di un piombo da surf deve essere un buon comportamento in volo: ovvero deve offrire una bassa resistenza al vento ("bucare l'aria") per ottenere delle lunghe distanze e (soprattutto) per essere poco influenzato dal vento trasversale. Per ottenere questo, è sufficiente che abbia una piccola sezione frontale ed un "raccordo" aerodinamico (fuso) posteriore. Inoltre sempre in volo non deve "sfarfallare" ovvero non deve oscillare in modo trasversale al volo stesso: l'abilità del lanciatore può impedire questo fenomeno (come mi disse una volta Rocco Matteo), ma, si ricordi, più il piombo è lungo, più sfarfalla facilmente, mentre quello corto è virtualmente immune da tale effetto. La seconda virtù è la tenuta al fondo ovvero la capacità di non farsi spostare facilmente, una volta che si sia posato sul fondo. Qui supporremo che il pescatore ovviamente non voglia pescare allo scarroccio, ma voglia fissarsi su una posizione. Di nuovo è necessario precisare che, una volta in pesca, la zavorra è sollecitata in due direzioni:





la prima, trasversale al filo, è data dalla corrente che fluisce parallelamente alla spiaggia e che tende a farlo "rotolare". E' facile intuire che un roccotop si comporti in questi casi in modo peggiore dello sportenn che grazie alle sue due faccette di ampia superficie, sia più difficile da ribaltare. la seconda direzione di sollecitazione è lungo il filo, verso il pescatore: per avere una buona tenuta il piombo deve avere un dente (la cosiddetta risulta) che "agganci" il fondale: anche in questo caso possiamo prendere ad esempio il roccotop che si comporta in modo onesto, anche se la tenuta maggiore ce l'ha il cono (o la piramide) in quanto tutta la superficie posteriore opera l'ancoraggio.

La terza virtù che, purtroppo, fa a pugni con la seconda è la facilità di recupero: si desidera che il piombo si sollevi al più presto dal fondo e, mentre viene salpato a riva, si faccia una bella

nuotata a mezz'acqua senza però fare il "motoscafino" in superficie, in quanto potrebbe ingarbugliare tremendamente i finali. Inoltre il suo volare a pochi palmi dal fondo permette di stendere bene i finali in acqua ed operare la "trainetta". In questo caso sono ideali tutti i piombi dotati di alette anche se hanno l'antipatica abitudine, se recuperati troppo lentamente, di dragare qualsiasi oggetto posto sul loro cammino. La maggior parte dei modelli ora trattati, si comporta bene in condizioni di mare mosso, su fondi di fango, sabbia soffice e/o a grana sottile: quando il mare è molto agitato (meglio se con fondo a grana grossa) entra in gioco l'artiglieria pesante: gli spike. I piombi spike (così chiamati per la presenza di quattro marre metalliche (o arpioni) che li fanno assomigliare a dei rampini), assicurano un'eccellente tenuta al fondo ed un ottimo recupero (con gli arpioni ribaltabili). Il loro utilizzo è, in genere, l'ultima risorsa quando la risacca o la corrente è talmente forte che nessun altro piombo tiene: l'ottimo ancoraggio viene pagato con una aerodinamicità non eccezionale (non permette certo di raggiungere le stesse gittate di un acquazoom). Durante il lancio richiedono una certa dose di esperienza, sia per la preparazione a terra, sia all'atto dell'impatto con l'acqua (specie se abbiamo dotato il trave di baitclip); al momento del recupero un robusto e secco scrollone farà ribaltare i rampini e la zavorra scivolerà dolcemente verso di noi. Nel caso in cui abbiamo il tipo con le marre fisse, prepariamoci a dragare qualsiasi cosa stazioni lungo la strisciata di recupero: spike, croce e delizia del caster!

Con questa veloce carrellata speriamo di aver sgrossato sufficientemente l'argomento: nelle prossime edizioni procederemo ad un'accurata disamina tipo per tipo. Il mulinello fisso è divenuto una presenza costante nelle nostre battute di pesca: la sua facilità di utilizzo e la generale praticità ha conquistato ormai tutti i caster. Sarebbe un errore, però, ritenere che, non essendo complesso (qualcuno potrebbe dire macchinoso) come il suo fratello "rotante", non richieda manutenzione affatto! Qualche tempo fa, un mio amico (poco incline alla manutenzione periodica della propria attrezzatura) mi portò un Daiwa PM2600 per delle piccole riparazioni: non appena lo aprii, diagnosticai un tipico caso di "mulinello trascurato": la sindrome da mulinello trascurato nasce dopo alcune uscite a pesca al cui ritorno l'attrezzo non viene sciacquato con acqua dolce, permettendo all'acqua di mare di asciugarsi e depositare i suoi residui salini negli interstizi e nei meccanismi più delicati; inoltre, durante vari cicli di utilizzo, ha potuto accumulare una certa quantità di granelli di sabbia che, anche se invisibili ad occhio nudo, si attaccheranno alle superfici più grasse e sporche. Ricordo che i "fissi" di oggi sono dei meccanismi robusti, ma con delle tolleranze molto rigorose: far macinare il mulinello con la sabbia, a lungo andare, farà allentare tutti i giochi e "ballare" i cuscinetti: nel caso in cui venga proprio trascurato in modo grave (... alla "non me ne frega niente"...) si verificherà il blocco irreparabile dei cinematismi interni, la cui sostituzione è, in genere, talmente costosa da far optare per la "rottamazione" del mulinello. Pensiamo alla "saccoccia" e curiamo i nostri attrezzi. Bisogna tenere conto di un altro paio di fattori importanti: innanzi tutto l'acqua (e quella di mare in particolare) con il tempo tende ad amalgamarsi (emulsionarsi) agli oli ed ai grassi presenti all'interno e sull'albero della manovella, formando la tipica morchia nera che non ha nessuna capacità di lubrificazione: quando questo avviene è necessario ripulire tutto il mulinello da cima a fondo e lubrificarlo di nuovo: colgo l'occasione per ricordare di non abbondare col grasso in quanto l'eventuale quantità in eccesso tende a raccogliersi nei punti morti (non servendo a nulla) oppure, nei casi estremi, a bloccare i meccanismi più delicati (antiritorno, ecc..). Il secondo fattore importante è questo: per quanto possiate lavare od immergere la bobina del filo nell'acqua dolce, questa non riuscirà a penetrare oltre i primi strati di nylon. Questa è una cosa antipatica ma da accettare, mettendo in conto di sostituire dopo un certo

numero di pescate il filo di bobina in quanto, come ho detto, non lo si può dissalare perfettamente. Per la manutenzione dei mulinelli fissi, io mi attengo a dieci semplici principi: 1.

Dopo ogni pescata sciacquo con acqua corrente molto velocemente (in modo che non penetri troppo all'interno) il corpo del mulinello. 2. Le bobine già usate in una pescata le immergo in una bacinella e ce le tengo almeno mezz'ora: questo non toglierà certo tutto il sale (come ho già detto) ma almeno evita la formazione di grossi cristalli che hanno una potente capacità abrasiva. 3. Utilizzo grasso idrorepellente (Mitchell o simili) in abbondanza ma senza esagerare, per ingranaggi, bronzine, filettature, cardini, perni e coppiglie. 4. Metto dell'olio leggero (quello per armi va benissimo) nei cuscinetti a sfere ed a rulli, sugli alberi oscillanti di bobina. 5. Se il mulinello necessita di una pulita a fondo, lo apro e lo smonto: immergo tutte le parti interne (ingranaggi, zampe di ragno ecc..) nell'alcool denaturato per un paio d'ore; inoltre sciacquo, con lo stesso liquido, il carter rimuovendo tutti gli accumuli di morchia. 6. Dopo ogni uscita controllo che il meccanismo di ripiego della manovella non abbia accumulato sabbia od altro. 7. Con un panno morbido pulisco ed asciugo accuratamente i dischi della frizione, badando che non vengano assolutamente contaminati da nessun tipo di lubrificante, altrimenti sono da buttare. 8. Controllo accuratamente il meccanismo di chiusura dell'archetto e la sua molla di ritorno: anche questa è una zona di possibile accumulo di sabbia, inoltre è molto sollecitata durante il lancio ed è meglio evitare brutte sorprese. 9. Prima di ogni uscita stendo un leggerissimo velo d'olio su tutto il corpo del mulinello (bobina esclusa, mi raccomando!) e lo avvolgo in uno straccio pulito: servirà come antiossidante e protettivo all'umidità. Badate però che il mulinello diventa quasi una calamita per la sabbia! 10. Se l'impugnatura è in mogano (o altro legno pregiato), sarebbe opportuno trattarlo con del liquido protettivo per il legname marino (un flacone dura un'eternità), che lo manterrà lucido e confortevole all'impugnatura. Seguendo questi accorgimenti sono certo che il vostro mulinello fisso vi servirà fedelmente ancora in moltissime pescate

IL PESCE SERRA NOME SCIENTIFICO

Pomatomus saltator

DISTRIBUZIONE

Mediterraneo - Atlantico - Mar Nero

LUNGHEZZA MASSIMA

1,2 mt

PESO MASSIMO

15 Kg

LUNGHEZZA MINIMA CONSENTITA cm 25 PESO MEDIO A SPINNING

1 - 3 Kg

ARTIFICIALI CONSIGLIATI

popper 9 - 15 cm - pesci finti 7 - 11 cm; cucchiaini ondulanti argentati (7 - 10 cm)

DIAMETRO LENZA

0,30 - 0,40

STAGIONE

primavera - autunno

ORARI

tutto il giorno con una certa preferenza per il tramonto

CONDIZIONE MARE IDEALI

mare poco mosso

LUOGHI PER LO SPINNING

porti - spiagge - scogliere

I colleghi del Lazio e della Toscana già da diversi anni la insidiano a spinning con successo, ma la sua presenza sembra in aumento ed è stata segnalata anche in altre zone d'Italia, Sardegna compresa, sia pure in modo discontinuo. Famoso per la sua voracità e "cattiveria" , (Pomatomus saltator) può raggiungere i 15 kg per 1,20 mt di lunghezza, ma nel Mediterraneo un esemplare di 4-5 Kg costituisce già un'ottima cattura. Il suo nome scientifico è dovuto alla sua abitudine di prodursi in spettacolari salti fuori dall'acqua dopo la ferrata. Le esche più efficaci sono i popper e i minnow, anche di buone dimensioni, ma talvolta sono state catturate con ondulanti argentati. Il pesce serra è un cliente impegnativo e battagliero, può essere insidiato in primavera e autunno nelle zone dove vi è concentrazione di muggini o pesce azzurro, quindi presso le imboccature dei porti, le scogliere e le spiagge profonde.

LECCIA FAMIGLIA

Carangidi

NOME SCIENTIFICO

Lichia amia

DISTRIBUZIONE

Mediterraneo - Atlantico

LUNGHEZZA MASSIMA

2 mt

PESO MASSIMO

50 Kg

LUNGHEZZA MINIMA CONSENTITA

cm 15 (nazionale) - cm 60 (regionale)

PESO MEDIO A SPINNING ARTIFICIALI CONSIGLIATI

0,3 - 1 Kg dalle spiagge e scogliere; nelle acque portuali è possibile pescare grossi esemplari da 5 - 20 Kg pesciolini finti 7 - 11 cm; cucchiaini ondulanti argentati (5 - 10 cm) piumette - popper per i grossi esemplari

DIAMETRO LENZA

0,25 - 0,45

STAGIONE

fine estate - autunno

ORARI

tutto il giorno

CONDIZIONE MARE IDEALI variabili a seconda del luogo LUOGHI PER LO SPINNING

coste rocciose - spiagge profonde - porti

Fino a qualche anno fa per la leccia valevano le stesse considerazioni fatte per la ricciola, infatti con le esche artificiali venivano catturati quasi esclusivamente esemplari giovani e di taglia ridotta. La "scoperta" dei popper ha consentito a molti spinner di ingannare le grosse lecce (e quando dico "grosse" intendo parlare di esemplari di 10, 20 e più kg!) giustificando una pesca mirata a questo bellissimo predatore in alcune zone particolari e in determinati periodi dell'anno. A onor del vero, bisogna riconoscere che belle lecce sono state pescate anche con altri artificiali, in particolare grossi minnow; rispetto alla ricciola, infatti, la leccia adulta si lascia ingannare più facilmente dalle esche finte, ma si tratta comunque di catture che possiamo definire occasionali, mentre l'utilizzo dei popper ha significativamente migliorato la possibilità di catturare a spinning questo splendido carangide. Tipicamente pelagica, la leccia è un predatore prevalentemente superficiale che vive e caccia in branchi più o meno numerosi e non perde la tendenza alla gregarietà nemmeno da adulta; si avvicina alla costa durante l'estate e l'autunno, talvolta si trattiene in prossimità dei bassi fondali fino all'inverno, più spesso si tratta di apparizioni brevi e discontinue, all'inseguimento di branchi di muggini o di pesce azzurro. In alcune zone si può incontrare anche durante la primavera, la sua cattura è comunque più probabile durante i mesi autunnali. Gli spot migliori sono, nell'ordine, le imboccature dei porti, le spiagge ampie e profonde, meglio se in prossimità di una foce o di una laguna salmastra, le scogliere. In ogni caso, per avere buone possibilità di

incontrare la "lecciona" occorre conoscere con precisione i luoghi dove questo predatore si concentra, magari grazie alle dritte di qualche amico pescatore. Per quanto riguarda le esche, abbiamo già sottolineato la grande efficacia dei popper nei riguardi dei grossi esemplari, nelle misure da 9 a 14 cm e colorazioni vivaci (blu, rosso, viola, giallo); le lecciotte giovani sono invece ingannabili con le esche già viste per la ricciola, in particolare sono risultati molto efficaci i cucchiaini ondulanti argentati e i minnow di forma affusolata. Anche nel caso delle piccole lecce, è doveroso rimetterle subito in libertà, non solo per la lunghezza minima imposta dalla normativa regionale (60 cm), ma anche perchè non è comunque dignitoso trattenere esemplari di pochi etti di una specie che può arrivare ai 50 kg di peso. Una volta allamata la leccia sfodera una bella combattività e resistenza, anche se non paragonabile a quella della ricciola; a differenze di quest'ultima la sua difesa avviene in superficie, difficile che tenti di portare la lenza sul fondo, più spesso tenta di liberarsi dell'esca con capriole e talvolta anche salti fuori dall'acqua

IL DENTICE FAMIGLIA

Sparidi

NOME SCIENTIFICO

Dentex dentex

DISTRIBUZIONE

Mediterraneo - Atlantico

LUNGHEZZA MASSIMA

1 mt

PESO MASSIMO

12 Kg

LUNGHEZZA MINIMA CONSENTITA cm 30 PESO MEDIO A SPINNING

1 - 2 Kg

ARTIFICIALI CONSIGLIATI

pesciolini finti 7 - 11 cm; colori: mugginetto - sgombro - testa rossa - sardina

DIAMETRO LENZA

0,30 - 0,40

STAGIONE

primavera - autunno

ORARI

tutto il giorno

CONDIZIONE MARE IDEALI

scaduta

LUOGHI PER LO SPINNING

coste rocciose

Assieme alla leccia di taglia e al pesce serra, è la preda più prestigiosa e difficile dello spinning nostrano e la sua cattura è prerogativa esclusiva di poche e fortunate zone della penisola. La sua presenza nel sottocosta, e quindi la sua possibilità di cattura, è riservata a luoghi e momenti molto particolari; il dentice, infatti, non si stacca volentieri dal fondo (lo sanno bene i trainisti che dovono fare i salti mortali per portare le esche sul fondo) ma in primavera e autunno, in occasione di grosse mareggiate, può avvicinarsi a tiro di canna. Nonostante la sua sospettosità è un predatore molto agressivo nei confronti delle esche artfificiali, in particolare dei minnow e in misura minore anche dei cucchiaini. Le esche possono essere di generose dimensioni, mentre per i colori sono risultati catturanti tutti i modelli ad imitazione naturale, come cefalo e sgombro, ma anche livree più sgargianti come il testa rossa o altre di fantasia. Sulla combattività di questo superbo sparide si scatenano accese dissertazioni tra i trainisti (i quali ostengono sia un pesce arrendevole) e i pescatori da terra (rock fishing e spinning) che lo ritengono invece dotato di buona resistenza e combattività. La presa di posizione dei trainisti è giustificata dal fatto che l'attrezzatura utilizzata, spesso a causa della necessità di affondare quanto più possibile le esche (quindi con grossi pesi o utilizzando il monel), è piuttosto pesante e sepsso sovradimensionata per le dimensioni delle prede catturabili (tra l'altro è fondamentale allontanare immeditamente il pesce dal fondo per evitare il rischio che si intani.) Il dentice risente molto del cambio di profondità; una volta staccato dal fondo perde gran parte della sua resistenza, che invece è elevata nella pesca da riva e soprattutto se affrontato con attrezzature leggere come quelle dello spinning.

Il barracuda FAMIGLIA

Sfirenidi

NOME SCIENTIFICO

Sphyraena viridensis

DISTRIBUZIONE

Mediterraneo - Atlantico orientale

LUNGHEZZA MASSIMA

1,30 mt

PESO MASSIMO

12 Kg

LUNGHEZZA MINIMA CONSENTITA

cm 30

PESO MEDIO A SPINNING

1 - 3 Kg

ARTIFICIALI CONSIGLIATI

pesciolini finti 9 - 14 cm; colori: mugginetto in acque limpide – sgombro - testa rossa nella schiuma; in ogni caso tutte le colorazioni hanno dato buoni risultati - popper di buone dimensioni

DIAMETRO LENZA

0,30 - 0,35

STAGIONE

primavera - autunno

ORARI

tutto il giorno

CONDIZIONE MARE IDEALI

scaduta o mare formato; mare calmo dopo una mareggiata

LUOGHI PER LO SPINNING

coste rocciose - punte

Il barracuda mediterraneo è stato ed è ancora spesso confuso con il luccio di mare (Sphyraena sphyraena), molto più raro e privo delle caratteristiche bande scure verticali, del quale è parente strettissimo assieme al ben più noto barracuda tropicale appartenente allo stesso genere (Sphyraena barracuda); da quest'ultimo si differenzia per le dimensioni minori e per la diffusione limitata all'areale mediterraneo ed all'atlantico orientale. Il barracuda tropicale può raggiungere i 2 mt di lunghezza per 50 Kg di peso ed è diffusissimo in tutte le acque calde del globo, mentre il barracuda mediterraneo raggiunge al massimo i 10-12 Kg per una lunghezza di circa 1,30 mt (ma queste dimensioni si possono considerare eccezionali). Per il resto le due specie sono praticamente identiche dal punto di vista morfologico e possono distinguersi praticamente solo dalla dentatura: pochi, conici e ben sviluppati i denti del barracuda tropicale, più numerosi e sottili quelli del b. nostrano. Fino a una decina d'anni fa era praticamente sconosciuto sia ai pescatori professionisti che a quelli sportivi e la sua cattura era considerata rara ed occasionale; si sentiva parlare di qualche sporadico esemplare pescato dall'amico trainista o avvistato (con spavento!) da qualche subacqueo. Poi cominciarono le prime isolate catture a spinning (piccoli esemplari all'inizio, poi di dimensioni sempre maggiori) mentre giungevano, da più parti, notizie di avvistamenti sempre più frequenti. Negli anni seguenti il barracuda mediterraneo ha aumentato la sua diffusione e in poco tempo ha surclassato la spigola nella classifica delle prede più catturate dal nostro club. La sua presenza, però, è ancora concentrata in alcune zone specifiche cosicchè questa specie non è ancora molto conosciuta se non dai pescatori a spinning e a traina o dai subacquei che li pescano con una certa frequenza. Il barracuda ha corpo allungato con dorso bruno verdastro che sfuma sul blu sui fianchi argentei, mentre il ventre è biancastro. Sui fianchi compaiono delle caratteristiche bande più scure; la testa è allungata con mandibola più lunga della mascella, i denti sottili e accuminati, adatti ad afferrare e trattenere la preda. Non ci risulta, peraltro, che faccia a pezzi la preda prima di ingoiarla: abbiamo spesso trovato

pesci interi nel loro stomaco (in un grosso barracuda abbiamo trovato addirittura un'orata intera da mezzo chilo), quasi sempre ingeriti dalla coda, contrariamente alla spigola o al dentice che ingoiano le prede dalla testa. Il barracuda è un pesce velocissimo nelle brevi distanze (ma non molto resistente e questo nuoce alla sua combattività) e soprende le sue prede in mezzo alla schiuma o dopo brevi inseguimenti in superficie. Come molte altre specie di pesci è ermafrodito proterandro, quindi ogni barracuda è maschio fino ad una certa età per cambiare sesso. Non sappiamo con esattezza a quale dimensione avenga l'inversione sessuale, senza'altro sotto il chilo di peso, infatti tutti gli esemplari catturati in primavera oltre tale peso erano ovati. La deposizione avviene a fine primavera. Le carni sono buone, per il loro elevato contenuto in fosforo e la loro digeribilità sono molto adatte ai bambini. Molto vorace ed agressivo e dotato di poca sospettosità, il barracuda nostrano è particolarmente sensibile al fascino delle esche artificiali. Queste caratteristiche, oltre al fatto di muoversi spesso in branchi numerosi e di avvicinarsi alla costa in periodi piuttosto lunghi, ne fanno un cliente perfetto per lo spinning. Attenzione, però, il giovanotto è di sano appettito quindi non presentategli stuzzichini come piumette, cucchiaini o altre esche da occhiate; il barracuda attacca volentieri soprattutto esche consistenti. I minnow sono di gran lunga gli artificiali più catturanti, anche di grosse dimensioni; consigliabili quelli di lunghezza compresa tra 9 e 14 cm, meglio se in legno duro (tipo Rapala Magnum) o in plastica resistente. Pesciolini più "teneri", come quelli classici in balsa, possono risultare inutilizzabili dopo una sola abboccata. Tutti i colori sono ammessi, il barracuda non è per niente schizzinoso ed attacca anche esche dai colori più improbabili. Dobbiamo dire, peraltro, che gli esemplari più grossi hanno mostrato una certa preferenza per lo sgombro. Sono comunque valide tutte le colorazioni naturali che quelle di fantasia. I cucchiaini, anche di generose dimensioni, hanno dato risultati nettamente inferiori ed oltrettutto offrono minori garanzie nella ferrata per la presenza di una sola ancoretta. Come già riferito, il barracuda è un pesce pelagico che si avvicina alla costa in due momenti dell'anno: compare all'inizio della primavera, si trattiene fino a giugno inoltrato e scompare poi nei mesi più caldi ed affollati. Ricompare in autunno con un picco di presenze tra ottobre e novembre, ma ne abbiamo pescato anche a gennaio, nelle stagioni caratterizzate da elevata temperatura dell'acqua. Il barracuda andrà insidiato, pertanto, in questi due periodi, evitando luglio e agosto (che in ogni caso non sono mesi adatti allo spinning in genere) ed i mesi con le acque più fredde. Le coste rocciose ed in particolare le punte caratterizzate da buone correnti ed acque profonde sono i luoghi migliori per lo spinning. E' spesso presente, però, anche in acque più basse, tant'è vero che in alcune zone condivide con la spigola il territorio di caccia: ci è capitato con una certa frequenza di pescare le due specie assieme. Come tutti i predatori, il barracuda preferisce cacciare nella schiuma; i momenti migliori sono quelli con mare in scaduta o con mare formato. Rispetto alla spigola, il luccio non ama invece le acque torbide e sporche.

Da rilevare che i branchi di barracuda si trattengono sotto costa anche dopo la scaduta: ci è capitato di pescare esemplari di buona taglia anche con mare perfettamente piatto e trasparente, sempre però dopo una consistente mareggiata. Al momento dell'abboccata, che avviene spesso sotto i nostri piedi, il barracuda può avere due comportamenti differenti: talvolta punta dritto verso il fondo in una fuga veloce ma mai troppo lunga (e in questo caso non è distinguibile da altri pesci), spesso invece cerca di liberarsi immediatamente delle ancorette con furiose testate o addirittura salti fuori dall'acqua; solo dopo questa prima sfuriata (durante la quale il pescatore non può far niente, cercare di ferrare può solo far rompere la lenza), che può concludersi con la liberazione della preda, il nostro barracuda compie la prima fuga. Similmente alla spigola, dopo le prime fughe verso il fondo, il barracuda affiora in superficie; questa ultima fase del combattimento non riserva, in genere, grosse difficoltà, ma talvolta gli esemplari più grossi tentano un'ultima fuga laterale verso gli scogli con il rischio che la lenza vada a sfregare sulle rocce con conseguente rottura. La combattività del barracuda non è molto elevata, ma il comportamento durante il recupero è molto variabile da preda a preda: abbiamo recuperato barracuda da oltre 3 Kg senza praticamente utilizzare la frizione, mentre ci è capitato di salpare esemplari da un chilo dopo un onorevole combattimento di vari minuti. Può anche capitare che il pesce si faccia trascinare a riva passivamente per poi sfoderare tutte le energie solo quando è a portata di raffio; questa è la situazione a maggior rischio di rottura della lenza. L'artificiale (appena comprato) dopo il cambio delle ancorette ha continuato il suo lavoro per qualche tempo, per poi andare in pensione dopo altre due prede. Qui sotto, due bei "cuda" catturati da Massimo a Capo Carbonara e a Torre delle Stelle.

La spigola FAMIGLIA

Serranidi

NOME SCIENTIFICO

Morone labrax

DISTRIBUZIONE

Mediterraneo - Atlantico

LUNGHEZZA MASSIMA

1 mt

PESO MASSIMO

12 Kg

LUNGHEZZA MINIMA cm 23 (normativa nazionale) - cm 25 (normativa Regione CONSENTITA Sardegna) PESO MEDIO A SPINNING

0,5 - 2 Kg

ARTIFICIALI CONSIGLIATI

pesciolini finti 7 - 13 cm, anche snodati; colori: mugginetto sardina (blu) cucchiaini ondulanti argentati (5 - 10 cm) popper 5-11 cm - piumette - anguilline in silicone

DIAMETRO LENZA

0,25 - 0,30

STAGIONE

tutto l'anno (ad eccezione dei mesi estivi)

ORARI

alba e tramonto con mare calmo - tutto il giorno con mare mosso

CONDIZIONE MARE IDEALI

scaduta o mare formato

LUOGHI PER LO SPINNING

coste rocciose basse - spiagge (preferibilmente in prossimità di foci) - porti

Affascinante e lunatica, elegante e imprevedibile, la spigola rimane per la maggior parte dei pescatori la "regina" dello spinning. In teoria la si può trovare, nel sottocosta, un po' dappertutto (dai porti alle scogliere, dalle spiagge alle lagune salmastre), è presente tutto l'anno e può essere catturata praticamente con ogni esca (abbocca al verme come al calamaro, alla sardina, al vivo e alle esche artificiali) e con tutte le tecniche di pesca (dal surf casting alla traina, dal beach legering alla canna fissa). Nonostante tutto questo riuscire ad allamare una spigola non è così semplice e la sua cattura ha sempre un non so che di affascinante. Sarà per la bontà delle carni, o per la sua diffidenza, o ancora per la sua imprevedibilità, ma forse non è necessario trovare giustificazioni al suo fascino: la nobiltà, anche sott'acqua, si avverte e basta e non ha bisogno di spiegazioni. Peccato solo che la sua combattività non sia adeguata al blasone; è forse l'unico difetto in un pesce così affascinante. Nello spinning in mare la spigola è il pesce più ricercato e catturato, tanto che per molti lanciatori questa tecnica è intesa quasi esclusivamente alla cattura del prestigioso serranide; in effetti, in molte zone della penisola i "ragni" o "lupi" rappresentano la stragrande maggioranza delle prede a spinning dalla costa (almeno laddove i barracuda non sono ancora arrivati). La nostra "regina", pur nella sua diffidenza, è un predatore vorace e aggressivo e manifesta spesso una grande curiosità per le esche artificiali; abbocca volentieri a minnow e altri artificiali che spesso attacca con maggiore interesse rispetto alle esche naturali e addirittura al vivo. Condizione essenziale per una buona probabilità di cattura è comunque la condizione del mare, che deve essere preferibilmente mosso o in scaduta; come altri predatori, la spigola predilige cacciare in mezzo alla schiuma o in acque torbide. Il suo istinto predatorio si scatena durante le mareggiate, ma anche durante i bruschi cambiamenti di pressione atmosferica, che percepisce con molte ore di anticipo: l'arrivo della bassa pressione è avvertito dalla spigola anche due giorni prima di una perturbazione. Ma la spigola è un cacciatore anche (o prevalentemente) notturno, quindi può essere insidiata con buone possibilità di successo di notte, ma sembra che i picchi di attività predatoria corrispondano con l'alba e il tramonto; in condizioni di mare calmo è quindi possibile avere buone chanche di cattura in questi due momenti. Secondo la nostra esperienza sono produttivi in particolare gli istanti che seguono le primissime luci del giorno, quando ancora si fa fatica ad eseguire il nodo dell'artificiale, fino al sorgere del sole. Non avendo lunga esperienza di spinning notturno (abbiamo provato poche volte con risultati scoraggianti), non possiamo darvi consigli utili su questa tecnica; sappiamo, però, che alcuni colleghi lanciatori che frequentano i canali portuali e i moli hanno effettuato catture sorprendenti durante la notte con i minnow. Tornando alle situazioni "diurne", al primo posto tra le esche artificiali nelle preferenze della spigola vi sono proprio i pesciolini finti, nelle misure comprese tra 5 e 13 cm (nello spinning i minnow più usati sono in genere tra i 7 e gli 11 cm, per questioni di peso); tra i colori ottimo naturalmente il "mugginetto" (il cefalo è una delle prede naturali preferite), ma si sono dimostrati validi altri colori naturali (acciuga, con dorso blu) o di fantasia (testa rossa). I minnow possono essere sia monopezzo che snodati; questi ultimi devono essere

recuperati più lentamente per non compromettere lo scodinzolio e si sono dimostrati molto catturanti nei confronti della "regina" anche in condizioni di mare poco mosso. Al secondo posto nella classifica degli artificiali per la spigola metteremmo senz'altro i cucchiaini ondulanti di buone dimensioni (7-10 cm) e di forma allungata (tra i migliori i Toby della Abu o le varie imitazioni in commercio, nelle misura di 20 e 28 gr) e colorazione argentata. Da lanciare direttamente senza zavorra, come i minnow, sono molto validi in condizioni di mare da poco mosso a mosso e in presenza di schiuma o torbidità. La loro elevata visibilità può essere l'arma vincente anche in situazioni di cielo cupo.

LA LAMPUGA NOME SCIENTIFICO

Coryphaena hyppurus

DISTRIBUZIONE

Tutti i mari temperati e caldi del mondo

LUNGHEZZA MASSIMA

2 mt

PESO MASSIMO

40 Kg

LUNGHEZZA MINIMA CONSENTITA

cm 60

PESO MEDIO A SPINNING

0,5 - 2 Kg

ARTIFICIALI CONSIGLIATI

pesciolini finti 5 -9, meglio se snodati; cucchiaini ondulanti argentati (5 - 7 cm) - piumette bianche o rosse - popper 711 cm

DIAMETRO LENZA

0,25 - 0,30

STAGIONE

autunno (la temperatura dell'acqua deve essere comunque elevata)

ORARI

sole alto

CONDIZIONE MARE IDEALI

mare calmo o leggermente mosso - perturbazione in arrivo

LUOGHI PER LO SPINNING

coste rocciose - punte

Diffusissimo in tutti i mari caldi e temperati del globo, la lampuga è uno splendido predatore dalla forma e colorazione inconfondibile che può raggungere i 50 kg di peso ma nelle nostre acque difficilmente supera i 10 kg. Come molti altri pelagici, è insidiabile a partire dalla fine dell'estate e la sua presenza in prossimità della costa è influenzata dalla temperatura dell'acqua, in alcune annate è possibile incontrarla per buona parte dell'autunno. Le esche che si sono rivelate più catturanti sono i popper anche di discrete dimensioni, i cucchiaini ondulanti argentati da 5-7 cm e piccoli jig siliconici. Meno catturanti i minnow, ma in alcune occasioni hanno dato buoni risultati piccoli modelli snodati. È uno dei pochi predatori che non è particolarmente attratto dalla schiuma e dal mare mosso, la sua cattura avviene spesso con mare calmo e trasparente. Pesce velocissimo, la lampuga è un avversario spettacolare e divertente, appena allamato si produce in salti fuori dall'acqua alternati a veloci fughe, elevata la percentuale di slamature.

RICCIOLA FAMIGLIA

Carangidi

NOME SCIENTIFICO

Seriola dumerili

DISTRIBUZIONE

Cosmopolita

LUNGHEZZA MASSIMA 2 mt PESO MASSIMO

60 Kg

LUNGHEZZA MINIMA CONSENTITA

cm 60

PESO MEDIO A SPINNING

0,5 - 1 Kg (normalmente si prendono a spinning le ricciolette di branco, quelle adulte sono meno sensibili agli artificiali)

ARTIFICIALI CONSIGLIATI

pesciolini finti 7 - 11 cm; colori: mugginetto - sardina (blu) sgombro; cucchiaini ondulanti argentati (5 - 10 cm) piumette bianche o colorate

DIAMETRO LENZA

0,25 - 0,40

STAGIONE

autunno

ORARI

alba e tramonto con mare calmo - tutto il giorno con mare mosso

CONDIZIONE MARE IDEALI

scaduta o mare formato

LUOGHI PER LO SPINNING

coste rocciose alte - spiagge

Il più grande carangide dei nostri mari (può superare i 50 kg) interessa lo spinner solo nella fase giovanile; difficilissimo infatti riuscire ad ingannare una ricciola adulta con esche artificiali, così come è facile catturare esemplari giovani. I "limoncini" infatti (così vengono chiamate le ricciole giovani per il loro caratteristico colore) attaccano senza

alcuna sospettosità la maggior parte degli artificiali, ma diventano sempre più diffidenti con l'età e già oltre i tre chili è veramente difficile catturarli con un'esca che non sia naturale, anche se la maggior parte degli esemplari catturati a spinning sono compresi tra qualche etto e poco più di un chilo di peso. Questa stazza corrisponde più o meno ad una lughezza compresa tra i 25 e i 50 cm di lunghezza, ben al di sotto del limite minimo consentito che è di 60 cm; questo significa che la maggior parte delle ricciole catturate a spinning deve venir rilasciata. Voraci e aggressive, le ricciolette di branco possono essere ingannate facilmente con tutte le esche classiche, dalle piumette ai cucchiaini ondulanti, ma gli esemplari un po' più grossi preferiscono decisamente i pesci finti. Il periodo migliore va dalla fine dell'estate a tutto l'autunno, ma buone possibilità si possono avere anche in primavera e in questa stagione la taglia media degli esemplari catturati è decisamente superiore. Infatti, poichè la deposizione avviene a fine primavera, in autunno si catturano in genere gli esemplari di pochi mesi (200-500 gr.), mentre in primavera si incontrano quelli nati nell'anno precedente. Zone ideali sono le coste rocciose e le spiagge, mentre le condizioni del mare non hanno grande importanza per le ricciole fino al chilo, ma per poter allamare quelle più grosse occorre lanciare nella schiuma. La proverbiale combattività di questa specie è già evidente nelle ricciolette baby, purtroppo spesso restano allamate ad esche destinate a prede più grosse, quindi combattute con attrezzature sovradimensionate, ma se affrontate con strumenti leggeri possono dar vita a combattimenti divertenti. Capita anche (molto raramente) che al nostro artificiale si interessi la ricciola più grossa e allora l'esito della lotta resta incerto fino all'ultimo momento anche utilizzando attrezzature potenti.

AGUGLIA FAMIGLIA

Belonidi

NOME SCIENTIFICO

Belone belone

DISTRIBUZIONE

Mediterraneo - Atlantico

LUNGHEZZA MASSIMA

0,6 mt

PESO MASSIMO

1 Kg

LUNGHEZZA MINIMA CONSENTITA

cm 25

PESO MEDIO A SPINNING

0,2 - 0,3 Kg

ARTIFICIALI CONSIGLIATI

cucchiaini ondulanti argentati (3 - 5 cm) - piumette bianche

DIAMETRO LENZA

0,20

STAGIONE

fine estate - autunno

ORARI

tutto il giorno (con una certa preferenza per la mattina inoltrata)

CONDIZIONE MARE IDEALI

mare calmo o increspato

LUOGHI PER LO SPINNING

coste rocciose - spiagge - porti

Questo piccolo rostrato, un vero e proprio marlin in miniatura, è certamente più ricercato e apprezzato come esca per la traina a ricciole e dentici che come preda. Le sue ridotte dimensioni (difficilmente supera il mezzo chilo) non la rendono una cattura appetibile per lo spinner e non giustificano una pesca dedicata, ma se affrontata con attrezzature ultra light può essere un avversario divertente. In rapporto alla sua taglia, il Belone belone è infatti molto combattivo e una volta allamato si produce in fughe, salti e piroette degne dei cugini maggiori. Nella maggior parte dei casi, peraltro, questo belonide resta vittima di esche destinate a spigole o altre prede più ricercate, quindi la sua cattura è spesso occasionale e può servire allo spinner per salvarsi dal ... cappotto! Predatore vorace, l'aguglia attacca principalmente piumette e piccoli cucchiaini ondulanti, ma anche i minnow di pochi cm hanno dato ottimi risultati. Generalmente si avvicina alla costa alla fine dell'estate e si trattiene per buona parte dell'autunno presso le scogliere, le spiagge e le dighe portuali.

PESCA IN MARE DALLA SPIAGGIA La pesca dalla spiaggia con la lenza leggera viene praticata in quei luoghi dove la presenza di pastura naturale è garantita da l'azione del mare o dalla presenza di prede per i predatori. Spiagge miste a scogli sono da preferire. Proprio in questi luoghi l'azione del mare crea quel brumeggio che attira i pesci, che nella particolare condizione che si crea dopo la mareggiata (scaduta) possono cacciare. Negli stessi luoghi in condizioni di mare calmo si avvicinano quelle specie che si cibano rompendo le valve dei molluschi ed in tale condizione possiamo tentare con tecniche leggere ed esche mirate. Questo tipo di pesca viene praticata con la tecnica di pesca che prevede l'uso di galleggianti di tipo inglese che dovranno essere usati con canne di lunghezza diversa in funzione del luogo e forza del mare. L'uso di un canna corta (5 mt.) può dare velocità e semplicità nell'azione di pesca, ma in presenza di onde è sicuramente più pratico l'uso di un canna più lunga che permette di tenere la lenza fuori dall'acqua e di controllarla in presenza di corrente. La profondità dell'acqua sarà sicuramente tra 1 mt. e i 3 mt. perciò il tipo di montatura sarà tale da garantire un movimento naturale della lenza. La pesca dalla spiaggia è tra le tecniche di pesca con la bolognese quella che richiede condizioni meteo molto particolari, mare in scaduta, vento da moderato ad assente e acqua torbida di colore verde, sembra impossibile, ma sono le condizioni tipiche della scaduta che ci permetteranno di catturare pesci importanti. Surfcasting: primo approccio Surfcasting: analizzando questo termine si capisce subito che è una tecnica di pesca che si è sviluppata essenzialmente nei fondali sabbiosi. In genere si tende ad abbinare la pesca dalla spiaggia al surfcasting: ma non è proprio esatto. Con il termine surfcasting si specifica l'attività di pesca effettuata con mare formato, più o meno sostenuto. Le mareggiate o meglio ancore le scadute sono i momento preferiti dai pesci per cercare nutrimento e quindi dal surfcaster per la ricerca delle prede. Ricordiamo per i neofiti che il momento della scaduta si ha dopo il culmine della mareggiata, nel momento in cui il mare inizia la sua lenza e continua discesa di potenza, di forza. Questi momenti in cui spesso ci troviamo in presenza di onda lunga che spezza e vento contrario, sono i migliori per la pesca dalla spiaggia, per il surfcasting. Il pesce si avvicina alla riva e proprio nella schiuma provocata dai frangenti trova i migliori alimenti. Il movimento dell'onda mette in movimento tutto il fondale muovendo micro-organismi, granchietti, conchiglie ed altro presente sul fondo. Sono molte le specie insidiabili con questa tecnica di pesca, a seconda della zona: mormore, saraghi, spigole, gronghi, razze, ma anche leccie, ricciole o occhiate. La preda comunque più ricercata è l'orata. In condizioni di mare non eccessive le prede più comuni sono sicuramente l'orata e la mormora, mentre in condizioni estreme il sarago ma soprattutto la spigola sono le prede che rischieremo di incontrare. Attrezzature: in queste condizioni di mare difficile, ma soprattutto per lo stress del lancio, useremo canne ad hoc. Si tratta di attrezzature in fibra di carbonio o materiali similari, molto leggere, telescopiche, con lunghezze dai 4 metri in su. La potenza consigliata è tra i 100 ed i 150 grammi, a seconda delle condizioni del mare, del vento ma soprattutto dell'esperienza del sufcaster. Per poter entrare in pesca dovremo effettuare un lungo lancio che ci porti le esche fuori l'ultimo frangente, generalmente a non meno di 100 metri dalla riva. Esiste una grande scelta di attrezzature, a partire dai 70 €uro, anche se è preferibile effettuare l'acquisto di un buon attrezzo. La canna da surf si distingue dalle altre usate per spinning e bolentino dal fatto che ha un manico molto lungo. Questo in quanto per il lancio c'è bisogno di avere una buona presa. Si capisce, quindi, che anche a seconda dell'altezza del surfcaster e della lunghezza delle sue braccia, va effettuata la scelta dell'attrezzo Il Lancio: è il tipo di lancio che ci

consente una gittata più o meno lunga. Esistono delle vere e proprie "scuole" di lancio, e anche se non è poi difficilissimo, è necessario avere una buona pratica prima di effettuare una battuta di pesca. E' consigliabile, quindi, recarsi su un arenile ed iniziare a provare i lanci solo con il piombo, per evitare disastrosi ingarbugliamenti. Il lancio "pendolare" è quello che consente di lanciare il piombo più lontano, ma è difficile e necessita di molta pratica ma soprattutto di una buona guida. Tenendo poi in considerazione alcuni fattori (scelta canna, manegevolezza, bilanciatura dei componenti, costituzione fisica del pescatore, mulinello e doti atletiche) esistono numerose tecniche di lancio:ground;side cast;classico "sopra la testa";pendolare. Ma, vediamo quello che succede negli USA, dove gli americani sono sempre all'avanguardia per ciò che riguarda le tecniche: il bluefish (così viene chiamato il pesce serra) viene pescato anche con la mosca il cavetto. Alternativa, ritornando allo spinning o alla traina veloce sono le anguillette siliconiche o meglio il gronghetto di circa 30 cm. montato su tre ami. Con gli artificiali si tenta di stimolare la forte aggressività del Pomatotus Saltator che aggredirà l'artificiale non per fame ma per uccidere, un pò come succede con il dentice. Gli ami: Si utilizzano ami del 3/0 o 4/0 ad occhiello e gambo lungo, possibilmente con una punta ben affilata. Il serra ha potenti mascelle ed una bocca dura da bucare. Attrezzature: Per trarre comunque il maggior divertimento e gusto possibile dalla pesca al pesce serra, dovremo ricorrere a canne di basso libbraggio, vale a dire 8/12 libbre, possibilmente lunghe e non stand up: Con questo tipo di attrezzatura, allora, ci sarà da divertirsi nel contrastare le potenti fughe a galla del pesce. Per quanto riguarda il mulinello dovremo disporre di un attrezzo veloce, con una buon rapporto di recupero. Personalmente utilizzo uno SPEEDY della Duel oro, con un rapporto di recupero 6:1: il pesce serra, una volta allamato combatte con salti fuori dall'acqua e sovente viene nella stessa direzione della barca per allentare la trazione. Se non saremo pronti al recupero rischieremo di slamare il pesce. In questo articolo non entrò nel merito delle varie tecniche, ma volendo stabilire una attrezzatura media da principiante, molto genericamente si può così sintetizzare Canna da 4 metri con potenza 100/160 gr.; Mulinello a bobina larga con grande capienza e per facilitare l'uscita del filo; Monofilo dello 0,30 se nylon o 0,22 se dynema, consigliato per i più esperti, con spezzone di nylon, da ammortizzatore; Piombo aerodinamico da 100 gr. in sù; Terminale dello 0,25 non molto lungo, diciamo intorno agli 80 cm.; Shockleader 0,45 di almeno 8 metri. Che cosa è lo Shockleader: si tratta di uno spezzone di lenza più robusto con due dimensioni di spessore. Per esempio dallo 0,35 passa allo 0,45. Si ricongiunge alla lenza imbobinata lo 0,35 ed il tratto finale sarà dello 0,45. In fase di lancio lo strappo sarà assorbito dallo 0,45. Ami: Sicuramente sono indicati quelli a gambo lungo e profilo sottile, tipo aberdeen, ma è una scelta oggettiva. La tendenza è alle misure piccole per celare maggiormente le esche. Preferibilmente ad anello. Surfcasting una tecnica ed una disciplina tra le più evolute e che vanta un gran numero di praticanti. Le coste sono sempre piene di instancabili pescatori che sia di giorno che di notte, con il bel tempo ma anche con il cattivo, sfidano il mare alla ricerca della sempre agognata cattura di sogno. Sicuramente poco lo spazio dedicato per questa disciplina, ma vi assicuro che è solo un......assaggio. Morfologia: ha un capo piuttosto allungato, compresso ai lati. La bocca grande che si estende fin dietro l'occhio e la mandibola leggermente prominente. Ha denti robusti, acuminati, di forma triangolare, molto taglienti. Per quanto riguarda la prima pinna dorsale è formata da raggi spinosi corti; la seconda, da raggi molli, abbastanza alta. La pinna anale, simile alla seconda dorsale, è preceduta da due corte spine. Ha una colorazione grigio verdastra più scura, bluastra, al dorso; più chiara, fino all'argento con screziature dorate sui fianchi e biancastra sul ventre. Generalmente ha una macchia nera ben evidente all'inserzione delle pettora un vero predatore il pesce serra Ha una morfologia tra la ricciola e la spigola, ma a differenza di entrambe le specie ha i denti affilatissimi. La sua voracità è tale, che intorno alla sua figura si sono creati grandi miti: dice, infatti che uccida le alimentare. Ed è per questo che è necessario l'utilizzo di finali in acciaio termosaldante. Si tratta di un sottile cavetto di acciaio con una guina in plastica. una volta effettuate tre o quattro volte, con un accendino si procede al suo riscaldamento e la plastica, fondendosi, blocca sue prede più per istinto che non per soddisfare il proprio fabbisogno La sua diffusione negli ultimi anni è stata molto omogenea soprattutto nelle zone sud occidentali e centrali dell'Italia, con grandi assembramenti e conseguenti catture nella zona della bassa Liguria e della Versilia, ma anche in Calabria e Sicilia, nelle vicinanze delle foci dei fiumi o su relitti non molto profondi. Stazionano anche nei pressi dell'ingresso dei porti, ove, soprattutto nelle prime ore del mattino o all'imbrunire, è facile incontrarli. Tecniche di pesca: Il pesce serra veniva insidiato soprattutto a traina, e con il vivo, muggine o aguglia. Da qualche tempo, invece, si sta insidiando anche a spinning, con artificiali del tipo minnows o eschesiliconiche. La pesca in mare dalle scogliere apre la possibilità di catturare moltissime specie di pesci, sia artificiali che naturali sono frequentate da pesci di piccola taglia fino ad arrivare a pesci che sicuramente non sono insidiabili con attrezzature leggere. Svariate volte è capitato di agganciare un pesce e subito quest'ultimo è stato addentato da un'altro pesce, e il proverbio pesce grande mangia pesce piccolo è stato rispettato. Fare una rassegna di tutti i pesci insidiabili è sicuramente un compito arduo, però le tecniche di pesca con lenza leggera non sono poi così tante, o meglio quelle che pratico

sono concentrate alla cattura di specifiche specie di pesci. Spesso l'azione di pesca è in certo luogo può essere portata con una tecnica perché quella tecnica nel tempo è stata quella che ha dato più risultati, ma allo stesso tempo può essere scelta perché in quel luogo permette di pescare nella maggior parte di situazioni meteo/marine, per ciò scegliere una tecnica al posto di un altra è molto importante specialmente se la scelta può diminuire i tempi morti, cioè come facilmente comprensibile più l'esca sta in acqua più possibilità ci sono di agganciare qualcosa. Un esempio se peschiamo ad una distanza intorno ai 7 mt. sarà sicuramente più pratico pescare con una bolognese da 7 mt. che con una inglese, questo perché con la bolognese non dobbiamo lanciare e se dobbiamo arrivare a profondità superiori alla lunghezza della canna con l'inglese dobbiamo pescare scorrevole. Le cose cambiano se l'azione di pesca si svolge su distanze che con la bolognese sono proibitive, sia per il lancio sia per il vento che con la sua presenza rende questa pesca difficile se non impossibile, ed è proprio la pesca all'inglese che risolve questi problemi. Naturalmente pescando dalle scogliere è molto più facile che le condizioni richiedano l'uso di lenze più pesanti rispetto alla pesca nei porti, in particolare se si pesca sulle punte esposte a mare aperto, per questo dobbiamo mettere in conto il cambiamento di lenza che se necessario ci garantirà una corretta e più redditizia azione di pesca. Per andare sul pratico, all'Argentario ci sono molti luoghi che ben si prestano alla pesca dalla scogliera, sia per le particolari condizioni di esposizione sia per le caratteristiche della zona, nel 90% dei casi la pesca all'inglese ( +2) ci garantisce un buon compromesso tra leggerezza e entrata in pesca però la presenza del vento e avvolte la forza del mare ci costringono ad abbandonare per impraticabilità. Gli stessi posti in alcuni casi si prestano all'uso della bolognese proprio quando la calma di vento e del mare é massima. Bolentino di profondità: tecniche di pesca Il mare è sempre più povero di pesce e le catture sensazionali diminuiscono sempre di più. Ecco perchè, ma non solo, dobbiamo porre maggiore attenzione ad una tecnica che con il passare del tempo raccoglie sempre più proseliti: il bolentino di profondità. Nato in Spagna alcuni anni orsono, e diffusa la tecnica per via di filmati su videocassetta, con incredibili catture (cernie gigantesce, occhioni enormi, merluzzi da 10 chili ed oltre), si sta sviluppando in Italia, e soprattutto in quelle zone ove le batimetriche diventano improvvisamente profonde ed i fondali sono misti. E' una tecnica che presuppone avere l'imbarcazione e tutta l'attrezzatura che sarà naturalmente elettrica. E' impensabile, infatti, salpare lenza da un fondale di 300 metri e oltre. La zona di pesca è la cosa più difficile da identificare: ci sarà di aiuto una buona carta nautica dove andremo a cercare le zone in cui le batimetriche sono molto vicine e quindi ci sono repentini cambi di fondale. Se presente la roccia ancora meglio, o quantomeno una zona ove ci sono detriti o tronchi. Naturalmente oltre a possedere una imbarcazione veloce e sicura, capace di percorrere 10 o 20 miglia in poco tempo, sarà necessario avere anche un buon ecoscandaglio (a cristalli liquidi o a tubo catodico, purchè con un range di oltre 300 metri) ed un buon GPS, per la localizzazione della posta di pesca. Tra l'altro c'è da ricordarsi che generalmente oltre le 12/15 miglia si perde il contatto visivo con la costa. Non ci lasciamo impressionare dalle numerose foto di catture che appaiono su cataloghi o riviste: perlopiù sono catture realizzate in mari esotici, o comunque non nelle nostre zone. Questo non vuol dire che nei mari intorno all'Italia non ci siano cernie di 30 0 50 chili e oltre. Naturalmente, da cauto pescatore, consiglio di non partire per queste battute di pesca con velleità assurde. Già catturare qualche occhione o qualche spinarolo, almeno per le prime uscite è daconsiderarsi un gran successo. Stabiliamo innanzitutto che questo tipo di pesca andrebbe praticata ancorati, o al limite con un leggerissimo scarroccio. E certo che ancorarsi su un fondale di 300 metri risulta cosa abbastanza difficile, oltre al fatto che la grande quantità di cima da filare (almeno 500 metri) ci porterebbe lontano dalla zona di pesca. Allora è consigliabile portarsi leggermente sopra la cigliata sulla quale vogliamo pescare, calare le nostre lenze a scarroccio sino al passaggio sul punto da noi designato. Ci sarà sicuramente la possibilità di perdere qualche finale o comunque il piombo, ma avremo la chances di scandagliare un buon tratto di mare. I TERMINALI: Rispetto alle altre tecnica la realizzazione è abbastanza facile. Si tratta di collegare una serie di ami (almeno 10) utilizzando alcuni accessori facilmente reperibili sul mercato.

Si tratta di un Fluorocarbon 125 lb. con amo 7/0. La tenuta dell'amo è discreta anche se si sono avute numerose slamate. Il sistema di collegamento all'amo è il seguente: nodo del tubicino che passa in un accessorio (molletta rivestita) e che evita che il finale stringa molto sull'anello dell'amo. Anche qui viene usata la redancia in acciaio. Risponde benissimo in qualsiasi situazione. La redancia in acciaio ha bisogno, prima di essere stretta al nodo, di essere foderata: in particolare, una volta assemblato il nodo del tubicino, prima di serrare si effettuano alcuni giri intorno al nylon, tra il nodo e la redancia, con del filo dentale. Si viene a creare un piccolo cuscinetto di circa 3 millimetri ed una volta stretto, si bagna e si stringe il nodo, che va a posizionarsi a ridosso di questo cuscinetto di filo. La tenuta è garantita al 100%. Terminando la serie di terminali esaminiamo il famoso "Nero di Betulla". Questo in particolare è un finale di 250 lb. resistentissimo e molto particolare. Molti anni orsono, soprattutto in adriatico e per via delle acque non proprio limpide si usava questo materiale. I primi assemblaggi furono effettuati usando i fermi in ottone o in acciaio e le dovute pinze. Personalmente anche qui ho utilizzato il nodo del tubicino che però è di difficile realizzazione a causa della durezza del filo. Inoltre qui è stato utilizzato un circle hook di qualche anno fa che non ha l'anello di serie. E' stato quindi, inserito un anellino in acciaio tra l'amo e la redancia.La resistenza di questo finale si addice per bestioni di peso ben oltre i 300 chili, ma la sua visibilità è estrema. Si utilizza solo in acque molto profonde e sporche.

In conclusione, comunque, le situazioni di pesca sono molteplici e diverse. Il pescatore più bravo a volte è quello che meglio riesce a capire la situazione del momento: verificare costantemente se l'esca è nella scia della pastura, se la pastura avviene in maniera costante, che non sia troppo scarsa nè troppo abbondante, che il diametro del finale sia proporzionato alla limpidezza dell'acqua. In queste poche valutazioni è nascosto il segreto o l'insuccesso della nostra battuta di pesca al tonno gigante, una tecnica appassionante e altamente carica di una stressante ma anche piacevole attesa in vista del magico trillo del cicalino. Il boatcasting, come la parola stessa lascia intuire, non è altro che il surfcasting dalla barca. E’ una tecnica con la quale si lancia l’esca lontano dalla zona d’ombra della barca. La nostra imbarcazione, infatti, crea una scia d’ombra sul fondo, e il pesce presente sotto la scambia per un grosso predatore. Ci troviamo, quindi, in pesca ancorati ma con la maggior parte dei pesci che staziona fuori dalla zona d’ombra. E’ una tecnica che viene applicata su fondali superiori ai 25 metri ed in presenza di corrente sostenuta. In questa situazione, infatti, ancorando l’imbarcazione di prua, come nella foto sopra, tutti i pescatori si troveranno con le lenze che confluiscono nella medesima zona, rischiando l’aggrovigliamento e tra l’altro pescando male per i motivi detti nell’introduzione. Il pesce è diffidente quando si trova sopra una grossa ombra; l’attività frenetica sarà sicuramente sui bordi di quest’ombra. Tra l’altro se riusciamo a lanciare le nostre esche verso la scia della pastura, le allamate aumenteranno notevolmente. Su fondali bassi il problema dell’ombra è ancora maggiore. L’attrezzatura. L’attrezzatura è più vicina a quella del surfcasting che non a quella del bolentino da barca. Tra l’altro una grande quantità di pescatori dalla barca ritiene più “comoda” una cannetta da1,60 mentre la

lunghezza media per la pesca da barca dovrebbe essere di almeno 3 metri, aumentando man mano che aumenta la grandezza della barca. Come dicevo prima consiglio una canna a due o tre pezzi o anche telescopica, con cimino intercambiabile, azione di punta e vettino sensibile. Volendo scegliere la canna giusta una da surf con potenza tra 130 e 230 grammi, da mulinello rotante è la scelta migliore. Il mulinello rotante è preferibile a quello a bobina fissa, almeno per questo uso. Con una capacità di almeno 300 metri di lenza di 15/20 libre, dovrebbe avere un rapporto di recupero abbastanza alto. E’ consigliabile collegare alla lenza madre uno spezzone di shock leader di almeno 15 metri: questo permetterà di ammortizzare bene i lanci, avendo anche una sicurezza in più in caso di cattura di una grossa preda. Una volta entrato nel mulinello parte dello shock leader, il nostro pesce avrà poche possibilità di fuga. Il terminale ideale è rappresentato da amo singolo collegato ad un filo di almeno 1,50/2 metri: la scelta del diametro e della qualità del filo dipenderà dalle prede che intendiamo insidiare. Naturalmente consiglio il Fluorocarbon (Duel o Seaguard). Se si insidiano prede come il dentice allora sono consigliabili due ami in serie, di cui uno scorrevole, della misura adatta per innescare una sardina intera. I piombi saranno compresi tra i 75 ed i 200 grammi. Se si pesca su fondali rocciosi è necessario allestire piombi con rampini a perdere. Si prende un piombo con foro centrale dentro al quale faremo passare due o tre fili sottilissimi di rame o ferro, con i quali si costruisce un piccolo rampino. In caso di incaglio, sotto trazione, i rampini si raddrizzeranno ed avremo la possibilità di recuperare l’intero finale. Altri accessori: piombi con girella, girelle con moschettone, perline e girelle singole. Il lancio. La tecnica è similare al lancio dalla riva. Impugnando la canna con la mano sinistra nell’apice più basso, la destra si porrà poco sotto il mulinello (vedi foto sotto) Ci assicuriamo che il piombo e l’amo sia fuori dalla barca o comunque non comporti rischio per alcuno. Si porta quindi indietro lateralmente la canna e quando si è certi che tutto sia a posto si lancia. Lasciamo uscire tutto il filo necessario, sino a quando il piombo non avrà toccato il fondo. Per eliminare parzialmente l’effetto della corrente sarebbe necessario imbobinare con multifibra del tipo “spectra”, filo che ci consente di diminuire il diametro e contestualmente di aumentare il carico di rottura. Oltretutto aumenta anche la sensibilità alle tocche dei pesci. La zona di pesca. Per la scelta della zona dovremo avere una perfetta conoscenza dei fondali, avere delle carte nautiche o un gps cartografico che ci consentano di trovare la posta migliore. Il pesce, infatti, non frequenta tutte le zone rocciose allo stesso modo, ma predilige sempre le scadute o le buche sul fondale, comunque zone dove la corrente è maggiore. Inizieremo con il calare una lenza con un piombo di peso medio (100 gr.) per capire l’esatto spostamento del filo. Ritiriamo il tutto e lanciamo a circa 40/50 metri in favore di corrente, con un angolo di 45/50 gradi rispetto alla cima dell’ancora. Una volta che il piombo tocca il fondo ed i rampini fanno il loro effetto, possiamo allora recuperare un po’ di lenza e mettere in tiro la canna. Quando il pesce abboccherà, venendo meno la trazione del rapino sul fondo, il vettino della canna comunicherà l’abboccata. Non ci resta che ferrare e iniziare il recupero della preda. Più pesante è il piombo, più facilmente il pesce si autoferrerà, per il peso stesso del piombo. La regolazione della frizione deve essere intorno al 50% del carico di rottura del filo, per evitare, in fase di recupero di perdere tempo con la regolazione della frizione e dare al pesce la possibilità di slamarsi. Questa tecnica di pesca è molto praticata in Inghilterra dove le forti correnti di marea influiscono e non poco nella pesca dalla barca. In Italia è scarsamente praticata, ed a torto, è una tecnica che premia Un sistema antico di pesca è quello con lo zatterino divergente. Una volta veniva praticato dai pescatori calabresi e siciliani i quali non avendo la possibilità di una imbarcazione si creavano un piccolo strumento che potesse portare lontano le loro esche. Si tratta di una traina da riva che condotta dal pescatore a piedi lungo la spiaggia mediante il trascinamento di una barchetta lungo il cui cavo di tiro si dipartono alcuni finali dotati di esche artificiali o naturali. Vediamo quindi la costruzione e come si “armano” i calamenti. Troviamo due tavolette di legno delle quali una più grande (60 cm) ed una più piccola (45 cm). Le due assicelle parallele verranno tenute insieme da due o tre perni in legno che provvederemo a fissare con viti o chiodi. Lo zatterino avrà così una perfetta galleggiabilità ed all’estremità della parte più corta collegheremo un anello al quale fisseremo la cima che traineremo da riva.

Una volta in acqua lo zatterino a causa della pressione maggiore dell’acqua sull’assicella più grande andrà verso il largo. La lenza madre o cima che terremo da riva avrà un diametro del 100 o anche 1,20 e sarà lunga da 60 a 100 metri. Ogni 4 metri potremo fissare una girella, bloccandola sul trave con perline e nodo di blocco, cui collegheremo un finale, possibilmente in fluorocarbon del diametro dello 0,30 e lungo 1,50 mt. Ogni 4 metri ripeteremo questa operazione. Avremo filato in mare circa 15 o 20 ami, che potranno essere innescati con verme (coreano o altro) o con piumette, e la grandezza dell’amo sarà relativa alle specie che pensiamo di insidiare. Naturalmente il nostro scopo dovrebbe essere quello di catturare ricciolette, serra, lecce stella, tracine, spigole, ecc. Possiamo anche utilizzare esche come le anguillette siliconiche, cucchiaini o piumette di vari colori. Possiamo ora iniziare la nostra passeggiata che ci porterà in breve a sentire le allamate. L’attacco del pesce viene trasmesso al trave in maniera abbastanza violenta. Bisogna quindi iniziare a raccogliere la lenza sul sughero e trascinare il pesce verso riva. Dopo aver slamato il pesce, si continua la pesca calando nuovamente lo zatterino e continuando nello stesso senso. Con questo tipo di pesca si possono battere molti metri o chilometri di mare e al ritorno, cambiando la lunghezza della lenza, sondare un tratto di mare diverso. Un consiglio: pescare soprattutto a ridosso della battigia dove, soprattutto nel periodo invernale, vista l’assenza dei bagnanti, è molto probabile l’incontro della regina del mare, sua maestà la spigola. Acqua poco torbida e appena mosso sono le condizioni migliori. Di recente alcune azienda hanno prodotto un tipo di zatterino a vela che si allontana da riva con la forza del vento, ma si tratta di un altro strumento che tratteremo in seguito. E’ una pesca che costa poco in termini di attrezzatura, si può praticare per tutto l’arco dell’anno e procura, inoltre, un sano esercizio fisico. Esche artificiali Molto schematicamente, le esche artificiali più utilizzate per lo spinning in mare possono suddividersi idealmente in 4 grandi categorie: piume e piumette (semplici o con testina metallica), cucchiaini (rotanti o ondulanti), pesciolini finti (minnow e popper), jigs (siliconici e non). Una 5^ categoria comprende gli artificiali vari (cioè quella moltitudine di esche, da noi scarsamente utilizzati, che non rientrano nelle tre categorie precedenti). Le piumette semplici sono efficaci con molte specie di predatori di piccola taglia (aguglie, occhiate, ricciolette, lecciotte di branco) ma possono interessare anche grosse spigole. Possono essere acquistate già pronte in diverse misure e colori o confezionate "in casa". La materia prima migliore è costituita dalle piume del collo del marabù, ma vanno benissimo anche quelle di specie più nostrane (gallo, tacchino). Le piumette vanno utilizzate con mare calmo o poco mosso e necessitano di una zavorra per il lancio (bonnand o galleggiante piombato). Inutile utilizzarle nella risacca per ovvi motivi. Le piume con testina metallica (le cosidette piumette giapponesi) vengono normalmente utilizzate nella traina, ma non hanno dato grandi risultati nello spinning. Solitamente il loro peso consente buoni lanci anche senza zavorra.(A sinistra, dall'alto, una piuma con testina metallica, una piumetta da occhiate preconfezionata e una piuma artigianale per spigole).

I cucchiaini rotanti, normalmente utilizzati in acque dolci, vengono citati in alcuni testi di spinning per aver dato qualche interessante risultato con specie varie ma francamente non ci sentiamo di consigliarli se non in particolari occasioni (li abbiamo provati per un certo periodo con risultati deludenti). Certamente efficaci con quasi tutti i predatori sono invece i cucchiaini ondulanti: in diversa misura, tutte le specie insidiabili a spinning possono attaccare gli ondulanti. Nelle misure piccole (3 - 5 cm), da lanciarsi con zavorra tipo bonnand, possono interessare occhiate, aguglie e ricciolette, mentre le misure maggiori (da 7 a 10 cm, con pesi che possono superare i 30 gr) possono essere lanciate direttamente senza pesi aggiuntivi per

insidiare spigole ed altri predatori di taglia. Consigliabili in tutte quelle situazioni in cui occorrono lunghi lanci (ad esempio dalla spiaggia) o dove la scarsa profondità rende inutilizzabili i pesci finti. I pesciolini finti sono senz'altro gli artificiali più utilizzati nello spinning in mare per la loro efficacia nei confronti di tutti i predatori. I minnow (spesso chiamati rapala, dal nome della casa costruttrice più famosa) hanno una paletta in plastica o metallica che conferisce loro il classico movimento ed un affondamento più o meno accentuato, mentre i popper sono privi di paletta e devono la loro azione al particolare taglio della testa che consente un movimento del tutto particolare in superficie. I minnow possono essere monopezzo (di gran lunga più utilizzati) o snodati, dal nuoto più sinuoso (e quindi da recuperare più lentamente), molto catturanti per certe specie (spigola, lampuga). Esistono, inoltre, modelli galleggianti o affondanti. Tutti i minnow danno il meglio di sè nella schiuma mentre i popper sono in genere da preferire con mare calmo o poco mosso. I pesci finti vengono lanciati sfruttando il loro peso, senza perciò utilizzare zavorre di alcun tipo, nello spinning dalla costa perciò si utilizzano pesciolini di discrete dimensioni e peso. I Jig sono esche composte da una testina piombata (o jig-head) ed un corpo in genere siliconico oppure composto da materiali derivati dalla pesca a mosca (pelo, piume, etc.). Ne esiste una enorme varietà di tipi e dimensioni, molto usati in questa tecnica sono i cosidetti "falcetti" o "grub" siliconici. Rispetto ad altri artificiali i jig richiedono un recupero "attivo" da parte del pescatore che deve provvedere a dar vita all'esca con il movimento del braccio e del polso e con frequenti variazioni di velocità. Sono, peraltro, tra le esche più duttili e versatili, infatti possono essere utilizzate sia in superficie che a fondo, consentono lanci lunghi grazie al buon peso in rapporto alle dimensioni ed hanno dimostrato la loro efficacia nei confronti di molti predatori marini. Altra nota positiva, hanno un costo decisamente inferiore rispetto a tutte le altre esche finte. I pesciolini finti sono senz'altro gli artificiali più utilizzati nello spinning in mare per la loro efficacia nei confronti di tutti i predatori. I minnow (spesso chiamati rapala, dal nome della casa costruttrice più famosa) hanno una paletta in plastica o metallica che conferisce loro il classico movimento ed un affondamento più o meno accentuato, mentre i popper sono privi di paletta e devono la loro azione al particolare taglio della testa che consente un movimento del tutto particolare, con salti fuori dall'acqua. I minnow possono essere monopezzo (di gran lunga più utilizzati) o snodati, dal nuoto più sinuoso (e quindi da recuperare più lentamente), molto catturanti per certe specie (spigola, lampuga). Esistono, inoltre, modelli galleggianti o affondanti. Tutti i minnow danno il meglio di sè nella schiuma. Normalmente i pesci finti vengolo lanciati sfruttando il loro peso, senza perciò utilizzare zavorre di alcun tipo, nello spinning perciò si utilizzano pesciolini di discrete dimensioni e peso. Per un buon lancio non è consiglabile scendere sotto i 15 gr. ERRORI E CAPPOTTI: COME EVITARLI I cappotti: analisi di un insuccesso.

Dovete abituarvi se volete praticare lo spinning in mare; con questa tecnica è assolutamente normale tornare a casa a mani vuote. Non è possibile eliminarli (a meno che non andiate a pescare ai tropici) ma capire le cause può aiutarci a ridurli a percentuali accettabili, fermo restando che per un vero appassionato un cappotto non costituisce mai motivo di malumore. In altre parole, non si va a spinning solo per catturare pesci (certo se si "prende" è meglio). Cause possibili di un cappotto: a) il predatore non c'è In questo caso possiamo fare ben poco se non cambiare zona. L'assenza di predatori potrebbe essere dovuta alle sfavorevoli condizioni climatiche (alta pressione, mare calmo), al luogo non adatto (ma questo può dircelo solo l'esperienza), al traffico di sub e natanti (come avviene nei mesi estivi), alla stagione non idonea. Ad esempio è spesso inutile, nei mesi freddi, pescare dalle punte su fondali profondi (zone tipiche per i pelagici); con le basse temperature è meglio sondare fondali bassi alla ricerca della spigola. L'assenza del pesce è la principale giustificazione del pescatore che torna a casa a mani vuote ("non c'era niente.."), ma in realtà non è la causa principale dei cappotti.

b) il predatore c'è, ma non attacca gli artificiali Capita più spesso di quanto non si pensi perchè la presenza del predatore non sempre è evidente. Quando capita, ad esempio quando i pesci inseguono l'artificiale sotto i nostri occhi senza attaccarlo, è un'esperienza frustrante anche perchè, il più delle volte, non c'è verso di farlo abboccare in alcun modo. Se il predatore non è in caccia (capita spesso con la spigola, per motivi che nessuno conosce) non attaccherà alcun artificiale ma si limiterà a inseguire svogliatamente le esche solo per curiosità e istinto, con effetti positivi sulla nostra secrezione di bile. Spesso, però, il predatore non attacca per errato uso di artificiali: un'esca non gradita per tipo o colore, oppure dal nuoto non corretto, o ancora recuperata troppo lentamente (errore comunissimo). In questi casi conviene cambiare spesso l'artificiale, insistendo su un recupero irregolare e tentando con minnow snodati in presenza di predatori svogliati o sospettosi.

c) il predatore c'è, ma non è a tiro di artificiale Può essere frequente in determinate situazioni (zona di risacca molto ampia con predatori che cacciano al limite della schiuma, acqua sporca di alghe in prossimità degli scogli) e in luoghi particolari ("piane" estese con bassi fondali, spiagge, ecc..), ma spesso è l'uso di esche di peso insufficiente che impedisce di raggiungere la zona buona. L'unica soluzione è l'utilizzo di artificiali dal buon rapporto peso/dimensioni, in particolare cucchiaini o pirker.

d) rottura della lenza durante il recupero Nello spinning in mare è possibile l'incontro con prede di buona mole e spesso il recupero avviene in condizioni difficili (rocce e mare mosso rendono impegnativa la fase di salpaggio). Se a questo aggiungiamo gli errori di valutazione del pescatore, frequenti tra i neofiti, quali l'uso di un filo inadatto (magari logorato da anni di pesca), la mancanza di un guadino o di un raffio, l'uso scorretto della frizione o i tentativi di salpare di peso il pesce allamato, capirete che è piuttosto facile perdere una preda di qualche chilo di peso. Questo problema è sottovalutato all'inizio della carriera, una delle frasi che ci è capitato spesso di sentire è "l'importante è che abbocchi, poi ci penserò!"; solo dopo i primi "mostri" persi (magari era solo un'occhiata da mezzo chilo) si prendono i necessari provvedimenti.

Gli errori più frequenti Qualcuno ha definito l'esperienza quella forma di conoscenza, non trasmissibile, che consente di ridurre al minimo gli errori. Se è vero che l'esperienza non si trasmette, è anche vero che i suggerimenti di chi per anni

ha imparato "sbagliando" possono consentire di sfrondare la nostra attività dagli errori più comuni che spesso decretano l'insuccesso di una battuta di pesca. Di seguito indichiamo gli errori secondo noi più frequenti per i lanciatori in erba e che, spesso, cominciano ben prima della battuta di pesca (ad es. dal nostro rivenditore).

1) Acquisto di artificiali inadatti Frequentissimo tra chi inizia, ma anche tra le mogli dei pescatori che continuano a regalare ai mariti pescetti inutilizzabili per scarso peso o artificiali assolutamente improponibili nelle nostre acque. Purtroppo, non tutti gli artificiali in commercio vanno bene per lo spinning in mare; il mercato offre una enorme quantità di esche artificiali e questo non fa che aumentare la confusione nel principiante, spesso alimentata dallo stesso negoziante, in genere convinto che un'esca valida per la traina lo sia anche per lo spinning. L'errore più diffuso è l'acquisto di un artificiale (spesso si tratta di minnow) troppo leggero, anche perchè non tutte le ditte indicano il peso nella confezione. Ai primi lanci, quando vi accorgerete di non riuscire a lanciare più di pochi metri (se il vento non vi risputa in faccia il pesciolino) vi verrà voglia di piombarlo. Lasciate perdere, eseguite invece le seguenti operazioni: a) togliete le ancorette e trasformate il minnow in un grazioso portachiavi; b) tornate al negozio e acquistate una scorta di artificiali di peso idoneo alla vostra canna. Oltre che per il peso, l'artificiale può rivelarsi inadatto semplicemente perchè non idoneo ai nostri predatori. Nei negozi di pesca vi troverete spesso di fronte ad un numero di esche finte di incredibile varietà e vi verrà voglia di comprarle tutte (capita anche agli esperti, il pescatore a spinning davanti agli artificiali ritorna bambino). Octopus, piumette, jigs, pirker, kona..... ricordate che non state andando a trainare ai tropici, se volete limitare i cappotti utilizzate sempre, almeno all'inizio, solo le esche più affidabili e collaudate.

2) Utilizzo di un filo inadatto Ne abbiamo già parlato in occasione dei cappotti, ma è fondamentale sottolineare l'importanza della lenza, unico tramite tra il pescatore e il pesce. Con il sole e la salsedine qualsiasi lenza perde elasticità e resistenza, cambiatela ad ogni stagione (se andate con una certa frequenza conviene sostituire il monofilo due volte all'anno, all'inizio della primavera e alla ripresa autunnale). Non affrontate luoghi frequentati da pelagici (ricciole, barracuda, dentici) con filo da occhiate.

3) Affrontare una battuta di pesca con attrezzatura e abbigliamento troppo pesanti Abbiamo visto spesso pescatori iniziare una battuta di spinning con: canna principale + canna di scorta e relativi mulinelli, borsone con artificiali, lenze, piombi, galleggianti ed esche naturali (non si sa mai...), guadino di 3 mt. e 2 kg di peso, cestino per i pesci, maglione, giubbotto, mantello antipioggia. Questo è l'atteggiamento tipico di chi proviene da altre tecniche, ma nello spinning è controproducente perchè limita fortemente la mobilità, essenziale per avere buone probabilità di cattura. Basta una canna (tra tutti i soci e in oltre un decennio di attività ci è capitato solo una volta di rompere una canna a pesca), un mulinello, una cintura o marsupio da pesca contenente artificiali e bobina di ricambio, un guadino o raffio. Tutto qui. Anche l'abbigliamento va tenuto leggero: dopo centinaia di metri di scogliera vi troverete in camicia anche in pieno dicembre.

4) Operare una pesca statica Lo ripeteremo all'infinito, a spinning si pesca più con le gambe che con le braccia. E' difficile da digerire per chi ha sempre praticato altre tecniche di pesca (ed è forse la ragione per cui molti abbandonano lo spinning), ma non si pesca molto se si ripetono infiniti lanci dalla stessa postazione (magari vicino alla macchina). Lo spinning non è per i pigri! Qualche considerazione sulle prede dello spinning mediterraneo

Nel classificare i pinnuti secondo le loro abitudini alimentari, spesso commettiamo l'errore di distinguere

troppo nettamente i predatori dai grufolatori e riteniamo, erroneamente, che la pesca con esche artificiali sia riservata esclusivamente alla prima categoria. In realtà anche i cosidetti grufolatori spesso mangiano altri animali vivi (vermi, molluschi, ecc...), con l'unica differenza che non attuano un agguato e l'inseguimento vero e proprio come può fare il classico predatore, trattandosi di "vittime" lente o immobili. Ma in caso di pesci palesemente in difficoltà come possono apparire le esche finte, anche un grufolatore può trasformarsi in predatore, sia pure raramente. La differenza tra le due categorie non è così netta come potrebbe apparire, in realtà diverse specie non tipicamente predatorie mostrano di gradire esche in movimento, talvolta anche artificiali; chi pesca a fondo le mormore sa bene quanto sia efficace la cosidetta "trainetta", e nei confronti di questa specie hanno spesso avuto successo piccole esche siliconiche trainate lentamente e con piccoli guizzi. Saraghi e muggini sono stati spesso ingannati da piccoli rotanti, minnow o jig. Dallo scambio di informazioni con spinner di tutta Italia è emerso che sono state catturate a spinning dalla costa almeno una trentina di specie differenti, tra le quali, oltre alle specie predatorie tipiche dell'ambiente marino, anche altre specie assolutamente inconsuete come triglie, salpe e donzelle. D'altra parte non è più un mistero che si possano catturare orate a traina con esche vive, e recentemente ne sono state catturate alcune di mole elevata anche a spinning, con minnow e popper! Qualcuno si chiederà: sono cambiate le abitudini dei pesci o è dovuto alla maggiore perizia dei pescatori? Probabilmente tutt'e due le cose, ma bisogna tener conto che fino a poco tempo fa lo scambio di informazioni su questa tecnica era quasi inesistente, le catture inconsuete sono sempre state fatte ma solo ora se ne parla più diffusamente. Saraghi a spinning si catturavano anche quarant'anni fa con i primi Rapala.

Se tutto questo rende il lancio con gli artificiali così affascinante e misterioso, bisogna anche ammettere che nella realtà le specie da insidiare in maniera specifica sono veramente poche; nelle coste sarde essenzialmente spigole e barracuda, ma in alcune zone e periodi particolari anche lampughe, lecce e pesci serra, escludendo da questo discorso i piccoli predatori (aguglie, occhiate, ricciolette) che normalmente non sono oggetto di pesca mirata a causa della loro mole ridotta. Ogni altra specie, per ora, può essere considerata una bella sorpresa, un regalo di questa tecnica ma l'evoluzione di questa tecnica, le migliorate conoscenze nell'uso degli artificiali e del comportamento dei pesci e soprattutto la tropicalizzazione del Mediterraneo porteranno sicuramente sviluppi inaspettati nello spinning marino.

Approssimativamente, possiamo distinguere le possibili prede dello spinning in tre categorie: a) predatori classici, cioè quelle specie che si nutrono normalmente di pesci vivi e che hanno innato l'istinto dell'agguato e dell'inseguimento (spigola, leccia, ricciola, occhiata, barracuda, dentice, serra, ecc...); in maniera più o meno marcata, tutte queste specie sono sensibili al fascino degli artificiali, ad eccezione della ricciola adulta che attacca le esche finte molto raramente; b) predatori atipici, cioè specie normalmente non predatorie ma che in alcune occasioni e con determinate esche finte mostrano atteggiamenti del predatore e aggrediscono gli artificiali (muggine, mormora, sarago, corvina); c) prede occasionali, per le quali l'attacco ad un'esca finta è sempre un fatto casuale e difficilmente ripetibile (es. triglie, salpe), probabilmente dovuto più all'istinto di difesa del territorio che a stimoli alimentari.

Il pesce serra: americano terribile Pomatotus Saltator, già lo stesso nome ci lascia intendere, è il nome del fantastico e potente saltatore, il pesce serra. Un pesce dalle potenti mascelle, dalla sagoma cattiva e dalla possente dentatura che con nervosi salti fuori dall'acqua manifesta il suo disappunto per la sua cattura Morfologia: ha un capo piuttosto allungato, compresso ai lati. La bocca grande che si estende fin dietro l'occhio e la mandibola leggermente prominente. Ha denti robusti,

acuminati, di forma triangolare, molto taglienti. Per quanto riguarda la prima pinna dorsale è formata da raggi spinosi corti; la seconda, da raggi molli, abbastanza alta. La pinna anale, simile alla seconda dorsale, è preceduta da due corte spine. Ha una colorazione grigio verdastra più scura, bluastra, al dorso; più chiara, fino all'argento con screziature dorate sui fianchi e biancastra sul ventre. Generalmente ha una macchia nera ben evidente all'inserzione delle pettorali. Ha una morfologia tra la ricciola e la spigola, ma a differenza di entrambe le specie ha i denti affilatissimi. La sua voracità è tale, che intorno alla sua figura si sono creati grandi miti: dice, infatti che uccida le sue prede più per istinto che non per soddisfare il proprio fabbisogno alimentare. Ed è per questo che è necessario l'utilizzo di finali in acciaio termosaldante. Si tratta di un sottile cavetto di acciaio con una guina in plastica. una volta effettuate tre o quattro volte, con un accendino si procede al suo riscaldamento e la plastica, fondendosi, blocca il cavetto. Da qui la dicitura termosaldante. La sua diffusione negli ultimi anni è stata molto omogenea soprattutto nelle zone sud occidentali e centrali dell'Italia, con grandi assembramenti e conseguenti catture nella zona della bassa Liguria e della Versilia, ma anche in Calabria e Sicilia, nelle vicinanze delle foci dei fiumi o su relitti non molto profondi. Stazionano anche nei pressi dell'ingresso dei porti, ove, soprattutto nelle prime ore del mattino o all'imbrunire, è facile incontrarli. Tecniche di pesca: Il pesce serra veniva insidiato soprattutto a traina, e con il vivo, muggine o aguglia. Da qualche tempo, invece, si sta insidiando anche a spinning, con artificiali del tipo minnows o esche siliconiche. Ma, vediamo quello che succede negli USA, dove gli americani sono sempre all'avanguardia per ciò che riguarda le tecniche: il bluefish (così viene chiamato il pesce serra) viene pescato anche con la mosca. Gli ami: Si utilizzano ami del 3/0 o 4/0 ad occhiello e gambo lungo, possibilmente con una punta ben affilata. Il serra ha potenti mascelle ed una bocca dura da bucare. Alternativa, ritornando allo spinning o alla traina veloce sono le anguillette siliconiche o meglio il gronghetto di circa 30 cm. montato su tre ami. Con gli artificiali si tenta di stimolare la forte aggressività del Pomatotus Saltator che aggredirà l'artificiale non per fame ma per uccidere, un pò come succede con il dentice. Attrezzature: Per trarre comunque il maggior divertimento e gusto possibile dalla pesca al pesce serra, dovremo ricorrere a canne di basso libbraggio, vale a dire 8/12 libbre, possibilmente lunghe e non stand up: Con questo tipo di attrezzatura, allora, ci sarà da divertirsi nel contrastare le potenti fughe a galla del pesce. Per quanto riguarda il mulinello dovremo disporre di un attrezzo veloce, con una buon rapporto di recupero. Personalmente utilizzo uno SPEEDY della Duel oro, con un rapporto di recupero 6:1: il pesce serra, una volta allamato combatte con salti fuori dall'acqua e sovente viene nella stessa direzione della barca per allentare la trazione. Se non saremo pronti al recupero rischieremo di slamare il pesce Terminali per tutti gli usi terminali, agganci, microagganci, sfere, microsfere, stonfo, stoppioni, pesca in mare, pesca, pescare, bolentino, drifting, big game, pescaremare, traina, rockfishing, surfcasting, beachlegering, ricciola, dentice, tonno, palamita, marlin, il pescatore, fishing, on the sea, fish, marlin, dorado, anglerworld, angler, fisherman, reel, tuna, yellofin, boat, yacht, catch and release, pescaremare, pescare mare, sport, sportfishing, trabucco, colmic, italcanna, normic, bayliner, milo, mitchell, asso, fluorocarbon La preparazione dei terminali è molto semplice, ma se vogliamo anche complessa. A volte soprattutto chi è alle prime armi è convinto che la preparazione di elaborati terminali possa portare un sicuro successo nell’azione di pesca. I garisti preparano elaborati finali, ma volti ad una specie specifica di preda, mentre le nostre uscite sono più varie e comunque meno impegnative, non essendo impegnati in alcune competizioni sportive. Oggi tra l’altro ci sono molte aziende che hanno elaborato piccoli accessori Ad esclusione della pesca al tocco con il galleggiante, i terminali devono essere in grado di

portare le esche vicino al fondo, ove la stragrande maggioranza dei pesci ama (microsfere o boom in treccia di metallo) che contribuiscono a rendere stazionare. Non devono ingarbugliarsi nel lancio e soprattutto nel calare verso il fondo. Se si usa lo shock leader la lenza deve essere dello stesso diametro. Un parametro da tenere in considerazione è che ci vogliono 4,6 Kg. di resistenza per ogni 30 grammi di piombo. Non rispettare questi parametri vuol dire andare incontro a rotture. Collegate sempre il piombo con una girella con moschettone. In caso di piombo a perdere, lo stesso sarà collegato alla girella con un piccolo spezzone di filo, di diametro inferiore al trave. In caso di arroccamento sul fondo si spezzerà facilmente consentendoci il recupero del finale. Prendiamo ora in esame una diecina di terminali che possono garantire ottimi risultati. Quasi tutti quelli illustrati sono stati realizzati con prodotti artigianali, mentre in commercio esistono validissime alternative per risparmiare tempo. Il paternoster. La struttura del paternoster è di base per la composizione di tanti altri. Sarà bene, quindi, memorizzare tutte le fasi della sua realizzazione. Può essere composto da uno, due tre o più ami. Se si pesca su fondale accidentato a su relitti è consigliabile utilizzare meno ami. I terminali verranno fissati sul trave mediante girelle, a loro volta bloccate con perline e nodo di stop. Non conviene mai effettuare nodi sul trave per bloccare le perline. Il trave si indebolirà notevolmente. I terminali, quale sia la loro lunghezza, non dovranno mai toccarsi, per evitare paurosi imparruccamenti. I fermagli per esca servono a tenere l’amo e l’esca attaccati al trave per favorirne il lancio. In commercio si trovano i vari accessori calibrati a seconda del libbraggio richiesto: ho provato i microattacchi della ditta toscana STONFO che mi sono sembrati un giusti compromesso tra qualità, prezzo, facilità di applicazione. Ma anche con semplici accessori si può costruire un paternoster: filo, perline, girelle a barilotto, tubicino in gomma, ami, girelle con moschettone, ed il gioco è fatto. Se il nostro terminale serve per un bolentino di profondità (intendo entro gli 80 metri) sono preferibili terminali corti, in quanto più sensibili alle abboccate e con la tendenza ad ingarbugliarsi di meno nella salita e discesa verso il fondo. Se si pesca su fondali bassi, i calamenti lunghi sono migliori in quanto fanno fluttuare maggiormente l’esca rendendola più appetibile Il terminale con piombo a scorrere. Molto semplice nella costruzione, risulta molto catturante. Il piombo viene collocato prima della girella e scorre sul trave. Il finale, di circa 1,50/1,80 cm è molto catturante in quanto la preda, una volta attaccata l’esca, non rileva alcuna resistenza, tirando il trave. Una volta effettuata la prima fuga, allora si può stringere la frizione e ferrare il pesce. Questo calamento è indicato per pesci diffidenti quali l’orata ed il sarago. professionali i Il terminale wishbone. Questo terminale, a dire il vero poco usato, soddisfa i lanci a lunga distanza. La sua composizione lo rende utilizzabile per la pesca a pesci di fondo. E’ molto aerodinamico e prevede l’impiego di uno o due ami diversi. Lo snodo che collega i due ami può essere lungo da 10 a 50 cm. Il paternoster due a uno. Questa è la versione del paternoster maggiormente usata. Consente di esplorare il fondale con un amo che andrà a pescare a diretto contatto con il fondo, mentre altri due ami rimarranno sopra il piombo Il terminale Pennell. Si tratta di inserire un solo amo sul paternoster. Viene utilizzato con due ami a scorrere per insidiare grosse prede, quali gronghi, murene, dentici, spigole ecc. L’esca sarà molto voluminosa e questo giustifica il doppio amo. L’amo verrà fermato, fase di lancio da un fermaesca o bait clip. Il finale sarà lungo tra 50 e 70 cm.. clicca sulla foto per ingrandire Il terminale con galleggiante piombato a scorrere. E’ un terminale usato per insidiare pesci a galla o comunque a mezz’acqua. Molto indicato per aguglie, muggini,

spigole, occhiate, consiste nel sistemare un galleggiante piombato a scorrere sul trave. Dopo il galleggiante si inseriscono alcune perline con nodo di stop e la girella, quindi il finale vero e proprio. Prima del galleggiante, invece, un altro calamento, previo l’inserimento di girella, perline e nodi di blocco. Il movimento del galleggiante scorrevole è regolabile allungando o avvicinando alle perline del finale di fondo il nodo di stop del bracciolo alto; si può lasciare anche un’escursione di oltre 2 metri consentendo così al galleggiante un lungo tratto per scorrere. I Boom. I boom sono in commercio in acciaio o in plastica. Vengono usati soprattutto nel bolentino di profondità e hanno una certa facilità di montaggio ed evitano l’ingarbugliamento del finali con il trave. Il terminale con il piombo a perdere. Due i campi di applicazione: per la pesca su fondali rocciosi o la pesca a bolentino su relitti o fondali particolarmente difficili. Il piombo è collegato al trave del terminale con un anello di ferro morbido o con le monofilo molto sottile. In caso di incaglio basta una leggera pressione per perdere il piombo ma recuperare il finale.

Il terminale con galleggiante piombato a scorrere. E’ un terminale usato per insidiare pesci a galla o comunque a mezz’acqua. Molto indicato per aguglie, muggini, spigole, occhiate, consiste nel sistemare un galleggiante piombato a scorrere sul trave. Dopo il galleggiante si inseriscono alcune perline con nodo di stop e la girella, quindi il finale vero e proprio. Prima del galleggiante, invece, un altro calamento, previo l’inserimento di girella, perline e nodi di blocco. Il movimento del galleggiante scorrevole è regolabile allungando o avvicinando alle perline del finale di fondo il nodo di stop del bracciolo alto; si può lasciare anche un’escursione di oltre 2 metri consentendo così al galleggiante un lungo tratto per scorrere I Boom. I boom sono in commercio in acciaio o in plastica. Vengono usati soprattutto nel bolentino di profondità e hanno una certa facilità di montaggio ed evitano l’ingarbugliamento del finali con il trave. lavorare sia in superficie che a mezz’acqua. Si insidiano pesci quali aguglie, occhiate, sgombri, pesci serra, ma anche per pesci di fondo quali il dentice. Unica variante per fare affondare l’esca utilizzare un piombo di Il terminale con il piombo a perdere. Due i campi di applicazione: per la pesca su fondali rocciosi o la pesca a bolentino su relitti o fondali particolarmente difficili. Il piombo è collegato al trave del terminale con un anello di ferro morbido o con le monofilo molto sottile. In caso di incaglio basta una leggera pressione per perdere il piombo ma recuperare il finale.almeno 75 grammi. E’ altamente sconsigliato con mar Il terminale ascensore. Si tratta di un terminale scorrevole, e permette all’esca di lavorare sia in superficie che a mezz’acqua. Si insidiano pesci quali aguglie, occhiate, sgombri, pesci serra, ma anche per pesci di fondo quali il dentice. Unica variante per fare affondare l’esca utilizzare un piombo di almeno 75 grammi. E’ altamente sconsigliato con mare mosso e fondale ricco di alghe e comunque con folta vegetazione.

TRAINA: il pesce Serra Traina: il pesce serra l pesce serra, fa parte dell’ordine dei Perciformi, famiglia Pomatomidae ed è un famelico predatore. Sino ad alcuni anni fa non era facile incontrarlo, pur essendo presente in tutti i mari d’Italia. Raramente sia le reti che le traine riuscivano a tradirlo: la sua possente dentatura riusciva sempre a portarlo in salvo dalle insidie. La maggior conoscenza delle tecniche di traina hanno cominciato ad avere la meglio su questo pesce pelagico e molto diffuso nell’Atlantico occidentale, lungo le coste degli U.S.A.., le coste del Portogallo, le Isole Azzorre, nello stretto dei Dardanelli, lungo le coste del nord Africa e nel centro e sud d’Italia. La sua forma è a metà tra la ricciola e la spigola, avendo un corpo abbastanza allungato, sebbene la coda e ricordo, invece, la spigola. Ha un grande muso, e la bocca è caratterizzata da una dentatura sottile ma potente, che gli consente di tranciare in due la sua preda. E’ un predatore molto aggressivo che attacca quasi sempre per istinto e non per fame: chiunque capita nella sua zona ha poche speranza di farla franca. Ha abitudini gregarie e si sposta di frequente, tanto che è possibile che in una determinata stagione in una zona di mare ve ne siano molti e la stagione seguente nemmeno l’ombra. Naturalmente nella stagione estiva, subito dopo il periodo degli accoppiamenti inizia ad avvicinare alla riva. E’ un pesce che si può trovare in pochi metri d’acqua come in mezzo al mare, su profondità di 50 metri ed oltre, sebbene stazione quasi sempre in superficie. E’ un pesce che avvicinandosi alla riva “infastidisce” anche altre specie, ad esclusione la regina del mare, la ricciola, che al contrario teme per la sua potenza e la sua mole. Spesso è capitato di vedere branchi di lecce con i pesci serra, il che ci spinge a pensare che si tollerino di buon grado. La dimensione media si aggira tra i tre ed i cinque chili, ma sono state effettuate alcune catture di esemplari oltre i dieci chili, in Sicilia. Nel mar di Marmara ci sono state addirittura catture di pesci serra intorno ai 20 chili. Si pesca sia con artificiali (ma di notte) che con l’esca viva che risulta micidiale: se si traina, in particolar modo con l’aguglia, ed in zona ci sono i pesci serra, è necessario preparare una buona scorta di finali perché avremo ripetuti e violenti attacchi. Grande combattente, quando è allamato si difende a galla, potendolo quindi insidiare con attrezzature ultra light, diciamo 8/12 libbre. Naturalmente una canna lunga e potente aiuta nel combattimento e nelle repentine fughe e cambi di

rotta. La lenza indicata può essere un buon 0,40 o 0,50, ma per il finale bisogna optare per il cavetto d’acciaio, per avere buone speranze.

H avuto a volte due o tre allamate consecutive e sempre il pesce serra è riuscito a tranciare l’esca a pochi millimetri dall’amo. Ma, ricordo un paio di anni or sono, dopo l’ennesima esca tranciata, ho innescato una aguglia con due ami, ed un terzo, molto piccolo, l’ ho lasciato penzolante, nei pressi della coda, ed assicurato all’aguglia con un po’ di filo elastico: il pesce ci ha lasciato le…..squame. Aguglia in primis, ma anche cefalotti, sgombri, sugarelli ed occhiate o comunque un pesce vivo che possa attirare la sua famelicità. Il pesce serra ha un apparato boccale medio grande e non avrà difficoltà ad addentare pesci dell’ordine di 300 grammi. Anche le salpe, le boghe o altri pesci più comuni possono fare al caso nostro, purchè vivi. Innesco classico, come per la ricciola, con due ami, uno trainante più piccolo ed una ferrante più potente, ma sempre ad artiglio d’aquila e comunque del 4/0. Per avere maggiori chances di cattura si possono usare tre ami, come ho menzionato prima, ma naturalmente l’etica sportiva ce lo vieta. Si innesca il pesce esca dall’alto verso il basso, con l’amo trainante ed invecedall’alto verso il basso sotto pelle all’altezza della pinna caudale. Personalmente il secondo amo lo inserisco nell’ano verso la coda. Se non si toccano organi vitali il pesce esca rimarrà ferito ma perfettamente vivo, ed inoltre il secondo amo lo equilibrerà. Nel caso dell’ano sotto pelle, invece, personalmente penso che il peso dell’amo faccia sbandare il pesce. Sia una tecnica che l’altra vanno bene. Personalmente uso il downrigger in quanto riesco ad affondare due esche, una più a fondo ed una molto in alto, per avere così la possibilità di un doppio incontro: Ricciola più in profondità, leccia stella e pesce serra a mezza acqua. Velocità basse, nell’ordine di un nodo e mezzo, massimo 2 nodi, che consentano alle esche di nuotare e non di essere trascinate. Al contrario della traina alla ricciola la frizione va lasciata lenta, per consentire al pesce serra di addentare bene l’esca e di ingoiarla. Una volta avvenuto ciò il pesce serra avrà solo la possibilità di tagliare il finale, ma non il nostro in quanto avremo ben pensato di usare un il cavetto metallico da 30 libbre. Il gioco è fatto e non ci resta che combattere a galla il pesce serra che ci darà filo da torcere sino a quando con decisione non l’avremo raffiato. Attenti in barca, il gioco ancora non è fatto, i denti sono micidiali. A buon intenditor poche parole. pesca in marapala, artificiale, pesca in mare, pesca, pescare, bolentino, drifting, big game, traina, rockfishing, surfcasting, beachlegering, ricciola, dentice, tonno, palamita, marlin, il pescatore, fishing on the sea, fish, marlin, dorado, anglerworld, angler, fisherman, reel, tuna, yellofin, boat, yacht, catch and release di profondità è una tecnica di pesca che necessita di molteplici attenzioni e di nozioni tecniche. Il pesce che andremo ad insidiare è la ricciola, la regina dei predatori per potenza, velocità, e rapidità di azione. meglio l'argomento divideremo il servizio in piccole sezioni. Innanzittto una premessa: per avere buone possibilità di cattura di esemplari oltre i 10 kg. è necessario usare esche vive. e per la traina alla ricciola sono molteplici. Bisogna innanzitutto capire cosa gradisce la ricciola. Le esche che piacciono principalmente al gusto della "regina" sono sicuramente l'aguglia in primis, la seppia, il calamaro, e poi di seguito tutti gli altri pesci. Quando dico tutti gli altri pesci intendo la varietà di quelli presenti nella zona, dalla boga, al sugarello, alla triglia, all'occhiata.

a innanzitutto capire nella zona in cui intendiamo pescare quale tipo di pesce è presente. Sicuramente nel periodo estivo l'esca che è più facilmente reperibile è l'aguglia e il totano, oltre che il sugarello e la boga, nonchè il cefalo e l'occhiata. insidiare l'aguglia consiglio di usare finali sottili (0,10), con una girella piccolissima. La filosa o meciuda (filo di seta) consente di catturare il pesce senza danneggiarlo. Il colore da usare varia a seconda delle zone e degli "umori" del pesce. In valore assoluto posso consigliare il giallo e l'arancio, sebbene molte volte abbia lavorato bene anche la filosa bianca. Bisogna filare le esche ad una ventina di metri dalla poppa, e stabilizzarsi su una andatura minima, intorno ai 2 nodi. Ho verificato che fermandosi e ripartendo, cioè facendo delle pause affinchè il nostro innesco possa scendere, si hanno le maggiori chance di cattura. Ferrata l'aguglia bisogna portarla a bordo molto velocemente e senza farla stancare molto. Questo pesce se maltrattato perde la sua vitalità. Una volta a bordo è necessaria una vasca del vivo che possa contenere almeno 60 litri d'acqua. Ricordandosi che è necessario il ricambio dell'acqua, bisogna tener presente che l'aguglia muore molto velocemente soprattutto perchè la temperatura dell'acqua aumenta troppo velocemente e perchè l'aguglia ha bisogno di nuotare. La cattura del totano è relativamente facile (tratterò l'argomento in seguito) ma la cosa veramente ardua è mantenerlo in vita. Ho provato numerose volte ma ho verificato che questa esca riesce a vivere in vasca del vivo per circa 5 minuti. La boga, il sugarello e l'occhiata non hanno alcun problema nel mantenersi vivi. Le canne ideali sono le 30 lb, meglio quelle con passanti ad anelli. All'interno di essi vi è un anello in pietra dura che serve per evitare la corrosione del nylon. Ottime quelle a ripartizione, cioè con una curva più ampia e la cui rigidezza aumenta con il peso del pesce o meglio con la forza che il pesce esercita su di essa e quindi lunghe circa 1,70 1,90 con almeno sette passanti. In fase di acquisto dovremo verificare che attraverso il cimino passi la girella che andremo ad usare. Alcuni colleghi di pesca hanno canne che non consentono questo e dovranno quindi optare per il finale corto. Gli anelli generalmente su queste canne sono in numero di sei o sette. Preferibili le canne in due pezzi, e comunque personalmente consiglio sempre di rivolgersi a fornitori conosciuti e che usano materiali di indubbia qualità. Per i mulinelli, quello adatto alla canna di cui abbiamo parlato prima è un 30 lb o 4/0, possibilmente con la frizione a leva. Anche per i mulinelli, come per le canne dobbiamo ricordare che la qualità costa. Se ci rivolgiamo ad un mulinello con tutti i requisiti di qualità, dovremo essere pronti ad una spesa che varia tra le 400 e le 800 mila lire. Io uso i DUEL, a partire dal Duotone (20 lb), il 4/0 a doppia velocità, e per altre pesche (Big game) il 6/0 ed il 9/0. L'affondatore ed il cavo Per quanto riguarda l'affondatore un breve cenno descrittivo. Questo strumento non è altro che una ruota realizzata in pvc o alluminio cui è avvolto un cavetto, in nylon o acciao. Collegata ad essa una canna attraverso la quale affonderemo il cavetto ed alla cui estremità verrà legato un piombo. Al lato della "ruota" ci sarà una manovella che servirà per salpare il cavetto, girandola. Naturalmente stiamo parlando di un affondatore spartano e manuale. Oggi si trovano in commercio numerosi attrezzi elettrici che con poche centinaia di migliaia di lire ci consentono di meccanizzare tutta l'operazione di salpaggio del cavetto. Sarà bene inserire sulla canna dell'affondatore uno strumento che si chiama contametri e che risulta utilissimo perché ci consente di verificare esattamente la profondità della nostra esca. Sul cavetto c'è da fare molta attenzione. Quasi tutti i trainasti usano il cavetto di acciaio. Ebbene un accenno sul problema delle correnti galvaniche: Il cavetto metallico è collegato all'affondatore che a sua volta prende elettricità dalla batteria della barca. Intorno al cavetto metallico che finirà poi sul fondo del mare a trainare il piombo, si trasferirà una quantità di corrente, sotto forma di ioni. Il più delle volte ho verificato con alcuni strumenti adatti a questo scopo che le correnti che si ingenerano intorno al cavetto sono quasi sempre negative (ioni negativi). Secondo quanto è dato sapere da alcuni studi effettuati sui pesci, in particolar modo la ricciola avverte questo "campo magnetico" di ioni negativi intorno al cavetto ed al piombo, e

viene disturbata da ciò. Al nostro passaggio, pertanto, la ricciola avvertendo la corrente negativa si allontanera certamente. Probabilmente chi ha trainato per molti giorni di seguito senza catture ora potrà iniziare a comprendere come forse nella sua tecnica qualcosa non funzionava. E' preferibile usare un cavetto o un cordino in nylon. Questo materiale sicuramente allontanerà molto dalla nostra poppa il piombo, ma sicuramente non creerà campi magnetici. Altro problema per il cordino, invece, è che se si usa uno spessore grosso (3 mmm) lo stesso crea turbolenza e in acqua "sibila". Be, anche questo disturba la nostra amata ricciola. Ebbene ho verificato che un giusto compromesso tra il cavetto in acciaio (anche quello rivestito non va bene) e il cordino o il dacron, è l'intrecciato multifibre di almeno 100 lb, anche in kevlar. E' sottilissimo, molto resistente e taglia bene l'acqua. Il piombo Il piombo dovrà essere collegato al cavetto con una girella molto resistente. Il peso dovrà essere proporzionato alla profondità cui andremo a pescare: per 30 o 40 metri è sufficiente un peso di 4/5 Kg. Mentre se andremo in profondità oltre i 50 metri è necessaria una zavorra di almeno 6 chili, sempre se vogliamo avere il cavetto quanto più possibile sotto la barca. Il piombo a forma di pesce rappresenta una ottima soluzione sia per la forma che per l'aereodinamicità. Ho visto alcuni trainasti dipingere il pesce di nero per renderlo quanto più invisibile alla ricciola. Io ritengo che invece il bianco peschi di più. Come probabilmente non tutti sanno, la ricciola è un carangide molto curioso, e comunque viene attirata la sua attenzione soprattutto dal colore bianco. Consiglio, quindi, di verniciare il pesce di piombo con una vernice spray bianca opaca. Pinze di sgancio Oggi siamo circondati da moltissimi prodotti che ci facilitano sicuramente il compito: le pinze di sgancio servono per collegare la lenza madre al cavetto. In fase di allamata, la pinza rilascia il letto della lenza ed il pesce può fugare tranquillamente. Raccoglieremo, quindi, il cavetto con l'affondatore e poi potremo iniziare il combattimento con la nostra "regina" dei mari. Naturalmente questo va bene se si pesca su fondali piatti e "tranquilli". Quando invece si traina su fondali rocciosi o su bastimenti dove il pericolo dell'incaglio è sempre in agguato e la rottura è molto probabile, allora conviene usare robusti elastici che legheremo con doppia asola al cavetto dell'affondatore e poi al nylon con un paio di sicuri nodi. La profondita' di pesca La profondità di pesca varia da zona a zona e da periodo a periodo. La ricciola è un predatore che predilige le cigliate di scoglio, le batimetriche che variano repentinamente, i relitti e soprattutto gli scogli isolati. Non esiste una profondità classica, anche se comunque nella media la sua batimetrica preferita e tra i 30 e i 40 metri. La ricciola caccia nelle primissime ore della mattina, quando albeggia, e poi al tramonto. A quelle ore è difficile iniziare la pesca perché prima di farlo perdermo del tempo prezioso per la cattura dell'esca viva. Poi, dopo le prime luci dell'alba, la ricciola inizia il suo pascolo, mediamente sul fondo, e in solitario (se parliamo dei pesci di peso superiore ai 20/25 chili). Durante le ore centrali della giornata, la regina del mare inizia nuovamente la sua attività. Dando uno sguardo alle ultime catture, ho constatato che quasi tutte le ho effettuate tra le 9 e le 11 del mattino. La ricciola è un predatore che preferisce le mezze acque: intendo dire che quando è in fase di riposo staziona vicino al fondo, mentre quando si appresta a cacciare le sue acquate preferite sono tra i 20 ed i 30 metri (su un fondale di 40). La marea se è montante (vuol dire se andiamo incontro all'alta marea) porterà tutti i pesci ad avvicinarsi alla riva e quindi in quella fase presumibilmente il pesce tenderà a stare in acque non molto profonde. Questo perché l'alta marea, con il suo movimento, tende a spingere il plancton e le altre forme di microrganismi verso la riva. Tutti i pesci che si nutrono di essi saranno portati a seguire l'evento naturale. Il montare della marea coinciderà sicuramente con

l'aumento della corrente. Ebbene tramite l'escoscandaglio dovremo verificare a che profondità il nostro strumento ci segnala la "mangianza" di novellame. Avremo la possibilità di verificare che in una data giornata il novellame lo avvisteremo sempre in una stessa fascia di acqua. State ben certi che se le nostre esche navigheranno in quella profondità, la "mangiata" non mancherà. Ma come fare a capire quale è la ora migliore per iniziare la pesca e quale la profondità ideale. La velocità di traina Non esiste una velocità definita. Dovremo essere noi con la nostra sensibilità e a seconda delle condizioni meteo (corrente, vento, scarroccio) a stabilire se la nostra esca nuota in maniera naturale o se la portiamo a passeggio per il mare senza consentirgli un benché minimo movimento. L'aguglia, in maniera particolare, deve nuotare e la nostra velocità (presumibilmente sotto i due nodi) dovrà consentire all'esca di poter nuotare tranquillamente. Quando saremo a favore di vento dovremo (specie se avremo una barca cabinata) diminuire sicuramente la velocità per contrastare l'effetto bandiera che l'imbarcazione fa opponendosi al vento con la sua massa. Ma come fare a capire quale è la ora migliore per iniziare la pesca e quale la profondità ideale. La marea se è montante (vuol dire se andiamo incontro all'alta marea) porterà tutti i pesci ad avvicinarsi alla riva e quindi in quella fase presumibilmente il pesce tenderà a stare in acque non molto profonde. Questo perché l'alta marea, con il suo movimento, tende a spingere il plancton e le altre forme di microrganismi verso la riva. Tutti i pesci che si nutrono di essi saranno portati a seguire l'evento naturale. Il montare della marea coinciderà sicuramente con l'aumento della corrente. Ebbene tramite l'escoscandaglio dovremo verificare a che profondità il nostro strumento ci segnala la "mangianza" di novellame. Avremo la possibilità di verificare che in una data giornata il novellame lo avvisteremo sempre in una stessa fascia di acqua. State ben certi che se le nostre esche navigheranno in quella profondità, la "mangiata" non mancherà. nuota in maniera naturale o se la portiamo a passeggio per il mare senza consentirgli un benché minimo movimento.

la segnalazione dell'abboccata Il metodo sicuramente più usato in questa disciplina per segnalare le abboccate durante le ore notturne è quello di inserire uno starlite sulla punta del cimino. Naturalmente questo sistema è efficace, ma ci costringe, per un verso, a rivolgere sempre lo sguardo verso l'alto, per scorgere lo starlite muoversi nel buoi della notte. E poi, se per un momento ci rilassiamo e perdiamo di vista il cimino, la tocca non ci viene in nessun modo segnalata, soprattutto quando c'è un gran numero di mangianza che banchetta con le nostre esche. Alcuni piccoli accorgimenti ci metteranno nella situazione di trovare efficaci provvedimenti a questi problemi: Dovremo costruire un piccolo "ascensore", che una volta agganciato al nylon, può essere portato sino a terra o tenuto in alto, sospeso, nel caso operassimo in totale assenza di vento. Alla minima tocca il "saliscendi" o per meglio dire piccolo ascensore, si muoverà vistosamente, fino a schizzare impazzito in caso di forte e decisa abboccata. COME COSTRUIRLO. Inseriamo in una piccola pallina colorato uno spezzone di nylon di 120 mm., due tubetti portastarlite e un salvanodo. Alla sua estremità si fissa un piccolo gancio ricavato da un pezzetto di acciaio armonico (morbido) che servirà inoltre a fissare il piombo che potrà essere comunque intercambiabile. Sull'estremità opposta, invece, si effettuerà una piega secca al nylon: ciò sarà sufficiente per appendere l'ascensore" al filo. Nel caso, invece, si voglia costruire un "ascensore" più pesante, quindi da usare in presenza di molto vento, è preferibile mettere alle estremità due piccole girelle ed usare galleggianti più grandi. La girella in basso per il piombo con moschettone, mentre per quella superiore, inseriremo un piccolo gancio d'acciaio. Cosa sono gli swinger?

Sono accessori particolari che i usano nella pesca alla carpa, carpfishing. Sono efficienti segnalatori di abboccata disponibili in varie misure e forme e costruiti in plastica trasparente con una piccola sede per gli starlite. Si applicano, tramite una asta di acciaio, al rodpod, cioè al cavalletto sul quale vengono poste le canne. Sulla testa del segnalatore si appoggerà il nylon che, in caso di mangiata del pesce, farà oscillare lo Swinger avvertendo il pescatore dell'avvenuta abboccata. Lo scorrere del filo, inoltre, farà suonare un segnalatore acustico, indispensabile per un carpista che si rispetti. Naturalmente a mare, dove la salsedine è il nostro principale nemico, oggetti elettronici avrebbero breve durata La Lampuga appartiene alla famiglia dei Corifenidi, che conta una sola specie, appunto la lampuga. In passato, vista la grande differenza morfologica tra adulti e giovani, si era Pensato ve ne fossero tre specie. Oggi si è appurato, quindi, che l'unico esemplare della famiglia dei cofenidi nel mediterraneo è la "Coryphaena hippurus. Nei mari tropicali si crede vi sia un'altra specie, la Coryphaena equiselis, molto simile ma leggermente più piccola. Grande differenza tra il maschio adulto e la femmina sta nella forma della testa, come si vede dalla foto.

Il Dorado Il muso varia a seconda dell'età e del sesso del pesce. Nei giovani il profilo è abbastanza arrotondato, mentre quello dei maschi adulti è ripidissimo, praticamente verticale. La pinna dorsale è una sola, unica, molto alta e allungata, parte da dietro la testa e termina poco prima della coda. La pelle è ricoperta di squame che sono piccolissime e aderenti, ed al tatto sembra non esistano. Gli occhi risultano essere piccoli e rotondi. La bocca è di media grandezza, obliqua, e con la mandibola prominente. Le pinne pettorali sono piccolissime e falciformi. La pinna anale è allungata e misura quasi la metà della pinna dorsale. La coda è lunga, biforcuta e profondamente incisa. Il corpo è compresso e allungato. La colorazione, è la cosa che maggiormente affascina: varia dal blu all'azzurro, dal verde intensissimo al giallo, con riflessi dorati. Perde la colorazione subito dopo la cattura, sbiadendosi nel grigio più cupo. La massima misura che la lampuga può raggiungere è di circa due metri e può superare i 25 chili. Le origini. E' un pesce originario delle zone tropicali e sicuramente d'alto mare. Nei mari tropicali, dove le acque sono molto calde, la media delle catture si aggira tra i 5 ed i 25 chili ad esemplare. Nei nostri mari, invece, il peso medio delle catture varia da 3, 4 etti ai cinque chilogrammi. E' un pesce che vive raggruppato in branchi e lontano dalla costa. E' di carattere molto aggressivo e aggredisce qualsiasi tipo di pesce si trovi a galla o a mezz'acqua: sardine, sgombri, acciughe, ecc. Ama molto l'ombra: se in alto mare, infatti, si incontra un tronco, o qualcosa che possa crearla, state pur certi che sotto ci saranno le lampughe. Nel meridione d'Italia, i pescatori professionisti ancorano sul fondale una lunga cima con un pagliolato composto da canne, dette "le cannizze" che servono per attirare le lampughe o "capuni". La sua cattura è altamente sportiva, con fughe velocissime. in fase di recupero, a volte, supera, in direzione della poppa, persino l'imbarcazione.

Le sue carni sono apprezzate, anche se personalmente le trovo un pò "asciutte". La traina. E' sicuramente uno dei pesci da traina per eccellenza. Al contrario dei tonnetti e delle palamite, raramente si manifesta. E quando arriva l' allamata è sempre una sorpresa. Quando si ferra, soprattutto se con attrezzature leggere, il pesce inizia una fuga che è fatta di salti, con un carosello di giravolte, esce dall'acqua, si ribalta, schizza e abbaglia con i suoi stupendi colori, una emozione che pochi altri pesci regalano. Per farla abboccare bisogna trainare a velocità prossima ai sei nodi, con teste piumate colorate, octopus, jet o piccoli Kona. Anche i minnow fanno un buon lavoro, ma con paletta metallica e sino a 10 cm. Conviene sempre pescare con più canne possibili, maggiori saranno le possibilità di incontro. Il libraggio consigliato per i nostri mari va dalle 2 alle 12 libbre ed il divertimento è assicurato. Le tecniche marinare (quelle che non si dovrebbero raccontare) Le tecniche che espongo sono il frutto di anni di esperienza e di conoscenza del mondo dei marinai: difficile perchè mai ti insegnano qualcosa o si confidano. Sono quasi l'opposto di quanto descritto prima a proposito della traina. Si inizia a trainare, nei pressi delle " cannizze" o di oggetti galleggianti a velocità bassissima, diciamo intorno ai due nodi. L'innesco sarà composto da strisciolina di calamaro o ancora meglio di seppia, con due ami molto vicini tra di loro. Micidiale è la sardellina, innescata su un amo e dall'occhio. Bisogna tenere pronti un gran numero di terminali, diciamo una quindicina. Appena si ha la prima allamata, si recupera filo e si lascia la lampuga a tre o quattro metri dalla poppa. Si blocca il filo o la canna con il pesce allamato e qui inizia il divertimento: si calano in mare gli altri terminali e vi assicuro che le catture saranno multiple e garantite. Subito in acqua la sardellina, vicino alla lampuga che si sta trainando, e le "compagne" non esiteranno a correre dietro alle nostre esche. Questa "giostra" di catture durerà qualche minuto, ma le catture saranno assicurate. I luoghi di maggior incontro, in Italia sono: In Puglia, tra Bari e Capo Otranto, attorno alle isole TREMITI, tra Brindisi ed Otranto da 2 a oltre 10 miglia si pesca la lampuga a traina veloce. Attenzione, potreste incontrare anche le alalunghe , e, nei pressi di Pescara, al traverso del CONERO. Tra Giulianova e Ortona, in Abbruzzo e Molise, da 5 a 20 miglia, l'incontro è possibile. Nelle Marche, invece, ci hanno segnalato la zona tra Porto Recanati e Porto San Giorgio. Tra Porto Recanati e Giulianova si possono effettuare discrete catture mentre al largo di San Benedetto del Tronto, sulle 10/15 miglia, in direzione della "fossa" si sono viste le lampughe (negli anni scorsi). In Liguria, a uno o due miglia dalla costa di Savona, pesci medio piccoli. In Sardegna, al largo dell'isola di Tavolara, intorno alle "lampugare" o "cannizze" numerose catture. In Toscana, con la traina veloce, la zona fra Cecina e Livorno. Nel Lazio, secondo quanto ci hanno segnalato, la miglior zona è il golfo di Gaeta, fuori da Monte Orlando, mentre in Campania al largo di Miseno, da 1 a 3 miglia. In Calabria, vicino la costa a Sibari (CS) o a Roccella Jonica (RC) sino a 20 miglia, nei pressi delle numerosissime "cannizze" sistemate dai pescherecci siciliani che trascorrono i mesi di agosto, settembre e ottobre in quella pescosa zona. Sempre in Calabria, a Soverato, si pescano addirittura dalla riva. In Sicilia, tutto lo stretto di Messina è area buona.

Pomatotus Saltator, già lo stesso nome ci lascia intendere, è il nome del fantastico e potente saltatore, il pesce serra. Un pesce dalle potenti mascelle, dalla sagoma cattiva e dalla possente dentatura che con nervosi salti fuori dall'acqua manifesta il suo disappunto per la sua cattura Morfologia: ha un capo piuttosto allungato, compresso ai lati. La bocca grande che si estende fin dietro l'occhio e la mandibola leggermente prominente. Ha denti robusti, acuminati, di forma triangolare, molto taglienti. Per quanto riguarda la prima pinna dorsale è formata da raggi spinosi corti; la seconda, da raggi molli, abbastanza alta. La pinna anale,

simile alla seconda dorsale, è preceduta da due corte spine. Ha una colorazione grigio verdastra più scura, bluastra, al dorso; più chiara, fino all'argento con screziature dorate sui fianchi e biancastra sul ventre. Generalmente ha una macchia nera ben evidente all'inserzione delle pettorali. Ha una morfologia tra la ricciola e la spigola, ma a differenza di entrambe le specie ha i denti affilatissimi. La sua voracità è tale, che intorno alla sua figura si sono creati grandi miti: dice, infatti che uccida le sue prede più per istinto che non per soddisfare il proprio fabbisogno alimentare. Ed è per questo che è necessario l'utilizzo di finali in acciaio termosaldante. Si tratta di un sottile cavetto di acciaio con una guina in plastica. una volta effettuate tre o quattro volte, con un accendino si procede al suo riscaldamento e la plastica, fondendosi, blocca il cavetto. Da qui la dicitura termosaldante. La sua diffusione negli ultimi anni è stata molto omogenea soprattutto nelle zone sud occidentali e centrali dell'Italia, con grandi assembramenti e conseguenti catture nella zona della bassa Liguria e della Versilia, ma anche in Calabria e Sicilia, nelle vicinanze delle foci dei fiumi o su relitti non molto profondi. Stazionano anche nei pressi dell'ingresso dei porti, ove, soprattutto nelle prime ore del mattino o all'imbrunire, è facile incontrarli. Tecniche di pesca: Il pesce serra veniva insidiato soprattutto a traina, e con il vivo, muggine o aguglia. Da qualche tempo, invece, si sta insidiando anche a spinning, con artificiali del tipo minnows o esche siliconiche.

un esempio di minnows - clicca sulla foto per ingrandire Ma, vediamo quello che succede negli USA, dove gli americani sono sempre all'avanguardia per ciò che riguarda le tecniche: il bluefish (così viene chiamato il pesce serra) viene pescato anche con la mosca.

Gli ami: Si utilizzano ami del 3/0 o 4/0 ad occhiello e gambo lungo, possibilmente con una punta ben affilata. Il serra ha potenti mascelle ed una bocca dura da bucare. Alternativa, ritornando allo spinning o alla traina veloce sono le anguillette siliconiche o meglio il gronghetto di circa 30 cm. montato su tre ami. Con gli artificiali si tenta di stimolare la forte aggressività del Pomatotus Saltator che aggredirà l'artificiale non per fame ma per uccidere, un pò come succede con il dentice. Attrezzature: Per trarre comunque il maggior divertimento e gusto possibile dalla pesca al pesce serra, dovremo ricorrere a canne di basso libbraggio, vale a dire 8/12 libbre, possibilmente lunghe e non stand up: Con questo tipo di attrezzatura, allora, ci sarà da divertirsi nel contrastare le potenti fughe a galla del pesce. Per quanto riguarda il mulinello dovremo disporre di un attrezzo veloce, con una buon rapporto di recupero. Personalmente utilizzo uno SPEEDY della Duel oro, con un rapporto di recupero 6:1: il pesce serra, una volta allamato combatte con salti fuori dall'acqua e sovente viene nella stessa direzione della barca per allentare la trazione. Se non saremo pronti al recupero rischieremo di slamare il pesce Terminali per tutti gli usi terminali, agganci, microagganci, sfere, microsfere, stonfo, stoppioni, pesca in mare, pesca, pescare, bolentino, drifting, big game, pescaremare, traina, rockfishing, surfcasting, beachlegering, ricciola, dentice, tonno, palamita, marlin, il pescatore, fishing, on the sea, fish, marlin, dorado, anglerworld, angler, fisherman, reel, tuna, yellofin, boat, yacht, catch and release, pescaremare, pescare mare, sport, sportfishing, trabucco, colmic, italcanna, normic, bayliner, milo, mitchell, asso, fluorocarbon La preparazione dei terminali è molto semplice, ma se vogliamo anche complessa. A volte soprattutto chi è alle prime armi è convinto che la preparazione di elaborati terminali possa portare un sicuro successo nell’azione di pesca. I garisti

preparano elaborati finali, ma volti ad una specie specifica di preda, mentre le nostre uscite sono più varie e comunque meno impegnative, non essendo impegnati in alcune competizioni sportive. Oggi tra l’altro ci sono molte aziende che hanno elaborato piccoli accessori Ad esclusione della pesca al tocco con il galleggiante, i terminali devono essere in grado di portare le esche vicino al fondo, ove la stragrande maggioranza dei pesci ama (microsfere o boom in treccia di metallo) che contribuiscono a rendere stazionare. Non devono ingarbugliarsi nel lancio e soprattutto nel calare verso il fondo. Se si usa lo shock leader la lenza deve essere dello stesso diametro. Un parametro da tenere in considerazione è che ci vogliono 4,6 Kg. di resistenza per ogni 30 grammi di piombo. Non rispettare questi parametri vuol dire andare incontro a rotture. Collegate sempre il piombo con una girella con moschettone. In caso di piombo a perdere, lo stesso sarà collegato alla girella con un piccolo spezzone di filo, di diametro inferiore al trave. In caso di arroccamento sul fondo si spezzerà facilmente consentendoci il recupero del finale. Prendiamo ora in esame una diecina di terminali che possono garantire ottimi risultati. Quasi tutti quelli illustrati sono stati realizzati con prodotti artigianali, mentre in commercio esistono validissime alternative per risparmiare tempo. Il paternoster. La struttura del paternoster è di base per la composizione di tanti altri. Sarà bene, quindi, memorizzare tutte le fasi della sua realizzazione. Può essere composto da uno, due tre o più ami. Se si pesca su fondale accidentato a su relitti è consigliabile utilizzare meno ami. I terminali verranno fissati sul trave mediante girelle, a loro volta bloccate con perline e nodo di stop. Non conviene mai effettuare nodi sul trave per bloccare le perline. Il trave si indebolirà notevolmente. I terminali, quale sia la loro lunghezza, non dovranno mai toccarsi, per evitare paurosi imparruccamenti. I fermagli per esca servono a tenere l’amo e l’esca attaccati al trave per favorirne il lancio. In commercio si trovano i vari accessori calibrati a seconda del libbraggio richiesto: ho provato i microattacchi della ditta toscana STONFO che mi sono sembrati un giusti compromesso tra qualità, prezzo, facilità di applicazione. Ma anche con semplici accessori si può costruire un paternoster: filo, perline, girelle a barilotto, tubicino in gomma, ami, girelle con moschettone, ed il gioco è fatto. Se il nostro terminale serve per un bolentino di profondità (intendo entro gli 80 metri) sono preferibili terminali corti, in quanto più sensibili alle abboccate e con la tendenza ad ingarbugliarsi di meno nella salita e discesa verso il fondo. Se si pesca su fondali bassi, i calamenti lunghi sono migliori in quanto fanno fluttuare maggiormente l’esca rendendola più appetibile Il terminale con piombo a scorrere. Molto semplice nella costruzione, risulta molto catturante. Il piombo viene collocato prima della girella e scorre sul trave. Il finale, di circa 1,50/1,80 cm è molto catturante in quanto la preda, una volta attaccata l’esca, non rileva alcuna resistenza, tirando il trave. Una volta effettuata la prima fuga, allora si può stringere la frizione e ferrare il pesce. Questo calamento è indicato per pesci diffidenti quali l’orata ed il sarago. professionali i Il terminale wishbone. Questo terminale, a dire il vero poco usato, soddisfa i lanci a lunga distanza. La sua composizione lo rende utilizzabile per la pesca a pesci di fondo. E’ molto aerodinamico e prevede l’impiego di uno o due ami diversi. Lo snodo che collega i due ami può essere lungo da 10 a 50 cm. Il paternoster due a uno. Questa è la versione del paternoster maggiormente usata. Consente di esplorare il fondale con un amo che andrà a pescare a diretto contatto con il fondo, mentre altri due ami rimarranno sopra il piombo Il terminale Pennell. Si tratta di inserire un solo amo sul paternoster. Viene utilizzato con due ami a scorrere per insidiare grosse prede, quali gronghi, murene, dentici, spigole ecc. L’esca sarà

molto voluminosa e questo giustifica il doppio amo. L’amo verrà fermato, fase di lancio da un fermaesca o bait clip. Il finale sarà lungo tra 50 e 70 cm.. clicca sulla foto per ingrandire Il terminale con galleggiante piombato a scorrere. E’ un terminale usato per insidiare pesci a galla o comunque a mezz’acqua. Molto indicato per aguglie, muggini, spigole, occhiate, consiste nel sistemare un galleggiante piombato a scorrere sul trave. Dopo il galleggiante si inseriscono alcune perline con nodo di stop e la girella, quindi il finale vero e proprio. Prima del galleggiante, invece, un altro calamento, previo l’inserimento di girella, perline e nodi di blocco. Il movimento del galleggiante scorrevole è regolabile allungando o avvicinando alle perline del finale di fondo il nodo di stop del bracciolo alto; si può lasciare anche un’escursione di oltre 2 metri consentendo così al galleggiante un lungo tratto per scorrere. clicca sulla foto per ingrandire I Boom. I boom sono in commercio in acciaio o in plastica. Vengono usati soprattutto nel bolentino di profondità e hanno una certa facilità di montaggio ed evitano l’ingarbugliamento del finali con il trave. clicca sulla foto per ingrandire Il terminale con il piombo a perdere. Due i campi di applicazione: per la pesca su fondali rocciosi o la pesca a bolentino su relitti o fondali particolarmente difficili. Il piombo è collegato al trave del terminale con un anello di ferro morbido o con le monofilo molto sottile. In caso di incaglio basta una leggera pressione per perdere il piombo ma recuperare il finale. Il terminale con galleggiante piombato a scorrere. E’ un terminale usato per insidiare pesci a galla o comunque a mezz’acqua. Molto indicato per aguglie, muggini, spigole, occhiate, consiste nel sistemare un galleggiante piombato a scorrere sul trave. Dopo il galleggiante si inseriscono alcune perline con nodo di stop e la girella, quindi il finale vero e proprio. Prima del galleggiante, invece, un altro calamento, previo l’inserimento di girella, perline e nodi di blocco. Il movimento del galleggiante scorrevole è regolabile allungando o avvicinando alle perline del finale di fondo il nodo di stop del bracciolo alto; si può lasciare anche un’escursione di oltre 2 metri consentendo così al galleggiante un lungo tratto per scorrere Il terminale ascensore. Si tratta di un terminale scorrevole, e permette all’esca di I Boom. I boom sono in commercio in acciaio o in plastica. Vengono usati soprattutto nel bolentino di profondità e hanno una certa facilità di montaggio ed evitano l’ingarbugliamento del finali con il trave. lavorare sia in superficie che a mezz’acqua. Si insidiano pesci quali aguglie, occhiate, sgombri, pesci serra, ma anche per pesci di fondo quali il dentice. Unica variante per fare affondare l’esca utilizzare un piombo di Il terminale con il piombo a perdere. Due i campi di applicazione: per la pesca su fondali rocciosi o la pesca a bolentino su relitti o fondali particolarmente difficili. Il piombo è collegato al trave del terminale con un anello di ferro morbido o con le monofilo molto sottile. In caso di incaglio basta una leggera pressione per perdere il piombo ma recuperare il finale.almeno 75 grammi. E’ altamente sconsigliato con mare mosso e Il terminale ascensore. Si tratta di un terminale scorrevole, e permette all’esca di lavorare sia in superficie che a mezz’acqua. Si insidiano pesci quali aguglie, occhiate, sgombri, pesci serra, ma anche per pesci di fondo quali il dentice. Unica variante per fare affondare l’esca utilizzare un piombo di almeno 75 grammi. E’ altamente sconsigliato con mare mosso e fondale ricco di alghe e comunque con folta vegetazione.

TRAINA: il pesce Serra Traina: il pesce serra l pesce serra, fa parte dell’ordine dei Perciformi, famiglia Pomatomidae ed è un famelico predatore. Sino ad alcuni anni fa non era facile incontrarlo, pur essendo presente in tutti i mari d’Italia. Raramente sia le reti che le traine riuscivano a tradirlo: la sua possente dentatura riusciva sempre a portarlo in salvo dalle insidie. La maggior conoscenza delle tecniche di traina hanno cominciato ad avere la meglio su questo pesce pelagico e molto diffuso nell’Atlantico occidentale, lungo le coste degli U.S.A.., le coste del Portogallo, le Isole Azzorre, nello stretto dei Dardanelli, lungo le coste del nord Africa e nel centro e sud d’Italia. La sua forma è a metà tra la ricciola e la spigola, avendo un corpo abbastanza allungato, sebbene la coda e ricordo, invece, la spigola. Ha un grande muso, e la bocca è caratterizzata da una dentatura sottile ma potente, che gli consente di tranciare in due la sua preda. E’ un predatore molto aggressivo che attacca quasi sempre per istinto e non per fame: chiunque capita nella sua zona ha poche speranza di farla franca. Ha abitudini gregarie e si sposta di frequente, tanto che è possibile che in una determinata stagione in una zona di mare ve ne siano molti e la stagione seguente nemmeno l’ombra. Naturalmente nella stagione estiva, subito dopo il periodo degli accoppiamenti inizia ad avvicinare alla riva. E’ un pesce che si può trovare in pochi metri d’acqua come in mezzo al mare, su profondità di 50 metri ed oltre, sebbene stazione quasi sempre in superficie. E’ un pesce che avvicinandosi alla riva “infastidisce” anche altre specie, ad esclusione la regina del mare, la ricciola, che al contrario teme per la sua potenza e la sua mole. Spesso è capitato di vedere branchi di lecce con i pesci serra, il che ci spinge a pensare che si tollerino di buon grado. La dimensione media si aggira tra i tre ed i cinque chili, ma sono state effettuate alcune catture di esemplari oltre i dieci chili, in Sicilia. Nel mar di Marmara ci sono state addirittura catture di pesci serra intorno ai 20 chili. Si pesca sia con artificiali (ma di notte) che con l’esca viva che risulta micidiale: se si traina, in particolar modo con l’aguglia, ed in zona ci sono i pesci serra, è necessario preparare una buona scorta di finali perché avremo ripetuti e violenti attacchi. Grande combattente, quando è allamato si difende a galla, potendolo quindi insidiare con attrezzature ultra light, diciamo 8/12 libbre. Naturalmente una canna lunga e potente aiuta nel combattimento e nelle repentine fughe e cambi di

rotta. La lenza indicata può essere un buon 0,40 o 0,50, ma per il finale bisogna optare per il cavetto d’acciaio, per avere buone speranze.

H avuto a volte due o tre allamate consecutive e sempre il pesce serra è riuscito a tranciare l’esca a pochi millimetri dall’amo. Ma, ricordo un paio di anni or sono, dopo l’ennesima esca tranciata, ho innescato una aguglia con due ami, ed un terzo, molto piccolo, l’ ho lasciato penzolante, nei pressi della coda, ed assicurato all’aguglia con un po’ di filo elastico: il pesce ci ha lasciato le…..squame. Aguglia in primis, ma anche cefalotti, sgombri, sugarelli ed occhiate o comunque un pesce vivo che possa attirare la sua famelicità. Il pesce serra ha un apparato boccale medio grande e non avrà difficoltà ad addentare pesci dell’ordine di 300 grammi. Anche le salpe, le boghe o altri pesci più comuni possono fare al caso nostro, purchè vivi. Innesco classico, come per la ricciola, con due ami, uno trainante più piccolo ed una ferrante più potente, ma sempre ad artiglio d’aquila e comunque del 4/0. Per avere maggiori chances di cattura si possono usare tre ami, come ho menzionato prima, ma naturalmente l’etica sportiva ce lo vieta. Si innesca il pesce esca dall’alto verso il basso, con l’amo trainante ed invecedall’alto verso il basso sotto pelle all’altezza della pinna caudale. Personalmente il secondo amo lo inserisco nell’ano verso la coda. Se non si toccano organi vitali il pesce esca rimarrà ferito ma perfettamente vivo, ed inoltre il secondo amo lo equilibrerà. Nel caso dell’ano sotto pelle, invece, personalmente penso che il peso dell’amo faccia sbandare il pesce. Sia una tecnica che l’altra vanno bene. Personalmente uso il downrigger in quanto riesco ad affondare due esche, una più a fondo ed una molto in alto, per avere così la possibilità di un doppio incontro: Ricciola più in profondità, leccia stella e pesce serra a mezza acqua. Velocità basse, nell’ordine di un nodo e mezzo, massimo 2 nodi, che consentano alle esche di nuotare e non di essere trascinate. Al contrario della traina alla ricciola la frizione va lasciata lenta, per consentire al pesce serra di addentare bene l’esca e di ingoiarla. Una volta avvenuto ciò il pesce serra avrà solo la possibilità di tagliare il finale, ma non il nostro in quanto avremo ben pensato di usare un il cavetto metallico da 30 libbre. Il gioco è fatto e non ci resta che combattere a galla il pesce serra che ci darà filo da torcere sino a quando con decisione non l’avremo raffiato. Attenti in barca, il gioco ancora non è fatto, i denti sono micidiali. A buon intenditor poche parole. pesca in marapala, artificiale, pesca in mare, pesca, pescare, bolentino, drifting, big game, traina, rockfishing, surfcasting, beachlegering, ricciola, dentice, tonno, palamita, marlin, il pescatore, fishing on the sea, fish, marlin, dorado, anglerworld, angler, fisherman, reel, tuna, yellofin, boat, yacht, catch and release di profondità è una tecnica di pesca che necessita di molteplici attenzioni e di nozioni tecniche. Il pesce che andremo ad insidiare è la ricciola, la regina dei predatori per potenza, velocità, e rapidità di azione. meglio l'argomento divideremo il servizio in piccole sezioni. Innanzittto una premessa: per avere buone possibilità di cattura di esemplari oltre i 10 kg. è necessario usare esche vive. e per la traina alla ricciola sono molteplici. Bisogna innanzitutto capire cosa gradisce la ricciola. Le esche che piacciono principalmente al gusto della "regina" sono sicuramente l'aguglia in primis, la seppia, il calamaro, e poi di seguito tutti gli altri pesci. Quando dico tutti gli altri pesci intendo la varietà di quelli presenti nella zona, dalla boga, al sugarello, alla triglia, all'occhiata.

a innanzitutto capire nella zona in cui intendiamo pescare quale tipo di pesce è presente. Sicuramente nel periodo estivo l'esca che è più facilmente reperibile è l'aguglia e il totano, oltre che il sugarello e la boga, nonchè il cefalo e l'occhiata. insidiare l'aguglia consiglio di usare finali sottili (0,10), con una girella piccolissima. La filosa o meciuda (filo di seta) consente di catturare il pesce senza danneggiarlo. Il colore da usare varia a seconda delle zone e degli "umori" del pesce. In valore assoluto posso consigliare il giallo e l'arancio, sebbene molte volte abbia lavorato bene anche la filosa bianca. Bisogna filare le esche ad una ventina di metri dalla poppa, e stabilizzarsi su una andatura minima, intorno ai 2 nodi. Ho verificato che fermandosi e ripartendo, cioè facendo delle pause affinchè il nostro innesco possa scendere, si hanno le maggiori chance di cattura. Ferrata l'aguglia bisogna portarla a bordo molto velocemente e senza farla stancare molto. Questo pesce se maltrattato perde la sua vitalità. Una volta a bordo è necessaria una vasca del vivo che possa contenere almeno 60 litri d'acqua. Ricordandosi che è necessario il ricambio dell'acqua, bisogna tener presente che l'aguglia muore molto velocemente soprattutto perchè la temperatura dell'acqua aumenta troppo velocemente e perchè l'aguglia ha bisogno di nuotare. La cattura del totano è relativamente facile (tratterò l'argomento in seguito) ma la cosa veramente ardua è mantenerlo in vita. Ho provato numerose volte ma ho verificato che questa esca riesce a vivere in vasca del vivo per circa 5 minuti. La boga, il sugarello e l'occhiata non hanno alcun problema nel mantenersi vivi. Le canne ideali sono le 30 lb, meglio quelle con passanti ad anelli. All'interno di essi vi è un anello in pietra dura che serve per evitare la corrosione del nylon. Ottime quelle a ripartizione, cioè con una curva più ampia e la cui rigidezza aumenta con il peso del pesce o meglio con la forza che il pesce esercita su di essa e quindi lunghe circa 1,70 1,90 con almeno sette passanti. In fase di acquisto dovremo verificare che attraverso il cimino passi la girella che andremo ad usare. Alcuni colleghi di pesca hanno canne che non consentono questo e dovranno quindi optare per il finale corto. Gli anelli generalmente su queste canne sono in numero di sei o sette. Preferibili le canne in due pezzi, e comunque personalmente consiglio sempre di rivolgersi a fornitori conosciuti e che usano materiali di indubbia qualità. Per i mulinelli, quello adatto alla canna di cui abbiamo parlato prima è un 30 lb o 4/0, possibilmente con la frizione a leva. Anche per i mulinelli, come per le canne dobbiamo ricordare che la qualità costa. Se ci rivolgiamo ad un mulinello con tutti i requisiti di qualità, dovremo essere pronti ad una spesa che varia tra le 400 e le 800 mila lire. Io uso i DUEL, a partire dal Duotone (20 lb), il 4/0 a doppia velocità, e per altre pesche (Big game) il 6/0 ed il 9/0. L'affondatore ed il cavo Per quanto riguarda l'affondatore un breve cenno descrittivo. Questo strumento non è altro che una ruota realizzata in pvc o alluminio cui è avvolto un cavetto, in nylon o acciao. Collegata ad essa una canna attraverso la quale affonderemo il cavetto ed alla cui estremità verrà legato un piombo. Al lato della "ruota" ci sarà una manovella che servirà per salpare il cavetto, girandola. Naturalmente stiamo parlando di un affondatore spartano e manuale. Oggi si trovano in commercio numerosi attrezzi elettrici che con poche centinaia di migliaia di lire ci consentono di meccanizzare tutta l'operazione di salpaggio del cavetto. Sarà bene inserire sulla canna dell'affondatore uno strumento che si chiama contametri e che risulta utilissimo perché ci consente di verificare esattamente la profondità della nostra esca. Sul cavetto c'è da fare molta attenzione. Quasi tutti i trainasti usano il cavetto di acciaio. Ebbene un accenno sul problema delle correnti galvaniche: Il cavetto metallico è collegato all'affondatore che a sua volta prende elettricità dalla batteria della barca. Intorno al cavetto metallico che finirà poi sul fondo del mare a trainare il piombo, si trasferirà una quantità di corrente, sotto forma di ioni. Il più delle volte ho verificato con alcuni strumenti adatti a questo scopo che le correnti che si ingenerano intorno al cavetto sono quasi sempre negative (ioni negativi). Secondo quanto è dato sapere da alcuni studi effettuati sui pesci, in particolar modo la ricciola avverte questo "campo magnetico" di ioni negativi intorno al cavetto ed al piombo, e viene disturbata da ciò. Al nostro passaggio, pertanto, la ricciola avvertendo la

corrente negativa si allontanera certamente. Probabilmente chi ha trainato per molti giorni di seguito senza catture ora potrà iniziare a comprendere come forse nella sua tecnica qualcosa non funzionava. E' preferibile usare un cavetto o un cordino in nylon. Questo materiale sicuramente allontanerà molto dalla nostra poppa il piombo, ma sicuramente non creerà campi magnetici. Altro problema per il cordino, invece, è che se si usa uno spessore grosso (3 mmm) lo stesso crea turbolenza e in acqua "sibila". Be, anche questo disturba la nostra amata ricciola. Ebbene ho verificato che un giusto compromesso tra il cavetto in acciaio (anche quello rivestito non va bene) e il cordino o il dacron, è l'intrecciato multifibre di almeno 100 lb, anche in kevlar. E' sottilissimo, molto resistente e taglia bene l'acqua. Il piombo Il piombo dovrà essere collegato al cavetto con una girella molto resistente. Il peso dovrà essere proporzionato alla profondità cui andremo a pescare: per 30 o 40 metri è sufficiente un peso di 4/5 Kg. Mentre se andremo in profondità oltre i 50 metri è necessaria una zavorra di almeno 6 chili, sempre se vogliamo avere il cavetto quanto più possibile sotto la barca. Il piombo a forma di pesce rappresenta una ottima soluzione sia per la forma che per l'aereodinamicità. Ho visto alcuni trainasti dipingere il pesce di nero per renderlo quanto più invisibile alla ricciola. Io ritengo che invece il bianco peschi di più. Come probabilmente non tutti sanno, la ricciola è un carangide molto curioso, e comunque viene attirata la sua attenzione soprattutto dal colore bianco. Consiglio, quindi, di verniciare il pesce di piombo con una vernice spray bianca opaca. Avrete sicuramente grosse soddisfazioni. Pinze di sgancio Oggi siamo circondati da moltissimi prodotti che ci facilitano sicuramente il compito: le pinze di sgancio servono per collegare la lenza madre al cavetto. In fase di allamata, la pinza rilascia il letto della lenza ed il pesce può fugare tranquillamente. Raccoglieremo, quindi, il cavetto con l'affondatore e poi potremo iniziare il combattimento con la nostra "regina" dei mari. Naturalmente questo va bene se si pesca su fondali piatti e "tranquilli". Quando invece si traina su fondali rocciosi o su bastimenti dove il pericolo dell'incaglio è sempre in agguato e la rottura è molto probabile, allora conviene usare robusti elastici che legheremo con doppia asola al cavetto dell'affondatore e poi al nylon con un paio di sicuri nodi. La profondita' di pesca La profondità di pesca varia da zona a zona e da periodo a periodo. La ricciola è un predatore che predilige le cigliate di scoglio, le batimetriche che variano repentinamente, i relitti e soprattutto gli scogli isolati. Non esiste una profondità classica, anche se comunque nella media la sua batimetrica preferita e tra i 30 e i 40 metri. La ricciola caccia nelle primissime ore della mattina, quando albeggia, e poi al tramonto. A quelle ore è difficile iniziare la pesca perché prima di farlo perdermo del tempo prezioso per la cattura dell'esca viva. Poi, dopo le prime luci dell'alba, la ricciola inizia il suo pascolo, mediamente sul fondo, e in solitario (se parliamo dei pesci di peso superiore ai 20/25 chili). Durante le ore centrali della giornata, la regina del mare inizia nuovamente la sua attività. Dando uno sguardo alle ultime catture, ho constatato che quasi tutte le ho effettuate tra le 9 e le 11 del mattino. La ricciola è un predatore che preferisce le mezze acque: intendo dire che quando è in fase di riposo staziona vicino al fondo, mentre quando si appresta a cacciare le sue acquate preferite sono tra i 20 ed i 30 metri (su un fondale di 40). La marea se è montante (vuol dire se andiamo incontro all'alta marea) porterà tutti i pesci ad avvicinarsi alla riva e quindi in quella fase presumibilmente il pesce tenderà a stare in acque non molto profonde. Questo perché l'alta marea, con il suo movimento, tende a spingere il plancton e le altre forme di microrganismi verso la riva. Tutti i pesci che si nutrono di essi saranno portati a seguire l'evento naturale. Il montare della marea coinciderà sicuramente con l'aumento della corrente. Ebbene tramite l'escoscandaglio dovremo verificare a che profondità il nostro strumento ci segnala la "mangianza" di novellame. Avremo la possibilità di verificare che in una data giornata il novellame lo avvisteremo sempre in una stessa fascia di acqua. State ben certi che se le nostre esche navigheranno in

quella profondità, la "mangiata" non mancherà. Ma come fare a capire quale è la ora migliore per iniziare la pesca e quale la profondità ideale. La velocità di traina Non esiste una velocità definita. Dovremo essere noi con la nostra sensibilità e a seconda delle condizioni meteo (corrente, vento, scarroccio) a stabilire se la nostra esca nuota in maniera naturale o se la portiamo a passeggio per il mare senza consentirgli un benché minimo movimento. L'aguglia, in maniera particolare, deve nuotare e la nostra velocità (presumibilmente sotto i due nodi) dovrà consentire all'esca di poter nuotare tranquillamente. Quando saremo a favore di vento dovremo (specie se avremo una barca cabinata) diminuire sicuramente la velocità per contrastare l'effetto bandiera che l'imbarcazione fa opponendosi al vento con la sua massa. Ma come fare a capire quale è la ora migliore per iniziare la pesca e quale la profondità ideale. La marea se è montante (vuol dire se andiamo incontro all'alta marea) porterà tutti i pesci ad avvicinarsi alla riva e quindi in quella fase presumibilmente il pesce tenderà a stare in acque non molto profonde. Questo perché l'alta marea, con il suo movimento, tende a spingere il plancton e le altre forme di microrganismi verso la riva. Tutti i pesci che si nutrono di essi saranno portati a seguire l'evento naturale. Il montare della marea coinciderà sicuramente con l'aumento della corrente. Ebbene tramite l'escoscandaglio dovremo verificare a che profondità il nostro strumento ci segnala la "mangianza" di novellame. Avremo la possibilità di verificare che in una data giornata il novellame lo avvisteremo sempre in una stessa fascia di acqua. State ben certi che se le nostre esche navigheranno in quella profondità, la "mangiata" non mancherà. nuota in maniera naturale o se la portiamo a passeggio per il mare senza consentirgli un benché minimo movimento.

la segnalazione dell'abboccata Il metodo sicuramente più usato in questa disciplina per segnalare le abboccate durante le ore notturne è quello di inserire uno starlite sulla punta del cimino. Naturalmente questo sistema è efficace, ma ci costringe, per un verso, a rivolgere sempre lo sguardo verso l'alto, per scorgere lo starlite muoversi nel buoi della notte. E poi, se per un momento ci rilassiamo e perdiamo di vista il cimino, la tocca non ci viene in nessun modo segnalata, soprattutto quando c'è un gran numero di mangianza che banchetta con le nostre esche. Alcuni piccoli accorgimenti ci metteranno nella situazione di trovare efficaci provvedimenti a questi problemi: Dovremo costruire un piccolo "ascensore", che una volta agganciato al nylon, può essere portato sino a terra o tenuto in alto, sospeso, nel caso operassimo in totale assenza di vento. Alla minima tocca il "saliscendi" o per meglio dire piccolo ascensore, si muoverà vistosamente, fino a schizzare impazzito in caso di forte e decisa abboccata. COME COSTRUIRLO. Inseriamo in una piccola pallina colorato uno spezzone di nylon di 120 mm., due tubetti portastarlite e un salvanodo. Alla sua estremità si fissa un piccolo gancio ricavato da un pezzetto di acciaio armonico (morbido) che servirà inoltre a fissare il piombo che potrà essere comunque intercambiabile. Sull'estremità opposta, invece, si effettuerà una piega secca al nylon: ciò sarà sufficiente per appendere l'ascensore" al filo. Nel caso, invece, si voglia costruire un "ascensore" più pesante, quindi da usare in presenza di molto vento, è preferibile mettere alle estremità due piccole girelle ed usare galleggianti più grandi. La girella in basso per il piombo con moschettone, mentre per quella superiore, inseriremo un piccolo gancio d'acciaio. Cosa sono gli swinger? Sono accessori particolari che i usano nella pesca alla carpa, carpfishing. Sono efficienti segnalatori di abboccata disponibili in varie misure e forme e costruiti in plastica trasparente con una piccola sede per gli starlite. Si applicano, tramite una asta di acciaio, al rodpod, cioè al cavalletto sul quale vengono poste le canne.

Sulla testa del segnalatore si appoggerà il nylon che, in caso di mangiata del pesce, farà oscillare lo Swinger avvertendo il pescatore dell'avvenuta abboccata. Lo scorrere del filo, inoltre, farà suonare un segnalatore acustico, indispensabile per un carpista che si rispetti. Naturalmente a mare, dove la salsedine è il nostro principale nemico, oggetti elettronici avrebbero breve durata La Lampuga appartiene alla famiglia dei Corifenidi, che conta una sola specie, appunto la lampuga. In passato, vista la grande differenza morfologica tra adulti e giovani, si era Pensato ve ne fossero tre specie. Oggi si è appurato, quindi, che l'unico esemplare della famiglia dei cofenidi nel mediterraneo è la "Coryphaena hippurus. Nei mari tropicali si crede vi sia un'altra specie, la Coryphaena equiselis, molto simile ma leggermente più piccola. Grande differenza tra il maschio adulto e la femmina sta nella forma della testa, come si vede dalla foto. Il muso varia a seconda dell'età e del sesso del pesce. Nei giovani il profilo è abbastanza arrotondato, mentre quello dei maschi adulti è ripidissimo, praticamente verticale. La pinna dorsale è una sola, unica, molto alta e allungata, parte da dietro la testa e termina poco prima della coda. La pelle è ricoperta di squame che sono piccolissime e aderenti, ed al tatto sembra non esistano. Gli occhi risultano essere piccoli e rotondi. La bocca è di media grandezza, obliqua, e con la mandibola prominente. Le pinne pettorali sono piccolissime e falciformi. La pinna anale è allungata e misura quasi la metà della pinna dorsale. La coda è lunga, biforcuta e profondamente incisa. Il corpo è compresso e allungato. La colorazione, è la cosa che maggiormente affascina: varia dal blu all'azzurro, dal verde intensissimo al giallo, con riflessi dorati. Perde la colorazione subito dopo la cattura, sbiadendosi nel grigio più cupo. La massima misura che la lampuga può raggiungere è di circa due metri e può superare i 25 chili. Le origini. E' un pesce originario delle zone tropicali e sicuramente d'alto mare. Nei mari tropicali, dove le acque sono molto calde, la media delle catture si aggira tra i 5 ed i 25 chili ad esemplare. Nei nostri mari, invece, il peso medio delle catture varia da 3, 4 etti ai cinque chilogrammi. E' un pesce che vive raggruppato in branchi e lontano dalla costa. E' di carattere molto aggressivo e aggredisce qualsiasi tipo di pesce si trovi a galla o a mezz'acqua: sardine, sgombri, acciughe, ecc. Ama molto l'ombra: se in alto mare, infatti, si incontra un tronco, o qualcosa che possa crearla, state pur certi che sotto ci saranno le lampughe. Nel meridione d'Italia, i pescatori professionisti ancorano sul fondale una lunga cima con un pagliolato composto da canne, dette "le cannizze" che servono per attirare le lampughe o "capuni". La sua cattura è altamente sportiva, con fughe velocissime. in fase di recupero, a volte, supera, in direzione della poppa, persino l'imbarcazione. Le sue carni sono apprezzate, anche se personalmente le trovo un pò "asciutte". La traina. E' sicuramente uno dei pesci da traina per eccellenza. Al contrario dei tonnetti e delle palamite, raramente si manifesta. E quando arriva l' allamata è sempre una sorpresa. Quando si ferra, soprattutto se con attrezzature leggere, il pesce inizia una fuga che è fatta di salti, con un carosello di giravolte, esce dall'acqua, si ribalta, schizza e abbaglia con i suoi stupendi colori, una emozione che pochi altri pesci regalano. Per farla abboccare bisogna trainare a velocità prossima ai sei nodi, con teste piumate colorate, octopus, jet o piccoli Kona. Anche i minnow fanno un buon lavoro, ma con paletta

metallica e sino a 10 cm. Conviene sempre pescare con più canne possibili, maggiori saranno le possibilità di incontro. Il libraggio consigliato per i nostri mari va dalle 2 alle 12 libbre ed il divertimento è assicurato. Le tecniche marinare (quelle che non si dovrebbero raccontare) Le tecniche che espongo sono il frutto di anni di esperienza e di conoscenza del mondo dei marinai: difficile perchè mai ti insegnano qualcosa o si confidano. Sono quasi l'opposto di quanto descritto prima a proposito della traina. Si inizia a trainare, nei pressi delle " cannizze" o di oggetti galleggianti a velocità bassissima, diciamo intorno ai due nodi. L'innesco sarà composto da strisciolina di calamaro o ancora meglio di seppia, con due ami molto vicini tra di loro. Micidiale è la sardellina, innescata su un amo e dall'occhio. Bisogna tenere pronti un gran numero di terminali, diciamo una quindicina. Appena si ha la prima allamata, si recupera filo e si lascia la lampuga a tre o quattro metri dalla poppa. Si blocca il filo o la canna con il pesce allamato e qui inizia il divertimento: si calano in mare gli altri terminali e vi assicuro che le catture saranno multiple e garantite. Subito in acqua la sardellina, vicino alla lampuga che si sta trainando, e le "compagne" non esiteranno a correre dietro alle nostre esche. Questa "giostra" di catture durerà qualche minuto, ma le catture saranno assicurate. I luoghi di maggior incontro, in Italia sono: In Puglia, tra Bari e Capo Otranto, attorno alle isole TREMITI, tra Brindisi ed Otranto da 2 a oltre 10 miglia si pesca la lampuga a traina veloce. Attenzione, potreste incontrare anche le alalunghe , e, nei pressi di Pescara, al traverso del CONERO. Tra Giulianova e Ortona, in Abbruzzo e Molise, da 5 a 20 miglia, l'incontro è possibile. Nelle Marche, invece, ci hanno segnalato la zona tra Porto Recanati e Porto San Giorgio. Tra Porto Recanati e Giulianova si possono effettuare discrete catture mentre al largo di San Benedetto del Tronto, sulle 10/15 miglia, in direzione della "fossa" si sono viste le lampughe (negli anni scorsi). In Liguria, a uno o due miglia dalla costa di Savona, pesci medio piccoli. In Sardegna, al largo dell'isola di Tavolara, intorno alle "lampugare" o "cannizze" numerose catture. In Toscana, con la traina veloce, la zona fra Cecina e Livorno. Nel Lazio, secondo quanto ci hanno segnalato, la miglior zona è il golfo di Gaeta, fuori da Monte Orlando, mentre in Campania al largo di Miseno, da 1 a 3 miglia. In Calabria, vicino la costa a Sibari (CS) o a Roccella Jonica (RC) sino a 20 miglia, nei pressi delle numerosissime "cannizze" sistemate dai pescherecci siciliani che trascorrono i mesi di agosto, settembre e ottobre in quella pescosa zona. Sempre in Calabria, a Soverato, si pescano addirittura dalla riva. In Sicilia, tutto lo stretto di Messina è area

TRAINA AL PESCE SERRA Diffuso in tutte o quasi le acque del globo, in Mediterraneo lo si può incontrare frequentemente anche se la sua cattura e insolita poiché possibile soltanto con esche appropriate. Si avvicina a branchi alle coste e da vero e proprio killer azzanna tutto cercando di uccidere sugarelli, aguglie, cefali ed ovviamente anche i pesciolini finti offerti dal trainista. La sua taglia media si aggira intorno ai tre chilogrammi ma sono stati catturati anche esemplari di circa 10 chilogrammi. Una delle esche più usate per questo pesce e l'aguglia (anche morta). Come lenza terminale useremo o un cavetto d'acciaio vista la dentatura del pesce, oppure un buon monofilo del 45/50 .Come zavorra un piombo da 200 grammi sulla lenza fa affondare l'esca, proporzionatamente alla velocità e alla distanza (circa 40 metri) dall'imbarcazione; in pratica l'esca lavora a circa 4/5 metri su un fondale di 6/7 metri. TRAINA ALLA RICCIOLA Le ricciole sono pesci affascinanti e molto difficili, che richiedono per la cattura degli esemplari più grossi, una pesca raffinata con aguglia viva come esca. La velocità della barca non deve superare i due nodi. Il filo del sessanta va bene sia per il mulinello che per il terminale. La lunghezza del terminale e di trenta metri e come piombo si va dai 300 grammi al chilo, in rapporto alla profondità che si deve raggiungere.

ZONE DI PESCA Sono pesci pelagici e buoni nuotatori. Si avvicinano alle coste rocciose durante il periodo della tarda primavera per la riproduzione e poi si fermano fino all'autunno inoltrato. Durante l'inverno si spostano su fondali più profondi. LUOGHI Sono quelli in prossimità di pareti scoscese di roccia o secche anche in altro mare. E' accertato che lungo tutte le coste del Tirreno, dalla Liguria alla Calabria ed anche in Puglia e in alcune zone delle Marche, sia abbastanza facile incontrarle. ORARI E' stata riscontrata una percentuale molto alta di ferrate nelle ore con sole alto.

IL FRAGOLINO I LUOGHI Il fragolino, frequenta abitualmente fondali che vanno dai 50 agli 80 metri. L'habitat consueto e il fango non troppo lontano da elementi solidi sommersi come scogliere, cigliate, e relitti vari. Di norma i punti di più probabile cattura sono le cadute; nonché le zone pianeggianti o i canaloni, sempre di fango o con prevalenza di fango, caratterizzati dalla presenza di piccole protuberanze calcaree sparpagliate. I PERIODI MIGLIORI Sono l'autunno inoltrato, l'inverno e la primavera. Le ore più propizie sono quelle diurne, anche se in alcune zone si possono fare pescate favolose anche di notte. LE ESCHE Si dice in più luoghi che l'esca migliore per il fragolino e il paguro privato delle chele ed innescato longitudinalmente a partire dalla testa. Altra esca usata e il gambero vivo di scoglio, il cannolicchio, e anche il gambero surgelato.

PALAMITA La palamita, che ha molte caratteristiche superficiali del tonno, viene solitamente insidiata con la traina, poiché rispetto al tonno e facilmente catturabile con tale sistema in quanto più piccola e accessibile. La velocità dell'imbarcazione non deve superare i 5 nodi e le lenze ( innescate con piume, cucchiaini, e varie esche artificiali) vanno filate ad una trentina di metri dalla poppa della barca. Una volta ferrata, la palamita si difende nella stessa maniera del tonno (per il quale vanno adoperate pero, a traina, ben altre lenze): inizialmente cerca di fuggire in superficie, poi tenta di inabissarsi disperatamente. La canna deve oscillare tra le 15 e le 20 libre, con lenza in monofilo di nylon dello 0,40/0,45.

LAMPUGA La Lampuga e' un pesce abbastanza facile in fatto di esce (sia vive che morte), ed abbocca anche a diversi tipi di artificiali. Il suo cibo preferito sono i pesci volanti. Il mezzo più usato per insidiare questi forti predatori e' la traina con una velocità dell'imbarcazione che deve variare a seconda dell'esca usata (esca viva/morta velocità 2 max 3 nodi, artificiali velocità 5/6 nodi). La distanza dallo specchio di poppa e' una cosa soggettiva, in quanto il nostro predatore quando e' a caccia, spesso si avvicina fin quasi sotto la barca, ed e' facile vedere il branco muoversi e seguire le nostre esche a pochi metri dalla barca. Una volta abboccato, la lampuga per difendersi cerca di cambiare di continuo direzione spostandosi molto velocemente, e non e' difficile

vederla spiccare salti fuori dall'acqua: in questo caso, l'unica cosa da fare è recuperare parte della lenza nel mulinello il più in fretta possibile. Per regolarsi sui punti in cui si possono trovare branchi di lampughe, si tenga presente che questi pesci sono soliti radunarsi in prossimità di relitti galleggianti. A mio parere il monofilo da usare non deve essere inferiore allo 0.50, in quanto una volta portato il pesce sotto la barca, questi oppone molta resistenza, e se non si usano dei guanti, facilmente si possono procurare piccoli tagli alle mani usando un monofilo troppo sottile (non escludendo anche la rottura della lenza). Altro consiglio personale, e' quello di non usare un guadino, in quanto non e' facile farvi entrare il nostro ospite, che farà di tutto per slamarsi, quindi usando delle lenze robuste, io consiglio di tirare di forza il pesce in barca. Queste regole sono valide per pesci che superano abbondantemente il Kg di peso. In caso di cattura di esemplari molto grossi è meglio usare un raffio. Elenco Aguglia, muggine, sgombro, sardina.

esche

naturali

PESCA NOTTURNA ALLA SPIGOLA Non vi sono limiti alla presenza di spigole, in tutti i tipi di litorale: da quello roccioso a quello sabbioso. La spigola e particolarmente attratta da sbocchi d'acqua dolce, vere e proprie foci o piccoli torrenti. Essenzialmente si può trovare vicino alla costa, le catture in mare aperto o in acque profonde sono da considerarsi occasionali. Pertanto il suo ambiente, dove può radunarsi anche in branchi numerosi, e costituito da fasce di mare non distanti dalla riva. Infine bisogna aggiungere che la spigola spesso caccia in acque turbolente e molto torbide, e per questa ragione le situazioni di mare più o meno mosso sono sicuramente favorevoli alla nostra battuta di pesca. Visto che stiamo parlando di una battuta di pesca notturna, non bisogna sottovalutare il fattore postazione, infatti bisogna individuare prima che faccia buio una zona pianeggiante, facilmente accessibile e altrettanto praticabile. Dobbiamo in altre parole poterci muovere comodamente anche contando solo sulla poca luce della nostra lampada. Quando si pesca con il mare mosso conviene abbandonare i fondali con prevalenza di rocce, in quanto a causa della turbolenza del mare farebbero incagliare continuamente il terminale. Una volta depositata l'esca sul fondo con un buon lancio, il moto ondoso, pur continuando a trascinare il nylon sul fondale, non provocherà incagli. Il luogo più adatto dove poter esercitare la pesca durante le scadute, e senza dubbio la scogliera naturale o artificiale che sia. Quando cambia il vento e il mare e quasi calmo con acque torbide color verdastro o marrone, proprio questo e il momento per effettuare catture rilevanti.Una canna tipo bolognese di circa 5 metri armata con un mulinello robusto con monofilo diametro 0,35, galleggiante a pera in sughero, che regga almeno 3 - 4 grammi di piombo, con terminale 0,25 - 0,30, con ami n? 2 o 4 tipo bronzato. Noterete che effettuerete le catture migliori pescando dove l'acqua e meno profonda, specialmente se sul fondo esistono vari scoglietti qua e la; il solo difetto che presenta questo tipo di pesca da una scogliera naturale , e che gli ami si impigliano frequentemente sul fondo. Uno dei trucchi da usare e quello di pescare con un solo amo, in modo che una volta allamato un pesce di buone dimensioni non avremo il problema che gli altri ami si incaglino sul fondo. Per coloro meno esperti si consiglia di usare un galleggiante piombato di colore rosso o arancione, da 15/20 grammi a forma di uovo. Questo tipo di calamento offre la possibilità di lanciare la lenza ad una distanza maggiore, ed evita l'imbrogliarsi della lenza. Esca eccellente da usare, per la cattura di saraghi e spigole e il tocchetto di sardina. Altra esca di base per la pesca in scaduta e il granchio; il problema sta nel procurarselo con il mare mosso, ma di notte all'interno dei porti o in un posto al ridosso del vento, si possono trovare questi crostacei in gran numero. Privato delle zampe e delle chele , aperto lateralmente, togliendogli la carcassa che lo ricopre, diviene un boccone molto appetibile per il sarago.

IL SARAGO Per la pesca al sarago di giorno, si dovrà adoperare, dagli scogli, la canna da punta con il galleggiante, o anche la bolognese. Col calare della notte, però, gli esemplari più grossi escono dalle tane, ed allora, con una buona canna da lancio e le esche adatte, c'è da aspettarsi qualche cattura soddisfacente. La bobina del mulinello, andrà caricata con un monofilo dello 0.40, ed il finale armato con due ami storti n°7, unito al calamento tramite due braccioli dello 0.30. L'esca migliore per la pesca notturna è senz'altro la cozza sgusciata, che presenta però, data la sua natura scarsamente consistente, qualche difficoltà per l'innescamento sull'amo. Il mitilo deve essere preferibilmente vivo. Per quanto riguarda la zavorra, il sistema più usato resta quello del finale con il piombo terminale. Durante il giorno, il sarago può essere insidiato con la canna da punta, dalle piccole dighe o dalla costa rocciosa, occorrerà che il mare sia abbastanza mosso, usando un galleggiante a pera ed il finale a due braccioli, a forcella. L'esca consigliata, in questo caso è la pasta fatta amalgamando mollica di pane, acciughe e formaggio

Nonostante la temperatura esterna raggiunga punte molto basse, all'inizio dell'inverno l'acqua non si è ancora portata alle temperature fredde. Anzi, specialmente nel sud, si possono ancora riscontrare delle temperature autunnali. Questo è indicativo per poter tentare ancora la traina con il vivo alle ricciole. Questi pesci, infatti, cominciano ad allontanarsi verso profondità in cui la temperatura dell'acqua è costante, proprio con l'arrivo dell'inverno, ma in alcune zone si trattengono fino a dicembre inoltrato, consentendo ancora qualche bella cattura. Sono da considerare due fattori principali per questa tecnica: la presenza delle aguglie sulle secche e l'arrivo dei calamari. Entrambi questi fattori possono garantire la presenza dei grandi pelagici. Comunque, in questo periodo sono sempre presenti le ricciole di 2-3 chili, che attaccano volentieri anche le esche artificiali. Gli altri pesci predatori ancora presenti o in arrivo in dicembre sono i dentici, le palamite e le spigole. Trattandosi di traina invernale, bisogna partire dal presupposto che i predatori abituali di questa tecnica, con il raffreddarsi delle acque, tendono a scendere di fondale per garantirsi una temperatura più costante. Questo condiziona abbastanza le tecniche di pesca e di conseguenza le attrezzature. La traina invernale ancor più che quella autunnale o primaverile, si pratica a fondo, quindi il tutto sarà impostato per garantire le esche in prossimità della fascia d'acqua a stretto contatto con il fondale. Prenderemo in considerazione la traina con le esche artificiali, usando come sistemi d'affondamento, il monel, le piombature dirette o l'affondatore a palla (downrigger). Le esche artificiali più impiegate d'inverno e che in alcune condizioni e con alcune prede, danno ottimi risultati sono i minnow con paletta metallica nelle misure che vanno dai 9 ai 14 centimetri. Per quanto riguarda le colorazioni, rischiamo di entrare in una diatriba senza fine e senza soluzione, di conseguenza cercheremo di seguire un filo logico e di adattarci alla realtà. La realtà va intesa partendo dalla considerazione che un'esca artificiale non va assolutamente vista come la vediamo noi, bensì con le colorazioni che assumerà in acqua ed in corsa. Da questo presupposto, deve partire la scelta dell'esca a seconda della condizione. I fattori che influenzeranno ulteriormente la scelta dell'esca, sono: la profondità d'azione, la trasparenza dell'acqua e la mangianza presente in loco. Per fare un esempio, mettiamo il caso ci siano delle condizioni di acqua torbida e cielo coperto, la scelta ricadrà su un'esca dai colori brillanti, mentre con il sole alto, opteremo per un'esca scura. Così come se la mangianza principale è composta da sardine, caleremo una colorazione simile. Ci sono sempre però, le colorazioni inesistenti in natura, quelle, in genere, vengono scelte secondo esperienza personale e molto spesso, sono proprio quelle a dare i risultati più incredibili.

La pesca si effettua su fondali varianti tra i 12 ed i 25 metri, in quanto sono le fasce dove è più probabile incontrare i predatori invernali. La morfologia del fondo ideale è quella mista alga e roccia, anche le pozze di sabbia isolate tra le alghe sono un buon punto di riferimento. La pesca con le esche artificiali si effettua ad una velocità compresa tra i 3,5 ed i 5 nodi. La montatura standard per downrigger è composta da 2 metri di doppiatura sulla lenza madre, girella e 1,5 metri di terminale. Si calano in acqua 50/60 metri di lenza, si aggancia alla pinza e si cala a velocità di traina, fino a raggiungere la profondità stimata. Le piombature dirette si inseriscono su una doppiatura di 2/2,5 metri effettuata sulla lenza madre. Tramite una girella che passi tra gli anelli, si aggancia il terminale che sarà lungo dai 7 ai 15 metri a seconda delle esperienze personali. La zavorra varia tra i 250 ed i 500 grammi a seconda della profondità e della lenza calata in acqua. Per finire, il monel è l'ultimo e forse il più funzionante sistema d'affondamento. A questo si fissa una girella che passi tra i passanti con un nodo a spirale apposito per il monel, a tale girella si lega il terminale lungo una quindicina di metri. Per la quantità di monel da calare ci regoleremo effettuando delle prove ed inserendo dei segnalini effettuati con del filo colorato. È da tener presente che sia con il monel che con piombature dirette, in virata, le esche tendono ad abbassarsi, con relativo rischio di ferrata sul fondo. Pescando con esche artificiali le prede classiche dell'inverno sono la spigola, il dentice e la palamita, ma non di rado può capitare di ferrare ricciole di branco, o tonnetti. Comunque, è questo il fascino della traina invernale: vale la pena di qualche pescata a vuoto e, con un pò di costanza, il pescatore insistente viene sempre premiato. Il dentice ha caratteristiche strutturali simili agli altri pesci della famiglia degli sparidi, ma per quanto riguarda ambiente e comportamenti fa storia a sé. Vediamone gli aspetti di maggiore rilevanza che possono farlo conoscere ai meno esperti. E' il più grosso rappresentante della sua famiglia potendo raggiungere ed anche superare, sebbene in via assolutamente eccezionale, il peso di 15 chili; deve il suo nome ai quattro pronunciati denti canini rivolti all'indietro dei quali si serve per afferrare al volo le prede di cui si ciba; come quasi tutti i pesci ha un innato istinto gregario; ma di regola i branchi non sono composti da un nu-mero ec-cessivo di esemplari, specie quando la taglia comincia ad aumentare; è presente, sembra in via esclusiva, nelle acque mediterranee caratterizzate dalle condizioni tipologiche subito appresso indicate; vive d'abitudine sul fondo: normalmente a 12-35 metri nella stagione più temperata, a 60-80 metri nella stagione fredda; può pertanto considerarsi un pesce costiero o semicostiero; il suo habitat consueto è costituito da formazioni rocciose con dislivelli non necessariamente accentuati, meglio se prossime a praterie di posidonia; solo raramente, e soprattutto nei periodi della buona stagione, si stacca dal fondo in branchi che per l'occasione risultano sempre numerosi e forma il cosiddetto "montone", non si sa se per cibarsi di pescetti che stazionano più in alto, ovvero per esigenze connesse al ciclo riproduttivo;

è catturabile in traina principalmente nelle acque limpide e pulite delle isole maggiori e minori (eccellenti quelle della Sardegna) nonché nella fascia litoranea continentale ove si incontrano coste precipiti e/o secche di una certa consistenza; penalizzati pertanto in partenza i bacini centro-settentrionali dell'Adriatico occidentale; è carnivoro e si nutre di organismi di piccola e media taglia che stazionano sul fondo o che, incautamente, vi si avvicinano: menole, tanute, castagnole, occhiate, fragolini, aguglie, costardelle, sugarelli, ecc.; è ghiottissimo di triglie, calamari e cefalopodi in genere; il suo sistema di caccia è essenzialmente basato sull'agguato: si nasconde dietro scogli, cigliate, rilievi, barriere algacee e, non appena la preda transita nelle immediate vicinanze, fa uno scatto fulmineo per addentarla; di solito, se l'attacco non riesce, tutto finisce lì, in quanto la tecnica dell'inseguimento non gli è congeniale; possiede in misura notevole uno spiccato senso di territorialità, tale da indurlo non di rado a "fiondarsi" sugli esseri estranei che scorge nella sua zona allo scopo di allontanarli, magari solo a spinte (alias "a musate"); ciò trova conferma nel fatto non infrequente che resta allamato con parti esterne del corpo alle esche trainate, specialmente se artificiali munite di ancorette multiple; a differenza del praio, con il quale viene spesso confuso, attacca volentieri le esche trainate; ma, a seconda delle stagioni, ora preferisce quelle naturali, quasi sempre vive, ora invece si fa incantare solo da quelle artificiali; è stato recentemente riconosciuto dall'IGFA come pesce sportivo suscettibile di record per classi di lenza fino alle 20 libbre; le sue carni, dulcis in fundo, sono ricercatissime dai buongustai.

I tempi e i luoghi della traina

Sulla base delle nozioni appena esposte, dovremmo esserci già fatta un'idea sulla pesca e sulle relative modalità. Occorre però scendere nel merito. Cominciamo con i tempi e con i luoghi. E' ovvio che il periodo più proficuo per la traina è quello che va dalla tarda primavera all'autunno inoltrato, quando cioè il nostro dentuto antagonista si porta su fondali non superiori ai 30-35 metri ove non è difficile far scendere le esche rimorchiate. Infatti, il primo problema che ci si presenta è proprio quello di far lavorare queste esche nella zona preferenziale, ossia quasi a contatto con il fondo; fra poco affronteremo l'argomento affondatori di lenza. Non è però da escludere la possibilità di realizzare catture anche in inverno, specie all'inizio di questa stagione quando le acque non sono ancora divenute gelide. Sempre in tema di tempi, giova precisare che, nell'ambito dei periodi stagionali sopraindicati, gli orari propizi sono quelli prossimi al sorgere e al tramonto del sole e, spesso molto di più, quelli dello zenit pieno; il che ha una spiegazione logica: con il sole a picco o quasi il dentice - che come abbiamo visto staziona "raso terra" - ha la possibilità di scorgere meglio le esche che gli passano sopra. Circa i luoghi è evidente che i migliori ai fini della traina sono costituiti dai fondali rocciosi compresi fra i 15 ed i 35 metri, con frequenti variazioni di quota. Questi salti sono buoni anche se di non rilevante entità; ciò è dimostrato dal fatto che le abboccate, di solito più frequenti sui bordi o sui cigli delle secche, non mancano (o addirittura qualche volta sono più frequenti) sui pianori ampi ed estesi che costituiscono il "cappello" delle secche stesse; questo però solo nel caso che su detti pianori vi siano posti adatti all'agguato come buche, rilievi, anfratti con dislivelli anche inferiori al metro. Resta comunque confermato che, a prescindere dalle accennate

variazioni limitate di quota, le possibilità migliori le avremo nel momento in cui le nostre esche transiteranno in uscita, ma soprattutto in entrata, sui bordi esterni delle secche costiere o semicostiere. Per i dentici, come del resto per tutti gli altri predatori, vi sono, nelle singole zone marittime adatte, punti più o meno circoscritti nei quali, nel corso degli anni, le catture sono costantemente più probabili che altrove. Per la individuazione di questi "salvadanai" potremo avvalerci soltanto delle esperienze nostre e dei nostri amici meno "abbottonati". I due tipi di traina

La traina al dentice può essere praticata con esche naturali, assai meglio se vive, ovvero con esche artificiali. Questi due tipi di traina non sono compatibili fra di loro: drasticamente o l'uno o l'altro. In genere si pesca con il vivo in estate inoltrata, in pratica da luglio a novembre, e con artificiali da maggio a tutto giugno. Queste indicazioni hanno un valore puramente indicativo anche e soprattutto perché, nella nostra penisola che abbraccia ben 10 paralleli, le condizioni climatiche e conseguentemente le temperature subacquee, sono soggette a variazioni notevoli. Con il vivo occorre andare molto piano (uno o due nodi) mentre con gli artificiali bisogna avvicinarsi, talvolta superandoli, ai quattro nodi. Abbiamo quindi:

- una traina lenta o lentissima con esca naturale; - una traina relativamente veloce con esca artificiale.

La scelta dell'uno o dell'altro sistema dipende essenzialmente dalla stagione; è da tener comunque presente che, in traina lenta, è possibile far scendere senza eccessive difficoltà le esche in prossimità del fondo ove, come abbiamo visto, il dentice ha la sua residenza anagrafica abituale. Non dovremo poi dimenticare che le nostre esche naturali potranno essere prese in considerazione, oltre che dal dentice, da grosse e scatenate ricciole, o lecce, le quali richiederanno attrezzature pescanti piuttosto robuste; mentre, trainando con gli artificiali, la potenza delle attrezzature stesse potrà essere assai ridotta in quanto gli unici clienti alternativi potranno essere in pratica soltanto palamite e lampughe, quando e dove ci sono. Gli affondatori

L'affondamento delle lenze in traina può ottenersi con uno dei seguenti sistemi: con i piombi amovibili inseriti, anche in serie multipla, sulla lenza madre; con i fili autoaffondanti in guaina di dacron o metallici (monel e similari); con il "piombo guardiano"; con il downrigger che è un congegno concepito per l'impiego di zavorre molto pesanti: le cosiddette "palle di cannone". Considerata la elevata profondità di pesca richiesta per la traina al dentice escluderei subito i fili con guaina piombata che affondano molto poco; come pure escluderei (non tassativamente però) i piombi amovibili i quali, anche se ben scaglionati sulla lenza madre, appesantiscono troppo la parte immersa dell'attrezzatura. Ci restano quindi il monel, la palla di cannone e il piombo guardiano. Tutti e tre i sistemi vanno bene per la traina lenta con esca naturale; per la traina veloce con gli artificiali dovremo escludere il piombo guardiano.

Il monel affonda, per ogni decametro immerso, di 3 metri a 1 nodo e di m 0,70 a 4 nodi. La palla di cannone - che di norma pesa dai 3 ai 7 chili - può viaggiare molto più in basso. Sia il monel che la palla di cannone vanno di volta in volta impostati per una determinata profondità che potremo peraltro modificare aumentando o diminuendo:

- la velocità della barca;

- il metraggio della lenza immersa o del cavetto metallico che sostiene la palla filato. E' comunque sempre consigliabile perdere, una volta tanto, qualche ora di tempo e fare con la propria barca alcuni test per rilevare con l'ecoscandaglio la profondità che questi due tipi di affondatori raggiungono alle diverse andature. Con il monel occorrerà applicare sullo stesso una serie di segnalini distanziati 50 metri l'uno dall'altro e fatti con cotone di diversi colori ben annodato e ulteriormente fermato con un goccio di colla. Con il downrigger non avremo invece bisogno dei segnalini in quanto basterà annotare i dati fornitici dal contametri di cui è fornito l'apparecchio. Per stabilire la profondità alla quale lavorano il monel e la palla occorrerà: - piazzare un piombino amovibile a spirali di 20-30 grammi all'estremità del monel e tenere d'occhio la canna; quando il piombino tocca il fondo il vettino della canna si muove per effetto di piccole ma percettibilissime oscillazioni;

- osservare il braccio di sostegno del downrigger che, anch'esso, quando la palla sfiora il fondo è scosso da inconfondibili vibrazioni. Ai valori così ottenuti dovremo poi aggiungere, se useremo come esca pesci finti autoaffondanti, i coefficienti di affondamento relativi ad ogni singolo modello. Naturalmente le prove di affondamento in parola dovranno essere effettuate procedendo in linea retta e su fondali puliti e in piano. Con il piombo guardiano non sono necessarie prove preventive in quanto il piombo stesso (dai 3 agli 8 etti) legato una ventina di metri a monte dell'esca alla lenza madre con un fine spezzone di nylon (0,25-0,30) lungo un paio di metri, toccherà il fondo sempre prima dell'esca naturale; e, dato che questa tecnica comporta la necessità di tenere continuamente la canna in mano, non avremo difficoltà ad accorgerci dell'impatto e a recuperare subito un po' di lenza per prevenire eventuali "arroccamenti".

Le attrezzature pescanti

Per il dentice andrebbe benissimo una attrezzatura (canna, mulinello, lenza madre) abbastanza leggera diciamo nell'ordine delle 8-12 libbre. Ma in pesca, come già accennato, ci sarà la possibilità di trovarci impegnati con soggetti assai più grossi e

combattivi del dentice: grosse lecce e soprattutto grosse ricciole che, nel 99% dei casi, si porterebbero via tutto realizzando uno "scippo" in piena regola. Quindi: attrezzature da 20-30 libbre quando useremo esche naturali; da 8-12 libbre in tutti gli altri casi.

I terminali, lunghi intorno ai 20 metri, saranno sempre in nylon: 0,50 o anche 0,40 con gli artificiali, 0,60-0,70 con le esche naturali; sarà bene che lo 0,50 e più ancora lo 0,40 siano doppiati per 15-20 centimetri a monte dell'esca onde scongiurare il pericolo di eventuali tranciature causate dalla poderosa dentatura del dentice.

Fra le esche vive daremo la preferenza a quelle che potremo catturare noi stessi: aguglia, costardella, sgombro (che però riusciremo a mantenere in vita solo per qualche ora), occhiata, sugarello, cefalo, seppia, calamaro che in vasca alimentata con acqua di mare restano vive e vitali anche per più di una giornata. Per la triglia viva, che è senza dubbio il boccone di gran lunga preferito dal dentice, dovremo prendere accordi con qualche pescatore di tramaglio: il che, lasciatemelo dire, è tutt'altro che facile.

Le esche naturali morte che offrono accettabili possibilità in fatto di rendimento, a condizione che siano molto fresche, sono il calamaro, la seppia e l'aguglia. Per l'innesco del vivo useremo uno spezzoncino di nylon dello 0,60-0,70 pressappoco della stessa lunghezza del pesce o del cefalopode di cui disporremo, armato con due ami a occhiello corti o leggermente storti del n.4/0. Il primo amo, con funzione traente e non di rado anche catturante, sarà inserito dal basso verso l'alto nella parte anteriore estrema dell'apparato boccale del pesce o del sacco del cefalopode; il secondo invece andrà introdotto dall'alto verso il basso ed appena sottopelle in prossimità della coda del pesce, ovvero fra i tentacoli del cefalopode. Questa montatura va fatta per linee esterne quanto più corta è possibile in rapporto alla necessità di non ostacolare il naturale moto natatorio dell'esemplare impiegato. Il collegamento fra montatura di innesco e terminale avverrà sempre attraverso una robusta girella. L'innesco del "morto" sarà realizzato con le modalità sopra descritte facendo però passare il filo all'interno del corpo mediante un ago lungo 20-25 cm. Ricordiamo che all'aguglia morta bisogna sempre spezzare la spina dorsale in almeno due punti allo scopo di farla navigare con movimento abbastanza flessuoso; e che i cefalopodi di una certa grandezza, diciamo di oltre 20 cm, lavorano meglio se appesantiti con un piombo di 30-50 grammi piazzato nella parte anteriore del sacco.

Per le esche artificiali la scelta, se vogliamo veramente pescare, è praticamente obbligata: pesci finti (di gran lunga meglio i Rapala) con paletta metallica di 9, 11, 13, 14 e 18 cm. Sulla base delle mie personali statistiche ultraventennali, il Rapala più catturante per il dentice è il 14 cm. Di norma, i colori più graditi dal nostro sparide sono il famoso testa rossa, nonché l'arancione, il giallo, il verde chiaro in tonalità varie ma sempre con striature dorsali nerastre (RH, GM, RT, ecc.).

L'assetto di pesca

Traina con il monel. Useremo due canne laterali divaricate al massimo con lenze filate a distanze diverse per cercare di evitare che i lunghissimi fili metallici vengano a contatto fra loro creando imbrogli inestricabili. Una delle due esche, quella che avremo mandato più lontano, lavorerà vicino al fondo e, ovviamente, avrà maggiori probabilità di essere attaccata dal dentice; l'esca più a corto potrà invece interessare maggiormente ricciole, lecce e palamite. Di solito il monel imbobinato nel mulinello ha la lunghezza delle confezioni standard reperibili in commercio: 200 yards equivalenti a 183 metri. Può quindi accadere che, pur sbobinando tutto questo filo, non si riesca a far navigare l'esca abbastanza a fondo; in tal caso potremo guadagnare qualche metro inserendo sul cuscino di lenza, in prossimità della congiunzione con monel, un piombo amovibile di 5-7 etti.

Traina con il downrigger. Come prima cosa, con la barca a lento moto, manderemo a mare l'esca, il terminale e almeno una sessantina di metri di lenza madre (dacron o nylon). Dopodiché inseriremo la lenza madre stessa nell'apposita pinzetta della palla e faremo scendere questa, piano piano, alla profondità voluta; quindi, operando con il mulinello, faremo in modo che la lenza sia tesa al massimo; di conseguenza la canna risulterà leggermente flessa all'indietro ma si addrizzerà di scatto quando il filo, in seguito all'abboccata, andrà temporaneamente in bando per tornare poi a curvarsi dopo pochi secondi. A questo punto avremo il vantaggio e la soddisfazione di dedicarci al recupero senza alcun corpo interposto fra noi e la preda ferrata. E' possibile, anzi quando ci sono più persone a bordo è senz'altro consigliabile, mettere in pesca una seconda canna; il filo di questa andrà agganciato al cavetto metallico che sostiene la zavorra qualche metro al di sopra della stessa con una pinzetta apposita o anche con un semplice elastico da cancelleria. In ogni caso, non appena si verificherà la ferrata, occorrerà provvedere al rapido salpaggio della palla in quanto, per effetto delle evoluzioni del pesce, la lenza potrebbe andare ad imbrogliarsi con il cavetto metallico. Traina con il piombo guardiano. Con il piombo guardiano dovremo usare una sola canna che, come abbiamo visto, sarà tenuta costantemente in mano, preferibilmente con il manico inserito nel bicchierino della panciera. L'angler si piazza in prossimità del quadro di poppa mentre lo skipper, guidando la barca, presta continua attenzione ai dati rilevati dall'ecoscandaglio. L'angler cede lenza fino a quando avverte l'urto della zavorra sul fondo; dopodiché recupera qualche metro di filo e va avanti così ripetendo l'operazione di limitato saliscendi a brevi intervalli.

Quando lo skipper l'avverte che il fondale sta salendo o scendendo recupera o cede lenza più o meno velocemente a seconda del valore della variazione di quota. Al momento dell'incoccio occorre ferrare prontamente dando una breve strattonata alla canna; pronti però a cedere subito un po' di filo se non si sente resistenza in quanto, ad esca ferma o quasi, può verificarsi un secondo attacco da parte del pesce.

Il dentice, una volta allamato, tenta subito la fuga per cercare scampo negli anfratti del fondale; è pertanto importante sollevarlo sollecitamente; man mano che sale l'azione di difesa va attenuandosi fino a cessare completamente quando, per il rapido cambiamento di quota, la vescica natatoria si dilata fino al punto di sospingere "a pallone" verso la superficie la nostra preda che, alla fine, si deporrà di fianco ed inerte sull'acqua; questo cedimento può anche non verificarsi se la profondità ove si è

verificata la cattura è inferiore ai 20 metri. Nel caso in cui la resistenza opposta risulti particolarmente tenace conviene allentare un po' la trazione facendo compiere alla barca ampi giri centrati sul punto di immersione della lenza.

Andare piano con la barca

Con gli entrobordo e gli entrofuoribordo di una certa potenza, dei quali è dotata la maggioranza dei moderni fisherman in circolazione, la velocità minima varia dai 3 ai 4 nodi; e ciò anche se, in caso di motorizzazione binaria, si usa uno solo dei due propulsori. Senonché, per trainare con il vivo occorre scendere quantomeno intorno ai 2 nodi. Le soluzioni possibili sono 4: 1. applicare ai motori i trolling drive che sono invertitori ad olio i quali, quando vengono sottoposti ad una pressione ridotta mediante appositi congegni, riduce la forza di attrito con l'apparato motore e, correlativamente, i giri dell'elica. Soluzione ottima se adottata in partenza in sede di costruzione della barca; adottabile senza eccessivi problemi se gli invertitori già montati sono ad olio; ma sconsigliabile per gli alti costi ove la barca sia già fornita di invertitori meccanici; 2. utilizzare un fuoribordo, applicabile all'occorrenza sulla plancetta di poppa, dai 6 ai 50 cavalli di potenza. Anche questa soluzione ha le sue pecche: il fuoribordo, di solito, deve essere montato e smontato ogni volta che si esce e si rientra; richiede una manutenzione particolare e, di norma, un combustibile diverso da quello impiegato per la propulsione principale; 3. installare un motorino a nafta (lo Spingo) che è completamente autonomo rispetto al o ai propulsori principali, può essere collocato in qualsiasi punto della barca (al limite anche a prua) in quanto la trasmissione del movimento all'elica è realizzata mediante tubolazioni ad olio come quelle usate nella pesca professionale per il salpaggio delle reti e dei parangali. Questo sistema noto sotto il nome Spingo, è valido soprattutto per le barche la cui propulsione principale è affidata ad un solo motore. Ma, anche qui, c'è il problema dei costi che assommano in ogni caso a diversi milioni; 4. procurarsi due secchi di robusto materiale plastico di capienza pari a circa 4 litri per ogni metro di lunghezza della barca, imbragarli bene con cime adeguate alla loro grandezza e calarli in zona centro poppiera uno a destra e uno a sinistra della barca stessa. I risultati sono sorprendenti come ho constatato di persona: con la mia barca di 8 metri motorizzata con due VM turbodiesel di 140 HP cadauno, non riuscivo, utilizzando un solo propulsore al minimo, a scendere sotto i 3 nodi. Con i secchi navigo tranquillamente sotto i 2 nodi.

La traina con le esche vive, mira alla cattura di grandi predatori pelagici e stanziali, ne conviene che nella maggior parte delle situazioni ci troveremo di fronte avversari di buona taglia e molto combattivi. Alcune componenti dell'attrezzatura sono condizionate dal sistema d'affondamento scelto, e non sempre un'attrezzatura può essere valida per più soluzioni. Si usano attrezzi che variano dalle 12 alle 30 libbre.

Il calamento per l'innesco dell'esca viva è più o meno standard, ed è composto da due ami; il primo, 3/0 o 4/0, ha il compito di trascinare l'esca, il secondo, 5/0 - 8/0 è destinato a ferrare il pesce. I due ami vanno legati sul terminale, a una distanza che sia compatibile con la lunghezza dell'esca, oppure si può montare il primo amo scorrevole, inserendo l'occhiello nel terminale e fissando l'amo con un pezzettino di filo di nylon o di dacron. L'esca più usata è l'aguglia e s'innesca con il primo che va a chiudere il becco dal basso verso l'alto, mentre il secondo viene inserito sotto pelle all'altezza del foro anale. La seconda esca regina è il calamaro, anche se non facile da reperire in buona salute, è incredibilmente catturante. S'innesca con due ami di cui il primo inserito dal basso verso l'alto in punta alla parte anteriore del cefalopode, ed il secondo inserito nel tubicino di scarico posto nella parte inferiore della testa. Stesso innesco per la seppia, meno catturante nei confronti delle grandi ricciole, ma valida per tutti gli altri predatori. Passando a pesciolini di forma tradizionale, si procederà a un innesco simile a quello dell'aguglia, ma l'amo trainante invece che chiudere il becco, andrà a chiudere la bocca. Il sistema d'affondamento più usato si basa sull'applicazione di un piombo sulla lenza. Tale peso viene denominato guardiano per la sua particolarità di salvaguardare l'esca dal fondo. Il piombo guardiano viene collegato alla lenza tramite uno spezzone di nylon lungo 1,5 - 2,0 metri e di diametro inferiore a quello della lenza in bobina. Il piombo guardiano si aggancia a circa 20 metri dall'esca. La pesca con il piombo guardiano permette di far lavorare l'esca a strettissimo contatto con il fondo, segnalando gli incagli immediatamente. In questo modo si possono andare a esplorare tutti i cigli e le cadute, avendo come campanello d'allarme il guardiano. Tale sistema permette di pescare fino a 50 metri di profondità, ma a velocità bassissime, in alcuni casi inferiori al nodo, per non dover calare in acqua eccessiva lenza, con conseguente perdita di sensibilità al momento dell'abboccata. Una volta calati terminale ed esca ed agganciato il piombo, si fila la lenza, fino a sentire che tocca il fondo. Si ripete poi l'operazione ogni tanto per controllare a che distanza il piombo è dal fondo e si recupera lenza nel mulinello se la profondità diminuisce. La traina di fondo con le esche vive, si basa principalmente sulla ricerca dei predatori in caccia intorno alle secche. Tutta l'azione di pesca va impostata sulle informazioni

fornite dall'ecoscandaglio. Sarà lui a indicare dove cercare i predatori in base ai piccoli pesci ed alla tipologia del fondale. Le principali zone dove è possibile avere buoni risultati sono le cigliate rocciose, situate ai bordi delle secche dove si raggruppano i piccoli pesci favoriti dalle correnti e dalla presenza di micro organismi, base della catena alimentare marina. Questa situazione rende favorevole la caccia per gran parte dei predatori, che alle volte si stabiliscono in branco anche per lunghi periodi, in zone limitrofe alle secche. L'abilità consiste nel riuscire a far passare le esche sulle cadute, seguendo accuratamente l'andamento delle cigliate e tenendo le esche sempre in prossimità del fondo. La preda principale di questa pesca è la ricciola. Gli esemplari di peso fino a 5 chili, si possono catturare da giugno a tutto novembre, mentre quelli adulti arrivano a fine agosto, per poi scomparire improvvisamente, per acque più profonde e con temperatura più costante. La traina alla ricciola si effettua su fondali superiori ai 25 metri e risultano più proficue le ore centrali con il sole alto ed il pomeriggio. In genere attacca le esche da sotto le cigliate, dove si mette in agguato, ma può essere ferrata anche a mezz'acqua. Insieme alla ricciola, si può insidiare il dentice, che frequenta le stesse aree a parte qualche puntata in acqua più bassa. Il dentice può essere pescato durante tutto l'arco dell'anno, prediligendo i fondali tra i 18 ed i 28 metri in primavera ed estate, e quelli fino a 50 metri nei mesi freddi. È più attivo nelle prime ore della mattina. Un altro classico di questa tecnica è la leccia. Si pesca come la sua parente ricciola, soltanto che predilige le aree al di sopra delle secche anziché le cigliate, inoltre sembra essere più attiva con il sole basso del tramonto o dell'alba. Oltre a queste prede classiche, ci sono tutta una serie di altri predatori che possono rimanere C'è nei nostri mari la possibilità di praticare una speciale pesca a bolentino che è abbastanza impegnativa ma che, in compenso, può condurci alla cattura di prede inusitate per i dilettanti. Si tratta del bolentino di alto fondale o di grande altura che si svolge in acque profonde: sempre oltre i 100 metri e fino ai 3-400 metri; in alcuni casi, specialmente in alto Tirreno, anche a profondità maggiori.

Richieda tempi veramente interminabili. In questi ultimi anni si è andato affermando un nuovo attrezzo ideato e prodotto in varie versioni da una casa italiana (la cuneese Kristal Fishing) che ha la funzione di salpare con rapidità e tranquillità centinaia e centinaia di metri di lenza. Questo accessorio, che è normalmente fornito di apposita canna, è ad azione manuale o elettrica con frizione autoregolante in rapporto al peso ed alla resistenza opposta dalle prede da portare in superficie. E' utile in ogni caso ma, ripeto, diventa pressoché indispensabile quando si superano i 250 metri. Per completare il discorso debbo aggiungere che anche il semplice "downrigger" da traina, imbobinato con il dacron in luogo del cavetto in treccia di acciaio, può assicurare recuperi abbastanza rapidi ed ordinati. Il filo più adatto è il dacron il quale, data la minore elasticità rispetto al nylon, consente di avvertire meglio le "tocche" anche se non

violente; è preferibile orientarsi verso le basse sezioni (dalle 20 alle 30 libbre) per ridurre al massimo l'inclinazione delle lenze determinata dalle correnti sottomarine o dallo spostamento della barca. In proposito giova sottolineare che, anche con tali ridotti libbraggi, avremo entro certi limiti la possibilità, facendo un accorto uso della frizione, di aver ragione di prede di notevoli dimensioni e combattività. Non bisogna infatti dimenticare che la generalità degli organismi che hanno il loro habitat abituale in prossimità del fondo perdono gran parte delle forze, fino all'esaurimento completo, quando vengno velocemente sollevati verso la superficie. Ricorreremo invece al nylon per costruire i terminali. Questi, nella versione standard, consteranno di un corpo di lenza dello 0,60 lungo da metri 1,50 a metri 6 e recheranno sei braccioli con i relativi ami, numero massimo consentito il bolentino sportivo. All'inizio e alla fine del "corpo" piazzeremo due robuste girelle con moschettone destinate la più alta al collegamento con la lenza madre e la più bassa all'aggancio del piombo. I braccioli, in nylon dello 0,50, saranno lunghi 15-20 centimetri e scaglionati mediante l'impiego di girelle a tre vie, ad identici intervalli. Gli ami (a paletta, stagnati, corti, dritti o appena storti) saranno dei numeri compresi dal 13 al 9 ovvero, secondo una diversa tabella di uso abbastanza corrente, dal n. 4 al n. 2/0. Solo se ci capiterà di imbatterci in branchi famelici di pesci lama o sciabola sarà giocoforza sostituire temporaneamente i braccioli di nylon con altri di treccia metallica munita di guaina termosaldante da 20-30 libbre. In questi casi, per rendere più sicura la tenuta del nodo, occorrerà impiegare ami ad occhiello. Il piombo ideale è a cono, a piramide o a sfera. Esso - in rapporto alla profondità, alla corrente, alla sezione della madrelenza ed alla circostanza che si peschi sull'ancora o in deriva - sarà di peso variabile compreso fra i 300 e i 500 grammi. L'apposito disegno riassume i dati essenziali per la costruzione di un finale nella più semplice versione di soli due metri.

Un sistema di richiamo che è indubbiamente utile nel buio profondo in cui lavoreranno le nostre esche è costituito da un comune starlight inserito, mediante uno spezzoncino di scoubidou, a stretto ridosso dell'occhiello della girella a tre vie alla quale è legato il bracciolo (vedi disegno in alto).

Altri attrezzi necessari sono il coppo sempre a bocca larga, il gancio di ferraggio, le pinze per slamare le prede più pericolose, i guanti, capienti contenitori di plastica per le esche e per il pescato, una o più panciere da combattimento.

L'ancoraggio Anche in altura si può pescare in deriva; ma, salvi i casi particolari di cui parleremo in seguito, è assai più agevole e meno complicata la pesca a fermo. All'uopo avremo bisogno di un'ancora speciale, ossia di quella con gambo lungo e con bracci in tondino di ferro o di acciaio che, in caso di incaglio, si piegano o si addirizzano in modo da liberare l'attrezzo. Ancore di questo tipo sono ormai reperibili in commercio e non è quindi necessario, diversamente da quanto avveniva fino a pochi anni or sono, farsele costruire appositamente; indicativamente esse debbono pesare circa un chilo per ogni metro di lunghezza della barca. In ogni caso, una ulteriore cautela volta ad evitare la perdita del "ferro" è la cosiddetta armatura alla genovese. Per assicurare la tenuta dell'ancora si suole inserire fra quest'ultima e la cima che la sostiene un tratto di catena pesante 3-5 chili e lungo dai 5 ai 10 metri; se anche così la barca continua a spostarsi non resta che legare, a monte della catena, un peso pari suppergiù a quello dell'ancora costituito di solito da un cubo di cemento fornito di maniglioncino metallico. In vari casi, quando cioè il fondale presenta alte e frequenti formazioni rocciose, converrà calare, al posto dell'ancora (che, nonostante ogni cautela adottata, rischierebbe di andare persa), un semplice "rampino" costituito da un collarino metallico cui sono saldati i bracci privi di marre, anch'esso reperibile nei negozi specializzati.

Per recuperare l'ancora con il verricello occorrono tempi esasperatamente lunghi. Invece l'operazione risulterà molto più rapida se adotteremo il seguente sistema che ho sperimentato solo di recente: legheremo ad un grosso parabordo un cerchietto in tondino di acciaio con sezione di 5-6 millimetri e diametro di 10-12 centimetri; entro questo cerchietto scorrerà la cima ; dando motore e procedendo in linea retta vedremo il parabordo allontanarsi sempre di più dalla nostra poppa fino al momento in cui, scavalcata la catena, si fermerà a cavallo fra questa ultima e l'ancora mantenendo il tutto in superficie; a questo punto faremo descrivere alla barca un'ampia curva per portarci in prossimità del parabordo e potremo recuperare a mano velocemente e senza sforzo cima, ancora, catena ed eventuale zavorra aggiuntiva. La scelta del posto Raggiunta la secca prescelta dovremo individuare il posto ove calare le nostre lenze. Come di norma, escluderemo i pianori che formano il culmine delle formazioni subacquee e cercheremo invece di portarci sulle "cadute" che, di solito ma non necessariamente, insistono sui bordi esterni della secca; dico non necessariamente in quanto può capitare che, all'interno del sistema orografico sottomarino sul quale ci troveremo, ci siano alture e depressioni con relative scarpate e vallate, esattamente come avviene su ogni lembo montuoso o collinare di terraferma che si rispetti. Una volta fatta la nostra scelta dovremo cercare di stabilire la direzione di spostamento della barca provocata dal vento e/o dalla corrente. La cosa più semplice è questa: caleremo un segnale in polistirolo con bandierina e zavorra destinato ad immergersi quanto serve per mantenere l'asta della bandierina in posizione verticale; fermeremo la barca tenendo bene d'occhio il segnalino (che ovviamente non resterà immobile ma si muoverà ad una velocità notevolmente ridotta), potremo fare i nostri conti con notevole approssimazione; dopodiché, partendo dal punto rilevato, risaliremo il vento e la corrente di qualche decina o centinaia di metri (la distanza la dovremo dedurre dalla profondità e dalla velocità di spostamento della barca) e caleremo l'ancora; se avremo fatto per bene i nostri calcoli, dopo qualche minuto, ci troveremo fermi sul punto prescelto o nelle sue immediate adiacenze.

L'azione di pesca

L'esca sovrana è rappresentata dalla sardina che, oltre ad essere la più gradita dai nostri amici che vivono negli abissi, è di solito reperibile fresca in ogni periodo dell'anno e, anche se surgelata, conserva in gran parte il suo potere attirante. L'innesco classico è quello a tocchetti (3-4 pezzi per ogni singola unità); ma può risultare proficuo anche guarnire qualche amo con una sarda intera ovvero tagliata a metà. Le alici, a parte il maggior costo, valgono quasi quanto le sarde. Altre esche, integrative non alternative, possono essere costituite da filetti di totano o calamaro, da piccoli polpi o seppie.

Nel calare le lenze, specie se la zavorra sarà pesante, dovremo avere l'accortezza di rallentare un po' la fuoriuscita del filo onde evitare che, per effetto della velocità, i braccioli si attorciglino intorno al corpo del terminale. Una volta raggiunto il fondo recupereremo alcuni metri di lenza e li cederemo nuovamente fino a portare il piombo a "tocca e non tocca". Di regola il filo viene tenuto con le dita per avvertire più percettibilmente l'abboccata; quando la sentiremo daremo una strattonata per ferrare ma non procederemo subito al recupero in attesa di probabili attacchi di altri pesci ad altri ami; dopo questi ulteriori attacchi o, in loro mancanza, dopo qualche minuto di attesa provvederemo al salpaggio. Naturalmente, se la toccata sarà molto forte tanto da farci ritenere di aver agganciato un pesce singolo di dimensioni extra tireremo

subito su senza concedere un attimo di tregua al signore attaccato dall'altra parte. In questa fase, se opereremo manualmente, dovremo accentuare o alleggerire alternativamente la trazione tenendo conto della resistenza oppostaci; saranno poi le dimensioni della preda a suggerire al momento cruciale se impiegare il coppo oppure il gancio. Un sistema diverso da quello con la lenza in mano consiste nel disporre le canne in posizione quasi orizzontale e tenendo sotto attenta osservazione i loro vettini: quando ci avremo fatto un po' l'occhio le flessioni di questi ultimi ci faranno sapere con quasi assoluta certezza, quello che sta accadendo sul lontano fondale. Qualche volta potrà succedere che, durante la cala o il recupero della lenza, avvertiamo una improvvisa e forte strattonata: di solito si tratterrà di un pesce lama o sciabola il quale, nel 90% dei casi, trancerà con la sua formidabile dentatura il bracciolo recante l'amo sul quale si era avventato. In siffatta ipotesi - specie se l'evento rapina si ripeterà più di una volta e fino a quando il branco si manterrà sotto la barca - non ci resterà altro da fare che sostituire, come già detto, i braccioli di nylon con alri in cavetto metallico plastificato termosaldante da 15-20 libbre. Attenzione: i pesci lama mangiano quasi sempre sopra la mezzacqua, difficilmente sul fondo.

La pesca in deriva

Potremo avere la fortuna di incontrare la giornata adatta per la pesca in deriva: assenza assoluta o quasi di vento e di correnti di superficie e di fondo. Ma, purtroppo, in grande altura questo accadrà molto di rado. Per contro la barca tenderà di solito a muoversi più o meno velocemente anche se avremo tentato di rimediare all'inconveniente mettendo in acqua una buona ancora galleggiante. Avremo la possibilità di scegliere una di queste due soluzioni. 1. Portarci a monte del sito buono e, una volta sorpassatolo per effetto dello scarroccio, dare motore per risalire fino al punto di partenza. Questo sistema presenta però il difetto che, per stare in pesca appena qualche minuto, dovremo perdere un sacco di tempo per salpare le lenze, per tornare indietro e per calare nuovamente le lenze stesse. Pescare con i motori accesi in modo che lo skipper riesca a mantenere la barca ferma sulla base dei dati forniti dall'ecoscandaglio e dalla strumentazione elettronica di posizionamento. Questo è il miglior sistema per pescare su altissimi fondali, direi dai 400 metri in su. Ma addio silenziosa tranquillità I tonni presenti in Mediterraneo appartengono a cinque specie diverse: il tonno rosso che da adulto raggiunge il peso di diversi quintali, l'alletterato (max 10 chili), lo striato (max 12 chili), l'alalunga (max 20 chili), il tombarello (max 3 chili). Da notare che ci sono alcune misure minime legali da risp ett are : 70 cen tim etri per il tonno rosso, 30 per l'alletterato, 40 per l'alalunga. Caratteristica comune di tutti questi combattivi predatori è quella di fare sempre vita di branco; solo per i tonni rossi l'istinto gregario si attenua, senza scomparire mai del tutto, con l'aumento delle dimensioni.

I tempi e i posti

Dalla fine di agosto a novembre inoltrato potremo incontrare branchi di tonnetti anche in acque relativamente vicine però, di solito, su fondali non inferiori ai 30-40 metri. Gli "accostamenti" più frequenti si riscontrano al largo dei promontori più pronunciati specie quando la costa precipita in acque subito profonde; ciò non esclude affatto che, nel periodo in parola e in determinati bacini, i tonnetti siano reperibili solo in grande altura. Le ore migliori sono quelle di luce fatta, prevalentemente al mattino.

Le attrezzature pescanti e l'assetto di traina

Di regola le nostre prede saranno di stazza relativamente contenuta, ma potremo imbatterci anche in pesci di buona taglia. Tanto per dirne una - nella tarda estate del 1994, mentre sulla base di una segnalazione, stavo tentando di entrare in contatto con un ipotetico branco di alalunghe tirreniche - agganciai due tonni giganti che, dopo avermi portato via 500 metri di lenza, mi fecero la grazia di spezzare i terminali evitando così la rottura delle canne. Episodi del genere non sono frequenti e non potremo quindi ricavarne una regola generale che ci costringerebbe a trainare a tonnetti con attrezzature da 80 o 130 libbre; ma siccome con le 30 libbre anche senza essere campioni potremo aver ragione di belle bestie di 30-50 chili non consiglierei a nessuno di scendere al di sotto di tale potenza. Quindi canne da 30 libbre, mulinelli del 6/0 - 9/0, lenza madre da 30-50 libbre, terminali in nylon dello 0,60-0,80 lunghi al massimo tre o quattro metri (solo per i tombarelli sarà bene arrivare a 7-8 metri dello 0,40), niente girelle. Solo quando, dopo svariati giorni di pesca in una certa zona ci saremo resi conto che non ci sono o non ci dovrebbero essere in circolazione esemplari di taglia ragguardevole, potremo rendere più "leggera" la nostra azione diminuendo, addirittura fino alle sei libbre, la potenza delle nostre attrezzature, fatta eccezione per i terminali che dovranno restare nell'ambito dei diametri sopraindicati. Rischieremo di più, pescheremo di meno perché i recuperi richiederanno tempi assai lunghi, ma potremo vantare un senso di maggiore sportività. Come esche impiegheremo piume con testina metallica di 6-10 centimetri armate con ami ad occhiello ed a punta lievemente rientrante dei numeri dal 2/0 al 6/0 proporzionati alle dimensioni delle piume; ovvero rapala magnum di 7,9, 11, 14 centimetri. I colori delle nostre esche possono variare in base a diversi fattori quali la "mangianza" presente in loco, l'eventuale copertura del cielo, la maggiore o minore limpidità delle acque, l'angolo di rifrazione del sole e chi più ne ha più ne metta. Comunque, in linea generale, possiamo dire che statisticamente vanno meglio le di una bella bolentinata! piume bianche, nere, rosse e biancorosse; nonchè i pesci finti color maccarello, biancocelesti e, anomalia incomprensibile comune però a tutti i tipi di traina, bianchi con testa rossa. Alcuni colleghi montano talvolta, ottenendo buoni risultati, esche diverse costituite principalmente da imitazioni di piccoli ottopodi; ma, dopo prove e riprove durate decenni, continuo a ritenere che, mediamente, siano assai più validi i pesci finti e le piume. L'assetto di traina più tipico è quello con almeno cinque esche supportate dalle relative canne: una coppia con divaricazioni diverse a destra, una

coppia anche essa con divaricazioni diverse a sinistra, una singola centrale. Le lenze andranno filate a maggior distanza (40-50 metri) quelle esterne, più vicine (25-30 metri) quelle semiesterne e vicinissima (6-15 metri) quella centrale. E' meglio se le canne semiesterne e centrale sono più corte (tipo stand up). La soluzione meno soggetta a provocare l'ingarbugliamento delle traine consiste nel far lavorare i pesci finti sulle lenze servite dalle canne esterne più divaricate e le piume sulle altre. Potrà essere utile, specie se l'obiettivo sarà rappresentato dalle alalunghe, zavorrare con 200/300 grammi di piombo le due lenze che lavorano più all'esterno ovvero affondarle con il monel. Quello appena descritto è un assetto standard. Ma, ovviamente, nessuno ci vieterà di pescare con due o tre sole traine ovvero, se le dimensioni e l'attrezzatura della barca ce lo consentiranno, di superare l'anzidetto numero di cinque. L'azione di traina

Come al solito, saranno utilissime le informazioni che, direttamente o indirettamente, riusciremo a procurarci sulle zone attualmente più frequentate dai branchi. Teniamo comunque a mente che tali zone, ampie o ristrette che siano, sono sempre le stesse nel corso degli anni.

Ci troviamo ora a navigare in acque nelle quali è accertata o presunta la presenza dei tonnetti. Mettiamoci a 3-4 nodi e caliamo le lenze: prima quelle lontane e poi, man mano, quelle vicine. Le frizioni dei mulinelli saranno regolate in via approssimativa su un valore corrispondente a circa la metà del carico di rottura delle lenze; peraltro tale valore potrà essere ridotto anche di molto se la taglia delle prede lo dimostrerà eccessivo. La velocità media migliore è quella compresa fra i 5 e i 7 nodi. A questo punto non resta che mettersi in attentissima osservazione del cielo e del mare, naturalmente dal tuna o dal fly ove la barca ne sia provvista. Se saremo fortunati avvisteremo uno o più "caroselli" di uccelli marini che, concentrati su uno specchio d'acqua ristretto, ruotano, volteggiano, picchiano come pazzi sulle "mangianze" (in genere sarde o alici) che i predatori sono riusciti a far "assommare" e che aggrediscono anche saltando fuor d'acqua. Potrà pure accaderci di incontrare "mangianze" più o meno vistose delle quali i gabbiani non si sono ancora accorti. Nell'uno e nell'altro caso cercheremo di far passare le esche, ma non la barca, all'interno o quanto meno ai margini del tratto di mare movimentato. Se non avvisteremo "mangianze" dovremo porre attenzione ai gabbiani (o al singolo gabbiano) che battono insistentemente - a bassa quota, a volo affrettato e con frequenti mutamenti di direzione - una zona delimitata. Altre indicazioni possono fornircele i gabbiani posati, meglio se in gruppi numerosi, in acque pulite e lontane dalle paranze.

Se e quando sentiremo il sempre elettrizzante cicaleccio di un mulinello ridurremo la velocità, salperemo le traine più a corto di quella impegnata e quindi provvederemo al recupero utilizzando, ove occorra, la pancierina. In caso di catture plurime e contemporanee, sempre dopo aver salpato le lenze libere più vicine, daremo la precedenza al pesce più prossimo alla barca e così via di seguito. Con prede di peso inferiore ai tre chili non avremo bisogno del raffio e le "voleremo" direttamente a bordo.

Tecniche di Pesca

TRAINA CON IL PIOMBO GUARDIANO

Per pescare con il piombo guardiano, occorre preparare una lenza adeguata. Siccome occorrono 17/22 metri di lenza dal piombo all'esca, dobbiamo creare una situazione di stop per il guardiano, quindi eseguiamo a questa distanza un nodo (bimini twist). Fissiamo poi al piombo un bracciolo (dakron) di 1.5/2 metri. Una volta innescata l'esca (aguglia, totano) filiamo in acqua il terminale e la lenza fino a trovare il nodo, sopra al quale leghiamo il bracciolo del guardiano (il nodo delle scarpe va benissimo).

Cominciamo poi a calare fino a sentire il fondo, toccato il quale recuperiamo un paio di bracciate. Ripetiamo poi l'operazione di continuo per poter tenere l'esca sul fondo evitando di incagliarla. Non appena si avverte l'abboccata bisogna ferrare immediatamente. Questo sistema di pesca è molto redditizio ove il fondale abbia molti sbalzi di profondità. Con il guardiano occorre procedere ad una velocità intorno al nodo e mezzo. TRAINA CON L' AFFONDATORE (DOWNRIGGER) L' affondatore è uno strumento che serve a portare una palla di piombo (3/6 Kg.) sul fondo, mediante un cavetto d' acciaio. Alla palla viene fissata, con 20-30 cm. di cavetto, una pinza (sgancio). Innescata l' aguglia, si filano in mare 40-50 metri di lenza, poi si aggancia alla pinza dell' affondatore e si cala il piombo facendolo arrivare vicino al fondo. Sarebbe opportuno essere muniti di un ecoscandaglio per poter variare correttamente la profondità della palla. Quando si avverte lo sgancio della pinza, la lenza si addrizza verso la superficie e sarà questo il momento di ferrare. Questo sistema di pesca è usato su fondali abbastanza costanti ma offre la possibilità di usare terminali più sottili e la velocità di traina sarà leggermente superiore alla pesca col guardiano.

COME PROCURARSI IL VIVO

AGUGLIA Trainando in superficie con un lancetto con un monofilo (16/20) e un terminale formato da 2 ametti montati in sequenza (distanti 2/3 cm. uno dall' altro), innescando un lombrico.

Oppure con esche artificiali tra le quali consigliamo la matassina (meciuda). TOTANO All' albeggio o al tramonto, su fondali sabbiosi (20-40 metri), caliamo una totanara fino a sentire il fondo.

Recuperiamo un paio di bracciate e poi cominciamo ad eseguire il tipico movimento a strappo. Appena sentiamo peso, recuperiamo senza perdere mai la trazione.

Visti gli orari ed i luoghi è senz' altro una pesca molto suggestiva. TECNICHE DI BASE Esca viva o morta?

L'importanza dell'esca nella pesca e', indubbiamente fondamentale, variabile e soggettiva; cambia da zona a zona, così e' anche nel rockfishing: meglio un pesciolino vivo o un bel trancio di sardina? Viene da se che si possono innescare diverse canne con entrambe le esche: ma attenzione! A volte non si riesce a seguire attentamente il lavoro: pescare i pesciolini esca, legare le sardine, cambiare le esche... e molto spesso al momento dello strike siamo distratti da chissà quale impegno, per cui: a voi la scelta! ESCHE MORTE Tra le varie esche "morte" la mia preferita e' sicuramente la sardina, fresca e salata , così da mantenerla dura e polposa, ma una valida alternativa e' anche il calamaro. La montatura per l'innesco della sardina sarà composta da un finale più o meno lungo a seconda dello stato del mare, di misura compresa tra lo 0,35 e lo 0,50, anche in questo caso gli ultimi 10 centimetri saranno di acciaio trecciato termosaldante, questo per prevenire tagli causati dai denti dei famelici serra o delle murene. Come amo impiego un 2-3/0 in acciaio con paletta storta e punta rientrante o a becco d'aquila, se volete, si può mettere un galleggiantino a monte di quest'ultimo: darà maggior leggerezza all'esca e eviterà incagli nel caso i pescetti ripuliscano il tutto. L'innesco migliore e' il seguente: togliete la testa della sardina, apritela e rivoltatela sull'amo in modo che la "ciccia" rimanga esterna e legatela con del filo elastico, in questo modo si permette una maggior dispersione in acqua di olii e odori: non vi preoccupate se vi ritrovate con l'amo lavato e pulito in pochi minuti,i pescetti, con la loro frenesia, attraggono predatori anche da grandi distanze, e a volte, qualcuno rimane allamato, così da poter essere usato come esca viva... Una tecnica molto redditizia a la Graciosa, invece della classica montatura a fondo, e' la pesca di

superficie. Si usa un galleggiante da 60-100 grammi, del tipo da lucci o siluri, lo si infila sulla lenza madre, si mette un salvanodo, una girella, il finale e il gioco e' fatto! Consiglio di fare molta attenzione e di guardare sempre attentamente il galleggiante, la mangiata e conseguente scomparsa e' rapidissima, e se non siamo preparati, sicuramente perderemo il pesce. Inoltre e' utile variare la profondità per ricercare il predatore lì dove quel giorno ha deciso di nutrirsi, e innescare la sardina in modo da nascondere completamente amo e acciaio; se avete del filo al fluoro-carbonio a disposizione non esitate ad usarlo, a volte fa davvero la differenza.

L'innesco del calamaro, preferito da molti perché meno oleoso e quindi "più pulito", è meno impegnativo: apritelo, infilate l'acciaio all'interno del corpo e legatelo sempre con del filo elastico, mentre l'amo và nascosto all'interno della testa dove molto spesso verrà dato il primo morso: è questa, infatti, la parte preferita da molti pesci predatori. Se volete, per rendere più attrattiva e colorata l'esca, legate lungo i fianchi del cefalopode due rossi gamberi interi, innesco da me denominato "carabiniere" data la somiglianza con i pantaloni delle note forze dell'ordine...

In ultimo consiglio di controllare e cambiare spesso l'esca; è più attrattiva una fresca sardina o un calamaro intero che una poltiglia mangiucchiata da cui fuoriescono amo o acciaio.

ESCA VIVA La pesca con l'esca viva è indubbiamente affascinante e qui all'isola di Graciosa, a volte fondamentale. Per prima cosa il compito più o meno semplice è quello di procurarsi un buon numero di pesciolini da mantenere vivi: utile può essere una piscinetta gonfiabile per bambini come personalmente uso io, una pozza d'acqua vicina o il classico secchio e ossigenatore. La specie di esca è altresì importante: infatti i predatori, come gli umani d'altronde, hanno i loro gusti.

Ottime per i pesci serra (abbondanti qui a Graciosa, ma altrettanto sulle coste italiche..) le piccole lecce stella, le mormore e le boghe; mentre il signor dentice preferisce di gran lunga una bella e argentea occhiata o in alternativa una salpetta. Bisogna ricordare che, in linea generale, questi predatori si nutrono di ciò che trovano in loco, la natura dell'esca varia di zona in zona, quindi innescate tranquillamente ciò che riuscite a pescare sul posto, generalmente consiglio pesci di superficie: evitate le donzelle, gli sciarrani etc.. L'innesco migliore e' composto da un finale di 1,5 metri, lungo abbastanza perché il pesce-esca possa muoversi, con gli ultimi 15 centimentri in acciaio trecciato termosaldante da 30-40 libbre. Gli ami saranno due: uno fisso, legato e termosaldato, l'altro, più piccolo, scorrevole sull'acciaio e fermato con un elastico, quest'ultimo permette di variare la distanza tra i due ami in base alla grandezza della nostra esca.

Le misure da me consigliate sono un 3/0 per l'amo ferrante e un 1/0 per il secondo amo, l'innesco andrà fatto nel seguente modo: prima si infila sotto pelle nella zona caudale l'amo portante, mentre con il piccolo trapassate il labbro superiore del pesciolino; la durezza della bocca permette un lancio abbastanza sicuro ed efficiente,

senza il rischio di strappare. Usate sempre piombi a perdere, va bene una lenza dello 0,30: tra le rocce e' molto facile incagliare, e se questo avviene con un pesce allamato... Una volta in pesca fate molta attenzione al cimino della canna, ogni brusco sussulto da parte della nostra esca indica la presenza di un predatore in zona, e molto spesso poche decine di secondi dopo ecco lo strike: ferrrate con veemenza (o come disse il mio amico Vittorio: "strappagli la dentiera.."), non e' raro infatti che il serra o il dentice si accorgano dell'inganno e sputino l'esca, un raffio o un grosso guadino vi permetteranno di portare il pesce al sicuro prima sulle rocce e poi nel vostro forno... Il Rock Fishing può essere considerato il fratello gemello del Surf Casting, in quanto esso non è che una versione particolare praticata dalle coste rocciose, sia alte che basse. Il principio è lo stesso: sfruttare il momento di mangianza delle prede, presentando loro esche appropriate. Quindi, il Rock Fishing, non può considerarsi una particolare tecnica della tradizionale pesca a fondo, ma una tecnica totalmente diversa e che ha in comune con essa solamente il fatto che si pratica nello stesso ambiente marino, ma è diversa per calamenti, esche e prede. Ma più di tutto è diversa come filosofia e sportività, in quanto il Rock Fishing ama le condizioni atmosferiche più estreme e le catture più impegnative. Inoltre il Rock Fishing, come il Surf Casting, sviluppa tecniche di attacco che si avvalgono di concetti e metodi propri di altre tecniche, come appunto la pesca a fondo, la traina, la pesca di superficie. Per il Rock Fishing l'obbiettivo è la cattura del grosso predatore ed ogni tecnica possibile è valida per raggiungere lo scopo.

DOVE E QUANDO I Posti classici dove praticare il Rock Fishing sono le scogliere, sopratutto quelle alte, con un fondale anche molto elevato, le scogliere basse e quelle che si affacciano su calette con fondale anche basso e misto di sabbia e roccia; praticamente il 70 per cento delle coste italiane! Hot Spot sono, tanto per cambiare, la Sicilia e la Sardegna ma anche Liguria, Campania, Puglia e Calabria possono offrire buoni carnieri. Altro ambiente di elezione del Rock Fishing sono le isole che con i loro fondali elevati, permettono di insidiare diverse specie non ugualmente comuni dalla terraferma. È importante sottolineare che, viste le asperità e la pericolosità di questi luoghi, bisogna scegliere la postazione di pesca tenendo conto innanzitutto del fattore sicurezza per non doversi trovare in situazioni molto pericolose se le onde ci dovessero raggiungere o se dovessimo cadere in mare, in condizioni meteriologiche particolarmente estreme. Infatti le condizioni meteo-marine per praticare il Rock Fishing sono quelle con mare mosso o in scaduta, mentre il mare calmo di solito, non porta a molto. Il mare agitato muove l'aggressività e l'appetito dei predoni e crea quella situazione di pescosità che può farci avere anche più catture. Come per altre tecniche, le condizioni di marea influenzano parecchio le prede e sono da preferire condizioni di movimento delle acque, sia in aumento che in diminuzione, che contribuiscono a creare "movimento". Il Rock Fishing è una tecnica diurna e dà scarsi risultati di notte; le ore migliori sono quelle dell'alba e del tardo pommeriggio fino a tramonto innoltrato. Il Rock Fishing viene praticato tutto l'anno e, a seconda dei posti, può essere più o meno fruttuoso a seconda delle stagioni, anche se come caratteristica generale, l'autunno e l'inverno offrono maggiori mareggiate e condizioni favorevoli per buone catture. In estate è necessario trovare scogliere tranquille e poco frequentate da bagnanti e imbarcazioni o praticare il Rock Fishing esclusivamente nelle ore del primo mattino e sparire dalla circolazione prima dell'arrivo dei bagnanti.

ATTREZZATURA Per il Rock Fishing dobbiamo prevedere una doppia attrezzatura: una per le condizioni di mare estreme ed una per i momenti più tranquilli. Useremo canne specifiche, robuste e capaci, per i momenti di mare molto mosso e vento teso, mentre canne più leggere ed elastiche per le altre occasioni. È indispensabile usare attrezzi telescopici e, se ve lo potete permettere, in carbonio. Apprezzeremo tali qualità quando, con l'attrezzatura, bisognerà saltare come capre sulle rocce! La lunghezza può oscillare dai 3.5 metri ai 5 metri per l'attrezzatura più pesante, mentre può raggiungere anche i 6 metri per quella più leggera. I mulinelli, proporzionati alle canne, devono essere affidabilissimi e capienti, con frizioni graduali facilmente accessibili e con un buon rapporto di recupero. La minuteria del pescatore di Rock Fishing è seconda solamente al pescatore con la bolognese, ed è composta da diversi tipi di ami da scegliere poi in relazione all'esca utilizzata, da monofili super dal Ø 0.25 allo Ø 0.50, con qualche terminale in acciaio, utilissimo per i pesci serra e le murene. Sono anche importanti le girelle, sia normali che a 3 anelli, scelte tra le più affidabili e resistenti, con misure variabili e assortite. I piombi, anch'essi assortiti in misura e forme, devono essere molte volte utilizzati "a perdere" e gli incagli in questa tecnica, sono la norma. Ottimi quelli scorrevoli a pera, piramidali e a sfera. Completano il reparto un coltello multifunzione, una pinza, un ago da vermi, stopper e perline, galleggianti ovali e a sfera, filo elastico (per legare alcune esche) ed un raffio o un guadino con manico telescopico, utilissimo per salpare prede più consistenti. Con questa tecnica è utile anche un abbigliamento adeguato: scarponi da trekking impermeabili (mai indossare gli stivali, se cadete in acqua vi tirerebbero giù!) e una cerata per proteggervi dagli inevitabili spruzzi. ESCHE Le esche utilizzate nel rock fishing, si possono dividere in due categorie: per il rock "leggero" e per il rock "pesante". Molte esche classiche, come la sardina, fanno parte di entrambe le categorie e vengono impiegate indifferentemente. Per il rock leggero utilizzeremo: vermi (tremoline, bibi, verme americano, murriddu), sarde a tranci o a filetti, gamberi, murici, paguri, mitili (cozze), granchi, tranci di seppia o calamaro. Per il rock pesante si impiegano: sarda a tranci o intera, piccole seppie intere, piccoli polpi, salpe e occhiate (vive o morte), piccoli cefali (vivi o morti), grossi murici e grossi Bibi. Nel rock fishing, come nel Surf Casting, il concetto di boccone grosso uguale predone grosso, trova valido riscontro e risultato, quindi se miriamo a prede di tutto rispetto è necessario impiegare esche sostanziose e di grosso volume. Vedremo quali esche sono più fruttuose, a seconda della montatura impiegata e delle prede che si vogliono catturare successivamente. Un consiglio: se ci rechiamo in un posto per la prima volta impieghiamo, oltre che alle esche che abbiamo deciso di portare, esche raccolte sul posto, utilizzandole in misura della maggior disponibilità. Quindi se in un determinato posto sono massicciamente presenti granchi e stiamo tentando l'orata o il sarago, impieghiamoli come esca principale. Analogamente, se dobbiamo impiegare esca viva per la cattura di serra o spigole, catturiamo i pescetti che per primi si presentano a mangiare la pastura ed inneschiamo con quelli, anche se non sono i classici cefali. In questo modo la nostra esca si presenterà in maniera più naturale integrandosi perfettamente nell'ambiente e nelle consuetudini alimentari dei predoni. Due parole sulla pastura. Nel Rock Fishing viene comunemente impiegata, sia per attirare pesci esca, sia per creare un ambiente attirante attorno alle nostre esche, montando palline di pastura lungo il bracciolo su cui e montato l'amo che, diffondendo il suo odore, porterà la preda a tiro dell'esca. Di solito vengono impiegate pasture a base di sarda, ma anche sfarinati per occhiate e cefali vanno benissimo. MONTATURE

Anche nel Rock fishing si impiegano montature della lenza particolari che hanno il compito di portare l'esca alla portata della preda. Qui tratteremo solo alcune delle montature più classiche, rimandando ai successivi articoli di approfondimento, montature specializzate dedicate ad una preda o per la pesca con determinate esche. Le montature possono essere di due tipi: per la pesca a contatto con il fondo oppure per la pesca a mezz'acqua o in superficie. Infatti, non tutte le prede del rock fishing mangiano sul fondo, ma molte addentano il boccone solamente se presentato ad una certa distanza da esso o, addirittura, vicino alla superficie. Inoltre, le montature possono presentare uno o più ami montati sullo stesso bracciolo, quando si pesca con il vivo oppure se si innesca un grosso boccone (seppia, sarda, pesce morto) o su due braccioli distanti per l'innesco di vermi, murici, cozze. Di solito le montature a più braccioli vengono utilizzate nel rock leggero, in quanto le buone condizioni del mare evitano ingarbugliamenti e gli inevitabili attacchi sul fondo degli ami. Le montature che devono pescare a fondo, vengono preparate con un piombo, di peso variabile. Qui entra in gioco il concetto di piombo a perdere, ovvero il piombo viene montato sulla lenza con la consapevolezza che difficilmente lo riporteremo a casa. E' infatti il piombo il maggior responsabile degli attacchi sul fondo e quindi deve essere previsto che esso rimanga incastrato tra le rocce ma non per questo deve rendere impossibile il recupero della preda allamata. Questo problema si risolve legando alla fine del trave della montatura una girella al di sotto della quale verrà legato uno spezzone di monofilo con un carico di rottura tale che ci consenta, con la semplice ferrata, di liberare il resto della montatura che ha allamato la preda. Questo ci permetterà di evitare incagli e potremo anche lavorare meglio il pesce, fino al momento di raffiarlo o di guadinarlo. Purtroppo è una bella spesa che si può evitare di fare, costruendosi da soli i piombi da utilizzare, preferendo linee allungate e sfuggevoli, e grammature non elevate. Il sistema di collegamento prevede che il piombo sia legato ad uno spezzone di monofilo dello 0.20/.025, a seconda del peso del piombo, e tramite una girella con moschettone viene agganciato all'anello della girella finale o della lenza madre o del terminale. Le montature classiche del rock fishing sono le seguenti: Long Arm

E' costituito da uno spezzone di monofilo lungo da 1 metro fino a 2/2,5 metri, di diametro compre tra lo 0.25 e lo 0.45, armato con un solo amo che a seconda dell'esca e della specie insidiata potrà variare dal n. 5 alla misura 1/0-2/0. Il terminale è collegato alla lenza madre tramite una girella (vedi schema) e può essere fisso oppure scorrere entro un tratto della lenza madre, delimitato da due stopper e due perline, in modo da renderlo meno rigido e quindi più visibile. A questa soluzione, viene di solito associato l'inserimento di un galleggiante a palla o vicino all'amo, oppure a 40/70 cm da esso. Questo accorgimento contribuisce a rendere ancora più naturale il movimento dell'esca e quindi più gradita al predone. Altra variante del long arm prevede una montatura di ami a "tandem", da 3 a 5, quando vengono innescate esche voluminose in lunghezza, come il pesce morto, totani e seppie intere. Short ArmE' costituito da uno spezzone di monofilo lungo dai 40 cm a 1 metro, di diametro compreso tra lo 0.25 e lo 0.45. Per il resto è uguale al long arm.

Pater Noster

Con questo nome si intende un terminale con 2 o 3 braccioli, notissimo ai surf castman e utilizzabile anche nel rock fishing con qualche piccolo accorgimento legato alla posizione dell'amo più basso. In effetti, nel rock il problema è contrario a quello presente nel surf dove il primo amo pesca praticamente sul fondo, mentre nel rock deve pescare ad una certa altezza dal fondo, altezza variabile a secondo della natura del fondale e della profondità della zona di pesca. Un buon pater noster è costituito da uno spezzone di circa 1.5 metri dello 0.35 / 0.45 montato con 2 o 3 braccioli dallo 0.20 allo 0.30, di lunghezza e diametro scalare dal primo all'ultimo amo. Per evitare ingarbugliamenti in condizioni di mare mosso, adotteremo un accorgimento particolare: il bracciolo con cui è legato l'amo và collegato al trave tramite un pezzo di cavetto metallico che, essendo più rigido del monofilo, lo terrà a debita distanza dalla lenza madre.

La lunghezza dei braccioli deve essere tale da non permettere agli ami di agganciarsi tra di loro quando sono in pesca sul fondo. In condizioni di mare appena mosso o nel rock fishing notturno con mare calmo, tale accorgimento èsuperfluo. I braccioli vengono armati con ami che vanno dal n° 5/8 per il primo bracciolo per arrivare al n° 1-1/0 per il terzo. Il collegamento tra i braccioli e la lenza madre si ottengono con una girella a tre vie, come illustrato nello schema. Terminali a Lenza morta

Rientrano in questa categoria i terminali che vengono montati su lenze madri prive di piombo ed il peso minimo per effettuare il lancio viene affidato al

peso dell'esca. Questi terminali sono anche adatti per la pesca con il vivo, dove sarà anche impiegato un galleggiante sulla lenza madre o sul filo di bobina. Come costruzione, ricalcano le caratteristiche dello short e del long arm, montati però con più ami, da 2 a 5, di numero variabile a seconda dell'esca. Sono da consigliare con mare molto mosso, nel rock notturno e in condizioni di mangianza visibile in vicinanza della costa. Infatti, montando un'esca intera morta e lanciando in vicinanza della zona di mangianza la ferrata è quasi certa. A volte può essere utile appesantire questo terminale per poter raggiungere distanze maggiori, soprattutto se la taglia delle esche da impiegare è insufficiente. Si impiega di solito del filo o della spiralina di piombo oppure dei pallini di piombo (di misura adeguata), adeguatamente distribuiti su tutta la lunghezza del terminale. Di contro, se l'esca è troppo pesante e la si vuol far lavorare più alta oppure richiede di essere movimentata un po', possono essere impiegati piccoli galleggianti a palla oppure perline galleggianti, distribuiti adeguatamente su tutta la lunghezza del terminale.

Questa è solamente una piccolissima selezione dei terminali del Rock Fishing che, comunque, sono la base per tutte le varianti e le montature specifiche per determinate prede che analizzeremo in appositi articoli ad essi dedicati. Và precisato che l'uso delle montature illustrate è sempre validissimo ed universale, cioè adatto alla cattura di tutte le prede del Rock Fishing.

Pescare a CARATTERISTICHE

spinning

da

natante.

Questa tecnica si differisce dal classico spinning costiero per l'impiego di una imbarcazione che consente di lanciare le nostre esche in ambienti diversi anche non strettamente legati alla costa. Questa specialità non è certo una novità nel campo dello spinning in acqua dolce dove le imbarcazioni sono comunemente adoperate nella pesca al luccio e alla trota in lago. Anche per lo spinning salato questa tecnica è impiegata da anni, sopratutto nei paesi statunitensi, caraibici e sud africani. Il vantaggio maggiore è quello di poter allargare in maniera considerevole l'azione di pesca e di poter sfruttare quei momenti di mangianza che portano i predoni sui branchi di avanotti, spesso così vicini alla costa ma irrangiungibili per il pescatore a spinning che peschi dalla scogliera o dalla spiaggia. Quindi, fermo restando le tecniche di base, adotteremo questa tecnica stando in barca e muovendoci spesso, alla ricerca del pesce. Non è detto che bisognerà per forza raggiungere distanze considerevoli da terra, anzi i migliori risultati si otterranno proprio vicino alla costa, ad una distanza che potrà oscillare da pochi metri a qualche centinaio. Diventa così finalmente accessibili a questa tecnica, anche le alte scogliere, le dighe frangiflutti non collegate alla terraferma e tutti quei posti inaccessibili dalla costa. Pescare invece a distanze maggiori è inutile se non si ha una condizione morfologica favorevole che possa far pensare alla sicura presenza delle prede. Queste condizioni si possono trovare in isolette, scogli isolati emergenti o affioranti, secche e relitti non molto profondi. Questi ambienti sono infatti costantemente frequentati da tutte le prede classiche dello spinning con l'aggiunta delle prede tipicamente pelagiche (lampughe, tombarelli, ecc.). Unico neo di questa tecnica è dato dalla impossibilità di praticarla in condizioni di mare mosso o con forte vento, limitazione che chiaramente riguarda tutte le tecniche che prevedono l'uso di una imbarcazione. Al contrario, anche con mare calmo si possono avere belle catture, sopratutto in vicinanza di scogli isolati o sulle secche. ATTREZZATURA

Per questa tecnica, può essere tranquillamente usata la stessa attrezzatura che viene impiegata per quello praticato dalla terraferma, predeligendo comunque canne robuste e non eccessivamente lunghe, diciamo fino ad un massimo di 3-3,5 mt. Il mulinello potrà essere a bobina rotante oppure tradizionale; entrambi devono presentare necessariamente una frizione affidabilissima e un buon rapporto di recupero, vista la più alta probabilità di allamare prede più consistenti. Qualche differenza possiamo trovarla nelle piombature, che in questa specialità non hanno tanto il compito di portare l'artificiale più lontano ma servono più che altro a far lavorare l'esca nel modo corretto o per sondare diverse profondità. Per gli artificiali da portarsi in barca vanno benissimo quelli che già utilizziamo per la terraferma; in aggiunta qualche minnows corpulento imitazione sgombro, oppure i minnows tipo cristal attraggono di più le specie pelagiche, come anche le teste piumate, gli octopus, i kona più piccoli da recuperare velocemente. Dato che il lancio non sarà particolarmente forzato è pensabile l'uso di esche naturali, come la striscia di sardina, muggine o totano che possono dare anche buonissimi risultati.

AZIONE DI PESCA

Anche nello Spinning da natante l'azione di pesca si svolge come al solito: si lancia l'artificiale verso il largo e si recupera, invitando così la preda ad attaccarlo. Anche in questo caso le tecniche di recupero possono essere determinanti al fine del carniere e bisogna cercare di animare il nostro artificiale sia agendo sulla canna che sul recupero, variando continuamente direzione e velocità dell'esca, cercando di farle assumere il comportamento di un pescetto in difficoltà. La variabilità del recupero è il vero segreto dello spinning e riuscire a recuperare fruttuosamente deve essere l'obbiettivo di ogni pescatore di spinning. Infatti il recupero non deve solo stimolare la preda per ragioni di alimentazione, ma anche per curiosità e spirito di territorio. Quindi salti, cadute a "foglia", rumore attraggono il pesce che vuole vedere da vicino cos'è questo strano "animale". La minor probabilità di incaglio poi suggerisce tecniche impossibili lanciando da terra: pescare a mezza acqua oppure le risalite dal fondo sono praticamente impraticabili nello spinning dalla terraferma, mentre possono risultare vincenti nello spinning dalla barca. Altro vantaggio è quello di poter utilizzare anche esche leggere come le piume o le testine piombate anche in superficie e senza piombo sulla lenza, magari sfruttando la corrente e cominciando a recuperare quando l'esca ha raggiunto una certa distanza dalla barca.

L'azione di pesca in una battuta di spinning da natante comincia con lo scegliere una postazione da dove cominciare a lanciare; stagione e condizioni meteo ci faranno scegliere questa o quella località che raggiungeremo con l'imbarcazione. Appena arrivati, spegniamo il motore e prepariamo l'attrezzatura. Prima di iniziare a lanciare, valutiamo la corrente per capire in quale direzione essa spinge l'imbarcazione e con quale velocità. Se ci troviamo in una corrente sostenuta, conviene rallentare la velocità di spostamento con un'ancora galleggiante così da evitare di dover continuamente accendere il motore per doversi allontanare dagli scogli, spaventando inevitabilmente tutti i pesci della zona. Assolta questa importante funzione, possiamo iniziare a lanciare, sondando lo spazio intorno a noi a 360°, prestando attenzione a quei piccoli segnali che possono indicare la presenza di qualche predone in caccia. Sulla scelta dell'artificiale da mettere in acqua possiamo basarci su alcune piccole regole che possono aiutarci nella scelta:

1. Con acque particolarmente torbide, i cucchiai hanno una maggior visibilità, cosi come i minnows tipo cristal o metallizati

2. Se si vede attività in superficie attorno a noi, montiamo piume semplici con una piombatura minima per invogliare possibili aguglie, lampughe o pesce azzurro 3. In vicinanza stretta con la costa, i minnows classici e gli ondulanti sono più attaccati dalle spigole, serra e occhiate 4. In presenza di vistose mangianze, dare la preferenza ai minnows che imitano la sardina oppure esche molto visibili come ondulanti a specchio e testine piumate bianche e bianco-rosse.

Se l'esca scelta non si mostra catturante, prima di cambiare posto conviene provare con altre esche, sopratutto se la posta in cui ci troviamo è valida o si è dimostrata valida in altre occasioni. In certe situazioni sono le esche "insolite" a dimostrarsi quelle vincenti. Una volta che il pesce attacca l'esca, il recupero della preda è semplificato in questa tecnica, visto che ci troviamo in acque libere e sufficientemente profonde per guadinare il pesce senza difficoltà. TECNICHE DI BASE DESCRIZIONE Lo spinning in mare è una delle ultime nate tra le tecniche di pesca in mare; principalmente consiste nel lanciare dalla costa un artificiale e, recuperandolo, si cerca di invogliare un predatore ad attaccarlo così da rimanere allamato alle ancorette o all'amo presente sull'artificiale. Questa tecnica è, in sintesi, l'unione e la fusione di due tecniche di diverso ambiente aliutetico: lo spinning in acqua dolce e la traina. Infatti ha ereditato dallo spinning in acqua dolce il concetto di base, le tecniche di lancio e l'attrezzatura, adeguandole all'ambiente marino; dalla traina ha invece ereditato le prede e le esche artificiali. Oggi lo spinning in mare sta trovando una sua strada e una sua filosofia che fà sempre nuovi proseliti ed è praticata da moltissimi pescatori, per lo più angler costretti a terra oppure appassionati di spinning di acqua dolce in "vacanza" al mare. Questa tecnica è da considerarsi una delle più difficili da praticare in mare e il "cappotto" è la regola. Ma, se si sceglie il momento magico, può dare soddisfazioni che nessuna altra tecnica può dare. ATTREZZATURA Per praticare lo spinning, si utilizzano canne con mulinello con lunghezza ed azione variabile, sia in base al luogo di pesca che alla tecnica particolare che viene adottata. Mentre per lo spinning in acqua dolce si usano attrezzi raramente superiori ai 2,5 mt., in quello in mare si usano attrezzi che possono anche superare i 4 mt. Caratteristica generale delle canne da spinning in mare sono la flessibilità e la leggerezza, unite ad una buona resistenza alla corrosione. Per i mulinelli, la scelta può variare tra i tradizionali fissi con frizione sensibile e quelli a bobina rotante, appositamente progettati per questo uso, che offrono maggiori gittate e capienze di filo. Vediamo quale attrezzatura è necessaria per le diverse tecniche: Spinning dalle coste rocciose: L'attrezzatura è principalmente formata da due canne, una classica da spinning lunga non più di 2,5 mt, abbinata ad un mulinello fisso a frizione micrometrica e un'attrezzo più lungo, tra i 3,5-4,0 mt. a spiccata elasticità in punta, abbinato ad un mulinello fisso a frizione micrometrica o a bobina rotante con guidafilo. Spinning nei porti: L'attrezzatura è principalmente formata da una classica canna da spinning lunga non più di 2,5 mt, abbinata ad un mulinello fisso a frizione micrometrica con cimino molto elastico e sensibile. Spinning dalla spiaggia: L'attrezzatura è principalmente formata da due canne, una ad innesti lunga tra 2,5-3,0 mt, abbinata ad un mulinello fisso a frizione micrometrica e un'attrezzo più lungo, anche telescopico, tra i 3,5-4,5

mt. a spiccata elasticità in punta, abbinato ad un mulinello fisso a frizione micrometrica o a bobina rotante con guidafilo. Completano l'attrezzatura un guadino a mano richiudibile da portare alla cintura, comunemente usato dai pescatori di trote in fiume, che ci permetterà di salpare le prede in tutta sicurezza. ARTIFICIALI Gli artificiali usati nello spinning sono essenzialemente quelli utilizzati per la traina, sopratutto quella costiera, con qualche eccezione, quali le imitazioni delle cieche in plastica, i Grub e i poppers. Per gli artificiali classici, vi rimandiamo all'articolo della traina costiera, mentre quì di seguito descriviamo le altre: POPPERS: Scoperti ultimamente trovano la loro efficacia con lo spinning alla Leccia in superficie. Sono delle imitazioni molto fantasiose di pesciolini che, per la mancanza di paletta e per il muso concavo, quando vendono recuperati sollevano spruzzi e fanno parecchio rumore, invitando il predone ad attaccare. Anche Spigole e Pesci Serra attaccano questo artificiale che, per la sua natura, può essere anche artigianale e "fatto in casa". Risultano più attiranti quelli molto colorati e con gli occhi grandi. Ne esistono anche piumati, con piume bianche o colorate. Grub: Se i poppers possono essere considerate esche "strane", i Grub vi stupiranno ancora di più, in quanto praticamente non assomigliano a nulla di "terrestre" ma a creature "marziane", provenienti da altri mondi! Pare però che con prede come l'occhiata, leccia, e aguglia faccia "bottino". Sono, in sintesi, codine di silicone di svariati colori e celano al loro interno un amo normale o con la testina piombata e "decorata" con piccoli occhi DOVE E QUANDO I posti dove è possibile praticare lo spinning sono principalmente tre: le coste rocciose, le spiaggie e i porti; và da sè che, come per altre tecniche di pesca in mare, la presenza di acqua dolce in uno dei posti già visti aumenta considerevolmente le possibilità di fare buone catture. Sulle scogliere, sono da preferire le poste che si trovano in prossimità di punte, oppure di franate degradanti o anche in calette con fondo misto di sabbia e roccia, da sempre patrie natie della minutaglia più disparata che rappresentano il "primo piatto" proprio dei predatori che stiamo cercando. Le spiaggie sono sicuramente un campo più difficile, specialmente se di bassa profondità, ma da consigliare in caso di mareggiate o con mare nella fase iniziale di scaduta. I Porti sono il posto migliore per cominciare ad impratichirsi a questa tecnica e possono offrire "grosse" sorprese, anche con acque tranquille ed in orari non proprio ideali. Lo spinning si pratica tutto l'anno, con un incremento particolare delle catture in estate e in autunno, momento i cui sono presenti i pelagici. L'inverno è il momento propizio per le grosse Spigole, ammesso che si conoscano le poste buone. Dal punto di vista meteo, un mare piatto e limpido non invoglia certo alla battuta e non può che procurarci un bel "cappotto"! Le altre condizioni sono più allettanti ed il massimo è il mare nella fase iniziale di scaduta. Gli orari migliori sono, come sempre, il mattino presto ed il tramonto. Con acque molto mosse si può provare, con qualche probabilità di riuscita, a qualsiasi ora.

PREDE Le prede dello spinning sono principalmente le specie predatrici, anche se capita spesso di catturare altre prede (ad es. salpe, sciarrano, tracine) che attaccano l'artificiale solo per aggressività naturale o per la difesa del territorio. Vediamo le caratteristiche delle prede principali: Spigola: È la più ricercata dal pescatore a spinning e catturarla richiede conoscenza delle abitudini del pesce e scelta del momento migliore. Attacca

principalmente minnows e ondulanti e và cercata sopratutto in superficie e in acque torbide e ricche di spuma, sulla costa rocciosa bassa, le spiaggie e nei porti. Zone "magiche" sono gli estuari di fiumi e piccoli corsi d'acqua. Occhiata: Rappresenta la preda più comune di questa tecnica e si cattura principalmente con gli ondulanti e minnows. È molto interessata anche alle piume presentate sia come ornamento degli artificiali che con testine e ami piombati. Zona di elezione dell'occhiata, sono le scogliere alte con fondali consistenti. Aguglia: Molto aggressivo, questo belonide rappresenterà molte volte il "premio di consolazione" del pescatore. Se abbiamo a tiro di canna un branco di aguglie, il divertimento è assicurato. Attacca voracemente i piccoli ondulanti e piume. Non è raro catturarlo anche con i minnows a volte anche di grosse dimensioni. È presente sia sulle coste rocciose che nei porti. Ricciola: Sarà una preda possibile nei momenti di passo di questo pelagico e non sarà mai allo stato adulto. Presente in prossimità della costa nei periodi di settembre/ottobre, prima di muoversi verso le secche in mare aperto è particolarmente aggressiva ed attacca minnows ed ondulanti consistenti. Presente principalmente sulle coste rocciose alte con fondali consistenti oppure nelle grandi insenature sabbiose. Pesce Serra: Il predatore per eccellenza è una delle prede più ambite dal pescatore a spinning ed è sicuramente il più difficile da portare a casa. Se anche abbiamo la fortuna di averlo in canna, non è detto che la disputa si concluda a nostro favore. Attacca principalmente minnows nelle misure maxi. Sarà più probabile la sua cattura in prossimità delle punte che si insuano in mare aperto, coste rocciose alte e spiaggie con fondali consistenti. Leccia: A spinning è possibile catturarne di due specie: la stella e amia. Rappresentano il sogno di ogni pescatore ed è l'unica preda che può raggiungere misure considerevoli. Si insidia con i minnows e i poppers grandi e vistosi. La si deve cercare sulle scogliere alte e nelle ampie insenature sabbiose, anche se non è raro catturarle nelle acque esterne dei porti e nelle darsene. Attacca l'esca principalmente in superficie. Luccio di Mare: La cattura di un luccio di mare ha sempre un sapore "tropicale", facendoci venire in mente i più famosi barracuda. Sicuramente poco frequente si preannuncierà con un attacco violentissimo e se non stiamo utilizzando un adeguato minnows, sarà difficile portarlo in secco. Dotato di denti affilatissimi, può tranciare facilmente il nylon e rendere inservibile il minnows che stiamo utilizzando. Si incontra sulle scogliere alte con alti fondali. È un predatore che attacca in superficie.

LANCIO

I tipi di lancio utilizzati nello spinning in mare sono due: il primo è quello tradizionale di ogni tecnica di pesca, canna bassa dietro il pescatore che guarda la punta della canna, lancio in avanti con il busto che ruota e rilascio del filo di bobina. L'artificiale vola con una parabola discendente verso la superficie del mare, più o meno lontano dal punto di lancio:

I vantaggi di questo tipo di lancio sono la buona distanza raggiunta anche dagli artificiali leggeri e una certa "naturalezza" del lancio che permette a tutti di fare buoni lanci. Di contro, questo tipo di lancio scarseggia in precisione e non è facile centrare lo spazio libero tra due scogli sommersi. Per questo, ci viene in aiuto un lancio diverso, già adottato da molti e ha come variante il fatto che l'artificiale, invece di fare una parabola discendente, viaggia in linea retta ed è quindi più facile "mirare" un determinato punto. Il lancio si effettua sollevando la canna sulla testa, come se stessimo recuperando un pesce e "fiondiamo" l'esca nella direzione in cui vogliamo lanciarla, sfruttando l'elasticità della canna. Questo lancio, che non prevede movimenti accentuati del corpo, è da consigliare anche in posti angusti sulla scogliera, dove non potremmo lanciare nell'altro modo a causa della mancanza dello spazio dietro di noi.

Lo svantaggio di questo tipo di lancio è quello della scarsa gittata, sopratutto con esche leggere e quindi deve essere utilizzato non come lancio standard ma esclusivamente nei casi previsti. Come si vede, anche la tecnica di lancio da adottare comporta scelte e decisioni, che vanno ad aggiungersi agli altri parametri di pesca.

AZIONE DI PESCA Nello Spinning l'azione di pesca non è in sè, un problema; lo scopo è quello di lanciar e il nostro artificiale verso il largo e di recuperarlo, invitando così la preda ad attaccarlo. Se si dovesse applicare questo concetto alla lettera, non basterebbe l'armadio di casa a collezionare tutti i "cappotti" che porteremmo dalle nostre battute a spinning! Semplificando, se è vero che il 50% delle probabilità di successo di una

battuta a spinning sono da attribuire alle condizioni meteo e alla scelta dell'artificiale giusto, il restante 50 è a carico del come si lancia e si recupera l'artificiale. Dare "vita" a un pezzo di metallo o di plastica richiede fantasia e conoscenza della preda e recuperando semplicemente il nostro artificiale, esso sarà visto dalle prede come "materiale inerte" e quindi privo di interesse. Intendiamoci, ci sono giorni che si và a vuoto anche se, per magia, il nostro minnows si animasse di vera energia vitale, ma utilizzare tecniche di lancio e recupero appropriate, farà aumentare la probabilità di fare qualche cattura.

Appena l'artificiale raggiunge la superficie del mare, inizia la vera fase di pesca. C'è un concetto di base dello spinning che è meglio tenere bene in chiaro: il predone non attacca l'artificiale solamente perchè ha fame, ma a muoverlo ci sono anche aggressività e istinto, conservazione del territorio e paura. Quindi se dovessimo recuperare l'artificiale in maniera lineare e costante esso apparirà poco visibile e interessante alla maggior parte delle prede. Per dotare l'artificiale di vita propria è fondamentale adottare un recupero vario, discontinuo, alternando cambi di direzione a pause, accelerazioni e altre azioni che possono rendere l'artificiale ben visibile nelle acque circostanti ed attirare il predone. Non a caso i poppers stanno riscuotendo un discreto successo, in quanto il loro recupero genera rumore, schizzi d'acqua e scie in superficie visibilissime anche a discreta distanza. Anche il tipo di artificiale adottato condiziona il recuperoe se stiamo usando un ondulante abbastanza pesante, magari ulteriormente appesantito da un piombo sulla lenza madre e facciamo una pausa piuttosto lunga, avremo come risultato un incaglio sul fondo e lo stesso può capitare utilizzando un minnow affondante se acceleriamo troppo il recupero. La pratica ci insegnerà ad intuire e a prevenire questi problemi. Vediamo ora un'azione di pesca "tipo": scelta la postazione e l'artificiale, inquadriamo una zona di mare dove lanciare la nostra esca e decidiamo quale tecnica di lancio adottare. Lanciamo e una volta liberata la lenza madre, controlliamo il volo dell'artificiale, chiudendo l'archetto appena tocca la superficie del mare. Iniziamo subito a recuperare utilizzando il mulinello come "motore" e la canna come "timone" dell'artificiale; quindi girando la manovella del mulinello potremo rallentare o accelerare il recupero, mentre, muovendo la canna a destra o a sinistra, in alto oppure in basso, fino a sfiorare l'aqua, faremo fare continui cambi di direzione all'esca, in modo da attirare l'attenzione dei predoni presenti. In breve l'artificiale sarà ritornato sotto i nostri piedi, pronto per essere rilanciato. Quindi rilanciamo spostando la direzione di lancio di qualche grado a destra o a sinistra. Dopo una serie di 5/10 lanci possiamo decidere di cambiare postazione o ripetere la serie di lanci con altri artificiali. Come nello spinning in acque interne, anche per quello in mare l'osservazione di alcuni "indicatori" possono servire a scegliere l'artificiale adatto in quel momento; in un articolo successivo di approfondimento delle tecniche dello spinning illustreremo meglio questo argomento. Una volta capito che quella postazione non può darci nulla di più, spostiamoci a destra o a sinistra per individuarne un'altra; spostarsi di pochi metri serve a poco, in quanto se il predone era nelle vicinanze, sarebbe accorso comunque. Meglio spostarsi di almeno 150/200 metri e riprendere a lanciare da lì.

Se la dea bendata decide di baciarci in fronte, nel bel mezzo del recupero sentiremo uno strappo deciso, seguito dal cicalino della frizione e da continue testate della preda allamata. Conviene dare una leggera ferrata ed iniziare a recuperare il pesce con regolarità, tarando la frizione di conseguenza. Appena vedremo il pesce, potremo organizzare la fase finale del recupero, volando il pesce direttamente sulle rocce se di piccole dimensioni, oppure guadinandolo. Valutiamo con attenzione il momento in cui il pesce ha esaurito le forze, altrimenti se cerchiamo di forzarlo troppo, potremmo vedere la tanto attesa "ricompensa" riprendere il largo di gran carriera! Una volta portato la preda in secco, potremo dare libero sfogo ai nostri istinti di predatore ululando e gridando come forsennati... Per slamare la preda conviene usare delle pinze

con becchi a punta con cui possiamo togliere l'ancoretta dalla bocca del pesce senza ferirci, cercando di farlo nella maniera più dedicata possibile perchè, conviene ricordarlo, i pesci che sono al di sotto della misura minima devono essere rimessi delicatamente in acqua, dandogli appuntamento magari tra qualche anno! Al primo sguardo può sembrare una cosa facile facile: filare in mare 4 o più lenze e girovagare senza una meta precisa in attesa dell'abboccata; un lavoro più indicato a un tassista (con rispetto parlando) che ad un pescatore. Andar per mare significa non farsi sfuggire il minimo particolare, quindi aguzzare la vista e abituarla a cogliere il benché minimo segnale di presenza di pesce, ciò può trasformare una fiacca giornata in una di gioia! La presenza di pesce è segnalata in primis dalla presenza di gabbiani, a volte in mangianza a volte in cerca di prede, dunque li vedremo girare a pelo d'acqua, cambiare direzione, alzarsi e rituffarsi. Tutto questo indica che in quella zona, sotto il pelo dell'acqua c'è movimento di pesciolini-foraggio e di conseguenza di predatori. Un altro chiaro segnale sono le chiazze di olio di sardina (da non confondere, purtroppo, con quelle di benzina), ben visibili perché l'unto in mare lascia una macchia omogenea e limpida: poco prima in quel preciso punto qulche pesce ha banchettato con i poveri clupeidi, disperdendone sangue e grassi.

L'ecoscandaglio e' inoltre un validissimo aiuto, dando per scontato che si sappia leggerlo a dovere, che vi indicherà a che profondità e dove stazionano i branchi di pesce, le cigliate, le secche e le batimetriche, insomma tutte le zone migliori per la pesca. Una volta appurato tutto ciò dovremo decidere quali esche filare in mare ma sopratutto come. Il mio schema di traina preferito, che potremmo definire come "base" poiche' a questo si possono applicare quasi tutte le varianti, è il seguente: si calano in mare 6 canne partendo dalle due più esterne e più distanti, infilate nei portacanne laterali e interni, dopodiché si calano le mediane e infine le corte, le distanze sono nell'ordine di 45/50, 25/30, 10/15 metri. Sconsiglio vivamente di aumentare le distanze, gli artificiali lavorerebbero in maniera non proporzionata alla velocità della barca e in più costerebbe maggior fatica recuperarle per qualsivoglia motivo.

Molto importante è far si che le nostre esche viaggino vicine come un branchetto di pesci in fuga, questo aumenta la possibilità di strike multipli, ricordatevi che la maggior parte dei predatori (tonni, lampughe, palamite o whaoo qui a Graciosa) attaccano in branco, quindi se parte una canna sola generalmente è perché abbiamo sbagliato a calarle e l'eventuale secondo pesce è restato a bocca asciutta, non trovando l'esca.... Un piccolo trucco può essere di filare due piumette da 12-15 cm (ottime le Bad Bass) che navigando in superficie permettono di trainare anche due pesci artificiali sotto di esse, per cui molto spesso passando in una mangianza o in un branchetto di tonnetti è facile che avremo quattro mangiate in contemporanea seguite dal dolce suono delle cicaline dei mulinelli.

Per le canne più "corte" consiglio, dopo averle calate, di legare tramite l'ausilio di uno o più elastici il filo madre a una girella a moschettone, preventivamente collegata tramite nilon o acciaio alla bitta della barca e fatta passare attraverso la bocca di lupo delle cime, questo sistema permette che l'artificiale lavori giusto sotto la prima onda prodotta dai motori, zona molto proficua di strike, per lo più di palamite o tonni. Se il mare lo permette si possono calare dei teaser, una serie di polpetti montati in linea o in serie e senza amo che fungono da eccitanti; se il mare è mosso usate degli

artificiali attrattori che contengano sferette mobili al loro interno e metteteli sulle canne piu' corte: ottimi sono i "bonito"della Yo-Zuri nelle misure 14 o 17 cm o gli Halco Gt-jig; molti dei tonni più grossi catturati a traina alle Canarie sono stai presi con questo sistema.

Nel prossimo articolo tratteremo della fase piu' importante e eccitante della traina veloce: lo strike!!

La spigola è sicuramente una delle prede più ambite nella pesca in mare, sia per la prelibatezza delle sue carni, sia per le sue caratteristiche di comportamento che ne fanno una preda "difficile" un po' per tutte le tecniche. Nella traina costiera la Spigola è considerata la "Regina" di questa tecnica (mentre lo scettro di "Re" spetta di diritto al Dentice) e le tattiche di pesca specializzate per questo serranide sono molto varie e prevedono sia l'impiego di esche naturali che artificiali. In questo articolo cercheremo di spiegare meglio le tecniche messe in atto con le seconde. Innanzitutto alcune precisazioni sulla preda sono d'obbligo: la spigola adulta può raggiungere i 12 kg di peso, ma la taglia media si aggira dai 700 gr ai 2 kg, con qualche sporadica eccezione sui 4-5 kg. Le tecniche con artificiali sono altamente selettive ed è rarissimo catturare prede inferiori ai 500 gr. la spigole è strettamente gregaria nello stadio giovanile. Man mano perde questo carattere con l'aumento di età, ma non del tutto, preferendo qualche volta la compagnia di altri due tre esemplari della stessa taglia. Questa caratteristica può permettere catture di più di un esemplare nella stessa zona. La spigola è abbastanza, ma mai eccessivamente combattiva. Di solito, dopo una prima reazione violenta, segue passivamente l'esca con cui è rimasta passivamente allamata ed oppone nuovamente una certa resistenza solo quando avvista lo scafo. Una delle più importanti caratteristiche della spigola è l'imprevedibilità di comportamento: accade sovente che un giorno attacchi le nostre esche voracemente e senza tanti complimenti mentre, il giorno dopo, non ne voglia sapere assolutamente niente, nonostante le condizioni meteomarine siano rimaste le stesse.

La spigola è presente in tutti i bacini costieri della penisola e delle isole, su fondali che variano dal metro ai 50 metri. Ai fini della traina sono da scartare i fondali superiori ai 15 metri, a meno che non ci siano nelle immediate vicinanze non ci siano formazioni naturali o artificiali che si avvicinino alla superficie, come secche, relitti, allevamenti di molluschi, ecc. Le nostre prede preferiscono principalmente le zone di scogli alternati a fango o sabbia, specie in prossimità di cospicui salti di profondità. Frequentano anche lungo i manufatti costruiti con massi di cemento esposti verso il mare aperto, all'interno dei porti, nelle vicinanze delle foci di corsi più o meno grandi di acqua dolce, lungo le spiagge sabbiose o ghiaiose, dei pontili protesi al largo, delle grandi boe di segnalazione. I periodi più indicati per pescare la spigola con questa tecnica sono la primavera e l'autunno. Un altro momento positivo si ha in inverno, quando si avvicinano alla costa esemplari anche molto grandi che, in periodi ristretti, possono attaccare con voracità le esche a traino. Per quanto riguarda gli orari, sono da preferire le prime ore del mattino, quelle di mezzogiorno e le ore prossime al tramonto; per la spigola questo schema non è rigido e capita spessissimo di fare belle catture anche durante gli altri periodi della giornata.

Per quanto riguarda l'imbarcazione adatta a questa tecnica c'è poco da dire: l'unica caratteristica indispensabile è che raggiunga la velocità di 4 nodi, che è poi la velocità a cui traineremo le nostre esche. Indispensabili sono anche i portacanna: almeno tre sistemati due sui lati della poppa ed uno la centro, in modo da poter filare due o tre lenze senza che esse si sovrappongano con inevitabili ingarbugliamenti. Se si pesca nell'immediato sottocosta è meglio non mettere in acqua più di due lenze, visto che le manovre da compiere sono più frequenti si hanno meno pensieri e minor possibilità di incaglio. Le canne, mulinelli e le lenze dovrebbero essere di libraggio ridotto, senza scendere comunque sotto le 12 libbre. L'attrezzatura ideale è costituita da una canna da 20 libbre, un mulinello rotante di misura medio-piccola e lenza in bobina da 20 libbre che potrà arrivare a 30 libbre se trainiamo a profondità di 10-15 metri, a causa delle piombature più consistenti. Il terminale, lungo almeno una decina di metri, sarà costituito da un buon monofilo super dello 0.30 - 0.40. Per unirlo alla lenza madre, utilizzeremo una piccola girella, comunque dotata di cuscinetti, che eviterà torsioni eccessive della lenza. Le esche artificiali da impiegare sono limitate ai minnows dai 7 ai 20 cm e da cucchiaini ondulanti, di forma affusolata, dai 5 ai 12 cm. Gli altri artificiali, come piume, testine piombate, imitazioni varie sono più problematiche e rendono meno con la spigola. Per scegliere l'artificiale più adatto, mettiamo la barca a 4 noti e filiamo fuori scia la lenza con il minnows o il cucchiaino ed osserviamo il suo comportamento: se lo vedremo ruotare su se stesso è da scartare; se invece si mantiene sotto la superficie e tende a guizzare a destra e a sinistra è l'artificiale che fa al caso nostro. Per quanto riguarda i modelli e le colorazioni, converrà usare minnows che meglio richiamano la mangianza del luogo: quindi grigio-argento che imita il cefalo e lo zebrato azzurro o verde argento che imita lo sgombro. Alternativamente, hanno buon successo il tipo "testa rossa" (rosso argento) e i recenti modelli con lavorazione a specchio. Per i cucchiaini non c'è altrettanta scelta e i modelli si riducono alle tre o quattro misure disponibili, preferendo sempre le forme allungate. Per far scendere le nostre esche alla profondità voluta, oltre ad utilizzare modelli affondanti, dovremo piombare diversamente le lenze, utilizzando uno dei consueti sistemi di affondamento utilizzati nella traina: affondatori idrodinamici, piombi sulla lenza, piombo guardiano, ecc. Viste le non elevate profondità di pesca, la piombatura sulla lenza è da consigliare, sia per la rapidità con cui è possibile variare tale piombatura sia perché, una volta allamato il pesce, è possibile rimuoverla lasciando al pescatore la possibilità di godere appieno della lotta con il pesce. E' consigliabile utilizzare piombi a tortiglione o con altro sistema di sgancio rapido. Per determinare il peso adatto, dovremo considerare due parametri: la profondità da raggiungere e la distanza dalla poppa. La velocità, fissata a 4 nodi, sarà costante per questa tecnica. Indicativamente, filando le esche a 50 metri da poppa, esse affonderanno ad un metro con una piombatura di 100 gr e a 5,50 metri con un chilo di piombo. Su fondali molto bassi oppure che presentino continui dislivelli o rocce più alte è bene non pescare molto in profondità per evitare continui attacchi sul fondo degli artificiali. Di seguito, diamo delle alternative adatte a sondare le fasce d'acqua più frequentate dalla spigola, fornendone i parametri ideali dove, ovviamente, potrete variare tale misure per adeguarle alle caratteristiche proprie della zona di traina: Fondali con meno di 5 metri di profondità: Numero lenze: 2

Velocità: 4 nodi Diametro lenza madre: 0.50 (30 lb.) Diametro terminale: 0.30 Lunghezza terminali: il primo da 10 mt, il secondo da 12 mt Distanza da poppa: la prima lenza a 50 metri con 150 gr, la seconda a 70 metri con 100 gr Esche: prima lenza cucchiaino cm 7/11, seconda lenza minnows 9/11 cm affondante Fondali con da 5 a 8 metri di profondità: Numero lenze: 2 Velocità: 4 nodi Diametro lenza madre: 0.50 (30 lb.) Diametro terminale: 0.35 Lunghezza terminali: il primo da 10 mt, il secondo da 13 mt Distanza da poppa: la prima lenza a 50 metri con 300 gr, la seconda a 70 metri con 250 gr Esche: prima lenza minnows cm 9/12 affondante, seconda lenza minnows 12 cm affondante Fondali con da 8 a 12 metri di profondità: Numero lenze: 2 Velocità: 4 nodi Diametro lenza madre: 0.50 (30 lb.) Diametro terminale: 0.35 Lunghezza terminali: il primo da 12 mt, il secondo da 15 mt Distanza da poppa: la prima lenza a 70 metri con 500 gr, la seconda a 90 metri con 650 gr Esche: prima lenza minnows cm 9/12 affondante, seconda lenza minnows 14 cm affondante In tutti i casi il/i piombo/i devono essere fissati ad almeno 15 metri dall'esca e mai sul terminale. In caso di profondità maggiori, aumentare in proporzione la distanza dalla poppa e la piombatura. Mentre per fondali molto bassi o particolarmente accidentati, conviene utilizzare il piombo guardiano, posizionato ad almeno 20 metri dall'esca e montato nel modo seguente:

Quando vedremo il cimino della canna sussultare, vorrà dire che il piombo ha urtato un ostacolo e 5 o 6 giri di mulinello preserveranno l'esca da un sicuro incaglio. Se vedremo la punta della canna flettersi con un angolo minore di prima, vorrà dire che abbiamo perso la zavorra e va quindi recuperata per reintegrare la piombatura. Utilissimo per evitare incagli è l'ecoscandaglio acustico che regolato un paio di metri al di sopra della profondità di pesca, ci avviserà con il suo suono stridente che abbiamo appena superato un ostacolo che farà incagliare sul fondo l'artificiale; avremo quindi il tempo di agire per alzare l'esca quel tanto che basta a superare l'ostacolo. Il problema incaglio è una costante di questa tecnica e in caso di virate strette, rallentamenti o cambi di direzione, bisognerà recuperare le lenze di conseguenza, in modo da non far toccare il fondo agli artificiali. Questa condizione presuppone la presenza a bordo di almeno due persone, oltre al guidatore, altrimenti non sarà possibile filare in mare più di una sola lenza. Le esche viaggeranno a distanze variabili dai 30 ai 100 metri da poppa e per evitare inutili e dannose sovrapposizione sarà bene calare prima le lenze più lunghe e poi quelle più corte. Per salparle, anche in caso di ferrata del pesce, si opera al contrario recuperando prima le corte e poi le lunghe. Una volta filate le lenze, regoliamo il mulinello con il cicalino e la frizione tarata a circa un terzo del carico di rottura del terminale o, in maniera più empirica, dando uno strattone consistente alla lenza il cicalino deve attivarsi cedendo lenza. E' bene non lasciare mai la frizione molto lenta, per evitare che anche il più sottile filo d'alga preso dal piombo, attivi il cicalino. Ogni 10 minuti circa, specialmente con mare sporco in scaduta, bisognerà controllare che sia il piombo che le esche non abbiano agganciato dello sporco (alghe o plastica), quindi ripulirle e filarle nuovamente. Molte volte, per questi piccoli dettagli, non si fanno catture anche se l'orario e la zona sono ideali per la spigola. Appena sentiremo il cicalino, un pescatore prenderà in mano la canna interessata stabilendo il contatto con la preda. L'altro pescatore recupererà velocemente le altre lenze in mare e si preparerà per guadinare il pesce. A questo punto potremo rallentare la barca e manovrare per mettere a 90° la barca rispetto alla trazione del pesce. Come abbiamo già detto, la spigola dopo la prima sfuriata, segue la direzione del recupero senza porre eccessiva resistenza. Appena i piombi saranno in vista, il secondo pescatore provvederà a liberarli dalla lenza, permettendo di recuperare con la canna anche gli ultimi fino alla girella. Se questa non passa dagli anelli della canna, bisognerà recuperare l'ultima decina di metri a mano, tirando con circospezione e aspettandosi la reazione del pesce, man mano che esso si avvicina alla barca. Cerchiamo già di valutare le dimensioni della preda e se non molto grossa, recupereremo gli ulti metri con decisione fino a volare la preda a pozzetto. Se è di buona dimensione, conviene essere più circospetti ed essere pronti a cedere filo alla reazione della spigola. Quando si metterà di fianco, con la bocca spalancata, sarà il momento di guadinarla con decisione. Il metodo migliore per non correre rischi inutili, è quello di posizionare il guadino dietro al pesce, mentre il pescatore cede la lenza necessaria a farlo entrare. Questo accorgimento eviterà che la rete del guadino possa agganciarsi all'ancoretta dell'artificiale compromettendo pericolosamente l'esito finale della cattura. Una volta in barca, fate attenzione a slamare la preda; il nome spigola non è casuale! Infatti la nostra "spigolosa" amica presenta spine dorsali acuminate e opercoli molto taglienti ed è facile ferirsi proprio in questa operazione. Il sistema migliore è di infilarle un dito in bocca e premere con le altre dita sotto la mascella inferiore. Ciò farà spalancare la bocca alla spigola, immobilizzandola e permettendoci di slamarla, magari con una pinza, senza problemi. A questo punto la foto di rito è d'obbligo, così come inviarla a Pescare.

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