Losurdo Domenico - Nietzsche e la critica della modernità

April 12, 2017 | Author: Francesco Moscariello | Category: N/A
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«La tragica grandezza del filosofo, il fascino e la straordinaria ricchezza di suggestioni di un autore capace di ripensare l'intera storia dell'occidente e di collocarsi, ben al di là dell'attualità, sul terreno della 'lunga durata', tutto ciò emerge pienamente solo se, rinunciando a rimuovere o a trasfigurare in un innocente gioco di metafore le sue pagine più inquietanti o più repugnanti, lo si osa guardare in faccia per quello che realmente è, il più grande pensatore tra i reazionari e il più grande reazionario tra i pensatori».

LE ORME ..

Dornenico LOSURDO

Niemche. Per una biogrt$h poatica

manifesto gibrij

O 1997 manifestolibri srl Vi Tomacelli 146 - Roma ISBN 88-7285-124-6 Realizzazione grafica: Studio Idea

NIETZSCHE E LA CRITICA DELLA MODERN~A

1. La crisi della civiltà da Socrate alla Comune di Parigi 2. Critica della «civilizzazione» e delegittimazione del moderno

3. Dalla negazione della coscienza storica alla sua radicalizzazione

.

4. Otium, lavoro e schiavitù

5.

orale del gregge, morale dei signori e doppiezza

6. Politica ed epistemologia

7. Rivoluzione francese, «rivoluzione» socraticoplatonica e «rivoluzione» ebraico-cristiana

8. Radicalità, «inattualità» e incrinature del progetto reazionario

9. Eterno ritorno, volontà di potenza e annientamento dei malriusciti 10. Metafora e storia Note Nota bio-bibliografica

1. LA CRISI DELLA c n m . ~ ADA SOCRATE ALLA COMUNE DI PARIGI

Apparsa agli inizi del 1872, La nascita della tragedia, che segna il debutto filosofico di Nietzsche, non può essere compresa senza la Comune di Parigi e la guerra franco-prussiana che immediatamente precedono la sua pubblicazione. La corrispondenza e i frammenti del tempo chiariscono in modo inequivocabile con quanta intensità sia stata vissuta la nuova ondata rivoluzionaria al di là del 'Reno e quanto dolorosa e indelebile sia l'impronta da essa lasciata. Alla notizia dell'incendio del Louper alcuni giorni comvre da parte degh insorti, > SOCRATICO-PLATO-

NICA E EBRAICO-CRISTL4NA

Ma quando è propriamente iniziata la parabola rovinosa della modernità? Nell'indagine delle più remote origini della rivolta servile s'impegnano con

particolare accanimento il Crepuscolo degli idoli (1889) e L'Antimisto (redatto anch'esso nell'immediata vigilia dell'insorgere della follia, ma pubblicato solo nel 1895). In primo luogo bisogna mettere in stato d'accusa il cristianesimo: nel «concetto dell'uguaglianza delle anime difionte a Dio» è da vedere «il prototipo di tutte le teorie della parità dei dinttin, quelle che poi si sono espresse politicamente nella rivoluzione francese e nel movimento socialistalo4.Se per un verso il cristianesimo rappresenta il momento in cui giunge a compimento la sowersione di un'antichità classica interiormente malata, per un altro verso esso si configura come una rivolta servile già d'interno del mondo giudaico, «una rivolta contro la Chiesa ebraica [...l, contro la gerarchia della società - non contro la sua corruzione, ma contro la casta, il privilegio, l'ordinamento, la formula; fu l'incredulità negli uomini superiori». In tale prospettiva, Gesù appare come un «santo anarchico che chiamò il basso popolo, i "reietti" e i "peccatori", i Ciandala d'interno dell'ebraismo, a contraddire l'ordine dominante - con un linguaggio, se si deve prestar fede ai Vangeli, che ancor oggi condurrebbe in Siberia». Egli «era un delinquente politico, nella misura in cui erano possibili delinquenti politici in una società assurdamente impolitica~.Ma l'ebraismo, contro cui Cristo e, soprattutto, Paolo si ribellano, è esso stesso il risul-

N i e t d e e la critica della modernità

tato di una degenerazione e contaminazione servile. Ben altra cosa è l'ebraismo pre-esilico: «In origine, soprattutto all'epoca del potere regio, anche Israele si trovava nel giusto, vale a dire nel naturale rapporto con tutte le cose. Il suo Javè era l'espressione della coscienza del potere, del piacere di sé, della speranza riposta in sé: ci si attendeva da lui vittoria e salvezza, con lui si confidava nella natura, che essa desse ciò di cui il popolo ha bisogno - soprattutto la pioggia. Javè era il Dio d'Israele e di conseguenza Dio della giustizia: è questa la logica di ogni popolo che ha la potenza e una buona coscienia di essa». 11 momento di svolta è rappresentato dalla sconfitta e dall'esilio: in queste circostanze si sviluppa un'altra rivoluzione rovinosa, di cui sono protagonisti gli «agitatori sacerdotali» che, per la prima volta, avanzano l'idea di un «"ordinamento etico del mondo"» e sottopongono a radicale trasformazione il concetto stesso di Javè: essi «ormai interpretano ogni buona ventura come premio, ogni calamità come castigo per una disubbidienza a Dio, per il "peccato"». A questo punto, la morale subisce un processo di autonomizzazione, snaturalizzazione e superfetazione; essa «non è più l'espressione delle condizioni di vita e di sviluppo di un popolo, non è più il suo più profondo istinto vitale, bensì è divenuta astratta, è divenuta l'opposto della vita». In tale negazione della vita si riconoscono i falliti della 45

vita che, col loro zelo morale, lanciano una sorta di «"malocchio"» e maledizione contro i ben riusciti, contro coloro che vivono con gioia una condizione ormai oggetto di riprovazione morale105.È con gli «agitatori sacerdotali», quindi coi profeti ebraici, poi con quegli «agitatori cristiani» che sono i «Padri della Chiesa»lobche inizia il ciclo di rivolta servile e di attentato alla vita, il quale abbraccia oltre due millenni di storia. In terra greca, tale svalutazione dell'al di qua, col rinvio ad un'immaginaria trascendenza owero al mondo delle idee e col primo emergere di una visione morale del mondo, trova la sua espressione in Socrate e Platone: in fondo, il platonismo non è altro che una forma di «cristianesimo per il popolo». C'è un rapporto tra le due tradizioni sovversive, quella ebraico-cristiana e quella che si sviluppa in terra greca? «Quando Socrate e Platone presero le parti della virtù e della giustizia, furono ebrei, o non so cosa altro»lo7.La dialettica e la sua ironia, questa «forma di vendetta plebea» la vediamo all'opera sia nella decadenza greca che tra gli ebrei108.Si può persino formulare un'ipotesi: «Platone, andò forse a scuola dagli ebrei»lo9.È un dato di fatto che l'antichità classica, la Roma su cui riesce a trionfare la religione ebraico-cristiana, è già una «Roma giudaizzata». Siamo quindi in presenza di un unico gigantesco ciclo storico. Dopo aver conse-

Nietzsche e la critica del& modernità

guito una decisiva vittoria prima con ]la Riforma e poi con la rivoluzione francese, «Giudea»llo continua ad essere ispiratrice in qualche modo dello stesso movimento socialista il quale, coi suoi sogni di palingenesi sociale, non fa altro che continuare ad agitare «l'indegna frase ebrea del cielo sulla terra»"'. Dall'evidenziamento della linea di continuità che caratterizza il millenario ciclo di rivolte servili scaturisce una carica demistificatrice in una duplice direzione: da un lato dilegua l'aura di innocenza politica e di sacralità che circonfohde religione ebraica e cristiana, dall'altro si vede negato il carattere laico e scientifico che pure ama attribuirsi il movimento rivoluzionario e socialista, il quale ora appare come teologia superficialmente secolarizzata. Ebraismo e cristianesimo si caratterizzano per il loro antropocentrismo piccino e vanesio che, rispetto all'antichità classica e ad altre culture extraeuropee, rappresenta una terribile regressione: «Come si può fare tanto chiasso delle proprie piccole imperfezioni, come fanno questi omuncoli pii! Nessuno se ne dà pensiero; tantomeno Dio». E invece, nell'ambito del Vecchio e soprattutto del Nuovo Testamento, ogni piccolo miserabile pretende di essere oggetto di attenzione dell'intero ordinamento universale e del suo creatore: «questa gente sminuzzola le sue cose più personali, le sue stupi-

daggini, tristezze e oziose preoccupazioni, come se l'in-sé delle cose fosse tenuto a darsene cura»l12. L'antropocentrismo continua ad essere ben presente nella rivoluzione francese che, con la sua teoria dei diritti dell'uomo, non solo colloca al centro dell'universo il mondo umano ma, nell'ambito di quest'ultimo, attribuisce centralità e dignità di fine in sé anche agli esseri più mediocri e miserabili. È solo un nome diverso per il vecchio buon Dio ogni «presunto ragno etico-finalistico celato sotto il grande tessuto e reticolo della causalità»l13;ma tale ragno è per l'appunto il filo conduttore della fede progressista e rivoluzionaria in un processo del mondo tendente a realizzare la felicità per tutti e l'armonia universale. All'opera vediamo la stessa concezione del tempo che sembra aver conseguito o sta per conseguire il suo fine ultimo, la sua plenitudo: «Il "giudizio finale" t...) è la rivoluzione come se l'aspetta anche l'operaio socialista, soltanto pensata un po' più lontanm114. 8. RADICALITA, «INATTUALITÀ» PROGETTO FEAZiONAiUO

E INCRTNATURE DEL

Questa impietosa rilettura della tradizione rivoluzionaria finisce con l'assumere toni «inattuali» proprio in virtù del suo radicalismo e della sua ampiezza di respiro. Il compito, anzi la missione di

Nietzsche e la d i c a della modernità

salvare la civiltà e l'Europa i nazional-liberali tedeschi lo affidano alla Germania, al paese della Riforma, cui attribuiscono il merito di aver ridato intimità e vitalità ad un cristianesimo che rischia di divenire esangue nella Roma dei papi rinascimentali e paganeggianti. È proprio questo, agli occhi del filosofo, il crimine capitale di Lutero il quale, nell'infondere nuova vita ad un religione intrinsecamente sovversiva, costituisce il punto di partenza della prima grande ondata di rivoluzione plebea e servile che scuote l'Occidente. Senza Lutero non è pensabile la Guerra dei contadini owero là sollevazione dei servi della gleba, e non è neppure pensabile la rivoluzione puritana in Inghilterra. Ben più robusto che negli ideologi nazional-liberaliè il senso storico in Nietzsche, il quale parla della Riforma come di un movimento plebeo «tedesco e inglese»ll5 e fa riferimento a Cromwell e ai «livellatori»l16. Dall'Inghilterra partono poi quei dissidenti religiosi che svolgono un ruolo non trascurabile nella rivoluzione americana. Attraverso molteplici mediazioni, un unico ciclo conduce da Lutero agli sconvolgimenti in Francia: è una tesi che possiamo leggere già in Hegel e, nella seconda metà dell'ottocento, in Engels; il fatto che essa ora si ripresenti, con un giudizio di valore rovesciato, non toglie nulla al suo antagonismo nei confronti dell'ideologia dominante. È semmai interessante notare che tale

ciclo viene ora ulteriormente prolungato: ad essere in prima fila nell'agitazione abolizionista è quella che Al di là del bene e del male definisce «una razza di ex-puritani»l17. A sua volta, sd'idealismo tedesco ha lasciato tracce profonde la rivoluzione francese. Nietzsche richiama ripetutamente l'attenzione sull'entusiasmo manifestato per tale avvenimento da Kant. Ma, al di là di questa o quella presa di posizione politica, c'è da fare una considerazione di carattere generale. La tesi della filosofia classica tedesca come pendant teorico della rivoluzione francese, questa tesi, enunciata da Hegel e ben presente in Marx e Engels, si ripresenta in qualche modo anche nel grande pensatore reazionario, sia pure con un giudizio di valore ancora una volta diverso e contrapposto. Nietzsche denuncia «le due farse nefaste, la rivoluzione e la filosofia kantiana, la pratica della ragione rivoluzionaria e la rivoluzione della ragion "pratica"». I1 sovversivismo è «comune a ogni morale e alla Su un piano teorico più generale, se la morale «tratta come nemici coloro che detengono il potere, i violenti, i "signori" in genere» e i «dominatori» e la «loro volontà di potenza», mentre invece incoraggia «l'uomo comune»l19,allora è chiaro che la denuncia del carattere eversivo e plebeo della morale non può non investire in modo privilegiato Kant e la Germania: in que50

Nietzscbe e la critica della modernità

sto senso «i Tedeschi sono canaille~~*~. Tale canaille si fa sentire anche nell'agitazione antisemita che proprio in Germania è particolarmente virulenta. In nome del cristianesimo, l'ideologia dominante mette in stato d'accusa non solo socialisti, comunisti e anarchici, ma gli stessi ebrei, denunciati come sovversivi per lo meno sul piano religioso e culturale. E invece, pur essendo un critico implacabile del giudaismo nel suo complesso, Nietzsche vede in esso uno stadio meno avanzato della malattia rivoluzionaria rispetto al cristianesimo. Assurdo e repellente risulta l'antisemitismo, per il fatto inoltre che esso, nelle sue invettive contro la finanza e contro le posizioni di prestigio professionale e di potere occupate dagli ebrei, non fa altro che esprimere il ressentiment dei falliti della vita che contro i benriusciti, contro l'aristocrazia o resta di essa. Quel «socialismo degli imbecilli» che, secondo la celebre definizione di August Bebel (discepolo e collaboratore di Engels), è l'antisemitismo, vien condannato da Nietzsche con un atteggiamento carico di disprezzo sia nei confronti degli , imbecilli che del socialismo in quanto tale, tanto piii ,. che, per il filosofo, c'è un legame organico e costitutivo tra l'ideologia in questione e la sua base sociale, costituita da gente fallita sotto ogni punto di vista, compreso quello intellettuale. Agli occhi dei nazional-liberali, Lutero è A

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DOMENICO ~ U R

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anche il protagonista della riscossa nazionale tedesca. Ma, a partire da un osservatorio così elevato, che mette in discussione più di due millenni di storia, non può non apparire meschina, assurda e controproducente ogni esaltazione e agitazione sciovi. nistica. Questa presuppone e accelera ulteriormente la massificazione del mondo moderno. Anche a tale proposito, si rivela il superiore senso storico del filosofo il quale è ben consapevole che la categoria di «nazione» presuppone il dileguare o disgregarsi di un antico regime fondato su una insuperabile contrapposizione castale, e quindi incapace di esprimere qualsiasi comunità, compresa quella nazionale. La Germania impegnata nella resistenza anti-napoleonica puzza di sowersivismo a Nietzsche che sottolinea il carattere plebeo e di massa di tale movimento, il suo tentativo di mutuare dai giacobini il modello della guerra di popolo, diretta ora contro un eroe, cui il filosofo attribuisce il merito di aver ristabilito l'ordine in Francia recidendo la testa d'idra rivoluzionaria. Richiamandosi a Lutero, alla resistenza antinapoleonica e poi alla guerra francoprussiana, i nazional-liberali tedeschi si atteggiano a campioni della lotta contro una latinità corrotta e corruttrice; ma, rispetto d'Impero guglielmino che rivendica la sua missione imperiale in nome della gerrnanicità cristiana e protestante, come superiori devono apparire agli occhi dell'autore del17AntZcri-

Nietzrche e ka m5ica della modernità

sto i paesi nella cui cultura e nei cui costumi ancora è possibile awertire l'eco della grande stagione pagana e rinascirnentale! Nel Nietzsche maturo, la Germania assurge a simbolo della più repellente modernità. Con un rovesciamento radicale rispetto alla Nascita della tragedziz, ora è semmai il carattere pervicacemente e irriducibilmente plebeo, moderno e democratico della tradizione culturale e politica tedesca a stimolare la sua antitesi più radicale: «Non sarei possibile senza una razza di natura contraria, senza Tedeschi, questi Tedeschi». Esclusivamente nell'ibito di tale prospettiva possono avere una qualche giustificazione storica i vari movimenti eversivi sviluppatisi in Germania o che in essa hanno trovato il loro luogo d'elezione: «Persino il cristianesimo diventa necessario: solo la forma suprema, più pericolosa, più seducente del no alla vita ne sfida la suprema affermazione: me»121. Non solo rispetto all'Impero guglielmino Nietzsche risulta inattuale. La nostalgia dell'otium sfocia da un lato nella rivendicazione della schiavitù, dall'altro nella denuncia della società capitalistica in cui la divisione del lavoro penetra sempre più profondamente nell'ambito delle stesse classi dominanti. È illuminante a questo proposito un frammento degli anni '80: «Laschzizvitù del presente: una barbarie! Dove sono coloro per cui gli schiavi lavorano? 53

Non ci si deve sempre attendere una contemporaneità delle due caste reciprocamente complementari»; l'«incapacità all'otium» ha contagiato le stesse classi dominanti122.Lo stanno a dimostrare gh Usa, dove più a lungo, per quel che riguarda l'occidente, ha resistito la schiavitù propriamente detta, e dove, tuttavia, prima e in modo più radicale che in ogni altro paese ha trionfato la «spasmodica frenesia del lavoro»123.Sicché, l'appassionata celebrazione dell'otium è sì il vagheggiamento di un mondo ormai sopraffatto dalla modernità, ma anche, al tempo -'t ' * stesso un'anahsi critica straordinariamente ricca del.' ' la penetrazione della divisione del lavoro in ambito Culturale, con la conseguente perdita della percezione e del bisogno della totalità e con la riduzione del, Yattività intellettuale a semplice artigianato e a pro..' ' d u h n e parcellizzata, condotta con spirito gregario incapace di esprimere un minimo di criticità. rr$L.+ . L'inattualità produce talvolta effetti decisa. .,, . :v :* me>te paradossali. Pronunciata com'è a partire da . un osservatorio così elevato e così remoto rispetto al presente, la critica a tutto campo della modernità è , -* senza dubbio la liquidazione senza appello della ' 'democrazia e della «demolatria», ma anche la denuncia di quella sorta di società dello spettacolo che si va delineando e dell'uso che essa fa della psi, . ,, " .cologia delle folle (una disciplina non a caso alla ."vigilia della sua esplicita teorizzazione ad opera di ,

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Niettrche e la critica della modernità

Gustave Le Bon). È ciò che sembra emergere della furibonda polemica contro Wagner e la sua musica che non solo è principalmente teatro, «quest7artedi massa per eccellenza», ma un teatro che richiede la presenza di «massa» e non di «individui»,che tutti trasforma in «popolo, gregge, femmine, farisei, bestie elettorali, membri di patronati, idioti wagneriani», e dove «anche la coscienza più personale soggiace all'incantesimo livellatore del gran numero» Ancora. Nietzsche condanna il cristianesimo in nome dell'inseparabilità di schiavitùe civiltà; sennonché, l'espansione coloniale (e la conseguente sottomissione in massa degli «indigeni» a rapporti di lavoro servili o semiservili) viene promossa in quegli anni sbandierando la necessità della diffusione della religione cristiana e della civiltà: «In questo momento» - osserva Ecce homo - «l'imperatore tedesco chiama suo "dovere cristiano" liberare gli E non è tutto. Con grande schiavi dell'Afri~a»!l~~. lucidità, il filosofo sottolinea che l'«"abolizione della schiavitù", questo presunto contributo alla "dignità dell'uomo", è in realtà l'annientamento di una stirpe profondamente diversa», portata avanti mediante un «sotterramento dei suoi valori e della sua felicità», mediante un'operazione tesa alla distruzione preliminare de117identitàculturale del In questo senso, «l7abolipopolo da ~oggiogarel~~. 55

zione della schiavitù» è un'abbaghante parola d'ordine funzionale d'abbellimento ideologico di un programma politico che in realtà ~i~n$ca- Riconosci testo > Trova tutte le parole sospette OCR > Avvia. Prima di questa operazione bisogna estrarre tutte le immagini del file in una cartella e creare un nuovo file in Crea PDF > da più file. Per estrarre le immagini: Avanzate > Esporta tutte le immagini > Nuova cartella. Ricapitolando: 1) Estrarre tutte le immagini 2) Creare un nuovo PDF con le immagini estratte 3) Fare riconoscere il testo attraverso: Documento > Riconosci testo 4) Salvare il nuovo file ottenuto. Compressione: Colore/Scala di grigi: Adattivo (serve per cambiare colore allo sfondo della pagina se dà fastidio il bianco in: Modifica > Preferenze > Accessibilità). Monocromatico: JBIG2 Dimensioni Ridotte o Alta qualità: Metà e metà Applicazione filtri: Correzione allineamento: Automatico Rimozione sfondo: Alta (Attenzione! Dipende molto da questa voce la dimensione del file salvato. Se non si rimuove lo sfondo il file salvato (cioè le pagine scannerizzate) aumenterà di grandezza. Rimozione ombreggiatura bordo: Attento Rimozione puntini: Bassa Rimozione Retinatura: Automatico Rimozione alone:Attivato IMPOSTAZIONI SCANNER Modalità: Principiante Tipo documento: Giornale quotidiano Tipo immagine: Grigi Destinazione: Personalizzato Risoluzione: 300 dpi Dimensioni: Originale Regolazioni Immagine Luminosità: 0 (zero) Contrasto: 0 (zero) Deretinatura: Sì Anteprima automatica: No Configurazione Controlli colore: Sì (esposizione automatica) Gamma: 1.8 Per tenere premuto il libro contro il vetro dello scanner ho usato un mattone dentro una busta di plastica. Sono vetri resistenti (penso) difficilmente si rompono (spero). Ho dovuto scannerizzare il libro una facciata + una facciata e salvare il file ogni volta per restare dentro la dimensione di 100KB per file (un file = due scannerizzate = 100KB) perché alla terza scannerizzata i KByte moltiplicavano per dieci e la pagina salvata superava il mega (due facciate = cento KByte; tre facciate invece di 150KB mi dava quasi un Mega quando salvavo le pagine; poi così di seguito: dieci facciate dieci mega... ecc.). Non ho capito se per colpa di un bug messo apposta in questo programma (Acrobat Reader) per salvare i diritti d'autore e scoraggiare la pirateria o che. Lo scanner lo tengo per terra vicino alla sedia in modo che ci arrivo bene con il braccio senza fatica.Comunque circa dieci MegaByte (totali) per un libro di duecento pagine mi sembra un peso sopportabile. Meglio dei testi formattati che stancano a correggerli anche se hanno il vantaggio di occupare molto meno spazio sull'hard disk. realizzato con: (Software Ita) Adobe Acrobat v7.0 Professional (Completo se non lo tolgono) Ok Quello Buono Italiano.rar

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