Lezioni Finesso Segnali e Sistemi Unipd

August 9, 2021 | Author: Anonymous | Category: N/A
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SEGNALI E SISTEMI (Ingegneria dell’Energia), a.a. 2013-2014

Lezione 1 (Marted`ı 1 ottobre, 16:30–18:15) 1.1

Informazioni generali

Presentazione del corso, aspetti organizzativi e contenuti.

1.2

Richiami sui numeri complessi – parte I

Il corso di Segnali e Sistemi presuppone la perfetta padronanza dei numeri complessi. Queste note non sostituiscono un testo di Analisi Matematica, al quale il lettore `e rinviato per una presentazione sistematica. Un numero complesso a `e determinato da due numeri reali α e β, la parte reale e la parte immaginaria rispettivamente. Solitamente si scrive

c Finesso, Pavon, Pinzoni 2001-2012

a = α + jβ dove j `e l’unit` a immaginaria per cui vale j 2 = −1 In Matematica la notazione usuale `e z = x + iy, ma in Elettrotecnica i si `e compromessa con la corrente elettrica e in Segnali e Sistemi anche x, y e z sono gi`a impegnate. La parte reale e quella immaginaria si denotano α = Re a,

β = Im a

L’insieme dei complessi si denota C. Il sottoinsieme dei complessi a parte immaginaria nulla si identifica con l’insieme dei numeri reali R. I complessi a parte reale nulla si dicono numeri immaginari o numeri immaginari puri. Attenzione! (a.) La parte immaginaria di a = α + jβ `e β (un numero reale), non jβ. (b.) L’insieme C non `e ordinato: non hanno alcun senso le scritture a < b o a > b tra numeri complessi. Hanno invece senso scritture del tipo Re a > Im b o Im a > Im b ecc. essendo, queste, relazioni tra numeri reali.

1.3

Rappresentazioni cartesiana e polare

Poich`e un numero complesso `e specificato da due numeri reali `e naturale identificare a = α + jβ ∈ C con la sua rappresentazione cartesiana (α, β) ∈ R2 .

Im 6 β  φ

1

ρ 

a α

-

Re

Il piano diventa allora una rappresentazione di C, l’asse delle ascisse si dice asse reale e quello delle ordinate asse immaginario. Nel piano i punti si possono specificare assegnando le coordinate polari (ρ, φ), dove ρ > 0 `e il modulo e φ ∈ R la fase o argomento. La fase `e inerentemente non unica: punti con lo stesso modulo e fasi che differiscono per multipli di 2π coincidono. Quando `e necessario avere una determinazione univoca della fase si prende usualmente φ ∈ (−π, π], o in alcuni casi φ ∈ [0, 2π). Dato il numero complesso a = α + jβ, la trigonometria fornisce α = ρ cos φ,

β = ρ sin φ,

quindi, nota la rappresentazione polare (ρ, φ) di un punto sul piano C il passaggio alla rappresentazione cartesiana (α, β) `e univoco ed immediato. Il passaggio dalla rappresentazione cartesiana a quella polare richiede maggiore attenzione. Si ricorda che mentre il modulo `e univocamente determinato, l’argomento `e determinato a meno di multipli di 2π (tranne che nell’origine dove `e indeterminato). Noti (α, β) la trigonometria fornisce p α2 + β 2   α>0 arctan αβ       + π2 α = 0, β > 0       −π α = 0, β < 0 2 φ=   arctan αβ + π α < 0, β > 0       arctan αβ − π α < 0, β < 0      π α < 0, β = 0 ρ=

Non serve memorizzare queste formule: in pratica basta calcolare arctan αβ e aggiustare l’angolo in base al quadrante in cui si trova a. Fare gli esercizi! Notazioni. Si denota |a| = ρ il modulo di a e con una delle notazioni arg a = ∠a = φ l’argomento.

1.4

Aritmetica in C

Richiamiamo le operazioni aritmetiche in C. Siano a = α + jβ e b = γ + jδ. Somma a + b := (α + γ) + j(β + δ) La somma `e associativa, commutativa, ha elemento neutro 0 = 0 + j0 La rappresentazione cartesiana consente di dare un’interpretazione geometrica alla somma di numeri complessi (disegnare una figura!). Prodotto ab := (αγ − βδ) + j(αδ + βγ) 2

Il prodotto `e associativo, commutativo, distributivo rispetto alla somma, con elemento neutro 1 = 1 + j0. Si osservi che per il calcolo del prodotto non `e necessario memorizzare la precedente formula: `e sufficiente applicare le usuali regole dell’algebra reale e la regola j 2 = −1 per ottenere ab = (α + jβ)(γ + jδ) = (αγ + α jδ + jβγ + j 2 βδ) = (αγ − βδ) + j(αδ + βγ) Complesso coniugato a := α − jβ una notazione alternativa per il coniugato `e a∗ . Si osservi che (dimostrarlo!) a+b=a+b ab = a b Alcune utili espressioni con il coniugato sono le seguenti (dimostrarle!) a+a = Re a 2 a−a = Im a 2i a a = (α + jβ)(α − jβ) = α2 + β 2 = |a|2 = ρ2 L’ultima di queste formule `e utilissima per esprimere l’inverso di un numero complesso ed il quoziente di due numeri complessi. Attenzione! Se a ∈ R allora a2 = |a|2 mentre se a ∈ C a2 = (α + jβ)2 = (α2 − β 2 ) + j 2αβ,

|a|2 = aa = α2 + β 2 ,

quindi a2 6= |a|2 se a ∈ C \ R. Inverso moltiplicativo Se a 6= 0

1 a α − jβ α β = = = 2 −j 2 a aa (α + jβ)(α − jβ) α + β2 α + β2

Basta moltiplicare numeratore e denominatore per a e svolgere i calcoli. In particolare vale 1 = −j j Quoziente a α + jβ (α + jβ)(γ − jδ) = = = b γ + jδ (γ + jδ)(γ − jδ) (α + jβ)(γ − jδ) γ 2 + δ2 αγ + βδ βγ − αδ = 2 +j 2 γ + δ2 γ + δ2 =

Anche in questo caso non `e necessario memorizzare la formula per il quoziente: `e sufficiente moltiplicare numeratore e denominatore per il coniugato del denominatore ed eseguire i calcoli. 3

1.5

Esponenziale complesso

Per ogni a ∈ C si definisce ea :=

∞ X ak k=0

k!

Questa definizione `e formalmente identica a quella che si d`a nel caso di a reale. Anche nel caso complesso la serie `e assolutamente convergente e dunque vale ea+b = ea eb e quindi per a = α + jβ ea = eα+jβ = eα ejβ Particolare attenzione merita l’esponenziale immaginario puro. Dalla definizione jβ

e

=

∞ X (jβ)k k=0

k!

e si osservi che le potenze j k , k = 0, 1, 2, . . . assumono i valori 1, j, −1, −j, 1, j, . . . ripetendosi periodicamente con periodo 4. Una felice manipolazione fornisce allora ejβ =

∞ X (jβ)k k=0

k!

=

∞ ∞ X X β 2k β 2k+1 (−1)k +j (−1)k . (2k)! (2k + 1)! k=0

k=0

Nelle due sommatorie si riconoscono le serie di Taylor della funzione cos β e sin β rispettivamente 1 . Si ricava cos`ı la fondamentale formula di Eulero ejβ = cos β + j sin β Da qui `e facile ricavare che |ejβ | = 1 ed estendere il risultato a |ea | = eRe a (dimostrare queste affermazioni!) Dalla periodicit` a di cos β e sin β si ricava ejβ = ej(β+2kπ) . L’esponenziale immaginario `e periodico di periodo 2π ! In particolare per β = π si ottiene la portentosa ejπ + 1 = 0 Questa formula non `e utile per s´e, ma contiene la summa della matematica settecentesca, legando tra loro le principali costanti delle varie branche 0, 1, j dall’algebra, π dalla geometria, e dall’analisi. Non fermarsi un attimo ad ammirarla sarebbe imperdonabile. L’esponenziale immaginario `e strettamente legato alla rappresentazione polare dei numeri complessi. Basta osservare che per a ∈ C a = α + jβ = ρ(cos φ + j sin φ) = ρejφ = |a|ej arg a 1

Una funzione che ammette infinite derivate, uniformemente limitate, nell’origine, `e sviluppabile in 00 000 serie di Taylor-MacLaurin f (x) = f (0) + f 0 (0)x + f 2(0) x2 + f 3!(0) x3 + . . . . In questo modo si ricava 2

4

cos β = 1 − β2 + β4! . . . ed analogamente sin β = β − primi termini delle due serie nel testo.

4

β3 3!

+

β5 5!

. . . . In queste due formule si riconoscono i

e, per il coniugato, a = α − jβ = ρ(cos φ − j sin φ) = ρe−jφ = |a|e−j arg a Per dimostrare questa formula si ricorre alle note simmetrie di seno e coseno (sin(−φ) = − sin φ, cos(−φ) = cos φ). Il prodotto ed il quoziente tra numeri complessi si calcolano molto agevolmente usando la rappresentazione polare. a |a| j(arg a−arg b) = e b |b|

ab = |a||b|ej(arg a+arg b) , Ovvero |ab| = |a| |b| e arg a b = arg a + arg b.

Abbiamo rivisto la forma cartesiana della somma e le forme cartesiana e polare del prodotto. La forma polare della somma si trova eseguendo brutalmente i calcoli.

1.6

Formule di Eulero ejβ = cos β + j sin β e−jβ = cos β − j sin β

Sommando si ottiene cos β =

ejβ + e−jβ 2

sin β =

ejβ − e−jβ 2j

mentre sottraendo

Applicazioni Dimostrazione delle formule di addizione. cos(φ + θ) = cos φ cos θ − sin φ sin θ sin(φ + θ) = sin φ cos θ + cos φ sin θ La dimostrazione `e semplicissima scrivendo ej(φ+θ) = cos(φ + θ) + j sin(φ + θ) ed osservando che ej(φ+θ) = ejφ ejθ = (cos φ + j sin φ)(cos θ + j sin θ) = (cos φ cos θ − sin φ sin θ) + j(sin φ cos θ + cos φ sin θ) Uguagliando parti reali ed immaginarie si ottengono le formule di addizione Dimostrazione delle formule di prostaferesi. sin θ sin φ =

1 1 cos(θ − φ) − cos(θ + φ) 2 2 5

1 1 cos(θ − φ) + cos(θ + φ) 2 2 1 1 cos θ sin φ = sin(θ + φ) − sin(θ − φ) 2 2 Per la dimostrazione basta riscrivere il membro di sinistra impiegando l’espressione esponenziale per le funzioni sin e cos. cos θ cos φ =

Formule per le potenze di sin θ e di cos θ. Ad esempio 2  jθ e − e−j θ 2 sin θ = 2j j 2θ e + e−j 2θ − 2 = −4 1 1 = − cos 2θ 2 2 Questa formula si poteva ricavare per via elementare. Provare ora con sin3 θ!

1.7

Radici n-esime di numeri complessi

Storicamente la motivazione all’introduzione dei numeri complessi `e venuta dall’algebra. L’insieme dei numeri complessi C estende R in modo tale che l’equazione algebrica di grado n xn + a1 xn−1 + a2 xn−2 + . . . an−1 x + an = 0 ha esattamente n soluzioni in C (contando le molteplicit`a). Questo risultato notevolissimo `e il cosidetto teorema fondamentale dell’algebra, la cui dimostrazione per`o esula dall’algebra e richiede risultati di analisi complessa. Il caso particolare dell’equazione xn − a = 0,

a∈C

`e di particolare interesse in Segnali e Sistemi. Le n soluzioni di quest’equazione sono (naturalmente) dette radici n-esime del numero complesso a. Sia a = ρejφ . L’equazione xn = a si pu`o riscrivere come xn = |x|n ej n arg x = a = ρ ejφ = ρ ej(φ+2πk) ,

per ogni k ∈ Z

Ricordando la regola per il calcolo del prodotto in forma polare `e immediato che, per ogni soluzione x dell’equazione xn = a, vale x =

√ n

a=

=

√ n

ρ ej

=

√ n

ρ ej n ej



ρej(φ+2πk)

1

n

φ+2πk n φ

2πk n

,

k = 0, 1, . . . , n − 1

In particolare per a = 1 = 1ej0 si ha ρ = 1 e φ = 0, quindi le n radici dell’unit`a sono √ 2πk n 1 = ej n , k = 0, 1, . . . , n − 1 Il grafico qui sotto illustra la posizione delle radici quinte dell’unit`a. In generale le radici n-esime si trovano sui vertici del poligono regolare di n lati iscritto nel cerchio unitario con un vertice nel punto 1. 6

Re e

ej2π/5

j(2π/5)2

2π/5=72°

1 ej(2π/5)3 ej(2π/5)4

paragrafo paragrafo paragrafo paragrafo paragrafo paragrafo paragrafo

spostato spostato spostato spostato spostato spostato spostato

alla alla alla alla alla alla alla

lezione lezione lezione lezione lezione lezione lezione

5 5 5 5 5 5 5

7

Im

Lezione 2 (Mercoled`ı 2 ottobre, 16:30–18:15) 2.1

Richiami sui numeri complessi – parte II

Nelle prossime lezioni dovremo spesso calcolare derivate ed integrali della funzione esponenziale t 7→ eat , dove a ∈ C.

2.2

Calcolo differenziale

La derivata

d at dt e

si pu` o calcolare a partire dalla definizione d at ea(t+h) − eat eah − 1 e := lim = eat lim = ... h→0 h→0 dt h h

Con un piccolo sforzo si pu` o completare il calcolo qui sopra, ma `e pi` u interessante sfruttare la formula di Eulero e i risultati noti di Analisi reale. Sia a = α+jβ e si scriva eat = e(α+jβ)t allora sfruttando la formula di Eulero si ha  d at d (α+jβ)t d  αt e cos βt + jeαt sin βt e = e = dt dt dt   d  αt d  αt = e cos βt + j e sin βt dt dt = αeαt cos βt − βeαt sin βt + jαeαt sin βt + jβeαt cos βt   = α eαt cos βt + jeαt sin βt + jβ eαt cos βt + jeαt sin βt = aeat La derivata rispetto a t dell’esponenziale eat , dove a ∈ C, segue dunque la stessa regola del caso reale, d at e = aeat . dt

2.3

Calcolo integrale

Per quanto appena visto, l’integrale indefinito Z eat eat dt = a ` fondamentale per il seguito conoscere il comportamento degli integrali definiti generaE lizzati. Vale il seguente risultato. Lemma 2.1. Siano c ∈ R ed a = α + jβ ∈ C costanti fissate, allora  eac Z +∞ se α < 0,  − a , eat dt = indeterminato, limitato se α = 0,  c indeterminato, illimitato se α > 0. Dimostrazione. Usando la definizione di integrale generalizzato Z +∞ Z T eat ∞ at e dt := lim eat dt = lim T →∞ c T →∞ a c c  aT  e eac = lim − T →∞ a a  αT e cos βT + j sin βT eac = lim − T →∞ a a 8

Per concludere basta analizzare il comportamento asintotico per T → +∞ del numeratore eαT cos βT + jeαT sin βT . Sia la parte reale che la parte immaginaria sono prodotto di una funzione esponenziale per una funzione trigonometrica. La funzione esponenziale tende a zero se α < 0, `e costante pari a 1 se α = 0 ed infine diverge a +∞ se α > 0. Poich´e la funzione trigonometrica oscilla, rimanendo limitata nell’intervallo [−1, 1] il prodotto delle due funzioni converge a zero se α < 0, oscilla nell’intervallo [−1, 1] se α = 0, ed infine oscilla, assumendo tutti i valori reali (esplode a ±∞) se α > 0. In particolare, per c = 0, si ha Z +∞ 0

1 eat dt = − , a

se Re a = α < 0

Esercizio importante. Determinare il comportamento dell’integrale generalizzato al variare della parte reale di a.

2.4

Rc

−∞ e

at dt,

Modello matematico di segnale

Nella pratica ingegneristica i segnali sono variazioni nel tempo e/o nello spazio di quantit`a fisiche, naturali o artificiali, ad esempio onde di pressione (audio), tensioni, correnti, ecc. che trasportano informazione. I pi` u semplici segnali fisici sono scalari (tipicamente a valori reali) e dipendono da una sola variabile, che pu`o essere il tempo oppure una lunghezza. In questo corso trascureremo completamente la natura fisica dei segnali, e ci concentreremo sui possibili modelli matematici. Per semplicit`a identificheremo sempre il segnale con il suo modello matematico, come nella seguente definizione. Definizione 2.1 (Segnale a tempo continuo). Un segnale a tempo continuo x(·) `e una funzione a valori complessi di variabile reale, x : I −→ C t 7→ x(t) Terminologia, convenzioni, osservazioni. (a.) Il dominio I `e unidimensionale, solitamente un intervallo di R, cio`e I = [t0 , t1 ], oppure I = (0, ∞), oppure I = R ecc. (b.) Chiameremo la variabile indipendente tempo e la denoteremo t. A volte ci riferiremo ad un valore t ∈ R come ad un istante di tempo. (c.) Anche se non esistono segnali fisici a valori in C, `e molto conveniente (come vedremo presto) adottare un modello matematico che consente di rappresentare segnali a valori complessi. (d.) Quando sar` a necessario farlo per evitare confusione, indicheremo il segnale con x(·), oppure semplicemente con x, intendendo con questa scrittura l’intera funzione x : I → C. Con la notazione x(t) denoteremo il numero x(t) ∈ C che rappresenta il valore del segnale x all’istante t. Peraltro, quando non ci sar`a pericolo di confusione, useremo x(t) per denotare sia l’intera funzione che il valore di x all’istante t. Questo abuso di notazione `e comunissimo anche in analisi matematica. (e.) I segnali appena introdotti sono detti a tempo continuo poich´e I `e un intervallo di R, cio`e il dominio `e un sottoinsieme di R che ha la ”cardinalit`a del continuo”. Per brevit`a, 9

ma con pesante abuso, i segnali a tempo continuo vengono comunemente detti segnali continui. In Segnali e Sistemi la locuzione segnale continuo non implica che la funzione x(·) sia continua nel senso dell’analisi matematica. Quando vorremo specificare che un segnale continuo `e una funzione continua lo diremo esplicitamente. (f.) Poich´e spesso si deve operare con pi` u segnali, possibilmente definiti su domini diversi, pu`o essere conveniente estendere ad R il dominio di tutti i segnali. Allo scopo, se x : Ix → C, si definisce il segnale esteso xe (·)  x(t), se t ∈ Ix , xe (t) = 0, se t ∈ / Ix . D’ora in poi i segnali continui xe ed x saranno sempre identificati. Analoghe considerazioni si possono fare per i segnali a tempo discreto. Definizione 2.2 (Segnale a tempo discreto). Un segnale a tempo discreto x(·) `e una successione a valori complessi di variabile intera, x: I

−→ R

n 7→ x(n) Terminologia e convenzioni. (a.) Il dominio I `e unidimensionale, di solito un intervallo di Z, cio`e I = [n0 , n1 ], oppure I = (0, ∞), oppure I = Z ecc. (b.) Spesso, ma non sempre, la variabile n `e un indice temporale. In analisi `e pi` u comune mettere a pedice l’indice di una successione, scrivendo xn . Lo faremo anche noi quando tipograficamente pi` u conveniente. (c.) Quando sar` a necessario farlo per evitare confusione, indicheremo il segnale con x(·), oppure semplicemente con x, intendendo l’intera successione, mentre x(n) denoter`a il valore del segnale x all’istante n. Peraltro, quando non ci sar`a pericolo di confusione, useremo x(n) per denotare sia l’intera successione che il valore di x all’istante n. (d.) Per insieme discreto si intende un insieme la cui numerosit`a (cardinalit`a) `e finita o al pi` u numerabile. Questi segnali sono giustamente detti a tempo discreto poich´e I `e un intervallo di Z, quindi I `e un insieme discreto. Per brevit`a i segnali a tempo discreto vengono comunemente detti segnali discreti. (e.) Il supporto del segnale x `e il sottoinsieme di Z dove x non si annulla  supp(x) := n | x(n) 6= 0 Se si deve operare su segnali diversi, definiti su domini I diversi, pu`o essere conveniente estendere a Z il dominio di tutti i segnali. Allo scopo, per ogni segnale x(·), si definisce il segnale esteso xe (·)  x(n), se n ∈ supp(x), xe (n) = 0, se n ∈ Z \ supp(x). D’ora in poi i segnali discreti xe ed x saranno sempre identificati.

2.5

Esempi di segnali

I grafici qui sotto definiscono alcuni segnali elementari di cui faremo largo uso. In generale i segnali possono essere specificati assegnandone la forma analitica o il grafico oppure, nel caso discreto, attraverso una tabella. 10

u(t)

gradino unitario (continuo)

1

1

-0.5

t

rect(t)

impulso rettangolare

0.5

1

t

sign(t)

segno

t -1

u(n)

gradino unitario (discreto)

1

n

1

δ(n)

impulso (discreto)

1

n

1

2.6

Parametri riassuntivi – valore medio

Interessa spesso sintetizzare le caratteristiche salienti di un segnale specificandone alcuni parametri di forma che contengono informazioni utili dal punto di vista fisico. In questa prima versione delle note ci limitiamo a fornire le definizioni fondamentali. Valor medio su un intervallo limitato [t1 , t2 ] dei segnali continui mx[t1 ,t2 ]

1 := t2 − t1

Z

t2

x(t) dt. t1

Valor medio su un intervallo limitato [n1 , n2 ] dei segnali discreti mx[n1 ,n2 ]

n2 X 1 x(n). := n2 − n1 + 1 n=n 1

11

Valor medio su R dei segnali continui 1 m := lim T →∞ 2T x

Z

T

x(t) dt. −T

Valor medio su R dei segnali discreti N X 1 mx = lim x(n). N →∞ 2N + 1 n=−N

Esempi di calcolo. Vedi appunti di lezione ed esercizi proposti.

2.7

Parametri riassuntivi – energia

L’energia `e un importante parametro riassuntivo delle caratteristiche di un segnale la cui definizione si ispira alla fisica. Si vedano gli appunti di lezione per la motivazione fisica delle definizioni date qui sotto. Energia su un intervallo limitato [t1 , t2 ] dei segnali continui Z t2 |x(t)|2 dt. E[tx1 ,t2 ] := t1

` immediato da questa definizione, e da tutte quelle che seguono, che l’energia di un segnale E `e sempre un numero reale non negativo, tale `e infatti la funzione integranda |x(t)|2 . Energia su un intervallo limitato [t1 , t2 ] dei segnali discreti x E[n := 1 ,n2 ]

n2 X

|x(k)|2 .

k=n1

Energia su R dei segnali continui x

E :=

ERx

Z := lim

T 2

T →∞ −T

Energia su Z dei segnali discreti Ex =

Z



|x(t)| dt =

|x(t)|2 dt

−∞

∞ X

|x(k)|2

k=−∞

Esempi di calcolo. Vedi esercizi proposti. Terminologia e definizioni (a.) Se E x < ∞ il segnale x(t) `e detto ad energia finita, o semplicemente segnale di energia. (b.) L’insieme dei segnali ad energia finita avr`a un ruolo fondamentale nel s´eguito. Nel caso di segnali continui a supporto illimitato definiamo   Z ∞ 2 2 2 L = L (R) := x : R → C | |x(t)| dt < ∞ . −∞

12

Nel caso di segnali a supporto finito definiamo  Z 2 2 L = L ([t1 , t2 ]) := x : [t1 , t2 ] → C |

t2

2

|x(t)| dt < ∞

 ,

t1

mentre per i segnali discreti a supporto illimitato definiamo ( ) ∞ X 2 2 ` := x : Z → C | |x(k)| < ∞ . k=−∞

Non `e ovviamente di alcun interesse definire `2 ([n1 , n2 ]).

2.8

Parametri riassuntivi – potenza media

Potenza media di segnali continui a supporto limitato Z t2 1 x P[t1 ,t2 ] := |x(t)|2 dt. t2 − t1 t1 ` immediato che P x E [t1 ,t2 ] ≥ 0 qualunque siano x e [t1 , t2 ]. Potenza media segnali discreti a supporto limitato x P[n = 1 ,n2 ]

n2 X 1 |x(k)|2 n2 − n1 + 1 k=n1

Potenza media su R dei segnali discreti N X 1 |x(k)|2 P = lim N →∞ 2N + 1 x

k=−N

Potenza media di segnali continui a supporto illimitato x

P :=

x P[−∞,∞]

1 := lim T →∞ 2T

Z

T

|x(t)|2 dt

−T

Terminologia e definizioni x < ∞ il segnale x(t) ` (a.) Se P∞ e detto a potenza media finita, o semplicemente di potenza.

Lemma 2.2. Se E x < ∞ allora P x = 0. Dimostrazione. 0 ≤ P

x

1 = lim T →∞ 2T

Z

T

1 x E = 0 T →∞ 2T

|x(t)|2 dt ≤ lim

−T

Un’analoga proposizione `e Lemma 2.3. Se 0 < P x < ∞ allora E x = ∞. Esercizio. Dare esempi di segnali con (E x = ∞, P x < ∞), con (E x = ∞, P x = ∞) e (pi` u difficili) con (E x = ∞, P x = 0) o (E x = ∞, P x non esiste ). 13

Lezione 3 (Luned`ı 7 ottobre, 14:15–16:15) 3.1

Energia mutua di due segnali

L’energia mutua di due segnali `e un parametro che riassume la descrizione congiunta di due segnali. Nel caso di segnali continui x, y : R → C l’energia mutua su R, denotata E x,y `e Z ∞ x,y E := x(t) y(t) dt −∞

dove y(t) denota il complesso coniugato di y(t). La definizione `e analoga nel caso di energia mutua su un intervallo [t1 , t2 ] e nel caso di segnali discreti. Ad esempio se x, y : Z → C sono entrambi segnali discreti, l’energia mutua sull’intervallo [n1 , n2 ] `e x,y E[n 1 ,n2 ]

:=

n2 X

x(k)y(k)

k=n1

Si noti che, se y = x allora E x,x = E x , ovvero l’energia mutua di x con x coincide con l’energia di x. Si noti anche che, mentre E x `e sempre un numero reale nonnegativo, E x,y pu`o assumere qualunque valore complesso al variare dei segnali x e y. Il seguente teorema `e, come vedremo subito, di fondamentale importanza. Teorema 3.1. (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz) Se x(·) ed y(·) sono segnali ad energia finita, p |E x,y | ≤ Ex Ey . Dimostrazione. Definiamo zα (t) := x(t) + αy(t) dove α ∈ C. Per ogni α l’energia E zα ≥ 0, ovvero Z ∞ Z ∞   2 zα = |zα (t)| dt = x(t) + αy(t) x(t) + αy(t) dt E −∞

−∞

= E x + |α|2 E y + αE xy + αE xy ≥ 0 Se si sceglie α=−

E xy , Ey

e si sostituisce in E zα , si ottiene Ex −

|E xy |2 ≥ 0, Ey

che `e quanto si doveva dimostrare. Osservazione. La disuguaglianza di Cauchy-Schwarz vale anche per energie su intervalli finiti [t1 , t2 ] e per segnali discreti. La dimostrazione rimane identica. Con l’ausilio della disuguaglianza di Cauchy-Schwarz `e facile dimostrare che l’insieme dei segnali ad energia finita L2 := L2 (R) `e uno spazio vettoriali su C. Teorema 3.2. L2 `e uno spazio vettoriale su C. Lo stesso vale per L2 ([t1 , t2 ]) e per `2 . 14

Dimostrazione. Come discusso a lezione, si deve verificare che la somma di segnali ad energia finita `e ancora un segnale ad energia finita. Tutte le altre verifiche, necessarie per concludere che L2 `e uno spazio vettoriale su C, sono banali. Siano dunque x, y segnali ad energia finita. Il calcolo dell’energia di x + y fornisce Z ∞ (x(t) + y(t))(x(t) + y(t)) dt E x+y = −∞

= E x + E y + E xy + E xy = E x + E y + 2 Re E xy ≤ E x + E y + 2|E xy | ≤ E x + E y + 2

p Ex Ey < ∞

I casi L2 ([t1 , t2 ]) e `2 si dimostrano nello stesso modo. Osservazione. Gli elementi di uno spazio vettoriale si dicono vettori. Quindi i segnali ad energia finita sono interpretabili come vettori in L2 . Vedremo nel s´eguito che, nel contesto dei segnali ad energia finita, questo punto di vista geometrico `e estremamente utile. In particolare l’energia mutua di due segnali x, y potr`a essere interpretata come prodotto scalare hx, yi in L2 .

3.2

Modello matematico di sistema

Un sistema trasforma segnali in altri segnali. Nel corso di Segnali e Sistemi non ci preoccuperemo degli aspetti fisici, ma solo di quali siano convenienti modelli matematici dei sistemi. Definizione 3.3 (Sistema). Un sistema `e una funzione che ha per dominio e codominio insiemi di segnali. Σ:

X

−→ Y

 x(·) 7→ y(·) = Σ x(·) dove X ed Y sono insiemi di segnali. Terminologia e convenzioni. (a.) In analisi matematica una funzione che ha per dominio e codominio insiemi di funzioni `e detta operatore. (b.) Nella terminologia ingegneristica il sistema Σ riceve l’ingresso x(·) e produce l’uscita  y(·) = Σ x(·) . Si parla anche di sollecitazione x(·) e risposta y(·). Spesso si ricorre alla seguente rappresentazione grafica.

x(·)

y(·) -

Σ

-

15

(c.) Se, con l’usuale abuso di notazione, si denota il segnale d’ingresso x(t) ed il segnale di uscita y(t) allora si scriver` a anche y(t) = Σ(x(t)). Si tenga sempre presente che il valore all’istante t del segnale y(·) pu` o dipendere dai valori che il segnale x(·) assume a tempi diversi da t, come diverr` a chiaro negli esempi. (d.) Se (X , Y) sono insiemi di segnali continui il sistema Σ `e detto continuo. Se (X , Y) sono insiemi di segnali discreti, Σ `e detto sistema discreto. Se X `e continuo ed Y discreto o viceversa, Σ `e detto ibrido. Esempi di sistemi elementari (a.) y(t) = Σ(x(t)) :=

d dt x(t)

sistema derivatore

t

Z

x(τ )dτ

(b.) y(t) = Σ(x(t)) :=

sistema integratore

0

(c.) y(t) = Σ(x(t)) := x(t)

sistema identit`a

(d.) y(t) = Σ(x(t)) := x(0) sistema rivelatore (l’uscita `e la costante x(0)) Pn integratore discreto (e.) y(n) = Σ(x(n)) := k=0 x(k) (f.) y(n) = Σ(x(t)) := x(nT )

campionatore (sistema discreto, T > 0 `e fissato)

Si noti che per il sistema (a.) l’uscita all’istante t dipende dall’ingresso in un intorno di t. Per il sistema (b.) l’uscita all’istante t dipende dall’andamento dell’ingresso nell’intervallo [0, t].

3.3

Sistemi elementari - trasformazioni lineari del tempo

Definizione 3.4 (trasformazione lineare del tempo). Una trasformazione lineare del tempo `e un sistema che opera la seguente trasformazione sui segnali d’ingresso

x(t)

y(t) = x(αt + β) -

Σ

-

dove α e β sono numeri reali. Prima di studiare l’effetto della trasformazione lineare generale consideriamo qui sotto vari casi particolari, che sono elementari da analizzare. Casi particolari (si rivedano gli esempi tracciati alla lavagna) (a.) α = 0 caso banale Il sistema corrispondente `e y(t) = x(β), dove β `e una costante. Quindi l’uscita `e una costante che dipende dall’ingresso. (b.) α = 1 traslazioni Denotando il sistema Σ = Uβ , si ha 16

x(t)

y(t) = x(t + β) Uβ

-

-

Distinguiamo due casi β>0

traslazione all’indietro (anticipo)

β 0 `e un periodo, ed applicando la definizione di periodo fondamentale data sopra si ottiene T0 = 0 che non ha molto senso. ` questo il motivo per cui abbiamo escluso i segnali costanti dalla definizione di periodo E fondamentale: a seconda della bisogna essi saranno considerati periodici di qualunque periodo T > 0. (b.) Nel s´eguito, quando diremo che il segnale x(t) `e periodico di periodo T intenderemo, a meno di menzione contraria, che T `e il periodo fondamentale di x(t). Parametri riassuntivi dei segnali periodici Sia x(t) un segnale periodico di periodo fondamentale T . I parametri riassuntivi di x(t) si R calcolano rispetto ad un periodo. Nelle formule qui sotto con [T ] indicheremo la quantit`a R R s+T dove s ∈ R `e arbitrario. Poich´e le funzioni integrande sono periodiche di [T ] := s R periodo T il valore di [T ] non dipende da s. Valore medio

Z

1 m := T x

x(t) dt [T ]

Energia in un periodo x E[T ]

Z

|x(t)|2 dt

:= [T ]

Potenza media in un periodo x P[T ] :=

x E[T ]

T

La dimostrazione del seguente teorema `e molto semplice, ma viene omessa. 23

Teorema 5.3. Se x(t) `e periodico di periodo T allora x x = P[T P[−∞,∞] ].

x = ∞, E[−∞,∞]

Conseguenza. L2 (R) non contiene segnali periodici. Segnali periodici notevoli (a.) segnale sinusoidale elementare x(t) = cos t `e un segnale periodico di periodo fondamentale T = 2π. Questo fatto si suppone noto. (b.) segnale sinusoidale generale (forma canonica) x(t) = A cos(ω0 t + φ),

ω0 > 0

`e la forma del segnale sinusoidale generale. La terminologia, le convenzioni di segno e le unit`a di uso comune sono le seguenti. A>0

ampiezza

unit`a del segnale

t

tempo

secondi

φ

fase iniziale

radianti

ω0 ω0 f0 = 2π 2π 1 T0 = = ω0 f0

pulsazione

rad/sec

frequenza

cicli/secondo (Hz)

periodo

secondi

` facile verificare che T0 = E

2π ω0

`e il periodo fondamentale del segnale sinusoidale generale.

(c.) segnale esponenziale immaginario x(t) = Cejω0 t

C ∈ C, ω0 ∈ R

Dalla formula di Eulero x(t) = Cejω0 t = C(cos ω0 t + j sin ω0 t). Si noti la simmetria hermitiana x(−t) = x(t), ed infatti la parte reale `e pari e quella immaginaria dispari. Pi` u in generale il segnale esponenziale immaginario `e x(t) = Cej(ω0 t+φ)

C ∈ C, ω0 ∈ R, φ ∈ (−π, π]

Qualunque sia φ il segnale x(t) `e periodico di periodo fondamentale T0 =

2π |ω0 |

si noti la presenza del modulo |ω0 |: il periodo fondamentale `e un numero positivo. Il segnale x(t) = e−jt ha periodo fondamentale 2π, non −2π.

24

Rappresentazioni equivalenti di segnali sinusoidali Il segnale sinusoidale generale x(t) = A cos(ωt + φ),

dove A, ω ∈ R+ , φ ∈ (−π, π]

(1)

ammette anche altre rappresentazioni, in particolare x(t) = a cos ωt + b sin ωt, x(t) = Cejωt + Ce−jωt ,

dove a, b ∈ R

(2)

dove C ∈ C

(3)

Nelle applicazioni `e spesso necessario passare da una all’altra di queste tre rappresentazioni. Si noti che ω `e invariante nelle tre rappresentazioni. (1) ⇒ (2). Usiamo la formula di addizione del coseno x(t) = A cos φ cos ωt − A sin φ sin ωt che `e la (2) con a = A cos φ e b = −A sin φ (1) ⇒ (3). Usiamo la formula di Eulero per il coseno x(t) = che `e la (3) con C =

A jφ jωt A −jφ −jωt e e + e e 2 2

A jφ 2e .

(2) ⇒ (1). Scriviamo   p a b 2 2 x(t) = a + b √ cos ωt + √ sin ωt a2 + b2 a2 + b2 ` sempre possibile porre cos ϕ = √ a E e di conseguenza sin ϕ = √a2b+b2 , per un oppora2 +b2 tuno ϕ (perch´e?). Ricavato ϕ, usiamo la formula di addizione del coseno per scrivere la (1) nella forma p x(t) = a2 + b2 cos(ωt − ϕ) (2) ⇒ (3). Usiamo le formule di Eulero per sin e cos x(t) =

a − jb jωt a + jb −jωt e + e 2 2

(3) ⇒ (1). Scriviamo C = ρejϕ x(t) = ρej(ωt+ϕ) + ρe−j(ωt+ϕ) = 2ρ cos(ωt + ϕ) (3) ⇒ (2). Scriviamo C = α + jβ x(t) = (α + jβ)(cos ωt + j sin ωt) + (α − jβ)(cos ωt − j sin ωt) = 2α cos ωt − 2β sin ωt

25

5.2

Esercizi

Esercizio 1. Mettere in forma canonica il segnale sinusoidale x(t) = −2 sin −3t +

π 4



.

Soluzione. Sfruttando le note propriet`a delle funzioni trigonometriche si ricava   π π x(t) = −2 sin −3t + = 2 sin 3t − 4  4    π π 3 = 2 cos 3t − − = 2 cos 3t − π 4 2 4 Si riconosce che A = 2, ω0 = 3, φ = − 34 π. Esercizio 2. Seguendo la tecnica presentata al paragrafo 1.8 si converta x(t) = 2 cos 3t − 34 π nelle due forme alternative. Soluzione. Usando la formula di addizione del coseno si detemina immediatamente la rappresentazione in seno/coseno       √ √ 3 3 3 x(t) = 2 cos 3t − π = 2 cos π cos 3t−2 sin − π sin 3t = − 2 cos 3t+ 2 sin 3t 4 4 4 Utilizzando la formula di Eulero si determina la rapresntazione in termini di esponenziali immaginari 

3 x(t) = 2 cos 3t − π 4



3

3

3 3 ej (3t− 4 π) + e−j (3t− 4 π) =2 = e−j 4 π ej3t + ej 4 π e−j3t 2

Esercizio 3. Calcolare l’energia e la potenza media in un periodo del segnale sinusoidale generale x(t) = A cos(ωt + φ). Soluzione. x E[T ]

Z =

T

A2 cos2 (ωt + φ) dt =

0

A2 T, 2

x P[T ] =

A2 . 2

Il calcolo si pu` o fare direttamente con modico uso di trigonometria elementare oppure sfruttando il piccolo trucco visto a lezione. Esercizio 4. Calcolare energia e potenza media in un periodo del segnale esponenziale immaginario generale x(t) = Cej(ωt+φ) Soluzione. x E[T ]

Z =

T

|C|2 |ej(ωt+φ) |2 dt = |C|2 T

0

x P[T ] =

1 x E = |C|2 T [T ]

Si noti l’estrema semplicit` a di calcolo nel caso del segnale esponenziale immaginario.

5.3

Segnali periodici – seconda parte: segnali discreti

Definizione 5.7. (segnale discreto periodico) (a.) Il numero intero N 6= 0 `e un periodo del segnale x : Z → C se x(n) = x(n + N )

∀n ∈ Z

(b.) Un segnale discreto che ammette un periodo si dice segnale periodico. 26



Osservazioni (a.) La restrizione ∀n ∈ Z `e essenziale. (b.) Se N `e un periodo di x(n) allora anche kN , per ogni k ∈ Z, `e un periodo. Definizione 5.8. Sia x(n) un segnale discreto non costante che ammette un periodo N 6= 0. Il periodo fondamentale di x(n) `e N0 := min{N > 0 | x(n) = x(n + N ), ∀n ∈ Z} A differenza del caso a tempo contino `e molto semplice gestire i segnali costanti a tempo discreto x(n) = c: per essi ogni N > 0 `e un periodo, ed il periodo fondamentale `e N0 = 1. Parametri riassuntivi di segnali discreti periodici Sia x(n) un segnale periodico di periodo fondamentale N . I parametri riassuntivi di x(n) si P calcolano rispetto ad un periodo. Nelle formule qui sotto con [T ] indicheremo la quantit`a X

:=

n+N X−1 k=n

[N ]

dove n ∈ N `e arbitrario. Poich´ P e le sequenze sotto il segno di sommatoria sono periodiche di periodo N il valore di [N ] non dipende da n. Valore medio mx :=

1 X x(k) N [N ]

Energia e potenza media in un periodo x E[N ]

:=

X

2

|x(k)| ,

x P[N ]

:=

[N ]

x E[N ]

N

La dimostrazione del seguente teorema `e molto semplice, ma viene omessa. Teorema 5.4. Se x(n) `e periodico di periodo N allora x E[−∞,∞] = ∞,

x x P[−∞,∞] = P[N ].

Conseguenza. `2 (Z) non contiene segnali periodici. Segnali discreti periodici notevoli (a.) Segnali sinusoidali Attenzione. Il seguente segnale non `e necessariamente periodico! x(n) = A cos(ω0 n + φ) Imponendo la condizione di periodicit`a si trova    A cos ω0 (n + N ) + φ = A cos ω0 n + φ + ω0 N = A cos ω0 n + φ 27

che si traduce in un vincolo di razionalit`a ω0 N = 2kπ,

per qualche k ∈ Z,

Esempio 1. x(n) = cos 3n non `e periodico, infatti

ω0 2π

ω0 ∈Q 2π

ovvero =

3 2π

Esempio 2. x(n) = cos(100πn + 0.25) `e periodico infatti periodo di x(n)?

6∈ Q. ω0 2π

=

100π 2π

= 50 ∈ Q. Qual `e il

Se per un segnale sinusoidale vale ω0 k = , 2π N

per qualche k ∈ N

e la frazione `e ridotta ai minimi termini, allora N `e il periodo fondamentale di x(n). In questo caso (k ed N co-primi) anche k ha una semplice interpretazione: `e il numero di interi periodi che il segnale a tempo continuo cos ω0 t percorre in ogni periodo (di lunghezza N ) del segnale x(n) = cos ω0 n Esempio 3. Per il segnale 4 x(n) = sin πn 7 vale

2 ω0 = . 2π 7 Il periodo fondamentale `e N = 7 ed il segnale a tempo continuo x(t) = sin 47 πt percorre due periodi completi per ogni periodo di x(n). Si veda la figura qui sotto.

(b.) Esponenziali immaginari discreti Sono i segnali della forma x(n) = Cejω0 n dove C ∈ C. Se C = Aejφ allora x(n) = A[cos(ω0 n + φ) + j sin(ω0 n + φ)] Essendo somma di due sinusoidi di pulsazione comune, la condizione per la periodicit`a dell’esponenziale immaginario `e la medesima gi`a vista per le sinusoidi discrete. Il periodo fondamentale `e N se per qualche k ∈ N ω0 k = 2π N 28

Esercizio. Calcolare la potenza media in un periodo di x(n) = Cejω0 n . Confronto tra sinusoidi (o esponenziali immaginari) discreti e continui x(t) = ejωt , cos ωt • Sono periodici, in t, per ogni ω ∈ R • Valori di ω diversi producono segnali diversi x(n) = ejωn , cos ωn • Sono periodici, in n, solo se

ω 2π

∈Q

• Valori di ω che differiscono per multipli di 2π producono lo stesso segnale In altri termini ejωn `e periodico in ω di periodo 2π, il che significa che, mentre a tempo continuo le sinusoidi (o equivalentemente gli esponenziali immaginari) possono esibire qualunque pulsazione in [0, ∞), a tempo discreto le pulsazioni possibili sono limitate a [0, 2π). ω In termini di frequenza f = 2π , l’intervallo delle frequenze continue `e [0, ∞), mentre quello delle frequenze discrete `e [0, 1). Qual `e la pulsazione (ovvero la frequenza) pi` u alta a tempo discreto? Un attimo di riflessione vi convincer` a che cos πn = (−1)n `e il segnale pi` u veloce del West, ovvero ωmax = π, oppure fmax = 12 .

5.4

Segnali periodici – complementi

(a.)

Ripetizione periodica di un segnale

Qualunque sia il segnale x(t) se ne pu`o costruire una versione periodica xp (t), di assegnato periodo T , definendo ∞ X xp (t) := repT (x(t)) := x(t − kT ) k=−∞

Vale lo stesso per i segnali discreti, se x(n) `e un qualunque segnale discreto se ne pu`o costruire una versione periodica di periodo N assegnato definendo xp (n) := repN (x(t)) :=

∞ X

x(n − kN )

k=−∞

Si tenga presente che non necessariamente le serie che definiscono la ripetizione periodica sono convergenti. L’esistenza dei segnali repT (x(t)) o repN (x(n)) andr`a stabilita volta per volta. Esempio 1. Si consideri il segnale continuo     2 t x(t) = 1 − |t| rect L L 29

e se ne consideri la ripetizione periodica repT (x(t)). I grafici illustrano il segnale e la sua ripetizione periodica distinguendo i casi T ≥ L, L2 ≤ T ≤ L e T = L2 . Il caso 0 ≤ T ≤ L2 `e analogo. Si osservi che in questo esempio la convergenza della serie che definisce repT (x(t)) `e garantita per ogni t ∈ R poich´e per ogni t la serie contiene solo un numero finito di addendi.

x(t) 1

1

-T

t

L/2

-L/2

repT(x(t))

-L/2

T>L

L/2 1

repT(x(t))

-T

t

T

L/2 0 sono tutte nulle in t. Tenendo a mente quanto sopra si ha che repT (x(t)) :=

∞ X

x(t − kT ) =

k=−∞

= =

0 X

∞ X

e−(t−kT ) u(t − kT )

k=−∞

e−(t−kT ) = e−t

k=−∞ e−t

0 X k=−∞

1 − e−T 30

ekT = e−t

∞ X k=0

e−kT

Nota bene. In figura sono rappresentate le traslazioni x(t − kT ) con k ≤ 1.

x(t)

t repT(x(t))

t

t T

(b.) Funzioni periodiche di segnali periodici Ne abbiamo gi` a visto un esempio. Il segnale ejωt = cos ωt + j sin ωt `e somma di due segnali periodici, di periodo comune T = 2π e anche esso periodico di periodo T . Pi` u ω , ed ` in generale vale il seguente risultato. Lemma 5.6. Se x1 (t) e x2 (t) sono periodici, di periodi rispettivamente T1 e T2 , e se T1 ∈ Q, T2

diciamo

T1 h = , T2 k

allora, per ogni funzione di due variabile g(x1 , x2 ), il segnale  x(t) = g x1 (t), x2 (t) `e periodico, e T = kT1 = hT2 ne `e un periodo. Dimostrazione. Banale (significa: fatela da soli, potrebbe essere un esercizio d’esame). Osservazioni (a.) Segnali che si ottengono come funzioni di due o pi` u segnali sono ad esempio z(t) = P x1 (t) + x2 (t), z(t) = k xk (t), z(t) = x1 (t)x2 (t) ecc. (b.) Se x1 (n) ed x2 (n) sono segnali discreti allora la condizione soddisfatta.

T1 T2

∈ Q `e sempre

(c.) Nel caso, molto importante, della somma z(t) = x1 (t) + x2 (t) si pu`o dimostrare, sotto modeste condizioni di regolarit`a aggiuntive, un risultato estremamente pi` u forte del Lemma precedente. Si veda la nota del prof. Mariconda sulla pagina moodle del corso. 31

Esempio. x(t) = cos πt + 12 sin 32 πt Il segnale x(t) `e somma di due segnali periodici, di periodi rispettivamente T1 = 2π π =2 e T2 = 32π = 34 in rapporto razionale, ed `e quindi periodico, di periodo fondamentale T = 4. 2π

Nella figura qui sotto `e tracciato il grafico del segnale x(t)

` interessante osservare che, in questo esempio, il periodo di x(t) `e strettamente maggiore E del maggiore dei periodi delle sinusoidi che lo compongono. ` abbastanza intuitivo che la somma di segnali periodici i cui Il terzo suono di Tartini. E periodi sono in rapporto razionale sia periodico, di periodo generalmente maggiore del pi` u grande dei periodi degli addendi. Benche matematicamente quasi banali questi esempi diventano molto interessanti quando se ne considera il significato fisico, in particolare nell’acustica musicale. Ricordiamo che in acustica `e pi` u comune far riferimento alla frequenza di un segnale sinusoidale, anzich´e al periodo o alla pulsazione. Un segnale analogo a quello dell’esempio qui sopra `e x(t) = cos(2π · 100 · t) + 21 sin(2π · 150 · t), somma di due sinusoidi di frequenze rispettivamente f1 =100 Hz ed f2 =150 Hz. Il periodo fonda1 mentale di x(t) `e T = 50 , cui corrisponde la frequenza fondamentale f0 = 50 Hz. Pi` u in generale, sommando due sinusoidi di frequenze f e 32 f , si ottiene un segnale a frequenza f 2 . In termini musicali, un accordo di quinta (due note suonate contemporaneamente, le cui frequenze sono in rapporto 32 , ad esempio un DO e il corrispondente SOL nella stessa scala) produce anche un suono un’ottava sotto la pi` u grave delle due note, questo `e il cosiddetto terzo suono di Tartini. Tutto questo continua a valere anche per altri intervalli musicali. Nell’arte organaria quest’osservazione `e stata sfruttata per economizzare nella costruzione dei costosi strumenti.

32

Lezione 6 (Luned`ı 14 ottobre, 14:15–16:15) 6.1

Introduzione alla δ di Dirac – prima parte

La δ (delta) di Dirac `e uno strumento matematico di grande utilit`a nello studio di segnali e di sistemi. In questa nota ci limitiamo ad introdurne euristicamente la definizione e a fornire le conoscenze operative necessarie. Rimandiamo chi desidera approfondire l’argomento ai testi di Matematica. Nella letteratura ingegneristica la δ di Dirac `e anche nota come: funzione delta, funzione impulsiva, impulso ideale. Funzionali lineari Dal punto di vista astratto la delta di Dirac `e un funzionale lineare su uno spazio vettoriale di segnali. In questo paragrafo richiamiamo il concetto di funzionale lineare. Sia V `e uno spazio vettoriale su R (o pi` u in generale su C). Un funzionale lineare `e una trasformazione L : V → R,

v 7→ L(v)

tale che, per ogni α, β ∈ R e v1 , v2 ∈ V L(αv1 + βv2 ) = αL(v1 ) + βL(v2 ) Un funzionale lineare `e dunque un caso particolare di trasformazione lineare che ha per insieme dei valori R (oppure C nel caso in cui V `e uno spazio vettoriale su C). Esempi di funzionali lineari Esempio 1. Sia V = Rn e sia w ∈ Rn un vettore fissato. Si consideri il funzionale Lw (v) := hw, vi =

n X

wk v k

k=1

(la notazione Lw mette in evidenza il vettore w, che per`o `e fissato) `e immediato riconoscere che Lw `e un funzionale lineare, infatti esso assume valori reali inoltre, per ogni α, β ∈ R e per ogni v1 = (v11 . . . . v1n )> e v2 = (v21 . . . . v2n )> Lw (αv1 + βv2 ) = hw, αv1 + βv2 i = = α

n X

wk v1k + β

k=1

n X

wk (αv1k + βv2k )

k=1 n X

wk v2k

k=1

= αLw (v1 ) + βLw (v2 ) Esercizio proposto. Dimostrare, limitandosi al caso n = 2 cio`e V = R2 , che se ||w|| = qP p hw, wi = wk2 = 1, il funzionale lineare Lw (v) := hw, vi si interpreta geometricamente come lunghezza della proiezione ortogonale di v su w. Esempio 1bis. Nel caso particolare in cui w = e1 = (1, 0 . . . , 0)> (il primo elemento della base naturale di Rn ) il funzionale lineare dell’esempio precedente diventa L1 (v) := he1 , vi = v1

33

ovvero L1 (v) seleziona la prima componente del vettore v. Analogamente si definisce il funzionale lineare Lk (v) := hek , vi = vk che seleziona la componente k-esima di v, per k = 1, 2, . . . n. Esempio 2. Sia V = C(R), l’insieme dei segnali a tempo continuo che sono funzioni ` facile verificare che C(R) `e uno spazio vettoriale su R. Sia g(·) ∈ C(R) continue su R. E e si consideri il funzionale che mappa x(·) ∈ C(R) nel numero reale Z ∞ Lg (x(·)) := g(t)x(t) dt −∞

(per essere perfettamente rigorosi si devono porre condizioni su g ed x che garantiscono la ` facile verificare che Lg `e un funzionale lineare convergenza dell’integrale generalizzato) E applicando le note propriet` a di linearit`a dell’integrale di Riemann. Esempio 3. Sia V = C(R) e si consideri il funzionale L(x(·)) := x(0) detto funzionale di campionamento di x(·). Dell’intero segnale x(·) il funzionale di cam` banale verificare che L `e un funzionale pionamento seleziona il valore nell’origine x(0). E lineare: (αx1 + βx2 )(0) = αx1 (0) + βx2 (0). ` di notevole interesse teorico e pratico riuscire a determinare una rappresentazione inE tegrale per il funzionale di campionamento. Una possibilit`a `e rappresentare L(x(·)) come nell’esempio 2, per un’opportuna funzione g(·), ovvero tale che Z ∞ g(t)x(t) dt, per ogni x(·) ∈ C(R) (4) L(x(·)) = x(0) = −∞

Purtroppo questo tentativo `e destinato a fallire infatti, scegliendo ad esempio2 x(t) = g(t)χ[a,b] (t), dove 0 < a ≤ b si ricava Z



Z g(t)x(t) dt =

−∞

b

g(t)2 dt = x(0) = 0,

per ogni 0 < a ≤ b

a

ovvero g(t) = 0 per ogni t > 0. Analogamente si dimostra (scegliendo x(t) = g(t)χ[a,b] (t), dove a ≤ b < 0) che g(t) = 0 per ogni t < 0. Se g(·) `e una funzione nulla per ogni t 6= 0 l’integrale di Riemann in (4) `e nullo qualunque sia x(·) e quindi esso non costituisce una valida rappresentazione del funzionale L(x(·)) = x(0). ` possibile rappresentare il funzionale di campionamento con un opportuno integrale, ma E per poterlo fare rigorosamente si devono opportunamente generalizzare le nozioni di funzione e d’integrale. In questa lezione ci limitiamo a fornire una rappresentazione integrale approssimata e ad indicare euristicamente come si opera con la rappresentazione integrale esatta. δ di Dirac Come abbiamo appena visto se si tenta di determinare i valori puntuali della funzione g(·) nell’equazione (4) (cio`e i valori g(t) per ogni t ∈ R) non si arriva ad una rappresentazione Con la notazione χ[a,b] (t) denotiamo la funzione indicatrice dell’intevallo [a, b], ovvero la funzione che vale 1 per t ∈ [a, b] ed `e nulla altrove. Alternativamente χ[a,b] (t) = u(t − a) − u(t − b). 2

34

integrale valida. Quello che faremo sar`a allora di definire una funzione generalizzata δ(·), detta δ di Dirac, specificandone non i valori δ(t) per t ∈ R bens`ı i valori di una classe di integrali. Definizione 6.9. (delta di Dirac) La funzione generalizzata δ(t) `e tale che, per ogni segnale x(·) ∈ C(R), Z ∞ δ(τ )x(τ ) dτ = x(0) (5) −∞

In molti testi ingegneristici ci si riferisce alla (5) come propriet` a rivelatrice o di campionamento della δ(t), nel senso che sotto il segno d’integrale la δ rivela (campiona) il valore nell’origine di x(·). In realt` a la (5) non `e una propriet`a bens`ı la definizione di δ(t). Rimandando ai testi di Analisi per una trattazione esauriente ci limitiamo qui sotto a chiarire qual `e il senso intuitivo della condizione (5). Per dare un’interpretazione intuitiva alla (5) cominciamo con il definire, per ogni T > 0, l’impulso rettangolare        1 1 T T t rT (t) := rect = u t+ −u t− . (6) T T T 2 2 R∞ Si tracci il grafico di rT (t) e si osservi che l’area −∞ rT (t) dt = 1 per ogni T > 0. Utilizzando rT (t) si definisca il funzionale lineare Z ∞ Z T 2 1 LT (x(·)) := rT (τ )x(τ )dτ = x(τ ) dτ. T −T −∞ 2

Vediamo ora in che senso, quando T → 0, il funzionale LT `e una buona approssimazione del campionamento. Ricordiamo che, per il teorema del valore medio integrale, se x(·) `e continua in un intorno dell’origine, Z T 2 1 x(τ )dτ = x(t˜) T −T 2   per qualche t˜ ∈ − T2 , T2 . Prendendo il limite per T → 0 si ha che t˜ → 0, vale quindi Z ∞  lim LT x(·) = lim rT (τ )x(τ ) dτ = x(0) (7) T →0

T →0

−∞

Dal punto di vista pratico l’equazione (7) `e molto importante: essa fornisce una rappresentazione integrale approssimata del funzionale di campionamento. Pi` u piccolo si riesce a realizzare T migliore `e l’approssimazione. Scambiando limite ed integrale nell’equazione (7) (nella teoria rigorosa questo non si pu`o fare senza precauzioni) si ottiene  Z ∞ lim rT (τ ) x(τ ) dτ = x(0) −∞

T →0

e dunque formalmente identifichiamo δ(t) ”=” limT →0 rT (τ ). Questa espressione porta, sempre formalmente, a valori puntuali per δ(t), ovvero  0, se t 6= 0 δ(t) = lim rT (t) = (8) ∞, se t = 0 T →0 35

Questi valori puntuali sono privi di significato, ma in virt` u della (7) si pu`o considerare l’impulso rettangolare rT (t), con T piccolo, un’approssimazione di δ(t). Propriet` a di δ(t) e regole di calcolo La lista non `e esaustiva, ma tutti i punti menzionati sono utili in pratica. (a.) Normalizzazione Ponendo x(t) = 1 (funzione costante) nell’equazione (5) si ha Z



δ(τ )dτ = 1

(9)

−∞

ovvero l’area sotto la δ vale 1. Questa propriet`a vale anche per rT , qualunque sia T , e si conserva al limite. Si osservi che `e valida anche la Z b δ(τ )dτ = 1 a

se a < 0 < b. Per dimostrarlo `e sufficiente prendere x(t) = χ[a,b] (t) nell’equazione (5). (b.) Parit`a dell’impulso La delta di Dirac `e una funzione generalizzata pari, δ(−t) = δ(t)

(10)

Poich´e il valore puntuale della delta non `e significativo, per verificare questa identit`a si devono confrontare i valori degli integrali nella (5). Vale Z ∞ Z ∞ δ(−τ )x(τ )dτ = δ(τ 0 )x(−τ 0 )dτ 0 = x(0), −∞

−∞

dove, nella prima uguaglianza abbiamo effettuato il cambio di variabile τ 0 = −τ , quindi usato la definizione (5) osservando che x(−τ )|τ =0 = x(0). Nella (5) δ(τ ) e δ(−τ ) producono lo stesso risultato, possiamo dunque identificarle tra loro e considerare δ(t) un segnale pari δ(−t) = δ(t) Questo `e anche evidente nel processo di approssimazione: gli impulsi rT (t) sono pari per ogni T . (c.) Cambio scala δ(at) =

1 δ(t) |a|

(11)

Dimostrazione. Si va a guardare come δ(at) si comporta sotto il segno d’integrale. Se a > 0  0 Z Z τ 1 1 δ(aτ )x(τ ) dτ = δ(τ 0 )x dτ = x(0) a a a si completi la dimostrazione considerando il caso a < 0.

36

(d.) Prodotti segnale × impulso Sia f (t) una funzione continua nell’origine, allora f (t) δ(t) = f (0) δ(t)

(12)

Dimostrazione. Scriviamo la definizione (5): per ogni x(t) Z ∞ f (τ )δ(τ )x(τ )dτ = f (0)x(0),

(13)

−∞

infatti il segnale su cui opera δ(t) `e f (t)x(t) ed il valore rivelato sar`a dunque f (0)x(0). Ma questo `e lo stesso risultato che si ottiene applicando f (0) δ(t), ovvero Z ∞ f (0)δ(τ )x(τ )dτ = f (0)x(0), (14) −∞

Poich´e f (t)δ(t) ed f (0)δ(t) hanno lo stesso comportamento integrale per tutti gli x(t) continui in t − 0, si conclude che sono identici. Intuitivamente: nell’approssimazione, per T piccolo, f (t)rT (t) ≈ f (0)rT (t) poich´e conta solo il valore dell’impulso rettangolare nell’intorno di t = 0. Nota bene. Formule lievemente pi` u generali, che si dimostrano allo stesso modo, includono f (t) δ(t + β) = f (−β) δ(t + β) oppure la versione full-optional f (t + α) δ(t + β) = f (α − β) δ(t + β) Esempi. cos t δ(t) = δ(t),

sin t δ(t) = 0,

π

ej 2 (t+1) δ(t) = jδ(t),

ecc.

(e.) Rappresentazione grafica L’impulso `e spesso rappresentato con una freccia centrata nel punto di applicazione e di altezza pari all’area dell’impulso stesso, ovvero Aδ(t + β) `e rappresentato con una freccia centrata in t = −β e di altezza Z Aδ(τ + β) dτ = A R Attenzione. L’area A = Aδ(t) dt di un impulso di corrente i(t) = Aδ(t) ha dimensione fisica Ampere × secondi = Coulomb, ecc. Rappresentazione integrale dei segnali Ricaviamo ora una rappresentazione dei segnali che sar`a fondamentale per lo studio dei sistemi. Riscrivendo la definizione (5) per il segnale g(t) := x(s − t) si ricava (la consuetudine vuole che, in questo contesto, la variabile muta si chiami τ ) Z ∞ δ(τ )g(τ ) dτ = g(0) −∞

37

sostituendo a g la sua definizione ed osservando che g(0) = x(s) si ha Z ∞ δ(τ )x(s − τ )dτ = x(s) −∞

La lettera s `e stata introdotta per distinguere la traslazione dalla variabile indipendente. Tornando ad indicare con t la variabile indipendente e riordinando i termini Z



δ(τ )x(t − τ ) dτ = x(t)

(15)

−∞

Questa rappresentazione integrale del segnale x(·) `e di fondamentale importanza per il s´eguito. Con la sostituzione di variabile t − τ = τ 0 si pu`o riscrivere l’ultimo integrale come Z



δ(t − τ )x(τ ) dτ = x(t)

(16)

−∞

A partire dalla (5), le formule (15) e (16) sono state derivate con passaggi elementari, ma `e di fondamentale importanza sviluppare un’intuizione che permetta di riconoscerne la validit` a per semplice ispezione. Nella (15) l’impulso rimane fermo nell’origine mentre il segnale `e traslato e ribaltato sull’asse di integrazione τ in modo tale che nell’origine si presenti il valore  T x(t),  infatti T x(t − τ )|τ =0 = x(t), e quindi il calcolo del valore medio nell’intervallino − 2 , 2 dell’asse τ fornisce x(t). La formula (16) contiene la funzione δ centrata nel punto τ = t dell’asse di integrazione. Approssimando δ(t − τ ) con rT (t − τ ) (per  T piccolo) il risultato della (16) `e il valore medio di x nell’intervallino t − T2 , t + T2 dell’asse di integrazione τ che vale circa x(t), come compare a destra della (16). Le figure qui sotto, con x(t) = Ae−αt u(t), illustrano queste considerazioni: formula (15) figura a sinistra, formula (16) figura a destra.

Figura 1: Illustrazione delle formule (15) e (16)

38

Rappresentazioni integrali dei segnali traslati Le equazioni (15) e (16) ovviamente valgono anche se il segnale x(t) `e soggetto a traslazione quindi, per ogni β ∈ R, Z ∞ Z ∞ δ(t + β − τ )x(τ ) dτ = x(t + β), (17) δ(τ )x(t + β − τ ) dτ = −∞

−∞

6.2

Convoluzione

Le rappresentazioni integrali (15) e (16) sono casi particolari di una fondamentale operazione tra segnali. Definizione 6.10. (convoluzione di segnali) Siano v(t) e w(t) segnali a tempo continuo. La convoluzione v ∗ w(·), `e un segnale il cui valore al tempo t `e Z ∞ v(t − τ )w(τ ) dτ, v ∗ w(t) := −∞

quando l’integrale esiste. Il segnale convoluzione si indica con v ∗ w, o con v ∗ w(·). Il valore della convoluzione v ∗ w all’istante t si indica v ∗ w(t). Con l’usuale abuso di notazione si scrive spesso v(t) ∗ w(t) per indicare sia v ∗ w(·) che v ∗ w(t). Propriet` a elementari della convoluzione Elenchiamo qui sotto alcune elementari propriet`a della convoluzione, rimandando a pi` u avanti una discussione pi` u approfondita. (a.) (esistenza) Se3 v, w ∈ L1 (R) allora v ∗ w(t) `e ben definito per ogni t ∈ R inoltre v ∗ w ∈ L1 (R) con ||v ∗ w||1 ≤ ||v||1 ||w||1 . Dimostrazione. Osserviamo che Z ∞ Z |v ∗ w(t)| = v(t − τ )w(τ ) dτ ≤ −∞



|v(t − τ )| |w(τ )| dτ

−∞

integrando su R e ricordando il teorema di Fubini si ha Z ∞ Z ∞ Z ∞ |v ∗ w(t)| dt ≤ |v(t − τ )| |w(τ )| dτ dt −∞ −∞ −∞ Z ∞  Z ∞ = |w(τ )| |v(t − τ )| dt dτ −∞ −∞ Z ∞ Z ∞ = |v(t − τ )| dt |w(τ )| dτ = ||v||1 ||w||1 < ∞ −∞

−∞

R∞ Ricordiamo che L1 (R) := {x : R → C | ||x||1 := −∞ |x(t)| dt < ∞}. L’insieme di segnali L1 `e uno spazio vettoriale, infatti se x1 , x2 ∈ L1 (R) allora, per la disuguaglianza triangolare, αx1 + βx2 ∈ L1 (R) per qualunque α, β ∈ C. Lo spazio L1 sar` a di fondamentale importanza pi` u avanti, nello studio di un’importante classe di sistemi. 3

39

(b.) v ∗ w = w ∗ v (commutativa) Dimostrazione. Con il cambio di variabile τ 0 = t − τ , Z ∞ w ∗ v(t) := w(t − τ )v(τ ) dτ −∞ Z ∞ = w(τ 0 )v(t − τ 0 ) dτ 0 −∞

=

v ∗ w(t)

(c.) v ∗ (αw1 + βw2 ) = αv ∗ w1 + βv ∗ w2 (distributiva rispetto alla somma) ` una conseguenza dell’addittivit`a dell’integrale Dimostrazione. E Z ∞  v(t − τ ) αw1 (τ ) + βw2 (τ ) dτ v ∗ (αw1 + βw2 )(t) := −∞ Z ∞ Z ∞ v(t − τ )w2 (τ ) dτ v(t − τ )w1 (τ ) dτ + β = α −∞

−∞

=

αv ∗ w1 (t) + βv ∗ w2 (t)

(d.) v1 ∗ (v2 ∗ v3 ) = (v1 ∗ v2 ) ∗ v3 (associativa) Dimostrazione. Omessa (`e una manipolazione algebrica non particolarmente istruttiva). (e.) v(t) ∗ δ(t) = δ(t) ∗ v(t) = v(t) Dimostrazione. v(t) ∗ δ(t) = v(t) e δ(t) ∗ v(t) = v(t) sono rispettivamente l’equazione (15) e (16) dimostrate la scorsa lezione. Osservazione. Alla luce di queste propriet`a non sorprende che in letteratura la convoluzione sia spesso chiamata prodotto di convoluzione. In effetti tutte le propriet`a elencate sono tipiche del prodotto in Z. In questo senso la (e.) dice che la δ di Dirac `e l’elemento neutro del prodotto di convoluzione. Nella notazione qui introdotta l’equazione (17) si scrive δ(t + β) ∗ x(t) = δ(t) ∗ x(t + β) = x(t + β) Esempio. (rappresentazione della ripetizione periodica) Si osservi che, per ogni k ∈ Z, δ(t − kT ) ∗ x(t) = x(t − kT ) Questo fornisce una rappresentazione alternativa per la ripetizione periodica di un segnale. ∞ X repT (x(t)) := x(t − kT ) =

k=−∞ ∞ X

δ(t − kT ) ∗ x(t) =

k=−∞

∞ h X

i δ(t − kT ) ∗ x(t),

k=−∞

ovvero la ripetizione periodica repT (x(t)) del segnale x(·) si ottiene per prodotto di convoluzione del segnale con il treno d’impulsi ∞ X δ(t − kT ). k=−∞

40

Lezione 7 (Marted`ı 15 ottobre, 16:15–18:15) 7.1

Relazione tra delta di Dirac e gradino unitario

Nella teoria rigorosa il risultato di questo paragrafo va opportunamente enunciato e dimostrato. Quella che segue `e solo una presentazione euristica. La rappresentazione integrale del gradino unitario `e Z ∞

δ(τ )u(t − τ )dτ = u(t),

(18)

−∞

Poich´e u(t − τ ) = 1 nell’intervallo (−∞, t) e 0 altrove la (18) si riscrive Z

t

δ(τ )dτ = u(t). −∞

Applicando formalmente la regola di differenziazione sotto il segno di integrale (teorema di Torricelli-Barrow) si ottiene d u(t) = δ(t) dt La δ(t) `e la derivata generalizzata del gradino unitario. Un modo euristico alternativo per presentare questo risultato `e di interpretare l’equazione (8) come derivata   u t + T2 − u t − T2 d δ(t) = lim rT (t) = lim = u(t) T →0 T →0 T dt dove, per il calcolo della derivata in t, a numeratore si prende l’incremento simmetricamente rispetto a t. Avevo tracciato alla lavagna la figura qui sotto per illustrare come il legame tra le approssimazioni del gradino e dell’impulso si mantenga per T → 0.

uT (t)

u(t) limT →0

6

6

-

rT (t) 6

-

d dt

d dt

?

?

6 δ(t)

limT →0 -

6

-

-

Derivata generalizzata dei segnali con discontinuit` a a salto Saremo spesso interessati a scrivere la derivata generalizzata di segnali contenenti discontinuit`a a salto. Sia x(t) un segnale differenziabile ovunque tranne che in un numero finito di punti dove presenta discontinuit`a di prima specie, cio`e punti ts per i quali x(ts +) e

41

x(ts −) esistono, ma x(ts +) 6= x(ts −) (salti). Se t `e un punto di differenziabilit`a, in t la derivata usuale e quella generalizzata esistono e coincidono. Se ts `e un punto di salto,  in ts la derivata usuale non esiste, mentre la derivata generalizzata vale x(ts +)−x(ts −) δ(t−ts ). Esempio 1. Sia x(t) = (t + 1)u(1 − t). La derivata usuale esiste ovunque, tranne nel punto di salto ts = 1. Per il calcolo analitico della derivata si usano le regole del calcolo d differenziale, ricordando che dt u(t) = δ(t). d x(t) = 1 · u(1 − t) + (t + 1)δ(1 − t) · (−1) = u(1 − t) − 2δ(t − 1) dt dove abbiamo anche fatto uso della parit`a di δ e della regola f (t) δ(t − β) = f (β) δ(t − β). Esempio 2. Ispezionando il grafico del segnale x(t) riportato qui sotto, tracciare il grafico d della derivata generalizzata dt x(t). Scrivere le espressioni analitiche di x(t) e della derivata.

2 1.5 1 .5

6x(t)

.5 1

2

3

2

3

4

5

6

7

8

9

10

4

5

6

7

8

9

10

-

d

1 .5

x(t) 6 dt

6 6

-.5 -1 -1.5 -2

.5 1

-

? ?

Rimane da discutere il calcolo della derivata di δ(t), che nei vecchi libri di Controlli Automatici in italiano `e chiamata doppietto. Questo argomento sar`a presentato quando ne avremo necessit` a. Si deve invece tenere presente che `e priva di significato, anche in teorie pi` u avanzate, l’espressione δ 2 (t), quindi il calcolo dell`energia di δ(t) non ha senso. Ha invece senso il calcolo dell’energia di rT (t) che vale...

7.2

L’impulso discreto δ(n)

La teoria dell’impulso discreto `e elementare. Seguendo l’approccio dei funzionali lineari, si consideri il funzionale di campionamento discreto L, definito sull’insieme dei segnali a tempo discreto x(·) : Z → C, come segue x(·) 7→ L(x(·)) := x(0)

42

Cerchiamo una rappresentazione del funzionale L della forma4 ∞ X

L(x(·)) = x(0) =

δ(n)x(n)

(19)

k=−∞

` dove δ(n) `e un opportuno segnale che rende l’equazione (19) vera qualunque sia x(·). E banale concludere che l’unico segnale δ(n) che soddisfa le condizioni (19) `e  1, se n = 0, δ(n) := 0, se n 6= 0. Il segnale δ(n) `e detto impulso discreto. Procedendo come nella precedente lezione, oppure per via diretta, con il vantaggio che, nel caso discreto tutto `e semplice e perfettamente rigoroso, si trova l’analogo della rappresentazione integrale dei segnali: ∞ X k=−∞

x(n − k)δ(k) =

∞ X

x(k)δ(n − k) = x(n),

per ogni n ∈ Z.

k=−∞

Il legame tra impulso discreto e gradino unitario discreto `e fornito dalla n X

δ(k) = u(n)

k=−∞

ed infine δ(n) = u(n) − u(n − 1) dove l’ultima espressione `e l’analogo discreto (differenza prima) della derivazione. La δ discreta `e la differenza prima del gradino discreto.

7.3

Introduzione alla classificazione dei sistemi

Un sistema (vedi Lezione 3) `e una mappa Σ : X → Y, che ha per dominio e codominio insiemi di segnali (segnali di ingresso e di uscita rispettivamente). Nella Lezione 3 abbiamo visto il primo esempio non banale di sistema: la trasformazione lineare del tempo che mappa x(t) 7→ Σ(x(t)) = x(αt + β). In quell’esempio l’uscita y(·), corrispondente all’ingresso x(·), si calcola esplicitamente in funzione dei coefficienti α e β e di x(·). In questa Lezione (a.) diamo qualche esempio dalla fisica per evidenziare le difficolt`a che si incontrano nella costruzione della mappa Σ, che non sempre ha forma esplicita, (b.) introduciamo le interconnessioni elementari di sistemi, (c.) iniziamo la classificazione dei sistemi in accordo alle loro propriet`a generali. Esempi di sistemi descritti in forma implicita (a.) Sistema meccanico – massa-molla-smorzatore con forza esterna applicata Si consideri il sistema meccanico rappresentato in figura.

R

4 Questa forma P `e l’analogo della rappresentazione integrale nel caso discreto: in generale, invece di g(t)x(t) dt si ha g(n)x(n).

43

x(t)

6y ?

m c

k

Ricordando che la forza esercitata dalla molla `e Fe (t) = −ky(t) (proporzionale all’elongazione), e che quella opposta dall’ammortizzatore viscoso `e Fa (t) = −c dy dt (proporzionale alla velocit` a), detta x(t) := Fext (t) la forza esterna applicata (ad esempio variazioni di P 2 carico), ed y(t) l’elongazione della molla, la forza legge di Newton m ddt2y = i Forzai (t) fornisce l’equazione del moto m

dy d2 y + c + ky(t) = x(t) 2 dt dt

Si noti che questo `e il modello matematico (semplificato) dell’ammortizzatore di una moto o di un’auto. (b.) Sistema elettrico – circuito RLC serie con sorgente di tensione Si consideri il circuito in figura, R +ix(t) −

=

C

L y(t)

e(t) L

?

dove prendiamo come ingresso x(t) = e(t) L , la tensione del generatore divisa per L, e come 1 R (costante di smorzamento) ed ωo = √LC uscita y(t), la corrente nel circuito. Detti α = 2L (pulsazione di risonanza) i parametri circuitali, l’equazione che descrive y(t) in termini di x(t) e dei parametri `e d2 y dy dx + 2α + ω02 y(t) = 2 dt dt dt Si tenga presente che la scelta delle tensioni e/o delle correnti da considerare come segnali d’ingresso e di uscita del sistema `e in larga misura arbitraria. La scelta pi` u ovvia, che per`o non `e n´e obbligata n´e unica, `e di considerare come ingresso un segnale su cui si pu`o agire direttamente: in questo esempio il segnale del generatore di tensione. La scelta pi` u ovvia dell’uscita ricade su segnali il cui andamento si vuole monitorare o controllare agendo opportunamente sull’ingresso: per l’esempio la corrente circolante. (c.) Sistema economico – il vostro conto corrente bancario L’ingresso del sistema `e x(n), la somma dei depositi sul vostro conto, effettuati durante il mese n, cui viene sottratta la somma dei prelievi effettuati durante lo stesso mese n. L’uscita del sistema `e y(n), il saldo del vostro conto corrente il primo giorno del mese corrente n. La banca vi paga un interesse composto discontinuo convertibile nominale dell’α% annuo. In prosa questo significa che gli interessi maturano, ad esempio, 12 volte α %. Quindi se depositate 1 euro per l’anno (una volta al mese) e che il tasso mensile `e dell’ 12  12 α 1 anno alla fine dell’anno riceverete 1 + 12 euro. Se invece tenete in deposito 1 euro 44

 α k per k mesi alla fine del periodo riceverete 1 + 12 euro. Il saldo all’inizio del prossimo mese sar` a allora dato dall’equazione alle differenze  α y(n + 1) = 1 + y(n) + x(n) 12 Si noti che in ognuno degli esempi visti sopra la relazione ingresso/uscita imposta dal sistema Σ `e ricavata utilizzando la fisica dei fenomeni in gioco. In tutti e tre i casi visti sopra, e in moltissimi altri, la fisica fornisce un modello matematico della relazione ingresso/uscita sotto forma di un’equazione differenziale (alle differenze nel caso discreto). Nelle equazioni differenziali al variare dell’ingresso x(·) varia l’uscita y(·), ma la relazione tra i due segnali `ımplicita. Per esplicitare la relazione si deve risolvere l’equazione differenziale, con gli usuali metodi, considerando x(·) come termine noto ed y(·) come funzione inco` uno degli obiettivi del corso costruire rappresentazioni esplicite della relazione gnita. E ingresso/uscita, alternative all’equazione differenziale o alle differenze.

7.4

Interconnessioni di sistemi

Connettere sistemi semplici per creare sistemi pi` u complessi `e uno dei tipici modi in cui procede l’ingegnere. (a.) Cascata

x(t)

w(t)

y(t)

Σ1

Σ2 Σ

Nella connessione in cascata l’uscita di Σ1 `e l’ingresso di Σ2 . Detta w(t) l’uscita di Σ1 , la relazione ingresso/uscita `e y(t) = Σ(x(t))   = Σ2 (w(t)) = Σ2 Σ1 x(t) La cascata `e detta anche connessione in serie. In matematica la cascata di sistemi `e la composizione di operatori. Attenzione. La cascata di sistemi non `e necessariamente commutativa. In generale Σ1 Σ2 6= Σ2 Σ1 . Abbiamo gi` a visto (vedi Lezione 3) che Uβ Sα 6= Sα Uβ . Esercizio proposto. Si consideri il sistema x(t) 7→ y(t) = Σ(x(t)) := 2 x(2t). Indichiamo con Σn la cascata Σ . . . Σ di n copie identiche del sistema Σ. Calcolare euristicamente l’uscita che si ottiene applicando x(t) = rect(t) all’ingresso della cascata Σn , ovvero  lim Σn rect(t) . n→∞

45

(b.) Parallelo

x(t)

Σ1

y1 (t)

x(t)

+m x(t)

Σ2

y(t)

y2 (t) Σ

Questo `e banale y(t) = Σ(x(t)) = Σ1 (x(t)) + Σ2 (x(t)) In matematica il parallelo Σ `e la somma degli operatori, Σ = Σ1 + Σ2 (c.) Feedback Fondamentale, ma dovrete pazientare fino al corso di controlli.

7.5

Classificazione dei sistemi – parte prima

(a.) Sistemi statici Un sistema `e statico se il valore del segnale d’uscita y(·) all’istante t dipende al pi` u da t e dal valore dell’ingresso x(·) al medesimo istante t, ma non dipende dai valori x(τ ) per τ 6= t. La condizione deve valere per ogni t. La stessa definizione vale per i sistemi discreti, sostituendo n a t. Un po’ pi` u formalmente: il sistema Σ `e statico se esiste una funzione di due variabili f (t, x) tale che  y(t) = Σ x(·) = f (t, x(t)), per ogni t Un sistema statico sono anche detto algebrico, oppure istantaneo, oppure senza memoria. Ognuno di questi termini suggerisce una naturale propriet`a associata al sistema statico. Esempio.

y(t) = (t + 1) x(t)

Controesempio.

y(t) = t x(t + 1).

Esempio fisico. Rete elettrica contenente solo resistenze ideali e generatori, ingresso e uscita sono entrambe una tensione o una corrente della rete. In queste condizioni il sistema `e istantaneo y(t) = Σ(x(t)) = f (x(t)).

46

(b.) Sistemi dinamici Un sistema non statico `e dinamico. Il valore dell’uscita y(·) all’istante t dipende da almeno un valore x(τ ) dell’ingresso x(·), per qualche τ 6= t. Un sistema dinamico `e anche detto sistema con memoria. Attenzione. La locuzione sistema con memoria `e fuorviante se, come si fa nell’uso comune, si intende con memoria l’influenza che il passato esercita sul presente. Nel contesto dei sistemi dinamici, se t `e il presente allora la semiretta (−∞, t) `e il passato, e (t, ∞) il futuro. La memoria di un sistema dinamico pu`o riferirsi alla dipendenza dell’uscita presente, y(t), dal solo passato, dal solo futuro, o da una mistura di passato e futuro del segnale di ingresso. Esempi dei tre tipi. Sia T > 0 dato, allora il sistema y(t) = UT (x(t)) = x(t − T ) dipende dal solo passato, y(t) = U−T (x(t)) = x(t + T ), dipende dal solo futuro, y(t) = 21 (UT + U−T )(x(t)) = 21 (x(t − T ) + x(t + T )) dipende sia dal passato che dal futuro. Osservazione. In un sistema fisico l’uscita pu`o dipendere istantaneamente dall’ingresso oppure esibire una dipendenza dall’andamento passato dell’ingresso, ma non pu`o dipendere dal futuro. La dipendenza di y(t) dal passato di x(·) `e tipicamente dovuta alla presenza nel sistema di componenti che hanno immagazzinato o rilasciato energia durante il suo funzionamento, ad esempio i condensatori e gli induttori nel caso di una rete elettrica. I sistemi dinamici che dipendono dal futuro oppure da una mistura di passato e futuro, bench´e non fisicamente realizzabili, sono comunque di interesse pratico potendo essere simulati su un calcolatore. L’intera traiettoria dell’ingresso x(·) pu`o essere registrata su un banco di memoria e con un codice di calcolo si pu`o calcolare y(t) con operazioni che coinvolgono l’intera traiettoria x(·). Esempi di sistemi con dipendenza da una mistura di passato e futuro sono forniti dagli algoritmi di denoising delle vecchie registrazioni audio su nastro magnetico. Le bobine di nastro magnetico tendono a manifestare il cosiddetto effetto copia: la magnetizzazione in un punto del nastro influenza, ed `e influenzata, da quella negli strati di nastro adiacenti. L’uscita dell’algoritmo, y(t), il segnale ripulito, viene calcolato utilizzando l’intera traiettoria del segnale d’ingresso, x(·), l’originale contenuto sul nastro magnetico. Un esotico esempio di sistema che dipende dal solo futuro `e offerto dagli algoritmi d’integrazione all’indietro delle equazioni del moto del sistema Sole-Terra-Luna per la de` questo uno dei metodi per la sincronizterminazione delle date delle eclissi del passato. E zazione delle antiche cronache, scritte in luoghi diversi, che coprono periodi parzialmente sovrapponentisi, ma senza datazione certa, e che solitamente riportano eventi astronomici eclatanti come eclissi e passaggi di comete. (b.1) Sistemi dinamici causali y(t) = Σ[x(·)] = f ({x(τ ), τ ∈ (−∞, t]}) Esempi.

y(t) = (t + 1)x(t − 1),

Controesempio.

y(t) = (t − 1)x(t + 1).

y(t) =

47

Rt 0

per ogni t x(τ ) dτ

(b.2) Sistemi dinamici anticausali y(t) = Σ[x(·)] = f ({x(τ ), τ ∈ [t, ∞)}), Esempi.

y(t) = (t − 1)x(t + 1),

Controesempio.

y(t) = (t + 1)x(t − 1).

y(t) =

RT t

per ogni t x(τ ) dτ

Esempi critici di sistemi dinamici I due esempi che seguono illustrano situazioni critiche che inducono in errore. Esempio 1.

y(n) = x(−n)

Questo `e un sistema dinamico, ma non `e n´e causale n´e anticausale, infatti per n > 0 l’uscita dipende dal passato dell’ingresso, mentre per n < 0 l’uscita dipende dal futuro dell’ingresso. Rispondere che il sistema `e causale per n > 0 ed anticausale per n < 0 non `e corretto, poich´e nelle definizioni di causalit`a e di anticausalit`a la condizione deve valere per ogni n. Esempio 2.

y(t) =

dx dt ,

dove X = C 1 (R), segnali differenziabili.

Esistono sistemi dinamici contemporaneamente causali e anticausali. Quello qui sopra `e il classico esempio. Questo `e per ora solo un fatto curioso, ma assumer`a rilievo quando affronteremo la costruzione dei sistemi dinamici che rappresentano una data equazione differenziale. Vedremo che ad ogni equazioni differenziale sono associabili diversi sistemi dinamici, di cui uno `e causale, ed uno anticausale.

48

Lezione 8 (Mercoled`ı 16 ottobre, 16:15–18:15) 8.1

Classificazione dei sistemi – parte seconda

(c.) Sistemi BIBO stabili Un dispositivo elettrico o meccanico deve spesso rimanere in esercizio per periodi prolungati e con condizioni di carico che variano in modo solo parzialmente prevedibile. Un dispositivo in grado di funzionare con regolarit`a in tali condizioni `e genericamente detto stabile. La traduzione matematica di questa nozione intuitiva richiede l’introduzione di una precisa definizione di stabilit` a di un sistema Σ. Per ricalcare quanto detto in termini fisici si potrebbe, ad esempio, richiedere che l’uscita y(t) = Σ(x(t)) sia ben definita, per ` presto visto che tale nozione, t arbitrariamente grande, qualunque sia l’ingresso x(t). E pure sensata matematicamente, non sarebbe fisicamente utile. Senza vincoli di sorta sul ` pi` segnale d’ingresso i normali dispositivi fisici possono andare rapidamente in avaria. E u ragionevole includere nella definizione un vincolo sui possibili ingressi. Quello che la definizione matematica deve catturare `e l’idea che il sistema funziona regolarmente a lungo termine qualunque sia l’ingresso in una certa classe d’ingressi accettabili. Siamo ora pronti per l’introduzione della nozione di sistema BIBO stabile. Definizione 8.11. (segnale limitato) Il segnale z(·) : R → C `e limitato se esiste Mz ∈ R tale che |z(t)| ≤ Mz < ∞, per ogni t ∈ R, Nota bene. La precedente definizione `e equivalente a Mz := supt∈R |z(t)| < ∞. Abbiamo aggiunto il pedice z ad Mz per ricordare la dipendenza della costante dal segnale z(·) che si sta considerando. Il segnale z(t) `e limitato se e solo se il grafico di |z(·)| `e contenuto nella striscia di piano di ampiezza Mz intorno all’origine, −Mz ≤ |z(t) ≤ Mz per ogni t ∈ R |z(t)| 6 Mz -

t −Mz

Esempio 1. Il segnale z(t) = cos(t) `e limitato, con Mz = 1. Esempio 2. Il segnale z(t) = 3ejωt `e limitato con Mz = 3. Esempio 3. Il segnale z(t) = tan(t) non `e limitato, infatti in prossimit`a di t = π2 il segnale oscilla tra ±∞. Esempio 4. Il segnale z(t) = t non `e limitato, anche se y(t) = t `e un numero finito per ogni t ∈ R, il segnale non `e limitato poich´e y(t) → ∞ per t → ±∞. ex Esercizio. Definire formalmente i segnali non limitati. Soluzione. Il segnale z(·) non `e limitato se per ogni M > 0 esiste t ∈ R tale che |z(t)| > M .

49

Definizione 8.12. (sistema BIBO stabile) Il sistema Σ `e Bounded Input Bounded Output (BIBO) stabile se per ogni segnale d’ingresso x(·) limitato il corrispondente segnale d’uscita y(·) = Σ(x(·)) `e limitato. Equivalentemente, alla luce della definizione di segnale limitato, il sistema Σ `e BIBO stabile se |x(t)| ≤ Mx < ∞, ∀t ∈ R =⇒ esiste My < ∞ tale che |y(t)| ≤ My < ∞, ∀t ∈ R Osservazione critica Bisogna capire a fondo cosa la definizione di BIBO stabilit`a impone e cosa no. (a.) Il sistema `e BIBO stabile solo se per ogni x(·) limitato il corrispondente y(·) = Σ(x(·)) `e limitato. Se esiste un ingresso x(·) limitato il cui corrispondente y(·) non `e limitato il sistema Σ non `e stabile. (b.) Non `e richiesto che My ≤ Mx . In generale My pu`o non esistere (sistema non BIBO stabile, ovvero esiste un segnale x limitato cui corrisponde l’uscita y non limitata), oppure pu` o esistere My < ∞ come richiesto dalla definizione di BIBO stabilit`a, ed essere My > Mx , oppure My = Mx oppure My < Mx . (c.) Non `e richiesto che My sia indipendente da x(·). Pi` u formalmente, non `e richiesto che supx(·)∈X supt∈R |y(t)| < ∞. In altri termini: non si richiede che esista una costante M , indipendente da x(·), tale che |y(t)| ≤ M, per ogni t. Se tale costante esiste il sistema `e certamente BIBO stabile, ma questa condizione non `e imposta dalla definizione. In generale My dipende dal segnale x(·) applicato. ` richiesto che l’uscita sia limitata per ogni ingresso limitato. (d.) E Esempi – sistemi BIBO stabili Esempio 1.

y(t) = ex(t)

Il sistema `e BIBO stabile, infatti supponendo che x(·) sia limitato, diciamo |x(t)| ≤ Mx per ogni t ∈ R, cerchiamo un limite superiore per y(t): x(t) per ogni t ∈ R e = ex(t) ≤ e|x(t)| ≤ eMx , Con la notazione precedente si pu` o scrivere che My = eMx . Esempio 2.

y(t) = cos(x(t))

In questo caso si noti che |y(t)| ≤ 1 qualunque sia x(·). Questo `e un esempio non generico di sistema BIBO-stabile che verifica la condizione discussa nell’Osservazione (c.) qui sopra. Controesempi – sistemi non BIBO stabili L’unico modo pratico per dimostrare che un sistema non `e BIBO stabile `e di trovare un ingresso limitato che produce un’uscita non-limitata. Controesempio 1.

y(t) = tx(t)

All’ingresso limitato x(t) = 1 corrisponde l’uscita illimitata y(t) = t. Rt Controesempio 2. y(t) = −∞ x(τ ) dτ All’ingresso limitato x(t) = u(t) corrisponde l’uscita illimitata y(t) = tu(t). 50

d Controesempio 3. y(t) = dt x(t) Questo `e un po’ pi` u ricercato. All’ingresso limitato x(t) = sin(t2 ) corrisponde l’uscita 2 illimitata 2t cos(t ).

(d.) Sistemi lineari Il sistema Σ `e lineare se per ogni coppia di segnali x1 (·) ed x2 (·)) e per ogni scalare a valgono le due propriet` a Σ(x1 (·) + x2 (·)) = Σ(x1 (·)) + Σ(x2 (·)) Σ(ax(·)) = aΣ(x(·))

addittivit`a

omogeneit`a

La definizione usuale di linearit` a combina le due propriet`a in una sola. Per ogni x1 (·), x2 (·) ∈ X e per ogni a1 , a2 ∈ C Σ(a1 x1 (·) + a2 x2 (·)) = a1 Σ(x1 (·)) + a2 Σ(x2 (·)) Il generico sistema lineare sar` a spesso denotato con la lettera L anzich´e Σ. Esempi – sistemi lineari y(t) = t2 x(t), y(n) =

M X 1 x(n + k). 2M + 1 k=−M

Controesempi – sistemi non-lineari y(t) = t x2 (t), y(t) = x(t) + 1.

Lemma 8.7. Se L `e lineare, allora L(0) = 0, dove 0 denota un segnale identicamente nullo. Dimostrazione. Sia y = L(x), allora L(x − x) = L(0) = L(x) − L(x) = 0. (e.) Sistemi tempo-invarianti Il sistema Σ `e tempo-invariante se commuta con le traslazioni per ogni β ∈ R

Σ Uβ = Uβ Σ Interpretazioni della tempo invarianza

(1.) Si consideri il sistema y(t) = Σ(x(t)). Se applicando l’ingresso x e(t) := x(t + β) si ottiene l’uscita ye(t) e risulta ye(t) = y(t + β) per ogni β ∈ R e per ogni x(·) ∈ X allora il sistema Σ `e tempo invariante. (2.) L’andamento temporale della risposta di Σ all’ingresso x(t) non dipende dall’ora che segna l’orologio quando si applica l’ingresso. Si veda il grafico qui sotto. 51

6

6

x(t)

y(t)

Σ -

-

Uβ x(t + β)

Uβ ?

y(t + β)

?

6

6

Σ -

-

−β

−β

La risposta all’ingresso traslato di β `e la risposta all’ingresso, traslata di β. Un biologo direbbe che il sistema non invecchia. (3.) Il grafo in centro alla figura precedente mostra i legami tra i quattro grafici. Partendo dal segnale x(·) in alto a sinistra vi sono due percorsi sul grafo che conducono al segnale y(t + β) in basso a destra. Il percorso che passa per l’angolo superiore destro `e Uβ Σx(t) (convincetevene!), mentre quello che passa per l’angolo inferiore sinistro `e ΣUβ x(t). Il sistema `e tempo invariante se e solo se i due percorsi conducono allo stesso segnale. Un matematico direbbe che il sistema `e tempo invariante se e solo se il grafo commuta. Esempio – sistema tempo invariante y(t) = x(t + 1). Il sistema `e tempo invariante, infatti y(t) = U1 x(t) ed ovviamente U1 Uβ = Uβ U1 = Uβ+1 per ogni β ∈ R. Controesempi – sistemi tempo varianti y(t) = Sα x(t) = x(α),

y(t) = x(−t + 1),

y(t) = f (t)x(t).

Il primo sistema, Sα (cambio scala) non `e tempo invariante. Avevamo gi`a osservato, vedi Lezione 3, che cambio scala e traslazioni non commutano. Per quanto riguarda il secondo sistema, si riconosce immediatemente la trasformazione lineare del tempo5 y(t) = x(−t + 1) = RU1 x(t). La presenza del ribaltamento, R = S−1 , rende il sistema non tempo invariante. Si pu`o arrivare alla stessa conclusione lavorando a basso livello, direttamente con i segnali. Sia x(t) un ingresso dato, cui corrisponde l’uscita y(t) = x(−t + 1). Applicando l’ingresso x e(t) := x(t + β) la corrispondente uscita `e ye(t) = x e(−t + 1) = x((−t + 1) + β). Si conclude che ye(t) = x(−t + β + 1), mentre y(t + β) = x(−(t + β) + 1) = x(−t − β + 1). Poich´e ye(t) 6= y(t + β) il sistema non `e tempo invariante. Infine per il terzo sistema y(t) = f (t)x(t) dove f (t) `e una qualunque funzione del tempo, indipendente dall’ingresso x(t) (esempio: y(t) = tx(t)), `e facile verificare che non vale la tempo invarianza. In effetti x e(t) = x(t + β) produce uscita ye(t) = f (t)e x(t) = f (t)x(t + β), diversa da y(t + β) = f (t + β)x(t + β) a meno che f (t) non sia una costante. 5

ricordare che si deve applicare prima la traslazione e poi il ribaltamento

52

Il seguente risultato `e molto interessante per il seguito. Lemma 8.8. Se Σ `e tempo invariante e se x(t) `e un segnale periodico di periodo T allora la corrispondente uscita y(t) `e periodica di periodo T . Dimostrazione. T `e un periodo di y(t) se e solo se y(t) = UT y(t). Ma UT y(t) = UT Σx(t) e, poich´e Σ `e tempo invariante, UT Σx(t) = ΣUT x(t) = Σx(t) = y(t), dove abbiamo usato il fatto che UT x(t) = x(t), per l’assunta periodicit`a di x(t). Abbiamo dunque dimostrato che UT y(t) = y(t), ovvero la periodicit`a, di periodo T , del segnale y(t).

53

Lezione 9 (Luned`ı 21 ottobre, 14:30–16:15) Il sistema L `e lineare tempo invariante (LTI) se `e contemporaneamente lineare e tempo invariante, secondo le definizioni date nella Lezione 8. I sistemi LTI sono particolarmente interessanti dal punto di vista teorico poich´e, come vedremo a breve, per (quasi tutti) questi sistemi `e facile rappresentare la relazione ingresso/uscita y(t) = Σ(x(t)) in forma esplicita. Si deve sottolineare che la fondamentale importanza dei sistemi LTI deriva non dall’interesse teorico, bens`ı dal fatto che molti dispositivi ingegneristici sono modellabili, esattamente o con buona approssimazione, con sistemi LTI.

9.1

Sistemi lineari tempo invarianti discreti

Il caso discreto `e tecnicamente pi` u semplice e lo usiamo per introdurre le idee fondamentali. Definizione 9.13. (risposta impulsiva) La risposta impulsiva del sistema LTI L `e il segnale h(n) := L(δ(n)), ovvero l’uscita di L corrispondente all’ingresso x(n) = δ(n). Relazione ingresso-uscita di un sistema LTI Sia L `e un sistema LTI discreto ed x(·) un segnale d’ingresso dato. Interessa calcolare il corrispondente segnale d’uscita y(·). Si denoti h(n) la risposta impulsiva del sistema L. Scriviamo la rappresentazione integrale del segnale x(·), vedi Lezione 6 sezione 6.2, x(n) =

∞ X

x(k)δ(n − k).

k=−∞

Si noti che in questa rappresentazione x(n) `e combinazione lineare del segnale δ(n) e dei suoi traslati δ(n − k), con coefficienti x(k). Poich´ u Pe il sistema L `e LTI si ha (si vedano pi` sotto i dettagli tecnici per lo scambio di L con ∞ ) k=−∞ ! ∞ X y(n) = L x(k)δ(n − k) k=−∞

=

=

∞ X k=−∞ ∞ X

x(k)L (δ(n − k)) x(k)h(n − k)

per la linearit`a

per la tempo invarianza

k=−∞

In conclusione abbiamo dimostrato che, in un sistema LTI, conoscere l’uscita h(n) corrispondente all’ingresso δ(n) `e sufficiente per calcolare esplicitamente l’uscita y(n) corrispondente al generico ingresso x(n). Poich´e y(n) `e il risultato della convoluzione tra il segnale d’ingresso x(n) e la risposta impulsiva h(n), y(n) = h(n) ∗ x(n), 54

(20)

`e naturale riferirsi all’equazione (20) come alla rappresentazione convoluzionale del sistema LTI. Fine print. Se il segnale x(·) e la risposta impulsiva h(·) sono diversi daP zero in un sot∞ o toinsieme infinito di Z allora nell’equazione (20) la combinazione lineare k=−∞ . . . pu` P avere infiniti termini non nulli. In questo caso lo scambio tra L e k , oltre alla linearit`a di L, richiede condizioni su x(·) ed h(·) che garantiscano la convergenza della serie. Non daremo per ora i dettagli, ma osserviamo che, sotto condizioni abbastanza blande (ad esempio x(·) limitato ed h(·) assolutamente sommabile), l’equazione (20) continua a valere per ogni n ∈ Z. Esempi Esempio 1. Si consideri il sistema elementare UN , la traslazione temporale, ovvero y(n) = UN (x(n)) = x(n + N ).

(21)

Questo sistema `e LTI (verificarlo) ed ha risposta impulsiva h(n) = δ(n+N ), come si ricava ` banale verificare che, qualunque prendendo ingresso x(n) = δ(n) nella definizione (21). E sia l’ingresso x(n), la corrispondente uscita vale6 h(n) ∗ x(n) = δ(n + N ) ∗ x(n) = x(n + N ) = y(n). Esempio 2. Si consisderi il sistema specificato dalla relazione ingresso/uscita y(n) = L x(n) :=

n X

x(k).

k=−∞

Si verifichi che L `e lineare tempo invariante. La risposta impulsiva si ottiene ponendo x(n) = δ(n) e vale n X δ(n) = u(n). h(n) = k=−∞

` molto facile verificare che la convoluzione h(n)∗x(n) `e proprio pari all’uscita del sistema: E h(n) ∗ x(n) =

=

∞ X k=−∞ n X

h(n − k)x(k) =

∞ X

u(n − k)x(k)

k=−∞

x(k) = y(n).

k=−∞

Esempio 3. Si consideri il sistema LTI (verificarlo) y(n) = x(n) − 2x(n − 1) + x(n − 2), ` banale verificare che la cui risposta impulsiva `e h(n) = δ(n) − 2δ(n − 1) + δ(n − 2). E y(n) = h(n) ∗ x(n). 6 Questa verifica, che ripetiamo anche per gli altri esempi del paragrafo, non `e necessaria avendo gi` a dimostrato la validit` a della rappresentazione (20). Lo scopo della verifica `e di fornire i primissimi esempi di calcolo della convoluzione.

55

Esempio 4. Il sistema y(n) =

∞ X

an−k u(n − k)x(k),

k=−∞

dove |a| < 1, `e ben definito (cio`e la serie `e convergente e y(n) `e ben definito per ogni n ∈ Z,) ed `e LTI. La risposta impulsiva `e h(n) = an u(n). Si verifica agevolmente che y(n) = h(n) ∗ x(n). Controesempio. Si consideri il sistema y(n) = x(n)x(n − 2) La risposta impulsiva `e h(n) = δ(n)δ(n−2) = 0 per ogni n ∈ Z. Calcolando la convoluzione (20) si troverebbe allora, qualunque sia l’ingresso x(n), uscita y(n) = h(n) ∗ x(n) = 0 ∗ x(n) = 0. Peraltro se x(n) = u(n) usando la definizione del sistema si trova y(n) = u(n)u(n − 2) = u(n − 2) 6= 0. Come si spiega questa incongruenza? Esempio di rappresentazione convoluzionale di un sistema LTI implicito [Nota bene. Questo argomento verr`a ripreso e sviluppato pi` u avanti, dopo avere fornito i necessari dettagli sulle equazioni differenziali ed alle differenze.] Si consideri la relazione ingresso uscita, in forma di equazione alle differenze, y(n) = ay(n − 1) + x(n).

(22)

L’equazione (22) `e un buon modello matematico in molti casi d’interesse pratico, ad esempio avevamo visto in che senso (22) modella l’andamento del saldo di un conto corrente. Vedremo che la (22) `e anche la versione discretizzata di un’equazione differenziale del primo ordine (un circuito RC). Prima di procedere `e essenziale capire che la relazione (x(·), y(·)) descritta dall’equazione (22) non corrisponde ad un unico sistema y(·) = Σ(x(·)) bens`ı ad infiniti sistemi. In effetti per determinare l’uscita y(n) utilizzando l’equazione (22) `e necessario disporre non solo del segnale x(·), ma anche del valore y(n) dell’uscita per qualche n: la cosiddetta condizione iniziale. Vediamo come si presenta questa difficolt`a in un caso particolare, ma molto interessante: il calcolo dell’uscita h(n) corrispondente all’ingresso δ(n). Se l’equazione (22) modella il saldo di un conto corrente `e molto imporre la condizione h(n) = 0, per ogni n < 0 che fisicamente significa che il saldo `e nullo prima di aprire il conto corrente, cio`e per n < 0. Per determinare h(n) per n ≥ 0 usiamo l’equazione (22) come ricorsione ricordando che x(n) = δ(n). Si trova h(0) = ah(−1) + δ(0) = 1 h(1) = ah(0) + δ(1) = a h(2) = ah(1) + δ(2) = a2 h(3) = ah(2) + δ(3) = a3

56

Il risultato `e (tracciare il grafico assumendo |a| < 1) h(n) = an u(n) Per calcolare l’uscita del sistema descritto dalla risposta impulsiva h(n) = an u(n) al generico ingresso x(n) basta calcolare la convoluzione y(n) = h(n) ∗ x(n) =

∞ X

n−k

a

u(n − k) x(k) =

n X

an−k x(k)

(23)

−∞

k=−∞

Osservazione. Si noti che, imponendo la condizione h(n) = 0 per ogni n < 0, la risposta impulsiva h(n) che si ottiene risolvendo l’equazione n ≥ 0, con x(n) = δ(n), `e Pn (22) per n−k x(k) discusso nell’Esempio proprio quella del sistema convoluzionale y(n) = k=−∞ a 4 del precedente paragrafo: si confronti l’equazione (23) con il sistema dell’Esempio 4. Peraltro vi sono infinite altre possibili h(n) associate all’equazione (22). Per esercizio si determini la risposta impulsiva che si ottiene risolvendo l’equazione (22) con x(n) = δ(n) ed imponendo la condizione h(n) = 0 per ogni n > 0. Esempi di calcolo di convoluzioni discrete Vista l’importanza che l’operazione di convoluzione riveste per i sistemi LTI `e necessario impadronirsi della tecnica di calcolo. Vedremo molto pi` u avanti come sia possibile calcolare convoluzioni con metodi indiretti ma molto efficaci, ma prima `e necessario saper effettuare i calcoli direttamente. Negli esempi che seguono calcoleremo la convoluzione di due segnali, denotati genericamente v(n) e w(n), senza preoccuparci di dare un’interpretazione sistemistica indicando quale sia da considerare il segnale d’ingresso e quale la risposta impulsiva. Poich´e l’operazione `e commutativa, h(n) ∗ x(n) = x(n) ∗ h(n), `e chiaro che i ruoli di ingresso e risposta impulsiva si possono scambiare ai fini del calcolo dell’uscita. Esempio 1. Siano v(n) = an u(n) e w(n) = u(n), si calcoli v ∗ w(n) v ∗ w(n) =

=

∞ X

w(k)v(n − k) =

k=−∞ " n X

#

"

an−k u(n) = a

k=0

" =

∞ X

u(k)an−k u(n − k)

k=−∞ # n X n −k

a

u(n)

k=0

# 1 − a−(n+1) 1 − an+1 a u(n) u(n) = 1 − a−1 1−a n

Microesercizio. Si confronti con l’Esempio 4 e con l’esempio del precedente paragrafo. Interpretare v ∗ w(n) come risposta al gradino unitario del sistema di risposta impulsiva h(n) = an u(n). Assumendo |a| < 1, si tracci il grafico dell’uscita calcolando anche il limite per n → ∞.

57

Esempio 2. Si calcoli la convoluzione dei segnali v(n) = u(n + 1) − u(n − 3) w(n) = −δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2). Si presti molta attenzione nel tracciare il grafico di v(n). v(n) 1 u

-1

w(n)

6

1 1

u-

2

-1

u

6

2

u

1

n

u-

n

-1 Il calcolo manuale si effettua calcolando, per ogni n, la somma ∞ X

v ∗ w(n) =

w(k)v(n − k).

k=−∞

Si noti che la scelta di quale segnale tenere fisso e quale traslare di n e ribaltare `e arbitraria e va fatta caso per caso, secondo la convenienza computazionale. Qui abbiamo preferito tener fisso il segnale w, di forma pi` u complicata, e muovere v, di forma pi` u semplice. Si veda la figura qui sotto. w(k) 6 1 u

-1

u

2 1

u-

k

-1 v(n − k) 1 u

n−2

u

6 u

n+1

u

u

1

2

u

k

Questa disposizione dei due grafici permette di svolgere agevolmente la convoluzione. Ad esempio `e immediato verificare che per ogni n tale che n + 1 < −1 (n < −2), oppure n − 2 > 2 (n > 4), la convoluzione v ∗ w(n) = 0. Per n ∈ [−2, 4] il calcolo si esegue banalmente e fornisce  (−1) × 1 = −1, n = −2,     (−1) × 1 + 0 × 1 = −1, n = −1,     n = 0,  (−1) × 1 + 0 × 1 + 1 × 1 = 0, (−1) × 1 + 0 × 1 + 1 × 1 + (−1) × 1 = −1 n = 1, v ∗ w(n) =   0 × 1 + 1 × 1 + (−1) × 1 = 0, n = 2,      1 × 1 + (−1) × 1 = 0, n = 3,   (−1) × 1 = −1, n = 4. Un metodo alternativo, noioso e non istruttivo, per il calcolo di qualunque convoluzione discreta tra segnali non nulli su intervalli finiti si basa sulla seguente semplice osservazione.

58

Lemma 9.9. δ(n + n1 ) ∗ δ(n + n2 ) = δ(n + n1 + n2 ) Dimostrazione. δ(n + n1 ) ∗ δ(n + n2 ) =

∞ X

δ(k + n1 )δ(n − k + n2 ) = δ(n + n1 + n2 )

k=−∞

infatti poich´e δ(k + n1 ) = 1 solo per k = −n1 e si annulla altrove, sostituendo k = −n1 in δ(n − k + n2 ) si trova il risultato. Per illustrare l’uso del Lemma per il calcolo di convoluzioni discrete riconsideriamo i segnali v e w dell’esempio osservando che v(n) = δ(n + 1) + δ(n) + δ(n − 1) + δ(n − 2) w(n) = −δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2). Per le propriet` a di distributivit` a della convoluzione rispetto alla somma si pu`o scrivere h i δ(n + 1) + δ(n) + δ(n − 1) + δ(n − 2) v ∗ w(n) = h i ∗ − δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2) h i = δ(n + 1) ∗ − δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2) h i + δ(n) ∗ − δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2) h i + δ(n − 1) ∗ − δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2) h i + δ(n − 2) ∗ − δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2) = −δ(n + 2) + δ(n) − δ(n − 1) + −δ(n + 1) + δ(n − 1) − δ(n − 2) + −δ(n) + δ(n − 2) − δ(n − 3) + −δ(n − 1) + δ(n − 3) − δ(n − 4) = −δ(n + 2) − δ(n + 1) − δ(n − 1) − δ(n − 4) che coincide con quanto calcolato in precedenza. Esempio 3 (calcolo della convoluzione discreta con il prodotto di polinomi). Si considerino due polinomi nella variabile x, ad esempio a(x) = a0 + a1 x + a2 x2 + a3 x3 ,

59

b(x) = b0 + b1 x + b2 x2

e se ne effettui il prodotto c(x) := a(x)b(x) secondo le usuali regole c(x) = a0 b0 + (a0 b1 + a1 b0 ) x + (a0 b2 + a1 b1 + a2 b0 ) x2 + (a1 b2 + a2 b1 + a3 b0 ) x3 + (a2 b2 + a3 b1 ) x4 + a3 b2 x5 I coefficienti di c(x) = c0 + c1 x + c2 x2 + c3 x3 + c4 x4 + c5 x5 sono c0 = a0 b0 , c1 = a0 b1 + a1 b0 , c2 = a0 b2 + a1 b1 + a2 b0 , c3 = a1 b2 + a2 b1 + a3 b0 , c4 = a2 b2 + a3 b1 , c5 = a3 b2 . Si definiscano i segnali a tempo discreto a(n) = a0 δ(n) + a1 δ(n − 1) + a2 δ(n − 2) + a3 δ(n − 3), b(n) = b0 δ(n) + b1 δ(n − 1) + b2 δ(n − 2), c(n) = c0 δ(n) + c1 δ(n − 1) + c2 δ(n − 2) + c3 δ(n − 3) + c4 δ(n − 4) + c5 δ(n − 5). ` immediato verificare (fatelo!) che E c(n) = a(n) ∗ b(n). ` molto interessante osservare che il calcolo della convoluzione di Morale della favola. E due segnali si pu` o effettuare definendo due opportuni polinomi e moltiplicandoli tra loro. Questo fatto non `e una mera curiosit`a matematica, ma il nucleo dell’idea dei metodi alle trasformate per il calcolo efficiente delle convoluzioni. Ne riparleremo diffusamente nella seconda parte del corso. Esercizio proposto 1. Calcolare, con il metodo dei polinomi, la convoluzione dei segnali v(n) = 2δ(n) − δ(n − 1) − 2δ(n − 3), w(n) = −δ(n − 1) + 2δ(n − 4) Esercizio proposto 2. Calcolare, con il metodo dei polinomi, la convoluzione dei segnali v(n) = 2δ(n + 2) − δ(n + 1) − 2δ(n − 1), w(n) = −δ(n − 1) + 2δ(n − 4) [questo richiede un po’ d’immaginazione]

60

Lezione 10 (Marted`ı 22 ottobre, 16:30–18:15) 10.1

Sistemi LTI continui

Sia L un sistema LTI continuo. In analogia con il caso discreto si definisce h(t) := L[δ(t)] la risposta impulsiva del sistema L. Sotto ipotesi tecniche abbastanza blande l’uscita y(t) corrispondente al generico ingresso x(t) si pu`o calcolare in forma convoluzionale y(t) = h(t) ∗ x(t)

(24)

Euristica della rappresentazione (24) Si consideri la rappresentazione integrale del segnale x(t) e la si scriva come limite di somme di Riemann come Z ∞ ∞ X x(t) = x(τ )δ(t − τ ) dτ = lim x(kT )δ(t − kT )T T →0

−∞

k=−∞

Applicando il sistema L si ottiene allora y(t) = L(x(t)) = L

∞ X

lim

T →0

! x(kT )δ(t − kT )T

k=−∞

e, scambiando L con il limite (operazione che andrebbe giustificata rigorosamente) si trova ! ∞ X x(kT )δ(t − kT )T y(t) = L(x(t)) = lim L T →0

k=−∞

ma, impiegando la linearit` a e la tempo invarianza di L, esattamente come fatto nel caso discreto, il termine destro si riscrive come y(t) = L(x(t)) = lim

T →0

∞ X

Z



x(kT )h(t − kT )T =

x(τ )h(t − τ ) dτ −∞

k=−∞

per l’usuale limite delle somme di Riemann. Esempi Esempio 1. Si consideri il sistema elementare Uβ la traslazione temporale (qui β ∈ R `e arbitrario essendo a tempo continuo) y(t) = Uβ (x(t)) = x(t + β) Questo sistema `e LTI (verificarlo) ed ha risposta impulsiva h(t) = δ(t + β), come si ricava ` banale verificare che, qualunque sia l’ingresso x(t), la prendendo ingresso x(t) = δ(t). E corrispondente uscita vale h(t) ∗ x(t) = δ(t + β) ∗ x(t) = x(t + β) = y(t). 61

Esempio 2. Si consisderi il sistema specificato dalla relazione ingresso/uscita Z t y(t) = L(x(t)) := x(τ ) dτ. −∞

` facile verificare che L `e LTI. La risposta impulsiva si ottiene ponendo x(t) = δ(t) e vale E Z t δ(τ ) dτ = u(t). h(t) = −∞

Un calcolo banale dimostra che la convoluzione h(t) ∗ x(t) `e proprio pari all’uscita del sistema: Z t Z t x(τ ) dτ = y(t) u(t − τ )x(τ ) dτ = h(t) ∗ x(t) = −∞

−∞

Esempio 3. Si consideri il sistema descritto dalla relazione ingresso/uscita Z ∞ e−a(t−τ ) u(t − τ )x(τ ) dτ, y(t) =

(25)

−∞

` facile verificare (fatelo!) che il sistema `e LTI. E ` inoltre immediato riconoscere dove a > 0. E che il sistema `e di tipo convoluzionale, infatti definendo h(t) = e−at u(t) risulta che (25) equivale a y(t) = h(t) ∗ x(t). Si `e cos`ı verificato che h(t) `e la risposta impulsiva del sistema LTI (25). Esempio di rappresentazione implicita di un sistema LTI convoluzionale ` interessante osservare che esiste una rappresentazione alternativa del sistema (25) che E ricavaremo qui sotto dopo aver introdotto una propriet`a generale della convoluzione. Lemma 10.10. (derivata della convoluzione di due segnali) Sia z(t) := v(t) ∗ w(t) allora     d d d z(t) = v(t) ∗ w(t) = v(t) ∗ w(t) dt dt dt Nota bene. Il lemma diventa rigoroso aggiungendo ipotesi standard che consentono lo scambio della derivata con l’integrale nella dimostrazione qui sotto. R∞ Dimostrazione. Si noti che z(t) = −∞ v(t − τ )w(τ ) dτ calcolando la derivata di entrambi i membri e, nel membro di destra, scambiando l’integrale con la derivata, si ha Z ∞ d d z(t) = v(t − τ )w(τ ) dτ dt dt −∞   Z ∞ d d = v(t − τ )w(τ ) dτ = v(t) ∗ w(t). dt −∞ dt La seconda si dimostra in modo analogo utilizzando l’espressione alternativa della convoluzione. 62

Esempio. Si consideri il sistema LTI (25) che, come abbiamo visto, si pu`o descrivere con la convoluzione y(t) = h(t) ∗ x(t) dove h(t) = h(t) = e−at u(t). Il calcolo della derivata dell’uscita fornisce    d d −at d h(t) ∗ x(t) = y(t) = e u(t) ∗ x(t) dt dt dt   = −ae−at u(t) + e−at δ(t) ∗ x(t) = −ay(t) + x(t) dove si sono sfruttate le note propriet`a della delta di Dirac (in particolare e−at δ(t) = δ(t)). Abbiamo cos`ı ricavato la rappresentazione alternativa del sistema LTI (25): d y(t) + ay(t) = x(t) dt attraverso un’equazione differenziale. Come avremo modo di veder meglio in seguito il legame tra sistemi LTI ed equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti `e strettissimo. Esempi di calcolo di convoluzioni continue Si vedano le avvertenze date all’inizio del paragrafo esempi di calcolo di convoluzioni discrete, della scorsa lezione. Esempio 1. Siano v(t) = e−at u(t), con a > 0 e w(t) = u(t), si calcoli v ∗ w(t). Z ∞ Z ∞ v ∗ w(t) = v(τ )w(t − τ ) dτ = e−aτ u(τ )u(t − τ ) dτ −∞ −∞ Z t    1 − e−at = e−aτ dτ u(t) = u(t). a 0 Microesercizio. Si confronti con l’Esempio 3 del precedente paragrafo. Interpretare v ∗ w come risposta al gradino unitario del sistema di risposta impulsiva h(t) = e−at u(t). Assumendo a > 0, si tracci il grafico dell’uscita calcolando anche il limite per t → ∞.

1

w(t-τ) t v(τ)

τ

1 τ

v*w(t)

1/a

t

63

Esempio 2. Si calcoli la convoluzione dei segnali   t v(t) = rect , 2  w(t) = (t − 1) u(t − 1) − u(t − 3) Soluzione. Calcoliamo

Z



v(t − τ )w(τ ) dτ

v ∗ w(t) = −∞

In figura sono tracciati i grafici di v(t − τ ) e di w(τ ) sull’asse d’integrazione τ .

v(t-τ)

1 t-1

t+1

τ

2

w(τ)

1 1

2

3

τ

Osservando come varia v(t − τ ) al variare della traslazione t si distinguono i seguenti casi: (a.) t + 1 ≤ 1 (cio`e t < 0), i segnali v(t − τ ) e w(τ ) non si intersecano, (b.) t + 1 ≥ 1 e t − 1 ≤ 1 (cio`e 0 ≤ t ≤ 2), i segnali intersecano nell’intervallo τ ∈ [1, t + 1], (c.) t + 1 ≥ 3 e t − 1 ≤ 3 (cio`e 2 ≤ t ≤ 4), i segnali intersecano nell’intervallo τ ∈ [t − 1, 3], (d.) t − 1 ≥ 3 (cio`e t > 4), i segnali non si intersecano. I calcoli analitici si spezzano quindi come segue

   0,    Z ∞  R t+1 1 · (τ − 1) dτ = 1 t2 , 2 v ∗ w(t) = v(t − τ )w(τ ) dτ = R13 1 2  1 · (τ − 1) dτ = − −∞  2 t + 2t, t−1     0,

64

se t ≤ 0, se 0 ≤ t ≤ 2, se 2 ≤ t ≤ 4, se t ≥ 4.

La figura qui sotto mostra il risultato della convoluzione v ∗ w.

v*w(t)

2 1 1

2

3

t

4

Esercizio proposto. Si calcoli l’uscita y(t) del sistema LTI di risposta impulsiva h(t) = e−αt u(t), corrispondente all’ingresso x(t) = u(t) − u(t − t1 ), dove t1 > 0. Osservazioni utili per il calcolo di convoluzioni Osservazione 1. (estensione temporale della convoluzione) Vale il seguente lemma di cui abbiamo dato una dimostrazione grafica. Lemma 10.11. Se i segnali v(·) e w(·) sono nulli per ogni t ∈ / [tv , Tv ] e, rispettivamente t∈ / [tw , Tw ], la convoluzione v ∗ w(t) `e nulla per ogni t ∈ / [tv + tw , Tv + Tw ]. La dimostrazione grafica `e perfettamente rigorosa.

v(t) tv

Tv

t w(t)

tw

Tw

t v(t-τ)

t-Tv

t-tv

τ

w(τ)

Tw

tw

τ

Microesercizio. Si scriva una versione del lemma che valga per la convoluzione a tempo discreto. 65

Osservazione 2. (regolarit`a della convoluzione) La convoluzione a tempo continuo ha una naturale propriet`a di smoothing, cio`e di regolarizzazione dei segnali. Nell’Esempio 2 la convoluzione di due segnali con discontinuit`a a salto `e una funzione continua. Questo fenomeno `e generale. Si pu`o dimostrare che il risultato della convoluzione `e sempre pi` u regolare dei segnali coinvolti nell’operazione.

10.2

Risposta impulsiva di sistemi in cascata

Consideriamo la cascata di sistemi LTI

x(t)

w(t) -

h1

y(t) -

h2

-

Poich´e i due sistemi sono LTI sicuramente `e w(t) = h1 (t) ∗ x(t) y(t) = h2 (t) ∗ w(t) e sostituendo la prima nella seconda  y(t) = h2 (t) ∗ h1 (t) ∗ x(t) . Sfruttando l’associativit` a della convoluzione  y(t) = h1 (t) ∗ h2 (t) ∗ x(t) Si conclude che la cascata `e un sistema LTI la cui risposta impulsiva `e h(t) = h1 (t) ∗ h2 (t) Osservazione. Lo stesso risultato vale nel caso discreto. La cascata dei sistemi LTI discreti di risposte impulsive h1 (n) e h2 (n) rispettivamente `e un sistema LTI di risposta impulsiva h(n) = h1 (n) ∗ h2 (n). Come sottoprodotto del precedente risultato otteniamo la seguente fondamentale propriet`a dei sistemi LTI. Teorema 10.5. I sistemi LTI commutano. Dimostrazione. h1 (t) ∗ h2 (t) = h2 (t) ∗ h1 (t).

66

Lezione 11 (Mercoled`ı 23 ottobre, 16:30–18:15) Nella prima parte della lezione caratterizziamo i sistemi LTI che sono rispettivamente, statici, causali, anticausali, e BIBO stabili, a partire dalle propriet`a della risposta impulsiva. Nella seconda parte introduciamo la nozione di risposta in frequenza ed iniziamo lo studio del regime periodico dei sistemi LTI.

11.1

Propriet` a dei sistemi LTI desumibili dalla risposta impulsiva

` possibile analizzare alcune propriet`a dei sistemi LTI sulla base del comportamento della E risposta impulsiva. (a.) Sistemi LTI statici Iniziamo con una semplice caratterizzazione dei sistemi LTI statici. Lemma 11.12. (sistemi LTI statici) I sistemi LTI statici sono tutti e soli quelli della forma y(t) = Ax(t), per qualche A ∈ R. Analogamente, i sistemi discreti LTI statici sono tutti e soli quelli della forma y(n) = Ax(n). Dimostrazione. La scriviamo per i sistemi continui. Vale anche, parola per parola, previo un opportuno cambio di notazione, per i sistemi discreti. Per definizione il sistema continuo Σ `e statico se e solo se y(t) = Σ(x(·))(t) = f (t, x(t)), (26) ovvero l’uscita all’istante t ∈ R `e una funzione che dipende, al pi` u, da t e dal valore x(t), ma non dai valori dell’ingresso in istanti di tempo diversi da t. Per imporre che il sistema (26) sia tempo invariante deve verificarsi che l’uscita, diciamola ye(t), del sistema Σ all’ingresso x e(t) = x(t + β) sia tale che ye(t) = y(t + β), qualunque sia β ∈ R. I segnali coinvolti sono ye(t) = Σ(e x)(t) = f (t, x ˜(t)) = f (t, x(t + β)) y(t + β) = Σ(x(·))(t + β) = f (t + β, x(t + β)). Affinch´e valga l’identit` a y˜(t) = y(t + β) qualunque sia x(·) `e necessario che f (t, x(t + β)) = f (t + β, x(t + β)), qualunque sia x(·), ovvero che la funzione f (t, x) sia constante nel primo argomento t. Si conclude che i sistemi discreti tempo invarianti sono tutti e soli quelli della forma y(t) = Σ(x(·))(t) = f (t, x(t)) = Ag(x(t)),

(27)

per qualche funzione g(·). Imponendo ora la linearit`a del sistema (27), si conclude che i sistemi discreti LTI statici sono tutti e soli quelli della forma y(t) = Σ(x(·))(t) = f (t, x(t)) = Ag(x(t)) = Ax(t).

(28)

Osservazione. In termini pi` u fisici si pu`o dire che sono sistemi LTI statici tutti e soli gli amplificatori puri, sistemi cio`e che riproducono in uscita il segnale d’ingresso moltiplicato per una costante. 67

Lemma 11.13. (caratterizzazione della risposta impulsiva dei sistemi LTI statici) I sistemi LTI statici sono tutti e soli quelli la cui risposta impulsiva `e della forma (il caso discreto tra parentesi) h i h(t) = Aδ(t), h(n) = Aδ(n) . Dimostrazione. Banale applicazione del Lemma 11.12. Limitatamente ai sistemi discreti il Lemma 11.13 ammette una semplice dimostrazione alternativa. Dimostrazione alternativa. Sia h(n) la risposta impulsiva di un sistema discreto LTI e statico. Per ogni x(·) l’uscita corrispondente `e y(n) =

∞ X

h(k)x(n − k)

k=−∞

= · · · + h(−1)x(n + 1) + h(0)x(n) + h(1)x(n − 1) + . . .

(29)

Per definizione un sistema `e statico se e solo se, qualunque sia il segnale d’ingresso x(·), l’uscita y(n) all’istante n dipende, al pi` u, da n e dal valore dell’ingresso, x(n), all’istante n. L’equazione (29) mostra chiaramente che tale propriet`a vale se e solo se h(n) = 0 per ogni n 6= 0. La concluzione `e che un sistema `e discreto LTI statico se e solo se y(n) = h(0)x(n), cio`e se, per qualche costante A, vale h(n) = Aδ(n). (b.) Sistemi LTI causali Anche le propriet` a di causalit` a, e di anticausalit`a, dei sistemi LTI si possono desumere dall’analisi della risposta impulsiva. Lemma 11.14. (caratterizzazione della risposta impulsiva dei sistemi LTI causali) I sistemi LTI causali sono tutti e soli quelli la cui risposta impulsiva `e della forma (il caso discreto tra parentesi) h i h(t) = 0, per ogni t < 0. h(n) = 0, per ogni n < 0. Dimostrazione. La prima parte della dimostrazione `e scritta per i sistemi continui. Sia L un sistema LTI di risposta impulsiva h(t). Si supponga che h(t) = 0 per ogni t < 0, allora l’uscita y(t) = h(t) ∗ x(t) vale Z ∞ Z t y(t) = h(t − τ )x(τ ) dτ = h(t − τ )x(τ ) dτ, −∞

−∞

dove la seconda uguaglianza discende dall’ipotesi h(t) = 0 per ogni t < 0, equivalente a ` evidente allora che y(t) non dipende dai valori x(τ ) per h(t − τ ) = 0 per ogni τ > t. E τ > t, ovvero il sistema LTI `e causale. Invertendo il flusso di questo ragionamento si dimostra che se un sistema LTI `e causale allora h(t) = 0 per ogni t < 0. Per i sistemi discreti LTI si pu` o scrivere y(n) =

∞ X

h(k)x(n − k)

k=−∞

= · · · + h(−1)x(n + 1) + h(0)x(n) + h(1)x(n − 1) + . . . 68

(30)

che permette di verificare immediatamente che h(n) = 0 per ogni n < 0 `e condizione necessaria e sufficiente per la causalit`a. Esercizio obbligatorio (risposta impulsiva dei sistemi LTI anti-causali). Si verifichi che condizione necessaria e sufficiente per l’anti-causalit`a di un sistema LTI `e h(t) = 0 per ogni t > 0 (nel caso discreto h(n) = 0 per ogni n > 0). Terminologia. Non ha alcun senso riferirsi ad un segnale x(·) tale che x(t) = 0 per ogni t < 0 come ad un segnale causale. La causalit`a `e una propriet`a dei sistemi non dei segnali. Osservazione. Nel caso di sistemi LTI causali si possono scrivere gli integrali di convoluzione tenendo conto fin da subito del fatto che h(t) = 0 per t < 0. Si ottengono allora le seguenti formule Z t Z ∞ y(t) = x(τ )h(t − τ ) dτ = h(τ )x(t − τ ) dτ −∞

0

Nel frequente caso in cui sia h(t) che x(t) siano nulli per ogni t < 0 gli integrali diventano Z t  Z t  y(t) = x(τ )h(t − τ ) dτ u(t) = h(τ )x(t − τ ) dτ u(t) 0

0

Convincetevi della correttezza delle formule e in particolare dell’uso dei gradini unitari (assenti nelle prime due formule e presenti nelle seconde due). (c.) Sistemi LTI BIBO stabili Prima di dare la caratterizzazione dei sistemi BIBO stabili introduciamo due importanti classi di segnali che torneranno utili anche nel seguito. Definizione 11.14. (classi L1 ed `1 ) L’insieme dei segnali a tempo continuo assolutamente integrabili su [a, b] `e 1



L [a, b] :=



 Z b x : [a, b] 7→ C |x(τ )| dτ < ∞ a

In questa definizione −∞ ≤ a < b ≤ ∞. Analogamente, l’insieme dei segnali discreti assolutamente sommabili `e ) ( ∞ X `1 := x : Z 7→ C |x(n)| < ∞ k=−∞

 Esercizio. Dimostrare che L1 [a, b] ed `1 sono entrambi spazi vettoriali. Teorema 11.6. I sistemi LTI BIBO stabili sono tutti e soli quelli per cui h(t) ∈ L1 (R) nel caso di sistemi continui, ovvero h(n) ∈ `1 nel caso dei sistemi discreti. Equivalentemente la condizione necessaria e sufficiente di BIBO stabilit` a `e (in parentesi il caso discreto) " ∞ # Z ∞ X |h(τ )| dτ < ∞. |h(k)| < ∞. −∞

k=−∞

69

Dimostrazione. La dimostrazione `e scritta per il caso discreto. Cominciamo dimostrando la sufficienza della condizione. Assumiamo che h(n) ∈ `1 e dimostriamo che il sistema LTI di risposta impulsiva h(n) `e BIBO stabile. Allo scopo `e sufficiente dimostrare che per ogni segnale d’ingresso limitato, ovvero tale che |x(n)| ≤ Mx < ∞ per ogni n, l’uscita y(n) `e limitata. Vale la seguente catena di disuguaglianze ∞ X |y(n)| = h(k)x(n − k) ≤

k=−∞ ∞ X

|h(k)| |x(n − k)|

k=−∞ ∞ X

≤ Mx

|h(k)| < ∞

k=−∞

La dimostrazione della necessit` a della condizione non `e particolarmente istruttiva, ma per completezza `e riprodotta qui sotto. Si deve dimostrare che se un sistema LTI `e BIBO stabile allora h(n) ∈ `1 . Tradizionalmente si dimostra la contronominale: se h(n) 6∈ `1 allora il sistema LTI di risposta impulsiva h(n) non `e BIBO stabile. Sia dunque h(n) 6∈ `1 e si costruisca il segnale d’ingresso ( h(−n) |h(−n)| , se h(−n) 6= 0, x(n) := 0, se h(−n) = 0 Per definizione |x(n)| assume solo i valori 0 ed 1, quindi x(n) `e un segnale limitato. Peraltro il calcolo di y(0) fornisce y(0) =

=

=

∞ X k=−∞ ∞ X k=−∞ ∞ X

h(k)x(0 − k)

h(k)

∞ X |h(k)|2 h(k) = |h(k)| |h(k)| k=−∞

|h(k)| = ∞

k=−∞

Un ingresso limitato ha prodotto un’uscita illimitata. Il sistema non `e BIBO stabile, come si doveva dimostrare. Esercizio obbligatorio. Riscrivere la dimostrazione della condizione sufficiente (prima parte della dimostrazione fornita) nel caso dei sistemi a tempo continuo.

11.2

Caratterizzazione alternativa dei sistemi LTI - la risposta indiciale

Abbiamo mostrato come la risposta impulsiva di un sistema LTI non solo caratterizza completamente la mappa ingresso/uscita, ma permette anche di desumere le principali propriet`a del sistema. In realt` a esistono altri segnali che caratterizzano i sistemi LTI. Un esempio particolarmente interessante `e la risposta al gradino unitario. Questo fatto `e molto utile nelle applicazioni: non `e sempre tecnologicamente possibile assestare una 70

martellata al sistema per misurarne la risposta impulsiva, mentre `e a volte abbastanza agevole applicare un gradino unitario e misurare la risposta. Risposta indiciale dei sistemi LTI discreti La risposta indiciale (unit step response) del sistema LTI discreto L `e il segnale s(n) := L[u(n)], ovvero l’uscita del sistema L sollecitato dal gradino unitario. Se h(n) `e la risposta impulsiva di L allora ∞ ∞ n X X X s(n) = h(n − k)u(k) = h(n − k) = h(k). k=−∞

k=0

k=−∞

Ne segue che h(n) = s(n) − s(n − 1). Poich`e i segnali h(·) ed s(·) sono ricavabili uno dall’altro, `e evidente che fornire s(n) `e equivalente a fornire h(n) e dunque `e giustificata l’affermazione che la risposta indiciale caratterizza completamente un sistema LTI. Risposta indiciale dei sistemi LTI continui La risposta indiciale (unit step response) del sistema LTI continuo L `e il segnale s(t) := L[u(t)] La relazione con la risposta impulsiva si ricava come sopra Z ∞ Z ∞ Z s(t) = h(t − τ )u(τ ) dτ = h(t − τ )dτ = −∞

0

t

h(τ )dτ

−∞

Ne segue, d s(t). dt Poich`e h(·) ed s(·) sono ricavabili una dall’altra, anche nel caso continuo la risposta indiciale caratterizza completamente i sistemi LTI. h(t) =

11.3

Risposta in frequenza dei sistemi LTI continui

Introduzione motivazionale Abbiamo visto nella Lezione 8 (Lemma 8.8) che i sistemi tempo invarianti preservano la periodicit` a dei segnali d’ingresso. In generale per`o la forma d’onda degli ingressi periodici non viene preservata, neppure dai sistemi LTI. Esercizio proposto. Il sistema LTI di risposta impulsiva h(t) = e−αt u(t) `e sollecitato dall’ingresso x(t) = u(t)−u(t−t1 ) dove t1 > 0. Calcolando la convoluzione y(t) = h(t)∗x(t) si trova7 7

Sar` a chiaro in seguito che un’interpretazione fisica di quest’esempio `e la seguente. L’ingresso x(t) `e una batteria da 1V che alimenta un circuito RC-serie, chiuso da un interruttore a t = 0 e riaperto a t = t1 ; l’uscita y(t) `e la tensione sul condensatore, scarico per t = 0, che si carica fino all’istante t = t1 e poi si scarica per t > t1 .

71

y(t) =

   0,   1 α

   

se t < 0, 1−e

eαt1 −1 α

 −αt

(31)

, se 0 ≤ t ≤ t1 ,

e−αt ,

se t ≥ t1 .

(si traccino tutti i grafici!) Poich´e il sistema `e LTI, applicando l’ingresso periodico x e(t) := repT x(t) (fisicamente si tiene acceso il circuito t1 secondi ogni T secondi da sempre e per sempre) la corrispondente uscita ye(t) sar`a certamente periodica di periodo T . In conseguenza della linearit` a e della tempo invarianza sar`a certamente ye(t) = repT y(t), dove y(t) `e il segnale (31) In figura `e riportato il grafico di ye(t) per α = 1, t1 = 1 e T = 20. Se i sistemi LTI conservassero la forma d’onda dell’ingresso, il segnale d’uscita ye(t) sarebbe un treno di impulsi rettangolari, come `e x e(t), tuttalpi` u traslato e/o moltiplicato per un fattore di scala. Non `e cos`ı. In generale la forma d’onda dei segnali periodici che attraversano sistemi LTI non `e preservata.

Fin qui le cattive notizie, ora quelle buone. I sistemi LTI hanno la notevolissima propriet`a di preservare non solo il periodo, ma l’intera forma d’onda dei segnali periodici sinusoidali ed esponenziali immaginari. Si tratta di una fortunata coincidenza poich´e tali segnali sono interessanti sia dal punto di vista teorico che pratico. Dal punto di vista applicativo i segnali periodici sinusoidali sono prevalenti nella pratica dell’ingegneria industriale e dell’informazione. Risposta in frequenza Inizieremo l’analisi studiando l’uscita corrispondente ai segnali d’ingresso di tipo esponenziale immaginario, ovvero x(t) = ejωt per qualche ω ∈ R.

y(t)

ejωt -

h(t)

-

La risposta y(t) del sistema LTI L, di risposta impulsiva h(t), all’ingresso x(t) = ejωt si ottiene per convoluzione Z ∞  Z ∞ jω(t−τ ) −jωτ y(t) = h(τ )e dτ = h(τ )e dτ ejωt −∞

−∞

72

Se l’integrale in parentesi quadre converge, `e ben definita la funzione Z ∞ h(τ )e−jωτ dτ H : R −→ C, ω 7→ H(jω) := −∞

detta risposta in frequenza del sistema. Quando H(jω) esiste si pu`o quindi scrivere  L ejωt = H(jω) ejωt . (32) L’uscita H(jω) ejωt differisce dall’ingresso ejωt solo per un fattore di scala H(jω) costante nel tempo, e ne mantiene quindi immutata la forma. Il linguaggio dell’algebra lineare consente d’interpretare geometricamente l’equazione (32): i segnali ejωt (uno per ogni ω ∈ R) sono autofunzioni dell’operatore lineare L ed H(jω) sono i corrispondenti autovalori. Lemma 11.15. Condizione sufficiente per l’esistenza della risposta in frequenza H(jω) `e che il sistema LTI L sia BIBO-stabile. Dimostrazione. Il sistema L `e BIBO stabile se e solo se h(t) ∈ L1 (R), allora Z ∞ Z ∞ −jωτ dτ ≤ |H(jω)| := h(τ )e |h(τ )| dτ < ∞ −∞

−∞

Esempi di calcolo di H(jω) Esempio 1.

h(t) = δ(t) (sistema identit`a) H(jω) = 1.

h(t) = e−αt u(t)  1 Z ∞ se α > 0, e−(α+jω)τ ∞ −(α+jω)τ α+jω , e dτ = H(jω) = = non converge, se α ≤ 0 −(α + jω) 0 0

Esempio 2.

Al variare di α ∈ R varia il sistema h(t) = e−αt u(t) e la risposta in frequenza esiste se e solo se il sistema `e BIBO-stabile (convincetevi che la condizione di BIBO stabilit`a per questi sistemi `e α > 0). Esempio 3.

y(t) =

d dt x(t)

(derivatore)

Questo sistema `e LTI, ma non `e BIBO-stabile, infatti l’uscita corrispondente all’ingresso x(t) = sin(t2 ) non `e limitata. La condizione sufficiente  per l’esistenza di H(jω) non `e soddisfatta, peraltro se x(t) = ejωt l’uscita `e L ejωt = jω ejωt . Confrontando con l’equazione (32) si conclude che la risposta in frequenza `e ben definita e vale H(jω) = jω Osservazione. In generale la risposta in frequenza di un sistema LTI L `e ben definita se, per tutti (al variare di ω ∈ R) gli ingressi della forma ejωt , i segnali d’uscita sono limitati. 73

Lezione 12 (Luned`ı 28 ottobre, 14:30–16:15) Dove si calcola la risposta di un sistema LTI ad un ingresso sinusoidale, si studiano le simmetrie della risposta in frequenza, e si intravede il teorema della convoluzione. Problema pratico – calcolo della risposta a segnali sinusoidali Nelle applicazioni ingegneristiche un frequente problema pratico `e il calcolo della risposta di un sistema LTI sollecitato da un segnale sinusoidale, ovvero del tipo x(t) = A cos(ωt+θ).

A cos(ωt + θ)

y(t) -

h(t)

-

Il segnale d’uscita y(t) si ottiene per convoluzione dell’ingresso x(t) con la risposta impulsiva h(t), Z ∞ Z ∞  y(t) = h(τ )x(t − τ ) dτ = h(τ )A cos ω(t − τ ) + θ dτ, (33) −∞

−∞

ma l’uso della risposta in frequenza semplifica il calcolo. Metodo 1 (valido qualunque sia h(t)). Si utilizza la formula di Eulero per rappresentare l’ingresso A A x(t) = A cos(ωt + θ) = ej(ωt+θ) + e−j(ωt+θ) 2 2 e, ricordando la definizione di risposta in frequenza e la linearit`a del sistema, si ricava l’uscita nella forma A A y(t) = H(jω) ej(ωt+θ) + H(−jω) e−j(ωt+θ) 2 2 Metodo 2 (valido se h(t) `e reale – 99% delle applicazioni). Si rappresenta il segnale d’ingresso come h i (34) x(t) = A cos(ωt + θ) = Re Aej(ωt+θ) Inserendo (34) nella convoluzione (33) e supponendo che h(t) sia reale si ha che    Z ∞ Z ∞  j ω(t−τ )+θ jθ jω(t−τ ) y(t) = h(τ ) Re Ae dτ = Re Ae h(τ )e dτ −∞ −∞ h i h i = Re Aejθ H(jω)ejωt = Re AH(jω)ej(ωt+θ) h i = Re A|H(jω)|ej(ωt+θ+arg H(jω))  = A|H(jω)| cos ωt + θ + arg H(jω) . La seconda uguaglianza `e quella che richiede h(t) reale per essere valida. 74

Il segnale d’ingresso sinusoidale A cos(ωt + θ) viene riscalato in ampiezza del fattore |H(jω)|, e sfasato di argH(jω) rad. La pulsazione ω non cambia poich´e il sistema `e tempo invariante e preserva il periodo. A cos ωt + θ



 7→ A |H(jω)| cos ωt + θ + arg H(jω)

Esempio numerico. Calcolare l’uscita del seguente sistema

cos



3t

y(t)

e−t u(t)

-

L’uscita vale Z

-

√ e−(t−τ ) cos( 3τ ) dτ,

t

y(t) = −∞

ma si pu` o evitare il calcolo della convoluzione ricorrendo alla risposta in frequenza che, per il sistema di risposta impulsiva h(t) = e−t u(t) vale H(jω) =

1 . 1 + jω

Calcoliamo ora l’uscita con i due metodi visti sopra. Con il metodo 1. Scrivendo x(t) = 21 ej



3t

+ 12 e−j



3t

si ha

√ √ 1 √ √ 1 y(t) = H(j 3) ej 3t + H(−j 3) e−j 3t 2 2 √ √ 1 1 1 1 j 3t √ e √ e−j 3t . = + 2 1+j 3 21−j 3

Con il metodo 2. Poich´e la risposta impulsiva h(t) `e reale, e osservando che √ H(j 3) =

√ π 1 1 √ = |H(j 3)|ej arg(H(jω)) = e−j 3 , 2 1+j 3

l’uscita si scrive √ √ √  y(t) = |H(j 3)| cos 3 t + arg H(j 3) √ 1 π = cos 3t − 2 3 Nota bene. L’espressione che si ottiene con il metodo 1 `e comoda per i calcoli ma ha lo svantaggio di non essere in forma reale e quindi non mette immediatamente in evidenza il fattore di scala e lo sfasamento che il sistema applica alla sinusoide in ingresso.

75

12.1

Risposta in frequenza dei sistemi LTI continui - parte 2

Trattiamo delle simmetrie della risposta in frequenza, e della risposta in frequenza della cascata di sistemi LTI. (a.) Simmetrie di H(jω) Consideriamo il caso generale in cui la risposta impulsiva h(t) sia a valori in C. Lemma 12.16. Se h(t) = h(−t) allora H(jω) = H(−jω) = 2

R∞ 0

h(τ ) cos ωτ dτ

Dimostrazione. Z



H(jω) = −∞ 0

Z =

h(τ )e−jωτ dτ h(τ )e−jωτ dτ +

−∞ Z ∞

= 2

Z



h(τ )e−jωτ dτ

0

h(τ ) cos ωτ dτ 0

dove, nell’integrale

R0

−∞ ,

abbiamo effettuato un cambio di variabile τ 0 = −τ .

Lemma 12.17. Se h(t) = h(t) (reale) allora H(−jω) = H(jω) (hermitiana) Dimostrazione. Z



H(−jω) = Z−∞ ∞ =

h(τ )e−j(−ω)τ dτ h(τ )ejωτ dτ

−∞ ∞

Z =

h(τ )e−jωτ dτ

[poich´e h(t) `e reale]

−∞

= H(jω)

Corollario 12.1. Se h(n) `e reale e pari allora H(ejω ) `e reale e pari Dimostrazione. Dai precedenti Lemmi 12.16 e 12.17. Poich´e H : R −→ C, in generale non `e possibile rappresentare graficamente H(jω) con un unico grafico bidimensionale. Solitamente si producono due grafici, uno del modulo |H(jω)| verso ω, ed uno della fase argH(jω) verso ω. Le propriet`a di simmetria semplificano la rappresentazione grafica. In particolare, nel caso (frequente) di h(t) reale, H(jω) ha simmetria hermitiana, quindi il modulo e la fase sono rispettivamente una funzione pari ed una dispari di ω. In entrambi i casi `e sufficiente tracciarne il grafico per i soli ω > 0. Esempio. Per il sistema LTI di risposta impulsiva h(t) = e−at u(t), dove a > 0, la risposta in frequenza `e ω 1 1 H(jω) = =√ ej arctan ( a ) , ω>0 2 2 a + jω a +ω 76

I grafici del modulo e della fase di H(jω), per a = 4 sono riportati in figura.

(b.) Risposta in frequenza della cascata di sistemi LTI Siano L1 ed L2 sistemi LTI, di risposta impulsiva h1 (t) ed h2 (t) rispettivamente, e che ammettono risposta in frequenza. I due sistemi sono connessi in cascata, come in figura. Ci interessa calcolare, se esiste, la risposta in frequenza H(jω) della cascata.

ejωt -

w(t) -

H1 (jω)

y(t) H2 (jω)

-

Denotiamo con H1 (jω) ed H2 (jω) le risposte in frequenza dei due sistemi. Il segnale d’ingresso della cascata (e di L1 ) `e x(t) = ejωt . Il segnale di uscita di L1 (e d’ingresso di L2 ) `e w(t) = H1 (jω)ejωt e, per linearit`a, l’uscita y(t) (di L2 e) della cascata, `e y(t) = H2 (jω)H1 (jω)ejωt . La conclusione `e che H(jω) = H1 (jω)H2 (jω). Riassumendo: per la cascata di due sistemi, risposta impulsiva e risposta in frequenza sono

h(t) = h1 (t) ∗ h2 (t) H(jω) = H1 (jω)H2 (jω) Queste relazioni, dimostrate sfruttando le propriet`a dei sistemi LTI, sono un caso particolare del teorema della convoluzione che studieremo pi` u avanti.

Domanda di verifica – risolto in aula Per ognuna delle seguenti coppie di segnali dire se sono, o no, possibili coppie ingressouscita (x(t), y(t)) di sistemi LTI. (a.) (cos 2t, 0) (b.) (0, cos 2t), (c.) (2ej3t +3ej5t , ej8t ), (d.) (ej3t , 4 cos 3t), (e.) (4 cos 3t, ej3t ). Soluzione. (a.) si, (b.) no, (c.) no, (d.) no, (e.) si.

77

Lezione 13 (Marted`ı 29 ottobre, 16:30–18:15) Dove si introduce la risposta in frequenza dei sistemi LTI discreti, se ne esibiscono le propriet` a, molto simili a quelle del caso continuo, si esemplifica numericamente, e poi si termina con una salva di esercizi su argomenti disparati.

13.1

Risposta in frequenza dei sistemi LTI discreti

La nozione di risposta in frequenza `e utile anche nel caso dei sistemi discreti. Vale sostanzialmente quanto gi` a visto per i continui, con alcune differenze che segnaleremo. Come per il caso continuo iniziamo con lo studio della risposta del sistema LTI L di risposta impulsiva h(n) a ingressi della forma x(n) = ejωn .

y(n)

ejωn h(n)

-

-

La risposta y(n) si calcola per convoluzione y(n) =

∞ X

" h(k)e

jω(n−k)

=

k=−∞

∞ X

# h(k)e

−jωk

ejωn .

k=−∞

Se la serie in parentesi quadre converge risulta ben definita la funzione H : R −→ C,

ω 7→ H(ejω ) :=

∞ X

h(k)e−jωk ,

k=−∞

che `e detta risposta in frequenza del sistema. Nota importante sulla notazione. La notazione H(ejω ) non deve trarrePin inganno. L’ar−jωk . gomento della risposta in frequenza `e ω e la funzione d’interesse `e ω 7→ ∞ k=−∞ h(k)e Poich´e tale funzione `e periodica in ω, di periodo 2π (convincetevene) si preferisce denotare l’argomento della risposta in frequenza con ejω , proprio per mettere in evidenza la periodicit`a in ω. [Si confronti con la discussione della periodicit`a in ω dei segnali sinusoidali discreti ejωn al paragrafo 5.3.] Quando la risposta in frequenza H(ejω ) esiste abbiamo visto che  y(n) = L ejωn = H(ejω ) ejωn

(35)

L’uscita H(ejω ) ejωn differisce dall’ingresso ejωn solo per un fattore di scala H(ejω ) costante nel tempo, e ne mantiene quindi immutata la forma. Il linguaggio dell’algebra lineare consente d’interpretare geometricamente l’equazione (32): i segnali ejωn (uno per ogni ω ∈ (−π, π]) sono autofunzioni dell’operatore lineare L ed H(ejω ) sono i corrispondenti autovalori. ω Nota bene. Il segnale ejωn `e periodico se e solo se 2π ∈ Q, ma qualunque sia ω ∈ (−π, π] esso `e un’autofunzione dei sistemi LTI discreti.

78

Lemma 13.18. Condizione sufficiente per l’esistenza della risposta in frequenza H(ejω ) `e che il sistema LTI L sia BIBO-stabile. Dimostrazione. Se il sistema L `e BIBO stabile allora h(n) ∈ `1 , allora ∞ ∞ X X jω −jωk |H(e )| := h(k)e |h(k)| < ∞, per ogni ω ∈ (−π, π]. ≤ k=−∞

k=−∞

Esempi di calcolo di H(ejω ) Esempio 1.

h(n) = δ(n) (sistema identit`a)

Questo sistema LTI `e banalmente BIBO stabile, la risposta in frequenza dunque esiste e vale ∞ X H(jω) = δ(k)e−jωk = 1, per ogni ω ∈ (−π, π]. k=−∞

Esempio 2.

h(n) = an u(n),

dove a ∈ R.

La condizione di BIBO stabilit` a di questo sistema LTI `e ∞ X

|h(k)| =

∞ X

an < ∞

k=0

k=−∞

che `e verificata se e solo se |a| < 1. Microesercizio. Tracciare i grafici delle sequenze h(n) per |a| < 1 distinguendo i casi a ∈ (−1, 0), a = 0 e a ∈ (0, 1). Per |a| < 1 la risposta in frequenza esiste e vale jω

H(e ) =

∞ X

k −jωk

a e

=

k=0

∞ X 

ae−jω

k

k=0

=

1 . 1 − ae−jω

Simmetrie di H(jω) Valgono risultati identici a quelli visti nel caso dei sistemi a tempo continuo. Lemma 13.19. Se h(n) = h(−n) allora H(ejω ) = H(e−jω ) = h(0) + 2

P∞

k=1 h(k) cos kω

Dimostrazione. H(ejω ) =

∞ X

h(k)e−jωk

k=−∞

=

−1 X

h(k)e

−jωk

+ h(0) +

k=−∞

= h(0) + 2

∞ X

h(k)e−jωk

k=1 ∞ X

h(k) cos kω.

k=1

dove, nella serie

P−1

−jωk k=−∞ h(k)e

abbiamo effettuato il cambio di variabile k 0 = −k.

79

Lemma 13.20. Se h(n) = h(n) (reale) allora H(e−jω ) = H(ejω ) (hermitiana) Dimostrazione. −jω

H(e

∞ X

) =

h(k)e

−j(−ω)k

k=−∞ ∞ X

=

=

∞ X

h(k)ejωk

k=−∞

h(k)e−jωk

[poich´e h(n) `e reale]

k=−∞

= H(ejω )

Corollario 13.2. Se h(t) `e reale e pari allora H(jω) `e reale e pari Rappresentazione grafica di H(ejω ) Poich´e H : R −→ C, in generale non `e possibile rappresentare graficamente H(ejω ) con un unico grafico bidimensionale. Solitamente si producono due grafici, uno del modulo |H(ejω )| verso ω, ed uno della fase argH(ejω ) verso ω. Nel caso (frequente) di h(n) reale, H(ejω ) ha simmetria hermitiana, quindi il modulo e la fase sono rispettivamente una funzione pari ed una dispari di ω, entrambe periodiche di periodo 2π, quindi baster`a tracciarne il grafico per ω ∈ [0, π]. Esempio. Riprendendo l’Esempio 2 si consideri la risposta in frequenza relativa al sistema di risposta impulsiva h(n) = an u(n), con |a| < 1. H(ejω ) =

1 jω = |H(ejω )|ej arg H(e ) . 1 − ae−jω

I grafici del modulo e della fase della risposta in frequenza sono tracciati qui sotto per i casi a = 0.5 ed a = −0.5.

80

L’espressione analitica del modulo |H(ejω )| `e abbastanza semplice 1 1 =√ |H(ejω )| = p 2 −jω jω a − 2a cos ω + 1 (1 − ae )(1 − ae ) 1 1 da cui si ricavano facilmente i valori |H(ej0 )| = 1−a ed |H(ejπ )| = 1+a . Si noti il comporjω tamento qualitativamente diverso del modulo |H(e )| a seconda del valore di a. Questi diversi comportamenti [cosiddetti passa-basso se a ∈ (0, 1), passa alto se a ∈ (−1, 0)] saranno discussi in dettaglio pi` u avanti. L’espressione analitica della fase non `e interessante, ! a sin ω arg H(ejω ) = − arctan , 1 − 21 cos ω

ma con qualche sforzo `e possibile ricavare da questa formula un grafico qualitativo. La figura `e stata ottenuta con l’ausilio di un programma di grafica. Problema pratico – calcolo della risposta ad un ingresso sinusoidale Consideriamo ancora una volta il problema del calcolo dell’uscita per il sistema in figura

cos(ωn + θ)

y(n)=? -

h(n)

-

Per determinare l’uscita senza calcolare la convoluzione si pu`o procedere in vari modi, utilizzando la risposta in frequenza. Metodo 1 (qualunque sia h(n)). Si usa la formula di Eulero per rappresentare l’ingresso 1 1 x(n) = cos ωn = ej(ωn+θ) + e−j(ωn+θ) . 2 2 e per la linearit` a 1 1 y(n) = H(ejω )ej(ωn+θ) + H(e−jω )e−j(ωn+θ) 2 2 81

Metodo 2 (valido se h(n) ha valori reali). Si rappresenta x(n) = cos(ωn + θ) = Re(ej(ωn+θ) e procedendo come nel caso a tempo continuo si trova (dimostratelo)  y(n) = |H(ejω )| cos ωn + θ + argH(ejω )

Esempio numerico. Si consideri il seguente problema, dove |a| < 1.

cos

2π Nn

 -

y(n)=?

an u(n)

-

Si noti che l’ingresso `e periodico, qualunque sia N e quindi tale `e l’uscita poich´e il sistema `e tempo invariante. Il calcolo diretto dell’uscita si effettua per convoluzione, y(n) =

n X

n−k

a

k=−∞

 cos

 2π k , N

ma come visto tale operazione si pu` o evitare usando la risposta in frequenza. Dall’Esempio 2 qui sopra 1 H(ejω ) = . 1 − ae−jω Per il calcolo dell’uscita procediamo come segue. Con il metodo 1. y(n) =

2π 1 1 1 1 −j 2π n N ej N n + 2π e j 2 1 − ae−j 2π 2 N 1 − ae N

Con il metodo 2.    2π  2π j 2π jN N y(n) = H e n + argH(e ) cos N   1 2π j 2π = q cos n + argH(e N ) , N a2 − 2a cos 2π + 1 N dove abbiamo preferito non inserire l’espressione analitica della fase di H(ejω ). Microesercizio. Si verifichi che nel caso N = 2 l’ingresso `e x(n) = (−1)n e l’uscita y(n) = 1 n 1+a (−1) .

13.2

Esercitazione in aula

Si faccia riferimento agli appunti da lezione. 82

Lezione 14 (Mercoled`ı 30 ottobre, 16:30–18:15) Dove `e inevitabile introdurre la serie di Fourier se si vuol rispondere a semplici domande sul comportamento periodico dei sistemi LTI. Questa `e una lezione motivazionale sulla serie di Fourier. Inizialmente osserveremo che `e d’interesse studiare il comportamento dei sistemi LTI sollecitati da ingressi periodici. Ci porremmo allora il problema di stabilire quale sia una classe di segnali d’ingresso per i quali sia facile studiare il comportamento dei sistemi LTI. Basandoci su semplici considerazioni introdurremo una (piccola) classe M di segnali periodici per i quali `e facile analizzare il comportamento periodico dei sistemi LTI. La classe M `e formata dalle combinazioni lineari finite di segnali esponenziali immaginari in relazione armonica. Ci porremo due domande: come si determina se un segnale dato x(t) ∈ M e, quando questo `e il caso, come si determina all’interno di M la combinazione lineare che rappresenta x(t)? Daremo le risposte usando la geometria degli spazi L2 .

14.1

Regime periodico dei sistemi LTI

Nelle applicazioni `e di interesse studiare il regime periodico dei sistemi LTI. Si pensi ad esempio all’andamento periodico della coppia motrice di un motore a combustione interna. Le rotazioni degli alberi non sono uniformi e tali irregolarit`a (ingresso), di periodo T dipendente dalla velocit` a di rotazione, inducono vibrazioni (uscita) che sollecitano il blocco motore (sistema). Poter calcolare agevolmente le risposte alle sollecitazioni `e cruciale sia nella fase di progetto che di esercizio. Un altro esempio `e un dispositivo elettrico passivo (sistema) alimentato da un generatore periodico (ingresso), generalmente ma non necessariamente sinusoidale. Chiudendo un interruttore all’istante t = 0 dopo un transitorio iniziale le correnti e le tensioni (uscite) nel circuito si assestano su un andamento stazionario che interessa caratterizzare. Per modellare il segnale x(t) prodotto da un generatore periodico che alimenta un sistema LTI per t ≥ 0, detto xp (t) il corrispondente segnale periodico su R, sar`a x(t) = xp (t)u(t). Esempio. Un generatore d’onda quadra di ampiezza 1 e di periodo T , acceso a t = 0, sar`a modellato, per un opportuno t1 , dal segnale x(t) specificato sotto.  x(t) = xp (t)u(t) xp (t) = repT u(t) − u(t − t1 ) , Il segnale x(t) `e illustrato in figura. xp(t) t1 T

t

xp(t)u(t) t

83

Risposta transitoria e risposta periodica. Sia L un sistema LTI BIBO stabile di risposta impulsiva h(t). L’uscita corrispondente al segnale d’ingresso x(t) = xp (t)u(t), dove xp (t) `e limitato e periodico di periodo T , pu`o essere decomposta nella somma di due componenti, y(t) = yper (t) + ytr (t) come segue Z ∞ Z ∞ h(τ )xp (t − τ )u(t − τ )dτ h(τ )x(t − τ )dτ = y(t) = −∞

−∞ t

Z

h(τ )xp (t − τ ) dτ

= Z−∞ ∞



Z

h(τ )xp (t − τ ) dτ = yper (t) + ytr (t)

h(τ )xp (t − τ ) dτ −

= −∞

t

dove la prima componente Z



h(τ )xp (t − τ ) dτ

yper (t) := −∞

`e la parte periodica, di periodo T , della risposta, mentre la seconda Z ∞ h(τ )xp (t − τ ) dτ ytr (t) := − t

`e la parte transitoria della risposta.8 La componente transitoria della risposta, ytr (t) `e particolarmente importante nei problemi di controllo e ne riparleremo pi` u avanti. In questa lezione, e nelle prossime dedicate alla serie di Fourier, ci occuperemo dei metodi di studio della parte periodica yper (t). Classe d’ingressi periodici per cui ` e facile calcolare la risposta dei sistemi LTI Quali sono i segnali periodici, di periodo T assegnato, per i quali `e semplice calcolare la risposta dei sistemi LTI? Sappiamo gi`a che x(t) = ejωt 7→ y(t) = H(jω) ejωt . Per la linearit` a `e allora facile calcolare la risposta alle combinazioni lineari di esponenziali immaginari X X x(t) = ak ejωk t −→ y(t) = ak H(jωk ) ejωk t (36) k

k

Resta da imporre che il segnale x(t) sia periodico, di periodo T assegnato. Il segnale x(t) `e periodico se e solo se gli addendi in (36) hanno i periodi Tk = ω2πk in rapporto razionale. Per imporre che il periodo di x(t) sia un dato T > 0 `e allora sufficiente che T sia un multiplo comune, possibilmente il minimo, dei Tk . Le due condizioni sono entrambe soddisfatte se si prende ωk = kω0 , dove ω0 = 2π T , ovvero si considerano segnali della forma x(t) =

X

ak ejkω0 t ,

k 8`

R∞ t

ω0 :=

2π . T

E facile verificare che limt→∞ ytr (t) = 0, infatti per la BIBO stabilit` a |h(τ )| dτ → 0 per t → ∞, supplite voi i dettagli mancanti!

84

(37) R∞ −∞

|h(τ )| dτ < ∞ quindi

In effetti il k-esimo segnale nella combinazione lineare `e ak ejkω0 t , il cui periodo fondamentale `e 1 1 2π = T, Tk = k ω0 k quindi T `e sicuramente un periodo di x(t) in (37), ed coincide con il periodo fondamentale di x(t) se a1 6= 0. I segnali periodici d’interesse applicativo sono, nella maggior parte dei casi, a valori reali. I segnali della forma (37) possono essere reali solo se, per ogni k, la combinazione lineare contiene sia ejkω0 t che e−jkω0 t (formule di Eulero). Riunendo tutte le precedenti osservazioni giungiamo in modo naturale alla definizione della seguente classe di segnali d’ingresso periodici per i quali `e facile calcolare la risposta di un sistema LTI ( ) M X M := x : R → C x(t) = ak ejkω0 t , M ∈ N, ω0 ∈ R+ , a−M , . . . aM ∈ C . k=−M

(38) Questo `e il punto di partenza. Le domande che si pongono spontanee sono due. Quali segnali periodici appartengono ad M? Se `e noto che x(t) ∈ M, come si determina la sua rappresentazione, ovvero come si trovano i parametri ω0 , M , e i coefficienti ak ? Vediamo qui sotto alcuni esempi. Le figure hanno solo scopo decorativo. Esempi Esempio 1. x(t) = 8 sin2 t − 3 cos 6t

π Gli addendi di x(t) hanno periodi fondamentali T1 = π e T2 = 2π 6 = 3 . Il periodo fondamentale di x(t) `e quindi T = m.c.m.(T1 , T2 ) = T1 = 3T2 = π. La pulsazione fondamentale `e ω0 = 2π T = 2. Dalle formule di Eulero si ricava



ejt − e−jt 2j

2

3 j6t 3 −j6t e − e 2 2 3 3 = −2ej2t − 2e−j2t + 4 − ej6t − e−j6t 2 2 3 −j6t 3 −j2t j2t = − e − 2e + 4 − 2e − ej6t 2 2 3 −j3ω0 t 3 = − e − 2e−jω0 t + 4 − 2ejω0 t − ej3ω0 t 2 2

x(t) = 8



85

quindi x(t) ∈ M ed i parametri sono ω0 = 2, M = 3,

a0 = 4,

a±1 = −2,

a±2 = 0,

3 a±3 = − . 2

Vediamo ora che effetto produce la mancata individuazione del periodo fondamentale del segnale x(t). Indicando ad esempio il periodo di 8 sin2 t come T10 = 2π (svista comune) si ottiene T 0 = 2π ed ω00 = 1. La rappresentazione allora si determina come segue 3 3 x(t) = − e−j6t − 2e−j2t + 4 − 2ej2t − ej6t 2 2 3 −j6ω00 t 3 0 0 0 = − e − 2e−j2ω0 t + 4 − 2ej2ω0 t − ej6ω0 t 2 2 di parametri ω00 = 1, M = 3,

a±2 = −2,

a0 = 4,

3 a±6 = − , 2

tutti gli altri ak = 0.

Il segnale x(t) `e rappresentato correttamente per ogni t ∈ R, ma in conseguenza del fatto che ω00 = 1 gli indici k dei coefficienti ak non nulli risultano tutti moltiplicati per 2 rispetto alla rappresentazione che individua correttamente il periodo fondamentale. Esempio 2. x(t) = ej3t + j cos t Gli addendi di x(t) hanno periodi in rapporto razionale, T1 = 2π 3 e T2 = 2π, il segnale x(t) ha periodo fondamentale T = m.c.m.(T1 , T2 ) = 3T1 = T2 = 2π e pulsazione fondamentale ω0 = 1. La rappresentazione si trova usando la formula di Eulero x(t) = =

j −jt j jt e + e + ej3t 2 2 j −jω0 t j jω0 t e + e + ej3ω0 t 2 2

quindi x(t) ∈ M ed i parametri sono ω0 = 1, M = 3,

j a±1 = , 2

a3 = 1,

tutti gli altri ak = 0.

Esempio 3. x(t) = sin2 πt − cos 3t Il segnale x(t) non `e periodico perch´e somma di due segnali periodici i cui periodi sono in rapporto irrazionale, quindi x(t) 6∈ M. Esempio 4. x(t) = cos πt + 12 sin 32 πt Il segnale x(t) ha addendi di periodi T1 =

2π π

= 2 e T2 =

2π 3 2π

=

4 3

in rapporto razionale.

Il segnale x(t) `e periodico di periodo fondamentale T = 4, ed ω0 = come negli altri esempi si trova la rappresentazione x(t) = −

2π T

=

π 2.

Procedendo

1 −j3ω0 t 1 j2ω0 t 1 j2ω0 t 1 e + e + e + ej3ω0 t 4j 2 2 4j

quindi x(t) ∈ M ed i parametri sono ω0 =

π , M = 3, 2

a−3 = a3 = −

1 , 4j 86

1 a±2 = , 2

tutti gli altri ak = 0.

In questo esempio si verifica un fenomeno piuttosto frequente quando si sommano sinusoidi con periodi in rapporto razionale (accordi musicali): i coefficienti a1 = a−1 = 0. Ci`o avviene quando il segnale x(t) `e la somma di due o pi` u addendi nessuno dei quali di pulsazione sottomultipla delle pulsazioni di tutti gli altri addendi. Nell’Esempio 4 il segnale x(t) `e somma di due addendi con ω1 = π e ω2 = 32 π. La pulsazione fondamentale di x(t) `e quindi ω0 = π2 < min(ω1 , ω2 ), ma i coefficienti a1 e a−1 = 0. Si confronti con la discussione dell’ultimo esempio della Lezione 5 e con l’osservazione sul terzo suono di Tartini.

14.2

Richiami di algebra lineare – prodotto interno

Ricordiamo la definizione astratta di prodotto interno. Definizione 14.15. (prodotto interno in spazi vettoriali su R) Sia V `e uno spazio vettoriale su R. Un prodotto interno su V `e un funzionale V × V −→ R,

(v, w) 7→ hv, wi ∈ R.

che ad ogni coppia di vettori v, w ∈ V associa un numero reale hv, wi e che soddisfa le seguenti propriet` a (i) (ii) (iii)

hv, wi = hw, vi hα1 v1 + α2 v2 , wi = α1 hv1 , wi + α2 hv2 , wi hv, vi ≥ 0, = 0 se e solo se v = 0

Esempio 1 (usuale prodotto interno in Rn ). Per ogni coppia di vettori v, w ∈ Rn , il prodotto interno hv, wi `e     v1 w1 n X  v 2   w2   ,  i := v > w = hv, wi = h v k wk . . . .  . . .  k=1 vn wn

(39)

` facile verificare le propriet` E a del prodotto interno. Quando gli spazi vettoriali sono su C la definizione di prodotto interno deve essere leggermente modificata, vedremo a breve il razionale di questa modifica. Definizione 14.16. (prodotto interno in spazi vettoriali su C) Sia V `e uno spazio vettoriale su C. Un prodotto interno su V `e un funzionale V × V −→ C,

(v, w) 7→ hv, wi ∈ C.

che ad ogni coppia di vettori v, w ∈ V associa un numero complesso hv, wi e che soddisfa le seguenti propriet` a (i) (ii) (iii)

hv, wi = hw, vi hα1 v1 + α2 v2 , wi = α1 hv1 , wi + α2 hv2 , wi hv, vi ≥ 0, = 0 se e solo se v = 0 87

Esempio 2 (usuale prodotto interno in Cn ). Per ogni coppia di vettori v, w ∈ Cn si definisce     w1 v1 n X  v 2   w2  >     hv, wi = h  ,  i := v w = v k wk ... ... k=1 wn vn

(40)

    1+j j e w = in C2 il loro prodotto interno `e 1−j 2j ` facile verificare che la definizione data hv, wi = (1 + j) · (−j) + (1 − j) · (−2j) = 1 − 5j. E soddisfa le propriet` a del prodotto interno. Ad esempio, dati i vettori v =

Esempio 3 (segnali a energia finita – tempo continuo) Si tratta dell’insieme di segnali Z

2



|x(t)|2 dt < ∞ }.

L (R) := { x : R → C; −∞

Avevamo gi` a dimostrato (grazie alla disuguaglianza di Schwarz) che L2 (R) `e uno spazio vettoriale su C. Imitando la (40) definiamo il prodotto interno dei segnali v(t) e w(t) in L2 (R) come Z b v(t)w(t) dt hv(t), w(t)i := (41) a

La verifica delle propriet` a del prodotto interno si basa sulle propriet`a dell’integrale. Si osservi che, in accordo alle definizioni date in precedenza, il prodotto interno di due segnali v,w `e l’energia mutua E[a,b] . Caso dei segnali periodici. Lo spazio vettoriale dei segnali ad energia finita, periodici di periodo T , `e Z 2 L ([T ]) := { x : R → C; x(t) = x(t + T ) per ogni t, e |x(t)|2 dt < ∞ }, [T ]

R R a+T dove [T ] := a , con a ∈ R qualunque. Il prodotto scalare di due segnali v(t), w(t) ∈ L2 ([T ]) `e Z hv, wi := v(t)w(t) dt [T ]

Esempio 4 (segnali a energia finita – tempo discreto) Si tratta dell’insieme di segnali ∞ X

2

l := { x : Z → C;

|x(k)|2 ≤ ∞ }.

k=∞

Anche questo `e uno spazio vettoriale su C e l’usuale prodotto interno di due segnali v, w in l2 `e definito come ∞ X hv(n), w(n)i = v(k)w(k) k=−∞

88

Caso dei segnali periodici. Nel caso discreto, per ogni N dato, tutti i segnali periodici di periodo N sono banalmente ad energia finita. Si ha dunque che, restringendo l’attenzione ad un periodo dei segnali, l’insieme l2 ([N ]) coincide con CN , quindi si applica la definizione di prodotto interno in CN . Se v, w ∈ l2 ([N ]) allora X v(k)w(k). hv, wi := [N ]

Prodotto interno e geometria L’introduzione di un prodotto interno facilita l’interpretazione geometrica. In particolare ci interessa ricordare la relazione con le nozioni di lunghezza di un vettore (norma) e di ortogonalit` a di due vettori. Definizione 14.17. (norma) Sia V uno spazio vettoriale su R o su C. Una norma `e un funzionale || · || : V −→ R che gode delle propriet` a (i.) ||v|| ≥ 0, (= 0 se e solo se v = 0), (ii.) ||αv|| = |α| ||v||, (iii.) ||v + w|| ≤ ||v|| + ||w|| (disuguaglianza triangolare). Definizione 14.18. (norma associata ad un prodotto interno) Ad ogni prodotto interno h·, ·i `e associata una norma definita, per ogni v ∈ V come p ||v|| := hv, vi Definizione 14.19. (vettori ortogonali rispetto ad un prodotto interno) Due vettori v, w ∈ V sono detti ortogonali se hv, wi = 0 Esempi Esempio 1 (continua). In Rn con l’usuale prodotto interno la norma di v = (v1 v2 . . . vn )> `e v u n √ p uX ||v|| = hv, vi = v > v = t vk2 , k=1

ovvero la norma euclidea di v. Esempio 2 (continua). In Cn con l’usuale prodotto interno la norma di v = (v1 v2 . . . vn )> `e v u n √ p uX > ||v|| = hv, vi = v v = t |vk |2 . k=1

p √ ad esempio se v = (−1, 2j)> ∈ C2 , si ha ||v|| = | − 1|2 + |2j|2 = 5. Nota bene. Si osservi che, se inPCn avessimo preteso di continuare P ad usare il prodotto interno di Rn , ovvero hv, wi = nk=1 vk wk , allora ||v||2 = v > v = nk=1 vk2 . Per il vettore v = (−1, 2j)> avremmo allora ottenuto ||v||2 = (−1)2 + (2j)2 = 1 − 4 = −3, un valore imbarazzante per il quadrato di una lunghezza. 89

Esempio 3 (continua). La norma di x ∈ L2 (R) `e sZ p ||x|| := hx, xi =



|x(t)|2 dt.

−∞

Si noti che il quadrato della norma coincide con l’energia del segnale ||x||2 = E x . Nel caso di segnali ad energia finita, periodici di periodo T Z ||x||2 := hx, xi = |x(t)|2 dt. [T ]

Esempio 4 (continua). La norma di x ∈ l2 `e v u X p u ∞ ||x|| := hx, xi = t |x(k)|2 . k=−∞

Si noti che il quadrato della norma coincide con l’energia del segnale ||x||2 = E x . Energia della somma di due segnali ad energia finita Il seguente risultato `e noto in R2 come teorema di Carnot. Teorema 14.7. Siano v, w vettori in uno spazio vettoriale su C dotato di prodotto interno9 allora ||v + w||2 = ||v||2 + ||w||2 + 2 Re(hv, wi). Se i segnali v, w sono ortogonali ||v + w||2 = ||v||2 + ||w||2

(teorema di Pitagora).

Dimostrazione. Si tratta di sviluppare il prodotto interno ||v + w||2 = hv + w, v + wi = hv, vi + hv, wi + hw, vi + hw, wi = ||v||2 + ||w||2 + 2 Re(hv, wi)

14.3

Rappresentazione dei segnali in M

Per poter pi` u agevolmente utilizzare il linguaggio geometrico riscriviamo la classe dei segnali M come segue ( ) M X M := x : R → C x(t) = ak φk (t), M ∈ N, ω0 ∈ R+ , a−M , . . . aM ∈ C . k=−M

(42) dove i segnali φk (t) := ejkω0 t ,

k = −M, . . . M,

sono detti esponenziali immaginari in relazione armonica. Il segnale φ0 (t) = 1. I segnali 2π φk (t) per k 6= 0 hanno periodo Tk = 2π e un periodo comune a tutti i φk . |k| , e T = T1 = ω0 ` 9

Nel seguito interessa il caso dei segnali periodici ad energia finita in un periodo

90

Propriet` a di ortogonalit` a dei φk (t) Lemma 14.21. I segnali φk (t) sono ortogonali e vale10 hφk (t), φh (t)i = T δk,h . Dimostrazione. Si tratta di effettuare direttamente il calcolo Z hφk (t), φh (t)i = φk (t) φh (t) dt [T ]

Z

j(k−h)ω0 t

=

e

 R dt =

[T ]

[T ] 1 dt

=T

0,

se k = h, se k = 6 h.

dove, nel caso k 6= h, la funzione integranda `e periodica, di periodo ed `e integrata su k − h periodi.

T k−h ,

ha media nulla,

Osservazione. In termini energetici, l’energia mutua di φk e φh `e nulla per k 6= h, mentre l’energia di φk vale T , ed `e indipendente da k. Calcolo dei coefficienti di un segnale in M Se `e noto che un segnale x(t) ∈ M come si determinano i parametri ω0 , M , ed {ak }M k=−M della sua rappresentazione? Il seguente teorema risponde a questa domanda. Teorema 14.8. Se x(t) ∈ M, con ω0 = 2π e il periodo di x(t), allora i coefficienti T dove T ` ak sono dati da Z Z 1 1 x(t)φk (t) dt = x(t)e−jkω0 t dt (43) ak = T [T ] T [T ] Dimostrazione. Per ipotesi x(t) ha rappresentazione della forma x(t) =

M X

ah φh (t)

h=−M

Moltiplicando entrambi i membri per φk (t) ed integrando su un periodo [T ] si trova Z

M X

Z x(t)φk (t) dt =

[T ]

ah φh (t)φk (t) dt = T ak ,

[T ] h=−M

dove si `e applicato il Lemma 14.21. Il risultato segue immediatemente. Energia in un periodo dei segnali in M Teorema 14.9. (relazioni di Parseval) P jkω0 t ha energia in un periodo Il segnale x(t) = M k=−M ak e x E[T ]

=T

N X

|ak |2 .

k=−N 10

Ricordiamo la definizione della delta di Kronecker, δk,h = 0, se k 6= h e δk,k = 1.

91

Pi` u in generale, se y(t) =

PM

k=−M bk e

jkω0 t

x,y E[T ]

allora N X

=T

ak bk .

k=−N

Dimostrazione. Per l’energia del segnale x(t) si ha Z T X Z T M 2 2 x |x(τ )| dτ = ak ejω0 k t dτ E[T ] = 0

0

k=−M M X

T

Z = 0

=T

M X

ak ah φk (τ ) φh (τ ) dτ

k=−M h=−M M X

M X

ak ah δk,h = T

k=−M h=−M

M X

|ak |2

k=−M

Rappresentazione dell’uscita di un sistema LTI Alla luce di quanto noto `e evidente che se un segnale x(t) ∈ M `e l’ingresso di un sistema LTI L, di risposta in frequenza H(jω), allora anche il segnale d’uscita y(t) ∈ M e la sua rappresentazione `e M X y(t) = ak H(jkω0 )ejkω0 , k=−M

inoltre l’energia in un periodo del segnale y(t) `e y E[T ]

=T

N X

|ak |2 |H(jkω0 )|2 .

k=−N

14.4

Rappresentazioni in basi ortogonali

Il Lemma 14.22 qui sotto ripropone, in linguaggio puramente geometrico, il risultato principale della lezione. Sottospazi vettoriali. Sia V uno spazio vettoriale sul corpo K degli scalari (qui sar`a sempre R o C, gli esempi che ci interessano sono solo quelli della sezione 14.2). Un sottoinsieme W ⊂ V tale che, per ogni w1 , w2 ∈ W la somma w1 + w2 ∈ W e per ogni scalare α il vettore αw1 ∈ W `e detto sottospazio di V. Un modo molto conveniente per generare sottospazi `e prendere l’insieme di tutte le combinazioni lineari di certi vettori assegnati w1 , w2 , . . . wn ∈ V. Tale sottospazio `e anche detto lo spazio generato, o span dei vettori assegnati, spesso denotato ( ) n X W := span{w1 , w2 , . . . wn } = w ∈ V | w = αk wk , α1 . . . αk ∈ K k=1

Esempio (importante). L’insieme M definito in (42) `e un sottospazio vettoriale di L2 ([T ]), in particolare M = span{ φ−M (t), . . . φM (t) }

92

Lemma 14.22. (rappresentazione in base ortogonale) Sia V uno spazio vettoriale a prodotto interno e W ⊂ V il sottospazio W = span{w1 , w2 , . . . wn } dove i generatori w1 , . . . wn sono ortogonali, cio`e hwk , wh i = ck δk,h . Allora ogni w ∈ W ha rappresentazione unica n X hw, wk i w= wk , hwk , wk i k=1

` una semplice verifica. Se w ∈ W allora Dimostrazione. E w=

n X

α k wk ,

(44)

k=1

per qualche n-pla di coefficienti α1 , . . . , αn . Si noti che, essendo ortogonali, i vettori wk formano una base di W quindi gli αk sono univocamente determinati. Se nell’equazione (44) si prende il prodotto scalare di entrambi i membri con wk si trova * n + X hw, wk i = αh wh , wk = hwk , wk iαk h=1

che fornisce αk =

hw,wk i hwk ,wk i ,

ovvero quanto si doveva dimostrare.

` immediato verificare la corrispondenza tra il Teorema 14.8 e il Lemma Osservazione. E 14.22, basta effettuare le corrispondenze n = 2M +1, w = x(t), e wk = φk (t) (trasformando l’intervallo degli indici dei φk (t) da [−M, M ] a [1, n]) e osservare che la formula per il calcolo dei coefficienti equivale a Z 1 hx(t), φk (t)i ak = x(t)e−jkω0 t dt = . T [T ] hφk (t), φk (t)i

93

Lezione 15 (Luned`ı 4 novembre, 14:30–16:15) In questa lezione introduciamo, in modo informale, la serie di Fourier e dimostriamo i legami tra le simmetrie del segnale e quelle della sequenza dei coefficienti. Vediamo anche diverse forme, algebricamente equivalenti, di riscrivere la serie. Nella seconda parte della lezione analizziamo in dettaglio i coefficienti di Fourier di un classico segnale ingegneristico, l’onda quadra con duty cycle del 50%.

15.1

Perch´ e` e necessario introdurre la serie di Fourier

Nella precedente lezione abbiamo studiato la classe di segnali periodici ( ) M X M := x : R → C x(t) = ak φk (t), M ∈ N, ω0 ∈ R+ , a−M , . . . aM ∈ C . k=−M

dove i segnali di base φk (t) := ejkω0 t , con ω0 la pulsazione fondamentale di x(t), sono ortogonali e ricavato le formule per il calcolo dei coefficienti ak , per k = −M, . . . , M . Tradizionalmente in ingegneria le due formule, di rappresentazione di x(t) nella base dei φk (t), e di calcolo dei coefficienti ak , sono dette rispettivamente di sintesi e di analisi. x(t) =

M X

ak ejkω0 t ,

formula di sintesi

(45)

k=−M

ak =

1 T

Z

x(t)e−jkω0 t dt,

formula di analisi

(46)

[T ]

Osservazione sull’interpretazione delle formule. Si pu`o pensare di disporre dell’andamento del segnale x(t) in un periodo, di analizzare x(t) calcolandone i coefficienti ak con le formule (46), e successivamente di sintetizzare x(t) usando la formula (45). Quest’interpretazione delle formule non si morde la coda, anzi `e estremamente utile in pratica. Si supponga ad esempio di dovere trasmettere o di dovere archiviare il segnale x(t), periodico di periodo T . A tal fine `e necessario specificare l’intera traiettoria {x(t), t ∈ [0, T ]}. Se per`o x(t) ∈ M, in luogo dell’intera traiettoria `e sufficiente trasmettere o archiviare i 2M + 2 parametri { ω0 , a−M , . . . , aM }. Infatti disponendo dei parametri si pu`o ricostruire x(t) con l’ausilio della formula di sintesi (45). Questo modo di procedere `e nell’ottica delle tecniche di compressione dati. Attualmente l’applicazione pi` u visibile, non la pi` u importante, basata11 sull’uso degli ak al posto della traiettoria del segnale `e nella definizione dello standard audio mp3. Un segnale periodico x(t) appartiene ad M se e solo se il numero di coefficienti ak 6= 0 `e finito. Lemma 15.23. Sia x(t) un segnale periodico di periodo T ed ak i coefficienti calcolati secondo le formule (46), sia inoltre M := max{k | a|k| 6= 0}, allora x(t) ∈ M se e solo se M < ∞ 11

Usare gli ak al posto delle traiettorie `e solo uno dei numerosi trucchi impiegati per comprimere il segnale nello standard mp3

94

Dimostrazione. Non c’`e nulla da dimostrare: il sottospazio M `e per definizione generato da un numero finito di segnali di base φk (t). Il Lemma 15.23 `e una pessima notizia. In effetti esistono moltissimi segnali periodici, d’interesse pratico, per i quali M = ∞, ovvero tali che ak 6= 0 per infiniti indici k.   Esempio. Il segnale ad onda quadra, x(t) := rep2 rect(t) non appartiene a M, per nessun M finito. Infatti x(t) `e discontinuo in t = ± 21 mentre, per ogni M finito, i segnali in M sono tutti continui. Nella pratica ingegneristica l’elegante teoria geometrica per la rappresentazione dei segnali in M non serve a molto, a meno di non riuscire ad estenderla a sottospazi che contengono anche segnali discontinui. Il modo pi` u semplice per estendere la teoria `e di estendere M considerando serie anzich´e combinazioni lineari finite, ovvero definendo ( ) ∞ X M∞ := v : R → C | v(t) = ak ejkω0 t . (47) k=−∞

Sorgono ora complicazioni analitiche, infatti i segnali v(t) che appartengono a M∞ vanno intesi come somme di serie di funzioni, ovvero limiti delle somme parziali: v(t) :=

∞ X

ak ejkω0 t := lim

M →∞

k=−∞

M X

ak ejkω0 t ,

k=−M

si dovr`a quindi specificare in che senso intendere il limite, cio`e il tipo di convergenza, ed inoltre verificare se la convergenza ha luogo. ` tutto molto pi` E u complicato del caso finito, ma il vantaggio `e che il passaggio al limite arricchisce enormemente l’insieme dei segnali rappresentabili, includendo ad esempio molti ` molto comune che sequenze di funzioni continue convergano, segnali con discontinuit` a. E in qualche senso, a funzioni discontinue. L’esempio che segue non `e direttamente legato alla serie di Fourier, ma illustra il fenomeno. Esempio. Si consideri la sequenza di funzioni   0, tn , xn (t) :=  1,

continue di t ∈ R se t < 0, se 0 ≤ t ≤ 1, se t ≥ 1

Il limite puntuale `e  lim xn (t) =

n→∞

0, se t < 1, 1, se t ≥ 1

che `e una funzione discontinua in t = 1. Dato un segnale x(t), periodico di periodo T , siano ak i coefficienti calcolati con le formule (46), allora la serie ∞ X ak ejkω0 t , (48) k=−∞

`e detta serie di Fourier di x(t) e gli ak coefficienti di Fourier di x(t). In questa lezione studieremo solo il formalismo della serie di Fourier, ovvero i legami tra il segnale x(t) e i coefficienti ak . Nelle prossime lezioni affronteremo le questioni di convergenza: la serie di Fourier converge in qualche senso? se s`ı, in che senso converge? quando, e in che senso, converge al segnale x(t) che ha generato i coefficienti ak ? 95

15.2

Coefficienti di Fourier, trasformazioni elementari del segnale e simmetrie

Ci occupiamo qui della relazione tra il segnale periodico x(t) e i suoi coefficienti di Fourier ak . Cominciamo con una semplice osservazione sull’esistenza degli ak . Lemma 15.24. Se x(t) ∈ L1 ([T ]) allora i coefficienti di Fourier ak sono ben definiti per ogni k ∈ Z, inoltre la sequenza ak : Z → C `e limitata. ` sufficiente osservare che, se x(t) ∈ L1 ([T ]), allora per ogni k ∈ Z Dimostrazione. E Z Z 1 1 −jω0 t x(t)e dt ≤ |x(t)| dt < ∞. |ak | = T [T ] T [T ] ` utile tenere bene a mente che le formule di analisi (46) che prescrivono i coefficienti ak E creano una corrispondenza tra il segnale x(t), periodico di periodo T , e il segnale a tempo discreto {ak }k∈Z sequenza dei coefficienti di Fourier di x(t). x(t) : R −→ C,

t 7→ x(t) = x(t + T )

⇐⇒

ak : Z −→ C,

k 7→ ak .

D’ora in poi, per denotare il fatto che ak `e la sequenza dei coefficienti di Fourier di x(t) scriveremo x(t) ↔ ak . Vediamo qui come alcune elementari trasformazioni del segnale x(t) si riflettono sulla sequenza dei coefficienti ak . (a.) Coniugio x(t) ↔ a−k Dimostrazione. Il segnale x(t) `e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoi coefficienti, diciamoli bk , sono dati da Z Z 1 1 −jkω0 t bk = x(t) e dt = x(t) ejkω0 t = a−k T [T ] T [T ] (b.) Ribaltamento temporale x(−t) ↔ a−k

Dimostrazione. Il segnale x(−t) `e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoi coefficienti, diciamoli ck , sono dati da Z Z 1 1 −jkω0 t ck = x(−t) e dt = x(t) ejkω0 t = a−k T [T ] T [T ] (dove, per la seconda uguaglianza, abbiamo applicato il cambio di variabile t0 = −t.) 96

(c.) Cambio scala, Sα con α > 0 x(αt) ↔ ak

Attenzione. Sia ω0 := 2π T la pulsazione fondamentale del segnale x(t), di periodo fondamentale T . Il segnale x(αt) ha periodo T 0 = Tα e pulsazione fondamentale ω00 = 2π T 0 = αω0 . Le funzioni di base per lo sviluppo in serie di Frourier del segnale x(αt) sono quindi 0 φ0k (t) := ejkω0 t . Dimostrazione. I coefficienti, diciamoli dk del segnale x(αt) rispetto alla base φ0k (t) sono dati da Z 1 0 x(αt) e−jkω0 t dt dk = T 0 [T 0 ] Z T α α = x(αt) ejkαω0 t dt (ponendo τ = αt) T 0 Z 1 T x(τ ) ejkω0 τ dτ = ak = T 0 (d.) Traslazione x(t + β) ↔ ejkω0 β ak

Dimostrazione. Il segnale x(t + β) `e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoi coefficienti, diciamoli fk , sono dati da " Z # Z 1 1 −jkω0 t −jkω0 t fk = x(t + β) e dt = x(t) e ejkω0 β = ejkω0 β ak T [T ] T [T ] (dove, per la seconda uguaglianza, abbiamo applicato il cambio di variabile t0 = t + β.) (e.) Modulazione ejM ω0 t x(t) ↔ ak−M

Dimostrazione. Il segnale ejM ω0 t x(t) `e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoi coefficienti, diciamoli gk , sono dati da Z Z 1 1 gk = ejM ω0 t x(t) e−jkω0 t dt = x(t) e−j(k−M )ω0 t dt = ak−M T [T ] T [T ]

97

(f.) Differenziazione d x(t) ↔ jkω0 ak dt Nota Bene. Questa regola ha senso solo se x(t) `e differenziabile. Dimostrazione. La derivata di x(t) `e periodica dello stesso periodo di x(t) ed i suoi coefficienti, diciamoli hk , sono dati da Z 1 d hk = x(t) e−jkω0 t dt (integrando per parti) T [T ] dt T  Z 1 1 t −jkω0 t (−jkω0 ) x(t) e−jkω0 dt x(t) e − = T T [T ] 0 = jkω0 ak Simmetrie del segnale e dei coefficienti della serie di Fourier Come immediata conseguenza delle relazioni appena dimostrate si ricavano i legami tra le simmetrie del segnale continuo x(t) e quelle del segnale discreto ak . Come facile esercizio si verifichi la tabella qui sotto. x(t) = x(t)

reale

a−k = ak

hermitiano

x(t) = −x(t)

immaginario

a−k = −ak

antihermitiano

x(t) = x(−t)

pari

a−k = ak

pari

x(t) = −x(−t)

dispari

a−k = −ak

dispari

x(t) = x(−t)

hermitiano

ak = ak

reale

x(t) = −x(−t)

antihermitiamo

ak = −ak

immaginario

x(t)

reale pari

ak

reale pari

x(t)

reale dispari

ak

immaginario dispari

x(t)

immaginario dispari

ak

reale dispari

x(t)

immaginario pari

ak

immaginario pari

Forme trigonometriche della serie di Fourier ` sempre possibile riscrivere una serie di Fourier in seni e coseni osservando che E ∞ X k=−∞

ak e

jkω0 t

=

∞ X

 ak cos kω0 t + j sin kω0 t

k=−∞

= a0 + (a1 + a−1 ) cos ω0 t + (a2 + a−2 ) cos 2ω0 t + (a3 + a−3 ) cos 3ω0 t + . . . + j(a1 − a−1 ) sin ω0 t + j(a2 − a−2 ) sin 2ω0 t + j(a3 − a−3 ) sin 3ω0 t + . . . ∞ X   = a0 + αk cos kω0 t + βk sin kω0 t (49) k=1

98

dove, per k > 0, si `e posto αk := ak + a−k ,

βk := j(ak − a−k ).

Nota bene. Dal punto di vista analitico non `e sempre possibile cambiare l’ordine dei termini di una serie senza modificarne la somma. Una condizione sufficiente a garantire l’invarianza della somma di una serie per tutti i riordinamenti dei termini `e la convergenza assoluta (si veda qualunque testo di Analisi I). L’utilit`a della forma trigonometrica della serie di Fourier sta nell’immediatezza fisica della rappresentazione. Peraltro, a meno che i coefficienti αk e βk non siano tutti reali la (49) non ha maggior senso fisico della forma originale della serie.12 Vale il seguente risultato. Lemma 15.25. Se x(t) : R → R `e un segnale periodico di periodo T , a valori reali allora la forma trigonometrica della serie di Fourier a0 +

∞ X 

 αk cos kω0 t + βk sin kω0 t

k=1

ha coefficienti a0 e αk , βk , per k > 0, tutti reali. Dimostrazione. Se x(t) `e reale allora 1 a0 = T

Z [T ]

x(t) dt = mx[T ] ∈ R

inoltre, per le simmetrie viste, a−k = ak , quindi per k > 0 αk = ak + a−k = 2 Re(ak ),

βk = j(ak − a−k ) = −2 Im(ak ),

(50)

sono tutti reali ` facile determinare le formule per il calcolo diretto dei coefficienti αk e βk Osservazione 1. E a partire dal segnale x(t), senza passare attraverso gli ak e le (50). Tali formule verranno presentate in seguito. Osservazione 2. Le simmetrie gi` a viste per la serie di Fourier espressa nella base degli esponenziali immaginari si riflettono in simmetrie della forma trigonometrica. Ad esempio se x(t) `e reale pari allora gli ak sono reali pari, il che comporta βk = j(ak − a−k ) = 0 per ogni k ≥ 1: la forma trigonometrica della serie di Fourier di un segnale reale e pari contiene solo coseni, con coefficienti reali – una simmetria geometricamente ovvia. Un altro esempio `e il caso di x(t) reale dispari, allora gli ak sono immaginari dispari, il che comporta a0 = 0, αk = ak + a−k = 0 per ogni k ≥ 1: la forma trigonometrica della serie di Fourier di un segnale reale dispari contiene solo seni con coefficienti reali, anche questo `e geometricamente ovvio. Per altre interessanti simmetrie si veda la Lezione 17. Ricordando quanto visto sulle rappresentazioni equivalenti dei segnali sinusoidali (Lezione 5, in fondo al paragrafo 5.1) si dimostra immediatamente il seguente lemma che fornisce la rappresentazione fisica per eccellenza della serie di Fourier.13 12

Il segnale j sin(2t) + 3 cos 3t non lo si osserva su un’oscilloscopio! Purtroppo in generale `e anche la forma pi` u complicata della serie di Fourier in termini di complessit` a delle formule per il calcolo dei coefficienti. 13

99

Lemma 15.26. Se x(t) : R → R `e un segnale periodico di periodo T , a valori reali allora la serie di Fourier si pu` o mettere nella forma ∞ X

Ak cos(kω0 t + ϕk )

k=0

dove A0 = a0 , ϕ0 = 0, inoltre Ak ∈ R, e ϕk ∈ (−π, π] per ogni k ≥ 1 sono opportuni coefficienti ricavabili dagli αk e βk .

15.3

Esempio di calcolo – onda quadra

Svolgiamo il calcolo dei coefficienti di Fourier del segnale onda quadra, con duty cycle del 50%. periodico, di periodo T fissato, che nell’intervallo  Con questo s’intende il segnale  t ∈ − T2 , T2 vale x(t) = rect T2 t , si veda il grafico qui sotto. 6x(t)

1

-

− T2

−T

− T4

T 4

T 2

t

T

I coefficienti sono 1 ak = T

Z

T 4

− T4

 T π sin k 1 1 4 2 1 · e−jkω0 t dt = e−jkω0 t T = T −jkω0 kπ −4

ricordando che ω0 T = 2π. Si noti che, a causa della divisione per k, questa formula fornisce i coefficienti ak con k 6= 0. Il coefficiente a0 deve essere calcolato separatamente e vale (verificatelo) a0 = 21 . Si noti che il segnale x(t) `e reale e pari, come la sequenza ak dei coefficienti, in accordo con i risultati sulle simmetrie. Anticipando un risultato sulla convergenza osserviamo che ∞ X

ak e

k=−∞

jkω0 t

= lim

M →∞

 M X sin k π2 jkω0 t e = x(t), kπ

k=−M

per ogni t 6=

T T + m , m ∈ Z, 4 2

ovvero la serie converge puntualmente al segnale dato x(t), in ogni suo punto t di continuit`a. Sfruttando le simmetrie `e possibile trasformare la serie in forma reale, di pi` u immediata interpretazione. Allo scopo conviene riordinare i termini della serie – poich´e la convergenza `e assoluta questa operazione `e permessa. Si osservi che i coefficienti sono reali e pari, a−k = ak = ak , inoltre i coefficienti con k pari sono nulli,  sin 2k π2 sin kπ a2k = = = 0. kπ kπ Si ottiene 100

   x(t) = a0 + a1 e−jω0 t + ejω0 t + a3 e−j3ω0 t + ej3ω0 t + a5 e−j5ω0 t + ej5ω0 t . . . = a0 + 2a1 cos ω0 t + 2a3 cos 3ω0 t + 2a5 cos 5ω0 t + 2a7 cos 7ω0 t . . . 1 2 2 2 2 = + cos ω0 t − cos 3ω0 t + cos 5ω0 t − cos 7ω0 t . . . 2 π 3π 5π 7π ∞ 1 2 X (−1)k = + cos(2k + 1)ω0 t 2 π 2k + 1 k=0

La figura qui sotto mostra, per T = 2, un periodo del segnale x(t) e delle prime somme parziali della serie, a partire dal solo primo termine, la costante 12 , fino alla somma parziale dei primi 5 (includendo la costante) termini (traccia in rosso). Si noti che nel punto di discontinuit` a (t = 0.5) tutte le somme parziali passano per l’emivalore del salto: si tratta di una caratteristica della convergenza che discuteremo pi` u avanti.

101

Un sottoprodotto della teoria delle serie di Fourier Come anticipato sopra, e come sar`a dimostrato pi` u avanti, in questo caso la serie di Fourier di x(t) converge verso x(t) in ogni t punto di continuit`a di x(t). Ad esempio per t = 0 il segnale x(0) = 1 e, sostituendo t = 0 nella serie di Fourier, si ottiene 1 = x(0) =

∞ 1 2 X (−1)k + , 2 π 2k + 1 k=0

che equivale a 1 1 1 π = 1 − + − ... 4 3 5 7 Dal nostro punto di vista questo `e un sotto-sotto-prodotto della teoria delle serie di Fourier, ma `e notevole che si riescano a sommare serie numeriche inattaccabili con altri metodi.

102

Lezione 16 (Marted`ı 5 novembre, 16:30–18:15) Nella prima parte della lezione richiamiamo le nozioni di base sulla convergenza puntuale, uniforme ed in L2 , di sequenze e serie di funzioni. Nella seconda parte diamo alcuni elementari risultati sulla convergenza puntuale della serie di Fourier. Nella terza ed ultima parte della lezione discutiamo la convergenza in L2 della serie di Fourier.

16.1

Richiami sulle sequenze e serie di funzioni

In questa sezione forniamo solo alcuni richiami sulla convergenza delle sequenze di funzioni. Queste note non sostituiscono un testo di Analisi Matematica, al quale il lettore `e rinviato per una presentazione sistematica. Considereremo sequenze di funzioni fn : I → C,

t 7→ fn (t),

n = 1, 2, . . .

Il dominio comune a tutte le funzioni fn `e un intervallo I ⊂ R, finito o illimitato. Interessa studiare le propriet` a di convergenza della sequenza fn e, se esiste una funzione limite f , determinarne le propriet` a. (a.) Convergenza puntuale Il modo pi` u semplice in cui si pu` o studiare il comportamento della sequenza di funzioni fn `e di valutarne il comportamento per t ∈ I fissato. La sequenza fn (t), per t ∈ I fissato, `e una sequenza numerica (complessa) per la quale vale l’usuale definizione epsilon-delta della convergenza. In particolare, per t ∈ I fissato, il numero ` ∈ C `e il limite della sequenza numerica fn (t), in simboli lim fn (t) = `, (51) n→∞

se e solo se per ogni ε > 0, esiste N = N (ε, t) tale che, se n ≥ N , `e |fn (t) − `| ≤ ε. Si noti che la definizione del limite (51) `e equivalente a lim |fn (t) − `| = 0

(52)

n→∞

Quando il limite delle sequenze numeriche fn (t) esiste per ogni t ∈ I, si definisce la funzione f : I → C che ad ogni t ∈ I associa il valore del limite in t ovvero lim fn (t) = f (t),

n→∞

per ogni t ∈ I.

Come ricordato pocanzi in (52) ci` o equivale alla seguente caratterizzazione lim |fn (t) − f (t)| = 0,

n→∞

per ogni t ∈ I

103

conv. puntuale

(53)

(b.) Convergenza uniforme Diremo che la sequenza fn converge uniformemente alla funzione f , lim fn (t) = f (t),

n→∞

uniformemente

se e solo se per ogni ε > 0, esiste N = N (ε) tale che, se n ≥ N , per ogni t ∈ I `e |fn (t) − `| ≤ ε. La differenza fondamentale rispetto alla convergenza puntuale `e che N = N (ε) non dipende da t ∈ I per cui la condizione qui sopra si pu`o scrivere come supt∈I |fn (t) − f (t)| < ε per ogni n ≥ N e quindi la convergenza uniforme equivale a (confronta con (53)) lim sup |fn (t) − f (t)| = 0.

conv. uniforme

n→∞ t∈I

(54)

Il grafico qui sotto illustra intuitivamente la convergenza uniforme. Da un certo N = N (ε) in poi le funzioni fn (t) sono tutte comprese nella fascia di ampiezza 2ε intorno alla funzione limite, infatti affinch´e valga la (54), per ogni n ≥ N e per ogni t ∈ I deve essere f (t) − ε ≤ fn (t) ≤ f (t) + ε

6 f (t) + ε fn (t)

f (t) f (t) − ε

a

b

t

Esempio di convergenza uniforme. Si consideri la sequenza di funzioni definite su I = R fn (t) :=

1 cos 2πnt, n

t∈R

La sequenza fn (t) converge uniformemente alla funzione nulla, infatti |fn (t)| ≤ t ∈ R, quindi limn→∞ supt∈R |fn (t)| = 0.

1 n

per ogni

Esempio di convergenza non-uniforme. Si consideri la sequenza di funzioni definite su I=R   0, se t ≤ 0, tn , se 0 ≤ t ≤ 1, fn (t) :=  1, se t ≥ 1. In questo caso la sequenza fn converge puntualmente, ma non uniformemente, alla funzione discontinua f (t)  0, se t < 1, lim fn (t) = f (t) = n→∞ 1, se t ≥ 1.

104

La convergenza uniforme `e estremamente utile poich´e consente di scambiare diverse operazioni di limite. Il seguente teorema (per la cui dimostrazione rimandiamo ai testi di Analisi) costituisce un importante esempio di cosa `e permesso fare in condizioni di convergenza uniforme. Teorema 16.10. (propriet` a fondamentali della convergenza uniforme) (a.) Se le funzioni fn sono continue su I, e se fn → f uniformemente, allora f `e continua (b.) Se valgono le condizioni di (a.) ed I = [a, b] `e finito, allora Z

b

lim

n→∞ a

Z

b

f (t)dt

fn (t) dt = a

(c.) Se le funzioni fn sono derivabili, fn → f puntualmente, e la sequenza dele derivate fn0 → g uniformemente, allora fn → f uniformemente e g = f 0 . ` immediato verificare che tutte le affermazioni del teorema sono equivalenti Osservazione. E a scambi di limite. Infatti, in (a.) si afferma che la funzione limite f `e continua, ovvero lim f (t) = lim lim fn (t) = lim lim fn (t) = lim fn (t) = f (t). t→t n→∞

t→t

n→∞ t→t

n→∞

In (b.) si afferma che b

Z lim

n→∞ a

Z fn (t) dt =

b

Z f (t)dt =

a

b

lim fn (t) dt.

a n→∞

Infine l’affermazione pi` u importante di (c.) `e che g = f 0 , ovvero lim

n→∞

d d d fn (t) = f (t) = lim fn (t). dt dt dt n→∞

(c.) Convergenza in L2 Diremo che la sequenza fn converge alla funzione f in L2 (si dice anche in media quadratica) se e solo se Z lim

n→∞ I

|fn (t) − f (t)|2 dt = 0.

conv. in L2

Osservazione. Ognuno dei modi della convergenza che abbiamo richiamato `e basato su una diversa nozione di vicinanza asintotica tra fn (t) ed f (t) misurata in termini di propriet`a dell’errore |fn (t) − f (t)|. La convergenza `e puntuale se |fn (t) − f (t)| → 0 per ogni t ∈ I, R uniforme se supt∈I |fn (t) − f (t)| → 0, in L2 se I |fn (t) − f (t)|2 → 0. Quest’ultima `e una nozione di vicinanza in energia (asintoticamente l’energia dell’errore `e nulla). Avere a disposizione pi` u nozioni di convergenza `e estremamente utile nelle applicazioni – tipicamente ci sono applicazioni per le quali `e importante un errore asintoticamente uniformemente piccolo (traiettorie di bracci robotici in ambienti ristretti) altre dove `e pi` u rilevante che l’errore sia piccolo in senso energetico (compressione di segnali audio). 105

(d.) Relazioni tra i modi della convergenza (i) La congergenza uniforme implica quella puntuale. (ii) Se I = [a, b] `e finito la convergenza uniforme implica la convergenza in L2 . (iii) La convergenza puntuale non implica la convergenza in L2 (iv) La convergenza in L2 non implica la convergenza puntuale. Dimostrazioni e controesempi (i) supt∈I |fn (t) − f (t)| → 0 implica che |fn (t) − f (t)| → 0 per ogni t ∈ I. Rb Rb (ii) a |fn (t) − f (t)|2 dt ≤ supt∈I |fn (t) − f (t)|2 a 1 · dt = (b − a) supt∈I |fn (t) − f (t)|2 → 0. ` facile (iii) Si consideri14 la sequenza di funzioni costanti a tratti fn (t) = 2n χ[ 1n , 2n ] (t). E 2 2 dimostrare (basta tracciare e analizzare i grafici) che la sequenza fn converge puntualmente alla funzione nulla, mentre fn non converge alla funzione nulla in L2 . (iv) Si consideri la sequenza di funzioni costanti a tratti f1 (t) := χ[0, 1 ] (t), f2 (t) := χ[ 1 ,1] (t), 2 2 f3 (t) := χ[0, 1 ] (t), f4 (t) := χ[ 1 , 2 ] (t), f5 (t) := χ[ 2 ,1] (t), f6 (t) := χ[0, 1 ] (t), f7 (t) := χ[ 1 , 2 ] (t), 3 3 3 3 4 4 4 f8 (t) := χ[ 2 , 3 ] (t), f9 (t) := χ[ 3 ,1] (t), ecc. Questa sequenza converge alla funzione nulla 4 4

4

nel senso di L2 , ma non puntualmente. Anche qui la dimostrazione `e molto semplice una volta tracciati i grafici. (e.) Serie di funzioni Considereremo serie di funzioni

∞ X

gk (t),

k=1

dove gk : I → C, per ogni k ∈ Z. Per t ∈ I fissato si tratta di una normale serie numerica dell’Analisi I. Come per le sequenze di funzioni, anche qui interessa analizzare il comportamento della serie in funzione di t ∈ I. Allo scopo si considera la sequenza di funzioni costruita a partire dalle somme parziali della serie. Il termine n−esimo della sequenza `e n X fn (t) := gk (t). k=1

Se esiste una funzione f : I → C tale che fn (t) → f (t) puntualmente, oppure uniformemente, oppure in L2 , allora diremo che la serie converge alla somma f (t) nel modo corrispondente. Per quanto visto sulle sequenze le definizioni relative alle serie sono quindi n X lim gk (t) − f (t) = 0 ⇐⇒ conv. puntuale della serie n→∞ k=1 n X gk (t) − f (t) = 0 ⇐⇒ conv. uniforme della serie lim sup n→∞ t∈I k=1 2 Z X n g (t) − f (t) ⇐⇒ conv. in L2 della serie lim dt = 0 k n→∞ I k=1

Si ricorda che χ[a,b] (t) `e la funzione indicatrice dell’intervallo [a, b], definita da χ[a,b] (t) = 1 per t ∈ [a, b], e nulla altrove. 14

106

Esempio. Si consideri la sequenza di funzioni di t ∈ I := [−0.5, 0.5] ∞ X

tk

(55)

k=0

La convergenza puntuale si stabilisce immediatamente se si osserva che, per ogni t ∈ I, 1 . La somma della serie, nel siamo in presenza di una serie geometrica convergente a 1−t senso della convergenza puntuale, `e dunque la funzione ∞ X

tk =

k=0

1 , 1−t

per ogni t ∈ I

` anche facile verificare (applicando il criterio qui sotto) che la serie (55) converge a f (t) E uniformemente e quindi, per quanto visto, anche in L2 . Il seguente criterio, di convergenza uniforme per le serie di funzioni `e a volte utile. La dimostrazione `e semplice, ma omessa.

Teorema 16.11. (criterio di Weierstrass) Se i termini della serie di funzioni ∞ X

gk (t),

k=1

sono funzioni limitate, ovvero per ogni k ∈ Z esiste Mk < ∞, tale che supt∈I |gk (t)| ≤ Mk e ∞ X

Mk < ∞

k=1

allora la serie di funzioni converge uniformemente, ed assolutamente.

Esempio. Riprendiamo l’esempio precedente. Gli elementi della serie di funzioni ∞ X

tk ,

dove t ∈ I = [−0.5, 0.5]

(56)

k=0

sono gk (t) = tk , e sul dominio di definizione I vale supt∈I |gk (t)| ≤ Si conclude che la serie converge uniformemente.

1 . 2k

Il criterio di Weierstrass si applica.

Osservazione sulle serie bilaterali. Nell’applicazione alle serie di Fourier ci si trova spesso a dover considerare serie di funzioni con l’indice k ∈ Z, anzich´e k ∈ Z+ , ovvero della forma ∞ X

gk (t).

k=−∞

Vi sono due modi per interpretare questo tipo di serie. La definizione standard dell’Analisi R∞ `e (confronta con la definizione degli integrali generalizzati −∞ ) ∞ X k=−∞

gk (t) :=

lim

m,n→∞

107

n X k=−m

gk (t)

dove i due indici m, n divergono a +∞ indipendentemente. In alternativa si pu`o definire il cosiddetto valore principale di Cauchy della serie come ∞ X

gk (t) := lim n∞

k=−∞

n X

gk (t).

k=−n

Per le serie di Fourier di segnali a valori reali `e naturale calcolare i valori principali di Cauchy, poich´e i due termini a−n e−jnω0 t ed an ejnω0 t sono complessi coniugati e sommati generano un unico termine sinusoidale del tipo An cos(nω0 t + φn ).

16.2

Convergenza puntuale della serie di Fourier

Lo studio della convergenza puntuale delle serie di Fourier `e stato un cavallo di battaglia dell’analisi matematica per tutto l’Ottocento e buona parte del Novecento. L’obiettivo era dimostrare risultati di convergenza sempre pi` u forti a partire da condizioni di regolarit`a sempre pi` u deboli sul segnale x(t). Al livello di questo corso non `e possibile nemmeno enunciare i risultati pi` u avanzati, ci limiteremo quindi ad illustrare un risultato molto classico, sufficientemente potente a coprire buona parte dei casi d’interesse ingegneristico. Cominciamo con un risultato tecnico, che peraltro ha una semplice interpretazione intuitiva. Il lemma di Riemann-Lebesgue Teorema 16.12. (lemma di R-L elementare) Sia [a, b] ⊂ R un intervallo finito, allora Z lim

ω→∞ a

b

cos ωt dt = 0.

Dimostrazione. Z b b 1 2 cos ωt dt = lim sin ωt ≤ lim = 0. lim ω→∞ ω ω→∞ ω→∞ ω a a

Il contenuto del lemma diventa intuitivo se si ragiona come segue. Per ω → ∞ l’intervallo [a, b] `e pari ad un numero intero molto grande di periodi di cos ωt pi` u un pezzetto di periodo di lunghezza che tende a zero per ω → ∞. L’unico contributo all’integrale proviene da questo pezzetto di periodo, da cui la conclusione. Si consideri una funzione costante a tratti, che si pu`o sempre rappresentare nella Pora n forma f (t) = k=1 ak χIk (t), dove gli insiemi Ik sono intervalli finiti. Teorema 16.13. (lemma di R-L per funzioni costanti a tratti) Sia f : I := ∪nk=1 Ik → C una funzione costante a tratti, allora Z lim f (t) cos ωt dt = 0 ω→∞ I

108

Dimostrazione. Su ogni sottoinsieme Ik la funzione f `e costante, quindi vale il lemR ma di Riemann-Lebesgue elementare e limω→∞ Ik f (t) cos ωt dt → 0. Per l’addittivit`a dell’integrale si conclude. Pi` u in generale vale il seguente risultato. Teorema 16.14. (lemma di Riemann-Lebesgue) Sia f : I → C una funzione Riemann integrabile, allora Z f (t) cos ωt dt = 0 lim ω→∞ I

Dimostrazione (cenno). La dimostrazione formale non `e difficile e si basa sull’osservazione che una funzione f `e Riemann integrabile se e solo se si pu`o approssimare arbitrariamente bene con una funzione costante a tratti (somma di Riemann), e quindi applicando la versione del lemma di R-L per le funzioni costanti a tratti. Vi sono versioni alternative del Lemma: delle due menzionate qui sotto la prima ha dimostrazione identica a quella del Teorema 16.14, per la seconda basta considerare separatamente le parti reale e immaginaria. Per le simmetrie delle funzioni trigonometriche tutti questi risultati valgono ovviamente sia per ω → ∞ che per ω → −∞. Z Z lim f (t) sin ωt dt = 0, lim f (t)ejωt dt = 0. ω→±∞ I

ω→±∞ I

Serie di Fourier – propriet` a generale dei coefficienti Se x(t) `e un segnale periodico T , ed x(t) ∈ L1 ([T ]) (`e integrabile sul periodo) allora la sequenza dei coefficienti di Fourier ak `e limitata (questo `e il contenuto del Lemma 15.24). Il Lemma di Riemann-Lebesgue ci fornisce un’informazione molto pi` u forte sugli ak . Lemma 16.27. Se x(t) ∈ L1 ([T ]) allora lim ak = 0

|k|→∞

Dimostrazione. Per ipotesi x(t) `e Riemann integrabile su [T ] quindi, per il Lemma di Riemann-Lebesgue, Z 1 lim ak = lim x(t)e−jkω0 t dt = 0, T |k|→∞ [T ] |k|→∞ poich´e, per |k| → ∞, la pulsazione |kω0 | → ∞. Serie di Fourier – somme parziali Lemma 16.28. La somma parziale (simmetrica) della serie di Fourier `e M X

xM (t) :=

ak e

k=−M

dove DM (t) :=

M X k=−M

e

jkω0 t

jkω0 t

1 = T M X

Z x(t − τ )DM (τ ) dτ

 sin M + 21 ω0 t =1+2 cos kω0 t = sin 12 ω0 t k=1 109

(57)

[T ]

(58)

Dimostrazione. Riscriviamo la somma parziale della serie di Fourier, sostituendo ai coefficienti ak la loro espressione analitica,

xM (t) :=

M X

ak e

jkω0 t

M X

=

k=−M

= =

1 T

Z

1 T

Z

"

k=−M

" x(τ )

[T ]

M X

−jkω0 τ

x(τ ) e

dτ ejkω0 t

[T ]

# e

#

Z

1 T

jkω0 (t−τ )

k=−M

1 dτ = T

"

Z x(t − τ ) [T ]

M X

# e

jkω0 τ



k=−M

x(t − τ )DM (τ ) dτ

(59)

[T ]

dove DM (t) `e la funzione definita nell’enunciato del lemma. Nell’enunciato sono fornite due espressioni alternative di DM . Quella in coseni si ricava banalmente usando la formula di Eulero, mentre quella in seni, molto pi` u utile, si ricava come segue. DM (t) :=

M X

e

jkω0 t

= e

−jM ω0 t

k=−M

2M X

ejkω0 t = e−jM ω0 t

k=0 1

" = =

−jM ω0 t

e

ej (M + 2 )ω0 t t

ejω0 2

 sin M + 12 ω0 t , sin 12 ω0 t

#

1 − ej(2M +1)ω0 t 1 − ejω0 t 1

1

e−j (M + 2 )ω0 t − ej (M + 2 )ω0 t t

t

e−jω0 2 − ejω0 2 (60)

dove la seconda uguaglianza discende dalla nota formula per la somma parziale della serie geometrica. Si noti inoltre che il termine in parentesi quadre vale 1. Qui sotto il grafico di D5 (t), con periodo T = 1.

Nota. La funzione DM (t) `e detta nucleo di Dirichlet di ordine M . Per la (57) la somma parziale di ordine M della serie di Fourier `e la convoluzione periodica15 di x(t) e DM (t). 15

Osservazione. Dati due segnali periodici non nulli, dello stesso periodo T , la loro convoluzione sicuramente diverge. Se i segnali sono integrabili esiste invece la convoluzione periodica, definita come ripetizione periodica di periodo T del segnale che per ogni t ∈ [T ] vale Z Z v ∗[T ] w(t) := v(τ )w(t − τ ) dτ = v(t − τ )w(τ ) dτ, per ogni t ∈ [T ] [T ]

[T ]

110

Teorema di convergenza puntuale di Dirichlet Vi sono molti teoremi di convergenza puntuale per le serie di Fourier, alcuni molto semplici, come quello che presenteremo, altri estremamente complessi. Tutti richiedono qualche ipotesi di regolarit` a sul segnale x(t). Per il risultato che presenteremo `e necessaria la derivabilit` a a tratti.16 Teorema 16.15. Se x(t) `e un segnale periodico di periodo T , derivabile a tratti la serie di Fourier associata converge puntualmente e la somma vale ∞ X

ak ejkω0 t = lim xM (t) = M →∞

k=−∞

x(t+) + x(t−) , 2

per ogni t ∈ R

Dimostrazione. Abbiamo gi` a calcolato in (59) la somma parziale xM (t) della serie di Fourier.  T  Utilizzando la formula (58) in coseni `e facile calcolare l’integrale sul semiperiodo 0, 2 del nucleo di Dirichlet che compare in (59) 2 T

Z 0

T 2

2 DM (t) dt = T

Z

T 2

1+2

0

M X

! cos kω0 t

dt = 1.

(61)

k=1

Procediamo ora al calcolo del limite puntuale, cio`e a t fissato, della somma parziale xM (t) ovvero Z 1 x(t − τ )DM (τ ) dτ lim xM (t) = lim M →∞ M →∞ T [T ] Spezziamo il calcolo in due parti, dimostrando separatamente che 2 lim M →∞ T

Z

2 lim M →∞ T

Z

T 2

x(t − τ )DM (τ ) dτ = x(t−)

(62)

x(t − τ )DM (τ ) dτ = x(t+)

(63)

0

ed inoltre che

0

− T2

la media aritmetica di (62) e (63) fornisce Z 1 x(t+) + x(t−) lim x(t − τ )DM (τ ) dτ = M →∞ T [T ] 2 16

Continuit` a e derivabilit` a a tratti. Una funzione `e detta continua a tratti se `e continua in tutti i punti del dominio, tranne al pi` u in un numero finito di punti t di salto, dove cio`e esistono finiti i limiti sinistri e destri x(t−) = lim∆↓0 x(t − ∆) ed x(t+) = lim∆↓0 x(t + ∆), ma x(t−) 6= x(t+). Una funzione `e derivabile a tratti se `e derivabile in tutti i punti del dominio, tranne al pi` u in un numero finito di punti t dove la derivata presenta salti, ovvero esistono finite le derivate unidirezionali x0− (t) = lim∆↓0 x(t−∆)−x(t−) , e −∆ x0+ (t) = lim∆↓0 x(t+∆)−x(t+) , ma x0− (t) 6= x0+ (t). Geometricamente questa condizione significa che nei ∆ punti t in cui la derivata presenta salti, esistono comunque le tangenti ad x(t) sia avvicinandosi a t da sinistra che da destra. Per le funzioni periodiche ovviamente basta che le condizioni siano verificate in un periodo.

111

che `e quanto si doveva dimostrare. Rimangono da dimostrare le (62) e (63). Tenendo conto della (61), dimostrare la (62) `e equivalente a dimostrare che 2 0 = lim M →∞ T

Z

2 = lim M →∞ T

Z

2 = lim M →∞ T

Z

T 2

h

T 2

h

i x(t − τ ) − x(t−) DM (τ ) dτ

e, usando la (58),

0

0

0

T 2

i sin M + 1  ω τ 0 2 x(t − τ ) − x(t−) dτ 1 sin 2 ω0 τ   −τ x(t − τ ) − x(t−) 1 sin M + ω0 τ dτ 1 −τ 2 sin 2 ω0 τ

La nell’ultimo integrale `e il prodotto di tre funzioni di τ . La prima, h funzione integranda i x(t−τ )−x(t−) `e il rapporto incrementale sinistro del segnale x(t) nel punto fissato t e, −τ poich´e per ipotesi la derivata sinistra esiste ovunque, questa funzione di τ `e limitata – l’unico punto che potrebbe essere critico `e τ = 0 per via del denominatore, ma per τ → 0 la funzione in parentesi quadre tende a x0− (t) che `e finita per ipotesi. La seconda funzione −τ `e limitata per ogni τ – anche qui l’unico punto critico `e τ = 0, ma per τ → 0 il sin 1 ω τ 2

0

limite `e ω20 , usando un limite notevole dell’analisi ( sinx x → 1 per x → 0). Il prodotto delle   prime due funzioni `e quindi una funzione Riemann integrabile su 0, T2 . La terza funzione  o quindi applicare il lemma di Riemann-Lebesgue e concludere `e sin M + 12 ω0 τ e si pu` che il limite per M → ∞ dell’integrale `e nullo. Esattamente allo stesso modo si dimostra la (63) e ci` o conclude la dimostrazione del teorema di convergenza puntuale di Dirichlet.

16.3

Richiami di algebra lineare – proiezioni e approssimazioni

Per affrontare la teoria della convergenza in L2 della serie di Fourier si devono ricordare alcuni risultati che valgono in tutti gli spazi vettoriali dotati di prodotto interno. In particolare `e necessario approfondire i risultati che ci avevano condotto al Lemma 14.22. Proiezioni ortogonali negli spazi a prodotto interno Definizione 16.20. (proiezione ortogonale di un vettore su un sottospazio) Sia V uno spazio vettoriale a prodotto interno e W ⊂ V un suo sottospazio. Dato v ∈ V, la proiezione ortogonale di v su W, `e il vettore, denotato P W v, tale che (i.)

PWv ∈ W

(ii.)

v − P W v ⊥ w,

per ogni w ∈ W.

Osservazione. La proiezione ortogonale `e unica, infatti se w1 , w2 ∈ W sono entrambi proiezioni ortogonali su W dello stesso v ∈ V, per la (ii) si ha hv − w1 , wi = hv − w2 , wi = 0,

per ogni w ∈ W

La seconda identit` a equivale a hw2 − v, wi = 0, e per la linearit`a del prodotto scalare hw2 − w1 , wi = 0,

per ogni w ∈ W,

Scegliendo w = w2 − w1 , si ha hw2 − w1 , w2 − w1 i = ||w2 − w1 ||2 = 0, da cui w1 = w2 . Il seguente Lemma caratterizza le proiezioni ortogonali. 112

Lemma 16.29. Sia V uno spazio vettoriale a prodotto interno e W ⊂ V il sottospazio W = span{w1 , w2 , . . . wn } dove i generatori w1 , . . . wn sono ortogonali, cio`e hwk , wh i = ck δk,h . Dato v ∈ V, si ha P W v :=

n X hw, wk i wk , hwk , wk i

(64)

k=1

` sufficiente verificare le propriet`a (i.) e (ii.) della definizione di proiezione. Dimostrazione. E La (i.) `e banale poich´e P W v in (64) `e una combinazione lineare dei generatori di W. Per la verifica di (ii.) `e sufficiente che v − P W v ⊥ wk , per ogni generatore wk di W, ovvero hv − P W v, wk i = 0,

per ogni k = 1, . . . n.

Sostituendo l’espressione (64) si trova + n X hv, wh i wh , w k hv − P v, wk i = v− hwh , wh i h=1  n  X hv, wh i = hv, wk i − wh , w k hwh , wh i h=1   hv, wk i = hv, wk i − wk , w k = 0 hwk , wk i *

W

per ogni k = 1, . . . n. Approssimazione ottima in norma In R2 dotato dell’usuale prodotto scalare `e noto che la proiezione ortogonale `e anche la migliore approssimazione in norma. Con riferimento alla figura: ||v − P W v|| ≤ ||v − w|| per ogni w ∈ W. Se si vuole approssimare il vettore v con un vettore di W, minimizzando la norma dell’errore di approssimazione ||v − w||, la scelta ottima `e P W v.

v v − PWv

W PWv

Quanto detto vale in generale in qualunque spazio a prodotto interno.

113

Teorema 16.16. (Teorema della proiezione) Sia V uno spazio vettoriale a prodotto interno e W ⊂ V un suo sottospazio, allora la migliore approssimazione in norma di v con un vettore di W `e la proiezione ortogonale P W v ovvero, ||v − P W v|| ≤ ||v − w||,

per ogni w ∈ W

inoltre min ||v − w||2 = ||v − P W v||2 = ||v||2 − ||P W v||2

w∈W

` banale usando la seguente decomposizione dell’errore Dimostrazione. E   v − w = v − PWv + PWv − w ,

(65)

ed osservando sono ortogonali, infatti v − P W v ⊥ W, mentre  che i due addendi risultanti W 17 P v − w ∈ W. L’ottimizzazione dell’errore di approssimazione si pu`o allora condurre come segue (i passaggi sono commentati qui sotto) 

min ||v − w||2 =

min hv − w, v − wi     = min h v − P W v + P W v − w , v − P W v + P W v − w i w∈W h i = min ||v − P W v||2 + ||P W v − w||2 = ||v − P W v||2

w∈W

w∈W

w∈W 2

= ||v|| − ||P W v||2 Si noti che (a.) il vettore che minimizza la norma `e lo stesso che minimizza il quadrato della norma, essendo x2 una funzione monot`ona su R+ ; (b.) nel secondo passaggio si `e sfruttata l’ortogonalit` a della decomposizione (65); (c.) nel penultimo passaggio i due addendi sono nonnegativi: il primo non dipende da w, il secondo si annulla per w = P W v, quindi il `e P W v; (d.) l’ultimo passaggio `e il teorema di Pitagora: v =  vettore minimizzatore W W v − P v + P v e i due addendo sono ortogonali quindi ||v||2 = ||v − P W v||2 + ||P W v||2 . Entrambe le affermazioni del teorema sono cos`ı dimostrate.

16.4

Serie di Fourier di segnali in L2 ([T ])

In questa sezione studiamo la serie di Fourier dei segnali x(t) ∈ L2 ([T ]). Come noto18 se x(t) ∈ L2 ([T ]) allora x(t) ∈ L1 ([T ]), quindi i coefficienti di Fourier, ak sono ben definiti, e finiti per ogni k ∈ Z. Si consideri il sottospazio W ⊂ L2 ([T ]), W := span{φk (t), k = −M, . . . M } = span{ejkω0 t , k = −M, . . . M }. La migliore approssimazione di x(t), nella norma di L2 ([T ]), con un segnale appartenente a W `e la proiezione ortogonale di x(t) su W (Teorema 16.16) data da " Z #  M  M M X X X hx(t), φk (t)i 1 W −jkω0 t P x(t) = φk (t) = x(t)e dt ejkω0 t = ak ejkω0 t , hφk (t), φk (t)i T [T ] k=−M

17 18

k=−M

k=−M

L’esistenza e l’unicit` a del minimo discendono dalla continuit` a della norma e dalla convessit` a di W. Lemma. x(t) ∈ L2 ([T ]) ⇒ x(t) ∈ L1 ([T ]). Dim. Per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si ha sZ s Z Z Z Z |x(t)| dt = [T ]

|x(t)| · 1 dt ≤ [T ]

|x(t)|2 dt [T ]

12 dt = [T ]

114

|x(t)|2 dt < ∞.

T [T ]

ovvero P W x(t) = xM (t), la proiezione di x(t) su W coincide con la M -esima somma parziale della serie di Fourier, e per quanto visto la norma dell’errore di approssimazione vale 2 Z M X ||x(t) − xM (t)||2 = ak ejkω0 t dt = ||x(t)||2 − ||xM (t)||2 x(t) − [T ] k=−M

Z [T ]

dove l’identit` a ||xM (t)||2 = T

M X

|x(t)|2 dt − T

=

PM

|ak |2 ,

k=−M

k=−M

|ak |2 `e gi`a stata dimostrata (Teorema 14.9).

Un notevolissimo risultato sugli spazi L2 ([T ]) `e che l’insieme numerabile di funzioni {φk (t)}k∈Z costituisce una base per l’intero spazio L2 ([T ]). Questo equivale al teorema: Teorema 16.17. (Teorema di Riesz-Fischer) Dato il segnale x(t) ∈ L2 ([T ]) la serie di Fourier associata converge in L2 ad x(t), ovvero 2 Z M X jkω0 t x(t) − a e lim dt = 0, k M →∞ [T ] k=−M

inoltre vale l’identit` a di Parseval Z ∞ M X X |ak |2 . |ak |2 = T |x(t)|2 dt = lim T [T ]

M →∞

k=−M

k=−∞

Osservazione. Il contenuto geometrico intuitivo del Teorema di Riesz-Fischer si ha per confronto con la discussione che precede l’enunciato. Quando ”M = ∞” lo spazio W := span{φk (t), k ∈ Z} coincide con L2 ([T ]) e l’approssimazione di x(t) con la proiezione xM (t) diventa una rappresentazione esatta di x(t) (energia dell’errore nulla). Interpretazione geometrica della forma trigonometrica della serie di Fourier. Non `e difficile, ma non lo faremo, effettuare un cambio di base ortogonale e dimostrare che W := span{ejkω0 t , k = −M, . . . M } = span{1, cos kω0 t, sin kω0 t,

k = 1, M }.

Esercizio proposto. Dimostrare che le funzioni 1, cos kω0 t, sin ω0 t, per k = 1, 2, . . . , sono ortogonali in L2 ([T ]): esse costituiscono la base trigonometrica di L2 ([T ]). Dal punto di vista geometrico i coefficienti a0 , αk , βk , per k = 1, 2, . . . della forma trigonometrica della serie di Fourier, introdotti nella Sezione 15.2, sono i coefficienti della ` facile verificare che i coefficienti proiezione ortogonale di x(t) sulla base trigonometrica. E αk e βk hanno le espressioni esplicite Z 2 hx(t), cos kω0 ti αk = = x(t) cos kω0 t dt, hcos kω0 t, cos kω0 ti T [T ] Z hx(t), sin kω0 ti 2 βk = = x(t) sin kω0 t dt. hsin kω0 t, sin kω0 ti T [T ]

115

Lezione 17 (Mercoled`ı 6 novembre, 16:30–18:15) La serie di Fourier per segnali generalizzati. Esercitazione sulle serie di Fourier. Consultate i vostri appunti per la lista degli esercizi svolti a lezione. Qui saranno riportate alcune delle considerazioni fatte in aula, in particolare quelle relative all’uso delle propriet`a di simmetria al fine di semplificare i calcoli dei coefficienti di Fourier.

17.1

Serie di Fourier dei segnali generalizzati

Abbiamo finora sviluppato la teoria per segnali x(t) sufficientemente regolari da garantire la convergenza puntuale e/o in L2 della serie di Fourier. Nella pratica ingegneristica segnali periodici x(t) contenenti delta di Dirac sono piuttosto comuni, quindi `e, per quanto possibile, necessario estendere la teoria della serie ai segnali generalizzati. Come vedremo, saper gestire le delta di Dirac semplifica notevolmente anche i calcoli dei coefficienti di Fourier di segnali non impulsivi ma spigolosi (onde quadre, denti di sega, triangoli, ed altri di simile natura che intervengono nella pratica dell’ingegneria elettrica ed elettronica). Il prototipo del segnale generalizzato `e δ(t), il pi` u semplice segnale generalizzato periodico `e quindi ∞ X

x(t) := repT (δ(t)) =

δ(t − kT ),

treno d’impulsi

k=−∞

dove T > 0 `e un periodo arbitrario. Il segnale x(t) non `e definito puntualmente, e la sua energia in un periodo non `e definita, ci`o nonostante i suoi coeffcienti di Fourier sono ben definiti Z T 2 1 1 ak := δ(t)e−jkω0 t dt = , per ogni k ∈ Z T −T T 2

Con opportune precisazioni matematiche, per le quali si rimanda ai testi di teoria delle distribuzioni, `e possibile intendere la corrispondente serie di Fourier una rappresentazione del treno d’impulsi nel senso delle funzioni generalizzate. Si scrive allora x(t) :=

∞ X k=−∞

1 δ(t − kT ) = T

∞ X

ejkω0 t

k=−∞

` bene insistere sul fatto che, in questo caso, la seconda uguaglianza in questo caso non E pu`o essere intesa n´e nel senso della convergenza puntuale, n´e in quello della convergenza in L2 . P k Esempio. Se x(t)P= ∞ k=−∞ (−1) δ(t − k) allora, sviluppando in serie di Fourier genera∞ lizzata, x(t) = 21 k=0 cos(2k + 1)πt (vedi appunti per i calcoli).

17.2

Calcolo dei coefficienti di Fourier di alcuni segnali notevoli

Per gli esempi sull’onda quadra fate riferimento agli appunti. Qui raccogliamo gli altri esempi fatti a lezione. Sono tutti relativi a segnali elementari che hanno comunque rilevanza nelle applicazioni ingegneristiche. Esempio 1. (dente di sega) Si consideri il segnale x(t), periodico di periodo T il cui grafico `e

116

6x(t)

A

-

T

t

Nel periodo [0, T ] la rappresentazione analitica del segnale `e x(t) =

A t, T

per t ∈ [0, T ]

Osservazione. Prima di ogni altra considerazione `e utile ricordare la propriet`a del cambio scala temporale: le serie di Fourier di segnali periodici che differiscono tra loro per un cambio scala temporale hanno gli stessi coefficienti e differiscono solo per la pulsazione fondamentale nelle funzioni base. Ci`o significa che, per ricavare i coefficienti di Fourier, si pu`o assumere che il periodo del segnale periodico sia T 0 = 2π, e quindi ω00 = 1 con alleggerimento notazionale. Si dovr` a porre la massima attenzione nel reintrodurre il periodo originale T , e la relativa pulsazione ω0 , quando si scrive la serie. Alla luce della precedente osservazione ricaviamo i coefficienti del segnale x(t) ponendo per il momento T = 2π. Il segnale in un periodo `e allora x(t) =

A t, 2π

per t ∈ [0, 2π]

Il calcolo diretto dei coefficienti di Fourier richiede un’integrazione per parti,  Z 2π  Z 2π 1 A −jkt A de−jkt ak := te dt = 2 t 2π 0 2π 4π −jk 0   Z 2π A 2π e−jkt dt = j 2 te−jkt − 4π k 0 0 A A = j 2 [ 2π − 0 ] = j 4π k 2πk

(66)

Per k = 0 la precedente formula non `e valida (k si trova al denominatore). Il coefficiente a0 va calcolato separatamente e vale Z 2π 1 A A a0 = t dt = 2π 0 2π 2 Un modo alternativo per ricavare i coefficienti di Fourier di x(t) `e di ricavare i coefficienti d bk del segnale y(t) := dt x(t) e poi utilizzare la nota relazione19 bk = jkak per ricavare gli ak . Anche in questo caso il coefficiente a0 va calcolato separatamente. Il grafico del segnale y(t) `e qui sotto. 19

In generale, se x(t) ha periodo T , pulsazione ω0 , e coefficienti di Fourier ak , i coefficienti di y(t) = sono bk = jkω0 ak

117

d x(t) dt

y(t) := 6

d dt x(t)

A 2π

2π -

t

?

?−A

?

?

?

Si noti che y(t) `e un segnale generalizzato – ed `e proprio questo il motivo per cui `e pi` u semplice ricavarne i coefficienti di Fourier – le delta di Dirac rendono il calcolo degli integrali banale. Analiticamente, l’espressione di y(t) in un periodo `e y(t) := La costante

A 2π

d A x(t) = − Aδ(t − 2π), dt 2π

per t ∈ [0, 2π]

d` a contributo nullo ai coefficienti bk con k 6= 0, poich´e

R

−jkt dt [2π] ce

= 0.

Per il calcolo dei coefficienti bk si deve calcolare Z 1 y(t) e−jkt dt, bk = 2π [2π] dove, come sempre, [2π] denota un intervallo [a, a + 2π], con a arbitrario. In questo caso non `e opportuno scegliere intervallo d’integrazione [0, 2π], poich´e ad entrambi i suoi estremi cade una delta di Dirac. Quando la delta di Dirac cade agli estremi dell’intervallo ` per`o possibile, ed opportuno, sced’integrazione `e facile commettere errori di calcolo. E gliere l’intervallo d’integrazione in modo che le delta di Dirac non cadano ai suoi estremi; in questo caso si pu` o ad esempio prendere l’intervallo [π, 3π]. I coefficienti sono allora dati da  Z 3π Z 3π  1 1 A A A −jkt bk = y(t) e dt = − Aδ(t − 2π) e−jkt dt = − e−j2kπ = − 2π π 2π π 2π 2π 2π Ricordando che bk = jkπak si ricava infine ak =

bk A =j , jkπ 2πk

per ogni k 6= 0

Il coefficiente a0 = A2 lo avevamo gi`a ricavato in precedenza. Naturalmente i coefficienti coincidono con quelli trovati con calcolo diretto in (66). La serie di Fourier del segnale di x(t) di generico periodo T , e corrispondente pulsazione ω0 , `e allora X  A  A ejkω0 t x(t) = + j 2 2πk k∈Z,k6=0

Nota bene: non fate la fesseria di sostituire 2π con T nel denominatore del coefficiente ak quando scrivete la serie di Fourier del segnale di periodo T generico! 118

Osservazioni sulle simmetrie Il segnale x(t) non `e n´e pari, n´e dispari, ma sottraendo il valor medio ad x(t) si ottiene il segnale dispari x1 (t) che nel periodo [0, T ] vale x1 (t) = x(t) −

A A A = t− , 2 T 2

A 2

per t ∈ [0, T ].

6x1 (t)

-

t

T

Lo sviluppo in serie di Fourier di x1 (t) `e ovviamente X  A  j x1 (t) = ejkω0 t 2πk k∈Z,k6=0

A si noti che poich´e x1 (t) `e reale dispari, i coefficienti ak = j 2πk sono immaginari dispari. La forma trigonometrica della serie

x1 (t) = a0 +

∞ X

αk cos kω0 t + βk sin kω0 t

k=1

si pu`o ricavare calcolando direttamente i coefficienti αk e βk oppure ricordando che αk = ak + a−k = j da cui si ricava

A A +j = 0, 2πk 2π(−k)

βk = j(ak − a−k ) = −

A , πk



A X sin kω0 t x1 (t) = − π k k=1

` interessante osservare che a volte, con alcune semplici trasformazioni come l’aggiunta E di una costante e/o una traslazione temporale, si possono evidenziare e/o modificare le simmetrie di un segnale. Si considerino i seguenti esempi, relativi all’onda quadra.

119

x(t) A

6

-

T x(t) − A 2

6

A 2

T

t x t+

A 2

6

T 4

T 4

-





A 2

T

-

t

t

Il segnale x(t) non `e n´e pari n´e dispari. Il segnale x1 (t) := x(t) − A2 `e dispari, il segnale  x2 (t) := x t + T4 − A2 `e pari. Questo si riflette sulle propriet`a dei coefficienti di Fourier. Noti i coefficienti di uno dei tre segnali quelli degli altri due si ricavano usando le note regole. Esercizio: determinare le forme esponenziale e trigonometrica delle serie di Fourier dei tre segnali. Esempio 2. (segnale triangolare) Si consideri il segnale x(t), periodico di periodo T il cui grafico `e 6 x(t)

A

T 2

t

  L’espressione analitica di x(t) in un periodo, ad esempio nell’intervallo − T2 , T2 `e  

  se t ∈ − T2 , 0 , x(t) =  − 2A t + A, se t ∈ 0, T  T 2 2A T t

+ A,

In questo caso il calcolo diretto dei coefficienti di Fourier richiede una doppia integrazione per parti ed `e fortemente sconsigliato. La derivata di x(t) nel periodo − T2 , T2 `e il segnale continuo a tratti (`e un’onda quadra: tracciate il grafico!)    2A d , se t ∈ − T2 ,0 , T y(t) := x(t) = T − 2A dt T , se t ∈ 0, 2 120

2

d d La derivata generalizzata di y(t) `e il segnale z(t) := dt (t) = dt 2 x(t), che vale     i d T 4A h T z(t) := y(t) = − δ(t) + δ t − − δ(t − T ) + . . . · · · − δ(t + T ) + δ t + dt T 2 2

6 z(t) 6

4A T

6

-

t

T 2

?

?

?

Riutilizzando i ”trucchi” visti nella soluzione dell’esempio 1, anche qui (a.) per alleggerire la notazione nella fase di derivazione  dei coefficienti poniamo per il momento T = 2π, e (b.) faremo i calcoli sul periodo − π2 , 32 π , per evitare delta di Dirac agli estremi dell’intervallo d’integrazione. I coefficienti ck , per k 6= 0, di z(t) sono allora ck = = =

1 2π

Z

Ah

3 π 2

z(t)e−jkt dt =

− π2

1 2π

Z

3 π 2

− π2

i 4A h − δ(t) + δ(t − π) e−jkt dt 2π

i

− 1 + e−jkπ π2 i  0 Ah se k `e pari, k = − 1 + (−1) , se k `e dispari − 2A π2 π2

ck ed infine i richiesti coefficienti ak , per I coefficienti bk , per k 6= 0, di y(t) sono bk = jk k 6= 0 del segnale x(t) sono  bk ck 0 se k `e pari, ak = = = 2A 2 , se k `e dispari jk (jk) π 2 k2

Il coefficiente a0 `e il valor medio di x(t). Ricordando la definizione analitica (67) di x(t), ponendo ancora T = 2π per semplicit`a

a0 = =

Z π Z π 1 2 x(t) dt = x(t) dt 2π −π 2π 0  Z  1 π A A − t + A dt = . π 0 π 2

poich´e x(t) `e pari

La serie di Fourier del segnale di x(t) di generico periodo T , e corrispondente pulsazione ω0 , `e allora  ∞  X A 2A ej(2k+1)ω0 t x(t) = + 2 π 2 (2k + 1)2 k=−∞

121

Il segnale x(t) `e reale pari ed i coefficienti ak sono reali pari, la forma trigonometrica della serie ha quindi solo coseni. Per k = 1, 2, . . . i coefficienti delle armoniche pari sono nulli α2k = 0, mentre 4A α2k+1 = a2k+1 + a−2k−1 = 2 , π (2k + 1)2 quindi ∞ A X 4A cos(2k + 1)ω0 t x(t) = + 2 2 π (2k + 1)2 k=1

Simmetrie a mezz’onda La serie di Fourier del segnale triangolare contiene solo coseni con numero d’armonica dispari. Questa peculiarit` a dello sviluppo in serie di Fourier `e dovuta ad una particolare simmetria del segnale, caso particolare della famiglia di simmetrie a mezz’onda. Definizione 17.21. (simmetrie a mezz’onda) Diremo che il segnale x(t), periodico di periodo T , esibisce (a.) la simmetria a mezz’onda se 

T x t+ 2

 = −x(t);

(b.) la simmetria a quarto d’onda pari se `e simmetrico a mezz’onda e pari (c.) la simmetria a quarto d’onda dispari se `e simmetrico a mezz’onda e dispari. Esempi. (a.) sin(t + β), per ogni β ∈ R,

(b.) x(t) = cos t,

(c.) x(t) = sin t.

I coefficienti di Fourier riflettono le simmetrie a mezz’onda come segue. Lemma 17.30. Se x(t) ha simmetria a mezz’onda i coefficienti ak delle armoniche pari sono nulli. La forma trigonometrica contiene in generale sia coseni che seni di armonica dispari. Se x(t) ha simmetria a quarto d’onda pari la serie trigonometrica contiene solo coseni di armonica dispari. Se x(t) ha simmetria a quarto d’onda dispari la serie trigonometrica contiene solo seni di armonica dispari. Queste propriet` a dei coefficienti sono semplici conseguenze delle simmetrie delle funzioni ` immmediato verificare che trigonometriche. E     T T sin kω0 t + = (−1)k sin kω0 t, cos kω0 t + = (−1)k cos kω0 t 2 2 Detto z(t) il generico elemento della base trigonometrica, ovvero z(t) = sin kω0 t oppure z(t) = cos kω0 t per qualche k, `e immediato verificare che, per k dispari z t + T2 = −z(t)  (simmetria a mezz’onda) mentre per k pari z t + T2 = z(t). Se il segnale x(t) `e simmetrico  a mezz’onda x t + T2 = −x(t) allora `e intuitivo, ed immediato verificare dalla formula per il calcolo dei coefficienti, che le proiezioni sulle armoniche con k pari sono tutte nulle, cio`e αk = βk = 0 per k pari. Tutto si riduce alla seguente banalit`a:     Z T T x(t)z(t) dt = 0, se x t + = −x(t) e z t + = z(t) 2 2 [T ]

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